Battleground - Cronache del Multiverso

di evil 65
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - Aria di tempesta ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - È sempre la stessa musica ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 - Welcome to the new world ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 - Il Vigilante Mascherato ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 - Two little pigs... ***
Capitolo 7: *** Interludio: La Fine di Tutto ***
Capitolo 8: *** Capitolo 6 - There will be blood ***
Capitolo 9: *** Capitolo 7 - Scontro tra titani ***
Capitolo 10: *** Capitolo 8 - Be Prepared ***
Capitolo 11: *** Capitolo 9 - I pezzi sono allineati ***
Capitolo 12: *** Capitolo 10 - We are like shadows ***
Capitolo 13: *** Capitolo 11 - Frammenti di memoria ***
Capitolo 14: *** Capitolo 12 - Run, little rabbit ***
Capitolo 15: *** Capitolo 13 - Non c'è pace per i maligni ***
Capitolo 16: *** Capitolo 14 - The world will burn ***
Capitolo 17: *** Capitolo 15 - La bestia che gridò amore ***
Capitolo 18: *** Capitolo 16 - And here... we... go! ***
Capitolo 19: *** Capitolo 17 - La scelta ***
Capitolo 20: *** Capitolo 18 - We're going to hunt ***
Capitolo 21: *** Capitolo 19 - Ti farò sanguinare ***
Capitolo 22: *** Capitolo 20 - Hear my roar ***
Capitolo 23: *** Capitolo 21 - Incubi e deliri ***
Capitolo 24: *** Capitolo 22 - I'll show you pain ***
Capitolo 25: *** Capitolo 23 - Vita e morte ***
Capitolo 26: *** Capitolo 24 - Let's crush this party ***
Capitolo 27: *** Capitolo 25 - Rivelazioni ***
Capitolo 28: *** Interludio - Parte 1: Il Drago e la Fenice ***
Capitolo 29: *** Interludio - Parte 2: La Resistenza del Drago ***
Capitolo 30: *** Capitolo 26 - After the fight ***
Capitolo 31: *** Capitolo 27 - La caccia ha inizio ***
Capitolo 32: *** Capitolo 28 - The planet of the deads ***
Capitolo 33: *** Capitolo 29 - La Battaglia di Trenzalore: Parte 1 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 30 - La Battaglia di Trenzalore: Parte 2 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 31 - La Battaglia di Trenzalore: Parte 3 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 32 - Battleground Rise ***
Capitolo 37: *** Capitolo 33 - L'ingannatore, il tonante e la dea ***
Capitolo 38: *** Capitolo 34 - In search for will ***
Capitolo 39: *** Capitolo 35 - La Battaglia dell'Arena: Parte 1 ***
Capitolo 40: *** Capitolo 36 - La Battaglia dell'Arena: Parte 2 ***
Capitolo 41: *** Capitolo 37 - The Challenge ***
Capitolo 42: *** Capitolo 38 - La settimana infernale: Parte 1 ***
Capitolo 43: *** Capitolo 39 - La settimana infernale: Parte 2 ***
Capitolo 44: *** Capitolo 40 - La settimana infernale: Parte 3 ***
Capitolo 45: *** Capitolo 41 - The Final War: Parte 1 ***
Capitolo 46: *** Capitolo 42 - The Final War: Parte 2 ***
Capitolo 47: *** Capitolo 43 - The Final War: Parte 3 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Bene, signore e signori, prima di cominciare a leggere il capitolo vorrei che spendeste un piccolo attimo del vostro tempo per concentrarvi su questa piccola spiegazione. Innanzitutto, comincio subito col dirvi che questo gigantesco crossover è il risultato di una collaborazione tra ben 6 autori diversi.
Gli autori in questione sono:

- Evil 65
- Elara Vlad Tepes
- Alucard97
- Nick Nibbio
- Rory Drakon
- Fenris

Lo stesso account che stiamo usando per pubblicare questa fan fiction è un account condiviso.
Ad ognuno di loro è stato affidato un tot di personaggi da interpretare (personaggi che possono essere appartenenti ad altre opere, oppure totalmente OC). Ogni autore ha fornito la storyline, lo sviluppo caratteriale e i dialoghi dei suoi personaggi.
Per leggere questa storia e capirla non c’è bisogno di conoscere tutte le opere e i personaggi che ne faranno parte. Questo perché il passato di ogni pg sarà affrontato con il proseguire della storia, nessuno escluso. Se trovate un pg che non conoscete, non preoccupatevi, avrete modo di conoscerlo.
Per ogni nuovo personaggio, alla fine delle note del capitolo sarà stilata una piccola carta d’identità, nel quale verrà specificata l’opera da cui proviene, l’autore che lo interpreta, un video tribute in cui potrete vederlo in azione e una colonna sonora a lui dedicata.
Il concetto di questa fic è ispirato alla trama della saga Marvel Secret Wars, uscita nel 2015, e al film Matrix.
Se dopo aver letto il capitolo avrete qualche domanda, non esitare a chiedere nelle recensioni. Questa fan fiction è una sorta di esperimento, motivo per cui spero che sarete tolleranti con i commenti.
Ed ora… buona lettura!

 

Battleground - Cronache del Multiverso


Prologo
 

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Sono due le cose di cui hai bisogno, se vuoi cominciare a svelare ciò che realmente sta succedendo nell’universo.
La prima è essere libero da ogni sistema dogmatico di credenze. La seconda è non curarti di ciò che la gente pensa e dice di te o, almeno, fare in modo che ciò non influenzi le tue decisioni. Senza la prima cosa non ti avvicinerai mai a quegli ambiti “strani” che sono in realtà necessari per comprendere le forze che controllano questa realtà.
Quando ti confronterai con informazioni che demoliscono il tuo sistema di credenze, allora farai un passo indietro, allontanandoti da ciò che hai scoperto, rifiutandoti di essere condotto laddove ciò ti porterà. Senza la seconda cosa non riuscirai mai a comunicare quanto da te scoperto, poiché sarai terrorizzato dalle conseguenze che potrà avere e dalla reazione dei tuoi amici, della tua famiglia e della gente in generale. 
Quando poche persone desiderano controllare e dirigere le masse, devono poter contare su determinati e importanti punti fermi. Questi ultimi valgono anche se stai cercando di manipolare un individuo, una famiglia, una tribù, una città, un paese, un continente o un pianeta.

Innanzi tutto si devono fissare delle “norme”, ossia ciò che è considerato giusto o sbagliato, possibile o impossibile, sano o insano, buono o cattivo. La maggior parte delle persone si atterrà a quelle norme senza discutere a causa della loro mentalità da pecore, che da almeno qualche millennio prevale sulla mente collettiva.
In secondo luogo, bisogna rendere la vita molto spiacevole a coloro che sfidano le “norme” da voi imposte. Il modo più efficace di fare ciò, in effetti, è quello di trasformare la diversità in un crimine. Così, quelli che seguono un'altra campana o danno voce a un'opinione diversa, a una diversa versione della “verità” e ad un diverso stile di vita, si configurano come pecore nere all'interno del branco. 
Una volta condizionato quel branco ad accettare quelle norme della realtà, con arroganza e ignoranza vengono ridicolizzati e condannati quelli che hanno una visione diversa della vita. Ciò spinge questi ultimi a conformarsi e serve da monito per tutti gli altri che, all'interno del branco, pensano di ribellarsi. 
C'è un detto giapponese che dice: “Non fare il chiodo che svetta tra tutti gli altri, perché sarai il primo ad essere colpito”.
Tutto questo crea una situazione per cui i pochi controllano le masse, i cui membri si sorvegliano e si controllano a vicenda. Le pecore diventano il cane pastore per il resto del branco. È come un prigioniero che cerca di scappare mentre gli altri suoi compagni di cella accorrono per fermarlo. 
Se ciò accadesse, diremmo che quei prigionieri sono pazzi, come potrebbero fare una cosa del genere? 
Ma è esattamente questo che gli essere senzienti si fanno l'un l'altro ogni giorno, pretendendo che ognuno si conformi alle norme a cui essi ciecamente si conformano. Questo non è nient'altro che fascismo psicologico - la polizia del pensiero con agenti in ogni casa, dappertutto. Agenti a tal punto condizionati da non sospettare minimamente di essere controllori mentali non retribuiti.
“Sto solo facendo ciò che è bene per i miei figli”, li avresti sentiti dire. E tutto ti sarebbe parso come assolutamente normale. 
Il Maestro queste cose le sapeva. Ecco perché era riuscito a fare tutto questo. Gli era bastato imporre dei semplici suggerimenti nella mente delle persone... e queste si erano ingannate da sole.
Il controllo poliziesco che questo nuovo mondo esercitava andava ben al di là dei soldati in divisa o degli amministratori di governo. Cominciava dai genitori stessi che, condizionati, imponevano ai figli il proprio condizionamento, così da spingerli a seguire le loro norme religiose, politiche, economiche e culturali.
Non c'era esempio più estremo di quelle persone che continuavano a costringere i propri figli ad accettare la loro assurda religione, tutta basata sull'unica inequivocabile affermazione che il Maestro fosse l'unico Dio e creatore di questo universo.
La creazione della prigione mentale ed emotiva, che braccò il 99% degli esseri senzienti (umanità compresa), procedette minuto per minuto in modi sempre più subdoli. C'erano figli di genitori che non accettavano la religione, ma continuavano a seguirla per non dare un dispiacere alle proprie famiglie. Poi c'era la paura quasi universale di ciò che la gente poteva pensare di quelle persone che avrebbero proposto una diversa concezione della realtà o che avrebbero cercato di vivere in maniera diversa. 
Questo il Maestro lo sapeva. Ecco perché stava vincendo.
Non che il controllo esercitato sulla popolazione fosse totale, sia chiaro. Una minoranza degli abitanti, per quanto si fosse sforzata, si era rivelata incapace di accettare la situazione attuale. E alcuni di quei particolari individui, al momento, stavano percorrendo il sentiero notturno che conduceva fino ad un piccolo santuario, posto lungo la periferia di una delle città più densamente popolate del pianeta noto come Terra, centro dell'unica Galassia rimasta: Battleground.
Nel vecchio osservatorio stellare, là dove un tempo risuonavano le risate e le esclamazioni incredule dei bambini che per la prima volta vedevano stelle e pianeti, ora c’erano soltanto il silenzio e macerie. Ben poco della sua famosa cupola era rimasto intatto: pannelli distrutti ed esposizioni rovinate dalle intemperie giacevano spezzati, senza ormai nessuno che rispettasse più la conoscenza che avevano rappresentato. Sparpagliate, le pagine dei libri frusciavano nel vento: le parole stampate sembravano voler lasciare la carta ingiallita per riunirsi agli spiriti di chi le aveva un tempo scritte.
Scendendo dalle colline e infilandosi nelle crepe del parcheggio distrutto, senza alcun riguardo per le priorità degli uomini o delle macchine, la vegetazione selvatica, che una volta era stata eliminata per costruire, ora reclamava il suo antico territorio. Gli alberi si sollevavano dall’asfalto dissestato, mentre rampicanti di ogni specie e cespugli selvatici assalivano le mura indebolite e si infilavano nelle finestre prive di vetri. Ma nonostante tutta quella distruzione, il luogo non era completamente deserto.
Anche se le ribellioni occasionali erano costatate agli abitanti di quel luogo gran parte del loro accesso all’elettricità, il fuoco non era mai mancato. Intorno al focolare di fortuna, riempito di materiale combustibile e di un paio di gambe di sedie, erano stati radunati i resti di una civiltà devastata: televisori rotti, qualche radio, un forno a microonde che poteva almeno contenere cibo, se non cuocerlo. 
Sparsi sul terreno e sui muri, i manifesti con sopra scritto a caratteri cubitali "Ascolta il tuo Maestro" parevano l'unico collegamento rimasto con la società moderna. 
E al centro di quella piazza improvvisata, vi era un falò. Quella notte, il bagliore del fuco illuminava debolmente un po' di quella confusa desolazione. Un uomo anziano, apparentemente sulla sessantina, sedeva accanto a quel fuoco, cuocendo di malumore un piccolo coniglio. Lo rigirava costantemente sullo spiedo che aveva improvvisato, osservandolo mentre friggeva e spruzzava grasso sul fuoco. 
Aveva capelli grigi e ricci, un paio di sopracciglia che chiunque avrebbe definito “da battaglia", e il volto chiuso in un leggero cipiglio. Indossava una felpa nera con cappuccio e un paio di jeans.
Nessuno sapeva chi fosse questo bizzarro individuo. Non sapevano nemmeno il suo nome, solo il titolo con cui si faceva chiamare: il Dottore.
C'era una leggere brezza che soffiava l'odore appetitoso verso la periferia. Lentamente, la piccola discarica cominciò a riempirsi. I nuovi arrivati si sedettero due a due attorno al fuoco, pur mantenendo una distanza di almeno tre metri. Ogni tanto, il Dottore lanciava un occhiata verso di loro.
Addentò un pezzo di coniglio e ne assaporò il gusto. Certi momenti gli ricordavano quando aveva intrapreso una battuta di caccia con personaggi famosi come Carlo Magno e Giulio Cesare. Personaggi che, ormai, erano stati cancellati dalla storia come un brutto ricordo.
<< Lasciate che vi dica perché siete qui >> esordì l'uomo, rompendo il silenzio che aleggiava nell'aria.
Volse la propria attenzione nei confronti della folla.
<< Siete qui perché sapete qualcosa. Ciò che sapete non riuscite a spiegarlo ma lo percepite. È una vita che avete queste percezioni. Che al mondo, cioè, ci sia qualcosa che non funziona affatto. Non sapete cos'è, ma è qualcosa che vi fa impazzire, come una scheggia che vi perfora la mente. È questa sensazione che ha fatto sì che vi avvicinaste a me. Sapete di cosa sto parlando? >> domandò, ricevendo qualche piccolo cenno d'assenso. 
Un membro della folla si fece avanti. Era una giovane donna sulla trentina, di nazionalità giapponese. Aveva capelli neri e una pelle molto pallida, in perfetto contrasto con l'abito nero in cui vestiva.
<< Della Grande Illusione? >> azzardò questa, utilizzando un tono di voce esitante.
In tutta risposta, il Dottore si limitò ad annuire. 
<< Bingo! E Volete sapere di cosa si tratta? >>
La folla mormorò un rapido assenso.
<< La Grande Illusione è ovunque. È tutt'intorno a noi. Persino ora, proprio in questa stanza. Potete vederla se guardate fuori dalla finestra o se accendete il vostro televisore. Potete avvertirne la presenza quando andate al lavoro, quando andate in chiesa, quando pagate le tasse >> sussurrò l'uomo, mentre gesticolava attorno a lui << È il mondo che è stato occultato ai vostri occhi, che vi allontana dalla verità >> continuò, ricevendo un'espressione di puro sconcerto ad opera dei presenti. 
Un giovane adolescente, di età probabilmente non superiore ai 18 anni, deglutì a fatica.
<< Quale verità? >> domandò all'improvviso, attirando l'attenzione del Dottore. 
Questi incontrò lo sguardo del ragazzo, il volto adornato da un'espressione impassibile. << Che sei uno schiavo, mio caro ragazzo. Come tutti gli altri, anche tu sei nato in cattività. Nato in una prigione che non riesci ad odorare, gustare o toccare. Una prigione... della mente. >>
E, detto questo, si alzò dal posto a sedere e cominciò a camminare intorno al fuoco, percorrendo il perimetro creato dai presenti.
<< Purtroppo, a nessuno si può dire cosa sia la Grande Illusione. Devi scoprirlo da solo. Quello che sto cercando di fare con tutti voi, in questo momento... è liberare la vostra mente. Ma posso solo mostrarvi la porta. Siete voi che dovete decidere di oltrepassarne la soglia. Ve la sentite di farlo? >> domandò con una punta d'anticipazione.
I membri della folla cominciarono a sussurrare tra loro. E il tutto durò per circa un minuto buono. Quando quel breve lasso di tempo giunse al suo termine, annuirono quasi all'unisono.
Il Dottore arricciò ambe le labbra in un sorriso complice.
<< Molto bene. In questo caso... cominciamo con una storia >> esordì, compiendo un rapido battito di mano.
Come un falco, balzò davanti al gruppo di persone, inginocchiandosi al livello dei loro volti. Alcune di loro non poterono fare a meno di trasalire all'azione. L'uomo li squadrò da capo a piedi, prima di prendere un respiro profondo.
<< Esiste un predatore che è emerso dalle profondità del cosmo e ha assunto il comando delle nostre vite. Gli esseri umani sono tra i suoi molti prigionieri. Il predatore è nostro signore e padrone. Ci ha resi docili, inermi. Se vogliamo protestare, egli reprime le nostre proteste. Se vogliamo agire indipendentemente, esige che non lo facciamo... per tutto questo tempo ha insinuato in voi un unica semplice norma: dovete servirlo. >>
La dichiarazione sembrò prendere in contropiede gran parte dei presenti. Il giovane adolescente alzò la mano, ricevendo un rapido cenno da parte dell'uomo più anziano.
<< Parli... del Maestro? >> domandò con tono esitante. 
Il Dottore rimase in silenzio. Con uno sguardo duro, compì un rapido cenno con la testa. << È così, mio giovane amico. >>
<< No, no, no, no! >> protestò la ragazza giapponese, sorprendendo il resto della folla << Questo è assurdo! Ciò che stai dicendo è qualcosa di mostruoso. Non può assolutamente essere vero, né per quanto riguarda gli uomini normali, né per nessun altro. >>
<< Perché no? >> chiese il Dottore, utilizzando un tono di voce sorprendentemente calmo << Perché no? Perché questa cosa ti fa infuriare? Non hai ancora sentito tutto quello che ho da dire. Voglio fare appello alla tua mente analitica. Pensa per un attimo, e dimmi come spiegheresti le contraddizioni tra l'intelligenza dell'uomo ideatore e la stupidità dei suoi sistemi di credenze, o la stupidità del suo contraddittorio comportamento. Vedi, è stato proprio il Maestro a trasmettervi i vostri attuali sistemi di credenze, la vostra idea di ciò che è bene e male, le vostre abitudini sociali. È la sua mente ad alimentano le vostre speranze e le vostre aspettative, i vostri sogni di successo e la paura di fallire. Vi ha trasmesso l'avidità, la cupidigia e la codardia. È stato lui a rendervi compiacenti, abitudinari e maniaci del vostro ego. >> 
<< Ma come può fare questo? Egli è veramente un dio? >> domandò un ragazzo di nazionalità ispanica, ancora più spaventato da ciò che quello strano individuo andava dicendo << Tutte queste cose ce le sussurra in un orecchio mentre dormiamo? >> 
In tutta risposta, il Dottore si limitò a scoppiare in una sonora risata . L'azione disturbò gran parte dei presenti. 
<< No, no, non userebbe mai un metodo simile. Sarebbe idiota! >> esclamò l'uomo, mentre continuava sorridere << La sua tecnica è infinitamente più efficienti e organizzata. Per farsi ubbidire e tenerci buoni, quest'uomo si è imbarcato in una stupenda manovra. Stupenda, naturalmente, dal punto di vista di uno stratega. Una manovra orrenda invece, dal punto di vista di coloro che l'hanno subita. Egli, infatti, non ha fatto altro che cedervi la sua mente! Mi capisci? >> domandò, il volto adornato da un'espressione visibilmente estatica.
Lui non capiva. E neppure gli altri, poteva vederlo nei loro occhi. Emise un sospiro rassegnato e, armato di tutta la pazienza di cui era capace, cominciò a spiegare in maniera quasi metodica.
<< Il Maestro ha condiviso la sua mente, che, di conseguenza, diventò anche la vostra mente! La mente dell'uomo che conoscete come il Maestro è barocca, contraddittoria, cupa, piena di timore di essere scoperta da un momento all'altro. >>

Si alzò in fretta e furia e volse la propria attenzione nei confronti della folla. 
<< E se ci pensate attentamente, non è poi così assurdo. Gli stregoni che abitano questa realtà furono tra i primi ad arrivarci! Erano piuttosto a disagio a pensare al momento in cui il Maestro intraprese la sua campagna di conquista. Pensavano che l'uomo a un certo punto dovesse essere un uomo molto diverso, dotato di una propria libertà, e con una consapevolezza che oggi sembra appartenere a leggende mitologiche. E io l'ho visto. Ho visto quello che eravate in grado di fare, ed era meraviglioso! >> esclamò, sollevando ambe le mani in direzione della volta celeste. 
Poi, come dal nulla, un'ombra cupa cominciò a calare sul volto dell'uomo.
<< Ma ora... ora abbiamo un uomo sedato. Quello che voglio dire è che contro di noi non abbiamo un semplice predatore. Il Maestro è un avversario molto intelligente e organizzato. Segue un sistema metodico per rendervi inutili. Ogni essere vivente, ora... per lui è solo un ordinario pezzo di carne >> continuò, facendo trasalire la maggior parte dei presenti. 
Il Dottore, tuttavia, non lasciò loro il tempo per riprendersi da quella dichiarazione e proseguì in maniera quasi spietata. 
<< Le persone non hanno più sogni propri, se non quelli di animali che sono stati innalzati a diventare un pezzo di carne: sogni banali, convenzionali, idioti >> terminò, il volto adornato da un cipiglio pronunciato. 
L'adolescente senza nome sollevò la mano una seconda volta. << Ma... com'è possibile tutto questo? Come ha fatto il Maestro ad ottenere un simile potere? >> domandò spaventato.
Le persone attorno a lui annuirono in accordo, desiderosi di far luce su quell'insolita e scioccante questione. 
In tutta risposta, il sorriso sul volto del Dottore sembrò illuminarsi di almeno 1000 watt.
<< Questo, amico mio... è esattamente quello che ho intenzione di scoprire. >>


Molto tempo fa, in una galassia lontana, lontana...

Anakin Skywalker, giovane schiavo del pianeta Tatooine, sentì che c'era qualcuno nella luce cinerea del crepuscolo e ,almeno sulle prime, il suono gli parve così lontano e così strano – clangore di metallo contro metallo - che pensò dovesse trattarsi di un sogno. 
Per lui, ormai, lo stato di veglia e quello di sonno erano diventati molto simili: attraversava nei due sensi quel confine quasi senza rendersene conto. 
Era stato stupido. Aveva cercato di scappare. Non si scappa dagli schiavisti di Jabba The Hutt senza incorrere in una severa punizione. In questo caso, la morte per fame e disidratazione nelle prigioni sotterranee di Tatooine. 
Ma poi venne la voce, e lui scattò a sedere sulla branda, gli occhi spalancati, enormi e febbricianti nella sua faccia da bambino. 
La voce giunse scivolando lungo i corridoi da Dio sa quanto lontano, nell'ala degli uffici dell'amministrazione che si occupava delle catacombe. 
<< Ehilà! C'è nessuno in casa? Andiamo, ho fatto molta strada per arrivare fin qui! >> 
E, stranamente, il primo pensiero del quindicenne fu: meglio rimanere zitti. Forse se ne andrà. Forse... 
<< Allora, questo posto è davvero abbandonato? Facciamo così! Conterò fino a tre. Uno, due... sigh... e va bene, me ne vado, ma non prima di aver fatto un salto alla mensa... >>
A quel punto, Anakin si ritrovò incapace di rimanere in silenzio. Preso dal panico e da una totale mancanza di autoconservazione, si lanciò fuori dalla branda e cominciò a colpire freneticamente le sbarre della cella con i pugni, come se ormai non potesse più fare altro. 
Le vibrazioni risuonarono per tutta la lunghezza della prigione, eppure le guardie che a quel punto avrebbero dovuto intervenire... non si mostrarono.
<< Aspetta! Aspetta, per favore! Ti prego, non te ne andare! >> urlò il bambino, con tutto il fiato che gli era rimasto in corpo. E, considerata la situazione attuale, non era poi molto.
Con suo grande sollievo, la voce misteriosa tornò a farsi sentire. 
<< Ah, ma allora qui c'è davvero qualcuno!>> urlò gioviale. << E sembra proprio essere qualcuno di molto... affamato! >> 
Anakin rilasciò una risata strozzata, mista a lacrime di pura gioia. Cadde in ginocchio, sollevando sbuffi di polvere, e afferrò le sbarre della cella con ambe le mani, provando gioia per la prima volta mentre sentiva il freddo metallo sotto i polpastrelli delle dita. Al contempo, un suono ben distinto di passi iniziò a riecheggiare nell'oscurità del corridoio.
Eppure, nonostante l'arrivo di quella presenza nuova e misteriosa... il bambino si sentì invadere da una sensazione sconcertante di paura e timore reverenziale, quasi come se stesse per entrare in contatto con una creatura molto pericolosa. Per un attimo, contemplò perfino l'idea di rimanere in silenzio e aspettare che lo sconosciuto se ne andasse.
AH! Che pensiero ridicolo! Aveva paura di questo sconosciuto? E perchè mai? Non sapeva nemmeno chi fosse o che aspetto avesse! Inoltre... cosa ci potrebbe essere di peggio che rimanere chiuso in quell'inferno di sabbia e polvere, a morire di fame dopo una lunga e lenta agonia?

Il pensiero della fame gli fece venire in mente Cham, il suo vicino di cella. Era morto di fame anche lui, appena un paio di giorni prima. Il Twylek - ben riconoscibile a causa delle lunghe protuberanze che gli partivano dalla testa arancione - giaceva disteso sulla schiena nella penombra della cella accanto, con un braccio che sporgeva tra le sbarre di quella di Anakin. Caratteristica evidente erano i brandelli di carne che mancavano dal gomito in su, bordati dall'inconfondibile segno di denti umani.
Il bambino era perfettamente consapevole di chi li avesse lasciati. Dopotutto, ricordava in maniera molto lucida di come si era quasi slogato la spalle nel tentativo di afferrare l'arto dell'alieno e trascinarlo nella sua cella. Venne presto invaso da un'intensa sensazione di nausea mista a repulsione per se stesso e per coloro che lo avevano costretto a compiere un simile atto. 
Senza perdere tempo, forse per paura che chiunque fosse giunto lo avrebbe considerato una specie di mostro, procedette a spingere il braccio di Cham nella sua cella e a coprirla con il telo del proprio letto. 
Pochi secondi dopo, il sibilo che segnava l'attivazione del cancello di accesso lo costrinse a interrompere ogni movimento. Il suono venne amplificato dal corridoio e fu presto seguito da un inconfondibile rumore di passi: quelli del misterioso visitatore, diversi da qualsiasi altra cosa che avesse mai udito. E si stavano avvicinando. 
Quasi con esitazione, Anakin si avvicinò nuovamente alle sbarre della cella... e attese, il volto abbassato verso il pavimento della cella. E fu allora che i suoi occhi si posarono su un paio di scarpe di tela nere, con i tacchi consumati. Non che il bambino potesse saperlo. Dopotutto, quel tipo di scarpe non erano mai state fabbricate nella sua galassia. 
Il suo sguardo si sollevò lentamente, percorrendo gli arti dell'intruso. 
Nell'attimo in cui gli occhi del giovane raggiunsero il viso colorito del Maestro, questi gridò: << Buh! >>
Il suono raggiunse il fondo del braccio silenzioso e tornò indietro. Anakin cacciò un urlo, barcollò e inciampò nei suoi stessi piedi, cadde a terra e si mise a piangere.
<< Va tutto bene! >> gridò l'uomo << Ehi, ragazzino, va tutto bene. Tutto bene... >>
Anakin singhiozzò sonoramente. << Puoi farmi uscire? Ti prego, fammi uscire! Non voglio fare come il mio droide, non voglio finire in quel modo! Ti prego, fammi uscire, farò tutto quello che vorrai... >>
<< Oh, povero ragazzo. Sembri la pubblicità delle vacanze a Dubai. >>
Eppure, nonostante il tono comprensivo con cui l'uomo lo stava indirizzando, Anakin si ritrovò del tutto incapace di sostenere il suo sguardo. C'era qualcosa di molto sbagliato negli occhi dell'uomo. Qualcosa di primitivo... e malvagio. Ma in loro c'era anche un tipo di saggezza che aveva visto solo sui volti degli anziani di Mos Esley. Ma non era una saggezza rassicurante... bensì infida e pericolosa.
<< Ti prego >> mormorò il giovane << Ti prego, fammi uscire. Ho... ho così tanta fame... >>
<< E lo credo bene! >> esclamò lo sconosciuto << Questo posto sembra una vera topaia, scommetto che il servizio è davvero pessimo. Dimmi, da quanto tempo sei qui dentro, piccolo amico? >>
<< Io... non lo so >> disse Anakin, mentre cercava di trattenere un singhiozzo. << Qualche settimana, penso... >>
<< Allora come fai a non essere ancora morto? >> domandò l'altro, con tono inquisitorio.
<< Sapevo che stavo per essere punito>> mormorò il giovane, deglutendo a fatica << Ho rubato un po' di cibo dalle guardie e me lo sono messo in tasca. >>
<< Ma davvero? >> chiese l'uomo, il volto ora adornato da un'espressione perplessa << Quindi... il tuo caro vicino non ha nulla a che fare con la tua miracolosa sopravvivenza? >>
Il cuore di Anakin mancò un battito. << Non capisco cosa intende, signore. >>
<< Ah, no? Strano, perchè al suo braccio sinistro sembra mancare un pezzo, e anche bello grosso. Sembra quasi che sia stato addentato da un cane! O forse una persona... >>
<< Io... io non ne so niente, lo giuro >> balbettò il piccolo, tremando per l'anticipazione. 
Lo sconosciuto ronzò in apparente contemplazione. << E per quanto riguarda quel roditore laggiù?>> disse indicando la parte più oscura della cella << Spero che avesse un sapore migliore. >> 
Anakin si voltò di scatto. Fu allora che notò il cadavere di un piccolo animale peloso abbandonato nell'oscurità della gabbia, e imprecò mentalmente. Si era completamente dimenticato di quel piccolo dettaglio.
<< Come ti chiami? >> domandò il nuovo arrivato.
Il bambino
 esitò per qualche istante, ancora non del tutto sicuro se potesse fidarsi o meno di questo strano individuo. Sembrava un tipo simpatico... ma allora perché la sua presenza lo spaventava più degli stessi schiavisti?
<< Andiamo, non mordo mica! Come ti chiami, recluta? >>
<< Anakin Skywalker >> sussurrò il piccolo, abbandonando ogni sentore di cautela. << Io... io non volevo scappare, lo giuro! Volevo solo vedere le stelle! >>
<< Ne sono sicuro >> disse l'altro, senza mai perdere quel suo sorriso apparentemente intramontabile. << Guardami, Anakin >>
<< No >> bisbigliò il giovane, scuotendo rapidamente la testa.
<< Oh... e perché no? Sei per caso cieco? >>
<< Perché... >>
<< Coraggio, non farti pregare! >> 
<< Perché non credo che tu sia reale >> ammise Anakin, in tono quasi rassegnato << E se sei reale... signore, se sei reale, allora sei un demone, non c'è altra spiegazione. >>
<< Capisco >> commentò l'uomo, per nulla disturbato dalle parole del bambino << Be', giuro sui miei cuori che non ti farò del male! Coraggio, piccolo amico, solo una sbirciatina. Prometto che non te ne pentirai. >> 
Questa volta, Anakin si ritrovò completamente capace di resistere e la sua curiosità ebbe la meglio sul buon senso. Alzò lo sguardo e i suoi occhi del colore del cielo si posarono sul viso sorridente dello sconosciuto. Si rese conto che teneva qualcosa nella mano destra: un cilindro di colorazione argentea, non più lungo di trenta centimetri.

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Poi, il Maestro lo rigirò leggermente tra le dita ,e la parte superiore del manufatto sembrò allungarsi, illuminandosi di una debole luce gialla. 
Canticchiò: << Everybody want to rule the world. Non è vero, Anakin? >>
<< Ehm... certo, signore >> mormorò, senza mai distogliere lo sguardo da quello strano cilindro. Era quasi come se fosse alla presenza di un vecchio amico, e non poteva spiegarselo.
L'uomo cominciò a rotearlo tra le dita con fare disinvolto.
<< Ora, tu mi sembri un ragazzo che deve apprezzare il valore di una buona opportunità. Ne sono sicuro. Perché le buone opportunità sono fatte per durare, ragazzo mio! E in fondo... c'è qualcosa di più bello nella vita di far fruttare una buona opportunità? Io non credo proprio. >>
<< Signore, la prego... io... io voglio solo mangiare qualcosa... >>
<< La cosa non mi stupisce >> disse l'uomo, con tono condiscendente << Dannazione, ragazzino, non puoi mica mettere i denti su tutto quello che trovi in giro! Potresti prenderti dei brutti mal di pancia. Vuoi sapere cosa ho mangiato io, prima di venire qui? Ho fatto un salto al ristorante che sta alla fine dell'Universo e mi sono fatto un bel piatto di ravioli alla bolognese, completi di salsa al Tartufo Vulcaniano! Il solo parlarne fa venire l'acquolina in bocca, non pensi anche tu? >>
Anakin sussurrò un "sì", sebbene non avesse la minima idea di cosa fossero i ravioli. Tuttavia, sembravano deliziosi.
<< Poi, vediamo... oh, sì! Ho mangiato anche delle deliziose capesante, una bella torta alla panna per dessert... ops, penso di aver un po' esagerato. Qualcuno dovrebbe proprio darmi un bel calcio nel didietro! Scusami, dico davvero. Facciamo così! Adesso ti faccio uscire e poi ce ne andiamo a cercare qualcosa da mangiare, d'accordo? >> 
Anakin non ebbe nemmeno la forza di grugnire. Nella sua mente cominciò a farsi strada l'idea che l'uomo che aveva di fronte non fosse altro che una specie di miraggio che il suo cervello aveva creato appositamente per torturarlo.
Eppure, l'espressione sul volto dello sconosciuto sembrava davvero dispiaciuta... quasi pentita. Forse le sue parole erano sincere. L'idea di essere liberato e andare a mangiare qualcosa non sembrava poi così male.
All'improvviso, lo strano cilindro che aveva in mano scomparve nel nulla. Pochi secondi dopo, una chiave si materializzò nel palmo aperto dell'uomo. 
<< Ma... com'è possibile... >>
<< Ti piace? >> chiese lo sconosciuto, apparentemente soddisfatto con se stesso << Ho imparato questo trucchetto dalla mia nuova amica. Una ragazza affascinante, sono sicuro che avrai modo di conoscerla. >>
Si chinò e puntò l'oggetto verso la serratura della cella di Anakin. E questa era una cosa strana, perchè, per quanto il bambino potesse ricordare, quelle celle non avevano serratura. No, si aprivano e si chiudevano tutte elettricamente, ricevendo il segnale da una stazione di controllo nei piani superiori del palazzo. Eppure... la porta della cella cominciò a ronzare, segno del fatto che stesse per aprirsi. 
Il sorriso sul volto dell'uomo sembrò allargarsi.
<< Permetti che mi presenti. Mi chiamo il Maestro. Gran bel nome, lo so. Ma non è il peggiore. E sono un Signore del Tempo! Piacere di conoscerti. >> 
<< Ehm... piacere mio >> ribatté Anakin, con tono incerto. 
<< E credo che, prima di aprire questa cella, prima di andarcene a fare un po' di baldoria in questo bel multiverso... dovremmo fare un piccolo accordo, ragazzino. >>
<< ...Ok? >> 
<< Eccellente! >> esclamò il rinomato Maestro << Mettiamo subito in chiaro le cose, ragazzo. Ho intenzione di fare di te il mio braccio destro. Ho intenzione di farti diventare un San Pietro, e forse di più! Quando aprirò questa porta... metterò nelle tue mani le chiavi del regno. Non sembra poi così male, dico bene? >>
<< Dice bene, signore >> balbettò Anakin, mentre un altro brivido di paura gli attraversava la spina dorsale. Quell'uomo era pazzo, ormai ne era quasi completamente sicuro. 
Gli occhi del Maestro sembrarono risplendere nella penombra come le orbite di un gatto. Fu allora che il giovane Skywalker sentì qualcos'altro assieme a quell'implacabile sensazione di terrore.
Una specie di estasi religiosa. Una sensazione di piacere. Il piacere di essere scelto. La sensazione di essere riuscito... a fare qualcosa. 

<< Vorresti metterti in pari con la gente che ti ha chiuso qui dentro, non è vero? >>
<< Lo voglio >> rispose Anakin, la mente ora invasa da una rabbia improvvisa. 
<< Non soltanto gli schiavisti, ma chiunque sia responsabile della tua situazione >> suggerì l'uomo << Te li ricordi, non è così? Per alcuni individui particolari... uno come te non era altro che spazzatura. Perchè loro si considerano sopra tutti. Non credevano che una persona come te avesse il diritto di diventare come loro... avevano paura del tuo potere! Di ciò che saresti potuto diventare. >>
<< Sì, è così >> sibilò Anakin, stringendo ambe le mani in pugni serrati. 
Quell'uomo (almeno credeva fosse un uomo) aveva espresso tutte le cose complicate che lui sentiva, e le aveva espresse in poche frasi. Lui... voleva vendetta... e il riconoscimento che gli era stato negato. 
I Jedi lo avevano rifiutato a causa della sua età. Lo avevano rispedito in quest'inferno. E, a causa loro, sua madre era morta, uccisa nel tentativo di salvarlo dagli schiavisti. Li odiava profondamente. 

<< Lo sai che cosa dice la Bibbia di gente così? >> chiese con calma il Maestro. 
Anakin non sapeva cosa fosse la Bibbia, perciò rimase in silenzio.
<< Dice che chi si esalta sarà umiliato e che i potenti saranno abbattuti e che gli orgogliosi saranno disfatti. E sai che dice di gente come te ? Dice: beati i mansueti, perché erediteranno la terra. E dice: beati i poveri di spirito, perché loro vedranno... Dio! >>
Anakin annuì, convinto di ogni parola che fuoriusciva dalla bocca di quell'uomo.
<< Ora, so che tu sei un ragazzo molto intelligente >> proseguì il Maestro << e ho come il presentimento che tu sia anche una persona molto leale. Tu ed io, Anakin, arriveremo lontano, te lo garantisco! È arrivato il momento opportuno per gente come noi, capisci? Gente che meritava di mangiare a capo tavola già da molto tempo! Sto per realizzare qualcosa. Qualcosa di grosso! L'universo sta per essere mio, e la gente non se ne accorgerà nemmeno. Avrò bisogno di persone come te, per tenerlo al sicuro. Tutto quello che mi serve è la tua parola. >>
<< P-parola? >> domandò Anakin, incerto << Per cosa? >>
<< Per essere sicuro che rimarremo insieme fino alla fine, mio piccolo amico. Tu ed io, da soli contro il mondo! Senza tirarsi indietro. Senza addormentarsi durante i turni di guardia. Ce ne saranno altri ben presto, ma, per il momento, ci siamo solo noi. Io ti libererò solo se se tu darai a me la promessa. >>
<< Io... lo prometto >> sussurrò il giovane, senza un minimo di esitazione. 
A quanto pare, quello era tutto ciò di cui il Maestro aveva bisogno. La serratura della cella scattò con un suono acuto e il Signore del Tempo si fece da parte. Un attimo dopo, la porta cadde ai piedi dell'uomo, sollevando sbuffi di polvere. 
<< Sei libero, Anakin. Coraggio, fatti dare una bella occhiata! Non vedo l'ora di conoscere meglio il mio nuovo socio. >>
Incredulo, il ragazzo compì un esitante passo al di fuori della cella, quasi come se avesse paura di rimanere fulminato nel momento in cui avesse toccato l'esterno. Tuttavia... non accadde niente. Nessun lampo di elettricità, nessuna punizione. Solo la pura e semplice... libertà. 
Fissò il suo salvatore, quegli occhi infuocati. Qualcosa venne posto nelle sue mani: il  cilindro d’argento. Ma aveva un aspetto diverso. Era decisamente più spesso, e un pulsante rosso ne adornava la superficie lucente.
Anakin riconobbe all'istante l'identità di un simile oggetto: era una spada laser, dello stesso tipo che aveva visto nelle mani dei cavalieri Jedi che avevano visitato lui e sua madre molto tempo fa.
<< Questo, mio caro ragazzo... ora è tuo. >>
<< M-mio? >> domandò il bambino, con occhi increduli e febbrili. 
Il Maestro gli afferrò le dita e glie le chiuse intorno al cilindro, annuendo gentilmente. 
<< Mio >> sussurrò Anakin, incapace di trattenere un sorriso di pura gioia.
Dopotutto... non aveva mai avuto niente che fosse davvero suo, prima di quel momento. 

<< Andiamo a cena? >> domandò il Signore del Tempo.<< Abbiamo molte cose da fare, ma penso che sarebbe meglio parlarne a stomaco pieno. >>
<< Mi-mi sembra un'ottima idea >> balbettò Anakin, mentre il suo stomaco ringhiava alla possibilità di mettere qualcosa sotto i denti.
<< C'è tanto da fare >> ripeté l'uomo, apparentemente contento. << Dobbiamo muoverci molto in fretta. >>
Si incamminarono assieme verso le scale, oltrepassando i morti nelle altre celle. Quando il ragazzo incespicò per la debolezza, il Maestro gli mise il braccio sotto il gomito e lo sostenne. Anakin alzò lo sguardo e fissò quel volto sorridente con qualcosa che non era solo gratitudine. 
Fissò il Maestro con qualcosa che poteva essere la più totale devozione. 
Poi, appena un paio di secondi dopo, entrambi sparirono in un lampo di luce blu.


Personaggi 

Il Dottore (Dodicesima Incarnazione)
Opera: Doctor Who
Razza: Signore del Tempo
Video Tribute: https://www.youtube.com/watch?v=AiZDf9LcJbA&t=201s
Soundtrack: https://www.youtube.com/watch?v=bF1Ng0XCUyw
Autore: Evil 65
 
Il Maestro
Opera: Doctor Who 
Razza: Signore del Tempo
Video Tribute: https://www.youtube.com/watch?v=GUp4kVvx_cE
Soundtrack: https://www.youtube.com/watch?v=PlX9z-hU0To
Autore: Evil 65
 
Anakin Skywalker/Darth Vader
Opera: Star Wars
Razza: umano/Sith
Video Tribute: https://www.youtube.com/watch?v=ngvGRc7H9pI
Soundtrack: https://www.youtube.com/watch?v=EiiWU7OvoEM&t=36s
Autore: Evil 65
 
Gli altri personaggi presenti nel capitolo sono delle semplici comparse. 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 - Aria di tempesta ***


Dedichiamo questo capitolo al Dodicesimo Dottore, interpretato magnificamente da Peter Capaldi. Ci mancherai, grand'uomo!
Grazie anche a tutti coloro che ci hanno sostentuo con le recensioni del primo capitolo.



Capitolo 1 - Aria di tempesta

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Alcuni giorni prima dello Scisma…
 

Universo Marvel
 

Asgard, il Reame Eterno, sorgeva al centro dei Nove Mondi.
La città degli dei, estesa e maestosa, era il simbolo della pace di tutti i regni, connessi tra loro tramite il Bifrost, il ponte dell'arcobaleno. Questi era sorvegliato da Heimdall il Bianco, fforse il guerriero più abile e capace tra tutti, un energumeno armato con una poderosa alabarda impugnata nella mano destra ed uno scudo a torre nella mano sinistra, contornato di punte d’acciaio aguzze e lucenti.
La sua pesante armatura era dorata, e l'elmo cornuto nascondeva bene il capo barbuto, pur mostrandone chiaramente gli occhi di un colore giallo ambra; egli, infatti, possedeva l'innata abilità di poter scrutare qualunque cosa ci fosse nei nove regni. Niente passava inosservato al suo sguardo, nemmeno lo sbattere d'ali di una mosca che si posava sulla foglia di un fiore a Vinheim.
Suo era il compito di mettere alla prova i valorosi che desideravano entrare nella dimora divina, e sempre suo era il compito di suonare il corno d'avorio per avvertire gli Einherjar del Valhallha dell'arrivo di eserciti nemici.
Ah, Asgard. Costruita nella profondità del regno degli dei, lo splendore di questa città fortezza era leggendario. L'architettura delle costruzioni ricordava assai lo stile greco-romano, fatto alquanto bizzarro, considerato che gli dei asgardiani si rifacevano alla cultura nordica dei mortali. Ma, infondo, la boriosa gloria degli dei era tanto maestosa che non poteva di certo essere rappresentata da un unico stile.
Al di fuori della città, oltre le lunga mura di cinta, vi erano veri e propri boschi colmi di vegetazione e fauna, laddove i cacciatori si dilettavano nella caccia per saziare i deliziosi e fastosi banchetti degli dei.  Era tradizione che ad Asgard si tenessero sontuosi rinfreschi in onore di, be'… praticamente qualunque cosa. Non si poteva certo dire che non fossero una razza di festaioli!
La terra degli dei era anche chiamata il Regno Dorato, merito all'enorme quantità di oro usata per la costruzione degli edifici. Tra tutti loro, il più sfarzoso era sicuramente il Palazzo di Odino.  Il Grande Padre, colui che regnava su Asgard e su tutti gli dèi; se Odino era il padre degli dei, allora si poteva benissimo affermare che Asgard stessa fosse Odino.
Il Regno aveva bisogno della sua forza e della sua saggia guida, al fine di poter prosperare. Quando egli sedeva sull'imperiale trono d'oro e avorio, stringendo nel suo pugno l'infallibile Gungnir, nessun male immortale osava marciare contro il Regno. Tuttavia, vi era un periodo d'inverno in cui il Grande Padre era costretto a ritirarsi per recuperare le forze e permettere ad Asgard di prosperare; questo lasso temporale di sette giorni era chiamato il Sonno di Odino, ed era proprio in quel periodo che il male decideva di scagliarsi su Asgard.
Per una settimana, armate di Jötun, Demoni, Elfi Scuri e Troll si gettarono alla guerra contro il popolo asgardiano, ma uno a uno caddero sotto i colpi delle spade e delle lance degli Einherjar guidati da Balder, e dai possenti colpi del martello... di lui... il mio arrogante, brutale, mostro di un fratellastro... Thor, il figlio primogenito di Odino, possessore del leggendario maglio Mjolnir, che nella lingua mortale significa “Frantumatore”.
Eccolo là… Il Dio del Tuono. Che mostra col suo disgustoso orgoglio la sua superiorità, vestendo la sua armatura asgardiana decorata con il simbolo dei Nove Mondi, il mantello purpureo e l'elmo alato…


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<< Stupido arrogante scimmione! >> imprecò Loki, osservando lo spettacolo dalla sua sfera di cristallo, mentre se ne stava adagiato al di sopra di un sontuoso trono in legno.
Il Dio degli inganni era il fratello adottivo di Thor, strappato da Odino quando era ancora un infante in fasce dal castello del Re dei Giganti di Ghiaccio, Laufey. Infatti, Loki altri non era che uno jötun cresciuto come un asgardiano. Tuttavia, da quando egli aveva scoperto la sua vera natura, cosa che gli negò qualsiasi pretesa potesse avere sul trono di Asgard, qualcosa in lui cambiò per sempre, rendendolo il nemico più pericoloso di Asgard.
Attualmente, si trovava in una dimensione alternativa, scelta da Odino stesso per il suo esilio, in una torre diroccata, mentre sedeva sul lungo trono in legno, vestito con il suo abito verde e giallo, coronato da un elmo dorato dotato di lunghe corna.
<< Iracondo come sempre, Loki >> gli disse una voce femminile, dal tono sensuale e al tempo stesso malefico. Proveniva da un angolo oscuro della stanza.
Emerse dall’ombra, risaltando sotto la pallida luce delle candele, la figura slanciata di una donna dai lunghi capelli biondi e setosi, che le arrivavano fino a sotto le spalle. Il corpo sensuale e curvilineo era risaltato da un corpetto verde che ne evidenziava il seno ben formato e non troppo abbondante. A tutto ciò, si aggiungeva una gonnella frastagliata del medesimo colore, così come un paio di lunghi stivali neri col tacco, che le arrivavano fino alle cosce.
Labbra rosse come il sangue spiccavano su di un viso delicato, il tutto coronato da una coppia di occhi verdi e penetranti, capaci di sedurre qualunque uomo o donna ella volesse.
  
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Una dea? Una strega? Poco importava cosa fosse quella donna, qualunque essere vivente non poteva che rimanere abbagliato dalla sua bellezza e dalla potenza che emanava. Infatti, nonostante l’aspetto estremamente gradevole, era sufficiente un semplice sguardo, affinché chiunque potesse intravedere l’aura magica che la rendeva tanto misteriosa quanto potente.
<< Amora, non sono dell’umore adatto. Mi auguro per  te che il portale che useremo per portare qui i soldati del nostro “amico comune” sia pronto. >>
<< Ovviamente. Ho già pensato a tutto, non c’è alcun bisogno di essere acidi. Tra poco li trasporterò su Asgard e su Midgard, come da tuo piano >> rispose l’Incantatrice, con un’espressione ambigua, triste e dubbiosa allo stesso tempo.
<< Eccellente, Amora. Non fare quella faccia, abbiamo un accordo. Fai questo per me, e l’amore di Thor sarà tuo >> disse il dio degli inganni, alzandosi dal trono e prendendole il mento con due dita << Non è forse quello che hai sempre voluto?  Abbracciarlo, baciarlo, prenderlo e farlo tuo. Tuo e solo tuo, strappandolo dalle braccia di quella mortale che risponde al nome di Jane Foster. >>
Pronunciò quel nome sussurrandolo all’orecchio della maga con una punta di malizia, tono che la fece rabbrividire, tant’è che la donna si sottrasse dalla presa di Loki e si mise a braccia conserte, rimuginando sull’odio che provava per quella comune mortale. Odio scaturito dalla consapevolezza che non vi era spazio per lei nel cuore del dio del tuono e anche dal mistero relativo alle qualità di quella donna: cosa aveva mai, quell’essere inferiore, di tanto importante da renderla migliore agli occhi dell’asgardiano? Quale stregoneria aveva architettato, quale studio nero aveva compiuto di così potente che non poteva essere replicato? Amora non lo sapeva, ed ogni volta che ci rifletteva arrivava alla semplice conclusione che si trattava di amore; ma si rifiutava di crederlo, rifiutava con tutta sé stessa che ciò potesse essere vero. Nessuna donna era più bella di lei, e nessuna poteva avere il cuore di Thor. Nessuna. Il principe erede al trono era suo, suo e di nessun’altra.
<< Silenzio, figlio di Laufey >> sputò acida << Evita di sibilarmi nell’orecchio con la tua lingua biforcuta. So cosa devo fare, non c’è alcun bisogno di tentarmi con la tua oratoria. Ho accettato di aiutare te e il Maestro per una sola ragione, e non intendo venire meno alla mia promessa. Ma voglio essere chiara, dio dell’astuzia: non provare a ingannarmi o a venire meno alla tua parola, altrimenti farò in modo di farti conoscere l’eterno dolore >> disse lei con fare difensivo, nel tentativo di tenere testa a Loki per non farsi sopraffare dal suo carisma e dalle sua abilità di controllo.
Lei sapeva benissimo di non essere al livello del fratellastro di Thor, in quanto forza e magia, ma era subdola, e capace di farlo soffrire in molti altri modi… o almeno così credeva.
<< Amora… tanto bella quanto diffidente. Pensi che io non sappia portare rispetto e gratitudine a coloro che mi servono con fedeltà? Avrai ciò per cui stai lavorando, persino Lui lo ha promesso. Ora, mia cara e deliziosa maga… >> Loki la prese per i fianchi, attirandola a sé << Attua il mio piano. Il momento è propizio. >>
 

Asgard – Palazzo di Odino
 
Thor stava dinnanzi al capezzale del padre, inginocchiato, tenendo l’elmo sotto il braccio. Ogni nemico era stato sconfitto e mancavano solo poche ore al risveglio di Odino. Tuttavia…
<< Signore, mio principe! >> esclamò un messaggero, entrando nelle stanze di Odino e inginocchiandosi di fronte a Thor << Heimdall mi manda da voi. Dice che su Midgard ci sono guai, e che una tale Jane Foster sia in pericolo! >>
A quelle parole, il dio del tuono non poté sottrarsi e si congedò con il servo. Attraversò l’ampio salone, per poi uscire all’esterno per prepararsi al viaggio; venne raggiunto da una donna in armatura e dai lunghi capelli neri, dal portamento forte ed elegante. Dava l’aria di una fiera guerriera degna dei migliori combattenti di Asgard.
<< Thor, quale male ti porta lontano dal capezzale di tuo padre? >> chiese la donna.
<< Un male di Midgard, Lady Sif. È necessario il mio intervento, è troppo importante. Tu e i Tre Guerrieri dovreste rimanere qui a vegliare su Odino. Se dovessi fallire contro la minaccia terrestre, sarà vostro compito proteggere il Padre >> rispose il principe, facendo roteare Mjolnir nella mano e spiccando il volo.
<< Ma se Thor dovesse fallire, quante speranze avrebbe Asgard? >> si disse Sif.
 
Il dio atterrò accanto al guardiano del Bifrost. << Heimdall, cosa succede su Midgard e come sta Jane? >>
<< Per adesso non è grave, ma rischia la vita. Delle creature aliene, delle macchine senzienti, stanno attentando alla sua vita e ai mortali intorno ad ella. Non li ho mai visti prima, Thor. Non capisco cosa vogliano. >>
<< Grazie amico mio, ma non temo questa minaccia. Ho affrontato guai ben peggiori >> rispose, lasciandolo solo e volando a tutta velocità lungo il ponte dell’arcobaleno, diretto su Midgard.
 

Terra – New York
 
Sulla Terra, nel frattempo, un gruppo di enormi robot da guerra stava seminando il caos per le strade di New York, senza un preciso scopo apparente.
La polizia era intervenuta, ma le loro armi non potevano nulla contro la resistenza e la tecnologia di quelli che, con tutta probabilità, non erano altro che veri e propri alieni. Sul posto vi era anche una ragazza, probabilmente sulla trentina, dai lunghi capelli castani e dagli occhi azzurri; faceva parte dei dottori dell’ambulanza e si trovava sul posto per soccorrere quanti più feriti possibili.
In quel preciso istante, uno di quegli invasori le piombò di fronte, puntandole contro  un cannone nascosto nella parte superiore del braccio.
Vera meraviglia meccanica, la macchina era molto più alta e grossa di un normale edificio, circa 10 metri al di sopra del terreno. Braccia e gambe potenti spuntavano dal suo corpo, insieme a un assortimento di sensori. Solo alcuni di essi controllavano i dintorni attraverso il normale spettro visivo ; altri sfruttavano gli infrarossi e gli ultravioletti. Le membra erano di uno scintillante metallo scuro.
<< Niente di personale, ma il mio signore Megatron esige la tua morte, ragazza >> disse il robot, poco prima che un tuono lo colpisse sul cranio, facendolo esplodere sul colpo.
Ogni persona presente nella zona si ritrovò a guardare verso il cielo. Nubi oscure coprivano la volta, mentre tuoni e fulmini riempivano l’aria. Al centro di esse stava la figura del possente Thor.
<< Voi folli alieni, osate attaccare Midgard e i suoi abitanti, che sono sotto la mia protezione? Subirete l’ira del dio del tuono per questo! In guardia! >> esclamò, lanciandosi all’attacco col suo martello, menando colpi che facero sbalzare lontano gran parte dei nemici.
Uno di loro lo afferrò da dietro e lo schiacciò al suolo, generando crepe sull’asfalto.
<< Noi siamo i Decepticon! Siamo stati mandati qui per attirarti e ucciderti! >>
<< Più una trappola per voi che per me >> rispose il dio, liberandosi dalla presa e caricando il martello di elettricità per colpire il braccio della macchina e spezzarlo, fondendone le placche di metallo. Fece roteare l’arma e la lanciò contro i suoi avversari, trapassando loro lo sterno.
Non erano avversari tanto complicati, c’era qualcosa che a Thor non quadrava, ma decise che la priorità era di assicurarsi che la sua donna stesse bene.
<< È tutto a posto, Jane? >>
<< In ritardo come sempre >> scherzò lei << Fammi indovinare, il sonno di tuo padre ti tiene impegnato. >>
<< Esatto, ma non manca molto al suo risveglio, e quando Heimdall mi ha avvertito che ti trovavi in pericolo, non ho potuto fare a meno di venire qui ad aiutarti. Ancora mi chiedo cosa volessero questi alieni da te. >>
<< Stupido… idiota… proprio come diceva il capo... >>
A parlare fu uno dei Decepticon ridotti in fin di vita, accasciato a pochi metri dalla coppia.
<< Pensi davvero che siamo venuti qui per questa patetica sgualdrina? Era tutto un piano del tuo caro fratellino... >>
<< Che cosa?! >>
<< A quest’ora… Asgard sarà già ferro e a fuoco... >> 
La frase venne terminata dallo schianto di Mjolnir sulla sua testa. Il colpo fu abbastanza potente da frantumarla in pezzi, sparpagliandola un po’ ovunque.
<< Devo tornare ad Asgard in fretta. Tu pensa a soccorrere i feriti…  appena questa storia sarà finita, tornerò da te, te lo prometto >> disse Thor, congedandosi dalla sua amata.
Spiccò il volo, dirigendosi più in fretta che poteva verso il Bifrost. Attraversò tutto il ponte dell’arcobaleno, e finalmente giunse ad Asgard.
Tuttavia, lo spettacolo che vide alle porte della città… fu a dir poco raccapricciante: molti Einherjar erano caduti sul campo di battaglia, dilaniati, ricoperti di sangue. Ad alcuni di loro era stata mozzata la testa. Sembrava quasi che gli invasori non si fossero limitati ad assediare la città, ma anche a umiliare i loro avversari nella maniera più cruda possibile. Non c’era onore in quella battaglia, e non vi era stata alcuna gloria nella loro morte.
Tra i cadaveri il dio poté vedere il corpo martoriato di Heimdall, ricoperto di lividi, e profonde ferite, trafitto con la sua stessa spada allo stomaco.
<< … Thor… >> pronunciò flebilmente il Dio Bianco.
Era ancora vivo, anche se ormai gli rimanevano pochi minuti. Tutto ciò era possibile solo grazie alla sua natura di asgardiano e di guerriero formidabile.
<< Sono sbucati dal nulla, Thor... non li ho visti arrivare… eravamo impreparati… Chi li ha portati qui ... >>
<< Non parlare, amico mio, conserva le forze. Porrò fine a tutto questo, ma prima devo portarti da un curatore. >>
<< Non c’è tempo… per me è la fine… salva Odino… proteggi quel che rimane… di… As... gard … >> 
E fu così che il Dio Bianco spirò. Morto compiendo il suo destino di protettore, per la sua patria.
Thor inclinò la testa in segno di rispetto, strappò un brandello del mantello bianco del suo compagno e gli pulì il viso imbrattato di sangue.
<< Oggi, il Valhallha accoglierà una delle anime più valorose che le sue sale possano mai calcare >> sussurrò.
Si alzò in piedi e strinse il brandello di stoffa con tutta la sua forza, tingendolo completamente del rosso del sangue del suo amico. Legò la benda al suo bicipite destro, come segno di rispetto.
<< LOKI! Che tu sia maledetto! Pagherai per tutto il dolore da te causato! Stavolta… stavolta sarò io a fare giustizia! >> gridò il dio in preda alla rabbia, volando a tutta velocità verso il palazzo di Odino.
Ovunque guardasse trovava solo morte e disperazione, persino corpi impalati di donne e bambini. Nessuno fu risparmiato. L’odore della guerra che un tempo avrebbe fatto eccitare il figlio di Odino, ora semplicemente lo disgustava; ripensò alle parole di suo padre: “Un re saggio non cerca la guerra, ma la evita” .
Ecco a cosa si riferiva, e solo ora ne comprendeva appieno il significato. Solamente ora, dopo secoli e secoli di esistenza.
Alla luce di tutto ciò, era forse ancora degno del trono? Thor non lo sapeva. L’unica cosa che importava ora era salvare quante più vite potesse e proteggere suo padre.
 

Palazzo di Odino
 
Le linee di Einherjar erano state sbaragliate. Il loro comandante, Balder il Coraggioso, venne colpito dal pugno di un Decepticon, che lo fece schiantare contro la porta che separava l’ultimo baluardo di asgardiani dalle stanze di Odino.
 Il dio si rialzò a fatica e puntò la spada contro quello che doveva essere il capo degli invasori.
<< Tu… tu ora dovrai uccidermi, mostro… perché io non mi arrenderò mai… Per Asgaaaaard! >> gridò lanciandosi in un impeto di coraggio contro il nemico.
Questi lo afferrò, stringendolo nella sua mano, fino a spezzargli le ossa.
<< Folle e sciocco insetto, io sono Megatron! Come se un debole e malandato “dio” potesse fermare la mia avanzata! >> esclamò la bestia meccanica, schiacciandolo al suolo.
La creatura sembrava quasi un demone uscito direttamente dalle lande dell’inferno. Occhi rossi come il sangue adornavano un capo nero e lucente, irto di spuntoni metallici. Il corpo massiccio era più grande di qualsiasi altro Decepticon. Sulla schiena, issava una spada di notevoli dimensioni.
Fece comando ai suoi guerrieri di seguirlo, e così arrivarono fino alle stanze di Odino. Eccolo lì, che dormiva nel suo sonno, impossibilitato a risvegliarsi. 
Accanto a loro comparve Loki, che applaudì alla buona riuscita della loro missione. << Ottimo lavoro, miei subordinati. Il piano è riuscito alla perfezione. >>
<< Bada a come parli, dio degli inganni >> rispose Megatron << Io non rispondo al tuo nome, ma a quello del Maestro. Vedi di ricordartelo bene, se non vuoi che la tua salute ne risenta. >>
<< Credo che non è della mia salute che dovresti preoccuparti… >> rispose Loki, diventando invisibile.
Infatti, tutti i presenti poterono udire il rombo di un tuono fragoroso espandersi nell’aria e, senza che se ne accorgessero, un lampo di dimensioni gigantesche sfondò il soffitto, schiantandosi contro alcuni dei Decepticon e distruggendoli. 
<< Che voi siate maledetti, demoni! Subirete l’ira del dio del tuono! Proverete sulla vostra pelle il dolore di tutti i miei compagni morti! Heimdall, Lady Sif, i Tre Guerrieri e tutto il popolo di Asgard! >>
E, con questo grido di battaglia, Thor si lanciò all’attacco contro le macchine.
Una di loro si parò di fronte a lui. Aveva una corporatura massiccia, grande quasi quanto quella dello stesso Megatron. All’estremità di ogni braccio, lame ricurve fendevano l’aria, nel tentativo di colpire il bersaglio. Una testa massiccia, ornata da un da un paio di tenaglie simile a quelle di un insetto, prendeva posto al di sopra del collo, seguita da un totale di tre vele verticali. Un unico grande occhio rosso, disposto orizzontalmente lungo la parte anteriore del muso, setacciava l’area, illuminando la sala. Costui era Shockwave, uno dei membri più fidati dell’esercito Decepticon.
La creatura colpi il dio del tuono un paio di volte, riuscendo a penetrare le difese dell’asgardiano. Nonostante questo, Thor si limitò a infliggere un poderoso affondo con il martello, facendo sbalzare la macchina contro la parete opposta della sala.
Alla fine, il dio incrociò le braccia con quelle di Megatron, in una prova di forza. La creatura sogghignò.
<< È finita per il tuo popolo, asgardiano! Anche se ci uccidessi tutti, non vi è alcuna possibilità di ricominciare. E poi, Lui te la farebbe pagare. >>
<< Non ho paura di mio fratello, dannata creatura! >>
<< Non stava parlando di Loki, idiota... >>
Al sentire queste parole sconosciute, Thor si girò. E poi… accadde. Fu come se una potentissima onda d’urto invisibile lo scagliasse lontano, facendolo schiantare contro la parete dell’edificio, costringendolo a mollare la presa sul martello.
La voce misteriosa si palesò alla luce, mostrando la figura di un uomo vestito con un elegante completo nero. Aveva capelli cortissimi e castani, coronanti un volto sorridente.
Alla sua improvvisa apparizione, i Decepticon si inginocchiarono. Persino Loki si manifestò nel suo corpo fisico, esibendosi in un  forzato inchino.
<< Bene. Vedo che la festa è cominciata anche senza di me! Ma non me ne lamento, l’importante è l’esito, dopotutto. Oh, sì, che cosa abbiamo qui? >> fece, avvicinandosi al Mjolnir << Questo deve essere il leggendario martello di Thor. Mph, beh … sarebbe uno spreco lasciarlo qui per terra, non credete ,amici miei? No? Be', io ci provo lo stesso. Un ottimo test per i miei poteri! >>
Afferrò il manico con la mano destra e tirò, senza smuoverlo di un millimetro. Lo afferrò ancora con entrambe le mani e tirò il più possibile. Stava usando tutta la sua forza, e una lunga serie di crepe cominciò a diramarsi attorno ai suoi piedi. Ringhiò per la fatica. Se continuava così… avrebbe sicuramente distrutto la pavimentazione dell’edificio.
<< È inutile che ti sforzi, non puoi sollevare il martello, lascialo perdere e concentrati su Thor! >> esclamò Loki.
<< Io… avrò… questo martello!>> sibilò il Maestro, sforzandosi ancora di più, finchè l’arma non gli fu sottratta dalle mani, fluttuando nell’aria e posandosi tra quelle del suo originale possessore.
<< No… tu avrai il suo tuono! >> esclamò Thor, librandosi in aria e facendo roteare a velocità incredibile il martello.
Una densa coltre di nubi scaturì dal soffitto della sala. Tuoni e lampi ancora più potenti fuoriuscirono dalla tempesta; la furia del dio del tuono era così forte che generò un’autentica tempesta, come mai se n’erano viste prima d’ora: gran parte degli alberi presenti nella zona vennero sradicati dalla forza del vento.
La terra cominciò a tremare. I Decepticon e i sopravvissuti si attaccarono a degli appigli, nel tentativo di rimanere al suolo. 
Solo il Maestro non sembrò risentire del fenomeno.
<< Avanti, figlio di Odino. Fammi vedere quello che sai fare >> intimò, mettendosi in guardia e librandosi in aria. In poco tempo, si  ritrovò di fronte all’asgardiano.
Dagli occhi di Thor fuoriuscivano scintille elettriche. Con un urlo di rabbia, il dio si scagliò a tutta potenza contro il nemico: menò un poderoso colpo del martello, ma l’avversario fu repentino a bloccarlo nella mano. Dopodiché, si susseguirono altri colpi di Mjolnir, colpi che, tuttavia, vennero bloccati dal signore del tempo con una facilità quasi disarmante.
A questo punto, Thor era furibondo. Tenne l’arma con due mani. La tempesta aumentò d’intensità. Ci fu un secondo urlo di rabbia: il Maestro venne colpito con tutta la forza di cui Thor era capace, una forza che riuscì a scaraventarlo al suolo.
Il Signore del Tempo si rialzò, sistemandosi la giacca rovinata. << Perfetto, questo era il mio abito preferito. Ora me lo ricompri! >>
Il dio era ancora più infastidito dalla mancanza di rispetto di quell’uomo. Fece vorticare il martello più velocemente che poteva, incanalando in esso tutta la potenza di quella tempesta.
<< Andiamocene di qua, ora! >> urlò Loki spaventato da ciò che sarebbe accaduto. Nemmeno lui aveva mai visto Thor usare tutto il suo potere.
Raccolse a sé Megatron e i suoi affiliati e li teletrasportò al sicuro insieme a lui.
<< Per Odino… PER ASGAAAAAAAAAARD! >> urlò Thor, lanciando il suo martello contro il Maestro, che assorbì il colpo.
Lo schianto del Mjolnir generò un’esplosione elettrica che coinvolse l’intero palazzo, un grandioso lampo di luce visibile in ogni angolo del regno, un tuono come mai prima d’ora se n’erano visti, generato dallo stesso Thor.
La coltre di fumo si diradò, e un dio del tuono ormai stanco non poté faro altro che assistere impotente alla scena: il Mjolnir steso al suolo, con il Maestro che risucchiava nella mano l’energia prodotta. Era riuscito a bloccare il colpo con la stessa facilità con cui si beve un bicchier d’acqua.
<< No… non può essere… >> ansimò l’asgardiano, inginocchiandosi a terra.
Il Signore del Tempo lo raggiunse, afferrò il dio per la gola e lo sollevò in aria. << Be', dai, ti andrà meglio la prossima volta. Però per l’impegno ti do un A+! >>
Thor ringhiò, attirò a sé il Mjolnir, ma, prima che potesse fare qualsiasi cosa, il Maestro lo scaraventò molto lontano col gesto di una mano, fino a farlo schiantare contro una montagna.
<< Mph… tutto questo potere… mi sarebbe piaciuto avere quel martello, però. Oh be', non si può avere tutto dalla vita >> commentò con tono spensierato.
In quel momento, ritornarono nella stanza i suoi sottoposti insieme a Loki, incredibilmente stupefatto dalla potenza del suo nuovo complice.
<< Ora, signor Loki, come promesso… >> si diresse al capezzale di Odino << ...la renderò un sovrano >> concluse, trafiggendo il cuore del Padre degli Dei con una mano.
Per un attimo, non accadde nulla. Poi, il corpo dell’asgardiano cominciò a compiere lunghi e dolorosi spasmi, mentre fiotto di sangue fuoriuscì dalla sua bocca. Dopo appena mezzo minuto, la figura dell’uomo ritornò immobile.
<< E anche questo è sistemato. Odino, l’unica minaccia per il mio Impero, è stata debellata. Ancora poco e si sarebbe risvegliato, e ciò sarebbe stato un male, oh sì! Questo vecchio avrebbe potuto seriamente minacciarmi…  comunque, basta chiacchiere. Orsù signori! Abbiamo un lavoro da portare avanti. >>
 
Thor si trovava esamine al fianco della montagna, il suo colpo lo aveva privato di tutte le energie, e l’attacco del Maestro lo aveva provato.
Era ormai in fin di vita. Davanti a sé, l’Avenger riusciva a intravedere perfino la figura distorta di Hela,che lo scrutava con un’espressione impassibile. Chiuse gli occhi, e quando li riaprì, al posto della dea della morte vide l'Incantatrice.
<< A… Amora... >>
<< Sì, sono io, amore mio >>  rispose lei, inginocchiandosi e portando delicatamente la sua testa al petto dell’uomo, cingendolo con le braccia << Io volevo il tuo amore, non la tua morte. Oh, che stupida sono stata a fidarmi di Loki >> sussurrò, il volto rigato dalle lacrime.
 In quel momento, lo baciò sulle labbra, un incantesimo di guarigione per aiutare il suo amato e strapparlo dalle grinfie di Hela. Thor si sentì subito meglio.
Si rialzò, ma barcollava ancora, e così la donna lo aiutò a reggersi.
<< Amora, lasciami andare… io… devo salvare Odino. >>
<< È troppo tardi, mio amato. Il piano del Maestro è riuscito fin troppo bene. Oh, mi spiace così tanto… io non volevo tutto questo… >>
<< Allora non ho scelta: devo affrontare ancora una volta il Maestro. Devo farlo per il bene di Asgard e dei Nove Regni. >>
<< No, Thor, questa è una follia. Guarda come ti ha ridotto, non sei minimamente al suo livello. Non hai altra scelta, se non quella di fuggire da Asgard e preparare un piano per affrontarlo. >>
<< Amora, io … >>
<< Shhh… >> lei gli posò un dito sulle labbra << Non dire niente, sono io che ho combinato questo disastro, questo nuovo Ragnarok è causa mia. Non temere, mio amato, ti aiuterò, ma ora non c’è tempo: Loki mi sta cercando e se mi vede con te, il Maestro finirà il lavoro. Ti porterò lontano da qui, il più distante che posso, ma poi sarai solo. Cercherò di aiutarti di più in futuro, ma devi promettermi di non fare azioni avventate. >>
L’Incantatrice congiunse le mani, sprigionando una forte ondata energia: sotto i piedi di Thor cominciarono a formarsi delle rune verdi. Poi, appena pochi secondi dopo, la figura dei dio sparì nel nulla. L’incantesimo stordì non poco la donna, ma si ricompose e tornò dai suoi cosiddetti alleati, sperando con tutto il cuore che il suo amato sarebbe sopravvissuto.
 

Altrove                                           
 
Thor fluttuava nello spazio. L’incantesimo di Amora lo aveva indebolito ancora di più, ed ora tutto ciò che riusciva a vedere erano le stelle, lo spazio e… una forte luce abbagliante.
Poi… il buio.

 
Alcuni anni dopo
 
Universo di Battleground
 
Sullo specchio del bagno si materializzò un apparente sessantenne bianco, con una massa di lunghi capelli ricci e argentati.
Il Dottore trovò ironico sorprendersi del proprio aspetto segnato dal tempo. Aveva sempre tollerato a stento la vanità, soprattutto di mezza età, e semmai l’esperienza professionale complessiva lo aveva reso ancora più suscettibile.
Cavoli, questo Universo riusciva sempre a renderlo un tale nostalgico. Un attimo prima era intento a sorvolare la Galassia di Andromeda con la sua nave, il suo… TARDIS. Un attimo dopo, si era ritrovato sdraiato sulle bianche spiagge di un pianeta sconosciuto.
Era successo tutto nella frazione di un secondo.
Ma la cosa peggiore? Si era ritrovato da solo. Il suo TARDIS… la nave che lo aveva accompagnato in tante avventure…era sparito nel nulla.
<< Dottore >> proclamò dal nulla la voce di River, distraendolo dai suoi pensieri.
Informativa, serena, mai provocatoria. Un computer non poteva impartire ordini, dopotutto, né più né meno di un androide.
<< Per favore, torna sul ponte. L’energia è in esaurimento, bisogna ricaricare la rete di alimentazione. >>
<< Arrivo subito. >>
Aveva chiesto “per favore”. Davvero solleciti i programmatori ad averla dotata di un protocolli di cortesia. Il Dottore non sentiva alcun bisogno di gentilezze verbali, tuttavia le apprezzava.
Rispetto alle dimensioni della nave su cui si trovava, il ponte aveva un aspetto quasi intimo, sarebbe riuscito a mala pena ad ospitare un equipaggio, i comandi e la strumentazione necessaria. I costruttori avrebbero potuto disegnarne uno più grande, ma i loro progetti erano improntati al risparmio.
 << Non si spreca spazio, nello spazio >> ridacchiò il Dottore tra sé ,non per la prima e di certo non per l’ultima volta. Era dotato di un certo senso dell’umorismo, dopotutto, e sapeva apprezzarlo anche quando non c’era nessuno con cui condividerlo.
 Sedette nella sua posizione e avviò le verifiche preliminari per l’estensione dei collettori. Dispositivi e indicatori risposero con puntualità ai suoi comandi.
 RICHIESTO CICLO DI RICARICA AUTOMTICA DALLO SPAZIO PROFONDO. 
 Annuendo tra sé, il Dottore rispose ad alta voce: << Attivazione avviata. >>
 Si fermò sul ponte a monitorare l’accumulo di energia e solo dopo essersi accurato che il processo stesse avanzando in modo costante e senza intralci passò a controllare una delle aree che preferiva: la Terra. La sezione idroponica era piena di vegetazione, alcune specie erano state scelte come scorta alimentare, altre in vista della semina o della sperimentazione, altre ancora come un semplice ricordo di casa. In quel caso, il loro valore era affettivo.
Il Dottore si incamminò fischiettando tra le fila di alberi ornamentali intervallate a ortaggi e cereali. Controllò i flussi di nutrienti e irrigazione e analizzò l’illuminazione per accertarsi che la lunghezza d’onda fosse calibrata per favorire al meglio la crescita dei vegetali.
Continuando a fischiettare, accarezzava lentamente gli steli, le foglie, i tronchi, i fiori e la corteccia delle piante che si trovava davanti.
<< È una credenza errata, sai? >>
River era sempre presente, sempre vigile.  Il Signore del Tempo non alzò lo sguardo.
<< Che cosa? >>
<< Ritenere che la musica agevoli la crescita e il benessere delle piante. >>
<< Perché, credevi che fischiettassi per loro? >>
<< Molto spiritoso. Anche se non definirei musica i suoni che stavi emettendo. Semmai… >>
Si interruppe all’improvviso. Il Dottore scattò all’istante sull’attenti, poiché River non faceva mai niente “all’improvviso”.
Poiché il silenzio si protraeva, lui la sollecitò: << River? >>
<< Dottore… forse abbiamo un problema. >>
Il programma del computer di bordo includeva molte competenze. Capacità diagnostiche, abilità tecniche, conoscienze enciclopediche e sfumature linguistiche. L’uomo attese.
<< I sistemi hanno registrato un picco anomalo di energia >> riprese River << Si tratta di particolato pesante. L’analisi è in corso. >>
<< Dove? >>
<< Molto vicino: settore 102. La fonte era mascherata, motivo della strana… anzi, tardiva individuazione. Una concatenazione unica di distorsioni spaziali e gravitazionali ha impedito di coglierla per tempo. Chiedo scusa. Ma non è la cosa più strana. >>
<< Ah, davvero? >>
<< Temo di sì. In mezzo a quel picco di energia… rilevo la presenza di una persona. E, per quanto possa sembrare strano… è ancora viva. >>
 
Il Dottore fissò cautamente l'uomo disteso di fronte a lui, il volto adornato da un cipiglio leggermente preoccupato. Era biondo, alto e muscoloso. Aveva il corpo completamente ricoperto da una sorta di armatura. Come diavolo era sopravvissuto nel vuoto dello spazio senza alcun equipaggiamento estero? Ma soprattutto... come ci era finito?
Mettendo da parte quei pensieri, picchiettò la mano destra un paio di volte contro le guance dello sconosciuto.
<< Ohi, raggio di sole, mi senti? >> domandò, con tono colmo d'anticipazione.
Thor mugugnò qualcosa di incomprensibile. A volte sussurrava le parole “padre” e “Loki” nel suo coma. Mentre era svenuto rivedeva Asgard in fiamme, Loki che rideva, i giganti di acciaio chiamati Decepticon, e la figura di quell'uomo che tutti chiamavano Maestro deriderlo e sconfiggerlo con un colpo solo. 
Riuscì a percepire il tocco di qualcuno.  Riaprì gli occhi di scatt, si alzò in fretta e furia urlando il nome di: << LOKI! >>
Tentò di rimanere in equilibrio, ma lo sforzo fu troppo anche per lui. Barcollò e si appoggiò al muro della sala. Notò la figura di uomo anziano che lo fissava enigmatico. Dopodiché, si guardò intorno, notando di essere su una qualche costruzione dall'aspetto bizzarro e dalla tecnologia che ricordava molto quella utilizzata dal suo vecchio amico, Tony Stark.
<< Sono... sono a Hel, forse? >> si chiese, guardandosi intorno << E tu, sei forse un demone di Hela? >>
L'uomo inarcò un sopracciglio. << Demone? Perbacco, mi hanno chiamato  con molti nomi, ma questa è la prima volta che qualcuno fa riferimento a me in quel modo >> mormorò quasi a se stesso << Certo, a meno me che tu non intendessi "diabolicamente bello"! >> esclamò con un largo sorriso.
 Fatto ciò, volse la propria attenzione nei confronti del dio.
<< La gente, di solito, mi chiama il Dottore,oppure "via da questo pianeta!", anche se l'ultimo non è proprio un nome. E tu chi sei, mio giovane e capelluto compare? >>
L’asgardiano era ormai convinto di essere stato recapitato da un pazzo, non c’erano altre spiegazioni. Se ne sarebbe andato via subito… se non fosse per il semplice fatto che quell’essere, per quanto strano fosse, gli aveva appena salvato la vita. Decise dunque di ricambiare la cortesia.
<< Sono Thor, figlio di Odino, principe di Asgard e il Dio del Tuono >> si presentò, mantenendo un tono solenne, per quanto fosse effettivamente stanco << Che posto è questo, mortale? Sei stato tu a salvarmi la vita? >>
L'uomo sbuffò divertito. << Mortale? Che terminologia arcaica. Posso assicurarti che sono più vecchio di quello che sembro! E sì, sono quello che ti ha recuperato in mezzo allo spazio, il che mi ricorda... >>
 Il Dottore estrasse un cilindro metallico dalla tasca della giacca e lo passò rapidamente sulla figura dell'asgardiano. Fatto ciò, osservò attentamente la punta illuminata dell'oggetto.
<< Uhmmm... affascinante. Nessun danno permanente, nonostante fossi là fuori senza lacuna protezione. Devi essere molto resistente >> mormorò a se stesso << Hai detto di essere il Dio del tuono, dico bene? >>
<< Cos’è quel... quella specie di penna che mi hai fatto passare davanti... che stregoneria hai usato su di me? >> chiese Thor, ancora più confuso.
Quando il vecchio non diede alcun segno di volere parlare, decise di rispondere alla sua domanda.
<< Sì, sono il dio del tuono. Non hai mai sentito parlare di me? Il Dio del Tuono, l’Avenger... o anche il portatore di Mjolnir >> rispose.
Poi si guardò in giro, come se stesse cercando di trovare qualcosa.
<< Per la barba di Odino, dov’è Mjolnir? Che sia andato distrutto dopo che quel dannato Maestro mi ha ridotto in questo stato? >>
Il Dottore, a malapena, riuscì a a trattenere un sussulto.  
<< Hai detto il Maestro? >> domandò, con tono improvvisamente cupo.
<< Sì, è stato lui a ridurmi così. Lui, Loki, e quei robot giganti chiamati Decepticon hanno attaccato Asgard, hanno ucciso mio padre e distrutto tutto... credo che della mia patria non sia rimasta più neanche l’ombra. Quell’essere deve essere l’incarnazione del Ragnarok, era terribilmente potente. Ho scaricato su di lui il tuono più potente che abbia mai generato e ne è uscito illeso >> spiegò con voce colma di rammarico per la sua terra, e con un pizzico di terrore per il ricordo del Maestro.
<< Sbaglio o tu lo conosci, Dottore? Hai qualcosa a che fare con la morte del mio popolo? >> gli chiese, ora più sospettoso che mai.
In tutta risposta, l'uomo si limitò ad alzare ambe le braccia, in segno di pace.
<< Calma, ragazzone, non saltare a conclusioni affrettate. So chi è il Maestro e credimi, anch'io ho sofferto per mano sua >> sussurrò << È sempre stato una persona folle. Ma se quello che dici è vero... cavolo,non mi sorprende che sia riuscito a prendere il controllo dell'universo. >>
<< Il controllo... dell’universo? È peggio di quanto pensassi. Devo fermarlo! >> esclamò Thor, rimettendosi in posizione eretta e muovendo qualche passo che fu presto interrotto da un dolore lancinante al fianco.
Il Dottore lo aiutò a reggersi, ricevendo uno sguardo grato da parte dell’asgardiano.
<< Hai detto... che anche tu hai sofferto per colpa sua, e sembri conoscerlo molto bene... spiegami: come lo conosci? Gli stai forse dando la caccia? >>
Il Dottore volse all'uomo un'espressione incerta. << Ehm, non esattamente. Vedi, il Maestro è un Signore del Tempo, come me. Siamo della stessa specie. Abbiamo vissuto insieme sul pianeta Gallifrey, nella costellazione di Kasterborus. E crescendo... siamo diventati amici. Tentare di porre fine alle sue malefatte è ormai diventato come una sorta di secondo lavoro >> rivelò con una punta di rammarico.
<< Signori del Tempo? Gallifrey? Non ho mai sentito di questo regno chiamato “Costellazione di Kasterborus”, ma di certo non voglio indagare sulla tua vita. Ti ringrazio per avermi salvato, Dottore, ma ora devo trovare Loki e quel dannato del Maestro per vendicare il mio popolo. Partirò alla loro ricerca non appena avrò ristabilito le forze. Dannazione, dov’è Mjolnir?! >> imprecò.
Il Dottore inarcò un sopracciglio. << Mjolnir? E che cosa sarebbe? >> domandò incuriosito.
<< Il mio martello >> rispose l’altro << La mia fidata arma e mio compagno di avventure. Sono potente anche senza di lui, ma ne ho bisogno per avere un’arma capace di colpire sulle lunghe distanze. Forgiato nel cuore di una stella morente dai mastri Fabbri Eitri, Brokk e Buri. Non riesco ad avvertirne la presenza... lo riconosceresti, è un semplice martello, almeno alla vista. >>
<< Oh. Mi sembra familiare>> commentò il Dottore.
Detto ciò, infilò la mano nella tasca, come se vi stesse cercando qualcosa.
<< Vediamo… no... no... no... a-ah! >> esclamò, con un sorriso estatico.
Ritirò la mano dalla giacca... estraendovi il suddetto Mjolnir come se nulla fosse. 
<< Tasche dimensionali, più grandi all'interno! Immagino sia per questo che tu non riuscivi a percepirlo. Scusami, pensavo fosse un cava tappi troppo cresciuto, l'ho trovato un paio di giorni fa nel motore della mia nave. Deve esserci finito per caso. >>
Thor sgranò gli occhi come mai prima d’ora, indietreggiando alla vista di quel rarissimo miracolo. Era stupefatto per la sua tasca magica, certo, ma ancora di più per il semplice fatto che quello sconosciuto incontrato da pochi minuti fosse riuscito a sollevare il suo martello con la facilità con la quale si solleva una piuma.
<< Tu... tu... tu... stai, stai, stai... >> balbettò, non sapendo cosa dire << Tu stai tenendo in mano Mjolnir! >>
Era ben scritto sul possente maglio: "Chiunque impugnerà questo martello, se ne sarà degno, possiederà il potere di Thor". Non c'era bisogno di dire che non capitava affatto tutti i giorni di trovare qualcuno che fosse in grado di riuscirci, qualcuno che risultasse degno di fronte all'incantesimo che Odino vi aveva posto sopra.
Il Signore del Tempo arricciò il volto in un'espressione visibilmente confusa alla reazione dell'asgardiano. 
<< Ehm... dovrei usare i piedi ? Perdonami, non ho familiarità con la cultura, come hai detto che era... ah, sì, asgardiana. Il che è strano, perché sono sicuro di averla già sentita... cavoli, sono un vero disastro con i nomi, dovrei davvero iniziare a mettere in ordine il mio cervello. >>
<< Tu... >>
Thor sospirò. Forse era meglio non dire a quella persona stramba che chiunque fosse stato degno di impugnare il leggendario martello avrebbe ottenuto tutti i poteri del dio del tuono. Si calmò, lo osservò ancora e capì che quello che aveva davanti non era un furfante, ne un bugiardo, ma qualcuno di cui potersi fidare.
Prese il martello dalla sua mano, ringraziandolo, poi aggiunse: << Tu ed io, Dottore, dovremo parlare di molte cose. Non è forse quello che stavi aspettando? >>
L'uomo millenario dimensionò il dio da capo a piedi. Dopo quasi un minuto buono, sembrò giungere ad un verdetto.
<< Sì, penso proprio di sì >> mormorò, con un tono di voce calmo e raccolto. << Ti sei perso molte cose, Thor, figlio di Odino. >>
Detto ciò, afferrò la sedia più vicina, porgendola nei confronti dell'asgardiano.
<< Prego, mettiti comodo. E lascia che ti racconti... una storia. >>



Personaggi


Thor Odinson
Opera: Marvel Comics
Razza: Asgardiano
Video Tribute: https://www.youtube.com/watch?v=ucXDUJVfxxw
Soundtrack: https://www.youtube.com/watch?v=Q5uvRd4RWs4
Autore: Alucard97

 
Loki Laufeyson
Opera: Marvel Comics
Razza: Jotun/Asgardiano
Video Tribute: https://www.youtube.com/watch?v=qqz35GvVcXs
Soundtrack: https://www.youtube.com/watch?v=5nTaE-PQqNs
Autore: Alucard97


Megatron
Opera: Transformers
Razza: Cybertroniano (Decepticon)
Video Tribute: https://www.youtube.com/watch?v=2KwBashk_mg
Soundtrack: https://www.youtube.com/watch?v=CspgXFNlCAw
Autore: Evil 65

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 - È sempre la stessa musica ***


Scusate il ritardo, ci sono state alcuni complicazioni. Buona lettura!
Alcuni avvertimenti:
- Nel testo saranno presenti dei testi musicali, messi tra parentesi.
- Uno dei personaggi presenti nel capitolo ha uno strano modo di parlare. Non allarmatevi, parla così anche nella sua opera originale. 


 
Capitolo 2 - È sempre la stessa musica
 

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Universo di Battleground
 

Alcuni anni dopo lo Scisma
 
Terra – Centro Imperiale

 
Kyoto era una delle città più importanti e famose del Giappone, forse la più storica, considerato il numero di reliquie e templi che possedeva.
Era una metropoli piena di vita. Grattacieli, negozi, persone… tutto questo nel cuore del centro urbano. All'esterno, nella periferia, vi erano i tranquilli quartieri abitati dalle famiglie più umili, riservati ai popolani che volevano allontanarsi dal caos cittadino.
Una città pacifica, si potrebbe dire, l'ideale utopistico di vita famigliare. Questo, tuttavia, era ciò che poteva pensare solo una persona che aveva mirato Kyoto solo attraverso un’immagine o una cartolina, senza però considerare che vi erano anche dei quartieri "malfamati", abitati da persone molto poco raccomandabili o anche da persone che, a conti fatti, possedevano solo un magro reddito annuale.
Era proprio in uno di questi quartieri che risiedeva, in un piccolo appartamento, un ragazzo alquanto singolare.
L’adolescente in questione se ne stava acquattato nel garage del complesso residenziale, impugnando degli attrezzi da meccanico tenuti nella loro apposita cassetta di ferro rossa, mentre era intento a riparare una chopper Harley Davidson Dyna del 2014 di colore nero, decorata con disegni di fiamme sopra il telaio del serbatoio di benzina.
I capelli, bianchi come la neve, erano un poco macchiati a causa dell'olio, e gli occhi rossi come il sangue fissavano il motore con precisione quasi chirurgica, mentre le mani coperte da un paio di guanti in pelle a mezze dita stringevano una chiave inglese.
Si asciugò la fronte e si alzò dallo sgabello su cui stava seduto, mentre la forte musica dello stereo risuonava nella stanza.

https://www.youtube.com/watch?v=mIjZE4kcg_Q&feature=youtu.be

Posò il cassetto degli attrezzi su uno scaffale e guardò la sua figura nell’unico specchio presente nella stanza. Era un giovane alto, magro e di sedici anni, vestito con una canottiera nera, dei jeans strappati e degli anfibi neri. Ogni volta che si guardava allo specchio non poteva fare a meno di notare come la sua figura così magra non risaltasse a pieno nei vestiti, benchè, a conti fatti,  non gli fosse mai importato molto del suo aspetto.
<< Accelerator? >>
La voce di una donna si fece largo attraverso la musica.
 Accelerator, perché questo era il nome del ragazzo, riuscì a sentirla e decise di risponderle.
<< Sono in garage, Yoshikawa! Che vuoi? >>
<< Oh per l'amor cielo, non dirmi che stai passando ancora la mattinata davanti a quella ferraglia... >>
La nuova arrivata aprì la porta, mostrandosi sotto forma di una giovane donna di trentacinque anni dai corti capelli neri, fisico snello e vestita con una uniforme da cameriera coperta da un impermeabile beige.

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<<  Accelerator, dobbiamo farci una piccola chiacchierata io e te, >>
<<  Tch... che cazzo c'è ancora, eh? >>
<< Oggi, al lavoro, ho sentito che un gruppo di ragazzi è stato trovato malconcio e derubato nei pressi delle Narrows. Mi chiedo proprio chi sia stato... >>
Lo fissò con uno sguardo accusatore, facendo roteare gli occhi del ragazzo.
<< E come fai a sapere con certezza che sono stato io? Non sono di certo l'unico a menare le mani ,in questo schifo di quartiere, o sbaglio? >>
<< Be', sai... quando prendo le ordinazioni, sento la gente discutere… e uno di loro ha detto: "Hai sentito che quel bastardo dai capelli bianchi ha malmenato un'altra banda?" Non ci sono altri ragazzi dai capelli bianchi in città, o sbaglio? È così che vuoi condurre la tua vita? Con risse di strada? >>
L’albino, per tutta risposta, si limitò a sbuffare e a riprendere col suo lavoro di riparazione.
Odiava quando Yoshikawa aveva ragione, ma lui non aveva intenzione di dare troppo peso alle sue parole; quella banda di teppisti se l'era cercata, lo avevano provocato e attaccato col preciso intento di fargli del male, e lui si era difeso. Era forse sbagliato questo? Ma per Yoshikawa, la violenza, anche se in questo caso giustificata, era comunque un male.
Anche se le sue risse avevano sempre e comunque un secondo fine, sia chiaro. Infatti, soleva girare con la sua moto e guadagnare dei soldi con le lotte di quartiere. Era l'unica cosa che lo facesse stare in pace con se stesso, che lo faceva stare bene... quel suo perverso e distorto metodo di ricerca della pace ottenuto con la violenza. Non era mai stato un giovane "sano di mente". Almeno, lui non si era mai reputato così.
Una volta, dopo aver pestato a sangue un delinquente, questi lo aveva definito un pazzo, per poi chiedergli se fosse normale. Per tutta risposta, Accelerator gli aveva risposto, accentuando il tutto con una piccola risata psicopatica: << Sanità mentale? Non credo di aver mai sofferto di un simile fastidio >>.
Tuttavia, vi era un secondo, ma non meno importante, motivo che lo spingeva a fare tutto questo; e il motivo era la donna con cui viveva: Kikyō Yoshikawa. 
 Lei lavorava come cameriera in un fast food e guadagnava un magro stipendio che le consentiva di vivere in uno squallido appartamento. Per questa ragione voleva aiutarla, voleva guadagnare dei soldi per poterla assistere con l'affitto e contribuire a incrementare i risparmi per trasferirsi.
Lei era l'unica persona in tutto il globo che lo avesse trattato con rispetto, l'unica che si fosse presa cura di lui, l'unica che gli avesse dato una casa, l'unica... ad averlo amato come se fosse suo figlio.
Sì, lui le voleva bene, e anche tanto… ma questo non lo avrebbe mai ammesso neanche sotto tortura. Era fatto così, aveva la scorza dura e odiava esternare i suoi sentimenti, ritenendoli dei segni di debolezza. Non si poteva non compatirlo, in fondo.
Orfano di entrambi i genitori, da sempre temuto per il suo potere e per questo denigrato da tutti, centinaia avevano attentato alla sua vita. Non ricordava il volto di sua madre e suo padre, e non riusciva nemmeno a rimembrare come si chiamava. Accelerator era solo un soprannome, il suo nome non lo ricordava più. L'unica cosa che sapeva era che il suo nome era composto da due caratteri di kanji, mentre il cognome da tre.
<< Dovresti andare >> le disse, spegnendo lo stereo << farai tardi al lavoro. >>
La donna sbuffò, si limitò solo a salutarlo con un bacio sulla guancia e a raccomandargli di stare attento.
L’adolescente uscì dalla porta del garage e diede l'ultima pulita al serbatoio della moto, facendolo brillare.
Quella era il suo gioiellino, la sua "baby", come la chiamava lui; anche se preferiva usare un altro epiteto per la sua vettura. Infatti, l'aveva battezzata con il nome di "Worst". Era un nome che si era inventato di sana pianta. Semplice, banale qualcuno potrebbe dire, ma a lui piaceva tanto; era un nome duro che era in linea col suo carattere.
La motocicletta l'aveva vinta qualche anno fa in un combattimento di strada, contro una banda di sei motociclisti; si era battuto contro di loro chiedendo che venissero messi in palio 6.700 yen a testa e la moto del loro capo in cambio di 40.000 yen e il suo appartamento.
Li aveva massacrati tutti. Uno ad uno erano finiti in ospedale con costole rotte e  mani fratturate, mentre il loro leader se l’era cavata con una mascella inclinata e un occhio nero. Così si era preso l'Harley che, all'epoca, era conciata piuttosto  male, testimonianza di quanto il padrone non avesse cura del suo veicolo.
Per tale motivo, l'aveva portata da una sua conoscenza, un certo Motoharu Tsuchimikado.  Un giovane, bene o male, della sua stessa età, che portava i capelli biondi sparati in aria come quelli di un punk, indossante perennemente una paio di occhiali da sole ed una camicetta hawaiana.
Lavorava come assistente di un meccanico e ci sapeva fare con i motori.  Era molto bravo, gli aveva rimesso in sesto la moto come appena uscita dalla fabbrica! Da allora, Accelerator si era innamorato di quel mezzo di trasporto, gli aveva dato un nome ed era diventato la sua mascotte personale per gli incontri clandestini.
Prima di partire, si premurò di indossare un cappello a visiera larga, degli occhiali da sole spessi e una felpa col cappuccio.
Salì in sella, tirò sù il cavalletto, accese il piccolo stereo incorporato nella vettura, mise in moto il veicolo e si diresse verso la città.

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Il vento tagliente di periferia gli sfiorava il volto, mentre la luce di un sole splendente illuminava la sua pallida figura, mettendo in risalto ancora di più il biancore della sua pelle, facendolo sembrare luminoso quasi quanto una segnaletica stradale.
L'odore dell'asfalto pungente pervase le sue narici. Quando era in sella alla sua vettura pensava solo a due cose: asfalto e guai. I guai erano il suo pane quotidiano, il suo divertimento, la sua fonte di sostentamento, lui era il migliore sulla strada e nessuno poteva batterlo.
Potente, invincibile, si sentiva un leone, e quando calcava la strada col possente ruggito del motore e lo sferragliare delle gomme della sua Worst si sentiva ancora più potente: era il suo cavallo di ferro.
La periferia di Kyoto era la sua savana, e lui il suo re; nessuno osava mettere in discussione la sua autorità, e chi ci provava non faceva mai una bella fine.
Durante la sua permanenza a Kyoto, si era guadagnato il soprannome di "Demone Bianco", in linea col suo carattere e il suo aspetto. Sì, era un vero leone, un leone in un mondo... che gli era sempre parso una gabbia.
Mentre viaggiava, vedeva i cartelloni pubblicitari con l'immagine del Maestro, il Dio venerato da tutti. Creatore di cielo e terra, dell'universo e di tutti gli esseri viventi; per tutti il Maestro era una guida, un'ispirazione, una figura da esaltare al canto della frase: "Ascolta il tuo Maestro". Lui aveva creato quella realtà utopistica in cui vivere, ma ad Accelerator non sembrava di vivere in un paradiso.
Gli pareva di vivere in un'illusione... come se le cose non fossero state sempre così... ma ogni volta scacciava via questi pensieri filosofici e si concentrava solo su se stesso.
Non gli importava nulla del Maestro. Finché lo avrebbero lasciato in pace, a lui sarebbe andato bene tutto.
Arrivò in città, e subito non poté fare a meno di notare un gruppo di stormtroopers che pattugliava le strade.
Non aveva mai sopportato quegli sbirri spaziali in armatura bianca. Erano sempre pronti a ficcare il naso ovunque, e molte volte aveva dovuto interrompere dei combattimenti a causa loro. Fortuna che era un tipo scaltro, ed era sempre riuscito a scappare da loro senza dare nell'occhio; non poteva permettersi di essere riconosciuto, era una questione di vita o di morte. Era ormai da parecchio tempo che si nascondeva dalle guardie imperiali, ed era sempre riuscito a farla franca.
Parcheggiò il veicolo, spense la musica e scese, recandosi nel suo mini-market preferito, dall’altro lato della carreggiata. Lì vendevano la sua marca di caffè in lattina prediletta: la Black. Caffè nero in lattina senza zucchero. Yoshikawa lo rimproverava sempre per questo, dicendogli che troppo caffè faceva male e che quella roba in lattina era una schifezza, ma lui se ne fregava: gli piaceva, lo teneva concentrato e sveglio.
Il caffè era diventato la sua droga. In certi casi, ribatteva sempre dicendo che quella "schifezza", come la chiamava la donna, era comunque più salutare della vera droga.
Pagò il conto e uscì dal locale con la borsetta degli acquisti e si rimise in sella. Stavolta era diretto ancora alla sua periferia, il suo regno, verso nuove risse.
Nel tragitto, in mezzo alla strada, notò una banda di motociclisti che aveva creato una barriera con le loro moto, quasi come se stessero aspettando il ragazzo.
L'albino scese dal mezzo e si pose dinnanzi a loro.
<< E voi chi cazzo sareste? >> domandò stizzito.
<< Abbiamo sentito parlare di te. Un figlio di puttana dai capelli bianchi e che guida una Harley rubata, e, a giudicare da quello che piloti, sembra proprio sia tu... di certo un topo di fogna come te non può permettersi un gioiellino simile. Siamo stati, come dire… attirati dalle voci che girano sul tuo conto e volevamo conoscerti di persona. Comprendi? >> disse quello che, a conti fatti, doveva essere il capo dei motociclisti.
Con uno schiocco di dita, l’energumeno ordinò ai suoi uomini di disporsi in cerchio intorno al sedicenne. E in tutto, quegli uomini dovevano essere almeno trenta.
<< Vediamo come te la cavi circondato dal "comitato di benvenuto", stronzetto. >>
In tutta risposta, Accelerator si esibì in un risolino e li guardò con un sorriso sadico stampato sul volto.
 << L'unica cosa da cui sono circondato è paura... e uomini morti! >>
Ed ecco che si lanciò subito all'attacco, menando un pugno ben assestato contro il capo del gruppo. Con grande sorpresa degli scagnozzi, il colpo lo spedì con forza contro il muro di moto.
Per un attimo non accadde nulla. Poi… il resto della banda lo attaccò in massa.
Uno di loro lo colpì con una mazza da baseball che, prima di impattare contro il ragazzo, si ruppe in mille pezzi. Un altro menò un pugno, ma le sue dita vennero rotte da una forza invisibile che lo colpì ancora prima che potesse intercettare l’avversario.
L'albino, illeso da tutti gli attacchi, picchiò la punta del piede contro l'asfalto, generando una potente onda d'urto che fece tremare la terra. L’impatto sobbalzò i presenti, spedendoli al suolo, e distrusse il muro di motociclette.
Il giovane non perse tempo, afferrò la faccia di uno dei teppisti e lo scagliò con tutta forza contro gli altri. I seguenti attacchi furono scanditi da rumori di pugni e dall'incontenibile e folle risata di Accelerator, mentre spezzava ossa e articolazioni con la stessa facilità con cui si rompevano dei grissini.
Una volta finita la sua opera, uno dei motociclisti stesi a terra e con il braccio completamente distrutto, si rivolse al ragazzo con fare sprezzante.
 << Tu... tu sei un mostro... non sei normale... io conosco quelli come te, mostro! Sei uno di loro, non è vero? Sei uno di quei bastardi che sono stati cacciati dal Maestro! Sei un esper! Figlio di puttana, dovresti stare dentro una cella a marcire mentre ti aprono in due come uno di quei ratti da laboratorio. Mi hai capito, figlio di puttana? Io ti faccio sbattere dentro! Dentro! Vaffanculo! >> esclamò con tono isterico.
Per tutta risposta, il rinominato esper camminò verso di lui e gli schiacciò il ginocchio fratturato, facendolo gridare dal dolore.
<< Oh, ma so bene che riferirai tutto!>> ribatté l’albino, mentre rideva sotto i baffi come un folle << Il Maestro ha detto di aver raccolto tutti gli Esper  presenti sulla Terra, eppure io sono ancora qua... non ti chiedi il perché, bastardo? Forse perché nessuno è mai riuscito a catturarmi e chi ci ha provato... >> gli afferrò le guance, stritolandogli piano piano le ossa della macella << non è tornato alla base vivo per riferire che l'esper più forte di tutti è stato preso. Quindi tu non pensi che, se spifferi tutto agli sbirri... >> con la mano libera estrasse dalla tasca della sua vittima un coltello a serramanico << io possa scappare, darti la caccia, e aprirti come un maiale? EH?! >>
Agitò l'arma sotto il suo naso, facendolo impallidire.
<< Perciò... cosa dovrei fare io con te? Hai capito tutto, per cui dovrei ucciderti! Dovrei estrarre le tue viscere e dare la carne in pasto ai cani randagi! Che ne dici? Ti piace come idea? >>
Per tutta risposta, l'uomo si dimenò e scosse la testa a ripetizione, impossibilitato a urlare a causa della morsa d'acciaio che l'esper esercitava su di lui.
<< Dunque... terrai la bocca chiusa? Facciamo un patto, pezzo di merda: tu non dirai neanche. Una. Singola. Parola. O io... ti scateno addosso un inferno che neanche ti immagini. Sai cosa ho scoperto di poter fare da poco? Se metto un dito dentro una ferita... >> gli appoggiò il dito sul braccio dove vi era un taglio ancora sanguinante << ...posso invertire il flusso sanguigno di uomo... >>
La vittima sentì il sangue cambiare circolazione lentamente e provò molto dolore.
<< Che ne dici? La teniamo sigillata quesra lingua di merda? >>
Il povero motociclista annuì disperato.
<< Allora abbiamo un accordo! >> esclamò Accelerator, liberandolo e ficcandogli con forza il coltello a serramanico sul palmo della mano, facendolo urlare con tutto il fiato in corpo.

 

Il ragazzo ritornò sui propri passi. Rialzò la sua moto, che era caduta a causa dell'oda d'urto che aveva generato poco fa.
Pensò tra sé e sé che forse era il caso di andarci più leggero quando si scatenava, altrimenti avrebbe dovuto sborsare un bel po' di soldi per far riparare la sua Worst a quella mezza-caccola di Tsuchimikado.
Si diresse verso casa e parcheggiò nel garage. Ora avrebbe fatto una passeggiata nel quartiere per sgranchirsi le gambe.
Si assicurò che i suoi occhiali e il cappello fossero sistemati a dovere e si incamminò per le strade, osservando ciò che lo circondava: povertà, criminalità, prostituzione... in quello che era definito da tutti come "l'antro oscuro di Kyoto" vi era la feccia della città.
Mentre camminava, ecco che la figura di quella che pareva essere una bambina gli piombò addosso come un razzo, urtandolo, per poi riprendere sulla sua strada.
Accelerator, che di certo non era uno sprovveduto, aveva già capito a cosa puntava quella bambina; si toccò le tasche e sentì che il portafoglio era sparito.
La chiamò con un sonoro: << HEY! >> e la rincorse.
La bambina scappò e si mimetizzò in un gruppo di persone che passavano da quelle parti; il ragazzo però non se la sarebbe certo lasciata sfuggire e riuscì a seguirla fino a un vicolo tetro.
 
La bimba percorse tutto il vicolo e, alla fine, si incontrò con una ragazza dai capelli rossi raccolti in due code. Aveva una piccola giacchetta tenuta sulle spalle, un corpetto bianco che copriva il petto ma lasciava scoperto l'addome, una mini gonna e delle scarpe basse.
<< Allora, Last? Che mi hai portato oggi? >> domandò lei, con tono apparentemente gentile.
<< Ho preso il portafoglio a un ragazzo, dice Misaka come Misaka, mentre consegna il portafoglio alla sua padrona. >>
<< Vediamo un po' >> disse l’altra, esaminando il bottino << Quattromila yen...>> sbuffò insoddisfatta << Quattromila, pidocchiosi, yen... stupida mocciosa! >> soffiò, acida << Ti avevo detto di portare a casa un bottino succoso e tu vai a derubare un poveraccio che se ne va in giro con soli quattromila yen! >>
<< Mi dispiace, Awaki! Dice Misaka come Misaka, chiedendo scusa >> balbettò terrorizzata la piccola.
<< Adesso sai cosa dovrò farti, vero Last? >>
<< Ohi ohi ...>>
Accelerator raggiunse le due, interrompendo lo scenario.
<< Mandare una bambina a derubare le persone? Sei veramente una stronza, sai? Tch... ma dopotutto non sono cazzi miei. Ridammi il portafoglio e poi ti lascio fare quello che devi. >>
<< Tu... ma chiudi quella bocca. Chi ti credi di essere, eh? >> sibilò Awaki.
<< Chi mi credo di essere, eh? Vuoi veramente sapere chi mi credo di essere, vecchia baldracca? >> chiese lui con fare provocatorio, levandosi il cappuccio, gli occhiali e il cappello, lasciando così scoperta tutta la sua figura.
La ragazza lo vide, e non poté fare a meno di tremare. Nella testa non poteva fare altro che ripetersi come quella mocciosa avesse potuto derubare proprio lui.
<< I-il Demone Bianco di Kyoto... Accelerator? >>
<< Ooooh, a quanto pare sono parecchio conosciuto anche dalla popolazione femminile >> disse con una risatina << Ora gradirei molto che tu mi ridia il mio denaro... o devo farti urlare come una scrofa? >>
La ragazza prese a ridere di gusto, poi afferrò la bambina facendosi scudo con lei e puntandole un coltello alla gola.
<< Pensi di essere tanto forte, vero? Pensi di avermi in pugno? Prova solo a muoverti ed io le taglio la gola. Non scherzo, mi hai capito bene? Adesso... adesso io cammino lentamente verso di te, e mi lasci passare. Sono stata chiara? >>
Lui la fissò con sguardo annoiato, come se le minacce gli fossero entrate da un orecchio e uscite dall'altro. << Ohi, mocciosa... reggiti a quella stronza...>> disse, rivolgendosi alla bambina.
La piccola non capì cosa intendesse dire con quella frase, ma decise di dargli ascolto, aggrappandosi al braccio della ragazza. Subito, Accelerator, picchiò la punta del piede sul terreno, generando una folata di vento che fece sbalzare le due, liberando così la bambina dalla presa di Awaki.
Il ragazzo non perse tempo e si gettò contro la rossa, visibilmente spaventata.
<< Troppo tardi, hai avuto la tua occasione di uscirne illesa. La strada è a senso unico, torna a giocare con le bambole, stupida troia!>>
Le colpì il setto nasale con un pugno così forte che la fece schiantare contro un muro a diversi metri di distanza. La rossa aveva tutto il naso rotto, grondante di sangue e un incisivo le era saltato dalla bocca.  Svenne per il colpo subito.
Accelerator si soffiò sul pugno, prese il suo portafoglio dal corpo della ragazza e cominciò a incamminarsi verso casa.
<< Sei stato fantastico, dice Misaka come Misaka stupefatta! >> 
La bambina gli corse incontro, mettendosi al suo fianco.
  << Hai steso la rossa cattiva e mi hai salvata come un vero supereroe, dice Misaka come Misaka, facendo i complimenti al suo salvatore! >>
Si mise di fronte a lui, sfoderando un sorriso con le labbra arricciate.
L'esper, in quel momento, poté scrutarla con più attenzione. Era una bimba di all'incirca nove anni, dagli scompigliati capelli castani che le arrivavano all'altezza delle spalle, gli occhi castani e le guance rosse come due ciliegie, vestita con un semplice vestitino azzurro coperto da un camice bianco e dei sandali.

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Accelerator, al sentire quella dichiarazione, sbuffò.
<< Tch... senti un po' marmocchia, io non sono l'eroe di nessuno. E ora levati dalle palle>> sibilò, riprendendo la camminata.
Ma ecco che la bambina si mise ancora di fianco a lui. << Perché dici così? Dice Misaka come Misaka, interrogandosi. >>
L'albino non la degnò di una risposta, e così lei per ripicca mise il broncio e decise di seguirlo standosene in silenzio. Lo seguì per le strade, camminando fianco a fianco a quello che ormai aveva designato come il suo supereroe.
Arrivarono, infine, davanti al cancello di un appartamento. Entrarono e fecero le scale.
<< Dov'è la casa del mio salvatore, chiede Misaka come Misaka? >>
<< Prima porta a destra>> rispose lui, facendola squittire di felicità.
La piccola aprì la porta dell'abitazione.  << Salve, casetta nuova, urla Misaka come Misaka! >>
<< Hey tu! Fuori da casa mia!>> ribatté il proprietario che abitava lì, facendo spaventare la bambina che ritornò al fianco di Accelerator, mentre questi continuava il suo percorso.
Il ragazzo le aveva giocato un brutto tiro.
<< Sei cattivo, borbotta Misaka come Misaka, gonfiando le guance. >>
L'esper non la degnò ancora di alcuna risposta e finalmente, al terzo piano dell'edificio, arrivarono al vero appartamento di Accelerator.
<< Benvenuti a casaaaaa, esclama Misaka come Misaka felice della sua nuova abitazione! >> squittì lei fiondandosi sul divano e stiracchiandosi.
 L'albino sbuffò, la afferrò per la collottola e la sollevò con una mano, portandola all'altezza del viso.
<< Ohi, marmocchia, questa non è casa tua. E poi neanche ti conosco! >>
<< Oh giusto! Io mi chiamo Last Order! Dice Misaka come Misaka, esibendosi in un bel sorriso. E tu sei Accelerator! Ho sentito parlare di te, ma com'è che ti chiami veramente, chiede Misaka come Misaka? >>
Accelerator decise di non rispondere a questa domanda e si limitò a chiedere: << Tu piuttosto, come ti chiami davvero? Last Order non mi sembra un nome adatto a una marmocchia. E soprattutto, smettila di parlare così. >>
<< Non mi ricordo come mi chiamo, nella mia memoria questo è sempre stato il mio nome. In che senso smetterla di parlare così, chiede Misaka come Misaka, dubbiosa? >>
<< Così! "Dice Misaka come Misaka". Perché lo fai? È fastidioso! >>
<< Mmmh, io non lo so, dice Misaka come Misaka, ragionando sulla tua domanda. Lo faccio fin da quando ero più piccola e se provo a parlare in modo diverso non ci riesco e mi blocco, dice Misaka come Misaka, spiegando la situazione. >>
Accelerator sbuffò, la rimise a terra e se ne andò in camera sua. Last Order, ovviamente, lo seguì e si sedette per terra, mentre il ragazzo si sdraiava sul letto.
La camera di Accelerator non era un granché, come tutto l'appartamento del resto, ed era adornata solo con l'indispensabile: un armadio con qualche vestito, una scrivania con qualche libro e quaderno e un letto con un comodo materasso. La stanza era stata decorata con qualche poster dei Ramones, dei Clash, dei Sex Pistols, The Who, AC DC, Led Zeppelin e dei Queen.
<< Sei proprio un appassionato di rock, commenta Misaka come Misaka, osservando la tua camera. >>
Tuttavia, l'esper non le rivolse la parola. La piccola sbuffò, si alzò e decise di fare un giro per la casa: visitò la cucina, il salotto e la stanza di Yoshikawa. Infine, uscì dalla porta, decisa a esplorare il giardino del condominio.
Accelerator la vide uscire dall’appartamento. Forse aveva finalmente deciso di lasciarlo in pace... ma qualcosa dentro di lui gli intimava di seguirla.
Infine, dopo un ringhio soffocato, uscì anche lui dalla porta e andò in giardino a cercarla. Entrò nel garage e notò con stupore che la bimba se ne stava seduta sulla sua moto, mentre si divertiva a imitare il suono della motocicletta.
Oh no, aveva toccato la sua Worst.
Quella piccola peste stava saltellando sulla sua Worst; nessuno poteva salire sulla sua moto, nemmeno Yoshikawa aveva questo privilegio!
Ma... qualcosa in lui lo fermò per qualche secondo, la stessa sensazione che aveva avuto prima.
Vedere quella peste giocare col suo veicolo lo... lo addolciva, gli piaceva... scosse la testa e cacciò fuori la lingua in segno di disgusto. Lui che provava simili emozioni? Stronzate! Si ripeteva nella testa. Sono tutte stronzate. Lui non era dolce e lei era tutto fuorché adorabile!
<< BRUM BRUM! Dice Misaka come Misaka, fingendo di guidare. >>
<< Ohi mocciosa, scendi giù da Worst! >>
<< Eh? E chi è Worst? Chiede Misaka come Misaka, non capendo... >>
Accelerator si mise una mano in faccia, nel tentativo di sedare la sua rabbia. << La mia moto, stupida. >>
<< E perché hai chiamato una moto Worst? Dice Misaka come Misaka, sottolineando la stranezza della cosa. >>
<< Cazzi miei! Adesso scendi! >> ordinò.
 La bambina obbedì e scese, mantenendo lo sguardo a terra e gli occhioni lucidi da cerbiatto.
 Il labbro di Accelerator si increspò in una smorfia contrariata. Cosa stava succedendo dentro di lui?  Si sentiva... male... e quella sensazione la odiava, la odiava davvero. E perché la provava? Forse perché aveva offeso una povera bambina che stava solo giocando? 
Anche qui si disse nella testa che erano "stronzate, tutte stronzate, solo stronzate... oh vaffanculo!".
Mise un casco, anche se un po' grande, sulla  testa dell’infante e le disse: << Se vuoi guidare Worst, almeno fallo come si deve. >>
Salì in sella al veicolo e le fece cenno di sedersi dietro di lui. << Reggiti forte>> ordinò.
Partì, ma decise di non accelerare troppo, non voleva che la piccola cadesse e si facesse male. La portò a fare un giro per il quartiere.
La piccola squittiva di felicità, alzando un braccio e tenendo l'altro intorno alla vita del ragazzo.
<< UUUUUUIIIII! URLA MISAKA COME MISAKA, DIVERTENDOSI UN MONDO! >>
 
Decise di guidare fino al tempio dedicato al Maestro presente nella zona, giusto per farle vedere di più il posto, anche se non guidò fino a dentro la città; infine, decise di ritornare a casa.
Nel tragitto poté sentire le braccia della piccola stringersi ancora di più alla sua vita, ma non era per paura di cadere...  era come un abbraccio. Lo stava ringraziando e questo... lo metteva a suo agio.
Sentì come se il cuore e il suo corpo fossero leggeri come una piuma, come se quella creaturina riuscisse a mettergli l'anima in pace.
Che strano, pensò. L'aveva conosciuta da solo  poche ore e già si sentiva legato a lei, in qualche modo.
Entrarono in casa. Ormai il sole stava già tramontando, e nel piccolo salotto di casa vi era Yoshikawa, che stava preparando la cena.
Non appena notò l’arrivo del ragazzo, arricciò ambe le labbra in un leggero cipiglio.
<< Ancora a casa tardi? Quante volte te lo devo dire di telefonare quando fai… >>
<< Ciaaaaao! Dice Misaka come Misaka, salutando la signora. Io sono Last Order, e lei è forse la mamma di Accelerator? Dice Misaka come Misaka, presentandosi. >>
La donna rimase sbalordita nel vedere quella bambina ridere e saltellare. Lanciò uno sguardo interrogatorio all'albino. << Accelerator, ma che diavolo... >>
<< Ohi, ohi, io non c'entro niente! È stata questa marmocchia a seguirmi fino a casa e a fare i suoi comodi! >>
<< Accelerator mi ha salvata! Una brutta ragazza cattiva voleva farmi del male, ma poi è spuntato lui, ha sconfitto la cattiva e mi ha salvata come un supereroe! Dice Misaka come Misaka, spiegando la situazione. >>
<< Supereroe, eh?>> fece la donna, con un'espressione divertita. 
<< Ohi! Che cazzo è quel sorriso! Non è come pensi! >> sbottò lui.
<< Vaaaaaa bene... allora, a questo punto, mi tocca preparare per tre e poi prendere un terzo letto. Ti sistemerò nella camera di Accelerator. >>
Yoshikawa aveva subito accettato Last Order come membro aggiuntivo della famiglia. 
Il perché l'avesse accettata così, di punto in bianco, era un mistero. Forse perché quella bimba sola al mondo le aveva fatto tenerezza? Forse perché sperava che la sua presenza potesse riscaldare il freddo cuore dell'esper? O semplicemente voleva fargli un dispetto? Nessuno poteva saperlo, ma stava di fatto che ormai era deciso.
Accelerator, d’altra parte…
<< Mi prendi per il culo, vero?>>
<< Accelerator! Non vorrai mica cacciare questa povera bambina! Ho deciso che resterà con noi, ti farà bene la sua compagnia. E poi... che supereroe saresti se non ti prendessi cura di lei? >>
<< Yoshikawa... >> sibilò l'esper, per poi rilasciare un sospiro rassegnato << Tch... fanculo. Forza, mangiamo e chi se ne frega. >>
<< Yay! >> squittì Last Order<< Buon appetito! Augura Misaka come Misaka, mentre si prepara a mangiare. >>
 
Le ore passarono, e fu il momento per tutti loro di andare a letto. L'esper dormiva girato verso la finestra, dando le spalle alla piccola. Quest’ultima si mise sul suo letto e lo abbracciò con forza, accucciandosi alla sua schiena.
"Ma che diavolo" pensò l’albino, percependo la presa inaspettata.
<< Ho avuto un brutto incubo. Mi ha fatto tanta paura, dice Misaka come Misaka, molto spaventata >> sussurrò, stringendosi di più alla schiena del giovane.
Lui sbuffò, e la lasciò lì dov'era, scegliendo di non cacciarla. Stettero così per almeno un paio di orette e, dopo aver verificato che Last Order si fosse completamente addormenta, si girò verso di lei e le tirò su la coperta, circondandola con un braccio.
Che cosa diavolo gli stava succedendo? Non riusciva davvero a spiegarselo. L'unica cosa che sapeva con certezza era che quella notte riuscì a dormire come mai prima d'ora.
 
 Il Giorno dopo
 

Il mattino seguente Yoshikawa andò al lavoro, facendo rimanere in casa solo loro due.
Come accaduto il giorno prima, la mocciosa lo face penare, dato che non stava mai ferma un secondo. Ormai si sentiva come una specie di baby sitter... e magari... come un papà... oh, ma che diavolo andava a pensare! Lui? Padre? Pff, per favore! Va bene aver accettato la marmocchia come parte della famiglia, ma considerarla addirittura una figlia era il colmo! Anche se, in cuor suo… non gli dispiaceva l’idea di poter essere un genitore.
<< Io devo andare un attimo in città, tu resta qui >> ordinò l'albino.
<< Ma voglio venire anche io con te! Dice Misaka come Misaka… >>
<< No, è meglio che tu stia qui. E poi ci metterò solamente pochi minuti. Vedi di non uscire di casa >> continuò, nel tentativo di farsi ubbidire.
Prese la Worst e si diresse verso la città.

 
Alcuni minuti dopo
 

Nuvole rosa sfilavano lungo l’orizzonte e il cielo cominciava lentamente a schiarirsi. Nell’acqua della baia di Kyoto, liscia come uno specchio, si riflettevano le montagne vicine con tonalità scure, le case, le barche. Di lì a poche ore sarebbero apparsi i primi turisti.
Accelerator proseguì per almeno due chilometri ma ecco che, proprio sulla strada principale per arrivare nel cuore della metropoli, un furgoncino nero si diresse a tutta velocità contro di lui.
Tuttavia, il mezzo di trasporto non lo investì. Al contrario!
Il furgone si era schiantato contro qualcosa di invisibile pochi secondi prima di poterlo anche solo toccare. Era lo stesso potere che aveva usato contro i motociclisti e Awaki.
Ma che cos'era quella forza misteriosa? Di cosa era dotato questo esper?
La risposta era più semplice di quanto qualcuno avrebbe potuto inizialmente pensare: poteva controllare i vettori. Ogni singolo tipo di vettore  presente sul pianeta. Direzione, movimento, quantità di moto, elettricità, calore….
Era una persona "intoccabile".  Niente poteva scalfirlo, tanto che alcuni avevano addirittura cominciato a definirlo come "il bastardo che può sopravvivere anche a un'esplosione nucleare".
L'albino tirò il cavalletto e scese dalla moto, diretto verso il furgone: al suo interno vi erano dei delinquenti e avevano l'aria di essere proprio gli stessi che aveva malmenato appena qualche settimane fa.
Non era la prima volta che qualcuno aveva tentato di ucciderlo, ma questi se l'erano andata a cercare.
Strappò la portiera del veicolo come se fosse carta pesta e osservò attentamente la coppia di uomini spaventati.
<< E così, a voi bastardi non è bastata la lezione dell’ultima volta, eh? E ora provate addirittura a farmi fuori... tch... e io che pensavo di starmene tranquillo, oggi... vi ammazzo>> sussurrò, afferrando il conducente per la mascella e tirandolo fuori a forza.
Si esibì in una piccola risata e rivolse le sue attenzioni nei confronti dell'altro: i suo viso fu incorniciato da un sadico sorriso e iniziò a ridere in maniera quasi psicotica.
<< Oh, com'è divertente! >> esclamò, afferrandolo per il collo  << Chi è che volevate investire come un cane, eh, stronzo?!>>
Lo gettò via, lanciandolo contro l'asfalto con una forza tale da spappolargli la faccia.
In quel momento sbucarono fuori altri attentatori, armati tutti di pistole: si erano nascosti per preparare l'imboscata.
Accelerator salì in cima al furgone e sbuffò, poi con un urlo colpì il veicolo generando una forte esplosione controllata tramite il suo potere vettoriale.
Una vampata di fuoco e fiamme investì tutti i presenti. I suoi attentatori urlarono e si contorcerono a causa dell’improvvisa ondata di calore. Alcuni di loro persero gambe e braccia, e urlarono ancora più forte ,mentre il fuoco li consumava lentamente e dolorosamente.
Il tutto mentre l'esper troneggiava in mezzo a loro, circondato anche lui dalle fiamme, completamente illeso, mentre rideva di gusto. Una risata perversa e malata, che parvea uscita direttamente dagli anfratti dell’inferno. Godeva dello spettacolo che aveva davanti. Tutto quel dolore gli forniva una gioia immensa!
<< GRANDIOSI FUOCHI D'ARTIFICIO! Vi ringrazio per questo spettacolo di capodanno! >> esclamò con tono euforico.
L'incidente, che era stato causato non molto lontano dal cuore di Kyoto, venne avvistato da molti. Accelerator poteva già udire i suoni emessi dai veicoli degli stormtroopers avvicinarsi alla sua posizione.
Non perse tempo, ritornò in sella alla moto e viaggiò più veloce che poté fino a casa, parcheggiò il veicolo e rientrò velocemente nell'abitazione. Chiuse la porta a chiave, assicurandosi di averla sigillata a dovere.
<< Che stai facendo, chiede Misaka come Misaka curiosa? >>
Lui non le rispose, prese il telefono e avvisò Yoshikawa di tornare velocemente a casa. La donna ritornò all'abitazione e si precipitò velocemente dai due ragazzi chiedendo loro se stessero bene.
<< Sì, stiamo bene ma è successo un macello. Dei bastardi hanno cercato di uccidermi ed è scoppiato un trambusto di proporzioni enormi. Gli stormtroopers stanno indagando, potrebbero trovarci. >>
<< Oh, no, è terribile! Diamine, stava procedendo tutto bene... >>
La donna si portò le dita al mento per riflettere e poi ebbe l'idea.
<< Aiho Yomikawa! Una mia amica di lunga data, lei magari potrà aiutarci. Vive in campagna, lontano da tutti. È il luogo perfetto per nascondersi, mentre le acque si calmeranno. Accelerator, presto, prendi Last Order e fate i bagagli. >>
Il ragazzo obbedì, e portò con sé la bambina per farsi aiutare a fare le valige. Ovviamente Last Order continuava a chiedere spiegazioni, ma il ragazzo la rassicurò, dicendole che le avrebbe spiegato tutto più tardi.
Sistemarono tutto e ricevettero dalla donna la lieta notizia che la sua amica li avrebbe ospitati per un po'. Misero tutto il necessario sull'automobile di Yoshikawa e partirono; tuttavia, il ragazzo decise di seguire le due a bordo della sua moto. Figuriamoci se avrebbe lasciato la sua baby tutta da sola! Quella moto se la sarebbe portata con sé anche all'inferno. 
 
Alcune ore più tardi…
 
Il viaggio in auto, per Last Order, fu piuttosto gradevole, accompagnato dalla musica della radio di Yoshikawa.

https://youtu.be/ye5BuYf8q4o

<< Yoshikawa, ancora non mi avete spiegato perché stiamo partendo, dice Misaka come Misaka, chiedendo spiegazioni. >>
La donna sembrò esitare. << Be'... vedi... Accelerator è una persona molto speciale, e ci sono persone che non tollerano questa sua specialità... per farla breve, stiamo scappando da loro. >>
<< Ma lui è molto forte, è un supereroe, e i supereroi non perdono mai! Dice Misaka come Misaka, convinta della sua affermazione. >>
<< Hai tanta ammirazione per lui, vero? >> domandò lei, guardandola con un’espressione addolcita << Non metto in dubbio che lui sia molto forte, e per certi versi... è anche il mio di eroe... ma è appunto per questo che non voglio che affronti quelle persone, sono pericolose, spietate, e se gli succedesse qualcosa... >>
Vedendo le lacrime che cominciarono a formarsi negli occhi della donna, Last Order si affrettò a metterle una mano attorno a quella che stringeva le marce.
<< Visto che è il nostro eroe, non dobbiamo essere tristi per lui. Anche noi possiamo essere eroine a nostra volta, e lo proteggeremo insieme. Io ti aiuterò, esclama Misaka come Misaka, cercando di consolarti! >>
<< G-grazie, piccola...>> singhiozzò l’altra. Ma stavolta, a fuoriuscire furono lacrime di felicità.
La bambina sorrise soddisfatta, per poi arricciare il volto in uno sguardo visibilmente confuso.
<< Yoshikawa, chi sono questi signori che cantano da questo coso? Chiede Misaka come Misaka, indicando la fonte della musica. >>
<< Questa è una radio >> spiegò l’altra << Serve per ascoltare le notizie o anche la musica. I signorotti qui sono i Lynyrd Skynyrd, un gruppo rock americano del '64. Quando ero più giovane adoravo questo testo, si chiama Sweet Home Alabama. >> 
Detto ciò, iniziò a cantare a ritm : << Sweet Home Alabama, where the skies are so blue... >>
<<
Sweet Home Alabama... Lord, I'm coming home to you... dice Misaka come Misaka, cantando insieme a te. >>
<< Però, sei brava! >>


Accelerator, che viaggiava con la moto affianco alla loro auto, non poté fare a meno di osservare le due che ridevano per motivi che solo loro potevano comprendere.
Incurvò le labbra in un piccolo sorriso compiaciuto, ma si assicurò che nessuna delle due se ne accorgesse. Non voleva certo che Yoshikawa lo sfottesse a vita!
Arrivarono infine a destinazione, una piccola ma accogliente casa di campagna in mezzo a una coltura di mais. Affianco alla coltura vi erano decine di piccole fattorie.
Ad accoglierli fu una donna alta e dal fisico formoso, probabilmente della stessa età di Yoshikawa. Aveva lunghi capelli scuri tenuti in una coda di cavallo, e indossava una tuta da ginnastica verde.


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<< Kikyō! >>  salutò la donna, correndo verso il gruppo.
<< Aiho! >> ricambiò l’altra << Ragazzi, questa è Aiho Yomikawa, una mia carissima amica. Salutate! >>
<< Ciao signorina, dice Misaka come Misaka, in modo cordiale! >>
 << Tch... ohi, non trattarmi come un lattante, so come comportarmi con le persone! Io sono Accelerator comunque, piacere. >>
<< Deliziosi, soprattutto questa tenera frugoletta >> commentò Yomikawa, sprimacciando la guancia di Last Order e facendola ridere. << Forza, entriamo, avete molte cose da spiegarmi. Soprattutto tu, amica mia! Quando pensavi di dirmi che avevi due figli? >> domandò ironica.
<< Scema, non sono i miei figli! >> rispose l’altra, restando al gioco.
Prima di incamminarsi ed entrare nella casa, Last Order fermò l’albino con uno strattone.
<< Accelerator... volevo... volevo solo ringraziarti ancora, per tutto quello che hai fatto per me. Dice Misaka come Misaka, sinceramente grata. >>
<< ... Mmmh... non dirlo neanche per scherzo, marmocchia>> rispose l’adolescente, accarezzandole la testolina e riempendo il cuore della bambina di pura felicità.
<< Quindi... d'ora in poi... sarai il mio papà, dice Misaka come Misaka, piena di speranza? >>
Accelerator si trovò spiazzato da quella richiesta, ma... ma non riuscì a fare nulla.
Prese un bel respiro e rispose: << Sì... suppongo di sì. Tch... fanculo. >>



Personaggi 


Accelerator
Opera: To Aru Kagaku No Railgun S / To Aru Majutsu No Index / To Aru Kagaku No Accelerator
Razza: Esper
Video tribute: https://www.youtube.com/watch?v=_u235ztS960&feature=youtu.be
Soundtrack: https://youtu.be/xJYTQVKmDLc
Autore: Alucard97


Tutti i personaggi presenti nel capitolo appartengono alla stessa opera. 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 - Welcome to the new world ***


Un paio di AVVERTENZE!

Prima avvertenza: questa fan fiction ha ufficialmente il proprio trailer, che potete vedere cliccando su questo link https://www.youtube.com/watch?v=Sok1X5VuVuM 
Alcuni dei personaggi presenti nella fic sono OC, per cui, per inserirli nel trailer, sono stati utilizzati degli avatar prestavolto (potete trovarli nella descrizione del video).
Seconda avvertenza: questo capitolo segnerà l’entrata in scena dei primi personaggi OC della storia che, da ora in avanti, si faranno più frequenti. In più, assisteremo ai primi cambiamenti radicali, per quanto riguarda la presentazione dei personaggi. Fino ad ora, infatti, i pg introdotti erano stati rappresentati in modo molto simile alle loro controparti canoniche. Tuttavia, il multiverso è vasto, e un pg può avere varie versioni di se stesso. Nelle carte d’identità, i pg OC o pesantemente modificati, anziché avere un video tribute avranno un immagine identificativa.
 

Ed ora… buona lettura! Come al solito, speriamo che lascerete un commento. 
 

 
Capitolo 3 - Welcome to the new world


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Renmant – Pianeta sotto controllo imperiale

<< Salve, cittadini del nostro grande Impero. Sono proprio io, il Maestro! Sono il Leader di tutto ciò che vi circonda. Il capo dei dispersi, il signore delle rovine. Sono un uomo come tanti... più o meno. Conduco l’universo che amo fuori dalle grinfie della sua caduta. Credo nella sopravvivenza e nel destino di tutte le razze che seguono il mio volere. Oh, e credo nel fascismo! Una bella parola, non pensate anche voi? Fascismo... nient'altro che un'accozzaglia di lettere il cui significato si è perso nelle chiacchiere degli imbelli e dei traditori. Furono i romani del pianeta Terra a inventarlo. Il suo simbolo era un fascio di ramoscelli. Ah! Che bella pensata. Si può anche rompere un ramoscello, ma il fascio rimane forte... ed è QUESTO che rappresenta il fascismo: la forza dell'unità. E io credo nella forza, ma altrettanto nell'unità! E grazie all'unità...la sola libertà che resta a voi tutti è quella di essere affamati, di morire, di vivere in un mondo di caos! Devo forse concedervi questa libertà? Credo proprio di no! Mi riservo forse la libertà che nego agli altri? Mai! Non sono che un servo, chiuso in gabbia... Io, che sono padrone di tutto ciò che vedo. Possiedo tutto...ma allo stesso tempo possiedo pochissimo, perchè i miei cuori appartengono a VOI. Il popolo...il MIO popolo! Ed è così che la vostra vita va avanti... e che il nostro universo continua ad esistere. Con io che guardo dall'alto il mio grande dominio, come Maestro di tutto. E trovo tutto questo... bellissimo. >>
 
Questo video era stato trasmesso in contemporanea in tutte le accademie per Cacciatori di Remnant, con reazioni e pensieri diverse per ogni singolo studente.
Infatti, da quando il Maestro, dio assoluto del cosmo, aveva imposto la sua presenza su Remnant incaricando Lady Salem di governarlo, l'ordine del pianeta era andato praticamente in malora, rendendo i Cacciatori l'unica vera fonte di stabilità in un mondo a dir poco criminale. Questo, ovviamente, quando i Cacciatori stessi non decidevano di prendere la stessa strada criminale con la scusa di ribellarsi ai suddetti governatori.
Su Renmant, l'unico luogo libero dall'influenza della prima guerriera dagli occhi d'argento era il regno di Dreamland. Tale reame, tuttavia, aveva perso gran parte del suo potere politico e amministrativo quando il preside dell'accademia spaziale Nova, Meta Knight, era stato misteriosamente ucciso durante un apparente attentato terroristico. In seguito a quell’evento, la famiglia dell’uomo era scomparsa, senza lasciare alcuna traccia.
Nonostante la situazione precaria, Remnant restava comunque uno dei pianeti imperiali più sicuri su cui nascere, a causa di una particolare caratteristica che accomunava tutti i suoi abitanti. Ogni umano di Remnant, infatti, possedeva un potere latente chiamato aura, manifestazione stessa dell’anima, che dava loro una certa protezione dai danni fisici. Tale potere poteva essere usato anche per potenziare le  caratteristiche fisiche di un individuo e, con il giusto allenamento, tale individuo sarebbe stato in grado di sbloccare un ulteriore abilità derivante proprio dall’utilizzo dell’aura: la semblance. Ogni semblance variava da persona a persona e consentiva ai suoi detentori la capacità di esercitare determinate abilità paranormali.
A tutto ciò,si aggiungeva il fatto che l'aura dispersa nell’atmosfera dai suoi utenti era solita fondersi con l'energia naturale del pianeta, creando cristalli magici chiamati Polvere, contenenti il potere degli elementi e utilizzati in tutta la galassia come carburante, fonte d’energia e polvere da sparo.
Grazie ad essa, Remnant era ben presto diventato uno dei punti nevralgici dell'impero per quanto riguardava il commercio e la criminalità organizzata, di cui facevano parte anche diversi Cacciatori.
I detentori di tale titolo erano guerrieri specificatamente addestrati nelle accademie dei vari regni, e venivano utilizzati come agenti indipendenti dal governo per risolvere situazioni potenzialmente pericolose per i civili.
Quel giorno, all'accademia di Atlas, guidata dal generale James Ironwood, due ragazzi erano intenti ad ascoltare il discorso del Maestro con uno sguardo di puro disgusto a malapena celato. Entrambi parevano piuttosto atletici, ma anche un po' massicci.
Uno era vestito con una felpa rosa, una maglietta bianca decorata con una stella e scarpe da ginnastica color arcobaleno. Con grande sconcerto dei presenti, aveva una coroncina dorata a circondare i capelli color confetto.
Il suo compagno era assai più distinto. Indossava un kimono viola, un mantello argentato e scarponi da neve . Alle mani portava un paio di guanti senza dita. Ma ciò che lo distingueva in particolar modo dall’altro ragazzo erano un paio di orecchie da lupo che ne adornavano i capelli castani. Costui era un fauno, la razza che condivideva il pianeta di Renmant con gli esseri umani.
Ogni membro di tale etnia era dotato di un unico tratto animale (orecchie extra, coda, artigli, ecc…) che lo differenziava dai loro coinquilini.
La situazione dei fauni non era certo tra le più auspicabili. Infatti, nel corso degli anni, erano stati costretti a sopportare diverse angherie a causa della loro diversità, nonostante la governatrice stessa del pianeta, Salem, fosse sempre stata piuttosto tollerante nei loro confronti, tanto che molti dei suoi accoliti più fedeli e letali erano proprio fauni.
Del resto, la situazione delle varie razze, all’interno dell’Impero, non era mai stata tra le migliori, soprattutto a causa del forte incremento della specie umana in tutta la galassia di Battleground. Gli individui dotati di poteri o abilità paranormali, come esper, maghi o utenti d’aura, erano costretti a partecipare ai programmi governativi. In caso di rifiuto, venivano etichettati come traditori dell’Impero e cacciati.
<< Finalmente ci siamo, Emil. Emozionato? >> 
A parlare, era stato il ragazzo dalla capigliatura rosa, dando all'altro un'enorme pacca sulla spalla.
Affianco a lui, il fauno lupo tirò su col naso e sorrise euforico. << E me lo chiedi?! Sono anni che ci prepariamo e questa sarà l'ultima tappa del nostro viaggio. Notato qualcuno di interessante con cui fare coppia, Kirby? >>
Kirby, il ragazzo con i capelli rosa, si guardò intorno, notando un ragazzo calvo e di colore vestito con una felpa nera e rossa, che stava attaccato ad una ragazza con le lentiggini, gonfi capelli arancioni e vestita con un abito da contadina.
Nonostante l’aspetto strano della coppia , Kirby si ritrovò incapace di distogliere lo sguardo. Sembravano piuttosto forti, a giudicare dall’aura che aleggiava attorno ai loro corpi.
<< Forse qualcuno. Magari possiamo provare a parlarci stasera >> commentò con un sorriso.
Emil si voltò nella direzione indicata dal compagno e per poco non si strozzò. << Proprio quel tizio? Sai, ci ho sbattuto prima e non l'ha presa granché bene. >>
 In tutta risposta, Kirby si lasciò sfuggire una risatina. << E qual è il problema? >>
<< Il problema è che quel ragazzo sembra proprio il tipico Atlesiano militarista e testa di cazzo. E non ho la minima voglia di fare coppia con un individuo del genere. Se non fosse stato per la sua amica, a quest'ora sarebbe ancora lì a urlarmi contro... o io sarei nella foresta per  nascondere il suo cadavere >> borbottò sottovoce.
 Al sentire tali parole, Kirby si ritrovò a ridere sul serio.
Lui e Emil vivevano e si allenavano insieme da quando avevano dodici anni. Nonostante ciò,il fauno riusciva sempre a trovare nuovi modi per sorprenderlo e farlo divertire.
Dopo che il generale James Ironwood ebbe pronunciato il suo discorso di benvenuto (abbastanza noioso da far sembrare quasi divertente quello del Maestro) attraverso gli altoparlanti dell’accademia, gli studenti cominciarono a  prepararsi per la notte, che si sarebbe tenuta nella sala da ballo dell’edificio.
 Emil, dopo essersi messo un pigiama, decise di presentarsi alla ragazza che lo aveva tirato fuori da brutta situazione in cui si era cacciato.     
<< Ehi, grazie per avermi aiutato con quel tipo. Come hai detto di chiamarti? >> domandò incuriosito.  
In tutta risposta, l’adolescente si esibì in una specie di saluto militare.

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<< Sono Penny Polendina. È un piacere fare la tua conoscenza, Emil Rj Fenris. E non preoccuparti a proposito di James, è solo molto protettivo! Dopotutto, è il suo compito >> dichiarò come un dato di fatto.
 Il fauno lupo fece un passo indietro, incerto su come controbattere ad una simile presentazione. << Ehi, come fai a conoscere il mio nome? >>
<< Merito del mio amico James. Il suo equipaggiamento comprende dei visori collegati con gli archivi della polizia e dell'esercito atlesiano, quindi ha accesso alle schede di diversi criminali, ma anche di tutti i Cacciatori in allenamento e graduati. >>
<< Però, questo sembra un po'....>>
<< Riservato, ecco cos'è. >>
Al suono di quella voce, Emil non poté fare a meno di saltare in aria. Voltandosi, vide il ragazzo con cui si era scontrato quella stessa mattina, il misterioso “James”.
L'apprendista Cacciatore indossava una semplice canottiera nera, che metteva ben in mostra i suoi muscoli, e un paio di pantaloncini mimetici lunghi fino al ginocchio.

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Si voltò verso Penny con uno sguardo di rimprovero. << Penny, dovresti sapere che non ti è permesso parlare di certi argomenti riservati, non mi porto dietro quell'affare per divertimento. E tu… >> continuò, voltandosi in direzione del fauno.
Sentendo quel tono, gli occhi di Emil si ridussero ad un paio di fessure.
<< Ho l’ordine di non far avvicinare la mia partner a nessuno, oltre me, fino allo svolgersi dell'iniziazione >> dichiarò James, con voce fredda.
L'aura del fauno cominciò a ribollire. A causa di ciò, alcuni oggetti da terra iniziarono a fluttuare.
Emil rilasciò un sospiro irritato. << Mi sembra che la ragazza sia capace di fare le sue scelte. E poi, non sto mica cercando di abbordarla! Avere un amico in più durante l'iniziazione può essere sempre utile, dopotutto. >>
 Sul volto del soldato si dipinse un ringhio di prim'ordine. << Scusa, sacco di pulci, ma ho ordini che valgono fino alla formazione dei team. >> 
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Emil fu sul punto di sferrargli un pugno, ma Kirby arrivò appena in tempo per bloccarlo con una mano, prima che potesse scontrarsi con la mascella di James.
In quel preciso istante, Penny si frappose tra i tre apprendisti, cercando di riportare la pace.
<< Per favore, sono consapevole del fatto che certi ragazzi si sentono in dovere di lottare per una ragazza, al fine di stabilire chi è il maschio alpha del gruppo. Tuttavia, ritengo che questo non sia il momento adatto per un comportamento simile e inappropriato >> dichiarò con tono calmo, quasi robotico.
Tutti i tre ragazzi arrossirono e decisero di far finta che non fosse successo niente.
I due amici si infilarono nei sacchi a pelo e spensero le luci. Poco prima di chiudere gli occhi, tuttavia, Emil decise di chiedere qualcosa all'amico.
<< Ehi, Kirby. Pensi… pensi che ce la faremo? Sono sempre stato sicuro di potercela fare… ma ora sono pieno di dubbi >> sussurrò.
L’adolescente dai capelli rosa arricciò ambe le labbra in un sorriso rassicurante. << Ce la faremo, ne sono più che convinto. Non ho alcuna intenzione di deludere il Dottore e gli ideali di mio padre. >>
Il fauno lupo rilasciò un sospiro rassegnato. << Cavoli, volevo solo diffondere il mio stile di arti marziali per il mondo, ed ora mi ritrovo incasinato in una guerra intergalattica contro il Maestro. Suppongo sia sempre meglio di lavorare per quella stronza di Cinder. Buonanotte, Kirby. >>
<< Buonanotte, Emil. >>
 Il rosato diede un'ultima occhiata alla luna spezzata che si stagliava oltre finestra della stanza. Secondo alcune leggende, era stato proprio il Maestro ad averla  distrutta, così da dimostrare il suo potere agli abitanti di Renmant che si erano rifiutati di seguirlo.
Con quel pensiero in mente, chiuse gli occhi e si addormentò.
 
Il giorno dopo
 
La mattina dopo, tutti i neo-studenti erano stati incaricati di recarsi su delle pedane metalliche montate ai bordi dell’unico dirupo presente nei pressi dell’accademia.
Il burrone in questione  dava direttamente sulla vallata innevata nella quale si sarebbe svolto l’esame d’iniziazione.
Un uomo alto e tarchiato si fece strada fino al bordo del crepaccio. Il generale James Ironwood squadrò gli studenti da capo a piedi, e cominciò a spiegare loro i dettagli dell'iniziazione e della formazione dei vari team.
<< Tra pochi minuti verrete lanciati sulla valle sottostante e, una volta fatto contatto visivo con il vostro nuovo partner, dovrete farvi strada fino alla montagna posta al centro della radura. Lì c'è una finta base militare in cui troverete delle medagliette, ognuna caratterizzata da una propria incisione. Ogni coppia ne prenderà una e tornerà all'accademia, dove riceverete un voto di prestazione. In seguito, incontrerete i vostri nuovi compagni di squadra. Spero di essere stato chiaro, perché per sopravvivere dovrete usare tutto ciò che avete appreso nel vostro addestramento. Una volta lanciati… sarete soli >> terminò con un tono d’acciaio.
 Tutti i presenti avevano pronte le loro armi e altro eventuale equipaggiamento. Emil teneva in mano un paio di tonfa misti a lanciarazzi, da lui denominati Vulcan Tyrant. Possedevano la capacità  di condurre la Polvere e usarla come arma. A tutto ciò si aggiungeva  uno zainetto fornito con un bel po' di provviste d'emergenza e munizioni di riserva.
Kirby aveva sulla schiena una placca magnetica cui era attaccato un volo-pattino a forma di stella, da lui definito come Warp Star. Tale macchinario era stato realizzato per permettere al suo detentore di sorvolare il terreno a mezz’aria. Sulle spalle, portava uno zaino identico a quello dell'amico.
James Heller, invece, pareva coperto da una sorta di armatura ossea. Montati al di sopra di una placca magnetica, tenuta saldamente sulla schiena, vi erano un paio di fucili.
Al contrario, Penny sembrava essersi equipaggiata con un semplice zainetto.
Dopo una breve pausa, il generale riprese: << Spero che ognuno di voi abbia sviluppato una propria strategia d'atterraggio, prima di venire qui. Buona fortuna a ognuno di voi >>.
 Queste furono le ultime parole pronunciate dall’uomo, prima che ognuna delle pedane scagliasse il proprio occupante a mo’ di catapulta.
 Ogni studente fu lanciato attraverso l’aria ad una velocità di circa cento kilometri all’ora. Ognuno dei partecipanti all’evento dovette affidarsi al proprio ingegno per evitare di trasformarsi in una frittella, anche se alcuni ebbero vita un po' più facile di altri.
Kirby dovette semplicemente sganciare la Warp Star e far partire il motore, cominciando a librare sopra la foresta. Fatto ciò, iniziò a cercare un posto sicuro dove atterrare. Dopo appena un paio di minuti, notò un ammasso di capelli arancioni familiari e scese a terra, muovendosi di soppiatto fino a mettere una mano sulla spalla di Penny.
<< Presa! >> esclamò con un sorriso.  
Purtroppo, l’azione si rivelò un pessimo errore. Infatti, la ragazza si mostrò molto più forte e preparata di quanto l’adolescente si aspettasse e lo afferrò per il polso, spedendolo a terra con una mossa degna dei più grandi maestri di Jujitsu.
Una volta resasi conto di chi aveva appena inabilitato, la giovane studentessa prese a fissare il suo nuovo partner con un’espressione imbarazzata. << Oh, scusa, Kirby. Ma che ti è venuto in mente? >>
<< Niente, volevo solo fare il coglione. Sai, hai dei riflessi davvero buoni >> sibilò a fatica.
Penny lo aiutò a rialzarsi.
<< Sono sempre pronta al combattimento! Spero solo che James non si arrabbi, il piano era di aspettarlo appena arrivata a terra>> mormorò quasi a se stessa.
 Il ragazzo dai capelli rosa rilasciò un piccolo sbuffo. << Sul serio, ma che ha quel tipo? Solo perché ha lo stesso nome del generale crede di possedere questo posto? >>
<< In realtà, ha ricevuto l'ordine di tenermi d'occhio proprio da lui. Comunque, andiamo? Non ho voglia di arrivare ultima >>.
Detto ciò, cominciò a incamminarsi in direzione della montagna, seguita dal suo partner. Questi cominciò a chiedersi il motivo per cui un tipo come Ironwood ci tenesse tanto a lei.
Nel mentre, prese dalle tasche un cristallo di Polvere, facendo bene attenzione a controllare l’area circostante.
Sperava solo che Emil stesse bene…
 
Il fauno, nel frattempo, era ancora intento a sorvolare la vallata, sorretto dalla sua semblance. Emil, infatti, possedeva l’insolita capacità di trasformarsi in un autentico centro di gravità indipendente, fatto che gli permetteva manipolare qualsiasi cosa si trovasse entro un certo raggio dal suo corpo. Tale semblance, inoltre, gli permetteva anche di galleggiare a mezz’aria e aumentare la sua velocità e potenza fisica. Quando ciò avveniva, potenziava uno dei due fattori a scapito dell’altro.
Lui e l'amico avevano deciso che se non fossero finiti in squadra insieme, ognuno avrebbe cercato di diventare il leader del proprio team, ma non aveva ancora visto nessuno che fosse riuscito a catturare la sua attenzione. Almeno fino a quando non vide la forma di un enorme uccello blu aleggiare a pochi metri da lui. Sulla schiena della bestia, l’adolescente noto un individuo intento a massacrare di botte la creatura.
Decisamente qualcuno con cui valeva la pena di fare squadra. 
Si diede una spinta gravitazionale e colpì l'animale dritto sul cranio, per poi farlo schiantare a terra. Il Nevermore, perché questo era il nome della bestia, svenne sul colpo.
Emil decise di non infierire ulteriormente e scese per incontrarsi con il nuovo partner.
<< Ehi, tutto a posto... TU?! >> esclamò indignato.
Sul dorso del Nevermore, infatti, c'era niente poco di meno che James Heller. L’esoscheletro che lo ricopriva quasi per intero era formato da varie placche ossee, che sembravano essere unite da una sorta di liquido.
“Sicuramente  Polvere” fu il primo pensiero che attraversò la mente del fauno.
Inoltre, lungo tutta la superficie dell’armatura, erano presenti delle aperture coronate da componenti addizionali, probabilmente riservate ad ulteriori armi. Infine, sull'elmo che adornava il volto del soldato, era incorporato un visore scarlatto.
I due ragazzi si fissarono l’un l’altro con sguardo di sfida.
<< Ma guarda un po’. Tra tutte le teste di cazzo che potevo incontrare in questa scuola, dovevo proprio finire con un lupastro sovrappeso >> commentò James, con tono infelice.
Il fauno digrignò i denti, visibilmente irritato. << Ehi, questi sono tutti muscoli! Non che a me faccia molto piacere lavorare con te, sia chiaro, ma non abbiamo altra scelta e tu lo sai. >>
 James strinse i pugni e saltò accanto al suo nuovo partner. << E va bene, ma si fa come dico io. Ora andiamo, devo trovare Penny e tra noi e lei ci saranno chissà quanti Grimm. Suppongo che dovremmo ammazzarne parecchi per trovarla. >>
<< Non so perché tu sia così attaccato a quella ragazza, ma ti accetterò come leader solo quando verrai nominato tale. E comunque, io uccido solo se necessario, e quello che uccido, solitamente, me lo mangio! Quindi limitiamoci a metterli k.o, così da poter risparmiare tempo. >>
Le bestie spirituali (chiamate volgarmente Grimm) erano animali che avevano risvegliato la loro aura. Il Nevermore che avevano affrontato pochi minuti prima ne era l’esempio perfetto.
Mentre gli umani e i fauni ottenevano da essa un campo di forza come protezione personale, abilità fisiche potenziale e un potere speciale detto semblance, gli animali con l'aura attivata tendevano a crescere esponenzialmente nel corso degli anni. Spesso tendevano a mutare, ottenendo la capacità di assorbire la Polvere come fonte di cibo e di sviluppare poteri elementali.
Per gli abitanti di Remnant erano una fonte importante di cibo e materiali, oltre che un efficace mezzo di allenamento per simulare situazioni di sopravvivenza, in un mondo dove solo il più forte è in grado di sopravvive. Inoltre, pur esistendo diverse macrocategorie di Grimm, si poteva benissimo affermare che non ce ne fosse mai stato uno completamente uguale a un altro.
L'unica cosa che li accomunava tutti era la presenza di placche ossee e simboli multicolori presenti su tutto il corpo. L’armatura di James, il Dark Prototype, era stata proprio realizzata attraverso la lavorazione di queste placche e altre ossa.
Su Renmant, diversi Cacciatori si dedicavano alla loro protezione, i cosiddetti Ranger, mentre altri ne limitavano la diffusione nei centri abitati, dato che i Grimm potevano rivelarsi pericolosi per i civili. Erano presenti anche in altri pianeti, per favorire la creazione di miniere di Polvere o dare nuovi fonti di cibo.
Poco prima dell’iniziazione, nella foresta erano stati sistemate le registrazioni dei richiami di diversi animali, oltre al rilascio di  feromoni che servivano a rendere i Grimm più aggressivi, in modo da offrire agli studenti il giusto equilibrio di sfida mortale e sicurezza (oltre a riempire la dispensa e il deposito di materiali per il prossimo trimestre).

James fu visibilmente tentato di controbattere le parole di Emil, ma decise di prendere in considerazione le sue parole. Dopotutto, sembrava un’idea ragionevole.
Si grattò il casco e sbuffò. << Non hai tutti i torti, forse potrebbe essere divertente fare squadra con te. Ora andiamo... e scusa per ieri sera. Ero molto stressato. >>
<< Oh, tranquillo, ormai ci sono abituato >> mormorò l’altro, con fare spensierato << Ma meglio che non dici più cose del genere in presenza di Kirby, suo padre era un fauno >> lo avvertì.
Il ragazzo corazzato annuì al partner e cominciò a incamminarsi lungo il perimetro della foresta.
 
Nel frattempo, Kirby e Penny si stavano facendo strada nella neve, parlando del più e del meno... in pratica, Penny faceva un sacco di domande e Kirby era solito rispondere.
<< E così io ed Emil siamo riusciti a fregare quei predoni di Vacuo a carte. In seguito, però, siamo stati costretti a scappare per quasi una settimana, senza un attimo di respiro. E quando ci hanno trovati... be', diciamo che una buona sezione del deserto si è trasformata in una bellissima pista di pattinaggio. Storia vera, te lo garantisco! >>
La ragazza si mise a ridere, rilasciando un suono cristallino. 
Per certi versi, era una situazione incredibile. Lì, nell'iniziazione del regno più duro e freddo di Remnant, due ragazzi ridevano e scherzavano come se niente fosse, nonostante il suono lontano di spari ed esplosioni.
Dopo qualche minuto, tuttavia, Penny fece una domanda assai inaspettata.
<< Kirby, hai detto che vieni dal regno di Dream Land, giusto? E, da quanto ho capito, non ti trovi molto a tuo agio sotto il dominio di Salem. Come mai frequenti Atlas, invece dell'accademia Nova? >> domandò incuriosita.
Il rosato si fermò di colpo e strinse i pugni. Per un attimo, Penny temette di aver oltrepassato il limite.
<< Diciamo solo… che se fossi rimasto lì avrei messo in pericolo troppe persone. Per questo sono venuto a vivere qui ad Atlas. Così da potermi addestrare e uccidere una certa faccia da clown >> sibilò.
La pel di carota stava per chiedere a chi si riferisse, quando una figura massiccia si schiantò proprio di fronte a loro, sorprendendoli. 
Era un BK Minor, un Grimm dall'aspetto di una scimmia azzurra più grande di un uomo e molto muscoloso. E la cosa peggiore? Era stato seguito da alcuni dei suoi simili.
<< Cominciavo a pensare che non ne avremmo visto nessuno. Penny, come te la cavi in queste situazioni? >> domandò Kirby.
<< Tranquillo, sono pronta al combattimento >> ribattè l’altra, con fare fiducioso.
Il suo zainetto si aprì di scatto. Ne fuoriuscirono diverse spade adornate con un simbolo di accensione sull'elsa. Sembravano volteggiare in aria solo grazie ai gesti della loro proprietaria, ma un osservatore più attento si sarebbe accorto dei fili di metallo che le collegavano a lei. In pochi secondi, diversi BK avevano perso un braccio o erano stati messi k.o dall'esaurimento dell'aura.
Kirby fischiò impressionato e fece comparire nella mano una specie di vortice, in cui lasciò cadere un cristallo rosso. << Be', mio padre mi ha sempre insegnato a non lasciar combattere una ragazza da sola. >>
Dopo appena un paio di secondi, l’adolescente venne avvolto da un'aura rosso fuoco, che si concentrò sui suoi capelli.
Quindi si lanciò contro gli scimmioni, bersagliandoli con una raffica di calci e pugni infuocati. Quando uno di loro provò ad afferrarlo da dietro, rispose con un perfetto calcio rotante. In seguito, procedette a distruggere l'aura della bestia con un getto di fiamme.
Canalizzando più aura possibile, avvolse il suo corpo in un muro infuocato. Quindi si lanciò a mo’ di meteora contro il prossimo avversario e colpì il primo BK dritto nello stomaco.
Tutti gli altri, capendo che non avrebbero ottenuto niente da quello scontro, fuggirono.
Penny guardò ammirata il partner e l'aura fiammeggiante che emanava.
<< Questa è stata una delle migliori dimostrazioni di abilità che abbia mai visto da quando sono stata cr....cioè, da quando sono nata. Come hai fatto? >> domandò con tono colmo di anticipazione.
Il neo-cacciatore sorrise con orgoglio. << Èla mia semblance! Mi permette di assorbire energia e oggetti, per poterne usare il potere a mio vantaggio. Il problema è che assorbire troppa roba è dannoso. >>
Picchiettò la corona che aveva in testa.
<< Vedi quest’affare? È progettato per espellere l'energia in eccesso. Purtroppo ha un bel po' di difetti, ma ne parleremo dopo. Ora andiamo, abbiamo già perso troppo tempo. In più, ho scommesso metà della cena di stasera con Emil che sarei arrivato prima io. >>
<< Ed io devo rincontrarmi il prima possibile con James, o il generale Ironwood si arrabbierà con tutti e due. Ti immagini se avessero fatto squadra? >>
Al sentire tali parole, Il rosato non potè fare a meno di rabbrividire. Emil aveva già qualche problema a rapportarsi con persone nuove, figurarsi con qualcuno che lo aveva chiamato sacco di pulci.
Rilasciò un sospiro. Non gli restava che sperare che il suo compagno d’avventure non fosse finito con quel tipo, e tornò a seguire Penny.
 
Nel frattempo, gli altri due studenti si erano imbattuti in un branco di Grimm belli grossi e molto incazzati. Avevano l’aspetto di enormi stambecchi ricoperti da placche ossee.
James aveva adattato la parte superiore del suo esoscheletro per lo scontro, creando una coppia di pungiglioni capaci di bloccare e rompere con relativa facilità le corna di quei bestioni. Ne afferrò uno per la testa e lo lanciò contro il resto del branco, prendendone tre  in un colpo solo. Poi affondò un pugno nel terreno incanalando aura il più possibile: ne scaturì un’onda d’urto abbastanza potente da scaraventare in aria il resto dei Grimm.
Emil ne approfittò per scivolare ad alta velocità sul terreno, utilizzando i suoi poteri gravitazionali come spinta. Colpì le creature una ad uno con i suoi razzi infusi di Polvere, per poi sistemare a suon di calci i pochi superstiti.
Quando atterrò, James si ritrovò impressionato dalla precisione con cui il suo nuovo partner era riuscito a fare uso della sua semblance durante lo scontro. Ognuno di quei Grimm era solo svenuto.
<< Niente male. Dove hai imparato a fare una cosa del genere, lupastro? >>
 Al sentire il nomignolo, le orecchie di Emil fremettero. Volse la propria attenzione nei confronti dell’atlesiano, il volto chiuso in un’espressione impassibile.
<< Sono nato e cresciuto nell'Ordine dell'Artiglio. Lì, al posto di giocare a nascondino e divertirsi, ti costringono a fare esercizi con l'aura e allenamenti per dosare la potenza dei colpi. >>
<< L'Ordine dell'Artiglio?! Credevo foste solo una leggenda >> commentò l’altro, visibilmente sbalordito.
E come dargli torto? Su Renmant, l'Ordine dell'Artiglio esisteva praticamente dalla nascita delle arti marziali stesse, importate sul pianeta dai primi coloni provenienti dalla Terra.
Come diceva il nome, la setta era composta essenzialmente da fauni, sebbene nessuno negasse l'entrata ai discepoli umani. Col passare del tempo, i vari membri si erano allontanati sempre più dalla società, tanto che la maggior parte degli abitanti di Renmant avevano cominciato a considerarli una setta ormai morta e sepolta. Almeno… fino ad oggi.
In tutta risposta, il fauno si limitò a stringersi nelle spalle.
<< Ci teniamo per lo più in disparte. Usciamo allo scoperto solo se espressamente ordinato… da Salem. A volte, anche lei ha avuto bisogno dei nostri servigi >> rivelò con una punta di disprezzo << O perchè c'era qualcuno che causava troppi fastidi al governo, o quando qualche nemico esterno decideva di attaccare Remnant... cose del genere. Ad ogni modo, quello di Atlas è l'ultimo monastero rimasto sul pianeta. Ad eccezione di qualche contatto tra i maestri e qualcun altro, siamo quasi completamente isolati rispetto al resto del mondo. >>
<< Eppure, tu sei qui >> osservò James, stringendo ambe le palpebre degli occhi.
Il fauno fece per rispondere, ma una sonora esplosione lo costrinse a interrompersi.
<< Meglio rimandare certi discorsi a un'altra volta >> commentò ironico.
 Il soldato annuì ed entrambi si incamminarono verso la montagna. Poi, come dal nulla, Emil iniziò a guardarsi intorno, dando fondo ai suoi sensi.
<< Visto qualcosa? >> gli domandò il compagno.
<<  Forse. C'era qualcosa che si muoveva tra gli alberi. Parecchio grosso, ma anche molto veloce. Forse una specie di felino. >>
<< Come un puma? >>
<< No… più grosso. >>
 
 Altrove…
 
<< Forza, Penny, dammi una mano, qui! >>
Il povero Kirby stava aiutando la compagna ad arrampicarsi su una salita particolarmente ripida. Purtroppo, la Warp Star non era adatta a portare due persone e anche se Penny si era offerta di trasportare entrambi usando le spade come appigli, lui si era rifiutato.
Ovviamente si pentì subito di aver fatto lo spaccone, non appena scoprì che la ragazza era molto più pesante di quanto sembrasse. Alla fine, però, i muscoli e l'aura ben allenata del ragazzo ebbero la meglio sul peso di Penny ed entrambi si sdraiarono sulla  soffice neve della cima.
<< In questo momento Emil sarebbe stato davvero utile. Ma che mangi a colazione, cemento e mattoni? >>
<< No, quelli li uso per allenarmi. Di solito, per alimentare il mio generatore a bioma- ahem! Il mio stomaco… uso uova fritte ricoperte di formaggio e pancetta. >>
Nonostante l’evidente slittamento, il rosato decise di stare zitto. In fondo, anche lui non seguiva una dieta particolarmente sana (e infatti sua madre lo teneva a dieta stretta ogni volta che andava a trovarla) e ognuno aveva diritto ai propri segreti.
I due stettero a osservare le nuvole per qualche minuto, poi si alzarono. Ben presto, si trovarono davanti il loro obbiettivo, la base militare creata per l’iniziazione. Somigliava ad una grossa cupola di metallo irta di macchie e ruggine.
La coppia non perse tempo. Entrarono in fretta e furia,  ritrovandosi all’interno di un grosso archivio informatico.
Kirby sorrise soddisfatto. << Bene, prendiamo quello per cui siamo venuti e torniamo all'accademia. 
>>
Si misero a cercare tra i cavi e nei vari cassetti sparsi per la sala. Dopo quasi mezz'ora di ricerca, trovarono una medaglietta con incisa quella che sembrava una clessidra rovesciata.
Fecero per andarsene, ma, con loro grande sorpresa,  dalla porta automatica entrarono immediatamente James e Emil, che la richiusero subito dopo: il duo sembrava parecchio affaticato.
Non appena gli occhi di James s’incontrarono con quelli di Penny, il cacciatore in allenamento corse in fretta e furia fino alla figura dell’adolescente.
<< Penny, tutto a posto? >> domandò lo studente, visibilmente agitato.
In tutta risposta, la ragazza compì un saluto militare. << Sì, James. Kirby si è dimostrato un partner più che efficiente, sia in combattimento che al di fuori delle mansioni offensive. >>
Il rosato in questione arrossì leggermente. Non aveva mai ricevuto molti complimenti dalle ragazze.
<< Grazie, Penny, anche tu sei stata grande. Ma esattamente... da cosa state scappando? >> domandò rivolto ad Emil.
 Prima che il fauno potesse rispondere, qualcosa sfondò il tetto, piombando direttamente al centro della sala.
<< Da quello >> sospirò Emil, indicando il nuovo arrivato.
"Quello" altro non era che un gigantesco leopardo delle nevi di colorazione azzurra, con placche ossee a ricoprirne stomaco, cranio e zampe. Una folta criniera me percorreva il dorso e la coda. Il tutto era distribuito in circa tre metri e mezzo d'altezza e dieci di lunghezza.
Era una visione bellissima e allo stesso tempo a dir poco terrificante, probabilmente l'essere più letale che ognuno dei presenti avesse mai affrontato, nonché l'animale più terribile della zona dell'accademia.
<< Un Nako Aguuru?! Il generale Ironwood aveva detto che non ne sarebbero venuti! >> esclamò Penny.
<< Evidentemente, qualcuno ha messo le registrazioni sbagliate nei richiami e i feromoni nell'aria hanno fatto il resto. Non è fantastico? Ora abbiamo il nostro boia personale. Suggerisco di ritirarci! >> urlò James, ma il suo partner non era d'accordo.
Tirò fuori i Vulcan Tyrant e si mise in posizione.
<< Eh, no, te l'ho detto prima, James. Questo non sarà il nostro boia… ma la mia cena! >>
Affianco a lui, Kirby si sbatté una mano in faccia, visibilmente irritato. Emil evitava di uccidere il più possibile, che si trattasse di Grimm o umani, ma quando incontrava qualche pezzo di merda che meritava di soffrire o un mostro abbastanza forte da risvegliava la sua sete di sangue… non c'era niente capace di dissuaderlo.
Assorbì un portachiavi a forma di spada nel vortice, facendo apparire una riproduzione di dimensioni normali nella sua mano. La semblance di Kirby, infatti, gli permetteva anche di ridimensionare oggetti di piccole dimensioni, purché fossero assorbiti dai suoi vortici.
Come ad un segnale, dalla sua corona comparve la versione olografica di un cappello da folletto, onde a indicare il tipo di arma selezionato. Senza perdere tempo, il neo-cacciatore si lanciò all'attacco, mirando ai punti vitali della creatura.
Tuttavia, il Nako aveva un'esperienza e una velocità formidabili. Schivò senza eccessiva difficoltà i fendenti dell’avversario, per poi bloccare con un semplice movimento della coda i missili di Emil e le spade di Penny.
James trasformò il braccio destro in una grossa lama ricurva e provò un affondo sulle zampe anteriori della bestia, venendo però respinto contro gli archivi da una rapida artigliata. Penny si lanciò all'attacco, mulinando le spade, nel tentativo di creare una serie di attacchi più confusionari e frenetici ,in modo da prenderlo di sorpresa.
L’operazione si rivelò un successo, tanto che riuscì a infliggere diversi graffi sul corpo della creatura.  Approfittando della situazione, Kirby gli infilò la spada in una delle zampe posteriori.
Il felino non sembrò preoccuparsi troppo della ferita, e si limitò a guardare Kirby come se lo considerasse a mala pena una zanzara: com’era avvenuto appena pochi secondi prima con James, lo scaraventò via. 
Tuttavia, l’adolescente riuscì ad attivare la Warp Star a mezz’aria: atterrando con grazia, inserì un po’ di polvere rocciosa nei suoi vortici. Il tutto mentre Emil continuava a scivolare per l'edificio, bersagliando il nemico con i suoi missili. James non fu da meno e tornò in gioco, questa volta con degli artigli lunghi diversi centimetri su entrambe le braccia.
Il bestione decise che ne aveva avuto abbastanza di quel gioco e che era arrivato il tempo di buttare via quegli intrusi dal suo territorio.
Ruggì a tutta potenza: lo spostamento d'aria, oltre a scagliare il gruppo di studenti all'esterno, sembrò  ricoprirlo di uno spesso strato di brina.
James fu il primo a rimettersi in piedi, attivando la Polvere infuocata della sua armatura. Si mosse per aiutare Penny e Kirby, ancora scombussolati.
Intanto, Emil stava provando a fronteggiare da solo il Nako.
<< Bene, bestione, ora faccia a faccia >> proclamò con un sorriso sanguinario.
Infuse i Vulcan Tyrant di Polvere da vento e si mosse a tutta velocità, sfruttando la piena mobilità e potenza offertagli dalla sua semblance. Nel contempo, utilizzò la forza di gravità per limitare le capacità dell'avversario.
I due predatori si scambiarono colpi per diversi minuti. Emil riusciva ad ammortizzare gli attacchi riducendo la forza di gravità attorno al suo corpo, facendo uso del vento per respingerli. Tuttavia, stava lentamente esaurendo l'aura.
Fortunatamente, James venne in suo aiuto, sparando con i suoi fucili dritto nell'occhio del Nako. Nel mentre, Penny e Kirby lo colpirono rispettivamente con una raffica di spade e un pugno di roccia direttamente ai fianchi.
<< Grazie, ragazzi. Ora posso dargli il colpo di grazia! >> esclamò Emil.
 Ridusse la gravità del suo corpo al minimo e si lanciò contro il Grimm, afferrandolo per i fianchi e lanciandosi con lui oltre il fianco della montagna.
I suoi compagni smisero di respirare e scesero il più in fretta possibile sul terreno. Videro la carcassa del Nako sprofondata per quasi un metro nella neve.
Penny cadde a terra, tenendosi le mani sulla bocca, Kirby sbatté un pugno contro la roccia più vicina, mentre James si esibì in un saluto militare, in omaggio al partner che non avrebbe avuto l'opportunità di conoscere... sì, ci sperava sul serio.
<< Ehi, James, hai preso una delle medagliette? >> domandò una voce da sotto il cadavere, sorprendendo il trio.
La carcassa iniziò a muoversi, venendo sollevata da qualcosa. Appena pochi secondi dopo, la figura di Emil si fece strada tra le membra del Nako.
Aveva decisamente esaurito l'aura. Il viso e i vestiti erano adornati da vari tagli e graffi, ma era senza alcun dubbio vivo e in forze. Rivolse un sorriso beffardo ai suoi compagni e mostrò fiero un buco nello stomaco della sua preda, causato da un missile.
<< Perché io ho pensato alla cena! >> esclamò divertito.
Per un attimo, non accadde nulla. Un silenzio inesorabile sembrò calare nelle profondità della foresta, per quasi un minuto buono. Poi, quando quel breve lasso di tempo giunse al suo termine… sia Kirby che James si lanciarono addosso al fauno, scuotendolo.
<< Idiota! Potevi farti ammazzare! >>
<< Non ho mai visto niente di più stupido! Dovrei ucciderti qui e ora…>>
Nel mentre, Penny osservò lo svolgersi della scena con un dolce sorriso. Questo era senz’altro l’inizio di una meravigliosa amicizia.
Non sapevano che, ad appena un paio di kilometri sopra di loro, una quinta figura aveva osservato lo scontro con attenzione predatoria. In cima alla montagna era arrivata una creatura come di rado se n’erano viste su Renmant. Aveva l’aspetto di un enorme drago dalle scaglie marroni, grande quasi quanto la base stessa. Ma quella bestia non era un Grimm. Infatti, mancava delle placche ossee e dei simboli tipici della fauna di Remnant. In compenso, nei suoi occhi bianchi come la neve era possibile intravedere una saggezza tipica dei più antichi esseri senzienti.
Il nome del drago era Grugagloragran e sentiva che quei quattro ragazzi avrebbero avuto un ruolo molto importante negli eventi futuri di questo mondo.
Nascosto nella nebbia della montagna, la creatura si librò in volo, pronta a fare rapporto al suo signore.

 
Accademia di Atlas
 
<< E infine... James Heller, Emil Rj Fenris, Kirby Earth, Penny Polendina. Voi avete raccolto la runa Daghaz, da oggi sarete conosciuti come team JEKP (jackpot)... >>.
Tutte le coppie di partner erano tornate (più o meno integre) all’accademia di Atlas. Dopo le cure necessarie, all'ora di cena,  erano stati annunciati i team veri e propri.
All'annuncio dell'ultimo gruppo, ci fu un caloroso applauso verso il tavolo dove la nuova squadra era intenta a mangiare… bistecche di leopardo.
<< ...guidato da James Heller >> terminò il generale Ironwood, con tono solenne.
Emil, per poco, non cadde con la testa nel piatto. Un po' sperava di essere lui il leader del team, ma sotto sotto sapeva che comportandosi come aveva fatto durante l’iniziazione, in qualsiasi altro momento avrebbe potuto mettere a serio rischio l’incolumità dei suoi compagni.
Così, il gruppo cominciò a raccontare ad alcuni dei compagni più socievoli e curiosi il combattimento contro il Nako.
Nel mentre, Ironwood lasciò la sala, dirigendosi verso il suo ufficio. Doveva chiamare una persona collegata molto strettamente ad uno dei nuovi studenti.
Una volta giunto a destinazione, accese il computer olografico posto sulla parete opposta della stanza e sullo schermo apparve l'immagine di un uomo piuttosto corpulento dai capelli blu, vestito con una cuffia rossa decorata con un batuffolo bianco, una specie di camicia beige e una palandrana rossa.
Era seduto, come l'interlocutore, su una scrivania relativamente semplice. Alla sua destra si notava un martello in legno, con alcune parti di metallo, grande quasi quanto il proprietario. Aveva il volto chiuso in un sorriso gioviale.
<< E così, Kirby ce l'ha fatta? >> domandò il nuovo arrivato, con tono colmo d’anticipazione.
Ironwood annuì in assenso. << Sì, e ha anche trovato degli ottimi compagni di squadra. Qui ci sono i loro file. >>
Premette alcuni tasti sulla tastiera incorporata nella scrivania, e il suo interlocutore inarcò un sopracciglio, mentre osservò le schede con attenzione.
<< Uhmmm… vediamo un po’… lo studente più forte della scuola preparatoria atlesiana… il nuovo modello di androide da combattimento intelligente… colui che potrebbe diventare il più abile artista marziale di Remnant dai tempi della guerra…. e il figlio del più grande guerriero che abbia mai conosciuto. Senza alcun dubbio, Ironwood, hai messo sopra un team di veri mostri! In più, sembra proprio che il Team Leader della squadra abbia il tuo stesso nome >> commentò divertito.
Ironwood rilasciò un piccolo sbuffo. << È solo una coincidenza, te lo assicuro. James è un ottimo soldato, e uno studente altrettanto capace. Se la situazione non ti soddisfa, puoi sempre venire a prendere il tuo figlioccio e metterlo all'accademia Nova. Sempre che tu sia riuscito a mantenerla in piedi, ovviamente. >>
In tutta risposta, il fauno pinguino strinse un bracciolo sulla sedia al punto da romperlo, facendo deglutire lo stesso generale. Dedede veniva spesso sottovalutato per il suo peso e la coda da pinguino che aveva sulla schiena, ma restava un combattente formidabile in tutto e per tutto. Come c'era da aspettarsi dal re di Dreamland, dopotutto.
<< Primo:  l'accademia è ancora in piedi, che ti piaccia o no. Salem stessa invidia le nostre astronavi e alcuni dei nostri studenti migliori. Secondo: sai che ho giurato di non mettere più piede ad Atlas dopo aver preso Gèle a calci in culo >> sibilò il monarca.
Evento più unico che raro, il generale di Atlas si mise a ridere. 
Nelle rare occasioni in cui si incontravano, Dedede e Salem mostravano una facciata di buona creanza e rispetto, visto che lei stessa aveva firmato col predecessore del re il trattato che rendeva Dreamland indipendente dal suo governo. Al contrario, anche il più grande ignorante di Remnant era ben consapevole dell’odio profondo che scorreva tra Dedede e Jacques Schenee, il presidente della Schenee Dust Company, una delle aziende più proficue nel campo della Polvere.
Dedede era solito chiamare Jacques con il suo cognome originale e lo considerava solo uno sporco approfittatore. Allo stesso tempo, il più grande squalo finanziario della galassia rifiutava di riconoscere l'autorità del fauno pinguino.
Il tutto era esploso quando la coppia di rivali era stata invitata ad una raccolta fondi tenutasi nell’Accademia di Atlas. Con grande sorpresa degli annunciatori, il sovrano di Dreamland si era categoricamente rifiutato di partecipare all’evento. In realtà, l’atto non era altro che una messa in scena volta per fare una bella sorpresa a quel razzista di Jacques e, magari, accaparrarsi pure un ballo con la signora Schnee.
 Tuttavia, proprio mentre il monarca era entrato nella sala in cui si stava svolgendo la festa, insieme al suo fidato consigliere Meta Knight e alla moglie di quest'ultimo, scoprì che il presidente della SDC era intento a raccontare una barzelletta disgustosa sui fauni.
Inutile dire cosa sia successo dopo…
<< Comunque, tu, Ozpin e gli altri avete deciso cosa fare? >> domandò Dedede, rivolto al suo interlocutore.
Ironwood rilasciò un sospirò rassegnato. << Sai che non possiamo unirci al vostro piano, vecchio amico. In fin dei conti, non c'è nessuna vera prova che il Dottore stia dicendo la verità. In fondo, le cose vanno abbastanza bene, su questo pianeta. Chi ci dice che tornati alla cosiddetta "realtà" di un tempo… non saremmo costretti ad  affrontare un rischio ancora più grande? >>
<< Non c'è rischio più grande che vivere per sempre in una menzogna >> ribatté il fauno, con tono colmo di disprezzo <<  Io non ci sto! Anche se non provo la sensazione che tutto attorno a me sia finto, il Maestro e i suoi scagnozzi sono comunque responsabili di aver ucciso il mio miglior amico e avermi costretto a esiliare la sua famiglia per proteggerli. Sono solo contento che Kirby non sia diventato un pazzo assetato di vendetta >> mormorò.
 Ironwood annuì in accordo. << Almeno tu e il Dottore sapevate dove mandarlo, quando è successo… quello che è successo >> sussurrò.
Era piuttosto riluttante a rivangare quel particolare evento.
<< Ora devo andare, ho molte cose che richiedono la mia attenzione. >>
<< Molto bene. Ma ti avverto! Questa conversazione non è finita. >>
La videochiamata si spense, ed Ironwood si lasciò cadere sulla sedia.
Nel mondo governato dal Maestro, Remnant era uno dei pianeti più sicuri in cui nascere, ma questo non toglieva che ci fosse comunque una quantità di ribelli non indifferenti alla sua tirannia, e molti di loro erano Cacciatori. Lui stesso, ai tempi in cui era solo uno studente, aveva fatto amicizia con due di loro. Proprio quel giorno, la loro figlia aveva fatto la sua entrata all’accademia Beacon, insieme alla figlia degli altri due membri della stessa squadra, il team STRQ.
Premette un tasto e sul computer e cominciò ad osservare le squadre formatesi nelle altre accademie.
Quest’anno… si sarebbe rivelato molto interessante, ne era sicuro. 



Schede dei personaggi 


James Heller
Opera: Prototype 2
Razza: Umano
Video Tribute: https://www.youtube.com/watch?v=MKD5sv277Pw&t=56s
Autore: Fenris
 
Penny Polendina
Opera: RWBY
Razza: Androide
Video Tribute: https://www.youtube.com/watch?v=RJi0v0TawA4
Autore: Fenris
 
Kirby Earth
Opera originale: Kirby
Razza: Umano
Immagine: https://s1.narvii.com/image/riuq4gnpafml73szgzxzonci6zbcmcfq_hq.jpg
Autore: Fenris
 
Emil Rj Fenris
Opera: personaggio OC
Razza: Fauno lupo
Immagine: https://vignette.wikia.nocookie.net/virtualarena/images/6/6f/Kenichi_shirahama.png/revision/latest?cb=20120919173047&path-prefix=it
Autore: Fenris
 

Team JEKP soundtrack: https://www.youtube.com/watch?v=an0uytOfH9o&app=desktop
 
Grugaloragran
Opera: Wakfu
Razza: Dragone
Video Tribute: https://www.youtube.com/watch?v=r3-GxGcXmQw
Soundtrack: https://www.youtube.com/watch?v=ziC-qYgKnF0
Autore: Fenris


King Dedede (nota: qui King è il suo vero nome e Dedede il cognome. Suo padre aveva una fantasia orribile) 

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James Ironwood


Vol3op-19
 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 - Il Vigilante Mascherato ***


Eccovi il nuovo capitolo di Battleground! Ci tengo a precisare che gli OC di questa storia non sono tirati fuori a caso, ma rappresentano il prodotto delle circostanze. Tutti loro, infatti, avranno rapporti con personaggi canonici. Inoltre, aggiungo che anche in questo capitolo compariranno personaggi umanizzati come nel precedente.  
Godetevi l'aggiornamento e lasciate una recensione!


Capitolo 4 - Il Vigilante Mascherato
 
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"There’s no surrender, always remember
It doesn’t end here, we’re not alone
Just wait though wide he may roam
Always a hero comes home
He goes where no one has gone
But always a hero comes home…
"
Idina Menzel - A Hero Comes Home

 
Pianeta Terra – Centro Imperiale
 

Gongmen -  Capitale della Cina


Il sole splendeva alto nel cielo sovrastante la città di Gongmen, avvolgendo il miscuglio di edifici orientali nel chiarore e nell’afa del pomeriggio inoltrato. 
Popolosa e dalla grande influenza commerciale, la città si estendeva per miglia lungo una verdeggiante collina, circondata da un’estesa e folta vegetazione sempreverde.
Al confine ovest della città, sorgeva il castello dei Royston, una delle famiglie nobili più influenti. Gli alberi lo circondavano in un ampio semicerchio, le folte chiome a gettare un’ombra rinfrescante sopra la piccola arena circolare, situata all’esterno delle mura.
Il clangore delle lame delle spade cozzanti le une contro le altre risuonava nell’ampio spazio. Due soli contendenti si misuravano al suo interno: un uomo sulla trentina e un ragazzo, palesemente più giovane dell’uomo.
Il primo combatteva con uno spadone, da lui retto con due mani, e indossava un giustacuore e delle braghe. 
Anche il secondo indossava delle braghe, bianche, e una semplice maglia verde. Aveva due spade, una per mano. Parevano fatte di luce purissima e ronzavano di energia verde; le teneva in mano con maestria, quasi fossero fatte di semplice plastica, maneggiandole con destrezza e sapienza.
Ad osservare i due pareva non esservi nessuno. L’arena era vuota, a parte loro e una presenza singolare: appollaiato su uno degli spalti del complesso, se ne stava tranquillo uno strano barbagianni, intento a ripulirsi il piumaggio candido e color crema. A intervalli regolari lanciava occhiate rapide ai guerrieri, le pupille adornate da un’espressione fin troppo intelligente.
Il ragazzo scartò di lato, schivando un fendente dell’uomo e facendogli perdere l’equilibrio. Fu troppo facile poi accostare vicino alla schiena le punte energetiche delle spade.
<< Siamo quattro pari >> lo avvisò, ritraendo le armi.
<< Non darti tante arie, il primo punto l’ho fatto io >> sghignazzò l’uomo, mentre riponeva la lama nel fodero sulla schiena.
Fatto ciò, si girò in direzione del barbagianni appollaiato sugli spalti, tendendo il braccio destro. Gli occhi dell’uccello si illuminarono mentre spalancava le ali e spiccava il volo. Si poggiò sul gomito dell’uomo, battendo le ali come se avesse delle mani al posto delle piume.
<< Padron Fire è stato bravissimo! >> bubolò il volatile, in direzione del ragazzo << È riuscito a battere padron Logan con facilità, questa volta! >>
<< Non si è trattata di semplice bravura, Rowlet, ma di costante allenamento >> replicò Logan Royston, accarezzandogli la gola piumata << e Fire migliora ogni giorno che passa. >>
Il ragazzo chinò il capo, facendo ondeggiare i folti capelli, mentre una scintilla di orgoglio gli si accendeva nello sguardo color del fuoco. Era stato in parte quello a fargli principalmente guadagnare il suo soprannome, “Fire”, quando Logan Royston l’aveva accolto sotto la propria ala a soli otto anni, durante i quali aveva vissuto in un orfanotrofio sperduto ai confini di Gongmen, capitale della Cina.
<< Lord Royston! >> gridò all’improvviso una voce: era uno dei servi del castello Royston, che correva trafelato nella loro direzione, con in mano quella che pareva una busta chiusa con la ceralacca.
Gli occhi azzurri di Logan ammonirono il figlio adottivo, e immediatamente quest’ultimo fletté le dita assorbendo nel palmo le spade di luce facendole svanire nel nulla, quasi non ci fossero mai state. Il servo non si accorse di nulla e corse fino ad arrivare davanti al suo padrone, riprendendo fiato e porgendogli la busta.
<< Marchese, è appena arrivato un invito per voi e vostro figlio! Lord Shen ha indetto un ricevimento e un ballo di gala per stasera! >>
Fire sussultò nell’intimo a quelle parole. 
Lord Shen Feng. La Fenice Bianca. Non c’era abitante su quella terra che non avesse mai sentito quel nome, anche solo indirettamente. Il governatore della città di Gongmen, dopotutto, era uno dei più fidati sostenitori del Maestro, il supremo Signore di Battleground.
Logan prese la busta tra le dita e constatò che effettivamente al suo interno c’erano due inviti per lui e per suo figlio. Alzò lo sguardo verso l’umile servitore, sorridendo.
<< Grazie. Puoi per cortesia dire agli altri di esordire i preparativi? Ci tengo che sia tutto pronto in tempo per stasera. Il nostro governatore potrebbe rimanerci molto male, se arriviamo in ritardo. >>
Lord Royston era diverso da tutti i nobili della città di Gongmen: gentile, onesto e soprattutto rispettoso e cortese verso la servitù. Molti avrebbero dovuto prendere esempio da lui, pensò Fire con sdegno.
Il servo rispose al sorriso. << Consideratelo già fatto, mio signore. >>
Detto questo, girò i tacchi e si allontanò, rivolgendo un inchino di saluto anche al giovane Royston.
<< Un ricevimento e un ballo di gala >> commentò Logan, sorridendo ironico << Come al solito il governatore non bada a spese. >>
<< Ha sicuramente in mente qualcosa >> s’incupì Fire << qualcosa di grosso, se ci tiene che Royal Noir venga a saperlo. >>
<< È probabile. Potrebbe essere una trappola per catturarti, ma non è la prima volta che organizza questo genere di eventi, lo sai. Come sai che dovrai presenziarvi ad ogni costo,  se non vuoi che la tua copertura salti. >>
Il giovane alzò gli occhi al cielo e sbuffò, scatenando l’ilarità del padre.
<< Tra poco sarà sera >> disse l’uomo, lanciando un’occhiata al cielo.
Tornò a guardare Fire.
<< Hai mezz’ora di tempo per prepararti. E cerca almeno di somigliare al figlio di un marchese, quando ti ripresenterai. >>
                                                                                                                                           
* * *
 
"I am a question to the world
not and answer to be heard
or a moment that’s held in your arms
And what do you think you’d ever say?
I won’t listen anyway
You don’t know me
and I’ll never be what you want me to be…"

John Rzeznik - I’m Still Here
 

La flebile luce del tramonto filtrava attraverso la finestra della sua camera: nel riflesso dello specchio, il verde cupo dei suoi capelli acquisiva una tonalità ancora più scura, accentuata maggiormente dalla mescolanza con le numerose e sottili striature corvine. Li aveva pettinati alla bell’e meglio, raccogliendoli in piccole punte ordinate; alcune ciocche se ne stavano scomposte sopra la fronte, mentre le due più lunghe erano sistemate davanti alle orecchie, ai lati del viso, ad accarezzargli appena il mento.
Gli occhi color del fuoco parevano brillare di luce propria, mentre fissavano il volto riflesso, dalla forma ovale e la carnagione chiara. Le iridi scarlatte sfumavano in pagliuzze dorate attorno alla pupilla; sembravano muoversi al riflesso della luce, come due piccole fiammelle.
Fire abbassò lo sguardo sui propri abiti, non potendo fare a meno di storcere le labbra: gilet verde trifoglio dal lungo orlo che gli scendeva fino ad accarezzargli il retro del ginocchio, stivali candidi, pantaloni e camicia bianca di pizzo, con tanto di cravattino bordeaux. Al posto del cadetto sudato per l’allenamento adesso c’era un diciottenne compito, elegante e regale, l’immagine perfetta del figlio amorevole e obbediente di un marchese come Logan Royston. Esattamente ciò che la gente credeva fosse lui.

Detestava dover apparire simile a praticamente tutte le persone che era costretto a frequentare ad ogni ricevimento o ballo di gala nel quale il padre adottivo lo trascinava.
Non c’era nessuno di loro che possedesse almeno un briciolo di personalità o intelletto serio, o che non condividesse gli ideali del governo tirannico del Maestro.
Era per questo che, oltre a Logan e a Rowlet, non si era mai legato a nessuna persona mai incontrata sulla sua strada. Percepiva lontana la gente comune, distante da lui anni luce, anzi, percepiva l’intero mondo viaggiare su una frequenza diversa dalla sua. Come se lui, in realtà, non fosse lì.

Non era nemmeno un comune essere umano, sarebbe stato pretendere troppo. Era nato con quello strano potere di poter generare quell’energia verde - che soleva chiamare semplicemente "luce verde" o "laser" - e manipolarla a piacimento, semplicemente con la forza del pensiero.
Molto esaltante, qualcuno avrebbe potuto pensare. Peccato che tutti gli individui dotati di abilità paranormali venivano brutalmente braccati dal governo o consegnati al Maestro, dove sarebbero stati trasformati in membri produttivi della macchina imperiale.

Non era facile nascondere un’identità segreta e simili poteri, come non era facile sopportare il fatto di dover vivere in un mondo recluso, schiavo dell’ignoranza, della violenza, della falsità e della più totale ipocrisia e corruzione politica, una giungla incontaminata nel quale i forti sbranavano i deboli.
Eppure era proprio per quel mondo, nel quale non si sentiva al suo posto, che lottava nelle vesti del suo alter-ego, Royal Noir, nella speranza di poter in qualche modo cambiarlo e trovare il proprio equilibrio.
Quasi senza accorgersene si era portato una mano al petto, sfiorando qualcosa sotto il tessuto della camicia.
Fece scivolare fuori dal colletto un laccio sottile di cuoio, al quale era infilato un anello di rubino incastonato in una montatura d’argento, raffigurante il simbolo araldico di un drago ad ali spalancate ritto sulle zampe. Sotto di esso, inciso a caratteri sanguigni, c’era scritto “Baelfire”.
Baelfire. “Fuoco di Bael”. Era questo il suo nome completo, al quale però si rifiutava di rispondere se non tramite l’abbreviazione “Fire”.
Talvolta, Logan lo chiamava col nome completo, come  quando era preoccupato, quando doveva parlargli di qualcosa di importante o semplicemente perché si divertiva a stuzzicarlo e a venire ripreso dal figlio che puntualmente precisava con: “Mi chiamo Fire!”. Ma quest’ultimo episodio accadeva principalmente quando era ancora un bambino.
Nonostante preferisse la forma abbreviata, il proprio nome gli piaceva, principalmente perché era stato Logan Royston a farglielo piacere svelandogli il significato.
<< Hai un nome insolito, ma mi piace >> aveva detto Logan << Sai cosa significa? >>
<< No >> aveva risposto, con una vocetta vispa, normale per i suoi otto anni.
<< Fuoco di Bael. >>
<< E chi è Bael? >>
<< Un demone. >>
<< Come un demone? >> E qui gli era salito un broncio che Logan aveva giudicato adorabile. << Allora significa che sono cattivo... >>
<< Non devi per forza vederla in questo modo >> aveva risposto il marchese << Bael è un re infernale, un ottimo capo di guerra, alla testa di seicentosessantasei legioni di demoni. Chi ti ha dato questo nome voleva augurarti di essere un grande condottiero esattamente come lui. Di essere il fuoco che incendia gli animi dei suoi soldati quando si lanciano in battaglia. Ti è stato dato il nome di un guerriero. >>
Al sentire quelle parole, gli occhi del bambino si erano illuminati di una luce adorante.
<< Lo pensate davvero? >>
<< Se dovessi dare questo nome a mio figlio, sarebbe per tale motivo. E ho la sensazione che tu abbia davvero delle capacità degne del tuo nome, Baelfire, ma dipende solo da te. Sei disposto a diventare mio figlio? >>

A Fire, sin da piccolo, i nobili erano sempre stati antipatici.
Spesso le inservienti dell’orfanotrofio li portavano a fare delle gite per la città. Non era raro incontrare nobiluomini e nobildonne dei ranghi più vari, a spasso per le vie più affollate e interne, spesso in gruppetti di tre o quattro persone. Tutti gli erano sempre apparsi come degli snob, smorfiosi e dai modi insopportabilmente affettati, sempre troppo perfetti e impeccabili, come stupidi manichini imbottiti di fronzoli.
Quando gli si presentò all’orfanotrofio, manifestando l’interesse di adottarlo, comprese che Logan Royston fosse un nobiluomo dal portamento solenne, l’esprimersi in maniera perennemente cortese e il vestire in modo elegante. Eppure aveva qualcosa che lo rendeva completamente diverso da quella massa di superficiali.
Il sorriso non aveva niente a che vedere con quelli di plastica a cui era abituato: era caldo, sincero e accogliente, pareva illuminare il viso squadrato, dal mento accuratamente rasato.
Gli occhi, azzurri e limpidi, spiccavano grazie alle folte sopracciglia, conferendogli uno sguardo arguto e benevolo al tempo stesso. 
I fluenti capelli castani scendevano sciolti e scompigliati lungo le spalle; un modo di tenerli piuttosto sconveniente per uno del suo rango. Quel minuscolo particolare lasciava percepire in lui una sottile vena ribelle, contribuente a renderglielo subito simpatico.

All’inizio, gli fu difficile credere che quell’uomo, dalla personalità tanto gentile e giocherellona, fosse venuto lì, in quello squallido luogo, per adottarlo. Royston credette in lui dal primo istante: vide in lui una scintilla, qualcosa che negli altri bambini dell’orfanotrofio non aveva visto. Capì che era diverso, e che per questo era speciale. Fu questo ciò che lo spinse ad adottarlo, a sceglierlo tra tutti gli altri.
L’unico orfanotrofio in tutta la città di Gongmen si trovava nei bassifondi.
Non il luogo migliore in cui crescere, così aveva pensato Logan quando vi si era recato, attraversando il cancello di ferro nero di un cortile spoglio, davanti ad un edificio squadrato e tetro circondato da altre ringhiere che parevano la delimitazione di una prigione.
Aveva salito i gradini fino al portone e bussato una volta. Ad aprirgli era stata la direttrice dell’orfanotrofio, la signora Cole, la quale l’aveva fatto accomodare nel proprio ufficio, gli aveva parlato dei bambini e mostrato i loro fascicoli, con il nome, l’età, i segni particolari. E tra tutti i bambini che avrebbe potuto adottare, aveva scelto Fire.

Inutile dire che la direttrice ne era rimasta molto sorpresa.
<< È un ragazzo strano >> aveva detto al nobiluomo << Lo è sempre stato, sin da bambino. Non piangeva quasi mai. E poi, quando è diventato un po’ più grande, è diventato… discolo. >>
<< Discolo? >> le aveva fatto eco Logan.
<< Fa spesso a botte con gli altri bambini… anche se una volta l’ha fatto per difendere Bill Denbrough e i suoi amici da Henry Bowers e la sua banda di teppisti… non vi dico quanto abbiamo faticato per separarli e come li ha ridotti. Si caccia spesso nei guai per questo genere di cose. Non ha quasi nessun amico >>.
Henry Bowers era il peggior essere umano dell’intero orfanotrofio.
Sadico, folle e violento, era stato mollato in orfanotrofio dal padre a quattordici anni: il suo unico scopo nella vita era quello di tormentare ininterrottamente i ragazzi più piccoli di lui, assieme ai suoi leccapiedi. Fire ricordava come fosse ieri tutte le volte che si erano scontrati sia verbalmente che fisicamente, tutte le volte che gli aveva tenuto perfettamente testa anche se più piccolo di lui, tutte le volte che aveva difeso gli altri ragazzini perseguitati, come Bill Denbrough e i suoi amici Ben, Beverly, Richie, Eddie, Mike e Stan.
Con il susseguirsi in cui li aveva difesi e aiutati, tra i ragazzi era nata una certa intesa. Non erano propriamente suoi amici, ma sapevano di poter contare su di lui e che lottava dalla loro stessa parte. Si era sentito solo molto più del lecito quando erano stati adottati l’uno dopo l’altro, e non li aveva più rivisti.
Poi aveva conosciuto Rowlet, il quale era stato brutalmente spedito a sbattere contro la finestra della sua stanza da un burrascoso temporale, e nell’impatto si era ferito ad un’ala.
Era rimasto non poco scioccato una volta scoperta la sua incredibile capacità di parlare, seppure in modo piuttosto sgrammaticato. Questo non lasciava dubbi sul fatto che non fosse certo un normale animale: difatti, come aveva pazientemente spiegato ad uno stupefatto e curioso Fire, era un Animagico, ovvero, come lasciava suggerire il nome, un animale magico, anche se in pratica la sua magia consisteva nelle dimensioni piuttosto bizzarre e rotondeggianti, assieme alla propria intelligenza sviluppata e la parlantina sciolta.

Solitamente gli Animagici avevano una padronanza eccellente di qualsiasi idioma esistente; il fatto che il barbagianni costituisse un’eccezione poteva essere puramente un caso più unico che raro. E quanto all’intelligenza sviluppata, Fire avrebbe avuto qualcosa da ridire: più volte Rowlet aveva dimostrato di possedere la personalità ingenua, innocente, gioiosa e leggera di un bambino, eppure dimostrava più comprensione e buon cuore di molti esseri umani.
Fatto sta che il giovane l’aveva preso con sé e accudito in gran segreto nella propria stanza, nutrendolo occasionalmente con gli insetti che catturava per lui nel giardino e con gli avanzi dei pasti dell’orfanotrofio, finché non era guarito.
Da allora il barbagianni non aveva più voluto abbandonarlo, e non l’aveva fatto nemmeno quando Logan l’aveva adottato.
In seguito, il giovane aveva avuto modo di narrare al padre adottivo come fosse giunto all’orfanotrofio, sebbene in realtà non ricordasse nulla, ma non se ne stupiva, dal momento che non era altro che un neonato. Ciò che sapeva era una ricostruzione di quello che gli aveva raccontato la signora Cole. 
Tutto avvenne una notte di maggio, la più burrascosa: il vento fuori fischiava e faceva un freddo terribile. Qualcuno bussò alla porta più e più volte, finché la direttrice non andò ad aprire. Ma quando aprì, sull’uscio non c’era nessuno, salvo il neonato Baelfire dentro una cesta di legno intrecciata, avvolto in una candida copertina di lana e con al collo il prezioso e insolito anello con inciso il suo nome. Era rimasto all’orfanotrofio da allora. 
Chiunque l’avesse lasciato lì probabilmente non sapeva cosa farsene di lui e l’aveva completamente dimenticato. Il pensiero che un giorno qualcuno venisse a riprenderlo, o anche solo ad adottarlo, non l’aveva mai sfiorato in tutti quegli anni che era cresciuto in quell’edificio triste e malmesso.
L’ottimismo non era mai stato il suo forte; trovava patetico e anche peggio illudersi con false speranze. Meglio la nuda e cruda realtà: nessuno lo voleva o l’aveva mai voluto.
Nessuno, tranne Logan Royston e Rowlet. Loro erano probabilmente la cosa più preziosa che possedeva, insieme a quell’anello.

Mentre formulava quei pensieri, Fire prese il gioiello nel palmo della mano, rigirandolo tra le dita. L’argento sembrava molto bello e puro, e il ragazzo ammirò la ricchezza e lo splendore del colore della pietra e del metallo, così come la perfezione della forma. 
Per quanto ne sapeva, ce l’aveva da sempre, da quando la Cole l’aveva trovato sui gradini dell’orfanotrofio, e da allora non se n’era mai separato.
Era un oggetto straordinario e di altissimo pregio, qualcosa di assai improbabile da trovare tra i possedimenti di qualcuno di umile, dunque ciò lasciava intuire che le sue origini non fossero comuni. Sebbene lo disgustasse il pensiero di essere figlio dei nobili che tanto disprezzava, aveva cercato informazioni sul simbolo del drago, chiaramente uno stemma o un blasone nobiliare, nella speranza di scoprire qualcosa di più su chi fosse la sua famiglia e da dove provenisse.
Ma nessuno dei nobili di Gongmen aveva uno stendardo rosso con un drago, e in tutti i suoi balli a cui malvolentieri aveva partecipato non aveva riscontrato alcuna somiglianza personale con nessuna delle persone che aveva avuto modo di incontrare.
Aveva concluso di non essere originario della capitale, e che probabilmente le sue radici fossero molto più antiche e lontane, chissà dove, nell’universo di Battleground.
<< Signorino Fire? Siete pronto? >>
Il volto di uno dei servi sbucò fuori dalla porta della stanza, riscuotendo il giovane dai propri pensieri.
<< Mi dispiace disturbarvi, ma vostro padre mi ha mandato a chiamarvi: la carrozza è pronta e vi sta aspettando. >>
<< Arrivo >> rispose il giovane. << Devo solo prendere un’ultima cosa: riferisciglielo, per cortesia >>.
Il servo annuì inchinandosi, per poi allontanarsi con passo felpato, lasciandolo da solo.
Fire si avvicinò all’armadio ed estrasse da un cassetto segreto una polsiera nera con al centro incastonata un cristallo dalla colorazione verde e brillante.
La indossò e la coprì con la manica della camicia, perché non si vedesse.
Il Vigilante Mascherato conosciuto come Royal Noir non avrebbe tardato ad entrare in azione.


                                                                                                                                                   * * *
 
"I’ve got the scars from tomorrow and I wish you could see
That you’re the antidote to everything except for me
A constellation of tears on your lashes
Burn everything you love
Then burn the ashes
In the end everything collides
My childhood spat back the monster that you see
My songs know what you did in the dark…
"
Fall Out Boy - My Songs Know What You Did In The Dark
 

La carrozza aspettava all’ingresso principale del palazzo. Era riccamente decorata e trainata da una coppia di splendidi cavalli bianchi. Un valletto aprì ossequiosamente la porta a Fire e non appena quest’ultimo si sistemò sul sedile, rivestito di una stoffa morbida e pregiata, richiuse la porta.
Ad attenderlo, all’interno, c’era già Logan. Anche lui si era cambiato: indossava un abito celeste, di fattura ottocentesca. Appollaiato sulla sua spalla stava Sören; non appena il ragazzo si sedette, spalancò le ali per posarsi sulla sua spalla.

<< Padron Fire è davvero elegante, stasera! >> bubolò, raggiante.
<< Hai preso tutto? >> gli chiese Logan, lanciandogli un’occhiata eloquente.
Era praticamente l’unica persona, assieme a Rowlet, a conoscere l’identità segreta del ragazzo, e sapeva nasconderlo con maestria.
Fire annuì con decisione. << Sì, padre. >>
Era solito riferirsi a lui per nome, ma in sua presenza, non lo chiamava mai “Logan”, e nelle occasioni ufficiali come quella evitava di usare l’informale “papà”.
Ad uno schiocco di redini i cavalli si mossero, imboccando il sentiero asfaltato che dalla foresta li avrebbe condotti dritti alla civiltà. Appesi su alcune mura della città che scorreva davanti ai suoi occhi, c’erano alcuni manifesti politici raffiguranti il Maestro: aveva un’espressione gioviale e sorridente, fissava l’interlocutore a braccia aperte, come a volerlo accogliere, e a grandi caratteri sanguigni sotto aveva scritto: “Ascolta il tuo Maestro”.

Non si sarebbe mai detto che dietro quell’espressione si nascondesse un animo sadico e crudele, degno degli incubi più neri.
Fire storse le labbra e
osservò la carrozza risalire la strada sopra l’altura dove, forte della posizione che aveva sulla parte più alta della collina, c’era il castello di marmo bianco e rosso di Shen Feng, meta del loro viaggio.
Sapeva che la posizione della costruzione non era sol
o strategica e tattica, ma anche morale, in un certo senso: il governatore voleva elevarsi sopra tutto e tutti, specialmente sui deboli e sugli oppressi.
Il ponte levatoio venne abbassato, rivelando gli immensi e imponenti giardini, tanto grandi e pieni di vegetazione da sembrare una riproduzione della foresta di Gongmen. Il perimetro era quadrato e circondava il castello, posizionato esattamente al suo centro. Un valletto di Feng si affrettò a condurli verso lo spazio dove venivano parcheggiate le carrozze, ove venne sistemata anche la loro, e una volta scesi, li condusse all’interno del palazzo. 
Fire pensò che, se fosse stato per lui, ne avrebbe fatto tranquillamente a meno: c’era stato così tante volte da conoscere praticamente a memoria la strada.
Illuminata da decine e decine di torce, il salone in cui sarebbe stata servita la cena era una stanza tanto ampia da potersi smarrire da una parte all’altra. Al centro, il grande tavolo era coperto da una candida tovaglia di lino, su cui erano disposti una quarantina di piatti d’oro, mentre sul fondo della sala stavano schierati i camerieri. Condotti dal valletto, gli ospiti entrarono nella spicciolata, e in poco tempo la sala si riempì e risuonò del brusio delle loro voci, mentre erano intenti a chiacchierare tra loro. 
Fire si tenne in disparte; si inchinava, quando Logan lo presentava, dispensando qua e là qualche sorriso, che non mancava mai di provocare dei gridolini acuti nelle giovani fanciulle del suo stesso rango, da lui rigorosamente ignorate.
Non aveva la minima intenzione di partecipare a qualsivoglia conversazione: quegli eventi lo annoiavano a morte e non sopportava quelle riunioni di stupidi egocentrici che non facevano altro che blandire suo padre; spesso si domandava come facesse quest’ultimo a restare perennemente sorridente, ad annuire e a partecipare attivamente alle conversazioni che intrecciavano i nobili fermatosi a parlare con lui.
Rowlet era appollaiato sulla spalla del giovane, intento a ripulirsi le penne, senza proferire parola, e per un istante Fire quasi lo invidiò: almeno lui non doveva fingere nulla e non preoccuparsi di dover apparire in un determinato modo davanti a tutta quella gente. Aveva la possibilità di essere sempre se stesso.
Lord Shen fece il suo ingresso nella sala praticamente per ultimo.
Era un uomo sulla quarantina, eppure la pelle chiara del viso, liscia come porcellana e quasi diafana, non sembrava affatto suggerire tale età. I lunghi capelli candidi scendevano lungo la schiena e quasi si confondevano con le piume di pavone bianche e rosse che indossava, ritte dietro il capo, sostenute e intrecciate tra le ciocche. Sempre di bianco era vestito, con un lungo kimono di seta che gli scendeva fino a coprirgli i piedi con un lungo e delicato strascico. 
Ma l'aspetto più rilevante della figura in sé erano senz’altro gli occhi: sottili e affusolati, le iridi erano rosse, di una sfumatura più scura e cupa di quelle di Fire: due rubini dai riflessi color del sangue che gli conferivano uno sguardo intenso e inquietante, tanto che pochi osavano tentare di sostenerlo.
Una perfetta incarnazione di ciò che, col tempo, Fire aveva imparato: i mostri più crudeli e spaventosi erano quelli travestiti da angeli.

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Tutti tacquero non appena lo videro, e lui assaporò quel silenzio. Avanzò solenne, lo sguardo fiero e calibrato; al suo fianco passeggiava con la stessa lentezza e leggiadria il suo pavone albino personale, Ho-Oh, che ad un gesto della sua mano si appollaiò sul dorso di essa.
Anche Fire, imitando i convitati, chinò il capo, e Shen lo guardò con soddisfazione, indugiando a lungo sulla sua figura come a nutrirsi del disagio e della rabbia repressa che trasudava dal giovane, nascosta troppo bene per non poter essere riconosciuta da un maestro della menzogna e della recitazione come il governatore.
Tutti si inchinarono, e Lord Shen salutò gli invitati che, dopo aver porto in ginocchio i loro omaggi, si alzavano uno dopo l’altro.
<< È sempre un piacere godere dell’onore della vostra responsabilità >> disse Logan, restando in ginocchio qualche secondo più degli altri.
<< È sempre un piacere ospitare un uomo giusto e retto quale voi siete >>ribatté il padrone di casa ,in tono cerimonioso.
Il resto della conversazione, per Fire, si perse nel brusio di sottofondo.
Certo, Shen sapeva di quest’ultimo e della sua identità segreta, eppure non sospettava minimamente che anche il padre adottivo ne fosse al corrente: Logan sapeva recitare molto bene la propria parte e d’altronde il governatore non era infallibile.
Il ricevimento fu esattamente come se l’era immaginato: noioso e interminabile.
Ormai conosceva il copione: i convitati che elogiavano le pietanze e la disciplina dei servi, le opere buone del governatore e del Maestro di cui era il fido braccio destro in ambito politico, suo padre che blandiva i presenti in misura proporzionale al potere di cui erano detentori, e lui, Fire, che dispensava solo qualche sorriso e qualche battuta, nella speranza di essere notato il meno possibile.
Piluccando con parsimonia una porzione di carne alla brace, pensò che preferiva mille volte stare a guardare Rowlet che beccava il mangime dalla preziosa ciotola d’oro accanto al proprio piatto, piuttosto che perdersi nelle prevedibili conversazioni di quei nobili scialbi e superficiali.
<< Rowlet non si stancherà mai di ripeterlo >> cinguettò l’uccello in un tono vagamente sprezzante, a bassa voce, perché solo il padroncino potesse sentirlo << il governatore e Ho-Oh sono pappa e ciccia. >>
Il suo sguardo saettò con la coda nell’occhio verso Lord Shen, il quale si trovava a capotavola e alternava bocconi piccoli e masticati lentamente alle chiacchiere con Logan e altri due nobili che gli stavano seduti di fianco.
Dall’altro lato, accanto al suo piatto, c’era il pavone Ho-Oh, impegnato anch’egli a mangiare da un’altra ciotola d’oro piegando appena il collo, lungo e sottile, con movimenti leggiadri e aggraziati, quasi fosse una sorta di reincarnazione in forma animale del proprio padrone.
Fire non sopportava di stare così vicino all’uomo che odiava e soprattutto non sopportava che quest’ultimo stesse così vicino al proprio genitore adottivo: ogni volta avvertiva un nodo allo stomaco, come se temesse che da un momento all’altro Shen potesse usare la propria forchetta, o peggio, il proprio coltello, e conficcarglielo dritto nella gola.
Forse era solo paranoia, dal momento che il governatore di Gongmen non poteva certo permettersi di assassinare un ospite influente quanto Lord Royston in pieno ricevimento, eppure quello non bastava a tranquillizzarlo.
Con Shen non doveva mai abbassare la guardia, l’aveva imparato a proprie spese.
Le portate si susseguirono, e così le vacue chiacchiere dei commensali. Fissò gli occhi nel piatto, concentrandosi sul cibo ,su Rowlet e il suo mangime, così da avere una scusa per non guardare in faccia quella gente che disprezzava. Infine, quando anche il dolce finì nelle pance degli ospiti, il padrone di casa si alzò e invitò tutti a trasferirsi nella sala da ballo.
Si poteva accedere ad essa direttamente dalla sala da pranzo, in quanto l’uscio era dall’altra parte della stanza: la sala da ballo era immensa, rettangolare, caratterizzata da una fila di finestre in ambo i lati, una che dava sulla terrazza e l’altra che dava sull’immenso giardino. Un’orchestra si trovava su un’alta gradinata e, ad un cenno del padrone di casa, aveva iniziato a suonare, mentre una parte gli ospiti si disponeva in file e iniziavano a volteggiare a ritmo di musica e l’altra parte si ritirava agli angoli della sala per fare una capatina al buffet disposto in preziosi tavoli o per discutere di affari.
<< Rowlet sta morendo di caldo, padron Fire >> si lamentò il barbagianni << per piacere, lascia fare un volo fuori di qui! >>
<< Abbassa la voce! Vuoi farti scoprire? >> lo zittì il giovane, mentre si allontanava il più possibile da tutti i convitati e si dirigeva verso una delle finestre rettangolari dell’ampia sala, prendendo il rapace tra le mani.
<< Vai, ma vedi di fare attenzione mentre voli: siamo nella tana del lupo, nemmeno i cieli possono essere sicuri >>.
Aprì i palmi e osservò il barbagianni spiccare il volo, invidiando ancora una volta la sua inconscia libertà: gli sarebbe piaciuto molto, in quel momento, tirare fuori il proprio costume e librarsi anche lui nell’aria, ma sapeva bene di non potere. Con un sospiro, si appoggiò al parapetto, osservandolo finché non si disperse nel buio della notte. 
Il cielo era cosparso di stelle scintillanti, un fresco venticello soffiava dalla finestra, scompigliando i capelli del giovane affacciato. La vista dava sull’immenso giardino di siepi e rose bianche, ancora più brillanti alla luce della luna piena.
Dovette ammettere che si trattava di uno spettacolo mozzafiato come pochi, ma l’incanto venne presto rotto quando si accorse di un gruppo di stormtroopers, soldati dell’Impero vestiti con armature bianche e armati di blaster, armi da fuoco laser.
Facevano la guardia ad un gruppo di persone in catene, sopra un carro di legno.
<< Il tuo amato paparino non ti ha insegnato che non è educazione spiare le persone, Royal? >>
Fire trasalì; la voce di Shen proveniva ad un soffio di distanza da dietro di lui.
 Prima che potesse anche solo pensare di muoversi sentì la mano del governatore artigliargli e stringergli con forza la spalla e qualcosa di affilato e appuntito penetrare nella carne, tanto che dovette adoperare tutta la propria forza di volontà per non cacciare un urlo.
Lord Shen indossava praticamente sempre, su entrambe le mani, partendo dal polso, un paio di guanti composti di filamenti color argento di vibranio, uno dei metalli più resistenti e versatili della galassia. Entrambi terminavano lungo le unghie in artigli affilati come rasoi, i quali ,in quel momento, erano conficcati nella carne della spalla di Fire. 
Quest’ultimo digrignò i denti con tanta forza da sentirli scricchiolare e gli afferrò di scatto il polso, cercando di scostarlo, ma la presa di Shen era ferrea; con l’altra mano, il governatore gli strinse i capelli con forza, ma al posto di un verso di dolore il giovane si lasciò sfuggire una sequela di imprecazioni.
<< Il solito impulsivo >> sospirò l’uomo, strattonandogli appena la testa verso destra, cosicché potesse gettare un rapido sguardo agli invitati dall’altro capo della sala << Ti consiglio di stare calmo, questa non è certo la serata giusta per una scazzottata. Non vorrai mica mettere a rischio la vita di tutte queste povere anime innocenti, non è vero?>>
Il ragazzo serrò le labbra. Per quel che gli riguardava, avrebbe volentieri lasciato morire ognuno di quegli stupidi dei convitati, a parte Logan, ma sapeva che non era affatto giusto e che, benché li odiasse, erano esseri umani anche loro.
Shen sorrise ad osservare la sua espressione combattuta e il sorriso divenne di trionfo quando lo vide stendere i muscoli e abbandonare la posizione d’attacco. Tuttavia, non gli tolse gli artigli dalla spalla: sapeva di fargli male ed era una fonte di completo divertimento per lui, soprattutto la lotta del ragazzo per non mostrare la sofferenza provocatagli.
<< Mi fa piacere constatare che il buonsenso non ti manca... >>
<< Che cosa diavolo stai macchinando in quella tua testa bacata?>> sibilò Fire, fulminandolo con lo sguardo, tentando di restare lucido; la ferita alla spalla bruciava orribilmente.
L’albino sospirò di rimando. << Macchinando... come al solito hai una visione piuttosto ingenua della realtà. Sono un uomo d’affari. In questo momento sto semplicemente vendendo il mio prodotto migliore: corruzione e bella vita per tutti coloro che sanno mantenere la bocca chiusa... e una mente aperta alle mie proposte. Ci vuole molto lavoro per mantenere buona la popolazione di Gongmen, non pensare che sia un compito alla portata di tutti. >>
Questo spiegava perché avesse osato aggredirlo in pieno ballo, pensò Fire. Gli invitati sembravano non aver notato nulla: erano tutti troppo impegnati a ballare e a discutere, ma non avrebbe saputo dire se fosse davvero così o se effettivamente Shen le avesse pagate per chiudere un occhio.
Per un attimo, il cuore gli si strinse in gola al pensiero di Logan, ma poi scosse la testa; Royston non era così, gli voleva bene, non si sarebbe mai abbassato al livello di quei bastardi, anche se si comportava come loro. Certo era nelle grazie di Lord Shen, ma non l’avrebbe mai e poi mai assecondato in uno dei suoi loschi fini.
Fece correre lo sguardo tra la folla e lo vide intento a ballare con una dama, verso l’ultima fila: da quella distanza era impossibile poterli notare, specialmente se concentrato sul ballo. Era un bene, non aveva intenzione di coinvolgerlo in quella faccenda, come non lo coinvolgeva mai in nessuna delle sue missioni; se la sarebbe cavata da solo anche questa volta.
Lanciò un’occhiata al carro fuori dalla finestra, poi al governatore.
<< Immagino che questa sia un’altra delle tue missioni da benefattore, non è così? >>  domandò, con ironia tagliente come una lama.
Shen ridacchiò divertito.
<< Dipende tutto dalla tua concezione di bene o male, Fire >>.
Emise un sospiro quasi sognante.
<< Si tratta sempre di questo per te, non è vero? Bene o male. Giusto o sbagliato. A volte il confine tra le due cose è una linea molto netta. A volte è nebulosa. E spesso è... sì, come per la pornografia! La riconosci quando la vedi. >>
Una smorfia schifata si disegnò sul viso del giovane, che tentò ancora di divincolarsi dalla sua presa.
<< Sei disgustoso >> sibilò.
Per tutta risposta, l’albino scrollò le spalle.
<< Una questione di gusti, suppongo. D’altro canto, anche la differenza tra bene o male dipende da persona a persona. >>
Volse lo sguardo in direzione del giovane.
<< Certe questioni... certi confini... sono fondamentali, perché ci vincolano gli uni agli altri, all’umanità. Non tutti la pensano così, non tutti vedono la linea ben marcata, ma solo nebbia. Facciamo un esempio, ti va?>> domandò con tono divertito, strattonandogli la testa all’indietro << Un uomo è morto. Ed io gli ho tolto la vita. Questo non è in discussione, è un dato di fatto. Un fatto, e per i fatti non c’è un giudizio morale, indicano soltanto quello che è, non quello che pensiamo, come ci sentiamo... ci sono e basta; quello che avevo in mente quando ha tolto la vita al quest’uomo, se ho provato piacere nell’atto, oppure tutt’altra cosa... è irrilevante. Le questioni di bene o male, per quanto importanti siano, nella vita sono solo fuori luogo, solo i fatti importano. >>
Arricciò ambo le labbra in un sorriso.
<< E i fatti, Royal, parlano chiaro: io avevo il pieno potere di uccidere quell’uomo. Perché? Perché la legge dice che posso. Non importano le tue convinzioni, non importa quello che pensa la gente. Io sono al comando. E chi è al comando agisce sempre per il bene della legge. E in una società mutevole come la nostra... la legge è l’unica definizione di bene che importa. E quelle persone hanno infranto la legge, e per quelli che agiscono in tal modo, per quelli che agiscono come te... vi è solo una sentenza >>.
Fire rabbrividì, poi scosse la testa con convinzione. << Ti sei mai fermato anche solo un istante a domandarti perché questa società sia mutevole? Perché ci sia gente come me, che si contrappone a te e al tuo Signore? Tu non fai rispettare la legge. Tu fai rispettare la tua legge, le tue regole, perché questo è il vostro impero, un impero che opprime i suoi abitanti ed è indifferente ai bisogni dei più deboli. Qualsiasi cosa tu faccia, la fai per far rispettare una legge che non ha altro scopo che costringere tutti a rispettare la tua autorità e a fare ciò che più ti aggrada. Parli di giustizia, di rispetto della legge, eppure sei crudele con chi ha più bisogno di aiuto, non te ne importa niente della tua gente, solo del tuo tornaconto, solo delle persone che possono darti vantaggi politici. Sei pronto a buttare in pasto agli squali chi non ce la fa. Sei convinto che chi sia al potere sia sempre nel giusto, che ogni sua azione sia giustificata, ma ti sbagli. A te e al tuo padrone non importa dei fatti o della gente, ma a me sì. Ed è per questo che combatto. E non mi importa quanto tu possa essere folle e crudele da giustificare le tue azioni con “è la legge”. Io combatterò sempre. >>
<< Cuore nobile… ed egoista. Saresti disposto a dare la vita per queste persone, mentre per la tua e per coloro che ami non hai alcun riguardo. Dimentichi la cosa più importante, mio piccolo e ingenuo passerotto: sei solo. Sei sempre stato solo, e lo sarai anche nella morte… è solo questione di tempo. Farai anche tu la fine di queste persone, un giorno... >>
Lo sguardo color del sangue scorse famelico sulle persone davanti alla finestra, per poi agganciarsi a quello color del fuoco dell’avversario.
<< Ora, se vuoi scusarmi, ho un paio di faccende da sbrigare… Vigilante Mascherato. >>
Ritrasse gli artigli dalla spalla con un colpo secco, lacerando appena il tessuto del vestito e spillando uno spruzzo di sangue, tutto in maniera tanto veloce che stavolta Fire non riuscì a trattenere il rantolio di dolore; si portò una mano alla spalla, macchiandosi il palmo di liquido scarlatto, ma prima che potesse fare qualsiasi cosa, Shen si era già allontanato mescolandosi tra la folla di invitati, e l’istante dopo era come svanito nel nulla.
<< Padron Fire! >>
La voce acuta di Rowlet proveniva dalla finestra, da dove il barbagianni era entrato. Si accostò all’altra spalla del giovane, osservando con gli occhioni sgranati e preoccupati la ferita.

<< Sto bene >> rispose Fire, tamponandosi la spalla con la mano, ma la smorfia di dolore sul viso tradiva la menzogna << sono solo dei graffi… >>
<< Padron Fire sta sanguinando! Rowlet va a chiamare padron Logan! >>
<< Zitto, stai zitto, cervello di gallina!>> sibilò, tuffandosi sul volatile e imprigionandolo tra le braccia per impedirgli di volare via, mentre con una mano gli strinse il becco acuminato tra le dita.
Rowlet emise un acuto bubolio soffocato di protesta e si dibatté come un disperato, arruffando le penne e cercando di beccare senza pietà le dita del padroncino, ma senza risultato.
Fire doveva uscire dalla sala il più in fretta possibile, e senza dare nell’occhio, ma sapeva che era da pazzi, dato che stava sanguinando copiosamente e che ciò non sarebbe più potuto passare inosservato. Tuttavia si era trovato in situazioni più difficili. Aveva semplicemente bisogno di un diversivo da attuare alla svelta.
Ignorando a forza il dolore e le proteste del rapace, si trascinò dietro i tavoli sistemati davanti alle finestre, imbanditi di torte e pasticcini e provvidenzialmente provvisti di piatti di ceramica e posate.
A poca distanza, una fila di camerieri stava passando di fianco ai tavoli e agli invitati con in mano un vassoio con altri dolci. Fu allora che ebbe un’illuminazione.
Rinunciò a tamponarsi la spalla con la mano e afferrò il manico di due forchette da uno dei tavoli dietro i quali si era nascosto, macchiandola leggermente di sangue. Assottigliò lo sguardo e prese la mira verso il cameriere più vicino. Non appena questo gli passò davanti senza vederlo, scagliò una forchetta a mo’ di giavellotto e lo colpì con precisione millimetrica alla mano, facendogli perdere la presa sul vassoio, e l’altra sul piede, facendolo inciampare: il cameriere precipitò in avanti, rovesciando la torta che portava dritto sulla testa di una dama e trascinando con sé il resto dei valletti che caddero a terra in modo piuttosto goffo e ridicolo, quasi come delle tessere del domino umane.
Tutti i convitati si girarono in direzione del trambusto provocato dal capitombolo e dalla dama, che aveva cacciato un urlo degno di un soprano; Fire ne approfittò per sfrecciare indisturbato fuori dalla stanza e appoggiarsi ad una parete per riprendere fiato, lasciando finalmente andare Rowlet.
Il barbagianni scattò in aria, esplose in un respiro profondo e sbottò: << Padron Fire avverte prima di fare queste cose! Rowlet stava per soffocare, per tutti i pennuti spennati! >>
Ma, all’udire in risposta un gemito soffocato e a vedere le condizioni del padroncino, l’espressione del volatile si addolcì di colpo. Volò verso il giovane e lo aiutò a sfilarsi il gilet per arrotolarlo attorno alla spalla a mo’ di fasciatura e fermare così l’emorragia.
Fire respirò lentamente, finché il dolore non smise di essere una tortura assoluta e si trasformò in un’orribile pulsazione. Provò a muovere e piegare il braccio, avvertendo una fitta alla ferita, ma strinse i denti e la ignorò. Alzò lo sguardo verso Rowlet e borbottò un ringraziamento.
<< Padron Fire adesso dice cos’è successo? >>
<< Shen >> si affrettò a rispondere, serrando i denti << Mi ha preso alle spalle. Non hai notato niente, nel tuo volo fuori? >>
<< Solo delle persone prigioniere di quei brutti soldati bianchi. >>
Il barbagianni sgranò gli occhi, come colto da un’illuminazione improvvisa.
<< Oh! Rowlet adesso capisce! È tutto un piano del governatore! Ecco perché Rowlet l’ha visto uscire fuori in giardino! >>
<< Lo sapevo >> borbottò Fire, poi tagliò corto << Non c’è tempo da perdere, dobbiamo intervenire e salvare quelle persone. >>
<< E padron Logan? >>
<< Lo sai che non dobbiamo coinvolgerlo, è troppo rischioso. Andiamo! >>
E, senza aggiungere altro, il giovane si precipitò lungo il corridoio alla destra della sala, seguito dal barbagianni.
I camerieri erano tutti ammassati sul pavimento e si stavano lentamente risollevando da terra in tutta fretta, cercando di non inciampare nuovamente, e raccogliendo le pietanze che avevano fatto cadere.
Uno di loro tentava di scusarsi umilmente con la dama grassoccia dalla voce acuta e irritante che aveva involontariamente investito con una delle torte. Nella sala echeggiò qualche risata soffocata: l’attenzione degli invitati era tuttora rivolta a quello spettacolo.
Di tutti, tranne quella di Logan Royston.
Il marchese era stato l’unico, tra tutti, ad accorgersi dell’improvvisa fuga del figlio adottivo, e soprattutto che il putiferio scoppiato qualche istante prima era stata opera sua. E questo era stato possibile perché Logan non aveva smesso di tenerlo d’occhio per tutto il tempo, anche se all’apparenza appariva distratto e intento a conversare con gli altri convitati.
Fire non lo sapeva, ma il padre adottivo vegliava sempre su di lui, soprattutto durante quel genere di eventi. Intuiva spesso ogni pensiero del figlio, sapeva come ragionava e come si sentiva. Ma soprattutto, sapeva quanto il giovane tenesse a lui tanto da non coinvolgerlo mai direttamente nelle sue missioni, per paura gli succedesse qualcosa: riteneva di dover essere lui a dover proteggere Logan e mai viceversa, perché era il Vigilante Mascherato Royal Noir e perché Logan era suo padre e mentore, e, in quanto tale lo amava oltre il possibile, anche se questo non lo esplicitava mai a voce alta.
Tuttavia, Royston era una di quelle persone a cui non servivano le parole per capire.
Logan stesso era rimasto orfano dei propri genitori a soli sedici anni, e questo l’aveva costretto, in poco tempo, a dover assumere il dominio del castello e delle terre dei Royston. Se da una parte era stato un dolore perdere le persone che l’avevano messo al mondo e allevato, dall’altro era stato una sorta di liberazione: compiuti i diciotto anni l’avrebbero certamente costretto a sposare una giovane di buona famiglia, in modo che si sistemasse e avesse a propria volta degli eredi. Era così che funzionava, per quelli come lui.
Invece aveva potuto scegliere personalmente di dedicarsi all’amministrazione delle terre di famiglia, si era dedicato ad opere di beneficienza per i cittadini più poveri e alla regolazione del lavoro dei propri servi. In tal modo si era guadagnato l’obbedienza della servitù e la benevolenza dei sudditi, col tempo tramutatesi in estrema fedeltà e, in alcuni casi, un’amicizia sincera, qualcosa di rarissimo in quell’oscura epoca. Non faceva ciò per il proprio tornaconto, o per ricevere qualcosa in cambio, ma semplicemente perché era la cosa giusta da fare, perché era d’animo buono e altruista.
L’idea di adottare Baelfire – Fire, come pretendeva di farsi chiamare – non gli era venuta così, di punto in bianco: in tutti quegli anni si era spesso sentito solo, nonostante le proprie amicizie tra i servi e qualche nobile del suo rango con un po’ di sale in zucca. Gli mancavano l’amore e l’affetto di una famiglia, e aveva desiderato costruirsene una tutta sua adottando un bambino.
Non essendosi mai innamorato di nessuna e perciò non potendo avere figli propri, questa era l’unica soluzione. E poi, essendo di buon cuore, l’idea di adottare un povero orfanello gli scaldava il cuore: gli avrebbe offerto una casa e il proprio amore paterno, amandolo come figlio proprio, e quest’ultimo, sperava, l’avrebbe amato a sua volta come proprio padre.
Erano pressoché svariati i motivi per cui Fire ammirava il padre adottivo e perché aveva assunto l’identità di Royal Noir.
Inizialmente, Logan era stato all’oscuro del suo segreto, ma non gli ci era voluto molto per scoprirlo, essendo il figlio ancora alle prime armi e inesperto. Aveva deciso di sostenerlo nella sua lotta e nella sua segretezza, e soprattutto di aiutarlo a migliorarsi, accettando il fatto di non venire direttamente coinvolto per il proprio bene.
Dunque non si era troppo sorpreso al capitombolo dei camerieri, né si era domandato dove il figlio adottivo stesse andando: sapeva che ciò aveva a che fare con la sua attività notturna.
“Sta’ attento, Baelfire” pensò.

                                                                                                                                                     * * *                                                                                                               
"Goodbye gravity
Goodbye enemies
I’m going up to a place where the world is small
Where I can fly above it all
If I don’t make it, sing my song
From here I’m weightless
No stars are famous
And world is small…
"
Idina Menzel - Small World
 
<< Presto, padron Fire, da questa parte! >>  bubolò Rowlet, volando spedito lungo il corridoio con il giovane che gli correva dietro, finché entrambi svoltarono verso una delle porte di legno.
Fire spinse in avanti la maniglia e scivolò rapido all’interno di una stanza semibuia, illuminata solo dalla luce della luna filtrata attraverso il vetro di una finestra. Chiuse la porta di scatto, e quasi rischiò di schiacciare il barbagianni, il quale riuscì a scostarsi appena venendo preso di striscio.
<< Avvoltoi maledetti!>> imprecò << Padron Fire può stare più attento!? >>
<< Abbassa la voce! >> sibilò il ragazzo in risposta, tirando indietro la porta per liberarlo e prenderlo delicatamente tra i palmi, con una delicatezza e un fare premuroso che raramente gli si riconosceva.
<< Tranquillo, non ti sei fatto niente >> sussurrò, lisciandogli le piume arruffate.
Lo lasciò, osservandolo svolazzargli davanti, poi si appoggiò con la schiena alla porta, riprendendo fiato dalla corsa. Sfiorò con le dita la benda sulla spalla; la ferita pulsava ancora, ma tutto sommato era sopportabile.
Si guardò intorno, per capire, nonostante il buio, in quale remota stanza del corridoio si fossero infilati, anche se la cosa era irrilevante. L’importante era essere finalmente solo - a parte la presenza di Rowlet - lontano da occhi indiscreti e, soprattutto, che in quella stanza ci fosse quella larga ed imponente vetrata la cui vista dava sul giardino del castello.
Si avvicinò a scrutare fuori: gli stormtroopers e i prigionieri erano ancora lì, in attesa, circondati da un muro di siepi e di alberi. Vi era un sentiero ,dalla parte opposta del giardino, e Lord Shen lo stava percorrendo per giungere da loro. Accompagnato dal suo pavone Ho-Oh, si muoveva verso la radura a passi lenti e misurati, come a voler godere di quel momento in tutte le sue sfumature, comprese le espressioni atterrite della gente che  lo vedeva arrivare.
<< Merda... >>
Fire studiò le dimensioni della vetrata, i metri che la separavano da terra e la distanza aerea che avrebbe dovuto percorrere per raggiungere i prigionieri. Concluse che sarebbe stato facile tendere un’imboscata agli stormtroopers, utilizzando le file di alberi come nascondiglio. Di loro non si preoccupava mai troppo: erano facili da abbattere e lui era abbastanza veloce da schivare i colpi dei loro blaster.
Era Shen a preoccuparlo. Non si sarebbe mai azzardato ad affrontarlo da ferito, neanche con un misero taglietto, ma sapeva di non avere scelta, se non quella di abbandonare quella gente al proprio destino: un’opzione che non intendeva prendere in considerazione.

Rowlet si appollaiò sulla spalla sinistra del giovane, quella sana, e con lui osservava il paesaggio fuori dalla finestra. << Padron Fire non dovrebbe andare lì fuori ora che si è fatto male. >>
<< Sai che devo. Non posso lasciarli nelle mani di quel folle >> rispose, carezzandogli la gola piumata e lanciandogli un’occhiata d’intesa << Sei con me? >>
<< Rowlet è sempre con te, padron Fire! >> sentenziò il rapace, gonfiando il petto piumato per darsi importanza.
Per un attimo, al giovane sfuggì un sorriso sincero, rapidamente sostituito da un’espressione calcolatrice. Senza esitazione si tirò su la manica della camicia, scoprendo la polsiera con il cristallo; chiuse gli occhi e si concentrò, premendo due dita sopra la pietra verde.
 Subito questa splendette di una luce del medesimo colore che illuminò i suoi vestiti, i quali iniziarono lentamente a tremolare fino a disgregarsi e a comporsi in una massa verdastra e informe.
Fu solo per un istante. La massa gli si ricompattò attorno al corpo, formando così il costume di Royal Noir.


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La scherma, il corpo a corpo e il tiro con l’arco non erano le uniche conoscenze che Logan Royston gli aveva trasmesso. Il padre adottivo possedeva delle discrete nozioni di meccanica e alchimia, un bagaglio di cultura parecchio raro da trovare nei nobili del suo rango, ma non inesistente.
Una volta espresso il desiderio di aiutare il figlio nella sua impresa, aveva ideato e realizzato quel bracciale, usando uno speciale materiale corvino modellabile in qualsiasi modo e capace di adattarsi a qualsiasi tipo di superficie.
Infine, aveva aggiunto quella pietra verde, che poteva essere scambiato uno smeraldo. In realtà, era un cristallo di Polvere, trovabile in tutti i negozi di Remnant, un pianeta di Battleground, nonché uno dei suoi principali snodi commerciali.
L’aveva modificato in laboratorio e incastrato nel bracciale, in modo che, ogni volta che il figlio l’avesse indossato, potesse cambiare a proprio piacimento la struttura molecolare dei propri abiti semplicemente con la forza del pensiero, trasferendo energia dal cristallo fino al dispositivo alchemico.
In tal modo, Fire poteva assumere l’identità di Royal Noir in un secondo netto, dove voleva e quando voleva: gli bastava sfiorare il cristallo con le dita, concentrarsi per immaginare i suoi vestiti cambiare forma e, in un attimo, questo accadeva.
Inizialmente la trasformazione – così era solito chiamare questo “processo” – era stata molto difficile, principalmente perché concentrarsi richiedeva un grande sforzo e perché ancora non aveva un’idea ben precisa di come modellare i suoi abiti. Solo col tempo aveva deciso che sarebbe stato una sorta di guardiano della notte, un vigilante sempre presente a vegliare su Gongmen e a punire con i suoi artigli coloro che minacciavano i cittadini.
Era stato questo a dargli l’idea di modellare il suo costume sul gufo: una creatura della notte bella e maestosa, ma letale per le sue prede.
Una mantellina verde smeraldo gli copriva interamente il capo con un cappuccio frastagliato, sulla cui cima era posta una grande piuma bianca svettante verso l’alto. Il viso era coperto da una maschera di gufo nera con tanto di becco ricurvo, mentre un lungo, ampio e largo mantello scuro era tessuto sulle spalle e retto sui gomiti da dei lacci, scendendo a sfiorargli il retro del ginocchio, come una tenda nascondente il resto del corpo.
Era solo quando tendeva l’arco e scoccava una freccia - generata grazie ai suoi poteri - che era possibile intravedere la semplice muta bianca di lino con una cravatta di pizzo, che ricordava vagamente l’abito di un nobiluomo, cosa che aveva in parte dato origine al nome che la gente gli aveva dato. Royal Noir in francese significava letteralmente “reale nero”, per la loro convinzione, da lui stesso alimentata, di essere un reale decaduto che aveva deciso di abbracciare le tenebre e ribellarsi all’Impero.
Fire, o meglio, Royal Noir, tese il braccio ferito in avanti, simulando di tendere la corda di un arco invisibile. In tutta risposta, una lieve fitta gli attraversò, ma anche stavolta lui la ignorò. Non aveva scelta, si ripeteva, avrebbe dovuto combattere anche in quelle condizioni.
Si diresse verso la finestra e ne spalancò con un gesto le persiane, salendo in equilibrio sopra il bordo, con il barbagianni che svolazzava al suo fianco. Fissò l’orizzonte, poi si girò a guardare il fidato compagno con un’espressione ferma e decisa.
<< Andiamo, Rowlet. >>
Con un gesto si spinse in avanti, tuffandosi dritto nel vuoto. Mentre perdeva rapidamente quota, aprì le braccia di scatto, alzandole all’altezza delle spalle.
Il cristallo sulla polsiera brillò di una luce smeraldina e i lacci del mantello stretti sui gomiti si sciolsero di scatto. Seguendo quel movimento, la seta si spalancò ampia sopra la schiena, gonfiandosi al vento e acquistando bordi compatti e frastagliati, esattamente come un paio di immense e gigantesche ali d’uccello, le quali iniziarono subito a sbattere, frenando la caduta.
Tese le braccia verso l’alto e sfrecciò su nel cielo, sollevandosi appena sopra gli alberi per non essere visto. L’aria fredda iniziò a sferzargli il volto semicoperto e sfrecciare lungo la piuma del cappuccio e i suoi abiti, mentre disponeva il corpo in orizzontale rispetto al suolo, distante da lui parecchi chilometri.
Perfino in quel mentre sentì la tentazione del vuoto. Desiderò di innalzarsi in cielo, su, sempre più su, sfruttare le correnti ascensionali e volare via, solo per perdersi in quella sensazione di assoluta libertà e spensieratezza.
Volare era una delle pochissime cose che riusciva davvero a renderlo felice come una Pasqua. Lo faceva spesso, anche quando non era in missione, sempre con l’uso del prezioso costume. Sapeva, però, che in quel momento c’erano altre priorità.
Vide le fronde degli alberi scorrere sotto il suo sguardo, sempre più rapide.
Senza esitazione, si diresse verso il luogo dell’esecuzione, con il barbagianni al fianco.

                                                                                                                                                     *  * * 

"When the stars start to shine
The gods above are smiling in the night
Like spark to a flame
Feel it as my fear begins to fade..
."
IAMEVE - To Feel Alive
 

La radura circondata dagli alberi era illuminata da una serie di torce tenute in mano dalle guardie. La luna splendeva alta nel cielo, semicoperta da un paio di nubi scure, gettando un’ombra spettrale sul bel giardino del palazzo. I prigionieri erano disposti in file al centro della radura, costretti in ginocchio e circondati dal gruppo degli stormtroopers.
Lord Shen apparve dinnanzi a loro, bianco e candido, l’angelo del paradiso che li avrebbe condotti verso la fine eterna. Ma gli occhi color del sangue, frementi di malizia e crudeltà, tradivano l’animo demoniaco che si celava sotto le sembianze dell’apparente eterea purezza di quella figura: alla sua sola vista, il terrore e l’angoscia nei volti dei poveri malcapitati era aumentato.
La Fenice Bianca volse le iridi di rubino in direzione degli stormtroopers e delle proprie guardie lì presenti.
<< “Hai quello che ti meriti” è un modo di dire. Che sopravvive al tempo perché è vero. Per molte persone, ma non per tutti, alcuni hanno più di quello che si meritano. Perché credono di essere diversi dagli altri, che le regole, quelle a cui le persone come voi e me, le persone che lavorano e faticano per arrivare dove sono… non si applichino a loro, che possono fare qualsiasi cosa, purché sia per il bene di coloro che amano. >>
Si interruppe per qualche istante, per enfatizzare il tutto e gustarsi le espressioni atterrite e ipnotizzate allo stesso tempo dalle sue parole.
<< Agiscono nell’ombra, e siamo noi a proiettarla con la nostra indifferenza, con una diffusa mancanza di interesse per tutto quello che non influenza direttamente la nostra vita quotidiana… >>
Volse lo sguardo in direzione dei prigionieri.
<< Contrabbandieri, sobillatori… ladri >> sussurrò con disprezzo.
Un uomo osò alzare lo sguardo e parlare con fare concitato: << La prego, Lord Shen, cercavo solo di sfamare la mia famiglia… >>
<< Silenzio! >> gli gridò uno stormtrooper, facendosi avanti e iniziando a colpirlo a forza con la canna del blaster, costringendolo a terra in un lamento di disperazione e dolore insieme.
Il governatore osservò il soldato picchiare il poveraccio senza minimamente scomporsi. Poi, dopo un paio di violenti colpi, sollevò una mano.
<< Basta così >> ordinò.
Lo stormtrooper ubbidì senza fiatare, imbracciando il fucile e facendo un passo indietro per risistemarsi nella fila compatta di cui faceva parte.
L’albino avanzò lentamente verso il prigioniero, il quale tentava faticosamente di risollevarsi sulle braccia, e gli si inginocchiò davanti, fissandolo negli occhi.
<< Mio viscido amico, credimi… capisco bene la tua situazione. Per questo, ho intenzione di aiutarti! >>
Si sollevò in piedi e passeggiò intorno al resto dei prigionieri, il lungo abito candido che gli svolazzava dietro come la tunica di un fantasma.
<< Vedete, tutti voi siete incappati in quello che io chiamo la “trappola della vita”. Questa profonda certezza che le cose saranno diverse, che se ti farai avanti, che sei proverai a combattere contro le probabilità… sarai realizzato. >>
 Una smorfia gli deformò il bel volto.
<< Al diavolo la realizzazione e la risoluzione. Che vadano al diavolo quei due dannatissimi vasi vuoti che contengono questo mare di escrementi che chiamiamo vita. La realizzazione non si raggiunge, non fino all’ultimo istante… come loro! >>
Ad un suo cenno, le guardie sollevarono le torce, illuminando qualcosa che prima era rimasto nascosto nel buio della notte: una grande quercia spoglia, dall’imponente corteccia. Rami robusti e nodosi si allungavano verso il cielo e altri si allungavano in direzioni opposte verso la terra, come dita pronte a ghermire chiunque si trovasse sotto.
Sulla prima fila di rami paralleli al terreno erano appesi, con una grossa corda stretta saldamente attorno al collo, corpi di persone impiccate, inermi e ondeggianti al flebile venticello della sera come dei manichini.
Uomini, donne e persino bambini e ragazzi: tutti col capo piegato di lato, la bocca contratta in un ormai muto rantolio e gli occhi vitrei, rivolti verso il cielo stellato che mai più avrebbero potuto vedere.
Fu quella straziante visione a scioccare del tutto i prigionieri ancora vivi, fermi e immobili ad osservare con occhi sgranati quella che, ormai era chiaro, sarebbe stata la loro inevitabile condanna.
Shen rimase a contemplare per qualche istante il terrore dipinto sulle loro espressione, poi si rivolse loro sorridendo affabile.
<< Vedete? È di questo che sto parlando, è questo che intendo quando parlo del tempo e della morte e della futilità. Ci sono considerazioni più ampie all’opera. Guardateli negli occhi! Non ha importanza se sono vivi o morti, puoi comunque leggere nei loro occhi, e sai cosa capisci? Che loro hanno accolto la morte! Non subito ma, proprio lì, all’ultimo istante, come un sollievo inequivocabile! >>
Si strinse nelle spalle per un istante, ostentando noncuranza.
<< Certo, erano spaventati, ma poi hanno visto per la prima volta quanto fosse facile lasciarsi andare. L’hanno visto in quell’ultimo nanosecondo. Hanno visto quello che erano, che noi, ognuno di noi, in tutto questo grande dramma, non è mai stato altro che un cumulo di presunzione ed ottusa volontà, e allora si sono lasciati andare! >>
Ad un suo cenno, tutti gli stormtroopers imbracciarono i fucili e li puntarono in direzioni degli ormai terrorizzati prigionieri.
<< Alla fine, non devi aggrapparti così forte per capire che tutta la tua vita, tutto il tuo amore, il tuo odio, la tua memoria, il tuo dolore… erano la stessa cosa, erano semplicemente un sogno, un sogno che si è svolto in una stanza sprangata. >>
Volse un ultimo sorriso condiscendente al prigioniero che prima era stato picchiato.
<< Ciò che sto per fare, mio caro… è semplicemente liberarvi da quel sogno. >>
<< Questo lo credi tu >> gli rispose una voce, proveniente da qualche parte nel buio, in mezzo alla vegetazione circostante.
Tutti i presenti si guardarono intorno, cercando di individuarne l’interlocutore, sorpresi e in qualche modo atterriti. Ad un tratto videro qualcosa di grosso, scuro e svolazzante muoversi tra gli alberi.
<< Un fantasma! >> strillò uno stormtrooper.
Lord Shen non aprì bocca, semplicemente perché riteneva uno spreco d’aria dire a quel soldato quanto fosse idiota lui e la sua affermazione. Conosceva meglio di chiunque altro lì presente la voce risuonata e colui a cui apparteneva. L’avrebbe riconosciuto tra mille.
Nello stesso istante, dal folto della vegetazione, si librò in cielo la figura di Royal Noir, le grandi ali piumate a gettare un’ombra sui presenti; tra le mani teneva teso l’arco, con una freccia di energia verde fosforescente già incoccata.
Poi, prima che qualcuno potesse emettere solo un fiato, iniziò a scagliarne una serie da tutte le direzioni possibili, andando a colpire dritto nel segno gli stormtroopers. Ad uno ad uno, di seguito, i soldati in armatura bianca caddero in orizzontale l’uno addosso all’altro, come delle goffe ed impacciate tessere del domino ambulanti.
L’incappucciato atterrò in piedi a pochi metri di fronte a Shen, ponendosi a protezione dei cittadini. Le sue ali si contrassero e si ripiegarono sulla schiena, tornando ad essere un lungo mantello svolazzante.
Le guardie del governatore, senza che quest’ultimo avesse dato alcun segnale, sguainarono le spade e si misero in posizione, ma il Vigilante non parve farvi caso, nemmeno alle voci concitate e alle grida di giubilo dei prigionieri suscitate alla sua apparizione. I suoi occhi di fuoco erano puntati in quelli sanguigni dell’albino.
Lord Shen fulminò i condannati con un’occhiata, zittendoli, poi si girò a sostenere lo sguardo del giovane.
La sua intenzione iniziale sarebbe stata quella di sorridere, gongolando tra sé e sé di essere riuscito ad attirarlo lì. Ma non sorrideva. Le sue labbra erano disposte in una linea sottile e marcata di livida rabbia.
Se c’era una cosa che odiava con tutto sé stesso era l’arroganza, l’insolenza e l’insubordinazione, oltre all’essere ostacolato. Royal Noir, in quel momento, come ogni volta che si incontravano, incarnava tutto questo messo insieme. Lo fissava con sfida, il mento sollevato, sicuro di sé, nonostante non si trovasse nella migliore delle situazioni. Non pareva minimamente toccato dalle parole rivoltegli dall’uomo poco prima, quando l’aveva ferito.
Era questo uno dei motivi dell’odio di Shen nei confronti del Vigilante Mascherato, in generale: il fatto che quel moccioso osasse ogni volta sfidarlo e ostacolarlo, nonostante il rischio di morire o di far saltare la propria copertura. Detestava la sua testarda ed ostinata resistenza e non comprendeva i suoi buoni principi e il suo spirito di sacrificio.
Per un certo tempo i due continuarono a guardarsi fisso. L’albino rivolse una veloce occhiata agli stormtroopers a terra, senza battere ciglio. Fece poi una smorfia infastidita e tornò a guardare in volto l’incappucciato.
<< Così, Royal Noir >> disse in tono di solenne ironia, riacquistando il sorriso malefico << sei giunto a liberare questa massa di infelici così simili a te. >>
Il ragazzo creò rapido un’altra freccia tra le mani e la incoccò, puntandola in direzione del governatore. << Manderai al macello te stesso o le tue guardie, pur di impedirmelo? >> gli chiese, in tono di sfida.
<< Farò molto di più >>. Shen sogghignò, passandosi la lingua sulle labbra.
Fatto ciò, estrasse dalla veste, con un movimento repentino, dei kunai in vibranio dalla forma di piume di pavone.
<< Manderò te al macello. Oh, ma sta’ tranquillo, non ti ucciderò. Non subito, almeno. Sarà più gratificante farti assistere prima allo spettacolo che hai rimandato. Una volta terminata la festa per loro, inizierà la tua. >>
<< Allora mi concede questo ballo, principessa? >> Royal lo invitò ad attaccare con un cenno della spalla, sorridendo derisorio.
L’albino digrignò i denti, e l’istante dopo, partì all’attacco, scagliandogli contro le piume kunai. Prontamente, il Vigilante scoccò la freccia riuscendo a deviarne alcune, altre con un’altra freccia, ma l’ultima lo prese di striscio alla spalla ferita, facendo esplodere tutto in una miriade di scintille di dolore. Mordendosi le labbra per trattenere un urlo, Royal barcollò, tentando di mantenere l’equilibrio per non cadere.
Shen approfittò di quell’attimo di smarrimento colpendolo dritto in faccia con un manrovescio, spaccandogli il labbro e lasciandogli il segno sanguinante degli artigli sullo zigomo. Il giovane cadde a terra, sentendo chiaramente la schiena urtare violentemente il terreno; puntini neri gli danzarono davanti gli occhi. Riuscì ad intravedere il governatore avanzare, una lunga lancia dalla lama frastagliata tra le mani.
Incapace di vedere chiaramente, colpì prendendo mentalmente la mira, e, un istante dopo riuscì a vedere la freccia centrare l’avversario dritto alla gamba: il laser bruciò la carne e la trafisse spillando sangue, costringendo l’uomo ad indietreggiare con un urlo strozzato, a metà tra la rabbia e il dolore.
L’incappucciato colse l’attimo e riuscì a rimettersi in piedi con uno scatto, scagliando un’altra freccia. Questa trapassò una candida ciocca dei capelli del governatore, per poi conficcarsi nel tronco di un albero alle sue spalle, inchiodandolo sul legno.
Fece per creare un'altra freccia ed incoccarla, ma immediatamente si ritrovò circondato dalle guardie del governatore che gli puntavano contro le lame delle spade, tagliandogli ogni via di fuga.
<< LASCIATELO! >>
La voce gracchiante e isterica che pervase l’aria, impedendo alle guardie di agire, apparteneva a Shen. L’albino si era liberato tagliandosi la ciocca con un colpo di lama, incapace di toccare la freccia laser senza bruciarsi il palmo della mano.
<< È mio >> ringhiò, con la voce che non era altro che un basso sibilo carico di minaccia, chiaramente rivolto alle guardie.
Afferrato il messaggio, queste decisero saggiamente di riporre le armi e di indietreggiare, facendosi da parte.
L’uomo avanzò, finché non si trovò ad un soffio di distanza da Royal, premendogli la punta della lancia sulla gola. I suoi occhi erano inchiodati sul giovane e dardeggiavano famelici, folli d’ira, quasi volessero incenerirlo con lo sguardo.
Il Vigilante si vide riflesso nelle iridi sanguigne e, sebbene adesso provasse una certa inquietudine di fronte al proprio avversario, non lo diede a vedere. Mise su un sorriso sfottente, ben sapendo che facendolo imbestialire ancora di più avrebbe in qualche modo potuto assicurarsi un vantaggio, nell’imminente scontro.
<< Bella piega, principessa >> lo schernì.
Si mossero in cerchio, l’uno scrutando i movimenti dell’avversario. Royal ripose l’arco sulla schiena e materializzò tra le mani una spada fatta di pura energia.
<< Ragazzino superbo e insolente >> disse Shen, roteando la lancia << Preparati ad incontrare il tuo destino >>
<< En garde! >> gli gridò in risposta il giovane, mettendosi in guardia.
Senza altre parole si slanciarono l’uno sull’altro. Royal era agile e rapido. Riuscì a parare il doppio dei colpi e a contrattaccare di conseguenza, ma Shen era più robusto, nonostante l’apparenza ingannasse, e di poco inferiore in bravura.
<< Sei migliorato notevolmente, Fire. >>
L’uomo calcò di scherno il soprannome, mentre parava un suo affondo. 
<< Il tuo paparino deve essere molto fiero di te! >> continuò con un ringhio.
Come avesse scoperto la sua identità, il ragazzo non lo sapeva, né l’aveva mai capito: durante i loro scontri fisici, per Shen non era stato difficile procurarsi un campione del suo DNA sotto forma di una stuzzicante e densa quantità di sangue rimastagli sul ferro della lama della spada. Analizzando il campione nel proprio laboratorio, non gli era stato difficile risalire all’identità segreta del proprietario.
Certo, forte di questo fatto avrebbe potuto rivelare tutto al suo signore, il Maestro, e raccogliere prove sufficienti per incriminare il moccioso e spedirlo sulla forca. Ma sarebbe stato troppo semplice, e troppo poco appagante.
Il governatore voleva la soddisfazione di catturare il Vigilante Mascherato con le proprie mani; voleva consegnarlo lui stesso al Maestro, e che quest’ultimo gli concedesse la possibilità di giustiziarlo personalmente.
Voleva affondare i suoi artigli e la sua lama nelle carni del giovane fino a spillargli tutto il sangue che aveva, riempiendosi le orecchie delle urla di dolore e delle implorazioni di pietà; fargli capire che aveva fallito nella sua sciocca e insensata impresa, che era stato sconfitto e che coloro che l’avevano sostenuto avrebbero pagato assieme a lui.
Voleva vedere il fuoco abbandonare i suoi occhi per sempre. E dulcis in fundo, dopo avergli fatto subire il tutto da vivo e avendo a disposizione il suo cadavere, avrebbe esposto la sua testa mozzata nella piazza centrale di Gongmen, cosicché tutti potessero constatare la sua fine e la sorte che toccava a coloro che osassero sfidare l’Impero e soprattutto lui, Lord Shen.
Fino a quel momento, Rowlet, il barbagianni ,era rimasto nascosto tra i rami bui degli alberi, passando totalmente inosservato, per ordine del suo padroncino. Quest’ultimo gli aveva raccomandato di liberare i prigionieri non appena fosse riuscito a distrarre il governatore; così, mentre i due si fronteggiavano e le guardie erano impegnate a guardare, timorose che potesse accadere qualcosa al loro padrone, svolazzò alle loro spalle e, pazientemente, iniziò a lavorare col becco uncinato e acuminato sulle corde che legavano le mani dei prigionieri.
Alcuni di loro si accorsero del volatile, tutto concentrato nello svolgere il compito, ma decisero saggiamente di fare finta di nulla per non destare sospetti. Si stupirono non poco quando, una volta che tutte le corde furono recise, il rapace bisbigliò loro di allontanarsi senza fare rumore, ma anche in questo caso fecero buon viso a cattivo gioco, dato che avevano la possibilità di mettersi in salvo.
Tuttavia, le guardie, sebbene fossero impegnate ad osservare lo scontro pronte ad intervenire nel caso fosse accaduto qualcosa al governatore, non erano del tutto indifferenti alla sorveglianza dei prigionieri, e quando si accorsero che stavano tagliando la corda si misero ad inseguirli, le spade tese.
Rowlet, coraggiosamente, li fronteggiò, attaccandoli al viso con gli artigli e il becco, riuscendo in qualche modo a rallentare qualcuno di loro, ma non avrebbe resistito a lungo: gli nuoceva la piccola statura e il gran numero di colpi di lama che incassava, seppur di striscio, e lo sforzo di schivarne completamente alcuni.
<< Aiuto, padron Royal! >>  stridette disperato; alcune guardie erano riuscite a bloccare una parte dei condannati, mentre l’altra arrancava nel tentativo di fuggire.
Fire avrebbe voluto con tutto sé stesso corrergli in aiuto, ma Shen lo stava mettendo alle strette, pur essendo entrambi feriti e quasi alla pari in bravura.
A un tratto, l’albino l’agguantò al polso, gli strinse un braccio attorno al collo e calò la punta della lancia verso lo stomaco.
L’arciere riuscì a intercettarla e a pararla con un scatto. Le dita della mano libera scattarono automaticamente sul braccio nel tentativo di allentare la morsa alla gola, mentre, allo stesso tempo, tentò di mantenere ferma la presa sulla lancia; se l’avesse persa anche solo un istante, Shen avrebbe potuto trafiggerlo. La lama di vibranio sprigionò scintillem cozzando contro la lama laser, come se quest’ultima non fosse nulla più di un semplice metallo.
<< Oh, poverino, il tuo gufetto sembra essere in difficoltà >> sghignazzò il governatore, incalzando l’arma, malignamente divertito << Mi chiedo chi sarà il primo a cadere: lui, tu o i miserabili straccioni per cui sei praticamente venuto ad immolarti? >>
<< Che ne dici di te!? >>
Il Vigilante gli mollò una sonora gomitata allo stomaco, gli pestò un piede e gli tirò una testata all’indietro, sgusciando via dalla sua presa e sfoderando l’arco.
Mentre Shen si piegava in due dal dolore, Royal Noir si gettò nella mischia, incoccando e lanciando frecce da ogni direzione, senza quasi mai sbagliare il colpo: le guardie che mancava le trafiggeva un istante dopo.
Grazie all’intervento tempestivo, alcuni dei prigionieri, prima bloccati dalle guardie, riuscirono a liberarsi e Rowlet poté riprendersi, ma l’istante dopo volò al fianco del padroncino, bersagliando gli avversari senza pietà con la punta del becco e liberando bubolii acuti; il giovane non poteva capirli, perché non espressi nella propria lingua, ma avevano tutta l’aria di essere delle imprecazioni piuttosto scurrili.
<< Scappate!>> gridò un istante dopo ai prigionieri, riuscendo finalmente a sgombrare loro la strada dalle guardie << Andate verso il ponte levatoio! Vi copro io!>>
Gli diedero retta senza pensarci due volte: ad uno ad uno si voltarono e si diressero dove aveva loro indicato. L’uomo che prima era stato picchiato dallo stormtrooper si fermò un istante per ringraziarlo, accorato, poi seguì gli altri fuggitivi.
Era sicuro che, in quel preciso istante, il ballo dentro il castello stesse continuando. Probabilmente nessuno degli invitati dentro al castello sapeva dell’esecuzione quasi avvenuta in giardino: Logan aveva ragione, era stata tutta una trappola per attirare lui. Questo poteva garantire che il ponte levatoio non fosse stato risollevato. I soldati sopra la guardiola lo facevano solo quando ogni singola carrozza usciva dal giardino, ma certo non avrebbero permesso ai condannati di fuggire.
<< Rowlet! >>
 Il barbagianni gli svolazzò immediatamente davanti, quando si sentì chiamare.
<< Dobbiamo volare sopra la guardiola del ponte e assicurarci che i soldati di Shen non lo alzino! >>
Con un gesto azionò le ali e con un salto si slanciò in aria, preceduto dal volatile. Si era sollevato solo di un misero metro di altezza, quando si sentì artigliare alla caviglia: gli artigli di vibranio penetrarono nella carne, e con un potente strattone venne rispedito a terra, supino.
Shen era tornato alla carica, un’espressione di una ferocia agghiacciante dipinta sul viso. In un attimo gli fu addosso, bloccandolo a terra con tutto il suo peso e occludendogli nuovamente la trachea con le dita.
Il bagliore di una lama balenò davanti agli occhi del giovane, che, rantolando, riuscì appena in tempo a stringergli con forza il polso per bloccarlo, la lama del kunai ad un centimetro dal volto, mentre con l’altra mano cercava di aprire le dita strette sul collo.
<< Non così in fretta, passerotto >> sibilò il governatore, la bocca e il naso colanti sangue, cercando di affondare il kunai; per lo sforzo di trattenerlo, il Vigilante sentì il braccio tremare.
<< Padron Fire! >> esclamò  la voce acuta d’allarme di Rowlet. Il barbagianni planò verso di loro.
<< No, Rowlet! >>  gli boccheggiò in risposta  << Raggiungi il ponte! Ferma i soldati! >>
<< Ma… >>
<< Fallo! È un ordine! >>
Il barbagianni capì dal suo sguardo che non c’era margine di trattativa. Sebbene volesse troppo bene al padroncino per abbandonarlo così, sapeva di dover fare quel che gli diceva, perché altrimenti sarebbero potuto arrivare altre guardie cattive a fare del male a quelle povere persone. Così si voltò e volò via.
<< Bloccalo! >> strillò Shen, rivolto a qualcuno che non rientrava nel campo visivo del giovane. Poi udì un frullare d’ali e vide il pavone Ho-Oh librarsi in cielo, sopra di lui, all’inseguimento di Rowlet.
<< No…! >>
Cercò di gridare per avvertire l’amico, ma gli mancava il fiato. Non aveva più la forza di trattenere l’avversario: avvertì la lama del kunai sfiorargli la pelle della gola incidendola appena, ma ancora una volta represse ogni verso di dolore.
Shen scoppiò in una risata infernale che gli diede i brividi.
<< Complimenti, ragazzino, non mi divertivo così da anni! Oh, dovrei ringraziarti… ma penso che sarà molto più gratificante ucciderti lentamente. >>
Royal gli assestò una secca ginocchiata nel tentativo di scrollarselo di dosso, ma l’albino, per ripicca, gli strinse i capelli strattonandogli la testa all’indietro e conficcò il kunai dritto nella coscia, assaporando con un sorriso l’urlo di dolore conseguente.
Serrando i denti per il dolore, l’incappucciato volse lo sguardo al cielo, cercando di scrutare verso l’alto: intravide Rowlet, niente più di un puntino color crema, sul punto di raggiungere la guardiola, per poi essere investito da una grossa macchia biancastra che non era altro che Ho-Oh il pavone.
Si divincolò più animatamente a quella vista, cercando di raggiungerlo.
<< Oh, tu tieni tanto a quella piccola palla di piume, non è vero? >> sussurrò Shen, seguendo il suo sguardo.
Ghignò maligno e lo afferrò per il cappuccio, raddrizzandolo davanti a sé e bloccandogli le braccia dietro la schiena.
<< Bene… allora lo vedremo morire insieme! >>
<< No… >>
Doveva reagire.  Maledizione, doveva reagire! Non poteva permettere a quel bastardo maledetto di averla vinta, né poteva lasciare che Rowlet e quella gente pagassero a causa sua.
Strinse i pugni, divincolandosi e concentrandosi intensamente, avvertendo una scarica di energia attraversargli il corpo. Il palmo brillò di un bagliore di luce verde e, guidato dall’istinto, lo premette sullo stomaco dell’albino: immediatamente, un potente raggio d’energia verde si sprigionò e lo spazzò via, mandandolo a cozzare contro un albero e facendolo svenire.
Senza attendere oltre ,il Vigilante Mascherato spiccò il volo. Vide Ho-Oh tirare un colpo sotto con gli artigli a Rowlet e fargli perdere quota; si tuffò sul rapace per acchiapparlo al volo, stringendolo tra le braccia, e spazzò via il pavone con un altro raggio d’energia, così come aveva fatto prima col suo padrone.
<< Rowlet! >> esclamò preoccupato.
Mentre volava sospeso in aria, Fire lo esaminò: aveva tutte le piume arruffate, il corpicino pieno di tagli superficiali e gli occhi chiusi, ma per fortuna il suo petto candido si alzava e si abbassava regolarmente. Si azzardò a tirare un sospiro di sollievo: era forte, più forte di quanto apparisse, era sicuro che se la sarebbe cavata.
Adesso doveva pensare al resto.
Si calò giù il cappuccio e vi ripose l’amico piumato, stringendo i legacci perché non cadesse, e poi sfrecciò nuovamente verso la guardiola.
Sotto di lui, intravide la strada che conduceva al ponte levatoio: i prigionieri la stavano attraversando, alcuni di loro erano riusciti a superare il ponte, che però si stava inevitabilmente sollevando per chiudersi. Presto o tardi sarebbero sopraggiunte altre guardie se non agiva alla svelta.
Incoccò una freccia e la tese davanti a sé, prendendo la mira verso i due soldati che si apprestavano ad alzare il ponte e li colpì, uno dietro l’altro. Le catene che sostenevano il ponte si slegarono con uno scatto e il ponte rimase steso in orizzontale, permettendo così al resto dei prigionieri di passare e di dissolversi nella notte, tra le grida di gaudio e giubilo rivolti alla sua persona.
Svegliato da quelle grida, Lord Shen rinvenne e vide l’inconfondibile mantello e il cappuccio del suo avversario, in piedi sopra la guardiola. Sotto di lui, i prigionieri si dileguavano nella notte, protetti dalle mura dei palazzi e delle case.
Royal Noir lo fissò con i suoi occhi di fuoco, resi brillanti dalla luce della luna che alle spalle lo investiva. Uno sguardo, il suo, che esprimeva sfida e disprezzo messe insieme.
Poi spalancò il mantello e sparì tra le nubi scure, accompagnato da un urlo di pura rabbia strozzatosi dalla bocca dell’albino.

 

 
Personaggi
 
Baelfire "Fire" Royston/Royal Noir
Opera: OC (Original Character)
Razza: umana (sensitivo ?)
Theme: https://www.youtube.com/watch?v=8C_L9vxrRyk
Soundtrack: https://www.youtube.com/watch?v=ywKdA4iaKCM
https://www.youtube.com/watch?v=wbhw-G4fUug
Autore: Rory Drakon

 
Lord Shen
Opera: Kung Fu Panda 2
Razza: umana (pavone albino nell'opera originale)
Video Tribute: https://www.youtube.com/watch?v=68xRqMDCgHM
Soundtrack: https://www.youtube.com/watch?v=hecQF7fbjnw
Autore: Rory Drakon


I bambini dell'orfanotrofio provengono dal romanzo di It, e la signora Cole è un personaggio marginale tratto da Harry Potter e il Principe Mezzosangue. Gli altri personaggi sono tutti OC, e sono stati tutti curati da Rory Drakon. 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 - Two little pigs... ***


Ecco un nuovissimo capitolo! Due dei personaggi appartenenti a questo aggiornamento saranno OC, tutti gli altri appartengono a varie opere. Li trovate nelle schede a fine capitolo, insieme alle loro immagini. 
Questo aggiornamento e il prossimo saranno gli ultimi capitoli d'introduzione dei protagonisti, poi si passerà alla storia vera e propria.
Come al solito, vi auguriamo una buona lettura, speriamo di ricevere molti commenti.




Capitolo 5 - Two little pigs…


"Two mother pigs, lived in a pen. They each had four little piglets, and that made ten.
All the little piglets loved to play. And they rolled, and they rolled in the mud all day.
At night, there mothers curled up in a heep. They squealed, and they squealed, and then they went sleep.
And sleep well, for tomorrow… the axe shall fall."

(The Master)

 
Si ritiene che il battito d’ali di una farfalla, se fatto nel punto giusto, possa creare una tempesta al di là dell'oceano. Il cuore si può spezzare, ma è il più forte dei nostri muscoli, capace com'è di pompare sangue per lo spazio di una vita, settanta volte al minuto, e senza quasi perdere un colpo.
Perfino i sogni, la più delicata e intangibile delle cose, possono dimostrarsi assai resistenti a ogni tentativo di distruggerli. I racconti, come le persone e le farfalle, i cuori umani e i sogni, sono cose fragili, fatti con niente di più forte e duraturo che ventisei lettere e una manciata di segni di interpunzione.
Oppure sono parole nell'aria, composte di suoni e di idee - astratte, invisibili, che svaniscono appena pronunciate - e cosa può esserci mai di più fragile?
Ma ci sono piccoli e semplici racconti su avventure e persone capaci di cose incredibili, storie di miracoli e mostri, che sono durati molto più a lungo di coloro che le hanno narrate, e alcune sono durate anche più a lungo delle terre in cui sono nate.
Era una calda estate di anni migliori. Una piccola famigliola, composta da tre persone, genitori e figlio, giacevano spensierati in una spiaggia dall’aspetto quasi idilliaco.
<< Più in alto! Più in alto! >> gridò euforico il piccolo di appena quattro anni, mentre era a cavalluccio sulle spalle paterne.
Il paffuto e sorridente viso, simile a quello di un angelo, era contornato da corti capelli rossi, mentre gli occhi verdi come  l’erba illuminata dal sole erano privi delle preoccupazioni tipiche degli adulti.
<< Non posso andare più in alto. O  vuoi forse che papà inizi a volare? >> gli domandò il padre sorridente. Finalmente, dopo tanto lavoro, avrebbe potuto passare del tempo in compagnia della sua famiglia.
L’amato figlio aveva ereditato gran parte del suo aspetto proprio da lui, compresi gli occhi. Una volta cresciuto, sarebbe sicuramente diventato la copia del padre: alto e atletico, con un corpo ben definito e lunghi capelli rossi al pari del fuoco, ereditati dalla madre.
Ma il figlio era ancora troppo piccolo per pensare a cose così complicate. In quel momento, voleva solo ridere insieme al padre.
<< Vola! Vola! >> esclamò, con tono colmo di pura felicità. 
In quel momento, fu acchiappato dalle amorevoli mani della madre.
<< No, non puoi volare via dalla mamma! >> ribatté la donna, il volto adornato da un sorriso angelico.
Bellissima, divina: queste erano le parole che le si potevano attribuire al solo guardarla. Lunghi capelli del colore del buon vino stagionato, coronavano un paio di occhi scarlatti come il sangue, che la facevano somigliare ad una creatura ultraterrena. Il fisico era pallido e formoso, aggraziato come pochi.
A causa di eventi passati, la donna era convinta che non sarebbe mai più stata in grado di sorridere. Tuttavia, il destino  aveva deciso di proseguire la sua storia con una lieta novella. Infatti, alcuni anni orsono, la strega aveva incontrato il suo primo angelo. Poi, qualche tempo dopo, era giunto anche il secondo: il suo amato figlio, concessole dal cielo.
Il bimbo in questione si ritrovò solleticato dai capelli della madre e si lasciò cullare da loro profumo.
<< E no, oggi si gioca con papà! >> protestò scherzosamente il capofamiglia, voltandosi sorridente verso la sposa << Anzi, faccio il colpaccio e prendo anche la mamma! >>
Detto questo, afferrò la donna tra le forti braccia, sollevandola insieme al figlio.
La strega ridacchiò d’istinto.
<< Vola caro, vola! >> gridò, mentre teneva stretto il figlio.
<< Vola! >> ribattè l’infante, altrettanto entusiasmato dall’azione del genitore.
Nella manina destra teneva stretto il ciondolo che la madre  portava sempre appresso, raffigurante una lancia color cremisi.
<< E allora voliamo! >> rispose il padre.
Come dal nulla, un paio di grandi ali del colore del mare  fuouriuscirono dalla schiena dell’uomo, liberando una folata di vento. Con un leggero movimento, il genitore si alzò da terra, librandosi nel cielo infinito.
<< Che bello! >> sorrise allegro il piccolo rosso, mentre osservava la volta celeste farsi sempre più vicina. Gli sembrava quasi di poterla toccare con la sua piccola mano.
Poi, come dal nulla, i suoi occhi si posarono su qualcosa di decisamente inaspettato. Il sole tramontava rosso, come spesso faceva dopo giornate calde e serene che non fossero state guastate da un acquazzone pomeridiano. Ma mai in vita sua aveva visto un tramonto come quello. Aveva idea che le sole persone che ne erano state testimoni erano quelle che si trovavano nelle regioni più esterne della Terra.
No, pensò. Nemmeno loro. Perché quello non era il sole.
La massa di luce calante, infatti, non era un disco. Era un enorme papillon rosso con un ardente centro di forma circolare. Il settore occidentale del cielo era macchiato come da una sottile pellicola di sangue, che verso l’alto sfumava nell’arancione. Attraverso quel bagliore sfocato, l’orizzonte era quasi invisibile.
Una cometa. Ecco che cosa era.
Poi, come dal nulla, la volta divenne una tela nera come la pece, sormontata dalla figura delle luna e da un’infinità di stelle. La cometa scese verso di lui e poi cambiò magicamente forma, diventando una ragazza dai lunghi capelli neri e dai luminosi occhi blu.
La nuova arrivata gli tese quello che chiunque altro non avrebbe esitato a definire un semplice portachiavi. Sulla cima dell’oggetto, splendente contro la luce lunare che filtrava da dietro di lei, era appesa una stella dello stesso colore dei suoi occhi.
<< Per quando ci rivedremo, io avrò realizzato il mio sogno >> sussurrò la giovane donna, il volto pallido adornato da un sorriso che pareva più luminoso del satellite che le stava dietro.
<< E io avrò realizzato il mio! >> le rispose il rosso, che ora aveva l’aspetto di un alto giovane dai lunghi capelli cromati e dai luminosi occhi verdi.
Il tempo lo aveva reso quasi identico al padre, anche se gli occhi avevano mantenuto la stessa luce della madre. 
Afferrò la stella che gli era stata data.
<< Ti amo >> dissero i due, in perfetta sincronia.
Poi, entrambi, si sciolsero in un tenero bacio…
DRRRRRIINN! 
Ma quel momento quasi irreale venne infranto dall’acuto suono di una sveglia, che costrinse il ragazzo a destarsi.
Aprì gli occhi, fissando il soffitto azzurro che lui stesso aveva verniciato pochi giorni prima, e allungò pigramente la mano destra verso il comodino, spegnendo l’origine del suo malcontento.
<< Era un sogno… magari fosse stato reale >> sussurrò il rosso, sollevando il busto dal letto.
A dargli il buongiorno fu il miagolio tranquillo di una gattina dal manto nero e dagli occhi azzurri. Portava un collare di cuoio ,su cui era stato inciso il nome “Stella”.
<< Buongiorno, mia piccola Stella. Dormito bene? >> la salutò il rosso, accarezzandole dolcemente la testolina.
Ancora ricordava il giorno del loro primo incontro, quando l'aveva trovata abbandonata dentro una sgangherata scatola di cartone sul ciglio della strada. Colto da pietà, aveva deciso di salvarla e di darle una casa.
Forse per pura coincidenza o per uno strano scherzo del destino, quello fu anche lo stesso giorno in cui incontrò la ragazza che gli rubò il cuore.
Allontanando quei pensieri, l’adolescente si alzò completamente dal letto e aprì la finestra, facendo entrare l’aria fresca e umida tipica del primo mattino. Poi, cominciò a prepararsi per la giornata.
Il nome del suddetto ragazzo era Angel Arthur Hikaru. Vent’anni, italo-scozzese, residente ad un appartamento singolo nel centro di Londra, una delle città più fiorenti della Terra.
Non aveva scelto lui di vivere lì. Se per questo, nemmeno i suoi genitori lo avevano fatto, almeno così diceva a chi glielo chiedesse. Perché questo? Perché lui non aveva più i genitori.
I suoi ricordi iniziavano quando si risvegliò a dodici anni su un letto d’ospedale, con una fasciatura stretta intorno al capo. Il medico di turno, con tutto il tatto di cui era capace, gli spiegò che era stato coinvolto in un incidente stradale… di cui lui era stato l’unico superstite.
 Se si era salvato, era stato solo per puro intervento divino. In quel momento, però, tali parole non furono di conforto per il giovane rosso. Ben presto, era diventato consapevole di un'unica e semplice verità: era solo al mondo.
Eppure, la situazione non era poi così disperata, come venne a scoprire in seguito. I suoi genitori gli avevano lasciato molto: un piccolo conto in banca, una casa in cui vivere e, ancora più importante, qualcosa per andare avanti: una loro foto con dietro un augurio di buona fortuna, a fianco cui era stato posto un ciondolo contornato da una piccola lancia cremisi e una stella azzurra.
Aveva impiegato del tempo per risollevarsi e gliene ci era voluto ancora di più per decidere di cosa fare con la sua vita. Aveva speso gran parte delle sue energie nel tentativo di riottenere la memoria, frequentando vari corsi di monitoraggio e terapie ospedaliere.
I suoi ricordi erano sempre troppo sfocati: ricordava poco o niente dei suoi genitori. Quel sogno, tuttavia, lo faceva molto spesso. A volte, sperava quasi che si trattasse di un vero e proprio ricordo, tanto quanto la misteriosa ragazza che accompagnava le sue notti, e di cui  non rimembrava nemmeno il nome.
“Probabilmente l’ho conosciuta” si ritrovava spesso a pensare.
Scese le scale che portavano alla cucina e cominciò a preparare colazione per sé e per la sua gattina.
Driiiiin!
In quel preciso istante, l’interfono del citofono riecheggiò per tutta la lunghezza del fabbricato, attirando la sua attenzione. Per fortuna si era già vestito, ed era quasi pronto per uscire.
Indossava un paio di jeans ben stirati, contornati da una camicia bianca coperta da un gilet nero, attraversato da una linea rossa e obliqua. Ai piedi portava un paio di scarpe abbinate al maglione.
Aprì la porta, ben conscio di quale persona si sarebbe trovato davanti.
<< Buongiorno, caro Angel. Pronto per iniziare la giornata? >> lo salutò allegramente una voce femminile.  
Apparteneva ad una giovane donna dalla capigliatura castana, indossante un'uniforme scolastica. Il suo bel viso, pallido e perennemente sorridente, era adornato da un paio di occhi color sangue. I lunghi capelli castani, che le arrivavano fin sotto le spalle, erano tenuti insieme da una coda e da un nastro.
Si chiamava Najimi Ajimu, ma le piaceva farsi chiamare Anshin’in, che, nella sua lingua natia, significava “miss pace dei sensi”. Apparentemente, era originaria del Giappone ,ed era giunta a Londra attraverso uno scambio di studenti .
Lei e Angel frequentavano la stessa università, sebbene prendessero facoltà diverse.
<< Buongiorno Najimi. Sempre pronto a partire. Prego, entra! >> la salutò il rosso, invitandola ad accomodarsi con un rapido gesto della mano.
Nel vedere una faccia conosciuta, Stella andò ad accogliere la nuova arrivata, che si chinò ad accarezzarle il musetto.
<< Buongiorno anche a te, Stella. Hai tenuto a bada il nostro caro rosso? >> domandò la giovane donna.
Lei e il padrone di casa si erano incontrati proprio grazie a quella gattina. Provenivano da strade differenti ,ma entrambi erano stati attirati dai miagolii dell’animale. Che ne fossero consapevoli o meno, quella piccola creatura era diventata l’anello di congiunzione tra la coppia di adolescenti.
<< Ti unisci a me per la colazione? >> domandò Angel, porgendole un sorriso accomodante.
La studentessa ridacchiò divertita.
<< Sai come conquistare il cuore di una donna >> ridacchiò, facendosi strada all’interno della cucina << Vediamo che dice la nostra cara TV oggi! >>
E, preso il telecomando, accese la piccola televisione appesa sul muro della stanza.
Come di consueto, il volto da topo di Caesar Flickerman, il cronista più seguito dell’Impero, si materializzò dal nulla sulla schermata del dispositivo. Najimi rilasciò un sospiro rassegnato.
<< E ti pareva che non ci fosse lui a dare il buongiorno>> commentò con un broncio.
Prima che potesse cambiare canale, la voce di Angel la interruppe alle sue spalle.
<< Non preoccuparti, lascialo pure parlare>> dichiarò il rosso, mentre finiva di apparecchiare la tavola. Ormai si era abituato allo strano comportamento di quella ragazza.
Vestito con abiti firmati e di fattura elegante, Caesar volse alla folla di spettatori un sorriso smagliante. Fatto ciò, afferrò un pezzo di carta dalla tasca dei pantaloni e cominciò a leggerlo.
<< Ed ora, signore e signori, ecco le ultime notizie, direttamente dallo studio! Sembra proprio che i governatori di Alderaan abbiano un così disperato bisogno di forniture alimentari… che hanno presumibilmente inviato vari container pieni di materiale edile negli spazioporti del Centro Imperiale! Un gesto di buona volontà dicono, ma volete sapere come la penso? State ascoltando il mio programma, quindi deduco che lo vogliate sapere >> continuò, suscitando una sonora risata ad opera della folla << Io credo che bisogna far sapere  a quei dannati sobillatori cosa pensiamo di loro! Io credo sia giunta l'ora di vendicarci di quella ribellione da loro inscenata due anni fa! Io dico che stasera andiamo tutti su quelle navi e scarichiamo quella merda là dove dimora tutto ciò che proviene da quel pianeta in culo all’orlo! >> esclamò, ricevendo un urlo d’ovazione.
Il cronista ridacchiò a sua volta.
<< Vi è piaciuta ? Andiamo, che altro si può dire di quegli idioti? Un mondo che aveva tutto, assolutamente tutto, eppure non è riuscito a sanare per conto proprio una rivolta di barboni e contadini! La più grande colonia di ingrati della galassia. Perché? Perché è senza un Maestro!>> dichiarò, suscitando una seconda ovazione << Lasciate che lo ripeta ancora: è senza un Maestro! Non è stata la guerra che hanno iniziato, non è stata la rivolta che hanno creato, è stato il giudizio del Maestro a riportarli sotto il tacco del nostro glorioso Impero. Nessuno sfugge alla propria natura! Nessuno sfugge al giudizio del Maestro! >>
Se possibile, l’urlo degli spettatori si fece ancora più marcato. Quasi come ad un segnale, il viso di Caesar assunse un’espressione più pacata e affabile.
Volse lo sguardo in direzione della telecamera, dicendo: << Ed ora, la preghiera del mattino, regalataci dal nostro amato capo della chiesa, padre Kirei Kotomine. >>
L’immagine del televisore cambiò di colpo: sullo schermo, si stagliò la figura di un uomo alto e tarchiato, indossante un abito viola da sacerdote. Capelli corti e castani incorniciavano un volto dai lineamenti scolpiti, adornato da un paio di occhi vuoti e privi di alcun tipo di emozione. Alle sue spalle, spiccava un manifesto raffigurante il volto sorridente del Maestro.
Kirei Kotomine allargò ambe le braccia e prese un respiro profondo.
<< I cui piedi sono calzati di ferro, il cui cuore è di acciaio temperato, colui che ci ha concesso questo giorno e al cui trono ci inginocchiamo. Colui che ha mandato il fuoco e la pioggia purificatrice di quella tremenda notte, che ha sgominato i malvagi con la sua spada ma ci ha risparmiati. Una razza, una fede, una speranza. In te che ci hai amati nel momento del dolore e che ci hai risollevati dalla caduta! Preghiamo. O Maestro, che ci hai risparmiato il tuo giudizio, che ci hai dato il più terribile degli avvertimenti... aiutaci ad esser degni della tua pietà, aiutaci come quando la tua collera volle che il fuoco piovesse dal cielo. Aiutaci a resistere alle tentazioni del maligno che è certo tra noi in quest'ora di dolore. O Maestro, che tutto sai di noi, che sei il nostro ultimo destino, aiutaci a comprendere chiaramente la tua sacra volontà. Aiutaci a resistere alle lusinghe del maligno e a trovar forza in te. Una razza, una nazione unite nel tuo amore. Questo ti chiediamo, nel nome della tua carne, del tuo spirito e della tua santità. Per il Maestro, nostro signore. Amen. >>
<< Amen >> ripeté la folla.
La trasmissione terminò con un ultima panoramica del Maestro, prima d’interrompersi a causa della pubblicità.
Najimi rilasciò un sonoro sbuffo.
<< Sempre pieno di sé >> mormorò stizzita.
Angel la fissò confuso. Non ne capiva il motivo, ma la ragazza sembrava provare una certa avversione nei confronti del Maestro. A lui, personalmente, non importava molto di quell’uomo. Come molti abitanti di Battleground, accettava la sua esistenza con la stessa facilità con cui si accettava la presenza del cielo e della terra.
Finita la colazione, i due uscirono e si avviarono per prendere il classico bus a due piani che li avrebbe portati all’università.
Mentre prendevano posto sui sedili, Najimi propose all’amico di accompagnarla a fare spese.
<< Che ne dici se, dopo la scuola, andassimo a fare un giro in centro? C’è un negozio che ha attirato la mia attenzione! >>
<< Mi spiace, ma oggi non posso. Ho il lavoro, come ben sai. Per non parlare del compito di domani >> sospirò il giovane.
Infatti, sebbene fosse reduce dei copiosi risparmi ereditati dai suoi genitori, l’adolescente non voleva tirare avanti solo con quelli. Motivo per cui aveva deciso di lavorare nei pressi di un piccolo ristorante.
<< Giusto, me l’ero dimenticato >> sussurrò la ragazza, leggermente depressa.
Volse una rapida occhiata nei confronti di Angel.
<< Ancora mi chiedo perché perdi tempo a studiare. I tuoi voti sono tra i migliori dell’Istituto! >> esclamò, ricevendo una piccola risata ad opera del compagno.
<< Vero, ma per mantenere tali risultati è necessario studiare. Te lo prometto, domani sarò tutto tuo. >>
<< Non fare promesse che non puoi mantenere>> ribatté l’altra, recuperando il suo solito sorriso.
Detto ciò, si appoggiò alla spalla del rosso, continuando il viaggio in relativo silenzio.
 
                                                                                                                                                * * *
 
Era buio pesto. Nell’aria aleggiava uno strano aroma d’incenso. Sembrava un luogo chiuso, completamente oscurato. Non si udiva alcun tipo di suono.
Poi, tra le ombre di quella camera, qualcosa balzò alla vista dell’osservatore: due occhi scarlatti con pupille allungate e verticali. Sembravano gli occhi di una belva famelica pronta a balzare sulla preda ignara.
Per un tempo che sembrò interminabile, quegli occhi continuarono a fissare il buio come se lo volessero squarciare. Poi, all’improvviso, si mossero. Si sentì un clangore di lame, quasi come se qualcosa fosse stato tagliato e ridotto in pezzi.
Il rumore durò per pochi secondi . Poi, con la stessa rapidità con cui era iniziato… si fermò.
Ciò che rimase…furono quegli occhi scarlatti.
Una voce imperiosa gridò: << Luci! >>
In risposta al suo ordine, un lampo di luce abbagliante illuminò le fattezze di quel luogo nascosto. Era la riproduzione perfetta di un dojo giapponese.
Pavimento, pareti e tetto erano ricoperti da tegole di legno in fattura orientale. Lungo il soffitto era possibile intravedere una lunga serie di lanterne multicolore. Il tutto era costruito in un’ampia stanza di circa cento metri quadrati, avvolta da pareti candide come la neve.
Sul pavimento giacevano i resti di manichini metallici, tutti perfettamente tranciati in più parti. Infine, al centro della camera, vi era un uomo alto e dalla carnagione abbronzata.
Aveva un fisico perfetto, a tratti statuario, messo in bella mostra se non per un paio di pantaloni bianchi che lo coprivano dalla vita in giù. I corti capelli biondi erano sollevati verso l’alto, coronanti un volto dalle fattezze angeliche. Tuttavia… i suoi occhi erano tutt’altro che angelici. Parevano pozzi di sangue, rossi come lo sguardo della Morte stessa.
Mantenendo un’espressione impassibile, l’uomo scrutò i suoi dintorni, ammirando il risultato dei propri sforzi.
<< Ottimo lavoro signore, come sempre >> commentò una giovane donna dall’altra parte della stanza.
Aveva un fisico atletico e formoso, lunghi capelli bianchi e un volto pallido adornato da un paio di occhi viola. Si avvicinò all’uomo, porgendogli un asciugamano accuratamente piegato.
In tutta risposta, il biondo lo prese con una smorfia di insoddisfazione.
<< Non è ottimo, è un risultato a dir poco penoso! >> sibilò, il tono di voce ornato da una lieve punta d’irritazione.
 Detto ciò, s’incamminò verso l’unica uscita presente nella stanza, mentre i suoi occhi mutarono improvvisamente colore, diventando di un verde acido.
<< Il mio defunto maestro mi avrebbe aspramente ripreso! >>
<< Perdoni la mia ignoranza, signore, ma che cos’è che non l’ha soddisfatta? >> domandò la su assistente, visibilmente confusa.
<< I movimenti e la tempistica, mia cara Ellen. Non importa quanto si è forti: se quando sei al buio non sei capace di coordinare il tuo corpo in maniera adeguata, allora sei carne morta! >> esclamò, per poi assumere un’espressione visibilmente più pacata << Ma lasciamo perdere. Dimmi i programmi della giornata >> ordinò con fare imperioso.
<< Sì, signor Vorkye >> rispose automaticamente la donna, aprendo il suo tablet e iniziando a scorrere gli impegni raccolti nell’agenda.
Questo era il suo nome. Egli era Vorkye Bloodbles, detto anche Vorkye Drago del Sangue, ed era il presidente a capo delle Bloodbless Corp, una delle aziende commerciali più fiorenti e redditizie dell’universo di Battleground. Economicamente parlando, non vi era campo, settore o logistica  in cui tale impresa non fosse invischiata.
Vorkye era noto a tutti per essere uno degli alleati commerciali più vicini all’influenza del Maestro, cosa che gli aveva fatto guadagnare la reputazione di essere un personaggio praticamente intoccabile: un umano benedetto dagli dei. Ma in realtà, costui era ben lungi dall’essere un umano.
Egli, infatti, non era altro che l’ultimo esponente di una razza mutaforma nota col nome di soleani: creature umanoidi con caratteristiche animali e dal colore della pelle assai variegato.
Il loro mondo, incredibile ma vero, era la stella nana che illuminava l’universo da cui provenivano: il Sole della Via Lattea.
Tale razza era nota soprattutto per la sua resistenza e longevità, ottenute attraverso miliardi di anni di evoluzione svoltesi su quel mondo perennemente in fiamme. La vecchiaia li sfiorava di rado, i loro corpi non decadevano, anzi, diventavano più forti col passare del tempo. Ognuno di loro era in grado di utilizzare uno o più poteri legati alla natura, grazie all’innata capacità di sincronizzare le proprie auree con l’energia cosmica che aleggiava per l’Universo.
Ogni specie di soleano, identificabile in base al colore della propria pelle, possedeva un’abilita diversa che andava dal controllo degli elementi a concetti più marcati, come il controllo del sangue, e le loro facoltà mentali erano di gran lunga superiori a quelle di quasi ogni altra specie.
Eppure, nonostante fossero ben consapevoli di tale peculiarità, i soleani erano soliti fare uso dei propri doni non per schiavizzare o conquistare, bensì per aiutare le varie specie nel momento del bisogno. Per questo, in diverse occasioni, erano scesi sulla Terra del proprio universo e, sotto diverso aspetto, avevano aiutato i suoi abitanti a progredire.
Ma Vorkye non era mai stato come i suoi simili. No. Lui riteneva che il suo potere fosse suo e solo suo, e che nessun’altro avesse il diritto  di carpirlo. Per lui, il solo provarci equivaleva a morte istantanea.
Le sue idee tiranniche attirarono non pochi seguaci tra i membri di quella  razza che la pensavano esattamente come lui. E venne il giorno che, forte di questi potenti quanto sacrificabili alleati, il soleano decise di scendere in guerra contro il governo del suo mondo.
Mentre era perso nei suoi pensieri, Vorkye fu richiamato alla realtà dalle successive parole della segretaria.
<< Ci sarebbero queste piccole imprese che danno dei problemi al proseguire dei lavori >> informò la donna, mostrandogli titoli e azioni di piccole società, per lo più familiari, che non volevano vendere o si opponevano ad uno dei tanti progetti aziendali delle Bloodbless Corp.
La creatura si limitò a roteare gli occhi, apparentemente imperturbato da una simile notizia.
<< Fammi trovare dei titoli esecutivi entro oggi pomeriggio e contatta l’impresa di demolizione. Chi mi sta tra i piedi dev’essere cancellato >> dichiarò con tono freddo e impassibile.
Lanciò un occhiata laterale all’assistente.  
<< Tra i dipendenti, c’è forse qualcuno che merita una piccola chance di essere messo come cassiere o centralinista? >>
Dopotutto, era il tipo di uomo che preferiva non buttare mai via nulla. Se c’era qualcuno o qualcosa che attirava la sua attenzione, era solito prenderla senza dover chiedere il permesso a niente e nessuno.
Ellen scosse prontamente la testa. << Nessuno degno di nota. La maggior parte degli impiegati sono studenti freelance che lavorano part-time o anziani che hanno preferito rinunciare alla pensione. >>
<< Mi fiderò del tuo giudizio >> commentò il biondo, proseguendo lungo il corridoio << Per il tuo bene, spero che non si rivelerà mai una scelta errata. Non devo certo ricordati cosa sia successo al tuo predecessore, dopo che questi mi aveva deluso. >>
<< Certo, signoe... >> gli rispose prontamente la donna, impallidendo in corpo.
Vorkye arricciò ambe le labbra in un sorriso soddisfatto e agghiacciante allo stesso tempo.
<< Molto bene. Vado a darmi una rinfrescata. Se succede qualcosa di importante, avvisami >>.
Ritenendo la conversazione conclusa, il soleano si avviò verso i suoi quartieri privati.
 
Una volta entrato nelle sue stanze, chiuse la porta e si fissò al grande specchio che occupava più della metà dei bagni.
<< Per gli umani, queste sembianze sono magnifiche, il simbolo della perfezione >> commentò, mentre osservava ogni singolo centimetro del suo corpo, il volto adornato da una punta di soddisfazione << Chissà come reagirebbero, se vedessero il mio vero volto >> ridacchiò ironico.
Come ad un segnale, l’aspetto del soleano cominciò cambiare in maniera radicale.
Le sue dimensioni aumentarono fino a superare i cinque metri di altezza, il suo corpo si ricoprì di spesse scaglie color cremisi, mentre mani e piedi divennero zampe muscolose e artigliate. Dalla schiena fuoriuscirono un paio di ali a mo’ di pipistrello, rosse e lucenti come il resto della sua nuova forma, e una lunga coda a punta iniziò a muoversi liberamente dietro di lui, fuoriuscendo dalla parte posteriore del corpo.
Il volto si allungò e la bocca enorme fu contorniata da zanne aguzze e taglienti, mentre i capelli biondi e dalle sfumature dorate furono sostituiti da un paio di grandi corna. Parevano quasi l’immagine speculare di una corona.
Un drago umanoide: era questo il suo vero aspetto. Un mostro per gli umani, ma normale per i suoi simili. Anzi, se ciò che un tempo aveva programmato si fosse realizzato…bhe, in quel caso sarebbe diventato un mostro anche tra di loro.
Non che a lui sarebbe importato, sia chiaro. Avrebbe proseguito comunque i suoi obbiettivi, senza alcuna esitazione.
Sul  muso della bestia si disegnò nuovamente un sorriso predatorio.
 << Io sono sempre magnifico! >> esclamò, sollevando ambe le braccia in direzione della soffitto.
Poi tornò alla sua forma umana ed entrò sotto la doccia. Mentre l’acqua calda scorreva sul suo corpo, la mente di Vorkye fu attraversata da un ricordo lontano.
 << Fratello! >>
 Così il volto dell’unica persona cui teneva si delineò davanti a lui.
 
Vorkye nacque oltre cinque millenni orsono in una famiglia dell’alta borghesia del Sole. Ricordava poco o niente dei suoi genitori, gente che non era mai stata in grado di fornirgli le cure parentali di cui aveva bisogno.
Passò gran parte della sua vita in un enorme magione, privo di alcun tipo di amici o affetto. I vari soggetti che adornavano il corpo della servitù erano le uniche persone con cui gli era stato possibile interagire.
Poi, un giorno, i suoi genitori tornarono da un lungo viaggio d’affari e gli annunciarono che da lì a poco tempo non sarebbe più stato solo, perché presto avrebbe avuto un fratello.
Quella notizia riuscì a scuoterlo non poco. Avrebbe finalmente avuto qualcuno con cui giocare e passare il tempo? La cosa lo fece sorridere per la prima volta da un tempo molto lungo.
Non dovette aspettare molto. Pochi mesi dopo, infatti, sua madre dette alla luce il suo fratellino, Gilgamesh.
Quando lo vide per la prima volta, Vorkye capì che la sua via solitaria sarebbe cambiata per sempre e giurò a sé stesso che, anche se l’universo stesso fosse stato contro di lui, non avrebbe mai abbandonato questo nuovo membro della famiglia.
I due crebbero insieme, sani e forti come non mai. Quando furono abbastanza grandi, lasciarono insieme la casa che li aveva soffocati così a lungo.
Durante uno dei loro numerosi viaggi, incapparono nei pressi di un vecchio soleano senza nome. L’uomo in questione decise di ospitarli nella sua dimora per alcuni anni, fornendo loro cibo e riparo. Insegnò loro il valore della responsabilità e del dovere, spingendo la coppia di fratelli a fare ritorno alla casa d’origine.
La loro vita sembrava finalmente giungere ad una svolta positiva… ma così non fu.
Una volta giunti nei pressi dell’enorme magione, non ebbero nemmeno il tempo di mettervi piede che essa saltò misteriosamente in aria, sotto il fragore di una violenta esplosione.
In un lampo, il mondo che conoscevano e al quale volevano tornare sparì come il battito d’ali di una farfalla, e al centro di quella catastrofe, si materializzò la sagoma di un misterioso individuo. Non era un soleano. Somigliava più ad un essere umano, ma il sorriso e l’aura che fuoriuscivano da lui non avevano nulla di quella razza.
Sfoggiava uno abito nero come la pece, abbinato ad un cilindro di pregiata fattura.
Chi era costui? Era forse un demone? Un messaggero del caos che aveva deciso di generare scompiglio e disordine in quel mondo così sereno?
<< AHAHAHAH! Ed ecco che, in questo mare calmo e cristallino, io getto una goccia di nera oscurità, che lo farà agitare fino a formare un vortice dal motivo marmoreo! >> esclamò la creatura, volgendo uno sguardo folle in direzione della volta celeste.
Con un sorriso demoniaco, quel misterioso individuo si avvicinò alla coppia di fratelli, che lo osservarono senza parole.
<< Avete mai visitato la Terra, ragazzini? Io l’ho fatto! Gran bel posto, ve lo assicuro. Dicono che a Broadway c'è una lampadina spenta per ogni cuore, sapete? Dicono che la vita è un gioco, e puoi cambiare le carte in tavola. Ti danno le maschere, i costumi e il canovaccio... poi ti lasciano a improvvisare nel loro cabaret. Nelle città sconciate ci sono mani in pasta, ci sono mandati di arresto, moduli e tessere, e scarponi sulle scale. Ci sono morte, sesso e miseria umana in bianco e nero per un soldo. Ma, se non altro, i treni marciano sempre in orario… però non vanno in nessun posto! Impietrite, le signore non osano sottrarsi e affrontano le proprie responsabilità sulla schiena, oppure in ginocchio. E le vedove che rifiutano di piangere avranno giarrettiere e farfallino e impareranno a sgambettare in questo cabaret ! È tutto un melodramma! >>
Detto ciò, scoppiò in una risata agghiacciante, per poi volgere la propria attenzione nei confronti di Vorkye.
<<  Mi chiedo… il numero uno, solo, soletto… proteggerà fino alla fine il numero due? Oppure, alla prima occasione, lo abbandonerà per percorrere la strada che gli spetta? Quale strada, dite? Semplice: quella del dispotico tiranno che tingerà la terra col sangue dei suoi nemici!  Andrai lontano, ragazzino, fino alla meta finale che è il castello del boss! E, una volta conquistato, sarà tuo e tuo soltanto. >>
Puntò un dito in direzione del soleano tremante.
<< Ti consegno questo copione, figliolo. Studiatelo bene e inizia a ballare sul palcoscenico che ti ho preparato. Mi raccomando, crea tanto casino. Bye bye! >>
E, dopo aver pronunciato questo discorso insensato, quel portatore di morte e dolore sparì nel nulla, lasciando i due fratelli soli e disperati.
Non sapevano chi era ma, in appena un paio di secondi, aveva sconvolto e capovolto le loro vite nel peggiore dei modi. Apparentemente, tutto solo per il suo contorto e malato senso del divertimento.   
Da allora, i due fratelli sprofondarono in un oblio di odio e sete di potere, diventando due autentici mostri per gli abitanti di quella stella solitaria.
La loro forza attirò l’antico e potente maestro di un violento e arcano stile di lotta. Costui portava il nome di Akuma, e decise di prenderli sotto la sua ala.
 Passarono molti anni, tempo in cui la coppia di fratelli fu sottoposta ad un addestramento infernale, dal quale solo uno dei due sarebbe potuto uscire illeso.
Memore delle parole di colui che aveva distrutto la loro casa, Vorkye sostenne il fratello fino al completamento della pratica. E quando Akuma ordinò al suo allievo più promettente di uccidere il familiare, il soleano si rifiutò categoricamente, suscitando le ire dell’insegnante.
Dopo uno scontro devastante, Vorkye distrusse il tempio dell’uomo e fuggì con Gilgamsh.
 
Passati più di tre millenni, i due fratelli decisero di tentare la scalata al trono dei soleani.
Infatti, era tradizione di quel mondo che, nel caso il sovrano non fosse riuscito a generare alcun erede, si sarebbe tenuto un concorso aperto ad ogni singolo membro della popolazione, nel quale sarebbe stato scelto un candidato in grado di prenderne il posto del governatore in caso di morte.
In questo particolare rituale, i vari concorrenti sarebbero stati messi direttamente sotto esame dalla coscienza collettiva del Sole, formata dalle anime dei sovrani defunti. Era nota come la Prova del Nucleo. Tuttavia, con loro grande sconcerto, i due fratelli furono entrambi considerati indegni del titolo di governanti.
La coppia di guerrieri fu ben restia dall’accettare un simile responso. Fu così che, armati di nuovi propositi, decisero di prendersi il trono con la forza.
Radunando coloro che erano ritenuti la feccia del loro mondo, formarono un piccolo ma potente esercito. Sotto il comando di Vorkye, si mossero verso Kamn'erya, la capitale del regno, meditando la morte per chiunque si sarebbe opposto a loro.
Al fine di eliminare ogni possibile minaccia alla loro campagna, Gilgamesh propose al fratello di visitare l’Oracolo, un soleano che possedeva l’insolita capacità di prevedere tratti del futuro. Sotto le raccomandazioni del familiare, il signore della guerra accettò la proposta e tenne un incontro in solitaria con l’indovino.
Quest’ultimo rivelò a Vorkye la riuscita delle sue ambizioni, con grande soddisfazione del dragone. Tuttavia, le brutte notizie non tardarono ad arrivare.
L’Oracolo, infatti, presagì che se l’uomo avesse continuato per quel sentiero oscuro, sarebbe stato sconfitto da un guerriero dalla pelle blu.
Accecato dalla rabbia, Vorkye tentò di cambiare il suo destino, ordinando al suo feroce esercito di  uccidere tutti i Soleani Blu del regno. Fiducioso di aver ormai eliminato ogni singola minaccia al suo potere, il signore della guerra lanciò un’ultima offensiva alla capitale del Sole.
Tuttavia, pochi giorni prima della battaglia finale… accadde la tragedia.
 
Vorkye decise di andare a meditare in assoluta solitudine, al fine di preparare il suo spirito allo scontro che era sicuro avrebbe decretato il suo destino.
Inviò Gilgamesh e un piccolo contingente di truppe a razziare la Terra, così da poter accumulare abbastanza provviste da prolungare un assedio alla città.
“Ve la farò vedere io. Il trono sarà mio, ed io e mio fratello governeremo su tutto”.
Erano questi i pensieri che aleggiavano nella mente del soleano, mentre era seduto con braccia e gambe incrociate al di sopra di un enorme canyon. Poi, come dal nulla, uno scalpitare di passi riecheggiò lungo la formazione rocciosa.
<< Oh ma quanto è bello passeggiare, di tanto in tanto >> commentò una voce sconosciuta, da dietro il soleano.
<< Chi sei? Come osi interrompere la mia meditazione? >> domandò questi, scoprendo le zanne.  
Tuttavia, quando il signore della guerra mise a fuoco il nuovo arrivato, la prima figura a cui lo ricollegò fu proprio quella del misterioso individuo che molti anni prima aveva distrutto la sua casa. Non solo per il suo strano modo di vestire, ma anche per i suoi manierismi spensierati.
<< Cosa? Sei tu! >> esclamò, visibilmente scioccato da quell’improvvisa quanto sgradita apparizione.
In tutta risposta, l’uomo si limitò ad inarcare un sopracciglio.
<< Credo che tu abbia preso un abbaglio, ragazzo. Posso assicurarti che questa è la prima volta che ci incontriamo. >>
Tuttavia, il soleano cremisi non gli concesse il tempo di dire altro e alzò la mano destra in avanti.
<< Taci e muori! >> ruggì in pura collera.
D’istinto, il misterioso individuo si tastò lo stomaco. << Mhmm… Mi sento un po’…. >>
Non ebbe neanche il tempo di finire la frase. Come dal nulla, il suo corpo esplose dall’interno, riducendosi ad una grossa pozza di sangue e materiale organico.
Vorkye arricciò ambe le labbra in un sorriso soddisfatto. << Finalmente ti ho annientato. Ora sono pronto a...  >>
<< Lo dicevo, io: il chili mischiato ai fagioli può essere davvero indigesto! Devo levarlo dalla mia dieta e sconsigliarlo caldamente  >> commentò una voce al fianco del soleano.
Lì, apparentemente inalterato, vi era la figura dello stesso uomo che Vorkye aveva fatto esplodere appena pochi secondi prima.
Il dragone rilasciò un ringhio frustrato, fissando l’avversario con uno sguardo misto tra lo stupore e il furente.
<< Tu, dannato bastardo. Come hai fatto a rigenerarti da un simile attacco? >> domandò con una punta d’anticipazione.
Il nuovo arrivato si limitò a scrocchiare il collo.
<< Sai, è stato piuttosto esaltante. Sono stato accoltellato, impiccato, dilaniato, bruciato, perfino schiacciato con una golda, una volta… ma non mi avevano mai fatto esplodere dall’interno. Pensavo che i pelle rossa manipolassero il fuoco >> osservò divertito.
Vorkye rilasciò uno sbuffo sprezzante.
<< Se con pelle rossa ti riferisci ai Soleani Rossi, sappi che io sono color cremisi e manipolo il sangue. >>
Detto ciò, sollevò la mano destra una seconda volta.
<< Considera questa informazione come il mio regalo d’addio! >>
Così com’era avvenuto con l’attacco precedente, il corpo dell’uomo si tramutò in una massa informe e gelatinosa… solo per ricomporsi nella frazione di pochi secondi, vestiti compresi.
<< Che bel botto. Complimenti! >> esclamò l’essere, battendo ambe le mani in un sonoro applauso.
Vorkye compì un passo all’indietro, visibilmente scioccato. Poi, come dal nulla, una realizzazione sconvolgente cominciò a farsi strada attraverso la sua mente.
<< Tu… manipoli il tempo. Ogni volta che ti uccido riavvolgi il tuo tempo, come un orologio. Hai un potere dannatamente ostico! >> sibilò, ricevendo un’espressione visibilmente sorpresa ad opera dell’avversario.
<< Wow, complimenti! Sai, sei il secondo ad averlo capito, dopo averlo visto appena un paio di volte . Puoi respirare, non alcuna intenzione di combattere con te. >> 
Al sentire tali parole, la postura del soleano si rilassò un poco. Fissò il nuovo arrivato dritto negli occhi, un paio di pozzi gialli che parevano fuoriusciti direttamente dalle fiamme dell’inferno.
<< Ma tu chi diavolo sei? >> domandò con un ringhio.
L’uomo ben vestito indicò se stesso.
<< Io? Sono il re del nuovo millennio. Il cattivo. La nemesi... la pecora nera della famiglia ! Sono... il Maestro ! >> terminò, cimentandosi in un inchino beffardo.
Porse le braccia in segno di resa.
<< Ora, prima che tu mi faccia saltare di nuovo, che ne dici di ascoltare un attimo l’offerta che voglio farti? Non penso di chiederti troppo >> dichiarò con tono placido.
Vorkye strinse ambe le palpebre degli occhi.
<< …D’accordo, te lo concedo. Ma prima, c’è una cosa che voglio sapere, ed esigo la verità. Hai forse un qualche legame con quel misterioso demonio che molti anni orsono distrusse la mia casa? >>
Il Signore del Tempo scrollò le spalle.
<< Spiacente, ragazzo, non so di cosa tu stia parlando. Non ho mai avuto rapporti col Sole, almeno fino ad oggi >> fu la sua risposta pacata.
Detto ciò, volse al dragone un sorriso accomodante.
<< Ora, ascolta la mia proposta. Che ne dici di lavorare per me? Aspetta, aspetta, non farmi esplodere e lasciami finire! So che hai qualche problema con i pelle blu, dico bene? >>
<< Ti riferisci ai Soleani Blu? Come fai a saperlo? >> gli chiese Vorkye, diventato leggermente teso.
A parte lui e suo fratello, nessun altro era a conoscenza della profezia enunciata dall’Oracolo, quindi la rivelazione lo aveva lasciato a dir poco sorpreso.
<< Ho le mie fonti! >> ribattè l’altro, con tono allegro. 
Il soleano lo fissò con sospetto, prima di rilasciare uno sbuffo spazientito.
<< Non ha importanza. Sono tutti morti, me ne sono assicurato >> disse con fare fiducioso.
Il Mastro rilasciò una risata divertita.
<< Ed è qui che ti sbagli, amico mio! Devi sapere che, da dove vengo io, ce n’è uno, e dico uno soltanto , che potrebbe causarmi non pochi problemi. >>
Al sentire tali parole, il signore della guerra non poté fare altro che volgere al misterioso individuo un’espressione visibilmente adirata.
<< Cosa?! Impossibile ! >> esclamò, sbattendo violentemente un piede contro la superficie del canyon.
Il Signore del Tempo si limitò a stringersi nelle spalle. << Purtroppo è vero. Con i miei poteri potrei sbarazzarmene come e quando voglio ma, ahimè, ho dovuto firmare un contratto che mi vieta di torcergli anche un solo capello. C’è sempre la fregatura, dico bene? Ho pensato un po’ a come risolvere il problema e, alla fine, mi sono detto: chi meglio di un soleano, per abbatterne uno? Soprattutto se è ben motivato! >> continuò con un sorriso disarmante. 
Vorkye strinse le palpebre una seconda volta. << Capisco. Ed esattamente, dove si trova questo soleano sfuggente? >>
<< E qui sta il problema >> rispose l’altro, ricevendo un sopracciglio inarcato in cambio << Vedi, la persona con cui ho stipulato il contratto sapeva che avrei provato ad aggirare la clausola. Ecco perché ha pensato bene di nasconderlo ai miei occhi >> terminò con un sospiro sconsolato.
Il signore della guerra incrociò ambe le braccia sotto il petto muscoloso, il volto adornato da un’espressione accigliata.
<< Quindi, ricapitolando… non solo vuoi che uccida questo solenao per te, ma vuoi anche che lo trovi per conto mio. E in cambio? Che cosa ci guadagnerei? >> domandò stizzito.
Il Maestro rilasciò uno sbuffo divertito.
<< La vera domanda è: perché non dovresti farlo? Pensaci, se uccidi questo pelle blu avrai eliminato ogni possibile opposizione alla tua campagna! E non finisce certo qui, sia chiaro. Se mi aiuterai… farò sì che tu ottenga ciò che hai sempre desiderato: la possibilità di governare un impero! Ti darò tutti i mezzi che ti servono per trovare il tuo obiettivo e i passatempi che vorrai per ammazzare l’attesa. Che ne dici? Abbiamo un accordo? >> chiese porgendogli la mano destra.
Vorkye chiuse gli occhi, contemplando se accettare o meno l’offerta. 
Percependo la sua esitazione, il Signore del Tempo arricciò le labbra in un sorriso tirato. << Se possibile, vorrei che tu mi dessi una risposta immediata. Non ho molto tempo per stare qui. >>
Vorkye tacque per un altro paio di secondi, le braccia ancora incrociate. Poi…
<< D’accordo, affare fatto! >> dichiarò con tono convinto.
<< Splendido! >> esclamò il Maestro, battendo ambe la mani in un sonoro rintocco.
Fece per schioccare le dita, ma…
<< Ho solo una condizione: voglio che mio fratello venga con me >> lo interruppe Vorkye, poco prima che potesse completare il gesto.
Il Signore del tempo inarcò un sopracciglio. << Tuo fratello? >>
<< Sì, Gilgamesh. Voglio che si unisca a noi per questa impresa >> ripeté il soleano, annuendo a se stesso.
L’uomo sospirò, visibilmente irritato dalla richiesta. << Molto bene. Dove si trova? Ti porterò da lui. >>
<< L’ho inviato in una missione di ricognizione sulla Terra >> lo informò il dragone.
Un silenzio inesorabile sembrò calare nelle profondità del canyon. Per quasi mezzo minuto, il Maestro si ritrovò incapace di emettere alcun tipo di suono.
Poi, quando quel breve lasso di tempo giunse al suo termine…
<< Ah. E qui sorge un problema. >>
<< Ovvero? >> domandò Vorkye, il tono di voce ornato da una lieve punta di minaccia.
Il Signore del Tempo schioccò la lingua. << Guarda tu stesso. >>
E, dopo aver pronunciato tali parole, compì un rapido movimento con la mano destra. Per un attimo, non accadde niente. Poi, come dal nulla, l’aria attorno alla coppia cominciò ad incresparsi
Una folta coltre di nebbia avvolse l’area circostante. Né bianca né grigia. Al contrario, era nera come la notte stessa. Incuriosito, Vorkye la toccò.
Il contatto iniziale gli provocò un sussulto, come il dolore che lo raggiunse. Non era esattamente pena, però. Sembrava più una sorta di fibrillazione.
Uno o due battiti saltati, seguiti dal ritorno del normale ritmo cardiaco. Ma ora, nella sua mente, non circolava più soltanto il sangue, una volta stabilito il contatto. Le informazioni gli scorrevano dentro come un fiume
E allora… la vide.
Il sole si oscurò, come se una tetra gelida mano di morte l'avesse avvolto con le sue dita putrescenti. L'immagine, d'altro canto, non era molto distante dalla realtà, poiché dal cielo della Terra scese in una massa amorfa, senza coscienza o intelletto, ma dotata di malvagio desiderio di distruzione. Calò lentamente sulla landa mortale, simile ad un mostro le cui fauci erano pronte a consumare la sua preda.
Difatti, ove quest'orrore senza nome si posava, ecco la materia venire disgregata, divorata da un appetito senza tempo, scomparendo agli occhi sgranati di coloro che assistevano impotenti alla fine del loro mondo. La carne venne strappata dalle ossa da denti invisibili, mentre artigli incorporei trafissero pelle e organi.
La terra si spaccò. Le spirali serpentiformi della nube scavarono a fondo nelle sue radici, fino al suo magmatico cuore pulsante, e qui ne risucchiarono la linfa vitale, come un ragno che succhia via la vita da una mosca. In pochi attimi, gli oceani cessarono di esistere, e cosi le foreste rigogliose, le montagne innevate e i deserti.
I pargoli  si strinsero alle loro madri, i padri abbracciarono le figlie… e fu solo la follia.
Davanti alla fine dei tempi, l'essere umano impazzì. 
La Terra di quell’universo, nei suoi ultimi istanti, parve agli occhi di quei pochi ancora sani di mente un autentico inferno.
Sì, la Terra cadde in un baratro atroce, ma durò poco, poiché ben presto essa fu cancellata da ciò che era stato, che era e che sarebbe divenuto in futuro.
Di lei non rimase neanche un granello di polvere. Tutto venne divorato, annientato, schiacciato... e mai più fu.
Vorkye fissò il tutto con fare scioccato.
<< Cosa… cos’è questo? >> sussurrò il soleano, con lieve timore.
Fu presto affiancato dalla figura del Maestro.
<< Questo, ragazzo mio… è lo Scisma. Ed è anche a ragione per cui non abbiamo molto tempo. Vedi, alcuni tipi poco propensi al compromesso hanno deciso di dare il via all’Armageddon. Siamo alla frutta, caro il mio amico. Kaboom! Tutti gli universi stanno per essere cancellati, e non c’è nulla che possiamo fare per impedirlo >> continuò, per poi volgere lo sguardo in direzione dell’alieno << Sfortunatamente, quest’allegra banda di scavezzacollo ha deciso di cominciare l’opera di demolizione proprio col tuo. >>
<< Mi stai dicendo che mio fratello si trova in pericolo?! Devo salvarlo… portami da lui! >> esclamò il dragone, afferrando le spalle dell’uomo.
Il Maestro trasalì leggermente. << Temo che il tuo fratellino abbia lasciato questo mondo, Vorkye. >>
Il soleano scosse la testa, incapace di credere a quelle parole. << No, tu menti! Come può il mio universo essere stato cancellato? Siamo ancora qui, vivi e perfettamente in salute !>>
<< Quella sarebbe opera mia >> rivelò il Signore del Tempo << Sto utilizzando i miei poteri per aggirare temporaneamente il fenomeno. Tuttavia, non abbiamo molto tempo. Tra pochi minuti, anche questo mondo farà la stessa fine della Terra. L’universo in cui ho intenzione di portarti sarà l’unico che verrà risparmiato, dato che l’ho creato a loro insaputa, >>
Al sentire tali parole, il soleano crollò in ginocchio.
<< No! No, no! NOOOOOOOOO! >>
L’urlo bestiale riecheggiò per tutte la lunghezza della gola rocciosa, sorprendendo lo stesso Maestro.
L’uomo arricciò il volto in un sorriso apparentemente empatico. << Mi spiace, ragazzo. Questo è successo pochi minuti prima che t’incontrassi. Era già troppo tardi. >>
<< Maledetti. Che siate maledetti! >>
Vorkye si rialzò furente, e con occhi privi di pietà, fissò colui che riteneva essere il responsabile di ciò che era appena avvenuto.
Il Signore del Tempo alzò ambe le mani nel segno universale della pace.
<< Ehi, non prendertela con me. È colpa di quei capoccia se il tuo caro fratellino è morto. >>
<< Infatti saranno i miei prossimi bersagli. Prima ucciderò te e poi passerò a loro. Non m’importa se sono dèi o altro, li annienterò tutti con le mie stesse mani! >> esclamò il soleano, compiendo alcuni passi in direzione del Maestro.
Imperturbato dalle minacce della creatura, l’uomo annuì compiaciuto.
<< Questo è lo spirito! Tuttavia, credo di aver appena trovato una soluzione al problema >> rivelò, costringendo Vorkye a frenare la sua avanzata << Se si tratta solo di tuo fratello, penso di poterlo riportare in vita. >>
Il dragone dilatò le pupille, visibilmente scioccato. << Cosa? Puoi farlo davvero? >>
<< Sì, posso. Certo, ci vorrà un po’ di tempo, ma posso farlo >> confermò il Signore del Tempo.
Detto ciò, alzo l’indice della mano destra.
<< Ovviamente, ho un paio di condizioni che spero accetterai. Non sono molte, te lo garantisco. Punto uno: seguirai la prima parte del nostro accordo ed eliminerai quella seccatura per me. Punto due: saremo soci in affari. Nel nuovo mondo che ho costruito, come dire… avrò bisogno che qualcuno mi aiuti a gestire le cose. Voglio che tu ti unisca alla mia cerchia ristretta di seguaci. Come promesso, ti darò un impero da poter governare in solitaria, ma risponderai a me. >>
Dopo aver enunciato le sue richieste, il sorriso dell’uomo si trasformò di colpo da solare a diabolico.
<< Abbiamo un accordo ?>> domandò con un ghigno.
Vorkye schioccò la lingua, visibilmente adirato.
<< Avevo ragione a credere che tu fossi un demonio >> commentò il soleano, fissando il Signore del Tempo con occhi fiammeggianti << Ma se per riavere mio fratello devo scendere a patti con te… così sia! >>
<< Splendido! >> esclamò il Maestro. << Per curiosità, vuoi portare qualcun altro con te? Non sono schizzinoso. >>
La creatura draconica rimase in silenzio. Fissò la landa desolata che si stagliava oltre il canyon.
<< …No. Per quanto mi riguarda, questo mondo e tutti i suoi abitanti possono anche andare all’inferno. >>
<< Se è questo che vuoi >> commentò l’altro, stringendosi nelle spalle << Ora, che ne dici di mangiare qualcosa? Le trattative mi mettono sempre una fame da lupo! >>
Poi, appena un secondo dopo, entrambi scomparvero in un lampo di luce blu.  

I ricordi di quel giorno gli scivolarono via come l’acqua calda della doccia. Dopo aver scacciato dalla mente quei pensieri deprimenti, Vorkye si dette un’ultima sciacquata e fuoriuscì dal bagno.
Aprì le ante del suo guardaroba personale.
<< Vediamo un po’ che cosa mettere oggi >> mormorò, osservando il vestiario a disposizione.
Essendo un uomo d’affari, doveva anche indossare abiti degni di tale professione. Per tale motivo, aveva comprato un’intera azienda tessile specializzata nella creazione di abiti di marca. Passati un paio di minuti, decise di indossare un completo di Armani nero, abbinato ad un’elegante camicia bianca e cravatta rossa, scarpe di camoscio per i piedi e vari accessori da polso.
<< Perfetto come sempre >> commentò soddisfatto, mentre osservava la propria immagine allo specchio.
Il suo momento di autocompiacimento fu interrotto da qualcuno che bussò alla porta.
<< Avanti >> ordinò il biondo, sapendo già di chi si trattasse.
Ellen entrò nella stanza.
<< Signore, è l’ora della riunione >> esordì la segretaria, avvicinandosi a lui.
Il soleano annuì a se stesso.
<< Molto bene >> rispose Vorkye, avviandosi verso l’uscita.
Si fermò di colpo, volgendo una rapida occhiata laterale in direzione dell’assistente.
 << Dimmi un po’, come ti sembro? >>
<< Se devo essere onesta, signore, la preferivo quando era a torso nudo >> fu la sfacciata dichiarazione della donna.
<< Pff... AHAHAHAHAH! Apprezzo la tua sincerità. Potrei anche pensare di ricompensarla >> commentò l’altro, con fare divertito << Ne riparleremo stasera a cena. >>
E, detto questo, uscì dalla  stanza per svolgere la sue attività giornaliere.
  
                                                                                                                                                         * * *
  
<< Uff! >> sospirò Angel mentre camminava per le strade di Londra, il volto adornato da un’espressione sconsolata << Non posso credere che Il compito sia stato rimandato alla settimana prossima. E tutto a causa dei problemi personali del professore >> borbottò stizzito.
Da una parte, era contento di non dover passare il resto della giornata a studiare, ma di contro avrebbe dovuto riorganizzare tutto il suo itinerario.
“Be', se non altro, dopo il lavoro, potrò uscire un po’ con Najimi...”
Con questi pensieri in mente, l’adolescente cominciò a incamminarsi verso il ristorante in cui lavorava part-time come cameriere. Ma quello che vide… lo lasciò senza parole.
Il pub dava direttamente sul marciapiede. All'esterno, sotto una vecchia vite rinsecchita che offriva un'ombra irrisoria, si trovavano tavoli e sedie. Si trattava quindi di un locale per metà all'aperto e per metà al coperto, al quale si accedeva attraverso un muro di prefabbricato.
Davanti all’ingresso, era stato incollato un avviso che ne ordinava il sequestro.
A pochi passi dalla struttura, spiccava la figura di Joe Sims, il vecchio proprietario del locale. Sembrava quasi sull’orlo di un collasso.
<< Signor Sims! >>esclamò Angel, avvicinandosi all’uomo in fretta e furia.
<< Oh. Ciao Angel >> lo salutò il vecchio, senza girarsi per guardarlo << Come puoi vedere, è tutto finito. Tutto finito! >>
Dopo aver pronunciato tali parole, l’uomo crollò in ginocchio.
<< Attento! >> lo avvertì il giovane, balzando in avanti.
Reduce di abili riflessi, afferrò l’uomo prima che potesse cadere e lo aiutò a sedersi. Fatto ciò, afferrò le spalle di Sims, fissandolo dritto negli occhi.
<< Ma perché? Non avevate debiti o altro, me lo avete detto. Ed eravate a posto con le tasse! >>
<< La Bloodbles Corp! >> rispose l’altro, coprendosi il volto con le mani << Mi hanno prelevato il ristorante per demolirlo. Lo sostituiranno con una nuova attività. >> 
Incapace di trattenere le lacrime, il vecchio scoppiò a piangere, suscitando uno sguardo di pura compassione ad opera dell’ex dipendente.
<< Mi dispiace >> sussurrò il rosso, porgendogli un fazzoletto.
Sims lo afferrò di buon grado e lo usò per asciugarsi gli occhi. << Grazie, figliolo. >>
<< Vorrei poter fare qualcosa di più >> continuò Angel, volgendo la propria attenzione nei confronti del ristorante.
L’uomo rilasciò un sospiro sconfitto. << Purtroppo, è così che va il mondo, ragazzo mio. I pesci grandi mangiano i pesci piccoli. Quelli come me e te… non possono fare altro che accettarlo >> borbottò, prima di mettere una mano confortate sulla spalla dell’adolescente.
<< Sei una brava persona, Angel. Non dimenticarlo mai >> dichiarò con un sorriso.
Di fronte a parole tanto gentile, il rosso non potè fare altro che sorridere a sua volta.
<< Siete troppo buono. >>
 
Angel rimase in compagnia del suo vecchio datore di lavoro per qualche altro minuto. Una volta che cominciò a farsi buio, il rosso iniziò a incamminarsi per la sua strada, conscio del fatto che non avrebbe mai più rivisto quell’uomo.
In quel preciso istante, uno dei numerosi schermi presenti lungo la strada si illuminò. Come di consueto, comparve il volto sorridente del Maestro.
Angel lo ignorò. Attualmente, non era in vena di ascoltare i discorsi di un uomo che guardava tutti dall’alto in basso, senza curarsi minimamente di coloro che lo adoravano come se fosse una specie di dio.
E poi… accadde. Si bloccò di colpo.
Il tutto avvenne nella frazione di pochi secondi. Percepì un dolore immenso, un dolore che aveva provato molte altre volte. Era come se la testa stesse per scoppiargli, mentre gli occhi cominciarono a fuoriuscire dalle orbite. Afferrò la parte anteriore del cranio e ne scavò la carne con le unghie. 
Poi, come dal nulla, nella sua mente iniziarono ad ammassarsi una lunga serie di voci e pensieri distorti.
<< Benedici la mia anima, è il Maestro! >>
<< Il nostro Signore è qui! >>
<< Come si può non ammirarlo? >>
<< È un grande. Solo uno stupido non lo ammetterebbe! >>

<< N-No. N-non di nuovo >> sibilò, stringendosi la testa pulsante.
Aveva sviluppato questa capacità in maniera praticamente automatica. Ogni volta che si trovava in una zona circondata da un gran numero di persone, l’adolescente era solito percepire i pensieri e le emozioni di coloro che gli passavano accanto.
Quest’improvviso flusso psichico riusciva sempre a provocargli un dolore immenso. Aveva tentato in tutti i modi di arginare il fenomeno. Consultando libri, facendo ricerche…niente. Era perfino risultato negativo al test cerebrale utilizzato per identificare gli esper.
Ma il peggio doveva ancora venire.
<< Te l’ho detto e ripetuto un milione di volte… puoi risolvere il problema in un modo molto semplice! >> esclamò una voce più forte e profonda delle altre.
Infatti, quei segni annunciavano l’arrivo di qualcosa di molto peggio. Qualcosa che solo lui poteva vedere. Qualcosa… di mostruoso.
Un enorme figura si stagliò davanti a lui, in tutta la sua maestosità. Era alta circa una quindicina di metri.  Aveva un corpo squamoso color blu cielo, con grandi ali piumate che fuoriuscivano dalla schiena. Una lunga coda affusolata ne avvolgeva la parte inferiore del corpo. Occhi rossi come il sangue, adornati da un paio di pupille verdi, scrutavano Angel da capo a piedi.
Un drago. Un drago grande quasi quanto una piccola abitazione.
Il capo era adornato da un paio di corna contornate da anelli dorati. Parevano l’immagine speculare di una corona. L’adolescente notò che sul petto scoperto, la creatura aveva una cicatrice a forma di croce.
Non importa quante volte lo avesse già visto, ogni volta che i suoi occhi si posavano su quella bestia, il cuore cominciava a battergli a mille. Doveva essere l’adrenalina.
Eppure, la presenza di quella creatura non mancava mai di donargli una strana sensazione di fiducia e conforto. Un sentimento quasi contradditorio.
Il drago si porse in avanti.
<< Tu puoi bloccare queste voci, devi semplicemente ordinare loro di andarsene >> sussurrò, utilizzando un tono di voce calmo e pacato.
In tutta risposta, l’adolescente si voltò dall’altra parte e si mise a camminare a passo rapido. 
 << Ehi, non ignorarmi ancora! Andiamo, Angel, non puoi ignorarmi sempre così! >> urlò la bestia, spalancando le ali e cominciando a seguirlo.
Rendendosi conto di essere braccato, il rosso si mise a correre.
<< Lasciami stare! >> gridò, ricevendo espressioni e sguardi di puro sconcerto ad opera dei passanti.

                                                                                                                                              * * *
 
Angel si fermò, dopo aver corso per quasi dieci minuti buoni. Si guardò attorno, con fare frenetico.
Del drago… nessuna traccia.
<< Perché doveva capitare proprio a me ? >> sussurrò, mentre si appoggiava al muro più vicino per prendere fiato.
In quel preciso istante, il corpo dell’adolescente fu percorso da una sensazione mai provata. Sorpreso, il rosso si staccò subito dal muro e si voltò a osservarlo.
All’apparenza, era una comunissima parete delimitante una proprietà privata. Ma la domanda da porsi era quale fosse quella proprietà. Preso dalla curiosità, Angel decise di dare un’occhiata al complesso.
Quella sensazione non era stata qualcosa di negativo . Al contrario, lo aveva incuriosito come non mai e voleva vederci chiaro.
<< Cavoli, mi sto comportando come un bambino >> pensò ad alta voce.
Finalmente, vide il cancelletto che permetteva l’ingresso all’abitazione 
circondata dal verde: vi era un giardino ben curato con tanto di laghetto, carpe e alberi rigogliosi. Si trattava di una casetta in stile orientale di due piani. Le pareti erano fatte di lucido legno, il tetto aveva due tipologie di mattonelle, grigio chiaro sul lato di destro e verde scuro lungo la veranda; l’ingresso era delimitato da una porta rossa. Sul tetto e sopra i cardini erano dipinti dei simboli a forma di luna.
Angel si avvicinò all’ingresso per osservare meglio l’abitazione, ritenendola leggermente fuori posto.
<< Strano, siamo piuttosto lontani da China Town >> borbottò nel pensiero.
 Poi, successe qualcosa di decisamente inaspettato: le sue gambe si mossero contro la sua volontà e cominciarono a trascinarlo verso l’ingresso.
<< E-Ehi, ma che succede!? >>
Colto da un forte spavento, il rosso cercò di tornare sui suoi passi ma si ritrovò incapace di controllare i suoi arti. La sua attenzione fu poi attirata dalla porta, che si aprì di scatto.
Davanti a lui si presentò una coppia di bambine. Quella di sinistra aveva lunghi capelli azzurri che le arrivavano fino a terra, nonostante fossero intrecciati. Indossava una giacchetta marrone completa di piumino. Quella alla sua destra, invece, aveva corti capelli rosa e vestiva in un abito bianco a spolverino. 
<< Benvenuto! >> lo salutarono le due, con un innocente sorriso.

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<< Eh? No, c’è un erro-… >>
Il ragazzo tentò di spiegarsi, ma fu preso per le mani dalla coppia.
 << Un cliente per la padrona! >> dissero allegramente le bambine, mentre lo trascinavano all’interno dell’abitazione.
<< M-Ma che… >>
Angel si ritrovò a corto di parole. Erano piccole, certo, ma avevano una forza decisamente notevole. Tentò di frenare le sue gambe, ma queste non vollero sentire ragioni.
<< Cosa diavolo sta succedendo?! >>
<< Era inevitabile! >> gli rispose una voce femminile, facendolo sobbalzare.
Angel fu condotto davanti a una porta scorrevole, su cui erano state dipinte delle candide farfalle.
<< E lo è anche il fatto che tu sia entrato in questo posto >> continuò la stessa voce, dall’altra parte della porta.
Le due piccole lasciarono andare il rosso e, avvicinatesi alla porta, la aprirono in fretta e furia.
Angel fu investito da una nube di aria calda che, quando si disperse, rivelò l’interno della stanza. Si trattava di un piccolo salotto in legno, adornato da numerose decorazioni di  farfalle lungo le pareti.
La sua attenzione fu però catturata dall’unica persona che si trovava all’interno di quella camera. Comodamente adagiata su un divano rosso… vi era una donna.
Indossava un elegante kimono color cremisi ricamato con diverse decorazioni bianche, che le copriva un abito viola dalla scollatura generosa. Al collo, indossava un ciondolo a forma di luna crescente.
Il volto pallido era incorniciato da lunghi capelli neri, mentre una coppia di pragmatici occhi rossi si fermò a fissarlo. Nella mano destra teneva una lunga pipa, a cui diede una lunga boccata.
Per un istante, Angel la scrutò imbambolato: non era tanto il suo aspetto avvenente che lo aveva colpito, ma gli occhi. Erano simili a quelli della sua defunta madre. Colei che aveva visto in sogno più volte di quanto potesse ricordare.
<< Inevitabile? >> domandò l’adolescente, riprendendosi dal torpore << Ma io non sono un cliente! Stavo correndo e, per recuperare fiato, mi sono appoggiato al muro qua fuori e ho… sentito qualcosa di strano e poi… e poi le mie gambe hanno iniziato a muoversi da sole! >>
Rendendosi conto di quanto la sua affermazione suonasse ridicola, tentò di giustificarsi.
<< Sì, lo so che suona strano, ma… >>
<< Perché il muro è incantato >> ribatté la mora, che lo aveva osservato per tutto il tempo con un sorriso misto tra il divertito e il misterioso.
L’adolescente inarcò un sopracciglio. Magia… ovviamente, pensò stizzito.
<< Ah… capisco. Be', con permesso, ora me ne vado... >>
<< Aspetta! >> lo interruppe l’altra, fissandolo dritto negli occhi << Tira fuori quello che hai in tasca >> ordinò, porgendo la mano destra in avanti.
<< Perché, scusi? >> domandò Angel, visibilmente confuso da quell’insolita richiesta.
<< Dai, sbrigati >> gli disse lei, con tono tranquillo e pacato.
<< V-va bene >> balbettò il rosso, tirando fuori un vecchio orologio da taschino.
Senza dargli il tempo di chiedere ulteriori chiarimenti, la mora afferrò l’oggetto e cominciò a ispezionarlo.
<< Come ti chiami? >> domandò di punto in bianco, sorprendendo lo stesso giovane.
 << Eh? Oh, mi chiamo Angel. Angel Arthur Hikaru >> le rispose lui, senza pensarci troppo.
La donna arricciò ambe le labbra in un sorriso consapevole.
<< Angel come l'angelo, il messaggero di Dio. Arthur come Artù, il grande re di queste terre, e Hikaru, che in giapponese significa "luce". Un nome molto particolare, per un inglese >> commentò la mora, mentre apriva l’orologio.
Notò subito la  foto che faceva da sfondo all’intero, raffigurante il ragazzo da piccolo con i suoi genitori.
 <<  Questo sei tu? Eri davvero adorabile >> ridacchiò, ricevendo un rossore imbarazzato ad opera dell'altro. 
<< Ehm... grazie. Sono un italo-scozzese, in realtà. Ma i medici dell’ospedale mi hanno detto che ho un po’ di sangue giapponese in corpo. >>
<< Medici? >>
<< Lunga storia >> sospirò il giovane, liquidando la domanda con un gesto prezzante della mano.
In tutta risposta, la mora si limitò a fissarlo, il volto adornato da un’espressione incuriosita.
<< E quand’è il tuo compleanno? >> gli chiese, tonando ad osservare la foto.
Angel inclinò leggermente la testa. << Ehm… il primo di giugno >>
<< Ma dai, riveli il tuo vero nome e il tuo compleanno a una perfetta sconosciuta? Non sei saggio! >> commentò la donna, visibilmente divertita.
L’adolescente trasalì d’istinto.
<< M-ma siete stata voi a chiedermelo! >> protestò, mentre la coppia di bambine cominciò a danzare attorno a lui.
<< Rivelando il tuo nome a qualcuno… concedi a quella persona una parte della tua anima >> gli rispose la mora ,mentre si riempì la pipa con quello che sembrava del tabacco << Mentre la data di nascita equivale a far conoscere agli altri il tuo passato e il tuo futuro. >>
Angel la fissò con uno sguardo vuoto. << Ehm…ok. Se posso chiede-…>>
<< Vuoi sapere il mio nome, non è vero? >> lo anticipò la misteriosa donna.
Il volto dell’adolescente si fece rosso quasi quanto i suoi capelli.
<< N-no, no, non intendevo quello! >> balbettò, agitando ambe le braccia.
La sconosciuta ridacchiò divertita.
<< Va tutto bene, non è certo un problema. Mi chiamo
Yūko Ichihara. Ovviamente, è un nome falso! >> esclamò, suscitando una vena pulsante sulla fronte del ragazzo.
“Questa donna è fuori di testa” pensò stizzito.
Rilasciando un sospiro sconfitto, volse la propria attenzione nei confronti delle bambine. << Visto che ci siamo, sentiamo anche i vostri nomi. >> 
In tutta risposta,
Yūko 
indicò quella con i capelli azzurri.
<< Lei è Maru! Lei invece è Moru! >> continuò, indicando
quella con i capelli rosa << I loro nomi interi sono Marudashi e Morodashi. Non sono adorabili? >> domandò con fare retorico.
Il sopracciglio destro di Angel cominciò a contrarsi. << Se lo dite voi. Ora, per favore, restituitemi l’orologio. >>
<< Te ne vai? >> gli chiesero le due piccole, cimentandosi in un broncio adorabile.
Quasi come ad un segnale, la porta scorrevole si chiuse dietro di lui, lasciandolo senza parole.
<< Te l’ho detto, era inevitabile! >> gli disse Yūko
, apparentemente imperturbata dalla reazione dell’adolescente << In questo universo non esistono le coincidenze, ma solo l’inevitabile! >>
<<  …E va bene >> mormorò il ragazzo, sedendosi a gambe incrociate proprio di fronte a lei << Che cosa c’è di inevitabile? >> domandò con tono annoiato.
<< Sei ancora scettico? >> gli chiese la mora, mentre Maru e Moru le portavano una bacinella ricolma d’acqua.
Angel si strinse nelle spalle. << Mi concedo il lusso di avere il beneficio del dubbio >> fu la sua risposta.
<< Capisco >> commentò Yūko
, osservandolo con divertimento. 
Si alzò e mise una tavoletta di legno in mezzo alla bacinella , per poi iniziare a ripetere il nome del ragazzo. Come a rispondere alle sue parole, la tavoletta iniziò lentamente a girare.
<< Il luogo in cui vivi e quello in cui sei nato… non sono gli stessi >> sussurrò, ricevendo un’espressione di puro sconcerto ad opera del rosso.
La tavoletta iniziò a vorticare più velocemente e l’atmosfera del negozio si fece improvvisamente più pesante.
<< Adesso… anzi, sin da piccolo… hai avuto diverse preoccupazioni. Sia perché soffri di amnesia, sia per il soprannaturale al quale sei legato! >> dichiarò Yūko
, con fare consapevole.
I capelli della donna iniziarono a fluttuare, come avessero vita propria. Fissò l’interlocutore dritto negli occhi.
<< Tu vedi lo spirito di una grande bestia….e puoi sentire i pensieri di coloro che ti circondano. Dico bene? >> domandò con tono colmo d’anticipazione.
Angel deglutì a fatica. << Come… come fa a saperlo? >>
<< Ovvio, perché mi hai detto il tuo nome e la tua data di nascita >> gli rispose Yūko 
<< Una volta apprese tali informazioni, non è difficile valutare l’anima di una persona. >>
<< C-Capisco >> borbottò il rosso, osservando il suo riflesso nell’acqua della ciotola.
Soddisfatta dalla reazione dell’adolescente, la donna volse al ragazzo un sorriso compiaciuto. << Adesso il tuo orologio è mio, okay? >>
<< C-cosa!? Ma perché!? >> esclamò Angel, visibilmente adirato e contrariato.
<< Ovvio, è il tuo pagamento! >> ribatté la mora, riponendo l’oggetto all’interno di una scatola << Per ogni cosa ricevuta bisogna versare un equo pagamento. È sbagliato pagare troppo, come lo è anche pagare troppo poco. Il prezzo deve essere ragionevole, equo e bilanciato! >>
Volse la propria attenzione nei confronti del ragazzo.
<< Se così non fosse, si rischierebbe di provocare dei danni molto seri. >>
<<  Danni? A cosa? >>domandò Angel, la cui gola cominciò a farsi sempre più secca.

Yūko ridacchiò divertita.
<< Al corpo terreno. Al destino astrale. All’anima del cielo! >> elencò lei, utilizzando parole pragmatiche e ricche di misticismo.
<< Sì, ma io non ho chiesto nulla e non ho ricevuto nulla! >> protestò Angel, puntando un dito in direzione della mora.
Quest’ultima si limitò a sventolare le sue preoccupazioni. << Ma certo che lo hai fatto. Volevi una dimostrazione delle mie capacità, dico bene? >>
Porse il cofanetto nella mani di Moru e disse: << Mettetelo via, per favore. >>
<< E-ehi! Almeno ridatemi la foto! >> esclamò il giovane, facendo un passo in avanti.
Yuko sembrò prendere in considerazione la richiesta del “cliente". Dopo circa un paio di secondi, estrasse la foto dall’oggetto e la porse ad Angel.
<< Tieni! >> esclamò con un sorriso << Questa foto va ben oltre il costo pattuito. Non ha un equivalente! >>
<< Grazie >> borbottò l’altro, osservando l’immagine con un’espressione quasi nostalgica.
Arricciò ambe le labbra in un sorriso triste. << Eh… non mi sbagliavo. Siete molto simili. >>
<< Di che parli? >> gli chiese la mora, con una certa curiosità.
<< I vostri occhi. Sono identici a quelli di mia madre >> le rispose Angel << A causa dell’amnesia, non ricordo molto dei miei genitori. Ma gli occhi di mia madre… quelli mi sono sempre rimasti impressi. Rossi come rubini, capaci di guardare oltre le apparenze. >>
<< Capisco. Un ragionamento interessante >> commentò la donna, tirando una boccata dalla pipa. << Perciò… mi hai scambiato per tua madre! >> continuò con tono canzonatorio.
L’adolescente arrossì una terza volta. << M-ma figuratevi! Avete solo gli stessi occhi, niente di più! Cavoli, questo posto è un manicomio. >>
<< In realtà, è un negozio >> lo corresse
Yūko, continuando a fumare la sua pipa << Ed è specializzato nell’esaudire i desideri. >>
<< Esaudiremo i tuoi desideri! >> dissero in coro Maru e Moru, dall’altra parte della stanza << Se c’è una cosa che la padrona può fare è esaudire i desideri! >>
<< In cambio… >>
Yūko tirò un’altra boccata dalla sua pipa e la rilasciò in faccia al rosso << Riceverò un pagamento! Uno di pari valore, sia chiaro. Potrei anche chiedere la tua stessa anima! >>
<< La mia anima? Nel senso che mi uccideresti? >> domandò Angel, atterrito.
La donna si cimentò in una sonora risata. << Non ucciderei per nessun motivo! Privare qualcuno della vita equivale a un carico troppo rischioso. Comporterebbe un peso enorme! >> fu la sua criptica risposta.
<< Quindi, quando parlate di anima… a cosa vi riferite? >> le chiese il rosso, decisamente più tranquillo.

Yūko si strinse nelle spalle. << Con anima ci si può riferire anche a qualcosa che è molto prezioso per qualcuno. Per realizzare un desiderio di grande valore mi deve essere dato qualcosa di altrettanto importante. È così che funziona questo negozio >> lo informò con tono pratico.
Fissò l’adolescente con quegli occhi rossi e intelligenti.
<< Dunque, dimmi: che cosa desideri? >> domandò attraverso uno sbuffo di fumo << Vuoi che ti aiuti a fermare le voci? Vuoi liberarti dall’ombra di quella bestia ? O forse... vuoi recuperare la memoria? >>
Quell’ultimo frangente di domanda fece rabbrividire il giovane. Esitante, incontrò lo sguardo della donna.
<< Può… può realizzare per davvero un simile desiderio? >>
<< Posso farlo! >> esclamò l’altra, ricevendo cenni d’assenso ad opera di Maru e Moru.
<< Se la padrona dice che può farlo… >>
<< Allora lo farà! >> dissero all’unisono.
Angel rimase fermo e immobile, contemplando quell’affermazione con un pizzico di sale. Poteva davvero essere così semplice? Tutte le risposte alle sue domande… erano sempre state lì? Sembrava troppo bello, per essere vero.
<< …Va bene, ho il mio desiderio >> sussurrò, rompendo il silenzio che aleggiava per la camera.

Yūko si porse in avanti, gli occhi adornati da un luccichio malizioso.
Angel prese un respiro profondo e disse: << Non nego che ci sono volte in cui vorrei che le voci e il drago sparissero, ma… dentro di me… c’è qualcosa che mi dice che non è quello che voglio davvero. In realtà… c’è qualcosa che non mi ha mai convinto: quello che ho attorno. >>
<< Davvero? E che cosa ci sarebbe di strano in quello che hai intorno? >> gli chiese Ichihara, con un certo interesse.
<< Ogni cosa! >> esclamò il rosso, portandosi le mani alla testa << Ogni giorno mi alzo normalmente, ma ho come la sensazione che ciò che guardo fuori dalla finestra… non è il mondo che conosco. A volte, penso che nemmeno i miei ricordi siano reali. Lo penso sempre, ma poi la ragione mi dice che sto sbagliando, che sono solo i  deliri di un adolescente, io… non so cosa pensare! Tuttavia… non c’è solo la ragione a guidare una persona. Voglio solo sapere la verità! >>
<< E tu vorresti chiedermi un desiderio così indefinito? Per di più, stai dicendo queste cose ad una perfetta sconosciuta. Perché? >> domandò la mora, cimentandosi in un sorriso divertito..
<< Perché mi fido delle mie sensazioni >> ribatté l’altro, con tono fermo e deciso << E queste mi dicono che posso fidarmi di lei.  >>
<< Che adulatore! >> esclamò lei, il volto adornato da un’espressione birichina. << Molto bene, esaudirò il tuo desiderio. Ora, veniamo al pagamento! >> esclamò, ricevendo un sospiro sconsolato da parte dell’interlocutore.
<< Fammi indovinare… vuoi questa foto, non è vero? >>
<< Oh no. Il  valore di quell’immagine è ben superiore a quello tuo desiderio! Vediamo, fammi pensare >> borbottò la donna, picchiettandosi il mento.
Dopo circa una decina d secondi, schioccò le dita.
<< Ci sono! Lavorerai qui >> dichiarò come un dato di fatto.
Angel si limitò a fissarla con fare incredulo. << Cosa? Volete che lavori part-time per voi? >>
<< Esatto. Sarà questo il tuo pagamento. Lavorerai qui fino a quando il prezzo non sarà equivalente. Dopo di che, esaudirò il tuo desiderio. >>
<< Lavorerai qui! >> esclamarono Maru e Moru,saltellando allegramente attorno alla figura dell’adolescente.
<< Ora che ci penso, è da tanto tempo che non assumo qualcuno. Che ne dici di fare un piccolo party per festeggiare l’evento? >> domandò
Yūko, con una punta di divertimento.
Angel deglutì a fatica. << Ehm… non è necessario, dico davvero. >>
<< Per fare un party ci serviranno del buon sakè e del pesce di qualità >> continuò l’altra, ignorando le proteste del giovane << Oh, e serve anche un buon compagno di bevute! >> esclamò, puntando un dito in direzione del rosso << Ora, in quanto tuo nuovo capo, ecco la tua prima commissione: vai nel magazzino e porta qui il mio compagno di bevute >> ordinò, ricevendo un espressione visibilmente confusa da parte del ragazzo.
<< Eh? Nel magazzino? >> 
 
                                                                                                                                                  * * *
 
Seguendo le indicazioni di
Yūko, Angel scese nel magazzino sottostante il negozio. Era un corridoio lungo quanto la casa, tutto in penombra. Al rosso ci volle poco per abituarsi alla luce fioca.
Una cosa che notò furono i numerosi oggetti che vi erano conservati con cura: ognuno di loro rappresentava un pagamento per un desiderio espresso da una persona.
Per un attimo, il ragazzo si chiese quante persone avevano deciso di rinunciare a qualcosa di prezioso, al fine di veder realizzato un loro desiderio.
<< C’è nessuno? >> chiamò Angel, ma non ricevette alcuna risposta.
 "Possibile che qualcuno abbia deciso di abitare proprio qui sotto?” si chiese dubbioso.
Ma non ebbe il tempo di chiedersi altro poiché, a causa della penombra, mise il piede in fallo e perse l’equilibrio. Per istinto, afferrò una mensola su cui erano stati riposti diversi scatoloni, ma questa non resse e il ragazzo cadde in avanti. Centinaia di oggetti fuoriuscirono dai contenitori, a causa del contraccolpo.
Per fortuna, il rosso non si ruppe nulla. A rigor di ciò, qualcosa gli cadde in testa, provocandogli un certo dolore.
L’adolescente raccolse l’oggetto in questione.
<< Eh? Un animaletto di pezza? >>

Infatti, la cosa che lo aveva colpito non era altro che un curioso animaletto di pezza tutto nero, tondo come una piccola polpetta, con lunghe orecchie e una gemma azzurra sulla fronte. Sull’orecchio sinistro, portava un piccolo orecchino.

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Poi accadde qualcosa di decisamente impensabile. La curiosa polpetta nera aprì di colpo gli occhi, facendo quello che poteva quasi definirsi uno sbadiglio.
<< Ha parlato? >> si domandò il ragazzo ad alta voce.
<< Più o meno! >> gli rispose l’animaletto, sorridendo consapevolmente.
<< Non ci sono dubbi! >> esclamò il rosso, fissando la creatura con fare scioccato.
Il buffo coniglietto ridacchiò.  
<< Bel commento >> ribatté allegramente.
<< Incredibile >> borbottò Angel, pizzicandogli una guancia << Scommetto che sei tu il compagno di bevute della signorina
Yūko. >>
<< Indovinato! Io sono Mokona, e sono un animagico >> gli confermò l’esserino, presentandosi con un rapido inchino.
<< Ehm, Piacere di conoscerti, io sono Angel. Sono il nuovo assis-… >>
Tuttavia, poco prima che il rosso potesse completare la presentazione, qualcos’altro gli cadde sulla testa. L’adolescente afferrò l’oggetto.
 << Ma che dia-… un cappello di paglia? >>
In effetti, ciò che il ragazzo aveva tra le mani era proprio un cappello concavo realizzato con della paglia, attorno al quale era stato dipinto un nastro rosso. Doveva essere uscito da uno degli scatoloni.
Come dal nulla, un lampo di luce attraversò la visione del ragazzo, seguito da una voce femminile.
<< Quando ti sentirai triste, premilo stretto e chiudi gli occhi. Vedrai che i sentimenti di coloro che l’hanno indossato ti sapranno dare conforto! >>
<< Che ti prende? >> domandò Mokona, arricciando il volto in un’espressione curiosa.
Il rosso non gli rispose. Si limitò a indossare nuovamente quel buffo capello e a chiudere gli occhi.
All’inizio, pensò che non avrebbe visto nulla. Poi… accadde.
In un attimo, la sua mente fu invasa da immagini di luoghi, persone e avventure di cui non aveva nemmeno sospettato l’esistenza. Vide uomini dal solare sorriso alzare le mani verso un infinito orizzonte e gridare all’avventura insieme ai loro compagni. Ne percepì i sentimenti e le forti emozioni, le gioie e i dolori.
Davanti a loro c’era sempre un vasto oceano, abbracciato da un limpido cielo che si estendeva verso l’infinito. E poi, vide un bambino dai rossi capelli e dai luminosi occhi verdi, che osservava incantato quel paesaggio, mentre era tra le braccia di un uomo che volava sospeso nel vuoto…
<< Ehi! >>
Angel aprì gli occhi incredulo e fissò il cappello. Aveva visto per davvero quelle immagini? O erano state solo frutto della sua immaginazione? No. Erano troppo reali, calde e vivide. Che diamine?!
<< Ehi, ehi. Guarda che non puoi prendere un oggetto senza il permesso di
Yūko, lo sai? >> lo riprese la Mokona, saltandogli sulla spalla.
<< E se glielo chiedessi? >> domandò il rosso, per poi avviarsi verso l’uscita.
 
Una volta tornati nella stanza principale della magione, l’animagico si lanciò sulla figura di
Yūko.
 << Mokona, hai dormito bene? >> domandò questa, mentre lo teneva in braccio.
<< Yawn! Benissimo >> le rispose la creatura, stiracchiandosi contro il petto della donna.
Angel lo fissò con fare scettico. << Hai dormito per davvero in un posto del genere? >>
<< Sì, per tre anni >> gli rispose l’animaletto, sorprendendo il ragazzo.
“Tre anni ?! Ma che…”
<< Ah,
Yūko, Angel vorrebbe chiederti se può tenere questo con sé! >> continuò Mokona, interrompendo i pensieri del rosso.
Indicò il cappello che l’adolescente teneva tra le mani.
<< Ma tu guarda! >> commentò la mora, osservando il buffo accessorio << Mi ero quasi dimenticata di avere quell’affare. Perché lo vuoi? >> 
Per un attimo, Angel si ritrovò incapace di rispondere. Perché voleva quell’affare? Lo aveva indossato senza pensarci, quasi come se quell’azione fosse stata radicata in lui.
Deglutendo a fatica, sussurrò: << Perché… perché sento che è mio. >>
<< Davvero? Ne sei sicuro? >> mormorò l’altra, assaporando un po’ di tabacco.
L’adolescente scosse prontamente la testa, nel tentativo di schiarirsi le idee.
 << Io… so che sembra strano. È la prima volta che lo vedo, eppure… mi sembra familiare, come se lo avessi posseduto da bambino. >>
<< Che risposta criptica >> commentò Mokona, saltando sulla sua spalla del rosso e tirandogli la guancia.

Yūko si portò una mano al mento, apparentemente sovrappensiero. Dopo quasi un minuto buono, esclamò: << Era inevitabile! >>
Volse la propria attenzione nei confronti del rosso.
<< Va bene, il cappello è tuo, ma dovrai darmi un pagamento di pari valore. Il tuo portachiavi! >> ordinò, porgendo la mano destra in avanti.
Angel inarcò un sopracciglio, leggermente confuso dalla richiesta.
<<  Cosa? Vuoi solo questo? >> domandò, estraendo dalla tasca un portachiavi a forma di gattino cui erano state attaccate le chiavi dell’appartamento.

Yūko annuì in assenso. << Esattamente. >>
<< Ehm… okay. Prendilo pure >> borbottò il rosso, staccando le chiavi e posando il gattino nella mano della commerciante.
La donna ridacchiò soddisfatta.
<< Ottimo. Ed ora, facciamo un trucchetto di magia! >>
Detto questo, schioccò le dita. Per un attimo, non accadde nulla. Poi, appena pochi secondi dopo, il cappello di paglia si ridusse in dimensioni, diventando grande quanto il portachiavi che era stato appena usato per “comprarlo”.
Angel fissò il tutto con fare incredulo.
Afferrò l’oggetto e gridò: << Ma che… perché l’hai fatto?! >>
<< Quando capirai il motivo, potrai indossarlo di nuovo >> gli rispose la mora, con un sorrisino divertito<< Mokona, da oggi Angel lavorerà per noi. Festeggeremo facendo un bel party! >>
<< Evvai, si fa un party! >> esultò l’animaletto, saltellando allegramente.
“Che strana coppia” pensò il rosso, lo sguardo ancora fisso sul suo nuovo portachiavi.

Yūko battè ambe le mani in un rapido rintocco. << Su su, voi due, andate a fare la spesa per il party >> ordinò con fare giocoso.
L’occhio del suo nuovo impiegato cominciò a contrarsi pericolosamente. << Cioè… è un party in mio onore… e devo pure andare a fare la spesa? >>
<< Sì! Andiamo >> lo intimò Mokona, saltandogli sulla spalla sinistra.
Angel, tuttavia, non si mosse, rimanendo piantato a terra. Notando l’esitazione del ragazzo, la maga tentò di rassicurarlo.
<< Non preoccuparti. Una volta tornati, ti restituirò tutti i soldi spesi per le commissioni. >>
<< …Va bene >> sospirò Angel, visibilmente sconsolato.
Pochi secondi dopo, uscì dal negozio, accompagnato dalla creatura.
<< Torna presto! >> lo salutarono Maru e Moru, con un allegro sorriso.
L’unica che rimase in silenzio fu
Yūko
, che lo fissò fino a quando non ebbe svotato l’angolo. Poi i suoi occhi rossi si incrociarono con quelli di una misteriosa figura dall’altra parte della strada, nascosta tra le ombre del villeggiato.
Najimi Ajimu ricambiò lo sguardo, arricciando ambe le labbra in un sorriso complice.  
<< Spero che tu sappia ciò che stai facendo >> sussurrò una voce profonda, alle spalle della giovane donna.  
Come dal nulla, la figura di un enorme drago blu si materializzò al suo fianco.
<< Fidati, è la scelta migliore >> rispose la castana, il volto adornato da un cipiglio triste.
<< Me lo auguro >> borbottò la bestia << Se il Maestro dovesse scoprire dove si trova… >>
<< Non lo farà >> lo interruppe Najimi << Credimi... me ne assicurerò. >>



Personaggi 

Angel Arthur Hikaru
Opera: OC (Original Character)
Immagine: https://static.zerochan.net/Tachibana.Lind.full.1930396.jpg
Soundtrack: https://www.youtube.com/watch?v=f5DVa5iYgSY&feature=youtu.be
Autore: Nick Nibbio

 
Vorkye Bloodbless
Opera: OC (Original Character)
Immagine: https://static.zerochan.net/Gilgamesh.full.1993656.jpg
Soundtrack: https://www.youtube.com/watch?v=DelhLppPSxY&feature=youtu.be
Autore: Nick Nibbio

 

Yūko Ichihara
Opera: xxxHOLiC
Video Tribute: https://www.youtube.com/watch?v=LH2m5tStdZg&feature=youtu.be
Soundtrack: https://www.youtube.com/watch?v=EUPxfMTnFeg&feature=youtu.be
Autore: Nick Nibbio

 
Najimi Ajimu
Opera: Medaka Box
Immagine : http://pm1.narvii.com/6414/72789fdffdac64250999dac7a4396c981183794d_hq.jpg
Soundtrack: https://www.youtube.com/watch?v=EfmsfcvkWDA&feature=youtu.be
Autore: Nick Nibbio
 
L’aspetto del misterioso drago blu è questo:

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Il demone che ha distrutto la casa di Gilgamesh comparirà in seguito, e avrà un ruolo importante. Vi avvertiamo già che non si tratta di un OC. Anche la madre di Angel non è un OC.
I resto dei personaggi sono stati gestiti da Evil Ulquiorra.

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Capitolo 7
*** Interludio: La Fine di Tutto ***


NOTE IMPORTANTI:
L’autrice del capitolo si scusa per il ritardo, vi sono stati alcuni problemi legati ai tempi di consegna.
Questo capitolo sarà un po’ diverso dagli altri, perché gran parte di esso è narrato dal punto di vista di un’entità pressoché onnipotente. L’autrice in questione ha fatto del suo meglio per rappresentare tale concetto. Se avete domande, non esitate a consultarci nelle recensioni.
Il capitolo costituisce un balzo all’indietro rispetto all’ultimo, ed è ambientato durante lo Scisma. È anche l’ultimo capitolo d’introduzione, dal prossimo inizierà la storia vera e propria. Saranno presenti anche alcune tracce musicali, alle quali potrete accedere attraverso i vari link.
Buona lettura!



 
Interludio: La fine di Tutto
 

https://youtu.be/r1PHHWjLKWE
 
Non a tutti interessa sapere da dove nascono i racconti, e ciò è perfettamente lecito. Non è necessario conoscere il funzionamento di un motore a combustione interna per guidare un'automobile, così come non è necessario conoscere le circostanze dalle quali è scaturito un racconto per provare piacere nel leggerlo.
I motori interessano ai meccanici e le creazioni letterarie interessano agli accademici, agli ammiratori e agli impiccioni. I primi e gli ultimi sono quasi sinonimi, ma pazienza.
Leggere una buona storia è, per molti versi, come avere una relazione sentimentale lunga e soddisfacente. Un racconto è tutt'altra cosa.
Un racconto è come un bacio veloce, nel buio, ricevuto da uno sconosciuto. Naturalmente non è la stessa cosa di una relazione o un matrimonio, ma un bacio può essere dolcissimo, e nell'intrinseca brevità del gesto risiede la sua speciale attrazione.
Perché i racconti durano, e sono parte di ognuno di noi. E questo racconto, come molti altri, comincia in una calda giornata di primavera.
Quella mattina, i campi erano più verdi del solito: le spighe di grano selvatico protese verso il cielo si piegavano dolcemente sotto la brezza che lambiva la terra con pallide e immateriali dita delicate, le quali si posavano su quella landa con tocco fantasma, portando l’aria frizzante tipica del sorgere del sole. Le colline, dal canto loro, si susseguivano l'una dopo l'altra in dolci pendii dominati da un soffice manto erboso, fitto e rigoglioso.
Poi, con il fenomeno notturno della rugiada, ecco levarsi il profumo della terra bagnata, l'aroma di freschi pascoli che tanto facevano gola ai numerosi branchi di ruminanti che avevano fatto della vallata lussureggiante di Nimiria, la loro casa, un tranquillo e sperduto angolo di mondo lontano dalle vette montuose dominate dai draghi e le vaste foreste asfissianti, patria delle chimere.
Era proprio durante l'alba che la vallata pareva risplendere di luce propria, con i corsi d'acqua che scivolavano placidi nei loro letti di ciottoli, e pesci variopinti che si lasciavano trasportare verso i loro luoghi di nidificazione. Poco più avanti si stagliava la foce nella quale confluivano la maggior parte dei fiumi di quella regione, prima di sfociare nell’immensa landa salata conosciuta dai più come il grande oceano.
Tanti piccoli occhi si destavano col sorgere del sole, appartenenti a roditori ,marmotte e varie altre specie di mammiferi. Zampette dalle dita sottili cominciarono a trattare le pellicce con fare parsimonioso, umide per la recente rugiada.
Era una visione magica, quasi fiabesca.
Poi, come dal nulla, l'acqua cominciò a tingersi col rosso scarlatto del sangue, mentre i pesci si attardarono presso brandelli di carne che galleggiavano lungo il pelo dell'acqua.
Nei pressi delle rive fangose, sciami di formiche cacciatrici iniziarono a setacciare la zona in cerca di cibo, saziandosi in gran quantità delle membra e dei crani spaccati sparsi per la valle. Alcune di loro trasportavano bulbi oculari colmi di puro terrore, mentre altre si dilettavano nello sgranocchiare dita sottili e organi lasciati all’aria aperta.
I raggi del sole inondarono la pianura e l'argento e l'acciaio ne riflessero la luce calda e benevola che schiariva i volti squarciati dalla spada e dal piombo, mettendo in risalto le frecce sparse su tutta la distesa erbosa, le catapulte annerite dalle fiamme e i corpi agonizzanti dei cavalli impalati contro barricate grondanti d’interiora appartenenti a uomini e bestie.
Quando le ombre si allungarono, i torrioni abbattuti e le cinta in legno gettarono le loro aspre figure sui cannoni scalfiti, i toraci squarciati e i cuori sbranati dai mastini e dai leoni da guerra.
Le membra delle chimere erano coperte da decine di cavalieri divelti e sembrati con artigli e denti. Ecco invece i grifoni, i cui corpi erano stati issati al di sopra di picche e lance, le ali tagliate, le zampe mozzate e i becchi staccati di netto da poderosi colpi d'ascia.
Il vento si fece sferzante e spazzò la terra, facendo ondeggiare i vessilli squarciati e tristemente piantati sui corpi dei caduti. Le bocche aperte dei cadaveri ritraevano l’orrore e la follia provati in punto di morte.
Un ippogrifo si arrestò in cima ad una delle poche colline rimaste immacolate per tutta la durata di quella feroce battaglia. Il fiero corpo era velato da leggere piastre intagliate nell'oro e nel diamante, fuse assieme nelle fucine ai piedi delle lontane montagne, dove i ciclopi avevano conservato i loro antichi strumenti di orafi e armaioli.
Con un verso acuto chinò il capo per permettere alla donna seduta sul suo dorso di poggiarsi a terra con gli stivali ferrati. In tutta risposta, ricevette una lenta carezza, cosa che lo spinse a poggiare il capo a forma d’aquila contro il palmo di quella mano amorevole.
Auth, la Madre di Tutto, fissò atona i resti dello scontro e scese con grazia per il lieve pendio, scavalcando i corpi e ignorando i resti di organi e muscoli che risucchiavano le suole dentate degli stivali.
Portandosi il pollice destro alle labbra, fece scorrere lo sguardo tutt'attorno con un'espressione neutra.
<< Avete svolto il vostro dovere >> disse rivolta ad una testa mozzata di quello che riconobbe come uno dei suoi numerosi fedeli, e senza aggiungere altro volse le spalle alla vallata, con la cappa bianca che ne avvolgeva la slanciata figura come una sacra aura smossa dal vento.
Quella era una guerra di santi e dannati… e lei si trovava proprio nel mezzo. Lei era ciò che in molti odiavano e altrettanti amavano; alcuni uccidevano per lei, mentre altri avrebbero voluto vederla pendere da una forca, col corpo perfetto violentato dai cani e la testa divorata dai serpenti. Perché questo era il fato di ogni divinità, che fosse buona o cattiva.
Restando indifferente anche a quei pensieri, la donna passò accanto alla sua aspirante sacerdotessa. Alzò lo sguardo sulla pallida figura di Kyrie, capelli biondi e sinuosi che circondavano un volto ancora fanciullesco e segnato da una singola lacrima turchese.
<< Questa sono io, e queste sono le guerre combattute nel mio nome.  Molti dèi sono morti, nel tentativo di affermare il loro dominio su di me. Io li ho bruciati, facendo precipitare il loro ricordo nell’oblio. Ora scegli. Mi veneri? Mi ami? Sei disposta a seguirmi, nonostante tutto questo? >>
 E, dopo aver pronunciato tali parole, le sfiorò amorevolmente un ginocchio e passò oltre... attraversando tempo e spazio.
 

https://youtu.be/UDVtMYqUAyw
 
Mentre quei ricordi sfumavano nel passato, un megalitico occhio si aprì sui luminosi astri dell'esistenza.
Un'iride formata da stelle, galassie e nebulose. Una pupilla nella quale aleggiavano pianeti, sistemi solari e civiltà interstellari, che si muovevano su navi fra i sub spazi delle dimensioni, attraversando le barriere della logica e della realtà.
L’occhio si mosse, osservando i vari piani spaziali attorno a lui, varie dimensioni l'una sopra l'altra connesse sa quella rete geomantica che interfacciava fra loro i fulcri degli universi in un pilastro ancestrale posto al centro del creato. E lei lo comprendeva tutto.
Al centro di quella colonna di essere e di nulla, una mano di sostanza e potere puro si sollevò attraverso anni luce e più di altezza, andando a congiungersi con la sinistra al di sotto di un pianeta nano appena nato, un piccolo Urania che volteggiava su un mastodontico oceano di idee, dati e numeri sovrapposti in un moto eterno di flutti che s'infrangevano contro l'etera spuma cristallina. Erano questi mari nient'altro che palmi e dita, i quali, amorevolmente, si strinsero attorno a quella nuova forma di esistenza tangibile .
Una voce dolce e carezzevole giunse da innumerevoli millenni, in alto, appena prima della vetta del pilastro, ma il cui suono era quasi totale, colmante di ogni cosa. Vorticava attorno all’esistenza come un velo nella corrente.
<< Urania, comportati bene, è arrivato il momento di far parte di qualcosa di più grande di te. Guarda >> sussurrò  la somma voce, portando il globo ancora più in alto, nei pressi dell’universo astrale posto lungo la 46esima base della colonna. 
Lo avvicinò alle varie galassie, mostrandogliele una ad una.
Urania quasi tremò, girando sul proprio asse, e parve osservare la Madre con apprensione.
Ella era in piedi al centro del tutto, mirava ogni millisecondo che passava nuovi aspetti della realtà, mutando come e quando voleva la fisica, la matematica e le più antiche leggi quantistiche o atomiche. Frutto sì di miliardi di anni di evoluzione e riflessioni, contratti però nel milionesimo frammento di un millesimo di secondo.
Tale era la velocità di pensiero e di potere di creazione e distruzione di Auth, la Madre al centro del tutto, che tutto vedeva e TUTTO poteva. Un’entità generata dall’inconscio collettivo di ogni singolo essere vivente del creato, figlia, per certi versi, del Multiverso stesso.
Volse quello sguardo omnisciente sugli infiniti piani della colonna, un monumento di astri e pura esistenza diviso in basi sparse.
La milionesima base poggiava sotto la quarantaseiesima, la 20.000esima accanto alla decima e così via, susseguendosi lungo ciò che era, che sarà, che è... e che mai sarebbe stato.
Il continum dello spazio e del tempo, racchiuso all’interno di quella costruzione metafisica.
<< Vai Urania, i tuoi fratelli ti attendono. Pensa ad un mosaico, formato da migliaia di tasselli. Ognuno di essi è già perfetto, ma è nell’insieme di tutto che troveranno il loro posto. Gli uomini, gli elfi, i Tuatha... ogni essere vivente deve far parte del Disegno. Quindi va, l'esistenza ti attende. >>
E così dicendo, magnifiche labbra azzurrine e violette, rese vive e accese da nebulose di fulmini, tuoni e saette, si posarono sul corpo celeste in un rapido bacio. Labbra di particelle che viaggiavano alla velocità della luce, delineanti i contorni di una bocca appena dischiusa.
Spostando abnormi masse di materia esistenziale con il suono della sua voce, Auth spargeva nel cosmo il senso di quella canzone, così come questa veniva concepita nelle svariate miriadi di pianeti collocati in tutto il mistico pilastro.
L’entità quindi si sedette, incrociando le gambe e fluttuando al centro del creato, scrutando i suoi figli e figlie, muovendo lentamente le braccia e accarezzando il vuoto cosmico con i polpastrelli, dai quali scaturì polvere stellare e materia grezza.
E con quell'azione andava cancellando interi piani e civiltà, spazzandole via, facendo crollare lune e pianeti,  condannando all'oblio intere specie. In quegli stessi istanti nacquero altre essenze e razze, con nuove religioni, lingue, giochi, tradizioni e politiche. Alcune venivano messe al mondo già sviluppate, altre affrontavano milioni di anni di evoluzione attraversando crisi, disastri e proliferi periodi dorati.
Auth vide quindi primati ricoperti di pelliccia e analfabeti arrivare a combattere guerre nello spazio, a bordo di incrociatori stellari balenanti nel buio, attraverso campi di asteroidi, tempeste magnetiche e corpi celesti di magma ribollente.
Tutto ciò avveniva in un tempo infinitamente inferiore all'istante, almeno per un’entità come Auth. Era conosciuta in ogni civiltà con aspetti e nomi diversi, ed era venerata come una dea.
Per molte razze, sedeva al di sopra dello sconfinato pantheon che lei aveva sfidato, sostituendosi agli dei primordiali. In quanto tale, era evocata, veniva pregata, si offrivano a lei libagioni e canti... e in quanto Dea, sebbene un termine tanto semplice non potesse in alcun modo rendere giustizia alla sua totale natura, essa esaudiva i desideri dei suoi sudditi.
Dividendo la sua essenza in cloni senza numero, vagava sulle lande di quei pianeti vicini e lontani al tempo stesso, recandovisi per studiare e aiutare coloro che necessitavano della sua benedizione. E in tutto questo, lei rimaneva sempre al centro del suo dominio, osservando con la stessa precisione con cui un microscopio osserva gli organismi microcellulari di cui è composta una goccia d’acqua.
Tranne rare volte, quando ad invocarla era colei che NON era compresa nella sua onniscienza. Una creatura esterna, immortale, ma legata alle leggi della Madre.
Kyrie, la sua prima sacerdotessa. Un’entità originata in maniera quasi inconscia dalla stessa Auth, per affrontare la sua solitudine.
Vi era un palazzo nel dipinto del multiverso, creato dalla manifestazione fisica dell’inconscio collettivo, celato da ogni quando e ogni dove. L'entità aveva creato questa realtà separata apposta per quella donna, nel tentativo di compiacerla, e tale dimensione portava il nome di Vanisya, un luogo pallido e immacolato, caratterizzato da campi erbosi i cui steli d'erba erano in vetro, cristallo e perfino diamanti.
Nonostante questo, essi si piegavano dolcemente sotto i passi di Auth, i piedi nudi che calavano sul suolo, lambendolo appena. L’entità, infatti, pareva fluttuare nel vuoto dell’aria, mentre si avvicinava al centro di quella micro-realtà. I suoi lunghissimi capelli variopinti danzavano nelle fresca brezze che aleggiava sulla pianura, irradiata da puri raggi di luce e colori.
Un dipinto, questo era la dimensione. Un perfetto dipinto dove Auth si era divertita a giocare con i colori, mescolandoli sulla tela che era l'universo, fondendoli a eccelse rappresentazioni grafiche di una geometria e prospettiva studiate oltre il fanatismo dei più abili scultori.
Vi aveva infuso tutto il suo potere senza alcuna limitazione, facendo sì che la stessa Vanisya fosse dotata di una propria aura, di un'essenza distaccata dal pilastro dell’esistenza.
Nascosta a tutto e tutti… almeno così credeva.


https://youtu.be/lxRIxovS7nQ
 
Qui stava Kyrie, seduta su una panchina di vetro, all'ombra di un salice piangente le cui fronde ondeggiavano al vento, stagliandosi contro l'azzurro immacolato del celo. La fanciulla teneva il capo chino su una tela in fili argentati e dorati, avvolta attorno ad un cerchio in semplice legno, dalla quale stava ricamando qualcosa.
Motivo ricorrente delle sue creazioni erano particolari fiori, articolati in numerose e complesse forme geometriche che s'intersecavano l'una con l'altra in una lucida, folle visione di ciò che la circondava.
<< Fra poco dovrò essere gelosa. Stai diventando più brava di me >> sussurrò Auth alla sua sinistra, aggirando il massiccio tronco dell'albero e portandosi accanto a lei.
Osservò con infinita dolcezza ciò che le stava davanti, e con altrettanta delicatezza, portò una fresca e tremante mano al volto della punzella, la quale spinse il viso contro quell'amato palmo, sospirando piano e mettendo da parte la sua opera, lo sguardo volto nei confronti delle sua creatrice. 
<< Mi avete sentito, mia signora >> disse lei, dopo una piccola pausa passata ad osservare quegli occhi immersi nel viola e nel rosso. 
Come suo solito, versò una solitaria lacrima di pura gioia, che Auth non mancò di asciugare, sfiorandole la rosea guancia col pollice.
<< Ti sentirò sempre, Karasy, e sempre sarò qui a stringerti >> rispose l'entità, sedendosi accanto a lei e sorridendo appena.
La fanciulla si sdraiò sulla panchina, poggiando la testa sulle nude e perfette gambe della donna. Questa cominciò a cantare una lenta litania. Al contempo, Auth iniziò ad accarezzarle il volto, un volto che amava alla follia.
<< Karasy... che significa, mia signora? Mi chiamate sempre così, ma ne ignoro il motivo >> sussurrò Kyrie, sdraiandosi sulla schiena.
La manifestazione dell’inconscio collettivo sorrise ancora una volta, chinandosi sulla bocca della seguace e lambendola con le proprie labbra.
<< In un pianeta lontano, significa Stella Perfetta. Tu sei la mia piccola stella perfetta. Una stella sulla quale non ho potere, amore mio. >>
E, dopo aver pronunciato tali parole con un cinguettio appena udibile, poggiò la schiena all'albero posto alle sue spalle.
Imitata dalla fanciulla, chiuse adagio gli occhi, godendo dell'aria fresca sul suo corpo semi-nudo e il respiro dell’amante, lì dove la sua pelle era più sensibile. Ciò non potè fare altro che provocarle una delicatissima sensazione di piacere tanto sensuale quanto dolce.
<< Insieme per sempre, mia signora? >> domandò la sua giovane creazione.
<< Anche oltre, piccola mia. Anche oltre >> rispose Auth, prima di lasciarsi andare al dolce sonno.
Ma ciò che sognò… fu atroce.
 
Con un boato capace di far tremare tutto il pilastro dell'essere, gli astri si spaccarono come uno specchio. Crepe si diramarono dal centro nel tutto, pulsando come un cuore vivente. Da quelle spaccature fuoriuscì del sangue; sangue nero, bollente e malvagio, dotato di una propria perversa coscienza, che esplose come un ordigno di pura energia in mezzo al creato, mandando tutto in pezzi .
Come lastre di vetro colpite dal maglio di un fabbro, i frammenti piovvero sulle galassie e si sparsero sugli astri.
Lo Scisma… era cominciato.

 
 
Terra – In un altro universo
 
https://youtu.be/c0XBTkC15DM
 
Vedendo un'ombra crescente incombere sul giardinetto di casa, una bambina levò lo sguardo al cielo, tenendo la mano del proprio fratellino. Spalancò la bocca, sgranando le palpebre al vedere una megalitica scheggia di astro cadere sulla sua città...
L'impatto fu apocalittico. Crollò sulla guglia, franando come se fatta di carta. Pietra, acciaio e calcinacci rovinarono al suolo, mentre l’onda d’urto frantumò le finestre nel raggio di diversi chilometri. Immensi palazzi caddero divelte sulle strade, rotolando lungo le marmoree scalinate e schiacciando sotto di loro civili e milizia, portando al cielo schizzi purpurei di sangue e cemento. I cocci si levavano dalle strade, fendendo i corpi degli ignari passanti.
Decine di figure andarono a spalmandosi sulle pareti delle case, con gli organi accentuati dal bianco dello stucco. Canali di scolo e fontane si tinsero di sangue. Pezzi di carne dilaniati da travi e chiodi vennero strappati da gambe e braccia.
A pochi metri da quella scena da incubo, una madre correva impazzita verso i piani più bassi, dove gli edifici si facevano più semplici.
Non si accorse che nella mano destra stringeva solo il braccio della figlia dilaniata dalle macerie.
 
In un altro pianeta, vari piani più in basso, fu il mare a portare il disastro.
Colonne d'acqua salmastra si levarono dagli oceani con rombi simili a ruggiti. Strida di mostri marini si levarono al cielo, mentre i loro corpi, sbalzati via dalla corrente, caddero a peso morto sulle metropoli. E dopo attimi di silenzio, spalancarono le fauci armate di denti acuminati. 
Tentacoli vischioso ricoperti di aculei saettarono verso l'esterno, ghermendo le vittime tra la folla che era andata formandosi attorno a loro. In preda al delirio e all’orrore, le persone si dispersero in pochi istanti in una follia suicida.
Poiché con la paura si susseguiva l'incapacità di ragionare, portando inevitabilmente all'errore. Ed ecco che decine di anime vennero squarciate dai denti di quelle bestie.
In tutto il globo, la situazione era simile e ugualmente catastrofica.
Poi, il pianeta si ruppe. Una perfetta linea lo divise in due parti uguali, a immagine e somiglianza di un tuorlo spezzato.
La forza che lo faceva fluttuare negli astri venne meno, e le due metà precipitarono nel vuoto, finendo addosso ad altri pianeti e altre civiltà.
 
Le infinite astronavi che solcavano lo spazio furono private di energia e sostentamento e caddero nell'oblio.
L’immenso pilastro fu percorso da crepe ed iniziò a scheggiarsi.
Deflagrazioni sub atomiche  cancellarono interi piani, mentre fulmini di morte consumarono la realtà così come questa era stata mirata per miliardi di anni dagli occhi di Auth.
 
Spalancando le palpebre, l’entità si accorse di quanto il sogno fosse reale. Si accorse di Kyrie che la scuoteva sempre più forte, cercando di svegliarla, il volto adornato da un’espressione di pura angoscia. Un urlo di orrore proruppe dalla sua gola, squarciando il silenzio di quel luogo incontaminato.
E con un poderoso tremore, anche Vanisya cominciò a disgregarsi.
Ammassi di scorie nere e scarlatte sostituirono gli steli d'erba. Il lontano palazzo variopinto cadde a pezzi, seguito  dagli alberi sparsi in tutta la radura. La lieve brezza divenne un vento impetuoso e malvagio. Torrioni di correnti omicida presero forma lungo l’intera vallata, scavando a fondo nella terra e nei campi erbosi.
<< MIA SIGNORA! >> esclamò Kirye, con un grido disperato.
E prima ancora che potesse rendersene conto, Auth vide la testa dell’amante staccarsi di netto dal collo, che sprizzò allegramente fluido cremisi, poco prima che il corpo della sacerdotessa venisse strappato dalla donna e disgregato nelle correnti.
<< FERMATI! FERMATI !>> ordinò Auth, levandosi sulle gambe e spalancando le braccia con un nuovo urlo di rabbia... ma non accadde nulla. Niente rispondeva al suo comando.
Riprovò, incanalando tutte le sue energie in quell’unica richiesta. Sentì i muscoli gonfiarsi e le vene dilatarsi... e provò dolore, per la prima volta dopo eoni.
Il dolore della mortalità e del panico si fecero strada nella sua anima.
Ben presto, Auth comprese che quelle pene erano sempre state lì. Aveva provato solo gioia e amore per milioni di ere, ed ora stava pagando il prezzo di quella compiacenza.
La felicità totale... e dopo il dolore. Era il ciclo che lei aveva provato a spezzare, fin dal primo momento in cui i pensieri di ogni esseri vivente del creato avevano dato forma alla sua natura.
Voleva solo che tutti fossero felici… e ora l'equilibrio si stava vendicando.
Giunse così anche un'altra consapevolezza. La perdita, la solitudine… e mentre tutto attorno a lei esplodeva, i suoi occhi rimasero fissi sulla testa mozzata di Kyrie accanto a lei, sull'espressione di puro terrore immortalata lungo viso dell’amante.
Anche così rimaneva bellissima. La sua stella perfetta… il suo eterno amore.
 

https://youtu.be/Gugu-o8vxow
 
In perfetto contrasto con la desolazione circostante, le montagne che circondavano la valle vennero inghiottite da voraci bocche fiammeggianti, le quali, con denti dalle proporzioni oltremodo ciclopiche, bevvero avidamente degli oceani confinanti come cammelli ai piedi di una pozzanghera.
Le afrodisiache foreste, sparse per tutta quella dimensione idilliaca, cominciarono a marcire. Il sole stesso precipitò al suolo, provocando un'onda d'urto che spazzò via in pochi istanti l'intero globo che costituiva quel mondo lontano, facendolo divorare dallo zolfo e dalla fuliggine. 
Nel mentre tutto quello accadeva, Auth strinse amorevolmente la teste di Kyrie fra le mani, osservandone il volto ora disteso e le labbra che via via si facevano più pallide e sottili.
Un attimo prima che tutto esplodesse e precipitasse nel buio, baciò delicatamente quella bocca ora fredda e senz'anima, chiudendo gli occhi e accettando la fine dei tempi.
Il pilastro del Multiverso si spezzò di netto, dalla vetta senza fine alla base senza principio e poi… vi fu il nulla, come se l'esistenza stessa non fosse mai stata reale.
Il nulla inghiottì ogni cosa, con parsimoniosa spietatezza.
Auth si lasciò andare verso il basso. Ormai non le importava più.
La sua anima andò in frantumi, mentre molteplici spire s'insinuarono nel suo corpo, le trafissero il petto, il cranio e il ventre, strappandole lo spirito, stuprandole la mente, facendola contorcere da un dolore tanto forte da impedirle alcun tipo di suono.
Vide davanti a se i ricordi della sua eterna esistenza, il volto di Kyrie, la sua più fedele creazione.
Si protese un attimo, prima che l'ultima visione dell'amata sparisse. Allungò compulsivamente il braccio in avanti, distendendo quanto poteva le dita per afferrare l'immagine residua, ma l'arto fu mozzato di netto e il suo corpo seguì poco dopo, fatto a pezzi e divorato dalla furia dello Scisma.
Tuttavia, nessuna entità di nessuna dimensione, per quanto potente, sarebbe mai stata in grado di cancellare completamente colei che tutto poteva. Fu così che, quasi per miracolo, Auth sopravvisse a quella catastrofe multiversale.
Una milionesima parte di un'altra millesima componente della sua mente sfuggì a quell'aborto di fenomeno, che morì assieme a tutto il creato. Quel piccolo frammento iniziò a vagare per il buio, poiché solo il buio restava.
Durante quel periodo che sembrò interminabile, Auth si chiese se il termine “restare”  fosse la scelta più consona per indicare la situazione attuale. Per usarlo, si disse, sarebbe stato necessario che qualcosa fosse o avanzato da un elemento precedente o che fosse il risultato di elementi già preesistenti.
Ebbene, quel buio non rispondeva certo a quelle caratteristiche, e neanche poteva dire che quel buio ci fosse davvero, visto che la concezione dell’oscurità avveniva solo grazie alla presenza della luce. Era tutto un discorso di opposti, dipendenti l'uno dall'altro.
Il suo opposto era Kyrie, e lei lo sapeva. Ora che non c'era più, lei si sarebbe presto trasformata in un avanzo di quello che era una volta, un ricordo per nessuno e niente.
Alla fine, si sarebbe dimenticata di se stessa, vagando in un ciclo imperituro in quella non realtà. Sospirò stanca… voleva solo dormire.
Sentì sotto di lei il rumore dell'acqua, il vento sulle spighe del grano che si piegavano sotto di lei. Un boato seguì questa visione, delle urla... poi, ancora una volta, il buio.
 
 
                                                                                                    * **
 
Nel frattempo, in un altro universo…
 
I campi intorno a Londra erano avvolti dalla nebbia, mentre il sole del mattino iniziava a farsi strada lentamente sopra gli alberi pieni di corvi.
D’un tratto, gli uccelli gracchianti furono sospinti a librarsi con un movimento spiraleggiante nell’aria, schiamazzando infastiditi, mentre un cigolio stridente e persistente mandava in frantumi il silenzio della campagna inglese.
La tozza sagoma del TARDIS apparve lentamente. Aveva l’aspetta di una consueta cabina telefonica della polizia inglese, risalente al 1969.
Nessuno avrebbe mai immaginato che un simile dispositivo, per quanto mondano, fosse in realtà una nave in grado di viaggiare nel tempo e nello spazio.
Nel momento in cui si materializzò completamente, la porta si spalancò di scatto e la testa del Dottore fece capolino nell’aria mattutina. In questa incarnazione, il Dottore era un uomo alto, con il volto squadrato e un ciuffo scompigliato di capelli argentati; il suo sguardo era intenso, incorniciato da un paio di sopracciglia disordinate ed espressive.
Soddisfatto per essersi ritrovato nel posto giusto, uscì dal TARDIS, desideroso di inspirare la brezza del mattino.
Poi, come dal nulla, un lampo di luce lo investì.
 
                                                                                                      * * *
 

Universo di Battleground
 
Remnant – pianeta sotto controllo imperiale
 

La tempesta fece calare l’oscurità prima del tempo, lungo tutta la costa oceanica. Lampi frequenti illuminavano i resti di quella giornata: pezzi d’ossa, membra organiche strappate via dai corpi a cui appartenevano, pezzi di Grimm che avevano divorati esseri umani, e altri appartenenti a quelli che avevano perseguito solo i loro spietati scopi. Sui resti in questione si muovevano solo le nuvole e i torrenziali rovesci di pioggia.
In mezzo a quella distruzione totale, si estendeva una macchia di fango. Delle sagome allungate, simili a vermi, emersero dal terreno umido e si levarono verso il cielo. Non erano serpenti o millepiedi… erano dita… attaccate a una mano, e questa a un polso, il polso a…
Emerse una figura coperta di fango e di detriti. Gli occhi azzurri erano spalancati, vitrei e scintillanti. Sconvolta dalla realtà circostante, si guardò intorno nella notte di tempesta. L'acqua lavò via il fango dal suo volto e dai suoi arti.
Bagnato e sotto shock, il Dottore ululò al cielo.
Quando il maltempo passò, cominciò a guardarsi intorno. Non udiva solo il ritmo calmo del proprio respiro, ma anche il mormorio oscillante del sangue che saliva verso il cervello da un lato del collo e discendeva verso i suoi due cuori dall'altro.
Poi, sentì qualcosa alle sue spalle. La presenza in questione era un essere che, presumibilmente portato da un'onda precedente, avanzava lentamente verso di lui. Trascinava faticosamente sulla sabbia il corpo bagnato e lucido. Era lungo più di un metro.
Fissò il Dottore con occhi inespressivi in cima a due antenne. Aprì il becco seghettato e cominciò a produrre un suono che lo turbò ,per quanto somigliava alla parlata umana, a una serie lamentosa, se non disperata, di interrogativi in una lingua sconosciuta.
Il Dottore conosceva le aragoste, ne aveva viste, ma non era un'aragosta quella, anche se non ricordava altra creatura alla quale potesse somigliare di più, seppure solo vagamente. Non dava l'impressione di avere minimamente paura di lui.
Quella creatura, in realtà, era un Grimm, ma questo l’uomo non poteva saperlo, poiché nella sua realtà tali bestie non esistevano.
Non c'era modo di sapere se fosse pericolosa. Il Signore del Tempo non si curò della sua confusione mentale, della sua temporanea incapacità di ricordare dove fosse o come vi fosse arrivato. Sapeva solo che doveva allontanarsi da quella creatura, prima che lo attaccasse.
Udì crescere il roco boato dell'acqua e distolse lo sguardo dall’animale per girarsi verso il frangente con la sua cresta di schiuma.
Cercò di camminare, ma le gambe troppo intorpidite lo tradirono. Vide un paio di quelli che sembravano cavalli galoppare verso di lui.
Poi, la testa gli venne meno … e svenne.

 

 
Personaggi
 
Auth
Opera: OC (Original Character)
Razza: Entità cosmica / manifestazione fisica dell’inconscio collettivo
Immagine: https://www.pinterest.cl/pin/575546027353616457/?send=true
Soundtrack: https://www.youtube.com/watch?v=iqezIu53OUQ
Autore: Elara Vlad Tepes

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 6 - There will be blood ***


Ecco un nuovissimo capitolo! Inizia la trama vera e propria, signore e signori.
Mi raccomando, recensite in molti... e buona lettura!



Capitolo 6 - There will be blood


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Durante i primi anni dell’Impero era nato un proverbio: meglio perdersi nello spazio che finire sul Bordo Esterno. 
Alcuni studiosi ritenevano che se lo fossero inventati gli ultimi soldati che avevano partecipato alla Prima Grande Ribellione. Altri sostenevano che risalisse ai primi cadetti che si erano diplomati presso le accademie imperiali.
Oltre a disprezzare i pianeti più lontani dal Nucleo, l’adagio sottintendeva che il valore di un militare poteva misurarsi solo in base al sistema stellare cui era assegnato. Più si veniva mandati vicino al Centro Imperiale, maggiore era il contributo alla causa dell’Impero.
Nonostante ciò, molti ufficiali assegnati alla Terra preferivano prestare servizio il più lontano possibile dal Palazzo Imperiale, piuttosto che restare nei paraggi del Maestro e del suo sguardo inquietante.
Questi erano i pensieri che scorrevano nella mente di uno degli uomini più temuti della galassia. Ora, a circa quarant'anni dalla sua nascita, era conosciuto con molti nomi diversi.
Per alcuni era Darth Vader. Per altri era "L'Oscuro Signore dei Sith". Sua madre l'aveva chiamato con un nome diverso: Anakin Skywalker
Alcuni l'avevano definito un mostro, una bestia disumana. Altri dicevano che era un'irrazionale macchina assassina. Un'arma che aveva subito talmente tanti lavaggi del cervello da non ricordare più chi era. Insensibile al dolore. Impossibile da uccidere. Sapeva solo come ammazzare e rovinare vite. E aveva fatto entrambe le cose per quasi 20 anni.
In realtà, il leader della Marina Imperiale era solo un uomo. Un uomo dotato di un'abilità molto speciale: la capacità di controllare la Forza, un campo energetico che legava e circondava tutte le creature dell'universo. Tale peculiarità gli permetteva di usufruire di vari poteri, dal controllo mentale alla telecinesi.
Quel giorno, il sole aveva mostrato il suo risveglio anche a lui. Si ostinava ancora a nascondersi, con una certa indolenza, dietro ai numerosi planetoidi che fasciavano la volta stellare, facendo però scintillare la brina formatasi durante la notte lungo l’intera fiancata dell’Esecutore, il fiore all’occhiello dell’esercito.
In quei frangenti, Darth Vader non sapeva bene cosa fare, o meglio, cosa gli altri volessero che lui facesse. Forse doveva gioire per quell'inattesa boccata di libertà dal comando, doveva stupirsi per lo spettacolo che quell'alba  gli offriva, dar loro la soddisfazione di essere felice per un momento - sempre che a loro interessasse davvero; ma proprio non ne aveva voglia.
Era rimasto inerme, a fissare i suoi occhi gialli sul vetro della camera, in uno sguardo vacuo e disinteressato, nascosto dalla sua iconica maschera nera.
<< Vi piace l'alba, mio signore? >> aveva chiesto uno dei servi, in tono quasi gioviale.
<< Forse >> aveva risposto lui con la sua voce profonda, senza voltarsi.
Loro volevano che a lui piacesse l'alba? Volevano che lui fosse contento nel mirare le stelle, nel guardarsi intorno, nello studiare ciò che realmente lo circondava? Non era questo ciò che cercava. Non era nemmeno sicuro di star cercando qualcosa.
Non faceva differenza per lui starsene davanti all'entrata di un edificio a osservare una fila di palazzi illuminati dal sole sorgente o all'interno di quel grande posto anonimo, dietro la pesante porta di ferro che occludeva la sua camera di meditazione.
Anche se gran parte della sua routine aveva luogo lì dentro, non sentiva l'impellente desiderio di uscire, forse perché non sapeva cosa aspettarsi. Né quelle masse di politici, funzionari e soldati si sarebbero effettivamente aspettati un pensiero del genere da lui.
<< Diventerai forte >> gli aveva detto il Maestro << Il più forte! La gente ti temerà. L'idea di confrontarsi con te sarà a dir poco sconsiderata. >>
E, in effetti, quelle parole erano state più che mantenute. Nessuno si era mai interdetto nel vedere un cadavere vessato e disteso sul pavimento con un'espressione sgomenta in volto, almeno non più che nello scorgere, accanto ad esso, quel grande gigante nero a fissarlo, che alzava la maschera solo quando si accorgeva di essere osservato da una platea di spettatori dall'aria inorridita.
<< Nessuno può essere tanto crudele! >> a volte qualcuno più sensibile si scandalizzava, appena l'uomo rivelava la vuota indifferenza nel suo comportamento << Quell'uomo è un mostro!>>
Spesso chi veniva colto da quell'improvviso attacco di terrore misto a compassione finiva per avere reazioni esagerate e per essere accompagnato in un'altra stanza da chi era disposto a sopportare la presenza dell'esecutore imperiale.
<< Ottimo lavoro >> diceva invece il Maestro, esibendo un sorriso compiaciuto << Hai superato un'altra volta il test, amico mio! >>
Il test. Mettere delle vite umane al servizio dei poteri in continuo sviluppo del Signore dei Sith. Spesso si concludeva con quella scena. Vader non si sognava di fare i conti con la propria coscienza. Nessuno gli aveva mai ordinato di farlo.
Quando le missioni o i test terminavano, lui tornava semplicemente nel suo palazzo. La sua presenza era intangibile, a tratti quasi inquietante. Non potevano mai prevedere le sue reazioni, forse perché lui non ne aveva.
Non si spaventava quando era minacciato, non mostrava mai segni di gioia o piacere, non contestava se il Maestro gli chiedeva di smaltire un rifiuto. Era semplicemente un uomo nato per portare la morte.
Un segnale acustico della maschera interruppe i suoi pensieri, facendolo scattare sull’attenti.
<< Signore, abbiamo ricevuto una richiesta d’aiuto. Sembra che un mercantile sia stato attaccato dai pirati >> lo informò la voce di un ufficiale.
Bene. Era ora di mettersi al lavoro.
 
                                                                                                                                    * * *
 
Era una tranquilla giornata sulla Scaled Huginn, la più temuta astronave pirata della galassia... o  almeno, questo è quello che continuavano a ripetersi i vari membri dell’equipaggio. Non che qualcuno avesse mai tentato di contestarli, sia chiaro.
Nell’ala mensa dell’imbarcazione spaziale spiccava una baraonda degna dei circoli più viziosi. Attualmente, il capitano Raven Branwen era intenta a far valere per l'ennesima volta la sua autorità contro il membro più ribelle e indisciplinato dell'intera ciurma: Maine, l’ufficiale più forte delle brigata.
<< Arrenditi, ragazzone. >>
<< Te lo scordi, stronza. >>
Tutti gli altri pirati stavano attorno alla coppia, tifando o per l'uno o per l'altra, mentre un uomo massiccio e dalla capigliatura bionda filmava il tutto con una telecamera di seconda mano.
Costui era Tayang Xiao Long, marito di Raven e vice capitano della Scaled.
Di certo, lo spettacolo valeva la pena di tutto quel trambusto. Un omone grande e grosso come Maine che sfidava una giovane donna dai lunghi capelli neri e gli occhi rossi come il sangue, indossante solo dei boxer e una canottiera attillata... ad una sfida di braccio di ferro!
Le vene sul collo del sottoposto sembravano sul punto di esplodere, mentre cercava di spingere il braccio della rivale fino al tavolo. Ma l’arto sinistro di Raven, decorato con un tatuaggio raffigurante un drago orientale dorato, rimaneva fermo al suo posto.
Purtroppo per quella banda di tagliagole spaziali, la loro capitana era una vera e propria sadica, e godeva nel dare ai suoi uomini una piccola speranza di vincere quelle sfide, per poi umiliarli pubblicamente con un unico e rapido colpo.
La donna avrebbe pure continuato il gioco per qualche altro minuto, ma in quel momento entrò in mensa South, la responsabile delle comunicazioni e dei radar. Indossava un’armatura viola, completa di casco con visiera arancione. Il resto dell’equipaggio, ad eccezione di Raven, Maine e Tayang, era vestito con la medesima attrezzatura. Ogni armatura era di un colore diverso, che andava dal rosso al blu.
<< Boss, avvistata una navetta imperiale. Sembra che contenga un carico bello grosso >> dichiarò la nuova arrivata, con tono quasi spensierato.
Al sentire tali parole, la bruna si cimentò in un sorriso maligno. << Eccellente. Scusa, Maine, ma non ho voglia di farmi sfuggire questa preda. >>
Con una semplice torsione del polso, l’uomo in questione finì pesantemente a terra, spaccando il tavolo in due.
Raven fece un cenno a Tayang, per poi urlare a squarciagola: << Be', non c'è niente da vedere! Andate a prepararvi per l'abbordaggio, oggi ho voglia di far rodere il fegato a Salem e al suo padrone. >>
<< Sissignora! >> esclamò a gran voce la ciurma.
La pirata li fissò con uno sguardo di disapprovazione.
<< Avevamo deciso di usare il nuovo saluto >> commentò in tono brusco.
L’affermazione ricevette una sonora ondata di gemiti.
<< Ugh, ma quel saluto è imbarazzante. Dobbiamo proprio? >> domandò Maine, ancora steso a terra.
In tutta risposta, Raven arricciò ambe le labbra in un sorriso malizioso.
<< Sì! >> ribatté compiaciuta, suscitando un sospiro ad opera di Tayang, che borbottò un "Dannazione, Raven..."
<< Non avrei mai dovuto comprarle un holo.net. Va bene, ragazzi, togliamoci questo dente. ARGHHH, SIGNOR CAPITANO! >>
<< Non ho sentito bene! >>
<< ARGHHHHH, SIGNOR CAPITANO! >>
 
Pochi minuti dopo, ogni singolo componente dell'equipaggio era armato e pronto per l’attacco avvenire. Ogni armatura era stata equipaggiata con un fucile da combattimento e un coltello da caccia. L’armatura di Maine, bianca come un osso, spiccava rispetto alle altre.
Raven e Tayang, invece, indossavano un  paio di armature da samurai, tipiche della cultura orientale dei terrestri. Quella della donna, rossa al pari degli occhi, era adornata da placche color pece, in perfetto contrasto con quella gialla e luminosa del compagno.
Raven era armata con una lunga katana, infilata in un fodero collegato all’armatura. La lama era caratterizzata dalla presenza di un convertitore di Polvere, cosa che le permetteva l'accesso ad attacchi di tipo elementare. Tayang, invece, preferiva un'approccio più diretto e utilizzava una coppia di Katar con delle bocche di fuoco all'estremità.
<< South, situazione? >> domandò Raven alla sua sottoposta.
La donna non perse tempo e pigiò un pulsante posto lungo il torace del vestito. Per un attimo, non accadde nulla. Poi, appena pochi secondi dopo, un ologramma si materializzò a mezz’aria, mostrando un grafico 3D della zona circostante.
Come presto notò il gruppo, l’area era attraversata da uno sciame di asteroidi per quasi 100 miglia. Su una delle rocce spaziali poggiava la Scaled Huginn, identica alle navi imperiali quasi in tutto e per tutto. A distinguerla rispetto alle altre erano le dimensioni ridotte e i colori rosso e oro che ne adornavano lo scafo. Lungo la fiancata spiccavano le immagini di un drago e di un corvo.
Non troppo distante dalle asteroidi, invece, si stagliò la tozza sagoma di una nave mercantile, lunga quasi un chilometro.
Tai guardò l'ologramma e si portò una mano al mento, in uno stato di profonda contemplazione.
<< Dunque, se continuiamo a tenerci dietro agli asteroidi non saranno in grado di rilevarci. Dico di spedire due Airwing mimetizzati e armati di anti- barriera. Mentre noi simuliamo un attacco frontale, i piloti disattiveranno le difese. A quel punto partirà l'abbordaggio vero e proprio. Chi si offre volontario per il compito? >>
Ad alzare la mano furono un uomo in armatura gialla ed uno in armatura beige. Costoro erano Griff e York, una coppia di terrestri ed esperti sabotatori.
I due corsero rapidamente alle navette d’attracco. Entrambi i mezzi di trasporto erano dotati di un dispositivo d’occultamento utilizzato per attraversare le barriere più deboli, proprio come quelle in dotazione ai mercantili.
Raven si rivolse al marito, dopo che tutti avevano preso posizione.
<< Ehi, Tai, dopo questa andiamo a cercare qualcosa di carino per Yang. Ha avuto l'iniziazione una settimana fa, e non le abbiamo mandato ancora niente. >>
<< Suppongo che un piccolo scalo ad Alderaan non possa guastare >> commentò l’altro, con un sorriso amorevole.
I due pirati avevano iniziato la loro carriera di fuorilegge circa un paio d'anni dopo essersi diplomati a Beacon, una delle accademie di Cacciatori più famose di Renmant. Sia la coppia che i loro compagni di squadra, Qrow Branwen, fratello di Raven, e Summer Rose, erano sempre stati piuttosto vocali nei confronti del governo perpetrato da Salem.
Tuttavia, nonostante gran parte delle loro idee politiche fossero allineate, entrambe le coppie avevano sostenuto metodi molto diversi, per quanto riguarda il modo corretto di ribellarsi a quel sistema tirannico. Qrow e Summer volevano affidarsi alle Accademie e all'aiuto di uno straniero che si faceva chiamare il Dottore, ideatore della prima grande Resistenza di Battleground.
Ma persone come Raven e Tayang non erano fatte per i piani lenti e prolungati. Infatti, dopo aver acquistato la loro prima nave e aver radunato un po' di accoliti, decisero d’intraprendere la carriera di pirati, attaccando le navi militari e i mercantili appartenenti all’Impero.
Un paio di anni dopo vennero benedetti dalla nascita della loro primogenita, Yang, che restò con loro fino all’età di dieci anni. Tuttavia, quando la  taglia sulle loro teste salì al punto da metterla in serio pericolo, la coppia la mandò a vivere con gli zii materni, pur mantenendo i contatti attraverso trasmissioni criptate e visite occasionali.
Ed era proprio per lei… che avrebbero continuato a lottare, fino alla fine.
 
Senza farsi notare dalla nave mercantile, gli Airwing di Grif e York atterrarono sull’imbarcazione e si infilarono in uno dei condotti di drenaggio dell’aria, mentre, allo stesso tempo, la Scaled Huggin usciva dal suo nascondiglio e apriva il fuoco.
Il mercantile provò a rispondere all’attacco nemico, rimanendo nella sicurezza dei propri scudi deflettori. Ma al su interno, le figure di Grif e York si erano già fatte strada fino al cuore della nave, dove erano riusciti a disattivare i sistemi di difesa.
<< Boss, può attaccare ora! >> urlò Grif, attraverso il comlink della tuta.
Raven annuì a se stessa.
<< Molto bene. Sarge, attiva i tunnel >> ordinò, lo sguardo rivolto nei confronti di un altro dei suoi uomini, vestito con un armatura rossa.
Un paio di zanne da cinghiale fuoriuscivano dal casco della tuta, identificando l’uomo come un fauno.
In appena un paio di secondi, l'astronave si avvicinò alla sua preda. Da essa partirono due tubi antigravitazionali, che i pirati utilizzarono per ricongiungersi ai loro compagni.
In breve, l'intera ciurma si stava facendo strada tra i membri dell'equipaggio, la maggior parte sparando colpi laser o proiettili, mentre Raven tagliava qualunque robot di sicurezza o stormtrooper fosse stato così stupido da mettersi sulla sua strada. Tayang e gli altri non furono da meno, occupandosi con rapidità e efficienza dei loro obbiettivi.
Durante l’assalto, uno degli ufficiali superstiti tentò di contattare aiuto, utilizzando i sistemi di comunicazione della nave.
<< Qui nave mercantile imperiale 4-7. Chiedo assistenza immediata, siamo sotto attacco dalla Scaled Huggin, ripeto... ARGHH! >>
Fu zittito da un rapido colpo paralizzante proveniente dal fucile di Washington, un altro membro della ciurma.
<< Capitano, messo K.O anche l'ultimo. Lo sistemo nella stiva con gli altri e vi raggiungo >> dichiarò attraverso il comlink.
 
Sistemati i membri dell'equipaggio lasciati vivi, i pirati portarono via la maggior parte del carico ai tunnel antigravità.
In breve, erano di nuovo sul ponte. Fecero per recarsi alle docce, ma l’arrivo di South li fermò sul posto.
<< Boss, ho avvistato una nave imperiale! Uno dei marinai del mercantile aveva fatto in tempo a mandare un messaggio di soccorso… e indovinate chi ha risposto? >>
<< Megatron? >> provò Grif.
<< Salem? >> fu il tentativo di Tayang.
<< Peggio ancora. Questo è il codice di comunicazione dell’Esecutore, la nave di Darth Vader. Alle calcagna abbiamo il braccio destro del Maestro in persona >> dichiarò l’altra con tono cupo.
Raven schioccò la lingua, visibilmente irritata dalla notizia. Volse lo sguardo in direzione dell’intero equipaggio.
<< Armi, scudi e motori a tutta potenza. Attivate il salto nell'iperspazio appena possibile. Non ho creato questa ciurma per farmela soffiare dal leccapiedi numero uno del Maestro! >>
 
                                                                                                                                           * * *

L'intercettatore personale di Darth Vader guidava la squadriglia di caccia stellari nel vortice screziato dell'iperspazio, che sfociava nel buio della volta stellata. Gli bastò una rapida scansione per localizzare la nave pirata.
La squadriglia si disimpegnò dagli anelli iperspaziali. Lo scafo della nave era stato danneggiato dai blaster del mercantile all'altezza dei motori, dietro il centro rigonfio della stiva.
<< Formazione d'attacco >> ordinò Vader, e i piloti della squadrglia confermarono e si disposero in formazione.
Temendo che i dirottatori fossero usciti dall'iperspazio per attirare la piccola flotta in un'imboscata, il Signore Oscuro eseguì una rapida scansione di tutto il sistema.
La matrice dei sensori dell'intercettatore non era delle migliori, ma individuò soltanto un paio di giganti gassosi circondati da anelli di svariate lune e una fascia di asteroidi che scorreva pigramente tra i pianeti. A parte questo, si trattava di una zona per lo più disabitata.
<< Le scansioni del sistema non hanno rilevato altre navi >> dichiarò Vader.
<< Confermo >> replicò il comandante della squadriglia.
<< Si stanno preparando al salto, Lord Vader >> fece la voce di un altro pilota.
<< Seguitemi >> ordinò il Signore Oscuro, accelerando a velocità di attacco << Impeditegli di saltare. >>
Gli Ala-V e l'intercettatore di Vader erano molto più veloci e maneggevoli della nave e gli si avvicinarono in fretta, divorando letteralmente lo spazio che li separava. Vader non si curò neppure di consultare la strumentazione: si immerse nella Forza e seguì il suo istinto, come faceva sempre.
Uno dei motori della nave vomitò una lingua di fuoco blu ed esplose ancor prima che l'intercettatore e gli Ala-V l'avessero a portata di tiro. I dirottatori avevano sovraccaricato i sistemi nel tentativo di fuggire.
<< Abbattete gli scudi e neutralizzate gli altri motori >> ordinò Vader. Se ci fossero riusciti, la nave non sarebbe riuscita a saltare nell'iperspazio. << E mi raccomando, non distruggete quella nave. Li voglio vivi. >>
Le armi pesanti del mezzo di trasporto avevano una portata decisamente maggiore rispetto ai blaster dell'Ala-V, perciò aprirono il fuoco prima che i caccia stellari potessero agganciare il bersaglio.
<< Armi pesanti, manovra evasiva >> disse il capo squadriglia, mentre le torrette automatiche della nave riempivano di raffiche verdi lo spazio tra le corvette.
La squadriglia di caccia si sparpagliò in una marasma di picchiate e avvitamenti.
Vader avvertì i colpi del mercantile ancora prima di vederli. Virò a sinistra, poi, bruscamente a destra, quindi si tuffò di qualche grado in basso, pur continuando ad avvicinarsi.
Uno degli Ala-V alla sua sinistra fu centrato in pieno. Le ali si spezzarono e vorticò in fiamme verso l'interno del sistema. I cannoni girevoli ai lati della nave si mossero e aprirono il fuoco, proiettando impulsi rossi di plasma.
 << Disperdetevi! >> ordinò il caposquadriglia << Mantenete le distanze! >> 
Una scarica di plasma centrò un altro degli Ala-V, vaporizzandolo.
<< Concentrate il fuoco sugli scudi di poppa >> disse Vader, mentre l'intercettatore si avvicinava, scivolando tra raffiche verdi e rosse.
Una volta a portata di tiro, l’uomo sparò coi suoi blaster binati contro gli scudi della nave, inclinando i colpi per massimizzare la deviazione. Non voleva sfondare gli scudi e danneggiare la nave, ma soltanto logorarli fino ad abbatterli. Il resto della squadriglia lo imitò, colpendo la nave da direzioni diverse.
Il vascello crollò sotto l'attacco. Gli scudi avvamparono a ogni scarica di energia, indebolendosi visibilmente colpo dopo colpo.
 L'intera squadriglia superò il mercantile, inseguita dalle raffiche verdi e rosse delle sue armi.
<< Mantenente le distanze, manovra evasiva, virate per un altro passaggio >> ordinò il comandante, con tono di voce calmo e pacato << Dividetevi e passate da sotto. >>
I caccia ripiegarono a destra e a sinistra, invertirono la direzione e impostarono un nuovo vettore di attacco.
Vader rallentò abbastanza da scivolare nella retrovia.
 << Abbattete gli scudi, comandante. Ho un'idea. >>
 
                                                                                                                               * * *
 
La situazione non era troppo buona, a bordo della Scaled Huggin.
Raven aveva contattato Wyoming e Tex, i responsabili del mantenimento dei motori, chiedendo a squarciagola perché i sistemi erano andati in sovraccarico.
<< Ci dispiace, capo. Un contatto imprevisto ha fatto saltare i regolatori del plasma. >>
<< Potete ripararlo? >> chiese Tayang, dopo aver preso il comlink della compagna.
<< I componenti li abbiamo, ma ci manca il tempo. Nella migliore delle ipotesi ci vorranno tre ore e mezza, ma forse... >>
<< Forse cosa? >> chiese Raven.
<< Se ci date due ore, potremmo rinvertire il flusso del plasma e usarlo a nostro vantaggio, ottenendo una velocità di poco inferiore all'iperspazio, ma più che a sufficienza per fuggire. Pensa di potercela fare, boss? >>
<< Nessun problema. Mi affido a voi, ragazzi… e buona fortuna. >>
<< Stessa cosa a lei, capitano. >>
E anche senza averlo di fronte, Raven sapeva che l’uomo lo intendeva sul serio. Buona parte dei membri dell'equipaggio proveniva dalle strade di Remnant o dai bassifondi di altri pianeti, fino a quando Raven e Tayang non li avevano recuperati e inseriti nella ciurma della nave. Nel corso degli anni si erano salvati più volte la vita a vicenda. C'era un grandissimo legame tra tutti loro.
In quel preciso istane, South notò attraverso il radar che uno degli intercettatori imperiali si stava muovendo in modo piuttosto anomalo, e lo mostrò ai due capitani.
<< Boss, cosa ne pensa? Se le comunicazioni che ho intercettato sono esatte, quella è proprio la navicella di Vader >> dichiarò con tono preoccupato.
La bruna si morse il labbro, e strinse la mano destra sull'elsa della spada.
<< Allora siamo nei guai. Quel maledetto non fa mai niente per caso. >>

                                                                                                                                * * *                  

Vader guardò il mercantile virare a destra, inclinandosi in modo che le postazioni di tiro a mezzanave potessero intercettare i caccia stellari in avvicinamento. Non appena quelli furono a tiro, le torrette automatiche e le postazioni al centro della nave aprirono il fuoco, vomitando plasma surriscaldato nello spazio.
Gli Ala-V virarono, cabrarono e schivarono, serpeggiando in una rete di raffiche verdi e rosse. Vader, in coda, condusse la nave sopra e sotto le raffiche.
Un terzo Ala-V incrociò un colpo di torretta ed esplose; i suoi rottami tempestarono il tettuccio della cabina di pilotaggio del Signore Oscuro, mentre questi attraversava le fiamme. Quando furono sufficientemente vicini, gli Ala-V aprirono il fuoco e abbatterono quasi istantaneamente gli scudi deflettori della nave pirata.
<< Scudi abbattuti, Lord Vader >> riferì il caposquadriglia.
<< Io mi occupo dei motori >> disse Vader << Distruggete le torrette e le armi laterali sul fianco destro. >>
I piloti della sua squadriglia erano i migliori della flotta ed eseguirono i suoi ordini alla perfezione. Piccole esplosioni punteggiarono lo scafo, mentre le postazioni a mezzanave scomparirono tra le fiamme. La nave sussultava sotto i colpi degli Ala-V che la superavano, viravano e tornavano indietro.
Nel frattempo, Vader aveva virato a sinistra e si era tuffato in basso, agganciando i motori e sparando due colpi precisi. Le esplosioni inclinarono la nave a poppa e i pezzi di motori schizzarono nello spazio. Una serie di esplosioni successive scosse il mercantile, pur senza distruggerlo.
Vader rallentò e prese a seguirlo.
<< Sta volando per inerzia, signore >> dichiarò il comandante << L'esecutore potrà attirarlo col raggio traente in uno dei suoi hangar. >>
 << Non intendo lasciare i dirottatori a bordo fino ad allora >> ribatté Vader.  Sapeva che i pirati avrebbero cercato di distruggere la nave, e che le armi nella stiva sarebbero bastate allo scopo. << Voglio abbordarla. >>
<< Le ganasce d'attracco di quella nave sono troppo danneggiate, signore, non c'è una piattaforma di atterraggio >> lo avvertì il comandante.
<< Ne sono al corrente >> sussurrò Vader.
 L'ultima postazione di tiro – azionata da uno dei pirati - roteò e aprì il fuoco contro l'intercettatore dell’uomo. Attingendo ancora alla Forza, il Signore dei Sith virò, cabrò e si tuffò, schivando i colpi mentre si dirigeva a tutta velocità contro la postazione. Poteva vedere l'artigliere all'opera dentro la cabina trasparente. Ne avvertiva la presenza, piccola e insignificante, nella ragnatela della Forza.
<< Signore... >> cominciò il comandante, mentre la squadriglia di Ala-V si preparava a un altro passaggio, ma Vader lo ignorò.
L'uomo premette un pulsante e depressurizzò l'interno dell'intercettatore, protetto nel vuoto dello spazio dalla propria armatura. A quel punto, ormai vicino al ventre del mercantile, pur virando a destra e a sinistra per schivare i colpi dell'arma, scelse un punto accanto all'arma e, usando la Forza, si aggrappò mentalmente ad esso. Il suo intercettatore sfrecciò contro la cabina dell'artigliere.
Soddisfatto della traiettoria, Vader si slacciò la cintura di sicurezza, annullando i sistemi di sicurezza dell'intercettatore, spalancò il portello della cabina di pilotaggio e si lasciò eiettare nello spazio.
Si ritrovò subito a roteare nell'assenza di gravità, le stelle e la nave che si susseguivano intorno a lui. Nonostante ciò, l’uomo manteneva la sua presa mentale sulla maniglia del portello della cabina pressurizzata, mentre la sua armatura, perfettamente sigillata, lo sosteneva nel vuoto dello spazio. Il suo respiratore rimbombava forte nelle orecchie.
Il suo caccia si schiantò contro la postazione di tiro e il mercantile, ma nel silenzio inquietante dello spazio non riuscì a udire il rumore della collisione.
Scoppiò un piccolo incendio che il vuoto estinse quasi istantaneamente. I rottami proruppero verso l'esterno e la nave sussultò con violenza.
<< Signore! Signore! >> gridava nel suo elmo il comandante della squadriglia, in tono preoccupato << Lord Vader! Che cosa sta succedendo, signore? >>
Il tono di Vader arrivò calmissimo: << Sto salendo a bordo della nave, comandante. >>
Usando la Forza, il Signore Oscuro arrestò la sua rotazione e si proiettò verso l'enorme squarcio frastagliato che il suo intercettatore aveva aperto nello scafo della nave. Cavi e tubi pendevano lungo i bordi delle braccia, emettendo gas e scintille nello spazio. Un'ala del suo caccia era parzialmente scampata all'impatto e si era conficcata nella paratia. Il resto si era vaporizzato all'istante.
Vader attraversò lo squarcio e atterrò nel corridoio pressurizzato. Il ponte era ricoperto di frammenti metallici e componenti elettroniche ancora incandescenti. Gli Ala-V ronzarono intorno alla nave, visibili attraverso la breccia della paratia.
<< Signore? >> fece il comandante della squadriglia.
<< È tutto sotto controllo, comandante >> rispose Vader.
 I membri della flotta bisbigliarono commenti ammirati nel canale di comunicazione.
<< Manteniamo la disciplina, signori >> ringhiò il caposquadriglia, benché Vader riuscisse ad avvertire l'incredulità del suo tono << I dirottatori a bordo saranno a decine, milord. >>
<< Ancora per poco >> ribatté Darth Vader << Adesso siete di scorta. Vi aggiornerò in caso di necessità. >>
Seguì una pausa. Poi: << Certo, signore. >>
 
I sistemi automatici della nave avevano isolato il corridoio, ma Vader conosceva i codici per aprire le porte anti-blaster, e così avanzò tra le macerie e li inserì.
Il gigantesco portello si aprì con un sibilo, e l'aria pressurizzata invase il corridoio. Il Sith si fece avanti e chiuse il portello alle sue spalle. Bastò premere qualche altro pulsante per pressurizzare nuovamente il corridoio.
La sirena dell'allarme rimbombava attraverso gli altoparlanti delle paratie. Un portello in fondo al corridoio si aprì di colpo, rivelando un fauno caratterizzato da appendici di gatto. Indossava un'armatura rudimentale, dipinta con striature militari.
Alla vista di Vader, le orecchie della creatura fremerono e i suoi occhi si spalancarono per la sorpresa. Estrasse la pistola che portava alla cintura, puntandola in direzione del Sith.
Al contempo, Vader aveva già impugnato e attivato la sua arma più temuta: una spada laser, rossa come le fiamme dell’inferno, che illuminò l’oscurità della stanza in un bagliore insanguinato.
Il fauno premette il grilletto. Senza perdere tempo, il Signore Oscuro deviò il colpo contro la paratia, alzò la mano ibera e attinse alla Forza. Congiungendo due dita, usò il campo energetico per stritolare la trachea del nuovo arrivato.
Il fauno si aggrappò disperatamente alla propria gola, mentre Vader lo sollevò dal pavimento, notando che non lasciava andare la sua arma. Nonostante stesse soffocando e morendo, riuscì comunque a sparare ripetutamente contro il Signore dei Sith.
Vader si limitò a stringere la sua presa, deviando distrattamente ogni colpo con la sua spada laser. Poi, stufo di perdere altro tempo, agitò la mano che aveva sollevato, prima a sinistra e poi a destra, usando la forza per schiantare il pirata contro le paratie.
L'impattò sgretolò le sue ossa, e Vader lasciò che il corpo scivolasse inerme sul pavimento. Una voce proruppe dal comlink sulla cintura della creatura.
 << Church! Church! Che cosa succede? Mi ricevi? Riesci a sentirmi? >>
 Vader spense la spada laser, raccolse il comlink, aprì il canale di comunicazione e lasciò che il suo respiratore parlasse per lui.
<< Chi va là? >> domandò la voce.
 Vader rispose soltanto respirando.
<< Church, sei tu? Va tutto bene? >>
 << Sto venendo a prendervi >> sussurrò il Signore Oscuro.
Quindi stritolò l'aggeggio nella mano, riattivò la spada laser, scavalcò il cadavere del fauno e si diresse a grandi passi nel corridoio seguente.
 
                                                                                                                                             * * * 

<< Church?! Church?! >> urlò Washington disperato.
Il fauno era uno dei più vecchi componenti della ciurma e un punto di riferimento per tutti, grazie anche alla sua capacità di uscire dalle situazione più impossibili.
Gli altri pirati guardarono il loro capitano, che osservava la flotta nemica e chinò il capo rassegnata.
<< Dobbiamo abbandonare la nave. Tutti alle scialuppe di salvataggio! >> urlò rivolta al resto del gruppo.
Le reazioni all'ordine furono molto contrastanti. Ognuno dei presenti considerava la Scaled Huggin la loro casa e un luogo dove potersi sentire liberi. Per certi versi, molti avrebbero preferito morire piuttosto che andarsene. Altri, per quanto addolorati, sostenevano l’idea di eseguire una ritirata strategica e prendere la loro rivincita il prima possibile.
Alla fine, un'ondata d'aura proveniente da Tayang riportò ordine.
<< Sentite, neanch'io voglio abbandonare questa nave, e lo sapete bene! Ho vissuto qui dentro per quasi vent'anni, e sono stati gli anni migliori della mia vita! Ma ci sono cose più importanti. Ognuno di voi… è un membro della mia famiglia >> sussurrò, allargando ambe le braccia << e non voglio perdervi. Insieme troveremo un altro luogo in cui vivere... e avrà anche un pezzo di quello vecchio >> terminò con uno sguardo colmo di pura determinazione.
Nel contempo, il co-capitano digitò sui comandi le ultime direttive, per mantenere la sala delle capsule di salvataggio ancora attiva, e quindi strappò a mani nude la scheda madre della nave.
<< Uomini, andiamo. E ricordate che lo spirito della Scaled Huggin sarà sempre con noi! >> esclamò la Branwen, ricevendo urli d'approvazione.
L'intera ciurma si avviò quindi verso la sala di salvataggio. Poco prima che potesse seguirli, però, Raven sentì un brivido attraversarle la spina dorsale, al pari di una scossa.
<< Amore, che succede? >> chiese Tayang, visibilmente preoccupato.
<< È Vader… sta venendo qui. Voi sbrigatevi, lo terrò occupato finché non avrete completato la sequenza di sganciamento. >>
 Il biondo fece per protestare, ma Maine e Washington lo trascinarono dentro una capsula.
 La bella spadaccina quindi si mise in posizione di guardia, pronta ad affrontare colui che chiamavano il Signore Oscuro dei Sith.
<< Bene, Lord Vader, vediamo che sai fare. >>
 
                                                                                                                                            * * *
 
Darth Vader entrò all’interno di camera stagna, situata poco prima dei vani di salvataggio. Il suo respiro, lento e sibilante, riecheggiò per tutta la lunghezza del comparto. Poi, con fare quasi metodico, arrestò la sua avanzata.
A bloccargli la strada conducente alle scialuppe vi era una giovane donna dai lunghi capelli neri e gli occhi rossi, vestita con un'armatura da samurai.
<< Sei tu il comandante di questa nave? >> domandò il Sith, con la sua forte voce baritonale.
In tutta risposta, Raven si limitò a sorridere in assenso.
<< E tu devi essere Lord Vader! Sai, ho sentito molto parlare di te. Mi hanno detto che non hai mai perso uno scontro… be'... >> sussurrò, avvolgendo la propria spada con della Polvere di ghiaccio << farò in modo di rimediare alla cosa. >>
E, detto questo, esordì con un fendente verticale lungo i vuoto dell’aria. Per un attimo non accadde nulla, ma solo per una semplice frazione di secondo.
Poi, l’aria attorno alla lama cominciò ad incresparsi, dando forma ad uno squarcio rosso come il sangue, sospeso ad appena un paio di centimetri da terra. Perché questa era l’abilità derivante dalla Semblance di Raven: la capacità di creare portali attraverso cui poter muoversi da un punto ad un altro. Senza perdere tempo, la donna vi saltò dentro e sparì alla vista.
Vader, sorpreso dall'azione, tese i muscoli, mentre amplificò i propri sensi attraverso la Forza. Inclinò leggermente il casco da una parte all'altra della stanza, aspettando l'attacco inevitabile.
In quel preciso istante, Raven riapparve ad alcuni metri alle sue spalle e corse con la spada in pugno, per poi scomparire in un altro portale. Questa volta, riemerse proprio di fronte a all’uomo, e sferrò un fendente che propagò cristalli di ghiaccio lungò tutta la stanza.
Vader non perse tempo. Porse la spada laser in avanti, la lama rossa che menava lampi. Poi, con precisione quasi chirurgica, cominciò a ruotarla su se stessa.
 Gran parte dei cristalli di ghiaccio vennero intercettati dall'arma, sciogliendosi non appena ne entrarono in contatto. I proiettili scampati al contrattacco vennero intercettati da un una barriera di energia cinetica.
L'uomo balzò in avanti, in direzione dell'avversaria. La spadaccina si inginocchiò, schivando la lama di pochi centimetri, e rispose con un colpo dell'impugnatura. Fatto ciò, proseguì con un calcio a uncino, diretto al fianco dell’avversario.
Percependo il colpo imminente, Vader scaricò gran parte del suo peso all'indietro: l'armatura gli dava maggior protezione nei confronti di attacchi e colpi d'energia, ma ne limitava anche i movimenti. Ecco perché non avrebbe potuto schivare il calcio con un salto.
Ruotando su se stesso, evitò appena l'arto in questione. Inclinò la lama una seconda volta, protraendola verso la schiena della donna.
Raven lasciò che la sua aura prendesse il colpo, quindi afferrò il polso del Sith e gli diede una testata.
<< Sai, è da quando ho iniziato questo lavoro che mi chiedo cosa ci sia sotto quella maschera >> commentò con un sorriso colmo d’eccitazione.
Vader indietreggiò di un passo, mantenendo una posizione di difesa. Quella donna, chiunque fosse, di certo sapeva come combattere.
Indicò la spada al petto della mora.
<< Il mio volto non è di tua preoccupazione. Dimmi dove si trova il tuo vice. Se lo fai, potrei offrirti una morte rapida e indolore >> sussurrò con tono freddo.
Raven digrignò i denti e rinfoderò la spada, ricoprendola di un misto di Polvere di vento e fuoco.
<< Scusa, potrei anche lasciarti prendere la mia vita… ma ho fatto un voto. Nessuno, e intendo proprio NESSUNO, tocca la mia famiglia! >>
Detto questo, creò una lunga serie di portali e cominciò ad attraversarli ad alta velocità, lanciando scie di fuoco ogni volta che emergeva da uno degli squarci.
Vader riuscì a intercettare ogni colpo, pur non riuscendo a contrattaccare. Era troppo veloce. Da molto tempo non aveva combattuto un avversaria di tale calibro. Era una sensazione rinfrescante, quasi aliena.
<< Percepisco molta rabbia in te, giovane donna. Ma soprattutto... percepisco la tua paura >> sussurrò sotto la maschera.
La pirata ruotò su sè stessa ed entrò in un altro varco, per poi riapparire  qualche metro dietro Vader, questa volta con la lama infusa di Polvere gravitazionale.
<< La paura non è necessariamente un male. Se impari a controllarla e a non lasciarti toccare da essa… può solo renderti più forte. Me l'ha insegnato la mia ex- leader. >>
Piantò la lama nel pavimento della camera stagna. Come ad un segnale, ogni detrito presente nella stanza cominciò a fluttuare.
<< Tu forse la conosci >> mormorò la donna << Si chiama Summer Rose. >>
Vader ricordava bene quel nome, ma non diede alcun segno di averlo riconosciuto. Utilizzò la Forza per mantenersi in equilibrio. Anche senza gravità, era capace di usare l'energia telecinetica per connettersi agli oggetti che lo circondavano. Era la stessa tecnica che aveva utilizzato per salire sulla nave.
Senza perdere tempo, allungò la mano destra. Poi, come dal nulla, una potente scarica di fulmini fuoriuscì dall'arto, sorprendendo Raven.
La donna prese in colpo in pieno e finì contro una parete, cadendo in ginocchio. Controllò la sua aura su un cronometro da polso… era al 50%! In una manciata di minuti e mosse, Vader era veramente riuscito a dimezzare le sue riserve?!
Vader cominciò a incamminarsi verso la figura della donna, con passo lento e marcato.
<< Non puoi battermi. È inutile resistere ! Tu morirai qui, e la tua cosiddetta famiglia subirà il medesimo destino. Li ucciderò uno per uno, senza mai fermarmi, senza mai dar loro la possibilità di arrendersi. Verranno cacciati come selvaggina! >> ringhiò attraverso il respiratore.
Raven digrignò i denti e si rimise in piedi. Ripeté il trucchetto dei portali multipli, questa volta utilizzando  un misto di Polvere d’acqua e tuono. Tornò ad attaccare da più direzioni, cercando di stringere il più possibile l'area d'azione del comandante imperiale.
Ad ogni scontro di lama volarono scintille, mentre il clangore e il brusio di ogni colpo riecheggiarono per tutta la lunghezza della nave.
Vader intercettò ogni attacco, usando la Forza per restaurare le sue energie. Al contrario della donna, la cui aura aveva un potere limitato, Vader estraeva la propria Forza direttamente dal tessuto della realtà stessa. Da questo punto di vista... era una persona letteralmente instancabile.
Volse lo sguardo in direzione di Raven e scaricò una forte ondata di energia cinetica nei confronti dell'avversaria.
La donna venne scaraventata contro la porta. A questo punto le restava solo da mettere tutta l'aura che le rimaneva in un ultimo attacco. Tuttavia ,sapeva che, anche in caso di successo, un simile sforzo l’avrebbe probabilmente uccisa.
Rinfoderò la spada e la ricoprì con tutti i tipi di Polvere contenuti nel fodero, una quantità tale da lenire anche il proprietario della lama per autocombustione.
Cominciò a caricare la poca aura rimasta. Ormai aveva deciso… si sarebbe lanciata in un fendete suicida contro Vader.
Poi, come dal nulla ,un poderoso colpo alla nuca la mise K.O, interrompendo le sue azioni. Maine afferrò la donna tra le braccia, impedendole di cadere.
<< Scusa, boss, ma non posso permetterti di farlo >> dichiarò attraverso il casco della tuta.
Vader fissò sorpreso l'entrata in scena del nuovo arrivato.
<< Sei forse tu il vice capitano di questa nave? >> domandò ,con tono quasi incuriosito.
<< No, Lord Vader >> disse il pirata corazzato, prendendo la donna svenuta al fianco << ma ne faccio le veci, visto che lui è già in salvo. E perdonate la mia impertinenza. >>
Si lanciò contro il Sith, utilizzando il proprio peso per farlo indietreggiare. Fatto ciò, corse fino alle scialuppe e infilò di forza Raven in una delle ultime due capsule di salvataggio, settando le coordinate sulle stesse decise dai suoi compagni.
Vader seguì poco dopo, entrando nella stanza. Non avrebbe permesso a quella donna di scappare. Menò la spada laser in avanti, pronto ad affondarla nel corpo del capitano inconscio.
Maine si mise davanti e la lama finì dritta nel suo fianco, attraversando armatura e carne. L’uomo sussultò, nel tentativo di trattenere un grido.
<< È solo grazie a lei e Tayang se sono riuscito a vivere come una persona normale >> sussurrò a se stesso.
Premette il pulsante di lanciò e la capsula partì nello spazio profondo.
<< Grazie a loro posso morire con dignità! >> esclamò, sentendo il sangue fuoriuscirgli dalla bocca.
Sopportando il dolore, spinse via la spada laser e diede un pugno al Sith direttamente nel sistema di controllo dell'armatura. Vader si lasciò sfuggire un sibilo. Rapidamente, afferrò la parte superiore della corazza e la strappò con forza dal petto, prima di lanciarla sul pavimento della sala.
I circuiti della protezione presero fuoco all'istante. Poi, il Signore Oscuro volse la propria attenzione nei confronti della capsula di salvataggio.
Niente. La navicella era sparita.
Lanciò un grido di rabbia, puntando la spada laser in direzione del pirata.
 << Quello... è stato un grave errore >> sussurrò attraverso il respiratore.
 Balzò in avanti, la lama pronta a intercettare il suo nuovo obiettivo.
Il guerriero in armatura bianca rispose con un sorriso insanguinato. Facendo appello alle ultime forze rimaste, attivò la sua semblance, uno scudo energetico duro come il diamante, ben sapendo che non avrebbe potuto niente contro la lama del comandante imperiale.
Quest’ultima, seppur incontrando una certa resistenza, affondò nel corpo dell'uomo, trapassandolo da parte a parte del costato. Vader alzò la testa in direzione dell'avversario.
<< Dimmi, pirata... ne valeva la pena? >>
Maine si tolse l'elmo e fissò l'uomo dritto negli occhi. Nonostante il sangue che gli fuoriusciva dalla bocca, il volto del criminale non esprimeva nessuna paura, solo accettazione.
<< Per non vedere… le lacrime sul volto di Yang? Sì… ne è valsa la pena >> sussurrò attraverso i rantoli.
Provò ad afferrare la spada laser, almeno per togliersi lo sfizio di disarmare Vader. Tuttavia… il suo cuore si fermò.
Il Signore Oscuro rimase fermo e immobile, fissando il volto pallido del combattente. Emise uno sbuffo derisorio.
<< Allora eri uno sciocco... ma posso rispettare i tuoi principi. >>
E, detto questo, estrasse la lama dal corpo dell'uomo, prima di volgere lo sguardo nei confronti dello spazio che si stagliava oltre i pannelli della cabina.
<< Pensate di essere al sicuro? È solo un'illusione. Godetevi questi ultimi momenti di pace... perché io vi troverò. >>
In quel preciso istante, un  sonoro brusio attirò l’attenzione del Sith. Abbassò la testa, riscoprendone la fonte nel comunicatore agganciato alla tuta.
<< Signore, abbiamo intercettato una nave cargo nei pressi del centro imperiale >> esordì la voce dell’ammiraglio Piett, il comandante dell’Esecutore.
Sotto la maschera, Vader non potè fare a meno d’inarcare il sopracciglio.
<< E la cosa dovrebbe preoccuparmi? >> domandò con tono calmo e raccolto.
Dall’altra parte della linea, il giovane ammiraglio sembrò esitare.
<< Signore… è la nave del Dottore >> sussurrò a voce bassa.
Il tempo parve fermarsi. Un silenzio inesorabile calò nelle profondità del vano di salvataggio. E il tutto si propagò per quasi un minuto buono.
Quando quel breve lasso di tempo giunse al suo termine, la mente di Vader sembrò tornare alla realtà. 
<< Venite subito a recuperarmi >> ordinò con un ringhio.
Senza aspettare una risposta da parte del sottoposto, chiuse il comunicatore, volgendo lo sguardo in direzione della volta celesta.
<< Ben ritrovato… Dottore. >>

                                                                                                                                        * * *


Renmant - pianeta sotto controllo imperiale

Accademia di Atlas

<< Mhhh, pomodori >> sussurrò Kirby nel sonno, accoccolato nel suo letto con un pigiama rosa. La testa del ragazzo poggiava comodamente al di sopra di un peluche a forma di stella, con due occhietti neri e un berretto da notte.
James si avvicinò di soppiatto con una padella e un mattarello, per poi sbatterli l'uno contro l'altro un paio di volte. Tuttavia, con suo immenso dispiacere, il rosato si limitò a girarsi.
<< Fa sempre così? >> chiese l'aspirante Cacciatore, volgendo lo sguardo in direzione di Emil.
Per tutta risposta, il fauno allungò la mano e fece levitare Kirby a mezz’aria, per poi scrollarlo un po’. A sorpresa di James, la situazione sembrò non migliorare molto.
Emil si portò una mano al mento. << Hmm, meglio sbrigarsi o comincerà a sognare. >>
<< Ahhh, torta alle fragole... >>
<< Troppo tardi. C'è una sola cosa da fare, a questo punto. Penny? >> chiamò il fauno, attirando l’attenzione della ragazza. 
Quest’ultima si era appena svegliata ed era ormai intenta a sistemare il suo zaino per affrontare la giornata scolastica.  
Emil si avvicinò a lei e le bisbigliò qualcosa nell'orecchio. La rossa annuì contenta e prese una delle sue spade, puntandola contro il partner e sparando un getto d'acqua gelida ad alta pressione. L’azione fu sufficiente a buttarlo giù dal letto.
Kirby si rialzò di scatto e cominciò a guardarsi intorno, con fare frenetico.
<< Chi attacca?! Con cosa?! Dove?! Qua-…!? >>
Prima che potesse continuare la sua sfuriata, notò i compagni di squadra che se la ridevano di fronte a lui.
<< Emil, brutto stronzo! Avevi giurato di non farlo più! >> esclamò indignato.
In tutta risposta, il fauno si limitò a porgergli un ghigno condiscendente.
<< Non è certo colpa mia se hai il sonno pesante. Mi hai costretto tu >> ribatté con tono beffardo.
Il rosato fece per scagliarsi contro il compagno, ma venne prontamente interrotto da Penny, che gli si avvicinò timidamente.
<< Ehm, scusa, Kirby, sono stata io a spruzzarti >> borbottò con la testa abbassata.
Al sentire tali parole, l’espressione sul volto del neo-cacciatore si addolcì all’istante.
<< Tranquilla, Penny, so che non è colpa tua. Questo lupastro è piuttosto bravo a convincere le persone a fare ciò che vuole >> sibilò con un’occhiata laterale in direzione del fauno.
James finse di tossire, attirando l’attenzione del trio. << Benché abbia trovato questa scenetta piuttosto divertente, dobbiamo ancora prepararci per le lezioni. Vi consiglio di  sbrigarvi >> ordinò con voce calma e raccolta.
Così, il gruppo cominciò ad indossare le divise. Completamente grigie, se non per qualche striatura bianca, i vestiti dell’accademia rispecchiavano l’atmosfera militarista emanata da quel luogo.
Fatto colazione, il team si diresse verso l’aula della loro prima classe, Laboratorio Tecnico.
<< Mi chiedo come se la stia cavando Weiss >> commentò Kirby, le braccia incrociate dietro la testa.
Affianco a lui, Emil si limitò a rilasciare un sonoro sbuffo.
<< Considerando il suo caratteraccio? Avrà già fatto impazzire metà della sua squadra. >>
 
                                                                                                                                          * * * 

Il Professor Verde, insegnante di laboratorio all’accademia di Atlas, era un uomo allampanato e dalla folta capigliatura color smeraldo, caratterizzato da un sontuoso paio di occhiali circolari che gli cadevano a metà del viso. Il camice da laboratorio, unito alla sua parlata sofisticata e ad uno sguardo pacato, rispecchiava la natura scientifica della sua professione.
Attualmente, l’uomo era intento a spiegare i funzionamenti della Polvere in tutto l’universo di Battleground.
Normalmente, solo gli abitanti nativi del pianeta potevano usare quei cristalli nella loro forma più pura e al massimo del loro potenziale. Anni prima, il Maestro era riuscito a creare delle batterie di contenimento che permettevano anche a coloro che  non possedevano alcun tipo di aura di utilizzare la Polvere ai livelli più elementari. Il tutto rendeva i cristalli molto importanti non solo in ambito combattivo ma anche in altri campi, tra i quali lo sfruttamento dell’energia. Visto che poteva essere fusa in laboratorio con diversi componenti chimici, la Polvere era utilizzata anche per creare sostanze medicinali.
Emil ascoltò la spiegazione con fare rapito, nel tentativo di cogliere anche la minima informazione che gli avrebbe permesso di potenziare i suoi Vulcan Tyrant. La maggior parte dei tonfa era costituita in titanio, al cui interno scorrevano incisioni fatte di ossa di Grimm per condurre al meglio la Polvere, situata in una lunga serie di fiale. Queste venivano inserite in un sistema a rotazione nelle impugnature, da cui i cristalli disciolti venivano mandati anche alle munizioni.
Fu così che, troppo concentrato sulla lezione, il fauno non si accorse di quello che stava accadendo alle sue spalle. Uno degli studenti, infatti, aveva mescolato in maniera piuttosto sconsiderata i vari composti che erano stati distribuiti come esempi a tutta la classe. Come conseguenza, dal miscuglio appena creato cominciò a fuoriuscire un ammasso di scintille.
Lo studente, preso dal panico, fece la prime cosa che gli venne in mente… e buttò tutto sul banco di Emil e Kirby, prima che il professor Verde potesse accorgersene. 
Un'esplosione di elementi misti sconvolse l'intera aula, scaraventando banchi e utensili per tutta la lunghezza della stanza. Gli studenti e il professore se la cavarono solo con qualche graffio su pelle e vestiti, grazie alla protezione offerta dalla loro aura. 
Sfortunatamente per Emil e Kirby, Verde aveva visto che il principio dell'esplosione era partito direttamente dal loro tavolo, motivo per cui, dopo aver rimandato la lezione e spedito tutti in infermeria, li fermò per affrontare le conseguenze dell’evento.

Qualche minuto dopo James e Penny erano fuori dall'aula ad aspettare i compagni di squadra, che uscirono con un'espressione a metà tra il mogio e il frustrato.
<< Tutto bene? È stato molto duro? >> chiese l'unica ragazza del team JEKP.
<< Lo è stato eccome >> digrignò Emil, trattenendo a stento la sua collera.
<< Oh, andiamo, che dovete fare? Pulire la facciata dell'accademia per il resto della settimana? >> scherzò James, nel tentativo di alleggerire l’atmosfera.
<<  Quello ce lo siamo evitati per poco >> mormorò Kirby << Tuttavia, dobbiamo ripagare i danni con i nostri soldi. >>
Al sentire tali parole, il resto del team rilasciò un sonoro sbuffo. I soldi delle accademie, dopotutto, erano sempre stata un'incognita. I finanziamenti provenienti da Salem e dai vari concili, infatti, erano spesso esigui, almeno rispetto a quelli ottenuti dalle fabbriche di Polvere e dalle istituzioni governative come l’esercito atlesiano.
Motivo per cui, all’interno delle varie accademie, la regola "chi rompe paga" era applicata a qualsiasi studente.
<< Quindi che facciamo? Non possiamo prendere missioni ufficiali fino all'anno prossimo >> osservò Penny, mentre James rifletteva sulla situazione.
Sebbene l’inizio con Emil e Kirby non fosse stato dei migliori, il soldato non era certo favorevole all’idea di lasciarli in pasto ai lupi.
Questa sarebbe stata la sua prima vera prova come leader…e intendeva superarla a pieni voti. Metaforicamente parlando, ovviamente.
<< No, ma ci sono anche quelle non ufficiali. Possiamo provare a cacciare qualche Grimm e vendere i materiali, o controllare la lista dei ricercati. Nella migliore delle ipotesi, un solo incarico e saremmo a posto >> commentò come un dato di fatto.
I suoi compagni di team annuirono in accordo.

Eccitati per la possibilità di intraprendere per la prima volta una missione come squadra, passarono il resto della settimana a riparare alla bella e meglio le armi danneggiate e a controllare la lista dei ricercati sui computer della biblioteca. Tutti gli avvisi di taglia erano stati raggruppati per ricompensa, pericolosità e mittente.
<< Quanto dobbiamo risarcire, esattamente? >> chiese Penny.
<< 5000 lien. La Polvere e i materiali costano come al solito >> borbottò Emil, non trattenendo una smorfia di disappunto.
La Polvere avrebbe continuato a esistere fino a quando ci sarebbero state persone dotate di aura. Nonostante ciò, personaggi come Jaques Schnee continuavano a tenere i prezzi molto alti.
<< Penny, cerca qualcuno sui 7000, almeno ci resterà qualcosa in tasca >> ordinò James.
Senza perdere tempo, la ragazza selezionò i dati richiesti, facendo comparire una serie di nomi. Il quartetto cercò per diversi minuti, fino a quando non s’imbatterono in un nome interessante.
<< Arlong, un Bracconiere. A quanto pare, vende di contrabbando ossa di Grimm a un gruppo di cybertroniani. Che diavolo ci fanno le teste di latta con quella roba? >> domandò Kirby, visibilmente confuso.
Affianco a lui, Penny strinse inconsapevolmente il bordo del tavolo.
<< Armi probabilmente, quella roba può condurre più o meno tutto, Energon compreso. O forse le usano come decorazioni, certi Decepticons sono dei veri modaioli >> ipotizzò il leader del team, analizzando le informazioni sul suo nuovo obbiettivo.
A quanto pare, Arlong si era diplomato ad Haven con la sufficienza scontata, dandosi alla carriera criminale appena uscito dall’Accademia. Di recente, era stato localizzato proprio nei pressi di Atlas.
James chiuse il volto in un sorriso a mala pena celato. Sicuramente, quella sarebbe stata una giornata ricca di eventi. 



Personaggi:

Ravenhttps://drill5mm.deviantart.com/art/Raven-634432026
Tayanghttp://rwby.wikia.com/wiki/File:Taiyang_Vol_4.png

Entrambi appartengono alla serie di RWBY

Il Professor Verdehttp://reborn.wikia.com/wiki/Verde
Appartiene all'anime Katekyo Hitman Reborn

Membri della ciurma di Raven e Tayanghttps://vignette.wikia.nocookie.net/halo/images/f/f1/USER_Members_of_Red_vs _Blue.jpeg/revision/latest?cb=20130109033645
Questi personaggi appartengono alla serie web Red Vs Blue

Ad eccezione di Darth Vader e degli ufficiali imperiali (interpretati da evil 65), tutti i personaggi del capitolo sono stati interpretati da Fenris.
 

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Capitolo 9
*** Capitolo 7 - Scontro tra titani ***


Ecco un nuovissimo capitolo! Ci abbiamo lavorato molto, per cui non vediamo l'ora di sentire i vostri pareri ;)
E abbiamo anche la opening ufficiale della storia!


Opening: https://www.youtube.com/watch?v=TzppTAmgUwA
 


Capitolo 7 - Scontro tra titani 

http://youtu.be/xmtCtKSq_yo

Lo Star Destroyer Esecutore era enorme e quasi completamente nuovo. Era stato costruito nei remoti centri orbitali dell’orlo esterno, in gran segreto e immune al virus che era la Ribellione. I suoi dediti e fanatici costruttori lo avevano progettato perché fosse più potente e più tecnologicamente avanzato di qualunque cosa lo avesse preceduto. Sicuramente, i ribelli non possedevano nulla che potesse tener testa a quel vascello.
Quasi invisibili quando uscirono da un portello sul lato esterno dell’immenso Star Destroyer Classe Resurgent, le quattro navi da trasporto erano un modello collaudato. Con un compito chiaro e semplice, non avevano bisogno della profonda riprogettazione richiesta dalla loro nave appoggio. Nonostante tutto, i trasporti continuavano a svolgere il loro ruolo con brutale efficienza.
Occupati nelle loro attività quotidiane sulla superficie della Terra, gli abitanti del Giappone non avevano idea di stare per ricevere la visita di quattro squadre scelte di stormtroopers imperiali. A bordo del quartetto di trasporti truppa, gli ottanta guerrieri in armatura bianca si preparavano all’atterraggio come qualunque altro soldato. Le battute di spirito si alternavano con ipotesi nervose su ciò che probabilmente li attendeva. Le ondate di adrenalina suscitavano colpetti di gomito e qualche pacca cameratesca sul braccio del compagno di fianco. Si conoscevano bene, avevano fiducia nella loro squadra ed erano sicuri di poter affrontare qualunque cosa quel piccolo paese su cui stavano scendendo avesse in serbo per loro.
I capisquadra sbraitarono una serie di ordini e le armi furono caricate e controllate due volte. I soldati armati di lanciafiamme si assicurarono che il loro armamento speciale fosse completamente carico. Ogni soldato si faceva un dovere di ispezionare l’armatura del compagno di fianco, assicurandosi che le giunture fossero sigillate e le piastre ben salde.
Il silenzio che seguì fu rimpiazzato da un rombo sordo, l’immobilità da scossoni e boati, mentre le quattro navi entravano nell’atmosfera del Centro Imperiale. Qualcuno fece un commento particolarmente fuori luogo e fu subito zittito dai soldati seduti dinnanzi a lui. Dopodiché, l’unico rumore all’interno della nave fu il rimbombo che accompagnò la discesa turbolenta nell’aria spessa.
Una voce elettronica automatica avvertì: prepararsi all’atterraggio. I corpi nelle armature si irrigidirono.
Un ultimo forte scossone e calò di nuovo un silenzio così profondo da mettere i brividi. Le mani strinsero le armi, i muscoli si tesero e all’interno del trasporto tutti gli occhi si puntarono sul portello di sbarco.
Il silenzio fu a malapena interrotto dai lievissimi ronzii meccanici della prua della nave che cominciava ad abbassarsi sul terreno ancora poco visibile.
 
                                                                                                                                         * * * 

Quella notte, Accelerator sognò di una vita che non ricordava di aver vissuto. Sognò di esperimenti depravati, di uomini in camice bianco che gli ordinavano di uccidere. Sognò di 10.000 ragazze, tutte con il volto di Last Order… tutte morte per sua mano.  Sognò del giorno in cui aveva salvato quella ragazzina dall’insolita parlata… avvenuto in modo molto diverso.
Poi, udì un colpo di pistola… e si svegliò di soprassalto.
La linea di confine rispetto ai suoi pensieri abituali era profonda, ma a lui certe distinzioni non interessavano. Gli importava solo che i contenuti del suo sonno fossero appaganti. E quando non lo erano, be'… che senso aveva continuare a dormire?
<< Cazzo… ancora quei dannati sogni >> borbottò stizzito.
Si mise a sedere contro il tronco di una grande quercia. Attualmente, il giorno più caldo dell’estate volgeva al termine e un silenzio di tomba regnava al di sopra dei campi di grano.
Le foglie degli alberi, di solito scintillanti, sostavano impolverite lungo i rami dei rispettivi alberi, ammassati nei vialetti, e i prati un tempo verde smeraldo si stendevano incantrapecoriti e giallognoli a causa della siccità. In mancanza delle loro consuete occupazioni, gli abitanti del villaggio si erano rintanati nella penombra delle loro case, con le finestre spalancate nella speranza di indurre una brezza inesistente a entrare.
La sola persona rimasta al di fuori  era lui: veniva spesso in quella parte della campagna, per sfuggire alle incessanti attenzioni di Last Order.
Si alzò in piedi, preparandosi a a rientrare in casa. Si stava facendo tardi, dopotutto, e doveva ancora raccogliere la legna per il fuoco.
E poi accadde. Vi fu un lampo di luce bluastra.
L’adolescente inarcò un sopracciglio.
<< Che diavolo succede? >> domandò quasi a se stesso.
Lo sentì arrivare: un mugolio crescente da un altro mondo che giungeva dal lato ovest della volta celeste, un mmmm che crebbe fino a diventare un MMMMM nello spazio di pochi secondi.
Dal cielo stava cadendo qualcosa… in una versione accartocciata. Sospese nell’aria restavano spirali di fuoco come petali rossicci, un fiore che si stava ancora aprendo. Il corpo precipitava in una scia di fumo denso. Qualcosa si schiantò rumorosamente nel campo di grano, scalzando pezzi di terriccio, prima di rotolare vorticosamente nell’erba alta. E in quel preciso istante, toccò terra.
L'esplosione fu bianca e onnicomprensiva. Ad appena un centinaio di metri lungo l'asse che conduceva alle fattorie più vicine, guizzò nel cielo velato una brillante scintilla dorata, come un fulmine che saetta all'insù invece che verso il suolo. Un istante dopo, l’onda d’urto titanica squarciò il centro della notte. Una rossa palla di fuoco cancellò i tralicci delimitanti il campo.
Accelerator non perse tempo, e corse fino al punto in cui si era verificato lo schianto. Una volta arrivato a destinazione, si bloccò.
Di fronte a lui, infatti, si stagliava il corpo malandato di quello che sembrava una nave mercantile. Fiamme e terriccio ne avvolgevano il fianco scoperto, mentre il resto della struttura annaspava nel suolo. L’adolescente si avvicinò con passo esitante, quando un sonoro gemito attirò la sua attenzione.
Dalla nuvola di fumo che scaturiva dalla nave fuoriuscì un uomo. Era alto e magro, probabilmente sulla sessantina. Aveva capelli folti e argentati, perfettamente in contrasto con gli abiti neri vagamente stracciati. Con gli occhi strabuzzanti, arrancò fino all’albino.
<< Aiutami >> sussurrò con voce roca.
Poi svenne ai piedi dell’esper.
 
                                                                                                                                                      * * *
  
Il Dottore sbatté le palpebre un paio di volte. Si sentiva stanco e affaticato, quasi come se avesse speso la notte in mezzo al deserto.
Lentamente, come attraverso una bruma, mise a fuoco i suoi dintorni. Era in una stanza di medie dimensioni, dalle candide pareti in cartongesso.
Aveva gli arti intorpiditi, appesantiti dal sonno. Poi, dopo quasi un minuto buono, si rese conto di posare al di sopra di un letto.
Davanti a lui si stagliò il volto  di una giovane donna dai capelli neri.
<< Oh, ben svegliato >> lo salutò Yoshikawa, le labbra arricciate da un sorriso smagliante << Per sua fortuna me la cavo bene come medico, era ridotto piuttosto male. >>
 Prese una sedia e si sedette accanto a lui. 
<< Come si sente? >>
<< Ugh... come se fossi stati investito da una corvetta imperiale >> borbottò l’uomo, portandosi una mano alla testa << Per quanto tempo ho dormito? >>
<< Giusto un paio d'ore, nulla più >> rispose l’altra, indicando la sua fronte << Ha preso una bella botta, da quanto mi ha detto Accelerator. Riesce ad alzarsi? >>
Il Signore del Tempo tentò di mettersi in piedi, ma trovò l'azione piuttosto faticosa.
<< Mi dia solo un secondo >> borbottò, nel tentativo di mettere a fuoco.
Rilasciò un sonoro gemito, utilizzando la spalla di Yoshikawa come punto d'appoggio.
<< Sono ancora un po' disorientato, mi ci vorrà qualche minuto per rimettermi in sesto. Questa è casa sua? >> domandò, lanciando una rapida occhiata ai suoi dintorni.
<< Non proprio, è la casa della mia amica Yomikawa>> rispose la donna, mentre lo aiutò a mantenersi in piedi. << Comunque, molto piacere. Io sono
Kikyō Yoshikawa. Lei è? >>
<< Il Dottore, molto piacere. >>
<< Ma... io le ho chiesto il nome, non la professione >> rispose la mora, strabuzzando gli occhi.
Scosse prontamente la testa.
 << Dev’essere un effetto del trauma cranico. Va bene, venga con me, andiamo in cucina che le preparo una bevanda calda. Le piace il tè? >> 
<< Mia cara, a questo punto sarei capace di bere anche del latte di Gungan >> ridacchiò l'altro, il volto adornato da un ghigno scherzoso.
La donna lo fissò con sguardo stranito, ma alla fine lo accompagnò in cucina, dove iniziò a bollire l’acqua. In quel momento entrò in casa Accelerator, che aveva appena finito di tagliare la legna, accompagnato dalle figure di Last Order e Yomikawa.
L'albino notò subito l'uomo, e posò l'accetta vicino alla porta.
<< Oh, si è ripreso, a quanto pare. Dovrebbe restare a riposo, un uomo della sua età non dovrebbe girare solo per la casa. >>
<< L'ho accompagnato qua io >> disse Yoshikawa, ancora intenta a preparare il tè.
Last Order si lanciò subito di fronte alla figura dell’uomo, il volto adornato da un sorriso giocoso.
<< Saaaaaalve! Io sono Last Order >> esclamò la bambina, sorprendendo il Dottore << Accelerator l'ha salvata da un bell'incidente, era conciato piuttosto male. Visto che le abbiamo salvato la vita, ora ci dovrà ricompensare con una pentola d'oro! Dice Misaka come Misaka.. .>>
Prima che potesse terminare la frase, la piccola ricevette una leggera manata sulla testa da parte del padre adottivo.
<< Tch... mocciosa, smettila di urlare e infastidirlo >> ordinò in tono burbero.
Affianco a loro, Yomikawa rilasciò un sospiro rassegnato, prima di volgere al Signore del Tempo un sorriso accomodante.
<< Perdoni questi bambini, a volte sono davvero incontrollabili. Io sono Yomikawa, la proprietaria di questo allegro stabilimento. Posso sapere il suo nome?>>
<< Sono il Dottore >> rispose l’uomo, porgendo una mano in segno di saluto.
Al sentire tali parole, la donna  non poté fare a meno di inarcare un sopracciglio. << Il nome, non la professione. >>
<< Il Dottore. >>
<< Dottore chi? >>
<< Il Dottore. >>
Accelerator e Last Order lo fissarono come se fosse pazzo.
<< Tu ti chiami “il Dottore”? >> domandò l’albino, il tono di voce adornato da una lieve punta d’incredulità.
L’uomo annuì in assenso. << Esattamente! >>
<< Non è un nome, è una condizione mentale. >>
<< Pensi che sia strano? >> ridacchiò l’altro, ricevendo uno sguardo infastidito da parte dell’adolescente.
<< No, mi sembra solo stupido. >>
<< Odi le cose stupide? >>
<< Sì >> ribatté lui, stringendo ambe le palpebre degli occhi.
Detto questo, si lasciò cadere sul divanetto della cucina, mentre volse un’occhiata laterale in direzione dell’ospite.
<< Piuttosto, lei non è umano. Dico bene? >>
In tutta risposta, l'uomo si limitò ad inarcare un sopracciglio, leggermente impressionato dalla dichiarazione dell'adolescente.
<< Hai una mente molto acuta, ragazzo. Dimmi, come l'hai capito? >>
<< Mi prende per il culo? La sua navetta è praticamente un rottame! Nessun essere umano sarebbe mai sopravvissuto ad un simile schianto. >>
Era una bugia debole, lo sapeva anche lui. In fondo, Battleground era pieno di esseri umani dalle capacità innate. Avrebbe potuto dirgli la verità, ovvero che, essendo un esper in grado di controllare i vettori, i suoi sensi erano amplificati e nettamente maggiori rispetto a quelli di un semplice umano. A causa di ciò, era riuscito a sentire il battito dei due cuori presenti nel corpo del Dottore.
Tuttavia, nonostante l'aspetto innocuo e il tono cordiale, non si fidava ancora di quell’insolito vecchietto. Meglio recitare la parte dell’ingenuo ragazzo di campagna ancora per un po’.
Last Order fu più che disposta ad interrompere le sue riflessioni.
<< Accelerator, modera il linguaggio, dice Misaka come Misaka, rimproverandoti! >>
<< Zitta, marmocchia. Comunque, ho provato a riparare il suo mezzo di trasporto. Io me ne intendo di motori terrestri, ma quella roba è complicata. Credo che dovrà rimanere a casa nostra per un paio di giorni >> spiegò l'albino, stiracchiandosi sul divano.
Affianco a lui, Last Order annuì in accordo.
<< Le riparazioni della nave ammontano a cinquanta milioni di yen, comunica Misaka come Misa-.. .>>
Prima che potesse terminare la frase, le arrivò un cuscino sul viso.
<< Ti ho detto di non infastidirlo >> sibilò l’esper, stringendo ambe le palpebre degli occhi.
Fatto ciò, volse un’occhiata laterale nei confronti del Dottore e chiese: << Da dove viene, se non sono indiscreto? >>
L'uomo rimase fermo e immobile, il volto adornato da un'espressione sospettosa. Alla fine, decise di rispondere alla domanda dell’adolescente.
<< Dubito che tu abbia sentito parlare del mio mondo, è scomparso molti anni fa. Che io sappia, sono l'ultimo della mia specie... più o meno >> borbottò quasi a se stesso.
<< Mh, mh... va bene, comunque non sono cazzi miei. Ciò che mi preme di più sapere è il motivo per cui si è schiantato qui. Esaminando la sua navicella ho trovato tracce di fori… fori che potevano essere provocati solo da armi imperiali. Ne deduco che lei è ricercato dall'impero, e che quindi ho appena salvato la vita a un criminale del governo. Mi corregga se sbaglio >> disse Accelerator, alzandosi e avvicinandosi all'alieno.
Nel mentre, Yoshikawa e Yomikawa rimasero senza parole. Con grande sorpresa del gruppo, tuttavia, il Signore del Tempo si limitò a scrollare le spalle.
<< Mi hai beccato >> rivelò con un tono di voce piuttosto spensierato.
Cominciò a guardarsi intorno, apparentemente non disturbato dalla deduzione dell’albino.
<< Che cos'hai intenzione di fare con queste informazioni? Vuoi forse consegnarmi alle autorità competenti? >>
<< Dipende. Prima che lo faccia... risponda a quest'altra domanda: perché non ci ha ancora attaccato? >> domandò bruscamente il ragazzo. 
Il Dottore si limitò a scrollare le spalle.
<< Oh, come se avessi la forza di sopraffare un giovanotto nel fiore degli anni. Sono solo un povero vecchietto >> rispose con il suo solito sorriso, dondolandosi sulle punte dei piedi.
<< Tch... stronzate! >> esclamò l’altro, battendo un pugno sulla parete della cucina << Dimmi chi sei, o giuro che ti... >>
Venne interrotto da Yoshikawa, che lo afferrò per il braccio. Al contempo, Last Order si attaccò alla sua vita.
<< Adesso vedi di calmarti, Accelerator >> lo ripresa la donna, in tono di rimprovero.
<< Non si tratta così un ospite, lo rimpovera Misaka come Misaka, spiegando le basi dell'educazione! >>
<<  Tch... lasciatemi! >> si dimenò il ragazzo, per poi accasciarsi contro il divano.
Digrignò i denti, prendendo un respiro profondo.
<< Dunque... chi è lei? >> ripeté con insistenza.
L'uomo si strinse nelle spalle una seconda volta. << Per ora, puoi considerarmi un, vediamo... ah, sì ,un combattente per la libertà! Non la terminologia più originale, lo ammetto, ma credo che sarà sufficiente per spiegare la mia attuale professione. Vi assicuro che non ho intenzioni nocive, né verso di voi né verso qualunque altro civile. >>
<< Oh! Lei è come William Wallace! Esclama Misaka come Misaka con gli occhi scintillanti e ricolmi di ammirazione. >>
Ignorando le farneticazioni della bambina, Accelerator lo squadrò da capo a piedi.
<< Combattente della libertà? Vuol dire che lei è un ribelle. Ecco perché le stanno dando la caccia. >>
Poi, come dal nulla, una rivelazione scioccante si fece strada nella mente dell’esper.  
<< Merda! Se l'impero le sta dando la caccia, significa che stanno venen-… >>
Quello che si sarebbe solo potuto definire come un cupo rombo lo costrinse a interrompersi. Quando l’adolescente si affacciò alla finestra dell’abitazione, puntò in direzione del rumore.
La navetta che stava calando dal cielo era molto più imponente di qualsiasi trasporto su cui l’albino aveva mai posato gli occhi. Sfoggiava lunghissime ali pieghevoli e un profilo che ricordava un uccello predatore. Come ad un segnale, i vari abitanti del villaggio fuoriuscirono dalle rispettive abitazioni, impugnando armi e strumenti agricoli.
Quando la rampa di sbarco della navetta si abbassò, discese una sola persona. Alta e ammantata di nero, col volto nascosto da una maschera di metallo, camminò con passo lento e indifferente fino alle porte del villaggio.
Una schiera di figure bipedi in scintillante armatura bianca lo seguì a ruota. Truppe d'assalto. Le armi con cui aprirono il fuoco glielo confermarono.
Quelli del villaggio che si erano armati tentarono di organizzare una difesa. Ma in quel caso, il coraggio non bastava contro l’addestramento e l’arsenale sofisticato degli stormtroopers. Man mano che le loro file venivano decimate, non ebbero altra scelta che arretrare. Era finita quasi prima di cominciare.
Oramai consapevoli che era inutile opporre ulteriore resistenza, gli abitanti del villaggio cominciarono a capitolare, arrendendosi in gruppi di due o tre.
Quando gli animali rinchiusi nei recinti si fecero prendere dal panico e si liberarono, molti soldati armati  di lanciafiamme si misero a dar fuoco a determinate strutture. Accelerator era sdegnato: non sembrava esservi alcuna ragione per farlo. Ma d’altra parte, per quelli che tiravano le fila dell’Impero, seminare paura era soltanto un altro modo per fare politica.
Gli stormtroopers, guidati dal loro oscuro signore, continuarono quell’assalto con spietata efficienza. Forti esplosioni riecheggiarono nell'aria, l'odore dello zolfo, della carne bruciata, il suono dei blaster e delle urla di innocenti squarciarono il silenzio dell’avamposto come la possente ascia di un boia. In quel macabro sabba di morte, attuato esclusivamente a far uscire allo scoperto un solo uomo, non vi era spazio per la pietà, nemmeno per i giovani pargoli.
Darth Vader sapeva bene che il Dottore non sarebbe rimasto a guardare mentre dei civili venivano coinvolti, si trattava solo di pazientare.
<< Maledetto bastardo... lo ammazzo! >> imprecò Accelerator, scattando verso la porta, solo per venire prontamente trattenuto da Yomikawa.
<< No, non farlo! Se tu ora lo attaccassi, le conseguenze saranno ancora più disastrose... restate qui >> ordinò la donna, uscendo allo scoperto.
<< Yomikawa! >> la chiamò
Kikyō, ma nulla bastò a fermarla.
 La donna corse per il campo, fino ad arrivare vicino a Vader. Il Sith la squadrò da capo a piedi, senza proferire alcuna parola.
Ella aprì entrambe le mani in segno di resa, e con grande coraggio gli rivolse la parola:
<< Adesso basta, vi scongiuro. Perché fate tutto questo? Siamo gente semplice, contadini di campagna, non abbiamo fatto nulla di male per attirarci le ire dell'impero. Vi scongiuro, Lord Vader, abbiate pietà. Vi daremo tutto ciò che desiderate, e se è il sangue ciò che volete allora prendete me! >> esclamò con le lacrime agli occhi << Ma vi scongiuro, basta prendere altre vite di innocenti. Vi supplico >> sussurrò con voce rotta.
Il Sith rimase un attimo in silenzio, volgendo completamente la propria attenzione nei confronti della nuova arrivata.
<< Parole molto toccanti, donna. Tuttavia, non è te che sto cercando, sono qua per il ribelle che si nasconde in mezzo a voi. La sua nave si è schiantata ad appena un paio di chilometri da questo villaggio >> dichiarò come un dato di fatto. 
Poi con voce tonante, esclamò: << MI SENTI, RIBELLE? SO CHE TI NASCONDI QUI! QUANTE ALTRE VITE DOVRÒ SPEZZARE PER FARTI USCIRE ALLO SCOPERTO?! >>
<< Ma il Dottore non si trova qui, non lo abbiamo mai visto! >> ribatté Yomikawa, nel tentativo di placare i sospetti del signore oscuro.
A quel punto, lo sguardo di Darth Vader tornò a posarsi sulla donna. La maschera nascose bene la sua espressione iraconda, ma, al contempo, ricolma di trionfo.
<< Molto interessante, donna... io ho detto che cercavo un ribelle, ma non l'ho mai nominato. Come fai a sapere di chi sto parlando? >> domandò con una punta di malizia.
In quel momento, l'espressione sul volto di Yomikawa si fece indecifrabile. Un’ondata di paura la scosse, una forte e terribile paura come mai prima d'ora le era successo, come se la voce di Vader avesse risvegliato in lei un sentimento di terrore primordiale.
Le braccia le tremarono e le gambe sembrarono cedere sotto il suo stesso peso. Il sudore sul viso si fece più intenso e gli occhi rimasero spalancati, così come la bocca.
Deglutì, prese un poco di coraggio e fece per parlare, ma non riuscì a dire nulla. Una forza invisibile le stritolò la trachea, soffocandola e sollevandola a mezz’aria.
<< Ora, io e te discuteremo riguardo a ciò che sai. O vuoi forse che altre gente muoia? >> proclamò Vader, fissandola intensamente.
 
Da lontano, Accelerator venne investito da una poderosa furia e si alzò, ma Yoshikawa lo afferrò con entrambe le braccia e lo trattenne.
La povera donna era in preda alle lacrime. Non poteva salvare la sua migliore amica e non voleva che l'esper che ormai considerava come un figlio si facesse uccidere.
<< Ti prego Accelerator, ti prego, ti scongiuro, non fare niente. Ti prego! >> singhiozzò nella maglietta dell’albino.
Questi rilasciò un ringhio furibondo.
<< Mollami, Yoshikawa! Se va avanti così, la ucciderà! Lasciami andare! Lasciami subito. Userò la forza se necessario! Lasciami andare! >> esclamò a denti stretti.
 
In mezzo a quella lite, la piccola Last Order uscì allo scoperto e corse in aiuto di Yomikawa.
<< Last, NO! >> urlò
Kikyō, portandosi le mani alla bocca.
Nel mentre, l'albino spalancò gli occhi e osservò interdetto la scena. La bambina, una volta giunta nei pressi del Sith, cominciò a colpirlo ripetutamente, nonostante le sue piccole dimensioni.
<< Lascia stare Yomikawa, mostro! Grida Misaka come Misaka, battendo i pugni contro le tue gambe! >>
Yomikawa, nel frattempo, ansimò a fatica, i muscoli del collo stretti dalla morsa invisibile. Poteva sentire le vene del collo irrigidirsi e pulsare, mentre i battiti del cuore si fecero sempre più forti e marcati.
Riuscì semplicemente a biascicare un: << V-vat-ttene... Lassst... ti prego... >>
In risposta alla comparsa improvvisa della bambina, Vader allentò la presa sulla figura della donna, facendola cadere a terra con un sonoro tonfo. Fatto ciò, afferrò il colletto di Last Order, issandola all'altezza del suo volto.
A nulla servirono le proteste della ragazzina, che cominciò a dimenarsi.
<< I bambini dovrebbero essere visti ma non sentiti. O meglio, non dovrebbero essere visti né sentiti >> commentò il Sith, con cupo divertimento.
E poi… accadde.
Si sentì un urlo agghiacciante provenire a diversi metri di distanza. Vader fece per girarsi.
Come dal nulla, un poderoso pugno lo colpì direttamente allo stomaco, sbalzando la sua figura con la forza di un treno in corsa. Last Order ricadde sul terreno sabbioso, mentre il corpo del Sith venne scaraventato direttamente contro il muro di un abitazione, sollevando una densa nube di polveri e calcestruzzo. L’impatto risuonò per tutta la lunghezza del villaggio, attirando l’attenzione degli stormtroopers.
Di fronte a Last Order, Accelerator sembrava quasi un cane rabbioso, ricolmo di collera per il male che il Signore Oscuro aveva portato alla sua famiglia.
Nello stato in cui si trovava ora… non era più un essere umano, non era più il ragazzo che le persone del villaggio avevano imparato a conoscere.
Ciò che si trovava lì, ora, davanti alla bambina, era un essere ricolmo di rabbia e odio, né bestia né uomo… qualcosa di mostruoso.
Il Demone Bianco di Kyoto, ormai da tempo assopito, era risorto.
Last Order dilatò le pupille, visibilmente scioccata. << Accelerator! Esclama Misaka come... >>
<< Vattene... adesso... >> sibilò l’albino.
La bambina sembrò esitare. << Ma… >>
<< Non discutere e va' via! È un ordine! >> urlò l'altro, più arrabbiato che mai.
Al contempo, gli stormtroopers sollevarono le armi verso di lui e aprirono il fuoco. I proiettili attraversarono l’aria con una velocità di circa 300 km/h. Il tutto accadde nella frazione di a malapena un secondo.
L'esper rimase fermo e immobile, lasciando che i blaster lo colpissero in pieno petto. La punta di energia ,tuttavia, non affondò mai nel costato dell’adolescente, al contrario, sembrò rimbalzargli contro, andando a infrangersi lungo la traiettoria di un successivo bozzolo, esplodendo al semplice contatto. Il resto dei colpi, invece, si conficcò dritto nei fianchi degli stormtroopers, sbalzandoli a mezz’aria.
Approfittando di quel varco, Yomikawa prese Last Order in braccio, nel mentre questa si dimenava e piangeva, chiamando a gran voce il suo papà adottivo.
Vader, nel frattempo, fuoriuscì dal foro creatosi nel muro dell'abitazione. Il volto mascherato non tradiva alcun tipo di emozione, ma Accelerator poté comunque percepire la rabbia e lo sconcerto che scaturivano dalla figura dell'imperiale.
Dopo essersi spolverato il mantello, il Signore Oscuro volse lo sguardo in direzione dell'albino.
<< E così, sembra che questo villaggio nascondesse più di un singolo fuggitivo. Qual è il tuo nome, esper? >>
<< Tch... Capitan Fanculo!>>
E con un altro urlo calpestò il terreno. L’onda d’urto frantumò le vetrate di ben cinque isolati, comprese quelle poste sulle pareti dell’abitazione di Yomikawa.
La terra tremò violentemente. Numerose crepe cominciarono a protrarsi dal punto in cui l'esper aveva compiuto l’attacco, ramificandosi al pari di una ragnatela, sollevando pezzi di marmo e detriti. Sorpreso dall'azione, Vader porse la mano in avanti, generando un'ondata telecinetica.
Quando entrambi gli attacchi si scontrarono, l'onda d'urto scaturita dal contraccolpo fu abbastanza forte dal terminare il lavoro cominciato dall’offensiva di Accelerator.
Il Signore Oscuro osservò il tutto con fare impressionato. << Sei potente. Un livello 4, forse? >>
L’adolescente non si preoccupò di rispondere. Utilizzando il suo potere, incrementò la propria velocità e si portò alle spalle del Sith, afferrandogli la nuca con la mano destra.
<< Livello 5, prego >> disse ringhiando, per poi spingerlo verso il basso.
Vader sentì la maschera scontrarsi con il terreno sabbioso, generando crepe e anfratti nell'area circostante. Sebbene il casco riuscì a proteggerlo da qualsiasi danno permanente, il dolore scaturito dall'impatto fu sufficiente a farlo trasalire.
Spingendosi con la forza, si cimentò in una capriola a mezz'aria, atterrando di fronte all'albino. Fatto ciò, porse una mano in avanti.
Come dal nulla, Accelerator sentì una forza invisibile bloccargli il respiro.
"Che... che cazzo sta succedendo?!" fu il primo pensiero che passò per la testa dell’albino.
E per la prima volta nella vita… sentì il dolore. Il colorito della pelle divenne viola, faticava a respirare, e si inginocchiò nel mentre le forze lo abbandonavano e gli occhi diventavano bianchi. I rumori si fecero confusi e la vista si oscurò.
Vader, nel frattempo, compì un rapido gesto con la mano destra, scagliando il ragazzo attraverso una casa. La figura dell'albino fuoriuscì dalla parete opposta dell'abitazione, e atterrò all'interno del campo di grano confinante. Nonostante il colpo, tuttavia, l'esper si rialzò, pulendosi un rivolo di sangue fuoriuscito dalla bocca.
Il Signore Oscuro inclinò leggermente la testa.
<< Quel colpo avrebbe dovuto farti molti più danni >> dichiarò con voce calma e raccolta << Dimmi, quali sono le tue capacità? >>
In tutta risposta, Accelerator gli rivolse un sorriso agghiacciante. << Perché non provi a indovinare ? Così, tanto per ammazzare il tempo! >> 
Assestò un pugno lungo l’asse del primo pezzo di parete che gli capitò a tiro. I blocchi di marmo saettarono in direzione del Sith, prima di essere intercettati da una barriera telecinetica.
L'albino mantenne uno sguardo freddo, per poi prendere un respiro profondo
<< Domanda: io, Accelerator, che cosa sto facendo? >> domandò retoricamente.
Vader non perse tempo e lanciò alcune rocce nei confronti dell’avversario. Così com’era successo per i proiettili degli stormtroopers, queste rimbalzarono contro l’uomo, che fu costretto ad evitarle. 
Puntò lo sguardo in direzione dell’adolescente. << Riflessione? >>
<< Quasi! >> esclamò il Level 5, prima di volgere la propria attenzione nei confronti del Signore Oscuro << Anche se normalmente la imposto per riflettere, la mia capacità non si limita certo a qualcosa di così banale. >>
Compì alcuni passi in avanti.
<< La risposta corretta è… manipolazione vettoriale >> dichiarò.
Prese a calci una vecchia cassa di legno, e questa si sollevò da terra. Le bottiglie di vetro poste al suo interno reagirono come proiettili e Vader fu costretto ad evitarli.
<< Movimento >> sussurrò.
Schioccò le dita e una forte raffica di vento intercettò la figura dell’uomo, sbattendolo a terra.
<< Calore >> continuò.
Fece una pausa per riprendere fiato. 
<< E infine… corrente elettrica. >>
Come dal nulla, una scarica di luce bianca attraversò il vuoto dell’aria ,andando a infrangersi dritta contro la barriera telecinetica dell’imperiale.
<< Posso modificare ogni tipo di vettore con cui entro in contatto >> ridacchiò, puntando lo sguardo in direzione dell’avversario.
Scattò verso Vader, menando un pugno ancora più forte del precedente.
<< Ne hai avute abbastanza, bastardo? È la prima volta che un ragazzino ti ferisce? >> domandò con un sorriso sanguinario.
Il Signore Oscuro indietreggiò di alcuni passi, visibilmente provato dal colpo. << Sì... ma sarà anche l'ultima! >>
Allungò entrambe le mani e sollevò l'esper da terra. Accelerator provò a riflettere la presa dell’uomo, ma i suoi poteri erano incapaci di riconoscerne l’origine.
Vader non perse tempo e scagliò l’adolescente al suolo. Ripeté l'azione ancora e ancora, finché l'albino non contrattaccò, modificando i vettori dell'aria e colpendo l'avversario con un’altra raffica di vento.
Accelerator fu lesto a scattare e colpì l’uomo con un pugno in viso, poi allo stomaco, un altro in viso e un altro ancora sul costato. Vader, ringhiando, generò una potente onda d'urto telecinetica, allontanando da sé il ragazzo. 
Poi, allungò la mano destra una seconda volta: dalle dita del Sith fuoriuscirono saette e fulmini che riuscirono a penetrare le difese dell'avversario. Il Level 5 cacciò un grido acuto che si sparse nell'aria. Ogni persona presente nel villaggio riuscì a sentirlo.
Si accasciò al suolo in preda gli spasmi, mentre Vader lo torturava. Non riusciva a capire perché non fosse riuscito a deviare l'attacco, sebbene sembrasse di natura elettrica. Probabilmente perché era fatto della stessa energia con cui lo aveva strangolato prima. Fatto sta che si ritrovò completamente alla mercé dell’imperiale.
Yoshikawa cacciò un grido, mentre Last Order continuò a chiamare il padre.
Le vesti del ragazzo iniziarono a bruciare sotto l’intensità di ogni scarica. Poi, qualcosa alterò il ritmo della lenta tortura. L’adolescente dilatò le pupille, sorpreso dall’improvvisa interruzione.
Riusciva a percepire qualcosa in quell'attacco, quasi come se il suo cervello si fosse abituato alle scariche e avesse trovato un modo per rifletterle; dunque si concentrò e, finalmente, riuscì a liberarsi. Rispedì i fulmini contro la figura dell’avversario, che riuscì a bloccarli appena in tempo.
Accelerator si rialzò a fatica. Alcuni strati di pelle sulle braccia e in viso erano stati carbonizzati, mentre i pantaloni presentavano diversi strappi. 
Il Sith guardò il suo rivale e si compiacque fosse tanto forte, tuttavia, dentro di sé nutriva un profondo astio verso se stesso, poiché non era riuscito a sistemare un singolo esper, nonostante ne avesse catturati a centinaia.
<< Ragazzo... prima mi hai risposto in modo scortese, ma ora te lo chiedo di nuovo: come ti chiami? >> domandò una seconda volta.
<< Tch... Accelerator... sei contento, adesso?! >> rispose l’altro, portandosi alla massima velocità verso di lui e mollandogli un poderoso calcio allo stomaco, cosa che gli fece sputare sangue da dentro la maschera.
Il colpo fu abbastanza forte da spedirlo all’interno di un’altra casa. Vader ansimò per la terribile ferita subita e si rimise in piedi, proprio mentre l’esper lo raggiungeva.
Questi sbatté violentemente il piede contro il pavimento dell’abitazione. Le assi di legno che costituivano l’impalcatura dell’edificio, così come i colonnati, vennero ridotti in frantumi, sollevando polveri e schegge di legno. Il Signore Oscuro non perse tempo e saltò al di sopra di un tavolo, evitando l'attacco. L'albino, tuttavia, non aveva ancora finito. Colpì leggermente la parete che costituiva la facciata laterale della casa. In un primo secondo non accadde niente. Poi, come dal nulla, l’intera struttura esplose in un riecheggiare di detriti e pezzi di calcestruzzo.
Vader evitò i proiettili per un soffio. Compì una capriola a mezz’aria, ricoprendo la mano destra con un sottile strato di Forza.
Accelerator balzò in avanti, pronto ad affondare le unghie nel corpo dell’avversario. Vader lo schivò e gli sferrò un pugno a sua volta.
L'esper ricevette il colpo in piena bocca e sputò un dente. Il rumore del cranio che incontrava l'avversario avrebbe fatto pensare a un negozio di vasellame in un terremoto. Il Level 5 rabbrividì, e quasi si accasciò inerte. Riuscì a mantenersi in equilibrio e attaccò di nuovo.
Il montante affondò nella maschera di Vader, facendolo inciampare all’indietro. Nei lampi accecanti scaturiti da ogni attacco, sembrava che fosse in corso una strana danza, in cui si richiedeva di scaraventare il partner contro il il muro più vicino, invece di fargli eseguire una piroetta, o affondargli una ginocchiata nello stomaco invece di spiccare un saltello.
Il signore oscuro afferrò l'esper per il colletto, lanciandolo al di fuori della casa. Fatto ciò, si fermò a pochi passi dalla sua figura martoriata.
<< Accelerator... non dimenticherò il tuo nome, ma ti regalerò una morte dolorosa, che sia di esempio per tutti coloro che si oppongono all’Impero. Addio, esper! >>
 Allungò l'altro braccio, portando entrambe le mani contro il suo avversario. Il ragazzo sentì i suoi arti allungarsi, come se tirati da una forza invisibile. L'obbiettivo del Sith era chiaro: stava cercando di strappargli gambe e braccia e farlo morire dissanguato.
Accelerator urlò per il dolore, come mai in vita sua. Faceva male come il fuoco dell’inferno, fu lo scontatissimo paragone che gli venne in mente, ma forse non era così scontato, in quel caso. Non si sarebbe stupito di scoprire che l'inferno contemplava qualcosa di molto simile a quello che lui stava provando ora.
Yoshikawa non sopportava più quel macabro spettacolo. Le urla del ragazzo le rimbombavano nelle orecchie come tamburi, e allora si rivolse al Dottore, in preda ormai alla disperazione più pura.
<< La prego! La prego, faccia qualcosa, la scongiuro! Io so che lei può farlo, la supplico! >>
Il Signore del Tempo sembrò esitare. << Signora Yoshikawa, la prego, so che non è il momento adatto ma io... non posso fare niente... >>
<< La prego, la prego la scongiuro... lui... lui è... >>
<< Ho capito... è come un figlio per lei... comprendo il suo dolore, ma io non posso fare nulla per aiutarlo... almeno, non da solo >> dichiarò con una punta improvvisa di determinazione.
La donna lo fissò sbigottita.
<< Che intende? >> domandò attraverso le lacrime.
 
Nel frattempo, il ragazzo continuava a strillare, incapace di sopportare un dolore così intenso. Ma il suo corpo si stava lentamente abituando alla Forza.
Non era in grado di riflettere quella telecinesi, tuttavia, anche se a fatica, riuscì a controllare i vettori dell'aria circostante e a generare un potente tornado che investì il Sith in pieno, lanciandolo in aria e facendolo scaraventare al suolo.
L'albino si rialzò a fatica, seguito dal Signore Oscuro. Tentò di rimanere in piedi, ma crollò in ginocchio. Non era abituato a scontri così prolungati.
In quel preciso istante, una densa coltre di nubi oscure ricoprì la volta celeste. Tuoni, lampi rimbombarono nell'aria insieme alla pioggia. L’acqua scrosciante lavò le ferite dei due titani, mescolandosi col sangue e con la terra.
Le due donne e Last Order guardarono il cielo, e quest'ultima poté intravedere la distinta figura di un uomo che volava tra le nuvole.
<< Ma che succede? È un'illusione? Chiede Misaka come Misaka stupefatta dal fenomeno. >>
Affianco a lei, il Dottore sorrise e nel mentre fissava la volta, per poi rispondere alla domanda della bimba con un semplice: << È un collega di lavoro. >>
 
https://youtu.be/1Nt4A0ATt3Y
 
Poderosi tuoni caddero dalle nubi, colpendo i caccia imperiale e facendoli esplodere in un'estasi di fuoco e fiamme. Uno degli stormtroopers indicò il cielo, gridando al loro signore di guardare in alto.
Tutti poterono vedere la figura possente del nuovo arrivato, armato di martello, puntare in direzione del gruppo di imperiali.
<< Voi, cani rognosi, avete osato attaccare gli innocenti mortali che vivono pacificamente nelle terre di Midgard, pensando forse che l'ira del Dio del Tuono non vi avrebbe raggiunto? Sciocchi degenerati, per questo subirete la punizione del figlio di Odino! >> esclamò Thor con voce tonante.
Dal maglio fuoriuscì un tuono che investì il corpo di Vader. Il Sith fu lesto a bloccare il colpo con una barriera di telecinetica, anche se, a causa della stanchezza derivata dallo scontro precedente, sentì comunque una fitta di dolore che lo costrinse a inginocchiarsi.
L'asgardiano atterrò davanti ad Accelerator, dandogli le spalle, e rivolse uno sguardo gelido agli stormtroopers. 
<< So che molti di voi avranno una famiglia che vi attende a casa, perciò io vi avviso: andatevene finché io ve lo consento. Non biasimerò i codardi, ma per coloro che sono più perseveranti, sappiate che il mio tuono non risparmierà chiunque osi attaccare me e il mio protetto. Così ha parlato il figlio di Odino. >>
<< E così ci incontriamo di nuovo, Tonante >> proclamò la voce di Vader, a pochi metri dal nuovo arrivato.
Si rialzò a fatica, volgendo la propria attenzione nei confronti dell’avversario.
<< Credevo che voi asgardiani foste gente onorevole. Attaccare un nemico esausto… che atto spregevole. >>
<< Proprio tu mi parli di onore, Lord Vader? Tu che non hai esitato a uccidere donne e bambini innocenti solo per arrivare al Dottore? Così come tu non hai mostrato pietà per quelle persone, io non mostrerò pietà per te, mortale! >>
E, detto questo, si scagliò contro il Signore Oscuro, colpendolo in viso col Mjolnir e poi ancora allo stomaco, facendolo allontanare. 
Il Sith non perse tempo ed estrasse la spada laser. Fece cozzare la lama contro il durissimo maglio dell'asgardiano, sprigionando scintille ad ogni colpo.
Anche se ferito, l’uomo si dimostrava abbastanza forte da poter reggere un testa a testa col potente Thor.
 
<< Ragazze, adesso! >> gridò il Dottore, uscendo allo scoperto e correndo verso il corpo di Accelerator, che si era accasciato al suolo.
Il Signore del Tempo si accorse che era ancora vivo. Tuttavia, non essendo mai stato abituato a quel genere di ferite, le sue condizioni erano molto gravi e avrebbe potuto non farcela.
Yoshikawa strinse l’esper al suo petto, mentre gli accarezzava i capelli bagnati dalla pioggia. Last Order strinse la mano del ragazzo e lo chiamò.
<< Papà, ti prego, apri gli occhi! Papà... papà! >> singhiozzò con le lacrime che le gonfiavano le palpebre.
<< ...Last... Order... >> disse flebilmente l'albino, aprendo leggermente i suoi occhi.<< Non... avevi detto... che non eri capace di parlare normalmente? ... sciocca... >> borbottò attraverso la foschia.
 
A pochi metri da loro, la battaglia continuava a imperversare. Il dio del tuono cacciò un urlo e colpì la spada laser del nemico facendolo arretrare.
<< Non ne hai avuto abbastanza, Lord Vader? >>
In tutta risposta, il Sith fendette l’aria con una poderosa impennata della lama, cozzando il laser contro il martello. L’onda d’urto generata dal colpo sollevò una densa nube di polveri, fango e detriti, allontanando i rispettivi combattenti.
<< Thor! >> urlò il Dottore, richiamando la sua attenzione << Il ragazzo! Il ragazzo è in pericolo, portaci via da qui, adesso! >>
L'asgardiano si trovò in una situazione di stallo. Il suo sangue guerriero gli imponeva di continuare a lottare, ma il suo animo nobile plasmato dagli insegnamenti del defunto e compianto padre lo spinsero a fare la cosa più giusta.
Alzò il Mjolnir al cielo e lo caricò con un fulmine, lo fece roteare e poi lo lanciò contro Vader, gettandolo al suolo. Poi lo richiamò a sé e volò verso il gruppo.
Il Dottore prese in braccio Accelerator, nel mentre Thor faceva roteare l'arma. Come dal nulla, una luce abbagliante avvolse lui e il resto della compagnia. Poi… scomparvero in un lampo, senza lasciare traccia.
Darth Vader si riprese e camminò verso il portale ormai scomparso, fissando quel punto vuoto con un’espressione si pura collera. I suoi pensieri vennero prontamente interrotti da uno stormtrooper.
<< Lord Vader, che facciamo con i superstiti? >> domandò il soldato, puntando il casco in direzione degli abitanti sparpagliati per l’avamposto.
Il Signore Oscuro volse un’occhiata laterale nei confronti dei contadini. << ... Quali superstiti? >>
Lo stormtrooper annuì, e puntò il fucile verso uno dei contadini, facendo fuoco seguito da tutti gli altri.


                                                                                                                                                              * * *    

Renmant - Pianeta sotto controllo imperiale

Una cupa foresta di abeti si stendeva su entrambe le rive del fiume ghiacciato. Recentemente, il vento aveva strappato agli alberi il loro bianco mantello di brina. E gli alberi, neri e sinistri, sembrava quasi si appoggiassero l'uno all'altro, nella luce morente.
Un silenzio di tomba regnava sul paesaggio: l’area stessa era desolata, senza movimento, così squallida e gelida da sembrare permeata di un qualcosa di più triste della stessa tristezza. Vi regnava quasi un accento di riso, un ghigno ben più terribile di ogni sentimento nocivo, un riso tetro come il sorriso della sfinge, un riso freddo come il gelo, in cui si sentiva aleggiare la truce minaccia dell'ineluttabilità.
Era la saggezza imperiosa dell'eternità che irrideva alla futilità della vita e agli sforzi degli abitanti di Battleground. In mezzo a quella desolazione, si stagliava una singola coppia di figure.
<< E così, hai intenzione di partecipare al Vytal Festival. Vuoi per caso fare colpo su Ironwood? >> sogghignò James, volgendo una rapida occhiata nei confronti di Kirby.
Il Vytal Festival era una delle manifestazioni più importanti di Remnant, un torneo nel quale avrebbero presenziato tutte le accademie del pianeta. Per molti degli apprendisti Cacciatori, partecipare all’evento era un modo per farsi notare da Salem o dai presidi, ottenendo una possibilità di migliorare il proprio status sociale.
<< Nah, se ci andrò sarà solo per combattere. Nel migliore dei casi, farsi qualche amico. Dopotutto, nell’universo di Battleground non se ne hanno mai abbastanza >> ribatté il ragazzo dai capelli color rosa confetto, ripensando alle performance del torneo effettuate dai suoi genitori, Meta Knight e Luna Mary Earth.
Ad affiancarli erano stati la sua madrina, Beatrice de Marchi, e King Dedede stesso. Al loro primo festival erano a malapena riusciti a superare i preliminari, venendo sconfitti al primo round. Tuttavia, dopo quasi due anni di allenamento infernale, il quartetto era riuscito a perseverare contro alcuni degli attuali Cacciatori più forti e famosi del momento.
Durante il loro ultimo festival, perfino il Maestro giunse sul pianeta per assistere all’evento, ritrovandosi più che intrattenuto dalle abilità della squadra.
<< Non posso dire di essere completamente d'accordo, ma non hai tutti i torti. Vecchio motto di famiglia? >> domandò James, visibilmente incuriosito.
L'espressione sul volto di Kirby si fece improvvisamente più triste. << Di mia madre. Sono andato a trovarla al monastero dell'Ordine dell'Artiglio, prima di venire ad Atlas. Mi ha raccomandato di andare d'accordo con i miei compagni di squadra. >>
<< Fa parte anche lei dell'Ordine?>>
<< No, è una storia complicata. Diciamo che siamo dei profughi…>>
Poco prima che potesse terminare la frase, udì la suoneria del suo scroll. Afferrò il dispositivo con parsimonia e scrutò il messaggio che gli era stato appena inviato.
<< Te lo racconto dopo, sembra che Penny ed Emil abbiano scoperto dove si trovi Arlong. >>
La coppia fece per incamminarsi verso il luogo dell'appuntamento. In quel preciso istante, il rosato vide qualcosa che gli lasciò un profondo senso di nausea nello stomaco. A pochi metri dai neo-cacciatori, infatti, una coppia di uomini era intenta a tormentare un ragazzino con due antenne da insetto sulla testa. Un fauno.
Kirby strinse ambe le palpebre degli occhi. << James, tu comincia ad andare, io devo fare un po' di volontariato. Dopotutto, la spazzatura non si porta fuori da sola. >>
E, detto questo, si diresse verso la scena.
 
                                                                                                                                 * * *
 
Pur vantandosi di essere il regno più raffinato di Remnant, Atlas non mancava certo del proprio contingente di criminali e tagliagole. Questi furono i pensieri che slittarono nella mente di Emil, una volta messo piede sotto il porticato de Il Brutto Anatroccolo.
All'interno del locale c'era una puzza orrenda. Lungo l’angolo meno illuminato dell’avamposto, spiccava un branco di tizi dall’aspetto poco raccomandabile, riuniti attorno a dei tavoli da biliardo scassati. Oltre il bancone del bar, invece, vi era un omaccione dalla corporatura tarchiata, intento a mescolare cocktail. 
Sui muri del locale erano stati piazzati diversi bersagli per freccette, raffiguranti le facce di alcuni dei Cacciatori più famosi del pianeta.
<< Penny, resta dietro di me, questa è feccia della peggior specie e... >>
<< Ehi, Emil, non ci si vede da quel torneo sotterraneo a Mistral! >> esclamò una voce alla destra della coppia.
Un energumeno vestito da soldato atlesiano si avvicinò al fauno e gli diede una forte pacca sulla spalla, per poi incamminarsi verso il tavolo da biliardo.
Penny lanciò al compagno un’occhiata laterale.
<< Dunque, stavi dicendo? >> domandò in tono innocente.
In tutta risposta, le guance del neo-cacciatore si tinsero di rosso.
<< N-non è come pensi! In quel periodo io e Kirby cercavamo informazioni per il Dot… ehm… un amico, e ci siamo dovuti mescolare con gente poco raccomandabile >> borbottò a bassa voce.
Squadrò l’interno del locale una seconda volta.
<< Se non altro, posso mostrarti come trattare con questo tipo di persone. >>
<< Oh, non è un problema. Ho tutti i dat... ahem, so benissimo come condurre un interrogatorio >> fu la risposta risoluta della compagna.
La ragazza si diresse verso il bancone e mostrò il suo ID come studentessa di Atlas. Tuttavia, il barista non sembrò particolarmente impressionato dalla cosa.
<< Sono qui per ottenere informazioni su un ricercato. In quanto studente di Atlas, siete obbligati a darmi qualsiasi informazione che avete sul bracconiere noto come Arlong >> dichiarò con tono calmo e professionale.
Per un attimo, non accadde nulla. Poi, l’uomo e buona parte degli occupanti del locale si misero a ridere, suscitando un forte rossore ad opera di Penny. Troppo imbarazzata per reagire, la ragazza non si accorse nemmeno che uno dei clienti stava per colpirla in testa con una bottiglia di vetro.
Fortunatamente, Emil riuscì ad afferrare in tempo il polso dell’uomo. Spingendolo a terra, il fauno fece pressione col piede sulla spalla del criminale.
<< Penny, ora ti mostrerò un interrogatorio fatto come si deve >> dichiarò con un sorriso apparentemente rilassato.
Strinse la mano sul polso dell'energumeno, incrementando la forza della presa con un po’ di aura.
<< Dunque, nel caso ti servisse una piccola ripassata, la mia amica voleva sapere dove possiamo trovare quel simpaticone di Arlong >> sibilò nell’orecchio dell’uomo.
Questi gemette dal dolore, incapace di compiere anche il più piccolo movimento. Alcuni degli altri occupanti si mossero per aiutarlo, ma il barista li fermò.
<< Calma i bollenti spiriti, lupetto, non c’è alcuni bisogno di rompere il mio locale. Dio, perché ho scelto questo lavoro >> borbottò quasi a se stesso << Troverete Arlong in una baracca a due isolati da qui. Ha il tetto in lamiera, rosa come la tetta di una donna. Ieri sera, dopo un bicchiere di troppo, si è vantato di un affare che avrebbe concluso con le teste di latta. >>
Quasi d’istinto, le mani di Penny sembrarono irrigidirsi. Emil lasciò andare il suo prigioniero, non prima di avergli sferrato un ultimo calcio nello stomaco. Senza perdere tempo in convenevoli, la coppia fuoriuscì dal bar, ignorando i lamenti dei frequentatori.
Dopo circa un paio di minuti passati nel silenzio più totale, il fauno volse una rapida occhiata in direzione della compagna.
<< Penny, scusa se te lo chiedo, ma come mai sembri a disagio ogni volta che qualcuno chiama i Decepticon “teste di latta”? Stamattina, mentre cercavamo gli avvisi di taglia, hai pure lasciato un solco sul tavolo della biblioteca >> commentò come un dato di fatto.
 La ragazza trasalì leggermente e abbassò lo sguardo, visibilmente  imbarazzata. << N-non è vero, io... >>
<< Non prendermi in giro, ho imparato da tempo a identificare quel tipo di reazione. È la stessa che assumiamo io e i miei simili quando qualcuno ci dà degli animali >> dichiarò in tono duro.
Tuttavia, quando il fauno si accorse che Penny sembrava sempre più a disagio con la conversazione, decise di lasciar perdere.
<< Okay, non importa, me lo racconterai più tardi. Ora chiamiamo gli altri e andiamo a catturare questo tizio, voglio passare il resto della giornata in santa pace. >>
 
                                                                                                                                 * * *                      
                                  
Davanti a un magazzino abbandonato ricoperto di neve, un certo fauno con la pelle grigia e squamata era intendo a godersi i frutti delle sue ultime trattative commerciali.
Arlong Bermuda, bracconiere dedito all’uccisone indiscriminata dei Grimm, era un fauno squalo dalla corporatura massiccia e muscolosa. Segno distintivo di questo amabile personaggio era la punta del naso a forma di sega.
Con estremo successo, il criminale era riuscito a vendere a un gruppo di cybertroniani un carico di ossa appartenenti a Nevermore, spacciandole per resti di un Goliath, un tipo di Grimm particolarmente raro. Fortunatamente, i Decepticon che venivano utilizzati per questo tipo di scambi erano sempre soldati di basso rango e dall’intelligenza pari a quella di un vecchio computer, e capivano poco e niente della biologia organica dei Grimm. Per loro, tali bestie si assomigliavano tutte.
Arlong assaporò una lattina di birra, ripensando agli avvenimenti degli ultimi anni. Non si era mai pentito di aver lasciato la banda del Joker, circa un paio di cicli fa. Essere alle dirette dipendenze del Boss Supremo di Battleground aveva i suoi vantaggi, certo, ma nulla poteva competere con la tranquillità che aveva guadagnato vendendo robetta da due soldi e coprendosi la schiena con mazzette occasionali ai poliziotti del pianeta.
Conscio di questo fatto, il bracconiere chiuse gli occhi, desideroso di poter intraprendere un meritato riposo. Finché…
"ARLONG BERMUDA, SEI CIRCONDATO! MOLLA LE ARMI E NON FARE NIENTE DI STUPIDO!"
Il fauno non perse tempo. Imprecò, e tirò fuori la sua arma: una spada in pelle di squalo dentellata, armata di cannone.
Si affacciò alla finestra della stanza, osservando i dintorni dell’abitazione con fare metodico. Le voci sembravano provenire sia da destra che da sinistra, ma non potevano essere poliziotti, loro si sarebbero già fatti vedere. L’area, infatti, era completamente deserta.
Mentre rimuginava su quella che sarebbe stata la sua prossima mossa, un lampo rosa gli ostruì la visuale. Come dal nulla, qualcosa lo colpì in faccia, sbalzandolo contro la parete opposta della sala.
Rialzatosi, il fauno attivò il cannone della spada e premette il grilletto. Dall’arma scaturì un fortissimo getto d'acqua, che puntò in direzione dell'assalitore.
In quel preciso istante, un'altra figura si mise davanti all’attacco, parandolo con uno scudo apparentemente composto da placche ossee.
<< Arlong, arrenditi e ti garantiremo un processo equo >> dichiarò la voce bassa e gratturale di James Heller.
Non avendo riparato il Black Prototype per intero, si era portato dietro solo le protezioni per gli avambracci, i gambali e i fucili di scorta. Non certo il miglior equipaggiamento per uno scontro frontale, ma comunque più che sufficienti per proteggersi dalla maggior parte degli attacchi.
Il fauno squalo scrocchiò il collo un paio di volte.
<< Avete fatto un grosso errore >> sibilò attraverso i denti seghettati.
Partì all'attacco con la spada, più che deciso a tagliare la testa di James e Kirby. Entrambi i neo-cacciatori, tuttavia, erano più che preparati nel gestire un avversario in preda alla rabbia, e schivarono i poderosi fendenti del criminale.
Alle spalle del bracconiere si presentò la figura di  Emil, che con un pugno infuso di aura lo scaravento contro il muro del magazzino. L’impatto fu abbastanza forte da far crollare la parete.
<< Pensi di averlo messo K.O.? >> chiese Kirby, lo sguardo fisso in direzione del foro appena creatosi nell’edificio.
Il fauno schioccò la lingua. << In teoria sì, ma... >>
Quasi come ad un segnale, Arlong si scrollò di dosso le macerie e si rimise in piedi.
<< ... ma a volte io sono troppo ottimista >> brontolò il neo-cacciatore.
Il fauno squalo urlò e attaccò Emil. L’adolescente aumentò la forza di gravità attorno al suo equipaggiamento, inchiodandolo a terra. Quando il corpo del criminale si schiantò contro quel dello studente, l’onda d’urto che ne scaturì fu abbastanza forte da frantumare le finestre del magazzino.
Emil non perse tempo e sferrò un montante alla mascella di Arlong, facendolo sussultare. James approfittò dell’azione per sferrare un poderoso colpo con una delle sue lame.
Arlong evitò la maggior parte del danno, protetto dalla sua aura. Tuttavia, sapeva che la sua riserva non sarebbe durata in eterno, quindi decise di contrattaccare. Menò la spada in avanti, fendendo l’aria con precisione quasi chirurgica. James tentò di parare l’attacco, ma venne scansato all’indietro dalla forza dell’impatto.
Emil e Kirby evitarono la lama appena in tempo, cimentandosi entrambi in una capriola a mezz’aria. Senza perdere tempo, Kirby attivò la sua Semblance e piazzò un cristallo di Polvere di tuono all’interno dei suoi vortici. Come dal nulla, la figura dell’adolescente venne avvolta da un fitta coltre di fulmini e scariche di natura elettrica.
Il neo-cacciatore puntò una mano in direzione dell’avversario, e scagliò una potente scarica sul corpo del fauno. Emil non fu da meno, e sparò più volte contro il bracconiere, utilizzando i suoi Vulcan Tyrant. In pochi secondi, la figura di Arlong crollò a terra, sollevando una nuvola di neve e polveri.
Kirby inarcò un sopracciglio.
<< Be', tutto qui? Da un diplomato mi aspettavo qualcosa di più >> commentò l'apprendista Cacciatore, deluso dalla resistenza dell’avversario.
Nel mentre, Penny uscì da una delle finestre del magazzino.
<< Oh, peccato, speravo di combattere anch'io >> disse la ragazza, mantenendo un tono di voce calmo e raccolto.
James afferrò un paio di manette dalla tasca dei pantaloni e le mise alle mani del bracconiere svenuto.
<< Questo ragazzo era solo un idiota di basso calibro, la maggior parte dei criminali ricercati sono molto più forti. Fatte le riprese, Penny? >>
<< Tutta la trattativa, minuto per minuto. Sono certo che i poliziotti la troveranno un documentario molto esaustivo! Ora non resta che prendere gli altoparlanti. >>
<< Devo ammetterlo, è stata un’idea piuttosto divertente. Si sarà pisciato addosso dalla paura >> ridacchiò Emil, suscitando un sospiro ad opera di Kirby.
Cominciarono a incamminarsi verso il centro cittadino, pronti ad incassare la taglia. Tuttavia, furono prontamente richiamati da un improvviso battito di mani alle loro spalle. Sorpreso, il gruppo si voltò in direzione del suono.
<< Cazzo, avete fatto proprio un bel casino >> commentò una voce roca.
A parlare era stato un uomo molto alto e muscoloso, apparentemente sulla trentina, vestito con una giacca in pelle nera e jeans attillati. Lunghi capelli corvini e sparati all'indietro coronavano un volto dai lineamenti grezzi. Occhi rossi come il sangue fissarono la figura inconscia di Arlong, accompagnati da un sorriso a dir poco agghiacciante. 
<< Sapete, li ho sempre detestai. Gli eccessi di rabbia, la perdita di controllo... >>
Osservò il magazzino distrutto e cominciò a circumnavigare il quartetto.
<< Anch’io mi arrabbiavo spesso. Da bambino, rompevo sempre i miei giocattoli, per... i miei piccoli scatti di rabbia >> commentò con tono disinteressato.
Poi, lentamente, puntò lo sguardo in direzione del gruppo.
<< E poi mi sono chiesto... perché rompere i propri giocattoli quando si possono rompere quelli degli altri? >> domandò retoricamente.
James compì un passo all’indietro, visibilmente allertato dalla comparsa del nuovo arrivato.
Deglutendo, sussurrò attraverso i denti: << Cosa possiamo fare per lei… Mr Xanxus? >>
Al sentire tali parole, gli altri membri del team strabuzzarono gli occhi.
<< X-Xanxus?! Ti riferisci al cacciatore di taglie più letale di Battleground?! >> esclamò Kirby, reprimendo a malapena un sussulto.
La fama di quell’uomo, infatti, era decisamente tra le più sinistre dell’intera galassia. Xanxus era uno spietato e potentissimo esper di livello 5, un noto cacciatore di taglie dedito al miglior offerente. Il Maestro e i suoi accoliti rientravano molto spesso tra i suoi clienti abituali.
Penny mantenne un’espressione calma, annuendo in assenso.
<< Proprio lui, l'archivio parla chiaro >> dichiarò con tono freddo.
Fatto ciò, volse la propria attenzione nei confronti dell’uomo.
<< Xanxus Vongola, se sei qui per recapitare Arlong non disturbarti, abbiamo già provveduto al suo arresto. >>
In tutta risposta, l’esper si limitò a sogghignare.
<< Oh, potete pure tenervi il pesciolino. Certo… purché riusciate a uscire vivi da qui. >>
<< Abbiamo fatto qualcosa per offenderti? >> domandò Emil, tirando fuori i Vulcan Tyrant e cercando di sembrare il più imponente possibile.
Xanxus si limitò a stringersi nelle spalle. << Diciamo solo che qualcuno mi ha pagato davvero una GROSSA somma per farvi fuori. >>
Detto questo, l’esper porse la mano destra in avanti e questa cominciò a illuminarsi di una debole luce rossa.
Penny strinse ambe le palpebre degli occhi.
<< Pirocinesi? >> domandò, suscitando un sorriso arrogante da parte dell'avversario.
<< Più o meno! >> esclamò questi, con fare estatico.
Poi, la linea arancione esplose. Come dal nulla, apparve una spada di fuoco. Sembrava quasi che qualcuno avesse aperto un idrante carico di benzina e ci avesse buttato sopra un fiammifero. Iniziò poi a cambiare colore gradualmente, come una foto bruciata dal sole.
Emil non stava toccando le fiamme, ma solo guardandole si sentì bruciare gli occhi. Portò ambe le mani alla faccia, nel tentativo di  ripararsi.
La palla di fuoco attraversò l'aria alla velocità di un colpo di pistola, per poi esplodere come un vulcano in eruzione. Ondate di calore, bagliori di luce, fumo nero ed il suono dell'esplosione si sparsero in tutte le direzioni.
Emil schivò l’attacco appena in tempo e caricò verso l’avversario. Xanxus tirò fuori dal cappotto una coppia di pistole, entrambe marcate da una X rossa.
Si buttò in strada, affondando un poderoso calcio sulla figura di Emil. Il fauno riuscì a parare il colpo con la sua arma e rispose con una raffica di pugni.
L’uomo schivò ogni attacco con una facilità quasi disarmante. Poi, un getto di fuoco scaturì dalle mani del cacciatore di taglie, andando a infrangersi dritto contro la figura del fauno.
L’adolescente venne scaraventato in aria, ma fu prontamente afferrato da Penny. Rimettendosi in piedi, Emil scoprì che i suoi Vulcan Tyrant erano stati distrutti nello scontro, apparentemente disintegrati da qualcosa.  Di loro restava solo un cumulo di polvere finissima.
Penny osservò il fenomeno con fare scioccato.
<< Okay, come diavolo ha fatto? Pensavo che gli esper potessero usare un solo potere! >>
Alzò lo sguardo in direzione di Xanxus… e allora si bloccò. Le mani dell’uomo, infatti, sembravano ricoperte da uno spesso strato di energia, nero come la notte. La ragazza non aveva mai visto niente di simile.
James, al contrario, ringhiò, ben conscio di  quello che avevano di fronte.
<< Dannazione… è in grado di usare l’haki. Questo non c’era negli archivi >> borbottò quasi a se stesso.
L'haki era una particolare abilità che, a differenza dell’aura o dei poteri esper, poteva essere utilizzata potenzialmente da chiunque, sebbene l'addestramento per usarla fosse incredibilmente arduo, quasi impossibile per la maggior parte dei soggetti.
Sostanzialmente, l’haki era un'espressione fisica della volontà di un individuo, e,in modo molto simile all’aura, dava accesso a numerosi poteri.
Ogni haki si divideva in base a tre categorie: l'haki dell'osservazione, che rendeva il detentore capace di prevedere le mosse altrui. Ai livelli più alti, era utilizzato perfino per esercitare una limitata preveggenza del futuro; l’haki dell'armatura, che permetteva all'utilizzatore di proteggersi con un campo di forza simile all'aura, capace pure di colpire nemici intangibili. E infine, l'haki del re conquistatore, il più raro di tutti, ottenuto solo da una persona su un milione, e consisteva in un'ondata di puro istinto omicida a cui solo chi possedeva una forte volontà poteva resistere senza svenire. Questo potere veniva spesso appreso da alcuni esper di alto livello o ufficiali imperiali, come contromisura contro i detentori di aura.
Kirby strinse i denti e fissò l’avversario con un’espressione impassibile.
<< Chi ti ha pagato per ucciderci? >> domandò in tono brusco.
Xanxus scrollò le spalle una seconda volta. << Oh, degli altri non m’importa nulla, sono qui solo per te, Mr Knight. A proposito… il Joker mi ha chiesto di porgerti i miei saluti, nel caso fossi incappato in te. >>
A sentire tali parole, il team JEKP sembrò ammutolirsi. Poi, il corpo del rosato fu pervaso da un’ondata di pura collera.
Lanciò un grido disumano, per poi assorbire gran parte della neve circostante nei suoi vortici e lanciarsi all'attacco.
<< Dov’è il bastardo?! >> urlò l’adolescente, sparando un raggio congelante in direzione dell’esper.
Il colpo trovò opposizione contro un getto di fuoco ad opera del cacciatore di taglie, il quale si limitò a sogghignare.
<< Non ne ho idea, quello si sposta di continuo. Dice anche che gli informatori che gli hai sguinzagliato conto nel patetico tentativo di scovarlo urlano troppo spesso: "Ti ammazzerò per ciò che hai fatto a Meta!" >> esclamò, imitando una voce acuta e piagnucolosa, per poi scoppiare in una fragorosa risata << Cavoli, non capisco proprio come qualcuno possa affezionarsi così tanto a un pipistrello troppo cresciuto. >>
<< Non osare infamarlo! >> ribatté l’altro, decidendo di passare al corpo a corpo. 
l cacciatore di taglie incrociò le pistole per parare un calcio del neo-cacciatore. Il rosato quindi si abbassò e colpì con un rapido montante, che Xanxus schivò di pochi millimetri.
Penny si fece avanti, nel tentativo di aiutare il suo partner. Prese in mano una coppia di spade che teneva nello zaino e partì all'attacco con una raffica di fendenti, riuscendo a assestare un paio di colpi sui vestiti dell’esper.
L’uomo procedette ad afferrarle il braccio destro, aumentando la temperatura in quel punto specifico del corpo. Il calore fu abbastanza intenso da superare le difese di aura.
Penny trasalì, ma, poco prima che potesse anche solo pensare di contrattaccare, un poderoso pugno da parte dell’avversario la scagliò a diversi metri di distanza. Si sarebbe schiantata contro un magazzino, se Emil non l'avesse afferrata con la sua semblance. 
Fatto ciò, il fauno procedette ad affiancare Kirby, nel tentativo di contrastare il termocineta.
<< Ah, vedo che qualcosa la sapete fare >> li sfotté Xanxus, parando la combinazione di colpi ad opera della coppia.
Dopo essersi allenati insieme per anni e aver imparato tecniche di lotta da persone diverse, Emil e Kirby avevano ottenuto una coordinazione eccezionale. Sembrava quasi che si muovessero come un unico corpo.
Nonostante ciò, l’uomo riuscì a mantenere il sopravvento.
“Merda, questo tipo è veloce” pensò Emil, mentre aumentava l’intensità di ogni attacco.
Aveva sviluppato il suo stile di lotta in modo da disorientare il più possibile gli avversari, facendo sì che l'improvviso aumento o calo di velocità e forza li prendesse di sorpresa. In genere funzionava, perché molti di loro non riuscivano ad adattarsi abbastanza in fretta. Tuttavia, i tempi di reazione di Xanxus erano qualcosa che non aveva mai visto prima.
Perso nei suoi pensieri, l’adolescente riuscì a colpire il cacciatore di taglie con un pugno allo stomaco. L’uomo fece una smorfia e contrattaccò con un'ondata di vento creata manipolando il calore dell’aria.
Fatto ciò, il termocineta scatenò un'esplosione fiammeggiate, che scagliò vià il duo di neo-cacciatori, la cui aura era ormai agli sgoccioli. Sputò per terra, e cominciò a incamminarsi verso il gruppo.
<< Adesso mi avete proprio fatto incazzare. Dovevo solo testare i vostri poteri, ma penso sarà più semplice ammazzarvi >> commentò con fare disinvolto.
James volse all’avversario un’espressione fredda come il marmo e attivò la sua semblance. Dal suo petto dell’atlesiano fuoriuscì una costola appuntita, in cui infuse tutta l'aura che aveva ancora a disposizione. Quindi sparò la protuberanza a mo’ di freccia.
Un’ondata di fiamme la dissolse a mezz’aria, prima ancora che potesse avvicinarsi alla figura di Xanxus.
<< Non male, come tentativo. Ma è stata il tuo ultimo colpo >> sussurrò il cacciatore di taglie.
E poi… accadde. Arrivò come un lampo, nero al pari della pece. Il proiettile di dimensioni umane si scagliò in mezzo ai combattenti, scatenando una forte ondata di neve. Xanxus compì un passo all’indietro, seguito dai neo-cacciatori. Una figura fuoriuscì dalla nube di detriti, facendo calare l’area circostante nel silenzio più totale.
Era un uomo dalla pelle scura, apparentemente molto vecchio. Capelli bianchi e immacolati coronavano una lunga barba del medesimo colore, evidenziando un paio di orecchie a punta. Vestiva di abiti neri, probabilmente di fattura orientale.
Prima ancora che qualcuno potesse reagire alla sua improvvisa apparizione, il nuovo arrivato si materializzò affianco a Xanxus e lo afferrò per la giacca. Poi, come dal nulla, un paio di ali fuoriuscirono dalla schiena dell’uomo, che procedette a spiccare il volto con un singolo battito.
James, Kirby ed Emil fissarono il tutto con fare scioccato.
<< Che diavolo era quella cosa?>> domandò il rosato, stremato dalla lotta.
James strinse i denti, nel tentativo di sedare il dolore. << Non lo so, ma qualunque cosa fosse.... oh, cazzo, Penny! >>
Senza un attimo di esitazione, il soldato si recò nei pressi dell’amica, stesa accanto ad un Arlong ancora svenuto. Sembrava quasi addormentata. James la prese in braccio e si rivolse ai suoi compagni.
<< L’attacco di Xanxus deve averla colpita più del previsto. Io la porto... in un posto sicuro. Voi prendete Arlong e andate alla polizia >> ordinò con tono brusco.
Emil lanciò al caposquadra un’espressione visibilmente scioccata. << In un posto sicuro?! James, dobbiamo portarla all'ospedale! >>
<< No, niente ospedali >> ribatté l’altro, stringendo ambe le palpebre degli occhi.
Il fauno digrignò i denti. << Che vuol dire niente ospedali?! Ci stai nascondendo qualcosa, non è così? >>
<< Se metà di quello che ho sentito stasera è vero… non sono l'unico. Ma ne riparleremo domani. >>
E, detto questo, cominciò a correre in direzione dell’accademia. Emil rilasciò un sospiro scontento, prima di lanciare una rapida occhiata nei confronti di Kirby.
<< Pensi di dirglielo? >> domandò con tono incerto.
Il rosato inclinò leggermente la testa, apparentemente perso nei suoi pensieri.
<< Sì… glielo dobbiamo. >>
 
                                                                                                                                                                   * * *

Xanxus fu lasciato al di sopra di un tetto, e atterrò lungo un cumulo di neve. Dopo essersi spazzato i vestiti, fissò intensamente la figura del suo “rapitore”.
La sola presenza del nuovo arrivato sembrava riempire l'aria di puro potere, un potere che poteva appartenere solo ad un autentico re.
<< Xanxus, il piano era solo di metterli alla prova. Ucciderli non era contemplato, potrebbero ancora essere utili per i tempi avvenire >> dichiarò l’essere, con una voce calma e profonda.
<< Sì, sì, ho sentito la tiritera un'infinità di volte. Ma sia io che te abbiamo visto abbastanza eroi wannabe per sapere che non cambieranno lato. Quindi perchè non ridurli in cenere ora, prima che possano diventare un problema? >>
 L'occhiata del misterioso interlocutore bastò a zittire l'uomo. << Perché Grugaloragran ti ordina così. E comunque, è ora di tornare sulla Terra, a breve avremmo altri incarichi. Il Dottore sta iniziando a muoversi e dobbiamo prepararci. >>
Detto questo, il corpo di Grugaloragran si illuminò di un intenso bagliore dorato. Di fronte al termocineta, si stagliò la figura di un possente drago color terra, alto almeno una ventina di metri. L’enorme bestia spiegò un’apertura alare grande quanto un paio di Tie-Fighter,  e si preparò a spiccare il volo, cosa che fece non appena Xanxus gli salì sulla schiena.
Il cacciatore di taglie si acquattò, nel tentativo di mantenere la presa sulle scaglie del rettile.  Egli era il signore di una potente razza di dragoni spaziali dispersi per tutto il cosmo. La maggior parte di queste creature, compreso Grugaloragran, avevano cominciato a servire il Maestro dopo che questi li aveva salvati da un qualche genere di cataclisma.
Xanxus non si era mai particolarmente interessato ai dettagli. In fondo, dubitava fortemente che quella creatura glieli avrebbe forniti.
<< E va bene >> sospirò l’uomo, visibilmente seccato << D'altronde, perfino io so che è meglio non giocare con il fuoco. >>

 
 
Scheda personaggio

 
Xanxus
Opera: Katekyo Hitman Reborn
Razza: Esper (termocineta)
Video tribute: https://www.youtube.com/watch?v=C5PV_ZIbyZw
Soundtrack: https://www.youtube.com/watch?v=BR9deDfZVW0
Autore: Fenris

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 8 - Be Prepared ***


Scusate il ritardo con cui abbiamo effettuato l’aggiornamento. La colpa è stata soprattutto degli esami. Ma non preoccupatevi, torneremo ad aggiornare regolarmente!
Spero che apprezzerete questo nuovo capitolo, in cui molti dei cattivoni della storia interagiranno finalmente l’uno con l’altro. Vi ricordo che ogni personaggio è stato interpretato da un autore diverso. In più, in occasione dell’evento, abbiamo realizzato questo video dedicato agli antagonisti della storia:
https://www.youtube.com/watch?v=wBFh2llsgRc
Come al solito, vi invitiamo a lasciare un commento. Ed ora… buona lettura!

 
 Opening : https://www.youtube.com/watch?v=TzppTAmgUwA


Capitolo 8 - Be Prepared



Il controllo del traffico aereo dell’emisfero illuminato di Washington diresse la navetta da trasporto verso il Palazzo Imperiale, dove l’astronave atterrò al centro di un cortile che faceva da piattaforma di atterraggio.
Mentre la nave scendeva attraverso le affollate corsie aeree grazie ai motori a repulsione, Lord Shen si ritrovò ad ammirare l’enorme edificio che fungeva da residenza del Maestro, un colonnato alto quasi 1500 metri che si ergeva al di sopra della città che in molte realtà era stata il fulcro del dominio degli Stati Uniti sul resto del mondo.
Kirei Kotomine, il capo della Chiesa del Maestro, lo aspettava sul bordo del cortile di atterraggio, circondato da una schiera di guardie imperiali armate di scintillanti picche a energia e armature rosse.
<< Sono felice di vedere che siate riuscito a venire, Governatore >> disse l’uomo, dopo che Shen fu sceso dalla rampa di sbarco della navetta.
L’albino si limitò a roteare gli occhi << E io che lei sia stato così premuroso da accogliermi di persona. >>
<< Sono sempre pronto a fare la mia parte per il miglioramento dell'Impero >> ribatté l’altro, con un sorriso consapevole.
Kotomine e le guardie condussero il governatore attraverso elaborate porte che si addentravano nel Palazzo. Shen ne conosceva gli interni, ma gli imponenti e lunghi corridoi che aveva percorso molte volte riuscivano sempre a suscitargli un sentimento d'impotenza. Attualmente, pullulavano di funzionari e civili appartenenti alle specie più diverse, da ogni pianeta di Battleground.
Salito a bordo di uno dei turbo-ascensori che conducevano al centro del Palazzo, l’uomo si sorprese quando Kotomine ordinò al mezzo di scendere invece che salire.
<< Credevo che l’incontro si sarebbe tenuto in cima all'edificio come sempre >> osservò il governatore.
<< E così sarà >> confermò il sacerdote << Solo che non ci recheremo subito dal Maestro. Prima dobbiamo prelevare Lord Vader. >>
Shen gemette mentalmente. Ecco una persona che avrebbe preferito evitare...
 
                                                                                                       * * *

Venti piani più giù, il braccio destro del Maestro, Darth Vader, stava inveendo contro una ventina di individui - tra semplici umani e alieni - dietro al banco degli accusati in un’aula di tribunale molto simile a quelle utilizzate da Shen per confermare le sue sentenze.
<< Sembra molto più...vocale del solito >> commentò l’albino, lo sguardo fisso in direzione della scena.
Kotomine ridacchiò divertito. << La sua ultima missione non è andata come sperava >> rispose con una scrollata di spalle disinvolta.
Shen inarcò un sopracciglio e rivolse la sua attenzione al Sith e al suo pubblico di prigionieri. Accanto al Signore Oscuro c’era il vicedirettore dei servizi segreti imperiali, Wullf Yularen, un vecchio idealista coi capelli bianchi e il viso perennemente paonazzo. Affianco a lui vi era un uomo di mezza età dalla carnagione arrossata, che il governatore non aveva mai visto. 
A fare la guardia al terzetto vi erano quattro assaltatori imperiali, i fucili blaster in pugno, e un ufficiale che indossava un uniforme bianca e immacolata, le mani giunte dietro la schiena e le gambe leggermente divaricate.
<< Sembra che alcuni di voi non abbiano colto il messaggio >> disse Vader, indicandoli con la mano guantata << Oppure abbiano semplicemente scelto di ignorarlo. Sia come sia, per voi è giunto il momento di decidere se intraprendere la via più sicura...o, in caso contrario, subirne le conseguenze. >>
<< è sempre stato un buon parlatore, non pensa anche lei? >> commentò Kotomine.
<< Ha i suoi momenti >> rispose Shen, mentre lanciava un'occhiata al prete << Chi sono gli accusati? >>
<< Nient'altro che criminali di basso rango. Pirati, contrabbandieri...la feccia del Centro Imperiale>>
<< Capisco...avrei dovuto intuirlo dal loro vestiario. E per quanto riguarda l’uomo affianco a Lord Vader? >>
<< Conan Motti >> risposa l’altro << È il responsabile delle catene di montaggio del livello 500, lo stesso in cui operavano la maggior parte degli accusati. >>
Shen ronzò contemplativo, e Vader si fermò all'improvviso in mezzo alla stanza.
<< Le libertà di cui avete goduto e abusato fino ad ora appartengono al passato >> continuò implacabile << Durante i tempi delle prime rivolte si poteva anche chiudere un occhio per incoraggiare un certo tipo di criminalità. Ma i tempi cambiano...ed è arrivato il momento che anche voi cambiate con essi. >>
Il Signore Oscuro tacque, lasciando che nell’aula echeggiasse soltanto il rumore del suo respiratore. Shen strinse gli occhi e lo osservò con anticipazione, consapevole di cosa sarebbe successo di lì a poco.
Dopo essere entrato nella cerchia interna del Maestro, Vader era stato uno dei personaggi di spicco dell'Impero con cui aveva interagito più spesso, sia in ambito politico che nelle varie campagne militari a cui aveva partecipato. Ormai lo conosceva bene.
Tuttavia, varie situazione susseguitesi negli anni avevano portato i due a sviluppare un rapporto tutt'altro che amichevole.  
<< Se anche soltanto una delle vostre attività trasgredisce il volere del Maestro... >> proseguì il Signore Oscuro << allora vi conviene trasferirvi nei settori dell’Orlo Esterno, lontano dal cuore pulsante del nostro Impero. Non permetterò che la vostra infezione si diffonda ulteriormente. >>
Fece una pausa per lasciare che il concetto facesse presa sui presenti e poi riprese a camminare.
<< Mi è giunta voce che uno di voi non si è ancora reso conto di aver clamorosamente mancato di rispetto nei confronti del nostro signore. Il suo atteggiamento sfrontato suggerisce che, anzi, sia orgoglioso delle proprie azioni. Tale comportamento non è certo passato inosservato... e sarò ben felice di dargli una punizione esemplare, così che gli altri possano imparare a sue spese. >>
Vader si fermò di colpo e passò in rassegna i presenti, facendoli rabbrividire tutti , che fossero umani o alieni. Quando alzò la mano destra e strinse il pugno, la maggior parte di loro cominciò a tirare nervosamente il colletto dei vestiti.
Tuttavia, fu proprio il Conan Motti a mettersi a rantolare improvvisamente, portandosi le mani sul petto come se lo avesse appena trafitto una spada.
Con gli occhi sgranati e la pelle sbiancata, il supervisore cominciò ad agitare disperatamente le braccia, quasi come se volesse supplicare. Quindi barcollò all’indietro e cadde di schiena, sbattendo la testa contro il pavimento imbrattato di sangue.
Seguì un silenzio scioccato.
<< Credo che questo sia il momento giusto per concludere la nostra riunione >> disse Vader, senza degnare neppure il cadavere di uno sguardo << E spero di essere stato abbastanza chiaro. A meno che non abbiate bisogno di un altro esempio? >>
Il comandante degli stormtroopers fece un rapido cenno con la mano e due dei suoi soldati corazzati si fecero avanti per prendere il corpo di Motti tra le braccia e trascinarlo via dall’aula. Fu allora che Kirei Kotomine scelse di avvicinare il Signore Oscuro.
<< Lord Vader >> salutò il prete << So che abbiamo deciso di non rimandare le esecuzioni, ma la prossima volta potrebbe non effettuarle in un luogo così pubblico? >>
<< Farò del mio meglio per evitarlo >> replicò il Sith, apparentemente incurante dei sentimenti del prete riguardo alla questione. Kotomine sorrise appena e si fece da parte, lasciando Shen e Vader faccia a faccia.
<< È da un po’ di tempo che non ci incontriamo qui alla capitale, Governatore. >>
L'albino annuì impassibile.
<< Che posso dire...Le necessità dell’Impero mi hanno tenuto occupato. >>
<< Ne sono sicuro. >> disse Vader con altrettanta freddezza.
Shen sostenne lo sguardo del Signore Oscuro per quasi un minuto buono. Poi, scoccò uno sguardo agli stormtroopers che stavano uscendo dall’aula, incrociando le braccia nelle maniche del kimono. << Di cosa era accusato il Prefetto Motti? >>
<< Era incaricato di tenere a bada la criminalità del suo settore, ma ha ceduto alla tentazione di vendersi alla banda di Oswald Cobblepot. >>
<< Allora è chiaro che non ci tenesse poi così tanto >> osservò Shen, sprezzante << Mi sorprende non aver visto rappresentanti dell’organizzazione criminale del Joker. >>
Vader lo guardò dall’alto in basso. 
<< Abbiamo stretto un accordo con il Joker >> fu la risposta del Signore Oscuro.
Shen attese che proseguisse, ma questi non aggiunse altro e allora capì che era meglio lasciar cadere il discorso e così, insieme, raggiunsero i turbo-ascensori insieme a Kotomine e alla sua scorta di guardie.
Ad attenderli vi era una donna dalla bellezza a dir poco surreale. Una veste nera come la notte avvolgeva il corpo pallido e snello della nuova arrivata, caratterizzato da forme esili ed eleganti. Il volto dai lineamenti delicati era bianco come un osso, così come il lunghi capelli avvolti  in morbide e sontuose trecce. Ma la caratteristica più distintiva di questa donna erano senza dubbio gli occhi. Argentati e lucenti, risplendevano tra le ombre del complesso, dandole un’aria quasi spettrale. Costei era Salem, la governatrice di Renmant.
La strega volse a Vader, Shen e Kotomine un solenne cenno del capo e questi fecero altrettanto. Tuttavia, furono solo il Signore dei Sith e l’albino a seguirla nel turbo-ascensore.
<< Lei non viene? >> domandò Shen, volgendo la propria attenzione nei confronti di Kotomine. 
Quest’ultimo scosse prontamente la testa. << Purtroppo questa conversazione non è per le mie orecchie. Vi auguro una buona giornata, ho un’omelia a cui attendere. >>
E, detto questo, cominciò ad allontanarsi, lasciando il trio in balia della reciproca compagnia. 
<< Come va la vita su Renmant, governatrice? >> domandò Vader, mentre salivano.
<< Tra una settimana termineremo la costruzione della prima fanteria di AT-AT >> rispose la donna, con una voce bassa e musicale al tempo stesso.
<< È per questo motivo che non voleva partire per la Terra? >>
Vader non avrebbe dovuto saperlo, ma Salem non se ne sorprese affatto. << Vedo che Padre Kotomine non ha ancora imparato a tenere la bocca chiusa. >>
<< Sta evitando la questione. >>
<< Allora mi permetta di rettificare: Padre Kotomine avrebbe dovuto essere più chiaro. Ero riluttante a lasciare il progetto nelle mani di altri, ma di certo non ero contraria a partire. >>
<< Non dopo aver saputo che aveva richiesto la sua presenza il Maestro in persona. >>
Salem sogghignò. << Non sarebbe più corretto dire che lo aveva ordinato, quindi? >>
<< È irrilevante. Io avrei fatto lo stesso. >>
Shen fissò Vader di sbieco, ma non proferì parola. Si limitò a seguire la conversazione, silenzioso e immacolato come una bellissima statua di marmo.
<< La sua assenza rallenterà i lavori? >> proseguì il Signore dei Sith.
<< Niente affatto >> si affrettò a rispondere Salem, con tono calmo e raccolto << I componenti per la costruzione delle armi partiranno dalla stazione Desolation come previsto, dato che gli esami iniziali si sono già conclusi. I lavori sulle matrici di movimento proseguono senza problemi, così come quelli sui reattori a Polvere. A questo punto non mi preoccuperei troppo neppure per i generatori di scudi. >>
<< Capisco. E per quanto riguarda gli armamenti? >>
<< Quello è un problema più complicato. I nostri tecnici non si sono ancora messi d’accordo sul tipo di laser e stanno ancora discutendo se debba essere un raggio protonico oppure no. Per quanto ne so, sono ancora indecisi sulla configurazione ottimale dei cristalli di Polvere. I ritardi sono da imputarsi più ai loro battibecchi che alla produzione in sé. >>
<< Sembra una situazione...spiacevole. >>
Salem annuì. << Purtroppo, è anche inevitabile, specialmente in questo tipo di progetti. >>
<< Forse potrei trovare nuovi modi per spronare i suoi uomini. >>
Salem si limitò a sorridergli freddamente. << Pensi alla sua marina, Lord Vader. Tratterò i miei impiegati come ritengo più opportuno. >>
 
Salirono in silenzio a bordo del turbo-ascensore diretto alla guglia principale del palazzo. Sempre in silenzio salirono di piano in piano, finché Vader non arrestò la corsa al penultimo piano e scese dal marchingegno. 
Quando uscirono, si ritrovarono in una grande sala rotonda delimitata da grandi vetrate che si affacciavano sul pianeta per centinaia di chilometri in ogni direzione.
Una parete divisoria curva delimitava uno spazio che era l’appartamento del Maestro. Al centro si ergeva un grade tavolo circondato da poltrone di pregiata fattura. Una di esse aveva lo schienale più alto delle altre e dei pannelli di controllo istallati nei braccioli.
Lord Shen attraversò il salone guardandosi intorno, ammirando le opere d’arte e le sculture sulle quali picchiava il sole della Terra ogni volta che sorgeva o tramontava. Rivolta verso una delle vetrate, spiccava la figura del Maestro in persona.
Senza perdere tempo, i nuovi arrivati presero posto al lungo tavolo. Quasi in contemporanea, sopraggiunse un’altra coppia di individui.
Il primo ad entrare nella sala era biondo, ben vestito, e aveva occhi rossi come il sangue. Il secondo aveva capelli neri che gli cadevano sulle spalle, indossava abiti di pregiata fattura e portava uno scettro dorato nella mano destra.
Vorkye Blodbless e Loki Laufeyson , i governatori del Sole e di Asgard… erano arrivati.
Quando anche loro ebbero preso posto a sedere, il Maestro posò una mano sulla finestra che aveva di fronte.
<< Conoscete la storia di San Lorenzo? >> domandò all'improvviso, utilizzando un tono di voce apparentemente disinteressato.
Volse lo sguardo in direzione del gruppo.
<< Bruciato vivo dai romani, dicono gli storici. Perché? Perché era cristiano? Può darsi, può darsi. Ma io ho una teoria diversa. >>
Il Signore del Tempo cominciò  a incamminarsi verso il tavolo ,facendo scorrere le dita sulla liscia superficie in legno.
<< Credo sia perché i Romani furono cresciuti dai lupi. Il più grande impero nella storia dell'umanità fondato dai lupi, vi rendete conto?! Sapete cosa fanno i lupi, amici miei? Loro cacciano. E uccidono. Per questo non mi è mai piaciuto quel libro, come si chiamava... ah, sì, Il Libro della Giungla! Un ragazzo cresciuto dai lupi che diventa amico di un orso e di una pantera. No, io non credo. i Romani, cresciuti dai lupi, videro un tizio trasformare acqua in vino e che cosa fecero? Lo mangiarono. Perché non esistono santi nel regno animale, ma solo lupi e pecore. >>
Detto questo, si sedette a capo tavola e scrutò i presenti con attenzione.
<< Quello che vi chiedo, amici miei è... che cosa siete voi? Lupi... o pecore ?>> domandò con un sussurro.
Shen rimase in silenzio, senza dire una parola. Gli era parso molto chiaro che il Maestro era furioso per un motivo ben esplicito. E, in qualche modo, doveva avere a che fare con loro. Lanciò un'occhiata a Vader, che pareva stranamente teso.
<< È ovvio cosa sono>> esordì Loki, con aria di sufficienza << Io non sono né un lupo né una pecora. Io sono un dio, e non tengo in conto la storia di una povera scimmia mortale bruciata viva. >>
<< Lo stesso vale per me >> aggiunse Vorkye, con il suo tono di voce regale << Io sono un drago e divoro tutto ciò che mi aggrada. Poco mi importa che siano lupi o pecore. >>
Salem, al contrario, si limitò a scrutarsi le unghie. << Be', dai romani ho preso in prestito la formula "pane e arene", spero che basti come risposta. >> 
Il Maestro rise di buon gusto e disse: << Ottimo, signori, risposte molto esaustive. Detto questo, ciò non toglie il ruolo che occupiamo nella catena alimentare. Abbiamo ucciso, torturato, rovinato vite e nazioni, tutto solo per arrivare a dove siamo ora: in cima. >>
Compì un gesto disinvolto con la mano destra. Come dal nulla, un piccolo portale azzurro si materializzò affianco a lui. Ne tirò fuori un bicchiere di vino e cominciò a sorseggiare la bevanda.
<< Così! Un ribelle ci è scappato. Chissenefrega, dico io! Non è mica la fine del mondo, dico bene? >> domandò con un sorriso accomodante.
Improvvisamente, l'espressione allegra sul volto dell'uomo venne sostituita da un cipiglio pronunciato.
<< Solo che, caso strano, questo ribelle non è altri che il Dottore. E se quell’uomo riesce a scoprire come siamo riusciti a creare tutto questo… be', allora è la fine del mondo! Il nostro mondo! Il mio Impero! >>
Lanciò il bicchiere contro una parete. L’oggetto si frantumò in piccoli pezzi, riversando il liquido rossastro lungo l’intonaco della stanza.
Dopo un paio di respiri calmanti, il Maestro volse lo sguardo in direzione dei suoi alleati.
 << Sono passati vent'anni, per l'amor del cielo! Perché diavolo non siamo ancora riusciti a catturarlo? Oh, e questa non è una domanda retorica, siete liberi di esprimere la propria opinione >> borbottò con aria sarcastica.
Shen compì un paio di colpi di tosse, richiamando l’attenzione del tiranno. << Perché è un Signore del Tempo, esattamente come voi, mio Signore. >>
L'espressione cupa e perplessa di prima era sparita del tutto per lasciare spazio alla costante calma placida e mefistofelica.
<< Pertanto, possiede le vostre stesse facoltà mentali e ha molti, forse troppi, assi nella manica. >>
Dall'altra parte del tavolo, Vorkye emise uno sbuffo sprezzante. << La cosa è irrilevante, governatore. Che sia o meno un Signore del Tempo, per me è solo un ratto fin troppo bravo a scappare. >>
<< Però Shen ha un punto. Costui è un Signore del Tempo, come il nostro Maestro>> si intromise Loki << E può rivelarsi una spina nel fianco peggiore di quanto tu possa immaginare. Non dimentichiamo che ha salvato mio fratello da morte certa, e se le mie deduzioni sono corrette... e lo sono sempre, sciocchi mortali... ora sta pianificando un attacco con i suoi compatrioti. >>
Vader, che era rimasto in silenzio fino ad ora, decise di rendere nota la sua opinione.
<< Su quel fronte non abbiamo di che preoccuparci. I miei agenti stanno setacciando la Galassia da cima a fondo. Se la ribellione si sta organizzando su uno dei pianeti più vicini al Centro Imperiale, cosa assai probabile, vista la crescente attività ribelle nella zona... allora li troveremo... e li uccideremo tutti >> affermò come un dato di fatto.
Salem ridacchiò divertita. << Una strategia rozza e brutale. Dobbiamo avere più inventiva. Anche un ratto, se abbastanza furbo, può sopravvivere in una casa piena di gatti. Ma un buon veleno, unito a un'esca appetitosa… potrebbe comunque ucciderlo. Qualcuno dei presenti ha qualcosa del genere? >> domandò con un placido sorriso.
La sala rimase in silenzio per circa un minuto buono. Quando quel breve lasso di tempo giunse al suo termine, Vorkye prese un respiro profondo.
<< Dobbiamo fornirgli qualcosa che non potrà fare a meno di rifiutare. >>
In tutta risposta, il Maestro strinse ambe le palpebre degli occhi e disse: << La prego di elaborare, Governatore Vorkye. >>
Il Soleano fu più che felice di assecondarlo. << È ancora in cerca della sua nave, non è vero ? Il suo… TARDIS, se ricordo correttamente. Potremmo rivelare la sua posizione in maniera discreta e preparare un comitato di benvenuto. >>
<< Ha senso >> commentò Loki, annuendo in accordo << Come si fa a suscitare l'interesse di un  guerriero? Basta piazzargli una risorsa sotto il naso... e aspettare. >>
Per un attimo, il Maestro sembrò prendere in considerazione le parole della coppia.
<< No >> disse alla fine, scuotendo il capo un paio di volte << Per quanto allettante, non mi sento confortevole all’idea di lasciare il Dottore a meno di 10 chilometri dalla quella dannata macchina. Il TARDIS rimarrà nascosto...almeno per il momento. Prossima opzione! >> ordinò, puntando in direzione di Vader.
Il cyborg compì un rapido cenno con la testa. << Come ho già detto, è solo questione di tempo. La mia flotta è più che in grado di gestire un piccolo gruppo di fanatici. >>
<< Parlavi in questo modo anche della cattura e dell'uccisione del Dottore >> osservò Shen, il volto pallido adornato da un sorriso derisorio << Eppure siamo qui per registrare il tuo ennesimo fallimento. >>
Affianco all'uomo, Salem digrignò i denti. Per quanto lei e Vader non fossero in buoni rapporti, rispettava il Sith molto più di quel ruffiano, e detestava l'idea che un misero politico offendesse in maniera così grezza un guerriero del suo calibro.
Vader non fu da meno e strinse ambe le mani in pugni serrati.
<< Ti conviene tenere a freno la lingua, Shen. A meno che tu non voglia che la mia lama la riduca ad un pendaglio da forca .>>
<< Ooh, che paura >> lo canzonò l'altro, con ironico disprezzo << Ti viene molto facile risolvere tutto con la violenza, eppure non mi sembra che questa ti abbia portato da chissà quale parte, mio caro. >>
Di fronte ad una simile dichiarazione, Vorkye ridacchiò divertito.
<< Se i segugi non sanno riconoscere la volpe, non serve a niente mandarli allo sbaraglio. Non che tu sia da meno, Shen. Critichi molto, ma non hai idee. Scommetto che sei venuto qui solo per scaldare la sedia. Gli umani come te non sono altro che degli incapaci >> affermò con disprezzo.
Nonostante le provocazioni del Soleano, il governatore pallido riuscì a mantenere un'espressione impassibile.
Loki, al contrario, non riuscì a trattenersi e si esibì in una velenosa risatina.
<< Mi fate proprio ridere, branco di scimmie ritardate. Nel corso dei millenni non siete cambiati affatto, sempre pronti a tirarvi le feci addosso. >>
Mise ambe le braccia dietro la schiena.
<< Come ho già detto io, il Dottore sta certamente utilizzando il tempo a disposizione per reclutare potenziali alleati. Ergo... rispondiamo al fuoco con il fuoco. Impediamo al Dottore di coglierci impreparati e... perché no... possiamo allargare le nostre file. Le nostre truppe hanno fallito nel perpetrare i loro compiti. È ovvio che necessitiamo di una maggiore mano d'opera >> commentò con aria annoiata.
Affianco a lui, Salem annuì in accordo.
<< Mia figlia Cinder e il suo compagno, Adam Taurus, sono dei giovani molto promettenti, potrebbero esserci utili. E so che Xanxus, il cacciatore di taglie, si trova dalle parti di Atlas su ordine di Grugaloragran. Il suo aiuto si è sempre rivelato molto fruttuoso per i nostri scopi >> dichiarò con voce atona.
Il Maestro intrecciò ambe le mani nel pensiero. << Entrambi fate un buon punto. Fino ad ora ci siamo sempre serviti delle risorse forniteci dalle nostre enti più... legali, per così dire. Sarebbe il caso di cominciare a fare buon uso delle alternative. >>
Detto questo , compì un rapido battito di mani.
<< Ma ora basta parlare di ribelli, è una cosa che riesce sempre a togliermi l'appetito. Dimmi, Vorkye, come vanno le nostre attività commerciali? >>
<< Perfettamente. Solo oggi la mia azienda ha guadagnato l’80% in titoli di borsa, e la maggior parte delle imprese private sono state comprate e inglobate dai nostri azionisti. L'unico problema è la mancanza d'individui qualificati per dirigere tutto >> continuò con voce leggermente irritata.
Il Maestro agitò la mano destra con fare sprezzante. << Di quello non devi preoccuparti, provvederò subito a fornirti del personale competente. >>
Volse la propria attenzione nei confronti di Salem.
<< E tu, mia cara? Come vanno le cose sul mio secondo pianeta preferito? >>
La donna compì un paio di colpi di tosse. << Ahem, bene, mio signore. La SDC continua a fare il suo lavoro e a fornirci tutta la Polvere necessaria, i Grimm si riproducono e muoiono che è una meraviglia, e le nuove generazioni di Cacciatori promettono molto bene. Ovviamente ci saranno sempre le teste calde che cercheranno di ribellarsi al nostro volere, ma ci sono i modi per gestirli. >>
Al sentire tali parole, il Signore del Tempo emise un sospiro drammatico.
<< Che cosa ho fatto per meritarmi dei sudditi tanto ingrati? Forse lo sterminio di un'altra razza ricorderà alla nostra beneamata popolazione a chi devono la loro salvezza >> borbottò con aria imbronciata.
Girò lo sguardo in direzione di Shen.
<< E per quanto riguarda il nostro... piccolo problema verde? Qualche notizia sul Robin Hood poco arrendevole? >>
<< Prossimo alla cattura, mio signore. Sta diventando arrogante e sconsiderato. Presto commetterà un passo falso e allora... sarà nostro >> sibilò l’albino, stringendo inconsapevolmente le mani in pugni serrati.
Dall'altra parte del tavolo, Vader incrociò ambe le braccia davanti al petto. << In poche parole, sei esattamente allo stesso punto di prima. >> 
<< Sei forse colui con il quale sto parlando, Vader? >> chiese l'albino, utilizzando un tono di voce innocente. << No, non mi pare. Dunque non intrometterti in affari che non ti riguardano e torna a giocare con il tuo stuzzicadenti. >>
Il Signore dei Sith si alzò dal posto a sedere ed estrasse il cilindro della spada laser. << Vuoi forse dare una migliore occhiata a questo "stuzzicadenti", Shen? Sono sicuro che la troveresti un'esperienza a dir poco indimenticabile. >>
In tutta risposta, il governatore si limitò a sollevare gli occhi al cielo.
<< Andiamo, Vader >> sospirò con fare annoiato << Qualcosa di più originale? Davvero, sei il soggetto più prevedibile che abbia mai incontrato. Non c'è quasi gusto con te. >>
<< Curioso, è la stessa cosa che pensavano molti dei guerrieri che ho combattuto... poco prima che li sfilettassi come branzini. >>
Vorkye chiuse il volto in un ghigno beffardo. << Ma quanto siamo irascibili, mascherina. Se continui così sarai il primo a crepare. Dovresti bere una camomilla, ogni tanto. O magari una buona birra. Dico bene , Loki? >>
Il suddetto dio squadrò la creatura in silenzio, dopodiché rispose: << Parli con me? Oh, scusa, è che a volte mi sorprendo di come le altre specie sappiano esprimere frasi di senso compiuto. Per te sono Sommo Loki, lucertola. >>
<< Ti va di ripeterlo? >> ringhiò il soleano, scoprendo i canini affilati.
Come dal nulla, una fiamma nera come la pece iniziò a protrarsi dalle mani di Salem. << Bambini, per favore, non disturbate il nostro signore con queste litigate inutili. Vi consiglio di smettere. Altrimenti... >>
Gli occhi della donna cominciarono a brillare, mentre la sedia dietro di lei prese scricchiolare rumorosamente, incapace di sostenere l'aura della strega.
Il Maestro ridacchiò divertito .
<< Apprezzo la tua sete di sangue, Salem, ma in un'associazione come la nostra tali eventi sono all'ordine del giorno. Provate, microcelebrati, ad elevarvi oltre la semplicità delle vostra piccole e rumorose catene alimentari, così da poter contemplare quello che siamo riusciti a realizzare! Abbiamo trionfato sui nostri nemici. L'universo è alla nostra merce e coloro che minacciano la nostra posizione sono pochi e disperati. Usciremo da tutto questo nello stesso modo con cui siamo usciti dai nostri passati conflitti. >>
Sollevò la mano destra, prima di chiuderla in un pugno. 
<< Come vincitori >> sussurrò << Ed ora, la riunione è aggiornata. Tornate pure alle vostre case, e aspettate. Mi avete dato molte cose a cui pensare. >>
 
                                                                                                                                              * * *
 
Una volta che tutti se ne furono andati, il Maestro tornò alle sue camere private.
Con uno schiocco di dita accese il televisore che poggiava lungo la parete della stanza. Puntuale come sempre, il volto stoico di Kirei Kotomine si materializzò sullo schermo dell’apparecchio, intento a pronunciare l’omelia serale.
In quel preciso istante, una seconda figura mise piede all’interno della camera, attirando l’attenzione del Signore del Tempo. Era una ragazza dagli occhi rossi e dalla pelle pallida, i cui lunghi capelli castani erano raccolti da un paio di fiocchi. Indossava una divisa scolastica.
Najimi Ajimu si lasciò cadere sul letto, rilasciando un sospiro di stanchezza.
Il Maestro non sembrò per nulla preoccupato dalla sua improvvisa apparizione. Con lo sguardo ancora fisso nei confronti del televisore, si limitò ad arricciare ambe le labbra in un sorriso beffardo e prese un respiro profondo.
<< Sono una genia codarda e superstiziosa. I fedeli, intendo. Furenti e terrorizzati dalle loro morti. Essi, che si volgono al mito della salvezza eterna per aver conforto, devono al contempo stuzzicare il loro senso di colpa con fantasie di dannazione perpetua. Quasi ogni religione ha un modo per raffigurarsela, partendo dal prevedibile lago di fuoco cristiano... passando per i classici "sette inferni" del buddismo, tipo il sanghata, particolarmente brutale, in cui i dannati vengono schiacciati tra due monti gemelli... per finire con l'abisso del buio più profondo proprio dell'induismo, in cui gli avvoltoi pasteggiano con le carni dei suoi sfortunati abitanti. >>
Detto ciò, si strinse nelle spalle, con aria quasi disinvolta.
<< Ma in fondo, è così che funziona. Trasferimento di paura e disprezzo di sé stessi, uniti a un tramite autoritario. È una catarsi! >> esclamò con tono gioviale.
Indicò lo schermo del televisore.
<< Vedi, lui assorbe la loro paura con la sua oratoria. Per questo motivo, è efficace in proporzione al numero di certezze che riesce a proiettare >> affermò come un dato di fatto.
Rilasciò uno sbuffo derisorio.
<< È così da quando una scimmia ha guardato il sole e ha detto all'altra scimmia: "Lui ha detto che tu devi dare a me la tua cazzo di parte." Le persone... sono così fottutamente deboli che preferirebbero gettare una moneta nel pozzo dei desideri, piuttosto che comprarsi la cena. >>
<< Oppure si limitano a stringere un patto con il diavolo >> ribatté Ajimu, con un sorriso placido.
Il Maestro ridacchiò di rimando.
<< A ben guardare, il diavolo compie semplicemente l'opera di Dio >> affermò con tono allegro << La parola diavolo, dopotutto, deriva dal latino ecclesiastico... diabollis... che proviene dal greco diabolos. Fu usata nella versione greca della bibbia dei settanta, per tradurre la parola ebraica ha-satan. Un'espressione originariamente usata per il titolo di un servitore della corte divina che lavorava come spia di dio, e che radunava informazioni sugli esseri umani nel corso dei suoi viaggi sulla terra. Dopotutto, se un dio onnipotente non volesse la sua esistenza... come farebbe il Diavolo a esistere ancora? Sono semplicemente il servitore di una corte molto divina >> commentò con una scrollata di spalle.
Compiuti un paio di circoli attorno alla stanza, si fermò proprio di fronte a un vecchio giradischi, posizionato al di sopra di una scrivania in tronco d'acero magistralmente intagliata. La parte superiore dell'oggetto era arricchita dalla presenza di un megafono in legno dorato, mentre vari spartiti ne completavano l'immagine, lungo il lato destro del basamento.
Il Maestro ne analizzò i titoli uno ad uno, prima che la sua attenzione venisse richiamata dal piatto alla fine della collezione. 
<< Ah, La Gazza Ladra >> mormorò tra sé e sé. 
Afferrò il circolo con le dita ossute e ne poggiò il fondo sul fabbricatore di musica. Non appena ebbe completato l'azione, una melodia lenta e marcata iniziò a riecheggiare per tutta la lunghezza della sala, coprendo i rumori al di fuori dell’edificio.
<< Adoro questa musica >> commentò l'uomo, volgendo lo sguardo in direzione di Ajimu.
Le porse un solenne inchino, protraendo la mano destra in avanti per permetterle di afferrarla.
<< Madame? >> offrì con un sorriso divertito.
La giovane donna inarcò un sopracciglio e incrociò ambe le braccia.
<< Sei serio? >> domandò in tono beffardo.
Il Signore del Tempo alzò leggermente la testa. << Lo sono sempre, mia cara. >>
La ragazza emise uno sbuffo e afferrò esitante le dita dell’alieno. Questi non perse tempo e la strinse a sé, costringendola a guardarlo dritta in volto.
Il Maestro chiuse la sua espressione in un sorriso beffardo e iniziò a volteggiare per il pavimento dell'ala, seguito dalla rispettiva compagna. Sebbene fosse una situazione alquanto curiosa, la ragazza dovette ammettere che pareva sorprendentemente bravo, considerando che non era mai riuscita a vederlo intento in un qualsiasi tipo di danza.
<< Non hai mai accennato al fatto di saper ballare >> commentò, con tono disinvolto.
L’alieno si strinse nelle spalle. << Non ne ho mai avuto l'occasione. >>
Continuarono a danzare per almeno un altro paio di minuti. Con la testa appoggiata sul petto dell’uomo, Ajimu disse: << Potresti fare molto di più, lo sai? >>
Il Maestro abbassò lo sguardo, specchiandosi nelle pupille rosse della ragazza.
<< Con il potere che possiedi… potresti creare un paradiso. Eppure lo usi solamente per compiacere le tue ambizioni >> continuò lei, con tono vagamente deluso.
Il Signore del Tempo inarcò un sopracciglio, stringendo le labbra in un cipiglio.
<< Sei stata tu a darmelo, ricordi? O forse ti penti dell’accordo che abbiamo stretto? >> domandò con sincera curiosità.
Ajimu rimase in silenzio, lasciando che la musica la guidasse. Compiute un paio di giravolte, lanciò all’uomo un sorriso malizioso.
<< Ogni singolo giorno >> dichiarò con falsa innocenza.
In tutta risposta, il Maestro mantenne un volto di pietra.
<< Lascia che ti racconti una storia. È una parabola! >> esclamò all’improvviso, sorprendendo la ragazza << Un uomo ricchissimo un giorno apre il giornale e vede che il mondo è pieno di sofferenza. E dice: "Io ho molti soldi: aiuterò il prossimo." Così decide di donare tutti i suoi soldi. Ma non bastano. Le persone continuano a soffrire. Un giorno l'uomo vede un altro articolo: "Decine di persone muoiono ogni giorno per la bassa donazione di organi". E capisce di essersi illuso che i suoi soldi sarebbero bastati. Così va dal medico e dice: "Dottore, io voglio donare un rene." Il medico lo opera. L'operazione è un successo. Contro ogni sua previsione continua a essere infelice perché le persone continuano a soffrire. Allora decide di tornare dal medico. E gli dice "Dottore, stavolta io voglio donare tutto." Il medico gli chiede "Come sarebbe "tutto"?". E lui dice: "Stavolta voglio donare il mio fegato. Ma non solo il fegato. Voglio donare il mio cuore, ma non solo il mio cuore. Voglio donare le mie cornee, ma non solo le mie cornee. Io voglio donare ogni cosa. Tutto ciò che sono. E tutto ciò che ho." E il medico dice "Il rene è una cosa, ma tu non puoi donare tutto il corpo, pezzo dopo pezzo! È un suicidio!" Così lo rimanda a casa. Ma l'uomo non riesce a vivere sapendo che le persone soffrono e lui potrebbe aiutarle. Così dona tutto ciò che gli resta. La sua vita >> terminò con un sussurro sommesso.
Ajimu dilatò le pupille, sorpresa da quel finale inaspettato.
Vedendo la reazione della ragazza, il Maestro arricciò il volto in un ghigno beffardo e disse: << Morale della storia? Solo un pazzo tenterebbe risolvere i problemi del mondo. >>
La mora rilasciò uno sbuffo sprezzante e appoggiò nuovamente la fronte sul petto dell’uomo. Questi ridacchiò divertito e le colpì amichevolmente la schiena.
<< Sai che troverò il tuo amichetto. Non puoi nasconderlo da me per sempre >> affermò con tono calmo e raccolto.
Ajimu chiuse il volto in un leggero cipiglio.
<< Lo so >> borbottò sulla giacca nera del dittatore. << Ma posso provarci. >>
E, consapevoli di ciò, entrambi continuarono a danzare.



Scheda Personaggio


Salem
Opera: Rwby
Razza: Guerriera dagli Occhi D’Argento
Video Tribute: https://www.youtube.com/watch?v=8KAThZYcR94
Soundtrack: https://www.youtube.com/watch?v=WpCPAW81SnI
Autore: Fenris

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 9 - I pezzi sono allineati ***


Ecco un nuovissimo capitolo!
Vi auguro una buona lettura e vi invito a lasciare un commento, siete voi che ci date lavoro. 




Capitolo 9 - I pezzi sono allineati





L’uccellino vola nel cielo blu
L’oceano riflette il blu del cielo
Il profondo blu è il cielo dell’oceano
Nel blu del cielo, le sue lacrime mentono
Nelle lacrime del cielo, l’uccellino vola
L’uccellino vola nel cielo, formato da tutti i colori
L’arancione della felicità
Il rosso della malattia
Il blu delle lacrime
Quando vola per diversi mondi... prende i colori per colorare se stesso
Fu così che diventò un uccello color arcobaleno
Ma l’uccellino voleva vedere altri colori
I colori si mescolarono sempre di più e iniziarono a sporcare gli uni con gli altri
E poi….

 
<< E poi? >> chiese emozionato un piccolo Angel.
<< Che cosa può essere successo? >> domandò a sua volta la madre, fissandolo con i suoi occhi simili a rubini. Nelle mani teneva un piccolo libro raffigurante un arcobaleno e un uccellino che lo solcava.
<< Non lo so. Dai mamma, dimmelo! >> esclamò il piccolo rosso.
Per lunghi momenti
Scáthach, poiché questo era il nome della donna dall’arcana e magnetica  bellezza, fissò il pargolo.
<< I colori divennero pesanti e le sue ali divennero nere e l’uccellino cadde al suolo incapace di muoversi e alla fine morì. >>
<< Cosa? Ma perché? >> chiese il bambino con una faccina triste << Perché l’hai fatto cadere? >>
La donna lo fissò con un amaro sorriso, per poi stringerlo a sé.
 << È caduto perché si è comportato come il re solitario che, dall’alto della torre più alta del suo bianco castello, osserva il suo regno ma non condivide quella visione con nessuno >> sussurrò a bassa voce.
Lo fissò amorevolmente, baciandogli la testolina.
 << Angel, ognuno di noi è il re del suo mondo. Ma ogni mondo è abitato. Il re non deve vivere solo nel suo castello o, inesorabilmente, cadrà proprio come l’uccellino, venendo dimenticato. >>
Il piccolo abbassò lo sguardo. Nei suoi occhi si poteva vedere l’innocente tristezza che si provava davanti alle storie che finiscono con una svolta drammatica.
I ricordi sfumarono come neve al vento, venendo sostituiti da nuove immagini.
<< Il re solitario e l’uccellino dei colori, due storielle per bambini con lo stesso significato >> commentò una giovane Najimi. Era seduta su una sedia in terrazza e rimirava il cielo con un cipiglio che non era suo.
<< La solitudine porta sofferenza e, alla lunga, quel peso può diventare insopportabile. Ma sai… mi sono sempre chiesto che cosa abbia spinto entrambi a voler rimanere da soli >> disse Angel con occhi pensierosi e fin troppo seri.
Quando era mai avvenuto un simile discorso? Dove si era svolto? Ma soprattutto… era mai accaduto?
<< Forse erano dei personaggi in cerca di autore che avevano visto oltre il velo che cela il mondo >> ipotizzò la castana, il volto adornato da un’espressione divertita.
<< O forse cercavano di porre un rimedio al loro dolore >> propose un terzo interlocutore. La sua figura, però, era strana. Non la si riusciva a vedere. Quasi come fosse invisibile. Poteva intravedere solo le deboli sfumature blu che ne adornavano il corpo.
Angel lo osservò a lungo. Non riusciva a vederlo bene eppure la sua presenza era un grande conforto per lui. Chi mai poteva essere costui?
 
DRIIIIIIIIIIIIIIIN !
 
La sveglia interruppe la visione. Il rosso sollevò la mano e la spense, per poi tirarsi su.
Gli occhi verdi ancora assonnati osservarono per qualche istante il vuoto della camera.
<< Chi era? >> si domandò ancora confuso.
Quell’immagine indistinta era rimasta marcata a fuoco nella sua mente. Non sapeva chi fosse quella strana figura… eppure sentiva di conoscerlo. Era raro che si agitasse per un sogno. Anche se era così reale.
I suoi pensieri furono interrotti dal miagolio di Stella che gli dette il suo personale buongiorno. Nel vederla, lo sguardo del rosso si acquietò e la salutò accarezzandole la testa.
<< Cerchiamo di non perdere la testa >> mormorò con un sorriso amorevole.
Convinto di questo, si alzò in piedi e si preparò per la giornata, un weekend che in parte avrebbe trascorso in compagnia di Najimi e in parte al negozio di
Yūko.
Era già passata una settimana da allora. In quel breve lasso di tempo, qualcosa nel rosso era cambiato. Nemmeno lui riusciva a spiegarselo ma, da quando aveva iniziato a lavorare per la mora, si sentiva diverso: un po’ come un novello mastro Vitangelo che aveva capito di non essere come credeva e che il mondo in cui viveva era una sorta di gabbia.
Che cosa aveva visto per avere una simile visione di sé? Non lo capiva. Sapeva solo che era così. Era una sensazione inconscia, quasi aliena.
Il suo pensiero fu nuovamente interrotto dallo squillo del suo telefonino, che lo avvisò di aver ricevuto un messaggio. Sul visore era scritto il nome di Ajimu e indicava un messaggio audio. Lo aprì senza esitazione.
<< Ciao Angel. Spero di non disturbarti. Ecco… volevo dirti che oggi non possiamo vederci. Si sono presentate alcune complicazioni personali… spero che tu capisca. Ci vediamo lunedì… buon weekend! >> fu quello che enunciò la voce della ragazza.
L’adolescente inarcò un sopracciglio. 
<< È strano, sembrava triste >> borbottò quasi a se stesso. Che si trattasse dell’appuntamento saltato era chiaro, ma…
<< Ok, riprenditi. Ciao >> le rispose, anche se avrebbe voluto dire altro.
Le avrebbe voluto parlare del sogno che aveva fatto, se ricordava quando era avvenuto il discorso e… di quella misteriosa figura che, ora che ci pensava, non aveva compreso se fosse un uomo o una donna.
"Lo farò la prossima volta" si disse, mentre iniziò la colazione e, preso il telecomando, accese la piccola televisione.
Il volto da topo di Caesar Flickerman si materializzò dal nulla sulla schermata del dispositivo.
<< Ed ora, signore e signori, ecco le ultime noti-… >>
Il televisore fu subito spento senza nemmeno lasciargli finire la frase.
<< No, stamattina non ne ho proprio bisogno >> disse il rosso.
Fino a poco tempo fa lo avrebbe ascoltato senza battere ciglio, ma ora la pensava come Najimi: il governo del Maestro era … sbagliato. Erano questi i pensieri che aveva iniziato a fare, poco dopo la sua permanenza nel negozio di
Yūko. Pensieri pericolosi, che se avesse rivelato a qualcuno gli sarebbero costati la libertà… e anche la vita.
Fatta la sua colazione, Angel decise di andare al negozio di Ichihara.
<< Io vado. Fai la brava in mia assenza >> disse il rosso, porgendo un’ultima carezza sulla testolina di Stella. Poi, uscì per strada, camminando a passo svelto.
Durante il tragitto, capitò poco distante dal ristorante dove lavorava un tempo. O meglio, quello che era un tempo il ristorante in cui lavorava. Al suo posto, adesso, vi era un centro commerciale da poco inaugurato.
Un grosso complesso rettangolare dalle tinte nere e bordato di un rosso scarlatto. Davanti al complesso era presente un maxi schermo che mostrava il Maestro nella sua classica posa. E poi… c’era lui, Vorkye Bloodbless.
<< Salve gente. Benvenuti in questo mio umile negozio. Mi auguro che troverete quello che più desiderate. Se non lo trovate vuol dire che non esiste ancora. Ma non preoccupatevi: grazie al mio duro lavoro e al buon cuore del Maestro state certi che ogni cosa arriverà. Ricordate gente: finché crederete nel Maestro non avrete mai nulla da temere. >>
Erano queste le parole boriose del biondo e spietato imprenditore, i cui occhi non ne celavano la sconfinata arroganza. Arroganza che Angel aveva iniziato a percepire con chiarezza e non solo. Non era per quello che aveva fatto al signor Sims che, poco tempo dopo la chiusura della sua piccola impresa, era stato trovato morto nel suo appartamento. No, lo percepiva come il suo esatto opposto. Una sensazione strana.
Angel lo fissò per altri interminabili secondi con uno sguardo freddo che non era da lui. Quando poi iniziò di colpo a sentire le voci, capì che era meglio lasciar perdere e affrettarsi.
Dopo pochi minuti, il rosso raggiunse al negozio di Ichihara. Ad accoglierlo furono Maru e Moru con il loro classico: << Benvenuto! >>
Una cosa che Angel aveva notato ormai da tempo era che le due bambine non erano mai andate oltre il muretto. Si era più volte chiesto il perché, fino a quando non era stata la stessa
Yūko a rivelargli che le due piccoli erano in realtà due involucri vuoti senza anima che potevano vivere solo all’interno del perimetro del negozio. Se avessero fatto anche un solo passo oltre il cancelletto sarebbero scomparse per sempre.
Nel sapere questo, Angel aveva finalmente compreso perché le due a volte sembrassero così strane, tuttavia decise di non allontanarle. Erano sì dei gusci vuoti ma mostravano un carattere nettamente più umano di coloro che si spacciavano come tali.
<< Ben ritrovate. Vi ho portato un ottimo dolce! >> esclamò con un sorriso smagliante.
Dette loro un pacchetto che conteneva una torta di frutta che aveva scoperto essere la preferita delle due che, infatti, saltarono dalla gioia.
Angel percorse il piccolo corridoio che portava allo studio della sua datrice di lavoro, se così lo si poteva definire. In realtà, era la stessa stanza in cui l’aveva incontrata per la prima volta. Allora non ci aveva fatto caso, ma la stanza aveva diverse porte laterali che conducevano in un soggiorno, alla sinistra, e alla cucina, alla destra.
Il compito dell’adolescente era essenzialmente pulire la casa e cucinare per la sua padrona e, quando gli veniva richiesto, fare delle commissioni per lei. Nel corso di quella settimana, ne aveva fatte diverse, incontrando anche esseri che le persone normali non potevano vedere: spiriti. Quelle creature che il regime del Maestro considerava come semplice invenzione ma che in realtà erano presenti e convivevano con le persone che, totalmente all’oscuro della loro esistenza, venivano accompagnate da loro nel corso delle loro vite.
La loro influenza poteva portare benefici come disgrazie. Erano proprio sotto queste influenze, positive o negative, che spingevano le persone a desiderare ardentemente qualcosa: un cambiamento. Quel desiderio li attirava inevitabilmente al negozio dove la padrona esaudiva questi desideri. Tuttavia, il pagamento non era mai scontato e a volte nemmeno facile.
A seconda del cliente,
Yūko esponeva la soluzione ma, insieme ad essa, aggiungeva sempre un “ma”: tutto dipendeva dalla volontà di scegliere e di voler cambiare. Se questa mancava, allora il desiderio non si sarebbe mai realizzato e la scelta sarebbe sempre stata la stessa di sempre.
Angel aveva assistito a numerosi esempi sia dell’uno che dell’altro: persone comuni, alle volte insospettabili, che dovevano fare una scelta. Una scelta che, in alcuni casi, era
Yūko stessa a forzare con metodi poco ortodossi eppure efficaci. Alla fine, indipendentemente dal risultato, ogni cliente se ne andava via con un sguardo nuovo, come se si fosse svegliato da un lungo sonno indotto.
Angel si sentiva nello stesso modo. Anzi, lui era già stato destato da quel torpore, almeno in parte. Ciò che gli serviva era la giusta spinta per alzarsi del tutto.
<< Buongiorno, signorina
Yūko. Anche oggi... >>
Non terminò la frase, perché vide la mora in una posizione assai ambigua.
<< Angel... aiuto >> sussurrò la donna, il volto adornato da un’espressione visibilmente sofferente.
<< Sto male >> continuò Mokona, steso a pelle di leone sul ventre della mora.
Il rosso sospirò rassegnato. Sapeva fin troppo bene il perché fossero in quella condizione e anche che cosa li avrebbe fatti riprendere: sakè. Era questa la causa di tutto e anche il cosiddetto “rimedio” per farli riprendere.
<< Va bene, va bene >> borbottò stizzito.
Aprì il frigorifero e portò loro due bottigliette. Inutile dire che la coppia si riprese quasi subito. Il rosso aveva capito da un po’ che la mora e l’animagico erano due bevitori incalliti e le loro moine erano solo dovute alla loro pigrizia.
<< Ah! Adesso mi sento molto meglio >> disse Ichihara, alzandosi soddisfatta insieme alla polpetta nera.
Lanciò al sottoposto una rapida occhiata.
<< Ti vedo pensieroso ragazzo. Ti è successo qualcosa, stamattina? >>
<< È ancora mattina. Il mio appuntamento è saltato >> disse il rosso intento a indossare il suo abito da lavoro: una semplice uniforme bianca sbracciata, munita di cuffia per la testa << E ho fatto uno dei miei soliti sogni bizzarri. >>
<< I sogni rivelano sempre qualcosa. Eventi che conosciamo visti da un’altra prospettiva . Oppure una verità tenuta celata dalla realtà >> mormorò la donna nel pensiero.
Questa, dopotutto, era la filosofia di
Yūko. Ogni cosa aveva un inevitabile significato.
Angel emise un grugnito di assenso. << Può darsi. >> 
Poi, si mise al lavoro, cominciando a spazzolare i mobili dell’abitazione.
Questa sarebbe stata una lunga settimana, poteva sentirlo. Ma anche con il peso di quella sensazione… il ragazzo non aveva la minima idea di quanto la sua previsione si sarebbe rivelata veritiera.
 
                                                                                                                                                      * * *
 
<< Puoi alzarti, Lord Vader. Tra amici non c'è bisogno di simili formalità. >>
Vader era in ginocchio, ma quando si alzò si unì al Maestro sulla veranda della guglia centrale che si affacciava ad Ovest. Parzialmente protetta da un tetto, il balcone – uno dei quattro che, identici, si rivolgevano verso un punto cardine diverso – incoronava una protuberanza a forma di pinna collocata svariati piani sotto la cima arrotondata della guglia.
L’aria era fresca; la giacca del Maestro e il mantello di Vader ondeggiavano al continuo soffiare del vento. Le lunghe ombre dei costrutti più distanti sembravano protrarsi inutilmente verso il  gargantuesco Palazzo, sotto un cielo macchiato di spirali rosse come il fuoco e viola come il velluto.
Fu Vader a rompere il momento di silenzio della coppia.
<< Quali sono i tuoi ordini, Maestro? >>
Il Signore del Tempo gli rispose senza voltarsi. << Voglio che la festa per il giorno dell’impero sia organizzata nella tua residenza privata, su Scarif. >>
Dietro la maschera, il Sith inarcò un sopracciglio. Tuttavia, non osò chiedere il perché. Dopotutto, quando il reggente supremo di Battleground impartiva una mansione, la risposta poteva essere una sola.
<< Come desideri, mio signore. >>
<< Invierò Shen per aiutarti con i preparativi >> continuò il dittatore, con tono disinteressato.
Questa volta, Vader non replicò subito.
<< Non è necessario che venga anche il governatore >> protestò attraverso il respiratore.
L’uomo si voltò verso il suo braccio destro, gli occhi socchiusi per l’interesse.
<< Mi sorprendi, ragazzo. Pensavo che tu e Shen aveste finalmente messo da parte quella vostra sciocca rivalità da adolescenti arrapati. >>
Il Sith rimase in silenzio e il Signore del Tempo sbuffò appena.
 <<  Quanta eloquenza. Mi dispiace, amico mio, ma avrò bisogno di qualcosa di più >> ribattè stizzito.
Vader abbassò lo sguardo sul Maestro. << Io e il Governatore abbiamo...idee diverse su come dovremmo gestire la Ribellione, tutto qui. Dovreste ordinargli di tornare alla città di Gongmen e concentrarsi sulla cattura del Vigilante Mascherato. >>
<< Quindi ora metti pure in discussione le mie decisioni...spero per te che siano gli ormoni a parlare >> disse freddamente il Signore del Tempo.
L'Oscuro Signore esitò. << Lo faccio...per l’Impero. >>
<< Ah, sì, l’Impero >> ripeté il Maestro, con un sorriso consapevole << E da quando metti l’Impero davanti ai MIEI desideri? >>
Vader incrociò le mani davanti al petto. << I vostri desideri sono la mia priorità, ve lo assicuro. >>
<< Allora perchè mi ha contraddetto, eh? >>
<< Perdonami, Maestro. Non volevo certo mancarvi di rispetto... >>
<< Smettila >> ringhiò il Signore del Tempo << Non ho bisogno delle tue scuse, solo di risultati. Per ora i ribelli sono un semplice fastidio, ma non per questo dovresti sottovalutarli...non quando ho faccende molto più importanti di cui occuparmi. Walter afferma di essere parecchio vicino alla risoluzione del nostro… piccolo problema. >>
Al sentire quel nome, la figura di Vader parve irrigidirsi, anche se solo per un breve periodo di tempo. Durò a mala pena un secondo.
<< Sì… Maestro >> sussurrò con tono sommesso.
Il Maestro girò la testa nei confronti del Sith, puntandogli un dito contro l’armatura.
<< Non voglio più essere partecipe dei battibecchi tra te e il governatore. Non dopo l’ultima riunione. Dagli altri posso aspettarmelo… ma non da te. Non dal mio braccio destro. Non dal mio numero due. Ci siamo capiti? >> domandò con un tono d’avvertimento.
Vader strinse ambe le mani in pugni serrati ma, alla fine, annuì in accordo. Di fronte a lui, il Signore del Tempo rilasciò un sospiro di apparente stanchezza.
<< Per stavolta ti lascerò andare con una lavata di testa. Rimanderò il governatore alla sua città. >>
<< Lo apprezzo >> replicò il Sith.
Fatto questo, si voltò e cominciò a incamminarsi verso l’entrata del balcone. Poco prima che potesse uscire, tuttavia…
<< Oh, Vader >> lo interruppe la voce del Maestro, costringendolo a fermarsi << Salutami Anakin. Ho molto apprezzato le sue recenti… proposte di legge. >>
Vader rimase fermo e immobile per quasi un minuto buono. Con esitazione, replicò: << Dice che è stato un piacere. >>
Poi, con passo lento e marcato, lasciò il Signore del Tempo a se stesso.
 
                                                                                                                                                      * * *
 
Yoshikawa fissò il giovane di fronte a lei.  Per la prima volta da tre giorni, Accelerator le sembrò perfettamente sveglio.
Era nell’ala pediatrica della base ribelle in cui lei e il resto della sua famiglia erano stati portati e il letto era piccolo; ciononostante, il giovane esper sembrava sperduto in uno spazio enorme. Il suo corpo creava solo un modesto innalzamento del lenzuolo, dando l’impressione che di lui ci fosse solo la testa posata su un lindo guanciale bianco.
Il suo volto era molto pallido. Sotto gli occhi aveva ombre violacee, scure quasi come lividi. La fissava con placida indifferenza. Un ricciolo bianco gli era scivolato al centro della fronte come una virgola.
La donna andò a prendere la sedia che c’era vicino alla finestra e la collocò accanto al letto, con i fianchi a sbarre alzati, onde a evitare che il paziente potesse cadere fuori.
L’esper non mosse la testa, ma spostò gli occhi, seguendo i suoi movimenti.
<< Come ti senti? >> domandò Yoshikawa, il volto chiuso in un sorriso amorevole.
<< Ho la gola secca >> bisbigliò il giovane.
Sul tavolino c’erano una caraffa e due bicchieri. La donna gli versò gli versò dell’acqua e si chinò per passargliela sopra le sbarre. L’adolescente cercò di alzarsi a sedere e non ci riuscì. Ricadde contro il guanciale con un debole sospiro che addolorò la donna.
Mentre infilava la mano dietro la nuca del ragazzo per aiutarlo a sollevarsi, le tremò la mano e qualche goccia cadde sul cuscino. In quel preciso istante, la figura di un medico entrò nella stanza. 
<< Come sta? >> domandò lei, visibilmente preoccupata.
L’uomo porse Yoshikawa a un sorriso gentile. << È stabile ma ancora molto debole. Si riprenderà completamente entro un giorno al massimo. >>
La donna annuì comprensiva, prima di prendere un respiro profondo.
<< Dov’è il Dottore? Non sono nemmeno riuscita a ringraziare lui e il suo amico per averci salvato. >>
<< In viaggio. Non è potuto restare, aveva alcune… commissioni da fare. Per questo si scusa >> terminò l’altro.
Yoshikawa inarcò un sopracciglio e domandò: << Commissioni? Che genere di commissioni? >>
 
                                                                                                                                            * * *
 
Il carretto delle tasse, contente l’ennesima, eccessiva e ingiusta razione di tributi imposte da Lord Shen, passò per la foresta di Gongmen alle sette in punto del mattino.
Come sempre, Royal Noir aveva calcolato tutto, affinchè l’attacco si rivelasse un potenziale successo. Il ramo dal quale sarebbe balzato, il numero di uomini che avrebbe combattuto… nulla sarebbe stato lasciato al caso.
Fortunatamente, le informazioni ottenute si rivelarono fondate. Quegli esattori dovevano essere particolarmente vigliacchi ma comunque armati, anche se non addestrati: niente che non potesse gestire. Come dal nulla, evocò una freccia nel palmo delle mani.
Ricordava ancora il giorno in cui i suoi poteri si manifestarono per la prima volta. Si era appena affacciato alla soglia dell’adolescenza. Accadde durante uno degli eventi che col tempo avrebbe imparato a disprezzare.
Benché fosse tra i signori più influenti di tutta Gongmen, Logan Royston era il meno appariscente. Capitava molto di rado che organizzasse feste, balli di gala o ricevimenti, abitudine diffusissima tra i membri della nobiltà, per dimostrare a tutti il proprio prestigio.
Assieme a Rowlet, rigorosamente appollaiato sulla sua spalla e intento a ripulirsi le piume, il giovane Fire se ne stava in disparte. Non gli piaceva tutto quel vociare, quel ridere e chiacchierare della gente, fattasi invaditrice della sala da ballo del castello dei Royston. Gli provocava una disgustosa stretta allo stomaco.
Osservò con distacco il padre adottivo, intento a parlare con le dame e i signori ridenti, tanto gentili all’apparenza quanto falsi all’evidenza. Non li sopportava più. Avrebbe voluto vederli andare via. Avrebbe voluto che sparissero. Avrebbe voluto che Logan smettesse di atteggiarsi come l’idiota che non era. Provava un forte disagio nel vederlo stare in mezzo a loro, e soprattutto nel vederlo imitarli. Quasi non lo riconosceva.
Più pensava quelle cose, concentrandosi sul proprio malessere, più la morsa allo stomaco si faceva via via sempre più insistente.
L’istante dopo, come per magia, una palla di energia verde si accese sul palmo della mano vuota. La sollevò di fronte a sé ed essa danzò nell’aria al suo comando. Rimase a fissarla, impaurito e affascinato al tempo stesso.
Ricordò che nessuno diede segno di averlo notato. Tutti i convitati erano stati troppo impegnati nella propria attività per prestargli attenzione. Un gruppo di dame intente a ballare lo urtarono per sbaglio e, a causa, della piccola statura, riuscirono a spedirlo a terra.
Mosse involontariamente le mani per tentare di attutire la caduta: in risposta a quel movimento, la sfera mosse a sua volta, e schizzò via, verso una direzione precisa. Colpì uno dei tavoli del buffet. Ci fu un lampo di luce verdastra, poi un’esplosione: il tavolo si ridusse in cenere, e quello di fianco, il più vicino al caminetto, prese fuoco.
E fu il caos, tra i presenti che urlavano e si accalcavano, in preda al terrore. Il giovane Fire rimase paralizzato ad osservare la scena per qualche istante. Quando alzò lo sguardo, si trovò davanti quello del padre adottivo. Capì con assoluta certezza che aveva visto tutto. Fissò lui e ciò che le sue mani avevano appena compiuto.
<< Baelfire… >> chiamò, in tono esitante.
Fu l’unica volta in cui vide Logan seriamente preoccupato. Mai l’aveva guardato in quel modo. Quel modo in cui lo guardavano tutti all’orfanotrofio.
Con paura.
Una morsa di ghiaccio avvolse il cuore del ragazzino. Indietreggiò di scatto, quando l’uomo accennò ad allungare le mani verso di lui, chiamandolo ancora per nome. Poi si girò e scappò via.
Corse a perdifiato per i corridoi, salì le scale, raggiunse la propria camera e si infilò sotto le coperte del letto a baldacchino, rannicchiandovisi. Rimase fermo in quella posizione, a tremare convulsamente, per un tempo che gli parve infinito.
Il cuore cozzava violento contro la gabbia delle costole, depositario di una tempesta di emozioni: paura, sconcerto, disperazione, sgomento. Era raggelato da una semplice constatazione: era stato lui a far scoppiare quell’inferno, con quella strana capacità magica di cui finora era sempre stato all’oscuro, sbloccatasi per via della forte emozione provata, ma questo l’aveva scoperto più avanti.
Non riusciva a togliersi dalla mente la smorfia impaurita sul volto di Logan. L’aveva visto. Aveva visto di che cosa era stato capace. E aveva avuto paura di lui.
Quella prospettiva gli schiacciava il petto in una morsa, mentre un nuovo tremore lo invadeva: e adesso cosa sarebbe successo? Logan l’avrebbe cacciato via, adesso che aveva visto che era davvero… un mostro?
<< Baelfire…! >>
La voce di Logan lo fece sobbalzare nel suo nascondiglio. Ora c’era un tono di sollievo immediato in essa.
<< Mi chiamo Fire! >> gli gridò in risposta, la voce ovattata a causa del suo nascondiglio, mentre cercava di avvolgersi ancora di più nelle coperte, come a farsi da scudo. << Vattene! >>
Ci fu qualche istante di silenzio, tanto che credette che il nobiluomo avesse ubbidito e se ne fosse andato. Invece, lo sentì sederglisi accanto, e la sua voce placida risuonare nella stanza.
<< Fire >> lo chiamò << ascoltami. Non voglio sgridarti e non voglio farti del male. Se preferisci restare così, fa’ pure, per me non c’è alcun problema. Ma ti prego, non dirmi di andarmene. Non voglio lasciarti da solo. >>
Quelle parole ebbero l’effetto quasi istantaneo di tranquillizzarlo. Fire si raddrizzò seduto, facendo spuntare metà del capo fuori dal lembo delle coperte.
Logan lo studiò, attento. << Stai bene, ragazzo? >>
Il giovane tirò su col naso, fissando gli occhi sul pavimento. << Credo di sì…>>
Passò qualche altro attimo di silenzio.
<< Ti va di dirmi come hai fatto… a fare ciò che hai fatto? >>
Si morse il labbro e nascose il viso nel lenzuolo, restando zitto. Si aspettava che Logan insistesse, ma non lo fece. Lasciò che fosse lui a rompere il silenzio.
<< Non lo so come ho fatto…>> balbettò << io… ero arrabbiato e… è apparsa… >>
<< Eri arrabbiato? E perché mai? >>
Gli occhi rossi gli si infervorarono appena. << Per quelle persone che hai invitato, papà. Mi fanno salire i nervi. >>
<< Oh, posso capire… >> ridacchiò l’uomo, in un evidente tentativo di sdrammatizzare la situazione << ma non mi sembra il caso di organizzare un capodanno fuori programma per questo, e neppure di scappare via così, non credi anche tu? >>
<< Non l’ho fatto apposta… >> mormorò, arrossendo e abbassando lo sguardo. << Io… ho avuto paura… >>
<< Paura di cosa? >>
<< Di…>> Deglutì a fatica, quasi temesse che una volta confessati i suoi timori, questi si sarebbero realizzati << Di te. Perché avevi paura di me. Per quello che ho fatto… >>
Royston studiò di nuovo il figlio adottivo, soffermandosi sulla sua espressione apprensiva e timorosa. Ormai non era più un bambino, anche se ancora a tratti lo sembrava. Era all’inizio dell’età tanto piena di dubbi, incertezze e paure, denominata adolescenza.
Allungò la mano a sistemargli la frangia di scomposti capelli smeraldo.
<< Baelfire >> disse, in tono dolce e rassicurante << non ho avuto paura di te, né di quello che hai fatto. Ciò che ho temuto è stato ben altro. >>
Tirò un lungo sospiro.
<< Temevo che qualcuno potesse vederti, ragazzo. Che qualcuno si accorgesse del fatto che sei molto più speciale di quanto non appari alla vista. Che qualcuno vedesse cosa sei stato in grado di fare. E che per questo, ti portassero via da me. >>
Fu così che venne a sapere cosa accadeva a coloro che possedevano abilità fuori dal comune, a qualcuno come lui. Venivano costretti a servire l’unico e solo Signore di Battleground, il Maestro, nelle fila dell’Impero. Si sentì in colpa per aver dubitato, anche solo per un istante, dell’affetto del padre adottivo.
Logan gli raccontò che, nel salone, il fuoco era stato prontamente domato e che era tutto a posto: nessuno a parte l’uomo l’aveva notato. Per fortuna, essendo intervenuti in tempo, non c’erano state né vittime né feriti, e le cause erano state attribuite ad un cortocircuito.
Per un soffio, nessuno l’aveva scoperto.
<< Mi dispiace di averti creato tutti questi problemi, papà… >> replicò, mortificato.
Il nobiluomo gli mise una mano sulla spalla. << È stato un piccolo incidente di percorso. Capita molto spesso, a chi scopre di avere abilità come le tue. Non c’è ragione di vergognarsi o di impaurirsi se non sai controllarle. >>
<< Ma papà... e se... se il Maestro lo venisse a sapere? Io non voglio andare con lui... >>
<< Vieni con me. >> Suo padre si alzò dal letto e gli porse la mano. << Voglio mostrarti una cosa. >>
Lo condusse fuori, nel giardino del castello. Lo attraversarono tutto, fino a raggiungere le mura dietro, confinanti con la foresta. Così vide per la prima volta l’arena che, col tempo, sarebbe diventata il suo luogo di addestramento, e seppe la sua storia.
La famiglia di Logan, i Royston, erano originari dell’Inghilterra. Quando si erano trasferiti a Gongmen, l’avevano fatta costruire per tenere dei tornei guerreschi e gare sportive, poiché era nelle loro usanze festeggiare determinati eventi con simili competizioni.
I rampolli della famiglia non erano esenti dal partecipare, per questo suo padre era tanto versato nell’arte del combattimento. Da quando era diventato a tutti gli effetti il padrone del castello Royston, l’arena era rimasta in disuso.
Fino a quel momento.
<< Tu stai crescendo, Baelfire >> gli disse, piegandosi appena per arrivare alla sua altezza << Stai iniziando a cambiare, e i cambiamenti che avvengono alla tua età, ti renderanno l’uomo che sarai per il resto della tua vita. Ma dovrai fare molta attenzione a ciò che diventerai, specialmente per quanto riguarda l’uso del tuo potere. Per questo è molto importante che impari a controllarlo. >>
<< E se non ci riuscissi? >>
<< Io sono qui per questo, ovviamente. Per guidarti. >>
Volse lo sguardo all’arena intorno a loro, seguito dall’adolescente. Si trovavano al centro esatto, circondati dagli ampi spalti.
<< Sarà qui che ci alleneremo. Sarà qui che io ti insegnerò, non solo a controllare i tuoi poteri, ma anche te stesso. >>
Lo sguardo azzurro tornò ad incrociare quello scarlatto.
<< Ricordi cosa ti dissi, quando mi dicesti il tuo nome e tu pensasti di essere malvagio, poiché nel tuo nome c’era anche quello di un demone? >>
Fire annuì, sorridendo appena. << Mi dicesti che portavo il nome di un guerriero. >>
<< E che credevo avessi qualità degne di questo nome. E che ciò dipendesse solamente da te >> aggiunse Logan, ricambiando il suo sorriso << Ebbene, è per te arrivato il momento di dimostrarlo. Ti insegnerò tutto quello che so sul combattimento. Bada bene, figlio mio: un guerriero non è solo colui che sa usare le armi. Un’arma, o un potere magico, non sono niente, senza la disciplina e l’autocontrollo di sé. Esse sono le doti più importanti per un guerriero. >>
Il ragazzino lo ascoltò, attento e rapito, promettendo a se stesso di fare tesoro di quegli importanti insegnamenti, dettati dalla saggezza e dall’esperienza di un vero combattente.
Logan gli prese le mani tra le proprie, sfiorandogli i palmi con i pollici. Lo invitò a ripensare a ciò che, inconsciamente, aveva evocato la prima volta.
Fire fissò i palmi e, colto dall’istinto, chiuse gli occhi e si concentrò. Quando li riaprì, la palla di luce verde si era nuovamente accesa sopra di essi. Ma stavolta, né lui né Logan ne ebbero paura.
<< La prima cosa che devi imparare, e soprattutto capire, figlio mio, è che ciò che possiedi non è nulla di mostruoso >> gli disse il nobiluomo, guardando la sfera e poi il ragazzino, dritto nelle iridi di fiamma << Dovrai nasconderlo, è vero. Ma non dovrai mai reprimerlo e mai detestarlo, perché è una parte di te. In quanto tale, dovrai apprezzarla, come dovrai sempre apprezzare te stesso, senza eccepire. L’esito di tutto il tuo addestramento dipenderà solamente da te. Ricorda: da grandi poteri derivano grandi responsabilità. >>
<< Vuoi dire, papà… che se imparo ad usare questi poteri, dovrò saperli usare con giudizio? Sempre? >>
<< Esatto. Non scordarlo mai, Baelfire. >>
 
Schiarendosi da quell’improvvisa ondata di ricordi, il Vigilante strinse gli occhi in direzione degli esattori. Vibrando tre o quattro fendenti di luce li aveva sopraffatti, costringendoli a battere in ritirata e ad abbandonare il carretto. Era durato tutto in poco meno di un minuto.
Rowlet si appollaiò soddisfatto sulla spalla del padrone.
<< Ottimo lavoro! Rowlet e padron Fire sono stati fantastici! >> bubolò il barbagianni, gonfiando le penne per darsi importanza.
<< Shh! >> sbottò il giovane in risposta << Qualcuno potrebbe sentirti! Dai, andiamo, dobbiamo riportare il carretto in città... >>
In quel preciso istante, un sibilo acuto risuonò nelle profondità della notte. Il duo si bloccò di colpo. Poi, entrambi alzarono lo sguardo.
Al di sopra del carretto, seduto sul ramo posto proprio di fronte a quello in cui Fire era stato seduto appena pochi secondi prima, aveva appena preso posto un uomo anziano vestito in una felpa nera, indossante un paio di occhiali da sole.
Nelle mani reggeva una canna da pesca. E quella stessa canna da pesca... stava attualmente tirando verso il suddetto ramo un sacchetto di monete d’oro direttamente dal carretto.
<< Ehi! >> esclamò Fire, il volto adornato da un’espressione irata.
Ma chi diavolo era quel tipo? Una cosa era certa, non aveva intenzione di lasciargli parte del bottino: quei soldi erano della gente di Gongmen.
Rapidissimo, creò una freccia e la scagliò verso il filo della canna, tagliandolo a metà e facendo precipitare nuovamente il sacco nel carretto.
<< Alla prossima miro a te >> lo minacciò con tono freddo << Questi soldi non ti appartengono. >>
L’uomo in questione inarcò un sopracciglio, volgendo lo sguardo in direzione dell’arciere.
<< Be’, da quello che ho visto non appartengono manco a te. E poi, hai idea di quanto tempo ci è voluto per fabbricare questa canna da pesca? >> domandò con tono scorbutico << Ho dovuto controllare tre negozi diversi, per ottenere la lenza giusta! Il primo le aveva solo di plastica. “Ma cosa credi” ho detto a quel mentecatto “che si possa fare una rapina con una lenza di plastica?!” Mi ha guardato in modo piuttosto strano, sarà stato per il taglio di capelli. Le persone di questi giorni non sanno cosa significa la parola moda! >>
Si interruppe per qualche istante, nel tentativo di recuperare il filo del discorso.
<< Uhmmm... che stavo dicendo? Oh, sì, la lenza! Dunque, nel secondo negozio me l’hanno data di rame. Ho preferito evitare, ho avuto brutte esperienze con quel metallo. Credimi, ha un sapore orribile. Finalmente arriviamo al terzo negozio! L’unico negozio in questa topaia di città che avesse una lenza in acciaio! Credimi, è ottima per sollevare carichi pesanti >> continuò con un sorriso orgoglioso.

<< Lo so che non sono miei >> lo rimbeccò Royal Noir, fissandolo come si fissa un idiota, stralunato per il lungo inutile discorso che aveva fatto.
<< Quanto costava la lenza, signor pescatore? >> domandò  Rowlet, inclinando la testa << Vede, questi soldi sono della povera gente di Gongmen, e noi dobbiamo restituirli. Ci dispiace averle recato disturbo. La possiamo pagare con il sacchetto che ha preso. Uno solo non farà ombra, padron Royal! >>
<< Rowlet! >> protestò il Vigilante << Certo che farà ombra! C'è il nome delle persone che hanno pagato sui sacchi, li dobbiamo restituire tutti! >>
<< Padron Royal ha forse un’idea migliore?>>
<< Certo che sì. Al diavolo la sua stupida lenza! >>
<< Non essere scortese, padron Royal! >>
Il vecchio li osservò battibeccare con un’espressione pensosa. Saltò rapidamente dal ramo, atterrando dolcemente sul terreno erboso.
Fatto questo, cominciò a scrutare il giovane da capo a piedi, prima di schioccare ambe le dita della mano destra.
<< Aspetta un secondo! Ora mi ricordo di te! Dimmi se mi sbaglio, ma non sei per caso il fuorilegge noto come Royal Knight? >>
<< Royal Noir >> lo corresse Fire, inarcando le sopracciglia << È francese. >>
L’uomo si grattò la testa, con fare imbarazzato.
<< Perdonami, non sono mai stato un asso con i nomi. Sarà per questo che continuo a dimenticare il mio >> borbottò a se stesso.
Porse la mano destra in avanti, a mo’ di saluto.
<< In quanto a me, chiamami pure il Dottore>> continuò con un sorriso smagliante.
L’incappucciato lo fissò ancora, con viva perplessità. Dopo un attimo di esitazione, gli strinse la mano. Dopotutto, non sembrava un tipo pericoloso… solo un po’ matto.
Accennò al barbagianni sulla spalla. << Lui è... >>
<< Rowlet! >> esclamò l’animale << Il migliore amico di padron Royal! >>
Il rinominato Dottore ridacchiò divertito, prima di compiere un rapido inchino.
<< Incantato. Sai, mi ricordi un mio vecchio amico, si chiamava K9. Mi chiedo dove sia ora >> mormorò con tono malinconico, per poi stringersi nelle spalle << Be’, suppongo si sia trovato una bella cagnetta di latta. Ma bando alle ciance, è un vero piacere conoscervi entrambi! Sono un fan del vostro lavoro, dico sul serio! >>
I due si scambiarono un rapido sguardo, per poi tornare entrambi a fissare l’uomo. Royal Noir gli lanciò un’occhiata a metà tra l’esasperazione e il sospetto.
<< E perché, di grazia, stavi cercando di rubare uno dei sacchi delle tasse, se effettivamente sei dalla nostra parte? >> domandò con tono stizzito.
Il Dottore guardò lui e il barbagianni con un ghigno impertinente. 
<< Oh, non ho mai detto di essere dalla vostra parte. Dopotutto, la mia mano era ricoperta da un paralizzante nemodiano che comincerà ad agire più o meno tra dieci secondi. >>
La coppia di vigilanti si ammutolì all’istante.
<< Un coso che cosa? >> chiese Rowlet, dilatando gli occhioni con aria confusa.
Il Dottore fece un gesto sprezzante con la mano. << Oh, niente di male, solo una sostanza che paralizzerà temporaneamente il tuo amico, permettendomi di ultimare la mia geniale rapina! Anche se… ora che ci penso, forse avrei dovuta usarla anche su di te. >> Rivolse al rapace uno sguardo abbastanza seccato.<< Ehm... dividerò con te 50 e 50? >>
<< Figlio di putta-...!>>
Poco prima che Fire potesse completare la frase, si rese effettivamente conto di non poter muovere un muscolo. Provò a divincolarsi animatamente, ma non sortì alcun effetto. Rimase bloccato nella propria posizione, come una statua di marmo.
<< Dottore cattivo! >> esclamò Rowlet, agitando le ali e protendendo gli artigli verso l’uomo con fare minaccioso << Lascia subito andare padron Royal! >>
Il vecchio in questione alzò ambe le mani, in segno di resa.
<< Ehi, ehi, calma i bollenti spiriti, come ho detto non è permanente. Tornerà normale in un minuto al massimo... almeno spero, è la prima volta che lo uso su qualcuno. >>
<< Razza di...! >>
Non gli venne in mente un insulto appropriato per apostrofarlo. Il ragazzo decise di restare fermo e di prendere tempo.  
<< Si può sapere chi sei e che cosa diavolo vuoi?! >> domandò con uno sguardo che rasentava l’ira più pura.
L’uomo chiuse il volto in un sorriso a trentadue denti. << Chi sono io? Io sono il Dottore! “La tempesta che avanza”, “Colui che porta l’oscurità”… >>
Girò la testa in direzione del giovane.
<< Oh, e sono anche il capo della Ribellione >> affermò come un dato di fatto.
Gli occhi infuocati del giovane si sgranarono.
La Ribellione. Nella città di Gongmen, c’era chi diceva non fosse altro che una leggenda, una mera speranza degli abitanti di Battleground. Il movimento segreto che da molti anni orsono combatteva la tirannia del Maestro.
<< Oh, piume d’aquila! >> trillò Rowlet, emozionato << Un membro della Ribellione! >>
Fire alzò gli occhi al cielo. A volte, quell’uccello era davvero troppo facile da impressionare.
Tornò a fissare l’uomo. Non sapeva se fidarsi o meno delle sue parole. Era chiaro fosse un tipo eccessivamente eccentrico e probabilmente con qualche rotella fuori posto.
Il vecchio annuì, apparentemente soddisfatto dall’eccitazione del volatile. Puntò un dito in direzione del Vigilante.
<< E riguardo al motivo per cui sono qui, Royal... è perché avevo intenzione di reclutarti! >>
Se solo avesse potuto, Fire si sarebbe portato le mani alle tempie e se le sarebbe massaggiate, a causa del conseguente mal di testa provocatogli dal discutere con quell'individuo. Scoprì di esserne in grado: a quanto pare, l’effetto di quel paralizzante nemo-qualcosa doveva essere terminato.
<< E tu >> calcò con tutta la calma di cui era capace << tu hai fatto tutto questo macello per... per...! >>
<< Sì, per reclutarti! >> annunciò il vecchio, con un sorriso orgoglioso << Sto mettendo insieme una squadra. Non una squadra formata da semplici soldati, quelle ce le hanno tutti. Ma una squadra di persone speciali! Persone… che vogliono cambiare le cose>> terminò con un sussurro sommesso.
L’incappucciato rimase senza parole. Poi, scosse velocemente la testa, come se si trovasse davanti ad una causa persa.
<< Tu hai qualche problema >> stabilì, dopo qualche istante << E pensi davvero che mi fiderò di un qualche ladruncolo da quattro soldi? >>
Il Dottore incrociò ambe le braccia, con fare indignato.
<< Ladruncolo da quattro soldi?! Ti faccio presente che queste sono le mani che hanno derubato Napoleone Bonaparte in persona! E credimi, non è stato facile! >>
L’espressione sul suo volto del vecchio si fece improvvisamente seria.
<< E per quanto riguarda il voto di fiducia? Posso dimostrarti che ciò che dico è vero... Fire Royston >>
Royal poteva accettare tutto. Poteva tranquillamente ascoltare quei deliri sciocchi sulla lenza, Bonaparte (chiunque fosse) senza battere ciglio, se proprio doveva. Poteva comprendere che quell’uomo avesse qualche rotella fuori posto. Poteva anche credere, a fatica, che facesse parte della Ribellione. 
Ma che conoscesse la sua identità segreta? Era l’ultima delle sue aspettative. Non era affatto preparato.
Si tradì trasalendo e sgranando gli occhi. Sulla sua spalla, Rowlet emise un bubolio acuto di agitazione. Lo calmò lisciandogli il capo con una mano, poi tornò a guardare il Dottore. Stavolta la sua espressione si era fatta seria e calcolatrice.
<< Come fai a saperlo? >> domandò con tono freddo.
In tutta risposta, l’uomo si limitò a fissarlo. Un silenzio inesorabile sembrò calare nelle profondità della foresta. Il trillo dei grilli pareva ormai una musica parecchio lontana. E il tutto continuò per quasi un minuto buono.
Quando quel breve lasso di tempo giunse al suo termine, il Dottore si strinse nelle spalle.
<< Conoscevo tua madre >> fu la sua risposta disinvolta.
Fu come se il mondo intero gli fosse calato da sotto i piedi. Ci fu di nuovo silenzio, rotto solamente dal battito forte del suo cuore, una trottola impazzita pompante il sangue, tanto da farlo rombare nelle orecchie. Gli occhi del giovane erano incollati a quelli dello straniero.
<< Mia madre? >> ripeté con un sussurro.  
Il Dottore annuì in conferma. << Venne da me quasi vent’anni fa,  desiderando far parte della Ribellione. Insieme combattemmo molte battaglie. >>
Cominciò a girare attorno alla coppia di vigilanti.
<< Un giorno, decise di prendere la guerra nelle proprie mani. Mi disse che se non l’avesse fatto saremmo stati tutti in pericolo.  Decisi di non fermarla, anche se tentai di dissuaderla. Ma fu durante il nostro primo incontro che mi parlò di te. >>>
Volse lo sguardo in direzione del giovane.
<< Mi mostrò dove ti aveva lasciato, poco dopo la tua nascita. Mi chiese di tenerti d’occhio, nel caso non fosse tornata da quello che stava facendo >> continuò con tono calmo e raccolto.
Poi ridacchiò divertito.
<< Immagina la mia sorpresa, quando vidi suo figlio mentre rapinava un contingente di stormtroopers, circa un paio di anni. Ti ho tenuto sotto il radar da allora >> terminò con una scrollata di spalle.
Fire ascoltò, rapito e combattuto, ogni parola e ogni espressione, registrandola con avidità e desiderio, quasi sperando di ricostruire, anche solo con la mente quanto narrato.
Quando il Dottore terminò il suo racconto, rimase in silenzio a scrutarlo, sempre con quell’espressione fredda e metodica. Era diffidente di natura, e la prima impressione che aveva avuto di quell’uomo non era stata molto positiva. Non che fosse un peccato essere eccentrici, ma come faceva a sapere di non avere a che fare con un ciarlatano? E il fatto che conoscesse la sua identità segreta non era quantomeno sospetto?
<< Come posso credere a quello che dici? >> domandò infine, preparandosi mentalmente a contrattaccare nel caso la risposta fosse stata insoddisfacente.
Il vecchio scioccò le dita della mano destra.
<< Paranoico. Mi piace! È sintomo di indipendenza >> commentò con una scrollata di spalle.
Si portò una mano al mento.
<< Uhm, vediamo un po’… se non sbaglio, dovresti avere ancora l’anello che ti lasciato. Lo riconoscerei tra mille. Rosso, con quell’adorabile drago intagliato nel centro. >>
Era troppo. Neppure questa volta riuscì a contenersi come faceva di solito, e lo stupore fu ben evidente nel suo sguardo infuocato.
Nessuno era a conoscenza dell’anello, solo la direttrice che lo aveva trovato ai piedi dell’orfanotrofio. Non aveva mai rivelato a nessun altro della sua esistenza, nemmeno a Rowlet e Logan. Era, in un certo senso, l’unico vero segreto che teneva gelosamente custodito.
Sì, forse era paranoico, ma non fino a quel punto. Quell’uomo non poteva sapere del suo gioiello, a meno che… be’, non l’avesse sempre tenuto d’occhio come sosteneva, e a meno che non avesse davvero conosciuto sua madre.
<< Chi era? >> domandò infine, con un filo di voce << Come si chiamava? >>
Il Dottore camminò in avanti e si fermò proprio di fronte all’arciere. Fatto questo, estrasse una foto dalla tasca della felpa, raffigurante un gruppo di persone, al centro della quale vi era lo stesso Signore del Tempo. La mise nelle mani del giovane.
<< Il suo nome era Ladislav. Ma come te… preferiva farsi chiamare con un soprannome: Lada. >>
Dicendo quelle parole, fu come se il Dottore gli avesse stretto un nodo attorno alla gola. Fire osservò le persone ritratte della foto.
L’uomo indicò col dito una giovane donna che lo spalleggiava.
<< Questa... è lei >> rivelò con tono sommesso.
Fire la fissò come se volesse divorarla con lo sguardo, il viso contratto in una smorfia di malinconia e rammarico.
L’incarnato di Lada era pallidissimo; più pallido di Shen, l’albino. Le labbra erano piene, rosse come il sangue. I capelli neri le scendevano fino alle spalle in un groviglio completamente disordinato, tanto da far pensare che chiunque glieli avesse tagliati probabilmente non avesse nemmeno guardato dove metteva le forbici.
Soprattutto, Lada aveva i suoi stessi occhi. Le iridi di fuoco scarlatto erano immortalate in uno sguardo accigliato e distaccato in cui si riconosceva.
<< È bellissima >> commentò Rowlet, sportosi in avanti per guardare a sua volta.
Fire trattenne a mala pena un singhiozzo.
Al contempo, il Dottore porse la mano destra in avanti, quasi come se si aspettasse che il ragazzo l’afferrasse.
<< Ci sono molte altre sorprese, mio giovane amico. Se sei in cerca di risposte... se vuoi davvero conoscere la verità sul tuo passato e su ciò che il futuro richiederà di te... devi solo venire con me, e tutto ti sarà rivelato. >>
Royal Noir strinse con forza le dita sulla foto, mordendosi un labbro, esitando per qualche istante. Poi, sollevò lo sguardo sul Dottore e sulla sua mano tesa. Non gliela strinse, tuttavia guardò il Signore del Tempo dritto negli occhi, annuendo con decisione.
Il Dottore sorrise.
<< Eccellente! Ma prima... >> volse lo sguardo in direzione del carretto << sarà il caso di restituire questa roba ai legittimi proprietari. >>
 
                                                                                                                                              * * *


Renmant - Accademia di Atlas 
 

<< Ragazzi, immagino che dopo l’ultima sera ci dobbiamo tutti delle spiegazioni reciproche >> dichiarò James Heller con tono calmo e raccolto, seduto di fronte a Kirby ed Emil lungo uno dei tavoli più isolati della mensa.
Affianco a lui, Penny annuì in accordo. La coppia di neo-cacciatori non potè fare a meno di notare che sembrava come nuova, nonostante fosse stata brutalmente ferita appena tre giorni prima.
<< Dunque, per cominciare io sono orfano. Sono cresciuto nei ghetti di Atlas, imparando a difendermi e sopravvivere per conto mio. Questo fino a quando non risvegliai la mia aura per puro caso, durante una rissa. A causa di ciò, venni notato da una sorta di... talent scout, per così dire. Mi sono guadagnato l'ingresso alla scuola militare, dove ho imparato ad obbedire agli ordini per avanzare di grado. In pochi anni ero diventato il miglior studente sulla piazza, motivo per cui, dopo essermi diplomato lì, ricevetti una visita dal generale Ironwood. Mi fece un'offerta impossibile da rifiutare >> terminò come un dato di fatto.
<< Da qui continuo io >> disse Penny, il cui solito tono allegro e spensierato era stato sostituito da una parlata fredda e determinata << Tanto per cominciare, ricordate l'incidente avvenuto cinque anni fa al porto spaziale di Atlas? >>
Emil e Kirby annuirono debolmente.
<< Ne ho letto sul giornale >> confermò il rosato << anche se non ricordo molto. Se non sbaglio, un malfunzionamento ad una delle navi che trasportava Polvere causò un’esplosione che investì alcuni Decepticon giunti per reclamare il carico. Si pensò ad un attacco da parte dei ribelli. >>
Penny annuì in accordo. << Esattamente. Tuttavia, quello che in pochi ricordano, è che le ferite riportate dai cybertroniani furono così gravi che, al fine poter prestare loro cure mediche adeguate, fu richiesto non solo l’intervento del loro popolo ma anche il coinvolgimento di alcuni dei nostri migliori tecnici. Tra cui mio padre, il dottor Geppetto Polendina. >>
Al sentire tali parole, la coppia di cacciatori non poté fare a meno di spalancare gli occhi.
Consapevole dei pensieri che intercorrevano nella mente dei compagni, la rossa continuò: << Tuttavia, in pochi erano a conoscenza dei suoi esperimenti atti alla creazione di un’anima artificiale. Mentre curava i suoi pazienti, fece diverse scansioni e analisi delle loro scintille. Una volta tornato al lavoro, provò a replicarle in laboratorio. Così, fondendo la nostra tecnologia con quella cybertroniana, parecchia programmazione e un bel po' di Polvere, riuscì a creare la prima anima sintetica della storia. >>
<< E dove si troverebbe ora quest'anima? >> chiese Emil, visibilmente interessato.
A questo, Penny sembrò esitare. << Davanti a voi. Io… sono il primo androide dotato di un'anima, e James è il mio guardiano. >>
<< COSA?! >> urlarono il fauno e Kirby all’unisono, i volti adornati da un espressione di puro shock.
Fortunatamente, a causa del chiacchiericcio della mensa, nessuno li sentì. James fece comunque cenno di abbassare la voca.
<< Era proprio quella la proposta del generale. Se avessi protetto Penny in questi quattro anni e mi fossi assicurato che nessuno scoprisse niente… be', appena uscito dall’accademia avrei ottenuto una posizione da specialista. Visto che l'alternativa era riceve un proiettile in fronte, decisi di accettare >> commentò con tono sarcastico.
Ancora scioccati dalla dichiarazione della compagna, sia Kirby che Emil ascoltarono il tutto con apprensione, lanciando rapide occhiate in direzione della…ragazza? Potevano ancora definirla tale? Interiormente, si vergognarono di una simile linea di pensiero. Vedendola così, con quell’espressione vulnerabile… be', fu un vero pugno allo stomaco.
Era un essere vivente, tanto quanto loro. Non importa il materiale di cui era fatta. Carne, metallo… distinzioni senza senso. Quella ragazza aveva dimostrato molta più compassione e spirito di squadra di molti personaggi incontrati dalla coppia durante i loro viaggi.
Non avrebbero rifiutato la sua amicizia a causa delle sue origini. Era solo…diversa. Diversa in un modo particolarmente inquietante, certo, ma non vi era nulla di sbagliato. Non quando la Galassia era già stracolma di discriminazione razziale nei confronti dei non-umani.
Per certi versi, Emil si ritrovò a simpatizzare con lei. Dopotutto, si era trovato nella stessa situazione più di una volta. Nel tentativo di risollevarle il morale, le porse un sorriso gentile.
Dopo un attimo di sorpresa, Penny fece altrettanto e ciò gli scaldò il cuore. James, nel frattempo, puntò un dito in direzione del duo.
 << Ora tocca a voi. Kirby, perché Xanxus ha nominato Meta Knight durante la battaglia? Pensavo fosse stato ucciso dal Joker anni fa in un assalto terroristico alla Nova. Ho sentito che tutti i Cacciatori di Dreamland continuano a reclamare il sangue di quel criminale e sono impegnati in una guerra senza frontiere contro le sue bande >> disse con tono freddo.
Il rosato sospirò ed Emil gli mise una mano in spalla, nel tentativo di tranquillizzarlo.
<< Purtroppo è così. Meta Knight, il precedente preside dell'accademia Nova, venne ucciso dal Joker. Secondo i rapporti ufficiali, era incappato in una pista che avrebbe portato allo smantellamento delle sua organizzazione… ma la verità è molto più sinistra >> mormorò l’adolescente, con tono cupo << Meta venne ucciso perché era segretamente un simpatizzante della Ribellione. Il Maestro inviò Darth Vader per occuparsi della cosa e assoldò l’aiuto del Joker per far sembrare il tutto un attentato terroristico. Quel giorno, trovò la morte anche Beatrice de Marchi, la mia madrina. >>
Sentendo quel nome, Penny e James inarcarono un sopracciglio.
<< Aspetta un attimo… Beatrice De Marchi era la tua madrina? >> domandò l’atlesiano, visibilmente confuso.
<< Ma lei non era nello stesso team di King Dedede, Meta Knight e Luna Earth? >> chiese l'androide affianco a lui, riferendosi al team BLMD.
<< Esatto. Era il capo della suddetta squadra >> confermò Kirby con un rapido cenno del capo.
Il cipiglio sul volto di James sembrò farsi più pronunciato. << E Xanxus ha detto che il tuo vecchio era un pipistrello, quindi.... oh, grande Oum... >>
<< Indovinato >> sospirò l’adolescente dai capelli color confetto << Sono il figlio di Meta Knight e Luna Earth. Dopo gli eventi di quella notte, Dedede inviò me e mia madre in un luogo sicuro. Nella fattispecie, il monastero dell'Ordine dell'Artiglio, visto che il padre di Emil era in buoni rapporti con il mio. È lì che ci siamo conosciuti. >>
<< All'inizio ci odiavamo >> continuò il suddetto fauno, il volto adornato da un sorriso triste << Ma poi abbiamo imparato ad andare d'accordo. E dopo un anno e mezzo di allenamenti, siamo partiti all'avventura per Remnant, in attesa di ricevere la chiamata del Dottore. >>
<< Dottore? Dottore chi? >> domandò James, stringendo ambe le palpebre degli occhi.
La coppia di neo cacciatori condivise un sorriso, apparentemente ricordato uno scherzo divertente.
Kirby fu più che felice di rendere nota l’identità dell’uomo: << Colui che insieme a mio padre e King Dedede fondò la Ribellione contro la tirannia del Maestro. Io ed Emil ne siamo membri da circa un paio d’anni. Durante il nostro periodo sabbatico, abbiamo svolto diverse missioni per l’organizzazione. >>
<< Combattere il Maestro? È veramente possibile? >> fece Penny incredula.
Kirby annuì con convinzione. << Lui dice di sì, e io gli credo. Dopotutto, fin da quando lo conosco l’ho visto compiere azioni apparentemente impossibili >>
<< Quindi conosci il capo della Ribellione >> confermò James, incrociando ambe le braccia davanti al petto.
In tutta risposta, il rosato rilasciò una risata divertita. << Se lo conosco?! Per cinque anni ho creduto che quell’uomo fosse mio nonno. >>
Affianco a lui, Emil ridacchiò a sua volta. Fatto ciò, volse la propria attenzione nei confronti della coppia di fronte a lui , il volto adornato da un’espressione seria.
<< Vi abbiamo detto tutto questo perchÉ vi consideriamo nostri amici e ci fidiamo di voi. Ora… che cos’avete intenzione di fare con queste informazioni? >> domandò con tono colmo d’anticipazione.
Penny e James si lanciarono una rapida occhiata. 
<< Tanto per essere chiari… >> azzardò il primo. << Ci state chiedendo… di unirci alla Ribellione, non è così? >>
<< Non so di cosa tu stia parlando >> ribattè Emil, arricciando ambe le labbra in un sorriso consapevole.
Al sentire tali parole, il sopracciglio dell’atlesiano cominciò a contrarsi.
<< Ci state mettendo in una posizione difficile >> ringhiò a denti stretti. << Non posso garantire per Penny. Qualsiasi cosa dicano il generale e suo padre, è perfettamente capace di compiere le sue decisioni. Ma io ho bisogno di tempo per pensare. Ciò di cui state parlando… è tradimento. >>
<< Eppure, non sembri molto disturbato da questa eventualità >> osservò Kirby.
L’adolescente si limitò a stringersi nelle spalle.
<< Non ho mai avuto amore per il Maestro e il suo governo. Ciò che ho fatto l’ho sempre fatto con un unico scopo in mente: sopravvivere. >>
Puntò un dito in direzione della coppia.
<< E non ho alcuna intenzione di rischiare tutto per lanciarmi in una crociata idealistica contro l’uomo più potente della Galassia. Sono stato chiaro? >> 
Kirby ed Emil annuirono comprensivi e la discussione finì lì per lì. Fu una lunga settimana. E poi, un mese dopo, vennero chiamati nell'ufficio del generale Ironwood.
<< Buongiorno, prof >> esordì Emil che, pur rispettando l’uomo in questione, detestava usare onorifici militari.
Il preside mantenne un’espressione impassibile, non dando alcun segno di essersi offeso.
<< Salve, professore >> imitò Kirby, seguito rapidamente da Penny e James.
<< Buongiorno, generale. >>
<< Buongiorno, signore. Posso sapere come mai ci ha chiamati? >> domandò l’atlesiano, utilizzando la sua solita voce calma e rispettosa.
Il militare si limitò ad annuire.
<< Buongiorno, ragazzi. Volevo parlare con voi delle votazioni ottenute negli ultimi mesi in addestramento pratico. Non dovete preoccuparvi >> aggiunse rapidamente, osservando le espressioni allarmate degli studenti << Non vi ho portati fin qui per una critica, tutt'altro. Visti i vostri incredibili risultati, avevo intenzione di candidarvi tra i rappresentanti di Atlas per il Vytal festival. Che ne dite? >>
Il gruppo ovviamente fece i salti di gioia, al pensiero di essere stati scelti per il torneo junior più importante di Battleground. Ma mentre loro erano intenti a congratularsi l’uno con l’altro… dall’altra parte del pianeta, nella città di Vale, stava per verificarsi qualcosa di decisamente più sinistro…
 
                                                                                                                                         * * *
 
Maggie piazzò il piatto di polpettone, specialità del giorno, sul bancone davanti a Scott Owens, da sei mesi orgogliosa guardia di sicurezza della periferia di Vale, per poi versargli un’altra tazza di caffè.
Maggie sapeva che era a dieta e quindi aveva sostituito il contorno di patate, verdure miste e pane di mais con un’insalata, servita con salsa ranch light a parte in una ciotola. Owens aveva perso venti chili e lei era decisa ad aiutarlo a buttare gli ultimi cinque in tutti i modi.
L’uomo non prestò quasi attenzione al cibo, il gesto con cui se lo portava alla bocca era dettato più dall’abitudine che dalla fame.
Alla nascita del bambino, sua moglie avrebbe dovuto lasciare il lavoro, e lui stava cercando di capire se era in grado di provvedere a tutti e tre con il suo misero stipendio. Metà delle loro entrate sarebbero sparite nel giro di appena quattro mesi, mentre le spese erano destinate a crescere in maniera esponenziale.
Perso nei suoi pensieri, non si accorse delle dita che gli picchiettavano sulla spalla, finchè il movimento non si fece insistente e una voce dal tono spaventato attirò la sua attenzione.
<< Agente? Agente? >>
La voce salì di tono, sempre più stridente. L’uomo che gli picchiettava la spalla era sulla trentina, vestiva in modo informale e aveva un’espressione molto preoccupata mentre indicava un puntò all’estremità opposta del ristorante.
<< Quel tipo là… si sta comportando in modo strano >> borbottò a bassa voce.
La suddetta persona, seduta in fondo alla sala, gli voltava le spalle ed era nascosta dietro le pagine di un giornale. Il suo atteggiamento, in effetti, appariva abbastanza strano da spingere Owens a controllare.
Il giovane agente si avvicinò, si fermò di fronte all’uomo per poi indietreggiare bruscamente per lo stupore. Quello… non era un uomo. 
Spostandosi, Owen inciampò e si ritrovò immerso in una specie di incubo inconcepibile. Si girò, esaminando con lo sguardo il resto della tavola calda.
<< Che accidenti? >>
Di colpo, si rese conto che non c’erano più esseri umani tra i clienti: erano qualcosa d’altro e si muovevano, alcuni strisciavano, addirittura, come se niente fosse.
Owens si sfregò gli occhi. Non poteva essere vero, ne era sicuro. Quando li riaprì, le figure erano davanti a lui. Si guardarono le une con le altre come se notassero, e finalmente capissero, cosa si era impossessato di loro.
La tavola calda di Maggie, adorata dalla gente del posto tanto per l’abbondanza delle portate di cucina casalinga quanto per i prezzi bassi, era piena…di mostri! 
E i mostri si misero a gridare all’unisono.
Owens cercò la pistola, ma al posto della mano aveva delle chele da aragosta, e così gli fu impossibile impugnarla. Le figure correvano avanti e indietro in preda alla confusione. Agitavano incuranti le braccia, che a volte non erano che tentacoli, finendo per attaccare chiunque, o qualunque cosa, fosse vicino. E le grida non facevano che aumentare di intensità. Poi, si ritrovò sopraffatto dalle creature.
A pochi passi da quella macabra scena, il criminale noto come lo Spaventapasseri osservò con fare indifferente il corpo raggomitolato della guardia. La tossina della paura aveva funzionato alla perfezione, come sempre.
Attorno a lui, giacevano le figure stordite dei restanti clienti. Dopo una rapida panoramica del locale, l’uomo afferrò un com-link dalla tasca dei vestiti sgualciti e se lo portò alla maschera composta unicamente da un sacco di juta.
<< Joker… il pacco è stato recapitato. Siamo pronti a muoverci. >>



Com'era? Spero bello.
Preciso che la donna della foto iniziale è la madre di Fire.
Spaventapasseri è un villain appartenente all'universo fumettistico DC. Più precisamente, è un famoso avversario di Batman. 
Ecco un'immagine: 
https://www.google.it/imgres?imgurl=https://www.thepatriots.asia/wp-content/uploads/0-608.jpg&imgrefurl=https://www.thepatriots.asia/bagaimana-gas-scarecrow-berfungsi/&h=1006&w=1916&tbnid=9cDPTNjsTvStlM&tbnh=163&tbnw=310&vet=1&docid=q_H784hgBsTfpM

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 10 - We are like shadows ***


Ecco un nuovissimo capitolo!
Godetevi la lettura e, come al solito, spero che lascerete una recensione.



Capitolo 10 - We are like shadows 


Renmant - Pianeta sotto controllo Imperiale

Era una giornata come tante al porto di Vale. L'unica differenza dalla normalità quotidiana consisteva nei preparativi per il Vytal Festival, che sarebbe cominciato di lì a pochi giorni.
Il team JEKP era appena sbarcato dall’ultimo trasporto per la città e i vari membri avevano deciso di dividersi le mansioni giornaliere.
James sarebbe andato a preparare la loro stanza nell’Accademia di Beacon, l’edificio che avrebbe ospitato gli studenti provenienti dalle altre scuole per tutta la durata dell’evento.
Emil, al contrario, aveva deciso di tentare una battuta di caccia nella Foresta di Smeraldo, la riserva di Grimm confinante con l’insediamento. Infine, Kirby e Penny erano stati scelti per esplorare la città e riferire potenziali informazioni riguardanti gli avversari che avrebbero dovuto affrontare nel torneo.
Certo, nulla vietava loro di approfittare delle leccornie della capitale. Ragion per cui, attualmente, la coppia di neo-cacciatori era intenta a gustarsi un gelato nei pressi della banchisa cittadina.
<< Così questa è la prima volta che esci da Atlas? >> domandò Kirby, assaporando il suo cono alla fragola.
L’androide annuì rapidamente, gli occhi scintillanti che vagavano per le vie del lungomare.
<< Sì, il mio corpo è stato completato appena tre mesi prima dell'inizio dell'anno scolastico. C'è stato giusto il tempo di presentarmi a James, imparare il codice civile e il modo corretto di comportarmi in pubblico. Tanto per curiosità, Dreamland com'è? >> chiese con vivo interesse.
Kirby rilasciò un sonoro sospiro e guardò verso il cielo.
<< Coloro che vivono sotto l'autorità di Salem la definiscono quasi un'utopia, ma ovviamente è molto lontana dall'esserlo. Ci sono criminali come in qualunque altro regno e non tutto è rose e fiori. D’altronde, le difficoltà fanno parte della vita di tutti >> commentò con un sorriso divertito << Ci sono montagne che circondano quasi ogni angolo del regno. Un mare bellissimo… deserti, foreste... e poi c’è l'accademia Nova. È uno dei porti spaziali più all’avanguardia dell’intera galassia, ed è proprio da lì che partono la maggior parte delle navi destinate al trasporto su altri pianeti. Io speravo di parteciparvi come studente… tuttavia, dopo l’attacco… >>
Si fermò di colpo, chiudendo gli occhi e ripensando alla sua infanzia spensierata. I giorni in cui si allenava con i propri genitori erano ormai lontani. I giorni in cui aveva combattuto con King, Beatrice, Thor… svaniti nel  nulla, tutto a causa di una notte.
Notando la reazione del rosato, Penny gli posò delicatamente una mano sulla spalla. << La tua famiglia ti manca molto, non è vero? >>
<< Più di ogni altra cosa >> mormorò << Ma quando la vita ti butta a terra… be', sei costretto a rialzarti, giusto? Dopotutto, ho ancora Emil… e voi ragazzi >> disse, porgendo a Penny un sorriso gentile.
L’androide ricambiò il gesto, toccata dalle parole del compagno.
Fatto ciò, cominciarono a dirigersi verso Beacon. Tuttavia, poco prima che potessero superare l’uscita delle banchine, qualcosa, o meglio, “qualcuno”, sbatté violentemente contro Penny .
L’androide, tuttavia, rimase fermo e immobile, mentre la suddetta persona ruzzolò a terra. Il nuovo arrivato fece per rialzarsi e scappare via, ma Kirby attivò la sua semblance per attirarlo a sé e lo afferrò con una mano, trovandosi faccia a faccia con un volto assai familiare.
Era un fauno scimmia piuttosto alto e dalla pelle abbronzata. Aveva una massa di capelli biondi sparati verso l’alto e indossava una camicia bianca completa di Jeans. Una lunga coda dorata fuoriusciva dalla parte posteriore del corpo e cominciò ad agitarsi furiosamente.
<< Ehilà, Sun. È dall'anno scorso che non ci si vede >> cominciò Kirby, porgendo al ragazzo un’espressione vagamente divertita << Se non è chiedere troppo, vorrei che ti scusassi con la mia partner >> disse indicando la figura di Penny.
Le guance dal fauno si tinsero di rosso, a causa dell’imbarazzo. Penny, tuttavia, non sembrava per nulla infastidita dalle azioni dell’adolescente.
<< Salve, io sono Penny >> salutò con un profondo inchino.
Sun sembrò esitare ma, alla fine, recuperò la propria compostezza.
<< Sun Wukong, un piacere. Mi dispiace di esserti finito addosso, ma ora, se non vi dispiace, devo... oh, no >> borbottò a bassa voce.
In quel preciso istante fecero la loro comparsa un totale di tre ragazze, probabilmente di età non superiore ai diciassette anni. Una era bionda, dalla corporatura formosa e vestita con abiti da escursione. Aveva occhi lilla, incorniciati in un volto dalla bellezza a dir poco selvaggia.
A fianco a lei spiccava la figura di una giovane dai lunghi  capelli neri e gli occhi color ambra. Un paio di orecchie da gatto le spiccavano al di sopra della testa.
Ad accompagnare la coppia era una ragazza dagli occhi azzurri e i capelli bianchi. Kirby sorrise, porgendo un rapido cenno in direzione delle nuove arrivate.
<< Blake, Weiss, non mi aspettavo di trovarvi entrambe a qui a Vale. Non insieme, almeno. >>
<< Kirby?! >> esclamarono il fauno e l’albina, per poi lanciarsi una rapida occhiata a vicendam << Come lo conosci?! >>
<< Ehi, ehi, qualcuno mi spiega chi è? >> domandò la ragazza bionda, porgendo alla coppia un’occhiata incuriosita.
Il rosato fece un passo verso di lei, porgendo la mano destra in segno di saluto. << Piacere, mi chiamo Kirby Earth. Tu saresti? >>
<< Yang Xiao Long. Breve, dolce e veloce. I ragazzi lo adorano >> rispose l’altra, ricambiando il gesto.
Kirby sorrise divertito.
<< Molto onorato. Lei, invece, è la mia partner, Penny Polendina >> disse, indicando la sua compagna di studi << Per rispondere alle vostre domande, ho conosciuto Weiss durante una visita all’accademia di Atlas, mentre ho incontrato Blake in occasione di una parata per i diritti dei fauni. >>
La coppia di cacciatrici annuì in comprensione, mentre Yang lanciò una rapida occhiata in direzione di Sun.
<< È un tuo amico? Lo abbiamo visto scappare dalla polizia portuale appena pochi secondi fa. >>
<< Questo ruffiano >> disse Kirby, indicando il ragazzo che si nascondeva dietro di lui << è Sun Wukong. >>
<< Piacere >> borbottò il fauno scimmia, incrociando momentaneamente lo sguardo di Blake.
Poco prima che lei potesse accorgersene, girò rapidamente la testa, nel tentativo di nascondere un rossore. Kirby sembrò non farci caso e volse la testa in direzione di Weiss.
<< Fammi indovinare: i poliziotti lo stavano accusando di essere un clandestino. >>
L’albina annuì in risposta.
<< Ti pareva. Sun, quando imparerai a pagare il biglietto? >> domandò con una punta d’esasperazione.
Il suddetto ragazzo alzò ambe le braccia in segno di scusa. << Eddai, in questo mondo la criminalità è praticamente legale! >>
 << Non è una scusa! >> ribatté l’altro, colpendolo in testa.
Prendendo un paio di respiri calmanti, l’adolescente volse la propria attenzione nei confronti delle ragazze.
<< Ad ogni modo, come vanno le cose a Beacon? Siete tutte nello stesso team? >>
<< Oh, sì, siamo tutti membri del team RWBY, guidato dalla mia letale e super-carina cuginetta, Ruby! >> esclamò Yang, in tono decisamente orgoglioso.
Al sentire tali parole, Penny non poté fare a meno di inarcare un sopracciglio. << E questo non causa nessun tipo di confusione? >>
<< Non ne hai idea >> borbottò Blake, per poi alzare lo sguardo in direzione di Kirby << Voi, invece? Siete nella stessa squadra? >>
<< Io e Penny facciamo parte del team JEKP, insieme ad Emil e il nostro leader, James Heller. >>
<< A proposito di Emil , dove si è cacciato quel lupo degenerato? >> domandò Weiss.
In quelle poche volte che aveva interagito con Kirby, lui e quel fauno erano sempre stati insieme.
L’adolescente si limitò a stringersi nelle spalle. << È andato a cercare qualcosa da mangiare per la cena di stasera, nella foresta di Smeraldo. Diceva di non voler seccare più del dovuto lo staff di Beacon, o qualcosa del genere. Spero che non ci metta troppo,  nella navetta vendevano solo cibo liofilizzato. >>
 
                                                                                                                                       * * *
 
All’interno della Foresta di Smeraldo, Emil era impregnato a saltare da un albero all'altro, cercando una preda allettante col suo olfatto sviluppato.
L’ultimo scontro con Xanxus aveva confermato un ineluttabile verità: non era ancora abbastanza forte. Con quella rivelazione in mente, il giovane fauno si era addentrato nella Foresta di Smeraldo, con la speranza di trovare un Grimm abbastanza potente da fornirgli un adeguato allenamento.
A tutto ciò, si aggiungeva il fatto che la carne di questi animali era particolarmente utile per sviluppare la massa muscolare di un corpo e l'Aura. Avrebbe preso due piccioni con una fava.
Quasi come ad un segnale, percepì un odore acre e forte. Aveva una retrogusto familiare, simile a quella del ferro… sangue. Senza perdere tempo, cominciò a correre nella direzione da cui proveniva quella familiare fragranza.
Arrivato a destinazione, i suoi occhi si posarono sull’immensa figura di quello che pareva un cinghiale di quasi cinque metri di lunghezza: un Boarbatusk color terra. Le zanne, lunghe e acuminate, erano conficcate nel ventre un Beowolf azzurro, un tipo di Grimm molto simile ad un lupo.
Emil infuse ambe le mani con abbastanza aura da renderle un’effettiva minaccia per la pelle spessa della creatura e aspettò che l'animale finisse di mangiare.
Pochi secondi dopo, si lanciò sulla bestia.
Tuttavia, poco prima che potesse colpirlo, qualcosa gli attraversò la strada. Una macchia rossa e nera, avvolta da petali di rosa, si lanciò sulla testa dell'animale, tagliandola in due e facendo sbandare totalmente il corpo Emil.
Sorpreso da quell’apparizione improvvisa, il fauno si schiantò involontariamente contro un albero. Rimessosi in piedi, volse la propria attenzione nei confronti dell’intruso.
<< Che cazzo? Ehi, tu, guardati un po' attorno prima di attacc-... >>
L’adolescente si bloccò di colpo. A uccidere il Grimm era stata una giovane ragazza, probabilmente di età non superiore ai quindici anni.
Era molto pallida, con gli occhi color argento. Il viso, piccolo ma elegante, era incorniciato da capelli rosso accesso, adornati da striature nere come la notte. Indossava un vestito dello stesso colore, dotato di gonna da combattimento. Per finire, al collo portava una collana di zanne, mentre tra le mani spiccava una falce alta quasi il doppio della ragazza.
<< Ehi, tutto bene? Scusa, non volevo mettermi sulla tua strada, ma stavo seguendo questo bestione da ore >> disse con tono imbarazzato, strofinandosi il retro della testa.
Nonostante le scuse, tuttavia, Emil rilasciò un ringhio sommesso. << Le scuse non bastano, mocciosa. Ma che cavolo hai nel cervello? Attaccare un Grimm in quel modo? Potevi restarci secca! >>
<< Oh, andiamo, era solo un Grimm di dieci o al massimo dodici anni. Solo all'iniziazione ne ho confrontato uno di venti >> affermò la cacciatrice, gonfiando il petto con orgoglio.
Le orecchie di Emil si drizzarono, mostrando la sua evidente sorpresa. Sebbene i Grimm di vent'anni non fossero poi così impressionanti, per una ragazza così giovane non avrebbero dovuto comunque essere una preda facile. Incuriosito, provò ad analizzare l'aura della nuova arrivata, trovandosi di fronte un'energia turbinosa e potente, in grado di rivaleggiare persino con alcuni Cacciatori diplomati.
Non c’era alcun dubbio: si trovava davanti ad un'autentica predatrice, proprio come lui.
<< Senti, che ne dici di dividere la carcassa a metà? Non sono una persona avida>> disse la giovane ragazza, nel tentativo di sanare una possibile discussione.
Emil, tuttavia, aveva ben altro in mente. Questa era l’occasione perfetta per affinare le proprie abilità, dopotutto. Non se la sarebbe certo lasciata sfuggire.
Con un movimento fulmineo, armò i suoi Vulcan Tyrant.
<< Spiacente, mocciosa, ma ho promesso al mio team un pasto completo. Dico di giocarcela alla vecchia maniera. Chi distrugge l'aura dell'avversario per primo… si prende tutto>> terminò con un sorriso a trentadue denti << Allora, che ne dici, scricciolo? >>
Al sentire quelle parole, lo sguardo della ragazza cambiò da quello di una persona timida a quello di un soldato in assetto da combattimento.
<< Non sono uno scricciolo >> sibilò con tono vagamente irritato.
Emil ridacchiò divertito. << Non è quello che dicono i miei occhi. >>
La cacciatrice strinse la presa sulla falce, lanciando all’adolescente un’occhiata sprezzante. << Come vuoi. Ma non andare a piangere dalla mamma quando avrò finito con te! >>
<< Ci proverò >> ribatté l’altro, preparandosi per l’inevitabile scontro.
I due rimasero fermi e immobili per quasi un minuto buono. Poi, la ragazza in rosso saltò verso gli alberi, avvolta in una nuvola di petali. Come dal nulla, Emil si ritrovò sotto il tiro di una scarica di proiettili, fuoriusciti direttamente dalla cima dell’arma avversaria.
L’adolescente riuscì a schivarli appena in tempo e cominciò a seguire la ragazza con lo sguardo. Cosa assai difficile, dato che la combattente non sembrava per nulla intenzionata a fermarsi.
Saltando da un albero all’altro, la cacciatrice si materializzò proprio affianco alla figura del fauno. Emil, tuttavia, fu abbastanza rapido da evitare il fendente della falce e procedette a piantarle un razzo fiammeggiante dritto nell'addome. La forza d'impatto bruciò l'erba nel raggio di diversi metri e spedì la ragazza contro il tronco di un albero, che si spezzò sull'impatto.
Il sorriso sul volto del fauno sembrò allargarsi.
<< Andiamo, mocciosa, so che puoi fare di meglio! >> esclamò con tono euforico.
Puntò i Vulcan Tyranti in direzione della mietitrice e sparò diversi colpi. La studentessa usò la lama della falce per frenare la sua corsa e si rimise in equilibrio.
Emil si materializzò davanti a lei e procedette ad affondarle un pugno infuso di aura. La mietitrice schivò il colpo, per poi rispondere con un taglio alle gambe. Con un salto, il fauno evitò il gancio e rispose con una ginocchiata dritta al petto dell’avversaria, che venne sparata verso l’alto.  Il corpo della caccatrice venne sbattuto a terra da un'alterazione gravitazionale causata dal fauno.
Fu allora che la giovane mietitrice rilasciò una poderosa ondata di aura, utilizzando il contraccolpo per contrastare la presa invisibile e liberarsene.
Emil osservò il tutto con fare sorpreso.
<< Niente male. Chi ti ha insegnato? >> domandò con tono leggermente impressionato.
La mora si strinse nelle spalle. << I miei genitori se la cavano molto bene con quella roba, anche se mi hanno sempre insegnato a fare più affidamento sulle armi. >>
Il fauno sorrise in risposta e procedette a cambiare la configurazione dei suoi tonfa. Con l'aiuto di James, li aveva ricostruiti in seguito allo scontro con Xanxus (aggiungendoci le ceneri del vecchio modello), aggiungendo una coppia di magneti alle estremità, così da poterli collegare a mo’ di bastone.
Le impugnature contenenti la Polvere potevano essere ritratte all’interno del corpo metallico, permettendo all’arma di assumere l'aspetto di in un nunchaku.
La mietitrice, nel frattempo,  artì nuovamente a velocità supersonica. Doveva essere la sua Semblance, si rese conto Emil.
Cercò di colpirla, ma la ragazza fu più veloce e lo accecò con una nuvola di petali. Per aggiungere il danno alla beffa, quei corpicini apparentemente innocui riuscirono a tagliarono attraverso la sua aura, lasciandogli una cospicua dose di graffi.
Il fauno cominciò quindi di inseguirla è manipolò la gravità circostante per aumentare la propria velocità.
<< Okay, ora che mi hai ferito devo assolutamente conoscere il tuo nome >> disse con un sorriso d’eccitazione.  
La cacciatrice ricambiò il gesto e saltò all'indietro, sparando una seconda raffica di proiettile.
<< Ruby Rose Branwen! E tu?! >> esclamò a gran voce, nel tentativo di sovrastare il botto delle esplosioni.
Emil riuscì a parare i colpi attraverso la rotazione dei nunchaku, quindi attivò della Polvere di ghiaccio e creò un campo di stasi attraverso la propria Semblance, sollevando i detriti causati dallo scontro.
<< Emil Rj Fenris! Molto onorato! >>
Sparò i detriti contro Ruby, che riuscì a schivarli. La ragazza non perse tempo e caricò in avanti, la falce pronta a colpire, mentre Emil tirò le estremità del nunchaku con entrambe le mani ,nel tentativo di bloccare l’assalto.
Il terreno sotto il fauno divenne ben presto incrinato sotto la forza del contraccolpo. Egli spinse l’arma verso l'alto, prima di calciare l’avversaria lungo la parte superiore dell’ addome, costringendola a fare qualche passo indietro.
Emil compì un rapido affondo con la propria arma, pronto a perforare l’aura della mietitrice. Questa inclinò il capo verso destra, evitando la punta del nunchaku.
A rigor di ciò, il tutto non impedì ad Emil di compiere una rapida rotazione su se stesso, protraendo l’arma una seconda volta. Ruby schivò il colpo, perdendo un ciuffo di capelli nel processo.
Ancora e ancora, il fauno puntò l’arma in un rapido affondo in avanti, aumentando l’intensità di ogni attacco. La mietitrice intaccò l’ultimo colpo con la falce, disarmando il giovane cacciatore.
Emil strinse ambe le palpebre degli occhi.
<< Okay, Ruby… ora mi costringi a fare sul serio >> sussurrò a bassa voce.
Il ragazzo cominciò a condensare la sua aura, per poi distribuirla tra i punti di circolazione più importanti del corpo. Attraverso questa particolare tecnica, un fauno (o chiunque possedesse il loro sangue, estendendosi a tutti gli utilizzatori d'Aura) poteva guadagnare temporaneamente altri tratti animali e aumentare di non poco la propria forza fisica e velocità. Tutto questo, però, a scapito di una grande dose di dolore.
Dalla schiena del cacciatore spuntò una lunga coda nera, mentre le dita delle mani lasciarono il posto ad artigli affilati. Per completare il tutto, i denti apparentemente immacolati diventarono vere e proprie zanne.
<< Okay, questa è una figata >> ammise Ruby, schivando di pochi centimetri una ginocchiata improvvisa e rispondendo con un calcio alla testa dell'avversario.
Questi sibilò per l’impatto e colpì a sua volta. La mietitrice usò la falce per parare il colpo, generando un’onda d’urto abbastanza forte da smuovere le fronde degli alberi in un raggio di almeno cento metri.
Senza perdere tempo, Ruby incanalò parte dell’aura rimastagli all’interno della lama e compì un rapido affondo. Decina di tronchi vennero mozzati dall’intensità dell’attacco.
Emil provò a parare il fendente incrociando le braccia, ma il contraccolpo fu comunque abbastanza forte da procurargli una lunga ferita sul fianco destro. Stringendo i denti, nel tentativo di frenare il dolore, mise tutta l'energia rimasta nelle gambe e partì a razzo contro Ruby, prima che la ragazza potesse lanciare un ulteriore attacco.
La sbatté violentemente a terra, sollevando una densa nuvola di polvere e detriti. Prima che la studentessa potesse reagire, le puntò una mano artigliata lungo il lato del collo.
<< Bene, direi che la preda è mia >> commentò con un sorriso soddisfatto.
Tuttavia, ben presto si rese conto di qualcosa che cominciò a premergli contro il torace. Abbassò lo sguardo e vide il fucile della falce di Ruby che puntava proprio all’altezza del cuore.
La mano della ragazza riposava comodamente sul grilletto dell’arma.
<< Direi che si tratta di un pareggio >> ribatté la cacciatrice, con una vocetta infantile.
Emil rilasciò un sonoro sbuffo. In quel preciso istante, l’adolescente si rese della posizione in cui erano e si rialzò in fretta e furia, cercando di trattenere un rossore. Escludendo gli abbracci ricevuti dalla madre… non era mai stato così vicino ad una femmina in tutta la sua vita.
Nel tentativo di mantenere un minimo di compostezza, volse una rapida occhiata in direzione di Ruby.
<< Okay, la preda si divide. Ora… come la trasportiamo? >> domandò con esitazione.
Dopotutto, entrambi avevano esaurito l’aura e non avevano certo la forza per sollevare un bestione da più di tre tonnellate, per di più si resero conto di aver rotto i rispettivi telefoni durante la battaglia.
In tutta risposta, ricevette solo un inesorabile silenzio.
<< … Dannazione >>
                                                                                                                                             * * *

Accelerator si mise a sedere, cercando di ignorare il dolore che gli attanagliò i fianchi.
<< Le tue ferite stanno guarendo in maniera sorprendente, ragazzo >> commentò il medico che lo stava esaminando << Prova ad alzarti e a muovere qualche passo. Mi raccomando, stai attento a non sforzarti. >>
L’esper sbuffò, e si tirò su con la schiena. Poi, quasi con esitazione, appoggiò il piede destro per terra e riuscì a ergersi in posizione eretta. Tutto gli sembrava così grande e la testa gli girava, ma riuscì a compiere qualche passo; nel camminare, percepì comunque una fitta di dolore alle gambe e all'addome.
Lo scontro contro Darth Vader lo aveva provato molto, più di quanto avesse inizialmente sperato.
<< Meglio, sì... >> borbottò a bassa voce.
Il medico annuì soddisfatto.
<< Per precauzione, ti assegnerò una stampella per camminare meglio. Non vogliamo mica che tu cada e ti faccia ancora male >> scherzò l’uomo, mettendogli una stampella grigia sotto il braccio destro.
L’albino strinse ambe le palpebre degli occhi. << Non mi tratti come un fottuto lattante. >>
<< Non essere scortese >> lo richiamò Yoshikawa, seduta a un paio di metri da lui << Eri gravemente ferito, ma quest’uomo è riuscito a rimetterti in sesto. >>
<< Me la sarei cavata come sempre >> ribatté l’altro, compiendo un gesto sprezzante con la mano libera.
In quel preciso istante, una terza figura fece capolino all’interno della stanza.
<< Accelerator! >> gridò Last Order, abbracciandolo con forza << Finalmente sei guarito, ero così in pensiero, confessa Misaka come Misaka, ricolma di felicità. >>
<< AH! Cazzo, l'addome!>> sibilò l’esper a causa di una forte fitta provocatagli dall’abbraccio della piccola.
La bambina si ritrasse all’istante, il volto adornato da un’espressione colpevole. << Oh, mi dispiace, non volevo farti male, dice Misaka come Misaka, pentita dal suo gesto. >>
Lui la guardò un attimo, poi sbuffò rassegnato e le strofinò la testa. L’atto, per quanto inusuale, sembrò rassicurarla.
In quel momento, Yomikawa entrò nella stanza, accompagnata dalla figura di Thor.
<< Oh, vedo che il fanciullo si è ripreso dalle ferite. Hai combattuto con onore, ragazzo mio, i tuoi antenati ne saranno orgogliosi >> si complimentò con il dio del tuono, mettendogli una mano sulla spalla << Come stai adesso, giovane guerriero? >>
Accelerator poté constatare che la mano dell'asgardiano era ben più grande della sua spalla, e non potè fare a meno di pensare che avrebbe potuto stritolargli la testa come se fosse una nocciolina; ma non ci fece caso e scostò l’arto, rispondendo con un secco: << Bene, grazie. >>
<< Ah, signor... scusi, come si chiama lei? >> chiese Yoshikawa.
L’uomo compì un inchino aggraziato. << Il mio nome è Thor Odinson, principe di Asgard. Al vostro servizio, madamigella. >>
<< Pensavo fosse Loki il reggente di Asgard >> osservò la donna, visibilmente confusa.
Al sentire tali parole, una scarica di natura elettrica fuoriuscì dal corpo del biondo, andando a infrangersi dritta contrò le lampade al neon presenti sul soffitto.
Accelerator strinse ambe le palpebre degli occhi, pronto ad attaccare. Per fortuna, Thor si limitò a prendere un paio di respiri calmanti.
<< Perdonatemi, io… ho ancora qualche problema ad accettare il fatto che il mio infido fratello sia riuscito a prendere il controllo della mia vecchia casa >> mormorò con tono di scusa.
Yomikawa sussurrò a Yoshikawa la parola “Fratello?”, ma quest’ultima si limitò a scrollare le spalle. Fatto ciò, porse al dio del tuono un sorriso gentile.
<< Non si preoccupi, caso mai dovrei scusarmi io, per averla turbata in questo modo. Volevo solo ringraziarla per aver salvato Accelerator.  E la prego, mi chiami solamente
Kikyō. >>
Il biondo rilasciò una sonora risata.
<< È mio dovere proteggere i mortali, perché Midgard è sotto la mia tutela. Dovresti essere orgogliosa di lui, tuo figlio ha combattuto come un vero guerriero >> dichiarò con voce forte e tonante.
La giapponese arrossì all’istante. << Ma no! Lui non è mio figlio... santo cielo>> borbottò imbarazzata.
<< E io sono Yomikawa Aiho!>> esclamò l'altra donna , lanciando al dio del tuono un sorriso accattivante. << Ma puoi chiamarmi solo Aiho. Sono la migliore amica di
Kikyō, nonché semi-tutrice di queste piccole pesti >> disse facendo un rapido cenno nei confronti di Accelerator e Last Order.
<< Signorina, il piacere è tutto mio >> rispose l’altro, con un elegante baciamano.
Così com’era successo alla sua vecchia compagna di scuola, la donna arrossì con enfasi.
Last Order inclinò leggermente la testa.
<< Yomikawa sta forse flirtando con l'uomo biondo? Secondo me sei troppo avanti con gli anni per imbarazzarti come una ragazzina. Constata Misaka come... ahi! >> squittì lei, a causa di una botta in testa fornitale dalla suddetta.
Accelerator rilasciò un sospiro sommesso.
<< Tch... sono circondato da un branco di pazzi >> borbottò infastidito.
Mentre l'esper era intento a lamentarsi, una nuova figura fece capolino all’interno della stanza. Si trattava di un uomo dalla corporatura grassoccia, vestito con abiti di pregiata fattura. Aveva una coda da pinguino che gli fuoriusciva dalla parte posteriore del corpo.
Salutò Thor con un cenno del capo e si diresse verso la piccola famiglia.                                         
<< Spero di non disturbare, signore >> disse porgendo un rapido inchino nei confronti delle donne presenti.
Fatto ciò, volse la propria attenzione nei confronti di Accelerator.
<< Felice che tu sia ripreso, ragazzo. C'è nient'altro che possa fare per te, oltre a porgerti le mie scuse più sincere? >>
L’esper lo guardò con un'espressione leggermente corrucciata. << Scusarti di cosa, polaretto? >>
Quasi come ad un segnael, una venuzza si gonfiò sulla fronte del nuovo arrivato. Invece di mettersi a sbraitare, tuttavia… il fauno scoppiò in una sonora risata.
<< Polaretto?! Non mi chiamano così dai tempi dell'accademia. Devo dire che hai fegato, ragazzo. Ah, immagino che le presentazioni siano in ordine: mi chiamo King Dedede e sono il sovrano di Dreamland. Il Dottore vi ha portato su questo pianeta prima che la situazione degenerasse ulteriormente. >>
Accelerator lo fissò con un’occhiata sospettosa.
<< Capisco. Io sono Accelerator >> fu la sua riposta pacata.
In quel preciso istante, un uomo in divisa bianca fece capolino ai piedi della porta.
<< Mio re, il Dottore è appena tornato >> enunciò il ribelle.
Il fauno annuì soddisfatto.
<< In questo caso, non perdiamo tempo! >> esclamò con tono gioviale.
Girò la testa in direzione di Accelerator.
<< Te la senti di fare una breve camminata? >> domandò con voce sorprendentemente premurosa.
L’Esper diede un lieve cenno d’assenso, quindi il re si rivolse alle donne.
<< Voi cominciate pure a incamminarvi verso i vostri alloggi, tornerò da voi entro un’ora al massimo >> dichiarò con un’espressione gentile.
Yoshikawa divenne improvvisamente tesa. << Veramente noi… >>
Esitò, lanciando una rapida occhiata nei confronti dell’amica. Quest’ultima decisa di dar voce ai pensieri della donna.
<< Ci piacerebbe tornare a casa >> sussurrò con tono flebile.  
Il fauno rilasciò un sospiro sommesso, visibilmente rammaricato da quello che stava per dire.
<< Mia cara, credimi, niente mi renderebbe più felice di accontentarvi, ma… non potrete più tornare a casa. Le vostre facce sono diventate tra le più ricercate dell’Impero. Mi dispiace, ma la vita che conoscevate prima di questi terribili eventi è ormai perduta per sempre. >>
Al sentire tali parole, l’atmosfera della stanza si fece improvvisamente cupa. Accelerator strinse i denti, internamente maledicendo il nome di Darth Vader.
Yomikawa si portò una mano agli occhi, nel tentativo di frenare le lacrime. Percependo la sua angoscia, Last Order le afferrò la maglietta, porgendole un dolce sorriso. L’azione sembrò rallegrare la donna, anche se di poco.
Poi, sia lei che
Kikyō fuoriuscirono dalla stanza, seguite dalla bambina.
 
Dedede, Thor e Accelerator, nel frattempo, s’incamminarono fino ad un ascensore posto accanto all’ala pediatrica del complesso.
Dopo quasi appena un minuto di viaggio, il mezzo di trasporto li portò fino ad un enorme hangar color grigio metallizzato. Era il fulcro del covo della Ribellione, situato in una montagna affacciata sul mare di Dreamland, che separava il continente a forma di stella da Vacuo, a sua volta confinante con Vale.
La base era immersa in un’attività frenetica. Vi erano Cacciatori che rifinivano le proprie armi, casse colme di Polveri e munizioni, alcuni Grimm addomesticati, rinchiusi all’interno di apposite gabbie e piloti che correvano alle rispettive astronavi.
Il Dottore si trovava nei pressi di una nave mercantile, affiancato da un giovane ragazzo mascherato dal cui cappuccio spuntavano ciuffi di capelli verdi.
Resosi conto del loro arrivo, il Signore del Tempo ondeggiò la mano destra in segno di saluto, volgendo al trio un sorriso accattivante. Facendo segno alla persona che aveva affianco di seguirlo, camminò con passo felpato fino alla figura di Dedede, posandogli una rapida pacca sulla spalla.
<< King, amico mio! Vedo che il nostro ultimo ospite si è finalmente svegliato >> disse indicando Accelerator.
Il fauno annuì in accordo.
<< Già, se l’è cavata piuttosto bene. Specialmente considerando contro chi ha combattuto >> concluse con una certa nota di ammirazione, sapendo quanto il generale supremo dell'Impero potesse essere letale e distruttivo.
<< Tu invece chi hai trovato? >> chiese guardando con curiosità il ragazzo che affiancava il Signore del Tempo.
Diversi Cacciatori utilizzavano abbigliamenti piuttosto eccentrici, ma quello del giovane era bizzarro anche per i loro standard.
Come un grande presentatore, il Dottore indicò la figura del Vigilante Mascherato.
<< Voglio presentarti Royal Noir! Difensore dei deboli, protettore della gente di Gongmen, nonché figlio di una nostra vecchia associata. Ti ricordi di Lada, non è vero? >>
Al sentire quel nome, gli occhi di Dedede parvero illuminarsi di una nuova luce.
<< Per Giove! Mi sento i muscoli doloranti solo al pensiero dei nostri sparring. È un onore averti qui, Royal Noir. Tua madre era una dei nostri combattenti più capaci e valorosi. >>
Affianco a lui, Thor annuì con enfasi.
<< Non sapevo che avesse avuto un figlio. Per la barba di Odino, il suo amante doveva essere un grande combattente, per poter tenere testa a Lada... o forse un povero sventurato. Sono Thor, principe di Asgard, e dio del tuono >> disse porgendo un cenno nei confronti del ragazzo.
Fire, sorpreso dalle parole della coppia, rispose con un rispettoso inchino.
Il Dottore sorrise soddisfatto e indicò la figura di Accelerator.
<< E questo è Accelerator. Come te, è un ospite piuttosto recente della nostra base >> disse con lo sguardo rivolto nei confronti del nobile.
L'albino si tenne sulla stampella e lanciò al Vigilante uno sguardo annoiato.
<< Molto piacere >> borbottò con tono annoiato.
L'incappucciato lanciò all’esper un'occhiata di curiosità indiretta, ma non disse nulla. Si limitò a fare un altro cenno di saluto con la testa.
Affianco a loro, il Signore del Tempo osservò la coppia di adolescenti con fare divertito e batté ambe le mani in un sonoro rintocco.
<< Bene, sono sicuro che ve la intenderete alla grande! >> esclamò con voce estatica << King, ti dispiacerebbe portarli a fare un giro della base? Ho alcune cose di cui dovermi occupare. >>
Il fauno rilasciò un sonoro sbuffo.
<< Da sovrano di un’intera nazione… a guida turistica. Che compito ingrato >> borbottò infastidito.
<< Per di qua >> disse facendo cenno alla coppia di seguirlo. Questi fecero come richiesto e scomparvero alla vista del Dottore, con Thor che li affiancava.
Soddisfatto, l’alieno fece per andarsene. Tuttavia, poco prima che potesse compiere anche un solo passo, qualcosa gli atterrò sulla faccia.
Togliendosela dal viso, l’uomo si rese conto che si trattava di…un volantino.
Il pezzo di carta era adornato da una scritta rossa in stampatello che diceva: ESIMIO DOTTORE, SIETE STATO SCELTO TRA MILIARDI DI ESSERI SENZIENTI PER PARTECIPARE ALLA PROMOZIONE “SERVO PER UN GIORNO” DEL NEGOZIO DI Y
Ū
KO! TROVERETE L’INDIRIZZO SUL RETRO DI QUESTO VOLANTINO. NON TARDATE A FARCI VISITA!
Il Signore del Tempo lesse il tutto con fare scioccato.
<< Be'… questa è nuova >> sussurrò a bassa voce.
Troppo immerso nella dichiarazione del foglietto, non si accorse della figura di Najimu che lo osservava da un punto nascosto dell’hangar…
 
                                                                                                                                          * * *


Terra ( Centro Imperiale ) - Cina

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Le mura di Hong Kong erano alte e possenti. La pietra viva che dava loro forma si ergeva in mezzo alle sconfinate e bianche risaie che dominavano le lande del dominio di Lord Shen, il candido servitore del Maestro.
Torri e bastioni squadrate dagli slanciati tetti scarlatti e spioventi dominavano sulla metropoli e le sue vie. Le bancarelle e i cittadini vivevano, parlavano e commerciavano sotto le lunghe ombre delle fortificazioni, che il sole proiettava sui quartieri della città similmente a zanne e artigli di una bestia dormiente.
Le larghe strade erano sontuose e i palazzi che le fiancheggiavano parevano mosaici d'oro e marmo.
I nobili vestivano di seta di giada e pregiata stoffa, mentre le loro carrozze si muovevano veloci fra le case e le botteghe circondate dalle loro guardie personali.
I mercati erano fiorenti, strabordanti di merci e cibi. Le monete passavano di mano in mano, da acquirente a negoziante, mentre dolci e giocattoli erano venduti in gran quantità a bambini sorridenti e ridenti, intenti a stringere le sottane delle madri.
Hong Kong era grande e magnifica, come tutte le prigioni di Battleground.
Era questo un pensiero comune fra le donne che lavoravano nelle distese di riso e cereali, le quali, alzandosi all'alba, si recavano ai campi con le zappe e cesti intrecciati di bambù che tenevano sul capo, mentre raccoglievano il prezioso alimento o preparavano la terra alla semina successiva, scavando  i canali per drenare l'acqua durante le irrigazioni.
Marie era una di queste. Marie Von Dracula era il nome completo: alta e altera, vantante di fluenti e magnifici capelli corvini, un seno florido e ben disegnato, un collo sottile, pelle bianca come il marmo, carnose labbra violette e profondi occhi scarlatti.
Le lunghe gambe dalle toniche cosce si piegavano armoniosamente quando si abbassava fra le spighe di grano e le delicate dita coglievano il frutto della fatica con sontuosa delicatezza. Aveva anche le orecchie leggermente a punta, motivo per cui, di giorno, portava sulla testa un ampio cappello cremisi che aveva dipinto con le proprie mani. Di questi tempi, era meglio non attirare mai troppo l’attenzione.
Quando si muovevano nell’acqua delle risaie, i perfetti piedi nudi parevano non affondare mai. Ella era bellissima, gentile e dotata di una profonda saggezza.
Come una ninfa si muoveva fra i campi ridendo e parlando con le altre donne mentre si affaccendavano, portava acqua a coloro che erano assetate e accompagnava a casa quelle fanciulle che, stanche, lamentavano di vesciche sanguinolente e duri calli, piangendo dei loro matrimoni infelici.
Nessuna sapeva da dove veniva Marie, la sua presenza era troppo spiccata per coloro che la circondavano, come un pilastro in marmo e basalto che si ergeva in mezzo a case di paglia. Agli occhi dei più che la conoscevano sembrava una nobile di una qualche casata, poiché quando parlava, si muoveva e camminava palesava un'educazione votata alla regalità e ad un'umiltà pacata, gentile, e sembrava abituata alquanto a motivare o aiutare coloro che erano sofferenti e bisognosi.
Tuttavia, talvolta, erano sorte voci che, seppur soffocate subito, non erano senza fondamento. Qualche volta, durante i mesi più caldi, alcune fra le più splendenti ragazze che lavoravano fuori dalle mura di Hong Kong cadevano fra le braccia della bella Marie, cedendo alle sue lusinghe, alle sue dolci parole d'amore e ai suoi doni e le si vedeva prese per mano e portate nella sua casa, e qui, nascoste agli occhi dei tutti, consumavano dolcissimi e roventi atti fatti di baci, morsi, carezze e graffi.
Il punto era che, alcune di queste ragazze, poi non venivano più viste e Marie ne piangeva la morte con cordoglio e dolore finché una nuova fanciulla non le curava l'animo.
Ma la verità… era assai più sinistra.
 
Era una notte d'estate, calda e secca, il corpo sudato e nudo di Marie era in posizione seduta sulla stuoia, posata sul pavimento della sua dimora. La pelle pallida riluceva alla luce della luna, la quale accentuava la meraviglia del suo corpo e la perfetta sensualità delle sue curve, così floride e definite.
Accanto a lei, una fanciulla, appena adulta, la osservava col miele negli occhi, i capelli sparsi attorno al capo e il minuto e delicato corpo coperto come da un luccicante velo di rugiada, oggetto dei bollenti tocchi della donna che la carezzava piano.
<< Non è tua la colpa, questo è ciò che sei. Non dovresti odiare la tua natura >> disse la giovane fanciulla, allungando una mano sulla schiena della corvina.
<< Non la odio e non la rinnego. La mia natura mi rende nobile e bella, imperitura nel tempo... unico mio rimpianto è quello di dover amare, e nutrirmi di chi amo >> rispose con tono morbido e suadente.
<< Non hai scelta. La morte e il decadimento sarebbero l'alternativa e tu non vuoi morire com'è giusto che sia. Tu doni amore... il sangue e la vita sono un irrisorio prezzo da pagare. Molte di noi erano destinate a bavosi nobili, tu ci doni la felicità. Fai ciò che devi >> concluse la pulzella, volgendo il capo verso sinistra e mostrando il collo dalla pelle ancora immacolata e perfetta.
E fu su quella pelle che Marie fece scorrere i polpastrelli, facendola attraversare da un intenso brivido di piacere.
<< Chiudi gli occhi, non farà male... anzi, il piacere sarà totale >> sussurrò a bassa voce e, chinandosi sulla gola, fece schioccare le fauci.
Due acuminati canini fecero capolino nell'arcata superiore e con un leggero ruggito, come la minaccia di un gatto, affondò i denti nella pelle, nella carne e nella vena.
La vittima gemette, inarcando la schiena e serrando gli occhi. Sentì il sangue defluire dal proprio organismo, lentamente, protraendo nel tempo dolore e piacere.
L'amplesso della dolce morte, così Marie aveva denominato l'atto che la vedeva provare del sangue quelle fanciulle ed era una nomea appropriata, poiché l'estasi della carne più assoluta sconvolgeva il corpo e la mente delle sue vittime e quando alla fine si tirava su, ritraendosi dalle membra oramai fredde e morte, il piacere era passato e la vita aveva abbandonato le giovani amanti. E poi ella piangeva per la perdita in sé di un'amante devota e bella.
Questo ciclo fu però spezzato bruscamente tre notti dopo quell'ennesimo omicidio.
Marie stava seduta nel portico sul quale si affacciava la porta d'ingresso. C’era e miele sulle travi in legno e le sue narici si dilatavano, beandosi della sublimità del profumo che colmava l'ambiente che la circondava, mentre le orecchie erano tese ad ascoltare la melodia della natura viva e pulsante.
In tutto quello, era cullata dentro di sé da una dolce malinconia, ma non era spiacevole. Si crogiolava in quella sensazione, sorridendo mesta al mondo davanti ai suoi occhi e, sognante, alzò lo sguardo al cielo.
Sapeva che ciò che vedeva era falso, frutto di inganni, menzogne e falsità, tutto ciò che toccava era finto, frutto di un laborioso lavoro di cucitura. Un frammento da qua, un altro da la ed ecco Battleground. Il dominio del tiranno… il dominio del Maestro, soggiogatore di popoli.
Con un sospiro si tirò su, togliendosi le scarpe, e poggiò la pianta del piede nudo al suolo, tiepido e piacevole al tatto, ma finto, non vero... chissà, forse proprio lì dove aveva costruito la sua dimora, in mezzo alle risaie come molte altre, forse un bambino o una bambina giocavano col proprio cane mentre il papà e la mamma li fissavano sorridenti.
Fu allora che tutto andò in pezzi. Il cielo parve prendere fuoco, un lampo bianco accecante squarciò la perfezione della notte, le stelle tremarono nell'immensità del cosmo e un fulmine si schiantò al suolo.
Il boato fu assoluto. La terra arse all'istante, l'acqua schizzò a fiumi verso l'alto e lo spostamento d'aria spazzò il suolo, sollevando zolle di terra.
Portandosi le braccia al volto, la Nosferatu diede le spalle al luogo dello schianto e si protesse dietro una grande ala nera. Le membrane si tesero come la stoffa di una vela e le ossa si fletterono in modo da coprire la corvina, che tese poi un palmo in avanti. Evocò una barriera scarlatta, fluida, che si erse come uno scudo a sua protezione.
Quando poi l'onda d'urto andò scemando, Marie si erse in tutta la sua statura. Quattro grandi ali di pipistrello avevano preso forma dalle sue spalle e l'aura che emanavano, demoniaca e atroce, gettava un'ombra terribile sulla magnifica donna, come se la bellezza fosse causa e frutto assieme di un orrore indicibile.
Volse lo sguardo verso Hong Kong. Campane e torce ruppero la quiete cittadina, guardie e milizia accorsero al camminatoio sulle mura, ed ecco levarsi le voci dei cittadini, bruscamente gettati giù dai loro letti.
Lesta, la Nosferatu colmò la distanza che la separavano dallo schianto con un unico battito d'ali e planò all'interno del cratere, levando la mano sinistra e dando forma ad un globo scarlatto che pulsava come un cuore battente.
Mise piede sul fondo, a circa 20 braccia dalla superficie, e qui irradiò dal proprio corpo un tenue bagliore amaranto, quel tanto che bastava per scorgere ciò che aveva provocato l'impatto. Ben presto, la meraviglia colmò il suo sguardo.
Un corpo femminile in oro puro giaceva lì, incredibilmente grande, oltre due metri e mezzo d'altezza. I lunghissimi capelli violetti circondavano la figura e una coda serpentina spuntava da dietro la schiena.
Chinandosi sulle gambe, Marie si fece prossima alla donna. Il viso era l'icona della perfezione, le labbra in puro argento e gli occhi chiusi. Un naso delicato e appena all'insù e due curiose orecchie a punta che culminavano con due corna, le quali seguivano la forma del cranio fin dietro la nuca e qui quasi si congiungevano. Le punte si riflettevano verso l'interno in un ricciolo accennato.
"Non devono trovarla" pensò fra sé e sé.
Non ne sapeva il motivo, ma era certa che quella donna NON doveva cadere nelle mani avide dei nobili e di Lord Shen, o peggio, del Maestro in persona.
Così le fece passare un braccio dietro la schiena riuscendo a stento a cingerle le spalle e la tirò su quel tanto che le bastava per mettersi in posizione eretta.
Fissò il cielo notturno, udendo al contempo il vociare delle guardie che si avvicinavano.
Spalancando la bocca emise un acuto e lancinante lamento, un'atroce esplosione sonora che si propagò nella pianura, facendo andare in pezzi le vetrate della città e le guardie che oramai erano prossime alla voragine s'arrestarono di colpo, sgranando gli occhi , mentre freddo sudore permeava loro la fronte sotto gli elmi e le mani tremanti reggevano debolmente le armi. Senza avere l'ardire di indugiare oltre, volsero le spalle alla fossa e batterono in una disordinata ritirata, senza osare voltare lo sguardo per indagare riguardo l'origine di quell'urlo.
Appurato col suo sopraffino udito che erano nuovamente sole, Marie prese la misteriosa donna tra le braccia come se fosse una sposa e si levò in volo sbattendo le quattro grandi ali. Planò nuovamente presso la sua umile dimora e qui, all'interno, stese l'aliena presenza, convinta, a ragione, che avrebbe dovuto attendere l'alba per avere risposte alla moltitudine di domande che le stavano affollando la mente in quel preciso istante.
Si stese quindi accanto alla meravigliosa donna, reggendosi la guancia destra col palmo della mano, poggiata sul gomito, e fissò quel volto disteso, dormiente. Era l'apoteosi dell'immagine del sonno, un corpo disteso, i lineamenti rilassati e gli occhi chiusi.
L'espressione era assoluta, un cipiglio appena accennato, le perfette labbra un poco incurvate e il petto smosso appena dal respiro e dal battito cardiaco che le smuoveva la pelle d' oro.
<< Chiunque tu sia, sei qui per una ragione, ma quale? >> si chiese la Nosferatu, sfiorandole la guancia con due dita della mano sinistra.
Fatto ciò, coprì il suo grande corpo con la coperta in lino e stringendola a sé, come una madre farebbe con la sua prole.
                             
La mattina dopo, poco prima del sorgere del sole, la donna non stava più distesa sopra il duro pavimento, la sua maestosa figura svettava nel portico di casa con i piedi nudi che affondavano nel terreno, gli occhi ora aperti. Dominati da un bianco totale, essi osservavano l'immensità del panorama davanti a lei e la lunga coda squamosa si muoveva placidamente, come un gatto in attesa di qualcosa.
Teneva lo sguardo costantemente sulla voragine che aveva provocato nella caduta e studiava la terra riarsa attorno, annerita dalle fiamme e dal gelo. Una putrescente macchia nera in mezzo ad una distesa verde e dorata, dominata dal fresco colore dell'acqua che gorgogliava gioiosamente, mentre scorreva fra i vari canali, incurante degli eventi che stavano accadendo attorno a lei.
<< Riesci già ad alzarti >> constatò Marie sulla soglia di casa, avvolta nella sua veste serale.
Con stupore a mala pena celato, la osservò eretta in tutta la sua statura. Neanche ci stava dentro casa sua o sotto la veranda, se non stando china tutto il tempo. Con passo lento e pacato, si avvicinò a lei, portandosi al suo fianco, e la osservò in volto, alzando lo sguardo: malinconia, dolore, perdita, rabbia... fuoco. Tutto questo tumultuoso torrente di emozioni scorreva selvaggio negli occhi bianchissimi della donna, mentre lacrime di argento purissimo le rigarono le guance, umide e scintillanti.
<< Stavo vagando, in un vuoto. Ho visto... spiriti e carne... e stelle... tutto andato in fumo... Com'è possibile che qualcosa esista ancora? >> chiese voltandosi verso la corvina, implorando con lo sguardo una risposta.
La Nosferatu inclinò leggermente la testa.
<< Tu... ricordi cosa c'era prima di tutto questo? >> domandò Marie, avvicinandosi ancora con gli occhi colmi dello stupore derivante da quella sorpresa.
Da quando si era svegliata in quella casa, anni prima, aveva compreso all'istante che nessun altro doveva sapere che lei sapeva. Era consapevole che ciò che vedeva era falso, frutto di un mosaico composto dopo che il precedente capolavoro era andato in pezzi.
<< Ricordare? No... non è il termine corretto. Non è una memoria... ma un fatto: qualcosa che dovrebbe esistere ancora al posto di tutto… questo. Ma che è stato come sostituto da un evento che mai avrebbe dovuto aver luogo. Tutto questo… è falso >> disse la donna, muovendo la coda e guardando verso il basso.
<< Dimmi. Voglio sapere cos'è accaduto >> disse Marie, il tono di voce quasi implorante.
La donna le lanciò una rapida occhiata. << Mi stai chiedendo di raccontarti un'eternità, perché tale è la mole di eventi che ho visto, causato e subìto. >>
<< Voglio solo capire com’è avvenuto tutto questo >> ribatté la Nosferatu.
<< La comprensione genera sofferenza. Sento che lo sai meglio di molti altri >> fece la donna dorata, con pacata saggezza.
<< Ma l'ignoranza è causa di schiavitù >> puntò a denti stretti la più piccola, guardandola negli occhi, non intimidita dalla differenza di dimensioni.
La donna inclinò la testa a sua volta.
<< Sei una bambina che aspira a qualcosa che non può comprendere >> sentenziò lei, stringendosi nelle braccia con un brivido di freddo causato dal gelido vento del primo mattino.
<< Una bambina che ti ha salvato la vita... ti avrebbero usata come sollazzo carnale fino a romperti tutte le ossa >> sbraitò la corvina, costringendola a tornare a guardarla.
Tuttavia, la vide sorridere comprensiva, come un genitore davanti ad un bambino disubbidiente.
<< Per me un uomo umano non rappresenta una maggior minaccia di quanto una mosca non lo sia per te >> disse pacata, accarezzandole una guancia << Fidati, bambina, ciò che è stato è meglio resti a me. >>
E, detto questo, le diede le spalle e rientrò nella capanna, abbassandosi, e si sedette sulla stuoia.
Fatto ciò, evocò nel palmo della mano sinistra un globo luminoso, il quale si divise in varie sfere più piccole, che iniziarono a volteggiare a pochi centimetri dalla sua pelle, formando anelli di steroidi, nebulose e perfino soli e pianeti.
 
https://youtu.be/EvYh3uQpqXc
 
<< Ora… questo è il massimo che posso fare. Un sistema solare in miniatura, senza vita, solo un fluttuare incoerente di corpo celesti >> mormorò.
 Sollevò di scatto la mano, lasciando che le creazioni iniziassero a fluttuare, grandi ora quanto il pugno di un bambino.
<< Prima di questo, ero la madre di infiniti universi e piani esistenziali. Creavo intere civiltà e lingue e pianeti in pochi frammenti di secondo. Ho visto maestose navi di metallo e ingranaggi solcare i mari dello sub spazio , eserciti di creature magnifiche e terribile darsi battaglia nel vuoto dei buchi neri. Sulle mie mani intere flotte andavano in pezzi nelle tempeste di raggi gamma, causate da conflitti nucleari. Questo è il massimo che posso dirti. Osserva >> disse indicando il centro della stanza, dove creò un pilastro di piccolissime stelle << Sedevo al centro di una torre come questa, composta di piani infiniti... ma tutto è andato perso. L'amore della mia vita, il quadro che le avevo creato... svaniti nel nulla. Ogni momento si è dissolto, come granelli in una spiaggia. Quel destino sarebbe dovuto toccare anche a me, e invece sono sopravvissuta... giungendo fin qui >> concluse schioccando le dita.
Un'esplosione cosmica di fuoco puro si propagò nel sistema solare creato e questo venne spazzato via.
Marie osservò il tutto con fare attonito.
<< Tu... cosa... come... chi sei tu? >> balbettò la Nosferatu, con occhi ricolmi di qualcosa che andava oltre la meravigli.
Davanti a lei aveva appena visto protrarsi in pochi attimi milioni di anni di evoluzione e di mondi. Eppure, quella donna aveva creato e spazzato via ogni cosa come se niente fosse.
<< Un tempo colmavo l'infinito. Tuttavia, ora come ora, sono a pezzi, frammentata, nient'altro che una pallida imitazione di ciò che ero. Anche con il mio colpo più potente, potrei al massimo coprire la superficie di una grande metropoli, ma nulla di più. >>
<< Nulla di più... ma tu sei una Dea! >> disse Marie, visibilmente scioccata dalla dichiarazione della donna.
Questa scosse prontamente la testa.
<< No. Sono... Ero molto di più. Creavo interi Pantheon, affinché i popoli potessero rivolgersi a entità che fossero in grado di vedere e comprendere. Ma qui, su questa blanda imitazione di una realtà, sono solo una creatura molto potente come ce ne sono molte altre. Certo, mi ergo di gran lunga sopra la media, e anche fra gli straordinari sono una rarità ma... ci son esseri molto più forti di me. Immagino sia l'ordine delle cose. Da grandi poteri, grandi responsabilità... io non sono riuscita ad adempiere appieno alle mie. Posso dire, piccola, che è anche colpa mia se tutto questo ha preso forma >> concluse con un mesto sorriso, sedendosi poi a gambe incrociate e chiudendo gli occhi.
<< Una sola persona riusciva a farmi sentire ancora il calore della vita... e quella persona è morta fra le mie braccia. Si chiamava Kyrie. E ora resto io mentre lei... lei... >>
Incapace di concludere, si portò le braccia al petto e proruppe in un pianto disperato. In quel momento non era più una dea o un essere superiore, ma una madre che aveva perso i suoi figli, un'amante che aveva perso chi amava, un'orfana senza casa. Questo mondo… era sbagliato, poteva sentirlo. Ed era la tela di un ragno, una creatura intrisa della più grande malvagità.
Scossa nel profondo di quegli eventi, Marie si avvicinò alla donna e la cinse con le braccia per quanto le fosse possibile, cullandola dolcemente.
<< Come ti chiami? >> sussurrò a bassa voce, accarezzandole i lunghissimi capelli e la schiena con dolci movimenti circolari.
<< Auth >> disse alla fine la donna, fra i singhiozzi << Mi chiamo Auth. >>

                                                                                                                                        * * *


Eadu - Pianeta sotto controllo Imperiale

Durante il volo verso la base imperiale del pianeta Eadu, Darth Vader aveva attizzato la furia che gli divampava nel cuore. Alimentato dall’indignazione e dall’umiliazione, il suo fuoco interiore ardeva abbastanza intenso da riscaldarlo, nonostante il freddo che si diffuse nella navetta, e da tenere a bada il gelo delle gocce di pioggia che lo aggredirono quando scese la rampa di sbarco fino alla piattaforma di atterraggio.
Gli stivali della squadra di stormtroopers che aveva scelto di accompagnarlo a terra stridettero sul metallo bagnato, quando il Signore Oscuro si fermò ed esaminò l’assortimento di soldati, ufficiali e ingegneri schierato davanti a lui.
Gli assaltatori avevano spinto da un lato i lavoratori che, abbattuti come cani bagnati, si tenevano in un indecoroso gruppo scomposto, mentre gli ufficiali anziani del centro erano allineati intorno alla navetta, sforzandosi al meglio di ignorare l’umiliazione al cospetto di Vader.
La comandante della guarnigione si fece avanti per dargli il benvenuto, ma il Sith respinse la donna con un cenno. Non aveva alcun interesse a ritardare quello che era venuto a fare.
Gli ingegneri si scambiarono occhiate nervose. Vader li osservò uno per uno, ne richiamò alla mente i nomi e ne studiò l’atteggiamento. Non conosceva granché la maggior parte di loro. Aveva scelto di persona il Dottor Merlot. L’uomo in questione si teneva eretto e rigido, con un’espressione che oscillava tra la paura e un’estrema speranza.
Il Dottor Eggman, invece, pareva pronto a imprecare a gran voce contro le interferenze burocratiche e a seppellire la sua evidente preoccupazione sotto un sottile strato di orgoglio professionale. L’uomo gli piaceva, ma si augurò che questa volta rimanesse in silenzio.
Nessuno di loro tradiva il minimo accenno di sfida. Questo era un bene. Dopotutto, erano stati incaricati di uno dei progetti d’armamento più importanti dell’Impero.
In quel preciso istante, una giovane donna dai lunghi capelli neri e la pelle ambrata cominciò a farsi strada al centro del gruppo. Indossava una tuta bianca da direttrice, completa di mantello, perfettamente aderente alla sua corporatura magra e atletica. Costei era Chelli Lona Aphra, gestore del progetto noto come CYBERMEN.
Vader osservò la nuova arrivata, mentre questa venne avanti sbattendo le palpebre, nel tentativo di liberare gli occhi dalla pioggia. Dal suo comportamento pareva che la presenza del Signore Oscuro non la sorprendesse né la preoccupasse.
<< Dottoressa Aphra >> esordì l’uomo << Mi auguro che i lavori stiano procedendo bene. >>
<< Per quanto è possibile, Lord Vader>> fu la risposta calma e pacata della donna.
Naturalmente era falsa umiltà, il Sith ne era certo.
<< Il Maestro è stato molto colpito dai progressi ottenuti durante il proseguimento del progetto. A quanti esemplari siete arrivati? >>
<< Circa 100.000. E stanno aumentando >> ribatté l’altra, sorridendo impercettibilmente.
Vader annuì, apparentemente compiaciuto dalla notizia.
<< Eccellente. Il Maestro in persona vorrebbe congratularsi con voi per il vostro duro lavoro e mi ha mandato qui per scortarvi fino al Centro Imperiale >> disse attraverso il respiratore della maschera.
Al sentire tali parole, il volto di Aphra parve illuminarsi con vivida sorpresa. Lanciò una rapida occhiata in direzione dei lavoratori presenti  e questi si spostarono a disagio, anch’essi colti alla sprovvista dalla dichiarazione del Comandante Supremo.
Volgendo la propria attenzione nei confronti dell’uomo, la direttrice deglutì. << Questo è… molto generoso, Lord Vader. Ma non sono sicura che lasciare i miei scienziati in questo momento delicato sia il miglior corso d’azio-… >>
<< Sono sicuro che i vostri scienziati saranno più che in grado di provvedere a se stessi, per un giorno o due. O devo forse riferire al Maestro che avete rifiutato la sua cortese richiesta? >> domandò con tono colmo d’anticipazione.
La donna scosse rapidamente la testa. << Assolutamente no, Lord Vader. >>
<< Ne ero sicuro. >> Detto questo, porse un rapido cenno in direzione degli ingegneri e disse: << Continuate il buon lavoro. >>
Poi, con passo rapido ma deciso, cominciò a incamminarsi lungo la rampa della navetta. Aphra porse un ultimo sorriso di scusa nei confronti dei sottoposti e procedette a seguire l’uomo.
La navetta partì subito, giungendo nei pressi dell’Esecutore appena dieci minuti dopo. Vader condusse la donna nei pressi delle proprie stanze private, facendole segno di seguirlo. Una volta dentro, la direttrice si voltò verso il Signore Oscuro.
Questi rimase fermo e immobile ad osservarla. Poi, lentamente, si tolse la maschera, rivelando un volto maschile di età probabilmente poco inferiore ai quarant’anni. Aveva lunghi capelli biondo cenere che gli arrivavano fino alla base del collo, occhi gialli come il sole stesso e una cicatrice che gli percorreva l’occhio destro.
<< Che dici? Sembravo troppo impaziente? >> domandò l’uomo, il tono di voce basso e graffiante.
Aphra arricciò ambe le labbra in un sorriso malizioso.
<< Forse un pochino >> commentò divertita.
Poi, avvolse le braccia attorno al collo di Vader e posò le proprie labbra sulle sue. Il Sith rispose al bacio, porgendosi in avanti e posando la mano destra tra i capelli della donna.
Dopo quasi un minuto buono, entrambi si staccarono, ansimanti. Il Signore Oscuro strinse a sé la donna, posando la fronte contro quella di lei e imbevendosi del suo profumo.
<< Mi sei mancata >> sussurrò a bassa voce.
La direttrice ridacchiò una seconda volta e procedette a baciarlo sulla punta del naso. << Quanto tempo abbiamo prima dell’atterraggio? >>
<< Circa un’ora >> rispose il Sith, con un sorriso a malapena accennato << Siamo diretti alla mia residenza su Scarif. >>
La donna ricambiò il gesto. << Be', in questo caso, dovremmo approfittarne. Non crede anche lei, Lord Vader? >>
<< Mia cara, siamo in privato >> ribatté l’altro, posandole delicatamente una mano sulla guancia.
In quel preciso istante, le pupille dell’uomo cambiarono dal giallo oro ad un azzurro cielo.
<< Chiamami Anakin. >>



 

Personaggi
 
Marie Von Dracul
Opera: OC / Personaggio originale
Razza: Vampiro / Nosferatu
Soundtrack: https://www.youtube.com/watch?v=3eTNm9tOPnQ
Autore: Rose Du Rembrandt
 
Team RWBY
Opera: Rwby
Razza: Ruby, Weiss e Yang sono umane, Blake è un fauno
Video Tribute: https://www.youtube.com/watch?v=Do09-cAKxeY
Soundtrack: https://www.youtube.com/watch?v=vWdy40T0XyI
Autore: Fenris

Anche Sun è un personaggio di Rwby.
Aphra, gestita da evil 65, è l'assistente e collega di Darth Vader all'interno della nuova serie a fumetti dedicata al Signore Oscuro dei Sith.
Qui un'immagine:
 https://www.google.it/imgres?imgurl=https://i0.wp.com/www.badcomics.it/wp/wp-content/uploads-badcomics/2016/11/star_wars_doctor_aphra_1_cover.jpg?fit%3D790%252C1200%26quality%3D85%26strip%3Dall%26ssl%3D1&imgrefurl=https://www.badcomics.it/2016/12/star-wars-doctor-aphra-1-recensione/138443/&h=1200&w=790&tbnid=9hbl0VqC3eyVqM&tbnh=277&tbnw=182&vet=1&docid=_wQS_N49NJsGXM

Speriamo che il capitolo vi sia piaciuto!


 

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Capitolo 13
*** Capitolo 11 - Frammenti di memoria ***


Ecco un nuovissimo capitolo! Ci abbiamo messo un po', soprattutto perché è il più lungo che abbiamo scritto finora.
L'aggiornamento sarà molto importante per comprendere gran parte della storia, per cui leggete con attenzione.
Spero che lascerete un commento!




Capitolo 11 - Frammenti di memoria


Un fulmine squarciò il cielo… e poi tutto tacque.
Coloro che erano ritenuti i più grandi difensori del Multiverso erano caduti.
Dopo tante battaglie e patimenti, la loro ora era infine arrivata.
Ciò che esisteva era ormai perduto. Coloro che reggevano le sorti di tutto avevano deciso. La fine era giunta.
<< Salvalo... almeno lui... >> chiese rantolante una voce femminile.
<< Farò quello che posso... addio, cara amica >> rispose un’altra fin troppo familiare.
Angel non riusciva a vedere nulla, eppure sentiva ogni cosa. Sentì una mano prenderlo per la spalla e sollevarlo.
“No... non voglio...” pensò il rosso. Cercò di opporsi ma non riuscì a muovere un muscolo.
<< Addio, fratello di sangue. Un giorno ci rivedremo... magari non troppo presto >> lo salutò qualcuno che gli passò di fianco. La sua voce era un fioco rantolo eppure non mostrava alcuna paura.
<< Non ci dimenticare >> disse qualcun altro, con tono mesto.
<< Andiamo... per l’ultima volta... insieme. >>
“No. Non fatelo... Non potete...”
Angel era disperato. Non poteva né muoversi né parlare. L’unica cosa che poteva fare... era disperare.
Per un attimo, i suoi occhi riuscirono ad aprirsi e ciò che vide fu marcato a fuoco nella sua mente. Universi che cadevano, galassie che si infrangevano come specchi, mondi che si scioglievano… lo Scisma.
In mezzo a tutto ciò... vi erano delle imponenti figure. Impossibili da descrivere, inconcepibili per ciò che avevano iniziato.
E contro di loro, seppur feriti sia nel corpo che nello spirito, vi erano gli ultimi superstiti ormai condannati.
Davanti ad Angel apparve una giovane ragazza. Era lei... la ragazza dei suoi sogni ma... vedere in che stato era... fu a dir poco straziante. Ferite di ogni tipo le decoravano il corpo... una molto grave era quella al costato sinistro... le ossa erano praticamente visibili e il braccio era stato brutalmente amputato all’altezza del gomito. Come poteva essere ancora viva e cosciente?
La ragazza abbozzò un ultimo e debole sorriso.
<< Ti amo >> sussurrò a bassa voce.
Poi… tutto si fece buio.

 
<< NO! >>
Il rosso si alzò gridando quella parola a pieni polmoni. Il suo respiro era irregolare e agitato, il cuore gli batteva all’impazzata e non accennava a fermarsi.
Si guardò le mani: tremavano. Quel sogno... anzi, quell'incubo.... era stato così reale.
Sentiva le guance rigate da calde e amare lacrime e la fronte sudata. Mai aveva avuto quella reazione.
Poi la porta fu aperta di lato e Maru e Moru entrarono preoccupate.
<< Tutto bene, Angel? >> domandarono all’unisono.
Il rosso le guardò confuso. Che cosa ci facevano lì in casa su-... no, quella non era la sua abitazione. La sera precedente aveva tardato troppo al negozio e, dietro insistenza di Ichihara, era rimasto a dormire da lei.
<< Hai fatto un brutto sogno? >> domandò Mokona, saltellandogli intorno.
Il ragazzo non sapeva come rispondere. In quel momento era confuso e agitato e, per quanto ci provasse, non riusciva a calmarsi. Chissà come appariva loro in quel momento.
<< Lasciatelo respirare >> ordinò
Yūko.
Indossava una vestaglia azzurra aperta che celava la camicia da notte. Era notte inoltrata... eppure il suo volto era lo stesso di sempre. Si avvicinò al rosso e gli prese il viso tra le mani.
<< Respira >> gli disse con voce calma.
Il rosso poteva percepire il tocco di lei. Era delicato, fresco, armonioso. I suoi occhi rossi lo fissavano ipnotici. Sembrava quasi che potessero mirare oltre la carne e l’anima e assorbire in loro ciò che era impuro.
Quasi ipnotizzato da quella sensazione, Angel fece un respiro e poi un altro. Sentì l’aria entrargli nei polmoni che, tramite il rigonfiamento degli alveoli, venne trasferita al cuore. Più ripeteva quel semplice procedimento, più la calma tornava a fare da padrona.
Dopo più di un minuto, Angel riuscì finalmente a tornare lucido.
<< Ora... va meglio >> borbottò a bassa voce.

Yūko annuì soddisfatta e gli tese una mano. << Vieni. Ti preparerò una buona tisana. Fino a domani mattina non sei un dipendente ma un ospite. >>
Il ragazzo la fissò incredulo. Aveva davvero sentito quelle parole? Che si fosse riaddormentato di nuovo? L’idea che questa volta sarebbe stato servito invece di servire… be', era abbastanza inconcepibile.
Abbozzò un sorriso e poi le prese la mano.
 
Ci vollero pochi minuti. Minuti nei quali il rosso fu accompagnato da Maru e Moru a pulirsi il viso, e poi si sedette in cucina davanti a una tazza fumante.
Il liquido che aveva davanti aveva una colorazione giallognola con tratti verdi. L’odore era simile alla menta selvatica mista alla liquirizia. Ichihara vi versò anche un goccio di latte.
Angel assaggiò la bevanda. Il sapore lo invase e provò una sensazione di leggerezza e calma che gli sciolsero definitivamente le membra e gli liberò la mente.
<< È buonissima! >> esclamò, per poi assaggiarne ancora << Il latte, poi, è ottimo. Da dove viene? >>
<< È latte di Ippodrago, una creatura molto particolare appartenute a un mondo ormai scomparso. Un cliente abituale ne ha un intero branco e mi fa sempre avere una buona scorta >> gli rispose la mora, mentre si gustava anche lei un po’ di latte.
<< E ci manda anche dell’ottimo succo di frutta! >> esclamò Maru.
<< E anche dei buoni frutti della sua terra >> seguita da Moru.
<< Eheh! Merito mio e della mia sorellina che ce li scambiamo >> si vantò Mokona, intento a gustarsi una bottiglietta riempita con una bevanda arancione.
<< Tu hai una sorella? >> chiese il rosso, visibilmente sorpreso.
<< Esattamente. Anche lei è Mokona, solo che è bianca. Condividono tanto oltre alle loro 108 abilità >> gli rispose
Yūko, con voce morbida e suadente.
Angel inarcò un sopracciglio. Non immaginava che la polpetta nera, come spesso lo chiamava, avesse un consanguineo che ne condividesse persino le abilità. Sin da quando aveva iniziato a lavorare, aveva saputo che Mokona era un animagico multifunzione: era in grado di fare diverse cose che, a seconda della situazione, potevano rivelarsi molto utili, le cosiddette 108 abilità. Esse variavano dal traduttore universale automatico, al camuffamento, dal volo al trasferimento degli oggetti. Abilità che, però, a causa di una restrizione intrinseca del mondo materiale, non poteva usare in continuo o di seguito.
Quando l'aveva scoperto era rimasto senza parole, ma poi aveva liquidato il tutto come una nuova serie d’informazioni assai poco convenzionali. In fondo, ormai si stava abituando a questa nuova visione delle cose.
<< Spero che non condividano proprio tutto >> mormorò lui, mentre gli fu versato anche un bicchiere di quel latte. Il sapore della sola bevanda era qualcosa di incredibile. Chissà perché gli sembrava così… nostalgico.
<< Salvo la passione per gli alcolici, sono identici >> gli rispose Ichihara, divertita << Ora… te la senti di raccontarci che cosa hai sognato? >> chiese all’improvviso, fissandolo seria.
Di fronte a quella richiesta, il rosso iniziò a stringere la tazza. Ora si era calmato ma... il ricordo gli faceva ancora venire ansia.
<< P-Perché lo vuole sapere? >>
<< I sogni sono come la nostra ombra. Possono riflettere la nostra sagoma così come celare la verità. Essa non si trova mai davanti a noi, è sempre nascosta. Quel sogno potrebbe nascondere quelle risposte che cerchi. >>
<< Dai, racconta! >> esclamò Maru.
<< La padrona ti può aiutare >> confermò Moru.
<< Magari la prossima volta con un metodo più... >>
Mokona fu prontamente interrotto dalla donna stessa, che gli tirò un orecchio.
<< Scherzo, scherzo! >> tentò di difendersi l’animagico.
Angel fece un altro respiro. Abbassò lo sguardo per alcuni secondi, perso nei suoi pensieri. Infine, guardò la sua datrice di lavoro e decise di accontentarla.
Raccontò per filo e per segno ogni dettaglio del sogno. Da come lo raccontava, più che un sogno, gli sembrava fosse stato un evento che aveva vissuto per davvero.

Yūko lo ascoltò senza interrompere. Una certezza si fece largo nella sua mente, ma decise di tenerla per sé. Era qualcosa alla quale il giovane doveva arrivare da solo. Lei si sarebbe limitata a indicargli la strada.
<< Lei .. che cosa ne pensa? >> le chiese Angel, non appena ebbe terminato di raccontare.
La donna pose due dita sul mento. Per un minuto buono rimase in silenzio, mentre il rosso, Maru, Moru e Mokona la fissarono con trepidazione.
<< Non so dare un’interpretazione immediata a questo tuo sogno >> disse infine << Non una sola, almeno >> aggiunse.
<< Capisco >> sussurrò il ragazzo, osservando la tazza ormai vuota.
<< Però posso dirti con certezza due cose >> continuò l’altra.
Prima di continuare, Ichihara fece una pausa di alcuni interminabili secondi.
<< Ciò che hai sognato è un evento effettivamente avvenuto, ma del quale non vi è alcuna notizia certa... almeno fino ad ora. >>
Il rosso sollevò lo sguardo posandolo sulla sua datrice di lavoro. Che cosa voleva dire? Era questo che le voleva chiedere, ma non riusciva ad articolare le giuste parole.
<< Si dice che Battleground sia nato dai resti della realtà sopravvissuti all’evento che hai sognato e, per come lo hai descritto, pare che tu vi abbia partecipato >> continuò la mora, con calma.
Cosa? Che cosa aveva appena detto? Non era possibile. La sua mente rifiutava di accettare una cosa del genere. Questo non era...
Un forte tremore iniziò a percorrerlo. L’agitazione stava tornando a impadronirsi di lui, ma prima che essa potesse esplodere, il ragazzo si ritrovò abbracciato da ambo i lati da Maru e Moru.
Quel gesto colmo di affetto, vivo e concreto, fece sussultare il rosso. Le guardò in viso. Erano veramente preoccupate e volevano consolarlo.
I loro sguardi riuscirono a calmare il ragazzo, che abbozzò loro un sorriso e un: << Grazie. >>

Yūko stessa gli mise una mano sulla spalla. << Non hai motivo di agitarti. Volevo dire che era inevitabile. >>
<< Già, dice sempre così >> commentò l’adolescente, rincuorato ma ancora dubbioso.
<< Recupera il buon umore! >> disse Mokona, saltandogli addosso e avvicinandogli la bottiglia che stava bevendo.
Angel lo guardò di sottecchi. << Non bevo alcolici >> fu la sua risposta piatta.
<< Non è alcol. È un altro regalo del nostro cliente. È un ottimo succo. >>
Il rosso lo guardò stupito. Da quando lo conosceva, l’aveva visto bere sempre e solo sakè. Era una novità per lui.
Osservò la bottiglia per qualche secondo. Alla fine, optò di provarlo. Non appena il succo colore arancio gli toccò la lingua, un forte calore gli invase le papille gustative. Era caldo, forte eppure dolce. Gli sembrava che il corpo fosse stato invaso da una fiamma viva, capace di rinvigorirlo. Ed esattamente come col latte, gli dette una sensazione di nostalgia.
<< C-Che cosa è? >> chiese Angel, dopo aver finito di assaporare il tutto.
<< Succo di Frutto del Fuoco. È un particolare frutto pregno della forza del fuoco >> gli rispose Ichihara, con uno sguardo comprensivo << Ne esistono tanti per ogni elemento. Ognuno di loro nasconde tanto. Spetta a chi lo tiene in mano determinarlo. >>
<< E sono buoni >>, << Molto buoni >> dissero insieme Maru e Moru.
<< Se poi li cucini, sai che bontà >> aggiunse Mokona, con voce allegra.
Angel ridacchiò divertito.
<< E per quanto riguarda la seconda ipotesi? >> chiese rivolto alla datrice di lavoro.
A quella domanda, Ichihara chiuse per un attimo gli occhi e poi sorrise.
 << Credo che tu sia in qualche modo legato a una storia, anzi alla leggenda perduta di una civiltà esistita molto tempo fa e ciò potrebbe darti le risposte che cerchi. >>
Il ragazzo inspirò bruscamente. Per un attimo, sentì che il cuore gli si era fermato. Davvero? Davvero era così vicino alle risposte che si poneva da una vita?
<< D-Di che cosa si tratta? >> chiese con voce tremante.

Yūko non parlò. Si limitò a bere un altro sorso di succo. Sembrava quasi voler temporeggiare.
<< Sei in grado di aspettare domani mattina? >> gli chiese infine.
La reazione del rosso fu di disapprovazione. Perché doveva aspettare la mattina successiva?
<< Perché? >> si limitò a chiedere, con tono leggermente alterato.
<< Perché ora bisogna dormire e ricaricare le batterie per domani >> rispose la mora << E poi... se te lo dicessi ora che cosa cambierebbe? Si tratta solo di attendere qualche ora >> esclamò, fissandolo calma negli occhi.
Angel sostenne quello sguardo e abbassò la testa con rassegnazione.
“Non avere fretta” era questo quello che lei voleva dirgli. E forse aveva ragione. Si era appena calmato da un incubo che lo aveva fatto agitare, e di sicuro non voleva essere causa di ulteriori preoccupazioni.
<< Se accetto… domani mi racconterà tutta la storia? >> le chiese infine.
<< Certo. Domani avremo un solo cliente che verrà verso mezzogiorno, quindi avremo tutto il tempo per discuterne >> gli rispose Ichihara, contenta di essere riuscito a convincerlo.
<< Allora va bene. >>
Si alzò in fretta e furia, compiendo un inchino aggraziato e dicendo: << Grazie per la tisana. >>
Cominciò a incamminarsi verso l’uscita.
<< Ti va bene così? >> gli chiese
Yūko da dietro << Non vuoi nemmeno avere una piccola anticipazione? >>
Il rosso si fermò sull’uscio, per poi voltare metà volto verso di lei. << Me le darebbe? >>
<< Richiederebbe un pagamento di pari valore >> gli rispose lei, fissandolo negli occhi.
<< Una bottiglia di sakè freddo domani mattina, davanti al vostro divano >> propose lui, tentando di fare appello alla gola.
<< Tentatore >> commentò la mora, sorridendo come una bambina << Equivale al solo titolo! >>
<< Mi sta bene >> sospirò lui. Era meglio di niente, dopotutto.
In tutto questo Mokona, Maru e Moru li stavano osservando in silenzio.

Yūko annuì soddisfatta.  << Calak’ants >> disse infine.
Angel si toccò la fronte. Quella parola era strana. Eppure... perché gli sembrava familiare?
<< Grazie per avermelo detto. Buonanotte >> mormorò con uno sbadiglio.

Yūko gli si avvicinò  con un balzo e gli prese il viso tra le mani.
<< Fai tanti sogni d’oro >> disse con voce morbida e gentile.
Angel la fissò colpito. Era la prima volta che le sentiva dire simili parole.
<< Non ti dimenticare il sakè domani mattina >> continuò l’altra, per poi scoppiare a ridere.
Ecco... c’era cascato. Quando voleva la sua datrice di lavoro poteva essere davvero una burlona.
Ichihara lo vide scomparire oltre l’uscio del negozio.
 << Sogna tranquillo. Ora puoi >> sussurrò nella quiete notturna.
 
                                                                                                                                                                                                                    * * *

Vorkye spalancò di malavoglia la porta del suo ufficio.
Era un’ampia stanza rettangolare, munita di tutti i confort possibili e immaginabili. Vi era persino un piccolo angolo bar. Era stata dipinta con colori accesi che variavano dal giallo oro al bianco. In mezzo alla stanza, perfettamente paralleli tra loro, vi erano due sofà foderati in nero. In fondo alla stanza vi era l’ampia scrivania di plexiglas con venature in acciaio, fatta apposta per resistere ai duri pugni che il governatore era solito menare quando era di malumore, esattamente come in quel momento.
<< Che schifo >> disse il biondo.
Prese una bottiglia di whisky e, versato il suo contenuto dentro il bicchiere, lo bevve tutto d’un fiato. La sua segretaria lo osservò senza fiatare. Sapeva benissimo da dove nasceva il suo nervosismo e se ne sentiva responsabile.
Ogni domenica, Bloodbless era solito recarsi presso i laboratori della sua azienda per verificare i risultati delle sue equipe. Da  tempo stava cercando di riprodurre dei prodotti tipici del suo mondo, dei frutti di cui tutti i soleani andavano ghiotti. Lui non era da meno.
Adorava mangiarli ma, da oltre venti anni, aveva dovuto mettere da parte la sua golosità. Aveva invece deciso di tentare a riprodurli in laboratorio. Era sua intenzione farli provare anche al Maestro, in modo da dimostrargli che quello era uno dei cibi migliori del multiverso. Era una questione di orgoglio personale. Ma fino a quel momento aveva collezionato solo fallimenti.
Quella mattina si era recato nei laboratori, pieno di aspettative. Aveva visto degli esemplari dall’aspetto identico a quello degli originali, ma il sapore... non era mai stato così lontano. Aveva perso le staffe e, senza pensarci due volte, aveva ucciso i responsabili delle colture.
<< Non basta >> sibilò a denti stretti.
L’orrendo retrogusto che aveva in bocca non se ne era ancora andato e la sua rabbia non era da meno.
<< Se posso, signore... >>
<< Cosa?! >>
Il soleano voltò gli occhi rossi verso di lei.
<< F-Forse il limone potrebbe aiutarla >> suggerì Ellen, in tono tremante.
Vorkye la fissò malamente, ma poi considerò la cosa. Ne afferrò uno e lo spremette direttamente nella bocca. Quel sapore acre scese nella gola, pulendo le sue papille gustative violentate.
Chiuse gli occhi per calmarsi. Infine, si voltò con sguardo soddisfatto.
<< Bene, ora va meglio >> commentò, andando a sedersi sulla sua scrivania.
Per lunghi istanti, Ellen lo fissò in silenzio. Non sapeva che cosa dire.
<< Ebbene? >> domandò il soleano, rivolto verso di lei. Sapeva che voleva chiedergli qualcosa e lui, nella sua infinita clemenza, aveva deciso di concederglielo.
<< Per quello che è successo stamattina nel laboratorio... >> iniziò la donna, ma venne prontamente interrotta da un gesto di Bloodbless, che la invitò a sedersi.
Lui aspettò che lei eseguisse l’ordine, poi parlò.
<< Intendi assumerti la responsabilità per il fallimento di quegli inetti? Su questo non ti devi preoccupare. Hai svolto il tuo lavoro. Sono stati loro a non farlo e meritavano una punizione degna di nota. >>
<< S-Sissignore, grazie, signore ma... se posso permettermi, avete un po’ esagerato ! >> esclamò lei.
Sapeva che questa sua uscita poteva costarle molto caro ma, in quanto sua segretaria, aveva comunque il dovere di riprenderlo.
Vorkye la fissò con occhi calmi... una calma che precedeva la tempesta. Quella donna… aveva il coraggio di riprendere lui, il suo superiore, colui che deteneva il potere e poteva fare di lei quello che voleva. Tuttavia, questa improvvisa audacia lo fece sorridere.
<< Brava. Ne hai avuto di coraggio, ed è una cosa che posso apprezzare >> commentò con tono divertito << Forse… mi sono lasciato prendere un po’ troppo la mano. >>
La segretaria tirò un sospiro di sollievo. Non credeva che l’avrebbe ascoltata.
<< La prossima volta selezionerò degli scienziati migliori >> disse rapidamente.
<< E che lo siano >> rispose il soleano, annuendo soddisfatto << Per quanto riguarda quelli che ho ammazzato, di' che è stato un tragico incidente e provvedi ad assicurare le famiglie. >>
<< Provvedo subito >> rispose Ellen, iniziando a digitare una serie di ordini sul suo tablet.
<< Ottimo >> ribattè Vorkye. << Se non ricordo male, oggi c’è una conferenza in Scozia, vero? >>
<< Esatto, signore. Il vostro jet privato partirà tra due ore >> rispose la donna, controllando l’agenda.
<< Molto bene. Allora iniziamo i preparativi >> ordinò il biondo, cominciando a lavorare.
  
                                                                                                                                                                                                                * * *
 
<< Buon appetito >> dissero i membri del negozio Ichihara.
La colazione era iniziata un po’ tardi. Svegliare 
Yūko era stata un’impresa. E poi prepararla per tutti era stata una… soddisfazione.
A parte con Ajimu, Angel non aveva mai fatto colazione con qualcuno. Almeno… da quando si era svegliato su quel letto di ospedale. Vedersi con così tante persone intorno, sentire i loro schiamazzi e commenti, osservare le loro espressioni che da assonnate passavano ad attive…era una novità bellissima per lui.
<< Che bontà >> disse 
Yūko gioviale, mentre addentava un altro po’ di torta preparata dal rosso.
<< È buonissimo! >> dissero insieme Maru e Moro con un sorriso.
<< E bravo il nostro Angel. Hai fatto un ottimo dolce a base di frutti elementali. Sei un cuoco provetto >> si complimentò Mokona, con in bocca un grosso pezzo. Chissà come faceva il suo corpicino minuto a non scoppiare.
<< Vi ringrazio >> rispose l’adolescente, sorridendo a sua volta.
Essendo cresciuto da solo, aveva imparato a cucinare da molto tempo. Però, era la prima volta che provava a preparare un dolce con ingredienti alieni. I frutti elementali avevano tutti dei sapori particolari. Questo l’aveva appurato quella mattina. Per decidere quali usare, li aveva assaggiati un po’ tutti: nel negozio erano presenti otto tipi diversi, ognuno riconoscibile dalla forma e dal colore che, in base alla maturazione, diventava più scuro.
Di questi, a suo parere, solo cinque risultavano ben amalgamati. Aveva quindi usato questi per preparare il dolce: Fuoco, Vento, Terra, Fulmine e Acqua. Il tutto con un bicchiere di latte di Ippodrago.
<< Spero solo che il sakè non rovini il sapore >> commentò il rosso, che aveva mantenuto la promessa fatta la sera prima.
<< Ci sta benissimo >> gli rispose
Yūko << Piuttosto, caro Angel... non c’è niente che tu voglia chiedermi? >> domandò la mora, fissando il giovane coi suoi occhi rossi.
L’adolescente prese un altro sorso di latte. << Credo che lei sappia già cosa voglio. >>
<< Allora… vediamo di continuare il discorso lasciato in sospeso >> disse l’altra << Ma per farlo, serve un piccolo aiuto. Mokona, tiralo fuori. >>
<< Detto fatto >> rispose la polpetta nera.
Spalancò la boccuccia e da essa ne uscì una piccola sfera azzurra che, una volta avvicinatasi al tavolo, scoppiò un piccolo PUFF.
Come dal nulla, comparve un libro illustrato. Sulla sua copertina era raffigurata un’immagine astratta simile a un cielo nel pieno del tramonto. Sopra di esso, con lettere dorate, era riportato un nome, ma la lingua era diversa da quella usata sulla Terra. Anzi… non vi era popolo di Battleground che usasse una simile lingua.
Angel osservò incredulo il piccolo tomo che aveva davanti. Per quanto ci provasse, non riusciva a capire che cosa significasse il titolo.  Lo aprì. Anche i testi erano incomprensibili. Ciò che poteva comprendere  grandi linee erano le figure… un gruppo di esseri informi riuniti a consiglio, uno più piccolo che si formava da loro. Questo che viaggiava verso quattro stelle, volti di popoli molto simili agli umani… anche se l’ultimo era diverso.
La figura si fermava tra questi ultimi e, di fronte ad un monumento megalitico, parlava con loro. Una sfera dorata si formava nelle sue mani e poi si scindeva in dieci frammenti. Questi venivano presi da altrettanti esseri che si riunivano in cerchio. Apparivano altri esseri contro i quali combattevano e altri a cui cedevano i frammenti e poi… questi che guardavano oltre.
Il rosso sollevò lo sguardo dal libro e fissò la sua datrice di lavoro. << Cos’è questa? Una fiaba? >>
<< Non è una semplice fiaba. È qualcosa di molto di più >> rispose lei << La lingua usata è ormai perduta da tempo. Nessuno in tutta Battleground potrebbe leggerlo. Però… uno pagamento di pari valore può fare un piccolo miracolo. Un tuo capello. >>
Angel inarcò un sopracciglio. Davvero? Bastava così poco? Che pagamento era mai quello?
<< Non è così scontato >> disse
Yūko, notando lo scetticismo dell’adolescente << Da un capello si può ricavare molto. La storia di se stessi e di chi ti ha dato vita. È un sottile filo rosso che ti lega alle origini. Tu non conosci il tuo passato e cerchi risposte a esso legate. Questo libro te ne può dare alcune e far sorgere altri quesiti. Tu e tu soltanto puoi fornire la chiave di lettura, perché cerchi di vedere la verità oltre il velo. >>
Angel la fissò stupito. Poi, lentamente, prese uno dei suoi capelli e se lo staccò con uno strattone.
<< A volte, per capire, bisogna vedere con i propri occhi >> continuò
Yūko, afferrando il pagamento del rosso.
Vi passò l’indice sinistro sopra, sussurrando qualcosa, e poi lo poggiò sulla copertina del libro volume. Esso brillò leggermente e poi, un attimo dopo, i caratteri dorati cambiarono… divenendo leggibili.
Angel lesse il tutto con voce tremante. << I Guardiani dell’equilibrio : i Calak’ants. >> 
Era fatta. Una possibile risposta alle sue domande era lì, davanti ai suoi occhi.
Ichihara gli si avvicinò e gli poggiò una mano sulla spalla. Comprendeva perfettamente la sua emozione.
<< Iniziamo la lettura >> disse aprendo il libro.
Le immagini in esso contenute presero vita, come a voler rendere quell’azione ancora più reale.
<< Agli inizi dei tempi, quando il creato doveva ancora esistere, le grandi entità appartenenti a tutte le fazioni si riunirono a consiglio. Stanche della staticità del tutto, decisero di creare. Il loro operato portò alla nascita di mondi, sistemi solari, galassie e universi. Dalla nascita del tutto, nacque una nuova esistenza: la chiave di questo nuovo creato. Le fu dato un corpo di carne, intelletto, potere e un compito: assicurarsi che la serratura che avrebbe portato al nulla restasse per sempre ben chiusa. Conscia di questo fardello, la chiave iniziò a vagare tra i mondi. Ciò che aveva compreso, era che non poteva svolgere da sola questo ingrato compito. Le serviva aiuto. Tra i tanti universi appena nati, però, non vi erano ancora forme di vita in grado di aiutarla. Solo quattro erano le razze che allora avevano iniziato a prendere coscienza di sé: gli dei di Asgard, valenti guerrieri dotati di forza e di grandi poteri. I giganti di ghiaccio di Jotunheim, grandi e potenti guerrieri legati al potere del freddo. I Signori del Tempo di Gallifrey, viaggiatori e conoscitori del tempo e dotati di grandi conoscenze. E i soleani dal Sole, esseri umanoidi con sembianze animali legati alla natura stessa, alla magia e dotati della vita eterna.
Chi scegliere tra i quattro? Con chi condividere un simile fardello? La risposta venne da sola. Dei e giganti furono subito scartati: le loro razze, nella loro arroganza e sete di potere, iniziarono ben presto una guerra senza quartiere. Troppo rischioso affidarsi a uno dei due. Un errore di valutazione e sarebbe stata la catastrofe. I Signori del Tempo sembravano perfetti. Parevano calmi e placidi ma, nei loro cuori, la chiave vide un’ombra pericolosa che, se stimolata, avrebbe condotto a una catastrofe ben peggiore di una guerra. Anche loro furono scartati.
Rimasero solo i soleani. Che dire di loro? Crescevano ma mantenevano purezza. La tranquillità e la circospezione erano i loro principali pregi e altri se stavano manifestando. Inoltre, senza che nessuno glielo avesse chiesto, avevano deciso di aiutare le altre razze che stavano iniziando a nascere, sperando in una pacifica convivenza. La chiave rimase colpita e, infine, scelse loro.
A essi propose un patto: un frammento del potere che le era stato concesso per il loro aiuto. Essi accettarono ma posero due condizioni. Che questo potere potesse essere trasmesso alle generazioni future e che non fosse solo ed esclusivamente loro ma che potesse essere trasmesso a chi ne era degno.
La chiave accettò. Scisse il suo potere in dieci frammenti assegnando loro un colore e una virtù e infine l’affidò ad altrettanti eletti.
Il blu simbolo dell’acqua e della volontà dilagante. Il rosso simbolo del fuoco e dell’ardore che porta alla rinascita. Il nero del buio che cela la verità. Il bianco della luce che contrassegna la purezza. Il verde del vento che muta come il coraggio che da forza al cuore. L’arancio della terra che forgia i legami tra coloro che sono diversi. Il giallo del fulmine che può essere faro di speranza. Il rosa del ghiaccio che può però essere scaldato dall’amore. Il grigio delle gemme che all’onore si lega. Il viola dell’etere simbolo dell’unione che può nascere tra tante virtù e nessuna.
I dieci riuniti divennero i guardiani della chiave, nonché suoi vassalli e compagni. Per lei molte battaglie combatteranno e altrettante sofferenze sopporteranno ma sempre e comunque, grazie alle generazioni che verranno, guarderanno sempre al futuro fino a quando non arriverà la fine di tutto.
Essi sono i guardiani dell’equilibrio, i Calak’ants. >>

Yūko arrivò all’ultima pagina, ammirandone lo sfondo bianco. La sua espressione non faceva trasparire nulla.
Angel, dal canto suo, dopo la lettura stava guardando il vuoto con occhi spenti. Troppe cose gli erano state dette, risposte che avevano portato ad altre domande. Una goccia di sudore scese lentamente dalla sua guancia fino ad arrivare al mento. Nella sua mente, qualcosa sembrava stesse rendendo forma ma era una figura indistinta e troppo lontana da vedere.
<< Cosa… cosa ha a che fare tutto questo, con me? >> domandò con voce bassa e tremante.

Yūko rimase ferma e immobile, prima di inviargli un sorriso consapevole.
<< Suppongo che dovrai scoprirlo. Ma credimi… le risposte non tarderanno ad arrivare. >>
 
                                                                                                                                                                                                               * * *
 
Passarono le ore. Infine, si fece mezzogiorno. Allo scoccare di quell’ora, qualcuno con passo sicuro si avvicinò al muretto del negozio.
Il Dottore fissò la costruzione con un cipiglio dubbioso.
<< È un po’ lontana da China Town >> commentò.
Prese nuovamente il volantino, rileggendo la scritta. Non era ancora sicuro su quello che avrebbe trovato. Tuttavia, sapeva che non si trattava di una trappola. In fondo, se qualcuno lo avesse voluto morto, non si sarebbe certo preso la briga di fargli notare che conosceva la posizione della Base Ribelle.
Non ebbe il tempo di porsi altri quesiti, poiché la porta del negozio si aprì. Da essa uscirono Maru e Moru che lo salutarono con un inchino.
<< Benvenuto >> lo accolsero con voce allegra.
Il Signore del Tempo le osservò con una certa perplessità. Come facevano a sapere che lui era lì? Non ebbe il tempo chiederselo. Una forza misteriosa gli fece muovere i  piedi contro la sua volontà, costringendolo ad entrare nel negozio. 
A nulla servirono le proteste del Dottore, questo fino a quando non venne portato nel salotto e messo a sedere su una sedia di legno, davanti a un tavolo di vetro con ricami a forma di foglie.
L’uomo lanciò una rapida occhiata in direzione di Maru e Moru.
<< Okay, devo chiederlo: come diavolo avete fatto? >> chiese il Dottore, assai contrariato.
<< Era solo inevitabile, signor Dottore >> gli rispose Ichihara in persona, accedendo nella stanza.
Indossava i suoi abiti da lavoro. L’unica differenza era il colore del kimono che stavolta era rosa con rifiniture nere.
<< Piacere di conoscerla. Io sono
Yūko Ichihara, la padrona di questo negozio. >>
<< Ed esattamente… che cosa vendete? >> chiese l’alieno, guardandosi attorno.
<< Qui si realizzano desideri. Chiedete a lei e, in cambio di un pagamento di pari valore, lo esaudirà >> gli rispose Angel, che si fece avanti con un vassoio che mise sul tavolo.
<< Se lei dirà di poterlo esaudire allora lo esaudirà >> terminò Mokona, seduto sulla spalla del rosso.
Il Dottore fissò prima il ragazzo e poi Ichihara con un cipiglio in cui lo sgomento e l’incredulità erano assai evidenti. Davvero poteva fare una cosa del genere?
<< Dubito che possiate esaudire ciò che voglio. Temo che il pagamento sarebbe un po’ troppo salato >> commentò il Signore del Tempo, estraendo il volantino dalla tasca della giacca << E poi… sono venuto qui a causa di questo. È una burla di qualche tipo? Sono abbastanza sicuro di non aver partecipato a nessuna attività legata a questo negozio. >>

Yūko lo prese subito, evitando che Angel lo potesse vedere. Lesse rapidamente quello che vi era scritto.
<< Angel, per favore, porta il dolce rimasto stamattina e poi vai a prendermi del buon sakè al negozio qui vicino. Ti darò i soldi quando torni >> disse con tono improvvisamente calmo.
<< Ricevuto >> rispose il rosso, che uscì dalla stanza. 
Rientrò poco dopo con la torta avanzata e la posò davanti alla coppia. Fatto questo, si cimentò in un leggero inchino.
 << Con permesso. Buona giornata, signor cliente >> disse scomparendo oltre l’uscita, accompagnato da Mokona.
Il Dottore aveva osservato il tutto rimanendo in silenzio. Era fin troppo evidente che la donna lo aveva volontariamente allontanato per potergli parlare in privato.
 << Spero che ora non mi salterete addosso >> esordì con un sorriso accomodante.
<< Niente del genere, Dottore >> gli rispose la mora, prendendo una fetta di torta << Parto subito da questo: io so chi siete e, indirettamente, vi ho aiutato con la vostra Ribellione. Tuttavia, io non sono né dalla vostra parte né da quella del Maestro. Ciò che faccio è realizzare l’inevitabile. >>
Il Signore del Tempo la fissò con occhi sempre più sospettosi. Gli era capitato di trovarsi davanti a persone particolari, ma quella donna… andava ben oltre il suo metro di stranezza.
Si lasciò andare sullo schienale della sedia e incrociò le mani davanti a sé.
<< Che cosa volete esattamente? >> le chiese, fissandola con occhi penetranti.
<< Cominci a gustarsi il dolce, intanto >> gli rispose la mora, sostenendo quello sguardo << E ascolti in che cosa consiste il pagamento di pari valore che le chiedo. >>
Fatto ciò, iniziò a esporgli la sua richiesta.
 
                                                                                                                                                                                                * * *

Angel fece rapidamente la sua commissione. Era già sulla strada del ritorno, quando una voce familiare lo richiamò.
<< Ciao, Angel. >>
<< Ajimu >> salutò lui, riconoscendola all’istante. Ritrovò la suddetta ragazza a pochi metri di distanza, il volto chiuso nel suo solito sorriso .
<< Credevo non ti sentissi bene >> osservò il rosso, squadrandola da capo a piedi.
<< Sto un po’ meglio. Ho deciso di prendere una boccata d’aria >> gli rispose lei, avvicinandosi con passo lento e marcato << E tu che ci fai qui? Sei un po’ lontano da casa. >>
<< Il mio lavoro part-time >> le rispose lui, facendo ben attenzione a mantenere Mokona nella busta della spesa in cui erano contenute le bottiglie di sakè.
La giovane donna inclinò leggermente la testa.
<< Persino di domenica? Ti fai sfruttare parecchio >> commentò lei, con tono divertito.
Il ragazzo si strinse nelle spalle. << Oggi è una giornata tranquilla. Penso che già dopo pranzo sarò libero. Potremmo passare il resto della giornata insieme. >> 
Con sua grande delusione, tuttavia, Ajimu scosse prontamente la testa. << Vorrei tanto…ma proprio non posso. Oggi pomeriggio sono con i miei. >>
<< Capisco. Beh, allora sarà per a prossima volta >> disse l’adolescente, con leggero disappunto.
<< Certamente >> gli rispose l’altra.
Poi, con uno scatto… Ajimu lo abbracciò forte. L’adolescente rimase stupito dalla cosa. Era raro che esprimesse simili gesti d’affetto.
Decise ugualmente di ricambiare quel gesto. Rimasero legati per qualche altro secondo, fino a quando lei non si staccò.
<< Mi dispiace >> disse lei, scostando leggermente lo sguardo.
<< E per cosa? >>
<< Per tante cose >> mormorò quasi a se stessa.
Najimi lo guardò negli occhi. Sembrava quasi che volesse imprimersi il suo volto nella memoria. Quasi come se non lo avrebbe rivisito per molto tempo.
<< Scusami… ora devo andare. Mi ha fatto piacere rivederti >> sussurrò a bassa voce.
<< Va bene… anche io dovrei andare >> disse il rosso, leggermente confuso. << Allora… a domani. >>
<< Certo >> gli rispose lei, dondolandosi sui talloni << E mi raccomando… fa' attenzione. >>
Detto questo, riprese a camminare, lasciandosi Angel alle spalle. L’adolescente la guardò allontanarsi, fino a quando non svoltò l’angolo.
<< Eeeehh! Ma che bella fidanzatina che hai >> commentò Mokona, saltando fuori dalla busta.
<< No, non siamo fidanzati. Siamo solo amici >> rispose il ragazzo, senza mettere troppo impegno in quella protesta.
Quell’incontro… lo aveva messo piuttosto a disagio.
 
Rientrò nel negozio appena cinque minuti dopo, portando subito la spesa in cucina.
<< Eccomi tornato! >>
<< Ben arrivato, giovanotto, >>
A salutarlo, con sua grande sorpresa, non fu
Yūko… bensì il Dottore, che era vicino al frigorifero.
 << Scusa, volevo complimentarmi con te per il dolce >> offrì l’uomo << Non mangiavo un dolce così buono da… credo da quando sono stato in Francia nel 1600. >>
L’adolescente gli lanciò un’occhiata strana. Francia del 1600? Che avesse qualche rotella fuori posto?
<< La… ringrazio, signore >> disse dopo alcuni secondi, il tono di voce ornato da una punta d’incertezza.
Non si aspettava certo di trovarlo ancora lì, soprattutto in cucina e con tanta naturalezza. Poi, fu colto da un dubbio.
<< Non è che anche voi lavorerete qui, vero? >>
<< Oh no, ero solo venuto a prendere un altro bicchiere di questo buon latte >> disse il Signore del Tempo, sollevando un bicchiere che teneva nella mano destra << Più lo mandi giù più non riesci a farne a meno. >>
Angel si limitò ad annuire, con fare esitante.
In quel preciso istante, Maru e Moru fecero capolino all’interno della stanza.
<< La padrona ti vuole. >>
<< È importante >> gli dissero di seguito la coppia di gemelline.
Il rosso non se lo fece ripetere due volte e andò a sentire che cosa voleva
Yūko
Una volta di fronte a lei, chiese: << Di cosa ha bisogno? >>
<< Vorrei che aiutassi il nostro cliente con un piccolo lavoro. Niente di complicato >> gli rispose la mora, con un sorriso consapevole.
Angel la fissò, leggermente perplesso.  Non le aveva mai chiesto di servire un cliente al di fuori del negozio.
<< Tranquillo, ragazzo, hai la mia parola che tornerai a casa senza problemi >> lo rassicurò il Signore del Tempo, comparendo alle sue spalle.
<< … Dipende in cosa consiste quello con cui la devo aiutare >> commentò Angel, leggermente dubbioso.
<< Te lo spiego strada facendo >> gli rispose l’uomo, con un sorriso accomodante.
Porse una mano in segno di saluto.
<< Io sono il Dottore, a proposito >> offrì con voce calma e raccolta.
Angel inarcò un sopracciglio, visibilmente sconcertato da una simile presentazione.
<< Ehm… Angel, molto piacere >> disse stringendo l’arto del vecchio.

Yūko annuì soddisfatta.
<< Bene, ora che le presentazioni sono state fatte, sarà meglio che cominciate a incamminarvi. Prima andrete, prima tornerete >> disse, alzandosi e accompagnando i due alla porta con una certa fretta.
<< Buon lavoro >> offrì con un ultimo sorriso. Poi, chiuse la porta del negozio con un sonoro scatto.
Angel trovò l’intera scena assai strana. Non era da lei fare così. Era quasi come se avesse progettato qualcosa di… particolare.
Lanciò al Dottore un’occhiata incerta. << Quindi… in che cosa consiste il lavoro? >>
<< Oh niente di complicato >> gli rispose l’altro, prendendolo per una spalla e cominciando a trascinarlo con sé. << Solo una rapina. >>    
<< Che cosa?! >>
 
                                                                                                                                                                                           * * *
 
Angel aspettava con apprensione di fronte all’entrata di un piccolo bar.
<< Maledizione >> disse il Dottore, appena uscito dal bagno, mentre si asciugava le mani << Hanno finito le salviette di carta. >>
Si era cambiato e adesso indossava un completo blu con camicia bianca cravatta abbinata, un maglione pesante blu scuro e un paio di scarpe nere. Sembrava un agente di sicurezza, e Angel glielo fece notare.
<< Che cosa vuoi che faccia, ragazzo, O
ltre che a congratularmi per la tua perspicacia?? >> rispose l’altro, ficcandosi in tasca uno strano cilindro d’argento << Cosa te ne pare di Jack O’ Brian? Jack è un bel nome. >>
<< Troppo comune. >>
<< Be', allora inventati qualcosa. Forza, torniamo in centro. Per avere qualche soldo da spendere ci dobbiamo presentare puntuali alla rapina. >>
<< In genere >> disse Angel, con una punta di sarcasmo << Se uno ha bisogno di soldi li prende la bancomat. >>
<< Ti sembrerà strano, ma è proprio quello che faremo. >>
<< Eh? >>

Con grande sorpresa dell’adolescente, in effetti, il Dottore li condusse proprio di fronte ad un bancomat. Una volta lì, l’uomo affondò una mano nella tasca del completo.
Sotto gli occhi increduli di Angel, ne estrasse una cassetta di metallo grande quasi quanto un pallone. Ammanettò l’oggetto al polso sinistro. Poi, indossò un berretto blu a punta, e con un velcro si attaccò un foglio di carta apparentemente bianco al taschino della giacca. A quel punto cominciò ad assumere un’andatura goffa e pesante. Sembrava un vecchio poliziotto in pensione.
<< Adesso… >> disse rivolto ad Angel << tu vai a comprare qualcosa a quel supermercato e poi ti fermi nei paraggi del telefono. Se qualcuno ti chiede che cosa stai facendo, rispondi che aspetti una telefonata dalla tua fidanzata, che è rimasta in panne. >>
<< Ok, prima di tutto...perché mi dovrebbe chiamare proprio dal telefono del supermercato... >>
<< Sono sicuro che riuscirai a inventarti qualcosa. >>
<< Secondo: potrebbero filmarci le telecamere presenti nella zona >> osservò il rosso.
L’alieno rilasciò un sonoro sbuffo. << Per chi mi hai preso, un dilettante? Le ho disattivate! >>
Detto ciò, l’uomo si infilò un berretto rosso e chiuse il baule della macchina. Sul cappello scuro cominciarono a posarsi alcuni fiocchi di neve, precursori di un imminente bufera londinese.
<< Come sto? >> chiese con un sorriso estatico.
Angel lo fissò con un’espressione impassibile. << Sei ridicolo. >>
<< Ridicolo? >>
<< Sembri un idiota, se preferisci... >>
<< Mmmmh. Ridicolo e idiota… bhe, allora siamo a posto! >> esclamò il vecchio, arricciando ambe le labbra in un ghigno.
Il cappello gli dava un’aria che era insieme rassicurante, spiritosa e un po' amabile. Attraversò tutta la strada con un’andatura disinvolta e percorse l’isolato in cui sorgeva il palazzo della banca, mentre Angel entrava nel supermercato e restava a guardare.
Il Dottore attaccò sullo sportello del bancomat e della cassa continua un grosso cartello con la scritta FUORI SERVIZIO. Coprì l’apertura con una fotocopia tenuta da una striscia di nastro adesivo rosso.
Angel lesse il tutto con fare incredulo.
<< Ci scusiamo per il disagio, stiamo lavorando per migliorare il servizio… sul serio? >> borbottò con aria stizzita. Quel tipo era sicuramente la persona più pazza che avesse mai incontrato in tutta la sua vita.
Poi, il Dottore si voltò verso la strada. Aveva un’aria infreddolita e stanca. Una donna sui quarant'anni si avvicinò allo sportello e domandò qualcosa all'uomo. Scuotendo la testa, questi le spiegò che non funzionava. O, almeno, questo fu ciò che suppose Angel. Non sapeva leggere le labbra, dopotutto. La donna imprecò, arrossì intensamente, si scusò per averlo fatto e scappò via.
Il Dottore ripetè l'azione con ogni persona che si avvicinò al Bancomat, sotto lo sguardo incredulo di Angel. Dopo quasi mezz'ora, attraversò la strada trascinando la cassa di metallo ammanettata al polso e nel bar del supermercato ordinò un tè caldo e fumante. Poi ritornò dall’altra parte, dove continuò a ritirare sacchi grigi e buste da quelli che venivano a depositare gli incassi o gli stipendi della giornata.
Angel fu quasi tentato di pizzicarsi per essere sicuro di non trovarsi in un altro dei suoi sogni bizzarri, ma il freddo pungente di Londra era la prova più che evidente del fatto che fosse ancora sveglio.
<< Ragazzino, hai bisogno di aiuto? >> chiese un nero con i baffi bianchi di mezza età...probabilmente il direttore del supermercato.
Angel ostentò un sorriso grato. << Grazie, signore, non ho bisogno di niente. Sto aspettando una telefonata dalla mia fidanzata, che, ehm... è rimasta in panne, vede. >>
<< Uhmmmm...Sarà la batteria >> borbottò l’altro << Si dimenticano tutti che la batterie non durano più di tre o quattro anni. Per fortuna non costano un capitale. >>
<< Non lo dica a me >> rispose l’adolescente, strofinandosi la testa con aria imbarazzata.
<< Molto bene, aspetta pure qui >> disse il direttore, e rientrò nel negozio.
Ormai, la neve aveva trasformato la strada in una di quelle palle di vetro in cui cadono fiocchi di neve artificiali se la si capovolge, perfetta in ogni dettaglio. Angel si limitò a fissare il tutto con un luccichio quasi nostalgico che gli adornava gli occhi.
Fu allora che una macchina della polizia si fermò davanti alla banca e il cuore del rosso mancò un battito. Il Dottore salutò, toccandosi la visiera del berretto e si avvicinò lentamente. Strinse la mano ai poliziotti dal finestrino, poi rovistò nelle tasche in cerca di un foglio che fece passare dall’apertura.
Quando squillò il telefono, Angel alzò il ricevitore, deglutì e fece del suo meglio per imitare una voce bassa e profonda.
<< A1 Security Service >> disse.
<< Posso parlare con Jack O’ Brian? >> domandò il poliziotto seduto nella macchina ferma dall’altra parte della strada.
<< Sono io >> disse Angel, burbero.
<< Signor O’ Brian, siamo della polizia. Avete visto un uomo alla Blodbless Bank all’angolo tra Market Street e la Scotland? >>
<< Ehm…sì, esatto. John Smith. C’è qualche problema, agente? Smith si comporta bene ? Non ha bevuto, vero? Mio Maestro, se lo ha fatto giuro che... >>
<< Nessun problema. Il vostro uomo è a posto. Volevamo solo controllare che fosse tutto regolare. >>
<< Dica a John che se lo becchiamo un’altra volta a bere è licenziato! Ha capito? Lo sbattiamo per strada, sotto un ponte. Qui alla A1 la parola d’ordine è tolleranza zero! >>
<< Non credo di dover essere io a dirgli una cosa simile. Comunque sta facendo un ottimo lavoro. Ci siamo preoccupati perché un servizio di questo genere dovrebbe essere svolto da due agenti, secondo noi. È rischioso lasciare un uomo solo e per di più non armato con grandi quantità di soldi. >>
<< Non me ne parli. Anzi, vada a parlarne direttamente con quei taccagni ai piani alti. Perché sono i miei uomini che mando a rischiare il collo! Uomini a posto. Gente come voi >> disse con tono appassionato, cercando però di non farsi sentire dai passanti << A proposito, lei mi sembra un agente sveglio, come ha detto che si… >>
<< Myers. >>
<< Agente Myers. Se le facesse comodo nei fine settimana, o se per caso lasciasse il corpo di polizia, per qualsiasi motivo, ci faccia una telefonata. Siamo sempre in cerca di uomini a posto. Ha il biglietto? >>
<< Sì. >>
<< Non lo perda e mi telefoni. >>
La macchina della polizia si allontanò e il Dottore ripercorse lentamente il tratto di strada coperto di neve per tornare dalla piccola fila di gente che lo stava aspettando per versare i soldi.
<< Tutto a posto? >> chiese il direttore del supermercato, facendo capolino dalla porta << La fidanzata, voglio dire? >>
<< Era proprio la batteria >> rispose Angel << Adesso devo solo aspettare. >>
<< Spero che la tua meriti l’attesa >> commentò l'altro.
Il buio invernale arrivò trasformando piano piano in sera il grigio pomeriggio. Cominciarono ad accendersi le luci. Altre persone vennero a consegnare i loro soldi al Dottore.
All’improvviso, come reagendo a un segnale che Angel non aveva colto, il falso agente si avvicinò allo sportello, staccò i cartelli e faticosamente cominciò ad attraversare la strada fangosa, diretto verso un vicolo. Angel aspettò un momento e poi lo raggiunse.
<< Non posso credere che lei l’abbia fatto davvero >> borbottò con aria stizzita.
Il Dottore ridacchiò.
<< Credimi, nella mia vita ho fatto cose molto più assurde >> ribattè l’uomo, prima di agganciare un oggetto assai insolito sul polso della mano destra.
Sembrava quasi un braccialetto, adornato sulla parte superiore da una semi-sfera nera come la notte.
<< Reggiti forte >> ordinò all’improvviso, afferrando il rosso per un braccio.
Successe tutto in un attimo. Per Angel fu come se una forza irresistibile lo avesse agganciato al livello dello stomaco, strattonandolo in avanti. I suoi piedi si staccarono dal suolo e poi sfrecciò in un ululato di vento e di colore vorticante.
Dopo appena una frazione di secondo i suoi piedi toccarono bruscamente il suolo. Il rosso barcollò addosso al Dottore e cadde a terra.
Si guardò intorno con apprensione. Era in un vicolo, molto simile a quello in cui si trovava fino a pochi secondi prima. L’unica differenza: un cospicuo raggio di sole ne stava illuminando gli interni.
<< Ma… ma… stava nevicando fino a un attimo fa >> sussurrò con fare stupito.
Il Dottore si guardò attorno.
<< No, stava nevicando a Londra. Ora siamo a Tokyo >> rivelò con una punta di divertimento.
Angel volse lo sguardo in direzione dell’uomo.
<< Tokyo? Tokyo?! Come diavolo siamo arrivati a Tokyo!? >> esclamò con una voce che rasentava l’incredulità più pura.
Il Signore del Tempo indicò il dispositivo che aveva sul polso.
<< Con questo. Un teletrasporto portatile >> disse picchiettando sul dorso dell’oggetto << Ci ho lavorato per un po’, ma sono riuscito a completarlo solo un paio di giorni fa. Mi sembrava il momento perfetto per testarlo, anche perché può essere usato solo su brevi distanze. >>
Al sentire una tale spiegazione, il ragazzo non poté fare a meno di inarcare un sopracciglio.
<< E perché ci hai portato proprio qui? >> domandò con una punta di sospetto.
Il Dottore si limitò a scrollare le spalle. << Per prendere un gelato. La gente da meno di matto quando è impegnata a mettere qualcosa sotto i denti. >>
<< Cosa? >>
Poco prima che l’adolescente potesse chiedere chiarimenti, il Signore del Tempo mise la cassetta piena di soldi sotto il vestito, lo superò e cominciò a incamminarsi verso l’uscita del vicolo, seguito rapidamente da Angel.
<< Ci sono molte cose che devo dirti, ragazzo mio >> continuò l’alieno, guardandolo di sott’occhi << E credimi…un gelato è proprio quello di cui avrai bisogno, durante questa conversazione. >>
 
                                                                                                                                                                                  * * *
 
Il martedì di quella stessa settimana, nei pressi di Tokyo, si presentò all’insegna del bel tempo e dell’alta temperatura.
Gli abitanti della città brontolavano per il caldo e, ritrovandosi in gruppo al parco, sulle panchine di fronte al municipio, tutti dichiaravano che non era naturale. Probabilmente era colpa di quei farabutti dei ribelli, di cui si faceva un gran parlare alla tv. Alcuni fra i più anziani affermavano che quando erano giovani loro, non succedeva mai, ci fossero più di venti gradi alle sette del mattino.
Ovviamente non era vero ed erano ben pochi fra loro a non saperlo. Ogni due o tre anni accadeva che un’estate indiana si prendesse un bel po’ di libertà, cosicché, per quattro o cinque giorni, sembrava di essere a metà luglio in pieno inverno. Poi, un bel mattino, ci si svegliava con i brividi addosso e la sensazione di aver preso l’influenza, e, affacciandosi alla finestra, si trovava il prato davanti a casa duro di brina e qualche fiocco di neve a far mulinello nell’aria gelida.
Tutto questo lo sapevano, ma il tempo era un argomento di conversazione troppo ghiotto perché a qualcuno venisse in mente di guastarlo confessando. Nessuno aveva voglia di mettersi a discutere. Le discussioni non erano una buona idea quando prendeva a fare così caldo fuori stagione, perché gli animali manifestavano la tendenza a surriscaldarsi e se gli abitanti di Tokyo avevano bisogno di un monito sulle possibili conseguenze di uno scontro fra animali surriscaldati, be'… non avevano che da andare al parco.
Ma era anche il tempo perfetto per poter godere di un buon gelato, e questo il Dottore lo sapeva. Le persone reagivano sempre meglio quando un agglomerato di latte congelato e zucchero era coinvolto. Non ne aveva mai compreso il motivo, ma era così.
Di fronte a lui, l’adolescente a cui aveva raccontato per filo e per segno la verità riguardo a ciò che li circondava, aveva smesso di gustare il suo da almeno una decina di minuti.
Angel deglutì a fatica e prese un respiro profondo.
<< Mi stai dicendo… che questo universo prima non esisteva. Che ogni persona che lo abita, salvo rari casi… è sotto il controllo mentale del Maestro. Che tutti noi avevamo una vita diversa, prima che ciò accadesse… e che i miei sogni non sono sogni ma ricordi di quella vita?>> domandò con voce incerta.
Il Dottore si limitò a scrollare le spalle. << Non l’avrei messa in termini così semplici ma… sì, è così. >>
Il ragazzo. lasciò cadere il cono-gelato e abbassò lo sguardo verso terra.
L’alieno inarcò un sopracciglio. << Stai bene, ragazzo? >>
<< No… non sto affatto bene >> sussurrò l’altro, portandosi ambe le mani sulla fronte << Questo… questo è assurdo! Sono solo sogni! >>
<< No, sono un meccanismo di difesa >> ribatté il Dottore, compiendo un gesto sprezzante con la mano destra << Il tuo cervello si è reso conto che i ricordi impiantati nella tua mente non facevano parte dei suoi banchi di memoria originali. È un difetto di progettazione, ma quando vuoi influenzare una popolazione di miliardi di individui sono cose che succedono. Non importa quanto potere tu abbia, le variabili fuori controllo sono la prerogativa di ogni sistema complesso. >>
Angel ascoltò il tutto con estrema attenzione, lanciando all’uomo un’occhiata incerta.
<< Come lo sapevi? >> chiese con una punta di sospetto.
Il Dottore chiuse il volto in un sorriso impertinente e si picchiettò la tempia.
<< È una delle mie molte abilità, in quanto Signore Del Tempo. Posso percepire quelle fluttuazioni causate dalle menti degli individui che non sono stati completamente soggiogati. Durante i miei anni ne ho incontrati molti e tu sei solo l’ultimo tassello di una lunga lista >> disse con fare disinvolto.
Il rosso assimilò questo bocconcino d’informazioni e rilasciò un sospiro affranto. Rimase fermo e immobile per circa un minuto buono, gli occhi oscurati da una frangetta di capelli. Passato quell’intervallo di tempo, bloccò lo sguardo con quello del Dottore.
<< Puoi… riportarli indietro? I miei ricordi, intendo >> sussurrò con voce flebile.
Il Dottore annuì energicamente. << Posso farlo, ma solo con le persone come te. Il fatto che tu sogni la tua vita passata è la prova evidente che la barriera psichica che separa i tuoi veri ricordi da quelli falsi ha una crepa. Devo solo abbattere il resto del muro, utilizzando quella scheggia come punto di partenza. >>
Angel dilatò le pupille, visibilmente scioccato da una simile dichiarazione. Era finalmente arrivato il giorno? Tutte le sue domande avrebbero finalmente trovato una risposta qui, in quel parco? Sembrava quasi troppo bello per essere vero. Ma forse… questo era stato il modo di
Yūko per adempire al contratto. Coinvolgerlo nelle marachelle di questo strano individuo doveva essere parte dell’accordo!
“In ogni caso, come dice un proverbio… mai guardar a caval donato in bocca” borbottò a se stesso.
 << Fallo… per favore >> disse con voce calma e piena di determinazione.
Il Dottore inarcò un sopracciglio e compì un passo in avanti.
<< Molto bene >> disse posando la mano destra sulla fronte dell’adolescente.
Tuttavia, poco prima che il Signore del Tempo potesse dare via al processo…
<< Alt, in nome dell’Impero! >> esclamò una voce maschile alle spalle della coppia.
Sia il vecchio che l’adolescente si voltarono di scatto, trovandosi davanti ad una pattuglia di almeno venti stormtroopers, tutti armati di fucili al blaster caricati e puntati nella loro direzione.
<< Mettete le mani dove possiamo vederle >> ordinò quello che pareva il capo della squadriglia, distinguibile per una striscia rossa che gli adornava la spalliera destra dell’armatura.
Il Dottore non si scompose e volse all’uomo un sorriso accomodante.
<< C’è qualche problema, agente? >> domandò con tono cordiale, assumendo una posizione rilassata. Angel, al contrario, appariva visibilmente teso.
Lo stormtrooper compì un passo in avanti, con fare minaccioso.
<< Siete in arresto per furto, uso di tecnologia illegale… e associazione con la Ribellione >> dichiarò freddamente.
Al sentire tali parole, il rosso non potè fare a meno di volgere al Dottore un’espressione incredula.
<< Ribellione?! >> esclamò con tono scioccato.
L’uomo trasalì leggermente e cominciò a grattarsi la testa con aria imbarazzata. << Ehm… sì, forse avrei dovuto parlartene. >>
Lanciò una rapida occhiata in direzione della squadriglia e chiese: << Come mi avete trovato? >>
<< Dopo la sua ultima permanenza, abbiamo sparpagliato l’intero pianeta di sensori a lungo raggio, per rintracciare eventuale tecnologia sconosciuta. Siete stati ripresi mentre sottraevate denaro alla Blodbless Bank.  Da lì non è stato difficile eseguire una scansione planetaria della firma energetica lasciata dal vostro teletrasporto >> fu la risposta impassibile del capo.
Il sopracciglio di Angel iniziò a contrarsi.
<< Non avevi detto di aver disattivato le telecamere?!>> disse rivolto al Dottore.
Questi alzò ambe le mani in segno di resa. << L’ho fatto! >> ribatté con aria indignata.
<< Ma non quelle a infrarossi >> si intromise lo stormtrooper, ricevendo un’espressione visibilmente confusa da parte del Signore del Tempo.
<< Da quando usate le telecamere a infrarossi? >>
<< Da quando avete rapinato quindici banche nell’ultimo anno >> disse il militare.
Il Dottore fece per controbattere ma si fermò di colpo.
<< …forse avrei dovuto valutare una simile eventualità >> mormorò quasi a se stesso.
Fatto ciò, affondò la mano destra nella tasca della giacca. Uno degli stormtroopers alzò il fucile verso di lui.
 << Metta le mani dove posso vederle! >> ordinò con insistenza.
Il capo gli posò una mano sulla spalla. << Tranquillo, i sensori indicano che è disarmato >>
Il Dottore rilasciò un sonoro sbuffo. << Io sono sempre disarmato. Anche se, in effetti… io ho questo >> disse estraendo un cilindro argentato dalla tasca.
Gli stormtroopers si lanciarono occhiate incerte.
<< Che diavolo sarebbe? >> domandò il capo.
Il Signore del Tempo arricciò le labbra in un sorriso predatorio. << Un cacciavite sonico. >>
<< Un che? >>
<< Cacciavite sonico, Oggetto affascinante, ve lo assicuro! Non uccide, non ferisce… ma sapete in cosa è davvero bravo? A causare cortocircuiti. >>
E, detto questo, alzò l’oggetto verso il cielo e la punta del cilindro cominciò a illuminarsi di un abbagliante luce verde. Per un attimo, non accadde niente. Poi, come dal nulla… i fucili che gli StormtrooperS tenevano in mano cominciarono ad esplodere. I soldati, sorpresi da una simile svolta degli eventi, ruzzolarono sul terreno erboso del parco.
Angel osservò il tutto con fare attonito, incapace di distogliere lo sguardo. Qualcuno gli afferrò la mano sinistra, costringendolo a voltarsi. Era stato il Dottore.
<< Corri >> ordinò questi, con un’espressione seria.
L’adolescente non se lo fece ripetere due volte.
 
                                                                                                                                                                    * * *

Renmnant - Pianeta sotto controllo imperiale
Regno di Vale 


<< Ok, ok, senti questa. Allora, un Bullhead è in volo verso Atlas. Il pilota attacca la solita frase tipo “voleremo a un'altezza di 10.000 metri”, poi posa il microfono ma dimentica di spegnerlo; infine si rivolge al secondo pilota e se ne esce con “ ora vorrei tanto una sveltina e una tazza di caffè”. Allora l'hostess si precipita come un fulmine dal fondo dell'aereo per dirgli che il microfono è ancora aperto, e si sente una voce: “Ehi tesoro, non dimenticarti il caffè!” >>
Pronunciate tali parole, Yang Xiao Long scoppiò in una sonora risata. Kirby si unì a lei subito dopo, coprendosi il volto con la mano destra.
Dopo un paio di respiri calmanti, si asciugò una lacrima e disse: << Okay, lo ammetto, era davvero buona. >>
<< Solo una mente degenerata potrebbe trovare divertente uno scherzo così grossolano >> ribatté Weiss, rilasciando un sonoro sbuffo.
Affianco a lei, il rosato le lanciò un ghigno divertito. << Allora perché stai sorridendo, regina di ghiaccio? >>
<< I-io non sto sorridendo! >> esclamò l’altra, le guance adornate da un leggero rossore.
Penny, nel frattempo, prese a fissare Yang con fare incerto.
<< Non capisco, che cosa sarebbe una sveltina? >> domandò con tono visibilmente incuriosito.
La bionda trasalì d’istinto e volse all’androide un sorriso tirato. << Ehm… be', vedi, una sveltina è… >>
Poco prima che potesse finire la frase, tuttavia, Kirby le mise una mano sulla bocca, impedendole di continuare.
<< Quando sarai più grande, Penny >> disse con un tono che non ammetteva repliche.
Sun Wukong osservò l’intera scena con fare divertito, le braccia incrociate dietro la testa. Poi, il fauno si fermò di colpo, attirato da una scena assai insolita.
Ai piedi del lungomare, un uomo era intendo a dipingere, utilizzando come sfondo una tela grande quanto la superficie di un tavolo da cucina. Su di essa, si stagliava l’immagine di un volto nero come la notte, adornato da sfumature rosse che, oltre ad evidenziarne i contorni, regalava all’opera un’atmosfera quasi soprannaturale. Il giovane si ritrovò inconsapevolmente a fissarlo. 
<< È magnifico, vero? >>
Il suono di quella voce attirò l’attenzione di Sun, il quale si voltò. Affianco a lui, aveva appena preso posto la figura di Blake.
Nonostante l’improvvisa apparizione del gatto-fauno, l’adolescente tentò di mantenere la propria compostezza.
<< T-tu dipingi? >> domandò, cercando di non sembrare nervoso.
La mora scosse la testa un paio di volte. << No, ma apprezzo l’arte e la cultura >> replicò, prima di volgere la propria attenzione nei confronti dell’opera << Ogni artista ha la sua storia, dopotutto. >>
<< E quale pensi che sia la sua? >>
La ragazza inarcò un sopracciglio, stringendo ambe le palpebre degli occhi ambrati.
<< Lui è… arrabbiato… ferito. Non si sente al sicuro e non sa cosa fare a riguardo. Vorrebbe poter controllare i suoi demoni, anziché sentirsi controllato da loro >> continuò, il volto ornato da un’espressione contemplativa << È perso. E solo >> sussurrò, con tono quasi malinconico.
Puntò lo sguardo in direzione di Sun, stringendosi nelle spalle.
<< O magari ha solo bevuto troppo, chi lo sa? >> 
L’adolescente arricciò le labbra in un sorriso genuino. 
<< No, io punterei sulla tua prima ipotesi >> disse con voce spensierata.
Blake ricambiò con un sorriso di suo. E poi…
<< Ehi, piccioncini, avete finito di farvi la corte? >> esclamò la voce di Kirby, ad alcuni metri da loro.
La coppia di fauni arrossì di colpo.
<< Kirby, ma che diavolo! >> sbottò Sun, lanciando al rosato un’espressione visibilmente indignata.
L’adolescente in questione cominciò a ridere, seguito rapidamente da Yang. Inutile dire che Weiss non sembrava affatto contenta dalle azioni della coppia. Penny, al contrario, aveva il volto chiuso in un’espressione visibilmente confusa. A volte gli esseri organici erano davvero strani.
In quel preciso istante, una sonora “BIP!” riecheggiò per tutta la lunghezza del lungomare, attirando l’attenzione del gruppo.
Kirby si fermò di colpo e afferrò il proprio scroll dalla tasca del pantaloni. Fissò lo schermo del dispositivo… e si bloccò.
<< Uh? C’è qualche problema? >> domandò Yang, mentre cercava di sbirciare ciò che il neo-Cacciatore aveva appena letto.
L’adolescente in questione piegò le labbra in una smorfia pronunciata.
<< Sì. In questo momento, al porto di Vale, si sta svolgendo una rapina >> mormorò a denti stretti.
Penny inarcò un sopracciglio. Non aveva mai visto il suo partner in questo stato. Sembrava quasi… arrabbiato.
<< E tu come lo sai? >> domandò Blake, inclinando leggermente la testa.
Kirby le lanciò un’occhiata e strinse ambe le palpebre degli occhi.
<< È… confidenziale >> disse con tono di finalità.
La risposta sembrò non soddisfare la fauna, ma ogni tentativo di recapitolare più informazioni fu prontamente interrotto da Weiss.
<< Be', se queste informazioni sono corrette non dovresti chiamare la polizia? >> chiese l’albina, visibilmente accigliata.
Kirby scosse prontamente la testa. << No. La polizia non è preparata per gente come questa. >>
E, detto ciò, cominciò a correre, sorprendendo il resto del gruppo.
<< Kirby, aspetta! >> esclamò Penny, mentre cominciò a seguire il compagno. Il Team WBY partì subito dopo, accostato da Sun.
Qualunque fosse stato il messaggio ricevuto da Kirby… lo aveva particolarmente sconvolto.
 
                                                                                                                                                                           * * *
 
Deserto. Come tutti i porti di Renmant, anche quello di Vale era un cosmo autonomo di dimensioni enormi in cui sembrava non mancare nulla, se non la possibilità di orientarsi.
Alle spalle della figura, vi era il deposito dei container con le montagne spigolose delle casse dai colori irreali. Gru ferme si stagliavano contro il cielo blu argento della sera. I profili dei cargo per le automobili si delineavano come gigantesche scatole da scarpe.
E poi, navi portacontainer, ed eleganti navi frigorifero, bianche come il latte. Alla loro destra si trovava l'entrata dei magazzini, dalla quale gruppi di umani e fauno in divisa serpeggiavano avanti e indietro come una banda di formiche operaie. Un po’ più in avanti, vi erano tubature che scorrevano l’una sull’altra, lamiere e parti di sistemi idraulici. Ancora più avanti iniziava la zona dei bacini galleggianti. La brezza portava fin là l’odore delle vernici.
Ad osservare il tutto era un uomo alto e magro dai capelli rossi, vestito con abiti bianchi dall’elegante fattura e una bombetta nera che gli adornava il capo. Nella mano destra reggeva un bastone da passeggio, mentre in quella sinistra spiccava un grosso sigaro.
Roman Torchwick, esperto criminale e amante della cultura dandy, esalò una nuvola di fumo dalla bocca, mentre volgeva lo sguardo in direzione di un gruppo di uomini intenti a sorreggere una lunga serie di contenitori in legno. Erano tutti armati di mitraglietta e pistole.
<< Allora, quante casse di polvere dobbiamo caricare? >> domandò con tono annoiato, lanciando una rapida occhiata alla propria destra << Il capo ti ha riferito qualche specifica? Oppure me la caverò con la libertà condizionata? >>
<< Tutte quelle che servono >> disse una voce bassa e gratturale, proveniente da quella che pareva essere una figura non umana.
L'essere era molto alto, superava i due metri, ed era assai muscoloso. Ma ciò che lo rendeva raccapricciante era il suo aspetto: coperto da capo a piedi da squame verdi, dure come il marmo, artigli affilati, occhi con pupille verticali tipiche dei rettili e una poderosa mascella contornata da affilati denti aguzzi.  << I termini del patto sono che voi carichiate la merce e che non facciate domande. Al pagamento provvederemo quando tutto sarà consegnato, come pattuito. >>
 L'uomo con la bombetta schioccò la lingua con fastidio. << Cavolo, e io che pensavo che i tori fossero scorbutici. Sai, non ho mai incontrato un coccodrillo fauno. Sì, ho lavorato con un serpente fauno, circa cinque anni fa, ma non era un tipo affidabile. Bruce Jaws... conosci Bruce? Era uno squalo fauno, nato con un solo occhio. Sì divertiva a togliersi quello di vetro per metterlo nei suoi drink, ma era un pessimo tiratore. Ora, l'altro tizio, il suo partner, lui sì che era un buon conversatore! Ci siamo fatti due chiacchiere prima che gli piantassi una pallottola in testa, >>
Detto ciò, rilasciò un'altra nuvola di fumo.
<< Ma sto divagando. Bene, ragazzi, lustratevi le mani e caricate più casse che potete, voglio tornare a casa prima della proiezione di Die Hard! >> esclamò rivolto al gruppo di scagnozzi.
Questi cominciarono a muoversi in fretta e furia. Alcuni inciamparono sul posto, ricevendo un'occhiata sprezzante ad opera di Roman.
<< Che banda d'incompetenti, dico bene? >>
<< Sì, be', non ci interessa quanto sono incompetenti i tuoi uomini >> disse una voce allegra alle spalle del criminale.
Come dal nulla, la figura di una giovane donna si fece strada fino alla coppia di uomini. Aveva i capelli biondi, raccolti in un paio di trecce, un vestito rosso e attillato e una maschera nera che le copriva gli occhi. Nella mano destra, reggeva un martello grande quasi il doppio di lei.
<< Abbiamo già un idiota di nostro >> continuò la nuova arrivata, indicando la figura del coccodrillo umanoide.
Questi arricciò il volto in un ringhio animalesco.
 << Non chiamarmi idiota >> borbottò il fauno, per poi ritornare sull'uomo in bombetta.
<< Bene, grazie per la gentile consegna. Le faremo avere i ringraziamenti da parte del capo non appena il nostro affare sarà sistemato. >>

Contemporaneamente alla conversazione dei tre ladri, sette figure osservavano ben nascoste  lo svolgersi dell’intera operazione, al di sopra un container.
<< Allora, Kirby, sai di chi si tratta? >>
<< Sì, gente da non sottovalutare. Roman Torchiwick, Killer Croc e Harley Quinn. Rispettivamente il capoccione della malavita di Vale, il carrarmato preferito del Joker e l'amante di quest'ultimo >> spiegò il neo-cacciatore, lo sguardo fissò nei confronti della scena che si stava svolgendo appena sotto di loro.
<< Fantastico, ed ora cosa facciamo? >> chiese Weiss, irritata dalla quantità di casse che stavano trasportando.
Dopotutto, la famiglia della suddetta ragazza era tra le più influenti nell’ambito del commercio di Polvere. Infatti, il padre di Weiss, Jaques Schnee, era a capo della SDC, l’industria di Polvere più fiorente dell’intero pianeta.
<< Semplice, regina dei ghiacci >> si intromise Yang << Andiamo, pestiamo e vinciamo. >>
Blake rilasciò un sospiro affranto. << Yang, stiamo parlando di criminali quasi alla pari con Cacciatori d'alto livello. Forse dovremmo aspettare Emil e Ruby >> considerò, preoccupata dall'assenza della leader e dell'artista marziale. Era da un po’ che non si erano fatti sentire.
Affianco a lei, Sun fissò intensamente la figura di Killer Croc.
<< Sul serio, che è quel tizio? Non ho mai visto un fauno così mostruoso >> sussurrò con voce leggermente tesa.
<< Alcune voci parlano di un esperimento dei terrestri con DNA di Grimm, atto a ricreare Soleani artificiali >> gli rispose Kirby.
Il biondo inarcò un sopracciglio. << Soleani? Come quelli delle leggende? >>
<< Gli stessi. Ora… qualcuno ha qualche idea per avvicinarli? >>
<< Oh, penso di averne una >> ridacchiò Sun, estraendo qualcosa dalla tasca dei pantaloni.
 
<< Andiamo, andiamo, vediamo di darci una mossa! >> esclamò Roman, mentre osservava i propri sottoposti caricare il resto delle casse.
Spaventapasseri era riuscito a liberarsi di tutte le guardie che avrebbero dovuto supervisionare la consegna, ma era meglio non tentare la sorte. Prima se ne sarebbero andati da quel posto, meglio sarebbe stato per tutti.
In quel preciso istante, qualcosa gli cadde sulla punta del cappello, attirando la sua attenzione. Senza perdere tempo, il ladro afferrò lo strano oggetto, rivelando… una buccia di banana. 
<< Ma che... >>
Una sonora esplosione risuonò per tutta la lunghezza del porto, mentre un gruppo di scagnozzi veniva sbalzato in aria ad appena una decina di metri dal criminale.
Di fronte ad un simile spettacolo, Harley cominciò a ridere di gusto. Croc, al contrario, non sembrava affatto divertito  e urlò: << Vedi di concentrati, stupida troia! Ci stanno attaccando! >>
Come profetizzato dal mostro, Roman ricevette un attacco sotto forma di un doppio calcio da parte Sun, cosa che lo spinse contro uno dei container. Nel mentre, l'autore del colpo atterrò con grazia e si mise in posizione di guardia.
<< Scusate, l'avevo scambiato per un cestino della spazzatura >> disse con tono canzonatorio.
In quel preciso istante, sia Blake che Kirby rivelarono la propria presenza. Mentre il primo partì alla carica degli scagnozzi, il gatto fauno saltò verso Roman.
Estrasse una lunga spada nera dalla schiena e si preparò ad inabilitare il ladro. Questi, tuttavia, si alzò in piedi e incalzò la lama della giovane donna con il proprio bastone.
<< Bene, a quanto pare il gatto è fuori dal sacco >> commentò acidamente l'uomo, respingendo la cacciatrice con un poderoso calcio al ventre.
Blake indietreggiò di alcuni metri, pur rimanendo in equilibrio. Roman, nel frattempo, si limitò a scrocchiare il collo, armando… la canna del bastone.
“ Ovviamente… è anche una pistola" pensò la mora, visibilmente stizzita.
<< Avrei preferito concludere questa serata senza incidenti >> cominciò il ladro, compiendo alcuni passi verso Sun e Blake << ma, a quanto pare, la vita sa essere una vera cagna. Mi consolerò facendo saltare le cervella a te e al tuo macaco. >>
E, dopo aver pronunciato tali parole, sparò una lunga serie di colpi esplosivi in direzione della coppia. Fortunatamente, nessuno dei due fauni mancava in agilità. Blake schivò i proiettili con una serie di capriole all'indietro, mentre Sun saltò a mezz’aria e rispose al fuoco.
Gli scagnozzi di Roman, nel frattempo, presero a sparare contro Kirby. Il rosato assorbì un po’ di detriti all’interno dei propri vortici, ricoprendo il suo corpo con uno spesso strato di rocce. I colpi non riuscirono nemmeno a scalfirlo. Penny e Weiss atterrarono appena dietro di lui.
Killer Croc lanciò un ruggito e volse a Kirby un’occhiata di pura collera. << Ti spezzerò, damerino. Ti mangerò intero, anche le ossa! >>
Partì alla carica, seguito rapidamente da Harley . La bionda urlò come una pazza e si avventò verso Weiss e Penny, mentre cacciava una risata schizofrenica.
Affianco all’androide, l’albina strinse le palpebre degli occhi ed estrasse uno spadino dal fodero che portava sul fianco. Sarebbe stata una battaglia molto dura.
 

 
 
Com'era? Spero bello!
Roman è uno dei villain principali di RWBY, mentre Harley Quinn e Killer Croc sono tra i cattivi più famosi di Batman.
Inutile dire che le cose, nel prossimo cap, precipiteranno non poco...
 

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Capitolo 14
*** Capitolo 12 - Run, little rabbit ***


Salve! Lo so, è passato un po' di tempo, ma abbiamo avuto alcuni problemi nel gruppo, che ora sono stati risolti.
Cercheremo di tornare ad aggiornare regolarmente questa storia, il cui percorso ora sembra più vivo che mai.
Vi auguro una buona lettura e spero che continueremo a ricevere il vostro supporto!
Non esitate a lasciare un commento.




Capitolo 12 - Run, little rabbit 


Terra (Centro Imperiale) - Hong Kong 

Impeccabile. Se serviva una parola per descrivere la persona a capo della milizia di Hong Kong e dei corpi investigativi della città stessa, era questa. Impeccabile nel suo modo di vestirsi, con stivali in pelle, tirati a lucido con olio di gomito, soprabito sempre pulito di fresco, le medaglie brillanti appuntate sul petto e la divisa stirata e profumata sopra un corpo tonico, piacevole alla vista.
Sì, Hans Landa era decisamente una persona impeccabile.
Seduto dietro la sua scrivania tirata, con l’aroma mai invasivo di incenso, la pipa in corno dagli intarsi dorati e il beccuccio avvolto in platina argentata, stretta dalle sottili labbra, piegate in un sorriso amabile che rendeva i freddi occhi caldi come l’abbraccio di un fratello.
<< Prima di tutto, signorina, voglio mettere in chiaro una cosa >> disse chinando il capo e allungando la mano sinistra verso la sua ospite, facendole cenno di rilassarsi << Questo interrogatorio non mi vede coinvolto in maniera alcuna in intenzioni che possano rivelarsi nocive nei suoi confronti. Non deve aver paura, voglio solo farle qualche domanda sui fatti verificatesi la scorsa notte fra i campi di riso. Quindi, la prego, si asciughi le lacrime, non si confanno di certo al vostro grazioso viso baciato dal sole. >>
Com’era suo solito, parlò con voce lenta e pacata, le mani volte ad accentuare le sue parole, senza tuttavia sfociare in una gestualità tipica della milizia, fatta di gesti affrettati talvolta volgari e bruschi. No, la gestualità di Hans era volta unicamente a far entrare la propria ospite nella sua sfera privata, in una sorta di intimità amichevole, resa tale anche grazie al caldo fuoco che ardeva allegro nel camino dell’abitazione e dal delizioso arredamento privo di qualsivoglia effige o strumento militare.
Dopotutto, aveva detto una volta Landa, chi entra nel suo ufficio deve fidarsi di chi vi trova, non voleva esercitare pressioni su nessuno, la gente doveva arrivare ad aprirsi di sua spontanea volontà.
<< Appurato ciò, sappia che non intendo neanche rubarle molto tempo. Io provo ammirazione per la fatica fisica, per il sacrificio personale volto a glorificare qualcosa di più grande. In questo caso, il vostro lavoro nella risaia non fa che accentuare il prestigio del governatore Shen, ed esso si riflette sulla mia persona, alla quale è stata affidata la vostra sicurezza. Ora, mi dica… cosa è avvenuto in quella notte? >>
 
Fu solo il primo di una lunga serie di interrogatori. Hans stette tutta la mattina dietro la sua scrivania, con la pipa in bocca, a consolare, a far ridere e porre educate domande; alle volte fece rientrare mondine che aveva già parlato, per mettere a confronto le versioni raccolte, ascoltare due pareri discordanti o semplicemente far sentire vicino alle donne una figura con la quale si sarebbero sentite maggiormente a proprio agio.
Alle volte, se sentiva qualche informazione particolarmente dettagliata o che magari, per un qualche motivo, stuzzicava la sua curiosità, la trascriveva, e per fare ciò, usava un registro rilegato in pelle. Muovendo con grazia la penna di pavone sulla pergamena bianca, faceva scorrere i fogli fra le dita foderate nel morbido e pregiato tessuto dei suoi guanti, rivestiti di pelle cotta dai riflessi scarlatti, che rilucevano quando i raggi del sole filtravano dalla finestra alle sue spalle.
Erano le due passate quando l’ultima contadina uscì dal suo ufficio, e solo quando questa si chiuse la porta alle spalle, Hans Landa si permise di emettere un leggero sospiro, grattandosi appena la fronte con il pollice e l’indice, il volto tornato una maschera gelida e gli occhi vigili, calcolatori, profondi come gli abissi insondabili dell’oceano.
Aveva raccolto oltre cinquanta deposizioni, molte delle quali trascritte da lui stesso sul registro aperto sul ripiano della scrivania, accanto alla boccetta di inchiostro ormai praticamente vuota. Anche se in maniera diversa, tutte le interrogate avevano fornito la stessa versione dei fatti dei soldati che aveva interrogato la notte prima: un boato, un bagliore, un cratere al centro dei campi e una figura diabolica e deforme che si era levata in cielo con uno stridio tale da rompere i vetri delle case più vicine.
Pensando a queste e ad altre cose, si portò alle labbra il calice quasi dimenticato alla sua sinistra, bevendo deliziato il rosso vino a piccoli sorsi, e si alzò in piedi, uscendo dalla stanza. 
Aveva fame, certo, tuttavia, prima di dedicarsi al piacere del mangiare, voleva fare un sopralluogo ove si era formato il cratere e bussare a qualche porta. Dopotutto, erano decine, se non centinaia, le donne e le persone che lavoravano nelle sconfinate distese erbose ai piedi delle mura, e sarebbe stato un grossolano errore da parte sua non attingere ad altre fonti che non fossero contadinotte bigotte che ancora “blateravano al cielo in cerca di aiuto".
No, lui non sopportava quella linea di condotta, non avrebbe mai chiesto a qualcuno di garantire per lui, a meno che questo non avvenisse per sue azioni e gesta compiute per tale, singolo scopo. Non chiedeva mai una promozione o un riconoscimento, metteva gli altri nella posizione di implorarlo ad accettare o di lavorare per loro o di prendere delle gratificazioni più o meno sostanziose. Dopotutto, per lui, ciò che più valeva al mondo era il prestigio personale e non si faceva scrupoli a liberare la sua strada dagli ostacoli che minacciavano ciò che aveva guadagnato.
Gli tornò alla mente un aneddoto piuttosto divertente. Solo qualche mese prima, infatti, un grosso mercante della città aveva avuto un tremendo incidente. I suoi cavalli si erano imbizzarriti mentre conducevano la sua carrozza attraverso un tortuoso sentiero di montagna, e il mercante, povero lui, era precipitato nel vuoto. Non fu mai ritrovato da anima viva se non dalla fauna selvatica che aveva quasi sicuramente divorato il corpo.
Purtroppo, la vita era così: ti porta alla vetta solo per farti cadere rovinosamente.
Un ghigno si dipinse sul suo elegante volto. Chi inseguiva a tutti i costi il comando che non gli spettava, chi insisteva col voler forzare le tappe… finiva per farsi male. E questo era anche il secondo motivo per cui lui non chiedeva mai, non forzava nessuno ad accettare le sue richieste… tuttavia, chi era lui per rifiutare, se i meriti gli venivano attribuiti senza che lui li rivendicasse?
Una volta arrivato nei pressi del punto d’impatto, cominciò ad analizzarlo.
<< In effetti è ampio e profondo. Le pareti sono lisce e la terra è stata vetrificata. Il punto d’impatto non presenta orme o segni… è come se un gigante avesse scavato un solco per versarvi dentro della sabbia liquida >> borbottò.
La punta degli stivali sporgeva lievemente dal bordo della discesa e lui teneva la mano sinistra dietro la schiena, il pollice infilato nella lucente cintura delle braghe, mentre la mano destra teneva la pipa fra il pollice, il medio e l’indice, piegati verso l’interno a sostenere il fornelletto del prezioso strumento.
Facendo ondeggiare il polso, si abbassò sulle ginocchia, svuotò la pipa, riponendola in una tasca interna del soprabito, e, portando il guanto alle labbra, ne strinse delicatamente un’estremità con gli incisivi. Fatto questo, lo sfilò dalla mano che, ora nuda, andò a sfiorare la superfice del cratere, trovandola piacevolmente tiepida e priva di imperfezioni.
“Ciò coincide con quanto mi è stato riferito. Un bagliore e uno schianto… un meteorite avvolto dalle fiamme. Ma c’è ancora qualcosa che non quadra, per non parlare della fantomatica creatura. A meno che… io non sia l’unico  a…"
E, con questo pensiero, si tirò su e si spazzolò le braghe dal poco di polvere che aveva addosso e si guardò attorno, portandosi una mano all’arcata sopraccigliare per proteggersi dalla luce del sole.
Una creatura deforme non poteva causare una distruzione così perfetta e impeccabile, non vi erano state vittime, neanche fra i soldati accorsi sul posto, quindi l’essere, se era (e non nutriva grandi dubbi a tal proposito) senziente e intelligente, aveva agito in un determinato modo.
Sorrise ancora nel riaccendersi la pipa. Qualcuno era arrivato in volo, vista la mancanza di impronte, aveva raccolto qualunque cosa vi fosse nel cratere e si era levato sempre in volo, portando via l’oggetto, se di questo si trattava, prima dell’arrivo della milizia.
A giudicare dalle dimensioni del solco in fondo al cratere, era un qualcosa o qualcuno di grandi dimensioni. Ergo, doveva pesare e non poco, e chiunque l’avesse portato via non poteva essersi spostato di molto dal luogo. 
<< Voglio 50 uomini, dividetevi in 10 gruppi da 5 e setacciate le case. NON usate la violenza, siate gentili, chiunque abbia fatto questo non è da prendere alla leggera. Se notate qualcosa di strano, uno di voi si congedi con un pretesto plausibile e mi contatti immediatamente. Muovetevi, potrebbe essere già lontano o forse no, non ammetto incidenti >> intimò gelido ai soldati alle sue spalle e, senza aspettare risposta, calcò nuovamente il guanto sulla mano, muovendosi verso la casa più vicina al cratere.

                                                                                                                                                                     * * *


Renmant - Pianeta sotto controllo imperiale

Weiss Schnee non stava passando una bella giornata. Dopo aver incontrato un suo vecchio amico, Kirby Earth, il suddetto ragazzo aveva finito col trascinare lei e la sua squadra in una vera e propria battaglia all’ultimo sangue nelle banchine di Vale, dove, attualmente, lei e il resto dei team RWBY e JEKP erano impegnati ad affrontare una banda di pericolosi criminali.
L’avversaria contro cui stava combattendo era veloce, sadica, e spietata; teneva testa facilmente persino alle lame di Penny. Adesso capiva perché sua sorella Winter le ripeteva in continuazione che, anche se i Cacciatori erano abbastanza in alto nella catena alimentare di Battleground, non erano certo in cima.
Decisa a risolvere la situazione, inserì alcuni cristalli di Polvere di tuono nel manico del suo spadino e si lanciò contro Harley Quinn. La donna bloccò il fendente con la sua resistentissima mazza, il volto adornato da un sorriso folle.
La sua forza, temprata dall’allenamento e dal potere dell’Haki dell’armatura, appreso durante i suoi anni al servizio del Joker, riuscì a contrastare l’impatto con facilità disarmante. Rise di gusto e  mollò un calcio nello stomaco della giovane cacciatrice, facendola indietreggiare di alcuni metri.
<< Miss Schnee! >> urlò Penny, notando che l’Aura della ragazza aveva subito numerosi danni.
Sapendo di non avere molte possibilità in un corpo a corpo, l’androide lanciò due delle sue spade contro una gru posta lì vicino e si issò sopra di essa. Poi, con rapida efficienza, prese la mira verso Harley e sparò contro di lei un perpetuo raggio laser, come quello che aveva usato durante l’iniziazione. La donna vestita da clown evitò l’attacco per un soffio, ma venne coinvolta dall’onda d’urto risultate.
Roman, nel mentre, intaccò un colpo di lama ad opera di Blake, compiendo una giravolta su se stesso ed evitando un affondo da parte di Sun.
<< Sul serio, non possiamo parlarne? >> domandò in tono canzonatorio, schivando un secondo fendente << Credo di no. Cavoli, non sentivo un'aria così ostile da quando rimasi bloccato in uno stallo alla messicana tra mafia russa e americana. >>
Parò un successivo attacco del fauno scimmia, utilizzando il bastone come contraccolpo.
<< Credetemi, mai fare affari sulla Terra. Quel posto è pieno di gente incivile! >> esclamò con un sorriso disarmante.
Al contempo, Sun schioccò la lingua, visibilmente infastidito. Roman era senza dubbio un avversario esperto e pericoloso, quindi il cacciatore non poteva che usare la sua classica tecnica: contrattaccare infliggendo il massimo risultato col minimo sforzo, utilizzando rapidi colpi alla “mordi e fuggi”.
Fece cenno a Blake di spostarsi, per poi coinvolgere il boss del crimine con un velocissimo colpo di palmo infuso di aura, spedendolo contro un container. Afferrò i suoi nunchaku e lo raggiunse con un paio di balzi, tirandogli un calcio allo sterno e bloccandogli un braccio con il manico delle armi.
<< Blake, vai! >> urlò a squarciagola, ricevendo un cenno ad opera della cacciatrice.
Roman dilatò le pupille, visibilmente sorpreso dall'azione della coppia di fauni. Imprecando, fece pressione col bastone, liberandosi dalla presa del biondo, ma non riuscì ad evitare un calcio roteante dritto alla tempia, sferratogli della stessa Blake. Sbalzò a terra per diversi metri, per poi risollevarsi sulle braccia e le ginocchia, sputando un rivolo di sangue.
<< Be’, questo ha fatto male >> borbottò a denti stretti.
<< E non hai ancora visto niente! >> ribatté Sun, le labbra arricciate in un ghigno.
Affianco a lui, Blake attivò la sua Semblance. Il corpo della mora, intriso di Aura, vibrò, generando una copia traslucida della ragazza. Sembrava un clone perfetto dell’originale, uguale in ogni suo più piccolo aspetto. Perché questa era l’abilità della fauna: lo sdoppiamento.
In uno scatto, sia lei che la sua copia affondarono un poderoso colpo alla mascella del criminale, rendendolo subito inconscio. Nel mente, a circa una decina di metri da quello scontro ormai finito, Kirby era ancora impegnato a combattere Killer Croc.
<< Vieni più vicino, ragazzina, così ti mastico per bene! >> esclamò quest'ultimo, spalancando le sue enormi fauci con l’intenzione di divorare l’adolescente.
<< Ragazzina?! >> esclamò il rosato, arrossendo per la furia.  
Non perse tempo e assorbì un cristallo di vento all’interno dei propri vortici. Il successivo attacco colpì il gangster in pieno, facendolo indietreggiare.
Al contempo, quella che pareva una piccola meteora si schiantò sul petto di Killer Croc, spedendolo contro un container. Il mostro, tuttavia, rimase in piedi e si limitò a ruggire verso il nuovo arrivato.
<< Scusa il ritardo >> disse James Heller, atterrando vicino al compagno << ho fatto più in fretta che ho potuto. >>
In tutta risposta, Kirby si limitò a roteare gli occhi e borbottò: << Esibizionista. >>
Nel mentre, il coccodrillo mutato strinse i denti e volse la propria attenzione nei confronti di Harley.
 << Ehi, troia del capo! Vieni a darmi una mano, qui sono in inferiorità numerica! >>
<< Vedi di non chiamarmi in quel modo, bestia senza cervello! >> rispose di rimando la donna vestita da clown, atterrando al fianco del mostro.
Croc rilasciò un sonoro sbuffò e riprese a fissare la coppia di studenti.
<< Vi strapperò la carne pezzo per pezzo >> ringhiò, lanciandosi verso James. Harley lo seguì a ruota, attaccando Kirby.
Tuttavia, poco prima che l’abominio potesse entrare in contatto con il corpo dell’atlesiano, una sfocatura gialla si schiantò addosso a lui, interrompendo la sua avanzata. Al contempo, un proiettile azzurrò entrò in collisione con la figura di Harley, congelando parte dei suoi vestiti.
Yang aveva appena fatto la sua entrata in scena, accompagnata da una Weiss ormai ripresa.
Con il volto chiuso in un leggero cipiglio, la donna vestita da clown esclamò: << Ehi, così non vale, siamo quattro contro due! >>
<< Facciamo cinque >> ribatté freddamente Penny, unendosi ai suoi compagni.
<< Io dico sette >> aggiunse Blake, affiancandola assieme a Sun.
Killer Croc osservò il gruppo con uno sguardo critico, passando la testa da parte a parte del pontile. Tutti i sottoposti giacevano a terra, compreso Roman. Erano rimasti solo loro due.
<< Tsk… questo non faceva parte dei piani. Dovremmo ritirarci >> bobottò a bassa voce, ricevendo un’occhiata laterale ad opera di Harley.
<< Sai che il mio budino non sarà felice >> disse con un lieve pizzico di paura.
Croc sapeva bene che il capo non sarebbe stato affatto contento: non era un uomo che prendeva il fallimento alla leggera. Ma, del resto, meglio tentare la sorte con lui… piuttosto che affrontare la galera. Poteva già sentire le sirene della polizia che si stavano avvicinando. Entro pochi minuti, l’intero porto sarebbe stato invaso dalle autorità.
Con quella consapevolezza in mente, Killer Croc afferrò il proprio comunicatore e se lo portò alla bocca.
<< L’operazione è saltata, tiraci fuori di qui >> ordinò con tono brusco.
Per un attimo non accadde nulla, e i vari membri dei team RWBY e JEKP si preparano ad attaccare. Poi, appena un paio di secondi dopo, una figura ben distinta si materializzò dal nulla di fronte alla coppia di criminali, sorprendendo i neo-cacciatori.
Era una giovane donna di corporatura piuttosto minuta, alta circa un metro emmezzo. Aveva un aspetto piuttosto esotico e fuori dal comune, con lunghi capelli a metà tra il rosa e il castano, adornati da un ciuffo bianco, pelle candida come il latte e un paio di occhi abbinati che incorniciavano un volto dai lineamenti sottili e fanciulleschi.
Vestiva con un abito bianco e aderente alla sua snella figura, e portava un ombrello rosa, molto simile ad un prendisole cinese. Le labbra, in concomitanza con il suo giovane aspetto, erano arricciate in un sorriso malizioso.
<< Puntuale come al solito, Neo. Capisco perché Roman ti tiene in così alta considerazione >> disse Killer Croc, afferrando il suddetto ladro inconscio e posandoselo sulla spalla.
Al sentire tali parole, gli occhi di Kirby si illuminarono con un improvviso senso di consapevolezza.
<< Dobbiamo fermarli! >> esclamò il rosato, lanciandosi in avanti nonostante le proteste di James.
La rinomata Neo si limitò ad agitare la mano destra con aria beffarda, accompagnata da una sorridente Harley Quinn. Poi, il quartetto di criminali sparì nel nulla, mentre le loro figure si frantumavano come pezzi di uno specchio, dissolvendosi una volta a contatto con il terreno.
Kirby atterrò nel punto esatto in cui il gruppo di gangster era stato fino a pochi secondi prima e cominciò a guardarsi attorno. Capendo di aver perso la propria opportunità, strinse i denti e fissò il cemento del pontile.
<< Odio il teletrasporto. >>
 
                                                                                                                                                                         * * *


Terra (Centro Imperiale) - Tokyo

La grande limousine nera, recante il simbolo della Bloodbless, procedeva regolarmente. Nessun ostacolo le si parava davanti.
Come si poteva anche solo pensare di ostacolare uno dei maggiori collaboratori del Maestro? Nessuno era mai stato così folle. Solo i ribelli sarebbero stati capaci di incappare in una simile idea. Ma, anche in quel caso, di loro non sarebbe rimasto nulla se non le ceneri fumanti.
Vorkye guardò annoiato fuori dal finestrino. Viaggiare in auto fino all’aeroporto privato era noioso. Se non avesse dovuto mantenere le apparenze, avrebbe spalancato le sue ali e raggiunto la Scozia nel giro di pochi minuti.
Ma in fondo, era questa la parte noiosa del suo lavoro. Se avesse guidato si sarebbe divertito maggiormente.
<< Quanto ci vuole ancora? >> chiese con uno sbuffo.
<< Solo altri venti minuti, signore >> gli rispose la sua segretaria, Ellen, seduta vicino a lui.
<< Tsk… maledizione >> borbottò il biondo, con tanto di sbadiglio. 
Per lui, quelle strade erano noiose e prive di qualsiasi attrazione. Si segnò mentalmente di farle abbattere e poi di ricostruirle meglio… magari con qualcosa che lo intrattenesse. Forse un luna park… sarebbe stato divertente.
Mentre pensava a questo, un movimento rapido attirò la sua attenzione. Due ragazzini stavano scappando da un gruppo di quelli che avevano tutta l’aria di essere dei malviventi. Avevano tutti un aspetto piuttosto ordinario, spesso riscontrato nelle varie gang che imperversavano per i centri abitati di tutta Battleground, ed erano armati di oggetti che andavano dalle più comuni mazze da baseball ai più minacciosi coltelli.
Vorkye vide chiaramente i volti dei due fuggitivi. Erano terrorizzati, eppure si aggrappavano l’uno all’altro per sopravvivere. Quella scena gli riportò alla mente un ricordo a lungo celato.
<< Ferma >> ordinò.
Il guidatore non se lo fece ripetere due volte.
 << Faccio in un attimo >> disse ad una Ellen visibilmente preoccupata.
Lui, invece… aveva gli occhi di un predatore pronto a ghermire le sue prede.
 
I due fuggitivi erano finiti in un vicolo cieco, dopo aver tentato di seminare i loro inseguitori. Si abbracciarono l’un l’altro, i volti rigati da copiose lacrime.
Erano giovani, forse sui 10 o 12 anni. I capelli castani, sporchi di terra e macchiati dal sudore, li facevano sembrare quasi gemelli. Tuttavia, uno di loro era visibilmente più grande rispetto all’altro, almeno di un paio di anni.
Nel mentre, i loro aguzzini erano riusciti a metterli in trappola, accerchiandoli. Già pregustavano il momento in cui li avrebbero sentiti urlare e contorcersi per il dolore, fino a quando non sarebbero stati soddisfatti.
<< Questo vi insegnerà a non rubare dai Dollars >> dichiarò un tipo massiccio al seguito della banda, probabilmente il capo. Aveva le labbra arricciate in un ghignò canzonatorio e un paio di occhiali da sole gli coprivano gli occhi.
Il più grande della coppia deglutì a fatica e mormorò: << Per favore, eravamo solo affamati. Non sapevamo che quel deposito fosse vo-…>>
<< Silenzio! >> ringhiò l’uomo, sbattendo il palmo della mano contro la parete del vicolo e zittendo il giovane all’istante.
<< F-Fratellone >> squittì il più piccolo, stringendosi maggiormente al parente.
<< V-Va tutto bene. Ci sono io con te >> cercò di consolarlo l’altro, chiudendosi intorno a lui a mo’ di scudo. Forse, così facendo, sarebbe stato in grado di ricevere il maggior numero di danni.
Il branco scoppiò a ridere. Scene come queste le avevano viste chissà quante volte. La massima soddisfazione sarebbe stata il vedere la faccia sconvolta del più piccolo, una volta che il maggiore sarebbe crollato ai suoi piedi.
<< Cosa vedo? Un gruppo di inutili rifiuti che si credono al di sopra della catena alimentare >> disse una voce improvvisa, facendo girare di scatto il gruppo di delinquenti << Il vostro starnazzare è così fastidioso. Si vede proprio che chi vi ha messo al mondo non vi ha insegnato nulla su come funzionano le cose. Ma non temete…ci penserò io a farlo, e il pagamento sarà molto salato. >>
Vorky uscì dall’ombra del vicolo, e i componenti del branco lo fissarono rabbiosi. Chi diavolo era questo tizio?
Nel mentre, il soleano non tenne conto di simile feccia. Ciò che fece fu camminare tranquillamente in avanti, fino a piazzarsi al centro della banda. Erano una decina, armati di mazze di ferro, tubi e coltelli. In poche parole, non erano niente di speciale per uno come lui.
<< Ragazzino… stringiti al tuo fratellino e tenete ben chiusi gli occhi fino a quando non ve lo dico io >> ordinò freddamente.
Il bambino annuì rapidamente e fece come gli era stato detto. E poi… accadde.
Uno dei membri della gang sollevò la sua mazza con l’intenzione di colpire Vorkye, ma non riuscì mai a completare l’azione. La sua testa fu strappata dal resto del tronco con un semplice colpo di nocche. Il suo corpo cadde a terra, mentre una fontana di sangue zampillò alta nel cielo.
Gli altri osservarono lo spettacolo con occhi sgranati, colmi d’incredulità.
<< Valete meno di un sacco di allenamento >> commentò il soleano, con tono impassibile.
Non concesse loro nemmeno un istante. Gli bastò girare un paio di volte su se stesso con la gamba sollevata, e altri sei delinquenti furono fatti a pezzi come miseri fogli di carta bruciati al fuoco.
I tre sopravvissuti fissarono la scena con fare attonito, mentre il sangue dei loro compagni scivolava nei tombini del cunicolo. Senza pensarci due volte, si voltarono e scapparono, abbandonando i corpi.
Il soleano li fissò con disprezzo. Si limitò ad alzare la mano sinistra e due di loro esplosero dall’interno, mentre il terzo, il capo, si ritrovò privo degli arti, seppur ancora vivo. Il suo stesso sangue si trasformò in uncini che, come se fossero tirati da una forza invisibile, lo trascinarono davanti allo stesso Vorkye. A nulla servirono le suppliche dell’uomo: il suo corpo fu dilaniato da lance cremisi nate dal plasma dei suoi defunti compagni, ma i punti vitali non furono sfiorati. Invece, fu il tacco del soleano che gli fracassò il cranio a porre fine alle sue sofferenze terrene.
In tutto questo, Vorkye aveva mantenuto la sua espressione annoiata. Non ve n'era una più appropriata per simili sacchi di letame.
Completamente illeso e senza nemmeno una macchia di sangue addosso, il biondo si voltò verso i due fratelli, che erano rimasti stretti l’uno all’altro durante tutta la durata di quella carneficina.
<< È tutto finito, piccoli. Potete aprire gli occhi >> li rassicurò l’uomo.
Si avvicinò a loro con passo lento, mentre la coppia osservò il tutto con paura. Vorkye si fermò a nemmeno un metro di distanza dal duo e tese una mano verso di loro. Questi chiusero gli occhi, terrorizzati, aspettando l’inevitabile. Tuttavia, il soleano si limitò ad accarezzare la testa del più piccolo.
Titubanti, i bambini guardarono il biondo negli occhi: la sua espressione era cambiata. Trasmetteva calma e sicurezza. Persino quelle pupille color cremisi sembravano più umane.
<< Il desiderio di proteggere il tuo fratellino è stato ammirevole. Tuttavia, senza la forza necessaria, non puoi pretendere di difenderlo dalle insidie del mondo. >>
Detto questo, Vorkye tirò fuori un biglietto dalla tasca destra della giacca.
 << Se non vuoi continuare ad essere debole e incapace di difenderlo, allora vieni a questo indirizzo. Sarò ben lieto di mostrarti che cosa vuol dire essere forte >> continuò, mettendolo tra le tremanti mani del piccolo.
Fatto questo, si volto e cominciò a incamminarsi al di fuori del vicolo, non prima di volgere un'ultima frase nei confronti del bambino.
<< Non mi ringraziare. Non è ancora il momento >> mormorò, con tono quasi nostalgico.
Una volta tornato alla macchina, notò la figura di Ellen che lo aspettava al di fuori del veicolo.
<< È stato molto gentile da parte sua, signore >> commentò la donna, con un piccolo sorriso.
<< Non sono un filantropo >> gli rispose lui, senza degnarla di uno sguardo << Però, se ci sono pedine degne di nota, soprattutto se legate a me da gratitudine, allora un certo interesse per gli umani posso averlo. >>
Era vero. Salvo per poche eccezioni, non considerava gli umani se non come meri strumenti. I suoi colleghi umani erano tra questi.
Rispettava la forza e il valore di Vader ma, su stesso ordine del Maestro, non poteva sfidarlo. Per lui, Shen era solo un inutile politico, ma sapeva bene che non era saggio prenderlo sottogamba. Mal tollerava Loki e la sua arroganza e superbia. Salem… aveva un che di ipnotico e intrigante. Una magnifica creatura pregna di oscurità, dal fascino incredibile, ma anche una di quelle a cui si poteva applicare il detto "Guardare ma non toccare”. Non che la temesse, sia chiaro, ma ai suoi occhi erano un oscuro tesoro impossibile da raggiungere.
Megatron era il più difficile da avvicinare. Poteva comprendere il suo modo di pensare anche se, a parer suo, era fin troppo rigido.
Vorkye tornò in macchina senza battere ciglio.
<< Spero non accennerai mai alla cosa >> disse, fissando Ellen con la coda dell’occhio.
<< Non è successo nulla, signore >> rispose la donna, tenendosi gli occhiali.
Al biondo bastò come risposta e dette ordine di ripartire. Tornò a osservare la strada e vide i due piccoli e anonimi fratelli uscire dal vicolo.
Il più grande lo salutò con un inchino, mentre il più giovane sollevò la mano. Quel gesto così innocente fece sorridere di gusto Bloodbless, che ricambiò.
Ora lo ringraziavano, ma chissà per quanto ancora. 

                                                                                                                                                                          * * *

Il Dottore si addentrò per i vicoli della città, seguito a ruota dalla figura di Angel. Il ragazzo non era abituato a correre in quel modo, ma ora come ora non poteva certo fermarsi.
Nel mentre, il capitano degli stormtroopers era alle loro calcagna. Lui e i suoi uomini avevano ormai i blasters fuori uso, e potevano solo inseguirli.
Il Signore del Tempo svoltò l’angolo, e nel farlo fece cadere un bidone dell’immondizia. La sua idea era rallentare gli inseguitori il tempo necessario per riuscire a nascondersi in qualche anfratto.
L’agitazione del rosso era esponenzialmente aumentata. Sapeva di stare violando la legge e che, anche se avesse provato a spiegarsi, sarebbe stato dichiarato un ribelle e giustiziato. Ma, dopo aver sentito il discorso del Dottore, questo era l’ultimo dei suoi pensieri.
<< Li stiamo distanziando. Ancora un piccolo sforzo e li seminiamo >> lo avvertì l’uomo, voltatosi di sfuggita per controllare la situazione.
Angel annuì, ma poi… una voce rimbombò nella sua testa.
“Sono nostri. L’altra squadra li ha anticipati”. Era quella del capitano degli stormtroopers.
Angel afferrò il Dottore per la spalla, costringendolo a fermarsi.
 << Ci hanno accerchiati >> mormorò, il volto adornato da un’espressione seria.  
L’uomo lo scrutò con un’occhiata perplessa e sospettosa, ma non disse nulla. Il suo istinto gli suggerì di fidarsi, e comunque non c’era tempo per le spiegazioni.
Si guardò intorno, e fu allora che notò una finestra aperta a pochi metri di altezza dalla strada. Non perse tempo e fece da trampolino per il rosso, riuscendo a farlo entrare. Questi gli tese le mani e lo aiutò a salire.
Camminarono a quattro zampe, e si infilarono dietro la prima porta che trovarono: un ampio ufficio con al centro diverse scrivanie munite computer, adornata da numerosi armadietti e schedari.
<< Dentro >> ordinò il Dottore, ricevendo un rapido cenno ad opera di Angel.
Il  Signore del Tempo si infilò di forza in uno stretto armadietto pieno di carte e scatole, e Angel lo seguì a ruota, usando uno schedario come nascondiglio. Dovette raggomitolarsi su se stesso in maniera piuttosto dolorosa, ma riuscì ad entrare e a chiudere con fatica lo sportello.
Pochi minuti dopo, la porta della stanza fu spalancata da un calcio e un gruppo di soldati vi entrò.
<< Libero >> fu quello che disse il primo stormtrooper, mentre puntava il blaster verso un punto imprecisato. Essendo apparentemente funzionante, doveva trattarsi dell’altra squadra.
Dopo circa un minuto di perlustrazione, arrivò una seconda voce.
<< Locale vuoto. Passiamo al prossimo >> dichiarò un altro soldato, suscitando mormorii di assenso ad opera dei compagni.
Una volta che i militari furono usciti, il silenziò calò nuovamente all’interno della stanza. Passarono altri minuti, mentre la quiete dell’edificio veniva interrotta solo dai rumori occasionali causati dagli stormtroopers che continuavano ininterrottamente la loro ricerca.
Quando, infine, non si sentì più niente, il Dottore strisciò fuori dal suo nascondiglio, facendo attenzione a non produrre alcun suono.
<< Giovanotto, dove sei? >> sussurrò a bassa voce, facendo scorrere lo sguardo attorno alla sala.
<< Sono qui dentro. Mi aiuti, per favore, non riesco a uscire >> gli rispose Angel, da dentro lo schedario.
Il Signore del Tempo lo raggiunse e dovette fare non poca fatica per aprire la porta di metallo. Quando infine ci riuscì, il suo giovane aiutante imprecò per il dolore.
<< Sei tutto intero? >> domandò l’uomo, aiutandolo ad uscire.
<< Credo di essermi lussato una spalla>> gemette il rosso, tenendosi il braccio destro, penzolante verso il basso.
<< Fammi dare un’occhiata. >>
Il Dottore non perse tempo e, con un colpo secco, lo rimise apposto. Angel dovette trattenere un grido e mosse lentamente l’arto appena sistemato. Sentiva ancora qualche fitta di dolore, ma poteva sopportarlo.
<< Siediti un po’. Meglio non muoversi fino a quando non cala la notte >> affermò il Signore del Tempo.
<< Non dovremmo nasconderci in un posto più riparato? >> chiese Angel, mentre si sedeva.
L’uomo scosse prontamente la testa. << Gli stormtroopers danno sempre per scontato che un posto già perquisito non possa più essere utilizzato. >>
<< Complimenti a chi li addestra >> borbottò sarcasticamente il rosso.
<< Vero. Per questo i capitani faticano il triplo del normale. Ed è un vantaggio per noi >> commentò il Dottore, con un sorriso ironico.
Dalla tasca del giubbotto tirò fuori un paio di bottigliette di latte e ne dette una al rosso.
<< Tieni, ti farà recuperare le forza. E poi, è piuttosto buono! >> esclamò con tono gioviale.
<< Già.… >> borbottò Angel, buttando giù un sorso << E così siete parte della Ribellione. Dev’essere un lavoro a tempo pieno. >>
<< Una volta ero anche il preside di una scuola. Peccato che nessuno se ne ricordi più >> ribattè l’altro, stringendosi nelle spalle << Ne ho fatte di cose, durante la mia lunga vita. E ogni volta mi sono ritrovato a dover risolvere qualche grattacapo. Una vita piuttosto inusuale, dico bene? >>
<< A me sembra più la vita di qualcuno che ha capito quale strada intraprendere >> commentò il ragazzo, abbozzando a sua volta un sorriso << Anche se siete un po’ troppo spericolato, secondo me. >>
<< Spericolato? Forse un po’ lo sono >> ammise l’anziano. Non erano in pochi ad averlo definito tale, dopotutto.
Improvvisamente, l’espressione sul volto dell’uomo si fece cupa. << Mi dispiace, figliolo. Per colpa della mia leggerezza non potrai più tornare a casa tua. >>
<< Non deve scusarsi. Usando le parole della signorina
Yūko, era inevitabile >> disse Angel, bevendo un altro sorso di latte come un condannato a cui era stata appena diagnosticata la pena di morte.
Dopotutto, la rivelazione su ciò che era realmente Battleground aveva fatto crollare ogni sua convinzione come un castello di carte. Ripensando a chi aveva conosciuto in questi anni e che non avrebbe più rivisto, il rosso non poté fare a meno di abbassare lo sguardo.
Al contempo, il Dottore lo fissò in silenzio.
<< Hai una famiglia? >> domandò di punto in bianco, attirando l’attenzione dell’adolescente.
<< Sono orfano e per di più non ricordo nulla dei miei primi dodici anni di vita. Tutto ciò che so dei miei genitori è solo grazie ai sogni che faccio >> gli rispose il ragazzo << Mi ero fatto qualche amico… in particolare una ragazza di nome Najimi.… ma ora non la potrò più rivedere. Ed è la stessa cosa per il negozio della signorina
Yūko. >>
<< Capisco… be', guarda il lato positivo: potrai incontrare gente del tutto nuova >> offrì il Dottore, nel tentativo di appianare la gravità della situazione.
Inconsciamente, Angel si ritrovò a ridacchiare.
<< Quindi diventerò un ribelle? Viaggerò tra i mondi e cercherò di sovvertire l’impero del Maestro per riportare Battleground a come era prima… chissà perché mi torna in mente la favola che ho letto questa mattina >> commentò il rosso, ricevendo l’attenzione dell’alieno.
<< Era bella? >>
<< Parecchio. Parlava anche dei Signori del Tempo. >>
Il Dottore fissò il giovane con occhi interrogativi. Avrebbe voluto chiedergli di più su questa favola. Ma prima…
 << C’è una cosa che vorrei chiederti.... come facevi a sapere che ci avevano circondato? >>
Angel dilatò le pupille, sorpreso dalla domanda improvvisa dell’uomo. Fece un respiro profondo e cominciò a spiegare.
<< Ho sentito la voce di quello che doveva essere il capitano. Non so come, ma l’ho sentita. >>
Il Dottore fissò il giovane con un cipiglio dubbioso. << Hai sentito la voce del capitano degli stormtroopers? Sei per caso un esper? >>
Angel scosse il capo. << Ho fatto il test ed è risultato negativo. È da quando mi sono risvegliato in quel letto d’ospedale che sento le voci delle persone. Quando, poi mi trovo in luogo affollato, sento le voci di tutti e…. mi sento come se la testa stesse per scoppiare. Ma… è quando raggiungo il limite che iniziano i problemi >> borbottò con un sussurro.
Era insicuro se continuare o meno. Lo conosceva appena, dopotutto. Sarebbe stato saggio dirgli dell’enorme bestia che continuava a vedere?
Nel mentre, l’alieno prese a fissarlo con sguardo serio. Poi, lentamente, mise la mano sul mento e si voltò.
“È proprio vero che assurdo per assurdo da sempre assurdo” mormorò a se stesso.
Angel lo fissò stranito. Era questa la sua risposta?
<< Non credo di essere assurdo >> ribatté  stizzito.
Il Dottore si girò di nuovo verso di lui, fissandolo con occhi che brillavano.
 << Io non ho detto niente. >>
<< Non è vero. Vi ho sentito chiaramente dire tre volte la parola assurdo. >>
<< L’ho pensata ma non l’ho detta >> disse l’uomo, lasciando il suo interlocutore dubbioso.
Con il volto chiuso in un sorriso consapevole, il Signore del Tempo indicò Angel e dichiarò: << Ragazzo... tu usi l’Haki. >>
Per un attimo, il rosso credette di aver sentito male e sgranò gli occhi. << Haki? Volete dire…. >>
<< Sai che cos’è? >> gli chiese l’anziano.
<< S-Sì. Ne ho sentito parlare durante una lezione, ma… so che non è qualcosa che appare così dal nulla. >>
<< A meno che… non ci sia portati per natura >> ribattè l’alieno << E tu, probabilmente, disponi di un Haki incredibilmente potente. >>
Si avvicinò a lui, toccandogli la spalla.
<< A livello inconscio, per un paio di istanti, sei riuscito a penetrare nella mia mente e sentire il mio pensiero. Non è una cosa da tutti >> rivelò, fissandolo intensamente << Tu hai un talento naturale. Fidati, so riconoscerne uno, quando me lo trovo davanti. >>
Angel non seppe che dire. Quell’uomo, nell’arco di poche ore, era riuscito a capire così tante cose che lui non era riuscito a comprendere in anni di ricerche. E lo stesso valeva per 
Yūko. Anche lei aveva capito così tanto in una sola settimana. Si chiese perché lui stesso non ci avesse mai pensato. Perché non era arrivato lui stesso a quella soluzione?
<< Mi sento davvero un inetto >> mormorò alla fine, con un sorriso amaro.
<< Fidati, ce ne sono di peggiori >> lo consolò il Dottore << Hai solo bisogno di ragionarci su con calma. Senti cosa faremo: troviamo un modo per andarcene di qui e, una volta trovato un rifugio sicuro, sbloccherò la tua memoria. Vedrai che dopo andrà tutto bene. >>
<< Sembra un buon piano. Allora vediamo di metterlo in atto >> gli rispose il rosso, con rinnovata determinazione << Però… come facciamo ad andarcene da qui? I soldati saranno ancora qui intorno. >>
<< Serve un modo per passargli davanti senza che se ne accorgano >> commentò il Signore del Tempo.
Fatto ciò, si avvicinò lentamente all’entrata dell’ufficio e lanciò una rapida occhiata al corridoio esterno. Silenzio. Non si sentiva nulla.
<< Per il momento non c’è anima viva. Meglio approfittarne. >>
Angel annuì d’accordo. Fece per seguirlo, quando una voce familiare gli risuonò nella sua mente: “Ricontrollate il pian terreno.”
Si fermò di colpo, richiamando l’attenzione dell’alieno.
<< Qualche problema? >>
<< Ho sentito la voce del capitano. Stanno tornando qui >> gli rispose il rosso, visibilmente preoccupato.
Chiuse gli occhi cercando di sentire nuovamente la voce del soldato. Però non sapeva come fare. Strinse i denti, nel tentativo di concentrarsi… ma non accadde nulla.
E poi…
“Quando usi l’Haki Kenboshoku, adopera questo trucco: rilassa la mente e pensa a un cerchio perfetto. Quando sarà diventato tale, dagli spessore. Rendilo una sfera e immaginala posta sulla tua fronte e concentrati su ciò che vuoi sentire, ignorando ciò che non ti interessa.”
Nella sua mente riaffiorò un ricordo del suo passato dimenticato. La voce che lo aveva consigliato era la stessa che aveva sentito quando gli era caduto in testa quel buffo cappello di paglia.
Perché gli era venuto proprio in quel momento? Per di più, gli aveva suggerito una cosa all’apparenza semplice ma difficile da applicare.
Eppure… perché per lui sembrava così facile? Non aveva il tempo per porsi quelle domande. Non in quel momento.
Chiuse gli occhi. Il processo gli venne in modo completamente naturale… quasi come se lo avesse già fatto in numerose occasioni.
Le voci si fecero largo nella sua testa. Sembravano un flusso impetuoso, pronto a travolgerlo. Quella sensazione la conosceva fin troppo bene. L’aveva provata così tante volte, ma ora non poteva permettere che succedesse di nuovo.
<< State zitti >> disse stringendo i denti.
Alcune voci si fecero più lontane. Poi, il flusso si ridusse ulteriormente.
 << Non basta… ancora! >>
Altre voci si ammutolirono. Ora erano in dieci, ma solo una gli interessava veramente: quella del capitano.
“I rinforzi stanno arrivando. Entro pochi minuti avremo droidi attorno all’intero edificio.”
Il ragazzo riaprì gli occhi, facendo lunghi e profondi respiri. Il Dottore lo guardò con sospetto.
<< Che cosa… >>
Prima che potesse completare la frase, fu rapidamente interrotto da un gesto del rosso.
<< Hanno chiamato i rinforzi e stanno arrivando anche dei droidi. Quelle scatole di metallo dalla forma umanoide sono dotati di sensori termici. Non riusciremo a nasconderci come prima >> disse tutto d’un fiato.
Il Signore del Tempo guardò il giovane con un cipiglio di stupore. Aveva appena saputo di essere un utilizzatore di Haki e lo aveva padroneggiato in poco tempo. Sbalorditivo! Forse nella sua precedente vita era un combattente…
<< Sono esterrefatto, ragazzo. Hai imparato a controllare questo potere in pochi minuti. Sei in gamba. >>
<< No, non lo sono. Almeno credo >> gli rispose il rosso. Nemmeno lui sapeva come aveva fatto, ma ora non aveva il tempo per chiederselo.
 << Allora? Come ci spostiamo? >> chiese insicuro, guardandosi attorno.
Il Dottore tacque per alcuni secondi. Poi, alzò lo sguardo, avvicinandosi al muro di destra.
 << Useremo l’impianto di areazione >> disse salendo su una sedia, e iniziando ad armeggiare con i bulloni di una grata di metallo posta lungo il soffitto.
Ad Angel non servì chiedere quale ruolo gli spettava in questa operazione. Lui doveva fare nuovamente il palo. Magari… usando ancora l’Haki.
Iniziò a scandagliare l’edificio ancora una volta. Sentiva le voci dei soldati che continuavano a controllare, ma non sentiva fastidio, anzi… trovava quasi divertente spiarli senza che se ne rendessero conto. Per un momento, si chiese che come sarebbero stati questi ultimi anni, se lui avesse imparato prima a padroneggiare un simile potere.
<< Di sicuro saresti stato reclutato nell’esercito >> disse il Dottore, mentre fece estraeva l’ultima vite << e quindi un problema per la Ribellione. Per fortuna che qui sulla Terra non sono in molti quelli che sviluppano l’Haki >> continuò, estraendo la grata e poggiandola a terra senza fare rumore.
Angel lo fissò basito. << Anche lei può leggere nel pensiero? >> domandò, con aria incredula.
<< Un po’, ma solo quando sono vicino a persone dotate di capacità psichiche più evolute. Posso captare le loro onde celebrali, in quanto sono molto più forti e chiare >> gli rispose il Signore del Tempo, entrando nel condotto.
Angel lo seguì a ruota inoltrandosi nello stretto cunicolo. << Dove si va? >>
<< Saliremo in cima all’edificio e useremo i tetti per passare da un palazzo all’altro, fino a quando non siamo abbastanza lontani. Ci vorrà un po’ ma, se tutto va bene, entro sera dovremmo essere al sicuro >> gli rispose l’anziano, iniziando a strisciare e inoltrandosi nell’intrico di metallo.

                                                                                                                                                                 * * *


Terra (Centro Imperiale) - Hong Kong 

<< Mi aspettavo la sua venuta, signor Landa. Dopo quanto successo la scorsa notte, una visita da parte del capo della sicurezza della città era la cosa più ovvia, specie sulla soglia della mia casa, che si trova nei pressi del cratere. Mi vergogno ad ammettere che… ho avuto davvero paura, tanto che sono fuggita per il timore che la casa mi cadesse sulla testa. Mi scusi, quindi, se il benvenuto offertogli non è all’altezza della sua persona >> disse la voce calda e femminile di Marie Von Dracula, senza scomporsi.
In realtà, la donna non si scomponeva mai. La sua posizione non poteva certo permetterglielo. Non voleva far trapelare nulla all’uomo seduto sulle ginocchia davanti a lei, con la tazza di caldo tè fumante fra le mani e il sorriso gentile sul bel volto dagli affilati tratti, eleganti e severi al contempo.
Non si era scomposta poiché quella era la sua casa, lei avrebbe diretto il gioco fra quelle quattro mura di legno e anche se era costretta ad ammettere che Landa fosse un avversario quanto meno temibile, non lasciò trapelare alcunché di quel reverenziale timore che le impediva di sottovalutarlo solo perché era un umano. Non aveva, dopotutto, imparato sulla propria bianca pelle di quanto gli umani sapessero essere assai più pericolosi dei così detto "mostri"?
E per tutta questa serie di motivi, quella mattina aveva lavorato sulle proprie speculazioni, sul come giocarsi la partita con lui: se si fosse presentata vestita a modo e truccata come voleva la tradizione, non avrebbe certo potuto sostenere che la notte era fuggita e di conseguenza avrebbe dovuto affrontare i velenosi e infidi interrogatori di quell’uomo, vantante della fama di riuscire sempre, alla fine, ad ascoltare le parole esatte che voleva sentirsi dire. Aveva di conseguenza optato per una scusa che le consentisse di non dover subire troppe domande, in modo magari da tessere una tela.
Non che volesse ingabbiare la lingua di Landa, quella era un’impresa fuori dalla sua portata, ma se se la fosse giocata nel modo migliore, avrebbe potuto insinuare un piccolo dubbio, una sorta di tarlo. Quella era la sua arma, il dubbio: lei sapeva davvero qualcosa? O no? Era certa di quanto avrebbe detto o era solo confusa dalla paura provata? 
Non poteva affermare che Hans non avrebbe dubitato delle sue parole, vedendoci magari la trappola che stava preparando. Tuttavia, la confusione in quel momento era il massimo a cui avrebbe potuto aspirare. Confondere e far dubitare l’uomo seduto davanti a lei: ecco quel’era il suo obbiettivo.
Ed era brava in questo. Maledettamente brava. 





Com'era? Spero bello!
I nuovi personaggi comparsi sono Hans Landa, villain principale del film Bastardi Senza Gloria (di Quentin Tarantino)  http://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.15752-0/p480x480/47452631_261278897901018_2263712631330177024_n.jpg?_nc_cat=107&ccb=2&_nc_sid=ae9488&_nc_ohc=AnZVSgAsUWgAX99flIC&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&tp=6&oh=597934c237fabd3dedd702d69fe84bb4&oe=5FDA6521 e Neopolitan, alias Neo, villain della serie RWBY http://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.15752-0/p480x480/48314232_263359447642874_4459165635187834880_n.jpg?_nc_cat=103&ccb=2&_nc_sid=ae9488&_nc_ohc=-llBdfyBDxUAX_PhhWR&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&tp=6&oh=361dc0dbd2c2a7859f5aa8174689f7e5&oe=5FDD7F29 
                                                                                                                                                         

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Capitolo 15
*** Capitolo 13 - Non c'è pace per i maligni ***


Ecco un nuovo aggiornamento!
Consiglio a tutti di revisionare i capitoli 6 e 13, nel caso non vi ricordiate bene la storia di Angel e la sua conversazione con Yūko
. Saranno molto importanti per questo capitolo.
Buona lettura!



Capitolo 13 - Non c'è pace per i maligni


Anakin Skywalker sentiva tutto con estrema nitidezza, come per compensare i mesi trascorsi nell’insensibilità più totale. Quando si risvegliò, allungò una mano sul piumone scomposto del letto, ma di Aphra restava solo l’impronta lieve, l’odore che lui ancora sentiva. La luce che penetrava all’esterno era più calda, intensa.
Aphra, nel frattempo, aveva preso a zampettare per la stanza, osservando attentamente tutto ciò che la circondava. Era la prima volta che Vader la portava nella sua abitazione, da quando avevano iniziato a frequentarsi, e non si sarebbe certo lasciata sfuggire un’occasione del genere.
Il padre di Aphra era stato uno di quelli che cominciano a perdere i capelli sui vent'anni e sono completamente calvi intorno ai quarantacinque. 
Era un trafficante di oggetti rari e aveva esalato l'ultimo respiro sul pavimento del suo negozio. La morte per infarto a trentasei anni aveva risparmiato alla donna un destino simile, anche se lei non poteva saperlo. Quando era spirato, il possibile acquirente era intento a cercare di chiamare un'ambulanza da un telefono scollegato.
All'epoca, Aphra aveva solo tre anni. Conservava ricordi vaghi di un uomo che gli faceva il solletico e la baciava sulle guance e sulla fronte. Era più che sicura che quell'uomo fosse suo padre. HA LASCIATO UN VUOTO COLMO DI TRISTEZZA, era stato scritto sulla lapide dell’uomo, ma sua madre non era poi così triste e quanto alla mora... be', come si può rimpiangere una persona che non si riesce a ricordare?
Abbandonata a se stessa, cominciò ad intraprendere la carriera di contrabbandiere all’età di 15 anni. E poi venne il giorno in cui incontrò il suo destino.
Chelli Lona Aphra, che aveva perso il padre a tre anni e non aveva mai conosciuto i nonni, non si sarebbe mai aspettata di trovare un mentore quand'era ormai alle soglie dei vent’anni, eppure andò proprio così. Vader la scovò durante uno dei suoi numerosi raid di contrabbando ma, invece di ucciderla, decise di prenderla sotto la sua ala e usarla per accrescere le fila dell’Impero.
Era rimasto impressionato dalle sue abilità meccaniche, motivo per cui aveva scelto d’inserirla nel programma di sviluppo armamenti. Entro pochi anni, la donna era riuscita a farsi strada tra le fila del settore, diventandone la responsabile.
Ripensando a questo, Aphra non poté fare a meno di arricciare le labbra in un sorriso nostalgico. Era tutto merito suo. Grazie a lui… ora aveva una vita che i suoi genitori avrebbero potuto solo sognare.
Lo amava? Quella domanda aveva preso a tormentarla senza che nemmeno lei sapesse cosa significasse la parola amore. Non lo aveva mai provato. Ma ogni volta che stava assieme a lui… si sentiva in pace. Sì, forse lo amava davvero. Ecco perché cinque anni fa aveva scelto di baciarlo, durante una colluttazione privata. Avevano iniziato ad avere rapporti da allora.
Dio, rimuginò a se stessa, ci erano voluti ben cinque anni affinché quell’uomo si fidasse abbastanza di lei da permetterle di venire in casa sua. Ma del resto, quando si sceglie d’intraprendere una relazione con una persona come Darth Vader, bisogna sempre essere disposti a fare qualche sacrificio.
Non era difficile immaginare la sua sorpresa, quando scoprì che l’uomo più temuto della galassia aveva l’equivalente di una doppia vita. Anakin Skywalker, dopotutto, non era certo un volto qualunque, tra le fila dell’Impero.
I pensieri della mora vennero bruscamente interrotti quando i suoi occhi si posarono su una foto posta al di sopra dell’unico comodino presente nella camera da letto. L’immagine raffigurava una donna dalla bellezza ultraterrena.
Senza pensarci, Aphra prese l’oggetto e cominciò ad analizzarlo ulteriormente.
Poi…
<< Non toccarla >> sibilò una voce improvvisa alle sue spalle, facendola sussultare.
La direttrice si voltò di scatto, proprio mentre una mano forte e callosa le afferrava il polso, costringendola a perdere la presa sulla foto.
<< S-scusa, ero solo curiosa >> balbettò Aphra, fissando Anakin con timore a malapena celato.
Andati erano gli occhi azzurri dell’uomo, caldi e accoglienti, sostituiti da un a paio di orbite dorate, fredde e senz’anima. Internamente, un brivido percosse la spina dorsale della mora. Non lo aveva mai visto così arrabbiato, e la cosa la spaventava. Sembrava una persona completamente diversa.
Dopo quello che parve un tempo interminabile, tuttavia, Anakin scosse la testa e le sue pupille tornarono turchesi come la superficie di un lago.
<< Perdonami, mi sono svegliato dalla parte sbagliata del letto >> borbottò, apparentemente imbarazzato.
Mise ambe le mani sulle spalle della donna, facendola irrigidire.
<< Tu vai pure a prepararti per la colazione, ti raggiungerò a breve >> offrì, con voce calma e piena di calore.
La direttrice lo scrutò con sospetto. << Sicuro che sia tutto okay? >> domandò, visibilmente preoccupata.
<< Assolutamente >> ribatté lui, con un sorriso disarmante.
Aphra annuì incerta, prima di piantargli un rapido bacio sulle labbra, che l’uomo restituì con piacere. Fatto questo, la mora gli inviò un ultimo sorriso, prima di uscire dalla camera.
In quel preciso istante, l’espressione allegra sul volto di Anakin divenne improvvisamente seria. Prese un paio di respiri calmanti e volse lo sguardo in direzione dell’unico specchio presente nella stanza.
<< Che diavolo pensi di fare, Vader? >> domandò con un ringhio, lo sguardo fisso nei confronti del proprio volto riflesso.
Per un attimo non accadde niente. Poi, come dal nulla, gli occhi dell’uomo cominciarono ad assumere una colorazione molto vicina al giallo, evidenziando le striature rosse dei vasi sanguigni.
<< Stava toccando la foto >> rispose improvvisamente l’immagine speculare di Anakin, utilizzando una voce molto più bassa e profonda del solito.
Ora, la situazione sarebbe parsa del tutto folle alla maggior parte delle persone, ma era più logica di quanto qualcuno avrebbe mai potuto inizialmente pensare.
Ogni essere umano, infatti, ha in sé due personalità. Una di loro è la persona di tutti i giorni, della vita pubblica, mentre l'altra è l'esatto opposto. La personalità nascosta nel subconscio viene chiamata "Ombra" in termini psicologici. L'Ombra nega il suo opposto simmetrico, la persona "Luce", e in certi casi si espande fino allo stesso livello.
Se riesce ad espandersi abbastanza, assume una forma propria, si separa dal corpo, e può andarsene in giro per conto proprio. Quando ciò avviene, entriamo nell’ambito scientifico di quello che viene considerato il Santo Graal della psicologia: il disturbo di personalità multipla. Due personalità distinte che occupano uno stesso corpo.
Una personalità alternativa poteva comparire più volte, mettersi al centro della azione, fare ciò che voleva e poi sparire. Per la personalità originale era l’equivalente di specchiarsi nell'acqua e trovarvi riflesso un perfetto sconosciuto. Come se riuscisse a vedere solo una maschera.
E Vader e Anakin erano proprio l’immagine speculare l’uno dell’altro, il risultato di un processo psicologico iniziando nel momento esatto in cui il giovane ragazzo di Tatooine aveva perso la madre più di 30 anni fa. Nient’altro che un meccanismo di difesa atto a proteggerlo dalle insidie della vita, cimentatosi con l’addestramento intrapreso per comprendere e dominare la Forza.
Due esseri collegati, eppure incredibilmente diversi. Anakin Skywalker era un uomo dall'aspetto affabile, il volto quasi sempre illuminato da un sorriso. Calmo, misurato e abile nel parlare, mai riservato nell'esprimere i propri sentimenti. Era un uomo di bell’aspetto, dal passato misterioso, eppure, in un certo senso, amabile. Nelle riunioni a cui partecipava frequentemente, quando l’atmosfera era di suo gusto, gli traspariva negli occhi qualcosa di veramente umano; qualcosa che non trovava mai modo di risultare quando era in solitario.
Darth Vader, al contrario, era un uomo severo nei riguardi di se stesso, Come la bontà splendeva nell'aspetto di Anakin, così la depravazione era scritta sul volto dell'altro. Il male lasciava su quel corpo un'impronta di deformità e di decadenza, un paio di occhi gialli come il sole stesso, adornati da cerchi rossi.
Eppure, guardando quella brutta immagine allo specchio, Anakin non provava alcuna ripugnanza, ma un moto di soddisfazione. Anche questo era lui, dopotutto.
Con quella consapevolezza in mente, l’uomo lanciò al suo doppio un’occhiata furibonda.
<< Non m’interessa se stava toccando la foto! O hai forse dimenticato come funzionano le cose? >> domandò con un sibilo, spingendo Vader a roteare gli occhi.
<< È stato solo per un secondo >> borbottò questi, incrociando ambe le braccia davanti al petto.
Anakin lo fissò incredulo. << Solo un secondo, dici? Anche un fottuto millesimo di secondo sarebbe stato di troppo! >>
<< Penso che tu stia sopravvalutando la gravità della situazione. Dovresti rilassarti >> ribatté l’altro, arricciando le labbra in un sorriso a mala pena percettibile.
In risposta all’affermazione del doppio, l’uomo strinse i denti, facendo trasparire la propria irritazione.
<< Rilassarmi? Se fossi più rilassato, sarei morto! >> esclamò, sollevando le braccia in direzione del soffitto << O forse è questo quello a cui miri? Ti sei stufato di dividere l’appartamento, Vader? Vuoi spostarti e prendere il comando dell’azienda in modo permanente? >>
<< Non essere ridicolo, è stato solo un lapsus involontario, niente di più >> disse il Sith, visibilmente indignato dall’accusa della controparte.
Anakin lanciò al doppio un’occhiata indagatrice. Dopo quello che sembrò un tempo interminabile, rilasciò un sospiro frustrato.
<< Abbiamo impiegato anni per arrivare a questo punto, Vader. Tu ed io, insieme. Non possiamo permetterci di avere un conflitto d’interessi, per quanto possa sembrare minimo >> mormorò, il tono di voce ornato da una lieve punta di stanchezza.
Vader rimase in silenzio a sua volta, prima di sbuffare. << Sì, lo capisco. La prossima volta ti darò un avvertimento. >>
<< E io dovrò darti il permesso >> ribatté l’altro, indicando il suo riflesso con fare imperioso.
La copia si limitò a sorridere ferocemente. << Così come io dovrò darti il mio, quando prenderò il posto di guida. >>
<< Vedo che siamo nuovamente sulla stessa lunghezza d’onda >> commentò Anakin, con un ghigno di suo.
Questi battibecchi erano fastidiosi ma necessari. Dopotutto, un corpo era forte solo finchè lo era anche la sua mente. Meglio un rompicapo ora, piuttosto che una discussione durante una potenziale situazione di morte.
<< Non avresti dovuto portarla qui >> disse Vader all’improvviso, facendo cenno con la testa verso la porta da cui era appena uscita Aphra.
Questa volta, fu Anakin a roteare gli occhi. << Ora chi è quello eccessivamente drammatico? Ha solo toccato una foto, non è certo un crimine. >>
<< È curiosa. E se decidesse di esplorare? >>
<< Oh, mi assicurerò di intrattenerla a dovere >> rispose l’uomo, agitando le sopracciglia con fare lascivo.
Vader corrucciò la fronte, irritato dall’atteggiamento infantile del suo alternativo. << Trovo insopportabile la leggerezza con cui hai scelto d’intraprendere questa relazione, Anakin. >>
<< E io trovo insopportabili i tuoi continui tentativi di trasformarmi in una copia di te. Rassegnati, sono la parte migliore di questo corpo e intendo rimanere tale >> disse allegramente il doppio, per nulla intimorito dalle parole del suo lato oscuro.
Vader lo fissò freddamente. << Se non fosse stato per me, saresti morto. >>
<< E tu con me, quindi non fingere di averlo fatto con intenti altruistici >> contrastò l’uomo, inducendo l’altro a rilasciare un secondo sospiro.
<< Non era mia intenzione. Ma un riconoscimento per il lavoro che faccio sarebbe apprezzato >> borbottò il Sith.
Anakin ridacchiò divertito e si voltò, pronto a vestirsi.
<< Cerca di non soffocare nei tuoi doveri, Lord Vader, ho una festa da preparare >> disse porgendo al suo riflesso un rapido saluto con la mano destra.
Vader lo fissò con aria impassibile.
<< E una riunione olografica al Senato da presenziare, se la memoria non m’inganna >> ribatté con tono canzonatorio.
Quasi come ad un segnale, il doppio si bloccò di scatto.
<< Esibizionista >> borbottò con fastidio, ricevendo un sorriso di sufficienza da parte del Sith.
<< Non c’è di che. >>
 
                                                                                                                                                                   * * *


Terra (Centro Imperiale) - Tokyo

<< Corri! >> gridò il Dottore, seguito rapidamente dalla figura di Angel.
<< Non lo ripeta di nuovo, per favore! >> esclamò il rosso, il volto adornato da un’espressione che rasentava il panico.
La piccola avventura per i condotti dell’aria era durata meno del previsto. Il Signore del Tempo non aveva tenuto conto del fatto che le condutture dell’edifico non sarebbero state in grado di sostenere a lungo il peso suo e di Angel combinati.
Dopo una mezz’ora buona, i cunicoli di metallo non avevano retto e i due erano miseramente caduti sopra una squadra di soldati imperiali. Il lato positivo fu che li avevano stesi, ma i rinforzi non avevano tardato ad arrivare e inseguirli.
<< Dove accidenti sono le scale? >> si lamentò l’alieno, continuando a correre.
<< Non ne ho idea. >>
Il ragazzo non sapeva nulla della planimetria di quel piano. L’unica cosa che poteva fare era seguire l’uomo e sperare per il meglio.
La loro avanzata fu presto bloccata dalla comparsa un droide d’assalto.
<< Fuggitivi identificati. Fermi o verrete sterminati >> dichiarò la macchina, puntando un blaster in direzione del duo.
Aveva un aspetto vagamente umanoide, color terra, con la testa allungata e un antenna radio che gli pendeva dalla spalla.
<< Scusa, ma abbiamo fretta >> gli rispose il Dottore, mettendo una mano nella tasca ed estraendo il cacciavite sonico.
Lo puntò in direzione dell’avversario e il dispositivo rilasciò un sonoro ronzio. La macchina esplose da parte a parte, senza aver avuto manco il tempo di premere il grilletto.
La coppia fece per oltrepassare i resti del robot, ma…
<< Fermi! >> ordinarono cinque stormtroopers, uscendo dall’angolo del corridoio.
Angel fu preso dal panico. Essere intrappolato lì, senza possibilità di fuga, gli riportò alla mente un altro dei sogni che aveva fatto.
“Ascolta attentamente, perché questa tecnica potrebbe salvarti la vita. Per generare la Haōshoku, immagina una sfera che ruota vorticosamente, nera come la notte. Poi, quando sembra sul punto di esplodere, aumentane di colpo le dimensioni. Se poi hai anche dei compagni, pensa a loro. Non verranno investiti dall’esplosione.”
Fu tentato di afferrarsi la testa, ma riuscì a trattenersi. Ancora quella voce… con un altro consiglio e un’altra verità. Poteva davvero realizzare qualcosa di simile? C’era solo un modo per scoprirlo: provarci in quel preciso istante.
“Non che abbia molta scelta...”
Un forte brivido gli attraversò la schiena. Una sorta di energia dalla conformazione ondulante partì dalla sua testa, diramandosi attorno a lui come una ragnatela.
I soldati furono investiti dal colpo improvviso, cadendo a terra. Perfino le pareti che erano intorno al ragazzo si lesionarono.
Angel osservò la scena con fare incredulo. Era stato davvero lui a farlo? Davvero era riuscito a battere così tanti nemici da solo?
Accanto a lui, il Dottore stesso era senza parole. Evidentemente, il blocco mentale che impediva al rosso di accedere ai suoi ricordi si era molto indebolito, a causa della consapevolezza che gli aveva instillato il Signore del Tempo.
Sospettava che il ragazzo fosse pieno di sorprese, ma questo... aveva una padronanza dell’Haki così forte da permettergli di usare tecniche così avanzate senza essersi completamente risvegliato? Chi diavolo era stato nella sua vita precedente?
I due si fissarono per qualche secondo. Erano entrambi scioccati da quell’improvvisa svolta degli eventi, ma quello non era certo il momento per approfondire la cosa. Dovevano muoversi, e alla svelta. 
Ripresero a correre, svoltando l’angolo. Il Dottore usò più volte il suo cacciavite sonico per eliminare i droidi occasionali, mentre Angel si servì dell’attacco appena scoperto per contrastare gli stormtroopers.
La loro resistenza sembrò funzionare, almeno per un po’. Finalmente, trovarono le scale che conducevano alla cima dell’edificio e raggiunsero il tetto in pochi minuti.
Sembrava che la fortuna fosse finalmente dalla loro parte. Questo fino a quando due sagome ben distinte presero a sorvolare la struttura, gettando un’ombra minacciosa sulla coppia.
Il Dottore alzò lo sguardo, seguito da Angel, e si bloccò.
<< Mi stai prendendo in giro? >> borbottò il Signore del Tempo, visibilmente infastidito.
Le navette che avevano appena fatto la loro apparizione erano piccole, veloci e pesantemente armate. Caccia imperiali.
Afferrò la mano del rosso e lo tirò in avanti, appena in tempo per evitare numerosi colpi di laser dalle torrette dei veivoli. Braccati, i due non ebbero altra scelta se non quella di usare i tetti come via di fuga, saltando da una copertura all’altra.
La loro corsa, però, non durò molto. Dopo l’ultimo salto, videro che oltre c’era un ampio incrocio. Di conseguenza, non avrebbero potuto continuare a scappare da quella parte.
L’unica opzione era saltare sugli edifici che avevano ai lati, ma si resero presto conto di essere stati anticipati. I caccia erano atterrati proprio lì, con numerosi soldati e droidi pronti a bloccare loro la strada.
<< E ora che facciamo? >> chiese Angel, mentre respirava affannosamente.
<< Ci sto pensando >> gli rispose il Dottore, nelle medesime condizioni. In vita sua ne aveva passate tante e sapeva che c’era sempre una soluzione. Doveva solo trovarla.
<< Arrendetevi e alzate le mani. Questo è l’ultimo avvertimento >> ordinò il capitano.
I soldati avevano puntato tutti i blaster, e anche i caccia li avevano sottotiro. Sarebbe bastato solo un gesto ad opera del comandante e avrebbero fatto fuoco.
<< Anche se ci arrendiamo ci giustizieranno senza pensarci due volte, vero? >> chiese Angel, sicuro di questo.
<< Be', tecnicamente, prima ci tortureranno per ottenere la locazione della base ribelle >> gli rispose il Dottore << Mi spiace di averti coinvolto in questa faccenda. >>
E lo intendeva davvero. Altro non poteva dire.
<< Non deve. Anche se per poco, mi ha fatto piacere conoscere qualcuno come lei >> disse il ragazzo, porgendo all’uomo un sorriso imbarazzato.
Il Signore del Tempo lo guardò con un cipiglio sorpreso. Era da tempo che qualcuno non gli rivolgeva parole così. Per un attimo, ripensò ai compagni che aveva avuto prima di finire in quell’universo, a tutti coloro che aveva perso durante i suoi numerosi viaggi. Non voleva aggiungere anche il suo a quella lista di caduti.
Il ragazzo, nel frattempo, rilasciò un sospiro interno. Era troppo stanco per usare nuovamente l’Haki. Troppo agitato per concentrarsi. Che cosa poteva fare in una situazione del genere? Avere paura? Poteva implorare per la sua vita? Disperarsi? Non ne aveva la minima idea.
<< Non permettere che la tua volontà vacilli in questo modo. >>
A rispondere alle sue domande ci pensò ciò che lo aveva costantemente perseguitato da quando si era svegliato in quel letto d’ospedale. Ora era tornato, ma con parole di incoraggiamento.
Il drago… era riapparso.
La sua imponente figura si rese visibile agli occhi del giovane. Anche il Dottore riuscì a vederlo, rimanendo senza parole. Dopotutto, quella bestia era una proiezione psichica, e percepirla non era poi così diverso da leggere le onde celebrali di qualcuno. Per i soldati, invece, non era che un cumulo di vento alzatosi di colpo.
Il rosso fissò la creatura con occhi in cui paura, stupore e persino speranza si mescolarono insieme.
<< La tua strada è tutt’altro che alla fine. Se questi sciocchi pensano di poterla bloccare, allora ci penserò io a spianarla >> continuò la bestia, con voce solenne.
Poi, la creatura si voltò verso i soldati imperiali. I suoi occhi sembravano delle ardenti fiamme pronte a generare un incendio. Spalancò le fauci... e ruggì.
Una folata di vento partì verso i soldati. Molti di loro furono spazzati via. Persino i caccia imperiali furono disabilitati da quella potente folata, perdendo quota.
<< È un tuo amico? >> chiese il Dottore, mentre si parava gli occhi.
Il rosso non riuscì a rispondergli. Non sapeva nemmeno lui come interpretare quell’improvvisa svolta degli eventi.
<< Be', ci ha comunque aperto un varco. Approfittiamone. >>
E, detto questo, il Signore del Tempo afferrò il giovane e iniziò a correre verso la sua sinistra.
<< Non lasciateli scappare! >> ordinò il capitano degli stormtroopers, mentre i suoi soldati iniziarono a sparare.
Un laser colpì il punto esatto che Angel stava per calpestare, creando una crepa. L’adolescente non riuscì ad evitarla e scivolò di lato, verso il  bordo del tetto.
Il Dottore se ne accorse troppo tardi.
<< Angel! >> urlò, lanciandosi verso il ragazzo.
Cercò di prenderlo, ma le sue dita afferrarono solo il vuoto.
<< No. No, no, no, no! >> ripeté il Signore del Tempo, battendo selvaggiamente i pugni sul colonnato.
Non era riuscito a salvarlo. Non aveva fatto in tempo a salvare un ragazzo che non c’entrava nulla con lui, e che aveva irrimediabilmente coinvolto. Questo errore non se lo sarebbe mai perdonato.
Ma la sorte aveva voluto diversamente. A poche decine di metri, con la forza della disperazione, il ragazzo era riuscito a conficcare le dita della mano destra sulla parete dell’edificio.
Il dolore che sentiva era assurdo, ma non poteva lasciare la presa o sarebbe morto. Eppure, che altro poteva fare? Non aveva più forze. Era solo questione di tempo prima che si esaurisse anche l’ultimo barlume di energia. 
Poi, come dal nulla, il misterioso drago riapparve, una zampa tesa verso di lui.Il giovane lo fissò con paura.
<< No, stammi lontano! >>

Perché, anche in un momento come quello doveva essere così cocciuto? Stanco di dover sentire l’ennesimo rifiuto, la mistica creatura gli ruggì contro con rabbia: << Dannazione, marmocchio, fidati di me! >>
<< Perché mai dovrei fidarmi!? >> gli gridò il rosso, mentre la sua presa si allentava.
In tutta risposta, la bestia si limitò a roteare gli occhi.
<< Ho cercato salvarti. Perché credi lo abbia fatto? >> gli chiese la creatura, assumendo un tono di voce più calmo << Che cosa ti dice il tuo istinto? >>
Angel deglutì a fatica. Ormai prossimo a cedere del tutto, pose la domanda che non aveva mai avuto il coraggio di fare, da quando quel mostro era entrato a far parte della sua vita.
<< Io… Io lo voglio sapere: chi sei tu? >>
<< Un tuo amico, forse il migliore che tu abbia mai avuto >> gli rispose il drago, con un sorriso gentile.
Al sentire tali parole, gli occhi del ragazzo parvero illuminarsi di consapevolezza.
<< Guarda col cuore >> sussurrò a se stesso << Se è inevitabile… allora così sia. >>
Non aveva nulla da perdere, ormai. Con tutto il coraggio che gli era rimasto in corpo, tese la mano destra, afferrando volontariamente la zampa del drago.
Nel momento in cui le sue dita entrarono in contatto con le squame della creatura… tutto il mondo divenne luce.

Angel si ritrovò in uno spazio bianco, completamente solo. Pareva un enorme foglio di carta, immacolato, un dipinto in attesa di manifestarsi.
Il pavimento era adornato da una nebbiolina sottile, piacevole al tatto. Era forse morto?
Mentre rimuginava su questo, di fronte a lui si stagliarono numerose figure, dall’aspetto assai familiare.
<< Dove mi trovo? >>  chiese il ragazzo, confuso come non mai.
<< E tu saresti l’Angel che ho conosciuto? Fai quasi ridere >> commentò ironico un ragazzo dai corti capelli argentei e dagli occhi azzurri, vestito con un completo nero.
<< Suvvia, Vali, non essere così scorbutico. Dopotutto, ne ha passate tante >> si intromise una creatura umanoide dalla pelle azzurra, con occhi rossi e una lunga coda dalle fattezze rettiliane.
Nel trovarseli davanti, il rosso riuscì a stento a trattenere il proprio dolore.
<< Voi… Voi siete…. >>
<< Evita di piangere, amico, non è da te >> lo riprese allegramente un curioso ragazzo dai capelli castani, vestito con un’armatura rossa di fattura orientale. Nella mano destra teneva un bastone alto quasi quanto lui.
Poi, lentamente, apparvero i volti sorridenti di altre persone. Ricordi... i ricordi che tanto aveva cercato si fecero finalmente largo nella sua mente. Lui ora… ricordava. 
<< Vali, Ice, Bikou e… voi tutti. Io… >>
Gli occhi di Angel iniziarono a versare lacrime amare. Davanti a lui apparvero i volti di persone che aveva conosciuto e con cui aveva vissuto avventure ed esperienze uniche nel loro genere. Come aveva potuto dimenticarsi di loro?
<< Non piangere, figliolo. Ora devi andare avanti >> disse un uomo, mettendogli una mano sulla spalla.
Sembrava quasi una versione più adulta dello stesso Angel.
<< Tu sei il mio piccolo angelo. Sono sicura che lo sarai anche per tutti coloro che ti conosceranno >> continuò una donna, affiancando il rosso. Aveva lunghi capelli rosati,  coronanti un paio di occhi scarlatti come il sangue, che la facevano somigliare ad una creatura ultraterrena .
<< Padre… madre... >> sussurrò l’adolescente, fissandoli con aria incredula.
L’uomo arricciò le labbra in un sorriso gentile.
<< Anche se non siamo più vivi, ti saremo sempre vicini >> si intromise una terza voce.
I suoi genitori si spostarono per permettere a una giovane e bella ragazza dai lunghi capelli neri e dai profondi occhi blu mare di avvicinarsi a lui.
La giovane donna gli asciugò le lacrime, sfiorandogli le labbra con un dolce e delicato bacio.
Il rosso dilatò le pupille e le posò una mano sulla guancia.
<< Mato…  sarai sempre nel mio cuore >> mormorò con un sorriso acquoso << Lo sarete tutti voi, amici miei… ognuno di voi >> continuò, volgendo lo sguardo in direzione della folla riunita.
Li vide sorridere… e poi, come dal nulla, le loro figure si smaterializzarono in tante piccole luci. Queste rimasero sospese nell’aria, per poi raggrupparsi in un unico punto. Dopo pochi secondi, dal grappolo illuminato fuoriuscì un ciondolo dalla forma simile a quella di una lancia, blu come il mare stesso.
Angel lo afferrò con esitazione. Nel mentre, l’enorme drago apparve davanti a lui, il volto adornato da un’espressione serena.
<< Adesso ti ricordi chi sei? >> gli chiese con la sua voce tonante ma calma al tempo stesso.
In tutta risposta, il rosso si limitò a sorridere, portandosi una mano al petto.
<< Io… sono Angel Arthur Hikaru, uno dei Dieci Guardiani del Multiverso. Figlio dell’ultimo Soleano Blu e della strega d’Irlanda,
Scáthach l'Ombra >> gli rispose, con determinazione rinnovata << E tu sei il mio partner, Blue… una delle bestie custodi >> sussurrò, fissando la creatura con fare nostalgico e tendendo un pugno in avanti.
<< Esatto >> rispose il drago, battendolo con la zampa destra << Ora… andiamo a salvare il tuo amico? >> 
<< Sembra un buon piano >> sorrise il rosso, mentre, da dietro la schiena, cominciarono a protrarsi un paio di ali simili a quello dello stesso rettile.


                                                                                                                                                            * * *

Contrariamente a quanto pensava la maggior parte della Terra, i due terzi di Londra non erano costituiti da grattaceli, metropolitane affollate e spietati centri commerciali.
Mentre Vorkye Blodbless, direttore della Blodbless Corporation, passeggiava tranquillamente per il loggiato in legno, lo sguardo fisso in direzione del complesso inglese, avrebbe potuto benissimo ricostruire mentalmente la cartina geografica della regione: estesa dalla costa fino all’apice del Tamigi, consisteva in circa duecentocinquanta ettari di lussureggianti terreni pubblici e privati,disseminati di fiumi impetuosi e migliaia di laghetti.
Vorkye sapeva tutto questo, essendo dotato di quel genere d'intelligenza cristallina che automaticamente afferra, archivia e utilizza i dati significati.
A seguirlo lungo il corridoio del palazzo, vi era un piccolo gruppo di persone, tutte vestite in abiti costosi.
<< Grazie per essere venuto, signor Vorkye… >>
<< Governatore Vorkye. >>
<< Sì, Governatore Vorkye >> si corresse rapidamente l’uomo che aveva parlato, un cinquantenne dall’aria smilza, indossante un paio di occhiali da vista << Il ramo marketing ha ideato una nuova strategia di vendita che penso potrebbe rivelarsi davvero utile per i nostri recenti affari, ma vorremmo prima ottenere la sua approvazione… >>
Ugh, è già terribilmente noioso, rimuginò il soleano. E non erano nemmeno arrivati alla Sala Conferenze! Certe volte odiava davvero quel lavoro, ma tali frivolezze erano parte dell’essere un sovrano, e lui non le avrebbe certo liquidate come un tiranno qualunque.
Brevemente, si chiese se pure il Maestro aveva a che fare con situazioni del genere. Forse gli incontri a cui presenziava assieme ai membri della cerchia erano proprio l’equivalente di queste riunioni. Perlomeno, erano sicuramente molto più movimentati.
Con quei pensieri in mente, l’uomo fece per aprire la porta della sala in cui si sarebbe tenuto l’incontro… e si bloccò di scatto. Un brivido improvviso gli percosse la spina dorsale, inibendone i sensi. Una sensazione familiare, che non aveva percepito da innumerevoli anni.
Quell’energia… come se fosse stata rilasciata tutta in una volta, dopo essere stata dormiente. Non c’era alcun dubbio: Vorkye stava percependo la presenza di un soleano!
Ma… com’era possibile? Era l’ultimo rimasto! Il suo mondo era perito nello Scisma, assieme a suo fratello… a meno che…
<< Sei tu… finalmente ti ho trovato >> sibilò attraverso i denti, attirando l’attenzione degli impresari.
<< Ha detto qualcosa, governa-… ma che diavolo ?! >> esclamò l’uomo di pochi minuti prima, facendo un passo indietro.
Il corpo di Vorkye, infatti, era drasticamente cambiato nella frazione di un secondo. Andate erano le membra umane, il colore rosato della pelle, i capelli biondi e gran parte dei vestiti. Al loro posto spiccava la figura di un drago alto quasi tre metri, rosso come il sangue, il volto adornato da uno sguardo che rasentava la collera più pura.
La creatura ruggì e prese il volo, sfondando il soffitto e lasciandosi dietro degli impresari visibilmente scossi. Alcuni di loro erano svenuti per lo spavento.
Di fronte ad una simile scena, Ellen non poté fare a meno di rilasciare un sospiro rassegnato.
<< Avrò bisogno di molti inibitori di memoria. >>

                                                                                                                                                                      * * *

<< Fermo dove sei >> intonò il comandante degli stormtroopers, puntando il  blaster in direzione del Dottore.
Il Signore del Tempo strinse i denti. << E ora che faccio? >> borbottò, afferrando il cacciavite sonico.
Poi… accadde qualcosa di decisamente inaspettato. Una colonna di luce si alzò dalla strada sottostante.
L’atmosfera serale fu illuminata dal raggio e una voce assai familiare lo raggiunse alle spalle.
<< Lasci fare a me, Dottore. >>
<< Angel?! >> esclamò l’uomo incredulo, fissando il ragazzo che credeva fosse ormai spacciato.
Ora, l’adolescente sfoggiava un paio di enormi ali blu che gli spuntavano da dietro la schiena, simili a quelle tipicamente osservate negli schizzi dei draghi, mentre la sua figura era avvolta da una candida luce bianca.
Dopo un iniziale stupore, il capitano degli stormtroopers puntò minaccioso in direzione del rosso.
<< Non so che cosa diavolo sei, ma in nome dell’Impero ti ordino di arrenderti! >> ringhiò, mentre il resto del suo plotone alzava i blaster.
Angel si limitò a sorridere.
<< Io non credo >> fu la sua risposta, mentre chiudeva gli occhi e prendeva un respiro profondo.
Poi… accadde. L’Haōshoku fu rilasciato a piena potenza. A suo confronto, quello usato sui soldati appena pochi minuti prima non era altro che una leggera brezza. Tutti gli stormtroopers ne furono investiti e persero i sensi, crollando a terra. Rimasero solo i droidi.
Angel mise mano al ciondolo. Il piccolo monile s’ingrandì di colpo, diventando una lunga lancia cremisi, illuminata da un bagliore azzurro. Essa fu spinta in avanti e, come se avesse vita propria, iniziò a zigzagare, trapassando con precisione chirurgica tutti i nemici che avevano avuto la sfortuna di trovarsi nella sua traiettoria.
Nello stesso momento, Angel si lanciò in avanti e abbatté due droidi usando le proprie mani, spingendo i loro corpi metallici contro la superficie del tetto e mandandoli in pezzi. Pochi secondi dopo, la lancia gli ritornò tra le mani.
Di fronte a quello spettacolo, un certo Signore del Tempo si ritrovò a sorridere.
<< Sta bene, Dottore? >> gli chiese il ragazzo, atterrando ad appena pochi passi da lui.
<< Suppongo di sì. Ma tu… che cosa sei diventato?  >> gli domandò l’alieno, estraendo il cacciavite sonico e passandoglielo sopra, nel tentativo di analizzare la sua struttura biologica.
Angel lanciò una rapida occhiata alle sue nuove sembianze.
<< Be'… è una storia molto lunga, una che sarebbe meglio riprendere in seguito >> ribatté il giovane, notando che le navette di prima avevano ripreso quota.
Nel mentre, altri dieci veivoli si erano uniti alla coppia di mezzi.
<< Ti prego, dimmi che quella lancia è solo il primo dei tuoi trucchi >> commentò il Dottore, fissando la flotta con uno sguardo impassibile.
Il ragazzo ridacchiò, alzando le mani in direzione del cielo. << Non si preoccupi, ho quale altra freccia al mio arco. >>
Come a voler rispondere al suo gesto, dalla strada sotto di loro esplosero idranti, tombini e fontane. Tutta l’acqua che contenevano si sollevò verso l’altro, in direzione del tetto su cui posavano, fino a raggiunge la figura di Angel.
Il ragazzo cominciò a plasmare la massa liquida, dandole una forma simile a quella di un grande uccello, per poi scaraventarla verso le navette. I veivoli, colpiti in pieno dall’attacco, precipitarono al suolo. Al contempo, numerosi stormtrooper cominciarono a fuoriuscire dalle porte collegate alle scale dei palazzi.
<< Vediamo se mi ricordo ancora come si fa >>  disse il rosso, stringendo ambe le palpebre degli occhi in direzione dei soldati.
Prese un grosso respiro, mentre il suo corpo fu avvolto da quella che sembrava una scarica elettrica in piena regola. Poi, dalla bocca dell’adolescente eruttò una grossa saetta che si abbatté contro i militari, sbalzando i loro corpi per diversi metri.
<< Un saluto a dir poco scioccante! >> esclamò il Dottore, impressionato da quello che aveva appena visto.
Ormai poteva vederlo… quello che si trovava davanti a lui non era più il giovane pieno di dubbi che aveva incontrato questa mattina. Ora era un essere completamente nuovo, libero dalle sue catene. Un vero guerriero.
Angel gli inviò un sorriso.
<<  Allora penso che questo trucchetto le piacerà ancora di più >> disse chiudendo gli occhi una seconda volta.
All’improvviso, l’aspetto dell’adolescente cominciò a cambiare radicalmente. Il suo corpo s’ingrandì, lacerando i vestiti, fino a raggiungere i due metri e mezzo di altezza. La pelle cambiò colore, diventando blu come le sue stesse ali, mentre una lunga coda spuntò dalla parte posteriore del corpo. I piedi seguirono a ruota, assumendo l’aspetto di poderosi artigli di rapace e le unghie delle mani divennero lame gialle e acuminate. La testa si allungò, diventando molto simile a quella di un'aquila, mentre dalla nuca spuntarono un paio di grandi corna, proprio ai lati della testa.
Il Dottore osservò il tutto con sguardo rapito, analizzando i cambiamenti in ogni minimo dettaglio.
<< Solo una domanda: da che pianeta vieni? >> chiese all’improvviso, ricevendo l’attenzione della creatura.
<< Sono un soleano… be', non proprio puro, ma quasi. Sono nato sulla Terra, però >> gli rispose lui, afferrando l’uomo e mettendoselo sulle spalle.
Questi rilasciò un guaito di sorpresa.
<< Si regga forte! >> esclamò Angel, per poi spalancare le ali e prendere il volo, sparendo verso la volta celeste.
 
Pochi minuti dopo, una figura ben distinta calò nel punto esatto in cui, fino a poco tempo prima, si era svolta la battaglia che aveva messo a ferro e fuoco il quartiere.
Vorkye fissò il tutto con un cipiglio, i denti scoperti in un ringhio a malapena celato. Era arrivato troppo tardi. Poteva ancora sentire l’immenso residuo di energia generato dal risveglio del soleano, ma proprio per questo gli era del tutto impossibile identificare la scia che poteva indicargli dove fosse andato. Era come cercare un ago in un pagliaio!
<< Presto… >> sussurrò la creatura << Molto preso… sarai mio. >>

                                                                                                                                                                               * * *

Terra (Centro Imperiale) - Washington D.C. 

All’interno di un edificio non meglio identificato, vi era una stanza perennemente avvolta tra le ombre, con quattro grandi finestre che ne adornavano le pareti, e un lungo tavolo di mogano posto proprio al centro.
Al di sopra del mobilio, poggiavano alcune valigie di metallo, contenenti una quantità cospicua di banconote, illuminata solo da un numero imprecisato di televisori incastonati nel muro, che facevano da sfondo alla scena: vari uomini, vestiti tutti con abiti sgargianti e maschere da clown, e insieme con loro Spaventapasseri, Harley Quinn e Killer Croc, ad osservare la figura che stava davanti a loro. Era girata di spalle, motivo per cui era possibile intravederne solo l'abito viola e una verde chioma ribelle.
L'individuo spalancò le braccia, indicando dei rudimentali grafici apparsi sugli schermi, disegnati a matita e con diversi smile sorridenti lungo i bordi, come se fossero stati realizzati da dei bambini di cinque anni.
<< Amici, malavitosi… benvenuti alla prima valutazione trimestrale di produttività >> enunciò la figura, con un tono di voce gratturale e decisamente maschile << Come vedete dagli schermi davanti a voi, le forniture di Polvere sono ben al di sotto delle proiezioni... è una cosa alla quale noi dobbiamo porre rimedio >> terminò, rilasciando una breve risata.
Dopodiché, si girò verso il gruppo di criminali, lanciando sul tavolo un'altra valigia ricolma di soldi. Ora era possibile vederlo in faccia: un inquietante viso pallido, completamente bianco,  gli occhi verdi corrucciati e delle labbra color rosso sangue inarcate in un largo quanto inquietante e malefico sorriso.
Quest'uomo pareva un clown alla vista, ma quell'espressione sociopatica perennemente dipinta sul volto lasciava trasparire ciò che gli era davvero: il Male. Il male incarnato nell'avatar del caos. 
Lui era il capo dei malavitosi che il Team JEKP aveva affrontato quella sera, il Kingping più famoso di Battleground, ed era conosciuto con tanti nomi: il Re della Risata, Jack Napier e il Principe Clown del Crimine, ma tra tutti gli pseudonimi ve ne era uno in particolare, il più famoso di tutti... Joker.
Nessuno conosceva il suo vero nome, né se quel viso pallido e i capelli verdi fossero naturali. Alcuni dei suoi uomini più fidati, in passato, presi da impeti di coraggio, avevano provato a chiedergli delle sue origini.
Tuttavia, ogni singola volta, l’uomo si era inventato una storia diversa, affermando sempre che, se proprio doveva avere un passato... preferiva avere una scelta multipla. Non è il caso di chiedere che fine fecero i poveri sventurati, il cui unico peccato fu quello di essere troppo curiosi.
<< E per noi... intendo voi! >> esclamò l’uomo, riprendendo il discorso << Capito, razza di babbei? Ora, pretendo di sapere cosa è successo. Cosa ha fatto saltare il nostro piccolo affare innocente? Harley, Croc, prego, parlate pure, sono tutto orecchi. >>
<< Ecco, capo... >> prese parola il coccodrillo umanoide, facendo qualche passetto in avanti, << Stavamo per caricare la merce di Roman, quando sono spuntati fuori questi tizi dall’aspetto strano. Erano giovani, probabilmente apprendisti Cacciatori. Ci hanno sopraffatto nel numero e... >>
<< Avete perso il carico, dico bene? >>
<< Sì, capo... >>
<< Mmmh, e qual è la mano che non ha difeso la mia preziosa scorta di Polvere? >>
<< Ehm... questa... >> rispose il mutante, alzando la sua mano destra.
Era visibilmente confuso, non riusciva a capire dove il boss del crimine volesse andare a parare.
<< Mettila qui sul tavolo, per favore >> ordinò il Joker.
Croc obbedì e appoggiò l'arto sul bancone. Poi, nella frazione di a mala pena un secondo, la mano venne recisa di netto dal suo arto, con una mannaia fatta di puro adamantio. La creatura urlò dal dolore, tenendo stretto il moncherino per impedire all'emorragia di espandersi, il tutto contornato dalla grossa e perversa risata del suo carnefice.
<< Che vi sia di esempio! Quando vi dico di concludere un affare... chiudete il becco e concludete l'affare! >> esclamò l’uomo, conficcando la mannaia nel tavolo e passando lo sguardo su ognuno dei presenti << È chiaro il concetto? >> domandò con un ringhio, ricevendo rapidi cenni ad opera dei sottoposti.
Soddisfatto, Joker lanciò un altro sguardo al suo sicario, ancora a terra in preda a forti spasmi. Rilasciò un sonoro sbuffo e ordinò che fosse portato in infermeria per farsi medicare.
<< Ironico, adesso è il coccodrillo quello col moncherino, e non più Capitan Uncino >> commentò, scoppiando in un’altra fragorosa risata << Harley! >> urlò poi, facendo scattare la bionda come un soldato << Voglio un resoconto sull'attacco. Chi erano questi individui? Erano una gang rivale? Devo saperlo se voglio organizzare loro una... sorpresina coi fiocchi! >>
<< Ecco... non abbiamo inteso bene a quale fazione appartenessero... >> balbettò la ragazza << Non sembravano Cacciatori professionisti, quindi è possibile che facessero parte della truppa ribelle. >>
<< I ribelli? Vuoi dire che quel vecchio trombone del Dottore ha finalmente deciso di mettersi all'opera? Ma è... fantastico! >> esclamò, sedendosi sulla sua sedia girevole << Immagina la crisi che dovrà affrontare il caro Maestro riguardo a tutto ciò. E noi potremmo agire indisturbati e... perché no... contattare quel bel faccino in giacca e cravatta e vendergli informazioni personali sulla ribellione. Una guerra civile! Ecco cosa scoppierebbe! >>
Si alzò di getto e prese Harley per un braccio, portandola alla finestra, mostrandole il panorama della città: << Immagina questa galassia ricoperta di fiamme, pullulante di cadaveri, mentre noi passeggiamo allegramente tra di loro portando la nostra contagiosa risata! Ahahaahaahahaha! Ma ci deve essere dell'altro... questi boy-scout che vi hanno attaccato... avete scoperto chi sono? >>
<< Onestamente no, non tutti... uno di loro mi pare di aver capito si chiami... Kirby, o qualcosa del genere>>
Al sentire quel nome, gli occhi del Joker parvero illuminarsi di luce propria. Si incamminò lentamente alla sua postazione, dando le spalle alla bionda.
<< Kirby? Capelli rosa... un po' effemminato? >>
<< Sì, esatto. Non fosse stato per la corporatura formato armadio, sarebbe sembrato una femmina. Lo conosci, puddin? >>
Harley Quinn non poteva vederlo, ma il sorriso del Joker si fece ancora più largo del solito, talmente macabro e inquietante da gelare il sangue anche all'individuo più risoluto. Si girò verso di lei, e, per un attimo, la donna fu visibilmente tentata di correre via.
<< Il mondo è davvero piccolo, non trovi? >> ridacchò il clown, mantenendo quell'espressione raccapricciante << Kirby, il figlio del buon vecchio Meta Knight, si palesa dopo tutti questi anni e cosa fa? Sventa un piano PROPRIO del sottoscritto! Una coincidenza davvero buffa >> commentò, avvicinandosi a lei << Non sembra anche a te? >>
Detto questo, la scaraventò contro il muro, tenendola per le spalle, e scoppiando in una fragorosa e psicopatica risata, udibile in ogni angolo dell'edificio in cui risiedevano.
Harley, però, non sorrise. Era spaventata dall'uomo che amava… e quella non era la prima volta nella sua vita.
 
                                                                                                                                                                        * * *


Terra (Centro Imperiale) - Londra

Angel atterrò proprio di fronte ai giardini dell’abitazione di
Yūko. Una volta a terra, il Dottore si scrocchiò il collo e cominciò a pulirsi le orecchie.
<< Tutto bene ?>> domandò il soleano, inclinando la testa.
L’uomo compì un gesto sprezzante con la mano destra. << Sì, sì, tutto a posto, sono solo un po’ scombussolato. A quanto stavi andando? >> chiese con una lieve smorfia.
Il rosso scrollò le spalle e disse: << Circa 300 km/h. Potrei andare più veloce, ma non volevo rischiare di recarle qualche danno. >>
<< Oh, hai fatto un ottimo lavoro >> commentò l’altro, sarcasticamente.
In quel momento, un gruppo di figure ben distinte si fece strada verso di loro.
<< Ben arrivati, ragazzi >> li salutò Ichihara, con uno dei suoi enigmatici sorrisi, seguita da Mokona e dalle sue assistenti.
<< Siamo tornati >> le rispose Angel, mentre recuperava le sue sembianze umane.
La donna prese ad osservarlo con vivo interesse, passando la testa da lui al Dottore.
<< Però, sembra che sia stata una giornata ricca di eventi >> commentò, gli occhi illuminati da un bagliore consapevole.
Il Signore del Tempo rilasciò un sonoro sbuffo.
<< Oh, lei non ne ha la minima idea >> borbottò, con aria stizzita.

Yūko si coprì la bocca, nel tentativo di sopprimere una risata assai poco signorile. Fatto questo, volse la propria attenzione nei confronti del Solenao.
<< Ora dimmi, giovane Angel… tu quale Calak’ant sei? >> domandò, il volto adornato da un’espressione colma d’aspettativa.
Il rosso dilatò le pupille, mentre il Dottore lo fissò con sospetto.
<< Io sono la Calak’ant bianca >> gridò allegramente Maru.
<< Io sono la rosa >> proseguì Moru.
<< Io il viola >> esclamò Mokona, saltellando sulla spalla di Yuko.
<< Io sono la nera >> finì la suddetta entità, sorridendo piacevolmente << E tu invece, Angel? Quale Calak’ant sei? >>
In tutta risposta, l’adolescente si limitò a porgerle un sorriso nostalgico.
<< Io… sono il Calak’ant blu. Al vostro servizio >> dichiarò, porgendo loro un rapido inchino con la testa.
Quasi come ad un segnale, il ciondolo che il ragazzo portava al collo s’illuminò di un debole bagliore. Di fronte a quella conversazione, il Dottore non potè fare a meno d’indossare un’espressione visibilmente confusa.
<< Perdonate, credo di essermi peso qualcosa >> si intromise, grattando la testa con un cipiglio sconcertato.
Yuko ridacchiò divertita e posò una mano sulla spalla dell’uomo.
<< Si unisca a noi per una bicchiere di sakè, Dottore. Abbiamo molte cose di cui parlare. >>

                                                                                                                                                                       * * *


Terra (Centro Imperiale) - Hong Kong 

<< La prego, signorina Marie… >> esordì Landa, bevendo un poco di tè e accennando un piccolo sorriso, onde a mostrare il suo apprezzamento per la cura nella scelta delle erbe << Non si crucci, comprendo appieno la situazione in cui si trova. Mi creda, questo giro di ispezione, quanto per me, che per lei e le altre donne… be', è una seccatura. >>
Detto questo, fece vagare lo sguardo lungo le pareti della stanza.
<< Quasi ora di pranzo, una così bella giornata… e gli infausti eventi ancora una volta ci legano a mansioni delle quali faremmo volentieri a meno >> continuò, con tono calmo e gentile.
Brevemente, i suoi occhi si posarono sul grande tappeto in velluto violetto che ricopriva la maggior parte del pavimento dalle assi in legno. Erano lucide, certo, ma anche leggermente impolverate, il che confermava la storia della meravigliosa donna che gli stava davanti.
Non si sarebbe certo attardata a pulire la stanza pur sapendo del suo arrivo, o non si sarebbe presentata con un tè pronto e la possibilità di rendere credibile la sua storia. Oppure aveva trascurato volontariamente la polvere, per rendere ancora più verosimile una storia inventata?
Al suo posto, molti avrebbero gettato una rapida occhiata alla casa, osservato le candide membra della proprietaria, e si sarebbero congedati. Tuttavia, in quell’occasione, era stata Marie stessa a farlo entrare.
Aveva detto di aspettarsi una sua visita e questo era palese, anche il più rozzo dei bifolchi avrebbe potuto prevederla. Ma allora… perché ospitarlo? Perché farlo entrare nella propria sfera privata? Era come se volesse urlare che lei non aveva niente da nascondere e che niente avrebbe trovato contro di lei.
In pratica, stava confessando di essere coinvolta. O no? D’altro canto, poteva essere cordialità e, visto che lui era influente in città, forse la donna cercava di ottenere del prestigio… non richiedendolo apertamente.
Questo lo fece sorridere. Tutto poteva essere stato fatto senza malizia o con tutte le intenzioni di fargli credere una cosa e un’altra.
<< Cosa può dirmi di ieri notte? L’ora era tarda, immagino che lei si fosse addormentata da un pezzo quando la cometa o il meteorite si è schiantato. Mi lasci  aggiungere che sono quantomeno sollevato nel vederla in salute. Qualcuno, anzi, potrebbe arrivare a pensare che, magari, lei fosse al corrente di ciò che sarebbe avvenuto. Forse ha preso le contromisure necessarie per evitare un disastro. Dopotutto, a questa distanza, l’impatto del meteorite, sempre che di un meteorite si trattasse, avrebbe dovuto spazzarle via la casa, e invece…  >>
Concluse bevendo altro tè, sempre amabile e sorridente, senza far trapelare alcuna ostilità dalla voce.
La Nosferatu sorrise a sua volta, chinando appena il capo. Un semplice gesto di cortesia, per ringraziare Landa della propria preoccupazione per lei. Ma era anche una strategia di difesa. Non aveva previsto che il comandante della milizia mettesse sul tavolo quelle carte. In una frase le aveva rivoltato contro il suo stesso alibi.
Lei non aveva pensato alle innumerevoli contromosse che quella situazione offriva al suo avversario. La sua mente lavorò veloce. In quei pochi istanti che le servivano per tirare su il capo, scrutò alla ricerca di una via di fuga. Come fare? Mostrarsi sorpresa? No, mostrare quel lato non le avrebbe giovato a nulla, anzi. Hans poteva trovare sospettoso il fatto che lei movesse delle consolazioni a tal proposito, solo in quel momento.
Avrebbe dovuto dire fin da subito che quando era tornata, poche ore prima, era stata travolta da un sollievo inaspettato nel trovare i suoi possedimenti nel medesimo stato in cui li aveva lasciati.
<< Vede, Landa, mi sono allontanata da casa appena ho sentito il boato causato dell’oggetto infrangeva l’atmosfera. In quel momento non ho pensato a nulla se non a correre il più lontano possibile da quel bagliore. Non ho idea del come la casa abbia resistito all’impatto e… posso essere sincera? Preferisco non saperlo, sono solo felice di avere ancora un tetto sulla testa >> terminò con timore reverenziale.
Sentendola dire questo, Hans annuì appena, poggiando delicatamente la tazza e osservando di sfuggita le candele che riempivano l’ambiente. Lo stelo in cera era consumato senza dubbio, ma la fiamma era recente e della cera fusa di fresco colava placidamente lungo il fianco dell’oggetto; non dovevano essere state accese da molto o sarebbero state molto più corte e la miccia più annerita dal calore.
Evidentemente, le aveva accese quella mattina, quando era tornata a casa per analizzare eventuali danni. Poi, le aveva poggiate dove probabilmente le posava ogni qualvolta doveva fare le pulizie. Inclinò appena il capo per osservare le fiammelle, mentre si piegavano dolcemente sotto gli spifferi di vento… ovvio.
<< Sa, io gradisco molto le candele… posso accendere la pipa? >> chiese con il suo solito sorriso.
<< Ovviamente, non si disturbi a chiedere. Anch’io alle volte mi concedo il vizio del fumo >> rispose l’altra, con un’espressione comprensiva.
<< Ovviamente >> commentò l’uomo, con tono gioviale << Siamo schiavi di un piccolo vizio, ma non ce ne crucciamo, eh? Ho visto uomini rovinarsi per molto meno. Ad ogni modo, stavo dicendo… adoro le candele. >>
Si alzò lentamente, mettendosi in piedi e portandosi la pipa alla bocca, accendendo poi il fornelletto con il tabacco fresco.
<< Le trovo uniche, una grandiosa rappresentazione di quella che è la vita umana, non crede anche lei? Ci pensi, signorina: nel momento massimo della loro beltà… in quel momento sono appena nate, come gli umani, puri e bellissimi quando vengono al mondo. Poi, col passare del tempo, la loro lucentezza viene meno, come le persone. Mentre scorrono gli anni della loro vita, il peccato le corrompe, cedono all’errore, al male, e quindi la loro anima si consuma, esattamente come la fiamma. E, assieme a questa, anche il corpo >> continuò, indicando la cera che colava << E, alla fine, annegano nella propria miseria… Mi scusi, devo averla annoiata >> aggiunse, dopo un brevissimo atto di silenzio.
Dando le spalle a Marie, si avvicinò alla parete opposta della stanza, facendoci scorrere una mano privata del guanto. Indugiò fra i punti di incontro fra le assi in legno e il bambù, picchiettando di volta in volta con le nocche e battendo il pavimento col tacco dello stivale.
<< Signor Landa, la prego, se vuole controllare la presenza di scompartimenti nascosti o nascondigli sotto il pavimento può dirlo. È  il suo lavoro ed è nella piena funzionalità dei suoi diritti agire in questo modo, faccia come se fosse casa sua >> disse la donna, alzandosi in piedi a sua volta e riponendo le tazze ormai vuote nel catino posto su di un mobiletto traballante in legno.
<< Mi scusi, nilady, ho effettivamente agito senza delicatezza. Ma mi creda, è mio desiderio… >> e qui si portò la mano destra al petto, chinando il capo con espressione contrita << concludere al più presto, affinché lei possa tornare al suo lavoro senza la mia presenza ad arrecarle fastidio. È solo che… proprio ora, lei mi ha messo un dubbio. Un profano del gioco vedrebbe la sua frase come una scherzosa ironia mossa dalla comprensibilissima irritazione che nascerebbe dal vedere un uomo indagare in maniera tanto… arrogante, se così posso dire, nella propria casa, e io le assicuro che se questa frase me l’avesse rivolta una qualsiasi altra donna da me interrogata mi sarei scusato e me ne sarei andato. Ma lei, Marie, lo sappiamo entrambi, non è una donna qualunque, lei è tremendamente acuta, intelligente e da quando sono in questa casa… be', non ho fatto altro che dubitare. Tuttavia, è logico dubitare in queste situazioni, è il mio lavoro dopotutto, come capo della sezione investigativa. Ma qui… sorge un problema. Non tanto nella sua ricostruzione dei fatti quanto, piuttosto… su tutto il resto. Lei è assolutamente sicura che non troverò niente, perché non c’è effettivamente nulla che io possa trovare e questo lo sapevo anche io, ha avuto di tempo per nascondere qualsiasi cosa al meglio e sono certo che mi sarebbe inutile cercare qualcosa celato dalla sua persona. Ed è per questo che mi chiedo… perché? E la risposta è improbabile, ma non del tutto. Vede, se lei avesse salvato un qualcosa venuto dal profondo dallo spazio, portato qui… cosa mi proverebbe che quel qualcosa NON potrebbe rendersi invisibile e immateriale? Nulla? Questo discorso ai più parrebbe forzato, come messomi in bocca solo per arrivare alla fine di questa pagliacciata che ha portato avanti con tanta maestria… ma io, Marie, sono abituato a muovermi così, a pensare alle cose più impossibili fino a sfidare ogni logica naturale possibile, ed è per questo che IO sono venuto qui, perché solo io sono un avversario alla portata della sua abilità nel gioco. Ma le do un’ultima possibilità: mi convinca che effettivamente tutto questo è una mia fantasia e me ne andrò con le mie più sincere scuse >> terminò con un’espressione improvvisamente seria.
Marie non attese a rispondere. Prendersi del tempo avrebbe significato far capire all’avversario che stava cercando di raccogliere delle idee, di trovare una scappatoia. Ciò avrebbe confermato tutte le ipotesi da lui formulate. Doveva continuare giocare e sperare di pescare la carta giusta.
<< Sa, Landa… ci sono delle domande che io definisco senza risposta poiché non vi è la risposta giusta. Pensateci? Cosa dovrei rispondere? Dicendo che io non so nulla, magari denigrando le vostre elucubrazioni, non farei altro che accentuarle. Ovviamente, non potrei mai darle ragione, non in senso esplicito, almeno. E dovrei forzarmi di trovare un modo per farle capire che ha ragione, che effettivamente sono coinvolta. Quindi cosa dovrei dire? Starmene zitta e ammettere una colpevolezza? Scappare? Piangere, spaventarmi per farle provare empatia quando sappiamo entrambi che lei non ne prova? No. Io dico solo che niente di ciò che potrei dire o fare le farebbe effettivamente cambiare idea, e come potrei? Faccia quello che ritiene giusto, non ho paura del destino, ho subito troppo nella mia vita per temere il domani >> finì con un sussurro.
 
Pochi minuti dopo, Landa se n’era andato. Non perché fosse convinto che la donna fosse effettivamente innocente, no, se n’era andato per poter riflettere.
Dal suo punto di vista, compiere un’azione come la distruzione di una casa, l’arresto e l’eventuale esecuzione di una persona amata dalla comunità come lo era la signorina Marie, senza una prova schiacciante, magari fornita dalla donna stessa, poteva danneggiare gravemente il prestigio presso la città di Hong Kong . I cittadini avrebbero sicuramente invocato il suo nome.
Si sfiorò quindi il mento con la mano destra e portò indietro la sedia ondeggiando sulle gambe posteriori del mobile cigolante, fumando lentamente l’amata pipa, riflettendo su quale poteva essere il modo migliore per farla cadere in trappola. Provocarla? No, quella donna sapeva mantenere il sangue gelido, non sarebbe cascata in una sciocchezza del genere.
Durante lo scorrere delle ore che passò a riflettere, rimuginò su quanto riportato dai soldati che aveva mandato ad indagare e, come si era aspettato, nessuno era tornato con notizie rilevanti, ma parlavano di ragazza spaventate che avevano pianto sui loro petti consolate di essere salve.
Era normale, pensò, buttando fuori il fumo in tanti cerchietti concentrici, tutti avevano paura…
Ma proprio tutti? Quel pensiero lo folgorò come un fulmine a ciel sereno.
Poggiando la pipa sul ripiano della scrivania, si alzò in piedi e girò attorno al tavolo, posando gli occhi sulla punta delle scarpe. Tutti avevano paura, vero, persino lui, ma era normale. Era… umano, dopotutto.
Ma Marie non era umana, lo sapevano tutti in città. Aveva sentito numerosi voci riguardo alla sua vera natura, ma nessuna prova era mai stata trovata per confermare quelle dicerie.
Lavorava al sole con tutti, agli stessi orari… eppure, non era umana, almeno secondo alcune delle donne che abitavano nella città. Le stesse donne che la ritenevano responsabile di alcune sparizioni avvenute negli anni lungo le mura di Hong Kong, sparizioni per cui nessuno era mai venuto ad indagare, dato che avevano coinvolto solo persone di basso ceto sociale.
E visto che Hans non sapeva con esattezza cosa fosse, nulla gli impediva di immaginarsela con due grandi ali, e di certo non sarebbe sfuggita davanti ad un evento come quello avvenuto la scorsa notte. Se davvero non temeva la morte, e di questo ne era assolutamente sicuro, non avrebbe avuto motivo di fuggire e anzi, magari avrebbe protetto la sua casa, l’ultimo rifugio sicuro in un mondo in cui le persone anormali erano cacciate per volere del Maestro.
Corrugò le sopracciglia, scrutando freddo il legno traslucido, sorridendo, o meglio, ghignando. Un angolo della bocca si sollevò verso l’alto e un luccichio percorse le pupille dardeggianti. Ora sapeva bene come si sentiva un leone prima di squartare la preda e divorarne le interiora. Lentamente, mentre la gazzella, ancora viva, si dimena urlando.
Aveva una prova? No, ma aveva la sua certezza e con quella certezza poteva tranquillamente rivoltare il dubbio contro Marie, spingendola a sbagliare, ad attaccare… ma senza provocare.
Dopotutto, come aveva detto la stessa donna quella mattina, era suo diritto entrare in casa sua, perquisire… fare domande e ancora domande. Pacate certo, gentili ovviamente, e proprio per questo snervanti.
Era ora di ribaltare la situazione.




Nuovi Personaggi 

Joker
Opera: DC Comics
Razza: Umano
Video Tribute: https://www.youtube.com/watch?v=YVGfu-WXPgw
Soundtrack: https://www.youtube.com/watch?v=1zyhQjJ5UgY
Autore: Alucard97


I personaggi che compaiono nella visione di Angel sono:
Vali Lucifer e Bikou da Highschool DXD;
Ice, un OC la cui specie è basata su quella di Freezer della serie Dragonball;
Mato, da Black Rock Shooter;
Il padre di Angel, un OC della razza dei soleani blu;
Scáthach, dalle serie dal Nasuverse (le serie di Type Moon)

Sono tutti a cura di Nick Nibbio. Il loro rapporto con Angel sarà ulteriormente esplorato in seguito, non vi preoccupate. 

 

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Capitolo 16
*** Capitolo 14 - The world will burn ***


Ecco un nuovissimo capitolo!
Vi auguriamo una buona lettura e speriamo che lascerete un commento.



Capitolo 14 - The world will burn


Marie era più che consapevole che Landa non si sarebbe certo fatto ammorbare dalle sue parole logiche e dalla sua compostezza.
Ora come ora si rendeva conto di quanto era stata stupida. Aveva solo insinuato non dubbio ma sospetto, e ora temeva, o meglio, sentiva nella sua nera anima che qualcosa l’aveva tradita. Percepiva dentro di lei, nel profondo oblio che albergava in fondo al suo cuore… che ora tutto era in pericolo.
La sua vita, la sua casa, ciò che aveva faticato per costruire, ciò che lei era e che fingeva di essere… tutto sarebbe stato spazzato via ancora una volta, a causa sua, poiché anche da immortale era rimasta debole, fallace. Nulla era cambiato, nulla sarebbe mai cambiato e il sole che tramontava fuori dalla sua porta assunse un significato nuovo, come se le stesse dicendo che la sua realtà era arrivata al capolinea.
Ricordava ancora i suoi primi anni. Ah, quante volte lei aveva pregato la morte di farle visita, di smuoverla dal torpore imperituro al quale si era condannata per sfuggire alla debolezza della carne mortale, alla debolezza che l’aveva vista impotente davanti alla scena dei servi del Maestro che sollevavano trionfanti sulle lance i cadaveri sanguinolenti del suo villaggio, di donne e bambini straziati, e anziani mutilati da sciabole e frecce.
In quel momento, avrebbe voluto solo essere forte… essere un mostro… ma la paura le aveva impedito di agire… la paura, una debolezza che credeva unica dei mortali.
Eppure, passati i secoli, era arrivata ad anelare la morte, a desiderarla, a implorarla nelle lunghe notti passate fra le tremanti membra di innumerevoli amanti.
Ma la morte era destino dei mortali. Per questo motivo, quando l’esplosione investì la casa, sbalzandola a terra, continuò a sorridere.  
La figura di Landa attraversò le fiamme con passo lento e marcato, come un’ombra che si stagliava tra i raggi del sole. Arrivò fino al corpo della vampira e la inchiodò al pavimento con la mano destra, forte e callosa attorno al suo collo.
“Auth sarà lontana ormai. Questa è l’unica cosa che conta…”
E,  con questo pensiero in mente, osservò l’uomo che la teneva bloccata a terra, con i vestiti appena impolverati. Spire di una sostanza nera si levavano dalla sua figura, irradiata dalla luce del mattino.
I corti e curati capelli grigi erano smossi solo dalla brezza. Una figura impeccabile, immortalata come da un dipinto in un momento di trionfo, concessogli da quella fede nel proprio prestigio che fino ad ora non l’aveva mai abbandonato.
<< Carino, vero? >> domandò retoricamente il capo della milizia, sollevando appena la mano dalla quale fuoriusciva il nero viticcio << Un regalo da parte del nostro glorioso sovrano, il Maestro. Nato dal male che cerca costantemente di combattere, lo Scisma >> sussurrò, con tono quasi sognante,
 lanciando a Marie il suo immutabile sorriso << Riteneva che fossi l’uomo più adatto per brandirlo. >> 
 La vampira tentò di rispondere, ma si ritrovò incapace di farlo. Un paio di ali le uscirono dalla schiena, ma la presa di Landa rimase immutata.
<< Così doveva andare. È solo… l’ordine naturale delle cose >> disse l’uomo, con voce calma e raccolta << Coloro che si ergono una volta, si ergeranno a vita. Coloro che cadono, cadranno per sempre. È la fine giusta per coloro che si abbandonano al mondano piacere di un’esistenza raggiunta senza il proprio sacrificio, ma costruita sul dolore della morte degli altri. È fin troppo facile trovare la forza di agire dopo il proprio fallimento e la straziante vista della morte. La vera forza… sta nell’agire anche contro un potere superiore, come ho fatto io >> sussurrò pacato, stringendole la gola con una forza erculea e sollevandola da terra, per poi sbatterla con malizia contro il muro semi-distrutto dell’abitazione.
Il corpo della vampira rotolò lungo le risaie, sollevando acqua e zolle di terra. Molti contadini alzarono lo sguardo e rimasero scioccati a quella vista improvvisa.
La corsa della donna fu bruscamente fermata solo quando il suo corpo si schiantò sulla superficie dell’enorme barriera in cemento armato che circondava la città di Hong Kong.
Sputando sangue, Marie sentì le poche ossa rimaste divenire polvere, le ali spezzarsi e le membra sanguinare copiosamente. Porse la mano destra in avanti e, come dal nulla, viticci rossi, al pari del sangue di cui erano fatti, cominciarono a fuoriuscirle dal corpo, raggruppandosi a mezz’aria in una forma assai ben distinta.
Era una spada, lunga e dalla spessa conformazione, cremisi e lucente contro i raggi dell’alba. Bloodline, questo era il nome della lama. Nata dalla capacità dei vampiri di produrre armi attraverso le anime di coloro che avevano ucciso. All’epoca, la designazione le era sembrata appropriata. Ora, non poteva che ridacchiare al pensiero di quanto fosse cliché.
Marie sudava freddo, ma i suoi occhi erano calmi e, nonostante la situazione, continuò a sorridere. Un dolcissimo sorriso rivolto alla figura della morte che giungeva presso di lei… era come l’aveva vista l’ultima volta. La immaginò gentile, con un sorriso carico di calore e un grazioso ombrello, nero come i suoi capelli lunghi e fluenti.
Una vecchia amica che aveva visto di sfuggita quella lontana notte di secoli fa e ora… ora finalmente stava per abbracciarla.
<< Sì, così deve essere >> disse piano, chiudendo lentamente gli occhi.
In quel momento, Hans comparve di fronte a lei, il braccio sinistro trasformato in una nera mannaia. Marie calò Bloodline, intercettando l’attacco imminente. Una nuvola di polveri si sollevò nel punto d’impatto, smuovendo l’acqua delle risaie.
Landa tentò un secondo affondo, ma la vampira fu lesta a intaccare ogni colpo, i cui clangori risuonarono per tutta la lunghezza della valle, attirando l’attenzione degli abitanti. Poi, tentò di decapitare Hans, ma il capo della milizia evitò la lama avversaria e procedette a colpire Marie con un poderoso pugno allo stomaco, facendola sbattere ancora una volta contro le mura della città.
La Nosferatu perse la presa su Bloodline. Poi, la spada stessa le trafisse il petto da parte a parte, trapassando la pietra e inchiodandola alla parete.
Non era un colpo fatale. Hans voleva che Marie, un’avversaria dotata di grande intelletto, potesse osservare la beltà dell’alba prima di divenire polvere e disperdersi nel vento, assieme ai ricordi a lei legati. Ricordi che sarebbero scomparsi con lo scorrere del tempo, al quale era stata insensibile così a lungo.
<< Chi sparge il sangue dell’uomo… dall’uomo il suo sangue sarà sparso. Poiché, ad immagine del Maestro, egli ha fatto l’uomo. >>
E, così dicendo, Landa raccolse il cappello caduto a terra durante l’attacco e se lo rimise in testa.
Se in quel momento vi fosse stato tra la folla un pittore o uno scultore, sarebbe rimasto impietrito e incapace di proferir parola davanti ad una maestosa scena di tale levatura. Era come assistere alla feroce eppure dolce mano di Dio che schiacciava e perdonava i peccati di un figlio ribelle, per poi accoglierlo nuovamente al proprio petto, caldo e rassicurante.
Hans non provava niente, se non trionfo, un trionfo che gli avrebbe permesso di innalzarsi ancora di più, fino a sfiorare le vette del cielo. Molto presto, avrebbe usurpato lo stesso Governatore Shen e sarebbe entrato nella cerchia ristretta del Maestro… e lui non avrebbe chiesto niente di tutto questo.
Sarebbero stati gli altri, com’era giusto che sia, a implorarlo di proteggerli tutti come aveva fatto quel giorno.
<< Ammira l’alba, signorina. Ammira la luce >> sussurrò, dando le spalle alla donna.
 Marie stava lì, inchiodata alla parete, vedendo la morte immortalata contro il bagliore del sole. Sorrise mesta, lasciandosi scivolare sulla lama e cadendo a terra nella pozza della sua stessa sofferenza, con gli occhi ricolmi di lacrime salate, lacrime vere, mentre il cuore batteva ancora. Lentamente, forse, ma la teneva abbracciata a quella vita… quella non vita che… ora non voleva abbandonare.
<< Quale ironia… >> borbottò a se stessa.
Aveva spesso sentito che molti superstiti di tentati suicidi, quando credevano di essere sul punto di morire… comprendevano. Comprendevano che a tutti i loro errori, alla loro misera esistenza, vi era rimedio. Che ci si poteva rialzare dal baratro anche grazie a mani invisibili. Mani che loro avevano rifiutato molte volte, resi ciechi dal loro dolore, nella loro erronea convinzione di essere gli unici, al mondo, a patire per il peso delle proprie scelte.
E ora lo capiva. Capiva il perché di queste dicerie. Davanti a quella luce che si ingigantiva fino a colmare l’orizzonte, si rese conto di quanto lei e i suoi problemi fossero in realtà inesistenti se paragonati alla sofferenza di quella donna piovuta dal cielo la notte prima.
Fu così che, infrangendo il velo sotto al quale si era nascosta, levò un grido di rabbia e di ribellione: << Auth… aiutami! >>
La voce era troppo flebile perché la donna, dall’altro capo dei campi coltivati, potesse realmente udirla. Tuttavia, appena pochi secondi dopo, gli occhi della Nosferatu videro Hans travolto da quella che sembrava una cometa.
Il suo corpo, avvolto da lucenti fiamme guizzanti, fu scagliato contro la città in un boato tale da far tremare tutti gli edifici e causare la frantumazione di varie finestre, facendo piovere nugoli di frammenti di vetro per le vie di Hong Kong.
L’onda d’urto sollevò parte del muro del complesso urbano, il manto stradale, fontane e alcune statue. I ponti sospesi sui canali di scolo dell’acqua piovana vennero sradicati e schiantati contro le pareti delle abitazioni, mentre la terra stessa tremò sotto quel colpo devastante.
In lontananza, da una colonna di pura luce, si erse la stessa Auth, una figura megalitica che colmava l’intero spazio coperto dallo sguardo di Hans.
La dea sapeva bene cosa doveva fare, per dare una scossa a quella realtà fittizia.  Voleva smuovere le false convinzioni di questo mondo, un giogo crudele che negava libero arbitrio, dominato dal demone che prendeva il nome di Maestro. Voleva infrangere le sbarre dorate e mettere tutti davanti ad una realtà forse atroce, crudele e terribile… ma vera. Qualcosa che poteva essere combattuto, che poteva essere cambiato.
Ma se il pelo dell’acqua non sarebbe stato increspato dalle tremende onde della tempesta, i tesori sul fondo non sarebbero mai stati rinvenuti.
<< Marie >> sussurrò l’entità, di fronte alla figura della vampira.
 Chinandosi sulle lunghe gambe, la prese delicatamente fra le braccia, osservando il suo viso sporco di sangue e la massa scura informe che si stava lentamente levando nel centro della città, direttamente dal corpo di Hans.
Un potere oscuro, scaturito da un’infezione, la cui essenza rasentava il fenomeno stesso che aveva messo fine a tutto. Era come se lo Scisma si fosse fatto strada nelle cellule di un corpo per prenderne possesso e continuare ad esistere. E Hans Landa, per qualche motivo, era stato il corpo designato.
A quella vista provò una rabbia ancestrale, una rabbia che mai le aveva fatto battere così furiosamente il cuore… era ira, una cieca ira che face tremare ogni fibra del suo essere. L’orrore che aveva distrutto la sua casa era proprio lì, davanti a lei. Quella nera essenza che aveva divorato la sua amata, che aveva spazzato via ogni cosa… ora dominava l’orizzonte davanti a lei.
Luce e ombra, oro e petrolio, i due perfetti opposti nella loro forma più pura.
Poggiò delicatamente la donna che teneva fra le braccia, liberando il petto dalla lama, e, quando quella le fece cenno di andare, procedette ad allontanarsi. Non era la misericordia o la pietà ciò di cui aveva bisogno, ma vedere la coltre di menzogne che si era costruita crollare, così da poter respirare ancora una volta.
Camminò quindi fra le vie devastate, fra i cadaveri e i feriti, mentre lo stesso Landa, avvolto da neri viticci, le andò incontro con una calma apparente.
Ma, al suo interno, Hans stava tremando di rabbia. Lui, che tanto aveva lottato per ottenere il prestigio, che si era costruito una realtà al centro della quale era sovrano e padrone, ora vedeva tutto divenire polvere a causa della misteriosa donna che lì innanzi dichiarava apertamente guerra alla sua autorità, alla sua terra e alla sua realtà.
Bene, allora avrebbe avuto la guerra… e da essa ne sarebbe uscita annientata. 
 
https://youtu.be/xlYCxbBZUCY
 
Lo scontro dei due fronti di puro potere avvenne ben prima che la coppia di esseri si affrontasse faccia a faccia. Le loro aure si intrecciarono a metà strada, divorandosi a vicenda nella piazza centrale della città.
Persino il cielo venne scosso da una tale dimostrazione di potenzia. Nubi temporalesche, grigie e cariche di tempesta, si addensarono sopra le loro teste. Fulmini e pioggia torrenziale si abbatterono su Hong Kong, mentre i combattenti avanzavano in mezzo alla furia degli elementi da loro scatenati. E lì, al cospetto di quella devastazione, diedero inizio alla loro battaglia.
Esplosioni tali da sventrare il suolo, colpi capaci di piegare l’aria e la ceca potenza della natura stessa investirono la città, riducendo in macerie numerosi edifici. Non poteva essere ritenuto un corpo a corpo nel senso più stretto del termine, ma qualsiasi osservatore l’avrebbe definita una scazzottata epocale.
C’era la carne contro le ossa, mentre le dure nocche colpivano il volto e le membra dei rispettivi contendenti. I loro corpi si muovevano fulminei e le loro dita, trasformate dall’alta velocità in lame acuminate, laceravano la pelle, sollevando scarlatti fiotti di sangue che si perdevano nel turbine apocalittico della pioggia.
Una nuova esplosione di energia li sollevò entrambi da terra, per poi scagliarli contro il suolo. Fiamme e spire d’acqua si sollevarono attorno ai loro corpi, mentre i passanti ignari venivano sepolti dai detriti generati dallo scontro.
In seguito alla terza esplosione, una pioggia di incandescenti meteore fatte di cemento si abbatté sulla metropoli, scavando crateri, distruggendo le tubature delle fogne e inondando così le poche strade ancora libere dalle macerie, trasformando il luogo in un campo dove regnava la distruzione nella sua concezione più ampia.
Hans e Auth si lanciavano l’uno contro l’altra con urla feroci, sollevando polveri e acqua piovana. Combattevano, anche se per diversi ideali, con lo stesso obiettivo in mente: riguadagnare la propria realtà, anche a costo di distruggere il mondo del proprio avversario, scardinandolo dalle fondamenta.
E per questo si scontrarono al centro della città di Hong Kong, nell’occhio di un ciclone, con tempeste dorate e color pece che si divoravano a vicenda. Ogni colpo inferto causava spostamenti d’aria abbastanza intensi da falciare i palazzi, che crollavano su se stessi o su altri edifici, sollevando nubi di polvere e uccidendo numerosi testimoni nel processo.
L’ultimo impatto fu talmente forte da sollevare l’intera piazza dal suolo. Costruzioni e case levitarono in aria, come sospese nel vuoto.
Nel mentre, avvinghiati come rabbiose bestie, i due guerrieri si azzannavano, i volti contratti nella turpe maschera della violenza più libera che rivolgevano l’uno all’altra, mentre le loro dita trapassavano la carne e i pugni riducevano le ossa in polvere. Quando poi caddero al suolo, al centro di un qualcosa che non era più possibile definire città, calò il silenzio, mentre la tempesta di fulmini e pioggia si abbatteva su di loro con una ferocia mai vista in quelle lande. Era quasi come se il mondo stesse cercando di istigare i due a riprendere la lotta.
Marie si trascinò lentamente verso Auth. Le sue ferite si rimarginavano lentamente e le ossa si stavano ricondensando dolorosamente sotto la pelle, che si piegava sotto gli innaturali movimenti degli arti spezzati che tornavano alla posizione primaria.
<< È impossibile che non sia ancora caduto >> sussurrò la Nosferatu, facendo passare un braccio intorno alle spalle della donna, cercando di tirarla in piedi.
Nel mentre, con le pupille cariche di orrore e sorpresa, osservò Hans Landa che riemergeva dalle macerie.
 
https://youtu.be/1hAJBDZe21w
 
<< Tutto questo… e per cosa, ditemi? >> domandò l’uomo, portandosi una mano alla tempia sanguinante.
Con il volto chiuso in un’espressione maniacale, indicò la figura della vampira.
<< Per lei? Per proteggerla? Per rabbia? Marie poteva semplicemente consegnarsi e, chiunque o qualunque cosa tu sia, potevi allontanarti e vivere nascosta, magari crearti una casa che ti rendesse felice. E non dirmi che non ne saresti stata capace>> sibilò, lasciandosi andare la testa e allargando ambe le braccia << Ma ora guardatevi intorno. Vedete a cosa le vostre azioni hanno portato? Credete che io volessi questo? Bagnarmi gli stivali nel sangue di uomini, donne e bambini? Non dico di non averlo mai fatto prima, per carità. Ho combattuto in guerra, dopotutto… ma questa volta stavo solo proteggendo questa città. E avevo ragione nel farlo >> continuò, con tono beffardo, quasi come se stesse prendendo in giro la coppia di donne << La pace… qui c’era pace vera. Hong Kong era una città felice. In catene, forse, ma felice! Sono curioso… cosa vi ha dato il diritto di fare tutto questo? Avanti, ho ancora tempo. Marie morirà tra poco. E tu… anche tu perirai, oh sì! Ma prima voglio... sapere perché. >> 
 Auth rimase ferma e immobile per quello che parve un tempo interminabile, limitandosi a fissarlo. Poi, spalancando appena le morbide labbra, prese un respiro profondo.
<< Perché? >> gli fece eco, alzandosi in tutta la sua statura e gettando una lunga ombra sul terreno di fronte a lei << Già… perché? Nella mia vita, ho dato alla luce e distrutto tante vite. Ho creato e annientato tante stelle e pianeti da non poterli contare. E distruggere una città in più o in meno… non mi cambia assolutamente nulla >> disse freddamente, sorprendendo il capo della milizia, poi 
continuò, con voce leggermente più alta << Non mi importava niente di questa città, né dei suoi abitanti. L’unico vero legame che ho in questo mondo… è con Marie, che mi ha salvata e protetta anche a costo della sua stessa vita. >> 
Allungò la mano destra, chiudendola a pugno, quasi come se volesse afferrare il sole stesso.
<< A me non importa di coloro che muoiono nelle guerre che non gli appartengono. Non provo niente per quello che ho fatto oggi! L’ho fatto perché potevo e perché volevo farlo, per proteggere una persona che ha messo il mio benessere davanti al suo! Marie… >> sussurrò, rivolta alla vampira e guardandola con infinita dolcezza << Non sono la speranza che volevi che fossi. Vero, volevo cancellare la falsa realtà in cui sguazza questo mondo... e l’ho fatto, almeno in parte. Ho spazzato via ogni convinzione, ogni legame che le persone di questa città avevano con la menzogna. >>
Volse lo sguardo in direzione di Hans.
<< Odiami se vuoi, Marie. E pure tu, umano. Ci sono abituata. Ma ho fatto quello che ho fatto per salvarla… e per poterti uccidere. La distruzione della città è stata solo un danno collaterale. Dopotutto, nei conflitti fra i forti… i deboli periscono, ed è una cosa che ho imparato a mie spese. All’inizio ero debole, ma più gli esseri dell’universo si moltiplicavano più diventavo forte. E ora eccomi qui >> continuò, allargando le braccia in modo plateale << Poniamo fine a questa battaglia, Landa. Hai detto che periremo entrambe qui. Be', io sono qui per dirti… che sarai tu a morire! >>
 
https://youtu.be/uOK-1IG-j68
 
E quando la luce del sole fece capolino sulla città devastata, il corpo della donna sembrò esplodere. La sua schiena si aprì come le ali di una farfalla, e da essa fuoriuscì un bagliore argentato.
Hans si portò una mano agli occhi e, per un attimo, credette di essere impazzito. All’interno di quel bagliore, vide nebulose, galassie, costellazioni e sistemi solari. Interi eoni di evoluzione eruppero dalla pelle di quella creatura dorata, dando forma ad abnormi ali. Ali immense, che si levarono verso il cielo, come quelle di un angelo… o di un demone. Si estesero fino a contrastare il lucente mattino. 
Il potere nella sua concezione più pura, innocente e terribile al tempo stesso, che scorreva privo di catene nella maestosa figura di Auth.
Landa osservò la scena con stupore a mala pena celato.
<< Allora… sembra che io avessi ragione. Sei davvero un atroce pericolo per tutta Battleground. Fermarti ne va del mio orgoglio e prestigio… e la vita di numerose persone >> sussurrò, mantenendo la sua espressione calma e raccolta << Mi viene in mente la filosofia degli spartani: il momento più alto nella vita di un soldato, è quando perisce per la propria causa. Allora ti renderò felice, dea… e la farò finita una volta per tutte. >>
E, detto questo, spalancò rapido le mani, liberando neri viticci attorno al suo corpo. Un miasma dai riflessi scarlatti che, dalla sua figura, si levarono come spirali di fumo verso il cielo, dando vita ed abnormi artigli ed ali da pipistrello.
Le nuove appendici coprirono la luce scatenata dalla donna, innalzandosi fino a cingere i limiti della città. Senza perdere tempo, Hans iniziò a camminare in avanti, imitato dall’entità resa carne mortale, e, ad ogni loro passo, crepe, fiamme e fasci luminosi presero a frantumare il suolo, mentre le macerie si riversavano a terra. 
Urlarono nello stesso istante, scattando nello stesso momento, incontrandosi a mezz’aria.
E poi, l’intera città esplose, venendo spazzandola via dalle mappe. Marie vide ogni cosa cancellarsi dalla sua vista, mentre una barriera dorata la proteggeva dall’emanazione di quell’immensa furia.
Tornado, torrenti dorati, torri di luce e tenebra… l’essenza di quella coppia di combattenti avvolse la valle come un lenzuolo di morte e distruzione, sollevando una densa nube di polveri. Le risaie vennero prosciugate della propria acqua, e la foresta circostante prese fuoco, mentre urlava e cercava di mettersi in salvo.
Poi, quando la fuligginosa oscurità venne dispersa dai venti del pomeriggio, vi rimase una figura, stesa a terra e completamente inconscia.
La barriera si dissolse appena pochi secondi dopo, permettendo a Marie di muoversi.
Con un grido disperato, la vampira si lanciò verso il corpo di Auth, mentre quello di Hans Landa si disperdeva in cenere.
 
                                                                                                                                                                              * * *


Renmant - Pianeta sotto controllo Imperiale

Prima di quel giorno, Glynda Goodwitch, vice-preside dell’accademia Beacon, avrebbe dichiarato di non provare alcun desiderio di avere dei figli (al di là di un flirt col generale Ironwood di cui diverse voci sussurravano dietro di lei, non senza fondamento). Avrebbe detto che le stava molto più a cuore la carriera di insegnante e scrittrice. Magari romanziera, anche se le sembrava che scrivere romanzi fosse un mestiere alquanto rischioso.
Se glielo avessero chiesto adesso… probabilmente avrebbe risposto la stessa cosa, ma con maggiore enfasi.
Glynda Goodwitch era una donna sui quarant’anni, dotata di quella bellezza senza tempo che era riscontrabile in rarissimi casi, quando una persona superava una certa soglia d’età. Con i capelli biondi raccolti in una morbida crocchia, il corpo ben proporzionato e il viso pallido privo di qualsiasi ruga, adornato solo da un paio di occhiali, pareva tutto fuorchè un’insegnante.
Attualmente, stava in piedi di fronte ad un gruppo di giovani cacciatori in allenamento, il volto adornato da un cipiglio che avrebbe messo in fuga anche la più coraggiosa delle anime.
<< Che vi è saltato in mente? >> ringhiò la donna, lo sguardo fisso nei confronti del gruppo di studenti riuniti dinnanzi a lei.
In risposta a quello scoppiò improvviso, 
James, Kirby, Penny, Weiss, Blake, Yang e Sun non poterono fare a meno di trasalire.
A pochi metri da loro, perfino Emil e Ruby furono tentati di sobbalzare.
<< Distruzione della proprietà altrui, intrusione in una zona chiusa il pubblico e ostruzione a pubblico ufficiale >> elencò Glynda, ricevendo un’espressione visibilmente sorpresa ad opera di Yang.
<< Woah, woah, aspetti un secondo, quando mai avremmo ostacolato un pubblico ufficiale? >> chiese la bionda, attirando l’attenzione dell’insegnante su di sé.
<< Quando avete deciso di coinvolgere un gruppo di criminali pesantemente armati senza prima contattare le autorità competenti >> ribatté freddamente la donna, ricevendo in cambio un sorriso imbarazzato.
<< Be', tecnicamente siamo Cacciatori, quindi…>>
<< Cacciatori in allenamento >> la interruppe Glynda, facendola sussultare << E, in quanto tali, non siete autorizzati a intervenire in attività criminali senza il permesso esplicito di una forma d’autorità legale. >>
Al sentire tali parole, Kirby rilasciò un sonoro sbuffo.
<< Conosco quelle persone, la polizia non sarebbe mai riuscita a contrastarli >> disse come un dato di fatto.
Quasi come ad un segnale, Weiss, Blake e Yang si allontanarono dal ragazzo, proprio mentre l’insegnate volgeva la propria attenzione nei suoi confronti.
<< Questo non può saperlo, signor Earth. E il fatto che tu abbia deciso di coinvolgere gli studenti di un’altra scuola la dice lunga sul tuo metro di giudizio >> sibilò a denti stretti, fissandolo con un’intensità tale che, per un attimo, l’adolescente credette che sarebbe svenuto sul colpo.
Tuttavia, poco prima che potesse fuggire, una voce inaspettata riecheggiò alle spalle del gruppo.
<< Suvvia, Glynda, non c’è bisogno di essere così duri >> enunciò un uomo dalla corporatura alta e magra, di età visibilmente non superiore ai quarant’anni.
Nonostante questo, aveva i capelli grigi come quelli di un vecchio, che gli ricadevano sul volto, adornato da un paio di occhiali da lettura. Era vestito in modo piuttosto ordinario, con giacca e pantaloni verdi, scarpe di tela nere e una sciarpa sul collo del medesimo colore.Nella mano destra spiccava un bastone da passeggio.
Quell’uomo, tuttavia, per quanto normale potesse sembrare, non era altri che Ozpin, il preside dell’Accademia Beacon.
<<  Le azioni di questi ragazzi sono state senza dubbio eroiche. Grazie a loro è stata sventata una rapina che avrebbe messo in grave crisi il mercato di Vale >> continuò il Cacciatore veterano, suscitando un cipiglio da parte della collega.
<< Potevano morire. E la colpa sarebbe ricaduta sull’incapacità di Beacon di trattare con i suoi alunni. >>
<< Ma non è successo >> ribatté Ozpin, spingendo la donna ad incrociare ambe le braccia davanti al petto.
<< Questo è vero, ma…> >
<< Glynda >> la interruppe il preside, prima che potesse terminare la frase << Penso che tu abbia una lezione da presenziare. >>
La Cacciatrice prese a fissarlo con un’espressione contrariata ma, alla fine, decise di assecondare le sue parole.
<< Molto bene >> borbottò, con un sospiro sconfitto.
Cominciò a incamminarsi lontano dagli studenti, con passo rapido ma professionale. Ozpin la seguì poco dopo, lanciando un ultimo sorriso nei confronti del gruppo.
Una volta che entrambi gli insegnanti se ne furono andati, Kirby rilasciò a sua volta un sospiro, a malapena trattenuto.
<< Per un attimo ho pensato che mi avrebbe incenerito con lo sguardo >> mormorò a se stesso.
<< È stato fantastico! >> esclamò qualcuno alle sue spalle, costringendolo a voltarsi.
Di fronte al rosato aveva appena preso posto una giovane ragazza dai corti capelli arancioni e dai brillanti occhi verdi. Aveva il volto pallido e coperto di lentiggini, e indossava un golfino bianco coperto da una giacchetta nera a maniche corte, completo di gonnella rosa abbinata.
Ad affiancarla erano un totale di tre adolescenti. Alla sua destra spiccava un giovane cinese dai folti capelli neri, caratterizzati da un striscia rosa lungo la frangia. Era vestito con un abito verde di fattura orientale e un paio di pantaloni bianchi.
A pochi passi da lui, invece, vi era una giovane ragazza dai luminosi occhi verdi e dai folti capelli rossi, raccolti in una treccia e adornati dalla presenza di un diadema dorato. A differenza dei compagni, era vestita con la classica uniforme di Beacon, costituita da una giacca nera e una gonna rossa.
A completare il gruppo era un ragazzo biondo di elevata statura, anch’esso vestito con la classica divisa maschile dell’accademia.
<< Sul serio, rispondere alla professoressa Goodwitch in quel modo? Devi essere coraggioso o incredibilmente pazzo. In entrambi i casi, sono qualità che adoro >> continuò la nuova arrivata, il volto adornato da un sorriso accattivante.
Detto questo, arricciò la mano destra con quella di Kirby e cominciò a scuoterla energicamente.
<< Piacere mi chiamo Nora Valkyrie, e questo è il resto della mia squadra, il Team JNPR. Ren Lie, il mio partner… >> disse indicando il ragazzo cinese.
<< Saluti >> rispose questi, inchinandosi.
 << Pyrrah Nikos… >> continuò la ragazza, indicando la rossa del gruppo.
<< Ciao >> salutò la neo-cacciatrice, con un sorriso timido.
<< E il nostro impavido Leader, Jaune d'Arc >> terminò Nora, presentando il biondo.
L’adolescente in questione simulò un sorriso fiducioso, alzando la mano in segno di saluto.
<< P-piacere >> balbettò, ricevendo un cenno da parte di Kirby.
<< Anche per me >> rispose questi, prima di volgere la propria attenzione nei confronti della rossa, il volto adornato da un’espressione pensierosa.
<< Pyrrah Nikos… se non sbaglio, hai vinto il torneo Junior di Mistral un paio di volte. >>
<< Quattro volte, in realtà >> si intromise Weiss, attirando lo sguardo di ogni singola persona presente nel corridoio.
Arrossì profondamente e borbottò: << Sono sempre informata. >>
Kirby ridacchiò divertito e lanciò una rapida occhiata in direzione di colei che stava affiancando la figura di Emil.
<< E tu, invece, devi essere Ruby Rose. I tuoi amici mi hanno parlato molto di te. >>
<< Lo hanno fatto!? >> esclamò la suddetta ragazza, comparendo come un lampo di fronte al rosato e afferrandogli le spalle.
<< Qualsiasi cosa ti abbia detto Yang… be', è una bugia! >> disse con una nota di panico, sorprendendo l’adolescente.
Affianco a lui, Yang scoppiò in una sonora risata.
<< Calma i bollenti spiriti, cuginetta, lo stai spaventando >> disse con tono divertito, picchiettando la testa della mora.
La neo-cacciatrice sussultò e compì un balzo all’indietro.
<< O-oh, scusa. Non sono il massimo con le interazioni sociali >> balbettò, il volto adornato da un intenso rossore.
Kirby agitò la mano destra, con aria disinvolta.
<< Non ti preoccupare, ho dovuto trattare con Emil per gran parte della mia vita, quindi ci sono abituato >> disse indicando il suddetto fauno.
L’adolescente drizzò un'orecchio.
<< E questo cosa vorrebbe dire? >> domandò stizzito.
Il rosato, rendendosi conto di quello che aveva appena detto, simulò un’espressione impassibile.
<< Mi appello al tredicesimo emendamento della nostra costituzione per non rispondere >> ribatté con tono calmo e raccolto.
Sun ascoltò il tutto con un’espressione visibilmente confusa.
<< Cosa c’entra la libertà razziale con il poter rispondere? >> domandò all’improvviso, sorprendendo Kirby, Blake, Weiss e Yang.
Sotto quegli sguardi increduli, il biondo si ritrovò a sudare.
<< C-cosa? Perché mi guardate in questo modo? >> balbettò incerto.
<< Non ti avrei mai preso per uno che conosce la Costituzione di Renmant >> ammise Blake, fissandolo con un sorriso divertito.
Il fauno scimmia incrociò le braccia. << Sono spensierato, mica ignorante >> borbottò imbronciato.
Al sentire tali parole, il gruppo di neo-cacciatori scoppiò a ridere, venendo presto raggiunti dallo stesso Sun.
Dopo essersi calmato, Emil volse la propria attenzione nei confronti di Kirby.
<< Ad ogni modo, vorrei scambiare due parole con il mio amico >> disse posando una mano sulla spalla del rosato, il volto adornato da un sorriso apparentemente genuino.
Quando nessuno si mosse, aggiunse: << In privato, se possibile. >>
<< Naturalmente >> fu la risposta rapida e concisa di James << Penny, andiamo a prendere qualcosa da mangiare. >>
L’androide annuì con entusiasmo e procedette a camminare affianco al proprio leader, seguita ben presto dai team RWBY e JNPR, più Sun.
Ruby lanciò un ultimo sorriso timido in direzione di Emil.
<< Ci vediamo dopo >> sussurrò, per poi scomparire in una nuvola di petali.
Un placido silenzio sembrò calare nelle profondità del corridoio. Questo fino a quando il fauno lupo non rivolse la propria attenzione nei confronti dell’amico.
<< Che diavolo ti è saltato in testa!? >> urlò, puntando un dito sul petto del rosato << Coinvolgere la banda del Joker senza nemmeno avere la squadra al completo? Sei diventato matto? >>
Inizialmente sorpreso dallo sfogo del partner, il neo-cacciatore arricciò il volto in un cipiglio indignato. << C’erano altri combattenti…>>
<< E hai scelto di coinvolgerli nella tua crociata personale, davvero geniale >> ribatté l’altro, con tono sarcastico.
Kirby strinse ambe le palpebre degli occhi.
<< Qual è il tuo problema? >> ringhiò, suscitando un’espressione ancora più furiosa da parte del fauno.
<< Il mio problema è che non voglio vederti fare stupidaggini, Kirby. Sei il mio migliore amico >> sibilò a denti stretti, afferrando il ragazzo per la collottola della maglia.
L’adolescente si limitò a fissarlo freddamente per circa un minuto buono. Poi, quando quel breve lasso di tempo giunse al suo termino, distolse lo sguardo, visibilmente imbarazzato.
<< Mi dispiace, non ho riflettuto. Quando si tratta del Joker, io… >>
<< Perdi la testa, lo so. Ed è perfettamente comprensibile >> disse Emil, con un sospiro rassegnato << Ma non è così che riuscirai a catturarlo. Devi usare il cervello, amico, non limitarti a picchiare la prima coppia di scagnozzi che ti capitano a tiro. >>
<< Detto da te suona un po’ ipocrita >> commentò l’altro, le labbra arricciate in un ghigno canzonatorio.
Il fauno si limitò a roteare gli occhi.
<< Idiota >> sbuffò con un sorriso divertito.
Fatto questo, lasciò andare il compagno.
<< Ti unisci a noi per la cena? >> chiese con la sua solita voce spensierata << Io e Ruby abbiamo speso l’intera giornata per catturarla. >>
<< Non mi perderei quella storia per nulla al mondo >> rispose Kirby, pronto a seguirlo.
Tuttavia, poco prima che potesse compiere un passo in avanti, sentì vibrare lo scroll che aveva in tasca.Afferrò il dispositivo e diede una rapida occhiata al messaggio che aveva appena ricevuto.
<< Ma prima devo andare un attimo al bagno. Ti raggiungo tra un minuto >> offrì con un sorriso, ricevendo una scrollata di spalle ad opera di Emil.
Kirby aspettò che se ne fosse andato. Poi, facendo ben attenzione che non ci fossero altri studenti in giro, corse fino ai giardini dell’accademia.
L’aria era fredda e satura dell’aroma dei serpe verdi che circondavano l’edificio. Il fruscio degli alberi era l’unico suono udibile.
L’adolescente si guardò attorno, con fare guardingo.
<< So che sei qui >> disse all’improvviso, rivolto verso il confine del bosco << Fatti vedere. >>
Per un attimo non accadde nulla. Poi, lentamente, una figura minuta fuoriuscì dalle ombre della notte. Kirby l’avrebbe riconosciuta ovunque: era Neopolitan, meglio nota come Neo, braccio destro di Roman Torchwick e uno degli assassini più ricercati di Renmant.
La ragazza camminò fino a lui con passo leggero, facendo roteare l’ombrello che reggeva nella mano destra. Andato era il sorriso apparentemente immutabile che aveva mostrato durante il loro ultimo incontro, sostituito da un’espressione fredda e impassibile.
Una volta che si ritrovò ad appena pochi centimetri dal volto del rosato, la ragazza prese a fissarlo con un cipiglio visibilmente scontento.
<< Mi dispiace >> disse Kirby, con voce leggermente incerta.
In tutta risposta, la ragazza si limitò a schiaffeggiarlo. Tuttavia, l’adolescente rimase fermo e immobile.
Nel mentre, Neo afferrò il proprio scroll dalla tasca della giacca e cominciò a digitarvi sopra qualcosa, prima di mostrarlo al cacciatore in allenamento.
Per causa tua Roman è quasi morto” lesse Kirby, con un sopracciglio inarcato.
 << Se ricordi bene, non gli ho torto nemmeno un capel-… >>
Ricevette un altro schiaffo per gentile concessione della sicaria.
Questo non era parte dell’accordo. Mi hai promesso che avresti aiutato me e Roman ad uscire dalla banda del Joker, ma non potremmo farlo se verremo uccisi prima!” digitò furiosamente, il volto adornato da un’espressione che rasentava la collera più pura.
Di fronte a lei, l’adolescente non poté fare a meno di fissarla con uno sguardo colpevole. Aveva tradito la sua fiducia, su questo vi erano pochi dubbi. Provare rimorso per una cosa sbagliata era meglio che niente, ma nessun rimorso poteva espiare la colpa per aver infranto una promessa.
Non ho più intenzione di farti da informatrice” scrisse all’improvviso la ragazza, sorprendendo Kirby.
<< Cosa? Andiamo, abbiamo lavorato insieme per anni senza incidenti e vuoi mandare all’aria tutto non appena le cose iniziano a farsi complicate? >> chiese con voce incredula.
Neo abbassò lo sguardo a terra, come se fosse in uno stato di profonda contemplazione. Poi, quasi con esitazione, incontrò gli occhi del cacciatore in allenamento. Sembrava molto più vulnerabile di quanto il ragazzo l’avesse mai vista prima.
Roman è la mia famiglia, Kirby. Ho stretto quest’accordo con te solo perché so che quando non avrà più bisogno di noi, Joker non esiterà ad ucciderci” digitò, prima di posare la mano sinistra sulla spalla del giovane “Se riuscirai a liberarti di lui… io e Roman saremo i prossimi in linea per il controllo della criminalità di Battleground. Cosa pensi che succederà, allora? Ci combatterai allo stesso modo?” 
Kirby rimase in silenzio per quello che parve un tempo interminabile. Sembrò lottare con se stesso e con le parole che avrebbe pronunciato in seguito. Alla fine, rilasciando un sospiro rassegnato, tese la mano destra in avanti.
<< Ciò che fate con il governo del Maestro non ha importanza. Finché lascerete in pace Dreamland… saremo a posto >> borbottò.
Neo fissò l’appendice estesa… e poi, lentamente, la strinse.

                                                                                                                                                                               * * *     


Terra (Londra) - Centro Imperiale

Mentre
Yūko e il Dottore conversavano all'interno del negozio, Angel aveva deciso di fare due passi.
Camminando per le strade londinesi, osservò il tutto con occhi nuovi. Ora capiva perché quel mondo gli era sempre sembrato così strano… e la cosa lo rendeva triste.
Quello non era più il suo mondo. Tutto ciò che conosceva era sparito molti anni fa. I suoi affetti, i suoi cari e amici… erano morti.  Ora ne era consapevole: era solo.
<< Rimpiangi di aver ricordato tutto? >> gli chiese Blue, comparendo al suo fianco.
Il rosso chiuse gli occhi. Inspirando profondamente l’aria notturna, lasciò che la sensazione di freschezza gli entrasse nel corpo.
<< No >> sussurrò a bassa voce<< Ora, però… devo decidere che cosa fare. >>
<< Qualunque cosa sceglierai, avrai il mio sostegno. Sempre >> lo incoraggiò il drago immateriale, con tono gentile.
Angel annuì sereno. Riprese a camminare per le strade londinesi, verso una meta precisa. Casa sua.
Camminò con calma, senza fretta. Osservò tutto quello che aveva intorno come a volerlo imprimere nella sua mente. Era consapevole che non avrebbe più percorso quei luoghi per molto tempo. Non fino a quando il Maestro avrebbe continuato con la sua realtà ingannevole.
Infine, mise piede nell’appartamento. Era stata il suo mondo per tanto tempo… ma ora era tutto finito.
Ad accoglierlo fu il miagolio di Stella. Gli si avvicinò tranquilla facendo le fusa. Il ragazzo la prese in braccio, stringendola a sé.
Radunò rapidamente le sue cose dentro uno zaino, portando solo lo stretto indispensabile. Il resto se lo sarebbe procurato in qualche modo.
Quando, infine, scese le scale, fu attirato da un fruscio proveniente dalla cucina. Quando vi entrò, sul tavolo trovò una cassettina con un biglietto che diceva “Ciò che resta di loro”. La aprì. 
All’improvviso, calde lacrime cominciarono a scendergli sulle guance. Al suo interno vi erano oggetti appartenenti ai suoi vecchi compagni… tra cui delle foto. Tante foto, raffiguranti i loro volti. Momenti immortalati nel tempo, che non avrebbe mai potuto dimenticare.
Erano tutte cose che gli riportarono alla mente ricordi in cui felicità e tristezza si combinarono assieme. Con estrema fatica, si asciugò gli occhi.
<< So che mi stai osservando, Ajimu >>  disse con voce piena di calore << Hai fatto tutto questo per me, vero? Io… non posso dire se sia stata la scelta giusta. Né posso immaginare che cosa ti abbia spinta a farlo. Però… tu mi hai salvato. E per questo continuerò a combattere… anche per te. Perciò aspettami. Io verrò a prenderti, puoi starne certa. >>
E, dopo aver pronunciato quella promessa, uscì dall’appartamento. Mentre s’incamminava verso il negozio di
Yūko, ebbe quasi la sensazione che qualcuno gli stesse sorridendo da lontano.
Una volta arrivato all’ingresso della magione, il rosso osservò il cielo privo di nuvole.
<< È solo un arrivederci >> borbottò, con tono quasi nostalgico.
In quel momento, una figura lo raggiunse alle spalle, costringendolo a voltarsi.
<< Dottore >> salutò, il volto adornato da un piccolo sorriso.
<< Angel >> ribatté l’altro, con un gesto pigro della mano.
Si accostò al giovane e cominciò ad osservare la volta, apparentemente perso nei suoi pensieri. Dopo quasi un minuto, prese un respiro profondo.
<< E così…un guardiano del multiverso, eh? >> domandò con una lieve punta di divertimento.
Il rosso prese a grattarsi la testa, visibilmente imbarazzato. << Lo so, può sembrare pretenzioso. >>
<< Non tanto quanto alcuni dei titoli che mi hanno affibiato. È  un bel lavoro? >> chiese l’alieno, ricevendo una scrollata di spalle ad opera del soleano.
<< Ha i suoi momenti >> rispose questi, tornando a fissare il cielo.
Affianco a lui, il Dottore emise un grugnito poco impegnativo.
Rimasero in quella posizione per parecchio tempo, lasciando che il silenzio di quella sera cullasse le loro membra ormai stanche ed esauste. Era stata sicuramente una giornata faticosa.
<<
Yūko mi ha detto che, nonostante abbia adempito alla sua parte del contratto, tu vuoi comunque rimanere a lavorare per lei >> disse all’improvviso il Signore del Tempo, richiamando l’attenzione di Angel.
L’adolescente lo fissò con un sorriso amaro.
<< Non ho altro posto dove andare >> sussurrò, il tono di voce ornato da una lieve punta di malinconia.
Il Dottore emise un altro grugnito poco impegnativo. Poi, con un sospiro rassegnato, si voltò completamente verso l’adolescente.
<< Ragazzo… >> iniziò, attirando l’attenzione del rosso << Se permetti… avrei una proposta da farti. >>



Com'era? Spero bello!
I personaggi di Ozpin, Glynda e tutti gli altri nominati nelle scene con il Team JEKP appartengono alla serie di RWBY.

 

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Capitolo 17
*** Capitolo 15 - La bestia che gridò amore ***


Ecco un nuovissimo capitolo, che segna anche la fine del primo atto della storia.
Come al solito, vi invitiamo a lasciare un commento. C'è una piccola citazione a Pulp Fiction, vediamo chi la coglie.



Capitolo 15 - La bestia che gridò amore


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Terra (Centro Imperiale) - Washington

Interpretare le visioni del futuro era un gioco pericoloso: rappresentava il pensiero prioritario di tutti coloro che si servivano della preveggenza per avventurarsi nell’esplorazione delle linee temporali. Chi dimenticava quel pericolo era destinato a morire nel rimpianto.
Il Maestro aveva appreso quella lezione molti anni prima, quando era giovane e l’universo era assai differente.
La preveggenza, seppur in forma minore, era una delle numerose abilità adoperate dai Signori del Tempo, cosa che i suoi recenti poteri erano riusciti ad amplificare in maniera a dir poco esponenziale.
Ultimamente, a colpirlo era la quantità di elementi che le visioni del futuro tralasciavano. Per esempio, chi avrebbe mai immaginato che quella ragazza, Ajimu, così esile e all’apparenza tanto fragile, potesse essere una creatura dotata di una tale potenza.
Ogni volta che gli faceva visita, con quel sorriso impertinente stampato in volto, sembrava quasi smarrita, piccola a confronto di ciò che la circondava e degli avvenimenti che scuotevano la galassia e di cui lei costituiva un improbabile fulcro.
Il Maestro, tuttavia, sapeva che spesso le apparenze erano ingannevoli, a volte in misura fatale. Dopotutto, sottovalutare Najimu era costato la vita a molti esseri di grande potenza. Il Maestro non avrebbe commesso lo stesso errore. Non dopo le innumerevoli legioni di vittime che si era lasciato alle spalle, un buon numero delle quali aveva sottovalutato LUI.
Il Maestro sapeva di essere egli stesso un fulcro improbabile, quanto di più lontano da una semplice vittima delle circostanze. Eppure, negli ultimi giorni, perfino lui era rimasto sorpreso dai recenti avvenimenti.
Il giovane Angel, che per tanto tempo aveva cercato di eliminare a causa di determinate circostanze, era riuscito a risvegliare la propria natura e ad eludere, in qualche modo, i sensi dello stesso Vorkye.
Recentemente, il Signore del Tempo aveva percepito perfino la morte di uno dei suoi esperimenti più promettenti: Hans Landa, risultato del primo tentativo del Maestro d’imbrigliare l’energia negativa dello Scisma per creare una razza di soldati inarrestabili.
Dal giorno alla notte, quel promettente ufficiale era perito in uno scontro che aveva spazzato via l’intera città di Hong Kong, con grande costernazione non solo del Tiranno ma anche dello stesso Governatore Shen, il cui dominio sulla Cina era esteso al rinomato centro urbano. E l’identità dell’avversario contro cui aveva combattuto Hans rimaneva tutt’ora un mistero.
Due notevoli seccature in meno di 24 ore… troppo vicine per essere considerate una semplice coincidenza. Che fosse Najimu in parte responsabile della sua incapacità di prevedere tali eventi? Oppure…
L’uomo venne scosso da tali pensieri quando un sonoro BIP, proveniente dalla scrivania che aveva di fronte, riecheggiò per tutta la lunghezza della stanza. Qualcuno lo stava contattando sulla sua linea privata.
Gemette interiormente. L'ultima cosa che voleva adesso era intavolare una conversazione con i suoi sottoposti.
Con un sospiro scontento, pigiò il pulsante d'accensione. << Pronto? >>
<< Pronto? Pronto? Salve! La contattiamo dal nostro servizio di televendita! >> rispose una voce acuta e gratturale, emettendo una piccola risata alla fine.
Il Signore del Tempo si ritrovò incapace di trattenere una smorfia. Avrebbe riconosciuto quella cadenza fastidiosa ovunque.
<< Maestro, mio caro, come procede la tua serata da imperatore del multiverso?>>
<< Joker >> borbottò l’alieno, visibilmente stizzito << Sto cominciando seriamente a pentirmi di averti dato questo numero. Spero che la tua ragione per chiamarmi sia molto buona. >>
<< Ma certo che lo è! Oww, Master, così mi spezzi il cuore! È proprio vero che il potere dà alla testa. Sai bene anche tu cosa sta succedendo per la galassia, è su tutti i giornali! Tutti questi problemi sono ovviamente una manovra dei ribelli... ecco perché voglio offrirti il mio aiuto! Già immagino i prossimi titoli, li puoi vedere anche tu? “L’intraprendente presidente e il suo amico svitato” >> rispose il clown principe del crimine, riferendosi palesemente a se stesso.
Il Maestro inarcò un sopracciglio.
<< Stai per caso suggerendo una collaborazione che vada... oltre il nostro ultimo patto? >> domandò con tono vagamente annoiato, mentre ripensava a come aveva dato il via libera alle operazioni del Joker, purché mantenesse sotto controllo la criminalità organizzata di Battleground.
Un accordo che era andato a beneficio di entrambe le parti.
<< È quello che dobbiamo fare, vecchio amico mio! Diciamoci la verità, le cose non stanno andando bene per niente. Già solo l’altra sera, i seguaci di quel vecchio bacucco del tuo ex amico hanno rovinato il mio affare con Roman. Dobbiamo fermare questi teppisti! Alcuni di loro non ragionano secondo i metodi del Dottore, guarda cosa è successo a Hong Kong! Sembra quasi il fantasma del Natale Futuro, e non è per niente gentile… >>
Detto questo, scoppiò in una risata psicotica, che risuonò per tutta la stanza in cui sedeva il Signore del Tempo.
<< E non è di certo finita qui! Ti ricordi di quella buona anima di Meta Knight? >>
<< ...il vecchio pipistrello? >> domandò il Maestro, sbattendo le palpebre con fare incerto << È storia vecchia, ormai. Hai detto di averlo ucciso e Vader era lì per testimoniare la cosa. >>
Al telefono si sentì un suono bizzarro, come quello dei campanelli usati per indicare le risposte errate dei quiz televisivi.
<< Naaaah, risposta sbagliata >> ribatté il Joker << Certo che l’ho ucciso, e Vader lo ha visto e confermerà ancora. Mi riferisco... alla sua progenie. Proprio così, amico, il figlio di quel dannato pipistrellaccio è tornato! E adesso si trova a Vale. Guarda caso, è stato proprio lui a interferire col mio ultimo affare! Una storia di vendetta, caro il mio Maestro. Una storia che io e te... dobbiamo concludere con il nostro personale lieto fine >> continuò ridendo << Qua non c’è solo il fantasma del Natale Futuro in gioco, ma anche quello del Natale Passato. Dobbiamo troncare questa trama sul nascere, Maestro. Tu hai le risorse per farlo... ma la politica te lo impedisce... mentre io ho la libertà e la creatività necessaria per compiere l’opera. Cosa ne dici, volpone? >>
Il Maestro rimase fermo e impassibile, lasciando che il significato dietro alle parole del clown affondasse nel suo cervello. Dopo quasi un minuto buono, prese un respiro profondo.
<< Prenderò in considerazione la tua proposta. Nel frattempo... mi assicurerò di fare buon uso delle informazioni che mi hai appena fornito. >>
<< Ne sono certo, dopotutto sei tu il cervellone! Vuoi che ti racconti una barzelletta per sdrammatizzare la situazione? >>
In tutta risposta, il dittatore di Battleground si limitò a chiudere la conversazione, il volto adornato da uno sguardo impassibile.
A volte, quell’uomo poteva essere fastidioso quanto il Dottore. Ma era comunque utile, ragion per cui aveva deciso di non rinchiuderlo assieme a tutti quei personaggi da lui considerati troppo caotici e indomabili per poter scorrazzare liberamente nel suo nuovo regno.
Con quel pensiero in mente, l’alieno contattò un’altra linea… e attese. Poi, dal canale appena aperto fuoriuscì una voce profonda e metallica.
<< Soundwave a rapporto. >>
<< Qui è il Maestro >> rispose il Signore del Tempo, arricciando ambe le labbra in un sorriso << Di' a Megatron che vorrei parlare con lui, ho un lavoro per i suoi amichetti… >>

                                                                                                                                                            * * *


Renmant (Pianeta sotto controllo imperiale) - Dreamland

La prima cosa che avvertì fu la posizione scomoda in cui si trovava. Era seduto, con la schiena appoggiata ad una superficie dura e un po’ nodosa. La debole luce del sole gli investì le palpebre serrate, colorando tutto di giallo e puntini scuri.
Poi, sentì un familiare becco uncinato punzecchiargli con insistenza il capo e una vocetta acuta richiamarlo.
<< Padron Fire! Sveglia, sveglia! >>
<< Rowlet… >>
Il Vigilante Mascherato sbatté le palpebre ripetutamente, infastidito dalla luce e da quell’approccio, mentre un sonoro sbadiglio gli si liberava dalla bocca.
<< Che palle, stavo dormendo! Non rompere… >>
<< Non si dicono le parolacce, che direbbe padron Logan? >> lo rimbeccò il barbagianni, riprendendo a becchettarlo << Dai, sveglia! È già mattina… >>
<< Ho capito… e piantala! >>
Gli tirò una leggera gomitata, poi aprì gli occhi, rizzandosi seduto e sollevando lo sguardo, ancora assonnato.
<< Dove siamo…? >> sbadigliò << Che…? >>
<< Siamo su un albero, padron Fire >> spiegò Rowlet << Padron Fire aveva chiesto a Rowlet di trovarne uno dove passare la notte, dato che padron Fire doveva parlare con il Dottore e i suoi amici. >>
D’improvviso, tutto gli tornò alla mente, rischiarandola dal torpore del sonno. Ma certo, erano andati su Remnant, per incontrare il Dottore e gli alleati che aveva reclutato assieme a lui. Si era rifiutato di risiedere nella base, asserendo che preferiva dormire in mezzo alla natura.
Inoltre, aveva giustificato a Logan il proprio viaggio con la propria attività. Gli aveva detto che sarebbero rimasti fuori per un po’ e, di conseguenza, avrebbero dormito fuori; come al solito, Royston non aveva fatto troppe domande, né si era opposto.
<< Sta’ attento >> gli aveva detto << e torna entro la sera del giorno dopo, o verrò a cercarti, Baelfire. Rowlet, mi raccomando, tienilo d’occhio. >>
Al che, il barbagianni aveva risposto gonfiando il petto piumato per darsi importanza, e Fire si era limitato ad alzare gli occhi al cielo.
Non poteva rivelare a suo padre dove sarebbe andato, né il motivo. Sapeva quanto stesse rischiando, prendendo anche solo in considerazione di unirsi alla Resistenza: era il Vigilante Mascherato, l’oppositore per eccellenza del Governatore Shen, e come tale era già sulla lista nera del Maestro.
Oltretutto, Shen conosceva la sua identità segreta. Non sapeva ancora come, ma l’aveva scoperta, ed era solo questione di tempo prima che lo condannasse. Anche se non l’aveva fatto finora, questo non faceva altro che allarmarlo ancora di più: il governatore di Gongmen era subdolo e perfido fino al midollo, motivo per cui non c’era da star tranquilli in una simile situazione. Sicuramente aveva in mente per lui qualcosa di molto speciale.
L’ultima cosa che voleva era che Logan ci andasse di mezzo. Sarebbe finito all’Inferno piuttosto che permettere una cosa del genere.
E poi c’era il Dottore. Il Dottore pareva essere l’unica chance che aveva per poter finalmente scoprire la verità sulle proprie origini e soprattutto sulla propria famiglia, dato che aveva conosciuto sua madre, Lada. Un’occasione come quella non poteva lasciarsela scappare: si era rafforzato in lui il desiderio di conoscenza, adesso che era apparsa una fragile speranza.
Si stropicciò gli occhi, distogliendosi da quei pensieri e liberando l’ennesimo sbadiglio. Sbuffando si girò dall’altra parte, risistemandosi il mantello sul corpo a mo’ di coperta.
<< Lasciami tornare a dormire, Rowlet… >>
<< E nooo-uuuh! >> bubolò l’altro, in tono di protesta << Si è svegliato il cielo, e perciò anche padron Fire deve essere sveglio! Dai, dai, dai! >>
Il rapace si aggrappò con gli artigli alla seta e la strattonò ripetutamente, senza smuoverlo di un millimetro. Nel tentativo di farlo smettere, il ragazzo tirò un violento colpo col braccio, mancandolo di un soffio, perse l’equilibrio e cadde giù dal ramo. Riuscì appena in tempo ad azionare le ali, rallentando la caduta e atterrando, le ginocchia piegate per attutire l’impatto.
Rowlet emise un bubolio soddisfatto e gli svolazzò davanti. << Ecco! Ora padron Fire è completamente sveglio! >>
<< Razza di uccellaccio pestifero! >> ringhiò il giovane, facendo per avventarglisi contro, le braccia tese.
Per tutta risposta, il barbagianni lo schivò e gli volò intorno, bubolando divertito, poi si slanciò verso la foresta.
<< Tanto padron Fire non prende Rowlet, u-uh! >>
<< Stupido ammasso di piume! Torna qui! >>
Ma l’uccellino rise, sparendo tra gli alberi. Lo stava sfidando ad inseguirlo e acchiapparlo.
Royal Noir alzò gli occhi al cielo e, per un istante, sorrise di un sorriso sincero e gioioso. Poi spalancò le ali e gli sfrecciò dietro.
Non credeva negli dei, men che meno nel Maestro e nella sua volontà, ma quando pensava al suo incontro con Rowlet, in un certo senso gli attribuiva una causa magica o in qualche modo divina, dato che era stato capace di cambiargli la vita.
Avvenne durante un burrascoso temporale: era ancora all’orfanotrofio all’epoca, aveva poco meno di sette anni. Il rapace, spazzato via dal vento, andò a sbattere violentemente contro il vetro della finestra della sua solitaria camera da letto. L’impatto fu talmente forte da ferirgli un’ala e farlo crollare disteso sul bordo della finestra, emettendo dei bubolii acuti.
Il piccolo Fire, allertato da quei rumori, corse subito alla finestra e l’aprì. Il suo cuore di bambino si commosse alla vista della povera creatura, alla vista di quegli occhi grandi, tristi e innocenti, così simili ai suoi. Senza pensarci due volte decise che, non importava come, né quanto ci sarebbe voluto, l’avrebbe aiutato finché non fosse stato in grado di volare nuovamente da solo. E così l’accudì in gran segreto, nutrendolo occasionalmente con gli insetti che catturava per lui nel giardino e con gli avanzi dei pasti dell’orfanotrofio, finché non guarì.
Erano soliti stare sempre insieme, giocando a rincorrersi tra di loro e a cercare di catturare gli scoiattoli che si nascondevano tra le chiome degli alberi piantati nel giardino dell’orfanotrofio.
Così, Fire aveva imparato ad arrampicarsi e a muoversi tra i rami, rapido, scattante e leggero quasi come il barbagianni. Se le inservienti l’avessero visto fare una cosa simile, avrebbero dato di matto per la paura che potesse cadere e farsi male, e probabilmente gli avrebbero impedito di giocare ancora, ma non riuscivano mai a coglierlo sul fatto.
<< Perché padron Fire non gioca mai insieme agli altri bambini e alle altre bambine? >> gli chiese un giorno Rowlet, appollaiato sulle sue ginocchia.
Fire sedeva sopra il ramo di un’alta e grossa quercia. Si reggeva con le mani ai lati delle natiche, tenendo i piedi sospesi nel vuoto.
<< Perché gli faccio paura >> borbottò in risposta, imbronciato << dicono che sono un demone. >>
<< E perché qualcuno dovrebbe considerare padron Fire un demone? >>
<< Guardami. >>
Gli lanciò un’occhiata fulminante, e parve che le fiamme dei suoi occhi ardessero più intensamente. Senza dubbio così poteva risultare impressionante.
Per tutta risposta, Rowlet si limitò a fissarlo, con un’espressione fin troppo attenta ed intelligente. Poi scoppiò in un bubolio acuto a mo’ di risata sincera e cristallina.
Il barbagianni non aveva mai avuto paura di lui, al contrario di tutti gli altri bambini dell’orfanotrofio. Era l’unico che lo volesse accanto.
Tuttavia, la convivenza dei due nell’orfanotrofio non era stata facile, a causa dei frequenti comportamenti problematici e fraintendibili che l’uccello aveva manifestato, e per i quali Fire aveva dovuto rispondere più di una volta agli altri orfani e alla signora Cole.
<< Perché hai graffiato quella bambina!? >> sbottò rivolto al rapace, le braccine incrociate, dopo che l’ennesimo fattaccio avvenne.
Rowlet stava appollaiato sopra un trespolo, le spalle ritratte e il capo chino, mortificato. << Rowlet voleva fare amicizia. >>
<< Ma le hai fatto male. Non hai visto come piangeva? >>
Al che l’uccello sgranò gli occhioni, stupito, come se quella prospettiva non gli fosse mai passata per la mente.
<< Fatto… male? >> ripeté, esitante << Rowlet non voleva… >>
<< Quando graffi qualcuno in faccia fai sempre male, come quando gli becchi le dita >> gli rispose il bambino, in tono di ovvietà << Non lo devi fare più, hai capito? >>
<< Ma Rowlet non lo vuole fare con cattive intenzioni. Vuole solo fare amicizia… >>
Gli occhi del barbagianni si fecero più grandi, inumiditi com’erano dalle lacrime.
Fire lo guardò e si convinse che era sincero. Sciolse le braccia e gli carezzò la gola piumata, ma non perse il tono fermo.
<< Lei non lo sapeva che volevi fare così, e tu l’hai avvicinata nel modo sbagliato. E non puoi nemmeno chiederle scusa… >>
<< Perché Rowlet non può chiedere scusa? >>
<< Perché ti vedrebbe parlare. >>
Rowlet annuì, in segno di comprensione. Padron Fire gliel’aveva spiegato: non poteva rivolgere la parola a nessuno all’infuori di lui, perché se qualcun altro si fosse accorto che parlava, sarebbero potute arrivare delle persone cattive a portarlo via. Quelli magici come lui piacevano un sacco ai ricchi, e se le persone cattive l’avessero scovato, avrebbero potuto portarlo via per venderlo a qualcuno di loro, qualcuno che non fosse padron Fire.
Al pensiero di quanto potesse essere terribile una simile prospettiva, il rapace emise un bubolio acuto. Ma c’era anche qualcos’altro a turbare il suo cuore di cucciolo.
<< Padron Fire? >>
Gli occhi del bambino incontrarono i suoi. << Sì? >>
<< Che vuol dire “chiedere scusa”? >>
Fire rimase senza parole. Lo fissò, pensando per un istante di aver sentito male. Rowlet lo fissò a sua volta, inclinando di lato la testolina rotonda. Attendeva, paziente.
Il bambino rimase in silenzio per qualche istante, pensieroso. Gli era difficile spiegare cosa significasse dover chiedere scusa, anche perché gli era capitato raramente di doverlo fare. Forse, se Rowlet non lo sapeva, era perché non l’aveva mai fatto?
<< Chiedere scusa vuol dire… >> cercò di trovare le parole << dispiacersi. Dispiacersi per aver fatto male. E dirlo a chi hai fatto male, ecco. >>
<< Uh… >> Il barbagianni sgranò gli occhioni << E Rowlet ha fatto tanto male a quella bambina? >>
<< Credo di sì… >> gli rispose Fire, in tono triste.
<< Ma Rowlet come può giocare senza fare male? >>
<< Non devi graffiare, per prima cosa. E nemmeno beccare forte! >>
<< Allora cosa può fare Rowlet? >>
Il bambino ci pensò su, inarcando le sopracciglia. Poi mise su un sorrisetto trionfante. << Le carezze! Così! >>
Allungò il palmo e gli lisciò il capo, per poi fare lo stesso con i contorni delle ali e il petto candido.
Il barbagianni emise un acuto e tenero bubolio, mentre si strofinava lungo la mano del padroncino, chiaramente deliziato. Poi chinò nuovamente il capo.
<< Se Rowlet faceva male, forse è per questo che gli altri della sua specie lo evitavano. >>
A quella rivelazione, Fire inclinò il capo, guardandolo con tanto d’occhi. << Anche tu? >>
<< Rowlet è cresciuto da solo >> raccontò l’uccello << Quando mamma e papà sono andati via, Rowlet se l’è dovuta cavare da solo, e provava a fare amicizia... ma gli altri sembravano infastiditi dal comportamento di Rowlet, e così lo lasciavano sempre da solo >>.
Il bambino si riconobbe in quelle parole, e per questo avvertì un nodo doloroso serrargli la gola. Non staccava gli occhi dall’amico piumato. Attendeva che continuasse.
<< Un giorno mamma e papà l’hanno guardato per l’ennesima volta con quello sguardo... strano. Poi hanno portato Rowlet vicino alla grande quercia, l’albero più grande del bosco, hanno detto di aspettarlo lì e poi sono andati via. Rowlet li ha aspettati. Li ha aspettati tanto, tanto, così tanto... ma mamma e papà non tornavano. Rowlet aveva fame, chiamava la mamma perché voleva che gli desse quei bei vermetti che gli prendeva sempre. Ma la mamma non c’era, né i vermetti. Rowlet ha disubbidito, si è allontanato per mettersi a cercare i vermetti sul terreno, come ha visto fare alla mamma quando ancora era nel nido. Rowlet li ha mangiati ed erano molto buoni. Voleva darli anche alla mamma e al papà, ma loro non tornavano, né il giorno dopo, né l’altro ancora. E così Rowlet ha imparato a volare, a cacciare, a costruirsi i ripari per dormire, ma la mamma e il papà non sono mai tornati per vederlo. Rowlet alla fine ha deciso di allontanarsi dal bosco e dalla grande quercia, ed è incappato nella tempesta che l’ha portato da padron Fire >>.
Quando Rowlet terminò il suo racconto, Fire sentì gli occhi bruciare, e la morsa alla gola farsi più evidente, spostata a stringergli anche il cuore.
Avrebbe voluto dire qualcosa, qualunque cosa per consolare il barbagianni. Ma non gli veniva in mente niente, e peraltro l’uccello non pareva affatto turbato da quanto avesse appena narrato: aveva parlato con la tranquillità e la spensieratezza precedenti, come quando aveva chiesto cosa significasse chiedere scusa.
Non lo sapeva. Rowlet non sapeva che i suoi genitori l’avevano abbandonato. Non lo sapeva, forse semplicemente perché non l’aveva mai capito. Forse il pensiero non l’aveva mai nemmeno sfiorato.
Fire l’aveva capito subito, invece. E pensava quanto fosse profondamente ingiusto che qualcuno avesse fatto una cosa simile a quella tenera, dolce ed innocente creaturina. Senza dire una parola, fece un passo avanti e strinse il corpicino piumato in un abbraccio.
In risposta, Rowlet emise un bubolio di giubilo e gli strofinò il becco contro la guancia.
<< Prima o poi mamma e papà torneranno… si saranno solo persi. >>
A quelle parole, il piccolo Fire si morse le labbra. Si era praticamente rivisto in quella storia, provava e aveva provato tutte le sensazioni che il barbagianni non aveva mostrato di provare: lo schiacciante senso di abbandono, l’essere indesiderato, il non contare niente per le persone che l’avevano messo al mondo.
Lui e Rowlet erano uguali. Entrambi abbandonati a loro stessi, lasciati ad affrontare il mondo da soli, costretti a lottare per la sopravvivenza.
<< Perché padron Fire è zitto? >>
La voce del barbagianni distolse il bambino da quei cupi e tristi pensieri. I suoi occhioni lucidi incontrarono quelli dell’amico piumato.
<< Padron Fire si chiede se anche i suoi genitori si siano persi come quelli di Rowlet >> rispose con voce incrinata.
<< Sicuramente sì >> affermò Rowlet << I genitori non abbandonano mai i figli. Avranno contrattempi. Torneranno entrambi. Padron Fire si deve fidare di Rowlet. >>
Fire non riuscì ad aggiungere altro. Si strofinò un pugno sulle palpebre, cercando di asciugarsi le lacrime scese a rigargli le guance.
Rowlet gli becchettò affettuosamente il naso e gli arruffò i capelli, per poi fargli una carezza sulla guancia con l’ala, così come il padroncino gli aveva appena insegnato.
Fire tirò su col naso e affondò le piccole dita nelle piume color crema.
<< Rowlet? >>
<< Sì? >>
<< Tu sei mio amico, vero? >>
<< Migliore amico! >> esclamò il barbagianni, simulando col becco un sorriso smagliante.
<< E saremo sempre insieme, vero? >> domandò il bambino, in tono speranzoso.
Rowlet lo osservò, con l’espressione attenta e intelligente di quando prendeva molto sul serio una sua domanda e la conseguente risposta da dare.
Quindi gonfiò il petto piumato e raddrizzò la schiena, dandosi una buffa aria di solennità.
<< Rowlet sarà sempre con te, padron Fire! >>
 
                                                                                                                                                                  * * * 
 
Accelerator e Last Order, quella mattina, passeggiavano tranquillamente per il boschetto che circumnavigava la capitale di Dreamland; l’albino si era premurato di coprirsi con cappuccio e occhiali da sole per non farsi riconoscere.
La bambina, come di consueto, non stava ferma un secondo, irritando l’esper.
<< Ohi, mocciosa, vai piano, altrimenti cadrai e ti farai male >> sbottò quest’ultimo, seccato.
<< Anche se cadessi, tu mi prenderesti al volo, no? Dice Misaka come Misaka >> rispose la piccola, esprimendosi sempre in quel modo bizzarro.
<< Tch... se ti fai male son cazzi tuoi, io me ne frego. >>
<< Non fare così, scommetto che mi salveresti e mi prenderesti in braccio come un bravo cavaliere bianco, dice Misaka come Misaka picchiettando le dita sul tuo addome... eh? Cos’è quella faccia arrabbiata, e perché stringi il pugno? Chiede Misaka come Misaka spaventata. Suvvia, scherzavo, dice Misaka come Misaka mettendo un bel sorriso nella speranza di calmarti. >>
Il ragazzo, ancora innervosito, non poté fare a meno di calmarsi alla vista del dolce e tenero sorriso di quella bimba. Abbassò il pugno e sbuffò, mettendo le mani in tasca.
La piccola iniziò a ridere e corse avanti, canticchiando nel mentre qualche canzone che, molto probabilmente, aveva imparato da Yoshikawa. Correva, nella speranza che il suo “papà” la acciuffasse, ma ecco che inciampò e cadde per terra, emettendo un lamento infantile.
Accelerator le si avvicinò rapidamente, rinfacciandole il fattaccio per celare la propria preoccupazione. << Che ti dicevo? Sei caduta. Stupida... >>
<< Accelerator, mi sono fatta maleeeee, si lamenta Misaka come Misaka sperando di commuoverti! >>
L’albino la esaminò attentamente, poi scosse la testa e alzò gli occhi al cielo. << Tch... e alzati che non ti sei fatta niente. >>
<< Sei cattivo, dice Misaka come Misaka mettendo un tenero broncio e rialzandosi senza fatica. >>
In quel momento arrivò, o per meglio dire svolazzò davanti a loro, un barbagianni. Atterrò con le zampe sul terreno e ripiegò le ali, per poi rimanere immobile a studiarli con un’espressione fin troppo intelligente.
<< Accelerator, guarda, un uccellino! Dice Misaka come Misaka allungando la mano nel tentativo di accarezzarlo. >>
<< Ohi mocciosa, sta’ ferma! >> la riprese il ragazzo, bloccandola a metà dell’azione << Così lo spaventi, e potrebbe morderti. E anche portare malattie! >>
<< Rowlet non morde, Rowlet lo sa che non si fa! E poi Rowlet non porta malattie, è molto pulito! >>
Ad Accelerator ci volle qualche minuto per rendersi conto che era stato il rapace a parlare, utilizzando un tono di ben evidente disappunto. Aveva semplicemente aperto il becco e datogli fiato, solo che al posto di un verso animale erano uscite parole comprensibili.
Era assurdo. Lo fissò, sbigottito, grattandosi il capo coperto dal cappuccio.
“Questa poi… devo essermi fumato qualcosa” pensò, scuotendo il capo.
<< Bimba è carina! >> esclamò l’uccellino, sollevandosi in volo di qualche centimetro per raggiungere il faccino di Last Order e pizzicarle delicatamente le guance con gli artigli.
Per tutta risposta, quest’ultima squittì per il solletico.
<< Senti un po’, uccello >> gli si rivolse Accelerator dopo un istante << da dove vieni? >>
<< Uh… >>
Il barbagianni svolazzò più in alto, rimanendo sospeso in aria, e poi indicò con la punta dell’artiglio un punto imprecisato della foresta di fronte a loro.
<< Da di là, cappuccetto nero. >>
<< Da di là, dove? >> gli chiese il ragazzo, ancora più confuso << Cosa c’è di là? >>
<< Sei divertente, commenta Misaka come Misaka ridendo! >>
Il rapace emise un bubolio acuto che poteva benissimo sembrare una risata gioiosa da bambino. Le svolazzò davanti e le si appollaiò sulle mani tese.
<< Comunque lui non si chiama cappuccetto nero, si chiama... >>
La piccola non finì la frase, perché una manata dell’esper le arrivò dritta sulla nuca. << Zitta, marmocchia >> sibilò.
<< Ahiiiiiiiii >> protestò questa in risposta.
In quel preciso istante, dal folto della vegetazione sbucò la figura di Royal Noir. Atterrò di fronte a loro, le grandi ali ripiegate sulla schiena a formare il mantello svolazzante; il barbagianni lo accolse emettendo un bubolio di contentezza.
I due ragazzi rimasero impalati a fissarsi come se si vedessero per la prima volta.
<< Sei lo stesso tizio di ieri >> osservò Accelerator << L’uomo uccello. >>
<< Royal Noir >> lo corresse l’altro, scrutandolo con tanto d’occhi << Il Vigilante Mascherato. >>
<< E me è Rowlet! Uuhuu! >> bubolò l’uccello, per poi lanciare un’occhiata all’albino e alla bambina a cui era in braccio << E Cappuccetto Nero e bimba carina chi sono? >>
<< Il mio nome è Last Order, dichiara Misaka come Misaka con posa fiera! >>
Indicò il ragazzo bianco con un dito.
<< E lui si chiama Accelerator! >>
<< Vedi di non gridarlo, o ti do un altro colpo >> sibilò l’esper.
Royal Noir inarcò le sopracciglia attraverso la maschera di gufo, visibilmente perplesso.
<< Lasty! >> pronunciò Rowlet, spalancando le ali contento << E Acc... A... A... Acce… >>
Provò ancora, ma si bloccava sempre nel pronunciare il suono “lerator”, tanto che dopo un po’ si imbronciò e decise di fare a modo suo.
<< Accelly! >> dichiarò dopo qualche istante.
I tre lo fissarono sbigottiti. Last Order scoppiò a ridere, mentre Accelerator gli lanciò uno sguardo arrabbiato.
<< Tch… Accelerator >> scandì, con una smorfia infastidita e gli occhi dilatati << A-C-C-E-L-E-R-A-T-O-R. Non Accelly! >>
<< Aaa...cc....elly! >>
<< Ho detto Accelerator! >> sibilò quest’ultimo, e ora pareva visibilmente furioso, tanto che Fire notò una vena pulsante formarglisi sulla fronte.
<< Rowlet non è in grado di pronunciare parole complicate >> intervenne, in difesa dell’amico piumato e tentando di calmare il ragazzo << E a quanto pare il tuo nome lo è, per i suoi standard. >>
<< Tch… fanculo >> sbottò l’albino, scuotendo la testa contrariato, per poi lanciare loro un’occhiata sospettosa. << Che stavate facendo qui? >>
<< Rowlet e padron Royal stavano giocando a rincorrersi! >> esclamò il barbagianni, svolazzando al fianco del Vigilante Mascherato, gonfiando il petto con fare orgoglioso << E Rowlet ha vinto anche stavolta! >>
Royal alzò gli occhi al cielo. << Ma piantala. >>
<< Anch’io e il mio papà stavamo giocando a rincorrerci, dice Misaka come Misaka! È divertente! >> esclamò Last Order.
<< Lasty è una bimba carina, a Rowlet piace! >> sentenziò il rapace, svolazzando davanti alla bambina e mettendo su un’espressione di gioia impaziente << Lasty vuole giocare con Rowlet? >>
<< Sì, giochiamo! L’ultimo che arriva è un pesce lesso, esclama Misaka come Misaka euforica! >>
<< Ohi, aspetta, non… >> fece Accelerator, ma non riuscì a finire la frase; i due iniziarono a rincorrersi, imboccando senza accorgersene il sentiero che portava verso il limitare della foresta, conducente dritto in una delle molte cittadine del pianeta.
<< Porca puttana! >> imprecò l’esper, cominciando a muoversi ad ampie falcate per andare loro dietro, seguito prontamente dall’arciere.
<< Aspetta >> lo bloccò quest’ultimo, quando furono davanti all’imbocco della strada asfaltata << io non posso entrare in città. Potrebbero riconoscermi. >>
<< Tch… merda >> imprecò Accelerator, lanciandogli un’occhiata di traverso << Non hai qualcosa per camuffarti? >>
Royal parve pensarci su. Poi sollevò il braccio, scoprendo la polsiera nella quale era incastonato il cristallo di Polvere. Subito questo si illuminò di luce verde, e sotto gli occhi stupefatti dell’albino, il costume mutò forma, diventando una semplice felpa munita di cappuccio con tuta e scarpe da ginnastica. Per ultimo, la maschera si trasformò in un paio di occhiali dalle lenti rotonde, sufficienti a nascondergli il viso.
<< Così dovrebbe andare >> sentenziò il ragazzo, riponendo la polsiera sotto la manica della felpa.
<< Cazzo >> fischiò l’esper << tu sì che sai risparmiare sul guardaroba. >>
Senza altri commenti, i due si incamminarono dietro ai due piccoli. Fortunatamente, non si erano allontanati troppo. La cittadina si estendeva solo per qualche chilometro, al fianco del bosco da cui erano spuntati fuori e che dava direttamente lungo una zona pedonale, dove Last Order e Rowlet erano intenti a schiamazzare.
Qualcuno avrebbe trovato interessante o incredibile osservare insieme quei due particolari ragazzi.
Accelerator era dinoccolato, più basso di Fire di qualche centimetro, dal momento che era più piccolo anche d’età; tendeva ad incurvare un po’ le spalle, e a intervalli regolari socchiudeva le palpebre in un’espressione indolente. Fare ogni passo pareva quasi procurargli una perenne noia mortale.
Fire procedeva ben diritto, il mento leggermente sollevato ad ostentare un’ombra di contegno. Le labbra serrate e lo sguardo fisso dinnanzi a sé, chiuso in un’espressione impassibile, lasciavano trapelare una fredda alterigia e un disinteresse totale di quel che gli succedeva intorno, ma era solo apparenza, plasmatasi grazie alle numerose lezioni di etichetta.
Avanzavano entrambi nella stessa postura – metà delle dita infilate nelle tasche – stessa andatura lenta, stesso atteggiamento distaccato. Camminavano in silenzio, fianco a fianco, ciascuno a debita distanza. Non si sentivano a disagio, e nessuno dei due era infastidito dal silenzio.
Ad un certo punto, Accelerator svoltò l’angolo, e Fire, bloccandosi di colpo, lo vide infilarsi dentro un minimarket. Non si congedò, non gli chiese di aspettarlo e né se volesse qualcosa. Semplicemente si girò e attraversò la porta scorrevole.
Il giovane dai capelli verdi rimase impalato a fissarlo, completamente spiazzato. Storse le labbra, contrariato, per poi scrollare le spalle come a voler lasciar subito perdere, e proseguì incurante per la strada. L’albino lo raggiunse ad ampie falcate qualche istante dopo; teneva in mano una lattina di caffè Black. Ne sorseggiò un po’ mentre tornava a camminare al suo fianco, incurante.
Fire non poté fare a meno di lanciargli un’occhiata. Sin da quando l’aveva visto la prima volta, in qualche modo era riuscito ad intuire chi fosse davvero. Non l’aveva mai visto dal vivo, ma le leggende metropolitane sul fantomatico Demone Bianco di Kyoto erano giunte dal Giappone sino in Cina. Tutti i racconti concordavano sui tratti demoniaci e l’albinismo.
A prima vista, tuttavia, per lui quel ragazzino non aveva niente di demoniaco, a parte forse la maleducazione e il perenne sguardo apatico, ma questo, in fin dei conti, era soggettivo. Il fatto che fosse albino non lo impressionava più di tanto, dal momento che, suo malgrado, era a contatto con Shen. Tuttavia non si stupiva del fatto che l’avessero demonizzato, perché sapeva come pensava la gente: per loro era diverso, era strano, era un’anomalia, e pertanto andava temuto e disprezzato.
<< Che cazzo guardi? >>
L’occhiata e la voce infervorate del ragazzo bianco lo distolsero dai suoi pensieri. Si rese conto di averlo effettivamente fissato più di quanto imponessero i limiti della buona creanza, ma il tono di voce sgarbato lo irritò istintivamente.
<< Quello che mi pare >> affermò, sforzandosi di mantenere un tono calmo << Che c’è, ti dà fastidio? >>
<< Dipende… gli sguardi come i tuoi, sì. Se vuoi dire qualcosa, dilla e non farmi perdere tempo >> sbottò l’esper storcendo le labbra, infastidito.
<< Wow, non pensavo di poter fare impressione perfino al Demone Bianco di Kyoto. >>
Il sarcasmo era ben evidente nella propria voce. Spostò immediatamente lo sguardo.
<< Non ho niente da dire, comunque. Non ancora, perlomeno. >>
Udì l’altro emettere un mugugno dubbioso, mentre entrambi si apprestavano a controllare nuovamente Rowlet e Last Order. Erano parecchio lontani dalla loro portata, ma questo non gli impediva di tenerli d’occhio. Complice era la notevole assenza di gente per la strada a quell’ora del mattino.
Accelerator bevve un altro sorso dal suo caffè. << L’uccello parlante è tuo? >>
<< Sì. Più o meno. >>
Quella domanda lo lasciava un po’ interdetto nella risposta per il semplice fatto che non considerava Rowlet suo. Almeno, non come un padrone potrebbe considerare il proprio cane, come probabilmente aveva inteso Accelerator facendogli quella domanda. Rowlet era il suo cucciolo, sì, ma anche l’unico amico sincero che avesse mai avuto.
Gli occhi color del fuoco si concentrarono sulla piccoletta dai capelli castani, intenta a cercare di acchiappare il barbagianni con le manine paffute.
<< E lei, invece? >>
<< Sì… si può dire di sì >> rispose Accelerator, con tono esitante << Si è infiltrata a scrocco in casa mia e da allora me la porto dietro. Storia lunga. >>
<< Strano >> commentò Fire << è successo qualcosa di molto simile anche a me con Rowlet. >>
<< Cioè è volato dentro casa tua, ha iniziato a fare i suoi comodi e i tuoi genitori ti hanno costretto a tenerlo, facendolo dormire addirittura con te? >>
<< In verità, è finito contro la finestra della mia stanza a causa di una tempesta. Mi sono preso cura di lui, e non mi si è più voluto staccare. Avevo quasi l’età di lei quando è successo >> disse indicando con la spalla Last Order << Alla fine, è stato lui a costringere mio padre a portarlo con noi. >>
Accelerator annuì in segno di comprensione e si stiracchiò. << Almeno il tuo non sembra un casinista come quella mocciosa. >>
<< Non ci conterei troppo >> lo ammonì << Se vuole può essere tremendo. >>
<< Tch... che due palle... >>
L’esper finì di bere il caffè e poi accartocciò la lattina, centrando il primo cestino che gli capitò a tiro, mentre proseguivano per il camminamento pedonale.
Tirò indietro la testa e si appoggiò entrambe le mani sulla nuca, liberando un sonoro sbuffo.
<< Ohi… >> disse rivolto al giovane al suo fianco, mettendo su un sorriso alquanto disturbante << Perché dobbiamo stare qui a sorvegliare quei due rompipalle, quando possiamo andarcene e levarceli di torno per un po’? >>
<< Perché saremmo dei… genitori irresponsabili? >>
Come gli fosse uscita fuori quell’espressione, Fire non lo sapeva. Ma in quel momento non avrebbe saputo come definirli diversamente: sembravano davvero due genitori intenti a badare ai propri figli, ma pensare a Rowlet come tale era assurdo. Certo, tutto quello che avevano passato e imparato insieme lasciava trapelare un affetto molto più esplicito di quello di due amici. Erano una famiglia, Fire, Rowlet e Logan. Logan era il padre, e Fire e Rowlet i suoi figli, dunque Rowlet era il fratello minore, e Fire il maggiore, il più responsabile, sempre dedito alla protezione del più piccolo, anche se quest’ultimo svolgeva lo stesso compito a modo suo.
Il sorriso s’era gelato sulle labbra di Accelerator.
<< Tch, è vero… quella marmocchia mi ha addirittura chiamato “papà” >> borbottò a bassa voce. Scosse la testa, forse con troppa enfasi. << Ovviamente son tutte cazzate, mica voglio farle da padre io. >>
L’altro lo fissò con un sopracciglio inarcato. << Non saresti un po’ troppo giovane? >>
<< Vallo a dire a quella mocciosa... chissà perché mi considera così. Forse per scherzo, forse perché non sa cosa sia un padre, probabilmente causato dal fatto che è sempre stata sola. Ed io non mi oppongo. Il perché… nemmeno io lo so, e francamente non me ne frega un cazzo... l'unica cosa che so è che voglio proteggerla. >>
L’albino rimase interdetto, quasi stentasse a credere di aver pronunciato davvero quelle parole.
<< Tch… che cazzo ha la mia bocca? >> imprecò << Ne ho appena parlato con te. >>
<< Si chiama “voler fare conversazione”>> si sentì in dovere di fargli notare il giovane nobile << È una cosa ancora legale, a quanto ne so. >>
<< Mai fatta una in vita mia... escludendo quelle con Yoshikawa almeno... >>
<< Chi è Yoshikawa? >>
<< Una donna… >> rispose Accelerator, esitante << La mia tutrice. L’unica che non mi abbia mai visto come un mostro insieme alla mocciosa. >>
Fire rimase senza parole. Non si aspettava di venire a sapere che, a conti fatti, avevano qualcosa in comune. D’un tratto gli parve più facile comprendere il motivo dell’atteggiamento scontroso e insofferente del ragazzino. Non era poi molto diverso dalla propria introversione e compostezza: era un modo come un altro di nascondere e manifestare al tempo stesso un perenne dolore interiore.
Tirò distrattamente un calcio al primo volantino steso per terra capitatogli a tiro sotto la scarpa. Il pezzo di carta gli si rizzò di fronte per un istante a causa del moto, e il ragazzo dai capelli verdi poté vedere chiaramente l’inconfondibile espressione sorridente e la scritta rossa “Ascolta il tuo Maestro”, prima di vederlo afflosciarsi nuovamente a terra.
D’istinto, si fermò e vi piantò sopra i piedi con forza, lacerandolo con un secco movimento della caviglia. Fu una bella sensazione vedere la faccia di quell’uomo spaccarsi in due, assieme a quel sorriso odioso.
Accelerator si era voltato ad osservare il tutto con un cipiglio di vago interesse.
<< Quella testa di cazzo… >> imprecò, fissando i pezzi di carta come se volesse incenerirli con lo sguardo << Odio la gente che sorride troppo. Ma mai quanto quella con un sorriso falso come il suo. >>
<< Siamo d’accordo >> sibilò Fire << Vorrei tanto cancellarglielo da quella merda di bocca. Per davvero. >>
<< Perché no… possiamo farlo. >> L’esper si esibì in una risatina sadica. << Gli strappiamo i denti ad uno ad uno. Alla texana, capisci? >>
<< Forse incenerirglieli farebbe molto più male >> ragionò l’altro ad alta voce, inarcando le sopracciglia. Abbassò lo sguardo a fissarsi il palmo della mano prontamente sollevato.
<< Possiamo sempre provare. >>
<< Non chiederei altro. >>
Era meravigliosamente liberatorio sfogare con qualcuno l’odio e il disprezzo accumulato in tutti quegli anni e che aveva forzatamente represso a causa della legge. Perfino a casa, al castello Royston, evitava di parlare di questioni spinose, come il divieto di mostrarsi in qualsiasi modo contrari o irrispettosi al Maestro e alle sue ideologie. Rowlet era troppo piccolo mentalmente per capire, e Logan… be’, semplicemente Fire non voleva annoiarlo, spaventarlo o tormentarlo con i propri deliri da adolescente.
Sì, perché nonostante i suoi vent’anni, Fire Royston era ancora lontano dall’essere un uomo. Complici la testa calda e l’impulsività che tardavano a lasciarlo andare.
Ripresero a camminare fianco a fianco, gli occhi puntati ciascuno sui propri pupilli. Avevano smesso di allontanarsi: erano intenti a guardarsi intorno con gli occhioni sgranati e a indicare con dita e piume tutto quello che li circondava.
Fire si arrischiò a lanciare un’altra occhiata al compagno. Solo allora si rese conto di un particolare alquanto fuori luogo, non semplice da notare a causa degli occhiali e del cappuccio che tentavano di celare il volto: un taglio rosso slabbrato attraversante la guancia sinistra.
<< Cicatrice di guerra? >> gli domandò, facendo un cenno con la spalla.
Accelerator intuì immediatamente a cosa si riferisse e spostò gli occhi sulla propria guancia.
<< Sì… più o meno. Perché? >> chiese, lanciandogli un’occhiata accigliata.
Stava facendo progressi, pensò il ragazzo dai capelli verdi, aveva perso lo sguardo da maniaco assassino.
<< È un po’ curioso… >> gli rispose, esitante << Come ha fatto il Demone Bianco di Kyoto a procurarsi una simile ferita? >>
Aveva sentito dire non ci fosse niente che potesse toccarlo o ferirlo. Questo era un altro punto in comune di tutte le leggende ascoltate sul suo conto. Ogni attacco nei suoi confronti, ogni tentativo di ucciderlo, era stato tutto inutile. Non erano semplicemente riusciti a metterlo in atto. Perché lui era intoccabile.
L’esper sembrò leggergli nei pensieri.
<< Be’, come posso dire… un gran figlio di puttana mi ha fatto questo. >>
Socchiuse le palpebre attraverso le lenti degli occhiali.
<< Conosci per caso Darth Vader? >>
Fire gli piantò lo sguardo addosso, credendo di aver capito male.
<< Vuoi dire... il braccio destro del Maestro!? >> esclamò << Il cacciatore per eccellenza dei ribelli? Il suo seguace più spietato e temuto? Quel Darth Vader? >>
<< Se hai finito di sparare epiteti come un cretino… >> sbottò l’esper, socchiudendo le palpebre, seccato << …sì. QUEL Darth Vader.>>
<< Lo hai… affrontato? >>
Il giovane nobile non riusciva a credere alle proprie orecchie. Come la maggior parte della popolazione, conosceva benissimo la fama della potenza dell’oscuro, spaventoso e inarrestabile servo del Maestro.
Accelerator annuì. << È stata un’esperienza… stimolante >> commentò, un ghigno perfido e folle ben visibile sulle labbra.
Il Vigilante rabbrividì. Normalmente gli sarebbe apparso completamente impossibile che quel ragazzino mingherlino potesse tenere testa ad un colosso simile, ma ad osservare il sorriso spaventoso del Demone Bianco, l’intoccabile, in qualche modo riusciva a crederci.
<< Com'è successo? >>
<< Un giorno il Dottore si schiantò con la sua navicella vicino a un villaggio di contadini in cui vivevo. Lo soccorsi, ma più tardi arrivarono Darth Vader e dei suoi soldati…lo stavano cercando >> mormorò cupamente << Iniziarono a sparare, distruggendo e uccidendo qualunque cosa si mettesse sulla loro strada. Quel bastardo fece quasi del male alla marmocchia e all’amica della mia tutrice. Se non fosse stato per me, probabilmente avrebbe ucciso anche lei. Iniziammo una durissima battaglia, ma quel figlio di puttana possedeva un potere strano, capace di eludere le mie difese. Ci siamo scannati come dei cani rabbiosi. All’inizio eravamo praticamente alla pari, ma poi lui riuscì ad avere la meglio su di me. >>
Fire trasalì e sgranò gli occhi. Avrebbe stentato a credere che una tale storia fosse vera, se non per la voce ferma dell’albino e il bagliore nei suoi occhi sanguigni.
<< Come… come hai fatto a… >>
<< Merito di Thor e il Dottore. Ma… sai qual’è la cosa divertente, di tutto ciò? >>
Accelerator scoppiò in una piccola, disturbante risata isterica, gli occhi oscenamente dilatati e dalle iridi grottescamente assottigliate in due fanatici puntini rossi.
<< Ho compreso come calcolare i vettori di quel suo misterioso potere. La prossima volta che lo incrocerò, lo ridurrò in poltiglia. Gli staccherò le gambe e le braccia, gli strapperò la faccia dal cranio con le mie mani e lo farò rotolare dal Maestro come una merda fumante! >>
Fire chiuse il volto in una maschera impassibile, ma sentì comunque una morsa allo stomaco tanto forte da mozzargli il fiato, assieme ad una cascata di brividi gelidi. Perché diavolo tutti gli albini che doveva incontrare erano degli psicopatici!? 
Si rese conto l’istante dopo di non aver solo pensato quella frase, ma anche detta a mezza voce. Tuttavia Accelerator doveva averlo sentito comunque, perché gli rifilò l’occhiata infuocata di prima.
<< Tch… >>
L’esper lo sorpassò con un’ampia falcata e continuò il proprio cammino, dandogli le spalle.
<< Secondo te per quale motivo mi chiamano Demone Bianco, ragazzino? Perché è così. Io sono un mostro, dopotutto. >>
Fire rimase fermo per qualche istante ad osservarlo.
<< Non credo >> dichiarò, senza riuscire a trattenersi.
Accelerator si bloccò sul posto, sbuffando rumorosamente e girandosi per lanciargli un’occhiata esasperata. << Ma che ne vuoi sapere, tu… >>
<< Io lo combatto ogni notte, un mostro >> rispose l’altro, senza scomporsi.
<< Ma di certo non è come me, o Vader >> ribatté freddamente l’esper.
Internamente, Fire si ritrovò d’accordo, almeno solo in parte. Darth Vader era nero come il più nero degli incubi: il suo aspetto incuteva terrore e spavento. Bastava un’occhiata, e anche il più stupido degli uomini avrebbe capito che era un mostro terrificante, il cui unico desiderio era dare la morte, perché la sua figura non suggeriva altro.
Shen era leggiadro, candido, perfetto: l’esatta incarnazione di un angelo. Ma ciò non era altro che una pericolosa illusione, perché sotto quelle sembianze eteree si nascondeva una bestia crudele e sanguinaria. Questo, in un certo senso, lo rendeva più pericoloso dell’uomo con la maschera, la cui identità rimaneva costantemente celata.
<< È peggio, infatti >> dichiarò Fire, senza riuscire a trattenere un brivido dopo aver formulato quei pensieri.
<< Tch... in fondo ci sono mostri e mostri >> commentò Accelerator, come se gli avesse letto nel pensiero << Ma tutti siamo animati da una cosa comune: la brama del sangue. Alla fine siamo tutti uguali. >>
Riprese nuovamente a ridacchiare in quella sua maniera disturbante, ma si interruppe quando si accorse che il giovane nobile lo osservava, silenzioso e con in viso un’espressione indecifrabile.
<< Silenzio tombale, eh? >> sbuffò l’albino, girando nuovamente i tacchi per proseguire, ma di nuovo la dichiarazione di Fire lo fece bloccare.
<< Penso che se tu fossi davvero come ti descrivi, non credo che quella marmocchia ti gironzolerebbe intorno. >>
Stavolta l’esper non si premurò nemmeno di girarsi. Rimase fermo, incurvando appena le spalle.
<< È troppo piccola per capire >> mormorò, in tono stanco << Quando sarà più grande scapperà, lo so. >>
“Esattamente come tutti gli altri” pensò, ma non lo disse.
<< Lo pensavo anche io di Rowlet. >>
Accelerator si girò a guardare l’incappucciato, confuso e in attesa. Stavolta, fu il suo turno di raccontare.
<< Io sono nato e cresciuto in un orfanotrofio >> esordì Fire << Quand’ero lì, nessuno mi voleva intorno. Li spaventavo. Dicevano che ero malvagio. Che ero un demone. Un mostro. Non avevo nessun amico. Ero solo... >>
Accelerator sgranò gli occhi, completamente colto di sorpresa. Non capiva, tuttavia, dove il ragazzo intendesse andare a parare. Possibile che stesse cercando di dirgli… che riusciva a capirlo?
<< Gli davo retta >> proseguì il giovane dai capelli verdi, senza staccargli gli occhi di dosso << Cercavo di convincermi che era meglio così, che dovevo restare lontano da loro. Che stare solo mi piaceva. Che ero forte perché ce la facevo da solo, senza gli altri. E lo penso ancora, in un certo senso. Poi arrivò Rowlet... ed è rimasto con me fino ad oggi. >>
<< E allora? >> sbottò l’esper, incrociando le braccia e inclinando il capo di lato.
<< Quello che voglio dire… >> sottolineò paziente l’altro << è che non si è mai fermato alle apparenze, né si è mai fatto fermare da quello che dicevano gli altri, o dicevo io di me stesso. Non credo... che tua figlia sarebbe diversa. >>
Accelerator sostenne il suo sguardo per quasi un minuto buono, e stavolta non c’era apatia in quello sguardo. Era comunque uno sguardo indecifrabile, eppure Fire riuscì ad intravedere in esso anche qualcos’altro, ma non avrebbe saputo dire con certezza cosa.
Possibile fosse… gratitudine?
Non ebbe nemmeno il tempo di dirsi da solo quanto fosse idiota la sua ipotesi, che l’albino si ricompose e socchiuse le palpebre in uno sguardo vivamente infastidito.
<< Tch... non è mia figlia, brutto cretino. >>
Ripose le mani nelle tasche e gli voltò le spalle, riprendendo immediatamente a camminare.
<< Andiamo a recuperare quei due scemi prima che si perdano, e poi sbrighiamoci a tornare indietro >> ordinò, scuotendo il capo.
Fire annuì e tornò a camminare al suo fianco, senza aggiungere altro.
Nessuno dei due si guardò né si scambiò un’altra parola fino alla fine della camminata.
Se l’avessero fatto, probabilmente, avrebbero potuto notare il debole sorriso dipinto sulle rispettive bocche.

                                                                                                                                                                          * * * 


A Vale arrivò l'autunno, e fu un autunno gelido e avaro di quelle piogge che colorano gli alberi.
Il vento fischiava note lunghe e fredde che risuonavano nel cuore dei nativi. Ragion per cui, le persone avevano cominciano a rintanarsi nelle taverne che adornavano il centro urbano, per sfuggire al gelo che clava durante la sera, a cui sarebbe seguito il giorno dopo il ballo di Beacon.
Una delle più frequentate era sicuramente La pentola d'oro. La sua posizione lo rendeva un perfetto luogo di ritrovo per i cacciatori in allenamento, in quanto era situata abbastanza vicina a Beacon da essere facilmente raggiungibile ma non tanto da attirare l’attenzione degli insegnanti.
Attualmente, qualunque persona fosse entrata all’interno del locale si sarebbe trovata di fronte una scena alquanto singolare.
Nora Valkyrie e Kirby Earth sedevano allo stesso tavolo, circondati da numerosi boccali vuoti, da cui fuoriusciva un distinto alone di alcol e birra, mentre alcuni adolescenti li incitavano a proseguire un tipo di competizione assai popolare in questo genere di posti.
In poche parole… erano impegnati in una gara di bevute, circondati dai membri dei rispettivi Team, più la squadra RWBY.
Dopo che un altro paio di bicchieri furono consumati, Nora sbatté l’ultimo contenitore sulla superficie del tavolo, le guance adornate da un distinto rossore.
<< Vittoria! >> esclamò la ragazza, alzando un pugno verso il soffitto in segno di trionfo.
Di fronte a lei, Kirby si accasciò sullo schienale della sedia, emettendo un sonoro gemito.
<< Ugh… non mi sento tanto bene >> borbottò miseramente.
Affianco alla coppia, Pyrrah prese a fissare il ragazzo con preoccupazione. << Pensate che dovremmo portarlo in infermeria? >>
<< Sono sicuro che è solo un po’ scosso >> ribatté James, picchiettando la schiena del compagno di squadra.
In tutta risposta, il corpo del neo-cacciatore scivolò a terra.
<< …O forse no >> aggiunse l’atlesiano.
Nel mentre, Nora procedette a bere un altro boccale di birra, con grande costernazione di Emil.
<< Quella ragazza dev’essere imparentata con Thor >> commentò il fauno, ricevendo uno sguardo incuriosito ad opera di Ruby, seduta accanto a lui con un bicchiere di latte in mano.
<< Chi? >> domandò lei, attirando l’attenzione dell’amico.
<< Uh? Oh, nessuno d’importante >> rispose Emil, cercando di mantenere un’aria disinvolta.
Rimasero in un confortevole silenzio per circa un paio di minuti, interrotto solo occasionalmente dalle risate dei compagni di squadra.
Poi, con il volto adornato da un’espressione incerta, Ruby prese un respiro profondo e chiese: << Quindi… sei stato davvero su un altro pianeta? >>
Emil alzò lo sguardo e annuì rapidamente, le labbra arricciate in un sorriso nostalgico. << Sulla Terra, per essere precisi. Ma solo una volta. >>
<< Sei fortunato, i miei genitori non mi permettono mai lasciare Renmant >> borbottò la neo-cacciatrice, visibilmente imbronciata.
Il fauno inarcò un sopracciglio. << E Yang, invece? >> domandò con una punta d’interesse.
La ragazza rise nervosamente. << La sua situazione è più…complicata. I suoi genitori sono spesso fuori per lavoro. >>
<< Per lavoro intendi assaltare le navi da cargo imperiali? >> ribatté l’altro, con un ghigno divertito.
Ruby trasalì, come se fosse stata colpita in pieno da un proiettile. Lanciò una rapida occhiata alla cugina e cominciò a guardarsi intorno freneticamente.
Emil, tuttavia, si limitò ad alzare la mano destra, facendole segno di calmarsi.
<< Non preoccuparti, non ho intenzione di giudicarla per questo >> disse con voce gentile, suscitando un piccolo sorriso da parte della mora.
<< Ti ringrazio, per lei è un argomento delicato. >>
<< Posso immaginare. Si tengono ancora in contatto? >>
<< Non dovrei parlarne… >> borbottò Ruby, con le guance arrossate per l’imbarazzo.
Il fauno decise di avere pietà di lei e disse: << Nessun problema, capisco perfettamente. >>
Al sentire tali parole, il sorriso della neo-cacciatrice si fece più intenso. Tornò a sorseggiare il suo latte, ed Emil poté constatare dalla sua espressione che era decisamente di umore più allegro.
Mettendo giù il bicchiere, la ragazza si pulì il viso con la manica dell’abito e volse all’amico uno sguardo colmo d’aspettative.
<< Piuttosto, dimmi, com’è la Terra? So che è il pianeta più prospero dell’intera galassia! >>
Il fauno non poté fare a meno di ridacchiare di fronte ad un tale entusiasmo. << Finché ti mantieni lontano dalle metropoli più grandi può essere quasi considerato un paradiso. Ma lo sai qual è la cosa più divertente? >>
<< Qual è? >> domandò l’altra, la testa inclinata per la curiosità.
<< Sono le piccole differenze. Voglio dire, laggiù hanno la stessa roba che abbiamo noi su Renmant, solo che lì è un po' diverso. >>
<< E come? >>
<< Be', ecco, puoi entrare in un qualunque locale e comprarti una birra. Come da noi, praticamente. Ma poi ci sono città come Parigi, la capitale della Francia… e sai come chiamano un quarto di libbra con formaggio, in quel posto? >>
<< Non "un quarto di libbra con formaggio" >> azzardò Ruby, i cui occhi sembravano luccicare.
Emil scosse prontamente la testa. << Hanno un sistema metrico decimale: non sanno nemmeno cosa sia un quarto di libbra! >>
<< E come lo chiamano? >>
<< Lo chiamano "Royale con formaggio". >>
<< "Royale con formaggio"! >> esclamò la ragazza, prima di scoppiare a ridere.
Ben presto, il fauno si unì a lei. << Già! E sai cosa mettono sulle patatine fritte, al posto del ketchup? >>
<< Cosa? >> domandò la mora, porgendosi in avanti con un sorriso complice.
Il neo-cacciatore la fissò seriamente, per accentuare l’effetto drammatico. << La maionese. >>
<< Ugh, che schifo! >>
<< Eh, eh! Gliel'ho visto fare! Le affogano in quella roba gialla! >> confermò il fauno, ricevendo un’espressione disgustata mista a divertimento da parte della piccola mietitrice.
Entrambi scoppiarono a ridere una seconda volta, per quello che parve un tempo interminabile. Poi, come dal nulla, lo sguardo di Ruby cominciò diventare man mano più malinconico.
<< Deve essere bello avere una vita come la tua. Andare in giro per la galassia, alla ricerca di avventure… essere libera dalle proprie responsabilità >> sussurrò a bassa voce, osservando il proprio riflesso sulla superficie metallica del tavolo.
Emil la guardò preoccupato.
<< Ti senti bene? >> chiese con un sussurro, per non attirare attenzioni indesiderate.
La neo-cacciatrice arricciò le labbra in un sorriso triste. << Sì… stavo solo pensando. >>
<< Non mi sembrava che fosse solo quello. Eri come un cucciolo bastonato. >>
La ragazza sussultò e sembrò ridursi nello schienale della sedia. Quasi con esitazione, alzò la testa per guardare l’amico dritto negli occhi.
<< Tu…sai chi sono, vero? >> domandò con un filo di voce.
Il fauno inarcò il sopracciglio una seconda volta.
<< So chi sono i tuoi genitori. Summer Rose e Qrow Branwen, due dei Cacciatori più rinomati del pianeta. A pensarci bene, perché non hai preso il cognome di tuo padre? >> domandò con vivo interessa.
L’espressione sul volto di Ruby si fece improvvisamente più amara. << Fu sotto insistenza di mia nonna…e questo è parte del problema. >>
<< Tua nonna ha un’influenza così grande sulle decisioni dei tuoi genitori? >>
<< Ha influenza su tutto ciò che riguarda Renmant. Dopotutto… è la governante del pianeta. >>
Il tempo parve fermarsi. Un silenzio inesorabile sembrò calare nelle profondità del locale, mentre Emil si ritrovò incapace di udire qualsiasi altro suono prodotto dagli occupanti della locanda.
<< Aspetta, aspetta un secondo! Salem… è tua nonna? >> domandò il fauno, con fare incredulo.
In tutta risposta, Ruby si limitò a sospirare un: << Viva me. >>
<< E di cognome fa… Rose >> continuò il neo-cacciatore, ricevendo una scrollata di spalle ad opera della mietitrice.
<< Preferisce mantenerlo nascosto, ha sempre detto che non voleva che i suoi parenti venissero presi di mira da avversari politici o cose del genere >> spiegò con tono calmo e raccolto.
Emil la fissò con uno sguardo indecifrabile. << Okay, come diavolo è successo? >> chiese con voce tremante.
Con leggero divertimento, Ruby notò che il ragazzo aveva assunto una colorazione molto più pallida del normale.
<< Mia madre era orfana >> iniziò la mora << I suoi genitori di sangue erano guaritori e morirono a causa di un attacco Grimm. Salem la trovò poco dopo e decise di adottarla. >>
<< Eppure, nonostante non siate realmente imparentati, entrambe avete… >>
Emil indicò il proprio volto, ricevendo dalla studentessa un rapido cenno del capo.
<< Gli occhi d’argento? Sono da parte di mia madre. Credo che sia per questo che Salem decise di prenderla con sè, molti anni fa. >>
Poi, le sue labbra si arricciarono nuovamente in un sorriso triste.
<< Lei dice di amarci… ed è mia nonna, in fondo so che a modo suo ci ama. Ma è sempre così pressante, vuole avere il controllo su tutto, >>
<< Immagino che non fu molto felice quando tua madre decise di sposare tuo padre >> ipotizzò il fauno.
Dopotutto, era a conoscenza delle origini della famiglia Branwen. Un clan di ladri, assassini e stupratori che da secoli imperversava su Renmant come una piaga, compiendo razzie e saccheggiando interi insediamenti. I loro membri di Atlas si erano scontrati con l'ordine dell'artiglio a più riprese, prima di venire cacciati dal continente una volta per tutte.
Secondo le dicerie, disgustati dagli spregevoli atti compiuti da quella che consideravano come una famiglia, sia Qrow che sua sorella Raven, la madre di Yang, avevano deciso di abbandonare la tribù e intraprendere il percorso dei Cacciatori.
La risposta dell’amica, tuttavia, lo sorprese non poco.
 << Predilige il talento, piuttosto che lo status sociale. Qrow era un forte Cacciatore, motivo per cui non esitò a benedire la loro unione. Il problema avvenne quando mia madre decise di rinunciare al titolo di erede. >>
Si accasciò sulla sedia, sembrando improvvisamente stanca.
<< E ora, quella responsabilità grava su di me >> borbottò stizzita, suscitando un sussulto ad opera del neo-cacciatore.
<< Sei l’erede al trono di Renmant? >> domandò il ragazzo, fissandola con occhi che rasentavano l’incredulità più totale.
<< Ancora non scappi? >> rispose Ruby, un’espressione autoironica.
Il fauno drizzò le orecchie da lupo, come se fosse rimasto scioccato da una simile dichiarazione. Poi, lentamente, una rivelazione cominciò a farsi strada nella mente del ragazzo.
Lei… aveva paura. Paura che l’avrebbe rifiutata a causa di quello che era, paura di ciò che avrebbe pensato di lei dopo questa rivelazione.
Per certi versi, in questo preciso momento, Ruby non era poi così diversa da un giovane fauno che aveva appena rivelato al mondo le fattezze animali che per anni aveva tentato di nascondere. Una situazione con cui poteva simpatizzare.
Con quel pensiero in mente, Emil decise di porre fine a quei timori infondati.
<< Non mi hai dato ragioni per farlo >> ribatté con tono disinvolto, scrollando le spalle per dare enfasi.
Gli occhi della mietitrice parvero illuminarsi di luce propria, risplendendo nella penombra del locale. Con il volto chiuso in un sorriso smagliante, posò la mano destra su quella dell’amico, in segno di gratitudine.
Emil arrossì leggermente, ma sorrise a sua volta.
<< In quanti lo sanno? >> chiese all’improvviso, nel tentativo di distogliere l’attenzione dall’improvviso aumento del suo battito cardiaco.
Ruby sembrò pensarci su.
 << Il mio team, i miei familiari… e ora anche tu >> terminò con un rossore di suo.
Il neo-cacciatore la fissò, sorpreso per la terza volta in quella strana serata.
<< A cosa devo tutta questa fiducia? >> domandò con un filo di voce.
Dopotutto, si erano incontrati giusto da un paio di giorni, eppure la ragazza era stata più che disposta a rivelargli uno dei suoi segreti più oscuri e preziosi.
In tutta risposta, la piccola mietitrice si limitò a scrollare le spalle.
<< Parlare con te è facile. Ho sempre avuto problemi a interagire con altre persone, ma con te mi viene naturale. >>
<< Forse perché sono nella tua stessa situazione >> ribatté Emil, con un ghigno divertito.
Aveva passato gran parte della sua vita in un monastero, dopotutto, e, per tale motivo, aveva poca esperienza con l’interazione sociale. Tutto ciò che sapeva sull’argomento lo aveva appreso attraverso le sue missioni con Kirby.
<< O forse perché abbiamo lottato >> offrì Ruby, con un ghigno di suo << Mia zia Raven dice sempre che non conosci bene qualcuno fino a quanto non ci combatti. >>
<< Brindo a quel consiglio! >> esclamò il fauno, alzando un boccale.
La neo-cacciatrice fece lo stesso con il bicchiere di latte e lo schioccò contro quello del compagno. Poi, entrambi bevvero il tutto con unico, rapido sorso, rilasciando sospiri soddisfatti.
In quel momento, una figura ben distinta si fece strada alle spalle di Ruby, dandole una poderosa pacca sulla schiena.
<< Così, hai già chiesto alla mia cuginetta di uscire? >> domandò Yang, lanciando ad Emil un sorriso birichino.
La piccola mietitrice sembrò strozzarsi con la propria saliva.
<< Yaaaaaaang! >> esclamò indignata, mentre il fauno arrossiva copiosamente.
Nel mentre, la bionda simulò un’espressione innocente. << Che cosa? Devo fare in modo di conservare la tua purezza fino alla cerimonia del diploma, è il mio lavoro! >>
<< E poi ti chiedi perché non ho intenzione di presentarti ai miei genitori >> si intromise Weiss, comparendo affianco al trio.
Yang fece per ribattere ma si fermò di colpo, arricciando il volto in un’espressione maliziosa.
<< Non dovresti prima chiedermi di uscire? >> domandò con un sorriso lascivo.
Al sentire tali parole, sia Ruby che l’albina arrossirono profondamente, mentre Emil si portò una mano davanti alla bocca per frenare la risata imminente.
<< N-non è quello che intendevo >> balbettò Weiss, visibilmente imbarazzata.
Yang si limitò a ridacchiare.
<< Rilassati, Weiss, stavo solo scherzando >> disse con tono disinvolto. Poi, posò un dito sotto il mento della compagna di squadra.
 << Anche se non mi dispiacerebbe >> sussurrò con voce morbida e sensuale.
Se possibile, il rossore sulla faccia della neo-cacciatrice diventò ancora più pronunciato. Poco prima che la bionda potesse inferire ulteriormente, tuttavia, Blake la colpì con un libro in testa.
<< Yang, smettila di molestare Weiss >> ordinò la fauna, utilizzando un tono calmo e impassibile.
La ragazza in questione si massaggiò la testa, lanciando alla mora un’occhiataccia.
<< A volte sai essere davvero crudele >> borbottò infastidita.
Un’altra risata risuonò nel locale, rincuorando lo spirito di Emil.
In un mondo di mostri e continue battaglie, soggiogato al volere di un tiranno, alcune persone erano comunque in grado di riunirsi assieme in un bar e a divertirsi semplicemente parlando del più e del meno. Piccoli momenti di luce e speranza che facevano breccia nell’oscurità che anelava in questa realtà apparentemente utopica.
All’improvviso, un sonoro BIP proveniente dalla tasca dei pantaloni lo informò di un messaggio in arrivo. Il fauno avverrò l’oggetto, aprì lo schermo… e si bloccò di colpo.
Con passo nervoso, circumnavigò i compagni e si fermò accanto alla figura di Kirby, che si stava ancora riprendendo dalla gara di bevute.
<< Kirby, posso parlarti un secondo? >> sussurrò il neo-cacciatore, per evitare che gli altri lo sentissero.
Il rosato inarcò un sopracciglio e seguì l’amico fino ad un angolo poco affollato del locale. Lì non sarebbero stati disturbati, purché mantenessero un basso profilo.
Una volta in posizione, Emil volse all’adolescente un’espressione seria.
<< È qui >> dichiarò a bassa voce, suscitando uno sguardo visibilmente confuso ad opera del partner.
<< Chi ?>>
 << Il Dottore… è qui! A Vale! >> sibilò l’adolescente, con tono esasperato, indicando una chat sul suo scroll, su cui stava scritto il nome "Rory Pond", l'alias usato dal Signore del tempo per comunicare col duo.
Kirby lo fissò incredulo. << Cosa? >>
<< E ci sta aspettando in un edificio sulla periferia nord della città >> continuò il fauno.
Di fronte a lui, il neo-cacciatore sembrava a corto di parole.
<< Quindi… siamo pronti a muoverci >> borbottò infine, ricevendo una scrollata di spalle da parte di Emil.
<< Apparentemente >> confermò il ragazzo, lanciando una rapida occhiata in direzione dei Team RWBY e JNRP << Anche se il tempismo non è dei migliori. >>
<< Ma potrebbe essere la nostra unica occasione >> ribatté Kirby, il volto chiuso in un’espressione determinata.
E poi…
<< Occasione per cosa? >>
Il suono di quella voce fece sobbalzare la coppia di neo-cacciatori, che si voltarono di scatto verso il nuovo arrivato. James Heller stava di fronte a loro, affiancato da Penny, la faccia intonacata in un cipiglio impassibile.
Inconsciamente, Emil si ritrovò a sospirare. << Quanto hai sentito? >>
<< Tutto quanto >> rispose l’atlesiano, incrociando ambe le braccia davanti al petto.
Kirby volse al compagno uno sguardo visibilmente irritato. << Tua madre non ti ha mai detto che è maleducazione origliare le conversazioni altrui? >>
<< Non era una donna molto presente >> ridacchiò l’altro, con una scrollata di spalle.
Emil strinse gli occhi e compì un passo in avanti. << Senti, se vuoi fermarci… >>
<< Risparmiati la predica, non ne abbiamo bisogno >> lo interruppe James, sorprendendo la coppia.
In risposta a questo, l’atlesiano rilasciò un sospiro apparentemente rassegnato.
<< Senti, Kirby, siamo compagni da diversi mesi. Non sono un santo, ma mi sono sempre ritenuto una persona in grado capire se qualcuno è degno di fiducia o meno >> disse con tono serio, prima di indicare il duo di ribelli << E voi lo siete. Ora, non m’importa per quale motivo abbiate deciso di entrare nella Ribellione, anche se mi sono fatto qualche idea… >>
Girò la testa verso Penny e questa gli sorrise brevemente, facendogli cenno di andare avanti. L’adolescente prese un respiro profondo.
<< Ma se davvero volete continuare… preferirei avere una conoscenza chiara di ciò in cui si stanno imbarcando i miei partner >> terminò con voce calma e raccolta, come se stesse discutendo del tempo.
Affianco a lui, l’androide annuì energicamente. << Lo stesso vale per me! >> esclamò, esibendosi in un saluto militare.
Nel mentre, sia Emil che Kirby erano a corto di parole. Si guardarono l’un l’altro, incerti su quale sarebbe stato il modo più corretto per agire.
Dopo quello che parve un tempo interminabile, Kirby volse la propria attenzione alla coppia di atlesiani.
<< Potete venire con noi, ma non siamo sicuri se vi sarà permesso rimanere >> disse a bassa voce, gli occhi adornati da un luccichio di avvertimento.
James si limitò a sorridere.
<< Vale la pena tentare. >>

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Capitolo 18
*** Capitolo 16 - And here... we... go! ***


Ecco un nuovissimo capitolo! Ci scusiamo per il ritardo, ma come accennato in precedenza questa storia richiede molto tempo, che noi abbiamo solo durante il periodo delle vacanze.
Questo aggiornamento segna l'inizio del secondo atto della fan fiction.
Vi auguriamo una buona lettura, e spero che lascerete una recensione!



Battleground - Cronache del Multiverso: Volume 1 (Atto Secondo)

 
Capitolo 16 - And here... we... go!



Nel pensiero degli esseri organici, cento anni erano quasi sempre un periodo lungo.
Un centinaio d'anni fa gli umani non avevano automobili, aeroplani, computer e vaccini... era un mondo totalmente diverso. Ma per un pianeta come Renmant, cent'anni non erano niente. Un milione d'anni non era niente. Un pianeta viveva e respirava su una scala molto più vasta. In pochi potevano immaginare i suoi ritmi lenti e potenti. Umani e fauni abitavano quel luogo solo da un batter d'occhio. Se domani fossero spariti, Renmant non ne avrebbe sentito la mancanza. Eppure, quasi tutti gli organici erano accomunati da un senso di auto-importanza che li spingeva a considerarsi la specie eletta.
Certe cose non smettevano mai di divertire l’enorme satellite nero che attualmente stava percorrendo l’atmosfera di quel mondo. Si chiamava Soundwave, ed era un Decepticon, la fazione di cybertroniani guidata da Megatron, leader del pianeta Cyberton e uno dei più stretti alleati del Maestro.
I cybertroniani erano umanoidi biomeccanici capaci di pensiero indipendente, risultato di miliardi di anni di evoluzione, e possedevano l’insolita capacità di imitare altri macchinari come sistema di mimetizzazione. Ragion per cui, alcuni organici avevano preso a chiamarli con il nome “Transformers”, per quanto ogni cybertroniano ritenesse un simile termine piuttosto offensivo, soprattutto se nato dalla mente di quei sacchi di carne.
Dopotutto, secondo la maggior parte della gente, i robot non erano altro che "apparecchi meccanici destinati a svolgere il lavoro degli organici". La divisione marketing della SDC Company, guidata da Jaques Schnee, definiva i robot come "gli amici di metallo con cui è bello stare".
Per questo, i cybertroniani avevano cominciato a definire i membri della SDC come "un branco di idioti sacchi di carne che saranno i primi a essere messi al muro quando cominceranno a bruciare il pianeta". Soundwave non aveva problemi a concordare con questa definizione, anche se dubitava caldamente che il Maestro avrebbe fornito a Megatron la possibilità di compiere una simile azione.
Lassù, tra le stelle, sarebbe stato così facile bombardare la residenza della famiglia Schnee. Ma Soundwave non era certo il tipo di Decepticon che veniva meno ai suoi doveri, così si limitò a fluttuare a circa 20 000 metri dalla superficie di Renmant.
Mentre osservava il pianeta da quella distanza, si ritrovò perso in quella magnifica visione. Renmant, di per sé, non aveva confini. Niente est, né ovest, né governanti. Esisteva e basta. Era molto diverso di Cybertron che, in quanto mondo quasi completamente artificiale, necessitava della presenza dei suoi abitanti per poter funzionare correttamente.
In molti avrebbero trovato questi pensieri molto insoliti per un robot. Ma Soundwave si era sempre definito un libero pensatore, per quanto la sua interazione con il resto della sua razza fosse per lo più limitata ai vari incarichi che gli venivano affidati da Megatron… come questo.
Raggiunto il punto dell’atmosfera poco sopra la città di Vale, le mandibole che costituivano la bocca metallica del robot cominciarono a ticchettare.
<< Soundwave, riconoscimento. Operazione: inseguire, catturare, riprendere >> dichiarò con voce graffiante e meccanica.
In quel preciso istante, il petto del cybertroniano si aprì di scatto, liberando nuvole di vapori e gas di scarico. Dallo scomparto fuoriuscì un oggetto di forma cilindrica che venne sparato direttamente contro Vale.
Il proiettile arrivò basso e veloce, su una traiettoria capace di eludere anche i più avanzati sistemi di controllo. Guidato da un programma e dalla sua intelligenza interna, scivolava così radente al suolo da essere costretto occasionalmente a deviare, per non colpire alberi e montagne. Il suo obiettivo era la città di Vale, capitale dell’omonimo regno.
Una volta conficcatosi nel terreno, la punta del cilindro si aprì, e da essa cominciarono a fuoriuscire piccoli insetti meccanici, non più grandi di una mosca. Erano spie decepticon, progettate per registrare qualunque informazione visiva e uditiva con cui venivano in contatto. E attualmente il loro obbiettivo era uno solo: la ricerca di Kirby Earth Knight.
  
                                                                                                                                                               * * * 

Una fredda notte ricopriva tutta Renmant. All’interno della base della Ribellione, Accelerator si stava dimenando nel proprio letto, muovendo freneticamente gambe e braccia, come se fosse in preda a delle convulsioni. Gocce di sudore fuoriuscivano dai pori della pelle, mentre la sua mente era invasa da immagini a dir poco disturbanti.
Vedeva se stesso da bambino: era molto piccolo, forse sui tre anni, e altri bambini erano disposti in fila assieme a lui. Vi era un uomo, dai corti capelli biondi e con una voglia tatuata sulla guancia, indossante un camice da laboratorio. Diceva che erano tutti esper dal grande potenziale e che avrebbero tirato fuori il meglio da loro.
La visione mutò, e stavolta Accelerator si ritrovò legato ad una sedia, e davanti a lui c'era ancora quel vecchio. Il seggio venne avvolto da scariche elettriche e l'albino urlò dal dolore. Era una sensazione orribile, una sofferenza intensa causata da Dio sa solo quanti volt di corrente. Il tutto mentre l'uomo sorrideva.
La visione si spostò ancora una volta. Era legato per le mani, appeso, mentre alcuni uomini lo riempivano di pugni e percosse. Allo stesso tempo, la voce dello scienziato lo incitava ad usare il suo potere.
Vide gli altri bambini come lui tenuti in delle celle. Poteva vedere gli inservienti che trascinavano dei cadaveri di infanti malnutriti fuori dalle stanze, forse per seppellirli in una fossa comune.
E poi, vide ancora se stesso, legato ad un tavolo. Il biondo stava davanti a lui, assieme ad altri due scienziati. Sorrideva come un folle, mentre nella mano destra teneva un bisturi.
<< Adesso vediamo un po' come funziona un organismo speciale come il tuo, Progetto 10 >> disse l’uomo, mentre appoggiava la fredda lama dello strumento chirurgico sul suo ventre dell’albino, iniziando a squarciarlo lentamente.
Il piccolo Accelerator gridò per il dolore, mentre gli implorava di fermarsi. Un urlo terribile si levò per tutta la camera da letto dell'esper, non appena questi si svegliò di colpo, liberandosi dall'impaccio delle coperte.
Ansimò rumorosamente. Era completamente sudato e il suo corpo tremava da capo a piedi.
Mai, prima d'ora, aveva testimoniato un incubo così vivo e reale. Era come quello che aveva fatto il giorno in cui aveva incontrato il Dottore… quando era circondato dai cadaveri di quelle ragazze, tutte aventi il volto di Last Order. Ma più intenso.
Si portò le mani tra i capelli e abbassò la testa, espirando. Poi, si alzò dal letto e decise di andare in cucina per prendersi un caffè. 
Una volta avviatosi, cominciò a pensare all’incubo. Ultimamente si erano fatto sempre più frequenti, e solo con la presenza di Last Order era riuscito ad evitarli. La piccola gli dava quel tipo di pace che cercava da tutta la vita, anche se non lo avrebbe mai ammesso neanche sotto tortura... aveva bisogno di lei, disperatamente.
In quel preciso istante, il comunicatore che gli era stato fornito cominciò a suonare.
<< Pronto? >> borbottò, cercando di non far trasparire la propria situazione.
<< Accelerator, sei sveglio? >> domandò la voce del Dottore, cosa che fece roteare gli occhi all’albino.
<< Sì, sì, sono sveglio >> mormorò con voce stizzita << Che diavolo vuoi, vecchio? >>
<< Hai una giornata piena davanti a te, ragazzo mio. Ti consiglio di prepararti. >>
 
                                                                                                                                                             * * * 


James, Emil, Kirby e Penny stavano passeggiando nei pressi dell’area industriale di Vale, i volti adornati da espressioni calme ma prudenti. Si erano allontanati dalla festa con la scusa di essere stati richiamati dai loro insegnanti, sperando che non sarebbero stati seguiti.
Dopo circa una decina di minuti, arrivarono alla loro destinazione. Era una fabbrica apparentemente abbandonata, dall’esterno sporco e arrugginito, le cui vetrate parevano ormai lastre di muffa tenute assieme solo dai rampicati che avevano cominciato ad avvolgere la struttura.
Di fronte all’ingresso dell’edificio vi era un uomo alto e magro, con folti capelli argentati e vestiti piuttosto eccentrici.
Kirby alzò la mano destra, con fare disinvolto.
<< Dottore >> salutò, le labbra arricciate in un sorriso.
Il Signore del Tempo restituì il gesto, e procedette ad abbracciare il giovane cacciatore, esclamando: << Kirby, ragazzo mio! Quanto tempo che non ci vediamo. >>
<< Circa due anni >> ridacchiò l’adolescente, liberandosi dalla presa e indicando la figura di un certo fauno << Immagino ti ricorderai di Emil. >>
<< E come potrei non farlo? >> ribatté l’alieno, ripetendo l’azione con l’artista marziale, che ridacchiò a sua volta.
<< È bello rivederti, Dottore >> disse con tono visibilmente felice.
Dopo averlo lasciato andare, l’alieno volse lo sguardo in direzione di James e Penny, scrutandoli con curiosità.
<< E voi chi dovreste essere? >> domandò con sospetto.
James fece per rispondere, ma venne battuto sul tempo da Kirby.
<< Loro sono con noi >> lo informò il rosato << Ti presento James Heller e Penny Polendina. Fanno parte della nostra squadra, il Team JEKP. >>
Il Dottore passò la testa dalla coppia al giovane cacciatore.
<< Ti fidi di loro? >> chiese con tono serio.
Kirby sostenne lo sguardo del vecchio, accompagnato da Emil.
<< Con tutto me stesso >> fu la sua risposta risoluta, seguito da un rapido cenno ad opera del fauno.
Il Signore del Tempo rimase fermo e immobile per circa un minuto buono, stringendo ambe le palpebre degli occhi. Quando quel breve lasso di tempo giunse al suo termine, l’alieno annuì soddisfatto.
<< Molto bene, potete partecipare al nostro piccolo incontro. Ma prima… >>
Senza perdere tempo, estrasse il cacciavite sonico dalla tasca dei pantaloni e lo passò sopra le figure di James e Penny. Il dispositivo indugiò leggermente più a lungo sulla ragazza, cosa che fece allarmare l’androide sotto mentite spoglie.
<< Che cos’hai fatto? >> domandò con occhi socchiusi, mentre James si preparava ad attaccare la potenziale minaccia.
Il Signore del Tempo analizzò le letture del cacciavite, prima di stringersi nelle spalle.
<< Niente di speciale, ho solo controllato che non aveste cimici o microspie addosso. Di questi tempi non si può mai essere troppo prudenti >> replicò con un occhiolino malizioso.
Fatto questo, entrò nella fabbrica, seguito rapidamente dal team di cacciatori. Camminarono per un centinaio di metri lungo il corridoio che conduceva all’interno dell’edificio ed entrarono in un’ala che fungeva da distilleria.
Davanti a loro si ergeva il complesso dell'azienda, vera meraviglia meccanica, arricchito dall'immagine di centinaia e centinai di macchinari ormai spenti, prodigi dell'industria di Renmant. Il Dottore li condusse fino ad una stanza relativamente più piccola, all’interno del quale erano seduti quattro individui.
La sala era adornata da numerose sedie, tutte disposte a semicerchio di fronte ad una scrivania, posizionata alla destra una lavagna e alla sinistra di un orologio appeso al muro. Sopra il mobile spiccava un oggetto circolare, dal rivestimento argentato, la cui superficie era adornata da una piccola cupola azzurra.
Affianco alla scrivania vi era Thor, con le braccia incrociate e il volto adornato da un espressione contemplativa. Accelerator e Angel era più lontani, il primo con gli occhi chiusi, apparentemente intento a sonnecchiare, mentre il secondo pareva uno studente universitario pronto ad assistere alla prima lezione dell’anno.
Royal Noir sedeva in uno degli angoli più interni della sala, il più possibile lontano dagli altri, quasi cercasse in tutti i modi passare inosservato. Piuttosto difficile, dal momento che, forse solo dopo Accelerator, era il più appariscente, a causa del costume e della maschera che indossava. Sedeva dritto e composto, sempre con quell’austero e altero contegno, le dita intrecciate e poggiate sui braccioli della sedia.
Il team JEKP diede una rapida occhiata al resto dei presenti, analizzandone ogni caratteristica, e questi fecero lo stesso.
Una volta che si furono seduti, il Dottore s’incamminò fino alla scrivania.
<< Grazie per essere venuti >> esordì l’uomo, voltandosi verso i presenti raccolti nella stanza << Innanzitutto, lasciate che mi presenti. Sono il Dottore… e sono un Signore del Tempo. Vengo dal pianeta Gallifrey, nella costellazione di Kasterborous. Ho più di 3000 anni, e sono l'uomo che vi ha riuniti qui, oggi, affinché possiate far parte di qualcosa di meraviglioso. >>
E, detto questo, fece correre lo sguardo per tutta la lunghezza della sala, soffermandosi brevemente su ogni individuo.
<< Alcuni di voi mi conoscono. Altri avranno modo di farlo. Ma nel frattempo... lasciamo che siate voi a fare la prima mossa! >> esclamò, lanciando ai presenti un sorriso vincente.
I vari membri del gruppo, tuttavia, si limitarono a fissarlo con esitazione, non sapendo bene come approcciare un simile invito.
L’uomo rilasciò un sospirò esasperato.
<< Coraggio, non siate timidi! Presentatevi >> incitò, battendo ambe le mani in un sonoro rintocco.
Dopo qualche attimo di silenzio, Thor fu il primo a prendere la parola. Si alzò dal posto a sedere, dando una libera visione della sua imponente statura e, dopo aver compiuto un paio di colpi di tosse, esordì con la sua voce tonante.
<< Saluti, miei nuovi compagni di battaglia. Io sono Thor Odinson, dio del tuono e principe dell'ormai caduta Asgard, tenuta sotto il controllo del mio subdolo fratellastro Loki. Trent’anni orsono, il Dottore mi trovò ormai morente a vagare nel vuoto dello spazio e, dopo avermi salvato la vita, decise di prendermi con sé. Lotto per la ribellione da allora, occupandomi dell'addestramento delle truppe. Sono sicuro che voi, giovani guerrieri, siete tutti reduci di storie simili alla mia, e avete delle ottime ragioni per aiutarci in questa onorevole impresa. A voi la parola, dunque >> terminò, inviando ai presenti un rispettoso cenno del capo.
James, che aveva ascoltato il tutto con attenzione rapita, lanciò una rapida occhiata ai presenti, riflettendo sulla valutazione che aveva fatto pochi secondi prima. Il Dottore, a prima vista, non aveva proprio l'aria di qualcuno dotato delle capacità necessarie per guidare una rivolta contro un impero che si estendeva per tutta la galassia di Battleground. Eppure, c'era qualcosa in lui… qualcosa che gli ricordava i presidi delle varie Accademie sparse su Renmant. Una saggezza nascosta, mascherata sotto un comportamento apparentemente eccentrico e disinvolto.
Thor, d’altro canto, sembrava molto più... semplice, fu la prima parola che gli passò per la testa. Non certo stupido, semplicemente granitico nelle sue convinzioni e nel modo di fare. Per certi versi, era molto simile ai suoi compagni di squadra. Ciò che aveva attirato la sua attenzione era stata proprio la dichiarazione dell’uomo, che si era definito il legittimo sovrano di uno dei pianeti più famosi di Battleground: Asgard, governata da Loki Odinson. Un edonista, un gaudente, un fruitore della vita e di sapori e odori, gestore di una delle mete di ritrovo più ambite della galassia, che ogni anno ospitava grandi eventi e giochi che attiravano miliardi di esseri senzienti, tra cui i famosi combattimenti tra gladiatori. E quest’uomo, questo… Thor Odinson… si era appena dichiarato suo fratello. Era forse un folle? Ne dubitava caldamente, ma in queste situazioni essere scettici era una reazione del tutto naturale.
Non aveva ancora abbastanza informazioni per potersi esprimere adeguatamente sugli altri tre presenti, ma sicuramente li avrebbe tenuti d'occhio. Con quel pensiero in mente, si alzò dal posto a sedere e prese un respiro profondo.
<< Mi chiamo James Heller, studente di Atlas e leader del team JEKP. A essere onesti, per ora sono qui solo come sostegno per miei compagni >> disse con tono calmo e raccolto, per poi affondare ancora una volta nella propria sedia.
I membri del gruppo lo fissarono basiti, in attesa di ricevere qualche informazione aggiuntiva. Tuttavia, James si limitò a restituire i vari sguardi, incrociando ambe le braccia davanti al petto.
Emil gli lanciò una rapida occhiata, prima di sospirare e alzarsi.
<< Non fateci caso, è sempre così >> borbottò, per poi compiere un rapido inchino << Per quanto riguarda me, io sono Emil Rj Fenris, e sono il secondo in comando del team JEKP.  Faccio parte dell’Ordine dell’Artiglio, e combatto per la Ribellione da circa cinque anni assieme al mio partner >> disse indicando la figura di Kirby.
Questi si alzò a sua volta, prendendo un respiro profondo.
<< Kirby Earth Knight, figlio dell’ormai defunto Meta Knight… ex preside dell'accademia Nova >> proclamò con voce incerta, ricevendo brevi occhiate sorprese da parte di Angel, Royal e Accelerator.
In quanto abitanti della Terra, non erano particolarmente informati riguardo a ciò che avveniva al di fuori del pianeta, salvo per quegli eventi dalla portata talmente grande che erano praticamente diventati conoscenza comune in ogni angolo della galassia. L’assassinio di Meta Knight, direttore di una delle accademie più proficue nell’ambito della creazione di Cacciatori, astronauti ed esperti dell’ingegneria aereo-spaziale (rispetto alle altre Accademie infatti, la Nova dava anche più spazio alla scienza in campo civile), e della sua famiglia… be', era proprio uno di questi.
Ma sembrava proprio che la morte dei suoi cari fosse stata largamente esagerata, perché questo ragazzo dai capelli rosa si era appena definito suo figlio. Sotto quegli sguardi indagatori, Kirby tentò di nascondere un rossore imbarazzato, mentre Penny si apprestò a dargli man forte.
Si cimentò in un saluto militare, e a gran voce proclamò: << Penny Polendina, ultimo membro del team JEKP. Analogamente al mio compagno di brigata, il qui presente James Heller, sono qui solo per dare sostegno a Kirby ed Emil. Una collaborazione con la vostra organizzazione dipenderà interamente da ciò che registre-… ehm, vedrò e sentirò oggi. >>
E detto questo, lanciò ai suoi compagni un sorriso colmo d’aspettative, in cerca della loro tacita approvazione. Il trio di Cacciatori le inviò sorrisi tremanti, mentre il resto dei presenti, Dottore e Thor esclusi, la fissava con sguardi incerti.
Scuotendo rapidamente la testa, Angel si alzò con calma dalla sua sedia, attirando l’attenzione del gruppo. Avrebbe preferito presentarsi per ultimo, in modo da comprendere meglio con chi avrebbe avuto a che fare, ma a giudicare dal comportamento taciturno del ragazzo albino e di quello mascherato… be', era assai improbabile che avrebbero acconsentito ad una simile richiesta.
<< Piacere di fare la vostra conoscenza, io sono Angel Arthur Hikaru e... sono un soleano, forse l’ultimo ancora in vita. E questo… >> disse indicando brevemente affianco a sé << è Blue, il mio spirito custode. >>
Quasi come ad un segnale, l’imponente figura del rettile si materializzò a pochi passi dal rosso, sorprendendo non poco i presenti.
<< È un piacere incontrare tutti voi >> offrì la creatura, con la sua voce profonda ma gentile al tempo stesso. 
<< Per la barba di Odino! >> esclamò Thor, gli occhi spalancati e la bocca leggermente aperta << Un drago! Era dai tempi in cui il Grande Serpente ancora strisciava sulle piane di Midgard che non ne vedevo uno. >>
Affianco a lui, anche Emil non poté fare a meno di trattenere la propria sorpresa ed eccitazione. Dopotutto, i Grimm draghi erano ritenuti quasi delle leggende su Renmant, pochissimi guerrieri potevano vantarsi di averne anche solo intravisto uno e molti membri dell'Ordine li consideravano sacri. Vederne uno in carne ed ossa, così da vicino… era l’equivalente di un sogno che diventava realtà.
<< Posso… posso toccarlo? >> sussurrò educatamente, mentre Penny e Kirby lo imitarono a ruota.
James lanciò a loro delle occhiate di rimprovero, ma internamente la sua mente stava già correndo a mille. Aveva analizzato quella misteriosa creatura con il suo visore… ma i dati che aveva ricevuto si erano rivelati inconcludenti. Poteva chiaramente vederla, pure sentirla… ma era come se non fosse realmente lì.
Pure Accelerator si trovava in una posizione simile. Aveva analizzato i vettori dell’entità non appena questi si era palesata nella stanza, ma si era ritrovato incapace di ottenere delle letture concrete. In fisica, lo spettro visibile era quella parte dello spettro elettromagnetico che cadeva tra il rosso e il violetto, includendo tutti i colori percepibili dall'occhio umano, che davano dunque vita al fenomeno della luce. La lunghezza d'onda della luce visibile nell'aria era indicata dai 390 ai 700nm. Ma lo spettro visibile di quella creatura… era completamente diverso, e superava di molto quello della luce stessa. Era come se fosse una creatura puramente visiva, priva di un corpo fisico.
Accelerator si era sempre considerato una persona razionale, ragion per cui non si era mai soffermato a investigarsi su leggende metropolitane come gli spettri e i fantasmi. Eppure… eccolo qui, di fronte ad un’entità sconosciuta che quello strano ragazzo, Angel, aveva appena definito uno spirito. Persino Fire ebbe difficoltà a nascondere la propria meraviglia, nonostante la maschera.
In risposta a tutte quelle reazioni, Angel non poté fare a meno di sorridere. C’erano cose che non cambiavano mai, dopotutto. Blue era sempre accolto con scetticismo, timore o sorpresa, quando entrava in contatto con quelle persone che non avevano familiarità con l’occulto.
Nel mentre, il drago avvicinò ad Emil, Kirby e Penny, porgendo loro una zampa. Con movimenti cauti, il fauno appoggiò una mano sull’arto della creatura e, con sua grande sorpresa, il contatto avvenne senza problemi.
Alzò la testa e fissò Blue con sorpresa.
<< Quel ragazzo ha detto che sei uno spirito. Non dovrebbe, che ne so… passarti attraverso? >> chiese indicando la propria mano.
Il rettile ridacchiò, apparentemente divertito.
<< In genere saresti corretto, ma io sono… un caso speciale, per così dire. Considera gli spiriti come esseri emancipati, liberi dalle loro limitazioni di carne e sangue, ma incapaci di poter usufruire dei piaceri terreni. E poi ci sono quelli come me che, grazie ad un contratto stipulato con un mortale, sono comunque in grado di godere appieno dei benefici della civiltà moderna >> spiegò pazientemente.
Accelerator ascoltò tutto con attenzione, archiviando ogni informazione con l’efficienza di un computer. Non gli piacevano i fattori sconosciuti, erano quasi sempre fonte di stress e pericolo… e quella creatura, spirito o meno, era un qualcosa che non aveva mai visto. Analogamente a Vader e al suo misterioso potere, la Forza, era un qualcosa che poteva ferirlo, e per questo motivo lo rendeva nervoso.
Tuttavia, fece ben attenzione a non darlo a vedere, mantenendo un’espressione impassibile. Con un sospiro irritato, si alzò dal posto a sedere, attirando l’attenzione su di sé.
Odiava dover parlare con le altre persone e odiava stare in mezzo a loro. Non gli piaceva conversare, specialmente con la gente che non la smetteva mai di sorridere, come Angel e Penny.
Mettendo da parte quei pensieri, lanciò ai presenti un’occhiata disinteressata.
<< Io sono Accelerator, piacere di conoscervi >> borbottò stizzito, per poi sedersi ancora una volta.
Quasi tutti, ad eccezione del Dottore, lo scrutarono con fare incredulo. Perfino James aveva dato loro una presentazione più lunga e concisa.
Capendo che era arrivato il suo turno, Fire prese un respiro profondo, rimanendo seduto.
<< Royal Noir >> dichiarò freddamente << Il Vigilante Mascherato della città di Gongmen. >>
<< LO SAPEVO! >> esclamò Penny all’improvviso, percorrendo l’intera stanza nella frazione di pochi secondi e fermandosi proprio di fronte alla figura del ragazzo << Ho sentito così tante storie su di te, sono una tua grandissima fan! >>
<< Una… mia fan? >> mormorò l'incappucciato, fissandola con fare incerto, e vagamente timoroso.
L’androide annuì energicamente.
<< Il modo in cui lavori, rubando ai ricchi per dare ai poveri… sei come quel personaggio delle fiabe, Robin Hood! >> disse indicando il Vigilante.
Poi, si portò una mano al mento, arricciando il volto in un’espressione contemplativa.
<< Anche se, tecnicamente parlando, dovrei arrestarti, in quanto sei ritenuto dalla legge un criminale pericoloso e ricercato >> borbottò, facendo sì che l’adolescente allungasse una mano verso l’arco, pronto ad un combattimento.
<< Ma non preoccuparti! >> continuò la ragazza, battendogli una mano sulla spalla << Non credo di poter operare al di fuori della giurisdizione di Renmant... >>
<< Ehm… grazie? >> fece Royal, incerto su come comportarsi di fronte ad una persona così strana. A confronto, il Dottore sembrava quasi sano di mente.
Per sua fortuna, Emil fu rapido a salvare il nobile, afferrando l’androide e tirandola indietro.
<< D’accordo, Penny, calma i bollenti spiriti, prima che tu dia al povero ragazzo un attacco di cuore >> ridacchiò con tono divertito, mentre la giovane cacciatrice lo fissava innocentemente.
Una volta tornati ai loro posti, il fauno girò la testa in direzione del Dottore.
<< Allora, Doc, per quale motivo hai deciso di riunirci tutti qui? >> chiese con vivo interesse.
L’uomo sorrise di rimando e schioccò le dita della mano destra.
<< Mi fa piacere che tu l’abbia chiesto, ragazzo mio. Ma prima… è necessaria una piccola introduzione per i nuovi iscritti >> disse facendo riferimento ad Accelerator, Fire, James e Penny.
Poi, indicò l’orologio presente nella stanza.
<< Il tempo! Il tempo non passa. Il passare del tempo è una mera illusione, e la vita è l'illusionista. Perché la vita... vi permette di vedere un solo giorno alla volta. Ricordate di essere vivi ieri, sperate di essere vivi domani, quindi sembra che stiate viaggiando da un giorno all'altro, ma nessuno sta andando da nessuna parte! >> esclamò, per poi cominciare a circumnavigare la stanza, seguito dagli sguardi rapiti dei presenti.
<< I film non si muovono. Sono solo foto, molte, molte foto. Sono tutte ferme, nessuna si muove, solo istanti bloccati! Ma se vedete queste foto una dopo l'altra, allora prende tutto vita >> continuò, per poi girarsi verso di loro.
Arricciò le labbra in un sorriso ferino, allargando ambe le braccia a mo’ di presentatore.
<< Ora, immaginate se tutto il tempo avvenisse in contemporanea! Ogni momento della vostra vita, dispiegato attorno a voi... come una città. Strade piene di edifici fatte di giorni. Il giorno in cui siete nati, il giorno in cui morite, il giorno in cui vi innamorate, il giorno in cui l'amore finisce, un’intera città costruita sul trionfo, lo strazio, la noia, le risate e il tagliarvi le unghie: è il più bel posto in cui sarete mai! >> dichiarò, e i vari membri del gruppo non poterono fare a meno di sentirsi contagiati dall’entusiasmo del vecchio.
Poi, l’uomo scrisse alcune parole sulla lavagna presente nella camera.
<< Il tempo è una dimensione relativa a noi stessi. Il tempo è lo spazio fatto delle nostre vite, dove siamo uniti per sempre. Tempo e relativa dimensione nello spazio... significa vita >> sussurrò, con tono quasi nostalgico.
Tuttavia, quasi come dal nulla, l’espressione sul volto dell’alieno si fece improvvisamente più seria.
<< Ma cosa succederebbe... se qualcuno riuscisse davvero a fondere ogni istante della nostra vita? Ogni istante delle vite altrui? Risposta, be’, questo dipende dal tipo di persona. Perché in questo vasto universo vi è sia il bene... che il male >> sussurrò, estraendo un foglio di carta dalla tasca della giacca e mostrandolo ai presenti.
Era un manifesto. Un manifesto che poteva essere intravisto in ogni angolo della galassia con la stessa facilità con cui una persona riusciva a respirare. Un manifesto… raffigurante il volto sorridente del supremo dittatore di Battleground, il Maestro.
<< In questo momento… >> continuò il Dottore << ogni dimensione e linea temporale conosciuta è fusa all'interno di un'unica e grande gabbia. Una gabbia in cui l'unico ad avere le chiavi... è l'uomo conosciuto come il Maestro. >>
Al sentire tali parole, James, Fire, Accelerator e Penny cominciarono a scrutare l’uomo con espressioni visibilmente scettiche.
Kirby, notando lo sguardo sul volto dei compagni, rilasciò un sospiro quasi rassegnato.
<< Credetemi, non è una semplice metafora. C’è da rimetterci la propria sanità mentale >> borbottò con un cipiglio.
Per la seconda volta in un solo giorno, Accelerator si ritrovò a mettere in dubbio le proprie convinzioni. Nonostante la sua spiccata intelligenza, dovette prendersi un paio di minuti per elaborare la spiegazione del Signore del Tempo.
<< Quindi stai dicendo… >> cominciò con tono secco << che il Maestro ha ottenuto un potere tale da poter alterare la struttura quantica non solo dell'universo… ma di un intero multiverso? E che, così facendo, ha creato un nuovo universo in cui lui è Dio, ovvero quello a cui siamo sempre stati abituati. Ergo, io... noi... abbiamo vissuto un'altra vita prima di questa, e con l'avvento del Maestro è stata riscritta a favore di una nuova realtà. >>
<< È esattamente quello che ho detto >> rispose il Dottore.
L’albino schioccò la lingua. Aveva sentito e testimoniato parecchie cose assurde durante gli ultimi giorni… ma questa le batteva decisamente tutte.
<< Ammesso che questa cazzata sia vera… mi sorge spontaneo chiedere... quale sarebbe la vera linea temporale? Se questa è stata creata dal Maestro fondendo tutte le infinite timeline, allora qual è quella originale? E coloro che sono nati in questa timeline? Che cosa sono esattamente? >>
Tante domande, tutte al solo scopo di ottenere risposte su ciò che si celava dietro al tormento dell’esper: gli incubi che aveva continuato a sperimentare nell’ultimo anno, e che dalla comparsa di Last Order si erano fatti sempre più frequenti.
Nel mentre, il Dottore si strinse nelle spalle, incurante dei pensieri che intercorrevano nella mente dell’albino.
<< Ahimè, la ricerca della prima vera linea temporale è stata a lungo uno dei punti salienti a cui gli scienziati della mia specie hanno cercato a lungo di dare una risposta. Sono giunti alla conclusione che... be', è praticamente impossibile capire quale sia stata la prima linea temporale, perché il Multiverso è pratcamente infinito! Bisognerebbe arrivare alla nascita della creazione stessa per poter rispondere al quesito, ma potrebbero volerci miliardi di anni anche solo per grattarne la superficie! Ogni dimensione alternativa, ogni universo, non è altro che il risultato di una scelta. Perfino il lancio di una moneta svolto in modo diverso potrebbe creare una realtà del tutto diversa da quella a cui siete abituati. Coloro che sono nati in questa galassia non sono altro che i veri residenti di Battleground, i discendenti dalla materia di questo universo e di coloro che sono stati prelevati da universi pre-fabbricati >> spiegò il Signore del Tempo.
In quel momento, a Fire sorse spontanea una domanda. Se quella storia assurda era vera… e se davvero vi erano due tipologie di abitanti in Battleground…lui di quale faceva parte? Era qualcuno che un tempo aveva avuto una vita diversa che gli era stata strappata via? Oppure era qualcuno che ci era nato?
<< Ma allora… >> mormorò, con voce incerta << Com’è possibile capire se un individuo è nato qui, in questo universo, o meno? >>
<< Semplice >> rispose il Dottore, picchiettandosi la testa << Le persone i cui ricordi sono stati sostituiti da memorie fasulle possiedono ancora la percezione che qualcosa della loro vita non è come dovrebbe essere. I ricordi non sono stati cancellati, sono solo repressi, in attesa di uscire. Possono manifestarsi come visioni o sogni, a seconda della persona >> rivelò con un sorriso furbo.
E fu allora che Accelerator si costrinse a reprimere un sussulto. Deglutì a fatica, stringendo i braccioli della sedia. Per la prima volta in vita sua si sentì il cuore battere all'impazzata. Si portò una mano sul petto, le pupille dilatate, mentre scrutava il pavimento.
"Allora… era tutto vero... no, non può essere" sussurrò mentalemnte.
Era quella la ragione del suo tormento? L'origine di quei sogni? Scienziati depravati che lo guardavano da un vetro di sicurezza, lo strano uomo con il viso tatuato che rideva di lui e per finire... quelle ragazze col volto di Last Order, quelle ragazze insanguinate stese ai suoi piedi… le sue mani sporche del rosso scarlatto del loro sangue. Era successo davvero? Quei cadaveri erano reali... era stato lui ad ucciderle? Forse aveva solo assistito a un omicidio. E gli scienziati? L'uomo col volto tatuato e il camice bianco chi era? Troppe domande, troppe possibili risposte.
Il cuore gli stava per esplodere, ma si contenne, e si guardò bene dal mostrare le sue sensazioni agli altri. Mantenne un volto impassibile, mentre risollevava lo sguardo sul Dottore.
<< Ho capito >> commentò con tono apparentemente annoiato, nonostante la rivelazione scioccante << Ma ora dimmi, coloro che hanno vissuto una vita precedente… possono riottenere i loro ricordi? Come hai detto tu, non sono stati cancellati, solamente riscritti. Ciò che è velato, dopotutto, può essere fatto riemergere. >>
<< Una dichiarazione molto intuitiva >> rispose il Dottore << E il nostro giovane Angel può confermare. Tra tutti voi, è l'unico che ha riottenuto i suoi ricordi, dopo che erano stati sepolti. >>
L’adolescente in questione annuì di rimando.
<< Sì, è possibile. Il Dottore è in grado di ripristinarli, ma il processo può avvenire in altri modi. Nel mio caso, era Blue a conservarli. >>
<< Esatto >> confermò il drago << Il sistema creato dal Maestro non ha tenuto conto della mia esistenza, poiché vivo al di fuori della materia solida. >>
<< Inoltre, sebbene recuperare la memoria sigillata sia possibile anche di per sé, è necessario che la persona in questione possieda la volontà di riottenere i propri ricordi perduti. Cosa non facile, se non si hai la benché minima consapevolezza che siano ricordi e non visioni >> concluse Angel, ripensando a tutte quelle volte in cui si era considerato pazzo.
Dal team JEKP, le reazione furono miste. Kirby ed Emil erano ormai consapevoli da tempo di essere nati in questo mondo, ma lo stesso non si poteva dire dei genitori dello stesso Kirby, così come per King Dedede. Circa vent’anni fa, il Dottore aveva risvegliato i ricordi delle loro vite passate, e questa era stata la prova necessaria che aveva spinto Meta Knight e colleghi a finanziare la Ribellione.
James e Penny, invece, stavano ancora cercando di processare il tutto. Ciò che avevano sentito oggi aveva completamente ribaltato la visione che avevano della realtà stessa!
<< Se quello che dice è vero…>> iniziò James, con voce leggermente tremante << Come può sperare di combattere un essere del genere? >>
<< Mi fa piacere che tu l'abbia chiesto. Perché ho giusto la soluzione che fa al caso nostro >> disse il Dottore,  indicando la lavagna << Time And Relative Dimension In Space... ovvero, tempo e relativa dimensione nello spazio. L'acronimo… per TARDIS. >>
E poi, l’alieno estrasse il cacciavite sonico dalla tasca dei pantaloni, e lo puntò contro lo strano congegno metallico che si trovava sulla scrivania della stanza.
Come dal nulla, la piccola cupola di vetro che ne costituiva la parte superiore s’illuminò di un’intensa tonalità azzurra, mentre un ologramma assai curioso iniziò a prendere forma dinnanzi agli sguardi sorpresi dei presenti. L’immagine in questione rappresentava una cabina della polizia inglese, alta circa un paio dimetri, caratterizzata da una colorazione blu notte e dal numero 1963 inciso nell’insegna superiore.
Con un sorriso soddisfatto, il Dottore indicò l’oggetto e disse: << Ovvero... la mia macchina del tempo personale. >>
<< … Cosa? Una vera? Hai una vera macchina del tempo?>> domandò Accelerator, visibilmente incredulo.
<< Yep >> confermò l’alieno, con un rapido cenno del capo.
<< …La tua macchina del tempo è una cabina telefonica >> osservò James, fissando l’uomo con uno sguardo impassibile.
Il Dottore inarcò un sopracciglio. << Sì, perché? Cos’ha che non va? >>
<< È ridicola >> ribatté l’altro.
Al sentire tali parole, il Signore del Tempo arricciò il volto in un’espressione indignata.
<< Ohi, non offendere la mia macchina del tempo! >> esclamò stizzito, mentre Penny puntava all’ologramma.
<< Perché c’è scritto cabina della polizia? >> chiese in tono innocente.
L’alieno inarcò un sopracciglio. << Scusa, come? >>
<< C’è scritto cabina della polizia. Perché hai etichettato una macchina del tempo come cabina della polizia? Perché non macchina del tempo? È troppo ovvio? E cos’è una cabina della polizia? I poliziotti hanno le cabine? >>
Il vecchio rimase fermo e immobile per circa un minuto buono. Poi, prese un respiro profondo.
<< Be', non è davvero una cabina della polizia, che, a proposito, è uno speciale tipo di cabina telefonica che usavano i poliziotti per contattare i rinforzi. È  un camuffamento >> disse l’uomo,  puntando in direzione del rinomato TARDIS << È mascherata da cabina telefonica del 1963. Ogni volta che un TARDIS si materializza in un posto nuovo, nel primo nanosecondo dell’atterraggio analizza il circondario, calcola una mappa dodecadodimensionale di tutto quanto nel raggio di mille miglia e determina con quale guscio esterno si mimetizzerebbe meglio con l’ambiente >> continuò, il volto adornato da un sorriso orgoglioso.
Quel sorriso, tuttavia, fu assai di breve durata.
<< E poi si maschera da cabina della polizia del 1963 >> terminò.
Fire inarcò un sopracciglio. << Perché? >> chiese, impassibile.
In tutta risposta, il Dottore si limitò a scrollare le spalle, come se l’intera questione fosse di poco conto.
<< Probabilmente un piccolo guasto. A dire il vero, ho sempre voluto controllare. >>
<< In pratica, è una cabina della polizia tutte le volte >> osservò l’arciere.
L’alieno sembrò pensarci un attimo, per poi annuire lentamente. << Sì, immagino di sì, ora che me lo fai notare >> mormorò a se stesso.
Angel e Blue lo fissarono incerti.
<< Da quanto tempo lo fa? >> domandò il rosso, mentre il Dottore ebbe la decenza di sembrare imbarazzato.
<< Oh… non molto >> borbottò, prima di scuotere la testa un paio di volte << Ma non è questo il punto! Il punto è che ho intenzione di usare questa meraviglia per tornare indietro nel tempo a prima della creazione di Battleground, scoprire come il Maestro è riuscito a fare tutto questo e impedire che accada! >>
<< E il motivo per cui non lo hai ancora fatto è perché… ?>> fece Royal, ben consapevole che una tale prospettiva fosse troppo bella per essere vera.
E, in effetti, i suoi sospetti si rivelarono fondati, poiché il sorriso sul volto del Dottore cadde all'istante, sostituito da una smorfia.
<< Be', qui sorge un problema. Vedi, Royal... l'ho persa >> disse con una punta di sconforto.
Ogni persona presente nella stanza, ad eccezione di Emil, Kirby e Thor, fissarono l’alieno con espressione che andavano dall’incredulità all’esasperazione.
<< Persa? Come cazzo hai fatto a perdere una macchina del tempo? >> sbottò Accelerator, visibilmente irritato.
<< Intende dire che qualcuno gliel’ha rubata >> si intromise Emil, in difesa del vecchio.
Angel chiuse gli occhi per riflettere. Ciò che aveva appena sentito riguardo al TARDIS era una delle cose più incredibili che avesse mai testimoniato. Aveva viaggiato in lungo e in largo per il multiverso, ma non era consapevole che esistessero macchine in grado di attraversare il continum-spazio-temporale. Pensava che una tale abilità fosse riservata a pochissimi individui… ma, a quanto pare, esisteva una specie che usava il viaggio nel tempo con la stessa disinvoltura di una persona che faceva un viaggio in macchina.
<< È stato il Maestro, non è vero? >> chiese con una punta di preoccupazione, ricevendo un cenno da parte del Dottore.
<< In quanto membro della mia stessa specie, è l’unico che possieda le abilità e la conoscenza per sottrarre un TARDIS ad un altro Signore del Tempo >> confermò l’uomo, con un’espressione seria.
Accelerator schioccò la lingua una seconda volta. << Fantastico, la nostra unica possibilità di vittoria è nelle mani del nemico. Qualche altra buona notizia?>>
<< In realtà… sì >> ribattè l’alieno, arricciando nuovamente le labbra in un sorriso allegro.
Fatto questo, puntò il cacciavite sonico contro l’olo-proiettore, e l’ologramma del TARDIS venne prontamente sostituito dall’immagine di uomo alto e magro, vestito con abiti di elegante fattura. Aveva un viso quasi angelico, capelli castani e un paio di occhi azzurri come il cielo stesso.
<< Vi presento Anakin Skywalker. Senatore, ambasciatore, campione di scherma, scapolo più ambito dell'universo dalle giovani donne... oh, ed uno degli esponenti di maggiore spicco della macchina imperiale >> disse il vecchio, indicando la suddetta figura << Metà delle leggi riguardanti la tassazione e gli individui dotati di abilità speciali sono state presentate e approvate da lui e da coloro che lo sostengono. È un membro di spicco della cerchia del Maestro. Se Darth Vader può essere considerato come il volto dell'esercito imperiale, Anakin Skywalker ricopre la stessa carica in ambito politico. Attraverso l'omicidio e l'intimidazione è riuscito a farsi strada senza sforzo nelle alte sfere del Senato, diventandone il burattinaio indiscusso. >>
<< Skywalker >> ripeté Penny, stringendo ambe le palpebre degli occhi << Se non sbaglio, è stato lui ad approvare la legge di reclutamento obbligatorio per gli Esper. Ha davvero così tanta influenza? >>
<< Assolutamente >> fu l'improvvisa affermazione di Royal Noir.
Il suo sguardo assottigliato, a mala pena visibile attraverso la maschera, lasciava vagamente intuire un'espressione cupa. Fire aveva avuto modo di conoscere Anakin Skywalker solo di fama e di vista, ma ciò era stato sufficiente per farsi un’idea del tipo di persona che fosse. Le sue visite in Cina erano state poche ma di grande effetto. Pur non avendo la stessa autorità governativa di Lord Shen, almeno sul continente asiatico, aveva comunque grande influenza e importanza, come in ogni angolo di Battleground. E per questo era praticamente l'unica persona, dopo il Maestro, per cui il sovrano di Gongmen aveva dimostrato un certo remore.
<< Tch... ho già incontrato quel damerino, anche se solo da lontano >> commentò Accelerator << Ricordo che venne a Kyoto durante un Summit, accompagnato da legioni di stormtroopers. Sembrava un tipo di una certa importanza, ma all’epoca non gli prestai molta attenzione. Perché diavolo ci stai mostrando una sua foto? >>
<< Perché il nostro caro senatore può ancora rivelarsi utile per i nostri piani. Vedete, ho sempre saputo che il Maestro era riuscito a mettere le mani sul TARDIS, quello che non sapevo era il luogo in cui aveva deciso di nasconderlo. Il Maestro è molte cose, ma di certo non è stupido. Un macchina di tale potenza dovrebbe essere sempre tenuta sott'occhio, in un luogo reperibile, difficile da infiltrare ma facile da controllare. Ho passato gli ultimi 20 anni nel tentativo di trovare quel luogo, ma senza successo. E poi... ho avuto un'illuminazione! Ho pensato,se il Maestro aveva bisogno di tenere d'occhio la posizione del TARDIS... di sicuro le informazioni sulla sua ubicazione sarebbero state inviate negli archivi imperiali. >>
E, detto questo, volse al gruppo un sorriso complice.
<< Ora vi chiedo... qual è l'attuale ubicazione di tali archivi? Risposta... proprio sotto residenza dello stesso Anakin Skywalker! >>
Angel dilatò le pupille, seguito rapidamente dal resto dei presenti, mentre una rivelazione scioccante cominciò a farsi strada nella mente del soleano.
<< Vuoi infiltrarti in uno dei luoghi più custoditi di Battleground. Una bella gatta da pelare >> sussurrò con una smorfia.
<< Non sbagli, ragazzino >> rispose il Signore del Tempo << Dire che quel posto è più sigillato di Fort Nox sarebbe un eufemismo. Gli archivi sono disposti entro un volume che percorre più di 12 piani al di sotto dei giardini della casa. Ogni piano è controllato da dispositivi di movimento e telecamere a infrarossi. Ma non è questo il problema. Il problema è l'enorme contingente di droidi e stormtroopers che controlla la residenza 24 su 24, per non parlare della flotta che circonda il pianeta. il Maestro non ha certo badato a spese,per quanto riguarda la sicurezza. Fortunatamente... >> disse estraendo alcuni fogli di carta dalla tasca dei pantaloni << Le rapine effettuate nell'ultima settimana mi hanno permesso di ottenere il denaro necessario per acquistare i biglietti per un evento cannuale che si terrà proprio in casa di Skywalker per la prima volta in oltre vent’anni: il ballo per il giorno dell'Impero. >>
<< Le rapine erano per questo? >> domandò Angel, visibilmente sorpreso << Non pensavo che la Ribellione fosse messa così male con i fondi. >>
<< Infatti non lo è >> si intromise Kirby << Ma pur essendo un regno indipendente rispetto al governo di Salem, Dreamland fa comunque parte dell’Impero e, in quanto tale, le sue finanze sono tenute strettamente sotto controllo. Eventi come il Ballo per il giorno dell’Impero non sono esattamente… economici, per così dire. Un movimento di denaro così improvviso avrebbe sicuramente sollevato i suoi sospetti, considerando anche il fatto che Dedede non ha mai partecipato all’evento dalla morte di mio padre >> sussurrò lievemente triste.
Il Dottore gli lanciò un’espressione empatica.
<< Ed è proprio per questo che non ho potuto chiedere il sostegno del re >> disse volgendo la propria attenzione nei confronti di Angel << E se si recasse alla festa dopo tutti questi anni di assenza, proprio lo stesso giorno in cui avverrà un infiltrazione… be', diciamo che Dreamland è già nel mirino dell’Impero da molto tempo, preferirei non aggiungere benzina al fuoco e dar loro le prove che servono per considerarlo un regno traditore. >>
<< Quindi è questo il tuo piano? >> domandò Accelerator << Andare alla festa e infiltrarti negli archivi? >>
<< Non esattamente >> rispose il Signore del Tempo << Vedete, ho scelto di convocare tutti voi, ad eccezione di Penny e James, in base ad alcune caratteristiche. Il mio volto è troppo conosciuto tra le file dell’Impero, e non posso travestirmi da invitato. Un nuovo pezzo grosso attirerebbe troppo l’attenzione, motivo per cui sarò costretto a nascondermi tra la servitù della casa. Royal, al contrario… >> disse indicando la figura di Fire << non avrebbe problemi a confondersi con la folla. >>
<< E perché mai? >> chiese James, scrutando il Vigilante con sospetto << È forse un nobile o qualcosa del genere? >>
<< Qualcosa del genere >> rispose freddamente il ragazzo, prima di lanciare al Dottore un’occhiataccia << E preferirei che restasse un segreto. >>
<< OH, suvvia Royal, questi sono i tuoi nuovi compagni di squadra >> commentò l’alieno, con un sorriso impertinente << Avere fiducia in loro e viceversa è fondamentale, se vogliamo che questo piano funzioni. >>
<< Non mi fido di nessuno >> sibilò l’adolescente, suscitando una piccola risata da parte di Accelerator.
<< Ma sentitelo, è entrato completamente nella parte >> sghignazzò l’albino, stiracchiandosi sulla sedia.
Fire fece un verso sprezzante e incrociò ambe le braccia davanti al petto. << Finché non avrò altre garanzie, voglio che la mia identità resti segreta. E poi, scusa, che cosa dovrei fare una volta infiltratomi alla festa? >>
<< Quello che sai fare meglio >> fu la risposta pronta del Dottore << Essere il Vigilante Mascherato. L’accesso alla magione ti permetterà di compiere un attacco diretto alla villa, cosa che attirerà tutta la sicurezza presente nell’area circostante. Accelerator e Thor, essendo i membri più potenti della Ribellione, si occuperanno di tenere a freno i potenziali rinforzi, mentre Emil e Kirby forniranno fuoco di copertura nel caso le cose si mettano male. >>
<< Non ho ancora acconsentito a far parte nella tua banda di fanatici >> borbottò Accelerator, anche se venne prontamente ignorato.
Angel si guardò attorno un paio di volte, prima di alzare la mano destra.
<< E io che dovrei fare? >> domandò incerto.
Il Dottore procedette ad indicarlo.
<< Tu dovrai aggregarti a me >> disse con tono di fatto << Uno dei motivi per cui ho deciso di includerti nel piano, nonostante tu sia relativamente nuovo, è grazie al tuo amico spettrale. >>
Sentendosi chiamato all’appello, Blue inclinò leggermente la testa.
L’alieno puntò in direzione del drago e continuò: << Come hai accennato in precedenza, la tua stessa esistenza costituisce un anomalia nel sistema creato dal Maestro, ed io sospetto in più di un modo. Io e lui abbiamo già avuto a che fare con creature del tuo tipo, ragion per cui non è da escludere il fatto che abbia inserito sistemi di sicurezza, all’interno degli archivi, che siano in grado di contrastare la tua specie. Tuttavia, unendo le tue abilità con le mie, sono sicuro che riusciremo ad accedere al nucleo del complesso in poco tempo e con relativa facilità. >>
<< Capisco >> rispose Angel, lanciando una rapida occhiata in direzione del compagno, che si limitò ad annuire.
Nel mentre, il Dottore battè ambe le mani una seconda volta, richiamando l’attenzione dei presenti.
<< Dunque... ora sapete tutto quello che c'è da sapere >> disse con voce ferma e risoluta, il volto adornato da un’espressione rigida ma compassionevole al tempo stesso, quasi come se stesse cercando di scusarsi con tutti loro per averli coinvolti.
<< La situazione è questa: il nostro nemico è l'Impero più grande che l'universo abbia mai conosciuto. Siamo solo noi contro un dio... e alcuni degli esseri più potenti di questa galassia. Non vi obbligherò a seguirvmi, ma se decideremo di fare tutto questo, insieme… di andare fino in fondo... be', in quel caso... salveremo non solo le persone che amiamo, ma l'intero creato così come lo conosciamo >> terminò con un sussurro.
Indicò le figure di Penny e James.
<< E saremmo più che felici di avervi in squadra, ragazzi. Non ho dubbi che Emil e Kirby avrebbero maggiori possibilità di successo con voi due al loro fianco >> disse con un sorriso, prima di allargare ambe le braccia << Dunque, quello che vi chiedo è... vi unirete a me in questa impresa apparentemente impossibile? >> chiese con tono colmo d’aspettativa, volgendo quella domanda fondamentale non solo alla coppia di atlesiani, ma ad ogni singola persona riunita in quella stanza.
Con sorpresa di molti, Fire fu il primo a rendere nota la sua opinione.
<< Ho dedicato tutta la mia vita a proteggere la mia città e a combattere gli alleati del Maestro… non mi tirerò certo indietro. Non ora che posso finalmente fare qualcosa per cambiare tutto questo alla radice >> dichiarò ad alta voce, alzandosi dalla sedia e togliendosi l’arco dalla schiena, per poi allungarlo in direzione del Dottore << Hai il mio arco. >>
<< E il mio martello >> aggiunse Thor, unendosi al giovane Vigilante << Ho perso la mia famiglia e il mio regno a causa del Maestro. Ho giurato che avrei vendicato la mia patria… che razza di principe sarei, se non combattessi per il bene di coloro che sono morti sotto il mio dominio? Lotterò al tuo fianco, Dottore. Per Asgard! Per i Nove Regni! >> esclamò, issando il mitico maglio in direzione del soffitto.
Kirby annuì in accordo. << Mi conosci da quando sono nato, Dottore >> disse con un sorriso quasi nostalgico << Farò qualunque cosa sia necessaria, per onorare la memoria di mio padre. >>
<< E puoi contare anche su di me >> continuò Emil, posando una mano sulla spalla dell’amico << Farò quello per cui sono stato addestrato, per cui sono stato cresciuto… per cui sono nato. Proteggere e tutelare gli innocenti >>
E, detto questo, il fauno volse lo sguardo in direzione di Accelerator, seguito rapidamente dal resto dei presenti. L’albino roteò gli occhi, apparentemente irritato dall’intera situazione.
 << Tch… finché le cose resteranno come sono ora, io e la mia famiglia non saremo mai al sicuro. Prenderò a calci in culo chiunque osi far loro del male >> sussurrò con tono freddo e pericoloso, mentre le sue pupille rosse dardeggiarono brevemente.
Il Dottore sorrise con orgoglio a mala pena celato, per poi lanciare un’ultima occhiata in direzione di James. L’atlesiano cominciò a guardarsi attorno con fare incerto, girando prima la testa in direzione di Penny, poi verso i volti speranzosi di Emil e Kirby.
<< Che diamine… guardate in che cazzo di situazione mi avete messo >> borbottò quasi a se stesso, le labbra arricciate in un piccolo sorriso.
Alzò lo sguardo, fissando dritto negli occhi azzurri del Dottore.
<< Per tutta la vita sono sempre stato alla ricerca di uno scopo. Qualcosa che mi motivasse… che mi spingesse a migliorare come guerriero e come persona. Pensavo di aver finalmente trovato la mia strada quando decisi di unirmi all’esercito, ma… >>
Abbassò la testa, gli occhi persi sulla superficie bucherellata del pavimento.
<< Quello che avete intenzione di fare qui… non cambierà solo Renmant. Cambierà l’intera galassia >> sussurrò.
Poi, il sorriso sul volto del ragazzo sembrò farsi più grande.
<< È qualcosa con cui posso lavorare. E poi… >> disse lanciando una breve occhiata in direzione di Emil e Kirby << non me la sento di abbandonare voi due idioti. >>
La coppia di ragazzi fece per controbattere, ma James li fermò con un rapido gesto della mano.
<< Detto questo, non mi unirò senza il tuo consenso >> continuò, volgendo la propria attenzione nei confronti di Penny.
In tutta risposta, l’androide dalle sembianze umane gli porse un sorriso gentile.
<< James…tu, Kirby ed Emil siete stati i miei primi veri amici. Ecco perché… vi seguirò fino ai confini dell’universo >> affermò come un dato di fatto, alzandosi in piedi e cimentandosi in un saluto militare.
 << Sono pronta al combattimento! A proposito, come si chiamerà la nostra squadra? >>
<< I Time Warriors! >> 
<< Ma che ca... >>
Il tempo parve fermarsi. Quelle parole, dalla cadenza visibilmente femminile… non erano state pronunciate da nessuno dei membri presenti nella stanza. Il neo-ribelli alzarono gli sguardi in direzione del soffitto, da cui avevano sentito provenire quell’esclamazione.
Potete immaginare la loro sorpresa, quando i loro occhi si posarono sulle figure di Ruby Rose, 
Weiss Schnee, Blake Belladonna e Yang Xiao Long, appollaiate sulle assi che costituivano la copertura della fabbrica.
Tre delle quattro ragazze lanciarono alla loro leader un’occhiataccia, e la mora ebbe la decenza di arrossire.
<< Che c’è? Mi sono emozionata! >>

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Capitolo 19
*** Capitolo 17 - La scelta ***


Ecco un nuovissimo capitolo! Ora che abbiamo finalmente finito gli esami, cominceremo ad aggiornare più frequentemente. Immagino che sia proprio a causa della nostra inconsistenza se il numero di recensioni per capitolo è drasticamente diminuito. Speriamo di farci perdonare.
Buona lettura!



Capitolo 17 - La scelta 


All’interno di una fabbrica abbandonata della periferia di Vale, quattro giovani ragazze si trovavano legate in mezzo ad una stanza, circondate da un totale di nove persone.
Non era stato facile catturarle, erano senza dubbio ben addestrate, e dotate di una personalità combattiva. Tuttavia, le forze combinate di Thor e Accelerator erano state sufficienti a frenare i loro tentativi di fuga.
<< Allora… che cosa dovremmo fare con loro? >> chiese Angel con un’espressione leggermente sconcertata, mentre osservava con attenzione il gruppo di sconosciute. L’imponente figura di Blue era ormai sparita da almeno un paio di minuti, dato che l’adolescente non poteva proiettarla per un periodo di tempo eccessivo.
Affianco a lui, il Dottore incrociò ambe le braccia davanti al petto, il volto adornato da uno sguardo contemplativo.
<< Per cominciare, mi piacerebbe davvero sapere chi siano queste “loro” >> borbottò, lanciando una rapida occhiata in direzione del team JEKP << Emil, Kirby… volete forse dirmi qualcosa? >>
In tutta risposta, il team di neo-cacciatori passò brevemente la testa dalla squadra RWBY fino alla figura del Signore del Tempo, cercando di mantenere sotto controllo un certo grado di nervosismo.
Dopo quello che sembrò un tempo interminabile, Emil prese un respiro profondo.
<< Ehm… vi presento Ruby Rose, 
Weiss Schnee, Blake Belladonna e Yang Xiao Long. Sono il team RWBY, una squadra di cacciatrici in allenamento che frequenta Beacon >> rivelò con una punta di esitazione, mentre il Dottore si portava una mano alla fronte.
<< Quante volte vi ho detto di controllare sempre i vostri dintorni >> mormorò stizzito, prima di volgere la propria attenzione nei confronti del fauno << Vedi, è proprio per questo che ero restio a farvi entrare nelle operazioni sul campo così presto. >>
<< La prego, non si arrabbi con loro! >> esclamò Ruby all’improvviso, attirando lo sguardo dell’alieno << Non volevamo fare niente di male, li abbiamo visti allontanarsi di soppiatto e… be', eravamo solo curiose. >>
<< Eppure siete arrivate fin qui senza che nessuno lo notasse >> ribatté il Signore del Tempo, soppesandola con quegli occhi color blu elettrico << Immagina se foste state persone meno… amichevoli. >>
E, per qualche ragione, quell’ultima constatazione inviò un brivido lungo la spina dorsale della giovane cacciatrice. Poi, il Dottore si avvicinò con passo felpato al gruppo di prigioniere, che lo scrutarono con espressioni diffidenti e leggermente allarmate.
<< Ruby Rose… qualsiasi parentela con Summer Rose? >> domandò l’alieno, suscitando un allargamento degli occhi da parte di Ruby e Yang.
<< Sì, è mia madre! >> confermò la prima, inclinando leggermente la testa << La conosci? >>
<< Abbiamo avuto dei trascorsi >> rispose il vecchio, mentre girava la testa in direzione della seconda << E se tu sei la figlia di Summer… allora tu devi essere quella di Tai e Raven. >>
<< Mi hai beccata >> disse la bionda con una scrollata di spalle, per quanto le corde con cui era legata le permettessero un simile movimento.
Il Dottore fece per argomentare ma, poco prima che potesse farlo, venne prontamente interrotto da un sonoro colpo di tosse. L’alieno inarcò un sopracciglio, voltandosi verso la persona responsabile. Costei non era altri che Weiss Schnee, le palpebre assottigliate e le labbra arricciate in una smorfia infastidita.
<< Mi scusi… non so quali siano le sue intenzioni, ma esigo che liberiate me e le mie compagne immediatamente! >> sentenziò con tono indignato, suscitando un sorriso divertito da parte di un certo albino.
<< Ma quanto siamo permalosi >> commentò Accelerator, fissando intensamente l’ereditiera << Ti sono forse venute le mestruazioni, ragazza? >>
<< Tu… tu… come osi?! >> balbettò l’altra, le guance arrossate a causa della domanda completamente al di fuori dei suoi standard di cortesia.
Nel mente, il Dottore si limitò a roteare gli occhi.
<< Non badare al ragazzo, è caduto in una vasca di latte quando era piccolo >> disse con voce disinvolta, mentre l’esper gli lanciava un’occhiataccia. Incurante di questo, l’alieno volse nuovamente la propria attenzione nei confronti di Schnee.  << E per quanto riguarda la tua richiesta… mi dispiace, ma non posso farlo. Non dopo quello a cui avete assistito stasera. >>
Poi, girò la testa verso Thor e sussurrò:  << Ci servirà il verme. >>
Il dio del tuono dilatò leggermente le pupille, prima di annuire ed uscire dalla stanza. Allo stesso tempo, la dichiarazione del Signore del Tempo suscitò espressioni visibilmente allarmate da parte del team RWBY.
<< Il cosa? >> domandò Ruby.
<< Aspetta, quale verme? >> si unì Yang, il cui tono di voce aveva assunto un sottofondo di preoccupazione, ben lontano dalla spavalderia che aveva mostrato fino a pochi minuti prima.
<< Il verme della memoria >> la informò il Dottore, stringendosi nelle spalle << Non farà male, ma basta un singolo tocco della sua pelle e dimenticherete ogni evento avvenuto nelle ultime quattro ore. >>
<< Aspetta…vuoi cancellarci la memoria? >> domandò Blake, che era rimasta ferma e in silenzio fino a quel momento.
L’alieno le lanciò una rapida occhiata. << Senza usare mezzi termini… sì. >>
<< Non può farlo! >> esclamò Weiss, prima di volgere lo sguardo in direzione del team JEKP << Non può farlo, vero? >>
<< Posso farlo e lo farò, cara ragazza. Niente di personale, sto solo cercando di salvaguardare i miei interessi. E poi… >> aggiunse il vecchio, con una scrollata di spalle << è sempre meglio dell’alternativa. >>
<< E quale sarebbe l’alternativa? >> chiese Ruby, con un sorriso tremante.
<< L’esecuzione >> fu la risposta fredda e impassibile del Dottore, cosa che fece drizzare di scatto il gruppo di neo-cacciatrici.
Nel mentre, Kirby si avvicinò all’uomo con un’espressione incerta. << Dottore, non pensi che sia una decisione un po’… estrema? Conosco queste ragazze personalmente, non hanno cattive intenzioni. >>
<< Il fatto che non abbiano brutte intenzioni non mi riguarda >> ribatté il Signore del Tempo << Sono estranee alla causa e, in quanto tali, la loro fedeltà risiede in ciò che ai loro occhi è considerato legale. Il che vuol dire che, come quasi ogni altra persona presente in questa galassia, sono asservite alle leggi stabilite dal Maestro. È un semplice dato di fatto. >>
Al sentire tali parole, l’espressione sul volto del rosato si fece improvvisamente cupa, come se pure il suo cervello fosse arrivato a quella conclusione inevitabile. Gli altri membri del team JEKP ebbero reazioni simili.
James era un soldato, per cui poteva comprendere la necessità di mantenere l’anonimato all’interno di un organizzazione come la Ribellione. E, per proteggere questo anonimato, spesso i leader erano costretti a compiere azioni spiacevoli. La cancellazione della memoria era un piccolo prezzo da pagare a confronto di una potenziale esecuzione sul posto, almeno per lui.
Penny, seppur di mentalità simile, non poté fare a meno di mostrare il proprio dispiacere. Dopotutto, i membri del team RWBY erano stati i primi amici che si era fatta al di fuori di Atlas.
Emil, invece, sembrava totalmente incapace di incontrare gli occhi del gruppo di ragazze, e si limitò a mantenere un’espressione impassibile.
<< Emil… >>
Questo, almeno, fino a quando la voce di Ruby non richiamò la sua attenzione, e gli occhi del fauno non si posarono su quelli argentati della neo-cacciatrice.
Il timore e il senso di tradimento che vide in quello sguardo… furono sufficienti a farlo sussultare.
<< Tu… è tutto vero? Fate parte della Ribellione? >> domandò la piccola mietitrice, con tono flebile.
Il giovane cacciatore deglutì a fatica. << Preferiamo il termine Resistenza, ma… sì. >>
<< Ma… perché?! Sono criminali! >> esclamò Weiss, visibilmente provata dall’intera situazione.
Dopotutto, la ragazza era stata cresciuta in un ambiente familiare rispettoso della società in cui vivevano e delle leggi da essa promulgate. Il semplice concetto che qualcuno volesse ribellarsi al governo che la sua famiglia aveva aiutato a far prosperare… be', era a dir poco rivoltante, completamente inconcepibile e malsano.
 << Quanto avete sentito? >> domandò una voce calma e improvvisa, in un angolo della stanza.
Weiss si voltò di scatto, fissando la persona che aveva appena parlato. Royal Noir aveva preso a fissare l’ereditiera con uno sguardo impassibile ma duro al tempo stesso, le braccia incrociate e la schiena poggiata contro una colonna.
Dopo aver registrato la domanda dell’arciere, Weiss inarcò un sopracciglio e disse: << Che cosa? >>
<< Da quanto tempo ci stavate spiando? >> riformulò il ragazzo, con un roteare degli occhi.
La neo-cacciatrice strinse ambe le palpebre. << Da quando avete iniziato. >>
<< Allora sapete bene perché lo stiamo facendo >> ribatté il nobile con tono di fatto << Il leader di questa galassia è un tiranno e un mostro, che usa la paura e il lavaggio del cervello per mantenere il suo potere. >>
<< S-sono solo le folle idee di un esaltato. Non vi è alcuna prova tangibile per una cosa del genere! >> tentò di argomentare l’albina, mentre il Dottore le volgeva un’occhiata compassionevole.
<< Immagino tu abbia sentito abbastanza per capire che le prove esistono eccome >> disse con tono gentile, prima che l’espressione di Yang catturasse la sua attenzione << E la vostra amica sembra esserne a conoscenza… dico bene? >>
La bionda sussultò, come se fossa stata colta sul fatto, attirando gli sguardi sconcertati della cugina e del resto del team.
<< Yang… è vero? >> domandò Ruby, con tono incredulo.
La neo-cacciatrice rilasciò un sonoro sospiro. << Ruby… perché credi che i miei genitori si siano dati alla pirateria? >> disse ironicamente, suscitando un allargamento degli occhi ad opera di Weiss.
<< Aspetta, cosa?! I tuoi genitori sono criminali? >>
 << Non sono criminali! >> ribatté la bionda con rabbia, facendo incespicare all’indietro la testa dell’albina.
Rendendosi conto della sua improvvisa perdita di controllo, la neo-cacciatrice arrossì imbarazzata, prima di prendere un paio di respiri calmanti. Poi, lanciò un’occhiata sprezzante in direzione del Dottore.
 << Sei stato tu a influenzare la loro decisione, non è vero? >>
 << Ho solo spiegato loro la situazione >> rivelò il Signore del Tempo, con una scrollata di spalle << Fecero parte della Ribellione per un po’ di tempo, ma decisero di darsi alla macchia quando cominciarono a ritenere i nostri metodi troppo… addomesticati. >>
<< Fantastico >> borbottò Weiss, alzando gli occhi al soffitto della fabbrica << La mia compagna di squadra è in collaborazione con un gruppo di pirati. Questa giornata non può peggiorare. >>
Quasi come se l’universo stesso volesse contrastare quella dichiarazione, l’imponente figura di Thor rientrò nella stanza, reggendo nella mano sinistra un paio di guanti e in quella destra un barattolo di vetro, all’interno del quale ogni persona presente riuscì a intravedere una creatura dall’aspetto a dir poco bizzarro. Si trattava di un bruco grande quanto un topo, dalla carnagione variopinta, con piccoli occhi rossi e un paio di appendici acuminate per bocca.
<< O forse sì >> borbottò Weiss, con una faccia impassibile.
Thor porse al Dottore i guanti e, mentre questi li indossava, la strana creatura cominciò a contorcersi e a rilasciare striduli. Non badando al comportamento del verme, il Signore del Tempo aprì il barattolo e afferrò l’animale,  mostrandolo al team RWBY.
 << Ah, eccolo qui. Un solo tocco e perderete qualche ora di ricordi >> le informò con un sorriso soddisfatto << Se vi morde potreste perdere… decenni. >>
E, detto questo, cominciò ad avvicinarsi, mentre la squadra di ragazze indietreggiò d’istinto.
<< Stammi lontano >> piagnucolò Weiss, visibilmente spaventata.
<< Calmati, non sentirai nulla >> tentò di rassicurarla il Dottore, mentre si chinava e allungava il braccio con il quale stava reggendo il verme.
<< N-non hai alcun diritto di giocare con i nostri ricordi! >> esclamò Yang, inclinando la testa all’indietro, mentre Ruby si stringeva a lei.
In tutta risposta, l’alieno si limitò a sospirare.
<< Credimi, se ci fosse un'altra opzione la prenderei al volo. È per il vostro bene >> affermò come un dato di fatto.
Ormai, la creatura si trovava ad appena un paio di centimetri dal corpo di Weiss, e l’ereditiera sembrava sul punto di urlare. In un ultimo disperato tentativo di ribaltare la situazione, Ruby lanciò al team JEKP un’occhiata implorante.
<< Emil… >> supplicò, gli occhi bagnati dalle lacrime imminenti.
Il fauno tentò di distogliere lo sguardo… ma si ritrovò incapace di farlo. Fissò intensamente quelle pupille lucenti e argentate… e si sentì perso, come se fosse sul punto di calciare un cucciolo. Passò brevemente lo sguardo sulle figure di 
Weiss, Blake e Yang, notando che avevano le stesse espressioni impaurite.
Alla fine, quella vista si rivelò troppo da gestire… anche per lui.
<< Potrebbero unirsi a noi! >> esclamò all’improvviso, attirando l’attenzione di ogni singola persona presente nella stanza.
Anche il Dottore si voltò, lanciando al neo-cacciatore un’occhiata incredula. << Come, scusa? >>
<< Sì, insomma…se entrassero a far parte della Ribellione non avremmo più bisogno di cancellare i loro ricordi >> elaborò il fauno, con le guance leggermente arrossate.
Affianco a lui, Kirby si portò una mano alla faccia, quasi come se si aspettasse una proposta del genere da parte del compagno. Allo stesso tempo, Il Dottore rilasciò un altro sospiro.
<< Emil, non possiamo far entrare ogni povero disgraziato che ci capita a tiro, non è così che funziona una resistenza >> ammonì con tono di rimprovero.
In risposta, il fauno strinse ambe le palpebre degli occhi in segno di sfida.
<< Come possiamo salvare gli abitanti di Battleground se non abbiamo fiducia in loro? >> domandò con un ringhio, mentre il Dottore lo fissava a sua volta.
<< È proprio grazie a questa diffidenza se siamo sopravvissuti fino ad ora >> ribatté l’uomo, puntando un dito verso l’adolescente e compiendo un passo in avanti.
Capendo di aver attraversato la linea, il fauno distolse lo sguardo e borbottò: << Non meritano un simile destino. >>
L’alieno lo fissò impassibile. Al contempo, un silenzio inesorabile sembrò calare nelle profondità della stanza.
James, Kirby e Penny lanciarono al compagno di squadra occhiate preoccupate, seguiti rapidamente da Angel. Al contrario, Accelerator sembrava del tutto indifferente all’intera situazione, mentre Fire e Thor si limitarono ad osservare il tutto con placido silenzio.
<< Sai cosa significa comandare, ragazzo?>> domandò all’improvviso il Dottore, rompendo la quiete di quel momento << Significa che la persona che è al comando deve ascoltare i dubbi di ogni sottoposto che apre bocca. Ma se anche egli comincia ad avere dubbi… be', è la fine. Per lui e per tutti i suoi sottoposti. Per tutti >> sussurrò a bassa voce, fissando intensamente la figura del fauno.
Questi alzò lo sguardo e incontrò gli occhi dell’uomo, pur mantenendo un’espressione risoluta.
Il Signore del Tempo e il neo-cacciatore rimasero bloccati in questa prova di volontà per quello che parve un tempo interminabile. Poi, l’alieno sospirò ancora una volta, mormorando qualche imprecazione.
Fatto questo, si voltò in direzione del team RWBY.
<< Allora, che cosa ne dite? Volete entrare a far parte della nostra allegra, piccola banda? >> chiese con tono rassegnato, mentre Accelerator prese a fissarlo come se gli fosse improvvisamente cresciuta una seconda testa.
<< Aspetta, sei serio? >> domandò incredulo, mentre l’alieno annuiva.
<< Sì, è stato convincente >> disse con una scrollata di spalle.
Il Level 5 schioccò la lingua, visibilmente irritato. << Io dico che dovremmo andare avanti con il piano A. >>
<< Debitamente annotato >> borbottò il vecchio, con un roteare degli occhi.
Tornò a fissare il gruppo di studentesse, e queste cominciarono a lanciarsi occhiate incerte. Dopo circa un minuto di conversazioni silenziose, Yang rilasciò un sospiro e fissò il Dottore dritto negli occhi.
<< Sentite… io e Ruby non abbiamo amore per il Maestro, ma… entrare in una Ribellione? Siamo cacciatrici in allenamento, non soldati >> disse con voce incerta, ricevendo un piccolo cenno del capo da parte della cugina, per quanto sembrasse riluttante.
Affianco alla coppia, Blake annuì a sua volta.
<< Mi sono iscritta a Beacon per proteggere le persone, non per combatterle. Comprendo la vostra causa, ma non è la mia battaglia >> continuò con voce calma e raccolta, nonostante la situazione in cui era stata catapultata.
Il Dottore girò la testa verso Weiss e questa lo fissò con un luccichio sprezzante.
<< Mi rifiuto di associarmi ad una banda di esaltati >> sibilò a denti stretti, come se la sola idea di un simile concetto la disgustasse.
Il Signore del Tempo fece loro un cenno di comprensione, prima di lanciare una rapida occhiata in direzione di Emil.
<< Hanno fatto la loro scelta >> dichiarò freddamente, con evidente dispiacere del fauno.
Poi, l’alieno si porse in avanti una seconda volta, mentre il verme che teneva in mano cominciò a contorcersi e a stridere.
Il volto di Weiss si fece nuovamente allarmato, mentre scrutava con disgusto la creatura che presto le avrebbe cancellato la memoria.
Ormai, l’invertebrato si trovava ad appena pochi centimetri da lei. Sarebbe bastato solo un piccolo passo in avanti, e poi…
<< Aspetta. >>
Il suono della voce di Blake costrinse il Dottore a fermarsi di colpo. Girò la testa in direzione del gatto fauno, e questa restituì lo sguardo indagatore con uno determinato.
<< Il mio nome completo è Blake Belladonna… figlia di Ghira e Kali Belladona… principessa dell’isola di Menagerie >> dichiarò con voce più potente del normale, suscitando espressioni sconcertate e confuse ad opera dei membri della Ribellione, e speranzose dalle compagne.
Dopotutto, i residenti di Renmant conoscevano bene l’isola in questione. Un insediamento situato sulle coste di Mistral, creato per ospitare e garantire la sicurezza di tutte quelle razze perseguitate delle leggi razziali, che fossero fauni o altri tipi di creature non umane sparse per la galassia.
 Thor lanciò al Dottore un’occhiata d’intesa.
<< …Ah… quindi il tuo cognome non è solo una coincidenza. Maledizione >> sospirò il Signore del Tempo, alzandosi in piedi e riponendo il verme all’interno del barattolo, con grande costernazione dei presenti.
Poi, volse la propria attenzione nei confronti di Blake, il volto adornato da un’espressione rassegnata. << Quanto sai? >>
<< Abbastanza da convincere i miei genitori ad addestrarmi per situazioni come questa >> rispose freddamente la mora, spingendo il Signore del Tempo a schioccare la lingua con evidente dispiacere.
<< Vedi, è per questo che preferisco sempre mantenere le cose in piccolo >> borbottò stizzito, mentre Angel prese a fissarlo con uno sguardo incerto.
<< Aspetta, frena i cavalli, di che diavolo state parlando? >> chiese con un sottotono di curiosità.
<< Il Signor Belladonna e sua moglie sono tra i maggiori sostenitori finanziari della Ribellione >> rivelò Thor, sorprendendo non solo il rosso, ma anche il resto dei presenti, compreso il team RWBY.
Affianco a lui, il Dottore annuì in conferma.
<< E ogni membro della Ribellione è stato addestrato per prevenire alterazioni di tipo mentale, una tecnica necessaria per impedire ogni sorta di modificazione dei ricordi, proteggendoli dalle manipolazioni del Maestro. E la cancellazione della memoria… rientra in questo settore >> continuò con un roteare degli occhi, prima di volgere la propria attenzione nei confronti di Blake << Presumo che lo abbiano insegnato anche a te. >>
<< Una volta ho origliato alcune loro conversazioni con il regno di Dreamland >> ammise il gatto fauno, con una scrollata di spalle << Mi hanno scoperto e hanno deciso di raccontarmi tutto. >>
<< Mi stai dicendo… che non solo ho una compagna di squadra figlia di pirati… ma anche una che è figlia di alcuni dei maggiori sostenitori dell’organizzazione terroristica più grande di Battleground? >> domandò Weiss, il tono di voce ornato da una punta di incredulità.
<< Combattenti per la libertà >> tossì Kirby, ricevendo un’occhiataccia da parte dell’ereditiera.
<< Perché, c’è differenza? >> chiese l’albina, mentre il rosato le lanciava un sorriso imbarazzato.
Nel mentre, Royal prese a scrutare attentamente la banda di ragazze e disse: << Quindi? Questo cosa significa? >>
<< Significa che dobbiamo lasciarla andare >> ribatté il Dottore, suscitando espressioni visibilmente sorprese, miste a sollievo, ad opera delle neo cacciatrici.
In risposta a quella dichiarazione, Blake strinse ambe le palpebre degli occhi.
<< Non me ne vado senza le mie compagne. E voglio che la loro memoria rimanga intatta >> disse freddamente, mentre il Signore del Tempo le inviava un’occhiata secca.
<< Mi stai rendendo le cose difficili, gattina >> borbottò infastidito, grattandosi la folta chioma di capelli argentati.
Il gatto fauno, tuttavia, si rifiutò di fare marcia indietro e sostenne lo sguardo dell’uomo. Questi rilasciò un altro sospiro, soppesando gli occhi su ogni membro del team RWBY.
<< …Abbiamo la vostra parola che non rivelerete niente di quello che avete sentito qui, oggi? >> domandò con un tono di voce colmo d’aspettativa.
<< Le mie labbra sono sigillate >> disse rapidamente Yang, mentre Ruby annuì d’accordo:  << Croce sul cuore. >>
Allora, il Signore del Tempo lanciò una breve occhiata in direzione di Weiss.
<< Io… >> cominciò l’ereditiera girando la testa verso le sue compagne. Queste la fissarono con occhi grandi e imploranti, cosa che spinse l’albina a sospirare.
<< Ok, ok, manterrò il silenzio >> borbottò stizzita, quasi con rassegnazione.
Il Dottore rimase fermo e immobile, tentando di percepire il minimo segno di inganno o disonestà. Quando non ne trovò alcuno, annuì a soddisfatto e cominciò a slegare il gruppo di neo-cacciatrici, con evidente dispiacere di Accelerator.
<< Continuo a pensare che sia una pessima idea >> dichiarò questi.
<< E io mi associo >> commentò l’arciere, e mantenendo le braccia incrociate davanti a sé.
Per quanto il Dottore fosse d’accordo con loro, tuttavia, aveva le mani legate e si limitò a restare in silenzio.
Una volta che le ragazze furono libere, cominciarono a strofinarsi i porsi e a stiracchiare il corpo. Nel mentre, il Signore del Tempo volse lo sguardo in direzione del team JEKP.
<< Tenetele d’occhio fino a quando non riceverete nuove istruzioni >> ordinò freddamente, e il team di neo-cacciatori non osò nemmeno contestare. Dopotutto, l’intera situazione era avvenuta in gran  parte a causa della loro disattenzione e imprudenza.
Anche il team RWBY decise di mantenere la bocca chiusa, nonostante l’alieno avesse appena dichiarato apertamente che le avrebbe fatte spiare. Non volevano certo tentare la buona sorte appena ritrovata.
<< La riunione è conclusa >> borbottò l’uomo, battendo ambe le mani in un sonoro rintocco. Poi, fuoriuscì dalla stanza, seguito dalle figure di Thor, Accelerator, Angel e Fire.
Il team JEKP fu lasciato insieme alla squadra RWBY.
<< Emil… >> disse Ruby, attirando l’attenzione del suddetto fauno.
Questi le lanciò un’occhiata leggermente delusa, cosa che fece trasalire la piccola mietitrice.
<< Mi dispiace >> sussurrò la mora, abbassando la testa.
L’adolescente la fissò impassibile per circa un minuto buono. Poi, quando quel lasso di tempo giunse al suo termine, rilasciò un sospiro affranto.
<< Anche a me >> mormorò, prima di fuoriuscire dalla stanza, accompagnato dal resto dei suoi compagni. Il gruppo di giovani cacciatrici seguì subito dopo.
Fu così che, troppo presi dall’intera situazione, nessuno dei ribelli notò la piccola spia decepticon che poggiava indisturbata su uno dei muri dell’edificio.
Il Dottore era un tipo attento, e aveva piazzato vari disturbatori di frequenze attorno all’edificio, per impedire ogni tipo di registrazione audio. Tale prevenzione, tuttavia, non poteva essere applicata alle registrazioni visive, di cui, purtroppo, si poteva limitare solo la risoluzione dell’immagine.
Proprio per questo motivo, la piccola macchina era riuscita a scattare foto dell’intero incontro… e di ogni membro che vi aveva partecipato.

                                                                                                                                                            * * *

Washington - Capitale di Battleground (Terra)

Il Maestro, Signore del Tempo e sovrano di Battleground, era alla finestra del suo ufficio, a contemplare Washington. La stanza alle sue spalle avrebbe fatto inarcare parecchie sopracciglia,perché non conteneva niente. Non un letto, non un elettrodomestico, non una sola seggiola. Nemmeno un armadio.
In quel momento la città dormiva e gli edifici erano quasi tutti al buio, mentre le abitazioni erano celate nelle ombre. 
L’alieno contemplò quel complesso di grattaceli con occhi gialli e affettuosi, il fulcro del suo Impero. E allo stesso tempo, la sua mente vagò alle informazioni che aveva ricevuto da Soundwave appena pochi secondi prima. 
Il Maestro si era sempre considerato un elettricista dell’animo. In una galassia come Battleground, le scatole dei fusibili erano tutte allineate e facilmente accessibili, non c’era che da aprirle… e cominciare a fare collegamenti.
Si collegava un certo Dottore con i cavi di altre due scatole, mettiamo, per esempio, quelle di un dio caduto come Thor e di un ragazzo problematico come Accelerator. Poi, si collegavano altre persone nella stessa maniera.
A un certo punto si collaudava uno di quei favolosi collegamenti, per assicurarsi che tutto funzionasse, quindi non c’era che da mettersi comodi e spedire una scarica nei circuiti di tanto in tanto, per mantenere vivo l’interesse. Per mantenere la situazione in caldo. Ma soprattutto, ci si metteva comodi ad aspettare che tutto fosse pronto… e poi si dava corrente. Tutta la corrente. Tutta in una volta.
Era necessaria solo la capacità di comprensione della natura senziente.
<< Tutto sta procedendo come avevo previsto  >> considerò a voce alta, mentre contemplava la città addormentata.
Tutte quelle persone inconsapevoli…cuori e menti nel palmo della sua mano. La gente pensava sempre in termini di mente, e naturalmente di quelle ne aveva racimolate il più possibile, grazie alla sua piccola illusione. Erano per il Maestro come i trofei per il cacciatore, il pesce impagliato per il pescatore.
Da ogni punto di vista pratico, avevano scarso valore per lui, di questi tempi. Tuttavia, ne aveva rastrellato lo stesso più che poteva. Se non lo avesse fatto…be', non sarebbe stato al gioco. Il gioco era la cosa più importante. E vincerlo era tutto ciò che contava.
In verità, lo stimolo gli veniva soprattutto dal divertimento, non dal controllo, per quanto essere il sovrano dell’universo potesse essere appagante. Puro e semplice divertimento. Diventava l’unico scopo, dopo qualche tempo, perché quando gli anni sono lunghi si cerca svago dove si può, o almeno questo è quello che aveva concluso.
Il Maestro si staccò le mani da dietro la schiena, quelle mani che provocavano il ribrezzo in tutte le persone tanto sfortunate da provarne i crepitante contatto, e se le strinse con forza, le nocche della destra schiacciate nel palmo della sinistra.
Ridacchiò, per poi avviarsi verso la sala delle comunicazioni. Era tempo di fare altri collegamenti!
In cuor suo, sperava che Shen e Salem sarebbero stati felici di mettersi alla prova. 

                                                                                                                                                            * * * 

Gongmen - Capitale della Cina (Terra)

Il palazzo del governatore di Gongmen era immenso, ricco di stanze e composto da un labirinto di corridoi in grado di far perdere chiunque non conoscesse il luogo come le proprie tasche.
In scrupoloso silenzio e in completa solitudine, Lord Shen stava percorrendo proprio uno di essi, diretto verso una meta precisa. Procedeva con innaturale grazia e portamento, per nulla limitato dall’hakama che indossava, fuoriuscente dalla lunga seta candida del kimono, il cui orlo sfiorava le caviglie. Gli zōri d’argento, esaltanti la carnagione chiara e liscia dei piedi, quasi tintinnavano all’appoggiare alternate del peso sul terreno. 
Giunse innanzi ad una porta di metallo, stonante col marmo nel quale era montata, situata nella parete centrale al termine del corridoio. Con un gesto fluido, sciolse le mani congiunte in grembo, nascoste attraverso le larghe maniche del kimono, e slacciò il guanto di artigli in adamantio dalla mano destra.
Allungò il palmo verso un piccolo rettangolo provvisto di schermo digitale, posizionato al posto della maniglia, e lo premette sulla sagoma al neon ricalcante l’esatta forma dell’arto. Ci furono un breve ronzio e lampeggio, dopodiché la porta si aprì con uno scatto secco: il governatore l’attraversò, riallacciandosi al polso la letale arma.
La stanza della comunicazione olografica aveva forma ottagonale, con luci artificiali disseminate su ogni ristretta parete. Poco prima del centro esatto della stanza, situato sul grigio pavimento, si trovava la nera piattaforma circolare che permetteva il contatto. L’albino si sistemò nel punto centrale della piattaforma, i cui contorni si illuminarono di una flebile luce biancastra. Rimase in attesa, le braccia nuovamente congiunte. 
Era certo di conoscere già il motivo di quella chiamata. Avrebbe dovuto fare appello a tutto il proprio autocontrollo e capacità oratoria, ne era sicuro. Un animale rabbioso era domabile solo esercitando calma e pazienza. 
Il gigantesco ologramma del busto del suo supremo signore e padrone, il Maestro, gli apparve innanzi. Gli dava le spalle: pareva quasi contemplare il muro della stanza, ma in realtà, attraverso l’ologramma, il Signore del Tempo era in grado solamente di vedere il proprio sottoposto, così come quest’ultimo poteva vedere solamente il proprio padrone.
Lord Shen piegò la schiena e si esibì in un regale e profondo inchino. Attese qualche istante, poi si azzardò a rompere personalmente il silenzio.
<< Mi avete convocato, mio Signore? >>
Il Maestro, inizialmente, non parve averlo sentito. Non si girò a guardarlo, rimase fermo ad osservare il panorama oltre la finestra della stanza, dalla propria parte. Dopo qualche minuto di silenzio, fu il suo turno di aprire bocca.
<< Ed ecco che la figlia del faraone giunse al fiume per lavarsi, e quando vide il cesto fra il fogliame, mandò una delle sue ancelle a prenderlo. E quando glielo portarono lo aprì e all'interno vide un bambino che piangeva. “Questo è uno dei bambini degli ebrei” disse, e tuttavia ne ebbe compassione. Lo adottò e lo chiamò Mosè, poiché lei l’aveva “salvato dalle acque”.  Un giorno, quando Mosè crebbe, andò tra la sua gente e ne vide l’afflizione. Vide un egizio picchiare un ebreo, un suo fratello. Si guardò intorno e, poiché non v’era nessuno, Mosè uccise l’egizio e lo nascose nella sabbia. >>
A quel punto si girò in direzione dell’uomo.
<< Io ho preso questa galassia dalle acque, Shen, salvandola dall’oblio. Eppure i suoi abitanti continuano a tradirmi, come fece Mosè. Perché, secondo te? Non mi sono forse dimostrato un sovrano benigno? >>
Il governatore dischiuse le labbra in un sorriso rassicurante e condiscendente al tempo stesso.
<< Gli esseri senzienti bramano l’asservimento, un esempio da seguire. È così per ogni specie, eppure… sono attirati dal luminoso richiamo della libertà come le mosche al miele. >> Fece una piccola pausa, congiungendo nuovamente le mani nella seta. << Sono... complicati. >>
Il Signore del Tempo inclinò la testa, quasi contemplando mentalmente quella dichiarazione.
<< Complicati... già. È questo che vedi in loro, Dottore? >> mormorò a mezza voce, più a se stesso che all’altro << È per questo che continui ad aiutarli? La loro capacità di reagire ti affascina... oppure c’è qualche altra ragione... una ragione più profonda... >> 
Trascorse qualche altro attimo di silenzio, poi il Maestro scoppiò in una risata piuttosto gioiosa e allegra per la norma, come se avesse appena ascoltato una barzelletta che l’avesse sinceramente divertito. 
Volse lo sguardo in direzione dell’albino. << Perdonami, non ti ho certo chiamato qui per annoiarti con le mie farneticazioni. >> 
<< Oh, non penso abbiate nulla da scusarvi>> disse Shen, il cui sorriso non si era incrinato di un millimetro << È sempre un piacere avere un assaggio della vostra… saggezza. E d’altronde, sono giunto qui esplicitamente per ascoltarvi. >>
La bocca del Signore del Tempo si piegò in un ghigno, gli occhi velati di soddisfazione.
<< Vedi, è questo che mi piace di te, Shen. Hai quella scintilla, quella caratteristica che rende gli umani così speciali. Non tutti ce l’hanno, sai? No, la maggior parte di loro possono essere sostituiti o eliminati, ma quelli come te... sono impossibili da copiare. >> 
Socchiuse le palpebre, per poi fissare il governatore dritto negli occhi.
<< Eppure, c’è qualcosa che mi turba, amico mio. Una domanda che mi frulla nella testa da un po’ di tempo. Vuoi sapere qual è? >>
<< Dato che mi incuriosite a tale punto... >> 
Il Maestro annuì, compiaciuto.
<< Bene, essere curiosi è un bene. Perché vedi, mi stavo giusto chiedendo... perché diavolo quel piccolo Robin Hood alato è ancora a piede libero?! >> scattò all’improvviso.
Allo stesso tempo, un immagine ben distinta si materializzo come dal nulla affianco alla figura del Signore del Tempo. Un immagine raffigurante un gruppo di persone ben distinte. 
Shen aveva previsto lo scoppio di rabbia. Non l’esatto momento in cui sarebbe avvenuto, ma sapeva che prima o poi sarebbe arrivato. Il Maestro era così: la calma e la benevolenza ostentate erano la quiete prima della tempesta. Una tempesta che non concedeva resa, balbettii, scuse o tentennamenti. 
Ciò che non aveva previsto… era il motivo di tale collera. E dopo aver visto l’immagine, anche solo per un secondo, il sorriso sul volto del governatore divenne una smorfia grottesca. Perché l’immagine non raffigurava altri che il Dottore, leader della Ribellione, affiancato dalla figura della persona che il sovrano odiava più di chiunque altro: Royal Noir. 
<< Le mie truppe sono alle sue calcagna, mio signore >> replicò prontamente Shen, senza scomporsi, nonostante la sua mente stesse correndo a mille.
Royal era entrato a far parte della Ribellione? Da quanto tempo? O forse lo era sempre stato? Tante domande che necessitavano una risposta.
<< Date loro il tempo di svolgere il proprio dovere. Royal Noir sa nascondersi bene, ma non può farlo per sempre. >>
Gli occhi del Signore del Tempo si infervorarono all’istante.
<< Tempo... vuoi parlarmi di tempo?! >> sibilò << IO sono il tempo! Ho camminato per universi in cui le leggi della fisica erano solo il folle delirio della mente di un pazzo! Ho visto l’universo finire e creazioni bruciare e conosco cose, segreti che vanno celati, conoscenze che non devono essere nominate, conoscenze che ridurrebbero in poltiglia il cervello della vostra piccola, misera specie! >>
Persino da un semplice ologramma, l’albino riuscì a percepire l’aura amplificata di supremazia e potenza smisurata emanata da quell’individuo. Per un istante rischiò di vacillare, ma si forzò a restare impassibile e a sostenere quello sguardo fiammeggiante. 
<< Non parlare di tempo con me, Shen >> continuò il Maestro, implacabile << Voglio che quell’aspirante ribelle venga trovato! E già che siamo in argomento, ti darò un limite di tempo. Voglio che venga trovato… e lo voglio ORA! >>
Shen si morse il labbro, sentendo lo sdegno incendiargli le vene. Odiava essere causa di cruccio e furia per il proprio signore, al quale era fedele con tutto se stesso, odiava essere causa della perdita della sua pazienza e odiava che il motivo primario di tale condizione fosse Royal Noir.
<< Lo prenderò >> ringhiò in risposta, quasi senza accorgersene, sollevando una mano e stringendola in un pugno tanto forte da provocare lo sfregamento del metallo << Lo prenderò, dovesse essere l’ultima cosa che faccio, Maestro, e quando l’avrò fatto, la sua testa decorerà la picca più alta della piazza della mia capitale! >>
<< Il tuo entusiasmo è ammirevole, te lo concedo, ma mi hai fatto questa stessa promessa già molte volte. Mi chiedo se i tuoi sentimenti per questa faccenda siano chiari, Shen. >>
Il Maestro assottigliò lo sguardo nella sua direzione, e il governatore quasi poté percepirlo, il tentativo dell’animale rabbioso di fiutare la sua paura, di cogliere le sue debolezze al fine di divorarlo.
Sciolse il pugno e raddrizzò la schiena, sollevando il mento con fierezza e dignità. << Sono chiari quanto la mia assoluta fedeltà a voi, mio Signore >>. 
<< … Bene. >>.
 Il Signore del Tempo parve placarsi e rassicurarsi dopo una dichiarazione tanto solenne. Ma il suo sguardo era ancora socchiuso. 
<< Non dimenticare, amico mio: l’orgoglio precede la caduta. E l’ultima cosa che voglio è che una cosa stupida e volubile come l’orgoglio sia il motivo per cui uno dei miei seguaci più competenti si ritrovi incapace di catturare un ragazzino che ha passato troppo tempo a guardare spettacoli di supereroi. >> 
Aveva toccato un nervo scoperto, ma non c’era modo di sapere se l’avesse fatto inconsapevolmente, o l’avesse messo alla prova. L’animale rabbioso non demordeva, nonostante la preda si fosse mostrata più resistente di quanto avesse previsto. 
<< Comprendo le vostre preoccupazioni. Dopotutto sono pur sempre un essere imperfetto. >> 
Shen chinò umilmente il capo, assumendo un’espressione contrita, quasi avesse appena ammesso di aver compiuto un peccato gravissimo. Poi risollevò lo sguardo e sfoderò un sorriso deciso.
<< Tuttavia, finora non vi ho mai davvero deluso. E non intendo certo iniziare ora. >>
<< Allora fa’ in modo di mantenere quella promessa >> intimò il Signore del Tempo, in un esplicito ordine << Questa foto è stata scattata su Renmant appena tre ore fa, usala come punto di partenza. Contattami non appena sarai portatore di buone notizie. Altrimenti... sarò io a doverti contattare, e posso assicurarti che non sarò portatore di buoni auspici. >>
L’ologramma si dissolse in un breve ronzio.




Com'era? Spero bello! Come al solito, commenti e recensioni sono altamente graditi. 

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Capitolo 20
*** Capitolo 18 - We're going to hunt ***


Ecco un nuovissimo capitolo! Vi auguriamo una buona lettura, sperando che lascerete una recensione.


Capitolo 18 - We're going to hunt



“Be careful making wishes in the dark
Can’t be sure when they’ve hit their mark
And besides in the meantime I’m just dreaming of tearing you apart
I’m in the details with the devil
So now the world can never get me on my level
I just got to get you out of the cage
I’m a young lovers rage
Gonna need a spark to ignite...”

Fall Out Boy – My Songs Know What You Did In The Dark
 

Gongmen, Capitale della Cina - Terra (Centro imperiale)

Un azzurro profondo tempestava la superficie del cielo di Gongmen. Qua e là, disseminate come schizzi di un pittore su una tela, nuvole color pesca annunciavano l’imminente arrivo del tramonto.
Lord Shen era in piedi innanzi al balcone, la cui finestra rettangolare lasciava intravedere la sfarzosa sala del trono alle sue spalle. Gli occhi color del sangue vigilavano lungo le guglie dei palazzi e delle abitazioni, le strade asfaltate, i ponti e le vie, fino a concentrarsi sulla grande e rigogliosa foresta, cingente la città in un semicerchio determinante i confini.
Prima di allora, non si era mai fermato ad osservare con tanta attenzione e meticolosità quel verde smeraldo trasudante vita. Ma adesso poteva affermarlo con certezza: lo detestava. Detestava come quell’odiosa vegetazione si ergesse alta, sempreverde, quasi a gettare un’ombra sul bianco, il rosso e l’oro della sua capitale.
La foresta era Royal Noir, e Royal Noir era la foresta. Tutto sembrava rimarcare l’aperta sfida del Vigilante nei suoi confronti, e ricordare ai cittadini di Gongmen che lui era sempre lì a vegliare su di loro. Nel formulare tale pensiero, Shen emise un secco schiocco di lingua: riusciva sempre a fargli venire voglia di vomitare, l’eroismo del figlio adottivo di Logan Royston.
Si morse le labbra. Detestava ammetterlo, ma sin da quando l’incappucciato aveva iniziato la sua attività – relativamente poco meno di due anni – il governatore l’aveva sempre sottovalutato, o comunque messo in secondo piano. Aveva sempre lasciato fare ai suoi uomini, dal momento che questo avrebbe dovuto essere il loro dovere, e aveva constatato a tutti gli effetti la sua odiosa scaltrezza solo quando gli era capitato di incrociarlo personalmente più di una volta – sfidandolo occasionalmente a duello – e allora la cosa si era lentamente, gradualmente trasformata in una questione di orgoglio personale. Come già detto, l’insolenza e l’insubordinazione erano un qualcosa di davvero intollerabile per lui, e un’ostinata resistenza come quella del Vigilante l’aveva davvero fatto andare in bestia. Perciò aveva preso a combatterlo personalmente con tutta la ferocia di cui era stato capace, l’aveva braccato come un predatore con la preda, ma ogni volta quello stupido moccioso riusciva sempre a sfuggirgli.
Solo quando la sua pazienza era davvero giunta al limite e il Maestro aveva iniziato, molto prima del loro ultimo incontro, a spazientirsi, aveva iniziato a sguinzagliare spie per tutta la capitale e nei dintorni, mandato guardie a setacciare ogni angolo della foresta e aveva alzato la taglia sulla sua testa, fino a restringere il cerchio – questo circa due settimane prima della sua trappola durante la festa –  affrontandolo in un duello davvero feroce e dal quale il giovane era uscito a stento vivo.
Quando il suo sguardo si era rivolto alle gocce di sangue del ragazzo colate lungo l’argentea lama della sua lancia, allora l’aveva colpito il lampo di genio che gli aveva permesso di carpire l’identità segreta dell’avversario.
Dopo aver fatto il suo esame, tutto avrebbe potuto immaginarsi, tranne che sotto quella maschera si nascondesse il figlio di Logan Royston, Baelfire, l’amatissimo figlio avuto dall’unica donna che il marchese avesse mai amato, la quale era prematuramente morta di parto, lasciando il bambino a crescere con i nonni, finché il papino non l’aveva ricondotto a sé…
Ora sapeva come tutto ciò fosse un cumulo di menzogne rifilate all’intera società e da questa bevute. Una volta avuto tra le mani il sangue del giovane, e, di conseguenza, il suo DNA, questo gli aveva fornito su un piatto d’argento l’identità civile e quella dei suoi genitori.
E non erano Royston e la sua presunta amante defunta. Magari. Magari fossero stati loro. Mille volte avrebbe preferito quelle becere menzogne come corrispondenti alla realtà.
Sulle prime, tanto era stato sconvolto, disgustato e deviato dalla realtà fornitagli da rifiutarsi di crederci nell’immediato; aveva deciso di voler trovare più prove, qualcosa che a tutti gli effetti rendesse palese e innegabile il risultato di quella dannata analisi del DNA. Perciò, da quel giorno si era perso dietro una disperata e ossessiva indagine nei confronti della famiglia Royston e sul primogenito del Lord. In tal modo, aveva scoperto che Logan Royston non si era mai sposato nemmeno una volta nel corso della sua vita, e che fosse dato sapere, non aveva mai avuto amanti. Piuttosto insolito per uno del suo rango, ma questo convergeva nella personalità indagata: uno spirito libero, indipendente e sognatore, così lo descrivevano le chiacchiere e i pettegolezzi facenti parte delle indagini, riferitigli dalle sue spie e investigatori.
A quel punto l’opzione che avesse adottato il ragazzo e mentito sulle sue origini non era stata più possibile da scartare. Dunque le sue indagini si erano spinte fino all’orfanotrofio pubblico di Gongmen; questa volta vi si era recato personalmente e in solitaria, come per trovare il coraggio di fronteggiare faccia a faccia qualsiasi verità scomoda. Con opportuni mezzi di persuasione, aveva appreso dalla direttrice Cole la storia di come “il piccolo Bae” era giunto lì, e come Lord Royston l’avesse amorevolmente preso con sé.
I pezzi collidevano fin troppo bene per essere una semplice coincidenza, e alla fine il Governatore aveva dovuto farci i conti. Quale modo migliore di nascondere qualcuno, se non nell’ultimo posto il cui il nemico avrebbe guardato, ovvero sotto il suo stesso naso?
La rabbia lo invase di colpo, gli artigli si conficcarono nel legno della ringhiera, lasciando i solchi di un profondo graffio. Respirò pesantemente nel tentativo di calmarsi, gli occhi di rubino accesi di odio.
Perché quello era odio. Puro, antico odio, il cui fuoco impetuoso ardeva costantemente nei meandri del suo cuore. E Baelfire, senza nessuna intenzione e senza saperlo, aveva fatto scaturire una scintilla tale da attizzare quell’odio al punto di trasformarlo in una vampata devastante.
Shen non odiava solo il Vigilante Mascherato, la figura eroica attribuitagli, i suoi principi e i valori che incarnava. In modo particolare odiava la persona celatasi sotto la maschera.
Odiava Baelfire… Fire, come quell’infantile soleva farsi chiamare. 
A Shen non bastava catturarlo e ucciderlo. Voleva fargli provare l’inferno, farlo contorcere e consumare mentre l’abisso lo risucchiava lentamente, e una volta avergli fatto sperimentare la sofferenza pura... gli avrebbe dato il permesso di morire. Voleva punirlo in un modo sufficientemente crudele da soddisfare il suo desiderio di vendetta. Perché era vendetta, quella che l’albino voleva da Baelfire, sebbene non fosse quest’ultimo il diretto interessato di un tale proposito.
Serrò i denti fino a sentirli scricchiolare. Era vero, non c’era niente che desiderasse di più al mondo della soddisfazione di catturarlo personalmente e consegnarlo al Maestro con le proprie mani, ed era anche vero che conoscere la sua identità segreta, ora come ora, gli forniva un grandissimo vantaggio. Ma non era comunque così semplice come poteva sembrare mettergli le mani addosso: il bastardino non era tale agli occhi della società. Era il figlio di Logan Royston, lo stupido, spocchioso, solerte damerino difensore della plebaglia e degli straccioni. Quel verme era uno dei motivi per cui il governatore non poteva mettere così facilmente le mani sul Vigilante Mascherato, segretamente situato sotto la sua protezione: Royston era troppo amato e influente. Shen non era certo di una sua effettiva complicità nei confronti del figlio, anche se non la escludeva; ma una convinzione non faceva la verità, già era stato rischioso mandare i suoi servi ad indagare sulla sua vita personale senza rischiare di compromettersi, e colpire Royston avrebbe minato la propria immagine pubblica e causato insurrezione e malcontento da parte dei propri sudditi. Per questo, da quel momento Shen si era dedicato alla cattura del Vigilante ricorrendo a sotterfugi, trappole e inganni; e finché il moccioso era con Lord Royston, o si muoveva nelle vesti di Baelfire Royston, non poteva toccarlo. Certo, in parte era guidato dal proprio orgoglio e dalla propria furia, ma non fino al punto di decidere di distruggere se stesso pur di vendicarsi. L’ultima cosa che l’albino voleva era lasciarsi involontariamente distruggere dai propri sentimenti una seconda volta: quella prospettiva quasi bruciava più del suo odio per Baelfire.
Ma adesso era diverso. Adesso quei vincoli non avevano più importanza, dopo l’ultimatum del suo signore e la rivelazione, da parte di quest’ultimo, dell’unione di Royal Noir con la Ribellione. Aveva avuto modo di riflettere anche su questo, ricordando le proprie indagini, ed era giunto alla conclusione che l’accaduto doveva per forza essere avvenuto di recente.
Tuttavia, niente di tutto questo aveva più importanza, ora che il Maestro era stato molto chiaro: voleva il Vigilante, e lo voleva immediatamente, come voleva il Dottore. Vent’anni ormai trascorsi avevano fatto perdere la pazienza al Signore di Battleground. L’unica consolazione di Shen era che Vader – dovette trattenere un nuovo scatto di rabbia nel pensare quel nome – non era messo molto meglio di lui. Anzi, Vader praticamente era messo peggio, dal momento che inseguiva il Dottore da molto più tempo rispetto a quanto Shen inseguisse il Vigilante, e di quest’ultimo il governatore non conosceva nemmeno l’identità prima delle settimane precedenti. Certo, il Dottore in quanto ad arguzia e capacità era nettamente superiore al supereroe, ma Darth Vader rimaneva pur sempre l’élite dell’élite nella caccia ai ribelli.
Ad ogni modo, adesso non aveva scelta: non avrebbe dovuto fermarsi di fronte a nulla, neppure al rischio di compromettere se stesso. Avrebbe dovuto sfruttare al massimo la propria sete di sangue, agire nel pieno dei propri sensi, con un solo, unico obiettivo fisso nella mente: trovare il ragazzo. Catturarlo. Farlo sanguinare. Non aveva importanza, purché una volta tra le sue grinfie non l’avesse lasciato scappare.
Tirò un lungo sospiro e socchiuse le palpebre, mentre un ghigno sadico lentamente gli saliva alle labbra. In fondo, non tutto il male veniva per nuocere. Avrebbe avuto comunque la soddisfazione di torcere il collo di quell’irriverente passerotto, e l’avrebbe fatto in modo da procurarsi più piacere possibile. Era sicuro che il Maestro non glielo avrebbe negato, dopo stanotte.
Sì. Avrebbe agito stanotte. Grazie ai Decepticon, sapeva dove si fosse cacciato il Vigilante Mascherato, e una cosa era certa: avrebbe avuto una bella sorpresa, al proprio ritorno.
Nessuna fuga, nessuna resa, nessun ripensamento. Il Governatore della Cina non si sarebbe tirato indietro.

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Renmant - Pianeta sotto controllo Imperiale 

La giornata successiva alla riunione degli appena formati Time Warrios fu libera da lezioni e allenamenti.
Come ogni due anni, il Vytal Festival avrebbe ospitato un ballo a cui avrebbero partecipato tutti i neo-cacciatori provenienti dalle varie accademie, e questa volta l’evento si sarebbe tenuto proprio alla Beacon Academy.
Non che i Team RWBY e JEKP fossero davvero interessati alla cosa, almeno non dopo quello che era successo il giorno prima. Tuttavia, avevano deciso di comportarsi come se tali eventi non fossero mai accaduti, accettando un muto accordo di tolleranza. Dopotutto, sarebbe parso piuttosto strano e sospetto agli altri studenti se due dei team più affiatati del festival avessero smesso di parlarsi di punto in bianco.
A rigor di ciò, Weiss aveva proposto di mantenere le loro interazioni limitate il più possibile, ma entro un limite ragionevole. Inutile dire che Ruby ed Emil non erano rimasti molto soddisfatti della situazione.
Finalmente, verso le otto e mezza, la sala grande della scuola s'illuminò e i vari studenti cominciarono ad affluirvi. Allo stesso tempo, nella sala riecheggiarono le dolci note di una musica classica
<< Qualcuno mi porti il creatore di queste torture, voglio presentargli Crescent Rose >> ringhiò amaramente Ruby, attualmente vestita con un abito completamente rosso e una rosa tra i capelli, accompagnata da una coppia di fermagli a forma di teschio.
Attualmente il soggetto della sua ira erano le scarpe a tacco alto che portava ai piedi, risultato di numerose insistenze da parte di Yang.
Weiss guardò l'amica con un’espressione pietosa.
<< Non preoccuparti, è solo questione di pratica... molta pratica >> disse con tono lievemente incoraggiante.
L’ereditiera indossava con un elegante vestito color turchese, abbinato a uno scialle blu. Anche lei stava usando un paio di scarpe col tacco, ma anni di allenamento in alta società l’avevano preparata per queste occasioni.
<< Credimi, cuginetta, una volta che avrai cominciato a ballare non li sentirai nemmeno >> si intromise Yang, la quale vestiva con un abito bianco molto aderente.
Poco dopo, anche il team JEKP entrò nella sala. Emil indossava un semplice smoking, lo stesso che Dedede aveva usato anni orsono per il suo primo Vytal Festival. Nonostante il vestito, il fauno lupo manteneva un’aria imponente (d'altronde condivideva la stazza col precedente proprietario dell'abito), anche se Kirby riuscì a cogliere il suo nervosismo. Non era un novizio nel ballo, materia di studio al monastero fin da piccoli, ma era la prima volta che si cimentava in simili attività durante un'occasione così formale.
Il rosato, dal canto suo, sembrava del tutto a proprio agio, mentre era intento a mostrare alcuni passi di danza a James, il cui background strettamente militare gli aveva impedito di allenarsi a dovere per simili eventi.
<< Devi usare movimenti più fluidi >> lo istruì, notando che l'amico stava avendo difficoltà ad imitare le sue mosse.
<< Ugh, dovrebbe esserci una legge contro questo schifo >> commentò il soldato, ignorando le risate di Penny. 
In quel preciso istante, una nuova figura si affiancò al gruppo di neo-cacciatoi.  Si trattava di una giovane ragazza dai corti capelli castani e gli occhi color nocciola. Indossava un abito da ballo completo di tacchi abbinati, nero come la notte.
Il suo nome era Coco Adel, una ragazza del secondo anno di Beacon, che aveva chiesto a James di essere il suo accompagnatore per la festa appena un paio di giorni prima. Inutile dire che il ragazzo era rimasto a corto di parole di fronte all’invito di una ragazza così bella. Dopotutto, ad Atlas nessuna ragazza gli aveva mai chiesto di uscire. Alla fine, l’adolescente aveva accettato l’invito, soprattutto a causa dell’insistenza di Emil.
Coco soppesò brevemente lo sguardo sul ragazzo, scrutandolo da capo a piedi.
<< Mhh, niente male >> commentò con un sorriso sornione, dando una palpata sulle natiche di James.
Il ragazzo arrossì d’istinto, mentre il resto dei compagni di squadra rideva ancora una volta a sue spese. Dall'altra parte della sala, Blake e Sun avevano già cominciato a ballare, godendosi il meritato riposo dagli allenamenti.
Tuttavia, il fauno scimmia non potè fare a meno di notare che il suo appuntamento per la serata sembrava leggermente… depresso, fu il primo aggettivo che gli venne in mente.
<< Tutto okay, Blake? >> chiese con tono lievemente preoccupato.
A sua insaputa, i pensieri della ragazza erano ancora rivolti all'incontro che lei e il suo team avevano avuto con la Ribellione il giorno prima.
Il suo sogno era sempre e stato uno solo:  diventare una paladina per i diritti non solo dei fauni, ma di tutte le razze non umane sparse per Battleground, costrette a sottostare alle leggi ingiuste promulgate dai suoi governanti. Per lei, diventare una Cacciatrice era solo un'altra via per raggiungere questo scopo.
Ora la sua mente era piena di dubbi. E se Kirby e i suoi genitori fossero nel giusto? O la Resistenza era solo una scusa per sostituire i pochi al potere con altri governatori della stessa risma? Non aveva mai apertamente criticato la scelta dei suoi familiari, ma era una domanda legittima. Dopotutto, potevano essere stati manipolati.
<< Sì, tutto bene. Ti piacciono i lenti? >> chiese con un piccolo sorriso, cercando di sviare il discorso.
Sun prese a scrutarla con fare dubbioso, ma non appena la ragazza gli afferrò i fianchi decise di lasciar perdere.
Nel mentre, la serata stava proseguendo senza eventi degni di nota. La musica entrava soave nelle orecchie dei presenti, il cibo era buono e in generale l'atmosfera sembrava uscita direttamente da una fiaba. E proprio come due principesse, anche Yang e Weiss avevano cominciato a ballare in mezzo alla pista.
L'albina era rimasta piuttosto sorpresa quando la compagna le aveva chiesto di danzare assieme a lei.
Aveva già dovuto ballare ad altre feste con partner scelti dal padre, eventi che si erano sempre rivelati qualcosa di forzato, privo di sentimento... in una parola, noioso. Per tale motivo, non aveva mai avuto una grande opinione per questo tipo di feste.
Tuttavia, dovette ammettere che ballare con Yang… era sorprendentemente catartico, un momento di fuga dai suoi doveri di ereditiera.
<< Spero che stanotte tu non abbia sonno, principessa delle nevi >> le disse Yang nell'orecchio, facendola arrossire di colpo, effetto più accentuato a causa del suo pallore naturale.
<< P-perché me lo chiedi? >> balbettò con tono curioso e… aspetta, speranzoso? Internamente, si ritrovò a rabbrividire. Yang era la sua compagna di squadra, per l’amore del cielo! Certo, le piaceva flirtare con lei, ma la bionda flirtava un po’ con tutti, che fossero ragazzi e ragazze.
Eppure, quando gli occhi dell’ereditiera si incontrarono con il sorriso malizioso della bionda… il suo cuore cominciò a battere a mille.
Come dal nulla, qualsiasi pensiero riguardante l’incontro del giorno precedente sparì totalmente. Inconsciamente, l’albina si strinse più forte a Yang, limitandosi a seguire i suoi passi.
Nel mentre, al tavolo in cui era stato preparato il Buffet, Emil si avvicinò alla figura solitaria di Ruby con passo esitante.
<< Ehi >> salutò con tono in certo, attirando l’attenzione della mietitrice.
<< Ehi >> rispose lei, visibilmente sorpresa dal fatto che il ragazzo avesse deciso di approcciarla.
Il fauno lupo cominciò a strofinarsi la testa con fare imbarazzato.
<< Ti va di ballare? >> chiese con le guance leggermente arrossate.
In tutta risposta, Ruby si limitò a fissarlo con fare stranito.
<< Non credo sia una buona idea >> disse con tono vagamente diplomatico.
Al sentire tali parole, il volto sull’espressione dell’artista marziale si fece improvvisamente molto più determinato.
L’adolescente prese un respiro profondo. << Senti, so che le cose ora potrebbero sembrare strane, ma sono lo stesso ragazzo che hai conosciuto in quella foresta… >>
<< Emil... >>
<< E so che il fatto che io sia un membro della Ribellione potrebbe spaventarti… >>
<< Emil... >>
<< Ma posso assicurati che non ti farei mai del ma-… >>
<< Emil! >> esclamò la ragazza con voce molto più alta, interrompendo le divagazioni del fauno.
Notando che aveva finalmente ottenuto l’attenzione del neo-cacciatore, Ruby rilasciò un sospiro affranto.
<< Non è per quello. Il fatto è che io… non so ballare, ecco >> rivelò con tono di fatto.
Emil prese a fissarla con uno sguardo comprensivo.
<< Forse perché non ci hai mai provato>> offrì con una scrollata di spalle, mentre la mora abbassava la testa.
<< No, ci ho provato, sai? Mi sono allenato per un’intera settimana. >>
<< Davvero? Un’intera settimana? >> domandò l’altro, arricciando ambe le labbra in un sorriso impertinente.
Ruby emise un sonoro sbuffo. << Sì, ma è tutto inutile. Non faccio altro che inciampare. >>
<< Ah, davvero? Eppure, quando l'ho ammessa, tua madre non mi era mai sembrata così arrendevole >> disse improvvisamente una voce alla destra della ragazza.
La coppia di adolescenti si voltò di scatto, sorpresi dall’interruzione. Affianco a loro aveva appena preso posto la figura del Preside Ozpin, come sempre impeccabile e con la sua tazza di caffè in mano. Nonostante le sue parole, l’espressione che aveva rivolto verso all’allieva non era quella di un uomo deluso, ma semplicemente divertito.
<< Sono venuta in questa scuola per imparare a combattere, non per ballare >> ribatté caldamente Ruby, mentre il sorriso sul volto del Cacciatore si faceva man mano più genuino.
<< Vero, ma dimmi cosa vedi? >> chiese l’uomo, indicando la folla di studenti con il suo bastone.
La piccola mietitrice inarcò un sopracciglio. 
<< Persone che... danzano? >> rispose con tono incerto, ricevendo un piccolo cenno del capo ad opera di Ozpin.
<< Ballare e combattere sono attività molto più simili di quanto possano sembrare ad una prima occhiata. Due partner legati tra di loro che compiono movimenti aggraziati e precisi, in perfetta armonia. La differenza è che qui puoi guadagnare al peggio una slogatura, mentre su un campo di battaglia, be'... >>
L’uomo soppesò la frase, prendendo un sorso dalla tazza di caffè.
Nel mentre, gli occhi confusi di Ruby parvero illuminarsi di luce propria.
<< Io… penso di aver capito, professore. E la ringrazio >> disse con fiducia apparentemente ritrovata, prima di volgere la propria attenzione nei confronti di un certo fauno << Emil… accetto il tuo invito. >>
E, dopo aver pronunciato tali parole, la ragazza procedette a togliersi le scarpe, sotto gli sguardi divertiti e sorpresi di Ozpin e del ragazzo.
<< Però... non ti facevo così intraprendente >> commentò l’artista marziale, mentre afferrava la mano destra della mietitrice.
<< Ehi, tra poco partiremo per le rispettive missioni, fammi almeno godere questa serata >> ribatté lei con tono ironico, mentre lo guidava ai margini della pista.
In fondo era vero, non si sarebbero potuti rivedere per mesi... se non mai più. Questa era forse l’ultima occasione che aveva per passare del tempo con il ragazzo per cui aveva cominciato a sviluppare un forte sentimento di affetto. Non appena quel pensiero le attraversò la mente, Ruby si ritrovò a trattenere un rossore.
Afferrò con la mano destra la spalla del compagno, e con la sinistra gli strinse la vita. Emil fece lo stesso… e poi cominciò a muoversi lentamente, seguendo il ritmo della musica.
All’inizio Ruby ebbe non poche difficoltà a seguirlo, cercando in tutti i modi di non pestargli piedi. Ma più il tempo passava, più la fiducia della ragazza cresceva con la melodia stessa. Ogni passo si fece più agile, e la mietitrice utilizzò gli anni di pratica di combattimento per imitare i movimenti del fauno. Prima con esitazione… poi con grande maestria.
Dopo circa una decina di minuti, Ruby Rose aveva finalmente cominciato a ballare, e la cosa la rendeva felice. Era stranamente rilassante, a tratti divertente. Proprio come aveva detto il preside, non era poi così diverso dal combattere, doveva solo schivare e rispondere ai gesti dell’avversario in maniera analoga.
La serata sarebbe potuta proseguire in maniera perfetta… se non fosse stato per il sopraggiungere di un messaggio imprevisto.
<< ATTENZIONE, IL TEAM JEKP E IL TEAM RWBY SONO PREGATI DI RECARSI NELL'UFFICIO DEL PRESIDE OZPIN! >> proclamarono a gran voce gli altoparlanti presenti nella sala, sorprendendo ogni singolo membro delle suddette squadre.
Simili annunci non venivano mai fatti nel mezzo di eventi come questo, a meno che non fossero legati a qualcosa di particolarmente grave. Ragion per cui, anche gli altri studenti presenti nella sala avevano cominciato a fissare i due team con fare basito.
<< Avete fatto qualche scherzo a mia insaputa? >> chiese Coco, le cui braccia erano avvolte alla massiccia figura di James.
L’atlesiano scosse prontamente la testa.
<< Non che io sappia >> rispose lanciando una rapida occhiata in direzione dei compagni di squadra.
Si congedò quindi dalla ragazza, raggiungendo gli altri e camminando fino all’ufficio di Ozpin.
<< Spero per il preside che sia qualcosa di importante >> commentò stizzita Weiss.
Affianco a lei, Penny volse ai neo-cacciatori un’occhiata incerta.
<< Ragazzi, il preside non ha modo di sapere cosa è successo ieri, giusto? >> chiese preoccupata.
Quasi come ad un segnale, ogni singolo studente volse lo sguardo in direzione di Emil e Kirby, mentre questi deglutirono all’unisono.
<< Be'… Ozpin potrebbe o non potrebbe essere coinvolto con… >>
<< Oh, mi state prendendo in giro! >> esclamò Weiss, sollevando ambe le mani in direzione del soffitto << Ora mi direte che pure mio padre è un impresario sottocopertura che lavora dall’interno per minare il governo! >>
<< Mi dispiace deluderti, ma no >> rispose Kirby, con un sorriso imbarazzato.
<< Ma sono sicuro che non abbiamo nulla di cui preoccuparci >> continuò Emil << Probabilmente vuole solo parlarci del torneo o delle missioni che prenderemo domani. >>
Nonostante l’incertezza iniziale, gli altri annuirono concordi e, dopo un breve viaggio in ascensore, si ritrovarono di fronte all’ufficio del preside di Beacon.
Aprirono la porta che conduceva all’interno della stanza… e si bloccarono. Ad attenderli assieme alla figura di Ozpin, infatti, vi era una donna assai ben conosciuta alla leader del team RWBY: Salem, la governatrice di Renmant.
Vestita nel suo solito abito color notte, ricoperto da diverse protezioni rosso sangue che mettevano in risalto il pallore del suo corpo, e gli occhi argentati che risplendevano sul suo volto dai tratti giovanili e immacolati.
Quasi come ad un segnale, ogni singolo neo-cacciatore si inchinò d’istinto. Perfino Kirby ed Emil non esitarono nemmeno un secondo, deglutendo a fatica. L'atmosfera divenne terribilmente tesa.
<< Che ci fai qui... nonna? >> chiese Ruby, molto più pallida di quanto non fosse fino a pochi secondi prima.
La donna volse al gruppo un sorriso rassicurante, cosa che, per qualche strana ragione, li fece preoccupare ulteriormente. Fatto questo, si avvicinò alla nipote e le posò una mano sulla guancia.
<< Ciao, tesoro, scusa la visita improvvisa >> esordì con voce calma e regale << Ma mi è giunta voce che, sotto gli occhi del tuo preside… alcuni studenti abbiano tramato contro di me e il mio signore. >>
Il sottofondo di minaccia non passò certo inosservato alle orecchie di Emil.
<< Non mi ha ancora rivelato di chi si tratta, ha preteso a tutti i costi la vostra presenza >> disse Ozpin, mantenendo una calma impeccabile. Tuttavia, l’uomo era ben consapevole della ragione per cui la governatrice si trovasse qui.
Salem lanciò una breve occhiata in direzione del preside.
<< Questi due team >> disse indicando i neo-cacciatori << Il team del figlio di Meta Knight e quello capitanato da mia nipote, per giunta! >>
Al sentire tali parole, Kirby si ritrovò incapace di trattenere un sussulto. Lei… lei lo sapeva. Questo voleva dire… che anche il Maestro era a conoscenza della sua vera identità!
Salem soppesò brevemente lo sguardo sulla figura del rosato, il volto adornato da un’espressione trionfante.
<< Mi ha fatto molto piacere sapere della tua sopravvivenza, giovanotto. Tuttavia… avrei voluto incontrarti in circostanze più favorevoli >> sussurrò con tono musicale, prima di volgere la propria attenzione nei confronti Ozpin <<  Ieri un' agente imperiale ha scattato foto di una riunione della Ribellione… cui loro erano presenti. >>
E, detto questo, l’espressione amichevole sul volto della donna divenne improvvisamente fredda e mortale.
<< Ozpin, Ruby… mi avete delusa entrambi >> sussurrò con una voce incredibilmente calma.
Estrasse uno scroll da sotto la veste e premette alcuni pulsanti. Pochi secondi dopo, un ologramma prese forma in mezzo alla stanza, raffigurante alcune riprese della riunione avvenuta il giorno prima.
Kirby ed Emil deglutirono una seconda volta, seguiti rapidamente dal resto dei compagni.
<< James, dimmi che hai un piano >> sibilò disperatamente il rosato, preparandosi a fuggire in caso di minaccia.
Nel mentre, Salem cominciò a camminare verso di loro, sotto lo sguardo spaventato di Ozpin.
James cominciò a guardarsi intorno, visibilmente allarmato. Erano in abiti civili, disarmati e avevano di fronte la più potente Cacciatrice più potente della storia e il preside di Beacon. Fu così che, con uno sguardo di pura rassegnazione, si limitò a creare una spada ossea dall’avambraccio, mettendosi di fronte al resto dei neo-cacciatori in posizione di difesa.
Salem si limitò a sorridere, apparentemente divertita da quel futile gesto. Poi, come dal nulla…
<< No, Salem >> disse improvvisamente Ozpin, mettendosi davanti al gruppo, il suo bastone puntato verso la governatrice e infuso d'energia.
 Salem lo fissò sorpresa, seguita dagli adolescenti. Poi la donna abbaiò una risata.
<< Oh, un preside che sceglie di mettere in pericolo la propria vita per proteggere i suoi studenti… da quanto tempo non mi capitava una simile visione. >>
<< Milady, per favore, sono certo che tutto questo sia solo un enorme malinteso >> ribatté Ozpin, con una punta di supplica nel suo tono.
<< Infatti! >> esclamò Penny, attirando lo sguardo della governatrice << Ruby e le sue compagne non c'entrano nulla con la Ribellione, si sono ritrovate lì per caso! >>
<< Oh, lo so ragazzina >> rispose Salem con voce allegra << Si sono trovate solo nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ma un po' di... rieducazione per tutti voi sarà necessaria. Entro certi limiti ovviamente >> disse lanciando una breve occhiata in direzione di Ruby.
Fatto questo, volse ancora una volta la propria attenzione nei confronti di Ozpin.
<< Ora, Ozpin… lasciami passare >> dichiarò freddamente.
Un silenzio inesorabile sembrò calare nelle profondità della stanza. Salem ed Ozpin rimasero bloccati in una gara di sguardi per quello che parve un tempo interminabile.
Poi, il preside rilasciò un sospiro affranto… e la sua figura cominciò ad illuminarsi di un intenso bagliore verde.
<< Sembra che non ci sia altro modo. Miss Rose, Mr. Heller… conducete i vostri compagni lontano dalla scuola, io guadagnerò tempo >> disse stoico, con grande sorpresa dei neo-cacciatori.
E in quel momento… accedde. L’uomo caricò contro la sovrana, e l’impatto derivante dal bastone che colpiva l’aura della donna fu abbastanza forte da far tremare l’intera torre.
Gli otto apprendisti non persero tempo per constatare l’esito di quell’attacco e cominciarono a correre, seguiti rapidamente dai suoni della battaglia.
<< Grandioso, ora dobbiamo scappare da tua nonna! >> gridò Emil, mentre Kirby gli lanciava un’occhiataccia.
<< Non dirmi che lo sapevi?! >> domandò con un ringhio, mentre digitava qualcosa sul proprio scroll.
Il fauno lupo arrossì d’istinto. << Volevo dirtelo, ma… me ne sono dimenticato a causa della riunione! >>
<< Ti sei dimenticato di dirci che una dei nostri amici è la nipote di una dei seguaci più potenti del Maestro!? >> ribatté incredulo il rosato.
Yang scelse quel momento per intervenire.
<< Sentite, non possiamo parlarne dopo? E tu… >> disse rivolta a Kirby << a chi stai scrivendo? >>
<< A un mio contatto, ci verrà a prendere tra dieci minuti con un'aeronave per portarci a Dreamland. Dobbiamo solo resistere fino ad allora >> spiegò il neo cacciatore.
Penny gli lanciò un’occhiata dubbiosa. << Kirby, Ozpin può regalarci al massimo un paio di minuti, e qui non stiamo parlando di un nemico qualunque. Si tratta di Salem, per l’amor di Oum! >>
<< E se decidesse di prendersela con i nostri amici?! >> domandò Blake infuriata, ovviamente preoccupata per il team JNPR, Sun e gli altri ragazzi di Beacon.
Tuttavia, Ruby fece del suo meglio per tranquillizzare i timori della ragazza. Dopotutto, tra tutti i membri del gruppo, era colei che conosceva meglio la regina del pianeta.
<< Non lo farà. Mia nonna non è stupida, sa che attaccare studenti innocenti porterebbe a gravi ripercussioni politiche >> rivelò con tono di fatto, mentre armeggiava a sua volta con il proprio scroll.
Tutti gli studenti di Beacon infatti, tenevano il proprio equipaggiamento in specifici armadietti dotati di reattore, attraverso il quale potevano localizzare e raggiungere il proprio possessore, dovunque questi si trovasse.
Una volta usciti dalla scuola, i neo-cacciatori notarono diverse luci che illuminarono il cielo notturno… e non erano affatto stelle.
Pochi secondi dopo, un totale di otto armadietti atterrò di fronte al gruppo, i cui membri si apprestarono a recuperare l’equipaggiamento da battaglia.
<< Bene, ora andiamo >> ordinò James, ora ricoperto dal suo esoscheletro.
Appena voltatosi verso la pista delle aeronavi, tuttavia, il ragazzo venne e afferrato da una mano pallida. L’arto fece pressione sulla testa, sbattendo il corpo del ragazzo sul cemento dell’accademia e sollevando una densa nube di polveri e detriti.
I vari studenti emisero un sussulto, mentre la figura di Salem fuoriusciva dall’oscurità.
<< Non si è rotto il cranio? Impressionante >> commentò la strega, alzando il corpo dell’atlesiano e ammirando la propria opera.
Fatto questo, girò la testa in direzione dei suoi altri obiettivi, visibilmente terrorizzati da quello sfoggio apparentemente casuale di potere.
James fissò il viso impassibile dalla donna, il suo collo stretto da una presa d'acciaio, preparandosi all’inevitabile… ma in quel preciso istante, una raffica di proiettili elementali e laser colpì il fianco di Salem.
Nonostante l’attacco improvviso, la governatrice parve del tutto inalterata dalle pallottole. Lasciò andare il corpo del soldato con un sorriso divertito, e questi venne prontamente attirato verso i suoi compagni dalla Semblance di Emil.
Nel mentre, la donna volse la propria attenzione nei confronti di coloro che aveva premuto il grilletto.
Blake e Penny, con entrambe le loro armi puntate verso di lei, indietreggiarono d’istinto.
<< Avete fatto fuoco sulla governatrice di Renmant. Questo vi rende idonee alla corte marziale, lo sapete? >> disse con il suo solito di voce calmo e musicale al tempo stesso.
<< Nonna, per favore, lasciaci andare >> la pregò Ruby, compiendo alcuni passi in avanti e mettendosi di fronte al resto dei neo-cacciatori.
Salem rilasciò un sospiro affranto.
<< Mi dispiace, piccola, non è un'opzione >> disse con una punta di tristezza << Dopotutto… nessuno rifiuta la volontà del Maestro. >>
E poi, il corpo della donna venne invaso da una luce color rosso sangue. Il rilasciò improvviso di energia fece incrinare il terreno circostante, abbatté alcuni alberi nei giardini della scuola, distrusse i vetri delle finestre e fece incespicare gli studenti.
<< A-assurdo >> sussurrò Emil, stupito dalla manifestazione di potenza.
Neanche Xanxus avrebbe potuto sperare di competere contro un simile avversario, nonostante fosse stato il combattente più difficile contro cui il fauno avesse mai duellato… almeno fino ad ora. E, in cuor suo, sapeva che Salem si stava solo trattenendo, probabilmente a causa della presenza della nipote. Se fosse andata a piena potenza fin da subito… sarebbero già morti.
<< E n-noi dovremmo affrontarla? >> domandò Weiss, il cui respiro si era fatto molto più pesante a causa della pressione esercitata dall’aura della donna.
Allo stesso tempo, quest’ultima cominciò ad avanzare.
<< Volete combattermi comunque? >> chiese con quel sorriso intramontabile. Allo stesso tempo, una coppia di spade nere cominciò a materializzarsi tra le sue mani.
Kirby fissò la scena con fare attonito. Nonostante fosse la persona più importante di Renmant, infatti, la Semblance di Salem era del tutto sconosciuta al grande pubblico. Che fosse la capacità di evocare armi? Per qualche motivo, dubitava che fosse qualcosa di così semplice.
<< No, ma sembra che non abbiamo altra scelta >> disse James, rispondendo alla domanda della governatrice e sfoderando gli artigli.
Ruby fece un cenno a Weiss e Yang, e loro, seppur con esitazione, risposero al gesto.
Senza perdere tempo, la bionda saltò in alto, caricando i tira pugni, mentre Weiss cominciò a creare una larga patina di ghiaccio attorno al gruppo. Al contempo, Yang sparò contro la lastra, sprigionando una densa nebbia che avvolse l’area circostante.
<< Mhh, una tecnica semplice… ma interessante >> osservò la donna, circumnavigando la nuvola e guardandosi attorno per eventuali minaccia.
Il contrattacco non tardò ad arrivare, questa volta sottoforma di un clone infuso di Polvere generato da Blake. Giunto in prossimità di Salem, il corpo della copia esplose in una vampata di fiamme. Tuttavia, la governatrice ne uscì relativamente illesa, limitandosi a spolverare la veste nera. Allungò la mano e, con grande sorpresa dei presenti, una sfera rossa si materializzò nel palmo della donna.
Kirby non poteva credere ai suoi occhi. Salem, la Cacciatrice più potente di Renmant… possedeva due Semblance?! Impossibile…
Il ragazzo non ebbe tempo di elaborare ulteriormente quel pensiero. La sfera di pura energia venne lanciata direttamente contro Blake, che riuscì a evitarla per un soffio. La conseguente esplosione fu abbastanza potente da sbalzare la ragazza contro un albero.
Notando la compagna in difficoltà, Penny sparò un colpo di laser in direzione dell’avversaria, seguita rapidamente da Kirby ed Emil. Con la grazia di una ballerina, Salem schivò elegantemente ogni colpo e si portò di fronte al trio con un rapido scatto.
Weiss e Ruby giunsero in fretta, nel tentativo di intrappolare la donna in una gabbia di fendenti. La governatrice, tuttavia, fu rapida a pararli tutti con un semplice movimento delle proprie spade.
Fatto questo, tirò un poderoso calcio alla testa di Weiss. La ragazza cadde a terra con un sonoro tonfo, sotto lo sguardo attonito di Yang. La bionda strinse i denti e si lanciò contro Salem con un ruggito, gli occhi rossi che menavano lampi.
La donna si limitò ad alzare la mano destra… e afferrò il colpo senza nemmeno sussultare. Trovandosi intrappolata nella presa della governatrice, Yang deglutì una seconda volta.
<< Ehm… possiamo parlar-…>>
Poco prima che potesse terminare la frase, Salem la scaraventò dritta contro il pavimento dell’accademia, facendole sputare un rivolo di sangue. Poi la figura della strega sembrò sparire nel nulla, dissolvendosi nel vuoto dell’aria.
Ruby dilatò le pupille, visibilmente allarmata.
<< E ora dov’è finita? >> sussurrò, scrutando attentamente il campo di battaglia.
Per un attimo non accadde niente. Poi, la quiete di quel momento venne interrotto da un urlo di Blake.
Il gruppo si voltò di scatto verso il punto da cui era partito il grido…e ogni singolo neo-cacciatore si bloccò.
<< Siete rapidi, e avete un'ottima ordinazione >> commentò Salem, che ora teneva saldamente la povera ragazza per il collo << Purtroppo per voi… non è abbastanza. >>
E, dopo aver pronunciato tali parole, un’intensa scarica elettrica attraversò il corpo della fauna.  

                                                                                                                                                                  * * *
"I'm at war with the world and they
Try to pull me into the dark
I struggle to find my faith 
As I'm slippin' from you arms
It's getting harder to stay awake
And my streng is fading fast.
You breathe into me at last...
"
Skillet - Awake And Alive 

Cina - Terra (Centro Imperiale)

La navetta dei ribelli era atterrata nei bassifondi dello spazioporto cinese, fuori dalle segnalazioni e dalle rotte delle altre astronavi in modo da non attirare nell’occhio. Da lì, il Dottore, dopo le ultime raccomandazioni, aveva consegnato a Royal Noir un dispositivo di comunicazione, per poterlo contattare ogni qualvolta avesse avuto bisogno di lui. Ora si trovava in una delle tasche della sua tuta di lino, dall'apertura tanto sottile da risultare quasi invisibile.
La fresca aria notturna sfrecciava lungo gli abiti e i capelli, pungolandogli appena la pelle chiara del viso. Teneva le braccia tese, il corpo steso in orizzontale, mentre le grandi ali piumate controllavano le correnti aeree e vincevano la forza di gravità, consentendogli di restare sospeso nel vuoto.
Fire amava la sensazione di assoluta, indiscussa libertà trasmessagli dal volare. Amava il semplice gesto di librarsi in cielo, abbandonarsi al vento e osservare il mondo scorrergli sotto gli occhi. A volte provava un’esaltazione che quasi lo stordiva: si sentiva a tutti gli effetti una creatura del cielo, immersa nel corpo e nell’anima nell’elemento a cui apparteneva.
Rowlet volava al suo fianco, godendosi come lui la traversata, gioioso e spensierato.
<< Quanto manca a Gongmen, padron Fire? >> domandò, esibendosi in una piccola virata in avanti, per poi ristabilizzarsi immediatamente.
Sotto di loro, il Fiume Giallo – Huang Ho nella loro lingua – scorreva e si estendeva per notevoli chilometri. Il padroncino gli spiegò che, continuando a seguirlo a quella velocità, avrebbero presto incontrato la loro foresta e, di conseguenza, la loro città.
<< Puoi sistemarti nel cappuccio, se sei stanco >> aggiunse, in tono di apparente indifferenza e disinteresse. In realtà, si preoccupava davvero del proprio amico piumato.
<< Non preoccuparti per Rowlet, padron Fire >> disse il barbagianni, carezzandogli una guancia con l’ala per rassicurarlo << Rowlet lo chiede perché padron Logan sta aspettando Rowlet e padron Fire, e Rowlet ha paura che padron Logan possa preoccuparsi se Rowlet e padron Fire fanno tanto tardi. >>
Già, Logan. Il ragazzo annuì, senza aggiungere altro, spostando lo sguardo verso l’orizzonte. Si chiese se suo padre fosse rimasto alzato ad aspettarli, come ogni tanto faceva, per assicurarsi stessero bene. Fire era sicuro l’avesse impensierito più del solito il loro viaggio e avesse cercato di non mostrarlo per non farlo preoccupare. Padre e figlio delle volte facevano a gara in questo e a chi meglio capiva l’altro: molte volte tra loro non servivano le parole.
D’istinto, si slanciò in avanti, battendo forte le ali e aumentando la velocità del moto. Voleva tornare a casa prima possibile. Voleva fiondarsi tra le braccia di suo padre, rassicurarlo e sentirsi rassicurato dal suo calore. Ogni volta che lo abbracciava si sentiva davvero amato e protetto, come se gli si togliesse un enorme peso dalle spalle.
E in quel momento ne aveva bisogno più che mai, dopo aver scoperto quanto il Maestro aveva fatto della propria vita e quella di tutti gli abitanti di Battleground. Dovevano fermarlo ad ogni costo, anche se il prezzo da pagare poteva essere alto.
L’aveva promesso a se stesso: sarebbe andato avanti fino in fondo. Avrebbe combattuto sempre.
<< Padron Fire… >>
Rowlet si era bloccato, sospeso, ad osservare qualcosa in lontananza sfrecciare nel cielo. Fire gli si affiancò, preoccupato dal suo tono.
A prima vista, sembravano nuvole. Strane, grandi nuvole color del sangue, brillanti di luci del medesimo colore. Si muovevano molto rapidamente, dritte nella loro direzione, troppo veloci e troppo precise per quel misero vento della notte.
Il Vigilante spalancò le palpebre per poter osservare meglio. La sua vista era sempre stata insolitamente acuta durante la notte, quasi come quella del barbagianni.
Era una flotta di aeronavi. Giunche cinesi capaci di librarsi nel cielo sfruttando l’energia eolica, grazie alle ampie vele rosse e le gigantesche eliche di cui erano provviste. Ad occhio e croce erano in tredici, sei da una parte e sei dall’altra, disposte in una fila a mezzaluna. Tutte erano provviste di giganteschi cannoni dalla forma della bocca di un dragone.
Al centro ve n’era una più grande e imponente, senza dubbio la nave ammiraglia. Le sue vele splendevano alla luce dei fanali scarlatti disseminati sotto la prua: recavano dipinto in nero un largo cerchio inscritto in un altro largo cerchio, circondato da linee arcuate e ondeggianti.
Entrambi lo riconobbero all’istante, trasalendo. Era il simbolo dei Feng, il casato di Lord Shen.
<< Rowlet >> con una spinta delle ali, Royal indietreggiò << vai nel cappuccio. Dobbiamo… >>
Il botto improvviso dello sparo gli uccise la frase in gola, quando una palla di fuoco carminio, sparata dal cannone draconico di una delle giunche, tagliò l’aria con fischi e scoppiettii, passando dritta in mezzo a loro.
Rowlet lanciò un acuto bubolio terrorizzato, e volò verso l’alto per schivarla. Fire lo imitò virando in basso per poi impennarsi di scatto, schivando per un soffio una seconda palla; nella foga, la tasca della sua tuta di lino si allargò e il dispositivo del Dottore ne scivolò fuori, dritto verso il basso.
<< Merda! Rowlet, prendilo! >>
Il barbagianni si tuffò immediatamente in picchiata, mentre sopra di lui imperversavano i botti e le luci di altre palle scagliate. Quando tentò di tornare dal padroncino con il dispositivo stretto dagli artigli, una delle giunche gli passò davanti: il vortice generato dalle eliche lo colpì in pieno e lo spazzò via.
<< Padron Fire! >> strillò.
Royal Noir cercò di raggiungere l’amico, ma fu costretto a retrocedere a causa dell’ennesima tempesta di sfere di fuoco. Volò a zig zag per schivarne alcune, altre vennero dissolte grazie ai suoi raggi, ma per quanto tentasse di allontanarsi ne arrivavano nuove a sbarrargli la strada e a farlo indietreggiare.
La flotta si avvicinò, fino a circondarlo in un cerchio dai ranghi serrati; ogni giunca gli si dispose intorno, tagliandogli qualunque via di fuga. Non poteva compiere nessun movimento, senza ritrovarsi addosso tutto il fuoco dei tredici cannoni, unicamente puntati nella sua direzione.
Era in trappola. Una morsa gelida gli strinse lo stomaco, quando lo realizzò pienamente.
La nave ammiraglia gli si stagliò dinnanzi, a solo un metro di distanza. Lord Shen era in piedi, in perfetto equilibrio sul cassero di prua, i capelli e gli abiti mossi appena dal vento.
Sorrideva, trionfante, gli occhi brillanti di bagliori sanguigni alla luce dei fanali.
<< Un passerotto voleva svolazzar… poi arrivò Shen… che lo fece stramazzar! >> 
Dall’imboccatura dei cannoni, disposti ai lati del governatore, uscì fuori una nube di fumo biancastro. Il Vigilante venne investito in pieno e completamente avvolto.
D’istinto cercò di ripararsi il volto, ma era troppo tardi: l’aveva respirato. Sentì la testa girare; puntini neri gli danzarono davanti agli occhi, le palpebre si fecero pesanti. Le sbatté ripetutamente e gemette, mentre, in un gesto del tutto folle e istintivo, volò verso l’alto, la mano tesa come a volersi aggrappare alla luna piena, brillante e splendente nel cielo notturno, come fosse la sua àncora di salvezza. Un angolo della sua mente era vagamente consapevole della pazzia di quel gesto e dell’effetto intontente del gas narcotizzante.
Riuscì a sollevarsi di un misero metro sopra la testa dell’albino, quando il suo corpo lo tradì, facendosi molle e pesante allo stesso tempo. Cadde all’indietro, supino, mentre in un lampo verde le ali tornavano ad essere mantello.
Shen lo afferrò al volo, dritto tra le proprie braccia. Lo sostenne e lo sollevò senza alcuno sforzo, osservandolo afflosciarsi docilmente, le palpebre serratesi definitivamente.
<< Buona notte, dolce principe. E voli d’angelo t’accompagnino cantando al tuo riposo >> gli sussurrò con un tono trasudante scherno e macabra ironia, accentuata dal ghigno demoniaco deformante la sua eterea figura.
Quindi si voltò, tenendolo stretto a sé come l’agognata preda che era, e si allontanò verso l’interno del cassero.
<< No-uuuuuh! Fermo! >>
Il governatore si bloccò sul posto, contraendo labbra e sopracciglia, contrariato. Non aveva bisogno di voltarsi per sapere a chi appartenesse quell’irritante, infantile vocetta, piena di melensa preoccupazione.
<< Lascia andare padron Fire, governatore cattivo! >>
Rowlet si gettò contro di lui, un’espressione disperata e furiosa insieme, con tutta l’intenzione di fracassargli il cranio col becco uncinato. L’albino non si mosse di un millimetro dalla propria posizione: prima che il barbagianni potesse anche solo sfiorarlo, dal nulla si materializzò Ho-Oh, che lo colpì in pieno col becco, talmente forte da ricacciarlo indietro.
Rowlet riuscì a mantenersi sospeso in aria, senza farsi sfuggire il comunicatore. Vide Shen girarsi verso di lui, con Ho-Oh attorcigliato attorno alle spalle. Sorrideva, oscenamente benevolo, come un amabile adulto intento a rassicurare un bambino spaventato.
<< Oh, non avere paura per il tuo amichetto, piccolino. Non voglio fargli male. >>  
Si chinò sul giovane inerme, passandogli le dita tra i capelli in una carezza apparentemente amichevole. Rowlet strabuzzò gli occhi, colto di sorpresa, ingannato da quelle dolci parole e da quel gesto affettuoso: per un istante, gli parve davvero di avere davanti un angelo custode vegliante su padron Fire.
Allora le labbra dell’albino si deformarono in un orribile, sadico ghigno. Si allontanò in un gesto brusco dal ragazzo e gli strinse i capelli con forza tale da piegargli la testa.
<< Voglio fargli MOLTO male. >>
Lo sguardo sanguigno si fece gelido e implacabile. Accostò le labbra vicino al capo del suo animale da compagnia.
<< Uccidilo. >>
Ho-Oh scattò in avanti, avventandosi contro Rowlet. Shen li osservò lottare, finché non avvertì Royal Noir muoversi quasi impercettibilmente tra le sue braccia, bofonchiando l’inconfondibile nome del barbagianni. E dire che quel maledettissimo gas avrebbe dovuto stenderlo sul colpo.
“Non vuoi arrenderti mai” pensò l’albino, schioccando la lingua “Sei talmente irritante, Fire.
” 
Per sicurezza, aumentò la presa del braccio attorno alle spalle e di quello attorno alle cosce, fino a renderla ferrea. Quindi si incamminò verso il centro della coperta, raggiungendo il capitano della nave, insieme al timoniere.
<< Faccia immediatamente rotta verso il mio castello, capitano. >>
<< Ricevuto, mio signore. Avanti tutta! >>
Mentre ciascun membro dell’equipaggio si prodigava per invertire la rotta come da ordine, Lord Shen raggiunse il cassero di poppa. Osservò sotto di sé le acque turbolenti dello Huang Ho, concedendosi un ghigno: era senz’altro la tomba perfetta per il poppante piumato. Gli sarebbe piaciuto molto assistere alla sua disfatta: era sicuro Ho-Oh l’avrebbe trasformato in una piccola opera d’arte. Ma in fondo per quella sera aveva avuto una soddisfazione più grande.
Si inginocchiò lentamente, stendendosi in grembo il corpo del Vigilante Mascherato, tenendone il busto sollevato e stretto attorno al proprio braccio, esaminandolo.
Mai come allora l’aveva alla sua mercé. Non era mai stato tanto vulnerabile, indifeso e inerme al suo cospetto: il petto si alzava e abbassava regolarmente, al ritmo del suo lento respiro, segno del suo completo sprofondamento in un sonno senza sogni. Il capo, inclinato verso destra, lasciava scoperto l’esile collo.
L’albino lo fissò, con qualcosa di molto simile alla bramosia. La punta acuminata degli artigli della mano libera passeggiò lungo la pelle chiara, stuzzicandola lievemente, risalendo dalla trachea fino alla laringe, come un ragno avanzante inesorabilmente verso la mosca intrappolata nella tela.
Era così… facile, spegnere quell’indegna vita, lì, adesso. E così… allettante. Dio, sentiva ogni fibra del suo essere eccitarsi, al pensiero del sangue che ne sarebbe sgorgato se avesse conficcato i letali aghi nella gola, o del rumore dello schiocco, se stringendovi intorno le forti dita l’avesse torso, quel sudicio piccolo collo!
Da eccitata, l’espressione di Shen virò al deluso. Fece una smorfia insoddisfatta e sospirò, riluttante. Non doveva perdere la testa; il Maestro si era scrupolosamente raccomandato. Avrebbe avuto tutto il tempo di fare ciò che voleva del ragazzo, una volta giunti a destinazione. Aveva avuto pazienza per tutto questo tempo, non doveva perderla proprio adesso.
Gli artigli ripresero a percorrere la pelle, avventurandosi dal mento fino allo zigomo e scivolando lentamente ai lati delle orecchie. Recise con l’ago dell’indice il laccio fissante la maschera, strinse la stoffa nera tra le dita e in un gesto fluido la rimosse. Non appena la tenne nella mano, si dissolse nell’aria in un piccolo sbuffo di fumo verde, sotto il suo sguardo affascinato e in qualche modo ammirato: sapeva riconoscere l’artificio di un’alchimia potente quando ne vedeva uno.
Voleva guardarlo bene in faccia, specialmente quando se lo sarebbe trovato davanti da sveglio. Voleva vederlo interamente per ciò che era: il Vigilante Mascherato e Baelfire Royston, la congiunzione del suo odio, la vittima sacrificale della propria vendetta.
Concentrò la propria attenzione sul volto scoperto del giovane. Lo contemplò a lungo, una maschera di gelida ostilità al posto del solito sorriso crudele: era come se la sola vista di quel viso gli fosse intollerabile e si stesse sforzando comunque di sostenerla. Dopo un po’ cedette e distolse lo sguardo, non senza affondare piano gli artigli nel legno, per sfogare quell’attimo di rabbia repressa.
Esisteva la credenza secondo cui la vera personalità di una persona si poteva determinare da come dormiva. Fire era sistemato in una posa scomposta, il volto chiuso in un’espressione sofferente, la bocca leggermente dischiusa, le palpebre rigidamente serrate.
Un ragazzino. Un ragazzino angosciato, tormentato, insicuro, spaventato e disperatamente bisognoso di aggrapparsi a un’ideale, a una missione, a qualunque cosa potesse fornirgli un senso alla sua vita e a tutto quell’orrore che lo circondava e lo faceva impazzire.
Un ragazzino solo e sperduto, prigioniero delle braccia di un terribile demonio in paziente attesa di trascinarlo con sé negli abissi più neri dell’Inferno.
 
                                                                                                                                                                    ***
 
Rowlet indietreggiò di scatto, schivando un colpo di artigli del pavone.
Cercava di restare concentrato nello scontro e allo stesso tempo di sfuggirne, mentre la flotta di navi rapidissima si allontanava, portando via il padroncino.
Stridette e con una ripidissima virata riuscì ad evitare un altro colpo e a sorpassare il fasianide, lasciandoselo alle spalle e gettandosi all’inseguimento delle imbarcazioni con tutta la forza che aveva nelle ali. Non demordeva, pur essendo consapevole fossero troppo veloci e lontane per lui.
Sotto di lui, lo Huang Ho cominciava a svoltare verso sinistra, per lasciare posto ad una familiare, verde foresta. Gli occhioni del barbagianni si posarono sul comunicatore sorretto tra le forti zampe; fu allora che ebbe l’illuminazione.
Ma non ebbe il tempo di fare nulla, perché qualcosa di grosso e piumato lo investì, sbarrandogli la strada e costringendolo ad indietreggiare. Dovette sbattere ripetutamente le ali per non precipitare.
Ho-Oh, il pavone albino, gli volteggiava di fronte, frapposto tra lui e la traiettoria per raggiungere Baelfire. Il verso che si sprigionò dalla bocca dell’uccello si tradusse in parole comprensibili solo alle orecchie del rapace notturno.
“Fine della corsa, moscerino.

Rowlet si raddrizzò a fissarlo con i suoi occhioni scuri, chiusi in un’espressione seria e determinata. Stava facendo appello a tutto il proprio coraggio: non voleva lasciarsi fermare dalla nera paura provocatagli da quella bestia assetata di sangue.
<< Lascia passare Rowlet, Ho-Oh! Rowlet deve salvare padron Fire! >>
“Oh, ma sentilo, come tuba spavaldo” lo derise il pavone “Piccolo e stupido barbagianni. Hai visto il tuo padrone per l’ultima volta, ora di’ addio alla tua insignificante vita!”
Gli si lanciò addosso con gli artigli sguainati, ma Rowlet era pronto. Lo colpì sul muso, sbilanciandolo, poi scese in picchiata per evitarlo, richiudendo le ali in una rapidissima giravolta a vite, dritto verso il basso, verso l’acqua del fiume.
All’ultimo momento, riaprì le ali e proseguì rapido in orizzontale, raggiungendo la riva e finalmente la foresta, infilandosi tra gli arbusti; si affrettò a nascondere per bene in mezzo ad essi il comunicatore, coprendolo con foglie e terriccio, poi con un balzo volò verso gli alberi e si nascose a sua volta tra le loro fronde.
Sospeso nel cielo, Ho-Oh raddrizzò il lungo collo, emettendo un acuto verso di stizza e sdegno. Suo malgrado, dovette ammettere di essersi fatto cogliere di sorpresa: non si era aspettato l’attacco della palla di piume, era abituato ad attaccare sempre per primo e a smorzare i suoi patetici tentativi di difesa. Spostò immediatamente gli occhi verso la vegetazione, e riuscì ad intravedere una piccola ma inconfondibile macchietta color crema che vi si infilava.
Si nascondeva e scappava come suo solito, lo stupido spiumottino. Ridacchiò fra sé e sé; aveva sempre goduto della paura e del terrore che – sapeva – aveva sempre incusso nel barbagianni. Lui era la sua preda, era ciò per cui Lord Shen l’aveva addestrato duramente da quando era un pulcino. La caccia era la sua religione, eliminare Rowlet la sua missione.
Lo aveva promesso al padrone: quella sarebbe stata l’ultima volta in cui gli sfuggiva. L’avrebbe scovato, e non si sarebbe fermato finché il suo cuore di cucciolo non avrebbe smesso di battere: gliel’avrebbe cavato dal petto, per assicurarsi di sentire la sua vita scivolare via dal corpo.
Fu con quei pensieri sanguinolenti che spiccò il volo, disegnando ampi cerchi su nel cielo, sopra le fronde degli alberi, aguzzando la vista.
Rannicchiato dentro l’incavo di un albero, Rowlet sporse appena la tonda testolina e vide il malefico pavone aggirarsi sopra di lui, intento a cercarlo. Era spaventato, davvero spaventato: tremava da capo a zampe, perché come ogni volta Ho-Oh l’aveva messo alle strette. Non poteva aiutare padron Fire come aveva ideato, finché quel mostro gli stava addosso.
Doveva fermarlo. Doveva fermarlo a qualsiasi costo. E c’era un solo modo.
Nonostante la sua razionalità e la sua capacità di parola, Rowlet era pur sempre un animale. Non un animale feroce, non assetato di sangue come Ho-Oh, ma pur sempre un animale. Certi istinti erano vividi in lui e lo spingevano ad agire unicamente per la propria sopravvivenza. Erano ciò che gli aveva sempre permesso di cavarsela da solo e di salvarsi da Ho-Oh. Era il momento di servirsene ancora una volta.
Dunque aprì le ali e volò ad appollaiarsi su uno dei rami degli alberi sopra la propria testa. Uno di loro aveva una lunga, piccola ma soda, asimmetrica e appuntita asta che faceva proprio al caso suo. La afferrò con il becco e tirò, tirò con tutta la forza che aveva, ne beccò con forza e decisione la base, finché riuscì a staccarla. La strinse con la zampa e la studiò: era appuntita, sì, ma non abbastanza. Iniziò a lavorarla con gli artigli di una zampa, per affilarne la punta il più possibile. I suoi occhi scuri erano freddi, decisi e molto concentrati; si interruppe solamente quando fu soddisfatto del proprio lavoro.
Proprio in quel momento, Ho-Oh riuscì ad avvistarlo, mentre se ne stava seminascosto tra le fronde. In un attimo lo raggiunse, palesandoglisi di fronte e spalancando di botto la sua ruota.
“Buh!”
Il becco appuntito del fasianide risuonò di un verso simulante un’orribile risata perversa, quando guardò il rapace appiattirsi sotto la sua ombra, credendo lo facesse per la paura nei suoi confronti.
“Non puoi sfuggirmi, piccolo insetto” sogghignò, perfido “Preparati a tubare il tuo ultimo bubolo. Sai, penso che porterò il tuo corpicino spiumato a palazzo, così il mio padrone lo servirà come ultimo pasto a Baelfire, ovviamente senza svelargli cosa sta mangiando.”
Sentire parlare del suo migliore amico in quel modo sprezzante e crudele aumentò la determinazione di Rowlet. Stretto con forza il ramo tra gli artigli e premuta la schiena contro il tronco, si lanciò in avanti emettendo un soffio di sfida e disperazione messe insieme: spinse la punta affilata di legno e senza alcuna esitazione la conficcò dritta nella carne del pavone, trapassandolo al cuore da parte a parte, spingendolo all’indietro e inchiodandolo al tronco dell’albero.
Ho-Oh sgranò gli occhi, sconvolto e incredulo, mentre il sangue spillava rapido e copioso. Rowlet lo fissò, e per la prima volta fu il pavone, dei due, ad avere paura: gli occhi del barbagianni non erano più i grandi, dolci e innocenti di un cucciolo.
Erano le sottili, spietate palle nere di un rapace adulto.
<< Sarà il tuo corpo ad essere mangiato, Ho-Oh. Dai vermi e dagli scarafaggi. Loro non sapranno mai cos’avranno mangiato, ma vedranno da soli quanto marcia e schifosa sarà la tua carne >> disse l’uccello, implacabile e freddo come mai prima d’ora.
Quindi diede uno strattone al ramo e lo spinse giù; il corpo del fasianide, infisso nel legno, precipitò inerme giù dall’albero: l’orrido rumore dell’impatto echeggiò nella radura, mentre una grossa macchia scura sporcava la verde erba.
Dall’alto, Rowlet osservò il corpo del suo nemico defunto, ansimando, gli occhioni grandi e timorosi. Quando fu sicuro di non vederlo più muoversi, si rannicchiò sul ramo, sospirando di sollievo, finalmente sveglio e vivo.

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Capitolo 21
*** Capitolo 19 - Ti farò sanguinare ***


Ecco un nuovissimo capitolo! Preparatevi a qualche scena grafica, non è adatto ai deboli di cuore ;)
Buona lettura, e spero che troverete il tempo di lasciare una recensione!




Capitolo 19 - Ti farò sanguinare


Salem lasciò andare il corpo esamine di Blake, che crollò a terra con un sonoro tonfo. La ragazza emise un guaito di dolore e sputò un rivolo di sangue, accasciandosi sulle piastrelle che costituivano il suolo del parco. Il tutto sotto lo sguardo soddisfatto della strega.  
Poi la donna compì un passo in direzione del gruppo, gli occhi posati in particolare sulla figura di Kirby. Il rosato non si lasciò intimidire, mentre Penny sparò un altro raggio.
Il proiettile di luce verde attraversò l'aria con un sibilo prolungato ma venne prontamente deviato da un rapido gesto dell’avversaria. Salem levò la mano destra e un bagliore rosso sfrecciò in direzione dell'androide, che per poco non riuscì a schivarlo. 
Al contempo, Ruby svanì in un guizzo del mantello. Per alcuni secondi l'immagine della ragazza venne sostituita da una figura distorta e innaturale che, come un vortice nero, si materializzò alle spalle della governatrice. Salem non si scompose e sparò contro la nipote un'altra sfera, ma la mancò e colpì invece un albero al centro del giardino che, dopo aver preso fuoco, esplose in una miriade di schegge e frammenti.
Senza perdere tempo, Ruby afferrò il corpo di Blake e tornò dai suoi compagni, proprio mentre questi si preparavano ad un nuovo assalto. Non lasciando alla strega la possibilità di sferrare un ulteriore attacco, il gruppo di neo-cacciatori sparò all’unisono con le rispettive armi, generando un’esplosione che avvolse l’intera zona in una nuvola di polvere e detriti.
<< Vi prego, ditemi che l’abbiamo almeno ferita >> sussurrò Yang, ansimando a causa dello sforzo.
<< Mi dispiace, piccola >> disse all'improvviso la voce di Salem, attirando gli sguardi increduli dei vari neo-cacciatori.
Ed eccola lì, seduta tranquillamente sulla fontana al centro del giardino, il volto adornato da un sorriso accomodante, quasi canzonatorio. Senza un graffio, al limite dell’eleganza, la pelle bianca e immacolata come il marmo. Non erano riusciti nemmeno a sporcarle la veste.
Ruby digrignò i denti e caricò i suoi migliori proiettili all’interno di Crescent Rose, infondendovi quanta più Aura possibile.
<< Ragazzi, proverò a parlare con lei un'ultima volta. Se non funziona… dovremmo fare del nostro meglio anche solo per restare in vita >> sussurrò ai suoi compagni, che le lanciarono sguardi preoccupati.
Yang fece per protestare ma la piccola mietitrice non le diede il tempo di proferire parola. Camminò fino alla figura della governatrice con passo rapido e deciso, le mani saldamente stretta attorno al manico della falce.
<< Bambina mia, spero che tu sia qui per arrenderti >> disse Salem, con tono calmo eppure colmo di minaccia.
Di fronte a lei, Ruby non poté fare a meno di deglutire. << Nonna, per favore, io ti voglio bene e lo sai. Non abbiamo nulla a che fare con la Resistenza, lasciaci andare e non avremmo più contatti con loro. >>
<< Amore, è anche per voi che lo sto facendo >> ribatté freddamente la donna, mentre arricciava ambe le labbra in un placido sorriso << Se non ci penso io a rieducarvi… be', lo farà il Maestro. L'hai mai visto arrabbiato? >> chiese retoricamente, sopprimendo un brivido << Credimi, è una vista che non augurerei nemmeno al mio peggior nemico. Per tale motivo… ti consiglio di prendere questa punizione a testa alta. >>
E dopo aver pronunciato tali parole, il corpo della donna venne avvolto da una colonna di fiamme color turchese. Ruby compì un passo all’indietro, coprendosi gli occhi con un braccio per paura di rimanere accecata dalla luce sprigionata da quell’improvvisa manifestazione di potere.
La governatrice mosse appena la mano sinistra. Ne scaturì un attacco così forte che, al suo passaggio, la piccola mietitrice poté sentire l'ondata di calore scavargli nella superficie della pelle. Stavolta, per respingerlo, i vari studenti furono costretti a fondere le rispettive auree e creare una sorta di scudo.
Il proiettile, quale che fosse, provocò danni visibili alla protezione, traendone un rintocco assordante simile a un gong. Ruby osservò la scena con fare attonito. Poi i suoi occhi si spalancarono per il terrore.
<< Ragazzi, attenti! >> urlò a squarciagola, notando una sfocatura che si era materializzata come dal nulla dietro ai neo-cacciatori.
L'unico a girarsi in tempo fu Emil, che percepì la presenza attraverso i suoi sensi più sviluppati. Alzò ambe le armi per parare un colpo imminente… e si bloccò.
Una seconda Salem era apparsa alle spalle del gruppo, tale quale a colei che attualmente li stava bersagliando con palle di fuoco a grandezza umana.
<< Clonazione… ma certo, perché no? >> borbottò irritato l’adolescente, mentre il pugno della donna si infrangeva contro la sua difesa. L’impatto risultate generò un’onda d’urto abbastanza forte da sbalzare il fauno di diversi metri e a generare un piccolo cratere nel punto di collisione.
<< Siete abili >> commentò la copia, scrutando Emil come fosse un canarino finito tra le grinfie di un gatto << Ma alcuni di voi mancano di visione del territorio. >>
E poi, allo stesso tempo, sia la Salem originale che il clone cominciarono ad avanzare in direzione del gruppo, ormai accerchiato.
Kirby strinse ambe le palpebre degli occhi. << Ma che razza di abilità è? >>
Nessuno poteva possedere più di una Semblance, violava tutto ciò che conosceva sull’ordine naturale di Renmant. Eppure, quella donna aveva usato almeno cinque poteri diversi durante l’intero scontro.
<< Problemi, Mr. Knight? >> chiese la suddetta, notando il modo con cui il rosato la stava guardando.
Questi strinse i denti, preparandosi al confronto imminente.
<< I tuoi poteri! >> esclamò, con la speranza di prendere tempo << Anche con la Polvere nessuno può utilizzare così tante abilità insieme, e so per certo che magia e Aura non si mescolano bene. Che razza di trucco è?! >>
In tutta risposta, Salem si limitò a ridacchiare.
<< Suppongo che non avrai la possibilità di scoprirlo >> disse lei, mentre i suoi occhi si illuminarono di un bagliore rosso sangue << Dopotutto… non ho mai detto che avrei lasciato in vita la tua squadra. >>
Al sentire tali parole, il volto di Ruby si tramutò in una maschera di orrore.
<< Hai detto che li avresti solo puniti! >> esclamò, attirando lo sguardo della donna.
<< E qui ti sbagli, cara la mia nipotina. Ho detto che avrei punito te e il resto del tuo team, per insegnarvi a non immischiarvi con certe persone >> disse con tono civettuolo, per poi tornare a fissare Kirby con un sorriso assai più sadico << Il signor Knight e la sua squadra, al contrario… hanno segnato il loro destino nel momento esatto in cui hanno scelto di allearsi con quel pazzo >> concluse sardonica, alzando la mano destra e creando un'altra sfera d'energia nel palmo.
Il potere contenuto in quell'attacco era enorme e sarebbe stato sufficiente per concludere lo scontro. Accerchiati com’erano, i  neo-cacciatori sapevano che non sarebbero riusciti a schivarla, potevano solo sperare in un miracolo.
E poi, quasi come se un’entità sconosciuta avesse voluto rispondere alle preghiere del gruppo… la realtà attorno a loro cambiò di colpo.
Gli adolescenti sussultarono all’unisono, mentre il tutto divenne un vorticare di colori. Il parco di Beacon sembrò infrangersi in una miriade di specchi rotti e vetri cadenti. La cosa sembrò durare un tempo interminabile, ma in realtà era passato a malapena una frazione di secondo.
Un attimo prima i neo-cacciatori si trovavano nel giardino dell’accademia, accerchiati da Salem e dalla sua copia. Un attimo dopo si ritrovarono in quella che aveva tutta l’aria di essere la cabina di un velivolo. Qualcuno… li aveva appena teletrasportarti.
Kirby ed Emil si guardarono attorno freneticamente, fino a quando i loro occhi non si posarono sul posto di guida presente nell’abitacolo. Ad occuparlo era una giovane ragazza dai capelli multicolore, vestita di bianco e accompagnata da un ombrello.
Neo volse al gruppo un sorriso accattivante e li salutò con la mano destra, mentre con l’altra procedette a far partire il Bullhead.
<< Neo, sei un salvavita >> sussurrò esausto Kirby, mentre si accasciava alla parete della nave assieme al resto della sua squadra e del team RWBY.
Non si erano mai sentiti così stanchi. A confronto,  la battaglia al porto ora sembrava una semplice scaramuccia.
Ruby appariva visibilmente la più affranta.
<< Non posso credere che abbiamo appena combattuto contro mia nonna >> sbottò tutto in un fiato, strisciando sul pavimento.
Al contempo, Weiss lanciò un’occhiata stizzita in direzione del team JEKP, i cui vari membri avevano i volti adornati da una sfumatura di imbarazzo.
<< Bene, a quanto pare Salem ha scelto per noi. Ora siamo parte della Resistenza >> sibilò l’albina con tono velenoso.
Emil deglutì a fatica. << Ragazze... ci dispiace, non volevamo farvi affrontare tutto questo. Il piano era di lasciarvi totalmente fuori dai nostri affari >> si scusò il fauno, incapace di sostenere lo sguardo dell’ereditiera.
Weiss si limitò a schioccare la lingua, mentre anche Blake cominciò a fissare l’adolescente con uno sguardo irritato. Certo, era ben consapevole del fatto che la colpa non potesse essere attribuita unicamente al neo-cacciatore, ma in questo momento aveva bisogno di rivolgere la propria rabbia nei confronti di un bersaglio.
Affianco a lei, Yang si stiracchiò, ancora intorpidita dallo scontro e in attesa che la sua Aura si rigenerasse.
<< Tranquillo, non è stata colpa tua >> borbottò la bionda << Però, mi piacerebbe sapere una cosa. Che ci fa lei qui? >> chiese indicando sospettosamente la figura di Neo.
Questa le rivolse un occhiolino malizioso, mentre Kirby si scrocchiò le spalle.
<< È la spia che abbiamo inserito nell'organizzazione del Joker >> spiegò il rosato, ancora dolorante << È stata lei ad avvertirmi della rapina che sarebbe avvenuta al porto. >>
<< Eviterò di chiedere come diavolo sia riuscita ad ottenere un simile mezzo di trasporto >> commentò James, mentre si toglieva l'armatura.
Poi volse la propria attenzione nei confronti del compagno di squadra.
<< E adesso? >> domandò con tono stanco.
Kirby rilasciò un sospiro rassegnato. << Adesso? Adesso andiamo a Dreamland. >>

                                                                                                                                                          * * * 
"I'm at war with the world 'cause I
Ain't never gonna sell my soul
I've already made up my mind
No matter what I can't be bought or sold..."

Skillet - Awake And Alive
 
Ogni muscolo del corpo era dolorosamente teso: gambe divaricate, le braccia sollevate in alto con polsi e caviglie stretti intorno a grossi anelli in metallo, dai quali percepiva partire dei perni infissi nel muro alle sue spalle. Si domandò da quanto tempo fosse rimasto in quella posizione: forse delle ore.
Fire aprì piano gli occhi, sbattendo le palpebre, confuso e stanchissimo. Si raddrizzò piano, facendo leva con le piante dei piedi sul pavimento ed emettendo respiri profondi e lenti, finché i ricordi di quanto accaduto prima del risveglio non lo investirono come una secchiata d’acqua gelida.
Il cuore cominciò a battergli forte, fino a restringersi in una morsa di ansia e preoccupazione. Chiamò immediatamente l’amico piumato, ma aveva la lingua impastata, così dapprima gli uscì un farfuglio incomprensibile. Deglutì e riprese fiato, per poi riuscire a parlare a voce più alta e chiara.
<< Rowlet? Dove sei? Rowlet! >>
In risposta, ricevette una risatina divertita che lo fece sobbalzare di rimando. Nella penombra, intravide qualcosa – o meglio, qualcuno – avanzare lentamente verso di lui. Una piccola luce bianca sopra la sua testa si accese di scatto, accecandolo e facendogli ritrarre il volto di scatto.
Lord Shen avanzò fino a portarsi sotto la luce, palesandosi davanti all’adolescente, al quale occorse qualche minuto per metterlo a fuoco. Le labbra dell’albino erano distese in un ben evidente sorriso di trionfo.
<< Salute, Royal. Ben svegliato. >>
<< Tu... >>
Fire prese a divincolarsi animatamente, strattonando gambe e braccia, invano. Cercò di concentrarsi ed evocare i suoi poteri allargando i palmi delle mani, ma non ottenne nuovamente risultato.
<< Oh, non agitarti così, passerotto. È del tutto inutile. >>
Il governatore consumò a passi lenti la distanza rimanente fra di loro. Diede un colpetto all’anello stringente il polso destro del ragazzo, dove quest’ultimo teneva il proprio bracciale.
<< Vibranio. Modificato appositamente con l’alchimia per impedirti di usufruire dei tuoi poteri. Un gentile “omaggio”, se così si può dire, dei wakandiani. >>
Quella dichiarazione confermava l’ipotesi di come riuscisse ad avere spesso dosi massicce di quel materiale, pensò il Vigilante Mascherato. Il vibranio si poteva trovare in due soli luoghi sulla Terra: l’Antartide… e il Wakanda, la nazione più influente e avanzata dell’Africa Orientale. In qualche modo quel verme riusciva a sottrarlo alla popolazione locale.
Suo malgrado, smise di lottare, facendo scorrere lo sguardo sull’ambiente attorno a sé: era un laboratorio alchemico, molto spazioso, dalle pareti bianche disseminate di luci, scaffali con libri e cassettiere. Lo riconobbe, dal momento che ve n’era uno simile al castello dei Royston.
Un grosso tavolo circolare era situato al centro, cosparso di ampolle panciute, collegate da tubicini pieni di misteriosi liquidi, fiale e alambicchi.
<< Stai ammirando il mio personale laboratorio alchemico >> enunciò Shen, con una punta di orgoglio << Dalla tua espressione, deduco una certa familiarità con l’ambiente. In effetti, come potrebbe essere altrimenti, considerata la mia breve occhiata alla maschera che indossi? O forse dovrei dire, indossavi... >>
All’udire quella dichiarazione, il ragazzo sgranò gli occhi, rendendosi conto solo allora di non avere il cappuccio calato e la maschera di gufo in viso. Certo, ormai non serviva più a niente tentare di proteggere la propria identità di fronte all’albino, essendone quest’ultimo a conoscenza… ma in qualche modo, senza di essa si sentiva esposto, scoperto e vulnerabile.
Il governatore gli si portò davanti, regalandogli un sorriso obliquo.
<< Che cosa dovrei fare di te, adesso? >> domandò, in tono fintamente dubbioso e innocente. Fatto questo, allungò gli artigli e sfiorò la gola del ragazzo.
Fire soffocò un sussulto e deglutì, mentre la morsa d’ansia pungolante il petto si trasformava in terrore gelido: quell’arma mortale, artefice della privazione di chissà quante vite, aveva un tocco freddo e oscenamente delicato. Si sforzò di restare immobile e impassibile, di distogliere lo sguardo e focalizzare la propria attenzione su qualcosa di diverso, un punto impreciso davanti a sé: qualcosa che non fosse il ghigno sadico con cui l’uomo lo stava scrutando.
Nonostante ogni tempestivo tentativo dell’adolescente di celare le proprie emozioni attraverso una maschera sia fisica sia espressiva, il governatore riusciva sempre a carpire e leggere ogni sua emozione, pensiero o stato d’animo. Lo compiaceva riuscire a incutergli timore, metterlo sotto pressione e osservare i suoi tentativi di reprimersi; dopo qualche istante, gli serrò il volto tra le dita,  costringendolo a guardarlo negli occhi.
<< Non fai più lo smargiasso ora che sei finalmente nelle mie mani… >> sibilò.
Fire sostenne lo sguardo sanguigno dell’avversario, imperturbabile, anche se i pugni serrati tradivano l’inquietudine e lo sprezzo.
<< Perché mi hai portato qui? >>
<< Se ti avessi rinchiuso nelle segrete, per giunta in solitaria, grazie al tuo fastidioso spirito d’intraprendenza, unito all’inettitudine di quei bifolchi delle mie guardie, con molta probabilità saresti riuscito a fuggire. Mi occorrevano i miei gioiellini per tenerti in ginocchio, e mi occorreva averti alla mia portata. >>
Un lampo di sangue passò negli occhi scarlatti di Shen.
 << L’unico motivo per cui sei ancora in vita... è che io e te dobbiamo discutere riguardo… certe tue incursioni notturne svoltesi fuori dalla mia capitale. >>
<< Non so di cosa tu stia parlando. >>
<< Oh, certo che no… >> mormorò l’albino, alzando gli occhi al cielo.
Lo mollò con un gesto secco, facendogli urtare il capo contro la parete alle spalle.
<< Piccolo idiota! >> sbottò << Pensi di poterti prendere gioco di me? Pensi di poter andare in giro con il tuo ridicolo mantello come vuoi e quando vuoi, senza che io lo venga a sapere? So benissimo che hai incontrato il Dottore e la sua squadra di piccoli esaltati della Resistenza. >>
Il Vigilante trasalì e dilatò le pupille, completamente colto di sorpresa: come faceva a saperlo? Come!? Era impossibile, era stato più cauto del solito, e il Dottore doveva essere un professionista riguardo lo spionaggio e questioni simili!
<< Il Maestro mi ha messo al corrente di tutto >> proseguì Shen, come se gli avesse letto nel pensiero << e mi ha lanciato l’ultimatum di catturarti. Direi che tutto sommato mi ha fatto un favore: mi ha dato la possibilità di dedicarmi a te senza risparmiarmi neanche un istante, così ho preparato la mia flotta e i miei cannoni, e con l’aiuto dei miei alchimisti ho creato le manette che ora ti intrappolano. A quel punto, non mi è restato che mettere in atto il mio piano. Le mie spie ti sono state addosso sin da quando sei rientrato nello spazioporto. Ho capito subito quale strada avresti intrapreso per tornare: sapevo che avresti cercato di rannicchiarti dietro il tuo scudo umano che ti piace chiamare padre. >>
Agganciò lo sguardo color del sangue a quello del giovane rivale, fremente di rabbia e sdegno per quell’ultima affermazione, e sorrise malevolo.
<< Ora, io e te ci faremo una bella chiacchierata riguardo ai piani ribelli, che ne dici? >>
<< Scordatelo >> ringhiò il ragazzo.
<< Oh, quanto ardore. Sei già entrato completamente nello spirito arrogantemente virtuoso dei ribelli. Ma considerata la tua follia in costume, non sono del tutto stupito >> commentò l’albino, in una smorfia di divertimento schernente. Prese a passeggiargli intorno, congiungendo le dita nella seta. << È evidente che il Dottore deve averti promesso qualcosa di agognato, per riuscire a renderti suo succube. Se proprio dovessi scommettere… punterei sulle informazioni sulla tua vera famiglia. Quelle che cerchi da una vita intera. >>
Si fermò e rivolse un ghigno, da sopra la spalla, all’adolescente: la sua espressione esterrefatta, non più trattenuta, equivaleva ad una conferma.
<< Aaaah, lo sapevo. Io so sempre tutto su di te. Di’ un po’, il Dottore è a conoscenza della tua enorme ipocrisia? È così facile che tu possa tradirli... >>
<< Questo lo dici tu >> sibilò Fire, di rimando << Non ho intenzione di dirti una singola parola. Dovrai uccidermi. >>
<< Oh, per favore >> sbottò Shen << Mi ritieni davvero così stupido da crederti seriamente disposto a dare la vita pur di coprire gli sporchi affari della Ribellione? Forse un EROE… >> disse calcando di sprezzo quella parola << come il Vigilante Mascherato lo farebbe senza pensarci due volte. Ma tu… in questo momento sei Baelfire. >>
<< Cosa diavolo stai…? >>
<< Giraci pure intorno, se ti fa comodo >> lo interruppe, riprendendo a girargli intorno senza perderlo di vista un secondo << ma non puoi più nasconderlo. Te ne sarai accorto anche tu, immagino, di quanto sia facile farti prendere in contropiede, quando sei te stesso, come ora… e quanto invece sei determinato, quando agisci come il Vigilante Mascherato. La conclusione è che quella semplice maschera che ti ho sottratto… fa la differenza. Essa non che è la tua garanzia di comportarti da bravo ragazzo: la utilizzi per farti carico di una distorta ideologia morale e un ambizioso scopo rasentante l’utopia. Ecco come il cinico, razionale, egoista e indifferente Fire Royston lascia il posto al sognatore, coraggioso, incorruttibile, valoroso Royal Noir. >>
<< Io non… >>
<< Tu non sei lui >> precisò l’albino, interrompendo la propria marcia per fermarglisi di fronte << In questo momento, anche se sei convinto del contrario, tu non sei Royal Noir. Tu sei Baelfire. E tu… non guardi in faccia nessuno. Venderesti persino i tuoi affetti, pur di ottenere le risposte alle tue domande. Perché la verità è che sei come me. Con una piccola, sostanziale differenza: non l’hai ancora capito… perché non vuoi accettarlo. >>
<< Tu sei pazzo… >> sussurrò il Vigilante, affannato.
Aveva perso l’impassibilità e i lineamenti del viso erano tesi: era ben evidente il dissidio interiore e la sensazione di attrazione e repulsione che le parole dell’albino gli avevano provocato. Detestava quella sua capacità di entrargli in testa, di confonderlo, di comprenderlo come se fosse davvero una parte di sé, e detestava non riuscire ad opporsi a quel pericolosissimo fascino che paradossalmente sapeva essere una delle armi più terribili del suo avversario. Non doveva ascoltare, era una follia, era assurdo, non doveva lasciarsi mettere in testa idee tanto malsane, se l’avesse fatto sarebbe sprofondato nell’abisso…
Si stava sforzando con tutto sé stesso di negare ostinatamente, di non cedere a nessuna di quelle maligne, melliflue insinuazioni capaci di scuotere anche una minima fibra del suo animo.
La risata gracchiante e isterica del governatore lo paralizzò sul posto, totalmente inaspettata. Era sconcertante ascoltare quanto mal si sposasse su quella voce melodiosa e suadente.
<< È inutile che lo neghi. Sappiamo entrambi che ho ragione. Io so tutto questo perché so sempre tutto di te. Io e te non siamo altro che facce della stessa medaglia, due folli alla deriva in questo mondo forsennato! Tu mi dai del mostro, del tiranno e del pazzo… ma la dura verità è che tu sei pazzo tanto quanto me, passerotto. Solo che tu non riesci ad ammetterlo. Hai scelto il cammino dell’eroe per fare finta che la tua vita, no, che la tua pazzia, abbia un senso. Ti ha trovato divertente per un po’ la gente di questa città e, sono certo, anche la Resistenza. Ma l’unica cosa che la gente ama di più di un eroe è vedere quest’ultimo cadere, morire combattendo. Nonostante tutto quello che hai fatto per loro, alla fine ti odieranno. Ti cacceranno via come un lebbroso, Logan compreso, quando scoprirà che gli hai mentito per tutto questo tempo. Lui non lo sa, vero? Lui non sa che dietro il Vigilante Mascherato si nasconde suo figlio, non sa che ti sei unito alla Ribellione. Gli hai mentito... >>
<< L’ho fatto per proteggerlo! >>
<< L’hai fatto perché non volevi scoprisse come fossi pronto a rimpiazzarlo, una volta scoperta la verità sui tuoi genitori naturali. Hai voluto tenerlo stretto a te, nel tuo infinito egoismo, e così facendo ti sei condannato a perderlo per sempre. Perché non appena scoprirà tutto questo, ti abbandonerà. E alla fine non avrai più nulla. La strada che stai percorrendo ti porterà a risposte e conseguenze che non ti piaceranno. Ma c’è una scappatoia: farla finita. Arrenditi, Baelfire Royston, rivelami i segreti dei tuoi compagni e io... ti darò le risposte che cerchi. >>
Shen sorrise alla sua espressione stupefatta.
<< Oh sì, Fire. Io conosco le verità sul tuo passato che tanto agogni… come conosco gli esiti della campagna di voi della Resistenza. È una battaglia già persa in partenza, il Maestro è un essere che va al di là della nostra comprensione. Non potete vincere. Meglio arrendersi e ottenere risposte, piuttosto che morire come un cane, non credi? Cosa devi tu a loro? Niente, ecco cosa! Ma io ti offro una scelta: la verità in cambio di informazioni. Scambio equo, non credi? >>
<< Forse non devo niente a loro, ma non devo niente nemmeno a te, né al tuo Signore! >> sibilò il ragazzo, ostile, cercando con tutto se stesso di ricacciare indietro ogni esitazione.
<< Questo è vero, ma io ti sto offrendo la possibilità di lavare la tua anima. >>
E, dopo aver pronunciato tali parole, l’albino gli sollevò il mento.
<< Lo sai che ti abbandoneranno, lo sai che ti volteranno tutti le spalle. È così, è sempre stato così. È la natura delle masse brulicanti. La loro esistenza volge al solo scopo di portare i pochi esseri eccezionali sulle loro spalle: alla fine, per qualunque valore tu possa lottare, per quanto ti sforzi di apparire degno agli occhi dei tuoi cari, alla fine... ti disprezzeranno e ti getteranno come spazzatura. Ma tu puoi impedire tutto questo, se solo accettassi la mia offerta. Puoi farlo. E sai perché puoi? Perché tu ed io siamo uguali >> sussurrò, serafico << Ecco che, dopo tanto lottare, sai che l’unica persona su cui puoi contare... sono io. Hai bisogno di me >>
<< Io… >>
Il giovane si morse il labbro a sangue, il respiro contratto e un pallore in volto. Chinò il capo, scostandosi dalla presa con un’espressione sconfortata, per poi chiudersi in un tormentato e riflessivo silenzio.
A quella vista, il sorriso di Shen si tramutò in un ghigno di maligna soddisfazione, mentre si allontanava per contemplare nella sua interezza quella magistrale opera di devastazione psicologica.
L’aveva in pugno. Quasi poteva percepirla, la lotta interiore dell’adolescente, affondato da ogni sua singola affermazione.
Non aveva mentito completamente: sapeva ciò che il giovane desiderava sapere, e una volta appreso da lui le informazioni sulla Ribellione, avrebbe mantenuto la parola. Gli avrebbe parlato della sua famiglia, ma avrebbe deformato i fatti il più possibile, per distruggerlo interiormente fino alla fine.
Allora avrebbe scatenato su di lui tutta la sua furia, l’avrebbe punito per ogni secondo che aveva passato fuori dalla sua portata e per ogni secondo che aveva impiegato semplicemente respirando. Gli avrebbe inflitto un’agonia lunghissima e gli avrebbe fatto implorare pietà, e solo a quel punto l’avrebbe distrutto per sempre.
Dopo un tempo indefinito, l’imperatore della Cina vide il ragazzo stringere i pugni con tanta forza da tremare da capo a piedi. Una nuova espressione aveva fatto capolino nei suoi occhi color del fuoco: l’espressione di un condannato con più nulla da perdere, che continua ad andare avanti fino alla fine, sostenendosi con le proprie gambe, anche se l’unica inevitabile via è quella del patibolo.
<< Be'? Che ti prende, passerotto? Non vuoi cantare per me? >>
<< Volevi arrivare a questo? >> domandò Fire, in tono stanco << Non ti bastava avermi, ridurmi l’ombra di un ragazzino incapace di resisterti? Vuoi anche la mia anima, governatore? Vieni a prenderla, allora, se la desideri così tanto. Piegami quanto vuoi. Spezzami. Sappi solo che morirei, piuttosto che aiutarti spontaneamente in questo. >>
Shen rimase in silenzio, esaminando con attenzione quelle parole. Nonostante non ci fosse alcuna provocazione nel tono, sentiva ancora determinazione nel ragazzo. Il fuoco dei suoi occhi non si era del tutto spento: c’era ancora una piccola scintilla ad ardere nel buio profondo. Era insignificante nella sua ostinazione, eppure così odiosa.
L’albino socchiuse le palpebre, fissandolo dall’alto in basso, gelido, avanzando lentamente nella sua direzione.
<< E così… hai scelto di rotolarti nella merda assieme a quei miserabili cani professanti la giustizia e la libertà, e tutto solamente perché ti hanno venduto le informazioni sulla tua cara mammina. Quanta ipocrisia ti caratterizza, Baelfire. Non sei che feccia. Anzi... sei molto meno che feccia. >>
Un pericoloso lampo sanguigno passò negli occhi di Shen, quando gli arrivò davanti. Fire cercò con tutto sé stesso di mantenere la calma, mentre lo osservava protendersi su di lui e serrare con forza le dita della mano destra attorno alla pelle sotto il suo polso sinistro, bloccandolo.
Quando avvertì il fiato caldo solleticargli l’orecchio, non poté fare a meno di irrigidirsi.
<< Sei feccia ribelle… >> gli sussurrò l’albino, minaccioso, per poi spostare il viso ad incontrare i suoi occhi color del fuoco, inquieti e ansiosi.
Allora sorrise. Un sorriso completamente diverso da quelli sprezzanti, derisori, gongolanti o maligni a cui il giovane era abituato, un sorriso in completo e stridente contrasto con il suo aspetto immacolato: il ghigno famelico e predatorio di un mostro.
<< Ora... canta. >>
Il vibranio brillò sotto la luce, mentre piegava il dito sinistro ad uncino. Con un colpo secco, gli piantò l’artiglio dritto nell’avambraccio: il lino della tuta si lacerò e il metallo penetrò nella carne facendo sgorgare il sangue.
Un urlo esplose immediatamente in gola al ragazzo, la vista gli si offuscò e ogni altra percezione scomparve. C’era solo il dolore.
Come un pennino intinto nell’inchiostro e poi appoggiato nella carta, Shen affondò e rigirò l’ago di metallo nella carne, tracciando linee dritte e profonde, con minuziosa e dilaniante precisione. E nel mentre ascoltava le grida strazianti provocate nel giovane, per lui equivalenti ad una dolcissima musica.
<< Canta, canta, mio piccolo usignolo! È così soave >> sospirò, socchiudendo le palpebre << Anche se sarebbe più gradito che, nel farlo, parlassi della Resistenza... >>
<< Impiccati! >> gli sibilò Fire in risposta, il respiro mozzo e la gola secca. Era pallido, ma non era svenuto. Non ancora.
Shen proseguì implacabile la sua sadica opera, le urla in sottofondo, finché i segni non furono tanto profondi e sanguinanti da essere chiari e distinguibili sulla pelle, contornata dalla stoffa lacerata:

 
反叛敗類
 
Erano i logogrammi cinesi corrispondenti ad un significato ben preciso. “Feccia ribelle”.
La pelle sanguinante bruciava orribilmente, mentre puntini rossastri gli danzavano davanti agli occhi. Fire sentì la schiena e le braccia costrette in alto dolere mentre crollava con il busto in avanti, contro il petto dell’albino.
Quest’ultimo lo afferrò per i capelli, strattonandogli la testa all’indietro e strappandogli un gemito.
<< Non avrai già finito, spero. Abbiamo appena iniziato a giocare, ragazzino. Sei stato tu a voler arrivare a questo, ma visto che sei un novello ribelle a tutti gli effetti, con tanto di distintivo... >> sfiorò con gli artigli della mano libera la pelle martoriata, provocandogli un sussulto di dolore << puoi giocarti la carta della seconda possibilità e dell’aiuto del pubblico: ti farò una sola domanda concernente ciò che voglio sapere. Se rispondi in maniera esaustiva, la durata dei tormenti sarà breve. >>
Negli occhi di rubino brillò un lampo sanguigno.
<< Quali sono i piani del Dottore? >>
Il Vigilante non ribatté. Serrò le labbra e voltò lo sguardo, contraendo i muscoli, in attesa del prevedibile riscontro che quella sua semplice azione avrebbe comportato. Tra sé e sé, si chiese quanto avrebbe resistito e se, nel profondo, in realtà la sua mente non fosse già completamente andata, dopo una decisione del genere.
Da quel momento, dimenticò completamente come iniziò: ricordava solo il momento in cui Shen arroventava la lancia in un fuoco acceso grazie a una delle sue diavolerie alchemiche e che si girava verso di lui. Poi dolore. E le proprie grida.
Strillava con tutto il fiato che riusciva a trovare nei polmoni, mentre il governatore, davanti a lui, poggiava alternativamente sopra vari punti della carne del busto la punta incandescente dell’arma bianca. Insisteva, ancora e ancora, e si fermava solo un istante prima che il dolore facesse svenire il proprio prigioniero. Non poteva concedergli il lusso di perdere i sensi: doveva rimanere vigile e consapevole perché assaporasse ogni stilla di quel dolore e, nel mentre, si decidesse a confessare.
Ad un certo punto, tuttavia, si interruppe con stizza, realizzando che non stava andando da nessuna parte: nonostante il dolore atroce, il moccioso non apriva bocca, se non per gridare.
Ripose l’arma sopra il tavolo e gli si avvicinò per esaminarlo. Ormai era talmente pallido da sembrare un cadavere: solo il petto, alzandosi e abbassandosi lentamente, garantiva la presenza della vita in quel corpo martoriato.
<< Cosa dicevi, Fire… anzi… feccia ribelle? Che dovevo piegarti? Direi di esserci riuscito molto bene. Ora… qual era il prossimo passaggio? Ah, sì… spezzarti… >>
Le urla del ragazzo lacerarono nuovamente l’aria quando gli artigli della mano penetrarono senza tante cerimonie nella carne del ventre, rigirando lentamente.
<< Se vuoi uccidermi, allora fallo in fretta… >> rantolò l’adolescente in un solo respiro, la bocca piena di sangue colante dalle labbra.
Ebbe paura di quel che aveva appena detto. Era solo un ragazzo, eppure aveva avuto modo di conoscere il sangue e il dolore. Aveva visto persone venire uccise o giustiziate, oppure morire per malattia, aveva combattuto molte volte rischiando di morire, ma raramente aveva pensato alla propria morte in maniera effettiva: chiudere gli occhi per sempre, non respirare più, la coscienza che abbandonava completamente il corpo… il solo pensiero lo atterriva.
<< In fretta? >> rise Shen, continuando a muovere gli aghi con tanta veemenza da fargli inarcare la schiena durante il grido conseguente << Troppo breve sarebbe la tua pena, e un lampo soltanto il mio gusto. Da troppo tempo la tua esistenza mi è insopportabile. Al diavolo le tue stupide informazioni! Dirò al Maestro che hai tentato di suicidarti come un codardo e che ho posto fine alle tue sofferenze. Voglio sbudellarti con le mie mani! Addio, Baelfire! >>
L’orrida sentenza di morte, seguita da un’infernale risata, gli risuonò nelle orecchie attraverso la mente obnubilata per il dolore. Il Vigilante sentì chiaramente gli artigli che si spingevano sempre più a fondo, inarrestabili, con tutta l’intenzione di cavargli fuori le interiora. Vomitò sangue, emettendo versi strozzati: il dolore gli stava lentamente mozzando il fiato. Con l’ultimo barlume di lucidità pregò di svenire prima della fine, tanto era intollerabile la sofferenza.
Poi, all’improvviso, udì una voce dire qualcosa. Come risposta, gli artigli si ritrassero in un gesto secco e il dolore diminuì.
Quando riuscì a ritrovare il proprio respiro, l’agognata incoscienza venne.
<< Signore! >>
Lord Shen si girò in direzione di quella voce, stizzito. Solo un’altra persona oltre aveva accesso al laboratorio alchemico tramite l’impronta digitale: il suo luogotenente, il capo delle guardie. Un uomo nerboruto, da un occhio cieco e l’altro di un giallo magnetico.
<< Come osi interrompermi!? >> sibilò, non appena se lo ritrovò davanti << Avevo dato l’esplicito ordine di non essere disturbato! >>
<< Perdonate, signore, non era mia intenzione >> ribatté il subordinato. << È mio dovere riferirvi che siamo sotto attacco. >>
<< Sotto attacco? Da parte di chi? >>
<< Ribelli, signori, anzi, una sola ribelle. Sta abbattendo tutte le nostre difese. >>
Le iridi rosse dell’albino si ridussero a due fessure. A quanto pare adesso le seccature andavano ad intensificarsi. Non aveva prove che fosse venuta per il ragazzo, ma d’altronde non trovava altra spiegazione. In ogni caso, adesso era irrilevante.
<< Prepara gli uomini! Fa’ attivare tutte le misure di sicurezza! ORA! >>
<< Signorsì, signore! >>
Shen lo osservò girare prontamente i tacchi ed allontanarsi, lasciandolo nuovamente da solo con Baelfire, svenuto. Si piegò nuovamente su quest’ultimo, premendogli le labbra contro l’orecchio.
<< Verrò presto a prendermi la tua anima, passerotto. Nel frattempo, recita le tue ultime preghiere… se non muori nel frattempo. >>
Quindi gli voltò le spalle, riprese in mano la lancia e si apprestò ad uscire a propria volta dall’interno del laboratorio alchemico.

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Capitolo 22
*** Capitolo 20 - Hear my roar ***


Ecco un nuovissimo capitolo!
Questo aggiornamento è il più lungo che abbiamo scritto finora, con ben 15 000 parole. Volevamo assolutamente finire l’arco Shen, quindi abbiamo inserito tutto quello che avevamo programmato per questa parte della storia.
Abbiamo inoltre realizzato la nuova Opening per questa parte della fan fiction: https://www.youtube.com/watch?v=GQqrwlPxRuY

Come sempre, per maggiori informazioni vi consiglio di visitare le note ai piedi del capitolo.
La foto sotto il titolo contiene due personaggi importanti che compariranno nel capitolo, oltre a Raven e Taiyang, già comparsi nel settimo capitolo della storia assieme alla loro banda di pirati spaziali. Per chi non se lo ricordasse, sono anche i genitori di Yang, gli zii di Ruby.
Vi auguriamo una buona lettura!



Capitolo 20 - Hear my roar


La luce della luna piena proiettava la lunga ombra dell’albero al centro della collinetta, dietro il quale erano nascoste due figure, intente ad osservare la sontuosa costruzione del palazzo reale di Gongmen.
Una era un uomo sulla quarantina, con una piccola barbetta che gli circondava la curva del mento. I capelli neri e folti gli si arricciavano verso l’alto, come le eleganti piume di un corvo; le iridi rosse era incastonate in uno sguardo malizioso, allegro, come se fosse abituato a ricavare sempre il meglio della situazione. Non passava di certo inosservato: sulla schiena poggiava un lungo mantello scarlatto, avvolto attorno ad una giacca grigia abbinata a dei pantaloni neri. Questi erano provvisti di una cintura da lavoro, nella quale era attaccata una spada ricurva, adornata da uno strano sistema ad ingranaggi.
La donna accanto a lui indossava un abito nero dalla gonna svolazzante. Una mantella bianca provvista di cappuccio le copriva il capo; l’argento dei suoi occhi spiccava lungo il viso, incorniciato dai capelli di un rosso molto scuro. Infissa al centro della mantella portava una grossa, strana croce d’argento dalla punta molto affilata, fatta apposta per tagliare e trapassare.
La coppia in questione aveva girato la capitale cinese per buona parte della giornata, facendo qualche domanda innocente ai passanti occasionali e osservando, senza dare nell'occhio, come si erano comportate le guardie di Lord Shen.
Avevano poi domandato a una guida turistica un posto dove fare un bel picnic con vista sulla fortezza, venendo indirizzati all’omonima collina, posta ad appena un paio di chilometri dall’edificio.
<< Dunque, Qrow, l’entrata per l’impianto d’aerazione è qui >> disse la donna, indicando un punto sul suo scroll. Attualmente, l’oggetto in questione stava presentando l’immagine di una piantina del palazzo.
<< Io distrarrò le guardie per darti il tempo di passare. Saranno troppo impegnate a combattermi per accorgersi di un piccolo corvo. Soccorri quel ragazzo e venite subito da me. Tutto chiaro? >>
<< Perfettamente, amore. E una volta al sicuro... >> commentò l’altro in tono inequivocabile, mentre avvolgeva un braccio attorno alla schiena di lei. Venne prontamente interrotto da un forte pugno in testa.
<< Qrow, te l'ho già detto: si parla di sesso solo a lavoro concluso >> sentenziò severa la donna, prima di voltarsi e scrocchiare il collo << Non manca neanche un’ora all’alba, sbrighiamoci. >>
Affianco a lei, il marito rilasciò un sospiro sconsolato. In fondo, sua moglie era fatta così: quando era in missione manteneva sempre una professionalità impeccabile. Era solo una delle molte ragioni per cui le aveva chiesto di sposarlo.
Il duo di diresse verso la fortezza ad una velocità impossibile per persone normali: essi erano infatti Qrow Branwen e Summer Rose, Cacciatori professionisti, ribelli… nonché padre e madre di Ruby Rose, studentessa alla facoltà di Beacon.
Come molti dei suoi membri, inizialmente la coppia avrebbe tanto voluto fare a meno degli scontri tra la Resistenza e il Maestro, specie dopo che Raven, la sorella di Qrow, e suo marito Taiyang avevano lasciato Remnant come aperto atto di ribellione al governo di Battlegroud.
Tuttavia, durante il funerale di Meta Knight, cui avevano partecipato in quanto vecchi amici del guerriero, finirono per incontrare una persona che avrebbe cambiato le loro vite per sempre: il Dottore. Il Signore del Tempo, assieme a Dedede, era giusto sul posto non solo per rendere omaggio a Knight, ma anche per provare a convincere i due Cacciatori a unirsi alla sua crociata.
Fu una discussione molto lunga. Sia Summer che Qrow non volevano saperne niente: erano convinti che Ruby non avrebbe avuto niente da temere, vista la sua parentela con Salem e la sua futura posizione come erede al Governo di Renmant. Convinzione che cominciò a vacillare una volta che il Dottore li rese consapevoli del fatto che, se Ruby si fosse rivelata troppo indipendente, il Maestro non avrebbe esitato a trasformata in un pupazzo privo di volontà, capace solo di eseguire il suo volere.
Summer, tuttavia era ancora molto restia a prendere per vere le dichiarazioni del Signore del Tempo. Dopotutto, quell’uomo stava accusando apertamente anche la donna che l'aveva cresciuta. Il suo mondo crollò definitivamente quando il Dottore rivelò loro la vera natura di Battleground… e risvegliò i loro ricordi.
Entrambi avevano cercato in tutti modi di negare quella terribile realtà, incapaci di accettare la possibilità che, fino a quel momento, avessero solo vissuto in una menzogna costruita per tenerli sotto controllo, come bestiame, inconsapevoli delle loro vite precedenti. Alla fine, tuttavia, quell’inequivocabile verità li aveva spinti ad accettare la proposta dell’alieno.
I due avevano quindi cominciato a condurre vari raid e operazioni sotto copertura per la Resistenza, all’insaputa della figlia e della madre di Summer. Cosa che, alla fine, li aveva condotti proprio a Gongmen, dopo che il Dottore aveva ricevuto una chiamata d’emergenza ad opera di Rowlet.
La loro missione era una sola: liberare Royal Noir dalle grinfie del Governatore Shen.
Grazie alle loro spie in Wakanda, i ribelli erano ben consapevoli dell'enorme quantità di vibranio a disposizione dell’uomo, quindi il Dottore aveva fornito alla coppia un dispositivo realizzato appositamente per situazioni come questa: uno speciale agente chimico, realizzato nei laboratori di Dreamland, in grado di indebolire non poco il prezioso metallo, fino a fonderlo. Questa particolare sostanza funzionava come un repellente specializzato, attaccando qualunque tipo di minerale che fosse capace di assorbire vibrazioni sonore, come il vibranio. Per tale motivo, non aveva alcun effetto su quei materiali che non presentavano una simile caratteristica, e poteva essere tranquillamente usato per rivestire la maggior parte delle armi.
Giunti a una trentina di metri da dove iniziava il perimetro dei sistemi di sicurezza, i due coniugi si separarono.
<< In bocca al lupo >> sussurrò Qrow alla moglie, dandole un piccolo bacio sulla guancia.
Poi, il corpo dell’uomo cominciò a cambiare. Penne nere come la pece iniziarono a protrarsi dalla figura del Cacciatore, mentre questa iniziò a rimpicciolirsi. La testa da umano venne sostituita da quella di un corvo, completa di becco, e i vestiti dell’uomo si fusero al corpo per creare ali, coda e zampe artigliate.
L’uccello fissò la moglie con occhi rossi e luminosi, prima di spiccare il volo in direzione della magione.
Summer guardò per qualche secondo il volatile, augurandogli a sua volta buona fortuna, quindi si diresse dritta verso le mura esterne del palazzo. Fatto questo, mosse appena la croce con un rapido movimento del polso. Dalla punta dell’arma fuoriuscì una catena uncinata, che andò a conficcarsi nel terreno.
La Cacciatrice fece scorrere la corda metallica per un paio di metri e la lanciò dritta ai piedi dell’edificio. Il semplice contatto della croce col terreno provocò l’esplosione di alcune mine che erano state disposte lungo tutto il perimetro del complesso. Una misura preventiva che Shen aveva piazzato in caso di potenziali intrusioni, e che Summer aveva scoperto dopo un’attenta analisi termica dell’area circostante.
In breve, diversi riflettori vennero puntati sulla donna; questa sogghignò, consapevole di aver appena completato il suo obbiettivo. Con tutti i soldati concentrati su di lei, nessuno avrebbe fatto caso a Qrow.
<< Chiunque tu sia, fermati subito in nome di Lord Shen! >> gridò una delle guardie sul bastione, sfoderando una balestra, mentre accanto a lui altri due uomini cominciarono ad armeggiare con un paio di tablet.
<< Allora, chi o cosa è? >>
<< Sembra un’utilizzatrice d’Aura... e anche molto forte >> rispose l’altra guardia, analizzando le informazioni che comparvero sullo schermo del proprio dispositivo.
Quasi come ad un segnale, numerose torrette meccaniche fuoriuscirono dai basamenti delle mura. Ognuna di essere era dotata di sensori di movimento e piccole mitragliatrici anti-aura, mentre altre sembravano armate di missili a corta gittata. Le mitragliatrici furono le prime a sparare.
Summer riuscì a schivare la maggior parte dei proiettili, procurandosi solo qualche taglio; niente che non si sarebbe rimarginato in qualche minuto.
Corse verso le mura, mentre altri due mitragliatori uscivano dal terreno di fronte a lei. Senza dar loro il tempo di far fuoco, li tagliò in due con la sua catena, per poi scivolare sull’erba e perforare un'altra torretta. Ma ecco che una potente esplosione risuonò proprio sotto i suoi piedi, spedendola in aria.
La Cacciatrice atterrò con grazia, imprecando mentalmente. Era stata così concentrata sulle mitragliatrici da dimenticarsi delle mine.
Allo stesso tempo, sulle mura si erano raccolte altre guardie. Una di loro si porse oltre il bordo della parete, puntandole contro una balestra e intimandole di fermarsi.
La donna rimase in silenzio ad analizzare il loro equipaggiamento: le armature e le armi erano progettate per condurre sia la Polvere che radiazioni anti-Aura. A quanto pare, l’imperatore della Cina possedeva più risorse di quanto avesse inizialmente pensato.
Prese un respiro profondo… e balzò in avanti, superando il maggior numero possibile di mine e utilizzando le mura come punto d’appoggio. La guardia fece fuoco con la balestra, ma la Cacciatrice sembrò non badarci troppo. Evitò il colpo con una grazia innaturale e salto a mezz’aria, la sua figura stagliata contro il chiarore della luna piena.
Allo stesso tempo, la catena della sua arma fuoriuscì per intero e si avvolse attorno a una delle guardie. Summer vi saltò sopra, stendendola con un calcio. Non appena gli altri soldati le si fiondarono addosso, ella si aggrappò ad uno dei pioli, usandolo come ancoraggio per atterrare sul lato opposto de muro. Attorno a lei apparvero altre guardie, accompagnate da torrette esplosive e mitragliatrici.
Summer si limitò a sorridere e cominciò a fare strage di avversari. Fendente, parata, fendente… ogni movimento equivaleva ad un colpo, un arto mozzato o un’arma spezzata. Ma pur sembrando inarrestabile, anche quella temibile donna aveva i propri limiti. Più tempo passava a combattere, più energia esauriva. Non sarebbe durata a lungo in quella situazione, non contro un’intera guarnigione.
Colpì una delle guardie con un calcio volante alla testa, e quindi usò la sua catena per attaccarsi a un albero distante pochi metri. Si concesse un momento per osservare l’area circostante: era completamente circondata.
Infuse Aura all’interno della croce e cominciò rotearla come una trivella, per poi lasciarla cadere sul terreno, generando un’onda d’urto abbastanza forte da sbalzare un buon numero di avversari. Fu allora che approfittò del varco appena aperto per liberarsi dalla scomoda situazione, raggiungendo ancora una volta la cima delle mura.
<< Attenti, sta arrivando! >> gridò una guardia, prima che Summer gli atterrasse addosso e lo gettasse di sotto con un calcio.
Per fortuna era atterrata in una zona isolata. Prese lo spray anti-vibranio, come le piaceva chiamarlo, e irradiò la sua arma, sicura che ne avrebbe avuto bisogno contro la moltitudine di guardie che ora si stava preparando a combatterla, brulicando per tutta la fortezza.
<< Qrow, per favore, sbrigati >> disse tra i denti.

 
***

Il laboratorio alchemico era avvolto nel silenzio. Baelfire giaceva in agonia, semi-cosciente, con la schiena accasciata lungo la parete, il capo chino, le gambe stese e le braccia ancora rigidamente tenute in su dalle polsiere in vibranio.
Il bruciore delle ustioni si era trasformato in un insieme di disgustose pulsazioni. L’avambraccio sinistro lanciava profonde fitte, ma mai quanto lo stomaco, semicoperto dalla seta lacerata e zuppa di liquido scarlatto. Gli artigli di Shen non era penetrati in eccessiva profondità, ma gli avevano comunque fatto perdere molto sangue. Cercò in tutti i modi di intervallare respiri numerosi ma brevi: la dilatazione del torace rischiava di aggravargli l’emorragia.
Ad un tratto, il silenzio permeante la sala venne interrotto da un tonfo secco, seguito da un frullare di ali. La grata del condotto di aerazione del laboratorio era stata sfondata, lasciando entrare nella stanza un grosso corvo dalle piume spettinate. L’animale esplose in un vortice di piume, riassumendo all’istante la figura di Qrow Branwen.
Il Cacciatore si avvicinò al ragazzo, esaminandolo, preoccupato. Era ridotto parecchio male, ma ancora vivo.
<< Sei Royal Noir, vero? Riesci a sentirmi? >>
La voce dell’uomo gli giunse ronzante e lontana, cogliendolo di sorpresa, ma Fire riuscì comunque a comprenderla. Raccolse tutte le proprie forze per fare un cenno di assenso col capo.
<< Mi chiamo Qrow Branwen. Sono qui per aiutarti, ragazzo. Resisti un altro po’. >>
Il Cacciatore si sfilò lo zaino dalla spalla, posandolo a terra e frugando al suo interno, estraendone quella che all’apparenza pareva una comune bomboletta spray. Ma quando ne accostò la fessura alle polsiere e spruzzò, ne uscì fuori uno strano gas odorante di ammoniaca, che produsse un vivace sfrigolio sul metallo, corrodendolo notevolmente, tanto da permettere all’uomo di staccare le manette con un gesto secco.
Non appena fu libero, l’adolescente crollò con le braccia in avanti, incapace di reggersi in piedi. Qrow lo afferrò al volo per le spalle, strappandogli suo malgrado un gemito, e cercò di farlo stendere supino a terra con tutta la delicatezza di cui era capace.
<< La prossima parte non sarà piacevole >> lo sentì dire Fire, osservandolo inginocchiarsi accanto a lui, attraverso le palpebre socchiuse << Cercherò di fare in fretta. Stringi i denti, d’accordo? >>
Per i successivi minuti, mani esperte pulirono e disinfettarono le sue ferite e tamponarono con impacchi freddi le ustioni, per poi spalmarvi sopra delle creme reidratanti e curative. Per tutto il tempo, il Vigilante tenne i pugni serrati e i denti stretti su un panno messogli in bocca da Qrow, sopportando a forza il dolore.
L’istante dopo percepì il Cacciatore posare in vari punti sopra la pelle qualcosa di liscio, duro e circolare: sollevando appena lo sguardo, si rese conto che si trattava di Cristalli di Polvere curativi. Provenienti dal pianeta Renmant, quegli affari erano notevolmente richiesti in tutto il mercato medicinale di Battleground.
Senza perdere tempo, l’uomo chiuse gli occhi e concentrò parte della propria Aura all’interno del minerale, che cominciò a illuminarsi di un debole bagliore rosso. Il cristallo iniziò a fungere da conduttore, trasferendo l’energia dritta nel corpo di Fire e cominciando a guarirne le ferite. Dopo quasi un minuto, gran parte di esse erano ormai rimarginate.
<< Okay, ora dovresti stare meglio >> sentenziò Branwen, aiutando l’adolescente a rialzarsi << Purtroppo, sul ventre e sull’avambraccio ti rimarrà sicuramente la cicatrice, le ferite lì erano veramente profonde. Tuttavia, la mia aura dovrebbe aver compensato la perdita di sangue. >>
Non appena Fire fu in piedi, tirò un sospiro profondo per placare il battito furioso del cuore e regolarizzare il respiro. Quindi mantenne fermo l'equilibrio e guardò negli occhi l'uomo.
<< Come ha fatto a trovarmi? >> chiese con tono flebile.
Qrow, per tutta risposta, cominciò a rovistare nella cintura, prendendo quello che sembrava un piccolo blocco di gelatina rossa, al cui interno appariva chiaro ed evidente un meccanismo d'innesco.
<< È tutto merito di quel tuo amico piumato >> riprese l’uomo << È riuscito a mettersi in contatto col Dottore e Dedede, informandoci della situazione. >>
Il Vigilante rimase sollevato all’udire una simile notizia: Rowlet era al sicuro, stava bene e ancora una volta era stato in grado di dimostrargli quanto in realtà fosse forte e temprato nonostante il suo animo spensierato, stupendolo non poco.
Doveva andare. Voleva tornare da lui, e soprattutto da Logan. Ne aveva bisogno adesso più che mai: le parole del Governatore e le sue orride risate ancora gli rimbombavano in testa, ma si costrinse a restare lucido, fissando ancora una volta negli occhi l’interlocutore.
<< Spero che, com’è riuscito ad entrare… sappia anche come uscire, signor Branwen. >>
Alle parole del giovane, Qrow si concesse un sorriso divertito. << È evidente che non hai la minima idea di chi hai di fronte, ragazzo. >>
Detto ciò, si avvicinò all’unica porta del laboratorio e vi posizionò sopra lo strano cilindro rossastro, per poi fare cenno al Vigilante di indietreggiare. Estrasse il proprio scroll dalla tasca, e con un gesto deciso premette un pulsante sopra di esso.
Ci fu un lampeggio, seguito da un sonoro bip. L’ordigno esplose, generando una densa nuvola di polvere; una volta diradatasi, Fire constatò che la porta era crollata giù.
<< Ottimo! Il piano ora è incontrarci con mia moglie e tornare a Remnant >> disse il Cacciatore << Sta combattendo nei pressi delle mura, quindi ci conviene muoverci. >>
L'adolescente dai capelli verdi annuì, quindi tese il braccio destro in avanti: il Cristallo sul bracciale si illuminò di un lampo verde, e in uno sbuffo di fumo la maschera di gufo ricomparve sul volto del ragazzo, mentre il resto dei punti stracciati e zuppi di sangue tornavano integri e puliti, come se non fossero mai stati toccati.
Si calò il cappuccio sul capo e recuperò il suo arco, abbandonato in un angolo della stanza, e se lo issò sulla schiena. Dopodiché, fece un cenno all’altro, come a dirgli di fare strada, e lo seguì.
Mentre si allontanavano attraversando gli stretti corridoi stranamente deserti, il Cacciatore si portò una mano sull’orecchio, dove teneva un auricolare.
<< Amore, ho recuperato Royal Noir. Dove ti trovi ora? >>
<< Sono riuscita a salire sulle mura, ma Shen mi ha spedito contro un esercito equipaggiato con munizioni anti-Aura! Sono ai piani superiori, controlla la mappa sullo scroll! >> gli rispose una voce femminile dall'altro capo della linea, leggermente ansimante.
Qrow obbedì, controllando lo schermo. Fece scorrere la cartina dei sotterranei, fino a quando la pianta non gli mostrò l’uscita e il percorso del castello che avrebbe loro permesso di raggiungere la Cacciatrice il prima possibile.
<< Bene, figliolo, per trovare Summer e scappare dovremmo probabilmente affrontare un bel po’ di resistenza. Tu seguimi e offrimi supporto dalle retrovie. Nel frattempo, controllerò il corridoi usando mia forma di corvo >> disse, sfoderando la spada e portandosi avanti per primo.
“Forma di corvo?” si domandò mentalmente Fire, gli occhi strabuzzati.
Forse era la sua Semblance. Dopotutto, aveva visto quell’uomo utilizzare l’Aura, quindi doveva trattarsi di un Renmaniano. Sapeva che alcuni di loro possedevano abilità speciali, derivanti proprio da quell’insolita energia che permeava i loro corpi.
I due percorsero immediatamente il lungo corridoio dei sotterranei, lasciandosi presto alle spalle le numerose stanze, e quasi subito si trovarono davanti la porta d'uscita.
<< Probabilmente molte delle guardie sono concentrate ai piani superiori con sua moglie >> considerò Royal Noir << Ma potrebbero essercene alcune nelle vicinanze. Se ora fa saltare la porta, attireremo la loro attenzione. >>
<< Giusta osservazione, figliolo, ma non abbiamo altra scelta. Sta’ indietro e tieniti pronto. >>
Branwen alzò la spada contro il portone e infuse una copiosa quantità di energia dentro le canne, illuminandole di un bagliore cremisi. Sparò due proiettili e, una volta che questi raggiunsero la porta, causarono un'altra esplosione abbastanza forte da spedire in aria anche le guardie più vicine alla suddetta.
I soldati abbastanza fortunati da trovarsi nel corridoio davanti a loro li indicarono, prendendo le armi.
<< Royal Noir?! >> urlò una delle guardie << Come ha fatto a scappare?! >>
<< Che importa? Prendiamoli subito, o Lord Shen avrà le nostre teste! >> gridò il capo del piccolo plotone, sguainando una katana e dirigendosi subito contro la coppia.
<< Uff, odio sentirmi ignorato >> commentò Qrow, trasformando prontamente la propria arma in una gigantesca falce, proprio come la figlia, e scambiando un paio di colpi col leader avversario, per poi metterlo fuorigioco tagliandogli una gamba.
Di fianco a lui, il Vigilante Mascherato estrasse l'arco dalla schiena e incoccò una freccia d'energia, colpendo ripetutamente i bersagli con precisione millimetrica e coprendo le spalle al Cacciatore.
Due guardie, però, riuscirono maldestramente ad evitare i proiettili e a raggiungerlo: Fire schivò un colpo di katana, e con una spazzolata lungo le gambe spedì la prima guardia a terra, tramortendola con un colpo di arco. Fatto questo, creò un pugnale di energia e infilzò la spalla della seconda, rifilandogli una potente gomitata nello stomaco e poi un pugno in faccia, facendolo crollare a terra.
Nel mentre, Qrow si stava disfando delle altre guardie servendosi di proiettili caricati d'Aura, tecniche corpo a corpo occasionali e, ovviamente, utilizzando la falce che l'aveva reso famoso in tutta Battleground per aver sterminato centinaia di Grimm e fuorilegge.
Un altro gruppo di soldati uscì da due porte ai lati opposti del corridoio, per prenderlo di sorpresa. Tuttavia, il Cacciatore non si fece trovare impreparato.
Con una mossa quasi impossibile da seguire a occhio nudo, risfoderò la spada e lanciò un potente taglio caricato di energia, che travolse entrambi i blocchi di soldati. Le loro armature e protezioni anti-Aura riuscirono a proteggerli dalla maggior parte dei danni, ma il colpo fu comunque abbastanza potente da tramortirli. Quei pochi che riuscirono a rialzarsi da quel mucchio di corpi svenuti, furono nuovamente messi al tappeto dai colpi laser di Royal.
Quest'ultimo diede una spazzolata all'arco. << Dobbiamo muoverci in fretta, ne potrebbero arrivare degli altri. Ci conviene volare >> disse con voce determinata.
Qrow annuì concorde, controllando nuovamente la posizione della moglie sulla mappa digitale del castello. Agguantò l'elmo di una guardia e lo lanciò contro una finestra, sfondandone il vetro.
<< Andremo fuori per avere più spazio di movimento e rientreremo appena possibile. Farò strada io, mi affido a te per la copertura. >>
E, detto questo, l’uomo saltò fuori dalla finestra e lasciò spazio alla sua forma animale. Di rimando, un lampo verde attraversò la pietra sul bracciale e il mantello scuro dell'incappucciato lasciò spazio alle ali piumate.
Con un balzo si librò in aria, attraversando la finestra e seguendo l’uccello in volo. Come da richiesta, scrutò il perimetro per guardare le spalle al Cacciatore.
Le mura e le torrette erano piene di arcieri che non ci misero molto ad avvistarli.
<< A destra! >> urlò a Branwen, per poi esibirsi in un'impennata e spostandosi verso destra per schivare una pioggia di frecce.
Fire lanciò un raggio per incenerirne alcune dirette contro il corvo e poi un altro, mirando alle sentinelle. Qrow gracchiò un ringraziamento al ragazzo, mentre schivava a sua volta altre frecce.
Con la coda dell’occhio, il Cacciatore vide tre guardie che preparavano una mitragliatrice puntata dritta contro Royal Noir, al momento impegnato con un'altra torretta.
Senza perdere tempo, volò sopra i nemici e tornò umano. Al momento dell'atterraggio, spada tra le mani, rilasciò una corrente d'Aura nel terreno, generando un onda d'urto abbastanza forte spedire i tre nemici oltre mura.
Fece per ritrasformarsi, ma guardando una finestra poco lontana vide una scia bianca che si muoveva a velocità spropositata, mentre altri soldati di Shen facevano del loro meglio per starle dietro, finendo decapitati o lanciati fuori dalle vetrate.
Nessun dubbio su chi fosse la responsabile.
<< Royal >> urlò, indicando la finestra << Summer si trova lì dentro. Prendiamola e usciamo da questo buco! >>
Il ragazzo annuì prontamente e si gettò in picchiata, seguito dall’uccello, verso la persiana indicata. Dopo aver caricato il pugno di piccole scariche elettriche verdastre, stese il braccio in avanti, verso le finestre, e dal palmo liberò un fascio di energia che ne sciolse il vetro.

 
* * *

All’interno della struttura, Summer Rose si trovava nel bel mezzo di uno snodo, intenta a far volteggiare la propria arma per bloccare qualsiasi attacco da parte delle guardie. Tuttavia, sapeva che non sarebbe durata ancora a lungo, le sue riserve di Aura erano ormai al limite.
La figlia di Salem ricoprì la croce metallica con una patina di Polvere congelante, preparandosi a contrattaccare. Tuttavia, poco prima che potesse farlo, il gruppo di soldati venne prontamente investito da un potentissimo raggio d’energia verde fuoriuscito da una delle finestre.
Guardò per un attimo stupita il luogo dove si trovavano le guardie fino a pochi secondi fa, quando una figura dal lungo mantello e una maschera simile a un gufo entrò nel corridoio armata di arco.
Summer lo riconobbe all’istante come l'obiettivo di quella missione di salvataggio, subito seguito da un corvo molto familiare.
<< QROW! >>
Senza perdere tempo, la donna corse verso il marito, tornato in forma umana, e gli gettò le braccia al collo, per poi stampargli un rapido bacio sulle labbra.
<< Ehi, calma, ragazzina! >> ridacchiò l’uomo << So che eri preoccupata per me, ma abbiamo ancora del lavoro da fare. >>
Il Cacciatore indicò la figura di Fire.
<< Ti presento il Vigilante Mascherato di Gongmen, Royal Noir. >>
Summer si tolse il cappuccio per osservare meglio l’adolescente, e quest’ultimo rimase piuttosto sorpreso di trovarsi davanti un viso ancora molto giovane.
<< È un piacere conoscerti, ragazzo >> disse la donna con un placido sorriso << Sbrighiamoci a uscire da qui, la strada per la nostra astronave è lunga. >>
Fire annuì, per poi guardarsi intorno.
<< Riconosco quest’ala. Se non sbaglio, dovrebbe esserci un’entrata collegata alle uscite laterali del palazzo. Seguitemi >> li incitò, facendo per infilarsi lungo il primo corridoio a destra.
Ma proprio in quel momento, dalla porta fecero la loro comparsa un gruppo di figure ben distinte. Erano alte, completamente rivestite di armature scarlatte dalle caratteristiche orientali, complete di emetti. Nelle mani reggevano numerose armi, che andavano da fruste a spade dotate di doppia lama: ognuna di essere era illuminata da un bagliore luminoso, e scoppiettava di scariche elettriche.
Il giovane imprecò sonoramente, indietreggiando assieme ai due Cacciatori. Tuttavia, la coppia di veterani non era certo nuova a situazioni in cui si erano trovati in inferiorità numerica rispetto agli avversari.
Summer estimò a grandi linee il numero di nemici coinvolti e sfoderò rapidamente la sua catena, mettendosi davanti al giovane arciere.
<< Restate in formazione >> ordinò secca, mentre Qrow le copriva il fianco sinistro con la falce sguainata, ottenendo così una zona sicura... o, almeno, sicura per quanto potesse esserlo uno spazio di dieci metri con guardie pesantemente corazzate.
Quei soldati non erano più numerosi di quelli affrontati finora, ma avevano l’aria di essere più pericolosi. Avanzarono decisi verso di loro, disegnando una formazione compatta e accerchiandoli.
Fire osservò preoccupato i loro ranghi serrati, cercando disperatamente ad un modo per sfuggire a quella situazione. Difficilmente avrebbero potuto cavarsela in un corpo a corpo diretto: l’unica soluzione era creare un diversivo e cercare di allontanarsi il più possibile.
Fu allora che si rese conto che, nelle retrovie sulla sinistra, erano concentrati meno soldati; un colpo di fortuna che potevano sfruttare.
Il Vigilante si girò a guardare negli occhi Summer, e cercò di fare un’impercettibile segno in quella direzione, mimando con le labbra: "Là. Adesso o mai più."
La Cacciatrice, grazie ai suoi anni di esperienza, comprese il messaggio del giovane e, considerando la situazione in cui si trovavano, anche lei convenne che quella era l’unica opzione che avevano. Annuì e fece un piccolo cenno a Qrow, che le diede la mano.
<< Royal, prendi la mano di Qrow e attiva… be', qualunque cosa sia il tuo potere >> gli sibilò all’orecchio.
Royal dilatò le pupille. << L’energia che uso è instabile, potrebbe ferir-…>>
<< Non preoccuparti, non gli farai del male >> ribatté l’altra.
Allo stesso tempo, l'Aura del marito cominciò a propagarsi verso l’esterno, sottoforma di un bagliore rosso e argentato.
Il Vigilante, fiducioso dell’abilità della Cacciatrice, afferrò la mano dell’uomo come da indicazione: il suo palmo si ricoprì di luce verde, liberando qualche scarica che attraverso il braccio dell’uomo.
Summer cominciò a far roteare la catena infusa di Polvere, utilizzando l’energia di Fire come impulso per creare una sorta di vortice luminoso che si eresse a mo’ di barriera proprio di fronte a loro. Le guardie che vi entrarono in contatto vennero subito sbalzate via dalla forza dell’attacco.
Quelle più sagge indietreggiarono, cercando di sottrarsi al cerchio di energia. Allora i due Cacciatori e il Vigilante scartarono di lato, correndo verso l'unica uscita disponibile creatasi grazie all’allontanamento degli avversari, e si infilarono nel corridoio, seguiti a ruota dalle guardie.
Mentre il gruppo di ribelli correva, il ragazzo dai capelli verdi iniziò lentamente ad accorgersi che c'era qualcosa che non quadrava.
Suo malgrado, rallentò per osservare l’ambiente circostante: non riconosceva il corridoio che stavano percorrendo, ma questo era anche normale, non poteva conoscere il castello a memoria. Nonostante ci fosse stato parecchie volte non ne era il padrone, e di certo le volte in cui c’era stato non si era certo messo a giocare all'esploratore.
Era tutto stranamente anonimo: non c'erano porte, non c'erano quadri né preziosi mobili decorativi, e l'unica fonte di luce era una grossa lampada rossastra sul soffitto.
Di una cosa era certo: non era il corridoio che avrebbe potuto condurli fuori. Non che avessero avuto molta scelta, considerato come li avevano accerchiati quelle maledette sentinelle in rosso...
<< Tutto bene, figliolo? >> domandò Qrow, guardandosi intorno con fare guardingo.
Anche Branwen aveva notato quant’era spoglio quel corridoio, nonostante l’evidente passione di Lord Shen per il lusso. Inoltre, analizzando il combattimento precedente, si era reso conto che, nella loro formazione compatta e impenetrabile, le guardie avevano concentrato meno uomini vicino all'uscio di quella svolta, garantendo al gruppo una palese via di fuga.
Come potevano soldati di quel calibro commettere un errore talmente esemplare? Erano in realtà meno addestrati di quanto fossero apparsi ad una prima occhiata? Oppure, semplicemente, la loro barriera li aveva colti di sorpresa? O forse…
Non molto lontano, Summer, altrettanto ansiosa, stava controllando nuovamente i progetti del castello.
<< Okay, questo è molto strano >> disse, mostrando agli altri due la loro posizione nella mappa dello scroll.
Venivano rappresentati come due puntini luminosi sospesi nel vuoto – tranne Fire, in quanto non possedente Aura.
<< Questo corridoio non è segnato sulla mappa. E dubito fortemente si tratti di un errore di programmazione. >>
L'ansia e la preoccupazione strinsero lo stomaco di Royal Noir in una morsa dolorosa. Si guardò intorno: le pareti erano in metallo, semi-illuminate dalla luce rossa sopra le loro teste.
Qualche metro più avanti, il corridoio terminava con un uscio squadrato: si ritrovarono così in una stanza altrettanto anonima con quattro pareti provviste stavolta di altrettante luci scarlatte, fissate ai vari angoli del soffitto.
D’istinto, i due Cacciatori si avvicinarono a Fire per proteggerlo. Erano inquietati e preoccupati quanto l’arciere, a causa di quell'improvviso vicolo cieco per niente rassicurante.
Non avevano idea di cosa aspettarsi, era una situazione completamente fuori dal loro controllo. Inoltre, la loro Aura rischiava di esaurirsi completamente in pochi minuti, e ci sarebbe voluto parecchio tempo prima che potesse ricaricarsi a dovere.
<< Sum, ci conviene chiamare Thor >> disse Qrow, rivolto alla moglie << non riusciremo mai ad uscire da qui in tempo. >>
Fire osservò Summer Rose prendere in mano il proprio scroll e armeggiarvi con le dita; qualche secondo dopo, si sentì un sonoro bip, seguito da una viva imprecazione della Cacciatrice.
<< Non c’è campo, probabilmente siamo sotto terra. Dovremmo sfondare un... >>
La donna si interruppe all'improvviso, quando le luci nella stanza si intensificarono, facendoli istintivamente voltare tutti e tre di scatto.
<< Ah, bene... >> sussurrò Branwen, esasperato.
Il nuovo drappello di guardie li aveva raggiunti: erano meno numerosi di prima, probabilmente perché alcuni erano rimasti bloccati dalla barriera, ma non meno minacciosi.
Stavolta a guidarle c’era Shen Feng in persona: nella mano destra reggeva la sua lancia, la punta frastagliata rivolta verso il terreno. Gli abiti regali erano stati sostituiti da un semplice kimono bianco, privo di regali rifiniture e dall’orlo più corto, almeno fino alle ginocchia. Indossava degli stivali neri, che quasi si confondevano con i pantaloni attillati aventi lo stesso colore.
Si trovava al centro della fila e avanzò appena verso di loro, un sorriso poco rassicurante stampato sulle labbra.
<< Buonasera, signori! >> enunciò con enfasi, in direzione della coppia di Cacciatori. Tese la mano artigliata, come in attesa di ricevere qualcosa << Ora, tolti di mezzo i convenevoli... prego, riconsegnatemi la mia preda. >>
Un lampo scarlatto balenò nel suo sguardo, mentre puntava le malefiche iridi di rubino verso la figura dell'adolescente, situato in mezzo a Qrow e Summer.
Per tutta risposta, quest’ultima si portò davanti all’incappucciato.
<< Lord Shen, scusate se non obbediamo, ma sapete come siamo noi Cacciatori. Spendiamo una vita intera a costruire la nostra reputazione, credetemi, non è una cosa facile. Sarebbe davvero un peccato dover ricominciare da capo a causa di una missione fallita >> disse sardonica, esibendosi in un inchino beffardo.
Voleva assolutamente guadagnare tempo, in modo da permettere a lei e al marito di ricaricare il più possibile la propria Aura.
<< Come siete arrivato fin qui senza che ce ne accorgessimo? >> domandò con tono vagamente incuriosito << Me ne ricorderò, nel caso dovessi tornare in questo posto. Anche se l’idea non mi entusiasma particolarmente, è troppo pacchiano persino per i gusti di mia madre. >>
<< Conosco questo castello come le mie tasche, e questo naturalmente riguarda ogni passaggio segreto e ogni stanza. Devo dire, signorina Rose, che sono davvero spiacente di dovermi occupare di voi e di vostro marito. Povera Salem, le si spezzerà sicuramente il cuore a scoprire una cosa simile... >>
I due Cacciatori non si stupirono affatto d’essere stati riconosciuti, vista la loro fama e la parentela di Summer con la regina di Remnant.
<< Per qualche ragione, ne dubito fortemente >> rispose sarcastico Qrow, reggendo il gioco della moglie << E comunque…Royal Noir resterà con noi. >>
L’albino ridacchiò sonoramente. << Sono lieto che la pensiate così... altrimenti vi avrei attirato qui per niente. >>
Fire sentì un nodo stringergli la gola. Ecco spiegato il troppo conveniente errore di quei soldati. Era servito per attirarli in una trappola nella quale erano caduti in pieno.
<< Perché proprio qui? >> si intromise, sforzandosi di mantenere fermo il tono della voce << Cosa c’è in questa stanza? >>
<< Un regalo >> rispose Shen, ostentando falsa benevolenza << Un regalo di cui farai parte, Royal. O meglio, che ti farà in tante parti. Una parte qui, una parte lì... >>
Sgranò le palpebre in un’orrida espressione folle, accentuata dal ghigno crudele e dalle sclere bianche degli occhi talmente allargati da far apparire le iridi inquietantemente piccole.
<< E una parte giù, per terra, mescolata insieme alle più miserabili feci, una macchia sul marmo... il posto che spetta alla feccia ribelle come te e i tuoi protettori >> sibilò.
<< Perché non vieni a ripetermelo più da vicino, femminuccia!? >> sbottò Branwen, puntandogli contro la falce << C’è una cara amica che vorrei tanto presentarti. >>
A quelle parole, le guardie si misero in posizione, sguainarono le armi, e si lanciarono contro di loro.
Del terzetto, Summer fu la prima a reagire. Fece vorticare la catena lungo le caviglie di alcuni avversari e le avvolse, facendoli inciampare gli uni sugli altri in modo che i crani cozzassero tra di loro, creando così un poderoso boato di ossa rotte.
Quattro soldati evitarono la frusta e la attaccarono in contemporanea, costringendola a chiudersi in una serrata quanto disperata difesa corpo a corpo. La donna era sensibilmente provata, non avrebbe retto a lungo quel testa a testa.
Royal Noir azionò le ali, generando delle potenti raffiche d’aria per cercare di allontanare da sé gli avversari e facendoli scontrare fra loro, generando più confusione possibile: i corpi erano completamente inermi di fronte alla potenza di quel vento, vorticanti come fuscelli in una tempesta.
Una mossa da dilettante, ma che avrebbe permesso loro di guadagnare tempo. D'altro canto, non aveva altro modo di agire, dei tre era quello messo peggio: il suo laser non era in grado di perforare il resistente vibranio wakandiano, perfetto per assimilare le onde d'urto generate dall'impatto dei colpi contro il corpo.
Era stato progettato per questo, dopotutto. Nessun altro metallo, nemmeno l’adamantio, svolgeva al meglio questa funzione, e quei bastardi ne erano ricoperti da capo a piedi: se avesse intrapreso un corpo a corpo… non ne sarebbe uscito vivo.
Qrow, nel mentre, era impegnato con un totale di sei guardie. La sua maggiore esperienza e abilità nel combattimento avevano fatto in modo che egli fosse quello meno provato del trio. Di certo non era uno sprovveduto, e aveva ben pianificato di usare quello che restava dello spray anti-vibranio ideato dal Dottore per permeare la propria lama. A nulla valsero gli sforzi dei soldati che tentavano di affrontarlo: le loro teste venivano decapitate, saltando dai colli come petardi, sommergendo il guerriero del loro sangue.
Fire, supportato dagli attacchi del Cacciatore, era riuscito ad aprirsi un varco. Si guardò intorno e individuò la figura di Shen: quest’ultimo passeggiava in mezzo ai cadaveri accumulatisi senza battere ciglio e senza mostrare alcun impedimento, bianco e aggraziato come suo solito, la veste completamente immacolata nonostante il sangue da cui era circondato.
La lesta avanzata, accentuata dal rosso sguardo famelico, era quella di un predatore intenzionato a colpire l’individuo al momento più debole e in difficoltà del “branco”: Summer Rose.
D’istinto, il ragazzo strinse i pugni e piegò le ginocchia più che poté: con un balzo si slanciò in avanti, dritto verso il suo bersaglio, utilizzando la spinta d’aria generata dalle ali. Shen non si scompose nemmeno al vederlo sfrecciare a razzo contro di lui; semplicemente interruppe la propria camminata e levò un braccio, scagliandogli contro tre kunai.
Il ragazzo usò le braccia per ripararsi, invano: il primo kunai lo colpì all’addome, il secondo alla spalla e il terzo lo centrò al polso. Tuttavia, invece di colpire la carne, il proiettile sfiorò il Cristallo di Polvere incorporato nell’abito, scheggiandolo.
Subito le ali piumate si afflosciarono, ritrasformandosi automaticamente nel mantello, e Royal Noir crollò disteso per terra, ai piedi dell’albino. Quest’ultimo lo osservò stringere una mano sull’elsa dei kunai infissi nella carne.
Con un enorme sforzo, mordendosi le labbra per trattenere i versi di dolore, Fire li estrasse con un colpo secco, liberando fiotti di sangue. Ma quando tentò di risollevarsi da terra, Shen gli schiacciò la suola dello stivale dritto sulla ferita dell’addome, strappandogli un rantolio e facendolo ripiombare supino.
<< Dedalo disse ad Icaro di non volare troppo vicino all’acqua, e nemmeno troppo vicino al sole, poiché le sue ali si sarebbero sciolte. Ma Icaro non ascoltò il padre: in un impeto di fanciullesca allegria, decise di librarsi in aria, sempre più su. Ciò che disse Dedalo si avverò e le ali del figlio si sciolsero, facendolo precipitare tra le fredde braccia di Thanatos. Ti ricorda qualcuno, passerotto? >>
Il governatore si piegò verso l’odiato rivale, fissandolo negli occhi sofferenti, il gomito poggiato sul proprio ginocchio.
<< Il tuo volo è finito. Ti sei librato troppo vicino al Sole, e adesso eccoti qui. Che cosa ne penserà il tuo amato papino? >>
<< Lascialo fuori da questa faccenda! >> sibilò l’adolescente mentre, con una smorfia di dolore, faceva leva col busto per protendersi e agguantare la caviglia dell’albino con entrambe le mani, nel vano tentativo di scostarla.
<< Le avventatezze si pagano, fanciullo >> replicò Shen, affondando di più il piede nella carne senza battere ciglio, gustandosi il conseguente gemito di dolore << Si pagano personalmente, e le pagano gli altri assieme a te. Come Icaro, tu pagherai con la tua vita, e come Dedalo, Logan pagherà... con il dolore della perdita. Il mito non prevede un suicidio prematuro dell’addolorato padre come conseguenza dell’incapacità di affrontare un simile fardello... ma in fondo, di miti ne esistono sempre tante versioni. Perché non scriverne una nuova, più tragica e accattivante? >>
Un ghigno mefistofelico arricciò le labbra dell’uomo, come se già stesse immaginando e pregustando la realizzazione di quel crudele proposito.
<< Me ne occuperò personalmente, non temere. In fondo te lo devo. Ma tempo al tempo, prima... osserva cosa succede quando coinvolgi i tuoi amichetti nei tuoi stupidi giochi egoistici da supereroe! >>
Rimosse lo stivale dal suo stomaco e gli voltò le spalle, proseguendo nel suo cammino verso Summer.
<< No! >>
Fire si risollevò in piedi barcollando, ma ecco che il laccio laser della frusta di uno dei pretoriano lo agguantò al collo, ustionandone la pelle al contatto.
Rantolando per il respiro mozzato e il dolore della scottatura, cadde sulle ginocchia, cercando di allentare la presa con le mani, ottenendo solo l’effetto di bruciarsi anche quelle. Il tutto mentre la guardia stringeva sempre di più il laccio, con tutta l’intenzione di strangolarlo.
L’adolescente sentì la vista appannarsi e i muscoli bruciare, ma il peggio era che, nel perdere il respiro, sentiva la coscienza invasa lentamente da una sensazione piacevole, quasi paradisiaca: per un attimo... pensò di lasciarsi andare, di annegare in quella sensazione e non pensare più a niente. Era stanco, così stanco di tutto...
Un boato lo riportò bruscamente alla realtà, facendolo crollare a terra e tossendo sonoramente. Tamponandosi l’ustione, sollevò lo sguardo: il pretoriano aveva lasciato andare la presa poiché intriso di fiamme da capo a piedi, insieme ad altre guardie.
Il ragazzo poté vedere Qrow Branwen armato di una grossa pistola, probabilmente una delle forme della sua falce. Aveva usato il suo ultimo Cristallo di Polvere per sferrare quella mossa e salvargli la vita.
L’uomo era pressoché sfinito. Dopo averne sbaragliati dieci, un’altra trentina di nemici erano sopraggiunti nella stanza, mentre stava accusando i colpi della stanchezza. La vampata di fuoco generata dal suo ultimo attacco ne aveva esaurito ancora di più le forze.
Branwen ridacchiò, mentre mormorava fra sé e sé: << Voglio sentire... cosa avrà da dire Thor a riguardo. >>
E si accasciò al suolo privo di sensi, perdendo la presa sulla falce. Le guardie rimanenti si affrettarono a circondarlo, pronte a dargli il colpo di grazia.
Royal Noir gridò di fronte a quello spettacolo. Shen aveva ragione, era colpa sua: quella coppia stava rischiando la vita unicamente per salvare lui. Lui li aveva messi nei guai. No, non poteva permettere che accadesse loro niente, ma non poteva nemmeno aiutarli entrambi.
Fu il suo istinto a guidarlo: come se il suo corpo si fosse mosso da solo, scagliò un raggio di energia contro le guardie. Come si aspettava, esso non fece loro niente, ma riuscì comunque a distrarli, permettendogli di raggiungere Branwen. Con un impeto di forza inumano, agguantò l’asta della falce e la sollevò da terra.
Nel mentre, Shen si diresse verso Summer. La donna si era liberata delle guardie contrattaccando con il corpo a corpo, ma era inevitabilmente sfiancata e ferita. Il governatore ne approfittò per calare un affondo diretto; fu l'istinto sviluppato in anni di lotta a salvare la donna, facendola rotolare rapidamente fino al muro.
Puntò l’arma verso la testa dell’albino. Non appena la Cacciatrice prese a sparare, l’uomo, con un gesto fulmineo, agguantò il lungo manico della lancia e fece roteare rapidissimo l’arma in un cerchio perfetto, al punto da rendere lama e manico indistinguibili: i proiettili iniziali si scontrarono contro quella difesa improvvisata e vennero sbalzati via, senza minimamente toccare il loro vero bersaglio.
Forte di quella protezione, il governatore avanzò, sfruttando i movimenti del proprio bacino per deviare a piacimento la traiettoria del resto dei proiettili sparati dalla donna, spedendoli verso di lei, Qrow e Fire.
Senza perdere tempo, l’incappucciato si lanciò in avanti per difendere Branwen, così venne colpito al braccio, perdendo la presa sulla falce e crollando a terra con un urlo.
Il grido fu abbastanza forte di riportare indietro Qrow dal suo stato di veglia imposto. Girò la testa verso Fire.
<< Ragazzo! >> urlò, alzandosi a fatica e camminando fino alla figura esanime del giovane.
Vedendo il bozzolo del proiettile che fuoriusciva dalla spalla dell’adolescente, l’uomo prese un respiro profondo e utilizzò i denti per staccarlo di forza, facendo urlare il Vigilante una seconda volta.
Poi, si voltò verso la compagna, che stava ancora combattendo contro Shen.
<< Summer! >>
Qrow tese la mano in direzione della moglie. Quest’ultima si voltò e, intuendo le intenzioni del marito, lanciò la propria catena in direzione dell’uomo.
Con le ultime forze rimastegli, l’uomo afferrò l’arma e trascinò la donna fino a sé, aiutandola a rialzarsi. Purtroppo, guardando i suoi occhi argentati, non vide quei pozzi di positività cui era solito rivolgersi nelle situazioni disperate, ma cupi vetri grigi che facevano capire che anche Summer aveva compreso la gravità della loro attuale posizione.
Qrow era stanco, senza il minimo dubbio, ma lei era ridotta ancora peggio, non avrebbe resistito a un altro attacco.
“Sono... sopravvissuto al peggio. Al peggio di questo mondo, contro quanto di più marcio poteva mandarmi contro... e sto per vedere la fine di queste battaglie... qui. Ridicolo...” pensò, rabbioso.
Il Cacciatore vide l’adolescente dai capelli verdi strisciare verso di loro, tenendosi la spalla sanguinante. Con un enorme, assurdo sforzo, quest’ultimo si sollevò in piedi, sfidando lo sguardo del Governatore e aprendo l’altro braccio, nel quale lampeggiò qualche piccola scintilla verde. Si fermò proprio di fronte alla coppia.
Tutta quella fatica per tentare di salvarlo, di proteggerlo, e adesso era lui che tentava di fare lo stesso con loro, inevitabilmente invano. Branwen si sentì invadere dalla vergogna.
Al contempo, Lord Shen scrutò il ragazzo con un’espressione indecifrabile, per poi storcere le labbra. Che fosse annoiato, stizzito o disgustato, Qrow non avrebbe saputo definirlo; impugnò il manico della lancia con due mani, sollevandola da terra.
<< Vuoi ostinarti a fare finta del contrario, Royal >> disse l’albino, calcando di disprezzo quel nome << ma ormai hai fatto la tua scelta. Perciò non morirai da eroe. Morirai... da feccia ribelle. >>
E con uno scatto secco piantò il perno dell’asta nel terreno, premendo quello che Qrow riconobbe immediatamente come un pulsante. L’istante dopo, nel pavimento esattamente sotto di lui, Summer e Fire… si aprì una botola, e precipitarono nel vuoto.
Marito e moglie si tennero stretti, avvinghiati; furono solo pochi secondi di terrore puro, quando finalmente la coppia cadde su qualcosa di duro assieme al loro nuovo protetto.
<< Q-Qrow, dove diavolo siamo finiti? >> chiese la donna, aprendo gli occhi e guardandosi attorno.
A prima vista sembrava una specie di enorme arena avvolta nella penombra, caratterizzata da un tanfo insopportabile.
<< Non ne ho la più pallida. Royal, sei qui con noi? >> chiamò Qrow, prima di lasciare andare Summer.
<< S-Sono q-qui... >> gemette Fire, sollevandosi in piedi e barcollando verso di loro << La spalla... >>
Con qualche difficoltà a causa dei muscoli ancora intorpiditi per i continui scontri, Summer si avvicinò al ragazzo, prendendo in mano un pezzo di Polvere curativa, e gli fece cenno di porgergli il braccio. Sparse quindi l’unguento sopra la ferita, che incominciò a illuminarsi di una debole luce bianca. L’istante dopo si accasciò, venendo prontamente sostenuta dal ragazzo.
La Cacciatrice si guardò intorno inquieta. Diede un colpo di tacco a qualsiasi cosa fosse la roba su cui erano caduti, riconoscendo all'istante quel suono. Aveva lavorato con quel materiale tutta la vita, in fin dei conti.
“Ossa di Grimm” pensò, sconcertata “Che diavolo ha in testa quel maledetto pazzo?”
I suoi pensieri vennero interrotti all’udire una viva imprecazione provenire direttamente dalla bocca dell’adolescente.
<< Fottutissimo coltello! >> Fire era chino sul proprio bracciale, le dita poggiate sulla pietra verde scheggiata nel tentativo di attivarlo << Non riesco ad attivare le ali. Il mio cristallo è danneggiato. >>
Summer si sporse per guardare, studiando il congegno con occhio critico.
<< Niente di irreparabile, ragazzo, penso di poterlo sistemare. Qrow, passami gli attrezzi >> ordinò al marito, che però non la sentì.
Era troppo perso nell'atmosfera macabra e soffocante di quel luogo. Non era la prima volta che incontrava qualche riccone che si divertiva a guardare massacri reciproci tra Grimm, ma c’era comunque qualcosa di strano. Generalmente i suddetti ricconi vendevano i resti delle creature dopo ogni battaglia, mentre quelle ossa dovevano essere lì da settimane.
Decise di lasciar perdere e lanciò lo cintura da lavoro a Summer, quando un rumore improvviso gli fece capire che aveva scelto proprio il momento sbagliato per ignorare il suo istinto.
<< Oh, per gli antenati... >>
Un clangore metallico cominciò a riecheggiare per tutta la lunghezza di quel luogo apparentemente dimenticato. Un suono stridulo, a tratti ritmato, come la paratia di una nave sul punto di aprirsi. Un paragone che, considerando ciò che accadde in seguito, si rivelò piuttosto appropriato.
La parete opposta della caverne si mosse verso l’altro,rivelando ciò che era davvero: una porta, costruita direttamente nella roccia. E quella porta conduceva ad una stanza parzialmente nascosta nell’oscurità, attraverso la quale il cacciatore riuscì a intravedere quello che aveva tutta l’aria di essere un tronco. Questo, almeno, fino a quando l’oggetto in questione non iniziò a muoversi.
Qrow capì che quello non era affatto un tronco. Aveva davanti a sé la possente zampa di una creatura gigantesca, alta almeno otto metri. Aveva una testa enorme, dai bordi tondeggianti, adornata da un paio di occhi piccoli e fiammeggianti. Pareva fissare dritto il Cacciatore.
Il corpo era lungo sì e no dodici metri e terminava con una lunga coda dalla punta acuminata, su cui correvano numerose protuberanze ossee che arrivavano fino alla base del collo. Ed era bianco come neve appena caduta, fu lo scontato paragone che passò per la mente dell’uomo. Denti aguzzi e grondanti di sangue fuoriuscivano da un paio di robuste mascelle appena socchiuse.
Dopo averle scrutate per quello che sembrò un tempo interminabile, Qrow scostò lo sguardo verso il basso e vide gli arti che partivano dal costato dell’animale. Erano più piccoli, ciascuno dotato di cinque lunghe dita artigliate, e si agitavano nell’aria come le chele di uno scorpione.
Non c’era alcun dubbio... l’uomo stava ammirando un dinosauro in carne ed ossa. Una creatura che, secondo la conoscenza più comune, doveva essere estinta da milioni di anni. Non sapeva a quale specie appartenesse, non era mai stato un esperto in certe cose... ma non aveva per nulla un’aria amichevole.
<< Oddio >> sussurrò Summer, affianco a lui.
Il suo primo pensiero fu che quella era una bestia di straordinaria bellezza. Nelle illustrazioni dei libri, i dinosauri venivano spesso raffigurati come animali goffi e dalla corporatura massiccia, quasi sovradimensionata, mentre la creatura che le stava di fronte aveva un qualcosa di armonioso, quasi solenne in ogni suo più piccolo movimento.
Dal mondo con cui innalzava e abbassava i fianchi, ritmati al suono della respirazione, alla maniera con cui dondolava la testa da una parte all’altra della stanza. Era agile: nulla di grave o impacciato nel suo comportamento.
Il dinosauro li scrutò con attenzione con i suoi maliziosi occhi color rosso sangue ed emise un basso barrito, simile a quello di un elefante. Le potenti mascelle si aprirono e si chiusero, e la creatura ruggì, rabbiosamente.
Infine, la grande zampa inferiore si sollevò oltre l’incisione che la porta aveva lasciato sul terreno. Le dita artigliate sprofondarono nel fango misto ai resti dei suoi numerosi pasti, mentre l’immensa mole della creatura superava il confine immaginario che la separava dal gruppo di ribelli.
La testa si abbassò lentamente in un arco, e ispezionò la stanza con attenzione quasi metodica, come un astuto killer pronto ad agguantare la sua prossima vittima.
Nel mentre, da sopra di loro giunse una voce familiare.
<< Benvenuti, miei sgraditi ospiti, nella mia cantina delle meraviglie >> annunciò Lord Shen, il cui ghigno, seppur invisibile agli occhi del trio di ribelli, sembrava quasi palpabile << Le attività di oggi prevedono lacerazioni, mutilazioni... e morte. >>
Qrow strinse i denti, riprendendo in mano la spada e gettandosi dietro un mucchietto di ossa. Sospettava che non sarebbe servito a molto dal momento che l’avversario aveva delle narici notevoli, ma nel frattempo poteva dare tempo a Summer e Fire, oltre forse a rigenerare abbastanza Aura da ritrasformarsi.
Stando a quanto lui e la moglie potevano sentire, infatti, quell'essere era decisamente dotato di Aura, quindi poteva essere una sorta di Grimm, e di alto livello. Non che il duo non avesse mai affrontato di peggio, ma ogni volta avevano avuto un minimo di preparazione, erano in gruppo e soprattutto non erano in quelle condizioni.
Summer respirò affannosamente, mentre si nascondeva insieme al Vigilante Mascherato dietro un mucchietto d'ossa ai margini dell'arena, augurandosi che l'odore fosse abbastanza per ingannare il colossale rettile.
Fire sentì la saliva seccarglisi in gola al punto da stringergliela in un nodo doloroso, mentre rivoli di sudore gelido gli colavano lungo la fronte: l’incredulità iniziale nel trovarsi di fronte ad un dinosauro – un dinosauro! – lasciò presto il posto ad un puro, semplice, istintivo sentimento di terrore.
Il suo primo istinto era stato quello di urlare, urlare con tutto il fiato che aveva in gola, tanto era terrorizzato.
“Shen, che diavolo ti sei inventato stavolta?!” urlò nella propria testa.
Paradossalmente, quel piccolo, semplice sfogo mentale gli rischiarò la mente dalla paura. Una parte di lui era vagamente consapevole del fatto di essere a un briciolo dal perdere la testa: in una sola notte era stato rapito, torturato e adesso praticamente dato in pasto ad un... un...
Si rese conto di non avere la minima idea di cosa fosse quella cosa. Non era assolutamente identificabile con nessun dinosauro che conosceva. La biblioteca dei Royston non mancava di possedere interessanti volumi sulla paleontologia, sebbene non fosse tra gli studi del ragazzo.
Somigliava ad un Tyrannosaurus Rex, ma aveva il cranio troppo appuntito, irto di escrescenze cornee, e soprattutto le sue zampe anteriori erano grandi e tozze, con cinque dita invece di due.
<< Royal... >> lo chiamò Summer, in tono sommesso e rassicurante, per calmarlo << So che ne hai già passate tante, ma avrò bisogno di almeno qualche minuto per riparare il tuo bracciale. Confido che Qrow possa cavarsela da solo, ma avrà bisogno di fuoco di copertura. Attacca in fretta e nasconditi, chiaro? >>
Il giovane sospirò, tentando di placare gli ansimi e i forti battiti del cuore. Annuì e si tolse con un gesto deciso la polsiera, mettendola nelle mani della Cacciatrice.
Quindi strisciò a gattoni, sforzandosi di fare il minimo rumore, verso Branwen, mentre sopra di lui sentiva riecheggiare la voce di Shen.
<< Vi presento l'ultimo risultato degli esperimenti di ingegneria genetica perpetrati dai miei più illustri scienziati >> rivelò il Governatore, il tono di voce adornato da un sottofondo di orgoglio << Lei è Nüwa, il primo tentativo riuscito di riportare una creatura estinta alla vita attraverso la manipolazione genetica. È l'unione perfetta delle creature più letali che abbiano mai camminato nella galassia: il Tyrannosaurus Rex, il Velociraptor… e varie specie di Grimm. Loro avrebbero tanto voluto chiamarla Tyrannosaurus Superior... ma io ho preferito optare per qualcosa di più accattivante >> continuò con eccitazione a mala pena nascosta, come se non vedesse l'ora di ammirare la propria creatura all'opera.
<< Vi presento... l’Indominus Rex! E voi, cari i miei irritanti ribelli... avrete l’onore di essere il suo prossimo pasto. Gioite, poiché con la vostra morte donerete vita ad un miracolo della scienza moderna! >>
Summer, nel frattempo, aveva preso una fiala piena di Polvere liquida, versandola sul cristallo del ragazzo con estrema attenzione, ben conscia di non potersi permettere errori.
Allo stesso tempo, Qrow si affacciò oltre il bordo dei rifiuti, prendendo la mira verso la creatura. Almeno per il momento non aveva fatto altre mosse oltre a uscire dalla propria camera, ma aveva visto bestie ben più calme trasformarsi in macchine da guerra al primo segno di pericolo.
Fire si posizionò spalla contro spalla con lui, levando lentamente l’arco dalla schiena. Non evocò immediatamente una freccia, temeva che il mostro avrebbe potuto irritarsi a causa della luce verde e attaccarli prima del tempo.
<< Ed ora, onde evitare ulteriori convenevoli… >> disse Shen, interrompendo le sue divagazioni mentali << Nüwa... uccidi. >>
E, dopo che l'uomo ebbe pronunciato quella semplice parola, i malefici occhi della creatura parvero illuminarsi di sadico piacere. Spalancò le fauci, rilasciò un secondo ruggito... e balzò in direzione di Qrow.
Pur privo di Aura, Branwen aveva comunque riflessi di prim’ordine. Rotolò lontano dal punto d'attacco dell'avversario, venendo sbalzato via dall'onda d'urto scatenata dal contraccolpo.
Atterrò su un mucchio di ossa e prese la mira. Se avesse potuto, avrebbe sparato direttamente al cervello secondario del mostro, punto debole di quasi tutti i Grimm più grossi, ma quella zona del corpo era sempre ricoperta da strati e strati di esoscheletro. Con un paio di pallottole appena cariche d'energie non l'avrebbe mai raggiunto.
<< Di’ addio alle tre dimensioni, stronzetta >> dichiarò, sparando dritto contro l'occhio sinistro della creatura.
La bestia, colpita, incespicò all'indietro e rilasciò un ruggito di pura collera, facendo scattare le fauci nel vuoto. Al contempo, cominciò a grattarsi nel punto esatto in cui Qrow l’aveva colpita, rilasciando sibili misti a piagnucolii.
Poi, ruotò su se stessa, agitando la possente coda e colpendo la figura del Cacciatore in pieno petto. L’uomo sentì le proprie ossa spezzarsi a causa della forza d’impatto e venne sbalzato contro la parete della stanza.
Nel mentre, Royal Noir era riuscito a scartare di lato, anche se il dinosauro aveva preferito concentrarsi più su Branwen che su di lui. Probabilmente, essendo più grosso, aveva un aspetto molto più appetibile. Creò una freccia e incoccò l’arco, mirando dritto all’altro occhio della bestia.
Ma questa se ne accorse. Le protuberanze ossee simili a spine che aveva sulla coda si drizzarono di colpo. Poi, con un rapido movimento del busto, il rettile le sparò direttamente contro Fire.
Sorpreso, il ragazzo rotolò su sé stesso e, contorcendosi, cercò di evitare ogni proiettile, col forte rischio di finire infilzato.
Qrow si fece avanti avanti con la falce e incominciando a colpire l’animale con una scarica di proiettili, nel tentativo di allontanarlo dal Vigilante. Ma l’intensità dei colpi non aveva nessun effetto, rimbalzava sull’armatura dell’Indominus come pioggia.
Anche Fire, gridando e proiettando fasci di luce verde, prese a colpire l’ibrido, nel vano sforzo di distrarlo e dare al Cacciatore la possibilità di mirare all’altro occhio. Sparò numerose frecce, ma il dinosauro geneticamente modificato non sembrò nemmeno accorgersene.
D’un tratto, l’Indominus lanciò un ruggito e si mise ad agitare la testa avanti e indietro, aprendo e chiudendo le poderose mascelle, in cerca di una potenziale preda. La sua vista era danneggiata, ma avvertiva comunque gli odori tramite le grosse cavità nasali.
Cominciò a rilasciare altri spuntoni nell’area circostante, e uno di essi colpì l'adolescente dai capelli verdi proprio allo stomaco, mandandolo a sbattere contro una lastra di roccia. L’Indominus girò su se stesso e gli fu di fronte.
Il ragazzo, supino sul terreno, rotolò via per evitare le fauci del mostro, si tirò in piedi, evocando una sfera luminosa e trasformandola in una spada. E quando la bestia si chinò ancora una volta per addentarlo, il Vigilante le saltò sulla schiena. In piedi, sul guscio protettivo, cercava di tenersi in equilibrio, incerto su dove lanciare la lama.
<< Mira al cuore! >> gridò Qrow, mentre evitava la coda del dinosauro.
Fire imprecò; non aveva idea di dove fosse il muscolo, essendo il corpo della creatura troppo irregolare.
<< Dove?! >> gridò.
<< Sopra le zampe anteriori! >> lo informò il Cacciatore.
Dopo aver individuato il punto, l’adolescente sollevò la spada, ma i bruschi movimenti della creatura gli impedivano di sferrare un colpo pulito. Poi l'Indominus inarcò il dorso e il Vigilante affondò la lama, finendo scaraventato via. Cadde a terra, lasciando l’arma conficcata nel dinosauro, che roteò contorcendosi e dimenandosi.
La punta di una zampa vibrò in un colpo al petto di Qrow, lacerandogli la camicia e coprendolo di schizzi di sangue. Il Cacciatore lanciò un grido, gemendo per il dolore. Si sentiva come se il fuoco gli stesse divorando il torace.
L’Indominus girò la testa verso di lui e ruggì in segno di sfida. Branwen fece lo stesso e aprì il fuoco con la falce, sparando all’impazzata.
Fire, nel mentre, era riuscito a riprendersi dal colpo subito in precedenza. Anche lui cominciò a sparare con il laser.
Il dinosauro si agitava come impazzito al centro del loro cerchio, perciò nessuno dei due poteva attaccare liberamente. A una tale distanza, il rischio di cadere vittima del fuoco amico era troppo alto.
Nella stanza si era scatenato un caos reso ancora più pericoloso dalla paura, che impedtiva alla coppia di prendere decisioni razionali. Non avevano mai affrontato nulla di simile.
L’Indominus frustò le caviglie di Fire con la coda, facendogli perdere l’equilibrio. Il giovane cadde di schianto, ma continuò a sparare raggi luminosi, mentre la coda della creatura fendeva ripetutamente l’aria, cercando di colpirlo e finire il lavoro. Una scudisciata gli lacerò il braccio, ma, a dispetto del colpo, lui non cessò il fuoco.
Qrow imprecò, puntando alla testa del mostro nel tentativo di colpirgli l’occhio rimanente, ma la creatura sembrò solo infuriarsi di più. Aveva una resistenza impensabile. Poi, una poderosa zampata gli fece perdere la presa sulla falce.
Sforzandosi di tenere d’occhio i movimenti fulminei dell’esperimento genetico, il Cacciatore corse a carponi verso l’arma e l’afferrò, poi rotolò su se stesso e aprì il fuoco proprio mentre l’animale spalancava le fauci per ghermirlo.
Colpito in un punto non protetto, proprio al centro della gola, il Grimm arretrò verso il muro sputando sangue e urlando di dolore, pur rimanendo in piedi.
<< Ce l’ho fatta! >> gridò Summer all'improvviso, distraendo i due compagni dal loro duello.
La coppia vide che la donna teneva tra le mani il bracciale di Fire, ora avvolta da un bagliore verde. Senza perdere tempo, si diressero a rotta di collo verso la Cacciatrice, che passò l'oggetto all'arciere.
<< Andiamocene subito, prima che quella cosa… >>
Summer non ebbe la possibilità di terminare la frase, venendo prontamente interrotta da un possente ruggito.
L’Indominus si era rialzato da terra, le ferite completamente guarite grazie alla propria Aura, e l’unico, grande occhio rosso sangue puntato in direzione del gruppo con fare malefico.
Il tempo parve rallentare. Qrow fissò la bestia da capo a piedi, poi girò la testa verso la moglie. Compì quell’azione un paio di volte, analizzando gli interni della grotta, mentre la creatura si avvicinava con passo minaccioso, le mascelle socchiuse e grondanti di bava vischiosa.
Dopo quasi un minuto buono… il Cacciatore emise un sospiro rassegnato.
<< Non ci lascerà mai andare >> sussurrò l’uomo, afferrando alcuni esplosivi dalla cintura.
Gli occhi di Summer si dilatarono. << Cosa pensi di fare?>>
<< Lo sai bene, amore. Royal non riuscirà a portarci entrambi, e non posso ancora trasformarmi. Devo… >>
<< No, non osare finire quella frase! >> urlò la donna, afferrandolo per il colletto della camicia << Stiamo facendo questo per Ruby! Come potrei guardarla in faccia, se tu… se tu…>>
Scosse la testa, gli occhi umidi a causa delle lacrime imminenti.
<< Non puoi farle questo… non puoi farmi questo! Non a me, non a lei… o a Raven. Io lo trattengo, e voi... >>
Prima che potesse finire, Qrow le passò la propria spada, mentre Fire attivava le sue ali e prendeva saldamente la Cacciatrice tra le braccia. La donna tentò di liberarsi, ma era troppo stanca per poter fare qualsiasi cosa se non dimenarsi inutilmente.
<< Lasciami andare! >> urlò, mentre il ragazzo la fissava con occhi pieni di rimpianto.
Aveva seguito la conversazione dei due coniugi con il cuore in gola, schiacciato dalla consapevolezza del gesto che Qrow Branwen stava per compiere, da come non ci fosse altra scelta.
Non riuscì a dire una parola. Il senso di colpa gli schiacciava il petto, sembrava quasi che stesse per soffocare: quell’uomo era praticamente uno sconosciuto, eppure era venuto lì apposta per salvare lui, e adesso stava per... per...
Nel mentre, Qrow gli inviò un cenno di ringraziamento, prima di lanciare alla moglie un triste sorriso.
<< Se il piano del Dottore avrà successo… ci rivedremo dall'altra parte, scricciolo. Dai un bacio a Ruby da parte mia. >>
E, dopo aver pronunciato tali parole, l’uomo attivò la bomba… e si lanciò dritto contro la figura dell’Indominus.
Fire non perse tempo e cercò di non badare alle lacrime che cominciarono a fuoriuscirgli dagli occhi. Strinse forte il corpo di una Summer Rose urlante e con un balzo si librò in aria, dirigendosi verso l’alto della voragine. Poco sopra di loro, Shen osservò il tutto con uno sguardo incredulo, e fece cenno alle guardie di prepararsi a colpirli.
Allo stesso tempo, l’Indominus spalancò le fauci, pronto ad addentare la figura di Qrow. Il Cacciatore si limitò a sorridere.
<< Ciao, bestiolina >> sussurrò all’esperimento genetico.
E fu in quel preciso istante… che la bomba esplose, uccidendo entrambi nello stesso momento.
La conseguente onda termica spinse Royal Noir verso l’alto, scosse l’intero palazzo e fece cadere a terra ogni singola persona che vi si trovava all’interno. La fiammata generata dall’esplosione sparò contro il soffitto con una velocità pari a quella di un colpo di pistola, circa 300 metri al secondo.
Shen dilatò le pupille e cominciò a correre, seguito rapidamente dalle guardie, mentre il pavimento dietro di lui iniziò a crollare. Una sfocatura verde li sorpassò, ma il Governatore non ci badò troppo. Sapeva bene di chi si trattava, e avrebbe maledetto il suo nome per le prossime ore avvenire.
Ma prima doveva mettersi in salvo. Ecco perché continuò a correre, incurante delle urla di quei soldati che non erano stati abbastanza rapidi da capire quello che stava per succedere.
Nel mentre, Fire percorse volando i corridoi del palazzo, fino a quando non raggiunse una finestra. Vi passò attraverso, coprendo gli occhi di Summer con le mani, mentre dietro di lui risuonava la cacofonia generata dall’esplosione.
Pochi minuti dopo, atterrò sulla stessa collina da cui Summer e Qrow avevano lanciato il loro attacco. Allora lasciò andare la donna, che si accasciò al terreno in lacrime.
La Cacciatrice non era certamente nuova al dolore fisico e mentale, ma quello che stava provando ora non aveva eguali con qualsiasi cosa avesse mai provato. Le sembrava che qualcuno le stesse divorando il cuore mentre ancora batteva, obbligandola nel frattempo a vedere i suoi momenti più importanti col marito: quando avevano formato il team STRQ a Beacon, il giorno del diploma, quando avevano ottenuto la benedizione di Salem, la nascita di Ruby e il suo primo giorno di scuola.
Momenti fino a pochi minuti prima felicissimi, ma che adesso erano l’equivalente di decine di coltelli conficcati nella schiena.
“Come... come farò a dirlo a Ruby?” pensò, tenendo stretta al petto la falce di Qrow.
Fire osservò in silenzio la Cacciatrice struggersi di dolore, sentendo il senso di colpa occludergli la trachea e schiacciargli il petto in una morsa dolorosa. Non riusciva a parlare, non aveva idea di cosa fare. Non era per niente capace a consolare le persone, ma non sopportava di vedere in un simile stato quella povera donna che tanto aveva rischiato per lui, assieme al marito.
Alla fine, titubante, si avvicinò alla Cacciatrice e allargò un lembo del mantello per coprirla, sedendosi al suo fianco. Fu un gesto semplice, quasi insignificante, eppure per Summer valse più di mille parole di conforto.
Fissò con gratitudine il viso del ragazzo, i cui occhi erano inumiditi appena, come quelli della Cacciatrice.
<< Dobbiamo andarcene... >> le sussurrò l’adolescente.
Summer annuì, asciugandosi la faccia e rialzandosi da terra.
<< L’astronave con cui siamo arrivati si trova al porto spaziale della città, non la raggiungeremo mai in tempo >> gli spiegò pazientemente << Thor è capace di teletrasportarsi unicamente se sa in quale luogo recarsi. Ecco perché non poteva venire direttamente. Ora gli invierò le nostre coordinate, e lui ci porterà alla base della Resistenza. >>
Detto questo, la Cacciatrice prese il proprio scroll per contattare il principe di Asgard.

 
***

Thor si trovava nelle proprie stanze, alla base dei ribelli. Nonostante l'aspetto futuristico della struttura e la tecnologia avanzata col quale erano tutti equipaggiati, la sua camera era stata arredata secondo i gusti asgardiani: otto colonne in marmo erano disposte su due file da quattro, ricordando vagamente la disposizione greca.
I muri e il pavimento della stanza erano costruiti con lo stesso materiale e al centro vi era un lungo tappeto purpureo che si estendeva per tutta la lunghezza della stanza. Diversi scudi di legno decorativi erano appesi come trofei, così come una vasta gamma di asce e lance. In un angolo era stato allestito un angolo relax dove vi era un tavolino con un canestro ricolmo di mele, che ricordavano vagamente le mele di Idun della sua terra natia.
Ogni volta che osservava il tutto, il dio del tuono non poteva trattenersi dall'emettere un sospiro e ripensare alla sua Asgard, e di come la struttura gli ricordasse il
Thrúdheim, la sua residenza privata nella città dorata. Quanti sontuosi banchetti si erano tenuti lì? Quante feste? Quanti tornei di lotta? Quante orge? 
La sua visione nostalgica venne interrotta da un assordante squillo meccanico che proveniva dalla sua tasca. Estrasse il contenuto e fissò quell'insolito arnese di metallo nero. Anni prima il Dottore gli aveva spiegato che esso era uno "scroll" e serviva per comunicare con gli agenti della Ribellione. Nonostante tutto, Thor non si era mai abituato a tutta quella tecnologia, nemmeno quando era negli Avengers.
Rigirò l'oggetto tra le mani nel tentativo di far cessare il baccano e schiacciò il pulsante di accensione, proiettando l'immagine di Summer Rose.
<< Qui parla Thor, quale grave problema affligge la vostra impresa, tanto da contattarmi di persona? >>
<< Thor, sono Summer >> rispose la donna, con voce tremante << Io e Royal Noir siamo usciti dalla fortezza, ma l'intera zona brulicherà di guardie entro pochi minuti. Vienici a prendere. >>
Il tono della Cacciatrice sembrava alquanto singolare. Era successo qualcosa di grave, ma il dio non volle indagare troppo. Non era quello il momento adatto.
<< Arrivo subito >> rispose, congedandosi. Ripose quella diavoleria di metallo e alzò il braccio destro, aprendo vigorosamente la mano.
<< Mjolnir, a me! >>
In un battito di ciglia, più veloce della luce, il martello volò posandosi sulla sua mano. Il dio lo fece roteare e sparì in un lampo.
Nel giro di qualche secondo, il cielo sopra Summer e Fire si fece nuvoloso. Da esso scaturì un piccolo fulmine che cadde a pochi metri da loro, rivelando la figura di Thor.
<< Ho risposto alla chiamata. Se è di assistenza di cui avete bisogno, Thor prenderà parte alla battaglia eliminando le guardie per voi. >>
<< Vogliamo solo andarcene via da qui >> rispose Royal << E in fretta, prima che arrivino altri soldati. >>
<< E sia allora. Afferrate le mia mano >> ordinò, allungando il braccio sinistro.
I due la afferrarono e Thor fece roteare di nuovo l'arma. Le tre figure scomparvero in un lampo, lasciandosi dietro una radura bruciata e un palazzo in fiamme.



Yep, un capitolo decisamente tragico.
Summer e Qrow sono personaggi della serie RWBY, mentre l’Indominus Rex è l’antagonista principale del film Jurassic World, della saga di Jurassic Park.
Precisiamo che, nella serie originale, Qrow è lo zio di Ruby, ma ci sono molti indizi che puntano al fatto che sia in realtà il padre della ragazza, cosa che abbiamo deciso d’incorporare nella storia. Mentre l'arma di Summer, attualmente ignota in canon così come la sua semblance, è ripresa da Castlevania: Lords of Shadow, dov'è usata dal protagonista.
Le guardie vestite di rosso, invece, sono le stesse che compaiono nel film Star Wars - Gli Ultimi Jedi.
Nel prossimo capitolo torneranno Marie e Auth, dopo il loro devastante scontro con Hans Landa. E faremo la conoscenza di un nuovo villain affibiato al Maestro.

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Capitolo 23
*** Capitolo 21 - Incubi e deliri ***


Ecco un nuovissimo aggiornamento!
In questo capitolo farà la sua comparsa l'ultimo grande big bad di questa storia, probabilmente l'alleato più potente del Maestro, nonchè colui che lo aiuta maggiormente a tenere sotto controllo le menti degli abitanti di Battleground, grazie alle sue doti speciali.
Per chi non lo conoscesse, si tratta di uno dei migliori antagonisti nella storia dell'animazione, ed è il villain principale di uno dei film animati più belli realizzati. A fine capitolo troverete la sua scheda.
Ed ora... buona lettura!



Capitolo 21 - Incubi e deliri




Un luogo sotterraneo. Un cunicolo sotto la città. Una cripta. Un antico palazzo affondato nella crosta, circondato da fango e roccia. Un’enorme base con ponti, usci e bizzarre scale, talvolta fuoriuscite direttamente dal soffitto. Era costruito ad angolo, quasi ci si trovasse dentro una scogliera e, andando avanti, si sprofondasse subito in un abisso.
Nascosto come i vampiri nei vecchi cimiteri, evanescente come le ombre che nella notte vagavano tra le lapidi. Era di nuovo così che si era ridotto. Ma stavolta era diverso. Non era più un’ombra indesiderata, destinata a essere dimenticata fino a svanire. Era il centro del suo regno oscuro, la sua residenza, dalla quale diffondeva in tutto l’universo la vera essenza del dominio supremo di Battleground: la paura. L’annientamento completo della speranza.
Quanto gli era sempre suonata sgradita quella parola, quanto gli era odiosa. La speranza era solita vincere sempre, quella era la dura legge a cui stato costretto a prostrarsi per eoni.
Ma finalmente quella legge era stata infranta, così come la speranza, soppiantata dal terrore e dalle tenebre. Soppiantata da una nuova legge. La legge del terrore.
Grazie a Pitch Black, l’Uomo Nero, ormai la speranza era molto più fragile da spezzare, e questo era il sigillo del suo trionfo. La paura e la violenza, grazie a lui, erano i cardini di quella civiltà corrotta e opprimente. Cosa, meglio della paura, poteva essere un buon espediente per fondare un nuovo impero, mantenendolo saldo?
Chi ha paura diventa molto accondiscendente, accetta le condizioni imposte nella vana speranza di venire risparmiato dall’orrore che lo circonda. Chi ha paura non ha la forza di combattere, e ciò andava a vantaggio del Maestro. Tuttavia…
L’Uomo Nero passeggiò avanti e indietro nell’oscurità come un animale in gabbia, inquieto.
Infatti, esistevano ancora delle eccezioni. Anime che, nonostante tutto, si tenevano ancorati alla speranza, non intenzionati a perderla. Non si lasciavano sottomettere e reprimere dalla paura e dal terrore disseminati nell’universo. Non fino in fondo.
Il vero problema erano loro. LORO erano gli unici ostacoli da eliminare. Erano pochi, certo, ma erano fastidiosi. Piccoli, fastidiosi insetti che osavano opporre resistenza al suo potere.
Al centro della tana, quasi come illuminato da un faro, vi era una sottospecie di mappamondo in nera pietra, disseminato da piccole, pallidissime luci, sparse qua e là, sole, insignificanti, nemmeno numerose. Illuminato da esse, Pitch Black si avvicinò al globo.
Un uomo. Almeno, così appariva a prima vista, anche se per gli standard di un uomo era alquanto singolare. Una magra, inquietante ed alta figura che sembrava essere fatta della stessa tenebra dalla quale stava venendo fuori con eleganza sinistra: tenebra sembrava la lunga veste nera, con una scollatura a V, che ricopriva il suo intero corpo sino ai polsi.
Il contorno dell’ampia fronte terminava con una corta zazzera di capelli neri e lucidi, sparati all’indietro. Il volto cinereo, completamente glabro, aveva forma allungata, triangolare. Il naso aquilino era incastonato in mezzo a due occhi gialli, unico elemento risaltante in quell’oscura figura.
<< Tesoro, sono a casa! >> esclamò una voce improvvisa, risuonando tra le rocce con la stessa intensità di un tuono.
Calda e gentile all'apparenza, per Pitch era come il suono dell'abisso stesso, profondo e senza fine, che fuoriusciva dai meandri dell'Inferno per avvolgere il mondo in un ingannevole abbraccio.
Era la voce del supremo dittatore di Battleground, la creatura più potente che l'Uomo Nero avesse mai incontrato durante la sua lunga vita.
Il suo dominio era assoluto, così come lo erano la sua crudeltà e la portata della sua influenza. Quella era la voce... del Maestro.
<< Pitch? Pitch, sei in casa? So che ti piacciono le entrate teatrali, ma preferirei non dilungarmi più del dovuto. >>
L’Uomo Nero sospirò, stringendo le braccia dietro la schiena. Era abbastanza raro che il Signore del Tempo venisse a trovarlo, se non per fargli i complimenti del suo lavoro, ma dal suo tono oscenamente smielato intuiva non fosse qui per quello.
Mise su il suo miglior sorriso affabile e si girò nella direzione dell’alieno.
<< Non ti smentisci mai, vero, vecchio mio? >> disse piacevolmente.
In tutta risposta, il Signore del Tempo si limitò a stringersi nelle spalle.
<< Che vuoi che ti dica, Pitch? Squadra vincente non si cambia >> ribatté l'altro con aria gioviale, il volto adornato dal suo immutabile ghigno.
Poi, il ditattore lanciò una rapida occhiata in direzione del globo presente nella stanza.
<< Ma dimmi... come vanno gli affari? Ci sono stati problemi? >>
<< Nulla di diverso dal solito, temo >> ribatté lo spirito, seguendo il suo sguardo << Ci sono… piccole, microscopiche, remote anime che non cedono tanto facilmente… alla paura. >>
Fece scorrere le lunghe dita sui punti di luce, spegnendone qualcuno.
<< E per quanti sforzi io possa fare… insetti così si moltiplicano. >>
<< Oh, credimi, lo so bene. Recentemente, questi particolari individui si sono fatti molto più audaci >> commentò il Maestro, simulando un'espressione sconsolata << Ma suppongo che potrebbe essere peggio >> continuò, riprendendo il suo solito ghigno << Dopotutto, se non fosse per i tuoi... talenti... chissà quante povere anime avrei dovuto giustiziare per diserzione. Per certi versi, qualcuno potrebbe addirittura considerarti un eroe. Ironico, non credi anche tu? >>
<< Crudelmente esilarante, considerato chi ero prima… di questo. >>
Pitch spalancò le braccia e si guardò i palmi, a metà tra il fascino, l’estasi e la malinconia. Dopotutto, prima di diventare lo spirito della paura stessa, era un semplice mortale.
Ricordava vagamente di essere stato un marito e un padre, ma tali memorie erano state a lungo sepolte dai secoli che seguirono la sua trasformazione per mano dei Fearlings, spiriti demoniaci che incarnavano la paura stessa, e di cui lui era stato uno dei più dediti avversari. Era anche la ragione per cui tali creature avevano deciso di vendicarsi, trasformandolo in un loro simile e, ironicamente, creando quello che sarebbe diventato il loro re.
Lo spirito sollevò lo sguardo e tornò a fissare il Maestro.
<< Ma dubito fortemente tu sia giunto qui esclusivamente per congratularti con me. Almeno non questa volta. Ho ragione? >>
<< Acuto come sempre >> ribatté il Signore del Tempo, prima di stringersi nelle spalle << Ma sì, hai ragione, sono qui per offrirti una serata libera, per così dire. O forse sarebbe meglio definirlo un lavoretto extra >> aggiunse, quasi come un ripensamento.
Pitch congiunse le mani in grembo, inclinando il capo di lato. << E sarebbe? >>
<< Oh, niente di troppo complicato, amico mio. Ma dimmi... da quanto tempo non partecipi ad una festa? >>

* * *

"He goes, and comes back alone
But always a hero comes home
Just wait though while he may roam
Always a hero comes home."

Idina Menzel - A Hero Comes Home


Renmant - Pianeta sotto controllo Imperiale

Un lampo illuminò gli alloggi della base. Nel mentre Summer e Fire riprendevano fiato, Thor si guardò intorno e inarcò un sopracciglio.
<< Dove... dov'è il prode Qrow? Perché non è con voi? Non è da lui ritirarsi nel mezzo di una battaglia >> disse in tono incerto.
Ancora una volta, calde lacrime solcarono il viso di Summer, che inconsciamente strinse le dita intorno all'arma dell'amato.
<< Qrow... ha fatto il suo dovere fino all'ultimo. Ci ha permesso di salvare Royal Noir, come un vero Cacciatore >> rispose la donna, tentando di mantenere una posizione più retta possibile, nonostante il trauma subito e i muscoli che ancora sembravano bruciare << Vado a fare rapporto, poi... penso avrò bisogno di qualcosa di veramente forte. >>
Thor rimase sconvolto dalle parole della compagna. Rimase a guardarla con occhi increduli finché non uscì dalla sua stanza. Allora abbassò il capo, si tolse l'elmo piumato e se lo portò al petto, vicino al cuore, ripensando al suo vecchio amico.
<< Qrow era un valente guerriero, e un buon amico >> disse con voce ferma e sicura di sé, nascondendo il suo dolore.
Ripensò alle battaglie combattute al suo fianco, e anche ai momenti di gioco e svago dove entrambi si cimentavano in gare di bevute, tracannando intere caraffe della miglior birra che Renmant potesse offrire. Naturalmente, la costituzione del Tonante aveva sempre avuto la meglio.
Osservò l’unico tavolo presente nella stanza, e, come se fossero spettri... poté rivederli. Lui e Qrow mentre bevevano, con Summer e gli altri a fare il tifo.
“Portate altra birra per questi due guerrieri!
E più cibo! Così comanda il Tonante! La notte ancora non è finita!” gridava in preda all'euforia datagli dall'alcol “Il giorno è nostro! E ancora una volta le armate del Maestro sono cadute per mano dei fucili dei nostri ribelli... e sotto i letali colpi di Mjolnir e Harbinger! Festeggiamo! Madamigella Summer, bevi il nettare degli dèi insieme ai due coraggiosi uomini!”

Il tutto mentre Qrow afferrava la donna, facendola unire a loro in quella brilla allegria.
Thor trattenne una lacrima. Qrow gli ricordava Volstagg, un suo caro amico perito durante l'invasione di Loki e dei Decepticon. In un certo senso... gli voleva bene. Voleva bene a tutti loro.
<< Che la tua anima possa trovare la pace nelle sale del Valhalla >> disse ad alta voce << Che tu possa gustare dei migliori cinghiali di tutti i nove regni, e che tu possa combattere e festeggiare insieme agli eroi come Ragnar Lothbrok. >>
Fire aveva osservato il dio del tuono in silenzio, mentre qualche lacrima traditrice gli scivolava lungo la guancia, sotto la maschera. Neanche stavolta riuscì a dire nulla, niente avrebbe potuto rivaleggiare l’immenso onore che Thor aveva appena fatto al Cacciatore.
Sentì le gambe tremolare sotto il peso psicologico di quella notte, ma non poteva, non voleva cedere, non ancora. C’era un’altra cosa che gli premeva fare, prima di lasciarsi completamente andare.
“Egoista” insinuò una vocina maligna dentro di lui, dal timbro orrendamente simile a quello del Governatore Shen.
<< Zitto… >> gli sfuggì dalla bocca, pressando le dita su una tempia.
Thor si girò e lo scrutò con un cipiglio alquanto curioso e stranito.
<< Ragazzo, c'è qualcosa che non va? >> chiese.
L’aveva sentito chiaramente pronunciare quella parola, e pensando si riferisse alla sua commemorazione funebre, strinse entrambi gli occhi scrutandolo da capo a piedi.
<< Accettalo. I guerrieri muoiono in battaglia, ma solo i valorosi muoiono col sorriso sulle labbra e per i propri compagni. Se per te, tutto questo è inaccettabile, allora ti invito a rimembrare il suo sacrificio nei vostri confronti. Egli, ora, dimora nel Valhalla. La morte non è una fine, ma un inizio. Perciò non mancare mai più di rispetto a un caduto, e accetta la morte come consigliera e maestra di vita. Agli indegni spetta solo Helheim. Vedi di tenerlo bene a mente. >>
<< Non… >>
Fire sentì un groppo alla gola, quando si rese conto quale orribile fraintendimento aveva appena creato.
<< No… no, non intendevo questo… non potrei mai… >>
Sentiva la voce spezzata e si stava sforzando con tutto sé stesso di parlare chiaramente.
<< Mi ha salvato la vita! Si è sacrificato per far scappare me e sua moglie, non potrei mai e poi mai mancargli di rispetto! Io… io stavo… >>
Si premette le dita sulle tempie, sentendo delle fitte, ma cercò di prendere un respiro profondo e di fissare il dio negli occhi.
<< Mi dispiace >> scandì, ansimando << Non mi riferivo a lui. Io… sono… sono sconvolto, va bene? Voi… non avete idea di cosa sia appena successo a Gongmen, e… e sapere che è successo per causa mia… >>
<< Basta rimuginare, giovane >> ordinò Thor << Affronta con coraggio quanto è successo. Hai le mie sincere scuse per aver frainteso il tuo gesto, e pertanto ti invito a parlarne. Siamo compagni d'armi nell'onore. Fidati sempre di loro, e loro faranno altrettanto. >>
Il ragazzo ingoiò amaro, abbassando lo sguardo, tuttavia annuì: il dio aveva ragione, dopotutto. Così raccontò di come era stato catturato da Shen, di come Qrow e Summer fossero venuti a liberarlo e come avessero tentato di scappare. Dovette farsi forza per concludere con la parte con l’Indominus Rex e il sacrificio di Branwen.
Il principe di Asgard mise una mano sulla spalla del ragazzo in segno di comprensione. << Mi dispiace per quanto successo, figlio di Lada. Se fossi stato lì con voi, avrei potuto aiutarvi e forse Qrow sarebbe ancora qui. Il Dottore mi ha affidato altri compiti, ma ahimè mi pento di non aver combattuto al vostro fianco. Non dolerti, poiché l'anima di Qrow dimora nelle sale degli scudi dorati. Se c'è qualcosa che posso fare per lenire il tuo dolore... basta chiedere. Posso offrirti del nettare degli dei? >> chiese, indicando uno dei suoi barili di birra.
Fire deglutì, stringendosi nelle spalle; sentiva un peso orribile sparso per tutto il corpo. La crisi minacciava di scoppiare da un momento all’altro, e dubitava fortemente che un bicchiere l’avrebbe aiutato.
<< No, grazie >> borbottò, sforzandosi ancora una volta di tenere alto il tono della voce e di non farfugliare << Però... c’è qualcosa che… ho bisogno di fare, prima di… prima di poter dire di restare qui nella Resistenza. E sì… voi potete aiutarmi. >>
Prese un respiro profondo, quindi guardò l’uomo negli occhi.
<< Ho bisogno che mi portiate al castello Royston, nella foresta vicino Gongmen. Io… io devo incontrare mio padre. >>
Thor annuì comprensivo. << D'accordo, ti porterò a casa tua. È giusto che tu ti possa riconciliare con tuo padre, dopodiché prenderai la tua decisione. >>
Richiamò il martello nella sua mano e lo invitò ad aggrapparsi a lui. << Pronto? >>
Il Vigilante si aggrappò al grosso bicipite dell’asgardiano, prese un respiro profondo e annuì. << Pronto. >>
Con la stessa magia già attuata in precedenza, il dio lo teletrasportò fuori, a qualche metro di distanza dal castello Royston.
<< Aspetterò qui, ragazzo. La tua scelta sarà determinata da ciò che farai, se tornare o no. Rammenta sempre che la decisione è solo tua, e rammenta ciò che hai visto oggi. Adesso vai. >>
Il giovane strinse i pugni, facendo un cenno in segno di ringraziamento e di comprensione. Quindi azionò le ali e volò verso le mura, dirigendosi verso la finestra della propria stanza.
Come si aspettava, era aperta, con la tenda che svolazzava, scossa dal vento. L’unica cosa fuori dalla norma era Logan Royston stravaccato su una poltrona, di fronte ad essa. Dormiva profondamente, anche se aveva l’aria di uno che si era addormentato solo da qualche ora, sforzandosi di restare sveglio. O almeno, questo era ciò che il figlio intuiva chiaramente, perché lo conosceva meglio di chiunque altro.
Fire sentì il cuore scaldarsi. Si levò il cappuccio e fece scomparire la maschera, quindi allungò una mano a scuotere con insospettabile dolcezza la spalla dell’uomo.
<< Papà… >>
Logan Royston si destò dal suo sonno aprendo lentamente gli occhi. Si raddrizzò piano sulla sedia e squadrò la figura dell'adolescente, mettendolo infine a fuoco.
<< B-Baelfire? È forse... >>
Un sonoro sbadiglio uscì dalla sua bocca, facendo eco in tutta la stanza, ma poi il nobiluomo riacquistò il proprio contegno e lo fissò, serio.
<< È forse questa l'ora di rincasare? Sono passati tre giorni, e non sono nemmeno riuscito a contattarti… dove sei stato? E dov’è Rowlet? >>
Fire sentì il labbro tremolare. Il sollievo di rivederlo e la sensazione di trovarsi in qualche modo al sicuro grazie alla sua vicinanza furono come la goccia traboccante del vaso, e la crisi che tanto aveva tentato di controllare infine esplose completamente.
Lo abbracciò, lo abbracciò con tutta la forza di cui era capace, affondando il viso nel suo petto, e scoppiò a piangere a dirotto.
<< S-Scusa… >> singhiozzò << scusa, papà… io… io… >>
<< Baelfire! >>
Logan sgranò gli occhi, trasudanti pura preoccupazione paterna, confuso e sconvolto: era rimasto completamente spiazzato dalla reazione dell’adolescente. Sapeva molto bene che non era da lui reagire in quel modo, di certo doveva essere successo qualcosa, dopotutto era appena tornato da una delle sue missioni.
Lo strinse a propria volta, accarezzandogli la schiena e i capelli per calmarlo, poi lo costrinse a sedersi sul letto e gli si sedette accanto, stringendogli le spalle con un braccio.
<< Calma, ragazzo, va tutto bene. Fa’ un bel respiro, rilassati, e raccontami tutto per filo e per segno. >>
Fire obbedì, sforzandosi di fare dei respiri profondi, nel tentativo di placarsi ancora una volta. Quando fu nuovamente padrone del proprio volto, si girò a guardare il padre adottivo con gli occhi ancora umidi di lacrime.
<< Ti ho mentito… >> confessò, mordendosi le labbra << Quando ti ho detto che io e Rowlet saremo andati su Remnant a seguire i traffici di Shen… ho mentito in parte. Ci sono andato perché… perché ho incontrato il Dottore, il capo della… della Resistenza. E quando sono tornato qui… Shen… mi ha catturato… ma sono fuggito grazie ai ribelli… e sono venuto qui... >>
Il marchese lo ascoltò in silenzio, senza interromperlo un istante. Quando lo vide nascondere il viso dietro una mano e liberare altre lacrime, fu il proprio turno di parlare.
<< Dov’è Rowlet? >>
<< Con… con i ribelli. Sta… sta bene, ne sono sicuro… >>
<< Perché mi hai detto una bugia? >> chiese allora Logan, serio ma pacato, in modo da poter capire le intenzioni del figlio a tutto tondo.
Fire abbassò lo sguardo, carico di vergogna.
<< Non volevo metterti in pericolo… sapevo… sapevo quanto sarebbe stato pericoloso mettersi in contatto con la Resistenza. Volevo andare da loro quantomeno per ascoltarli, prima di prendere qualsiasi decisione. Non volevo fare niente che rischiasse di esporti più di quanto tu non lo sia già. Ma poi… la situazione è precipitata… >>
<< Avresti comunque dovuto dirmelo subito >> ribatté suo padre << Cosa ti ho sempre detto? In famiglia non esistono segreti, di nessun genere. Alla fine, hai deciso di aiutare la Ribellione e il danno è stato fatto. Non fraintendermi... non sto dicendo che hai sbagliato a decidere di aiutarla: avresti dovuto dirmelo subito, avremmo potuto prendere una decisione insieme. >>
<< Mi dispiace… aveva ragione, sono un egoista… ho rovinato tutto… non sarei mai dovuto andare... >>
<< Di chi stai… ? >>
Fire gli posò una mano sulla spalla, come a chiedergli di concedergli un momento. Si costrinse a smettere di farfugliare e a prendere un respiro più profondo. Non aveva più senso nasconderglielo, arrivati a quel punto.
Allungò il braccio sinistro e torse l’avambraccio, abbassando la manica di lino che lo ricopriva. Non appena vide la cicatrice rossa e sottile, dalla forma di ideogrammi, Logan trattenne a stento un sussulto. Gli bastò dare un’occhiata ad essa e allo sguardo vulnerabile del figlio per capire cosa fosse successo, dopo che Shen l’aveva rapito.
<< Vorrei che non fosse successo niente >> mormorò Fire, ritraendo il braccio, mordendosi il labbro << Vorrei che tutto questo non fosse reale. Vorrei non aver risposto a quella chiamata, e ora come ora, vorrei potermi lavare le mani di tutto... >>
<< Sai che non puoi. >> Lo sguardo azzurro dell’uomo si fece severo. << Sarebbe alquanto disdicevole da parte tua. >>
<< Lo so >> ribatté il giovane << Non è quello che mi hai insegnato, e non è così che funziona la vita. Non posso, non voglio scappare. E non voglio ignorare la possibilità di cambiare finalmente le cose in questo mondo. Ma non posso avere tutto. >>
Lo guardò dritto negli occhi e deglutì.
<< Non posso… non posso più restare qui. Non posso restare al tuo fianco. Shen sa… sa che sono nella Resistenza, e sa quanto ti voglio bene. La tua recita sul fatto che non sai nulla della mia identità non può più proteggerti… sono andato troppo oltre questa volta. Lui non si fermerà più di fronte a nulla pur di catturarmi, e so quanto si divertirebbe ad usare te per farlo. >>
Logan rimase in silenzio per qualche istante. Infine annuì, in segno di comprensione, stringendogli forte una spalla. << Non crucciarti. A questo si può porre rimedio. Posso trasferirmi nella nostra residenza di Londra, finché le acque non si calmeranno. Molto probabilmente mangerà la foglia, ma non ci sarà molto che potrà fare quando sarò fuori dalla sua giurisdizione. >>
Fire annuì. << Devi partire il prima possibile. Sei in vantaggio, perché probabilmente adesso sarà molto occupato a tentare di ricostruire i sotterranei. >>
<< Tuttavia, potrebbe risultare alquanto sospetto agli occhi della società che mio figlio non sia né qui a Gongmen e né al mio fianco a Londra. >>
<< Hai ragione. Se te lo chiedono... dovrai raccontare che sono in visita alla capitale del pianeta Scarif, per approfondire i miei studi, visitare la città e partecipare alla festa del senatore Anakin Skywalker >>
<< E va bene >> disse Logan, facendosi serio << Ma voglio che tu mi faccia una promessa, Baelfire: non mentirmi mai più. Mai più dovrai dirmi una bugia. Siamo una famiglia, e risolveremo insieme qualunque genere di problemi. Dalle fughe rocambolesche con la Ribellione... alle tue prime cotte in cui potresti mettere incinta una giovane fanciulla >> concluse, ridendo.
In quel momento, Fire era talmente distrutto e sollevato allo stesso tempo dalle parole confortanti del genitore tanto da lasciarsi contagiare, liberando una risata isterica e disperata insieme. Quando riuscì a calmarsi, lo abbracciò nuovamente, appoggiando la tempia lungo la sua spalla.
<< Mi dispiace, papà… >> mormorò << Te lo giuro, non ti mentirò mai più. >>
Suo padre ricambiò l’abbraccio, infilandogli una mano tra i capelli, sospirando. << Perché per abbracciare più spesso il tuo vecchio devi metterti in pericolo così? >>
<< Io… >>
<< Sto scherzando, ragazzo >> ridacchiò Logan, allungando le dita ad asciugargli nuove lacrime << Ehi, andrà tutto bene. Io starò bene. Tu prosegui nel tuo operato e salva più persone possibili. Sappi che sono molto fiero di te. >>
Fire deglutì nuovamente, ma annuì.
<< Tornerò >> promise, stringendolo con disperazione << Quando tutto questo sarà finito e saremo tutti liberi, tornerò da te. Te lo giuro. >>
<< E io sarò proprio lì, su quella stessa sedia che vedi, ad aspettarti. >>
Padre e figlio rimasero abbracciati l’uno all’altro per un tempo infinito alla loro percezione. Poi Baelfire, con estrema riluttanza, si allontanò da quella stretta, piano, come se farlo gli costasse un dolore atroce.
Si alzò dal letto e camminò verso la finestra, salendo in equilibrio sul parapetto del balcone e osservando la luna piena alta nel cielo. Si calò il cappuccio sul capo, girandosi a guardare suo padre per l’ultima volta.
Logan era in piedi sotto l’uscio rettangolare della finestra, e gli restituiva lo sguardo mostrandogli il sorriso luminoso e gioioso che tanto il ragazzo amava. Rimase per qualche istante a contemplarlo, cercando di imprimerlo indelebile nella propria mente.
Poi strinse il pugno, e in un lampo verde, la maschera di gufo gli avvolse il volto e il mantello si distese nelle immense ali d’uccello. Con un semplice, fluido gesto, si librò in volo.
Quando Logan si sporse dal balcone seguendone la scia con lo sguardo, vide un’imponente figura volante affiancarglisi, sollevando il braccio, nel quale pareva crepitare dell’energia. Poi, dal nulla, un potentissimo lampo squarciò il cielo, facendo sparire i due nelle tenebre della notte.
Royston rimase per qualche istante ad osservare l’orizzonte: nell’azzurro dei suoi occhi erano dipinti orgoglio e speranza, ma anche preoccupazione e nostalgia. Ciononostante, la fiducia nell’uomo nei confronti di Baelfire era salda e forte, perché ora sapeva che stava finalmente compiendo il passo verso l’età adulta. Logan sapeva che, quando, sarebbe tornato da lui, avrebbe trovato un uomo.
<< Ti aspetterò >> mormorò, in un sussurro solenne di promessa.
Poi, lentamente, chiuse la finestra dietro di sé e abbandonò a passi lenti la camera del figlio, recandosi a predisporre l’imminente partenza per la sua terra natia: l’Inghilterra.

* * *


Cina (Terra) - Centro Imperiale

Il soffio pacato del vento sulle dune del deserto era un suono ipnotico, antico… magico. La voce appena sussurrata dell’aria sfiorava le colline di sabbia, i grandi spazi dorati, i granelli tutti simili eppure diseguali l’uno dall’altro. L’occhio, per quanto potesse spaziare per leghe e leghe tutto attorno, vedeva solo l’immensità di un mare rovente, immobile e al contempo in costante mutamento, vivo e prospero, anche se in un modo tutto suo.
Miglia fuori dal reticolo fitto delle risaie di Hong Kong, il paesaggio andava via inselvatichendosi: i fiumi sparivano sottoterra, in grotte o affioranti spelonche, la vegetazione si faceva più rada e aspra e alberi e palme lasciavano spazio a cespugli radi e dai rami spinosi, contorti e secchi alla vista, ma pulsanti di vita al di sotto della corteccia.
Il sole lì pareva esser un re nel suo regno. Nel deserto, ogni cosa era pensata per sopravvivere al caldo torrido e afoso, mentre vapori si levavano dalle piante troppo deboli e la loro acqua diveniva parte di quel mare sconfinato e bellissimo… eppure spoglio.
Un regno dotato di una bellezza pari solo all’ampiezza dei suoi confini ma, allo stesso tempo, atroce, furente e crudele. In mezzo alle colline sabbiose, alla dura roccia spaccata dal calore e le brutte piante che crescevano fra tali fenditure, si levavano, come retaggio e monito, ossa disseminate di creature ormai morte, bianche d'ogni forma e dimensione, arrotondate e levigate dagli anni e dal lento tocco del vento, delle radi piogge o, semplicemente, dall’imperituro scorrere del tempo.
Ecco quindi teschi di animali, dalle orbite vuote, scavate, le dentature messe a nudo con denti acuminati stretti in una ferrea morsa, e poco oltre le costole, semi sepolte che apparivano come taglio di un’epoca troppo antica per averne memoria.
Che tutto questo facesse parte di quel perverso gioco di puzzle di mondi e anime che era Battleground, Marie se ne scordò, almeno per un poco. Da quando viveva ai piedi delle mura della città araldica di Lord Shen, mai si era spinta oltre le più lontane propaggini dei campi di riso e grano, sebbene per molte e lunghe notti se ne fosse stata seduta sul portico della sua casa, con gli occhi scarlatti puntati oltre l’umano visibile.
Non era mai stata nel deserto, ma la sua vista sì, e quando dormiva i suoi sogni raccontavano di montagne d’avorio, torri in cruda pietra fra le rovine delle quali il vento soffiava minaccioso per poi addolcirsi pacatamente nello sfiorare le fronde di palme volte a rinfrescare con sottili ombre le oasi occasionali.
E qui, limpidi specchi d’acqua dalla superficie appena increspata e steli d’erba piccoli, sui quali ci si poteva assopire col suono del tutto e del nulla nelle orecchie. Fantasie forse sin troppo simili alle puerili visioni di infanti con la mente piena di avventure ed eroiche vicissitudini, portanti però ad un lieto fine, una conclusione raggiungibile solo attraverso le sofferenze e le sfide. E quale sfida poteva essere più grande e degna se non quella di attraversare l’immensità nella sua più reale incarnazione, così come lo stesso concetto era stato pensato?
Persino le guerre, le battaglie fra le foreste e le aspre montagne, gli scontri presso i fiumi o le cariche in aperte e ariose vallate perdevano poco a poco significato, poiché la Nosferatu non avrebbe mai potuto neanche arrivare ad immaginare cosa fosse il deserto. Neanche con la sua ancestrale conoscenza, i secoli trascorsi a vagare per il mondo, si era mai neanche lontanamente avvicinata alla realtà dei fatti. E si sa, la realtà non poche volte supera la fantasia.
Con questa convinzione, la donna si fermò sulla sommità di un’alta duna, i piedi nudi che affondavano nella sabbia senza percepirne il calore, con i lunghissimi capelli corvini che le ricadevano sulle sue spalle e ondeggiavano attorno al pallido viso, in parte oscurato, come il resto del corpo, da larghe vesti che la proteggevano dalla luce del sole, poiché sarebbe altrimenti divenuta polvere. Era una prospettiva incredibilmente romantica, dovette però ammettere a sé stessa, divenire parte di un qualcosa di così puro e innocente, eppure crudo e irato.
Un lento e lungo sospiro la fece sobbalzare un poco e l’immagine della figura di Auth tornò delineandosi nella sua mente. Girando su sé stessa, vide la donna stesa su una branda, il corpo d’oro fremente un poco e la coda che s’agitava inquieta. Le labbra si dischiudevano in rapidi e scattanti movimenti, come se stesse parlando o implorando qualcuno, e sotto le palpebre vedeva gli occhi muoversi febbrilmente.
E, di colpo, la meraviglia, lo splendore e la fantasia le crollarono addosso come una roccaforte in rovina e allo stesso modo lei cadde sulle ginocchia al suo fianco, abbassandosi col capo per avvicinare un orecchio alla bocca di lei e e sentire quali suoni flebili sgorgavano dalla sua bocca.
<< Amore mio... non lasciarmi… >>
“Sta delirando” pensò la corvina, poggiandole una mano in fronte “Se solo potessi comprendere la sua natura..."
E quella consapevolezza di totale impotenza la gettò nello sconforto. Lei era la causa di quella situazione, lei la chiave per la piaga che ora le affliggeva entrambe. Se solo fosse stata più forte… più attenta… Hans non l’avrebbe scoperta.
Il giorno era lungo, il caldo non avrebbe fatto altro che accentuarsi, e questo, infine, avrebbe spossato anche lei. Certo, non percepiva le temperature, non sentiva la fame nel modo convenzionale, e il suo concetto di fatica era ben diverso da quello che accomunava i poveri mortali, ma ciò che irradiava il Sole era tutto un altro discorso. Il caldo emanato da quei raggi, dalla sfera di fiamme scintille scarlatte le scavava il volto, indebolendole le gambe e le braccia. E allora la gola si seccava, e lei avrebbe iniziati a vedere rigagnoli di sangue sgorgare dalla sabbia arida e dalla pietra crepata.
Le borracce che aveva caricato sulla barella improvvisata contenevano scorte per qualche giorno, ma sarebbero bastate? O alla prima sosta avrebbe trovato gli otri in pelle vuoti? E Auth? Quella regina dorata si sarebbe rivelata più forte anche di lei? Non lo sapeva, e neanche voleva scoprirlo. La donna le aveva raccontato così tanto, eppure lei aveva compreso così poco. E adesso, mentre si rialzava sulle lunghe gambe, tornando a stringere la corda alla quale aveva legato la lettiga per riprendere il cammino, non poté farsi a meno di chiedere a cosa tutto quello sarebbe servito… se la loro fine non faceva altro che attenderle paziente al centro di un mare di sabbia.
Ma di tutto questo, Auth non sentiva e non percepiva niente. La sua mente vagava lontano, lasciando indietro quel corpo pesante e goffo per librarsi oltre gli astri, oltre il cosmo, fino ai confini di un universo che un tempo era stato parte della sua essenza. Nulla vide e nulla rispose. Nessuno dei suoi figli rispose al richiamo della madre, ogni cosa restava immobile, galleggiando in una dimensione che le era stata preclusa per sempre, e quello fu peggio di ogni sventura succeduta allo Scisma.
La possibilità di riavere indietro ogni cosa, i suoi pianeti, la sua Kyrie… era tutto lì, dietro ad un velo di fumo grigio e acre che le entrava nelle narici, le entrava nella bocca, in gola, negli occhi e la respingeva. Più si sforzava d’addentrarsi nel limbo dov’era stata strappata alla sua felicità, più questo le si opponeva. E allora decine di mani morte, fredde e viscide, spuntavano dal nulla e la circondavano, stringendola rabbiose, furenti e divertite.
Questo era lo Scisma, almeno per lei. Orride dita le artigliavano i polpacci, le cosce, unghie putrescenti si tesero verso la sua testa, scavarono a fondo la carne, le ossa e il cervello, bramose spire le strinsero la mente, tirandole la coda.
E allora cominciò a sentire voci distinte, gracchianti e malevole.
“Lasciaci entrare”
“Vogliamo aiutarti”
“Faremo sparire il dolore”
“Faremo sparire tutto”
“Noi siamo TUTTO”
“Facci entrare, troia!”

Erano loro, singole parti di quel fenomeno distrutto chiamato Scisma, che cercava in tutti i modi di penetrare la bolla all’interno della quale il Maestro aveva costruito un mondo di cui era signore e padrone indiscusso.
Allora, sola e senza nessuno, Auth si rannicchiò su se stessa, avvolgendosi con la coda e coprendosi il capo con le braccia, il volto premuto contro i seni e coperto dalle gambe.
E parlò. Parlò a se stessa, come se ormai non potesse più fare altro. Poi si sentì risucchiata, mentre lampi luminescenti e strati di esistenza, coscienza e consapevolezza le balenarono di fronte ancora una volta.
Di principio, Marie credette che quella sarebbe stata la fine, sua e di Auth. La meraviglia iniziale, passo dopo passo, aveva lasciato spazio ad un lento, ma costante crescendo di inquietudine, la quale, a sua volta, lasciò spazio ad una paura pacata, strisciante e velenosa.
Le ore trascorrevano, o forse si trattava di interminabili istanti, non poteva dirlo con certezza essendole negata la visione del sole. Sapeva solo che il cammino era costellato di colline, avvallamenti, pietra e roccia e dune e altre pianure, estese o meno.
Le impronte lasciate dai suoi passi e la lunga scia della barella venivano inghiottite dopo pochi secondi dall’ insaziabile appetito del deserto e già un otre giaceva abbandonata molte iarde alle sue spalle. L’ultima goccia di sangue, pendente dall’orlo a collo, cadde sulla sabbia, evaporando al solo contatto con la superficie granulosa.
E così, la fuga divenne un lento trascinarsi in un paesaggio sempre diseguale, eppure sempre similare al precedente. Marie andava avanti, senza svoltare né a oriente o occidente, onde evitare di tornare sui propri passi anche se, ora come ora, chi si sarebbe sognato di dar loro la caccia? Che fosse per mano d’uomo o quanto le attorniava in quel momento, la morte avrebbe comunque trovato il modo di portarle via da quell’inferno.
Nonostante questo, la nosferatu trovò comunque la forza di muoversi ancora e ancora e ancora, sempre col busto piegato in avanti, il caldo torrido del sole che le scavava la pelle coperta e il volto, mentre i primi lembi di epidermide iniziavano a pendere dalle ossa per la sete man mano sempre più bramosa.
La visione del mondo iniziò ad offuscarsi. Le dune parevano ondeggiare come pacati flutti di mare, chiazze azzurre iniziarono a ritagliarsi lo spazio nel panorama sempre uguale e che ora andò mutando.
Uno splash le annunciò che aveva affondato i piedi in una pozza d’acqua ma, nel momento in cui abbassò lo sguardo e allungò una mano, solo granelli di sabbia le scivolarono fra le dita, ora somiglianti a quelle di una putrida megera delle paludi delle quali sua madre tanto gli parlava quand’era bambina, prima che diventasse un mostro in pelle umana.
E allora pianse. Lacrime nere e vermiglie sgorgarono dagli occhi adesso scavati e infossati. Le orbite cerchiavano le iridi e le pupille, e pesanti occhiaie violette le segnarono. La lingua andò gonfiandosi e le labbra presero a spaccarsi a poco a poco.
Un pensiero quindi le si conficcò nel cervello, come una lama spinta a forza nel cranio e nella carne e rigirata in modo che il pensiero divenisse desiderio, puro e semplice: lasciar cadere la cappa, la coperta, il cappello e le vesti, giacere nuda sulla sabbia fino a divenire polvere, e stavolta nessuna implicazione romantica giunse ad addolcirgli l’idea della morte…
La morte che lei aveva rifuggito molti secoli prima, abbeverandosi del sangue versato sui campi di battaglia, centomila uomini col quale lei aveva banchettato, a lungo e ridendo sguaiatamente, con la bocca allargata in un ghigno estatico e avito di potere.
“Avevo un potere immenso… e ora guardatemi. Una mera ombra della donna che ero un tempo, completamente alla merce del fato, che aspetta solo di scivolare tra le flebili dita della mietitrice… come una comune mortale.”
Il tempo di pensare questo e cadde ancora in ginocchio, con le braccia abbandonate lungo i fianchi, con Auth sulle sue spalle, appena consapevole del luogo e del tempo in cui si trovava.
Ormai era conscia di un’unica verità: la notte non sarebbe mai venuta, il sole l’avrebbe uccisa, il deserto avrebbe inghiottito… chi? Non era forse sola, non si trovava forse alle estreme propaggini del mondo, in solitudine e con l’oceano azzurro e verde vivido davanti a lei? Non sentiva forse il penetrante aroma della salsedine e lo sciabordio del mare contro scogliere di basalto, gesso e arenaria?
Già, senza dubbio, tutto questo era lì davanti a lei, ma tutte quelle coltri le ricadevano sul viso, le oscuravano gli occhi, le annebbiavano la vista. Doveva solo sollevarle, non tanto, quel che sarebbe bastato per vedere… vedere il mondo…
Il corpo di Marie cadde dolcemente di lato, invecchiando sotto la seta, la lana e il velluto, il satin e il cotone e tutta quella massa soffice che la avvolgeva come una bambina…
In quel preciso istante, Auth la prese fra le braccia, dolcemente, gentilmente, facendo sì che nessun lembo di pelle fosse esposto alla luce del sole. Lei era andata… era andata oltre ed era tornata, si era presa per mano guidandosi fuori dalla sua più intima e segreta paura. Ma ora era tornata, i suoi piedi nudi affondavano nella sabbia, le corna venivano sfiorate dallo scirocco, lieve e lento, e gli occhi si colmarono del trionfo dell’oro del deserto e dell’azzurro incontrastato della terra.
I suoi pensieri non furono dissimili da quelli della compagna, quando questa ancora muoveva i primi passi nel deserto, ma a lei bastò estendere appena la propria consapevolezza per comprendere che per leghe e leghe tutto attorno a lei non v’era niente.
Osservò il volto ombrato della sua salvatrice e sorrise nella più dolce delle sue possibilità. Quella bambina era stata così forte… così tenace. Forse, se anche lei lo fosse stata a quei tempi burrascosi e sanguinari, l’universo sarebbe ancora integro.
<< Ora riposeremo. Quando entrambe saremo in forze, attraverseremo il deserto fino a raggiungerne i confini… e poi oltre ancora, se le gambe ce lo consentiranno. >>
Detto questo, scese a valle, la lunga coda lasciata libera di muoversi dietro e lungo i fianchi, spostandosi adagio sulla punta dei piedi per non affondare nel soffice terreno. Il vento si fece via via più furioso e sferzante, sollevando granelli di sabbia e schiantandoli di qua e di là come proiettili, e quando questi minacciavano le loro figure, una lamina iridescente le avvolgeva per proteggerle.
Auth percepì l’avvicinarsi di una montagna scura, soffocante e tetra che trascinava con se blocchi di pietre strappati da rovine, sparse come rovi e arbusti d’alberi estirpati lì dove, dopo tanta fatica, avevano trovato una sorgente d’acqua dalla quale trarre nutrimento.
<< Ora staremo meglio >> promise l’entità resa mortale, fermandosi infine in quel vuoto fra cinque grandi dune.
Chiuse gli occhi, estendendo non solo la propria consapevolezza, ma anche la sua volontà, e questa s’insinuò per diversi metri sotto il manto arso dalla calura del sole, come spire e tentacoli, e poi ancora più sotto.
<< Ecco… ora piano… >> sussurrò Auth, stringendo a sé quel fagotto di carne rinsecchita che ancora debolmente respirava.
Con un cupo, lungo e profondo ruggito, costoni di cruda pietra squarciarono il suolo come cinque dita. Dita possenti, incredibilmente forti, rozze ma gentili, e lentamente iniziarono a serrarsi attorno alle due donne con la tempesta di sabbia che incalzava e ruggiva.
La donna levò lo sguardo verso il sole, conscia che, fino a quando la bambina non si sarebbe rimessa, quella vista le sarebbe stata negata. Rimase immobile, mentre sonori schianti annunciavano l’appropinquarsi del fronte omicida e bramoso, finché solo sottili lame di luce filtrarono dalle dita dischiuse.
A poco a poco, quella flebile sorgente luminosa andò scemando, e una confortevole e fresca ombra pervase il tempo e lo spazio ottundendo il fragore della tempesta, finché al posto del deserto e di quell’apocalisse non rimase altro che… nero. Quello stesso nero che venne quasi timidamente illuminato dal chiarore emanato dalla pelle della Dea, che rischiarì il nuovo ambiente, mentre la nuova sabbia copriva quel rifugio trasformandolo in nient’altro che una delle tante dune immutabili che costellavano il deserto.
<< Andrà tutto bene, Marie >> sussurrò con fare quasi materno.
Facendo schioccare la coda al modo di una frusta, si lacerò la pelle del polso sinistro e lo poggiò sulle labbra secche della Nosferatu, con il sangue che sgorgava a densi fiotti.
Ora restavano loro, il silenzio e nient’altro, se non una dolce, pacata quiete.
<< Ora riposa… riposiamoci entrambe. >>



Nuovi Personaggi:

Pitch Black / L’Uomo Nero

Opera: Le 5 Leggende / I Guardiani dell’Infanzia
Razza: Spirito
Video Tribute: https://www.youtube.com/watch?v=hJsl8LqJPng
Soundtrack: https://www.youtube.com/watch?v=m8H3M0DDWDs
Autore: Rory Drakon

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Capitolo 24
*** Capitolo 22 - I'll show you pain ***


Ecco un nuovo capitolo!
Sì, lo sappiamo, è passato molto tempo, ma siamo stati impegnati con molte cose. Università, riscrittura di alcune parti della trama, per non parlare delle altre fan fiction, tra cui spiccano il crossover tra Avengers e Godzilla (Avengers: The King Of Terror) e il crossover Disney/Dreamworks (The War of Ice and Nightmares).
Vi auguriamo una buona lettura!




Capitolo 22 - I'll show you pain

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I see it in your eyes
You feeling paranoid
You know just what I've done
You know what I've become
I feel it deep inside
With all the pain and lies
I know just what I want
I am an animal...

Adelitas Way – Cage The Beast



Remnant (Pianeta sotto controllo imperiale) - Base della ribellione
 
Accelerator, quella sera, girava per i corridoi della base con uno sguardo spento. I suoi pensieri erano concentrati sui propri ricordi passati che tanto a lungo aveva bramato e che il Dottore gli aveva finalmente restituito.
Non l’avesse mai fatto. Ora il ragazzo ricordava ogni singola cosa. I Kihara, l'Esperimento 10 e, soprattutto, il Progetto Sisters. Quel capitolo della sua vita lo tormentava più di qualsiasi altra cosa, non riusciva più a toglierselo dalla testa.
Era costantemente martoriato da visioni agghiaccianti: le Sisters, le ragazze col volto di Last Order, i loro corpi martoriati ricoperti di sangue accasciati ai suoi piedi, che strillano, lo accusano, allungano le loro mani insanguinate verso di lui esigendo giustizia…
<< BASTA! >> urlò l’esper in risposta, accasciandosi contro il muro del corridoio << Basta, basta, basta, lasciatemi in pace! >>
Si portò le mani sul viso, scivolando con la schiena sul muro e sedendosi sul pavimento. Da quando il Signore del Tempo lo aveva guarito, il tormento di quelle ragazze era aumentato. Sentiva le loro voci nella sua testa ogni minuto, era sicuro che di lì a poco avrebbe potuto impazzire del tutto.
C'era un solo modo per lenire quelle ferite…
Lentamente si alzò e si diresse a passi lenti e silenziosi nella camera di Last Order. La bambina dormiva beata nel suo letto, avvolta nelle coperte e avvinghiata al cuscino come se stesse stringendo un peluche. Un piccolo, autentico angelo, sia quando era sveglia, sia quando dormiva.
Accelerator si avvicinò cautamente e la osservò per qualche minuto; allungò una mano per accarezzarle i capelli, ma quando i palmi delle dita furono a un passo da sfiorarglieli, iniziò a tremare. Il suo cuore gli diceva di farlo, ma la sua mente era ancora pervasa da quelle grida.
Ritrasse lentamente la mano: non si sentiva degno di sfiorarla nemmeno con un dito... non con quelle mani così sporche. Alzò il palmo, ancora tremante, fissandolo, e strinse il pugno, serrando le labbra e gli occhi.
No, non era assolutamente degno. Non meritava il suo affetto.
<< È così difficile mostrare un po' di zelo per le persone? >>
Una voce femminile, proveniente dalle sue spalle. L’albino si girò e vide Aiho Yomikawa sull'uscio della porta.
<< Cosa ci fai qui? >>
<< Parla più piano, o sveglierai la piccola >> lo riprese la donna, placida << Sono venuta a controllare Last Order, e ti trovo qui. Perciò dovrei essere io a farti questa domanda. >>
<< Non sono affari tuoi. >>
<< Sì, invece >> insistette Aiho, fissandolo negli occhi, decisa << Ti ho visto, come la stavi guardando, e come stavi per accarezzarla. Il Dottore ha sbloccato anche i miei ricordi, e so tutto. So ogni cosa, Accelerator, e anche dopo questo scenario... continui ancora a darti del mostro. Te lo dissi già una volta, mi pare. Tu ricambi l'affetto che nutri per la bambina, ma hai paura di dimostrarlo apertamente perché pensi di rovinare tutto. Ragazzo mio, pensi forse che tu possa farlo? Se così fosse... lei ti avrebbe già abbandonato da tempo, eppure continua sempre a stare al tuo fianco, esattamente come me e Kikyō. >>
<< Lei ancora non lo sa . E non deve sapere >> affermò Accelerator.
Yomikawa sembrò non curarsi della sua frase, e riprese il discorso: << Per quanto le cose ci sembrino dure, per quanto il cielo possa essere grigio, dobbiamo compensare con ciò che si può. Non può piovere per sempre, Accelerator, il sole splenderà su di te e su di lei. Ed io... no, io e Kikyō, faremo in modo che sia così. Qualunque cosa accada, io ti tirerò fuori dall'abisso. >>
Il ragazzo rimase fin troppo colpito dalle sue parole. Si limitò a restare in silenzio, con lo sguardo impassibile, ma nel profondo del suo cuore... le era grato. Tuttavia, ancora sentiva di non meritare niente di tutto questo. Era un mostro e non poteva cambiare.
<< So di non essere tua madre, ma... >>
<< Allora non fare finta di esserlo >> sibilò l’esper stringendo i denti, mentre una goccia di sudore gli scendeva dalla fronte.
<< Giusto, scusami... >> rispose la donna, abbassando lo sguardo e facendo un cenno col capo << Buonanotte, Accelerator. >>
Lui si incamminò verso la porta, superandola con un’ampia falcata. Si girò un attimo per guardarla sedersi sul letto, ad accarezzare i capelli di Last Order. Si pentì amaramente di quell’ultima uscita, e pensò di tornare indietro a chiederle scusa. Poi scosse il capo.
Era inutile. Yomikawa non poteva capire, e non avrebbe mai capito.
Ritornò sui suoi passi, e decise di recarsi in giardino a prendere un po’ di fresca aria notturna.
 
                                                                                                                                                               ***

La base ribelle era un turbinio frenetico di attività. Dopo la morte di Qrow Brawen, l’intero impianto era rimasto in un costante stato di allerta. Ora, decine di trasporti stanziavano davanti all’entrata del complesso, in preparazione ad un’eventuale e rapida evacuazione.
Royal Noir si trovava di fronte ad una delle larghe e imponenti fessure rettangolari che fungevano da condotti da areazione per il conglomerato di edifici, aperte e prive di sbarre di sicurezza, situate proprio di fronte ai giardini.
Quella cui il giovane si trovava innanzi non era ad un'altezza sproporzionata, ma era comunque abbastanza in alto: era quasi possibile vedere la vegetazione in scala, e una caduta da lì sarebbe stata certamente fatale. Eppure, il giovane non sembrava curarsi di ciò: sedeva sul bordo sottile, senza neanche premurarsi di sorreggersi a qualcosa, lo sguardo perso nello stesso vuoto dove teneva i piedi a penzoloni.
Erano passati due giorni da quando era stato costretto a lasciare Logan dopo la disavventura nel castello di Gongmen. Troppo poco perché riuscisse a togliersi dalla testa quell'esperienza, anche se una parte di lui si chiedeva se effettivamente sarebbe mai riuscito ad imparare a sopportare il senso di colpa per la morte di Qrow Branwen e il dolore di Summer Rose.
Lo tormentava il pensiero che potesse succedere qualcosa a Logan mentre lui non c’era, lo tormentava non sapere se fosse effettivamente riuscito ad arrivare a Londra senza intoppi, non sapere se fosse effettivamente al sicuro. Per quanto lo desiderasse con tutte le proprie forze, non poteva contattarlo, non in quel momento, e non poteva neanche recarsi sul luogo, anche solo di nascosto, per accertarsi che tutto fosse nella norma: era troppo pericoloso, sarebbe stata una mossa troppo prevedibile da parte sua.
Ma più di ogni altra cosa lo tormentava ripensare al suo confronto con Shen, alle ferite infertegli e alle dure parole rivoltegli da quest’ultimo. Non era la prima volta in cui veniva ferito sia psicologicamente che fisicamente dal governatore, ma erano sempre stati lampi fugaci, un contorno ai loro molteplici combattimenti e confronti. Questa volta era stato diverso, Fire era stato completamente inerme e alla sua completa mercé: aveva resistito unicamente con la pochissima forza di volontà rimastagli e al corpo temprato dagli allenamenti con Royston.
Strinse gli occhi e scosse il capo, cercando di scacciare dalla mente il ricordo della tortura, ma non ci riusciva. Più di ogni altra cosa, non riusciva a togliersi dalla testa ciò che Shen aveva detto sulla sua famiglia: era davvero possibile che sapesse qualcosa dei suoi genitori? No, non era possibile, sicuramente doveva avergli mentito per tentare di ingraziarselo. Non sarebbe stata nemmeno la prima volta. Lo conosceva bene, sapeva quanto si divertiva a confonderlo con le parole.
Tutto quell’odioso ed esasperante rimuginare e rimembrare quei momenti si coniugava perfettamente in un’unica parola.
“Perché?”
Poteva sembrare assurdo, ma prima di allora non era mai arrivato a porsi direttamente quella domanda, e tanto meno l’aveva mai posta a lui. Quei due anni trascorsi a combattere contro il Governatore Shen col tempo erano diventati una pericolosa e dolorosa quotidianità… ciononostante non si era fermato nemmeno un momento a chiedersi perché.
Perché Shen lo odiava così tanto? Perché si divertiva a farlo soffrire in quel modo? Era semplicemente perché non tollerava il suo continuo ostacolarlo? Era semplicemente sadismo? Un modo come un altro di tentare di dissuaderlo dalla sua missione?
La risposta spontanea del ragazzo a quelle domande sarebbe stata “sì”. Era sempre stato tale il modo di agire di Shen nei suoi riguardi, lo sapeva fin troppo bene. Eppure, questa volta sentiva che c’era sotto qualcosa di più, e gli era stato chiaro solo dopo essersi trovato faccia a faccia in quel modo con il governatore. Mentre quest’ultimo lo stava letteralmente sventrando, il giovane aveva percepito in lui una scintilla diversa dal solito piacere di infliggergli dolore: una scintilla di furia e odio genuino. E solo allora si era reso conto che non era la prima volta che la vedeva indirizzata verso di lui: non ci aveva mai riflettuto concretamente, ma prima di scoprire che lui era Royal Noir, Shen aveva sempre e solo manifestato fastidio, sdegno, disappunto e stizza nei suoi confronti. Poi, dopo aver scoperto la sua vera identità… c’erano state molte più manifestazioni di aggressività e sadismo, così come l’intensificarsi di sguardi assassini, trasudanti il desiderio di farlo a pezzi e ucciderlo dolorosamente.
Era davvero possibile che in realtà l’odio di Shen fosse indirizzato in maniera più specifica a lui, Baelfire? Ma se era così, si tornava al punto di partenza… perché? Perché lo odiava? Loro due non si conoscevano affatto. Al di là della conoscenza delle diverse fazioni e ideali per cui avevano sempre combattuto, non si conoscevano, eppure si odiavano personalmente, eppure l’uno riusciva sempre a capire meglio l’altro, per quanto la cosa li disgustasse entrambi. Ma come era possibile? Come facevano due persone a odiarsi tanto senza conoscersi?
Allora un orribile dubbio si era fatto strada nella sua mente. E se… e se in realtà Shen avesse ragione?
Le sue parole gli rimbombarono in testa senza che potesse trattenerle.
“La verità è che sei come me. Con una piccola, sostanziale differenza: non l’hai ancora capito, perché non vuoi accettarlo.”
“Io so sempre tutto di te. Io e te non siamo altro che facce della stessa medaglia, due folli alla deriva in questo mondo forsennato!”
“Sai che l’unica persona su cui puoi contare... sono io. Hai bisogno di me.”
“No!”
Scosse il capo e si portò i palmi alle orecchie, affondando le dita tra i capelli e il cappuccio, interrompendo qualsivoglia pensiero e allontanando di forza quella voce dalla propria mente. Era venuto lì apposta per non pensare, per lasciarsi andare. Si alzò lentamente in piedi, in perfetto equilibrio, e si girò, dando le spalle al dirupo di fronte a sé: aprì le braccia e con un gesto quasi noncurante si lasciò cadere nel vuoto, supino.
L’aria fredda gli fischiava nelle orecchie, facendo vorticare gli abiti e i vestiti e provocandogli una sonora scarica di adrenalina. Chiuse gli occhi: percepiva sotto la schiena la pressione dell’aria che lentamente si piegava sotto il peso della forza di gravità, accompagnandolo inesorabile verso il terreno.
Era un qualcosa di diverso da volare, ma che lo affascinava ugualmente, e che in un certo senso paragonava al tuffarsi, solamente non dentro l’acqua. Il connubio perfetto tra pericolo e, in un certo senso, l’estasi della libertà assoluta: non c’era spazio per pensare nella caduta libera, solo per sentire, solo per lasciarsi completamente andare.
Chiaramente, fino ad un certo punto.
Quando percepì di essere ormai a soli dieci metri da terra, chiuse il pugno destro e in un lampo verde attivò il bracciale: seguendo quel movimento, le ali sulla schiena si spalancarono di colpo, frenando bruscamente la caduta. Con uno slancio si raddrizzò in verticale, alzò le braccia per planare e atterrò, poggiando con delicatezza le piante dei piedi sul terreno del grande giardino.
Poco lontano, scorse una semplice panchina di legno. La raggiunse e con un sospiro si stravaccò ad osservare la luna piena.
Rowlet era andato a caccia, e probabilmente a fare un giro completo: ogni tanto ne aveva bisogno, era pur sempre un animale selvatico. Il ragazzo non sapeva stabilire se fosse un bene o meno: da una parte, stare da solo dopo tutto quello che gli era successo non gli dispiaceva, ma dall’altra, stare solo con i propri pensieri non si stava rivelando chissà quanto piacevole.
Il suo rimuginare venne interrotto da una voce familiare. Sollevò lo sguardo e vide il ragazzo albino, Accelerator, avvicinarsi e sedersi accanto a lui, portando un braccio dietro lo schienale e accavallando le gambe.
<< Ohi, tu devi essere quel supereroe, Royal Noir... >>
<< A meno che tu non abbia già dimenticato chi ti ha aiutato a recuperare quella mocciosa... >> gli rispose il giovane dai capelli verdi, con una punta di sarcasmo.
<< Solo io posso chiamarla “mocciosa”, e l'avrei recuperata anche da solo >> rispose l’albino << Comunque complimenti, bel tentato suicidio. Sei qui da poco e già vuoi toglierti la vita. Allora è proprio vero che la guerra rende pazzi. >>
<< Non stavo cercando di togliermi la vita >> sbuffò l’adolescente dai capelli verdi, alzando gli occhi al cielo; a quanto pare il ragazzino aveva visto tutto, prima di raggiungerlo lì << Sei sempre così... cinico? >>
<< Io cinico? Chi è che stava per andare all’altro mondo tra te e me? Io direi quello con due belle paia d’ali da pollo. Che ti hanno pure salvato la vita >> rispose l’albino in un ghigno beffardo.
<< Le ho usate volontariamente. Se avessi davvero voluto uccidermi, non le avrei di certo attivate. >>
<< Sei serio? Vuoi forse venirmi a dire che avevi solo voglia di fare un salto nel vuoto? >>
<< E se fosse? Qual è il tuo problema? >>
<< Nessuno, idiota >> sbottò Accelerator, alzando gli occhi al cielo << Sei tu che ne hai uno, a quanto pare. Uno non fa una cosa simile per niente. >>
<< Non – volevo – uccidermi! >> scandì Fire, esasperato << Mi piace l’adrenalina, okay? E volare, buttarsi nel vuoto come prima, me ne procura parecchia. >> Tirò un lungo sospiro. << Mi aiuta a liberare la mente. Troppi pensieri sono veramente fastidiosi. >>
<< Allora siamo in due a pensarla allo stesso modo... >> replicò l’esper, scuotendo il capo << Qui sembra abbastanza tranquillo, penso che rimarrò. >>
Dopo qualche minuto di silenzio, immersi nella fresca brezza della notte, Accelerator tornò a parlare.
<< Come è andata l'incursione? Ho sentito che uno ci ha lasciato le penne. >>
Il ragazzo dai capelli verdi dovette farsi forza anche solo per annuire.
<< Io sono qui >> replicò, stringendo un pugno << Per cui... credo... penso... che... sia andata bene. >>
<< A me non sembra che sia andata così bene... hai una faccia da far paura. Ti ha investito un camion? >>
L’incappucciato tirò un sospiro. Erano da soli, come l’altra volta, e per qualche motivo inspiegabile, sembrava che Accelerator avesse voglia di parlargli. Di norma avrebbe detto a qualunque altro interlocutore di farsi gli affari propri, ma questa volta decise di rispondergli. Lo metteva a suo agio, in qualche modo, come gli era successo la volta precedente; in fondo, non aveva niente di meglio da fare, se non rimanere solo con i propri spiacevoli pensieri.
<< Sì, direi che è la definizione più appropriata... >> Rimase in silenzio per qualche secondo a riflettere, lo sguardo chino, per poi sollevarlo l’istante dopo << Ha... ha a che fare con la mia identità segreta... >>
Allungò lentamente la mano, passandola sopra la maschera di gufo; seguendo quel movimento, il cristallo verde lampeggiò e l’oggetto si dissolse in uno sbuffo di fumo verde, lasciando scoperto il volto.
<< Il mio nome è Baelfire. Sono il figlio di Logan Royston, nobiluomo di Gongmen. >>
Sin da quando aveva accettato di seguire il Dottore, non si era mai smascherato, e non l’aveva fatto nemmeno stando a contatto con gli altri ribelli alla base, salvo quando Qrow Branwen l’aveva salvato assieme a sua moglie dalle grinfie di Shen.
Ma adesso era diverso. Adesso non aveva altro luogo dove andare, avrebbe dovuto risiedere nella Resistenza finché Logan non fosse stato fuori pericolo. E dal momento che avrebbe dovuto suo malgrado collaborare nel gruppo dei Time Warriors, tanto valeva deporre ogni segretezza: in fondo, erano tutti sulla stessa barca.
Accelerator lo guardò, scrutandolo in tutto il suo viso, poi sbuffò e prese parola.
<< Il mio nome... è Accelerator. Piacere di conoscerti >> concluse con un ghigno stampato sul labbro.
Sembrava volerlo prendere in giro dicendo che il suo nome coincideva col suo soprannome... o forse no; Fire non sapeva esattamente come interpretare quel sorriso beffardo.
Rimase impassibile di fronte alla dichiarazione, e domandò, inarcando un sopracciglio: << Sei giapponese? >>
<< Ovviamente, lo vedi dal mio aspetto. Perché questo domanda insensata? >>
<< No, in realtà non lo vedo. Non sembri per niente giapponese, e non hai un nome tipico della tua etnia. So che vieni da Kyoto, ma potevi essere semplicemente residente e non originario. Mio padre è così. È inglese, ma vive in Cina da molti anni ormai. Inoltre, questo fatto che per merito del Dottore siamo in grado di capirci anche se parliamo lingue diverse mi ha reso difficile cogliere il tuo accento, visto che ti sento parlare in cinese fluido. >>
<< A volte mi dimentico del mio aspetto, sarà perché non me ne curo >> rispose l’esper, alzando gli occhi per guardare una ciocca di capelli cadente sul viso; la prese tra due dita, pizzicandola appena << Tecnicamente anche io dovrei avere gli occhi e i capelli scuri come il 90% della popolazione giapponese, ma la mia Reflection impedisce ai raggi ultravioletti del Sole di toccarmi il corpo. E questo succede fin da quando ero un neonato, praticamente sono così da sempre. Per quanto riguarda il mio nome... be'... >>
Lasciò la ciocca e scrollò le spalle.
<< Non è che non te lo voglia dire… il Dottore ha sbloccato le memorie della mia vita passata, ma io non riesco a ricordare completamente la mia infanzia. Non ricordo l'aspetto dei miei genitori, e non ricordo nemmeno il mio nome. L'unica cosa che ricordo di esso è che è composto da due caratteri kanji, mentre il cognome da tre. >>
Il Vigilante tacque. Aveva intuito fosse orfano, quando aveva menzionato quella donna, Yoshikawa, definendola la propria tutrice e non la propria madre. Sapeva quanto potesse essere dura crescere senza genitori per gran parte della propria infanzia, ma sapere di aver avuto una famiglia e non ricordarla, non ricordare nemmeno il proprio nome… doveva essere ancora più insopportabile.
<< E così... ti fai chiamare Accelerator >> concluse, dopo qualche istante.
<< Sì, è un soprannome. >>
<< Anche io ho un soprannome, e lo preferisco al mio vero nome. >>
<< Sarebbe? >>
<< Fire. >>
<< Hm... capito >>> rispose l’esper, con noncuranza.
Calò nuovamente il silenzio, rotto quasi subito dal ragazzo dai capelli verdi, colpito da una curiosità.
<< Che cos’è la Reflection? >>
Il Level 5 sbuffò, portandosi indietro i capelli. << Potrei spendere ore e ore a spiegarti come funziona, ma non sei abbastanza intelligente per capire nozioni di fisica ed algebra avanzata sui vettori... >>
<< Ma che carino... >> borbottò l'incappucciato, incrociando le braccia al petto.
<< Dunque... >> continuò Accelerator come se nulla fosse, alzandosi in piedi di fronte a lui e lanciandogli un’occhiata da sopra la spalla << ti farò una dimostrazione pratica. Forza, prendi un’arma e colpiscimi. >>
Fire rimase molto perplesso di fronte a quella dichiarazione, ma lo sguardo e il tono dell’albino erano piuttosto decisi, perciò immaginò che ci fosse un motivo esplicito se gli chiedeva di fare una cosa del genere. In più, ricordava molto bene ciò che aveva sentito sul Demone Bianco di Kyoto, ovvero che niente e nessuno era in grado di ferirlo e toccarlo. Se ciò era vero, allora doveva presumere che il ragazzino non avrebbe rischiato niente. Ma c’era un solo modo per scoprirlo.
Si alzò in piedi a propria volta e si allontanò da lui di almeno cinque metri. Aprì il palmo e creò una freccia di energia verde, incoccandola nell’arco e sollevandone la punta in direzione dell’adolescente, alzatosi in piedi a propria volta. Quest’ultimo lo fissava con la solita espressione apatica, le mani infilate nelle tasche, in attesa.
Nonostante gli avvertimenti, Fire preferì mirare semplicemente alla spalla: un colpo leggero, che lo avrebbe preso di striscio. Prese la mira e rilasciò: il dardo sfrecciò a velocità luminare dritto contro la figura dell’albino.
La freccia arrivò a pochi centimetri dalla spalla di Accelerator, ma in quell’istante, l’arciere ne vide cozzare la punta contro… contro qualcosa. Qualcosa di apparentemente invisibile, il cui contatto provocò una piccola serie di cerchi concentrici; poi, all’improvviso, il dardo schizzò all’indietro, dritto contro di lui e con una forza molto più grande di quella da lui impiegata. Non poté intercettarlo, sia perché era troppo veloce e sia perché non se lo aspettava: lo sfiorò alla guancia, procurandogli una leggerissima ustione, per poi sorpassarlo e dissolversi nell’aria con un sibilo e un crepitio.
Si toccò la ferita e guardò l'altro con occhi sgranati. << Allora era tutto vero... ecco perché nessuno può toccarti. >>
<< Sarebbe più corretto dire che il mio potere è la manipolazione vettoriale: calore, elettricità, direzione, moto. Posso controllare qualunque vettore con cui entro in contatto. Mi basta calcolare l'algoritmo giusto e... succede la magia. Io ti ho spiegato il mio, Verdino, adesso spiegami il tuo potere. >>
<< Non so che cosa sia >> rispose Fire, scuotendo il capo << Non so se sono un esper come te, o qualcosa di diverso. >>
Creò una piccola sfera di energia verde tra le mani.
<< Lo chiamo semplicemente laser, dato che sembra avere la stessa consistenza. O energia. Luce verde… lo so, non è molto originale. Posso manipolarla come voglio, toccarla senza bruciarmi. È una valida alternativa alle frecce normali, in qualche modo sembra essere collegata al mio corpo. Ricordo bene sin da piccolo di aver avuto i capelli neri. Poi, quando ho iniziato ad addestrarmi per controllare ed usare il mio potere, sono diventati... così >> disse sfiorandosi una ciocca smeraldina.
Accelerator inclinò la testa.
<< Forse sei davvero un esper... ma in genere noi siamo coscienti di come esercitiamo i nostri poteri >> spiegò con tono di fatto.
Ci fu di nuovo silenzio per qualche minuto. Poi l’albino prese un respiro profondo.
<< Allora... cosa potrebbe mai turbare l'inafferrabile Royal Noir? >> chiese con un sorrisetto di scherno.
Certo che era assurdo. Sembrava completamente apatico, eppure continuava a chiedere di più, cercava di andare a fondo. Perché poi? Tanto così per sapere? Solo perché si stava annoiando?
In quel momento, Fire pensò che non gli importava. Non voleva ammetterlo nemmeno a sé stesso, ma aveva davvero bisogno di sfogarsi con qualcuno.
<< Il mostro che combatto ogni notte. Qualcuno che pur di mettermi le mani addosso venderebbe l'anima al Diavolo, se non l'ha già fatto... >>
Istintivamente si portò una mano all'avambraccio coperto. Per qualche istante esitò, come se se ne vergognasse profondamente, come se scoprendo quell'orrido marchio avrebbe esposto la testimonianza di un orribile peccato la cui sola vista era aberrante. Poi agguantò il lembo della manica e scoprì la pelle, mostrando gli ideogrammi cinesi di "feccia ribelle".
<< Il mio nemico è Lord Shen >> rivelò << Il governatore di Gongmen... e l'imperatore della Cina. >>
In quel momento, Accelerator si lasciò andare in un fischio. Era evidentemente sorpreso. Riteneva che quello fosse il male minore, ma... dentro di lui sentiva qualcosa, come se fosse un deja vu.
Strinse gli occhi in uno sguardo visibilmente infuriato, per poi acquisire un’espressione pensierosa l’istante dopo.
<<  Capisco… è il tuo Kihara personale. >>
<< Kihara? >>
L’esper tacque, serrando appena le nocche. Fire lo fissò in silenzio: era evidente che voleva parlarne, ma che gli riusciva davvero difficile farlo. Una cosa con cui poteva simpatizzare: era la stessa difficoltà che aveva lui, dopotutto, quando si trattava di esternare informazioni personali.
Nonostante fosse curioso, tacque, restando in paziente attesa.
<< Una famiglia di stronzi del mio mondo prima che avvenisse lo Scisma. Scienziati pazzi e sadici, hanno compiuto esperimenti su giovani esper per sfruttarli come armi. >>
L’albino si strinse nelle spalle. Grazie al Dottore, ora ricordava bene quei terribili esperimenti a cui era stato sottoposto fin da bambino.
<< Dei figli di puttana che sono contento di non dover vedere mai più... >> terminò, stringendo i denti.
Dopo quella dichiarazione, il ragazzo dai capelli verdi rimase in silenzio per qualche istante a fissarlo, combattuto. Infine, trovò il coraggio di parlare.
<< Tu eri uno di quegli esper. >>
Non era una domanda. Era un’affermazione conseguente ad un’intuizione.
Accelerator sbuffò e si girò dall'altra parte. Affondò le unghie nella carne dei bicipiti, rimanendo in silenzio per qualche secondo.
<< Sì... >> confessò infine << Avevo solo... quattro o cinque anni, non mi ricordo che età avessi ma ero solo un bambino, e quelli... quelli mi hanno tolto ogni cosa. E quando sono cresciuto di più, è cominciato l'esperimento “Sisters”. >>
Cinque anni. Fire era ancora all’orfanotrofio all’epoca. Non ripensava mai con piacere ai momenti che precedevano l’incontro con Rowlet e l’adozione da parte di Logan, li ricordava sempre come momenti tristi e difficili. Ma di fronte a quanto gli stava raccontando quello che era un ragazzino, al suo confronto… la spiacevolezza di quei momenti si dissolveva come fumo nell’aria.
All’orfanotrofio era stata dura, certo, ma non era niente, assolutamente niente al confronto di quello che doveva aver subito Accelerator. Il Vigilante cercò persino di provare ad immaginare se fosse successo, alla sua età, il suo essere vittima di chissà quali orribili test. Cercò di immaginare come potesse essere, da bambini, venire privati e spogliati di qualsiasi cosa potesse renderlo a conti fatti l’innocente e infantile creatura che era. Si sentì lentamente soffocare solo all’idea. Poteva comprenderlo, ci riusciva… ma non fino in fondo. O meglio, se ci provava… sentiva che sarebbe potuto impazzire da un momento all’altro.
Che Accelerator avesse qualche problema e che covasse dentro di sé un dolore profondo, questo gli era stato chiaro in quell'istante in cui l'aveva conosciuto. Ma non aveva fatto chissà quali congetture al riguardo, aveva pensato che potesse essere perché era stato adottato, perché era costretto a vivere per la strada e quindi aveva imparato a lottare per la sopravvivenza, in quanto Demone Bianco…
Mai e poi mai il suo cervello avrebbe potuto concepire una simile storia. D’un tratto, tutto acquistava un senso. L’espressione apatica, la scontrosità, le risate disturbanti. In effetti, erano forse troppo per un ragazzo rimasto semplicemente orfano.
In un certo senso, erano simili. Non uguali. Simili.
<< Non sei obbligato a parlarne… >> gli sfuggì dalla bocca.
L’albino voltò di getto lo sguardo verso di lui. Notò subito i suoi sentimenti di disagio, ma non riusciva a comprenderne il perché. Non era semplice pietà, era molto di più... che potesse, forse, comprendere il suo dolore?
“Stronzate, non potrebbe mai e poi mai capire” si disse.
Ma forse... valeva la pena tentare.
<< E va bene, togliamoci questo dente >> borbottò quasi a se stesso << Prima di tutto, sicuramente saprai che il livello massimo che un esper può raggiungere è il 5. Ma i Kihara volevano spingersi oltre, sapevano che era possibile trascendere i limiti e arrivare al tanto agognato livello 6. C'erano solo sette Livelli 5 nel mio mondo, ed io ero uno di loro e, ovviamente, il candidato più promettente per poter raggiungere il livello successivo. I Kihara stabilirono che per riuscire a raggiungere questo upgrade avrei dovuto uccidere 200 volte la terza in classifica tra gli esper, Mikoto Misaka, detta Railgun... ma ovviamente ciò era impossibile. Grazie al codice genetico della Railgun, loro, riuscirono a creare 20.000 cloni della suddetta, e tutti di livello 3. Il mio compito era ucciderle tutte, una alla volta in date e orari prestabiliti e con metodi di assassinio diverso. Io... >>
Si morse il labbro.
 << ... io accettai >> sussurrò a bassa voce.
Si mise le mani nelle tasche e prese un altro respiro.
<< Non le ho uccise tutte, ma ne ho eliminate 10.000. Io ho ucciso 10.000 ragazze innocenti, uccellino >> gli disse con un ghigno << L'ho fatto. Le ho schiacciate sotto la suola delle mie scarpe, 10.000 di loro e tutto per il potere! Sei davanti a un assassino, uccellino, sei davanti ad Accelerator! >>
Al sentire una simile dichiarazione, Fire si ritrovò incapace di trattenere un sussulto. Gli ci vollero cinque minuti contati per metabolizzare; sentì una cascata di brividi sparsa in tutto il corpo. Fortunatamente, era abbastanza bravo a controllare la propria mimica facciale, dopo tutto l'esercizio che era stato costretto a fare. Non fece una piega e rimase ben fermo al proprio posto, mentre con la mente tentava di decifrare il marasma di emozioni conseguenti a quella rivelazione.
Inutile negarlo. Era rimasto agghiacciato. Sconvolto. Orripilato. Poteva immaginarsi tutto, tranne che una cosa del genere. Il respiro gli si era mozzato, la saliva gli si era seccata e il cuore batteva talmente forte come fosse sul punto di esplodere da un momento all’altro.
Confusione. Sconvolgimento. Sgomento. Tremore. L’aveva sconvolto sapere che quel ragazzo avesse potuto compiere qualcosa di tanto terribile, si era spaventato da quel repentino cambio di atteggiamento. Probabilmente, se prima gli fosse apparso sotto quelle “spoglie”, avrebbe dato per scontato di avere di fronte un pazzo irrecuperabile. E per un istante in quel momento l’aveva pensato.
Però... prima aveva osservato attentamente l’albino mentre l’aveva ascoltato, e aveva riscontrato un’ombra di dolore e rimorso. Ma allora perché adesso si stava comportando così?
Per un po’ rimase per qualche istante a fissarlo, il volto dall’espressione impenetrabile. A tradirlo c’erano solo il suo cuore pulsante e il respiro fermo.
<< Perché? >>
Dovette ripeterlo, perché gli era uscito poco più di un sussurro.
<< Perché hai accettato di fare una cosa del genere? >>
<< Perché? Perché io volevo il potere! Il potere assoluto per poter eliminare chiunque mi ostacolasse! >> rispose l’esper con una risata divertita << Livello 5? Numero Uno? Il Più Forte? Stronzate prive di significato! Ciò che conta davvero nella vita... è avere più potere, sempre di più. E sai che c'è? >>
Il suo ghigno si fece ancora più largo e sadico.
<< Non me ne pento neanche un po’. Ora capisci che cos'è un animale? Un vero cattivo non cerca qualcosa di logico, come la vendetta o i soldi. Non si può né comprare, né dominare. Non ci si ragiona, né ci si tratta >> concluse con una scrollata di spalle decorata da un sorriso maniacale.
Fire strinse pugni, costringendosi a mantenere un’ espressione impassibile – impresa titanica – e a regolarizzare il proprio respiro.
<< Avresti il coraggio di ripeterlo di fronte a lei? >> gli sfuggì dalla bocca, mentre assottigliava lo sguardo in un’espressione di vago disprezzo.
Era ben chiaro a chi si stesse riferendo.
Si sentì un pazzo a sfidarlo così. Eppure c’era qualcosa, quel qualcosa che prima l’aveva spinto a fidarsi di lui con la sua identità, a convincerlo a resistere, a fronteggiarlo. Forse il fatto che in quel mentre gli ricordava molto Shen - al quale, per nessuna ragione al mondo, intendeva mostrare debolezze - gli aveva fatto riacquistare un po’ di vigore.
Accelerator strinse gli occhi. Lo aveva beccato proprio sul suo unico tallone d'Achille.
Non voleva perdere quella sfida. Sì, perché ora era diventata una sfida personale. Si ricordava bene della loro chiacchierata al parco, e se quel ragazzo pensava davvero che lui fosse buono o, addirittura, un papà... si sbagliava di grosso. Era deciso a dimostrargli che lui era un mostro, e lo avrebbe fatto urlare. Esattamente come tutti quelli che lo avevano additato come tale.
Contorse la bocca in un inquietante e sadico sorriso, mentre dilatava le pupille dei suoi occhi color rosso sangue.
<< Vuoi mettermi alla prova, bastardo? Non ci metterei nulla a dirglielo. E sai qual è la cosa più buffa? Quelle ragazze... erano le sue sorelle! >> terminò con una risata.<< Sì, lei è una di loro! >>
Quell'orrida risata era disgustosamente e inquietantemente familiare. Per un solo, terrificante attimo, a Fire parve di vedere i lineamenti del ragazzo alterati, più simili a quelli del governatore, e rischiò di vacillare, sia nella postura che nello sguardo. Dannazione, stava veramente impazzendo! Non solo perché aveva la visioni, ma anche perché stava fronteggiando spudoratamente il Demone Bianco di Kyoto, di cui adesso provava giusta paura intrinseca.
Durante quel caos di pensieri, Accelerator proseguì nel suo delirio psicopatico.
<< Io ho assassinato le sue sorelline. Tutte di seguito, una per una. La prima è morta per un colpo di proiettile che ho deviato contro di lei. Poi ho iniziato a sperimentare cose sempre più nuove. Alla numero diecimila ho invertito il flusso sanguigno >> sussurrò freddamente << Sembrava una fottuta opera d'arte moderna. Ad un’altra ho invece strappato una gamba come se fosse un foglio di carta. Ammetto che è stato divertente vederla strisciare... prima che ci facessi un ragù schiacciandola con un container! >>
E, a quest’ultima dichiarazione, scoppiò a ridere.
<< Eddai, supereroe! Non fare quella faccia sconvolta! Non mi avevi forse detto di averci a che fare tutti i giorni con un mostro? >>
E continuò a ridere di gusto, prendendosi volutamente gioco di lui.
La paura e l'incredulità del ragazzo dai capelli verdi stavano lentamente facendo posto alla rabbia. Una rabbia sorda, trasudante sdegno e orrore: era troppo disgustato da simili dichiarazioni, troppo deviato e scandalizzato. Ogni singolo ragionamento, buonsenso o logica gli svanì dalla mente, e quella maledetta impulsività ed emotività che gli impediva di considerarsi a tutti gli effetti adulto esplose: il pugno si caricò di energia verde e questa si liberò in un lampo verde, sparato dritto contro quella detestabile faccia ridente.
Accelerator rimase sorpreso da quell’esplosione. Naturalmente, non si fece nulla: la scarica di energia cozzò semplicemente contro la Reflection, provocandovi sopra larghi cerchi concentrici.
In genere, se qualcuno tentava di colpirlo con un pugno o con qualunque altra cosa, gli rompeva le ossa di rimando. Questa volta non lo fece: si limitò semplicemente a rimanere fermo, immobile e immacolato, e a far dissolvere l’energia manipolando il suo scudo.
<< Oooooh, gran bella prova, eroe... ora non ti dispiace se ricambio il favore?! >>
Prima di poter fare qualsiasi cosa, Fire se lo ritrovò davanti, materializzatosi ad un singolo soffio di distanza; sentì la trachea cinta in una morsa atrocemente salda, ed era assurdo constatare fosse provocata da quelle dita affusolate, pallide e magre: di rimando, la vista gli si offuscò, così poté solo percepire di venire alzato di peso e sbattuto di spalle ad una delle pareti più vicine di cui il giardino era circondato. Boccheggiando, strinse le mani attorno al polso esile, recuperando piano la vista.
Il suo sorriso di Accelerator era più largo. Era convinto di aver vinto, di aver finalmente ottenuto ciò che voleva.
<< Cos'è che mi avevi detto, EH? Che il mostro che combatti ogni notte è peggio? Che non bisogna fermarsi alle apparenze? Che se non fossi così, la mia auto-proclamata figlia non mi gironzolerebbe intorno? Oh, ne hai dette di stronzate, bastardo. Ora che cosa dovrei farti, hmm? Forse vorresti vedere cosa succede… quando viene invertito il flusso sanguigno di un uomo! Ti va di provare? >>
Fire gli rifilò uno sguardo fiammeggiante. Quando andava in bestia non ragionava più razionalmente: incurante di qualsiasi cosa, aprì la bocca e ne sputò fuori tutto il veleno accumulatoglisi in gola.
<< Ho detto delle stronzate!? Davvero!? Che cazzo di problemi hai!? Cosa ti importa di quello che ti viene a dire un cretino vestito da uccello? Perché dovrebbe fregartene qualcosa? Te lo dico io perché: perché sei un completo idiota se pensi di potermela dare a bere con questa recita da psicopatico! Ma guardati! Sei talmente disastroso come cattivo che hai bisogno di chiedermi il permesso, prima di farmi del male! Cerchi di spaventarmi!? Ma quanto sei imbecille, per non essertene accorto da solo che ho già paura? Cos’è, non ti basta? Vuoi che mi metta a strillare come una ragazzina!? Vuoi che implori pietà!? Te lo puoi scordare, lurido pezzo di merda! Puoi pure usarmi come giocattolo sadico, se ti aggrada, ma scordati che ti assecondi! Se sei diventato il più potente di tutti dopo tutte le porcherie che hai fatto, perché diavolo non ci sei tu al posto del Maestro, eh!? Me lo spieghi!? >>
Stavolta fu costretto a riprendere fiato, ansimando. Il battito del cuore aveva ripreso ad accelerare, e per un istante spaventoso quasi temette che fosse opera dell’altro se batteva tanto forte quasi da scoppiare.
Accelerator rimase senza parole davanti a quelle grida e accuse. Aveva finalmente ottenuto ciò che voleva, eppure sentiva qualcosa dentro di sé, qualcosa che non andava. Voleva farsi apparire come un mostro davanti a lui, ce l'aveva fatta, e ora si sentiva a disagio. In qualche modo... le parole del ragazzo lo avevano ferito, era stato appena paragonato al Maestro, se non addirittura peggio. La gente gli dava spesso del mostro o del demonio, ma questo, per lui, era peggio.
Mollò la presa sul ragazzo con un gesto brusco, osservandolo cadere a terra e tossire sonoramente. Il suo sguardo si fece serio: non c'era più soddisfazione o senso di vittoria dopo aver ottenuto la tanto agognata ragione.
<< Perché è fallito >> mormorò, mentre il ragazzo dai capelli verdi si sollevava in piedi a fulminarlo con lo sguardo << L’esperimento Sisters... è fallito. È stato fermato dalla Railgun e da un idiota di Livello 0. Ma non è grazie a quell’esperimento che sono diventato il Numero Uno. L'esperimento che mi ha reso il più forte... >> si toccò il ventre<< ... l'esperimento che mi ha reso il più forte è un altro. >>
Fire rimase impalato, in piedi, ad osservarlo. Si era aspettato una reazione totalmente diversa. Quale non avrebbe saputo dirlo. Forse si aspettava che gli avrebbe riso di nuovo in faccia in modo maniacale, o che mettesse in atto la sua minaccia. Non si aspettava quell’espressione impassibile, come se non volesse mostrare più le sue emozioni. Qualcosa di quello che gli aveva detto l’aveva ferito davvero nel profondo.
Accelerator gli voltò le spalle, ed iniziò ad allontanarsi. L’altro non poteva vederlo, ma l’espressione del suo volto… era quella di un ragazzo triste.
<< Aspetta! >> sfuggì dalla bocca del Vigilante, ma l’albino non lo sentì nemmeno, e continuò ad allontanarsi fino a sparire tra i corridoi della base.
Rimasto solo, Fire desiderò con tutto se stesso di non aver mai aperto bocca. Era infantile da fare schifo, ma ora si sentiva un verme. Si odiò per quell’attimo di debolezza, ma non poteva farci niente. Adesso si sentiva un verme, per avergli detto qualcosa del genere. Per averlo paragonato al Maestro. Al Maestro!
Ma chi poteva biasimarlo, dopo quello che aveva scoperto? Quel ragazzo era un assassino, come Shen, e come lo stesso Maestro. L’istante dopo si odiò per aver pensato una cosa del genere. E con questo? Quale diritto aveva lui, Fire, di trattarlo in quel modo? Quale diritto aveva di ritenersi migliore di lui? Non dimostrava forse il contrario, dopo una cattiveria simile?
“Ecco il cinico, razionale, egoista, indifferente Fire Royston. Tu... non guardi in faccia nessuno.”
<< Basta >> disse ad alta voce, coprendosi nuovamente le orecchie con le mani.
Perché doveva andare sempre così? Era stanco. Stanco di essere sempre così pieno di dubbi, stanco di sentirsi tanto irrequieto, stanco di nascondersi, stanco di essere così… fragile.
Era stato anche troppo sveglio a rimuginare, per quella notte. Avrebbe fatto meglio ad andare a dormire, finché poteva farlo. Sempre se riusciva a farlo.
Con un gesto azionò le ali e si librò in volo, rientrando a sua volta nella base e rifugiandosi nella propria camera.

                                                                                                                                                        * * *


Terra (Centro Imperiale) - Cina

Le pareti di roccia fendevano l’ardente sabbia del deserto. Come cinque dita appartenenti ad un gigante, i rostri chiudevano all’esterno gli afosi raggi del sole, il vento sferzante e crudele e la mistica bellezza di un paesaggio di dune e colline sabbiose costantemente mutate dagli elementi. Eppure… il suono giungeva. Ovattato, flebile, ma giungeva.
Le orecchie di Marie ne captavano le vibrazioni, le sfumature, le voci che andavano infrangendosi contro quel rifugio ricoperto dall’oceano incandescente, quasi come se quest’ultimo fosse un essere vivente, cosciente e consapevole degli insetti che vagavano sul suo dorso, affondando nel suo corpo informe.
La vampira giaceva su di un fianco, avvolta dalle coltri di lana, stesa sul suolo pietrificato e con un sapore familiare ed estraneo allo stesso tempo sulle labbra; era sangue, ne era sicura, la sua essenza scorreva nelle sue vene, riportandola lentamente alla vita, donando vigore alle sue membra, alla sua pelle, ai muscoli… e a quella nera anima che albergava lì, racchiusa fra ossa, carne e tendini.
Provò a muoversi, smosse lentamente le gambe, stringendosi nelle coperte con la mano destra e portandole in alto, fin sopra il seno. Sbatté gli occhi color rubino e scrutò con interesse il bizzarro rifugio nel quale si trovava.
Auth stava seduta davanti a lei. Le dava le spalle, con la lunga coda ondeggiava mollemente.
La dea osservava alcuni globi luminosi mentre danzavano di fronte a lei, piccole stelle che emanavano un tepore dolce, materno, mentre una bellissima luna piena stava a poche braccia dal suolo, piccola quanto un pugno, fatta di materia ed energia. Irradiava un bagliore pallido ma non spettrale… forse triste, malinconico.
Marie sorrise fra sé e sé, e si mise seduta con un lieve gemito.
<< Grazie >> disse dopo lunghi istanti di silenzio, durante i quali si era portata accanto alla donna, che tuttavia non rispose. Si limitò a sollevare il braccio destro, stringere il pugno con veemenza e far sgorgare il sangue dal polso ferito.
La Nosferatu mai aveva visto un fluido vitale di tale natura: fluido si, ma allo stesso tempo privo di materi, eppure reale. Poteva percepirne il profumo, metallico e intenso invaderle le narici.
Mantenendo il silenzio, Auth le porse l’arto, invitandola con un cenno del capo a nutrirsi. Era… una scena bizzarra, dotata di una propria, inarrivabile bellezza; potevano apparire come una madre intenta ad allattare la figlia neonata, mentre globi celesti e luminosi danzavano lentamente sopra le loro teste.
Nel mentre, Auth contemplò gli eventi di quella mattina.
I sogni le erano sempre sembrati una cosa strana. Pulsavano nella mente delle persone, degli umani, in maniera distorta e confusa.
Alle volte si rivelano soltanto questo, sogni nati dalle sensazioni sepolte nell'inconscio, sensazioni forti che provocano determinate rappresentazioni oniriche della realtà. Questo valeva per gli umani, e per i Nosferatu. Ma per una divinità come lei… i sogni non erano mai soltanto "sogni".
Quando Auth si era svegliata, poche ore prima, aveva percepito un distinto brivido lungo la schiena, una sensazione alienante e sconosciuta… paura. Aveva tirato un lungo sospiro: era veramente difficile abituarsi a quelle sensazioni mortali, come il freddo e la vivida preoccupazione.
E fu allora, in quel momento di calma assoluta, di pace, in cui la donna era impegnata a contemplare quei timori così sinistri… che accadde.
Ad appena un centinaio di metri dalla coppia, guizzò nel cielo velato una brillante scintilla azzurra, come un fulmine che saetta all'insù invece che verso il suolo.
Un istante dopo, l'esplosione titanica squarciò il centro dell'oasi come una lanterna. L’onda d’urto risultante sollevò banchi di sabbia e perfino gli alberi adiacenti al giardino, modificando l'assetto del paesaggio.
Poi, la luce azzurra cominciò a schiarirsi… e da essa fuoriuscì la figura di un uomo alto e dai corti capelli biondi, vestito con un elegante abito nero con tanto di scarpe di tela abbinate.
<< Toc toc! >> esclamò il Maestro, allargando ambe le braccia a mo' di presentatore.
Auth era pronta, allertata dall’onirica sensazione. Con una rapido movimento del braccio, creò dal terreno una mano gigante, interamente fatta di pietra e sabbia: seguendo il movimento della sua controparte di carne e sangue, il costrutto si scagliò contro l’avversario, agguantandolo e bloccandolo completamente.
<< Dovrei rispondere “chi è”? >> chiese, sarcastica, stringendo la presa, ondeggiando la coda con palese nervosismo.
Sentiva una stretta gelida penetrare a fondo nel suo addome, e per lei non era affatto normale. Si sentiva in pericolo, come una preda davanti ad un letale predatore.
In tutta risposta, il Maestro si limitò a sorridere. Aprì la bocca… e la richiuse quasi all'istante, il volto adornato da un'espressione contemplativa.
Poi, con un movimento disarmante, il braccio destro dell'uomo sembrò oltrepassare la dura roccia come se fosse una superficie liquida, generando piccole increspature lungo il minerale.
Il Signore del Tempo si mise rapidamente una mano nella tasca del completo, estraendo un pezzo di carta ripiegato. Aprì il foglietto con i denti, sembrò leggere qualcosa al suo interno e annuì a se stesso.
<< Vediamo… sì. Qui c’è scritto che io dovevo dire “Toc toc”, tu avresti dovuto rispondere “chi è?”, e a quel punto io avrei dovuto ribattere: “Il vostro carnefice”... ugh, suonava meglio nella mia testa, sembra così cliché. Dimenticalo >> borbottò il biondo, arrotolando il pezzo di carta tra le mani e lanciandoselo dietro. Sembrava del tutto inalterato dalla situazione in cui si trovava.
Era la seconda volta, dopo lo Scisma, in cui Auth si trovava a contemplare qualcosa che non capiva.
O meglio, qualcuno. Quell'uomo andava oltre tutto ciò che conosceva, e adesso comprendeva perché quell'individuo venuto dal suo sogno le aveva fatto un tale effetto, regalandole un tale sentimento di impotenza.
Si sentiva… no, era piccola, piccola e impaurita. Perché quando ti trovi davanti qualcosa oltre la tua capacità di raziocinio, la paura è il sentimento più naturale e Auth... comprese solo allora davvero la natura della sua mortalità, e si rese conto di essere cedevole, miserevole... sola.
Com'era possibile che un individuo di tale risma le provocasse una tale ondata di pensieri, di sensazioni che mai prima di quel momento le avevano sfiorato la mente?
<< Tu... te ne devi andare >> disse, ondeggiando la coda sempre più forte e veloce, spostandosi d'istinto davanti alla Nosferatu tremante e delirante per la sete, da lei nascosta con una coperta.
A quelle parole, il Maestro rilasciò un sospiro apparentemente rassegnato.
<< Vorrei tanto, amore >> disse, quasi con riluttanza, prima di picchiettare la mano libera sulla stretta di roccia.
Per un attimo sembrò non accadere niente. Poi, lentamente, la gabbia cominciò a sgretolarsi, riversando sul terreno erboso copiose quantità di sabbia e lapilli.
<< Ma vedi, quando si apre una nuova attività… >> riprese, spolverandosi la giacca come se niente fosse << bisogna stabilire delle regole. Lo sai come ho fatto a mantenere l'ordine in questo mio piccolo angolo di universo? Con la paura. >>
Detto questo, compì un passo in direzione di Auth.
<< Con lo spettacolo di azioni spaventose. Se qualcuno mi deruba… gli taglio le mani. Se mi offende… gli taglio la lingua >> continuò con quel suo intramontabile sorriso, mentre gli occhi diventavano man mano sempre più gialli.
<< Se qualcuno distrugge una delle mie città… gli taglio la testa, la infilo su un palo e la espongo così in alto che tutto il mondo sarà in grado di vederla! >> esclamò, fermandosi ad appena un paio di metri dalla figura della donna << È questo che preserva l'ordine delle cose... comprendi? Oh, che maleducato, non ho nemmeno chiesto il tuo nome. >>
<< Sei qui… >>
Auth si girò quasi di scatto all’udire la flebile voce di Marie. La vampira si sosteneva da terra con una mano, mentre l’altra era poggiata sulla gola. Aveva sollevato la coperta, stringendola fino a coprire anche il collo, scossa dai brividi. Ora fissava il Signore del Tempo con gli occhi sgranati.
<< Sai che la città è distrutta, eppure… non provi paura. Il battito del tuo cuore… è diverso. Non come il mio o come quello degli umani. Di battiti... io ne percepisco due… >>
Le sfuggì un altro rantolo, mentre si rivolgeva alla figura della donna.
<< Non è normale ... non è come Landa… >>
Il Maestro si picchiettò la tempia.
<< La tua amica ha un buon orecchio… ma non sembra messa troppo bene >> osservò con tono di fatto << Potrei mettere fine alle sue sofferenze anche ora, sai? Un piccolo POOF! e tutto il dolore sparirebbe come un non nulla… assieme a lei, ovviamente. Ma ehi! Meglio che niente, giusto? >>
Auth non rispose. Il suo corpo aveva iniziato ad emanare un forte calore, ardendo il terreno fino a cambiarne la forma in una vitrea superficie.
Si mosse velocemente, molto velocemente, prendendo Marie fra le  braccia e stringendola a sé.
<< Va tutto bene >> sussurrò alla vampira, scossa da continui brividi << va tutto bene, è solo un uomo. >>
Puntò uno sguardo feroce sul Maestro, ma di fronte a quell’inquietante sorriso la determinazione svanì come neve al sole, lasciando spazio alla sensazione di essere davanti ad un'ombra, un'ombra che a poco a poco inglobava l'intera grotta oscurando il fascio di pallida luce proveniente dal foro causato dall'arrivo di quella… creatura, che tutto era fuorché umana.
<< No… >> le rispose Marie, biascicando come una vecchia esausta << Lui è… oltre… te… >>
<< Dici il vero, ragazzina >> disse il Maestro con tono beffardo << E sai perché lo so? Perché io… sono il Maestro. E qui a Battleground, mia cara… io sono oltre TUTTO! >>
A quel punto, una luce abbagliante avvolse il corpo del Signore del Tempo, mentre raffiche di vento cominciarono a smuovere le fronde dell'oasi, sollevando tempeste di sabbia nell'area circostante.
Stavolta Auth sentì il proprio cuore battere di rabbia repressa. La sua mente tornò al giorno dello Scisma, alla disperazione totale che l'aveva travolta nella sua interezza.
<< Allora... non puoi farmi paura >> sibilò, i muscoli pulsanti e le vene che si gonfiavano poco a poco per l'afflusso di sangue in costante aumento << Tu avrai creato questo mondo... ma non sei certo il primo dio che uccido! >>
Urlando, irradiò a sua volta un bagliore dorato, liberando un’onda di energia tutto intorno a loro: ridusse l'intera oasi a un cumulo di pietra e sassi, disgregando il manto erboso, le fronde delle palme e facendo evaporare l'acqua: tale forza scagliò indietro il Maestro, bloccandolo in un'autentica nebulosa che sembrava essere stata strappata direttamente da un pezzo di cosmo.
<< Ma se vogliamo fare a gara, allora posso stare al gioco >> sputò la donna.
Per qualche secondo, la figura del suo avversario scomparve nella gabbia di oscurità e corpi celesti. Poi, da quell'agglomerato indistinto, arrivò una voce calma e inflessibile.
<< Interessante… stai utilizzando la materia oscura tra gli atomi per ricreare nebulose in miniatura. Un trucco niente male >> commentò il Signore del Tempo.
In quel preciso istante, nella mano destra dell'uomo iniziò a formarsi un globo di luce dorata, che cominciò a disperdere le nebulose.
<< Ma se crei energia negativa da quegli stessi atomi, utilizzando gli elettroni che vi ruotano attorno… allora la tua offensiva perde di significato >> disse, con un sorriso agghiacciante.
Al contempo, la massa luminosa cominciò a crescere.
<< E lo sai qual'è il bello degli elettroni, mia cara? Sono MOLTO instabili… boom! >>
Porse la mano in avanti, mentre l'attacco di pura energia negativa si protrasse nell'aria come una frusta, producendo una temperatura abbastanza alta da bruciare qualunque cosa si trovasse ad almeno dieci metri dalla sfera.
Auth comprese le intenzioni del Maestro per un pelo, e riuscì a difendersi creando un varco nell’aria che risucchiò l’esplosione. La sua natura era limitata, il suo potere lo era altrettanto e i varchi richiedevo una quantità immane di energia e pura potenza tanto sul piano fisico quanto su quello mentale. Il risultato furono dei risucchi capaci solo di isolare loro due dall'esplosione e, quando il bagliore andò scemando, attorno a loro restava solo terra vitrea e riarsa.
Il Maestro lanciò un fischio, battendo ambe le mani con un sorriso impressionato.
<< Davvero niente male, quell'attacco era abbastanza forte per uccidere un esper di Livello 4. Penso che sia ora di utilizzare le armi pesanti >> disse scrocchiando il collo << Bubu... >>
La figura dell'uomo scomparve in un guizzo di vesti neri, per poi riapparire a pochi centimetri dal volto dell'entità. La sua altezza, ora, era uguale alla sua, come se fosse cresciuto di un metro nella frazione di mezzo secondo.
<< ...Settete! >> esclamò, afferrando il volto della donna e spingendolo contro il terreno vetrificato.
L'impatto generò un'onda d'urto abbastanza forte da sollevare il manto dell'oasi, mentre il corpo di Marie veniva sbalzato in aria. Il colpo fu immediato, veloce e inaspettato: l'urto della schiena col terreno solidificato le incrinò alcune delle ossa più deboli.
Auth avrebbe voluto urlare ma non vi riuscì: nonostante il dolore, i suoi pensieri erano diretti al vecchio e fragile corpo della Nosferatu che precipitava ad alcuni metri da lei.
Supina, mosse rapidamente la lunga coda, facendola scattare in direzione dell’avversario e avvolgendogliela attorno al collo, strattonandolo all’indietro di scatto. Piegò le gambe e premette all’indietro i palmi sul terreno, risollevandosi da terra con uno slancio e scagliandosi contro il Maestro grazie ai propri riflessi sovrumani.
Con un balzo, utilizzò le gambe per intrappolargli il collo in una presa di sottomissione, bloccandolo con tutta la forza di cui era capace: quindi, con un colpo di reni accentuato, si sollevò lesta in aria, compiendo una rapidissima giravolta. Appena fu certa di aver raggiunto il punto critico, si gettò in picchiata verso terra, schiantando infine l’avversario al suolo.
Mentre affondava nel terreno, il Maestro mantenne uno sguardo impassibile, come se fosse atterrato semplicemente sul materasso di un letto.
<< Sei brava con le acrobazie… >> commentò << ma sai anche fare il morto? >>
La indicò con un dito, lo stesso dito da cui, appena mezzo secondo dopo, partì un raggio di pura energia, azzurro come il cielo stesso, che investì in pieno il corpo della donna.
Stavolta, tuttavia, Auth era riuscita a percepire l'incremento di energia e aveva approfittato della spinta per compiere un altro balzo e afferrare Marie, prima di rotolare per un paio di iarde per terra.
Il suo movimento era stato rapido, ma non abbastanza: il braccio sinistro, una parte del volto e l'esterno coscia alla sinistra erano ustionati. Sarebbe guarita, ma il danno era esteso l'aveva segnata nel profondo. Di conseguenza, il tempo di guarigione sarebbe stato lungo.
E mentre stringeva Marie, comprese che non stava affrontando una battaglia impari. Il Maestro non aveva accusato nessun danno mentre lei, se fosse stata investita in pieno dal suo attacco, sarebbe morta a tutti gli effetti.
“Non posso… non con lei” si disse, osservando la vampira stretta fra le braccia.
Nel mentre, il Maestro si rialzò da terra, con movimenti simili a quelli di una marionetta collegata a dei fili invisibili. Come se la gravità stessa non lo influenzasse nel minimo.
<< Penso che mi sia finita della sabbia nell'orecchio >> borbottò, picchiettandosi la testa.
Fatto questo, posò lo sguardo sulla coppia di fuggitive, alzando ambe le mani a mo’ di pistole.
<< Balla per me, tesoro! >> esclamò con un sorriso estatico, mentre dagli indici scaturivano altri raggi di pura energia. Il tutto mentre il Signore del Tempo rideva maniacalmente.
Auth riuscì a deviare i primi proiettili con la formazione di potenti scudi cinetici che dispersero l'energia dei singoli raggi. Dopo un po’, tuttavia, si ritrovò a schivare muovendosi rapida sulle lunghe gambe, la piccola Marie stretta a sé come una bambina.
Si mosse a destra, a sinistra, poi ancora a destra, saltò verso l'alto, strisciò sul ventre scattando come poteva, arcuando la schiena e agitando la coda, ringhiando e mostrando i denti. Era inutile, non riusciva a percorrere la distanza necessaria ad avvicinarsi senza rischiare di venire colpita, e non poteva lasciare Marie da sola per avere più libertà nei movimenti: sapeva che, se l’avesse fatto, il Maestro l’avrebbe uccisa seduta stante.
Che fare, che fare, che fare?
Spalancò la bocca come per urlare, ma invece dalla bocca eruttò una fiammata ad altissima temperatura che puntò dritta contro il nemico.
<< Avrò bisogno di molta crema >> commentò spassionatamente il Maestro, mentre sollevava le mani in direzione della volta celeste.
Come dal nulla, il deserto sembrò sollevarsi a immagine e somiglianza di una barriera alta almeno un centinaio di metri. I minuscoli granelli che la costituivano cominciarono a condensarsi, generando uno spesso strato di roccia compatta che frenò l'avanzata della vampata.
Poi, il muro di pietra solida cominciò a sgretolarsi, tornando semplice sabbia… i cui granelli ora presentavano una forte temperatura esterna, a causa dell'attacco appena bloccato.
Sulla superficie della barriera comparve il volto ghignante del Maestro, mentre questi porgeva la mano destra in avanti e scaricava la tempesta di detriti incandescenti sui corpi delle avversarie.
Stavolta, Auth non poté fare nulla: non aveva più le forze o l'energia di portare avanti una lotta del genere, e se l’ultimo suo attacco non aveva potuto nulla, allora era ormai certo che la lotta fosse persa in partenza. Se avesse perseverato, avrebbe ottenuto come unico risultato l’indebolire ulteriormente Marie.
Per questo diede spalle al Maestro. Per questo subì l'attacco rannicchiandosi su se stessa e tenendo la vampira stretta a sé, in modo da proteggerla dalla tempesta di detriti e tenendola al sicuro mentre la sua pelle d'oro, i muscoli, le ossa, le vene, i tendini, la carne, ogni cosa veniva lacerata dal calore e dalla sferzata crudele di quei lapilli ardenti.
<< Bevi, bambina >> biascicò, passando il braccio destro, ancora segnato dall'attacco subìto dalle labbra della rossa << Bevi e cresci forte. >>
Emise un leggero rantolo e cadde di fianco, con gli ultimi barlumi di coscienza che se ne andavano assieme alla visione degli ultimi raggi di luce, prima che la tenebra divenisse, ancora una volta, il suo unico mondo.



Boom!
Ebbene sì, Auth e Marie sono ora nelle mani di un Maestro decisamente molto arrabbiato. Nel mentre, Accelerator e Fire hanno avuto una conversazione cuore a cuore. Tenete a freno la mente, shippatrici seriali, questi due avranno al massimo una bromance.
Nel prossimo capitolo, i team RWBY e JEKP arrivano alla base della Ribellione! E il Maestro ha qualcosa di speciale in mente per le sue nuove catture...

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Capitolo 25
*** Capitolo 23 - Vita e morte ***


Buona Pasqua! E finalmente un nuovo capitolo per questa storia. Procediamo lentamente, ma almeno procediamo.
I prossimi aggiornamenti arriveranno prima, grazie alla quarantena abbiamo modo di lavorare più in fretta.
Ora bando ai convenevoli e vi auguro una buona lettura!

 

Capitolo 23 - Vita e morte


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Si dice che l'Yggdrasil nacque dal nulla, un seme piantato nell'immensità del vuoto da cui il Creato venne alla luce. Un albero fatto di pura luce stellare, i cui rami e radici sorreggono l'intera realtà di quell'infinita esistenza che supera il tempo e lo spazio. Infiniti rami, con infinite realtà, tutte così diverse ma allo stesso tempo abilmente intrecciate tra di loro. 
Ed è proprio su uno di questi rami che veniva sorretta Asgard, dimora dorata degli orgogliosi dei Aesir, le cui fondamenta furono gettate da Borr e suo figlio Odino. Le alte mura, edificate dagli jötnar nei tempi antichi, si ergevano dalle nuvole come una città delle fiabe. L'ampio portone, da cui scaturiva il Ponte dell'Arcobaleno, dava sull'immensa città e... sul Palazzo.
Il Válaskjálf, il palazzo di Odino, alto e splendente come il suo stesso sovrano. Simbolo di fulgore, forza e saggezza del Padre di Tutti… ora usurpato dal suo figliastro, il dio delle malefatte Loki. Egli, con un astuto inganno, aveva portato i Decepticon dentro le mura di Asgard durante il Sonno di Odino e ucciso il padre degli dei senza pietà.
Ed ecco, infondo al grande corridoio di solida pietra, circondato da colonne, Loki Laufeyson, reggente di Asgard, ammantato della porpora reale che sedeva sul grande Hlidskjálf, il trono dei re.
Egli se ne stava nella quiete e nel silenzio del palazzo, meditando sulle varie situazioni che avevano attirato la sua attenzione. Da 30 anni, ormai, il suo odiato fratellastro aveva mosso guerra alla sua Asgard e al Maestro unendosi alla ribellione del Dottore. Non era mai stato un vero problema per il dio degli inganni, ma qualcosa lo aveva scosso. Le fila del Dottore si erano rinvigorite, adesso possedevano più uomini di prima, e in aggiunta un soleano e un esper di livello 5 il cui potere era stato capace di tenere testa allo stesso Darth Vader.
Nella sua mente, come una serpe strisciante, cominciò a farsi strada l’idea che Thor avrebbe potuto spodestarlo. A causa di ciò aveva perso il sonno, e aveva posticipato tutte le convenzioni politiche e le udienze a cui soleva partecipare.
Spesso neanche mangiava o beveva, seppur non mancava di nutrirsi regolarmente delle mele di Idunn, indispensabili per il sostentamento di un dio Ase. La sua meditazione era tale che neanche si accorse di un suo commilitone che lo stava interpellando.
<< Mio signore! >>
Quell’esclamazione lo destò dai suoi pensieri, e porse lo sguardo sul suo interlocutore, aggrottando le sopracciglia e affilando lo sguardo.
<< Come osi interrompere i pensieri del tuo sovrano, soldato? Dovrei farti frustare per questa mancanza di rispetto. >>
Spaventato, l’einherjar, abbassò ancora di più il capo in segno di sottomissione e rispetto. << Vi chiedo perdono, mio signore, non era mia intenzione. Sono giunto da voi per riferirvi che il Maestro è venuto per voi. Dice di avere un ricco bottino per il ricco signore di Asgard. >>
Gli occhi di Loki parvero allargarsi, anche se in maniera impercettibile. Riprese la sua tipica compostezza e si alzò dal trono afferrando la leggendaria Gungnir, la lancia infallibile di Odino.
<< Sei perdonato. Ora congedati, sarò io ad andare personalmente dal Maestro. Ah, e un’altra cosa… di' a Skurge l’Esecutore di affilare la sua ascia e preparare tutte le armi che può raccogliere. Da adesso in avanti sarà il custode del Bifrost. >>
<< Ma, mio signore, sono trent’anni che il Bifrost non ha più un custode, da quando è morto Heimdall il Bianco. >>
<< E allora? >> chiese il dio sollevando appena il sopracciglio.
<< Il nostro grande regno ha prosperato per trent’anni in pace. Grazie alle nostre solide alleanze con il Maestro, il regno di Gongmen e di Vorkye. Non abbiamo più visto nemici di alcun genere. >>
<< Basta! >> tuonò Loki, facendo ammutolire il guerriero, che subito abbassò nuovamente il capo << Loki non deve di certo rendere conto delle sue azioni a un bifolco come te. Taci, uomo d’arme, alzati e fai come il tuo re comanda. O preferisci finire nell’Arena per insubordinazione? >>
<< No, mio signore, eseguo subito! >>
E, detto questo, si allontanò repentino, per non incorrere nelle ire del suo padrone.
Loki schioccò la lingua e, con un gesto fulmineo, si diresse a grandi passi verso il portone dorato del palazzo, 
facendo ondulare il manto purpureo nel vento. Ma non fu più necessario che egli si muovesse ancora, perché le porte si aprirono con un sonoro tonfo, facendo intravedere nella luce la figura di un uomo ben vestito, con al seguito due donne inginocchiate.
<< Boom baby! >> esclamò il Maestro, allargando ambe le braccia con fare teatrale.
Il sovrano emise un sospiro trattenuto e indietreggiò per tornare a sedersi sul trono.
<< Che c’è, Loki? Non fare quella faccia burbera, dopotutto ti ho risparmiato la seccatura di dover muovere le tue regali chiappe. >>
<< La tua irriverenza mi sconcerta ogni volta, Signore del Tempo. Ho impegni urgenti da portare a termine, non ho voglia di… >>
<< Sì, sì, amministrazione di un regno e blablabla. Cosa pensi, che non lo sappia? Governare un multiverso è come governare un regno! Certo… con l’unica differenza  che il mio è, be'… leggermente più grande, oserei dire. Ma giusto leggermente. Volevo dirti che stai facendo un gran bel lavoro col trono che io ti ho regalato… >> Lo fissò con occhi più seri, senza però perdere il suo sorriso apparentemente intramontabile << Già, che IO ti ho regalato. Dico bene? >>
Seduto sul trono, il dio strinse i pugni, senza però cedere alla collera. Non era saggio indispettire il Maestro, specie su questioni su cui aveva ragione.
<< Vieni al punto… >>
<< Il punto è che… visto il tuo eccellente lavoro, ho deciso di premiarti a impiegato del mese portandoti questi due bei trofei da sfoggiare nell’arena >> disse il Maestro con tono affabile.
Si scostò, lasciando che Loki mirasse le figure martoriate di Auth e Marie, costrette in ginocchio davanti a lui come cagne addomesticate.
<< Loro nell’Arena? È uno scherzo? >>
<< Niente affatto, mio burbero amico, sono più forti di quanto pensi. Qui abbiamo… una ex entità concettuale, una specie di Tribunale Vivente politicamente corretto, mentre qui abbiamo una Edward Cullen tutta al femminile! Un’autentica vampira, ed è da parecchio che non se ne vedono in giro. >>
Laufeyson si alzò dal trono, mento in alto e spalle dritte, e si avvicinò ad entrambe. Si accovacciò, afferrò il mento di Marie e lo sollevò per costringerla a guardarlo. Stava studiando il suo nuovo acquisto, finché la donna non gli ringhiò contro, mostrando i lunghi canini.
Loki scostò la mano dal suo mento e la colpì con un violento schiaffo, tanto forte da farla cadere. << Schifosa creatura, come osi ringhiare addosso a me? >>
Auth, a quella manifestazione di violenza, era pronta a scattare, ma il Maestro la trattenne con una mano e con lo sguardo le intimò di non alzare un dito, pena un destino peggiore della morte.
Il reggente sputò a terra, verso le due prigioniere, poi alzò lo sguardo sul Signore del Tempo.
<< Accetto questo tuo dono, farò in modo che vengano subito portate nelle loro celle. Guardie! >> gridò ad alta voce.
Nella frazione di pochi secondi, accorsero due soldati. << Portate queste due donne nelle prigioni dell’Arena. Date loro anche qualcosa da mangiare e da bere, pane e acqua saranno sufficienti. Devono essere in forze per lottare contro i gladiatori, non vorremmo che il popolo venga costretto ad assistere a due cadaveri ambulanti, dico bene? Muovetevi. >>
I sottoposti fecero quanto comandato, allontanando la loro presenza dalla sala del trono. Loki fece per congedarsi dal Maestro, finché…
<< Ah, Loki, permetti una parola? >>
<< Le mie scuse, ma devo occuparmi del Bifrost. Ho nominato un nuovo guardiano e devo assicurarmi che sia tutto in ordine. >>
<< Ah, divertente, perché vedi… la mia non era una richiesta. >>
Il tono del Maestro si fece improvvisamente cupo. In esso c’era qualcosa di diverso. Qualcosa di più… agghiacciante.
Laufeyson deglutì appena e si sedette sul trono, non lasciando trasparire il minimo segno di nervosismo.
<< Mi fa piacere che tu prenda seriamente il lavoro, ti stai dimostrando un sovrano dal giudizio impeccabile. Capisci? Il re di Asgard… e non più il dio dei traditori. >>
<< Che intendi? Non ti seguo. >>
Il Maestro si picchiettò un dito sul mento, mentre si avvicinava al suo interlocutore.
<< Mio caro Laufeyson, ci sono determinate categorie di persone nell’universo che… come dire… osano. Che mangiano, si ingozzano e continuano a mangiare anche quando sono pieni. I mortali, come li chiami tu, hanno coniato uno specifico termine per quelle persone: gli Hassa. Lo sai cos’è un Hassa, Loki? È un porco. Uno che non riga dritto. Uno che vuole tutto, potere, rispetto, uno come lo eri tu vent’anni fa. Ebbene, sai cosa succede ai porci che si ingozzano troppo? >> chiese il Signore del Tempo, i cui occhi trasudavano pura cattiveria, tanto che perfino il dio degli inganni si sentì terribilmente piccolo dinnanzi alle sue parole.
<< Ho compreso… >>
<< Sarà meglio. Ora ti lascio ai tuoi pensieri, dopotutto anche io ho molte cose da fare... oh, e prima che mi dimentichi... ricorda bene questo discorso e cerca di riferirlo anche al Governatore Shen da parte mia, me lo fai questo favore? Molte grazie. Buona fortuna con quelle scalmanate! >>
E, detto questo, il Signore del Tempo sparì come un eco nel vento e Loki rimase di nuovo da solo, perso nei suoi pensieri. E un brivido molto umano scosse il suo essere.
 
                                                                                                                                    * * *
 

Remnant (Pianeta sotto controllo Imperiale) - Dreamland

La pista d'atterraggio del palazzo reale di Dreamland era operativa. Due figure, di cui una molto massiccia e l'altra ben più esile e vestita di bianco, aspettavano l'arrivo annunciato poche ore fa dai loro cari su una navetta rubata.
<< Sei sicura di volerlo fare, Summer? >> domandò King all'amica << Potrei pensarci io. Sai che sono abituato a trattare certe questioni. >>
Il sovrano di Dreamland era sopravvissuto ad anni di convivenza con quelle svitate di Beatrice e Luna, ad elezioni cui si era iscritto da ubriaco appena finita la scuola, ritrovandosi a capo di un paese in crisi economica… per poi scoprire che l'intero universo in cui viveva era la creazione di un pazzo psicopatico.
Ma sapeva non esistesse nulla di più difficile del riferire ai familiari dei compagni caduti della perdita. Ecco perché non voleva lasciare unicamente a Summer quel compito.
<< No, è mia figlia. Ed io ero lì, avrei dovuto impedirlo >> affermò la Cacciatrice, risoluta.
Aveva passato metà della nottata bevendo e il resto a piangere… ma ora doveva essere lì per sua figlia e prendersi le sue responsabilità.
<< Non è stata colpa tua, Shen vi ha condotto in una trappola. Se avessi organizzato meglio la missione ora non saremmo qui a preoccuparci >> concluse il sovrano, mentre lentamente iniziava ad intravedere un punto nero all’orizzonte che andò man mano ad ingrandirsi, rivelandosi un'aeronave.
Pilotato da Neo, il mezzo atterrò di fronte ai due Cacciatori, aprendo il portellone: il team RWBY e il team JEKP ne uscirono fuori, ancora insonnoliti per il modo in cui avevano passato la notte e visibilmente scossi dall'ultimo scontro. Perfettamente comprensibile, dal momento che non avevano mai affrontato un nemico di quel calibro.
Dedede si avvicinò loro, ostentando un sorriso cordiale.
<< Benvenuti, ragazzi. Per coloro che non mi conoscono, sono King Dedede, l'attuale capo di stato di Dreamland e vice leader della Resistenza. Riguardo voi ragazze, non ho parole per scusarmi di avervi coinvolto in questa spiacevole situazione. In ultimo, vorrei fare le mie congratulazioni a ciascuno di voi per essere sopravvissuti a una delle favorite del Maestro. >>
<< ZIO! >> gridò Kirby correndo incontro al re di Dreamland per abbracciarlo, lieto di rivederlo dopo quasi due anni dalla sua ultima visita a casa.
<< Kirby, quanto sei cresciuto! Fatti vedere >> lo accolse il fauno pinguino, ricambiando l'abbraccio e carezzandogli la testa rosata, lieto di rivedere il figlioccio che ne aveva passate tante.
<< È un piacere vederla, mister D >> lo salutò Emil, battendo il pugno al fauno pinguino, il quale a sorpresa ricambiò con un sorriso accondiscendente.
<< Quello che avete fatto è stato niente meno che impressionate. Otto Cacciatori in allenamento, per quanto talentuosi, che sopravvivono alla donna più potente dell'universo. >>
<< Mr. Dedede, è un piacere vederla >> intervenne Blake, scendendo dal velivolo con un sospiro sollevato.
Suo malgrado, si sentiva a pezzi dopo aver dormito nell'aereo: era troppo abituata a dormire in un letto, il che era alquanto dannoso, dal momento che una Cacciatrice avrebbe dovuto essere addestrata anche a trascorrere mesi nelle regioni selvagge.
Dedede annuì in segno di saluto, riconoscendo all’istante la figlia di uno dei suoi più fidati sostenitori, Ghira Belladonna. << È un piacere anche per me, Blake. Appena una persona avrà finito di parlare con voi, vi condurrò nei vostri alloggi. >>
Ruby fu l'ultima a uscire, stiracchiandosi fino a sentire tutte le ossa scricchiolare. Non riusciva ancora a credere di aver avuto uno scontro del genere con Salem. Il rapporto con la nonna era sempre stato estremamente complicato, tra momenti di enorme affetto e altri in cui era estremamente rigida sui suoi futuri doveri, ma mai avrebbe immaginato che si sarebbe spinta fino a quel punto.
Di certo non si aspettava di vedere Summer Rose sulla pista di atterraggio assieme al re di Dreamland.
<< Mamma, che ci fai qui!? >> domandò la mietitrice, completamente colta di sorpresa.
Il viso di Summer s'incupì sempre di più, ma poi si costrinse a prendere un respiro profondo.
<< Sono un membro della Resistenza, Ruby. >>
La ragazza si sarebbe aspettata di tutto, meno che quella risposta. Si bloccò sul posto, mentre il suo cervello cercava di elaborare una simile informazione. Yang, al contrario, non ebbe alcun problema a manifestare la sua sorpresa in maniera decisamente più vocale.
<< C-Che cosa?!>> gridò, il volto adornato da un’espressione incredula << E quando sarebbe successo? I miei lo sanno?!>>
<< Sì, Yang. Ne sono perfettamente al corrente >> le rispose Summer, sospirando stancamente.
La bionda si passò una mano tra i capelli, cercando ancora una volta di processare quanto aveva sentito. La sua vita stava diventando sempre più incasinata. Senza Resistenza, a quest'ora sarebbe stata ancora a Beacon, preparandosi per il torneo del Vytal Festival.
Dal canto suo, Ruby stava fissando intensamente la genitrice, in cerca di risposte. Summer prese un respiro profondo.
<< Il Dottore venne da noi circa cinque anni fa, dopo la morte di Metal Knight. Sbloccò i ricordi della nostra vita precedente, rendendoci consapevoli di quale diabolica illusione il Maestro aveva lanciato sulle nostre vite >> spiegò sua madre << E soprattutto... ci fece capire cosa ti sarebbe successo, una volta riconosciuta come erede al trono di Renmant. Ti avrebbe manipolata a suo piacimento, Ruby… ti avrebbe costretta ad seguire il loro volere, a diventare un suo burattino. >>
La ragazza ripensò a quanto aveva sentito la sera precedente dalla nonna. Salem era la più grande guerriera di Remnant, Ruby era cresciuta pensando che niente potesse farle paura. Ma quando parlava del Maestro… tutto in lei sembrava esprime sincero terrore, per se stessa e per lei.
La bambina deglutì a fatica. E fu allora che l’assenza di una persona in particolare attirò la sua attenzione. Una che non lasciava quasi mai il fianco della madre.
<< Dov'è papà? >> domandò.
Un profondo silenzio calò nell'aeroporto. Un silenzio quasi tombale. Summer si torturò profondamente le mani, mentre Dedede cominciò a fissarla preoccupato.
<< Mamma, che cos'è successo? >> chiese ancora Ruby, innervosita dal silenzio.
Non era da sua madre tenere la bocca chiusa, era quel tipo di persona a cui piaceva parlare costantemente. Qualcosa doveva averla turbata, era più che evidente.
Gli stessi pensieri vennero presto condivisi da Yang. << Zia, mi stai spaventando. E già ho molta paura di mio! >>
<< Summer, posso dirglielo io >> insistette King, confermando a Ruby che qualcosa non andasse.
<< No, Dedede! >> Sua madre lanciò un’occhiataccia feroce al fauno pinguino, poi si voltò a guardarla negli occhi << Eravamo in missione. Un membro della Resistenza, vitale per la prossima parte dei nostri piani, era tenuto prigioniero a Gongmen. Io e Qrow siamo stati incaricati di liberarlo. >>
Ruby sentì la gola farsi sempre più secca ad ogni parola del genitore. Una sensazione di sgradevole anticipazione cominciò a farsi strada nel suo stomaco.
<< Siamo caduti in una trappola… e tuo padre si è sacrificato per permetterci di scappare. >>
Un silenzio inesorabile sembrò calare al di sopra dell’aeroporto. Il team JEKP, seguito da Blake e Weiss, guardò con puro orrore le due compagne, completamente immobili di fronte a Summer e Dedede.
Ruby e Yang si videro passare davanti agli occhi i tanti momenti che avevano speso assieme a Qrow: i lunghi allenamenti, la progettazione delle loro armi e le prime cacce ai Grimm. Tutto finito... spazzato via nella frazione di pochi istanti.
Improvvisamente, le Aure di entrambe le ragazze esplosero in un misto di rosso e oro, trasformando il terreno su cui poggiavano in una ragnatela di crepe e spingendo pericolosamente indietro Summer e Dedede.
Ruby fissò la madre con una tale intensità che, per un attimo, si convinse che quello sguardo l’avrebbe perseguitata per le notti avvenire.
<< Tu menti! >> urlò con un tono di voce strozzato e il viso rigato di lacrime.
<< Ruby... >> guaì Summer, compiendo un piccolo passo in direzione della figlia << Mi dispiace tanto... volevo impedirglielo, dovevo impedirglielo, ma lui... >>
Ruby si portò le mani al volto, cercando di calmare il maelstrom d'energia che lei stessa aveva causato, cercando di calmare la collera che tentava di farsi strada dentro di lei come un fiume in piena... ma non era del tutto sicura di volerglielo impedire. << C-com'è successo?! >>
<< Te l'ho detto, dovevamo salvare un membro della Resistenza prigioniero nel castello di Gongmen… e Lord Shen ci ha chiusi in trappola... >>
<< Perché proprio voi? Non potevate mandare qualcun altro? Quel Thor, ad esempio! O chissà chi tra le decine di Cacciatori che lui… >> disse indicando King << ha al suo comando?! >>
<< Thor... lui ci ha aiutato a fuggire >> rispose Summer, con esitazione << Siamo Cacciatori, Ruby, siamo membri quanto lui, perfettamente in grado... nessuno... nessuno di noi poteva pensare che... >>
<< Non voglio più sentire niente! >> la interruppe la figlia, fissandola con rabbia << In meno di una settimana, mi sono ritrovata da normalissima studentessa a ricercata, e ora scopro che mio padre, colui che mi ha insegnato tutto quello che so sull'essere una Cacciatrice… è morto nell'operazione di un gruppo terroristico! >>
Summer abbassò lo sguardo a terra, con aria colpevole.
<< Mi dispiace, tesoro. Io… io so che è dura, ma tuo padre lo ha fatto per… >>
<< Piantala! >> esplose la giovane Cacciatrice tutto d’un fiato, gli occhi rossi dalla collera mentre la sua Aura esplose in una potente onda d'urto distruggendo il terreno << Sapete benissimo di non avere nessuna dannatissima scusa! Dateci un… un… un cazzo di motivo per cui non dovremmo scappare ora e contattare Salem per dirle dove ci troviamo! >>
<< Ruby! >> esclamò Summer, visibilmente scioccata dalle parole della figlia.
Anche il resto dei due team presero a fissare la giovano cacciatrice con fare scioccato. Non l’avevano mai vista imprecare in quel modo.
Alcune guardie che presiedevano la pista d’atterraggio avvicinarono pericolosamente le mani alle proprie armi, ma Dedede li fermò con un rapido sguardo.
Kirby non disse niente. Tuttavia, in cuor suo, tutta questa situazione aveva un’aria sgradevolmente familiare.
Lui e sua madre, la sera dell'attacco all’Accademia Nova, erano rimasti coinvolti in quel terribile evento. Dopo essere stati tratti in salvo dall’elicottero della scuola, avevano speso le ore successive con la speranza che Beatrice e suo padre tornassero sani e salvi.
E quando il Dottore andò da loro per portare la terribile notizia della loro morte, la prima cosa che fece Kirby fu dargli un pugno in faccia.
Dopo aver preso un paio di respiri calmanti, Ruby volse uno sguardo impassibile in direzione di Dedede. << Signore, potrebbe darci le chiavi della nostra stanza? Ho bisogno di dormire. >>
Il fauno pinguino annuì con riluttanza e fece come richiesto. Pochi secondi dopo, una guardia cominciò ad accompagnarla verso il dormitorio che le era stato assegnato, rapidamente seguita dal resto della squadra.
 
                                                                                                                                            * * * 
 
La situazione alla base della Resistenza era estremamente fredda, se non addirittura glaciale.
Ruby, come se la scenata di quella mattina non fosse stata prova sufficiente del suo stato d’animo, aveva preso la notizia come un treno in corsa e si era chiusa nella camera assegnatale, non permettendo a nessuno se non alle proprie compagne di stare con lei.
Per ore, in quella camera si sentirono solamente dei pianti incontrollati, fino a pochi minuti prima accompagnati dal continuo bussare di Summer.
La fonte dei suddetti singhiozzi era ovviamente Ruby, stesa sul letto col volto rigato di lacrime. Yang la teneva sulle sue gambe, accarezzandole i capelli come quand'era bambina, mentre Blake le puliva occasionalmente il volto.
Il viso di entrambe non era ridotto molto meglio. Pur non conoscendo Qrow, Blake era abituata a vedere Ruby come quella piccola palla di allegria che correva per i corridoi di Beacon. Osservarla in un simile stato… era a dir poco straziante.
Weiss, d’altra parte, non aveva mai avuto molta esperienza con situazioni simili, non aveva la benché minima idea di come comportatsi. Attualmente, sentiva solo un'insopportabile senso di impotenza. Ruby, la ragazza più allegra che avesse mai conosciuta e che l'aveva condotta fin lì dopo un'infanzia di pura solitudine… ridotta ad una palla di lacrime e disperazione.
<< Ragazze, perdonatemi… ma devo uscire. Ho bisogno di un po' d'aria >> borbottò, alzandosi dal letto.
Le altre risposero con un semplice 'a dopo', non potendo certo biasimarla per voler stare lontana da quella situazione. Quando la Cacciatrice uscì dalla stanza, si ritrovò davanti la figura di Emil. Il moro non aveva un'espressione molto diversa dalla sua e teneva un sacchetto nella mano destra.
<< Come sta? Si è ripresa almeno un po'? >> chiese il giovane Cacciatore, ricevendo come risposta un'occhiataccia ad opera dell’amica.
Ancora una volta, non venne biasimata per ragioni di gran lunga più che valide.
<< Come credi che stia? Dire di merda sarebbe un eufemismo, ha appena saputo che suo padre è morto per colpa della Resistenza >> sbottò l'albina, incrociando ambe le braccia davanti al petto.
Il fauno deglutì a fatica.
<< Scusa, è stata una domanda stupida >> rispose Emil, abbassando lo sguardo con aria colpevole.
Weiss rilasciò un sospiro affranto.
<< Non posso nemmeno immaginare cosa stia passando. Diavolo, se mio padre tirasse le cuoia, dubito verserei una sola lacrima >> ammise la ragazza, senza vergogna.
Non era un mistero che la famiglia Schnee fosse un disastro fin dalla morte del suo fondatore e nonno della ragazza - Nicholas Schnee – dopo che suo padre Jaques aveva preso il controllo della compagnia e instaurato una politica di lavoro a dir poco tirannica e meschina, relegando la madre ad una semplice “moglie trofeo”. Era un miracolo come fossero riusciti a mantenere le apparenze almeno con l'alta società.
<< Non possiamo fare altro che darle tempo, e sperare che il piano del Dottore risolva tutto. Se recuperiamo il Tardis… sarà come se tutto questo non fosse successo >> provò a rassicurarla il fauno. Anche se forse stava cercando convincere più sé stesso che lei.
L'erede degli Schnee si portò una mano al volto, visibilmente irritata da un’affermazione tanto ingenua.
<< Ti prego, dimmi che non ti riferisci a quel cosiddetto piano sul “riscrivere letteralmente l'universo”. Emil, ti considero una persona intelligente e tutto sommato logica, cosa credi che succederebbe se funzionasse?! >> sbottò ad alta voce, pensando a tutte le ipotesi che le venivano in mente… nessuna delle quali così piacevole come il resto della Resistenza sembrava pensare.
<< Finora il Dottore non mi ha mai dato motivo di dubitare di lui, i suoi piani hanno - per quanto folli - hanno sempre avuto successo. Voglio ancora dargli fiducia >> ribadì Emil, il tono di voce ornato da una punta di determinazione.
Lo sguardo di Weiss fu indizio sufficiente che non ci credeva molto. Entrambi stettero in un imbarazzante silenzio per svariati secondi. Passato quel tempo, la Cacciatrice sospirò una seconda volta.
<< Vado ad allenarmi. Tu fa' pure quello che vuoi… ormai non m’interessa più >> borbottò l'albina, prima di dirigersi verso la palestra della base con la speranza di liberare un po’ di stress.
Per un attimo, Emil fu molto tentato raggiungerla. Per uno come lui, allenarsi era sempre stato l’unico vero mezzo di sfogo . Quando sentiva emozioni che non poteva controllare si allenava, quando incontrava un nemico più forte si allenava, quando aveva dubbi si allenava. Soprattutto ora che aveva involontariamente tradito un'amica nel peggiore dei modi.
La Resistenza, che la cosa gli piacesse o meno, aveva in parte causato la morte di Qrow. Solo il tempo avrebbe potuto dire come Ruby avrebbe reagito una volta accettata davvero la cosa.
Sentiva come se parte della colpa fosse sua… e probabilmente lo era. Aveva scelto lui di avvicinarsi a Ruby e alla sua squadra, consapevole del fatto che la sua associazione alla Resistenza avrebbe potuto metterle in pericolo.
“Togliamoci questo dente.”
Bussò alla porta della camera… e attese.
A riceverlo pochi secondi dopo fu una Yang decisamente infuriata. La sua espressione fu sufficiente a fargli capire che non sarebbe stata comprensiva quanto Weiss.
<< Che ci fai tu qui? >> domandò freddamente.
Il fauno alzò ambe le mani in segno di resa. << Yang, per favore, voglio solo parlare. Non solo con Ruby, ma con tutte voi. Per quello che serve almeno >> pregò, cercando di apparire il più sincero possibile, nella flebile speranza di venire accontentato.
<< Vuoi forse provare a giustificare quello che è successo a zio Qrow? No, grazie, ne abbiamo abbastanza di voi ipocriti. Paladini del popolo e della libertà un paio di palle >> sibilò la bionda, i cui occhi erano improvvisamente diventati rosso sangue. Un piccolo effetto collaterale della sua Semblance e indizio di quanto fosse veramente arrabbiata.
<< La crema al cioccolato di mia madre basta come merce di scambio per cinque minuti? >> chiese speranzoso il fauno, porgendole un sacchetto che teneva in mano.
La madre di Emil l'aveva spedita pochi giorni prima alla base, sapendo del suo arrivo imminente. In genere funzionava egregiamente come strumento di scambio, ma le fiamme dorate che apparvero attorno a Yang gli fecero subito capire che questo non sarebbe stato il caso.
<< Yang, fallo pure entrare! >> urlò la voce di Ruby, spaventosamente neutra al di là dei singhiozzi soffocati.
<< Ne sei proprio sicura, Ruby? >> domandò la bionda, stupita dall'ordine della cugina.
<< Sì, può entrare >> confermò la piccola mietitrice con voce atona.
Con un sospiro, Yang diede quindi un ultimo sguardo d'avvertimento al ragazzo, prima di farsi da parte. Emil deglutì una seconda volta ed entrò nella stanza.
<< Grazie, Ruby. Credimi, voglio solo parlare >> sospirò il fauno, pensando di aver riguadagnato almeno un minimo di fiducia. Convinzione che ebbe vita assai bene, non appena Ruby gli puntò un dito con fare rabbioso.
<< Non ringraziarmi ancora. Hai la minima idea di come mi senta? Ho appena scoperto che mio padre si è fatto ammazzare, e tutto per la vostra stupida missione! E ora vengo a scoprire che lui e mamma hanno lavorato per la Resistenza da anni >> ringhiò la Cacciatrice, più tagliente della sua falce.
Emil compì un passo all’indietro.
<< Credimi, lo capisco >> rispose dolcemente, ricevendo un'espressione sorpresa ad opera della mora << Kirby venne ad Atlas quando era ancora in lutto per la morte del padre. Attaccava briga a ogni occasione, sparava insulti di terz'ordine e faceva impazzire Luna. Ci ha messo mesi a riprendersi, e non l'ha fatto da solo. >>
<< Be', io non sono Kirby, ho già qualcuno con me a darmi supporto >> disse indicando Yang e Blake << Non sono sicura però di volerti aggiungere…>>
<< Ruby, so che quanto abbiamo fatto non ha scuse, ma… ti chiedo solo di dare a Summer una possibilità. Credi stia meglio di te? >> disse il fauno, prima di rendersi conto di ciò che aveva appena detto.
<< Grande capacità diplomatica, Emil >> commentò Blake, in un pessimo tentativo di fare humor.
<< Non che mi sarei aspettata molto da un tipo come te. Pensi solo ad allenarti e combattere >> sibilò Ruby, ridacchiando volutamente maligna << Forse avrei potuto dare a mia madre un’occasione… non fosse per il modo in cui mi hanno mentito spudoratamente negli ultimi cinque anni. >>
<< Ruby... neanche a me piace quello che ha fatto zia Summer, ma ce l'hanno nascosto per un motivo >> si intromise Yang, ripensando a tutte le volte in cui i suoi genitori si erano ben tenuti dal rivelarle la natura dei loro saccheggi.
Ruby rilasciò un sonoro sbuffo. << Già, proteggerci… quante volte l'ho sentito. Gli adulti lo fanno sempre, a quanto pare. Sono solo un mucchio di cazzate! >>
<< Ruby, stai esagerando >> aggiunse Blake, mentre le posava una mano sulla spalla.
Ruby le lanciò un’occhiataccia. << È affar nostro, Blake, stanne fuori! >>
<< No, è affare di tutto il team!>> ribatté la mora, rilucendo d'aura violetta, ma Ruby non fece marcia indietro e si limitò a fissare la compagna di squadra con un’espressione di pura collera.
La tensione all'interno della stanza era palpabile.
<< Ha ragione. Non puoi lasciare queste cose fuori dalla squadra >> disse una voce familiare alla porta.
Il gruppo si voltò di scatto, e i loro occhi si posarono sulla massiccia figura di James Heller, accompagnata da quella di Penny Polendina.
<< Ehm... posso entrare anch'io? >> chiese timidamente l’androide, ben conscia di quanto la situazione fosse delicata.
Yang roteò gli occhi. << Perfetto, ora  manca solo Kirby>> disse la bionda con tono sarcastico, e in effetti il rosato si affacciò subito dalla porta.
<< Sono in ritardo per la tiritera? >> domandò, suscitando uno sbuffo divertito ad opera del capo squadra.
La cosa sembrò irritare ulteriormente Yang. << Possiamo evitare di trasformare un momento di lutto in una commedia? >>
<< Giusto, non possiamo disonorare così la memoria di Qrow >> asserì Blake.
Ruby sbatté violentemente un piede contro il pavimento della camera. << Non nominarlo così casualmente! >> esclamò, facendo sussultare la compagna.
Tuttavia, quando vide l’espressione ferita sul volto dell’amica, l’adolescente si costrinse a prendere un paio di respiri calmanti.
Kirby le lanciò un’espressione comprensiva. << A rischio di beccarmi un pugno, Ruby, penso che tu ti stia comportando in maniera molto ingiusta con la Resistenza >> disse con tono di fatto, ricevendo un’occhiataccia da parte della mietitrice e di Yang.
<< Hai il coraggio di provare a difenderli… >>
<< Sì >> la interruppe freddamente il rosato, sorprendendola non poco << Perché non sono stati loro a uccidere Qrow… è stato Shen. Vuoi dare la colpa a qualcuno? Dalla a coloro che ci hanno costretti in questa situazione! >>
Puntò un dito in direzione della ragazza.
<< Se non fosse per il Maestro, tutto questo non sarebbe mai successo. Qrow si iscrisse alla Resistenza con la convinzione che stessimo facendo qualcosa per cui valeva la pena combattere! >>
<< Kirby… >> disse James, interrompendo il neo-cacciatore prima che potesse proseguire oltre << Adesso basta. >>
L’adolescente fece per controbattere, ma si fermò di colpo, non appena i suoi occhi si posarono sulla figura tremante di Ruby.
<< Mi dispiace >> borbottò con tono di scusa << Ma sai che quello che ti sto dicendo è vero. Vuoi farla pagare a qualcuno? Allora indirizza quella rabbia verso i veri responsabili e aiutaci… >>
<< Ho bisogno di stare da sola >> sbottò improvvisamente la mietitrice, prendendo Harbinger e uscendo di corsa dalla stanza.
Il resto dei neo-cacciatori rimase in silenzio, fino a quando James non rilasciò un sonoro sospiro.
<< Be'… poteva andare meglio. >>
 
                                                                                                                                                * * * 

 
Winter Schnee, figlia maggiore della suddetta famiglia e tra gli specialisti più abili di Atlas, era conosciuta come una persona estremamente controllata anche nel mezzo della battaglia più feroce ed elegante in ogni situazione. Pur cercando di somigliare alla sorella per quanto possibile, non era immune a scatti di rabbia in cui perdeva il controllo delle sue emozioni, dimostrandosi anche meno efficace in combattimento.
I droidi d'allenamento della base non riuscirono comunque a notare la differenza. L'albina si stava muovendo con incredibile velocità e grazia tra le loro file, tagliando con pochi precisi colpi gli avversari più minuti e formando glifi infusi di Polvere per bersagliare i robot più grossi con potenti attacchi elementali.
Un ottimo metodo per scaricare la tensione accumulatasi negli ultimi due giorni. Combattere così a lungo e con così tanti avversari riusciva davvero a rilassare i suoi nervi.
Quando la stanza rilasciò l'ultimo avversario impostato dal programma a inizio allenamento –  un enorme colosso con cingoli da carrarmato al posto dei piedi e con le braccia incorporanti vari tipi d'arma da fuoco – Weiss piantò a terra il suo fidato fioretto per creare un nuovo glifo decorato da diverse spade roteanti: da esso emerse un cavaliere alto quanto il robot stesso, armato con un'enorme spada.
Questa non era altro che una, se non la migliore, delle svariate abilità che la Semblance conferiva alla famiglia degli Schnee: l’evocazione.
L'imponente figura corazzata si lanciò contro l'avversario tenendo la propria arma con entrambe le mani, mentre i missili lanciatigli contro dall’avversario vennero bloccati non senza difficoltà da glifi creati da Weiss a mezz'aria. Al termine dello scontro, la testa del droide venne buttata dall'altro lato della stanza.
<< Un'esibizione senza dubbio impressionante, Miss Schnee >> commentò una voce familiare alle spalle della ragazza, proveniente dal lato opposto della stanza.
Voltandosi, la ragazza vide proprio davanti all'entrata la figura del Dottore, vestito nel suo solito abito più adatto a un prestigiatore che al capo di un'organizzazione paramilitare.
L'occhiata penetrante che gli lanciò fu un segnale sufficiente al suo titano evanescente per dirigersi verso di lui a gran passo col chiaro intento di schiacciarlo sotto i piedi.
<< Fermo! >> gridò Weiss puntandogli contro Myrtenaster, e la creatura si bloccò a pochi metri dal Dottore, per poi svanire in un nugolo di particelle d'Aura.
L’evocatrice cadde sulla ginocchia, sfinita. << Scusi l'inconveniente, Dottore, sto combattendo ondate su ondate di robot da quasi un'ora e per di più ho imparato questa tecnica solo da poco tempo. Controllarla non è ancora facile. >>
<< Be', sai come dice il detto, no? La pratica rende perfetti >> rispose il Signore del Tempo con una scrollata di spalle. Poi, arricciò ambe le labbra in un sorriso gentile e le porse un pacchetto colorato << Jelly baby? >>
Weiss guardò incuriosita il pacchetto di snack, e le tornò in mente come Ruby le aveva offerto alcuni dei suoi biscotti quando si erano incontrate la prima volta a Beacon.
Il Dottore per ora le stava tutt'altro che simpatico, ma sarebbe stato sgarbato rifiutare... insomma, mica poteva essere avvelenato.
<< La ringrazio >> rispose, allungando una mano e sottraendo dalla scatola una manciata di quegli strani affari di gomma.
Li raccolse nel palmo e cominciò ad assaggiarli, uno alla volta, sentendo la dolce sensazione di dolci alla frutta sulla lingua, assieme a quella dell'Aura che tornava lentamente ai suoi normali livelli.
Nel mentre, il Dottore rimase fermo e immobile, scrutando la ragazza da capo a piedi. Non aveva mai avuto la possibilità di interagire con un membro della famiglia Schnee, ne aveva solo sentito parlare occasionalmente. E, per la maggior parte, gli aggettivi con cui i membri della Resistenza erano soliti apostrofare i suoi membri… be’, erano tutt'altro che lusinghieri.
Non per niente più della metà di coloro che fondarono Dreamland quasi tre secoli e mezzo fa - almeno stando alla storia di Battleground - erano schiavi in fuga dagli sfruttatori dell'epoca.
Non che questo avrebbe fermato il Dottore dall'intraprendere una conversazione civile con quella Cacciatrice dal temperamento freddo e distaccato, non sarebbe stato da lui. Dopotutto, aveva vissuto abbastanza a lungo da riconoscere una persona dalla dubbia morale, e la giovane ragazza sembrava tutt'altro che un individuo di tale risma, al contrario: fin da quando aveva messo piede nella base, le era sembrata quasi… triste, vuota, come se il suo intero mondo le fosse improvvisamente crollato addosso, cosa che tecnicamente era successa.
Aveva uno sguardo che conosceva assai bene, quello di una persona che aveva perso tutto.
<< Vorresti accompagnarmi a fare una passeggiata? >> chiese all'improvviso.
Weiss sospirò. Aveva visto molte delle trattazioni di suo padre con innumerevoli affaristi da ogni pianeta, quasi tre quarti di esse iniziavano appunto con una delle due parti che proponeva una passeggiata: dubitava che quella conversazione sarebbe proseguita in maniera molto diversa da quanto aveva già visto mille volte.
<< Per caso vuole convincermi che non siete responsabili della morte di Qrow Branwen? Che avete soltanto a cuore il destino dei cittadini di Battleground? >> domandò, con un tono più velenoso di quanto avrebbe voluto << Io e le altre abbiamo parlato a lungo mentre il team JEKP dormiva sull'aeronave. Eravamo quasi disposte a valutare l’idea aiutarvi, se non altro per uscire dalla situazione in cui ci avete cacciate. Ma ora... >>
<< Non ho alcuna intenzione di giustificare quello che è successo >> rispose il Dottore, con un tono di voce molto più serio << Qrow era un uomo adulto, e ha fatto ciò che ha fatto perché credeva nella nostra causa. Non sono così arrogante da pensare che avrei potuto cambiare le cose, né che avrei potuto controllare le sue azioni. Quindi ti prego di non parlare male dei morti. >>
<< Non avevo la minima intenzione di insultare Qrow. Non ho avuto il piacere di conoscerlo personalmente, ma Ruby e Yang ne parlavano spesso, e diversi dei miei compagni di scuola hanno deciso di diventare Cacciatori dopo averlo visto in azione, spesso salvando loro la vita. È che... mi sono iscritta a Beacon per combattere i Grimm, al massimo membri del crimine organizzato. Nessuno mi ha mai parlato di una guerra dove potrei perdere le persone che amo. Tantomeno di un folle piano che potrebbe avere lo stesso effetto. >>
<< E non sono qui per chiederti questo >> disse il Signore del Tempo, assumendo un'espressione molto più rassicurante << In realtà… volevo solo sapere se stessi bene. >>
Weiss si stupì non poco di quella domanda. Era un quesito incredibilmente banale, la maggior parte delle persone la sentiva più volte al giorno, ma per l'albina era una frase incredibilmente rara fino a poco tempo fa, figurarsi in una situazione del genere.
<< Ecco... potrei stare meglio, ma non ho certo intenzione di lamentarmi mentre Ruby è in quello stato. >>
<< Ne avresti tutto il diritto >> ribatté il Dottore << Non volevi essere coinvolta in questa situazione, e se non fosse stato per me avresti continuato a vivere serenamente. Non rimpiango ciò che è successo a Qrow, Dio solo sa che se dovessi soffermarmi sulla morte di ogni singola persona che ho inviato al macello… be’, probabilmente non uscirei più dalle mie stanze. Tuttavia… i bambini come te non dovrebbero essere costretti ad affrontare le insidie di questo mondo. E mi dispiace di avertici trascinato, tu e il resto della tua squadra >> terminò cupamente.
<< Be’, Dottore, per quello che può servire, grazie. Conosco diverse persone che al suo posto non si sarebbero neanche degnate di fare queste scuse >> replicò con una piccola risata la schermidore, alzandosi finalmente in piedi per guardare il Dottore negli occhi nonostante la differenza di altezza << In effetti, lei mi ricorda un po’ il professor Ozpin. A proposito, sa che cosa gli è successo? >>
<< Purtroppo abbiamo perso i contatti con lui >> ammise il Dottore con voce incerta << Tuttavia… temiamo il peggio. Salem non è affatto un’avversaria da prendere alla leggera. >>
Le membra di Weiss tremarono ripensando allo scontro affrontato neanche ventiquattr'ore prima contro la sovrana di Remnant. Tutto l'allenamento del team RWBY e del team JEKP, le loro strategie e i loro poteri resi inutili da un'unica donna, che li aveva soverchiati per esperienza e abilità facendoli apparire come nient'altro che cuccioli. E nonostante il suo immenso potere, non era neanche considerata il membro più pericoloso della cerchia interna del Maestro.
<< Il vostro piano potrebbe riportarci a riaffrontarla, vero? Perché dubito seriamente che avremmo una chance di sopravvivere a uno scontro con lei, anche se fossimo Cacciatori professionisti. Per tutto lo scontro ci ha trattati come nient'altro che giocattoli, inclusa sua nipote, e per tutto il tempo si stava perfino trattenendo. >>
<< È molto probabile che Kirby e la sua squadra la affronteranno di nuovo, sì >> confermò il Dottore, con un rapido cenno del capo << Quanto a te e al tuo team… be’, come ho già detto, non c'è alcun bisogno che veniate coinvolte nella nostra guerra. Potrete restare alla base per tutto il tempo che vorrete, o almeno fino a quando non vi avremo procurato delle identità false. >>
Weiss sospirò a quell'affermazione. Se da un lato era un sollievo non dover venir coinvolta in un conflitto contro un dio, o almeno la cosa che gli si avvicinava di più, quale era il Maestro, dall'altra il pensiero di scappare era altrettanto terrificante, se non di più.
Nella migliore delle ipotesi, il team RWBY si sarebbe potuto nascondere a Menagerie almeno per qualche anno una volta che le acque si fossero calmate attorno a Ghira e Kali, ma dopo? Sarebbe potuta bastare una foto con quattro ragazze che ricordavano troppo un certo team scomparso anni fa, un'inchiesta riaperta o un'occasione in cui lei avrebbe dovuto utilizzare la propria semblance, tipica della famiglia Schnee, per poter mandare tutto a rotoli.
Se avessero cominciato a scappare, quasi sicuramente non avrebbero mai finito e il supporto della Resistenza era tutto meno che certo. Un continuo spostarsi di pianeta in pianeta, cambiare nome e forse aspetto, mentendo a chiunque si affezionasse a loro. Non desiderava niente del genere per lei e Yang.
<< La decisione finale spetta solo a Ruby. Noi la seguiremo finché continuerà a meritare la nostra fiducia. >>
Il Dottore rimase fermo e immobile, fissando intensamente la giovane Cacciatrice. Dopo quello che sembrò un tempo interminabile, annuì con un placido sorriso.
<< E io rispetterò la vostra decisione, qualunque essa sia >> disse con tono paziente, per poi cominciare ad allontanarsi. Tuttavia, prima di uscire dalla stanza, volse un'ultima occhiata in direzione di Weiss << La mia offerta iniziale è ancora valida. Vuoi accompagnare questo vecchio a fare una passeggiata? La base ha dei bellissimi giardini. >>
Stavolta Weiss ricambiò pienamente il sorriso e sistemata la propria arma al fianco seguì il Signore del tempo con un umore appena più ottimista.
<< Sarà un piacere. >>
 
                                                                                                                                             * * * 

 
Erano ormai quasi tre secoli che Atlas e Dreamland erano rivali dal punto di vista dello sviluppo tecnologico. La prima delle due nazioni continuava a primeggiare in campo militare, ma non per questo i Dreamlandiani erano novellini quando si trattava di creare armi d'ogni tipo, mischiando tecniche antiche e moderne. Le loro forge possedevano i migliori materiali e attrezzature d'ultima generazione per la creazione di proiettili, lame e bombe.
In un'altra occasione, Ruby avrebbe considerato l'armeria della base della Resistenza il paradiso in terra. Ma ora, mentre si muoveva tra i vari ribelli intenti a modificare o riparare le loro armi in quell'ambiente bianco e oro, sentiva solo una piccola parte della solita eccitazione di quando si apprestava a creare un nuovo strumento di distruzione, rimpiazzata per lo più da un senso di vuoto.
La giovane mietitrice portava sotto il braccio un fagotto piuttosto voluminoso, da cui si intravedeva la punta di una lama argentata. Arrivata al piccolo laboratorio che aveva prenotato, tolse la tovaglia che avvolgeva il pacco, rivelando Hairbinger in tutta la sua gloria. Dopo l'ultima lucidata od opera di Summer, sembrava fosse stata costruita quella stessa mattina.
“Scusami, papà” pensò Ruby malinconica, posando l'arma accanto a un computer e digitando alcuni ordini sul suddetto “ma sono certa che non sopporteresti mai l'idea di vedere Harbinger appesa al soffitto come uno stupido cimelio."
Poco lontano dalla ragazza, un nastro trasportatore lasciò cadere alcuni cristalli di Polvere dentro un contenitore termico, dove si sciolsero rapidamente in una pozzanghera di metallo fuso. Dando un ultimo sguardo alla falce che aveva accompagnato Qrow Branwen per tutta la vita, Ruby sospirò e la buttò dentro.
<< Ruby Rose? >>
Una voce maschile, vagamente familiare, le fece voltare il capo di lato. Non ci mise molto a riconoscere il nuovo arrivato, dopotutto non riusciva proprio a passare inosservato con quel mantello e la maschera che aveva in volto.
Royal Noir era in piedi di fronte a lei e la scrutava con i suoi occhi scarlatti, screziati di oro, come le fiamme dell'officina. La giovane non poteva vedere appieno l'espressione del giovane, dal momento che era coperta dalla maschera di gufo, ma il suo tono era stato incerto, come se fosse a disagio.
Non poteva biasimarlo. Probabilmente, le voci della sua scenata avevano già fatto il giro di tutta la base. Si limitò a fissarlo con sguardo neutro, un'espressione che pochissimi avevano visto sul suo volto. Era quasi come se al ristorante le avessero servito un piatto dall'aspetto strano e lei fosse insicura se assaggiarlo o rimandarlo indietro.
<< In carne ed ossa >> decise infine di rispondergli, in maniera abbastanza cordiale << E tu sei Royal Noir, giusto? Ci siamo visti alla riunione del Dottore. Che ci fai qui, vuoi chiedere qualche gadget per la tua prossima missione? >>
Si allontanò dall’adolescente e prese una sorta di mestolo rivestito di materiale refrattario al calore, con cui cominciò a rimestare la brodaglia fiammeggiante in cui Harbinger cominciava già a disintegrarsi.
Fire rimase per qualche istante fermo a guardarla. La verità non gli salì spontaneamente alle labbra, non nell’immediato. In realtà, non sapeva da che parte cominciare. Era venuto lì per lei, perché... be', perché si sentiva in colpa per suo padre, perché voleva scusarsi, in un certo senso.
Agli inizi, aveva mantenuto le distanze, ancora di più dopo che aveva sentito parlare della sua sfuriata. Prima quell'albino deviato, e adesso questo... il destino ci teneva tanto a mettergli contro problemi che non poteva superare incenerendoli con i propri poteri, o semplicemente prendendoli a pugni.
Tirò un sospiro e strinse i pugni per farsi coraggio.
<< Volevo sapere come stessi >> dichiarò, placido e conciso come suo solito.
Ruby rimase ferma, intenta a rimestare il brodo di metallo fuso che Harbinger era diventata, fino a quando non sembrò soddisfatta. Premette un pulsante sul contenitore, che si richiuse e cominciò ad emettere uno strano rumore, quindi si voltò verso l’incappucciato.
<< Royal, poche ora fa Emil è venuto a trovarmi, seguito dal resto del suo team. Una cosa di cui sono loro estremamente grata è che non abbiano iniziato con le ovvietà, perché seriamente… >> rise di una risata esasperata, avvicinandosi al giovane e puntandogli un dito contro << come potrei rispondere  ad una simile domanda? Non posso dire “sto bene”, perché mentirei… e non posso dire la verità, perché altrimenti rischierei di insultarti. Quindi, ecco un'altra domanda: ti piace la forgiatura di armi fai da te? >> concluse la Cacciatrice, mentre dal contenitore si aprì un piccolo scomparto da cui uscirono una manciata di lingotti di metallo, perfettamente identici in ogni spigolo.
Fire sbatté le palpebre, completamente colto di sorpresa. Quel ragionamento non faceva una piega. Non aveva avuto alcun modo di conoscere a fondo Ruby Rose per giudicarla, ma ecco… non si aspettava che quella ragazza cordiale fosse allo stesso tempo cinica e obiettiva. Non che avesse detto chissà cosa, semplicemente non aveva mai sentito un’analisi così franca dopo un lutto dalla maggior parte delle persone. In un certo senso, lo apprezzava. Era un qualcosa che gli veniva più facile da gestire, perché ci si ritrovava.
La osservò un po’ mentre si dava da fare con i lingotti, inclinando il capo.
<< Non credo che “piacere” sia il termine più corretto >> considerò ad alta voce << Io… lo faccio e basta. Anche se la mia non la definirei esattamente forgiatura. >>
Tese la mano e le mostrò il palmo illuminarsi di energia verde, che poi si trasformò in un pugnale di luce.
Ruby guardò lievemente affascinata l'arma nelle mani del Vigilante. Aveva sentito parlare del suo potere, e si chiese se, così come le Semblance, anche le abilità degli esper (sempre che Royal lo fosse, ma in quel momento era l’ultima delle sue priorità chiederlo) dipendessero dalla loro personalità e dai loro obiettivi. Per di più, sentiva qualcosa… di familiare proveniente da quell'arma. Qualcosa che non riusciva davvero a spiegare…
<< Dammi una mano >> disse, riscuotendosi immediatamente e passandogli uno dei lingotti, assieme ad un martello << Comincia a romperli. Ogni frammento dev'essere infuso con nuovi tipi di Polvere, se voglio ottenere un risultato decente >> gli spiegò rapidamente, per poi prodigarsi per eseguire a propria volta il lavoro appena descritto.
Con molta più forza di quanto la sua statura avrebbe suggerito, batté sul pezzo di metallo, riducendolo lentamente ma costantemente in frantumi e riempiendo l'aria di scintille.
Una persona qualsiasi, anche dotata di Aura, si sarebbe messa guanti e occhiali protettivi, ma la famiglia Rose aveva altri metodi. Salem e Summer avevano insegnato a Ruby che se si voleva costruire un'arma fungente davvero come parte di sé, bisognava sentire il metallo a contatto con la propria pelle e guardare ogni singola scintilla. Ma non era certo per lavorare che aveva chiesto a Royal di aiutarla.
Nel mentre, Fire obbedì alla sua richiesta senza ribattere. Sistemò in fila i lingotti datigli dalla Cacciatrice e iniziò a romperli con secchi e precisi colpi: non era del tutto estraneo a quel genere di lavori, dal momento che gli era capitato di affiancare Logan nel suo laboratorio alchemico. Non che ci volesse un alchimista per spezzare dei lingotti, semplicemente sapeva muoversi con più destrezza.
<< Quindi... cosa è successo realmente? >>
All’udire la voce della ragazza, si bloccò proprio mentre stava per colpire l’ennesimo lingotto, e si incupì. Doveva aspettarselo, prima o poi quella domanda sarebbe arrivata. Era assolutamente normale che Ruby volesse i dettagli della morte del padre da qualcuno di esterno, qualcuno che non fosse sua madre Summer, qualcuno che magari non si preoccupasse troppo di evitare di scendere nei dettagli. In fondo, non era venuto lì per niente.
Poggiò il martello di fianco ai pezzi di metallo e incrociò le braccia, fissandola lavorare.
<< Sai cosa si prova ad avere un pezzo di metallo rovente sulla pelle? >> gli sfuggì dalla bocca senza che potesse trattenersi.
Sì, probabilmente non era il massimo per attaccare bottone, ma non gli era venuto in mente nulla di meglio.
Tuttavia, la ragazza non sembrò fare una piega. Annuì. << Da piccola ero molto goffa. Ci ho messo mesi a costruire il prototipo di Crescent Rose, durante i quali ero quasi sempre ricoperta di bende. >>
<< Crescent Rose? >>
<< La mia falce. >>
Tale padre, tale figlia, come si soleva dire. Istintivamente, Ruby ripensò a quando - dopo ogni sessione nel laboratorio di casa - Qrow o Summer la rimproveravano mentre le curavano le mani, dandole nel frattempo i consigli che le avrebbero finalmente permesso di creare la propria arma. Sentì gli occhi bruciare, e fu grata del fatto che Royal Noir avesse ripreso a parlare.
<< Io intendo una lama. Una lama affilata, arroventata appositamente per infliggere più dolore possibile. >>
Fire spostò lo sguardo.
<< È quello che ho dovuto subire… prima che intervenisse tuo padre. Mi ha trovato più morto che vivo, mi ha liberato e curato. Abbiamo raggiunto tua madre, e ci siamo aperti un varco combattendo. Ma Shen… >> si morse le labbra << Shen ci ha attirati in una trappola. E… ci ha scagliato addosso un dinosauro geneticamente modificato riportato in vita in laboratorio. >>
Ruby gli lanciò un’occhiata incredula, cosa che spinse l’adolescente a sospirare.
<< Sì, so che sembra folle, ma credimi, è andata proprio così. Abbiamo combattuto, e… >>
Si costrinse a prendere un respiro profondo.
<< Qrow aveva capito che non saremo mai riusciti ad andarcene da lì…non tutti insieme. Ha… ha fatto da esca >> sussurrò << Ha fatto saltare tutto in aria per permettere a me e Summer di fuggire. Ho portato via tua madre con le mie ali. Glielo dovevo… lo dovevo ad entrambi. >>
Per quasi due minuti interi, Ruby non disse niente. Si limitò a rompere i lingotti in frammenti sempre più piccoli e lasciare che la sua Aura scorresse dentro di essi, fino a quando non fu soddisfatta. Fatto ciò, prese da uno scaffale lì vicino una serie di vasetti contenenti Polvere lavorata in liquidi di vario colore, e vi gettò alcuni pezzi di metallo, guardando attentamente i fumi che si levarono dai composti.
<< Be’, onestamente >> cominciò, prima d’interrompersi a causa di un singhiozzo. Si portò una mano alla bocca e riprese a parlare << Onestamente…sapevo che sarebbe finita così. La vita di un Cacciatore consiste in un combattimento dopo l'altro, che sia contro i Grimm o altri esseri umani. La battaglia è nel nostro sangue, la desideriamo… e ci piace. >>
<< Mi dispiace tanto >> replicò il Vigilante, in tono stanco, triste e sfiduciato << Non sarebbe dovuta finire così. Sono grato a tuo padre per avermi salvato la vita, e lo sarò sempre. È stata colpa mia, in parte. Lui era lì per me. Non permetterò… che il suo sacrificio risulti vano. >>
Gli occhi d'argento della mietitrice si posarono sul V
igilante. Era sincero, poteva sentirlo, era seriamente dispiaciuto per quanto accaduto a Qrow e non dubitava di quella promessa di onorare il sacrificio del Cacciatore.
<< Royal, non so se posso perdonarti, ora come ora >> gli rispose, tornando al computer e facendo apparire dal pavimento una sorta di vasca piena di un liquido grigiastro. La sostanza cominciò ad addensarsi sempre di più, formando delle cavità che sembravano raffigurare degli arti.
<< Ci sono ancora fin troppe cose che non capisco di questa guerra >> borbottò, mentre prendeva i liquidi e li versava nelle suddetta cavità, assicurandosi che neanche una goccia andasse persa << So solo che, se fossi costretta a combattere, allora lotterò contro chiunque osi minacciare me o il mio team. Che sia mia nonna, il Dottore... o te >> aggiunse, rivolgendogli uno sguardo più tagliente << Ma se può darti un po’ di pace, sei più vicino al farti perdonare rispetto a mia madre… o al Dottore. >>
<< Sono venuto a scusarmi e a riconoscere la mia responsabilità sull’accaduto. Non pretendevo nessun riscontro positivo. Volevo solo che lo sapessi, niente di più, niente di meno. Perciò, ti prego… non odiare loro. >> Fire sentì la voce incrinarsi, mentre parlava << Tua madre ha fatto di tutto per cercare di convincere Qrow a desistere, ma… ma non c’era alternativa. E il Dottore… lui non poteva sapere cosa Shen avesse in serbo. Nessuno di noi poteva saperlo. Ciò non toglie che la causa principale sono io. Se proprio devi odiare qualcuno, odia me. >>
<< Tu non sei la causa >> ribatté Ruby, controllando il timer sullo stampo in cui aveva messo i resti di Harbinger. Era incredibile come riuscisse a continuare la conversazione, nascondendo le occasionali lacrime e lavorando sul suo progetto allo stesso tempo << Se la consideriamo una “normale” missione di soccorso, tu eri nulla più che l'obiettivo. E se Shen ti ha fatto davvero certe cose… be', non posso criticare i miei genitori per aver provato a salvarti. Vuoi onorare il sacrificio di mio padre? Allora smettila di incolparti più del dovuto. >>
Il ragazzo dai capelli verdi deglutì a fatica. Una parte di lui voleva ancora ribattere, ma alla fine si limitò ad emettere un altro sospiro e ad annuire. Era piuttosto difficile, ma la Cacciatrice non aveva tutti i torti neppure in quel caso. Era sollevato dal fatto che non ce l’avesse con lui più del dovuto, gli aveva praticamente tolto un peso dal petto.
Girò lo sguardo verso lo stampo e poi verso di lei.
<< Anche tu >> disse, e fece un cenno col capo in direzione della neo-arma << Dai il meglio. Rendilo fiero di te, ancora più di quanto già non fosse. >>
Ruby sgranò gli occhi, e istintivamente, le sue labbra si distesero in un sorriso sincero.
<< Lo farò. Grazie, Royal. >>
 


 
Speriamo che il capitolo vi sia piaciuto.
Dal prossimo comincia la missione! Riusciranno i nostri eroi a recuperare il TARDIS? La vedo nera, e non solo perché avremo il ritorno di Vader e Pitch Black, ma anche di altri villain ;)

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Capitolo 26
*** Capitolo 24 - Let's crush this party ***


Ma come, già un nuovo capitolo? Miracolo! Sì, potete ringraziare (stranamente) la quarantena, ci ha dato molto tempo libero.
Questo è forse il capitolo più lungo mai scritto per questa storia, con ben 18 000 parole. Inizialmente volevamo dividerlo in due parti, ma anche il prossimo capitolo sarà bello lungo e volevamo chiudere l’arco della festa il prima possibile. Non perché non ci piaccia, al contrario, è uno dei nostri preferiti! Ci siamo davvero impegnati molto per scriverlo, e il prossimo capitolo in particolare avrà una delle scene più memorabili della fic ;)
Detto questo, vi auguriamo buona fortuna!

 


Capitolo 24 - Let's crush this party
 
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She’s talking to angels, counting the stars
Making a wish on a passing car
She’s dancing with strangers, falling apart
Waiting for Superman to pick her up
In his arms...”
Daughtry – Waiting For Superman


Pianeta Terra – Centro Imperiale
 

Londra - Capitale dell'Inghilterra

Era uno degli ultimi giorni di agosto. Ma quale dei tanti? Angel lo avrebbe sempre ricordato come il giorno in cui era iniziata la sua storia.
Seduta su una roccia, vi era una giovane ragazza dai lunghi capelli castani. Gli occhi di un tenue rosso guardavano con apparente indifferenza il panorama di montagna che aveva davanti.
“Ciao!”
Era stata questa la prima parola che un giovanissimo rosso di a malapena undici anni le aveva rivolto.
Ma era bastata a scuotere l’animo turbato della ragazza che, in seguito, si sarebbe presentata come Najimi Ajimu. Gli occhi distanti si concentrarono sul bimbo. Le stava sorridendo. Non sapeva nemmeno chi fosse eppure le stava sorridendo. 
La castana si chiese per quanto tempo quel sorriso così innocente sarebbe perdurato su quel viso così ingenuo. Soprattutto ora che le aveva rivolto la parola. Anni? Mesi? Settimane? Giorni? O pochi minuti?
Riteneva che la sua esistenza avrebbe rovinato la sua vita. Eppure… la presenza del piccolo le trasmetteva qualcosa simile a… calma. E questo lo aveva compreso in pochi istanti.
“Ciao” rispose anche lei.
Il piccolo si sedette vicino a lei. Parlò con lei. Furono parole semplici. Eppure in Ajimu risvegliarono qualcosa che riteneva perduto o forse sopito: interesse e desiderio.
Quando, poi, seppe il nome del piccolo, capì che non era stato un caso. Era stato qualcosa di inevitabile. Ed inevitabile sarebbe stato anche quello che sarebbe successo dopo. La castana vide qualcosa in quel piccolo e, dopo tanto tempo, decise di scommettere su quello che aveva visto. E così gli fece un regalo: un amico di nome Blue. Colui che sarebbe diventato il suo più grande partner e che lo avrebbe accompagnato per sempre. Era questa la sua scommessa e… il suo augurio.

 
Angel aprì gli occhi. Vide un soffitto che conosceva fin troppo bene, quello del negozio di Yūko.
<< Hai fatto un bel sogno? >> gli chiese Blue.
Gli era sempre stato accanto. Gli bastava uno sguardo per capire che cosa pensasse il suo compagno.
Il rosso sorrise leggermente. << Il nostro primo incontro. >>
Il drago sorrise a sua volta e disse: << Ah, un giorno sicuramente degno di nota. >>
<< Già >> rispose Angel, per poi arricciare il volto in un’espressione contemplativa << Sono abbastanza sicuro che tu avessi meno corna in testa. >>
<< E tu meno centimetri >> ribatté il drago con un sonoro sbuffo.
Inutile dire che i due scoppiarono presto a ridere. In quel preciso istante, la porta della sua stanza si aprì.
Maru e Moru entrarono gridando: << Sveglia, sveglia! È ora della colazione. >>
<< Va bene, va bene >> borbottò Angel, mentre procedeva ad alzarsi.  
E non mancò di accarezzar loro le testoline. Potevano essere prive di un anima, ma per il giovane erano molto più umane di molti altre persone che aveva incontrato nei suoi giorni di Guardiano.
Dopo la “riunione di presentazione” su Remnant, Angel aveva deciso di tornare sulla Terra. Aveva interagito poco con i membri del gruppo appena formatosi, perché voleva tornare nel luogo che al momento poteva chiamare casa.
Ichihara non aveva sollevato obiezioni, anzi, era stata entusiasta di poter godere ancora della compagnia del giovane. E lo stesso valeva per Maru e Moru che, da quando erano tornate, gli erano sempre rimaste accanto.
Quasi inconsciamente, il rosso si trovò a ripensare ai suoi nuovi compagni. Al momento, i Time Warriors erano un gruppo solo di nome. E come poteva essere altrimenti? A comporlo erano individui con storie, mondi e idee diverse. Tuttavia, si era fatto un’idea sulla maggior parte dei membri, anche se non sapeva se definirla positiva o negativa...  soprattutto nei riguardi di alcuni individui.
Sospirò pesantemente.
<< Quale grande dubbio amletico ti sta facendo struggere in questo modo? >>
A interrompere i suoi pensieri fu Ichihara in persona, attualmente seduta davanti a lui nella cucina dell’appartamento.
<< Mi ponevo qualche domanda. Però non riesco a trovare delle buone risposte. >>
La ragazza tirò una boccata dalla pipa. << Ci poniamo sempre un sacco di domande nella vita. Esse si presentano sempre in un sacco di modi ma, ad ognuna c’è una risposta. Tuttavia se non si ha chiara la domanda… be', non si potrà mai trovare una risposta che ci soddisfi appieno. >>
<< Alla fine è inevitabile, vero? >>
<< Questo dipende da chi formula la domanda e se conosce già la risposta. >>
<< Allora dovrei provare a chiedermi se mi conosco davvero. >>
Ichihara si lasciò scappare una risata. << Vuoi giocare a fare Socrate, per caso? >> chiese divertita.
Angel sbuffò. << Lei è quella che lo fa sempre. >>
La donna sorrise. << L’animo umano è pieno di domande. L’ho visto così tante volte da saperlo interpretare facilmente. Ma solo perché lo so fare, non vuol dire che possa farlo sempre >> dichiarò con tono di fatto.
Il rosso le servì il suo amato sakè – accompagnato da una fetta di torta appena fatta - e si sedette davanti a lei.
<< Allora…. che cosa mi suggerisce? >> le chiese il rosso.
La mora restò a lungo in silenzio ad osservarlo. Assaggiò un po’ di quella torta e non riuscì a farsi scappare un gesto deliziato.
<< Di seguire lo stesso iter di preparazione di questa torta >> rispose con una scrollata di spalle.
Angel scosse la testa. Tipico di quella donna, non poteva fare a meno di dare consigli criptici.
Il momento fu interrotto da Maru e Moru, le quali stavano trascinando un Dottore visibilmente irritato.
<< È la seconda volta che ricevo questo trattamento >> borbottò esasperato.
<< Stavolta, però, ha una bella fetta di torta ad aspettarla >> commentò Angel, mettendogli davanti un piatto e sorridendogli furbescamente.
Il Signore del Tempo si limitò a roteare gli occhi. << Apprezzo, ma…. be', lo sai. >>
Al sentire tali parole, lo sguardo sul volto di Angel si fece improvvisamente più serio. << Allora si comincia. Dopo quello che è avvenuto a Gongmen… be', immaginavo che le cose si sarebbero scaldate. >>
Il Dottore lo fissò con un cipiglio sorpreso. << Sai già che cosa è successo? >>
 << I notiziari ne hanno parlato parecchio, soprattutto di quello che è successo al palazzo di Lord Shen. Hanno nascosto le cose più importanti, ma sospettavo avesse a che fare con la Resistenza. Royal è stato coinvolto? >> domandò il rosso, ben consapevole del fatto che quella fosse la “giurisdizione del Vigilante”.  Il Signore del Tempo si rabbuiò.  << Purtroppo sì. È scosso, ma sta bene. Quelli che per davvero sono col morale a terra sono i ragazzi di Remnant, in particolar modo la signorina Rose. Ha perso suo padre lì. >>

Yūko e le sue giovani assistenti abbassarono il capo, i volti adornati da cipigli che trasparivano un certo sconforto.
<< Capisco >> sussurrò Angel, imitando le ragazze << Mi dispiace molto per lei. >>
<< Anche a me >> sussurrò il Dottore, mentre assaggiava un pezzo di torta.
L’adolescente gli lanciò un’occhiata laterale.
<< Ha… ha perso molte persone? >> chiese con esitazione, sperando di non sembrare fuori luogo.
Il Dottore rilasciò un sonoro sospiro.
<< Troppi per essere contati >> rispose, con lo sguardo perso nel vuoto.
Angel annuì comprensivo. << Facciamo in modo che non ce ne siano altri. Facciamolo per entrambe le parti. >>
Il Signore del Tempo sorrise concorde. Al contempo,
Yūko si alzò e si avvicinò ad Angel.
 << Vedi di tener fede a quello che hai appena detto, ragazzo. Questo negozio ha bisogno del suo tuttofare >> disse seriamente.
<< Tornerò. Potete contarci >> le promise il rosso con tutta la convinzione di cui era capace.
Un attimo dopo si ritrovò abbracciato sia da Ichihara che dalle due bambine, e anche da Mokona. La cosa lo sorprese non poco. Non era mai successo che lo facessero tutte insieme. Però… quel calore lo confortò molto. Lo avrebbe spinto a dare del suo meglio per tornare sano e salvo.
Il Dottore rimase in silenzio ad osservarli. Non se la sentiva di disturbare quel momento. Tuttavia, fu costretto ad interromperlo.
<< Mi spiace doverlo fare, ma… dobbiamo andare >> disse gravemente.
Il rosso annuì. Anche se controvoglia, si staccò da quell’abbraccio e, dopo aver dato un ultimo saluto, seguì il Signore del Tempo.
<< Buona fortuna ragazzo… ne avrai bisogno >> sussurrò la mora.
Poco dopo, l’improbabile duo uscì dal negozio.
<< Sei pronto? >> gli chiese il Dottore, con un tono di voce colmo d’anticipazione.
Angel inarcò un sopracciglio. << Per cosa? >>
<< Per il colpo del secolo. >>
 << Sperando che non finisca come l’altra volta... >> 
Il Signore del Tempo si portò una mano sul mento e disse: << Temo che non sarai accontentato. >>
<< Vorrà dire che ci farò il callo >>  rispose l’altro, scrollando le spalle con un sospiro.
E in quel momento, entrambe le figure scomparvero nella luce del teletrasporto.
 
                                                                                                                                                               * * * 

Nei suoi alloggi, anche se di malavoglia, Vorkye era intento a prepararsi. Dopo essere tornato dalla mancata caccia, il soleano si era rinchiuso in palestra per sfogare il nervoso. Per la prima volta nella sua vita era arrivato in ritardo. Si sentiva umiliato e deluso.
Si era ripromesso tempo fa che non avrebbe più provato quella sensazione. E invece...
Trattenne un ringhio, mentre si allacciava il nodo della cravatta da galà.
Il Maestro non gli aveva detto niente. Niente di niente. Anzi… una cosa gliel’aveva detta. Andare alla festa di villa Skywalker per festeggiare il Giorno dell’Impero, per qualche motivo. Per il soleano quella festa era l’equivalente di una punizione, poiché in quel momento non aveva affatto voglia di festeggiare. Sfortunatamente, un ordine del Maestro non si poteva discutere.
Qualcuno bussò alla porta.
<< Avanti >> disse il biondo di malavoglia.
Ellen entrò, vestita con un elegante abito da ballo. << Non siete ancora pronto, signore? >>
<< Puoi vederlo da te >> disse seccamente con la cravatta ancora storta.
La segretaria sospirò e gli si avvicinò. << Lasci fare a me. >>
E il biondo obbedì, poiché non era in vena di riprovarci ancora.
<< Mi creda, signore... so come ci si sente. Se posso permettermi un consiglio, portate pazienza per la prossima volta. >>
Vorkye si lasciò scappare una risata.
 << Portare pazienza? >> ringhiò, mentre con uno scatto le afferrò i polsi e la sbatté contro il muro. La bloccò lì, forzandola a guardarlo: << Non hai idea di quanta pazienza sto avendo. Ho lavorato per 5047 anni per arrivare dove sono ora. E adesso, l’unico essere vivente che potrebbe opporsi a me è finalmente apparso… e io non ho la benché minima idea di dove sia finito! >>
Ellen lo fissò con occhi terrorizzati. Non l’aveva mai visto in quel modo, nemmeno nei suoi peggiori scatti d’ira.
La ragazza non poté fare altro che abbassare lo sguardo. << Mi perdoni... ero solo… >>
<< Preoccupata per me? Apprezzo il pensiero, ma non esserlo >> sbuffò il soleano, lasciandola andare e allontanandosi da lei.
Fece profondi respiri e si voltò verso la ragazza rannicchiata contro il  muro. Infine, si calmò.
<< Caliamo un velo pietoso su questa scenata. Sono stato troppo avventato e… anche violento. Ti chiedo scusa. >>
Ellen lo osservò scioccata. Lo aveva davvero sentito scusarsi? Non era mai successo.
<< È la prima volta, lo so. Sei un’impeccabile segretaria, quindi meriti almeno questo >> continuò il biondo.
Le tese la mano per aiutarla ad alzarsi. Dopo un’iniziale titubanza, la bionda la prese e fu rimessa in piedi.
<< Cerchiamo di goderci questa festa. >>
<< Sissignore >> rispose la ragazza, cercando di tornare composta << Mi sono permessa di avviare i preparativi per il protocollo 8. >>
Vorkye si bloccò e si girò a guardarla: un sorriso maligno si disegnò sul suo volto. << Fra quanto sarà pronto? >>
<< Per quando saremo tornati dalla festa. >>
<< Eccellente. >>
Con questa parola, il biondo tese il braccio alla sua accompagnatrice e si avviò soddisfatto verso la nave che l’avrebbe portato a villa Skywalker.
 
                                                                                                                                           * * *  


Remnant - Pianeta sotto controllo Imperiale

Mancava praticamente un giorno alla partenza stabilita dal Dottore per il pianeta Scarif. Sotto un certo punto di vista, Royal Noir era lieto che la missione stesse per iniziare, a lungo andare non sopportava più la permanenza dentro la base di Remnant.
I giorni susseguitisi dopo l’attacco di Shen erano stati tutti più o meno uguali, e come suo solito, lui se n’era stato la maggior parte del tempo sia per i fatti propri sia unicamente in compagnia di Rowlet, nella propria stanza, nel giardino e nella palestra della base ad allenarsi, mentre il resto del tempo l’aveva passato a riposare e a dormire, più per recuperare energie mentali che fisiche.
Inoltre, aveva visitato più volte l’infermeria per farsi dare regolari controlli fisiologici: anche se Qrow Branwen gli aveva dato cure di pronto intervento quando l’aveva salvato sul momento, la prudenza non era mai troppa. Doveva essere al pieno delle proprie energie, ora come ora.
E poi, a scuotere quella che tra virgolette si poteva definire “routine quotidiana nella base”, c’erano stati i confronti con Ruby e Accelerator. Guarda caso, quest’ultimo era proprio quello a cui il giovane stava pensando in quel momento, mentre se ne stava seduto sopra il ramo di un albero del giardino della base, in compagnia dell’amico piumato.
Quel tipo assurdo si era aggiunto alla lista dei pensieri per cui non riusciva a chiudere occhio la notte, come se non avesse già abbastanza preoccupazioni. Era superfluo dire che, durante l’ultima “esperienza”, era rimasto spaventato, furioso e disgustato, e complice delle sue mosse poco intelligenti nei riguardi dell’albino era stata la tempesta di emozioni portatasi dietro dallo scontro con Shen e il saluto a Logan, che aveva fatto il paio con la sua testa calda adolescenziale.
Ma adesso, a distanza di giorni di riposo mentale, il ragazzo stava tornando più lucido, e così si era messo ad analizzare la situazione nel dettaglio, obiettivamente e il più razionalmente possibile. Si giustificava col fatto di non avere niente di meglio da fare fintanto che restava nella base, e che pensare a questo era molto meglio di crogiolarsi ininterrottamente nell’ansia per suo padre e per quello che il governatore avrebbe potuto macchinare.
Quando l’aveva conosciuto quel giorno, Accelerator gli era apparso tutt’altra persona, qualcuno di – non riusciva a credere di poterlo dire ora come ora, eppure da una parte era effettivamente così – simile a lui, lo aveva giudicato come qualcuno tutto sommato di degna compagnia.
Ma quando si erano scontrati quella sera, il ragazzino si era come trasformato di colpo. No, qui si stava sbagliando, non si era trasformato. Semplicemente era passato da uno stato ad un altro, lo aveva notato anche durante il loro primo incontro: prima lo vedeva apatico, serio e sbuffante, l’attimo dopo lo vedeva fare quei sorrisi da pazzo maniaco degni di Shen.
Quando gli aveva raccontato dell’esperimento, era stato assolutamente restio a parlarne, come se se ne vergognasse e ne soffrisse molto. D’altronde, era questo che Fire aveva percepito. Non si spiegava perché, di punto in bianco, il dolore avesse lasciato posto a quella spietata crudeltà e quel sadismo che tanto l’avevano lasciato allucinato. E dopo che l’aveva paragonato al Maestro, l’albino era persino rimasto di sasso! Ammesso che fosse una cosa terribile da dire a qualcuno, bisogna tenere presente che quel tipo era praticamente un serial killer.
Un serial killer che però aveva dimostrato più di una volta di provare delle emozioni.
Fire si poggiò una mano sulla fronte. Maledizione, quei cambiamenti di umore gli facevano girare la testa, perché tutto ciò? C’era qualcosa, qualcosa a cui non aveva pensato e che gli sfuggiva, probabilmente per mancanza di informazioni o di qualcos’altro… ma cosa?
Scosse il capo e si diede dell’idiota. Ma chi glielo faceva fare di rimuginare tanto? Era ridicolo, si stava semplicemente prendendo in giro da solo, con quegli assurdi tentativi di negare quella che poteva essere la semplice e pura realtà: quel tipo o era bipolare o era uno psicopatico o entrambe le cose insieme, inutile girarci intorno. Come spiegare altrimenti sintomi simili? E dopo quello che gli aveva raccontato, come poteva pensarla diversamente?
<< Uuh! Padron Fire sta bene? Ha una faccia! Ed è tanto silenzioso… >>
La voce di Rowlet, appollaiato su un ramo sopra di lui, lo riscosse da quei pensieri: gli occhioni scuri del barbagianni erano lievemente preoccupati.
L’adolescente distolse velocemente lo sguardo. << Sto bene, Rowlet. >>
Il rapace scosse il capo e andò ad appollaiarsi sulle sue ginocchia. << Padron Fire lo può dire a Rowlet che si sente male per aver litigato quella sera con Accelly. >>
Il Vigilante lo guardò con gli occhi sgranati, colto in flagrante. << Io non ho... noi non... tu... come diavolo… >>
<< Rowlet svolazzava da quelle parti e ha sentito parlare, sebbene non capisse di cosa. Ha volato per raggiungervi, e ha visto padron Fire guardare malissimo Accelly e quest’ultimo andarsene via. Dopo, però, Rowlet ha preferito non dire niente. Non credeva che padron Fire ci fosse rimasto così male, prima di vederlo adesso. >>
<< Non abbiamo litigato, Rowlet. Abbiamo... solo parlato. >>
<< Veramente a Rowlet quellosembrava un litigio, padron Fire. Sembrava proprio arrabbiato con Accelly, e lui sembrava così triste… >>
<< E allora? >>
<< Perché padron Fire si è arrabbiato con Accelly? >>
<< Non mi sono… >> il ragazzo rilasciò un sospiro stressato << non ha importanza, va bene? Non me ne frega niente di lui e non deve fregare niente nemmeno a te. >>
<< Ma non è vero! A padron Fire importa, altrimenti non starebbe così. >>
<< Basta, Rowlet. >>
<< Accelly ha fatto qualcosa di male a padron Fire? >>
<< Rowlet, ho detto BASTA! >>
Rowlet ammutolì di colpo di fronte allo scatto di esasperazione del padroncino e abbassò il capo. << Va bene. Rowlet voleva solo aiutare padron Fire. >>
Detto questo, spalancò le ali e spiccò il volo.
<< Aspetta! >>
Rowlet si appollaiò su uno dei rami, fissandolo dritto negli occhi. Royal scosse il capo e si morse le labbra.
<< Non te ne andare. Per favore. >>
Rowlet bubolò contento e gli volò tra le braccia. Fire gli accarezzò il capo, tenendolo stretto a sé e sospirando.
<< Rowlet ha visto che Accelly sta simpatico a padron Fire >> continuò il barbagianni << Lo sa che a padron Fire di solito non sta mai simpatico nessuno e non parla mai con nessuno, così Rowlet lo ha raccontato a Lasty di quello che ha visto. >>
<< Lo hai… lo hai raccontato a Last Order? >>
<< Sì, perché…? Oh! Guarda! Eccola laggiù! >>
Effettivamente, quando girò lo sguardo nella direzione indicatagli dal rapace, riconobbe immediatamente la figura minuta della ragazzina, con il camice bianco svolazzante e i capelli castani con il buffo, strano ciuffo in testa.
<< Andiamo a salutarla! >>
Senza altre parole, Rowlet scese in picchiata dall’albero, seguito quasi immediatamente dal padroncino. Last Order li avvistò subito, e con il suo passo trotterellante raggiunse l’ombra dell’albero: non appena fu abbastanza vicina, Rowlet le si fiondò tra le braccia.
<< Ci-a-uuh Lasty! >>
<< Rowlet! Esclama Misaka come Misaka, afferrandoti e stritolandoti in un abbraccio. >>
La piccola lo strizzò esattamente come faceva coi suoi gekota, delle particolari rane di peluche per cui andava pazza. L’unica differenza era che il barbagianni era più piccolo, più morbido e soprattutto senziente, quindi lo preferiva di più.
<< Ciao anche a te, Fifì! >>
Rivolse un gran sorriso di saluto al Vigilante in piedi di fronte a loro, agitando una manina paffuta.
Fire strabuzzò gli occhi. La fissò stralunato per qualche secondo, poi trovò la forza di aprire bocca.
<< Come… come mi hai chiamato!? >>
<< Fifì! >> ripeté lei con un sorriso che svanì di fronte all’espressione scandalizzata e di disappunto del giovane << Non ti piace, forse? Chiede Misaka come Misaka, pensando di aver fatto qualcosa di sbagliato >>
<< È la cosa più ridicola e imbarazzante che abbia mai senti-…! >>
Si fermò solo perché sul volto della bambina aveva iniziato a delinearsi un broncio pericoloso. Troppo pericoloso. Lo stava fissando con due grandi occhioni da cerbiatta e il labbro tremolante.
Maledizione, no. Ci mancava solo che si mettesse a frignare.
Strinse i pugni e i denti all’unisono, sforzandosi di mantenere un tono più cortese e calmo. << Non chiamarmi così, d’accordo? Il mio nome è Fire. >>
<< Okay, Fifì! >> esclamò la piccola, riacquistando il suo sorriso gioioso e ignorando la conseguente espressione scioccata ed esasperata dell’adolescente. Si rivolse al volatile che teneva tra le braccia: << Rowlet, vuoi venire a giocare con me? Chiede Misaka come Misaka, proponendoti un’attività. >>
<< Rowlet vorrebbe tanto, ma adesso dovrebbe stare con padron Fire, perché si sente male a causa del suo litigio con Accelly >>
<< Uh? Oh sì, adesso ricordo, dice Misaka come Misaka, facendo mente locale su quanto le è stato detto. >>
<< Non ci sono rimasto male! >> sbottò il ragazzo dai capelli verdi.
<< Invece sì! >> gli sbuffò in risposta il barbagianni << Smetti di fare lo scemo, padron Fire! Lasty è la persona più adatta per parlare di questo, visto che Accelly è il suo papà! >>
Last Order annuì in assenso. << Anche Accelerator ci è rimasto male, conferma Misaka come Misaka. >>
<< Hai visto, padron Fire? >> sentenziò Rowlet << Puoi raccontarci che cos’è successo? >>
<< Piccoli… >> esordì Fire, con un sospiro << non è stato un litigio, d’accordo? Noi… Accelerator… >>
Fissò gli occhioni scuri della bambina e deglutì. Come faceva a dirglielo? Come poteva? Da quanto era riuscito a capire, la piccola era davvero affezionata all’albino. Forse non sapeva assolutamente nulla di tutto, e non era una sua responsabilità dirle quello che avrebbe meritato di sapere.
<< Qualunque cosa verrà detta, ti assicuro che rimarrà tra noi, promette Misaka come Misaka >> intervenne la bambina, sorridendogli incoraggiante.
<< Sì, né Rowlet né Lasty lo diranno a nessuno >> intervenne il barbagianni.
Di fronte a quel dolcissimo sorriso e alla rassicurazione dell’amico piumato, il ragazzo si sentì in qualche modo rincuorato. Alla fine, annuì e si sedette a gambe incrociate sull’erba, imitato dalla bambina. Tirò un lungo sospiro, congiungendo le dita e giocherellando con una manica della tuta.
<< Prima ho bisogno di sapere una cosa, Last Order >> esordì, facendosi serio << quanto ricordi… della tua vita precedente? Perché vedi… be’… ci sarebbe un bel discorso complesso riguardo certe visioni o sogni che potresti aver fatto… >>
<< Qualche giorno fa, sotto mia richiesta, il Dottore mi ha sbloccato i ricordi. Ricordo ogni singola cosa, risponde onestamente Misaka come Misaka. >>
<< Allora… allora… >> Il ragazzo si costrinse a mantenere fermo il tono della voce << tu lo sai… che cosa ha fatto? Quello che ti ha fatto… le Sisters… >>
A quelle parole, lo sguardo di Last Order si fece improvvisamente comprensivo, serio e pragmatico al tempo stesso. Era un qualcosa che non avrebbe mai pensato di poter associare alla sua fanciullesca figura, considerata la nota spensieratezza e giocosità.
<< Ecco di cosa avete parlato. Ora capisco perché avete litigato, constata Misaka come Misaka intuendo tutto. >>
Fire ammutolì, colto sia in flagrante che di sorpresa, e non poté fare altro che annuire. La piccola era sveglia, molto più sveglia di quello che appariva, ed era proprio questo a sconcertarlo.
<< Allora perché? >> domandò, senza altri giri di parole << Perché… sei con lui? Perché tu, e quelle due donne, siete al fianco di un… >>
Vide Last Order corrugare di colpo le sopracciglia in una vivida – quanto insolita – espressione furibonda. Lo lasciò spiazzato e sconvolto al punto che la frase gli si bloccò sia in gola sia nel pensiero.
<< Meglio per te se non finisci quella frase, sibila Misaka come Misaka con fare minaccioso. >>
Lui deglutì a fatica. << Last... io… lo so, non sono nessuno per dirti nulla, non sono né tuo padre, né tuo fratello o… >>
<< Infatti, non sei mio padre. Quello è Accelerator, ribatte Misaka come Misaka, infastidita! >>
<< Mi dispiace. Lo so. Sto solo… sto solo cercando di capire, d’accordo? Perché… >>
Non riuscì a finire nemmeno quella frase. Già, perché stava cercando di capire? Voleva proteggere Last Order perché era amica di Rowlet? Voleva assicurarsi che tutto fosse a posto perché era nella sua indole? No, c’era qualcosa di più. Possibile… che stesse cercando un appiglio, qualcosa che gli facesse cambiare idea riguardo Accelerator?
“Stronzate, perché me ne dovrebbe fregare così tanto qualcosa?”
Di fronte all’espressione vulnerabile del ragazzo, Last Order si calmò immediatamente. Comprendeva che fosse sinceramente confuso. E, con i modi che aveva Accelerator, chissà cosa l’albino gli aveva detto o fatto. Quel ragazzo era un genio, ma con le persone non ci sapeva proprio fare.
<< Tu credi che lui sia cattivo e quindi vuoi proteggermi da lui, dato che ha ucciso le mie sorelle, constata Misaka come Misaka addolcendo il tono perché ora è disposta a spiegarti in modo che tu capisca fino in fondo. Io ho già una persona che mi protegge ed è lui, ti spiega Misaka come Misaka. >>
<< Ma lui ha… >>
<< So che cosa ha fatto. So ogni cosa. Io sono il Network dei cloni Sisters. Ho potuto vedere tutto. Ogni singolo istante da loro vissuto, i modi brutali in cui le ha uccise. Anche se questo, all'inizio, mi ha spaventato... da un altro lato ho capito che lui non era sincero né con gli altri né con se stesso, rivela Misaka come Misaka. >>
<< Ma come…? >>
<< Accelerator non è stato costretto a partecipare all’esperimento, è vero. Sapeva cosa stava facendo, è vero. Ma in realtà non ha mai davvero voluto fare l’esperimento. Ha accettato perché pensava che se fosse diventato il più forte, nessuno avrebbe più cercato di ucciderlo, che in questo modo tutti l’avrebbero lasciato in pace. E nonostante questo, ha cercato di comunicare con le sorelle di Misaka più di una volta. Cercava di spaventarle, di farle scappare, farle piangere, capire se fossero umane o semplici macchine. Sperava di convincerle a ritirarsi, di smuoverle, sperava di evitare che tutto proseguisse, espone Misaka come Misaka analizzando il senso dietro ogni suo singolo gesto. Quando l'esperimento fu fermato da un misterioso ragazzo, Accelerator capì il suo sbaglio. Fui io a cercarlo, e fui sempre io a insistere a stargli vicino, racconta Misaka come Misaka. Forse questa è pazzia, ma io... >>
Il tono della ragazzina si fece ancora più triste e carico di amarezza. Strinse forte Rowlet contro il proprio petto.
<< Io… Misaka... è nata in un laboratorio e sfruttata ogni giorno dai Kihara. Non avevo nessuno e lui... e lui era l'ultima speranza di Misaka. È tutto ciò che possiedo! È tutto... è tutto ciò che ho. Per questo... >> delle piccole gocce di lacrime cominciarono a scendere copiosamente dai suoi occhi << per questo lui è il mio supereroe, dice Misaka come Misaka, parlando francamente. >>
Fire deglutì. A vederla piangere, si era sentito ancora più spiazzato, e una morsa dolorosa gli aveva avvolto lo stomaco. Osservò Rowlet abbracciarle il faccino roseo con le ali, asciugarle le lacrime e becchettarle amorevolmente una guancia.
Li guardò per un istante, poi, istintivamente, allargò il braccio di lato, aprendo il lembo del mantello, dritto come un lenzuolo. Ricambiò lo sguardo gonfio di lacrime della piccola, e rimase in attesa.
Last Order cercò lo sguardo di Rowlet; il barbagianni simulò un sorriso rassicurante col becco e fece un cenno invitante col capo. Allora la bambina si protese verso il Vigilante e gli si sistemò seduta di fianco, mentre lui le calava il lembo del mantello addosso: lei vi si avvolse e vi si accoccolò, usando la stoffa per asciugarsi le lacrime con l’aiuto del rapace.
Fire la fissò per qualche istante in silenzio, mordendosi le labbra.
<< Sai… forse sono un po’ pazzo anche io >> borbottò, dopo qualche istante, in un maldestro e patetico tentativo di farla stare meglio << Per quanto lui mi abbia spaventato e mi abbia fatto ribrezzo… ho continuato a pensarci su. C’era qualcosa che non mi quadrava, nel suo comportamento, anche se… a lungo andare ho liquidato la cosa con la bipolarità e la psicopatia. Adesso è tutto ancora più confuso. L'attimo prima lui mi dice di aver compiuto praticamente un genocidio ai tuoi danni e che non avrebbe avuto rimorso a dirti quanto si è divertito a farlo, mi minaccia di ridurmi a un colabrodo di sangue... e poi salti fuori tu a dirmi che non voleva fare niente di tutto questo. >>
Last Order annuì in segno di comprensione, accarezzando la testolina del barbagianni.
<< Lui ha anche rischiato la vita per me. Un uomo gli ha sparato ferendolo mortalmente al cervello mentre cercava di guarirmi da un virus informatico trasmessomi dai Kihara: volevano usare me e le Misaka come esercito, spiega Misaka come Misaka ripensando a quel giorno. >>
Ricordava bene i Kihara, erano coloro che avevano dato il via all’esperimento delle Sisters, ma anche coloro che avevano preso dei bambini esper e vi avevano fatto sopra esperimenti, lo stesso Accelerator era stato fra loro. Non c’era da stupirsi, quindi, che fosse fuori di testa e che la questione potesse chiudersi lì, ma Fire aveva deciso di dare il beneficio del dubbio a Last Order, dunque si limitò ad ascoltarla e la interruppe solamente quando credette che qualcosa non quadrasse.
<< Com’è possibile che sia stato ferito? Non c’è niente che possa colpirlo con quella sua abilità… >>
<< Finché tiene alta la Reflection, niente può toccarlo, puntualizza Misaka come Misaka in accordo. Ma per debellare quel virus, ha dovuto dare fondo a tutto il suo potere. L’operazione per salvarmi implicava usare quasi tutte le sue capacità cerebrali, e dunque non aveva abbastanza potere per attivarla quando quell’uomo gli ha sparato, spiega Misaka come Misaka in termini semplici così che tu possa comprendere. >>
<< Ed è ancora vivo unicamente perché è rinato qui, in Battleground… >>
La bambina tirò su col naso e annuì, per poi riprendere a parlare: << Da quando è rinato, ha sempre avuto visioni che lo tormentavano e voleva scoprire a tutti i costi cosa fossero. Dopo che il Dottore gli ha ridato i ricordi, permettendogli di comprendere la natura di quegli incubi... qualcosa nella sua psiche deve essersi rotta di nuovo, espone Misaka come Misaka ipotizzando le ragioni del suo comportamento. Il primo a sbagliare è stato proprio lui, non aveva il diritto di dirti quelle cose e minacciarti, ma ciò non toglie che era destabilizzato a causa del forte stress mentale. Il suo cervello deve essersi spaccato in due. Da una parte, le cose carine che gli hai detto al parco, dall'altra gli orrori che ha compiuto nella sua vita precedente. Non potendo sopportare il peso, è esploso volendo dimostrare a tutti i costi di essere un mostro. Questo per paura di ferire sia me, Yoshikawa e Yomikawa… che te, dice Misaka come Misaka, parlando francamente e cercando di analizzare la situazione. >>
Stavolta la morsa nello stomaco si fece più dolorosa. Per quanto si trattasse di una strategia assurda e assolutamente controproducente… in qualche modo, Fire la comprendeva: Accelerator voleva apparire un mostro, voleva restare da solo… perché pensava di non meritare nulla. Perché credeva che avrebbe potuto ferire le persone che gli stavano vicino e di conseguenza, ferire di nuovo sé stesso. Meglio tenere tutti lontano, meglio soffrire la solitudine piuttosto che soffrire per aver ferito qualcuno a cui si teneva davvero.
<< Be’, ha avuto quello che voleva >> sospirò, con rammarico, stringendo le ginocchia al petto.
Era inutile fingere il contrario. Era triste. Non sapeva se provare più pena, pietà o sincero dispiacere per quel ragazzo, o semplicemente sentirsi atrocemente in colpa per averlo giudicato tanto duramente senza prima conoscerlo a fondo.
<< Mi ha fatto arrabbiare talmente tanto che gli ho detto una cosa orribile >> confessò alla piccola << Gli ho chiesto come mai non fosse al posto del Maestro, visto che aveva tanti bei propositi riguardo il potere e il diventare più forte tramite omicidio. >>
Scosse il capo. Certo, chiunque avrebbe potuto pensare male di Accelerator dopo aver saputo quello che aveva fatto. Ma Fire gli aveva detto qualcosa di molto peggio di aggettivi come “mostro”, “psicopatico” o “assassino”, che forse erano già più “naturali”, “normali”. E aveva visto benissimo come ci era rimasto, dopo. Di nuovo gli si presentò davanti una domanda: il fatto che Accelerator avesse compiuto azioni atroci, lo giustificava forse a pensarsi come migliore di lui, a dargli il diritto di dirgli cose simili? Anzi, di più: un’azione simile era giustificabile, specialmente dopo aver ascoltato la storia di Last Order?
<< Ho sbagliato anch’io >> ammise l’istante dopo << Sono esploso a mia volta. Quando sono veramente arrabbiato do il peggio di me. È una cosa che odio, ma non posso farci niente… >>
<< Non essere triste, dice Misaka come Misaka cercando di consolarti. Sono sicura che prima o poi chiarirete. Io, Yomikawa e Yoshikawa faremo di tutto per stargli vicino e non farlo più sentire solo. Anche tu puoi aiutarlo, ti incoraggia Misaka come Misaka! Ho sempre pensato che avesse bisogno di un amico. >>
<< Uuh! Lasty ha ragione! >> intervenne Rowlet << Domani Rowlet e padron Fire partiranno per la missione. Sarà un viaggio lungo, e così padron Fire potrà approfittarne per parlare con Accelly e chiedergli scusa! >>
<< Sì, hai ragione, Rowlet, si associa Misaka come Misaka! >>
La coppia si girò in direzione dell’adolescente, e ciascuno dei due lo guardò con il miglior paio di occhioni teneri e supplichevoli che riuscirono a tirar fuori. Quegli sguardi trasmettevano lo stesso identico messaggio: “Cercherai di mettere da parte il tuo ego e il tuo essere un insopportabile asociale e proverai a parlare con lui in modo da chiarirvi?”
Fire tirò un lungo sospiro, sollevandosi in piedi e fissando entrambi negli occhi, deciso.
<< Farò quello che posso. Ve lo giuro. >>
Last Order non rispose. Si limitò solo ad abbracciarlo con tenerezza e sorridendo beatamente, mentre Rowlet la imitava accoccolandosi lungo la spalla del padroncino.
Tra i due, il barbagianni era più che certo del serio impegno che il padroncino avrebbe impiegato, perché lui manteneva sempre i giuramenti. Inoltre, non poté fare a meno di pensare quanto lui e quella bambina fossero simili. Lei aveva il proprio supereroe, Accelerator, e lui aveva Royal Noir.
E quei due si somigliavano tantissimo, nonostante l’albino avesse subìto cose molto più brutte di padron Fire. Eppure era sicuro che sarebbero riusciti lo stesso a trovare una congiunzione.
Non poteva saperlo, ma Last Order stava pensando le stesse identiche cose. E quando i due piccoli osservarono Royal Noir volare via con la scusa che doveva finire i preparativi per la partenza di domani mattina, ancora una volta lo stesso identico pensiero attraversò le loro menti.
“Adesso possiamo solo aspettare”.
 
                                                                                                                                                         * * * 
 
Il Dottore attendeva all'estremità opposta della pista d'atterraggio, un conglomerato di navi da battaglie e piccole portaerei che fungevano da mezzi da carico o semplicemente per il trasporto occasionale di persone. Di fianco ad esse erano state stipate numerose casse contenenti viveri e armamenti, tutti rifornimenti essenziali per portare avanti le numerose occupazioni in cui era coinvolta la Resistenza, la cui rete di sostenitori scorreva intricata per i pianeti di Battleground come la rete di un ragno.
Accanto al Dottore vi era Angel, ben riconoscibile a causa della sua folta capigliatura rossa. Stavano in piedi di fronte ad una navetta diversa da tutte le altre presenti nella base, un grosso mezzo di forma vagamente romboidale dalle pallide rifiniture placcate in metallo lucente, con superfici bianco osso e incrostate di ruggine.
Aveva il ponte abbassato, la cui rampa conduceva fino ad un’entrata rialzata di circa un metro e mezzo rispetto al pavimento.
Il Dottore si guardò intorno un paio di volte, prima di controllare l'orologio incorporato nel proprio scroll.
<< Dovrebbero essere qui a momenti >> borbottò quasi a se stesso << Certo, sempre che non si siano prima fermati a fare colazione. Peggio per loro, spero che abbiano portato i sacchetti per il vomito. >>
<< E se non lo hanno fatto? >> domandò Angel, il tono di voce ornato da una lieve punta d'incertezza. Dopotutto, l'ultima cosa che voleva era passare diverse ore stipato una navetta riempita fino all'orlo di odori sgradevoli.
Il Dottore si limitò a stringersi nelle spalle.
<< Porto sempre i tappi per il naso. Le mie esperienze passate con alcune razze mi hanno insegnato a non uscire mai senza >> disse con un sorriso ironico, per poi rabbrividire al ricordo di quelle avventure.
Inutile dire che Angel non si sentì affatto rassicurato dalle parole del Signore del Tempo
Al contrario di quanto si auguravano il Dottore e il suo compagno soleano, il team JEKP aveva attualmente fatto colazione a causa dell’insistenza di Kirby ed Emil. Per somma disgrazia dei suddetti, erano riusciti a prendere solo alcune pillole alquanto insipide che non avrebbero causato problemi di stomaco durante il viaggio, e ora correvano sulla pista d'atterraggio trascinando diverse borse contenenti munizioni, pezzi di ricambio per le loro armi e medicinali per ogni evenienza.
<< Scusate il ritardo >> dichiarò James non appena si fermò davanti al leader dei Time Warriors.
Indossava la sua corazza di ossa, risistemata per l'occasione. I suoi compagni, indietro di qualche metro, salutarono aggiungendo le stesse scuse.
<< Ragazzi >> li accolse il Dottore, dando loro una rapida occhiata, quasi come se si volesse assicurare che fossero realmente pronti per la missione imminente << Spero che non abbiate avuto problemi di alcun tipo. >>
<< Niente di troppo eclatante, a parte la discutibile colazione >> rispose Emil << Siamo abituati ad alzarci presto. >>
<< Ieri abbiamo discusso con Ruby, Weiss, Blake e Yang >> comunicò Penny << Non abbiamo certo risolto tutto… ma confidiamo nel fatto che Ruby stia un po’ meglio. >>
Proprio in quel momento, si avvertì un gran frullare d’ali. I ribelli alzarono gli occhi e videro planare sopra di loro l’ombra di Royal Noir, accompagnato dall’amico barbagianni. Il Vigilante Mascherato atterrò loro davanti, perfettamente in piedi. Ad un piccolo lampo verde, le ali piumate tornarono ad essere un consueto lungo mantello.
Rowlet si appollaiò sulla sua spalla, poi agitò le ali in direzione dei membri in un evidente saluto.
<< Cia-uuuh, amici! Anche Rowlet e padron Royal sono arrivati. >>
<< Esibizionista >> commentò Kirby, sottovoce.
<< Io l'ho trovata una bella entrata >> commentò il Dottore, volgendo all’adolescente un'occhiata divertita << I soldati di Atlas dovrebbe prendere esempio. >>
Rilasciò un sonoro sbuffo.
 << Sono sempre così rigidi... senza offesa >> aggiunse rivolto verso James, il quale si limitò a scrollare le spalle.
Accelerator arrivò poco dopo, camminando con passo felpato e borbottando un rapido: << Buongiorno. >>
Il suo tono era stranamente roco e stanco. Osservando attentamente il viso, infatti, era possibile notare due profondi solchi neri sotto gli occhi. Neanche quella notte era riuscito a dormire decentemente.
Si portò accanto a Fire, insieme agli altri, tenendo le mani in tasca e assottigliando lo sguardo nel suo celeberrimo cipiglio annoiato e menefreghista.
<< Sì, lo so, sono in ritardo, ma se volete dare la colpa a qualcuno… be', datela alla marmocchia, non voleva staccarsi. Spero che sia tutto pronto. >>
Dopodiché, si sentì un rombo di tuono, seguito dal bagliore di un lampo. Davanti a loro era atterrata la figura dell’alto e possente Thor, il cui mantello spiegazzato oscillava a causa del piccolo venticello da lui creato.
Con portamento regale, si rivolse ai suoi compagni e al Dottore. << Chiedo perdono, Dottore, credo di essere l'ultimo arrivato. Chiedo perdono anche a voi, miei compagni d'arme. Anche se ho ritardato a presenziare, non tarderò quando la battaglia mi chiamerà in vostro soccorso. >>
<< Nessuno di noi ne dubita, signor Thor >> lo rassicurò Penny con un sorriso, dandogli una pacca amichevole lungo l’avambraccio, poiché troppo minuta per potergli raggiungere la spalla.
<< Concordo >> disse James, incrociando ambe le braccia davanti al petto e girandosi verso il Dottore << Se non ricordo male, la missione si svolgerà su Scariff. >>
<< Ne discuteremo meglio durante il viaggio >> rispose il Signore del Tempo << Spero che non abbiate dimenticato nulla, perché non torneremo indietro per un po'... >>
Si fermò di colpo e i suoi occhi vagarono all'estremità opposta della pista di atterraggio. Il resto dei ribelli raccolti lo seguì a ruota, e i loro occhi si fermarono sulle figure familiari di Ruby Rose, Weiss Schnee, Blake Belladonna e Yang Xiao Long, vestite con i loro abiti da combattimento e con le mani ben salde sulle rispettive armi.
L'intero team JEKP sbarrò gli occhi nel vedere arrivare le quattro Cacciatrici a passo determinato, come se fossero già pronte a seguirli in quel breve quanto pericoloso viaggio. Nessuno dei quattro riuscì a decidere se fosse un'alternativa confortante o spaventosa.
<< Ciao, ragazze. Siete venute a salutarci? >> domandò Kirby, esitante.
Il gruppo di neo cacciatrici cominciò a guardarsi l'un l'altra, come se stessero avendo una conversazione silenziosa.
Dopo quasi un minuto buono, Ruby volse ai ribelli un'espressione risoluta.
<< No >> dichiarò con tono di fatto << Siamo venute ad aiutare noi stesse… e Battleground. >>
<< Ciò che stiamo per fare non è certo una missione per fanciulle sperdute, mie giovani guerriere nate >> disse Thor con tono serio e severo << Ruby Rose, so che vuoi vendicare la morte di tuo padre, e credimi se ti dico che so molto bene quello che provi. Ma ti devo chiedere, così come a tutte voi altre… siete disposte a mantenere i nervi saldi? A non cedere all'odio quando, in mezzo a quella bolgia, potreste trovarvi davanti l'assassino di Qrow? Dovrete seguire ciecamente gli ordini. Se il Dottore dirà di combattere dovrete combattere, e se dirà che dovrete scappare voi dovrete scappare senza guardarvi indietro. Capite bene? >>
Inizialmente, Ruby si senti quasi raggelata dalle parole del tonante. Gli occhi del biondo la fissavano con una tale intensità che, per un attimo, la giovane cacciatrice temette che sarebbe rimasta fulminata da quello sguardo del colore del cielo stesso.
Deglutì a fatica e prese un paio di respiri calmanti.
<< Ne abbiamo parlato tutta la notte, e siamo giunte alla conclusione… che non potremo mai riavere le vite di un tempo >> ammise con riluttanza << Non finché saremo marchiate come criminali. >>
<< E per quanto la vostra idea sia folle e assolutamente ridicola... >> aggiunse Weiss << è anche la nostra migliore possibilità per uscire da questa situazione. >>
<< Quindi sì >> continuò Blake << Vi aiuteremo. >>
<< Ed eseguiremo ogni vostro ordine come delle brave soldatine >> terminò Yang, accentuando il tutto con un roteare degli occhi.
L’idea di farsi comandare a bacchetta dalle stesse persone che avevano contribuito alla morte dello zio non la entusiasmava particolarmente, ma considerando la situazione attuale… be’, questa era la migliore possibilità che avevano per ripulire i loro nomi e proteggere le persone che amavano.
Nel mentre, Angel si alzò dalla cassa dove si trovava e si avvicinò al leader del team.
<< Ho saputo di quello che è successo >> disse con aria afflitta, mentre piegava il capo in segno di rispetto << Mi spiace per tuo padre, e credimi, comprendo il tuo dolore. È morto da vero eroe. >>
Visibilmente sorpresa, Ruby lanciò all'adolescente un sorriso gentile. << Ti ringrazio. So che non abbiamo interagito molto, ma spero che avremo modo di combattere assieme. >>
Detto questo, volse la propria attenzione nei confronti del Dottore.
<< Allora? C'è posto in questa missione per un'altra squadra? >> domandò con tono colmo d'anticipazione.
Il Signore del Tempo rimase fermo e immobile e si limitò a passare brevemente lo sguardo da un membro all'altro del team.
Dopo qualche attimo di silenzio, scrollò le spalle con fare apparentemente disinteressato.
<< Perché no? Per quello che stiamo per fare… avremo bisogno di tutto il backup possibile. >>
Arricciò ambe le labbra in un sorriso estatico e indicò la nave alle sue spalle.
<< Coraggio, tutti dentro al Falcon! >> esclamò gioviale.
Accelerator inarcò un sopracciglio.
<< E noi dovremo viaggiare… su quella?>> disse indicando il suddetto mezzo con aria incredula.
Lo stesso sguardo venne rapidamente condiviso dalla maggior parte dei presenti, ad eccezione di Thor.
Il Dottore inarcò un sopracciglio. << Sì…perché? C’è qualcosa che non va? >>
<<  È un pezzo di ferraglia >> rispose impassibile l’albino.
Il Signore del Tempo rilasciò un sonoro sbuffo e procedette a picchiettare il fianco della nave con fare quasi affettuoso.
<< Questa bellezza, caro il mio esper, è forse la nave più veloce di tutta Battleground >> rispose con voce orgogliosa << Proviene direttamente dalla collezione privata di Dedede, e posso assicurarti che in giro non potremmo trovarne una migliore. Be'… senza contare il TARDIS, ovviamente. >>
Accelerator fissò il mezzo di trasporto con aria poco convinta, imitato dal resto dei ribelli. Infine, schioccò la lingua e sembrò accettare le parole del Dottore e cominciò a salire la rampa d’imbarco, affiancato da Fire, Angel e Thor.
Il team RWBY seguì a ruota, ma davanti a loro si frapposero Emil e compagni, i cui volti erano ora adornati da espressioni molto più serie.
<< Siete veramente pronte a questa missione? >> chiese il fauno, rifacendosi alla domanda già posta in precedenza dal dio del tuono.
<< Ed ad aiutarci nonostante i vostri sentimenti personali sulla Resistenza? >> aggiunse James.
Weiss rilasciò un sonoro sospiro. << Pensate davvero che avrei permesso alle mie compagne di partecipare a questa follia senza avere la certezza che sarebbero state disposte a mettere da parte i loro rancori? >> domandò con un roteare degli occhi. << Sono cresciuta ad Atlas, so quanto il cameratismo di un gruppo sia fondamentale per la riuscita di una missione. >>
<< Ecco perché ha passato le ultime due ore a farci una ramanzina sull'importanza del lavoro di squadra >> aggiunse Yang, ricevendo un'occhiataccia da parte dell'albina << Non avete di che preoccuparvi, ragazzi, faremo le brave. Be’… per la maggior parte del tempo. >>
Tra sé e sé, Fire non poté fare a meno di tirare un sospiro di sollievo di fronte alla conferma che Ruby Rose non solo era disposta a perdonarlo, ma aveva anche deciso di seguire il suo consiglio: onorare la memoria del padre Qrow Branwen.
<< Era tutto quello che volevo sentire >> ribatté un sorridente Kirby, andando verso il Falcon << Dal canto nostro, non vediamo l’ora di poter lavorare con voi. >>
<< Uuuh! >> bubolò Rowlet, svolazzando vicino alla testa del rosato << Confetto ha ragione! Faremo tutti del nostro meglio per trattare bene le nostre nuove amiche. >>
Accelerator, esasperato, sia a causa della voce del barbagianni che trovava insopportabile, sia al pensiero degli incubi, perse la pazienza.
Si trattenne a stento dall’urlare, strinse i denti e sibilò: << Possiamo passare al briefing di missione, ed evitare di perderci in queste cazzate di merda? Per favore... >>
Thor lo osservò un attimo con la coda dell'occhio. Aveva intuito che l'anima del ragazzo era tormentata. Meditò di parlargli sulla questione, ma quello non era certo il momento adatto. Avrebbe aspettato.
 
                                                                                                                                                       * * * 
 
Gli interni del Millenium Falcon erano piuttosto scarni, un conglomerato di corridoi e pareti bianche come un osso. Il Dottore condusse i suoi nuovi passeggeri fino ad una stanza circolare, ove si trovava un tavolo olografico circondato da tante poltrone quanti erano i membri dei Time Warriors.
L’alieno aspettò che tutti fossero seduti e volse loro uno dei suoi consueti sorrisi.
<< Siete tutti comodi? >>
I vari ribelli annuirono all'unisono, con espressioni visibilmente seccate da parte di Weiss e Accelerator.
<< Eccellente! >> esclamò il Signore del Tempo, per poi attivare il proiettore olografico. Come dal nulla, l'immagine trasparente di un pianeta si materializzò al centro della stanza.
<< Come sapete, questa... >> disse indicando il corpo celeste << è la nostra destinazione. Scariff, archivio imperiale e residenza del senatore Anakin Skywalker, il quale ospiterà per la prima volta la festa annuale per l'Empire Day. La nostra missione? Infiltrarci negli archivi nascosti sotto l'abitazione e recuperare le coordinate della posizione del TARDIS. Facile, no? >>
<< La residenza Skywalker è una delle fortezze più inespugnabili di tutta Battleground >> ribatté Royal Noir, incrociando le braccia << Mi auguro per il nostro bene che il tuo piano sia accurato e studiato nei minimi dettagli. >>
<< Essendo una festa così importante, è probabile che ci saranno anche quei bastardi dei suoi collaboratori >> aggiunse Accelerator << E forse pure il Maestro stesso. >>
<< Concordo con il giovane >> intervenne Thor << Anche la presenza di mio fratello non è da escludere. Potrebbe aver messo un incantesimo difensivo su tutta la residenza… e credetemi, la magia di Loki è molto potente, amici miei, anche più di quella dello Stregone Supremo del mio mondo. >>
<< Di questo non avete di che preoccuparvi >> rispose prontamente il Dottore, compiendo un movimento sprezzante con la mano destra << Come ad ogni Empire Day, Il Maestro sarà impegnato con il discorso annuale ai suoi fedeli, che si svolgerà a Washington. Per quanto riguarda Loki, lui organizza sempre la propria festa ad Asgard, e le spie che ho piazzato su Scarif mi hanno confermato che non ha mai messo piede sul pianeta negli ultimi giorni. >>
<< Se il Maestro e Loki non ci sono è un bene. Però... sappiamo che il Maestro ha altri collaboratori tra le sue fila. La domanda è: chi di loro sarà alla festa? >> chiese Angel.
<< Lord Shen non sarà presente >> asserì il Vigilante Mascherato << Anche lui, ogni anno, organizza sempre la propria festa in pompa magna a Gongmen. Non può permettersi di non presenziare. Inoltre, la devastazione che abbiamo provocato nei suoi sotterranei e nel suo laboratorio alchemico lo terrà occupato per un bel po’. >>
<< Anche Salem non ci infastidirà >> continuò Ruby, sebbene si trovasse un po' a disagio a parlare in maniera tanto distaccata di una persona così vicina << L'inaugurazione del Vytal Festival è alle porte, e lei deve organizzare il tutto. Qualcun altro manca all’appello? >>
<< Vorkye Bloodbless e Darth Vader >> disse il Dottore, prima di scrollare le spalle << Ma in base alle informazioni che ho raccolto nel corso degli anni, il primo preferisce non partecipare a questo tipo di attività, se non per pura necessità politica. E il secondo… be’, vi sembra davvero un tipo da festa? >> chiese ironicamente.
Angel non rispose alla battuta, e si chiuse a riflettere. In quel momento c’era qualcosa… anzi, qualcuno, che lo turbava specificatamente.
<< A che cosa pensi? >> gli chiese Blue, il quale si rese nuovamente visibile ai membri del gruppo.
<< A Vorkye Bloodbless. Credo di non sbagliarmi nel ritenere che in realtà... sia un soleano come me. >>
Il Dottore lo guardò con occhi seri. << Ne sei sicuro? >>
Il rosso annuì convinto. << Anche prima che recuperassi la memoria, ogni volta che vedevo il suo volto…era come se venissi colto da un forte senso di agitazione… e paura. >>
<< Se è veramente un soleano, allora dovrai stare molto attento >> disse Blue << Non è da escludere che sarà in grado di riconoscerti. E se lavora con il Maestro... >>
<< Abbiamo appurato non sarà presente >> lo interruppe Accelerator, incalzante << Il che mi fa chiedere… a cosa serviamo tutti noi? Senza l’allegra combriccola di psicopatici, non ti basterebbe portarti dietro le due squadre delle merdaviglie, o magari anche solo riccioli d’oro?  >>
Gli otto Cacciatori presenti, persino la sempre cordiale Penny, si indispettirono dinnanzi alle parole dell’esper, ma decisero saggiamente di ignorare l'insulto.
<< Un archivio con informazioni così classificate non può che avere difese paragonabili a quelle di un'Accademia >> spiegò James << Senza offesa per Thor, ma se provasse ad attaccare la villa frontalmente verrebbe crivellato prima ancora di poter mettere piede nei giardini, oltre a richiamare la flotta che orbita attorno al pianeta. Dobbiamo introdurci di soppiatto. >>
<< Ecco perché procederemo come avevamo programmato, ma con qualche piccola modifica >> continuò il Dottore << Fire si recherà alla festa come partecipante attivo. E per rendere il tutto più credibile... verrà accompagnato da Weiss. >>
A quelle parole, la suddetta cacciatrice e Yang sembrarono bloccarsi sul posto. Gli occhi della bionda si colorarono di rosso, mentre guizzi di fiamme dorate cominciarono ad avvolgerle la chioma dorata; l’albina, dal canto suo, tamburellò più volte le dita sui braccioli della propria sedia, sperando di aver capito male.
<< P-può spiegarsi meglio, Dottore?>>
<< Significa che dovrai recitare la parte della sua ragazza, Biancaneve. E se necessario, scambiarvi anche qualche lavoro di lingua >> spiegò Accelerator, indicando Fire.
<< Mi prendi in giro!? >> sibilò quest'ultimo, lanciando un'occhiata fulminante al Dottore << Ci pensi su a certe pagliacciate, oppure ti vengono spontanee!? >>
Il Signore del Tempo si limitò a roteare gli occhi. << Oh, suvvia, non fate i bambini, dovrete solo fingere di essere una coppia di giovani nobili al loro primo appuntamento, così eviterete di attirare eventuali spasimanti e permetterete a Fire di passare inosservato. Ovviamente, la signorina Schnee dovrà avere un travestimento, ecco perché le fornirò un'interfaccia olografica che le farà assumere l'aspetto di sua sorella >> spiegò pazientemente.
<< Nel mentre, io e il qui presente Angel... >> disse indicando il rosso << Ci travestiremo da camerieri e cercheremo di accedere agli archivi. Attualmente, è l'unico qui - oltre a Fire - a non avere un bel manifesto con sopra scritto a caratteri cubitali "RICERCATO", e avrò bisogno di aiuto in caso di problemi. >>
<< E immagino che, nel caso la copertura salti, subentrerà un gruppo per combattere la minaccia. Mi offro volontario, Dottore >> sentenziò Thor << Io sono troppo riconoscibile, e anche assumendo le sembianze del mio alias umano, Donald Blake, potrei incorrere in qualche viso familiare. E vorrei anche l’aiuto del ragazzo >> continuò, indicando proprio Accelerator.
<< Prego? >> chiese il diretto interessato.
<< È necessario, mio giovane compagno. Il tuo aspetto non passa inosservato e il tuo potere è tra i più tremendi che io abbia mai visto in tutti e i Nove Regni. Vorrei che tu mi affiancassi in battaglia nel caso di bisogno. >>
<< Tch... se pensi che... >>
<< So che fremi dalla voglia di gettarti nella mischia. Ma ti chiedo, per il bene di tutti, di restare a vigilare con me. Anche i battaglioni di riserva hanno uno scopo nobile, giovane. È nostro dovere mediare e intervenire solo se strettamente necessario. Il nostro potere potrebbe causare più danni che benefici. Comprendi le mie parole? >>
Per tutta risposta, il ragazzo schioccò la lingua e si adagiò con la schiena sulla sedia. << Fanculo. Fate come vi pare. >>
Mentre Thor faceva la sua piccola richiesta, Ruby e James avevano parlottato tra di loro per decidere come organizzarsi.
<< Un paio di occhi in più potrebbero esservi utili. Dove dovremmo piazzarci? >> domandò la mietitrice.
<< La posizione migliore sarebbe nei pressi dei giardini >> rispose il Dottore << È l'area più vicina al punto d'accesso degli archivi, e quindi sarà probabilmente la più difesa. Certo, il qui presente Royal avrà l'arduo compito di attirare la maggior parte delle forze armate che presiedono la casa, ma meglio essere pronti nel caso qualche stormtrooper rimanga indietro. >>
I due leader annuirono soddisfatti, essendo abituati a nascondersi tra alberi e cespugli per sfuggire ai Grimm o attaccarli di soppiatto.
<< Dove dovrò attirarli? >> chiese Fire, attirando lo sguardo del Signore del Tempo.
<< Tra tutti noi, tu sarai l'unico a poter accedere alla parte inferiore della magione, che da direttamente sull'astroporto del pianeta. Una bella freccia piantata in uno dei serbatoi di carburante e BOOM! >> esclamò, simulando un'esplosione con le braccia << Avrai tutti gli occhi rivolti su di te. >>
<< A quel punto, immagino che io e Thor dovremmo correre in soccorso del broccolo >> replicò Accelerator.
<< Come mi hai chiamato? >> ringhiò il Vigilante a denti stretti.
<< Broc-co-lo... ecco come ti ho chiamato. Problemi? >>
<< Se le cose si metteranno troppo male, sì, dovrete intervenire in suo aiuto >> confermò il Dottore con un rapido cenno del capo, zittendo con un’occhiata la risposta già pronta sulle labbra di Fire.
<< Dottore >> intervenne Blake << visto che una volta recuperate le informazioni dovremmo scappare il più rapidi possibili, qualcuno dovrà restare a pilotare il Falcon per raggiungere gli altri, giusto?>>
Gli occhi del Signore del Tempo parvero illuminarsi.
<< Hai proprio ragione, ragazza, me ne ero quasi dimenticato. Ugh, c'è sempre qualcosa... >> borbottò stizzito, mentre si portava una mano al volto << Qualcuno di voi sa come fare volare una navetta classe mercantile? >>
<< Ne ho guidate un paio. Sono un po’ arrugginito, ma penso di potercela fare >> si offrì Kirby.
<< Sperando che riusciremo a salire tutti sani e salvi >> commentò Angel, cupo << Non voglio fare l’uccello del malaugurio, ma dubito seriamente che tutto filerà liscio come l’olio. E le cause potrebbero essere molteplici. >>
Tutti lo fissarono in silenzio. La sua supposizione non era certo da escludere.
Il Dottore rilasciò un sonoro sospiro.
<< Ho guidato la resistenza per vent’anni, ragazzo, so bene che la probabilità che un piano si svolga esattamente com'era programmato sono una su un milione >> ammise con riluttanza << Ma è pur sempre una possibilità. E una cosa ve la posso giurare! >>
Restituì l'espressione seria del rosso.
<< Nessuno di voi verrà lasciato indietro. Sopravvivremo tutti… me ne assicurerò. >>
Angel lo guardò per un paio di secondi. Infine, annui soddisfatto. << Mi affido a lei, Dottore. Facciamolo! >>
<< Anche noi ci affidiamo a te >> stabilirono all'unisono i membri del team JEKP. Le loro compagne furono più incerte, ma dopo uno sguardo reciproco annuirono convinte.
<< Sai che mi son sempre fidato di te, Dottore, fin da quando mi chiedesti di lavorare con la Resistenza molti anni fa. Se dici che possiamo farcela…allora non ho motivi per tirarmi indietro. Per la Resistenza e per Battleground! >> esclamò Thor, alzando il suo martello.
Fire non si fidava completamente della promessa fatta dal Dottore. Non che dubitasse della buona fede che avesse messo in essa, finora non gli aveva mai dato motivo di dubitarne. Semplicemente, dopo Branwen, si era fatto una mezza idea di cosa fosse davvero la guerra, e ormai era ben conscio del fatto che fosse praticamente impossibile salvare tutti. Oltretutto, sapeva quanto la missione fosse rischiosa e appesa al filo di un rasoio.
Tuttavia… era proprio per questo che avevano bisogno di tutto l’aiuto e il sostegno possibile, e che non dovevano lasciarsi frenare, non senza almeno averci provato.
Perciò si alzò in piedi e guardò il Dottore.
<< Ho già accettato i rischi e i pericoli derivanti da questa causa, e non intendo cambiare idea ora. Sono con te. >>
Rowlet, appollaiato in cima alla schiena della sua sedia, finora rimasto in rigoroso e rispettoso silenzio, stridette fortemente in assenso.
Accelerator teneva ancora le braccia conserte. L’unica cosa di cui gli importava davvero di tutta quella situazione erano quelle due donne, ma soprattutto Last Order. Proteggerla avrebbe significato l’espiazione delle proprie colpe. Lei era innocente, e si era ritrovata in quella situazione per cause di forza maggiore. Ecco perché avrebbe lottato per lei fino alla fine.
E se sarebbe finito all’inferno per i propri peccati… andava bene. Ma Last Order era pura e innocente, e avrebbe dato volentieri la vita pur di vederla felice.
<< Ci sto, manica di stronzi. Quando cominciamo? >>
 
                                                                                                                                                           * * *
 
La riunione era durata circa un’ora. Ne restavano ancora tre prima di arrivare alla loro destinazione, Scarif.
Il Millennium Falcon era talmente grande da essere provvisto di un’ala interamente composta da spogliatoi in comune ma divisi tra i sessi.
Quelli maschili si trovavano sulla sinistra e al momento erano deserti, tranne per la presenza di Accelerator. L’albino si era concesso una doccia ristoratrice per riprendersi da tutti quegli incubi che lo tormentavano, ed ora era in procinto di cambiarsi d’abito per la missione che lo attendeva.
Sarebbe dovuto rimanere nelle retrovie insieme a Thor e intervenire solo se strettamente necessario. La sua mente ritornò a quello che gli aveva detto: ancora non era riuscito ad inquadrare bene quel guerriero, sempre saggio e pronto a dispensare consigli.
Si tolse la felpa bianca, i jeans e infine le scarpe nere, poi afferrò un altro paio di jeans e scarpe dall’armadietto. Se li infilò con cura e, prima di indossare la t-shirt nera, notò la presenza di uno specchio dietro di lui. Si fermò di fronte ad esso, rimanendo per qualche istante a contemplarsi: la sua figura era talmente pallida e candida che avrebbe potuto confondersi con il biancore del marmo da cui era circondato, non fosse stato per il rossore sanguigno delle sue iridi e i contorni vagamente rosei dell’epidermide.
In altezza arrivava al metro e settantacinque, piuttosto alto, per un normale sedicenne, questo a causa delle lunghe gambe candide. Era molto magro, praticamente smilzo: attraverso la pelle si intravedevano leggermente le costole. Un corpo puro e bianco, frutto dell’albinismo, glabro e immacolato come la pelle di un neonato.
Immacolato, almeno a prima vista: un macabro sfregio, posto all’altezza del ventre, distruggeva veemente la grazia di quel corpo adolescenziale, dai tratti talmente delicati da apparire fanciulleschi. Una lunga, sottile cicatrice violacea, aperta brutalmente da un bisturi mosso dalla mano di un uomo senza scrupoli.
L’esper ne osservò i contorni sulla pelle per qualche istante, e poi attraverso il riflesso dello specchio: pareva un marchio, il simbolo di una ferita indelebile di un animo macchiato e deviato dalla violenza e dall’insensatezza di altri mostri umani.
“Tch, quante puttanate filosofiche...”
Distolse lo sguardo e tornò a concentrarsi sul resto del proprio corpo. Si toccò un attimo i bicipiti, e rimase parecchio perplesso: finora non si era mai reso conto di quanto la sua pelle fosse morbida e sorprendentemente liscia. Non aveva l’accenno di un muscolo perché non si era mai allenato nel corso della sua vita, nonostante vivesse di risse di strada: aveva sempre e solo fatto affidamento sul suo straordinario e complesso potere.
Non gli era mai importato granché del suo aspetto ma, per quella volta, volle giocare con lo specchio. Tese i muscoli dell’addome per vedere se si potesse notare la cosiddetta “tartaruga”: non ne trovò alcuna traccia, se non qualche piccola protuberanza di muscoli addominali facilmente visibili solo a distanza ravvicinata. Volle provare anche col bicipite, così si avvicinò di più, portando il braccio vicino al petto e piegò l’avambraccio, gonfiando il muscolo: il risultato fu il medesimo.
Rimase qualche momento a guardarsi pensando, tra sé e sé, che forse sarebbe stato bello fare dell’esercizio fisico per tonificarsi.
“Bah, che stronzate” pensò l’istante dopo “Non ho certo bisogno di tonificare il corpo, i miei calcoli bastano e avanzano nelle battaglie”.
Portò entrambe le braccia lungo i fianchi e irrigidì il corpo per controllare anche i muscoli del petto... quelli erano già più visibili.
<< Però potrei avere un’aria più minacciosa con qualche muscolo in più. Vista da questo lato, la prospettiva dell’esercizio fisico, inizia ad avere un senso >> disse ad alta voce.
Poi scosse la testa. Si sentì un vero imbecille a fare una cosa simile, ma per una volta… non era mica la fine del mondo. No di certo, ed era pure da solo.
O per lo meno così credeva. Infatti, mentre si metteva la maglia, non si accorse della presenza di un certo ragazzo dai capelli verdi che era arrivato nei camerini proprio dopo averlo sentito fare quell’uscita.
<< Hem hem… >>
L’albino sentì come se il suo cuore avesse perso un battito. Aveva riconosciuto subito quella voce e maledì sé stesso e il suo pensare ad alta voce. Si girò lentamente.
Baelfire era lì davanti a lui, con un cipiglio alquanto stranito. Era vestito col suo classico costume da Royal Noir, ma privo della maschera e con il cappuccio steso dietro la nuca. Lo osservava, con una smorfia strana, come se stesse cercando di deformare un sorriso visibilmente divertito.
Accelerator era letteralmente imbarazzato, ma si controllò e fu lesto ad assumere la sua espressione irritata e menefreghista.
<< Ma che cazzo fai? Tua madre non ti ha forse insegnato a non sorprendere le persone in quel modo?! Magari bussare o fare qualcosa! >> sbraitò.
<< Temo di no. Non ho mai conosciuto mia madre >> rispose Fire, apparentemente senza scomporsi, tornando a sua volta alla solita espressione impassibile. << Ad ogni modo, non mi sembrava carino interrompere la tua meditazione prima del tempo. >>
C’era un pizzico di lieve ironia in quella frase, ma non era maligna, non fino in fondo.
<< Tch... tu... che cazzo hai visto? >> chiese l’esper, con voce scontrosa, volta a nascondere l’imbarazzo.
<< Non molto, solo l’ultima parte  >> rispose l’altro con un’espressione perplessa.
Accelerator tirò un sospiro di sollievo interiore. Era felice del fatto che non lo avesse visto mentre faceva lo stupido davanti allo specchio, cionondimeno era contrariato che quel ragazzo avesse sentito le sue divagazioni.
<< Tu non hai sentito niente >> ringhiò << Ci siamo capiti bene? >>
<< D’accordo. Io non ho sentito niente >> lo assecondò il giovane dai capelli verdi, scuotendo la testa per non badare troppo al suo interlocutore << Ero venuto qui per prepararmi per la festa. Devo mettermi quel ridicolo vestito da nobile per il ballo. >>
Accelerator incurvò le labbra in un ghigno canzonatorio, inscenato per nascondere quello divertito. << Ah sì, dove dovrai recitare la parte del nobiluomo perfettino, scambiandoti qualche effusione con quella ragazzina. Scommetto che il pennuto ti prenderà in giro a vita. >>
<< Probabile. In ogni caso, ti invidio. Poter rimanere in disparte, bello tranquillo, insieme a quel Thor... >>
Sembrava assurdo che stessero parlando nuovamente in maniera amichevole e tranquilla, dopo lo scontro avvenuto quella fatidica sera. Ma i giorni trascorsi erano serviti ad entrambi per sbollire, e dunque ora si comportavano normalmente l’uno con l’altro, anche se con impercettibile cautela: dopotutto, quello che era accaduto non era stato dimenticato.
Passando davanti al grande specchio orizzontale appeso lungo una delle pareti, d’istinto Fire non poté fare a meno di fermarsi a studiare il proprio corpo, ricoperto dal lino bianco del suo costume in maniera piuttosto attillata.
Perfettamente bilanciato e di taglia media: ventre tonico, gambe e braccia di una muscolatura proporzionata, il collo equilibrato alle spalle definite. Il suo pomo di Adamo era sempre stato molto sottile, e dato che spesso indossava colletti alti, raramente si notava.
Vigeva, in tutta la sua figura, una sorta d’aura di sospensione: era finalmente pronto a trasformarsi in uomo, ma ancora, in qualche modo, era come se qualcosa tentasse ostinatamente di trattenerlo nell’adolescenza. Persino il suo fisico ci teneva a ricordargli che avrebbe dovuto fare qualcosa per quella sua maledetta testa calda, pensò, liberando uno sbuffo e socchiudendo appena le palpebre.
In realtà, la sua corporatura non era esattamente un bello spettacolo, a meno che non ci si soffermasse esclusivamente sulle forme e le curve. Per il resto, la bellezza della carnagione chiara era sfigurata da qualche connubio di cicatrici: la giugulare era attraversata da un’incisiva linea sottile, presente anche sul ventre, solo molto più grande e profonda; sulla spalla destra aveva cinque segni rossi e verticali, mentre qua e là, disseminato su schiena, gambe o braccia, qualche remoto segno di bruciatura da proiettile laser: i suoi inizi, quando ancora non era tanto veloce da schivarli. E naturalmente, sull’avambraccio, spiccavano le brutali incisioni cinesi significanti “feccia ribelle”.
Vide Accelerator fissarlo con attenzione, inclinando il capo di lato. << Cos’è, ti sei perso nei tuoi pensieri? >>
<< Ripensavo a tutte le lotte che ho sostenuto, e ai segni riportati da esse. Quando combatti il crimine tutte le notti, è inevitabile. I delinquenti minori hanno spesso armi da taglio, perché le pallottole e le pistole da noi sono un privilegio dell’alta società. I laser degli stormtroopers sono sfiancanti. Col tempo, ho imparato a disarmare per bene i primi e a schivare i colpi dei secondi. È Shen il vero rischio per me, ogni volta che combatto. >>
<< Ah... be’, io in fondo non capisco molto di queste cose, non so se mi spiego. L’unica volta in cui ho provato dolore è stato contro quel pezzo di merda asmatico, ma le ferite sono guarite del tutto. È piuttosto forte il tuo rivale, per essere un semplice umano senza poteri >> commentò l’albino, facendo scrocchiare il collo.
Fire annuì. << È astuto, è di spanne superiori a me, possiede un arsenale di armi in vibranio e vibramantio, con i quali riesce a contrastare il mio laser. Ma non è solo per questo che è letale. È completamente diverso dai suoi uomini. Loro sono soltanto manichini e pedine che eseguono semplici ordini. Shen non è così. Ha la sua esperienza e un puro istinto sanguinario. Attacca per uccidere, mutilare o ferire gravemente. Ne gode. Glielo leggo negli occhi, ogni volta che una sua lama mi trapassa la carne. Posso solo immaginare tutto il tempo in cui mi ha avuto in pugno, quanto deve essersi divertito... >>
Trattenne a stento un moto di disgusto, e d’istinto si strofinò l’avambraccio, in cui si trovava lo  sfregio, coperto dalla stoffa. Fu distratto dalla voce dell’albino, che aveva ripreso a parlare.
<< Sì, capisco la sensazione che prova... >> Lo vide ghignare, dilatando le pupille << È davvero divertente vedere le grida di pietà dei propri avversari, schiacciati sotto i piedi come insetti. Quando uccidi una persona, puoi dire di conoscerla meglio di chiunque altro... perché nei loro ultimi attimi, le persone mostrano chi sono veramente >> terminò con una risatina sadica << In un certo senso... puoi dire di non conoscere i tuoi avversari fino a quando non li uccidi. >>
Fire deglutì a fatica. Il caldo sudore sulla sua pelle pareva gelido, a causa dell’inquietudine che l’aveva appena invaso. Facendo appello a tutto l’autocontrollo che aveva in corpo, rimase in silenzio a fissarlo.
Faceva paura. Sì, aveva paura, ma dopo aver ascoltato le accorate confessioni di Last Order, la situazione si era fatta diversa per ovvie ragioni. Dunque si poteva dire che ora non aveva più paura di lui, ma di quell’oscura parte di lui, e probabilmente le avrebbe sempre riservato una certa dose di timore. E forse era giusto così. Non poteva pretendere troppo da sé stesso, né da lui. D’altronde, era lo stesso con Shen: quella sete di sangue l’aveva sempre ripugnato e terrorizzato.
Ma nell’osservare quello che, a conti fatti, era solo un bambino dall’infanzia distrutta, trasformato in mostro da altri mostri ben peggiori di lui… non poté fare a meno di provare anche tristezza.
Aveva promesso a Rowlet e alla bambina che avrebbe provato a rimettere a posto le cose. Quello, forse, poteva essere il momento opportuno. Almeno poteva provarci.
Restò in silenzio ad osservarlo, incerto su come rispondere e su come orientare la conversazione sull’argomento. Fu allora che ripensò ad un particolare completamente fuori posto nella figura dell’albino: la cicatrice sul ventre. Era riuscito a vederla prima che lui la coprisse con la maglietta.
Aveva detto che tutte le ferite procuratesi contro Darth Vader erano guarite, perché mentire? Semplice errore di distrazione? Con un cervello come il suo, le distrazioni erano ammesse?
Alla fine si decise a parlare, facendo un cenno con la spalla. << E tu? Da dove viene quel souvenir? >>
<< Eh? >> fece l’altro, aggrottando le sopracciglia in un’espressione confusa.
<< La cicatrice che hai sul ventre. Prima che ti accorgessi di me l’ho vista. Ti ho parlato delle mie ferite poco fa, e non ho potuto fare a meno di pensare anche a… >>
<< Fatti i cazzi tuoi! >> urlò Accelerator di getto interrompendolo. Il suo cervello non aveva fatto in tempo a metabolizzare il tutto, e per questo motivo aveva risposto d’istinto, con cattiveria. Odiava quella cicatrice e odiava quando gli altri la vedevano.
In riflesso a quel violento scatto d’ira, Fire era indietreggiato di colpo. Non si aspettava una risposta cordiale, ma nemmeno una tanto violenta. La brace negli occhi dell’albino gli suggerì che era meglio non indagare oltre, almeno per ora. In fondo, non era quello di cui gli importava.
Si costrinse a prendere un respiro profondo.
<< Va bene >> stabilì, con fermezza << non mi interessa e non deve interessarmi, okay, messaggio ricevuto. Sei più tranquillo, ora? >>
Stava cercando di riordinare le idee. Era decisamente partito col piede sbagliato, ma come faceva a sapere che avrebbe fatto una tragedia per una stupida cicatrice?
<< Esatto. Non ti riguarda, e non ti riguarderà mai. Ora, se vuoi scusarmi, me ne vado... >> sbottò l’albino, seccato, facendo per andarsene fuori dalla stanza.
“Grandioso” pensò il nobile.
Stava andando tutto a rotoli. E adesso che si inventava? Che poteva dirgli? Dio, quanto era incapace in quel genere di cose! Rimase a guardarlo impotente mentre apriva la porta per uscire, e in un impeto di disperazione, la parola gli salì spontanea alle labbra.
<< Scusa. >>
Contrariamente a quanto aveva immaginato, l’esper si voltò, rifilandogli un’espressione confusa e vacua. << Eh? >>
<< Mi dispiace... di averti detto quella cosa. Quella sera. E mi dispiace di averti fatto arrabbiare adesso, non avevo idea che avresti reagito così. Ti sto chiedendo scusa. >>
Accelerator rimase un attimo lì a fissarlo, poi sospirò e ghignò. << Be’, non ti devi stupire della mia reazione. Dopotutto, io sono un killer peggiore del Maestro, no? >> Si lasciò andare in una breve e piccola risata sadica << Lascia perdere. Con i mostri non ci si ragiona né ci si tratta, dico bene? Ora, se vuoi scusarmi… >>
<< Piantala. >>
Si girò di colpo, fissando il ragazzo dai capelli verdi dritto negli occhi.
<< Puoi urlarmi addosso quanto ti pare, puoi ripetermi all’infinito che hai fatto delle cose orribili, minacciarmi e farmi cagare sotto, ma non mi puoi impedire di chiederti scusa e non puoi venirmi a raccontare balle sul fatto che non ti importa di questo o che non meriti scuse. Tu mi hai fatto davvero incazzare dalla paura, quella sera, e io ti ho detto una cosa orrenda. Forse lo hai meritato, come forse no, sta di fatto che era una cosa orribile. Non me ne frega niente se devi metterti a fare finta che non ti importa, anzi, potrebbe pure non fregartene niente sul serio, ma io te lo dico lo stesso: mi dispiace di averla detta. Ora possiamo smettere entrambi di fare gli egoisti bastardi e renderci conto che hai sentimenti anche tu. >>
Accelerator cominciò a innervosirsi. Non per le scuse che, per inciso, avrebbe dovuto porre lui per primo... ma perché il tono utilizzato dall'altro era saccente, come se lo avesse capito da cima a fondo, e la cosa lo infastidiva.
<< Chi deve piantarla sei tu! Ma che ne vuoi sapere? Niente! Niente di niente! Non conosci nemmeno il mio vero nome! Quindi, fammi un favore... piantala di cercare di psicanalizzarmi, ne ho avuti fin troppi di stronzi che hanno cercato di farlo! Forse... forse ho esagerato pure io quella sera... ciò nondimeno, abbassa quel tono saccente con me! Vuoi cercare di entrarmi nella testa? Lascia perdere. Accetto le scuse, ti porgo le mie, ma smettila di cercare di parlarmi come se fossimo amici! Io non voglio essere amico tuo, né ora né mai! >>
Si era tolto un bel peso. Era stato uno sfogo meno violento dell’ultima volta, ma almeno aveva detto quello che sentiva senza eccedere in scatti di violenza. Dopotutto, nemmeno lui andava fiero di quello che aveva fatto quella sera.
<< Io non… non cercavo di entrarti nella testa! >>
Fire si rese conto di aver completamente sbagliato approccio, e si sarebbe volentieri preso a schiaffi da solo. Perché non sapeva tenere a freno quella stupida lingua, perché non sapeva tenere sotto controllo quella stupida testa calda? Perché? La soluzione per ammansire una tigre arrabbiata non era certo sfidarla a chi ringhiava più forte o tentare di sottometterla, era ovvio che poi la tigre avrebbe tirato fuori zanne e artigli.
“Ma guarda te che razza di paragoni del cavolo mi metto a fare” pensò, stizzito.
Era davvero senza speranza. Si girò aprì il proprio armadietto, dandogli le spalle.
<< Cercavo solo di mantenere una promessa che ho fatto, prima di partire >> replicò, il tono addolcito, più placido e calmo, sincero << Cercavo di risolvere questa assurdità. Ma sono totalmente incapace di qualsiasi interazione, me ne rendo conto. Comunque accetto le tue scuse, e sono lieto che tu accetti le mie. Ti lascio stare. >>
Si diresse verso il guardaroba e spalancò l’anta all’interno della quale era appeso il suo abito da cerimonia. Non badava più al suo interlocutore, poiché certo che se ne sarebbe andato.
<< Aspetta! Promessa? Promessa a chi? >>
A quelle parole, Fire si bloccò con la mano a mezz’aria verso l’indumento. La ritrasse quasi di scatto, mentre rifletteva.
Forse gli restava un’ultima carta: la verità. Secondo Logan, dire la verità era sempre la cosa migliore, in qualsiasi situazione. Non vedeva come potesse aiutarlo, dato che aveva fatto un bel casino… ma in fondo non aveva nient’altro da perdere. Tanto peggio di così non poteva andare.
Si girò a guardare l’esper, i cui occhi erano contratti in un cipiglio estremamente confuso.
<< A Last Order >> gli rispose << Lei e Rowlet hanno saputo quello che abbiamo combinato. Lei... >> esitò appena, ma poi si fece coraggio << Lei mi ha spiegato... come sono andate le cose, dopo le Sisters. Mi ha convinto... a darti una possibilità. A vederti sotto una luce diversa. >>
Accelerator si sentì come se la sua anima stesse uscendo prepotentemente dal suo corpo. Quindi ora sapeva a grandi linee. Era ovvio, dopotutto anche Last Order aveva riottenuto i suoi ricordi, ed ella altri non era che il network collettivo di tutte le cloni. La piccola non era tipo da spiegare ogni cosa nei minimi dettagli e probabilmente le informazioni di Fire erano superficiali, ma comunque indispensabili per comprendere.
Gli aveva fatto scatto matto. Ma non volle comunque cedere, non subito almeno.
<< È solo una bambina, non può capire. Ha visto tutto perché è un database umano, ma non era lì. Non era lì sul campo, non può capire fino in fondo…e resta comunque troppo piccola. >>
<< No, non è così. È caparbia e intelligente, molto più di quanto tu voglia ammettere. Gliel’ho letto negli occhi, ho percepito il suo dolore, la sua determinazione e il suo affetto. Non hai idea di quanto ti voglia bene... sei tutto per lei. >>
Fire sentiva di aver ripreso coraggio e determinazione. Camminò verso di lui, per ritrovarsi faccia a faccia.
<< Ascolta, per favore. Non cerco di entrarti in testa. È una cosa che odio anch’io, perché chi ci riesce meglio è l’uomo che odio, ed è l’ultima cosa che farei a qualcuno... ma non è questo il punto. Il punto è che grazie a lei… io ho capito. Ti ho capito, almeno un po’. >>
Tacque, e riprese solo quando fu certo di avere la sua completa attenzione.
<< Tu vuoi che tutti ti rifiutino. Vuoi sentirti chiamare “mostro”, vuoi essere odiato, perché pensi sia la giusta punizione per ciò che hai fatto. È come se usassi la tua Reflection contro il mondo intero. Tieni costantemente tutti lontani da te, per paura e repulsione verso te stesso. Non vuoi legarti a nessuno perché temi di rovinare tutto, e perché credi di non meritarlo a causa di quello che sei. >>
Si perse con lo sguardo nel vuoto.
<< Io lo capisco. Ero come te, e in un certo senso, lo sono ancora. È difficile scrollarsi di dosso paure radicate a tal punto. Ti ho detto che sono cresciuto in orfanotrofio: non è minimamente paragonabile a quello che è successo a te, ma ho smesso di contare le volte in cui sono stato picchiato, respinto, insultato, ignorato o evitato. Mi hanno chiamato tante volte “mostro” o “demone”, o semplicemente visto come tale, tanto da convincermi ad esserlo davvero. Io non ho mai saputo finora chi fossero i miei veri genitori, sono arrivato a credere che mi avessero abbandonato lì per questo motivo. Ero solo, e pensavo che lo sarei rimasto per sempre, che avrei dovuto farci i conti. >>
Lo guardò di nuovo.
<< Ora dimmi: come posso chiamare mostro... un ragazzo che è stato intrappolato in qualcosa più grande di lui, pieno di convinzioni sbagliate di cui si è reso conto quando era quasi troppo tardi, e per cui si sta esplicitamente dannando l’anima? Come posso chiamare “mostro” qualcuno che è tanto amato da quella stessa bambina a cui ha fatto del male e che ha spaventato, ma che poi, alla fine, a dispetto di tutto, ha aiutato e salvato? La bambina che non lo odia e non lo teme, che lo ha perdonato tanto caldamente? >>
Accelerator era sinceramente senza parole. Non sapeva più cosa dire e cosa fare. Lo aveva fregato, intrappolato. Non c’era niente che avrebbe potuto dire o fare, ma il merito di ciò... era ancora suo, della piccola clone. Ancora una volta aveva interceduto per cercare di colorare la sua bianca e amorfa esistenza.
Se fosse stato suo padre, ora sarebbe stato fiero di lei... ma in fondo non lo era? Era strano, molto strano, per un ragazzo di sedici anni essere un padre. Ma infondo lei lo desiderava con tutta sé stessa.
E ora ci si metteva lui, quello strano ventenne dai capelli verdi. Qualcuno che, per una volta... lo aveva capito. Lo aveva capito sul serio, sì, le sue parole lo avevano colpito profondamente, lo avevano toccato.
Era davvero possibile essere chiamato mostro, nonostante si stesse effettivamente dannando l’anima? Nonostante la piccola lo avesse perdonato? Quello era Battleground, le Sisters non c’erano più, c’era solo lei. E lei voleva un papà. Forse... forse avrebbe potuto...
Bloccò quel flusso di pensieri. Le sue labbra si stavano per incurvare nel suo primo, vero, sorriso sincero della sua vita finché...
Si portò rapidamente la mano sull’addome. La cicatrice bruciava orribilmente. Sentiva dolore, troppo dolore, tanto da costringerlo ad appoggiare la schiena contro la parete della stanza per reggersi.
Dolore e... aghi. Aghi invisibili conficcati nella sua pelle, ovunque. Dolore e aghi. Una voce nella sua testa. Echi di un passato lontano. Una voce che non avrebbe mai più dimenticato:
Accelerator non è umano, e perciò è un homo superior.”
Questa ‘cosa infernale’ è ciò che Accelerator è sempre stato. Un individuo violento che si fa strada in una vita priva di significato. Ecco che cosa vedo io, la più formidabile arma tattica mai concepita.
Lui non è affatto un bambino. E non essendo tale può essere riprogrammato, rimodellato, addestrato.
Tu... tu sei un mostro!
Si morse il labbro inferiore mentre si teneva l’antica ferita, e bisbigliò quasi in un farfuglio: << Io sono Accelerator. Accelerator. E sono un... un... un... umano? Mostro? Morto? Cosa... cosa mi hanno fatto? >>
Vide il ragazzo dai capelli verdi avvicinarsi, visibilmente preoccupato, e allungare una mano verso la sua spalla. Fu come risvegliarsi bruscamente. Si riprese di colpo, e si allontanò di scatto, risollevandosi in piedi. Ansimava. Ansimava piuttosto lentamente.
<< Io... io... >> deglutì a fatica, poi trovò la forza di guardarlo negli occhi << Grazie. E... scusami ancora. Apprezzo. Ma ora... per favore, voglio andare via. Ne ho bisogno. >>
Fire fu lesto a cacciare via la preoccupazione dal volto, nascondendola dietro la sua solita espressione impassibile. Aveva compreso subito che non poteva fare diversamente: se avesse insistito e se avesse fatto vedere di essere rimasto toccato più del dovuto, avrebbe potuto peggiorare la situazione. Si limitò ad annuire con fermezza.
<< Sì. Hai decisamente bisogno di una dormita. Sembri distrutto... >>
<< Cazzo sì. Non ne hai idea... >>
L’esper non aggiunse nient’altro, si alzò facendo leva sulle tremanti gambe e se andò tenendo la schiena incurvata e lo sguardo basso, nascosto dalle lunghe frange di capelli bianchi.
Fire rimase per qualche istante a fissare la porta. Era forte in lui il desiderio di seguirlo, di assicurarsi che tutto andasse bene. Ma sapeva che, se si fosse trovato al suo posto, non avrebbe voluto altro che essere lasciato in pace. Così riprese il suo indumento e iniziò a cambiarsi, lasciando Accelerator da solo.
Aveva mantenuto la sua promessa e, in un certo senso, aveva anche fatto di più. Non aveva mai confessato a nessuno quelle sensazioni: non l’aveva fatto per dovere, l’aveva fatto... perché se ne era sentito ampiamente libero di parlarne, perché sapeva che sarebbe stato compreso e perché aveva voluto spontaneamente aiutarlo.
Non sapeva quanto profondo fosse il trauma che quei cani dei Kihara avevano provocato nell’esper, e forse non l’avrebbe mai saputo, perché come si poteva comprendere qualcosa del genere, senza averla vissuta? Ma alla fine, non aveva neanche bisogno di saperlo. Tutto quello che poteva fare era stargli vicino ed essere suo amico.
Sì, voleva fare un’altra promessa, e questa volta a sé stesso: voleva promettersi di migliorare, essere capace di aiutare qualcuno senza maschera e mantello. Voleva dimostrare – forse a se stesso, forse a Shen, forse al mondo intero, chi poteva dirlo? – che anche Baelfire Royston poteva, nel suo piccolo, essere capace di aiutare qualcuno.
Perché proprio Accelerator, ora era chiaro: erano simili. Non uguali. Simili. Avrebbe aiutato Last Order e quelle due donne che, certo, volevano bene a loro volta ad Accelerator, o non sarebbero state al suo fianco.
Nessuno meritava di soffrire le stesse sensazioni sofferte da lui quando pensava di non meritare nulla. Non se poteva evitarlo. Aveva imparato a sue spese di non poter salvare tutti… ma dentro di sé sperava che quello non fosse uno di quei casi.
 
                                                                                                                                                                     * * * 
 

Scarif - Archivio dati imperiale

Il Falcon discese lungo l’atmosfera di Scariff senza impedimenti, superando i controlli dello scudo planetario instituito attorno a quel mondo tropicale.
I codici d’accesso - ottenuti attraverso gli inviti che il Dottore si era procurato per Fire e Weiss - erano stati accettati senza problemi. il mercantile, che prima di quel momento non era mai stato utilizzato per alcun tipo di azione anti-imperiale, venne semplicemente identificato come una nave da trasporto per il rampollo Royston e atterrò nel piazzale d’atterraggio pubblico situato davanti a Villa Skywalker.
Pochi minuti dopo, la coppia di nobili cominciò a percorrere i lussureggianti giardini che precedevano la magione. L’aria era fredda e umida, e l’oscurità del cielo notturno avvolgeva il tutto come una sorta di velo.
Il travestimento olografico posto dal Dottore su Weiss aveva trasformato quest'ultima in un'esatta copia della sorella maggiore. All'occhio altrui aveva ora la stessa altezza del suo partner, con qualche centimetro in più per i tacchi, un viso più maturo di qualche anno e meno pallido coronato da capelli bianchi, raccolti in una crocchia sulla nuca con una spilla a forma di fiocco di neve.
Al momento, la ragazza indossava una semplice quanto elegante camicetta bianca, la cui seta era più gonfia nella zona del petto a causa delle misure più generose di Winter, un piccolo scialle azzurro dai bordi argentati a coprirle le spalle e una minigonna dello stesso colore lunga fino a alle ginocchia.
Pur non essendo molto felice di trovarsi lì con un ragazzo che conosceva appena, l'erede di casa Schnee fece del suo meglio per risultare ritta e dignitosa come da protocollo, sia per svolgere la propria parte del piano sia per non danneggiare la fama impeccabile di Winter.
Al suo fianco, stava la figura di Baelfire. Il giovane cinese indossava una camicia bianca dal collo di pizzo, semicoperta da una lunga giacca abbottonata di un verde oliva molto scuro, lunga fino alla coscia, pantaloni neri e stivali in pelle.
Dal canto suo, nemmeno lui era il ritratto della felicità nei confronti di quella situazione. Tra sé e sé, si ripeté che lo stava semplicemente facendo per la missione, perciò se ne stette in completo silenzio, ostentando un perfetto contegno mentre teneva il gomito piegato col pugno a metà petto, così come enunciava l'etichetta; il palmo della sua partner era graziosamente appoggiato e sorretto al suo avambraccio.
Non avrebbe mai pensato di dover applicare seriamente le lezioni relative all’accompagnamento di una dama, soprattutto perché considerava remoti i suoi propositi di trovare una compagna: non ne era mai stato chissà quanto interessato, e complice era il fatto che praticamente tutte le sue corteggiatrici più accanite avevano il livello mentale medio nobiliare… ovvero quello di semplici ragazzine viziate.
<< Come sta andando? >> domandò la voce di Ruby nell'auricolare di Weiss.
Approfittando dell’oscurità della notte, la giovane mietitrice si era mimetizzata tra le piante della tenuta e osservava il cammino dell'albina e del ragazzo dai capelli verdi attraverso il mirino di Crescent Rose.
<< Tutto bene, finora >> rispose sottovoce Weiss << Dobbiamo solo sperare che l'ologramma regga. >>
<< Ricordami il nome di tua sorella >> le sibilò Fire all’orecchio, mentre si accodavano alla fila di invitati che precedeva l'ingresso.
<< Winter Schnee, specialista dell'esercito Atlesiano. >>
La vera Winter, in realtà, era attualmente in missione su qualche base spaziale collegata ad Atlas, ma la giovane schermitrice dubitava che chiunque dei partecipanti alla festa ne fosse al corrente. Lanciò un’occhiata al partner, in attesa che ricambiasse.
<< Baelfire Royston, figlio di Lord Logan >> replicò il diretto interessato, preciso.
Per il resto, nessuno dei due ebbe bisogno di altre delucidazioni. Dopotutto, entrambi i loro nomi erano molto famosi, ed era la principale ragione per cui non potevano permettersi il minimo errore: sicuramente sarebbero stati fra le coppie più occhieggiate.
Quando finalmente giunsero davanti al valletto incaricato di consegnare gli inviti, riuscirono a passare senza destare i minimi sospetti, complici le loro andature sicure e perfettamente padrone di loro stessi.
La sala da ballo che avrebbe ospitato l’evento era stata allestita in maniera a dir poco sfarzosa, una sorta di agglomerato di luci e colori sgargianti coronato da statue in marmo raffiguranti personaggi importanti dell’Impero e piccoli alberi lungo i lati, una grande orchestra all’estremità opposta, un ricco buffet nel lato ovest e perfino una fontana al centro.
Gli invitati avevano già cominciato a riversarsi nella stanza come locuste, cercando di accaparrarsi i posti migliori per la danza che stava avendo luogo.
Fire non poteva fare a meno di pensare a come, ogni volta, tutto fosse dannatamente uguale: l’orchestra che suonava, le coppie di donne e uomini che piroettavano, cambiando di volta in volta il partner, volteggiando aggraziati e con i sorrisi più falsi che avesse mai visto. Ancora una volta invidiò Rowlet, che al momento stava volteggiando per i cieli del palazzo.
Di norma, non partecipava direttamente ad un ballo di gala. Era una di quelle persone che preferivano restarsene in disparte, ad osservare le coppie di danzatori. Ma in quel momento non poteva sottrarsi: sarebbe sembrato sospetto se una coppia - quale stavano interpretando - non avesse ballato almeno una volta.
<< Immagino dovremmo cominciare a ballare, prima o poi >> commentò Weiss, stringendosi nello scialle << Ci togliamo subito il dente o stai pensando ad altri diversivi? >>
<< Non funzionerebbero. Siamo già sotto gli occhi di tutti, insieme ad un altro paio di idioti pomposi qua attorno. Prima facciamo questa cosa, prima potrai tornartene dalla tua biondina >> le rispose l’adolescente, asciutto.
<< Ma di che stai…? >>
<< Ho visto come avete reagito entrambe di fronte a questa pagliacciata, non insultare la mia intelligenza. >>
<< Oh, ma sta' zitto >> sbottò stizzita la ragazza, ignorando le risate dei complici dall'altra parte della linea, e offrendo elegantemente la mano a Fire.
Il ragazzo la prese e con altrettanta estrema eleganza l'accompagnò verso il centro della sala, dove le file dei danzatori avevano oramai iniziato a sistemarsi. Scelse per loro la penultima verso il centro: non era troppo appariscente, ma nemmeno troppo schiva. Un trucchetto come un altro perché nessuno si mettesse a vociferare su di loro, e in più avevano una vista totale sul tutto.
Weiss osservò con non poca sorpresa la grazia e la disinvoltura con cui li aveva fatti muovere. Nulla da stupirsi se era riuscito ad evadere le forze di Shen tanto a lungo.
Quando tutti si furono posizionati, il primo brano iniziò immediatamente a risuonare un valzer.
<< Conosci questo brano? >> sussurrò, portandosela davanti e prendendole le mani tra le proprie.
La ragazza allargò le braccia, poggiandogli un palmo sulla spalla e intrecciando l’altro al suo. << Credo sia uno dei Valzer di Strauss, anche se non lo conosco molto bene. >>
<< Dimmi che almeno eviterai di pestarmi i piedi >> borbottò l’altro, raddrizzandosi e posizionando la proprio mano libera sul suo fianco.
L'ologramma che ricopriva Weiss gli lanciò un’occhiataccia degna della Winter originale. << Mr. Royston, fin da piccola sono stata addestrata a raggiungere la perfezione in ogni cosa, sono sicura che non avrà di che lamentarsi. >>
<< Allora non avrete problemi a guidare voi, Miss Schnee >> disse il giovane, con una punta di sfida sarcastica.
Senza altre parole, iniziarono a volteggiare seguendo il ritmo, ostentando divertimento e letizia, di quando in quando scambiandosi di posto con altre coppie e intervallandosi in vari angoli. Si davano il turno per buttare un occhio tutto intorno, coordinandosi semplicemente con uno sguardo: se non altro, il fatto di essere entrambi tipi piuttosto riservati e per niente felici della situazione in cui si erano invischiati li faceva paradossalmente essere molto più efficienti.
Finalmente, il primo brano musicale terminò. Fire prese la mano di Weiss e con lei si esibì in una profonda riverenza, entrambi imitati dal resto delle coppie. Dopodiché, tutti si sparpagliarono per lasciare posto alla prossima fila di danzatori.
<< L’entrata per lo spazioporto dovrebbe essere vicina. Terrò d’occhio il lato ovest, facendo finta di fare una capatina al buffet >> gli sussurrò la Cacciatrice << Tu pensa a quello est. >>
Il ragazzo dai capelli verdi annuì, dopodiché entrambi si separarono senza un’altra parola. Fire si incamminò verso il lato opposto della sala, mescolandosi tra le persone, e nel frattempo si guardò intorno.
Tra sé e sé, sperò che il Dottore e gli altri si sbrigassero a mettere in atto il loro piano, così da porre fine a tutto quanto prima. Come al solito, detestava trovarsi nel bel mezzo di quelle pagliacciate, e soprattutto detestava dover ostentare quell’aria gioviale e sorridente: certo, in tal modo non dava nell’occhio, ma non voleva rischiare di attirare qualche scomodo interlocutore.
Mentre formulava quel pensiero, camminò a passo spedito per allontanarsi il più possibile dai danzatori e cercare un luogo più tranquillo dove tenere d’occhio il territorio. Tuttavia, nel farlo urtò involontariamente un uomo con la spalla.
Imprecò mentalmente e si girò nella sua direzione, mettendo su la migliore aria mortificata e desolata di cui era capace.
<< Perdonatemi, io non… >>
La frase gli morì in gola.
Di fronte a lui aveva appena preso posto la figura di un uomo alto e tarchiato, probabilmente sui quarant'anni. Una massa di capelli biondo cenere coronava un volto dai lineamenti aristocratici, e un paio di brillanti occhi azzurri come il ghiaccio.
Anakin Skywalker arricciò ambe le labbra in un sorriso gentile, porgendo al giovane un rapido cenno del capo.
<< Non preoccuparti, sono certo si sia trattato solo un momento di disattenzione. Dico bene? >> domandò con un tono di voce colto e raffinato.
Per un attimo, le palpebre degli occhi color del fuoco del giovane sbatterono velocemente. << Sì. >>
<< Eccellente! >> esclamò l'uomo, per poi squadrare Fire da capo a piedi << Non credo di averti mai visto, qui intorno. >> Porse la mano destra in avanti, in segno di saluto << Mi chiamo Anakin Skywalker, a proposito. >>
<< So chi siete. La vostra fama vi precede, senatore >> rispose Fire, emulando un sorriso lieto sulle labbra, allungando le falangi e stringendo quelle dell’altro << Baelfire Royston. >>
Anakin ridacchiò divertito, dopo aver lasciato la presa.
<< Spero che di me dicano solo cose belle >> commentò, per poi arricciare il volto in uno sguardo pensoso << Baelfire Royston… non sarai, per caso, il figlio di Logan Royston? >>
Il giovane scrollò le spalle e sfoggiò un affettato sorriso sbarazzino, come a dire: “Oh, accidenti, sono stato beccato”.
<< Spero che di me dicano solo cose belle >> replicò con una risatina.
<< Dipende dal tipo di persona che ascolta, suppongo. In giro si dice che partecipate molto di rado a questo tipo di eventi. La vostra presenza qui, stasera, non può che sorprendermi. >>
<< Si dice che vi partecipo di rado, non che non vi partecipo affatto. >>
Al sentire tali parole, l’uomo scoppiò in una risata divertita.
<< Ottima rimonta! >> esclamò con un sorriso. Fatto ciò, volse la propria attenzione nei confronti della folla di invitati che girovagavano per la sala << Allora, che ne pensi della mia piccola festa? >>
Fire era pronto a rispondere con elogi, adulazioni e complimenti trasudanti entusiasmo. Tuttavia, ci fu qualcosa nello sguardo profondo dell’uomo – nuovamente giratosi verso di lui - che gli fece cambiare idea.
Si infilò le mani nelle tasche e fu sfacciatamente sincero. << Non amo molto la confusione, signore. >>
<< Ma davvero? >> ribatté l'altro, gli occhi adornati da un luccichio divertito << Allora siamo in due. Non pensi che tutto questo sia assolutamente... disgustoso? >>
La sorpresa sul viso del giovane provocata a quelle parole fu ben evidente, non riuscì a mascherarla. Di nuovo, si ritrovò ad essere sincero, annuendo con decisione.
<< È sempre tutto uguale >> mormorò << una pantomima recitata a memoria da tutti. Anche le persone, giurerei essere le stesse che ho incontrato qualche settimana fa al ballo di Lord Shen. >>
Skywalker rilasciò un leggero sbuffo.
<< Un paragone appropriato, suppongo. Le persone qui attorno è come se neppure sapessero che esiste un mondo là fuori. Potrebbero vivere anche su un asteroide >> mormorò con tono improvvisamente freddo << Sai, io mi considero una persona realista, ma in termini filosofici sono quello che definiresti un pessimista. Credo che la coscienza degli esseri senzienti sia un tragico passo falso dell’evoluzione. Siamo troppo consapevoli di noi stessi. La natura ha creato un aspetto della natura separato da se stessa. Siamo creature che non dovrebbero esistere... per le leggi della natura. Siamo delle cose che si affannano nell'illusione di avere una coscienza. Questo incremento della reattività e delle esperienze sensoriali è programmato per darci l'assicurazione che ognuno di noi è importante, quando invece solo poche persone sono speciali, mentre le altre sono insignificanti. >>
Fire rimase per qualche istante senza parole, colpito da quel ragionamento. Ma per quanto potesse filare liscio, l’adolescente aveva qualcosa da obiettare. Non avrebbe dovuto farlo, soprattutto se voleva evitare di attirare l’attenzione su di sè, ma la sua lingua fu più veloce del suo buonsenso.
<< Anche le persone più insignificanti servono all’equilibrio del mondo. Se non esistesse la gente normale, non potrebbe esistere quella speciale. Gli opposti non possono esistere l’uno senza l’altro. >>
Skywalker inarcò un sopracciglio.
<< Basandosi su questo ragionamento, dovremmo tutti accettare il concetto di male come parte della vita. Tentare di estirparlo sarebbe solo un’azione priva di senso >> osservò.
<< Chi ha mai parlato di estirpare? >> domandò l’adolescente << Sarebbe meglio cercare di contenerlo e ispirare più persone possibili a fare lo stesso. >>
Anakin rilasciò un sospiro affranto, accompagnato da un sorriso mesto.
<< Ahimè, ispirare quel tipo di propensione non è affatto semplice >> disse con tono di fatto, quasi come se stesse parlando per esperienza << Le persone sono esseri violenti per natura, soprattutto gli umani. È radicato nel loro DNA fin dall'alba dei tempi >>
Afferrò due bicchieri di champagne da uno dei camerieri che passò loro vicino, ne offrì uno all’interlocutore e prese ad osservarne il contenuto del proprio con uno sguardo perso negli occhi.
<< Celato dentro ognuno di noi… c'è un'insaziabile sete di conflitto. Un desiderio inespresso di ferire gli altri per il proprio beneficio >> sussurrò, per poi assaporare un sorso della bevanda << È un qualcosa di cui sono stato testimone molte volte, nel corso della mia carriera. >>
Per qualche istante, Fire guardò il proprio riflesso pensieroso nel vetro del proprio calice. Non si sentiva di dargli torto nemmeno in quel caso, dopotutto erano nel bel mezzo di una guerra. E lui, forse, faceva ancora fatica a realizzare pienamente che cosa significasse.
Scosse la testa per scacciare dalla mente quel pensiero e concentrarsi sulla conversazione.
<< A volte è davvero frustrante >> replicò in accordo << E sembra tutto una perdita di tempo. Ma la vita non è mai semplice, giusto? >>
In risposta a quelle parole, il senatore scoppiò in una risata sommessa.
<< Quanto hai ragione, ragazzo… quanto hai ragione >> commentò con un sorriso apparentemente genuino.
Sembrava sinceramente impressionato dalle parole del giovane.
<< In questo caso, brindo al tuo buon cuore e alla perseveranza del tuo animo. Che possano essere d'ispirazione agli altri per costruire un mondo migliore >> disse, alzando il calice nella sua direzione.
<< Oh, voi siete troppo gentile, signore >> Fire sfoggiò nuovamente un sorriso, sollevando il proprio << Ma questa è la vostra festa. È molto più appropriato onorare voi. >>
<< E per quale ragione? Non ricordo di aver mai fatto qualcosa degno di nota >> sbuffò Skywalker, con un giocoso roteare degli occhi.
Il ragazzo dei capelli verdi dovette fare appello a tutto il proprio autocontrollo per non uscirsene in un tagliente e velenoso “Ma davvero?”. Simulò una risata contenuta.
<< Modesto e spiritoso. Penso che voi e mio padre andreste piuttosto d’accordo. >>
<< Allora spero che avrò la possibilità di incontrarlo, un giorno. >>
Fire annuì rapido e si bagnò le labbra, per nascondere il disgusto provocatogli da quell’affermazione spensierata. Nello stesso istante, la voce del Dottore risuonò nel suo auricolare nascosto: << Royal, è ora. >>
“Merda…”
Risollevò lo sguardo, pronto ad inventarsi qualsiasi scusa per troncare il tutto, quando vide Skywalker girato in direzione di alcuni nobili che stavano tentando di richiamare la sua attenzione.
Lo vide emettere un sospiro, prima di lanciargli un’ultima occhiata gentile. << Be’, sembra che dovremo tagliare qui la nostra conversazione. Il dovere chiama. >>
L’adolescente annuì, lieto di aver avuto la propria scusa servita su un piatto d’argento.
<< Arrivederci, senatore. È stato un piacere. >>
Mentì spudoratamente per l’ultima volta, osservando l’uomo andarsene per primo. Dopodiché, girò i tacchi e si allontanò a propria volta.
 
 

 
Bene, i pezzi sono tutti allineati, e nel prossimo capitolo scoppieranno non pochi casini.
Speriamo che il capitolo vi sia piaciuto, in particolare il modo con cui si sta sviluppando l'amicizia/fratellanza tra Fire e Accelerator, Alucard97 e Rory Drakon ci hanno lavorato non poco. 

 

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Capitolo 27
*** Capitolo 25 - Rivelazioni ***


Eccovi un nuovissimo, lunghissimo e IMPORTANTISSIMO capitolo. Vi auguriamo una buona lettura ;)
 


Capitolo 25 - Rivelazioni
 
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"Thor the mighty
Thor the brave
Crush the infidels in your way
By your hammer let none be saved
Live to die on that final day...
"
Manowar - Thor (The Powerhead)

La festa era stata organizzata in pompa magna, il numero degli invitati era davvero notevole.
In quanto camerieri, Angel e il Dottore erano stati i primi della squadra a doversi infiltrare nella struttura, e l’avevano fatto in maniera relativamente semplice. Visto che la servitù scarseggiava, erano stati ammessi volontari che, per volere del padrone di casa, ricevevano una parte del compenso a inizio festa e il rimanente alla fine di essa, più un sostanzioso bonus per ogni vassoio che veniva svuotato dagli invitati. In pratica, per i camerieri, era una vera e propria competizione a fare meglio degli altri in modo da ricevere il maggiore compenso.
Per Angel e il Dottore tutto ciò era irrilevante, dopotutto il loro scopo era un altro. Eppure, senza farlo apposta, era proprio il rosso quello che stava ottenendo i migliori risultati. Per lui era naturale servire ai tavoli o alle feste: lo aveva fatto in numerose occasioni e quindi l’esperienza non gli mancava. Quel lavoro lo aiutava a non pensare ai suoi problemi, a mantenersi attivo e anche a controllare la sala da diverse angolazioni.
<< Un ottimo lavoro, ragazzo >> si complimentò il capo della servitù, mentre il giovane si accingeva a prendere un altro vassoio.
<< Grazie, signore >> rispose Angel, con un sorriso gentile.
L’altro lo fissò con sguardo indagatore. << È una mia impressione o mi sembra che tu non sia realmente concentrato su quello che stai facendo? >> 
Il rosso fu colto da un brivido. Non aveva tenuto conto dell’esperienza della servitù che, contrariamente alla maggior parte dei padroni, era sempre molto attenta ai dettagli.
Fece un sospiro. << Sì… non avete del tutto torto. Sto cercando di non pensare ai problemi di cuore. >>
In parte era la verità, e sperava fosse sufficiente a sviare completamente il discorso.
<< Ah, quelli sono sempre i più problematici, figliolo >> commentò il capo, mettendogli, una mano sulla spalla << Posso solo consigliarti di farti forza e andare avanti. Ma vedi di non dimenticare quello che stai facendo ora, altrimenti ne risentiremo tutti. >>
Il rosso annuì deciso, quindi si allontanò con il vassoio fra le mani. Pochi attimi dopo, vide affiancarlo la figura del Dottore.
<< Come se la passa il cocco del capo? >> chiese il Signore del Tempo, con fare scherzoso.
<< Egregiamente >> rispose Angel, con un roteare degli occhi.
Il Signore del Tempo annuì soddisfatto. << Mi raccomando, resta concentrato e tieniti pronto…la festa sta per ravvivarsi. >>
 
Vorkye camminò disgustato tra la folla, le narici intrise della puzza di ipocrisia che sentiva aleggiare nell’aria.
Carne da macello. Ecco cos’era quella gente. L’unica cosa che avevano in più, rispetto a quella comune, era che si ritenevano di alta qualità. Peccato non fossero altro che degli illusi. Persino la carne più comune, se ben trattata, poteva rivelarsi migliore di ciò che lo circondava al momento.
C’era da chiedersi perché Skywalker si circondasse di tale feccia. Aveva avuto modo di incontrarlo in varie occasioni e valutare fosse nettamente migliore di certi individui, anche se ancora non capiva perché il Maestro lo considerasse spesso al pari di Vader, come se entrambi fossero i suoi fedeli cagnolini.
Troppi pensieri e nessuno che fosse realmente importante. Almeno, non in quel momento. Aveva altro a cui pensare e quella festa era solo una perdita di tempo: se non avesse ricevuto l’ordine dal Maestro in persona… be', sicuramente non vi avrebbe nemmeno partecipato.
<< Signore, cerchi di rilassarsi e fare buon viso a cattivo gioco >> lo riprese Ellen, porgendogli un calice.
Vorkye lo prese di malavoglia e lo bevve quasi senza pensarci. << Questo luogo non mi rilassa per niente. >>
La sua segretaria sospirò sconsolata. << Consideri questo: finita la festa, avrà sul suo tavolo quello che vuole e, se me lo permetterà, anche un massaggio rilassante. >>
Il soleano la fissò con un sopracciglio sollevato. << Sai fare anche questo? >>
<< Sono poliedrica, signore. Una qualità necessaria per sopravvivere in questo ambiente di lavoro. >>
Vorkye la fissò sorpreso. Erano persone come lei che meritavano il suo rispetto, cosa che concedeva a pochi.
<< Sei una sorpresa dopo l’altra. È… ammirevole. >>
<< Grazie, signore >> rispose la ragazza << Vuole ballare? >>
Lui trattenne una risata. Era anche anticonvenzionale. Altra caratteristica che apprezzava non poco. Ma prima di poterle rispondere, qualcosa attirò la sua attenzione.
Un odore… anzi, una presenza. Era lì. La sua preda era lì, in mezzo a quella carne da macello.
Il suo sguardo si fece più tagliente, i denti più affilati e le pupille si tinsero di rosso.
<< Avvisa il padrone di casa che abbiamo visite. Io ho un impegno urgente. >>
Ellen dilatò le pupille: aveva già visto una volta quello sguardo e perciò intuiva perfettamente il significato nascosto dietro una simile dichiarazione.
<< Sissignore >> disse con un rapido inchino, per poi allontanarsi il più in fretta possibile.
Vorkye camminò in mezzo alla folla con notevole vigore, ignorando completamente qualsiasi persona che lo urtava e gli rifilava occhiatacce. Furono abbastanza saggi da rimanere in silenzio: avessero aperto bocca, li avrebbe uccisi sul momento, e non aveva tempo da perdere con miserabili pezzi di carne.
La sua unica vittima, quella sera… sarebbe stato il soleano blu.

                                                                                                                               * * * 

Accelerator attendeva all’interno del Millennium Falcon, all’interno della sala grande in cui - fino a pochi minuti prima - si era tenuta la riunione strategica.
Continuava a camminare avanti e indietro, con fare alquanto impaziente, l'animo agitato e tormentato: da una parte voleva entrare in azione, sfondare le porte di quel ridicolo palazzo e massacrare quei cani che avevano minacciato la sua famiglia. Dall’altra, invece, sperava che le cose andassero per il verso giusto.
La sua mente scavò nei meandri della sua memoria e riesumò il suo primo incontro col Dottore: la sua navicella schiantata vicino a casa sua, o per meglio dire vicino casa di Yomikawa, lui che l'aveva trovato ferito e ansimante. Ricordò come lo portò in casa, come Yoshikawa aveva curato le sue ferite. E ricordò ancora meglio quando le navi imperiali capitanate da Darth Vader erano atterrate nel villaggio. Le urla, gli spari, il fuoco e le morti.
Il suo scontro titanico con il Signore dei Sith era terminato senza né vincitori né vinti: per la prima volta aveva trovato un avversario davvero formidabile, ma da allora il suo cervello aveva analizzato quel potere chiamato “Forza”, e se mai se lo sarebbe ritrovato di nuovo davanti… lo avrebbe sconfitto senza troppi problemi.
Già, Darth Vader… Accelerator tremò di rabbia al pensiero che quell’uomo non avrebbe presenziato alla festa. Voleva fargliela pagare. Voleva annientarlo… strappargli quella sua stupida maschera e costringerlo a guardarlo dritto negli occhi, mentre gli perforava il torace da parte a parte. Voleva vendetta: era colpa del Sith se la vita pacifica che tanto faticosamente aveva cercato di costruire… era ormai perduta per sempre.
Ma qui, una domanda gli sorse spontanea: era davvero l’unico responsabile? L’albino ripensò per un attimo alla sequenza dei fatti accaduti: prima dell’arrivo del Dottore, viveva in pace. Era dopo il suo arrivo che le cose avevano iniziato a complicarsi. In fondo, Vader non era mai stato sulle sue tracce… bensì su quelle del Dottore stesso.
A quel punto non poté più esimersi da un semplice ragionamento: se il Signore del Tempo non fosse mai arrivato da lui, Vader non avrebbe mai attaccato il villaggio, e lui avrebbe continuato a vivere in pace, lontano dai problemi dell’Impero. Della sua vita poco gli importava, in quanto non era mai stata del tutto rosea, ma ciò che gli faceva più rabbia era sapere che Last Order aveva rischiato la vita per causa sua… e sempre per causa sua, quella marmocchia non avrebbe mai potuto vivere in pace. Perfino le sue tutrici avevano rischiato l’osso del collo.
In quel momento, un forte sentimento di rabbia e odio si fece strada nell’anima di Accelerator. Non aveva scelto lui di arruolarsi, e non aveva di certo costretto la sua famiglia a trasferirsi su Renmant. Non era stato lui ad imporre loro una vita fatta di guerra. Questa era tutta colpa del Dottore.
E se fosse stata una cosa programmata? A quanto aveva capito, il Dottore aveva scelto accuratamente i suoi seguaci da molto tempo. Sapeva di Royal Noir, e lo aveva reclutato. Così come quella squadra di sciroccati, e perfino Thor. Dunque era logico pensare che anche il suo reclutamento fosse programmato.
Sapendo lui stesso quanto le sue convinzioni in ambito politico fossero neutrali, forse il Dottore aveva pianificato il suo arrivo al villaggio. Dopotutto, era quel tipo di individuo che aveva spie un po’ ovunque, anche nei luoghi più insospettabili. Forse lo stava tenendo d’occhio già da molto tempo!
Accelerator collegò immediatamente tutti i punti: il Dottore aveva bisogno di persone dotate e potenti, e lui era un Level 5, nonché il più forte degli esper. Quasi tutti gli esper erano stati catturati e imprigionati o si erano arruolati, lui era degli unici sopravvissuti… e il Dottore lo sapeva. Non sarebbe mai riuscito a convincerlo ad unirsi alla Ribellione con le parole, e quindi aveva archiettato un piano per attirare Vader e l’Impero, i quali - minacciando gli innocenti e la sua famiglia – sarebbero stati il deterrente perfetto per spingerlo ad unirsi alla sua causa.
Aveva sacrificato la vita di tutti quegli innocenti, e aveva messo a repentaglio la vita delle due donne e della bambina unicamente per arrivare a lui. E il suo piano aveva avuto successo.
<< Maledetto bastardo! >> ringhiò. Inconsciamente, i vettori dell'aria attorno a lui si alterarono e generarono una piccola onda d’urto.
La sua mente era spaccata in due: il tormento delle Sisters e adesso questo. Giurò di farla pagare anche al Dottore, ma la sua meditazione venne interrotta da Thor, che entrò nella stanza preoccupato per quel frastuono.
<< Per i Nove, che cosa è successo qui? Ci hanno attaccato? >>
Si guardò intorno, non vedendo nulla se non Accelerator in mezzo alla stanza. A quel punto, il Tonante ipotizzò fosse stato lui: i nemici non avrebbero mai potuto sapere la posizione del Falcon, e aveva già notato l’instabilità mentale del ragazzo.
<< Che cosa è successo, giovane? >>
 << Succede che tutta la mia esistenza è una fottuta menzogna, ecco cosa! Ma non ti senti preso per il culo neanche un po’? Prima quel Maestro prende il controllo della realtà, cancellando le nostre vite precedenti… ed ora il Dottore ci recluta come soldati per abbattere il suo vecchio amico! >>
<< Non riesco a seguirti... >>
<< Certo che non ci riesci! È facile parlare per te, tu sei un dio! Ma io avevo una vita, prima. Sono un criminale e un assassino, nessuno potrà mai perdonare i miei peccati, ma non tollero che quel vecchio di merda abbia strappato l’infanzia di quella bambina solo per avere me dalla sua parte! >>
<< Come puoi pensare tutto questo?! Come puoi… >>
Il Tonante si interruppe, scuotendo il capo. Non avrebbe ottenuto nulla a parlargli così. Difficile per uno come lui mantenere la calma, ma lo sfogo di Accelerator, quella sua rabbia, quel suo grido di ribellione e di vita… in quel momento lo rendevano tremendamente simile a Loki. Ricordava bene come suo fratello si sentiva da bambino e di come lui non avesse fatto niente per aiutarlo. Ma adesso aveva la possibilità di aiutare lui, quel ragazzo chiaramente tormentato.
<< È questo quello che pensi, ragazzo? >> chiese in tono gentile.
Dopodiché, estrasse il suo martello e glielo fece vedere. Lo invitò ad osservare il maglio, e fu allora che l’albino vide una scritta incidersi sulla dura pietra: “Chiunque impugni questo martello, se ne sarà degno, possiederà il potere di Thor”.
<< Quando conobbi il Dottore per la prima volta, anche io ero restio a fidarmi di lui. Questo finché non lo vidi sollevare Mjolnir dinnanzi a me >> spiegò con voce nostalgica << Non potevo credere ai miei occhi. Solo un’altra persona in tutta la mia lunga vita era riuscita a compiere una simile impresa. Fu allora che capii che quell’uomo doveva essere un guerriero temprato dalla battaglia, ma con il cuore necessario per distinguere il bene dal male… qualcuno a cui avrei potuto affidare la mia vita. >>
Gli occhi di Accelerator si spalancarono per la sorpresa.
<< Ti ho visto alla riunione, ragazzo. Ho visto i tuoi occhi stanchi e pieni di dolore. Non serve che mi racconti la tua storia, se non vuoi, e non ce ne sarà bisogno. Perché quegli occhi io li conosco. Sono gli occhi di qualcuno che si è beato troppo del suo potere, di qualcuno che ha compiuto innumerevoli stragi e che ha pianto, sofferto… e chiede tutt’ora la redenzione. Sono gli stessi occhi… che avevo anche io. >>
L’esper non rispose. Inarcò semplicemente un sopracciglio, in segno di curiosità.
L’asgardiano intuì subito la domanda inespressa del compagno d’armi, e riprese a parlare: << Le mie gesta sono state riscritte nei miti di Battleground, ma ciò che contengono di reale è che io ero il Flagello di Jotunheim in gioventù. E durante i secoli ho ucciso molti giganti, e molti di questi non lo meritavano. Accelerator... è così che ti chiami, vero? Siediti, per favore… e lascia che ti racconti una storia. >>
L’adolescente decise di fidarsi e si sedette per ascoltarlo. Incrociò le braccia al petto e attese il suo interlocutore.
<< La mia storia si svolge molti secoli fa, durante la mia gioventù. E inizia con me, di ritorno dalle nivee lande di Jotunheim… >>
 
A quei tempi ero in missione per uccidere alcuni giganti, e mi accingevo a tornare a casa. Era il tramonto quando giunsi al fiume che mi separava da Asgard, patria degli dei e mia dimora. E sulla riva opposta di quell’affluente, tra le ombre, riuscii a malapena a scorgere un traghetto e il suo traghettatore.
<< Ehilà, barcaiolo >> lo chiamai << vieni qui e portami dall’altra parte di questo vasto fiume. Ti pagherò bene. >>
<< Ummph! Stracci da mendicante e vesti a brandelli >> mi rispose quel vecchio traghettatore dalla lunga barba grigia, così come lo erano la sua toga e il suo buffo cappello a cono << non credo che tu abbia un posto che chiami casa! Io non trasporto oltre il grande fiume né ladri né banditi, ma solo i meritevoli. Dimmi chi sei, se vuoi attraversare. >>
<< Io sono Thor, il figlio di Odino, il più forte tra gli dei! Mjolnir è la mia arma e Thor il Tonante è il mio nome! E tu chi sei? Forse un fuorilegge? >>
<< Mi chiamano Harbad, e io non nascondo il mio nome! E posso tenere testa facilmente a uno spaccone come te! >>
<< Cosa?! Non vali la pena di tuffarsi a nuoto e di bagnarsi, ma dopo la traversata ti farò vedere io! >> ruggii, invaso da una collera improvvisa, poiché quell’uomo aveva insultato il mio onore.
<< Bah! Ti aspetterò. Non hai combattuto contro nessuno che sia forte quanto me da quando hai incontrato Hrungnir il gigante! >>
<< L’ho privato della vita con un singolo colpo, barcaiolo. E tu che cosa hai fatto? >> chiesi con tono di sfida.
<< Io ho incantato donne e messo principi contro principi. La guerra è ciò che io ho causato. E tu che cosa hai fatto? >>
<< Io ho ucciso le donne dei giganti che avrebbero massacrato l’umanità! Ora vieni qui, e portami dall’altra parte! >>
<< Mai. Chi si fida di Thor lo spergiuro? >>
<< Che menzogne vai dicendo, viandante? >> chiesi con tono offeso << La parola di Thor è legge! >>
<< Allora va’ a dettare legge a qualcun altro. Io non ti traghetterò oggi >> 
E con quell’ultima parola, lui se ne andò, sparendo tra le acque e lasciandomi da solo a riflettere su un modo alternativo di oltrepassare il fiume.

Dovetti percorrere una lunga strada e ritornai ad Asgard molto tempo dopo. Ma quando arrivati a palazzo, ritrovai davanti a me il barcaiolo che altri non era che Odino, mio padre, che si era mascherato da Harbard.
 
Accelerator strinse gli occhi e lo scrutò perplesso. << Perché tuo padre avrebbe dovuto farti una cosa simile? E perché racconti questa storia a me? Cos’ha a che vedere il tuo passato con me? >>
<< Perché, mio giovane e tormentato amico, Odino voleva darmi una lezione di umiltà. Voleva che suo figlio fosse in grado di badare a sé stesso da solo. Non importa chi tu sia, Accelerator, non importa quello che hai fatto, nessuno può portarti dall’altra parte del fiume. Né il Dottore, né le due dame e nemmeno la fanciulla. Tu vuoi ottenere il perdono a tutti i costi, pur sapendo di non meritarlo, ma non puoi impedire a quelle ragazze di perdonarti… perché loro lo hanno già fatto. Quella bambina ti guarda come non guarda nessun altro, e lei ti ha perdonato da molto tempo. Anche le tue genitrici lo hanno fatto. Ora spetta a te, giovane guerriero nato. Ora spetta solo a te oltrepassare il fiume, e dovrai capire come fare da solo, con gli strumenti che ti sono stati donati da quelle tre… e dal figlio di Lada. >>
<< Con “figlio di Lada” intendi… >>
<< Ho notato subito che tra te e Baelfire Royston scorre buon sangue. Siete ottimi amici, anche se non lo vedete. E penso che tu e lui abbiate già parlato. Ora l’ho fatto io con te. Non ti chiedo di pendere dalle mie labbra, pallido amico, dopotutto lo hai detto anche tu: io sono un dio e tu un mortale. Ma vorrei che riflettessi e capissi quanto il perdono di sé stessi sia importante per la propria crescita. E se hai ancora dubbi sull’onestà del Dottore… puoi sempre chiedere a lui. Fidati dei tuoi compagni di scudo, e loro faranno altrettanto. Ora vado, il racconto mi ha seccato la gola e necessito di idromele. Vuoi venire con me? >>
<< No… credo che passerò… >>
<< Come preferisci. Ci vediamo, ragazzo. >>
E fu così che Thor lasciò l’albino da solo, in un profondo stato di meditazione. La strada per oltrepassare quell’impervio fiume era ancora molto lunga, ma il Tonante era sicuro che ce l’avrebbe fatta. Sebbene assomigliasse a suo fratello, lui non avrebbe mai permesso che sprofondasse nelle tenebre. Parola del dio del tuono, non avrebbe mai lasciato che quel ragazzo cadesse nell’abisso.
Fu in quel preciso istante che l’auricolare dell’esper cominciò a stridere.

                                                                                                                                 * * *

Angel ebbe un sussulto, perdendo di colpo la presa sul vassoio. Aveva percepito un’ostile traccia fin troppo familiare, in pericoloso avvicinamento.
Il Dottore si era slanciato ad acchiappare al volo l’oggetto - onde evitare di attirare troppo l’attenzione con il rumore che ne sarebbe derivato - poi si girò verso il rosso.
<< C’è qualche problema? >>
<< Temo che dovrà agire da solo, Dottore. Qualcuno mi ha fiutato. >> 
Il Signore del Tempo lo fissò negli occhi, con un'espressione seria e incredibilmente preoccupata.
<< Maledizione >> borbottò a denti stretti, capendo all’istante a chi si stesse riferendo l’adolescente << Ho capito… mi raccomando, fa' attenzione. >>
Il rosso annuì e con passo rapido si avviò verso l’uscita più vicina. Ormai mancava poco all’attuazione del piano, doveva allontanarsi il più possibile per non rischiare di compromettere il tutto.
Attraversò ad ampie falcate il giardino, individuò un cespuglio nei pressi e vi si nascose dietro.
<< Sta’ attento. È qui >> gli sibilò mentalmente Blue, visibilmente preoccupato.
Vorkye si materializzò a pochi metri dal suo nascondiglio: profondi occhi scarlatti osservavano tutto quello che aveva nei dintorni, fermandosi per qualche istante lì dove il rosso era nascosto. Poi, inspiegabilmente, girò i tacchi e si allontanò.
Eppure, Angel non si sentì affatto rassicurato da quella mossa.
“Devo allontanarmi di più” pensò “Sono troppo vici-...”
<< Ti ho trovato >> disse una voce sibilante alle sue spalle.
Il soleano trasalì e uscì con un salto dal suo nascondiglio, retrocedendo notevolmente. Non lo aveva neppure percepito!? Che diavolo…!?
<< Non protendiamo oltre questi giochetti infantili, mi sfiniscono dalla noia >> dichiarò Vorkye, strappandosi la cravatta dal collo con uno strattone << Ora che farai, piccolo fuggitivo? >>
Angel indietreggiò ancora, non potendo fare a meno di sentire l’agitazione farsi strada nel suo corpo. Strinse i pugni con forza, cercando di imporsi un minimo di calma.
<< Tu che dici? Siamo ad una festa, no? >> rispose, assottigliando lo sguardo e simulando un sorriso impertinente << Intendo ballare, Bloodbless. >>
<< Allora balliamo >> ridacchiò il biondo, preparandosi per il combattimento imminente.
 
                                                                                                                            * * *  

Inconsapevole della gravosa situazione in cui si trovava Angel, il Dottore aveva continuato la sua esplorazione della magione. Dopo qualche altro minuto, era riuscito a trovare uno sbocco per poter accedere senza problemi a quella sezione dei giardini in cui si trovava l’ingresso agli archivi imperiali, costruiti proprio sotto la villa.
Il bunker era presidiato da una coppia di stormtroopers, ma il Signore del Tempo non era certo uno sciocco. Sapeva bene che la maggior parte delle forze erano state posizionate proprio all’interno del complesso.
Facendo ben attenzione a rimanere nascosto dietro alcuni cespugli, si portò una mano al comunicatore e premette il pulsante di accensione.
<< Royal… è il momento >> sussurrò a bassa voce.
Per quasi dieci minuti buoni, non accadde niente. Poi, un’esplosione titanica squarciò la quiete di quella notte, facendo tremare l’intera magione. Una rossa palla di fuoco sparò verso l’alto come un fulmine a ciel sereno, rapidamente seguita dalle urla impaurite degli invitati, alcuni dei quali cominciarono a correre al di fuori della villa con tutta l’intenzione di raggiungere i propri mezzi di trasporto.
Poco tempo dopo, almeno un centinaio di stormtroopers si fecero strada oltre la porta del bunker, gli occhi puntati in direzione della densa coltre di fumo nero che ora s’innalzava dal porto spaziale del pianeta. Senza perdere tempo, cominciarono a correre in direzione dell’esplosione, ma non prima di aver attivato i sistemi d’armamento automatici che precedevano gli archivi.
Il Dottore sorrise divertito. Certo, in una qualsiasi altra situazione, tale sistema di difesa avrebbe impedito a chiunque di accedere al nucleo dati del pianeta… a meno che non fosse dotato di un Cacciavite Sonico.
E per quanto il Maestro fosse preparato per combattere il suo vecchio amico, nemmeno lui avrebbe potuto prevedere tutte le modifiche che il Dottore aveva apportato al proprio nel corso degli ultimi vent’anni. Una volta che l’area fu finalmente libera, uscì dal nascondiglio improvvisato e si chinò sul pannello che fungeva da blocco per il bunker. Vi puntò contro la punta del cacciavite… e attese.
Ci sarebbe voluto almeno un minuto buono per ackerare tutti i blocchi informatici di cui era dotata quell’entrata, ma il Signore del Tempo era fiducioso del fatto che Royal Noir sarebbe stato in grado di tenere a bada le guardie fino ad allora.
<< Bene, bene… che cos’abbiamo qui? >>
La voce proveniva da qualche parte nel buio, dove si intravedevano due occhi gialli. Il Dottore, visibilmente sorpreso da quel suono improvviso, balzò in piedi, lasciando un piccolo strillo. Naturalmente, se mai avesse raccontato a qualcuno di quell’incontro, avrebbe negato completamente una simile uscita.
Girò la testa in direzione del nuovo arrivato.
<< Cavolo, amico, di questo passo finirai per far morire d'infarto qualcuno! >>
Una risata sottile, di gola, echeggiò intorno a lui.
<< Interessante... dovrei provarci, uno di questi giorni. Dopotutto, mi riesce così bene… >>
Il Signore del Tempo lo fissò con sospetto. << Giàààààà… comunque sia, per quanto sia stato un piacere conoscerti, io ho molto lavoro da fare. Sono un servo legittimato di questa casa, sai? Devo fare cose, servire persone… le cose tipiche che fanno tutti i servi. >>
<< E che dovresti fare a quest’ora, in quest’ala del giardino tutto da solo? Di certo non rimboccare le coperte al senatore Skywalker >> lo prese in giro l'Uomo Nero, uscendo dall'ombra e passeggiandogli intorno, le mani sistemate dietro la schiena.
Il Dottore scrutò l'uomo da capo a piedi. Un silenzio inesorabile sembrò calare nelle profondità dei giardini. Perfino i grilli e le cicale sembravano spariti nel nulla: non si udiva neppure il suono del vento.
Dopo un’attenta analisi, il Signore del Tempo prese un respiro profondo. << Okay, prima di rispondere a qualsiasi domanda, devo sapere una cosa. Come diavolo hai fatto ad ottenere dei capelli così?! >>
Pitch Black inarcò le sopracciglia, visibilmente infastidito da quella domanda insolente e da quel suo atteggiarsi ironico. Detestava più di ogni altra cosa che qualcuno non mostrasse il timore che meritava, ancora di più se tentava di aggirarlo con... il divertimento. Erano aspetti che gli ricordavano la sua vecchia nemesi, lo Spirito dell’Inverno noto come Jack Frost.
<< Bada a te, mortale >> lo ammonì << la mia pazienza ha un limite. >>
Il Dottore alzò ambe le braccia nel segno universale della pace. << No, sul serio, è una domanda legittima! Voglio dire... guarda che capelli! Sono più dritti di un palo del telegrafo, sembra quasi che stiano sfidando apertamente la gravità! Te lo chiedo perché vorrei qualche consiglio per… >> si fermò di colpo << A proposito, perché mi hai chiamato mortale? Parli come se tu non lo fossi. >>
Un ghigno si formò sul volto dell’Uomo Nero, scoprendone i denti appuntiti e bianchi come lo zinco.
<< È così, mio povero e sprovveduto cameriere, io non sono un semplice mortale. Io sono la tua angoscia, i tuoi timori, le tue paure più profonde… >>
Simulò un inchino.
<< Meglio conosciuto come Pitch Black, l'Uomo Nero. >>
Il Dottore rimase fermo a fissarlo. << ...ah. >>
<< Non hai mai sentito parlare di me? Potrei ritenermi offeso… >>
<< No, no, non è che io non abbia mai sentito parlare di te. Voglio dire, chi non l'ha fatto! >>
Il Dottore scoppiò in una risata volta a tentare di smorzare la tensione, ma notò l'altro mantenere uno sguardo impassibile.
Simulò un paio di colpi di tosse, per recuperare il contegno. << È solo che ti immaginavo… diverso. >>
<< Oh, mi dispiace tanto >> continuò Pitch, in tono di oscena desolazione << Colpa di tutte le leggende... mi fanno apparire più spaventoso di quanto non sembri >> sorrise << e mi piace lasciarlo credere. >>
Il Signore del Tempo riuscì a mala pena a trattenere un piccolo sbuffo. << Oh, ne sono sicuro. Un bel meccanismo di caccia, te lo concedo. Il lupo travestito da pecora! Ti muovi inosservato in mezzo alle persone, così tieni d'occhio la tua fonte di cibo. Perché è di questo che ti nutri, non è vero? La paura. >>
Il Signore degli Incubi allargò le braccia e fece spallucce. << Ognuno è nato a modo suo e sopravvive a modo suo… >>
<< Suppongo che tu abbia un punto >> commentò l’uomo, di rimando << Sai, conosco un paio di miei vecchi amici che ti sarebbero andati davvero a genio. Li ho incontrati spesso, durante i miei viaggi… prima che diventassi un servo, ovviamente. >>
<< Sarebbero? >>
<< Io li chiamo angeli piangenti. Nome insolito, lo so. Vedi, hanno l'aspetto di statue, ma solo in apparenza, e possono muoversi solo quando nessuno li sta guardando, riesci a crederci? Tu rimani fermo a fissarli, ma basta un solo battito di palpebre e puf! >> schioccò le dita << Sei morto. >>
<< Ooh, incantevole >> commentò Black << ma poco pratico. È... piacevole guardare in faccia le proprie vittime quando si assapora la loro paura… >>
Il Dottore rimase fermo a fissarlo. Ormai ne aveva la conferma: quella creatura, Uomo Nero o no… era un essere davvero pericoloso. Doveva allontanarsi da lui al più presto.
<< Ehm… sì, concordo appieno con te. Ora, se non ti dispiace, dovrei tornare dentro. Ho molto lavoro da fare. >>
Pitch lo osservò allontanarsi senza dire niente. Tuttavia, non appena questi gli voltò le spalle, sorrise.
<< Credevi davvero che il tuo ridicolo travestimento avrebbe funzionato con me... Dottore? >>
Spalancò la mano destra, all’interno della quale si materializzò una falce dalla lama imponente, completamente nera. Ne strinse l’asta con entrambi i palmi…e calò un colpo dritto contro il Signore del Tempo.
 
                                                                                                                                      * * * 

Ecco cos’era accaduto solo pochi minuti prima.
Facendo ben attenzione a non farsi notare, Baelfire uscì dalla sala da ballo e si avventurò per i corridoi della magione. Considerato che la festa era concentrata nella sala principale e che le guardie erano appostate fuori, in una posizione frontale rispetto alla villa, era più che certo che non avrebbe incontrato nessuno nella sua piccola esplorazione del palazzo, specialmente dopo aver constatato di persona che Skywalker era impegnato: meglio approfittarne e affrettarsi a svolgere il compito affidatogli.
Era alla ricerca di un’uscita che lo conducesse sul retro, in modo da raggiungere la zona che portava all’astroporto, esattamente come il Dottore gli aveva ordinato. Gli ci volle un po’ - com’era giusto, dal momento che l’ambiente gli era sconosciuto - ma per fortuna i modelli dei palazzi imperiali non differivano troppo tra di loro.
Ben presto, individuò una finestra laterale che faceva proprio al caso suo. Non aveva nessuno di guardia e dava direttamente sulla parte laterale del giardino, quella effettivamente poco sorvegliata e più interna.
Si diede un’ultima occhiata alle spalle – la prudenza non era mai troppa – quindi attivò il bracciale alchemico e in un lampo verde si ritrovò avvolto nel proprio costume: aprì la finestra con un gesto e senza esitazione si buttò nel vuoto, planando per atterrare in piedi.
Dall’alto del cielo, Rowlet lo individuò subito e lo raggiunse.
<< Rowlet ha distratto alcune guardie facendo rumore >> bubolò il rapace << In questo modo, la via dovrebbe essere più sicura. >>
<< Ben fatto >> replicò Royal Noir << muoviamoci. >>
Si levarono in volo, seppure a quota bassa per non rischiare di essere individuati da possibili droni volanti, e sfruttarono ogni singola ombra e ogni singola fessura per celare la propria presenza.
Niente di sorprendente, considerato che la sicurezza era concentrata soprattutto nel luogo in cui si svolgeva il pomposo evento. Ciononostante, evitarono di abbassare la guardia e continuarono a muoversi furtivi, finché non raggiunsero la propria meta.
Atterrarono senza fare il minimo rumore e si nascosero dietro uno dei muri dell’hangar. Il loro obiettivo erano i depositi, dei carretti di barili tutti accatastati insieme, contenenti il carburante per le navette. Eccoli là, in bella vista, situati sul ponte di carico di una delle tante astronavi. Non restava che colpirli.
Il Vigilante Mascherato tirò un respiro profondo, quindi si tolse l’arco dalla schiena e si rivolse al barbagianni.
<< Dopo l’esplosione, qui si riverseranno decine e decine di stormtroopers. L’unica parte da cui possono accedere e quel corridoio >> replicò, indicando un’apertura poco distante da loro << Appostati lì e, non appena arrivano, distraili al meglio delle tue capacità. Al resto ci penso io. >>
<< Padron Fire dovrebbe ricordarsi che non deve affrontarli tutti insieme. Totò e Accelly ci sono apposta per aiutare. >>
<< Li contatterò solo in caso di necessità. Dovremo far durare il diversivo più a lungo possibile. >>
Il rapace annuì in segno di profonda comprensione; spiccò il volo e si sistemò lì dove il padroncino gli aveva indicato, roteando il capo dietro la schiena, in attesa.
Royal scivolò fuori dalla parete e si avvicinò ai depositi. Tese l’arco, proprio mentre nella sua mano si formava la consueta freccia d’energia verde. Incoccò e la scagliò con un guizzo preciso. A quel punto, il Vigilante azionò le ali e fece un lungo balzo all’indietro, rifugiandosi dietro una parete.
Pochi secondi dopo, il rumore e la luce abbagliante di un’esplosione a catena risuonarono per tutta la lunghezza della magione.

                                                                                                                         * * *   

L’esplosione squarciò il silenzio della notte, illuminando la volta celeste. Fu anche il segnale che spinse Vorkye a fare la prima mossa.
Angel venne scagliato lungo i giardini e precipitò con un sonoro tonfo nella sezione esterna della magione. Rotolò per qualche metro, prima di riuscire a bloccarsi.
<< Questo… è deludente. >>
Vorkye atterrò a pochi passi da lui, ostentando un palese sguardo di superiorità, mentre lentamente assumeva le sembianze di un drago umanoide.
<< Oserei dire… penoso. Ti ho colpito... con facilità disarmante >> commentò, sprezzante << Chi sei davvero, ragazzino? >>
Il rosso si morse le labbra, stringendo i pugni, quindi si sollevò lentamente in piedi e osò sfidare lo sguardo del suo avversario, mentre lentamente si trasformava a propria volta in soleano.
<< Sono Angel Artorius Hikaru, ultimo membro dei Calak’ants. >>
<< Ah... un lurido meticcio. Questo spiega molte cose. Un soleano solo in parte… che ha il coraggio di alzare la testa dinnanzi a me. Suppongo non ci fossero scarti migliori. >>
<< Sempre meglio che essere un assassino di massa >> ringhiò Angel in risposta, suo malgrado stizzito e punto sul vivo da quelle parole arroganti e ingiuriose << Nessuna meraviglia che tu e il Maestro andiate così d’amore e d’accordo. Siete della stessa risma. >>
<< Parole forti… >> Vorkye strinse le pupille << per un meticcio. >>
Prese gli orecchini che indossava tra le mani… e sotto lo sguardo attonito dell’adolescente, questi si trasformarono in una coppia di sciabole d’oro massiccio.
<< Vediamo… se sai far parlare altrettanto bene le tue armi. >>
Si mise in posizione, ponendo la gamba destra in avanti e le braccia distese ai lati, e a quel punto il rosso comprese che il tempo delle parole era finito.
All’improvviso, nella mano destra del giovane si materializzò una lunga lancia. Era rossa come il sangue, adornata da quelle che sembravano essere rune. Il suo nome era Gae Bolg… l’ultimo regalo che
Scáthach, la strega d’Irlanda, aveva donato a suo figlio. In molti altri mondi, era stata l’arma di uno dei più rinomati guerrieri della civiltà umana: Chulainn, figlio del dio Lúg e della regina scozzese Deichtine.
Angel prese un respiro profondo e divaricò le gambe, tendendo l’arma in avanti. I due si fissarono per un tempo indefinito, poi… tutto avvenne in uno scatto.
A stento, Angel riuscì a percepire i movimenti dell’avversario: si trovava qualche metro sopra di lui e stava puntando verso il suolo a velocità vertiginosa. Compì immediatamente un balzo all’indietro, nel tentativo di schivarlo.
Vorkye colpì il suolo che cedette e franò, generando un buco di notevoli dimensioni. Poi, sollevò il piede destro e si dette una spinta verso l’avversario.
Questa volta, Angel rimase fermo e immobile, bloccando l’attacco con la lancia in avanti. Comprese subito che la forza fisica del magnate era di gran lunga superiore alla sua. Gli era bastato quel semplice colpo per fargli tremare le gambe.
Vorkye sorrise arcigno. << Sei già stanco, moccioso? >> 
Angel strinse le palpebre. Come dal nulla, le sue braccia furono avvolte da energia elettrica che si diffuse per la lancia e, per conduzione, anche sulle sciabole. L’istinto convinse Vorkye ad allontanarsi dall’avversario… scelta che si rivelò propizia. Poté infatti vedere le mani fumare e percepì un leggero dolore. Pazzesco. Il suo corpo poteva resistere a cose ben peggiori, eppure una semplice scossa l’aveva ferito.
Angel non si lasciò certo sfuggire quel breve momento di disattenzione. Con una spinta, si lanciò in avanti e calò la lancia avvolta dal fulmine.
Vorkye preferì scansarsi, saltando di lato. Quello strano fulmine... non era normale. Che razza di magia lo animava? Il soleano era più che intenzionato a scoprirlo.
Dall’altra parte, Angel si ritrovò a sorridere. La magia del Dragon Slayer - che aveva appreso durante uno dei suoi numerosi viaggi dimensionali - stava funzionando a dovere. Tuttavia, sapeva di non poter cantare vittoria troppo presto. A differenza sua, l’avversario non aveva ancora mostrato alcun potere degno di nota: era una variabile quasi completamente sconosciuta. Inoltre, l’adolescente si era presto reso conto di un altro problema: la sua forza... non era più quella di una volta. Il suo corpo sembrava atrofizzato, i suoi circuiti magici ridotti, le sue riserve di energia dimezzate. Era come se non si fosse risvegliato del tutto... oppure... che qualcosa, in quel mondo, lo stesse limitando.
Vorkye stava elaborando le informazioni ottenute su questo suo ultimo avversario. Era un soleano blu, quindi doveva essere in grado di controllare l’acqua, eppure era in grado di usare anche quel fulmine. Inoltre.... sospettava sapesse fare altro. Non che la cosa lo stupisse. Se era per davvero un Calak’ant, probabilmente aveva avuto modo di apprendere altre tecniche in giro per il multiverso.
Il Maestro gli aveva brevemente parlato di quella banda di guerrieri che si auto-definivano i “guardiani” della realtà, individui che avevano pure tentato di impedire l’avanzata dello Scisma combattendolo alla radice. Ma ora non era certo il momento di soffermarsi su simili questioni. Quel ragazzo era una minaccia per il suo trono… e Vorkye se ne sarebbe liberato con rapida e spietata efficienza.
Nel mentre, Angel stava tentando di utilizzare l’haki dell’osservazione per cercare di capire quale sarebbe stata la prossima mossa dell’avversario, ma i pensieri di Vorkye... .erano difficili da comprendere.
La mente del rosso cominciò a correre come un treno. I soggetti dotati di una forza di volontà abbastanza forte da sopportare l’Haki erano in pochi… e spesso considerati tra gli individui più pericolosi e potenti del multiverso. L’esito di questa battaglia si era fatto ancora più incerto.
Fece un’altro profondo respiro.... poi, si drizzò di scatto, cosa che fece sollevare un sopracciglio all’avversario.
Il suo corpo cominciò a rilasciare scariche elettriche. L’energia intorno a lui era in continuo aumento, il pavimento sotto i suoi piedi iniziò a collassare, mentre l’aria si fece man mano più statica. Sembrava quasi che stesse cercando di provocare l’avversario… un invito a farsi avanti.
In tutta risposta, Vorkye abbozzò un ghigno beffardo. Quel ragazzino lo stava sfidando? Bene, lo avrebbe accontentato. Anche il suo corpo rilasciò una densa - quanto sontuosa - quantità di energia, anche maggiore di quella del giovane soleano. Era nera come la pece, adornata da tinte scarlatte. Un colore nefasto e pregno di ambizione.
Angel lo poteva percepire.... quell’aura, quella forza… era pregna di oscurità e.... di ossessione. Due cose che avrebbero reso qualunque avversario estremamente pericoloso.
Le loro energie entrarono in contatto, provocando un forte tremore. Poi... ripresero a combattere.
Angel si lanciò in avanti, puntando la sua lancia avvolta dal fulmine. Vorkye rispose calando le sue spade pregne di quell’aura nera. Lo scontro tra le loro armi provocò un’onda d’urto abbastanza forte da ridurre in cenere un sontuoso tratto dei giardini, lasciando un solo un cratere.
Angel cadde a terra, ma riuscì a stabilizzarsi e ad atterrare in piedi. Non ebbe il tempo di prendere fiato, poiché Vorkye procedette a menare un altro affondo.
L’adolescente schivò il colpo e cominciò a muoversi ad una velocità che sarebbe stata difficile da seguire per la maggior parte degli esseri viventi. Ma non per Vorkye. Lui lo vedeva come se stesse correndo a rallentatore. Senza curarsi di chi venisse coinvolto, bersagliò il rivale con delle sfere di pura aura, ognuna abbastanza potente da far saltare in aria un’abitazione.
Mentre correva, Angel cercò di deviare quegli attacchi con scarso successo. Avrebbe tanto voluto risalire in volo, ma si ritrovò incapace di farlo: une delle sue ali si era slogata durante l’ultimo scontro, impedendogli di decollare. Era davvero diventato così fragile? Più lo scontro andava avanti, più si rendeva conto dei limiti del suo corpo attuale. Non si era sottoposto a alcun tipo di allenamento per anni! Nelle sue attuali condizioni… poteva fare ben poco.
Non ebbe il tempo di pensare ad altro, poiché la sua corsa fu interrotta da Vorkye in persona. Il soleano scarlatto atterrò proprio davanti a lui, costringendolo a fermarsi. Questo gli permise di potersi riprendere almeno un po’. Era visibilmente esausto e, ala a parte, aveva non pochi segni di colpi.
Di contro, Vorkye non aveva nessun graffio e nemmeno un accenno di stanchezza. Sembrava come se si fosse appena svegliato.
Leggermente deluso, il soleano del sangue incrociò le braccia. << Tutto qui? Mi aspettavo di più da un Calak’ant >> disse con tono di scherno.
Angel sapeva bene di non dover cedere a quella provocazione. Doveva approfittare di quel momento per recuperare. Afferrò la sua ala slogata e, stringendo i denti per frenare il dolore, se la rimise apposto. Dopo di che, iniziò a respirare più profondamente che poteva.
La corretta respirazione era il segreto che stava dietro a molte delle tecniche che aveva imparato nel corso degli anni. Concentrarsi su di essa permetteva di incamerare ossigeno nei vasi sanguigni e rafforzare i muscoli. Era questo ciò che gli aveva insegnato il suo maestro, molto tempo fa.
Vorkye lo lasciò fare. Lo voleva schiacciare lentamente, con calma, in modo da mostrargli la sua netta superiorità. E poi, non voleva correre rischi. Era un fatto assai noto che gli avversari messi all’angolo fossero capaci di compiere le azioni più disparate. Inoltre, sebbene avesse adottato una buona contromisura, temeva ancora di essere colpito da quello strano fulmine.
Intanto, Angel era riuscito a recuperare la maggior parte delle proprie forze. La respirazione era tornata normale e il suo cuore non batteva più all’impazzata.
Osservò severamente l’avversario. Anche se in quel momento era rilassato, poteva vedere che la sua guardia era alta.
<< Ebbene? Hai finito di riprenderti? Ti ho concesso anche fin troppo tempo >> commentò Vorkye, visibilmente annoiato.
Angel storse il becco con forza. Da come lo aveva detto, sembrava glielo stesse concedendo come a volerlo graziare.
<< Ah, e io che credevo stessi giocando a fare la bella statuina. Che c’è? Aspetti che mi volti per potermi attaccare alle spalle come un codardo? >>
Vorkye gli lanciò un’occhiata fulminante, stizzito dal suo palese tentativo di deriderlo.
<< Molto bene. In tal caso... riprendiamo le danze >> disse con un sibilo sinistro.
Angel si mise rapidamente in posa, pronto ad accoglierlo. Un istante dopo, notò qualcosa di rosso da entrambi i lati. Delle piccole sfere scarlatte avevano cominciato a levitare intorno a lui. Vorkye schioccò le dita… e queste esplosero, generando una deflagrazione che investì in pieno l’avversario.
Poco lontano da lui, il soleano scarlatto si ergeva alto e fiero, nonostante la presenza di una profonda ferita che gli ora adornava il polso. Da essa stava fuoriuscendo un copiosa quantità di sangue… ed era proprio di questo che erano composte quelle sfere. Sangue soleano altamente infiammabile, che Vorkye poteva manipolare come ogni altro tipo di plasma, ad eccezione di quello dei suoi parenti blu.
Di solito preferiva evitare di dover usare il proprio in battaglia, ma per questa battaglia avrebbe fatto un'eccezione. In fondo, non gli sarebbe stato difficile reintrodurlo all’interno del proprio corpo.
L’alieno rise di gusto. << Piaciuto questo trucchetto? Con un po’ di fantasia, il sangue può essere usato in tanti modi! >>
<< Anche l’acqua >> rispose Angel, fuoriusciva dalla coltre di nubi creata dall’esplosione.
Ora, ad avvolgere il corpo del rosso, vi era una spessa bolla interamente composta d’acqua, splendente sotto i raggi della luna.
Vorkye storse le labbra. << Idrocinesi... un’abilità davvero fastidiosa. Mi ero quasi dimenticato che la tua razza potesse usarla semplicemente sfruttando l’umidità dell’aria. >>
Il rosso non rispose. Scompose la bolla in una miriade di gocce dalla forma aguzza… e le scagliò contro l’avversario. Vorkye si limitò ad alzare la mano destra. Il sangue disperso per il giardino andò a condensarsi in una sorta di barriera, interrompendo l’avanzata dei proiettili.
A quel punto, Angel balzò in avanti, calando la sua lancia contro il magnate. Questi la scansò per un pelo - librandosi in volo - per poi lanciarsi  sull’avversario a tutta velocità.
<< Lo ammetto, non sei male per un meticcio >> commentò fissando il giovane avversario.
Per tutta risposta, il giovane batté la lancia a terra. Vorkye percepì qualcosa strisciare sotto di lui. Pochi secondi dopo, una colonna di fuoco lo investì in pieno. Tuttavia, il biondo uscì da quell’attacco completamente incolume. Ancora una volta, la sua pelle corazzata – progettata per sopportare le alte temperature del sole – aveva avuto la meglio.
 << Magia runica >> commentò con tono vagamente impressionato << Mi devo complimentare… >>
Si fermò di colpo. Nell’aria…c’era qualcosa di sbagliato. Ma cosa…
Improvvisamente, si ritrovò chiuso in un quadrato di rune celtiche. Appena un secondo dopo, sentì il proprio corpo che veniva schiacciato verso terra, come se la forza di gravità dell’area circostante fosse aumentata di colpo.
Alzò appena lo sguardo su Angel, ringhiando per la rabbia. << Quando... >>
<< Mentre stavo recuperando. Grazie per avermi lasciato il tempo di organizzarmi. >>
Vorkye serrò i pugni. La cupa e densa aura nera uscì nuovamente dal suo corpo, e i suoi occhi brillarono di un rosso ancora più minaccioso.
Angel lo percepiva. La sua forza stava aumentando vertiginosamente ed era sul punto di sovrastare quella delle rune. L’istinto lo avvisò che qualcosa stava piombando su di lui.
Si spostò appena in tempo per evitare un paio di lance cremisi, le quali si conficcarono nel terreno come una coppia di paletti.
<< Credevi di essere l’unico ad avere degli assi nella manica? >> chiese Vorkye, con un ghigno predatorio.
Fatto questo, si liberò con un rapido gesto dalle restrizioni runiche. Le lance si scomposero, diventando tanti piccoli proiettili di plasma che puntarono dritti sul giovane. Angel creò subito una barriera d’acqua attorno a lui, ma dubitava seriamente che sarebbe durata a lungo.
A testimonianza di ciò, un’altra coppia di sfere scarlatte si materializzo affianco a lui. Le esplosioni risultanti furono molto più grandi delle precedenti, e misero a ferrò e fuoco quella sezione della magione. Le conseguenze si poterono vedere poco dopo. Gran parte dei giardini erano spariti. Al loro posto vi erano solo ruderi.
Ormai libero dalle rune, Vorkye fissò quel panorama con occhi deliziati. Adorava fare terra bruciata intorno a sé, soprattutto se aveva qualcuno da uccidere.
La terra vibrò e si aprì. Angel ne emerse, ricoperto di tagli e ferite sanguinanti da capo a piedi, ma ancora tutto intero.
Vorkye lo osservò con un sorriso diabolico e gli fece cenno di farsi avanti. << Coraggio, meticcio… fatti ammazzare! >>
Il rosso lo fissò con rabbia. Non tanto per le sue condizioni ma per quello che sentiva intorno a sé. Dolore, disperazione e shock. A causa dell’haki dell’osservazione, in quel momento si sentiva come un qualcuno a cui avevano appena conficcato centinaia di schegge di vetro nel cervello.
<< Calmati >> gli disse mentalmente Blue << Se ti agiti, non farai altro che regalargli un vantaggio. Devi recuperare il controllo. >>
<< Non ci riesco >> ringhiò il giovane << Dannazione! >>
Strinse maggiormente la presa sulla sua lancia, mentre Vorkye scoppiava a ridere.
L’adolescente si costrinse a prendere dei respiri profondi. << Blue... al mio stato attuale, quanto posso reggerlo? >>
Dentro di lui, il drago sembrò esitare. << Non più di dieci secondi. >>
Angel annuì << Me li farò bastare... Balance Breaker! >>

                                                                                                                        * * *

Prima che la nera lama del Signore degli Incubi riuscisse ad abbattersi sul corpo del Dottore, una forza gravitazionale tirò via quest'ultimo, facendolo strisciare su tutto il prato… fino al punto in cui il team RWBY e il team JEKP si erano nascosti a inizio serata.
La falce si abbatté sul terreno, tranciando alcuni fili d’erba e conficcandosi nel terreno. Prima che l’essere potesse solo pensare di risollevarla, un turbine di petali gli vorticò accanto, materializzando la figura di Ruby, con la fedele Crescent Rose sguainata e premuta a pochi centimetri dal suo collo.
L’Uomo Nero socchiuse le palpebre, quindi si lasciò sfuggire un sogghigno, mentre restava fermo nella propria posizione con fare apparentemente disinteressato.
<< Ma bene! >> esclamò, gioviale << Qualcun altro ha deciso di imbucarsi alla festa non invitato. >>
Di colpo, la mietitrice lo vide letteralmente svanirle da sotto l’arma e tramutarsi in un’ombra strisciante. Le serpeggiò alle spalle, tornando alla forma di carne, ma prima che lei potesse solo pensare di voltarsi e sparargli, dei tentacoli di sabbia nera si allungarono dal terreno e le si avvolsero intorno, bloccandola saldamente.
Pitch le passeggiò accanto, rivolgendo gli occhi gialli allo spazio circostante, giocherellando con la propria arma.
<< Tana libera tutti, bambini! Adesso vi conviene uscire allo scoperto quanto prima… sempre se non vogliate che trasformi la vostra amichetta nel mio prossimo animaletto. >>
Per tutta risposta, una costola infusa di Aura e Polvere fiammeggiante attraversò l'aria con un lungo sibilo, trapassandolo dritto allo stomaco. James Heller e Blake Belladonna sbucarono dalla vegetazione e corsero verso di lui, le armi sguainate: apparentemente, il loro avversario pareva essersi piegato sotto il colpo iniziale.
Blake ne approfittò istantaneamente per colpirlo, vibrando un fendente a doppia lama, ma queste si ritrovarono immediatamente a cozzare contro la lama della falce di Black.
<< Ingenua >> le sibilò quest'ultimo, ricacciandola indietro con un forte contraccolpo, mentre il buco sul suo petto svaniva così come era comparso, in un riassestarsi di sabbia nera.
Nel frattempo, James era corso a liberare Ruby, sparando proiettili ben mirati ai tentacoli che la imprigionavano, ma a Pitch bastò muovere un mano perché questi si rigenerassero e si animassero, contorcendosi e dimenandosi come serpi per assalire il trio di Cacciatori.
Il capitano del team JEKP attivò la Polvere infusa nel proprio esoscheletro, liberando un’onda criogenica che li congelò istantaneamente, dando la possibilità a Blake e Ruby di romperli in mille pezzi con un colpo delle rispettive armi.
Fatto ciò, il ragazzo mutò le proprie mani in poderosi artigli e si lanciò sull'avversario con tutta l’intenzione di smembrarlo. Non sapeva chi o cosa fosse quell'essere, forse un qualche strano tipo di esper o mago… ma dubitava seriamente che avrebbe potuto rialzarsi senza budella.
L’Uomo Nero scartò di lato per evitare il primo colpo di artigli. Al secondo diretto al suo ventre, afferrò il polso del soldato e lasciò che alcuni filamenti di sabbia si avviluppassero attorno al suo braccio, bloccandolo.
<< Quanta baldanza, James Heller! >> declamò con un ghigno << Ma in fondo, questo è un classico per i capitani… la paura di mandare avanti per primi i compagni… per il timore che finiscano al macello! >>
Colpito nel segno contro ogni aspettativa, James trasalì di fronte a quelle parole, e l’avversario approfittò subito del suo attimo di esitazione per travolgerlo con un vortice di sabbia nera, mandandolo a cozzare addosso alle Cacciatrici.
Le due ragazze si ritrovarono stese sul terreno più per la sorpresa che per il peso effettivo di Heller, ma furono tutti e tre lesti a rialzarsi.
<< James, che cosa ti ha fatto? Stai bene? >> domandò preoccupata Ruby al collega, che sembrava già sudato, e tutto solo per un semplice scambio col Signore degli Incubi.
<< C... credo di sì… >> mormorò il ragazzo, prima di riscuotersi e ringhiare sonoramente, stizzito dall’attimo di debolezza appena mostrato.
Accostò le dita all’auricolare. << Ragazzi, scaricategli addosso tutto quello che avete! >>
Subito, una raffica di missili, proiettili infuocati e raggi al plasma si abbatterono sul nero corpo di Black. Emil, Penny e Yang uscirono allo scoperto a propria volta e si portarono al fianco dei propri compagni. 
Entrambi i team si girarono verso il punto d’impatto della sparatoria. Quando il fumo dei proiettili si diradò, l’Uomo Nero era apparentemente scomparso nel nulla. I sei Cacciatori si misero subito in posizione di guardia, ognuno dando le spalle agli altri, allertando i propri sensi nel tentativo di scovare il loro misterioso nemico.
<< Blake, Penny, lo vedete? >> domandò Ruby, mentre nell’altra mano sfoderava Myrtenaster, la spada di Weiss, concessale dalla Cacciatrice per quell’occasione.
<< No, non riesco neanche a leggere il suo calore corporeo >> negò Penny, facendo roteare le sue spade luminose, alla ricerca di qualsiasi cosa suggerisse un potenziale attacco.
Una risata sottile di gola risuonò nell’area circostante, inchiodandoli e raggelandoli sul posto.
<< Sono qui o sono là, chi mai indovinerà? >> cantilenò la voce della creatura, in una nenia inquietante.
La luce nel giardino era già scarsa di suo, non fosse stato per la luna, la cui luce proiettava lungo il pavimento delle strane, inquietanti ombre che di certo non appartenevano a nessuno lì presente: parevano dilatarsi e allungarsi a piacimento, raccogliendosi e vorticando loro intorno ripetutamente.
I Cacciatori cominciarono ad avvertire un certo nervosismo in corpo, in particolare Emil e Blake. Per due guerrieri costantemente abituati a dipendere dal senso dell'olfatto o dell'udito quando gli occhi non aiutavano, combattere un avversario che sembrava essere ovunque o da nessuna parte era… un incubo.
Dopo qualche istante, una parete di pura tenebra si innalzò loro di fronte, formando una sorta di porta dalla quale fuoriuscì l’Uomo Nero in persona. Solo che, stavolta, non era da solo.
Si trovava in groppa ad una sorta di destriero nero come la pece e interamente composto da quella che pareva la stessa sabbia manipolata dal suo cavaliere. Aveva la corporatura talmente magra e scheletrica da farne intuire immediatamente la natura maligna e demoniaca; gli occhi erano due sottile orbite vuote di un inquietante giallo pallido dai bagliori sinistri.
Ai Cacciatori bastò lanciare un’occhiata attorno a loro per accorgersi che non era uno solo: erano appena stati circondati da centinaia e centinaia di quelle creature, le quali si avvicinarono loro pericolosamente, liberando sonori sbuffi.
<< Vediamo un po’... che cosa abbiamo qui? >> esordì Pitch in tono mellifluo, scrutandoli dall’alto della sua cavalcatura << Ruby, Blake, Yang, James, Emil, Penny. Dei piccoli Cacciatori molto lontani da casa, ingarbugliati in qualcosa di molto più grande di loro, pieni di ansie… e paure. >>
Quella parola, inspiegabilmente, fece loro salire un profondo brivido lungo la schiena.
<< Chi diavolo sei!? >> sbottò Yang, mentre un’aura dorata iniziava lentamente ad avvolgerla.
In risposta, un lampo d’oro passò negli occhi dell’oscura creatura, seguito da un sorriso intimorente.
<< Molto lieto di conoscervi. Io sono Pitch Black, l’Uomo Nero… e il vostro peggiore incubo. >>
<< Come fai a sapere i nostri nomi? >>
<< Io conosco il nome di tutti i bambini. >>
<< Oh, ma non uscirtene con queste stronzate! >> La bionda era evidentemente inquietata e spaventata, ma tentava di nasconderlo ostentando disappunto ed esasperazione. << Noi non siamo dei bambini! >>
Pitch sogghignò sornione, divertito dal suo palese nervosismo << Certo che no, almeno non alla superficie… ma lo siete stati. Come tutti, dopotutto… >>
Mentre parlavano, Ruby fece roteare il contenitore di Polvere dentro la sua arma provvisoria, puntando il fucile di Crescent Rose al più vicino di quei cavalli mostruosi. Stava cercando di mantenere la calma e di ideare un attacco a sorpresa, ma c’era qualcosa che glielo rendeva assai difficile. Sentiva le sue membra molli e vedeva chiaramente le Auree dei compagni fluttuare in maniera tutt'altro che rassicurante.
Forse era proprio quello il misterioso potere del loro avversario: influenzare la mente, innervosirli, agitarli… spaventarli.
<< Ah? Una futura marionetta che vorrebbe tagliare i propri fili? >>
La mietitrice trasalì e si bloccò di colpo quando avvertì chiaramente l’attenzione dell’Uomo Nero volgersi verso di lei.
<< Un tentativo piuttosto patetico, Ruby Rose. Tu e i tuoi amichetti non potete sfuggire a me… così come tu non puoi sfuggire al Maestro e al tuo destino di schiava. >>
Le regalò un ghigno, mentre gli incubi purosangue scattavano all’attacco. Ben presto, i vari neo-cacciatori si ritrovarono immischiati in una vera bolgia. Cominciarono a fare appello ad ogni tipo di attacco che avevano a disposizione, nel tentativo di ridurre al minimo i numeri avversari.
Ma per ogni cavallo che riuscivano a distruggere… un altro si univa alla mischia. Lentamente, gli incubi iniziarono a riunirsi fino a trasformarsi letteralmente in un’ondata di sabbia che si abbatté su di loro, avvolgendoli come una letale coperta che penetrava sotto la pelle ad ogni minimo movimento, infliggendo loro dolore e aumentando in maniera spropositata la loro paura: li schiacciò a terra di schiena e li bloccò, propagandosi fino a serrare le loro gole in una morsa.
Pitch tirò un lungo sospiro, come avesse davanti a sé il più inebriante dei profumi, mentre i suoi incubi ragliavano eccitati.
<< Sembra… che il gioco sia finito. Ciao ciao… >>
Gli altri incubi si trasformarono in un’altra onda, pronti ad inglobarli completamente.

                                                                                                                            * * * 

Approfittando dell’apertura offertagli dai team JEKP ed RWBY, il Dottore procedette a terminare l’hackeraggio della porta che conduceva al nucleo dati del pianeta. Facendo uso del Cacciavite Sonico, non gli fu difficile disattivare i blocchi d’accesso collegati ai codici armamentari e alle difese dell’archivio.
Il complesso era strutturato secondo un unico e lungo corridoio protetto da numerose porte in adamantio miste a torrette a infrarossi e barriere composte di puro plasma condensato, capaci di resistere perfino ad una bomba nucleare.
In genere, tali posti di blocco sarebbero stati presieduti da altrettante guardie, la cui attenzione era stata attualmente rivolta altrove. E ora… pure le difese automatizzate erano state totalmente sbaragliate. L’intero archivio era a completa disposizione del Signore del Tempo.
Una volta giunto alla fine del corridoio, questi si trovò di fronte ad una grossa asta di metallo situata al centro di una stanza sferica dalle pareti bianche e immacolate. Dopo aver constatato che pure quella zona era ormai priva di difese, il Dottore puntò il Cacciavite Sonico verso la matrice dell’archivio e cominciò ad estrarre tutti quei dati che corrispondevano ad aspetti ben precisi della logistica imperiale: qualunque informazione riguardante la locazione di progetti sconosciuti o pianeti che non comparivano nelle mappe di Battleground note al pubblico. Nemmeno il suo Cacciavite - per quanto dotato di una memoria di notevoli dimensioni - sarebbe stato in grado di recuperare il contenuto totale di quell’archivio.
L’intera operazione richiese un totale di dieci minuti. Una volta completata, il Signore del Tempo si portò una mano al proprio auricolare.
<< Missione compiuta >> esordì con tono visibilmente sollevato << Tornate tutti al Falcon… adesso! >>

                                                                                                                          * * *

Gli stormtroopers raggiunsero immediatamente l’astroporto, marciando in una fila frontale di tre membri, proprio lungo il sentiero previsto dal Vigilante Mascherato. Tenevano i blaster alti e i caschi girati a scrutare ogni direzione, decisi a scovare chiunque fosse l’artefice di quel palese disastro. Tuttavia, non fecero nemmeno in tempo ad entrare completamente dentro l’hangar che si ritrovarono davanti a loro… un barbagianni.
Un barbagianni appollaiato in mezzo all’asfalto della strada, ritto a fissarli con due grandi occhioni scuri, intrisi di un’insospettabile e irresistibile dolcezza.
I soldati si bloccarono a guardarlo, spiazzati, sbigottiti e sotto sotto… anche inteneriti.
<< Che… significa? >> fece una recluta, esitante, quasi si aspettasse che il rapace gli rispondesse giustificando la propria insolita presenza – un pensiero assolutamente ridicolo – o che, di rimando, fosse uno dei suoi colleghi a fornire una spiegazione logica… ma nessuno aprì bocca.
Rimasero fermi per qualche istante, forse in attesa che il volatile liberasse la pista, ma quello restava fermo e immobile, con un’aria apparentemente tranquilla e ignara.
Spazientito, uno stormtrooper più in fondo alla fila sbottò: << Non abbiamo tempo da perdere! Qualcuno gli spari! >>
Il barbagianni, quasi avesse compreso sul serio il significato di quelle parole, girò il capino rotondo nella sua direzione: di fronte a quei grandi occhioni lucidi, il soldato deglutì appena, irrazionalmente mortificato dalla cattiveria appena detta.
La recluta al suo fianco gli fece un cenno col blaster, come a dire: “Tu lo hai proposto, tu te ne liberi”.
Il primo stormtrooper imprecò sonoramente: sembrava piuttosto titubante dall’eseguire la propria proposta di sparargli a sangue freddo. Ripose il blaster nella cintura e ruppe la propria riga per avvicinarsi alla creaturina, poi allungò le mani con la palese intenzione di raccoglierlo e spostarlo.
L’animale si lasciò sollevare da terra docilmente, senza fare una piega, e a quel punto il soldato si sentì piuttosto incerto di cosa farne, così lo trasportò di fronte alle altre reclute, in attesa di suggerimenti.
Come fu ad un metro da loro, un orrido stridio si liberò dal becco del rapace, distruggendo tutta la dolcezza della sua figura: spalancò le ali e sfoderò gli artigli, gettandosi addosso al primo stormtrooper che aveva di fronte, beccandolo e graffiandolo senza pietà.
<< GAH! TOGLIETEMELO DI DOSSO! >> gridò quest’ultimo, barcollando in preda al panico e finendo addosso alle altre reclute della propria fila, facendo perdere loro l’equilibrio e spedendole a terra in un cumulo umano.
Le altre file, dapprima incredule e sbigottite, furono leste a recuperare subito l’autocontrollo e puntarono tutti i propri blaster in direzione dell’animale. Ma proprio in quel momento, Royal Noir si materializzò nel cielo e planò in picchiata.
Frecce di pura luce verde piovvero sugli stormtroopers, centrandone in pieno la maggior parte attraverso la loro bianca armatura e facendone stramazzare molti al suolo.
<< Royal Noir! >> lo riconobbe uno dei soldati, ancora in piedi << Abbattetelo! ORA! >>
Proiettili laser volarono da ogni direzione, sparati dalla prima fila di reclute. Il Vigilante Mascherato si esibì una virata per schivarne la prima ondata, rispondendo al fuoco di conseguenza, per poi schivare di nuovo e colpire a sua volta: una continua danza aerea il cui palcoscenico era il cielo contornato dalle luci dei laser.
Ad un certo punto, si lanciò in avanti e travolse una fila di stormtroopers servendosi delle ali, ma a quel punto fu costretto ad indietreggiare e atterrare. Rowlet fece del suo meglio per aiutarlo, continuando a bersagliarne e disorientarne altri il più possibile, in modo che non si riversassero tutti addosso al padroncino. Tuttavia, dovette stare molto attento a non farsi colpire a propria volta.
Costretto con i piedi per terra, Fire non perse tempo e si prodigò immediatamente per incoccare, scagliare e colpire, rapidissimo e preciso: non poteva concedere agli avversari neanche un istante, doveva sfruttare ogni attimo di distrazione, ogni punto cieco e ogni possibile apertura, altrimenti avrebbero fatto a pezzi lui e l’amico piumato.
E non potevano permettersi di rinunciare tanto presto. Dovevano resistere il più possibile.
Ad un tratto, smise di sparare e volò in avanti, facendo in modo di portarsi nel bel mezzo delle file compatte dei suoi nemici, muovendosi in mezzo al contingente e costringendoli praticamente a spararsi fra di loro per tentare di colpirlo. Fortunatamente, il continuo allenamento praticato alla base stava dando i suoi frutti: la sua velocità e la sua prontezza di riflessi erano aumentati notevolmente.
Nell’abbassarsi sulle ginocchia per scansare l’ennesimo colpo, agguantò l’arco con entrambe le mani a mo’ di mazza, incanalandolo nella propria energia. Fatto ciò, vibrò un colpo, rilasciando una piccola onda d’urto: un’altra fila di stormtroopers persero l’equilibrio, trascinando altri con sé, mentre alcuni furono colpiti dalla sparatoria.
Ne approfittò per portarsi vicino ad altri depositi di carburante posti affianco ad una navetta: con uno sforzo immane, diede una sonora spinta ad uno dei carretti e fece precipitare i barili, colpendoli ciascuno con una freccia. Subito si riparò insieme al barbagianni dietro l’astronave più vicina, mentre le esplosioni scatenate dilagavano, decimando il resto dell’esercito.
A quel punto, calato il silenzio, il Vigilante Mascherato volò fuori dal suo nascondiglio e atterrò al centro dell’hangar, deciso ad assicurarsi che la via fosse libera; Rowlet gli planò accanto, appollaiandosi sulla spalla per supportarlo.
Aveva appena terminato di compiere quell’azione, quando numerose altre file di stormtroopers sciamarono all’interno dell’hangar, i fucili puntati dritto verso la figura dell’adolescente: riuscirono in poco tempo a circondarlo in un cerchio perfettamente compatto e a tenerlo sotto tiro.
<< Fermo dove sei o apriamo il fuoco! >> intimarono.
“Merda!”
Aveva ancora l’arco in mano, avrebbe potuto provare a colpirne qualcuno aprendosi così un varco, oppure provare a spiccare il volo… oppure ancora tentare di sgusciare via, ma nella posizione attuale erano opzioni impraticabili. Ipotizzò non gli avessero ancora sparato solo perché stavano aspettando un suo qualunque segno di resa: probabilmente era giunto loro l’ordine di catturarlo vivo, se possibile, e non necessariamente illeso.
Non poteva e non voleva arrendersi. Adesso doveva giocarsi l’ultima carta che gli era rimasta, non aveva scelta.
<< Accelerator >> chiamò in un sussurro all’auricolare.
Ma in risposta, dal canale dell’albino ricevette solamente evidenti brusii di una battaglia. Maledizione, dieci a uno che qualcosa era andato storto a qualcun altro… ed era già stato chiamato a offrire supporto.
<< Thor >> tentò allora, ma stavolta uno stormtrooper un po’ più sveglio degli altri se ne accorse e senza esitazione gli sparò contro un colpo di avvertimento.
Rowlet bubolò e volò in alto per evitarlo, mentre Royal si abbassò accucciandosi a terra, premendo la mano libera sull’auricolare.
<< Thor! Sono Royal! >> gridò nel microfono, pregando con tutto se stesso che il dio fosse in grado di sentirlo << Sono troppi, mi hanno bloccato! Ho bisogno di aiu-…! >>
SKREEEK!
<< DAH! >>
L’auricolare gli aveva appena rifilato una piccola scossa al timpano. Lo agguantò di scatto, giusto in tempo per vederlo letteralmente spezzarsi in due in un piccolo ronzio e una scintilla elettrica, rapidamente soffocati in un sibilo. Sconcertato, il ragazzo si bloccò a fissare il proprio palmo, dal quale caddero degli ormai inservibili pezzetti di metallo.
“Che cazzo è successo!?”
Era inconcepibile. L’aveva solo toccato, per la miseria, non aveva neppure esercitato chissà quale presa! Gli riusciva piuttosto difficile credere fosse stato costruito in maniera così scadente da rompersi di punto in bianco, specialmente se aveva funzionato fino ad ora! E di certo non era stato il proiettile laser di un altro stormtrooper a colpirlo.
No, l’aveva visto con i propri occhi: il metallo si era piegato da solo fino a spezzarsi completamente e a distruggersi in mille pezzi.
Da solo… o mosso da una misteriosa presa invisibile?
Ma prima di poter anche solo decidere di approfondire quel folle pensiero, la voce di Rowlet lo riscosse.
<< Padron Royal! >>
Il suo tono era di avvertimento, intriso di pura preoccupazione e ansia. Gli atterrò sull’avambraccio, un’espressione assolutamente terrorizzata nello sguardo. Poi, si girò a guardare qualcuno – o qualcosa – che si era materializzato di fronte a loro.
Una morsa d’ansia serrò lentamente lo stomaco dell’incappucciato. D’istinto, strinse forte le dita attorno all’arco, mentre, con un gesto rapido, sollevava il capo per scrutare fisso davanti a sé.
La prima cosa che percepì fu l’odore chimico e in un certo senso medicinale, come un unguento strofinato su un droide. Poi gli giunse il suono di passi, insieme al gemito meccanico di un centinaio di manipolatori lucenti che venivano attivati, illuminando la rampa di lancio.
Una nuvola di vapore si diffuse nell'area e, mentre i suoi occhi si adattavano, sentì un nuovo rumore: un cupo stridio metallico, il respiro avido e disperato di una creatura che non avrebbe dovuto essere viva.
Alcuni stormtroopers si allontanarono, ma il ragazzo quasi non se ne accorse, mentre cercava di assemblare i barlumi intravisti dell’ombra che aveva davanti, fino a ottenere un’immagine riconoscibile.
<< Quello… è stato un errore >> furono le parole della cosa che respirava nel buio, profonde e potenti come la voce di un abisso.
Il vapore si andò dissipando e le ombre si solidificarono in una sagoma che avanzava. Davanti all'arciere incombette una figura in metallo nero e armatura d’ebano, con una piastra sul petto che scintillava di luci, piena di controlli e display. Il casco era un orrore scheletrico, lucido tanto da risplendere, e incolore tranne che per le lenti cremisi al posto degli occhi.
Rowlet si rannicchiò lungo la sua spalla, terrorizzato al punto da cercare di soffocare i propri bubolii per timore di poter essere udito. Lo avevano entrambi riconosciuto, pur non avendolo mai visto dal vivo: non c’era nessuno in tutta Battleground che non conoscesse il suo aspetto e il suo nome.
Darth Vader.
Royal si risollevò lentamente in piedi, mentre avvertiva ogni muscolo del proprio corpo farsi rigido e una cascata di brividi attraversargli la schiena. Non andava bene, non andava per niente bene. La situazione si era evoluta in una vena a dir poco catastrofica. Tutto avrebbe potuto aspettarsi, tranne che il suo diversivo avrebbe attirato proprio lui.
<< Rowlet >> sussurrò piano all’amico piumato << vattene subito da qui. Vola più lontano che puoi, trova Thor e fallo venire qui. Non voltarti indietro per nessuna ragione, e non pensare minimamente a me. È un ordine. >>
Il barbagianni lo fissò con gli occhioni lucidi. Avrebbe con tutto il cuore voluto protestare: non avrebbe mai voluto abbandonare il padroncino in balìa di quel mostro, ma comprendeva che, al momento, quello era l’unico modo per poterlo effettivamente salvare. Quindi spalancò le ali e spiccò il volo, allontanandosi in tutta fretta dal campo di battaglia.
A quel punto, il Vigilante Mascherato spostò gli occhi in direzione del suo imminente avversario.
Vader inclinò la testa di lato, scrutandolo attentamente da capo a piedi.
<< Ero sicuro che i fallimenti di Shen sarebbero diventati un mio problema, prima o poi >> disse attraverso il respiratore della maschera << Sei molto lontano da casa… Royal Noir. >>
<< Darth Vader mi conosce… quale onore. >>
L’ultima cosa che Fire avrebbe voluto fare in quel momento era utilizzare il sarcasmo… ma aveva bisogno di guadagnare più tempo possibile, per permettere a Thor di accorrere. Per tale ragione ostentò una sicurezza che non aveva e accennò un sorriso sulle labbra.
<< Devo confessare di essere a mia volta sorpreso. Non avrei mai immaginato che foste il tipo da feste di gala. >>
<< Occasione speciale >> rispose il Sith, mentre estraeva un cilindro argentato dalla cintura della tuta.
Una lunga lama di puro laser rosso si protrasse dall'oggetto, facendo calare un'ombra scarlatta sulla pista d'atterraggio.
<< Devo ammettere che la tue azioni mi incuriosiscono, Vigilante Mascherato. Non pensavo avessi alterchi con il senatore Skywalker. >>
Puntò la spada laser in direzione dell'arciere.
<< Per quale ragione sei qui? Dimmelo, e posso assicurarti che la tua morte sarà rapida e indolore. >>
Royal fissò l’arma, poi il suo interlocutore.
<< Non sono incline ad ottemperare alla vostra richiesta. >>
Levò davanti a sé il braccio in cui reggeva l'arco, mentre nell’altra mano iniziò a concentrare scintille di luce verde.
<< Vuol dire “no”. >>
Vader rimase in silenzio, mentre il suo respiro divenne l'unico suono a riecheggiare per la piazzola d'atterraggio.
<< Allora perirai… più coraggioso di altri. >>
E, dopo aver pronunciato tali parole, l'uomo alzò la mano destra… e un torrente di fulmini fuoriuscì dalla dita dell'inquisitore, puntando dritto verso di lui.
L’arciere fece un balzo all’indietro, servendosi dello slancio fornitogli dalle ali: le scariche colpirono il punto in cui si trovava fino ad un secondo prima, generando un’onda di calore che lo spinse ulteriormente in alto.
Sfruttò l’occasione per compiere una rapida giravolta aerea e fare la propria mossa: caricato il palmo di energia, creò tre frecce in contemporanea e le scagliò dall'alto dritte contro il proprio avversario. Poi volò di lato e ne liberò altre tre, e poi altre tre ancora dalla direzione opposta.
Non era tanto stupido da pensare di poter incrociare la lama con un combattente d'alto livello quale naturalmente era l’Oscuro Signore dei Sith: se voleva avere una minima speranza di cavarsela, almeno finché non fossero giunti i soccorsi, doveva giocare sulla distanza e servirsi della propria agilità.
Vader si limitò a sollevare la mano. Come agguantate una forza invisibile, i proiettili di pura energia si bloccarono a mezz'aria, poi cominciarono lentamente a ruotare verso la figura dell’incappucciato e partirono spediti contro di lui.
Colto di sorpresa, Fire agì di puro impulso. Invece di schivare come avrebbe fatto di solito, portò in avanti le mani e richiamò tutte le frecce verso di sé. Fatto questo, le fuse assieme, plasmandole in una coppia di fruste di energia. Dopo aver evitato gli altri proiettili, il ragazzo le fece schioccare e poi scattare dall’alto verso il basso, dritte contro l'avversario.
Questa volta, il Sith fu costretto ad intercettare i colpi con la spada, muovendola agilmente per reindirizzarli. Ne schivò un paio scansandosi di lato, mentre altri si limitò a parlarli. Ad un tratto, il laser di una delle fruste si attorcigliò attorno a quello della lama.
<< Notevole >> commentò, per poi ribaltare la situazione a proprio vantaggio, cercando di attirare l’avversario verso terra.
Royal vibrò un colpo con la frusta libera, avvolgendola attorno alla caviglia dell’uomo e tirando a propria volta, servendosi delle ali per esercitare più forza possibile. Tuttavia, quella del guerriero nero si rivelò maggiore della sua: con un secco movimento di braccio e caviglia, pose fine alla sua resistenza e lo trascinò verso di sé, la spada puntata in avanti, con la precisa intenzione di conficcargliela nel petto non appena l’avrebbe raggiunto.
Con uno sforzo estremo, l’incappucciato fece svanire le fruste e fletté ogni muscolo del proprio corpo, piegando di molto il busto all’indietro e concentrandovi gran parte del proprio peso: mancò per un pelo la lama della spada laser e scivolò di schiena sotto le gambe dell’avversario, fermandosi dietro di lui.
Vader si girò, apparentemente impressionato. << Ancora più notevole. >>
Compì un rapido passo in avanti, approfittando del suo essere a terra disarmato per calare un affondo: il ragazzo rotolò di lato per evitare il primo colpo, e poi anche il secondo, mentre la punta della lama generava profonde bruciature sul terreno.
Royal si allontanò con una capriola all’indietro, per poi rimettersi in piedi con un balzo. Stretto l’arco tra le mani, gli liberò contro un’altra freccia, ma al Sith bastò calare in avanti la spada per dissiparla, tagliandola letteralmente in due.
<< Forse non dobbiamo essere nemici. Il mio padrone sarà più che felice di reclutare un giovane dotato delle tue particolari… abilità. >>
Il Vigilante fece un passo indietro, incoccando una freccia d’energia nell’arco e puntandogliela contro.
<< Non ho alcun interesse a diventare uno dei leccapiedi al suo servizio. >>
Per un un secondo, il tempo parve fermarsi. Un silenzio inesorabile sembrò calare nelle profondità dell’hangar.
In tutta risposta alle provocazioni del giovane, Vader assunse una posizione di battaglia.
<< In questo caso… mostrami quello che sai fare, piccolo arciere. >>
Royal Noir cominciò lesto a correre in cerchio mentre intorno a sé saettavano numerosissime frecce lanciate contro l’avversario. Quest’ultimo si limitò a far roteare l’arma dinnanzi a sé per proteggersi, deviandone alcune e tagliandone altre a metà.
Ben presto, si rese conto che il ragazzo stava cercando di evitare con tutto se stesso lo scontro diretto. O era un codardo che stava aspettando l’occasione giusta per scappare… o era perfettamente consapevole di avere ben poche possibilità di affrontarlo lama contro lama.
Patetico. Il guerriero nero protese il palmo in avanti, liberandogli contro una potente spinta telecinetica: il Vigilante finì scagliato all'indietro, dritto contro un'astronave situata nelle vicinanze. Spalancò completamente le ali per frenare l'impatto e realizzare un atterraggio d'emergenza, le ginocchia piegate per attutire il contraccolpo.
A quel punto, Vader si lanciò in avanti: nonostante l'aspetto imponente, era sorprendentemente veloce e coprì la distanza tra lui e il ragazzo in pochi secondi.
Sollevò la spada laser, pronto a calarla sulla figura apparentemente inerme dell'arciere.
Ma ecco che, come dal nulla, un lampo di luce verde balenò nel campo visivo del Sith, mescolandosi al rosso della propria lama. Royal Noir aveva posto i pugni in avanti, dentro ai quali erano appena comparse due spade di pura energia.
La coppia di lame s’incontrò a mezz’aria una seconda volta, formando una sorta di X luminescente. Ben presto, entrambi i combattenti si ritrovarono impegnati in una danza mortale.
Il terreno attorno a loro cominciò a cedere sotto la potenza dei rispettivi colpi, ma il Signore dei Sith era visibilmente in vantaggio.
Fire fece appello a tutta la forza che aveva in corpo per resistere all’assalto dell’uomo, il quale tuttavia non sembrava nemmeno impegnarsi: i suoi movimenti erano elementari al meglio, elaborati quel tanto che bastava per superare la sua forza. Era come se stesse giocando con lui.
Entrambi rimasero bloccati in una sorta di stallo, con le lame bloccate al centro dell’astroporto. Vader strinse gli occhi dietro la maschera e fece pressione sulla spada, costringendo il Vigilante a indietreggiare di alcuni passi.
A un tratto sollevò la mano libera e gliela piazzò sullo stomaco, sprigionando un altro torrente di saette che questa volta centrò in pieno il ragazzo: Fire avvertì chiaramente lo sprizzo dell’elettricità che cominciò ad attraversargli il corpo. Si piegò in due, liberando un urlo lancinante, la mente incatenata nel dolore, la vista offuscata e il respiro compromesso.
<< Ti sei ingannato, illudendoti di poter uscire da questo scontro... incolume. >>
Di fronte alla sentenza del Signore dei Sith, la mente di Baelfire fu attraversata da un solo pensiero.
“Rowlet... Thor… dove siete?”

                                                                                                                                  * * * 

Il rombo di un tuono risuonò, bloccando sul nascere il calare dell’onda di tenebra, mentre una tempesta di fulmini si sprigionava e la dissolveva in mille frammenti di sabbia. Allo stesso tempo, un enorme Ursa color bianco e azzurro piombò dritto dall’alto sul Signore degli Incubi, disarcionandolo con inaudita violenza e attaccandolo.
Weiss Schnee sbucò dal nulla e corse a portarsi al fianco dei propri compagni.
<< Ragazzi! >> gridò l'albina.
Veloce come il lampo di cui era padrone, il possente Thor si materializzò accanto a lei, dinnanzi ai giovani bloccati al suolo. Afferrò il manico di cuoio del martello con entrambe le mani, stringendolo con forza: saette e scintille scaturirono dalla dura pietra dell'arma e si abbatterono contro l'oscura massa che li bloccava, disintegrandola.
I Cacciatori si risollevarono in piedi a fatica. Non sembravano feriti, eppure ansimavano e boccheggiavano quasi avessero subito una maratona. Una maratona di film horror, a giudicare dalle loro espressioni terrificate.
<< State bene!? >> domandò Weiss, preoccupata, mettendosi subito al fianco di una Yang visibilmente martoriata.  
<< Sì… >> rispose Ruby a nome di tutti. Poi, prese un respiro profondo e le si avvicinò, riconsegnandole in mano Myrtnaster << Grazie. Mi è stata davvero di grande aiuto. >>
Nel mentre, il dio del tuono si girò verso la figura di Pitch Black, tenuto fermo dall’Ursa.
<< Sfruttare le paure per avvalersi sul nemico è una delle tattiche più meschine e vigliacche che abbia mai visto nella mia secolare esistenza. Se tu sei la paura incarnata, Uomo Nero... >>
Sollevò il martello, il quale scintillò di crepitante energia.
<< Allora dovrai aver paura del mio tuono! >>
Una fragorosa, disturbante e secca risata accolse quella dichiarazione, scuotendo prepotentemente gli animi dei presenti. Solo il dio ebbe la forza di non vacillare: serrò i denti e fece per calare l’arma, ma quando guardò meglio, si rese conto che lo spirito non c’era. Si guardò intorno, finché non lo vide levitare metri sopra la propria testa, circondato da anelli di sabbia nera e dagli incubi purosangue ammassati a frotte sotto i piedi.
<< Il tuo tuono non ha altro potere qui, se non quello di servirmi, Thor il Crudele, massacratore di giganti e di innocenti! Oooh, se tu sapessi, quanti adorabili angoscianti incubi la tua storia ha provocato nei cuori di coloro che un tempo chiamavi il tuo popolo, e in coloro che avevi giurato di proteggere! Ti ostini a lottare per coloro che ti rifiutano, una volta vista la tua natura di macellaio... e per cosa? Per un becero, miserabile senso dell'onore e della giustizia? Non farmi ridere... è quello che racconti a te stesso per fuggire dai rimorsi e dalla vergogna totale del fallimento! >>
A quelle parole, un'immensa coltre nera come la pece si formò sopra il cielo, coprendolo completamente, e - dopo un gesto delle dita di Black - da essa si liberò una pioggia di gocce nere, la cui caduta dritta contro i Time Warriors le tramutò in lance e frecce acuminate.
James scattò in avanti, riparando Yang e Ruby con degli scudi generati grazie alla propria corazza. Weiss attivò dei Glifi di protezione, mentre Emil e Penny si fiancheggiarono, combinando i propri poteri: un misto di onde gravitazionali e raggi laser defletté e respinse gran parte dei proiettili. Dal canto suo, l'asgardiano saldò la presa sulla fedele arma e la fece roteare sopra la sua testa per deviare manualmente le lance di sabbia.
Nel profondo, le frasi di Pitch l’avevano colpito dritto nel segno: non mancò di stringere i denti, e per qualche secondo esitò, rischiando di vacillare. Tuttavia, conosceva bene il potere di una lingua biforcuta: Black era chiaramente un maestro nell'arte della tortura psicologica e alla fine il suo modus operandi non era molto diverso da quello di Loki. Questo poneva il dio in un discreto vantaggio.
<< Usi parole forti, Signore delle Sabbie Oscure. Parole che le mie orecchie hanno già udito. Tutto questo non è niente che io non abbia già sentito pronunciare da mio fratello! >>
Con un gesto, fece roteare il martello e glielo scagliò dritto contro. Black spalancò le braccia e gli anelli di sabbia che lo circondavano subito si protrassero in avanti e si condensarono a formare un saldo scudo contro cui il maglio rimbalzò, liberando forti scariche al contraccolpo.
Pitch ringhiò: aveva largamente sentito quel colpo, ma non vacillò. Svanì in uno sbuffo di sabbia, cercando di approfittare dell'essere disarmato del dio per attaccarlo alle spalle con la propria falce.
Nel mentre, gli incubi purosangue nitrirono e caricarono dritti contro i sette ragazzi, i quali, liberatisi dalla pioggia, si coordinarono per respingere il loro assalto. Quegli esseri erano senza alcun dubbio veloci e forti, ma mancavano di gran lunga in resistenza rispetto ai Grimm che erano abituati a combattere, e col loro padrone distratto da Thor erano molto meno pericolosi, venendo facilmente tranciati dalle lame, perforati dai proiettili, o distrutti dalle esplosioni di Polvere.
Nel mentre, il tonante fu lesto a girarsi e a scansare la falce del proprio nemico, seppur di striscio: un discreto squarcio si formò lungo il petto dell’asgardiano, costringendolo a ritrarsi.
<< Thor! >> gridò Emil, mentre spaccava il muso di un incubo con un calcio.
Tentò di correre verso il dio del tuono, ma un’altra ondata di incubi glielo impedì, costringendolo ad assumere la sua forma semi bestiale per distruggerli ad uno ad uno con pugni infusi di energia o potenti artigliate.
Fortunatamente, l’armatura aveva protetto bene il principe di Asgard, tanto da evitare di farlo tentennare: egli richiamò immediatamente l’arma nella mano e batté violentemente la punta del manico sul terreno, innescando una potente onda d’urto.
Black affondò la lama nel terreno per incassare il colpo ed evitare di finire spazzato via. Gli bastò lanciare un'occhiata all’avversario e dei filamenti oscuri spuntarono dal terreno, avvolgendosi attorno al corpo del biondo e bloccandolo mentre, con tutta calma, il suo creatore estraeva la falce dal terreno.
<< I tuoi trucchi non finiscono mai, vero, Uomo Nero? >>
Pitch Black inarcò un sopracciglio. Pur essendo un dio, era inusuale che non provasse a ribellarsi, avendo i polsi e le caviglie intrecciati nelle sue spire capaci di far venire a galla le paure. Ma Thor stava facendo appello a tutta la propria forza di volontà per mantenersi calmo, nonostante il dolore e il terrore che cercava di farsi strada nel suo animo.
<< Non è da tutti fregiarsi dell’impresa di aver ferito il figlio di Odino. Ma ora io ti pongo una domanda... tu sei quanto più vicino a un dio della paura. Ma altresì… sai di cosa Thor è il dio? >>
A quelle parole, Pitch avvertì una goccia di pioggia sul suo naso, seguita poi... dal tuono. Un fulmine scaturì prorompente dal cielo e lo investì in pieno, propagandosi da capo a piedi lungo tutto il corpo dello spirito. Cacciò un urlo agghiacciante, che poi lentamente si trasformò in una risata. Si trasformò in una colonna di sabbia ed esplose in mille frammenti, svanendo nel nulla, assieme ai viticci neri: Thor poté così liberarsi, ma non appena vide che Pitch se ne era andato, non poté trattenere un ringhio.
Nel mentre, Ruby roteò con maestria la sua falce, eliminando un’altra decina di incubi. Sfortunatamente… ne rimanevano molti altri. Rivolse lo sguardo ai due contendenti, e così notò l’assenza dell’Uomo Nero. Una buona notizia, peccato che i suoi sgherri neri non erano svaniti… tutt’altro. Sembravano essersi moltiplicati!
Richiamò il dio del tuono con urgenza: << Thor, devi teletrasportarci via da qui! >>
Ma la collera e lo sdegno di fronte a quell’atto di pura codardia aveva invaso il figlio di Odino, impedendogli di ascoltarla.
Gridò con la sua voce tonante: << Vigliacco! Torna qui e affrontami! Affrontami, Signore degli Incubi! Il nostro duello non è ancora finito! Potrai anche nasconderti nelle tenebre, ma niente ti salverà dall’ira del principe di Asgard! >>
Ma nel mentre sbraitava, non si accorse che il resto degli incubi purosangue si stavano lentamente congiungendo l'uno con l'altro.
<< Guardate! >> gridò Penny.
Sotto i loro occhi increduli, la sabbia crebbe a vista d'occhio e si addensò, assumendo delle sembianze ben precise. Un immenso serpente dal lucente corpo corvino, grosso e lungo come il tronco di una quercia sistemato in posizione eretta. Aveva due occhi tondi e gialli, il cranio irto di placche dorsali e il collo rivestito di un collare di pura pelle squamosa.
<< C-Cos’è quell'affare? >> sussurrò incredulo James, mentre anche gli altri Cacciatori rimanevano ad osservarlo a bocca aperta, terrificati.
Pitch Black si trovava appollaiato in piedi sopra la sua testa, le braccia congiunte dietro la schiena e un sorriso trionfante.
<< Mi stavi cercando, Tonante? >> domandò, mellifluo << Stavo giusto preparando un regalo, tutto solo per te, e questo è il risultato... ti ricorda qualcosa, Thor!? >>
Alla vista della gigantesca serpe, il dio in questione dovette indietreggiare di qualche passo, scioccato come si era mai mostrato fino a quel momento.
<< No... è impossibile! Egli è rinchiuso negli abissi più neri per l’eternità! Questa è solo la tua magia nera! >>
<< Oh, ma certo che è rinchiuso negli abissi più neri! >> gli rispose l'Uomo Nero, ridente << Gli abissi più neri del tuo cuore! Perché è di questo che si tratta, non è così, caro il mio principino reietto? Questo è il tuo orrore e terrore più grande… proprio qui, davanti ai tuoi occhi! Sai di non potervi sfuggire... lo temi, lo eviti, il destino arriva comunque! E con esso... anche la tua caduta, figlio di Odino! >>
Il serpente emise un sibilo basso e scattò in avanti, agguantando tra le spire ciascuno dei presenti, soffocandoli lentamente con tutta la forza che aveva in esse.
Il dio del tuono si ritrovò incapace di potersi ribellare. Aveva paura, no, anzi, era terrorizzato dalla forma di quella serpe e dal pensiero di ciò che sarebbe dovuto accadere nel giorno fatale a causa di essa.
In quel turbinio di dolore, vide anche i suoi compagni avvolti nelle spire, anch'essi torturati dalla bestia sabbiosa. Un flash percorse la mente dell'asgardiano, un'immagine di Qrow Branwen…il ricordo di come non era riuscito a salvarlo, poiché giunto troppo tardi.
<< Mai... più... >> sibilò a denti stretti. << Mai più permetterò che accada. Mai più qualcun altro dovrà morire finché ci sarò io! Non dovrà mai più accadere! >> Poi, alzò lo sguardo. << Cieli, datemi la forza! Nubi, tempeste e tuoni! Rispondente ancora una volta al mio comando! Permettete al vostro signore di trionfare contro questa aberrazione! >>
Dopodiché un grosso fulmine si abbatté sul serpente e sul suo creatore. Fu un colpo potente a sufficienza da sbalzare via quest’ultimo e a ridurre il gigantesco essere in misera cenere.
Pitch giacque a terra supino, gravemente ferito e incapace di poter minimamente reagire. Sopra di lui, ritto in piedi, Thor richiamò a sé il Mjolnir. Stavolta era completamente furioso: vibrava letteralmente di pura collera, distinguibile nei suoi occhi saettanti, mentre l’aria attorno a lui crepitava ed emetteva un forte odore di ozono.
<< Uomo Nero… hai osato introdurti nella testa del Tonante, e peccato ancora più grave... hai cercato di assassinare i miei fratelli e sorelle di scudo. Questa volta io non avrò alcuna misericordia. La tua risata si spegnerà sotto il peso del castigo che ti infliggerò! >>
Agguantò il manico del maglio con entrambe le mani e lo sollevò sopra il proprio elmo, pronto ad abbatterlo senza pietà sulla figura inerme dello spirito e annientarlo definitivamente.
Ma proprio in quel momento, un acuto bubolio percorse l'aria, bloccando involontariamente l’asgardiano dalla propria azione, mentre la figura di Rowlet il barbagianni si materializzava sul campo di battaglia, schizzando verso di lui.
<< Totò! >> gridò << Aiuto, Totò! >>
<< Vattene, uccello! >> tuonò Thor in risposta << Non frenare la mia mano dinnanzi a questo mostro. Dovrà subire la punizione del dio del tuono! >>
<< Rowlet non vorrebbe, ma deve fermare Totò! Ha bisogno che lo ascolti! >> rispose il barbagianni, con gli occhi inumiditi. << Padron Fire è in grave pericolo! Il mostro col casco lo ha attaccato! Solo Totò può aiutarlo e salvarlo! Ti prego… ti prego, Totò, vieni via con Rowlet! >>
Il mostro col casco.
Per il figlio di Odino non fu affatto difficile capire a chi si stesse riferendo. Il suo cuore cominciò a battere freneticamente.
Desiderava porre fine alla vita di Pitch Black in quel momento con ogni fibra del suo corpo… ma se avesse perso ancora tempo, il figlio di Lada avrebbe certamente rischiato di non sopravvivere affatto contro Darth Vader.
Chissà da quanto tempo quel coraggioso uccellino era volato via dallo scontro nella speranza di trovarlo perché aiutasse il padroncino, chissà da quanto tempo il ragazzo era in completa balìa dell’Oscuro Signore nell’attesa dei soccorsi.
“Da un grande potere derivano grandi responsabilità” ripeteva sempre un suo vecchio, caro amico della sua vita precedente.
Aveva ragione. Non poteva abbandonare un compagno al suo destino. Recuperata la lucidità, il dio abbassò la mano, mosso dalla pietà e dal sentimento.
<< Fammi strada, uccellino >> disse, infine.
Rapidissimo, Rowlet gli voltò le spalle e si sollevò in aria, dritto verso una direzione precisa. Senza perdere altro tempo, Thor strinse forte Mjolnir e spiccò il volo.
Si fece immediatamente spiegare dal rapace dove si trovasse il luogo e le istruzioni per raggiungerlo. Poi, il cucciolo gli si aggrappò all’elmo e si tenne ben stretto, mentre lui partiva con tutta la propria fulminea velocità.
Nemmeno questa volta era riuscito a sconfiggere definitivamente un suo nemico, se ne vergognava profondamente, tuttavia era più che convinto che salvare la vita del ragazzo avrebbe compensato ampiamente l’onta subita.
Nel frattempo, ripresisi dalla brutta esperienza col serpente gigante, il team JEKP e il team RWBY rivolsero lo sguardo all'apparentemente svenuto Pitch Black.
<< Che ne facciamo? >> domandò Penny.
In risposta, Ruby riprese Crescent Rose, mentre una piccola nuvola di petali iniziava a circondarla.
<< Credo finirò il lavoro di Thor. Un essere simile non può giocare con la mente di chi gli capita >> disse, stentorea, prima di fiondarsi su di lui con tutta l'intenzione di dargli il colpo di grazia.
Ma quando si avvicinò, il corpo dello spirito si trasmutò in sabbia e sparì ancora una volta.
Ruby deglutì e rimase con la lama sollevata, guardandosi intorno, in attesa dell’ennesimo attacco a tradimento da qualche parte. Ma non ottenne altro che silenzio, e così capì che questa volta l'Uomo Nero aveva battuto la completa ritirata.
Nonostante il disappunto per esserselo lasciato sfuggire, tirò un sospiro di sollievo e voltò lo sguardo in direzione dei compagni.
<< Andiamocene, prima che arrivino gli stormtroopers. >>

                                                                                                                           * * *

Il corpo di Royal Noir attraversò una navetta da parte a parte, spinto dalla forza telecinetica dell’Oscuro Signore dei Sith. Il mezzo di trasporto esplose in una miriade di schegge e frammenti di metallo, mentre il ragazzo crollava a terra lungo disteso prono, mantello e abiti lacerati nei punti in cui aveva subìto ferite e piccole ustioni, il cappuccio e la maschera inceneriti.
Il suo primo pensiero fu quello di provare a rialzarsi, ma si rese conto di percepire a malapena i propri muscoli. Era appena riuscito a recuperare la sensibilità sui gomiti, quando si sentì spingere nuovamente all’indietro, finendo con la schiena pressata contro una delle pareti dell’hangar.
La figura ammantata di Vader attraversò le fiamme con passo lento e marcato, senza mostrare il minimo segno di stanchezza.  
<< Hai fegato, ragazzo >> disse, con la sua voce bassa e baritonale << ma ti reprimi. Avverto molta rabbia in te… molto dolore… e paura. Ma per chi? Per te stesso? >>
Scosse la testa.
<< No, posso sentirlo. Hai paura per coloro a cui tieni >> affermò con tono di fatto, fermandosi di fronte a lui << Forse non ti ucciderò. No… ti torturerò, ed estrarrò le informazioni che mi servono direttamente dal tuo cervello. Dopodiché, darò la caccia a tutti coloro a cui tieni, braccandoli come bestiame… e solo allora, quando i loro corpi smembrati avranno esalato il loro ultimo respiro… avrai il mio permesso di morire. >>
Fire avrebbe giurato di poter vedere la propria vita riflessa nel rosso luminescente di quella lama infernale, mentre il terrore gelido che lo aveva invaso lo teneva inchiodato sul posto. Sapeva benissimo che le minacce di Darth Vader sarebbero state attuate: gli avrebbe fatto un male indicibile per costringerlo a parlare, e dubitava fortemente di poter riuscire ad opporsi sia al suo giogo sia ai suoi propositi di uccidere le persone che amava.
Al pensiero di quella prospettiva, sentì la rabbia montare, e a dispetto della situazione, gli rifilò in risposta un’occhiata sprezzante, le iridi che parevano animate da vere fiamme.
Che lo torturasse, dunque. Non gli avrebbe dato la soddisfazione di vederlo impaurito e remissivo.
Vader puntò la spada contro diversi punti del corpo, come per decidere dove gli avrebbe fatto più male. Ma quando passò appena sotto la gola, la luce del laser generò inspiegabilmente un piccolo lampo rosso e d'argento, attirando l’attenzione di entrambi.
Il colletto della tuta di lino si era stracciato a causa del duro sconto. Un cordoncino scuro ne era scivolato fuori, trascinando con sé l’anello di Lada, ora in bella vista al centro del petto del ragazzo.
Fu allora che accadde qualcosa di decisamente strano. Vader abbassò appena lo sguardo… e si bloccò di colpo.
Rimase completamente fermo e immobile, come pietrificato. Lentamente, la lama si abbassò lungo il suo fianco, sospesa a pochi centimetri dal terreno, vibrando nel vuoto dell'aria.
<< Dove… dove lo hai preso? >> sibilò, indicando il pendente.
Completamente spiazzato da quell'irrazionale reazione, Fire spalancò le palpebre. Abbassò lo sguardo sull’anello e poi sul Sith, sconcertato e confuso, senza osare proferire parola.
<< Rispondimi, ragazzo! >>
L’uomo spinse di colpo la mano in avanti, e il corpo dell’adolescente schizzò verso l'alto, sbattendo violentemente contro il fianco di una navetta, per poi essere sollevato malamente in posizione forzatamente eretta, a praticamente sessanta centimetri da terra.
L’Oscuro Signore allungò le dita in un pugno serrato, e in risposta a quel movimento Fire avvertì chiaramente il palmo di una mano invisibile serrarsi saldamente attorno alla trachea, soffocandolo. Emise un rantolio acuto mentre poggiava le mani attorno al collo, il respiro mozzato in gola.
 << Parla… ora! >> sentì sbraitare il suo torturatore, attraverso il respiratore della maschera.
Boccheggiando in agonia, si accorse di avvertire un flebile spiraglio d'aria passare nei polmoni: quel mostro non stava cercando di ucciderlo, voleva costringerlo a parlare per ottenere risposte alle proprie domande.
<< Sei stato tu, non è vero? L'hai uccisa tu, lurido verme! >> continuò a ringhiargli contro il Sith, il tono di voce che trasparivano la collera e il delirio più puri << Hai ucciso Lada! >>
<< C-Cosa!? >>
A causa del dolore e della carenza di ossigeno, la mente di Fire si obnubilò, impedendogli di riflettere a dovere, e la sua lingua si mosse, priva di freni inibitori.
<< N-No! Lei è…. mia… madre…! >>
Si sentì mollare di colpo: cadde a terra prono, i nervi del collo ancora pulsanti e tesi. Si massaggiò la gola, tossendo e ansimando sonoramente.
A quelle parole, l’Oscuro Signore aveva fatto un passo all'indietro, scuotendo il capo.
<< No... non è possibile... >> sussurrò quasi a se stesso.
Si portò una mano al volto, la stessa che fino a pochi secondi prima aveva utilizzato per strangolare il Vigilante.
<< Tu… tu menti! >> scattò rabbiosamente << Dimmi la verità! LA VERITÀ! >>
Vacillando mentre si risollevava in piedi, Fire vide il Sith puntargli nuovamente contro la mano, e subito una fitta lo attraversò, costringendolo ad avvolgere le proprie dita attorno alle tempie e a serrare le palpebre.
Gemette sonoramente. Era un dolore diverso da quello finora provato, ed era difficile da descrivere a parole. Non era un dolore fisico, ma un qualcosa che lo colpiva unicamente all’interno della sua mente.
Un attacco psichico. Ne aveva sentito parlare, era tra le capacità più conosciute in ambito di potenziale sovrannaturale, ma non ne aveva mai e poi mai subìto uno.
Sentiva – anzi, di più, vedeva palesarsi innanzi a sé – una mano nera provvista di artigli, il palmo serrato in una presa schiacciante attorno a quello che era il suo cervello. Aveva conficcato le unghie nelle sue sinapsi e con esse si stava facendo strada, infliggendogli dolore e scavando come in una fossa, alla ricerca di qualcosa di nascosto sotto la superficie di cui voleva impossessarsi a tutti i costi.
Ricordi. Aneddoti. Informazioni. Pensieri.
Vader stava per sfiorarli e ghermirli con le orribili dita affusolate mentali, deciso ad ottenere le proprie risposte. Ma proprio in quel momento, accadde qualcosa che non si sarebbe mai aspettato.
Percepì una forza opposta farsi strada contro la sua invasione mentale. Era debole, ma comunque abbastanza intensa da creargli qualche difficoltà.
<< ESCI! >> sentì urlare all’improvviso il ragazzino, la voce densa di orrore << ESCI DALLA MIA MENTE! ESCI! >>
Vide i suoi occhi spalancarsi di colpo, illuminati di pura luce verde. Di rimando, percepì qualcosa dentro la sua mente scattare, esattamente come una molla, contrastando la sua pressione e ricacciandola indietro con insospettabile violenza.
L’Oscuro Signore sussultò, anche se il suono venne attuato dal respiratore. Barcollò per un paio di secondi, come fosse appena stato schiaffeggiato, ma riuscì a mantenere l'equilibrio e fissò intensamente il Vigilante attraverso gli infrarossi della maschera.
“Ha... ha appena usato la Forza…”
Ma cos’era stato quel bagliore nei suoi occhi? Forse si stava ingannando, forse quello che aveva appena visto manifestarsi era qualcos’altro? Un qualche tipo di abilità ESP?
No…sapeva bene che non poteva essere il caso. Le abilità degli esper erano un incremento delle loro capacità cerebrali. La Forza, invece, permetteva ad una persona di attingere al campo telepatico che collegava ogni elemento dell'universo, dalle creature viventi agli oggetti inanimati.
E lui poteva sentirlo chiaramente: quel ragazzino… era sensibile alla Forza.
“Questo è impossibile. Sono l'unico rimasto” pensò “Non ci sono altri utenti di Forza nella galassia, sono tutti morti, io sono l’unico sopravvissuto del mio universo… a meno che…”
Disattivò la spada laser e si avvicinò ad appena un paio di metri dalla figura turbata dell’adolescente, prendendo un respiro profondo.
Fire ansimava, sorreggendosi alla spalla, la testa che girava. Non riusciva a capire cosa diavolo fosse appena successo. O meglio, l’aveva capito, ma semplicemente non riusciva a concepirlo, soprattutto il come e il perché fosse appena successo.
Non gli era mai capitato nulla di simile. Sapeva di essere in qualche modo sensibile dal punto di vista psichico, dato che i suoi poteri avevano sempre agito e funzionato proprio grazie alla focalizzazione mentale, ma respingere un attacco telepatico era qualcosa di completamente diverso. In tutto il tempo in cui si era allenato, i suoi poteri non si erano mai manifestati in quella forma… prima di quella sera.
<< Ragazzo… quanti anni hai? >>
Concentrato com’era a riflettere, la voce dell'uomo gli giunse appena in ritardo, così come la percezione del fatto che gli si era avvicinato. Stavolta il suo tono era calmo, e la cosa non fece altro che confonderlo ulteriormente.
Il suo cervello, di fronte al caos di pensieri creatosi, diede priorità assoluta alla reattività per impedire il completo cedimento delle funzioni nervose.
<< Diciotto... >>
Vader rimase in silenzio ancora una volta, accompagnato solo dal suono del suo respiro.
<< ... tua madre... >> fece, quasi con esitazione << è… è ancora viva? >>
La situazione si stava facendo sempre più paradossale. Non solo un nemico gli si stava palesemente rivolgendo a cuore aperto... si era reso conto, solo in quel momento, di fronte a quella semplice domanda, che da quando era giunto nella Resistenza, non aveva più domandato nulla di Lada al Dottore.
<< Io... >> Fire deglutì << io non lo so... >>
Era assurdo… come aveva potuto dimenticarsi di qualcosa di così importante!? Eppure... erano anche successe tante di quelle cose, in quei maledetti giorni di preparazione…
La voce del Signore dei Sith lo distrasse nuovamente da quella divagazione mentale.
<< E tuo padre? Dimmi, ragazzo… sai chi è? Conosci il suo nome? >> insistette, con tono quasi disperato.
<< No, io... io… non ne ho idea… credo… credo sia morto... >>
A quella parole, Vader compì un passo in avanti, scrutandolo con una tale intensità che, per un attimo, l'adolescente temette di rimanere bruciato dall'intensità di quello sguardo.
<< No… IO sono tuo padre. >>
Silenzio.
Un inesorabile, profondo e pesante silenzio avvolse completamente loro e l'ambiente circostante. In sottofondo erano udibili il ritmo frenetico del respiro dell’uomo, accompagnato dal battito accelerato del cuore dell’adolescente.
<< Co... cosa? >>
Se prima gli era sembrato di avere un caos incontrollabile all'interno della testa... adesso gli sembrava di non avere più nulla. Un vuoto completo gli aveva incatenato la mente, rendendolo incapace di reagire: rimase così, immobile e rigido come una statua, per un tempo apparentemente infinito, il respiro fermo.
Poi, di colpo, una sequenza frenetica di pensieri tutti simili fra loro gli attraversò la testa come un fulmine a ciel sereno, riattivando le facoltà mentali.
<< No... >>
“No. Non è vero. Non è possibile. Bugiardo.”
Fu solo all’udire l’ennesimo battito furioso del cuore che si ricordò di respirare. La saliva gli si era seccata in gola al punto da fargli uscire solament sibili bassi dalla bocca.
<< Bugiardo... >> mormorò a mezza voce, più per rassicurare sé stesso che per accusare lui.
<< Cerca dentro di te >> replicò Vader << tu sai che è vero. >>
<< No! Vero un cazzo! >> strillò di colpo Fire, il volto distorto in un’espressione scandalizzata e isterica << Non è vero un cazzo! Tu sei malato! Sei completamente fuori di testa! >>
<< Comprendo il tuo scetticismo, devi credermi. Tuttavia… la Forza parla chiaramente. Posso sentirla… l'energia che ci lega, che ci attrae l'uno verso l'altro come una calamita. >>
<< Sta’ zitto! >>
Il ragazzo dai capelli verdi si portò i palmi alle orecchie. Sentiva letteralmente la propria mente dilatarsi alle parole dell’Oscuro Signore e distendersi, conformarsi alla verità percepita dalla mente dell’altro, assieme ai suoi pensieri, sentimenti e sensazioni.
Era un qualcosa di inconscio, impossibile da bloccare, ed era bilaterale.
<< Anche tu puoi sentire la verità delle mie parole, lo so. >> Vader consumò la distanza che c’era fra loro, allungando la mano per stringergliela attorno alla spalla. << Senti anche tu il nostro legame... >>
<< Non toccarmi! >> Fire si ritrasse con veemenza << NON TI AZZARDARE A TOCCARMI! >>
<< Perché hai paura di accettare la verità? Non ne hai alcun motivo! Questo è ciò che hai desiderato per tutta la vita! Posso sentirlo chiaramente. >>
<< Sta’ fuori dalla mia testa! >>
<< È inutile. Non puoi nascondermelo, e non puoi nasconderlo a te stesso >> insistette l’uomo, avvicinandosi nuovamente. << Devi solo accettarlo! >>
<< Stai lontano da me, STAI LONTANO DA ME! >>
Gli occhi del ragazzo si illuminarono di verde, e un lampo di luce dello stesso colore si sprigionò dal suo corpo, convertendosi in una potentissima onda di pura energia psionica il cui urto li scaraventò entrambi a terra in direzioni opposte.
Fire si issò sulle braccia, la testa che rimbombava e il corpo che gli infliggeva dolore ad ogni movimento. Ma farlo davvero soffrire di più in quel momento era l'idea che quell’uomo fosse davvero sangue del suo sangue, colui per tanti anni aveva cercato. Incapace di risollevarsi da terra, si strinse nelle spalle e liberò un gemito acuto.
Per quanto volesse con tutto il cuore dubitare, per quanto detestasse ammetterlo, era come diceva Vader: lo sentiva. Sentiva il maledetto richiamo del sangue pulsare nelle vene, sentiva il pugnale della verità affondare nella carne e trapassarlo da parte a parte. 
La rabbia, il rifiuto, lo sdegno e il disgusto lasciarono presto il posto allo sconforto e alla disperazione più pura: si sentiva sporco, sbagliato, come se fosse appena stato infettato e contaminato da un orribile germe.
Stordito dall'attacco, il Signore dei Sith barcollò un paio di volte, prima di rimettersi in piedi. Non poté fare a meno di lasciarsi sfuggire un sorriso estatico, nascosto dalla maschera.
<< I tuoi poteri sono stupefacenti, figlio mio, non ho mai visto niente di simile. Ho ucciso tutti gli utenti di Forza di questa galassia, eppure non ho mai incontrato nessuno con una capacità come la tua. Ma tutto questo… è solo una parte, lo sento. Hai solo cominciato a scoprire il tuo potere. Vieni con me… e io completerò il tuo addestramento! Vieni, e diciotto anni non saranno passati invano! >>
<< No… MAI! >>
<< Oh, ma io non te lo stavo chiedendo… >>
Vader compì un passo in avanti per avvicinarsi di più al suo ritrovato figlio, il quale cercò immediatamente di strisciare via. Tuttavia, le ferite iniziarono a dolergli ulteriormente e incespicò a terra.
L’ombra del guerriero nero incombette su di lui…quando un suono acuto fece capolino dall'alto. Fu come un fulmine, e davanti ai due si frappose Rowlet.
<< Stai lontano da padron Royal, brutto mostro, non provare a fargli del male! >> gli stridette contro, minaccioso.
Vader non rimase per niente intimorito, anzi, tutto ciò gli sembrò estremamente ridicolo. Alzò il palmo della mano, con tutta l’intenzione di rompere le ossa a quella creatura con la Forza.
<< Dovresti ascoltare il prode uccellino, Lord Vader >> disse una voce tonante proveniente dall’alto.
L’uomo alzò lo sguardo, accorgendosi solo in quel mentre dell’immensa coltre grigia formatasi sopra le loro teste. Un martello si liberò dalle nuvole, scagliandosi contro di lui e colpendolo dritto allo stomaco, allontanandolo di diversi metri.
Un fulmine cadde davanti a Fire, e da esso si materializzò la figura possente di Thor. Egli richiamò il maglio nella sua mano, fissando la figura del Signore Oscuro con occhi spietati.
<< Ascoltami bene, Lord Vader. Io sono Thor, principe di Asgard e figlio di Odino. Ma oggi, più di ogni altra cosa, sono un Time Warrior. E se hai intenzione di torcere un capello al mio protetto, allora dovrai passare oltre il mio tuono! >>
Vader rilasciò un ringhio attraverso la maschera e brandì ancora una volta la spada laser.
<< Stai cominciando davvero a seccarmi >> disse con odio a mala pena contenuto.
Senza perdere di vista l’avversario, Thor si volse verso Fire. << Come stai, ragazzo? Sei ancora tutto intero? >>
L’adolescente gli afferrò di scatto il braccio, con tanta forza da conficcargli le unghie nella carne. Data l’incredibile durezza della pelle dell’Asgardiano, questi non avvertì nulla, anzi, esse non riuscirono nemmeno a trafiggere completamente la carne, ma fu comunque in grado di percepire che quella era la presa di un disperato alla ricerca di un qualsiasi appiglio che lo sostenesse.
<< Andiamo via da qui >> sibilò, un feroce turbamento dipinto nello sguardo << ADESSO! >>
Rowlet si appollaiò sulla spalla di Thor, preoccupato dalle condizioni del padroncino: guardò il dio negli occhi, supplicandolo con lo sguardo di assecondare immediatamente quella richiesta.
Il Dio del tuono si trovò di nuovo molto combattuto. Aveva la possibilità di affrontare di nuovo il suo nemico, di poter finalmente abbattere un baluardo dell'impero. Un avversario degno di lui per quel glorioso giorno. Il martello bramava la disfatta dell’Oscuro Signore!
Ma ancora una volta, i propri doveri gli imposero di frenare il suo sangue guerriero. Il ragazzo era provato sia psicologicamente che fisicamente, era evidente da come si stava aggrappando saldamente al suo braccio con entrambi i propri arti, cercando di rimettersi in piedi nonostante le gambe gli tremassero fortemente.
Se avesse iniziato a combattere con Vader, avrebbero potuto mettere a rischio la sua vita. Non poteva permetterlo, specie perché si sentiva in dovere di proteggere quest’ultimo, in quanto figlio di Lada, la sua compianta amica e fedele sorella di spada.
<< Ringrazia i tuoi dèi, Signore dei Sith. Le Norne hanno decretato che non sarà Thor a sconfiggerti. Almeno… non oggi. >>
Così dicendo, si assicurò di avere il prode rapace sulla spalla e di tenere saldo a sé il giovane, piegando l’avambraccio per stringergli il polso con la mano. Dopodiché, sollevò quella in cui reggeva il divino martello e lo fece roteare, fino a sparire in un lampo.
Ma prima che il teletrasporto lo portasse lontano, Baelfire poté distinguere chiaramente una voce cavernosa risuonare all’interno della sua testa.
“Ci rivedremo presto… figlio mio.”

                                                                                                                          * * * 

<< Balance Breaker! >>
Come a rispondere a quelle due parole, il corpo di Angel cominciò a subire un’ulteriore trasformazione. Un’aura color turchese iniziò a protrarsi dal corpo dell’adolescente, ricoprendolo dalla testa ai piedi. Poi, il bagliore sembrò diventare man mano più solido… fino a quando non assunse la forma di una sontuosa armatura delle fattezze draconiche.
<< East Dragon Scale Mail >> sussurrò una voce ultraterrena che sembrava partire direttamente dalla corazza.
Quello era l’ultima carta da giocare per tutti quegli individui legati all’anima di un drago… il Balance Breaker: la perfetta fusione tra lo spirito di un umano e quello della bestia a cui era collegato. Vorkye osservò il tutto con fare stupito.
Al contempo, Angel strinse maggiormente la presa sulla sua lancia… e questa cominciò ad annerirsi. Poi, da essa partì un intenso bagliore cremisi che prese a concentrarsi lungo la punta. A esso si aggiunsero numerose scariche eletrriche.
Vorky intuì subito che, se quella lancia lo avesse colpito... avrebbe riportato seri danni. Tuttavia rimase lì. Tuttavia, anziché esserne spaventato, si limitò ad allargare ambe le braccia in segno di sfida.
<< Fatti sotto >> disse con voce carica di eccitazione.
Il giovane non se lo fece ripetere due volte.
<< Gae Bolg… Alternative >> sussurrò, pronunciando il nome dell’arma che tanto lo aveva servito fedelmente in numerose battaglie. L’ultima reminescenza di sua madre, la strega Scatach.
Il dardo fulminante percorse la distanza tra se e il bersaglio in un istante. Vorkye lo afferrò poco prima che la punta potesse conficcarsi nel petto. Tuttavia… si ritrovò incapace di contenere la forza del colpo. Percorse all’indietro diverse centinaia di metri, venendo presto seguito da una scia di distruzione.
Con un ruggito, cercò di fare appello alla propria aura. Dopo uno sforzo immane, finalmente riuscì a bloccare la lancia quel tanto che bastava per reindirizzarne l’energia.
Respirò pesantemente per lo sforzo. Quell’attacco era molto più forte di quanto si aspettasse. Forse quel meticcio meritava davvero il titolo di Calak’ant. Ciononostante, era comunque riuscito a frenarne l’avanzata…
Tale pensiero fu presto interrotto dalla comparsa di una runa celtica all’altezza del manico della lancia. Un istante dopo, Angel gli apparve davanti con il pugno destro caricato di elettricità.
Fu allora che Vorkye comprese: lo aveva raggirato. Per quanto fosse potente, il primo attacco era stato solo un bluff.
<< Tecnica segreta: Tuono nero. >>
Il rosso non perse tempo con parole o altro… e lo colpì al petto. Vorkye lo ricevette in pieno. La forza dell’attacco lo scagliò all’indietro, facendolo schiantare contro un muro. Pochi secondi dopo, l’intero fabbricato crollò pesantemente sulla figura del soleano.
Era finita? Angel aveva vinto? No, il giovane sapeva bene che non era finita. Probabilmente lo aveva solo tramortito per un po’, ma a breve si sarebbe rialzato. Ed il rosso sapeva che non sarebbe più riuscito a combatterlo.
Quasi come ad un segnale, la corazza che lo ricopriva cominciò a dissolversi. Angel dovette reggersi sulla sua lancia per evitare di cadere a terra. Al contempo, le sembianze draconiche del ragazzo vennero presto sostituite da quelle di un giovane umano.
Boccheggiò pesantemente. Aveva dolore dappertutto e teneva a mala pena un occhio aperto. Era in pessime condizioni e lo sapeva. Tuttavia, era riuscito a portare a termine il suo obiettivo inziale… sopravvivere.
Ciò che doveva fare, adesso, era raggiungere al più presto il Falcon prima che l’avversario potesse rialzarsi.
<< Un attacco davvero potente. >>
Ma il suo proposito venne meno. Quella voce... era di Vorkye. Il rosso spalancò gli occhi per lo stupore e... per la paura.
<< Se non avessi attutito l’impatto all’ultimo momento, sicuramente avrei perso conoscenza >> disse il soleano, apparendo davanti al rosso. Sembrava ferito più nell’orgoglio che nel corpo << Suppongo di doverti ringraziare... non mi divertivo così da anni! >>
Un istante dopo, Angel fu violentemente colpito allo stomaco da un poderoso pugno. Anzi... sembrava più un treno in corsa che un pugno. Privo di difese e con la stamina completamente esaurita, il rosso fu scaraventato all’indietro, sputando un getto di sangue dalla bocca. La sua “corsa” fu interrotta dall’avversario, che planò dall’alto e lo schiacciò contro il suolo. Si udì il suono di numerose ossa che venivano spezzate.
Vorkye non si fermò. Con una spazzata sollevò il giovane avversario da terra e, senza nessuna pietà, lo tempestò con una serie di calci rotanti e un altro pugno dal basso verso l’alto.
Dolore. Angel ne era invaso. Non ricordava quando era stata l’ultima volta che ne aveva provato così tanto.
Vorkye lo afferrò per la collottola e lo tenne sollevato.
<< Ma guardati... sei ridotto a uno straccio >> lo derise.
Il rosso non rispose. Non poteva… non in quelle condizioni. Faceva fatica a respirare e a mala pena era cosciente.
Il suo avversario rise arcigno. << In questi vent’anni non c’è stato giorno in cui non abbia preparato il mio corpo e il mio spirito. Tu invece... hai battuto la fiacca, meticcio. E scommetto che, dopo esserti risvegliato, non hai pensato nemmeno una volta ad allenarti, vero? >>
Angel poteva a malapena sentire le sue parole, ma mentalmente stava concordando. Lo aveva capito sin dall’inizio e ne aveva avuto la conferma definitiva. La totale inattività lo aveva fiaccato… e la sua negligenza aveva causato il resto.
<< E non è tutto >> continuo Vorkye << Tu e i tuoi piccoli amici ribelli siete stati tanto sciocchi da credere ciecamente alle parole del Dottore. E ora… guarda dove questa scelta ti ha portato. Non siete che degli sciocchi sognatori che avrebbero fatto meglio a restarsene rintanati nella loro miseria. Il vostro tempo è finito. Ormai… questo universo è nostro. >>
Con queste parole, Vorkye rievocò una delle sue spade e la puntò dritta al petto del rosso.
<< Addio, meticcio! >>
Ma prima che potesse spingere la lama in avanti…qualcosa attiro la sua attenzione. Un enorme vortice color pece stava puntando dritto verso di lui, apparentemente animato da una mente propria. Sembrava quasi un piccolo tornado.
Lasciò la presa sulla gola dell’adolescente - che crollò a terra privo di sensi - e si allontanò con uno scatto, evitando così di esserne investito.
Pochi secondi dopo, l’inconfondibile figura di Accelerator cominciò a farsi strada oltre le tenebre della notte.
<< Un altro membro della Doctor Gang, presumo >> commentò il soleano con tono sprezzante.
L’esper lo fissò inespressivo, limitandosi a scrutare la figura martoriata di Angel.
<< È tutto qui quello che la Ribellione ha da offrire come supporto? Un esper mingherlino? >> continuò Vorkye, derisorio << Avanti, di’ qualcosa da scrivere sulla tua lapide. >>
L’albino storse leggermente il labbro. << Qual-co-sa. È questo quello che volevi sentire, Spyro? >>
Il soleano lo fissò con un leggero cipiglio. << Mi aspettavo qualcosa di più… incisivo, dal demone bianco di Kyoto. >>
L’albino dilatò le pupille. Lui sapeva chi era? Ora che ci pensava, un attimo prima lo aveva identificato come esper. Quindi era probabile che lui sapesse già in che cosa consisteva la sua abilità. Probabilmente, Vader aveva parlato del loro scontro a tutta la combriccola del Maestro.
Vorkye si avvicinò a lui con calma, il braccio destro caricato di aura. Accelerator lo aspettò senza muoversi, fiducioso che il suo potere gli avrebbe permesso di riflettere l’attacco.
<< Non farlo. Quell’energia non ha nulla di naturale, dubito che la tua Reflection sarebbe in grado di influenzarla >> sussurrò una voce familiare alle spalle dell’albino.
Questi si voltò appena, notando che l’immensa figura di Blue aveva appena preso posto dietro di lui.
<< Prendi Angel e allontanati. Lo terrò occupato il tempo che serve >> gli ordinò il drago.
Vorkye notò l’espressione dell’albino. Sembrava quasi che stesse interagendo con qualcuno di invisibile. Invisibile e anche... particolarmente grosso.
Poi la figura di Blue gli apparve davanti e, senza dargli il tempo reagire, lo colpi con la coda schiantandolo all’indietro.
<< ORA! >> ruggì il drago, consapevole che non sarebbe riuscito mantenere un modulo fisico per più di qualche minuto.
Accelerator sbuffò stizzito, ma avendo capito quanto le condizioni del rosso critiche, prese il rosso e spiccò un salto in direzione della nave.
Vorkye si rialzò furente. La sua preda gli era stata soffiata da sotto il naso. Imperdonabile!
Spalancò le ali e si lanciò al loro inseguimento… ma la sua corsa fu presto interrotta da Blue.
<< Togliti dalla mia strada >> gli ringhiò attraverso le zanne.
In risposta, il drago vomitò una potente scarica dalle fauci. Vorkye riconobbe subito la natura di quell’attacco. Era lo stesso fulmine nero che poco tempo prima era riuscito a ferirlo. Scansò l’attacco e serrò la mascella, caricando furioso in direzione del suo nuovo avversario.
Nel frattempo Accelerator era arrivato alla nave, rapidamente seguito dagli altri membri della squadra. Quando il Dottore vide le condizioni di Angel, lo fece salire subito a bordo e diede ordine a Kirbye di attivare i motori della navetta. Gli era bastata un’occhiata per capire che le condizioni del rosso erano piuttosto gravi. Doveva essere curato…e alla svelta.
Il rosso apri a stento gli occhi. Quando vide il volto del Signore del Tempo...
<< M-Mi dispiace >> fu tutto quello che riuscì a dire, prima di accasciarsi svenuto.
Il Dottore cominciò subito a lavorare sulle sue ferite.
<< Resisti, ragazzo. Ti salverò… te lo prometto. >>
Pochi secondi dopo, il Falcon decollò dai giardini della magione, confondendosi tra le altre navi in fuga dalla villa. Blue percepì la partenza e, così come era apparso, spari nel nulla, portandosi dietro la lancia del suo protetto.
Vorkye si ritrovò a colpire il vuoto. La rabbia lo invase. Era stato giocato e aveva lasciato scappare la sua preda. Un ruggito furioso riecheggiò per tutta la lunghezza dell’abitazione, accompagnato dal respiro di Darth Vader.
 



Ebbene sì, signore e signori… Fire è il figlio di Darth Vader! Siete confusi? Bene, eccovi un piccola rinfrescata.
Vi ricordiamo che il Darth Vader di questa storia non ebbe mai la possibilità di diventare uno Jedi, dopo che il Maestro lo prese sotto la sua ala. Non ebbe mai la possibilità di innamorarsi di Padmé… e per forza di cose, Luke e Leia non nacquero mai.
Vader, al contrario, si innamorò di Lada… e dalla loro relazione nacque Fire. Il prossimo capitolo costituirà un lungo flashback che spiegherà la storia tra i due e il perché Lada abbia lasciato il figlio in un orfanotrofio, unendosi alla Ribellione. E sì, la donna che Aphra vide in quella foto a casa di Vader era proprio lei!
Questo dovrebbe anche farvi intuire il perché Shen fosse così incavolato quando, dopo aver analizzato il sangue dell’arciere, scoprì la vera discendenza del ragazzo. E credetemi, non è solo perché è il figlio del suo più grande rivale per il favore del Maestro.
Siamo davvero curiosi di sapere se questo plot twist vi abbia lasciato a bocca aperta, è da tre anni e mezzo che lo organizziamo. Non avrà certo la potenza del “Io sono tuo padre” originale, ma abbiamo fatto del nostro meglio per avvicinarci al quell’iconica scena.  
Nel mentre, speriamo che anche le varie battaglie siano state di vostro gradimento. Vorkye e Angel si sono finalmente incontrati, Pitch ha fatto la sua entrata sul campo di battaglia (vi consiglio di rileggervi il primo capitolo in cui compare, se siete confusi sul perché si trovasse alla festa), Thor e Accel hanno fatto i chad (e quando mai non lo fanno?), Rowlet si è rivelato una piccola macchina da guerra e Vader ora triplicherà i suoi sforzi per catturare questa sfuggente banda di ribelli.

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Capitolo 28
*** Interludio - Parte 1: Il Drago e la Fenice ***


Eccoci tornati, con un mastodontico capitolo che spero ci farà perdonare per il ritardo! E pure il prossimo è già pronto, ma sarà pubblicato la prossima settimana.
Con questo aggiornamento comincia il terzo atto della storia.
Il capitolo e il suo successore costituiranno un enorme flashback narrante la storia di Lada ( la madre di Fire ) e di come abbia finito con l'innamorarsi di Vader, avere un figlio con lui e abbandonaarlo. Inoltre, narrerà anche il passato di Shen e di come sia finito a lavorare per il Maestro.  Specifichiamo, inoltre, che il modo di parlare di un personaggio, da bambino, è stato distorto volutamente per accentuare la sua età.
Vi auguriamo una buona lettura!




Interludio - Parte 1: Il Drago e la Fenice

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Dead I am the sky, 
watching angels cry
While they slowly turn, 
conquering the worm
Dig through the ditches and burn 
through the witches I slam 
in the back of my Dragula...
Rob Zombie – Dragula 

 
Terra, Regno di Valacchia – Molti anni prima dello Scisma
 
Quando il medico lo informò che la moglie aveva dato alla luce una bambina, le folte sopracciglia scure di Vlad Dracul calarono sui suoi occhi, scuri e penetranti.
Spingendo il battente della porta, si immerse nell’aria viziata di sangue della stanzetta dove Vasilissa aveva appena partorito. Ora era distesa sul letto, sudata e stravolta di dolore: il suo aspetto e i suoi modi non avevano più nulla della principessa che avrebbe dovuto essere. Non c’era dubbio che la debolezza che aveva messo radici nel suo ventre fosse da attribuire interamente a lei, pensò il voivoda.
La balia teneva in braccio una neonata paonazza e strillante. Il padre la osservò a lungo, con fare distaccato.
<< Ladislav >> dichiarò alla fine.
Quasi in risposta all’udire pronunciato quello che sarebbe stato il suo nome, la piccola strillò più forte.
Era una forma femminile di Vladislav, e il suo significato era “glorioso signore”, “governare con gloria”. Non si era preso il disturbo di cercare alcunché di diverso da una proiezione di sé stesso. A Vlad II, principe voivoda di Valacchia, il destino della figlia era stato subito chiaro.
Il regno di Valacchia non era una terra rosea e fiorente come all’apparenza poteva sembrare. Essa era fortemente dipendente e asservita dal confinante Impero Cinese, cui Vlad II, per poter sperare di mantenere il proprio trono e la propria autorità, era obbligato a spedire annualmente un tributo della propria accondiscendenza, per utilizzare un eufemismo, quantificato in ricchezze, servi o bestiame. In realtà, si trattava della palese ostentazione della cieca obbedienza di un cane con il suo padrone, nella speranza che quest’ultimo non lo punisse con l’invasione e la schiavitù completa.
Per questo, il voivoda sperava di dare in sposa la propria figlia al primogenito dell’imperato della Cina Xiao Feng, per rinnovare il proprio prestigio e dunque realizzare una vera e propria alleanza con l’impero orientale, un accordo commerciale reciproco e non un’imposizione. Ma prima di questo ci sarebbe stato bisogno di una lunga preparazione, aveva bisogno di offrire garanzie, di far risultare la propria offerta vantaggiosa e appetibile.
Poco dopo aver partorito, Vasilissa morì. Così la figlia di Vlad, Ladislav Dragwlya – Lada, in quanto si rifiutava di rispondere al suo nome per esteso – crebbe senza madre, nella reggia di Targoviste, nella remota regione della Valacchia, accudita solamente dalla balia, dai servi e dai precettori, a causa delle numerose assenze di suo padre.
Da una fanciulla come lei ci si sarebbe aspettata una personalità silenziosa, obbediente e composta, e d’altronde, era proprio questo che i precettori si aspettavano da lei quando tentavano di educarla ad essere una gran dama e una vera principessa, ma ella sin da piccina aveva mostrato un carattere ribelle e testardo, maggiormente accentuato dall’insofferenza verso l’educazione che le veniva imposta.
Ma fra tutte le noiose e pompose lezioni era di particolare rilevanza un giorno. La principessa aveva solo sei anni, e aveva avuto l’idea di scappare e nascondersi, facendo sparpagliare come dei disperati per il castello i suoi insegnanti che si sgolavano nel richiamarla e minacciarla: uno spettacolo impagabile.
Peccato che uno di loro l’avesse scoperta, cosa che l’aveva costretta a correre via come un fulmine, per quanto le sue paffute gambette da bimba glielo consentissero e per quanto glielo consentisse il grazioso abito principesco lungo fino ai piedi, di cui aveva dovuto afferrare i lembi con le manine per impedirsi di inciampare.
Fu così che raggiunse un punto del castello sul retro che non aveva mai visitato: lei ancora non poteva saperlo, ma era appena finita nell’armeria della guardia personale del padre Vlad II, che apparentemente sembrava deserta, forse perché i soldati al momento erano da tutt’altra parte e avevano già preso con sé le armi e lasciatone altre.
La bambina spalancò i suoi grandi occhioni con i quali si avventurò a fissare le rastrelliere ricolme di armi, soprattutto lame, di ogni forma e dimensione, stupita e curiosa come ogni cucciolo di fronte a ciò che vedeva per la prima volta e che non conosceva.
Poi si accorse di non essere da sola. C’era un uomo lì con lei.
Andrej Breda era un soldato, per la precisione un capitano. Militava sotto il sigillo di Vlad II da molto tempo, aveva combattuto al suo fianco, guidando le sue forze e brandendo la sua spada in nome del suo signore.
Per questo non era raro trovarlo nell’armeria o nell’arena di combattimento, seduto su di una delle panche a lucidare la sua corazza con sabbia fine e aceto, e a carezzare il piatto della sua spada ad una mano e mezza. Come in quel caso.
<< Vostra Altezza >> disse il capitano, sollevando lo sguardo dalla placca pettorale della corazza pesante e puntando gli occhi scuri sulla figura della bambina << A cosa devo l’onore della vostra visita? >>
La principessa lo fissò ancora più sorpresa e curiosa. << Chi sei? >>
<< Capitano Andrej Breda, per servirvi. >>
<< Shh! >> fece lei, poggiando l’indice sulle labbra << Se i maestri ti sentono, mi troveranno, e poi mi riportano nella sala dei compiti, e io non voio. >>
<< Vostro padre desidera che voi abbiate un’istruzione >> disse Andrej, alzandosi in piedi e infilandosi dei guanti in cuoio << dovreste tenere a cuore il suo desiderio. >>
<< Ma uffi! >> sbottò lei << Faccio sempre le stesse cose, e tutti mi dicono sempre le stesse cose! Mi annoio. Vollei poter giocare! >>
<< Ognuno ha i suoi doveri, piccolo drago >> tagliò corto il capitano, dirigendosi verso il campo degli arcieri senza un’altra parola.
Le passò accanto, portando mano ad un arco lungo di legno di tasso, tendendone piano la corda ricavata da strisce di canapa per assicurarsi che reggesse.
Lada lo fissò, incuriosita, e affrettandosi a seguirlo. Lo osservò estrarre una freccia dalla faretra, per poi gettare uno sguardo indietro a tutte le armi.
<< Ma tutte queste cose che sono? >>
<< Armi >> le rispose l’uomo incoccando la freccia e sollevando l’arma, la corda tesa fino alla guancia << Servono a proteggere vostro padre… e voi. >>
E così dicendo scagliò la freccia: l’asta in frassino fischiò nell’aria e centrò il bersaglio in pieno, facendolo tremare.
<< Wooow! >> esclamò Lada, sinceramente colpita << Come hai fatto? Posso farlo anch’io? >>
<< Facciamo così >> propose Andrej sghignazzando << Se riuscite a togliere la freccia dal bersaglio, eviterò di chiamare i vostri maestri e vi farò provare. >>
La piccola lo fissò attentamente, assottigliando lo sguardo. Dovette decidere che la proposta le piaceva, perché zampettò immediatamente verso il grande cerchio e acchiappò l’asta con i piccoli palmi.
Tirò con tutte le sue forze, puntando i piedini per terra, ma la freccia non si mosse di un millimetro. La lasciò e si costrinse a riprendere fiato, poi provò di nuovo, emettendo piccoli ringhi mentre riprendeva a tirare e tirare ancora: alla fine l’asta un frassino si spezzò con un sonoro schiocco e lei cadde a terra, sbattendo sulle natiche e liberando un urletto.
Andrej ridacchiò, avvicinandosi a sua volta e strinse la parte restante nella mano destra, poggiando la sinistra al bersaglio e la estrasse con un forte strattone.
<< Non solo non l’avete liberata, ma l’avete rotta. Ora dovete pagare. >>
<< Non vale! >> protestò lei << Tu sei gande e io sono piccola! >>
<< E allora? La vita non fa differenza, mocciosa. Ora, per ripagare della freccia che ho perso, mi luciderai la spada. >>
Lada si imbronciò sonoramente lanciandogli un’occhiataccia, e ci rimase di stucco quando lui non si lasciò affatto intimorire da essa ma anzi mantenne l’espressione rigida e imperiosa.
<< Ogni azione comporta una conseguenza >> decretò l’uomo, severo << E nessuno dà mai nulla per nulla. Non c’è persona al mondo che può mai opporsi a questa verità, nemmeno una principessa come voi. >>
Sbuffando sconfitta e contrariata, la bambina lo seguì, e tuttavia quando vide la spada, la rabbia e il disappunto svanirono e gli occhi le si illuminarono.
<< È tutta tua!? >>
<< L’ho comprata risparmiando sei mesi di paga quando ero solo una recluta >> annuì lui, per poi mostrarle una bacinella con una spugna ferrosa, l’aceto e la sabbia.
Le mostrò come sfregare la lama con la sabbia, come togliere le incrostazioni con la spugna ferrosa, come renderla lucida con l’aceto. Le fece vedere una cote e il fodero, le spiegò come stringerla in mano, come sfoderarla e altresì, come rendere il fodero morbido all’interno e duro all’estero.
La piccola lo ascoltò attentamente come mai aveva fatto in vita sua con gli altri precettori, e finita la spiegazione volle subito provare a strofinare: sperava davvero di poterla provare e ripetere i suoi movimenti, ma dopo aver strofinato un po’ sentì le mani dolere. Le fissò stranita e un po’ contrariata vedendole rosse e pulsanti.
<< Perché sono diventate così, uffa? Così non ci riesco! >>
<< Le vostre sono le mani di una principessa. Non sono abituate a lavori così estenuanti e impegnativi come queste. Inoltre, non siete stata attenta, avete dato per scontato di poterci riuscire con le vostre sole forze >> disse, mostrandole i guanti, che pure si erano rovinati << La cosa migliore è indossare guanti in cotta di maglia, così è più facile lavorare la sabbia e l’aceto. >>
<< E poi si può tenere in mano? >>
<< Niente è facile a questo mondo, men che meno l’arte della spada. Bisogna evitare che il pomo >> indicò la sferra ferrata che stava all'altra estremità dell’immanicatura << sbatta contro l’avambraccio, o si è morti ancor prima di iniziare. Venite, ve lo mostrerò. >>
Si tirò su, muovendosi verso un feticcio in paglia, seguito dalla bambina, che retrocesse di un passo sotto suo ordine. Dopodiché, Andrej sollevò la spada, stringendo il pomo con la mano sinistra e sferrò un fendente dall’alto, in diagonale.
La paglia e il cuoio si squarciarono lì dove la lama colpì e in un'esplosione di trucioli, il palo si spezzò, facendo cadere metà del feticcio a terra.
<< Questo era un buon colpo. >>
Lada osservò il tutto con fare affascinato e interessato, poi guardò Andrej a lungo, sentendosi per la prima volta molto insicura. Si tormentò le mani e si fissò le scarpette, prima di trovare il coraggio di fissarlo negli occhi con i propri occhioni.
<< Mi puoi imparare? >>
<< No >> rispose il cavaliere, in tono gentile ma fermo e un sorriso paziente << Non sono cose da bambina, le armi. >>
<< Cherpé no? >>
<< Perché siete una principessa. >>
<< E cherpé se sono principessa non posso imparare le armi? >>
<< Perché se vi ferite, vostro padre mi fa decapitare. >>
<< Se succede non lo dico a nessuno! >> ribatté lei << E poi mio papà non ci sta quasi mai. E quando c’è, l’unica cosa che mi sa dire è che devo fare la brava ed essere brava. Non mi lascia mai fare niente che mi piace! E questo che fai tu mi piace tanto, voio impararlo. >>
<< Le armi non sono un gioco né un passatempo divertente, piccolo drago. Così come non lo è essere un guerriero, o un cavaliere. Non potete capire… >>
<< Be’, allora imparamelo tu! >> esclamò la bambina << Così capisco! >>
Il cavaliere tacque per qualche istante. Si sedette sulla panca, poggiando la lama sulle ginocchia, poi sollevò lo sguardo su di lei.
<< Nessuno dà nulla per nulla >> dichiarò, con aria solenne.
<< Lo hai già detto… >> sbuffò la piccola.
<< Per questo motivo, faremo un patto: voi vi impegnate nello studio, ogni giorno e con costanza, e qualora il tempo restante risultasse bastante, potreste recarvi presso l’arena e io sarei, in quel caso, ben felice di insegnarvi a mia volta. >>
Lada socchiuse le palpebre, come a riflettere. Non la faceva impazzire la prospettiva di studiare, certo, ma il fatto che in cambio potesse avere la possibilità di imparare ad usare quelle armi era molto allettante.
<< Va bene, farò tutte e due le cose! >> esclamò, e poi, colta da un’ispirazione infantile, aggiunse: << E se divento molto bava in tutte e due le cose, quando sarò gande ci sposeremo e diventeremo re e regina! >>
<< Questo sarà vostro padre a stabilirlo >> protestò Andrej, ridacchiando e tirandosi su << Non osate imbrogliare, mocciosa, farò modo di sapere se avete svolto le lezioni con impegno. >>
<< Io non dico le bugie! >> protestò la principessa << Le pomesse le mantengo io. >>
<< Allora adesso andate a chiedere scusa ai suoi precettori e tornate qui, domani, SOLO quando saranno loro a decretare la fine della lezione. >>
Lada mugugnò sonoramente, per nulla contenta, ma in fondo aveva promesso e aveva intenzione di proseguire fino in fondo.
<< Babbene. Affare fatto, Andrej! Ci vediamo domani! E gazie. >>
La principessa gli si attaccò alla vita lasciandogli un abbraccio, dopodiché si affrettò ad allontanarsi a passi svelti e zampettanti, sorreggendo l'orlo della gonna nelle mani.
Mantenne la parola. Pur di potersi recare da Andrej quasi giorni a determinati orari, si dedicò con una certa frenesia ai propri studi e doveri regali, e ben presto, crescendo, si era resa conto di quanto avesse sempre sottovalutato tutto: dopotutto, lei era l’erede di Vlad II, un giorno sarebbe divenuta regina e sulle sue spalle avrebbe gravato la responsabilità e la guida del popolo di Valacchia.
Senza Andrej, Lada non sarebbe mai riuscita a maturare e non avrebbe messo la testa a posto: il capitano non si limitava ad insegnarle l’arte del combattimento, ma le offriva insegnamenti dettati dalla sua esperienza sul campo di battaglia, di cui la ragazza faceva tesoro. Si vedeva che, a differenza dei suoi maestri, era davvero appassionato e deciso in quello che le trasmetteva: si comportò da mentore e quasi come un secondo padre, con lei.
Quasi.
In fondo al cuore, la principessa desiderava semplicemente un padre che le desse attenzioni e affetto, che la valorizzasse, cosa che finora non aveva mai fatto. E sebbene l’avesse trovato in Andrej, voleva di più: voleva tutto questo dal suo vero padre, dal sangue del suo sangue.
L’amore e la riconoscenza di Vlad era un traguardo che inseguiva senza sosta. Desiderava per sé la sua considerazione e il suo riconoscimento: voleva fargli vedere quanto fosse diventata brava e capace, fargli capire che di quel passo sarebbe diventata la degna erede al trono, che l’avrebbe reso orgoglioso e felice risollevando la loro terra dalla miseria. Tutto con le sue sole forze e il suo impegno.
Era convinta che, continuando ad impegnarsi, sarebbe arrivato il giorno che avrebbe cambiato la sua vita, perché Vlad si sarebbe finalmente accorto di lei e del suo valore. Una volta dimostratogli quanto valesse, era certa che il padre l’avrebbe guardata con più orgoglio e con più amore di quanto le avesse mai dimostrato finora.
Si sbagliava. Era ancora molto ingenua, ma fu a solo sedici anni che capì quanto i propri sforzi per farsi riconoscere da suo padre fossero stati inutili.
Quando il valletto le annunciò che suo padre desiderava vederla, Lada era impegnata nella sua stanza a studiare. Senza nessuna esitazione, posò i volumi e prese i lembi del prezioso abito tra le dita per incamminarsi verso il corridoio e raggiungere l’ufficio in cui Vlad II si trovava e in cui trascorreva gran parte del tempo che passava alla reggia, quando non si trovava altrove.
La principessa bussò cordialmente, e al segnale di assenso entrò, rivolgendo una reverenza rispettosa.
<< Sono qui, padre. >>
Il voivoda si trovava seduto dietro la scrivania: il farsetto in cuoio, diviso in due quadranti, recava l’emblema del drago della loro casata sulla destra e quello della fenice della Cina, sulla sinistra, debolmente illuminato dalla candela sulla scrivania.
Lada sollevò lo sguardo a fissarlo per qualche istante, poi chinò appena il capo, in attesa.
Vlad non le rispose subito: aveva l’aria molto provata e stanca. Il viso era solcato da profonde occhiate, i capelli in disordine; il ripiano in noce sul quale teneva poggiati i gomiti era un insieme caotico di pergamene, punte di penne d'oca e macchie d’inchiostro.
Non sollevò lo sguardo, le fece solo cenno di avvicinarsi. La figlia obbedì e si avvicinò al bordo della scrivania, intrecciando le dita in grembo, non potendo fare a meno di lanciargli un’occhiata preoccupata. Cercò tuttavia di restare composta.
<< Volevate vedermi? >>
<< Sì >> le rispose secco, levando lo sguardo dai suoi scritti e lanciandole un’occhiata penetrante << Sei fedele alla tua terra? >>
Lada rimase per qualche istante interdetta da quella dichiarazione, ma poi si raddrizzò assumendo un’espressione fiera e altera.
<< Certo, padre >> affermò << la tua terra è anche la mia, e come tale io le sono fedele. >>
<< Allora capirai che spesso siamo costretti a compiere scelte... difficili, per il bene della Valacchia >> ribatté il voivoda, unendo i polpastrelli sotto al mento.
La principessa annuì, strofinando le dita intrecciate sui dorsi della mano con un certo nervosismo.
<< È per questo che mi sto impegnando molto, padre >> disse, con involontario trasporto, ma quella era in assoluta la prima volta in cui discuteva col padre di qualcosa di così importante come la loro politica e, soprattutto, la prima volta in cui ne parlava faccia a faccia come in quel momento.
Soprattutto, l’emozione di parlare di nuovo con lui dopo mesi di assenza – per non dire periodi anche più lunghi, rotti solo da misere, rare visite rigide e prive di brillanti conversazioni – era tanta.
 << Io voglio renderti orgoglioso... voglio fare tutto il possibile. >>
<< Allora capirai perché è necessario… che tu vada in sposa al principe della Cina. >>
Naturalmente, adesso la ragazza era perfettamente cosciente della situazione che vigeva nel proprio paese. Sapeva qual era il ruolo più specifico che la società si aspettava dalle nobildonne come lei: il matrimonio, la cura della famiglia e in alcuni casi l’eredità familiare.
Sapeva bene di avere ormai sedici anni, di essere perfettamente in età da marito. Non le erano così oscuri i motivi di un matrimonio combinato tra lei, primogenita valacca, e il primogenito dell’Impero Cinese. Ne capiva la necessità e la logica.
Eppure… quelle parole la colpirono come un pugno secco. Non era ciò a cui aspirava, quando pensava a come mostrare il proprio valore a suo padre, non era ciò per cui si era duramente addestrata e impegnata.
<< Padre, io... >> mormorò con fare svelto e concitato, maledicendo il tremito nella propria voce, ma non poté impedirselo, le parole le uscirono di bocca in fretta, senza alcuna riflessione a misurarle << Io vi chiedo di ripensarci. Vi prego. Sono sedici anni che mi impegno nei miei studi e mi addestro perfino con la lama. L’ho fatto per voi! Sono diventata abbastanza forte per poter essere degna di voi e del trono. Se andassi in sposa a Shen Feng, come potrei dimostrarvelo? Lasciate che vi aiuti, permettetemi di affiancarvi nelle vostre mansioni, di…! >>
<< Basta! >>
Vlad la interruppe aspramente colpendo la scrivania col pugno chiuso. Si tirò su e alzò il braccio, colpendola con uno schiaffo: Lada sentì l’urto ancora prima di avvertire il dolore incendiarle la guancia e farle piegare la testa di lato, insozzandola di dolore, umiliazione, vergogna, sbigottimento e sconvolgimento, con il quale poi fissò il padre.
<< Avevo ordinato a Andrej di smetterla con quelle miserabili lezioni, ma a quanto pare lui mi ha disubbidito... vuol dire che comprenderai quanto possano essere gravi le conseguenze delle decisioni sbagliate. Ora scegli, stupida ragazza: la testa di Andrej su una picca o il tuo matrimonio. >>
Lada sgranò gli occhi, incredula. Non riusciva davvero a concepirlo. Suo padre era disposto ad uccidere Andrej, uno dei suoi capitani migliori, un uomo saggio e buono, pur di costringerla a sposarsi!? La ricattava piuttosto che darle una chance di dimostrargli chi era, piuttosto che lasciarle dimostrare che poteva cavarsela da sola!?
Strinse i pugni, sentendo lo sdegno e la rabbia montare per dall’umiliazione e al pensiero di quella proposta che riteneva meschina e miserabile.
<< Farò la tua volontà, padre, mi sposerò >> disse sforzando di mantenere un tono pacato e di restare lucida << ma ti supplico, lascia Andrej fuori da tutto questo. >>
Ricevette un altro colpo al viso, che la costrinse a cercare di recuperare l’equilibrio per evitare di cadere. Quando sollevò di nuovo lo sguardo, Vlad le dava le spalle, e si era avvicinato alla parete opposta alla scrivania, dove torreggiava una mappa della Valacchia scolpita nella stessa pietra.
<< Mi limiterò a disonorarlo e a confiscargli le terre, privandolo del suo titolo. Ora va’ a darti una sistemata, ragazzina, domattina partirai con la scorta per la Cina… e vedi di soddisfarlo, quel principe, ne va della tua terra e del mio futuro. Sparisci dalla mia vista. >>
La principessa rimase per qualche istante immobile a fissarlo, scossa da fremiti di indignazione, disgusto e rammarico: voleva replicare, urlargli contro tutto il proprio disprezzo, insultarlo malamente e riempirlo di pugni.
Invece tacque, si voltò e uscì dall’ufficio, curandosi tuttavia di sbattere la porta il più forte possibile, desiderando senza tante cerimonie che l’urto potesse essere talmente forte da generare crepe talmente profonde da far crollare l’intera stanza sul voivoda. Ma naturalmente non accadde nulla.
Si incamminò verso la propria stanza a passi svelti e rapidi, incurante dei piedi che pestavano malamente gli orli della gonna rischiando di farla inciampare. A un tratto ne strappò i lembi con uno scatto secco, stizzita, e li abbandonò malamente lì sul pavimento, senza alcun remore.
Una volta arrivata, si chiuse la porta alle spalle e si lasciò crollare seduta lì davanti, rannicchiandosi. Gli occhi e la gola le bruciavano da impazzire, s’illudeva che in quella posizione avrebbero smesso, che in questo modo nessuna schifosa lacrima o miserabile singhiozzo sarebbe fuoriuscito dal suo corpo.
Come aveva potuto essere così ingenua? Così stolta? Aveva davvero speso gran parte dell’adolescenza ad apprendere insegnamenti solo per compiacere un uomo del genere? Come le era venuto in mente? Come poteva Vlad fare questo ad Andrej!? Come poteva farle questo?
Si portò le mani al volto. No, era troppo facile rovesciare la colpa su Vlad. La verità era che la colpa era stata solo ed esclusivamente propria. LEI aveva inseguito per anni quel sogno, aveva desiderato sacrificarsi per un uomo che nemmeno conosceva, che non l’aveva mai e poi mai considerata neanche per un istante, tranne per qualcosa di così sminuente come una mera merce di scambio e di potere.
Sapeva che la vita di quelle come lei girava attorno a questo, lo sapeva benissimo… e ciononostante era chiaro, non riusciva a sopportarlo. Non accettava che ci fosse solo questo per lei.
Si era illusa che potesse andare diversamente, che suo padre fosse diverso. Come aveva potuto essere tanto ingenua? Eppure… ci aveva creduto davvero, perché Andrej Breda l’aveva incoraggiata, l’aveva fatta sentire speciale, forte…
Stupida. Stupida ragazzina! Come aveva potuto non dare ad Andrej la considerazione che meritava? Perché per anni aveva perso tempo a rincorrere Vlad quando aveva già al suo fianco il padre che meritava? Stupida! Stupida! Adesso per colpa sua Breda avrebbe perso tutto!
Ma lei… lei non sapeva che Vlad avesse ordinato ad Andrej di smetterla di darle lezioni. Santo cielo, perché invece Andrej aveva continuato? Perché non aveva obbedito!?
Ebbe la sua risposta la sera stessa, quando, in lacrime, era giunta nell’armeria a raccontare ogni cosa a Breda, ben sapendo che di lì a domani non l’avrebbe probabilmente mai più rivisto.
<< Perché questo era il nostro patto, e tu l’hai rispettato fino alla fine. Quale disonore avrei recato a me stesso, non facendo lo stesso? >>
<< Ma hai rischiato tanto per me, e adesso perderai tutto! È colpa mia, non dovevo aprire bocca! >>
<< Non potevi sapere. >>
<< Dovevo stare zitta lo stesso! Perché non hai obbedito a mio padre, perché non mi hai lasciato perdere e basta? Sono una donna, non avrei dovuto imparare niente di tutto questo! >>
<< Hai dimostrato che il tuo non era il capriccio di una mocciosa. Mi hai dimostrato di valere, impegnandoti, indipendentemente dal tuo sesso. Certo hai faticato più di un uomo a causa della tua costituzione, ma non ti sei mai arresa. Nonostante i dolori, ti sei ostinata ad imparare. Sia le armi che i tuoi studi. E che cos’hai capito? >>
<< Che... potevo farcela. >>
<< Esatto. Era questo che volevo che imparassi. >>
<< Perché lo hai fatto? Perché tutto questo? >>
<< Perché ti voglio bene, piccolo drago. >>
Parole che non avrebbe mai dimenticato, e che l’avrebbero accompagnata ogni istante nel suo viaggio verso la Cina, assieme al ricordo dell’uomo che l’aveva amata come un padre pur non essendo il suo vero padre.
 


Terra, Impero Cinese, Capitale Gongmen – Molti anni prima dello Scisma
 
Si racconta che le radici della famiglia Feng ebbero luogo da una donna albina di stirpe reale.
La figlia dell’imperatore di molti secoli fa, Huang Feng, si travestì da uomo e andò in guerra contro gli Unni al posto del fratello malato, rischiando la propria vita e il proprio onore.
Poiché il suo intento era nobile e giusto, con lei si schierarono gli dèi, che le mandarono in aiuto la Fenice, il sacro uccello simbolo del fuoco del sole, che le diede la sua protezione, e fu così che la principessa vinse la battaglia e fece della magica creatura il proprio simbolo e stendardo. E quando rivelò a tutti la propria identità, per la prima volta dopo secoli ci fu tanta ammirazione e rispetto per una donna.
E così quand’ella si sposò e diede alla luce dei figli maschi, furono loro a succedere al trono e a prendere il titolo di Feng, soppiantando il simbolo imperiale maschile del Drago. Ed era ancora così da molte generazioni.  Peccato che una leggenda che rappresenti l’eccezione alla regola non garantisce che la società sia in grado di vedere con occhi non maligni le categorie che ha stigmatizzato.
Agli occhi dei suoi genitori, Lord Shen era sempre apparso come un mostro. In realtà, nel suo caso, almeno all’inizio, lui era semplicemente… diverso. Albino, a voler essere precisi, proprio come la sua antenata Huang Feng. Una parola innocente all’apparenza, dal semplice significato di “bianco”… ma che per lui rappresentava la sua condanna.
Per quanto il bianco, nel suo paese, fosse il simbolo della purezza e dell’innocenza, era anche il colore associato ai funerali e dunque, nello specifico, alla morte. Se poi ad esso si aggiungevano due occhi color del sangue, generati per via della totale assenza di melanina, indice della sua anomalia, non si stupiva della paura e del timore che era in grado di suscitare.
“Ha il colore della morte, ha il colore del sangue, non è un bambino normale, è demoniaco. E poi è troppo debole, troppo gracile. Un giorno di questi ci creperà davanti, e almeno avremo una bocca in meno da sfamare.”
Sì, erano affermazioni amorevoli, quelle che i suoi genitori avevano rivolto nei suoi confronti alla sua nascita. Di solito, quelli come lui, se commettevano la disgrazia di nascere, venivano uccisi, magari gettati in pasto alle belve, o comunque abbandonati a loro stessi. Dopotutto, nessuno voleva come erede un essere maledetto, debole e malaticcio qual era considerato un individuo albino.
Quale vergogna sarebbe stata per l’imperatore della Cina, Xiao Feng, avere un erede tanto miserabile? Non c’era alcun dubbio che egli volesse dare al primogenito ciò che spetta ai deboli: soccombere e morire.
Eppure… qualcuno si oppose. Qualcuno disse all’imperatore che non poteva gettare al vento un erede così, l’unico e solo figlio nato da una gravidanza portata a termine dopo numerosi, estenuanti tentativi. Non poteva permettersi il lusso di versare del sangue reale, anche se nato così sporco. Quel bambino aveva già prosciugato a dovere la vita dell’imperatrice, e provare ancora sarebbe stato per lei rischioso.
<< Datelo a me, mio signore. Io spezzerò la sua maledizione. Gli dèi mi siano testimoni, qui e adesso: il principe ereditario diverrà il più forte di tutti i guerrieri. Io trasformerò la sua debolezza in forza, estirperò il suo germe malvagio e lo renderò degno della vostra casata. Io, Maestro Rino Tuonante, giuro sugli dèi e sull’impero che renderò il principe Shen Feng il migliore tra tutti, dovessi consumare la mia vita in questo. >>
Così parlò il Gran Maestro della città di Gongmen, Rino Tuonante, figlio del leggendario Rino Volante, uccisore dei diecimila serpenti della Valle del Dolore.
E mantenne la parola. Addestrò il principino sin dalla più tenera età, quando giudicò avesse forza sufficiente per reggere in mano un’arma. Gli fece sputare sangue, sudore e lacrime, e non fu mai tenero: sapeva che era l’unico modo per temprarlo e renderlo davvero forte, o gli sarebbe spettata solo la morte.
Shen arrivò a comprenderlo perfettamente, a rispettare e, sotto sotto, a volere bene al suo maestro, per ciò che aveva proposto per lui e per quello che stava facendo per lui. Perciò non poteva fare altro che impegnarsi con frenesia, incurante dei lividi che collezionava. Niente al mondo per lui era più importante nel dimostrare di non essere affatto debole, di valere qualcosa, di essere un degno futuro imperatore.
Come Lada. Ma lui era un uomo. Per questo, ahimè, al contrario di lei, gli era stata concessa in pieno la chance di farsi valere agli occhi del padre. E tuttavia la meritò comunque: divenne davvero il più forte, il migliore tra i guerrieri e tra i principi, nonostante la sua condizione di albino.
Ma esattamente come Lada con Vlad… non ottenne soddisfazione dalla fama e dal prestigio acquisito, perché ben presto capì che i suoi risultati non sarebbero mai stati abbastanza per Xiao Feng: quest’ultimo l’avrebbe sempre guardato come il suo primogenito uscito male, che sì, aveva dimostrato qualcosa, ma proprio per questo mai avrebbe dovuto neanche una sola volta vacillare, fallire e deluderlo, altrimenti avrebbe macchiato l’onore della casata Feng.
<< E sia, Maestro Tuonante >> disse Xiao Feng << ti concederò questa possibilità. Tu lo addestrerai duramente, più di qualunque guerriero prima di lui. Ma fino ad allora… chiuderemo le porte delle sue stanze. Avrà con sé guardie e domestici ad osservarlo sempre, e limiteremo i suoi contatti con il mondo esterno. Che il popolo non debba mai vedere il suo futuro imperatore rischiare di deperire! Che non veda e non dica che il mio seme è stato maledetto! Non finché non mi dimostrerà, grazie a te, che può vincere il suo germe. >>
Se c’era un periodo della propria infanzia che Shen ricordava di estrema sofferenza, oltre agli allenamenti con Rino Tuonante… era la reclusione. Non la sopportava, maledizione. Era la cosa peggiore che avrebbe potuto augurare a qualcuno.
Ore e ore, rinchiuso nella sua stanza, obbligato a studiare, senza mai poter uscire fuori all’aria aperta, se non accompagnato da guardie, per l’assurdo timore che potesse sentirsi male da un momento all’altro, che potesse crepare sul colpo! E anche uscendo, doveva avere abiti lunghi addosso che lo nascondessero, e non importava a nessuno se fuori c’era un caldo asfissiante! Tutto per il terrore che qualcuno potesse vederlo in volto e rendersi conto che era un albino, che era maledetto, che il Sole l’avrebbe bruciato perché era una creatura di male!
Dèi santi, credeva di poter soffocare tra le dannate pareti della sua camera. E di impazzire, soprattutto. Anzi, forse era già impazzito. Quasi preferiva gli schiaffi e le percosse con la verga per aver osato allontanarsi senza permesso, o per aver detto una parola di troppo. Perché le pareti non lo inghiottivano? Perché non lo facevano sparire?
“Fatemi uscire, fatemi uscire, FATEMI USCIRE!”
No. Non così! C’era troppo caldo. Le guardie stavano troppo vicine, serrate. Non riusciva a respirare, si sentiva svenire, ma non poteva permetterselo, se l’avesse fatto avrebbero capito che era debole, non gli avrebbero più permesso di uscire…
Perché il sole non lo uccideva direttamente? Perché non lo uccidevano le maledette guardie, perché non smettevano di alitargli sul collo? Perché non capivano che aveva bisogno d’aria!?
Così sarebbe morto… morto come forse speravano i suoi amatissimi genitori… morto come la guardia…
Oh, aveva ucciso una delle guardie. Aveva usato il fermaglio con cui intrecciava i capelli. Gliel’aveva conficcato nella gola in un gesto fulmineo.
Perché ci sono urla? Perché ci sono grida di orrore? Perché esce tutto quel sangue?
“SANGUE!”
Ma qual è il problema, madre e padre? Non volevate vedere qualcuno crepare? Non volevate il sangue?
Oh, volevate che il vostro mostro se ne stesse al guinzaglio? Eccovi serviti, madre e padre!
“Che mi temano. Che mi rinchiudano quanto vogliono, che mi affianchino altre guardie, tanto sarà sulla loro coscienza il loro sangue. Provateci pure a pensare di buttarmi via, dopo il prestigio che vi porterò grazie al mio addestramento, madre e padre. Vedremo chi la spunterà.”
Sì… nessuno poteva uscire sano di mente, da un ambiente oppressivo come quello. Un atto del genere alla sua età non lasciò dubbi a Rino Tonante sull’insanità che l’allievo aveva sviluppato. Sapendo di non poterlo frenare abbandonando tutto, pena la sua morte, poté solo aggiungere al suo insegnamento quello di incanalare la sua furia e mediarla.
Alla fine, suo malgrado Xiao Feng accettò di diminuire le scorte che stavano incollate a suo figlio, che dal canto suo acquisì un atteggiamento impeccabile da principe retto e obbediente quale si aspettava la società, e smise di compiere atti del genere, perché sapeva come tenere a bada la bestia assetata di sangue…
Quando Xiao Feng gli annunciò che la principessa di Valacchia, Ladislav Dragwlya, sarebbe giunta in visita a Gongmen e che probabilmente vi si sarebbe trattenuta a lungo, Shen capì subito l’antifona: il voivoda Vlad II sperava di rifilargli la figlia come pretendente alla sua mano.
<< E tu che ne pensi, padre? Devo accettare? >> chiese, sospirando rassegnato come chi fa quella domanda per dovere e perché in realtà non ha nessuna vera voce in capitolo.
<< Sai bene che il regno di Valacchia è quasi completamente nostro subordinato. Questo potrebbe garantirci il suo dominio totale… ma dall’altro lato, tu non sposerai la prima morta di fame che passa e che mendica la nostra pietà, figlio mio. È troppo evidente che quello spocchioso di Vlad spera di risollevarsi. Il tuo compito, al momento, sarà quello di accoglierla e di trascorrere con lei più tempo possibile in modo da tenerla buona, se l’offerta di Vlad si dimostrerà più che valida e fornirà vantaggio anche a noi. Ma questo sarò io a stabilirlo. >>
<< Quanti anni ha la principessa? >>
<< Sedici. >>
Due in meno di lui, che a quel tempo aveva raggiunto la maggiore età. Non che alla fine fosse poi così rilevante, avrebbe dovuto avere a che fare con lei a prescindere, ma almeno ringraziava di non doversi ripugnare qualora fosse stata più vecchia di lui o troppo giovane. Chissà se lei era un’altra di quelle oche starnazzanti, frivole, blande e superficiali.
Dal canto suo, anche Lada aveva basse aspettative ed era profondamente orientata verso l’ostilità più totale. Era lieta che il suo probabile futuro sposo – ancora non riusciva a pensare quelle parole senza ribollire – non fosse un vecchio bavoso e decrepito, ma dall’altra immaginava di trovarsi davanti un altro ragazzino arrogante, borioso, egocentrico e pronto a comandarla a destra e a manca. Chissà quanto doveva essere montato, con tutta quella fama che lo circondava.
Il corteo valacco si raccolse nel giardino della capitale Gongmen. Ad attenderlo, come da ordini, v’era il principe cinese con la sua abituale scorta. Fu quando la carrozza si fermò e il portello fu aperto da un valletto che finalmente i due primogeniti si videro per la prima volta.
Ladislav aveva occhi di un marrone molto chiaro al punto che la luce pareva divertirsi a giocare con esso facendolo apparire scarlatto, conferendole uno sguardo incredibilmente intenso. I lunghi, morbidi capelli le arrivavano fin quasi alle natiche ed erano di un lucido corvino creante un forte contrasto con l’incarnato liscio e pallido. L’albino pensò che la sua bellezza potesse essere paragonabile a una rosa canina rossa: un fiore selvatico, dall’aspetto semplice, dolce, non regale quanto quello di una comune rosa, eppure, proprio grazie a questo e al colore appariscente, riusciva a colpire nell’immediato.
Lo sguardo della principessa era perfettamente impassibile, volto a celare ciascuna delle emozioni negative che covava in corpo… ma parve illuminarsi di sorpresa alla vista di Shen Feng.
Era… completamente bianco, salvo gli occhi e le rifiniture d’argento del suo kimono, tanto da manifestarlesi quasi come una visione eterea e luminosa. Aveva il viso talmente candido, con lineamenti morbidi e dolci, da sembrare levigato, e il color sangue degli occhi faceva apparire le iridi due rubini. Folti capelli bianchi, lisci e corti si raccoglievano in ordinate punte sulla base di un collo delicato da cigno.
Non era definibile come un vero e proprio colpo di fulmine il loro, semplicemente erano due adolescenti che riconoscevano di avere davanti un coetaneo avvenente che incontrava i loro gusti fisici. Avevano ancora la convinzione che la prima impressione benevola sarebbe presto finita ai porci.
Ma si sbagliavano. Scoprirono ben presto di non trovare affatto spiacevole la reciproca compagnia, di trovarsi davvero bene insieme. Questo fece di loro i più improbabili degli amici e degli alleati.
Ebbero modo di passare molto tempo insieme: per le strade di Gongmen, per i giardini del palazzo reale, per i balconi del palazzo reale… e nella sala degli allenamenti.
<< Da questa parte >> la invitò Shen.
Lada seguì rapida il principe mentre si avventurava nell’ala inferiore del castello, trattenendo a stento l’emozione e l’impazienza che sentiva in corpo e si manifestava in un vistoso sorriso sul suo volto.
L’albino raggiunse infine il portone di un’ala e lo spalancò, rivelando quello che era a tutti gli effetti un dojo… solo che la principessa non poteva conoscerlo, perché non ne aveva mai visto uno. Si guardò intorno, sorpresa e affascinata dall’aspetto piuttosto semplice che recava.
<< Quindi… è in questo posto che ti alleni? >>
<< Sì. È di tuo gradimento? >> domandò il principe, in tono calmo e gentile.
<< È... non saprei definirlo. Diverso, da quello che mi aspettavo. Anche se d’altronde qui è tutto diverso rispetto a casa mia. Mi affascina. >>
Shen sorrise. << Si chiama dojo. >>
<< “Luogo dove si segue la via” >> tradusse la principessa, ammirata.
<< Esatto. È qui che Rino Tuonante mi insegna, la maggior parte delle volte, almeno. Molto più spesso mi porta in viaggio, ad affinare la mente e il corpo sulle montagne per sfidare il freddo e la fauna selvaggia o su una spiaggia, ad affrontare perfino le onde marine. Ma è qui che ho imparato le basi del combattimento. >>
<< Mi affascina sempre anche quello che mi racconti, anche se immagino debba essere veramente dura... >>
<< Agli inizi lo era eccome, ma adesso è diverso. Il mio maestro è sempre vicino a me, e mi rende ogni giorno più forte, sempre di più. Qualcuno potrebbe definire i suoi metodi estremi... ma per me, sono il mezzo ideale per diventare forte, il più forte. Più di chiunque altro. E sono a buon punto. Ormai, non considero più duro l’allenamento, lo vedo più... come uno scopo. Una missione. >>
A quelle parole, la ragazza sentì una sgradevole stretta allo stomaco, un deja vu di estremo rammarico e malinconia.
<< Per renderti degno di tuo padre e del tuo nome? >>
<< No, molto di più. >> Shen alzò lo sguardo in alto << Per diventare degno di me stesso. Per dimostrare a mio padre, e al mondo intero, che non sono affatto debole. Malattia? Germe? Sciocchezze! Tutte sciocchezze! Gli umani hanno la forza di poter plasmare da soli se stessi e il loro destino, questo è ciò che mi ha insegnato Rino Tuonante. Secondo il fato, io sarei dovuto morire fanciullo, stroncato dalla mia stessa condizione fisica, eppure sono ancora qui in piedi. Sono ancora qui, in piedi, a combattere giorno dopo giorno. Io non voglio diventare degno di mio padre... io voglio diventare meglio di mio padre! >>
Abbassò lo sguardo verso di lei, e la guardò dritta negli occhi in modo che le sue iridi scarlatte penetrassero dentro la sua anima.
<< Ma per farlo devo ancora lavorare sodo... >> sollevò la mano, stringendo le dita una ad una congiungendole in un pugno << io ho bisogno di più potere. >>
Lada ricambiò il suo sguardo senza alcuna esitazione o timore. Rimase a lungo in silenzio per qualche istante, e l’albino poté intuire dai suoi occhi che stava riflettendo profondamente su qualcosa che, a giudicare dallo sguardo, la tormentava da molto tempo, e che ora di fronte a lui si sentiva illuminata. La vide allungare i palmi a stringergli il pugno.
<< Anch’io una volta avevo qualcuno che mi ha detto che è proprio lavorando sodo che possiamo farcela, indipendentemente da quello che siamo o meno. La tua ambizione ti fa onore. Un giorno... io desidero poterti eguagliare. Poter brillare come te, quando trionferai. >>
<< Allora ne avrai di strada da fare, Lada >> replicò l’albino, rilassando il pugno a stringere le sue mani, pur storcendo le labbra in un ghigno strafottente. << Perché io diventerò il più forte. >>
<< Farò tutto ciò che è necessario >> sentenziò la principessa, ricambiando con un sorriso sicuro << Preferisco fare tanta strada per il bene di me stessa, per dimostrare a ME che non sono debole, piuttosto che per qualcuno che mi vede solo come una merce per ripristinare il proprio potere. >>
<< E io ti auguro ogni bene per la tua strada, poiché condivido anch’io obiettivi come i tuoi >> affermò l’altro, in un sorriso di assenso << Sai, ho viaggiato perfino in Europa, in Norvegia, dove il maestro mi ha addestrato a sopravvivere nell’ambiente selvaggio e ho avuto modo di apprenderne la storia passata. Lo sapevi che i norreni, volgarmente detti vichinghi, avevano una loro casta di donne guerriere? Le chiamavano skjaldmaer, o shieldmaiden. Queste donne sceglievano volontariamente di servire la loro patria e compiacere gli dèi per bearsi delle glorie del Valhalla, e per questo si addestravano insieme agli uomini, ed essi accettavano tutto ciò con onore. Non importava che fossero contadine o figlie di jarl, se volevano dimostrare il loro valore... potevano farlo. Tu assomigli ad una di loro, sai? È vero, i vichinghi erano barbari, ma sapevano portare rispetto per chiunque lo dimostrasse: donna, vecchio, contadino... chiunque fosse degno poteva ambire addirittura a diventare jarl. Niente a che vedere con la mia e la tua cultura, basata su un sistema patriarcale e dinastico. Ho sempre trovato questa cosa affascinante, e ora che ti sento parlare... mi viene da associarti a loro, a queste guerriere benedette dal dio Thor. Ti ci riesci a immaginare pure tu? >>
Gli occhi della ragazza brillarono di stupore e di entusiasmo. Un caldo sorriso le incurvò le labbra.
<< Decisamente sì. Io... non te l’ho raccontato prima perché avevo paura fossi il solito principino odioso e che probabilmente avresti gridato allo scandalo, ma... mi sono addestrata anch’io. >>
Così gli raccontò di Andrej, di ciò che le aveva insegnato, di come avesse preso sul serio il proprio ruolo di principessa, di come avesse fatto tutto per compiacere suo padre… e come lui non le avesse dato alcuna possibilità, relegandola al solo mero compito di sposare lui, Shen, a suon di schiaffi e con un ricatto.
Le labbra dell’albino si contorsero in un ringhio stizzito. << Sapevo già che tuo padre ti ha spedita qui perché spera che io accetti di sposarti e che tu mi convinci a farlo. >>
<< Non ne dubitavo. Sei molto intelligente. >>
<< Ma che si fosse comportato in maniera così vile per obbligarti… è inammissibile. Ritengo invece ammirevole che tu sia sempre stata sincera. Non hai mai cercato di mostrarti piacente come ti aveva imposto... >>
<< All’inizio l’ho fatto come un irrazionale iniziale gesto di ribellione >> confessò la giovane << Ha fatto del male a Breda, e il fatto che volesse usarmi per questo matrimonio mi ha fatto sentire demotivata e sfruttata. Non volevo e non riuscivo ad accettarlo. Poi ti ho conosciuto meglio, e ho capito che con te sono semplicemente davvero libera di essere me stessa, anche se significa disobbedire a mio padre… >>
<< Non avere alcun riguardo per quello stolto. Il sistema di coloro che non sanno vedere, che non sanno giudicare il valore di una persona... è destinato a fallire. Noi possiamo coalizzarci, ottenere ciò che ci spetta e che abbiamo sempre desiderato insieme. Tu ed io... sento che potremmo fare grandi cose. >>
<< È una proposta che sarei disposta ad accettare >> affermò Lada << Ma il problema è realizzarla. Ora non ho più il mio maestro... e non ho qualcuno disposto a seguire me piuttosto che mio padre. E la mia terra è talmente oppressa dalla Cina, e così piena di criminalità... c’è così tanto che dovrei fare, e da sola non posso... >>
<< Ti addestrerò io >> sentenziò Shen << Lo farò, qui, in questo dojo quando nessuno guarda. Qui forgeremo insieme la tua potenza. Ti consentirò di accedere ai miei studi, ti indirizzerò verso i soldati valacchi che abitano la mia terra. Li convincerò a seguirti… >>
<< Non occorre >> intervenne la principessa << Puoi insegnarmi a combattere, ma al resto dovrò pensarci da sola. Sarà mio compito convincerli, sarà mio compito studiare. >>
<< Molto responsabile, Dragwlya. >>
<< Questo è un accordo >> osservò Lada, inarcando un sopracciglio << Di solito, quando si stipulano accordi, ci si stringe la mano. >>
Tese la destra davanti a sé e lo fissò, in attesa.
<< Speravo in qualcosa di più... appariscente, ma per ora mi accontento. Chissà che in futuro... >> commentò il principe, in un ghigno.
La sua voce era stranamente morbida e calda, in quel momento. I suoi occhi facevano trapelare un doppio fine, non per forza disonesto, ma era chiaro che qualcosa di malizioso e insinuante c’era. Lada sentì un piacevole tepore agguantarle le guance.
<< Abbiamo un accordo? >>
Shen sorrise, ed entrambi si strinsero vigorosamente la mano.
<< Partiamo bene, hai la stretta di una vera shieldmaiden >> commentò l’albino << Di questo passo potresti addirittura compiacere il dio Thor, come nelle leggende. Ma d’altra parte sono solo leggende >> concluse in una punta ironica.
<< E chi lo sa. D’altronde, un tempo, prima che Dio arrivasse nelle mie terre, avevamo una religione molto simile a quella dei norreni… peccato sia stata soppiantata >> sospirò la principessa, per poi guardarlo con gli occhi che brillavano << Quando cominciamo? >>
Lada era rimasta profondamente colpita e ammaliata dalle dichiarazioni del principe, dalla determinazione carismatica con cui erano state esposte. A ben pensarci, la situazione di lei e Shen era simile: entrambi erano malvisti agli occhi della società per ciò che erano, entrambi avevano cercato di mostrare il proprio valore ai loro padri, di essere riconosciuti…
No, c’era una differenza sostanziale, e la principessa l’aveva vista chiaramente, attraverso lo sguardo rubino del giovane quando aveva affermato di volere più potere: Shen era profondamente determinato ad andare avanti fino in fondo. Lei, invece… da quando era giunta a Gongmen, almeno per quanto riguarda i propri obiettivi, si era sentita spaesata: aveva perso la grinta e il desiderio di rivalsa, perché il rifiuto totale di Vlad l’aveva segnata e l’aveva demotivata. Per ribellione interiore non si era nemmeno sprecata a cercare di fare come le aveva ordinato, ovvero cercare di sedurre Shen, di convincerlo a sposarla.
Vedendosi riflessa negli occhi del principe… aveva provato disgusto per se stessa. Davvero era infantile fino a quel punto? Davvero voleva gettare all’aria il suo ruolo di principessa per un tale capriccio, solo perché il papino non le aveva dato le giuste attenzioni? Davvero voleva mollare tutto così? Come se non sapesse da sé in quali condizioni era la sua terra e il suo popolo, per colpa della Cina! Quanto valeva come principessa se finora non aveva fatto altro che preoccuparsi unicamente di fare colpo con suo padre? Niente, ecco la verità.
Suo padre l’aveva mandata lì nella flebile speranza di rinnovare il proprio prestigio, di stipulare un accordo commerciale, ma un matrimonio tra lei e Shen non era che la sottomissione ufficiale dello schiavo che bazzicava i resti del suo padrone. E Vlad non si era fatto avanti ufficialmente nel proporla come sposa, perché sapeva di non averne l’autorità: il suo era un temporeggiare per cercare di radunare un’offerta sufficiente a sancire quel matrimonio. Ma la Valacchia non si sarebbe mai risollevata fintanto che i cinesi avessero tenuti agguantati i suoi artigli su di essa, e Lada aveva visto con i propri occhi quanto la criminalità e la povertà dilagasse nel suo paese.
Da un certo punto di vista, capiva la scelta di Vlad di spedirla lì… ma ormai le era chiaro che quell’uomo non pensava affatto al proprio paese, altrimenti non si sarebbe mai privato di un capitano come Andrej Breda e non avrebbe affatto rifiutato l’aiuto che lei gli aveva offerto.
Ed era forse paradossale che le parole di Shen, le parole del figlio di colui che succhiava l’energia alla sua terra, avessero generato in lei un punto di vista che prima d’ora non aveva mai considerato: quale senso aveva cercare di dimostrarsi degni di qualcuno, se prima non si era neanche degni di sé stessi? Che degna principessa era se non si interessava nemmeno alla propria terra, se non pensava a salvarla e aiutarla perché questo era suo dovere, e non perché voleva compiacere qualcuno? E soprattutto, se lei era così convinta delle proprie capacità… perché lasciarsi frenare da qualcuno che neppure l’aveva valorizzata?
Se si fosse impegnata, avrebbe potuto farcela. Avrebbe potuto trovare un modo di soppiantare suo padre, di prendere la Valacchia per sé e governarla, impegnandosi per rinnovarla e facendosi riconoscere dai propri cittadini. E grazie a Shen, adesso aveva la prova che poteva farcela, di avere un alleato in questo: avrebbero dovuto attendere a lungo, ma un giorno lui sarebbe divenuto imperatore, e avrebbe potuto riconsegnarle il regno. E lei, in attesa di quel giorno, si sarebbe preparata per essere degna di ottenere ciò che le spettava.
E così divennero amici ed alleati. E come spesso accade, ben presto la loro amicizia divenne qualcosa di molto più intenso e profondo: un’allegoria, che gli eredi del Drago e della Fenice, il simbolo coniugale cinese per definizione, sebbene insolitamente di sesso invertito… infine iniziassero a provare le gioie, i timori e l’ebbrezza dell’amore.
 


Un anno dopo…
 
L’intera Cina era in subbuglio per prepararsi ad accogliere il Capodanno lunare, o Festa di Primavera.
Dai suoi studi e dai racconti di Shen, Lada sapeva che era la festa tradizionale più importante dell’anno, paragonabile alle festività natalizie dei paesi occidentali. Il momento dell’anno in cui le famiglie si riunivano per il tradizionale cenone, si facevano offerte per le divinità e per gli antenati e cui ci si propiziava la fortuna e la buona sorte che sarebbe arrivata con il nuovo anno. I cinesi ritenevano che un buon inizio avrebbe portato fortuna durante il corso dell’anno.
I tre giorni più importanti erano la vigilia, il primo giorno dell’anno e la Festa delle Lanterne. Nei primi due, le famiglie si riunivano e si faceva visita ai parenti. A causa di questo, Lada fu lasciata a palazzo per ordine di Xiao Feng, che riteneva inappropriato portarsi dietro qualcuno al di fuori della famiglia, come aveva sottolineato velenosamente. Perciò lei rimase a palazzo, mentre Shen, suo malgrado, si recava in visita ai pochi altri membri rimanenti della famiglia Feng assieme ai propri genitori.
Segretamente, la principessa fece in modo di congedare i servi affibbiatile perché si recassero dalle loro famiglie in quei giorni per loro così speciali, e aveva convinto anche i soldati con cui stava stringendo amicizia a tornare alle loro case senza preoccuparsi di doverle fare compagnia. Non voleva togliere la possibilità di festeggiare a nessuno, e tra sé e sé pensava che avrebbe tanto voluto festeggiare quella tradizione familiare con Andrej, scusarsi e dirgli quanto gli aveva voluto bene, che era stato un padre più di Vlad e che gli era grata per questo. Chissà quale sorte gli era toccata, chissà se era ancora vivo… la speranza che lo fosse era l’unica cosa che non la faceva demordere nelle sue ricerche.
Shen tornò da lei per la Festa delle Lanterne, l’ultimo giorno del periodo di festa, e fece in modo di rendere quel giorno il più bello della sua vita, portandola a fare un giro per la città e a cenare insieme con ravioli, pesce e il dolce tipico di quella festa, le palline di riso.
A Gongmen erano organizzati eventi come fiere del tempio, spettacoli e danze tradizionali. Ogni strada, casa o palazzo in cui si celebrava il Capodanno era decorato di rosso, colore principale della festività e simbolo di buon auspicio. Lanterne rosse, decorazioni augurali per le porte di casa e per le vetrine dei locali pubblici, frasi di buon auspicio su carta rossa… c’era proprio di tutto.
Anche il principe albino, per l’occasione, sfoggiava un semplice kimono rosso dai ricami argentati, e ne aveva fatto dono di uno alla propria compagna ricco di motivi floreali. Aggrappata al suo braccio, sorridente e raggiante di gioia, Lada osservava quell’atmosfera festosa e ciò di cui era composta.
Le strade erano piene zeppe di persone, bancarelle ai lati della strada con cibi, bevande e oggetti, carri che giravano, ma sopratutto di lanterne appese lungo tutte le strade delle città e all’esterno di case e negozi di tutte le forme e colori.
Dopo aver mangiato e girato a lungo, tenendosi per mano, entrambi privi di vergogna o preoccupazione alcuna, il principe la condusse nuovamente a palazzo, ma non perché riteneva terminata la festa.
La accompagnò nelle sue stanze e spalancò la grande finestra orizzontale provvista di un balconcino e la invitò a sporgersi: allora la principessa rimase completamente incantata.
Da quella posizione era possibile vedere l’intera città completamente illuminata dalle lanterne e dai grandi, esplosivi fuochi d’artificio che scoppiavano nel cielo notturno riempiendolo di bagliori colorati.
Non c’erano parole per descrivere la meraviglia e lo stupore nello sguardo della principessa.
<< Shen, è… meraviglioso >> boccheggiò, estasiata.
L’albino le si portò di fianco, regalandole il sorriso splendente che tanto amava. << Volevo che avessi la vista migliore… che potessi goderti tutto la bellezza della nostra tradizione al completo, anche se in un solo giorno. Con il nuovo anno che inizia… questo giorno di felicità dev’essere per te portatore di solo splendore. >>
Lada lo abbracciò e gli si accoccolò sul petto, stringendogli le dita delle mani fra le proprie. << Vorrei potesse essere lo stesso anche per te. >>
<< Lo sarà. >> Shen le prese delicatamente il viso tra le dita, perché potessero guardarsi dritti negli occhi e avere i volti vicini. << Finché sarai qui con me. Voglio dirtelo adesso, e concretizzarlo con l’arrivo dell’anno nuovo… ti amo, Lada. >>
La ragazza arrossì e sentì gli occhi farsi lucidi. Non poté impedirselo. Erano entrambi perfettamente consapevoli del reciproco sentimento che li univa, perfettamente in grado di capirsi a vicenda, ma sentirselo dire nel concreto era tutt’altra cosa. Rendeva tutto ancora più meraviglioso.
Agli inizi l’amore era un qualcosa di totalmente estraneo per entrambi. Lada conosceva al massimo certe frasi sdolcinate ascoltate dalle mocciose del suo rango, qualcosa come “Gli opposti si attraggono”, e racconti di storie d’amore sospirate e idealizzate, talmente zuccherose da farle venire voglia di vomitare.
Quello di cui si era autoconvinta, ignorando queste sciocchezze e semplicemente stando al fianco di Shen, è che se una persona ti faceva sentire bene, l’avrebbe fatto per sempre, anche se diversa da te o simile in alcuni ambiti. In un certo senso, era come sentirsi completati senza necessariamente aver avuto prima una sensazione di mancanza.
La principessa gli poggiò le braccia attorno al collo e lo fissò dritto negli occhi per rispondergli con coraggio, lealtà e sincerità.
<< Ti amo anch’io, Shen. >>
Forse fu quel momento che aveva qualcosa di magico, forse furono le stelle luminose e rumorose che esplodevano nel cielo, forse fu la completa concretizzazione di ciò che erano ormai diventati... si baciarono. Si baciarono finché non ebbero più fiato in gola e finché le loro lingue non dolsero, e poi ripresero da capo.
Un bacio diverso da quelli che di solito si davano, un bacio che non voleva più finire, perché non voleva essere altro che un inconscio preliminare, un assenso per i loro corpi e le loro menti. Agirono entrambi guidati dall’istinto, quasi senza nessuna esitazione.
Incatenati nel bacio, Lada gli si avvinghiò addosso con slancio, stringendogli le cosce attorno ai fianchi e circondandogli il collo con le braccia: lui l’accolse in braccio, la sollevò senza sforzo e la portò dentro la camera, adagiandola dolcemente sul letto, sotto di lui.
Fu la cosa più naturale del mondo baciarsi, e baciarsi ancora, liberarsi degli abiti per avvolgersi solo delle lenzuola, cercando l’uno il contatto con la pelle, stretti e allacciati come due metà della stessa cosa.
Non avevano mai pensato ad una cosa simile, ma alla fine non erano più ragazzini, non erano più solo amici, si amavano più che mai, e insieme a questo si sentivano anche pronti.
<< Sei sicura? >> le sussurrò Shen all’orecchio, sdraiato nudo sopra di lei, i palmi che le cingevano e accarezzavano i fianchi.
Si sentiva sciocco e infantile, eppure non aveva potuto fare a meno di porre quella domanda. Per la prima volta nella sua vita aveva davvero timore che la compagna non volesse andare avanti fino in fondo in una cosa così importante.
Lada lo sentì a malapena, tra il battito accelerato del proprio cuore e il martellare del sangue nelle tempie. Ogni muscolo era teso e pronto, non aspettava altro che accoglierlo. Erano già uniti sotto tanti aspetti: quello sarebbe stato in qualche modo il coronamento del loro rapporto.
Annuì, allungando a propria volta i palmi a stringere i fianchi di lui.
<< Mai stata più sicura. >>
Shen le baciò le labbra, sollevandosi appena sopra il suo corpo. Era la prima volta per tutti e due: non sapeva come muoversi, né era sicuro di cosa fare, e in un certo senso aveva paura di come sarebbe potuta andare a finire. Ma forse… non doveva pensare, era quello il punto. Doveva lasciarsi andare del tutto all’istinto e alle pulsazioni. E si lasciò andare.
Sarebbe piuttosto irriverente descrivere ciò che successe quella notte in ogni dettaglio, ma sarebbe delizioso poter dire ciò che davvero accadde tra di loro: si amarono, percorsero ogni centimetro delle loro pelli e intimità, godendo l’uno dell’altro nel fondersi in una cosa sola.
E dopo quel momento, ne vennero molti altri, realizzati in incontri segreti, notturni, silenziosi… incontrollati. Sapevano di rischiare molto, sapevano che se fossero stati scoperti lo scandalo sarebbe stato eclatante e l’ira di Xiao Feng si sarebbe abbattuta su entrambi… ma l’ebbrezza della passione cancellava tutto dalla loro mente.
Ma ben presto, Shen si rese conto che qualcosa non andava. Sapeva bene quanto avevano rischiato non proteggendo i loro rapporti, ma non era questo a stranirlo.
Non c’erano mai stati... incidenti. Lada si faceva controllare regolarmente da un medico di fiducia al suo soldo... e non aveva mai anche solo una volta avuto un ritardo, o dovuto abortire. L’albino si era chiesto come fosse possibile. Poi... un presentimento si era fatto strada nella mente. Un presentimento dato… da quello che si dice su quelli come lui, gli albini…
Volle cercare conferma dal suo medico, e la risposta l’aveva distrutto emotivamente.
Non poteva avere eredi.
Scoprirlo l’aveva scioccato, disgustato, oltraggiato. Ma più di tutto a farlo stare male, a spaventarlo… era l’idea che Lada, a scoprirlo, avrebbe potuto reagire male. E c’era anche l’altra faccia della medaglia: se Xiao l’avesse scoperto, l’avrebbe ricoperto di onta. Tutto ciò che aveva costruito non sarebbe valso più a nulla.
Naturalmente, Lada non era ingenua. Aveva capito subito, dal comportamento del compagno, che c’era qualcosa che non andava. Era da un paio di settimane che lo percepiva assente, da quando avevano fatto l’amore l’ultima volta. Era stato in bagno diverse volte e non l’aveva mai lasciata entrare. Un giorno era partito, così, di punto in bianco, per quello che le aveva detto essere un importante viaggio che doveva assolutamente fare da solo e l’aveva pregata di restare perché nessuno sospettasse dei loro rapporti intimi.
La ragazza aveva addirittura cominciato a pensare di essere lei il problema, di aver sbagliato qualcosa l’ultima volta e che era questo il motivo per cui non voleva più toccarla. Di solito loro si dicevano tutto, si confidavano sempre tutto… ma quella situazione aveva iniziato a farla impazzire. Decise che l’avrebbe affrontato a testa alta, una volta che il compagno fosse tornato da quel misterioso viaggio.
Sembrava letteralmente più bianco del solito, svuotato di energia… dovette addirittura sostenerlo, perché fu scosso più di una volta da dei violenti conati di vomito. Alla fine, tuttavia, riuscì a convincerlo a confessarsi, a parlarle… e venne così a scoprire dell’arcano.
<< Secondo quello che mi è stato detto... ho contratto un’infezione senza sintomi >> spiegò Shen, ripetendole ciò che aveva scoperto dal medico << Il mio corpo è forte, è stato temprato in ogni angolo... tranne... tranne lì. Gli anticorpi non sono stati capaci di frenarla, erano troppo deboli... quando mi sono fatto vedere, era ormai a uno stadio avanzato. Sono partito per cercare dei rimedi naturali, ma... ma li rigetto. Li ho rigettati tutti… perfino lungo la strada… e ora anche qui… >>
Lada gli prese il volto tra le mani per guardarlo dritto negli occhi. << Posso ben capire cosa stai passando, e che tu possa sentirti “un uomo a metà”. La nostra società è crudele, ruota tutta intorno a questo. Ma come hai potuto pensare che questo per me avesse davvero importanza? Con te io mi sento libera, non sono ansiosa e pressata dall’avere figli: forse in futuro potrei desiderarlo, ma il fatto che io non possa averli con te non mi fa sentire male. Sono stati il tuo silenzio e la tua indifferenza a causarmi dolore. Personalmente ritengo che trattare in questo modo la propria donna sia un comportamento da “uomo a metà”. >>
<< Io... ho avuto paura. Ho avuto timore di trasmetterti qualcosa, di condannarti come sono stato condannato io… >>
<< Avresti dovuto dirmelo proprio per questo. Siamo stati stolti entrambi a non proteggerci… ma a quanto pare, nulla di tutto questo è sessualmente trasmissibile. Allora non ascoltare certe sciocchezze o dicerie. >>
L’albino sospirò, passandosi una mano sulla fronte. << Hai ragione. Ma è tutto così... tossico. Per tutta la vita sono stato cresciuto con l’idea di essere maledetto, debole, gracile... sarei morto già nella culla se Rino Tuonante non avesse interceduto per me. E adesso mi scopro sterile, come molti pensano che siamo. E gli dèi solo sanno cosa mi salverebbe dalla forca se mio padre sapesse… >>
<< Ti basterà semplicemente non dirglielo. Ma se ti comporti così, gli darai solo ragione di sospettare. >>
<< Hai ragione, non posso continuare così... tanto è inutile, l’infezione mi ha segnato a vita. I rimedi non possono fare niente... >>
<< Se il problema è l’erede per tenere buono tuo padre, potrai sempre optare per l’adozione. Gli dirai che hai adottato un giovane in quanto dotato di intelletto e forza sufficienti per ereditare un impero. Ma, Shen… non farmi mai più una cosa del genere. Mai. Non mancare mai alla nostra fiducia reciproca. Noi siamo il Drago e la Fenice… dovremo rimanere uniti, quando ci riprenderemo ciò che ci spetta. >>
Shen annuì, e allungò il viso a baciarla dolcemente, stringendola a sé.
<< Te lo prometto. >>

 
Quattro anni dopo
 

Shen era rinchiuso nella sua stanza, fuori, sul balconcino, a fissare la città in lontananza. Un abitudine che col tempo avrebbe preso, specialmente quando era impegnato a riflettere o a realizzare pensieri inquieti. Rimuginava su quanto aveva appena fatto, e se ne compiaceva fino in fondo.
Quel giorno, Lada non era con lui al castello. Ufficialmente, era in visita per il Paese accompagnata da una scorta di soldati valacchi che servivano l’impero cinese perché offerti come tributo annuale da Vlad II.
Solo il principe era a conoscenza del legame di fiducia che ella aveva instaurato con loro, e sapeva che in quel frangente la stavano supportando e accompagnando nel suo cercare consensi e alleanze per accrescere potere e influenza onde ottenere meritevolmente il trono di Valacchia. E anche che probabilmente ci avrebbe messo parecchio a tornare a Gongmen, come nelle ultime settimane. Probabilmente avrebbe anche fatto un salto per i territori di Valacchia.
Da qualche tempo, l’albino aveva iniziato irrazionalmente a divenire più irrequieto, impaziente e irascibile, soprattutto per via della pressione di Xiao Feng. L’imperatore voleva a tutti i costi che trovasse un pretesto per allontanare la principessa valacca dal palazzo: si era trattenuta anche troppo per i suoi gusti, e secondo la modesta opinione dell’imperatore non c’era più alcuna utilità nell’essere ospitali con lei, dal momento che aveva deciso che l’offerta del matrimonio non era valida. Finché non aveva scoperto che, stando agli ultimi rapporti riportati, Vlad II era stato colpito dalla febbre, ed era più che certo che non sarebbe sopravvissuto a lungo. E così l’imperatore aveva cambiato idea: la principessa andava uccisa facendolo sembrare un incidente, così da permettere alla Cina di vantare il controllo indiscusso sull’intera Valacchia.
Ma Shen aveva in mente altri piani, che si erano confermati nella sua mente una volta scoperta l’inevitabile condanna naturale di Vlad. Se egli fosse morto, la figlia avrebbe ereditato il trono, e se Shen l’avesse sposata, avrebbe ottenuto anche il dominio e la sottomissione sulla Valacchia, una volta divenuto imperatore. Avrebbe avuto sia l’amore sia tutto il potere che a lungo aveva bramato.
Il matrimonio non sarebbe stato affatto difficoltoso, dopotutto lui amava Lada, e lei lo ricambiava. A quel punto c’era solo l’ostacolo dei suoi genitori ancora in vita e al comando, seduti entrambi a scaldare i troni. Quei miserabili andavano tolti di mezzo, non c’era alcun dubbio, e una volta per tutte.
Non che il pensiero non l’avesse mai sfiorato. Lo aveva sempre bramato, sin da quando era un moccioso scapestrato incapace di controllare la propria furia sanguinaria che LORO avevano plasmato, con la loro intolleranza, il loro disprezzo, la reclusione e gli abusi fisici e verbali che gli avevano inflitto. Ma si era sempre trattenuto per dovere nei confronti di Rino Tuonante e perché sapeva benissimo che quell’azione non gli avrebbe affatto giovato, nei suoi primi tempi di allenamento. Senza contare che non era una cosa realizzabile tanto facilmente, figuriamoci, almeno non senza essere scoperto e giustiziato.
Ma adesso era più che mai necessario trovare il modo, prima che Xiao Feng provvedesse personalmente a fare in modo di uccidere Lada, mandando all’aria tutti i suoi piani e punendolo personalmente per non essersene occupato di persona. No, lui e quella maledetta della moglie non gli avrebbero messo le mani addosso. Mai più. Non gli avrebbero ancora una volta soffiato il potere che gli spettava. E di certo non avrebbe permesso che gli portassero via Lada.
Fu così che Shen conobbe il Maestro.
Si presentò nelle sue stanze pochi giorni dopo che aveva cominciato a maturare quei pensieri, affermando di essere la soluzione a tutti i suoi problemi.
Inizialmente, Shen fu piuttosto restio ad accettare le parole di quel bizzarro sconosciuto, ma dopo aver assistito di persona ad una manifestazione dei suoi incredibili poteri, decise di accettare il suo aiuto.
Fu proprio il Signore del Tempo a fornirgli un espediente rapido ed efficace per portare avanti le sue trame, naturalmente in cambio della sua lealtà e di divenire portatore del suo vessillo, una volta divenuto imperatore.
Il veleno. Semplice da insinuare semplicemente versandolo in bevande, cibi e abiti, specialmente se si aggiungeva una piccola ma rilevante corruzione da parte dei servi e degli assaggiatori di corte.
La boccetta fornitagli era trasparente e conteneva un liquido di un verde fosforescente. Il Maestro l’aveva battezzato “Avada Kedavra in polvere” e aveva detto essere l’invenzione di un amico: un concentrato distillato da un’antica maledizione della morte capace di uccidere senza lasciare il minimo segno fisico.
Un vero peccato per lo spettacolo conseguente, però: Shen aveva sperato di osservare i propri genitori contorcersi dal dolore, di annaspare in cerca d’aria agonizzando lentamente. Invece era stato tutto incredibilmente secco e rapido: dopo la dose, fornita da un bicchiere di vino, erano semplicemente stramazzati a terra senza più vita. Peccato.
In ogni caso, il risultato era stato eccellente. In tale modo, nessuno riuscì mai a scoprire quale fu la causa della morte dei coniugi Feng, e soprattutto, nessuno riuscì mai a scoprire il colpevole, né fu mai realizzata un’indagine accurata.
Mentre scrutava l’orizzonte, l’albino vide galoppare sulla strada maestra conducente verso il suo castello la carrozza recante il simbolo di Valacchia: Lada si accingeva a tornare da lui in quel momento perfetto, ora che ogni altro ostacolo era finalmente stato tolto di mezzo.
Si recò immediatamente fuori, rapido e lesto, per aspettarla. Ella lo vide dal sentiero e fece fermare la carrozza innanzi al cancello, unicamente per scendere e corrergli incontro.
<< Shen! >>
Il principe l’accolse fra le braccia, la baciò con trasporto e la tenne stretta a sé per i fianchi, lasciando che si poggiasse sul suo petto mentre le accarezzava i capelli e la schiena.
<< Lada… >> sussurrò il nome di lei in un fremito << grazie al cielo stai bene… >>
La principessa sollevò lo sguardo, confusa. << È tutto a posto? È successo qualcosa? >>
<< Vieni con me, mia adorata. Ho molto di cui raccontarti. >>
La condusse nella sala del trono, dove un regale seggio torreggiava sulla parete centrali, vuoto. Interamente ricoperto di seta del colore dell’oro e del cielo, spiccava alla vista per il meraviglioso schienale dalla forma della ruota di un pavone, l’animale considerato incarnazione terrena della Fenice.
L’albino ci si avvicinò senza alcun indugio, sotto lo sguardo di Lada che rimaneva a fissarlo sulla distanza, meravigliata.
<< Questo è… >>
<< Il trono di mio padre. >>
Shen vi si sedette in un gesto fluido, poggiando i palmi su entrambi i bracciali, accarezzandone la seta con bramosia misurata.
<< L’imperatore e la sua imperatrice sono passati a miglior vita. E questo solo pochi giorni prima del tuo ritorno. >>
<< Sul serio!? >> La ragazza spalancò le palpebre. << Com’è successo? >>
<< Non ha importanza >> tagliò corto Shen << Ciò che conta è quello che comporta. La mia incoronazione è prossima: entro la fine del mese, sarò il nuovo imperatore della Cina. >>
A quelle parole, la perplessità e il sospetto di fronte a quel secco cambio discorso riguardo la morte dei coniugi svanirono, forse un po’ troppo in fretta, ma d’altronde Lada non vi era per nulla affezionata e come Shen, non aveva occhi che per le possibilità che le si spalancavano per merito della loro dipartita.
<< Questa è… una fortuna! >> esclamò << Un’incredibile fortuna! >>
<< E non lo è solo questo >> replicò in accordo il principe << Come sicuramente avrai avuto modo di scoprire dal tuo viaggio, anche quel debole di Vlad è deceduto. >>
Lada annuì. Aveva avuto modo di sapere della sua febbre e di come infine l’aveva vinto. Naturalmente non aveva versato nemmeno una lacrima e non aver provato nemmeno un po’ di dispiacere: l’aveva rinnegato molto tempo fa, ormai. Quello che l’aveva davvero intristita era scoprire della sorte di Andrej, che aveva sperato di rincontrare e di convincere ad unirsi alla sua causa: Vlad l’aveva rinchiuso nelle segrete dopo la partenza della figlia dalla Valacchia e dopo qualche tempo, le terribili privazioni cui era stato costretto l’avevano portato alla morte.
<< Mi dispiace molto, mi narrasti quanto quell’uomo fosse importante per te e più rilevante di quanto fu quel verme di tuo padre. Ma non dovresti lasciare che questo ti intristisca. Questo è un glorioso giorno. >>
<< È vero… >> mormorò la principessa << Adesso il trono di Valacchia è completamente vacante. >>
Shen scese dal trono per andarle nuovamente incontro e stringerle le mani fra le proprie. << Sono molto fiero di te. Adesso… lascia che io ti ricompensi per i tuoi sforzi. >>
<< Ma non puoi, dobbiamo aspettare >> obiettò lei << prima tu devi diventare imperatore, solo dopo potrai nominarmi regina, e restituirmi… >>
<< I troni non sono l’unico modo per stringere alleanze. >>
<< Che vuoi dire? >>
Shen la prese per il mento e le sollevò il viso per farsi guardare. << Sposami, Lada. È la soluzione perfetta. >>
La principessa spalancò le palpebre, completamente colta di sorpresa. Sentì gli occhi farsi lucidi e le guance divenire rosse come ciliegie, il cuore in subbuglio. Aveva ben imparato a non provare più nessuna vergogna o disgusto nel sentirsi simile a molte delle sue coetanee che sognavano e fantasticavano sul principe azzurro e sul matrimonio che ne sarebbe conseguito. Cosa c’era di male, dopotutto? Nel suo caso, non c’era nulla di idealizzato: erano un principe ed una principessa ed erano innamorati, e sposarsi non poteva che essere il coronamento del profondo rapporto che avevano costruito. Sarebbe stata ben felice di accettare.
Ma sapeva che, oltre all’amore di Shen, c’era altro che desiderava. E che quella proposta complicava le cose.
Abbassò gli occhi e si morse le labbra. << Shen, io… non posso. >>
<< Perché no!? Ti voglio al mio fianco, a regnare con me sul mio impero! >>
<< Non voglio avere niente a che fare con l’Impero Cinese. >>
<< Perché dici così? Non sei felice, qui? Non vuoi essere felice con me? >>
<< Certo che lo voglio! >> rispose la ragazza, di slancio. Prese un respiro profondo e infine gli confessò ciò che realmente pensava: << Ma non posso tollerare cosa il tuo impero fa al mio popolo, come il mio regno viene privato della sua linfa vitale e come la feccia criminale dilaga indisturbata senza una figura forte al comando. >>
<< Se suggelliamo la nostra unione, io potrò rinnovarla. >>
<< Lascia che me ne occupi io, lascia che sia io a riportarla al prestigio indipendentemente. È tutto quello che desidero. >>
<< Non hai l’autorità per farlo, è sotto i miei vessilli. >>
<< Allora rinuncia al vessillo! Nominami voivoda e regina. Sai che ne sono capace, sai che sono nella linea di successione e che mi spetta. Inviami con i miei uomini, garantiscimi l’appoggio dell’impero, dimostra a tutti che sei favorevole a me ritirando da essa il tuo stendardo. >>
<< Non ti accetteranno mai. >>
<< Li convincerò! Gli dimostrerò che sono degna! È ciò per cui mi sono preparata da una vita intera. >>
<< E se fallissi? Se progettassero di ucciderti e di mettere qualcun altro sul trono per rimpiazzarti!? >>
<< I rischi si corrono sempre, al governo, da che mondo e mondo. È mia responsabilità accettare anche questa possibilità. So bene da me che non è un gioco, è un rischio che devo correre. >>
<< Ma io non intendo correrlo! Non permetterò che ti accada niente, non se posso evitarlo! >>
<< Non hai fiducia in me e nella mie capacità!? >>
<< A che ti serve la Valacchia, quando puoi avere me e la nomina di imperatrice di entrambi i regni? Ti rendi conto a cosa rinunci? >>
<< Non sto affatto rinunciando! Io voglio sposarti, ma se lo facessi adesso, sarai tu a contare agli occhi di tutti, sarà a te che andrà qualunque merito, e io non sarò altro che la tua moglie trofeo e il mezzo per cui il mio regno sarà schiacciato sotto il tuo tallone. Tu hai fatto qualsiasi cosa per essere degno del tuo popolo, per supportarlo! Perché io non dovrei essere disposta a fare lo stesso? Rinnoverò la Valacchia, la porterò al prestigio di un tempo, e poi suggellerò l’alleanza sposandoti. Avremo entrambi quello che vogliamo, saremo entrambi pari! >>
<< Ti sbagli. Te l’ho detto molto tempo fa >> replicò l’albino, serio << io intendo diventare il più forte. E per questo ho bisogno di più potere. Di tutto il potere che posso racimolare! Anche il tuo. >>
<< Shen! >>
<< Non lo capisci, Lada? Il potere controlla tutto, e senza forza, non puoi proteggere niente. Nemmeno te stesso. >>
<< Cosa dici, io… io non ho alcuna intenzione di minacciarti col potere che acquisirei dalla Valacchia! >>
<< Oh, certo che no, Lada. Quello che intendo è che sono io ad avere il potere dei due, adesso. Perciò sono io che posso ottenere tutto quello che voglio. >>
<< Mi vuoi costringere!? Mi vuoi costringere come voleva costringermi mio padre!? >>
<< Nient’affatto >> ribatté il principe << ti lascerò del tempo per pensare alla mia offerta. Alla fine converrai con me che è il mezzo più rapido e veloce per accontentare entrambi. >>
<< Non credo a quel che sento… tu desideravi essere diverso dai nostri padri! Non puoi fare questo. Ti prego, ripensa alla mia idea, è la cosa migliore per entrambi… >>
<< La cosa migliore per entrambi è sposarci adesso! Se prendi il dominio sulla Valacchia, non avrò alcun potere per proteggerti se cercheranno di ucciderti, o peggio, io non potrò oppormi dall’uccidere te! Quando scopriranno che sei al comando, non avranno pietà: il mio popolo vorrà certamente la tua testa, e mi costringerà a tornare al punto di partenza, stavolta con maniere più forti. >>
<< Tu sei l’imperatore, non il servo della gleba! Dovrai guidare il tuo popolo, non accontentarlo nei suoi capricci! >>
<< Proprio tu vuoi parlarmi di capricci!? Mi chiedi di ridarti il tuo regno… hai solo pensato che cosa questo significhi? Quale impressioni farò? Come sarò guardato? Come un debole che ha restituito qualcosa che non poteva controllare! Io non posso permetterlo… e non lo permetterò. Mai. >>
Non ci sarebbe mai stata alcuna soluzione a quel conflitto. Anche se avevano modi diversi di esprimerlo, stavano entrambi dimostrando il proprio egoismo, il proprio orgoglio profondo e il proprio complesso di inferiorità. Shen era più diretto in questo, più esplicito: si era montato la testa, ma Lada non era da meno, era solo più controllata, più inconscia. Avevano entrambi una paura intrinseca di essere vulnerabili, ed era stato il modo in cui erano stati cresciuti, seppur diverso, a far sviluppare loro questa paura.
La loro educazione, per quanto diversa, aveva un punto, il becero sessismo della loro società: da lei, donna, ci si aspettava che fosse più fragile, le era stato indotto ad essere più tranquilla, remissiva, ma non significava che fosse incapace di provare desiderio di rivalsa sfociante nella negatività, perché sin da bambina aveva avuto chiaro di non voler essere come quello che la gente si aspettava: vulnerabile. E da lui, un uomo, sebbene vissuto in una condizione di isolamento, ci si aspettava che fosse forte, e questo implicava anche essere più libero di esprimere le proprie emozioni, più privo di limiti e la possibilità di dimostrarsi forte non gli era mai stata preclusa, anche perché DOVEVA farlo: mostrarsi vulnerabile equivaleva a compromettersi.
Ed ecco che quella grande tanto quanto inconscia paura di essere vulnerabili influenzava il loro rapporto d’amore. Avevano disperatamente bisogno entrambi di mostrarsi più forti, dominanti… perfino a spese del loro rapporto d’amore. Erano uguali… e non giustificabili fino alla fine.
Anche se Shen aveva proposto la ragionevole soluzione del matrimonio, quello a cui pensava realmente era il dominio indiscusso sulla Valacchia che avrebbe concretizzato da esso; e anche se Lada aveva dichiarato di voler accettare il matrimonio, voleva a tutti i costi liberare la propria terra dall’assoggettamento. C’era egoismo da entrambi i lati, una menzogna collettiva. 
La vera, giusta soluzione, la vera parità, sarebbe stato sposarsi, adesso… e suddividere insieme i meriti sul governo che avrebbero costruito. Sposarsi e governare in maniera paritaria sia nei fatti che nelle parole, mostrando così ad entrambi i regni la forza equa di entrambi i loro sovrani.
Amarsi e stare bene in una relazione significava anche riuscire ad essere vulnerabili l’uno con l’altra, accettare dei compromessi, e l’unico modo per fare un passo in avanti, verso una relazione sana e un accordo politico dato da una buona comunicazione, era proprio questo: mettersi a nudo l’uno con l’altra.
Ma nessuno dei due ci sarebbe arrivato, nessuno dei due l’avrebbe mai fatto, poiché nessuno dei due voleva permettere all’altro neanche per un istante di adombrarlo.
Forse, in fondo, le cose fra loro non avrebbero mai davvero funzionato. Forse fu un bene per entrambi la loro separazione. Servì a farli cambiare.
Una in meglio… l’altro in peggio. E questa era l’unica differenza che fra loro contava.


 
Il giorno dopo...
 
Lada accanì la lama della spada sul manichino che aveva davanti, ancora e ancora: vibrò un colpo così forte da squarciarne la pelle. Lo osservò fulminandolo con lo sguardo, come se non fosse altro che la causa di tutti i suoi problemi, poi riprese a colpirlo con tutto l’odio che aveva.
Ma all’improvviso, come dal nulla, una voce calma e raccolta la distolse da quei pensieri, costringendola a voltarsi.
<< Diavolacci, quel manichino deve averti fatto proprio arrabbiare. >>
A pochi passi da lei aveva appena preso posto la figura di un uomo dall’aspetto bizzarro. Era alto, biondo, e indossante abiti che non aveva mai visto prima.
Egli volse una rapida occhiata in direzione del manichino, il volto adornato da un sorriso perenne.
<< Sai, non è un bene sfogare la rabbia in questo modo. Oggi i ragazzi amano parlare al telefono per dimenticare i loro problemi, ma io credo molto nella corrispondenza, amichevole o meno. Se hai da fare un reclamo il mio motto è: mettilo per iscritto. Ad esempio, alcuni anni fa, quando ero il Primo Ministro della Gran Bretagna, comprai una di quelle macchine del caffè a Sears, quelle con l’orologio incorporato. E il fatto è che, scusa il francesismo… be’, era una vera cagata. E allora che cosa ho fatto? Ho preso un pezzo di carta e ho scritto: “Cara General Electric, la macchina per il caffè che ho comprato a Sears l’11 marzo fa un gran rumore quando bolle e sembra un grassone che sta per avere un infarto. Il che mi porta a chiedermi: è per questo che la nostra un tempo grande nazione sta andando a rotoli? Vostro in pace e armonia, Harold Saxon”. Naturalmente, ho bruciato il posto il giorno dopo, ma questo è relativo >> borbottò quasi a se stesso.
Le sopracciglia della ragazza, man mano che l’uomo aveva parlato, si era arcuate sempre di più, conferendole un’espressione controllata, ma che rendeva lo stesso evidente la confusione più totale provata in quel mentre.
Chi diavolo era quell’uomo? Senza dubbio uno straniero alquanto bizzarro e stravagante, che tuttavia le si era rivolto in valacco, parlandolo in maniera eccellente e con un accento sopraffino, pur biascicando una miscela di parole e di espressioni che non aveva mai sentito in vita sua.
<< Chi sei, straniero? >> domandò << E come sai la mia lingua madre? >>
Era stato quel fatto a farla calmare momentaneamente. La curiosità, la perplessità e la nostalgia. Lo studiava, gli occhi ridotti a due fessure, come se stesse valutando se scambiare lui con il manichino che aveva appena demolito se non le avesse fornito una risposta soddisfacente.
In tutta risposta, l’uomo si limitò a battere ambe le mani in un sonoro rintocco, per poi cimentarsi in una bizzarra referenza.
<< Perdona le mie orribili maniere. Puoi chiamarmi il Maestro. E per rispondere alla tua domanda… be’, conoscere ogni lingua è solo una delle mie numerose abilità. >>
<< Il Maestro? >> ripeté << Maestro di che cosa? >>
Era un trabocchetto, il suo. Aveva appena parlato in cinese, per capire se effettivamente dicesse la verità e non fosse semplicemente un pazzo ciarlatano.
<< Maestro… di tutto >> ripeté l’uomo, in perfetto cinese.
Allargò ambe le braccia, indicando l’area circostante.
<< Questo mondo scorre seguendo delle leggi che la maggior parte delle creature senzienti riusce a malapena ad immaginare. Comprendere quelle leggi, scomporle e poi di nuovo ricomporle… io posso farlo >> sussurrò con voce fredda << E posso renderle mie… come tutto il resto. Questo è ciò che sono. >>
Lada lo fissava, stranamente affascinata: quell’uomo parlava come se fosse un essere al di sopra di tutti. Come fosse Dio, o qualcosa di molto simile. L’avesse sentito qualcun altro, sicuramente sarebbe stato condannato per eresia, o semplicemente l’avrebbero preso per pazzo e l’avrebbero rinchiuso.
Ma c’era qualcosa in lui che impediva alla ragazza di pensarla in quel modo. Forse erano quei tratti particolari, forse erano quegli strani abiti… o forse era quello sguardo penetrante, brillante di un bagliore frenetico.
E tuttavia dall’altra parte era ancora scettica.
<< Dimostralo. >>
Il Maestro inclinò leggermente la testa. Poi, con calma quasi disarmante, scrollò le spalle.
<< Okay. >>
E, detto questo, schioccò le dita della mano destra.
Non accadde nulla. Niente apocalisse, niente fulmini, né tempeste. Nulla che potesse incarnare l’ira divina.
Il primo impulso della ragazza sarebbe stato quello di alzare le sopracciglia sorridendo derisoria, per poi scoppiare a ridergli in faccia per la sua sciocchezza.
Ma qualcosa glielo impedì. Aveva avvertito, in qualche modo, una strana sensazione avvolgerla intorno.
L’ambiente attorno era ammantato da un silenzio tombale: non sentiva più il frinire delle cicale, né il calore del sole pungerle la pelle candida. Tutto era immobile, persino l’aria: pareva fosse stata congelata sull’istante.
Alzò il capo a scrutare le fronde degli alberi, e vide uno scoiattolo sul punto di saltare da un ramo all’altro. Letteralmente. La bestia era distesa nell’aria, le zampe tese, immobile, come sostenuta da fili invisibili.
Sebbene la totale assurdità della situazione la rendesse incredula, non poteva negare che fosse tutto vero. Lo vedeva con i propri occhi, lo percepiva con i suoi sensi resi acuti e vigile dal suo costante allenamento.
Rimase a bocca aperta. << Non è possibile… >>
Era stato quell’uomo a farlo. Era stato quell’uomo a fermare il tempo.
Il Maestro le inviò un sorriso raggiante.
<< È impossibile… solo se tu pensi che lo sia >> commentò con tono divertito << E solo per oggi, mia cara, puoi considerarmi la tua fata madrina. >>
La figlia del Drago si fece attenta, cogliendo immediatamente l’allusione dietro quelle apparentemente innocenti parole.
<< Tu sai chi sono? >>
<< Oh, io so tutto di te, cara ragazza. >>
Cominciò ad avvicinarsi con passo lento e misurato. Ogni schioccare delle sue scarpe risuonò per tutta la lunghezza della giardino, perdendosi nel silenzio causato da blocco temporale.
<< So da dove vieni. So perché sei qui… e so anche a cosa ambisce il tuo cuore >> sussurrò, indicandole il petto.
Ormai si trovava di fronte a lei, ad appena un paio di passi di distanza.
<< E come ogni principessa che si rispetti, è arrivato il momento di riscuotere il conto. Per cui ti chiedo, Lada Dracul… qual è il tuo desiderio? >> domandò con un lampo negli occhi, pozzi dorati ricolmi di fiamme.
Lada Dracul.
Le era capitato spesso di pensare a quel nome. Di pronunciarlo, a volte, solo per sentire come suonava. Ma sentirlo nominare da qualcun altro, con quell’enfasi, era tutt’altra cosa.
Non Lada Dragwlya. Dracul. Non si era rivolto a lei come figlia del Drago. Le si era rivolto come se il Drago fosse lei.
In quel momento, vedendosi riflessa in quegli occhi fiammeggianti, Lada vide il suo futuro. Doveva prendere ciò che le spettava, ciò che era sempre stato suo.
E quel pensiero le illuminò il viso come il sole sulla cima della montagna.
<< Il Drago >> calcò di enfasi quel titolo << rivuole il tesoro che gli è stato rubato. Vuole vedere bruciare chiunque gli si opponga. Vuole ritornare da sua madre, la Valacchia. >>
Se possibile, il sorriso sul volto del Maestro sembrò farsi ancora più grande. Porse la mano in avanti.
<< Allora vieni con me… e ti darò il potere necessario per ottenere tutto questo. >>
Per un istante, Lada si sentì travolgere dall’ebbrezza di quella prospettiva. Ma poi il suo animo pragmatico ebbe la meglio, ricordandole uno dei tanti insegnamenti e dogmi trasmessile da Breda.
<< Nessuno dà nulla per nulla >> disse, fissandolo senza timore dritto nelle pupille << ebbene… perché tu dovresti essere tanto disposto a darmi ciò che bramo? >>
L’uomo si strinse nelle spalle una seconda volta.
<< Diciamo solo che voglio farti da sponsor. Hai del potenziale, mia cara, ed io voglio aiutarti a sfruttarlo come si deve. In cambio, chiedo solo la tua lealtà e il tuo aiuto nei momenti di tempesta. Sto per attuare un piccolo progetto immobiliare, qualcosa di mai visto prima! >> esclamò con voce estatica << Ho bisogno di persone che mi aiutino a gestire questo progetto, e mi piacerebbe che tu fossi tra loro >> terminò con il suo solito sorriso.
Gli occhi della giovane si ridussero nuovamente a due fessure. Sembrava un prezzo semplice, ma incisivo. Che motivo aveva di mentirle quell’uomo? In fondo era venuto lui stesso a cercarla, e sembrava davvero conoscerla bene. Non aveva nemmeno preteso una fiducia cieca. Perché lasciarsi sfuggire una simile occasione? Cosa poteva impedirle di prendersi ciò che le spettava? Ciò che Shen le aveva rifiutato?
Aveva sempre saputo che tornare a casa avrebbe significato lasciarlo, ma fino a quel momento non aveva riflettuto concretamente su quell’eventualità. Non era una fuga, nessuno la cacciava. Era lei a scegliere di perderlo. Sembrava impossibile, ma l’avrebbe fatto. Grazie a quell’uomo, quel Maestro.
Stava per strapparsi il cuore e lasciarlo lì… ma l’avrebbe fatto. Avrebbe pagato qualunque prezzo che sua madre, la Valacchia, avesse chiesto.
<< Sarò con te, Maestro >> rispose alla fine, facendosi forza e raddrizzando la schiena << ad una condizione: qualunque sarà il tuo progetto, ciò che è del Drago, al Drago apparterrà, e a nessun altro. >>
<< E tuo rimarrà >> confermò il Maestro, tendendo la mano << Abbiamo un accordo? >>
Lada sorrise con ferocia, e gli strinse la mano.


 
Tre giorni dopo…
 
La piana era un deserto bianco fatto di ossa. Crani appartenuti ad animali ed esseri umani, ultima reminiscenza di un passato ormai perduto. La prova che un tempo quel deserto era stato qualcosa di diverso, forse un luogo pieno di vita: una foresta, una vallata, una città… ormai era impossibile da dire. Non vi erano più forme di vita, se non mutazioni di lucertole e roditori sopravvissute alla catastrofe nucleare: unica forma di movimento erano le balle di fieno che occasionalmente scivolavano lungo il terreno, spinte dal vento.
In mezzo a tutto un piccolo edificio di legno spiccava tra le sabbie, a immagine e somiglianza dei saloon che secoli orsono adornavano tutte le cittadine del West Nordamericano. La scritta intagliata a caratteri cubitali su un’insegna recitava: LONG LIVE CRIMSON KING.
Il Maestro e Lada si materializzarono proprio davanti a quel loggiato, sprigionando un lampo di luce blu una volta a contatto con il terreno.
<< Eccoci qua! >> esclamò il Signore del Tempo, mentre si rivolgeva alla sua compagna di viaggio. << Spero che non mi vomiterai sulle scarpe. Il primo teletrasporto può essere un’esperienza piuttosto intensa. >>
In effetti, la ragazza era evidentemente scombussolata. Barcollò sonoramente e rischiò per ben due volte di crollare a terra o di finire addosso all’uomo, ma poi strinse i pugni, fece un enorme respiro profondo e si raddrizzò sulla schiena.
<< Sto bene... >> mormorò, massaggiandosi le tempie, per poi fissare l’edificio, non senza mostrare viva perplessità << Sarebbe questo il posto? >>
Il Maestro annuì in conferma. << È il luogo in cui gli piace rilassarsi. Mai capito il perché >> borbottò più a se stesso che a lei, mentre si spolverava il vestito dalla sabbia.
Poi compì una reverenza esagerata e indicò l’entrata del saloon.
<< La risposta a tutti i vostri problemi, mia signora… e proprio al di là di queste porte. >>
Quell’invito era piuttosto eloquente: sarebbe dovuta entrare da sola.
Per un istante, Lada esitò. Quello strano edificio in legno con quella scritta in bella mostra aveva un aspetto inquietante, e anche l’aria che la circondava le dava una sensazione di nausea.
Ma era arrivata fin lì a testa alta, e non aveva alcuna intenzione di tornare indietro: il Maestro le aveva detto che lì dentro avrebbe trovato colui che le avrebbe offerto il potere necessario per riprendersi ciò che le spettava. E finora quest’ultimo non aveva mai mentito.
Fece un cenno del capo in direzione del Signore del Tempo, quindi serrò i pugni e camminò verso l’entrata, spingendo in avanti la porta con i palmi delle mani una volta arrivata davanti, ed entrò.
Venne subito invasa dal suono di una musica dai motivi allegri: la sala del loggiato era praticamente vuota, ad eccezione di un bar ricolmo di alcolici, alcuni tavoli e sedie sparsi qua e là, e un pianoforte avvolto nella penombra.
E proprio vicino a quello strumento c’era un uomo apparentemente impegnato a suonarlo, girato di spalle. Incerta su cos’altro fare, gli si avvicinò lentamente.
<< Salve... >> esordì, esitante << io... io stavo cercando... >>
<< Me? >> la interruppe all’improvviso lo sconosciuto, per poi voltarsi verso di lei con un veloce roteare dello sgabello.
Lada sbatté le palpebre per la sorpresa: quell’uomo, ad una prima occhiata, generava un contrasto visivo a tratti destabilizzante. Era completamente vestito di nero – con una una semplice camicia e dei pantaloni – e perfino i capelli erano lucidi e corvini, corti e raccolti verso l’alto in piccole punte: in compenso, aveva una pelle pallidissima, quasi diafana, e un paio di occhi azzurri come il ghiaccio, adornanti un volto pallido e dai lineamenti affilati, molto più giovani – e attraenti – di quanto si sarebbe aspettata.
La principessa contemplò per qualche istante quella figura magnetica, prima di rispondere.
<< Suppongo di sì, se siete voi a rispondere al nome di Walter Padick. >>
<< In carne ed ossa >> confermò questi con un cenno del capo, arricciando ambe le labbra in un sorriso << E voi dovete essere Ladislav… di Valacchia. L’ultima aggiunta all’allegra banda di protégé del Maestro. O sbaglio? >>
<< Non sbagliate, signore. >>
<< In questo caso... >> continuò il rinomato Walter, mentre si metteva in piedi con un balzo << vi prego, deliziosa principessa, fatevi guardare bene. >>
Le indicò col palmo – un gesto molto simile ad un cortese invito – un punto della stanza ben preciso, ove spiccava un raggio di luce che partiva direttamente da un’apertura del soffitto.
Era una richiesta alquanto strana, ma essendo già stata a contatto con la bizzarra eccentricità del Maestro e sapendo che quel Walter era suo amico, Lada non se ne stupì troppo: la curiosità di scoprire dove volesse andare a parare era forte in lei.
Dopo un attimo di esitazione, strinse timidamente le mani in grembo e si incamminò per portarsi proprio sotto il fascio di luce e fare in modo che la investisse e illuminasse completamente.
L’Uomo in nero le si avvicinò con passo felpato e cominciò a squadrarla da capo a piedi. Le posò delicatamente il palmo sotto il mento sollevandoglielo, e prese a scrutarla da ogni angolazione, come un negoziante impegnato a valutare un nuovo articolo: paragone che provocò alla principessa una lunga cascata di brividi lungo la schiena.
<< Uhmmmm… sì, direi che potresti essere una candidata ideale. Hai un animo forte, posso sentirlo. E la tua biologia è… abbastanza resistente >> aggiunse Walter in un piccolo ghigno, per poi prendere la mano della giovane donna nella propria e piantarle un casto bacio sulle nocche << È davvero un piacere potervi conoscere di persona, Ladislav. >>
La ragazza reprimette a stento un sussulto: il tocco dell’uomo era di una freddezza e una consistenza alquanto innaturale. Ciononostante fece finta di nulla e simulò una lieve reverenza in risposta.
<< Potete chiamarmi Lada, signore. Da queste vostre dichiarazioni deduco sappiate già il motivo della mia presenza qui. >>
<< Naturalmente, il Maestro mi ha già informato di tutto >> le rispose lui, mentre si picchiettava la tempia con fare quasi ironico << La vera domanda è… siete davvero sicura di volere ciò che ho intenzione di offrirvi? >>
<< Il Maestro ha detto che voi mi avreste dato il potere necessario a riprendermi ciò che è mio >> replicò la ragazza, incrociando le braccia << Ma il potere ha molte forme, aspetti e dimensioni, signor Walter. Dunque... che cosa offrite, esattamente? >>
A quelle parole, il sorriso sul volto di Padick sembrò farsi più predatorio.
<< Ragazza sveglia >> commentò, mentre schioccava le dita della mano destra.
Come dal nulla, sul palmo di quella sinistra si materializzò una graziosa tazzina di porcellana, che porse elegantemente alla principessa. Lada accettò l’oggetto con una punta di esitazione, visibilmente confusa.
Fu allora che Walter procedette ad allungare il polso destro, mentre l’unghia pallida che sfoggiava nell’indice sinistro cominciò ad allungarsi. E prima che la ragazza potesse anche solo rendersi conto di quello che stava per fare, ecco che l’uomo l’affondò nella pelle del polso scoperto e cominciò a riversare copiose quantità di sangue nella tazzina che lei reggeva fra le mani.
<< Ecco >> le disse, senza mai abbandonare il suo sorriso << Questo è il potere che ho intenzione di offrirvi. >>
La principessa fissò incredula il denso liquido scarlatto cui la tazza era piena fino all’orlo, per poi volgere lo sguardo al polso scoperto dell’uomo e poi ai suoi occhi penetranti.
<< Il... vostro sangue...? >>
Il sorriso sul volto dell’uomo si allargò. << Il sangue è vita, mia cara. In esso scorre l’essenza di ogni creatura vivente… e il mio non fa eccezione. >>
Indicò la tazzina che teneva in mano.
<< Bevilo… e la mia forza scorrerà dentro di te. Tutti coloro che minacciano il tuo regno periranno sotto i colpi della tua lama >> continuò, implacabile << Entrerai a far parte di un grande gioco, giovane voivoda: quello definitivo. La luce contro il buio. Speranza contro disperazione. E a quel punto… avrai il potere di controllare il destino di milioni di vite. >>
<< Il sangue è vita... >>
Gli occhi della ragazza si posarono nuovamente sul rosso della sostanza; forse era uno scherzo della luce, ma pareva quasi stesse ribollendo, e a dire la verità le sembrava proprio di avvertire del parziale calore sotto i palmi in cui teneva la tazza. Quel sangue pareva liberare un languido richiamo tentatore che voleva trascinarla nelle oscure ombre della perdizione, accompagnato dalle enigmatiche parole di Walter, apparentemente incomprensibili e allo stesso tempo affascinanti, capaci di scuotere ogni fibra del suo animo.
Aveva promesso a se stessa che sarebbe andata avanti fino in fondo, non importava il prezzo che avrebbe pagato: contava solo che doveva ottenere potere per avere ciò che desiderava.
Eppure, nessuno dava nulla per nulla, lo sapeva. Sollevò lo sguardo verso lo stregone.
<< E tu cosa guadagnerai dalla gloria che acquisirò grazie ai poteri che mi trasmetterai se bevo ora il tuo sangue? >>
Walter si limitò a scrollare le spalle.
<< Quello che guadagnano tutte le persone che danno potere agli altri >> disse, in tono apparentemente disinvolto, per poi sorriderle ferocemente << Più potere. E credimi, io e il mio buon amico, il Maestro, sapremo farne buon uso. Oh, ci tengo a dirti che abbiamo una tabella di marcia da rispettare. Ci sono forze oscure che si stanno muovendo nell’ombra, voivoda… e avremo bisogno di tutto l’aiuto possibile per affrontarle. Ma di una cosa posso rassicurarti: finché sarai dalla nostra parte… il tuo popolo non sarà mai danneggiato. Questa è una promessa. >>
Alla fin fine, la ragazza sapeva bene di non avere scelta migliore: non avrebbe avuto un’altra occasione come quella, dunque non poteva tirarsi indietro. Aveva ancora remore al pensiero di lasciare Shen, ma il fatto che avesse preferito il potere a lei le bruciava tremendamente (non si rendeva ancora conto di aver fatto lo stesso). Allora avrebbe visto da sé cosa si provava. Adesso anche lei avrebbe preso più potere, anzi, di più: gli avrebbe tolto tutto il potere che pensava di poter vantare sulla Valacchia.
Era chiaro ormai che quel sangue era un passaporto per la libertà propria e del proprio popolo, e di un potere enorme, ancora misterioso, ma di cui presto sarebbe venuta a capo. Doveva solo… bere.
Lada si esibì nel più lungo e profondo dei sospiri... e poi accostò le labbra alla tazza, decisa a mandare giù ogni singola goccia, con la sensazione che in tale modo sarebbe divenuta ancora più forte.
Fece un lungo sorso iniziale, piuttosto rapido, frettoloso: temeva che il sapore e l’odore del sangue l’avrebbero disgustata troppo rischiando di farla vomitare, e dunque voleva finirlo in fretta per evitare accadesse.
Ma con sua grande sorpresa, non si disgustò affatto, e quando si bagnò le labbra e lo sentì scendere giù in gola, fu colta da una sete bruciante e lasciva, e il secondo sorso fu lento, per gustare in pieno il sapore ferroso che risultava miele alle sue papille gustative. Fu un errore concedervisi troppo: a quel punto la sete aumentò fino a distorcere i suoi lineamenti e la sua voglia in pura brama predatoria, e tracannò infine il tutto con voracità, macchiandosi il mento con un rivolo di sangue colante.
Walter osservò la scena per nulla disturbato, anzi, il suo volto era raggiante, soddisfatto: sapeva bene l’effetto che poteva provocare quel sangue in un individuo come quella ragazza, piena di brama di potere.
Dopo aver finito la tazza, Lada annaspò in cerca d’aria e fissò intensamente il proprio interlocutore, facendo appello a tutta la forza di autocontrollo che aveva in corpo per non posare lo sguardo sul polso ancora aperto.
<< E… e adesso? >> borbottò a denti stretti.
Walter si strinse nelle spalle. << Adesso? Tu muori >> rispose in tono di fatto.
Lei non fece nemmeno in tempo a registrare quella frase, che sentì i battiti del cuore farsi più deboli e inermi, fulminandola sul posto. Le si incendiò il sangue nelle vene e il respiro nei polmoni: emise un rantolio acuto e boccheggiò, crollando lunga distesa e dimenandosi e contorcendosi mentre, senza alcuna apparente spiegazione, la testa le girava e il suo corpo la tradiva, facendosi sempre più molle e pesante.
Ogni singolo nervo del suo corpo sembrò andare a fuoco, incendiandole le ossa: una sensazione terribile. Poi tutto divenne nero e venne l’agognata incoscienza.
Non era così. In realtà... quella era la morte. Una morte vera e propria.
Eppure, dopo istanti che parvero infiniti, Lada aprì gli occhi, solo per trovarsi davanti, inginocchiatole accanto, l’Uomo in nero.
<< Che... >> gemette, la voce roca << che cosa è... >>
Si risollevò seduta, stringendo le dita sul pavimento, ansimando per riprendere fiato. Fu allora udì un forte scricchiolio. Confusa, abbassò lo sguardo e sgranò gli occhi: le sue unghie… avevano lasciato un solco profondo nello stringere il pugno sul pavimento. Si erano allungate, erano praticamente diventate degli artigli! E la sua pelle era diventata più bianca del latte!
Non poté fare a meno di darsi un’occhiata, ma, a prima vista, a parte quel dettaglio, nulla pareva essere cambiato. Non si sentiva esausta, anzi, tutto il contrario. Si sentiva rinvigorita.
I suoi sensi si erano fatti più acuti: riusciva a vedere ogni filo di capelli corvini sulla testa di Padick, ogni frammento della sua pelle pallida e ogni brandello di seta dei suoi abiti.
Si concentrò sull’udito: riusciva ad udire il Maestro intento a picchiare un ritmo di quattro tocchi sul proprio braccio, in attesa, e a decifrare i suoi borbottii impazienti. Dovevano a svariati metri di distanza dal saloon dal momento che era fuori, lontano, eppure riusciva a sentirlo lo stesso.
Si leccò le labbra e avvertì nettamente il sapore della pelle delle labbra ancora inumidita dal sangue dell’uomo, il cui gusto succulento sembrava aumentato il doppio.
Avvertiva in maniera amplificata il tocco della stoffa del vestito su di sé e la durezza della pietra del pavimento, e infine sentiva l’odore virile e stuzzicante di Walter.
L’Uomo in nero si limitò a porgerle la mano destra.
<< Benvenuta tra gli immortali, Lada Dracul >> disse con quel suo sorriso apparentemente intramontabile << prima dei Nuovi Figli della Notte. >>
Ecco cos’era diventata. Una creatura della notte, una figlia delle tenebre infernali. Suoi erano i poteri dell’oscurità, sue erano le capacità fuori dal comune che la rendevano superiore agli esseri umani.
Al prezzo… della sete e della brama del sangue umano. Ma lei ne avrebbe fatto la sua forza, il suo potere.
Perché adesso era davvero il Drago che andava a caccia del suo tesoro.
Radunò tutti i soldati e schiavi valacchi cui si era conquistata la fiducia e l’amicizia, durante il tempo trascorso a Gongmen, e offrì loro di acquisire i suoi stessi poteri, di divenire i suoi fratelli di sangue e di battaglia, per riconquistare la terra da cui erano stati strappati, la terra la cui linfa vitale veniva costantemente prosciugata dall’infame Impero Cinese. Pochi si ritirarono, mentre molti la cui fedeltà e sete di vendetta era assoluta accettarono, e così ella ne fece il proprio oscuro esercito.
Abbandonarono la Cina e giunsero in Valacchia, viaggiando sia di notte che di giorno, perché grazie ai suoi poteri il Drago poteva controllare il tempo atmosferico e generare nubi che proteggessero lei e i suoi Figli dal sole. E così uccisero e sterminarono tutti gli invasori cinesi, si nutrirono del loro sangue, bruciarono le loro bandiere e distrussero i loro fortini e accampamenti.
Ma una volta prosciugati i loro corpi, essi non venivano gettati in una fossa comune e dimenticati. No, Lada non avrebbe mai permesso che venissero dimenticati. Li avrebbe resi un esempio per Shen e per la Cina.
Ma non erano solo i cinesi invasori a dover essere duramente puniti. Anche se li aveva epurati, la corruzione e la criminalità continuavano a dilagare nel suo regno. Serviva una politica di rinnovamento, certo, ma serviva anche un esempio, un monito che la scoraggiasse una volta per tutte.
Qualcosa senza scrupoli, per cui si sarebbe a lungo portata dietro un’orrida, crudele e sanguinaria fama. Ma l’avrebbe accettata. Per il bene del suo popolo e della sua terra, avrebbe perfino accettato di essere marchiata come mostro. Ma in fondo, non lo era forse divenuta? Non bramava il sangue, la violenza, la dissacrazione e i vizi peccaminosi? Era inutile rinnegarlo. Parte della sua nuova natura le provocava piacere e desiderio di compiere quegli atti, e a maggior ragione doveva imparare a controllarsi, a incanalarli.
Nessuna pietà per nemici, oppositori, corrotti e criminali. Solo loro erano meritevoli della sua furia, della sua sete di sangue. Nessuna eccezione. Solo una pena per chi osava infrangere la sua legge.
L’impalamento.
La pena di Lada l’Impalatrice, il Drago di Bucarest, voivoda e regina di Valacchia.
Dracula.
E così, all'infuori dei confini valacchi, venne rappresentata come un mostro, per le sue crudeli tecniche dell’impalamento, per la sua ferocia in battaglia, ma lì, nella sua terra... poteva vedere lo sguardo dei suoi soldati, disposti a dare la vita per lei, guardava la plebe, disposta a venerarla, e ne guardava i bambini che giocavano sotto un cielo terso... il cielo valacco preservato dalla loro regina.
E allora pensava che forse era valsa la pena sporcarsi le mani e crearsi quella fama… pur di proteggere quelle visioni, tanto bramate quanto, infine, incondizionatamente amate per ciò che erano: felici e capaci di rendere felice anche lei.
Shen non era riuscito a sopportare l’idea che si fosse ripresa ciò che voleva, e non accettava di lasciarle il potere, la pace e la stabilità che si era riconquistata. Le scagliava contro truppe e invasori nella flebile speranza di riprendersi il dominio della Valacchia, folle d’ira e cieco di fronte alle vittime che la sua oramai ex donna faceva fra i suoi soldati.
Tuttavia, non scoppiò mai del tutto una guerra fra loro. Il Maestro intervenne per costringerli ad una pace forzata, e li protesse entrambi dall’avvento dello Scisma. Non poterono opporsi al suo volere, specie dopo che li aveva salvati.
Così, dopo molto tempo, il Drago e la Fenice smisero di combattersi, ma il solco generato fra loro fu per sempre definitivo, così come i rapporti tra i loro regni, per sempre destinati ad essere tesi e incerti, sebbene mai più ostili.
Unicamente per volere del Signore del Tempo.
 


NOTE:
 
Eccovi alcuni chiarimenti:
1) La Terra menzionata è una delle molte versioni del Multiverso e si differenzia da quella normale perché è geograficamente sfalsata rispetto alla realtà. Laddove si trovava l’Impero Ottomano vige l’Impero Cinese. Questa cosa sarà maggiormente accentuata dallo Scisma, in quanto il Maestro raccoglierà pezzi di vari mondi per costruire la Terra di Battleground.
2) Il personaggio di Lada Dracul è tratto da The Conqueror’s Saga di Kiersten White, tuttavia il suo aspetto fisico è stato liberamente riadattato basandosi sul personaggio di Selene della saga cinematografica Underworld, e la sua personalità leggermente modificata, inoltre la sua modalità d’agire è tratta dal concetto del vero Vlad III, un eroe per la sua patria e un mostro per i suoi nemici.
3) Walter Padick è uno degli antagonisti più famosi è influenti dei libri di Stephen King. Viene anche chiamato L'Uomo in Nero o Randall Flagg, ed è il villain principale della saga della Torre Nera. Avrà un ruolo molto importante nella storia (sebbene agisca per lo più dietro le quinte), ed è fondamentale per i piani del Maestro.

Walter Padick/L'Uomo in Nero
Opera: La Torre Nera
Razza: Stregone/Entità malefica
Video Tribute: https://www.youtube.com/watch?v=OZszDYi5FCE
Soundtrack: https://www.youtube.com/watch?v=oi9kKyPJ_00
Autore: Evil 65 e Rory Drakon

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Capitolo 29
*** Interludio - Parte 2: La Resistenza del Drago ***


Come promesso, ecco un nuovissimo capitolo!



Interludio - Parte 2: La Resistenza del Drago

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Been out from under who I am
And who I want to be
Held you tightly in my hands
Why are we unraveling?
Was it me, will you come to my rescue?
Or did I push to far when I turned my back on you?
Skillet – Salvation
 
Battleground – Un mese dopo lo Scisma
 

Il lampo di luce blu illuminò un corridoio dalle pareti bianche come la neve stessa, rapidamente seguito da un guizzo di elettricità statica.
Subito dopo, l’inconfondibile figura del Maestro si materializzò al centro della stanza, accompagnata da quella di Lada.
Il Signore del Tempo e nuovo sovrano di ciò che restava dell’universo iniziò a guardarsi attorno.
<< Eh… speravo che saremmo atterrati sul ponte >> borbottò, stizzito << Ugh, teletrasportarsi nei luoghi in movimento è sempre così snervante. Se non altro, dovremmo essere abbastanza vicini. >>
Grazie alla sua nuova condizione di vampira, il tempo non aveva minimamente scalfito Lada: aveva l’aspetto una venticinquenne, l’età in cui era stata trasformata, sebbene molto più attraente e avvenente di quanto fosse stata da umana. La sua pelle, liscia e perfetta, aveva acquisito il colore della luna, e i suoi occhi scuri adesso erano due scintillanti rubini color del sangue. Si era tagliata i capelli corvini personalmente, lasciandoli lunghi fino alla base del collo, sbarazzini e un po’ arruffati. Per quell’occasione aveva indossato una divisa imperiale inviatale in un pacco regalo direttamente dal Maestro in persona.
La regina di Valacchia si guardò intorno, assolutamente senza parole di fronte a qualcosa che nel concreto ancora non conosceva, e allo stesso tempo incuriosita e affascinata.
<< Perciò... questa sarebbe una nave in grado di cavalcare le stelle? >>
<< Ci troviamo attualmente su uno Star Destroyer, sì >> confermò il Maestro in un cenno sprezzante del capo << O, almeno, in uno dei suoi corridoi. >>
Si portò un dito alla bocca e lo alzò in direzione del soffitto, come a controllare la direzione del vento. Un’azione piuttosto bizzarra, dato che in quel corridoio non c’era nemmeno un alito di brezza.
<< Uhmmm… se non ricordo male, il ponte dovrebbe essere da quella parte >> disse dopo qualche attimo di silenzio, indicando il proseguire dell’atrio alle loro spalle. << Sei pronta ad incontrare il tuo nuovo team-mate? >>
Lada annuì, chinando appena il capo in segno di rispetto e di riverenza. << Fatemi strada, mio Maestro. >>
Il Signore del Tempo sorrise soddisfatto e procedette a condurla fino ad una coppia di porte lucenti situate proprio alla fine del corridoio, ai cui lati spiccavano una coppia di stormtroopers.
Le due guardie si irrigidirono all’istante e spostarono le mani sui blaster, ma la loro posizione tornò rilassata non appena le loro lenti nere si posarono sul sovrano di Battleground. Procedettero ad inchinarsi e si fecero subito da parte, mentre il Maestro spalancava le porte con un semplice movimento della mano destra.
L’individuo che stavano cercando si trovava al momento di spalle, rivolto verso la grande vetrata della navicella che dava sull’immenso distesa luminescente che era lo spazio aperto. Di sicuro possedeva anche lui qualcosa come sensi sviluppati, perché nonostante i passi lievi e silenziosi di lei e il Maestro, non appena si erano portati ad una discreta distanza da lui, si era girato immediatamente per portarsi nel loro campo visivo.
Era molto più alto di quanto Lada avesse immaginato, anche se sinceramente non aveva un’idea precisa e concreta di cosa aspettarsi, ma in qualche modo ritrovava una certa familiarità in quella figura: le veniva facile associarlo ad una sorta di cavaliere nero, sebbene l’elmo largo dal copricapo a fasce e le piaghe pettorali fossero completamenti diversi dalla modalità con cui li conosceva. E non aveva alcuna visiera, solo quelle due lenti grandi e rotonde incastonate in quella maschera apparentemente priva di alcuna fessura.
Si accorse presto di poter chiaramente sentire il respiro secco e sibilante dell’uomo manifestarsi da essa ad intervalli regolari. Ne dedusse che quell’armatura era completamente serrata e che probabilmente aveva qualche magia che gli permetteva di respirare al suo interno, oltre che ad isolarlo, perché i suoi sensi di vampira non riuscivano a percepire l’odore del suo sangue né i battiti del suo cuore.
Quando furono ad appena pochi passi da lui, Darth Vader si mise in ginocchio e abbassò la testa in modo rispettoso.
<< Mio Maestro >> disse con una voce bassa e graffiante, un cupo rimbombo che risuonò per tutta la lunghezza del ponte.
<< Alzati, amico mio >> disse il Maestro, senza mai perdere quel suo sorriso intramontabile << Vorrei presentarti qualcuno. >>
Fece un cenno alla sua destra e il Sith lo seguì con lo sguardo, fino a quando le sue lenti non incontrarono gli occhi di Lada. Inclinò appena l’elmo, apparentemente incuriosito dall’identità della sua interlocutrice.
Quest’ultima si portò un pugno al cuore e uno dietro la schiena, esibendosi in una dignitosa reverenza, per poi raddrizzarsi austera e procedere col presentarsi.
<< Sono Ladislav Dracul, voivoda e regina di Valacchia. >>
Vader rimase in silenzio, e per qualche secondo l’unico suono al di sopra del ponte fu il riecheggiare basso e costante del suo respiro. Poi compì un rapido inchino con la testa.
<< Darth Vader >> si presentò in tono impassibile, per poi volgere la propria attenzione nei confronti del suo signore.
Intuendo la domanda inespressa, il Maestro procedette a spiegare.
<< La cara Lada, qui, sarà la tua nuova collaboratrice per la gestione dell’esercito imperiale. D’ora in avanti… lavorerete insieme. >>
Il respiro del Sith sembrò accelerare bruscamente, ma solo per un secondo. Rivolse la propria attenzione nei confronti della vampira, le mani appena strette in un paio di pugni serrati.
<< Pensavo che avrei avuto il totale controllo della marina >> dichiarò freddamente.
Lada inarcò le sopracciglia, lanciando un’occhiata di educata incredulità al Maestro, poi tornò a guardare l’uomo in armatura.
<< Pensavo che foste già al corrente che sarebbe avvenuto il contrario. >>
Vader si voltò bruscamente verso il Maestro, il quale si limitò a scrollare le spalle.
<< Be’, io pensavo che sarebbe stata una bella sorpresa >> ribatté in tono gioviale << Penso che condividere l’onere del comando si rivelerà una scelta vantaggiosa per entrambi. Mi aspetto che facciate faville! >>
Detto questo, porse loro un saluto militare.
<< Ora vi lascio socializzare. Mi raccomando, tenete a bada gli artigli. Adieu! >>
E poi, scomparve dal ponte con un lampo, lasciandosi dietro la coppia di guerrieri.
Lada non poté trattenersi dal sospirare, in qualche modo rassegnata di fronte all’uscita del Signore del Tempo. Non che fosse una sciocchezza ciò che aveva proposto:  avrebbero dovuto lavorare insieme, dunque era più che naturale doversi conoscere... ma la modalità con cui li aveva presentati e come aveva loro proposto di interagire l’aveva imbarazzata, forse perché ancora doveva realizzare pienamente che dal Maestro poteva aspettarsi tutto tranne che dell’impeccabile professionalità.
Suo malgrado, si girò verso il Signore dei Sith. Non poteva vedere il suo volto, ma dalle sue reazioni precedenti era evidente che nemmeno lui era soddisfatto del comportamento del loro superiore.
Almeno su questo avevano entrambi un punto.
<< Mi rincresce per questo episodio, Lord Vader. Non è esattamente così che speravo di introdurmi a voi. >>
Il cavaliere incrociò ambe le braccia davanti al petto e rimase in silenzio per qualche altro secondo. Poi rilasciò un sospiro attraverso la maschera.
<< Il Maestro può essere abbastanza… eccentrico >> ammise con tono di fatto << Ma le sue intuizioni si sono sempre rivelate corrette. Se pensa che siate abbastanza competente da aiutarmi a gestire l’esercito imperiale… accoglierò il suo giudizio. Siete mai stata su uno Star Destroyer, prima? >>
<< No, signore, non sapevo neppure che cosa fosse, fino a qualche istante fa. Questo mondo è ancora molto nuovo, per me. >>
Vader sembrò sbuffare sotto la maschera.
<< In questo caso… abbiamo molto lavoro da fare >> borbottò, per poi porgere la mano destra nei confronti della donna << E penso che voi abbiate bisogno di qualche lezione. Se me lo permetterete, ovviamente. >>
Nonostante tutto, Lada si lasciò sfuggire un sorriso apparentemente divertito.
<< Con questo diverrete il terzo, fra i miei maestri, Lord Vader. Ad ogni modo, non credo di avere molta scelta, se voglio sperare di fiancheggiarvi in battaglia. Immagino che il nostro Signore avesse in mente anche questo, quando ci ha chiesto di fare conoscenza. >>
<< Posso solo sperare che le vostre abilità tattiche siano buone come la vostra intuizione >> commentò il Sith, con un sottofondo di cupo divertimento.
La condusse verso i comandi della nave. << Cercate di starmi dietro. Non ho molta tolleranza per gli incompetenti. >>
Lei annuì, rimanendo agilmente al suo stesso passo senza barcollare o rimanere indietro un istante.
<< Posso dirvi che farò del mio meglio... e che vedrò di anteporre i fatti a queste parole. D’altronde, mi trovo d’accordo con la vostra linea di pensiero. >>
Suo malgrado, Vader si ritrovò a sorridere sotto la maschera.
<< Siete già diventata molto più tollerabile della maggior parte dei miei ufficiali. >>
 
Il Signore dei Sith non aveva la minima idea di quanto la sua tolleranza si sarebbe a lungo estesa.
All’inizio, i due non erano altro che compagni di battaglia, dediti alla caccia al Dottore, allo sterminio dei ribelli e di chiunque osasse opporsi all’impero del Maestro. Guardavano le spalle l’uno all’altra sapendo di poter contare sul reciproco supporto, si confrontavano sempre sui piani d’attacco e agivano rapidi, precisi, spietati, implacabili, temuti e odiati.
Lada non era solo una guerriera, ma anche una nobile, una regina, e come tale, spesso doveva assentarsi dalla battaglia per svolgere i propri incarichi politici, tra cui allacciare rapporti con gli altri prediletti del Maestro: Loki, Salem, Vorkye e lo stesso Shen, col quale le proprie relazioni erano inevitabilmente rovinate e perciò limitate, fredde e ricche di ostilità.
Per dovere nei confronti del Maestro, manifestavano questo rancore solo nella sfera privata, anche se facevano tutto il possibile per stare lontani l’una dall’altro.
In seguito, la vampira entrò in contatto con il senatore Anakin Skywalker, non sospettando minimamente della sua doppia identità. Almeno, non finché i loro rapporti da professionali non si trasformarono in qualcosa di più intimo e profondo, dopo quasi otto mesi di interazione.  
Non si può dire che la vampira accolse quella notizia con totale calma e sangue freddo, ma si abituò anche in fretta, probabilmente perché era molto facile immaginare Anakin e Vader come entità distinte che vivevano due vite diverse. Dopotutto, perfino lei non era esente dal vivere una doppia esistenza: di giorno regina, di notte segreta creatura oscura e crudele cacciatrice dei Ribelli.
Ma dopo qualche tempo, la donna pensò che quella situazione meritava una svolta.
Che c’era qualcosa che mancava…e aveva intenzione di rettificarlo.
Un giorno, domandò ad Anakin di accompagnarla in Valacchia, mascherando quella gita come una semplice visita politica per mettere a tacere i vari pettegolezzi che si erano creati attorno a loro…

                                                                                                                                                      * * *

La navetta entrò nell’atmosfera della Terra, per raggiungere le terre rocciose che custodivano le alte cime del regno. Seguendo le indicazioni della voivoda, Anakin Skywalker atterrò alla base di un sentiero di montagna, e la sua compagna fu la prima a scendere dall’abitacolo, per condurlo verso uno dei sentieri.
<< Da qui solo i più forti e valorosi sono in grado di raggiungere la cima. >> Lada salì un tratto del sentiero rialzato, guardandolo con una piccola scintilla di sfida nello sguardo, accompagnato da un sorrisetto. << Tu ti senti degno, Skywalker? >>
Anakin sbuffò, divertito. << Non è esattamente quello che ho immaginato quando avevi parlato di un regalo. Devo aspettarmi qualche tentativo di omicidio? Sappi che se mi farai cadere ti perseguiterò per il resto della vita. >>
<< Rovinerebbe la mia reputazione e il mio soprannome, e non permetterò che un biondino carino mi faccia questo. >> La vampira gli tese la mano, sostituendo il sorriso con un’espressione seria, profondamente coinvolta << E non permetterò mai che tu cada. >>
Il senatore la fissò attentamente per quasi un minuto. Poi sorrise gioiosamente e le afferrò la mano.
<< Allora fammi strada… mia signora. >>
La donna lo tenne saldamente per mano, e con la sua forza e resistenza di vampira lo accompagnò durante la scalata, limitandogli di molto la fatica della salita. Ben presto giunsero ad un tratto in cui il sentiero si assottigliava in maniera pericolosa, insufficiente a farli passare entrambi a piedi, e alla loro sinistra c’era perfino un dirupo  dall’aspetto spaventosamente ripido e profondo.
Per risolvere il problema, Lada gli fece premere la schiena contro la parete di roccia, facendogli agganciare le mani attorno ai suoi fianchi: in questo modo lo spazio risultava abbastanza per entrambi.
<< Adesso piano, sposta un piede alla volta in laterale >> gli disse, seria << Non lasciarmi per nessuna ragione, o il tuo regalo lo rimirerai dall’altro mondo. >>
<< Credimi, mia signora… >> Anakin non poté trattenersi dal sorriderle civettuolo, chiaramente osservando la posizione in cui erano posti sotto un’ottica maliziosa << anche se ci trovassimo in altre circostanze, probabilmente non mi allontanerei di un solo centimetro. >>
Lei sbuffò suo malgrado un sorriso, sfiorandogli il naso col proprio. << Sì, sarebbe una posizione molto comoda se non avessimo un letale dirupo alle spalle che ucciderebbe solo uno dei due. >>
<< Hai davvero così poca fiducia nella mie capacità? >>
<< No... è solo divertente stuzzicarti o metterti in imbarazzo. Tipo così… >>
Senza aggiungere una parola, lo agguantò da sotto le natiche e senza tante cerimonie lo sollevò di peso sorreggendolo in braccio, attraversando con sicurezza lo stretto passaggio che avevano sotto i piedi, senza trattenersi dallo sfoggiare un ghigno di puro divertimento.
<< Dah, è così umiliante quando lo fai! >> gemette l’uomo, colto di sorpresa e dapprima dall’imbarazzo, poi ridacchiò << Anche se, devo ammetterlo, avere una donna capace di prenderti in braccio è stranamente eccitante. >>
Lada alzò gli occhi al cielo. << Gli uomini, il loro stupido orgoglio e le loro perversioni… >>
Tuttavia gli regalò un sorriso.
Proseguì lentamente e con metodica lentezza e precisione, finché il sentiero smise di risultare sottile e tornò ad essere largo abbastanza da permettere ad entrambi di camminare fianco a fianco. Fece scendere il suo uomo da terra con delicatezza, e insieme percorsero il tratto della cima, oramai molto breve: compirono dieci passi, e infine la raggiunsero. Attorno a loro si vedeva tutto il paesaggio circostante a grande altezza, ma soprattutto sopra di loro c’era il firmamento, scintillante come una cupola celeste.
Allora la regina abbracciò da dietro il suo amato, stringendo però le labbra. Sotto sotto, aveva paura di non riuscire ad esprimere appieno il motivo e il desiderio che l’aveva portato a fare quel gesto per lui. Emise un respiro profondo per infondersi coraggio, pur non avendo bisogno di respirare.
<< Ricordi quando mi raccontasti... della cella? >>
Lo sguardo di Skywalker, inizialmente sorpreso, divenne improvvisamente cupo. << È qualcosa di cui non parlo molto spesso… quindi sì, lo ricordo bene. Perché? >>
<< Tu... >> Lada cercò di farsi forza << tu volevi le stelle. Volevi raggiungerle. Sentirti libero... e felice. Be’... guarda. >>
Gli fece cenno di sollevare lo sguardo. L’uomo inarcò il sopracciglio, ma poi obbedì… e non appena i suoi occhi entrarono in contatto con la volta stellata che si ergeva, sopra di loro, completamente libera da nubi o dalle luci delle immense metropoli di Battleground, si bloccò, e capì.
<< È… è… >>
<< È tuo. >> La vampira gli si portò di fianco e gli strinse le mani, intrecciando le dita alle sue. << Lo meriti. >>
Anakin si girò a guardarla sorridendole teneramente, allungando una mano ad accarezzarle una guancia.
<< È bellissimo. Io… non so cosa dire… >>
Lada abbassò lo sguardo, emozionata. Se avesse avuto ancora la sua natura di vivente, probabilmente in quel momento sarebbe arrossita. << Sei felice? >>
Il compagno si sporse in avanti e le baciò la fronte. << Sì… decisamente. Grazie… dico davvero. >>
Lei gli si strinse sul petto, abbracciandolo. << Non devi ringraziarmi. Io… io credo che sia una cosa naturale, volere la tua felicità. >>
Il sorriso che si disegnò sul volto dell’uomo s’intrise della tristezza di chi è commosso da un gesto tanto dolce quanto raro, per quel mondo malato.
<< Sei probabilmente l'unica persona nella galassia a preoccupartene… >>
<< Non è giusto… >>
Anakin le poggiò le mani sulle spalle. << La vita lo è raramente, soprattutto per chi è nato schiavo. Poteva andarmi molto peggio. Se il Maestro non mi avesse liberato, quel giorno… probabilmente non ti avrei mai incontrata. Oh, e sarei morto, anche quello. >>
<< A volte... a volte penso che siamo ancora tutti e due degli schiavi. Di finti sorrisi, di promesse di potere, di questa guerra... del nostro orgoglio. A volte mi guardo allo specchio e penso: “Non metterei mai la mano sul fuoco nello scommettere che Walter e il Maestro mi vogliano bene. Vale davvero la pena fare tutto questo per loro?” >> La donna si interruppe scuotendo il capo, rendendosi conto che con parole simili probabilmente stava sgravando troppo per la sua posizione. << Scusa... io... hai un profumo troppo inebriante a volte. Fatico ad essere lucida… >>
Skywalker roteò gli occhi. << Un modo davvero originale per evitare la questione, te lo concedo. Ma non posso darti torto, non mi sono mai fatto illusioni su ciò che siamo davvero per il Maestro e Walter. Siamo solo mezzi per un fine. Ma è davvero una brutta cosa? Grazie a loro abbiamo una vita privilegiata, siamo rispettati dall’intera galassia, tutti ci adorano… non posso certo lamentarmi delle mie circostanze attuali. Preferirei non mordere la mano che mi nutre, se capisci cosa intendo. >>
<< Già... ma è quella mano che mi nutre a preoccuparmi. Così come può nutrirmi, può strangolarmi, e non è nemmeno detto che dipenda dal fatto che io la morda o meno. Mi sentirei meglio... se fossi io stessa, ad usare quella mano per nutrirmi. >> Lada scosse sonoramente il capo << Ma forse hai ragione tu. Forse questo è il meglio per il mio popolo. Che le catene mi trattengano pure, purché sia al sicuro. Purché tu sia al sicuro. >>
“E anche Shen…” non poté fare a meno di pensare, ma non lo disse.
Anakin la strinse a sé e le baciò i capelli. << Non permetterò che ti accada niente, te lo prometto. Affronterei persino il Maestro in persona pur di tenerti al sicuro. Sai che per me significhi tutto. >>
La donna appoggiò la fronte sul suo petto e serrò le labbra, come se provasse dolore al solo sentire quelle parole. << Non parlare così, non tollererei di essere la causa del tuo dolore… >>
Lui le rivolse un sorriso stanco. << Ho provato dolore per quasi tutta la vita, Lada. Combattere per te sarebbe un balsamo, a confronto di ciò che ho passato. >>
<< Ma io non vorrei mai perdere l’uomo che amo ed essere la causa del suo dolore un’altra volta. >>
Avrebbe voluto evitare di dirlo, ma non c’era riuscita, l’amarezza di quel discorso gliel’aveva cavato dalla bocca. Amava Anakin con tutto il cuore, ma non poteva dimenticare Shen: stare con il senatore l’aveva portata a riflettere sulla sua precedente storia d’amore, facendole comprendere che non era stata unicamente solo colpa dell’albino.
Anche lei aveva sbagliato, anche lei aveva fatto il suo: era stata egoista, troppo impaziente di mettersi alla prova, troppo desiderosa di reggersi da sola in piedi, troppo avventata. Gli aveva detto di volere la parità, che voleva sposarlo comunque, ma nel suo inconscio aveva invece desiderato tutt’altro, ovvero la liberazione e il dominio assoluto sulla propria terra.
Avrebbe potuto – e dovuto – fermarsi a riflettere, trovare una VERA soluzione paritaria per risolvere la questione del comando, perché esisteva. Era così orribile rendersi conto solo quando era troppo tardi di quanto le cose avrebbero potuto risultare più semplici, di quanto quel conflitto era stato inutile.
Ma se avesse effettivamente accettato, Shen avrebbe davvero dato il suo contributo? Stando al suo fianco… non sarebbe diventata una semplice ombra al cospetto dell’albino? Considerato come lui aveva reagito quel giorno, forse era possibile. Però probabilmente anche lei avrebbe cercato di fare lo stesso, col solo risultato che entrambi si sarebbero scontrati ancora una volta, in un circolo vizioso.
Ma questa erano solo ipotesi, niente era certo, e niente giustificava né lei né lui. Era inutile stare a rimuginarvi troppo, perché non avrebbe mai avuto una risposta, e anche l’avesse avuta, non c’era alcun modo di tornare indietro. Alla fine, nessuno dei due aveva agito in nome dell’equità, avevano entrambi pensato a loro stessi, e così non avevano fatto altro che spezzarsi il cuore a vicenda, troppo egocentrici e concentrati sul loro mostrarsi privi di debolezze ed esitazioni per rendersene conto.
Ma adesso Lada se ne rendeva conto. Eccome se se ne rendeva conto, anche se era una magra consolazione. Ed era solo merito di Anakin se era riuscita a capirlo.
Skywalker rimase in silenzio per qualche istante, poi la guardò dritto negli occhi. << Allora facciamoci una promessa a vicenda. Nessuno dei due proverà mai a ferire l’altro intenzionalmente, d’accordo? Penso che abbiamo sofferto entrambi abbastanza… e che sia tempo di ritrovare un po’ di pace. >>
<< È una proposta che sarei disposta ad accettare. >>
Si abbracciarono, e rimasero a lungo stretti per un po’. Poi lei sollevò di nuovo lo sguardo.
<< Sai... in realtà i regali erano due. Tu hai già ricevuto il tuo. Ora, be’... tocca a lui. >>
Anakin spalancò gli occhi per la sorpresa, intuendo chiaramente a chi si riferiva. << Sei… sei sicura? Non avete mai interagito davvero al di fuori del campo di battaglia dopo… be’, dopo che vi ho presentati la prima volta. >>
<< Per questo credo bisogni rimediare. Vorrei che non mi vedesse solo come compagna di battaglia. È comunque una parte di te… >>
<<  Io… >> L’uomo sospirò, poi annuì. << Molto bene, parlerò con lui. Solo… non dire nulla che potrebbe irritarlo, sai com’è fatto. >>
Chiuse gli occhi e rimase in silenzio per due minuti. Passato quel tempo, spalancò le palpebre, mostrando la mutazione delle iridi da azzurre a gialle e contornate di arancio come le fiamme, mentre l’espressione sul suo viso era improvvisamente divenuta fredda e apatica.
Vader la salutò con un semplice cenno del capo. << Lada… >>
<< Ciao, Vader. Ti trovo bene. >>
<< Posso dire lo stesso nei tuoi confronti. Anakin ha detto che volevi parlarmi, e ammetto di sentirmi piuttosto… curioso. È la prima volta che richiedi la mia presenza al di fuori del campo di battaglia. >>
Era molto strano interagire con lui senza la maschera, così com’era strano ascoltare la sua voce senza il suo respiratore: era uguale a quella di Anakin, sebbene più roca e graffiante.
<< So che la battaglia è l’ambito nel quale sei il migliore e soprattutto dove ti senti più a tuo agio, Vader >> esordì la vampira << ma... non credo sia giusto. Non sei una persona priva di sentimenti. >>
Il Sith parve vacillare appena a quelle parole. << ...È ciò per cui sono nato, Lada. Il mio compito è proteggere Anakin da ciò che potrebbe ferirlo, fare ciò che lui non avrebbe la forza di fare da solo. E per farlo ho dovuto sopprimere ogni emozione che poteva ostacolarmi. >>
Lada rimase per qualche istante in silenzio a fissarlo. << Credi che io potrei ostacolarti? >>
Gli occhi gialli e penetranti dell’uomo la scrutarono per quasi un minuto buono. << ...Forse. Ma rendi felice Anakin, quindi la tua presenza, seppur pericolosa, è anche… piacevole. Non tenterò di frenare la vostra relazione, te lo assicuro. >>
<< Ti credo >> annuì lei << Ma non voglio che tu mi consideri pericolosa. E non voglio amare un uomo solo per metà. Io penso che... non fai questo solo per proteggere Anakin. Hai anche paura di poter essere ferito a tua volta. Per questo... mi tieni lontana. >>
Aveva osato troppo, se ne rese conto quando lui le rifilò un’occhiata infuocata, alla quale rispose con un’espressione tranquilla, ma ferma. Rimasero per qualche istante immobili così, finché Vader non cedette, abbassando il capo.
<< Ricordo ancora quando mia… nostra madre morì per proteggerci >> mormorò il Signore dei Sith << Ci siamo sentiti impotenti, spaventati come mai prima d’ora. Faceva male, come migliaia di coltelli conficcati nella testa. Io… non voglio più provare una cosa del genere… >>
<< Mi dispiace… >> Lada gli strinse le mani tra le proprie << Ma chiudere il tuo cuore non ti farà stare meglio. E poi, io l’ho promesso. Non vi farò mai e poi mai del male intenzionalmente. L’ho promesso ad Anakin, e lo prometto anche a te. >>
Si azzardò a mettergli le braccia attorno al collo e ad avvicinare di poco il proprio viso al suo.
<< Non mi importa quanto tempo ci vorrà per farmi accettare da te. La sola cosa che voglio è che tu non mi respinga. Per me, certo, perché vi amo e questo mi farebbe soffrire, ma anche per te, per il tuo bene, per la tua felicità. Siete una cosa sola. Meritate entrambi queste cose, nella stessa misura. >>
Vader si chiuse nuovamente in un attimo di silenzio. << Le persone che si avvicinano a me… si fanno sempre male, Lada. >>
<< So badare a me stessa. >>
Il Sith sorrise appena. << Per il bene di entrambi, spero che sia vero. >>
La vampira avvicinò di più il volto. << A quanto pare peccate di memoria, Lord Vader. Siamo pari in quanto a salvataggi estremi nei confronti l’una dell’altro, ricordate? >>
Contrariamente a quanto si aspettava, Vader allungò la mano a posarle dolcemente il palmo sulla guancia.
<< Su questo, mia signora… mi ritrovate d’accordo. >>
A quel punto, Lada non ebbe più esitazioni. Si sporse in avanti e lo baciò. Aveva già baciato più volte Anakin, ma questa volta era diverso. Questa volta... stava baciando Vader.
 
                                                                                                                                                         * * * 
 
In qualche modo, Shen aveva sempre sospettato qualcosa riguardo loro due, ma solo nel futuro aveva ricevuto una conferma schiacciante e dolorosa. A parte lui, nessun altro ebbe mai modo - in via ufficiale - di scoprire che cos’era nato fra loro: entrambi fecero del proprio meglio per nasconderlo e mascherarlo, perché non volevano rischiare di apparire compromessi, inabili, e nemmeno volevano fornire a chicchessia un punto debole con cui poter essere messi alle strette.
Si dice che le cose non avvengano mai due volte allo stesso modo, tuttavia, neanche per loro il destino aveva scritto un epilogo felice. A volte, le cose tendono solo a precipitare e basta.
Molti sono discordi sul concetto dell’immortalità come dono possibile da acquisire: alcuni la ritengono una benedizione, un dono supremo, desiderabile, appagante… tentatore. Un fine da raggiungere con qualsiasi mezzo, perché indice di una vita di piacere infinito.
Altri, più numerosi di quanto si possa immaginare… una maledizione. Una condanna a soffrire, osservando il tempo che scorre e il mondo che deperisce e cambia continuamente, mentre l’unica cosa che non lo fa… è chi porta questo fardello.
Lada si era spesso domandata quale di queste due opzioni rispecchiasse in pieno i suoi pensieri. Alla fine aveva ammesso che in qualche modo le due cose andavano a braccetto: erano innegabili i lussi che l’immortalità le concedeva, come l’incapacità di morire di vecchiaia, di malattia e di fame, il poter saggiare ogni centimetro della pelle di Anakin al triplice del gusto, grazie ai sensi sviluppati e alla sua capacità oramai perfezionata di dominare la sete di sangue. Poteva perfino concedersi di osservare l’alba e il tramonto e bearsi della loro bellezza, contrariamente ai normali vampiri, grazie ad un manufatto donatole da Walter.
Ma osservare come cambiava il mondo… quello era tutto un altro paio di maniche.
Due anni passarono, e la caccia al Dottore e alla Ribellione si fece sempre più brutale, intensa, tremenda. E la vampira sentiva farsi strada in lei sentimenti che non avrebbe dovuto permettersi di provare: l’esasperazione, il rammarico, l’insoddisfazione, la stanchezza mentale, il rimorso… l’esitazione.
Quel giorno, lei e Vader avevano raggiunto un piccolo insediamento urbano di periferia sul pianeta Anaxes, grazie alle tracce di una cella ribelle che avevano seguito. Secondo i loro calcoli, lì avrebbe dovuto trovarsi il Signore del Tempo: probabilmente qualcuno dei locali lo stava nascondendo, o semplicemente ospitando.
Non era nemmeno la prima volta che facevano un’operazione del genere, e per tacito accordo era sempre il Sith a guidarla, mentre lei lo seguiva come capitano e seconda in comando: si recavano con gli stormtroopers sul luogo, lo mettevano a soqquadro, scovavano gli eventuali i ribelli, disertori e oppositori e ne uccidevano una parte, mentre l’altra la catturavano sperando di carpire informazioni, ma questi solitamente non cedevano e morivano per le torture.
Il più delle volte non erano ribelli del tutto seri, ma dei disperati. Tuttavia, la condanna rimaneva la stessa.
E dopo, comunque, finivano per punire anche quelle persone che li avevano nascosti e ospitati, anche se questi risultavano ignari il più delle volte dell’identità di coloro che avevano accudito.
Lada non si era mai pentita delle sue azioni crudeli ai danni della corruzione e della criminalità in Valacchia: l’aveva fatto per il bene del suo popolo, forse era discutibile, certo, ma in quel frangente era stata l’unica soluzione per quanto la sua terra era menomata, e non le importava della nomina di mostro appioppatale dal resto del globo.
Voleva credere che, anche adesso, quella crudeltà era necessaria. Voleva credere che anche la caccia ai ribelli e le atrocità che commetteva al fianco di Vader fossero per il bene del suo popolo, nonché di tutta Battleground. Voleva credere di stare agendo ancora una volta nel giusto. Eppure…
La loro era una guerra, e i ribelli i nemici, perciò era più che naturale catturarli e porre fine alla loro vita. Ma che cos’erano le persone che si ritrovavano involontariamente coinvolte? Di certo non criminali e sobillatori meritevoli del castigo. E che cos’erano le persone costrette ad entrare nella milizia, che poi si ritrovavano semplicemente incapaci di attenersi ai doveri militari e che quindi disertavano? Criminali, traditori? Per una scelta che non avevano potuto fare? E che cos’erano le persone che loro, l’Impero, minacciavano per costringere i ribelli ad uscire allo scoperto? Cosa doveva pensare di quei soldati ribelli che si arrendevano senza combattere, di quelli disposti a rischiare la vita per proteggere le persone e che eventualmente per fare questo si consegnavano a loro spontaneamente? Cosa doveva pensare degli ideali di altruismo, benevolenza e lealtà della Ribellione, del loro sogno di libertà dall’oppressione tirannica? Doveva continuare a credere che fossero solamente degli sciocchi sognatori, dei deboli sentimentali? Degli esaltati e degli invasati?
Questo suo rimuginare era da qualche tempo all’ordine del giorno. Ed era anche all’ordine del giorno il suo tentativo di reprimerlo. Quella era una guerra, non un gioco, non un teatro in cui discernere distintamente tra bene e male. Maledizione, non doveva lasciarsi distrarre, non poteva permettersi di vacillare, i dubbi non erano tollerati nell’Impero, perché i dubbi portavano all’insubordinazione, e l’insubordinazione all’annientamento…
Come in quel momento. Avevano perquisito oramai quasi tutto l’insediamento senza alcun risultato, finché non avevano raggiunto una minuscola, semplice casetta, nella quale abitava una semplice famiglia composta da un uomo, una donna e dai loro figli piccoli, e lì c’era stata una svolta.
<< Questo manufatto ribelle era sulla vostra proprietà >> dichiarò Vader, nella sua voce profonda, fredda e piatta, mentre mostrava loro una spilla raffigurante il simbolo della Ribellione << Avete dato ricovero ai ribelli? >>
<< La nostra casa è sempre aperta a viandanti stanchi e senza nessun posto dove andare. Siamo gente ospitale, mai ostile >> dichiarò l’uomo con fare umile ma concitato, steso in ginocchio, le mani strette sul mantello oscuro del Sith << Vi prego, mio signore, abbiate pietà. >>
<< Dispongo che tu e la tua famiglia restiate chiusi qui finché non ne verrò a capo >> sentenziò perentorio l’oscuro guerriero, avviandosi verso l’uscio della piccola casa, assieme alla vampira << Se ciò che dici è vero e sei innocente, non hai niente da temere. >>
<< Ma noi siamo innocenti, ve l’assicuro, noi non sappiamo niente di questi ribelli! >> insistette ancora l’uomo, con disperazione, mentre la porta gli veniva chiusa e serrata in faccia dagli stormtroopers.
Lada trattenne il fiato, quindi si girò verso il suo comandante, intento a riflettere. << Ordini, signore? >>
<< Che brucino, insieme con la loro casa. >>
<< Cosa? >>
Vader si girò a guardarla, confuso dall’averla sentita rivolgergli quella domanda: non era da lei. Era sempre stata molto reattiva, in grado di capire al volo i suoi ordini per eseguirli prontamente. D’altronde era per questo che funzionavano molto bene come squadra.
Dal canto suo, perfino Lada era confusa dalla propria reazione. Eppure l’aveva fatto, non era riuscita a trattenersi, non questa volta.
<< Sono dei traditori. Hanno ammesso di aver ospitato dei ribelli, sono andati contro l’Impero. Devono servire da esempio >> replicò l’Oscuro Signore dei Sith.
<< Con tutto il dovuto rispetto, Lord Vader, hanno detto che offrono semplicemente rifugio ai viandanti stanchi, non ai ribelli… >>
<< Ovviamente stavano mentendo >> la interruppe prontamente, prima di mostrare la spilla ancora una volta << Questo è stato trovato in loro possesso. E se esiste anche solo una probabilità su cento che siano in combutta con i nostri nemici… allora la dobbiamo considerare un’assoluta certezza. E dobbiamo punirli di conseguenza. >>
<< Ma se fossero davvero stati semplicemente ignari? >>
<< Allora moriranno con la consapevolezza di aver servito fino all'ultimo il volere dell’Impero >> ribatté freddamente Vader.
Lada provò l’impulso impellente di ribattere ancora, di trovare un qualsiasi appiglio sensato per evitare l’imminente massacro, ma avvertì chiaramente su di sé lo sguardo implacabile e impaziente del suo superiore a pressarla e incitarla silenziosamente ad eseguire l’ordine, ricordandole con inconscia brutalità qual era il suo posto, il suo scopo e quali sarebbero state le conseguenze di un suo effettivo tentennamento. Un brivido le attraversò le membra, sporcandola dell’intrinseca paura di chi è incatenato in una repressione psicologica, ne è consapevole e non può opporvisi nel concreto.
La vampira strinse i pugni con forza e abbassò lo sguardo, sentendosi ammantare di stizza, vergogna e disprezzo: se per sé stessa perché debole e incapace di opporsi o per quell’ordine in sé e colui che l’aveva appena dato, non era in grado di capirlo. E non le era concesso riflettervi.
<< Soldati. >> Si girò verso gli stormtroopers rizzando il capo in un’espressione gelida, impassibile. << In posizione. >>
<< Sissignora! >>
Ad uno ad uno, le reclute bianche come la morte riposero i propri fucili nelle cinture e si equipaggiarono con i lanciafiamme. Si disposero in cerchio attorno alla casa e vi puntarono le armi, in attesa dell’ordine definitivo.
Lada lanciò ancora un’occhiata a Vader, simulando fra sé e sé una silenziosa preghiera che però sapeva non sarebbe mai stata ascoltata. E infatti, il Sith annuì, segno che lei poteva proseguire.
Che DOVEVA proseguire.
Rivolse il proprio sguardo nei confronti delle truppe, poi verso la casa dritto davanti a sé.
<< Bruciatela. >>
Il fuoco divampò immediatamente da tutte le direzioni, investendo in pieno l’abitazione e inevitabilmente coloro che ancora si trovavano al suo interno, tagliando loro ogni via di fuga. Le urla dei bambini risultarono le più acute e strazianti, ma furono quasi rapidamente soffocate dal fumo e dal tetto che inevitabilmente cedette.
La luce del fuoco illuminò i comandanti, si riflesse nelle lenti del casco di Vader, imperturbabili proprio come il loro possessore. Mentre di fianco a lui, Lada, per la prima volta… sentiva il peso del proprio fiato inesistente e del battito rallentato del proprio cuore.
Ed era solo un assaggio. Quanto aveva appena fatto l’avrebbe tormentata fisicamente e psicologicamente per giorni e giorni, e altrettanti tormenti avrebbe subìto nei suoi tentativi di nasconderlo agli altri, soprattutto all’uomo che amava. Ma a sé stessa non avrebbe potuto sfuggire mai, e presto se ne sarebbe resa conto.
Perché niente avrebbe mai cambiato che lei aveva dato l’ordine.
Lei aveva accondisceso. Lei aveva permesso che accadesse. Perciò lei meritava quel tormento.

                                                                                                                                                                   * * *
 
Un mese dopo...

 
<< Mia regina, ti proibisco caldamente di partire per la spedizione militare in queste condizioni. >>
Abraham Van Helsing, il consigliere reale, gran erudito, intellettuale, medico, filosofo e letterato, era l’unico in tutta la corte valacca a rivolgersi a Lada dandole del tu, dal momento che godeva dell’immenso privilegio di un’intima, profonda e cieca fiducia: Van Helsing conosceva i segreti dell’occulto e della magia, e soprattutto sapeva dell’identità segreta della sua sovrana.
<< Non pensiamo adesso a questo, Bram >> gli mormorò lei in risposta << dimmi piuttosto se ne sei sicuro al cento per cento. >>
Abraham era un semplice umano, ma aveva un gran cuore ed era molto più affidabile affettivamente di quanto fosse mai stato Walter Padick: per questo la donna aveva preferito rivolgersi a lui.
Da qualche giorno dopo l’ultimo incontro con Anakin, sfociato in una serata di piacere, Lada aveva sentito il vigore della propria natura vampiresca piegarsi sotto nausea e attacchi di vomito, sonnolenza e stanchezza fisica, sbalzi d’umore, e cosa più umiliante, fastidi e dolori al seno.
<< Sai bene di non poterti ammalare, ma presenti comunque questi sintomi tutti assieme >> replicò Van Helsing << Tu e il tuo amante avete avuto molti rapporti, l’ultimo qualche giorno fa. Ed è da qualche giorno fa che hai detto di aver iniziato a stare così. Perciò, sì, per quanto sia assurdo da credere… non c’è alcun dubbio. Sei incinta. >>
La vampira trattenne completamente il fiato. Camminò davanti al largo specchio verticale e si portò di profilo, cercando, attraverso il riflesso della sottana nera che indossava, di catturare con la sua supervista ogni minimo dettaglio che segnava la normalità compromessa. Poggiò i palmi sui fianchi rimirando e sfiorando il ventre, si tastò i seni e i fianchi, incredula e stupefatta. 
A quel punto le bastò una semplice, disperata occhiata per supplicare Abraham di lasciarla da sola con i suoi pensieri. Il rumore della porta che si chiudeva facendovi sparire dietro l’uomo le risuonò nelle orecchie molto più forte del normale, tanto che si ritrovò a sussultare come una bambina impaurita.
Rimase così per qualche istante, tremante, in piedi, una mano stretta attorno al ventre e un’altra attorno al petto, poi si piegò in due e crollò seduta per terra.
<< Fanculo… >> mormorò << fanculo… >>
Non riusciva a crederci. Tutto avrebbe potuto pensare, tranne che ad una cosa del genere. La sua natura di non-morta le aveva completamente rimosso dalla mente la possibilità che una cosa del genere potesse accadere: avrebbe dovuto essere qualcosa di assolutamente impossibile, di innaturale.
Lo shock e lo sconcerto lasciò il posto ad un’ondata di euforia, gioia, letizia e felicità stordente. Sentì lacrime di sangue colarle lungo gli occhi, mentre poggiava i palmi a stringere affettuosamente la sua pancia.
<< Mio figlio… >> singhiozzò, commossa << il mio bambino… il mio piccolo... >>
Ma l’incanto si spezzò presto, perché tutti i sensi di colpa, i dubbi e le insicurezze che aveva cercato di mettere a tacere e di ricacciare indietro nell’ultimo periodo le piovvero addosso come un fiume in piena.
Prima che quella notizia giungesse, era una donna. Era Lada l’Impalatrice, voivoda e regina di Valacchia, il Drago di Bucarest. Era la donna di Anakin, di Vader, era una killer che uccideva per lui e per l’Impero.
Prima che quella notizia giungesse, avrebbe potuto tranquillamente continuare a vivere col rimorso, forse avrebbe potuto fare i conti col fatto che era un vero e proprio mostro al guinzaglio che uccideva chiunque l’Impero riteneva dovesse semplicemente morire, innocente o colpevole che fosse davvero.
Ma dal momento che quella notizia le era giunta, non avrebbe potuto fare mai più quelle cose. Mai più. In quel momento, in quel preciso istante, aveva capito che non poteva più andare avanti con quella farsa, né con stessa, né con il resto del mondo. Non ci sarebbe mai riuscita.
Perché sarebbe diventata madre.
E sapeva che se questo fosse venuto a galla, il Maestro, Walter, e perfino lo stesso Vader… avrebbero preteso di avere suo figlio. L’avrebbero fatto diventare parte di quella guerra, l’avrebbero trasformato in un’arma, come lei e suo padre. 
E lei questo non lo voleva. Non voleva permetterlo… non poteva. Doveva fare una scelta, prendere una decisione che, sapeva, non spettava a lei, perché ben sapeva che il bambino non era solo suo. E perché sapeva che quello che avrebbe fatto con ogni probabilità l’avrebbe costretta a mancare alla promessa fatta al suo amato, che l’avrebbe portata inevitabilmente a spezzargli il cuore.
Ma doveva farlo. Doveva scegliere, e stava scegliendo il proprio figlio. Voleva metterlo al sicuro, assicurarsi che nessuno l’avrebbe mai toccato… concretizzando ciò che non aveva il coraggio di fare da molto tempo, per paura e per egoismo.
Si alzò in piedi di scatto e indossò nuovamente i propri vestiti imperiali. Quando Abraham, preoccupato per le sue condizioni, rientrò senza bussare, la trovò ormai già in divisa.
<< Mia regina! >>
<< Abraham >> sussurrò lei, andando verso di lui e stringendogli le mani fra le proprie, per farsi forza << adesso ascoltami attentamente. Devo affidarti un compito della massima importanza. >>
<< Cosa dici!? Vuoi ancora partire? Non puoi recarti in missione così! >>
<< Sto già meglio, Bram. >>
<< Ma presto potresti risentirti male! La tua condizione non cambia, sei incinta, per la miseria! >>
<< Ti prego, ascoltami. Non è solo una missione quella che sto per compiere, è molto di più, e tu devi fidarti di me. Quello che ti chiedo è prendere il comando supremo della Valacchia: dovrai guidarla, proteggerla e amministrarla come re e voivoda, al posto mio… perché io dovrò ancora una volta risultare odiosa al mondo intero. Dovrò diventare feccia: sarò una traditrice, una fuggiasca, una sovversiva. E per questo dovrò essere sicura che nella mia assenza sarà guidato da qualcuno che lo proteggerà, e che reciterà la parte dell’ostile nei miei confronti, perché il mio popolo dovrà scostarsi da me per scampare all’ira del Maestro: dovrò solo essere io quella che sarà braccata e marchiata come criminale da condannare a morte. >>
Gli spiegò dunque in breve quali erano le sue intenzioni, i suoi scopi e propositi, i suoi motivi. Abraham Van Helsing ascoltò attentamente, senza mai interromperla. Non poteva nascondere di provare paura per ciò in cui si sarebbe imbarcato, ma aveva piena fiducia nella sua regina e ora sapeva quanto lei lo ricambiasse sotto quel punto di vista, dato che gli stava affidando un compito così importante e delicato. Perciò non l’avrebbe delusa, avrebbe fatto qualsiasi cosa per dimostrarsene degno.
Quella stessa sera, Lada partì con gli stormtroopers, diretta ad ovest della Valacchia, più precisamente verso i confini: lì era stato scoperta una piccola base ribelle, perciò era stato affidato unicamente a lei il compito di abbatterla e raccogliere più informazioni possibili sul Dottore e il suo nascondiglio, mentre Darth Vader avrebbe operato da tutt’altra parte.
In cuor suo, la vampira sperava di sfruttare quell’attacco per fare la sua mossa. E la fece.
Proprio quando gli stormtroopers e i ribelli finirono sotto tiro dai blaster l’uno dell’altro, lei spalancò i palmi: il potere delle ombre le si addensò sotto i piedi e strisciò sotto i bianchi soldati ignari. Le bastò stringere i pugni perché la pozza d’oscurità si tramutasse in tentacoli appuntiti che trafissero ogni stormtrooper lì presente, sotto gli occhi stupefatti e increduli delle reclute ribelli. E loro sconcerto si accentuò maggiormente quando la donna si avvicinò, porgendo loro i pugni in avanti.
<< Mi consegno a voi >> disse << Ammanettatemi e rinchiudetemi nelle vostre celle. Non mi opporrò e non cercherò di fermarvi. Non fuggirò. Ma in cambio… chiedo di poter vedere il vostro capo. >>
 
                                                                                                                                                      * * *
 
Il Dottore non si era mai considerato una persona facile da stupire. E come avrebbe potuto?
Con i suoi 2000 anni di età alle spalle e gli innumerevoli viaggi attraverso lo spazio e il tempo che aveva sperimentato nel corso dei secoli, c’era ben poco nella quotidianità di una guerra – anche di vasta scala – che fosse capace di sorprenderlo.
Per quanto il conflitto civile di Battleground potesse sembrare devastante ad una mente comune, era assai poca cosa se paragonato alla Guerra del Tempo a cui lui e il Maestro avevano partecipato. Per certi versi, quella in cui erano invischiati al momento non era altro che una partita di scacchi tra lui e il suo vecchio nemico, ma mentre il tiranno di Battleground non esitava a sacrificare chi gli era vicino per poter ottenere quello che voleva, il Dottore preferiva sempre terminare ogni battaglia o scaramuccia con il minor numero possibile di morti da ambo i lati. Era semplicemente fatto così, non poteva farne a meno.
Ma c’erano volte, momenti infinitesimali nella storia, che ogni tanto riuscivano non solo a stupirlo… ma a farlo nel senso più positivo del termine.
Come quel giorno, quando King Dedede lo aveva informato che una dei più potenti membri della macchina imperiale, Lada Dracul, aveva scelto di consegnarsi volontariamente alla Ribellione. E che aveva persino richiesto un incontro con lui!
Così eccolo lì, in una piccola cella di prigione, mentre osservava attentamente la donna che aveva di fronte con uno sguardo freddo e calcolatore.
<< Se questo è un tuo tentativo per assassinarmi… be’, posso assicurarti che non andrà come speri >> esordì con voce calma e raccolta. << Ma se il tuo desiderio di parlarmi era sincero… eccomi. Sono qui. >>
In piedi di fronte a lui, la vampira fece un verso di scherno, mostrandogli i polsi e le caviglie avvinti in due anelli provvisti di una lucina rossa lampeggiante.
<< Sarebbe piuttosto stupida e inutile da parte mia una mossa del genere, dal momento che grazie a questi le mie capacità sono inibite >> replicò << Te lo devo riconoscere, hai delle reclute piuttosto sveglie, informate e desiderose di proteggerti, Signore del Tempo. Degli ingenui mi avrebbero semplicemente rinchiusa. >>
<< Riferirò loro i tuoi complimenti >> commentò il Dottore con fare impassibile << Ma per quanto apprezzati, dubito che tu mi abbia voluto incontrare per discutere della mia sicurezza privata. Quindi sarò diretto: perché hai richiesto questo incontro? >>
A quelle parole, Lada si fece cupa in volto. Restò in silenzio per qualche istante: stava valutando attentamente le parole da utilizzare, per cercare di sembrare il più credibile e convincente possibile.
Alla fine rinunciò, pensando che nulla avrebbe ispirato la benché minima fiducia, e decise di imitare l’approccio del suo interlocutore: andò dritta al punto, incurante di quanto probabilmente ridicola sarebbe suonata quella frase.
<< Perché voglio unirmi alla Ribellione. >>
Il suono di quelle parole giunse alle orecchie del Dottore con la stessa intensità di un colpo di pistola. Spalancò gli occhi, ma per il resto rimase completamente immobile, in silenzio.
Fissò la vampira per quello che sembrò un tempo interminabile… e poi, procedette a scoppiare in una fragorosa risata. E continuò a ridere per quasi un minuto buono, prima di rendersi conto dell’espressione assolutamente neutrale sul volto di Lada.
<< Per tutti i Dalek… sei seria, non è vero? >> sussurrò incredulo.
<< Sì, lo sono >> ribatté lei << Anche se non mi aspetto che tu creda fino in fondo alle mie motivazioni. Blande ti apparirebbero le mie chiacchiere su come abbia potuto vedere quanto l’Impero sia crudele, di come i rimorsi abbiano iniziato a perseguitarmi, di quanti dubbi abbia provato e di come abbia faticato per arrivare a commettere questo alto tradimento. Risulterei un’egoista e un’ipocrita: la verità è che se avessi voluto davvero unirmi a te per questo, ti avrei cercato molto prima di adesso, ma non l’ho fatto. Sono stata codarda. E anche se sento mio il rimorso e il disprezzo per me stessa, non posso pretendere che tu mi creda al riguardo, né di essere accolta a braccia aperte. Perciò, Dottore, sarò franca con te: la questione principale che mi ha condotta qui è un’altra. Io vengo a chiederti aiuto... contro il Maestro. >>
Si sentì tremare in tutto il corpo. Fu costretta a prendere un respiro profondo, mentre si avvicinava alle sbarre e le stringeva tra le dita, lanciandogli uno sguardo penetrante attraverso una delle fessure verticali.
<< Io sono la donna più letale al mondo. Ma adesso... ho paura per il mio bambino. >>
Se possibile, gli occhi del Signore del Tempo si fecero ancora più larghi. Cautamente, si avvicinò alla donna e le avvicinò una mano allo stomaco.
<< Permetti? >> chiese, con un tono di voce molto più gentile.
L’istinto materno le fece snudare minacciosamente i canini, facendola inconsciamente soffiare contro di lui, ostile. Fu costretta a prendere un respiro profondo per placarsi e controllarsi, prima di annuire rapidamente, mordendosi il labbro. Il Dottore le inviò un sorriso rassicurante e appoggiò il palmo sul suo ventre.
E allora lo sentì. Piccolo, quasi impercettibile… il battito di un cuore apparentemente umano.
<< Sei davvero incinta >> borbottò << Com’è possibile? Pensavo che i vampiri non potessero… sai… >>
<< Lo pensavo anch’io >> replicò la donna << Per questo non sono mai stata... attenta. E invece eccomi qui. Sono giunta a pensare... che sia merito di suo padre. Lui ha la Forza. >>
Gli lanciò un’occhiata eloquente, e così facendo il respiro si bloccò in gola al Dottore.
<< Vader… è suo padre? >>
Lada annuì cupa, serrando le dita sulle sbarre. << Ora comprendi perché è così importante? Lui e il Maestro pretenderanno di averlo, e tu non hai idea con chi la tua nemesi si sia alleato... lo prenderanno e lo trasformeranno in un’arma, lo faranno nascere in un mondo che io non voglio che conosca. >>
Il Signore del Tempo rimase nuovamente in silenzio, soppesando la vampira con lo sguardo per qualche minuto. Infine, rilasciò un sospiro apparentemente rassegnato.
<< Sto diventando troppo vecchio per queste cose >> commentò più a se stesso che a lei, prima di volgerle un sorriso gentile << Credo che avremo modo di passare molto tempo insieme, signorina Dracul. La avverto, però, sono quel tipo di persona a cui piace parlare molto… e a cercare la speranza anche nei momenti più bui. >>
<< Prega che quella speranza che tu cerchi ci sia, Dottore >> mormorò Lada << Perché in tal caso... forse per me e per la mia anima dannata ci sarà una possibilità. >>
                                 
                                                                                                                                                                 * * * 

E così Lada Dracul si unì alla Ribellione, e al fianco del Dottore combatté molte battaglie.
Naturalmente, non fu affatto un percorso facile il suo: la sua fama di spietata punitrice e assassina la precedeva e le precludeva la piena fiducia dei propri compagni che la trattavano con ostilità e diffidenza.
Lei sapeva che avevano tutti i diritti di trattarla in quel modo. Chissà quanti loro fidati compagni aveva ucciso senza alcuna pietà, quanti bambini erano spaventati dalla sua storia. E poi non si riteneva parte di loro, era convinta di stare facendo tutto solo per mettere al sicuro il proprio figlio.
Ma come spesso accade, i pregiudizi e le paure finiscono per essere soppiantati dalle azioni e dalle dimostrazioni. Lada combatté fieramente per la sua nuova causa, e ben presto capì che nel profondo, non era solo per il suo bambino che combatteva: tutti i suoi dubbi e timori verso l’Impero erano reali, i suoi desideri di cambiare le cose, di opporsi a quella crudeltà e di evitare perdite inconsistenti erano reali.
C’era sempre stata una differenzia sostanziale: lei aveva adottato il volto di mostro per proteggere la sua terra, e lo aveva rivolto a persone altrettanto crudeli come criminali, corrotti, sobillatori. Certo nessuno a questo mondo aveva un giudizio infallibile e non era perennemente nel giusto, nemmeno lei, ma aveva fatto del suo meglio per non esagerare, e nessuno rimaneva immacolato restando al potere: considerato come poi la situazione era migliorata nel suo regno, aveva raggiunto il suo scopo, e ne era quasi valsa la pena.
Non era così nella sua battaglia per l’Impero: aveva sempre finito per coinvolgere direttamente persone che avrebbe avuto il potere di salvare e il dovere di proteggere, mentre invece era stata obbligata a fare tutto il contrario, e laddove c’erano state possibilità di contrattare, di limitare danni, di rieducare senza necessaria repressione, nessun provvedimento era stato preso, e non le era stato concesso prenderlo. Non era una guerra di rinnovamento, era una carneficina, una dimostrazione di forza e una minaccia, a cui lei aveva contribuito.
Non più. Adesso combatteva non tanto per la giusta causa – non esisteva il bene e il male in guerra, men che meno il giusto e lo sbagliato nelle loro forme più pure – ma per la causa che avrebbe fatto del proprio meglio per aiutare ogni singola persona possibile, senza imporsi con violenza, senza ricevere nulla in cambio, senza fare nessuna distinzione, senza pensare alla convenienza.
La causa che cercava di migliorare davvero le condizioni di Battleground.
Nelle sue battaglie, Lada si ritrovò al fianco di qualcuno che mai avrebbe immaginato di incontrare neanche nei suoi sogni di gloria più sfrenati: il possente Thor, figlio di Odino, dio del tuono.
Sembrava passata un’eternità quando l’aveva sentito nominare per la prima volta da Shen, quando erano ancora giovani e innamorati, ed era stato incredibile sapere della sua reale esistenza, dal momento che aveva avuto a che fare con Loki, re di Asgard. Ma era stato ancora più incredibile scoprirlo parte della Ribellione e ritrovarlo come alleato, come compagno d’armi e fratello di spada o scudo, come soleva nominare lui i suoi alleati.
Fu l’amico più stretto e il più fedele confidente che la regina di Valacchia avrebbe mai avuto dopo il Dottore,  ma questo loro legame si suggellò in un particolare giorno, quando il Signore del Tempo li spedì sul pianeta Anaxes: una delle basi ribelli che lì si nascondeva aveva individuato delle flotte imperiali che rischiavano di scoprirli e perciò necessitavano di aiuto e copertura, perché avevano con loro dei civili sotto protezione.
Lada non era per niente amante dei viaggi in navicella spaziale – quei maledetti sedili con le loro infernali cinture le provocavano disgustose sensazioni di claustrofobia – ma soprattutto, quella era la prima volta in cui fiancheggiava direttamente il dio del tuono. Sotto sotto, aveva il timore di quello che avrebbe potuto lasciar trasparire di sé, di compromettersi, sapendo di averne ben donde data la sua precedente carriera di imperiale, e comunque era solita preferire non lasciar trasparire troppe emozioni. Ma non poteva negare a sé stessa di provare una sorta di ammirazione per il dio: le sue leggende come guerriero e uccisore di giganti, protettore delle valchirie e delle shieldmaiden avevano sempre esercitato su di lei un fascino irresistibile.
Thor era seduto sul sedile proprio accanto a lei, e tamburellava con le dita sui suoi granitici bicipiti, nel vano tentativo di far scorrere il tempo più in fretta. Sebbene fosse diverso dal suo sé più giovane, il sangue asgardiano ribolliva, fremente per la battaglia.
<< Non vedo l’ora di entrare in azione >> disse, per smorzare la tensione generata dal silenzio << il mio cuore arde per la gloria che ci attende, e Mjolnir è impaziente. Sono forse l’unico a pensarlo? >>
La vampira rimase in silenzio per qualche istante, come per valutare come rispondere a quel semplice, palese tentativo di intrattenere una conversazione.
<< Non sono estranea all’estasi della battaglia, divino figlio di Odino >> disse infine, in tono misurato e rispettoso << Ma al momento è più evidente la mia preoccupazione per la chiamata riferitaci. >>
<< Saranno di sicuro agenti imperiali. Un plotone forse, con tanto di carri bipedi e Star Destroyers. Non si aspettano un nostro attacco. A proposito... regina Lada, corretto? Ho saputo che sei una guerriera talentosa, ma giusto per togliermi la curiosità... quali sono le tue abilità? >>
Istintivamente, lei accarezzò tra le dita il sigillo della monarchia di Valacchia: l’anello d’argento con incastonato il rubino recante il simbolo del drago. L’unico a sapere della sua vera natura all’interno della Ribellione era il Dottore: non aveva voluto rivelarlo a nessun altro... e non era quello il giorno in cui il dio del tuono l’avrebbe scoperto.
<< Ombrocinesi, metamorfosi e atmocinesi. Oltre che sensi molto sviluppati e una forza notevole. Sono piuttosto poliedrica. >> Non erano menzogne, semplicemente mezze verità.
<< Capacità di controllare il tempo atmosferico? Nel mio mondo conoscevo una mutante capace di farlo. Ricordo che mi sfidò, fu una battaglia divertente anche se non ho mai trovato intelligente cercare di combattermi col mio stesso elemento. >>
<< Il mio potenziale non è e non potrà mai essere ai livelli del potente dio della tempesta >> ribatté Lada, senza potersi trattenere dall’elogiarlo.
<< Non serve tanta riverenza nei miei confronti, non sono più il principe di Asgard. Siamo compagni di scudo, trattiamoci come tali. Nessuno dei due è superiore all’altro >> disse, massaggiandosi il mento << Se posso chiedere... perché combatti nella Ribellione? >>
<< Mi dispiace, preferisco non espormi troppo al riguardo. Vorrei che i miei compagni di battaglia si concentrassero piuttosto sul mio operato... anche se posso comprendere la vostra curiosità. Non ho esattamente un gran curriculum di presentazione. >>
<< Hmmm, sì, il Dottore me ne aveva accennato e la tua fama ti precede, ma onestamente desidero accertarmene di persona. Anche se un tempo eri nostra nemica, non voglio avere alcun tipo di pregiudizio su di te. Immagino che avrò modo di decidere solamente osservandoti combattere. >>
<< Lo apprezzo... e molto >> mormorò la donna, con più trasporto di quanto avrebbe voluto lasciar trasparire.
Non capitava spesso che un ribelle che la incontrasse per la prima volta avesse tutta questa gran disposizione nei suoi confronti: che fosse il dio del tuono, poi, a dimostrarle tanta benevolenza, era per lei motivo di una forte intensa emozione.
La navetta entrò nell’atmosfera di Anaxes e si diresse verso la base ribelle, atterrando nelle sue vicinanze. Si aspettavano non sarebbe stato facile recarsi sul posto, presumevano che avrebbero dovuto evitare le flotte di ricognizione imperiale, invece non incontrarono ostacoli nel loro atterraggio nei pressi della base.
Poco lontano, la base sorgeva in lontananza, immersa in un inquietante silenzio. Quando la raggiunsero, si accorsero che non c’erano le sentinelle ribelli di guardia, e nemmeno le vedette, e questo non fece altro che aumentare i loro sospetti. A Thor bastò un colpo per buttare giù la porta e rivelare il macabro spettacolo.
La grande sala era un cumulo di cadaveri accatastati e sparsi in giro in pozze di sangue odoranti putrefazione. Uomini, donne, bambini, anziani e reclute ribelli giacevano l’uno accanto all’altro senza alcuna distinzione, massacrati brutalmente. Chiunque fosse stato inviato, probabilmente aveva preferito usare armi bianche e non da fuoco, lo si evinceva dalle ferite e dalla quantità di sangue: i blaster non lasciavano segni del genere.
<< Questa atrocità non è umana >> commentò Thor, trattenendo a stento la rabbia << Non c’è onore in tutto questo! >>
La sua collera era tale che le vene pulsavano dai suoi bicipiti, e il cuoio del manico del Mjolnir scricchiolava sotto la sua ferrea stretta.
<< Onore, fratello? Quale onore può esserci in guerra? Cosa ti ricorda questo spettacolo, per caso riporta alla luce vecchi ricordi degli innumerevoli giganti a cui tu stesso hai strappato la vita? >>
Quella voce, ad entrambi conosciuta e apparsa completamente dal nulla alle loro spalle, li fece girare prontamente e allo stesso tempo fece raggelare loro il sangue nelle vene.
<< Loki... >> sussurrò il dio del tuono.
Lada trattenne il fiato in automatico. Se si trovava lì, significava che c’era sotto qualcosa di grosso dietro quella strage. Era un male che la vedesse lì con Thor: ufficialmente, lei e il Dottore sapevano che il Maestro aveva raccontato tutti che la Ribellione l’aveva rapita, probabilmente per non permettere che tra le file più strette dell’impero potessero svilupparsi traditori che la imitassero, e loro malgrado avevano deciso di reggergli il gioco per aiutare Van Helsing a proteggere la Valacchia e permettere a Lada di restare nell’ombra onde evitare che qualcuno arrivasse a scoprire la sua condizione di incinta.
Ma il dio degli inganni era apparso lì, senza nessun preavviso, impossibile da prevedere: e naturalmente, dopo l’odiato fratellastro, si era concentrato su di lei. Lo sgranare dei suoi occhi era palese indice del fatto che non solo l’aveva riconosciuta, ma aveva anche capito che non era affatto prigioniera: non per niente era tra i più intelligenti nell’élite del Maestro.
<< Poco lontano, vicino alle sponde di un fiume, un piccolo serpente vide un dragone cacciare un toro e si mise in testa di essere altrettanto forte e di poter fare lo stesso, così il piccolo serpente strisciò dolcemente e si avvinghiò ad una grossa mucca. Ma quando provò a volare via, si accorse che non poteva spiccare il volo, né tanto meno sollevare la mucca, che le sue forze non erano sufficienti. E mentre il piccolo serpente si sforzava tanto, la mucca nemmeno si accorgeva di lui. Allora, dall’altra parte del campo, l’agricoltore vide il piccolo serpente e ne fu divertito. Corse lì, catturò l’animaletto e lo rinchiuse in una gabbietta. Quella sera, diede il piccolo serpente in regalo ai suoi figli: “Che strano serpente, padre!” esclamarono i bambini ridendo “Qual è il suo nome?”, “I valacchi lo chiamano semplicemente serpe, ma se lo chiedi a lui ti dirà che è un drago” >> narrò Loki, con un sorrisetto di scherno << Parecchio biografico, non trovi, Dracula? Ti aspetterai che ti chieda il perché, ma già è intuibile, sei solo un piccolo serpente che vuole essere un drago. Sarebbe anche una storia divertente se tu non fossi tanto patetica... ma che importa, alla fine voi mortali siete tutti così, egoisti fino alla fine. Tu e Shen siete proprio fatti della stessa pasta! >>
<< Basta, Loki! >> tuonò Thor << Questa faccenda riguarda me e te, lasciala fuori da tutto questo! >>
<< Ed è qui che ti sbagli, fratello, questa storia riguarda anche lei. Non ci si può permettere di abbandonare i favori del Maestro e pensare di farla franca. Mi chiedo davvero che cosa ti abbia promesso il Dottore, Dracula... la tua terra natia? La libertà? L’emancipazione? La redenzione? >> Il dio degli inganni non poté trattenersi dall’esibirsi in una risata velenosamente elegante << Mortali... non cambierete mai. Sempre egoisti, sempre disposti a sacrificare tutto, perfino la propria dignità. >>
<< Adesso basta! >> sbraitò ancora Thor, facendo roteare il martello.
<< Non così in fretta, caro fratello. Ho una sorpresa per voi... >>
<< La tua visita qui e lo scempio che hai causato non è già una sorpresa sufficiente, oltre che sgradevole? >> replicò Lada, gelida e austera, serrando i pugni: la lingua biforcuta del dio l’aveva colpita nel profondo, com’era in grado di fare praticamente con tutti.
<< Non si tratta certo della mia visita presso di voi. No... quello che voglio offrirvi... >> Loki acquisì un sorriso che si fece largamente più disturbante << è semplicemente la maniera più consona per voi di morire. Come maiali... al macello. >>
A quelle parole, il dio degli inganni evocò il proprio potere, imbevuto del suo talento nelle arti magiche. La sua magia distorse la materia e gli atomi di tutta la base, alterandoli a suo piacimento come ne fosse l’indiscusso padrone. L’intera zona prese nuova forma, si deformò e si distorse assumendo le sembianze di un gigantesco labirinto di pietra all’interno del quale adesso si trovavano i due ribelli. In aggiunta, una piccola torretta si erse sopra le loro teste, ospitando il dio delle malefatte.
<< A che gioco stai giocando, Loki?! >> gridò Thor con la sua voce tonante.
<< Fratello, io non gioco mai e dovresti saperlo. Chiediti piuttosto... come è stata raso al suolo la vostra piccola base, senza che venissero mobilitate le forze imperiali? >>
Mentre discorrevano, Lada si guardava intorno, ognuno dei suoi sensi immediatamente disposto in allerta. Sentiva un odore sgradevole nell’aria, e l’eco lontano di quelli che parevano dei ruggiti.
<< Ti do un piccolo indizio: devi ringraziare il caro Odino, per la sua creazione. Adesso tu e questa miserabile traditrice avrete l’onore di essere i suoi secondi bersagli. E sappiate che sarà per voi inutile provare a volare per fuggire come dei codardi. Nessuno entra od esce senza che il re di Asgard lo comandi!  >>
I ruggiti e i passi si fecero sempre più pesanti e vicini finché la parete venne spaccata con una sonora esplosione, generando una cortina di fumo. Attraverso di esso era possibile vedere la sagoma di un grosso gigante, alto e muscoloso, dotato di coda. Questo menò il suo enorme braccio e, nonostante la mole, si dimostrò abbastanza veloce da colpire il Tonante gettandolo contro la parete laterale, e fu altrettanto veloce da colpire la vampira con la sua grossa coda.
Il fumo si diradò, mostrando finalmente la figura del mostro: era un autentico colosso dalla pelle completamente gialla, al centro del cui petto sorgeva una grossa gemma verde. Artigli, denti affilati e una lunga coda lo caratterizzavano assieme ai suoi muscoli possenti, il viso deforme, completamente rosso e con due paia di corna, sproporzionato rispetto al corpo, con due occhi gialli trasparenti odio e rabbia.
Thor dilatò gli occhi per lo stupore e la paura. << Mangog... >>
La creatura si girò verso di lui e lo colpì con un altro pugno, talmente forte da scaraventarlo attraverso una decina di pareti del labirinto. Poi afferrò Lada e con un ringhio la lanciò contro il suo compagno.
Lui si rialzò subito e la afferrò al volo, tenendola tra le braccia. << Missione annullata, fuggiamo adesso! >>
<< Non possiamo! >> gridò lei << Hai sentito Loki... c’è la sua magia che ci impedisce di volare via di qui! >>
Il dio non badò alle sue parole e iniziò a correre tenendola tra le braccia. << Dobbiamo trovare un’altra uscita, non possiamo vincere contro quella bestia. Quello è il Mangog, la Creatura dell’Odio. Fu creato dall’odio congiunto delle anime morte di un pianeta conquistato da Odino, e da allora Mangog brama la distruzione di Asgard e di ogni singolo asgardiano. Si nutre di odio, ed è troppo forte e potente. La sua forza è nettamente superiore alla mia e il suo potere magico equivale a quello di Loki, nemmeno il mio più vecchio amico Hulk riuscirebbe a sconfiggerlo in duello. Nemmeno io sono mai stato in grado di battere Mangog da solo. Dobbiamo fuggire e alla svelta. >>
<< Deve esserci un altro modo! >>
Non badò al fatto di ritrovarsi letteralmente tra le braccia muscolose del dio, al momento la donna era più preoccupata a sentire le informazioni su quel Mangog. Si girò guardando oltre le spalle di lui e mosse le mani, evocando delle fruste d’ombra che colpirono le pareti laterali e vi si attorcigliarono: quando lei strinse i pugni e allungò le braccia i avanti, esse trascinarono in avanti di peso le pareti, generando delle macerie che bloccarono il passaggio. Si augurò che questo potesse rallentare il mostro.
Non sapeva determinare da quanto tempo Thor si fosse messo a correre, sapeva solo che dopo un po’ i versi del mostro erano scomparsi, e soprattutto non vedevano più la torretta cui era posizionato Loki. Non che entrambe queste due opzioni rendessero il pericolo scampato: alla fine, dopo un lungo ricercare, nessuno dei due riuscì a trovare un’uscita.
<< Adesso che cosa faremo? Non abbiamo altra scelta che affrontarlo >> disse al dio del tuono << Cerchiamo di distanziarci il più possibile, per prima cosa, e di riflettere. Oh, e ti sarei grata se mi mettessi giù, a proposito. >>
<< Mi dispiace >> ribatté lui posandola a terra: la fretta non lo aveva fatto ragionare << Qui siamo abbastanza lontani, ma ci troverà, perciò dobbiamo pensare alla svelta. Mangog era morto molti anni fa, e Loki lo ha resuscitato, tuttavia lui non risponde a niente e a nessuno, perciò mio fratello deve aver per forza utilizzato una magia capace di controllarne la mente e il corpo. Deve esserci un catalizzatore, non esistono altre spiegazioni. >>
<< Aveva qualcosa... una gemma, lì, sul petto >> ricordò Lada << Potrebbe essere quello? >>
<< Sì, potrebbe essere una pietra delle Norne. È l’unico modo che avrebbe per poter controllare un simile essere senza dover utilizzare la Forza di Odino. La vita del Mangog è legata alla pietra, se la rimuoviamo dal suo petto lui tornerà ad essere uno scheletro. >>
<< Non ci lascerà avvicinare così facilmente... uno di noi deve distrarlo. >>
<< Lo farò io. Sono l’unico che può combattere contro di lui sul piano fisico, tu verresti uccisa in poco tempo. Lo tratterrò il tempo necessario, e tu dovrai estrarre la pietra dal suo petto. >> Thor sospirò. << In momenti come questi, affido la mia anima al Valhalla nel caso dovessi perire. Non ho mai temuto la morte, ben conscio delle ricchezze che mi attendono oltre le Porte... >> strinse il pugno << Ma non ho alcuna intenzione di morire! Non posso farlo, non finché non avrò impartito il castigo a Loki. Morire prima di allora significa disonorare tutti i miei compagni e amici caduti ad Asgard per colpa sua! >>
<< Dunque è così che è diventato re di Asgard? E pensare che vantava di aver avuto pieno diritto al trono sin dalla nascita. >>
<< Lo ha sempre pensato, ma Odino ha sempre preferito me in quanto figlio diretto. Loki ed io non siamo fratelli di sangue, egli è figlio di Laufey, il re dei giganti di ghiaccio. Odino uccise suo padre quando era ancora un neonato e lo adottò. Mio fratello è sempre vissuto alla mia ombra, convivendo con l’odio degli asgardiani nei confronti della sua natura e l’odio che provava per Odino a causa del suo assassinio. Non potendo ereditare il trono per via dinastica, ha preferito conquistarlo. Quello che non ha mai capito, è che Odino voleva che governassimo insieme, come eguali >> spiegò con tono triste e sconsolato << Io e lui abbiamo giocato insieme, combattuto insieme, ma ora siamo nemici... e abbiamo una bestia del Ragnarok alle nostre costole. Dobbiamo andare a combattere per l’onore dei nostri compagni caduti e per la Ribellione. Se noi due fallissimo, e al Mangog fosse permesso di scatenarsi, per la Ribellione non vi sarebbe scampo. >>
<< Allora allontaniamoci il più possibile. Se lo attiriamo vicino a Loki...potremo garantirci la fuga. >>
Lada non attese una risposta, riprese a camminare, con ampie svelte falcate che la sua statura e costituzione non lasciavano suggerire potesse essere in grado di fare. Si era fatta cupa e silenziosa: quella storia le aveva provocato una sgradevole sensazione di deja vu.
Ad ogni modo, attuarono il loro piano: Thor si ritrovò faccia a faccia contro il mostro.
<< Mangog, mio antico nemico! Io sono colui che ha sconfitto i giganti di Jotunheim e Muspelheim, colui che è il nemico della Serpe di Midgard! Io sono il tuo antico nemico, Thor di Asgard, figlio di Odino. La nostra lunga battaglia ancora non è conclusa, Mjolnir brama il tuo sangue. Finiamola qui ed ora, mostro! Thor ti sfida! >>
Fu un battaglia tra mostri e dei come narrate nelle leggende dell’Edda che Lada aveva sempre letto.
Con un grido di guerra, l’asgardiano si lanciò contro il Mangog con la furia di un vero Aesir. Lampi e saette sprigionava il martello infrangendosi sul volto del mostro, rompendogli denti e costole nell’abbattersi sulla sua carne, ma anche il Mangog menava pugni talmente potente da rompere le difese dell’asgardiano: i suoi artigli erano talmente possenti da squarciare la sua armatura e la sua dura pelle.
Thor calò il martello sulla ciclopica testa, ma fu troppo avventato: il Mangog colpì il polso del suo braccio con un forte pugno, rompendogli le ossa come grissini. Il dio emise un vero grido di dolore e a causa delle ossa frantumate fece cadere a terra la sua arma. Mangog ne approfittò e si scagliò su di lui buttandolo a terra la furia cieca della creatura era tale da martoriare la sua vittima, generando autentici crateri: il Tonante gemeva di dolore e il sangue schizzava, mentre le risate di Loki facevano eco a quello scempio.
<< Sei uno stolto, fratello, uno stolto! Mangog si nutre dell’odio. Per quanto tu sia forte, Mangog lo sarà sempre più di te. Tu mi odi, Thor, non è così? Mi odi per ciò che ho fatto, vero? Continua ad odiarmi, fratello, odiami! Perché più il tuo risentimento cresce... più il mio mostro diventa forte e potente. E io riderò davanti al tuo freddo cadavere, e lo esibirò per tutta Asgard e per tutta Battleground! >>
Lada strinse i pugni, sdegnata da quelle parole, non desiderando altro che uscire fuori dal suo nascondiglio per correre ad aiutare Thor, ma si dominò: non poteva agire, non ancora. Doveva restare nascosta e aspettare il suo segnale.
Lo fissò, preoccupatissima. Lo vide chiudere gli occhi a causa dei pugni sulla sua cassa toracica, ma fortunatamente, grazie al suo superudito, riuscì a sentirlo chiaramente: << Lada, adesso! >>
Ecco che come dal nulla della nebbia grigia si materializzò lungo il volto del Mangog, disorientandolo e distraendolo, mentre rivoli di essa si addensavano attorno alla gemma incastonata nel suo petto, trasformandosi in spuntoni che con un secco colpo la staccarono da esso, facendola precipitare a terra.
La nebbia si trasformò in Lada, che levitando retrocesse immediatamente mentre il terribile mostro si disintegrava in mille frammenti di pura luce magica. Fu ciò a disorientarla e accecarla, impedendole di percepire correttamente il sibilo dell’arrivo di una fascio di luce che finì per conficcarlesi nella spalla, strappandole un urlo di dolore. Sollevò lo sguardo e vide il volto del suo attentatore.
Loki aveva il viso livido di rabbia, sdegno e fastidio, il braccio teso indice del suo gesto vigliacco: era scontento perché la posizione irregolare della vampira non gli aveva permesso di colpire un punto vitale, e furioso perché il mostro era stato distrutto.
Lada si concesse di rivolgergli un ghigno di sfida mentre la bocca le colava sangue, poi precipitò inevitabilmente verso terra generando un profondo cratere: prestò l’incoscienza l’agguantò a causa dell’influsso indebolente della magia.
Quando si risvegliò, riconobbe subito il biancore illuminante dell’infermeria della nave. Percepì un dolore alla spalla, e vide che questa era stata fasciata, e  che qualcuno l’aveva distesa su un letto.
<< Thor! >>
Cercò subito immediatamente con lo sguardo il Tonante, ansiosa, e lo ritrovò su uno dei letti di fianco, molto messo peggio di lei: l’armatura era a pezzi, lasciando il petto nudo e coperto di grandi squarci che però erano stati coperti dalle bende. Il braccio destro era completamente rotto e per questo ingessato, ma almeno era perfettamente vivo e respirante.
<< Buongiorno, sorella di scudo. >>
<< Oh, per tutti gli dèi! Che è successo, come abbiamo fatto ad arrivare qui!? >> esclamò lei, perdendo ogni compostezza e fierezza, concitata e preoccupata per le sue condizioni.
<< Ho distrutto l’illusione di mio fratello e con le poche energie che mi sono rimaste ci ho teletrasportati alla navicella. >>
<< Ridotto così? Ma come… giusto, sei il Tonante >> borbottò lei << C’è mancato davvero poco, se non fosse stato per quel dannato colpo a tradimento... ti devo la vita. >>
<< Non mi devi nulla, anche tu lo avresti fatto al mio posto. Ma grazie al Padre di Tutto è finita... >> sospirò Thor << Mangog è morto, stavolta per sempre. Mi spiace solo per i nostri compagni alla base, non abbiamo potuto dar loro un degno funerale. >>
<< Dispiace anche a me. Ma soprattutto mi dispiace che tu sia costretto a tutto questo, a lottare contro qualcuno cui un tempo volevi bene >> sospirò lei senza riuscire a trattenersi << So come ti senti. >>
<< Che vuoi dire? >>
La donna esitò, poi abbassò lo sguardo e parlò sinceramente, cosa che non le capitava mai con qualcuno appena conosciuto.
<< Quando ho udito quello che mi ha detto Loki...ho sentito riaprirsi ferite che credevo di aver rimarginato. Anch’io, un tempo avevo qualcuno a cui volevo molto bene e a cui ero molto legata com’eravate legati e tuo fratello. >>
Un po’ riduttivo definire così il rapporto che aveva avuto con Shen, ma non se la sentiva di confessare del tutto.
<< Anche io e Shen avremo dovuto governare come eguali, se solo avessimo capito che era la cosa giusta da fare. E invece no: volevamo entrambi troppo potere, essere più di quello che eravamo. Eravamo disposti a scavalcarci a vicenda, e così abbiamo finito per gettare via il nostro profondo affetto. Il rimorso di cosa avrei potuto evitare ancora mi tormenta... >>
<< Anch’io non faccio altro che pensarci… >> replicò Thor << Per quanto ritenga Loki mio fratello, per quanto sogni di poter riportare le cose come una volta, lui ha ragione: io continuo ad odiarlo, e questo rendeva Mangog più forte. >>
<< Tutti odiano, Thor. Anche io, per quanto il mio cuore soffra ad ammetterlo. Io voglio ancora molto bene a Shen, ma una parte di me odia il tiranno crudele che è diventato. Odio la pena che mi fa e i miei sensi di colpa nei suoi confronti. >>
<< Credo che questa battaglia possa insegnarci molto su noi stessi, regina Lada. >>
<< Come che siamo molto più umani di quanto amiamo ammettere? >>
<< E che il nostro risentimento rafforza i nostri nemici. Se ci facciamo consumare da esso, finiremo per distruggerci. >>
<< Hai ragione >> dichiarò la vampira << e potremo addirittura fare di peggio, potremo ridurci al loro livello. Loro è così che vanno avanti, ricordando che ci odiano, e sanno che volendo possono renderci come loro, per farci soffrire orribilmente. Ma noi sappiamo che un tempo non erano così… e anche che non torneranno indietro. Non ha senso dannarci fino in fondo… giusto? >>
<< Giusto. Mio padre aveva ragione, devo crescere ancora. Ed io esisto fin dai tempi più remoti, fin dalla preistoria. La vita comporta insegnamenti anche per chi è eterno e imperituro, trovo molto poetico tutto ciò. >> Le rivolse un sorriso luminoso << Hai combattuto bene, regina Lada. Se sono vivo è per merito tuo, grazie al tuo intervento il mostro è stato distrutto, dunque ci siamo salvati a vicenda. >>
Lei lo guardò negli occhi, ricambiando il suo sorriso. << È stato un onore combattere al tuo fianco, possente Thor. È stato il mio sogno da quando ero fanciulla. >>
<< L’onore è tutto mio, Lada di Valacchia. Ora, però, dovremo riposare. Le mie articolazioni implorano pietà. >>
 
                                                                                                                                                                         * * *
 
Pianeta Terra – Centro Imperiale

Gongmen - Capitale della Cina
 
Quella notte, la fine di maggio, non era esattamente una delle più belle: c’era un forte vento a soffiare e il freddo non era indifferente, ma ormai il piccolo era nato da quattro giorni e attendere ancora non era saggio.
Dormiva tranquillo, avvolto in coperte di lana e cullato dalle braccia della madre, mentre il carro, guidato dal Signore del Tempo, proseguiva per la strada e si insinuava nei bassifondi della città di Gongmen. Avevano scelto di viaggiare con quel mezzo semplice, provvisti di cappucci e mantelli a mascherarli, per timore di poter essere localizzati.
Lada fissò il visino rugoso profondamente addormentato di suo figlio. Quando l’aveva visto la prima volta spalancare gli occhi, aveva riconosciuto nelle pupille scarlatte screziate di oro la propria eredità di tenebra, ma anche quella oscura e mistica del padre: il bagliore del fuoco di due demoni guerrieri, di cui però lei si augurava ereditasse solamente aspetti positivi come la forza e la tenacia. 
Così il nome le era giunto alla mente, frutto degli studi esoterici che aveva avuto modo di approfondire anche grazie al sapere di Van Helsing.
Di fianco a lei, il Dottore sospirò, poi si schiarì la voce. << Sei sicura al cento per cento che quel tizio verrà a prenderti? >>
<< Sì. Prima o poi il Maestro perderà la pazienza e glielo ordinerà, e a quel punto potrei mettervi tutti in pericolo. Non potrò nascondermi per sempre, ma avrò il vantaggio di nascondere Bae il più a lungo possibile. E questo sarà l’ultimo posto in cui guarderà chi potrebbe aver ragione di sospettare… >>
<< Sei sicura? Te l’ho detto, potrei crescerlo a Remnant, tenerlo lontano dalla battaglia… >>
Lei scosse il capo. << Hai fatto tanto per me, Dottore, ma questo sarebbe davvero troppo per il nostro accordo. >>
<< Non ci sono debiti fra amici. >>
<< Ma ci sono riconoscimenti e responsabilità che non spettano a tutti. Lui è mio figlio, non rimarrà indifferente a questo conflitto se lo crescerai nella Ribellione, e tu non potrai reprimere per sempre il suo fuoco, conoscerà comunque quel mondo da cui ho voluto proteggerlo sin dalla tenera età. Voglio che scelga la sua strada senza nessuna influenza esterna, che il suo fato sia solo e unicamente nelle sue mani, che questa sia per lui un’opportunità di plasmare la propria vita indipendentemente. Tutto ciò che ti chiedo è sorvegliarlo per tenerlo al sicuro, ma desidero che tu interagisca con lui solo se prenderà una strada che lo porti a prendere parte in questa guerra. A quel punto, se avrà domande, se chiederà… tu gli dirai la verità pian piano e lo guiderai perché non si perda. >>
Il Signore del Tempo sbuffò. << Sto davvero diventando troppo vecchio per queste cose… >>
Lada gli sorrise: sapeva che con quella frase da vecchio burbero e scorbutico, il Dottore la stava in realtà supportando pienamente.
Giunsero infine nei pressi dell’orfanotrofio e si ripararono dietro un albero. La vampira non ebbe nemmeno bisogno di un cenno dell’uomo per capire che anche in quel frangente avrebbe dovuto proseguire da sola.
Reprimendo a stento un singhiozzo, afferrò con una mano la larga cesta, mentre con l’altro braccio tenne stretto al seno il piccolo addormentato, riparandolo dal vento con i propri poteri, e si incamminò verso il cancello di ferro.
Lo spalancò con una semplice spinta del palmo, percorse il giardino e si fermò proprio davanti all’uscio. Allora poggiò la cesta a terra e riprese fra entrambe le braccia il suo bambino, fissandolo come se volesse divorare con lo sguardo la sua figura per imprimerla a fondo nella sua memoria millenaria.
<< Baelfire... >> sussurrò, poggiandogli le labbra sulla fronte, piano, per timore di interrompere quella visione dolcissima di lui addormentato << Mio piccolo Bae… sarà un lungo viaggio, quello che compirai per trovare te stesso e il tuo posto in questo mondo malato. Ma io non ti lascerò mai, anche se non potrai vedermi, anche se non saprai di me, anche se forse non potrai mai incontrarmi. >>
Lo adagiò lentamente nella cesta, poi si sfilò dalla mano l’anello dalla montatura d’argento con incastonato il rubino. Sollevò un dito, trasformò l’unghia in artiglio, e con la sua forza immensa, incise magistralmente il nome del figlio a mani nude sulla rossa pietra, e poi lo ricoprì con gocce di sangue fatte sgorgare dal polpastrello. Vi soffiò sopra, e il sangue si cristallizzò immediatamente, conferendo al gioiello un aspetto stranamente immacolato.
In ultimo, mosse le dita e generò un sottilissimo filamento d’ombra, manipolandolo in un cordoncino nel quale infilò la montatura dell’anello. Lo prese con entrambe le mani e con tutta la delicatezza di cui era capace lo infilò attorno al collo del bimbo, nascondendolo sotto le coperte.
<< Questo anello ti proteggerà e renderà dominante solo la tua natura umana. Scoprirai che parte della ricchezza della mia vita immortale è tua, ma solo tu potrai scegliere se vivere come un umano… o accettare la tua doppia natura. Tutto ciò che ho, tutto ciò che ho imparato, tutto ciò che provo, questo e anche di più, appartiene a te, figlio mio. Tu mi porterai dentro di te ogni giorno della tua vita. La mia forza diventerà tua, vedrai la mia vita attraverso i tuoi occhi come la tua sarà vista attraverso la mia. Il figlio diventa la madre, e la madre il figlio. Questo è tutto ciò che posso darti, Baelfire. >>
Allora prese un profondo respiro, mentre piccole lacrime di sangue le inumidivano gli occhi: si abbassò di nuovo a dare un bacio ricco di amore quanto di immenso dolore all’amato figlio, lo guardò per l’ultima volta, poi si raddrizzò in piedi… e bussò.
Bussò alla porta più e più volte, finché la direttrice Cole non andò ad aprire. Ma quando aprì, sull’uscio non c’era nessuno, salvo il neonato Baelfire dentro una cesta di legno intrecciata, avvolto in una candida copertina di lana e con al collo il prezioso e insolito anello con inciso il suo nome.
 




NOTE:
 
Eccovi alcuni chiarimenti:
1) L’Abraham Van Helsing qui menzionato è una versione appartenente ad un universo in cui non è mai diventato un cacciatore di vampiri, semplicemente ha mantenuto i suoi tratti esclusivi di studioso.
2) Che cosa sia davvero l’anello di Lada che adesso Fire porta verrà spiegato più avanti.
3) All’inizio, il Maestro non ha inviato Walter a rintracciare Lada perché al momento era impegnato con una questione di grande importanza che verrà approfondita nei capitoli successivi. Walter avrebbe potuto effettivamente localizzarla, visto che ha una parte di se stesso dentro di lei.
Inoltre, solo Loki, il Maestro e Walter sono a conoscenza del tradimento di Lada, gli altri favoriti del Maestro (soprattutto Vader e Shen), ne sono stati tenuti all'oscuro. 
Spero abbiate apprezzato le citazioni (non poi così) velate al Gobbo di Notre Dame e Kill Bill 2. 
Ironia della sorte, abbiamo trovato un fan video su Vader e Selene di Underworld, personaggio utilizzato come prestavolto per Lada: 
https://www.youtube.com/watch?v=Y3VfEQd0a-M&feature=youtu.be
Nel prossimo capitolo si tornerà al presente!

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Capitolo 30
*** Capitolo 26 - After the fight ***


Ecco un nuovissimo capitolo, con cui riprendiamo la trama principale.
Vi auguriamo una buona lettura!

 


Capitolo 26 - After the fight
 
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"Can somebody tell me who I am?
Will I ever learn to live my dream?
Will I be in harmony with the river deep underneath my skin?
Can somebody tell me who we are?
We strayed from our path much too far
Will we ever see the flowers growing in our yard?
"
Orangle Blue - Can Somebody Tell Me Who I Am


Una settimana. Ecco come Lord Shen aveva avuto modo di scandire il tempo trascorso da quando Qrow Branwen era morto, disintegrando l’Indominus Rex e gran parte dei sotterranei, dando così modo alla moglie Summer Rose - e soprattutto a Royal Noir - di fuggire.
La cosa l’aveva naturalmente fatto andare fuori dai gangheri, anche più del dovuto, dato che era arrivato vicino, molto più vicino di quanto fosse mai stato finora, a chiudere qualsiasi conto con il moccioso, solo per vedersi andare tutto all’aria per colpa di quei due stupidi Cacciatori. 
Magra consolazione il fatto che Branwen fosse morto: nel farsi saltare in aria aveva distrutto completamente la sua preziosa creatura, facendogli perdere anni e anni di prezioso lavoro alchemico, genetico e scientifico. E fra le tante cose che l’albino detestava, c’era vedere i propri investimenti e i propri esperimenti andare a monte per colpa di uno scarafaggio schifoso.
Per un folle istante aveva addirittura pensato di andare da quell’intrigante di Salem a chiederle di risarcirgli i danni che il suo stupido genero aveva provocato, ma aveva tempestivamente recuperato il controllo prima di compiere seriamente una sciocchezza del genere: sarebbe stato infantile e lo avrebbe fatto apparire come incapace di gestire due porci ribelli, senza contare che era l’ennesimo motivo per cui il Vigilante Mascherato gli era sfuggito.
L’ultima cosa che voleva era compromettersi ancora agli occhi del Maestro: meglio restare in silenzio e sistemare la faccenda personalmente, e solo dopo ricontattare il proprio Signore. Si consolava pensando che avrebbe aggiunto anche quest’onta allo scotto da pagare di Baelfire: era anche semplice colpevolizzarlo dato che, alla fin fine, quell’inutile stupido verme d’un Cacciatore aveva fatto tutto per lui.
Ma prima doveva fare in modo di cancellare quanto accaduto alla sua reggia, così si era messo all’opera per riparare i danni, che tradotto significava costringere giorno e notte i suoi servi a lavorare per rimettere tutto a posto, mentre lui si era concentrato sul preparare la festa annuale dell’Empire Day nella propria capitale.
Si era prefissato, una volta cessato tutto, di agire subito. Dopotutto, il Maestro gli aveva dato campo libero: non gli serviva più dare la caccia a Royal, aveva altre idee su come agire e dove colpire, ma soprattutto sapeva che avrebbe presto incontrato nuovamente il ragazzo, era solo questione di tempo.
Almeno, quelle erano le sue intenzioni iniziali… prima di venire contattato da Darth Vader ore dopo l’incursione dei ribelli su Scarif, imponendogli di svolgere una chiamata olografica.
Il governatore aveva saputo della notizia dai telegiornali, ma il servizio era stato piuttosto impreciso, dispersivo e poco chiaro. Ma non se n’era stupito, accadeva sempre così quando si preferiva non far sapere alla gente, anche se non ci voleva un genio per immaginare che qualunque cosa fosse successa era colpa dei ribelli, come aveva naturalmente supposto.
Probabilmente il Maestro aveva incaricato Vader di fargli rapporto e informarlo nel dettaglio; non era la prima volta che accadeva, e non era nemmeno una novità il fatto che non morisse dalla voglia di incontrare il Sith, ma suo malgrado era vincolato dall’obbligo di collaborazione e cooperazione: lo consolò il fatto che certo neanche il Sith fosse soddisfatto del proprio compito.
Dunque si recò nella sua stanza personale e si posizionò sopra il pannello delle comunicazioni. Incrociò le mani dentro le maniche del kimono e rizzò il capo, in attesa.
Fu allora che l’imponente figura di Darth Vader si materializzò di fronte a lui sotto forma di un ologramma color turchese.
<< Shen >> rimbombò la voce cavernosa dell’Oscuro Signore dei Sith, senza il minimo accenno di rispetto o cameratismo.
Neanche questa era una novità, se non fosse che sembrava quasi più sprezzante del solito, qualcosa che non passò certo inosservato alle orecchie dell’albino.
<< Vader... >> gli rispose, nel proprio tipico tono falsamente conciliante, mentre mentalmente elaborava possibili spiegazioni a quell’atteggiamento << Suppongo che la festa non abbia riscosso il successo che speravi per i tuoi ospiti. Che peccato, ma niente di nuovo o sorprendente, alla fine. >>
I pugni del Sith si strinsero in modo quasi impercettibile, ma un guerriero attento come Shen non ebbe problemi a riconoscere quanto le sue parole avessero effettivamente irritato l’esecutore imperiale.
<< Per quanto le tue parole siano apprezzate... >> continuò Vader, utilizzando un tono di voce molto più sarcastico << non ti ho contattato per discutere dell’assalto alla mia dimora. >>
L’albino inarcò le sopracciglia, internamente spostandosi sul chi vive. << E per cosa, allora? >>
L’altro rimase in silenzio per quasi un minuto buono, le lenti della maschera fisse negli occhi rossi del governatore. Shen cominciò a sentirsi non poco infastidito dalla mancanza di una risposta e fece per aprire bocca, ma ecco che il Signore Oscuro riprese a parlare.
<< Ho avuto un incontro diretto con Royal Noir. >>
L’imperatore dovette fare del proprio meglio per restare immobile e semplicemente assottigliare lo sguardo, evitando di sussultare, sbarrare gli occhi o stringere i pugni. Stava lentamente cominciando ad intuire il motivo di quella convocazione, ma non poteva esserne davvero sicuro, non sapendo assolutamente nulla di ciò che era avvenuto né come la situazione si era evoluta: per questo doveva e voleva scoprirlo a tutti i costi, senza rischiare di lasciar trapelare un interesse sospetto.
<< Che ne hai fatto? >> domandò, la voce calma, misurata.
Vader incrociò ambe le braccia davanti al petto.
<< È ancora vivo >> rispose, impassibile << Ora capisco come sia riuscito a darti così tanti problemi, è un giovanotto con molto potenziale. E posso assicurarti che la conversazione che abbiamo avuto durante il nostro scontro è stata a dir poco… illuminante. >>
<< Ma davvero? >> replicò Shen con sarcasmo pungente, mentre internamente rimuginava << Cosa ti avrebbe detto di così straordinario? Quanto la sua crociata sia disinteressata? Quanto sia disposto a sacrificarsi per il bene comune? O piuttosto ti ha deliziato con le sue urla strazianti di dolore? >>
<< Basta con i giochetti, Shen! >> Il Sith puntò improvvisamente un dito in avanti, ringhiando attraverso il respiratore della maschera << Te lo chiederò una volta, e una soltanto. >>
Sembrava più furioso di quanto il governatore lo avesse mai visto in tutti quei vent’anni che avevano passato a servire il volere del Maestro, il che era tutto dire.
<< Tu lo sapevi? >>
Fra sé e sé, naturalmente l’imperatore capì subito l’antifona, per questo dovette faticare molto per restare lucido: da una parte sentiva – suo malgrado e con sommo disgusto – il timore avvolgerlo, seguito dalla rabbia, dalla stizza e dal disappunto. La situazione non avrebbe potuto essere peggiore: non aveva previsto un simile risvolto nei suoi piani.  
Mentre elaborava quei pensieri assieme a un modo per uscirne fuori, fu lesto a sbattere le palpebre e storcere le labbra.
<< Temo, Vader, che dovrai rinunciare al tuo proposito di chiedermelo una sola volta, perché sai… secondo il principio base della conversazione, sarebbe piuttosto utile specificare al tuo interlocutore a cosa ti riferisci, se davvero desideri avere una risposta ad una domanda. Perciò... anche se so bene che non rientra specificatamente nelle tue facoltà, vedi di essere esplicito nelle tue dichiarazioni, o la nostra discussione si interromperà qu-... >>
<< SAPEVI CHE ROYAL NOIR ERA MIO FIGLIO?! >> tuonò il Sith.
Questa volta fu troppo, la collera bruciante che aveva invaso l’Oscuro Signore dei Sith era letteralmente palpabile: la sua voce riecheggiò per tutta la stanza con la stessa intensità del rombo accompagnata da un tremolio dell’ologramma, e il governatore non poté impedirsi di fare un passo indietro mentre per un solo microscopico istante la paura dominava il suo volto.
Vader lo vide raddrizzarsi sulla schiena e fissarlo con gli occhi sbarrati per quasi un minuto buono. Poi, lentamente… fu attraversato da un fremito. Poi un altro. E poi un altro ancora. Il fremito divenne presto un sussulto concentrato principalmente sulle spalle, finché l’albino non gettò indietro la testa ed esso si trasformò in una risata stridula e sgraziata. Si portò una mano al volto, rischiando per un istante addirittura di barcollare.
<< Tu… tu e quel… moccioso... >> annaspò Shen fra le risa << E tu… tu mi hai convocato… per…! Tu… e il moccioso...! Oh, dèi! Hai voglia di prendermi in giro! E pensavi che… io...! >>
Prese un respiro profondo, prima di calmarsi e farsi serio.
<< Davvero, Vader? Pensi sul serio che io possa aver mai sospettato minimamente che quel piccolo passerotto mascherato fosse tuo figlio? Per gli dèi, stare tutto quel tempo dentro quel casco deve averti rallentato il cervello. Come facevo a saperlo, di grazia? >>
L’Oscuro Signore dei Sith abbassò lentamente il dito e non ripose, soppesando l’albino per quello che sembrò un tempo interminabile. Per un attimo, Shen si ritrovò a valutare l’idea che potesse leggergli la mente con la Forza. Tuttavia, trovò sicurezza nel fatto che fossero entrambi troppo distanti l’uno dall’altro, e che quindi neppure volendo sarebbe riuscito ad usare i suoi poteri su di lui.
<< Forse stai dicendo la verità >> ribatté Vader << O forse no. In ogni caso… la situazione non cambia. >>
Puntò nuovamente il dito in direzione del governatore.
<< Cesserai ogni tuo tentativo di rivalsa nei confronti di Royal Noir con effetto immediato. Da questo momento in avanti… spetterà a me occuparmi di lui, e a nessun altro. Sono stato chiaro? >>
<< Mio caro, per quanto voglia seguire il tuo amorevole consiglio >> replicò Shen, mostrandogli, col proprio sorriso, i denti bianchi e perfetti, inconsciamente proprio come il predatore che difende la propria preda ad ogni costo << tu non possiedi l’autorità per determinare una tale condizione. Per la legge del Maestro, è mia competenza qualsiasi faccenda relativa alla mia terra, com’è giusto che sia… e come entrambi ben sappiamo, tuo figlio calca il suolo cinese da ben due anni, ed è sempre sul suolo cinese che ha svolto i suoi crimini. >>
<< Allora consolati del fatto che al momento non si trovi più nei tuoi domini, e che invece sia finito nei miei >> rispose l’altro, sprezzante << Qui non si tratta più di eliminare una minaccia per l’Impero, ma di acquisire una nuova risorsa. E credo che anche il Maestro converrà del fatto che tu non sia la persona più adatta per occuparsi della questione, visti i tuoi precedenti… trascorsi con il ragazzo. O forse dovrei dire “fallimenti”. >>
L’albino strinse le labbra e socchiuse le palpebre, mentre il suo autocontrollo veniva messo nuovamente a dura prova.
<< Io eseguirò quello che il nostro Signore richiederà, perciò aspetterò esclusivamente i suoi ordini e le sue disposizioni al riguardo. Dunque avanza tali affermazioni di fronte a me solo se LUI ti avrà ordinato di riferirmele. >>
<< Gliene parlerò direttamente >> ribatté il Sith, noncurante << Vedi solo di tenere sotto controllo la tua sete di vendetta. Non vorremmo che i tuoi desideri personali finiscano con il danneggiare una potenziale risorsa per il nostro signore, dico bene? >>
<< Oh, non sia mai... >>
Shen si portò il palmo al cuore, oscenamente contrito, per poi spostare lo sguardo a contemplare i propri artigli ripiegati a pugno, noncurante. Contrariamente a quanto la conversazione aveva lasciato presagire, un’idea perversa gli era balenata alla mente ed era deciso a metterla in atto.
 << A tal proposito, visto che la mia missione passa di tutto diritto a te, collega, forse è bene che io ti passi tutte le informazioni che ho faticosamente raccolto in questi anni nella flebile speranza di scoprirne di più su di lui. >>
Vader inclinò appena la testa di lato, internamente sorpreso che il governatore fosse disposto a collaborare. Cercando di nascondere il suo sospetto, incrociò nuovamente le braccia davanti al petto e mantenne una posizione ferma.
<< Prosegui >> ordinò freddamente.
L’angolo in ombra della bocca dell’albino si allungò verso in un mezzo sorriso di diabolico compiacimento.
<< Logan Royston >> dichiarò, affabile << Certamente Anakin lo conoscerà bene. Le mie ricerche mi hanno dato modo di supporre che potesse essere in qualche modo coinvolto negli affari del Vigilante Mascherato, ma ahimè, la mia posizione e quella di cui gode lui non mi hanno mai permesso di accettarmene nel concreto. È una fortuna che tu non abbia questo tipo di vincoli, non trovi? >>
Vader si limitò a fissarlo per qualche altro secondo. Poi, senza offrire alcun tipo di ringraziamento, chiuse di scatto la chiamata olografica, mentre la sua immensa figura scompariva dalla stanza con un sottofondo di elettricità statica.
Shen fissò il punto in cui era sparito per quasi un minuto buono. Poi, lentamente, le sue labbra si arricciarono in un ghigno di maligno trionfo che poi divenne un vivace sogghigno. 
Era stato facile. Troppo facile. Come affermava sempre, non c’era quasi gusto, era di un’impulsività unica: intuibile da chi Fire avesse preso.
Avendo scoperto del figlio, c’era ragione di credere che Vader conoscesse anche la sua identità sociale, e di conseguenza sapesse dei suoi rapporti con Lord Royston. E perciò qui entrava in gioco l’istigare la testa calda del Sith, la sua l’indole violenta, iraconda, gelosa, possessiva… distruttiva.
Shen non aveva fornito che un suggerimento, un’idea, partendo dal suo piano originale. Non gli sarebbe più servito colpire il padre adottivo del ragazzino come aveva pianificato personalmente, aveva fatto in modo che ci pensasse il padre naturale a farlo per lui. Voleva che a Vader balenasse in mente l’idea di attirare il figlio colpendo Logan e infine quella di averlo tutto per sé uccidendo il “rivale”.
Sapeva bene quanto il ragazzo ne sarebbe uscito distrutto, come sapeva che un’azione del genere commessa da Vader non avrebbe fatto altro che allontanare Fire da lui, generando fra loro solo odio e disprezzo.
Non aveva ceduto prima all’offerta dell’albino di unirsi a lui e non avrebbe ceduto neppure a quella di Vader: anche se era sangue del suo sangue, il moccioso era troppo pieno del proprio ego altruistico. Sarebbe rimasto con la Ribellione fino alla fine, e qualora catturato avrebbe preferito morire piuttosto che tradirla: dopo il loro ultimo incontro, ormai ne era certo.
Niente di più soddisfacente, perché a quel punto, se non avesse voluto piegarsi gli sarebbe spettata solo la morte: Vader sarebbe stato obbligato ad ucciderlo, oppure, chissà, magari il piacere di compiere un simile atto sarebbe stato offerto a lui, Shen.
Alla fine non aveva nessuna importanza. Perché in qualunque modo sarebbe andata a finire… avrebbe ottenuto quello che voleva: il sangue del figlio di Lada, un figlio che non sarebbe mai dovuto nascere, la cui sola esistenza era un’aberrazione, un insulto alla sua persona, una sofferenza visiva e concettuale.
Un tributo vivente al suo amore perduto che avrebbe annientato.
A qualunque costo.
 
                                                                                                                           * * *
 
Ellen camminò rapida per il corridoio del palazzo. Portava un vassoio con sopra un bicchiere da drink e due birre di marca già aperte. Sapeva bene che rischiava parecchio, ma aiutare il suo capo faceva parte del lavoro. E, anche se non lo mostrava, lo faceva anche per un interesse tutt’altro che professionale.
Era davanti all’ingresso della palestra. Fece un respiro profondo… e l’aprì.
Vorkye abbatté l’ennesimo sacco da boxe con pugno, schiantandolo contro il muro. Era ancora nella sua vera forma e più furioso che mai. Anche se erano passate alcune ore dalla battaglia, la sua ira non accennava a placarsi.
Dopo la fuga del Falcon dalla festa, il Maestro era subito giunto nella villa di Skywalker. Non aveva pronunciato una sola parola. Si era limitato ad osservare il luogo con la sua solita espressione.
“Che disfatta” erano state queste le uniche parole che aveva detto.
E aveva avuto ragione. Malgrado lui e Vader avessero avuto la meglio sui loro avversari, se li erano lasciati scappare. E con tutta probabilità, quei ribelli avevano pure ottenuto quello per cui erano venuti, senza subire effettive perdite.
E in tutto questo... lui non aveva detto nulla a nessuno di loro. Non che ce ne fosse stato bisogno. Quella era stata una vera e propria sconfitta.
Questo rendeva Vorkye più furioso che mai. Aveva fallito nel far fuori un meticcio, era stato ferito sia dentro che fuori.
<< Maledetto! >> ruggì il soleano, facendo tremare la stanza.
<< Signore. >>
Le sue attenzioni furono richiamate dalla voce della sua segretaria. Era lì davanti all’ingresso con un vassoio contenente due bottiglie di alcolici.
<< Non ho sete e non voglio che nessuno mi ronzi intorno. Potrei schiacciarlo senza il minimo rimorso >> ringhiò lui.
In quel momento non gli importava di chi aveva davanti.
<< È qualcosa che ho tenuto apposta per occasioni come questa, signore. Si fidi, la farà rilassare. >>
Gli occhi del soleano fissarono la bionda come braci ardenti. Sperava davvero che un semplice liquore potesse calmarlo?
Con passo pesante si avvicinò alla ragazza fino a quando non le fu a mezzo metro di distanza. La sua figura imponente la sovrastava. Sarebbe bastato un niente per ridurla in pezzi. Eppure, lei continuò a fissarlo con insistenza e sguardo servile.
Vorkye storse il muso in un ringhio. Abbassò una mano artigliata verso di lei… e afferrò una delle bottiglie, che tracannò tutto d’un fiato.
Non appena l’alcolico venne a contatto con le sue papille gustative, rimase senza parole. Il sapore era qualcosa di nuovo. Frizzante e forte... e c’era anche altro che lo stava stuzzicando. Una cosa nuova. E questo sortì un effetto inaspettato per lo stesso soleano: sorpresa, seguita da una inaspettata curiosità.
Considerando il suo umore del momento, quelle sensazioni si rivelarono inaspettate. Ma gli permisero comunque di sedare la sua rabbia.
Col gusto particolare di quella bevanda ancora in gola, il suo umore cambiò quasi del tutto, tanto da farlo tornare alle sembianze umane. Indossava ancora l’abito da sera, ma privo della cravatta e con qualche bottone che era saltato.
Con occhi più calmi, il biondo fissò la sua segretaria. << Da dove viene questo alcolico? Non l’ho mai visto prima. E noto che non c’è nessuna etichetta. >>
<< È un cocktail fatto in casa ideato da mio padre. Ha sempre detto che è perfetto per risollevare l’umore >> rispose Ellen calma.
Vorkye la fissò stupito. Poi, dopo alcuni secondi di silenzio, si lasciò scappare una risata.
 << E lo posso confermare. Il tuo vecchio la sa lunga >> e finì di scolarsi la bottiglia sentendo che l’ira che aveva in quel momento veniva piacevolmente sopita dal particolare sapore di quell’alcolico.
<< Sono contenta di vedere che ha recuperato il buonumore, signore. Presumo che il protocollo 11 dovrà attendere, per ora. >>
Vorkye lasciò andare la bottiglia appena svuotata e prese l’altra.
<< Per ora i problemi sono altri >> borbottò, mentre ne versava una parte nel bicchiere << Mettilo in stand-by. Abbiamo problemi più gravi da risolvere.>>
<< Come vuole, signore. Ma… perché ha riempito il bicchiere? >>
<< Mi pare ovvio. Gli alcolici hanno un sapore migliore in compagnia >>
Elen guardò il suo superiore sbigottita. Non si aspettava una sorpresa simile.
<< È il mio modo di ringraziarti, Ellen. Senza questa prelibatezza… be', chissà per quanto tempo avrei lasciato che la mia rabbia oscurasse il mio buonsenso >> disse il biondo, rispondendo alla sua muta domanda.
La ragazza lo fissò per qualche altro secondo, e infine accettò l’offerta del suo capo.
 << La ringrazio >> disse con tono rispettoso.
Calò un irreale silenzio. Durò per circa un minuto. L’unica cosa che si sentiva era lo scorrere dell’alcol che scendeva nella gola di entrambi.
<< Lo avete finalmente incontrato. Parlo del vostro obiettivo >> sussurrò Ellen, spezzando il silenzio.
<< Già >> affermò Vorkye, facendosi un altro sorso.
La sua mente ripercorse tutto lo scontro. Ogni singolo fotogramma di quello che era successo. Lo stile di combattimento, le abilità, le magie... e lo spirito del drago.
Ora che era calmo, stava analizzando tutte le informazioni che aveva ottenuto sulla sua preda.
<< Presumo che non costituisca un problema per voi >> commentò Ellen.
Il soleano osservò la sua segretaria con la coda degli occhi.
<< È l’esatto contrario >> esclamò << Anche se era in netto svantaggio, il meticcio ha continuato a combattere e mi ha osservato e analizzato a sua volta. In parole povere, mi ha battuto sul piano tattico. >>
<< Non capisco che cosa volete dire. >>
Il sovrano del sole non se ne stupì. << Lui aveva già capito di non potermi battere a questo primo incontro. A parte cercare di sopravvivere, il suo obiettivo era osservarmi. E ci è riuscito fin troppo bene. >>
Sentì che la rabbia stava riemergendo, ma la ricacciò subito indietro con un altro sorso.
<< Quindi ritiene che la prossima volta potrebbe tenerle testa? >> chiese Ellen, dubbiosa.
Vorkye si lasciò scappare un sorriso. << Se così non fosse… la caccia non sarebbe affatto divertente, come direbbe Megatron. >>
Finito il suo drink, il soleano si avviò verso l’uscita.
<< Cancella tutti gli appuntamenti dei prossimi giorni e tieni sempre aperta la mia linea privata. Ci sono diversi accessori che mi serviranno per prepararmi a dovere. E avvia un’indagine approfondita su un ragazzo di nome Angel Arthur Hikaru. Voglio sapere ogni cosa su di lui. >>
<< Sissignore. Provvedo subito >> rispose la bionda, prendendo subito in mano il palmare.
<< E fai una bella scorta di questa bontà. La voglio nel mio personale frigo bar. >>
<< Nessun problema, signore >> continuò Ellen, segnandosi anche questo.
Senza dire altro, Vorkye uscì dalla stanza. Mentre camminava con passo svelto, il soleano ripensò al suo patto con il Maestro e poi al mito dei Calak’ants. Essendo un soleano, lo conosceva molto bene.
Credeva che non ne avrebbe mai incontrato uno e invece… il destino aveva voluto che la sua preda fosse proprio l’ultimo ancora in circolazione. Anche se in quel momento non era un vero pericolo, non era da escludere che la prossima volta che si sarebbero incontrati avrebbe potuto riservare non poche sorprese. Doveva farsi trovare pronto.
<< La prossima volta non mi sfuggirai, meticcio. Ne va del mio trono e dalla vita di mio fratello. E non rinuncerò a nessuna delle due. >>
Fu questa la sua promessa, prima di sparire nelle sue stanze.     
 
                                                                                                                        * * *
 
Le ferite di Angel erano risultate più gravi del previsto. Il Dottore aveva fatto tutto quello che poteva per salvarlo. C’era riuscito, ma il giovane versava in stato di incoscienza. Ora era lì nell’infermeria della nave, attaccato a varie macchine operatorie.
Per quanto sapesse che il tempo era un lusso che non avevano, il Dottore aveva comunque deciso di sostare su una piccola luna forestale che confinava con il pianeta, in attesa che l’adolescente riaprisse gli occhi.
Dal loro primo incontro, aveva preso ad osservarlo con molta attenzione. Aveva osservato tutti quanti i vari membri del gruppo, ma per quanto riguardava il rosso, sia prima che dopo lo sblocco dei suoi ricordi… lo aveva subito identificato come un qualcuno che si portava appresso un enorme fardello e che si era fissato nel volerlo portare tutto da solo. 
Yūko stessa, durante la loro chiacchierata, aveva accennato a qualcosa. Gli aveva detto solo questo: che quel peso avrebbe potuto allontanarlo da tutti.
Nessuno meglio del Signore del Tempo lo poteva capire. Ne aveva passate tante, e compiuto tanti di quegli atti orribili da poter comprendere perfettamente quanto il giovane stesse soffrendo.
<< Ti senti responsabile? Di cosa? >> sussurrò il Signore del Tempo.
Sapeva che Angel non gli avrebbe risposto. Lo avrebbe voluto chiedere al drago, ma la creatura sembrava essere sparita nel nulla. Forse era legato alle condizioni del rosso, oppure ad altro, ma nessuno lo aveva più visto dallo scontro alla magione.
Il Dottore gli poggiò una mano sulla spalla. Altro non poteva fare, al momento.
<< Qualunque cosa sia... be', lascia che questo vecchio pazzo ti dica una cosa... io ti perdono. Per cui non chiuderti >> disse con occhi paterni << Riprenditi alla svelta e parliamone insieme. >>
Dopodiché, ebbe l’idea di attaccargli una flebo. Ma quando il liquido iniziò a entrare dentro il corpo del rosso, successe qualcosa. Le ferite cominciarono a guarire più rapidamente e le condizioni registrate dagli strumenti migliorarono di colpo.
Il Dottore osservò il fenomeno con un cipiglio sorpreso. Come era possibile?
Fu poi colto da un flash. Il rosso stesso glielo aveva accennato. L’acqua era l’elemento che lui poteva controllare naturalmente. Se poteva richiamare l’acqua e usarla a piacimento… forse poteva anche usarla per rigenerarsi. Ma se questo fosse stato davvero il caso… ne serviva di più.
<< Più acqua. Ha bisogno di molta più acqua. >>
Come una furia, il Signore del Tempo liberò il rosso da tutti gli apparecchi e, prendendolo di forza, lo portò fuori dalla stanza.
La sua azione lasciò senza parole gli altri Time Warriors presenti. Che cosa stava facendo?
<< Serve un lago o un fiume. Qualsiasi cosa che contenga una grande quantità d’acqua >> disse l’anziano con sguardo agitato << Avrà lo stesso effetto che hanno i fulmini su Thor. >>
Il Tonante era lì presente. Comprese le intenzioni del leader, prese il rosso con un rapido cenno e lo portò verso la fonte d’acqua più vicina, un piccolo lago situata a qualche centinaio di metri dalla zona di atterraggio. Una volta lì, ve lo gettò dentro senza troppi compliemnti. Qualche minuto dopo, venne raggiunto dal Dottore ed entrambi rimasero fermi ad osservare.
Il corpo di Angel sprofondò nelle oscurità del lago… e il vuoto lo circondò.
   

 
Angel aprì gli occhi. Si sentiva disorientato e il luogo in cui si trovava non aiutò di certo a migliorare il suo stato d’animo. Ovunque si voltasse… vedeva solo bianco.
“Dove mi trovo?” pensò il rosso.
Si alzò in  piedi e si rese conto di essere a petto completamente nudo. Come se si fosse appena alzato dal letto. Almeno era questa la sensazione.
<< Ti sei svegliato, finalmente. Sei un vero dormiglione >> commentò una voce.
Il rosso trasalì ma non per lo spavento, bensì perché riconosceva la voce e… sapeva che il suo possessore era morto vent’anni fa.
<< Be', non mi rispondi? >> chiese la voce, mentre si una figura si avvicinò a lui.
<< Mi perdoni… professore. È che non riesco a capire dove mi trovo >> rispose il rosso.
Davanti a lui era apparso un uomo piuttosto alto. I capelli neri leggermente arruffati gli incorniciavano il viso olivastro, illuminato dagli occhi di un acceso castano. La sua figura era interamente coperta da un mantello verde scuro. Mostrava a mala pena una trentina d’anni, ma in realtà era molto più vecchio.
Dopo sua  madre, era stato il suo primo mentore nonché la persona di cui si fidasse di più. Il suo nome era Ash ed era soprannotato il Maestro dei Venti.
L’uomo si guardò intorno. << In effetti, è tutto bianco. Ma sappiamo entrambi dove ci troviamo, no? A scuola. >>
Quel luogo bianco sparì e lasciò spazio a un ampio cortile circondato dalla natura e… a un’imponente costruzione.
Era un enorme complesso color ambra. La sua forma circolare era caratterizzata da quattro portali, tutti decorati con statue raffiguranti quattro bestie, simbolo dei punti cardinali. Ma vi erano altri quattro portali a metà strada tra i principali, caratterizzati da dei bassorilievi. All’interno, sorgeva una cittadella in cui gli stili di diverse culture e mondi si combinavano l’uno con l’altro.
Quello era il luogo in cui Angel aveva studiato e appreso quello che sapeva: il luogo dove si diceva si potesse apprendere l’inizio e la fine di tutto, l’Almega Istitute. Ne ricordava fin troppo bene la storia: era nata da un’idea, quella che tutte le razze del Multiverso potessero riunirsi insieme e condividere le loro culture.
Sulle prime, in molti avevano pensato che questo insolito progetto sarebbe stato un fallimento. Eppure, dopo molti anni, la sua realizzazione si era rivelata un successo. Le varie razze appartenenti ad altri mondi - persino Paradiso e Inferno - avevano lentamente aderito a questa folle idea. E la follia era diventata realtà. L’Almega Istitute era nata.
Il rosso fissò il luogo con occhi che erano un misto tra il nostalgico, il felice e il triste. Credeva che non avrebbe mai più rivisto quel posto, e invece ora era lì davanti ai suoi occhi. Era il luogo in cui era diventato quello che era adesso.
Era felice di rivederlo e… anche triste e scoraggiato.
<< Che ti prende? Non sei contento di sapere dove sei? >> gli chiese il suo insegnante.
Il rosso si sfregò gli occhi lucidi. << Lo sono. Ma non credo di meritare di varcare quella soglia. Non dopo tutto quello che è successo. E poi… so bene che ormai questo luogo non esiste più. >>
Il moro lo fissò stupito e poi fece un sospiro. << È vero. Almega non esiste più. È stata cancellata dal multiverso con lo Scisma. Così come è successo a me, a mia moglie e a mio figlio. >>
<< Quindi lei lo sa già. E io sono morto, vero? >>
Ash scosse la testa. << No, figliolo. Non sei morto. Sei solo sospeso nel vuoto a metà tra la vita e morte. Tuttavia… lo sai, no? Quando si è in questa condizione, realtà e sogno diventano una cosa sola. So che sei distrutto dal senso di colpa. Credi davvero che lo Scisma sia colpa tua? >>
<< Non sono riuscito a fermarlo. Ho tentato qualsiasi cosa per convincerli a cambiare idea. Li ho persino combattuti e alla fine … ho perso e il multiverso ne ha pagato le conseguenze, così come tutti i miei compagni. Ed è per questo che sono responsabile di tutto quello che è successo dopo. >>
Il rosso non riuscì a trattenere le lacrime che iniziarono a scendergli copiosamente dagli occhi. Ognuna di esse era carica di rammarico e dolore per le tante vite, mondi e universi che erano spariti quel giorno infausto. Non poteva dimenticare quello che era successo, ne ciò che aveva perso. E quel peso era ancora lì sulle sue spalle.
In tutto questo, Ash lo fissò con occhi calmi finché, con uno scatto gli fu davanti e lo colpì con un pugno.
Angel non se lo aspettava e subì il colpo, finendo col sedere per terra.
<< Scusa. È il modo più efficace che conosco per calmare questi singhiozzi inutili >> commentò il moro << Così come sono inutili tutti questi sensi di colpa che ti affliggono. >>
Angel lo fissò confuso.
<< Indubbiamente hai perso… e sì, è accaduto tutto quello che è successo. Ma non devi certo darti la colpa per una decisione presa da quei folli. Tu hai fatto tutto quello che potevi per convincerli a non commettere un simile gesto ma, ahimè, ci sono eventi contro cui nessuno può opporsi. >>
Il rosso lo fissò senza parole. Poi abbassò la testa con uno sguardo cupo.
<< Eppure, non riesco a non pensare che alla fine sia tutta colpa mia. >>
<< Su questo ho da ridire >> ribattè Ash << Io non ti do la colpa di nulla. Perché mai dovrei farlo? >>
Angel non seppe come rispondergli. Non aveva nemmeno il coraggio di guardarlo negli occhi.
Il moro sospirò << A quanto pare il mio lavoro di mentore continua anche dopo la morte. Su, alzati. È l’ora della lezione extra, e non si accettano rifiuti. >>
Il tono dell’uomo era autoritario. Angel lo conosceva fin troppo bene. Lo aveva sentito così tante volte, mentre gli impartiva una lezione dopo l’altra.
<< Sissignore. >>
Ash annuì soddisfatto. << Eccellente! Ora… vediamo di rimetterti in sesto. >>
Sollevò un dito, e Angel si ritrovò con indosso una camicia di lino bianca abbinata a pantaloni neri e un mantello bianco bordato di azzurro, con un simbolo all’altezza del cuore. Era un ottagono con ricamate le lettere “ΑΩ” con fili color platino.
<< Ora sei più presentabile >> dichiarò Ash, per poi avviarsi verso l’ingresso.
Angel lo vide camminare, ma non riuscì a muoversi. Era come se il suo corpo si fosse improvvisamente bloccato contro la sua volontà.
Il moro si voltò verso di lui. << Ancora non vuoi entrare? >>
<< Vorrei, ma… non riesco a muovermi. Mi sento, come dire, bloccato >> gli rispose il rosso.
Ash lo fissò dubbioso e infine sospirò << A quanto pare ti serve una spinta. Be', è questa la prima lezione. >>
Schioccò le dita e una folata di vento soffiò da dietro il rosso. Era forte abbastanza per far muovere il giovane e a farlo avanzare verso il portale, permettendogli di varcarlo.
Ma quando lo fece, il panorama cambiò. L’Almega era sparito, sostituito da un luogo tetro e avvolto dal buio.
Angel si guardò intorno confuso. Non capiva dove si trovasse. Anzi, no… ora che ci pensava, sapeva che posto era quello.
<< La Terra delle Ombre >> sussurrò.
<< Esatto >> gli rispose Ash, al suo fianco << Perché una lezione inizi come si deve, prima di tutto è necessaria una buona introduzione. >>
Il rosso fissò prima lui, e poi il paesaggio attorno a sé. In tutta la sua vita ci era stato solo una volta, ed era stata proprio sua madre a portarcelo. Affinché vedesse il luogo… da cui tutto era iniziato.
Mentre pensava questo, una figura si fece avanti dall’oscurità. Il rosso si voltò e… dilatò le pupille per l’incredulità. Davanti a lui era apparsa la figura di un uomo dai lunghi e lisci capelli rossi e dagli accesi occhi verdi, praticamente identico a lui. Suo padre.
<< Papà >> sussurrò il giovane,  con tono febbrile.
L’uomo continuò ad avanzare, senza considerarlo. Quasi come se fosse invisibile e, quando gli fu praticamente vicino, lo attraversò come fosse un fantasma.
Angel rimase senza parole e guardò il suo professore.
<< È un ricordo. Noi non possiamo interagire con loro. Possiamo solo osservare >> gli disse il moro << E vale lo stesso anche per me che sono morto. Non ero mica presente nel tuo passato. >>
Angel - ancora scosso - annuì e iniziò a seguire quel ricordo.
Suo padre si chiamava Alan, ed era il primo di ben sei fratelli e sorelle. Discendeva dalla casata dei Nibbio Blu, ben nota nel suo mondo per una caratteristica particolare: da nove generazioni si tramandava il titolo di Calak’ant blu e, considerando la longevità dei soleani, equivaleva a circa 350000 anni di onorato servizio. Suo padre era il nono, sebbene in quel ricordo non avesse ancora ricevuto quel titolo.
L’allora giovane Alan, poco più che ventenne, aveva deciso di intraprendere un viaggio. Voleva mettersi alla prova e capire che cosa fare della sua vita. Ma voleva farlo a modo suo. Senza una meta e seguendo solo il suo istinto, aveva varcato i confini della Terra, finendo in quella parte del pianeta nota come la Terra delle Ombre, impresa che pochi altri prima di lui erano riuscii a compiere.
Durante la sua traversata della foresta, si era trovato davanti a un castello interamente costruito di pietra nera. A custodirlo vi erano creature spettrali né vive né morte, che quando lo videro lo condussero al cospetto della loro regina:
Scáthach.
La diafana figura della donna era avvolta da un’armatura viola con decorazioni dorate all’altezza degli spallacci e borchie dello stesso colore tra gambe e braccia. Sul suo capo poggiava un lungo velo scuro riccamente  ricamato. Finiva con un gioiello rosso all’altezza della fronte, che evidenziava maggiormente il colore degli occhi scarlatti. 
Quando la vide, la prima cosa che Alan pensò era che fosse una donna bellissima ma anche triste e… sofferente. Come apprese da lei stessa, la regina di quelle terre aveva da tempo perso la sua umanità. Suo malgrado, era diventata una dea immortale, legata a quel luogo e incapace di lasciarlo. I suoi occhi potevano vedere il destino di chi aveva davanti e, inevitabilmente, era sempre quello di morte. Un destino cui lei aspirava da più di due millenni, ma che non poteva realizzare. Sapeva che sarebbe sopravvissuta a tutti, rimanendo sola… per sempre.
Per questo aveva deciso di isolarsi dal resto del mondo e non avere più interazioni, così che quella sua sofferenza rimanesse solo sua e di nessun altro.
Angel osservò suo madre in volto. Era completamente diversa dalla donna che aveva conosciuto. Sembrava quasi lo spettro di se stessa, colma di dolore e tristezza. Lei gli aveva raccontato il suo passato, ma non era mai riuscito a immaginarsela in quello stato.
<< Ora puoi farlo >> gli disse Ash, serio << In un certo senso, stai soffrendo proprio come lei. Ti senti schiacciato dai sensi di colpa e dal dolore proprio come tua madre. Eppure, a un certo punto… qualcosa è cambiato. >>
Alan si ritrovò subito impressionato dalla potenza di quella donna. Nascondendo la sua natura, chiese a
Scáthach di allenarlo e di aiutarlo a trovare la sua strada. La strega, seppur riluttante, accettò la sua richiesta con l’unica condizione che lui non rivelasse la sua esistenza al resto del mondo. 
Per mesi, Alan seguì le sue lezioni. Grazie alle abilità della strega che aveva allenato il famoso
Cú Chulainn, apprese molti stili di combattimento. E al contempo, iniziarono ad avvicinarsi.
E fu allora che gli occhi della donna presero ad evitarlo. Temeva che un giorno ne avrebbe intravisto la morte, ma allo stesso tempo non voleva che lui si allontanasse da lei. Dopo tanto tempo passato in quel castello… si sentiva meno sola.
Un giorno Alan decise di parlarle apertamente. Sapeva che così avrebbe sollevato il sottile velo che separava la maestra dal resto del mondo, ma dentro di lui qualcosa di intenso era già in moto da settimae.
Ma prima che potesse conversare con lei,
Scáthach lo congedò dal suo regno, con la scusa che il suo addestramento fosse finalmente concluso. In realtà, lo aveva fatto per il suo stesso bene. Anche lei aveva iniziato a nutrire sentimenti per quel giovane e sapeva che alla lunga lo avrebbe visto morire come tutti coloro che aveva conosciuto. Alan cercò di opporsi, ma le sue proteste finirono con l’essere ignorate.

Scáthach lo osservò dall’alto del torrione del castello. Avrebbe tanto voluto che restasse con lei, ma sapeva anche il destino al quale sarebbe stato condannato… e non poteva sopportarlo.
Tuttavia, il fato decise di giocare uno scherzo in suo favore.
Una pietra del balcone dove si trovava cedette e lei, spinta in avanti, precipitò nel vuoto. Fosse stata una persona normale sarebbe morta… ma lei era immortale, non si sarebbe fatta nulla. Conscia di questo, chiuse gli occhi attendendo il contatto col suolo.
Tuttavia non raggiunse mai il suolo. Sentì delle mani forti prenderla in braccio. Una sorpresa inaspettata. E ancora più inaspettato fu quando aprì gli occhi e scoprì che era stato il suo ormai ex allievo a “salvarla”.
Ma fu la presenza di un paio di grandi ali blu dietro la schiena del giovane a lasciarla senza parole. Era un qualcosa che non aveva mai visto prima di quel momento. E per la prima volta, dopo tanto tempo… rimase sbalordita, non solo dalle nuove apparenze del rosso, ma anche da quello che vide nei suoi occhi: infinito. Un ciclo ininterrotto di vita. Qualcosa che non aveva mai visto in un mortale, e nemmeno in un semidio.
A seguito di questa visione, chiese al rosso chi fosse in realtà, una domanda semplice che non aveva mai posto a nessuno. Perché credeva di essere in grado di capirlo da sola. Ma ora non lo credeva più.
“Qualcuno che desidera vedere il tuo volto illuminato da un sorriso” le rispose Alan.
Passò ore a raccontarle la storia del suo popolo. Una storia che lasciò l’imperturbabile regina senza parole.Per un attimo,
Scáthach si sentì come se si fosse  appena svegliata da un lungo sogno. O forse era il contrario? Non riusciva a comprenderlo.
Dopo il racconto, gli chiese solo un’altra cosa: di portarla via da quel luogo con le sue ali. Alan non se lo fece ripetere due volte e, assunte, le sue vere sembianze - quelle di un uomo rapace - la prese con sé e la portò via da dalla Terra delle Ombre.
Quel mondo si oppose. Cercò di trattenerli lì.
E ci sarebbe anche riuscito, se una forza più antica - nata dalla Volontà stessa del suo mondo - non fosse giunta in soccorso di Alan, rendendolo così il nuovo Calak’ant blu. Forte di questa nuova protezione, il soleano ebbe la meglio sulla foresta e liberò 
Scáthach dalla sua prigionia.
La donna si trovò davanti a un mondo nuovo. Qualcosa che nemmeno nei suoi sogni più nascosti avrebbe mai potuto immaginare. E quel mondo si chiamava libertà. E a donargliela, era stato un angelo. Alan, il suo angelo dalle ali blu.
Fu proprio quel pensiero che fece apparire sul volto della donna un sorriso sereno, il primo da innumerevoli secoli.
Quello che seguì fu la nascita del loro amore. E il frutto di quell’unione… fu l’arrivo di Angel.
Il ragazzo si ritrovò nel cortile interno dell’istituto, a molta distanza dall’ingresso. Come aveva fatto a percorrere quel tratto senza rendersene conto?
<< Sei semplicemente entrato dentro e hai continuato a camminare >> gli disse il suo maestro, rispondendo alla domanda inespressa con tono irriverente.
Angel lo guardò scioccato.
Ash sorrise. << Ora è il momento di cominciare la lezione vera e propria. Ma prima dimmi, che cos’hai appreso da questa piccola esperienza? >>
Angel lo osservò ancora, poi abbassò lo sguardo con aria riflessiva. << Che tutto quello che è successo alla mia famiglia, dal giorno in cui i miei genitori si sono incontrati… è avvenuto a causa della scelta dei miei genitori di continuare a lottare. >>
Ash annuì. << Esatto. E TU, ragazzo mio… sei proprio il risultato di quella scelta. >>
<< E a cosa sono servito? >> chiese il rosso, con occhi tristi << Sono stato davvero all’altezza dei miei genitori? >>
<< Tu credi di no? >> gli chiese Ash,
Il rosso non seppe che cosa rispondere.
Il suo maestro sospirò. << A quanto pare, hai pure dimenticato chi sei. E temo che questa volta il Maestro non c'entri. Dimmi un po’… che fine ha fatto quel bel cappello di paglia che non volevi mai togliere? >> gli chiese.
Angel dilatò le pupille. Il suo cappello. Era vero, non lo aveva più con se. Anzi… lo aveva, ma non lo indossava più. Come avrebbe potuto farlo, in simili circostanze?
<< Ricordi quando lo indossasti la prima volta? E soprattutto… che cosa dicesti di voler diventare? >> gli chiese Ash.
Angel abbassò lo sguardo. Come poteva dimenticarlo? Ricevette un altro pugno in testa dal suo maestro.
<< Ti ho fatto una domanda. Lo sai che non è educato non rispondere >> lo riprese il moro con occhi affilati.
<< Chiedo scusa >> sussurrò il rosso, tenendosi la testa dolorante << Non potrei mai dimenticarlo. >>
Ash lo scrutò duramente. << Allora dillo. Qui e ora, senza testimoni. Senza la paura di essere giudicato. >>
Angel esitò a rispondere. << Era… era solo un sogno >> disse con un tono di voce molto più cupo.
Ash scosse nuovamente la testa. << Era molto di più, ragazzo mio. Ma sembra che tu abbia bisogno di un piccolo aiuto. >>
Si voltò e si diresse verso il portone dell’istituto, seguito dall’allievo.
Angel si ritrovò davanti una scena ben nota. La scena della spiaggia con i suoi genitori, quando era piccolo. L’aveva sognata così tante di quelle volte che ormai la ricordava praticamente a memoria. Ma sapeva anche.... che non era quella vera. Questo perché la prigione creata dal Maestro la riteneva folle, se non impossibile persino per un sogno. E anche molto pericolosa.
Il motivo? Perché si era tenuta in un luogo che andava contro la logica di quel mondo e vi erano presenti individui la cui presenza costituiva un rischio per l’illusione chiamata Battleground. Ma che cosa mostrava?
La famiglia di Angel, costituita non solo da lui e dai suoi genitori, ma anche dai suoi nonni paterni e dagli zii a bordo di una nave pirata. Ma non era una nave pirata come le altre. Era un brigantino dalle rifiniture singolari, come mai se ne erano viste in tutta Battleground. Il suo nome era Thousand Sunny.
Era un brigantino costruito con il legno del leggendario "Albero tesoro", una gigantesca pianta in grado di resistere a numerose guerre e conflitti.
Aveva un giardino sul ponte, con tanto di scivolo e altalena, e una torre d'osservazione come coffa sull'albero di trinchetto. Ai due alberi erano attaccate grandi vele. La polena era in foggia di testa di leone con una criniera che assomigliava molto ai raggi solari o ai petali di un fiore. La ruota del timone della Thousand Sunny era situata sulla prua della nave. Su di essa vi era un dispositivo che controllava il Soldier Dock System: girando la manopola si poteva scegliere quale compartimento doveva essere aperto sul fianco dell’imbarcazone; tirando poi la leva situata a destra della ruota del timone si apriva il suddetto scomparto. Le ancore erano posizionate a destra e a sinistra della prua e somigliavano alle zampe di un leone. All’interno era divisa in vari livelli usati per l’abitazione, il relax e molto altro ancora. Era stata costruita per perseguire un ambizioso obiettivo: poter solcare indenne tutti i mari del mondo, sopravvivendo alle loro insidie.
L’equipaggio poi... era ancora più singolare della nave. In totale era costituito da una decina di membri tutti appartenenti a luoghi diversi ma uniti da un obiettivo comune: spingersi verso il limite estremo di quel mondo e trovare il leggendario One Piece, un tesoro appartenuto all’ultimo Re dei Pirati.
Il capitano di questa ciurma si chiamava Monkey D. Luffy. Era un ragazzo poco più che ventenne dotato di una grande vitalità e desiderio di libertà, nonché di una spericolatezza e imprevedibilità che lo rendevano unico nel suo genere. Un altro tratto distintivo era il buffo cappello di paglia che teneva sempre sulla testa. Era rotondo, adornato da una striscia rossa e una cordicella lungo i bordi. A detta sua era il simbolo di una promessa che aveva fatto a se stesso e a un amico, e proprio per questo lo considerava il suo tesoro più prezioso, insieme ai compagni che lo seguivano in questa fantomatica impresa.
Il resto della ciurma era composto da individui altrettanto bizzarri: Zoro, uno spadaccino dai corti capelli verdi armato di ben tre spade; Sanji, un cuoco biondo dalle sopracciglia a ricciolo amante delle belle donne e specializzato nel combattimento dei calci; Usopp, un cecchino dal lungo naso e dal coraggio altalenante; Chopper, una renna umanoide dal naso blu che era anche un abile medico; Franky, un cyborg autoassemblato e costruttore della Sunny; Brook, un musicista non morto e completamente tutto ossa ma munito di una capigliatura afro; Nami, una bella navigatrice amante dei mandarini e dei soldi. E infine Nico Robin, un’altrettanto bella archeologa dallo sguardo magnetico.
Ognuno di loro era reduce di storie incredibili – impossibili da riassumere in poche righe
 – nonché un animo che li rendevano diversi dai classici pirati descritti nelle storie, e un modo di vivere che nessuno poteva eguagliare.
E un giorno avevano finito con l’incappare nel nonno di Angel, giunto sulla terra per conoscere la nuova famiglia di suoi figlio, il padre del rosso. La loro nave si era incagliata nei pressi dell’isola su cui Alan aveva scelto di stabilirsi, e fu proprio l’intervento del soleano a salvare l’imbarcazione. Questi li aveva presi subito in simpatia e aveva offerto loro la possibilità di cenare con lui prima di riprendere il largo e di conoscere il resto dei suoi parenti.
Da lì in poi, i rapporti tra la famiglia Hikaru e la ciurma si erano fatti sempre più stretti e amichevoli, e il gruppo di pirati non aveva mai perso l’occasione di venirli a visitare.
Di suo nonno, Angel ne conservava un vago ricordo, più che altro perché lo aveva visto poche volte. Sapeva che era stato il precedente Calak’ant blu e lo era stato per quasi cinque millenni in cui aveva compiuto gesta di cui pochi altri potevano vantarsi. A pensarci ora... il rosso era convinto che Vorkye stesso non avrebbe retto un secondo contro il nonno.
Ma ciò non era importante. Quel ricordo era legato a qualcos’altro. E il rosso lo ricordava. Lo poteva definire come uno dei momenti chiave che lo avevano reso quello che era ora.
Su quella nave, per la prima volta nella sua giovane vita, il giovane era stato colto da un dubbio, ossia che cosa diventare. Era stato qualcosa di così forte da fargli perdere l’entusiasmo della giornata ed era avvenuto tutto in un istante. Da cosa era nato non lo sapeva nemmeno lui, ricordava solo che in quel momento serio e triste come mai prima d’ora.
Quando espresse questa sua perplessità agli adulti, questi gli dissero che aveva una vita intera per deciderlo e che doveva fare esperienze per capirlo. Ma queste parole non furono sufficienti per il bimbo. Erano troppo vaghe e gli fecero sorgere sempre più domande che la sua giovane mente non riusciva ancora ad elaborare.
Ma a dargli la risposta che voleva ci pensò Luffy, quello che considerava al pari di un fratello maggiore e quasi un modello. E non lo fece con le parole…bensì con i fatti.
Gli mise il suo cappello di paglia in testa, se lo caricò in spalla e, sfruttando i poteri legati a un frutto magico di quel mondo, allungò le braccia e partì come un razzo verso il cielo ricevendo un: << Ma sei impazzito?! >> da tutti i presenti, preoccupati più per il piccolo Angel che per lui.
Il piccolo rosso ebbe così il suo primo battesimo del cielo. La sensazione della forte pressione dell’aria, il fischio del vento nelle orecchie, la difficoltà a tenere gli occhi aperti e l’attrito con la sua pelle furono a dir poco inebrianti.
Quando poi si affievolirono, permettendogli di tornare a vedere, quel dubbio che lo aveva colto... sparì, esattamente com’era apparso. Questo perché era stato colmato.
Intorno a lui, illuminato da sole, vi erano il cielo e il mare e oltre di essi... l’immensità. I suoi occhi guardarono tutto ciò che aveva di fronte, ma non riuscirono ad estendersi oltre l’orizzonte. Che cosa vi era oltre quella linea sottile? Che misteri e popoli potevano esserci al di là di quel mondo? La risposta non tardò a farsi sentire: un’avventura. Una promessa di libertà. Una parola pericolosa per il regime del Maestro e così forte da mettere a rischio l’intero sistema che lui aveva creato.
E fu allora che, per la prima volta, la sua mente fu attraversata da visioni legate a chi aveva tenuto il cappello. La visione durò poco, ma fu così intensa da imprimersi nell’animo del piccolo.
Quando poi il rosso fu recuperato dai suoi, notarono tutti che il sorriso era tornato sul suo viso, poiché aveva finalmente trovato il suo obiettivo: essere libero e andare alla ricerca di una grande avventura. Parole un po’ ingenue, ma che per i presenti su quella nave accolsero con gioia.
E lì avvenne un altro grande momento. Davanti a tutti loro, il giovane rosso ricevette il capello paglia del capitano di quella ciurma. Un vero e proprio passaggio di testimone che nessuno si sarebbe mai aspettato. Ma dato che serviva ancora al giovane capitano, il nonno di Angel decise di crearne un’altro a partire da uno stelo dell’originale. Nacque così il cappello di Angel, la sua promessa, il suo vincolo. Il suo più grande tesoro.
La visione si allontanò ed Angel si ritrovò nell’atrio della scuola.
Quel ricordo... lo aveva scosso. C’era qualcosa che aveva dimenticato di esso: la promessa che aveva fatto quel giorno. La sua prima e più importante promessa…e lui ne era venuto meno.
Si guardò tristemente le mani. << Non sono riuscito a mantenerla... >> 
<< È presto per dirlo, ragazzo mio >> ribatté Ash << Fino a quando c’è vita… c’è speranza. E tu hai entrambe le cose. Devi solo ricominciare a lottare per ciò in cui credevi. >>
<< Ma non so come >> sussurrò l’altro, abbassando lo sguardo.
Fu in quel momento… che qualcosa scattò in lui. Una reazione quasi improvvisa che lo fece mettere in guardia. Sollevando appena la mano destra, bloccò il pugno che stava per colpirlo in pieno volto.
Lo fece istintivamente, senza nemmeno pensarci. Fu come respirare.
Ash lo guardò soddisfatto. << Ecco come: reagendo >>
Il rosso lo fissò, quasi senza parole. Era riuscito a intercettarlo, anche se prima non ci aveva fatto nemmeno fatto caso. Ma come?
<< Ti poni troppe domande, ragazzo mio. Non servono. Bloccano solo la mente, rallentano il corpo e lo rendendono pesante, limitando ogni tua azione. È giusto avere dubbi, ma non bisogna mai averne troppi, o si rischia di venirne schiacciati. Ti ricordi queste parole? >>
Angel abbassò lo sguardo per un attimo e poi annuì. << Le ho dette io.... molto tempo fa a Najimi, quando la incontrai per la prima volta. >>
Ash annuì con un sorriso. << Il giorno in cui scelse di donarti Blue. >>
<< Fu poco prima che mi iscrivessi a questo istituto >> commentò il rosso ricordando il sogno che aveva fatto prima di partire col Dottore per la missione.
 In quell’occasione discusse con la ragazza per quasi un’ora. Ciò che si dissero non fu niente di particolare. Parlarono del più e del meno, qualcosa che Najimi non era più abituata a fare. E come darle torto, considerando il ruolo che le avevano dato i suoi creatori?
L’incontro tra lei e il rosso era avvenuto per puro caso, durante una delle innumerevoli passeggiate dell’entità per il Multiverso. Chissà cosa sarebbe successo, se i due non avessero mai incrociato i rispettivi cammini, se Najimi non avesse cominciato a sviluppare un sentimento d’affetto per le creature che era stata incaricata di salvaguardare, e che fino a quel momento aveva sempre osservato con cupo distacco.
Sicuramente, molti degli avvenimenti più significatici che accaddero dopo quel fatidico incontro non avrebbero avuto luogo. Era stato proprio Angel a stimolarla a conversare con lui, dopo averla vista passeggiare con aria malinconica vicino a casa sua. A spingerla a dire tutto quello che le venisse in mente, senza preoccuparsi della possibilità che avrebbe utilizzato quelle informazioni per tramare contro di lei, come molti altri avevano già fatto in passato. E furono proprio la personalità pura e irriverente del rosso che spinsero l’entità a dargli Blue, rendendolo un Guardiano del Multiverso.
Mentre pensava questo, seguì il suo insegnante per i corridoi dell’istituto. Ogni passo li dentro gli riportò alla mente le varie persone che aveva incontrato in quella strana accademia. Erano tanti gli amici che si era fatto in quel luogo. Alcune erano state molto più che semplici amicizie: veri e propri legami che non avrebbe mai potuto dimenticare.
<< Legami… già >> borbottò il giovane.
Nel ricordare i volti di quei suoi amici perduti, gli occhi iniziarono a velarsi di lacrime.
<< Non pensare con dolore a quei legami. Non li hai persi. Sono sempre con te >> gli disse Ash come se gli avesse letto nella mente.
<< Ma fanno male >> protestò Angel << Più passa il tempo, più quei sogni che avresti voluto realizzare si fanno sbiaditi e a nulla serve stringerli tra le mani. Una volta divenuti cenere… non si possono più realizzare. >>
Ash lo fissò in silenzio, poi riprese a camminare. << Non sono ancora diventati cenere, ragazzo mio. Non fino a quando hai ancora la forza di alzarti. E per averla devi ricordare ciò per cui ti batti. >>
<< E per cosa mi sto battendo? >> chiese il rosso, dubbioso.
Il moro lo fissò con la coda dell’occhio. << Questo dovresti saperlo bene. Ma dimmi: qual è il legame che ti ha sempre spinto ad andare avanti? >>
Angel ci pensò per qualche istante e il volto di una ragazza si fece sempre più vivido nella sua mente. << Mato. >>
Ash annuì. << Fu la prima persona capace di rubarti il cuore. Rammenti ancora il vostro primo incontro? Eravate piuttosto adorabili. >>
Nel ricordarlo, Angel sorrise nostalgico. Al contempo, partì un’altra visione
Era l’inizio dell’estate. Il secondo anno alla Almega stava per concludersi. Per Angel gli studi non erano un gran problema. Aveva lavorato a sufficienza, quindi aveva deciso di prendere un po’ d’aria.
Era seduto nel giardino dell’edificio, completamente solo. O meglio.... era in compagnia di Blue. Ma la sua presenza spesso spaventava gli altri ragazzi, che quindi lo evitavano. E dato che non sapeva ancora evocarlo a piacimento, la sua manifestazione era piuttosto difficile da controllare.
Quel giorno, tuttavia, il fato fece muovere i suoi ingranaggi in favore del rosso. Una dolce canzone si levò non molto lontano da lui e Angel non riuscì a resistere alla tentazione di trovarne la fonte.
Fu allora che conobbe Mato Kuroi, quella che sarebbe diventata la ragazza della sua vita.
Il loro incontro fu all’inizio un po’ imbarazzante per via di Blue. Quando la ragazza lo vide fece un’espressione incredula... sostituita subito dopo da una sognante ed esuberante. A quanto pare, era una grande fan dei draghi, e pure Angel finì con l’incuriosirla con il proseguire della loro conversazione.
La loro amicizia venne cimentata nel momento in cui il rosso le lasciò provare il suo cappello, solo per vederle come le sarebbe stato. E fu proprio quel gesto ad unirli in quel legame che sarebbe poi sfociato in vero amore.
Da allora la vita di entrambi cambiò. Insieme vissero avventure di ogni genere per il Multiverso, conoscendo quelli che poi sarebbero diventati dei preziosi compagni.
Il battagliero Vali Lucifer, discendente del primo re demone del suo mondo, e detentore del potere del drago Albion; l’imprevedibile Bikou, nipote del mitico guerriero Sun Wukong dalla genuina allegria e dalla l’incredibile foga battagliera e compagni di squadra di Vali; l’attraente e letale Nekomata – una razza di metà umani e metà gatti - Kuroka, maestra delle arti demoniache ed eremitiche e dal carattere sbarazzino, compagna di Vali; i fratelli Arthur e Le Fay Pendragon, eredi dell’antico re della mitica Camelot; il demone del freddo Ice, un umanoide appartenete a una razza di conquistatori intergalattici, ma considerato la pecora nera della famiglia a causa della sua mentalità pacifista; Jasmine Sandtimes, ultima discendenti di un antico clan di stregoni capaci di manipolare il tempo grazie all’uso di artefatti mistici, e quindi chiamati impropriamente Signori del Tempo, sebbene non appartenessero alla stessa razza del Dottore e del Maestro. La ragazza era stata maledetta dal vampirismo, eppure era capace di sopravvivere alla luce del sole; Petra Kirsgley, una ragazza proveniente anch’ella da una Terra alternativa e reincarnazione di un’antica divinità dragonica; Ali Shadi, giovane sultano di un altro mondo e detentore dello spirito di Red la Fenice, antica compagna di Blue; Goemon, un monaco Shaolin dal mondo degli eremiti e detentore di Kuro la tartaruga nera, altro antico compagno di Blue; Kah Hitodama, aliena dal carattere focoso e detentrice di Flama, la tigre bianca; Maya Sphere, una giovane donna dal cuore incredibilmente puro e dall’animo combattivo; Tivan, un essere cosmico dall’età incalcolabile che si era addossato il ruolo di guida del gruppo.
Erano questi i membri principali del vecchio gruppo a cui apparteneva il rosso. Col tempo se ne erano aggiunti anche altri, ma sempre in maniera sartuaria.
In loro compagnia, Angel aveva vissuto le avventure più disparate, visitato numerosi mondi, conosciuto gente di ogni sorta, affrontato potenti nemici... anche allo Scisma.
Angel ricordava fin troppo bene quel giorno. Era iniziato come tanti altri, e si era concluso in tragedia.
Lui da poco diventato Calak’ant, era stato chiamato insieme a tutti i suoi compagni al cospetto delle entità creatrici, il cui nome non osava neanche pensare... insieme alla fantomatica chiave da loro creata, Najimi Ajimu. Fu detto loro che il ruolo di questa realtà era ormai giunto al termine, e per quanti argomenti avrebbero sollevato… la sorte del multiverso era stata decisa.
A nulla servirono i tentativi dei Guardiani di evitare la catastrofe. Le entità non vollero sentire ragioni.
Compreso che ormai il tempo delle parole era finito, i Calak’ants scelsero di ricorrere alle maniere forti. Ognuno di loro aveva un motivo per continuare a vivere… e qualcuno da cui tornare. Non avrebbero mai accettato un genocidio di massa di tale portata.
Combatterono con tutte le loro forze ma non servì a nulla. Alla fine, ognuno di loro cadde sotto i colpo delle entità.
Ed Angel... era tutto ciò che restava di loro. Per qualche strana ragione, lui era sopravvissuto.
La visione si concluse nuovamente. Il giovane si ritrovò seduto su una sedia foderata di lana verde. Davanti a lui vi era Ash, che lo osservava con uno sguardo serio.
<< Comprendo la tua sofferenza, figliolo… ma non puoi lasciarti abbattere in questo modo. >>
Angel abbassò lo sguardo. Il suo volto era cupo e gli occhi erano prossimi al pianto.
<< E perché non dovrei professore? >> chiese con voce strozzata << Ho assistito alla fine di tutto, alla morte di tutto ciò che avevo a cuore e di tutti coloro che amavo… e non ho potuto fare nulla per proteggerli. >>
Dai suoi occhi iniziarono a scendere le prime lacrime.
<< Ora che ho recuperato la memoria.... vorrei non averlo fatto. Ho troppi ricordi... troppe emozioni... troppi pesi addosso. E più passa il tempo... più diventano pesanti. >>
Ash lo lasciò piangere in silenzio. Capiva ciò che provava. Il peso che si portava addosso era enorme.
<< Capisco come ti senti, dico davvero. Credimi, ho incontrato tanti ragazzi con il tuo stesso problema, più di quanti avrei voluto. Potrei farti la paternale e rifilarti il solito discorso motivazionale da quattro soldi, ma sai che non sono quel tipo di persona. Invece… proverò a tirarti su di morale! >>
Nel sentire quelle parole, Angel cominciò a calmarsi. Era più per la confusione che per effettiva curiosità.
<< Come?>>
Il moro si alzò di scatto. << Ridandoti la volontà che hai perso. Sei il Calak’ant blu, simbolo della volontà no? Hai dimenticato che cosa vuol dire indossare quel ciondolo? >>
Angel fissò il ciondolo che teneva appeso al collo. Aveva una luce fioca e la sua forma... era irregolare.
Mentre si asciugava le ultime lacrime, il giovane ricordò quanto fosse stato felice di indossarlo la prima volta. Non era sua intenzione succedere al padre... lui avrebbe voluto prendere un’altra strada. Eppure, anche così, era stato scelto dal ciondolo blu, diventandone il nuovo proprietario. Ma ora... che senso aveva che la sua esistenza? Soprattutto... dopo lo Scisma?
<< Perché è ancora qui? >> sussurrò più a se stesso che al suo insegnante.
<< Ecco... questa è un’ottima domanda. Col multiverso scomparso è venuto meno il compito che avevate avuto voi Calak’ant... perché uno dei dieci ciondoli è ancora qui? >> gli chiese il suo maestro.
Il rosso abbassò lo sguardo per riflettere. << Io… non lo so. >>
<< Allora ha il tuo primo compito per la settimana >> ribattè l’altro, con una scrollata di spalle.
Al contempo, il mondo onirico attorno a loro cominciò a crollare, e una luce accecante iniziò a farsi strada oltre una parete fatta di mero pensiero.
<< Sembra che il nostro tempo assieme sia giunto al termine >> commentò Ash, per poi volgere un ultimo sorriso in direzione del suo allievo << Ma non preoccuparti, ragazzo mio. Ci rivedremo, puoi starne certo! >>
Angel tentò di protestare, ma si ritrovò incapace di proferire parola. Venne avvolto dal bagliore e sentì una forza sconosciuta che lo tirava indietro.
<< E quando succederà…spero che avrai trovato le risposte che cerchi! >>
                                                                                     


Il Dottore continuò ad osservare il punto in cui il giovane era sprofondato, chiedendosi se la sua idea si sarebbe rivelata produttiva. Ora, accanto a lui avevano preso posto Thor e i due team di Cacciatori, internamente preoccupati per le condizioni del loro compagno di squadra.
Due minuti erano passati, ma il soleano si limitò a galleggiare immobile sulla superficie del laghetto.
Il Signore del Tempo sospirò. A quanto pare, aveva fatto un errore. Stava per ordinare a Thor di andare a riprenderlo… quando notò qualcosa di singolare persino per i suoi standard.
La superficie del lago iniziò ad agitarsi, l’intero luogo sembrava quasi essere in fermento. Notò l’erba crescere più rapidamente, le foglie degli alberi fiorire più verdi che mai e poi il cielo si fece più acceso. Persino il Miolnjr aveva iniziato a reagire in maniera strana contro la volontà del suo padrone.
Il leader della Resistenza tornò a fissare la superficie acquatica, questa volta con un sorriso comprensivo << Avanti, Angel… alzati e cammina. >>
L’acqua si sollevò di colpo generando una colonna che s’innalzò alta verso il cielo. Tutti dovettero proteggersi per evitare di essere investiti dagli schizzi, fatta eccezione per Thor, il quale rimase immobile ad osservare lo spettacolo, consapevole che il loro alleato era risorto dall’abisso in cui era sprofondato.
Pochi secondi dopo, la figura di Angel si materializzò al centro del lago, sostenuta da una coppia di enormi ali draconiche.
Il rosso sollevò lo sguardo verso i componenti dei Time Warriors, facendo loro un cenno.
<< Bentornato, Angel. Stavo iniziando a preoccuparmi >> commentò il Dottore.
Il rosso gli offrì un piccolo sorriso. << La prossima volta vedrò di farmi pestare un po’ meno. >>
Mentre l’adolescente volava fino a riva, Thor gli lanciò una rapida occhiata da capo a piedi.
<< Noto con piacere che sei guarito da ogni infortunio, giovane compagno. Sei pronto a tornare a combattere? >> gli chiese ilTonante con voce fremente.
<< Lo sono, figlio di Odino. Ma prima, se mi è consentito, suggerisco di fermarci per prepararci a dovere per la prossima battaglia >> disse Angel rivolgendosi al Dottore.
Il Signore del Tempo batté le mani. << Dico che sono d’accordo. Mi ci vorrò un po’ per setacciare i dati raccolti trovare le coordinate del Tardis, e penso che molti di voi abbiano bisogno di una buona dose di riposo. Quindi ci fermeremo qui per un giorno e ci prepareremo per il prossimo passo. Qualche obiezione? >>
Nessuno ebbe nulla da ridire.
 << Allora faremo così >> disse soddisfatto, mentre la sua mente vagava a uno dei membri della squadra che non era presente.
Con un sospiro interno, decise che avrebbe fatto visita ad un certo arciere.

                                                                                                                                      * * *
 
Nella sua cabina personale, Royal Noir, o meglio, Baelfire nel fidato costume senza maschera né cappuccio calato, stava steso a dormire nel suo letto in una posizione sregolata, detta “a stella di mare”, indice del suo tormento interiore. Di fianco a lui, Rowlet il barbagianni riposava profondamente sul proprio trespolo personale, molto più serenamente addormentato del proprio padroncino.
La stanchezza mentale dovuta al trauma, paradossalmente, avevano garantito al giovane il sonno immediato quando si era semplicemente sdraiato supino, senza cambiarsi né infilarsi sotto le coperte. Aveva temuto di non riuscire a prendere sonno, ma forse sarebbe stato molto meglio il contrario...
 
Era ritto in piedi, immerso nell’oscurità più totale, con addosso un’irrazionale opprimente sensazione di angoscia e ansia.
Subito creò una sfera di luce nei palmi e la spedì a levitare qualche metro sopra la testa, per illuminare il tutto e così discernere dove si trovava: sembrava di essere letteralmente nel nulla, vagamente poteva distinguere attorno a sé un lungo corridoio il cui proseguimento sprofondava nel buio e le cui pareti parzialmente rischiarate dalla luce proiettavano ombre inquietanti.
Si guardò intorno spaesato, timoroso e incerto su come agire, il respiro ansimante per via della sensazione di alienazione che provava. Non importava come, voleva assolutamente uscire da lì ad ogni costo, o sentiva che avrebbe potuto soffocare.
Fu allora che qualcosa gli mozzò definitivamente il fiato in gola per la paura e lo inchiodò sul posto.
Il suono di un respiro continuo, basso e sibilante come emesso attraverso il metallo, echeggiò intorno a lui, ma soprattutto alle sue spalle. Rimase per qualche istante immobile, i pugni serrati e i brividi che lo attraversavano da capo a piedi, seccandogli in gola la saliva. Poi, lentamente, si voltò a guardare dietro di sé.
L’infernale respiro suonava. Vicino. Sempre più vicino. L’oscurità davanti lui avvolgeva tutto, finché non venne squarciata da un guizzo rosso che andò a comporre i lineamenti di una lama laser, la cui luce... illuminò i lineamenti di Darth Vader.
Fire sobbalzò all’indietro, mentre  l’Oscuro Signore dei Sith avanzava inesorabile.
<< Vieni con me… >> gli sussurrò, il palmo della mano libera teso e la punta del laser che sfregava contro la parete oscura, sprigionando scintille rosse << figlio mio. >>
L’adolescente era paralizzato dall’orrore e dal terrore più puri, ma quando la mano guantata di Vader si protese arrivando a sfiorargli il volto tremante, cercando di trascinarlo a sé in un abbraccio confortevole e rassicurante, qualcosa lo fece scattare.
<< NO! >> gridò, spingendolo violentemente via, mentre la sfera di luce sopra la sua testa si trasformava in una serie di dardi che sfrecciarono contro il Sith per colpirlo: quest’ultimo retrocesse e alzò la lama per deviare i colpi.
Ne approfittò immediatamente per correre via infilandosi nel nero corridoio, con in mente il solo scopo di allontanarsi il più possibile, ma all’improvviso il Sith gli si materializzò di fronte, completamente dal nulla, vicino abbastanza da agguantargli la gola e sollevarlo da terra: Fire boccheggiò terrorizzato, serrando le dita attorno a quelle guantate dell’uomo, le cui lenti del casco gli restituivano il riflesso del proprio volto deformato dai rantolii e dagli occhi sgranati, illuminato dalla spada laser.
<< Osi disobbedire a tuo padre!? >> tuonò Vader << Tu sei mio. >>
<< No… TU NON SEI MIO PADRE! Non lo sei! >> strillò Fire, divincolandosi animatamente << Non verrò mai con te! Lasciami andare! >>
<< TU – SEI – MIO! >>
Quella frase gli rimbombò nella testa, amplificata, baritonale, tanto da stordirlo. Il Sith pose fine ai suoi tentativi di dimenarsi stringendo la presa più forte tanto da piegargli la testa all’indietro, strappandogli un sonoro gemito.
Poi, sotto i suoi occhi orripilati, mutò forma, ingigantendosi a dismisura, lasciando il posto ad un Darth Vader alto trenta metri, grande al punto che il giovane si ritrovò completamente avvolto dalle dita del suo gigantesco pugno, ad osservare scioccato l’enorme casco torreggiante sopra di lui.
<< Non puoi scappare da me. Dovunque andrai, io – ti avrò – sempre – in pugno! >>
Fire urlò con tutto il fiato che poteva accumulare in gola e cercò invano di divincolarsi prendendo a pugni le gigantesche dita sotto di sé, ma la stretta si fece forte al punto da stritolarlo, facendogli scricchiolare le ossa.
<< No… NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO! >>
 
 
<< Padron Fire! PADRON FIRE! Svegliati, ti prego! Padron Fire! >>
Il ragazzo cacciò un urlo e spalancò gli occhi, scattando seduto solo per ritrovarsi in un bagno di brividi e sudore. Rowlet bubolò, preoccupato, svolazzandogli immediatamente sulla spalla
<< Padron Fire! Stai bene!? >>
<< Sto bene… >> ansimò in automatico, senza nemmeno riflettere mentre parlava, prendendo il volatile fra le mani e poggiandolo sul cuscino << Sto bene… >>
<< No, non è vero! Padron Fire urlava e si scuoteva nel sonno, ha svegliato Rowlet e così l’ha visto, l’ha sentito! >>
<< Era solo un sogno, Rowlet. Torna a dormire… >>
<< Che succede qui? >>
Lo sguardo negli occhi di Fire si fece all’improvviso vitreo, mentre si girava in direzione di quella voce. Non aveva udito la porta aprirsi, era stato troppo preso dal proprio risveglio angosciante.
Il Dottore era entrato nella stanza e li aveva raggiunti. Con il volto chiuso in un cipiglio preoccupato, si fermò proprio accanto al letto. 
<< Ragazzino… ti senti bene? >>
La reazione conseguente fu talmente repentina che nessuno di loro tre fu davvero in grado di prevederla: Fire si alzò dal letto con un balzo, agguantò il colletto del Signore del Tempo e lo sbatté con forza contro la parete.
<< Ti sembra >> sibilò fra i denti << che IO STIA BENE!? >>
<< Padron Fire! >> strillò Rowlet, scandalizzato, scattando a stringergli i polsi con gli artigli << Che fai!? Lascia-…! >>
<< CHIUDI – QUELLA – FOGNA! LEVATI – DI – DOSSO! >>
Il barbagianni stridette e svolazzò all’indietro per lo spavento. Non aveva mai visto il padroncino così furioso: le fiamme dei suoi occhi dardeggiavano letteralmente, il respiro era un ringhio e ogni muscolo del suo corpo vibrava di collera.
Il Dottore rimase in silenzio, il viso completamente neutrale, con gli occhi fissi in quelli del ragazzo. Poi, dopo quello che sembrò un tempo interminabile, rilasciò un sospiro quasi rassegnato.
<< No, certo che non stai bene >> borbottò più a se stesso che all’arciere << In questo caso… lascia che ti ponga una domanda più pertinente: cosa posso fare per aiutare? >>
<< NON FARE IL CAZZO DI BUON SAMARITANO, STUPIDO IDIOTA! TU LO SAPEVI! >> tuonò Fire << SEI UN FOTTUTO SIGNORE DEL TEMPO! SAI PIÙ COSE DI TUTTI NOI MESSI INSIEME! SAPEVI ANCHE QUESTO! PERCHÉ NON ME L’HAI DETTO!? >>
<< Perché non ti ho detto cosa? Che tuo padre è uno psicopatico al servizio del più grande carnefice che l’universo abbia mai visto? Che ha massacrato intere famiglie senza esitazione? Che non esiterebbe a fare lo stesso con chiunque ti stia a cuore, se ciò significasse farti passare dalla sua parte? Ma certo, sono stato una persona orribile! Come ho potuto nasconderti una cosa del genere e dormire la notte? >>
<< Non ti azzardare a comportarti come se te ne importasse qualcosa di me! Mi hai mentito! DOVEVI DIRMELO! DOVEVO SAPERE! Hai idea di COME MI SIA SENTITO!? >>
Il Dottore tirò un lungo sospiro. << Siete tutti uguali, voi ragazzini urlanti. Guardatemi, sono ferito! Vi prego, compatitemi! Mai che incontri una specie decente, sapete solo piangere e frignare. Sì, ti ho tenuto nascosto delle cose, sì, l’ho fatto per proteggerti, sì, ho tradito tutta la fiducia che avevi nei miei confronti! Hai tutto il diritto di essere arrabbiato con me… >>
Gli poggiò entrambe le mani sulle spalle con una delicatezza disarmante. 
<< Ma non ti azzardare mai, e dico MAI… a pensare che non m’importi di te. >>
Fire sentì il labbro tremare, mentre un nodo opprimente gli stringeva la gola. Fu attraversato da un fremito e poi da un sussulto derivante da un singhiozzo improvviso. Lasciò il colletto dell’uomo con una scrollata e indietreggiò, stringendo i pugni con forza e sbattendo violentemente le palpebre.
<< Padron Fire, non trattenerti dal piangere >> intervenne Rowlet, accorato, appollaiandosi loro vicino << Piangere fa bene… >>
<< Non sto piangendo! >>
<< E io non ho mai incontrato la regina Elisabetta >> ribatté il Dottore, noncurante << Sfogati pure, ragazzino. Nessuno ti giudicherà. Non lo faccio mai. >>
Era come se il suo corpo non stesse aspettando altro che questo. Calde lacrime annebbiarono gli occhi dell’adolescente e scesero copiose a rigargli le guance colando lungo il mento. Un pianto silenzioso, ma lacerante esattamente come fosse stato sonoro grazie all’espressione di puro tormento e dolore in bella vista sul volto.
Rowlet gli volò incontro e lui fu subito pronto ad accoglierlo fra le braccia e a stringerlo al petto, mentre il cucciolo gli strofinava dolcemente il becco sul collo, poi lo fissò con i suoi occhioni e sorrise, per quanto il suo becco potesse permetterglielo, come a dirgli di non preoccuparsi. Poi emise un piccolo sbadiglio, e allora il padroncino lo ripose delicatamente sul trespolo, per poi osservarlo rimettersi a dormire.
Quindo si voltò, il Signore del Tempo si fece avanti e lo abbracciò intensamente.
<< Non ti dirò che va tutto bene. Diavolo, lo sappiamo entrambi che non va tutto bene. Una cosa, però, ho intenzione di dirtela >> gli pose delicatamente il palmo sotto il mento e gli sollevò il viso << sono fiero di te, ragazzo mio. >>
<< Per cosa? >> mormorò il giovane in tono stanco, abbassando lo sguardo << Ti sono saltato addosso come una iena impazzita. E mi sono lasciato abbindolare da lui come un idiota. >>
<< Hai fatto un errore, come ogni essere vivente su questo pianeta. Fare errori è parte della nostra natura. Lo so, è un difetto genetico piuttosto seccante. Ma non è questo l’importante. L’importante è che tu sia capace di comprendere l’errore che hai fatto e usare quello che hai imparato per non ripeterlo! Hai avuto la possibilità di staccarmi la testa ma non l’hai fatto, come hai avuto la possibilità di andare con Vader, ma non l’hai presa. >>
<< Mi perseguiterà, l’hai detto anche tu. Finché sono qui tutti voi siete in pericolo. >>
Il Dottore sbuffò. << Non fare il presuntuoso, ragazzino, eravamo già in pericolo prima che il tuo caro paparino decidesse di riallacciare i rapporti >> gli poggiò una mano sulla spalla << quindi non ti azzardare nemmeno a pensare di abbandonarci. Non voglio passare il resto della mia vita a consolare il tuo piccolo barbagianni. >>
Fire tirò su col naso, poi scosse il capo passandosi una mano fra i capelli. << Hai ragione, io… sono confuso, nervoso per tutta questa merda che mi è piombata addosso senza che potessi fare niente… e ho anche avuto quel fottuto incubo, prima… >>
Il Dottore annuì comprensivo. << Raccontamelo >> ordinò con gentilezza.
<< Era solo un sogno >> protestò il giovane.
L’uomo emise uno sbuffo sprezzante. << Ma davvero? >> domandò sarcastico, afferrando rapidamente il polso dell’arciere << Il tuo battito cardiaco dice il contrario. >>
Fire ritrasse il braccio con una smorfia di fastidio. << Perché, i Signori del Tempo non ne fanno mai di incubi? >>
<< Oh, ne facciamo! Altroché se ne facciamo. E i nostri sono anche peggio dei vostri, e lo sai perché? >>
<< Perché? >>
Lo sguardo del Dottore sembrò perdersi nella notte. << Perché tutto quello che un Signore del Tempo sogna… prima o poi si avvererà >> terminò con un sussurro << Ma, passata una certa età, un Signore del Tempo non ha più bisogno di dormire. Puoi stare tranquillo, non tormenterò nessuno di voi con una profezia stile Harry Potter. >>
<< Stile chi? >>
<< Lascia perdere... la mia richiesta resta. Raccontami quell’incubo, ti prego. >>
A quel punto, il Vigilante cedette e parlò: il Dottore ascoltò il tutto dall’inizio alla fine, senza mai fargli domande, senza mai interromperlo. Quando Fire ebbe terminato, prese un respiro profondo.
<< Dimmi, ragazzo… in questo momento hai paura? >> domandò il Signore del Tempo.
Il ragazzo respirò piano, serrandosi le dita tra i capelli. << Credo… credo di sì. >>
<< E di cosa hai paura? >>
<< Di… di Vader. >>
<< Perché? >>
<< Non è ovvio? >>
<< Lascia perdere la solita solfa del fatto che è uno psicopatico assassino. Rifletti bene, ragazzo. Cosa accadeva nel tuo sogno, all’inizio? >>
<< Lui… cercava di abbracciarmi… >>
<< E tu che cosa hai fatto? >>
<< Io… >> Il giovane socchiuse le palpebre a riflettere attentamente, abbracciandosi nelle spalle << io volevo che mi abbracciasse, l’ho desiderato ardentemente… ma dall’altra ero spaventato. Da lui, da quel che è, da quel che voleva farmi… e mi ha spaventato questo desiderio di lasciare che mi abbracciasse, le conseguenze che ne sarebbero derivate se avessi ceduto. E ho comunque avuto paura di perderlo proprio per questo. >>
<< Brillante analisi personale diretta, me ne compiaccio. Possiamo dunque dedurre senza tante cerimonie… che tu, mio caro, hai paura del legame di sangue che c’è fra voi, hai paura che questo ti comprometta e ti faccia tradire i tuoi principi, hai paura di seguirlo e diventare come lui, perché una parte di te lo desidera ardentemente. Sei terrorizzato da ciò. Bene! Questo è un bene. E lo sai perché? Lascia che ti racconti della paura >> esordì il Dottore << Il tuo cuore batte così forte che posso sentirlo dalla pelle, sta pompando un sacco di sangue e ossigeno al cervello, come combustibile in un razzo! In questo momento potresti correre più veloce, combattere con più forza, saltare più in alto come mai nella tua vita e sei così vigile che tutto ti parrà andare a rallentatore! >> esclamò con un ampio sorriso << Non è sbagliato avere paura, la paura è un superpotere! Anzi, è il tuo superpotere! C’è un pericolo  ambulante in questa navicella, e sai che cos’è? Sei tu. La paura fa parte di noi, ragazzo. E accettare questo fatto non è una brutta cosa. Può essere il più temibile dei nemici… oppure il tuo più grande alleato. La scelta spetta solo a te. >>
Volse al giovane un sorriso rassicurante.
<< Allora, che mi dici, Royal Noir? Che scelta prenderai? >>
Un altro profondo sospiro si liberò dalle labbra di Fire. Socchiuse gli occhi e strinse i pugni, quindi guardò il Dottore dritto negli occhi, con una determinazione nuova sia nello sguardo che nella postura.
<< Ho già fatto una scelta, e lo sai >> replicò, sollevando il mento << Ho scelto di seguirti, in nome di mia madre e del mio passato, e in nome dei valori che mio padre adottivo mi ha trasmesso. Non intendo tornare indietro, non lascerò che la paura mi freni, e non ti tradirò solo perché una delle risposte che cercavo era dove meno mi aspettassi di trovarla. Ma sappi che non sono disposto a dimenticare, Dottore, né ad attendere la fine della missione. Dovrai darmi molto presto delle altre risposte. >>
Il Dottore annuì, tranquillo. << Ho fatto una promessa anch’io che ho il dovere di mantenere adesso più che mai. Ho promesso a tua madre che ti avrei protetto, che ti avrei guidato e ti avrei risposto qualora avessi posto direttamente domande simili. Non hai che da chiedere a me, o volendo anche a Thor, perché sai, lui e tua madre erano parecchio intimi… >>
<< Cosa? >>
<< Scherzo! Cioè, almeno, credo… oh, lascia stare… comunque… >>
Il Signore del Tempo gli poggiò entrambe le mani sulle spalle.
<< Io e te siamo gli unici a sapere della tua parentela. Perciò mi sento in dovere di domandartelo, ragazzo, vuoi che... >>
<< No >> gli rispose il giovane, stringendogli di scatto i polsi, concitato << no. Ti prego, non dirlo a nessuno… non adesso, io… non sono pronto. Non posso… devo riposare, devo riflettere, voglio le mie risposte, voglio pensare… mi serve del tempo, okay? Perciò la mia risposta è no. Non dire niente a nessuno, non finché non avrai il mio consenso. Promettimelo. Promettimelo solennemente. >>
Il Dottore prese un respiro profondo. << D’accordo, ragazzo, te lo prometto. Te lo giuro sulla mia vita. Ora riposa. >>
 
 
 
 
 
Ecco fatto!
Shen continua a tramare, Vader è sul piede di guerra per la custodia, Vorkye è pronto ad andare a caccia, Fire ha le crisi mentali e veniamo a scoprire un po’ di cose sul passato di Angel e su ciò che la ha portato a diventare un Guardiano del Multiverso.
I personaggi della sua squadra sono un misto di pg appartenenti ad altre opere e OC creati dallo stesso Nick Nibbio. Lo stesso Ash è un OC creato dall’autore.
Ecco i prestavolti dei personaggi originali amici di Angel menzionati, solo per farvi un'idea

Ash: http://rei.animecharactersdatabase.com/uploads/chars/5688-950169250.jpg
Red: http://www.ideegreen.it/wp-content/uploads/2019/03/Araba-fenice-significato-1280x720.png
Kuro:http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/1/1e/Wudanghshan-Xuanwu-in-Beijing-Capital-Museum-3796.jpg/220px-Wudanghshan-Xuanwu-in-Beijing-Capital-Museum-3796.jpg
Per Flama, invece, immaginatevi Grimmjow di Bleach, ma con i capelli rossi:
http://images-wixmp-ed30a86b8c4ca887773594c2.wixmp.com/f/2b2b483e-61ae-484a-8131-fc523267895d/d93bokf-6b0ac3bf-1c03-43a6-98e8-36b2d7f59c9a.jpg?token=eyJ0eXAiOiJKV1QiLCJhbGciOiJIUzI1NiJ9.eyJzdWIiOiJ1cm46YXBwOiIsImlzcyI6InVybjphcHA6Iiwib2JqIjpbW3sicGF0aCI6IlwvZlwvMmIyYjQ4M2UtNjFhZS00ODRhLTgxMzEtZmM1MjMyNjc4OTVkXC9kOTNib2tmLTZiMGFjM2JmLTFjMDMtNDNhNi05OGU4LTM2YjJkN2Y1OWM5YS5qcGcifV1dLCJhdWQiOlsidXJuOnNlcnZpY2U6ZmlsZS5kb3dubG9hZCJdfQ.v5FudKJlFnKVUqsl3Iw_F6g_u_6ubR82So7p5UaOf2c
La ciurma di Cappello di Paglia, invece, è presa dala manga/anime One Piece.

Il prossimo capitolo sarà interamente dedicato ai cattivi e avremo anche il ritorno di alcuni villain che fino a questo momento erano rimasti in disparte a occuparsi delle loro questioni…

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Capitolo 31
*** Capitolo 27 - La caccia ha inizio ***


Eccovi un nuovissimo capitolo!
Vi auguriamo una buona lettura ;)
 


Capitolo 27 - La caccia ha inizio
 
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La nobile famiglia dei Royston aveva ufficialmente due castelli come residenza: uno a Gongmen, e l’altro a Londra, ed era la dimora originale finché la famiglia di Logan non aveva deciso di ampliare i propri orizzonti amministrativi in tutt’altro continente.
Era lì che Darth Vader si era recato, una volta appreso dai servi rimasti alla residenza cinese che il padrone era partito da almeno due settimane per questioni di affari.
Quando bussò al cancello e chiese di poter vedere il marchese, ad accoglierlo sulla porta trovò un giovane uomo dai folti capelli neri e dal vestiario impeccabile.  
<< Buon pomeriggio, Lord Vader. Sono Sebastian Michaelis, capo della servitù di questa casa. Mi rincresce molto, ma il signor Royston al momento è molto impegnato, non può ricevere visite. >>
Nonostante le parole dell'uomo, tuttavia, il Signore Oscuro mantenne la sua posizione.
<< Ne sono sicuro >> replicò freddamente, non lasciando trasparire il minimo segno di irritazione o impazienza << Ma sfortunatamente per lui, giungo sotto ordine del nostro illustre sovrano, il Maestro. E penso che non debba essere ricordato né a te né a Lord Royston… che niente al mondo può avere la priorità sulle richieste del padrone di Battleground. >>
Chinò appena la maschera in avanti, incombendo sulla figura del maggiordomo.
<< Ora… chiamalo. Io aspetterò. >>
Michaelis si accigliò, ma non osò ribattere. Si piegò in avanti in un rigido inchino, il braccio steso sul petto. << Vi prego allora di seguirmi nel salone per farvi accomodare, milord. Dopodiché eseguirò la vostra richiesta. >>
Vader si tirò indietro, apparentemente soddisfatto.
<< Procedi >> ordinò con lo stesso tono di voce che riservava a qualunque persona che non avesse il suo stesso grado militare.
Soldati, politici, civili… per lui non faceva alcuna differenza. Erano solo ingranaggi della macchina imperiale che lui e il Maestro avevano realizzato dalle ceneri di un multiverso in fiamme.
Il maggiordomo lo condusse nel salone e si congedò con un inchino, allontanandosi ad ampie falcate. Un minuto dopo, sulla soglia si presentò il padrone di casa, con espressione cordiale e disponibile dipinta sul volto.
<< Buonasera, Lord Vader >> salutò Logan Royston, avvicinandosi e accennando un inchino << Perdonate l'attesa, è un piacere accogliervi qui. >>
L’Oscuro Signore dei Sith si limitò a inclinare leggermente la testa e scrutò l’uomo attraverso le lenti della maschera. Sembrava quasi che stesse cercando di leggere dentro di lui. E dato quello che aveva sentito dire sull’uomo, Logan non si sarebbe stupito dallo scoprire che l'inquisitore fosse capace di una simile impresa.
<< Lord Royston >> salutò Vader con un rapido cenno del capo << Spero di non avervi sorpreso in un momento inopportuno. Il vostro maggiordomo mi ha detto che eravate particolarmente impegnato. In cosa, se posso chiedere? >>
<< Solite questioni burocratiche e amministrative tipiche di noi osservatori dall'alto, se capite che intendo. A volte certi documenti sembrano aumentare e apparire dal nulla, delle volte mi sono ritrovato a chiedermi se non fossi in una rappresentazione dell'orrore. Ma è chiaro che non siete qui perché io vi annoi con i miei sproloqui da principino cresciuto nella bambagia >> replicò, sorridendo per lasciar intendere l'autoironia << Che cosa posso fare per voi, Lord Vader? >>
<< Potreste cominciare… a parlarmi di questo >> rispose il Sith, mentre estraeva un data-pad da sotto il mantello.
Lo porse nella mani del nobile, mostrandogli che lo schermo raffigurava le ultime notizie riguardanti l'assalto alla magione di Anakin Skywalker.
<< Ditemi, cosa sapete di questo attacco? >>
Royston inarcò le sopracciglia, perplesso nello scrutare lo schermo. << Nulla più di quanto il telegiornale abbia fatto trapelare, milord. >>
<< E così? >> domandò Vader, quasi retoricamente.
Prima che il nobile ebbe la possibilità di rispondere, gli afferrò il data-pad dalle mani e vi armeggiò sopra per qualche secondo.
<< L'identità degli attentatori non è stata ancora resa pubblica >> continuò il Sith, con aria apparentemente disinvolta << Per questo motivo, volevo chiederle in via confidenziale se ha familiarità con uno di loro. >>
Gli porse nuovamente il dispositivo tra le mani… rivelando un’immagine di Royal Noir sullo schermo.
Logan sapeva che il figlio avrebbe partecipato alla festa, ed era un uomo intelligente, aveva capito che l'attacco alla magione aveva avuto a che fare con lui, come sapeva che era ancora vivo ed era riuscito a fuggire, perché in caso contrario la notizia sarebbe giunta a tutti. Quello che lo preoccupava davvero e che lo costringeva a domarsi era che Darth Vader fosse giunto a parlargliene personalmente e che gli stesse chiedendo proprio del Vigilante Mascherato.
Fissò l'immagine per almeno cinque secondi, percependo chiaramente lo sguardo inquisitorio del Sith su di sé, ma rimase calmo e sollevò lo sguardo.
<< Mi state chiedendo se ho confidenza con Royal Noir, il Vigilante Mascherato della città di Gongmen? Lord Vader, forse dovreste chiedervi quanti non ne hanno con lui. È molto conosciuto, perfino oltre la Cina. Pensate, sono stati i francesi a dargli il suo nome! >>
<< Speravo che foste più informati sulla questione rispetto al cittadino medio >> ribatté Vader, con un tono di voce impassibile, ritraendo l’apparecchio e facendolo sparire nel mantello << Sarebbe logico… visto che si tratta del vostro figlio adottivo. Baelfire Royston, dico bene? >>
A quel punto, Logan lo fissò per quasi un minuto buono. Sul suo volto c'era una magistrale espressione incredula, sbalordita e per certi versi anche sdegnata e scandalizzata.
<< Fatemi capire bene >> scandì, come incapace di credere alle proprie orecchie << Avete appena insinuato… che mio figlio, l’unico erede del mio casato… non sia sangue del mio sangue? E per di più… che sia segretamente un giustiziere che passa le notti a combattere il crimine armato di frecce? >>
<< Appurato dal governatore della vostra città, Lord Shen >> confermò Vader, implacabile << E io stesso posso confermare la presenza di vostro figlio durante la notte dell'attacco… nonché la sua scomparsa in seguito all'attentato. >>
Il Sith compì un unico minaccioso passo in avanti, sovrastando appena l’uomo con la sua statura.
<< Dalla vostra reazione deduco che voi non foste a conoscenza della sua seconda vita… o sbaglio? >>
Logan sentì inevitabilmente i brividi attraversarlo, tuttavia incrociò le braccia come se nulla fosse, sostenendo la pressione di quelle lenti scure.
<< Mio figlio non ha un carattere docile, ma che potesse essere capace di compiere un simile scempio è assolutamente per me inconcepibile. >>
Vader rimase in silenzio, completamente immobile, soppesandolo con lo sguardo per quello che sembrò un tempo interminabile. Le sue lenti rosso sangue incontrarono gli occhi del marchese, e lì vi rimasero bloccate.
<< Tu menti! >> ringhiò all'improvviso, attraverso il respiratore della maschera, per poi sollevare la mano destra in avanti.
Royston non si aspettava uno scatto di rabbia violenta come quello. Per un attimo, gli sembrò che il Sith volesse colpirlo, così, contro ogni buonsenso, l’istinto e i sviluppati riflessi da combattimento ebbero la meglio e gli fecero sollevare il dorso del braccio per difendersi… ma Vader non lo toccò con un dito: eppure l’uomo si sentì letteralmente scagliare via, come se il Sith gli avesse rifilato una spinta tale da mandarlo a cozzare dall’altro lato della stanza, dritto con la schiena contro la parete.
Incredulo, fece per raddrizzarsi, ma all’improvviso si sentì mozzare il fiato: una presa invisibile l’aveva afferrato per la gola, tenendolo inchiodato al muro. La pressione fu tale da fargli inarcare il capo all’indietro e irrigidire tutti i muscoli, tanto che non riuscì nemmeno a seguire il primordiale istinto di serrarsi le dita attorno al collo.
<< Posso sentirlo attraverso la Forza! >> tuonò Vader, avanzando minacciosamente verso di lui, la mano tesa semichiusa a pugno << Tu sapevi esattamente quali fossero i crimini del ragazzo, molto prima che cominciassimo questa conversazione! >>
Logan aveva perso ogni compostezza: si ritrovò ad annaspare in cerca d’aria, ma a stordirlo di più c’era la paura generata dalla completa, avvilente sensazione d’infermità. Era completamente inerme di fronte a quella presa invisibile che lo strangolava. Aveva sentito parlare delle capacità del Sith, ma provarle sulla pelle era tutt’altra cosa. Non c’era niente che potesse fare per contrastarlo, non aveva alcun potere per farlo. Poteva solo cercare di risultare più convincente possibile perfino sotto tortura.
<< Non... lo... sapevo... >> tentò ancora, boccheggiando << Non... ne avevo... idea...! >>
<< Bugiardo >> sibilò Vader, stringendo la presa sulla sua trachea << Per le informazioni che hai nascosto all’Impero meriteresti la pena più alta! Fortunatamente per te... ho ancora bisogno dei tuoi servigi. Tu mi parlerai di lui… e di come si è ritrovato sotto la tua custodia. >>
Sciolse le dita e il corpo di Logan ricadde pesantemente sul pavimento: l’uomo tossì rumorosamente, e fece appena in tempo a porre le mani in avanti per fare pressione sul pavimento e attutire la caduta.
Si sentiva completamente intontito per colpa dell'aria che gli era stata strappata pochi minuti fa. Si risollevò lentamente, sentendo ogni muscolo del proprio corpo irrigidito per la tensione prorompente. Dovette appoggiarsi alla parete e sorreggersi alla spalla, mentre volgeva nuovamente lo sguardo in direzione dell’Oscuro Signore dei Sith.
<< Non potrei dirti niente che ti risulti utile per arrivare a lui... >>
Aveva capito che mentire era inutile e che adesso la sua posizione era irrimediabilmente compromessa... ma non gli importava. L’unica cosa di cui gli importava ora era difendere suo figlio fino all’ultimo.
<< Non è questa la ragione per cui sono qui >> ribatté Vader, sprezzante << Tutto quello che voglio, almeno per il momento… è capire che tipo di persona è il mio figlio biologico. >>
A quelle parole, Logan, già psicologicamente provato, sbiancò completamente, e barcollò cadendo seduto con le ginocchia piegate. Lo fissò, pallido, gli occhi vitrei e lo sguardo vacuo. Poi, dopo un tempo che sembrava interminabile, scosse il capo, rassegnato al fatto che il Sith gli avesse appena svelato la più folle, scioccante e sconcertante delle verità.
<< Quindi alla fine ha avuto una delle sue risposte >> sussurrò, più a se stesso che a lui << Ho sempre saputo che fosse speciale... ma non credevo fino a questo punto. >>
Vader prese a fissarlo con aria incuriosita.
<< Finalmente cominciamo ad andare da qualche parte. Dimmi, dove lo hai trovato? Sono davvero curioso di sapere come un nobile sotto il giogo del mio più grande rivale abbia finito con l’adottare il figlio del secondo in comando dell’Impero. >>
Il marchese rimase in silenzio per qualche istante, evidentemente in guerra con se stesso sulla possibilità di rispondere o meno. Ad essere onesti non aveva alcuna intenzione di parlare: non aveva paura delle torture, non se questo significava proteggere Baelfire... ma conosceva i metodi di uno come Vader.
Molto probabilmente, a lungo andare, gli avrebbe estorto tutto: se poteva capire se mentiva o meno, cosa gli impediva di estorcergli ciò che sapeva direttamente dalla mente? Oppure, per facilitare le cose, sarebbe perfino potuta balenargli in mente l’idea di prendere di mira Sebastian o qualcun altro dei suoi servi per obbligarlo a parlare, e non aveva alcuna intenzione di mettere in mezzo degli innocenti.
Per quanto la cosa non gli piacesse, non aveva scelta che fidarsi del fatto che fosse solo interessato a Fire: sperava con tutto il cuore di non dire nulla che potesse essere usato contro di lui.
<< Non lo so >> dichiarò, ed era sincero << Era solo un bambino in mezzo a tanti, nell’orfanotrofio di Gongmen. Un bambino triste, solo e sconsolato per essere stato abbandonato. >>
A quelle parole, le mani di Vader si strinsero in un paio di pugni serrati.
<< Non abbandonato: rubato. Sottratto dal posto a cui appartiene >> ringhiò minacciosamente << Costretto a vivere una vita indegna della sua grandezza. >>
Logan lo fissò, inarcando le sopracciglia. << Dunque nemmeno tu sai come sia arrivato lì. Anzi… sono piuttosto sicuro che non avessi la minima idea prima di quell’attacco di avere un figlio... è così? >>
Vader abbassò appena lo sguardo, sorpreso dalla sagacia dell’uomo.
<< È corretto >> rispose con un sussurro a malapena udibile.
Poi sollevò nuovamente la testa.
<< E nonostante la tua disonestà iniziale, posso confermare che le tue parole siano... sincere >> ammise quasi con riluttanza << Suppongo di doverti ringraziare per esserti preso cura di lui in mia assenza. Ma quello che non capisco… >> proseguì, indicandolo minacciosamente << è come tu abbia potuto permettergli di intraprendere un simile percorso. >>
<< Perché non è più un bambino da molto tempo. >>
Nonostante la situazione in cui si trovava, di fronte alla dichiarazione del guerriero nero il tono di Logan si era fatto serio, severo e inflessibile.
<< Perché è abbastanza grande per decidere da solo come governare la propria vita… e per fare le proprie scelte. Arriva un tempo per tutti i genitori di farsi da parte e permettere ai figli di spiccare il volo. E sebbene lui sia ancora lontano dal diventare un uomo... sta inevitabilmente imboccando quella via. Con le sue sole forze, e con le proprie decisioni. E non c’è niente che tu possa fare per fermarlo. >>
Vader scattò in avanti, consumando la distanza che c’era fra loro, fermandosi ad appena un paio di centimetri dall'uomo disteso. Questi sentì un altro brivido attraversargli la spina dorsale, ma riuscì a mantenere una fredda espressione risoluta anche di fronte alla possanza del Signore Oscuro incombente su di lui.
Suo malgrado, il Sith si ritrovò piuttosto impressionato dalla determinazione del nobile. Era sempre stato abituato a trattare con membri dell'alta società caratterizzati da personalità pompose o codarde, motivo per cui il comportamento di Lord Royston era piuttosto rinfrescante. Ma non per questo lo avrebbe risparmiato dalla sua ira.
<< Voglio essere il più chiaro possibile >> dichiarò, freddamente << L’unica ragione per cui sei ancora in vita… è perché la tua morte potrebbe farmi incorrere nell’ira di mio figlio, ed è qualcosa che per il momento preferirei evitare. Ma non pensare neanche per un solo secondo… di poterlo nascondere a me. Quindi te lo chiederò una volta, non di più: hai idea di dove possa essere? Se menti… lo saprò. >>
Logan sostenne il suo sguardo. Per la prima volta nella propria vita, fu grato di essere totalmente ignorante riguardo un determinato argomento.
<< No >> affermò << Non ne ho la minima idea. >>
Il suono del respiro di Vader aleggiò nell’aria per qualche secondo.
<< E io ti credo >> dichiarò, mentre da una tasca nella sua armatura estraeva un comunicatore.
Con un gesto, lo fece levitare e lo spedì nelle mani del nobile, il quale vide le proprie braccia scattare e i propri palmi prendere al volo l’oggetto, contro la propria volontà.
<< Per ora è tutto quello che ho bisogno di sapere. Ma mi terrò in contatto >> proseguì il Sith, voltandosi e dirigendosi verso l’uscita del salone << Ho ancora molte domande da farti. Dopotutto… quale padre non vorrebbe conoscere suo figlio? >>
Royston non rispose. Cupo in volto come mai prima d’ora, abbassò lo sguardo sul comunicatore e d’istinto lo strinse forte fra le dita, quasi, inconsciamente, pensasse di poterlo distruggere con la semplice pressione delle dita.
<< Naturalmente è superfluo precisarti che non devi neppure pensare di provare a liberartene >> disse Vader, in tono apparentemente tranquillo, fermandosi in piedi e dandogli le spalle << Se non avrò modo di risentirti direttamente... tornerò a farti visita, e sarò molto meno gentile di oggi nel farti le mie domande. >>
<< Naturalmente >> bofonchiò il nobile.
<< Sarebbe preferibile che non ti allontanassi da questa residenza, almeno per il momento >> proseguì il Sith << Ma se perfino le pareti della tua stessa dimora inizieranno a starti strette, forse potresti prendere in considerazione l’idea di chiedere… aiuto. So bene che normalmente non potresti, ma scopriresti che il mio dono ha molte funzionalità... >>
<< Mi dispiace doverti deludere, Lord Vader >> replicò Logan, con un sorriso storto, capendo al volo l’antifona << ma nessuna prigione dorata potrà estenuarmi al punto di chiedere a mio figlio di venire a salvarmi. >>
<< Era un invito a renderti la situazione più… facile. Non lo concedo a chiunque, mi sembra di essere stato abbastanza chiaro, perciò vedi di non abusare né della mia pazienza né della mia pietà. E tieni a mente che quando il ragazzo tornerà lo verrò a sapere anche senza il tuo aiuto. >>
<< Non tornerà da me. Sa che non deve. >>
<< Oh, credimi, tornerà >> ribatté freddamente il Sith, riprendendo a camminare verso l’uscita << Ha sicuramente l’animo di uno Jedi. Qualcosa che ho intenzione di cambiare... >>
<< Non so che cosa sia uno Jedi, ma trovo il nome abbastanza ridicolo... >>
Da dove gli uscisse la forza di fare battute, nemmeno il marchese lo sapeva. Fece un respiro profondo e addolcì il tono, lo sguardo accorato.
<< Ti prego di riflettere, Vader. Se, da quello che ho capito, speri davvero di riavere l’amore di tuo figlio… non tentare di costringerlo ad essere quello che non è e che non vuole essere. Non mi serve questo comunicatore per confessarti quanto io lo ami. So come si sentirebbe. Come... un uccellino in gabbia. >>
Questo fece frenare il Signore Oscuro, ma solo per un paio di secondi. Quando quel breve lasso di tempo giunse al termine, oltrepassò l’uscio della porta e la sbatté violentemente dietro di sé.
 
                                                                                                                             * * * 
 
Analogamente al suo acerrimo rivale, il Maestro non era mai stato un individuo facile da sorprendere. Con più di 3000 anni alle spalle, il Signore del Tempo si era sempre vantato di essere quel tipo di persona capace di cogliere qualunque cosa capace di influenzare i suoi piani anche in minima parte.
Ecco perché quando Vader gli aveva rivelato pochi minuti prima ciò che aveva scoperto durante l’attacco alla sua magione… be', diciamo solo che parte del palazzo imperiale avrebbe necessitato di ristrutturazioni immediate.
Il solo pensiero che Lada fosse riuscita a nascondergli un bambino lo aveva irritato non poco. Come aveva fatto a perdere un pezzo così fondamentale della scacchiera? Come molti dei problemi che l’uomo era stato costretto ad affrontare nel corso della sua lunga vita, il suo primo pensiero fu subito rivolto al potenziale intervento dell’unico altro individuo in tutta la Galassia capace di competere mentalmente con lui: il Dottore.
Gli ci erano voluti venti minuti buoni per calmarsi a dovere e valutare con attenzione quale sarebbe stata la sua prossima mossa. Dopo aver dato a Vader campo libero per occuparsi della questione, si era subito teletrasportato nei pressi di una piccola catapecchia situata nel Nevada, dimora di una coppia dei suoi più stretti collaboratori, la cui posizione superava perfino quella del Consiglio Imperiale.
L'uomo si fece avanti e picchiettò l'uscio della baita un totale di quattro volte. La porta si aprì letteralmente da sola: nessuno l’aveva toccata, nessuno aveva risposto, semplicemente questa si era aperta. Il Signore del Tempo, soddisfatto, si fece avanti ed entrò, trovando altre scale ad attenderlo, ma quando scese, finalmente si ritrovò all’interno di una sala.
Era un piccolo appartamento rettangolare, disseminato di bizzarri armadi in ferro e intere scaffalature in legno contenenti antichi libri di ogni forma, colore e dimensione. Conteneva un camino acceso e sulla parete di destra c’erano tavoli contenenti bizzarri marchingegni, scaffali più piccoli con cassetti altrettanti piccoli in ferro, tavoli con alambicchi, tubicini e congegni alchemici. Al centro della sala c’era un lungo tavolo di legno rettangolare con almeno quattro sedie.
A contrastare con l’ambiente tipicamente da laboratorio e da centro di studio, c’era una preziosa arpa dorata, svettante in un angolo della stanza, che lasciava suggerire la capacità del padrone di casa nel destreggiarsi con essa.
Il Maestro volse lo sguardo da una parte all’altra della sala.
<< Ohi! C’è nessuno in casa? Walteeer? Walterino? Sono io, il Maestro! Signore e padrone di tutto ciò che vive e respira, hai presente? >>
Non appena spostò lo sguardo, vide una grande poltrona dal cui schienale si potevano scorgere punte raccolte di capelli corvini: non era una sedia girevole, eppure fu proprio il movimento di una sedia girevole quello che attuò, rivelando così l’uomo completamente vestito di nero che vi era seduto, con le gambe elegantemente accavallate.
<< E come potrei mai dimenticare i dolci toni del mio caro vecchio amico? >>
<< Walter! >> esclamò il Signore del Tempo non appena lo vide, allargando ambe le braccia << Mi sei mancato! Sul serio, questo lavoro è diventato un incubo. Si parla sempre di politica, ribellione… nessuno che cominci mai con un po’ di buonumore… >> Emise un sospiro rassegnato. << A volte vorrei non aver cancellato dall’esistenza Danny De Vito, tutto sommato era un tipo simpatico... >>
<< Ribellioni... ah, ti assicuro che comprendo. Ne avrò sventate due o tre in questo periodo, quei maledetti marmocchi hanno la fastidiosa tendenza a cercare di scappare. Ma ti dirò… sono stati… incontri... accesi. >>
A quelle parole, le dita della mano di Walter Padick all’improvviso vennero avvolte dalle fiamme, sfrigolando come candele filanti.
Il Maestro scoppiò a ridere, per poi indicare la figura dello stregone. << Vedi, è questo che manca alla mia élite! Sono tutti così cupi e seri, sempre a pensare al lavoro, sempre intenzionati a voler fare le scarpe al prossimo! >>
Emise un sospiro drammatico.
<< Sai, ho sempre pensato che, una volta arrivato ai piani alti… ci sarebbero stati arcobaleni, o cuccioli a tre teste. Ma sinceramente… è stato un inferno. >> terminò con un borbottio.
<< Pretendi troppo dai tuoi cagnolini, in fondo sono dei mortali >> replicò Walter, in tono conciliante << ciò che conta è che continuino a contribuire a crearlo, l’Inferno… >>
All’improvviso, una lieve scossa attraversò l’ambiente circostante e il Maestro dovette poggiarsi alla parete per rimanere in equilibrio. L’Uomo in nero, al contrario, sospirò e socchiuse gli occhi, quasi avesse appena assistito ad uno spettacolo a dir poco commovente.
Il Signore del Tempo fischiò impressionato. << Vedo che il lavoro procede bene. >>
<< Lentamente >> lo corresse lo stregone, con un sospiro << e delle volte è estenuante, i pargoli più promettenti non riescono a smuoverla neanche di un millimetro. Mi consola il fatto che muoiano un istante dopo per lo shock e la troppa energia mentale sfruttata, almeno so con cosa cibare il mio… cuginetto. Metto l’acqua per il tè? >>
Il Maestro si limitò a sorridere, annuendo.
<< E che sia bella calda. Ho anche portato i biscotti >> disse mentre estraeva un sacchetto rosso dalla tasca della giacca << Realizzati con il grano coltivato nelle foreste di Pandora. Pensa, ogni giorno muoiono almeno dieci persone per raccoglierne solo mezzo campo! Non mi stupisce, considerando tutte le bestie che vivono in quella zona. Ma credimi, vale davvero la pena sacrificare tutto questo capitale umano, anche solo per un assaggio. >>
Lo stregone schioccò le dita, e sul tavolo di legno al centro della stanza apparve una tovaglietta bianca ricamata con sopra un servizio da tè di ceramica bianca.
<< Ti crederò solo quando avrò assaggiato, come sempre. >>
Detto questo, si avventurò verso uno degli scaffali e ne estrasse degli infusi di tè. Fatto questo, si voltò verso un angolo buio della sala.
<< Cugino, abbiamo ospiti >> dichiarò, col classico tono compiacente che si utilizza nei confronti di un bambino << Non fare il maleducato e vieni fuori. Per stavolta potrai mangiare qui, ma non dovrai macchiare per terra. >>
Il Maestro girò appena la testa e i suoi occhi si posarono su una vista che avrebbe fatto inarcare parecchie sopracciglia.
C’era un clown, nascosto nell’oscurità dell’ufficio, alto circa due metri e vestio con pallidi abiti di fattura vittoriana, completi di colletto. La sua testa era innaturalmente sproporzionata, con una fronte larga da cui spuntavano grossi e ampi capelli rossi gonfiati. Ma ciò che spiccava davvero su di lui… erano gli occhi gialli, diabolici, coronanti un sorriso truccato che avrebbe fatto invidia allo stesso Joker, da cui spuntavano un paio di incisivi prominenti.
<< Proverò a contenermi, caro cugino >> disse con voce gutturale e squillante al tempo stesso, per poi volgere lo sguardo in direzione del loro ospite e sventolare la mano guantata << Hiya, Maestro! È molto tempo che non vieni a trovarci. Occasione speciale? O semplice visita di cortesia? In entrambi i casi, spero tu abbia portato del cibo, perché Walter ha deciso di mettermi a dieta! >>
<< Ho semplicemente deciso di dosare le quantità di cibo che ti infili in bocca. Per quanto tu sia un bravo spazzino, non gradisco dovermi occupare del tuo stomaco ogni maledetta volta >> replicò l’Uomo in nero, alzando gli occhi al cielo << Quanto a tutto il resto, ora ci faremo una bella chiacchierata. >>
Entrambe le entità si sedettero, mentre il Maestro schioccava le dita ed evocava un piatto, sopra cui versò il contenuto del sacchetto.
<< Prendi pure quelli rossi, Nyog >> disse, rivolto verso il clown << Li ho conditi con ugole di neonato. Mi hanno detto che sono molto tonificanti. >>
<< Oh, Maestro, ormai ci conosciamo da tanto tempo. Chiamami pure Pennywise! >> esclamò il pagliaccio, per poi afferrare uno dei suddetti biscotti e inghiottirlo intero << Uhmmmm… hanno un retrogusto niente male. >>
<< Penny, abbi almeno la decenza di masticare, quando sei in pubblico >> sbuffò lo stregone, accavallando elegantemente le gambe << Allora dimmi, collega, a cosa dobbiamo questa visita? >>
Il Maestro si appoggiò allo schienale della sedia e incrociò ambe le mani davanti a sé.
<< Porto notizie a dir poco interessanti. Informazioni che potrebbero cambiare o meno i nostri piani, a seconda di come saremo in grado di sfruttarle. >>
Gli occhi color del ghiaccio di Walter erano puntati sul Maestro, così come ogni muscolo del suo corpo era teso, immobile.
<< Ora hai la mia attenzione >> ammise << di che si tratta? >>
Gli occhi del Maestro si fecero improvvisamente più affilati.
<< Ricordi per caso il nostro piccolo investimento? Una certa... Lada Dracul? >> chiese con il lieve accenno di un sorriso.
Il fuoco del caminetto al loro fianco si innalzò di colpo, sfrigolando potentemente e liberando scintille dai tizzoni ardenti che parvero riflettersi nelle iridi di Padick.
<< Come dimenticare la mia amata ex protetta? >> sospirò lui in tono oscenamente sentimentale, tanto da simulare il gesto di lasciarsi crollare abbattuto sullo schienale << Non ho ancora superato l’immane perdita. Era una fanciulla così promettente… >>
A quelle parole, il ghigno sul volto del Maestro sembrò allargarsi. << Con un pargoletto alle spalle, a quanto pare! >>
L'Uomo in nero scattò seduto, gli occhi sbarrati. << Come... prego? >>
<< Hai capito bene >> confermò il biondo, con un rapido cenno del capo << Lada Dracul, ex regina e voivoda di Valacchia, tua protetta e generale della nostra amata macchina imperiale… era incinta! >>
<< Aspettate un secondo, time out! >> si intromise Pennywise eseguendo il segno del comando con le dita, per poi scrutare lo stregone al suo fianco con un’espressione corrucciata << Non l’avevi trasformata in una vampira? Pensavo che i tuoi nosferatu non potessero avere figli! >>
<< Difatti è così, i miei non possono >> replicò Walter, incrociando le dita sotto il mento, socchiudendo le palpebre << a meno che lei non abbia trovato la maniera di arginare la sua condizione con la magia. Il che mi lascia molto perplesso. Non è mai stata esattamente una tipa molto materna né ansiosa di diventare tale… >>
<< Il che ci porta ad un’opzione particolarmente eccitante >> disse il Maestro chinandosi in avanti con fare cospiratorio << Non hai la minima idea di chi sia il suo amante! Ti do un piccolo indizio: ha il feticcio di strangolare le persone e vestirsi di nero! Non che possa criticarlo, visto quanto sta bene a gente come noi... >>
Padick accolse la notizia in silenzio, una maschera di impossibilità sul volto, le sopracciglia inarcate a tradire lo stupore. << Oh… eppure gliel’avevo ripetuto più volte di prendere precauzioni, qualora avesse tentato avventure di questo tipo. >>
Scosse il capo senza ridere alla propria battuta. Si alzò e si diresse verso uno degli armadi: come ci si trovò di fronte, le porte si aprirono lateralmente con uno scatto, permettendogli di allungarne la mano ed estrarne una piccola sfera di cristallo blu dai riflessi violacei. Fatto ciò, si diresse verso uno dei tavoli, precisamente nei pressi di quello sopra cui spiccava una fessura fatta apposta per incastrare l’oggetto al suo interno, come lo stregone fece nell’immediato.
<< Mostramelo >> ordinò in un sussurro << Mostrami il frutto. >>
La sfera di cristallo si illuminò di una nebbia perlacea che si proiettò nell'aria, attraverso la quale cominciarono a delinearsi delle immagini.
Un ragazzo. Un ragazzo con un lungo mantello e un cappuccio piumato lungo la schiena, seduto con le gambe stese su un grande letto posizionato sotto una chiusa finestra aerea dalla quale si poteva scorgere lo spazio aperto e verso quale il giovane guardava.
Walter allargò il palmo e la nebbia si concentrò sull’ingrandire il suo volto, palesemente perso nella contemplazione dell’infinito e in chissà quali pensieri, mentre teneva il gomito steso sul parapetto.
Era impressionante quanto i tratti e la fisionomia risultassero assolutamente familiari.
<< Bene, guarda chi c’è >> commentò, con un sorrisetto, picchiettandosi il mento << Sgualdrinella che non è altro, sembra quasi che ci abbia tenuto a farci dispetto, immortalandosi nel suo pargoletto. Però ha palesemente gli occhi sia di mamma che papà. Poetico e insolito... >>
<< Sono più interessato al fatto che potrebbe essere una vera propria miniera psichica ambulante >> ribatté il Maestro, mentre dava a propria volta una lunga occhiata a colui che aveva dato così tanti problemi a Shen << Il figlio di una nosferatu… e dell’utente di Forza più potente del multiverso, l’ultimo rimasto. Immagina il suo potenziale latente... >>
<< Oh, lo sto immaginando eccome... >>
Gli occhi color del ghiaccio dello stregone vagavano bramosi sul volto dell’adolescente, che si era rannicchiato con la schiena sulla parete, stringendosi le ginocchia al petto, poggiandovi il mento e abbassando lo sguardo.
Walter allungò due dita affondandole nella nebbia, e la figura del giovane tremolò deformandosi in dei cerchi concentrici. L’Uomo in nero socchiuse le palpebre nell’avvertire una forte scarica attraverso quel contatto, perché era questo il potere di quella sfera magica: gli permetteva di vedere tutto ciò che desiderava per poterlo osservare e ad analizzare, al prezzo di non poterne individuare l’ubicazione.
Poteva sentire le emozioni ribollire dentro quel ragazzo, ma più di tutto sentiva ribollire il suo potere intrinseco: la Forza scorreva potente in lui, la percepiva chiaramente, ma c’era qualcosa di più nascosto sotto la superficie… qualcosa per cui serviva un’analisi più profonda.
Inspirò a fondo, toccando il vapore con la punta del dito, e stavolta l’immagine cambiò, mostrando scene del passato: Royal Noir che combatteva ferocemente contro Darth Vader, usando le frecce luminose e trasformandole in armi a suo piacimento; Vader che cercava di leggergli nella mente, e il ragazzo che lo respingeva con insospettabile violenza; e infine il ragazzo che perdeva il controllo, liberando l’onda d’urto di energia psionica verde.
<< L’ho visto! >> sbottò Pennywise all’improvviso << Anche se solo per una frazione di secondo! Il suo tocco… la sua luce… la SUA essenza… la Luccicanza! >>
Tirò appena indietro le labbra, scoprendo una fila di denti seghettati da squalo. << Anche nella morte, quel dannato rettile continua a schernirci. Tuttavia, non posso dire quanto sia potente… non senza averlo di fronte. >>
<< C’è dell’altro >> aggiunse Padick, ritraendo la mano e dissolvendo il tutto << Ho avvertito chiaramente la Forza dentro di lui. Signori, penso che ci troviamo di fronte a qualcosa mai visto prima d’ora. Questo spiegherebbe come ha fatto Anakin a mettere incinta Lada. La Forza è intervenuta nella sua nascita… e al contempo la Tartaruga, che ha scelto di benedire il bambino appena nato, creando così qualcosa di assurdamente potente e letale. >>
Pennywise si esibì in un sorriso predatorio.
<< Affascinante. Il potere della Forza e della Luccicanza... fusi insieme. Il solo pensiero di affondare i denti nella carne di quel ragazzino... cavoli, che visione meravigliosa! >> esclamò, compiendo una rapida piroetta su se stesso.
<< Questa situazione può essere sfruttata a nostro vantaggio >> continuò il Maestro << Sarebbe senz’altro un ottima aggiunta alle nostre armate, quanto un possibile candidato. Dunque, Walter, la mia domanda è… >> congiunse ambe le mani << saresti disposto a prendere il ragazzo sotto la tua ala? >>
<< Assolutamente. >>
Il Signore del Tempo emise un sospiro di sollievo. << Uff, grazie al cielo. Non avrei mai potuto lasciare il compito a Mister Respiratore, sappiamo tutti quanto è breve il suo temperamento. Avrebbe ucciso il bambino dopo mezz’ora di lezione dopo avergli fatto tremila sermoni sul Lato Oscuro e le sue vie. >>
<< Ah, la sua impulsività. Ne deduco che non ha ancora imparato del tutto a controllarla >> disse l’Uomo in nero, in tono di rammarico << Non temere, la pazienza non mi manca, così come i mezzi di persuasione. Hai un punto: il ragazzo è davvero potente, non possiamo sprecare un’occasione così ghiotta. Tuttavia… >> proseguì, i palmi sui fianchi << anche Penny ha un punto: finché è fuori dalla nostra portata, le nostre percezioni e supposizioni servono a ben poco. >>
<< Allora lascia che lo porti qui! >> esclamò il clown, con fili di bava che gli colavano dalla bocca semi aperta << È da così tanto tempo che non vado a caccia! Penso sia l’occasione perfetta per ricadere nelle vecchie abitudini. >>
<< Oh, certo, ti lascio andare alla tua caccia >> replicò lo stregone, in tono accondiscendente, che poi si trasformò in veleno gelido << E magari ti lascio anche divorargli un arto, o forse due? E perché non lasciarti direttamente fare scempio del suo corpo come tutti gli altri marmocchi! >>
Pennywise lo fissò in silenzio per qualche secondo: << ...penso che tu sia sarcastico. >>
<< Ma non mi dire. Come se non fossi a conoscenza di quanto la tua fame sia alquanto incontrollabile di fronte ad un così promettente banchetto >> sbuffò l’altro << Non lo toccherai con un dito, Penny, nemmeno per fargli paura. Ci serve vivo ed incolume, sia mentalmente che fisicamente. >>
<< E allora chi vorresti mandare? Il suo papino? >>
Walter scosse la testa. << Non per prelevarlo direttamente. È troppo emotivamente coinvolto, potrebbe generare solo complicazioni e fastidi. >>
Il Maestro, al suo fianco, si portò una mano al mento, il volto adornato da un’espressione pensierosa. Dopo qualche attimo di silenzio, arricciò le labbra nel suo classico sorriso.
<< Lo farei di persona, ma sfortunatamente è diretto in un luogo che sono costretto ad evitare. Tuttavia… penso proprio di sapere chi potrebbe fare al caso nostro. >>
Batté ambe le mani in un sonoro rintocco.
<< Ma prima… meglio richiamare la vecchia guardia a rapporto! >>

                                                                                                                           * * *

Il sole del mattino illuminò Asgard, risvegliando gli dei dal loro torpore. Fu così anche per Loki, il quale – come ogni giorno – si recò nelle segrete dell’arena per far visita ad alcuni dei gladiatori più amati dal pubblico. Non poteva certo permettersi che morissero o si ammalassero prima di aver intrattenuto le folle del regno, quindi era suo preciso dovere controllare che le guardie svolgessero al meglio il loro lavoro.
Mentre passeggiava tra i cupi corridoi del sottosuolo, la sua attenzione venne sviata dalla porta della cella contente le due donna che il Maestro gli aveva consegnato. Ripensando a ciò che aveva detto sul conto di questa insolita coppia, volle dare una sbirciata attraverso lo spiraglio del portone.
Ciò che vide fu Auth immobilizzata dal suo stato di impotenza, seduta sulle lunghe gambe incrociate, la coda attorcigliata attorno alla vita sottile, apparentemente impegnata in uno stato di meditazione. Era praticamente inerme, incapace di usare i suoi poteri a causa del collare che indossava.
Il dio delle malefatte, incuriosito, si decise a entrare per osservare meglio… e alla fine parlò.
<< Impressionante stato meditativo, mia signora. Mi scuso se il soggiorno non è dei migliori, ma il Maestro ha chiesto espressamente di tenerti qui assieme alla sua consorte. Personalmente, mi ritrovo a concordare… siete due persone alquanto singolari >> commentò con quel suo tono calmo e accomodante.
Auth sollevò lo sguardo e spalancò appena gli occhi.
 << Non è semplice meditazione: è concretizzazione delle idee… il concetto stesso di creazione. Nei miei pensieri risiede IL potere. La creazione e distruzione, la nascita e la morte, persino lo scorrere del tempo... Ma non fingere attenzione, e non fingere cortesia, Signore della Menzogna. Questo posto per me è come un altro… ma per la donna che mi accompagna è una prigione >> sussurrò cupamente << Ma in fondo, è questo che vuole essere. Una prigione per coloro che si fanno le domande sbagliate, giusto? >>
<< Dite il vero, anche se non è propriamente esatto. Qui risiedono solo persone le quali non credono nella pace e nell’ordine. Non so se anche voi siate qui per lo stesso motivo, ma se il Maestro vi ha prelevato significa che la ragione è almeno concorde. O forse ci sono dettagli che trascuro? >>
Per tutta risposta, Auth gettò la testa all'indietro, ridendo, sinceramente divertita. << E cosa sai tu di Ordine, o Pace? La tua mente è acuta e la tua lingua è più affilata di un rasoio. Tuttavia… ti culli in parole che basano la propria esistenza su una menzogna difesa strenuamente. Può esserci pace, può esserci ordine se vi sono paura e insicurezza? Ho visto, fatto e provocato molte guerre e ho visto gli imperi raggiungere le sponde degli oceani, per poi cadere. Non può esserci pace o ordine, poiché il mortale è una variabile imperfetta nell'insieme che regola l'universo >> continuò con tono di fatto, per poi arricciare le labbra in un sorriso nostalgico. << Alle volte scorgevo queste variabile mutare il risultato di milioni di anni di esistenza, piccole sfumature che persino io non riuscivo a cogliere... ma lasciavo che accadessero. Dopotutto, l'idea di essere liberi forse ha più potere della libertà stessa, mi sbaglio? Non è su questa idea che avete costruito le vostre convinzioni? >>
<< Peccato che Asgard non sia popolata da mortali >> ribatté freddamente Loki << Io mi occupo di mantenere la sicurezza nel mio regno. Che Midgard se la gestiscano i mortali, e si accaniscano su di essa come dei cani davanti a un pezzo di carne. Non cambia il fatto che il Maestro vi ha portato qui per la vostra follia. Avevate una nuova vita, potevate semplicemente accontentarvi anziché portare disordine… ma avete scelto la strada più difficile, come bambini che non si accontentano del giocattolo appena ricevuto. >>
Auth rilasciò un sonoro sbuffo.
<< Accontentarsi... è facile per coloro che siedono sui cuscini dire a coloro che si sdraiano sulla terra di "accontentarsi". Oh, non parlare a Me di regni, Signore della Menzogna. Ho visto gli dei creare e voltare lo sguardo, e ho visto gli uomini consumare ciò che avevano… ma ho visto anche gli dei rispondere alle preghiere e gli uomini acquisire la saggezza necessaria per mantenere ciò che erano riusciti a costruire >> sussurrò con affetto. << Tuttavia, chi è povero - chi sta in basso - guarderà sempre a coloro che stanno in alto… così come chi è in alto si coricherà sempre su un letto fatto di persone soffocate dalle ambizioni e dagli status del singolo individuo. Alla fine è sempre così, in ogni realtà, in ogni tempo… e la gente continuerà a combattere contro questa condizione. Potete anche soffocare questi pensieri, rinchiudere coloro che cercano di ribellarsi! Ma creare un mondo e manipolare gli animi di chi lo popola… sono due aspetti molto diversi, ricordalo. >>
Lo sguardo sul volto di Loki si fece improvvisamente più affilato. << Se sei tanto superiore, avresti potuto quanto meno accontentarti. Avresti potuto abbandonare la tua amica e vivere il resto dei tuoi giorni in pace. Al Maestro questo non avrebbe creato alcun tipo di fastidio, e da come parli sei chiaramente disinteressata dallo scorrere delle vite mortali. Le motivazioni che ti hanno spinto ad attaccare il nostro governo sono alquanto illogiche. >>
L’entità scrollò le spalle e poggiò la schiena alla parete della cella, ponendo il capo della dormiente Marie sulle cosce.
<< Sono giunta in questo posto non di mia volontà. Questa donna mi ha salvata, e per questo ha rischiato. Ciò che è venuto dopo è stata solo una sequenza di eventi al di fuori del mio controllo >> ammise con voce disinvolta << Alla fine contano i fatti, giusto? E secondo i fatti io sono qui, tu fuori dalla cella e le posizioni di potere sono invertite. Tuttavia, se le mie motivazioni sono illogiche… allora le vostre sono folli. Cercate di contenere un fiume che prima o poi romperà gli argini, e sta già succedendo. Quando si crea un qualcosa, bisogna sempre tenere conto che nulla è eterno, che il fine ultimo della realtà è l'evolversi e il cambiamento. Dopotutto, guardami... secondo certe logiche, non dovrei neanche essere qui. >>
<< Questo vale anche per te, dunque >> ribatté Loki << Anche il tuo fiume ha straripato. Volenti e nolenti... siamo tutti vittime delle Norne. >>
<< Ovviamente... alla fine succede sempre. Magari, goccia dopo goccia, il fiume passa attraverso la diga, oppure, fiocco dopo fiocco, la neve fa crollare un tetto. Credere che un qualcosa duri in eterno non è altro che una sciocca illusione... lo so bene, lo so meglio di molti. Io posso dire di esser esistita per un'eternità, per una tale quantità di tempo che non saprei quantificare, ma alla fine ho lasciato spazio a qualcosa di nuovo >> sussurrò cupamente.
Il sorriso del sovrano di Asgard si fece più accentuato.
<< Allora sarai ben lieta di sapere che il filo delle Norne è stato reciso. I fati non colpiranno Asgard mai più, e questo fa di Loki il vincitore. Anche io ho vissuto innumerevoli millenni e subito altrettante sconfitte, ma sono la prova che il fato può essere sconfitto, mia signora. Potresti fare lo stesso, non hai bisogno di marcire in una cella. Potresti cambiare le cose, se decidessi di sistemare la tua ritrovata vita. Vuoi solo stare con quella vampira, no? Allora potresti aiutarci. Voi ed io abbiamo scopi simili, ci importa solo della nostra casa. Il Maestro non ha motivo di temervi! Se ci aiuterete a mantenere questo delicato equilibrio, sono sicuro che sarà clemente. È una situazione vantaggiosa per entrambi... e per la felicità tua e di quella non morta. >>
Per la prima volta nella sua vita, Auth dovette restare in silenzio per qualche attimo, concentrandosi solo sul suo respiro, prima di rivolgersi verso Marie, fissandone i lineamenti che poco a poco riprendevano colore.
<< È un'offerta quanto meno allettante… ma purtroppo, mi vedo costretta a declinarla. Vedi, Signore dalla lingua tagliente… alla fine tu sai davvero così poco >> avvicinò il pollice e l'indice della mano destra, fin quasi a toccarli << e sei altrettanto piccolo che ignori molte cose. Prima di tutto, cosa sia la felicità. In secondo luogo, che il destino non può essere controllato da nessuno. E terzo... che sei solo un granello di sabbia nell'infinito dello spazio che ci circonda. Per certi versi, ugualmente piccoli, ma a differenza tua io ne sono consapevole. Quindi va a parlare con qualcuno altro, rivolgi i tuoi discorsi melliflui a qualche altra ragazza. Ho fatto molte promesse simili... e mai sono riuscita a mantenerle. Proprio per questo… so che nemmeno tu potrai farlo. >>
A quelle parole, l’espressione sul volto di Loki si fece molto più rabbiosa.
<< Hai avuto la tua occasione, gladiatrice >> sputò attraverso i denti << Ti ho offerto la possibilità di creare una vita con la tua dama, ma hai fatto la tua scelta. Bene, rimani pure a sguazzare nel porcile insieme agli altri maiali se lo desideri così tanto, non mi importa. L’unica cosa che mi interessa è che voi due regaliate un degno spettacolo nell’arena al popolo. Guardie! Tenete sotto controllo le due prigioniere e fate sì che rimangano in forze quanto basta per affrontare le sfide nell’arena. Voglio due turni di guardia, tutto chiaro? >>
<< Sì, mio re! >> esclamarono i sottoposti appena sopraggiunti.
Loki sorrise soddisfatto. << Bene. Addio, donna. Posso dire che la nostra discussione sia stata quantomeno... istruttiva. >>
E, detto questo, il sovrano cominciò ad allontanarsi con passo elegante e un colpo deciso del mantello.

                                                                                                                                 * * * 
 
Il Joker sedeva comodamente sulla poltrona del suo ufficio. O forse era il salotto? Poteva trattarsi della cucina, visto che aveva un sacchetto di pop corn appena sfornati tra le mani. Però la cosa di fronte a lui era sicuramente il televisore del salotto... la cui spina tesa sembrava fuoriuscire da una stanza che si trovava a circa una decina di metri dalla sua attuale posizione.
Il Joker prese in considerazione le opzioni a disposizione... e si limitò a stringersi nelle spalle, dopo essere giunto alla conclusione che non valeva la pena crucciarsi per simili questioni. Non quando aveva l'ultimo episodio di Psycho Pass che scorreva sullo schermo!
Amava le serie poliziesche, specialmente quelle in cui i serial killer riuscivano a farla franca, nonostante i migliori tentativi dell'eore di turno di fermarli. Era qualcosa con cui poteva relazionarsi. Inoltre, gli rammentavano i bei vecchi tempi andati! Certe volte il pipistrello gli mancava davvero.
Aveva pregato a lungo il Maestro di trascinarlo a Battleground con il resto della combriccola di Gotham City, ma il Signore del Tempo aveva convenuto che la sua eterna nemesi era un personaggio troppo pericoloso da lasciare in vita. Non che Joker potesse contraddirlo, ma la decisione del governatore di Battleground lo aveva spinto a cercare in lungo e in largo qualcuno con cui avrebbe potuto sostituire il suo eterno nemico, anche solo per provare un'unica volta il brivido che non aveva più sentito da oltre vent'anni, dopo essere stato catapultato in questa discarica multiversale.
Ma fino ad ora, la sua ricerca si era rivelata abbastanza infruttuosa. E francamente, il pagliaccio principe del crimine dubitava seriamente che avrebbe mai avuto fine.
Rilasciò un sospiro affranto e si accasciò sulla sedia, proprio mentre l'inconfondibile figura della sua fidanzata sbucò da dietro la porta.
<< Ehm... puddin'? Abbiamo una chiamata urgente >> disse la bionda con un sorriso esitante.
<< Harley! Non vedi che sto guardando Psycho Pass? Questi giapponesi ne sanno una più del diavolo... e poi sono giù di corda... >>
Tirò un lungo sospiro.
<< La nostra bella famiglia che domina da vent'anni... inizia a diventare noiosa. E vuoi sapere perché? Perché mi manca quel pipistrellaccio... >> rilasciò un altro sospiro rassegnato, accasciandosi lungo la poltrona come un bradipo << Non c'è più nessuno capace di accendermi il sorriso, capisci? Certo, potrei compiere qualche omicidio, così, giusto per ridere... ma a che serve senza qualcuno che ti insegua, che ti affronti in un vero duello come i vecchi tempi, che ti riempia di frasi sull'eroismo e sulla moralità come... "È finita, Joker, la città non udirà più la tua risata". Ammetiamolo... stiamo scaricando le pile... perfino il vecchio Edward sta uscendo di testa senza più una sfida intellettuale da sottoporre ai suoi giochi. Sono giochi molto divertenti, da perderci la testa, letteralmente! Ma ora la testa la sta perdendo lui. >>
Non ebbe nemmeno la forza di ridere alla sua stessa battuta, e ritornò a godersi Psycho Pass.
<< Di' al nostro amico che lo richiamo il giorno in cui, magari nei film, verrò interpretato da qualche attore strambo... magari da un imperatore romano... >>
<< Ehm... lo farei volentieri, pudding, perché sai che odio deluderti, ma... >>
Harley si dondolò sulla punta dei talloni, quasi come se avesse paura di proseguire. Dopo quasi mezzo minuto, si porse in avanti e prese un respiro profondo.
 << È LUI >> sussurrò, mettendo particolare enfasi sull'ultima parola.
Perfino Joker ebbe un fremito a sentire ciò, così si tirò su per bene e strappò la cornetta dalle mani della ragazza. Prese un bel respiro e...
<< Maestro! Vecchio amico mio! Sbaglio o ci telefoniamo spesso nell'ultimo periodo? Presto inizieremo a scambiarci e-mail e a organizzare cenette romantiche! >> concluse con una risata << Che cosa turba in quella testolina da Dio Onnipotente viaggiatore nel tempo? >>
La voce del governatore di Battleground non tardò a farsi sentire. << Joker, è un piacere come sempre. Spero che tu ti sia riposato a dovere... perché ho un lavoro per te. Uno che potrebbe renderti molto felice! O meglio... più felice del solito. È difficile a dirsi, quando si tratta di te. >>
<< Maestro, caro, io sono SEMPRE felice! Specie quando si tratta dei tuoi lavoretti. Devo arredare il tuo salotto di rosso? Magari rosso sangue, se capisci che intendo >> disse con un'altra risata.
<< Per quanto il mio palazzo abbia bisogno di una restaurazione, temo che il lavoro in questione ti porterà assai lontano da casa >> ripose il Signore del Tempo << Più precisamente… nelle regioni proibite di Battleground. >>
<< Uuuuuuuh >> disse l’altro, mentre il suo sorriso si allargava leggermente << Il Maestro è proprio nei guai se mi chiede una cosa simile. Dimmi, dimmi tutto, e non tralasciare i dettagli! Voglio sapere tutto di questo regalo di Natale anticipato. >>
<< Beh, se l'idea ti stuzzica così tanto... >> cominciò il tiranno, incapace di nascondere il sorriso dietro alle sue parole << ho bisogno che tu e la tua allegra banda di fenomeni di baraccone vi uniate ad un paio di altre squadre di pulizia per dare la caccia ad una nostra vecchia conoscenza, il Dottore. Oh, e anche alla sua nuova combriccola di invasati in armatura scintillante. >>
Fece una pausa di qualche secondo.
<< Ti ho già menzionato... che Kirby Earth sarà con loro? >>
<< Ah! Un vero regalo di Natale anticipato! >> esclamò Joker, alzandosi estatico dalla poltrona << Quel vecchio trombone del Dottore ha finalmente smesso di incassare e si è deciso a contrattaccare! Sembra una metafora di Mike Tyson contro Cassius Clay. E si è pure portato dietro il figlio di Meta? Questa sì che è una notizia con i contro fiocchi! Non vedevo l’ora di giocare con lui... >>
Dall'altra parte della linea, il Maestro si limitò a roteare gli occhi. << Non m'importa davvero cosa decidi di fare con il ragazzo e la sua squadra, purché tu me li tolga dai piedi. Sei liberò di usare ogni trucco del tuo repertorio. È la tua occasione di portare a termine il lavoro incompiuto di tanti anni fa, quindi ti conviene non sprecarla. >>
<< Oh, assolutamente, Maestro, e non ti preoccupare... ho già dei piani per tutti loro! Non vedo l'ora! Bene, vado a organizzare la truppa! Ma prima... ti racconto una barzelletta! >>
Il Maestro rilasciò un sonoro sospiro. << È davvero necessario? >>
<< Per tirarti su il morale! Lo sanno tutti che una sana risata aumenta la produttività, lo dice la scienza! E tu sei un uomo di scienza. >>
<< Oh, ma guarda... psssssh... ci sono delle intereferenze... psssssh... roba brutta, forse è un attacco ribelle... pshhhhh... scusa, devo lasciarti, meglio controllare. Adieu! >>
E, detto questo, il Signore del Tempo mise giù il telefono. Joker sbatté le palpebre un paio di volte.
<< Ha riattaccato. Si vede che non vedeva... L'ORA! AHAHAHAHAH! A volte mi faccio davvero morire. Harley! >> gridò, e la ragazza scattò subito come un soldato << Di' a Spaventapasseri di mettersi un bel grembiule e cucinare tanta di quella sua sbobba degli incubi. Poi di' a Croc di fare pesi, ma non di farsi prendere troppo la MANO. Poi di' a Bane di ingurgitare molti steroidi e infine... ridammi il numero di Edward, perché a questo giro potrà tornare a divertirsi coi suoi giochi, e dopo così tanta astinenza chissà cosa si inventerà. È letteralmente impazzito più del solito... non è meravigliosa la pazzia? Presto torneremo a divertirci come ai vecchi tempi! Sarà uno spasso! Un vero tripudio di risate, sangue e budella! >>
Spalancò le braccia e si lasciò andare in una lunga, fragorosa e inquietante risata a pieni polmoni.
 
                                                                                                                              * * *
 
La torre nera dove Salem governava Remnant era appena un'ombra del palazzo del Maestro, ma non di meno possedeva una figura impressionante per chiunque se la trovasse davanti nel bene o nel male, specie con le varie orde di Grimm tutto attorno a fare i loro comodi.
Grugaloragran, capo indiscusso delle spie del Maestro, stava volando nel cielo che sovrastava la struttura. Poche ore prima, infatti, il dittatore lo aveva incaricato di guidare la spedizione che presto si sarebbe tenuta su uno dei pianeti più pericolosi di Battleground. Un mondo che l’uomo aveva definito “a prova di Signore del Tempo”, motivo per cui non avrebbe potuto recarvisi di persona per accogliere l’arrivo del suo vecchio rivale.
Per questo motivo, aveva ordinato a Grugaloragran di creare una squadra abbastanza forte da poter contrastare i guerrieri che avrebbero accompagnato il Dottore. Inutile dire che il mutaforma aveva subito pensato di chiedere assistenza al membro del Consiglio del Maestro con cui era riuscito a instaurare il miglior rapporto: Salem, la regina di Renmant.
Con un rapido battito d’ali, atterrò davanti al portone  del palazzo, per poi assumere la sua forma umanoide. La padrona di casa era già lì ad attenderlo nel suo elegante abito nero.
<< Benvenuto, Grugal. Spero tu abbia fatto un buon viaggio dalla Terra. Qualche novità sulla missione? >> disse Salem dando un largo sorriso al drago assieme a un rispettoso inchino, mentre questi ricambiava il saluto.
<< Niente di cui tu non sia già a conoscenza >> rispose impassibile << Hai già radunato i tuoi pargoli? >>
<< Armati e pronti per qualsiasi battaglia. Le loro abilità superano di gran lunga quelle di qualunque altro Cacciatore di Renmant, sono sicura che non ti deluderanno >> rispose la strega, invitandolo a entrare.
I due servitori del Maestro si inoltrarono nelle viscere del palazzo, fino ad arrivare alla sala d'addestramento in cui la donna era solita allenare i suoi protetti.
Similmente a quella di Dreamland, era un'enorme stanza armata con le migliori attrezzature da battaglia. Al suo interno si trovavano quattro giovani ragazzi impegnati a combattere ricostruzioni olografiche di Grimm e altre creature:
Cinder Fall, Adam Taurus, Emerald Sustrai e Mercury Black, il team CASM... la miglior squadra di Cacciatori mai uscita dall’accademia Haven.
Fin dal loro secondo anno avevano svolto missioni di rango non indifferente e ognuno di loro era estremamente fedele alla regina di Remnant.
Adam era un fauno toro dai capelli rossi, caratterizzato da un paio di piccole corna che gli spuntavano dalla testa. Vestiva in un elegante completo nero, e aveva un aspetto alquanto minaccioso. Gli occhi erano rivestiti da una maschera bianca, mentre al suo fianco una coppia di armi: Blush, una katana rossa e Wilt, il fodero della suddetta, capace di fungere anche da fucile.
Cinder era una bella ragazza dalla lunga chioma castana e gli occhi color oro. La sua arma era lo stesso vestito rosso con ghirigori gialli che indossava, capace di scatenare potenti attacchi elementali o creare lame da taglio non meno pericolose.
Emerald era una ragazza dai capelli verdi, gli occhi rossi e la pelle scura, vestita con un abito aderente e privo di maiche. Alla cintola, Grugaloragran intravide due grossi revolver da lunga gittata, perfetti per gli scontri a fuoco.
Mercury era il più alto del gruppo. Aveva corti capelli color argento, e occhi del medesimo colore. Indossava una felpa con lunghi pantaloni neri che celavano le sue gambe meccaniche, a cui erano state incorporate due bocche di fuoco caricate a proettili di Polvere. Secondo quanto aveva letto il drago, le aveva perse dopo aver combattuto contro suo padre, un rinomato assassino morto per mano dello stesso Mercury circa cinque anni fa.
Al momento, il quartetto era più simile ad un agglomerato di saette multicolori, piuttosto che ad una squadra di Cacciatori appena graduati. Colpivano i loro bersagli con spietata efficienza, raggruppandosi quando necessario e riempiendo la stanza con esplosioni elementali di grande bellezza visiva. I sistemi della stanza riuscivano appena a rigenerare e gli ologrammi cominciarono a tremolare.
A interrompere quella scena di eleganza e letalità fu un battito di mani da parte della stessa Salem. Lo scontro si interruppe e i quattro guerrieri si schierarono di fronte al loro ospite senza perdere tempo, ritti come colonne, apparentemente appena provati dall'allenamento.
<< È un piacere conoscervi >> disse semplicemente il drago, ispezionandoli uno a uno e valutando attentamente i loro livelli di Aura.
<< Che ne pensi? Vi sosterranno bene durante la missione? >> domandò Salem.
In tutta risposta, Grugagloragran mosse gli artigli della mano destra con un movimento fulmineo, fermandoli a poca distanza dalla gola di Mercury. Allo stesso tempo, la gamba del ragazzo partì spedita verso il dragone, piazzandosi a pochi centimetri dalla sua tempia. Ad essa sì unì subito una freccia fiammeggiante creata da Cinder, cosa che suscito un sorriso soddisfatto ad opera del Mutaforma.
<< Impressionante. Non ho dubbi che farete il vostro lavoro >> commentò la creatura, apparentemente impressionata da quella dimostrazione di rapidità e disciplina.
Cinder si limitò a porgergli un rispettoso inchino. << Non la deluderemo, Lord Grugagloragran. Ci siamo preparati per anni ad una battaglia come questa. >>
A quella parole, l’espressione sul volto del mutaforma si fece molto più seria.
<< Sapete bene che questi ribelli non sono cosa da poco. State per combattere l’uomo più pericoloso dell’intera Galassia, colui che per vent’anni è riuscito a sfuggire all’occhio del Maestro. Avete paura di un simile scontro? >> domandò il drago, desideroso saggiare la loro decisione.
<< Certo che abbiamo paura >> fu la fredda risposta di Adam.
Affianco a lui, Mercury annuì in accordo. << Dopotutto… nessun guerriero sano di mente affronterebbe la morte in faccia senza temere per la sua vita >> commentò con un sorrisetto stoico.
Il dragone annuì compiaciuto.
<< Semplice, ma degna risposta. In questo caso… partiremo subito >> disse secco il drago, per poi fuoriuscire dalla stanza assieme a Salem.
Pochi minuti dopo furono raggiunti dai quattro ragazzi, tutti armati fino ai denti e pronti per la battaglia imminente.
Grugaloragran riacquisì quindi la sua vera forma e si alzò subito in volo. Al contempo, i corpi dei giovani Caccaitori vennero avvolti da un totale di quattro sfere luminose che cominciarono a fluttuare nel momento in cui la creatura si sollevò da terra, seguendone la traiettoria.
Salem si ritrovò a sorridere alla vista.
<< Allora, Ruby… tornerai all’ovile? Oppure cadrai sotto la volontà del nostro signore? >> si domandò un'ultima volta la guerriera dagli occhi d'argento, prima di rientrare nella sua torre.
Aveva dato ai quattro l'ordine di risparmiare Ruby e le sue compagne se possibile, sia per questioni personali che politiche.
Anni prima, aveva accettato di seguire il Maestro a una condizione: la possibilità di riavere una famiglia dopo secoli di rimpianto. Qualcuno a cui poter affidare il suo cuore prima di cedere finalmente al segno del tempo. Qualcuno… a cui poter lasciare il proprio regno.
Alla fine, aveva scelto nientemeno che Summer Rose come sua figlia adottiva, dopo che il padrone di Battleground le aveva modificato i ricordi. Un’ultima beffa nei confronti di Ozpin, colui che in passato aveva cercato di usare il potere della donna per combatterla.
Salem l'aveva allenata, aveva acconsentito alle sue scelte e aveva assistito alla nascita di Ruby. Avevano vissuto felici per quindici anni. Ma ora… tutto questo stava per finire.
“O forse no” fu il pensiero che attraversò la mente della strega.
L’esito di questa missione sarebbe forse bastato a portare le cose com’erano prima? O avrebbero consolidato per sempre la scelta di Ruby?
<< Suppongo che avrò presto modo di scoprirlo… >>

                                                                                                                                * * *  
 
L'idea di affrontare il problema della guerra di Cybertron con un approccio un po' diverso dal solito era sorta a Megatron dopo l'ennesima sconfitta subita dal suo gruppo di Decepticon per mano dei loro acerrimi nemici, gli Autobot. O meglio, aveva cominciato a farsi strada nelle sua mente dopo che il cybertroniano aveva preso contatto con l’individuo che avrebbe cambiato per sempre le sorti dell’eterno conflitto tra queste due fazioni: il Maestro.
L’uomo si era presentato al leader dei Decepticano durante l’anno 2010 del pianeta Terra, offrendo a Megatron la possibilità di vincere il conflitto in cambio di una futura alleanza.
Forse perché oramai stanco di essere sbeffeggiato dagli Autobot, il tiranno aveva così dato seguito ad un rapporto che in altri tempi avrebbe liquidato come un malfunzionamento dei suoi circuiti logici causato dall'umidità terrestre. Per fortuna, il potere dimostrato dal Signore del Tempo nei giorni successivi aveva istantaneamente messo fine a tutte le proteste aizzate dai membri della fazioni che erano stati contrari fin da subito all’idea di unire le forze con un organico per somigliava quasi in tutto e per tutti ai miseri umani della Terra.
In meno di una settimana, il Maestro era riuscito a ribaltare le sorti della guerra e aveva restaurato Cybetron alla sua gloria passata, così che Megatron potesse diventarne il sovrano indiscusso.
Dopo alcuni anni, il nuovo alleato della causa Decepticon era giunto ancora una volta sulle lande del pianeta meccanico per riscuotere il debito. Fu così che Megatron e il resto del suo esercito si erano ritrovati coinvolti nella guerra tra il Maestro e gli dei di un altro universo, gli Asgardiani.
E poi era arrivato lo Scisma, il fenomeno che aveva rischiato di cancellare per sempre il multi-verso, destino a cui Megatron e il pianeta Cybertron erano scampati per grazia dello stesso uomo che aveva garantito la loro vittoria sugli Autobot.
In poche parole, il leader dei Decepticon aveva ormai appurato da tempo quanto fosse potente colui a cui aveva giurato di servire per i giorni avvenire. E per quanto l’idea stessa di sottomettersi ad un organico lo disgustasse nel profondo, Megatron doveva ammettere che l’alleanza con l’uomo aveva drasticamente migliorato la situazione della sua fazione.
Ora, i Decepticon erano una delle razze più rinomate e rispettato del nuovo universo creato dal Maestro, e Megatron stesso aveva assunto la posizione di uno dei pilastri portanti a capo della galassia di Battleground, proprio accanto a regnanti come Loki, Salem e Vorkye. Un bel cambiamento, se paragonato ai suoi giorni di gladiatore nelle arene di Cybertron.
Ecco perché avrebbe continuato a seguire il Maestro, consapevole che non avrebbe mai avuto il potere necessario per potersi ribellare. E quando il Maestro chiamava… chiunque era costretto a rispondere, perfino lui.
Quel giorno, la convocazione del Signore del Tempo era giunta dalle piane di sale del Mar Morto, situato sul pianeta Terra, il centro dell’Impero di Battleground. Sebbene con grande riluttanza, Megatron e il suo fidato braccio destro, Soundwave, era subito partiti verso la destinazione con tutta l’intenzione di ricevere il loro sovrano.
Utilizzando le loro forme aeree, i due cybertroniani atterrarono di fronte al Signore del Tempo, sollevando sbuffi di polvere bianca. Il Maestro incontrò gli occhi scarlatti del mech più grosso con un sorriso accomodante.
<< Megatron! >> esclamò gioviale, come se stesse salutando un vecchio amico << Allora, come sta il mio cybertroniano preferito? >>
Nonostante il tono allegro del Signore del Tempo, tuttavia, il leader di Cybertron mantenne un’espressione impassibile.
<< Perché mi hai chiesto di incontrarci qui? >> sibilò con una voce che per milioni di anni aveva terrorizzato lo stesso pianeta di cui ora era il sovrano indiscusso.
Il Maestro inarcò un sopracciglio. << Dritto al punto, vedo. Mi piace! È sintomo di professionalità. >>
Detto questo, tirò fuori un holo-proiettore dalla tasca della giacca e lo lanciò di fronte all’automa. Meno di una frazione di secondo dopo, l’immagine olografica del Dottore si materializzò in mezzo alla coppia.
<< Ricordi il nostro impavido amico? >> domandò il Maestro, senza mai perdere il suo sorriso.
Megatron strinse ambe le ottiche in un paio di linee sottili e scrutò attentamente la proiezione da capo a piedi.
<< Il Signore del Tempo che hai cercato di catturare negli ultimi vent’anni…senza successo >> sogghignò, volgendo al creatore di Battleground un luccichio malizioso.
A quelle parole, il volto del Maestro venne attraversato da un cipiglio.
<< Wow, Megan, davvero maturo da parte tua >> borbottò imbronciato.
Il cybertroniano ringhiò attraversò i denti metallici. << Ti pregherei di non chiamarmi in quel modo >>
<< Tutto quello che vuoi, Meg >> ribatte l’altro con una scrollata di spalle, per nulla preoccupato dall’implicita minaccia dietro quella dichiarazione << Comunque sia, stiamo organizzando una piccola operazione per catturarlo una volta per tutte. E voglio che tu ne faccia parte. >>
Megatron strabuzzò le ottiche e rimase in silenzio per qualche secondo. 
<< Non potresti chiedere a Vader o a un altro dei tuoi cagnolini? >> domandò con aria visibilmente stizzita, quasi come se trovasse l’intera situazione un insulto alla sua persona << Lo sai che ho un pianeta da governare. >>
<< Ma so anche che sei il miglior cacciatore della galassia >> continuò il Maestro, implacabile << Hai esperienza con questo genere di cose. Inoltre, al momento Vader è impegnato con altre questioni ed è off limits. >>
Megatron non disse nulla e si ritrovò a contemplare le parole del Signore del Tempo. Brevemente, si chiese quale missione sarebbe stata tanto importante da sovrapporsi alla cattura del Dottore, ma l’ultima cosa che voleva era immischiarsi ulteriormente nella vita del Maestro. Governare Cybertron era già sfiancante di per sé.
<< Chi altri sarà presente? >> domandò burbero.
L’Imperatore di Battleground sembrò fare mente locale. << Il Joker e la sua banda di allegri compari. Più una piccola squadra di giovani promesse organizzata da Salem e Grugaloragran. Se non sbaglio, il vecchio dragone porterà anche uno dei suoi cacciatori di taglie favoriti… più un’aggiunta da me personalmente selezionata. >>
Megtatron sbuffò sprezzante. << Vuoi davvero che mi metta a lavorare con degli organici? >>
Il Maestro si strinse nelle spalle una seconda volta.
<< Perché no? Lo hai già fatto in passato. O devo forse rinfrescarti la memoria? >> chiese con un tono di voce molto più sinistro.
Affianco alla coppia, Soundwave si irrigidì all’istante, mentre una tensione palpabile calò bruscamente sulla piana di sale. Megatron dovette fare appello a tutto l’autocontrollo che aveva in corpo per mantenere un’espressione calma e controllata, e fece cenno al suo secondo in comando di mantenere la posizione.
<< Certo che no… mio Maestro >> disse con il tono più rispettoso che riuscì a trovare, pur ribollendo internamente.
Il Maestro ridacchiò con aria apparentemente divertita.
<< Ti sta uccidendo dentro, non è vero? Essere costretto a prendere ordini da uno del mio genere? Una di quelle stesse creature che per milioni di anni avete considerato inferiori >> commentò beffardo.
Gli occhi di Megatron s’illuminarono per la rabbia, ma anche questa volta il Signore del Tempo non ne fu affatto intimidito.
<< Bada bene, non ti sto mica giudicando. Dopotutto, anche a me irrita non poco il dover lavorare con queste scimmie puzzolenti >> disse con una smorfia di disgusto evidente, per poi recuperare il suo solito sorriso << Ma suppongo che alcune siano meglio di altre. >>
E questo era un sentimento con cui Megatron poteva concordare. Le sue interazioni con gli umani e specie associate erano state a dir poco sgradevoli, salvo alcune eccezioni.
Darth Vader, ad esempio, si era rivelato un alleato per cui il Leader dei Decepticon era riuscito a sviluppare un minimo di rispetto, probabilmente a causa delle sue abilità tattiche e dei suoi talenti nell’arte del combattimento.
Tuttavia, per quanto i suoi sentimenti per gli organici fossero sprezzanti, non poteva certo discutere con gli ordini dell’individuo che aveva di fronte. Giunto a questa conclusione, sospirò mentalmente.
<< Avrò bisogno della mia vecchia squadra. >> 
Il Maestro schioccò la lingua. << Anche quello a cui piace parlare di se stesso? Non ha già cercato di spodestarti tre volte? >>
Questa volta, fu lo stesso Megatron che si ritrovò incapace di trattenere un sorriso.
<< Starscream è sicuramente un individuo indegno di qualunque tipo di fiducia. Ma ha la sua utilità >> rispose in modo consapevole.
Il sovrano di Battleground inarcò un sopracciglio. << Ovvero? >>
A quella domanda, il ghigno sul volto del cybertroniano si fece molto più predatorio.
<< Mi costringe ad essere sempre all’erta >> disse con un luccichio malizioso nelle ottiche << Inoltre, è uno dei miei migliori guerrieri. Non gli ho certo dato il comando dei Seekers per mancanza di opzioni. >>
Il Maestro annuì comprensivo << La squadra è tua, fai come preferisci. >>
E, detto questo, la sua elegante figura venne avvolta da un intenso bagliore azzurro.
<< Mi aspetto di sentire buone notizie al più presto >> disse mentre scompariva in un lampo di luce, lasciandosi dietro la coppia di Decepticon.
Megatron digrignò i denti, prima di prendere un paio di respiri calmanti. Poi, volse la propria attenzione nei confronti del suo fidato sottoposto.
<< Soundwave, dammi l’attuale posizione di Shatter, Berserker, Mohawk e Blitzwing. È il momento di andare a caccia. >>
 
 
 
 
Boom!
Ebbene sì, signore e signori, in questo capitolo tornano molti personaggi che se ne erano stati tranquilli per un po’.
In particolare Megatron, che non si vedeva dal secondo capitolo, Joker,  rimasto in disparte dallo scontro al porto, il misterioso Grugaloragran e Auth, che dopo la sua batosta per mano del Maestro e conseguente imprigionamento nelle segrete di Loki aveva deciso di prendersi una piccola vacanza. Ma ora sono tornati, e in questa parte della storia saranno molto più presenti.

Al contempo, scopriamo che il Maestro non sta agendo esattamente da solo…perché ha la piena collaborazione di due delle entità più famose e potenti del King Verse: l’Uomo in Nero (già visto nei flashback su Lada) e Pennywise/IT, l’incarnazione del concetto di distruzione partorita dalla mente del suddetto scrittore. E a quanto potete vedere, stanno lavorando a qualcosa…
Ebbene sì, nemmeno il dominio totale su Battleground sembra soddisfare il Maestro.
Cinder, Adam, Emerald e Mercury, invece, sono personaggi che vengono dalla serie RWBY.
Al contempo, Vader continua la sua ricerca di informazioni sul figlio, che è finito nel mirino della trinità del male.

E come mai il Maestro non può recarsi sul pianeta in cui ha nascosto il TARDIS? Lo scoprirete nel prossimo capitolo!


 

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Capitolo 32
*** Capitolo 28 - The planet of the deads ***


Eccovi un nuovissimo capitolo! Vi auguriamo una buona lettura ;)


Capitolo 28 - The planet of the deads

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La voce del Dottore che gli sussurrava di andare a riposarsi gli giunse lontana. Quando Baelfire sbatté nuovamente le palpebre, il Signore del Tempo si era ormai avviato verso la porta e l’aveva richiusa alle proprie spalle.
Fire scosse convulsamente il capo. Era tutto così assurdo, confuso, surreale, assolutamente insopportabile da concepire. Non voleva tornare a dormire. Aveva bisogno di distrarsi. DOVEVA distrarsi.
Raggiunse il letto e vi si sedette, la schiena contro il muro di lato, lo sguardo volto verso la finestra della cabina, lì dove poteva osservare lo spazio aperto nella sua bellezza e misteriosa profondità: un modo come un altro per sfogarsi e sgomberare la mente da pensieri e sensazioni.
Forse riposare come gli era stato consigliato sarebbe stato meglio, ma si sentiva ancora un po’ teso per l’incubo e lo sfogo adolescenziale di prima, di cui un po’ si vergognava. Non era nemmeno la prima volta che malediva la propria testa calda.
Stava funzionando. Sentiva i muscoli stendersi e la mente sgombera, sebbene in un angolo di essa e dentro di sé ancora avvertisse ancora le emozioni ribollire. D’istinto, si rannicchiò con le ginocchia al petto e tirò un lungo sospiro, socchiudendo le palpebre.
Fu allora che lo sentì. O meglio, lo percepì. Di nuovo. Una specie di strattone negli angoli della sua mente, una molla che scattava. Ma stavolta era diverso… subito dopo gli risuonò in testa l’eco di un qualcosa. Non un qualcosa di esattamente definito che era capace di fare rumore… una presenza. Non avrebbe saputo descriverlo meglio di così.
Sentì chiaramente la propria mente avvolgersi nella confusione, nella perplessità, nel dubbio e nello sconcerto. Ma c’era qualcosa di più… sentiva quelle sensazioni simili alle sue… provenire dritte davanti a lui.
Allora alzò lo sguardo innanzi a sé. E il suo cuore perse un battito.
Darth Vader era ritto al centro della stanza, le lenti nere del casco a fissarlo, troneggiante nella sua altezza.
Allora lo sconcerto lasciò il posto al terrore e alla confusione pura. Stava impazzendo sul serio? Non aveva senso, nessun senso che lui ora si trovasse lì. Come avrebbe potuto? Si era forse teletrasportato? Lo aveva trovato grazie a quelle le sue malefiche capacità, e così l’aveva raggiunto?
Eppure Vader non era in posa di minaccia, quelle sensazioni gemelle sul dubbio provenivano da lui. Qualunque cosa stesse accadendo, nemmeno lui la comprendeva fino in fondo.
Si fissarono per qualche istante, palesemente sbigottiti, ignari di qualcosa che era al di fuori della loro comprensione. Poi ci fu un lampo di luce verde e un piccolo botto.
Fire aveva proteso di scatto la mano in avanti e un raggio energetico era scaturito, dritto contro la figura nera che gli si era palesata di fronte, con l’intenzione di colpirla.
Ma quando guardò meglio, il respiro ansimante in gola… non c’era più nessuno. Solamente la porta della cabina forata, pulsante come fosse stata fusa da del laser. Che era proprio ciò che era appena accaduto.
<< Merda! >>
Il giovane scattò in piedi e terrorizzato si irrigidì, rimanendo in ascolto. Si aspettava che qualcuno avesse sentito il rumore e accorresse, ma tutto sembrava tacere.
Deglutendo, controllò con la coda nell’occhio Rowlet, ma per un puro colpo di fortuna, l’uccello si era limitato a bubolare nel sonno e a rigirarsi appena: aveva sempre avuto un sonno piuttosto pesante, considerato quanto tempo restava sveglio il giorno e la notte.
In punta di piedi, l’adolescente si diresse ad aprire e poi richiudere a propria volta la porta della propria stanza. Fatto ciò, raccolse alla bell’e meglio i frammenti della porta che erano crollati per via del colpo e cercò maldestramente di rimetterli al loro posto, anche se era completamente inutile.
L’impatto era stato tale da far finire alcuni frammenti più avanti nel corridoio. Fire lo attraversò per recuperarli, quando di colpo si ritrovò a sbattere la fronte contro qualcosa di massiccio e duro come l’acciaio: il contraccolpo lo fece precipitare lungo disteso a terra senza tanti complimenti e con una non indifferente fitta nel punto colpito. Imprecando ed inveendo contro se stesso e contro i muri del cazzo che apparivano fuori dal nulla, si massaggiò la fronte e guardò dritto davanti a sé.
Solo allora si rese conto solo di aver, in realtà, appena colpito l’imponente e tarchiata figura del possente Thor. Egli lo sovrastava completamente con la sua altezza e possanza, fissandolo con il capo leggermente inclinato coperto dall’elmo alato: gli occhi color del cielo terso erano socchiusi in un’espressione dapprima confusa e, dopo averlo osservato bene, illuminata.
Senza nessuna esitazione, il dio gli porse la mano per aiutarlo a rialzarsi.
<< Stai bene, giovane Baelfire? >>
Fire lo fissò per qualche istante, sbattendo le palpebre, poi scosse velocemente la testa.
<< No, io… >> interruppe la frase risollevandosi da terra da solo e spazzolandosi una spalla << Insomma… vi ho scambiato per un muro. Non guardavo dove andavo. >>
A quelle parole, Thor scrutò per un attimo le proprie braccia muscolose assieme al busto marmoreo e l’addome poderoso, con una buffa espressione perplessa, come se si guardasse per la prima volta, poi tornò a fissarlo dubbioso.
<< Sicuro di stare bene? Il tuo non mi sembra il volto di qualcuno col cuore e la mente in pace. >>
<< Sto bene >> mentì immediatamente l’adolescente, ponendosi sulla difensiva << Solo... è stata una lotta davvero dura. Se non foste stato per voi e Rowlet... >>
<< Che è successo alla porta della tua cabina? >>
Fire imprecò mentalmente e cercò al volo un’altra scusa. << Stavo allenando i miei poteri, mi è partito un colpo e… >>
L’asgardiano lo interruppe poggiandogli una mano sulla spalla dalla presa solida ma allo stesso tempo amichevole, piegandosi appena per fissarlo dritto negli occhi, serio.
<< Vieni con me. >>
Il ragazzo non seppe bene come interpretare il tono con cui venne enfatizzata quella frase. Appariva come un ordine, sì, ma allo stesso tempo era pacato, benevolente ma fermo.
L’istante dopo lo seguì verso la sua cabina: non appena entrarono, Thor gli indicò il grande e spazioso letto aprendo un braccio, come in un invito.
<< Siedi >> disse, di nuovo con quel particolare tono. Anche stavolta il ragazzo si ritrovò ad obbedire.
Il dio camminò verso uno dei ripiani lungo la parete di destra e tirò giù due boccali di legno: con essi in mano si diresse verso la pila accatastata di barilotti e li riempì fin quasi all’orlo con del liquido dorato e schiumoso. Fatto ciò, raggiunse l’adolescente piazzandoglisi di fronte.
<< Bevi un po’ di nettare degli dèi >> gli allungò il boccale dal manico << Un sorso, e ti sentirai immortale. >>
Fire avrebbe preferito rifiutare, ma probabilmente non avrebbe fatto altro che insospettirlo ancora di più. E in realtà aveva veramente bisogno di bere qualcosa di forte.
Prese il boccale di birra tra i palmi e lo avvicinò piano alle labbra. Di solito beveva solo vino o idromele, e neanche troppo spesso, ma dovette ammettere che la descrizione dell’asgardiano era azzeccata. Calda, spumosa, frizzante: era molto piacevole sentirla scendere giù in gola riscaldandolo in tutto il corpo.
Dopo un lungo sorso, fece un respiro profondo.
<< Grazie >> mormorò, ed era sincero. Aveva apprezzato davvero quel gesto e quella disponibilità.
Thor trangugiò completamente il suo boccale in un sol sorso, lo poggiò sopra uno scaffale, si asciugò la bocca con il dorso della mano e poi si sedette accanto a lui. Non parlò, eppure il suo sguardo era eloquente: voleva farlo sfogare, aveva intuito che non era uscito affatto bene dall’ultimo scontro.
Fosse stato qualcun altro degli altri mocciosi, a parte forse Accelerator, Fire l’avrebbe mandato al diavolo senza pensarci due volte, soprattutto non l’avrebbe affatto seguito fin lì.
Ma Thor… era diverso. Aveva qualcosa che gli aveva ispirato fiducia sin dal loro primo incontro, nonostante l’aspetto un po’ intimorente e nonostante tutto ciò che aveva sempre letto sulle mitiche storie di Asgard: Thor il Crudele, il Flagello di Jötunheim, sterminatore di giganti innocenti, bandito per la sua sete di sangue, la sua ferocia e la sua arroganza.
Ciò che si era trovato davanti era completamente diverso da ciò che aveva sempre immaginato. Non avrebbe mai pensato di accostare al Flagello di Jotunheim un’aura di saggezza millenaria, un dignitoso e fiero senso dell’onore di guerriero norreno – osservato principalmente nel suo omaggio a Qrow Branwen – e ora quell’atteggiamento benevolo e molto probabilmente anche generosamente disinteressato.
Ma neanche così si sentiva disposto a confessarsi. Almeno, non del tutto. Per ora, voleva solo che fosse il Dottore a sapere... quella cosa.
“E poi chi ti dice che puoi davvero fidarti di Thor il Crudele?” insinuò una vocina maligna nella sua testa.
A quel pensiero, il seme del dubbio e della diffidenza germinò rapido senza che potesse trattenerlo. Osservò il proprio interlocutore con la coda nell’occhio, tamburellando appena un dito sul legno del boccale.
Al dio non sfuggì affatto quel gesto, e poteva ben intuirne le motivazioni.
<< Conosco quello sguardo, ragazzo. Capisco che tu non abbia molta voglia di parlare con me di quello che è successo, in questo sei identico a tua madre, ma non sono uno stolto... conosco gli sguardi di sfiducia. Sono gli stessi che mi hanno rivolto molti mortali nel corso di questi trent’anni di Battleground. Trent’anni non sono che un mero battito di palpebre per un asgardiano, ma per me sono stati molto più longevi di diversi secoli. Dopo la tragedia che mio fratello causò, egli non perse di certo tempo a riscrivere la storia. Avrai sentito di mio padre come un despota e un tiranno, e di me come un vile assassino. Vorrei poterti dire che la descrizione di Loki perpetrata ai miei danni sia falsa, ma vi è un fondo di verità. In gioventù ho commesso molte azioni disdicevoli ai danni dei giganti e dei mortali. Ero il nemico giurato del popolo di Jötunheim, il mio martello si è impregnato del sangue di innumerevoli giganti e altri nemici. Non tutti meritavano il mio presunto castigo. Odino alla fine mi punì per questo, mi spogliò dei poteri, del mio rango e dei miei ricordi e mi costrinse a vivere come un mortale di nome Donald Blake. I miei anni come mero essere umano mi insegnarono i tratti distintivi che mi affascinano di voi: la compassione, l’amore, la misericordia. Fu così che riottenni i miei poteri. Sono cambiato da allora, ma non disdegno il tuo comportamento. Ciò che ho fatto non può essere cancellato, e non può essere dimenticato. Detestami pure come il resto del mondo se lo ritieni opportuno, non spetta al Tonante giudicare, non più. Però desidero chiederti di esternare i tormenti che angustiano la tua mente, non virtù di dio del tuono... ma in virtù di compagno d’armi. >>
Colto sul fatto. Fire tirò un lungo sospiro socchiudendo le palpebre.
<< Non negherò di avere avuto pregiudizi nei vostri confronti, ma non ho dimenticato né ignorato quello che avete fatto per me e per Branwen, e sarebbe indegno ignorare adesso la vostra gentile disposizione nei miei confronti e il remore che avete appena dichiarato per le vostre azioni. Vi credo. Non voglio commettere nuovamente l’errore di giudicare qualcuno senza prima conoscerlo a fondo. >>
Alzò lo sguardo incrociandolo a quello del dio, e ricordò che il Dottore gli aveva detto che, se avesse voluto chiedere di Lada, avrebbe potuto chiedere anche al dio del tuono, e poi in un flash rimembrò quando il Signore del Tempo l’aveva condotto alla base, la prima volta in cui aveva visto Thor per la prima volta: effettivamente quest’ultimo aveva nominato sua madre. Aveva anche detto di non sapere avesse avuto un amante: dunque non sapeva di Vader, e dopo l’incursione a Gongmen, molto probabilmente pensava fosse Logan Royston suo padre biologico.
Abbassò lo sguardo, mentre serrava con forza le dita attorno al legno. Non riusciva proprio a dire del suo legame col Sith, era ancora sconvolto, ma allo stesso tempo voleva ricambiare Thor della sua disponibilità, evitando di raccontargli menzogne.
<< Io… so che voi conoscevate mia madre… >>
<< Dammi pure del tu, ragazzo. Comunque, sì, è così. Eravamo molto amici >> rispose Thor con una punta di malinconia << Una grande guerriera, impegnata in una guerra per sopravvivere a un mondo spietato, che non riconosce il valore delle persone come lei. Aveva la forza e la saggezza necessaria, ma sfortunatamente... andò diversamente la sua storia. Ti struggi perché ne vuoi sapere più su di lei? >>
Fire annuì, sincero. << Mi sono unito alla Ribellione perché credo nei suoi ideali, ma anche perché il Dottore mi ha promesso risposte sul mio passato. Perciò sì… vorrei saperne di più. >>
Thor parve perdersi un attimo tra i ricordi. << Era molto simile a te. Riconosco la sua fisionomia e parte del suo carattere >> gli occhi color del cielo furono attraversati da una punta di malinconia << Era un’eccellente guerriera e persona. Ricordo una delle tante battaglie che svolgemmo a Coruscant: io ero a capo della guarnigione est, mentre lei dell’ovest. Ricordo con estrema precisione la sua ferocia in battaglia, sembrava una berserker del mio regno, ma non perdeva la ragione e la grazia. Una guerriera degna di tutte le ammirazioni. Ricordo che il giorno prima della battaglia, ero con lei nella sua tenda, parlammo molto dei nostri reciproci regni. Lei era la voivoda di Valacchia, io il principe di Asgard. Entrambi avevamo perso molto, e dunque ci capivamo a vicenda. Lei mi disse: “Molti pensano che io sia cattiva. Ho ucciso molta gente, e molti di coloro che non sono periti dai colpi della mia lama o delle mie zanne, hanno subito la pena dell’impalamento e dei poteri delle tenebre. Non volevo indossare una maschera di crudeltà, sono stati i venti del fato a costringermi. Se la gente vuole vedermi come un mostro, così sia, poiché per combattere un mostro, a volte, è necessario diventare mostri. Un sovrano saggio non cerca la guerra, ma deve essere sempre pronto ad affrontarla e a macchiarsi le mani per il bene del suo popolo”. In quel momento... capii di che pasta era fatta quella donna. Da allora la rispettai molto e la nostra amicizia così si concretizzò, e mi promisi di prendere anche il suo esempio qualora fossi salito al trono. >>
Fire sentì gli occhi farsi lucidi. Quella storia gli aveva lasciato un senso di commozione e rincoramento addosso: da un lato si sentiva ammirato, orgoglioso e fiero. L’ultima scoperta genitoriale in fondo non era stata delle più rosee, e avere la conferma che l’altro membro fosse in un certo senso “migliore” lo faceva stare meglio.
Dall’altro lato, si sentiva quasi impotente, non all’altezza. Come si poteva essere degni di qualcuno di così grande, così saggio, così generoso e in un certo senso, anche umile?
Si morse un labbro e spostò lo sguardo altrove. Quei pensieri gli avevano involontariamente riaperto una ferita nell’animo che ora lo pungolava.
<< Perché mi ha abbandonato in quell’orfanotrofio? >>
Non aveva guardato il dio negli occhi, nel porgergli quella domanda. Aveva fissato un punto impreciso accanto a sé, come ogni volta in cui non si sentiva padrone del proprio sguardo e dei propri sentimenti. L’oro dei suoi occhi ardeva lentamente disegnando qualche fiammella.
Al Tonante non era sfuggito quel microscopico cambiamento fisico e, prima di rispondere, si massaggiò il mento meditabondo.
Decise di non darvi troppo peso e si strinse nelle spalle. << Lada non era certo una donna capace di abbandonare qualcuno. Mai una sola volta abbandonò un compagno, figuriamoci un figlio. Aveva un cuore onesto e puro, e sono sicuro che ti ha voluto più di ogni altra cosa al mondo. Il perché ti lasciò in orfanotrofio purtroppo non lo so... forse, voleva qualcosa di diverso per te. O forse voleva tenerti lontano da qualcosa o qualcuno. Solo lei può rispondere a questa domanda, e l’ho conosciuta fin troppo bene per osare anche solo pensare all’egoismo. >>
Le fiammelle nello sguardo del giovane continuarono ad ardere inquiete, ma quando avvertì la presa delle dita del dio su entrambe le spalle e girò lo sguardo specchiandosi in quello del dio, parvero assopirsi.
<< Non dubitare mai e poi mai della nobiltà dei tuoi antenati, Baelfire Royston. Essi ti sorridono benevoli, e Lada il Drago veglia su di te... dal Valhalla. Perché è lì che si trova ora, ne sono certo. >>
Fire abbassò gli occhi di lato, mordendosi il labbro. << Vorrei esserne sicuro come te... >>
<< Se non riesci a credere a me, credi al tuo cuore >> replicò Thor << Mio padre una volta mi disse che i figli non sono mai lo specchio dei loro genitori. Siamo chi scegliamo di essere, siamo noi a scegliere le strade e i modelli che vogliamo seguire. Tu chi vorresti seguire? >>
Il ragazzo si chiuse in un silenzio di profonda riflessione, lo sguardo fisso in un punto impreciso. Dopo qualche istante, sbatté le palpebre e tornò a fissare il dio. << Logan... >>
<< Allora tu sei Baelfire Royston, figlio di Lord Logan, e nessun altro può sostituire questa inconfutabile verità. >>
Voleva che fosse così semplice. Credeva profondamente nel fatto che Logan fosse suo padre, e questo avrebbe dovuto essergli sufficiente e renderlo indifferente riguardo le persone che lo avevano generato e quello che avevano fatto nei suoi confronti.
Ma non era così. No, il suo maledetto egoismo non riusciva a farglielo bastare. Era intollerabile constatare come Shen avesse ragione.
“Non volevi scoprisse come fossi pronto a rimpiazzarlo, una volta scoperta la verità sui tuoi genitori naturali.”
“No!”
No. Mai e poi mai. Forse sì, era egoista, ma non lo sarebbe mai stato fino a quel punto. Non avrebbe mai potuto sostituire Logan con Vader e Lada, non avrebbe mai potuto escluderlo dalla sua vita. La sola idea era abominevole e lo ripugnava.
Sbatté le palpebre, cercando di tornare lucido. << Io… c’è un’ultima cosa che voglio sapere. Che fine ha fatto? Che cosa le è successo? >>
Thor ammutolì, poi prese un respiro profondo. << Un giorno partì, dicendo che voleva prendere la guerra nelle sue mani. Dopodiché… svanì senza lasciare traccia. Non seppi darmi pace. Per molto tempo l’ho cercata e non l’ho mai trovata. Sia io che il Dottore, rassegnati, abbiamo ipotizzato sia stata uccisa da qualcuno dei membri più potenti dell’Impero. Mi dispiace, ragazzo, mi dispiace davvero. >>
A quelle parole una morsa gelida e dolorosa strinse violentemente lo stomaco del giovane, mentre le lacrime gli annebbiavano gli occhi. Serrò il pugno libero, mentre fremiti in tutto il corpo lo invadevano e una familiare sensazione di formicolio avvolgeva gli angoli della sua mente, come una molla pronta a scattare. Strinse le palpebre con forza, cercando di dominarsi, ma, come quella primissima volta, fu tutto istinto, impossibile da frenare.
Sentendo addosso tutto il dolore della mancanza, della perdita, dell’abbandono, i suoi occhi acquisirono un bagliore verde così come il bicchiere tra le sue dita, esplodendo e frantumandosi in molteplici schegge di legno che scivolarono a terra, rovesciando il resto del liquido contenuto, e lo stesso accadde al boccale appoggiato altrove dal dio del tuono.
Una figura materna era un qualcosa che gli era sempre stata preclusa e sconosciuta, anche se crescendo con Logan, non ne aveva mai sentito l’effettiva mancanza. Fino ad allora.
Sapere dal Dottore che era stata lei a lasciarlo misteriosamente in quell’orfanotrofio e sentire i racconti di Thor su di lei… la faceva sentire più vicina di quanto non fosse mai stata. E faceva male. Faceva male sapere che era morta e non avrebbe mai potuto conoscerla. Non avrebbe mai potuto scoprire da solo quanto effettivamente si somigliassero, non avrebbe mai potuto volerle bene e sentirsi amato da lei, non avrebbe mai potuto capire perché avesse deciso di lasciarlo… e come avesse potuto innamorarsi di uno come Vader.
Thor inizialmente rimase spiazzato, non aspettandosi nulla del genere, ma riprese quasi immediatamente il controllo: non conosceva a fondo i poteri del giovane, pensava che quella fosse una normale manifestazione di essi provocata dal dolore e dalla rabbia scaturiti a sapere quella verità.
Ed era vero. Ma la verità nascosta al dio era che prima di scontrarsi con Vader, i poteri di Fire non avevano mai compreso quella che a tutti gli effetti era la Forza. Anche sapendo questo, un occhio sapiente avrebbe potuto faticare ad identificarla come tale, perché la Forza non aveva manifestazioni di energia colorata quando agiva. Eppure con il ragazzo succedeva.
Il dio del tuono gli poggiò nuovamente le mani sulle spalle e lo costrinse a guardarlo in volto.
<< Ascolta, ragazzo... >> prese un piccolo respiro << So cosa stai provando. Anch’io ho perso un genitore, anni or sono. Ma devi andare avanti, devi essere forte. Per lei, per te stesso, e per tutti coloro che contano su di te. >>
Fire si strinse nelle spalle e annuì. Sapeva anche lui che era la cosa giusta da fare, ed era ciò che avrebbe fatto, anche se avrebbe fatto un po’ male, sarebbe passata.
Tornò a guardare l’asgardiano dritto negli occhi.
<< Grazie, Thor. Grazie dal profondo del cuore. >>
 
                                                                                                                                    * * *
 
Il Maestro stava camminando nei laboratori situati al dodicesimo piano del palazzo imperiale, quando percepì la familiare sensazione di qualcuno che cercava di aprire una connessione mentale con lui.
L’uomo riconobbe all’istante l’identità di questa persona e acconsentì all’invito. << Ebbene? >>
<< Sono ancora molto giovani, ma penso che si riveleranno degli alleati utili alla nostra causa >> gli rispose la voce bassa e cavernosa di Grougaloragran.
In quanto capo delle sue spie, aveva concesso al mutaforma l’onore di creare una connessione mentale tra loro per poter inviare informazioni senza il rischio che fossero intercettate da parti indesiderate.
<< Mi fa piacere sentirlo >> disse il Maestro con un sorriso compiaciuto << E per quanto riguarda Xanxus? >>
<< Ha accettato il mio invito. Stiamo giusto andando a recuperarlo >> spiegò pazientemente il dragone.
Il Signore del Tempo ronzò soddisfatto. Poi, arricciò il volto in un’espressione molto più calma e professionale.
<< Ricorda, Grougal: il ragazzo è off limits. Uccidete tutti gli altri, non mi importa… ma lui lo voglio vivo >> ordinò con un tono che non ammetteva repliche.
Il capo delle spie imperiali non rispose, ma l’uomo poté chiaramente percepire il disgusto e la rabbia scaturite dall’idea di uccidere dei bambini.
Suo malgrado, il Maestro si ritrovò incapace di trattenere un sorriso. A volte i suoi seguaci potevano essere così prevedibili.
<< Dimmi, Grougal… ti penti mai del patto che hai fatto con me? >> chiese all’improvviso, suscitando un moto di sorpresa ad opera del mutaforma.
Questi rimase in silenzio per qualche istante. << Voi avete salvato il mio pianeta e la mia razza dalla distruzione, Maestro. Non potrei mai pentirmi di un simile accordo. >>
<< Eppure, l’idea di lavorare per me ti disgusta >> commentò l’altro con tono consapevole.
Grougaloragran sembrò esitare. << Mio Maestro, io… >>
<< Tranquillo, non ti sto rimproverando >> continuò rapidamente l’alieno << So di non essere un uomo facile da amare. E finché continuerai a fare il tuo lavoro… posso assicurarti che non avremo problemi. >>
Perché in fondo… cosa mai avrebbe potuto fare per minare il suo potere? Il Maestro non viveva certo nell’illusione che i suoi seguaci gli fossero fedeli. Perfino Vader, il suo più stretto alleato, non si sarebbe fatto scrupoli a cercare di sostituirlo nel momento esatto in cui avrebbe mostrato il minimo segno di debolezza. Ma questo non gli era mai davvero importato. Anzi, era un comportamento che aveva a lungo incoraggiato! Dopotutto, sarebbe stato piuttosto ipocrita agire diversamente… visto che al loro posto avrebbe fatto la stessa cosa.
E in fondo, cosa c’era di meglio dell’avere un gruppo di aspiranti traditori sempre a portata di mano… per tenersi all’erta?
<< Ti auguro una buona caccia, vecchio dragone. >>
E, detto questo, interruppe il collegamento mentale.
Gli ci vollero solo un paio di minuti per raggiungere l’area designata: una stanza preceduta da un paio di porte scorrevoli su cui spiccava la scritta “PERICOLO – SOLO PERSONALE AUTORIZZATO”.
Il Maestro attraversò l’entrata con passo disinvolto e si ritrovò all’interno di un laboratorio al cui centro spiccava una grossa gabbia completamente nera.
I vari scienziati che circondavano il contenitore si inchinarono all’istante, ma lui li ignorò e concentrò la sua più totale attenzione su ciò per cui era giunto fin qui. L’ultimo successo del suo reparto scientifico, ottenuto attraverso le stesse tecniche di ingegneria genetica che erano riuscite a creare l’Indominus Rex del Governatore Shen. L’arma biologica perfetta… un vero traguardo dell’industria bellica.
Il Maestro si avvicinò cautamente alla gabbia e ne picchiettò la superficie.
<< Sveglia, sveglia, piccolo mio >> sussurrò dolcemente << È arrivato il momento della tua entrata in scena. >>
In tutta risposta, ricevette un ringhio basso e gutturale.
 
                                                                                                                             * * * 
  
L'algoritmo di decodifica del Dottore aveva impiegato circa sedici ore per setacciare tutte le informazioni raccolte dall'archivio imperiale e separare quelle inerenti al TARDIS. Il termine dell'operazione venne rapidamente seguito dal sonoro riecheggiare di un allarme vagamente simile a quello di una sirena, abbastanza forte da richiamare l'attenzione di qualunque persona presente nei pressi del Falcon. Inutile dire che individui dall'udito particolarmente sensibile come Emil e Blake sopraggiunsero nella sala riunioni della nave con espressioni piuttosto scontente.
Il Dottore dovette fare del suo meglio per ignorarli e ostentare un atteggiamento disinteressato, mentre aspettava pazientemente l'arrivo del resto dei Time Warriors.
Una volta che la squadra fu al completo, sorrise soddisfatto e batté ambe le mani in un sonoro rintocco.
<< Bene, signori miei, è arrivato il momento di fare le valigie e prepararsi a partire >> enunciò a gran voce << Sembra che l'operazione di decriptazione sia finalmente finita. Qualcuno vuole suonare la trombetta della vittoria? >>
“Non prima che ci siamo procurati qualche chilo di cotton fioc” pensò irritata Blake massaggiandosi le orecchie da gatta. Per poco non le si era spaccato il timpano.
Fortunatamente per lei, Royal Noir intervenne per tagliare corto riguardo quella battuta.
 << Va’ al sodo >> dichiarò, le braccia incrociate e lo sguardo inquisitorio << Hai un piano, adesso che hai recuperato le tue coordinate? >>
Il Dottore rilasciò un sonoro sbuffo.
<< Guastafeste >> borbottò, mentre cominciava a digitare a gran velocità sul computer della nave << Allora, vediamo un po'… no… no… no… AH! Eccola qui! La locazione del TARDIS! >>
Strinse gli occhi e cominciò a leggere.
<< Uhmmmm… è parecchio lontano dal Centro Imperiale, nei pressi dell'Orlo Esterno. Settore 666… eh, suona promettente. Nome del pianeta... >>
Si bloccò di colpo e inspirò bruscamente. Gli occhi dell'uomo sembrarono strabuzzargli fuori dalle orbite, come se avesse appena visto un fantasma.
<< No… >>
I membri del piccolo equipaggio non poterono vedere l'espressione del Dottore, ma oramai erano tutti consapevoli di quanto gli piacesse parlare anche nelle situazioni più disparate. Quel silenzio innaturale non poteva appartenere al Signore del tempo che conoscevano.
 << Dottore.., dov'è la tua nave? >> domandò Ruby, alzando appena il collo per cercare di leggere quanto scritto sullo schermo, invano.
Anche per Thor era raro vedere il Dottore così scioccato, essendo abituato al suo atteggiamento esuberante e strambo.
Pensò d'istinto che fosse un qualcosa di terribilmente serio, così parlò: << Dottore, è strano da parte tua essere tanto preoccupato. C'è qualcosa che dovremmo... >>
<< Ma porco cane! >> sbottò Accelerator con un ringhio esasperato << Di’ dove si trova questa cazzo di navetta puffete puffete e facciamola finita! >>
Il Dottore si accasciò sulla sedia e si portò una mano davanti al volto. Sembrava stanco, più di quanto i vari membri dei Time Warriors lo avessero mai visto.
Dopo quasi un minuto buono di silenzio, prese un respiro profondo e...
<< Trenzalore >> sussurrò con evidente rassegnazione << Il Maestro ha portato Trenzalore a Battleground… e vi ha nascosto il mio TARDIS. È proprio da lui... >>
Angel osservò il volto del Signore del Tempo. << Ehm... che sarebbe esattamente questo Trenzalore? >>
Thor era da sempre rimasto col Dottore fin dall'inizio e non aveva mai sentito parlare di un simile luogo. E pensare che aveva conversato col vecchio Signore del Tempo per più di due decenni!
<< Per quello che ne sappiamo, mio buon compagno dai capelli rossi, potrebbe anche essere una cosa... forse una creatura. Dal Maestro ci si può aspettare di tutto... >>
Il Dottore si limitò a scrollare le spalle.
<< Oh, in realtà non è niente di speciale. Solo la mia tomba >> rispose impassibile.
<< COSA?! >> gridarono gli otto Cacciatori presenti al gran completo.
Gli altri presenti ammutolirono, confusi e ancora più perplessi di prima, per certi versi inquietati.
<< La tua tomba? >> domandò Fire, sbigottito << Ma che significa? >>
Il Signore del Tempo sospirò stancamente.
<< Vediamo, come posso spiegarvelo? >> borbottò più a se stesso che alla folla raccolta, gli occhi ora fissi in direzione del soffitto della nave << Tutti noi abbiamo una tomba che ci aspetta. È sempre lì, da qualche parte, nel nostro futuro… in attesa di essere riempita. >>
Detto questo, rivolse lo sguardo nei confronti della squadra di ribelli.
<< E Trenzalore… è la mia. Il luogo in cui verrò sepolto un giorno… il luogo dove morirò e riposerò per sempre. >>
Gli otto Cacciatori non poterono fare altro che boccheggiare.
Kirby, in particolare, si sentì mancare il respiro. Una volta, quando aveva forse dieci anni, dopo un allenamento il Dottore gli aveva detto di sapere dove avrebbe passato il suo riposo eterno, ma dal tono aveva pensato fosse uno scherzo.
A quella notizia Angel dilatò le palpebre. Non immaginava che quel pianeta avesse un simile significato per lui. E ora poteva capirne fin troppo bene la reazione.
<< Perciò… tutto questo quale limite comporta per lei? E per noi? >>
<< Mi è proibito mettervi piede, anzi, proibito è un termine riduttivo. Un Signore del Tempo che mette piede sulla propria tomba potrebbe causare increspature nel vortice del tempo capaci di rompere le barriere tra le dimensioni e causa catastrofi di ogni genere. Inoltre, potrebbe uccidermi prima del tempo >> aggiunse il Signore del Tempo con una scrollata di spalle, come se fosse un informazione di poco conto << In poche parole... non potrò recuperare il TARDIS di persona. Dovrete farlo voi per me. >>
Accelerator sbuffò sprezzante. << Non dovrebbe essere un problema trovare una cabina blu del telefono su una "tomba", ma ancora non ci hai detto che cos'è. È il tuo luogo di sepoltura predestinato, e fin qui va bene, ma più precisamente? È un pianeta? Una nazione? Una città? Il nome di un cimitero? E anche se trovassimo il tuo TARDIS... come potremmo riportarlo da te? Solo tu dovresti sapere come funziona quella trappola di ferro urlante. >>
<< È un pianeta >> rispose il Dottore << Un pianeta dove in futuro sarà combattuta una grande battaglia, O forse dovrei dire nel passato… chi può dirlo, di questi tempi? Comunque sia, darò a ciascuno di voi un comunicatore con cui potervi parlare dal Falcon. Una volta che troverete il TARDIS, vi guiderò passo per passo per permettervi di pilotarlo. >>
Ruby si morse nervosamente il labbro. << Dottore, abbiamo guadagnato parecchia attenzione con l'infiltrazione a Villa Skywalker. E se il Maestro avesse capito cosa stavi cercando? >>
<< Vero >> si unì James << per quello che ne sappiamo c'è già una flotta ad aspettarci. E qualcosa di peggio a terra. Thor non può semplicemente teletrasportarci accanto al TARDIS e darci così il tempo di riattivarlo? >>
<< Posso teletrasportarmi solo se conosco il luogo, tenente >> spiegò il dio del tuono << Conosco l’aspetto del TARDIS, ma l’ubicazione di Trenzalore è ignota, e perfino il Dottore ne sa poco. Non posso semplicemente usare i miei poteri, non stavolta. >>
<< Anche ne fossi stato capace, Ruby ha un punto >> intervenne Fire, cupo << Dieci a uno abbiamo il comitato di accoglienza ad attenderci, forse addirittura prima di sfiorare l'atmosfera del pianeta potrebbero saltarci addosso. Anzi, come facciamo a sapere che non siamo tracciati, in questo mentre, e che non ci stiano seguendo? >>
Weiss aveva un groppo in gola, questo era in parte ciò che temeva quando alla squadra era stato offerto di entrare nella Resistenza. Facendo un profondo sospiro, l'albina si ricompose e cercò di calmare i compagni con la sua amata fredda logica.
<< Per quel che ne so, la flotta imperiale è abbastanza lenta ad organizzarsi, specie quando devono riunirsi su un singolo pianeta. Se ci stanno seguendo, o anticipando, si tratterà di un equipaggio più o meno delle nostre dimensioni. Se qui c'è qualche strumento per scandagliare il pianeta possiamo trovare il TARDIS in fretta e poi è una questione di chi ha l'astronave più veloce. >>
<< Biancaneve ci ha preso >> confermò il Dottor con un cenno del capo << Il Maestro non si presenterà certo di persona. Nessun Signore del Tempo metterebbe mai piedi sulla tomba di un suo simile… e abbiamo già un bel vantaggio sull'esercito imperiale, quindi possiamo aspettarci al massimo una piccola squadriglia nemica. >>
Volse al gruppo uno sguardo significativo.
<< La vera domanda è… vi sentite pronti ad affrontare un'altra battaglia a meno di un giorno dall'ultima? >>>
<< Abbiamo altra scelta? >> domandò il Vigilante, trattenendo a stento un sospiro, per poi ricacciare immediatamente indietro ogni pensiero negativo ed esitazione.
Le due squadre di apprendisti Cacciatori si guardarono a vicenda prima di annuire.
<< Non ho avuto occasione di fare poi molto ieri, qui avrò modo di rimediare se necessario >> disse Emil, gonfiando il petto << E poi, se tutto va bene... sarà la nostra ultima lotta su Battleground. >>
<< Sempre ammesso che sarà davvero l’ultima >> intervenne Angel << C’è ancora molto di cui accertarsi. Quanto ci vorrà per arrivare su Trenzalore? E a parte il “comitato di benvenuto” che cosa dobbiamo aspettarci? Sarebbe meglio essere pronti a tutto. >>
<< In una normale strategia potrebbe funzionare >> rispose Accelerator << Ma nemmeno il Dottore sa bene che cosa troveremo laggiù. A questo giro, niente piani, niente stronzate... andiamo alla cieca. Pericoloso? Fottutamente pericoloso! Ma che dobbiamo farci, il broccolo ha ragione, non abbiamo scelta. >>
<< La vuoi piantare di chiamarmi così, brutto…! >>
<< Il ragazzo è rude, ma ha ragione >> replicò Thor, smorzando sul nascere il loro battibecco << Non è la prima volta che vado alla cieca in un assalto, sarà come una razzia. L’unica cosa che possiamo fare è armarci fino ai denti. Coraggio, campioni, ci attende un giorno di battaglia e di gloria! >
<< In vent'anni di battaglie in questa discarica dimensionale la gloria non l'ho mai vista manco con il telescopio >> borbottò il Dottore, per poi rilasciare un altro sospiro << Comunque sia, dovremmo raggiungere Trenzalore entro un paio d'ore, quindi vi invito a seguire il consiglio di Mr Muscolo e prepararvi per qualunque cosa troveremo laggiù. La riunione è aggiornata! >>
 
                                                                                                                             * * * 
 
Megatron attendeva pazientemente sul ponte d'imbarco della Nemesis, la nave Decepticon che per anni era stata simbolo di terrore nei cieli di un pianeta Terra molto diverso da ciò che il Maestro aveva trasformato nel suo parco giochi personale.
L'enorme mezzo da battaglia non aveva nulla da invidiare agli Star Destroyer classe Venator della flotta di Darth Vader. Lunga dieci chilometri dalla testa alla cosa, era dotata di un reattore di Energon che in caso di esplosione sarebbe stato capace di creare una singolarità abbastanza potente da distruggere un intero pianeta. A questa sua caratteristica peculiare si univano le centinaia di armi che anche senza il bisogno di una flotta sarebbero riuscite a cancellare completamente la vita di un mondo.
Sì, la Nemesis era certamente il fiore all'occhiello dell'esercito Decepticon, e Megatron si ritrovò a contemplarla con affetto. Erano anni che non vi metteva piede sopra, ma per certi versi era come se non fosse invecchiata di un giorno.
Alla sinistra del Signore della Guerra spiccava un cybertroniano argentato dal design molto più esile e minuto.
<< Ancora non capisco perché dovremmo collaborare con questi organici >> borbottò il suddetto con una voce graffiante e metallica << Perché non mi lasciate prendere il controllo della spedizione, Lord Megatron? Il leader di Cybertron non dovrebbe certo preoccuparsi di questioni umili come la caccia a dei semplici ribelli. >>
Al sentire quelle parole, Megatron si limitò a roteare gli occhi.
<< Non sapresti guidare i miei Decepticons nemmeno ad un picnic, Starscream >> rispose freddamente.
<< Mio signore, io ti ho sempre servito e riverito con la massima fedeltà >> ribatté Starscream con voce melensa, anche se internamente ribolliva << ma se la volontà di guidare una missione così dozzinale ti si confà così tanto... >>
Shatter, la Cacciatrice, si trovava loro vicino, e non poté fare a meno di rifilare un'occhiata disgustata al secondo in comando.
<< Attento a come ti rivolgi al tuo signore, mech. Vedi di dimostrare queste tue parole sul campo di battaglia. >>
<< Mi ritrofo a konkortare kon la noztra femme >> aggiunse una gelida voce con un marcato accento tedesco. Apparteneva ad un Decepticon dal telaio simile a quello di un X Wing imperiale completo di cannoni << Tutti zono prafi a parlare, ma il fero falore di un zoldato defe essere moztrato zul campo di batta-...>>
Prima che il robot potesse terminare la frase, ecco che la sua faccia dai lineamenti affilati venne sostituita da un volto molto più agguerrito.
<< BAZTA KON TUTTE CVEZTE CHIACCHERE! IO NON FOLEFO MANCO EZCHERE CVI! ZE NON PICCHIO SUBITO QUALCOZA POTREI… esprimere i miei sentimenti con una canzone! >>
A pronunciare quelle ultime parole fu un volto completamente diverso dai primi due. Era completamente nero, con un paio di occhi rossi come il sangue e una bocca dotata di denti affilati.
<< Uh, uh! Lord Megatron, pozzo tenermi le tezte degli organichi che ucciderò? Pozzo, POZZO? >>
<< Non disturbare il nostro signore con la tua follia, Blitzwing >> disse un Decepticon molto più grande rispetto agli altri, grande quasi quanto lo stesso Megatron << Se continui così, potrei prendere in considerazione l'idea di aggiungere la TUA di testa alla mia collezione personale. >>
<< Cessate questo infimo baccano tutti quanti! >> sbottò Starscream, velenoso << Non disonoriamo la nostra razza dinnanzi a quei miserabili organici. >>
Fu proprio in quel momento che l'inconfondibile figura di Soundwave si fece avanti.
<< Informazione: Lord Megatron, una navetta ha appena chiesto il permesso di atterrare. Devo concederglielo? >> chiese con la sua voce impassibile.
Magatron inarcò un sopracciglio meccanico. << Sembra che i nostri ospiti siano finalmente arrivati. Permesso accordato. >>
Dapprima le porte dell’angar si spalancarono. Pochi secondi dopo, una navetta dipinta di viola e verde atterrò proprio di fronte al gruppo di Decepticons.
Ne fuoriuscì un gruppo di persone vestite in maniera piuttosto bizzarra: un energumeno di almeno due metri, con una maschera da luchador a coprirgli il viso; un uomo molto magro e coperto con un cappuccio, la cui mano destra presentava un guanto con attaccate delle siringhe; un uomo vestito con un elegante abito verde e bombetta e un’avvenente donna bionda che stava al fianco del loro capo.
Quest’ultimo emise una lugubre risata: << Signori, siamo arrivati! È qui la festa? >>
Poi, il suo largo e rosso sorriso si spense, lasciando posto a un’espressione delusa: << Oh no... niente cibo, niente musica, niente ragazze... e nemmeno qualche sacrificio umano! Qui abbiamo bisogno di una ristrutturazione! Dove posso trovare qualche schiavo sottopagato da sgozzare in pubblica sede? Così almeno ravviviamo un po’ l’ambiente. >>
<< Modera i toni dinnanzi a Lord Megatron, umano >> sibilò Shatter, sdegnata, gli occhi rossi che brillavano << altrimenti, sul sacrificio umano potrei accontentarti. >>
<< Sei una gran maleducata, signorina >> rispose il Joker << Io cercavo solo di ravvivare questo mortorio! >> e detto questo si accomodò tranquillo e si stiracchiò: << Allora, Meg, questa grossa nave ha qualcosa per ospitare i miei ragazzi? Sarà un lungo viaggio. >>
<< Comincio a stancarmi di queste recite... >> sospirò Bane << Non dobbiamo riposare, ma organizzare un piano insieme a Lord Megatron. >>
<< Piani, piani! Che noioso che sei, Bane! Se tu non fossi grosso come la mia prozia Louise, ti avrei già gettato nel gorgo di Battleground. Ti sembro uno che fa piani? >> fece il clown, emettendo un’altra risata.
Bane emise un ringhio soffocato e borbottò: << Ringraziamo il Maestro di essere qui e di essere tanto potente... se fossi io il capo, a quest’ora... >>
Si scrocchiò le nocche e si voltò, incontrando lo strano sguardo comprensivo di Starscream.
Megatron sbatté violentemente un piede contro il pavimento della Nemesis, generando un clangore abbastanza forte da zittire ogni ulteriore battibecco.
<< Silenzio! Non vi ho riuniti qui per litigare come spumanti appena usciti dal bozzolo >> ringhiò freddamente.
In quel momento, una spia rossa cominciò a lampeggiare sullo schermo che Soundwave aveva per volto.
<< Informazione: Lord Megatron, nuove forme di vita rilevate al di fuori della Nemesi. Chiedono il permesso di... >>
<< Sì, sì, concesso >> ribatté l'altro in tono sprezzante.
Dopo aver ricevuto il permesso di atterrare, anche Grougaloragran si posò sulla superficie metallica di Cybertron, accompagnato da un totale di cinque bolle azzurre.
<< Lord Megatron, Grougaloragran spera di non avervi fatto aspettare >> disse il possente rettile, abbassando il capo dinnanzi al re dei Cybertroniani.
Cercò di ignorare la presenza del Joker, almeno per il momento: c'era poco mistero sul fatto che, nel circolo del Maestro, Grougaloragran apprezzasse ben poco l'idea di tale folle a gestire il mondo criminale di Battleground.
I quattro Cacciatori accompagnanti il drago si inchinarono a propria volta, mentre Xanxus si limitò a pulirsi i pantaloni griffati e guardarsi attorno.
<< Lockdown è ancora in giro, per caso? >> domandò con un ghigno << Abbiamo un conticino in sospeso. >>
<< Sfortunatamente, Lockdown ha trovato la morte per mano di Thor meno di un ciclo stellare fa >> rispose Megatron, gli occhi appena illuminati al ricordo dei resti fumanti di uno dei suoi migliori combattenti e alleati << Ma avremo sicuramente modo di vendicarlo durante questo missione. Ho saputo che il Tonante sarà parte dei nostri bersagli. >>
Mercury, appena rialzatosi, sentì il desiderio di farsela addosso. Tra tutti i membri della Resistenza era l'ultimo che avrebbe voluto affrontare, assumendo che anche solo metà dei racconti di chi lo aveva affrontato fossero veri. E conoscendo Cinder, la donna avrebbe sicuramente dato carte false per partecipare alla sua morte e consegnare di persona Mjolnir a Loki o addirittura al Maestro, assumendo non trovasse un modo per tenerselo. 
Grougaloragran, assunta la forma umana, si fece avanti. << La presenza dell'uccisore di giganti sarà senza alcun dubbio un grande problema, ma non insormontabile. Se a nessuno di voi dispiace, sarà Grugaloragran a tenerlo impegnato. >>
<< Ho sentito parlare di questo Thor >> disse Bane << Un avversario che solo qualcuno come te potrebbe affrontare. Io mi accontento di spezzare quel gruppetto di... >>
<< A proposito di loro! >> lo interruppe Joker << Mi prenoto per la squadra del puffo rosa! È da quando ho ucciso il suo paparino che non vedo l’ora di incontrarlo. >>
<< È quello che stavo per dire... >> sospirò Bane << Voglio occuparmi di quell’Heller. Ho letto la sua cartella militare, e sembra certamente un degno avversario. >>
<< Blablabla, che noia! >> esclamò Harley Quinn.
<< Siete solo degli energumeni senza cervello. >>
A parlare fu l’uomo in verde, Edward Nygma… aka l’Enigmista. Uno psicopatico ben noto nel mondo criminale per la sua tendenza a sfidare le proprie vittime con indovinelli e giochi particolarmente difficili da risolvere.
<< Parlate solo di forza bruta, non sapete fare altro! Qui ci vuole qualcosa di portata più... intellettuale. Affrontare quel gruppo insieme è praticamente un suicidio, perfino con tutta la nostra forza. Indovinello... cosa dicevano i romani in questi casi? Non lo sa nessuno, ovviamente... dicevano divide et impera! Tutto chiaro? >>
<< AZPETTA… MI HAI APENA TATO DELLO ZTUPITO?! >> esclamò Blitzwing, con il suo volto agguerrito << IO TI… Bzzzzzz… Perdonate Hot Head, tra tutte le mie perzonalità è la più permaloza. Comunque zia, l’amiko organiko ha un punto. Con tutti cvezti avverzari zarà necezzario dividere il gruppo per ridurre le loro forze. >>
<< Per una volta concordo con la marmellata mista >> ringhiò il Decepticon più grosso << Prima regola della caccia: separare la preda dal resto del branco. >>
<< E così faremo, Berserker >> confermò Megatron con un cenno del capo, per poi volgere la la propria attenzione nei confronti di Grougaloragran << Non ho alcun problema a concederti la possibilità di affrontare il dio del tuono. Tuttavia, egli ha recato una grave offesa alla mia fazione… e per questo merito anch'io il diritto di porre fine alla sua vita. >>
<< Mi assicurerò che respiri ancora quando lo porterò al vostro cospetto >> lo rassicurò il drago.
<< Se posso chiedere, avete già una mappa della zona su cui i ribelli atterreranno? >> domandò Cinder.
<< Naturalmente >> intervenne Starscream, incrociandole le braccia metalliche dietro la schiena, e proseguì suo malgrado solo al cenno del suo superiore << Si materializzeranno a non più di due chilometri dal TARDIS. Quel maledetto pianeta è disseminato di rocce e crepacci, non potranno fare altrimenti. In prospettiva, questo ci fornirà il vantaggio per imboscate e trappole ben organizzate, anche se dovremo fare molta attenzione a non lasciar trapelare la posizione precisa del congegno. Il Maestro è stato categorico su questo punto. >>
<< Il vero quesito adesso è come separarli >> affermò Spaventapasseri << Non sarà facile, cercheranno di rimanere uniti e a portata di comunicatori. >>
A quella domanda, Megatron sorrise ferocemente.
<< Di questo non avete di che preoccuparvi. Non è la prima volta che il qui presente Soundwave si occupa di certe operazioni >> disse indicando il Decepticon in questione << Un impulso EMP sarà sufficiente a friggere ogni loro dispositivo di comunicazione a distanza. Si ritroveranno completamente allo sbaraglio, disorganizzati e costretti a improvvisare. >>
<< Ecco, questo è usare il cervello! >> esclamò l'Enigmista << Metterò a disposizione i miei droni per causare più scompiglio, non si aspetteranno di cadere in una trappola. Chiedo il permesso a Lord Megatron di usufruire della tecnologia cybertroniana per potenziare i miei macchinari ed enigmi. >>
<< Ottimo lavoro, Megan! >> commentò Joker, esibendosi in una risata strozzata << Prepareremo per loro una sorpresa coi fiocchi, non vedo l'ora! >>
<< Oh, adoro dividere i Cacciatori. Con quella mentalità da branco che si ritrovano, vederli agitarsi come galline senza testa è una gioia >> aggiunse Xanxus con tono sadico.
Poco lontano, Adam non poté che annuire concorde.
<< Ebbene, abbiamo passato in rassegna i Cacciatori e il dio del tuono >> osservò Shatter << Chi altro sarà presente e chi di noi avrà il compito di occuparsene? >>
<< Informazione: il Maestro ci ha riferito che il Dottore sarà costretto a rimanere in orbita attorno al pianeta >> spiegò pazientemente Soundwave << Inoltre, la squadra di ribelli coinvolgerà l'esper Level 5 noto come Accelerator, il Vigilante Mascherato di Gongmen Royal Noir e il soleano blu Angel Arthur Hikaru. >>
<< Acc-chi? Che? >> chiese Harley Quinn.
Nygma si portò una mano sul viso, esasperato: << Accelerator, il più potente fra gli esper di livello 5, uno di quei “sette più importanti” che il Maestro ha epurato, razza di idiota. >>
<< Hey! Solo il mio puddin' può... >>
<< Oh, chiudi il becco da cornacchia e usalo per quando siamo da soli io e te, Harley! >> sbottò Joker << Abbiamo appurato che Riccioli d'Oro lo terranno impegnato Meg e Greg, così come noi ci occuperemo del gruppo di Kirby Knight. Il problema rimanente sono quei tre mocciosi. Chi si occuperà di loro? >>
<< I miei Decepticons se la vedranno con il soleano >> lo informò Megatron << Per quanto riguarda Accelerator… sappiate solo che Soundwave è più che preparato per gestirlo. >>
<< A questo punto rimaniamo noi. Non sarà un problema >> rispose confidente Cinder con un sorriso che ben rifletteva il suo stato d'animo << A livello di potere, questo Royal Noir sarà al massimo un esper di livello 3 o 4. Siamo più che preparati per affrontarlo. >>
<< Apprezzo la tua sete di sangue, ragazza >> disse Megatron con un sorriso appena accennato << Tuttavia… il Maestro ci ha già inviato qualcuno di specifico per occuparsi del Vigilante Mascherato. >>
Quasi come ad un segnale, le porte dell'hangar d'imbarco si spalancarono una terza volta. Questa volta, ad attraversarle fu un piccolo cybertroniano dalla statura molto simile a quella di un umano. Segno distintivo era sicuramente la cresta di filamenti luminosi che gli adornava la testa.
Dietro di lui spiccava una sorta di container metallico da cui sembravano provenire versi di natura apparentemente animale.
<< Ve lo dico subito, la prossima volta non disturbatevi nemmeno a considerarmi >> borbottò il mech << perché col cavolo che mi avvicinerò ancora a quell'affare! >>
E, detto, questo, indicò la cassa alle sue spalle con un dito tremante.
<< Uuuuuuuuuuh, io sono un fan delle sorprese! >> esclamò Joker << Ma non posso resistere! Che cos'è? Un gorilla? Un orso? Un leone? Shen in perizoma? >>
Megatron si limitò a fissare il mini-con.
<< Mohawk… rilascia pure il nostro ospite >> ordinò freddamente.
Il piccolo Decepticon annuì esitante… e poi aprì le sbarre della gabbia. Appena un secondo dopo, una sfocatura nera si lanciò in avanti e atterrò proprio di fronte ad Emerald.
La ragazza si ritrovò a fissare in un paio di pupille rosse come il sangue stesso. Ed essi appartenevano alla creatura più terrificante su cui avesse mai posato gli occhi.
Sembrava un rettile, a giudicare dal corpo squamoso color pece. Poggiava su quattro robuste zampe artigliate e aveva il volto contratto in un ghigno raccapricciante.
La creatura inclinò leggermente la testa e si porse leggermente in avanti, rilasciato un ringhio gutturale.
Se il suo aspetto era già una mostruosità, la sua Aura era ancora peggio. Emerald era il membro della sua squadra con le abilità extrasensoriali più sviluppate e si ritrovò spinta da un vortice di potere nella sua forma più pura e selvaggia, per certi versi simile a quello di Salem e Grugaloragran stessi.
<< Ma cosa...? >>
<< Per Unicron! >> sibilò Starscream, ponendo le dita artigliate in avanti in una posizione di difesa << Cos'è questa nuova diavoleria!? >>
Megatron si limitò a sorridere.
<< Vi presento l'Indoraptor. L'ultimo esperimento del Maestro… e colui che darà la caccia a Royal Noir. >>
 
                                                                                                                          * * * 
 
Trenzalore, il pianeta che in un altro tempo era (o sarebbe) stato la tomba dell'uomo conosciuto come il Dottore, orbitava attorno ad una cintura di asteroidi nella fascia più esterna della galassia di Battleground.
Tra tutti i mondi di ciò che restava del multiverso, era sicuramente il più lontano e sperduto dal centro imperiale, sconosciuto praticamente a tutti.
<< In bocca al lupo, ragazzi. Se vi servisse aiuto cercherò di scendere >> disse Ruby, al momento seduta davanti alla console del Falcon, di fianco al Dottore.
Era stato deciso che almeno un membro del gruppo sarebbe rimasto col Signore del Tempo nel caso avessero attaccato direttamente la nave, e lei era stata sorteggiata. Al loro fianco, appollaiato lungo la sedia della Cacciatrice, c’era anche Rowlet il barbagianni: anche lui sarebbe rimasto con loro, poiché il padroncino riteneva troppo pericoloso portarlo giù con sé. Li fissò con i suoi occhioni e lanciò loro un augurio di buona fortuna.
<< State attenti, amici! E tornate presto! >>
Senza altre parole, i Time Warriors si congedarono.
Un fulmine si materializzò sulla superficie del pianeta, e da esso fuoriuscì il gruppo, guidato dall'imponente figura di Thor.
<< State bene? La prima volta può essere un'esperienza piuttosto spiacevole. >>
Era legittimo che l’asgardiano lo domandasse, dopotutto Royal Noir e Accelerator erano stati gli unici dei presenti ad aver sperimentato un simile metodo di viaggio.
<< Oh, nessun problema. Ho partecipato a gare di bevute di gran lunga peggiori >> scherzò Yang, mentre guardava quanto rimasto di quel misterioso pianeta.
<< Per quanto mi riguarda, è mille volte meglio del teletrasporto fatto col Dottore >> rispose Angel con una smorfia.
Blue apparve dietro di lui e scoppiò a ridere. << Mi ricordo l’esperienza in questione. A momenti te la facevi addosso. >>
Il rosso lo guardò di sottecchi << Non è vero. Ero in forma perfetta! >>
<< Ma se eri ad un passo dal vomitare! >> esclamò il drago, ridendosela di gusto.
L’adolescente roteò gli occhi. << A volte mi chiedo davvero come faccio a sopportarti… >>
In quel momento, la voce del Dottore riecheggiò nei loro auricolari.
<< Va bene, secondo le firme raccolte dal mio cacciavite sonico… il TARDIS dovrebbe trovarsi entro un'area di appena un chilometro davanti a voi. Purtroppo non posso dirvi altro, ci sono troppe interferenze temporali. Mi raccomando, non allontanatevi dall'epicentro, i rilevamenti del Falcon dicono che il suolo attorno all'area è un vero e proprio campo minato di crepacci. >>
<< Non mi dire >> borbottò Royal Noir, poi si guardò intorno << Quasi la metà di noi qui può volare, forse in questo modo possiamo raggiungerlo più in fretta, ammesso che non ci aspettino brutte sorprese... >>
<< Sicuramente sarà così >> replicò Accelerator << Il Dottore ha detto che questa è una fottuta tomba, e se qui c’è il TARDIS… be', il Maestro avrà sicuramente preso contromisure aeree. >>
<< Allora viaggeremo a terra rimanendo uniti. Team WBY, JEKP, in formazione >> ordinò James, sfoderando i propri artigli scarlatti.
Angel si guardò intorno e poi si rivolse a Blue: << Riesci a vedere il Tardis? >>
Il drago osservò il posto in cui si trovavano e scosse energicamente la testa. << No. Credo che le interferenze citate prima dal Dottore influiscano anche sulla vista di noi spiriti. Mi spiace non potervi essere d’aiuto. >>
<< Di bene in meglio >> borbottò il rosso.
I rimanenti Time Warriors si sistemarono in formazione compatta al centro dei due team di Cacciatori, e così tutti insieme iniziarono a marciare: Thor era alla testa di tutti, come guida. Rimanevano vicini, non osando allontanarsi nemmeno di un millimetro, dal momento che non potevano permettersi di smarrire la via né di separarsi, non in un pianeta sconosciuto come quello.
Era uno dei luoghi più tenebrosi mai visti: un sottile strato di nebbia accarezzava le loro caviglie, e tutto intorno vi erano solo tombe, lapidi, statue religiose e mausolei. Ognuna di quelle lastre di pietra recava un nome diverso, esattamente come una sorta di cimitero.
Accelerator sentì un piccolo rumore e girò di scatto la testa. Gli parve di vedere un'ombra guizzare, ma lì c'erano solo tombe. Tombe e statue.
<< Ragazzi… penso che non siamo soli >> sussurrò freddamente.
Emil e Blake avevano avvertito quel movimento appena un secondo prima di lui e fecero per muovere le armi nella direzione indicata dall'albino… ma furono distratti da un rumore improvviso, simile ad un ronzio.
Il fauno lupo rivolse gli occhi nella direzione di quel suono bizzarro.
<< Oh, cazzo... >>
Nel sentire l'imprecazione di Emil, tutti i Time Warriors alzarono lo sguardo e videro quello che sembrava uno sparuto trio di aerei e - cosa più impressionante - un enorme drago marrone che puntava direttamente su di loro.
Vennero presto affiancati da un cospicuo numero di navicelle: droni costruiti con tecnologia cybertroniana e comandati a distanza. Da essi fuoriuscì una voce acuta e inquietante al tempo stesso.
<< Ti affanni per non perdermi, quando sono perduto ti affanni per riguadagnarmi. Che cosa sono? >>
L’Enigmista non diede nemmeno loro il tempo di rispondere.
<< Il tempo, ovviamente, mie care menti inferiori. Tempo che ormai, per voi… è scaduto! Ironico come morirete tutti in un cimitero! >>
E in quel momento, i droni, presto imitati dagli aerei e dal dragone... fecero fuoco.



Boom!
Questa sarà una delle battaglie più dure affrontate dai protagonisti, quindi preparatevi mentalmente.
Per coloro che seguono Doctor Who, non preoccupatevi, la ragione per cui Trenzalore esiste ancora nonostante il finale dell'ottava stagione verrà spiegata. Inoltre, abbiamo voluto rimarcare il fatto che un Signore del Tempo rischia molto a visitare la sua tomba, cosa che nella serie era stato troppo poco accennato. 
E anche l'Indoraptor di Jurassic World 2 fa la sua comparsa... e proprio come l'Indominus non sarà un semplice dinosauro geneticamente modificato.
Per il prossimo capitolo... botte!

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Capitolo 33
*** Capitolo 29 - La Battaglia di Trenzalore: Parte 1 ***


Ed ecco la prima parte di uno degli eventi più significativi della storia! Credeteci, è stato davvero difficile amalgamare tutti questi personaggi in una battaglia, ma tutto sommato pensiamo di aver fatto un buon lavoro. 
Vi auguriamo una buona lettura!


Capitolo 29 - La Battaglia di Trenzalore: Parte 1


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Quando Ruby aveva accettato di aiutare il Dottore a pattugliare l’orbita del pianeta, non avrebbe mai immaginato che sarebbe stato così… noioso.
Ma in fondo si sarebbe dovuta sentire grata della mancanza di potenziali minacce alla nave. Dopotutto, nemmeno lei avrebbe voluto combattere in solitaria un’intera flotta imperiale. Era coraggiosa, certo, ma non stupida: nessun Cacciatore sano di mente sarebbe mai stato così avventato da combattere anche solo uno Star Destroyer con una nave cargo come il Millennium Falcon. Tuttavia, questa consapevolezza non rendeva la situazione meno opprimente.
La ragazza gemette e si accasciò sonoramente sul sedile del velivolo, mentre Rowlet sonnecchiava placidamente accanto a lei. Poco distante, il Dottore era apparentemente impegnato a giocherellare con il suo cacciavite sonico.
Delusa, la Cacciatrice fece per chiudere gli occhi… ma ecco che un sonoro brusio riecheggiò per tutta la lunghezza della nave, facendola sobbalzare e svegliando il suo compagno alato.
Il Dottore si drizzò di scatto e aggrottò la fronte. << Ma che… >>
Prima che la Cacciatrice potesse chiedere chiarimenti, l’uomo si lanciò subito verso la cabina di guida e cominciò ad armeggiare con i controlli. Dopo qualche minuto speso ad analizzare ogni pulsante o bobina, si passò una mano tra i capelli.
<< Questo non promette affatto bene >> borbottò con un cipiglio.
Ruby e Rowlet si lanciarono occhiate preoccupate.
<< Che cosa intendi? >> domandò la mietitrice << Che è successo? >>
<< Ho perso le comunicazioni con la squadra >> disse il Signore del Tempo, mentre tirava un calcio al pannello del Falcon.
Ruby sentì il cuore affondare. << Pensi che siano nei guai? >>
<< Possibile… ma che sto dicendo? Sicuramente è così >> sospirò il Dottore, per poi chinarsi sotto i controlli << Fammi vedere se riesco a recuperare il segnale. >>
Guardando di lato, la Cacciatrice vide che Rowlet aveva gonfiato le piume in allarme e si affrettò subito ad accarezzargli le piume, nel tentativo di calmarlo.
<< Tranquillo, Rowlet, sono sicuro che Fire sta ben-… >>
Si fermò di colpo e puntò lo sguardo verso il vetro della cabina di pilotaggio. Era sicura di aver visto un’ombra multicolore schizzare di fronte al muso della nave. Rimase completamente immobile, gli occhi fissi in direzione dello spazio che si stagliava al di là della cabina. Fu allora che notò un puntino grigio che stava volando a tutta velocità verso di loro.
<< Ehm… Dottore >> balbettò, attirando l’attenzione del Signore del Tempo << Che cosa, in nome di Salem… è quello?! >>
L’alieno inarcò un sopracciglio e si alzò in fretta e furia da sotto il pannello di controllo, girandosi verso la direzione in cui Ruby guardava, e allora sentì un freddo brivido attraversargli la spina dorsale.
<< Oh, no >> sussurrò, mentre un aereo da battaglia cybertroniano si fermava proprio di fronte al muso del Falcon.
Il velivolo rimase sospeso nel vuoto per qualche secondo, prima di assumere la forma di un robot dalla figura snella e dai perfidi occhi color sangue. Sorrise malignamente in direzione del trio e puntò contro di loro le braccia, sopra cui spiccavano una coppia di missili.
<< Salve… locuste! >>
 
                                                                                                                               * * *
 
Il mondo divenne un riecheggiare di colpi d’arma da fuoco, e Angel si ritrovò separato dagli altri. I droni non cessavano di bersagliarlo con le loro raffiche, allontanandolo sempre di più dal punto d’impatto e costringendolo sulla difensiva. Infine, stanco di continuare a schivare, decise di passare al contrattacco.
Prese un lungo respiro e scagliò un potente fulmine dalle mani, friggendo tutte la macchine che lo circondavano e guadagnandosi un attimo di respiro.
<< Stai bene? >> gli chiese Blue, preoccupato.
Angel si limitò ad annuire per poi guardarsi intorno. La potenza dell’esplosione lo aveva catapultato in una zona montuosa piena di rovine. Ora, la prima cosa che doveva fare era cercare di riunirsi con gli altri. Tentò di percepirli con l’Haki, estendendo la sua osservazione per diversi chilometri, ma presto si rese conto che nella zona vi erano troppi bersagli in movimento.
<< Maledizione >> borbottò, incapace di distinguere i nemici dai suoi alleati.
<< Angel, non vorrei metterti fretta >> fece Blue  << ma al momento abbiamo altre preoccupazioni. >>
Il Time Warrior girò la testa e si ritrovò a fissare dritto in un paio di occhi color sangue.
<< Quindi sarebbe lui il famoso soleano? Lo credevo più grosso >> commentò Berserker, il volto accigliato da un’espressione visibilmente delusa.
<< Informazione: ricorda che la sua specie è in grado di modificare le sue apparenze per mimetizzarsi >> ribatté Soundwave, atterrando affianco al compagno Decepticon.
Fu presto seguito da Shatter, la cui mano destra venne prontamente sostituita da una lama metallica. << Sono sicura che Shockwave si divertirà a dissezionarlo >> commentò, lanciando all’adolescente un sorriso appena accennato.
Angel fissò incredulo i suoi avversari. Decepticon. Non ne aveva mai visto uno prima di quel giorno… e ora ne aveva ben tre davanti.
<< Sono sorpreso >> ammise il rosso, cercando di assumere un atteggiamento disinvolto << Ho fantasticato spesso sulla possibilità di incontrare la vostra razza. Ma vi immaginavo un po’ diversi. >>
Berserker scoppiò in una risata graffiante. << Credimi, ragazzino. Ogni cosa che hai sentito su di noi… è assolutamente vera! >>
Detto questo, il mech scattò in avanti e gli assestò un calcio. Angel fu scagliato all’indietro, finendo contro ciò che restava di una parete rocciosa. L’impatto proiettò una nuvola di polveri e detriti verso l’alto, a cui seguì un cupo silenzio. Non si sentì nulla, solo il vento soffiare per quella landa.
Berserker inarcò un sopracciglio metallico. << È stato davvero così facile? >> borbottò incredulo.
Anche Shatter parve delusa. << E questo sarebbe un Soleano? Il grande Megatron ci ha scomodato per un avversario del genere? >>
<< Avviso: non sottovalutate l’avversario >> li avvertì Soundwave, impassibile << Ho analizzato la registrazione dell’attacco, e sembra che si sia lasciato colpire di sua iniziativa. >>
<< Aspetta… stai dicendo che un debole organico si è fatto colpire apposta? Deve essere più pazzo di quanto pensassi >> fece Berserker, visibilmente divertito.
<< Possiamo dire di sì >> disse una voce familiare, mettendo subito il trio in allerta.
Una saetta partì dalle rovine e puntò dritta verso di loro. Soundwave fu rapido a piazzarsi di fronte ai suoi compagni e intercettò il colpo con una delle sue lame, mentre la figura del rosso camminava oltre la nube di detriti. Ora sfoggiava un lungo taglio sulla fronte e numerosi lividi sparsi nelle parti scoperte del corpo… ma sembrava più che capace di combattere.
<< Sei stato sconsiderato, lo sai? >> commentò Blue da dietro di lui, per poi lanciargli la sua lancia.
<< Volevo solo capire quanto fossero forti >> disse il ragazzo, afferrandola al volo << Spero che quello non fosse il tuo massimo… o potrei restarci male. >>
Gli occhi di Berserker si assottigliarono. << Parole grosse, per un sacco di carne! >>
Senza perdere altro tempo, il Decepticon si lanciò furioso verso Angel, e questi fece lo stesso. Shatter si preparò ad unirsi alla mischia, ma ecco che Soundwave le posò una mano sulla spalla, intimandole di fermarsi.
<< Informazione: quando Berserker combatte non fa distinzione tra nemici ed alleati. Meglio essere a debita distanza da lui >> spiegò con la sua voce calma e robotica.
Berserker caricò furioso il suo avversario, calando un poderoso gancio destro. Angel fece altrettanto, lanciandogli un montante avvolto dall’Haki dell’armatura. Lo scontro tra i due pugni generò un forte spostamento d’aria ed entrambi gli avversari vennero spinti all’indietro. 
Angel si controllò la mano e notò che le nocche gli si erano sbucciate. Nessun problema… aveva sopportato di peggio.
Berserker si accorse che sull’appendice metallica era ben visibile il segno del pugno avversario. Tornò a fissare il soleano, e i suoi occhi rossi si fecero più luminosi.
<< Consideri un disonore che ti abbia lasciato un segno? Be', per me lo è non sapere il nome di chi sto combattendo >> disse Angel, fissandolo severo.
La rabbia del Decepticon continuò a crescere. Quel pezzo di carne lo stava deridendo? Che ne poteva sapere lui di disonore!? Tuttavia, aveva ragione su un punto.
<< Io sono Berserker, fedele soldato di Cybertron e tra i più fidati del sommo Megatron >> ringhiò attraverso le appendici metalliche.
Angel sorrise soddisfatto e spostò lo sguardo verso gli altri due avversari.
<< Non mi aspettavo un simile rispetto di etichetta da parte di un organico, ma meriti una risposta. Sono Shatter, fedele di Megatron >> disse l’unica femme del gruppo, rimanendo immobile.
<< Presentazione: sono Soundwave, informatore del grande e potente Megatron >> si presentò l’altro.
<< Molto lieto >> disse Angel, mentre il suo aspetto iniziava a mutare nella sua forma soleana << Di sicuro sapete chi sono, ma permettetemi di presentarmi a dovere. Sono Angel Arthur Hikaru… Calak’ant blu e membro della Resistenza. >>
L’adolescente fissò il suo primo avversario con uno sguardo fermo, mentre impugnava saldamente la sua fedele lancia.
Ma prima di attaccare, offrì loro un piccolo sorriso. << E quello dietro voi due è il mio amico Blue. >>
Soundwave e Shatter si allertarono di colpo. Ebbero appena il tempo di voltarsi, proprio mentre venivano colpiti da una potente zampata. 
<< Molto piacere, ragazzi. Facciamo a botte! >> ruggì Blue, scagliandosi verso di loro.
Berserker strabuzzò gli e fissò il giovane avversario con rinnovata furia. << Osi prenderti gioco di noi?! >>
Con un ringhio metallico gli si scagliò contro, e il rosso riuscì a schivare l’attacco per un pelo.
<< Tre contro uno ti pare onorevole? Ho solo bilanciato le cose >> gli rispose lui, per poi colpirlo al petto con un calcio rivestito di Haki.
Berserker indietreggiò di diversi metri e rimase senza parole. A parte Thor e Vader, non avrebbe mai immaginato potesse esistere un altro organico in grado di tenergli testa fisicamente.
“Qualcosa che rettificherò all’istante” pensò con sadico piacere.
Sfoderò i suoi cannoni posteriori, ma ecco che Angel gli si parò davanti, tagliandoli con un colpo netto della sua lancia. Berserker saltò all’indietro. Il solo contatto con quell’arma gli aveva causato un forte senso di oppressione, qualcosa che nemmeno un incrociatore imperiale in pieno assetto da combattimento era mai riuscito a fargli provare. Che razza di preda stava combattendo?
Non ebbe modo di porsi altre domande, perché venne investito in pieno da un potente getto d’acqua. Angel lo osservò con sguardo gelido, completamente preso dalla battaglia. Fardelli e dubbi non esistevano più, sostituiti dal desiderio di combattere questa minaccia.
 << Ora sì che si comincia a ragionare! >> urlò Berserker, sfoderando le sue armi da taglio.
Il rosso lo accolse a braccia aperte serrando la presa su Gae Bolg e iniziando uno scambio di colpi. Angel indietreggiò sotto la potenza di ogni assalto. Doveva dargli credito, aveva una forza decisamente fuori dal comune, capace perfino di contrastare il suo Haki. Non poteva prenderlo alla leggera.
Fece scattare la lancia in avanti, ma ecco che il cybertroniano deviò l’affondo con una delle sue lame, mentre con l’altra puntava dritto al fianco dell’avversario. Il soleano reagì d’istinto e balzò di lato, ma la punta dell’arma riuscì comunque infliggergli un taglio superficiale.
L’adolescente schioccò la lingua. Non solo il suo avversario poteva picchiare duro, ma era anche un ottimo spadaccino. Ebbe appena il tempo di elaborare quel pensiero e sollevò di scattò la lancia, parando un altro attacco.
<< Coraggio, ragazzo, non abbiamo ancora finito! >> ringhiò Berserker, gli occhi rossi adornati da un luccichio famelico << Fammi divertire ancora di più! >>
Mentre i clangori della lotta riecheggiarono per le rovine, lo scontro tra Soundwave, Shatter e Blue procedeva con violenza.
La femme evitò agilmente i tentativi della bestia di agguantarla e infilzò una delle sue zampe, facendolo ruggire di dolore. Non era stata fornita alcuna informazione sulla presenza di un drago all’interno del gruppo… ma non aveva alcuna importanza. Era solo un altro avversario da abbattere. Con questo pensiero, sfoderò il suo cannone e fece fuoco. Blue sorrise arcigno, e questa volta le armi si limitarono ad attraversarlo, sorprendendo la Decepticon.
Soundwave si alzò subito in volo e lanciò una potente onda sonica verso la creatura. Anche questa volta, però, Blue sembrò del tutto inalterato dall’attacco.
<< Avete fatto qualcosa, lattine ambulanti? >> chiese con tono derisorio.
Soundwave inclinò la testa di lato, curioso. Nessuna creatura vivente era mai uscita indenne dalle sue onde soniche. Come era possibile che quel drago non ne risentisse gli effetti? Mentre lo analizzava, notò qualcosa di strano: non emanava calore corporeo o altri segni vitali. Era come se non fosse nemmeno lì.
Eppure li aveva colpiti… e Shatter era riuscita a ferirlo, quindi doveva trattarsi di un essere vivente. A meno che…
<< Allora, ammassi di bulloni? Volete giocare a un due tre stella o attaccarmi? >> li provocò nuovamente il drago, con tanto di ghigno sul muso << Spero che non sia tutto qui quello che sapete fare, lattine, perché se faticate contro di me, come pensate di fare con il mio protetto? >>
Detto questo, spalancò le ali e partì spedito verso di loro. Al contempo, sulla visiera di Sounwave cominciarono a formarsi una serie di algoritmi in rapida successione, a cui seguì l’immagine di una lunghezza d’onda sonica.
Il Decepitcon puntò ambe le mani in avanti… e sparò una coppia di missili a lunga gittata. I proiettili saettarono a tutta velocità verso il drago, che si limitò a incontrarli con un sorriso beffardo. Continuò a puntare verso i due avversari, fiducioso che anche questa volta sarebbe fuoriuscito indenne da quell’attacco. Invece, sentì un forte dolore nell’istante in cui i missili lo incontrarono a mezz’aria, a cui seguì il forte rumore di un esplosione.
Il corpo della creatura venne scagliato all’indietro, fumante. Gran parte della sua pelle era coperta di bruciature e aveva pure alcuni frammenti di metallo conficcati nelle carni, vicino al punto d’impatto.
Stordito, alzò lo sguardo verso Soundwave.
<< Come… come hai fatto? >> sussurrò incredulo.
Erano passati molti anni dall’ultima volta in cui qualcuno era riuscito a colpirlo quando era incorporeo. Per un essere incapace di usare la magia doveva essere un’impresa impossibile!
La risposta di Soundwave giunse rapida e monotona.
<< Affermazione: in base ai dati raccolti e alle analisi effettuate dalle registrazione, la conclusione più logica è che tu sia uno spirito >> disse con tono pratico << Un essere vivente bloccato in una forma incorporea, legato a questo piano di esistenza da un contratto mortale. >>
Puntò il volto inespressivo verso Angel, ancora impegnato a scambiarsi colpi con Berserker.
<< Le molecole di ogni creatura esistente operano in base ad una determinata frequenza sonica. Gli spiriti come te non fanno eccezione >> Soundwave tornò a fissare il drago << Mi è bastato comparare i dati raccolti nell’istante in cui hai colpito Shatter, e rielaborarli per creare una frequenza capace di stabilizzare la tua forma fisica. Un processo complicato… ma non per un membro della mia specie. >>
Il drago strinse gli occhi. Quel cybertroniano era riuscito ad arginare la sua difesa principale in soli pochi minuti? Doveva essere un combattente incredibilmente scaltro. Tuttavia…
<< Pensate davvero che questo basterà a sconfiggermi? >>
<< Voi non siete altro che prede >> gli rispose freddamente Shatter << Non importa quanto proverete a lottare. Il risultato finale è inevitabile… alla fine sarete abbattuti. >>
Si lanciò verso di lui, presto seguita da Soundwave. Il drago spalancò le fauci e scagliò una saetta contro i due  avversari, ma questi riuscirono ad allontanarsi con una manovra evasiva. Fatto questo, puntarono all’unisono i cannoni verso la bestia.
Blue ghignò soddisfatto e chiuse la zampa destra a pugno.
<< Ora! >> esclamò a gran voce.
Un attimo dopo la sua figura fu sostituita da quella martoriata di Angel. Troppo sorpresi per poter reagire in tempo, i due Decepticon non riuscirono ad evitare una coppia di potenti getti d’acqua che scaturì direttamente dal corpo del rosso.
Nello stesso momento, Berserker si trovò davanti il drago, il quale gli assestò un poderoso montante alla testa, facendolo finire al suolo.
<< Scusa, l’abbiamo fatto apposta >> disse il drago beffardo.
Il cybertroniano fissò incredulo il nuovo avversario. << E quello che diavolo era? >>
<< Angel utilizza le rune e scambiarsi con un compagno è solo uno dei tanti modi per usarle >> gli rispose il drago << Spero che il mio protetto non ti abbia fatto troppo male… o potrei annoiarmi! >>
Berserker strinse furente il pugno.
 << Un avversario vale l’altro >> ringhiò minacciosamente << Se abbatto te che sei il più forte, uccidere l’organico sarà ancora più facile. >>
Blue scoppiò a ridere. << Temo che tu sia in errore, mio amico metallico. Non sono io la forza di Angel… ma l’esatto contrario. >>
Il Decepticon non si preoccupò di argomentare. Il suo compito era quello di abbattere coloro che minacciavano la sovranità di Lord Megatron… e avrebbe perseguito quell’obiettivo con spietata efficienza.
<< Ti divorerò il cervello >> sussurrò sadicamente.
Sfoderò le armi e si lanciò verso questo nuovo nemico, mentre un’altra battaglia prendeva luogo sopra di loro. Soundwave riprese quota e puntò le sue ottiche in direzione di Angel.
<< Analisi fallita. Problema di elaborazione rilevato. Riavvio… >>
In quel preciso istante, Angel comparve di fronte al cybertroniano e gli tirò un calcio alla testa. Soundwave fu rapido a parare l’assalto, ed evitò un colpo di lancia con una rapida piroetta su se stesso. A quel punto, Angel calò un fendente e il Decepticon lo intercettò con una delle sue lame, provocando un forte clangore.
Mentre i due avversari cominciarono a bersagliarsi di colpi, Shatter tentò di attaccare il rosso da dietro. Con la lancia che teneva impegnato Soundwave, il soleano si voltò di scattò e le tirò addosso un fulmine. La femme non si fece trovare impreparata e fece fuoco con il cannone, abbattendo quell’attacco improvviso e generando una densa nube di vapore.
Quando la coltre si diradò, scoprì che Angel era sparito e Soundwave stava cercando di localizzarlo con il visore. Si accorse solo all’ultimo di una presenza familiare sopra di lei. Alzò lo sguardo e una sfera di acqua la colpì appena in pieno tempo, scagliandola a terra.
La Decepticon recuperò la funzionalità un attimo prima di sfracellarsi al suolo e attivò i suoi propulsori al massimo, riuscendo a recuperare la quota necessaria per atterrare senza subire ulteriori danni. Fu presto seguita da Soundwave, mentre Angel si posizionava a metà strada tra i due cybertroniani, mantenendo una calma quasi glaciale.
Shatter fissò intensamente l’avversario, le ottiche assottigliate. Aveva preso parte a numerose cacce durante la sua lunga vita… ma quella preda era di sicuro una delle più difficili con cui avesse mai combattuto. I suoi pensieri furono interrotti da un tonfo alla sua sinistra. Si voltò giusto il minimo per non perdere di vista il soleano e vide Berserker a terra. Aveva subito non pochi danni, ma sembrava poter ancora combattere.
Blue notò il suo protetto e gli si avvicinò rapidamente. << Sembra te la stia passando bene. Come ci si sente ad essere tornati in carreggiata? >>
<< Non lo sono ancora del tutto. Questo livello non basta per battere Vorkye, figurarsi il Maestro >> gli rispose Angel, stringendo il pugno.
<< Si vede che necessiti di un altro po’ di ginnastica, allora. >>
Per alcuni istanti, Shatter dilatò le sue pupille robotiche. Aveva capito bene? Quell’organico non era ancora al massimo della sua forza? Eppure, nonostante questo, aveva messo in seria difficoltà ben tre guerrieri Decepticon.
Soundwave, d’altra parte, fissò il soleano con sguardo inalterato. A differenza della compagna, sapeva che lo scontro stava influenzando il ragazzo molto più di quanto cercasse di darlo a vedere. Nel suo modo di parlare erano presenti tutte quelle micro reazioni tipiche di una persona che cercava di guadagnare tempo.
Mentre era impegnato ad elaborare una nuova strategia, Berserker si risollevò in piedi e scrutò rabbiosamente la coppia di Time Warriors. Doveva ammetterlo, quel drago gli aveva sicuramente dato del filo da torcere… ma ora i tre Decepticon erano nuovamente riuniti e avevano appena circondato i due avversari.
<< Siamo in trappola! >> esclamò Blue. Eppure, sul muso non vi era il minimo segno di preoccupazione.
<< Davvero? Credevo il contrario >> commentò Angel, che tese la mano destra in avanti.
La Gae Bolg di Angel reagì all’istante e tornò nella sua presa. Al contempo, i tre Decepticon si prepararono ad attaccare.
<< Operazione: sottomissione >> sussurrò la voce robotica di Soundwave << Formazione d’attacco 1-3-2. >>
<< Eseguo >> fu la calma risposta di Shatter, seguita da un grugnito di Berserker.
Senza perdere tempo, i tre cybertroniani scattarono in avanti all’unisono. Soundwave attivò subito la frequenza di disturbo e  sparò un paio di missili contro Blue. Il drago riuscì a evitarli per un pelo, ma ecco che Shatter lo colpì da dietro con la lama, provocandogli un profondo taglio sulla schiena.
La bestia ruggì di dolore e Angel si voltò di scatto, allarmato dal grido del compagno. Questo era esattamente ciò che Berserker stava aspettando.
Con una velocità sorprendente per un individuo della sta stazza, approfittò del momento di distrazione del ragazzo per colpirlo con entrambi i pugni. Malgrado l’uso dell’Haki dell’armatura, il rosso venne scagliato all’indietro e Soundwave lo intercettò, afferrandogli la testa con la mano metallica e sbattendolo violentemente al suolo una, due, tre volte, fino a generare delle profonde crepe nell’area circostante.
L’adolescente sentì qualcosa rompersi dentro di sé, ma strinse i denti e cercò di rimanere cosciente. Sollevandolo in aria, il cybertroniano lo scagliò con forza verso Shatter, la quale lo colpì con un forte calcio laterale, spedendolo contro Blue. Il drago afferrò il compagno e grugnì per la forza d’impatto, indietreggiando.
Subito dopo, il trio di Decepticono spararono all’unisono le loro armi contro la coppia, proiettando un’altra nube di detriti verso il cielo. Quando la polvere cominciò a ricadere a terra, tuttavia, dei Time Warriors non era rimasta neanche l’ombra.
<< Dove sono quegli insetti? >> ringhiò Berserker.
<< Sono qui! >> esclamò una voce familiare sopra di loro.
I tre Decepticon sollevarono gli sguardi all’unisono e incontrarono gli occhi azzurri di Angel. Il soleano era interamente rivestito dall’armatura del Balance Breaker, mentre potenti bagliori cremisi avevano cominciato a scaturire dalla sua lancia.
<< Quella non è una semplice picca. Ha qualcosa di strano >> borbottò Berserker, ricordando la sensazione che aveva provato quando l’aveva toccata.
<< Hai ragione. È quasi come se fosse una creatura vivente >> concordò Shatter.
Angel sorrise sotto il casco, malgrado il dolore che sentiva in tutto il corpo. << Non sbagli. La mia non è una semplice lancia: è un’arma nata dalle ossa di un Leviatano… e ora è pronta per divorarvi! >>
In seguito a quelle parole, la picca emise un bagliore ancora più forte, quasi come se la belva da cui era stata creata si fosse appena risvegliata.
<< Vai libera… Gae Bolg Alternative! >>
Il rosso la scagliò. Un istante dopo sembrò scomporsi in un totale di sette lame, da cui cominciarono a diramarsi altrettante picche.
I tre Decepticon si resero conto solo allora di essere in grave pericolo. Soundwave e Shatter accesero i propulsori al massimo e si allontanarono più velocemente possibile da quell’attacco. Berserker, privo della capacità di volare, puntò il suo cannone verso l’alto… ma poi lo abbassò.
In quel momento, comprese finalmente il significato delle parole del drago… e si preparò ad accogliere la propria fine.
<< È stata… una bella lotta… >>
BOOM!
Furono queste le sue ultime parole, prima che le infinite punte della lancia si abbattessero su di lui, facendolo a pezzi.  
Mentre una potente esplosione risuonava per tutta la lunghezza del campo di battaglia, Soundwave e Shatter furono costretti ad atterrare a causa dell’onda d’urto conseguente. Quando la polvere si diradò, videro che l’intera piana era stata sostituita da un cratere.
<< Analisi completa: ampiezza danno… cinquecento metri. Segnale di Berserker completamente sparito >> comunicò l’informatore del gruppo.
Shatter strabuzzò le ottiche e puntò lo sguardo in direzione di Angel, ancora sospeso a mezz’aria.
Il soleano ansimò profondamente, visibilmente colpito dall’uso del suo attacco. Era ricoperto di tagli e lividi su tutto il corpo, ma il dolore era ancora sopportabile. Per quanto riguardava le riserve di energia magica… erano ancora buona, ma drasticamente ridotte. Tuttavia…  sentiva molto più in forma di quando aveva affrontato Vorkye.
Erano passate meno di 24 ore da allora, eppure sentiva che qualcosa in lui era diverso. Che fosse stato merito della “cura” a cui era stato sottoposto dal Dottore? O dell’allenamento molto breve a cui si era sottoposto? O forse, dall’esperienza onirica che aveva vissuto? A ripensare a quell’esperienza si sentiva più leggero. Ma quello non era certo il momento di distrarsi. Non se lo poteva permettere.
<< Le ferite sono un problema? >> gli chiese Blue, apprensivo.
<< No, tranquillo >> lo rassicurò il rosso, tendendo nuovamente la mano destra.
Rispondendo alla chiamata del suo padrone, la lancia staccò le zanne dal terreno e, recuperate le sue normali dimensioni, tornò nella mano del rosso.
<< Ora come pensi che agiranno quei due? >> chiese il drago, curioso.
<< Credo che lo scopriremo presto >> gli rispose il ragazzo, tornando a fissare i due avversari.
Shatter strinse il pugno. Per quanto avesse compreso di trovarsi davanti a un avversario pericoloso, non poteva accettare la perdita di un compagno con cui aveva combattuto per milioni di anni. In un modo o nell’altro… sarebbe stato vendicato.
<< Soundwave, come sono i suoi parametri vitali? >> chiese la Decepticon.
Il compagno rimase in silenzio per qualche istante. << In calo. Quel colpo deve averlo prosciugato della maggior parte delle sue energie. Non sarà capace di replicarlo per un po’ >> si voltò verso di lei << Suggerimento: spostiamo la battaglia in cielo, così da mantenere il vantaggio. >>
<< Buona idea >> concordò la femme, e presto entrambi partirono spediti verso il soleano.
La battaglia era tutt’altro che finita.
 
                                                                                                                               * * *  

L’adrenalina iniziò a pompargli nelle vene a velocità vertiginosa, mentre il laser dei droni e dei Decepticon piombavano contro di lui a gran velocità, realizzando un fuoco incrociato diretto praticamente in tutte le direzioni.
All’inizio, Royal Noir aveva cercato di fare del proprio meglio per rimanere nei ranghi serrati… almeno finché uno dei cybertroniani non aveva deciso di prendersela direttamente con lui, bersagliandolo senza sosta.

<< Coraggio, ragazzo! Vieni dallo zio Mohawk! >>
Fire si scansò per evitare un’altra raffica di colpi, corse a zigzag, saltò, schivò, mosse il braccio per generare dei fasci di luce verde e li sparò senza sosta, mentre il rombo degli spari e il rumore della vettura volante gli rimbombava nelle orecchie.
Ad un certo punto, riuscì ad individuare un complesso di alte e grosse rocce disseminate: senza nessuna esitazione, le raggiunse e vi si riparò dietro, infilandosi negli anfratti più stretti. Ad un certo punto, udì la sparatoria interrompersi, e il suono del motore dissolversi lentamente.
Gattonando lentamente, osò sporgere la testa oltre la roccia, e allora imprecò sonoramente a mezza voce. Il Decepticon era sparito lasciandogli la via libera… peccato gli fosse appena successo quel che lui e i suoi compagni avevano cercato di evitare fin dall’inizio: perdersi di vista e separarsi. L’aveva attirato in un luogo lontano dalla battaglia che imperversava al centro del punto d’impatto, fra botti, lampi di luce e fumo che s’innalzava.
Accidenti a quei maledetti robot! Avevano teso una trappola a tutti loro, li avevano colti di sorpresa… e sicuramente quell’attacco era stato indirizzato apposta a farli disperdere.
Premette il palmo dell’indice sull’auricolare infilato nell’orecchio. << Ehi? Sono Royal! Mi ricevete? Ehi? Qualcuno mi sente? Ehi! >>
Niente da fare. Dall’auricolare scaturì l’inconfondibile ronzio delle cose rotte e inutilizzabili. Probabilmente si era danneggiato mentre fuggiva, o qualcuno l’aveva disattivato dalla distanza: in fondo, quelli erano Decepticon, non escludeva potessero essere capaci di una cosa del genere.
Lanciò un’altra fila di imprecazioni fra i denti, poi prese un respiro profondo. Non era il momento di disperarsi. Forse aveva perso gli altri… ma aveva ancora una missione da compiere. Non poteva restarsene lì con le mani in mano.
Si sollevò lentamente in piedi, l’arco sulla schiena, sporgendosi appena dalla roccia, controllando e studiando il campo innanzi a sé. Poi, come dal nulla… udì un familiare respiro metallico provenire dalle sue spalle.
Il fiato gli si mozzò in gola, seguito da una morsa allo stomaco. Si voltò rapidissimo, e così, per l’ennesima volta, vide la figura del Signore dei Sith ritta davanti a lui: non aveva idea di come fosse arrivato lì senza farsi udire né vedere, ma adesso quello era l’ultimo dei suoi problemi.
Darth Vader fissava il giovane arciere attraverso la sua maschera. Il suo respiro lento e marcato pareva essere l’unico suono udibile in quella landa desolata. Ancora una volta, come quando l’aveva visto nella cabina… non era in posizione d’attacco.
Inclinò appena la testa di lato e le sue orbite rosse incontrarono gli occhi fiammeggianti dell'arciere. Sembrava curioso… e sorpreso della sua presenza tanto quanto lui.
All’improvviso, sollevò la mano destra, 
puntandola verso il ragazzo. << Mi dirai dove ti trovi >> ordinò. 
Istintivamente, Fire sussultò, si irrigidì e si portò le mani alle tempie… ma non accadde nulla. Il dolore che si aspettava avrebbe dovuto colpirlo mentalmente non arrivò.
Per qualche istante, rimasero entrambi sbigottiti. Vader stette in silenzio per qualche secondo, come bloccato nel tempo. Poi abbassò lentamente il braccio.
Al contrario, Royal risollevò il capo per fulminarlo con lo sguardo attraverso la maschera di gufo e sollevò minacciosamente il pugno intriso di ronzante energia verde.
<< Riprovaci e questa volta ti prendo in pieno >> sibilò.
<< È un’azione che ti sconsiglio caldamente >> commentò freddamente in risposta il Sith << Credimi, lo sforzo potrebbe ucciderti. >>
Passò brevemente lo sguardo alla sinistra e alla destra dell’arciere incappucciato.
<< Dimmi… riesci a vedere quello che ho intorno? Io vedo solo te. >>
La domanda colse l’adolescente alla sprovvista, oltre al fatto che la suddetta situazione era surreale. Perché non lo colpiva e basta come prima, dannazione?
La risposta gli salì spontanea nella mente: perché era curioso. Curioso di fronte a qualcosa di completamente nuovo che palesemente riguardava i propri poteri di cui, ormai era chiaro, sapeva pochissimo, curioso di capire cosa diavolo stesse succedendo.
Lo fissò meglio, e contro ogni buonsenso, abbassò il pugno e fece svanire l’energia, lo stupore e lo sconcerto in volto. Perché adesso che guardava meglio... si rendeva conto che Vader si trovava all'interno di una stanza grigia rettangolare, cozzante completamente con l'ambiente desertico tutto intorno nel quale ora Fire si trovava.
L’intuizione gli salì spontanea alle labbra.
<< Tu non sei qui >> realizzò, gli occhi strabuzzati << Ti vedo all’interno di una stanza, situata chissà dove. Non capisco… è un’illusione? >>
<< No >> rispose prontamente il Sith, mentre si guardava attorno << è qualcosa di diverso… una connessione attraverso la Forza. >>
<< La cosa? >>
<< La Forza >> declamò Vader, con una vaga punta di solennità fanatica << è un campo di energia che circonda tutti gli esseri viventi. Energia plasmabile in molteplici abilità. il cui limite dipende solo da coloro nati con la capacità di utilizzarla. Noi due… siamo ormai gli unici in grado di farlo. >>
Fissò il ragazzo dritto negli occhi.
<< Al fine di poter collaborare meglio durante le missioni, stabilii un legame telepatico fra me e tua madre. In questo modo potevamo sentire i pensieri l’uno dell'altra… ma non abbiamo mai raggiunto uno stadio così avanzato della connessione. Il legame che unisce te e me, al contrario, dev’essere nato nel momento in cui le nostri menti sono venute a contatto per la prima volta >> spiegò pazientemente << È come se l’avessi ereditato… perché hai dentro di te una parte di entrambi. Sei davvero il figlio di tuo padre. >>
Ecco spiegato come, quella notte, fosse stato in grado di comprendere la verità della parentela, ed ecco, in qualche modo, spiegata l’origine dei propri poteri.
Royal percepì nel tono – e nella mente – del Sith il compiacimento e la soddisfazione che quella situazione gli provocava. Era bramoso nell'avere il figlio accanto, nell'avere qualcosa che li legasse così indissolubilmente al di là del sangue, quasi come il tutto fosse un’universale 
assoluta rivendicazione della sua proprietà su di lui.
Il paragone gli provocò un moto di nausea. Abbassò il capo, come se avvertisse tutto ciò come un peso sulla nuca.
<< Tu non sei mio padre >> mormorò in un inconscio deja vu, serrando i pugni << io non ho niente a che fare con te. >>
<< Eppure stiamo comunicando l’uno con l’altro proprio adesso… a chissà quanti anni luce di distanza. Cos’è questa… se non la prova definitiva del legame che ci unisce? >>
Detto questo, il Sith compì alcuni passi in direzione del giovane.
<< Mi chiedo cosa succederebbe se provassi a toccarti. Se potessi afferrarti… verresti tu da me… o finirei io da te? >>
Quelle parole lo scossero nell’immediato, facendogli risollevare lo sguardo: proprio come nel suo incubo, una parte di Fire era spaventata di fronte a quell’idea, e un’altra… attratta, all’idea di abbracciare suo padre di sangue, di seguirlo…
Un brivido gelido gli avvolse la schiena, mentre d’istinto portava una mano all’arco ancora sulla schiena.
<< Mi sembrava di averti detto di non toccarmi e di starmi lontano >> gli ricordò in tono minaccioso.
Il Signore Oscuro abbaiò una risata bassa e gutturale che si unì al respiro della maschera, paralizzando il giovane sul posto: non che avesse fatto alcun movimento, finora, per allontanarsi dal Sith.
<< I tuoi pensieri ti tradiscono, figlio mio. Per quanto tu stia cercando di negare la verità… non puoi nascondere quello che sei. Non a me… e nemmeno ai tuoi compagni. >>
Il giovane sentì un nodo disgustato alla gola: aveva ragione. Lo sentiva… come al solito, era assurdo e difficilissimo da descrivere, ma era come avere dentro la testa qualcosa che punzecchiava e instillava la verità sensitiva: sapeva che Vader poteva sentire i suoi pensieri e le sue sensazioni, e così Fire poteva fare ugualmente, come accaduto prima. Era logico collegare tutto questo a quel misterioso fenomeno in cui lo vedeva dinnanzi a sé, quando era evidente che si trovava da tutt’altra parte.
Nonostante tutto, non voleva cedere. Lo fissò di traverso, una volta che gli arrivò davanti, a sovrastarlo con la sua alta figura.
<< Ho accettato il fatto che sia stato tu a mettermi al mondo e che sei colui che ho cercato per tanto tempo, ma non spetta a te né ai miei cosiddetti compagni determinare chi io sia davvero. >>
Alle sue parole, Vader sorrise sotto la maschera. << Non fingere che l’opinione dei tuoi compagni di squadra non t’importi. Lo sai anche tu… pensi davvero che ti accetteranno, una volta scoperta la tua discendenza? Che ti accoglieranno a braccia aperte nel momento in cui realizzeranno chi sei davvero? Il figlio di Darth Vader… il braccio destro del Maestro… l’esecutore dell’Impero… colui che ha assassinato la madrina di Kirby Earth… e ha quasi ucciso il tuo migliore amico. >>
Gli occhi di Fire si strabuzzavano ad ogni parola, mentre il Sith concludeva, spietato:
<< Com’è che si chiama? Accelerator, se non sbaglio. I tuoi pensieri hanno tradito anche lui! >>
<< No! >>
Il fiato si era mozzato in gola al giovane, agghiacciato da quanto Vader fosse stato in grado di recepire dalla sua mente, come si fosse appropriato di ogni suo pensiero attuale riguardo tutta quella situazione e l’avesse tradotto ad alta voce, senza che lui potesse fare niente per impedirglielo.
La rabbia prese il sopravvento: se già odiava un approccio del genere da parte di Shen, il fatto che lo facesse il Sith lo imbestialiva, specialmente perché le menzogne erano completamente escluse quando c’era la mente completamente esposta. Perché non riusciva a bloccarlo, dannazione? Perché lui non riusciva a leggerlo completamente? Perché non poteva fargli provare un po’ della sua stessa medicina? Gli bastava qualsiasi cosa, un minimo, insignificante appiglio a cui aggrapparsi…
<< Perché indossi quella maschera? >>
La domanda gli era sfuggita dalla bocca spontaneamente. Sembrava un’idiozia, ma, a conti fatti, ritrovandosi a sostenere il suo sguardo per cercare qualcosa con cui ribattere, quella cosa era lì, in bella mostra, perciò sembrava quasi naturale domandarsi quale fosse la sua origine.
La figura del cyborg sembrò irrigidirsi di fronte a quella domanda.
<< Per molteplici ragioni >> fu la risposta << È un simbolo che uso per incutere timore e rispetto tra i miei ranghi. In più… mi aiuta a separare la mia vita militare da quella ordinaria. >>
Royal rimase senza parole. Aveva sperato di tormentarlo a sua volta con qualcosa… ma quella risposta l’aveva spiazzato. Perché, inutile girarci intorno, era esattamente lo stesso motivo per cui lui indossava le vesti del Vigilante Mascherato, sebbene il ruolo, gli obiettivi e le motivazioni fossero completamente opposti rispetto a quelli di Darth Vader. Anche se lo ripugnava, era una sensazione piacevole avere un’affinità: non poteva non essere lieto di avere qualcosa che lo legasse all’unico parente che aveva davvero, era più forte di lui.
La sua risposta venne troncata sul nascere dallo sparo di un missile che fischiò sopra il suo capo ed esplose qualche metro accanto a lui, colpendo le rocce dietro cui era riparato, le quali franarono sopra la sua testa: si coprì il capo e ruzzolò di lato evitando il tutto per il rotto della cuffia, mentre la polvere e il fumo s’innalzavano per qualche istante.
Tossì e imprecò sonoramente, poi si risollevò in piedi: la figura del Signore Oscuro era ancora lì, accanto alla sua sinistra, intatta e immacolata.
<< Sembra che tu sia caduto in una situazione alquanto sfortunata, figlio mio. >>
<< Ma come può venirvi in mente una simile idea, eminenza? Dopotutto sono nascosto qui, nell’insenatura di queste rocce, perché sto una favola >> lo rimbeccò l’arciere nel suo classico sarcasmo tagliente, senza riuscire a trattenersi.
Con sua grande sorpresa, Darth Vader rilasciò una risata divertita.
<< Sai, in quanto secondo in comando del Maestro in persona, potrei richiamare l’attacco. Ne ho l’autorità, dopotutto. Ovviamente, necessito che tu e i tuoi amici vi arrendiate a me >> continuò il Sith, con fare quasi disinteressato << Prometto che sarò clemente nei loro confronti. >>
<< Mi credi veramente così stupido? L’ho provata sulla mia pelle, la tua presunta clemenza >> replicò il ragazzo con una smorfia << La tua fama parla per te. Tu stesso hai parlato per te, poco fa, elencando cos’hai fatto, specialmente ai miei compagni! Credi davvero che sia pronto a fare finta di nulla, e che te li venderei su un piatto d’argento, solo perché sei il mio padre biologico? Dopo… dopo che mi hai abbandonato?! >>
Vader sussultò e compì un passo all'indietro, come schiaffeggiato, sorprendendo ancora una volta l’adolescente, sorpreso e sbigottito da un gesto tanto umano. Sembrava così fuori luogo per l’individuo che aveva davanti. Era come se le sue parole lo avessero… ferito. No, l’avevano chiaramente fatto: poteva sentire il toccante dolore di cui il Sith adesso era intriso, il suo senso di colpa e la sua tristezza.
Royal non poté biasimarlo, e da una parte si sentì in colpa: la propria voce era stato uno sfogo diretto, carico di amarezza, risentimento, sprezzo e rabbia repressa. Non aveva potuto farci niente, tutto ciò era amaro da dichiarare e faceva male, ma, anche se era stato brusco, era stata la cosa giusta da fare. Perché Thor aveva ragione: la sua famiglia era colui che l’aveva amato e cresciuto come un figlio. Non coloro che l’avevano generato, non una che l’aveva abbandonato in orfanotrofio con solo uno stupido anello come identificazione per poi sparire misteriosamente, e di certo non uno che non sapeva nemmeno della sua esistenza fino a qualche giorno fa e adesso se ne usciva con la voglia di fare il padre.
Avvertì un istintivo groppo alla gola, ma prima che potesse aprire bocca, il Signore Oscuro fece un passo avanti, tornando a fronteggiarlo.
<< Non farlo. Non pensarlo nemmeno per un istante. Se solo avessi saputo… avrei sradicato ogni pianeta dalla faccia dell’intera galassia, prima di lasciare che lei ti portasse via da me >> sibilò attraverso la maschera.
Il giovane abbassò lo sguardo, incapace di sostenere quello delle lenti dell’uomo, mentre brividi di dubbia natura gli scorrevano in ogni parte del corpo.
<< Ho passato i miei primi otto anni di vita >> scandì in un sussurro, senza alzare gli occhi << a chiedermi perché mi aveste abbandonato e che cos’avessi mai fatto per meritarlo. >>
<< Poteva essere diverso. Avresti potuto vivere come un principe, non ti avrei fatto mancare niente >> mormorò Vader, accorato << Darei qualsiasi cosa per poter tornare indietro, così da poterti dare l’infanzia che hai sempre meritato. >>
<< Anch’io… >> Fire avvertì le lacrime annebbiargli gli occhi e rigargli le guance, inesorabili << Una parte di me lo desidera ardentemente più di ogni altra cosa. >>
<< Allora lascia andare tutto, figlio mio. Possiamo ancora rimediare, devi solo volerlo completamente… >>
<< Non posso. Non voglio. >>
<< Perché!? Cosa devi tu a queste persone!? Possibile che non ti rendi conto di come saranno tutti pronti a pugnalarti alle spalle, una volta che scopriranno chi sei davvero!? >>
L’adolescente socchiuse le palpebre e strinse i pugni. Solo allora sollevò lo sguardo e lo puntò dritto nelle lenti scure del guerriero nero.
<< Qui non si tratta solo di loro. Sai perché porto questa maschera? Per via del governo che servi e il mondo infame che avete contribuito a plasmare, per il quale ho dovuto mettere a tacere ogni dubbio e reprimere ogni debolezza, per il quale ho dovuto nascondere il mio potere per non essere costretto a diventare un’arma nelle vostre mani. Io non sono altro che uno fra i tanti, una delle tante bestie da soma che avete allevato. Ho sofferto per non averti avuto accanto e per non averti mai conosciuto, ma sono sopravvissuto a questo. Perché ho avuto dei raggi di sole a illuminare la mia vita, e sentirli sulla mia pelle mi ha reso felice. Non posso ignorare quello che hanno fatto per me… come non posso ignorare come quei raggi hanno sempre brillato soffusi, attraverso le sbarre. Perché questa è la sofferenza che porta la prigione del Maestro. Non sarebbe cambiato nulla al tuo fianco, sarei stato solo ignaro di quelle sbarre. E se ora venissi con te... diventerei cieco di fronte ad esse. >>
Vader rimase in silenzio. Per un attimo, una quiete inesorabile sembrò calare nelle profondità del pianeta. Il suono delle esplosioni divenne improvvisamente flebile e distante, così come il suono del respiratore del Sith.
<< Figlio mio, io... >>
Non ebbe la possibilità di terminare la frase. Un paio di mascelle irte di denti attraversarono la figura del Sith di colpo, liberando un ruggito spaventoso tale da scuotere i capelli e gli abiti del giovane.
L’attimo dopo… si lanciarono contro di lui, accompagnate da un ringhio grottesco.

                                                                                                                      * * * 

Emil scattò in avanti e colpì con forza l’ennesimo drone. La macchina perse quota all’istante e si abbattè violentemente al suolo, spargendo detriti e pezzi di roccia ai piedi del neo cacciatore.
<< E questo era l'ultimo >> disse soddisfatto, osservando la massa di metallo e circuiti fumanti ai suoi piedi, mentre Yang riemergeva da un cumulo di rottami.
I due artisti marziali, seppur separati dal resto del gruppo, erano riusciti a sbarazzarsi con relativa semplicità della maggior parte dei droni. Ora speravano solo che sarebbero riusciti a tornare in fretta dagli altri Time Warriors, probabilmente impegnati con qualcosa di peggio.
<< Lo ammetto, per un attimo ho sperato che sarebbe stato un lavoretto facile facile >> commentò la bionda, mentre ricaricava le munizioni di Ember Celica << Stai bene? >>
<< Non posso lamentarmi. E tu? >> chiese Emil con non poca preoccupazione nella voce, legata per lo più a come Ruby avrebbe reagito se anche una sola delle sue compagne fosse stata gravemente ferita.
Aveva già perso suo padre. Se fosse successo qualcosa a un membro del team RWBY sotto la sua supervisione… non sarebbe più riuscito a guardarla in faccia per la vergogna.
Yang agitò una mano. << La mia aura è ancora al 80%. Puoi rintracciare gli altri? Il mio comunicatore non funziona. >>
<< Pure il mio >> ammise Emil << Ma potrei avere un’alternativa. >>
Il ragazzo cominciò ad annusare i dintorni, alla ricerca delle tracce degli altri Time Warriors, ma il puzzo d’olio delle macchine appena distrutte era troppo forte. Anche le poche tracce di Aura erano confuse, troppo agitate dal fluire della battaglia per poter essere isolate.
<< Non ne sono sicuro… ma credo che siano a qualche centinaio di metri in quella... >>
<< Guarda chi si rivede >> lo interruppe una voce familiare.
Emil si girò di scatto, attivando la sua forma bestiale. I suoi occhi si posarono subito sull’imponente figura di Xanxus, in piedi su una grossa roccia… e con le pistole puntate rispettivamente su di lui e Yang.
<< Oh, mamma, non lui >> sussurrò Yang, riconoscendo all’istante uno dei cacciatori di taglie più pericolosi di tutta Renmant.
La ragazza aveva sentito parlare di lui molte volte e in molti modi diversi. Perfino sua madre e suo padre le avevano raccontato quando erano stati coinvolti in uno scontro con il termocineta, perdendo quasi la metà del loro equipaggio originale.
Solo alcuni dei più abili e armati Cacciatori potevano vantarsi di essere quasi al suo livello con le armi da fuoco, per non parlare della sua abilità da esper, come Emil aveva già avuto modo di vedere mesi prima.
<< Volete conversare un po', prima di spararci a vicenda… o possiamo cominciare subito? >> domandò sardonico il pistolero, facendo girare la sua arma e puntandola direttamente alla fronte di Emil.
<< Preferisco la seconda opzione >> disse il fauno, mirando coi Vulcan Tyrant al cacciatore e sparando un missile congelante in contemporanea al primo colpo di Xanxus.
L'impatto tra i due attacchi fu sufficiente a distruggere buona parte del terreno circostante con un'immensa esplosione, costringendo i due combattenti marziali a separarsi.
Riatterrando con un balzo, Emil sollevò alcune rocce con la sua Semblance e le scaraventò contro l’avversario. Una dei massi fu prontamente distrutto da un raggio di fuoco, ma le altre impattarono tutti contro il petto di Xanxus, che incassò con l'Haki senza troppe difficoltà. Fatto questo, sparò un’altra raffica di proiettili esplosivi in direzione della coppia.
Yang imprecò e si lanciò all'attacco contro il cacciatore di taglie, ingaggiandolo in un corpo a corpo molto serrato. Sfruttando l'Haki dell'osservazione, il cacciatore di taglie evitò ogni colpo con relativa facilità e passò all’offensiva.
Con una rapidità disarmante, deviò l’ultimo pugno e affondò le nocche nello stomaco della bionda, a cui seguì il suono di qualcosa che si spezzava. Yang sentì un forte dolore al petto, ma prima che potesse difendersi fu spedita a terra con un calcio.
Alzando lo sguardo, vide un ragazzo dai capelli grigi che la osservava con un sorrisetto beffardo.
<< Scusa, biondina, niente di personale >> disse Mercury, preparandosi ad attivare le bocche da fuoco negli stivali.
La giovane cacciatrice fu più rapida e gli afferrò un piede per sbilanciarlo. Fatto questo, balzò verso l’altro e gli tirò una forte testata al mento, costringendolo ad indietreggiare.
L’assassino di Salem incassò il colpo e partì al contrattacco con un rapidissimo calcio volante, seguito da una raffica di pugni. Ben presto, la coppia di combattenti si ritrovò coinvolta in un serrato corpo a corpo, a cui presto si unirono raffiche di proiettili da ambe le parti.
Nel frattempo, Emil e Xanxus avevano ripreso a bersagliarsi, come se ormai non potessero più fare altro. Il fauno combatteva con rapide combinazioni di calci e pugni che impattavano sull'Haki di Xanxus, il cui viso passava da espressioni di piacere maniacale a pura rabbia mentre continuava a sparare fasci fiammeggianti nel tentativo di colpire il Time Warrior. Se non fosse stato per la sua Semblance incredibilmente versatile, l’adolescente dubitava che sarebbe riuscito a durare così a lungo.
Il suo ennesimo pugno affondò nello stomaco di Xanxus, mentre quest'ultimo gli sparava contro una potentissima palla infuocata. L’attacco scagliò il fauno a diversi metri di distanza, spedendolo contro un masso.
Grugnendo per il dolore, si alzò da terra e offrì all’uomo un sorriso pieno di sete di sangue.
<< Complimenti, piccolo bastardo. Sei sicuramente migliorato dal nostro ultimo scontro >> disse il cacciatore di taglie, pulendosi del sangue dal labbro e caricando un’altra fiammata.
<< E tu sei rimasto lo stesso figlio di puttana dalla pelle dura >> ansimò Emil, mentre raggruppava un po’ di Aura all’estremità delle sue armi.
Xanxus era decisamente molto abile nel corpo a corpo. L'Haki lo rendeva un titano piuttosto sfuggente… ma non aveva ancora raggiunto la finezza appresa da Emil dopo anni passati a studiare le tecniche secolari del tempio. E il fauno avrebbe puntato proprio su questo.

                                                                                                                       * * *

Kirby rigirò tra le mani la Warp Star nella sua forma di scudo, la sua coroncina avvolta da una fredda energia azzurra. Si guardò attorno, constatando soddisfatto che gli unici droni rimasti erano quelli che al momento giacevano inermi ai suoi piedi.
Poteva avvertire tutto attorno le energie dei suoi compagni e altre che non conosceva scontrarsi e mutare in continuazione. Tuttavia, l’unica che riuscì a distinguere bene fu quella di Thor, apparentemente impegnato ad affrontare un avversario altrettanto potente.
Se fosse andato ad aiutarlo sarebbe stato più d'intralcio che d'aiuto, quindi scelse di dirigersi verso quelli che sperava fossero i suoi compagni cacciatori.
All’improvviso, un forte applauso fece eco nella zona, lento e pacato. Il rosato si guardò subito intorno, in cerca della provenienza di quel suono, finché non sentì una risata echeggiare alle sua spalle. Una risata alquanto lunga e macabra... uno strillo acuto e gracchiante che non avrebbe mai potuto dimenticare.
<< Vedo che il pargolo è cresciuto, finalmente >> disse la voce, che ora aveva preso le sembianze di un largo e grottesco sorriso.
Kirby strinse il pugno fin quasi a incrinarsi le ossa, mentre la sua Aura rosata riprendeva vita, avvolgendolo da capo a piedi mentre si voltava.
<< Una voce nella testa mi ha detto che saresti venuto anche tu su questo pianeta. Personalmente temevo di dover aspettare ancora molto tempo prima di poterti incontrare. E se c'è una cosa che proprio non mi piace fare… è aspettare. >>
Joker fuoriuscì dall’oscurità delle tombe, vestito nel suo classico completo viola.
<< Finalmente ho la possibilità di incontrare il figlio del mio vecchio amico! Lo sai… a volte sento tanto la sua mancanza. Tu non la senti mai? Oh che domande, immagino di sì, stiamo comunque parlando del papà morto ammazzato! >> E, detto questo, scoppiò in un’altra risata.
Una lacrima rigò lungo il viso di Kirby, mentre ricordava il giorno successivo alla battaglia a Nova. Non era riuscito a dormire per tutta la notte, impegnato com’era stato a seguire le notizie sull’evento nonostante Luna avesse tentato di tenerlo lontano da qualsiasi fonte. Era stato col cuore in gola che lo aveva accompagnato a battaglia ormai finita per aiutare i soccorsi, e un medico legale li aveva chiamati per identificare il corpo di Meta. Non avrebbe mai dimenticato le sue ali strappate.
<< Questo sarà il giorno in cui smetterai di ridere… >> sussurrò freddamente << DANNATO CLOWN! >>
Si lanciò verso di lui, e il Principe del Crimine di Battleground lo accolse a braccia aperte.

                                                                                                                         * * *
 
Lo scontro tra Yang e Mercury stava proseguendo in maniera non meno brutale di quello dei rispettivi partner.
Il lacchè di Salem era incredibilmente agile, forse anche più di Ruby, e il suo gioco di gambe non offriva il minimo scampo. Dal canto suo, Yang aveva un’enorme resistenza, con ben pochi rivali nella sua fascia d'età, e colpo dopo colpo il suo potere aveva continuato ad aumentare.
Mercury si ritrovò un gancio devastante dritto nella mascella, e venne spedito all'indietro. Riprendendo l'equilibrio con una capriola, atterrò a qualche metro di distanza e diresse uno sguardo rabbioso all'avversaria, che si limitò a scrocchiare le spalle. Poi piantò i piedi a terra e gli fece un cenno di sfida.
L'albino digrignò i denti si rimise in guardia. << Senti, ragazza… prima di partire per questo buco ho fatto un patto con alcuni amici. Mi sarebbero venuti a prendere se le cose si fossero messe male. >>
Strinse gli occhi in un paio di linee sottili.
<< Quindi ti propongo un accordo: tu dirai ai tuoi amici che sono morto… e io me ne andrò senza infastidire oltre te e i tuoi amici >> disse muovendosi in circolo assieme a Yang, la cui espressione si fece improvvisamente sospettosa.
<< Perché dovrei crederti? >> domandò la pugile, dandogli un calcio e costringendo l’avversario ad indietreggiare ancora una volta.
<< Perché mi sono rotto il cazzo di fare quello che mi dicono gli altri… e voglio salvare una certa persona a me cara >> rispose il ragazzo con un tono rabbioso, ripensando ad Emerald.
Scattò in avanti e incontrò il successivo pugno della bionda con uno dei suoi calci, a cui presto seguì una potente onda d’urto. Alla fine, entrambi furono spinti indietro da quella dimostrazione di energia e ansimarono per alcuni secondi, le loro Auree che scintillavano minacciosamente.
Yang alzò la testa e lo scrutò da capo a piedi, come se stesse cercando di leggergli dentro. Mercury si sottopose a quell’esame senza vacillare, in attesa di sapere quale sarebbe stato il suo verdetto.
<< Se davvero non hai interesse a continuare… vattene >> ringhiò Yang, preparandosi nel caso quello fosse stato solo un trucco << sono venuta qui per aiutare a recuperare il Tardis, non voglio uccidere nessuno. >>
Mercury la guardò con espressione sbieca e la ragazza fu certa che avrebbe ripreso il combattimento. Invece, si limitò a voltarsi e correre via in cerca di Emerald.
La ragazza sospirò si sollievo e puntò lo sguardo verso un cumulo di massi poco distante. Il suono di un’esplosione le confermò che Emil doveva trovarsi lì.

                                                                                                                       * * *

Emil  scattò in avanti, utilizzando una spinta gravitazionale per aumentare lo slancio. Xanxus sorrise e si preparò ad intercettare la carica, ma ecco che Emil saprò verso il terreno, proiettando il suo corpo verso l’alto.
Sorpreso, il cacciatore di taglie cercò di aggiustare il tiro in fretta. Al contempo, Emil utilizzò un’altra spinta gravitazionale per cambiare direzione e lo colpì alla testa con un potente calcio imbevuto di Aura. A salvarlo dal ritrovarsi il cranio rotto fu unicamente l'Haki dell'armatura, ma il contraccolpo fu comunque abbastanza forte da spedirlo al suolo.  
Il fauno non perse tempo e concentro la propria Semblance nella mano destra, che schiantò con forza sul volto del cacciatore di taglie. Attorno all’uomo cominciarono a diramarsi numerose crepe lungo il terreno, mentre il suo corpo veniva avvolta da fiamme color sangue.
Emil balzò all’indietro, ma Xanxus fu altrettanto rapido. Allungò ambe le mani verso di lui e riversò un torrente infuocato contro il fauno, a cui seguì una violenta esplosione. Quando la numbe di detriti si diradò, al posto del giovane era rimasto solo un cratere fumante.
<< Peccato… avrei voluto durasse più a lungo >> borbottò deluso.
Si voltò e fece per andarsene… e fu allora che ricevette un forte pugno al naso, imbevuto di un’aura dorata.

                                                                                                                   * * * 

I droni avevano allontanato Thor dal campo di battaglia, una grave onta per il suo cuore da guerriero. Non si aspettava certo che quei marchingegni futuristici potessero distrarlo a tal punto, si era rilassato troppo ed era stato preso alla sprovvista.
Tuttavia, non voleva perdersi in simili pensieri. Avrebbe posto rimedio a quell'errore, perché dopotutto cos'erano un branco di patetiche macchine davanti a un dio? Alzò il martello al cielo e una scarica di fulmini colpì i droni, facendoli esplodere in una vampata di fuoco e cocci di metallo.
Sebbene fosse stato estremamente semplice, Thor sentiva che c'era qualcosa che non andava. Il suo istinto guerriero gli sussurrava di un pericolo imminente.
Tenendo la guardia alzata, fece per ritornare dai suoi compagni, ma ecco che un’ombra lo avvolse come una coperta di tenebra e la figura di un drago prese forma di fronte a lui in tutta la sua squamosa gloria. I ciuffi bianchi sulla sua testa sembravano rendere le mascelle ancora più minacciose di quanto già non fossero, e al tempo stesso gli conferivano un’aura di saggezza millenaria, unita a un’estrema conoscenza e sapienza.
La coda si muoveva lenta e placida con movimenti circolari come le acque di un fiume, ma al tempo stesso con costanza, quasi a preparare un colpo; un fiume pronto a straripare in qualunque momento.
Gli occhi bianchi e opachi come due madreperle, splendenti di luce proprio, si posarono sull’asgardiano e la sua voce profonda e regale fece eco nell’aria. Una voce calma e potente al tempo stesso, ricolma di forza e saggezza, che rispecchiava completamente il suo essere.
 << È un onore per Grugaloragran incontrarti, principe di Asgard >> disse il dragone assumendo la sua forma umanoide: un uomo anziano dalle lunghe orecchie - simili quelle di un elfo - e ammantato di una cappa marrone scuro.
Si mise in posizione di guardia allargando le gambe e abbassando il baricentro, il tutto mentre portava un braccio in avanti e l’altro dietro la schiena.
<< Anche se non significa molto, voglio tu sappia che non ho alcun odio nei tuoi confronti. >>
Non era la prima volta che l'asgardiano incontrava un drago, e non era la prima volta che ne vedeva uno assumere sembianze umanoidi. Molti secoli fa ne aveva conosciuto uno di nome Fafnir. Erano molto simili, ma quello che aveva davanti non gli era familiare. Aveva detto di chiamarsi Grugaloragran, e questo nome gli era nuovo. Non poté fare a meno di notare le sue orecchie elfiche e, istintivamente, pensò si trattasse di un elfo mutato da qualche magia vanir.
Il tono della sua voce faceva trasparire forza, saggezza e rispetto, dunque il Tonante lo avrebbe ricambiato.
<< Nemmeno io provo odio per te, drago, per questo ti invito a dipartirti e a lasciarmi passare. I miei compagni di battaglia sono in pericolo e hanno bisogno del mio aiuto. Lasciami passare, cosicché io possa prestare loro soccorso. >>
<< Non mi è possibile accontentarti. Il mio popolo è sopravvissuto grazie all'elemosina del Maestro, offerta in cambio dei miei servigi. E ora tra i miei doveri c'è anche il doverti eliminare. Combatti al tuo meglio, perché Grugaloragran non si tratterrà >> avvertì il drago, muovendosi talmente veloce da sparire dalla vista di Thor, finché non riapparve a lato della sua testa per tentare un calcio avvolto da fiamme scarlatte.
Il biondo guerriero si sorprese di quella mossa così fulminea. Essendo la divinità del tuono e del lampo era capace di spostarsi a velocità ipersoniche e anche di poter percepire movimenti tanto veloci, ma quella era la prima volta che qualcuno riusciva ad eluderlo in quel modo.
Bloccò il suo calcio con il martello, ma fu una mossa pressoché fortunata e la forza del contraccolpo fu tale da allontanarlo di qualche metro. Si ricompose immediatamente, accorgendosi che il suo avversario era qualcuno che non poteva sottovalutare.
Senza tergiversare un solo istante, contrattaccò caricando il proprio martello e lanciandolo contro di lui, ma in un momento di rara arroganza, il saggio drago ricoprì la mano di una strana energia turchese e sferrò un pugno al martello poco prima che questo lo colpisse. Si sentì un forte boato, il cui urto ricordò quasi quello del rombo di un tuono, e il vecchio venne scaraventato indietro di diversi metri; la potenza di quella collisione fu tale che anche alcuni degli altri combattenti poterono avvertirla.
L’elfo dai capelli bianchi riuscì però a rialzarsi e rivolse gli occhi al dio. Come sospettava, Thor era molto più forte e resistente di lui. Era chiaro che quella contesa non poteva essere risolta dall’utilizzo della forza bruta e dell’abilità in combattimento, ma solo dalla loro astuzia e velocità. Sarebbero state queste virtù a decidere l'esito della battaglia, dunque sfoderò le sue ali per muoversi attorno al rivale e scagliare dalla sua bocca delle autentiche palle di fuoco scarlatto.
<< Hai sottovalutato il potere di Mjolnir, drago >> dichiarò Thor, richiamando subito la sua fidata arma e deviando quanti più attacchi possibili << Questo maglio ha disseminato timore nei cuori di molti draghi nel mio mondo… ed esattamente come tutti loro assaporerai il suo tuono! >>
Lo alzò al cielo e si udì un forte rombo accompagnato dal fulmine, ed ecco che una delle ali di Grugaloragran fu bucata dalla prima folgore. Il drago cadde a terra, ma a parte un grugnito di dolore non riportò altri danni, e riuscì a schivare le saette successive, riatterrando ed eseguendo varie giravolte con una grazia ipnotica.
Mentre compiva la sua danza aerea, iniziò a cantilenare una preghiera rituale.
<< In nome della dea Elatrop evoco le antiche forze dell'universo, in nome della dea Elatrop evoco le antiche forze dell'universo... >> sussurrò, il tutto mentre le sue dita si trasformavano in artigli affilati.
Scattando verso Thor, si portò davanti al suo avversario e cominciò un serrato corpo a corpo con lui, schivando quando poteva e approfittando di qualsiasi buco trovasse nella guardia del dio. Decisamente il circolo del Maestro aveva avuto su di lui un'influenza anche peggiore di quanto si aspettasse.
Thor, nel mentre, fece del suo meglio per resistere ai colpi. La velocità del drago era drasticamente aumentata e ora faceva davvero fatica a vedere i suoi movimenti. Gli artigli del grande rettile penetravano le difese della sua armatura come burro, la sua carne veniva squarciata e il sangue zampillava a fiotti. Ogni volta che cercava di contrattaccare, Grugaloragran si teletrasportava nei suoi punti ciechi.
Thor ringhiò per il dolore e per la rabbia, spalancò le braccia e con un urlo di guerra evocò un enorme fulmine, abbastanza grande da avvolgere sia lui che il vecchio rettile.
Un'urlo di dolore rieccheggiò per l'intera zona mentre ogni singola cellula del drago veniva caricata all'inverosimile di energia elettrica. Resistendo a quell’agonia, l’antica bestia unì le mani davanti al petto di Thor, formando tra esse un'abbagliante sfera di fuoco.
Con l'ennesimo urlo, questa si allargò in un ampio cono di fiamme che avvolse il suo avversario in maniera non dissimile dal suo ultimo attacco, esplodendo in un terribile boato multicolore. Quando fu nuovamente possibile vedere i due contendenti, la casacca di Grugagloragran era stata quasi totalmente incenerita, mentre lui ansimava pesantemente. Con un ultimo grugnito, trasformò una delle braccia in un possente arto roccioso, mentre l'altra diventò un lungo tentacolo con ventose dentate.
A causa di quel potente colpo, Thor era finito scaraventato contro il fianco di una montagna; l'armatura superiore del corpo andò in pezzi, lasciando il petto scoperto e più esposto ai danni, con alcuni lembi di pelle bruciati dall'entità dell'esplosione. L’addome esposto presentava ancora i tagli degli artigli, ma il sangue aveva finito di colare grazie al suo corpo divino. Fu soddisfatto, poiché essi sarebbero diventati delle ottime cicatrici, le medaglie di un guerriero.
Si rialzò, pronto a combattere ancora, mentre assisteva alla nuova trasformazione della bestia.
<< È la prima volta dalla nascita di Battleground che Grugaloragran deve usare la sua abilità di cambiare forma in questo modo. Mio fratello Phaeris si sarebbe davvero divertito a combattere con te. >>
 << Se tuo fratello è forte quanto te, allora sarebbe stato un vero onore. Era da molti anni che non venivo messo alle strette in questo modo. I tuoi colpi sono potenti… se non forse anche più potenti del Gigante di Giada, mio amico nel vecchio mondo. Preparati, Grugaloragran, perché se è la gloria suprema che cerchi, allora Thor te la donerà! >>
L'intera zona, per diversi chilometri, si oscurò con nubi nere dalle quali fuoriuscivano lingue saettanti accompagnate dalla melodia dei tuoni, il tutto fu contornato dalla pioggia scrosciante.
<< Il cielo canta per noi, possente drago! Canta del nostro scontro e versa lacrime di pura estasi! Per Battleground! >> gridò il guerriero, tenendo ben saldo e Mjolnir e spiccando il volo a tutta velocità contro il drago.
La sensazione che l’antico saggio avvertì non fu molto diversa dal colpo ricevuto in precedenza. Il suo corpo aveva già avuto un assaggio del puro potere di Thor e ora lo poteva sentire permeare tutta l'aria che respirava e l'acqua che cominciò a lambire la sua pelle color pece.
Ringhiando come se fosse ancora nella sua forma draconica, il combattente ricoprì il tentacolo con un velo di fiamme e corse verso il suo nemico. I due impattarono uno contro l'altro e lo scontro generò un violento terremoto che risuonò per diversi chilometri.
L'onda d'urto generata spazzò via ogni traccia di piante, rocce e tombe nella zona, creando solo una gigantesca conca di terra. Il martello incrociò le fiamme solide in una prova di forza tale che le montagne iniziarono a franare. Quel testa a testa si concluse senza un vincitore, e la seconda onda d'urto li separò.
Thor caricò il martello col fulmine e lo scagliò, Grugaloragran lo schivò e lo colpì al viso con un fortissimo montante. Il dio reagì con pugno allo stomaco, richiamò l'arma e fece per colpirlo alla testa, ma l'avversario lo schivò, portandosi indietro.
Fatto questo, allungò la sua mano verso il petto del Time Warrior ed evocò una seconda sfera di fuoco che lo investì pieno… ma ecco che il Tonante, seppur con dolore, resistette all’impatto e lo colpì al mento col suo martello, facendolo allontanare di molti metri.
Rimasero ancora un attimo fermi a studiarsi, e la millenaria mente di Grugagloragran passò in pochi secondi ad elaborare numerosi piani e strategie. Uno scontro diretto col Tonante sarebbe stato inutile. Riprendere la sua vera forma lo avrebbe solo reso un bersaglio più facile, ma siccome la ritirata non era un'opzione, non poteva far altro che continuare ad attaccare… almeno finché gli altri componenti della spedizione non avrebbero concluso coi propri bersagli.
I suoi muscoli cominciarono quindi a gonfiarsi e la mascella si allungò, mentre riprendeva il suo reale aspetto, completando il processo con un fragoroso ruggito che avrebbe paralizzato la maggior parte dei guerrieri.
Thor rimase qualche secondo a mirare la sua forma draconica e ne rimase quasi affascinato, poiché solo pochissime volte un avversario gli aveva regalato simili emozioni. Tutto questo gli riportò alla mente i tempi antichi, in cui coi suoi compagni partiva per spedizioni in tutti i Nove Mondi, viaggi nei quali avevano affrontato pericoli e bestie di ogni tipo, anche i draghi. Lui in compagnia di Sif, Balder, i Tre Guerrieri e… sì, anche di Loki.
Anche se i suoi pensieri furono rivolti al fratello, per una volta non ci badò, concentrandosi solo sulla gloria di quella visione.
Con voce fiera gli parlò: << E così è questo il tuo vero aspetto, Grugaloragran, il tuo vero io. Hai quindi deciso di onorarmi mostrando finalmente la tua vera natura e imponenza? >>
<< È la mia migliore possibilità di sopravvivere >> rispose semplicemente il drago, camminando lentamente fino al principe asgardiano e guardandolo coi suoi enormi occhi bianchi << E ti ringrazio… perché sono anni che Grugaloragran non si sentiva così vivo. >>
La gioia e la gloria furono presto sostituite da tristezza e amarezza. Senza distogliere lo sguardo dal suo imponente avversario, gli mostrò i suoi occhi colmi di dolore per quel triste fato che aveva deciso di colpirlo.
<< Dimmi perché, Grugaloragran? >>
Sebbene la voce di Thor riflettesse il suo stato d’animo, non aveva perso il tono di rispetto. Quell’anziano drago non necessitava di compassione o pena, ma solo di ammirazione.
<< Dimmi perché un essere di sì fatta forza e valore combatte al fianco del Maestro? Perché metti il tuo indomito onore al servizio di un tale codardo? È uno spreco dei tuoi doni. >>
Lui chiuse gli occhi ed eruttò uno sbuffo di fumo nero dalle narici, pensando ai suoi simili che avevano perso la vita prima che concludesse il suo accordo col Maestro. << Sebbene detesti la cosa, il Maestro è diventato un ingranaggio fondamentale nella sopravvivenza di Battleground e di noi tutti. Ci fossimo incontrati in circostanze diverse, Grugaloragran ti avrebbe detto di più, ma gli è stato proibito di rivelare oltre. >>
Thor abbassò il capo, privo di speranze. Non era una questione di corruzione, di ostaggi o devozione, era per la salvezza. Il Maestro teneva in pugno i draghi suoi simili e non poteva fare altro che obbedire. Non poteva dargli torto, poiché anche i suoi fratelli asgardiani erano costretti a servire Loki, e ribellarsi sarebbe stato solo controproducente.
L'unica speranza era obbedire... e attendere.
 << No, Grugaloragran, se ci fossimo incontrati in circostanze diverse saremmo potuti essere grandi amici. È inutile che io ti proponga di venire col Dottore, poiché il Maestro farebbe soffrire il tuo popolo. Non abbiamo altra scelta, quindi... >>
Si allontanò da lui di qualche metro e sollevò il Mjolnir appena sopra la testa, mettendosi in una posa di guardia.
<< Riprendiamo il nostro scontro, onorevole anziano… e che gli Dei Antichi ci guardino e benedicano la nostra battaglia. >>
<< E che i bardi delle epoche future ne cantino per i secoli a venire >> concluse il signore dei draghi, inchinandosi rispettosamente davanti a Thor.
Fatto questo, alzò il busto con gli stessi riflessi mostrati nella sua forma umana, preparando una fiammata che nulla aveva da invidiare al più grande vulcano di Battleground, per poi abbatterla sul Tonante senza la minima pietà.
Quella vampata di fuoco era tanto grande da annientare un’intera città, ma Thor non si scoraggiò e tenne stretto il manico di cuoio del suo martello con entrambe le mani. Lo sollevò e lo abbatté contro le fiamme con tutta la forza di cui era capace.
Il fuoco si scontrò contro il duro metallo del Mjolnir in una prova di resistenza titanica. Il dio piantò saldamente i piedi a terra, spingendo con tutte le sue energie. Dal maglio scaturì un gigantesco fulmine che fece indietreggiare la fiamma, e ora quella lotta si era trasformata in una prova di resistenza tra elementi: cosa avrebbe prevalso? Il fuoco o il fulmine? Entrambi i contendenti lanciarono un grido che riecheggiò per tutta la zona, e i due attacchi esplosero in un ciclopico fungo di fumo nero, cenere e lapilli.
La forza esplosiva fu tale da scaraventare Thor e Grugaloragran a diversi chilometri di distanza l’uno dall’altro. Il drago perse i sensi per una frazione di secondo, ritrovandosi al risveglio sotto diverse tonnellate di roccia… e stava sanguinando. I colpi dell'avversario avevano scalfito le sue scaglie. Ringhiando, circondò il proprio corpo con un'ondata di energia e riuscì a liberarsi.
Anche il Tonante rimase incosciente per qualche secondo. Il suo corpo non aveva mai subito tante ferite e il pensiero di avere nuove cicatrici lo allietava, specie se a infliggergli quelle medaglie era stato un avversario di tale valore. Si accorse di un’ombra sopra di lui e, alzando lo sguardo vide l’immenso corpo di Grugaloragran, ora trasformato in un enorme golem.
Non perse altro tempo e protese le braccia in avanti per evitare di essere schiacciato. Quando la schiena del colosso impattò su di lui, Thor dovette fare appello a tutta la sua forza per non finire schiacciato. I suoi piedi stavano sprofondando nella roccia sottostante, ma riuscì comunque a fare leva con le gambe e alzò di più le braccia.
Le vene dei suoi grandi bicipiti si gonfiarono, i nervi scricchiolarono e l’adrenalina circolò in tutto il suo corpo, conferendogli nuova forza e vigore. Con un altro urlo di guerra riuscì a sollevare la bestia e a farla cadere.
L’impatto del colossale corpo sul suolo generò un terremoto, e Grugaloragran si ritrovò ancora una volta sorpreso dal l'incredibile forza dell'Aesir. Per un attimo, si chiese se Odino non fosse riuscito a passargli un po' del proprio potere prima di morire. Tuttavia, dovette subito scartare questa ipotesi.
La Forza di Odino, il mistico potere che plasmava la realtà del mondo, nulla aveva a che fare con quella lotta epica. Non vi era dubbio alcuno, la forza che scorreva nei pugni di Thor e nel suo maglio era tutta naturale, poiché lui era il guerriero più forte e valoroso di tutta Asgard, ed era questo il vero potere di un dio.
Un drago contro un dio… Grugaloragran non poteva aspirare a gloria più grande. Gli dei del suo mondo erano misteriosi, antiquati e poco propensi ad interessarsi del mondo umano, troppo egoisti per pensare ai propri figli, ma non Thor… lui era diverso, lui era quello che avrebbe riconosciuto formalmente come divinità.
Ricompostosi, il gigante cercò di formare nuovamente dei tentacoli per afferrare il Tonante, ma si ritrovò invece nella sua forma naturale. Stava cominciando a indebolirsi, poteva solo finire tutto con un colpo ravvicinato… a costo di uccidersi assieme a Thor.
Il drago inspirò profondamente e chiuse la bocca, gonfiandola sempre più mentre si alzava in volo, agitando la coda per creare grossi nuvole di polvere.
L'Aesir era agli sgoccioli. Ormai aveva capito che il prossimo colpo sarebbe stato l'ultimo e avrebbe dovuto dare il tutto per tutto per poterlo contrastare. Contro Grugaloragran non poteva permettersi di trattenere i suoi colpi. Il suo avversario era tra i più valorosi mai affrontati… e mai avrebbe osato insultarlo offrendogli meno della sua piena potenza. Quel drago era degno di misurarsi contro la sua vera forza, lo meritava.
Ringraziò le Norne per aver messo sul suo cammino un simile avversario, perchè questa lotta sarebbe stata incisa sulla dura pietra della sua saga…un’opopea che gli scaldi avrebbero cantato per sempre nelle Sale Dorate. Ma quello non era il tempo per sognare. Quella canzone doveva giungere al termine… e lui l’avrebbe onorata nel miglior modo possibile.
Impugnò la stringa di cuoio sul manico del Mjolnir e lo fece vorticare per dissipare la polvere, dopodiché assorbì un fulmine al suo interno, caricandolo al massimo.
Il suo avversario approfittò subito del tempo che la sua piccola distrazione gli aveva offerto, aprendo le fauci per ingoiare il potente guerriero. Egli stesso detestava quello stratagemma degno al massimo di una preda, ma non aveva altra scelta.
Le zanne della creatura si chiusero su Thor, la cui pelle fu quindi sommersa da fiamme non meno calde di quelle sputate poco prima, mentre il drago si dimenava all'inverosimile. Esse si scontrarono sia con l'incredibile vitalità di Thor che col fulmine da lui evocato, risultando dopo pochi minuti in una devastante esplosione che costrinse Grugaloragran ad aprire la bocca. L'enorme creatura non poté che sputare il Tonante, ricoperto da una bava molto simile a pece bollente. Il corpo del dio rotolò a una ventina di metri di distanza e si accasciò a terra, incapace di qualsiasi altro movimento.
Dopo quello che sembrò un tempo interminabile, l’asgardiano si risollevò da terra osservò il corpo di Grugaloragran inerme. Camminò verso di lui, e ogni passo gli procurò dolore a causa delle ustioni e delle ferite. Appena fu vicino, appoggiò una mano sul suo muso.
<< Non so se puoi sentirmi, potente drago… ma io ti ringrazio. Ti onoro, Grugaloragran e te lo prometto... ti aiuterò a salvare il tuo popolo. Questa è la promessa di Thor di Asgard, il suo giuramento. Non dovrai più soffrire, e farò sì che un giorno le valchirie possano scortarti nella Grande Sala, dove io ti accoglierò a braccia aperte come un amico... un compagno. Combatteremo ancora uno contro l'altro come veri fratelli, insieme innalzeremo cornucopie dorate e intoneremo le canzoni della nostra saga, in modo che tutti gli eroi di Valhalla sappiano di Grugaloragran, del primo drago che abbia mai messo piede in quelle sale. Del primo drago che ha mostrato a un dio di che pasta è fatta una vera leggenda. >>
Nel dire quelle parole i suoi occhi cominciarono a inumidirsi. Gocce salate di commozione, devozione e tristezza caddero ai suoi piedi, tutte rivolte al triste fato di quel valente guerriero, costretto a porre il proprio valore al servizio di un verme.
<< Ti ringrazio, figlio di Odino >> disse la vecchia e stanca voce di Grugagloragran mentre alzava lo sguardo per scrutare negli occhi quell'incredibile combattente << non potrei chiedere di meglio che trascorrere l'eternità assieme ai guerrieri di cui tu sei il più grande esponente. Ora fai il tuo dovere… e liberami dalla mia vergogna. >>
<< Nessuna vergogna, potente drago, non sminuirti. La colpa non è tua, e chiunque avrebbe agito allo stesso modo nella tua situazione. Devi vivere, Grugaloragran… devi vivere per i tuoi compagni e il tuo popolo. Non è giunta la tua ora! Quando questa storia sarà finita, potrai abbracciare ancora i tuoi cari, e se mai siederò sul trono... io ti prometto che proteggerò il tuo popolo, e diventerete amici e protetti di Asgard. I draghi non dovranno più temere alcun male, e insieme potremo condividere sapienza e cultura. Molto abbiamo da imparare dai tuoi fratelli. >>
Si allontanò di un passo.
<< Ora riposa, grande titano, su questa terra maledetta che io benedirò con la pioggia. Un corpo tanto possente e valoroso non merita di sdraiarsi su una landa così tetra… meriti di meglio. >>
La pioggia continuò a cadere, ma stavolta con un ritmo più placido e ritmico, come se il dio stesse intonando una poesia. L’acqua lavò via le ferite dei due potenti guerrieri, rimasti l’uno accanto all’altro in religioso e rispettoso silenzio. La canzone del loro duello era finita, l’Aesir aveva trionfato, ed essa sarebbe stata incisa sulla pietra della sua saga, che sarebbe stata incorporata a sua volta insieme a quella di Grugaloragran. Di questo ne era sicuro.
Fece per allontanarsi… e fu allora che un proiettile di luce viola lo colpì in pieno petto, scaraventandolo contro un cumulo di rocce.
Il dio del tuono sentì qualcosa rompersi dentro di sé, a cui seguì un fischio acuto nelle orecchie. Quando sollevò la testa, si ritrovò a fissare nei freddi occhi scarlatti di una figura molto familiare.
<< Be', è stata sicuramente una scena molto commovente >> disse una voce che l’asgardiano avrebbe potuto riconoscere anche tra mille altri suoni << Ma se è una fine degna che cerchi, figlio di Odino…ti assicuro che Megatron di Cybertron non ti deluderà! >>





Dum, dum, duuuuuuuuuum!
E così si chiude la prima parte di questa battaglia.
Per i personaggi che non sono comparsi nel capitolo, non preoccupatevi... avranno modo di rifarsi nel prossimo!

 

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Capitolo 34
*** Capitolo 30 - La Battaglia di Trenzalore: Parte 2 ***


Eccoci qua! Molto in ritardo, ma quest'anno siamo stati tutti davvero impegnati, quindi spero che nel vostro cuore da lettori troverete la forza per perdonarci. 
Per il prossimo capitolo cercheremo di aggiornare entro un mese al massimo! Non facciamo promesse, ma ci impegneremo per rispettare la scadenza.
E ora... vi auguriamo una buona lettura!




Capitolo 30 - La Battaglia di Trenzalore: Parte 2



La bestia scattò fulminea, i denti aguzzi snudati e gli artigli sfoderati, tutto nella sua direzione. Non fosse stato per la scarica d’adrenalina che l’aveva attraversato una volta investito in pieno dal ruggito, Royal Noir sarebbe morto.
Si tuffò di lato con le braccia in avanti per attutire il colpo sul terreno, solo per avvertire l’orrida pressione dei denti acuminati affondati nel suo mantello, e lo strattone conseguente. Fu costretto a voltarsi, e vide così la creatura nella sua interezza.
Fu come ritrovarsi in un deja vu, un incubo reale al punto da poter percepire chiaramente il cuore scoppiare di paura. Non riusciva a crederci. Non poteva essere vero. Non poteva davvero esserci un altro dinosauro geneticamente modificato.
Aveva intuito lo fosse per via del suo scontro con l’Indominus Rex a Gongmen. Come si poteva dimenticare una follia del genere e poi non riconoscerla? Anche se riconoscere non era il termine più esatto: quella cosa non era l’Indominus Rex, era completamente diversa, ma aveva chiaramente qualcosa a che fare con essa. Tanto per cominciare, le escrescenze cornee sul capo ritte all’indietro come pseudo piume crestate, e i rossi occhi infernali.
Ma per il resto, per quanto ricordava dai suoi studi, aveva praticamente il corpo di un Utahraptor, un’antichissima specie di raptor alta almeno due metri, con la sottile differenza che questo era più robusto, dalle zampe anteriori più lunghe e vigorose con quattro dita, una orrendamente simile ad un pollice opponibile; la coda altrettanto lunga era affusolata, letteralmente dal momento che terminava con un lungo artiglio uncinato e, al contrario dell’Indominus Rex, era nero come la pece, con una striscia gialla ad attraversargli lateralmente entrambi i lati del corpo.
Giallo e nero. In natura, quei colori combinati significavano pericolo mortale, ammesso che si potesse considerare naturale un essere del genere.
Orripilato, terrorizzato e confuso, fu solo grazie alla tempra forgiata dagli allenamenti che Royal reagì prontamente: creò un lampo di luce verde e strappò il mantello in due, lasciando spirali di fumo verdastro nelle fauci bavose del mostro; estratto l’arco, creò delle frecce e mirò dritto alla carne del naso e della mascella, approfittando di quell’attimo di distrazione.
Non si fermò ad osservare il colpo andato a segno, né tutto il resto; ogni muscolo del suo corpo, ogni angolo del suo cervello, completamente assuefatti dalla sensazione di pericolo mortale, era come se gli urlassero a gran voce: “SCAPPA!”
Riprese a correre con tutta la forza che aveva nelle gambe, non osando neppure voltarsi a guardare, mentre l’eco dei ruggiti rimbombava nelle sue orecchie e in tutto il territorio circostante. Ad un certo punto, il terreno gli mancò sotto i piedi e cadde a terra, scivolando lungo una lunghissima duna di sabbia in discesa, che lo condusse verso un orizzonte nuovo di cui era la sola entrata: un’intera distesa sabbiosa, una conca circolare disseminata da rocce acuminate, alcune sparse, altre formanti un complesso orizzontale del tutto collegato.
Quando la sabbia si portò in linea retta, il ragazzo rotolò per qualche metro e si bloccò con la pressione dei palmi e delle ginocchia, piantandosi e poi risollevandosi. Ma ecco che l’eco di un altro ruggito lo scosse, e di nuovo le gambe lo fecero sfrecciare via.
Puntò una delle rocce fuoriuscenti dal terreno, una delle più alte e riparate. La raggiunse e ci si accucciò dietro, stringendosi l’arco al petto, dal quale il cuore batteva talmente forte in contemporanea al fiato fattosi corto per la paura. Cercò di prendere dei respiri lenti per calmarsi e regolarizzare la pressione, ma non era facile.
All’esterno, l’Indoraptor cominciò a seguire la traccia olfattiva lasciata dall’arciere. Il puzzo di sudore misto a sangue gli penetrò nelle narici sotto forma di invitante aroma, così il cervello del carnivoro elaborò subito quelle informazioni per creare una mappa mentale del percorso da seguire. Abbassò il muso a terra e lo strusciò contro il terreno arido, accompagnato dal ticchettio degli artigli a falce che picchiettavano terra.
L’adolescente, una volta stabilizzatosi, era in allerta. La bestia era lì, la sentiva. La sentiva tastare il terreno per tentare di captare dove si nascondeva, e la sentiva avvicinarsi.
Il suo cervello cercò di elaborare al volo la strategia migliore. Muoversi ancora era compromettente: se doveva tenere conto del fatto che con ogni probabilità era davvero per metà raptor, allora il suo olfatto era sopraffino e lo avrebbe scovato comunque, anche se si fosse allontanato. Doveva attaccarlo sulla distanza e indebolirlo il più possibile.
E difatti, la creatura puntò dritto verso l’anfratto nel quale si era nascosto. Quando lo vide saltare sopra la roccia e la sua ombra sovrastarlo, Fire agì: scoccò e colpì dritto al ventre e sopra la cassa toracica, lì dove avrebbe dovuto essere il cuore, o almeno sperava fosse lì.
Il proiettile colpì l’animale in pieno… e fu allora che accadde qualcosa di decisamente inaspettato. La freccia sembrò infrangersi contro qualcosa di invisibile, poco prima di potersi conficcare nella pelle squamosa del rettile. Seguì una specie di GONG! a cui si unì un lampo di luce rossa che avvolse l’Indoraptor nella sua interezza.
Il giovane spalancò gli occhi per la sorpresa: avrebbe potuto riconoscere quel fenomeno ovunque. Lo aveva attentamente studiato nei giorni che aveva passato a Renmant, poiché costituiva un aspetto fondamentale degli abitanti di quel pianeta: l’Aura, un campo di forza che poteva essere usato dai Cacciatori e dai Grimm per proteggersi dagli attacchi e guarire le ferite più rapidamente.
Questo dinosauro, qualunque cosa fosse… aveva un’Aura! E lui si era appena scoperto.
L’Indoraptor abbassò lo sguardo verso di lui e arricciò il muso in quella che sembrava a tutti gli effetti un sorriso maligno. Era inquietante e spaventoso osservare quanto quel muso squamoso potesse avere una tale espressività, ma soprattutto che potesse manifestare l’impulso umano di sorridere.
La bestia scattò verso il basso con la bocca spalancata e gli artigli divaricati con l’intenzione di ghermire l’arciere. Quest’ultimo saltò in alto più in alto che poté, usando parzialmente le ali per darsi più slancio: volare via da quello scontro era un’idea allettante, peccato che di sicuro c’erano ancora i Decepticon in giro nella loro forma di veicoli volanti. Sicuramente avrebbero potuto localizzarlo e abbatterlo a vista se avesse osato avventurarsi in cielo, inoltre non aveva garanzie che questo gli avrebbe effettivamente permesso di ritrovare la strada o anche solo qualcuno dei suoi compagni: non per niente avevano discusso interamente del fatto che nessuno di loro sapeva cosa aspettarsi da quel pianeta infernale.
Poi c’era un altro fattore. Il TARDIS. Non poteva scappare via e abbandonare la missione. Doveva trovarlo, anche se era da solo doveva almeno provarci. Era di vitale importanza, c’erano in gioco le sorti dell’universo stesso.
No, non sarebbe scappato. Sarebbe uscito da quella situazione combattendo.
Sfruttando lo slancio aereo, stavolta mirò alla roccia sul quale il dinosauro era appollaiato per disintegrarla e farlo cadere a terra.
Purtroppo l’Indoraptor fu più rapido: saltò su un crinale poco vicino con un unico e rapido balzo. Fatto questo, puntò il muso verso il Time Warrior, aprì la bocca… e una vampata di fuoco sparò dritta contro di lui, proiettandosi come l’esalazione di un lanciafiamme.
Stupefatto, il ragazzo si gettò in picchiata, evitando il tutto per un soffio. Scese di nuovo a terra, le ginocchia piegate, nello stesso istante in cui la creatura faceva un balzo e gli si lanciava addosso. Non avendo il tempo di spostarsi ancora, alzò l’arco con entrambe le mani e sopra di esso generò un largo scudo di energia verde con cui attutì l’impatto.
Il dinosauro non demorse e menò una serie di rapidi fendenti con le zampe anteriori: ogni qualvolta i suoi artigli intaccavano la protezione, ecco che scintille verdi si riversavano a terra come tante gocce di pioggia radioattiva. Dopo forse il quinto e sesto colpo di zampa, l’animale riversò un’altra fiammata addosso al Vigilante, distruggendo l’arco ma non lo scudo di energia che quest’ultimo aveva proiettato.
Il giovane fu costretto per un istante a retrocedere sotto la pressione del fuoco, poi sollevò una mano e scatenò un fortissimo lampo che accecò gli occhi della creatura, e stavolta toccò ad essa indietreggiare tra i ruggiti di dolore.
Allora Royal ne approfittò per correre di nuovo verso la distesa di rocce e strisciò sotto di essa per allontanarsi il più rapidamente possibile.
Era nei guai. Quell’affare sputava fuoco e aveva l’Aura per proteggersi: questo implicava che il suo piano iniziale di attaccare dalla distanza avrebbe funzionato, sì, ma doveva applicarlo molto rapidamente e con costanza, in modo da sopraffare l’Aura e farla cedere.
All’improvviso, smise di strisciare e si bloccò di colpo con le mani nella sabbia.
Provò un’improvviso capogiro e dovette fare appello a tutta la forza che aveva in corpo per non vomitare. Seguì un forte mal di testa, che però durò solo pochi secondi.
Che diavolo era stato? Un calo di forze? No, non era possibile, aveva fatto tutti i dovuti controlli prima di partire, maledizione. Forse Vader stava cercando di riaprire il loro collegamento mentale? Ma prima non aveva provato alcun dolore. O forse...
“So che sei ancora qui” sibilò una voce improvvisa dentro la sua testa “Riesco a sentire il tuo odore… il tuo respiro… il battito del tuo cuore. Dove sssssei, piccolo umano?”
Il cuore gli balzò in gola e lì rimase fermo per qualche istante, paralizzandolo, mentre incontrollatamente un angolo della sua mente si dilatava e la comprensione lo colpiva come una secchiata d’acqua gelida.
Quella cosa. Era quella cosa! Aveva l’Aura, sputava fuoco… e parlava!
No, si corresse subito. Questo era diverso. Quello era palesemente un contatto telepatico. Gli aveva trasmesso i suoi pensieri direttamente all’interno della sua mente, anzi, lo aveva fatto di forza, come Vader la prima volta in cui l’aveva attacco psichicamente.
Ma stavolta Fire non lo aveva fermato. Lo aveva completamente colto di sorpresa. E in aggiunta, c’era qualcosa di pericoloso in quella voce... era come una sostanza dolciastra che si insinuava negli angoli della sua mente rilassandola pericolosamente, cercava di indurlo a rispondere, a ricambiare quel contatto.
Scosse forte il capo e si appoggiò con la schiena alla parete, imponendosi la resistenza.
“Coraggio… non essere timido” continuò la bestia, mentre si sollevava sulle zampe posteriori e riprendeva ad annusare l’area circostante “Esci allo scoperto e affronta la tua morte!”
Ma il ragazzo si rifiutò anche solo di pensare ad una risposta. La possibilità che quella creatura riuscisse a localizzarlo erano già troppo alte, non poteva assolutamente rischiare. Doveva resistere.
L’Indoraptor strinse gli occhi, mentre l’eco dei suoi artigli picchiettanti risuonava dal terreno.
“Sento la tua paura, piccolo umano” sibilò ancora nella sua mente “paura per la tua vita… e per coloro a cui tieni. Non puoi nasconderti da me… e non puoi nascondermi ciò che provi.”
Il Vigilante trattenne a stento un sussulto. Era come se quelle parole, risuonandogli in testa e sconvolgendolo, si stessero solidificando, rendendogli la testa pesante e ciondolante, una debolezza che minacciava di propagarsi in tutto il corpo e di costringerlo a terra.
E la cosa peggiore era percepire il predatore che inesorabile si avvicinava alla preda resa inerme...
“No!”
Così stava cedendo, si stava lasciando andare. Non poteva farlo... non voleva. Detestava quella sensazione, quella di essere un uccellino che stava per essere docilmente avvolto nelle spire mortali del rettile predatore.
Strinse i pugni, e ancora una volta, l’istinto ebbe il sopravvento: serrò le palpebre e poi le riaprì di scatto, gli occhi illuminati di luce verde.
“Stai indietro.”
Percepì la propria mente ergere il proprio scudo, metterlo in mezzo, dinnanzi a quella serpe sibilante che gli strisciava nella testa e ricacciarla indietro con un colpo.
Fu allora che il dinosauro gli comparve davanti, sorridendo con quel suo ghigno malevolo e tutto denti. Era stato troppo lento… era riuscito a trovarlo.

                                                                                                                                  * * * 

I vari scontri avevano avuto effetti considerevoli sull'ambiente circostante, in particolare quello tra Thor e Grugaloragran, i cui echi potevano essere uditi perfino dalla posizione di Accelerator; il ragazzo non sapeva con precisione chi stesse generando quel caos, ma dal rumore dei tuoni e dalle nubi nel cielo era chiaro che l'asgardiano era coinvolto.
La sua posizione era ignota, attorno a lui c’erano solo lapidi di pietra e statue che richiamavano la religione cristiana. Il vuoto e il silenzio la facevano da padroni.
Era difficile poter vedere qualcosa attraverso quella coltre tenebrosa, ma l’esper non se ne preoccupò più di tanto. Aveva vagato in luoghi molto più oscuri…come le viscere del laboratorio da cui era fuggito.
Camminò lento e pacato per quella distesa di lapidi, accompagnato solo dal fruscio dell'erba e dal rumore che dei suoi passi. Mentre il suo sguardo vagava alla ricerca del TARDIS, un altro tuono ruppe la quiete di quel luogo e un lampo rischiarò la zona per pochi secondi.
Ad Accelerator parve quasi di vedere qualcosa nascosto tra le lapidi e le colonne, ma presto la liquidò come un semplice gioco di ombre e continuò ad avanzare.
Camminò per qualche minuto, sentì un fruscio dietro di sé e si girò immediatamente, temendo un pericolo. Invece trovò solo… una statua. Più precisamente, un angelo con il volto coperto dalle proprie mani.
<< Ma che diavolo... non c'era, prima, ne sono sicuro. Che cazzo sta succedendo?  >> si chiese.
Non gli piaceva quel posto. C'era qualcosa di davvero strano e inquietate. Forse un'illusione per nascondere il TARDIS?
Saggiamente scelse di aumentare la potenza della propria Reflection. Camminò qualche metro in avanti e poi... si bloccò... completamente rigido. Si sentì un rumore di carne squarciata e dalla bocca del ragazzo cominciò a uscire un rivolo di sangue.
Guardò in basso e vide che il suo stomaco era stato lacerato da una mano di pietra. Voltò la testa… e scoprì che il colpevole era la stessa statua di angelo che aveva intravisto poco prima… solo che stavolta aveva il viso scoperto. La faccia era una macabra maschera da predatore, corrucciata da due occhi crudeli e da una bocca irta di denti aguzzi.
L'esper fece un balzo all’indietro e si tenne la ferita per fermare l'emorragia.
<< Come... cazzo è possibile? Avevo attivato la... >>
Non era quello il tempo per le domande, stava perdendo troppo sangue. Pensò velocemente ad una soluzione, ovvero utilizzare i suoi poteri per manipolare i vettori del proprio corpo. Non lo aveva mai fatto prima d'ora, perché in fondo non ne aveva mai avuto bisogno. Non era nemmeno sicuro che avrebbe funzionato, tuttavia… era logico supporre che, alterando i suoi meccanismi biologici interni, sarebbe stato possibile fermare l'afflusso di sangue all'esterno e velocizzare il processo di cicatrizzazione.
Non era difficile, bastava solamente riparare l'organo danneggiato manipolando i vettori delle cellule - in modo che lavorassero più velocemente alla ricostruzione dei tessuti - riparare i vasi sanguigni e accelerare la proliferazione del derma e dell'epidermide, così da formare una piccola cicatrice che lo salvasse del tutto dalla morte per emorragia violenta.
C'era solo un piccolo problema: l'angelo.
Accelerator notò come la statua non si stesse muovendo dalla sua posizione. Non stava approfittando della sua debolezza per ucciderlo, era immobile!
“Ora non è il momento per pensarci” si rimproverò mentalmente, mentre abbassava lo sguardo verso la ferita. Ora c'era solo una poltiglia rossa che generava cerchi concentrici. Era riuscito a rimarginarla!
Adesso che aveva più libertà di movimento… poteva concentrarsi sull'angelo. 
Nonostante lo stesse fissando, questo non accennava a muoversi, sembrava davvero una statua. Provò a lanciargli un sasso contro e questo impattò contro la superficie rocciosa… ma la creature rimase completamente immobile.
<< A questo punto non mi resta che analizzarlo >> borbottò.
Si alzò da terra e camminò verso di lui, sebbene la ferita gli facesse ancora molto male. Posò una mano sulla dura pietra e cercò di analizzarne i vettori per comprendere la sua struttura molecolare… ma non servì a niente.
“Impossibile!” pensò con un ringhio “Dovrei riuscire a comprendere i suoi vettori eppure... sembra non averli, o per meglio dire, sono estranei. I suoi vettori esulano dalla scienza, ma come cazzo è possibile!?”
Si allontanò da lui provò a dargli le spalle… ma ecco che un sonoro scricchiolio risuonò dietro di lui. Si voltò di scatto: la statua si era mossa!
Accelerator cominciava a capire: l'angelo poteva muoversi solo quando la vittima perdeva il contatto visivo con lui! Fintanto che lo guardava, non avrebbe avuto alcun problema. 
Per prima cosa cominciò a modificare i vettori delle proprie cellule per riparare i tessuti dello stomaco danneggiato, richiuse i vasi sanguigni e cicatrizzò la pelle senza mai perdere di vista la statua. Un problema era risolto… ora non restava che annientare quella statua.
Scartò subito l’idea di disintegrarla con un colpo. Tuttavia, sebbene quella cosa esulasse dalla scienza… non si poteva dire lo stesso dell’ambiente circostante. Batté il piede a terra e generò una profonda buca sotto l’angelo. La creatura non mostrò né rabbia né sorpresa e cominciò a precipitare nell’oscurità, scomparendo alla vista dell’albino.
<< Fin troppo semplice >> disse a sé stesso, per poi ritornare sui suoi passi.
Camminò per qualche metro e sentì una sensazione spiacevole lungo tutto il corpo. E per la prima volta da quando aveva messo piede al di fuori di quei laboratori… provò una certa paura. Senza pensarci troppo, si voltò di scatto e quello che vide lo fecce indietreggiare con un balzo spaventato: l’angelo era a pochi passi da lui, con il viso deturpato da un’espressione sinistra e orrida.
<< Come... come cazzo ha fatto a uscire!? Ero sicuro di aver scavato abbastanza in profondità! Dovrebbe essere capace di correre e arrampicarsi? Tch! >>
Batté di nuovo il piede per terra e spiccò un grande balzo in aria con l’unica intenzione di allontanarsi da quella “cosa”. Tuttavia, prima che potesse atterrare, sentì un tremendo dolore alla schiena e cadde dal cielo, schiantandosi al suolo con un violento tonfo.
Ora la sua pelle era solcata da profondi tagli simili ai graffi di un animale selvatico… e davanti a lui stava ancora quella dannata creatura.
<< Può… può anche volare? >> gracchiò << Mi state prendendo per il culo? >>
Cominciò a cicatrizzare i graffi col suo potere senza perderlo di vista.
“Non posso distruggerlo… né imprigionarlo… e nemmeno seminarlo dall’alto! Come posso combattere un affare del genere?”
E mentre rifletteva su come neutralizzare il suo nemico, un’ennesima ferita gli venne inferta sul fianco. L’albino si voltò di scattò… e vide un secondo angelo che gli sorrideva malignamente.
Schioccò la lingua. Non aveva considerato la possibilità che ce ne fossero di più! Doveva trovare una soluzione… e al più presto.
Ebbe appena il tempo di completare quel pensiero, poco prima che una delle creature lo spedisse di forza contro una colonna, spezzandola in due.

                                                                                                                                                  * * * 

Angel vide Soundwave e Shatter sfrecciare verso l’alto, lasciandosi dietro una scia di carburante. Forte delle sue ali di Soleano Blu, fece un balzo e spiccò il volo, intenzionato a seguirli.
Ben presto, i cieli di Trenzalore rimbombarono nei clangori di una nuova battaglia. Con la visibilità ridotta delle nubi, il rosso non poteva individuare i suoi assalitori… ma riusciva comunque a percepirne la presenza grazie all’Haki dell’osservazione. Sfortunatamente per lui, sia Shatter che Soundwave erano memori di numerosi scontri aerei e sapevano bene come comportarsi per affrontare un avversario a quella quota.
Dapprima, la femme della coppia sbucò da una coltre di vapori e puntò dritta verso Angel, il braccio destro sollevato e pronto ad infilzarlo con la sua lama. L’adolescente fu rapido ad intercettare il colpo con la lancia, e il rumore delle due armi che cozzavano si mescolò al riecheggiare di un tuono.
Il lampo illuminò l’oscurità del campo di battaglia, mentre Angel faceva pressione sulle braccia e spingeva indietro la Decepticon… solo per essere colpito alle spalle dal suo secondo avversario. Soundwave strusciò le sue braccia levigate contro la schiena del ragazzo, strappandogli ingenti pezzi d'armatura e lasciandosi dietro una coppia di scie scarlatte.
Il rosso strinse i denti e cercò di non pensare al dolore improvviso. Se non fosse stato per il Balance Breaker, a quest’ora sarebbe probabilmente morto!
Vide il Decepticon mutare in un aereo da guerra, poi di nuovo nella sua forma cybertroniana, mentre compiva una brusca virata e tornava all’attacco. Con i sensi completamente concentrati sul robot, Angel sollevò la lancia e si preparò a scatenare un altro attacco runico… ma ecco che Shatter sbucò sotto di lui, gli occhi ardenti e il viso metallico contratto da un ghigno vittorioso.
Sentendola arrivare, Angel ebbe giusto il tempo di spostarsi di lato, perdendo solo un ciuffo di capelli nel processo. Ma prima che potesse anche solo contrattaccare, Soundwave aprì il fuoco su di lui.
<< Attento! >> urlò Blue, piazzandosi subito tra il compagno e la raffica di proiettili.
Grugnì di dolore, ma la pelle corazzata fece il suo lavoro, proteggendolo dalla maggior parte dei danni.
Angel tentò di aiutarlo, e fu allora che Shatter cominciò a bersagliarlo con il cannone del braccio sinistro. Il primo proiettile di energia lo colpì, inviandogli potenti scariche in tutte il corpo e facendolo sbattere violentemente contro Blue, ma riuscì a intercettare il secondo attraverso uno scudo runico.
L’onda d’urto generata dal contraccolpo fu abbastanza forte da farli indietreggiare ulteriormente, eppure il ragazzo non demorse e riuscì a mantenere la protezione intatta.
Sia Soundwave che Shatter scattarono in avanti all’unisono. Mentre la spada della femme incontrò Gae Bolg, Blue sfruttò i suoi artigli per frenare le lame del braccio destro di Megatron.
I quattro combattenti si fissarono solo per un paio di secondi… e cominciarono a bersagliarsi con un una raffica di colpi.
La tempesta generata da Thor lasciò il posto ad una cacofonia di clangori, spari ed esplosioni, con il cielo grigio del pianeta si tingeva di giallo e azzurro. 
Mentre Angel e Shatter erano coinvolti in un serratissimo duello con le rispettive armi, Blue e Soundwave sembravano quasi una coppia di bestie impegnate in una rissa primordiale.
Dopo aver parato l’ennesimo colpo della Decepitcon, Angel strinse i denti e riaprì il collegamento mentale tra lui e il suo compagno.
“Non possiamo andare avanti così” ringhiò allo spirito “Le mie riserve di energia sono al limite… e i nostri avversari non sono creature di sangue e carne. Non si fermeranno fino a quando non saremo entrambi morti!”
“Allora cosa suggerisci?” chiese il drago, mentre si scansava di lato per evitare un affondo ad opera di Soundwave.
Angel conosceva già la risposta ad una simile domanda. Gli era rimasta solo una carta da giocare… e in cuor suo sperava che sarebbe stata sufficiente.
Dopo averlo rivelato allo spirito, entrambi i guardiani schizzarono verso l’alto e si portarono al di sopra dei rispettivi avversari.
Blue spalancò le fauci e scaricò un torrente di fulmini sulla coppia di robot, costringendoli a mettersi ai ripari.
Approfittando della distrazione, Angel chiuse gli occhi e distese le mani in avanti. Subito, una coppia di bolle luminose cominciarono a formarsi nei palmi aperti, scacciando l’oscurità della tempesta.
<< Santuario del Drago della Tempesta >> bisbigliò Angel.
Quello era il nome di una delle tecniche più potenti in possesso del Soleano. Un attacco che fino ad ora aveva riservato solo per i suoi avversari più insidiosi.
Il cielo attorno al gruppo di combattenti cominciò a cambiare. I sensori di Soundwave percepirono un improvviso sbalzò nei valori della tempesta. Le nubi divennero più pesanti… l’aria divenne satura del puzzo di ozono misto a scariche di elettricità statica… e il corpo di Angel fu avvolto da un intenso bagliore azzurro.
Anche Shatter percepì un cambiamento nell’aria e assunse subito una posizione difensiva.
Il loro avversario spalancò gli occhi. Il cielo sopra i due Decepticon mutò… e dalle nubi che li circondavano cominciarono a diramarsi enormi draghi luminosi. Sembravano quasi non avere peso, e nemmeno i sensori di Sounwave riuscivano a capire di quale tipo di energia fossero composti. Probabilmente magica, ma nemmeno di questo poteva esserne sicuro.
Le bestie calarono sulla coppia di cybertroniani, producendo un ruggito assordante. Si udì un forte rombo. Seguì un boato… e nulla più.
La terra sotto il campo di battaglia esplose in una nuvola di polveri e detriti. Quando cominciò a diradarsi, Angel vide che il suolo era diventato una massa informe e bruciante, con i due Decepticon proprio al centro del punto d’impatto. In qualche modo erano riusciti a sopravvivere, ma i danni che avevano subito erano stati piuttosto ingenti.
Anche a quella distanza, vide che Shatter aveva perso un braccio, mentre tutto il suo telaio era cosparso di graffi e ammaccature. Soundwave era messo sicuramente meglio di lei, ma il fumo che usciva dalle sue giunture non era affatto un buon segno.
Il rosso respirò pesantemente e planò fino al suolo. Quell’attacco aveva richiesto quasi tutta l’energia che gli era rimasta, e infatti l’armatura che componeva il Balance Breaker cominciò a dissolversi.
<< Come ti senti? >> chiese Blue, visibilmente preoccupato.
Angel cercò di lanciargli un sorriso fiducioso.
<< Un po’ ammaccato…ma penso di poter continuare per un altro po’ >> disse, tra un respiro e l’altro, cercando di recuperare il più velocemente possibile.
Nel frattempo, Soundwave stava facendo una stima dei danni subiti.
<< Condizione armatura: 40%. Energia residua; 30% >> commentò, impressionato da quanto quel colpo fosse riuscito a provarlo. In quanto ex gladiatore, non poteva che nutrire un certo rispetto per il loro avversario.
Shatter schioccò le mandibole metalliche.
<< Tre di noi… non sono stati sufficienti ucciderlo >> grugnì, cercando di rimettersi in piedi << E nelle condizioni attuali necessitiamo di rinforzi. >>
<< Negazione: impossibile. Gli altri componenti dello squadrone sono tutti impegnati con le loro prede >> l’avvertì Soundwave, mentre faceva una rapida panoramica dei suoi dintorni.
Shatter strinse i pugni e lanciò un’occhiata piena di odio verso Angel. Erano Decepticon, per l’amor di Primus! Soldati scelti capaci di mietere vittime di qualsiasi tipo, persino tra gli Asgardiani. Eppure… erano stati messi in difficoltà da un ragazzino appartenente a una razza praticamente estinta!
Mentre i quattro combattenti si valutavano a vicenda, un sonoro brusio risuonò sopra le loro teste.
<< Sembra proprio che necessitiate di un piccolo aiuto >> disse l’inconfondibile voce dell’Enigmista.
Subito, uno sciame di droni si frappose tra i due Cybertroniani e la coppia di Time Warriors, con le armi pronte a far fuoco.
<< Un po’ di assistenza sarebbe apprezzata >> commentò Shatter che, per una volta, dovette mettere da parte il suo orgoglio e accettare l’aiuto di un altro organico.
<< Bene >> fece soddisfatto il criminale << Ma devo avvertirvi che il signor Soundwave è richiesto altrove. A quanto pare deve occuparsi di una peste in particolare! Ordine diretto di Megatron. >>
Il Decepticon inclinò la testa, ma non oppose alcuna resistenza.
<< Richiesta: inviami le coordinate e mi recherò subito lì >> rispose con la sua voce monotona.
Shatter gli lanciò un’occhiata visibilmente stizzita.
<< Intendi abbandonare la battaglia? >> domandò con voce irritata.
La visiera di Soundwave scattò verso la femme tanto velocemente da farla indietreggiare.
<< Sai bene anche tu che gli ordini di Lord Megatron sono assoluti >> rispose gelidamente.
Shatter si limitò ad annuire. Se c’era una cosa che aveva imparato nel corso degli anni… era di non mettersi mai tra l’ex gladiatore e la volontà del Signore di Cybertron.
Senza perdere altro tempo, Soundwace si trasformò ancora una volta in un velivolo e partì spedito verso la posizione indicata dalle coordinate.
Angel osservò tutto e storse la bocca. Il più pericoloso dei suoi avversari si stava allontanando… e quasi sicuramente per combattere uno dei suoi compagni di squadra. Doveva assolutamente fermarlo!
Ma prima che potesse muovere anche un solo muscolo, ecco che una coppia di droni si piazzò di fronte a lui.
<< Indovina indovinello: strappane uno e grattane la testa. Ciò che un tempo rosso era nero resta. Che cos’è? >> chiese l’Enigmista << Sono sicuro che... >>
<< Il fiammifero >> lo interruppe Angel con voce calma << È lunga, è liscia e quando piove piscia. Vediamo se sei bravo a rispondere agli indovinelli oltre che a porli. >>
Nigma batté pesantemente il pugno dalla sua postazione. Non solo era stato interrotto… ma gli era stato pure posto un indovinello da un perfetto ignorante che non meritava nemmeno di leccargli le scarpe!
<< Come osi, piccolo selvaggio insignificante. E comunque è la grondaia! >>
<< Esatto, e tu me ne ricordi sicuramente una. Non posso vederti… ma sono sicuro che grondi arroganza da tutti i pori >> lo schernì il rosso.
Nigma rimase in silenzio per qualche secondo.
<< TI AMMAZZO >> ruggì, per poi scagliargli contro i suoi droni. Nessuno poteva permettersi di deriderlo!
Angel tirò nuovamente fuori la sua lancia e accolse a braccia aperte questo nuovo avversario, mentre anche Shatter tornava alla carica.
Al momento, poteva solo augurarsi che, chiunque fosse il nuovo bersaglio di Soundwave, sarebbe riuscito a cavarsela.       
 
                                                                                                                                                      * * * 

Lo scontro tra Fire e l’Indoraptor si era spostato nel campo aperto delle sabbie, con gli spuntoni e le colonne di roccia a fare da panorama. Le spade di energia scaturite dai palmi del Vigilante Mascherato cozzavano contro i denti e gli artigli dell’Indoraptor, illuminando la landa di rocce delle scintille verdi delle lame e quelle rosse dell’Aura del dinosauro.
“Giuro, Shen, non ti ho mai odiato così tanto come in questo momento, tu e le tue stupide diavolerie genetiche preistoriche!” pensò il ragazzo stizzito.
D’improvviso quel pensiero, apparentemente infantile e sarcastico per certi versi, gli provocò rabbia, una rabbia sorda con una base solida: era davvero stanco dell’intera situazione, aveva timore per la propria sopravvivenza, per i propri compagni dispersi e per la riuscita della missione, era frustrato dalla propria ignoranza riguardo i propri reali poteri e dalla possibilità di non farcela proprio a causa di ciò.
Così la rabbia esplose per un istante, facendogli vibrare un colpo che si tramutò in un fascio di luce bruciante seguito da un’onda d’urto energetica.
Sorpreso, il dinosauro venne sbalzato all’indietro di diversi metri e finì contro una colonna, sollevando una densa nube di polvere. Quando i detriti si diradarono, la creatura si rimise in piedi e scosse il corpo per liberarsi dai granelli, il muso contratto in un’espressione rabbiosa.
Girando appena la testa, notò un rivolo di sangue che gli scendeva dalla spalla, e schioccò la lingua per il fastidio. Era la prima volta da quando era iniziato quello scontro che subiva una ferita.
La sua preda si stava adattando, mentre le sue difese avevano cominciato a cedere. Doveva portare a termine la missione il prima possibile… o il suo padrone lo avrebbero punito in modi che non avrebbe neanche potuto immaginare.
Volse verso il Vigilante i suoi occhi scarlatti.
“Non puoi vincere” gli ringhiò mentalmente “Il tuo cuore sta battendo sempre più forte e il tuo respiro è diventato più pesante. Stai perdendo le forze.”
Compì alcuni passi in avanti.
“Il tuo spirito è forte, piccolo umano… ma la tua carne è debole. Io, al contrario, posso continuare a lottare fino a quando non avrò affondato i denti nelle tue carni!”
Per quanto desiderasse con tutto il cuore ignorare quella sibilante voce nella testa, Fire sapeva che il rettile aveva ragione: non avrebbe resistito a lungo, non per sempre. Tuttavia aveva una flebile speranza: anche se la bestia non era provata tanto quanto lui, poteva trovare un appiglio per tentare di chiudere il gioco. Come gli aveva insegnato Logan, mai distogliere lo sguardo dall’avversario: se vedi anche un singolo possibile punto debole, sfruttalo. Era rischioso e doveva osare molto, ma non aveva molte alternative.
Così, quando il mostro balzò verso di lui con le fauci spalancate, accompagnato da un ruggito graffiante, saltò di nuovo e gli si gettò sul corpo, aggrappandosi alla sua schiena.
“Prima affonda in questo” sibilò in risposta nella sua mente. E conficcò rapidissimo un pugnale d’energia dritto nella spalla sanguinante.
L’Indoraptor lanciò un urlo proveniente da un altro mondo. Per la prima volta da quando era uscito dal laboratorio del Maestro… provò dolore. A questo seguì la stessa rabbia che aveva sentito ogni qualvolta gli scienziati di Lord Shen avevano fatto esperimenti su di lui.
Girò il capo di scatto e la sua coda aguzza colpì in pieno l’arciere, scaraventandolo con forza contro una roccia poco distante. L’adolescente crollò a terra, stordito dall’urto della schiena, e tossì sangue, mentre un forte bruciore gli attraversava lo stomaco.
Si toccò nel punto, avvertendo il palmo bagnarsi e il fulgore scarlatto balenargli davanti agli occhi: l’uncino nella coda aveva aperto una ferita nel ventre non eccessivamente profonda, probabilmente a causa del colpo sconnesso e impreciso, ma dolorosa.
Ebbe appena il tempo di strisciare via dalla parete di roccia per non lasciarsi mettere con le spalle al muro: la bestia approfittò di quell’attimo di debolezza per saltargli addosso, sovrastandolo e bloccando il suo corpo lateralmente con le zampe. Calò senza esitazione le fauci e mosse le mascelle con violenza inaudita… solo per rendersi conto di aver afferrato e ridotto a brandelli pezzi di stoffa dissolti nel nulla: il ragazzo, in preda alla disperazione più ostinata, si era fulmineamente voltato di lato con tutto il proprio corpo. Per un puro colpo di fortuna quell’azione l’aveva salvato, dato che ad essere stati agguantati erano il cappuccio e la maschera di gufo.
Il dinosauro, non intendendo ancora demordere, attaccò di nuovo, così l’adolescente tese entrambe le braccia e creò uno scudo di energia che convergeva tra i suoi palmi, dritto a frenare i denti aguzzi che lo incalzavano.
Fu allora, mentre la bestia si dibatteva di fronte a lui per cercare di ghermirlo nuovamente… che una presenza familiare si materializzò a pochi passi dal ragazzo.
Fire riuscì appena a girare lo sguardo, attirato inconsciamente da una presa sconosciuta… e i suoi occhi si posarono sull’inconfondibile figura di Darth Vader, in piedi come un monolite in mezzo alla piana di lapidi.
<< Sembra tu abbia bisogno di aiuto >> commentò il Signore dei Sith, il tono di voce vagamente divertito.
<< Non ti sfugge proprio niente, vero!? >> sbottò il giovane di getto, mentre le strida bestiali provenienti da sopra di sé gli ricordavano la pessima situazione corrente.
L’Indoraptor stava cercando di forzare il suo scudo di energia semplicemente scuotendolo con le fauci, e per facilitarsi l’impresa fece scattare la coda uncinata dritta sotto gli anfratti dello scudo, verso il volto della preda. Questa imprecò sonoramente e tese l’altro braccio, creando una spada la cui lama si incastrò sull’uncino perforante che tentava di penetrare la sua difesa, bloccandolo.
Vader rimase in silenzio per qualche istante, limitandosi ad osservare la scena con placida apatia. Infine, la sua voce cavernosa riecheggiò ancora una volta nelle orecchie dell’arciere.
<< Potrei aiutarti… se solo me lo chiedessi >> disse con tono pratico.
La mente di Fire era focalizzata in due parti.
Un lato era concentrato sul resistere all’attacco dell’Indoraptor incalzante. Non sapeva con quale rimasuglio di forza riuscisse a tenere duro in quel modo, percepiva un vago calore sul petto, lì nel punto in cui era nascosto il suo anello, ma in quel momento era più concentrato sul non farsi uccidere per farci troppo caso. Piuttosto si chiedeva perché la creatura non battesse ciglio di fronte all’apparizione del contatto mentale di Vader, avendo dimostrato di possedere poteri psichici; forse, a causa delle ferite, era entrato in uno stato mentale di furia tale in cui a dominare era solo il primordiale istinto bestiale.
L’altro lato della mente era concentrato sul Signore dei Sith e sulla conversazione.
<< Perché adesso ti serve il consenso per aiutarmi? >>
Stavolta non stava facendo semplice sarcasmo, voleva comprendere che cosa intendesse davvero. Se gli aveva appena detto una cosa del genere, c’era chiaramente sotto qualcosa: voleva aiutarlo, ma ad un prezzo, o qualcosa del genere. Era rischioso dargli retta, anche perché non si fidava di lui, ma al momento non aveva molto opzioni.
<< Se avessi potuto aiutarti fin dall’inizio, lo avrei già fatto. Ma lo sforzo di utilizzare la Forza tramite il nostro legame potrebbe uccidere anche uno come me. Per ricevere l’unico aiuto che posso fornirti…dovrai ascoltarmi. >>
<< Perché dovrei? >>
<< Perché sei mio figlio >> disse Vader, pronunciando quelle con una convinzione che risuonò nell’anima dell’arciere << E non ti ho ritrovato dopo diciotto anni solo per perderti di nuovo. Inoltre… pensi di avere davvero una scelta in materia, vista la tua attuale situazione? >>
Come per enfatizzare il tutto, indicò il muso della bestia a pochi centimetri dal suo… le cui fauci si erano appena spalancate e iniziavano a illuminarsi, pronte ad eruttare fiamme dritte su di lui.
Bastò quell’istante a far capire al ragazzo che non c’era alcun margine di trattativa e che il tempo delle riflessioni era finito. Restava solamente una cosa da fare.
Socchiuse le palpebre, stringendo i denti e tendendo ogni muscolo del proprio corpo.
<< Aiutami >> quello che disse dopo, forse fu un’eco indotto da quanto precedentemente il Sith aveva dichiarato << ...padre. >>
Vader annuì senza esitazione.
<< Devi usare la tua rabbia, figlio mio. Sfrutta l’odio che è dentro di te! Il tuo dolore… la collera… usali! Sono strumenti che può sottomettere al tuo volere… devi solo lasciarli fluire. Fallo! >>
Fire sembrava non aspettare altro. Sembrava che ogni fibra del suo corpo non desiderasse altro che questo, sin da quando aveva iniziato a combattere. Forse era colpa dell’adrenalina, forse dentro di lui qualcosa era cambiato completamente dopo quella notte, perché gli venne tutto troppo insolitamente naturale.
Si concentrò come di solito faceva quando evocava i propri poteri, ma questa volta, oltre ad essi, riesumò ogni frammento di quei sentimenti nati in lui per via di quella situazione, ma non si fermò lì: come l’acqua di una diga cui era stato rimossa una pietra, lasciò che tutto ciò che avesse mai provato e rinchiuso dentro sé straripasse, accumulato in anni di represso odio, rabbia, impotenza, paura e dolore.
Per un istante, temette di finirne travolto, e per un attimo terribile fu così, ma poi un pensiero gli attraversò la mente: lui era la forza motrice dell’acqua, lui stava sfondando le pietre. Non era lui a dover essere travolto.
Per una volta che poteva, si lasciò andare. E accadde.
Al contempo, fuori dalla mente del giovane, il fuoco dell’Indoraptor fu improvvisamente respinto da una forza oppositrice che lo spense e buttò a terra la creatura con un colpo secco, come un potente ceffone in pieno viso.
Il dinosauro, incredulo e sorpreso, nel rimettersi in piedi, vacillante per lo sbigottimento, sollevò il collo arcuato, e lo vide.
Il ragazzo aveva le braccia aperte ai lati dei fianchi con i palmi rivolti verso l’esterno, le gambe stese e le palpebre serrate. Di colpo, uno sprizzo di luce verde scintillò tra i suoi capelli sciolti e si propagò lungo essi, rendendoli di un verde luminoso come una lanterna: e dai capelli quello sprizzo di pura energia lucente si diffuse, scendendo lungo le spalle, in tutto il corpo come delle ramificazioni, contornandolo in un’aura brillante… e luccicante.
Poi l’adolescente aprì di scatto gli occhi, due fari abbaglianti intrisi della stessa aura del corpo, privi di pupille… e spalancò le braccia, eseguendo lo stesso movimento di quando si  sfonda a forza una porta a due ante semplicemente con un colpo di entrambe le mani. L’aura che lo avvolgeva seguì quel movimento, condensandosi e poi esplodendo in un’onda d’urto energetica diversa dalle precedenti: era più grande, più forte, più luminosa.
L’Indoraptor ne fu investito in pieno e fu scaraventato via, ma non solo, ne fu completamente travolto: sentì addosso la pressione della forza telecinetica, l’urto mentale e il dolore del bruciore e dell’ustione, per poi crollare a terra. Ma non ebbe la possibilità di rialzarsi, perché una seconda ondata lo investì di nuovo, e poi un’altra ancora, finché non fu mandato a cozzare contro una parete di roccia nelle vicinanze.
Gli occhi da rettile ebbero appena il tempo di vedere la figura luminosa dell’ormai ex preda avanzare implacabile e impassibile verso di lui… ma poi, questa si bloccò di colpo. Ci fu un immenso scossone, grandi profonde venature si dipinsero nella roccia sopra il dinosauro… ed essa gli crollò addosso, ricoprendo da capo a zampe ogni anfratto del suo corpo geneticamente modificato.
Fire rimase per qualche istante a guardare il cumulo di rocce innanzi a sé, la luce che avvolgeva il corpo ronzante di energia e potere. Poi questa si spense di colpo, e il giovane crollò a terra, supino, vivo, ma avvolto dalla stanchezza e dalla debolezza più sfinenti che avesse mai provato.

                                                                                                                                               * * *

Emil non poteva negarlo: il ritorno di Yang era stato a dir poco provvidenziale. La bionda pugile l’aveva tirato via prima che potesse ricevere quello che sarebbe stato un colpo sicuramente fatale. E non solo, aveva pure ripreso lo scontro con Xanxus, mentre lui attendeva ansiosamente che la sua Aura finisse di rigenerarsi.
Di fronte a lui, la Neo-Cacciatrice si dimenava per quanto possibile tra i getti di fiamme e i continui strali di ghiaccio prodotti dal suo avversario. Ma per quanto fosse abile… Xanxus non sembrava intenzionato a fermarsi, e ogni suo attacco sembrava più potente del precedente.
Emil strinse i denti, visibilmente frustrato. Non potevano andare avanti così. Ancora pochi minuti, e il cacciatore di taglie li avrebbe sconfitti semplicemente portandoli allo sfinimento! Serviva qualcosa di abbastanza forte da finirlo in un colpo solo...
La mente del fauno si bloccò. In effetti…c’era qualcosa che poteva utilizzare per una situazione tanto drastica. Una tecnica che aveva giurato a se stesso di tenere sempre come ultima risorsa, poiché potenzialmente pericolosa non solo per l’avversario… ma anche per l’utilizzatore stesso.
Tra i discepoli del tempio era conosciuta come Korui Nuki, e aveva la capacità di spezzare il centro di gravità di un nemico, provocando gravissimi danni ai suoi organi interni. Una tecnica che in circostanze diverse avrebbe fatto gola a molti guerrieri… se non fosse stato per il fatto che gli effetti subiti dall’avversario potevano essere contratti anche dal suo utilizzatore.
Tra i membri del tempio, Emil era stato uno dei pochi capaci di adoperarla prima dei quindici anni, grazie al suo potere, ma sempre e comunque contro manichini d'allenamento. Xanxus era un avversario di carne e sangue, e non sarebbe certo rimasto immobile a subire il danno. Ma se la tecnica fosse andata a segno… sarebbe probabilmente morto.
Emil deglutì nervosamente. Lui… non aveva mai ucciso nessuno. Era davvero pronto a prendere una vita altrui?
Per anni aveva fantasticato sull’idea di combattere una battaglia fino alla morte come i guerrieri di cui aveva letto nelle pergamene del tempio. Tuttavia, questi ultimi giorni gli avevano insegnato quanto una vera battaglia potesse davvero essere terrificante.
Non c’era niente di glorioso nel combattere per la propria sopravvivenza. C’eri solo tu… il tuo nemico… e la morte, con la sua falce pronta a mietere il perdente. Contava solo una cosa: essere più bravi dell’avversario.
Alzò lo sguardo e vide Xanxus che menava un fendente di fiamme a Yang. La ragazza lanciò un grido di dolore, indietreggiò di alcuni passi… ma rimase in piedi, con le braccia di fronte a sé e l’Aura che tremolava per il colpo subito.
Il suo avversario sorrise malignamente e fece volteggiare un piccolo fuoco tra le dita. Ormai Emil ne era sicuro: avrebbe ucciso Yang… a meno che LUI non avesse fatto qualcosa per impedirlo.
Prese un lungo respiro calmante.
<< Non ho… ugh… altra scelta >> ansimò, per poi caricare un ingente quantità di Aura nelle gambe. Poteva solo sperare che Xanxus sarebbe stato troppo concentrato su Yang per preoccuparsi di un avversario che ormai considerava già sconfitto.
Nel mentre, la bionda riuscì a bloccare un pugno di Xanxus e cercò di rispondere al colpo, ma il Cacciatore fu rapido ad evitarlo e procedette a calciarla in faccia, spedendola a terra senza troppe cerimonie.
<< Te lo concedo >> disse con la sua voce roca << Sei in gamba, ragazzina… ma io sono più cattivo. >>
La giovane tentò di rialzarsi, ma l’uomo le mise un piede sulla testa, spingendola violentemente al suolo.
<< Sei durata molto più di tanti altri che ti hanno preceduta >> continuò il Cacciatore, mentre la colpiva una seconda volta << Dovresti sentirti onorata! Non molti possono affermare di aver combattuto contro il più potente cacciatore di taglie di Renmant… ma temo che non potrai raccontare la storia a nessuno. Niente di personale, sai? Sono un tipo a cui non piace lasciare lavori in sospeso. >>
Un altro colpo.
Yang sentì la propria Aura che esplodeva in una miriade di scintille e provò un forte dolore al naso. Riuscì a sollevare lo sguardo quel tanto che bastava per vedere una macchia rossa sul terreno… e allora capì che Xanxus lo aveva rotto.
Il sorriso dell’uomo si fece molto più predatorio. Sollevò la mano destra, e subito un torrente di fiamme cominciò a raggrupparsi tra le sue dita.
<< Quindi, eccoti un consiglio gratis per l’aldilà. La prossima volta… non scherzare con il fuoco! >>
Le fiamme avanzarono verso di lei. Yang chiuse gli occhi, mentre sentiva una calore di oltre 3000 gradi che le bruciava la pelle.
Non era così che credeva di morire. Sapeva che i Cacciatori che arrivavano alla vecchiaia potevano essere contati solo sulle dita… ma come molti membri della sua età, aveva sperato fino all’ultimo che lei sarebbe stata tra questi.
Per un attimo, la visione della bionda fu invasa dai volti sorridenti dei suoi genitori. Raven… Tai… coloro che avevano scelto di lasciarla per poter combattere l’Impero. Quante notti insonni aveva passato al solo pensiero che fossero morti nel nome della loro assurda crociata?
Li aveva maledetti per molto tempo. Per averla abbandonata… per averla creduta troppo debole da poterli aiutare… e per aver combattuto una battaglia che non potevano vincere.
Eppure…
“Ho finito col seguire le loro orme” pensò cupamente “Che ironia.”
Attese che le fiamme consumassero il suo corpo… ma queste non arrivarono mai. Sentì un grido familiare.
Aprendo gli occhi, ebbe appena il tempo di scrutare una macchia grigia che caricava di forza contro Xanxus.
Emil si fiondò con una potente propulsione sul cacciatore di taglie e piantò il ginocchio nello stomaco dell’uomo. Poi… scaricò ogni oncia della propria Semblance in quell’unico punto. Lo sguardo dell’avversario passò da impassibile a sorpreso nell’istante in cui sentì il proprio Haki cedere sotto la potenza di quell’assalto. Fu allora che entrambi i combattenti provarono un dolore inimmaginabile.
Emil sentì numerose ossa spezzarsi dentro di sé, e fiotti di sangue che cominciarono ad inondargli la gola… il naso… gli occhi e le orecchie. Ma sentì anche qualcos’altro: gli organi dell’avversario che si spappolavano e le sue ossa che diventavano polvere, finchè l’uomo non fu spedito svariati metri di distanza con un grande tonfo.
Il cacciatore di taglie rimase in piedi, con il volto contratto da un urlo silenzioso, gli occhi spalancati per l’incredulità.
Abbassò lo sguardo… e vide alcune gocce scarlatte scivolargli sui piedi.
<< Eh… complimenti >> gracchiò << Questa… non me l’aspettav-… >>
Non riuscì a terminare la frase, perché dalla sua bocca uscì un fiotto di sangue misto a bile. Per il Maestro, che dolore! Non si era mai sentito così male come in quel momento.
L’uomo cadde in ginocchio e si portò una mano allo stomaco.
<< Eh… eh eh… ucciso da un ragazzino >> borbottò amaramente << è questo che i libri racconteranno di me? Cazzo... una bella…fregatura… >>
Cadde al suolo e il suo corpo smise di muoversi.
Emil avrebbe voluto assicurarsi che fosse davvero morto, ma al momento non aveva neppure la forza di rimettersi in piedi. La sua visione cominciò a farsi sempre più sfocata. Riuscì giusto a sentire Yang che urlava il suo nome.
Poi… vi fu solo l’oblio.
 
                                                                                                                                                        ***
 
Mentre la battaglia tra Emil, Yang e Xanxus giungeva al termine, una ancora più violenta stava infuriando a qualche centinaio di metri dalla coppia di Neo-Cacciatori.
Al momento, Weiss e Blake erano impegnate a combattere i pupilli scelti appositamente da Salem per questa missione: Cinder, Emerald e Adam.
Entrambe le parti erano coinvolte in un rapido scambiarsi di colpi d’arma, mentre l’aria attorno a loro era satura delle scintille generate dagli scontri di spada e dalle esplosioni elementali di Cinder, che tra tutti i combattenti era sicuramente la più potente.
Grazie alla sua capacità di manipolare il fuoco e l’ossidiana, solo Weiss era riuscita ad intercettare i suoi attacchi facendo buon uso dei propri gilfi e di occasionali coperture di ghiaccio.        
Purtroppo, lo scarto di esperienza e forza sarebbe stato terribilmente chiaro anche a chi non aveva mai assistito a una battaglia. Dubitava che in uno scontro in solitaria sarebbe durata a lungo contro la giovane donna dai capelli neri.
Blake non era messa tanto meglio. Ogni volta che la sua spada incontrava quella di Adam, si sentiva come se fosse stata appena costretta a frenare una macchina in corsa con il semplice uso di una lama. I colpi del fauno toro erano dirompenti, precisi…e talmente forti da farla indietreggiare senza che lei potesse opporre alcuna resistenza.
La giovane cacciatrice con le orecchie da gatto deglutì silenziosamente.
Come molti dei fauni che vivevano a Remnant, anche il suo avversario era originario della stessa terra di cui lei era l’erede legittima: Menagerie, un’isola la cui popolazione era costituita quasi esclusivamente da membri della loro razza.
E come molti abitanti del luogo, anche Blake conosceva bene colui che stava combattendo.
Adam Taurus, infatti, non era un individuo estraneo alla popolazione dei fauni…ma uno dei combattenti più pericolosi e letali di Menagerie, le cui innumerevoli vittorie ottenute attraverso i piccoli tornei dell’isola gli avevano fatto guadagnare l’infame titolo di “Bestia Rossa”. Per certi versi, era l’orgoglio della loro razza! La stessa Blake aveva basato molto del suo stile di combattimento osservando i video dei suoi scontri…ecco perché sapeva che non sarebbe mai stata capace di batterlo in un combattimento diretto. Rallentarlo? Sicuramente…ma non più di questo.   
Mentre si allontanava con un balzo, vide l’immagine di Adam scomparire di fronte a sé.
Gli occhi della principessa si spalancarono. Dov’era finito? Si era forse teletrasportato? Impossibile. La Semblance di Adam le era ben nota: in maniera simile a Yang, poteva assorbire la forza cinetica dei colpi a lui diretti. Con la differenza che la rilasciava poi in un'unico devastante colpo di katana, da molti paragonato proprio alla carica di un toro. Anche Cacciatori dotati di Semblance difensive erano sopravvissuti a più di un attacco del genere.
Ma allora…
Le sue orecchie fremettero al sentire un fruscio alle sue spalle. La ragazza ebbe giusto il tempo di abbassarsi, prima che una lama affilata le portasse via un ciuffo di capelli misto a peli.
Si voltò di scatto e intaccò un secondo colpo di spada, ma questa volta si ritrovò incapace di sostenere la forza d’impatto e fu costretta a piegare le ginocchia per evitare che si spezzassero.
Strinse i denti e riuscì giusto a sollevare lo sguardo, incontrando gli occhi azzurri del suo avversario.
<< Come… hai fatto? >> grugnì a fatica, mentre faceva pressione sulla propria spada << Hai una doppia Semblance? >>
Adam le offrì un sorriso feroce. << Certo che no. Tuttavia…dovresti stare più attenta a ciò che ti circonda. >>
Blake lo fissò confusa… fino a quando le parole del fauno non le affondarono nella mente. Con la coda dell’occhio, vide Emerald che le sorrideva furbescamente a qualche metro di distanza, e allora capì quello che era successo: era stata lei ad interferire nello scontro.
Probabilmente la sua Semblance aveva a che fare con le illusioni, e se non fosse stato per i suoi sensi più sviluppati… be', probabilmente a quest’ora sarebbe morta.
Vide la ragazza dai capelli verdi che sollevava le pistole contro di lei e rotolò subito a terra. Udì una pioggia di spari e sentì alcuni proiettili che si scontravano con la sua Aura.
Gemette di dolore, ma non ebbe nemmeno il tempo di controllare il danno, perché fu costretta a parare un altro dei fendenti di Adam.
La forza d’impatto fu sufficiente a sollevarla da terra e a scaraventarla violentemente contro una colonna, che cadde al suolo in una nuvola di polvere e detriti.

Poco distante dallo scontro, la battaglia elementale tra Weiss e Cinder stava procedendo senza esclusione di colpi.
Pur traendo il massimo vantaggio dai propri glifi e dalla versatilità di Myrtenaster, la ragazza dai capelli bianchi si sentiva completamente surclassata dalla sua avversaria, che malgrado la situazione non sembrava affatto stanca.
Doveva assolutamente prendere tempo e sperare che il resto dei Time Warriors sarebbero giunti in loro soccorso.
<< Dimmi, Schnee >> sputò Cinder, come se il suo cognome fosse una qualche maledizione << Questo tradimento è valso davvero la pena di perdere tutto ciò che avevi? >>
Posta quella domanda, scatenò un torrente di fiamme sulla ragazza, che fu costretta a creare un'altra barriera di ghiaccio per incassare il colpo. Poi, cominciò a bersagliarla con schegge di ossidiana e palle di fuoco occasionali.
Weiss ansimò pesantemente, saltando da una parte e dall'altra in un disperato tentativo di sopravvivere. Ma per quanto fosse spaventata per la propria vita…avrebbe continuato a lottare con tutto quello che aveva!
Con la coda dell’occhio, vide Adam ed Emerald che si avvicinavano a Blake con le armi spiegate. Doveva aiutarla. 
<< Non ho bisogno di giustificarmi con gente come te >> disse, per poi scatenare un potente turbine di vento contro l’avversaria.
Cinder si limitò a sollevare una mano per intercettare il colpo… ma ecco che la corrente cambiò inaspettatamente direzione, curvando di lato e colpendo la giovane donna al fianco. Non abbastanza forte da fare danni alla sua Aura…ma fu comunque sufficiente per sollevarla da terra e spedirla contro i suoi compagni di squadra.
Il trio di cacciatori rotolò a terra con grugniti sorpresi, e Weiss ne approfittò subito per avvicinarsi a Blake.
La mora le offrì un sorriso grato, mentre la aiutava a rialzarsi.
<< Abbiamo… ugh… bisogno di rinforzi >> ansimò la principessa di Menagerie, incrociando le lame e guardando Adam caricare la propria Aura cremisi nella katana, in attesa del prossimo attacco. Era decisamente arrabbiato, e le sue compagne non sembravano da meno.
Weiss schioccò la lingua.
<< Più facile a dirsi che a farsi >> borbottò, mentre creava un glifo sotto i loro piedi.
Una valanga di pura neve scintillante cominciò a protrarsi dal cerchio, rovesciandosi lungo il terreno. Iniziò ad agitarsi e a ribollire come l’acqua di una pentola a pressione, fino a prendere la forma di una coppia di due figure: enormi cavalieri dalle possenti armature, con le mani avvolte sul manico di gigantesche spade di ghiaccio.
Perché questa era l’arma segreta della famiglia Schnee, tramandata di generazione in generazione dalle loro Semblance: la capacità di compiere evocazioni. Ma per quanto fosse utile, una simile abilità aveva anche un prezzo.
Weiss poteva già sentire la sua Aura che calava vertiginosamente, e allora capì che i loro tempi erano diventati ancora più serrati. Non potevano perdere un solo secondo!
Mentre la coppia di cavalieri si lanciava verso Adam, lei e Blake partirono alla carica contro Cinder ed Emerald.
La Neo-Cacciatrice con le orecchie da gatto infuse subito una grande quantità di polvere nelle sue armi, e per un istante si sentì quasi invincibile.
Muovendosi fulminea, cominciò a menare un fendente dopo l’altro, eppure Cinder riusciva a tenere il passo. Era davvero su un altro livello!
All’improvviso, intravide un’apertura nella difesa dell’avversario, si preparò a sfruttarla…ma ecco che un forte odore di bruciato la avvertì di un imminente attacco al fianco.
Si scansò con un balzo, appena in tempo per evitare un torrente di fiamme generato da Cinder, che in qualche modo era riuscita a cambiare posizione in meno di un secondo.
“Sicuramente un’altra illusione” pensò stizzita, mentre si voltava verso Emerald…e la vedeva comparire alle spalle di Weiss, con la pistola puntata alla testa dell’ereditiera.
Gli occhi della mora si spalancarono per il panico.
<< Weiss! >> gridò, nel tentativo di avvertire la compagna.
Ma ormai era troppo tardi. Il dito di Emerald era già sul grilletto e lei non sarebbe mai stata capace di coprire in tempo la distanza che la separava dall’illusionista.
Aspettò l’inevitabile suono di uno sparo… ma questo non arrivò mai, perché una sfocatura gialla si abbattè violentemente contro la ragazza dai capelli verdi, spedendola di forza contro una roccia.
<< Sta' lontana da lei! >> ringhiò Yang, con i pugni sollevati e pronti al combattimento.
La sua espressione passò da irata a sollevata quando i suoi occhi si posarono sulla compagna di squadra.
<< Ehi, Regina di ghiaccio, non mi avevi detto che stavi già frequentando qualcuno. Penso però che potresti trovare di meglio >> disse mentre faceva un gesto beffardo in direzione di Emerald, visibilmente provata dal colpo subito.
Weiss arrossì furiosamente. << Ti sembra questo il momento di flirtare?! Stavo per morire! >>
<< Geeze, perché devi sempre essere così seria? Ti ho salvato, no? >>
<< Qualcosa a cui posso rimediare facilmente >> disse una voce burbera alle loro spalle.
Entrambe le Neo-Cacciatrici si voltarono…e videro la figura di Adam che avanzava minacciosamente verso di loro, circondato dai resti delle evocazioni di Weiss.
La Schnee spalancò gli occhi per la sorpresa.
Era davvero riuscito a combattere e sconfiggere due dei suoi cavalieri? Doveva essere molto più forte di quanto gli aveva dato credito.
Sia Weiss che Yang sollevarono le proprie armi.
<< Pronta? >> chiese la bionda, lanciandole un sorriso d’intesa.
Weiss sbuffò sprezzante.
<< Sempre >> ringhiò, mentre si lanciavano contro il loro nuovo avversario.
I tira-pugni di Yang e la spada dell’albina incontrarono di forza la lama del fauno, generando un potente contraccolpo.
Weiss strinse i denti e lanciò un’occhiata verso la compagna.<< Dov’è Emil?! >>
<< Sta bene! >> rispose la bionda, mentre faceva pressione sui piedi << O meglio, non proprio, è svenuto e sanguina peggio di una donna con il ciclo...ma è ancora vivo! L’ho lasciato vicino ad una colonna…WHOA! >>
La katana di Adam mancò per un soffio il suo collo, costringendola a indietreggiare.
Fissò il combattente con aria stizzita. << Attento con quella cosa, potresti cavare un occhio a qualcuno! >>
<< Ti dispiacerebbe prendere questa battaglia seriamente?! >> ringhiò il fauno, mentre costringeva anche Weiss a retrocedere.
Yang scrollò le spalle.
<< Scusa, testa cromata, ma i miei fan si aspettano un repertorio costante di battute >> ribattè con tono civettuolo.
Adam strinse gli occhi, visibilmente irritato.
<< Allora ti strapperò le corde vocali >> sibilò, mentre si lanciava su di loro ancora una volta.
Stesa alla base della roccia, Emerald vide lo svolgersi della battaglia e si preparò ad usare la sua Semblance sulla coppia di Neo-Cacciatrici. Ma prima che potesse farlo, ecco che venne sollevata da terra e si ritrovò tra le braccia di un volto familiare.
<< Mercury?!  Cosa fai?>>  domandò indignata, cercando di liberarsi dalla presa del partner.
Questi cominciò a correre, imperterrito dai colpi della ragazza.
<< Ti trascino via da quest'incubo >> rispose impassibile, mentre lasciava cadere entrambi i loro scroll.
Emerald lo fissò incredulo.
<< Trascinarmi via? Di cosa diavolo stai parlando?! E Cinder?>> domandò spaventata la ladra.
Mercury deglutì silenziosamente.
Emerald era sempre stata attaccatissima alla loro leader. Dopotutto, era stata proprio Cinder a tirarla fuori dai bassifondi di Renmant e a darle uno scopo. Una vita lontano dal dolore e dalla fame.
Tuttavia…il ragazzo non aveva tempo per discutere con lei. Ancora troppa distanza li separava dalla nave che li avrebbe portati via da Trenzalore!
<< Sono qui per te, non per lei >> sputò a denti stretti << Non mi importa dei Ribelli, e nemmeno dell’Impero! Che si ammazzino pure a vicenda, non è affar nostro!>>
I pugni della compagna si fecero più insistenti.
<< Sei impazzito?! >> ringhiò terrorizzata << Non possiamo abbandonare la missione! Salem ci ucciderà! >>
Mercury distolse lo sguardo. << Non se ci nascondiamo. Fidati di me, ho pianificato questa cosa per molto tempo…  >>
La ragazza dai capelli verdi scoppiò in una risata amara.
<< Pensi davvero che possiamo fuggire da lei? >> ribattè caldamente << Dall’Impero? Dal Maestro?! Non c’è posto in tutta la galassia in cui non riuscirebbero a trovarci! >>
“Forse” pensò Mercury “Ma…dobbiamo almeno provarci. Non posso più sopportare questa vita!”
Sospirò stancamente.
<< Non ho tempo per discutere con te >> borbottò, per poi lanciarle un’occhiata imbarazzata << Mi dispiace. >>
La Neo-cacciatrice inarcò un sopracciglio.
<< Di cosa stai parlan-… >>
Mercury non perse tempo e la colpì con forza alla testa. Non abbastanza da farle venire una commozione celebrale, ma riuscì comunque a metterla a dormire.
<< Credimi, un giorno mi ringrazierai >> sussurrò, mentre si allontanava a tutta velocità dal campo di battaglia.


Nel frattempo, lo scontro tra i Time Warrior, Cinder e Adam proseguiva più acceso che mai.
I due servi di Salem stavano ovviamente approfittando della stanchezza dei loro avversari, i cui colpi diventavano sempre più fiacchi e goffi.
Ormai potevano solo cercare di difendersi come meglio potevano…almeno fino a quando Weiss non riuscì ad evocare un terzo cavaliere.
La creature si fiondò su Cinder e Adam, mulinando la spada nel tentativo di allontanarli dalla sua evocatrice.
Troppo sorpresa per poter reagire in tempo, Cinder venne rapidamente scagliata via con un calcione, mentre Adam, ringhiando, passò subito al contrattacco. Scagliò quindi un potentissimo fendente d'Aura rossa contro l’evocazione, che tuttavia riuscì a pararlo con la sua spada.
L’onda d’urto generata dal colpo fece tremare la terra sottostante, ma il Cavaliere riuscì a mantenere l’equilibrio e si abbattè con forza contro il fauno.
La sua enorme lama calò sulla testa del rosso…ed esplose in una miriade di frammenti di ghiaccio, assieme al resto del corpo.
Weiss si piegò in ginocchio, sfinita dallo sforzo, e con le sue riserve di Aura completamente esaurite.
<< M... mi dispiace, ragazzi >> disse con un filo di voce << Non sono abituata ed evocarne così tanti… >>
Non riuscì a finire la frase.
Il suo corpo cadde a terra, incosciente, mentre sia Adam che Cinder sorridevano malignamente verso di loro.
<< A rischio di sembrare clichè… Arrendetevi e vi concederemo una morte rapida >> disse la mora con tono suadente, mentre evocava tra le mani una coppia di spade in ossidiana.
Blake e Yang si misero subito davanti alla loro compagna caduta.
<< Perché mai dovremmo arrenderci? Abbiamo tutto il giorno libero >> sibilò Yang, sbattendo i pugni in segno di sfida.
Cinder sorrise sadica e formò una palla di fuoco nelle mani. Poi, la scaraventò verso di loro.

                                                                                                                                         * * *

James Heller abbattè violentemente l’ultimo drone che aveva cercato di prenderlo alle spalle.
Ansimante, ma con la sua Aura ancora intatta, cominciò a guardarsi intorno nel tentativo di individuare il resto dei Time Warriors. Fu allora che un possente pugno lo colpì alla mascella, mandandolo a finire contro una roccia.
Il Neo-Cacciatore ringhiò stizzito, sollevò lo sguardo…e si ritrovò a fissare in un paio di lenti scarlatte.
Sentì il proprio cuore mancare un battito. Avrebbe potuto riconoscere quel volto tra mille altri!
Era apparso in tutti i data-base riguardanti i criminali più ricercati dell’Impero e apparteneva ad una delle persone più pericolose del pianeta Terra. Un individuo la cui forza bruta e l’intelletto sopraffino erano stati responsabili di alcuni dei crimini più efferati e violenti della storia di questa galassia.
Era conosciuto tra i militari e le forze della legge con molti nomi. Il Flagello…l’invincibile Luchador…ma quasi tutti preferivano chiamarlo con lo stesso nome che si era scelto per seminare il terrore nel cuore dei suoi avversari: Bane.
 << C'è da dire che il Joker se li sceglie bene i sottoposti>> commentò il giovane Cacciatore, pulendosi la bocca da una macchia di sangue e assumendo una posizione pronta al combattimento.
Il supercriminale si limitò a scrocchiare il collo, le lenti rosse della maschera fisse negli occhi del ragazzo.
<< Non sono un sottoposto di quel ridicolo pagliaccio >> disse con una voce bassa e gutturale <<  Solo uno che vuole sopravvivere. O così…o la morte. Niente di personale, hombre. >>
Bane afferrò un masso vicino a lui, lo strappò dal terreno come se fosse un fiore e lo scagliò verso James con la stessa svogliatezza di un padre che lancerebbe al figlio una palla da baseball.
Il Neo-Cacciatore spalancò gli occhi, sorpreso dalla forza dell’avversario.
A quanto pare, i racconti su di lui erano veri: malgrado fosse privo di Aura o poteri Esper, era comunque capace di compiere imprese degne di un Cacciatore o di un Level 4.
Il ragazzo riuscì per un soffio a togliersi dalla traiettoria del masso.  Poi, sollevò la sua coppia di fucili e cominciò a sparare raffiche di colpi contro l’avversario, muovendosi agilmente tra le tombe nel tentativo di fargli perdere la concentrazione.
Tuttavia, malgrado la sua stazza considerevole, Bane si rivelò più agile del previsto e cominciò a inseguirlo.
Superata senza problemi la distanza che li separava,  face leva coi muscoli delle gambe potenziati a dismisura dal Venom e balzò verso il suo avversario con il braccio destro sollevato.
James lasciò andare le sue armi e modificò il guanto destro per fargli assumere l’aspetto di un pugno corazzato.
Entrambi i colpi si scontrarono a mezz’aria,  generando un forte boato, e la conseguente onda d’urto fu tanto forte da sbalzarli a diversi metri dal punto d’impatto.
Bane si rialzò in piedi senza fatica e iniziò ad elaborare una strategia che potesse dargli un vantaggio.
Aveva letto attentamente i profili di ogni potenziale avversario per questa missione, ma sfortunatamente le informazioni riguardanti James Heller erano state per lo più classificare, probabilmente a causa del suo passato nelle forze militari atlesiane. La cosa non lo aveva sorpreso più di tanto.
Anche se non aveva mai incontrato il Generale Ironwood di persona, come tutti i mercenari era ben conscio di quanto l’uomo fosse paranoico…specialmente nei confronti dei suoi protetti.  
Mentre il criminale rimuginava su questo, James concentrò l'Aura per guarire le ferite minori.
Lanciò una rapida occhiata oltre la lapide dietro cui era atterrato…e poi cominciò a correre.            
 Probabilmente i suoi compagni avevano già incontrato gente ben peggiore del suo avversario e non aveva intenzione di perdere tempo a combatterlo quando avrebbe potuto aiutarli.
Bane lo vide allontanarsi con uno sguardo contemplativo e leggermente deluso.
“Sta battendo in ritirata. O è un codardo…o semplicemente stupido. Direi più la seconda” pensò il luchador, mentre procedeva ad inseguirlo.
Dopo alcuni passi, staccò una lapide dal terreno e la lanciò con tutta la sua forza per bloccare il passo dell’avversario.  Il giovane Cacciatore si fermò di colpo…e Bane gli fu subito addosso.
Con un forte calcio riuscì a scaraventarlo a terra, dopo di che lo inchiodo al suolo con il piede.
<< Dove pensi di scappare, hombre? Non è così che ti libererai di me >> ringhiò, per poi cominciare e tempestarlo di pugni.
James sentì qualcosa rompersi dentro di sé e si mise subito le braccia corazzate davanti al volto.
<< Uno può sempre sperare>> borbottò, mentre i suoni delle protezioni che cedevano risuonavano minacciosi attorno a loro.
Cercando di ignorare il bruciore alla testa, riconfigurò i suoi guanti in grosse zampe artigliate. Poi, dopo aver individuato una piccola apertura nell’attacco dell’avversario, lo colpì rapidamente allo stomaco.
Bane ringhiò di dolore, mentre le lame affilate gli penetravano nelle carni. Fortunatamente, il Venom non gli conferiva solo una forza sovraumana…ma anche una resistenza degna di un Grimm.
Il suo corpo venne attraversato da vampate e scariche elettriche tanto forti da costringerlo alla ritirata.
<< Vedo che hai molti assi nella manica, hombre. Come diavolo riesci a mutare in quel modo gli arti? >> chiese ansimando << Questa non è la prima volta che combatto un abitante di Renmant. Forse fa parte della tua Semblance? >>
<< Sei intelligente, scoprilo da solo >> rispose James, sfoderando entrambe le coppie di artigli e buttandosi di nuovo sull'uomo col chiaro intento di decapitarlo
Bane non si lasciò intimidire e afferrò i polsi del Neo-Cacciatore prima che le lame potessero impattare sul suo collo. Fatto questo, lo scagliò violentemente contro una lapide.
James si rialzò con un ringhio e cominciò a ricoprire il resto del corpo con la sua fidata corazza, deciso a concludere il prima possibile quella battaglia.
Facendo appello alla Polvere che gli era rimasta, chiuse gli occhi e lasciò che un turbine di fiamme e scariche elettriche lo ricoprissero da capo a piedi. Poi, immerso in quella tempesta elementale, strappò di forza una coppia di lapidi e le lanciò a gran velocità contro il suo avversario.  
Bane non era certo uno stupido. Sapeva che il ragazzo stava solo cercando di distrarlo, così si limitò a distruggere i blocchi di marmo con due pugni ben precisi.
E prima che James potesse anche solo provare ad avvicinarsi, rialzò la guardia e caricò a sua volta con tutta l’intenzione di terminare lo scontro.
James strinse i denti. Sapeva che il vincitore della battaglia sarebbe stato deciso da quest’unico colpo, quindi non poteva sbagliare.
Sollevò entrambe le braccia…e il mondo attorno a lui cambiò di colpo.
Bane non c’era più. Il corpo del Neo-Cacciatore era immerso in un mare di sangue comparso fuori dal nulla.
Attorno a lui…decine di corpi galleggiavano su quella superficie scarlatta.
Confuso e disorientato, James provò a toccarne uno…e fu allora che i cadaveri presero vita e cominciarono a trascinarlo verso il basso.
<< No…no! >> urlò il ragazzo,  mentre agitava selvaggiamente gli artigli nel tentativo di liberarsi.
Col passare dei secondi, i visi dei suoi aggressori divennero sempre più familiari.                                                                
Vide un bandito che aveva ucciso per errore nella sua prima missione da militare…i corpi smembrati dei civili che non era riuscito a salvare da un attacco di Grimm… i suoi compagni che lo accusavano di tradimento,… semplici Stormtroopers che gli serravano la bocca, mentre si ritrovava sempre più immerso in quell'allucinazione dal sapore di rame.                                    
 E mentre sprofondava nell’oscurità, alzò lo sguardo …e vide quella che sembrava la figura del Maestro in controluce, intenta ad applaudirgli con quel suo ghigno beffardo.
<< Complimenti, campione! >> esclamò con quella sua voce onnipresente << Hai lasciato morire i tuoi amici…e ora stai per raggiungerli! Sei un vero fallimento! >>
La risata del Signore del Tempo risuonò nella mente del Neo-Cacciatore, che lanciò un urlo e cadde in ginocchio, tenendosi la testa tra le mani.
Bane si fermò di colpo.
Cosa diavolo stava succedendo a questo ragazzo? Fino a pochi secondi fa sembrava stare bene, e all’improvviso era crollato a terra come una ragazzina spaventata.
“Spaventata”. Fu grazie a quella singola parola che il mercenario riuscì ad intuire la causa di quello strano comportamento.
Ringhiò di rabbia e colpì James con un destro abbastanza forte da farlo svenire.
<< Non avresti dovuto farlo, Crane! Era una sfida tra me e l’hombre! >>
<< Sei patetico. Ti ricordo che non siamo qui per divertirci >> disse lo Spaventapasseri, uscendo dall’oscurità  del cimitero << Siamo qui per portare a termine una missione e così faremo. La vittoria è ciò che conta. >>
Puntò un dito affusolato verso il luchador. << Tieni per te questi stupidi sentimentalismi sull’onore, perché se non fossi intervenuto io, a quest’ora saresti tre metri sotto terra. Ti ha davvero sfiancato, non è vero? >>
<< Sì >> ammise Bane, sembrandone quasi compiaciuto << Era da anni che non mi succedeva. Non dai giorni in cui combattevo con il pipistrello. >>
<< E cerchiamo di fare in modo che questa sia la prima e l’ultima volta >> gracchiò il suo alleato << Adesso prendiamolo. >>
Bane grugnì in accordo e allungò una mano verso il Neo-Cacciatore.
Fu allora il corpo del ragazzo scomparve in un lampo di luce sotto gli sguardi attoniti della coppia di criminali.
                                                                 
                                                                                                                                            ***
 
Lo scudo di Kirby sbatté per l'ennesima volta sul viso ghignante del Joker, il corpo avvolto da un'intensa aura rosa che splendeva come un piccolo faro sul campo di battaglia coperto di nebbia.
Dopo aver dato un'altro forte pugno allo stomaco del signore del crimine, il ragazzo si tirò indietro e premette un pulsante nella sua arma, le cui cinque punte cominciarono a ruotare come una motosega.
Il giovane Cacciatore ansimava, mentre il sangue colava copiose dalle ferito infertegli dall’avversario. Eppure resisteva, perché la sua sete di vendetta superava di gran lunga il desiderio di allontanarsi il più possibile da quel mostro.
Joker aveva sempre avuto un'enorme resistenza al dolore già quando era un semplice umano nel vecchio universo… ma adesso era più forte. MOLTO più forte, e difficilmente si sarebbe lasciato scoraggiare dai colpi di un Cacciatore alle prime armi. Tutto grazie alla magnifica sostanza che Bane aveva così gentilmente condiviso con lui: il Venom!
Sorprendentemente, i pugni di Kirby erano comunque riusciti ad infliggergli qualche livido. Gli ricordavano quasi i bei vecchi tempi con Batman!
<< Non te la cavi male, ragazzo, ma tuo padre picchiava nettamente più forte. Non dispiacerti, guardane il lato positivo!  Se continui così… be', potresti raggiungerlo a breve! AH AH AH AH AH AH AH! >>
Il rosato sapeva che quella era una provocazione atta all’unico scopo di fargli abbassare la guardia. Strinse i denti e cercò di ignorare la rabbia che cresceva indomita nel suo cuore.
 << Solo dopo che tu lo avrai avvisato del mio arrivo >> ansimò, mentre canalizzava un fiotto d'Aura nello scudo. Poi, lo lanciò di forza contro Joker.
Il clown si limitò a balzare di lato, senza mai perdere il suo intramontabile sorriso.
<< Lo sai, non posso fare a meno di chiedermi perché tu continui a lottare. Almeno sai per cosa stai combattendo? O lo fai solo perché paparino non c'è più? >> domandò sardonico.
Una prima saetta verde mancò di poco la testa del criminale.
<< Ma come siamo permalosi… >>
Fu costretto a saltare all’indietro per evitare un colpo di spada. E quando i suoi piedi toccarono terra, ecco che Kirby cercò di menargli un pugno alla testa, che questa volta il clown fu costretto a parare con le braccia. 
Ben presto, entrambi i combattenti si ritrovarono coinvolti in un serratissimo corpo a corpo.
Per quanto Joker preferisse evitare gli scontri fisici, non era certo estraneo ad una sana scazzottata. Kirby era sicuramente più addestrato di lui… ma la furia con cui combatteva lo rendeva incauto e vulnerabile.
E il clown era sempre stato bravo a fare leva sulla collera dei suoi avversari!
<< Ho toccato un nervo scoperto? >> cinguettò sornione << Quindi combatti davvero per questo? Solo per Meta Knight? Ti sei mai fermato un solo secondo a pensare... se il Dottore dice la verità? È vero, anche il Maestro non dice sempre la verità, manco io lo faccio, che diamine! Ma chi ti assicura che il Dottore sia diverso da genere come noi? >>
<< Sai com'è, non l'ho mai visto scuoiare vivi i suoi sottoposti >> ringhiò il ragazzo, caricando tutta la sua forza nel piede destro e schiantandolo sul ginocchio del Joker con l'intento di spaccarlo.
Il principe del crimine grugnì e ribatté con una testata per allontanarlo, il suo sorriso ancora intatto.
<< Tu dici? >> ridacchiò << E come fai ad esserne davvero sicuro? Questi Signori del Tempo, così misteriosi... complottano, pianificano... e se la morte di tuo padre fosse stata un proprio un piano del Dottore? Pensaci... lui sa sempre come ottenere ciò che vuole! Proprio come il Maestro…AH! Non mi sorprende affatto che fossero amici. E il Dottore aveva bisogno di alleati… aveva bisogno di istigare il popolo contro il grande e cattivo dittatore di Battleground! Ti sei mai fermato un secondo a pensare che forse... è solo tutta colpa sua? >>
Quella fu l'ultima goccia. Kirby lanciò un grido collerico, mentre il suo corpo veniva avvolto da un intenso bagliore rosa. Con gli occhi illuminati, estrasse una delle sue fidate pistole e vi proiettò dentro tutte le riserve di Polvere che gli erano rimaste. Poi, cominciò a sparare una raffica di colpi contro Joker.
Il clown cominciò a ridere di gusto ed evitò ogni proiettile con la grazia di un ballerino. Non era certo la prima volta che cercavano di farlo fuori in questo modo!
<< Ti scaldi davvero così facilmente, sei fin troppo prevedibile! >> esclamò, mentre estraeva a sua volta una pistola argentata infusa di Polvere << Prevedibile e... deludente, oserei dire. Non ti accorgi di quello che hai intorno, non ti poni nemmeno mezza domanda, come un regalo di Natale scartato la sera prima. Dietro tutti questi effetti speciali… non sei altro che un ragazzino dai capelli rosa che piange perché rivuole il papà! >>
Simulò uno sbadiglio e cominciò a fare fuoco. 
<< Sai, sarebbe quasi divertente se non fosse così patetico... oh, ma che importa, tanto io riderò lo stesso!>>
E a quel punto scoppiò nella sua fragorosa risata psicotica. Kirby avrebbe voluto gridare, sbattere i piedi a terra per spaccare in due quell'insulso pianeta e portare il Joker con sé! Invece… si limitò a fissare cupamente l’avversario, chiedendosi quanto di vero ci fosse in quelle parole.
Facendosi forza e digrignando i denti, premette un pulsante sulla propria pistola e la Star Warp gli ritornò nella mano.
Il sorriso del clown si fece più affilato. << Vedo che cominci a capire... un poco... ma non ti preoccupare, ora lascia che ci pensi lo zio J a risolvere tutto. >>
Si portò davanti a lui, mettendosi in una posizione di guardia che ricordava vagamente la brutta caricatura di un vecchio pugile.
<< Avanti ragazzino… ti spiezzo in due! >> gracchiò.
Con la stella che girava nuovamente a maniera di motosega, Kirby saltò addosso al criminale, sfruttando il più possibile la sua agilità per cercare un'apertura nelle sue difese. Joker riuscì ancora una volta a schivare ogni colpo, come se avesse un corpo fatto di gomma.
Poi, afferrò il braccio destro del Neo-Cacciatotre… e gli sorrise in modo predatorio. Dal fiore che portava sulla giacca schizzò uno strano gas color verde.
Kirby fu troppo sorpreso per poter reagire in tempo. Spalancò la bocca… e la sostanza gli penetrò nei polmoni. Accompagnato da una scia di sangue, il giovane Cacciatore inciampò a terra, portandosi la mano alla bocca, mentre uno strano desiderio di ridere iniziava a farsi strada dentro di lui.
“No... non così...” pensò infuriato.
Aveva pensato che, attraverso la sua Semblance, sarebbe stato capace di arginare facilmente gli effetti della tossina che aveva reso famoso lo stesso Joker: il gas smiley, una ricetta venefica che aveva la capacità di stimolare l’euforia di una persona a livelli potenzialmente letali.
Joker ridacchiò di gusto.
<< Gas venefico brevettato da Joker, ragazzino! Lo sai, tuo padre era un po’ come la mia vecchia nemesi... mai riuscito a strappargli un sorriso, neanche una volta! Almeno avrò la soddisfazione di farlo con te! Ripensa alle mie parole, marmocchio, ma mi raccomando... cerca di non MORIRE dal ridere! >>
Cominciò ad allontanarsi, canticchiando un’allegra melodia. Dopotutto, aveva ancora così tante persone con cui giocare! E sotto sotto sperava che anche il ragazzo sarebbe sopravvissuto. Avevano ancora molto tempo da recuperare assieme!
Kirby poté solo fissarlo con odio, mentre calde lacrime cominciarono a scivolargli dagli occhi. Fu allora che il suo corpo venne avvolto da un lampo di luce…





Boom! E così finisce la seconda parte di questa battaglia. 
Molti dei nostri Time Warriors sono messi male, ma alcuni di loro sono riusciti a portarsi a casa qualche vittoria.
Nel prossimo capitolo ci concentreremo anche sulla battaglia aerea tra il Dottore, Ruby e Starscream, e sullo scontro che vedrà coinvolti Blitzwing, Penny e Harley Quinn. E ovviamente proseguiremo la battaglia tra Megatron e Thor!
Per chi non lo sapesse, le statue che hanno aggredito Accelerator sono Angeli Piangenti, una razza molto potente di creature provenienti dall'universo di Doctor Who.
Detto questo... alla prossima!

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Capitolo 35
*** Capitolo 31 - La Battaglia di Trenzalore: Parte 3 ***


Eccoci di nuovo!
Con questo capitolo si chiuderà definitivamente l'arco Trenzalore. Senza perdere tempo in convenevoli, vi auguriamo una buona lettura!



Capitolo 31 - La Battaglia di Trenzalore: Parte 3

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In the dark
I can feel you in my sleep
In your arms I feel you breathe into me
Forever hold this heart that I will give to you
Forever I will live for you…”
Skillet – Awake And Alive


Un altro colpo li mancò per un soffio e all’interno del Falcon scoppiò il panico.
Il Dottore premette un tasto sulla parete prima ancora che i suoi compagni potessero urlargli qualcosa. Con suo grande sollievo, il comando rispose all’istante e i motori a propulsione esplosero alle loro spalle in un turbinio di fuoco e fiamme. Mentre schizzavano spediti della vastità dello spazzo, Rowlet per poco non si schiantò addosso a Ruby.
Il Dottore si buttò subito sul sedile del pilota ed esaminò gli strumenti, facendo scattare diversi interruttori. Con vigore appena ritrovato, volse lo sguardo in direzione della Cacciatrice.
<< Vai alla posizione di tiro! >> ordinò con voce imperiosa.
Senza perdere tempo, la mietitrice scese nella torretta e si assicurò al posto di tiro con la cintura. Il sedile rispose la peso ruotando a sinistra e Ruby si affrettò a impugnare i comandi.
I sistemi intuitivi gli permisero di prendere rapidamente il controllo completo dei movimenti della torretta.
Nel mentre, il Dottore compì una brusca deviazione, e i suoi occhi incontrarono brevemente quelli rosso sangue del loro inseguitore.
Tirò un respiro profondo e premette il comando.
<< Ce la posso fare, ce la posso fare… >>
Lottando con la console del Falcon, il Signore del Tempo riuscì a richiamare la nave appena in tempo per evitare un altro colpo di energia e la diresse verso una cintura di asteroidi. Starscream si lanciò subito all’inseguimento.
Mentre Rowlet cercava di rimanere in equilibrio, il Dottore puntò verso il basso, sollevato che la nave stesse prendendo velocità.
Ruby prese un respiro profondo, sapendo il sistema di comunicazione consentisse un minimo di dialogo a bordo.
<< Dobbiamo stare bassi! È la nostra unica possibilità! >> disse << Prova a seminarlo tra le meteore! >>
Il Signore del Tempo non se lo fece ripetere due volte e cominciò a zigzagare tra i detriti spaziali con grande maestria.
<< Dottore, Rowlet non pensa che sia una buona idea>> bubulò impaurito.
L’alieno roteò gli occhi. << Se può farti sentire meglio, nemmeno io. Reggiti! >>
<< A cosa… >>
L’avvertimento del Dottore giunse troppo tardi. Con una serie di bubulii sorpresi, il barbagianni ruzzolò verso il soffitto mentre la nave roteava su se stessa.
Tendendo le dita al massimo, l’uomo riuscì a stento a raggiungere i comandi degli scudi e li attivò. Nel far ciò, tolse lunghissime ciocche giallo-brune e ruvide che trovò impigliate nella console.
Sollevato, si raddrizzò nel sedile del pilota, riprese in mano i comandi e stabilizzò la nave.
<< Mi abbasso di quota! >> esclamò alla giovane mietitrice.
Diresse la nave verso la superficie di un grosso asteroide e poi la richiamò all’ultimo momento.
Il loro inseguitore imitò la loro manovra in maniera quasi perfetta e sparò una raffica di colpi. Se gli scudi della nave in fuga non fossero stati attivi, quell’attacco li avrebbe sicuramente abbattuti.
<< Dottore, si avvicina da babordoooo! >> lo avvertì Rowlet, ancora steso a terra.
Una forte esplosione sconquassò la nave e il Signore del Tempo riuscì a evitare per un soffio un monolito di arenaria che gli si parò davanti.
Deglutì e gridò a squarciagola: << Che stai facendo lì dietro? Aspetti che i nostri cadaveri siano sparpagliati per tutto il pianeta? Rispondi al fuoco! >>
<< Devo prima averlo a tiro! >> ribatté Ruby, indignata.
All’interno del corridoio cilindrico, Rowlet emetteva bubolii e fischiettii all’impazzata che erano l'equivalente di vivide imprecazioni, mentre ruzzolava su per le pareti, lungo il soffitto, ovunque tranne dove voleva essere.
<< Rowlet, modera il linguaggio >> ordinò il Dottore, senza voltarsi.
In quel preciso istante, i sistemi d’arma della nave agganciarono il bersaglio. Ruby fece ruotare la torretta e aprì il fuoco contro di lui.
Un’altra esplosione fece sobbalzare la nave. La Neo-Cacciatrice sapeva che se non fosse stato per gli scudi, sarebbero già stati fatti a pezzi. Strinse le mascelle e continuò a sparare.
Starsvcream precedeva all’inseguimento, quasi sprezzante dei loro sforzi per difendersi.
<< Troviamo un riparo! >> gridò senza smettere di sparare. << Presto! >>
<< Tranquilla, ci siamo! >>
In fatto di manovre e combattimento spaziale al di fuori di un TARDIS, il Dottore conosceva poco più della teoria. Aveva molta più esperienza in materia di difesa personale… ma era una vero esperto per quanto riguardava i suoli planetari.
Rasentando la superficie di un altro asteroide, si alzò e sfrecciò sopra le rocce. Sfiorò un picco così vicino che ne staccò un pezzo.
Riluttante a perdere terreno per guadagnare quota e attaccare dall’alto, Starscream continuò a tallonarli.
“Manca poco”, pensò il Dottore, stringendo forte i comandi. “Basta tenerlo a distanza ancora per un po’.

Si inclinò bruscamente, abbassandosi così tanto da scavare un solco nell’asteroide. Uno dei cannoni a bordo attraversò la traiettoria del cybertroniano e colpì per caso un punto momentaneamente cieco.
Una parte della struttura di volo si disintegrò all’istante, lasciandosi dietro una scia di rottami, mentre il robot tentava di tenerlo sotto controllo.
Ruby lanciò un grido di trionfo, senza lasciare i comandi di tiro.
<< Bel colpo! >> si complimentò il Dottore, ma non potevano ancora cantare vittoria.
Con un ringhio infastidito, Starscream riprese il suo equilibrio e sparò una coppia di missili dalle mani.

                                                                                                          * * * 

Dopo il violento colpo ricevuto, Thor si alzò da terra reggendosi su un ginocchio. Lo scontro con Grougaloragran lo aveva lasciato stanco, ma non certo senza forza.
Come vide il volto dell'assalitore, il suo sguardo si fece incredibilmente sorpreso per poi divenire furibondo. Ricordava bene quel giorno… quando il Maestro e i suoi seguaci avevano assaltato casa sua, uccidendo quanti più asgardiani possibile, tra cui suo padre.
<< Megatron... >>
Ringhiò il suo nome, e questo bastò a generare il fragoroso rimbombo di un tuono, sinonimo della sua rinomata collera.
Il tiranno di Cybertron arricciò le mandibole metalliche a imitazione di un sorriso grottesco, così simile a quello di un volto umano... ma decisamente più sinistro.
<< Sono passati molti anni, figlio di Odino >> disse con la sua voce bassa e graffiante << Temevo ti fossi dimenticato di me. >>
Si portò una mano dietro la schiena e sguainò la stessa spada che aveva troncato la vita di innumerevoli Aesir. 
<< La mia alabarda gronda ancora del sangue del tuo popolo... e freme dalla voglia di concludere il nostro scontro. >>
<< E allora sarai accontentato!>> esclamò il Tonante con un grido di battaglia, per poi lanciare Mjolnir contro lo stomaco dell’avversario.
La potenza di quel colpo fu abbastanza da far indietreggiare il cybertroniano, che affondò la spada nel terreno per mantenersi in equilibrio. Fatto questo, sollevò i suoi occhi dardeggianti e incontrò quelli blu elettrico dell’Asgardiano.
<< Il tuo maglio non ti salverà >> ringhiò attraverso i denti << Non questa volta! >>
Sollevò il cannone del braccio destro… ed ecco che un secondo proiettile di luce viola investì il dio del tuono, spedendolo contro una colonna. L’enorme monumento in marmo venne completamente distrutto dallo schianto e le macerie crollarono sul corpo dell’Ase.
Questi sollevò i detriti con facilità, lo sguardo fisso nelle ottiche rosso sangue del Mech.
<< Se pensi che io possa cavarmela solo con la mia fidata arma, significa che nella tua stoltezza mi hai sottovalutato. Un grave errore, sovrano dei Decepticon... molto grave... >>
E come emise un sospiro, un potente fulmine saettò dal cielo nero e si abbattè con prepotenza sul gladiatore.
Megatron ruggì di dolore nel momento in cui la corrente elettrica cominciò a penetrare nelle sue membra. Se fosse stato una normale macchina, un simile colpo sarebbe stato sufficiente per friggere i suoi sistemi interni e spegnerlo sul posto. Ma il sovrano di Cybertron... era tutto fuorché una normale macchina. Era una creatura viva, il risultato di milioni di anni di evoluzione che avevano partorito l'organismo biomeccanico perfetto.
I filamenti neurologici che formavano il suo endoscheletro cominciarono a convertire il fulmine in piena energia, caricando le armi del Mech. I suoi occhi rosso sangue s'illuminarono di un'intensa luce scarlatta, a cui seguì il ruggito di una bestia bramosa di sangue.
Subito dopo, i cannoni posti sulla schiena sua schiena puntarono dritti verso Thor e cominciarono a sparare a raffica.
Il tonante ben sapeva di non essere sufficientemente in forze per evitare quei colpi… e così si portò le braccia davanti per bloccarne quanti più possibile. Subì quella raffica a bruciapelo! E nonostante il suo corpo fosse ricoperto dei tagli e dei graffi inferti da Grougaloragran, riuscì a rimanere in piedi.
Ma anche gli dèi avevano una soglia di sopportazione, per quanto elevata. Alla fine, perfino il dio del tuono si ritrovò costretto a piegare le ginocchia per evitare che gli si spezzassero. Ansimava copiosamente e alzò il suo sguardo furibondo verso Megatron, penetrandolo con i suoi occhi azzurri.
Questi gli si avvicinò con la spada sguainata, strusciandola minacciosamente contro il suolo pieno di cenere. Al contempo, il suo sorriso si fece man mano più sadico.
<< Quanta rabbia vedo nel tuo sguardo, figlio di Odino. Ma per chi, mi chiedo? >> domandò beffardo << Per me, che ho sbudellato la tua gente come se fossero maiali? Per il Maestro, che ha ordinato l'attacco? O forse per te stesso... perché non sei stato capace di proteggerli!? >>
Scattò in avanti e investì il Tonante con un possente colpo di lama, scaraventandolo a diversi metri di distanza.
Thor si rialzò lentamente, facendo appello alle poche forze che gli erano rimaste.
<< Io provo rabbia, possente titano... molta rabbia, è vero. Rabbia per il Maestro, che ha reso infelici molte persone… rabbia per me stesso, che non sono stato presente per il mio popolo... e rabbia per te, che hai ucciso la mia gente senza pietà  >> ringhiò tra i respiri << Ed è proprio perché provo tutta questa rabbia che tu... >>
Allungò un braccio.
<< ... la proverai sul tuo metallo! >>
Mjolnir gli fu di nuovo in mano. E con le forze rimanenti, Thor ne sbatté l'incudine sul terreno, generando una tempesta di fulmini.
Megatron sorrise di rimando e caricò i suoi cannoni all'unisono. Dalle loro bocche fuoriuscirono un totale di tre raggi luminosi che andarono a scontrarsi con l'attacco del Tonante.
L'esplosione risultante fu abbastanza potente da inclinare il terreno sottostante, mentre lampi di energia e saette cominciarono a propagarsi dal punto d'incontro dei due attacchi. La gravità stessa sembrò perdere di significato, mentre detriti e massi rimbalzavano verso il cielo come bianche fumate, accompagnati dal ruggito del tuono e dalle fiamme della battaglia. E poi... tutto cessò, mentre un lampo di luce devastante oscurava la vista di entrambi gli avversari.
Thor cercò di localizzare il suo avversario in mezzo alla polvere. Sicuramente era riuscito ad abbatterlo, no?
La risposta a quella domanda non tardò a farsi sentire. Un pugno metallico lo colpì alle spalle con forza sufficiente da atterrarlo. Il guerriero cadde al suolo, e il suo viso venne premuto contro la nuda roccia dal grande piede del colosso.
<< Questo è il destino che attende tutti coloro che osano sfidare il mio comando >> sogghignò Megatron << Ed è ciò che merita un vigliacco della tua risma, figlio di Odino. >>
<< Parli a me di vigliaccheria, cybertroniano... >> ribatté l’altro, a fatica << ma non sono io quello che sta attaccando un avversario spossato! La tua finta superiorità morale è disgustosa. >>
Il cybertroniano ridacchiò in apparente divertimento. << Eppure, a differenza tua, sono sempre stato capace di fare tutto ciò che era necessario per garantire la sopravvivenza del mio popolo. Perfino... uccidere colui che consideravo come un fratello. >>
Chiuse gli occhi al ricordo dell'attimo in cui aveva trafitto la scintilla di Optimus Prime, causandone la morte.
Per innumerevoli cicli stellari aveva sognato il giorno in cui sarebbe finalmente stato in grado di stroncare la resistenza Autobot. Ma dopo le esultazioni iniziali e la soddisfazione di aver vinto la guerra... solo il vuoto aveva accompagnato gli anni successivi del signore di Cybertron.
Sul volto del Mech balenò per un attimo un cipiglio esitante, ma fu presto sostituito da un ghigno crudele.
<< Dimmi, quanti sono morti a causa delle azioni di Loki Laufeyson? E quanti ancora moriranno prima che tu riesca finalmente a trovare il coraggio di porre fine alla sua vita? >>
A sentire quelle parole, il Tonante conficcò le unghie nel terreno. << Tu non sai niente di Loki... lui è mio fratello, e questo non cambierà mai anche se non siamo legati dal sangue. È vero che si è macchiato di molti crimini… e l'ultimo è stato il più atroce di tutti. Ma nonostante questo... io non posso dimenticare i nostri giochi da infanti, le nostre battaglie da adolescenti e tutte le volte che ci siamo guardati le spalle a vicenda. Tu che sei un fratricida, stando ai tuoi vanti, non puoi neanche immaginare il significato della parola “famiglia”! Non ho intenzione di disonorare quelle morti… ma nemmeno voglio arrendermi con lui. >>
<< Ah! Quindi non è di amore che si tratta... ma di orgoglio >> sogghignò beffardamente il Decepticon << Orgoglio per la tua famiglia... per l'immagine distorta che hai coltivato di tuo fratello... per la tua convinzione di poterlo cambiare. Apri gli occhi, Asgardiano! Quel ragazzo è morto nel momento in cui ha assaporato il sangue per la prima volta. La tua è solo la preghiera di un bambino che sogna ancora un fratello che non esiste più... è patetico! >>
Aumentò la forza che teneva il dio bloccato a terra.
<< Per molto tempo ti ho considerato un guerriero degno del mio rispetto... ma ora vedo che non sei molto diverso dalla mia vecchia nemesi, Optimus Prime. Anche lui la pensava come te... ed è finito con una spada conficcata nel petto. >> Sollevò il piede metallico e il suo sorriso si fece più predatorio. << Ma per te, figlio di Odino? Credo che Loki avrà in mente qualcosa di diverso! >>
Quelle parole risuonarono nella mente di Thor come un colpo di cannone. Il dio del tuono deglutì a fatica. Loki era davvero irrecuperabile? Davvero non esisteva più un briciolo del fratello con cui aveva giocato e combattuto quando erano più giovani?
Thor non voleva dare ragione alle parole del cybertroniano, perché in fondo sperava ancora di poter redimere i suoi peccati. In fondo, se il dio degli inganni era diventato un simile mostro... la colpa era soltanto del Tonante, che lo aveva abbandonato nel momento del bisogno.
Quando Megatron sollevò il piede, strinse i denti e afferrò il manico del Mjolnir, stringendolo con forza.
<< Per Odino... per Battleground! >> esclamò girandosi verso di lui pronto a colpirlo… ma il titano fu più lesto e gli schiacciò di nuovo la faccia al suolo con un calcio di inaudita potenza.
Ormai impossibilitato a muovere anche solo un muscolo, Thor sentì la propria coscienza vacillare. Poi… vi fu solo oscurità.

                                                                                                               * * * 

Accelerator si acquattò rapidamente tra le lapidi, il respiro ansimante e il corpo madido di sudore.
Non sapeva dove fossero i suoi inseguitori, ma non perse tempo a cercarli. Al momento doveva concentrarsi su un unico compito: trovare un nascondiglio sicuro! Più facile a dirsi che a farsi.
Una grotta sarebbe stato un suicidio: troppo buia e con poche vie di fuga. Era un nascondiglio, certo, ma non sarebbe durato. E poi… poteva davvero nascondersi? Quei mostri sembravano implacabili.
<< Cazzo... >> sibilò, mentre ricuciva i propri tessuti muscolari. Lo avevano ferito sul serio, molto più di qualunque avversario avesse mai incontrato… a parte Vader.
<< Tsk... e adesso che faccio? Cristo, mi sembra di essere in quel film slasher con l'assassino mascherato…e io sono la protagonista bionda. Che merda di situazione… >>
Fu allora che un forte scricchiolio risuonò sopra di lui. L'esper si tese come un tronco d'albero... e sollevò lentamente lo sguardo.
I suoi occhi scarlatti incontrarono quelli diabolici di un angelo che lo osservava dalla cima di una colonna, il volto contorto da un sorriso zannuto e le mani protese verso il basso, con gli artigli divaricati.
Senza mai perderlo di vista, Accelerator fece alcuni passi indietro... e un altro scricchiolio riecheggiò alle sue spalle. Si voltò di scatto, ritrovandosi una mano artigliata a soli pochi millimetri dal viso. E quella mano era collegata ad un braccio di pietra, a sua volta connesso ad un angelo dal volto altrettanto rabbioso
Ci era mancato davvero poco che lo afferrasse!
Con il cuore che ancora gli batteva a mille, l’esper rotolò dietro al mostro e batté il piede destro a terra, così da generare una voragine abbastanza grande da inghiottirli entrambi.
Sapeva che questa era solo una soluzione temporanea. Quei dannati cosi avevano le ali, ma al momento era tutto quello che poteva fare per guadagnare un po’ di tempo.
<< Ci deve essere un modo per analizzarli >> borbottò a se stesso << Forse sono statue tecnologiche comandate a distanza… no, si comportano come uno sciame… forse hanno una matrice principale, proprio come il Misaka Network o anche solo come un alveare! Se sono come le Misaka… potrebbe esserci una loro Last Order, da qualche parte. Qualcuno che li comanda! Tolta di mezzo la matrice, potrei riuscire a seminarli. Il problema è trovarla... cazzo, se solo potessi analizzarli! >>
Imprecò mentalmente e strinse ambe le mani in pugni serrati.
<< Ma forse il Dottore... ti prego, fa' che funzioni. >>
Cercò di attivare il suo comunicatore.
<< Vecchio! Ehi, vecchio, rispondi! >> urlò con tutto il fiato che aveva in corpo << Sono Accelerator, qui ho un grosso problema, per favore, rispondi! >>
Il dispositivo crepitò... ma non sopraggiunse alcuna voce. Qualunque cosa avessero fatto i loro avversari ai comunicatori, era ancora in corso.
Accelerator strinse i denti. Era da solo... ed era a corto di opzioni.
"Peggio di così non può andar-..."
Non riuscì a terminare quel pensieri. Udì il suono della carne che veniva tranciata e si sentì sollevare da terra come una bambola di pezza. Con la coda dell'occhio, intravide un terzo angelo con il braccio sollevato a mezz'aria e gli artigli grondanti di sangue. Lo aveva appena colpito!
Provò a mantenersi in equilibrio con i vettori dell'aria... ma ecco che un forte pugno lo colpì dritto alla schiena, spedendolo al suolo. L'esper sentì qualcosa dentro di sé che si rompeva, probabilmente una costola. Tuttavia, scelse di ignorare il dolore e rotolò subito sulla schiena.
Il suo sguardo si posò su un angelo leggermente diverso rispetto agli altri. Era un po' più grosso e aveva la testa adornata da una specie di corona in pietra.
Lo guardava dall'alto in basso con quel suo sorriso contorto, come se stesse pregustando un pasto.
Accelerator sputò un rivolo di sangue e si sollevò rapidamente in piedi.
<< Bene, cosa abbiamo qui? >> borbottò sarcastico.
A quanto pare aveva trovato proprio ciò che stava cercando. O meglio… ciò che stava cercando era andato direttamente da lui. 
<< Questa deve essere la loro regina… o il loro re. Tsk... hanno proprio il senso dell'umorismo. >>
Scrocchiò il collo un paio di volte.
“Se non sono riuscito ad analizzare un angelo normale, dubito di poterlo fare con questo... ma se la mia intuizione è corretta, e la mente di questi mostri funziona come il Misaka Network, allora potrei provare a modificare i loro modelli di pensiero.”
Batté il piede per terra, alterando i vettori del suolo e creando una specie di muro tra lui e gli altri angeli, sperando di poterli rallentare almeno un po’.
<< Non posso fuggire e non posso nascondermi. Se deve essere il mio funerale… almeno voglio tentare  >> ringhiò.
Andò dietro la presunta “regina” e le mise le mani sulla schiena. Poi, senza mai chiudere gli occhi, si concentrò a fondo provò  ad analizzarne la struttura.
Poteva già sentire gli angeli dall'altra parte del muro che scavavano animatamente contro la parete rocciosa, nel tentativo di superarla. A questa velocità, probabilmente non ci avrebbero impiegato troppo tempo!
Ma in tutto questo... Accelerator percepì anche qualcos'altro.
La statua in sé sembrava completamente invalicabile, un buco nero al centro della realtà, qualcosa privo di massa o forma. Ma in mezzo a tutto quello... c'erano anche dei deboli segnali di "qualcosa"... impulsi elettrici che scaturivano direttamente dall'angelo, e scorrevano come una sorta di filo invisibile a mezz'aria.
Accelerator aumentò la potenza di calcolo del suo cervello, li seguì con lo sguardo... e scoprì che puntavano direttamente verso il muro dietro cui si trovavano gli angeli.
"La mia teoria..." pensò mentre il suo cuore tirava un sospiro di sollievo "la mia teoria era esatta! Ci sono quasi… ma ce la farò in tempo?"
Gli angeli lo avevano quasi raggiunto. Ormai era davvero una lotta contro il tempo: doveva provare a recidere la rete mentale dello sciame angelico, ma non poteva comportarsi in modo avventato.
Un solo passo falso… e non c’era modo di sapere quale contraccolpo avrebbe subito il suo cervello. Forse ci avrebbe anche rimesso le penne! 
<< O la va o la spacca! >> esclamò, mentre faceva pressione su quei fili invisibili.
All'inizio non accadde niente... poi, il mondo attorno l'esper esplose in una luce abbagliante. Provò dolore. Un dolore inimmaginabile, come non ne aveva mai provato in tutta la sua vita! Nemmeno i ricordi del suo tempo passato con i Kihara erano riusciti a scuoterlo fino a questo punto.
Il corpo dell'albino cominciò a sanguinare dalla bocca, dalle orecchie, dal naso... ma niente di tutto questo aveva importanza, perché Accelerator vide l'eternità. L'infinità del cosmo, composto da galassie e stelle di ogni dimensione.
Era così che queste creature vedevano il mondo? No... l'universo?
Il cervello dell'esper cominciò a calcolare. Le sue sinapsi lavorarono come non avevano mai fatto prima, mentre cercavano di comprendere la strana energia psichica che collegava gli angeli. Accelerator si sentì svenire, e così fece appello a tutte le energie che gli erano rimaste per mantenersi cosciente.
Lanciò un urlo sofferente e strinse la presa su quei fili invisibili. Sì udì il suono di qualcosa che si spezzava, a cui seguirono le urla animalesche degli angeli che si trovavano dall'altra parte del muro. Era come se qualcuno li stesse torturando!
Accelerator sentì quelle urla strazianti e arricciò le labbra in sanguinate in un sadico sorriso. Stava… stava davvero funzionando! La sua teoria si era rivelata corretta! Ma aveva ancora del lavoro da fare. Il dolore era insopportabile, e se avesse lasciato la presa… be', a quel punto sarebbe stato divorato da degli angeli infuriati. Ecco perché doveva dare tutto sé stesso e usare tutta la sua capacità di calcolo!
Quei vettori erano assolutamente estranei alla sua scienza, non li conosceva, non li aveva mai calcolati, eppure cercò lo stesso di andare avanti. Doveva adattare le proprie sinapsi ed elaborare i dati più velocemente di quanto avesse mai fatto in tutta la sua vita!
<< Devo... resistere >> sussurrò, mentre il sangue continuava a zampillargli dal corpo << Ci sono quasi... questi mostri creperanno... andate all'Inferno, luridi figli di puttana! >>
Una coppia di squarci a forma di croce si aprirono sul suo petto e l'esper cacciò urla disumane. Senza che se ne rendesse conto, sulla sua schiena cominciarono ad apparire piccoli sprazzi di materia color pece che, via via che i secondi passavano, si condensarono fino a formare dei turbini neri irregolari, simili a grosse ali.
<< Adesso! >> sbraitò, mentre faceva pressione sulla rete mentale un’ultima volta.
I fili esplosero in una miriade di granelli lucenti, e le urla degli angeli divennero ancora più forti. L’esper sorrise… e si sentì sprofondare nell’incoscienza.
Cadde a terra, coperto di sangue dalla testa ai piedi. E mentre chiudeva gli occhi, non vide una coppia di piedi metallici che camminavano lentamente verso di lui.
                                                                                                                          * * *

La battaglia in cui Penny era rimasta coinvolta procedeva da diversi minuti. Il suo avversario? Un cybertroniano dalla personalità piuttosto bizzarra... o bizzarre, in base a quello che aveva dedotto dal modo in cui si era comportato fino ad ora.
Blitzwing. Questo era il nome del robot, e a quanto pare era uno dei combattenti più letali e potenti delle armate Decepticons. Non che si sarebbe aspettata niente di meno, visto quanto era riuscito a metterla in difficoltà dall'inizio dello scontro. Come tutti i loro nemici, era un individuo molto persistente!
Mentre l'androide evitava l'ennesima raffica di colpi ad opera del triple-changer, questi le sorrise con il suo volto più pacato.
<< Mia cara f
räulein, perché mai combatti ancora per cvezti orcanici? Io pozzo zentire ciò che zei tafero. Tu non zei umana, no... zei come me! Hai una zcintilla al pozto di un core di carne e zangue! Cvindi perché combatti per cvezti luridi verrmi? >>
L'atlesiana fece roteare le proprie lame, venendo presto circondata dai riflessi dei fili ad esse collegati. Con rapidi movimenti delle mani, ne spedì una coppia verso il robot.
<< Non ho certo il tempo per discuterne con te>> disse Penny con tono serio, mentre le prime due lame si infilavano nella pelle metallica di Blitzwing.
Il Mech grugnì appena, strinse gli occhi... e la sua testa venne prontamente sostituita da un volto zannuto e ghignante.
<< Ma noi potremo tarti tutto tempo del mondo, ja?! Tante coze da fare... zpezare, tagliare, mutilare... te e tutti tuoi amici, ja, ja, pozziamo portare anche loro per gioca-... >>
Il volto del cybertroniano mutò una terza volta, diventando molto più agguerrito.
<< BAZTA PARLARE, ZTUPITO! ZIAMO NEL MEZZO DI UNA BATTAGLIA, PER AMOR DI MEGATRON! >>
E, dopo aver pronunciato tali parole, mutò il braccio destro in un cannone e sparò un potente colpo di energia verso la neo-Cacciatrice. Questa saltò all'indietro e tirò con forza le spade, portandosi dietro alcuni bulloni e facendo gridare il cybertroniano di dolore.
“E pensare che sarei potuta diventare come lui” pensò Penny, mentre si allontanava cautamente dall’avversario ferito.
A quel punto, una figura silenziosa si insinuò alle spalle della ragazza. Quatta come una gatta… un'ombra… una lama nell'oscurità.
<< PER ASGARD! >> urlò la nuova arrivata con una voce squillante.
Penny fu colpita in pieno viso da un grosso martello… ed esso apparteneva ad Harley Quinn, la spalla - nonché fidanzata - del Joker in persona!
Il colpo fu scagliato con abbastanza forza da spedire l’avversaria contro una colonna.
Harley sorrise soddisfatta e si voltò verso Blitzwig, che la scrutava con un cipiglio scontento.
<< Beh, che c'è? Quel figaccione biondo lo urla sempre! Volevo provarci anche io! Effettivamente... fa un certo effetto, ora capisco molte cose… >>
<< DI CHE CAZZO ZTAI PARLAN-... tieni a freno la lingua, Hot-Head, ziamo alla prezenza di una zignora >> terminò impassibile il volto pacato del robot << Non per zembrare un ingrato, ma non dovrezti ezzere con il tuo, ehm.. amante? Pappone? Pertonami, ma le relazioni interperzonali tra voi organici mi confondono,
fräulein. >>
<< Sì, ma è stato il puddin a ordinarmi di venire qui. Lui voleva occuparsi da solo del figlio di Meta Knight... che sono abbastanza sicura sia in realtà una figlia. In ogni caso, gli ordini sono ordini, quindi ti darò una mano. Prima uccidiamo questa zoccoletta, prima il Dottore e i suoi allegri compagni muoiono e prima io e Mr J potremo sposarci! Aaaaaah... già lo immagino. Tu sei mai stato innamorato, Blitzy? No, certo che no, tu sei... beh... hai capito, Robocop! >>
Penny barcollò per un istante, finché i suoi circuiti non si sincronizzarono di nuovo. Focalizzò i sensori sulla nuova arrivata, ricordando il loro breve incontro al porto di Beacon, quando l'aveva vista duellare con Weiss.
Harley Quinn era una pazza scriteriata che poco aveva da invidiare al Joker in termine di follia e abilità nel combattimento, e per di più sapeva utilizzare l'Haki, anche se a un livello abbastanza basico. Forse in uno scontro singolo avrebbe potuto batterla abbastanza facilmente… ma ora che aveva unito le forze con Blitzwing? Anche uscendone integra, non avrebbe avuto le forze per aiutare i propri compagni.
Vide il cybertroniano rilasciare un sospiro irritato, ma ecco che il suo volto venne nuovamente sostituito dalla faccia zannuta.
<< Uh uh, mi piaze Robokop! Tanto zangue, tanti cataveri, bellizzima arte roz-... non farti diztrarre >> borbottò quello pacato, puntando il suo sguardo glaciale verso Penny << Ultima pozzibilità,
fräulein. Zei in inferiorità numerica... e prezto anche tuoi compagni troveranno la morte. Uniziti al tuo popolo... o preca che il Maeztro abbia pietà della tua zintilla. >>
Penny ringhiò attraverso i denti. Le stavano davvero chiedendo di arrendersi e lasciare i suoi compagni a morire? Così poco i loro avversari sapevano del cosa significava essere un Cacciatore? Questo era un insulto bello e buono… e lei non sarebbe fuggita senza prima averlo compensato a dovere!
<< Mai... >> disse gelida, mentre sparava un proiettile di ghiaccio nelle ottiche del cybertroniano, costringendolo ad indietreggiare. Al contempo, compì alcuni rapidi movimenti con le mani.
Come a imitazione di una strana danza, le spade, cominciarono a volteggiare a mezz’aria, puntando alla coppia di avversari.
Harley riuscì ad evitarne la maggior parte - dando prova delle strabilianti abilità di acrobata che l’avevano resa così sfuggente e pericolosa anche nel suo mondo d’origine – ma fu costretta a pararne almeno un paio con l’enorme mantello.
La superciminale si ritrovò a ringraziare ancora una volta la sua fidata arma. Un solo istante di ritardo e la sua testa sarebbe probabilmente rotolata sul terreno!
Indietreggiò di qualche passo e  guardò l’avversaria con occhi furenti.
<< Adesso ti spezzo in due, puttana... stronza del cazzo! >> urlò, lanciandosi contro di lei e menando un affondo col martello infuso di haki.
Cominciò a bersagliare Penny con una raffica di colpi, ma l’androide non fu da meno e riuscì ad intercettare la maggior parte degli attacchi. Ma più i secondi passavano… e più le sue braccia meccaniche cominciarono a tremare per via dei contraccolpi.
Non poteva continuare in eterno.
<< Parare!? >> la schernì Harley << Parare!? Parare!? Sai fare solo questo? Non farmi ridere, troia del cazzo! >>
Penny non si lasciò distrarre e continuò mulinare le braccia nel tentativo di farla retrocedere. La fama della clown era ben meritata, ogni colpo era veloce come un fulmine e altrettanto potente. Fino ad ora, solo i sensi più sviluppati dell'androide erano riusciti a salvarla da un contrattacco mortale!
Canalizzando un po' di Aura nella gamba, riuscì a dare un rapidissimo calcio allo stomaco di Harley, spingendola via. Fatto questo, si voltò rapidamente verso Blitzwing, consapevole che non sarebbe rimasto a guardare il duello ancora a lungo
Il fato le diede ragione, e infatti il cybertroniano si era portato dietro di lei per colpirla con un possente pugno metallico. La neo-Cacciatrice ebbe giusto il tempo di scansarsi e fu costretta a sollevare le braccia per proteggersi dai detriti vaganti.
<< ZMETTILA DI MUOVERTI, ZCRAP! HO UNA TAZZA DI ENERGON A CUI TZORNARE! >> sbraitò il volto agguerrito dell'avversario, mentre cominciava a bersagliarla con una raffica di colpi.
Ogni proiettile o pugno illuminò l'Aura smeraldina di Penny, mentre questa cercava un nascondiglio tra le rocce. Sfortunatamente, i colpi di Blitzwing erano stati abbastanza potenti da ridurre in cenere qualsiasi colonna o tomba che potesse offrirle un minimo di protezione.
Aveva bisogno di altre opzioni, e alla svelta!
“In termini di forza fisica e resistenza mi surclassa di troppo. Ma le sue personalità sembrano non andare d'accordo. Forse..”
<< A titolo informativo, dove ti hanno assemblato? In una fabbrica di tostapane? >> domandò sarcastica la rossa, sperando che le ore passate ad ascoltare le discutibili battute di Yang fossero servite a qualcosa.
Il cybertroniano digrignò i denti metallici, e per un attimo la neo-Cacciatrice credette di aver finalmente guadagnato qualche minuto per riprendersi.
<< TOZTAPANE A CHI?! TE LO TO IO IL TOZTAPANE, LURIDA PICCOL-... no, non lo farai >> terminò freddamente il volto pacato, mentre lanciava alla giovane robot una fredda occhiata << Non male. Zfruttare il temperamento di Hot-Head per fargli perdere la concentrazione? Furbo... ma non zono zopravvizzuto tanto a lungo zenza imparare a tenere zotto controllo gli altri me. >>
I cannoni sulla schiena della macchina si abbassarono, puntando dritti verso di lei.
<< 
Auf Wiedersehen,
fräulein! >>
Ad aiutarlo ci pensò anche Harley Quinn, che ripose il martello in favore di un fucile mitragliatore.
<< Ora voglio che rispondi a una domanda... mi sento fortunata? Allora? Bamboccia!? >>
Detto questo, iniziò a sparare all'impazzata insieme al Decepticon. Penny strinse i denti e prese a vorticare le spade nel tentativo di frenare il maggior numero possibile di colpi.
Sentiva le sue giunture che cominciavano a cedere… lo scricchiolio del metallo, mentre le lame venivano rapidamente consumate dalla raffica… e l’Aura che diventava sempre più debole.
Sentì la propria trachea artificiale stringersi e offuscarle i sensi, era come se l’aria attorno a lei fosse diventata incredibilmente pesante.
“Non… resisterò a lungo” ringhiò mentalmente “Se gli altri non arrivano… ugh, sono morta…”
Incurante dei suoi pensieri, Harley cominciò a ridere a crepapelle.
<< Stai per diventare uno scolapasta, troietta >> sghignazzò << Ti farò così tanti buchi in corpo che le tue budella sanguineranno piombo, figlia di puttana! >>
Penny chiuse gli occhi, aspettando la sua fine inevitabile… e fu allora che un lampo di luce illuminò la sua esile figura. 


Poco prima
 
Un formicolio convulso lo scosse in tutto il corpo, segnale inconfutabile del suo essere ancora vivo e oramai non più privo di conoscenza.
Baelfire aprì lentamente gli occhi, la testa che girava e ronzava, gli arti dolenti. Gli ci volle un minuto buono per risollevarsi seduto facendo leva sui palmi indolenziti.
Si guardò intorno: era ancora nella conca sabbiosa a pochi metri dalle rocce sotto cui aveva sotterrato l’Indoraptor durante il proprio attacco psionico.
Aspetta… Indoraptor? Come faceva a sapere che era quello il nome della creatura? Non era certo andato a chiederglielo. E poi… attacco psionico?
Si guardò le mani e strizzò le palpebre, cercando di riordinare l’enorme confusione che aveva in testa. Qualcosa era cambiato. Lo sentiva dentro di sé e attorno a sé.
Ricordava di aver chiesto l’aiuto di Vader tramite il loro contatto mentale. Ricordava che dopo le parole del Sith… si era lasciato andare. Ricordava il caos di sensazioni represse che si trasformavano in forza, energia… potere. Ricordava il suo potere esplodere, luminoso come non era mai stato prima. Ricordava la sua mente scatenarsi, liberarsi come qualcosa di fisico e tangibile per annientare e infine seppellire il perverso dinosauro.
Adesso si sentiva strano. Quasi… leggero, sollevato. Come se per tutto questo tempo il suo corpo fosse stato rigido come una statua, e fosse appena stato sbloccato come dopo un sonoro scrocchiare delle ossa. Diamine, seriamente il condizionamento mentale poteva arrivare fino a quel punto!?
Si sollevò lentamente in piedi e guardò prima dinnanzi a sé, poi tutto intorno. La conca era avvolta dal silenzio e non c’era anima viva a parte lui: supponeva – e sperava – che le rocce avessero ucciso la malefica creatura.
Non era questo però ad impensierirlo. C’era qualcosa di strano nell’aria, e non sapeva come facesse a saperlo. Si chiuse in un istante di meditazione.
Sentiva i propri sensi più sviluppati, la mente lucida e rischiarata: le ferite che aveva addosso non sanguinavano più, erano quasi del tutto rimarginate, doveva essere accaduto ad un ritmo più rapido del solito. Percepiva che, quando doveva essersi perso in quella furia di potere, il suo anello sul petto si era messo a scottare.
Da quando riusciva a capire tutte quelle cose del proprio corpo e a percepirle solo mettendosi a meditare? Certo, si era sempre allenato molto duramente con Logan facendo quel tipo di esercizi, perché rientrava nelle abilità di un guerriero, ma c’era qualcosa di più, indescrivibile da comuni sensi mortali: un istinto, forse, un riflesso condizionato.
Arrivò alla conclusione fosse opera del suo legame con Vader, forse di quella misteriosa Forza che li legava e li rendeva capaci di percepire quello che gli altri non potevano. Il Sith non aveva detto che era qualcosa come un campo energetico capace di avvolgere ogni cosa vivente ed esistente?
Forse per quello adesso si sentiva tanto scombussolato. Stava iniziando ad avvertire cose a lui prima precluse: qualcosa era definitivamente cambiato dentro di lui. No, si corresse, non era cambiato, si era risvegliato, ed era scattato tutto la notte in cui aveva saputo di Vader e quando aveva ascoltato i suoi suggerimenti.
Non spiegava però come le sue ferite fossero guarite così in fretta, specialmente quella dell’uncino. Forse il taglio era meno grave di quanto avesse pensato? In fondo l’aveva preso di striscio, ma questo non significava essere automaticamente fuori pericolo, perché l’apertura avrebbe potuto allargarsi in seguito a movimenti bruschi.
Istintivamente infilò le dita sotto il colletto e sfiorò il suo anello: era tiepido, come se il metallo fosse in procinto di raffreddarsi. Probabilmente c’entrava qualcosa, qualcosa che gli sfuggiva nuovamente sul vero essere, tanto per cambiare, ma tagliò corto scuotendo la testa. Qualunque cosa stesse capitando al suo corpo – i suoi capelli erano diventati verde chiaro!? Che cavolo, dov’erano finite le sue ciocche corvine spiccanti sul suo verde smeraldo!? – se ne sarebbe occupato in un altro momento, con più calma e dedizione.
Non aveva dimenticato di avere una missione da compiere: dato che al momento si sentiva stabile e in salute e non c’erano nemici all’orizzonte, era meglio mettersi al lavoro.
Non si fidava a tornare da dove era venuto. Aveva la sgradevole sensazione che i Decepticon fossero ancora da quelle parti, e poi temeva di perdersi ancora di più, d’altronde non aveva la minima idea di dove fosse finito e quanto fosse effettivamente lontano dagli altri.
Tanto valeva vedere dove portava il sentiero sabbioso alla sua sinistra e che lo allontanava dalle rocce. Non poteva nascondere di provare un certo sollievo nell’allontanarsi rapidamente dalla presunta tomba di quel nominato Indoraptor.
Ad occhio e croce, fece praticamente cinque metri di passi quando trovò una piccola caverna.
Sentì il cuore iniziare a battere più forte. L’istinto gli diceva di entrare, di dare un’occhiata, ricolmandolo d’anticipazione. Poteva mai essere…?
Si affacciò all’entrata della caverna e allungò la mano: il palmo si illuminò di luce verde, immediatamente proiettata a rischiarare la visione dell’antro. E quel che vide gli fece emettere un grido di esclamazione strozzato.
Un’imponente cabina telefonica blu della polizia britannica si stagliava al centro della grotta, misurando ad occhio e croce quattro metri d’altezza. L’aveva riconosciuta subito, per via della descrizione del Dottore: era il TARDIS, la macchina del tempo e dello spazio appartenente al Signore del Tempo.
Ce l’aveva fatta, l’aveva trovata!
Il suo entusiasmo si spense quasi subito. E adesso che avrebbe fatto? Il suo comunicatore era scollegato, non poteva contattare il Dottore per farsi guidare, né poteva dare ai suoi compagni la buona notizia.
Incerto e indeciso, fece due timidi passi verso la navetta. Ebbe appena il tempo di bloccarlesi di fronte: il portello d’accesso gli si spalancò davanti di colpo, come se qualcuno l’avesse spinto col preciso intento di invitarlo ad entrare.
Indietreggiò, incredulo e sbigottito. Come diavolo era possibile? Forse qualcuno all’interno l’aveva aperto? Quel qualcuno poteva vederlo e voleva farlo entrare? Ma chi diavolo poteva situarsi all’interno del TARDIS del Dottore?
Il suo primo pensiero fu “il Maestro” e pensò immediatamente ad una trappola, ma poi si ricordò che i Signori del Tempo non potevano mettere piede su Trenzalore. Ma allora come cavolo aveva fatto a metterlo lì? Forse c’era uno dei suoi servi ad attenderlo all’interno, lo stesso che aveva posizionato il TARDIS?
“Aspetta un attimo” si disse “È una cabina telefonica. Chi accidenti ti fa un’imboscata dentro una cabina telefonica?”
Sì, d’accordo, era una macchina del tempo e via dicendo, ma le dimensioni erano quelle che erano, no? Se ci fosse stato dentro qualcuno al suo interno, aperta la porta l’avrebbe già assalito, ammesso fosse quella la sua intenzione, e ammesso ci fosse veramente qualcuno dentro. Da quella distanza, l’interno era scuro e liberava spifferi, quindi questo suggeriva tutto il contrario.
E allora come si era aperta? Valutò l’ipotesi di essere stato lui stesso con i suoi poteri a livello inconscio, ma non aveva percepito alcuna stretta negli angoli della mente, e nessuna aura verde si era manifestata.
L’istinto gli suggeriva esserci sotto altro come spiegazione logica, ma non aveva tempo di rimuginare: doveva entrare lì dentro e trovare una soluzione alla svelta.
Fece un respiro profondo per placare il nervosismo, quindi strinse i pugni e fece un altro passo avanti, scivolando così all’interno del TARDIS…
E poi ne uscì di colpo, barcollando all’indietro, visibilmente sotto shock. Fissò per qualche istante l’uscio della cabina, sbattendo forte le palpebre: era fermamente convinto di avere le allucinazioni.
Poi si fece coraggio ed entrò di nuovo. Stavolta, tenne a freno l’emozione e lo sconcerto, impegnando la sua mente in una stranita considerazione.
“È molto più grande all’interno che all’esterno…”
Un’intera sala illuminata da lucine sparse sulle pareti gli si parò davanti: aveva il soffitto a cupola, largo e spazioso, percorso da venature di metallo concentrate verso l’alto e congiungenti verso il centro della stanza, dove v’era un intero, riconoscibile ed evidente complicato sistema tecnologico-elettronico di comando, talmente ampio da comprenderne dei pannelli disseminati sulle pareti tutte intorno a Fire, ritto dietro l’uscio chiuso. Quello che doveva essere il centro di comando era un cilindro disteso su un tavolo di altrettanti pannelli elettronici come perno, e sulla cima aveva una gigantesca base di metallo a due strati dalla forma di un tozzo e irregolare cono rovesciato.
Il cuore dell’adolescente pulsava rapidamente: provava una profonda sensazione di spaesamento, meraviglia e annichilimento davanti un tale prodigio, di come un intero ambiente del genere potesse essere contenuto all’interno di una semplice ristretta cabina.
Ad un tratto, udì un flebile ronzio provenire dall’interno dell’orecchio. Incredulo, vi accostò le dita: il suo auricolare era ancora intatto, nonostante lo scontro con l’Indoraptor! Ed era tornato a funzionare! O almeno così sembrava.
Non c’era un minuto da perdere.
<< Doc! >> gridò, e per un istante registrò la propria voce come qualcosa di bizzarro, soprattutto perché non era propriamente da lui essere così informale << Dottore! Sono Royal! Riesci a sentirmi!? >>
Dapprima, l’arciere udì solo il distinto brusio dell'elettricità statica. Poi, lentamente, quel rumore fastidioso cominciò a mutare in una voce anziana e familiare.
<< Roy-… io… sco… a… entir-… ti...ripeti... >> disse l’inconfondibile cadenza del Dottore, anche se accompagnata da numerose interferenze.
Dannazione. A quanto pare il lavoro dei Decepticon in qualche modo continuava ad influire nonostante il ritrovato funzionamento dell’aggeggio elettrico.
<< TARDIS trovato. Ripeto: TARDIS trovato >> scandì il giovane il più possibile << Sono dentro. Attendo istruzioni. >>
Altra elettricità statica, a cui seguì uno strano fischio. La voce del Signore del Tempo risuonò ancora una volta nelle orecchie dell’arciere.
<< Ah! Così va molto meglio… DIAMINE! Ruby, fa un po’ attenzione con quel cannone! >>
<< Ci sto provando! >> ribatté la voce della mietitrice << Ma alle accademie non ti insegnano esattamente a SPARARE NELLO SPAZIO! >>
<< Rowlet sta per vomitare! >> aggiunse un bubolio rassegnato.
Il suono di una forte esplosione risuonò nelle orecchie del ragazzo, il quale non poté trattenersi dall’esclamare, impanicato: << Ma che cazzo sta succedendo!? >>
<< Ehm... >> borbottò il Dottore << Diciamo solo che abbiamo avuto qualche problemino… ma tutto sommato ce la stiamo cavando molto bene! E tu che mi dici, ragazzino? Vi abbiamo perso per un po’, cosa diamine state combinando su quel pianeta?! >>
<< I Decepticon ci hanno teso un’imboscata e ci hanno separato >> riassunse nell’immediato il Vigilante, recuperando quasi subito il controllo << Non so che è successo agli altri, probabilmente li stanno affrontando e sono nei guai. Dobbiamo agire subito, Dottore! Ho trovato il TARDIS! Non so come ho fatto ma è qui, sono al suo interno! >>
<< Hai trovato il TARDIS? Eccellente! >> esclamò il Signore del Tempo << Allora abbiamo ancora la possibilità di ribaltare questo scontro! Ora, Royal, ascoltami MOLTO attentamente. Gli auricolari che vi ho fornito non sono solo dispositivi di comunicazione, ma anche dei nano-regolatori temporali. In poche parole, possono essere usati per teletrasportare una persona dal punto A al punto B, ma hanno bisogno di un segnale a cui agganciarsi! Ora… dimmi se vedi una grande leva rossa sulla console del TARDIS! >>
Il giovane si affrettò a scrutare nell’immediato ogni possibile angolo di quell’anfratto tecnologico, alla disperata ricerca del comando appena descritto dal Signore del Tempo. Lottava contro l’ansia e la preoccupazione e si sforzava di rimanere concentrato.
<< Trovata! >>
<< Bene… molto bene >> borbottò il Dottore, apparentemente ansioso tanto quanto lui << Sotto quella leva troverai una manovella… e sopra quella manovella troverai un foro d’entrata. Dovrai infilare il tuo auricolare al suo interno, così da permettere al TARDIS di leggere la lunghezza d’onda su cui operano gli auricolari. Una volta fatto… gira la manovella di 360 gradi. >>
Fire non si era mai sentito così tanto nervoso e sotto pressione come in quel momento: d’altronde non capitava certo tutti i giorni di doversi occupare di una dannata macchina del tempo a forma di cabina blu di cui non sapeva assolutamente niente, tranne che da essa dipendevano le sorti del Multiverso e, in quel preciso istante, anche la vita dei suoi compagni.
Le mani gli tremavano furiosamente mentre cercava anche col tocco quanto descritto dal Signore del Tempo.
<< E dopo aver messo l’auricolare che accidenti faccio? Poi non potrò più sentirti! >>
<< Non preoccuparti! Se tutto va… AUCH! STUPIDO TIMONE! Mi manca la mia nave… comunque, se tutto va come previsto, il resto dei Time Wrriors verrà teletrasportato all’interno del TARDIS! Una volta che saranno tutti dentro, potrei rimetterti l’auricolare! >>
<< Cosa significa “se tutto va bene”!? Credevo fossi sicuro di quel che facevi! >>
Dall’altra parte della linea, il Dottore ridacchiò amaramente.
<< Lo ero, fino a quando non hanno cominciato a SPARARMI ADDOSSO! ORA GIRA QUELLA DANNATA MANOVELLA! >>
Fire sentì una goccia di sudore freddo colargli lungo la fronte. Restare a non fare niente per paura di fare casini sarebbe stato anche peggio.
“Fanculo, o la va o la spacca.”
Agguantò il proprio auricolare e lo ficcò nel foro, girando la manovella con la forza della disperazione.
Tutt'intorno nella sala di pilotaggio cominciarono ad apparire figure traslucide che diventarono rapidamente solide, rivelando il resto dei visibilmente affaticati e feriti Time Warriors.
Angel si ritrovò di fianco a Fire, sorreggendosi alla spalla. Il suo corpo era ricoperto di tagli e lividi in diversi punti, e alcune ferite stavano perdendo copiosamente sangue. Tuttavia, nel complesso sembrava ancora abbastanza in forma da rimanere cosciente.
Emil, invece, cadde direttamente a terra , stringendosi il ginocchio, presto affiancato dalle figure altrettanto esauste di Yang, Weiss e Blake.
<< R-ragazzi… >> boccheggiò ansimante il fauno lupo.
<< Arrivo! Resistete! >>
Fire corse da loro, deciso ad aiutarli. Aveva intuito che con ogni probabilità i Decepticon o chissà quale comitato di accoglienza spedito dal Maestro li avevano attaccati, perciò - per quanto fuorviato dalle loro condizioni - agì con notevole rapidità. Constatò che Hikaru, la Cacciatrice albina e la fauna gatto erano in grado di reggersi in piedi sebbene notevolmente sfiancati, mentre Yang, Emil, Penny, James e Kirby erano appena coscienti, con espressioni doloranti e confuse sui rispettivi visi.
<< Prendete gli altri, aiutatemi! >>
Yang, per quanto indebolita, si avvicinò a James, premendogli più volte le mani sul petto finché l’effetto del gas della paura non si dissolse. Venne sostenuto da Blake, e mentre alzava lievemente la testa, Heller vide il resto del gruppo intento a far rinvenire Penny e soccorrere Emil, mentre Yang si appoggiava alla spalla di Weiss.
Il soldato non poté fare a meno di sentirsi precipitato in un incubo, ancora peggio dell’orrida spaventosa visione acquisita qualche istante prima per colpa dello Spaventapasseri.
<< Oh, Dio, cos’ho fatto? >> gemette in un sussurro di voce.
<< Risparmia il fiato >> lo rimbeccò il Vigilante, e il suo tono inspiegabilmente pungente spinse il Cacciatore a voltare appena il capo verso di lui.
Adesso era palese il suo nervosismo. Era accovacciato accanto a Kirby, quello più grave di tutti: la pelle del viso tremolava, si stendeva e deformava negli angoli della bocca squassati, come sul punto di contorcersi in un orribile sorriso. Quel tremolio delle labbra che si alzavano verso l’alto portava una firma piuttosto eloquente: sebbene Heller non avesse mai affrontato il Joker personalmente, aveva sentito parlare dei suoi disturbanti metodi di tortura dall’amico.
Angel aveva la nausea, nonché una notevole confusione in testa, ma la vista degli altri in condizioni peggiori delle sue lo spinse a cercare di reagire.
Si avvicinò con passo traballante ai due adolescenti dai capelli colorati.
<< Lascia fare me. Cercherò di estrargli il veleno >> disse a Fire, e senza attendere una sua risposta poggiò la mano destra sulla spalla del rosato.
<< Nelle tue condizioni non puoi fare molto >> l’avvisò Blue, apparso dietro di lui, preoccupato per le condizioni del suo protetto.
<< Posso rallentarlo e lo farò >> affermò il rosso, concentrandosi il più possibile sul fermare l’avanzata della sostanza nel corpo del Time Warrior.
Kirby emise un suono strozzato simile a una risata, gli occhi azzurri che si facevano sempre più vacui. Il tocco di Angel riuscì però a rischiarirgli parzialmente i nervi.
<< Qualunque cosa tu voglia fare >> annaspò, girandosi verso il ragazzo dai capelli verdi << sbrigati. >>
Nel mentre, Blue si guardò intorno per fare la conta dei presenti. << Aspetta… a me sembra che manchi qualcuno all’appello. Dove sono il biondo col martello e il caffeinomane? >>
<< Cosa!? >>
Fire si guardò intorno, lo sguardo sconvolto nel constatare che il drago aveva ragione: Accelerator e Thor non erano lì con loro.
Provò l’impellente desiderio di sprofondare. Come aveva fatto a non accorgersene!? Dannazione, questo era proprio quello che nel modo più assoluto non sarebbe dovuto succedere!
<< Calmati >> sibilò James alle sue spalle, vedendo la sua espressione impanicata << Lo so che sei preoccupato. È una notizia terribile per tutti, ma ora abbiamo le mani legate. Angel non può resistere a lungo, Kirby rischia di morire e anche noi siamo messi piuttosto male! Devi chiamare il Dottore, Royston! >>
L’ammirabile tempra di soldato del Cacciatore era la voce della ragione. Come ad enfatizzare e a dargli manforte, Angel digrignò i denti, mentre un rivolo di sudore gli colava lungo la fronte.
Fire non aveva scelta, lo sapeva. Non avrebbe potuto fare niente in ogni caso. Doveva avere fiducia nell’esper e nel dio, sapendo di cosa erano capaci, e aggrappandosi a questo sperare resistessero finché non avrebbero sistemato le cose.
<< Resisti, Knight, o giuro che ti uccido con le mie mani >> intimò al rosato, mentre portava la mano all’auricolare << Dottore! Qui la situazione non è delle migliori! Dove sei!? >>
<< Ancora un po’... ugh… impegnato! Dannazione… Fire, ora arriva la parte più difficile: dovresti trovare una parte, beh… non so bene come descriverla… oh, al diavolo! Controlla la console del TARDIS fino a quando non troverai una superficie umida e molliccia! Il resto della console è di metallo, ma questa sezione ti sembrerà quasi organica! >>
<< Ma che cazzo... >>
L’adolescente si morse il labbro. Non era il momento di tergiversare. Qualunque cosa fosse, doveva trovarla alla svelta.
Si girò verso Angel, imperioso.
<< Hikaru, continua a tenere stabile Knight, io cerco di seguire le istruzioni del Doc per farci andare via da qui! >>
Dopodiché corse all'impazzata verso il complesso di tastiere luminose, alla disperata ricerca di qualcosa che fosse anche solo vagamente simile a quello che il Signore del Tempo aveva detto. Infine, trovò una sezione della console che corrispondeva apparentemente alla descrizione del Dottore. Sembrava quasi una superficie spugnosa… e si stava muovendo, come fosse viva.
<< Doc, l’ho trovata >> gli comunicò, non senza una smorfia schifata sul viso << E ora? >>
<< Ora… be’, devi metterci le mani sopra. >>
<< Che cosa!? >>
<< Ahi! Ragazzo, non sono mica sordo! Ascoltami bene: quelli che hai davanti sono i circuiti connettivi del TARDIS. Permetteranno alla mia nave di collegarsi telepaticamente al tuo cervello. A quel punto dovrai solo immaginare una destinazione che consideri sicura, e il TARDIS vi teletrasporterà lì! >>
<< La base a Dreamland è sicura al momento? >>
<< No, lo spazio aereo del pianeta sarà completamente sorvegliato… servirà una destinazione alternativa. >>
Una destinazione alternativa a Dreamland!? Aveva voglia di scherzare! Dove accidenti sarebbero potuti andare? Metà galassia era continente imperiale, non sarebbero mai stati al sicuro, né passati inosservati! Era una follia!
“Non è il momento! Avanti, Royston, pensa!” si disse, stizzito. Doveva pur farsi venire un’idea! Anche se era il Dottore il capo della Resistenza e quindi quello con i piani e con le basi.
Con calma. Bisognava andare per opzioni. Gli serviva un luogo sicuro. Un luogo dove a nessuno potesse venire in mente nell’immediato di raggiungerli. Un luogo dove i suoi compagni potessero essere curati. Un luogo chiuso, al caldo. Un luogo familiare…
<< Ma che…!? >>
Gli interni della macchina cominciarono a illuminarsi. Poi… il mondo attorno a loro prese a tremare.

                                                                                                                          * * *

Il Dottore inclinò il Falcon ed entrò zigzagando in un enorme campo di cunicoli. Poteva solo sperare che Fire avesse seguito le sue istruzioni alla lettera.
Era davvero un peccato che la gittata del TARDIS non fosse abbastanza ampia da raccogliere anche i loro auricolari!
Sballottando di qua e di là nella torretta, Ruby si sforzava di non perdere di vista l’inseguitore, gettando un occhio ogni tanto alla superficie disseminata di buchi e anfratti.
La raffica successiva esplose troppo vicino a lei e l’onda d’urto fece sobbalzare la torretta. Quando finalmente si stabilizzò, la mietitrice si accorse con orrore che il cannone si era bloccato. Non poteva ruotarlo in nessuna direzione!
 Allo stesso tempo, gli allarmi della nave si misero a suonare, segnalando che non solo la torretta aveva subito danni durante l’inseguimento.
<< Il cannone è bloccato in posizione frontale >> urlò verso l’alto << Non si muove! Dobbiamo seminarlo! >>
Ma vista la situazione, sembrava più facile a dirsi che a farsi.
Un’altra raffica sconquassò il vascello. Il Dottore sapeva che, nonostante le modifiche apportate alla nave, se il Decepticon avesse sparato un altro colpo come quello… avrebbe abbattuto gli scudi.
Manovrando i comandi, il Signore del Tempo imboccò uno dei cunicoli più stretti. Se sperava che quella catena avrebbe dissuaso l’inseguitore… be', si sbagliava, perché Starscream rimase loro incollato.
Fissando con  gli occhi sbarrati fuori dall’oblò trasparente della torretta, Ruby stimò la distanza tra le pareti di roccia che stavano sfrecciando ai loro lati.
I fianchi della nave continuarono a sputare scintille, mentre il Dottore attraversava i passaggi sempre più stretti, con Rowlet svolazzava per la cabina.
<< Preparati! >> gridò l’uomo.
Ruby intuì a cosa si stesse riferendo e prese un paio di respiri calmanti.
Una luce intensa apparve in fondo al corridoio che stavano attraversando, e un’altra raffica dell’implacabile cybertroniano per poco non mandò la nave a schiantarsi contro il soffitto della caverna.
Il Dottore riuscì a evitarlo all’ultimo istante. Non aveva tempo di controllare sui visori se una parte indispensabile della nave avesse subito danni. Contava solo che stessero ancora volando e che i comandi rispondessero sotto le sue mani!
E poi sbucarono fuori, sfrecciando sotto le stelle dello spazio. Appena la nave uscì dalle viscere dell’asteroide, il Signore del Tempo ridusse la potenza e fece compiere una gran volta al Falcon. Adesso puntavano direttamente verso l’apertura della grotta.
Ancora una volta, Ruby trovò Starscream direttamente nel suo mirino e reagì di conseguenza.
Forse perché il vascello era ricomparso in modo improvviso e inaspettato al margine del suo sistema di mira o perché era rimasto sconvolto da quella che sembrava una picchiata suicida, il Decepticon mancò il bersaglio… ma la neo-Cacciatrice no, invece.
Il Dottore si allontanò dall’agglomerato di grotte con una virata stretta, mentre il loro inseguitore si schiantava violentemente sulla superficie dell’asteroide.
Manovrando i comandi, l’uomo esultò e lanciò la nave a tutta velocità nell’iperspazio.
 
                                                                                                                 * * *

Sulla Terra - Londra

Dopo la conversazione con l’Oscuro Signore dei Sith Darth Vader, Logan Royston sapeva di essere praticamente prigioniero nella propria stessa magione londinese, e questo grazie ai dannati droni spia del Sith, svolazzanti tutti intorno al suo territorio.
Il comunicatore lasciatogli dal guerriero nero al momento si trovava all’interno della tasca del nobile, suo malgrado acceso. La tentazione di buttarlo via o anche solo di lasciarlo spento si era ripresentata in lui altre volte, ma si era domato fermandosi a riflettere sulle conseguenze che ne sarebbero derivate: non aveva nessuna voglia di rivedere il Signore Oscuro presentarsi in casa sua per fare una chiacchierata ancora più disdicevole della precedente. Anche se Vader non l’aveva ancora ricontattato, non dubitava che prima o poi si sarebbe fatto sentire quando ne avrebbe avuto il tempo o anche solo la voglia, perciò si teneva preparato a quell’evenienza.
Dopo quell’incontro, aveva fatto trasferire l’intera servitù nel castello a Gongmen: li voleva al sicuro, fuori da quella faccenda, dato che avevano inconsapevolmente già rischiato troppo. E per questo aveva fatto di tutto per apparire alla servitù come il solito bonario marchese, sempre di buonumore, sempre sorridente, pronto a ridere e scherzare, sempre educato e gentile; aveva praticamente convinto tutti tranne il maggiordomo Sebastian Michaelis: l’uomo aveva un’arguzia non da poco, ed era saggio e comprensivo al punto da decidere personalmente di reggere il gioco al suo padrone.
Il maggiordomo aveva capito, da quando Darth Vader si era presentato sulla soglia della magione, che per il signor Royston sarebbero sorte delle complicazioni – per non dire guai – e il fatto che avesse congedato la servitù gliel’aveva confermato; perciò, al contrario degli altri servi, aveva deciso categoricamente di restare al fianco del marchese, facendogli presente i suoi sospetti ma mostrandosi anche disponibile a non ricevere per forza dei dettagli esplicativi, a meno non glieli avesse forniti il nobiluomo stesso di spontanea volontà. Voleva aiutarlo il più possibile, qualunque fossero i suoi propositi: la sua lealtà e amicizia erano salde fino a quel punto, per questo Logan non aveva potuto fare molto per dissuaderlo, quindi aveva infine acconsentito a farlo rimanere.
La fuga non era la priorità dell’uomo al momento. Era piuttosto difficoltoso metterne una in atto considerato la presenza dei droni, e non aveva mezzi per potersi rifugiare in luogo sicuro con la garanzia di nascondersi completamente all’Impero e soprattutto all’Oscuro Signore dei Sith.
Non poteva chiamare Baelfire col comunicatore: non era sicuro avrebbe risposto, e probabilmente adesso entrambe le loro linee erano sorvegliate. D’altronde l’aveva messo in chiaro anche di fronte al guerriero nero: non avrebbe messo suo figlio in mezzo a quella faccenda, soprattutto non l’avrebbe fatto personalmente cadere in trappola per i propri capricci.
No, Royston non aveva altra scelta se non quella di aspettare. Ma non l’avrebbe fatto restando con le mani in mano.
Da quando si era trasferito alla magione per sfuggire alle grinfie di Lord Shen, oltre ad aver continuato a svolgere da lì le proprie mansioni, aveva trascorso gran parte del tempo nel suo laboratorio alchemico. E dopo la visita di Vader, aveva raddoppiato i turni, lavorando da solo tutto il tempo, come aveva sempre fatto.
Stava sviluppando un manufatto ben preciso che, segretamente, aveva iniziato a realizzare quando aveva scoperto la doppia identità di suo figlio.
Suo figlio.
Logan sfiorò il metallo con la punta del suo martello da lavoro in un gesto meccanico; la sua mente era altrove. Sospirò.
Inutile negarlo a se stesso, la vicenda col Sith l’aveva segnato. Non tanto per l’aggressione che ne era derivata, anche se naturalmente non l’aveva certo presa a cuor leggero.
La questione riguardava il fatto di aver sempre saputo che prima o poi sarebbe giunto il giorno in cui Baelfire avrebbe scoperto da dove veniva, chi era la sua famiglia originaria e perché fosse finito a Gongmen. Sapeva essere suo diritto farsi delle domande e ottenere delle risposte, come sapeva che alla fine avrebbe preso la decisione più saggia. Credeva sinceramente in lui, così come credeva in ogni singola parola detta a Vader.
Eppure una parte di lui non poteva fare a meno di avere un’enorme paura dell’abbandono e del rifiuto, seguita dal terrore di essere messo da parte e dimenticato, da suo figlio. Temeva di perdere il suo bambino, che Vader potesse rubarglielo e in qualche modo corromperlo, o peggio, ucciderlo perché non voleva piegarsi a lui. Provava un caos di pensieri irrazionali e legittimi senza avere chiara distinzione di quale delle due definizioni corrispondessero.
Alla fine della fiera, Logan Royston era un essere umano, come molti altri. E in quanto tale, possedeva anch’egli debolezze, difetti e rimpianti, le cui radici erano alquanto profonde.
La famiglia Royston era una famiglia di guerrieri: era nel loro sangue, nel loro nome. Vigorosi, regali e forti come la pietra, questo era il loro motto e questo era il significato del nome del casato.
Sì, Logan conosceva il potere che derivava dai nomi. Sapeva che il proprio significava “piccola conca”: e cos’era la conca, se non una delle più grandiose espressioni naturali cui roccia e pietra si manifestavano?
La sua infanzia e parte della sua adolescenza erano costellate dalla battaglia e dal combattimento. Ma era innegabilmente diverso da Shen: non erano allenamenti massacranti, non aveva maestri spietati e severi, lo scopo non era diventare il più forte di tutti. Lo scopo erano i tornei, i giochi, i duelli. Responsabilità e aspettative collegate alla gloria, all’onore e al riconoscimento che portava la lotta.
All’epoca era solo un ragazzino, ma già allora aveva una vena ribelle che forse aveva trasmesso a Baelfire più di quanto pensasse: gli sembrava assurdo che, oltre all’educazione e alle buone maniere per essere un vero galantuomo, il suo solo interesse dovesse sposarsi prima possibile con una giovane di buona famiglia, e la guerra. Lui neanche sapeva cosa fosse, ma aveva capito che i giochi che era costretto a fare erano un allenamento costante per prepararlo ad essa.
Ma poi l’aveva affrontata. Aveva combattuto la guerra per l’espansione territoriale dei Royston a soli sedici anni, e il suo casato ne era infine uscito vincitore, conquistando e appropriandosi di un enorme numero di terre. Fu così che morirono i suoi genitori, assieme a chissà quanti altri soldati con famiglie, e per buona misura molti suoi amici e compagni. E quanti ne aveva uccisi, per non restare ucciso lui stesso…
Così capì che la guerra non era un gioco né un divertimento, e che erano stati dei pazzi a farglielo credere. Così il fardello del capofamiglia Royston ricadde tutto sulle sue spalle: sulle spalle di uno che non era nient’altro che un ragazzino, un adolescente scapestrato, un bambino che solo allora aveva scoperto la vera natura della guerra.
Da allora aveva maneggiato le armi con una prospettiva e un’importanza molto diversa. Di sicuro non le riteneva più la sua unica ragione di vita, né del suo casato.
Il suo rimpianto era dover essere cresciuto talmente in fretta da non aver mai goduto appieno la sua adolescenza, perché gli avevano infilato in mano le armi e l’avevano esposto ai tornei guerriglieri in tenera età, e poi si era ritrovato sedicenne a diventare marchese.
Tuttavia si era fatto forza e in silenzio aveva accettato le conseguenze rovesciategli addosso dalla vita senza che potesse farci niente. D’altronde, sapeva che c’era gente messa molto peggio di lui: era pur sempre un nobile con tutti i propri agi e privilegi. Ma era infelice. Infelice come molti altri in quella soffocante corrotta società creata dal Maestro e dalla sua supremazia.
Aveva adottato Fire a soli diciotto anni. E dato che dovevano reggere il gioco della parentela di sangue poiché l’eredità era obbligatoriamente passata attraverso il sangue, non lo aveva subito presentato alla società ufficialmente come suo figlio, l’aveva fatto restare nell’ombra per un po’, per poi inventarsi la falsa storiella dell’amante con lui l’aveva avuto, della morte di quest’ultima, della famiglia di lei da cui il bimbo aveva risieduto prima che suo padre lo riconoscesse ufficialmente.
Adottarlo era forse stata l’unica decisione autonoma in tutta la sua vita, forse l’unica che lo rendeva davvero felice. Per questo, quando raccontava di quanto avesse amato la sua donna, di quanto avesse sofferto a saperla morta, di quanto fosse stato felice di ritrovare suo figlio, era credibile: perché gli bastava esternare l’amore puro e sincero impiegato in quel semplice atto di adozione.
Nonostante tutte le responsabilità già pressate sulle proprie spalle, voleva sinceramente farsi carico di un figlio tutto da solo. Non gli importava quanto sarebbe stato difficile, intendeva prendere la questione molto seriamente: considerava davvero immorale avere figli solo per capriccio. Certo, ormai era evidente, il suo desiderio di crearsi una famiglia sua nasceva anche per colpa del tipico ambiente infantile anaffettivo caratteristico dei nobili, cui suo malgrado aveva vissuto: lui voleva amore, voleva una famiglia, ma quello che contava davvero era l’essere disposto a dare amore, a fare del suo meglio per crescerlo come meglio poteva.
Era per questo che Logan Royston era una persona così buona, allegra, giocosa e disponibile. Be’, tecnicamente lo era di suo, faceva parte della sua personalità, ma non era tutto rose e fiori come appariva. Nessuna persona normale potrebbe essere sempre così dolce e pacata.
I nobili sono sempre costretti ad indossare una maschera di compiacenza, e lui l’aveva imparato a proprie spese. Aveva dovuto buttare la sua adolescenza nel cassonetto per indossare i panni di una bambola di plastica. E non era mai stato facile mantenere quell’aspetto di sé.
Quando Fire era ancora piccolo – era stato adottato a otto anni – e Logan ancora molto giovane, quando pensava che suo figlio non potesse vederlo o sentirlo, si sfogava, piangendo, urlando e singhiozzando. Ecco dove andava a finire tutto quello che reprimeva dentro di sé; Fire non si capacitava con quale forza suo padre riuscisse il giorno dopo a sorridergli e a sorridere agli altri, tanto da far scordare al suo bambino cosa aveva visto.
Logan Royston il festaiolo. Nessuna preoccupazione, solo una gran voglia di divertirsi. Se solo avessero saputo…
Doveva ridere. Perché sapeva che se avesse iniziato a piangere… non sarebbe più riuscito a smettere. Eppure, un giorno lo fece, e da quel momento, accadde molto più di rado. Non smise mai completamente, ma le sue previsioni sul fatto di non smettere mai sfumarono completamente.

Una sera, il piccolo Fire si sveglia nel cuore della notte, perché sente dei singhiozzi. Sa di chi sono, e questa volta, prende coraggio e iniziativa. Si alza dal letto, con indosso il pigiamino di seta, e con i piedini nudi zampetta verso la stanza di suo padre.
Apre piano la porta, senza farsi udire. Logan è lì, seduto sul letto, i gomiti sulle ginocchia, le mani sul viso, le spalle scosse dai singhiozzi. Poi il nobiluomo si blocca, quando sente una dolce pressione avvolgerlo sulla schiena.
È il suo bambino. Il suo dolcissimo bambino lo sta abbracciando.
<< Non piangere, papà. Sono qua. Non essere triste. >>
 
E dopo quel momento, ce ne furono molti altri di simili. E molti altri ancora. Per ogni volta in cui Fire piangeva e suo padre lo consolava, ricambiava quest’ultimo con lo stesso identico gesto.
E questo suggellò per sempre l’innegabile, indiscutibile amore tra padre e figlio. Perché non vi è niente di più sincero nell’amore e nell’affetto del fare scambio delle proprie fragilità. Amore è mettere il bene di qualcun altro prima del tuo sapendo che anche l’altro in questo ti ricambierà. Un dare e un avere in cui entrambe le parti sono coinvolte.
Dopo aver rievocato il tutto, Logan si accorse di avere gli occhi zuppi di lacrime attraverso le lenti degli occhiali protettivi che stava indossando. Liberò un sospiro.
Adesso suo figlio gli mancava da morire. Avrebbe voluto averlo vicino e abbracciarlo forte. Erano l’uno l’àncora di salvezza dell’altro. Ma sapeva che avrebbe dovuto aspettare.
Gli stava bene. Era forte e avrebbe resistito, come la dura pietra che era.
Così si rimise a lavoro… finché un assurdo scossone non fece tremolare il suo laboratorio, costringendolo ad uscire fuori per capire cosa diavolo stesse succedendo. Sapeva solo che proveniva dal salone e che ogni probabilità era molto grande.
Fortunatamente, prima di quell’avvenimento, il suo lavoro alchemico era ormai terminato.
 
Nel frattempo
 
Il TARDIS smise di muoversi… e le porte della macchina si spalancarono, rivelando il mondo esterno.
<< Tutti fuori! Adesso! >> gridò il Vigilante.
Prese delicatamente Kirby per le spalle e lo trasportò fuori dalla cabina... poi si bloccò nel guardarsi intorno. Fissò il pavimento sotto i suoi piedi. Le mattonelle aveva qualcosa di fin troppo familiare. Alzò lo sguardo sulle pareti. Poi il soffitto.
Era un atrio con un salone enorme, palesemente appartenente alla casta nobiliare.
Non era possibile. Quello era...
<< Per tutti i gironi dell’inferno! >> sbottò una voce familiare.
Contro ogni più folle previsione, la figura di Logan Royston era apparsa lì nel salotto. Era trafelata, segno che aveva corso per recarsi lì. Doveva aver sentito come minimo tutta la confusione fatta.
<< Baelfire…!? Ma come hai… cosa diamine sta succedendo!? >>
<< Padre, non c’è tempo! >> esclamò Fire, in completa tensione << Devi aiutarmi, hanno bisogno di cure urgentissime! >>
Il nobiluomo strabuzzò gli occhi, esterrefatto. In rapida successione, fissò suo figlio negli occhi. Poi fissò la cabina. Poi i ragazzi stesi per terra.
Il suo istinto di padre e di persona premurosa ebbe la meglio, e si arrese con un sospiro.
<< Vado a chiamare Sebastian. >>
 
Mezz’ora dopo
 
I Time Warriors furono trasferiti in infermeria. Fortunatamente i lettini erano stati rifatti e pertanto agibili: Fire e Logan, aiutandosi a vicenda, li adagiarono, esaminarono le loro ferite, le sciacquarono, le medicarono e infine le fasciarono. Kirby fu prelevato da Sebastian e trasferito nel laboratorio alchemico, poiché necessitava di cure molto più specifiche e complicate: era possibile sintetizzare la tossina di Joker solo possedendo i macchinari specifici.
In quanto medico, Michaelis era il più adatto ad occuparsene, ma il ragazzo non avrebbe avuto alcuna possibilità se non fosse stato per il rallentamento creato dai poteri del soleano blu.
Fu faticoso, ma alla fine tutti furono stabilizzati, tanto che caddero in un sonno profondo: si poteva solo immaginare quanto i loro combattimenti li avessero sfiancati.
Padre e figlio si lasciarono crollare seduti insieme su uno dei divanetti in un angolo della sala, esausti ma soddisfatti del loro lavoro di squadra. Rimasero in silenzio per qualche istante, entrambi incerti di cosa dire o fare: la situazione li aveva colpiti all’improvviso e adesso li lasciava completamente senza parole, anche se quanto avevano da dirsi era tanto.
<< Non è questo che immaginavo quando ti dicevo che dovevamo passare più momenti padre-figlio insieme >> dichiarò infine Logan scherzosamente, allentando la tensione.
A Fire scappò una risatina stanca, ma sincera, e gliene fu davvero grato.
<< Mi dispiace, papà >> mormorò << È bello rivederti. Ma volevo starti lontano per proteggerti, non piombarti in casa così. >>
<< Suppongo non sia stata una tua idea >> intuì l’uomo << È stata quella sottospecie di cabina? Può teletrasportarsi? >>
<< Diciamo di sì. >>
A quel punto, gli raccontò tutto quel che era successo nell’ultimo periodo, sin dal suo reclutamento col Dottore: ormai era importante fargli sapere come stavano ufficialmente le cose. Quando arrivò alla questione di Villa Skywalker, spiegò in breve e in maniera semplificata che l’incursione era servita per scoprire l’ubicazione del TARDIS, l’unico congegno in grado di fermare il Maestro e il suo dominio, e che lui aveva cercato di usarlo sotto indicazione del Dottore, ma qualcosa era andato storto facendoli finire lì a Londra.
Ma tacque su Vader e Lada. Non era pronto a dirglielo. Non subito. E poi al momento c’era qualcos’altro che lo tormentava.
<< Non siamo arrivati tutti sani e salvi >> gli confessò, stringendosi nelle spalle << Abbiamo perso Thor e Accelerator. Non so dove siano finiti, non sono apparsi con noi quando li ho teletrasportati tutti. Io… non credo sia colpa mia, ho fatto tutto quello che mi ha detto il Doc, eppure sono spariti. >>
Logan lesse la viva preoccupazione nei suoi occhi e ne rimase colpito. Non aveva parlato con tanto trasporto degli altri suoi compagni, tranne di quei due e del Dottore. Intuì che, nel bene e nel male, erano coloro con cui aveva legato di più, cosa non facile vista la sua introversione.
<< Staranno bene >> lo rassicurò << Se sono così potenti come mi hai raccontato, sono ancora vivi. Devi avere fiducia in loro, e devi avere speranza. Quando gli altri tuoi compagni saranno di nuovo in sesto, li ritroverete. >>
Fire annuì e gli appoggiò la tempia sulla spalla: solo ora si rendeva conto di quanto fosse stanco. Ne aveva passate di cotte e di crude, prima di potersi dire tranquillo e al sicuro come in quel momento.
Logan gli accarezzò i capelli, poi rimase interdetto. << Ti sei schiarito i capelli? >>
<< Ah. >> Il giovane si afferrò una lunga ciocca e la guardò come se la vedesse per la prima volta. << No, non è stata una mia idea. È successo quando si sono risvegliati i miei poteri. >>
Risvegliati. L’aveva detto quasi senza pensarci. Doveva essere l’istinto, perché sapeva, no, sentiva che era la verità.
<< Riesco a fare cose nuove, e sento di poter fare altrettante cose nuove senza averle mai fatte prima. È pazzesco, è una specie di istinto... però abbiamo la conferma della nostra teoria di allora. Sono qualcosa di mentale. Energia psionica, direi. >>
<< Oh, be’, direi che è superiore a laser, e di sicuro molto, molto meglio di “luce verde”… >>
<< E che cavolo, ero un moccioso! >>
<< Preadolescente >> lo corresse Royston, sghignazzando, per poi passargli le dita tra le ciocche, pensieroso << Sbaglio, o anche nel giorno in cui hai scoperto i tuoi poteri hanno cambiato colore? Sono diventati verdi da allora. >>
<< Dove vuoi arrivare? >>
Il marchese lo fissò dritto negli occhi, con solennità. << Per molti popoli antichi i capelli erano simbolo di forza vitale, quasi emanazione della potenza del cervello. Sono una metafora per la maturità sessuale e mentale. Allora stavi diventando adolescente… ora un adulto. >>
Baelfire non poté fare a meno di abbassare lo sguardo a guardarsi i palmi. Si sentiva diverso, era vero. In qualche modo non si pensava più come a un ragazzino, ma non sapeva nemmeno se definirsi già adulto. Di sicuro quel viaggio che stava facendo l’aveva plasmato, sia mentalmente che fisicamente.
<< Papà? >>
<< Sì, figliolo? >>
<< Vorrei chiederti qualcosa... che non ti ho mai chiesto prima. >>
Fire prese un respiro profondo, come ad infondersi coraggio, prima di parlare.
<< Perché hai scelto me? >> domandò << Tra tutti quei bambini all’orfanotrofio... perché proprio io? >>
Logan tacque e lo osservò per qualche istante, con un’espressione indecifrabile. Lo sguardo azzurro corse nel vuoto, come se stesse rievocando quel momento.
<< Ho osservato le foto e i fascicoli di quei bambini uno ad uno >> sussurrò << Sorridevano, come a cercare di apparire al meglio, sperando forse di essere scelti per questo. Mi sembrava quasi impossibile poter vedere delle facce tanto felici in un posto orribile come quello. Mi sembravano falsi. Tutti... tranne uno. >>
Incontrò lo sguardo del figlio adottivo.
<< Tu non sorridevi, Baelfire. Perché eri sinceramente infelice… e perché non fingevi. Non ti importava di come saresti apparso, non volevi essere ciò che non eri. E dall’altro lato... eri rassegnato e fermamente convinto che saresti rimasto per sempre lì dentro. Che quello era il tuo destino e allora non valeva la pena lottare per cercare di cambiarlo. E nonostante questo, hai sempre avuto la forza di essere incommensurabilmente generoso con il prossimo che ti rifiutava per quello che eri. >>
Gli strinse amorevolmente una spalla.
<< Quella è la tua scintilla. Fu ciò che mi colpì. E mi colpì ancora di più quando ti conobbi dal vivo. E giurai a me stesso che avrei dimostrato a quel bambino sperduto che come tutti gli altri... anche lui meritava di essere davvero felice. >>
Fire fissò a lungo il volto sorridente di suo padre. Poi avvertì gli occhi bruciare, e senza una parola, lo strinse tra le braccia, premendogli il mento sulla spalla. Sentì Logan ricambiare la sua stretta con altrettanto amore, le dita ad accarezzargli i capelli.
<< Mi hai salvato la vita, bambino mio >> lo sentì mormorare << Senza di te, sarei marcito per il resto della mia vita. >>
<< Tu mi hai salvato per primo, Logan. >> Disse il suo nome con la voce tremante dall’emozione. << Senza di te sarei probabilmente marcito lì dentro per sempre. >>
<< Ehm… facciamo cinquanta e cinquanta a testa? >>
<< Cinquanta e cinquanta a testa va bene. >>
Risero tutti e due, finalmente più leggeri e sinceramente felici. Poi Logan si alzò in piedi.
<< Non c’è più motivo per me di restare qui dopo che ti sei cacciato così tanto nei guai. >>
<< Ma papà… >>
<< Non dirmi “ma papà”! Non ti sto dando la colpa! È stata una mia scelta quella di appoggiarti e di coprirti. Sapevo a cosa potevo andare incontro divenendo tuo complice, e non ho paura. Mi sono preparato a questa evenienza. Nel laboratorio alchemico ho preparato qualcosa che mi aiuterà per quando partiremo a salvare i tuoi amici, perché ti assicuro che ho tutta l’intenzione di riportarli qui al sicuro. Sono curioso di conoscere il tuo amico Accelerator. >>
<< Non è mio...! >>
<< Baelfire? Cerchi di mentire a me? >> Royston ridacchiò innocentemente, per poi sorridere << Sei sempre il solito. Se non fosse un caro amico per te... ci terresti forse così tanto a salvarlo? Non hai parlato mai di lui come “un mio compagno di squadra” o “un ragazzo dei Time Warriors”. No... lo hai chiamato per nome. E non è da te. Le tue parole ti tradiscono, figliolo. >>
Fire incassò, storcendo le labbra e stringendo i denti. << Potrei comunque fartelo conoscere senza che tu debba venire con me. Potrebbe essere pericoloso… >>
<< Ti ho insegnato io a combattere. Per l’amore del cielo, figliolo, quanti anni pensi che abbia? Sono ancora giovane e prestante, fidati che posso tranquillamente badare a me stesso. Potrei essere la tua spalla! Non ce l’ha ogni supereroe? E poi, siamo sempre stati una squadra perfetta. >>
Suo figlio tirò un lungo sospiro. << Non riesco proprio a convincerti a non rischiare così tanto solo per me? >>
<< No, non ci riuscirai. >> L’uomo gli sorrise nuovamente. << Questo perché sono tuo padre. Io ti proteggerò sempre. >>
A quel punto, il giovane non poté fare a meno di ricambiare il suo sorriso. Ma poi il suo viso si adombrò, mentre prendeva un respiro profondo.
Non poteva più rimandare, lo sapeva. Si alzò in piedi a fronteggiarlo.
<< C’è una cosa che devo dirti. >>
Il suo tono e il suo sguardo erano molto seri, perciò il marchese capì che si trattava di qualcosa di molto importante. Segretamente intuì anche cosa fosse, perché, in fondo, lo sapeva già. Gli fece comunque cenno di proseguire.
<< Il Dottore... mi conosceva. Conosceva mia madre, così come Thor. Mi hanno parlato di lei. Ho scoperto come sono arrivato all’orfanotrofio. Poi, alla festa di Anakin Skywalker... ho incontrato il mio vero padre. >>
Fu così che gli raccontò tutto. Logan non lo interruppe neanche un istante, solo alla fine: anche lui voleva dirgli la verità.
<< Sapevo già qualcosa, almeno in parte. Vader è venuto da me per interrogarmi. >>
<< Stai scherzando! >>
<< Non direi proprio >> borbottò il nobiluomo, massaggiandosi distrattamente la gola << Lo ha fatto per te. Voleva conoscerti meglio, voleva che gli dicessi tutto quello che sapevo su di te. Ho tergiversato un po’, e poi se ne è andato. >>
<< Sì, e magari gli hai anche offerto una tazza di tè >> sbottò il figlio << Ti ha fatto del male, non è così!? >>
<< Ne ho subìte di peggio >> tagliò corto Royston, non potendo nascondere l’espressione colpevole sul proprio viso << Ascoltami bene, per tutto il tempo in cui starete qui, cercate di non uscire di casa. Ci sono dei droni che sorvegliano il territorio. Li avete scampati per bene trasportandovi qui, ma se avete altri amici fuori di qui che vogliono raggiungervi lui potrebbe localizzarvi e tornare qui a prendervi. >>
<< Okay, poi richiamerò il Dottore >> rispose Fire in tono sbrigativo, mentre si massaggiava le palpebre nel tentativo di mantenere la calma.
Il pensiero che Vader fosse stato lì e avesse messo le mani addosso a suo padre lo faceva andare in bestia e lo riempiva di orrore e preoccupazione più totali. Sentì il palmo di Logan sfiorargli dolcemente la guancia.
<< Va tutto bene, Baelfire >> lo richiamò << Io sto bene, e lui adesso non è qui. Non agitarti senza motivo, sistemerai tutto dopo. Adesso calmati. >>
L’adolescente annuì, stringendosi nelle spalle. << Mi dispiace. Io… cazzo, non pensavo… >>
<< Linguaggio >> lo corresse automaticamente il padre burberamente.
<< Scusa, è che… è così dannatamente difficile. Io ero… >>
<< Non l’hai presa bene >> affermò Logan << Senza offesa, ma non posso biasimarti. >>
Il giovane Royston prese un respiro profondo.
<< All’inizio... ero sconvolto. Non so cosa mi aspettassi, ma certo non di essere figlio del cane del Maestro e della regina della Valacchia. Ma ho capito una cosa. Non c’era alcun bisogno di disperarsi >> affermò Fire, con una dolcezza inaspettata << Avrei anche potuto essere figlio di due persone assolutamente mondane... ma nulla avrebbe cambiato una semplice, inoppugnabile verità. Non importa dove il mio sangue mi porterà. Io so chi sono. >>
Gli occhi di Logan si inumidirono di colpo. << Davvero? >>
Il giovane gli si avvicinò, stringendogli amorevolmente le mani. C’era un’espressione ferma e decisa nel suo sguardo.
<< Sono tuo figlio. >>
E lo abbracciò di nuovo. Un abbraccio diverso, molto più profondo di prima. Piangevano entrambi questa volta, un pianto silenzioso di gioia e di completa riconciliazione.
<< Ti voglio bene, papà. >>
<< Anch’io, figlio mio >> Logan trattene a stento un singhiozzo << Anch’io. >>

                                                                                                                          * * * 
 
Sul pianeta Trenzalore, Megatron osservò con uno sguardo impassibile il corpo svenuto di Thor.
Il Dio del Tuono si era sicuramente rivelato un avversario degno del loro tempo… e quasi gli dispiaceva di non essersi potuto confrontare con lui quando era al massimo della forma, come avevano fatto su Asgard molti anni orsono. Ma il cybertroniano non era certo diventato il Signore del suo mondo attraverso mezzi onorevoli! Ogni tanto bisognava mettere da parte l’orgoglio e concentrarsi sul quadro generale.
Voltandosi, vide Blitzwing, Mohawk e Shatter camminare verso di lui, affiancati dalle più piccole figure di Harley Quinn, Adam e Cinder.
Megatron inclinò curiosamente la testa.
<< Dove sono i vostri alleati? >> chiese rivolto alla mora.
La donna schioccò la lingua e i suoi occhi dardeggiarono di un giallo brillante.
<< Sembra che ci abbiano abbandonati nel mezzo della battaglia >> ringhiò, le mani strette in pugni serrati << Ma mi assicurerò che il loro tradimento non resti impunito. >>
<< Lo faremo entrambi >> accondiscese Adam, stringendo la presa sulla sua arma << Daremo loro la caccia fino ai confini di Battleground, se necessario. Un’amicizia con Salem non si rompe tanto facilmente! >>
Megatron assottigliò le ottiche e si voltò verso i suoi fedeli sottoposti.
<< Ebbene? >> ringhiò, notando l’assenza di prigionieri.
Blitzwing e Shatter si lanciarono sguardi imbarazzati.
<< Sono riusciti a scappare >> rispose la femme << Una qualche forma di teletrasporto. Berserker… è morto durante la battaglia. >>
Inutile dire che quella notizia colse i restanti cybertroniani decisamente di sorpresa. Berserker era stato uno dei loro guerrieri più capaci… ma anche se affiancato da Soundwave e Shatter, era comunque caduto sotto i colpi del soleano? Quel ragazzo doveva essere molto più forte di quanto gli avessero dato credito.
<< La sua morte non resterà impunita >> sibilò il Signore di Cybertron << Tuttavia… il Maestro non sarà contento. >>
<< Cinque parole che non vanno mai bene nella stessa frase >> commentò una voce squillante dalle ombre.
I presenti si voltarono all’unisono e i loro sguardi incontrarono quello estatico del Joker, in testa alla sua banda.
Harley rilasciò subito uno squittio eccitato e si lanciò verso di lui… solo per essere messa a terra da un forte schiaffo del clown.
La donna si portò una mano alla guancia. << Pudding… >>
<< Non dire “Pudding” a me, razza di ruota difettosa! >> ribatté il Principe del Crimine << Avevate tutti un lavoro, ma noto che nessuno di voi è riuscito a completarlo! Ma che vi ho portati a fare?! >>
<< I mocciosi si sono dimostrati molto più tenaci del previsto >> ringhiò Bane, visibilmente scontento dall’intera situazione. Odiava quando un avversario usava simili trucchetti per darsela a gambe!
All’improvviso, un forte fragore risuonò sopra le loro teste. Un jet planò verso il suolo e atterrò proprio di fronte a Megatron, per poi assumere le sembianze di un Decepticon molto familiare: Starscream, il secondo in comando delle armate cybertroniane. Aveva il corpo bruciacchiato in diversi punti, ma a parte questo sembrava essere uscito per lo più incolume dalla sua ultima battaglia.
<< Lord Megatron! >> esclamò il mech, inchinandosi profondamente di fronte al Signore di Cybertron.
Megatron si limitò a fissarlo.
<< Dov’è il Dottore? >> domandò pericolosamente.
Starscream sollevò lentamente la testa e sembrò deglutire a fatica. << Lui… è riuscito a scappa-… >>
Non ebbe la possibilità di finire la frase. Il braccio armato del superiore scattò in avanti e lo afferrò per il collo, sollevandolo da terra.
<< Vedo che mi hai deluso ancora una volta, Starscream >> ringhiò l’ex gladiatore.
Le ottiche del Seeker si spalancarono allarmate. << Io… ugh… ho fatto del mio meglio… >>
<< Ti avevo affidato un compito importante >>  continuò Megatron, implacabile << Ma vedo che non mi sei utile neanche per catturare un misero insetto! >>
<< Un… insetto tra miliardi! >> balbettò l’altro << Qualcuno che ha eluso il Maestro per decenni! Potrebbe essere ovunque! >>
La presa sul volantino si allentò e il suo corpo metallico ricadde pesantemente al suolo.
Megatron gli lanciò un’occhiata piena di disgusto.
<< Allora sarà lui a venire da noi >> disse mentre volgeva lo sguardo verso un punto ben preciso.
Gli altri membri della squadra lo imitarono e videro l’esile figura di Soundwave che fuoriusciva dalla nebbia del cimitero. Nella mano destra reggeva qualcosa di gracile e pallido.
Il Signore di Cybertron arricciò le appendici metalliche in un sorriso ferino.
<< Questa caccia non è stata priva di vittime >> ammise a malincuore << Ma siamo comunque riusciti a guadagnare una piccola vittoria! >>
Il nuovo arrivato lanciò il corpo di Accelerator affianco a quello di Thor.
Gli occhi di Joker parvero illuminarsi nella penombra della sera.
<<  Uuuuuuuuuuuh! >> esclamò sornione, mentre intuiva il significato dietro alle parole di Megatron << Questo sì che sarà divertente! AH AH AH AH AH AH! >>




Ebbene sì, Thor e Accelerator sono stati catturati dal nemico. Ma ormai il Doc ha finalmente il suo TARDIS, quindi ormai tutti i suoi problemi sono risolti... oppure no?
Nel prossimo capitolo, i lettori otterranno finalmente le risposte a tutte le loro domande sulla nascita di Battleground...

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Capitolo 36
*** Capitolo 32 - Battleground Rise ***


Hola! Ok…questo è sicuramente uno dei capitoli più importanti dell’intera storia. La seconda parte, in particolare, risponderà a tutte le domande sulla nascita di Battleground. Quindi preparatevi mentalmente…perché ne avrete bisogno!
 
 

Capitolo 32 - Battleground Rise
 
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"( My friend) Is the king of all kings.
And yet my friend walks beside me.
My friend. Backing ( My friend) Rules the earth and the sun.
And yet my friend stops to guide me.
My friend takes my hand.
Just when all appears in vain..."


My Friend - Frankie Lane


Il Falcon discese l’atmosfera della Terra a gran velocità, lasciandosi dietro una scia di carburante e detriti vaganti.
La navetta atterrò di forza nei giardini della magione, sollevando una densa nube di polvere.
Il Dottore non perse tempo a cercare un punto d’appoggio più aperto e distante dal centro civile, perché in fondo sapeva che lui e il resto dei Time Warriors avevano poco tempo a disposizione. Dopotutto, l’Impero non ci avrebbe messo molto a rilevare il rientro del Falcon, non dopo che i sistemi anti-monitoraggio erano rimasti danneggiati durante la battaglia di Trenzalore.
Anzi, quasi sicuramente un contingente di stormtroopers era già stato inviato verso la loro attuale posizione! O forse l’intera flotta di Darth Vader si sarebbe presto presentata attorno al pianeta per bloccare ogni possibile via di fuga. O peggio… il Maestro stesso si sarebbe teletrasportato in quel luogo entro i prossimi cinque secondi per spazzarli via dall’esistenza.
Doveva assolutamente raggiungere il TARDIS, attivarlo e tornare indietro nel tempo quel tanto che bastava per scoprire gli eventi che avevano portato all’'origine di quell’incubo… e con un po’ di fortuna, avrebbe anche scoperto i mezzi necessari per annullare ciò che il suo vecchio amico aveva fatto al multiverso.
Fortunatamente, i localizzatori che aveva messo negli auricolari dei Time Warriors avevano fatto il loro lavoro fino alla fine, permettendogli di rintracciare la Macchina del Tempo.
Scese rapidamente dalla rampa, mentre le figure barcollanti di Ruby e Rowlet lo seguivano a ruota. Alzando lo sguardo, vide Baelfire, Angel e il resto dei team JEKP e RWBY corrergli incontro, accompagnati da due uomini dall’aria familiare.
Il Signore del Tempo li riconobbe come Logan Royston e Sebastian Michaelis, rispettivamente il padre adottivo del Vigilante Mascherato e il suo leale maggiordomo. Non li aveva mai incontrati di persona, ma aveva fatto abbastanza ricerche sulla famiglia del ragazzo da sapere che erano individui affidabili.
Notò non esservi alcuna traccia di Thor e Accelerator. Che fossero rimasti troppo feriti dallo scontro? Forse si stavano ancora riprendendo… o forse…
Scosse la testa per liberarsi da simili preoccupazioni. Doveva rimanere concentrato su un solo obbiettivo: accedere al TARDIS.
<< Rowlet! >>
<< Padron Fire! >>
Il barbagianni sfrecciò sia dal padroncino che da Lord Royston, felicissimo di rivederli entrambi, e sia padre che figlio erano assolutamente risollevati che fosse sano e salvo.
Il Dottore sollevò la mano destro in segno di saluto.
<< Scusate il ritardo! Abbiamo avuto qualche… ehm, contrattempo durante il viaggio. Come voi, immagino. >>
Kirby, Emil e James si avvicinarono: il fauno lupo zoppicava ancora e si aiutava grazie a una stampella prestatagli da Logan, mentre gli altri due, seppur guariti da quasi tutte le ferite, erano ancora un po’ scossi e pallidi a causa delle droghe che ne avevano causato la sconfitta su Trenzalore.
<< Contrattempi è dire poco >> commentò Heller << ma ritrovarvi è un piacere. Ora…qual è la nostra prossima mos-… >>
<< Aspetta >> lo interruppe Emil << per caso, sapete dove sono Accel e Thor? Non erano con noi sul TARDIS. >>
<< Quando ho attivato il teletrasporto seguendo le istruzioni del Dottore, sarebbero dovuti apparire assieme a tutti voi >> intervenne Fire, stringendo il proprio barbagianni tra le braccia con fare contrito << Ma così non è stato. Ho creduto di aver sbagliato qualcosa, ma ripensandoci... non è andata così. Ero nervoso, sì, ma ho fatto tutto quello che mi è stato detto. È inutile che ci giriamo intorno, sappiamo tutti di essere stati attaccati dal nemico. Perciò… questo significa che potrebbero essere… >>
Non riusciva a completare la frase, ma non ci voleva un genio per capire a che cosa si stesse riferendo. Fu il Dottore a dare voce a quel pensiero.
Il Signore del Tempo abbassò cupamente lo sguardo.
<< Devono essere stati catturati >> sussurrò << Probabilmente i loro auricolari sono stati danneggiati durante gli scontri… maledizione. >>
<< Come facciamo ad essere sicuri che siano ancora vivi? >> domandò Angel.
Il Dottore si passò una mano tra i capelli argentati.
<< Sono risorse importanti >> disse, suonando meno sicuro di quanto avrebbe voluto << Il Maestro non li butterebbe mai via così. >>
Il rosso storse il labbro. << Allora mi chiedo dove siano stati portati. >>
<< Considerando la loro nomea, non in una prigione comune >> esclamò Blue, dietro di lui << E se questo è vero, abbiamo l’obbligo di scoprirlo per poterli liberare. >>
<< Giusto >> acconsentì il ragazzo, per poi rivolgersi al Signore del Tempo << Lei ha qualche idea? >>
Il Dottore esitò a rispondere.
Loro… avrebbero dovuto liberarli, vero? Certo che avrebbero dovuto… erano loro compagni. Avevano combattuto insieme per una causa comune, si erano fidati di lui… e ora le loro vite erano in pericolo. Sarebbero dovuti subito correre in loro soccorso e tirarli fuori da qualunque prigione in cui erano stati buttati.
Ma...
Prese un respiro profondo.
<< No >> rispose duramente << Non abbiamo tempo per questo. Portatemi dal TARDIS. >>
Senza dubbio, la risposta del Dottore non era quello che nessuno dei Time Warriors si aspettava.
<< Sta scherzando, spero! >> protestò Blake, svicolando dall'abbraccio in cui Ruby aveva stretto lei e le compagne una volta atterrata << Per quanto ne sappiamo, potrebbero essere sottoposti alle peggiori torture! Dovunque siano, abbiamo il dovere di tentare. Non possiamo abbandonarli! >>
Il Dottore sospirò mentalmente. Sapeva che le proteste sarebbero state inevitabili, ma in cuor suo aveva sperato fino all’ultimo di evitare inutili conflitti.
Sollevò ambe le mani in segno di resa.
<< Signorina Belladonna, credimi, capisco la tua preoccupazione, ma al momento abbiamo questioni molto più urgenti di cui occuparci. Per quanto la cattura di Thor e Accelerator sia un avvenimento deplorevole, non possiamo compiere gesti avventati! >>
<< Con tutto il dovuto rispetto, Dottore… >>
Logan Royston era intervenuto, l'espressione inflessibile e il tono di voce piuttosto alterato nel pronunciare l’ultima parola. Non era un gran bello spettacolo vedere un uomo tanto gentile e benevolo cambiare di colpo così.
<< Lei ha sicuramente molto più degli anni che dimostra, così come moltissime altre esperienze…eppure mi ha appena sbalordito, e non nel senso buono del termine. Non credevo che le servissero dei giovani, a doverle ricordare il tanto decantato rispetto per la vita umana e il dovere di proteggerla, qualità con cui siete stato spesso dipinto da coloro che credevano nella vostra causa. Devo ricordarvi io, un nobilastro qualsiasi, che quei due hanno combattuto su quel dannato pianeta fantasma? Che hanno rischiato la vita, come tutti i ragazzi qua dentro che io e Sebastian abbiamo dovuto accudire perché non tirassero le cuoia!? >>
<< E io devo forse ricordare a tutti voi che abbiamo le vite di tutta Battleground che gravano sulle nostre spalle?! >> ribatté il Dottore, utilizzando un tono molto più rabbioso del solito.
Il suo sfogo fu talmente inaspettato da spingere gli stessi Time Warriors a spalancare gli occhi per la sorpresa. Loro… non lo avevano mai visto così.
<< Noi abbiamo un dovere verso quelle persone >> continuò il Signore del Tempo, implacabile << Volete davvero farmi rischiare la sicurezza del TARDIS, dopo che siamo finalmente riusciti a recuperarlo? Ho combattuto vent'anni per questo momento! Ora abbiamo la possibilità di sconfiggere il Maestro, e non possiamo perderla! Mi dispiace ammetterlo… ma in questa situazione le esigenze dei molti contano più di quelle dei poc-... >>
Il Signore del Tempo non ebbe il tempo di concludere il suo discorso: fu raggiunto da un poderoso pugno in piena faccia che lo fece finire a terra.
Angel gli stava in piedi davanti, le nocche tese, un’espressione furibonda, delusa e amareggiata.
<< Be’, davvero, devo proprio dirlo >> sibilò, furibondo << Non mi aspettavo simili discorsi da lei, Dottore. Non era stato lei a dire che avrebbe fatto tutto il possibile per garantire la sopravvivenza del gruppo!? È vero, la sopravvivenza di Battleground grava sulle nostre spalle, e io lo so meglio di quanto lei possa immaginare! Tuttavia lasciare qualcuno indietro, indipendentemente dalla motivazione, non ci renderebbe diversi da quelli che seguono il Maestro! Anzi, ci renderebbe anche peggio di loro! A che serve vincere se non riusciamo a salvare dei compagni prigionieri!? >>
Il Dottore sputò un rivolo di sangue e cominciò a massaggiarsi la mascella.
<< Ugh… >> gemette << Mi hai davvero colpito… eh… non me lo aspettavo. Ma forse avrei dovuto. >>
Lanciò un’occhiata verso il giovane soleano.
<< Angel, rifletti. Pensi davvero che Thor e Accelerator vorrebbero qualcosa del genere? Che abbandonassimo la nostra missione per salvarli, anche dopo che si sono sacrificati per permetterci un minimo di vantaggio? >>
<< Non ci provi! >> sbottò il soleano << Magari può applicare questo ragionamento a Thor. Lui è sia un dio che un valido guerriero, è sempre stato pronto a sacrificarsi! Ma Accelerator ha qualcuno che lo aspetta alla base, da cui vuole tornare, e loro vogliono che ritorni! Se io mi sono limitato a darle un pugno… loro che cosa farebbero, se sapessero che ha deciso di abbandonarlo? Trovi una risposta migliore per giustificare la vigliaccheria di non volerli salvare! >>
<< Hikaru. >>
Fire gli strinse la spalla per calmarlo. Si fece avanti e fissò il Dottore negli occhi.
<< Tu lo avevi promesso…Avevi promesso di non lasciare nessuno indietro! E ora vuoi lavertene le mani così, come se niente fosse?! >>
<< Ragazzo… >>
<<  Qrow Branwen è morto per salvarmi >> affermò l’adolescente dai capelli verdi, implacabile << O l’hai forse dimenticato? Sia lui che Summer Rose conoscevano i rischi quando sono venuti a salvarmi, e non se ne sono pentiti un istante! Ma soprattutto, lo hanno fatto perché tu glielo hai chiesto! Perché si fidavano di te! Non ci hai pensato due volte, quando è toccato a me! I rischi non erano poi così diversi, perché ora ti stai tirando indietro!? >>
Una piccola lacrima scese lungo una guancia di Ruby, che si avvicinò al Dottore mentre Yang le teneva una spalla.
<< Dottore. Non c’è più niente che possa fare per mio padre, a parte continuare la sua lotta... e proteggere i suoi compagni. Se necessario, tenterò da sola di salvarli >>
<< Tenteremo >> la corresse Weiss << siamo in gruppo per una ragione. >>
<< E noi non saremo certo da meno! >> aggiunse Kirby, ricevendo cenni decisi ad opera di Emil, James e Penny.
Il Dottore li guardò uno ad uno, soppesandoli con lo sguardo. Poi, lentamente, si sollevò da terra e rilasciò un lungo sospiro.
<< Va bene… okay, mi avete convinto. E non ho neanche dovuto pagare una terapia >> borbottò, prima di recuperare il suo sorriso << Va bene, ragazzini… andremo a salvarli. DOPO che avrò utilizzato il TARDIS per tornare indietro nel tempo, e su questo non discuto. >>
Sollevò una mano per fermare ogni potenziale protesta.
<< Dimenticate che si tratta di una macchina del tempo. Posso tornare esattamente pochi istanti dopo che sarò partito… così avremo tutto il tempo di salvare i nostri compagni. Siamo d’accordo? >>
I più giovani membri del gruppo tirarono un sospiro di sollievo, lieti di aver convinto il loro leader e mentore.
<< Direi che è abbastanza ragionevole >> affermò Kirby << ti portiamo subito al TARDIS. È ancora nel salotto. >>
 
                                                                                                                          ***

I Time Warriors procedevano a passo spedito attraverso i corridoi della magione, con il Dottore e Logan in testa al gruppo.
Il nobiluomo non aveva aperto bocca dal loro breve litigio, e questo aveva cominciato a mettere l’alieno a disagio. Si odiava per aver costretto i suoi alleati ad averlo visto in quello stato. Per vent’anni aveva cercato di tenere quella parte di sé sotto controllo, malgrado le peggiori difficoltà.
Il Soldato… il Generale…colui che aveva combattuto nella Guerra del Tempo, la madre di tutte le Guerre. Il suo più grande rimpianto.
<< Bella casa >> commentò a bassa voce, nel tentativo di rompere il ghiaccio.
Accanto a lui, Logan sospirò in accordo. << L’ho ereditata da mio padre. Anche se il grosso dell’arredamento è tutto merito mio. >>
<< Oh, be’… in questo caso è un vero piacere conoscervi, finalmente >> ribatté il Signore del Tempo << A proposito, non ci siamo ancora presentati. Io sono… >>
<< Il Dottore, anche noto come il tizio che ha trascinato mio figlio in una guerra civile intergalattica >> lo interruppe il nobile, lanciandogli un’occhiata laterale << Nonché il criminale più ricercato di tutti i tempi. >>
L’alieno trasalì e si guardò rapidamente indietro. Fortunatamente, il resto dei Time Warriors non sembrava interessato alla loro conversazione, anche se Fire li stava scrutando da lontano con sospetto.
<< Già… ehm… scusi? >>
<< Non ha più importanza >> continuò Logan, con un sorriso appena accennato << Conoscendolo, avrebbe trovato altri modi per ritrovarsi in un simile pasticcio. Sono solo contento che abbia finalmente cominciato a riscoprire il suo passato. >>
Il Dottore si grattò nervosamente la guancia. << Cercherò di farmi perdonare. >>
<< Sarà meglio. Perché là dietro non mi ha dato esattamente una buona impressione, nonostante mi sia stato narrato il contrario. E l’ultima cosa che voglio è affidare la vita di mio figlio a qualcuno che non merita il suo rispetto. >>
Il Signore del Tempo sospirò stancamente. << Lo ammetto, non è stato uno dei miei momenti migliori >> borbottò con un sorriso triste << Questa guerra mi ha portato via così tanto…io…voglio solo far tornare le cose come erano un tempo. A volte mi sento come se il peso dell’intero universo gravi sulle mie spalle… >>
<< E le persone possono compiere azioni molto stupide quando si trovano in situazioni del genere >> terminò Logan, e in quelle parole, il Dottore capì di aver appena trovato qualcuno che comprendeva appieno che cosa significasse.
Sicuro, quell’umano non aveva mai vissuto una guerra terribile come la Guerra del Tempo… ma una guerra era pur sempre una guerra, e tanto bastava per far avvicinare coloro che ne avevano vissute.
<< Pensavo di aver eliminato quella parte di me >> dichiarò il Signore del Tempo << La guerra non è mai stata il mio forte… eppure eccomi qui. >>
Il nobiluomo non aveva bisogno di essere un esper per comprendere il significato dietro alle parole del vecchio. Aveva subito capito che questa non era la prima guerra a cui partecipava, dato che lui stesso ne aveva fatto parte… e brevemente si chiese quale conflitto fosse stato così devastante da ridurlo in un simile stato. Perché, per quanto potesse sentirsi affine, era chiaro che non l’avrebbe mai capito fino in fondo.
Ma c’era di più.
Poco prima, nei giardini… per la prima volta dopo molto tempo, Logan Royston aveva avuto effettivamente paura. Si era sentito come un insetto al cospetto di un gigante che avrebbe potuto schiacciarlo in qualsiasi momento… come se questo misterioso Dottore fosse solo l’ennesima forma presa da un male… no… da una forza della natura di incommensurabile potere. Piena di rabbia…e dolore.
<< Cerchi solo di non ricadere nelle vecchie abitudini >> gli disse dopo qualche attimo di silenzio, cercando di non mostrare segni di nervosismo.
Il Signore del Tempo gli lanciò un sorriso sghembo. << Ci proverò! >>
Tra loro due calò un altro silenzio, e fu di nuovo il Dottore a romperlo.
<< Non le importa di… be’, mettersi contro il dio del vostro mondo? >>
Il marchese sospirò.
<< Non posso dire di averlo mai odiato, né che mi sia mai particolarmente piaciuto… >> ammise << Dopotutto, sono cresciuto con la convinzione che al mondo non potesse esistere qualcosa di davvero “perfetto”…che fosse un semplice essere umano o un Dio apparentemente onnipotente. Quindi ho sempre sospettato che nascondesse qualche scheletro nell’armadio. Solo…non credevo fossero così enormi. E non sono così ipocrita da non ammettere di averlo venerato: mi sono comportato come se facesse parte della mia vita, senza pormi nessuna domanda. >>
Sollevò lo sguardo in direzione del soffitto.
<< Era lì… e a me non importava del perché e di come, nonostante ci fossero tante cose che non approvassi della sua politica. Ho vissuto la mia vita nell’ignoranza, ma non sarò così umile da negare di non aver mai fatto niente, sebbene nel mio piccolo…sebbene per poche semplici persone. Adesso mi chiedo se un giorno sarei risultato scomodo al punto da giungere comunque fin qui. Ma non ha molta importanza, perché, arrivato a questo punto, Dottore… io ho solo due cose che per me contano: restare vivo, proteggere mio figlio e garantirgli un futuro. E non potrò farlo senza prima essermi liberato di coloro che lo perseguitano. >>
<< Capisco >> borbottò il Dottore, con un sottofondo di approvazione e rispetto.
Infine, il gruppo raggiunse l’entrata del salotto. E in mezzo alla stanza…eccola: una familiare cabina della polizia anni 60, interamente dipinta di blu.
Gli occhi del Dottore sembrarono illuminarsi di luce propria.
<< Quanto mi sei mancata >> sussurrò, mentre attraversava rapidamente la stanza…e con grande costernazione dei presenti abbracciava la cabina come se si fosse appena riunito con una vecchia amante. E non solo!
Cominciò ad accarezzarla e a stringerla con forza sempre maggiore, sotto gli occhi basiti dei Time Warriors.
<< Sei…davvero uno spettacolo >> borbottò il Signore del Tempo, incurante dei loro sguardi perplessi.
<< Dovremmo, ehm…lasciarli da soli? >> chiese Emil, grattandosi le orecchie con aria imbarazzata.
Al contrario, Penny aveva le labbra contratte in un sorriso luminoso.
<< Io li trovo così carini! >> squittì euforica, con Ruby che annuì in accordo.
<< Anche io! >>
<< Questo perché a te piace parlare con le armi >> borbottò Yang, suscitando un’espressione tradita da parte della sorella.
<< Yang! >> piagnucolò la cacciatrice << Avevi promesso di non dirlo a nessuno! >>
<< Cosa ho mai fatto per meritarmi un leader del genere >> borbottò Weiss, portandosi una mano alla fronte.
E quando Blake e Kirby aprirono bocca, lei li ricompensò con un’occhiata glaciale.
<< Non…provate…a rispondere >> sibilò freddamente.
Gli altri Time Warriors ridacchiarono divertiti, mentre il Dottore si tirava indietro e schioccava le dita della mano destra.
Subito, le porte del TARDIS sembrarono aprirsi come per magia, rivelandone gli interni illuminati.
Il Dottore si concesse qualche momento per ammirarli e prese un respiro profondo.
<< È il momento della verità >> borbottò, voltandosi verso il resto della squadra << Auguratemi buona fortuna. >>
Alcuni di loro gli lanciarono un pollice in alto, altri sorrisero, altri ancora si limitarono a porgergli un cenno. Solo Angel aveva il volto contratto da un’espressione incerta, al limite tra lo speranzoso…e il preoccupato.
<< Lei tornerà…non è vero? >> domandò esitante.
Il Dottore non poteva certo fargliene una colpa, visto quello che era successo poco prima.
<< Dopo quel pugno che mi hai tirato? Avrei troppa paura a fuggire! >> ribattè con un occhiolino scherzoso.
Questo sembrò rassicurare il soleano.
<< Stia attento >> gli disse…e per un attimo, al Signore del Tempo sembro quasi che quelle parole avessero un significato nascosto. Come se Angel sapesse qualcosa di cui non era ancora a conoscenza.
Il Dottore socchiuse appena gli occhi…ma alla fine decise di non soffermarsi troppo sulla questione. Probabilmente era ancora scosso dall’intera battaglia.
Con quel pensiero in mente, entrò nel TARDIS e chiuse la porta dietro di sé.
Senza perdere tempo, si avvicinò ai comandi del macchinario, mentre il profumo familiare del Tempo e dello Spazio gli invadevano le narici. Quanto gli era mancato!
<< Ricordi ancora come si fa? >> chiese rivolto al grande pilastro che spiccava dalla console.
E la macchina non esitò a rispondergli, aumentando la luminosità della stanza.
Di fronte a quella manifestazione di gioia, il sorriso del Dottore non potè che allargarsi.
<< In questo caso…Geronimo! >> esclamò, mentre tirava la leva di accensione.
Il TARDIS cominciò a tremare, e presto seguì un rumore che aveva accompagnato i ricordi del Signore del Tempo negli ultimi vent’anni. Come quello di un’automobile che cercava di correre con i freni sempre attivi!
Ad altre persone sarebbe potuto sembrare fastidioso…ma per il Dottore era il suono migliore dell’intero Multiverso!
Il contatore della macchina cominciò a muoversi a ritroso.
5 anni…10 anni…15 anni…20 anni…
BOOM!
Il TARDIS si fermò di colpo, sorprendendo l’alieno.
<< Ma che… >>
Non ebbe la possibilità di terminare la frase.
Cadde in avanti, mentre scintille e scariche elettriche si propagarono dalla console di comando.
Il Dottore si rialzò a fatica e picchiettò la mano contro il pilastro.
<< Oi, tutto bene? >> domandò preoccupato.
In tutta risposta, gli interni della stanza cominciarono a lampeggiare. Era come se il TARDIS stesse…piangendo.
Vi fu un altro scossone e il Signore del Tempo ricadde pesantemente sul pavimento della macchina.
<< Ok…questo non va affatto bene >> gemette, mentre strisciava fino alla porta del TARDIS.
La aprì con uno scatto e…
<< Per tutti i Dalek! >>
 
                                                                                                                                  * * *
 
 
I Time Warriors attendevano pazientemente all’interno del salotto, silenziosi e nervosi al tempo stesso.
<< Quanto tempo è passato? >> disse all’improvviso Heller, rompendo la quiete di quel momento.
Gli occhi di Penny divennero temporaneamente bianchi.
<< Solo cinque minuti >> disse, dopo una rapida scansione del suo orologio interno.
Alcuni dei Time Warriors cominciarono a scrutarsi con aria preoccupata.
<< Tornerà >> disse Ruby, sorridendo fiduciosa << Forse ha solo un piccolo margine di ritardo… >>
All’improvviso, un rumore familiare risuonò per tutta la lunghezza del salotto.
Pochi secondi dopo, l’inconfondibile figura del TARDIS si materializzò al centro della stanza, come se non se ne fosse mai andata.
<< Grazie al cielo >> borbottò Fire, mentre lui e gli altri camminavano fino alla cabina.
Fu allora che il Dottore fuoriuscì dalle porte della Macchina del Tempo… e cadde in ginocchio, gli occhi vitrei e il volto contratto da uno sguardo scioccato.
Angel, visibilmente preoccupato di fronte a quello spettacolo, si avvicinò all’anziano aiutandolo a sorreggersi. << Dottore. Che cosa ha visto? >>
Anche Blue osservò apprensivo il Signore del Tempo, ma non disse nulla. Tutti gli altri gli si riunirono intorno, le espressioni cariche di ansia e apprensione.
Il Dottore sollevò lentamente la testa, incontrando gli occhi del rosso.
<< Io… non ho visto niente >> sussurrò con un filo di voce.
<< Niente? >> ripeté Ruby, scossa quasi quanto il Dottore per la sua espressione a metà tra il vacuo e il terrorizzato << che significa niente!? >>
<< Dottore. >>
Fire gli si portò davanti, guardandolo dritto negli occhi.
<< Parlaci, ti prego, spiegaci. Che cosa hai tentato di fare e che cosa è andato storto? >>
Il Signore del Tempo prese un respiro profondo.
<< Niente è andato storto >> rispose lentamente << O meglio, niente all'inizio. Il teletrasporto del TARDIS è avvenuto senza alcun problema… fino a quando non abbiamo superato il momento esatto in cui sono riuscito a datare la nascita di Battleground. >>
Fissò intensamente tutti i Time Warriors raccolti.
<< Ho aperto le porte del TARDIS… e non c’era niente. Né spazio, né tempo… neanche la più piccola briciola di atomi o materia. Solo un infinito vuoto cosmico. >>
Chiuse gli occhi, affranto e avvilito.
<< Io… non penso che nel Multiverso sia rimasto qualcosa oltre a Battleground. È come… se il tempo e lo spazio abbiano cessato di esistere esattamente vent’anni fa >> rivelò cupamente.
Kirby ebbe un piccolo sussulto.
Meta Knight e King Dedede gli avevano narrato più volte del giorno in cui avevano trovato il Dottore, svenuto su una spiaggia. Era stato esattamente vent'anni fa.
Cos’era successo quel giorno che aveva fatto scomparire il tempo stesso, lasciando al suo posto una minuscola galassia governata da un dio folle e narcisista?
<< Cosa facciamo? >> gli chiese, dando voce all'interrogativo che nelle menti dei Time Warriors prese la precedenza rispetto persino al salvataggio dei loro compagni prigionieri.
Angel era sbiancato, e ora stava fissando Blue con occhi sgomenti. Era più confuso che mai: credeva che il Signore del tempo avrebbe visto… quell’evento... ma così non era stato. Che cosa voleva dire?
Nella sua mente balenò un altro pensiero, in risposta. Qualcosa a cui non avrebbe voluto nemmeno pensare. Ma non poteva dirlo. Non senza delle prove concrete.
Fece un profondo respiro e poi guardò gli altri.
<< Forse in tutta Battleground c’è solo una persona che può spiegare ciò che ha visto il Dottore. >>
Fissò poi il leader della Resistenza con occhi apprensivi, e poi di nuovo tutti i suoi compagni.
<< È Yūko. Lei potrebbe aiutarci. Se vogliamo venirne a capo, credo che dovremo tentare. >>
<< Ah, bene, problema risolto, molto interessante >> commentò Fire, sarcastico << Ho solo una domanda, ma nulla di così importante… chi diavolo è Yūko? >>
 
 
Pochi minuti dopo…
 
Il TARDIS si materializzò davanti al negozio di Yuko, su una strada apparentemente deserta.
Ne fuoriuscirono presto i Time Warriors, accompagnati da Logan e Sebastian.
Il Dottore aveva convenuto di portarli con loro, vista l’immane quantità di sorveglianza che Vader aveva messo attorno alla magione dei Royston. Sicuramente, il braccio destro del Maestro aveva cominciato a dirigersi verso la Terra nell’istante in cui il Falcon era atterrato nei giardini.
A parte il Dottore ed Angel, nessuno dei presenti sapeva che cosa aspettarsi dalla misteriosa proprietaria dello stabilimento, se non quel poco che i loro compagni di squadra avevano rivelato.
Si avvicinarono al cancello d’ingresso…ma prima che potessero varcarlo, la porta del negozio si aprì e ne uscirono Maru e Moro, che li accolsero con il loro consueto: << Benvenuti! >>
Nel momento in cui notarono il rosso, entrambe le ragazze sorrisero estasiate e andarono ad abbracciarlo.
Angel, dal canto suo, non poté che ricambiare il gesto. Erano passati solo pochi giorni, ma gli erano mancate terribilmente.
<< Sono tornato >> disse loro, per poi invitare gli altri ad entrare.
I vari membri dei Time Warriors furono titubanti a fare un altro passo. Quel luogo, per quanto gli fosse stato raccomandato, emanava una strana sensazione.
<< Ed ecco che inizia il balletto >>  disse il Dottore, conscio di quello che stava per succedere.
Infatti, un attimo dopo, lui e tutti gli altri si ritrovarono incapaci di controllare le loro gambe, mentre questi  li spingevano di forza ad accomodarsi.
<< È sicuramente una tattica interessante per attirare clienti >> commentò Sebastian, ricevendo un cenno d’accordo del suo padrone.
Quando furono tutti entrati, vennero condotti in salotto…e ad attenderli vi era Yuko in persona.
<< Benvenuti nel mio negozio, giovani ribelli. E ben ritrovati Dottore e mio caro Angel >> li salutò la mora per poi tirare una boccata dalla sua pipa.
<< Bentornato Angel >> ripetè Mokona, che saltò allegramente sulla spalla del rosso, attirando l’attenzione di tutti.
Angel sorrise nostalgico.
<< Lui è Mokona. È un animagico come Rowlet >> lo presentò, mentre gli accarezzava la testa << E non lasciatevi ingannare dalla sua piccola stazza. È un pozzo senza fondo. >>
<< Gran bella presentazione >> disse giocosa la polpetta nera.
<< Io lo trovo adorabile >> sussurrò Ruby, con gli occhi illuminati come due lampadine.
A completare il benvenuto non poté mancare il miagolio felice di Stella che, visto Angel, gli si avvicinò e gli saltò addosso.
<< Anche tu mi sei mancata. Sono così felice di rivederti >> le disse il rosso, grattandole le orecchie.
Il Dottore sorrise alla vista, ma si ritrovò costretto ad intervenire.
<< Mi spiace dovervi interrompere, ma sfortunatamente non siamo qui per una visita di piacere >> iniziò il Signore del tempo << Yuko Ichihara…che cosa sai degli eventi legati allo Scisma e alla nascita di Battleground? >>
La mora tirò una boccata dalla sua pipa. Sembrava quasi che stesse prendendo del tempo per riflettere.
<< Non è una domanda a cui posso rispondere >> disse dopo un tempo apparentemente interminabile << Non senza un pagamento di pari valore. >>
Tutti, tranne Angel e il Dottore, la fissarono scioccati.
<< Sei una specie di Broker? >> chiese Yang, visibilmente scontenta << Vuoi sul serio che ti paghiamo per un’informazione che potrebbe salvare miliardi di persone? Senza offesa, ma è piuttosto meschino. >>
<< Non è un problema >> si intromise Logan << Il denaro non è certo qualcosa che mi manca. Dimmi il tuo prezzo e…. >>
<< Non è così semplice >> lo interruppe Ichiara << La risposta ad una simile domanda influenzerà tutti gli eventi futuri. Non fraintendete, è un cambiamento che desidero tanto quanto voi… ma il prezzo per conoscere la verità sarà incredibilmente alto, e non può essere coperto dal semplice denaro. >>
<< Di che si tratta? Sono pronto ad accollarmelo tutto >> disse il Signore del tempo con risolutezza.
<< Non siete voi a doverlo pagare Dottore ma… il qui presente Angel >> esclamò Yuko con tono grave.
Fissò il rosso con occhi penetranti. Era come se stesse per chiedergli qualcosa per cui avrebbe potuto odiarla.
<< Di che cosa si tratta? >> le chiese il rosso, deglutendo silenziosamente.
Per un attimo, Ichihara abbassò lo sguardo.
<< Del legame tra te e Blue >> disse infine.
Il cuore del rosso mancò un battito. Allo stesso tempo, sull’intero negozio sembrò calare una cupa ombra.
<< Cosa? >> sbottò Kirby, incapace di fermarsi << Sta scherzando, vero? >>
<< Temo di no >> fu la calma risposta di Yuko << I miei poteri seguono il principio dello scambio equivalente. Io vedo tutto…ma non posso diffondere le mie conoscenza senza prima aver richiesto un tributo di pari valore. >>
<< Ma questo è assurdo! >> si intromise Emil  << Un prezzo del genere non potrebbe valere neanche mille risposte! >>
<< Su questo mi ritrovo d’accordo >> disse Weiss, con le braccia incrociate << Inoltre, perché deve essere proprio Angel a doverlo pagare? >>
Yuko sospirò stancamente.
<< Perché Angel è connesso allo Scisma. Lo è più di chiunque altro presente in questa stanza. La fine del Multiverso e la nascita di questa realtà chiamata Battleground… sono legate a lui. >> rispose Yuko con voce ferma, sorprendendo ulteriormente il gruppo.
E che dire di Angel? Per quanto stesse cercando di nasconderlo, non si era mai sentito così perso! Stava tremando come una foglia.  
Ciò che gli era stato chiesto…era un prezzo troppo alto anche per lui.
Blue era tutto quello che gli era rimasto del suo passato! Era… il suo amico più caro.
E ora gli stavano dicendo che doveva sacrificare anche lui?! Come se non avesse già dovuto rinunciare a tutto!
<< Perché mi chiedete questo? >> sussurrò debolmente.
<< Credimi… nemmeno io vorrei chiederti un simile pagamento. Eppure… è l’unico che sia in grado di compensare ciò che volete sapere >> disse Yuko, abbassando lo sguardo << Non posso evitare ciò che è inevitabile. >>
Il Dottore si mise subito tra lei e il soleano.
 << Aspetta un attimo >> sibilò << Mi rifiuto di credere che questa sia l’unica opzione! Chiedimi quello che vuoi…ma ti prego, non privare il ragazzo di questo legame. Ne ha…ne ha già passate troppe. >>
Yuko sorrise tristemente. << Sono desolata Dottore. Vorrei davvero chiedervi dell’altro, ma nemmeno il vostro intero ciclo vitale o memorie sarebbero sufficienti per pagare quest’informazione. Credimi, se ci fosse un modo per impedire ad Angel di provare un simile dolore, io…io lo saprei…e lo userei senza alcuna esitazione. >>
Il Dottore perse tutta la sua furia.
Quelle parole, ferme ma anche tristi, gli avevano fatto capire le buone intenzioni della donna. Era una cosa più grande di entrambi.
Con questa consapevolezza, si accasciò sulla sedia più vicina, come se un peso enorme gli fosse appena stato messo sulla schiena.
Gli altri Time Warriors ripresero a protestare…ma ecco che la figura di un drago si materializzò alle spalle di Angel.
<< Ragazzi… >> disse Blue, sorridendo stancamente << Apprezzo il vostro tentativo di difendere sia me che Angel…ma non abbiamo altra scelta. >>
Il rosso fissò incredulo il suo amico drago.
<< Lo vuoi fare davvero? >> gli chiese, trattenendo a stento le lacrime.
Lo spirito annuì. << Se questo vuol dire salvare tutti voi…allora sì.>>
<< Perché? Come puoi volerlo fare, pur sapendo che cosa comporterà?! >> gli chiese Angel.
<< Perché proteggerti è, e sarà sempre, il mio obiettivo primario >> gli rispose il drago.
Il Rosso strinse ambe le mani in pugni serrati.
<< Ma così… non potremo più vederci e… >>
<< Forse tu non mi potrai più vedere, ma posso assicurarti che io veglierò sempre su di te >> lo interruppe dolcemente lo spirito.
Il rosso abbassò gli occhi tristemente. Era ormai prossimo al pianto.
 << Se vuoi davvero proteggermi…allora troveremo un altro modo! Quando te ne sarai andato, tutti i poteri che ti sono legati svaniranno con te! Quindi…ti prego…non costringermi a farlo…non voglio perdere nessun’altro! >>
Senti una zampa artigliata che gli asciugava dolcemente il viso.
<< Amico mio, sai bene che non sono mai stato la fonte dei tuoi poteri >> disse il drago << Io ti ho sempre e solo aiutato a controllarli. La mia armatura? Nient’altro che una protezione glorificata per amplificare quello che già avevi dentro di te.  I tuoi poteri sono sempre stati unicamente i tuoi! Io ho tenuto sopita la loro parte più indomita…ma ora sarà tuo compito riscoprire quella parte e imparare ad usarla, per il tuo bene e quello dei tuoi compagni. Io sono pronto a pagare il prezzo per proteggere questa realtà… Ma tu lo sei? >>
Le parole del drago rimbombarono potenti nell’animo già provato di Angel. Non sapeva che dire o pensare! In quel momento, nella sua mente c’era il vuoto.
Calde lacrime cominciarono a scivolargli sulle guance, bagnando il pavimento sottostante. In esse potevano riassumersi tutti gli eventi, le emozioni e i ricordi che erano legati al suo amico drago.
Anche Ruby cominciò a piangere, perché il ricordo della morte del padre era ancora fresco nella sua memoria. E ora…ora stava per perdere un suo amico! Non era affatto giusto!
<< La guerra lo è raramente >> disse Angel, e la piccola mietitrice si rese conto di aver pensato quelle parole ad alta voce.
Infine, il rosso fece un profondo respiro e aggiunse: << Va bene. >>
Tutti nella stanza rimasero in silenzio. La scelta fatta da Angel era forse una delle più dure a cui avessero mai assistito.
Il drago annuì e spostò lo sguardo verso il Dottore e i Time Warriors. << So che non sarà una passeggiata…ma vi chiedo di tenerlo d’occhio. Può essere un ragazzo molto avventato. >>
Il Signore del tempo annuì cupo.
<< Io…te lo prometto >> sussurrò << Avrò cura di lui. >>
Fire grugnì in accordo. << Come tutti noi. >>
<< Nessuno sarà lasciato indietro >> aggiunse James, il volto contratto da un cipiglio scontento.
Blue si lasciò scappare un ultimo sorriso.
<< In questo caso…è stato un onore combattere con tutti voi >> disse dolcemente.
 Tornò a fissare il suo protetto.
 << È tempo di salutarci, Angel. Fa del tuo meglio…e mi raccomando, non diventare uno spirito troppo presto >> aggiunse scherzosamente, prima di porgergli una zampa.
<< Ci proverò >> gli rispose il rosso , mentre glie la stringeva con un sorriso acquoso << Grazie di tutto Blue…no…Baal Lumien Ustar Elair Stella brillante dell’Est. >>
<< No, Angel…grazie a te >> disse il drago, allontanandosi di un passo.
Infine, evaporò come nebbia al vento, sparendo alla vista di tutti.
Era fatta. Il pagamento di pari valore era stato eseguito.
Angel non lo percepiva più. Il suo legame col suo amico drago era stato sciolto.
Strinse forte il pugno al petto, cercando di darsi forza. Non poteva lasciarsi dominare dallo sconforto…non ora che erano ad un passo dallo scoprire la verità.
Il Dottore e gli altri Time Warriors lo fissarono seri.
Tutti loro avevano perso qualcuno durante la loro vita, quindi potevano per comprendere il dolore che stava provando il rosso. Rimasero in silenzio, fino a quando non fu lui a voltarsi verso di loro e a mostrare un debole sorriso.
<< Starò bene >> borbottò.
Tutti annuirono e lo fecero sedere, prima di concentrarsi su Yuko.
Ichihara chiuse gli occhi, tirando un’altra boccata dalla sua pipa.
<< Il pagamento è stato eseguito. Mi spiace Angel ma era inevitabile. >>
<< Lo so…e non vi porto rancore >> la rassicurò il rosso.
La mora annuì sollevata.
 << Bene. Ora posso rispondere alla domanda >> disse con voce molto più seria del normale << Mettetevi comodi…e lasciate che vi racconti una storia.  >>
 
                                                                                                                         * * *


Sorgeva un nuovo giorno sulla città di Washington.
I raggi del sole ne illuminarono le pallide superfici, proiettando lampi gialli sull’enorme torre al centro della metropoli. Era proprio lì, all’interno di quell’edificio fatiscente, che il Maestro passava la maggior parte delle sue giornate a contemplare i domini di Battleground e i suoi innumerevoli abitanti, con la stessa precisione con cui uno scienziato osserva con attenzione metodica le innumerevoli creature che nuotano in una goccia d’acqua.
Al momento, il Signore del Tempo si trovava alla propria scrivania, con le mani impegnate a pigiare selvaggiamente sui pulsanti di una vecchia macchina da scrivere.
Una scena del genere avrebbe probabilmente fatto inarcare parecchie sopracciglia! Perché proprio il Maestro, Padrone e Signore dell’Universo, aveva scelto di utilizzare un marchingegno così arcaico, quando la sua tecnologia era capace di cambiare il corso stesso di centinaia di razze?
All’improvviso sì fermo, sollevò la testa e…
<< Oh…salve! Sì, sto parlando proprio con te. Sì, proprio tu, con gli occhi spalancati e lo sguardo corrucciato. O forse sarebbe meglio dire con VOI, visto che sono in molti a seguire questa storia.
Immagino che vi sentiate un po’ perplessi…confusi…magari anche un po’ intontiti. Ma non preoccupatevi! Ho solo preso temporaneamente il controllo di questa narrazione. Uno dei vantaggi dell’onnipotenza, niente di troppo esagerato
Vi starete chiedendo perché l’abbia fatto. Beh…diciamo solo che voglio accompagnarvi in un breve viaggio a ritroso nella storia. Sul serio, non chiudete lo schermo, vi assicuro che sarà divertente! Chiamatela un’esperienza interattiva con il vostro conquistatore genocida preferito.
Ma prima di cominciare, prima di farvi compiere i vostri primissimi viaggi sulla ruota del passato, vorrei cominciare col porvi una semplice domanda: cos’è che fa funzionare una storia?
È forse la trama? I personaggi? Il testo? Il sottotesto?
E COSA o CHI da significato alla trama? Forse lo scrittore? Oppure…siete proprio voi, miei cari lettori?
Dopotutto, sono in molti a credere un racconto è valido solo fino a quando viene ritenuto valido dalla società in cui è inserito…oppure no?
Queste sono tutte ottime domande…e per aiutarvi a decidere la risposta, ho intenzione di raccontarvi una piccola storia. Per amor di prosa, la chiamerò semplicemente “La Nascita di Battleground”.
Che dite, ho già suscitato il vostro interesse? Spero di sì, visto che ci sono voluti 36 capitoli per arrivarci!
Ma ora basta perderci in chiacchiere, sto diventando prolisso.
Aprite bene gli occhi, spegnete i cellulari…e lasciatevi guidare fino al principio della nostra odissea.
C’era una volta…il Nulla. Il vuoto. L’oscurità. Una cupa desolazione che inghiottiva ogni aspetto di quella che un tempo era la Non-Creazione. Il Prima.
Prima di cosa? Vi chiederete. Beh…Prima di TUTTO. Dello spazio, delle stelle, dei pianeti, delle galassie, delle persone e della serie Squid Game…c’era solo uno spazio nero e senza fine. E in quello spazio nero e senza fine…c’erano mostri.
Ma poi…POOF! Venne la Luce! Ta-da!
Nessuno sa davvero come accadde o perché. Un attimo prima era buio, e un attimo dopo non lo era più. Semplice, no?
Sul serio, vi consiglio di non perderci troppo tempo sopra, potrebbe friggervi il cervello. Vediamo…pensate cosa succederebbe se i minuscoli microrganismi che vivono nelle vostre stanze cercassero di capire cosa diavolo succede ogni qualvolta spingete un interruttore dopo esservi svegliati. Sì, ecco…in linea di principio, sareste più o meno nella stessa situazione, quindi direi di sorvolare sull’argomento.
Ora, dov’eravamo…ah, giusto! La luce! Lo spettro dei colori nella sua interezza che squarciò le tenebre del Nulla.
E in mezzo a quella luce…vi era LUI. Il LUI! Il grande capo, il big boss in persona…il Supremo. Così pieno di idee, di ambizioni…e un intero spazio vuoto su cui poter sperimentare.
Oh, e naturalmente la sua “non poi altrettanto simpatica” banda di figli problematici. Io e molti altri li chiamiamo semplicemente i Beyonders, e a quanto pare sono i responsabili di tutto il casino che sta succedendo al momento, ma ci arriveremo più tardi.
Dunque, LUI, armato di pennello cosmico e tanti nuovi propositi, vide il Nulla e decise che era…noioso. E così cominciò a CREARE.
Creò le stelle, le galassie, i pianeti…insomma, creò l’universo.
Naturalmente questo non fece per nulla piacere ai precedenti occupanti del Prima. Esseri orrendi, impossibili da descrivere, creature che fino a quel momento – anche se il tempo non esisteva ancora – avevano vissuto nella più totale assenza di luce, in pace, lontani dal caos strisciante del Dopo.
E gli abitanti del Prima avevano i denti…e così diedero battaglia ai loro nuovi vicini per riguadagnare ciò era stato perso: la Pace.
Ma LUI si rivelò un avversario molto più ostico del previsto, e li confinò tutti in uno spazio al di là del creato: il cosiddetto Macroverso, dove queste bestie cosmiche attendono ancora il giorno in cui potranno liberarsi e fare scempio dell’esistenza stessa.
Dopo la guerra, anche i Beyonders decisero di darsi al giardinaggio. Prendendo ispirazione dal padre – e con la sua benedizione – assunsero le redini dell’unico universo e cominciarono a crearne altri. MOLTI altri! Così tanti che ad un essere umano non basterebbero un milione di vite per poterli contare tutti.
LUI vide tutto questo, e così decise di riposare e fare la guardia al Macroverso, in modo da permettere ai suoi figli di esprimere la loro arte.
Quando ebbero finito, però, i Beyonders si rivelarono ben presto per il tipo di entità che erano davvero: ovvero una banda di pigroni che avrebbero preferito spendere tutti il loro patrimonio in tate, piuttosto che doversi occupare dei loro figli.
E questo fu proprio quello che fecero! Crearono una cazzo di Tata! Qualcuno che potesse occuparsi più attivamente dei loro nuovi universi, mentre loro si sarebbero goduti in santa pace le esilaranti avventure (e disavventure) dei loro abitanti.
Questa entità non aveva un vero nome. Poteva prendere qualunque forma, e in quanto a potere puro sarebbe stata capace di affrontare i suoi stessi creatori.
Tuttavia, era stata realizzata con una clausola di “non-ribellione”, e infatti non sarebbe mai stata in grado di rifiutare un ordine diretto dei suoi padroni. Fu così che cominciò a viaggiare per il Multiverso, intervenendo quando necessario, finchè un giorno decise di assumere una propria identità.
Credeteci o no, ma scelse di prendere la forma di una giovane studentessa del Giappone terrestre di nome Najimi Ajimu.
Non so davvero perché assunse l’aspetto di una di voi scimmie senza peli, e francamente non mi interessa. Forse era diventata una fan degli anime? La cosa non ha alcuna importanza, nel grande schema delle cose. Ciò che conta davvero…fu quello che accadde dopo.
Passarono diversi eoni, e la piccola – o vecchia, a seconda delle circostanze – Ajimu cominciò a sentirsi incredibilmente sola. Tutto questo lavoro le stava facendo venire il mal di testa! Aveva bisogno di aiuto, di uscire, di scatenarsi un po’…sapete come sono i ragazzi, giusto?
E così le venne un’idea! Pensò “potrei reclutare individui dai vari universi capaci di aiutarmi!”. Dei Guardiani che si occupassero di proteggere proprio quelle innumerevoli realtà di cui si era sempre occupata in solitaria.
Creò i “Guardiani del Calak’ants”. Un gruppo di intrepidi eroi composto da guerrieri di ogni tipo, alieni di ogni pianeta, galassia o universo esistente!
Tra di loro, Najimi conobbe anche un giovane di nome Angel Arthur Hikaru.
Il nome vi sembra familiare? DIN DIN DIN! Ovvio che lo è! Perché sto parlando proprio dello stesso Angel di cui avete letto fin’ora. L’ultimo soleano blu…il nemico giurato di Vorkye Blodbless, e tanti altri titoli che al momento non ho né il tempo né la voglia di ripetere.
Dunque, ricapitoliamo: entità crea gruppo di supereroi. Entità incontra ragazzo. Entità si innamora del suddetto ragazzo…e vissero tutti felici e contenti.
AH AH AH AH AH AH AH! Sì…vi piacerebbe, vero? Sarebbe il finale perfetto per una storia romantica in pieno stile Disney. E invece no!
La pace – relativa – del Multiverso venne scossa da qualcosa. I Beyonders…avevano cominciato ad ANNOIARSI.
Azz…la noia è davvero una brutta bestia. Può distruggerti la mente…e farti fare cose molto impulsive.
Credetemi, io lo so bene! Una volta ho decimato un’intera civiltà semplicemente perché ero annoiato. Solo troppo tardi mi ricordai che la suddetta civiltà era anche la maggiore produttrice del mio tipo di Pizza preferito.
Sì…fu una situazione piuttosto imbarazzante quando mi recai da uno degli ultimi venditori ancora in vita. Diciamo solo che ho ucciso anche lui, e non fatemi domande. Dico sul serio!
Comunque…dum, dum, duuuuuuuuum! Dopo innumerevoli eoni, i Beyonders si erano finalmente annoiati del Multiverso che avevano creato. Ormai lo consideravano stantio, prevedibile, una formula già vista…insomma, un susseguirsi di delusioni, un vero e proprio calo del rating settimanale!
E cosa fanno le persone, quando trovano qualcosa che li annoia? Semplice: se ne liberano.
I Beyonders erano delusi dal Multiverso, e così decisero di annientarlo con il fuoco, affinchè dalle ceneri potesse germogliare qualcosa di NUOVO. Di INASPETTATO! In poche parole, di DIVERTENTE!
Ecco cosa provocò la fine della nostra realtà: la semplice ricerca del divertimento! Non lo trovate anche voi incredibilmente ironico? A questo punto, mi chiedo se sono sempre stato il pazzo del mio mondo.
Visto come si sono comportati i nostri dèi, forse ero l’unico davvero in linea con ciò che avevano creato! Aaaaaaah, è così bello avere ragione.
Quindi, per riassumere, i Beyonders avevano deciso di trasformare il loro bel Multiverso in una replica cosmica di Apocalypse Now senza censura.
E naturalmente la cosa non fece per nulla piacere alla nostra Najimi! Nossignore! Non ora che aveva finalmente scoperto il vero amore! Ah…l’amoure…un sentimento davvero meraviglioso.
Sul serio, come farebbero gli universi ad andare avanti senza l’amore? Niente, in tutta la storia dell’esistenza, ha ucciso più di questa semplice parola.
Ma in questo caso…l’amore si sarebbe rivelata l’unica ancora di salvezza per un Multiverso allo sbando.
Ajimu chiese udienza ai Beyonders e provò a dissuaderli dall’attuare il loro piano. Naturalmente questi le risero in faccia, e non solo! Per essere sicuri che non avrebbe cercato qualcuno capace di contrastare i loro piani, la confinarono in un inverso tasca e le impedirono di attraversare le barriere che separavano tutte le dimensioni della creazione.
La piccola entità era disperata. Ora il suo caro Angel e tutti i legami che era riuscita a costruire sarebbero stati spazzati via come se niente fosse!
Oppure no?
Poteva esistere qualcosa che i suoi padroni non avevano preso in considerazione? Forse un individuo che non apparteneva ad alcun universo? Qualcuno…che possedeva le qualità necessarie per aiutarla?
Con quel pensiero in mente, Najimi espanse la sua coscienza fino ai quattro angoli del Multiverso, e anche oltre. E alla fine…trovò effettivamente qualcosa. O meglio…QUALCUNO. Un’anima persa, sola, intrappolata nel vuoto tra le varie dimensioni, ciò che si trovava in mezzo agli universi. L’unico altro posto in tutto il creato a cui Ajimu poteva accedere senza disobbedire all’ordine dei Beyonders.
Ma come ci era finita quella persona in un posto del genere?
Per potervelo spiegare, sarà necessario fare qualche altro piccolo salto a ritroso nel tempo.
In uno dei milioni di universi della creazione – così come in molti altri – sorgeva il pianeta Gallyfrey, il primo mondo abitabile del cosmo.
Aaaaah, Gallifrey…da molti definito il pianeta perfetto. Oh, perfetto da guardare, forse! E lo era, era meraviglioso!
Lo chiamavano "il Mondo Splendente dei Sette Sistemi". E sul continente dell'Impegno Selvaggio, sulle montagne del Sollievo e della Solitudine, lì si ergeva la Cittadella dei Signori del Tempo; la più vecchia e potente razza dell'universo... che vegliava sulle galassie sottostanti, giurando di non interferire mai... solo di guardare.
I bambini di Gallifrey venivano presi a otto anni per entrare nell'Accademia... e fu proprio lì che cominciò la mia storia.
Fu allora che io, il Maestro, vidi l'eternità.
Da novizio fui portato all'iniziazione: ero davanti allo Scisma Incontrollato, un'apertura nel tessuto della realtà attraverso la quale si può vedere l'intero Vortice del Tempo.
E io lo vidi. A otto anni dovetti stare a guardare la potenza del tempo e dello spazio... e lasciate che ve lo dica: fu DAVVERO dura.
Alcuni Signori del Tempo ne restavano ispirati…altri scappavano via... e altri ancora impazzivano. Indovinate in quale categoria rientro! Lì, in mezzo alla vastità dell’esistenza, ecco che udì il suono dei tamburi che mi chiamavano alla guerra…alla violenza…alla MORTE! E morte portai, su innumerevoli sistemi stellari.
Solo una persona si fece avanti per fermarmi. Il mio unico amico all’Accademia, e compagno d’armi…il Dottore. Quel maledetto DOTTORE! L’unica altra persona in tutta la creazione capace di eguagliare il mio smisurato intelletto.
Ci demmo battaglia in tutto il cosmo, ma specialmente sul suo pianeta preferito: la Terra. E fu anche lì che avvenne la nostra ultima battaglia.
Fu il giorno in cui venni intrappolato nel Vuoto, lo spazio tra le dimensioni. Solo, abbandonato…costretto a vagare per l’eternità nell’infinito nulla cosmico, senza il bisogno di dover mangiare o dormire o bere…senza la possibilità di morire e invecchiare.
E vi rimasi per molti anni, perduto, sconfitto…vendicativo. Fino a quando non accadde qualcosa che avrebbe cambiato la mia vita – e quella di tutti gli abitanti del Multiverso – per SEMPRE.
Ma forse questo è meglio che ve lo mostro. Cambio di scena!
E godetevi un bel…

Flashback

Niajimi Ajimu – studentessa part-time ed entità cosmica il resto del tempo – si materializzò con un lampo di luce nell’infinità vastità di uno spazio nero.
Quel luogo non conteneva niente. Né colori, né aria, né sapori…nemmeno il passare dei secondi, dei minuti, delle ore o dei giorni aveva alcun significato.
Era semplicemente il Vuoto, ciò che restava di un’esistenza ormai dimenticata, prima della creazione stessa. Quello era lo spazio tra gli universi, un autostrada invisibile agli occhi mortali, situata al confine di ogni dimensione.
Ed era lì che la ragazza avrebbe incontrato l’ultima salvezza rimasta per il Multiverso.
<< Beh, questa sì che è nuova >> commentò una voce gracchiante alle sue spalle.
Najimi non aveva bisogno di voltarsi per sapere chi fosse. Aveva già udito quella cadenza molte volte, quando aveva guardato in lungo e in largo nella vastità del cosmo, alla ricerca della persona giusta.
In altre circostanze, non avrebbe manco voluto riconoscere la sua presenza…ma vista la situazione, aveva poca scelta in materia. LUI le serviva.
E poco importava tutta la morte e la devastazione che le sue varianti avevano causato nelle innumerevoli dimensioni del cosmo. Ormai, simili piccolezze non avevano più posto nei suoi processi decisionali.
Di fronte all’evento catastrofico che era lo Scisma…ogni crimine di questa persona aveva come perso di significato.
La ragazza si voltò con una piroetta, il volto contratto da un allegro sorriso.
I suoi occhi rosso sangue incontrarono quelli castani di un uomo esile e biondo, vestito con una tuta da ginnastica nera. All’apparenza sarebbe potuto quasi passare per un senzatetto…ma Najimu non era certo una persona normale. Lei aveva visto MOLTE cose, ecco perché riuscì a intravedere qualcosa di oscuro nelle pupille di quella persona. Una malvagità infida e spietata, metodica…intrisa di una follia che avrebbe fatto accapponare la pelle della maggior parte dei mortali.
QUELLI erano gli occhi di un mostro. Gli occhi di una persona che con le sue stesse mani aveva commesso crimini e atrocità di ogni genere! Miliardi erano coloro che avevano perso la vita per colpa sua…e altrettanti avevano sofferto a causa delle sue azioni.
Quelli erano gli occhi…del Maestro. Il Signore del Tempo rinnegato, e una delle dieci calamità multiversali più pericolose e famigerate.
L’uomo inclinò la testa e la scrutò rapidamente da capo a piedi con un cipiglio contemplativo. Poi, anche le sue labbra si arricciarono in un sorriso giocoso.
<< Perdona il disordine >> disse mentre indicava una poltrona e un letto sfatto poco distanti da lui << Non sono davvero abituato a ricevere visite! Non che lo fossi prima di finire in questo posto. >>
Najimi abbassò lo sguardo e vide che c’erano anche numerosi libri sparsi per terra. Un fatto che trovò subito abbastanza strano, visto che il vuoto tra gli universi poteva contenere solo ciò che ci finiva dentro.
Come ci erano arrivati degli oggetti tanto comuni in un posto come questo?
Prima che potesse rifletterci ulteriormente, scoprì che il Maestro aveva superato la distanza che li separava e ora si trovava a soli un paio di passi da lei.
<< Scusa la domanda indiscreta…ma sei reale? Oppure ti ho creata con… >>
Si toccò la testa e la ragazza intuì subito a cosa si riferissi. Pensava che fosse un prodotto della sua immaginazione.
<< Posso assicurarti che sono molto reale >> rispose con quel suo sorriso accomodante.
Il Maestro chiuse gli occhi e annuì contemplativo.
<< Ah…buona a sapersi >> borbottò…prima di far scattare una mano in avanti per afferrarla.
Najimi si limitò a teletrasportarsi dietro di lui, senza mai perdere la propria espressione. Poi, gli diede un pizzicotto alla schiena, facendolo sobbalzare.
<< Scusa, scusa!>> disse il Signore del Tempo, sollevando ambe le mani << Io…ugh, è passato così tanto tempo da quando ho ucciso qualcuno e…eh, a volte è difficile controllarsi, sai com’è? >>
<< In un certo senso >> ammise Najimi, anche se le loro dipendenze erano di natura assai diversa << Io non posso fare a meno di intromettermi. Mi piace sempre infilare le mani in faccende che normalmente non dovrebbero riguardarmi >>
Cominciò a muovere le dita e il sorriso del Maestro sembrò allargarsi.
<< Ah, una donna secondo i miei cuori >> commentò, portandosi una mano al petto.
Najimi ridacchiò e sollevò un dito con fare ammonitorio. << Attento, signore. Definire donna una semplice studentessa delle medie potrebbe farle venire l’idea sbagliata! >>
Il Signore del Tempo rimase in silenzio e si limitò a fissarla per quasi un minuto buono. All’improvviso, il suo sguardo si fece molto più affilato.
<< Ma tu non sei una semplice studentessa delle medie…o sbaglio? >> chiese con un certo sottofondo di fascino nelle sue parole.
L’entità travestita da ragazza inclinò la testa. << Cosa te lo fa dire… >>
Sentì qualcosa di umido toccarle la guancia.
Najimi sbattè le palpebre.
<< Eh? >> borbottò, mentre si portava una mano al viso. L’aveva…l’aveva appena leccata?
Tornò a fissare il Maestro e vide che stava aprendo e richiudendo al bocca come un bambino che assaggia qualcosa di nuovo per la prima volta.
<< Uhmmmm…sì, questo retrogusto di nebulosa è inconfondibile >> borbottò l’uomo << Non ho incontrato molte entità cosmiche durante i miei viaggi, ma so riconoscerne una quando la vedo. >>
Najimi dovette fare appello a tutto l’autocontrollo che aveva in corpo per non ridurlo all’istante in una montagnetta di ceneri fumanti.
Come si permetteva di fare qualcosa di così osceno ad una studentessa?! Certo, non era davvero una studentessa…ma era comunque un comportamento indecente per un uomo della sua età!
“Tecnicamente sei molto più grande di lui” sghignazzò una voce nella sua testa, e Najimi procedette rapidamente a silenziarla.
Nel frattempo, il Maestro si era avvicinato a lei ancora una volta.
<< Permetti? >> chiese con ambe le mani che sostavano pericolosamente vicine alle sue tempie.
L’entità strinse gli occhi. Sapeva cosa il Signore del Tempo le stesse chiedendo di fare: voleva scrutare all’interno della sua mente. Voleva vedere di persona ciò che si celava al di là di questo costrutto di carne e sangue. Voleva…vedere la sua vera forma.
Najimi acconsentì con un cenno del capo. In questa situazione, non poteva permettersi di fare la schizzinosa.
Il Maestro ghignò e posò le dita sulla testa della ragazza. Poi chiuse gli occhi…e si tirò indietro quasi subito, come se fosse stato bruciato.
<< Wow >> sussurrò, mentre ora fissava la ragazza sotto una luce completamente nuova << Tu sei…un vero spettacolo. >>
E per quanto potesse sembrare un’affermazione strana, Najimi era sicura che il Signore del Tempo intendesse ogni parola.
La stava guardando come un bambino che aveva appena ricevuto il suo primo regalo di compleanno da anni. Francamente, era abbastanza inquietante, anche per una come lei.
C’era solo…qualcosa nelle pupille dell’uomo che la rendeva molto cauta. Malgrado tutto il suo potere, non poteva abbassare la propria guardia neanche per un istante.
<< Posso offrirti del tè? >> chiese all’improvviso il Maestro, indicando una tegliera posta sul letto << Non so quanto possa essere buono, ho imparato solo recentemente ad alterare gli atomi vaganti di questo posto per creare oggetti e alimenti. Niente di troppo eccessivo, ma ogni tanto fa bene tenersi occupati. >>
Najimi recuperò il suo sorriso accomodante e fece un elegante inchino. Se non altro, questo spiegava come fosse riuscito a portare simili oggetti nello spazio tra le dimensioni…e la cosa la riempiva di speranza.
Se era già riuscito ad arrivare ad un simile livello di manipolazione atomica – insignificante per lei, ma decisamente impressionante per un mortale – allora le probabilità che sarebbe sopravvissuto a ciò che aveva in mente erano drasticamente salite!
<< Accetterò volentieri il vostro invito >> disse con tono gioviale.
Il Maestro battè ambe le mani in un sonoro rintocco, le labbra arricciate in un sorriso ancora più estatico.
<< Meraviglioso! In questo caso, mettiti pure como…oh… >> si fermò di colpo, come se si fosse appena ricordato qualcosa di importante << Ho dimenticato di avere solo una sedia. E mi ci vorrà almeno un giorno per crearne una seconda. Che disdetta! >>
Abbassò la testa, sembrando sinceramente dispiaciuto per l’attuale situazione. Ma Najimi non era una stupida. Sapeva esattamente cosa il Maestro stesse cercando di fare: voleva vedere le sue abilità di persona.
Beh…chi era lei per negare ad un bambino curioso uno spettacolo di magia?
<< Di questo non avete di che preoccuparvi >> disse mentre agitava una mano in modo disinvolto.
Subito, una poltrona e un tavolino ricolmo di biscotti comparvero affianco a quella creata dal Maestro.
L’uomo lanciò un fischio impressionato. << Beh…quello sì che era un bel trucco magico >>
<< E non avete ancora visto niente >> ribattè l’entità con un sorriso giocoso.
Il Signore del Tempo abbaiò una ridata gracchiante. << Per favore, dammi pure del tu. Qualsiasi entità che potrebbe dividere la mia struttura molecolare in meno di un secondo merita almeno questo! >>
Si tirò una pacca sulla fronte.
<< A proposito, non mi sono ancora presentato! Io sono il Maestro >> disse mentre chinava leggermente la testa << Ma ho come il presentimento che tu lo sapessi già. >>
<< Mi chiamo Najimi Ajimu >> si presentò l’altra << E sì…io ti conoscevo già, Maestro. Sei...un personaggio abbastanza famigerato. >>
Il Signore del Tempo fece finta di asciugarsi una lacrima invisibile. << È sempre bello poterne avere la conferma da una fonte affidabile. Ma dimmi, perché sei venuta fin qui per vedermi? >>
“Ecco” pensò la studentessa “ Il momento della verità”.
La sua espressione si fece improvvisamente seria e prese un respiro profondo.
<< Perché…ho bisogno del tuo aiuto >> rivelò con tono pratico.
Il Maestro sbattè le palpebre e rimase in silenziò per almeno una decina di secondi. Poi…scoppiò a ridere, suscitando un cipiglio scontento da parte dell’entità.
<< Scusa, è stato più forte di me >> disse l’uomo, dopo aver notato il modo in cui lo stava guardando << Ti prego, perdona le mie pessime maniere. Continua pure. >>
Najimi sospirò stancamente.
In effetti, si sarebbe dovuta aspettare una reazione del genere. In fondo, dubitava che a qualcuno sano di mente sarebbe mai passato per la testa di chiedere assistenza ad un simile pazzo.
Ma lei non si era mai esattamente definita una con la testa a posto. Inoltre…le circostanze non le avevano lasciato altra scelta.
Il Signore del Tempo era rimasta la sua unica speranza per salvare coloro che amava.
<< Il Multiverso sta per essere colpito da un terribile cataclisma >> continuò concisa << Un Cataclisma così devastante che farà sembrare la Guerra del Tempo una bisticciata tra bambini. Un Cataclisma…che annienterà le fondamenta stesse della realtà, riducendo la creazione ad una tabula rasa. >>
Anche l’espressione sul volto del Maestro si fece improvvisamente seria.
<< Questo Cataclisma ha un nome? >> domandò curioso.
Najimi annuì cupamente. << I suoi creatori lo chiamano “Lo Scisma”. Ed io…ho bisogno del tuo aiuto per fermarlo. >>
Il Signore del Tempo rimase in silenzio e si limitò a fissarla, mentre cercava di capire se stesse dicendo o meno la verità.
Quando non intravide tracce di inganno, agitò la mano destra.
<< Raccontami la tua storia >> gli offrì con un sorriso più gentile.
E così fece. Gli raccontò della nascita del creato, di come i Beyonders avevano scelto di generarla per proteggere i loro giardini, degli innumerevoli eoini che aveva speso a perseguire questo compito senza mai ribellarsi…e di come i suoi padroni aveva alla fine deciso di cancellare tutto quello che avevano realizzato, poiché deluso dal risultato.
Il Maestro ronzò contemplativo e si portò una mano al mento.
<< Beh, è stata sicuramente una storia molto interessante… >> ammise << ma non vedo come potrei esserti di alcun aiuto. Per quanto mi dia fastidio ammetterlo, le entità multiversali sono, come dire…un po’ fuori dalla mia portata. >>
<< Per ora >> confermò Najimi << Ma io potrei darti i mezzi per affrontarli. O, almeno, per contrastare il loro operato. >>
<< Oh? >> borbottò il Signore del Tempo, con uno strano luccichio negli occhi << E in che modo potresti farlo? >>
L’entità travestita da ragazza prese un altro lungo respiro.
<< Offrendoti una buona parte dei miei poteri >> rispose impassibile.
Lo sguardo di sorpresa sul volto del Maestro avrebbe potuto rivaleggiare con quello di un uomo delle caverne che osserva le fiamme di un fuoco per la prima volta.
Quell’espressione mutò rapidamente in un sorriso tutto denti.
<< Signorina…avevi la mia curiosità. Ma ora? Hai la mia più completa attenzione! >> esclamò gioviale, mentre si porgeva in avanti come un bambino eccitato << Dimmi di più. >>
Najimi cercò di nascondere un cipiglio e continuò dicendo: << Non possiamo fermare lo Scisma…ma possiamo provare ad arginarlo. O meglio, TU potresti farlo, una volta ottenuti i miei poteri. Non saresti soggetto al volere dei Beyonders, avresti campo libero! Potresti creare una dimensione separata da questo Multiverso…una specie di Arca in cui poter radunare il maggior numero possibile di persone, razze e pianeti. L’ultimo baluardo per sfuggire alla distruzione cosmica. >>
Quando ebbe terminato, lo sguardo del Maestro era passato da curioso a diffidente. Questa ragazza gli stava praticamente offrendo un illimitato potere cosmico…e per cosa? Salvare il Multiverso?
Come poteva pensare che fosse l’individuo adatto per un simile compito? Doveva esserci qualche trucchetto nascosto.
<< Perché io? >> domandò sospettoso << Sono sicuro che nel Multiverso ci sono individui molto più adatti di me a cui potresti offrire un potere simile. Non per guardare a caval donato in bocca, ma…non sono mai stato esattamente la prima scelta di nessuno, quando si tratta di salvare qualcosa. Sai com’è…essendo un megalomane omicida e tutto il resto! Non è mai una buona referenza da scrivere in un curriculum, può davvero causarti un sacco di problemi. >>
Najimi sospirò stancamente una seconda volta.
<< Perché sei l’ultima scelta che mi rimane >> ammise a malincuore << Sei l’unico Signore del Tempo che potevo raggiungere, dopo che i miei padroni mi hanno impedito di accedere alle altre dimensioni…e sei anche l’unico rimasto ad aver testimoniato di persona il Vortice del Tempo nella sua interezza. Hai visto le fondamenta della Creazione e la tua mente è rimasta intattata…per lo più. Solo tu potresti sopportare la consapevolezza cosmica derivante dai miei poteri.  >>
<< Così si va sul personale >> borbottò, senza metterci troppo impegno. Dopotutto, era perfettamente consapevole di essere pazzo!
E se questa ragazza voleva davvero offrirgli un potere abbastanza grande da poter manipolare lo spazio e il tempo nella loro interezza…beh…chi era lui per rifiutare un biglietto della lotteria?
<< Molto bene! >> esclamò, balzando in piedi << Accetterò di aiutarti…ma avrò bisogno di alcune garanzie. >>
Najimu strinse gli occhi.
<< Pensi davvero di essere nella posizione di chiedere qualcosa? >> domandò pericolosamente << Se lo Scisma dovesse completare la sua opera di distruzione, anche tu verresti cancellato dalla faccia dell’esistenza. >>
<< Non mi importa >> ribattè il Maestro, sorprendendo l’entità << L’aver passato così tanto tempo in questa prigione mi ha fatto capire che al mondo esistono destini di gran lunga peggiori della Morte. L’idea di andare al creatore non suona più così male…specialmente se morendo finirei con il condannare la creazione stessa. >>
Alzò lo sguardo in direzione di una volta invisibile. << Immagina i titoli per i posteri! Il Maestro: distruttore del Multiverso! Suona bene, non pensi anche tu? >>
Diede alla ragazza un sorriso condiscendente…e questa capì subito che non stava affatto mentendo. Avrebbe tranquillamente condannato l’esistenza stessa solo per farle un dispetto! Era bloccata tra l’incudine e il martello.
<< Quindi vedi, mia cara entità… >> riprese l’uomo << io non temo più la morte. E sono disposto a morire per i miei piccoli capricci! Sono fatto così. >>
Najimi strinse i denti. Non si era mai sentita così impotente come in quel momento!
Anche dopo tutto ciò che aveva visto…anche dopo tutto ciò che aveva fatto…e nonostante TUTTO il suo potere…non aveva altra scelta che sottostare alle richieste di un folle. Un mortale che aveva votato la propria anima al caos e alla distruzione!
Eh…quanto i potenti erano caduti.
<< Nomina le tue condizioni >> sussurrò con uno sguardo spento.
Il Maestro sollevò un dito.
<< Primo! >> ghignò << Una volta che mi avrai dato una parte dei tuoi poteri…non potrai più riprenderteli. >>
<< Concessa >> borbottò l’entità, perché in fondo si era aspetta fin da subito una simile richiesta.
<< Secondo! >> continuò l’alieno, sollevando un altro dito << Non dovrai mai interferire con i miei piani. Una volta ottenuti i tuoi poteri, mi lascerai gestire questa faccenda dello Scisma come meglio credo. Avrò un Green Pass gratuito per fare quello che voglio! >>
Najimu corrucciò il volto in un cipiglio contemplativo.
<< Concessa >> rispose lentamente << Ma in cambio di quest’ultima, anche tu dovrai sottostare ad una garanzia. >>
<< Ovvero? >> chiese il Maestro, con una leggera inclinazione della testa.
L’entità deglutì silenziosamente. << Salverai una persona specifica dallo Scisma. E una volta che lo avrai salvato…non potrai mai fare niente per ferirlo. >>
Il sorriso del Maestro si fece molto più consapevole.
<< Ah…ora siamo arrivati alla vera ragione per cui hai chiesto il mio aiuto >> ridacchiò << Questa persona dev’essere davvero molto importante per te, se sei disposta ad offrire i tuoi poteri a qualcuno come me. >>
<< Accetti? >> ringhiò Najimi, cercando di trattenere un rossore imbarazzato.
Il Signore del Tempo chiuse gli occhi e cominciò a picchiettare il tallone destro.
<< Uhmmmmmmmm…Molto bene >> cedette con un sospiro esagerato << MA vorrei aggiungere un ulteriore clausola. Non farò del male a questa persona…SE – e solo se – rimarrà fuori dai miei affari. >>
La ragazza rimase in silenzio per qualche secondo.
<< …Concessa >> disse infine, suonando più stanca di quanto avrebbe voluto.
Il Maestro fece un salto in aria.
<< Allora hai un accordo >> disse con una scrollata di spalle << Ora che dobbiamo fare? Una stretta di mano o… >>
Non ebbe la possibilità di finire la frase.
Le mani di Najimi scattarono in avanti e gli avvolsero la testa.
Per meno di un secondo non accadde niente. Poi, il Maestro cominciò ad urlare, mentre una luce abbagliante avvolse il corpo dell’entità.
Viticci e bagliori si avvinghiarono a quello del Signore del Tempo…e gli occhi dell’uomo iniziarono a cambiare.
Da castani divennero di un giallo accecante, come se avessero appena preso fuoco.
Il Maestro vide ancora una volta l’eternità…la nascita del cosmo, degli universi e delle innumerevoli creature che li abitavano.
Tempo, spazio…non avevano più un andamento lineare. Ora formavano un prisma di infinite possibilità! E lui poteva vedere TUTTO.
Si tirò indietro con un balzo.
<< Wow >> sussurrò, gli occhi spalancati come piatti << Ora vedo…OGNI cosa. Ci sono altri universi oltre al mio! Molti, moltissimi universi che hanno bisogno di…ME! >>
E per la prima volta da quando si erano incontrati, Najimi si sentì attraversare da un brivido di disagio.
Il Signore del Tempo scoppiò in una fragorosa risata che sembrò risuonare in ogni angolo della creazione.
<< Oh, Dottore >> disse con un ghigno tutto denti << Caro il mio Dottore! Questa sarà davvero un’esperienza indimenticabile! >>
Scoppiò a ridere una seconda volta, poi si fermò di colpo e incontrò ancora una volta gli occhi dell’entità.
<< Sai cosa sto per fare >> disse con tono di fatto, come se stesse pronunciando una semplice affermazione.
Najimi annuì sconsolata.
<< Sì. Io…ora posso vederlo >> borbottò, senza mai distogliere lo sguardo da quello dell’uomo. Non gli avrebbe dato la soddisfazione di scorgere il suo rimpianto.
Il Maestro inclinò la testa di lato. << Hai intenzione di fermarmi? >>
<< Abbiamo fatto un accordo >> fu tutto quello che disse.
Il sorriso sul volto del Signore del Tempo si fece più predatorio.
<< Sì, lo abbiamo >> sussurrò << E ora capisco anche perché tu mi abbia fatto promettere di non ferire il tuo toy-boy. Potrebbe rivelarsi un’effettiva minaccia per i miei piani… >>
Najimi si irrigidì a quelle parole.
Naturalmente avevano fatto un accordo, ma non le piaceva affatto lo sguardo che avevano assunto gli occhi del Signore del Tempo. Lo aveva osservato abbastanza a lungo da sapere quando la sua mente stava macchinando qualcosa di sinistro e spiacevole.
<< Bene, non c’è tempo da perdere! >> disse l’alieno, mentre batteva le mani una seconda volta << Lo Scisma si avvicina…e avrò bisogno di una mano per gestire le cose. Vediamo un po’… >>
Chiuse gli occhi…e fu allora che la mente del Maestro cominciò a viaggiare. LETTERALMENTE viaggiare!
Attraverso il tempo e lo spazio, lo sguardo del Signore del Tempo si posò su un’infinità di individui inconsapevoli e altrettante dimensioni.
Stava cercando qualcosa…no…qualcuno. Qualcuno che potesse aiutarlo per ciò che aveva in mente. Un braccio destro…il suo San Pietro, un guardiano per le porte del Paradiso che aveva intenzione di creare.
E il tutto durò solo pochi secondi, o forse no, perché il tempo in quel luogo non esisteva.
<< No…no…no…uhmmmmm….QUESTO ragazzo sembra divertente…vediamo un po’ più da vicino >> borbottò a se stesso, mentre superava i confini di quella dimensione << Sì…ha già esperienza nella gestione degli Imperi…e le cose che ha fatto….uuuuuuuh, niente male per una scimmia senza peli! È proprio il mio genere di psicopatico. Ma avrò bisogno della variante adatta… >>
La mente dell’uomo – che ormai non era più un uomo – cominciò a visionare altre realtà. Tutte loro avevano qualcosa in comune: un uomo imponente e vestito con un’armatura nera, in grado di utilizzare uno strano potere noto semplicemente come “La Forza” e dotato di una spada rosso sangue capace di tagliare qualunque elemento.
E la storia di questa persona…cominciava sempre su un arido pianeta ai confini della galassia. Un mondo sterile e senza legge chiamato Tatooine.
Il Maestro osservò molte di quelle dimensioni…fino a quando i suoi occhi non si posarono su un piccolo bambino che piangeva nell’angolino di una cella buia.
<< Eccoti qui >> borbottò con un sorriso << Solo…abbandonato a se stesso…così pieno di rabbia e vendetta. È perfetto! >>
Il bambino si fermò di colpo e sollevò la testa, come se si sentisse osservato. Un paio di pupille azzurre incontrarono quelle gialle del Maestro…e a quel punto il sorriso dell’uomo divenne ancora più crudele.
<< Salve, Anakin Skywalker…o preferisci Darth Vader? Io e te ci divertiremo un mondo! >> sghignazzò, mentre “agganciava” quella dimensione con la propria mente.
Fatto questo, si voltò verso Najimu. << Beh, mia cara, è stato un vero piacere conoscerti, ma ora devo proprio andare! Ardo per la fretta, c’è un intero Multiverso che mi aspetta…con, ehi, il mio nome sopra! >>
Le fece un occhiolino.
<< Ci si vede in giro >> disse mentre scompariva in un lampo di luce blu.

Fine Flashback!

Boom! E così siamo arrivati alla fine della nostra piccola storia. Ora la situazione vi è più chiara, micro celebrati?
Oh, so cosa starete pensando: ma Maestro, se avevi la possibilità di scegliere chi sarebbe sopravvissuto allo Scisma, perché hai permesso al Dottore, tuo nemico giurato, di accedere a Battleground?
Beh, miei cari e ignoranti amici…sapete come si dice in queste situazioni, no? SPOILER!
E mi sa proprio che per trovare una risposta a questa domanda dovrete aspettare ancora un po’, eh eh.
Ma nel frattempo, perché non torniamo al mio quesito iniziale, vi va?
Cos’è che fa funzionare una storia? E COSA o CHI da significato alla trama?
Beh…francamente non mi importa davvero di quello che pensate.
Ciò che è davvero importante…è quello che penso IO. E io penso, che ciò che fa davvero funzionare la storia…è il suo cattivo.
E io ho intenzione di interpretare questo ruolo alla PERFEZIONE.
Quindi tenete gli occhi aperti e fate lavorare le meningi, ragazzi…perché non avete ancora visto NIENTE!

Il Maestro chiude ;) >>
 
 




...ok, penso che siamo riusciti a riprendere il controllo. Uff, è stato strano…ma ogni tanto è bello lasciare il timone a qualcun altro.
Comunque! Ora conoscete tutta la storia…o meglio, la maggior parte. Ci sono alcune cose da chiarire.
Ad esempio, perché Angel non ha detto niente sullo Scisma? Perché il Maestro ha lasciato in vita il Doc? E perché ha deciso di salvare proprio questi mondi rispetto ai miliardi di tutto il Multiverso?
Beh, per saperlo dovrete solo continuare a leggere!
Inoltre, ci lascia il primo membro dei Time Warriors…e ci dispiace dirvelo: non sarà l’ultimo…

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Capitolo 37
*** Capitolo 33 - L'ingannatore, il tonante e la dea ***


Eccovi un nuovissimo capitolo!
Preparatevi per una bella dose di dramma emotivo e MAZZATE!



Capitolo 33 – L’ingannatore, il tonante e la dea
 

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L’immensa sagoma dello Star Destroyer “Esecutore” orbitava attorno alla Terra, un’enorme struttura cuneiforme che intimava silenziosamente a tutte le altre navi presenti di tenersi rispettosamente alla larga.
Dopo che i sensori posti attorno alla magione Royston avevano cominciato ad inviare numerosi segnali d’allarme, Darth Vader si era subito recato alla villa per confermare o meno la presenza del figlio… solo per scoprire che il ragazzo aveva già lasciato la zona, assieme al resto dei suoi compagni ribelli. Tuttavia, la successiva perlustrazione della magione non si era rivelata priva di scoperte interessanti.
Al centro del suo ponte di comando, Vader attivò il comunicatore olografico della nave. Pochi secondi dopo, l’immagine di una donna si frappose tra lui e i computer di bordo.
Era piuttosto alta, quasi quanto lo stesso Sith, e indossava un’uniforme da grand’ammiraglio personalizzata. Il suo volto, dai lineamenti piacevoli e affilati, era incorniciato da lunghi capelli azzurri che le arrivano fino alle caviglie. E azzurri erano anche i suoi occhi, un paio di zaffiri che sembravano risplendere nella tenue luce dell’ologramma.
Nel momento in cui lo vide, le labbra della donna si contrassero in un sorriso amichevole.
<< Vader… che piacevole sorpresa >> disse con voce suadente << è da molto tempo che non ci vediamo. >>
<< Grand’Ammiraglia Esdeath >> salutò il Sith, offrendole un rispettoso cenno del capo << Sono contento di vederti. Qual è la situazione su Otapa? >>
La donna scrollò le spalle in maniera disinvolta. << Il pianeta è stato pacificato giusto due giorni fa. Ci siamo concessi qualche ciclo per festeggiare la vittoria. >>
“Come previsto da uno dei membri più forti dell’Impero” pensò Vader, internamente compiaciuto.
Dopo la dipartita di Lada, era stata proprio Esdeath a prenderne il posto. La donna – gli aveva spiegato il Maestro – proveniva da un mondo in cui un uomo era riuscito ad utilizzare i resti di bestie mitiche per realizzare delle armi chiamate “teigu”, attraverso cui un essere umano normale poteva ottenere incredibili poteri.
Esdeath era stata proprio una di quelle fortunate persone a guadagnarne una, e nel corso degli anni aveva abilmente sfruttato le capacità offerte dal suo teigu per scalare rapidamente le fila imperiali, diventando la militare più potente dell’esercito dopo lo stesso Vader. Tra coloro che servivano l’Impero, forse solo Grougaloragran e la Regina Salem sarebbero stati capace di sconfiggerla. Questo la rendeva non solo una risorsa estremamente utile, ma anche un degno alleato con cui condividere il campo di battaglia.
Mentre rimuginava su questo, Esdeath gli lanciò un’occhiata timida.
<< Ci… farebbe molto piacere se tu potessi unirti a noi. Un elogio da parte del Comandante Supremo di Battleground farebbe miracoli per il morale. >>
<< Non ricordavo che tenessi tanto ai tuoi uomini >> commentò l’altro, inclinando leggermente la testa.
Esdeath gli offrì un sorriso mesto. << Forse ho solo avuto una buona influenza >> ribatté giocosamente.
Il Signore dei Sith si limitò ad alzare gli occhi sotto la maschera. Tra tutti i suoi sottoposti, la Grand’Ammiraglia era uno dei pochi abbastanza coraggioso da comportarsi con lui in un modo così informale… proprio come Lada.
<< Per quanto mi piacerebbe partecipare, temo che la mia non sia una visita di cortesia >> continuò imperturbato.
A quelle parole, l’espressione sul volto della donna passò da delusa a professionale in pochi secondi.
<< Ovviamente >> disse mentre assumeva una postura sull’attenti << In cosa posso servirti, mio signore? >>
<< Voglio che organizzi un assalto terrestre per il Regno di Dreamland >> fu la pronta risposta dell’uomo.
E per la prima volta dall’inizio di quell’incontro, gli occhi di Esdeath si spalancarono sorpresi.
<< Sei… sicuro, mio signore? >> domandò incerta << Il Regno di Dreamland è uno dei centri spaziali più importanti di tutta Battleground. Un attacco potrebbe essere dannoso per l’economia dell’intera Galassia. >>
<< Allora i suoi regnanti avrebbero dovuto pensarci meglio, prima di allearsi con la Ribellione >> ribatté freddamente il Sith.
Lo sguardo di Esdeath si fece improvvisamente analitico. Al contempo, Vader estrasse il suo com-linck da sotto il mantello.
Subito, l’ologramma della nave mercantile nota come “Falcon” prese posto tra la donna e il Signore dei Sith.
<< Questa nave è stata trovata in possesso di famigerati membri della Ribellione, tra cui lo stesso Dottore >> spiegò con la sua voce tonante << Abbiamo risalito le sue tracce bancarie fino alla fonte… e abbiamo scoperto che, fino a pochi giorni prima, era stata sotto la proprietà dello stesso King Dedede, nella sua collezione di navi private. >>
<< Potrebbe essere stata rubata >> osservò Esdeath, massaggiandosi il mento.
Vader ridacchiò attraverso il respiratore. << È la stessa scusa che quel mezzo pinguino ha usato quando l’ho contattato per discuterne. A quanto pare, il suo furto era stato denunciato pochi giorni fa. Tuttavia… >>
Spostò l’ologramma della nave e ne allargò un altro.
<< Abbiamo estratto la scatola nera del vascello, sottoponendola ad un’attenta ispezione. Le informazioni al suo interno sarebbero state cancellate da un virus programmato per distruggerle in caso di attivazione forzata… ma così non è stato, poiché il computer di bordo era stato danneggiato durante una battaglia aerea solo poche ora prima. Questo è quello che abbiamo trovato. >>
Un video cominciò a scorrere davanti agli occhi della Grand’Ammiraglia. La risoluzione non era delle migliori… ma la donna non ebbe problemi ad identificare i protagonisti della ripresa. Avrebbe potuto riconoscerli ovunque, come qualsiasi altro membro di alto rango dell’Impero. Quelli erano sicuramente Dedede, il sovrano di Dreamland… e il Dottore, l’uomo più ricercato di tutta Battleground. E da quello che poteva vedere, sembravano entrambi impegnati in una conversazione piuttosto amichevole.
Esdeath rimase in silenzio per quasi un minuto buono. Poi, le sue labbra si arricciarono in un sorriso feroce.
<< Quindi abbiamo finalmente trovato la base della Ribellione >> sussurrò, incapace di nascondere la propria eccitazione.
Vader annuì in conferma. << Io e il Maestro abbiamo sospettato a lungo che si trovasse su Remnant, ma non abbiamo mai avuto le prove per organizzare un’offensiva senza rischiare contraccolpi politici ed economici troppo pesanti. >>
Le sue lenti rosse sembrarono dardeggiare nell’oscurità.
<< Ma i privilegi di cui Dreamland poteva vantare… finiscono ORA >> sibilò freddamente.
L’ologramma di Esdeath tremò appena, e subito la donna si piegò in ginocchio.
<< Guiderò l’attacco di persona, mio Signore >> disse senza mai perdere quel suo sorriso predatorio.
Vader annuì. << Bene >> borbottò soddisfatto << Io ti raggiungerò al più presto. Lunga vita all’Impero! >>
<< Lunga vita all’Impero!>> lo imitò rapidamente l'altra, prima che il suo ologramma lasciasse il ponte di comando.
Il Signore dei Sith sorrise in modo altrettanto feroce. Sapeva di potersi fidare di Esdeath con l’attacco, ma era da molto tempo che non metteva piede a Dreamland. Non da quando… aveva ucciso una certa guerriera.
Con quel pensiero in mente, attivò il comunicatore della tuta.
<< Ammiraglio Piett, ordini alla flotta Imperiale di convergere sull’orbita di Renmant. Abbiamo trovato la base della Ribellione! >>

                                                                                                          * * *

Altrove...
 
Era un mattino di primavera e il Sole illuminava una verde collina, sulla quale si ergeva una casa piuttosto grande: era fatta interamente di legno, e il tetto, che si protendeva fino quasi al suolo, era fatto di travetti ricoperti di paglia. L'abitazione rispecchiava il tipico stile vichingo. 
L'interno era, per lo più, illuminato dai raggi del Sole e la mobilia era decisamente modesta. C'era solo il giusto per vivere, ma nonostante tutto risultava confortevole. Era abitata da tre persone, una donna e due bambini. La figura femminile, bionda e bellissima, avvolta da un candido abito bianco, era intenta a preparare il pranzo, mentre i due bambini, uno dai capelli corvini e l'altro rossiccio, stavano giocando nel piccolo salotto. 
<< Bambini, è quasi pronto, andate a lavarvi le mani >> disse lei dalla piccola cucina.
<< Di già? >> chiese il piccolo dai capelli neri << E papà? Lui non si unisce a noi? Avrà fame. >>
<< Vostro padre è andato a tagliare la legna per il fuoco, sarà qui a momenti. Su, fate i bravi, andate a lavarvi le mani, cosicché possiamo dargli un caloroso bentornato a tavola. >>
I due pargoli non fecero in tempo ad alzarsi che sentirono la maniglia della porta scricchiolare. << È papà! È già tornato! >> esclamarono all'unisono.
La donna abbozzò un dolce sorriso e si allontanò dalla cucina per andare a salutare il marito appena rincasato. Camminò delicatamente lungo il corridoio e andò alla porta insieme ai suoi figli.
<< Bentornato, amore mi-... >> si bloccò di colpo, gli occhi ridotti a due fessure << Chi sei tu? Che cosa vuoi da noi? >>

 
<< Mio signore! >>
La voce di un einherjar fece destare Loki Laufeyson, signore di Asgard, dal suo sonno. A causa dei molti impegni al quale era stato sottoposto di recente, il sovrano si era addormentato sul dorato scranno, pur mantenendo salda la presa su Gungnir nella sua mano.
Si stropicciò gli occhi con la mano libera e poi li posò sul soldato.
<< Chi ti ha dato l'autorizzazione per svegliarmi, uomo d'arme? Spero tu abbia una valida spiegazione. >>
<< Mio signore... >> rispose l'uomo, visibilmente spaventato poiché ben conscio delle punizioni del re << È da questa mattina che vostro fratello Thor e il suo giovane complice sono giunti ad Asgard in catene, come dono del Maestro, ma voi ancora non vi siete occupatO di loro. Per il momento li abbiamo solo messi nelle prigioni, ma volevamo attendere vostre istruzioni, ben sapendo quanto il destino del dio del tuono sia un vostro diritto inalienabile. >>
Loki lo guardò arcuando un sopracciglio. << Non hai tutti i torti, avete agito bene. Per il momento ti perdonerò e così farò: andrò a trovare Thor di persona. Ora congedati e torna alle tue mansioni. >>
<< Signorsì, signore! >>
Si alzò e, avvolgendosi nel suo mantello rosso, si diresse verso le prigioni di Asgard. Ogni passo era scandito da un rimbombo che si propagava per i corridoi vuoti del palazzo, come se non ci fossero altro che lui e i suoi pensieri, o per meglio dire… i fantasmi del suo passato. La presenza di Thor come prigioniero nel suo dominio riaccendeva in Loki le scintille di quei ricordi che per trent’anni aveva soppresso:
 
<< Ammira colui che sarà il signore di tutto! Non sei impressionata dalla sua grandezza, Sif? >>
<< Certo, mio amato, sto tremando tutta. >>
<< Burlati pure di me finché puoi, fratello, ma verrà il giorno… >> diceva Loki stretto nella morsa d’acciaio del tonante.
 
Per molto tempo aveva subito gli scherni del suo fratellastro e dei suoi amici, vittima di quei mormorii e di quegli insulti. Aveva sempre saputo che Asgard non era il luogo a cui apparteneva, poiché egli era uno jotun e gli Aesir non vedevano di buon occhio quelli come lui. Ma allora perché desiderare ardentemente il trono di una terra a cui sentiva di non appartenere?
<< Allora perché? >> si chiese tra sé e sé << Perché bramare ciò che ho sempre detestato? Che cos’è Loki senza Thor? >>
 
<< Non c’è nulla in tutto il Creato che possa esistere senza il suo opposto >> aveva detto l’istruttore della gioventù dei due principi di Asgard << È l’oscurità che definisce la luce. Il dolore che dà senso al piacere. L’assenza a renderci consapevoli della presenza. >>
<< Ma allora deve essere anche vero il contrario, maestro >> aveva detto Thor << Se l’oscurità definisce la luce, allora anche la luce definisce l’oscurità. >>
E Loki rimaneva là ad ascoltare il dibattito filosofico tra il maestro e il suo allievo. Sembrava disinteressato, ma non lo era. Ascoltava ogni parola… e dentro covava rabbia.
 
<< Sono legato a colui che odio… >> disse ritornando con la mente alla realtà << E solo la sua morte spezzerà il cerchio. Perché nonostante tutto io non ho dimenticato il crimine più grande che lui e suo padre compirono nei miei confronti. >>
Arrivò, infine, nei sotterranei e percorse quelle buie scale illuminate soltanto dalle torce e si fermò davanti a una grande porta in legno rinforzato, protetta da molte catene e lucchetti incantati. Era come se dietro quelle protezioni si nascondesse una bestia selvaggia. Loki aprì lo spiraglietto in metallo per poter guardare l’interno: era uno spazio buio, piccolo, filtrava solo un raggio di luce proveniente dall’alto che illuminava la figura del dio del tuono crocifisso a una piccola croce di legno. I polsi gli erano stati legati stretti al legno della croce con corde fabbricate dai nani.
Il re di Asgard aprì la porta poiché solo lui deteneva la chiave di quella cella, e si avvicinò a passo lento e sicuro.  Si posò dinnanzi al suo prigioniero, risaltando il contrasto tra la figura eretta e dallo sguardo dritto di Loki, con quella incurvata e dallo sguardo basso di Thor.
<< Svegliati, fratello >> disse, e in risposta il biondo mosse la testa ancora scosso dal torpore e dalle ferite.
Mugugnò, aprì piano gli occhi e alzò il proprio sguardo. << Loki… >>
<< Io >> rispose << Rammenti come sei arrivato qui? >>
<< C’è stata… una battaglia… Grugaloragran e poi… Megatron? Lui… >>
La testa gli faceva molto male e le numerose ferite sul suo corpo non aiutavano a ricordare con esattezza gli eventi.
<< Ti ha sconfitto e ti ha condotto qui da me. Tu insieme al tuo amico… non ricordo come si chiama quella scimmia, e poco mi importa di lui. Si tratta dell’esper, quello che Vader avrebbe dovuto eliminare insieme a tutti gli altri della sua specie, ma a quanto pare è vivo. Poco importa, dopotutto sarebbe ipocrita da parte mia criticarlo visto e considerato quanto ho dovuto penare per averti qui, davanti a me, ridotto a poco più che un verme. >>
Thor aveva capito che si stava parlando di Accelerator, e si preoccupò non poco. Perché avrebbero dovuto trattenerlo? Certo, era logico che il Tonante si trovasse lì visto e considerato quanto Loki bramasse la vendetta, ma il ragazzo? Nulla aveva compiuto ai danni del dio, quindi perché mai tenerlo come gladiatore?
<< Perché il ragazzo, Loki? Sono io l’oggetto delle tue ossessioni! >>
<< Dici il vero, lo sei. Il perché lui si trovi qui non ti riguarda. Presumo che il Maestro voglia aggiungere più pepe al suo spettacolo televisivo preferito del sabato sera, chi può saperlo? Ciò che conta è che siamo io e te, come è sempre stato. Quanto ho sognato questo momento… >> disse con un ghigno << Quanto abbia desiderato poterti avere davanti a me in catene, piegato e umiliato! Tu, Thor, sei stata la mia ossessione per innumerevoli secoli ma mai ho bramato la tua umiliazione come negli ultimi trent’anni! >>
<< Perché, fratello? Perché? Hai ottenuto il trono, era ciò che volevi! >>
Loki ringhiò e, senza pensarci due volte, lo colpì in viso con un forte schiaffo. << Non osare chiamarmi “fratello” con la tua lingua! Quella stessa lingua che ha saputo essere più perfida e ingannevole perfino della mia! E osi addirittura chiedermi perché? Hai davvero una tale impudenza? Rammenta, Thor! >>
Il possente sapeva che in passato aveva causato molti problemi al fratello. Da bambini erano molto uniti, giocavano spesso insieme e lo proteggeva, ma crescendo qualcosa cambiò e si spezzò. Loki crebbe alla sua ombra, poiché sembrava che Odino preferisse di gran lunga il suo primogenito, che Loki non fosse nient’altro che un rivale per il trono, o addirittura il trofeo di guerra del Padre di Tutti.
<< Sembra che tu faccia il finto tonto, forse perché speri che io ti risparmi o che rilasci il tuo amico mortale, ebbene lascia che ti rinfreschi la memoria. Odino uccise mio padre in battaglia e poi mi strappò dalla culla, poiché ero un mezzo per un fine. Il motivo? È molto semplice: qual è il modo migliore per forgiare un eroe? Dargli qualcosa contro cui possa lottare, un campo nero su cui il bianco possa emergere. Odino ha modellato te secondo i suoi voleri, così perché non modellare con lui anche una controparte malvagia? È bastato solamente prendere con lui un bimbo piccolo e indifeso, circondarlo di tentazioni, coprirlo di ridicolo e aspettarsi da lui solo il peggio, rifiutando di vedere in lui alcunché di buono, e così vederlo crescere. Guardami negli occhi, Thor, e dimmi che non è così. Ti sfido! Dimmi che non sono stato portato ad Asgard col solo scopo di far risaltare la tua bontà. >>
Gli scopi del Padre di Tutti erano imperscrutabili, questo Thor lo sapeva bene. Il quesito che assillava Loki se lo era posto perfino lui. Perché, Odino, avrebbe portato Loki ad Asgard se tanto il trono gli sarebbe stato negato? C’erano molte possibili risposte, e il tonante aveva provato a comprenderle, ma molte di esse risultavano senza senso alcuno.
D’altra parte, lo sapeva bene anche lui che perfino suo padre sapeva essere ingannatore, sapeva bene come ordire trame oscure pur di ottenere ciò che voleva. Un esempio? La storia di Suttungr e l’idromele della poesia. Era una storia vecchia, ma ben nota, all’epoca sia lui che Loki erano adulti e la ricordava molto bene: i giganti possedevano un idromele eccezionale capace non solo di rendere poeta chi lo beveva, ma anche di donare conoscenza; Odino, interessato, assunse l’identità di un viandante di nome Bölverk e si diresse a Jötunheim.
Arrivò al cospetto di Suttungr e si finse suo amico e per molti giorni trasse in inganno perfino Gunlod, la figlia del gigante, la quale era a guardia dell’idromele. La corteggiò, la sedusse e una notte giacque con lei, e la mattina rubò tutto l’idromele per portarlo ad Asgard. Ovviamente la storia era ben più lunga di così, si sarebbe dovuto parlare di Kvasir, dei Nani e delle bacinelle che Odino fece costruire per raccogliere l’idromele, ma non è questo il tempo per parlarne. Il succo del discorso è bensì mostrare come, nei ricordi di Thor, anche il padre sapeva essere scaltro e subdolo come Loki.
Non potendo trovare risposte, un giorno Thor chiese di persona al genitore il motivo dell’adozione di Loki, e la risposta fu sconcertante: serviva a creare il regno perfetto. Loki Laufeyson non fu preso per dare a Thor un rivale, o per renderlo il dio del male e dell’inganno. Loki Laufeyson era stato preso per essere re, ma insieme a Thor. Thor e Loki avrebbero regnato insieme su Asgard. Un Ase e uno Jötun, la forza e l’astuzia, l’onestà e la disonestà, la verità e la bugia. Loro due erano l’antitesi l’uno dell’altro, e insieme avrebbero raggiunto la perfezione. E quando i due posti si uniscono insieme, nasce l’equilibrio. Avrebbero regnato perfino più saggiamente di Odino stesso, colui che deteneva la saggezza suprema.
Probabilmente, perfino Loki aveva ottenuto questa risposta, ma l’aveva rifiutata.
<< Sono sicuro che nostro padre te lo avrà già spiegato, quindi te lo dirò io: siamo nati per regnare insieme, solo tu ed io possiamo portare ordine. Per secoli ci siamo combattuti senza mai chiederci che cosa avremmo potuto fare insieme. Un tempo eravamo uniti, giocavamo insieme, ridevamo insieme e abbiamo combattuto battaglie. Perché non rammenti? Perché non vuoi capire? >>
<< Perché non rammento? >> chiese con un ringhio << Io ricordo eccome, Thor, ricordo come eravamo uniti e ricordo altrettanto bene come mi hai sputato in faccia! Non cercare di ammorbidirmi con la storia del regnare insieme! Il vecchio cercò di fare la stessa cosa con quella ridicola favoletta. Tu eri il suo preferito, e non osare negarlo! Ero deriso, umiliato da tutti gli altri bambini come noi… mi chiamavano “lacchè”, mi tiravano i sassi e deridevano la mia propensione alla magia seidr definendomi “invertito”. Quando poi tu crescesti nella gloria, in quel preciso momento, ti dimenticasti di avere un fratello. Mi proteggevi, è vero, fintanto che ti faceva comodo il mio aiuto! Tu sei niente senza di me, Thor! Ma gli elogi degli altri Aesir venivano prima del tuo fratello minore, e anche tu ti unisti a quegli scherni! Tu hai smesso di amarmi, “fratello”, e mi hai lasciato da solo! >>
Thor resistette all’impulso di abbassare il capo poiché sapeva che Loki aveva ragione. Aveva ragione su di lui, di come la sua arroganza gli fece anteporre la gloria al suo fratello minore. Non poteva capire come egli si fosse sentito, ma poteva immaginarlo: solo, spaventato, un piccolo bambino che voleva l’affetto dell’unica persona che glielo aveva dimostrato apertamente… suo fratello maggiore. Era anche vero che senza di lui, Thor avrebbe fatto ben poco. Come dimenticare quando Loki aveva permesso che venissero erette le mura di Asgard mentre lui era a Jotunheim a cacciare i giganti? Come scordare quando lo aiutò a recuperare il suo fidato martello, rubato dal re gigante Thrymr? O anche quando aiutò lui e Odino a difendere Asgard da Surtr, prima della nascita di Battleground. Loki lo aveva aiutato molte volte in gioventù, e l’unica cosa che Thor fece per ringraziarlo fu calpestare la sua fiducia.
Tuttavia, ora era diverso. Thor aveva sperimentato la mortalità, aveva imparato molto dagli umani e si era migliorato, aveva acquisito saggezza e aveva fatto ammenda. Se perfino lui poteva cambiare, allora anche Loki avrebbe potuto. Il biondo era sicuro di questo, ne era assolutamente certo.
<< Ciò che dici corrisponde in parte alla verità. Non ti mento quando ti dico che Odino aveva progetti per noi due, ma sarei ipocrita nel negare il dolore che ti ho causato nei secoli. Fratello, tu devi ascoltarmi! Sono consapevole di quello che ero, ma ormai l’arrogante giovane senza rispetto per la vita altrui non c’è più. Sono diventato un Thor migliore, e posso essere un fratello migliore. Posso rimediare, noi due insieme possiamo! Non deve finire sempre così, con me e te che ci combattiamo all’ultimo sangue. Possiamo tornare ad essere una famiglia, e io posso essere il fratello che hai sempre voluto. Non è troppo tardi… >>
<< Non è troppo tardi, dici? L’idromele ti ha forse dato alla testa? Dopo tutto quello che ho fatto, dopo che ho aiutato il Maestro a conquistare Asgard. Dopo tutte le morti che ho causato, tu dici che non è troppo tardi? Sei veramente incredibile, sai? Sempre pronto ad essere altruista, a fare il santo! Vuoi forse farmi credere che non mi consegnerai al Dottore una volta che mi sarò “arreso”? Non mi inganni, Thor, non puoi imbrogliare l’imbroglione per antonomasia! Dici di essere cambiato, eppure menti a te stesso e menti a me. Vuoi farmi credere che non ricordi il più grande peccato che tu e Odino avete commesso nei miei riguardi? >>
<< Di cosa parli, fratello? >>
<< Non osare prendermi in giro! >> tuonò con ferocia << Tu… e Odino... avete ucciso senza pietà mia moglie e i miei figli! >>
<< Tua… i tuoi…>>
Thor era sconvolto, non sapeva di cosa stesse parlando. Non sapeva nemmeno che Loki fosse sposato! 
<< Parlo di Sigyn! Vuoi farmi credere che non ricordi questo nome? E anche i miei bambini, Narfi e Vali. Non fingere di non ricordare! >>
A quel punto, nella mente del dio del tuono si accese la scintilla di un ricordo lontano: quando Asgard era ancora sotto il dominio del Padre di Tutti, vi era una valchiria nelle sale dorate, una alquanto singolare. Una guerriera bellissima, dai lunghi capelli biondi, riservata e di poche parole come pochi altri dèi. Thor aveva interagito di rado con lei: non immaginava minimamente che Loki e Sigyn condividessero un sentimento di amore.
Nonostante ciò, Thor non avrebbe mai fatto alcun male ad una famiglia, anzi, se avesse saputo di essere diventato zio, avrebbe sicuramente fatto visita al fratello con doni per lui e Sigyn e avrebbe giocato con i suoi piccoli nipoti.
<< Loki, ascolta, io non so niente! Non so niente! Te lo giuro sul Mjölnir, sul mio stesso onore! Io non ho fatto niente! >>
Il re di Asgard si massaggiò il mento e strinse gli occhi verdi in due fessure. << È possibile che il Dottore possa averti cancellato la memoria di alcuni eventi. D’altra parte i Signori del Tempo ne sono capaci. E va bene, Thor, rinfrescherò la tua memoria! Ti mostrerò personalmente quanto tu e Odino siete crudeli e spietati. >>
E fu allora che il dio degli inganni utilizzò tutta la sua abilità nel seidr per manipolare la realtà intorno a loro e teletrasportarli indietro nel tempo. L’ambiente mutò, non stavano più in una cella, ma davanti ad una ridente collina verde e una casa in legno.
<< Questa… era la dimora mia e di Sigyn. Qui abitavo dopo l’ennesimo esilio impostomi da tuo padre >> spiegò Loki << Era una collina pacifica, una casa immersa nella natura e lontano dalla civiltà. Questa era un’oasi di pace, la MIA pace. Ma quel giorno… il mio mondo crollò come un castello di carte. >>
Proprio lì videro la figura del dio degli inganni fuoriuscire dal bosco con in mano un’accetta e della legna da ardere sulla schiena. Era chiaramente il passato, e per Thor fu qualcosa di indescrivibile poter vedere suo fratello svolgere una mansione tanto umile come quella del padre di famiglia intento a provvedere alla legna.
Loki costrinse il proprio fratello a seguire quei passi, quegli stessi passi di un uomo ignaro di ciò che lo avrebbe aspettato. Quando aprì la porta di casa… fu l’orrore. I mobili erano completamente ribaltati, vi erano graffi lungo le pareti e segni di lotta sul pavimento e il colore rosso del sangue rivestiva ogni cosa.
Il Loki del passato guardava impotente quel tetro spettacolo e immediatamente urlò il nome di Sigyn e dei suoi figli, corse per la casa, andò al piano di sopra e lì li vide: suo figlio Vali giaceva morto ai piedi del letto matrimoniale, così come Narfi al quale furono strappate le budella e usate per legare Sigyn al letto, coperta di sangue e priva di vita.
Thor, nonostante avesse visto innumerevoli stragi, non riusciva a reggere quella visione e chiese di far cessare tutto ciò, ma Loki voleva che lui guardasse. Voleva che vedesse coi suoi occhi l’orrore che aveva commesso e di come l’uomo che un tempo fu marito della valchiria urlò di dolore. Un urlo così forte da causare un terremoto.
<< E fu allora… >> disse Loki mentre ritornavano nella fredda cella dell’arena << E fu allora che il Maestro mi trovò. Lui mi fece vedere cosa successe a mia moglie e ai miei figli. Mi mostrò come Odino uccise i bambini, così come tu uccidesti Sigyn senza pietà. Dopodiché, tuo padre strappò le interiora di Narfi e le usò per legare mia moglie come un trofeo! >>
In quel momento ringhiò di pura collera mentre cercava di trattenere le lacrime.
<< E adesso, osa dirmi che non ricordi niente! Prova anche solo a guardami in faccia e dirmi che non sapevi niente! Ti sfido a guardarmi negli occhi e dirmi che non sei stato tu! >>
Thor boccheggiava, era visibilmente confuso e anche spaventato. Lui non sapeva davvero niente e in cuor suo era consapevole di non aver mai potuto perpetrare un atto così orribile, né lui e nemmeno Odino.
Alzò il viso e guardò suo fratello dritto negli occhi. << Loki, ascoltami, per favore! Loki… >>
<< Non osare chiedere pietà! >> urlò lui interrompendolo << Anche Sigyn avrà chiesto pietà. Presi il suo corpo tra le mie braccia e vidi chiaramente che cosa le facesti! Non ti è bastato ucciderla, hai addirittura sfogato le tue perversioni sul suo corpo! Sei una sporca bestia, Thor, tu non sei cambiato per niente! Sei un mostro, un macellaio, un animale che non merita alcuna compassione! Quale crimine ha commesso Sigyn per meritare tutto ciò? L’avermi amato? È per questo che avete condannato lei e i bambini? Tutto finalizzato al farmi del male. Ma ora, loro avranno la giusta vendetta… >>
<< Loki! Ti prego, ascoltami! >> urlò Thor in preda alla disperazione << Quello non ero io, era un artificio! Sei stato ingannato! Loki, ti prego! Ti prego, ti prego! >>
<< Ti prego? >> ringhiò il dio in preda alla rabbia. Afferrò il viso di Thor come un falco con la sua preda e avvicinò lo sguardo << Quante volte Sigyn avrà urlato queste parole? QUANTE VOLTE!? >> Mollò la presa e lo colpì con un forte schiaffo. << Io… non ho mai bramato così tanto la tua morte come in questo momento. Ma desidero che tu soffra, Thor. Voglio che tu patisca il dolore che hai inflitto a Sigyn. Come prima cosa, io ti spezzerò, e poi… poi ti ucciderò davanti a tutta Asgard. Questa è la vendetta della mia famiglia. Soffri, dio del tuono, soffri e muori! >>
E, detto questo, se ne andò, sbattendo la porta della cella e lasciò il Tonante da solo al buio.
L’Ase prigioniero abbassò il capo non appena suo fratello uscì da quella stanza. Ora era al buio, con la schiena premuta contro il freddo legno della croce alla quale era legato e l’umidità della prigione permeava le sue narici. Lì con lui a fargli compagnia c’erano solo l’oscurità e i suoi stessi pensieri… o almeno così pensava.
<< Cazzo, che sfuriata. >>
Thor riconobbe subito quella voce: era Accelerator. Si guardò intorno chiedendosi come fosse possibile che il ragazzo si trovasse lì con lui, ma analizzando attentamente la fonte del suono, capì che la voce proveniva dal muro dietro di lui. La cella dell’esper era praticamente adiacente alla sua e ciò permetteva loro di comunicare. I muri erano in pietra, ma erano vecchi, probabilmente i suoni riuscivano a filtrare attraverso dei buchi.
<< Hai ascoltato tutto, vero? >> chiese il dio, retoricamente.
<< Ogni singola parola >> rispose l’albino << Ti odia davvero. Certo, questo era risaputo, ma non immaginavo così tanto. Non offenderti, ma… quanto di vero c’è nelle robe di cui ti accusa? >>
Thor si prese un momento per sospirare, nel mentre i suoi pensieri vagavano ancora in quel passato lontano, quando lui e gli altri suoi compagni dèi erano bambini, quando tutto era più semplice. Un tempo in cui lui e suo fratello giocavano insieme, quando erano felici e spensierati, prima del crollo definitivo, e la colpa era solamente sua. Da quando aveva ottenuto i suoi successi di guerriero, da quando la folla lo aveva acclamato come eroe, da quando Sif aveva iniziato a leccargli i piedi e a gettarsi tra le sue braccia… quello fu il momento in cui si dimenticò di avere un fratello, e lo schernì insieme agli altri Aesir.
<< C’è di vero solo la parte in cui l’ho abbandonato. In nome della gloria, ho abbandonato mio fratello minore. In un mondo di solitudine, io ero la sua unica luce, e quando quella luce ha smesso di irradiarlo, allora ha scelto di camminare da solo nelle tenebre. E la colpa è solo di un grande stolto che ha capito ciò che aveva solo quando l’ha persa. >>
<< Wow… beh, amico, fattelo dire, sei stato proprio un pezzo di merda, ma comunque non ti sembra di esagerare? Nessuno ha chiesto a Loki di fare questo casino. Voglio dire, ha ucciso delle persone solamente perché queste lo maltrattavano da piccolo. >>
<< La questione è più complessa di così. Loki era uno jotun, e nostro padre Odino uccise il suo, Laufey. Dopodiché, prese il bambino e lo crebbe come mio fratello. Loki incolpa ancora nostro padre di quell’omicidio, e ci sono molti altri dettagli. >>
<< E io che pensavo che la mia famiglia fosse incasinata. Ma in fondo… posso quasi comprendere cosa si prova ad addentrarsi nell’oscurità. È una storia che ho già sentito, quando qualcuno ti dice che sei unico, che sei speciale. È solo un modo gentile, ma meschino, di dire che resterai solo per il resto della tua vita. >>
<< Ma tu non sei solo, mio giovane amico. L’hai affermato tu di avere una famiglia. Hai quelle due brave donne ad accudirti, e la bambina ti ammira molto. Hai l'appoggio e il sostegno dei Time Warriors. Hai molte spalle a cui aggrapparti, non sei davvero solo in questa guerra. >>
Accelerator rimase qualche secondo in silenzio a riflettere su quanto Thor aveva detto. Da quando Battleground venne creata, aveva vissuto la falsa vita di un ragazzo di periferia che abitava con sua madre e che si guadagnava da vivere facendo risse per strada. In sella alla sua moto si scontrava con numerose bande senza mai riportare un graffio, guadagnandosi il soprannome di “Demone Bianco”. Era padrone della sua vita. Poi, un giorno, conobbe la piccola Last Order e qualcosa in lui cambiò, e poi ancora subentrò la donna di nome Yomikawa. Sembrava andare tutto per il meglio finché l’impero non uccise i civili del villaggio e lui fu costretto a fuggire. Arrivato al covo della Ribellione, gli venne spiegato che la sua vita era falsa e gli furono ridati i ricordi. Accelerator ricordò di essere stato un assassino.
Per un esperimento atto a renderlo più forte, aveva ucciso diecimila persone. Il tutto per ottenere la forza necessaria a vivere in pace. Se Accelerator fosse stato il più forte del mondo, nessuno avrebbe avuto più il coraggio di sfidarlo, e a quel punto sarebbe vissuto da solo, in santa pace, senza più dover ferire anima viva.
Tutto questo apparteneva a un lontano passato, ma era come se lo stesso rivivendo ogni giorno. Quelle vite gravavano sulle sue spalle, il loro sangue macchiava ancora le sue mani, ed era per questo che non poteva guardare negli occhi Last Order senza provare vergogna. Lui aveva ucciso le sue sorelle, e avrebbe ucciso anche lei se fosse andato avanti con l’esperimento. Questo non poteva sopportarlo, e anche se la sua vita era ricominciata con Battleground, nessuno avrebbe mai potuto perdonarlo di quelle atrocità. Non era degno di essere il padre di Last Order, non lo sarebbe mai stato. Lei non doveva stare con lui, non doveva farsi contagiare dal mostro.
<< Io non posso farlo >> rispose alla dichiarazione di Thor << Io non ho spalle a cui aggrapparmi, poiché le mie mani scivolerebbero via a causa del sangue che le sporca. Tu non hai idea di ciò che ho fatto, Thor, di quante persone ho ucciso. >>
<< E pensi forse che un dio guerriero come me non sappia cosa significhi uccidere, ragazzo? >>
<< Tu non hai ucciso persone che non lo meritavano! >> gridò il ragazzo, scoppiando in un impeto d’ira << Tu non eri forse il dio protettore dell’umanità, stando alle leggende? Tu proteggevi le persone, le tenevi al sicuro, mentre io cosa ho fatto al confronto? Ho ucciso diecimila ragazze per uno stupido esperimento! Dicevano che l’omicidio mi avrebbe reso più forte, ma era solo una scusa per soddisfare il sadismo di quegli stessi scienziati che mi avevano creato. Io sono nato per essere una macchina di morte, non sono come te! Io sono un mostro, e Last Order non dovrà mai e poi mai diventare come me. Non deve. >>
Il Tonante lasciò che il ragazzo sfogasse, e tutte le sue frustrazioni, e poi si accinse a parlare.
<< Tu vedi con gli occhi di un ragazzo. In guerra, l’unica cosa bella è il sangue del nemico, il resto di noi è perduto, a volte per sempre. Ci sono due tipi di guerre: per sopravvivere o per prevalere. Le battaglie vengono vinte dal migliore, le guerre vengono vinte da chi è disposto a sacrificare tutto per la vittoria. Ero il dio protettore dell’umanità, è vero, ciò non vuol dire che io non mi sia mai sporcato le mani. Uccidere, a volte, è necessario ma sarebbe meglio non dover mai ricorrere a simili espedienti. Uccisi molti giganti, ragazzo, e molti di questi nemmeno lo meritavano. All’epoca ero convinto di agire nel nome di Asgard e di Midgard, ma l’omicidio, ragazzo, porta soltanto il nome dell’assassino. Non importa il motivo che ci spinge a combattere, uccidere non è sempre la risposta, ma dobbiamo essere pronti a farcene carico nel momento del bisogno. Mio padre mi ripeteva sempre: “un re saggio non cerca mai la guerra, ma deve essere pronto ad affrontarla”. Fui esiliato e bandito, e per molto tempo vissi da solo, ma conobbi delle persone che aprirono i miei occhi. Conobbi una nuova famiglia e riuscii a trarre la forza di redimermi. Io non sarei qui senza di loro, così come non lo saresti tu. Ciò che intendo, è che devi riuscire a trovare la forza di vivere. >>
<< La forza di vivere? >> chiese l'esper in tono confuso.
<< Se ti sacrifichi per proteggere le persone a te care, loro piangeranno per te. Saranno pervasi dalla tristezza. A dispetto di quanto credi, la tua vita vale quanto quella di chiunque altro. Solo quando capirai la serietà di quanto ti sto dicendo, allora sarai davvero completo. La tua vita, ragazzo, non appartiene solo a te. Ciò che vuoi fare, l’esilio, o il suicidio, non ti porterà alcuna felicità, così come non ne porterà alcuna per la bambina. Non puoi decidere tutto da solo senza ascoltare il parere di chi ti sta accanto. Te lo ripeto ancora una volta, Accelerator: la tua vita non appartiene solo a te. Quando lo capirai, allora otterrai la redenzione. >>
Accelerator ascoltò le parole dell’Ase fino alla fine, ma non rispose, non ne aveva la forza. Ciò che aveva appena detto lo aveva davvero toccato, e rimase in silenzio a pensare. Pensò e pensò tutta la notte, e Thor lo lasciò in pace, poiché sapeva che l’adolescente, infondo, avrebbe davvero capito.
Prima o poi.
 
                                                                                                      * * *
 
Loki stava ancora camminando per i corridoi delle prigioni, e rimembrava ancora il discorso fatto a Thor. Era come se tutta quella conversazione rimbombasse ancora nella sua testa e, nonostante gli occhi del fratello, non riusciva davvero a perdonarlo per la morte di Sigyn e dei suoi figli.
Il capo gli doleva, si appoggiò con la schiena al freddo muro della prigione, mentre con la mano libera andò a toccarsi le tempie. Un ricordo balenò nella sua mente, un ricordo molto lontano, quando fu allontanato da Asgard per la prima volta in tutta la sua millenaria vita. Durante il suo esilio, il dio si era recato in una radura verde, la stessa dove poi sarebbe sorta la sua casa.
Trovò Sigyn seduta sotto un albero, in totale solitudine. Lei lo salutò cordialmente, come se non sapesse chi fosse. Ricordò che parlarono a lungo, lei gli spiegò che, nonostante fosse una valchiria, a volte preferiva ritirarsi nella natura, tra la pace e la quiete. Motivo per il quale si trovava lì da sola. Discussero anche dell’esilio del dio, e lei spesso lo canzonava e questo, ovviamente, lo faceva solo infuriare:
 
<< Guarda che fare la voce grossa non ti rende più minaccioso, ti fa solo apparire maleducato... >>  aveva detto lei con un sopracciglio alzato.
<< Forse perché, magari, voglio così! Tu che dici, donna? >>
<< Dico che è molto triste >> rispose abbozzando il viso in un’espressione triste << farsi annegare nel veleno per paura di essere feriti, dando per scontato che tutte le persone vogliano farlo...>>
<< Benvenuta nel mio mondo, donna. Ronzami ancora intorno e tutti gli altri asgardiani sputeranno veleno su di te. >>
<< Mi chiamo Sigyn, principe, e non ho grande considerazione per ciò che gli altri dicono di me. >>
<< Dovresti averne, visto che sei una valchiria. >>
<< Dici bene, principe. Sono una valchiria, dunque il mio compito è la battaglia e condurre le anime dei morenti. Dovessi occuparmi delle chiacchiere e dei pettegolezzi, sarei fra le cortigiane e le concubine. >>
<< E non temi di perdere il tuo compito, visto che sei in compagnia di un esiliato? Sebbene, io inizi a trovare la tua fastidiosa. >>
<< Sciocchezze. Solo Odino è responsabile del mio compito. Egli dovrebbe negarmi di svolgere la mia mansione poiché ho rivolto la parola a uno dei suoi figli? È curioso che per quanto io ti infastidisca, sei sempre così curioso… >>
<< Odino NON è mio padre >> sbottò Loki << Lui ha assassinato il mio vero genitore! Ma che ne parlo a fare… ti conviene tornare ai tuoi doveri, cosicché io riprenda i miei. >>
<< Dimmi una cosa, Loki, tu amavi il tuo vero padre? >> chiese Sigyn, incrociando le braccia al petto.
<< No… come posso amare qualcuno che nemmeno ho conosciuti? >>
<< Allora perché tanto odio? Odino ti maltratta? Ti tiene prigioniero? Ti tortura? >>
<< Ha ucciso mio padre. Mi ha preso con sé come trofeo. Mi ha trattato come un rifiuto e mi ha esiliato, coprendomi di umiliazione! Servono altre ragioni? >>
<< Ho saputo il motivo. Hai rubato le mele di Idunn, privandone a tutti gli altri asgardiani. È un crimine molto grave, e di certo non è la prima delle tue tante malefatte. È naturale ti abbia punito duramente. Ma ti ha forse esiliato a vita? No, solamente il tempo necessario per meditare sul tuo errore. Quindi come ti avrebbe umiliato? Riconoscendoti ufficialmente come principe di Asgard? Dormi in un letto dorato, hai mille servitori, mangi cibo prelibato, sei libero di viaggiare ovunque nei Nove Regni, e ti concede di studiare ciò che più ti piace. Cos’ha fatto Laufey al confronto? Odino avrà pure commesso il peccato di aver distrutto una famiglia, ma quale trofeo ne avrebbe ricavato adottandoti? I trofei sono un’ostentazione di ciò che si è fatto. Voleva ostentare magnanimità, tu pensi? Forse. Ma è una magnanimità piuttosto dura da mantenere, perché un figlio è una grossa responsabilità, e non un corno di idromele che può riporre in vetrina. >>
Loki digrignò i denti e alzò il tono della voce. << Mi ha strappato alle braccia di mia madre solamente per rendermi il rivale di suo figlio! Lui ha pianificato ogni cosa. Mi ha sempre mentito, riempito di bugie e inganni sulle mie origini. Diceva anche che avrei regnato con Thor, e invece ha dato ogni cosa a lui! Tu non puoi capire, sei una valchiria, per cui sei estremamente devota a Odino! Ma io ho visto la sua vera faccia, e ti assicuro che pagherà. E non appena salirò al trono, tutti lo vedranno. >>
<< E perché mai avrebbe dovuto renderti il rivale di suo figlio? >> chiese lei di rimando, per nulla intimorita dalla rabbia del suo interlocutore << Per dargli una lezione? Odino non ha bisogno degli altri per impartire lezioni. Punisce quando deve e come deve. Se io sono devota al Padre di Tutti, tu ti ostini a cercare delle scuse per giustificare il tuo male interiore, per non vedere il quadro completo. >>
<< Tu non sai di cosa è capace >> Loki sputò per terra. << Me ne vado, ritorno alla mia solitudine e ai miei pensieri. Mi sono stancato di parlare e ascoltare. >>
Davanti a ciò lei non disse nulla, all’inizio, semplicemente posò la propria mano su quella di Loki e gli mise in essa un piccolo ciondolo alato.
<< Per il futuro, principe. Qualora desiderassi alleviare la stanchezza e iniziassi a trovare opprimente la solitudine. Ti basterà stringerlo nella mano per chiamarmi. Mi congedo io, tu resta pure qui seduto a riflettere. Quest’albero è stato il mio ascoltatore per molto tempo, forse lo farà anche con te. >>

E, detto questo, si allontanò con portamento elegante, lasciandolo da solo con i suoi pensieri.
 
La mente di Loki ritornò al presente. Mise una mano dentro la sua casacca ed estrasse il ciondolo alato che, da quel giorno, teneva sempre al collo. Ricordò molto bene come, dopo quella conversazione, egli sfruttasse la collana per chiamare Sigyn e parlare. Si trovavano sempre sotto quell’albero e conversavano di ogni cosa. Loki non lo aveva mai fatto con nessuno, e questo sorprendeva perfino lui. Ricordava bene come fosse piacevole stare in compagnia della donna, lei sapeva ascoltarlo come nessun altro, e fu proprio sotto quell’albero che i due si innamorarono. Il momento in cui si baciarono per la prima volta e fecero l’amore, era ancora nitido nella testa del dio degli inganni, come se fosse accaduto solo qualche giorno prima.
Nascose di nuovo il ciondolo tra i suoi vestiti e si diresse verso un’altra cella, dentro la quale si trovava la dea Sif.
<< I miei ossequi, valchiria >> disse Loki entrando nella cella.
Sif alzò lo sguardo verso di lui, era più magra, i capelli castani erano sporchi e le mancava un braccio, perso durante l’invasione dei Decepticons. Nonostante l’handicap, non aveva mai perso il suo spirito guerriero.
<< Loki… quale disgrazia porta qui, davanti a me, il servile orrore della tua compagnia? >>
<< Nulla di grave, mia signora, volevo solo farti sapere che il tuo ex amante è ora mio prigioniero. Sarà divertente vedervi lottare nell’arena. >>
In tutta risposta, lei strabuzzò gli occhi: << Thor? Thor è qui? È impossibile, lui era… >>
<< Morto? No, ma lo sarà presto. Sarò io a farlo giustiziare di persona, dopo che mi sarò divertito a torturarlo nell’arena. >>
<< Giustiziarlo? >> chiese Sif con un sorriso di scherno << Non sei riuscito ad ucciderlo quando quelle macchine ci hanno invaso, e non ci riuscirai nemmeno ora. >>
<< Bada a come parli al re di Asgard, sgualdrina. L’unico motivo per il quale sei in vita, è per merito della mia magnanimità. >>
<< E tu questa la chiami magnanimità? Avrei preferito mille volte la morte. Dimmi, per quale motivo desideri così tanto che Thor soffra? Se sei tanto potente come millanti, potresti ucciderlo quando desideri. O forse c’è dell’altro? Forse non sei abbastanza uomo. In effetti, quando mai lo sei stato, utilizzatore di seidr? >>
<< Tipico tuo schernirmi in questo modo. Come se tu potessi davvero comprendere le ragioni che mi spingono a esigere vendetta. Mai potresti capirle, a causa del tuo cuore secco e arido. Il nome Sigyn ti dice niente? Una delle tue amiche e compagne. È morta molto tempo fa a causa di Thor. Ti basta come spiegazione? >>
<< Posso credere alla morte di Sigyn, lacchè, ma non potrò mai credere che a ucciderla sia stato Thor! Sono quasi certa che si sia tolta la vita, rendendosi conto chi aveva sposato. >>
<< Attenta a te… cagna maledetta… >> sibilò Loki mentre la mano con cui reggeva la Gungnir tremava << Nessuno ha mai costretto Sigyn a sposarmi, è stato l’amore a farla scegliere. Mai le feci mancare niente. Tu, piuttosto, hai sempre gettato fango su di me, cercando di dissuaderla dal prendermi in matrimonio. >>
<< Quale amica non lo avrebbe fatto? La moglie di Loki? Io volevo bene a Sigyn, e proprio per questo ho cercato di allontanarla dalla tua perfidia. Tu, che con i tuoi raggiri hai portato molte volte Asgard sull’orlo del baratro. >>
<< Non spettava a te decidere per lei! >> tuonò il dio degli inganni << Non avevi diritto di imporle il tuo pensiero. Lei mi sposò perché mi amava, e tu cosa facesti una volta che le nozze furono celebrate? Ti allontanasti da lei, la abbandonasti. Tu eri la peggiore amica che Sigyn avesse mai avuto. Dopo che divenne ufficialmente mia moglie, tu gettasti male lingue su di lei con Brunilde, la regina delle valchirie. Tu convincesti Brunilde a destituire Sigyn dal suo incarico! La ricopristi di disonore! Prova solo a negarlo! >> urlò mentre le puntò la lancia contro come un monito.
Per tutta risposta, Sif ghignò. << Sì, è vero, convinsi Brunilde a disonorare Sigyn. Che cosa avrei dovuto fare? Eravamo valchirie, Loki. La valchiria è un incarico che prevede obblighi e onori. Cosa ne sarebbe stato dell’onore delle valchirie, se una di noi si fosse unita a uno come te? Ci avrebbero riso tutti in faccia. Era necessario, ma tu cosa vuoi saperne di onore? Non sei mai stato come noi, invertito, sei sempre stato diverso. Il lacchè di Odino. >> Scoppiò a ridere. << Mi fai pena, Loki. Tu tieni in vita me soltanto per i torti che recai a te e alla tua sposa. Tieni in vita Thor per lo stesso motivo. L’unico esente da tutto ciò è Baldur, ma lui non si può uccidere, dico bene? Niente può farlo, e se morisse inizierebbe Ragnarok. Sì, sei davvero patetico. Fai tutto questo per vendicare Sigyn? Non prendermi in giro, lei non c’entra niente. Fai tutto questo solo per il tuo stupido ego, stai usando Sigyn come pretesto. Sai cosa? Io non credo che Thor l’abbia davvero uccisa, ma se anche fosse… ha fatto bene. Ha fatto bene a ucciderla. Meglio morta, che succube di te! >>
Davanti a quella dichiarazione, Loki non ci vide più dalla rabbia e iniziò a colpire Sif con pugni e calci. Nonostante fosse principalmente un mago, Loki non era un guerriero scadente e possedeva un’eccellente forza fisica. I suoi colpi erano pesanti, per la prima volta perse il controllo. I suoi pugni non erano mai stati così forti e nonostante Sif fosse una grande valchiria… ora giaceva in una pozza di sangue. Era viva, ansimava, ma nonostante tutto continuava a ridere.
Il dio degli inganni desiderava ardentemente ucciderla, ma gli serviva viva. Doveva andarsene da lì, avrebbe dovuto. Doveva mantenere il controllo. Mentre usciva, Sif lo scherniva ancora, definendolo un debole e un codardo.
Loki diede ordini al carceriere di controllare sempre le celle e ritornò nella sala del trono. Si sedette, e per ore intere pensò a tutte le conversazioni avute. Non si mosse mai da quel trono, né per le udienze e nemmeno per mangiare. Rifletteva su tutto ciò che era stato detto. Thor e Odino erano davvero responsabili della morte di Sigyn? Lui stava facendo davvero tutto questo per lei? Avrebbe approvato?
Non importava più niente. Ormai era in ballo da almeno trent’anni e avrebbe continuato a ballare. Era dentro fino al collo, poiché un patto col Maestro lo vincolava. L’odio non poteva essere cancellato, e sebbene Loki sapesse che, in fondo al cuore, aveva bisogno di Thor… egli doveva morire. Non poteva esserci Loki senza Thor, ma quello era sempre stato il circolo vizioso del fato.
Il destino sarebbe stato spezzato, Thor sarebbe morto, e Loki avrebbe trionfato. Il suo destino era questo! L’alba era vicina… era ora di annunciare i nuovi giochi nell’arena.
 
                                                                                               * * *
 
Quella stessa mattina, Accelerator non era più nella sua cella, bensì nell’armeria dell’arena insieme a tutti gli altri gladiatori. Era piuttosto grande e rifornita di ogni genere di arma: spade, asce, scudi, armi a due mani, martelli, mazze chiodate e armature di vario genere.
Il ragazzo conosceva le armi, certo, ma non aveva mai combattuto con esse. Sapeva che una lancia era molto più efficace contro una spada, ma non era in grado di usarla come si doveva. Oltretutto, quegli equipaggiamenti erano piuttosto pesanti per lui che, avendo sempre fatto affidamento sul suo potere, non era dotato di una massa muscolare particolarmente sviluppata.
Schioccò la lingua e fece passare le armi una per una, ma era davvero difficile riuscire a scegliere con tutti quegli uomini che si frapponevano davanti a lui, come se fosse una specie di formica; di questo passo avrebbe combattuto disarmato.
<< Posso aiutarti io, mio giovane compagno. >>
L’albino si girò di colpo e vide Thor, che lo sovrastava con tutta la sua imponenza. Lo sguardo dell’Ase era piuttosto calmo e pacifico, e sul viso aveva dipinto un piccolo sorriso.
<< Non mi serve il tuo aiuto, stavo solo prendendo una spada >> disse l’esper con fare scocciato.
<< Hm hm, e quale spada se posso chiedere? >>
<< Be'… quella >> indicò la prima che vide, uno spadone a due mani in ferro.
Thor trattenne le risate. << Come se tu riuscissi davvero a brandirla! Anche ammettendo che tu riesca a sollevarla, cadresti al primo fendente. Probabilmente faresti morire dal ridere il tuo avversario, il che sarebbe positivo. >>
Accelerator ringhiò e sbottò spazientito: << Allora se sei tanto in gamba, dimmi tu cosa posso o non posso prendere! Che nervi! >>
<< Il tuo problema, giovane, è che sei un genio. Di per sé è un’eccezionale virtù, ma è proprio la tua intelligenza ad essere la tua spalla di Sigurd. Pensi sempre di sapere più cose degli altri, e quindi di potertela cavare da solo, anche quando è evidente che ci sono molte cose che ignori. Io voglio davvero aiutarti, giovane, quindi perché non ti calmi un attimo e mi ascolti? >>
L’esper sbuffò. Thor aveva ragione, ma non lo avrebbe ammesso direttamente, così rimase in silenzio e ascoltò ciò che aveva da dire. Il Tonante gli disse solo di seguirlo e lo portò in un’altra zona dell’armeria, più piccola e spoglia; c’era solo una cassa in legno davanti a loro.
<< Originariamente, l’arena non fu pensata per divertire il popolo con bagni di sangue tra schiavi >> spiegò il dio << Era stata ideata da Odino per mettere alla prova i guerrieri che volevano guadagnarsi un posto accanto a lui al tavolo dei banchetti. Era una prova d’onore! E quando ero piccolo, anche io solevo partecipare per mettere alla prova i frutti dei miei addestramenti, e così mio padre fece preparare quest’ala solo per me, e fece costruire un equipaggiamento che potessi usare. Sono ancora felice di vedere questa zona intatta, probabilmente a Loki non interessava, o forse ne ignorava l’esistenza. Forza, vieni. >>
Si avvicinarono insieme al baule, e quando Thor lo aprì, rivelò il suo contenuto: un’armatura e delle armi.
<< Sono tue, giovane ragazzo >> continuò solennemente << Ti aiuteranno a cavartela nell’arena. Mettiti comodo, ti aiuto a vestirti. Non hai mai indossato una corazza, no? Ti faccio vedere come si fa. >>
Estrasse dal baule una lunga veste di lana e un paio di braghe viola dello stesso materiale. Era chiaro che il ragazzo dovesse sostituire i suoi attuali abiti con quelli, quindi si spogliò e indossò le nuove vesti. Dopodiché, Thor gli avvolse le caviglie con delle fasce di lana verde.
Erano piuttosto spesse e fornivano una piccola protezione; si assicurò di legarle ben strette e con cura, in modo tale che non le perdesse durante i movimenti. I piedi furono chiusi in un paio di scarpe di cuoio robuste e comode. Gli fece poi indossare una lunga sopravveste verde imbottita, studiata per la protezione dai colpi contundenti, e una cuffia di cuoio per difendere il cranio e rendere più facile l’utilizzo dell’elmo.
<< Non abbiamo ancora finito >> borbottò il Tonante << Dopotutto, questa non è ancora un’armatura degna di rispetto! >>
Prese una cotta di maglia composta da robusti e compatti anelli di ferro e gliela mise con delicatezza sopra la veste. Il metallo era di ottima qualità e avrebbe assorbito i tagli delle spade in maniera pratica ed efficiente. Nonostante indossasse una veste imbottita e una cotta di maglia, Accelerator la trovò sorprendentemente leggera.
La situazione era alquanto surreale dal suo punto di vista. Thor sembrava un padre che aiutava il proprio figlio a vestirsi, e lo faceva con una cura e un affetto quasi naturali. Sotto sotto… all’esper faceva davvero piacere.
<< Thor, posso farti una domanda personale? >> chiese.
<< Chiedimi quello che vuoi. >>
<< Per caso… hai mai avuto figli? >>
Il Tonante rimase basito da quella domanda. Rimase in silenzio per quasi un minuto buono, poi disse: << Sì… molto tempo fa. Si chiamavano Magni e Modi. Erano dei bravi guerrieri. >>
<< Erano? >>
<< Lo Scisma. Sono cambiate tante cose, mio giovane compagno. Sai… porto sempre loro due nel mio cuore, ma cerco spesso di non pensarci. >>
<< Non ho potuto fare a meno di pensarci, visto il tuo modo di fare. Voglio dire… prima con Fire, e adesso con me. Non credo che tu abbia mai davvero vestito qualcuno con così tanta cura all’infuori dei tuoi figli. >>
Lui abbozzò un sorriso malinconico. << Si vede che mi sono fatto prendere un po’ la mano, ma ti giuro che sto agendo con le migliori intenzioni. Per gli dèi, sei un mio compagno di scudo, è giusto aiutarsi a vicenda. >>
<< Thor? >> sospirò, assottigliando lo sguardo << Fire ed io non siamo Magni e Modi e non lo saremo mai. Tienilo a mente. >>
<< Lo so benissimo! >> sbottò l’asgardiano, stringendo i pugni.
Stavolta, era stato Accelerator a metterlo con le spalle al muro. Aveva preso il giovane Fire sotto la sua tutela, lo aveva confortato, lo aveva protetto da Vader, e ora stava aiutando l’albino: questo perché erano i suoi compagni d’armi… o c’era effettivamente dell’altro? Che Accelerator avesse ragione? Solo l’anima di Thor poteva saperlo.
L’Ase non proferì più parola e continuò a vestirlo. Gli legò una cintura di cuoio alla vita con attaccato quello che i norreni chiamavano scramasax, un’arma che veniva utilizzata per molteplici usi. Nonostante fosse un coltello, era grande come una daga romana; infatti la dimensione degli scramasax variavano in base alla ricchezza del guerriero e considerato che quell’equipaggiamento apparteneva a Thor, era logico che l’arma possedesse delle discrete dimensioni.
Una spada d’acciaio di eccelsa fattura, conservata in un fodero di cuoio, gli venne legata intorno alla vita e insieme ad essa un’ascia, arma distintiva di ogni vichingo.
Per completare il tutto mise sulla sua testa un elmo di ferro, la cui maglia arrivava fino al petto. proteggendo anche la bocca, il mento e il collo. Intorno alle fessure per gli occhi erano state dipinte delle rune: ᛘ  ᛏ  ᚦ  ᚹ 
In ordine significavano: “Divino”, come se l’elmo fosse benedetto dagli dèi. “Valore”, per ottenere valore in battaglia, e non a caso la ᛏ era rappresentata da Tyr, il dio della guerra e della giustizia. Al centro vi era la ᚦ, ovvero la potenza, che era la runa caratteristica di Thor stesso. “Speranza” e infine “Saggezza”.
Tutte virtù e benedizioni che avrebbero dovuto portare alla vittoria il guerriero che le indossava.
<< Ora manca solo il tocco finale >> disse Thor, porgendogli uno scudo in legno con dipinta la ᚦ al centro. << È fatto col legno di Yggdrasil, resisterà a qualunque urto. Sembri proprio un vero vichingo, sai? >>
In effetti, guardandosi dentro una piccola cisterna d’acqua, Accelerator notò che era identico ai vichinghi rappresentati nei libri e nelle serie tv.
<< Grazie, Thor. Mi sarà davvero molto utile. >>
<< Combatti bene, giovane guerriero, e torna vittorioso. Il Valhalla non è pronto ad accoglierti, oggi >> rispose congedandosi da lui con i migliori auguri.
 
                                                                                                    * * *
 
<< Popolo di Asgard! >> esclamò Bragi, il dio della musica e della poesia dall'alto della tribuna, alla destra di un Loki seduto sul suo dorato scranno. Era a tutti gli effetti l’annunciatore degli incontri. << È con sommo onore che quest'oggi dichiaro aperti i giochi nell'arena! >>
Il popolo esultò, impaziente di poter assistere all’imminente carneficina.
<< Come ben sapete, si tratta di una tradizione secolare rinnovata dal nostro magnanimo signore Loki per il suo stesso popolo. Tutti quelli che si affrontano su queste sabbie sono schiavi o traditori, ma non per questo meritano il disonore! Raccomandiamo le loro anime al Valhalla, che gli sconfitti possano banchettare nella Grande Sala, e ai vincitori siano destinate canzoni e corni di idromele! >>
A quel punto, prese la sua lira e, come di consueto, intonò una canzone per onorare tutti i guerrieri. Era la tradizione, serviva per benedire la violenza che si sarebbe scatenata da lì a poco. La voce di Bragi era assai particolare, dura e soave al tempo stesso, e riecheggiò per tutta l’arena:
<< We will march into the night
Let the fear sink in their eyes
We will roar our battle cries
The oath we shall carry strong.
Rally up the swords and shields
Fight until the blood is spilt
For the honor I decree
The Heavens is on our side. >>
Quando finì di cantare, riprese ad annunciare: << Per lo scontro iniziale, abbiamo in serbo una grande sorpresa! >> disse utilizzando un tono capace di mettere suspense << Possiede vili arti nate dalla scienza mortale. È uno sterminatore. Signore, e signori, è nemico dell'Impero del Maestro! Lui è il Demone Bianco di Kyoto! L'unico esper sfuggito all'epurazione! Il più forte dei Level 5! Accelerator! >>
Una volta annunciato, l'albino uscì dal cancello e mise il proprio piede su quella sabbia macchiata di sangue. Coperto con l'armatura che gli aveva donato Thor, si sistemò l'elmo, estrasse l'ascia e lo scudo in attesa.
<< Dall'altra parte, invece, la sua sfidante! Una creatura della notte! Da molti secoli la sua specie terrorizza il mondo dei mortali, rendendoli loro schiavi e nutrendosi di sangue! Ecco a voi, una dei pochi vampiri rimasti! Si fa semplicemente chiamare… Marie! >>
Marie fissava il vuoto nell'anticamera dell'arena. Il suo corpo era protetto da piastre scarlatte, dalla gorgiera metallica a coprirle la gola, fino agli stivali d'arme. Brandiva una spada lunga, una di quelle previste, fatte per colpire di taglio e di punta, e il suo scudo era bordato di ferro, costruito con assi di guercia. Teneva le mani sul pomo della spada, i capelli corvini le circondavano il volto sottile e pallido. Respirava piano, picchiettando con l'indice destro contro l'elsa della lama; quando poi sentì il suo nome, distese il corpo e si tirò su.
Auth la fissò in silenzio. Erano entrambe passate per il sangue e il clamore della battaglia molte volte nella loro esistenza, le parole in certi frangenti erano inutili. La vampira si calò sul capo l'elmo a visiera e passò oltre la compagna, attraversando il budello di pietra che conduceva allo spiazzo dei combattimenti. Quando mise piede nella sabbia rossastra, tinta col sangue dei gladiatori caduti, la folla sugli spalti esplose in grida d'estasi e con la bava alla bocca. Poteva sentire distintamente la sete di sangue di quei dementi e sorrise quasi rassegnata, calando la visiera sull'elmo con uno scatto metallico
<< Si dia inizio... al massacro! >>
Accelerator teneva alto lo scudo in legno magico. Avendo sempre vissuto in mezzo a scienziati, l’esper non credeva in cose come la fede o la religione, ma sperava che le rune dipinte sull’elmo gli fornissero qualche benedizione. Se qualcuno lo avesse sentito... probabilmente si sarebbe scavato la fossa da solo.
<< Tu... tu sei una schiava, vero? >> chiese. << Sei prigioniera come me. >> Voleva provare a ragionare, non era fatto per il combattimento fisico.
<< Ascolta, non ho niente contro di te e di certo non sono un gladiatore. Potremmo escogitare un piano per scappare, anziché cercare di ucciderci a vicenda. >>
E secondo te, Loki non se ne accorgerebbe?"
Le parole colpirono la mente del ragazzo, entrando nel suo cervello. Era dotata di telepatia.
La vampira sollevò lo scudo, tenendolo così da coprire il busto, e si abbassò sulle gambe, la spada alta a coprire il fianco destro.
"Dobbiamo almeno divertirli. Non mi va di ucciderti, ragazzo... ma per ora, intratteniamoli!"
E, senza aggiungere altre parole, partì alla carica, colpendogli lo scudo con una violenta spallata. Poi, con un fendente in diagonale, colpì il giustacuore in cuoio, facendolo indietreggiare.
Ti proietterò nella mente le mie azioni, reagisci di conseguenza” sussurrò nella sua testa, riprendendo le distanze.
<< Cazzo! >> esclamò Accelerato, non appena sentì l’impatto contro il suo scudo. Era una nosferatu, dopotutto, e stando ai racconti possedevano la forza di dieci umani.
L’esper aveva imparato nel peggiore dei modi che il suo potere era bloccato. Non poteva cambiare i vettori… non poteva proteggersi!
“Ma forse, questi maledetti collari non sono in grado di sopprimere completamente i nostri poteri” pensò. O forse erano stati progettati proprio in questo modo. Doveva solo capire quanto delle sue abilità era ancora in grado di usare. Senza tergiversare, menò un fendente verticale con l’ascia.
Marie vide quei movimenti in anticipo. Il ragazzo era visibilmente impreparato nel combattimento corpo a corpo, mentre lei aveva calcato decine campi di battaglia.
Defletté il corpo con lo scudo, sbilanciandolo, e gli passò alle spalle, scartando sulla sinistra, e rigandogli la schiena con un altro fendente.
"Loki non sarà contento finché uno di noi due non stramazzerà al suolo.. .posso farti vedere come rompere un osso senza uccidere, se vuoi”.
Accelerator ansimò. Arrivati a questo punto, c’era poca scelta.
“No. Stando ai racconti di Thor, Loki non è stupido. Non puoi imbrogliarlo come se fosse un pollo qualunque. Tuttavia, lui segue la volontà del popolo, perciò... dobbiamo far divertire il popolo” rispose telepaticamente grazie alla connessione instaurata dalla donna. Si rialzò in piedi e si mise in guardia.
“La tua idea dell’osso rotto non è male, ma sembrerà forzata e il pubblico si sta annoiando. Ho un piano, ma devo agire adesso. Ti farà un po’ male, ma cerca di starmi dietro”.
Detto questo, scagliò la sua ascia contro la sua avversaria e lei ne deviò la traiettoria con lo scudo. Bastò quel secondo di distrazione per permettere ad Accelerator di agire: il suo piano comportava alcuni rischi, e non era sicuro di riuscirci, ma se quella vampira poteva sfruttare una flebile telepatia, allora anche lui avrebbe potuto eseguire dei basilari calcoli vettoriali.
L’arena era fatta di sabbia, granelli morbidi ma compatti che, se uniti insieme, diventavano duri come roccia. Era questo che l’esper voleva sfruttare: con la mano libera afferrò un po’ di sabbia e calcolò una traiettoria. Riuscì ad alterare i vettori della sabbia e scagliò quella piccola palla che teneva in mano con la stessa potenza di un proiettile. L’impatto fu tale da lasciare una lunga ferita sul braccio destro della vampira.
L’albino non perse tempo e la tempestò di proiettili sabbiosi. Il danno era incentivato anche dalla presenza di denti e ossa rotte presenti sul terreno, che conferivano ai suoi colpi maggiori danni.
Alla vista del sangue, il popolo iniziò ad esultare. Al contempo, un polverone cominciò a coprire la coppia… proprio come voleva Accelerator.
Marie osservò la semplice sabbia passare le piastre della sua armatura. Il sangue rosso schizzò dalle ferite, graffi sulla pelle, porzioni di carne strappata via dalla violenza dell'impatto. Sorrise fra sé e sé sotto la visiera, ascoltando il giubilo della folla… e poi agì.
Fece scattare la spada dal basso verso l'alto, causando uno spostamento d'aria tale da infierire sulla compostezza dei proiettili; i granelli si sfaldarono per la violenza del movimento, creando un autentico muro di pulviscolo. La Nosferatu agì in quel frangente.
Con la velocità superiore della quale disponeva, scattò contro il suo avversario, correndo rasente al suolo e scattò in alto, insinuando la punta della spada sotto l'elmo in ferro e disegnando una lunga scia rossa vicino all'occhio del ragazzo.
"Tranquillo, non voglio accecarti, ma ora ti darò un'apertura. Colpiscimi la spalla sinistra con la spada!"
Il ragazzo sentì il dolore provocato dalla sua arma, ma non se lo fece ripetere due volte. Anche se la polvere li nascondeva, Loki avrebbe potuto eseguire un incanto per poterli comunque vedere e dovevano recitare la parte al meglio. Così seguì il consiglio e menò un colpo di scramasax sulla sua spalla sinistra, trafiggendola.
Lo spallaccio evitò che la lama le staccasse il braccio dal corpo, ma l'acciaio si piegò, andando a rompere la cotta di maglia sottostante; gli anelli si aprirono e lacerarono la pelle. Il sangue iniziò a scorrere lungo il braccio, caldo e denso, e gocciolò a terra.
"Ora tocca al tuo braccio destro. Stringi i denti!"
E senza aggiungere altro, urlò, afferrandogli il polso per tenerlo alla sua portata, e calò la spada di piatto, facendo risuonare un vomitevole "CRACK".
Loki schioccò la lingua innervosito, e agitò una mano per allontanare quel pulviscolo di sabbia. Ben presto, la vista di due guerrieri ricoperti di sangue si palesò davanti a lui.
Aveva capito subito cosa stavano cercando di fare, essendo quella una delle strategie basilari dell’inganno; avrebbe voluto interrompere l’incontro… ma era anche curioso di sapere come quei cani se la sarebbero cavata. Un solo altro passo falso, e li avrebbe puniti severamente.
Con le ultime forze rimanenti, i due contendenti non avevano ancora finito di dare spettacolo e con le braccia sane afferrarono la loro arma. Tutti e due si lanciarono uno contro l’altro.
Stavolta l’intento era chiaro: uccidere. Il loro grido di battaglia si levò per tutta l’arena e quando furono a portata menarono i fendenti, tutti e due diretti alla testa. Sarebbero stati feriti molto gravemente... se non fosse stato per un muro invisibile generato dal sovrano di Asgard.
<< Basta così >> disse.
Aveva lo sguardo serio… non sembrava contento. L’occhiata che lanciò loro faceva trasparire molto bene il concetto: non se l’era affatto bevuta.
Avrebbe dovuto punirli? Certo, ma la folla ci era cascata con tutte le scarpe… e stava intonando cori per i gladiatori. Il volere del popolo era chiaro.
<< Vi faccio i miei complimenti, guerrieri, avete reso onore agli Dèi Antichi, pertanto... >>
Loki avanzò il pollice, tenendolo sospeso e alla fine... lo abbassò. Aveva deciso di risparmiare loro la vita, e il pubblico urlò di pura gioia. Dentro di sé covava rabbia, poiché anche un re aveva le mani legate quando si trattava del popolo.
Ritornò a sedere sul trono, meditando di castigarli a dovere più tardi, lontano da occhi indiscreti.
 << Dèi ed einherjar, ancora non è finita, poiché lo scontro migliore sta per cominciare... >> disse Bragi << Una divinità caduta in disgrazia! Colei che ha combattuto contro il Maestro in persona! La personificazione di una Creatrice. Si fa chiamare... Auth! >>
Un sorriso da serpe si disegnò sopra il volto di Laufeyson, mentre il suo annunciatore si preparava per presentare il prossimo sfidante, in attesa che Auth facesse la sua entrata.
<< Il suo avversario, invece, lo conoscete molto bene. È un dio proprio come noi... trent'anni fa tradì Asgard e tutto ciò che rappresenta! Ha ucciso giganti, demoni e mostri di ogni genere! Il Nemico della Serpe! Il flagello di Jötunheim! Signori... date il bentornato all'ex prediletto di Odino... il possente Thor! >>
L'Ase fece la sua entrata dal cancello e il pubblico era in visibilio nel rivederlo. Si guardò intorno, tenendo ben stretta Jarnbjorn, l’ascia che utilizzava ai tempi in cui ancora non aveva Mjölnir. Il suo sguardo si posò sul trono dorato e i suoi occhi azzurri incrociarono quelli verdi di Loki. Impossibile capire cosa stessero comunicando con quel gesto.
Il martello era custodito accanto a lui, protetto dalla magia, come una specie di trofeo; un modo per umiliarlo. Thor, senza farsi vedere, aprì il palmo della mano sinistra, ma il maglio non si muoveva di un millimetro. Era chiaramente un artificio molto potente quello imposto da suo fratello.
<< Non ho niente contro di te, forestiera >> disse concentrando il suo sguardo sulla sua avversaria << Non dobbiamo necessariamente combattere. Possiamo opporci al perverso gioco di mio fratello! Deponi le tue armi, e uniamo le nostre forze. >>
Interamente vestita con un’armatura di cuoio, Auth osservò Thor dalla sua estremità dell'arena, apatica, atona. Poi, unì i palmi delle mani, come se stesse per pregare. Una lama di energia si formò tra le dita, allungandosi man mano che la donna le allontanava, con gli occhi emananti una luce abbagliante.
Il collare agiva sui suoi poteri. Come, non riusciva a comprenderlo… ma non per questo non avrebbe cercato di comprendere quanto in là potesse spingersi!
<< Ho visto così tanti dèi andare e venire >> sussurrò, portandosi al centro dell'arena << e interi panteon anche per mano mia. Affrontami, tu che sei grande fra gli Aesir. Potrebbe essere divertente. >>


Track: https://www.youtube.com/watch?v=eNTMKWysvPc


Il Tonante constatò che non c’era modo di ragionare, quindi tanto valeva dare spettacolo. Si portò anche lui al centro dell’arena, osservando attentamente la magia della sua avversaria.
Aveva sicuramente a che fare con un’evocatrice, e senza Mjölnir affrontare una maga non sarebbe stato molto semplice. Per di più... non poteva fare appello ai fulmini e alle tempeste. Sentiva che il suo potere era terribilmente smorzato, ma la sua forza non era diminuita.
<< Ogni volta che provo a ragionare con qualcuno, ecco che succede questo... >> sospirò << Va bene, allora. Ti darò la battaglia, se tanto la desideri! >>
Si mise in guardia e sollevò la grande ascia sopra la testa. Appena fu l’occasione, vibrò subito un colpo fulmineo.
Auth alzò la sua spada, vibrante di energia. E nel momento in cui le due armi si incontrarono, l'aria sembrò piegarsi sotto la potenza dell’impatto. Approfittando del momento di stallo, la donna colpì Thor all'addome, affondando le nocche nella sua corazza. Con uno scoppio, generò un'esplosione fra il pugno e il corpo dell’avversario, facendolo indietreggiare.
Thor affondò i piedi nella sabbia per non cadere. Non si aspettava tanta potenza in quella donna, per questo ne rimase sorpreso e compiaciuto. Capendo che non avrebbe dovuto sottovalutarla, egli si lanciò di nuovo all'attacco con un fendente.
Auth ancora una volta intercettò l’assalto. Sentì il braccio cedere un momento sotto la forza del tonante e fece scattare la coda, cercando di colpirlo agli occhi. Grazie ai suoi riflessi fulminei, l’Ase vide la frusta che guizzava contro il suo viso. Agì d'istinto e la afferrò con la mano libera. Quella donna era davvero piena di assi nella manica, doveva aspettarsi di tutto.
Senza esitare, utilizzò la forza del suo braccio per tirarle la coda e lanciarla contro la parete di pietra degli spalti. La dea sbatté di schiena contro la parete e ruzzolò a terra, lasciando un’impronta profonda nelle rocce. Affilò lo sguardo e, ponendo il palmo destro a terra, scatenò fasci di energia cosmica contro di lui.
Thor fu lesto e riuscì a deviarne la maggior parte… ma altri lo colpirono con forza, facendolo arretrare di nuovo. Chiuse gli occhi, prese un respiro profondo… ma non accadde niente. Non poteva evocare il fulmine, né provocare temporali.
Tuttavia, si accorse che le sue dita avevano cominciato ad emettere delle lievi scariche elettriche. Forse aveva ancora qualche asso nella manica! Facendo appello a tutta l’energia che aveva in corpo, porse le braccia in avanti…e, con sua stessa sorpresa, scatenò un torrente di elettricità contro l’avversaria.
Auth si limitò a tendere una mano, pensando che avrebbe assorbito quei raggi senza problemi, come aveva già fatto molte altre volte contro avversari simili. Tuttavia – e con sua grande sorpresa – sentì quella scarica farsi strada nel suo braccio… e provò un forte dolore.
Strinse i denti e, con un rapido movimento della mano libera, evocò un’altra lama e si scagliò contro il suo avversario. E mentre la punta della spada intercettava l’ascia, ecco che la donna la trasformò in una lunga falce, eludendo Jarnbjorn e colpendo il dio alla spalla.
Thor sentì la lama conficcarsi nella sua carne e ringhiò di dolore. Ma ora le era vicina… era anche giunto il momento di contrattaccare. Afferrò l'estremità del manico di legno della falce e la colpì con una violenta testata.
A causa di quel tremendo colpo, Auth arretrò di qualche passo. Poi, afferrò l'asta della falce per non perdere l'equilibrio e serrò le dita della mano sinistra ad artiglio, generando un globo luminoso che schiantò dritto contro la faccia del dio.
Thor venne sbalzato all’indietro, mentre la dea ansimava stancamente. Per una come lei, manipolare l'energia e la materia a livello molecolare non era mai stato un problema, ma il collare appesantiva ogni suo sforzo, limitando considerevolmente il suo potere. Era davvero un'invenzione terrificante, degna dell’uomo che era riuscito a sconfiggerla: il Maestro. 
Con la faccia leggermente bruciata, Thor si pulì un rivolo di sangue.
<< La tua magia è davvero forte e imprevedibile! Ne sono lieto >> disse solennemente.
 Anche lui sentiva il peso del collare, ma la battaglia lo stava divertendo.
<< Combatti bene… ma la battaglia è tutt’altro che finita! Coraggio, non fermiamoci proprio sul più bello! >>
E, detto questo, si lanciò contro l’avversaria un’altra volta.
Auth sorrise in modo predatorio. << Vuoi una battaglia, dio del tuono? Allora sarò più che felice di accontentarti! >>
Piegò il busto - al limite delle capacità del suo corpo di carne e sangue -  e, da una posizione troppo bassa per qualsiasi umano, fece scattare una daga diretta al sottomento del suo avversario, con l'intenzione di trapassargli il cranio da parte a parte. Le due armi cozzarono l'una contro l’altra, generando un boato tanto forte da costringere molti degli spettatori a tapparsi le orecchie.
Loki non ne risentì affatto. Anzi, questa situazione era a dir poco esaltante! Anche se indebolita, quella donna era riuscita a far sanguinare suo fratello.
La potenza del colpo fu tale da far volare entrambe le armi alle estremità opposta dell’arena.
I due combattenti  si trovavano completamente disarmati. Thor ansimava e sorrideva al tempo stesso.
<< Bene… ora possiamo combattere come veri guerrieri: corpo a corpo! La base del combattimento. Solo un folle affida la sua vita a un'arma, dopotutto. >>
<< Potrei evocarne ancora... e ancora, e ancora >>  disse Auth con un sorriso sarcastico << ma ora come ora... voglio solo saggiare la tua forza. >>
E, detto questo, si liberò delle vesti stracciate e mise una guardia alta. Poi scattò contro di lui, usando l'energia cinetica sulla punta dei piedi per darsi velocità. Anche Thor si liberò della propria armatura di cuoio, logorata dai colpi della sua avversaria. Il dolore si poteva sopportare, ma un'armatura danneggiata no, diventava solo un impiccio! Se la strappò di dosso, rimanendo a petto nudo… e si scagliò verso Auth.
La su avversaria era ancora più veloce di prima e riuscì a colpirlo al viso con un potente calcio. Tuttavia, il dio del tuono incassò l’assalto senza vacillare, per poi contrattaccare con un poderoso montante alla mascella.
La testa di Auth scattò verso l'alto… ma ecco che la mano destra della donna serpeggiò verso di lui, afferrandolo per le tempie e sbattendolo violentemente al suolo. Il contraccolpo conseguente fu abbastanza forte da far tremare l’intera arena.
Con l’arto libero, la dea evocò un altro globo di energia e lo avvicinò pericolosamente al volto dell’avversario… ma prima che l’attacco potesse andare a segno, ecco che l’Ase la colpì con una forte gomitata al naso. Il sangue macchiò il volto altrimenti perfetto della donna, mentre Thor piegava la schiena all’indietro e le tirava una testata nello stesso punto, facendole mollare la presa.
Ora libero, il Tonante menò un pugno al volto dell’entità. Auth riuscì a schivarlo appena in tempo, inarcando il corpo. Poi, afferrò ancora una volta il capo del biondo e lo colpì con una ginocchiata tanto forte da provocare uno spostamento d’aria non da poco.
La testa del dio fu scagliata all'indietro e la donna, girando su se stessa come un fulmine, lo colpì alla mascella una, due, tre volte, come se ormai non potesse più fare altro. Thor incassò gli attacchi, ignorando il sangue zampillante. All’ennesimo calcio, afferrò la gamba dell’avversaria con entrambe le mani. I muscoli delle braccia si contrassero in maniera spaventosa, mentre stringeva la presa e la sbatteva violentemente al suolo, generando un altro cratere sulle sabbie dell’arena.
Poi le si portò dietro e le avvolse le braccia al collo in una possente presa di sottomissione. Aveva imparato questa mossa nel vecchio mondo, dal suo più caro amico e compagno d'armi, Eracle. Era stata proprio quella presa a sconfiggere il tonante durante il suo primo scontro con il principe della forza!
Auth si sentì mancare il respiro. Non poteva muoversi come voleva e sentiva la gamba che le dolevano. Ma mentre la sua vista cominciava ad appannarsi, la sua mente vagò fino ad un ricordo lontano, quando era un’entità molto più giovane.
All’epoca, le piaceva osservare le creature dei vari mondi con il fascino e l’innocenza di una bambina. E un giorno, mentre vagava sulla Terra... aveva visto un serpente che scivolava via dagli artigli affilati di un predatore... una carne molle che sgusciava come sabbia fra le dita.
Il suo corpo reagì di conseguenza. Quel poco di magia che le era rimasta cominciò ad alterare la struttura cellulare della sua pelle, rendendola quasi malleabile. Rilasciando un lungo respiro, la donna riuscì a piegarsi placidamente sotto la stretta, superando la forza con la calma di un fiume scrosciante. Fu allora che colpì l’avversario con un altro pugno, facendolo rotolare a qualche metro di distanza.
<< Avanti, Tonante! >> urlò, mentre si rimetteva in piedi << non sento ancora le trombe del regno dei cieli. Questa è la nostra battaglia... fammi divertire ancora un po’... avanti! >>
Thor incontrò quella sfida senza vacillare e si pulì il sangue dalla fronte. Doveva mettere fine a quello scontro! Basta trucchi, basta tecniche, basta magia e anche saette. Se voleva vincere, doveva colpire la sua avversaria con tutto quello che aveva.
Ancora una volta, Thor scattò in avanti e le menò una potente testata, portandola al centro dell'arena. Poi cominciò a tempestarla con una raffica di pugni, a cui la donna rispose con un ghigno macchiato di rosso. Era in estasi. Nonostante la schiavitù, nonostante la rabbia e l'abbandono… ora era lì, al centro dell'arena, con il miglior combattente con il quale si fosse mai scontrata!
Avanzò con la punta dei piedi, conficcandole nel suolo, piegandosi in avanti e colpendolo con un diretto al volto. E Thor non fu da meno, mentre restituiva l’assalto con altrettanta ferocia!
Ben presto, l’arena risuonò delle ossa che si spezzavano e dalla carne che veniva squarciata, mentre la terra sotto i due combattenti continuava a crepare.
<< Non fermarti, Thor! >> urlò Auth in quella tempesta di colpi, colpendolo alle costole, all'addome e al ventre, sempre nocche su carne, nocche su osso.
E nonostante la stanchezza, il dio non demorse! Proprio come con Grugaloragran, questa battaglia gli riportò alla mente i suoi giorni di gloria, quando aveva combattuto giganti, troll, draghi e creature celesti. Tutte battaglie che erano entrate nel mito… ormai dimenticate a causa del Maestro.
Non voleva ancora cedere. Voleva andare avanti! Quella era la frenesia della battaglia. Sentiva il Valhalla che lo chiamava, e così continuò a colpire l’avversaria con i suoi possenti pugni, senza mai fermarsi, senza mai sbagliare.
Ma più andavano avanti… più i movimenti di entrambi i guerrieri si facevano lenti a causa della stanchezza. Si colpirono all'unisono con tutta la forza che rimaneva nei loro corpi, generando un'ultima onda d'urto. Thor barcollò indietro. La testa gli girava, non sentiva più nulla, il corpo si faceva pesante. Gli sembrava solo di sentire il battito d'ali di una valchiria e poi... cadde esamine al suolo.
Auth arretrò nello stesso istante, il volto deformato come da un folle, estatico sorriso. Sentì in testa il clangore di battaglie fra eserciti bardati d'oro, il suono di astronavi in fiamme presso i bastioni di quarzo di mondi lontani. Udì il rombo dei cannoni e la furia degli dei.
In un solo, intimo istante di lucidità, la sua mente vagò lontana anni luce, fra tempo e spazio, esplorando tutte le battaglie alle quali aveva partecipato, i condottieri che aveva ucciso, gli amori che aveva consumato. Questa battaglia era stato un incredibile tuffo nel passato. Ricadde al suolo, incosciente, con le labbra distese in un sorriso dolce e soddisfatto.
Gli asgardiani sugli spalti, e anche i gladiatori che avevano assistito, rimasero in silenzio… e poi si levò un grido di gioia ed estasi. C’era chi tifava per Thor e chi per Auth.
Loki ghignò compiaciuto allo stato del fratello. Con un gesto sprezzante della mano, fece riportare entrambi i combattenti nelle gabbie, in preparazione al prossimo combattimento.
Quando Thor riaprì gli occhi, scoprì che Accelerator si era seduto accanto a lui.
<< Hai combattuto bene, giovane ragazzo >> disse semplicemente.
<< Tch… risparmiami i complimenti. Guarda come ti sei ridotto, razza di idiota. Io non capirò mai la mentalità di voi guerrieri. Saresti potuto morire, e invece ridevi come se stessi giocando! >>
L’asgardiano emise una risata strozzata. << Non so che dirti, ragazzo. Sono fatto così, proprio come tutti i guerrieri sono fatti della stessa pasta. Combattiamo, sanguiniamo, ci rompiamo le ossa e poi… brindiamo tutti insieme. È nella nostra natura, sancisce amicizia. Niente salda un rapporto meglio di un combattimento! Ricordatelo quando dovrai discutere animatamente col giovane Baelfire. >>
<< Ma sta' zitto >> sbottò << Pensa solo a recuperare le forze e basta. >>
E così rimase lì, in silenzio, a vegliare su di lui.
Tuttavia…etrambi erano sicuri di una cosa: Loki non aveva ancora finito con loro.
 
 
 
 
Eccome se non ha finito!
Pensavate davvero che ci fossimo dimenticati di Marie e Auth? Wrong! Noi non facciamo mai niente per caso, questa fan fiction è il risultato di due anni di pianificazione e tutto procede come stabilito quattro/cinque anni fa (ebbene sì, la portiamo avanti da un bel po’).
E infatti eccole entrambe qui, e da ora in avanti saranno perennemente presenti nella trama della fic.
Speriamo anche che gli scontri vi siano piaciuti!

 
 
NUOVI PERSONAGGI
Esdeath
Opera:
Akame Ga Kill
Razza: Umana
Video Tribute: https://www.youtube.com/watch?v=PmXj2CwycKE
Soundtrack: https://www.youtube.com/watch?v=6mwqispLENg
Autore: Evil 65

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Capitolo 38
*** Capitolo 34 - In search for will ***


Eccoci qui! Ormai lo sapete, in estate andiamo praticamente in letargo, ma fortunatamente per voi abbiamo già tre capitoli belli pronti per questo mese!
Senza ulteriori indugi, vi auguriamo una piacevole lettura ;)




 

Capitolo 34 - In search for will

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“What have I become
My sweetest friend
Everyone I know goes away
In the end
And you could have it all
My empire of dirt
I will let you down
I will make you hurt...”

Johnny Cash
 – Hurt


Il silenzio era così fitto da poter essere tagliato con un coltello. Nell’istante in cui Yūko terminò il suo racconto, sopra l’intero negozio calò un velo di cupa realizzazione.
Ogni piano fatto finora, ogni missione svolta, perfino il ritrovamento del TARDIS… erano stati per niente. Coloro che avevano perso la vita per la Ribellione… erano morti invano.
O, almeno, questi erano i pensieri che stavano attraversando la mente del Dottore, i cui occhi grigi sembravano aver perso ogni barlume di tempesta. L’uomo sedeva per terra, con la schiena incollata al muro, la testa rivolta verso il basso e i capelli cadenti.
Ancora non riusciva a crederci: il Maestro, suo acerrimo nemico, dittatore di Battleground… era l’unica cosa che teneva ancora in piedi ciò che restava della realtà. Una realtà che, a quanto pare, era stata completamente spazzata via.
Ancora una volta, il Signore del Tempo aveva perso tutte le persone che contavano per lui. Gallifrey era stato nuovamente spazzato via… Rose, Martha, Sarah Jane, Amy, 
Clara e il resto dei suoi amici… erano tutti morti, consumati dalle folle ambizioni di divinità a cui piaceva giocare con le vite di coloro che avevano contribuito a creare.
Era tutto semplicemente… troppo. Troppo da assorbire, troppo da comprendere…troppo da sopportare.
Il suo sguardo vagò lentamente verso Angel, che lo scrutava preoccupato e ansioso.
<< Tu lo sapevi >> disse con un filo di voce. Non un’accusa, non una domanda, solo una semplice constatazione.
Il ragazzo rimase in silenzio per qualche secondo, come se non fosse sicuro di dover rispondere.
<< Io… lo sospettavo >> ammise, accompagnando quella risposta con un sospiro rassegnato << Ma non potevo esserne sicuro. Non senza prove. >>
<< Come... >> sbottò James << Come sarebbe a dire “lo sospettavi”!? Che non avevi prove? E non hai pensato per un secondo, un solo secondo, che anche un semplice dubbio avrebbe potuto fare la differenza!? Che con questa informazione, il Dottore avrebbe potuto indagare? Abbiamo perso due uomini in quella bolgia! E si sarebbe potuto evitare se tu avessi parlato! >>
<< Concordo col mio leader >> ribatté Kirby << anche se a sentire una cosa simile... non credo avrei potuto crederci io stesso. >>
Anche il resto dei Cacciatori presenti era orripilato al pensiero dei trilioni di vite perdute in una manciata di secondi, il tutto perché i cosiddetti Arcani avevano deciso che la loro esistenza era venuta loro a noia: neanche si erano degnati di accampare la scusa di qualche peccato comune a tutto il creato, come nei tanti miti di cui avevano letto.
<< Ma è semplicemente assurdo! >> sbottò Fire, sdegnato << Da quanto va avanti questa dannata situazione? Forse da prima che nascessimo tutti! Non abbiamo perso solo due uomini, ma milioni e milioni! Sono venti fottutissimi anni che la Ribellione combatte contro l’indottrinamento del Maestro! Perché!? Perché hai voluto nasconderci tutto questo, quando l'intera situazione era già assurda e deviante di per sé!? >>
Il rosso abbassò lo sguardo, le mani strette in pugni serrati, lo sguardo rivolto verso il pavimento, il corpo tremante.
<< Io… lo so >> borbottò, la voce rotta più di quanto chiunque di loro l’avesse mai udita << So che non ci sono scuse… so che avrei dovuto dire qualcosa. Ma non potevo! Perché… perché... >>
<< Perché cosa!? >>
<< Perché avevo paura! >>
Quel grido risuonò per tutto il negozio come un colpo di cannone, facendo sussultare alcuni dei presenti
<< Avevo paura che fosse vero! Che tutti i miei amici fossero morti! Che tutta la mia famiglia fosse stata spazzata via! Che tutto ciò che avevo amato… era stato distrutto! >>
Le lacrime cominciarono a rigargli le guance.
<< E così ho continuato fingere… fingere che ci fosse ancora una possibilità. Che qualcuno fosse riuscito a salvare il Multiverso al posto mio… che avremmo potuto riportare le cose com'erano! Che li avrei rivisti… avrei rivisto i miei genitori… avrei rivisto lei... >>
A quel punto, nulla riuscì a frenare la risata gracchiante che gli fuoriuscì dalla bocca, come un singhiozzo strozzato.
<< Ho continuato a ripetermi che sarebbe andato tutto bene, che il Multiverso fosse ancora intatto, solo cambiato… e così ho finito per crederci. E ho aspettato… ho voluto credere nel Dottore, ho voluto credere che saremmo stati capaci di rimettere le cose a posto! Perché... >>
Sospirò stancamente, frustrato.
<< Perché sono un codardo >> sussurrò, incontrando gli sguardi dei suoi alleati << E ora Blue se n’è andato. E non sono riuscito a risolvere nulla. Gran bel Guardiano del Multiverso, non pensate anche voi? >>
<< Be', se posso permettermi, questo gruppo non manca di fallimenti >> commentò Emil, nel tentativo di sdrammatizzare la situazione << o mezzi fallimenti. E ammetto che non mi dispiacerebbe completare la transizione adesso, buttandomi a terra e pensare a come la mia visione del mondo sia stata totalmente stravolta. >>
 << Ma...? >> chiese Blake, intuendo dove l'amico fauno volesse andare a parare.
Il ragazzo sorrise, mostrando i canini. << Non mi sentirei soddisfatto senza dare almeno un bel pugno a “chi sapete voi.” >>
 << Avrei utilizzato altre parole >> aggiunse Ruby, roteando gli occhi << ma concordo che non possiamo fermarci qui. Forse il vostro vecchio universo non esiste più, ma abbiamo ancora questo, una galassia pulsante di vita, nuove conoscenze, e tante altre meraviglie. Nessuno di noi sarebbe soddisfatto se la lasciassimo così com'è. >>
<< I nostri Cacciatori qui presenti sono stati precisi e concisi >> intervenne Lord Royston, incrociando le braccia << Prendercela con te non porterebbe a niente, ragazzo. Non ci renderà il vecchio mondo. Ciò che possiamo fare… è andare avanti con quello che abbiamo: dunque non possiamo uccidere il Maestro, pare, altrimenti il mondo ne pagherebbe le conseguenze, ma ciò non vuol dire che non possiamo sconfiggerlo. >>
<< Buona fortuna >> sbuffò il Dottore, che era rimasto in silenzio fino ad ora, limitandosi ad ascoltare << A quanto pare, il mio vecchio amico ha letteralmente il potere di un dio dalla sua parte. E noi cos'abbiamo? Un macchina del tempo ormai completamente inutile, corpi mortali… oh, quasi dimenticavo, abbiamo pure perso due dei nostri combattenti più forti. Siamo senza un piano, senza alternative… e in fuga. >>
Il suo sguardo vagò fino al soffitto.
<< Per la prima volta, dopo tanto tempo, non ho la minima idea di come risolvere questa situazione. Il Maestro… ha vinto >> sussurrò, pronunciando quelle parole come se fossero una condanna
<< Una volta toccato il fondo, si può solo risalire >> commentò Yūko, tirando una boccata dalla sua pipa.
<< Che vuole dire? >> domandò Angel, confuso.
<< Che una soluzione al vostro problema esiste. La domanda da porsi ora è… avrete la volontà di attuarla? Anche a costo di sacrificarvi? >>
<< Con tutto il dovuto rispetto, signora >> intervenne il giovane Royston, non riuscendo a trattenere l’esasperazione nella voce << non abbiamo tempo per le cazzate e le ovvietà da Enigmista. Il mondo è in pericolo, e lo sono attualmente i nostri compagni. Perciò... vaffanculo al prezzo o alle implicazioni, sputi il rospo! >>
Logan borbottò: << Solo perché hai ragione, per questa volta passi il linguaggio, figliolo. >>
Ancora seduto a terra, il Dottore rilasciò un altro sospiro.
<< Sto diventando troppo vecchio per queste stronzate >> borbottò, ricevendo subito occhiate dal resto del gruppo << Che c'è? Ho appena scoperto di aver perso il mio popolo per la seconda volta! Posso permettermi un linguaggio un po' più colorito. >>
Si alzò lentamente in piedi.
<< Ad ogni modo… sono arrivato fin qui, no? Tanto vale ingoiare tutta la pillola. Com'è che diceva William Joyce? Meglio morire per proteggere che per rubare cioccolato… no, meglio cercare una metafora migliore più tardi. >>
Detto questo, si voltò verso Angel.
<< E tu che mi dici, ragazzo? Hai intenzione di passare le prossime ore ad autocommiserarti... o combatterai al nostro fianco ancora una volta? >>
Angel fissò prima l'anziano, poi gli altri membri della Resistenza. Per circa dieci secondi rimase in silenzio.
<< Un mio amico ha dato se stesso per aiutarci in questa battaglia >> disse, offrendo loro un sorriso teso << Al punto in cui siamo ora, non avrebbe senso tirarsi indietro. Per cui… sì, vi aiuterò. >>
<< Condivido. Fermarsi proprio ora sarebbe da vigliacchi >> continuò Kirby, con un bagliore di Aura rosata negli occhi, a enfatizzarne le parole.
<< Sono sempre con te >> replicò Emil, stringendogli una spalla.
<< Così come lo sono io >> affermò Penny.
<< In questo caso, dovrò accompagnarvi per assicurarmi non vi facciate uccidere invano >> affermò invece James, con un'espressione che rendeva ben chiara la sua promessa.
Il resto del team RWBY non ebbe bisogno di parlare: avrebbero tutti seguito Ruby fino all'inferno e oltre, e a lei bastò lanciare un’occhiata alle altre per rendere chiare le sue intenzioni determinate.

Yūko sorrise. << A questo punto, posso rivelarvi ciò che serve. >>
Tirò una lunga boccata dalla pipa, enfatizzando di più l'attesa dei presenti.
<< Il potere del Maestro è grande, ma non è qualcosa che gli appartiene. Perciò, rispettando una determinata condizione, gli può essere sottratto, e affidato a qualcun altro. E l'unico candidato che può reggere un tale potere, siete proprio voi, Dottore… >>
Con occhi emblematici fissò il Signore del Tempo che pendeva dalle sue labbra.
<< Attraverso il  Vortice del Tempo. Solo tramite la sua conoscenza, dopo aver scrutato nell’esistenza stessa,  vi sarà possibile rubare al Maestro il suo potere. >>
Nel negozio calò un silenzio di tomba, mentre ogni singola persona si voltava verso il Signore del Tempo.
<< Ma questo… è fantastico! >> esclamò Ruby, sorprendendo il resto del gruppo << Allora abbiamo solo bisogno di avvicinare il Dottore al Maestro, e tutto sarà risolto! Questo sì che è un Deus Ex Machina con in controfiocchi. >>
Penny inarcò un sopracciglio, presto imitata dal resto della sua squadra.
<< Deus EX… cosa? >> domandò confusa.
La ragazza arricciò le labbra in un sorriso tutto denti, mentre le sue compagne gemevano in apparente realizzazione.
<< Oh, è un espediente narrativo che avviene quando qualcosa di molto conveniente finisce nelle mani dei protagonisti di una storia. Nei fumetti è molto comune. >>
Weiss si portò una mano sul viso. << Ruby, non siamo in un fumetto. >>
<< Ma l’idea è comunque buona >> ribatté la piccola mietitrice, rivolgendosi al Dottore.
L’uomo la fissò in silenzio per qualche secondo, il volto contratto da un’espressione tutt’altro che sollevato.
<< Non… non è così semplice >> borbottò, più debolmente di quanto qualunque Time Warrior si fosse aspettato.
<< Perché? >> chiese Kirby, già sentendosi invadere da una spiacevole sensazione.
Il Signore del Tempo sospirò stancamente. << Ve lo spiegherò più tardi. Ora… immagino dovremo occuparci del nostro secondo problema più grande. >>
Rivolse la propria attenzione nei confronti del gruppo.
<< Naturalmente, mi riferisco ai nostri compagni attualmente tenuti in detenzione. E non sappiamo ancora dove si trovino… >>
<< Asgard. >>
Tutti si voltarono verso
Yūko.
<< Come, scusi? >> le chiese Yang.
<< I vostri amici si trovano ad Asgard >> spiegò la donna << Una volta che qualcuno entra nel mio negozio, posso continuare a percepire la sua presenza ovunque si trovi, salvo alcune piccole eccezioni. E proprio ora, posso assicurarvi che Thor e Accelerator sono detenuti sul pianeta Asgard. >>
<< Il mondo governato da Re Loki >> borbottò Blake << Famoso per le sue lotte tra gladiatori. Il che significa… >>
<< Che probabilmente i nostri amici verranno usati come fenomeni da circo per l’intrattenimento delle masse >> concluse Emil, sconsolato << E non è la parte peggiore. >>
<< No, direi proprio di no >> sospirò il Dottore << Quel posto è una vera e propria Fort Knox versione Colosseo. Qualche idee su come invadere uno dei pianeti più sorvegliati di tutta Battleground? Sono aperto a suggerimenti. >>
<< MEKO! >>
I presenti sobbalzarono. La creatura nominata Mokona era apparsa in mezzo a loro.
<< Il pianeta più sorvegliato? Avete una nave capace di viaggiare nello spazio-tempo e vi ponete una simile domanda? A che serve avere una cosa del genere, se non per entrare indisturbati in qualsiasi luogo e nel momento giusto? >>
<< Fuori discussione >> ribatté il Signore del Tempo, scuotendo la testa << Apprezzo il pensiero, polpetta, ma non posso rischiare che il TARDIS mi venga sottratto un'altra volta. Specialmente non quando potrebbe essere la nostra unica chance di sconfiggere il Maestro, essendo l’unico dispositivo in nostro possesso capace di accedere al Vortice del Tempo. Non ho intenzione di farlo avvicinare ad alcun campo di battaglia. >>
James rifletté qualche secondo, andando a ripescare tra le tante strategie studiate negli anni dell'accademia.
<< E se ci procurassimo dei bozzoli di salvataggio per mascherarli come detriti? Ricoprendoli con dei materiali anti-radar, potremmo atterrare su Asgard. A quel punto, bisognerà infiltrarsi nell'arena di Loki e trovare i nostri compagni. Ammesso che siano davvero usati come gladiatori, e non detenuti in qualche altra prigione. >>
Questa volta, il Dottore rifletté molto più attentamente sulla proposta.
<< Fattibile >> borbottò, portandosi una mano al mento << Ma… troppo rischioso, c'è il rischio che le magie di Loki possano comunque individuarci. >>
Schioccò la lingua, visibilmente irritato con se stesso.
<< Ci sono troppe incognite! Andiamo, Dottore, pensa… pensa! Come si possono infiltrare dieci persone in uno dei pianeti più sicuri della galassia, senza che vengano scoperti? Ci servirebbe qualcuno all'interno… qualcuno che conosce bene il posto, che sa come muoversi! Qualcuno che possa aprirci la strada! Qualcuno come... >>
<< Come me >> disse una voce femminile.
Ed ecco che dall’ombra, spuntò una figura ammantata da un mantello e col viso coperto da un cappuccio. I Time Warriors si allarmarono alla sua vista, e ciascuno di loro sfoderò la propria arma.
Saggiamente, la donna si fermò a una distanza di sicurezza e si levò il copricapo.
<< Vengo in pace, Time Warriors, non sono qui per recare offesa. Non potrei nemmeno volendo. Sono qui per proporvi un’alleanza, poiché io sono l’unica capace di eludere la magia di Loki. Asgard è ben protetta, e solo la magia potrà farvi entrare. La mia magia. >>
<< Salute a voi, signora >> replicò Logan, sebbene non avesse abbassato la propria spada << La vostra proposta di aiuto e soccorso ci onora profondamente, sebbene... be’, come posso dirlo in parole povere? Noi non possiamo fidarci di voi. Avete appena ammesso di essere seguace di Loki, e per di più ci avete trovato con una facilità estrema grazie ai vostri poteri… e guarda caso siete spuntata nel momento più opportuno per proporci aiuto. Come possiamo credere che non vogliate piuttosto attirarci in una trappola per conto del vostro signore? >>
<< Il mio signore non se ne fa nulla di voi. Lui desidera solamente Thor e l’ha ottenuto >> rispose la sconosciuta << Oltretutto, nelle vostre attuali condizioni, avete già perso e il Maestro ha vinto… almeno per il momento. Non ci sarebbe bisogno di attirarvi in una trappola, poiché il Maestro si aspettava dello sconforto da parte vostra. È troppo inebriato dal potere, ed è perfettamente consapevole di quello che può fare. Io voglio davvero aiutarvi, per via dell’amore che mi lega a Thor. Almeno in questo potete credermi. >>

Yūko era l’unica a non essersi allarmata, mantenendo la sua posizione disarmante. << Solo coloro che hanno un desiderio da realizzare possono entrare qui dentro. Vi garantisco che le sue intenzioni non sono ostili. >>
Tuttavia, ciascuno dei presenti stava comunque fissando la donna con titubanza e sospetto.
<< Forse quello che dici su Loki è vero >> considerò Fire << ma non è scontato. E soprattutto, sulla parte di Thor non possiamo affatto esserne sicuri. Noi non ti conosciamo, e lui di certo non ti ha mai nominata. Ma supponiamo di crederti per un istante… se sei innamorata di Thor, come spieghi la tua alleanza con Loki?  >>
<< Perché non può esserci arma più letale di una donna innamorata >> commentò Angel, attirando l’attenzione su di sé << Battleground è nata così, per salvare un amato prossimo alla morte, scambiandolo con tutto il resto. E lo stesso vale per lei e Thor. >>
Fissò poi la donna con comprensione. << O volete dirmi che mi sbaglio? >>
<< Per certi versi, il ragazzino dice il vero >> ammise la bionda << Ebbene... fu colpa mia. Fu colpa mia se Asgard cadde in mano a Loki. Io gli permisi di entrare assieme ai Decepticon, così che il Maestro uccidesse Odino. Fui ingannata dal dio delle menzogne, che utilizzò la realizzazione del mio sentimento come merce di scambio. Ho commesso il più grande degli errori. Non chiedo di essere compatita, e nemmeno di essere perdonata. Ma almeno verso Thor voglio fare ammenda.. e prometto che, quando questa storia sarà finita, mi costituirò a voi. Io non sono una dea ingannatrice come Loki, e quando una dea fa una promessa, ella è vincolata... per l’eternità. >>
Così dicendo, la strega pose il dito sul suo petto, all’altezza del cuore, e vi disegnò una croce, che si illuminò di bianco.
Il Dottore si fece avanti, soppesandola da capo a piedi. I suoi occhi analitici incontrarono quelli di lei, e lì rimasero bloccati per quasi un minuto buono.
<< Se davvero hai intenzione di aiutarci... >> disse all'improvviso << Saresti almeno disposta a rivelarci la tua identità? Ti prometto che nessuno di noi proverà ad attaccarti. Immagino che se ci avessi voluto fare del male, l'avresti già fatto e anzi, avresti potuto avvertire il tuo signore della nostra posizione, non è così? Sono disposto a darti il beneficio del dubbio… almeno per ora. >>
Lei, in tutta risposta, annuì.
<< Il mio nome è Amora l’Incantatrice, antica servitrice di Loki e attuale traditrice di Asgard. Ecco come mi chiamo, e io giuro di aiutarvi nella vostra missione. È il giuramento di una dea. >>

                                                                                                 * * *
 
Con le informazioni fornite da Amora, il Dottore ci mise meno di dieci minuti ad elaborare una strategia di recupero, e altri dieci per spiegarla al resto del gruppo e dividere i rispettivi compiti. Quando ebbe finito, consigliò loro di prendersi almeno mezz’ora di tempo per riposare e rifocillarsi, in preparazione al salvataggio.
Fu così che Angel si ritrovò a vagare inconsciamente per il negozio, la mente avvolta da cupi pensieri.
La conferma della distruzione del Multiverso lo aveva colpito più di qualunque altro Time-Warriors. Non solo perché aveva fallito nel suo ruolo di protettore… ma anche perché aveva davvero perso tutti coloro che aveva amato di più. Tra cui Makt… la sua bella Mato, la ragazza a cui aveva scelto di donare il suo cuore.
Senza l’intervento di Najimu, non sarebbe nemmeno sopravvissuto allo Scisma! Quindi… meritava davvero di trovarsi qui? Perché mai era scampato alla morte, mentre così tanti altri erano caduti tra le sue braccia?
Lanciò un urlo e colpì con forza il primo muro che gli capitò a tiro. Quando si voltò per andarsene, scoprì tre figure familiari alle sue spalle.
Subito, si sentì invadere dall’imbarazzo.
<< Signorina Yuko! >> sbottò << Io… scusate, non volevo danneggiare il negozio. Ero solo… ecco… >>
Ichihara lo guardò con i suoi occhi rosso sangue.
 << Vorrei scambiare due parole con te in privato, se possibile. Saresti disposto a seguirmi? >>
<< … ovviamente >> annuì il rosso, e così la donna lo condusse fuori dalla stanza, accompagnato dalle ombre silenziose di Maru e Moru.
I quattro giunsero fino alla cantina del negozio, la stessa in cui Angel aveva incontrato Monoka per la prima volta… e trovato il suo vecchio cappello di paglia, quello che Monkey D. Ruffy gli aveva regalato in quel viaggio di tanti anni orsono.
Lo stesso viaggio in cui Ash gli aveva detto tanto, e alla cui domanda fondamentale non era ancora riuscito a trovare una risposta.
Quasi come se avesse intuito i suoi pensieri, Yuko gli chiese: << Sei ancora senza risposte? >>
Il rosso la guardò in silenzio e, dopo qualche secondo, annuì.
<< Te l’ho detto qualche giorno fa, ricordi? Se non si ha ben chiara la domanda… >>
<< … non puoi trovare la risposta >> concluse Angel << Ma cosa succede se le domande sono troppe? >>
<< Non lo sono mai >> rispose la mora, prendendo un libro e mettendoglielo tra le mani << Ne bastano poche e giuste per avere le risposte che cerchi. >>
Angel lesse il titolo e dilatò le pupille. Quel libro… era quello della favola dei Calak’ants, scritto Ajimu in persona.
Lo aprì e rilesse la parte a loro dedicata, per poi fissare la sua ex datrice di lavoro.
<< Come fate ad avere questo libro? Pensavo che fosse sparito con il mio vecchio mondo. >>
<< Perché i Calak’ants ci sono ancora. E fino a quando esisteranno, non c’è motivo che sparisca >> rispose lei, imperturbata << Ma non è questa la domanda che volevi pormi, vero? >>
Il rosso annuì << Chi siete voi, in realtà? Chi siete per davvero. >>
Yuko socchiuse lo sguardo << Qualcuno che ha vissuto molto e che ha visto tante cose. So molto e allo stesso tempo non so nulla. Non ho mai cercato potere o resilienza. Mi sono sempre limitata a sciogliere i nodi di questa matassa cosmica per arrivare alla verità delle cose, ossia “l’inevitabile”. Questo è tutto quello che hai bisogno di sapere. >>
Angel si lasciò scappare uno sbuffo << Mi mancava questo vostro modo di parlare. >>
<< Non posso di certo cambiare così di punto in bianco. Ma perché non mi poni altre domande? Farò del mio meglio per rispondere. >>
Angel abbassò lo sguardo. Avrebbe voluto chiederle molto… ma  come aveva detto lei, le domande che davvero necessitavano di trovare una risposta erano altre.
<< Avete detto che i Calak’ants esistono ancora… ma io sono stato l’unico a sopravvivere allo Scisma, per volere di Ajimu. La mia domanda è semplice: perché indosso ancora questo ciondolo, quando il nostro ruolo non è più necessario? >>
Ichihara osservò il giovane per diversi secondi.
 << Chi ha detto che i Calak’ants non servono più? I Beyonder? Per quanto siano potenti, non possono decidere il vostro destino. Essere Calak’ant non è mai dipeso da loro, e mai lo sarà. E fino a quando esisterà il Multiverso, o parte di esso, anche loro continueranno ad esserci. Poco importa che siano tutti e dieci…o uno soltanto. >>
Angel tornò a guardare il suo ciondolo. Era ancora deformato e brillava debolmente.
<< Allora perché mi sento come se non avessi il diritto di indossare questo manufatto? >>
<< E perché non dovresti esserlo? >> gli chiese Yuko << Chi è il Calak’ant blu? Che cosa rappresenta? >>
Il rosso chiuse gli occhi.
<< Qualcosa che io non posso più rappresentare >> sussurrò stancamente << Non sono come mio padre o mio nonno. >>
<< Se lo indossi ancora, vuol dire che non è così >> lo riprese Yuko << Te lo chiedo di nuovo: che cosa rappresenta quel ciondolo? >>
Il soleano strinse il pugno. Lo sapeva fin troppo bene, ma non voleva ammetterlo.
 << La Volontà. Ma io non ne ho più. Che volontà dovrei avere, quando tutto ciò per cui ho sofferto e combattuto è al di là della salvezza? Io… io sono solo. >>
<< E’ qui che ti sbagli, ragazzo mio >> lo corresse nuovamente la mora << Quel ciondolo non riconosce la volontà del singolo individuo che lo possiede, ma di colui che si fa carica delle volontà altrui. E la tua famiglia ha dimostrato questa qualità in più di un’occasione. Ecco perché a ereditarlo sono stati i tuoi antenati, per chissà quante generazioni >>
Il giovane distolse lo sguardo.
<< Eppure… non credo di essere in grado di sostenere un simile peso >> sussurrò, più a se stesso che alla donna.
<< Lo pensano tutti, all’inizio. Ed è quando meno se lo aspettano… che possono farlo meglio di molti altri >> lo canzonò Yuko << E tu sei in grado di farlo. Sei o non sei un figlio degli eroi? >>
Il rosso le scoccò un’occhiata sorpresa.
 << Come fate a sapere così tanto su di me? Come sapete… chi sono i miei genitori? >>
La donna sorrise e gli si avvicinò, sussurrandogli qualcosa nell’orecchio. Gli occhi del rosso si spalancarono come piatti.
Quelle parole lo avevano scosso nel profondo.
Per un attimo, sentì una forza indomita farsi strada dentro di lui, ma questa sparì altrettanto rapidamente.
Ichihara si distanziò da lui e gli indicò il fondo della cantina.
<< Ora vai! Siamo quasi alla fine di questa storia, Angel. La tua prova aspetta… così come il Maestro. E ti assicurò che non vorrai farti trovare impreparato. >>
Angel la fissò con uno sguardo a metà tra il dubbioso e il sorpreso. Poi, fece un profondo respiro e si avviò nella cantina.
A Yuko si affiancò Mokona, che osservò il giovane mentre scompariva tra le ombre.
<< Qualunque cosa tu gli abbia detto, deve averlo scosso un bel po’. Posso sapere cos’era? >> domandò curioso.
Lei sorrise dolcemente. << Gli ho semplicemente detto che credo in lui e in ciò che ha realmente dentro di sè. Parole semplici… ma che, se dette nel modo e nel momento giusto, possono generare un grande potere. >>
<< Secondo me gli hai detto altro >> disse la polpetta nera, allegramente << Ma poco importa. Alla fine facciamo tutti il tifo per lui, non è vero? >>
<< Sì. Ma non solo >> concordò Ichihara << Tutti loro meritano il nostro appoggio. Per i giorni di burrasca che verranno… e per quelli che potrebbero non arrivare mai. Siamo vicini all’ultimo atto. >>

                                                                                                          * * *
 
Angel raggiunse la fine della cantina. Lì vi era una semplice porta di legno di sambuco, recante un cartello con sopra scritto “Non aprire”.
Sin dal suo primo giorno come impiegato del negozio, Yuko gli aveva espressamente detto che non si sarebbe mai dovuto avvicinare ad essa, poichè conduceva in un luogo che poteva essere visitato solo una volta.
In più occasioni, il rosso si era chiesto a quale posto potesse riferirsi, e soprattutto… chi mai avrebbe avuto il privilegio di aprirla.
Ora era abbastanza sicuro che fosse stata preparata apposta per lui. In qualche modo, Ichihara era sempre stata conscia che un giorno o l’altro si sarebbe fatto vivo nel suo negozio, e che sarebbe stato costretto ad affrontare una grande battaglia.
<< Era inevitabile >> sussurrò, mentre afferrava il pomello della porta.  E prima che potesse fare qualsiasi altra cosa, si sentì risucchiare da una forza invisibile.
Il mondo attorno a lui divenne un vorticare di luci e colori. Per un attimo, ebbe come la sensazione di essere sparato a mille miglia al secondo attraverso lo spazio e il tempo, verso una destinazione sconosciuta.
Quando tutto cessò, il soleano si ritrovò seduto su una sedia, in un luogo che aveva già visitato… di fronte a qualcuno che conosceva assai bene.
<< Bentornato Angel >> lo saluto Ash, suo vecchio mentore e maestro << Spero tu abbia completato il compito che ti avevo assegnato. >>
Il rosso lo fissò incredulo, poi rammentò dell’ultima volta in cui si era trovato in una situazione molto simile.
Dopo aver preso un paio di respiri calmanti, annuì e disse: << Credo di aver trovato alcune risposte, sì. Ma in tutta sincerità, professore… me ne servono altre. >>
L’immagine onirica del suo maestro annuì concorde.
<< Allora riprendiamo la lezione da dove l’avevamo interrotta. Seguimi >> ordinò.

                                                                                                            * * *

Il moro accompagnò il suo discepolo verso una lunga scalinata, così alta da poter superare il soffitto dell’accademia, quasi volesse raggiungere la volta celeste.
Sul come fosse possibile, Angel non se lo domandò a lungo.
Aveva visto cose più strane. Inoltre, si trattava pur sempre di un sogno. Poteva succedere di tutto.
<< Permettimi una piccola curiosità >> gli disse Ash, mentre salivano << Alla fine sei più riuscito a trovare una risposta al nostro piccolo quesito? Sei umano? Sei soleano? Oppure sei altro? >>
Angel lo guardò leggermente storto.
<< Nemmeno da defunto smettete di ripeterlo >> commentò.
Ash si lasciò sfuggire una risata. << Le abitudini non muoiono mai davvero. Credo di esserne la prova cosmica. >>
Continuarono a salire, superando la coltre di nubi. Quando queste cominciarono a disperdersi, davanti a loro si stagliò una porta. Era di lucido legno di noce, munita di cardini di metallo, sorretta unicamente da un pallido pavimento.
Angel si girò verso il suo maestro, che lo invitò ad andare verso di essa.
Il rosso vi si avvicinò incerto… ma quando era ormai prossimo ad aprirla, tornò a guardare il suo insegnante.
<< Che cosa troverò dall’altra parte? >>
<< Solo ciò che ti serve… >> disse l’uomo << e che sceglierai di portare con te. >>
<< E lei non viene? >>
<< Certo che no >> ridacchiò l’insegnante << Questa è la via che devi percorrere. Io posso solo indicartela. >>
<< Ma dovrò percorrerla da solo. >>
Ash si limitò a sorridergli. << Tutti dobbiamo combattere da soli, prima o poi. Fa parte della vita, tanto quanto respirare... e ora lo sai meglio di molti altri. >>
Angel annuì comprensivo e si voltò verso la porta. Fece un sospiro… e prese il pomello.
Appena un secondo dopo, si ritrovò al cospetto di un cielo stellato.
Stelle... tante stelle lo circondavano. Lo osservavano. Lo giudicavano. E lo condannavano.
Era questo il pensiero che perseguitava il rosso.
<< Sul serio continui a porti domande del genere? >> gli chiese una voce alla sua destra << A volte sei davvero senza speranza. >>
Angel sgranò gli occhi. Avrebbe potuto riconoscerla ovunque. Come poteva non farlo?
<< Blue! >> sbottò, compiendo un passo indietro << Tu… tu sei qui? Ma come?! Questo… questo non è possibile… >>
L’enorme drago rilasciò un potente sbuffo.
<< Solo se pensi che lo sia >> rispose, come se stesse parlando ad un bambino << E qui siamo nella tua testa, lo hai dimenticato? Finchè avrai bisogno di me, questo vecchio drago sarà sempre disposto ad offrirti un artiglio o due. >>
Il ragazzo chiuse gli occhi, il cuore che gli martellava nel petto.
<< Mi dispiace >> sussurrò << Io… se fossi stato più forte, avrei potuto tenerti con me. È tutta colpa mia. >>
<< No >> lo interruppe duramente lo Spirito << Risparmia le tue lacrime, giovane guerriero, poiché io non ne merito. Ho fatto quello che dovevo per salvarti, e non me ne pento. Il tuo senso di colpa è mal riposto, poiché ben altri esseri sono responsabili per quello che ci è capitato. >>
Le parole del drago riuscirono quantomeno a rincuorarlo. E mentre le sue labbra si arricciavano in un sorriso acquoso, questi gli mise una zampa artigliata sulle spalle e guardò la volta notturna.
<< Non sono le stelle a giudicarti >> riprese, dolcemente << Loro non lo fanno mai. >>
<< Il Multiverso è un posto grande… e abbiamo visto cose anche più assurde. Come puoi esserne sicuro? >> chiese il rosso
<< Perché nessuno tra noi ti accusa di quello che ci è capitato >> gli disse una voce femminile alle sue spalle.
Angel sussultò. Gli bastarono pochi secondi per associarvi un volto.
<< E anche se potessero giudicarti… >> continuò la voce << credi davvero che ti condannerebbero per le pessime scelte di un branco di bambini con troppo potere tra le mani? >>
Non vi era alcun dubbio.
Era lei... Mato. La ragazza di cui si era innamorato. Colei a cui aveva donato il suo cuore… e che aveva perso nella battaglia finale, quella che aveva deciso il destino del Multiverso.  
<< Stai piangendo? >> gli chiese la ragazza, avvolgendolo in un abbraccio.
<< Non sto piangendo >> rispose Angel << Io sto... >>
Non riuscì a terminare la frase. Anche facendo appello a tutto il suo autocontrollo, non riuscì a frenare le calde lacrime che cominciarono a scivolargli sul volto.
<< Mi dispiace >> disse << Io... non sono riuscito a proteggerti. Non sono riuscito a proteggere nessuno di voi. >>
Mentre pronunciava tali parole, le lacrime continuavano a scorrere. Non si fermarono nemmeno per un istante. Il dolore che aveva dentro… era troppo grande per poterle contenere.
<< Avevo... Avevo detto che sarei andato avanti, che non mi sarei mai arreso. Ma... col passare dei giorni, mi sono reso conto di non poterlo fare. Come posso andare avanti, sapendo che tutto quello che amavo non esiste più? Come faccio a camminare in un mondo dove tutti voi siete solo i fantasmi di un ricordo? Ogni passo, ogni respiro... è doloroso. Dite che le stelle non mi giudicano e che non mi accusano… ma allora, perché continuo a sentire questo peso? Come posso liberarmene?! Io… io vorrei solo potervi rivedere un’ultima volta… per dirvi che… che… >>
Le sue gambe divennero molli. Sarebbe caduto miseramente, se le braccia della ragazza non l’avessero sorretto.
Lo aiutò a sedersi e poi lo strinse teneramente a se.
<< E ho continuato a sbagliare >> sussurrò il rosso, stancamente << Contro Vorkye… contro i Decepticons. Se non posso sconfiggere nemmeno loro, cosa mai potrei fare contro i Beyonders? Contro il Maestro? Ti prego… dimmi cosa devo fare… >>
<< Rialzarti >> gli rispose Mato << E se cadrai di nuovo, ti rialzerai ancora e ancora. Perché tu ne sei capace. Ne sei sempre stato capace. >>
Angel strinse i denti. Le parole della ragazza che amava erano… una scintilla. Un qualcosa che per un attimo gli fece dimenticare quel senso opprimente che lo schiacciava… ma solo per poco.
<< Perdonami per non averti salvato. Per non aver salvato nessuno di voi >>
<< Io ti perdono, amore mio. Ti perdono di tutto. E anche gli altri. Continueremo a credere in te, fino alla fine. >>
Il rosso annuì debolmente e cercò di rimettersi in piedi.
<< Ci proverò ancora una volta >> disse il rosso, puntando le gambe << E poi… né tu né Blue mi permettereste di arrendermi, vero? >>
<< Ovvio che no, socio. La tua strada è tutt’altro che finita >> gli rispose il drago.
<< Inoltre, sei davvero sicuro che in questo mondo non esistano più persone capaci di catturare il tuo cuore? >> disse Mato, affiancandolo e stringendogli la mano.
Angel sorrise dolcemente.
<< Najimi >> sussurrò, ripensando a colei che aveva sacrificato la propria libertà per salvarlo. E non solo! Yuko,il Dottore, il resto dei Time Warriors… tutte persone con cui aveva combattuto fianco a fianco per proteggere una galassia che non era nemmeno loro. Degli eroi… i suoi nuovi compagni. La sua nuova famiglia.
<< Sì… combatterò ancora. Per voi… ma anche per loro. Grazie per avermelo ricordato. >>
Inconsciamente, si ritrovò a sollevare lo sguardo.
Sospeso nel vuoto… vi era un castello. Le mura erano bianche come il latte, la forma ricordava quella di un antica reggia, ma Angel non riusciva proprio a identificarne il periodo. Eppure… gli sembrava alquanto familiare.
Una volta avvicinatosi, riuscì a notare qualcosa di singolare. Su quello che sembrava il portone d’ingresso, era riportata una scritta.  E i caratteri scolpiti appartenevano ad una lingua che solo in pochi riuscivano a comprendere. Angel era proprio tra questi.
<< È la lingua dei soleani >> borbottò, il volto contratto da un’espressione contemplativa.
<< E che cosa dice? >> gli chiese Blue, comparendogli alle spalle.
La mente del rosso vagò a ritroso nel tempo, quando suo padre gli aveva insegnato a leggere quei geroglifici.
<< Davanti al grande cerchio… >> cominciò lentamente << fatto di dieci troni, io pronuncio il giuramento:
Della Volontà sono il pilastro
Della Verità porto omaggio
Di Purezza il mondo tingo
E col Coraggio il cuore ricolmo
Di Speranza io sono messaggero
E i Legami vado riunendo
Di Onore la mia mano è piena
E l’Amore io porterò
Perciò ora io mi Risveglio
E tutto porterò a Unione
Glorioso Calak’ant innalzati
Non scordare mai il tuo giuramento
E non cedere mai al tormento
>>
Angel abbassò lo sguardo.
<< Sono rivolte a te >> gli disse Mato << Le stesse parole che hai pronunciato quel giorno, quando Najimi ti ha scelto. >>
Il rosso annuì.
<< È arrivato il momento di fare il grande passo, amico mio >> gli disse Blue << Il nostro compito finisce qui. Fatti valere, mi raccomando! >>
Angel annuì deciso e guardò Mato dritta negli occhi. 
<< Io… >> iniziò a dire, ma ecco che lei gli posò un dito sulle labbra.
La ragazza lo guardò con un sorriso, e poi prese qualcosa da dietro la schiena: il cappello di Monkey D Ruffy… il SUO cappello.
<< Ora sei vestito a dovere >> gli disse in tono scherzoso.
Il rosso fissò quel semplice quanto prezioso oggetto con occhi nostalgici.
 << Già >> sussurrò, mettendoselo in testa << Senza di te sarei davvero perso. >>
Esattamente come più di una settimana prima, la mente del ragazzo fu invasa dai ricordi associati a quel regalo, più forti e caldi che mai.
Tornò a fissare la mora… e strinse le braccia attorno al suo esile corpo, tenendola a sé. Mato gli diede un caldo bacio, mentre il suo corpo cominciava a dissolversi in un turbinio di granelli lucenti.
<< Vai… e non permettere più a nessuno di fermarti >> sussurrò la ragazza, con un ultimo sorriso. E infine sparì tra le braccia del rosso.
Angel rimase lì ancora per lunghi momenti. Avrebbe voluto dirle così tante altre cose ma nel suo cuore sentiva che non serviva alcuna parola.
Si voltò verso Blue, e scoprì che gli stava porgendo Gae Bolg, la sua fidata lancia… la stessa che aveva ereditato da sua madre, la strega Scatach. 
Il ragazzo fissò l’arma con una leggera titubanza. Era ancora degno di poterla brandire, dopo la sua ultima battaglia
No. Non poteva più farsi assalire da simili dubbi. I suoi compagni meritavano di meglio.
Facendosi forza, afferrò l’asta scarlatta e la sollevò verso l’alto. Ne rimirò le rifiniture e la forma perfetta  e poi, con un rapido movimento di polso, la fece roteare più volte, terminando con un affondo preciso.
<< Ora ti riconosco >> commentò il drago, lieto di quella visione.
<< Non so te, vecchio amico, ma per me manca ancora qualcosa >> commentò il rosso, osservando il ciondolo che pendeva dal suo collo. La forma era ancora incerta, ma il bagliore si stava facendo più forte.
<< Mettiamo fine a questa storia. >>
Il drago gli sorrise. << Facciamoli neri, tigre. >>
Angel riconobbe quell’ultimo incoraggiamento con un sorriso smagliante… ed entrò nel castello.

                                                                                                          * * *
 
Angel si ritrovò in un ampio salone d’ingresso. Le pareti bianche erano costellate di armi di ogni epoca e parevano ben conservate. Ai lati vi erano due rampe di scale che portavano entrambe ad un piano superiore. Per ognuna delle scale vi era una coppia di statue raffiguranti dei cavalieri in armatura, mentre il pavimento di marmo levigato era coperto da un totale di dieci troni dipinti.
Regnava un silenzio assoluto. Quel tipo di quiete per cui Angel era sempre stato sospettoso. Gli puzzava di trappola.
Con passo cauto, il giovane avanzò nella sala, avvicinandosi ai troni. Osservò con attenzione quel mosaico dettagliato e notò che su ognuno di loro era stata riportata una scritta. Ma mentre la maggior parte di quei seggi era occupata da una misteriosa figura, uno soltanto era rimasto vuoto.
E ai piedi, delle gambe, era stata incisa una parola…
<< Volontà >> lesse Angel, intuendo che non fosse affatto una coincidenza. Ma prima che potesse anche solo rifletterci sopra, percepì qualcosa alle sue spalle.
Nell’istante in cui si voltò…scoprì che un totale di dieci figure avevano appena preso posto all’entrata della stanza. E tutte loro erano pesantemente avvolte da mantelli blu scuro, mentre nelle mani reggevano lance o armi da taglio.
<< Credo siano il comitato di benvenuto >> ringhiò Blue.
Senza perdere tempo, il rosso puntò Gae Bolg verso di loro, mentre questi avanzavano.
<< Allora cercherò di presentarmi a dovere  >> sussurrò, assumendo una posizione pronta al combattimento.
Il drago annui e si fece da parte, lasciandogli spazio. Questa non era la sua battaglia, ma quella di Angel. Poteva solo offrirgli un supporto emotivo, ma nient’altro.
L’aria si fece tesa. Per lunghi momenti, nessuno si mosse.
Poi i dieci avversari si fecero avanti, lanciandosi sul rosso.
Angel rispose ai loro attacchi con altrettanta furia. Era in svantaggio numerico, quindi non poteva permettere che lo circondassero, o le probabilità di vittoria sarebbero scese drasticamente.
Ma mentre affrontava quei misteriosi avversari, sentì che qualcosa non andava. Il suo corpo era… pesante, fu il primo pensiero che gli attraversò la mente. I suoi poteri erano fiacchi, e l’haki dell’osservazione non riusciva a seguire i movimenti  degli sconosciuti.
Era la stessa sensazione che aveva provato quando aveva affrontato Vorkye. Per la prima volta dopo anni, si sentiva impotente.
Eppure, non riusciva a capire da cosa derivasse. Non era agitato o dubbioso come prima, ma qualcosa lo stava sicuramente limitando.
Mentre cercava di comprendere l’origine di questa sensazione, uno dei suoi assalitori lo colpì di forza alle gambe. E prima che il rosso potesse rimettersi in equilibrio, un altro combattente gli tirò un montante alla testa, mandandolo a finire contro il pavimento.
L’impatto fu tanto forte da generare una potente onda d’urto, ma il ragazzo ignorò il dolore conseguente e sollevò la sua fidata lancia, appena in tempo per contrastare le lame avversarie.
Poi, rotolò di lato, e nel fare questo finì proprio nel punto in cui si trovava il trono vuoto.
La sua mente fu attraversata da un lampo.
<< I dieci troni a cerchio…. >> sussurrò, come se fosse in preda ad una specie di incantesimo << Della Volontà sono il pilastro… blu simbolo dell’acqua e della volontà dilagante >> 
Le lame dei dieci nemici calarono contro di lui. Ma ciò che trafissero… fu solo il pavimento.
Con uno scatto istintivo, Angel aveva evocato le ali della sua forma soleana, sollevandosi in volo.
Fuori dalla loro portata, il giovane ebbe modo di riflettere. Come aveva detto Ash, lui era il Calak’ant blu e quindi rappresentava la volontà.
Volontà. Era una semplice parola. Eppure, erano molte le culture che le attribuivano un forte significato. Un concetto che spingeva chiunque a compiere una qualsiasi azione: dalla più semplice alla più ardua.
Ma c’erano anche molte cose che potevano soffocarla: paure, dubbi, preoccupazioni, rimorsi e molto altro. Il risultato di questi “pesi” era la sconfitta e, in estremo, la morte.
Solo ora, di fronte alla forza schiacciante dei suoi avversari, Angel cominciava a comprendere il motivo dietro alla sue limitazioni. Gli mancava la volontà di combattere.
Aveva detto che si sarebbe rialzato e avrebbe continuato a lottare… ma quando mai le parole erano state sufficienti durante una battaglia?
<< La mia volontà continua a vacillare >> borbottò a se stesso << Ecco perché mi sento così pesante, e incapace di usare a dovere i miei poteri. >>
Si era riempito di così tanti pesi da aver perso la sua volontà? La risposta era inevitabilmente “SÌ”. Si era compatito così a lungo da perdere quella parte fondamentale di se stesso.
Nel momento in cui ricadde al suolo, i dieci avversari puntarono verso di lui. Angel tese la mano destra in avanti. In risposta, la sua lancia tornò in quella libera.
Il mezzo soleano la sbatté con forza sul pavimento, gesto che mise in guardia gli avversari. Se davvero aveva perso la sua volontà…
 << Allora me la riprenderò qui e ora >> ringhiò, gli occhi illuminati da un bagliore azzurro.
Ora non avrebbe più provato a difendersi per sopravvivere. Avrebbe attaccato per vincere quei pesi che gli attanagliavano l’anima… e recuperare ciò che aveva così incautamente allontanato.
Provocato dalle parole del rosso, uno dei suoi avversari fece dei decisi passi in avanti, sollevando una lunga sciabola. Ma prima che potesse calarla, ecco che il giovane gli comparve davanti in un turbinio delle ali e lo colpì violentemente con la parte bassa della lancia, nera come catrame. Quel colpo fu sufficiente per scagliare l’avversario contro il muro opposto della stanza, riducendolo ad un cumulo di granelli neri.
I rimanenti nove rimasero fermi per qualche istante, come per metabolizzare ciò che era appena successo. Poi, ripartirono all’attacco con altrettanta foga.
Angel li accolse a braccia aperte, gli occhi chiusi e un’espressione paziente. E utilizzando il suo Haki, riuscì a prevedere la maggior parte degli attacchi, schivandoli come se niente fosse.
A quel punto, gli bastò ruotare Gae Bolg per costringere i combattenti a distanziarsi da lui, poi distese la mani a mò di preghiera, sprigionando un torrente d’acqua.
Come risultato, due degli avversari si ritrovarono scaraventati contro uno dei loro alleati, subendo lo stesso destino del primo sconfitto.
Il resto degli avversari, salvo uno, si lanciarono furenti verso il rosso, che scaraventò contro di loro un vortice d’acqua, abbattendone altri tre. Fu allora che dalla spada di uno dei combattenti si sprigionò una fiammata rosso sangue.
Ma Angel riuscì a deviarla con un roteare di Gae Bolg, poi scalzò di lato per evitare un altro colpo di lama, e infine intercettò un fendente, ritrovandosi coinvolto in un serrato combattimento all’arma bianca. Nella stanza risuonarono schiocchi e sfrigolii, mentre lampi di scintille ne illuminavano le zone d’ombra.
Il mezzo soleano si sentiva diverso. Il suo corpo era più leggero, la fatica non lo sfiorava e i suoi movimenti erano tornati quelli di una volta. Inoltre, a ogni avversario sconfitto… sentiva quel peso che aveva dentro affievolirsi sempre di più.
Avrebbe potuto sorridere della cosa, se non fosse stato così concentrato sul non morire.
Il ragazzo si inclinò leggermente, evitando un altro attacco, e colpì la testa dell’avversario con un montante, riducendolo ad una nebbiolina color pece.
<< Rimani solo tu >> disse,  voltandosi verso l’ultimo nemico rimasto in piedi. Questo si limitò a stringere la mano in un pugno serrato.
Dapprima non accadde niente… poi, la polvere luminosa di cui erano composti i suoi compagni cominciò a strisciare verso di lui, penetrandogli nella vesti e illuminandolo di un intenso bagliore.
Quando lo attaccò, Angel riconobbe qualcosa di familiare nei suoi colpi. Erano gli stessi che aveva testimoniato durante la battaglia nella villa di Anakin Skywalker. Quelli… erano i colpi marziali di Vorkye, colui che era riuscito a sconfiggerlo senza troppo sforzo.
Ma anziché mostrare paura o esitazione, riuscì ad afferrare un pugno con la mano tesa, mentre con la lancia intercettò la lama avversaria.
<< Ora ho capito che cosa siete >> borbottò cupamente << Voi incarnate tutto quello che mi sono tenuto dentro dal giorno della battaglia. I miei dubbi, le mie ansie… le mie paure. Siete tutto ciò che ho sempre cercato di seppellire. >>
La mano del ragazzo iniziò a brillare di un intenso fulmine blu. 
<< Eppure… non posso fare a meno di ringraziarvi >> sussurrò << Perché è solo merito vostro… se sono riuscito a rialzarmi! >>
E, dopo aver pronunciato tali parole, colpì il petto del nemico con tanta forza da trapassarlo.
Questi rimase immobile, la spada sollevata. Il cappuccio gli cadde dalla testa, rivelando il volto di colui che aveva accompagnati gli incubi del rosso negli ultimi giorni: Vorkye Blodbless… servo del Maestro, e suo nuovo nemico.
Eppure, nei suoi occhi scarlatti, Angel non vide superbia o disprezzo. Solo… accettazione, mista a qualcos’altro: orgoglio.
Quando quel pensiero lo raggiunse, l’essere esplose in un turbinio di scintille, scomparendo senza lasciare traccia.
Angel tirò lunghi respiri, incamerò aria e la espirò lentamente dai polmoni. La sentiva più fresca, più libera.
Ce l’aveva fatta? Aveva recuperato la sua volontà?
<< Niente male, amico mio. Sapevo che ce l’avresti fatta >> disse Blue, apparendogli davanti.
<< Ma ci sono riuscito davvero? >> chiese il rosso.
Il drago gli indicò il suo ciondolo. La luce non era più sbiadita come prima. Ora sembrava… viva e brillante come una stella.
Angel lo prese tra le mani, sentendo un calore familiare darsi strada dentro di lui.
Sì… ora era sicuro di aver recuperato ciò che credeva perso per sempre.
<< Non abbiamo ancora finito >> disse il drago, fissando serio la porta spalancata.
<< Perché la cosa non mi sorprende? >> ribatté il giovane, avviandosi verso l’ennesima sfida.

                                                                                                        * * *
 
Non appena ebbe varcato la soglia, il giovane si ritrovò in un luogo completamente buio. Si tenne pronto a qualsiasi minaccia, ma l’istinto gli diceva di non essere in pericolo. I secondi passarono… ma non accadde niente. Tutto rimase immobile e silenzioso.
Poi, come dal nulla, apparvero delle figure ammantate da una cappa luminosa. Angel ne contò nove, uno in meno rispetto agli avversari di poco prima.
All’inizio, temette che lo avrebbero attaccato, ma presto si rese conto che non avevano armi. Invece, si limitarono a  fissarlo.
Era come se lo stessero sondando… come se stessero cercando di leggergli dentro, e la cosa lo metteva a disagio.
<< Si può saper chi siete? >> sbottò, al limite tra il curioso e il seccato.
Le figure non gli risposero. Per altri interminabili secondi, continuarono ad osservare il rosso in silenzio.
<< Quale desiderio ti spinge? >> chiese una di loro, con voce calma e pacata, eppure autoritaria.
Angel fissò lo sconosciuto, notando che era in disparte rispetto agli altri. Che fosse il capo?
<< Chi siete? >> gli chiese, con più insistenza.
<< Ombre di un antico passato >> gli rispose un’altra figura << Per il momento, dovrai accontentarti di questa risposta. >>
Il giovane inarcò un sopracciglio, e allora chiese: << E che cosa volete da me? >>
<< La domanda giusta… è cosa vuoi TU >> gli disse un’altra figura.
<< Quale desiderio ti guida? >> chiese nuovamente un’altra
Lo stavano mettendo alla prova, era fin troppo chiaro. Quale era il motivo per cui voleva tornare a combattere? Dovere? Rivalsa? O una promessa?
Angel fece un respiro.
<< Non ha alcuna importanza >> disse, con uno sguardo serio << Ciò che conta… è che ho deciso di rimettermi in gioco. Sono caduto e sono stato spezzato così tante di quelle volte da farmi perdere il contro. Ero quasi sul punto di mollare… ma ho deciso di risollevarmi un’ultima volta. >>
Le figure tacquero per lunghi istanti.
<< E se dovessi cadere di nuovo? Che cosa farai? Avrai la forza di rialzarti? >> gli chiese il presunto capo.
Il giovane abbassò il capo. Anche quella era una bella domanda. Ma anche ad essa, aveva già una risposta.
<< Saranno le mie azioni a parlare. Se dovessi cadere… proverò ancora e ancora, fino a quando avrò fiato in corpo. Non mi fermerò mai, fino a quando coloro che minacciano le persone che amo non saranno sconfitti. >>
<< E saresti pronto a giurarlo? Su cosa? >>
Angel sollevò la mano e la mise sul suo cappello di paglia. << Su questo. >>
Le nove figure tacquero in apparente sorpresa.
<< I Calak’ants hanno sempre giurato sul ciondolo che indossano, perché lo reputano il loro tesoro più grande. Ma per me… questo cappello di paglia ha un valore ancora maggiore >> spiegò il rosso, prendendo l’oggetto in mano << È il simbolo della mia promessa più importante. >>
<< E qual è questa promessa? >> chiese la figura più distante.
Angel chiuse gli occhi e si rimise il cappello << Che qualunque fosse stata la mia strada, l’avrei percorsa senza fermarmi… e ne avrei raggiunto la fine completamente libero. E la strada che ho scelto di percorrere… è liberare Battleground! Perché io sono Angel Artorius Hikaru, ultimo Calak’ant Blu di questo multiverso, custode del Blue Dragon, discendente della strega Sc
áthach e del precedente Calak’ant blu… e infine, sono l’erede della volontà dell’uomo che è diventato re dei pirati! E prometto su questo mio cappello di paglia, che fino a quando Battleground non sarà libera… continuerò ad andare avanti. Questa è la mia volontà. >>
Le nove figure tacquero. Poi, accadde qualcosa di inaspettato.
Vi fu un lampo di luce dorata che costrinse il giovane a coprirsi gli occhi. Quando riuscì a riaprirli, si trovò davanti due persone che conosceva assai bene.
<< Padre… Nonno… >>
L’uomo gli sorrise orgoglioso, affiancato da un veliardo con lunghi capelli castani e occhi verdi. E oltre a loro, altri sette individui si materializzarono nella stanza, capitanati da un alto uomo dai capelli biondi che sparavano verso l’alto, come fossero una fiamma.
<< Ehi, non sarà che tutti loro sono… >>
Blue osservò il tutto senza fiato, poi posò lo sguardo su Angel, che annuì in conferma.
<< I miei predecessori. Tutti coloro che si sono fregiati del titolo di Calak’ant blu >> disse, inclinando solennemente la testa.
L’uomo in fondo a questa fila si alzò dal suo sedile e invitò il giovane a farsi avanti.
Cercando di controllare le sue emozioni, Angel avanzò. Gli altri Calak’ants alzarono le proprie armi, che brillarono di un’intensa luce bluastra.
<< Io… accetto questa tua volontà. Percorri la tua strada senza timore, Decimo Calak’ant blu >> disse il suo antenato, la mano destra avvolta da un bagliore << Che la tua stella possa essere una guida per questo nuovo Multiverso. >>
Le luci dei nove predecessori divennero più forti e si unirono al suo ciondolo, la cui forma divenne molto simile a quella di una stella a sette punte. Il manufatto  iniziò a brillare più forte di quanto non avesse mai fatto prima, e quella luce si propagò fino al cappello del rosso.
<< Ora va' >> disse l’antenato, mettendogli una mano sul petto.
Angel ebbe solo il tempo di vedere un’ultima volta il viso del padre, prima di scomparire dalla sala.

                                                                                                                  * * *
 
Il mezzo soleano si ritrovò davanti ad una porta familiare.
<< Bentornato, ragazzo >> lo salutò Ash << Ora sì che ti riconosco! >>
Angel si voltò verso di lui, regalandogli un sorriso << È bello rivederla per un ultimo saluto, professore. >>
Il moro sorrise e poi, con uno scatto, partì in avanti e calò un rapido pugno… che fu prontamente  bloccato dalla mano del rosso.
<< Molto bene >> disse soddisfatto << Vedo che non ti sei arrugginito. Mi raccomando, conserva quella forza… perché ne avrai bisogno. >>
Ash accompagnò il suo discepolo all’uscita di quel palazzo mentale, mentre discutevano di ciò che aveva visto al di là della porta.
<< Be', è stata certamente una svolta inaspettata degli eventi. Mi raccomando, vedi di non dimenticare più chi sei >> lo ammonì Ash << O la prossima volta potrei non essere così gentile.>>
<< Non succederà >> promise Angel, tendendogli la mano << Grazie di tutto, professore. >>
<< Grazie a te… figliolo >> gli rispose il moro, stringendola.
Angel annuì e si avviò verso la stessa porta da cui era entrato. Ma prima di varcare la soglia, percepì delle presenze familiari alle sue spalle.
Sorrise consapevole.
<< E non azzardatevi a dire che questo è un addio >> disse, lanciando loro un’occhiata << Questa volta lo dico con certezza: sarete tutti dentro di me… sempre. >>
Ash sorrise, orgoglioso del suo allievo << Certo. >>
<< Puoi contarci! >> dissero i membri della sua vecchia squadra. Erano tutti lì, nessuno escluso… compreso Blue.
<< Arrivederci, partner. >>
<< Arrivederci… amico mio >>  disse il drago, con un ghigno tutto denti << E buona fortuna. >>
Angel gli rivolse un ultimo sorriso… e poi, spalancò la porta.

                                                                                                       * * *

Quando i Time Warriors si erano radunati all’entrata del negozio – accompagnati dalla recente aggiunta di Amora
 – Il Dottore aveva detto loro che sarebbero partiti solo dopo il ritorno di Angel.
I membri più emotivi come Ruby e Penny avevano chiesto più volte dove fosse il ragazzo, senza però ricevere alcuna risposta né dal loro leader né dalla proprietaria del negozio. Gli altri, invece, erano rimasti in silente attesa, prima che il loro rimuginare venisse interrotto da uno strano fenomeno.
Le luci della stanza si fecero di colpo più forti, i bicchieri d’acqua ribollirono e gli animali presenti si rizzarono di colpo.

Yūko stessa alzò la testa e, dopo un iniziale momento di confusione, sorrise e disse: << Sta tornando. >>
Il Dottore annuì in accordo e fu il primo a dirigersi verso la cantina, seguito a ruota dagli altri.
Quando raggiunsero la porta, videro che il cardine stava brillando. Una figura avanzò verso di loro e attraversò il legno dell’uscio, come se fosse composto da semplice aria. Quando ciò avvenne, la porta sparì nel nulla… e al suo posto si palesò Angel.
Il giovane era lì davanti a loro. Nella mano destra impugnava la sua fidata lancia cremisi, che brillava di una luce ipnotica. Sul petto, lampeggiava un ciondolo blu dalla forma di una stella, mentre in testa indossava un cappello di paglia con una luccicante striscia rossa.
Sollevò lo sguardo verso i Time Warriors, facendo loro un saluto. L’aura che emanava era calma e potente. Sembrava quasi un’altra persona.
<< Bentornato, Angel >> lo salutò
Yūko, felice di rivederlo.
<< Scusate il ritardo >> disse il rosso, sollevando leggermente la visiera del cappello << Ho avuto qualche problema a trovare l’uscita. >>
<< Dubito che sia l’unica ragione per il tuo nuovo aspetto >> borbottò il Dottore << Allora, vuoi dirci che cos’hai visto dall’altro capo di quella porta? >>
Il rosso gli lanciò un sorriso. << Niente di così significativo. Dovevo solo schiarirmi un po’ le idee… tutto qui. A volte bisogna solo trovare qualcuno disposto a darti una bella botta in testa, sapete? >>
Gli altri Time Warriors lo fissarono in silenzio, confusi, fino a quando Fire scelse di offrire un commento.
<< Quel cappello è inguardabile >> disse con voce impassibile.
Il rosso sbuffò divertito. << Fidati, per me non esiste un tesoro più grande in tutta Battleground >> ribatté, per poi rivolgersi al leader del gruppo << Siamo pronti ad andare? >>
L’alieno annuì risoluto. << Pronti per combattere… >>
<< E fare tanti danni! >> esclamò Yang, sollevando un pugno in aria.
Il resto dei Time Warriors annuirono o sorrisero in accordo… e appena una frazione di secondo dopo, scomparvero dal negozio in un turbinio di magia verde.

Yūko chiuse gli occhi e inviò loro una preghiera silenziosa. Poteva solo sperare che sarebbero usciti vittoriosi dalla loro impresa.
 
 


Bene, direi che il viaggio psicologico di Angel è giunto alla fine! Sarà sufficiente per vincere le battaglie che verranno? Si può solo sperare, visto che – come preannunciato da
Yūko – stiamo per arrivare alla fine della storia. E no, mi dispiace Ruby, ma ciò che vi ha fornito Yūko non è affatto un Deus Ex Machina… e presto capirete tutti il perché.
Riusciranno i nostri eroi a salvare Thor e Accelerator? Lo scoprirete nel prossimo capitolo!

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Capitolo 39
*** Capitolo 35 - La Battaglia dell'Arena: Parte 1 ***


Come promesso, eccovi un nuovissimo capitolo! E come al solito, vi auguriamo una buona lettura ;)




Capitolo 35 – La Battaglia dell’Arena: Parte 1

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“Fight until you
die by the blade of the one you hate
End of reason, end of the game
Die by the blade
Of the one you love to hate
With all your heart…”
Beast in Black Die By The Blade
 

Asgard - Regno sotto controllo Imperiale


Auth poggiò entrambi i palmi delle mani al suolo, cercando di ignorare il dolore agli arti. Il sudore gelido le scorreva addosso mentre tentava di raccogliere le energie rimaste, tendendo i muscoli delle braccia e del busto, sforzandosi di riordinare i suoi pensieri.
Avevano previsto che Loki, dopo il loro allegro spettacolino, si sarebbe ulteriormente divertito con loro… ma non avevano previsto a quali lunghezze sarebbe ricorso per liberarsi del loro spirito combattivo. Ovvero, facendoli affrontare ogni singolo gladiatore rinchiuso nell’arena… e allo stesso tempo.
Il corpo della donna venne avvolto da una torrente di luce dorata, e subito alcuni degli avversari si sollevarono in aria, prima di essere scaraventati al suolo in un trionfo di ossa spezzate.
<< Thor… non so per quanto ancora riuscirò a combattere. Tuo fratello se la starà spassando alla grande >> commentò con un ghigno esausto, un rivolo di sangue che le colava dalla narice sinistra a causa dello sforzo.
Da parte loro, Thor e Accelerator avevano continuato a combattere come leoni, riuscendo a guadagnare terreno con i loro avversari.
L’Ase non poteva più evocare tuoni e fulmini, ma aveva ancora la sua leggendaria forza fisica, nonché l’esperienza di millenni di battaglie. Tuttavia, la stanchezza cominciava a farsi sentire perfino per un guerriero come lui, e in parte a causa dall’aiuto che stava offrendo all’albino.
Per quanto si sforzasse, Accelerator non era abituato a combattere senza la sua manipolazione vettoriale… e anche se era ammantato della cotta di maglia asgardiana, e armato con spada e scudo, era difficile per lui affrontare più lottatori.
Thor fece del suo meglio per difendere sé stesso e il suo compagno d’armi, ma la situazione stava diventando davvero ingestibile.
<< Dobbiamo resistere il più possibile >> disse, offrendo alla dea un cenno d’intesa << Loki non ci lascerà morire, non oggi. Abbiamo la folla dalla nostra parte, pertanto non permetterà mai che perdano il loro intrattenimento. Ma continuando di questo passo, finirà che perderemo un arto o due. Uniamoci in formazione, dobbiamo combattere compatti. Sapete come eseguire un muro di scudi? >>
Marie balzò accanto a loro e la sua spada dai riflessi scarlatti balenò in un arco discendente, tranciando di netto la testa di un lottatore armato con una pesante ascia bipenne.
<< La tua idea ha alcuni meriti, dio del tuono >> disse, con un’espressione corrucciata << ma un muro di scudi di sole quattro persone potrebbe non reggere. Tuttavia, se riusciamo a distruggere parte dell'arena, forse potremmo guadagnare un po’ di tempo... creando un collo di bottiglia nel quale far fluire i gladiatori. >>
L’Ase scosse la testa.
<< Con i nostri poteri così limitati, dubito che riusciremo a causare un danno considerevole. Però possiamo provare a spingerli in un angolo >> aggiunse.
<< Se non fosse per questo dannato collare, mi basterebbero pochi secondi per ucciderli tutti >> ringhiò Accelerator << Ma ho ancora abbastanza potere per innalzare una nuvola di sabbia e costringerli ad indietreggiare. >>
<< Ragazzino >> disse all’improvviso Auth, poggiandogli una mano sulla spalle << Riusciresti a creare un vortice di sabbia attorno a noi? La sabbia può condurre giusto? Se Thor riuscisse a generare anche solo una minuscola scintilla… beh, potremmo quanto meno fulminarne la maggior parte degli avversari. >>
Accelerator assottigliò lo sguardo.
<< Creare un vortice richiederebbe dei calcoli abbastanza complessi… ma potrei creare una piccola ondata di sabbia, sufficiente per ricoprirli da testa a piedi e permettere a Thor di fulminarli con una piccola scarica. >>
<< Credo che sia il massimo che possiamo fare >> annuì Marie leccandosi i canini. Sentiva le braccia tremare per lo sforzo, e a causa del collare le sue ferite stavano guarendo molto lentamente. Presto avrebbe perso conoscenza, ormai ne era più che sicura.
Nel mentre, Auth si morse il labbro inferiore e passò lo sguardo da Thor ai gladiatori che li circondavano. Non si era mai sentita così vulnerabile… ma non poteva lasciarsi dominare dall’incertezza.
<< Allora fallo >> disse, riassumendo una posizione pronta al combattimento.
Senza esitazione, Accelerator conficcò le mani nella sabbia.
A causa del collare, il calcolo non sarebbe stato istantaneo, aveva bisogno di qualche secondo in più. Il tempo necessario che poteva dargli il dio del tuono mentre faceva mulinare l'ascia.
Quando tutto fu pronto, l'esper poté rilasciare una piccola onda di sabbia; questa investì i gladiatori con prepotenza… e fu allora che Thor agì: esattamente come aveva fatto contro Auth, generò una piccola saetta dalle mani.
La sabbia era un conduttore molto efficace, e quella piccola scarica si propagò in un vero e proprio lampo, facendo crollare molti dei nemici.
<< Vittoria! >> esclamò il tonante << Loki sta esaurendo gli assi nella manica. Continuiamo così! >>
Marie cadde sulle ginocchia, ansante, con un sorriso sul volto pallido, e si passò una mano tra i capelli corvini.
<< Thor...cosa credi che succederà quando Loki si annoierà di noi? >> chiese Auth, notando lo sguardo assolutamente furioso che l’ingannatore stava rivolgendo loro. Se gli scontri avessero continuato a susseguirsi con un simile ritmo... lei non sapeva quanto tempo ancora sarebbe riuscita a restare in piedi.
Quando quel pensiero la raggiunse, accadde qualcosa di decisamente inaspettato.
Vi fu un improvviso bagliore verdastro, a cui seguì un lampo che attirò l’attenzione di ogni singola persona o creatura presente nell’arena. Che fossero gladiatori o spettatori, i loro occhi puntarono tutti nella medesima direzione, presto imitati da Loki.
Thor e Accelerator non riuscirono a trattenere un sussulto, mentre un totale di sei figure MOLTO familiari si materializzava al di sopra degli spalti. Al loro arrivo, seguì un silenzio di tomba, come se neppure lo stesso sovrano di Asgard potesse credere che qualcuno avesse davvero cercato di interrompere lo spettacolo che aveva minuziosamente organizzato.
<< Qualcuno ha in mente qualche bella frase ad effetto? >> chiese Yang, scrocchiando le nocche.
Accanto a lei, Angel sorrise e sollevò la sua fidata lancia.
<< Che ne dite di… boom? >>
Nel momento in cui pronunciò quell’unica parola, un fulmine del colore del cielo si abbattè con violenza sull’arena, sprigionando una potente esplosione.

                                                                                               * * *

Nelle viscere dell’arena, stanze e corridoi vennero scosse dalla potenza dell’attacco, facendo crepare i soffitti e riversando torrenti di sabbia e terriccio sui pavimenti sporchi.
In una sala di controllo situata sotto il centro della struttura, le persone raccolte attorno ad un macchinario sollevarono le teste all’unisono, presto imitate dalle guardie che presedevano le entrate.
<< Che cos’è stato, in nome del Maestro? >> borbottò uno degli Asgardiani, tenendo alta la lancia.
<< Sembra che lo spettacolo di oggi sia molto più movimentato del solito >> commentò un altro << Non mi sorprende. Dopotutto, stanno facendo combattere il figlio di Odino in persona… >>
<< Non pronunciare quel nome! >> sibilò il compagno << Vuoi forse perdere la testa o diventare l’ultima attrazione dei giochi? >>
L’altro sollevò una mano in modo conciliante. << Non era mia intenzione. Sto solo dicendo che… >>
Prima che l’Asgardiano potesse terminare la frase, un portale di luce verde illuminò la stanza. Ne fuoriuscì una bella donna dalla folta capigliatura dorata, presto seguita da un uomo anziano, uno ben vestito, un gruppetto di giovani mortali dall’aspetto bizzarro… e un piccolo barbagianni.
Tutte le guardie e i lavoratori presenti si drizzarono di colpo.
<< Non ci aspettavamo una vostra visita, mia signora >> disse un Asgardiano << In che modo possiamo assisterla? >>
Amora gli sorrise dolcemente.
<< Che ne diresti di… dormire per me? >> disse con voce calma e rassicurante. E prima che l’uomo potesse anche solo chiederle cosa intendesse, ecco che l’Incantatrice agitò una mano e mise ogni persona della stanza sotto un incantesimo del sonno, facendoli crollare a terra.
Fatto questo, si rivolse ai Time Warriors.
<< Questo macchinario controlla l’afflusso di energia dei collari >> spiegò << Ora sta a voi trovare un modo per arginarlo, Sir Dottore. Vi auguro buona fortuna. >>
<< Non rimarrai con noi? >> chiese James, visibilmente sospettoso << Il tuo aiuto potrebbe farci comodo. >>
La donna scosse la testa. << Sono già stata via per troppo tempo e Loki non è certo uno stolto. Si aspetta che accorra in difesa dell’Arena, e io non lo deluderò. Non ho intenzione di farmi uccidere per voi. >>
<< Allora cercheremo di cavarcela da soli >> disse Logan, offrendole un cenno cortese << Non dimenticheremo l’aiuto che ci hai fornito oggi. >>
<< Lo spero bene. L’aiuto di una dea non va preso alla leggera >> ribattè Amora, per poi scomparire in un turbinio di luce verde.
Una volta soli, il Dottore si lanciò rapidamente verso il controller più vicino e cominciò a scrutare attentamente il macchinario.
Blake camminò accanto a lui, facendo altrettanto.
<< Credi di poter disattivare il meccanismo che controlla i collari? >>
<< C’è solo un modo per scoprirlo >> disse il Signore del Tempo, mentre cominciava ad armeggiare coi pulsanti  << Ma se anche questa tecnologia si basa sulle scoperte taumaturgiche dei Signori del Tempo, mi basteranno meno di dieci minuti per disabilitarlo. >>
E così, per quel successivo lasso di tempo, l’anziano leader della Ribellione continuò ad armeggiarci sopra, fino a quando un sonoro brusio cominciò a risuonare dalle pareti della stanza, come un velivolo sul punto di decollare.
<< Ecco fatto! >> esclamò, visibilmente soddisfatto di se stesso << Il segnale sarà interrotto entro cinque minuti al massimo, giusto per dare al sistema il tempo di calibrare i nuovi parametri. Ora non dobbiamo fare altro che recuperare i nostri… >>
<< Salute, piccoli ribelli. >>
Fire e Logan trasalirono, e Rowlet si schierò sulla sua spalla roteando il capo anche dietro la schiena. Blake e James si girarono ciascuno da un lato diverso, mentre il Dottore non poté fare a meno di borbottare: << E ti pareva. >>
Lord Shen Feng comparve sulla scena, affiancato dai soldati in armatura di vibranio rossa, le stesse presenti durante l’attacco dell’Indominus Rex, e che Fire aveva scoperto essere note come Guardie Pretoriane d’Élite.
<< Tu!? >> esclamò, fissando incredulo negli occhi la sua nemesi << Che ci fai qui!? >>
<< Oh, prendo una boccata d’aria >> rispose il governatore, beffardo << mi schiarisco le idee. Adoro osservare gli spettacoli bellici qui nella splendida Asgard, e il mio Signore aveva bisogno di qualcuno che presenziasse in sua vece per osservare i nuovi campioni di Loki. Ma, non so se l’hai saputo, Baelfire, ora la preziosa arena dei gladiatori è stata violata! In qualità di rappresentante del Maestro, devo fare una bella disinfestazione. >>
Troppo tardi i cinque e il volatile si resero conto che le guardie pretoriane li avevano circondati.
<< La farò molto semplice >> riprese Shen << Sono qui per uccidervi. Per il Dottore, di norma, si richiede sia vivo, sebbene non incolume. Se si consegnerà spontaneamente, qui e adesso, vi mostrerò clemenza. >>
<< È una proposta allettante >> commentò il Dottore, con un sorriso alquanto tirato << ma temo che per questa volta passerò, governatore. >>
L’albino sospirò, come se in realtà si aspettasse una simile risposta. << Non avete neppure intenzione di consegnarlo voi mocciosi, vero? >>
Anche in quel caso, il suo tono era quello di chi fa quella domanda solo per convenzione.
<< È evidente che non ci hai mai avuto a che fare >> osservò Blake, gelida << Anche se volessimo, non riusciremo a toccare il Dottore nemmeno con un dito. >>
<< E comunque >> intervenne James, piccato << potete scordarvi di riuscire a farci abbassare al vostro infimo livello. >>
<< Infimo? >> ripeté l’uomo, ostentando perplessità << Vi ho solo proposto la soluzione meno dolorosa, soldato Heller. Ma, come al solito, voi ribelli sembrate quasi divertirvi un mondo a patire sofferenze. Non è così, passerotto? >>
<< Non dirai più queste stronzate, dopo che ti avrò bruciato il sorriso dalla faccia >> sputò Fire con profondo disprezzo, accendendo i suoi pugni d’energia verde << Doc, vai. Qui ci pensiamo noi tre. Rowlet, accompagnalo. >>
<< Pensi davvero che vi permetterò di… >>
Shen non poté finire la frase, perché i Cacciatori e il Vigilante partirono all’attacco contro i pretoriani, aprendo la strada al Signore del Tempo, che scattò via più veloce che poteva, seguito a ruota dal rapace.
 
                                                                                                         * * *

Robert Tomlin – amichevolmente soprannominato Jet Boy - era stato l'asso della flotta stellare di Dreamland e della sua Ribellione da che avesse memoria… il che significava dalla nascita di Battleground. E considerando quanti incredibili piloti popolassero la galassia, il suo non era certo un titolo di poco conto.
Negli ultimi anni si era limitato per lo più a sorvegliare rotte commerciali o a scortare altre astronavi, assicurandosi che l’Impero non venisse mai a conoscenza delle reti di contrabbando che la Resistenza era riuscita a creare in tutta Battlehround.
Per certi versi bramava con ansia il giorno in cui si sarebbe svolta la battaglia finale tra il Dottore e il Maestro, per parteciparvi e primeggiare un'ultima volta prima di ritirarsi con dignità e dedicare gli anni della pensione al suo principale hobby: recensire film di ogni genere ed epoca.
Il veicolo che pilotava al momento era un X- Wing nero e blu scuro con un mitragliatore sul muso e una coppia di lanciamissili incastonati tra le ali. Si trattava di un prototipo dotato di un nuovo tipo di motore, talmente potente da poter sfuggire a un buco nero anche senza utilizzare la velocità iperluce.
Il tutto usando la metà del carburante dei motori attuali, anche se al momento aveva problemi di manovrabilità.
Gli sviluppatori gli avevano chiesto di testarlo in operazioni di routine per risolvere la cosa. Un incarico abbastanza sottotono rispetto a ciò a cui era abituato, ma in quanto pilota era suo preciso dovere occuparsi anche di simili piccolezze. 
Nell’ultima ora, lui e il resto della sua squadra si erano dilettati con piccole manovre, volando spensierati nello spazio aereo appena sopra l'atmosfera del pianeta.
Come di consueto, quella sera sarebbero andati al loro bar preferito a bere e guardarsi una partita di pappaball, scherzando sugli errori dei novellini… ma quella prospettiva fu rapidamente spazzata sotto il pavimento nell’istante in cui un sonoro bip! cominciò ad illuminare il radar dei velivoli, anticipando l’arrivo di astronavi non autorizzate.
<< Chi diavolo sono quelli ?! >> domandò uno dei piloti, andando loro incontro per intimarne la fermata.
<< Stanno cercando di infiltrarsi >> disse un altro  << Potrebbero essere pirati... >>
Venne purtroppo contraddetto dall'apparizione di un immenso Star Destroyer, uscito istantaneamente dal viaggio iperluce assieme a un nugolo di altre navicelle identiche a quelle già apparse.
Il cuore di Jet Boy mancò un battito. La comparsa di una di quelle mostruosità in modo così improvviso poteva significare solo una cosa.
<< No, è un attacco in piena regola >> disse, pallido in volto << Chiamate il resto della flotta! >>
E, detto questo, fece una rapida virata per portarsi di fronte al gruppo di astronavi.
<< Qui è il Grand’Ammiraglio Eesdeath >> disse una voce femminile dalla radio di bordo << A tutti i membri della flotta, vi viene richiesto di arrendervi immediatamente e affidarvi alla nostra custodia. Eseguite e non vi verrà fatto alcun male. Siamo interessati solo alle vostre autorità, colpevoli di aver collaborato con la Ribellione. >>
Jet Boy deglutì a fatica.
E lui che si era immaginato più volte il giorno in cui avrebbe finalmente combattuto contro i tiranni di Battleground! Ma la donna che aveva appena minacciato il suo regno non era certo una persona da poco.
Conosceva assai bene il Grand’Ammiraglio Esdeath, protetta di Darth Vader in persona, e colei che aveva portato alla sottomissione di numerose sacche di resistenza in tutta la Galassia, spesso sotto ordine dell’Esecutore dell’Impero in persona.
Se davvero si trovava lì… allora era assai probabile che presto si sarebbero trovati ad affrontare anche Lord Vader stesso. Tuttavia, Jet Boy non si sarebbe lasciato intimidire, non quando così tanti abitanti di Dreamland contavano sulla sua protezione.
<< Grand'ammiraglio >> disse, con la voce più ferma che riuscì a trovare << Perdonate l'ardire, ma non possiamo permetterle di atterrare. Sarebbe un'eterna macchia sulla flotta. >>
<< In questa caso, spero che periate di una bella morte >> disse Esdeath, e Jet Boy potè immaginare le sue labbra arricciate in un sorriso predatorio  << Uccideteli tutti. >>
E subito, i caccia della flotta imperiale sciamarono a tutta velocità verso le forze di Dreamland.
Al contempo, Jetboy lanciò un missile dritto contro lo Star Destroyer, ma l’impatto non fu sufficiente a produrre danni considerevoli sulla fiancata.
<< Sembra che dovrò prima occuparmi dei pesci piccoli >> borbottò, mentre evitava una raffica di laser e si tuffava in picchiata su una squadriglia di caccia nemici.
Sul ponte della nave più grande, Esdeath osservò l’inizio della battaglia con occhi affilati e calcolatori.
“ Tanto coraggiosi quanto stupidi... spero che almeno mi offrirete una battaglia degna di essere chiamata tale” pensò il Grand’Ammiraglio, leggermente impressionata dal coraggio di questi nemici. Per lo meno, avrebbero reso l’invasione piuttosto divertente.
All’improvviso, migliaia di Caccia e X- Wing dalle rispettive fazioni riempirono i cieli, dando inizio a una tempesta di fiamme e luci che abbagliò molti di coloro che osarono guardarla da terra.

                                                                                                                 * * *
 
Track: https://www.youtube.com/watch?v=zPh8oy3sKew

Shen si era portato nelle retrovie. Il suo scopo era raggiungere il Dottore, ma non poteva farlo senza osservare il campo di battaglia, per essere sicuro di scovare una via d’uscita: Blake, James, Logan e Fire combattevano agguerriti e senza esclusione di colpi.
Inevitabilmente, la sua attenzione venne attirata dal ragazzo dai capelli verdi, il quale sembrava assai molto diverso dall’ultima volta in cui si erano incontrati. Non indossava più la maschera, si limitava ad avere il suo costume scuro senza calare il cappuccio: aveva dunque smesso di nascondersi e di tentare di erigere una barriera intorno alla propria anima?
Poteva vedere come fosse molto più sicuro e agguerrito, e per certi versi, anche più spietato: l’aveva già visto arrabbiato molte volte, come molte volte si era sentito rivolgere i suoi insulti e minacce… ma in quella ricevuta pochi istanti fa, aveva percepito un odio molto più veemente e acceso del solito, non da lui. E come combatteva! Era evidente che aveva ottenuto una consapevolezza e un controllo maggiore sui suoi poteri: si serviva dell’energia per falciare e abbattere i soldati con potenti raggi di energia che in circostanze diverse l’avrebbero stancato, e adesso invece li scagliava ripetutamente, ad una e a due mani; inoltre… stava forse usando poteri telecinetici?
Di quando in quando plasmava armi bianche per difendersi e infilzare – dimostrando che anche la potenza del suo “laser” era migliorata abbastanza da contrastare il vibranio – oppure infondeva l’energia nei pugni, vibrando devastanti colpi.
L’occhio allenato e pieno d’esperienza del governatore sapeva di stare osservando un ragazzino che per anni aveva avuto una visione limitata del suo potere, e, pertanto, come tale l’aveva usato. Ma ora, in qualche modo… quei limiti erano svaniti, e adesso testava le sue larghe vedute utilizzando i pretoriani come cavie: i suoi movimenti difatti non erano precisi, ma inconsci e impulsivi, dettati dall’istinto.
E l’istinto ora parlava anche a Shen. Qualunque cosa fosse successa al ragazzo, adesso era molto più simile a suo padre, più affine alle sue diaboliche capacità. Si chiese se, in effetti, Vader non ci avesse messo lo zampino in qualche modo: dopotutto, aveva saputo del loro incontro, quindi il moccioso doveva aver scoperto la verità… e forse anche di più.
Scontrarsi con lui non sarebbe stato saggio. Non subito, non ora. Doveva scovare il Dottore, o il Maestro non glielo avrebbe mai perdonato. Quindi estrasse la lancia, si aprì un varco e si allontanò.
Ma non andò lontano. Avvertì un sibilo alle proprie spalle, e riuscì appena in tempo a scartare di lato per evitare un lampo di luce scagliato dritto verso di lui.
<< SHEN! >>
Si voltò solo per trovarsi faccia a faccia con Baelfire, che lo afferrò per il colletto, l’espressione di odio genuina moltiplicata per cento. Era alquanto impressionante: i suoi occhi, normalmente rossi, erano fortemente screziati di oro attorno alla pupilla, simili a piccole fiammelle.
<< Dove credi di scappare, codardo!? >>
<< Mio caro >> esordì l’albino << ho questioni più importanti da sbrigare, e che non riguardano te personalmente, quindi, se gentilmente mettessi giù le mani, io potrei… >>
<< Col cazzo! >> gli sibilò addosso il ragazzo << Tu non vai da nessuna parte. Non dopo avermi aperto in due come un maiale, spedito addosso un’altra delle tue diavolerie preistoriche e avermi perseguitato per due anni, figlio di puttana! Per non parlare di ogni tua merdata che ho dovuto fermare! >>
<< Un’altra diavoleria preistorica? >>
L’affermazione aveva incuriosito Shen. Anche se aveva fatto intendere di voler chiudere la conversazione, in realtà voleva portarla avanti, per scoprire di più su cos’era successo al moccioso, e dunque elaborare un piano per metterlo fuori gioco sull’istante. Era abituato a mantenere il controllo in situazioni scomode, e sempre pronto a trovare il modo di risolverle. Sapeva che doveva giocare d’astuzia, non di forza, contro il suo avversario.
Quando sei debole, mostrati forte, diceva Sun Tzu.
<< Non so di cosa stai parlando, ragazzo. Nüwa è la sola che io ti abbia… >>
<< Non prendermi per il culo! >> Fire lo scosse con notevole veemenza << Ce n’era un altro, e lo sai benissimo! Quel cazzo di Indoraptor! L’hai mandato ad uccidermi! >>
L’uomo socchiuse le palpebre, elaborando rapidamente le informazioni, prima di mettere su un’espressione di realizzazione. << E così hai fatto la conoscenza di Kai Lung. >>
<< Adesso pure quella cosa aveva un nome!? Ma che problemi hai!? >>
<< Mi dispiace deluderti, ragazzo, ma lui non è mio. Non sono stato io a scatenarlo contro di te. >>
Il tono di puro rammarico rancoroso del suo carnefice, sinonimo di “Avrei tanto voluto farlo”, non fece che imbestialire Fire ancora di più. << Allora chi è stato!? >>
<< Il mio Signore, naturalmente. Appartiene a lui. Diciamo che è stato un mio dono di fedeltà. E mi stupisce che ne parli al passato, è sempre stato migliore e più potente della mia Indominus Rex. Non saresti mai sopravvissuto da solo nelle tue attuali condizioni. Come diavolo hai fatto!? >>
<< Sei deluso, governatore? Davvero? >> Fire si concesse un sorriso strafottente. << Pensavi che uccidermi sarebbe stato così facile? Se così fosse, avresti terminato il lavoro molto tempo fa! >>
<< Smargiasso >> sibilò l’albino, oltremodo irritato << Bene, dato che troppe volte sono stato costretto ad uccidere lo stesso, schifoso passerotto… è il momento di rimediare! >>
Fire riuscì appena in tempo a mollare la presa ma non poté evitare il colpo di artigli diretto al volto, che gli spaccò il labbro in uno spruzzo di sangue e lo costrinse a retrocedere. Barcollò, ma mantenne l’equilibrio stringendo i pugni, per poi portarli in avanti: due potenti raggi verdi - dall’aspetto vagamente simile a propulsori - scaturirono a rotta di collo verso il governatore.
Questi, con una manovra agilissima, si piegò all’indietro con le ginocchia, ma la puzza di bruciato lo investì ugualmente: evidentemente, qualche piuma, brandello dell’abito o ciocca di capelli non era stato risparmiato, ma almeno lui personalmente non era stato incenerito.
Attaccò con un grido di sfida e una veemenza inaudita, sfoderando la lancia dalla larga manica dell’abito. La abbatté contro il giovane, che schivò: allora lo tempestò con un secondo colpo, poi un terzo, un quarto e molti altri, costringendo il ragazzo a chiudersi in difesa infondendo energia nelle mani, per proteggersi e deviare i colpi.
A un certo punto, con le ginocchia tremolanti, si bloccò e si piegò sotto il peso della lama della lancia, con Shen che spingeva forte, cercando di forzare le sue difese e trafiggerlo: il contatto fra laser e vibranio generava scintille ovunque.
Qualcosa non quadrava. Dopo avergli visto fare quelle cose, sembrava troppo facile riuscire a metterlo nell’angolo in quel modo; aveva appena fatto in tempo ad articolare quel pensiero, che il suo campo visivo registrò l’odioso sorriso dell’adolescente. Con una piccola aggiunta: gli si erano accesi gli occhi di verde fosforescente.
Allontanò una mano da sotto la lancia, e le dita sotto il metallo irradiarono l’energia in tutta l’arma: il governatore la sentì diventare incandescente. Cercò immediatamente di ritrarsi, ma così diede all’avversario il vantaggio che attendeva: con l’altra mano, gli sferrò da sotto il mento un pugno intriso di luce che lo spazzò all’indietro e gli fece cadere l’arma di mano.
Proprio mentre l’uomo cercava di rialzarsi, Fire prese a bersagliarlo ripetutamente con potenti fasci di luce verde, e a quel punto toccò a lui spostarsi in difesa. Sprovvisto della lancia, sguainò rapidissimo un’altra arma: dei ventagli color argento, in puro flessibile vibranio e dagli speroni ricurvi. Con essi si protesse, deviando e dissolvendo faticosamente i colpi inesorabili che gli arrivavano addosso.
D’improvviso, un fascio lo prese in pien… e si tramutò in un’aura verde che lo avvolse da capo a piedi, lo bloccò e lo sollevò in aria, in risposta al braccio alzato dell’adolescente, i cui palmi erano intrisi della stessa energia. Mosse l’altro braccio e così lo scaraventò a terra, poi contro le pareti, incrinandone molte, e poi venne gettato a terra lontano di qualche metro, con un impatto altrettanto possente.
Il ragazzo lo raggiunse con un’ampia falcata, sovrastandolo mentre lo osservava tossire e sollevarsi su un fianco.
<< Ma che bravo… >> ansimò Shen, evidentemente provato, sporco di polvere e scarmigliato, mentre si rialzava in piedi a fatica << Per aver passato così poco tempo insieme, papino Sith ti ha insegnato un sacco di fastidiosi trucchetti da setta indemoniata! >>
<< Maledetto! Allora dicevi il vero! >> Fire strinse i pugni, i quali si accesero di energia << Tu hai sempre saputo la verità su di me… e me l’hai tenuta nascosta! >>
<< Pensavi che sarei rimasto con le mani in mano, dopo tutto quello che hai fatto per ostacolarmi? >> domandò l’albino, sprezzante << Pensavi di potermi nascondere per sempre le tue vere origini, o dei tuoi anni passati in quella piccola topaia di orfanotrofio!? >>
<< Tu… Tu sai di quel posto!? >>
<< Sì. Sì, io lo so! Sono andato lì, sì, ho guardato dove i tuoi genitori ti hanno abbandonato, è una cosa terribile! Credo che sia andata più o meno… così! >>
L’adolescente udì un clic provenire dalle spalle dell’avversario – una delle sue mani era nascosta dietro la schiena – e subito l’istinto ebbe la meglio. Fece un salto in alto, in tempo per evitare una roteante cosa tagliente che altrimenti gli avrebbe mozzato i piedi, poi si slanciò all’indietro, ma non poté evitare di finire colpito di striscio, procurandosi dei tagli al viso e al petto.
Gettò le braccia dietro la schiena e fece scaturire dai palmi due raggi propaganti verso il terreno, grazie alla cui forza motrice evitò di cadere sulla schiena; con uno slancio, si raddrizzò e poi li scagliò contro il governatore.
Ma Shen non mostrò alcuna paura o esitazione di fronte a quell'attacco. Invece, arricciò le labbra in un sorriso estasiato e compì una brusca rotazione del corpo, rivelando l'oggetto alle sue spalle. Dapprima solo un groviglio di piume argentate, ecco che cominciò a protrarsi verso l'esterno, fino a diventare una ruota metallica di almeno un paio di metri di diametro, non dissimile da quella di un vero e proprio pavone.
Le scaglie argentate risplendeva sotto la debole luce delle torce, proiettando bagliori sulle pareti. Poi si piegarono e avvolsero il governatore come in una coperta, e quando i raggi avversari impattarono su di essa, esplosero in un turbinio di scintille.
<< Tutto qui, passerotto? >> lo schernì, beffardo << Mi deludi. E pensare che gli scarafaggi di Gongmen hanno tanta stima di te! >>
Il ragazzo rimase senza parole. Doveva ammetterlo, non si aspettava una simile mossa, men che meno che l’uomo sarebbe riuscito a creare qualcosa del genere con il vibranio, realizzando una tale unione di bellezza estetica ed efficienza. L’avrebbe apprezzata, se non fosse stato qualcosa di potenzialmente letale per lui, partorita dalla mente di uno psicolabile.
<< Cosa c’è, sei geloso? È per questo che hai creato quell’affare, per compensare? E dicevi a me che mi vestivo da carnevale! >>
<< Prendere tempo non ti salverà, non questa volta! >>
<< Perché tanta fretta, vecchio mio? Neanche il tempo di scambiare due parole? >>
<< E sentiamo, che tipo di parole vorresti scambiare con me? Spero non poco lusinghiere, o potrei ritenermi offeso! >> sibilò l'uomo, con un sogghigno.
<< Tranquillo, le parole poco lusinghiere le conservo per quando scriverò il tuo necrologio! >> ringhiò Fire, squadrandolo con odio << No, voglio parlare di quello che mi hai detto. L’hai ammesso tu stesso, sei una maledetta miniera di informazioni! Su di me, sul governo e sul Maestro! Perciò ora mi dirai tutto quello che sai! >>
Shen rimase in silenzio diversi istantanei. Dapprima parve sorprendersi, ma poi le labbra si curvarono in un sogghigno e ne scivolò fuori una risatina sommessa, che crebbe gradualmente di intensità fino a diventare un latrato che rimbombò spettrale e accapponante sulle pareti della cripta.
<< Sei pronto a morire pur di trovare la verità!? >>
<< No, sono pronto a farti a pezzi pur di costringerti a parlare! >>
Dal momento che non poteva colpirlo direttamente, concentrò i pugni di energia direttamente nel terreno, facendo propagare l’energia sotto i piedi dell’avversario. Ci mise tutta la concentrazione che poteva, tanto che la forza telecinetica incrinò il terreno, e alla fine finì per spaccarlo in due proprio sotto i piedi dell’altro.
Questi ci sprofondò completamente, minacciando di precipitare nel vuoto…  ma subito la coda alle sue spalle si aprì come un gigantesco ventaglio, facendolo planare proprio alle spalle del ragazzo. Menò un rapido fendente con la lancia... ma ecco che l’arma si scontrò con una spada di pura energia verdognola, sprigionando scintille.
Poi Fire tese l'altra mano ed evocò rapidissimo anche un pugnale di energia, calandolo dritto sulla spalla. Non ebbe alcuno scrupolo, infilzò attraversò la veste e trapassò la pelle, schizzando sangue e generando un'ustione.
Shen si trattenne dall'urlare, mentre faceva qualche passo indietro. I suoi occhi sembrarono risplendere nella penombra, un paio di tizzoni ardenti che ricordarono al giovane le pupille rosso sangue di Accelerator.
<< Miserabile figlio di Lada! >>
Si slanciò e menò un altro fendente della lancia, mentre l’adolescente rispondeva a tono. Le armi dei due avversari si scontrarono più volte, sprigionando una sinfonia di clangori e scintille. E quando la coda metallica del governatore provava ad infilzarlo, ecco che il Time Warrior faceva rapido uso della Forza per frenare i colpi più forti. Ma quando fu in procinto di menare l'ennesimo colpo di lancia, l’albino allungò una gamba e lo investì con un repentino calcio allo stomaco, poi gli fu addosso e affondò gli artigli metallici nel ventre, lasciandosi dietro strisce di sangue.
Fire vomitò sangue, emettendo un urlo e un verso strozzato, mentre gli afferrava i polsi e si contorceva in un puro doloroso spasmo.
Shen si lasciò andare in una risata agghiacciante. << Lo senti questo dolore, passerotto? È questo ciò che hai provato quella sera? Lascia che te lo ricordi. Questa volta non lo scorderai. Se non fosse stato per quell’insulso di Branwen, di certo avremmo avuto modo di divertirci ancora un po’! >> Sorrise malevolo. << Ma la visione del suo corpo smembrato è stata comunque piuttosto piacevole. Un altro morto per salvarti! Non lo trovi alquanto ironico? >>
Contro ogni previsione, il ragazzo gli restituì un ghigno attraverso il sangue.
<< Non amo l’umorismo macabro. Mi piacciono di più le battute... scottanti. >>
Tra i polsi serrati e le fitte lancinanti, evocò il laser. Si accese gradualmente dai suoi palmi, irradiandosi nel metallo conduttore fino a riscaldarlo.
<< Parla o brucia, pezzo di merda! >> gli sibilò in faccia, mentre il calore minacciava di fondere il metallo.
Questa volta, Shen non riuscì a trattenere un urlo al limite tra l'agonizzante e il collerico, mentre sentiva la carne bruciargli sotto la protezione in metallo.
<< Tu, piccolo stronzetto! >> sbraitò, ritraendosi mentre faceva volteggiare la coda di pavone verso il Time Warrior.
Quest’ultimo fu costretto a mollare la presa e a scartare di lato per schivarla, ma non poté impedirsi nemmeno questa volta di trovarsi con un graffio alla spalla e alla guancia: quell'affare maledetto era veloce, degno del suo costruttore. Ciononostante, si rimise in piedi, sebbene tremolasse un po’.
<< Questo era per le torture >> ringhiò, mentre sollevava di nuovo i palmi << E questo è per Qrow! >>
I raggi di energia che scaturirono si indirizzarono verso il soffitto, facendone crollare una catasta di detriti dritta sulla testa dell'albino. Shen rotolò di lato per evitare i massi, poi lanciò un totale di tre pugnali in direzione dell'avversario, il volto contratto da una smorfia assolutamente furiosa.
Di nuovo si ritrovò a dover osservare l'odioso sorriso del ragazzo, gli occhi illuminati di luce. Tese la mano altrettanto splendente, e così i suoi kunai, irradiati, si bloccarono a mezz'aria, e poi schizzarono nella direzione da cui erano stati lanciati, conficcandosi alla parete e mancando il loro proprietario per un pelo.
<< Non puoi più giocare alla fenice e al passerotto >> dichiarò il ragazzo, perentorio << Fine della corsa, Shen! >>
<< A quanto pare >> sogghignò il governatore, assumendo una posizione più custodita mentre si sorreggeva in piedi alla parete.
I pugni del giovane si illuminarono di energia e proiettarono minacciosamente la luce sul suo volto. << Ora, risposte! >>
Contro ogni previsione, l’uomo scoppiò a ridere. Una risata secca di puro scherno e perverso divertimento.
<< Che hai da ridere!? >>
<< Per quella cosa che né tu né i tuoi stupidi amichetti chiaramente non riuscite a comprendere, né accettare! Non potete sconfiggere il Maestro. Siete solo polvere nel vento... granelli di sabbia al cospetto di un gigante. Pensi davvero che quello che fate cambierà qualcosa? Ah! Non sai NIENTE! Non sai niente del mio Signore, niente dei miserabili cani che servi! Non sai niente di tuo padre e soprattutto non sai niente di tua madre, o non sosterresti la Ribellione in questo modo! >>
<< Ma tu ovviamente stai per illuminarmi sulla verità, come avevi caritatevolmente intenzione di fare quel giorno se ti avessi venduto i miei compagni, non è così!? >> ribatté l’adolescente, in tono di sfida << Come se non avessi altra intenzione di torturarmi fino alla pazzia! >>
<< NON PRESUMERE DI SAPERE! >> tuonò Feng, in uno scatto di rabbia << Io sono l’unico che ti abbia mai detto la verità in questi fottutissimi anni! Vuoi davvero sapere di tua madre!? Lei era nella cerchia del Maestro! La regina e la voivoda di Valacchia… finché un giorno non è stata presa prigioniera in un insediamento ribelle! L’hanno torturata e uccisa, quei cani miserabili rognosi con cui ti sei schierato e per cui adesso stai facendo il lavoro sporco! >>
Fire abbassò le braccia, sentendo il conflitto ammantarlo: già una volta il Dottore gli aveva nascosto qualcosa, ma era davvero possibile avesse mentito anche su questo!? Non era stato solo lui a parlargli di Lada, ma anche Thor. E le loro versioni coincidevano. Avrebbe dovuto credere si fossero messi d’accordo per ingannarlo? Avrebbe dovuto pensare che la foto del Dottore fosse stata realizzata artificialmente? Era da completi paranoici. Soprattutto perché la persona che gli stava presentando quella versione era decisamente molto poco attendibile, visti gli anni in cui aveva imparato a conoscerlo: per lui mentire era come respirare.
E poi c’era qualcos’altro. Il suo istinto, forse i suoi nuovi poteri, gli dicevano che quello non era il solito tono manipolatorio di Shen: in qualche modo stava dicendo la verità. O, magari... quella che credeva essere la verità.
Un lampo di comprensione gli passò nella mente, e assottigliò lo sguardo.
<< Dimmi una cosa, governatore… l’hai visto con i tuoi occhi? O è stato il Maestro a raccontarvi una cosa del genere? >>
L’albino ringhiò, per nascondere lo sconcerto di fronte alla sicurezza del giovane: aveva sperato di farlo vacillare. Doveva vacillare, maledizione! Non gli importava della maledetta sorte capitata alla sua mammina!?
<< Cosa staresti insinuando? >>
<< Che lui ha mentito a te, a Vader e probabilmente a tutta la cerchia, se è vero che Lada era con voi. Ma è evidente che non vi ha detto che mia madre ha anche combattuto nella Ribellione, al fianco di Thor e del Dottore! Ed è molto facile intuirne il motivo… si è accorta quanto me della corruzione del vostro governo, e così ha cambiato strada! >>
Shen scoppiò in una risata isterica. << Oh miei dèi… non posso crederci! Hai creduto davvero a queste menzogne!? Veramente sono bastate idiozie del genere per manipolarti!? È questa la fantasia che vuoi inventarti per sentirti meglio nei suoi riguardi!? Sei uno stolto bambino ingenuo! >>
<< Forse. O forse lo sei tu. O forse lo siamo entrambi, chi può dirlo davvero? Il Dottore mi ha nascosto la verità su Vader, eppure eccolo lì ad assumersi la piena responsabilità di questo, e a rispondere ad altre mie domande. Io sono pronto a scommettere che ci sono tante cose che non mi ha detto, e altrettanto scommetto che mi risponderebbe sinceramente se lo chiedessi. Tu sei pronto a scommettere che il tuo Signore non ti mentirebbe mai, Shen? Non sei forse anche tu qualcuno che usa gli stessi metodi per ottenere quello che vuole? Se vi ha mentito su una cosa come la sorte di una vostra ex compagna, su cos’altro ha mentito? E quanto ci vorrà perché vi faccia fare la stessa fine, se osate anche solo mettervi a dubitare di lui? >>
<< Sta’ zitto. >>
<< Non è piacevole essere messi a nudo quando ti trovi dall’altro lato, non è così? Ammettilo! Tu sei vulnerabile quanto me, Shen! E sarai sempre peggio di me! Un patetico animale travestito da umano, preda dei suoi istinti di gioco perversi, incapace di vedere oltre, insaziabile all’idea di infliggere dolore e di giocare con la sua preda invece di ucciderla come dovrebbe! >>
Shen respirava pesantemente, per lo sforzo di controllare la rabbia: l’ultima cosa che avrebbe permesso era fornire vantaggio al suo avversario, soprattutto se tentava di abbatterlo con la sua stessa medicina. Doveva ancora venire, il giorno in cui quel lattante ci sarebbe riuscito!
<< Concordo. >>
Gli sorrise, assumendo un’aria di superiorità. << Ma questo non ti rende affatto migliore di me, ragazzino. Tu non hai mai avuto il coraggio di uccidermi, nonostante la tua avversione verso di me. Tanto desiderio di protezione per i tuoi preziosi cittadini, quando la tua debolezza è sempre stata più forte. >>
<< Non abbassarsi al tuo livello sarebbe debolezza!? Tu sei malato! Sei un sadico figlio di puttana! Dovresti essere tu quello a cui dovrebbe importare dei suoi cittadini! Ma sei sempre e solo concentrato su te stesso e sul compiacere l’uomo peggiore dell’universo! >>
<< Dèi… solo sentirti parlare mi fa venire voglia di vomitare >> sputò Shen, esasperato; qualcosa sembrò scattare nel suo cervello, perché all’improvviso cominciò a sbraitare << Non ne posso più delle tue stronzate! Ti credi un adulto, a parlare con tanta sicurezza e fermezza di una cosa simile… invece sei solo un ipocrita e un bambino, a pensare che il mondo sia in bianco e nero, che la linea sia così facile da definire! Per te non sono nient’altro che un mostro, è così!? Il malvagio oppressore fronteggiato dall’eroico paladino! Ma certo! Perché mai dovrei possedere dei sentimenti!? Sei un arrogante infame esattamente come la donna che ti ha sputato al mondo! Cos’altro credi di sapere di lei, eh!? Tu pensi seriamente che lei sia la pura e redenta fanciulla campionessa della Ribellione? Folle idiota! Io l’ho conosciuta bene, da molto prima di te! Ooh, le cose atroci che ha fatto, al fianco di tuo padre! Ma non dovrei stupirmi se cerchi così tanto di coprirli entrambi! Tu stesso sei un abominio, figlio di due abomini che si sono sempre creduti perfetti e incorruttibili, e ti hanno passato la loro malattia! Soprattutto lei! Lei ti ha abbandonato! Perché è questo quello che fa con le persone che sostiene di amare! Le sfrutta e poi le getta via quando non ne ha più bisogno! È sempre stata sin dall’inizio un mostro, ed io ero troppo cieco per vederlo!  >>
Fire si sentì rabbrividire dalla punta dei piedi fino alla radice dei capelli. L’albino sembrava impazzito, completamente in preda al delirio. Aveva assistito ogni tanto a certi suoi scatti di rabbia, ma quello andava oltre; si sentiva confuso e spiazzato.
<< Perché la odi tanto? >> domandò, incredulo.
<< Tu pensi che io la odi… >>
Un sorriso forzato, carico di disprezzo, piegava le labbra del governatore, apparentemente ammansito. Tuttavia, il suo sguardo era illuminato di una luce selvaggia, folle. Eppure… sembrava esserci un’ombra in essa, una profonda ombra di dolore.
Scosse la testa e una secca risata simile ad un singhiozzo gli sfuggì dalla bocca.
<< Non hai idea… di quanto io l’abbia amata >> sussurrò fra i denti << nonostante quello che è diventata, nonostante tutto quello che mi ha fatto. Sì... >> ansimò, barcollando verso il giovane << avrei dovuto ucciderti molto tempo fa. Avrei voluto. Nonostante ci fossero impedimenti, ho desiderato farlo più di ogni altra cosa. Ma c’è sempre stato anche altro. L’idea di ucciderti non mi ha mai dato sufficiente soddisfazione. Doveva avvenire lentamente, e nella maniera per te più dolorosa possibile. >>
<< Perché!? >>
<< Perché ti odio >> rispose l’uomo, con voce insolitamente pacata, quando furono l’uno di fronte all’altro.
<< Che accidenti ti ho mai fatto per farmi odiare così tanto!? >>
<< Sei venuto al mondo. Ecco che cosa mi hai fatto. La tua sola esistenza mi disgusta, sei un ibrido abominevole che non sarebbe mai dovuto nascere. E nonostante questo sentimento abbia bruciato dentro di me sin da quando ho scoperto chi eri davvero… è vero, ho avuto la mia dose di esitazione. >>
Gli sollevò il mento, scrutando il suo volto come se volesse imprimerlo a fuoco nella propria mente.
<< Perché amavo tua madre. E nei tuoi occhi, nei tuoi lineamenti… potevo scorgere tutto ciò che mi era rimasto di lei. >>
Lo shock di fronte a quella rivelazione, inevitabile, scosse Fire fino alle fondamenta della propria anima. Era impietrito: non riuscì a ritrarsi di un millimetro.
<< Sei un tributo vivente al mio amore perduto. Sei ciò che mi è sempre stato negato. Saresti stato mio, se lei avesse sposato me, se io non fossi difettoso. Tu le somigli… >> La voce accorata di Shen lo riscosse dal torpore, così come il freddo del metallo sulla pelle delle guance << Le somigli così tanto… >>
<< Non toccarmi! >>
Orripilato da quel discorso, l’adolescente schiaffeggiò la sua mano. << Io non sono lei! E non sono tuo figlio! >>
<< Risparmia queste scenate. Lo so benissimo >> sbuffò Feng, schifato almeno quanto lui << L’ho sempre saputo… nonostante la mia debolezza, ti ho sempre visto per quello che sei realmente. Ho solo ritardato, almeno in parte, il mio desiderio di ucciderti! >>
<< Ma perché!? >> Fire era talmente intontito da tutte quelle informazioni da avere difficoltà a vedere il quadro completo. << Hai appena ammesso di aver amato mia madre! >>
<< Non comprendi ancora, vero? >> L’albino assottigliò le palpebre, fissandolo disgustato, per poi contorcere la propria espressione in una smorfia rabbiosa. << Non è tutto bianco e nero come la metti tu! Io l’amo… e l’odio. Forse mi chiedi come sia possibile, ma questa è la mia croce! Perché l’unica persona che io abbia MAI amato… è anche stata capace di tradirmi. Tu… sei l’ultimo insulto vivente alla mia persona da parte di quella donna meschina. Io amavo Lada. Sì. Era il mio unico amore! Avrebbe potuto avere tanto… avrebbe dovuto amarmi! E invece… mi ha abbandonato per il potere, per diventare un mostro, e come se non bastasse, ha avuto te con quel miserabile cane di Vader! Tu sei suo! Tu sei progenie di lei quanto di quel verme, e io questo non potrò mai tollerarlo, mai! Tu sei la mia amata quanto sei il suo tradimento! E sei lui… la stessa maschera di crudele innocenza mascherata da ingenuità, la progenie maledetta dell’uomo che odio di più al mondo! >>
<< Tu mi hai torturato… e quasi portato via la vita… solamente perché odiavi mio padre!? Perché ti avrebbe fregato la ragazza!? Sei avverso a mia madre per questo!? Dio santo, parli come un celibe frustrato! >>
Il disgusto e lo sconvolgimento di Fire si trasformarono nel sarcasmo più pungente che avesse mai sfoderato prima d’ora. A riflettere a menta lucida, quella storia sembrava veramente troppo assurda per poterci credere seriamente. Al confronto, essere il figlio di Darth Vader non sembrava più un’assurdità inaccettabile.
<< Mi stai prendendo in giro. Sì, dev’essere per forza così. Non sei solo un sociopatico, sei un mentecatto scriteriato e delirante. Sei talmente pieno del tuo odio che ti sei dovuto inventare la più becera e clamorosa delle cazzate per giustificare il tuo orgoglio ferito! >>
<< TU NON CAPISCI NIENTE, RAGAZZINO ARROGANTE E SUPPONENTE! >>
Feng si mosse in maniera talmente tanto repentina da non permettergli di vederlo arrivare. Sentì le forti dita dell’uomo serrargli la gola, le punte degli artigli bucargli la pelle e la vista sul punto di annebbiarsi per l’assenza d’aria: poteva a malapena distinguere gli occhi scarlatti, intrisi di sangue, che lo fissavano, trasudando puro, bestiale, desiderio omicida.
Fire cercò di reagire, di fargli perdere la presa, afferrandogli un polso con una mano e il viso con l’altra. All’improvviso, sentì un familiare strattone ai lati della testa e un calore in tutto il corpo. I suoi occhi si illuminarono di verde, e lo stesso accadde a quelli dell’albino.
Percepì l’equivalente di una porta contro cui involontariamente sbatteva, finendo per sfondarla… entrando a forza nella stanza che era la mente di Shen. E i ricordi e i pensieri lo investirono come un fiume in piena, vagando incontrollati.

Royal Noir è a terra, in una pozza di sangue, le palpebre semichiuse, pallido. Sta morendo. Basta un ultimo colpo e per lui è finita.
<< Così è questa la fine del Vigilante Mascherato >> commenta Shen, soppesandolo, la punta della lancia sanguinante sollevata << Patetico. Ma adesso... >>
Non finisce la frase. Il ragazzo apre gli occhi di scatto. Sembra in trance. Si risolleva di scatto come se niente fosse. È sporco di sangue, ma le ferite che l’imperatore gli ha inferto stanno letteralmente scomparendo. È impossibile, ma è così, stanno rapidamente guarendo. Sferra con un pugno e spedisce il suo avversario a terra. Dopodiché, spicca il volo e sparisce nella notte, traendosi in salvo. Eppure… non ha attivato le ali del costume nel farlo.
E il giorno dopo si sveglia, non ricordando assolutamente niente di quella notte. Nulla se non che il suo anello bruciava terribilmente sul petto.
Ma quello è un suo ricordo, non di Shen. Un ricordo seppellito, che si mescola col punto di vista della sua vittima che rivive impotente quell’avvenimento.
Solo ora ricorda che quella era la notte in cui era uscito a stento vivo da un combattimento con Shen. Due settimane prima della festa, l’inizio del mese.
Ma come ha potuto dimenticarlo? Come ha potuto fare quello che ha fatto?
Adesso è chiaro, era da allora che Shen ha saputo. Ma come ha fatto?
Altri ricordi. Non sono suoi, ma del governatore. La lama della lancia. Il sangue. Il laboratorio alchemico. L’analisi del DNA.
Shen rompe tutto quello che riesce a trovare davanti. La rabbia lo investe. Non osa crederci. È orribile. Sono quei due i genitori del ragazzo. Ma com’è possibile!?
L’orfanotrofio. La signora Cole. È sotto minaccia. Demolirà l’orfanotrofio alle fondamenta se non gli dirà subito di Royston e del bambino Baelfire. La vecchia confessa.
Ci sono solo due parole, nel cuore dell’uomo, dopo queste scoperte.
Ti odio, Baelfire. Ti odio così tanto. Odio lui, odio lei. Odio loro. Odio tutti!
Altri ricordi lo investono, trasportati dall’odio incontrollato. Sono queste le fiamme d’inferno che l’hanno forgiato. È così che è nata la Fenice Bianca.
È il passato di Shen. Ma anche il passato del Drago e la Fenice. Un doloroso, travagliato, soffocante, amaro passato. Pieno di odio, di sangue, di uccisione, di tradimento.
 
<< No! Non farmi ricordare cose simili! Non disseppellire quello che infine ero riuscito a dimenticare! Io non voglio più questi orrendi ricordi! >>
Era cominciata come una nenia straziante, la voce di un bambino tormentato e vessato da quelli che avrebbero dovuto essere la sua famiglia, poi la rabbia e il rancore di un adolescente in crescita, e infine… la voce secca e aspra di un adulto per sempre segnato a vita dalla violenza e dalla perversione.
Senza alcun ritorno.
<< BASTA! ADESSO BASTA! SMETTILA! >>
Alla fine, quella voce imperiosa lo riportò dolorosamente alla realtà. Fu come ricevere uno strattone e uno spintone violentissimi. Fire si rese conto di essere caduto in ginocchio solo quando sentì i palmi toccare il pavimento, e lo sconvolgimento attanagliargli l’animo.
Respirava nuovamente, si sentiva confuso e intontito da quanto aveva visto: tante, troppe cose tutte insieme, eppure chiare come le avesse vissute in prima persona, ma quando tutto finì non riuscì a registrare completamente tutto nello stesso istante. La testa ronzava come se il cervello tentasse di elaborare.
Era destabilizzante anche il come tutto questo fosse avvenuto. La Forza gli aveva parlato, perché lui oramai era aperto ad essa, e gli aveva mandato una visione senza che lui potesse opporsi, e così aveva ghermito i ricordi di Shen, involontariamente, e comunque a spese di quest’ultimo.
Ormai l’aveva compreso: il legame psichico con Vader gli permetteva di attingere alle sue conoscenze sulla Forza, di conseguenza l’istinto interveniva e sceglieva per lui la mossa migliore da fare per reagire, permettendogli di eseguirla anche se non l’aveva mai fatto prima. Usare i suoi nuovi poteri sfiancava la sua mente, perché attingeva ad una riserva non completamente sua, e soprattutto non era abituato a quello che faceva, anzi, a volte neppure ne era cosciente: non ricordava completamente come avesse sconfitto l’Indoraptor. L’abbattimento dei pretoriani sembravano vagamente i ricordi di qualcun altro.
Tutto questo era puro istinto, non razionalità, non coscienza. E poteva essergli fatale, se non avesse fatto attenzione.
Per questo motivo, l’impatto del pugno fu registrato dal cervello in ritardo, così come il dolore e il sangue schizzante dalla bocca. Si percepì mentre ne sputava un po’ e crollava sdraiato sul fianco sinistro, per poi ricevere un calcio dritto allo stomaco e poi alla schiena.
<< Come. Hai. OSATO!? >>
Fire cercò di reagire sollevandosi, ma il manrovescio di Feng lo costrinse nuovamente sul pavimento, e così la serie di colpi a mani nude ripetutamente inferti e sottolineati dalle peggiori ingiurie.
L’adolescente gridò, e un’onda d’energia verde si sprigionò, allontanando l’uomo da lui e mandandolo a scontrarsi contro una parete che gli crollò addosso.
<< No… >> Fire si ritrasse, sollevandosi su un fianco << no, no, no… >>
Eccola di nuovo, la fase della completa negazione. Ma stavolta sapeva di illudersi completamente. L’aveva letteralmente visto con i propri occhi, non era un trucco di nessuna sorta. Aveva visto sua madre e Shen. Aveva visto in quale gabbia dorata quest’ultimo avesse vissuto, che terribile condizione l’aveva fatto diventare uno psicopatico senza speranza.
Era bastato un istante per sentire addosso un altro, terribile peso a premere sulle spalle e che minacciava di schiacciarlo. Tutto in quelle dichiarazioni era l’ennesima pugnalata in ogni angolo del suo corpo. Tuttavia, in cuor suo, era rassegnato. Rassegnato all’idea che l’ennesima, orribile rivelazione fosse vera. A un certo punto, era stanco perfino di scioccarsi e di negare. Ormai stava facendo la collezione di assurdità e di orrori, e ne era completamente esasperato tanto da voler passare subito all’accettazione.
Questo alleggerì il peso in parte. Non sapeva cosa facesse più male: sapere di sua madre e la sua nemesi... o il non poter fare a meno di provare compassione per Shen? L’aveva odiato per così tanto tempo, e nemmeno per un istante aveva pensato potesse essere più di un uomo malvagio. Nulla giustificava gli atti orribili da lui compiuti, ma la vita era davvero troppo complicata per usare etichette banali. Si era comportato quasi come con Accelerator, e la cosa gli fece salire i brividi dalla punta dei piedi fino alla radice dei capelli.
La risata infernale dell’albino lo riscosse definitivamente dal torpore. Sembrava completamente uscito di senno, non che normalmente fosse sano, ma non era mai sembrato  tanto folle come in quel momento: la sua era una risata nervosa, disperata, a tratti isterica. Probabilmente, aveva usato la coda per proteggersi dall’impatto altrimenti fatale.
Quando smise di ridere, il ragazzo si alzò in piedi e lo guardò dritto negli occhi. Nella sua espressione c’era una luce diversa, una nuova consapevolezza: disgusto, pietà, rammarico. Osava mostrarsi sinceramente toccato nei riguardi del suo nemico, coinvolto da quanto aveva visto.
<< Maledetto moccioso sentimentale! >> sputò Shen, di nuovo in collera << Non guardarmi così! Non osare trattarmi come una vittima! Non ti permettere di umiliarmi! Non me ne faccio niente della tua pietà! Vuoi farmi soffrire!? Vuoi farmela pagare!? Finisci quello che hai iniziato! Abbi le palle di andare avanti fino in fondo, codardo! >>
<< Perché dovrei? >> sibilò Fire, sentendo il veleno salirgli in gola << Non ho fatto niente. Non volevo farlo. Non ho mai avuto niente contro di te, ma tu hai sempre fatto del tuo meglio per farti odiare. Ho sprecato tempo a farlo senza neppure conoscerti davvero, e solo per scoprire che sei un bambino traumatizzato, un povero pazzo che piagnucola colpevolizzando gli altri delle sue disgrazie. Tutte le cattiverie che hai fatto, a me e a Gongmen, sono nate in virtù delle dimensioni ingigantite del tuo ego! L’ho visto chiaramente! Tutta questa storia del sapere del mio passato è sempre stata una stronzata per fare sentire meglio te e menomare me! Pensi che me ne freghi del fatto che ti scopavi mia madre in gioventù!? Pensi che me ne freghi qualcosa di torturarti con quello che so? Non vali un’oncia del mio tempo, Shen, non più! >>
L’albino osservò il ragazzo alzare le mani e accenderle di energia, illuminando il suo volto. Probabilmente, voleva metterlo fuori gioco semplicemente stordendolo con la luce: tipica sua mossa, tipico di lui.
<< Dimmi una cosa, Baelfire… è tanto messo male, Logan? Il tuo amato papino di riserva conserva ancora arti e legamenti, o è ridotto ad un vegetale umano? >>
Il giovane si bloccò di colpo, e la luce sui palmi si spense. Sentì una sorda rabbia montargli in petto, scatenata dall’involontaria ma istintiva paura che quelle parole avevano provocato.
<< Che diavolo vai farfugliando? >>
<< Oh, nulla di particolare >> sorrise Shen mellifluo, con falsa noncuranza << Stavo pensando che  sarebbe davvero una disgrazia se la gelosia di Vader per te dovesse renderlo indisponente nei confronti del tuo altro papino, non credi? Sembrava così intenzionato a fargli visita, dopo aver saputo da una fenice che era il tuo complice più fidato… >>
Non ebbe modo di aggiungere altro. In un battito di palpebre, si ritrovò Fire addosso, a stringerlo per il colletto, strattonarlo e schiacciarlo con violenza contro un’altra parete, sorpassando quella che aveva appena sfondato…





Dum, dum, duuuuuuum!
I nostri eroi sono certamente in una posizione difficile, e Fire più degli altri. Riuscirà ad avere la meglio sul suo odiato rivale? Oppure gli andrà anche peggio dell
’ultima volta in cui si sono scontrati? Lo scoprirete nella prossima parte!
Per chi fosse curioso, Jet Boy è un personaggio della saga letteraria “Wild Cards” di George R. R Martin.

 

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Capitolo 40
*** Capitolo 36 - La Battaglia dell'Arena: Parte 2 ***


Eccovi un nuovissimo capitolo! È sempre complicatissimo giostrare così tanti personaggi nelle scene d’azione, quindi diteci se abbiamo fatto un buon lavoro.
Buona lettura!

 


Capitolo 36 - La Battaglia dell’Arena: Parte 2

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L’entrata in scena di Angel era stata decisamente inaspettata. Perfino Thor e Accelerator erano rimasti scioccati dall’apparizione improvvisa dei loro compagni, prima che il tonante arricciasse le labbra in un sorrisetto consapevole.
<< Sei in ritardo, compagno d’armi >> disse, mentre procedeva a colpire uno dei gladiatori distratti.
A causa dell’attacco rilasciato dal Soleano, la folla era entrata nel panico e le guardie ehinerjar si erano già mobilitate per tenere sotto controllo la situazione.
Loki ringhiò, riconoscendo all’istante quel gruppo di scocciatori. E di certo non gli ci volle molto a computare un semplice ragionamento: se loro erano lì… allora anche il Dottore doveva essersi infiltrato nell’arena.
Ma com’erano riusciti a superare le sue innumerevoli difese magiche? Loki si sarebbe premurato di interrogare Skurge a riguardo.
“Fino ad allora…”
Il suo sguardo vagò verso le guardie già raccolte sugli spalti, che lo osservavano in attesa di ordini.
<< Beh, che state aspettando? Portatemi le loro teste! >> ringhiò, indicando imperiosamente il gruppo di ribelli.
Subito, gli ehinerjar puntarono verso gli intrusi, le armi sguainate e già pronte all’uso. Con sorpresa dello stesso Loki, furono presto imitati dai Cybertroniani che fino a quel momento avevano assistito allo spettacolo. Sicuramente anche loro avevano riconosciuto l’identità dei ribelli, intuendo che una loro cattura avrebbe portato al favore di Lord Megatron e dello stesso Maestro.
Ben presto, esplosioni e colpi d’arma risuonarono per tutta la struttura, accompagnati da grida di battaglia.  Al contempo, Loki chiuse gli occhi e la sua mente vagò fino alle profondità più nascoste dell’arena.
Dopo qualche secondo, i pensieri del Dio dell’Inganno toccarono una presenza fredda e meccanica, celata tra le ombre di una stanza apparentemente dimenticata.
<< Tu, che un tempo eri la più grande arma del regno di mio padre… >> sussurrò l’Ase << ascolta la voce del tuo padrone e sconfiggi i miei nemici! >>
Nell’oscurità del colosseo, un rumore di metallo deformato si mescolò all’odore di fuoco e cenere.

                                                                                                           * * *

Track: https://www.youtube.com/watch?v=aa342sjXn9A

Il suono di proiettili vaganti riecheggiò al limitare degli spalti, seguito da bagliori accecanti.
Emil si portò con un balzo sul terreno sabbioso dell’arena, rapidamente seguito da un gruppo di soldati. I suoi denti erano scoperti in un ringhio estatico, accentuando le sue caratteristiche animali.
Dapprima, evitò abilmente le armi avversarie, per poi portarsi in mezzo al gruppo. E per quanto gli asgardiani fossero addestrati, le abilità di combattimento del fauno andavano ben oltre quelle di un guerriero ordinario.
Nelle sue mani vivevano gli insegnamenti di decine di maestri marziali susseguiti nel corso di secoli, una tradizione nata molto prima della creazione di Battleground… e lui non aveva alcuna intenzione di deluderli!
Poco distanti, i suoi compagni stavano combattendo altrettanto ferocemente. 
Con i pugni imbevuti di Aura, Yang evitò abilmente gli artigli di un Decepticon e colpì il primo Asgardiano che le capitò a tiro, mandandolo a finire contro l’enorme macchina in un tripudio di metallo deformato e bulloni vaganti.
<< Non mi sono mai sentita così via! >> esclamò, sollevando ambe le mani verso il cielo del pianeta. Accanto a lei, Weiss intercettò la lancia di un ehinerjar poco prima che potesse colpire la compagna.
<< Controllati, maledizione! >> le sibilò, mentre evocava un ghilfo per congelare l’avversario << Siamo nel bel mezzo di una battaglia! >>
<< A onor del vero, negli ultimi giorni siamo sempre stati nel mezzo di qualche battaglia >> si intromise Ruby, per poi ridurre a brandelli la gamba di un cybertroniano con la sua fidata Crescent Rose. L’essere grugnì sorpreso e cadde a terra, sollevando una nuvola di detriti che sparò dritta verso le compagne cacciatrici.
Weiss si sentì arruffare i capelli e sputò la sabbia che le finì in bocca.
<< Perché mi sono dovuta cacciare in questo macello? >> borbottò a se stessa, il corpo avvolto da un bagliore azzurro << Ero una dei migliori studenti di Beacon! Ero l’ereditiera della più grande compagnia di Renmant! Ero… giù le mani, marrano! >>
Congelo a mezz’aria il braccio di un Decepticon. Il Mech spalancò sorpreso le sue ottiche rosso sangue… e prima che potesse allontanarsi, vide la giovane Cacciatrice balzare verso di lui in un turbinio di nevischio.
<< Ero una Cacciatrice in divenire! >> gridò l’albina, colpendolo in viso con la punta del suo stocco << E ora sono costretta a correre da un pianeta all’altro a combattere robot alieni, asgardiani e dinosauri!>>
Il cybertroniano cadde sulla schiena. Ma anziché concedergli un momento di pace dall’assalto, Weiss continuò a inveire sul torace della bestia meccanica, spargendo olio e bulloni tutt’attorno.
<< Sono stufa di tutto questo! STUFA! >> continuò, incurante del modo in cui la stavano guardando i suoi compagni di squadra. Yang, in particolare, aveva cominciato a respirare un po’ più velocemente del solito.
<< Non so voi… ma io mi sto eccitando >> borbottò, mentre si portava inconsciamente una mano alle labbra.
Kirby le lanciò un’occhiata impassibile, aprì la bocca per fare un commento sarcastico… ma ecco che un potente ruggito catturò la sua attenzione.
Subito, i Neo-Cacciatori si volarono verso una delle entrate dell’arena.
Dapprima, scorsero solo una serie di denti pallidi e appena illuminati dalla luce del sole. E quelle zanne letali erano incastonate nelle fauci di una bestia orripilante, grande quanto un Cybertroniano!
Del colore di una terra arida, sembrava quasi una gigantesca scimmia senza peli, ma con zampe anteriori sottili terminanti con enormi artigli. Era decisamente terrificante.
<< E quello che diavolo è? >> sbuffò Yang, i pugni già illuminati e pronti al combattimento.
Sul volto di Kirby calò una cupa ombra.
<< Un Rancor >> disse, rammentando le lezioni del Professor Verde  << Una delle bestie più feroci di tutta la galassia. Naturalmente ne hanno uno. >>
<< Eh… ne ho combattuti di più grossi.>>
Ruby la guardò con la coda dell’occhio. << Davvero? >>
<< Stai scherzando? >> ribattè l’altra, come se gli fosse appena cresciuta una seconda testa << È gigantesco! >>
Nell’istante in cui pronunciò quelle parole, il mostro ruggì ancora più forte e cominciò a caricare verso di loro.
Kirby sospirò stancamente.
<< Odio la mia vita >> borbottò, mentre aumentava l’Aura attorno a lui per incassare il colpo. Con piedi ben piantati a terra, fu comunque spinto indietro nell’istante in cui il muso della bestia incontrò i suoi gomiti, ma fortunatamente il campo energetico di cui era ricoperto fu abbastanza forte da resistere ai denti seghettati. Presto, Yang e Ruby decisero di dargli man forte e colpirono la bestia con una combinazione di montanti e fendenti di falce, spezzandogli una zanna.
Sopra di loro, Penny era rimasta coinvolta in una serrata battaglia aerea con alcuni Cybertroniani volanti, assistiti da un gruppo di valchirie. I suoi raggi energetici si muovevano come le luci fotoscopiche di un locale notturno, falciando arti meccanici, organici… e a volte ali.
Non che l’androide si stesse divertendo. Fosse stato per lei, avrebbe semplicemente recuperato i suoi amici ed evitato questi brutali conflitti. Dopotutto, le valchirie stavano solo eseguendo gli ordini del loro sovrano!
Sfortunatamente, non combatterle avrebbe solo prolungato la prigionia di Thor e Accelerator… quindi non poteva trattenersi.
<< Scusa! >> esclamò, mentre ne colpiva un’altra << Scusa! Forse potreste arrender-… ok, quello era davvero maleducato! >>
Con una capriola aerea, evitò abilmente un missile vagante, poi si portò alle spalle del Decepticon che l’aveva lanciato e lo colpì violentemente con un dei suoi raggi.
<< Scusa! >> gli grido, mentre il corpo del Cybertroniano precipitava a terra in un turbinio di fiamme. La macchina esplose a pochi metri da Emil, che tuttavia non se ne accorse nemmeno. I suoi sensi erano interamente concentrati sulle ultime guardie rimaste, mentre queste stavano cercando di infilzarlo con le loro lance.
Con sorprendente agilità, il fauno scattò verso quello più vicino e lo colpì allo stomaco. E sebbene l’armatura dell’Asgardiano si rivelò abbastanza resistente da non piegarsi sotto le nocche del neo-cacciatore, il guerriero che proteggeva sentì tutta la potenza del contraccolpo e venne scaraventato ad altissima velocità addosso al suo compagno.
Pochi secondi dopo, un’ombra calò su Emil e il fauno scansò di lato per evitare la lama di un Decepticon. Questi tentò un altro affondo, ma venne rapidamente messo offline da un colpo di fulmine ad opera di Angel.
Con disinvoltura, il rosso atterrò accanto al collega Time Warriror, ripiegando le ali draconiche che aveva già evocato sulla schiena.
<< Andiamo! >> urlò Emil, sorridendo estasiato << Chi è il prossimo, eh?! >>
La risposta a quella sfida arrivò molto prima di quanto si aspettasse.
Uno dei portoni dell’arena cominciò ad aprirsi, accompagnato da un inconfondibile suono di passi. All’inizio, entrambi i Time Warriors pensarono che potesse trattarsi di un altro Cybertroniano, poiché avevano un eco vagamente metallico. Tuttavia… ciò che fuoriuscì dall’interno del colosseo non assomigliava a niente che avessero mai visto.
Era fatto di metallo, certo… ma sembrava più una gigantesca armatura che uno dei robot provenienti dal pianeta Cybertron.
Sconosciuto a entrambi, la creatura non era altri che l’arma più potente dell’intera Asgard. Un costrutto autonomo che aveva più volte provocato morte e devastazioni incalcolabili nell’universo in cui era stato forgiato, quando la terra degli dèi era ancora al suo apice.
Perché quell’essere… non era altri che il Distruttore, la sentinella di Asgard. E al momento, l’asso nella manica che Loki aveva scelto di scatenare su di loro.
Dopo essersi guardato attorno, l’elmo impassibile dell’automa si posò sull’unica coppia di avversari che non erano coinvolti in uno scontro.
Emil deglutì nervosamente, si girò verso Angel e gli diede una pacca sulla spalla.
<< È tutto tuo, amico! >>
E, detto questo, si lanciò a tutta velocità verso un gruppo di asgardiani, lasciando il soleano in compagnia della mostruosità meccanica. Questa cominciò ad avanzare minacciosamente verso il Rosso, il quale sospirò rassegnato.
<< Ovviamente >> borbottò, mentre faceva roteare la lancia. Appena una frazione di secondo dopo, dall’elmo del Distruttore scaturì un raggio di energia caldo quanto le fiamme del sole stesso.

                                                                                                        * * *

Dopo un serrato inseguimento per i cunicoli dell’arena, il Dottore era finalmente riuscito a raggiungere l’esterno, ritrovandosi nel mezzo della bolgia.
Con un balzo, evitò la lama vibrante di una guardia pretoriana, poi la afferrò per il braccio e la colpì con violenza sull’elmo, mandandola a sbattere contro gli spalti sottostanti. A discapito del suo aspetto gracile e del suo atteggiamento pacifista, aveva ancora migliaia di anni di conoscenze sul combattimento corpo a corpo che gli avevano salvato la vita in numerose occasioni.
Subito, scalzò di lato per evitare una frusta vibrante, poi afferrò un cesto di pop corn vicino e lo lanciò addosso alla guardia, oscurandole temporaneamente la vista. A quel punto, balzò oltre il bordo degli spalti e atterrò con la schiena sul campo di battaglia.
Gemette dolorante, alzò la testa… e il suo sguardo incontrò i volti stupiti di una coppia di donne.
Il Signore del Tempo sbattè lentamente le palpebre. Erano entrambe vestite con armature da combattimento, ma in quanto ad aspetto e lineamenti non avrebbero potuto essere più diverse!
Mentre una era piuttosto alta, con capelli dorati che le cadevano sulle spalle e occhi nebulosi, l’altra le arrivava appena all’altezza del fianco, aveva folti capelli neri e iridi rosso sangue.
Dal canto suo, Auth era rimasta piuttosto sorpresa dall’improvvisa apparizione di questo insolito vecchietto. 
<< Ehm… salve? >> disse l’uomo, alzando la mano destra in un saluto disarmante.
L’entità arricciò le labbra in un sorrisetto divertito.
<< Saluti, giovanotto >> lo saluto con voce calda e gentile << Sei forse tu la causa di tutto questo baccano? >>
Il vecchietto si alzò lentamente in piedi.
<< Colpevole come accusato >> disse, mentre si strofinava la testa con aria imbarazzata.
<< Perché lo chiami giovanotto? >> le chiese Marie, affiancandosi a lei << Sembra che potrebbe avere un infarto da un momento all’altro. >>
<< Siete tutti giovani per me >> rispose l’entità, con una scrollata di spalle. Poi, il suo sguardo incontrò ancora una volta quello dello sconosciuto… e lì vi rimase bloccato.
<< Anche se… ammetto che il mio commento iniziale potrebbe essere mal riposto >> borbottò, prima di invadere il suo spazio personale.
Il vecchio sì irrigidì, ma per il resto rimase completamente immobile, sostenendo quell’esame con grazia.
<< I tuoi occhi sono molto vecchi >> commentò Auth, pensierosa << Più vecchi di qualunque altro mortale che abbia mai incontrato. Che cosa sei, esattamente? >>
L’uomo le offrì un sorriso a metà tra l’ironico e il curioso.
<< Solo un viaggiatore >> fu la sua risposta disinvolta << Ma in questo momento? Puoi anche considerarmi il vostro liberatore. >>
L’entità inarcò un sopracciglio. Ma prima che potesse chiedergli a cosa si riferisse… ecco che sentì qualcosa cambiare attorno a lei.
L’aria dell’arena divenne improvvisamente più leggere e per un attimo si sentì come se qualcuno – o qualcosa – le avesse tolto una montagna dalle spalle.
Era più leggera. Riusciva a percepire il battito di ogni persona presente nell’arena… l’odore dell’elettricità che saettava nei loro cervelli… e il profumo della magia che volteggiava in ogni angolo di questo regno.
Lei poteva sentire TUTTO, ancora una volta!
Una scossa all’altezza del collo la riportò alla realtà. E quando comprese quello che era appena successo, si strappò l’oggetto maledetto prima ancora che la sua mente ne registrasse l’azione.
Accanto a lei, gli occhi di Marie si spalancarono sorpresi.  
<< I collari… sono disattivati! >> esclamò, incapace di trattenere un sorriso eccitato.
Subito, la vampira allungò una mano… ed ecco che la sua fidata spada si materializzò tra le dita in un turbinio di polvere vermiglia, splendente di potere e bisognosa di sangue nemico in cui affondare la propria lama.
<< Ho di nuovo i miei poteri! >> disse Marie, mentre la faceva abilmente roteare tra i palmi.
Stordita, Auth sollevò i propri… ed ecco che una luce familiare cominciò a diffondersi lungo gli arti, illuminando quella sezione dell’arena. E per quanto fosse insignificante rispetto al potere che aveva detenuto prima dello Scisma, era comunque più di quanto avesse mai utilizzato negli ultimi giorni.
<< Anche questo sarebbe opera mia >> rivelò lo sconosciuto, sorridendo in modo raggiante.
Auth gli rivolse la sua più completa attenzione. Ora ne era più che sicura: costui non era un mortale qualunque, ma un essere che era riuscito non solo ad eludere la sorveglianza del dio degli Inganni in persona… ma addirittura di stroncare il maligno artificio che aveva intrappolato tutti i combattenti dell’arena. Meritava la sua gratitudine e rispetto.
In quel momento, il trio si ritrovò circondato da un gruppo di Cybertroniani, accompagnato dagli Asgardiani sotto il comando di Re Loki.
Auth lanciò un’occhiata laterale allo sconosciuto.
<< Come ti chiami? >> gli chiese, sorridendogli dolcemente.
In tutta risposta, l’uomo le offrì un breve inchino: << Il Dottore >>
<< Bene, Sir Dottore >> ribattè Auth, mentre si voltava in direzione dei nemici << Avete aiutato me e la mia compagna. Ora… lasciate che vi restituisca il favore! >>
Spinse la mano in avanti, generando una potente onda telecinetica che investì una coppia di Decepticons, riducendoli in brandelli di metallo scomposti. Accanto a lei, Marie sorrise a sua volta, mostrando i canini aguzzi.
<< Amo l’odore del sangue la mattina presto! >> urlò a gran voce, rilasciando tutta la rabbia covata negli ultimi giorni. Poi, si lanciò di petto contro gli avversari, la spada che bramava sangue.

                                                                                                         * * *

Dopo aver schivato il primo attacco, Angel si lanciò verso il Distruttore, calando il pugno destro colmo di haki.  L’impatto col freddo metallo produsse un suono stridulo ma non mosse il costrutto di un millimetro.
Il Soleano si allontanò rapidamente, evitando appena in tempo l’arto dell’automa. Era certamente più duro di un Decepticon.
<< Non per niente è un costrutto divino >> sussurrò il giovane, riconoscendo la stessa magia di cui era pregno il corpo di Thor. Poi balzò in aria, mentre l’avversario tentava di colpirlo ancora una volta con il suo raggio mortale.
Angel iniziò a volare intorno al Distruttore.  Doveva guadagnare tempo per capire come abbatterlo, o quantomeno incapacitare i suoi movimenti.  
Nel mentre, il Distruttore rimase completamente immobile, limitandosi a scrutarlo con le aperture dell’elmo.  Sembrava quasi una statua.
Prima che il rosso potesse tentare qualsiasi cosa, la mano del costrutto scattò improvvisamente verso l’alto e lo afferrò per la gamba, interrompendo la librata. Poi, lo sbatté violentemente contro la parete vicina.
Al rosso parve di essere andato contro un treno in corsa. Per un istante vide completamente bianco, ma si sforzò di rimanere lucido. 
Quando si rimise in piedi, scoprì che era finito nelle viscere dell’arena.
Subito si allontanò con un balzo, evitando l’ennesimo colpo ad opera del Distruttore e distanziandolo di almeno una ventina di metri.  
La testa gli doleva e qualcosa di caldo gli colò dalla fronte. Doveva essersi ferito a causa dell’impatto… ma non poteva permettersi di restare fermo troppo a lungo.
Di fronte a lui,  l’elmo dell’automa cominciò ad aprirsi, rivelando il contenuto vuoto, e poi di nuovo una luce abbagliante.  Appena un secondo dopo, il lampo di energia si scagliò contro Angel e questi lo scansò appena in tempo, spostandosi rapidamente di lato e caricandosi di elettricità.
Come temeva, quella macchina stava iniziando a prevedere le sue mosse. Ma anche così…. sapeva cosa doveva fare 
Rapido come una serpe, si avvicinò al costrutto e, concentrato il fulmine nella mano destra, lo piazzo dentro l’elmo prima che si richiudesse. L’attacco esplose in un turbinio di scintille, causando un tremito nell'armatura.
Sebbene avesse accusato il colpo, il Distruttore non cedette e, mantenendo l'equilibrio, afferrò il braccio di Angel prima che potesse ritrarlo e lo strinse con forza. Al contempo, chiuse la mano libera in un pugno e colpì il rosso con la forza di un toro alla carica. E sebbene il Time Warriors fosse riuscito a ricoprirsi di Haki, l’attacco fu comunque abbastanza forte da fargli sputare sangue. 
Fu solo grazie alla sua prontezza di riflessi se riuscì ad atterrare senza subire ulteriori danni.
Respirò affannosamente. 
<< Sei forte >> si complimentò il rosso, ma in cambio non ricevette alcuna risposta.  L’armatura rimase immobile a fissarlo… e sparò un altro raggio di energia contro di lui, stavolta emesso dalla mano.
Era come se quel costrutto, pur privo di un pilota, possedesse una volontà capace di adattarsi al suo nemico! Si trattava di un’arma certamente prodigiosa.
Angel non si mosse e innalzò un muro d’acqua per intercettare l’attacco.  Il raggio del Distruttore si schiantò su quello scudo con forza, mescolandosi con esso e dando il via ad una vera e propria prova di forza.
Sfortunatamente, fu il raggio ad avere la meglio; bucò il blocco d’acqua e riuscì a colpire Angel, incenerendogli gli abiti superiori e mandandolo a finire contro la parete opposta del corridoio.
<< Dovevo immaginarlo >> sussurrò, mentre tossiva un rivolo di saliva misto a sangue.
Le sue difese non erano sufficienti per contrastare la potenza di fuoco dell’automa, mentre quelle del costrutto erano decisamente elevate, tanto che i normali attacchi non lo scalfivano nemmeno. 
Il Soleano stinse i denti. Gli serviva qualcosa di più efficace.
Un attimo dopo, un pensiero gli balenò nella mente.  
Forse c’era qualcosa che poteva provare: la forma più evoluta dell’haki dell’armatura, il Ryuo. Essa concentrava tutto l’haki dell’organismo in una singola parte del corpo, per poi rilasciarlo sul nemico in una volta sola.
Tuttavia… era un azzardo. Ne conosceva le basi, ma non aveva mai avuto il tempo di padroneggiarlo. E anche se fosse riuscito a usarlo, con le sue capacità attuali… avrebbe potuto tentare non più dì tre o quattro colpi.
Purtroppo, dubitava fortemente che il Distruttore gli avrebbe concesso il lasso dì tempo necessario per prepararsi. Quindi, come prima cosa, doveva immobilizzarlo.  
<< Allora facciamolo >> borbottò a se stesso.
Con un colpo d’ali, Angel si lanciò in avanti e scagliò un vortice di acqua contro l’automa. Questi incrociò le braccia davanti al volto per incassare l’attacco.
Rimase immobile mentre assorbiva i colpi elettrici che seguirono il turbine…
“Ora o mani più” pensò il giovane.
Chiuse gli occhi, mentre il pugno destro gli diventava di un nero malaticcio. Era questo che gli era stato insegnato dal suo “fratellone”: doveva immaginare l’haki del suo corpo come un flusso, concentrarlo tutto in un punto e infine rilasciarlo pochi istanti prima di aver inferto il colpo.
Prendendo respiri calmanti, cercò di focalizzare quel flusso e di concentrarlo tutto sul pugno annerito. Dopodiché… scattò verso l’avversario.
Il primo tentativo si rivelò fallimentare. Il Distruttore incassò il duro colpo, senza riportare alcun graffio e senza sbilanciarsi. In quel momento, afferrò il ragazzo per il collo, lo alzò come se fosse un fuscello e lo lanciò a tutta forza contro una parete, rompendola, e scaraventandolo in un’altra sezione delle prigioni.
Angel sputò altro sangue, e poco ci mancò che non riuscisse più a respirare. 
“Non va bene. Se incasso un altro colpo così… rischierò di rimanere paralizzato. Mi serve più tempo e maggiore concentrazione per poterlo usare” pensò, il respiro che si faceva sempre più veloce.
Doveva focalizzare meglio il flusso.  Rendere il processo meno forzato… ma doveva anche pensare a bloccare l’avversario. 
Non poteva fare entrambe le cose contemporaneamente, soprattutto in quelle condizioni. Non gli restava che una carta da giocare.
Aprì le mani, attorno a cui cominciarono a materializzarsi delle sfere lucenti. E, sfruttando la magia runica, Angel diede forma a quell’energia mistica, per poi schiantarle sul terreno.
Ciò che seguì fu un forte tremore. 
<< Isola della Tartaruga Gigante >> disse Angel, prendendo in prestito la mossa di un vecchio compagno.
Rocce aguzze si sollevarono dal terreno, chiudendosi intorno al costrutto fino a formare una struttura che ricordava il guscio di una testuggine colmo di spuntoni.
Inizialmente, il Distruttore non ne sembrò impensierito, poiché per lui era solo roccia. Gli spuntoni non potevano scalfire il suo metallo indistruttibile, è la macchina si prese qualche secondo per osservare la gabbia. 
Nonostante fosse semplice minerale, era molto più densa e solida. Sembrava quasi paragonabile all’acciaio. L’armatura si concentrò sulle sbarre davanti a lui e scagliò un raggio di energia dalla mano, tanto potente da aprire una breccia… ma per Angel, quel breve lasso di tempo fu più che sufficiente. 
Sentì il braccio percosso da un’energia indomita, come la corrente di un fiume che si riversava in una cascata. Poi, si lanciò sul costrutto appena liberatosi e lo colpì nuovamente al petto.
Questa volta si udì un forte boato impattare contro il duro metallo. L’armatura subì un assalto tanto potente da allontanarlo di almeno cinque metri da Angel. Essa dovette piantare i piedi a terra, a dimostrazione di quanto quel pugno fosse stato intenso.
Il suo viso metallico si alzò, posandosi di nuovo sul rosso.
Il muro dell’arena esplose in un turbinio di rocce e detriti.
Il Distruttore aveva scaraventato Angel contro la parete interna, demolendola. Ora erano all’esterno, con i piedi che tastavano la sabbia impregnata di sangue e ossa.
Tra tutti i presenti, Thor  fu il più sorpreso a vedere il suo compagno combattere contro quella macchina di morte e distruzione asgardiana, la stessa che aveva più volte protetto il suo regno dagli assalti nemici.
Angel si rimise in piedi più in fretta che poteva. Aveva già sperimentato sulla propria pelle quanto quell’automa fosse pericolso… e non poteva permettersi di farsi trovare impreparato. Solo allora si accorse di trovarsi nuovamente all'aperto,  nel mezzo di una vera e propria bolgia, e con Thor e Accellerator a pochi metri di distanza. Nel vederli in buona salute, non potè dare a meno di rallegrarsi un po’.
Fu allora che il Distruttore lo colpì con un altro raggio di energia.

                                                                                                                   * * *

Lo spegnimento dei collari non era certo passato inosservato al resto dei prigionieri.
Accelerator, in particolare, dovette portarsi una mano alla testa per frenare l’ondata di calcoli che gli travolse il cervello, come se qualcuno avesse rotto la barriera che circondava i suoi pensieri. Al contempo, il corpo di Thor venne brevemente avvolto da una scarica… e presto la diavoleria che portava al collo ricadde sul terreno sabbioso con un piccolo tonfo. Erano finalmente liberi!
Intuendo quello che era successo, Accelerator sorrise selvaggiamente, per poi rivolgersi al tonante.
 << Thor, tu va ad aiutare Angel contro quella specie di robot. Io darò una bella scossa a questo letamaio. >>
<< Ottimo piano, compagno d’armi >> disse l’asgardiano, per lanciarsi verso il Soleano. In pochi balzi gli fu accanto e lo aiutò a rimettersi in piedi.
 << Vieni, rosso guerriero, non puoi affrontare da solo il Distruttore. Thor ti aiuterà! >>
E, detto questo, si mise in guardia, tenendo alta Jarnbjorn. << Sfortunatamente sono stato privato del Mjölnir, perciò non potrò recare troppo danno a quella macchina creata per combattere Celestiali. Ragazzo… necessito dell’assistenza del tuo potente drago blu. >>
Angel abbasso la testa e strinse le mani in pugni serrati.
 << Mi dispiace… ma Blue non c’è più >> rispose con un filo di voce, sorprendendo il tonante << Ora come ora dovrai accontentarti di me. >>
Tornò a fissare il Distruttore e poi spostò lo sguardo su Loki, che li osservava furibondo dalla cima degli spalti. Notò subito Miolnjr vicino al dio e riconobbe un sigillo runico.
<< Presumo ti serva una mano a recuperare il martello, vero? >>
Per quanto fosse rattristato dalla notizia sulla scomparsa di Blue, Thor cercò di mantenersi vigile. Ci sarebbe stato il tempo di piangere la sua morte… ma certamente non era quello il tempo.
<< Sì, esatto >> annuì cupo << È protetto dalla magia di Loki, e per questo non posso richiamarlo nella mia mano. L’incantesimo che lo circonda è molto potente… ma se mi avvicinassi potrei riuscire romperlo. >>
Angel borbottò pensieroso.
 << Credo di poterti aiutare, ma prima bisognerà distrarre quell’armatura >> disse, mentre tendeva un pugno verso il tonante << Gioco di squadra? >>
Per quanto disinvolto, un simile gesto non era affatto casuale.
Il Soleano aveva infatti impresso una runa sulle proprie nocche. Un incantesimo apparentemente semplice che, una volta attivato, avrebbe scambiato di posto i due Time Warriors… proprio come aveva imparato da sua madre che era maestra di questi simboli.
Thor sorrise consapevole e tese anche lui il suo pugno, battendolo contro quello del ragazzo.
<< Se davvero hai bisogno di distrarre quell’automa, potrei affrontarlo di petto. La mia forza è sufficiente per tenerlo impegnato, ma non lo tratterrà a lungo. Hai ancora energie per assistermi coi tuoi incantesimi? >>
Angel sorrise determinato.
<< Posso andare avanti per tutto il giorno >> disse, e tali parole riuscirono a scaldare il cuore del vecchio Avenger, ben memore di tutte quelle volte in cui il suo compagno Steve Rogers le aveva pronunciate.
 << Iniziamo. Ruggito della Tigre Bianca! >>
Allungò le mani evocando la magia runica e sprigionò un vortice di lame d'aria il cui suono ricordava distintamente il ruggito di una feroce tigre.
Thor ne approfittò per scagliarsi in avanti. Al contempo, il Distruttore si portò le braccia al viso per proteggersi dall’assalto.
Questo lasciò scoperto il ventre, punto cieco per il tonante, che menò un fendente della sua ascia. Nonostante Jarnbjorn fosse stata creata per fendere gli Dèi, l’Uru del Distruttore era talmente resistente da incassare il colpo.
La lama non penetrò nel metallo, ma la forza dell’impatto fu tale da allontanarlo di qualche metro. Thor si scagliò ancora per colpirlo sull’elmo con un taglio verticale, ma la macchina lo anticipò afferrandogli il volto e schiacciandolo contro il suolo.
Il Distruttore conosceva troppo bene lo stile di Thor. Tenendolo ancora per la testa, lo colpì con un montante allo stomaco, spedendolo in aria, e infine un raggio di energia lo spedì sugli spalti.
Angel approfittò del momento per lanciarsi a tutta velocità alle spalle del Distruttore e colpendolo alla nuca, i pugni imbevuti di Haki.
L’automa incespicò a causa dell’esplosione risultante, ed ecco che Thor riemerse dalle macerie, l’ascia intrisa di fulmini. Si scagliò contro l’armatura e lo colpì con tutta la forza che aveva in corpo, tanto da generare un rombo di tuono.
Il Distruttore dovette infinocchiarsi. Prima che il tonante potesse colpirlo di nuovo, rilasciò un’esplosione di energia, così da colpire entrambi gli avversari contemporaneamente.
Grazie all’haki dell’osservazione, Angel riuscì a prevedere l’attacco e sfruttò l’onda d’urto risultante per farsi scagliare verso le tribune più alte… proprio nelle vicinanze di Loki. Subito dopo, richiamò la sua fidata lancia e la usò come trampolino per dirigersi dritto verso il signore di Asgard.
Loki notò il rosso lanciarsi contro di lui a gran velocità.
<< Pensi di potermi ferire? Sei solo un mortale, mentre io sono il Padre di Tutti! >> sbraitò, la mano tesa, pronto ad utilizzare un potente incantesimo offensivo.
Angel non si lasciò intimidire ed evocó una sfera d’acqua bollente.
<< E da quando? Hai forse comprato il titolo ad un mercatino? >> lo scherni, per poi scagliarle contro l’Ase. Questi sorrise malignamente.
<< No, ma tu non sai che Loki è il dio del fuoco! Questa magia non è altro che un’insignificante bagattella, per me.>>
E, detto questo, agitò una mano, facendo evaporare l’attacco come se niente fosse; tuttavia… Angel non c’era già più, sostituito dall’imponente figura di Thor. La runa aveva fatto il suo lavoro!
Loki ringhiò, colmo di rabbia e sorpresa. Fece per contrattaccare, ma il dio del tuono fu più veloce. Un fulmine si abbatté sul re degli aesir, scaraventandolo altrove.
A quel punto, il tonante si affiancò al martello, protetto dal campo magico. Colpì lo scudo con forza… e lo ruppe. Il cielo si oscurò, è un tuono rimbombò per tutta l’arena: Thor e Mjölnir si erano finalmente ricongiunti.
<< Missione compiuta >> fece Angel, che schivò appena in tempo l’ennesimo assalto ad opera del Distruttore. Ora che era riuscito a far riunire il tonante alla sua arma, avevano più possibilità di uscirne vivi.
Con questa convinzione, cominciò ad evocare lo stesso attacco che gli aveva garantito la vittoria contro i Decepticons, tra le piane tombali di Trenzalore. Non vi era momento migliore per usarlo.
<< Quando le quattro bestie si riuniscono… l’imperatore appare per emettere il suo giudizio! Residenza dell’imperatore aureo! >>
Nel mentre, Thor si accorse che il suo potere stava tornando. Con il passare dei secondi, si sentiva sempre più forte e vigoroso!
Il corpo dell’Ase venne avvolto da scariche elettriche e i suoi occhi emanarono scintille. Tutta Asgard venne coperta dalla coltre di nubi, mentre i lampi e i tuoni rimbombavano in mezzo alla tempesta.
I fulmini scaturivano e bruciavano la terra dove impattavano. Il messaggio che portavano era chiaro come il sole: Thor… era rinato.
Il dio vide Angel caricare un attacco, ma in cuore suo sapeva che non sarebbe bastato. Così afferrò saldamente il manico del martello con entrambe le mani e lo alzò al cielo.
<< Padre del Tutto, ovunque tu sia, ti prego ascolta la preghiera di tuo figlio. Dammi la forza di aiutare i miei compagni. Permettimi di abbattere il nemico! >>
Una miriade di fulmini scaturì dal cielo, condensandosi nell’arma. << Fulmini, saette. Lampi e tuoni. Il vostro signore è tornato e vi invoca! Mjölnir... abbatti il mostro! >>
E con un possente grido di guerra udibile per molte miglia, Thor lanciò il Mjölnir con tutta la forza di cui era capace. Il maglio sfrecciò con una velocità inaudita, pervaso di energia.
Dalla colonna di luce, Angel pronunciò il nome della sua lancia: Gae Bolg, e la scagliò verso il Distruttore.
Entrambe le armi colpirono l’automa insieme, generando un’esplosione dalle colossali dimensioni, tanto potente da annientare una parte dell’arena. Alla fine, il fumo si diradò… ed eccolo lì. Il Distruttore era ancora in piedi! Il metallo era coperto di bruciature, ma sembrava decisamente provato.
Dopo quasi un minuto buono… crollò a terra, sollevando una nube di polvere.
Angel osservò stupito il tonante. Dunque era quello il potere del compagno. Non per niente era il vice della squadra.
<< La prossima volta dovrò impegnarmi di più >> commentò, mentre afferrava l’amata lancia  << Non posso sempre affidarmi agli altri. >>
Thor volò a terra, accanto ad Angel. << Hai combattuto molto bene, rosso guerriero. Pochissimi esseri sono stati capaci di reggere il Distruttore in questo modo. Devi sapere che quest’arma fu creata da mio padre per combattere i Celestiali, per tanto è immortale e indistruttibile. Ma ora è senza energia e non ci nuocerà più, almeno per un po’. >>
Arricciò le labbra in un sorriso cordiale.
<< Non ce l’avrei fatta senza di te. Il tuo drago blu che risiede nel Valhalla, o dovunque vadano quelli come lui, sarebbe fiero di ciò che hai fatto >> disse solennemente.
Poi tese il pugno destro verso il soleano.  << Io non sono pratico delle usanze umane… ma credo che questo significhi: “io ti onoro”, o qualcosa simile >>
Angel sorrise a sua volta e battè il suo pugno con quello del tonante.
<< Può significare molte cose. Ad esempio… grazie >> sussurrò, internamente toccato dalle parole del dio.
Ora erano compagni d’arme in tutto e per tutto.  Avevano ottenuto quella vittoria insieme… ma non era ancora tempo di festeggiare.
<< Sarà il caso di assistere i nostri compagni. Non credi anche tu, figlio di Odino? >>
Thor annuì e strinse saldamente Mjölnir. Poi, entrambi si lanciarono verso la bolgia.

 


Il muro dell’arena esplose, mentre il corpo di Shen ruzzolava all’esterno, finendo sulla sabbia. Presto seguì Fire, le mani illuminate da un bagliore verdastro e gli occhi intrisi di furia indomita.
<< SEI STATO TU! >> tuonò l’adolescente << Tu lo hai mandato a minacciare mio padre! Lui gli ha fatto del male per causa tua! >>
Ansimava per la rabbia, gli occhi che fiammeggiavano letteralmente di oro e rosso.
<< Oh, io non ho dovuto fare niente, mio caro >> ridacchiò il governatore << È la specialità di tuo padre! La paura, la collera, l’odio… lo dice sempre lui stesso! Gli ho solo dato una piccola... spinta. >>
Pronunciate quelle parole, srotolò una frusta metallica da sotto la veste. E prima che il ragazzo potesse reagire, il laccio argentato andò ad avvolgersi attorno alla sua gamba: perse l’equilibrio, fece appena in tempo a crollare a terra, e subito Shen iniziò a scaraventarlo in aria come fosse una bambola di pezza, letteralmente prima dall’altro lato del pavimento, poi sul soffitto, poi sulle pareti, non dovendo nemmeno sforzarsi troppo.
Poi lo afferrò e lo trascinò con sé, sfondando la parete e infine facendolo precipitare direttamente sugli spalti dell’arena, al di fuori.
Fire rotolò giù e atterrò pesantemente sul terreno, con lividi ovunque. Si rannicchiò in un gemito, la testa che pulsava, le orecchie che fischiavano e ogni muscolo completamente indolenzito.
Non ebbe nemmeno il tempo di riprendersi che si sentì afferrare per i capelli e sollevare malamente da terra, con la lama di un kunai premuta sulla gola.
<< Sei un tale stupido >> gli sibilò Shen << proprio come Vader. Le vostre emozioni vi rendono così impulsivi! È appropriato che questa sia la causa della tua morte. Non preoccuparti… farà più male a te che a me. >>
Il coltello brillò alla luce del sole, pronto a trafiggere il giovane. Ma all’improvviso… il suono del metallo snudato li bloccò entrambi sul posto. Una lama si abbatté in mezzo a loro, diretta unicamente alle dita di Feng.
L’albino riuscì appena in tempo a scostarsi, mollando la presa e indietreggiando di scatto.
<< Giù le mani da mio figlio, bastardo. >>
Quando Fire risollevò lo sguardo, vide Logan Royston in piedi di fronte al governatore, tenuto sotto tiro dallo spadone dell’uomo.
<< Padre! >>
Di colpo, vennero accerchiati da un gruppo di pretoriani, con le minacciose armi ronzanti in pugno.
<< Va’, Baelfire >> disse l’uomo, freddamente << Occupati di loro. Qui ci penso io. >>
<< Non puoi… >>
<< Ho detto va’! >>
Il tono del suo genitore era perentorio. Erano assai rare le volte in cui lo utilizzava, perciò il ragazzo sapeva che, quando lo faceva, obbedire era più che necessario.
Riluttante, decise di dargli fiducia, quindi si gettò nella mischia.
Per qualche istante, Lord Shen rimase di stucco, assolutamente colto di sorpresa. Poi il suo sguardo si assottigliò e le sue labbra si incresparono in un ghigno.
<< Oh, eccoti qui, marchese >> lo accolse, con melenso fare sprezzante << Per fortuna sfacciata, ancora tutto intero. Eppure sei qui di fronte a me, pronto a sfidarmi. Pare che il tuo istinto di sopravvivenza non sia così buono come credi. >>
<< Francamente, governatore >> replicò Logan, livido << forse sei tu a dover pensare alla tua sopravvivenza. >>
<< Questo sì che è interessante >> commentò l’albino, facendo passeggiare gli artigli sulla lama dello spadone, apparentemente incurante della punta premuta sulla gola << supponevo che Baelfire l’avesse presa da te quella sua malattia morale, ma è evidente che, invece, gli hai trasmesso l’ipocrisia. Sei sempre stato fin troppo perfetto, Royston… per questo non ho mai desiderato altro che deturparti. >>
Si spostò senza sforzo l’arma dal collo e ne graffiò il metallo… almeno, questo sarebbe stato il suo intento, ma non accadde: la lama non si intaccò di un millimetro.
Royston sorrise, derisorio, mentre l’espressione dell’altro si tramutava in pura stizza. << È piuttosto difficile deturpare una pietra regale, governatore. >>
<< Adamantio >> sibilò Shen, riconoscendo la fattura sull’istante << Maledetto figlio di puttana. Ti sarà costato un capitale. >>
<< Vi consiglio di moderare il linguaggio, Vostra Altezza >> rispose il marchese, sarcastico << altrimenti dovrò prendere dei seri provvedimenti. In ogni caso… poterlo usare contro di voi mi ripaga di ogni spesa. >>
A quel punto, non ci fu bisogno di altre parole. Logan strinse saldamente lo spadone fra le mani; Shen recuperò la propria lancia, ne staccò l’asta e così ottenne una spada, ed entrambi ingaggiarono battaglia.
Un duello fra due guerrieri provetti era sempre riconoscibile, per via della potenza dei loro colpi intreccianti, paranti e affondanti: l’aria ne sembrava pregna, squarciata occasionalmente dal clangore delle lame. La concentrazione incatenava i loro sguardi… e il movimento dei loro corpi sembrava la danza mortale di due predatori a confronyo: Royston era possente e robusto, Feng più agile e scattante. C’era ferocia e desiderio di uccidere in quest’ultimo, al contrario del marchese, animato dal coraggio e dalla determinazione.
La differenza di livello fra i due era evidente. Il governatore era più temprato, più scaltro e insidioso, ma il marchese era davvero un avversario formidabile.
<< Tutto questo solo per difenderlo, Logan!? Hai rinunciato al tuo prestigio, alla tua libertà e alla tua dimora… per un insignificante ragazzino!? >>
<< Se tu fossi un genitore, sapresti che cosa significa. Qualunque padre darebbe tutto per suo figlio. >>
Contrariamente a quanto entrambi si fossero aspettati, quelle parole scossero l’albino. Per un istante retrocesse sotto i colpi dell’avversario, e bloccò l’ultimo assalto a fatica. Fermi l’uno di fronte all’altro, con i volti separati dalle lame, Logan poté vedere lo sconcerto più puro ammantare il volto del governatore.
<< Ami davvero il ragazzo >> lo sentì sussurrare, incredulo, a tratti quasi vulnerabile come non l’aveva mai visto prima << Come fosse tuo. >>
<< Infatti è mio! >>
Fu come se il pronunciare quelle parole gli infondesse più forza e ardore: il marchese vibrò una serie di fendenti dalla forza dirompente, approfittando dell’esitazione del suo avversario.
<< Non è mai stato il sangue a fare di me suo padre, Shen. È sempre stato l’amore. >>
<< L’amore! >>
Shen scoppiò in una risata senza gioia. Schivò i suoi colpi e gli sferrò un calcio che lo costrinse ad indietreggiare per non perdere l’equilibrio.
<< Oh, per tutti gli dèi… devo aver sopravvalutato la sua somiglianza con Vader. Tutte quelle idiozie smielate gliele hai messe in testa tu! L’amore… parli dello stesso amore che non ti ha permesso di salvarlo quando era nelle mie mani? Lo stesso amore che lo ha portato ad usarti come uno scudo umano? Lo stesso amore in nome del quale non ti ha detto di essersi unito alla Ribellione, di essere Royal Noir? >>
<< Perché lo odi tanto? >> domandò Royston, con istintivo fare difensivo, sordo alle sue ingiurie << Che cosa vuoi realmente? >>
<< Vendetta! >>
Stavolta fu il turno di Feng di metterlo nell’angolo. I suoi colpi rivelarono una forza inaudita finora dimostrata solo in parte: aveva giocato con lui tutto il tempo. Era come se la parola appena pronunciata avesse evocato un oscuro sentimento dentro di lui, rinvigorendolo.
Il nobiluomo fu costretto a terra… ma all’ultimo momento riuscì a schivare un colpo del suo avversario, che altrimenti l’avrebbe condannato. Usò lo spadone per sollevarsi sulle ginocchia, mentre sentiva la voce dell’altro rimbombargli in testa come un eco estraniante.
<< Sei uno sciocco a proteggerlo con tanto ardore! Quando questa storia sarà finita, sarai gettato via come spazzatura! >>
L’albino lo soppesò tenendolo sotto tiro con l’arma, come per decidere in quale punto fosse più vulnerabile da colpire adesso che era in ginocchio, ma soprattutto dove avrebbe potuto procurargli più dolore.
<< La tua dedizione non è altro che pura illusione. L’amore non è altro che un’orrenda colpa… incredibilmente facile da rinnegare. >>
Logan ricambiò il folle ghigno del governatore con un’espressione risoluta.
<< Non ho idea di cosa ti sia successo >> mormorò << Ma è evidente che un tempo sapevi cosa fosse l’amore. Forse l’hai perso. Oppure l’hai sempre voluto, e non l’hai mai potuto avere. >> Gli occhi azzurri e limpidi traboccarono di pietà e tristezza genuina. << Per quel che possa valere, mi dispiace tanto. Ma questo non mi fermerà. >>
Lentamente, si risollevò in piedi, pur ansimando per la fatica: stava iniziando ad accusare la portata di un duello contro un rivale del genere, e soprattutto il fatto di usare un’arma in adamantio, a lungo andare indeboliva.
<< Non ho idea di cosa c’entri mio figlio, né che cosa ti abbia fatto da spingerti in maniera così ossessiva a volerti vendicare, ma non puoi averlo. Non posso permetterlo. Non ti darò tregua, Shen. >>
Sotto gli occhi stupefatti di Feng, il marchese sollevò di nuovo la sua arma. Era scosso dai brividi e pieno di ferite, ma nei suoi occhi ardeva ancora la ferocia della battaglia.
<< Tu non darai tregua a me? >>
Non poteva fare a meno di sentire un’ombra di rispetto per tanto ardore, coraggio e resilienza… ma dall’altro lato, era sdegnato di vedere qualcuno di tale risma gettare al vento la propria sopravvivenza con un fare così arrogante.
<< Tu, stupido, patetico, perdente! >> lo apostrofò << Quando due guerrieri si affrontano, sono in grado l’uno di carpire l’essenza dell’altro, ma tu sei evidentemente cieco di fronte all’abissale differenza fra me e te. Tu uccidi come soldato ligio al dovere. Io uccido perché voglio, come l’inesorabile falco che ghermisce il coniglio! Ma tu, Royston... morirai… come un cane! >>
Roteò la lancia per caricare la potenza del colpo e l’abbatté sull’uomo: impattò sulla lama di adamantio, e costrinse nuovamente il suo proprietario in ginocchio.
Logan snudò i denti, forzandosi a riposizionare le gambe dritte, e lo sfidò ancora con lo sguardo. << Non puoi abbattere la pietra con le parole, Fenice. Una pietra non si piega mai. >>
<< Oh, ma può spezzarsi, mio caro. E io non mi limiterò a spezzarti… ti frantumerò. >>
Il marchese cominciò ad avvertire i muscoli che si irrigidivano, per lo sforzo di contrastare quell’affondo.
<< Sì, è vero. Hai ragione >> mormorò, calmo e composto all’apparenza << Ma prima che tu provi ad uccidermi, ti consiglio di pensare a quello che hai fatto e a quello che farai… pensaci, e cerca in te un po’ di rimorso, Shen… >>
<< Che cosa? >>
<< È tutto ciò che ti resta. Una seconda occasione. Sii umano… cerca… cerca un po’ di rimorso… >>
<< Tu osi…? >>
<< Sì, io oso. >> Royston fece un respiro profondo. Sapeva di rischiare, sapeva di essere al limite, e perciò voleva semplicemente restare fedele a se stesso fino alla fine. << Non è troppo tardi. Puoi ancora evitare di dannarti l’anima con la vendetta. >>
<< Vendetta? Vendetta!? >>
Shen urlò e spostò la lancia solo per tirargli un pugno, col guanto di metallo a fargli da tirapugni. Poi un altro. E poi un altro ancora. Il nobiluomo stramazzò a terra, sputando sangue, il viso livido mentre perdeva la presa sull’arma, solo per essere investito dai calci.
La vista gli si annebbiò, poi si sentì strattonare per i capelli all’indietro, e avvertì la lama della lancia sotto la pelle del collo che incideva, facendo cadere alcune gocce di liquido scarlatto.
<< Te la faccio vedere io la vendetta >> gli ringhiò Shen nell’orecchio.

                                                                                                                 * * *

Nel frattempo, come da ordine, Baelfire si stava sbarazzando delle guardie pretoriane sopraggiunte, le quali però avevano l’insidia di essere numerose. Da quel punto di vista, il governatore era stato fin troppo previdente e ben attrezzato per poter ingaggiare un così vasto plotone.
Il ragazzo combatteva con nient’altro che il pensiero della lotta, la mente sgombera da qualsiasi altra cosa, come aveva imparato ed era stato addestrato a fare. Sapeva che altrimenti sarebbe andato subito K.O.: non poteva concedersi il lusso di preoccuparsi per suo padre. Anzi, doveva dargli fiducia come promesso!
Ma all’improvviso… un angolo della sua mente scattò, scosso dalle percezioni della Forza, e fu come sentirsi gridare dritto nei timpani: PADRE. PERICOLO. AIUTO. ADESSO.
<< Papà! >>
Gli uscì quella parola dalle labbra in un verso strozzato. L’urgenza gli impose di sgusciare via dalla battaglia liberando un’onda d’urto, e poi si girò nella direzione da cui provenire quella sensazione di angosciante pericolo incombente… e il suo cuore perse un battito.
Shen gli stava camminando incontro, con il ghigno più folle e orribile che gli avesse mai visto. Stava trascinando Logan con sé, per terra, tenendolo per i capelli, quasi fosse nulla più di un fantoccio; il pover’uomo aveva a stento la forza per agitarsi ed opporsi, stringendogli il polso con le dita tremanti.
<< Quindi avevo ragione! >> L’albino scagliò il marchese a terra, schiacciando la sua schiena con la pianta del piede con fare sprezzante << L’hai presa da lui quella patetica MALATTIA! >>
<< Bastardo! >> urlò Fire, i palmi che gli si illuminavano mentre li sollevava minacciosamente << Lascialo STARE! >>
Per tutta risposta, il governatore agguantò rapidissimo il nobiluomo per la nuca e lo strattonò davanti a sé, letteralmente usandolo come scudo per non farsi colpire.
<< Tu volevi aggiustarmi? >> gli sibilò nell’orecchio << Ora ti aggiusto io. >>
Fu in quel momento che padre e figlio si accorsero di una cosa: una delle grosse piume di metallo mancava dalla ruota da pavone ritta sulla schiena.
Poi tutto accadde con una velocità inaudita. Shen spinse con violenza Royston in avanti. Si udì il fischio del metallo che sfrecciava a gran velocità: proveniva dalle spalle di Baelfire. Questi, per istinto, scartò di lato per schivare.
La traiettoria della piuma era praticamente libera da intralci. Si conficcò. Dritta nel petto di Logan, all’altezza del cuore. E poi si rimosse da sola, schizzando sangue.
Fire si accorse a malapena di esserne stato ricoperto. Poi sentì uno strillo acuto. Solo dopo qualche istante, capì che proveniva dalla propria bocca.
<< NOOOOOOOOOOOOOO! >>
In un battito di palpebre, senza nemmeno registrare il tutto, si era slanciato in avanti per afferrare il corpo che crollava. Lo adagiò a terra, supino, in preda al panico, alla disperazione, all’angoscia, all’orrore e al terrore più spiazzanti che avesse mai provato. Non ragionava più, non c’era più alcun pensiero nella sua mente, tutto il suo mondo in quel momento era lì, in quel terribile, fatale istante.
Tutto il suo mondo in quel momento era suo padre mentre moriva.
<< Logan! LOGAN! >>
Cercò di tamponargli la ferita con le mani, mentre si sgolava nel chiamarlo, come a sperare di tenerlo lucido, annaspando fra le lacrime, i singhiozzi e i versi strozzati.
<< Padre! PADRE! Papà! No, no… no, ti prego, no… PAPÀ! >>
“No, ti prego. Non tu. Non puoi. No. No!”
Logan lo guardò dritto negli occhi. La morte era troppo vicina perché potesse pensarvi coscientemente… ma probabilmente, se ne sarebbe andato senza alcun rimpianto: nonostante tutto aveva vissuto, e questa era la cosa che contava di più.
Ma anche per lui, in quel momento, il suo mondo si riduceva a suo figlio che lo guardava mentre stava andando via per sempre. Avrebbe voluto dirgli quanto lo amasse, ripetergli quanto era fiero di lui e di quello che era diventato, dirgli che andava tutto bene, e poi asciugare le sue lacrime.
Ma sapeva di non avere più la forza, anche se c’era ancora una debole parvenza di vita in lui, forse reduce di quelle tante battaglie che l’avevano forgiato.
Allora non disse nulla. Con un ultimo sforzo, allungò una mano sulla guancia di suo figlio, perché non voleva che distogliesse lo sguardo. E così gli sorrise di fierezza, orgoglio e amore, mentre le sue labbra colava sangue.
Un ultimo sorriso sincero. Un ultimo tocco d’affetto. Un’ultima visione del suo bambino.
Poi il braccio cadde inerme, i suoi brillanti occhi color del cielo si spensero, e il suo radioso sorriso si congelò. Per sempre.
Il silenzio calò nella mente del ragazzo dai capelli verdi. Un sordo brusio era diventata la battaglia che lo circondava. Non respirava più. Non urlava più. Non piangeva più. Era solo… fermo, immobile, gli occhi sgranati fissi sull’uomo morto, le guance rigate dal pianto.
Finché la voce di Shen Feng non gli penetrò a forza nella testa.
<< Fire, Fire, Fire >> cantilenò << A fare del bene ci si rimette sempre. Puoi ringraziarmi dopo, sempre che tu sia ancora là dentro. >>
Lo sentì chinarsi su di lui e stringergli il volto negli artigli di vibranio.
<< Sono quasi tentato di lasciarti vivere >> sussurrò << Forse solo per vederti soffrire, osservare come il tuo cuore si corromper, portandoti alla pazzia. >>
Lo lasciò, si alzò in piedi e ghermì la lancia, sollevandone la punta sopra la figura inginocchiata del giovane. Una stoccata, e il cuore sarebbe stato trafitto.
<< Ma non lo farò. Il nostro giochino finisce qui, passerotto. Ora, finalmente… VEDRÒ IL TUO SANGUE! >>

Track: https://www.youtube.com/watch?v=hLXcR_hRuyw&list=OLAK5uy_kQaRgqJiCESNTiJH2LTxbRBPWPnUzAoi4&index=27

L’adolescente sentì la collera lambirgli le viscere, fiammeggiando nel vuoto terribile che provava all’interno del suo cuore, riempiendolo, per la prima volta in vita sua, del desiderio di uccidere. Poi gridò. Gridò così forte che pareva volersi lacerare la gola, e con uno scatto, si lanciò sul governatore, strappandogli la sua lancia e scagliandola di lato senza alcuna fatica, e lo assalì a mani nude.
In quel momento pensava che non voleva usare i poteri, voleva fargli fisicamente male con le sue stesse mani, farlo tacere a suon di pugni. Voleva spezzarlo, ferirlo, fargli provare una minima parte dell’orrore che provava dentro.

                                                                                                          * * *
 
Dall’altra parte della galassia, lo Star Destroyer Esecutore si stava dirigendo a tutta velocità verso il pianeta Renmant, puntando in particolare alle coordinate che coincidevano con il Regno di Dreamland.
Sul ponte dell’enorme nave cuneiforme, Darth Vader scrutava impassibile la vastità dell’Iperspazio, lasciandosi cullare dalla sensazione familiare della Forza che volteggiava in mezzo a quel turbinio blu cielo, quasi fosse una tempesta di pura energia.
All’improvviso, sentì una fitta familiare nella testa. Una firma che ormai aveva imparato ad associare al suo figlio ribelle. Ma questa volta era… diversa, assai lontana dalla luce immacolata a cui era abituato.
La Forza del ragazzo sembrava un vulcano in piena eruzione, indomita… e oscura, piena di rabbia e dolore.
Vader non riuscì a frenare il sorriso maligno che si disegnò sotto la maschera. Come aveva previsto, suo figlio era un passo più vicino ad abbracciare il suo VERO potenziale.
Non vedeva l’ora di rincontrarlo! Ma prima, avrebbe dato man forte ad Esdeath per occuparsi di quel regno sobillatore.


* * *
Fire graffiò e colpì l’avversario più e più volte, ringhiando, come l’avrebbe fatto un lupo. Nel mentre, sotto il suo colletto, l’anello di Lada ardeva. Non sembrò percepirlo, e non gli importava da dove fosse uscita tutta quella forza. Gli importava solo di rendere l’esistenza di Shen la più miserabile possibile.
A un certo punto, il governatore - nonostante le ferite - riuscì ad aprirsi un varco in quella furia cieca che lo assaliva: lo afferrò per il polso e lo scagliò via.
<< Oh… finalmente inizi a mostrare la tua vera natura! Quella sepolta dentro di te, che gratta, gratta per uscire! Quella che ti rivela per il mostro che sei! Sangue chiama sangue, passerotto! Finalmente il piccolo ibrido si è rivelato! >>
Mentre precipitava a terra, quelle parole scossero Fire: gli tornò in mente uno dei ricordi a cui aveva assistito. Quello che non era solo di Shen, ma di entrambi, quello che si era mescolato. La confusione e lo sconcerto lo assalirono di nuovo: che significava? Cos’era successo quella notte? Com’era stato capace di un’azione simile? Non era possibile! Non sapeva ancora nulla della Forza! E che diavolo c’entrava l’anello? L’anello…
Urlò, e si piegò in due sulle ginocchia. Si portò una mano al petto: adesso sentiva il bruciore terribile. Il metallo bruciava, ardeva come fosse stato appena forgiato: agguantò, annaspando, il laccio per tirarlo fuori, per tenerlo lontano dalla pelle.
Il suo avversario ne approfittò nell’immediato, e con scatto ferino gli sferrò un pugno, costringendolo supino, e poi sfoderò un kunai per manica, conficcandoli in ciascun polso, fino in profondità, tanto da inchiodarli sul terreno.
Di nuovo, il ragazzo si sgolò per il dolore provato, contorcendosi in preda agli spasmi, e non avendo comunque modo di liberarsi. Allora, attraverso le palpebre socchiuse, assistette ad uno spettacolo allucinante: il sangue colava dal polso, ma la pelle… la pelle attorno al buco stava guarendo, frenando la perdita di sangue.
Poteva letteralmente vedere il fenomeno dei tessuti che guarivano e si rigeneravano a velocità impensabile. Era come osservare un video velocizzato del processo, ma lo stava vedendo, stava accadendo.
<< Ma… ma cosa… >>
<< Non lo sai!? >> Feng si inginocchiò sul suo petto, di modo da mozzargli il respiro << Tanto trasporto nel difendere la tua adorata mammina, e vuoi dirmi che in realtà non hai la minima idea di cosa realmente lei fosse? Non hai osservato attentamente i miei ricordi!? >>
La risposta si strozzò in gola all’adolescente, che riprese a dimenarsi: rieccolo, il bruciore terrificante al petto, perché quel maledettissimo anello si scaldava, neanche fosse stato esposto al sole. Ed ecco che, sotto i suoi occhi sconvolti, le ferite che si rigeneravano così velocemente sembravano rallentare, moderarsi, cercando di assumere un aspetto vagamente naturale, ma non c’era ormai più niente di naturale nel fenomeno corrente.
L’albino allungò la mano verso il laccio, sollevandolo, e scrutando intensamente il gioiello che pendeva. << Ah, questo spiega molte cose… >>
<< Non toccarlo, assassino bastardo! >> boccheggiò il giovane, furibondo all’inverosimile, mentre si divincolava per cercare di aggredirlo nuovamente.
<< L’hai tenuto nascosto per tutto questo tempo, non è così? L’hai custodito come il tuo prezioso tesoro, l’unico, incomprensibile indizio della tua vera famiglia! >> L’uomo rise. << Oh, Fire, saresti adorabile, se non fossi così patetico. Per tutto questo tempo, hai cercato risposte, e quando le hai avute a portata di mano, o non hai domandato, o non hai saputo vederle! >>
Lasciò cadere l’anello di lato e afferrò il volto per costringerlo a guardarlo negli occhi crudeli.
<< Non ti sei mai chiesto come potessi essere così forte e veloce, al punto di potermi tenere testa in ogni duello? Oh, so benissimo che il tuo papino era un grande maestro! Ma nessuno è alla mia altezza! Nessuno! Eppure tu, un moccioso in calzamaglia, tieni testa a dei soldati, e a me, Shen Feng, il guerriero umano più forte! Non ti sei mai accorto di come potessi resistere sempre, nonostante le ferite copiose? Non ti sei mai accorto di quanto fossero ridotti i tuoi tempi di guarigione? Non ti sei mai chiesto, perché non sei morto subito, per le mie torture? Perché non sei morto quella notte in cui ti avevo in pugno e mi sei comunque sfuggito? Anche adesso, prima di uccidere il tuo papino, ti ho riempito di ferite, e cammini ancora come se nulla fosse! Tu non sei umano, Baelfire Royston. Sei il figlio di Darth Vader… e di Lada Dracul, la Regina Vampira! Questo è stato il suo grandioso dono per te! Sei più forte, veloce e agile di un essere umano, sei più di un umano! Lei ti ha dato la vita e ti ha resto un mostro, un ibrido! >>
Godette nel vedere il volto di Baelfire sbiancare completamente, i suoi occhi sgranarsi, le labbra tremare, in preda allo shock più totale, e allo stesso tempo, collegare quelle parole a tutto quanto gli fosse mai successo, fino al giungere a quel punto.
<< Che… che cos’è quell’anello? >> gli domandò con un filo di voce.
<< Ufficialmente, è il sigillo reale di Valacchia. Qualcuno, però, deve avervi inciso il tuo nome sopra >> replicò Shen << Lei lo portava sempre, quando fingeva, durante il giorno, di essere un’umana, perfino al di fuori delle occasioni ufficiali. E guarda caso, quando svelava la sua vera natura di bestia immonda, non lo aveva mai. >>
Il suo sguardo s’intrise di disgusto e palpabile disprezzo. << Non ho mai avuto idea di cosa fosse, ma ora posso vedere chiaramente a cosa serve: a mascherarvi, a farvi mescolare tra gli umani, a fingere di essere come loro! >>
<< Quella notte… >> gemette Fire << Il mio sangue… ti ha detto tutto questo!? >>
<< Oh, mi ha detto molto di più, passerotto. Mi ha detto che tu non ne avevi la minima idea. Hai sempre agito come un umano, e così la tua abilità ne era influenzata! Solo quando ti mettevo alle strette, liberavo il mostro che c’era in te. Ho cercato di approfittarne, di capire, finché non ho inquadrato la tua perenne debolezza. >>
Scoppiò in un’infernale risata senza gioia.
<< Adesso capisci!? Quello che ti ho nascosto non era altro che un preludio a tutto questo! Non ho mai avuto motivo di mentirti! Sapevo sin dall’inizio quale strazio avresti provato a sapere la verità! Era solo questione di tempo! >>
<< Smettila di sparare stronzate! >> urlò il giovane << È una stronzata! Sono tutte stronzate! >>
<< Come l’essere figlio di Darth Vader? >> replicò l’albino, implacabile << Non puoi continuare a negare chi sei davvero. Ormai è troppo tardi, e lo sappiamo entrambi! Mi chiedo cosa ne penserebbero i tuoi cari ribelli, se scoprissero l’amara verità… non dovremo scoprirlo? >>
Si alzò in piedi con espressione melliflua, allontanandosi con fare crudelmente giocoso verso i suoi compagni impegnati a combattere.
<< No... maledetto bastardo! FERMO! >>
Fire era stufo di restare bloccato. Sentì di nuovo l’istinto di fargli fisicamente male con le sue stesse mani, anzi, di più, voleva farlo a pezzi, ridurlo in minuscoli pezzetti sanguinanti. Per Logan.
Strinse i pugni e strattonò le braccia, cercando di smuovere la punta dei kunai da terra. Spinse con tutta la forza che aveva, sentendo le vene pulsare: la corda dell’anello l’aveva fatto finire al lato della testa, quindi lontano dalla pelle, ma anche così il ragazzo poteva percepire quanto fosse bollente, quanto cercasse di contrastare la sua azione.
Ma alla fine, i propri sforzi ebbero la meglio. Gridò e in uno spruzzo di sangue staccò i pugnali dal terreno, i polsi che colavano, e con uno scatto innaturalmente repentino, li rimosse dalla pelle, sotto un connubio di ringhi, urla e versi strozzati. Poi, barcollando in preda allo shock e al dolore, si rimise inconsciamente in piedi: l’anello allora ricadde sul petto, strappandogli altri versi di puro dolore. Adesso non c’era proprio da scherzarci su, lo stava ustionando a morte, tanto era caldo al tatto. Strillando, esausto, ringhiò di pura esasperazione e stracciò il laccio, gettando il gioiello a terra come fosse carta straccia.
Immediatamente, le ferite guarirono, ma per contro… fu di nuovo investito da un connubio di sensazioni tutte insieme. Comprese fosse lo stesso meccanismo percepito durante il risveglio della Forza, ma adesso intuiva fosse qualcosa di diverso: con la Forza era stato extrasensoriale, adesso sentiva tutto, ogni suo senso era attivo alle percezioni sensoriali, tattili, visive, uditive, dal punto di vista fisico.
Fu un guaio. Non se lo aspettava, era totalmente impreparato, e al momento, anche psicologicamente provato, ancora reduce dello shock di aver appena perso la persona più importante della sua vita: si sentì stordito e provò delle terribili fitte. Gridò di dolore… e in risposta automatica, il suo potere si scatenò, liberando una potente esplosione di luce verde.
Fire sentì il suo corpo librarsi a causa dell’onda d’urto conseguente, e poi crollò a terra. Si rannicchiò in posizione fetale: lentamente, sentì la propria mente stabilizzarsi, assestarsi, coincidendo con il caos delle sue sensazioni, sebbene la debolezza l’avesse avvolto. Ma ancora di più, a intrappolarlo adesso, c’era la disperazione e il senso di colpa: si rannicchiò e singhiozzò di nuovo, incapace di frenarsi.
“Papà… papà… no, non può essere successo… non tu! Doveva prendere me… dovevo morire io! Io! Sei morto! Sei morto ed è tutta colpa mia, mia, sei morto per colpa mia!
Dopo un tempo che parve infinito, la polvere attorno a lui si innalzò e si diradò, rivelando nuovamente la figura barcollante di Shen che gli si parava davanti, scarmigliato e con qualche goccia di sangue sul corpo, ma altrimenti illeso: evidentemente, doveva essersi protetto grazie al suo marchingegno.
<< Tutto questo potere, Baelfire! Tutte queste capacità straordinarie e immense, E NON TI SONO SERVITE A NULLA! >>
Abbatté su di lui la lancia, ma il ragazzo rotolò per terra, evitandola. Si sorresse sui palmi e con uno sforzo estremo che gli fece digrignare i denti, tirò un colpo col piede per fargli perdere la presa sull’arma. L’uomo allora sferrò un pugno verso il suo volto, parato dalle braccia poste in avanti, e poi ne sferrò un altro verso il suo stomaco, facendolo piegare in due.
<< Abbastanza forte per avere tutto… >> lo schernì l’albino, per poi gettarlo a terra con un calcio allo stomaco << troppo debole per prenderlo! >>
L’adolescente sputò sangue, ma poi lanciò un urlo di sfida. Reagì e fece un balzo, agganciandosi con le gambe attorno al collo dell’uomo. Lo costrinse a terra, serrando la presa dei muscoli per bloccarlo, e lo tempestò di pugni intrisi di tutto l’odio e la rabbia che aveva in corpo, trasformando la sua faccia sghignazzante in un concentrato di tumefazioni e lividi, eppure, sembrava quasi non potesse mai davvero interrompere quella risata di scherno.
Feng lo costrinse a smettere piantandogli un kunai dritto nello stomaco, e quando le gambe si allentarono ne afferrò una per sollevarlo e sbatterlo a terra, per poi farlo nuovamente volare con un calcio. Il giovane estrasse il pugnale schizzando sangue e urlando di dolore, ma prima che potesse risollevarsi, il governatore gli fu addosso: fece scattare le mani in avanti per stringergliele saldamente attorno alla gola, pressando con i guanti di vibranio e artigliando la pelle.
<< La tua debolezza, Fire… è la moralità! >>
Fire si irrigidì di scatto, boccheggiando con ogni muscolo in tensione, la trachea occlusa.
<< Il tuo personalissimo guinzaglio, che ti ha sempre impedito di fare ciò che era necessario. >> Mentre lo strangolava, l’uomo parlava, crudele e inesorabile: << Puoi sentirla, mentre ti stringe il collo? Ti soffoca…  lo percepisci? >>
Il ragazzo cercò di combattere i muscoli rigidi, ma riuscì solo ad annaspare in cerca d’aria. E forse, una parte di sé non voleva lottare, ma sperava nell’oblio, come punizione per quello che aveva fatto.
<< Avresti dovuto uccidermi quando ne avevi la possibilità! Ma tu volevi saperla disperatamente… la verità su mammina, papino, le tue vere origini! >> sghignazzava Shen senza ritegno << Pensavi che sapere ti avrebbe guarito… che avrebbe riempito quel cratere che hai nell’animo! Bene, finalmente, dopo tutti questi anni, eccoti la risposta! I tuoi genitori non ti amavano. Ti hanno messo al mondo solo per condannarti a vita! Proprio come il tuo Logan… venuto a morire, morto per te, come un codardo suicida, e non ti ha lasciato niente! Ma vieni… lascia che io ti curi! Che ti liberi! >>
Calò l’arma… e fu allora che un’esplosione di luce erutto dal centro dell’arena.

Track: https://www.youtube.com/watch?v=ShnlAzsHXKs&list=OLAK5uy_mSnICvPTdJopcfHkC8GtqfnpmsMXDMcVM&index=37

La colonna bluastra saettò fino alle nubi create da Thor, squarciando l’oscurità della volta e costringendo tutti i presenti a distogliere lo sguardo o a coprirsi gli occhi. Poi, un esile figura camminò al di fuori del raggio.
Si trattava di un uomo alto e allampato, vestito con un elegante completo nero e scarpe di tela abbinate. I suoi occhi erano di un giallo dorato, come se fossero una coppia di soli in miniatura… ed erano familiari, poiché tutti coloro che vivevano nella galassia di Battleground li avevano scorti almeno una volta, nelle pubblicità, nei manifesti, nelle trasmissioni o dal vivo.
Quelli erano gli occhi… del Maestro, signore e padrone del nuovo ordine cosmico.
Nell’istante in cui mise piede fuori dalla colonna, l’uomo si guardò rapidamente attorno e schioccò le dita. Subito, ogni singolo individuo presente nell’arena – che fosse un mortale, un dio o un cybertroniano – si bloccò come una statua, avvolto da un bagliore bluastro.
Il Signore del Tempo prese un respiro profondo e…
<< TIME-OUT! >>
 





 
Ebbene sì, amati lettori: Logan è morto. La seconda vittima di questa guerra, dopo Blue… ma non sarà l’ultima. E ora i nostri protagonisti sono finiti dritti nelle mani del Maestro. Il tutto mentre Vader sta per distruggere Dreamland.
Quindi sì… la situazione non potrebbe essere più grave…

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Capitolo 41
*** Capitolo 37 - The Challenge ***


Eccovi un nuovissimo capitolo! Vi auguriamo una buona lettura.




Capitolo 37 - The Challenge

 
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“I am the master of ceremonies
So let me set you straight
With just a wave of my magic wand, I'm…
Master Of Your Fate!”

Andy Sturmer - Master Of Your Fate



Nell’arena era calato un silenzio di tomba. Il Colosseo di Re Loki, che fino a pochi minuti prima era stato teatro di uno degli scontri più devastanti e sanguinari nella storia di Asgard, ora sembrava una specie di fortezza fantasma, dove anche il più piccolo suono scompariva nella quiete provocata dall’arrivo del Maestro.
Ognuno dei presenti si bloccò sul posto e girò lo sguardo verso di lui. Con sconcerto, si resero conto che a bloccarli, soprattutto in quel momento, c’erano la paura, lo smarrimento e un disgustoso, avvilente timore reverenziale: i Time Warriors erano fra le poche persone al mondo in grado di resistere all’influenza del tiranno, ma molti di loro erano comunque cresciuti sotto il suo condizionamento… e adesso, nonostante tutto, ne risentivano. Ma anche senza questo, il Signore del Tempo trasudava un’aura di carisma spaventosa, e in quel momento fu sufficiente per farli vacillare tutti.
Il Signore Supremo di Battleground scrutò attentamente ogni singola persona, poi sorrise e allargò le braccia verso gli spalti: ormai non c’erano più asgardiani tra gli spettatori, eppure questo non sembrava importargli. No, a lui bastava che tra il pubblico ci fossero i suoi due scagnozzi e i suoi nemici, lì alla completa mercé del suo ego e del suo sconfinato potere.
<< Signore e signori! Lo avete letto sui giornali! E ora fremerete d’orrore osservando con i vostri stessi occhi il più raro e tragico degli scherzi della natura! >>
Rivolse lo sguardo verso i Time Warriors.
<< I ribelli! Fisicamente sfiancanti, possiedono peraltro un sistema distorto di valori. Notate l’abnorme rigonfiamento del senso di moralità. La coscienza deforme e l’ottimismo atrofizzato nei confronti degli oppressi. Non è certamente per i deboli di stomaco, vero? Sommamente repellenti sono le loro fragili e inutili nozioni di ordine e giustizia. Come possono questi poveri, patetici esemplari sopravvivere nel mondo da me creato? La triste risposta è …>>
Sorrise di un sorriso sadico e compiaciuto.
<< Non molto bene. >>
Poi sospirò e scosse il capo.
<< Miei cari, sgraditi ribelli… mi concedevo del riposo >> disse, con voce sorprendentemente calma << Ero sul punto di assistere ad una piacevolissima lotta tra gladiatori alla vecchia maniera, piena di lacrime e tanto sangue versato. E all’improvviso, proprio sul più bello… boom! Ecco che scoppia un baccano d’Inferno. >>
I suoi occhi gialli incontrarono quelli grigi del Dottore.
<< E inizialmente l’ho pure considerata una piacevole svolta degli eventi! Dico davvero. Non c’è niente di meglio di un bell’assalto ribelle per smuovere un po’ la situazione. Ma poi… >> Schioccò la lingua. << Le cose sono sfuggite di mano anche fin troppo. Riuscivo a malapena a capire chi stesse vincendo! Buona idea… pessima esecuzione. Però possiamo ancora rimediare, non è così? >>
Lentamente, il Maestro camminò verso l’altro Signore del Tempo, tendendogli un braccio.
<< Dottore >> lo salutò con un sorriso gioviale.
Da parte sua, l’anziano Signore del Tempo assottigliò lo sguardo, pur accettando l’arto offerto: << Maestro. >>
Se possibile, il ghigno sul volto del tiranno si fece più accentuato. << Mi piace quando usi il mio nome! >>
<< Cosa che non smetti mai di ricordarmi >> borbottò l’altro, mentre si liberava della polvere accumulata sui vestiti.
Il Maestro ridacchiò, apparentemente divertito dal commento del rivale.
<< Serve un dettaglio memorabile in ogni storia, no? E la nostra è più vecchia dello stesso universo… o almeno, di ciò che ne rimane >> aggiunse, pensieroso << Alcune cose non cambiano mai. Vita e Morte, Nascita e Distruzione, il Dottore e il Maestro… e naturalmente, le sventurate vittime coinvolte nella loro eterna lotta per il predominio. Perché non andiamo a conoscerle? >>
Superò il ribelle e diede una rapida occhiata al resto dei presenti. << Dunque, vediamo un po’… ci sono alcune facce familiari, e altre di cui ho solo sentito parlare. Thor! Di te mi ricordo assai bene. Come te la passi da quando ti ho detronizzato e ammazzato il papino? >>
Thor guardò il suo interlocutore con un’occhiata di odio e disgusto. Non aveva mai dimenticato quel giorno, ad Asgard, quando aveva duellato contro il Maestro in persona. In verità… non era stato neppure un combattimento, solo un massacro unilaterale.  E nonostante tutti i suoi sforzi per proteggere Odino, Thor non era stato capace di impedirne la morte, nonché l’ascesa al trono di Loki.
<< Gli dèi Aesir non temono la morte e non si lasciano abbattere dal dolore, Signore del Tempo. Il Padre di Tutti è ritornato nella Grande Sala, mentre tu ti sei nascosto come un codardo, lasciando il lavoro sporco a dei tirapiedi che uccideresti solo per un capriccio. Ti fai vivo solo ora, perché sai che siamo un’effettiva minaccia per te. Regoliamo i conti sospesi trent’anni fa, così ti mostrerò la veridicità delle mie parole: un Ase non teme la morte! >>
Ciononostante, il Signore del Tempo si limitò a scrutarlo con quel suo sorriso apparentemente intramontabile.
<< Oh, suvvia, piccolo dio, non sono certo venuto fin qui per litigare! Se davvero avessi voluto farvi del male... >> i suoi occhi lampeggiarono brevemente << vi avrei ucciso qui e ora >> sussurrò, la voce molto più gracchiante e profonda.
Sopra di lui, il cielo sembrò incupirsi... ma il tutto cessò in pochi secondi, come se non fosse mai avvenuto.
<< Ma fortunatamente per voi, sono venuto fin qui per risolverla con le buone. Solo… per parlare. Croce sui miei cuori, ve lo assicuro >> disse con tono calmo e raccolto.
<< Tu, dannato, di cosa mai vorresti discutere!? >> sibilò il principe di Asgard.
Il Maestro ridacchiò. << Oh, vi sono molte cose di cui vorrei discutere. Andiamo, non chiedo molto! Solo una chiacchierata amichevole, tutto qui. In fondo, che cos’avete da perdere? Ve l’ho detto, potrei uccidervi in qualsiasi momento. Una situazione del genere potrebbe volgere solo a vostro favore. >>
<< Maestro, non farai sul serio!? >>
La voce di Loki Laufeyson si fece alta. << Sono tutti qui, uccidiamoli adesso! Mi basta un ordine, sono nostri ormai! Non perdiamo altro tempo! >>
<< Ho già dato un ordine, Loki >> affermò il Signore del Tempo, con un sorriso, bonario ma minaccioso << Sei pregato di rispettarlo. >>
Fire deglutì a fatica.
Aveva storto più volte le labbra davanti ai volantini che lo raffiguravano con quel maledetto sorriso idiota. Gli ribolliva il sangue nelle vene ad ogni discorso esaltato fatto in mondovisione. Ma il ritrovarselo davanti, in carne ed ossa, non era niente al confronto. L’odio e la rabbia brucianti provati in precedenza lo invasero di nuovo, riempiendolo di nuova insospettabile energia.
Subito, approfittò dell’esitazione di Shen per colpirlo; quest’ultimo non si aspettava di vederlo contrattaccare, così riuscì a coglierlo di sorpresa e a farlo ritrarre. Sgusciò via dalla sua presa e si scagliò con un urlo dritto contro il Maestro. Obbedì, una seconda volta, al cieco, sinistro, rabbioso istinto di attaccare… di uccidere.
Uccidere il Maestro, il responsabile di tutte le tragedie che erano capitate in questa galassia. L’uomo che odiava più di quanto ora non odiasse Shen.
Forse fu troppo lento, o forse non aveva colpito il governatore tanto forte da stordirlo. Prima che potesse anche solo pensare di colpirlo a mani nude, alla cieca, l’albino gli fu addosso. Gli assestò con un secco calcio al fianco, facendolo stramazzare a terra, lontano dalla portata del Maestro.
Il ragazzo vide puntini neri danzargli davanti agli occhi e il dolore mozzargli il fiato. Si sentiva nuovamente svuotato delle forze.
Shen lo agguantò per le braccia e lo tirò in piedi. Gli strinse un braccio attorno al collo, serrando la presa tanto forte da farlo boccheggiare e sbiancare in volto. Si gustò la scena con un sorriso, poi, ad un cenno del Maestro, allentò la presa, quel tanto che bastava per non soffocarlo e tenerlo semplicemente bloccato.
Fire ansimò, recuperando il fiato, e alzò lo sguardo a fissare il Signore del Tempo, come se volesse ucciderlo con lo sguardo. Le fiammelle nei suoi occhi scarlatti non erano mai state tanto reali, mai tanto intrise di odio, rabbia e disprezzo. Faceva paura.
<< Vaffanculo, tu e i tuoi propositi del cazzo! Te li strappo dal fottuto petto i cuori, pezzo di merda! >> gli strillò contro, fuori di sé.
<< Padron Fire! >>
La vocetta acuta, scioccata e preoccupata di Rowlet, appollaiato sul gomito del Dottore, si levò alta. Il barbagianni aprì le ali, ma il Signore del Tempo lo trattenne delicatamente per gli artigli, impedendogli volare dal suo padroncino.
<< No. Aspetta >> gli sussurrò. Quindi guardò il Maestro negli occhi, accennando con fare sprezzante all’albino. << Se vuoi parlare, va bene. Ma di’ ai tuoi cani di lasciare stare i miei amici. >>
Il Maestro sorrise soddisfatto, poi lanciò una rapida occhiata verso i due bellicosi. << Non mi hai sentito, Shen? Sono venuto fin qui con buoni propositi. Quindi facci un favore e libera Bird Boy... adesso. >>
<< Perdonami, mio Maestro. >> Shen indicò con un cenno infastidito il ragazzino che si divincolava come un ossesso. << Ma sembra che a “Bird Boy” la cosa risulti alquanto difficoltosa. >>
Accelerator prese a ringhiare ferocemente contro il Maestro, lo sguardo che diceva chiaramente: “Vorrei strapparti le budella e mangiarmele per colazione”. Poi sentì Fire inveire, e agitarsi, e si girò verso di lui, impensierito. Conosceva bene quella rabbia, era la stessa che aveva animato lui per molto tempo, ma al momento non capiva da dove provenisse.
Si calmò, riflettendo sulla spinosa situazione nella quale ora erano invischiati, e capì che era meglio ascoltare. Per il Maestro, i Time Warriors non erano altro che insetti. Avrebbe potuto spazzarli via in un attimo, eppure – per qualche ragione che ancora non riusciva a comprendere – era venuto per contrattare.
Tra lui e l’altro adolescente non erano mai servite troppe parole, così gli bastò solamente guardarlo negli occhi e scuotere la testa, comunicandogli così che, purtroppo, al momento, la sua rabbia era inutile.
Una profonda espressione di dolore, esitazione, riflessione, tormento e frustrazione si disegnò nello sguardo color del fuoco del ragazzo dai capelli verdi. Si morse le labbra a sangue e alla fine stese i muscoli, facendo un cenno col capo, e abbassò lo sguardo in segno di resa e sconfitta.
A quel punto, lanciò un’occhiata a Shen colma dell’odio più puro.
<< Toglimi le mani di dosso. >>
L’albino sorrise e lo liberò. Dopo, il suo sguardo si fece impassibile, ma dentro di sé ribolliva per essere, ancora una volta, costretto a lasciarlo scivolare via dalle proprie grinfie.
Fire barcollò e si allontanò, sorreggendosi con la mano ad una spalla. Era ferito, ma ad impedirgli di reggersi in piedi, più di ogni altra cosa, erano le emozioni che si accavallavano tutte insieme dentro di lui e lo sforzo inenarrabile per domarle. Raggiunse lentamente il fianco di Accelerator, e rifilò un altro sguardo infuocato al Signore del Tempo.
Tutto, pur di non guardare il corpo di suo padre che giaceva a cinque metri dallo stallo in cui si trovavano.
Il Maestro ridacchiò alla scena e indicò la coppia di adolescenti.
<< Visto, mio vecchio amico? Anche i gerbilli più irritabili possono essere domati, quando mostri loro cosa sia il VERO potere. >>
I suoi occhi spaziarono verso un certo ragazzo dai folti capelli rossi.
<< E a proposito di potere... tutto quello che ho guadagnato lo devo soprattutto a te, caro il mio Angel >> disse con tono mellifluo << Dopotutto, Najimu ha deciso di conferirmi il SUO potere solo per salvarti. Qui davanti a noi, miei fidati alleati, abbiamo il responsabile della nostra ascesa! Facciamogli un bell’applauso, sì? >>
E, detto questo, cominciò a battere sonoramente le mani, presto imitato dai riluttanti Loki e Shen.
Il rosso serrò con forza la presa sulla sua lancia. Quella provocazione gli fece ribollire il sangue nelle vene.
Fece un profondo respiro e, messosi il cappello di paglia in testa, guardò il Signore del Tempo con un sorriso storto.
<< Non ho mai voluto tutto questo. Non ho chiesto io a Najimu di salvarmi, né ho mai desiderato che il Multiverso venisse trasformato in una dittatura. Avevi tutto il potere per realizzare un’utopia… invece hai scelto di renderlo il tuo parco giochi personale. >>
Ripose la lancia e si incamminò a sua volta verso il Dottore, non degnando il Signore di Battleground di uno sguardo. Se lo avesse fatto, difficilmente avrebbe trattenuto l’impulso di colpirlo.
Ruby annuì alle parole dell’amci. << Angel ha ragione! Non si può negare che Battleground abbia il suo fascino… ma fin troppe persone sono state ferite dal vostro modo di governare. >>
Il Maestro sbuffò sprezzante, agitando una mano.
<< Tutti critici, di questi tempi. Sul serio, nessuno apprezza più il duro lavoro! Non è affatto facile creare una distopia militarista gestita da almeno una decina di megalomani, sapete? Ricordo ancora i primi giorni di Battleground... erano tutti sempre a litigare! Specie Vader e Shen, erano come cane e gatto >> disse, facendo un cenno verso il governatore della Cina.
Poi, i suoi occhi incontrarono quelli di Auth. << Tu sai a cosa mi riferisco, non è vero, cara? Tutte le preghiere che questi mortali ci rivolgono... be’, sono così irritanti da farti uscire di senno! Quindi perché non lasciarli bollire nel loro brodo... e divertirsi un po’? Non meritano la nostra compassione, e certamente non meritano alcuna libertà... non dopo tutti gli errori che hanno commesso quando credevano che fosse un loro diritto. >>
<< I mortali >> sussurrò Auth, agitando pigramente le braccia << Sono noiosi, i loro desideri banali, le loro richieste vuote. Avete ragione, Maestro, essere una divinità al centro del tutto è un tormento. Dover passare lunghi periodi a sentire decine e decine di voci diverse, a dover cercare di mettere d’accordo i signori della guerra, a perdere tempo a star lì, cercando di sbrogliare i fili che s’intrecciano nelle tue mani… beh, è a dir poco estenuante. >>
Scosse la testa.
<< Eppure, senza le loro preghiere, senza di loro noi, la nostra esistenza...non avrebbe senso >> disse alla fine, sollevando altezzosa il mento << Dai miei lunghi secoli, ho compreso che non vi può essere un dio senza un fedele, un re senza un popolo, un pastore senza gregge... E se noi abbiamo il potere, allora forse, anziché lamentarci della stupidità dei fedeli, perché non tentare, almeno, di cavarci fuori qualcosa? Voi stesso l’avete fatto con i vostri sottoposti, o vado forse errando? >> chiese con curiosità, inclinando la testa da una parte.
Il Signore del Tempo sembrò rifletterci per quasi un minuto buono, poi raddrizzò il capo.
<< Eh... non hai tutti i torti >> ammise << Un tempo i miei alleati erano tutti bambini bisognosi, semplicemente in attesa di qualcuno che dicesse loro cosa fare per raggiungere il loro massimo potenziale. Per come la vedo io, ho fatto proprio un gran bel lavoro! Anche se... forse sono stato un po’ egoista a rivolgermi solo a coloro che condividono la mia visione delle cose... quella giusta, ovviamente. >>
Si rivolse al resto dei Ribelli. << Forse è arrivato il momento di offrire anche a voi pecorelle smarrite la possibilità di banchettare alla grande tavola. Ecco perché sono venuto fin qui... per offrirvi un accordo. >>
<< Quale accordo potrà mai offrire un mercante di morte come te? >> sbottò il dio del tuono. << Tu che conosci solo la guerra e la crudeltà, cosa puoi saperne di pace e armistizi? Tu non sei qui per offrire noi una proposta, ma solo per portare avanti il tuo nefasto piano. Cosa ti impedisce di ucciderci tutti, qui ed ora? Tolti di mezzo noi, non rimarrà altro che il tuo impero. Che cosa vuoi davvero, Maestro? >>
C’era qualcosa che non gli quadrava. Loki aveva ragione, quella era l’occasione d’oro per soffocare la Ribellione, ma il Maestro non la stava cogliendo. Aveva in mente qualcosa, qualcosa di orribile. Thor non poteva esserne sicuro, ma era una sua convinzione.
Il Signore del Tempo scrollò le spalle. << Semplice: siete stati una spina nel fianco così a lungo... che avete finito col diventarmi simpatici. Tutti voi! Anche quelli che ancora stanno combattendo dietro quel muro... a proposito, meglio renderli partecipi. >>
Alzò la mano e schioccò le dita. In un lampo di luce azzurra, le figure di Blake e James si materializzarono in mezzo al gruppo, accompagnate dal cadavere di una guardia pretoriana.
<< Ma che.... ragazzi!? >> esclamò Heller, sobbalzando, confuso << Cos’è successo?! >>
Nell’istante in cui notò il Maestro, avvertì la sua smisurata potenza premere contro il minuscolo barlume che era la sua Aura, e fece subito un balzo indietro.
 << E che ci fa lui qui!? >> sibilò, nascondendo malamente il tremore della voce.
Blake invece si avvicinò con cautela alle compagne, le stesse domande ben evidenti sul suo volto.
<< Ha.... ha detto che vuole farci un’offerta >> li informò Weiss, la sua tipica guardia praticamente paralizzata in una posa da combattimento << Mentirei se dicessi di volerla rifiutare a priori.>>
<< Ti capisco >> sospirò la fauna gatta << risolvere la faccenda senza combattere ancora è una tentazione enorme anche per me.>>
Marie si portò accanto ad Auth, tenendo la stretta sull’elsa della spada e si leccò le labbra ancora sporche di sangue, stringendo le ali contro la schiena.
<< Ho già fatto un patto col diavolo, tempo fa >> disse, con un velo di sarcasmo nella voce, facendo balenare una luce sinistra negli occhi << e anche se il prezzo è stato alto, non posso negare che ne sia valsa pena... e considerando le circostanze, non abbiamo molta scelta se non quella di ascoltarti, non è così? >>
<< No, direi proprio di no >> disse il Maestro, per poi lanciare un’occhiata al Dottore << Quindi che ne dici, vecchio amico? Al tavolo delle trattative per un ultimo ballo? >>
Il Signore del Tempo rimase inizialmente in silenzio, lo sguardo fisso in direzione del tiranno. Poi, sospirò stancamente e si rivolse al resto dei Time Warriors.
<< Sono sempre stato il tipo che preferisce evitare inutili spargimenti di sangue... ma questa volta, non dipende solo da me. Farò ciò che mi chiedono. >>
Tutti i presenti sembrarono chiudersi a riflettere su quella situazione a dir poco critica. Ruby appariva assolutamente immobile a qualunque osservatore, ma dentro stava tremando dal terrore. Sua madre le aveva ripetuto più volte che un Cacciatore deve sempre provare paura, o troverebbe la morte contro qualsiasi avversario superiore a lui, però quello che sentiva dal Maestro era qualcosa di semplicemente inimmaginabile.
Era come se la sua Aura si fosse frantumata per poi smettere di rigenerarsi e le ossa si fossero trasformate in budino. Ma era pur sempre la leader del suo gruppo di Cacciatrici, e, in quel momento, voleva fare il possibile per proteggere sia loro che gli altri.
Kirby si tenne il braccio sinistro, e osservò il suo team, almeno la parte che aveva combattuto nell’arena. Sia Emil che Penny sembravano tutt’altro che pronti a continuare lo scontro, a giudicare dalle loro condizioni fisiche. Scossero la testa, comunicandogli un’inevitabile verità: non avevano chance… specialmente, non contro il Maestro.
James e Ruby, dopo uno sguardo di intesa, annuirono. Emil si morse a sangue il labbro coi canini, maledicendo la propria impotenza.
Allora, il leader del team JEKP prese la parola a nome di tutti i Cacciatori: << Ci appelliamo al giudizio e ai valori del Dottore e della Ribellione. Deponiamo le armi, ma solo per starti a sentire. Scegli con cura le parole. >>
Il dio del tuono ancora non si fidava. La risposta del Maestro alla sua domanda era volutamente vaga e menzognera. Vi era un disegno, ma di una cosa era sicuro: poteva fidarsi ciecamente del Dottore. Thor annuì e posò una mano sulla spalla del Signore del Tempo.
<< Ero con te fin dall’alba della Ribellione, e lo sarò anche in questo. Sono con te, Dottore. Sediamoci a questo “tavolo delle trattative.” >>
Accelerator schioccò la lingua e camminò fino a portarsi di fianco a Thor. Le ferite subite nell’arena ancora gli dolevano, ma avrebbe continuato a lottare. Lo doveva fare per la sua famiglia.
<< Sì, va bene. Ascoltiamo questa brutta copia di James Moriarty. Evitiamo... altra violenza. >>
Thor sorrise lievemente e diede una leggera pacca sulla spalla dell’albino. Poteva dirsi fiero della crescita che stava attraversando.
Fire strinse i pugni con forza, sentendo letteralmente le unghie affondargli nella carne. Le vene sulle tempie gli pulsavano, e vedeva ancora il mondo in chiazze di nero e rosso.
Non avrebbe voluto niente del genere. Avrebbe voluto rompere qualcosa, o continuare a gridare e a dimenarsi. Ma sapeva bene di non poterlo fare. Sapeva che adesso c’era in gioco altro. Sapeva che doveva farsi forza e calmarsi, così guardò nuovamente il Maestro con disprezzo.
<< Smettila di tergiversare, e parla. Ora. >>
<< Siamo tutt’orecchi >> aggiunse Angel, pur senza nascondere il suo sospetto.
Auth sorrise appena, guardando il loro carnefice e dominatore, e sollevò un angolo della bocca, agitando le mani in un gesto rassegnato.
<< Molto bene, sarò lieta di sapere cos’hai da dire. >>
<< Eccellente! >> esclamò il Maestro, battendo le mani in un sonoro rintocco << Sapevo che in fondo eravamo tutti persone ragionevoli. >>
Fatto ciò, squadrò il gruppo da capo a piedi.
<< Non è forse un piccolo miracolo? Nel mondo di oggi, con il livello di conflitto e incomprensione, alcune persone possono starsene in un’arena affollata a chiacchierare con calma, con tranquillità... mentre intorno a loro l’universo cade a pezzi. >>
L’uomo volse lo sguardo in direzione del Dottore.
<< Ma guardaci, Doc. Come siamo arrivati a questo? >> domandò con un sorriso divertito.
Quando l’altro non rispose, il Signore del Tempo continuò dicendo:
<< Oh, io me lo ricordo. Ero all’accademia, un giorno, quando mi resi conto di essere destinato alla grandezza. Sai come la gente si preoccupa delle apparenze? Questo è giusto, quello no... Cosa completamente superata per me. Cominciai a fare quello che per gli altri era solo un sogno: resi la conquista una forma d’arte >>
Lanciò un’occhiata nei confronti del vecchio.
<< Ricordi le nostre prime battaglie? Sono stato un esempio di genialità nel campo dell’attività criminale. Il rapimento del Primo Ministro, la Terra in ginocchio in numerose occasioni…  e il mio glorioso rapimento del brigadiere, e poi sua figlia. Omicidio di massa… menomazioni. Tortura e terrore! Li ho fatti tutti, signori! Davanti a voi c’è l’Einstein del crimine! >> esclamò a gran voce, allargando ambe le braccia.
Il Dottore strinse ambe le palpebre degli occhi.
<< E ricordo di averti sempre fermato, ad ogni occasione >> dichiarò con tono freddo.
Al sentire tali parole, il Maestro si limitò a roteare gli occhi e disse: << Beh, tu sei l’eroe calmo e ragionevole, io il pazzo omicida che chiacchiera sempre. E che diavolo. Almeno abbiamo un lavoro, no?>>
Il Dottore rilasciò un sospiro infastidito. << Ci hai chiesto di parlare solo per vantarti, come tuo solito? Cos’hai intenzione di proporci? Cosa vuoi fare davvero? Magari ucciderci in platea, come un esempio? >>
<< Mi credi davvero così noioso?>> ribatté l’altro << Non trattarmi come un Dalek. Mi considero un uomo con più… lungimiranza di un semplice assassino. Infatti, il motivo per cui oggi sono qui davanti a voi... è perché ho intenzione di mostrarti quanta lungimiranza posso avere. >>
Ridacchiò appena.
<< Non che non abbia bramato di uccidervi, certo. Dopotutto sono pur sempre un essere senziente. Provare risentimento verso qualcuno che ti ha costretto a patire tutte queste seccature mi sembra una reazione più che naturale. Poi però mi sono detto: “Maestro, se uccidi questi ribelli cosa otterrai? Un attimo di felicità e niente di più, giusto?” >>
Volse al gruppo un sorriso accomodante.
<< Ma averli dalla mia parte... quello sarebbe una gratificazione molto più grande. >>
Detto ciò, allargò le braccia verso i presenti. << Qui davanti a tutti voi, sano di mente e di corpo, offro queste condizioni: unitevi a me... e io non vi ammazzo tutti. Fine. >>
E con quelle parole, l’arena sprofondò ancora una volta nel silenzio più totale.
Quell’affermazione per James fu la prova che, almeno finché le trattative fossero continuate, erano al sicuro. Un normale terrorista o militare, avesse voluto ingannarli in qualche modo, o preparare l’ennesima sgradevole sorpresa, avrebbero prima cercato di farli sentire più a loro agio. Il Maestro d’altro canto, non faceva mistero di quanto li ritenesse insignificanti, perché era vero.
Accelerator, al contrario, si era imposto la calma, ma questa volta non poté davvero trattenersi. Sbatté con furia il piede a terra, generando un piccolo cratere sotto la suola della scarpa.
<< Ma che cazzo di accordo è questo!? >> sbottò, stringendo i denti << Tu, lurido avanzo della tua stessa specie! Pensi davvero che ci berremo queste stronzate? Con la forza e le alleanze che disponi, non hai bisogno di noi! Questo non è affatto un accordo, e se credi che accetteremo, allora hai sbagliato di grosso. Meglio morire, che fare la fine di Vader e degli altri seguaci che ti leccano il culo! >>
Il Maestro annuì cortese, senza mostrare alcun segno di rabbia e stizza.
<< Posso comprendere le tue perplessità. Vedete, la ragione per cui ho sempre cercato di investire in nuovi talenti come Vader e i miei colleghi è semplice: sappiamo tutti che un branco di animali è più forte quanto più forti sono i suoi componenti. Tu metti insieme le singole parti e avrai il tutto >> disse congiungendo le dita di ambe le mani. << Inoltre, è evidente che vi sfugge il punto. Cosa mai potreste farmi, nelle condizioni attuali e future? Credevo che il Dottore avrebbe usato il TARDIS per chissà cosa, e invece il vostro piano si è rivelato un buco nell’acqua! Altrimenti nessuno di noi sarebbe ancora qui, dico bene? Era la vostra unica possibilità di detronizzarmi… e l’avete persa. Nessuno di voi può sconfiggermi… e perché dovreste volerlo? Ciò che resta del Multiverso continuerà ad esistere solo finché IO sarò in vita! Questa realtà è mia, e provando a togliermela, rischiereste solo di causare la morte di miliardi di persone. Unitevi a me… e vinciamo tutti! Io avrò nuovi e potenti alleati, mentre voi avrete la possibilità di migliorare Battleground dall’interno. >>
Sorrise mellifluo.
<< Sono un Maestro generoso, dopotutto. Premio sempre i miei alleati! Anche quelli più difficili da gestire. Unitevi a me… ed io farò in modo di ricompensarvi. Ad esempio, non lo so… potrei riportare in vita il tuo guardiano >> dichiarò l’uomo, volgendo lo sguardo in direzione di Fire.
Quest’ultimo si aspettava di tutto, tranne che una risposta del genere. Sgranò gli occhi di scatto, agganciandoli a quelli del Signore del Tempo, quasi fosse in trance.
<< Che cosa vuol dire? >>
La vocetta di Rowlet si interpose nella discussione. Il barbagianni guardò prima il Maestro e poi il proprio padroncino, con una viva espressione confusa negli occhioni scuri.
Il ragazzo strinse i pugni con forza, ma non riuscì a reprimersi, non questa volta. Serrò le labbra con forza e spostò lo sguardo altrove, mentre avvertiva un nodo serrargli la gola.
<< Fire…? >>
Non l’aveva mai sentito chiamarlo direttamente per nome, non con quel tono tanto spaurito.
<< Fire… dov’è padron Logan? >>
Il Vigilante tenne ostinatamente lo sguardo basso, senza avere il coraggio di guardare l’amico piumato. Non vedendolo rispondere, Rowlet spostò lo sguardo sul Maestro, e poi guardò ciascuno dei presenti, come aspettandosi di trovarlo in mezzo a loro.
<< Dov’è padron Logan? >> domandò ancora, e il suo tono si faceva sempre più ansioso.
Shen sogghignò. << Vuoi concedermi questo piacere, passerotto? >>
<< Non ti azzardare! >>
Il giovane gli lanciò uno sguardo colmo d’odio e fece per scattare un’altra volta, ma Accelerator, controvoglia, lo trattenne saldamente per la spalla.
Il governatore sorrise e volse il capo in direzione del barbagianni. Assunse un’espressione diversa, fintamente contrita e accondiscendente.
<< Mi dispiace, piccola palletta di piume, ma non troverai da nessuna parte il tuo papino umano. Vedi, lui… è morto! >>
Fire trasalì, come se fosse stato improvvisamente pugnalato al cuore. Rowlet fissò l'albino dritto negli occhi, non potendo credere né alle proprie orecchie né al suo interlocutore. Guardò ancora una volta il padroncino, con uno sguardo implorante. Stavolta, quest’ultimo trovò la forza di alzare lo sguardo. Si morse il labbro e annuì, impotente, gli occhi umidi.
Allora il barbagianni si rannicchiò nel collo del Dottore, e scoppiò sonoramente a piangere.
Penny rifilò a Shen uno sguardo assassino. Aveva conosciuto Logan solo per pochi giorni, ma senza le sue cure immediate sarebbe morta. Le reazioni di James ed Emil non furono molto diverse: anche loro avevano un debito verso l’uomo che li aveva accuditi e curati, e in breve Shen si ritrovò sotto il tiro delle loro armi.
<< Ti consiglio di dosare le parole, pollo >> sibilò Emil, trattenendo a stento l’Aura che gli rimaneva << l’unico motivo per cui sei ancora vivo è il tuo capo. >>
<< Ed è anche l’unico motivo per cui NOI siamo vivi, ragazzo >> disse Auth, gelida << Questo non è il momento di lanciare vuote minacce. Hanno il coltello dalla parte del manico. >>
Il Signore di Battleground annuì compiaciuto.
<< Felice di sapere che siamo sulla stessa lunghezza d’onda, mia cara. E la mia offerta rimane la stessa. Non posso riportare i vostri universi, una tale impresa è fuori perfino dalla mia portata… ma posso fornirvi altri incentivi. >>
Lanciò un’occhiata in direzione di Kirby.
<< Anche tu, ragazzo, non vorresti poter riabbracciare tuo padre? E per quanto riguarda te… >> disse, rivolgendosi a Penny << Potrei renderti umana. E tu… >> continuò, puntando verso Accelerator, << potrei fare sì che la tua famiglia ottenga una vita agiata nei piani alti dell’Impero. Sarà al sicuro, nessuno mai più oserà perseguitarli. Soprattutto, nessuno oserà mai più perseguitare te! >>
Si volse verso tutti quanti i Time Warriors. << Pensateci! Ogni vostra richiesta… sarei in grado di soddisfarla. >>
Kirby strinse i denti. Ovviamente voleva rivedere suo padre, gli mancava ogni singolo giorno da cinque anni, gli mancava parlare con lui, gli mancava allenarsi insieme, e gli mancava il sorriso di sua madre quando lui era ancora vivo. Luna aveva fatto del suo meglio per mantenersi viva e forte per il figlio, ma la mancanza del marito e della sua migliore amica Beatrice non l’aveva mai lasciata del tutto, e anche King Dedede, più di una volta, si era dato all’alcol ripensando ai vecchi tempi del Team BLMD.
Si sentiva come se il Maestro gli avesse conficcato una mano dritta nel petto e ora gli stesse stritolando il cuore fra le dita.
Preda del dolore, Fire guardò Rowlet rannicchiato a piangere nel collo del Dottore. Guardò il Maestro, per la prima volta senza odio e rancore, incapace di distogliere lo sguardo da quello dell’uomo.
Non riusciva a togliersi dalla testa l’immagine di Logan trafitto. La rivedeva nella sua mente, ancora e ancora. Provò ancora il dolore, poi l’odio bruciante per Shen, e poi uno schiacciante e dilaniante senso di colpa.
Non aveva mantenuto la promessa che si era fatto come Vigilante Mascherato. Non era riuscito a proteggerlo. Avrebbe dovuto impedirgli di venire con loro. Se l’avesse fatto, niente sarebbe mai accaduto.
Era solo colpa sua se Logan era morto.
Una vocina nella testa gli suggerì che non doveva andare così per forza. C’era qualcuno che poteva rimediare al suo errore, che poteva restituirgli l’uomo che aveva davvero amato come padre, più di quanto potesse affermare di amare Vader.
Il Maestro poteva aiutarlo. Il Maestro poteva riportare in vita Logan.
Ma c’era un prezzo da pagare, lo sapeva. Nessuno dava nulla per nulla. Avrebbe dovuto abbandonare la Resistenza, avrebbe dovuto abbandonare i Time Warriors, avrebbe dovuto unirsi al Maestro, ai suoi seguaci…
Avrebbe dovuto riunirsi a Darth Vader.
Il disperato desiderio di stargli accanto, di conoscerlo, di volergli bene si impossessò nuovamente di lui. Per un attimo, tutti gli anni passati a combattere l’Impero parvero diventare nulla, nulla al confronto di potersi riunire alla famiglia che tanto aveva disperatamente cercato.
Ma così sarebbe venuto meno ai propri principi, al proprio giuramento, a quanto Logan gli aveva insegnato… Logan!
Logan non c’era più, e la colpa era solo sua.
Sentì le lacrime scorrergli prepotenti lungo le guance. Non poteva, non voleva rinunciare a Logan. Gli voleva bene. Un bene dell’anima. Non si era meritato di morire, non si era meritato di avere per figlio uno come lui, che non era nemmeno capace di proteggerlo. Lo voleva di nuovo accanto, più di qualsiasi altra cosa.
La sua famiglia.
Questo era il pensiero di Accelerator. Il pensiero dell’esper era rivolto a Yoshikawa, Yomikawa e Last Order. Coloro che si erano sempre prese cura di lui, che lo avevano trattato come... come un essere umano.
Alla mente di Accelerator, ritornarono i ricordi di quando era piccolo: tutti lo evitavano e lo scacciavano per il suo potere, gli altri bambini gli lanciavano le pietre. Degli adulti vestiti in nero avevano provato ad assassinarlo con le loro armi da fuoco... e infine un intero esercito lo rintracciò e gli diede la caccia come un dannato animale.
Dopo quelle esperienze, aveva maturato una fredda indifferenza alla vita degli altri, uccidendo o incapacitando chiunque considerasse un potenziale fastidio alla sua esistenza. Per certi versi, non era stato poi così diverso da persone come Darth Vader e Shen, nient’altro che un mostro affamato di potere.
Ma poi aveva incontrato quelle due donne… e soprattutto, quella bambina. E qualcosa in lui era cambiato per sempre. Avrebbe fatto qualunque cosa per loro... qualunque cosa.
Osservò il Maestro negli occhi, mentre quel dilemma interiore gli divorava lo stomaco come una termite rosicchia il legno.
Nel mentre, Auth si volse verso Marie e portò una mano su quella della vampira, stringendola delicatamente, e quest’ultima le sfiorò la mente col pensiero: sofferenza, dubbio, una rabbia profonda e catastrofica. Un torrente di magma in quel momento attraversava l’animo dell’amata, un fiume ribollente, crudele, che le faceva ardere ogni fibra del corpo. Come una carezza, spinse un tentacolo della propria coscienza verso quella di lei e si protese in avanti stringendola con le braccia.
I loro pensieri erano in pieno tormento e la vicinanza aiutava, anche se di poco, a placare i loro animi. Alla fine, entrambe arrivarono a pensare all’unica cosa che avrebbe potuto donare loro quella felicità a cui agognavano: poter avere dei figli, una vera famiglia in una casa sulla riva di un lago, libere da tutto ciò che erano state e che avevano vissuto.
Non sarebbe forse stato perfetto? Non avevano sofferto abbastanza?
<< E il mio popolo? >>
Dal nulla, la voce di Thor si levò alta, interrompendo ogni speculazione mentale dei presenti. Ciascuno di loro era incatenato a riflettere sulla proposta fatta dal tiranno di Battleground, ma quando egli parlò, fu come se si fossero risvegliati da un sogno.
<< Puoi forse risanare... l’onore del mio regno? >>
A quel punto Loki, accanto al Maestro, batté il suo bastone a terra. << Quali idiozie vai dicendo, fratello?! Il Maestro può esaudire qualunque richiesta, e tu pensi al mio, e sottolineo, mio, popolo?! >>
<< Non parlo con te... fratello. >> Thor disse quest’ultima parola con una punta di evidente ribrezzo. << Io parlo dell’onore del mio popolo. Heimdall, Hogun, Fandrall, gli einherjar di quel giorno, Odino... la loro anima ancora è nel Valhalla e grida vendetta contro di te. Tu mi chiedi di allearmi, di mettere al tuo servizio il mio martello... e per cosa? Tradire la memoria di coloro che sono morti sotto il tuo pugno?! Voglio sentire cosa hai da offrire per questo, Maestro! Lo esigo in quanto legittimo re di Asgard! >>
<< TU NON SEI RE! >> urlò Loki.
<< Calma, signori. Ho anch’io da fare la mia richiesta. >>
Angel fece un passo avanti. << Sì, come tutti loro, anch’io ho un desiderio. Se davvero puoi esaudire qualsiasi cosa… allora cancella quello che hai fatto. Restituisci a Najimi tutti i suoi poteri, torna il semplice Signore del Tempo che sei, e libera tutti quanti dall’illusione in cui li hai imprigionati, sopprimendo la loro vera volontà. Se il libero arbitrio della collettività che tanto temi ti verrà incontro, allora accetterò la tua proposta. >>
Il soleano blu rivolse uno sguardo intenso ai propri compagni. Non c’era giudizio in esso, solo profonda comprensione, empatia, accoglienza. Perché anche lui, proprio come tutti loro, in quel momento… era stato ammantato dalla tentazione. La tentazione di accettare senza pensare alle conseguenze, solo per riottenere ciò che aveva perso, per cui si sentiva così tanto in colpa.
<< Ma la verità è che non lo faresti mai. >>
Il rosso strinse i denti, il rammarico e lo sdegno stampati in corpo. << Non intendi accettare una simile condizione, perché così perderesti tutto. Questo perché sei solo un pazzo affamato di potere! Qualcuno che considera gli altri dei semplici giocattoli con cui divertirsi. >>
Il Maestro arricciò le labbra in un leggero cipiglio.
<< Ti consiglio vivamente di non essere così maleducato, ragazzino. Devi vedere le cose con più obiettività! Guardare… guardare non basta mai. Bisogna osservare con attenzione. Sai come si chiama questo? Principio di indeterminazione. Lo so, sembra un’idea bislacca, ma anche Einstein l’ha presa in considerazione. Se osservi tutto quello che hai intorno, allora ti renderai conto di un’unica semplice verità: io vi ho salvati. Se non fosse stato per me, sareste tutti morti. Avete tutti un debito nei miei confronti. L’unica cosa che chiedo in cambio è la vostra gratitudine e il vostro rispetto. Non mi sembra di pretendere troppo. >>
<< Gratitudine?! Rispetto?! >> tuonò Thor << Di cosa dovrei esserti grato?! Hai ucciso tutto ciò che mi era di più caro, e non sono vivo grazie a te! Non hai risposto alla mia domanda: cosa puoi offrire tu, alle anime che dal Valhalla gridano e pretendono la tua testa? Cosa dovrei fare, Maestro... dimmi... che cosa dovrei fare, io? >>
Il Maestro assottigliò lo sguardo e prese un respiro profondo.
<< Va bene, impostiamo le cose in modo logico, vi va? Ecco cosa succederebbe se decideste di continuare a combattermi: per prima cosa ucciderò alcuni di voi per mostrare la mia determinazione, e se voi ne avrete altrettanta… be', non mi resterà altra scelta che farvi a pezzi uno ad uno. Pensate di conoscere il potere? È solo l’illusione di un bambino. Nei vostri universi sareste anche risultati delle minacce credibili. Ma qui, di fronte a me… siete come una macchia di schifezza spiaccicata sulla pagina sportiva del mio giornale! >>
A quelle parole, Fire sentì il sangue ribollire nelle vene e nella testa tanto da farla girare.
Aveva pensato davvero di acconsentire. Era stato sul punto di accettare. Aveva perfino pensato, per un istante, che quel bastardo non fosse poi così pazzo come gli era apparso. Si era sentito disposto a seguirlo, pur di riabbracciare Logan.
Ma poi aveva seguito i discorsi di Thor e Angel. Non era qualcosa che poteva ignorare. Non poteva ignorare quello che il Maestro aveva appena detto… e non poteva ignorare nemmeno ciò che Logan avrebbe pensato al vederlo sacrificare la propria moralità, solo per salvarlo. L’avrebbe deluso davvero, se avesse acconsentito. Sarebbe diventato niente più di una stupida pedina da manipolare. Ciò che aveva giurato di non essere mai.
<< Dunque starebbero realmente così le cose >> sibilò, nuovamente livido di rabbia << Sarebbe questa la trattativa? Unitevi a me, altrimenti vi eliminerò uno ad uno? Pensi che solo perché hai ottenuto dei poteri cosmici, hai il diritto di pretendere quello che vuoi da noi, pensi di avere il diritto di governarci, di giocare con le nostre vite, solo per il tuo schifoso tornaconto e il tuo ego maledetto? Tu non sei un dio! Sei solo un pazzo furioso, un mostro drogato di potere e ubriaco di superbia! >>
Auth alzò di scatto la testa, gettando una lunga ombra sui presenti.
<< Il ragazzo dice il vero >> disse, indicando il Maestro << Potrai anche atteggiarti come un dio onnipotente… ma nel profondo sei ancora un mortale. Non sei nato con questi poteri, né hai faticato per ottenerli, semplicemente ti sono stati regalati. E come tutti i mortali con fin troppo potere nelle loro mani, hai scelto di usarlo per sottomettere coloro che non ne hanno. Ne ho visti di individui come te, nel corso della mia lunga vita… così tanti che credevano di avere il diritto di governare sugli altri, perché li consideravano inferiori. E sai cosa ho imparato? Che non importa quanto potere possa avere una persona, che sia un dio o un mortale: un giorno quando anche questo universo finirà, di te non resterà altro che un impronta contorta nella memoria della realtà. Sarai ricordato… come nient’altro che un mostro, proprio come tutti quei tiranni venuti prima di te. Una pagina sbiadita nel grande libro dell’eternità. >>
Un silenzio inesorabile sembrò calare nelle profondità dell’arena. Perfino l’eco causato dal vento… tutto cessò all’istante. E la cosa sembrò propagarsi per un tempo che a molti parve interminabile.
Poi, come dal nulla… il Maestro ridacchiò. Cominciò come una risata bassa e gutturale, che presto si trasformò in uno schiamazzo in piena regola.
Affianco al Signore del Tempo, sia Loki che Shen si spostarono, a disagio.
Dopo quasi un minuto buono, l’alieno si bloccò di colpo, gli occhi gialli che menavano lampi.
<< Wow. Solo… wow. >>
Puntò un dito in direzione di Auth,il volto adornato da un sorriso che rasentava la follia.
<< Tu… hai dei numeri, mia cara. No, dico sul serio. TU… hai… dei numeri! >> esclamò, per poi scoppiare in un’altra risata.
Dopo un paio di respiri calmanti, chiuse il volto in un’espressione leggermente corrucciata.
<< Sai, da un certo punto di vista hai ragione. Tu sei molto più antica di me, su questo c’è poco da discutere. Probabilmente conosci cose che io non riuscirei nemmeno a concepire >> disse, prima di stringersi nelle spalle.
<< Ma suppongo di avere un’eternità a disposizione per impararle. Tu, invece… hai i giorni contati. Come il resto di voi >> continuò, facendo una rapida panoramica del gruppo << Mi dispiacerebbe molto doverti ucciderti, Baelfire. Sai quanto sarebbe dura doverlo raccontare a tuo padre? Con il tempo, ho cominciato a considerarlo quasi come un figlio. Avrebbe il cuore spezzato! >>
Il colorito già pallido dell’arciere diventò dello stesso color del gesso a quell’insinuazione. Per tutta risposta, aprì la bocca e ritrasse le labbra, mostrandogli i denti ed emettendo un ringhio bestiale che fece raddrizzare le piume a Rowlet.
Accelerator ringhiò a sua volta. Guardò in direzione del ragazzo e poi del Maestro.
<< Tch… pezzo di merda. Non ti basta che lo stronzo albino l’abbia ammazzato!? Ora vuoi pure prendere per il culo la sua memoria!?  >>
<< Oh, ma davvero? >> Lord Shen era rimasto in silenzio fino a quel momento, ma all’improvviso la sua voce melliflua e malignamente divertita si intromise nella loro conversazione. << Sai, è una sorpresa sentirti parlare in questo modo, Demone Bianco di Kyoto. Oh, ma cosa dico, è più che naturale! È evidente che non sai, altrimenti non saresti qui a difenderlo. Vedi, ho letto i rapporti su di te e sulla tua… piccola, devastante incursione contro suo padre. Il suo vero padre. Se non sbaglio, era sul punto di ucciderti, ha massacrato l’intero villaggio in cui vivevi e, sono pronto a scommettere… deve aver certamente minacciato anche la vita delle persone a cui tenevi! >>
Le fiamme negli occhi di Fire ardettero senza sosta, incutendo un terrore gelido. Rifilò sia a Shen che al Signore del Tempo il precedente sguardo assassino e lo mantenne fermo.
<< E così è vero, non gli hai ancora svelato il tuo piccolo segreto! >> gongolò il governatore << Andiamo, Fire! Ora hai l’opportunità di rivelarlo a tutti! >>
Fire strinse i pugni con tanta forza da farsi male da solo e spostò lo sguardo altrove, pur di non voltarsi a guardare in faccia Accelerator, o Thor, o Rowlet, o il resto degli altri. Non riusciva ad aprire bocca, era paralizzato.
Angel raddrizzò il capo, mentre un’espressione confusa gli si disegnava negli occhi a quelle parole. << Ma di che cosa sta parlando? >>
In risposta alla domanda del rosso, il sorriso sul volto del Maestro sembrò allargarsi.
<< Il vostro caro Robin Hood, qui, non è altri che il figlio appena ritrovato del mio secondo in comando. Forse lo conoscete. Alto, vestito di nero, spaventoso... gli piace giocare con le spade laser. Come, non ci siete ancora arrivati!? Conquistatore di pianeti, torturatore il lunedì, genocida il venerdì... Oscuro Signore dei Sith e sterminatore di ribelli per hobby. >>
Si portò una mano al mento, in un gesto falsamente pensieroso. << Credo che lo conosciate meglio... come Darth Vader. >>
Silenzio.
Sussulti condivisi.
Occhi sgranati e increduli.
<< COSA!? >>
Le voci dei due team di Cacciatori si levarono alte di colpo, a metà fra l’incredulità e l’isterismo.
Gli occhi di Accelerator si spalancarono dinnanzi a quella rivelazione. Anche se il suo nome non era stato pronunciato all’inizio, ancora prima che il Maestro lo confermasse, l’insinuazione di Shen era stata fin troppo palese: Fire era il figlio di Vader, l’uomo che aveva ucciso la gente del villaggio e che aveva quasi eliminato Last Order. Dentro di sé sentì crescere la rabbia, l’odio e lo sdegno: avrebbe voluto dire qualcosa, urlare, rompere qualcosa, ma aveva talmente tanta negatività in corpo da non poter fare altro che restare fermo a tremare di bile.
Thor sentì la mente in tumulto. Stentava a crederci. Lada e Vader, insieme... il solo pensiero gli recava disgusto, ed era furibondo al pensiero di un’altra vita rovinata da quel mostro mascherato.  
Rimase in silenzio, ancora scosso dalla rivelazione, ma poi vide come Accelerator stringeva forte i pugni e inceneriva con lo sguardo il ragazzo al suo fianco; provò a tranquillizzarlo mettendogli una mano sulla spalla, ma si vide scansato con un secco gesto.
Loki, che aveva osservato la scena, deformò le labbra in un una smorfia di disgusto. Suo fratello Thor cercava sempre di fare il santo, di ergersi come baluardo di saggezza. Allora non poté esimersi dal punzecchiarlo con la sua lingua velenosa:
<< Per quanto ti sforzi, fratello, non riuscirai mai a combinare nulla. Il marmocchio è il figlio dell’uomo che ha rovinato la vita all’esper. Hai fallito con loro, proprio come hai fallito con Magni e Modi. >>
Il dio del tuono non riuscì a trattenere un ringhio, mentre fissava impotente Accelerator che respirava pesantemente, i muscoli tesi, pericolosamente arcuato come una belva pronta a balzare, lo sguardo furioso, tutto in direzione del ragazzo dai capelli verdi.
Kirby era diviso in due, tuttavia non poteva trattenere un gran moto di rabbia verso Fire, sia per avere il sangue di colui che aveva attaccato la sua amata Dreamland… sia per non averglielo detto, perché era innegabile lo sapesse ormai. Perché non si era fidato da loro abbastanza da dir loro la verità, come aveva fatto Ruby con Salem?
Scintille rosa percorsero gli arti e gli occhi del giovane Cacciatore, mentre si rivolgeva al compagno.
<< Fire, ti farò una domanda, e sei obbligato a rispondermi. Quando l’hai scoperto? >>
La vergogna e il senso di colpa erano ben evidenti nella figura dell’arciere. Fire si ritrasse quasi di scatto e distolse lo sguardo, fissando un punto impreciso del terreno. Ma anche in quel modo, poteva vederle chiaramente, anzi, le sentiva, le espressioni di sgomento, rancore e sconvolgimento dei propri compagni, i loro occhi sgranati tutti unicamente puntati su di lui.
Provò di nuovo la disgustosa sensazione di essere sporco, contaminato da un germe, indegno anche solo di camminare in mezzo a loro. Rimase ostinatamente in silenzio per un tempo che gli parve infinito.
Gli occhi gli si riempirono prepotentemente di lacrime.
<< Durante la festa di Anakin Skywalker >> rispose in un soffio, pur sentendosi soffocare << Lada mi ha lasciato il suo anello magico. Quando Vader ha tentato di uccidermi, l’ha riconosciuto. Se non l’avessi avuto… probabilmente sarei morto. >>
Ecco, l’aveva detto. Aveva detto non solo la verità, ma anche troppo. Tanto, quale differenza avrebbe fatto? Era già miserabile così com’era.
Marie assimilò piano la notizia e tamburellò le dita sul proprio braccio, mordendosi il labbro inferiore; Auth dal canto suo osservò i presenti e agitò infastidita la lunga coda prima di portarsi la mano destra al volto. Né lei né la Nosferatu dissero nulla, attendendo di vedere come si sarebbe evoluta la situazione.
Loki ascoltò le parole del ragazzo, ed era deciso più che mai a interferire, per deformarle e volgere a favore la situazione.
<< Lada ha avuto un anello da Vader, che poi ha donato al figlio. Questa sì che è una rivelazione ancora più interessante. State pensando quello che penso io? Lada era un’imperiale, dopotutto... >>
<< Loki, non osare... >> disse Thor, fremendo di rabbia.
<< Non osare cosa, fratello? Osare dire che Lada vi ha traditi tutti? E che sta portando avanti il tradimento tramite suo figlio? Quest’ultimo non è altro che un mero strumento nelle mani di Vader e della sua donna! Conoscendo il Signore dei Sith... è probabile che lo abbia pianificato. Il ragazzo non è altro che un agente dormiente all’interno della Ribellione! Ma è solo un’ipotesi. Chiedetelo al diretto interessato. >>
Qualcosa scattò dentro Fire. La rabbia. Una rabbia sorda che covava dalla morte prematura di Logan, e che solo in parte aveva ricacciato indietro.
<< Ripetilo! >> gridò, gli occhi che lampeggiavano << Ripetilo se ne hai il coraggio, maledetto! Tu non sai niente! Io vi uccido, sottospecie di maledetti schifosi figli di…! >>
<< Non scaldarti troppo, traditore >> disse Loki, per nulla impressionato da quello sfogo di rabbia, ma comunque soddisfatto. Era ciò che voleva. << So cosa stai provando ora: rabbia, rimorso, risentimento. Tutto canalizzato su tuo padre. È come guardarsi in uno specchio… col riflesso di un sé più giovane. Avanti, Thor, non ti ricorda un po’… me? >> ridacchiò mellifluamente il dio degli inganni.
L’Ase strinse i pugni con tanta forza da far sanguinare il palmo delle mani.
<< IO NON SONO COME TE! >> urlò ancora il giovane, mentre, attorno a lui, alcune macerie cominciarono pericolosamente a scuotersi.
<< E chissà che, magari, non abbia passato informazioni all’Impero. >>
Shen aveva compreso cosa Loki stesse facendo, e non poteva resistere al farsi coinvolgere. Perché questa era la capacità di Loki: una volta che la sua lingua biforcuta era innescata, era impossibile fermarla, e coloro che gli somigliavano non potevano che essere scatenati a propria volta.
<< La Forza è un potere misterioso, sapete? Due utenti possono collegarsi mentalmente se i loro cuori sono sincronizzati, e lui e Vader sono padre e figlio! Mi chiedo che cosa avrà mai letto Vader nella tua testolina… ma già posso immaginarlo! >>
<< Naturalmente. Visto che a Trenzalore eravamo preparati al vostro arrivo. Chissà come mai… >> Loki rise. << Davvero, non ci avete pensato, piccoli ribelli? Come mai sapevamo dove sareste andati? Come facevamo ad avere un piano per contrastarvi? Ecco la vostra risposta! È proprio lì, davanti a voi. Il ragazzino che ha appena avuto un’esplosione di rabbia molto similmente a quella che avrebbe un Sith. >>
<< RAGAZZO, NO! >> gridò Thor con tono colmo d’anticipazione.
Accelerator ruggì e scattò in avanti, dritto contro Baelfire, che era rimasto situato al suo fianco per tutto quel tempo. L’adolescente, colto di sorpresa, colpito dall’orrore per quella visione, sussultò, la sua luce si spense e cadde all’indietro, mentre l’albino gli metteva le mani addosso con un solo pensiero: fargli del male. Ucciderlo.
Il dio del tuono pose in avanti le enormi braccia muscolose e afferrò saldamente l’esper, trattenendolo. A causa dei chip avuti intorno al collo, i loro poteri erano ancora deboli: la Reflection non ebbe alcun effetto sull’asgardiano.
<< Lasciami andare! Lasciami andare, cazzo! >>
<< Ragazzo… calmati… calmati, è quello che vogliono, è quello che vuole Loki! >>
Ma Accelerator non lo stava ascoltando. Era in preda alla rabbia: quella rivelazione gli aveva riesumato il ricordo di Last Order quasi uccisa dal Sith, e adesso non ragionava più.
<< Bastardo! BASTARDO! È colpa tua! È TUTTA COLPA TUA! >> sbraitò contro il ragazzo dai capelli verdi << Tu lo sapevi! Lo sapevi, e non hai detto NIENTE! Io mi stavo fidando di te! Ti ho raccontato cose del mio passato! E tu eri in contatto con Vader tutto il tempo! Ha quasi ucciso la mia famiglia! La mia famiglia, CAZZO! Io ti uccido… TI UCCIDO! >>
Fire si risollevò sulle ginocchia, il corpo squassato da spasmi, il volto deformato dalla disperazione. Si coprì col braccio, come se questo avrebbe impedito alle parole dell’albino di ferirlo, ma era impossibile: ognuna era una coltellata nel suo cuore e nella sua psiche. Mai, come in quel momento, provò il desiderio di sparire, di non essere mai esistito.
<< Oh, Fire, sei di nuovo nei guai… >> lo tormentò la voce di Shen << ma questa volta non c’è il tuo papino a salvarti. E ora, tutti sanno perché! >>
<< No… >> gemette il giovane, cercando debolmente di sostenere lo sguardo infuocato di Accelerator e di parlare sopra le sue grida sconnesse e ingiuriose << no… ti prego… mi dispiace, mi dispiace, io... io… non volevo… non pensavo… >>
<< Che li avresti delusi? Che li avresti traditi? Dopo tutto questo tempo, credevi davvero che avrebbe funzionato? Tu non sei uno di loro. Non lo sei mai stato. Non ti accetteranno mai fino in fondo. >>
<< Ora basta! BASTA! >> gridò il Dottore, facendo un passo avanti, gli occhi dardeggianti << Questa non doveva essere una trattativa?! Dove sono finiti i tuoi buoni propositi, Maestro?! >>
<< Ehi, sai come sono i bambini. >> L'altro Signore del Tempo scrollò le spalle con un sorriso disinvolto << Ogni tanto bisogna lasciarli divertire, no? >>
Marie sentì un brivido gelato lungo la schiena. Fece per avvicinarsi, ma Auth la trattenne, guardandola negli occhi.
<< Aspetta… non possiamo ignorare questa possibilità. >>
<< Andiamo, Auth, è esattamente ciò che vogliono, non dirmi che gli credi ciecamente!? >>
La dea scosse adagio il capo, facendole cenno di non muoversi. << Non possiamo escluderlo di base, Marie... se dovesse essere vero, qualsiasi piano futuro andrebbe in pezzi. È brutale, ma ora come ora, possiamo solo aspettare. Non li conosciamo e io… io voglio vederci chiaro. >>
Marie annuì col capo, pur sentendo il sangue pulsare nelle sue vene. Per l’oscurità che albergava nel suo animo, si sentiva affine al ragazzo e al suo tormento, ma non poteva negare la veridicità di quelle parole.
In tutto quel disastro, Angel era rimasto in silenzio. Come poteva parlare, quando il senso di colpa lo attanagliava? Senza nemmeno volerlo, aveva gettato un alleato nell’occhio del ciclone.
<< Lasciateli stare! >> sibilò, e camminò in avanti fino a frapporsi nello stallo tra i due giovani, il Dottore e infine il trio di uomini in piedi sulla lontananza << Siete solo un branco di iene assetate di sangue! Volete vedere qualcuno massacrato? >>
Il rosso si girò a guardare Accelerator dritto negli occhi.
<< Allora, che sia io. Se vuoi uccidere qualcuno, se vuoi accusare qualcuno della vita di merda che hai vissuto qui, te la devi prendere ma con me. Perché Battleground è nata a causa mia e solo mia! Senza di me, tutto questo non sarebbe mai accaduto. >>
James digrignò i denti, mentre si faceva avanti, verso di loro.
<< Angel, qui non è in discussione solo la parentela di Fire, ma la sua lealtà. Io… >>
Il soldato si interruppe, incerto come nessuno dei suoi compagni l’aveva mai visto prima.
<< Io vorrei credere subito alla sua lealtà, ma non riesco a negare i miei dubbi dopo quanto abbiamo passato. >>
Poi fu la volta di Ruby. Tremando, fissò i presenti coi suoi luminosi occhi argentati, non nascondendo il moto di disgusto quando capitò su Shen e Loki.
<< Io.... non giustifico Fire per avercelo tenuto nascosto. Per lo scopo che ci siamo prefissi serviva una fiducia reciproca, e lui non ce l’ha data. Ma... non metterò in dubbio la lealtà di qualcuno che ha combattuto al fianco dei miei genitori! Mio padre si è sacrificato per salvarlo da quel verme! >> Volse un cenno sprezzante a Shen. << E io… sono nella sua stessa esatta situazione. Perché sono la nipote della Regina Salem di Remnant. So benissimo… come ci si sente. >>
Nel frattempo, il Dottore si era avvicinato a Fire, e l’aveva aiutato a rialzarsi. Rowlet fece per stringersi a lui, ma il ragazzo lo respinse delicatamente. Guardò il Signore del Tempo dritto negli occhi, per farsi coraggio, quindi parlò a tutti loro.
<< Se fossi stato compromesso fino al punto di cui mi si accusa... lui se ne sarebbe accorto >> accennò all'uomo accanto a lui << Ma tutto questo... è comunque colpa mia. Sono stato io a chiedergli di non svelare nulla. Perché non ero pronto. Perché ho avuto paura, paura di questa situazione. Sì, lo ammetto. Lo ammetto. Avevo paura di come avreste reagito, ma soprattutto, avevo paura di quello che avevo scoperto, avevo paura di questi nuovi poteri che ho manifestato. Sì, è la verità, ho sviluppato la Forza. Sì, io e Vader ci siamo connessi. Lui ha guardato dentro di me, e io ho guardato dentro di lui. Ma lo giuro sulla mia vita... non sapevo a cosa stavo andando incontro. L’ho fatto per salvarmi, perché se non gli avessi permesso di connetterci, lì, su Trenzalore... sarei morto. Per colpa loro. >>
Si girò, sprezzante, verso il Maestro e il Shen. << Hanno mandato la loro creatura ad uccidermi, e per poco non c’è riuscita. Sono salvo grazie a Vader. Ma questo per me non significa niente. Non gli devo, e non gli ho mai dovuto… nulla, se non la mia nascita. Non ho mai svelato niente su di voi, non ho mai svelato nulla sulla Ribellione. Potete non credermi, e non vi biasimerei. Ma a questo potete credere: io non potrei mai servire il Maestro! Mai. Perché oggi mio padre, il mio vero padre, Logan Royston… è morto, e il colpevole continua ad essere uno soltanto. >>
Camminò verso Angel e gli poggiò una mano sulla spalla, allontanandolo delicatamente. << Non puoi darti la colpa se Battleground è nata, lo sai benissimo... e rimane il fatto che sono il figlio del demonio che ha quasi ucciso lui e la sua famiglia. Lascialo, Thor. >> Quindi tornò a fissare Accelerator dritto negli occhi. << Va bene così. Fallo. Vendicati, se vuoi. Non mi interessa. Non mi importa più. Mio padre è morto. Mia madre è morta. Avrei solo voluto onorarli facendo la cosa giusta, perciò… meglio andarsene così, che come un vero traditore che si allea col nemico solo perché tutti voi l’avete cacciato. >>
<< Padron Fire! >> stridette Rowlet, terrorizzato da quella dichiarazione.
Ma Thor non ebbe bisogno di rifiutarsi, né di trattenere oltre l’esper. L’intera situazione e i discorsi di tutti i Time Warriors combinati insieme, erano serviti a placare, sebbene non del tutto, la rabbia di Accelerator. In cuor suo, sapeva che Fire stava dicendo la verità… ma ancora non era pronto a perdonarlo. Non ora.
Fu allora che un battito di mano risuonò nell’arena, spingendo ogni singola persona a voltarsi.
<< Wow >> disse il Maestro, con tono di voce al limite tra il beffardo e il cordiale << Io... sul serio, credo di essermi commosso. Davvero, è stato un bel finale, anche se personalmente ho apprezzato più la parte centrale. >>
Le sue pupille dorate si posarono su Accelerator. << Il modo in cui ti sei accanito su di lui, ragazzo... cheff kiss! Che performance! Quale rabbia, quale sete di sangue... così pronto a scatenarti anche sui tuoi alleati. Saresti davvero un’ottima aggiunta alle mie fila. >>
Si voltò verso i team RWBY e JEKP.
<< E voi? Pensate di far parte di una squadra... ma non siete mai stati più divisi. Ve lo leggo negli occhi! Fidatevi, sono un vero asso nel riconoscere le divergenze d'opinione. Non avete idea di quanto possano essere utili per rovesciare un governo o due... basta solo una piccola spinta. >>
Incontrò lo sguardo di Angel. << E tu... piccola spina nel fianco... ti ergi a paladino dei tuoi compagni, sei disposto a batterti per loro... ma pensi davvero che sarà sufficiente per compensare tutti gli errori che hai commesso? Per liberarti delle colpe che ti porti dentro? Be’, lascia che ti offra un po’ di sollievo: non succederà. Perché non puoi fare NIENTE per riparare ciò che è stato irrimediabilmente rotto! E per quanto riguarda voi due... >> Si voltò verso Auth e Marie. << Be’... voi non fate parte di questa storia. Siete solo vagabonde prive del minimo significato o scopo. Siete NIENTE. E niente resterete... tutti voi. >>
Detto ciò, lanciò una rapida occhiata nei confronti di Fire.
<< Sembra che tu ti sia scelto davvero una fedele gamma di alleati, ragazzino >> commentò, con un sorriso divertito. << Avrai un bel po’ da fare, a restare in una squadra che non si fiderà mai più di te. >>
Quando il giovane non rispose, limitandosi a mantenere un’aria impassibile, il Maestro ridacchiò e lo fissò dritto negli occhi di fuoco.
<< Ma non deve andare per forza in questo modo. Oh no! Al contrario, tu sei colui che più di tutti ha una poltrona praticamente già prenotata nelle nostre fila. Non devi fare altro… che lasciarti alle spalle questa marmaglia di piccoli ingrati. >>
<< Non lo farò >> replicò il ragazzo, asciutto << Io sono nato in quest’universo da te plasmato, e forse più di tutti dovrei ringraziarti, secondo il tuo perverso modo di vedere le cose. Ma sappi che se tutto quello che hai da offrirmi è un carcere mentale, travestito dalla promessa di riportare in vita mio padre, pretendendo in cambio la mia cieca obbedienza… non mi avrai mai. >>
Sillabò lentamente quella parola, accentuandola in un verso di disprezzo.
Un sorriso ferino si disegnò sulle labbra del Maestro.
<< “Mai”, dici, eh? “Mai” è una parola molto più relativa di quanto puoi solo pensare, ragazzino. “Mai” è una parola sempre di moda, ma come tutte le mode… è destinata a passare, prima o poi. Perché si direbbe “mai dire mai”, altrimenti? >>
Ridacchiò << Ma suppongo questo implichi che hai fatto la tua scelta…come tutti, qui. >>
<< Sì. >> Il Vigilante alzò il mento a mo’ di sfida. << Dillo pure a Vader. Ma io credo che, in qualche modo, lo sappia già. Questo è il mio posto, questa è la mia scelta, questo è quello che sono. >>
Scoprì con un gesto secco il rosso taglio a forma di ideogrammi che recava sull’avambraccio, perché tutti lo vedessero. << Feccia ribelle, e fiero di esserlo. >>
Guardò Shen, mentre lo diceva. L’albino aveva in volto quell’espressione di gelida compostezza che, aveva imparato, era il suo modo di manifestare la rabbia e lo sdegno. Socchiuse gli occhi color del sangue quando incrociarono gli sguardi, poi piegò gli angoli delle labbra in un sorriso feroce e predatorio.
Poi Fire tornò a guardare il Maestro. L’uomo lo fissava come se lo vedesse davvero per la prima volta. Mantenne quello sguardo per quasi un minuto buono.
Poi gettò il capo all’indietro e scoppiò di nuovo a ridere. Una risata stridula e grottesca, priva di qualsiasi connotazione umana.
<< Non potevo aspettarmi nulla di meno dal figlio di quella donna. >> Il suo sorriso si trasformò in qualcosa di più simile ad un ghigno demoniaco. << Sai cosa mi disse Lada, la prima volta che la incontrai? “Ciò che è del Drago, al Drago apparterrà, e a nessun altro”. Aveva ragione, dopotutto. Tu appartieni a lei. Al Drago. >>
Ci fu un bagliore di ferocia in quegli occhi di brace, quando si posarono nuovamente in quelli del giovane.
<< Ma dato che il Drago è morto… appartieni alla tomba >> sibilò, minaccioso.
Si portò una mano al mento.
<< Volete fare un match di wrestling su vasta scala? Mi piace l’idea. Io e voi. Il mio esercito contro il vostro. Un round! Niente trucchi >> disse con improvvisamente cordiale, sollevando ambe le mani in un gesto conciliante.
<< Se vincete… vi riprendete l’universo. Se vinco io… be’… tanto ho vinto >> terminò con un ghigno impertinente.
Quando nessuno rispose, il Maestro allargò le braccia, in maniera plateale.
<< Che ne dite, signori? Scommetto un violino d’oro in cambio delle vostre vite, perché so di essere più forte. >>
Thor sollevò immediatamente Mjolnir. << Accetto la tua sfida, Maestro! Io, Thor, dio del tuono e re di Asgard, combatterò contro di te, e sta’ pur certo... non andrà come l’ultima volta. Morirai per ciò che hai fatto! >>
<< Sai… >> si intromise Accelerator  << prima mi hai quasi convinto, anzi si può dire che mi avevi in pugno... ma ripensandoci... perché mai dovrei unirmi a colui che ha dato la caccia alla mia specie come bestie selvagge? >> Si esibì in una grossa e sadica risata. << Bene, accetto la tua sfida! Sarà un piacere farti a pezzi! >>
<< Mi schiero con i miei compagni. >> Le braccia di James si animarono dei suoi caratteristici viticci. << A nome del mio team, accetto la tua sfida, Maestro. >>
Emil, Kirby e Penny annuirono in accordo, gli sguardi assottigliati.
Ruby a sua volta sfoderò Crescent Rose, e i suoi occhi si illuminarono di luce argentea, mentre veniva affiancata dalle sue compagne, con cui si scambiò una rapida occhiata.
<< Il team RWBY ti affronterà. >>
Angel strinse i pugni, fissando il Maestro con occhi gelidi. Fece un lungo respiro per calmare la rabbia che nell’ultima ora si era fatta largo nel suo animo.
<< Tutti noi, provenienti da mondi diversi, abbiamo visto la tua realtà. L’abbiamo vissuta da vicino, dalle luci più abbaglianti fino alle sue ombre più fitte… e quello che abbiamo visto ci ha disgustato. Tu, falso dio, sei al centro di tutto. Ti combatterò, in nome di coloro che ho perso, e in nome dell’alleanza che mi lega alla Ribellione. >>
<< E anche se dovessimo perdere… >> intervenne Auth << quantomeno lo faremo liberi… e fermi nelle nostre convinzioni. Questo non potrai mai togliercelo. >>
Gli occhi del Maestro incontrarono quelli del Dottore. << E dimmi, vecchio amico… anche tu ti unirai a loro in un ultimo disperato tentativo di sconfiggermi?  >>
Il vecchio Signore del Tempo lo scrutò placidamente, poi osservò i volti determinati dei nuovi compagni, prima di rivolgersi nuovamente al rivale.
<< Sempre >> disse, con un tono che non ammetteva repliche.
Il Maestro assottigliò lo sguardo. << Non puoi vincere. >>
<< E allora? >> ribatte l’altro, stringendosi nelle spalle. Questo fece infuriare il tiranno.
<< Allora perché? >> ringhiò, quasi supplicando una risposta << Io non riesco proprio a capirlo. >>
Il Dottore si passò una mano tra i capelli argentati.
<< Perché? Be', visto che ne abbiamo l’occasione, cerchiamo di chiarire questa cosa una volta per tutte. >>
Prese un lungo respiro, mentre il Maestro lo guardava in attesa.
<< Vincere… pensi che si tratti di questo? >> disse il vecchio Signore del Tempo, scuotendo la testa << Io non sto cercando di vincere! Non faccio quello che faccio perché voglio sconfiggerti, o perché ti odio, o perché ce l’ho con te. Non lo faccio perché è divertente, e Dio sa che non lo faccio perché è facile! E non lo faccio nemmeno perché funziona, dato che la maggior parte delle volte funziona a malapena! >>
Puntò un dito verso il suo eterno rivale.
<< Io faccio quello che faccio perché è giusto! Perché è dignitoso! E soprattutto… perché è gentile! Semplicemente, per questo. Semplicemente perché è gentile! >>
Fire chiuse gli occhi, sentendosi quasi rinvigorito dalle parole dell’alieno. Dopotutto… quelli erano gli stessi ideali che l’avevano spinto a combattere l’oppressione del Maestro, ed erano anche quelli che ora alimentavano i cuori dei Team JEKP e RWBY, non più semplici ingranaggi della macchina di Battleground, ma veri e propri difensori di una giustizia che per troppo tempo era rimasta schiacciata sotto le scarpe del Maestro.
Thor, d’altro canto, non riuscì a trattenere il sorriso orgoglioso che gli sbocciò in viso, rammentando gli stessi ideali che avevano animato Capitan America, il caposquadra degli Avengers, suoi vecchi compagni. Anche la mente di Angel venne invasa dal ricordo dei suoi vecchi amici, persone che per nulla al mondo si sarebbero tirate indietro di fronte alla sfida del Mestro.
Auth osservò affascinata quello strano vecchietto. Nient’altro che un mortale… eppure, egli non mostrava la minima paura di fronte a qualcuno che aveva il potere di un dio. Al contrario, sembrava quasi che gli stesse impartendo una lezione! E accanto a lei, perfino Marie provò un improvviso rispetto per il bizzarro individuo che le aveva salvate dalla loro prigionia.
Solo Accelerator distolse lo sguardo, poiché quelle parole erano fin troppo simili a quelle pronunciate da un certo Level 0… lo stesso che lo aveva convinto ad abbandonare il cammino del mostro e ad abbracciare quello del salvatore. Un promemoria costante di tutti gli errori che aveva commesso.
L’espressione del Dottore sembrò addolcirsi.
<< Non abbiamo bisogno di combattere >> sussurrò, visibilmente stanco << Queste persone vogliono solo vivere in pace. Perché, almeno per una volta… non puoi essere solo un po’ gentile? Ti prego. >>
Il Maestro rimase in silenzio, gli occhi fissi in quelli del Dottore. E per un breve attimo – che a molti di loro sembrò durare anche fin troppo – i Time Warriors osarono sperare che il loro leader fosse davvero riuscito a fare breccia nei cuori dell’odiato tiranno. Almeno, fino a quando questi non arricciò le labbra in uno dei suoi crudeli sorrisi.
<< Vedi questa faccia? >> domandò beffardo << Guardala con molta attenzione. Questa è la faccia… di chi non ha ascoltato una sola parola di quello che hai detto. >>
E proprio così, sfumò anche l’ultima possibilità di un’intesa pacifica.
Il Dottore abbassò tristemente lo sguardo, mentre il Maestro faceva un’altra panoramica del gruppo.
<< Vi darò una settimana per prepararvi. Non sono un uomo crudele, dopotutto. Voglio che passiate questa settimana con la consapevolezza… che sarà l’ultima! >>
Rilasciò un’altra risata.
<< Sì, forse sono crudele. Perciò, ecco la mia proposta finale: potete combattere e morire tutti quanti… oppure non combattere, e morire solo per la maggior parte. >>
Compì un passo avanti, il viso contorto da un’ombra minacciosa.
<< E che l’idea di nascondervi per continuare la vostra crociata non vi sfiori nemmeno. Perché se non sarete presenti tra sette giorni esatti, nelle piane desolate di Renmant… spazzerò via metà della popolazione di quel pianeta, e mi divertirò nel farlo >> sussurrò freddamente.
Infine, si rivolse al Dottore.
<< Una settimana, amico mio >> ripetè << è tutto ciò che avete. >>
E, pronunciate quelle parole, sparì in un lampo di luce assieme alle figure sorridenti di Loki e Shen. Ancora una volta, nell’arena di Asgard si levò un silenzio tombale.
 
* * *
 
 
Nell’atmosfera di Renmant, Jetboy continuava a destreggiarsi attorno agli scudi dello Star Destroyer Chimera, pilotando la navetta attraverso le decine di torrette che cercavano di abbatterlo. Con la sua velocità irrisoria, l' X- Wing pareva quasi una scia bluastra che serpeggiava sulla corazza della nave ammiraglia, lasciandosi dietro piccole esplosioni. 
Tra lo schivare un laser e il successivo, Tim non potè fare a meno di chiedersi il perchè di quell'attacco. E dopo averci riflettuto attentamente, si rese conto che la risposta ad un quesito tanto funesto poteva essere una sola: il Maestro aveva trovato prove riguardanti la collaborazione tra Dreamland e la Ribellione… e proprio per questo, aveva scelto di spazzare via il regno dalle mappe.
A bordo dello Star Destroyer, Esdeath osservava lo svolgersi della battaglia con un sorriso al limite tra il compiaciuto e l’estasiato, beandosi del sangue e della violenza che inondava l’oscurità dello spazio in un turbinio di esplosioni e cadaveri. Tuttavia, non avrebbe lasciato che la sua sete di sangue la distraesse dal potenziale pericolo rappresentato da Jet Boy.
<< Fate esplodere le mine nella sezione k-5 >> ordinò, conscia che se non si fosse sbarazzata in fretta del volantino, questi avrebbe sicuramente trovato un'occasione per colpire la sala comando.
<< Signora, è sicura? >> domandò incerto uno degli ufficiali, probabilmente intuendo che l’attacco avrebbe ucciso anche alcuni dei loro soldati.
Lo sguardo di Esdeath lo penetrò come una delle stalattiti che era solita lanciare ai suoi nemici.
<< Non sono stata abbastanza chiara?>> chiese con un tono non meno gelido, e il povero soldato non potè che obbedire, deglutendo a fatica.
In meno di cinque secondi, un cerchio di esplosioni illuminò la zona attorno a Jet Boy. Mentre diversi T-Fighters venivano ridotti ad un cumulo di detriti spaziali, l'uomo riuscì ad evitarle per un pelo… ma non fu altrettanto rapido nell’allontanarsi dalla conseguente onda d’urto, e così la sua navetta cominciò a roteare nel vuoto.
<< Lo scudo sta subendo troppi danni! >> esclamò un altro membro della squadra, portando l'attenzione dei piloti sui continui colpi ricevuti dalla barriera di Dreamland, la cui energia cerulea cominciava a oscillare pericolosamente.
<< Non fatevi prendere dal panico! >> esclamò Jetboy << Possiamo ancora… farcela. >>
Così terminò il combattente, mentre -sotto gli sguardi terrorizzati del gruppo-  la cupola di energia a difesa del loro regno si apriva in due, per poi svanire lentamente.
Distratto da quell’evento, l'astronauta non si accorse di tre caccia che gli finirono in coda, sparando sui suoi motori.
Una scia di fumo percorse lo spazio che separava l'X- Wing dal trio di inseguitori, allertando anche altri membri della flotta. Altri colpi vennero messi a segno, danneggiando ulteriormente il motore della nave, la cui andatura si fece via via più sgangherata, funzionante solo grazie all'abilità del pilota.
“Non può finire così. Fa finta che sia Indipendence Day e fai il tuo cazzo di dovere” pensò irritato, mentre compiva una brusca virata per portarsi davanti agli avversari, distruggendoli con un colpo ciascuno. Una piccola, ma meritata rivincita, per quanto Dreamland aveva perso negli ultimi minuti. Ma in cuor suo, sapeva che non sarebbe bastato.
<< Capitano, sta bene?>> chiese uno dei suoi compagni, mentre cercava di riunirsi al resto della squadriglia. Ma prima che Jetboy che potesse rispondere, una nuova raffica di razzi investì la sua navetta.
Il prototipo riprese a roteare, senza più direzione.
Non volendo dare ai suoi avversari la possibilità di abbatterlo, il suo pilota si mise a sparare alla cieca, pigiando ripetutamente i pulsanti nel tentativo di abbattere quanti più nemici possibili e saltare nello spazio, avvolto nella cupola di supporto.
Sfortunatamente, anche il sistema di salvataggio era stato danneggiato. E in caso di espulsione, senza la suddetta cupola… la mancanza d’aria lo avrebbe ucciso in pochi secondi.
In un ultimo, disperato tentativo di far valere la sua morte, mise tutta l'energia rimasta nei cannoni e utilizzò il roteare della navetta a suo vantaggio.
In una serie di piccole esplosioni, le astronavi nemiche distrutte si accompagnarono a quella dell'X- Wing, il cui pilota si trasformò in una nuvola di cenere. Jetboy, il più grande pilota di Dreamland… era morto.
Sulla cima dello Star Destroyer, Esdeath sorrise, persa in quello che per lei era il più meraviglioso degli spettacoli. Fu in quel momento che una seconda nave comparve dall’iperspazio, ancora più grande della Chimera.
Lo Star Destroyer imperiale Esecutore fendette un oceano di navi, e seguì una pista di gas combusti e di particelle crepitanti.
La luce di Renmant si riflesse opaca sullo scafo della nave mentre entrava nel pozzo gravitazionale del pianeta e puntava verso il regno di Dreamland.
Darth Vader osservò il caos che circondava l’Esecutore e lo riordinò dietro il rosso bagliore della sua maschera.
Riconobbe le manovre delle squadriglie di caccia di entrambe le parti, e identificò i piloti che infrangevano la formazione con un effetto positivo e negativo. Vide la battaglia a livello microscopico e macroscopico, istintivamente consapevole di come ogni colpo avrebbe contribuito alla vittoria o alla sconfitta finale. Tuttavia, i caccia nemici erano la sola cosa che lo interessava.
Compì un singolo movimento della mano quando le navette nemiche arrivarono a portata di tiro.
Gli echi dei turbolaser che seguirono il gesto suonarono come un groviglio di statica all’interno del suo casco. Fiotti di energia si riversarono dall’Esecutore verso il nemico, illuminando l’oscurità come fulmini.
I Caccia stellari sorpresi fra le due massicce navi furono disintegrati all’istante.
A quel punto, attivò un collegamento olografico con la collega.
<< Ben arrivato, mio signore >> disse Esdeath, cordiale << Dreamland è pronto ad accoglierla >>
<< Ben fatto, Ammiraglio >> si congratulò il Signore dei Sith << Preparate i cannoni della vostra nave. Voglio il palazzo reale e tutte le zone circostanti rase al suolo entro i prossimi dieci minuti. Non lasciate superstiti. >>
<< Come ordinate, Lord Vader >> fu la pronta risposta della donna.
Si rivolse agli operatori dei cannoni e ordinò: << Iniziate il conto alla rovescia. >>
<< Sissignora! >> esclamarono questi, all’unisono << 10, 9, 8… >>
Esdeath chiuse gli occhi e si lasciò cullare dall’aspettativa della devastazione imminente. In pochi secondi, uno dei regni più fiorenti di Battleground sarebbe stato ridotto ad un cumulo di macerie, e i suoi abitanti a scheletri fumanti. Un’altra vittoria schiacciante contro la futile Ribellione.
<< È un vero peccato >> sussurrò, con tono sognante << Questo regno era così promettente. >>
<< …3, 2, 1… >>
<< Interrompete l’attacco. >>
La voce di Vader giunse rapida e improvvisa, facendola irrigidire.
Subito, gli occhi di Esdeath scattarono verso la proiezione olografica dell’uomo.
<< Mio signore? >> chiese, pensando di aver capito male.
Il Signore dei Sith esitò a elaborare.
<< Ci sono stati degli… sviluppi inattesi >> disse, sembrando scontento quanto lei di questa interruzione << Il Maestro in persona mi ha ordinato di interrompere l’operazione seduta stante. >>
Le pupille della donna si allargarono per la sorpresa.
Il Maestro aveva davvero ordinato la cessazione di un attacco contro la Ribellione? Contro il regno che probabilmente l’aveva aiutata finanziariamente più di qualsiasi altro?
Sembrava così assurdo… ma sapeva anche che Lord Vader non avrebbe mai potuto mentire su una cosa del genere.
<< E per quanto riguarda i ribelli, mio signore? >> domandò incerta.
La risposta dell’Oscuro Signore giunse rapida e concisa.
<< Non devono essere perseguiti. >>
<< Molto bene >> sospirò la donna, delusa, prima di rivolgersi agli addetti della nave << Interrompete l’attacco! >>
Le teste dei sottoposti scattarono praticamente in contemporanea verso di lei.
<< Ma mia signora, li abbiamo in pugno…! >>
L’uomo non ebbe la possibilità di terminare la frase.
Una scheggia di ghiaccio partì dalla mano tesa della donna, conficcandosi nel suo petto e impalandolo ai comandi dello Star Destroyer. L’uomo emise un gorgoglio soffocato, poi si accasciò sul freddo metallo, sotto gli sguardi terrorizzati dei colleghi.
<< Non sono stata abbastanza chiara? >> sibilò Esdeath, fissandoli freddamente << Vi ho ordinato di interrompere l’attacco >>
Subito, gli addetti cominciarono ad armeggiare con i pulsanti dei cannoni, mentre la donna si lasciava cadere sulla poltrona di comando con un sospiro.
<< Dopotutto… le vie del Maestro sono infinite. >>
 
 
 
 
 
 
Eccome se lo sono. So che molti di voi si stanno facendo la stessa domanda: perché il Maestro non li ha uccisi?! Erano lì, alla sua mercé, e invece da loro la possibilità di allontanarsi e prepararsi per una battaglia finale?!
Ormai ci conoscete abbastanza da sapere che i nostri personaggi non fanno mai niente per caso. E non pensate che l’abbia fatto per arroganza… tutto sarà rivelato…
P.S. La conversazione tra lui e il Dottore è ripresa in parte dalla decima stagione di Doctor Who. Visto che in questo universo il Dottore non ha mai incontrato Missy (perché il Maestro non è mai finito a Gallifrey) non hanno mai avuto la possibilità di avere questo confronto, ma visto quanto ci è piaciuto abbiamo deciso di inserirlo qui.

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Capitolo 42
*** Capitolo 38 - La settimana infernale: Parte 1 ***


Eccovi un nuovissimo capitolo! Come di consueto, vi auguriamo una buona lettura.





Capitolo 38 - La settimana infernale: Parte 1


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"I'd leave alone
Just goes to show
That the blood you bleed
Is just the blood you owe"


Billie Elish - No Time To Die

Furono ore molto lunghe, estenuanti, quasi infinite. All’alba del primo giorno, i Time Warriors erano riuniti sulla spiaggia poco distante dalla base della Resistenza a Dreamland.
Era giusto così. Logan Royston era nobile, ma la sua più grande ricchezza era esserlo stato soprattutto dentro al suo cuore. Perciò, non gli serviva una grande cerimonia e non l’avrebbe mai davvero voluta; bastava un piccolo elogio funebre come quello, circondato dal ragazzo e dal barbagianni che aveva amato come figli, e dai loro valorosi compagni di squadra di cui si era preso cura come il padre dal cuore d’oro che era.
Ruby, Weiss, Blake e Yang adagiarono dolcemente il suo corpo senza vita dentro una scialuppa. Era stato pulito dal sangue e dalla sporcizia, profumato e conservato con oli: i suoi capelli erano stati pettinati e i suoi occhi erano stati chiusi. Così, sembrava beato, intrappolato per sempre in un sonno profondo, eterno, ma pacifico. Le mani erano state intrecciate lungo il petto, e fra esse gli era stato riposto lo spadone di adamantio con cui aveva coraggiosamente combattuto.
Il Dottore gli si avvicinò, levando una coperta candida, e gliela adagiò sopra, fino a coprirlo completamente, come un neonato in fasce. Poi, James, Emil, Kirby e Penny si fecero avanti e la sollevarono, sfruttando la passerella per adagiarla sulla barca, piccola ma resistente, la vela immensa. Lentamente, gli ormeggi furono mollati grazie ai poteri di Accelerator, e il vento che si alzò fu opera di Thor, che prese la parola.
<< Possano le Valchirie accoglierti, e guidarti tra il grande campo di battaglia di Odino >> enunciò, con voce tonante come il suo titolo << Possano cantare il tuo nome con amore e furia, così che possiamo sentirle dalle profondità del Valhalla, e sapere che hai preso il tuo posto alla tavola dei re. Poiché oggi un grande uomo è caduto. Un guerriero onorevole. Un padre. Un amico. >>
Poi si girò, e Baelfire seppe che era arrivato il suo momento. Si fece avanti, reggendo nella mano il proprio l’arco, quello che l’aveva accompagnato per oltre due anni a quella parte, nelle vesti del Vigilante Mascherato. Per qualche istante, rimase a fissarlo, le nocche bianche mentre lo stringeva, lo scricchiolio del legno che minacciava di rompersi sotto la sua stessa presa. Piangeva calde lacrime, e continuò a farlo, mentre, tremante, lo tendeva verso l’alto, allargando appena le dita per evocare la freccia laser. Poi scoccò.
Scoccò ed essa schizzò verso l’alto, disegnò una traiettoria arcuata e infine si conficcò nella barca, accendendo una notevole fiammata. Ad un suo cenno, Angel lanciò un proiettile di energia, alimentando ancora di più le fiamme. Infine, tutto fu concluso da Thor, che scagliò un lampo che fece definitivamente divampare l’incendio.
Mentre la barca si allontanava, Fire la seguì con lo sguardo, gli occhi gonfi dalle lacrime che non accennavano a smettere di scorrere copiose lungo le sue guance. Il rosso dei suoi occhi era acquoso come il sangue, le fiammelle totalmente spente.
<< Mi dispiace, papà >> gemette, i pugni serrati. Per quanto fosse doloroso, per quanto la sua gola dolesse, sapeva di dover dire qualcosa, voleva dire qualcosa. << Avevo... quasi paura di diventare come te. Perché pensavo che non ci sarei mai riuscito. Come si può essere così grandi? Così fieri? Così generosi? >>
Tacque, socchiudendo le palpebre.
<< Immagino che ci si possa solamente provare. >>
Dopo qualche istante di silenzio, un tuono scosse l’aria e iniziò a scendere la pioggia. S’alzò a risuonare nell’aria una veglia di canti norreni, eseguiti dagli asgardiani che avevano scelto di abbandonare Asgard per riunirsi al loro legittimo erede al trono. Cantarono a lungo, con passione e sentimento, decisi ad onorare un uomo pieno d’onore, la pioggia scrosciante a fare loro da eco.
Ruby, James e i rispettivi compagni guardarono con silenzioso rispetto il commiato di Fire, non potendo fare a meno di ricordare le loro vecchie esperienze con la morte, chiedendosi come si sarebbero comportati nella medesima situazione, e vergognandosi per la loro reazione al legame che aveva con Vader.
Fu Emil a interrompere quel quieto atto, ricordando la massima di un antico maestro dell’Ordine dell’Artiglio e recitandola senza accorgersene. << Veniamo giudicati nella vita per il male che distruggiamo. È una cupa verità, poiché non c'è che il sangue ad aspettarci tra le stelle. Ma coloro che vennero prima di noi vedono tutto ciò che traspare sopra il suolo che calcarono, e ci considerano equamente per la luce che portiamo nella notte più nera. Veniamo giudicati per le vite che proteggiamo e salviamo negli angoli del cosmo. >>
<< Questo... sembra proprio ciò che significa essere un Cacciatore>> notò Blake.
<< Ora si applica anche ai Time Warriors >> aggiunse Ruby << e la prossima battaglia sarà il nostro modo di onorare chi ci ha lasciato. >>
<< Io non ho nulla a cui tornare o qualcuno a casa che mi aspetti. Ma se posso tenervi al sicuro come non ho potuto fare per Logan, mi sta bene >> concluse James.
Accelerator avrebbe voluto dire qualcosa. Avrebbe voluto avvicinarsi, allungare un braccio per cercare di toccare la spalla di Fire, per fargli sapere che gli dispiaceva. Ma si bloccò sul posto. Come poteva confortarlo dopo le cose orribili che gli aveva detto nell’arena, in preda alla rabbia più totale?
Forse era meglio così. Forse solo la sua presenza bastava e avanzava. Almeno avrebbe accompagnato Fire in quel triste viaggio, sebbene in silenzio.
<< Thor? >> lo richiamò l’albino. << Questo canto. Cosa significano queste parole? >>
<< Non ho il cuore di dirtelo >> rispose il dio del tuono, che ancora aveva un’espressione triste sul volto.  << Per me il dolore è ancora troppo vicino. >>
Ed era così. Sebbene non avesse conosciuto Logan, aveva comunque sperimentato il dolore della perdita di un padre. Almeno, Fire aveva avuto la possibilità di poter fare un degno funerale al suo genitore: Thor non aveva potuto fregiarsi di quel lusso.
<< Va’ da lui, ragazzo. Ha bisogno di te. >>
Accelerator lo guardò sbigottito. << Dopo quello che gli ho detto? Dopo quello che stavo per fare? Io... con che coraggio? Sarebbe... >>
<< Sarebbe la cosa giusta >> lo interruppe Thor. << Lui non ti odia. Come potrebbe? In questo momento, il suo cuore è vuoto, e ha bisogno di essere riempito. Tu sei uno di quelle cose che possono farlo, che possono colmarlo. Le parole non sono necessarie. La tua presenza vicino a lui basterà. Un gesto vale più di mille parole. >>
L’esper prese un respiro profondo, si fece coraggio e si avvicinò al ragazzo. Rimase da parte a lui, e non disse niente. Mise una mano sopra la testa del ragazzo, senza toccarla. La sua Reflection avrebbe agito da ombrello.
Nel mentre, Fire teneva chiusi gli occhi: ascoltava il rumore della pioggia che gli si infrangeva sui capelli e i vestiti, un modo solo in più di sentire il proprio dolore e manifestarlo, perché i suoi occhi non avrebbero mai versato lacrime sufficienti.
Poi sentì quel piccolo, familiare rumore, come uno scatto meccanico, e poi i cerchi concentrici fissi nell’aria. Alzò lo sguardo, e vide l’albino con la mano alzata.
Rimase a fissarlo a lungo, dritto negli occhi, incredulo, a tratti sconvolto. Poi... fece qualcosa di cui non si sarebbe mai creduto capace.
Gli scostò la mano, e lo abbracciò. L’albino rimase senza parole. Ma come aveva detto Thor, le parole non servivano. Perciò, semplicemente, ricambiò l’abbraccio.
Rimasero così a lungo. Finché, ad un certo punto, la pioggia cessò, e la barca svanì completamente oltre l’orizzonte. Il figlio di Royston rimase a guardarlo, mentre silenziosamente e rispettosamente tutti si allontanavano per lasciarlo da solo.
Rimasero solo Thor, Rowlet e il Dottore. Questi ultimi fecero per avvicinarsi al giovane, ma il dio del tuono li fermò con un gesto.
<< Concedeteci un momento, ve ne prego. >>
Il Signore del Tempo annuì, comprensivo. Picchiettò la testolina piumata del barbagianni. << Coraggio, piccoletto. Non preoccuparti. Verrà da te più tardi, fidati. >>
Il volatile annuì con un bubolio malinconico. Poi i due si allontanarono.
Il principe di Asgard emise un lungo sospiro, quindi camminò fino a raggiungere il fianco del ragazzo. Ci fu un lungo silenzio fra loro, rotto solo dall’infrangersi delle onde sulla spiaggia e dal fischio del vento che scompigliava i loro capelli.
<< Posso chiederti qualcosa, Thor? >> domandò infine Fire, in tono stanco.
Il dio del tuono lo scrutò a lungo con i suoi occhi color del cielo. Alla fine annuì. << Chiedi pure, ragazzo. >>
Il figlio di Lada si strinse nelle spalle, prendendo qualche istante per infondersi più coraggio. Quindi si raddrizzò e lo guardò negli occhi.
<< Tu pensi mai... a quando ti ritroverai davanti Loki? >> domandò << Hai idea... di quello che farai, una volta che ti scontrerai con lui? Pensi... no, lo sai... quale sarebbe la soluzione più giusta? La vita... o la morte? Non hai mai paura... di sbagliare, di rischiare di perderti? >>
Thor non sapeva come rispondere a quella domanda. Se l’era posta tante volte durante questi trent’anni, poi aveva smesso di tenerne il conto e perfino di pensarci… in questo modo riusciva a dormire meglio la notte.
<< Mi poni un quesito veramente complesso >> gli rispose << Nemmeno io ho idea di cosa farò. Non lo so davvero. Lui è mio fratello, abbiamo giocato insieme e lottato insieme. Poi divenne il dio del male... quello che ha fatto trent’anni orsono è imperdonabile, non può rimanere impunito… e d’altro canto, è colpa mia se lui è così. Ho provato tante volte a farlo ragionare, ma ormai lui è irrecuperabile. È su un sentiero dal quale non può più uscire. Per la prima volta in vita mia... ho davvero paura, giovane figlio di Lada >>
Abbassò lo sguardo. << Ho davvero paura di sbagliare. Vorrei solo sapere... che cosa farebbe mio padre. Non sai quante volte ho invocato Odino la notte, per chiedere consiglio alla sua saggezza... ma lui non risponde. Lui non c’è più. Ci sono solo io. Ironico, non trovi? Un futuro sovrano che non sa cosa fare col fratello che ha scatenato un Ragnarök. >>
“Lui non c’è più”.
Fire si sentiva come se gli fosse germogliato un rovo di spine attorno al cuore. A volte erano spine di rabbia e odio. Altre, come in quel caso... erano spine di dolore e rimorso.
Era incredibile come lui e Thor, in quel mentre, fossero simili. Lui stesso avrebbe voluto il consiglio di Logan, per sapere con certezza cosa doveva fare, una volta trovatosi davanti Shen, e forse pure Vader.
Ma Logan non c’era più.
Se n’era andato per sempre.
<< Mi dispiace >> mormorò Thor << credevo... credevo di trovare delle risposte. Ma invece... sono spaventato tanto quanto te. E so cosa vuol dire perdere un padre. Perdere un genitore non è mai un’esperienza facile, ma forse... forse hanno scelto di andarsene e di non comunicare più con noi, proprio perché sono sicuri che faremo la cosa giusta, alla fine. Penso che Odino, nella sua saggezza, sappia già quello che farò... o che spera che io faccia la cosa più giusta. Sono sicuro che anche il tuo avesse le stesse intenzioni. >>
Detto questo, Thor abbracciò il ragazzo con fare paterno. Ora sapeva con certezza di volergli bene. Lui era il figlio di una delle sue più care amiche e confidenti, e che aveva perso tutto esattamente come lui. Da questo punto di vista lo capiva, e si sentiva affine a lui.
Per un attimo, Fire rimase spiazzato, ma poi si appoggiò  a Thor senza pensarci due volte. Perché ricambiava l’affetto del dio del tuono.
Con Vader dalla parte del Maestro, era l’unica cosa davvero vicina ad un padre che gli restava. Gli voleva davvero bene e forse, nel profondo, per un folle desiderio… gli sarebbe piaciuto davvero tanto che fosse lui il genitore a lungo perduto.
Ma troppo presto aveva imparato quanto ingiusta e dura la vita fosse. E che dalle cose brutte, ne potevano scaturire delle belle.
<< Dobbiamo solo vivere al meglio le nostre vite >> affermò Thor, riscuotendolo dai suoi pensieri << Forse dovremmo lasciar perdere la paura, e fare quello che secondo noi è la scelta più saggia plasmata dagli ideali tramandatici dai nostri padri. Alla fine, questa, è l’unica cosa che un uomo può fare... vivere la vita al meglio delle proprie possibilità, compensare con ciò che si può. Non so quanto questo possa valere per un dio... ma di certo, varrà qualcosa per te. >>
Il ragazzo alzò lo sguardo e guardò in viso l’asgardiano. << Se un dio è capace di essere così umano, con i suoi dubbi e le sue insicurezze... allora anche per lui può valere. Ancora di più, se ha una vita immortale. Capisco che possa non essere considerato un dono, a volte. Ma puoi fare in modo che lo diventi. >>
Rimase in silenzio per qualche istante, come se stesse cercando di trovare il suo coraggio.
<< C’è una cosa che voglio chiederti. Ne ho bisogno. >>
<< Qualunque cosa, ragazzo. Qualunque cosa. >>
<< Dimmi la verità. Lada, mia madre… era umana? >>
Thor si massaggiò il mento, riflettendo sulla questione. Ormai, arrivati fino a quel punto, era giusto che sapesse la verità. Tutta la verità che il dio poteva fornire, almeno.
<< Tua madre era una donna molto impavida e determinata, ma aveva un oscuro segreto che non rivelò mai a nessuno se non al Dottore e a me, per cause esterne. Non ne andava molto fiera, e temeva di perdere il rispetto dei compagni se lo avesse rivelato. No. Tua madre... non era umana. >>
Una cascata di brividi serpeggiò lungo la schiena di Fire dopo quella dichiarazione, inquietandolo. Sperava con tutto il cuore che la rivelazione di Shen fosse una bugia. Non staccava gli occhi sgranati dalla figura del dio: voleva la conferma fino alla fine.
<< Che cos’era, se non era umana? >>
<< La fierezza di Lada era leggendaria, voleva sempre mettere alla prova la sua forza, e arrivò al punto di voler osare troppo. Volle provare a sollevare il mio fidato maglio >> proseguì il principe di Asgard, perdendosi nei ricordi << Entrò di soppiatto nelle mie camere private, e vide il Mjolnir adagiato sul grande tavolo di pietra. “Chiunque sollevi questo martello, se ne sarà degno, possiederà il potere di Thor”, così recita l’incantesimo che Odino pose sulla leggendaria arma. Lada voleva dimostrare di esserne degna. Si avvicinò piano e allungò la mano verso il manico: bramava quel potere, che la sua forza venisse riconosciuta perfino dagli dei stessi. Ahimè, non sapeva che il martello è anche una reliquia sacra. >> Scosse un attimo il capo, e poi riprese: << Le bastò semplicemente sfiorare il cuoio del manico con la punta dell’indice... e la sua mano andò completamente a fuoco. Una potente fiamma divampò dal suo arto, e per sua fortuna io ero nei paraggi per sentire l’urlo disumano che cacciò. Entrai di forza nella stanza e la vidi cercare di spegnere il fuoco, che dalla mano le stava avvolgendo tutto il braccio. Invocai una piccola pioggia e spensi il fuoco. Tua madre si ritrovò col braccio ustionato per molto tempo. >>
L’asgardiano si strinse nelle spalle.
<< Le chiesi con fare imperioso di raccontarmi l’accaduto, e mi spiegò che il fuoco fu generato dal mio martello dopo che lei l’aveva solo toccato. Fu allora che capii tutto. Il Mjolnir è una reliquia sacra, benedetta dal Padre di Tutti, e questo la rende l’arma definitiva contro i non-morti e altre aberrazioni oscure. Fu così che lei mi confidò il suo terribile segreto. La reazione del martello era la prova che lei era una vampira. >>
Fire sentì la saliva seccarsi completamente in gola e i brividi gelidi dalla schiena spostarsi lungo ogni fibra del suo intero corpo.
<< Non... non è possibile... >> balbettò dopo qualche istante, ancora in fase di negazione << non... non ha senso... se è vero quello che dici... come ha potuto generarmi? I vampiri non possono farlo... >>
<< Ragazzo, questa che tu enunci è una realtà che varia di mondo in mondo. Come tu ben sai, Battleground è stata costruita con i pezzi di vari universi, e questo vale anche per le creature che lo abitano. Nel mio universo, come in quello di molti altri, l’essere dei non-morti per i vampiri significa che la loro esistenza si trova sul crocevia tra la vita e la morte. Sono morti, certo, ma allo stesso tempo sono vivi: possiedono tutti gli organi funzionanti, ma più lenti rispetto a quelli di un mortale. Ciò significa che hanno comunque la capacità di procreare, anche se di solito avviene per circostanze del tutto eccezionali. Dal momento che tu sei figlio di Vader, immagino che la sua natura di utente di Forza abbia giocato un ruolo fondamentale nel tuo concepimento. >>
Era un discorso che all’adolescente sarebbe potuto apparire anche come affascinante e interessante, non si fosse ritrovato a fare i conti col fatto di avere praticamente una di quelle creature come genitrice.
<< E... >> esitò, quasi avesse timore della risposta che avrebbe ricevuto << e si sa che cosa esce fuori dalle unioni di umani e vampiri? >>
<< Ibridi mezzi umani e mezzi vampiri. Comunemente noti come dampiri. Uguali in tutto e per tutto ai mortali, ma con la capacità di sfruttare una parte dei poteri della notte. Nel mio universo, prima dello Scisma, ve ne era uno. Si faceva chiamare Blade, e cacciava i vampiri. >>
<< È… certo al cento per cento che nascano…? >>
<< Se vuoi avere l’assoluta conferma a qualsiasi tuo dubbio, ragazzo... puoi sempre provare a toccare il Mjolnir >> Thor estrasse il martello dalla cintola, mostrandoglielo. << Se sei un semplice umano, non ti accadrà nulla. Se sei per metà umano, non avrà effetti estremamente nocivi come su tua madre: ti ustionerai semplicemente il palmo... e a quel punto avremo la conferma definitiva. >>
Fire sentiva il sangue congelare al punto di diventare una massa gelida che gli schiacciava il petto fino a soffocarlo. Più dello scoprire tutto ciò, a scioccarlo era continuare a constatare che, ancora una volta, Shen aveva ragione. Era dunque questa la verità sulle sue origini? L’essere il figlio del braccio destro assassino del Maestro e della voivoda di Valacchia, una vampira? L’essere un dampiro? Un mezzosangue, un ibrido?
Si sentiva come quando aveva scoperto di Vader, ma la cosa lo faceva forse sentire molto più male. Da Vader, in un certo senso, era molto facile pensare di potersi distaccare. Avevano lo stesso sangue, certo, Fire si sentiva inevitabilmente attirato e nei suoi sogni più folli e oscuri non avrebbe voluto altro che riunirsi a lui e ricominciare da capo... ma ciò non toglieva che questi erano solo pensieri fugaci, dei desideri reconditi. L’attaccamento per Logan era qualcosa di molto più forte, dopotutto era cresciuto assieme a lui ed era stata una figura paterna molto più di quanto Vader avrebbe mai potuto vantare. Rinunciare a quest’ultimo, distaccarsi, era quasi normale da pensare, considerato il bene assoluto che voleva a Royston.
Ma con sua madre era diverso. Era merito – la parte rancorosa di lui sussurrava “colpa” – di Lada se molto probabilmente aveva ereditato quella metà oscura, appartenente a un essere delle leggende più sanguinose e macabre che esistessero. Tuttavia, arrivati a quel punto... tanto valeva togliersi pensiero. Era molto meglio di continuare a sperare nella negazione.
Prese un respiro profondo e guardò il dio negli occhi con un’espressione decisa. << Va bene. Proviamo. >>
Thor allungò il maglio nella sua direzione, lanciandogli un’occhiata incoraggiante. L’adolescente lo fissò per qualche istante, quindi deglutì e allungò la mano aperta verso l’arma, tastandone il duro materiale col quale era fatta. Era impossibile capire se fosse roccia o una qualche lega di metallo. Dall’aspetto sembrava pietra, ma la consistenza era indubbiamente metallica.
Tempo pochi secondi, e sentì immediatamente il palmo iniziare a bruciare come se l’avesse appoggiato lungo una piastra per bistecche: di rimando, si ritrasse di scatto, cacciando un acuto verso di dolore.
<< Cazzo >> imprecò << Peggio di quel fottuto anello. >>
<< Quello che hai menzionato di aver ricevuto nell’arena? >>
L’adolescente sollevò lo sguardo, vedendo quello dell’asgardiano fisso su di lui e sulla mano ustionata. Lo scrutò a propria volta, ancora confuso da quella manifestazione.
<< Sì. Il Dottore ha detto che me lo ha dato prima di lasciarmi nell’orfanotrofio. Ce l’avevo da allora, da quando ero un neonato. >>
<< E non te lo sei mai tolto? >>
<< Solo quando… ho affrontato Shen nell’arena. Mi stava ustionando, così me lo sono tolto. L’ho… l’ho perso… e da quando non ce l’ho più, mi sento… diverso. >>
Thor annuì, in segno di comprensione. << Be’… questo spiegherebbe molte cose. >>
<< Ovvero? >>
<< Vidi molte volte Lada portare un anello. Mi disse che era il sigillo della Valacchia, ma ebbi modo di notare come non lo indossasse quando andava in battaglia o usava certe sue capacità. Quando scoprii il suo segreto, mi svelò cos’era realmente: un anello solare. Un gioiello magico con il potere di impedire ad un vampiro di bruciare alla luce del sole, grazie ad un incantesimo realizzato da una strega. Se ne può creare solo uno per ogni vampiro, e di norma si possono realizzare solo con i lapislazzuli. Inoltre, non è possibile che un vampiro scambi il proprio gioiello solare con quello di un altro, altrimenti l’effetto svanirebbe >> replicò il principe di Asgard << Ma a quanto pare… il suo creatore era sufficientemente potente da poter usare un rubino e fare in modo che tua madre potesse passarlo a te. Questo spiegherebbe il tuo nome inciso sopra, e perché, finora, non hai mai avuto modo di sapere niente della tua seconda natura. L’anello deve avertela soppressa fino ad ora, e avrebbe continuato a farlo finché l’avresti tenuto con te. Se non altro, questo mette fine ad ogni dubbio. Per metà appartieni al mondo della notte. >>
Dunque era vero. Era merito di quell’oggetto se per anni aveva vissuto nella convinzione di essere un semplice umano, per quanto semplice potesse concernere il fatto di possedere i propri poteri. Maledizione, non ce la faceva più. Ormai tutto il suo mondo era completamente sconvolto, rendendolo protagonista di una marea di cose inquietanti e terrificanti.
Tirò un lungo respiro profondo, per cercare ancora una volta di calmarsi. << Chi è stato a lanciare l’incantesimo? >>
<< È una domanda alla quale non so risponderti, mi dispiace. Tua madre non mi ha mai detto più di quanto io ti abbia già rivelato, ragazzo, e io ho sempre rispettato la sua decisione. >>
Al dio del tuono non sfuggì affatto l’espressione persa, rassegnata e tormentata dell’adolescente, e in un certo senso poteva capirlo: nulla di tutto ciò doveva essere affatto facile da accettare.
Il suo sguardo e il suo tono si fecero più risoluti, quando gli strinse amichevolmente la spalla.
<< Rammenta, ragazzo: non disdegnare mai i tuoi doni. La tua natura non definisce la tua persona. Puoi scegliere di cedere al buio, agendo come colui che odi... oppure scegliere di agire come tua madre. Una volta, un caro amico che ho perso nello Scisma, mi disse che da grandi poteri derivano grandi responsabilità. Ho sempre ammirato questa vostra saggezza mortale, e sono certo che anche tu farai la cosa giusta. >>
“Da grandi poteri derivano grandi responsabilità”.
La frase di Logan. Il suo insegnamento più grande, ciò che gli aveva permesso di non avere paura dei propri poteri e di imparare a controllarli. Non poteva essere una semplice coincidenza.
Fire si strinse nelle spalle. Thor aveva ragione. Logan aveva ragione.
Tornò a guardare l’asgardiano dritto negli occhi.
<< Ma come posso fare, Thor? >> domandò, sentendo gli occhi inumidirsi per quel ricordo doloroso << Gestire la Forza e i miei poteri è un conto. Quel che posso imparare si trova all’interno della mia testa, nel mio legame con Vader. Ma su quello che comporta essere un dampiro… io non so niente. E mia madre… mia madre non è più qui per aiutarmi. >>
<< Vi è pur sempre Lady Von Dracul >> disse Thor. << Ricordi le due gladiatrici che si sono unite di recente alla Ribellione? Marie Von Dracul, la donna dai capelli neri e gli occhi rossi, è una vampira. Lei può insegnarti. È vero che non vi conoscete, ma in una situazione critica come questa… be', non penso che ti dirà di no. >>
Il giovane socchiuse gli occhi per mettere a fuoco il ricordo, poi sbatté le palpebre. << D’accordo. È… tutto così folle e assurdo, ma, insomma, ha senso. Dove posso trovarla? >>
<< Come vampira, non può esporsi alla luce del sole, e certo deve stare lontana dalla gente della Ribellione, per tenere sotto controllo la sua sete di sangue. Dovrai cercare nei sotterranei della base. >>
<< D’accordo… lo farò. >>
Il silenzio cadde nuovamente fra di loro, mentre il ragazzo abbassava il capo. Il dio sentì che doveva aggiungere qualcosa, che non voleva lasciarlo da solo, non ancora, non senza averlo completamente tirato su di morale. Capiva fin troppo bene come doveva sentirsi in quel momento.
<< Sai, ragazzo… >> esordì, un po’ impacciato << Forse… forse questo non è il momento più adatto, però… non credo di avertelo mai detto chiaramente, in ogni caso, e credo tu debba saperlo… tecnicamente, io sarei il tuo padrino. >>
<< Cosa? >> Fire alzò lo sguardo, gli occhi sgranati. << Da… davvero? >>
<< Be’… tua madre non mi ha mai detto di te, come ben sai >> sospirò l’altro << Probabilmente, per continuare a tenerti al sicuro, però… una volta mi disse che, se mai avesse avuto un figlio… avrebbe voluto che io… >>
<< Oh >> fece il giovane. << Capisco. >>
<< Quindi, insomma… se… se riusciremo a vincere… se tu volessi una casa diversa… >>
<< Cosa… vivere con te? >>
<< Lo capirei se non volessi >> si affrettò ad aggiungere Thor << in fondo tu hai… >>
<< Non ho più niente. >>
Quelle parole fecero letteralmente impietrire il dio del tuono. Lo fissò con gli occhi sbarrati; il ragazzo sospirò, deglutì, mentre un sonoro singhiozzo gli sfuggiva.
<< Nelle ore prima del funerale… mi sono spaccato la testa per risolvere le questioni dei possedimenti Royston. Non volevo avere problemi da affrontare nella settimana prima della guerra… ma non è servito a niente. Shen ha rovinato tutto! Ha reso pubblico il fatto che sono stato adottato, subito dopo che mio padre è scappato a Londra. Dopo l’arena, ha confiscato il nostro castello a Gongmen… e il governo di Londra ha fatto lo stesso, giusto il tempo di venire a sapere che papà era morto. Quello stronzo deve avergli fatto saltare i passaggi burocratici. Per fortuna i beni di Londra andranno in beneficenza, ma… tutti i servi sono stati licenziati, e io… io sono praticamente sfrattato e diseredato. Dal punto di vista della linea nobiliare non ho diritti perché non sono sangue del suo stesso sangue. >>
Si passò una mano sul volto, asciugando altre lacrime prepotenti che minacciavano di sgorgare. Thor sospirò e gli poggiò una mano sulla spalla, stringendola con gentilezza.
<< Provo dolore per tutto ciò che ti è accaduto. So cosa vuol dire perdere un padre, così come essere strappati dalla propria casa per via del proprio nemico. Ma le mura di Asgard sono ancora integre, perciò non esitare… >>
<< Esitare!? >> esclamò Fire << Stai scherzando? Se era una proposta… ma certo che voglio venire a vivere con te! >>
Questa volta, fu il ragazzo ad abbracciarlo. Forte, più forte del normale. Era talmente sollevato al pensiero da sfruttare la forza vampiresca.
<< Grazie. >>
Il biondo si ritrovò a sorridere, mentre lo ricambiava. << Non dirlo nemmeno. È un piacere. >>
<< Lo so. >>
Rimasero abbracciati a lungo, senza più dire niente. Poi, controvoglia, l’adolescente si allontanò.
<< Devo andare. Devo trovare questa Marie. Non posso perdere un giorno di più. >>
<< Che il coraggio di Týr ti aiuti. >>

 
* * * 

Baelfire si avventurò nei sotterranei. Forse era solamente colpa della suggestione, considerato chi e cosa stesse andando a cercare… ma nonostante fossero un semplice ripostiglio in cui conservare scorte di cibo ed armi, gli apparivano incredibilmente lugubri, ramificati come una specie di labirinto.
Si sentì inevitabilmente un idiota per essersi dimenticato di portare dietro una torcia, ma l’aveva fatto perché, incredibilmente, era riuscito ad orientarsi anche senza di essa. Un tempo avrebbe attribuito il tutto al fatto che aveva passato due anni a sfruttare il buio a suo favore, ma adesso, a malincuore, doveva presumere che ci fosse lo zampino di un’abilità vampiresca inconscia relativa alla sua vista.
<< Lady Marie? >>
Non gli parve di udire risposta, e per un istante ne fu grato, perché si era pentito del tono colloquiale usato. Poi gli venne il dubbio che magari poteva averlo sentito lo stesso: magari i vampiri avevano un udito più sviluppato, come i pipistrelli cui erano associati.
Ad un certo punto, finì per urtare qualcosa, e imprecò sonoramente. Come al solito, pensava troppo, e per di più si distraeva non guardando dove andava. L’anfratto si era fatto ancora più buio, questa volta la sua vista non sembrava aiutarlo: era evidente che aveva dei limiti, e suppose derivasse dal fatto di essere vampiro solo per metà.
Non che per qualcuno come lui fosse davvero un probleam. Si concentrò appena, schioccò le dita e sopra di lui si accese una piccola sfera di luce verde, fluttuante sopra la sua testa. Adesso ci vedeva chiaramente, quasi ci fosse stata una luce montata da qualche parte sopra di sé.
Proseguì ancora, e ad un certo punto si fermò, incerto.
<< Lady Von Dracul? >> provò ancora.
“Dannazione, dovrà pure essere qui da qualche parte. Dove l
'hanno messa altrimenti, nell’obitorio?”
Avvertì un piccolo fremito negli angoli della testa.
<< Nell’obitorio? Mai, il sangue dei morti ha un sapore rivoltante. Sanno essere ottimi schiavi, ma di pessima compagnia. >>
La donna si trovava in un angolo buio, avvolta nelle sue grandi ali da pipistrello, la pelle tesa fra la sottile cartilagine e gli occhi ardenti, al pari di due braci fiammeggianti.
Il ragazzo sussultò, sentendo i brividi invaderlo in ogni corpo. Non poté evitarlo. Era nell’ultimo posto dove si era messo in testa di guardare: in un angolo del soffitto. E certamente, con la suggestione che si era fatto, lo spavento era stato inevitabile.
<< Avvicinati, ragazzino, non mordo. Almeno, non sempre >> sibilò, facendo balenare la lingua fra le labbra in un sorriso sghembo dai canini affilati. << È un piacere incontrarti, quantomeno in circostanze più piacevoli. Ammetto che ho provato la mancanza di un mio simile… o almeno, di una sua imitazione. Sei venuto qui per divertirti un po’? >>
Fire sbuffò. Erano passati solo due minuti e si sentiva già infervorato. Cercò di calmarsi ragionando sul perché: be’, innanzitutto per la propria reazione di terrore incontrollata, poi per la palese invasione nella sua mente, e chiaramente non era piacevole l’essere stato giusto poco velatamente insultato. Imitazione, poi! Come se l’avesse voluto lui!
Ma non era venuto lì per mettersi a discutere, gli avrebbe fatto solo perdere tempo riguardo il suo obiettivo preciso. Perciò si costrinse a stringere i denti.
<< Ho un nome, esattamente come voi. E non sono qui per esservi di compagnia. >> Inarcò le sopracciglia, genuinamente perplesso. << Credevo che una compagna ce l’aveste già. >>
<< Auth? >>
Marie emise un risolino malizioso, mentre scendeva ponendosi dinnanzi a lui con una rapidità fin troppo ferina.
<< Auth è decisamente di compagnia. >>
Il giovane sussultò nuovamente quando, in un battito di palpebre, se la ritrovò alle spalle, le labbra premute sul suo orecchio sinistro.
<< Ma sono sempre stata di mentalità molto aperta. E tu… sei così tenero. Il tuo sangue ha un odore tremendamente dolce. >>
Vide, con la coda nell’occhio, i canini brillare e serpeggiare vicino al suo collo. Non sapeva cos’avrebbe dato per scartare di lato e scappare, ma presto si rese conto di essere paralizzato da una paura primordiale. Si sentiva in stallo, senza alcuna speranza, sapeva cosa stava per succedere… e nonostante questo, non riusciva ad opporsi.
Invece, di colpo, la vampira si ritrasse, e lui poté tornare a respirare. Si girò verso di lei, per non perderla nemmeno per un istante di vista, guardingo come un animale consapevole di stare avendo a che fare con un predatore, e che quindi doveva restare in allerta per sopravvivere. Venire lì era stata veramente una pessima idea. Voleva forse giocare con lui?
Ma ancora una volta, nulla accadde. La donna abbandonò quell’iniziale, palese atteggiamento minaccioso, si raddrizzò e scrollò le spalle, emettendo un sospiro muto: in fondo, lei non respirava davvero.
<< Tuttavia, per quanto mi piacerebbe assaggiarti, questo non porterebbe vantaggio a nessuno dei due, men che meno a coloro che così generosamente hanno accolto me e la mia dea >> dichiarò Marie, con una voce così tranquilla e noncurante che per un attimo all’adolescente sembrò davvero non fosse successo nulla di eclatante.
<< So perché sei qui, ragazzino. E sarà così che ti chiamerò, finché non avrai imparato tutto ciò che puoi. Rilassa pure la tua postura, non ti assalirò. La parola di una demone vale poco, è vero… ma io ora sono anche la tua insegnante. È per questo che mi hai cercato, no? Pertanto, dovrai fidarti di me. >>
<< Lo so. >> Fire sospirò, rassegnato, trattenendo l’impulso di passarsi esasperatamente una mano fra i capelli. << Non ho la minima idea di cosa ho a disposizione, né di cosa posso fare. Non sapevo assolutamente nulla di ciò che ero veramente. >>
<< Capisco >> sussurrò la donna, piegandosi su di lui e guardandolo negli occhi come se stesse cercando di scrutare nel suo animo << Questa è, in un certo senso, la prima volta anche per me. Conosco bene quali sono i poteri di noi signori delle tenebre, ma di voi mezzosangue in grado di camminare liberi nel giorno come nella notte? Questo è un altro paio di maniche. Potresti avere limiti, come potresti perfino non averne, o quantomeno averne pochi. La cosa migliore per ora è cercare di capire cosa sai fare, anche a livello inconscio. Vediamo… sai rigenerarti? >>
Il ragazzo dai capelli verdi ci pensò su, inghiottendo sonoramente la saliva.
<< Sì >> rispose, suo malgrado << io... l’ho visto succedere nell’arena. È praticamente stato così che è venuto fuori tutto. >>
Marie proseguì a chiedergli in che forma fosse capace di rigenerarsi. Dapprima non capì cosa intendesse dire, così lei gli spiegò come certi vampiri fossero talmente potenti da poter guarire qualsiasi tipo di ferita, anche la rimozione di un arto o il danneggiamento di un punto vitale. Lo costrinse a riesumare più ricordi possibili, e giunsero così alla conclusione che fosse troppo rischioso mettere alla prova il fatto che potesse rigenerare un braccio tagliato di netto, ma certamente, dalle sue esperienze, poteva guarire ferite da taglio superficiali, e forse anche più gravi, in pochissimo tempo.
<< Forse saresti perfino in grado di manipolare il tuo sangue così da rigenerare fratture e ossa rotte, ma sarà una lezione che eseguiremo più avanti >> sentenziò la vampira << Adesso passiamo ad un altro campo. >>
Sollevò la mano sinistra e, sotto gli occhi stupiti di Fire, richiamò a sé le ombre proiettate dalla luce, condensandole e facendo loro assumere la forma di spirali acuminate.
<< Controllo delle ombre. Inizia dalla tua. >>
Era decisamente una richiesta che in qualsiasi altro contesto sarebbe sembrata completamente fuori di testa. Andando ad intuito, Fire si girò verso la propria ombra, lo sguardo un po’ smarrito. Sembrava facile a dirsi, ma a farsi? Non sapeva nemmeno da che parte iniziare.
Pensò di provare a fare come quando si rapportava con i suoi poteri. Tese la mano e strizzò gli occhi, concentrandosi. Voleva almeno provare ad imitarla. Immaginò che il braccio della sua ombra si deformasse, che acquisisse la forma di uno spuntone.
Non accadde niente. Vide però i lineamenti della sua ombra agitarsi, tremolare, ma restare ostinatamente fermi in quella forma.
Marie sorrise, quasi con fare incoraggiante.
<< Le ombre sono un’estensione del nostro corpo >> spiegò, in tono pratico << Tralasciamo il fatto che ancora non conosciamo le tue capacità di controllo. Immagina che la tua ombra sia solo un altro braccio. Non pensi mai di doverlo piegare, lo fai e basta, giusto? Il concetto è lo stesso. Non pensare. Diventa. >>
<< Mi stai dicendo... che dovrei pensare che il mio braccio possa cambiare? Mutare forma? >>
<< No, ragazzino >> sbottò lei, dandogli una spinta semplicemente prendendogli un dito sulla fronte, leggera ma sufficiente a mandarlo a terra  << ti sto dicendo di immaginare che il tuo braccio e la tua ombra siano connessi. Devi comportarti come se fosse naturale muovere un’ombra quanto eseguire un qualsiasi movimento! >>
<< Fanculo! >> sbottò lui in risposta, cercando immediatamente di sollevarsi in piedi << Va bene! >>
Ci riprovò. Tentò di cambiare approccio. Fissò intensamente la propria ombra.
“È il mio braccio” cominciò lentamente a ripetersi, come un mantra “quella non è un’ombra, è il mio braccio.”
Pensò che il proprio braccio fosse capace di cose assurde. Pensò che potesse allungarsi, allungarsi verso il soffitto come una frusta.
Si mosse. L’ombra si mosse senza che lui facesse niente, il braccio proiettato diventò più lungo, si stese... poi tremolò e svanì di nuovo.
<< Be’… questo è un inizio >> disse la donna annuendo col capo.
<< Ora cerca di farlo di nuovo… fin qui >> disse, mettendosi due metri davanti a lui, picchiettando il piede a terra. << Continuerai finché non ci sarai riuscito. >>
E quello fu solamente l’inizio del suo addestramento, e l’inizio della scoperta delle sue capacità. Era venuto di giorno, ma poi iniziò a tornare tutte le notti, ad allenarsi duramente fino a sentire i muscoli dolere e il sangue pulsare, finché non avrebbe abbracciato il suo lato oscuro completamente, e così le capacità che ne facevano parte.

* * *

Com’era prevedibile, l’ultimatum del Maestro risvegliò in tutti i Time Warriors il desiderio di superare i propri limiti.
In particolare, i Team RWBY e JEKP sapevano che, per quanto fossero migliorati rispetto alla loro formazione a causa delle esperienze vissute nelle ultime settimane, non erano neanche lontanamente adeguati alla battaglia che li attendeva.
Pertanto, subito dopo l'addio a Logan, avevano approcciato Thor e Angel, per chiedere di addestrarli il più possibile nella breve tregua che li separava dalla battaglia. Il principe Asgardiano e l'ex guardiano degli universi erano i membri più forti dei Time Warriors, e gli unici capaci di insegnare agli otto Cacciatori le abilità che avrebbero potuto fare la differenza tra la vita e la morte.
Ruby, Yang, Emil e Blake speravano di riuscire a risvegliare almeno ai livelli di base l'Haki dell'osservazione e dell'armatura. I loro restanti compagni, incerti sul poter ottenere quel potere prima dello scadere del tempo, intendevano addestrarsi con Thor per imparare come sfruttare al meglio le loro capacità sovrannaturali. Erano appena le sette del mattino quando le due squadre entrarono assieme agli improvvisati insegnanti, ognuno con un'espressione estremamente tesa e preoccupata. L'unico conforto della situazione fu che sarebbero andati incontro a quella prova assieme.
Non era la prima volta che Thor si occupava dell’addestramento di giovani guerrieri, ma quei ragazzi gli avevano chiesto di insegnare loro come risvegliare un potere chiamato “Haki”.
Il dio del tuono ne aveva già sentito parlare, senza però averne mai avuto bisogno, poiché era già abbastanza potente di suo. L’unico che sapeva come sfruttare al meglio questo potere… era proprio Angel.
Ma se si trattava di risvegliare le abilità latenti di un guerriero… allora anche Thor poteva dire la sua.
<< A quanto mi ha spiegato brevemente il nostro compagno, il potere che voi chiamate “Haki” si sviluppa tramite due vie: un trauma o situazioni di pericolo estremo. E io potrei avere qualche idea su come replicare almeno una di codeste circostanze… sempre che il qui presente Angel sia d’accordo: io allenerò James, Kirby, Penny e Weiss, mentre il mio compagno addestrerà voi altri. In questo modo, non ci pesteremo i piedi l’un l’altro. >>
<< Per me va bene, co-allenatore. Farò del mio meglio. >> Il soleano si girò verso coloro che gli erano stati assegnati, ovvero Blake, Emil, Ruby e Yang. << Vi avviso, le prossime ore non saranno affatto piacevoli. Come ha già spiegato Thor, per risvegliare l'Haki occorrono misure estreme. Dal momento che un trauma potrebbe rivelarsi rischioso a lunga andare, non avrò altra scelta che ricreare situazioni di pericolo. Ma neanche questo potrebbe essere un metodo infallibile per quanto riguarda la vostra sicurezza. Ve la sentite lo stesso di rischiare? >>
<< Arrivati a questo punto, se ci rifiutassimo… be', non saremmo neanche degni di scendere sul campo di battaglia >> rispose Blake, inarcando aggressiva gli occhi, venendo presto imitata dal resto dei suoi amici.
Angel sospirò. Quella prospettiva non gli piaceva per niente… ma d'altro canto, i suoi compagni sembravano più che decisi ad affrontare le prossime prove, dunque avrebbe rispettato i loro desideri e fatto del suo meglio per assisterli.
<< Molto bene. Riunitevi a cerchio intorno a me, e lasciamo il resto dello spazio per gli altri. >>
Obbedirono, senza fare domande. A quel punto, osservarono il ragazzo tendere la mano, e subito, in un lampo sanguigno, la sua mitica lancia apparve stretta nel suo pugno, con l'asta che sfiorava il terreno con ronzii e crepitii.
<< La lancia di mia madre Scáthach, Gáe Bolg >> spiegò il soleano, la voce densa di malinconia e orgoglio misti assieme << fu forgiata dalle viscere del Coinchenn, una feroce, mitica bestia indomita del mare, intrisa della più rozza forma di magia selvaggia. Nonostante sia ormai morta, la sua furia bestiale pulsa ancora dentro quest'arma, come un cuore dopo che è stato reciso di netto. >>
Li guardò dritto negli occhi.
<< Ora, io sfrutterò il suo potere, la presenza stessa della bestia incarnata dalla mia arma, contro di voi. Proverete i più bassi istinti animali: paura, desiderio di fuga, sensazione di intrappolamento, percepirete il pericolo della morte. Vi sentirete come alla presenza di quella terribile bestia, pronta a saziarsi delle vostre carni. Saprete per certo di essere al cento per cento… in pericolo. Ma voi dovrete vincere questo blocco, attingendo alla vostra forza interiore, e superare la paura… la sensazione di pericolo stessa. Solo così l'Haki si manifesterà. Se avete capito bene, se siete pronti... iniziamo. >>
I quattro ragazzi annuirono e si prepararono, mentalmente e fisicamente, regolando il ritmo del loro respiro o semplicemente chiudendo gli occhi e riportando alla mente i loro innumerevoli scontri con i Grimm, che ricordavano a grandi linee la creatura descritta dal Soleano.
Thor sorrise compiaciuto, vedendo cominciata la lezione di Angel, poi si volse verso i Cacciatori rimasti al suo fianco. Li portò all’esterno della palestra, e qui si rivolse a loro con tono possente: << Voi non avete bisogno di imparare l’Haki, ma io vi insegnerò come affrontare dei nemici potenti… anche più di quelli combattuti finora. Conoscete tutti le basi del combattimento, e siete soldati esperti. Ciò che non avete mai affrontato, però, è un avversario che sia più potente di voi. Io vi insegnerò come difendervi da un nemico più forte. Pertanto… >>
Allungò il braccio, spalancò la mano e Mjölnir volò tra le sue dita.
<< Affronterete me. Combattete dando tutto ciò che avete. Non abbiate paura di ferirmi, o di farmi sanguinare. Voglio che lottiate come se la battaglia contro il Maestro fosse già cominciata. Non risparmiatevi, perché… >> il cielo si annuvolò e si sentì il rombo di un tuono << … io non lo farò. >>
Si trattava di una piccola bugia. Thor non poteva usare tutta la sua forza, o avrebbe rischiato di ucciderli. Ma si sarebbe comunque impegnato nello scontro.
Senza dire una parola, il gruppetto mise le mani alle armi o a cristalli di Polvere. James fece uscire da due fori sugli avambracci una coppia di fruste con punta acuminata, simili a lunghe spine dorsali, mentre Penny coordinò le sue spade in un'elaborata formazione, cominciando a caricarle di Aura. Kirby,  invece, assorbì un cristallo azzurro, ricoprendo la sua pelle con piccole stalattiti, e Weiss evocò una coppia di glifi alle sue spalle.
Thor si esibì in un piccolo sorriso soddisfatto e caricò in mezzo al gruppo menando il proprio martello. Colpì il suolo generando una potente onda d'urto accompagnata dal fragore di un tuono, e questo fu sufficiente a separare il gruppo.
Fatto ciò, un fulmine colpì il terreno e bruciò l’erba circostante, dividendoli ulteriormente.
<< Sapete perfettamente come lavorare in squadra, ma ora siete separati, proprio come su Trenzalore. Ora siete vulnerabili e io posso colpire facilmente uno di voi. Che cosa farete, adesso? Decidete in fretta! >>
Kirby e James, seppure in quella confusione, riuscirono ad incontrare i propri sguardi e si fecero rapidi segni con le mani. Il ragazzo dai capelli rosa creò una scia di ghiaccio, usandola per scivolare attorno a Thor, dandogli rapidi pugni o creando armi congelanti, che vennero comunque bloccate e frantumate con facilità.
Dopo un breve scambio, un montante dritto allo stomaco di Kirby lo scagliò via di alcuni metri… ma James approfittò comunque per lanciare le sue fruste organiche e avvolgerle attorno al braccio che impugnava Mjolnir.
Il dio del tuono sorrise soddisfatto.
<< Avete compiuto un'eccellente manovra, ma ecco il vostro primo errore. >> Con la mano sinistra afferrò la frusta di James. << Non cercate lo scontro corpo a corpo se il vostro avversario è più forte di voi! >>
La forza di Thor era incredibile, e senza dubbio alcuno era fisicamente il più forte fra i Time Warriors. Grazie ai suoi muscoli, con la sola mano sinistra che teneva la frusta, sollevò James e lo fece vorticare, per poi lanciarlo contro gli altri membri della sua squadra.
<< Studiatelo. Cercate un'apertura e giocate d'astuzia. Osservate i suoi possibili punti di forza e debolezza. Non male, come primo attacco… ma contro avversari come Vader non sarà sufficiente. Di nuovo! Con più energia! >>
Penny assorbì le parole del dio, e riportò alla memoria il suo scontro con Harley e il Triplechanger su Trenzalore, dov'era stata battuta per superiorità numerica e stamina.
Stavolta aveva il vantaggio del numero, ma Thor aveva appena dimostrato che poteva anche non servire. Con accurati gesti, fece volteggiare le sue spade in varie direzione, colpendo l'obbiettivo con fulminei fendenti o raggi laser, volti a rinchiuderlo in uno spazio limitato. In contemporanea, Weiss creò altri Glifi e cominciò a balzare, attaccare e sparire come un letale brezza bianco-azzurra.
Thor si coprì con le braccia per bloccare i raggi laser. Questi gli limitavano la vista, e in più doveva proteggersi sia fendenti fulminei della pallida cacciatrice.
Erano davvero eccezionali, perfino il dio se ne sorprese. Imparavano in fretta, sapevano adattarsi ad ogni situazione combattendo come una vera squadra. Di questo passo, le forze del Maestro sarebbero state in netta difficoltà.
Senza dare il tempo a Kirby e James di fare qualcosa,  batté di nuovo l’incudine sul terreno, generando un'onda d'urto tale da sbattere al suolo Penny e Weiss.
Senza perdere ulteriore tempo, posò il Mjolnir sul corpo di Penny, bloccandola permanentemente al suolo. Solo chi era degno poteva impugnare quell'arma, e nessuno di loro aveva il potere per liberarla.
<< Ecco un'altra situazione: uno degli alleati più forti che avete a disposizione è stato appena eliminato. Siete rimasti in tre, e non potete contare sul potere offensivo della fanciulla. Fate finta per un momento che io l'abbia uccisa. In una situazione simile... come reagireste? >>
James, in particolare, s’irrigidì alla domanda. Dopotutto, ormai era da quasi un anno che si prendeva cura dell’androide… e il solo pensiero di poter assistere alla sua morte era stato sufficiente per riempirlo di un’angoscia straziante.
In un'altra situazione avrebbe probabilmente cercato di bloccare in qualche modo l'avversario, ma Thor era già dimostrato impossibile da trattenere, quindi...
A un altro gesto del suo leader, Kirby assorbì una nuova coppia di cristalli. Invece di trasformarsi però, rilasciò tutta l'energia accumulata in un unico colpo, sottoforma di una fitta coltre di nebbia.
Ancora una volta, il dio del tuono si ritrovò con la vista oscurata. Ciononostante, era rimasto alquanto soddisfatto dalla rapidità di pensiero mostrata dai suoi nuovi allievi. Avrebbe potuto scacciare facilmente quella nebbia con una folata di vento, ma voleva vedere di cosa erano realmente capaci. Pertanto si limitò a tenere alzata la guardia.
Gradualmente, nella nebbia si fece strada un penetrante sibilo, cui seguì la sfocata apparizione di una figura strisciante. Sgusciante come soltanto un serpente poteva esserlo, la creatura si abbatté più volte su Thor, spingendolo da una parte all'altra. Poco distante, Weiss teneva il suo fioretto sul terreno, protetta da Kirby in modo da mantenere attivo il King Taijituche aveva evocato.
"Ma perché sempre serpenti?" si chiese Thor mentre cercava di tenere testa al famiglio.
Con non poco sforzo, afferrò la doppia testa dell’essere e lo sbatté violentemente al suolo.
 << Va bene, per oggi può bastare >> disse, mentre si risistemava. << Avete combattuto molto bene, sono fiero di voi. Se continuerete così, il Maestro piangerà lacrime amare >> Poi si diresse verso Penny e sollevò il martello dal suo corpo.
<< Va tutto bene, graziosa fanciulla? >> chiese, tendendole la mano per aiutarla a rialzarsi.
La robot annuì timidamente, e questo lo fece sorridere.
 << Eccellente! Mangiate, bevete e riposate. Domani continueremo ancora, ma aumenteremo la difficoltà. >>

Nel frattempo, all’interno della palestra, si svolgeva l’allenamento ad opera di Angel Hikaru.
La ferocia della bestia marina pressava nelle menti dei Cacciatori, quasi fosse qualcosa di fisico, di tangibile. Nonostante avessero tentato di razionalizzarlo come fosse null'altro che un Grimm, non era minimamente paragonabile: richiamava le loro paure, i loro istinti, dal profondo, come un primordiale stato d'animo.
A quel punto, Angel vibrò un colpo e scatenò una piccola onda d'urto. Inevitabilmente, tutti e quattro finirono sferzati e caddero a terra a gambe all'aria, colti di sorpresa per via del terrore che li aveva menomati.
<< Questo non era che l’inizio, il primo impatto >> dichiarò il soleano blu << L'assuefazione cercherà di sbaragliarvi, di incatenarvi a sé. Non dovete permetterglielo. Io sono la Bestia in questo momento. Fermatemi. Non cedete al mio volere. Ricordatevi che voi non morirete qui, oggi. >>
Si rimise in posizione, l'arma tesa.
<< Alzatevi >> ordinò. << Di nuovo. >>
Ruby si alzò con difficoltà, il viso perlaceo ricoperto da gocce di sudore. La sua Aura brillò per un attimo, confondendosi col suo mantello svolazzante, finché non poté parlare di nuovo.
<< Dèi, le belve del tuo mondo erano davvero terribili >> commentò, sentendo ancora il cervello come intrappolato in una coppia di potenti fauci.
<< È... è come avere di nuovo Salem davanti >> le fece eco Emil, che chiuse più volte il pugno, la vista inquinata da strane macchie. Per lui, abituato già a combattere in maniera molto animalesca, l'esperienza era stata ancora peggiore.
<< Non è la bestia il problema principale. Siete voi! Essa attinge a forze primordiali insite in ogni essere vivente… ma in quanto creature razionali, voi la nutrite con le vostre paure, che si aggiungono al terrore di essere cacciati e uccisi. >> Il ragazzo dai capelli rossi socchiuse le palpebre, riflettendo. << In effetti, è un buon inizio identificare Salem con questo. Cos'altro temete? >>
<< Essere null'altro che pedine nella macchina politica del Maestro >> rispose Blake, che come tutti  era rimasta scossa dall'incontro col dio di Battleground.
<< E deludere i nostri cari >> aggiunse Yang.
<< Morire con dei rimpianti, nel mio caso >> concluse Emil.
<< Molto bene >> li lodò Angel << E ora fatevi la domanda più importante: perché ne avete paura? >>
<< Perché >> cominciò Ruby, un po’ tentennante, prima di deglutire e convincersi << perché non è chi siamo. Siamo diventati Cacciatori per migliorarci, per espandere i nostri orizzonti e per far valere la nostra volontà anche nei momenti più bui. Non abbiamo alcuna intenzione di sostenere lo status quo del Maestro, e se ci fossimo inchinati a lui ad Asgard… avremmo tradito tutto ciò per cui lottiamo. >>
Angel sorrise soddisfatto.
<< Esatto. Voi siete Cacciatori. Non prede. Siete spiriti liberi, non schiavi. È per questo... che la vostra paura non è una nemica, ma un'alleata. Deve ricordarvi chi siete e che cosa non volete diventare. Forza... riproviamo. >>
Batté la lancia per terra e li investì nuovamente con l’aura della bestia.
I muscoli dei ragazzi tremarono in maniera incontrollabile, le loro stesse vene pizzicarono, mentre facevano del loro meglio per resistere, tenendo bene a mente quanto Ruby aveva appena detto.
Amplificarono la loro Aura e la loro forza di volontà il più possibile, utilizzandole all'unisono per respingere a fatica l'attacco psichico. Dopo alcuni minuti di sopportazione, inquinati da gemiti di dolore e ringhi… sentirono qualcosa dentro di loro cominciare ad agitarsi, una sensazione simile a quando, anni prima, avevano risvegliato la loro Aura.
Anche Angel fu in grado di percepirla, e un angolo della sua bocca si alzò verso l’alto. Non c’erano ancora riusciti, ma erano sulla buona strada.
In quella che forse sarebbe stata la loro ultima settimana sulla terra, tutti loro avrebbero dato il meglio.
Tutti loro non avrebbero mai lasciato nulla di intentato.
* * *

Proprio come i suoi compagni, Accelerator aveva passato gli ultimi giorni ad allenare il suo controllo vettoriale.
Nonostante fosse praticamente indistruttibile, anche una persona come lui necessitava di riposo. Proprio per questo, Yomikawa aveva avuto l’idea di organizzare un picnic nei verdi giardini attorno alla base della Resistenza.
Dopo gli eventi nell’arena e il triste funerale di Logan, per la donna era necessario rallegrare l’ambiente e far capire al ragazzo il forte calore che solo una famiglia poteva trasmettere. E naturalmente, Yoshikawa era stata d’accordo.
<< Dunque... avete cucinato tutto voi due? >> chiese l’albino alle due donne.
<< Ovviamente >> rispose Yoshikawa << Tu sei un completo imbranato ai fornelli, non avremo mai potuto chiedertelo. >>
<< Tch... fanculo. >>
<< Peccato. Speravo di poter vedere Accelerator col grembiulino, dice Misaka come Misa-... >> non finì la frase, poichè l’albino le tirò una leggera manata sulla fronte.
<< Ahiiiiii >> fece lei, massaggiandosela << Mi hai fatto male, dice Misaka come Misaka fingendo di piagnucolare. >>
<< Ma tu senti questa >> commentò Accelerator davanti alle sue lacrime di coccodrillo.
<< Ohi, mangia qualche bistecca. Le ho preparate con tanto amore >> disse Yomikawa allungando un po’ di carne all’esper.
<< Non ho molta fame >> rispose secco lui.
<< Ma devi mangiare. Ti alleni sempre duramente, se non riempi lo stomaco il tuo fisico ne risentirà >> lo riprese Yoshikawa.
<< Col controllo vettoriale posso stare senza mangiare e bere. Non ho bisogno delle sostanze nutritive. >>
<< Eddai, mangia! È tutto così buono. Ti imboccherò io, dice Misaka come Misaka mentre ti allunga un pezzetto di carne. >>
Per tutta risposta, Accelerator sbuffò, addentò e mando giù. Doveva ammetterlo: era davvero buono.
<< Uuuuuuuuuh! >>
Un tenero familiare bubolio risuonò nell’aria. La figura di Rowlet sfrecciò giù dal cielo e svolazzò in mezzo a loro, i grandi occhioni che brillavano.
<< Cia-uuuh, Lasty e Accelly! >>
Atterrò al lato della tela e piegò la testolina in direzione di Yomikawa e Yoshikawa, simulando un palese inchino elegante.
<< Piacere di conoscervi, mamme di Lasty e Accelly! >>
<< Roooowlet! Esclama Misaka come Misaka tutta contenta. Sono felice di vederti! Dice Misaka come Misaka prendendoti in braccio e facendoti le coccole. >>
<< Ci-a-uuuu Lastyy! Anche Rowlet è tanto contento di rivedere Lasty! A Rowlet Lasty è mancata tanto, ma tanto tanto! >> cinguettò il barbagianni, becchettandole dolcemente il naso e accoccolando la testolina sulla sua spalla. Ormai, era diventato praticamente di famiglia.
<< Lui è qui con te, pennuto? >> domandò Accelerator, inarcando un sopracciglio.
<< Uuh! Padron Fire è rimasto indietro perché è una lumaca! >> si pavoneggiò il barbagianni, gonfiando il petto bianco << Ha detto che doveva prendere una cosa. Eccolo, sta arrivando! >>
A qualche metro di distanza, stava Fire Royston. Lanciò un’occhiata all’uccello e alla bambina, poi all’albino e alle due donne, facendo un formale e silenzioso cenno di saluto col capo. Si teneva a distanza, quasi temesse di rovinare con la propria presenza quel quadretto felice. Reggeva in mano un vistoso cesto intrecciato di legno.
<< Ohilà! >> lo salutò Yomikawa << Tu devi essere l’amico di Accelerator, perché non ti unisci a noi? C’è sempre posto a tavola. >>
<< Ohi, lui non è mio amico >> la riprese l’esper.
<< A me sembra di sì, andate molto d’accordo >> commentò Yoshikawa.
<< Tch... zitta >> rispose l’altro, imbarazzato, mentre sorseggiava del caffè.
<< Accelly e padron Fire sono entrambi dei musoni testoni, ecco perché sono amici e vanno tanto d’accordo >> sentenziò Rowlet.
<< Chiudi quel becco >> gli sibilò in risposta il padroncino.
<< Non essere duro con Rowlet, dice Misaka come Misaka mentre riprende Fire. >>
La bambina gonfiò le guance per ammonirlo, ma poi arricciò le labbra e corse ad abbracciarlo. << Grazie per aver salvato il mio papà, dice Misaka come Misaka sinceramente grata. >>
Per un istante, il giovane si irrigidì, colto di sorpresa da quello slancio d’affetto. Poi chinò lo sguardo ad incontrare gli occhi da cerbiatto della piccola e le fece una carezza sui capelli, cercando di mettere su un sorriso che stesse dritto.
<< Non dirlo nemmeno. È stata la cosa giusta da fare. >>
<< Padron Fire è un vero eroe! >> ribatté Rowlet, gonfiando orgoglioso il petto << Proprio come il papà di Lasty! >>
La piccolina rise e poi prese per mano il ragazzo. << Forza, unisciti a noi, Yoshikawa e Yomikawa sono bravissime cuoche, ti piacerà la loro cucina, dice Misaka come Misaka tirandolo per mano. >>
<< Last, se lui non vuole non devi obbligarlo >> replicò Yoshikawa.
<< Uffiiii, sbuffa Misaka come Misaka mettendo il broncio da bimba. >>
<< Non volevo disturbare... >> esordì Fire << io... ehm, vi ho visto, e ho pensato... che avreste gradito mangiare dei biscotti. >>
Gli occhi di Last Order si illuminarono come due stelle.
<< Biscotti! >> urlò con voce acuta e strillante.
Cercò di aprire il suo cestino per addentarne uno, ma Accelerator la fermò allontanandola delicatamente con un colpetto di Reflection.
<< Ferma lì. Non mangerai quei biscotti finché non avrai finito quello che è stato preparato. >>
<< Uffa! Sbotta Misaka come Misaka borbottando come una bambina. >>
<< Sono molto apprezzati! >> disse Yomikawa. << La nostra offerta è sempre valida. >>
Alla fine, Fire acconsentì. Si sedette a gambe incrociate sul telo disteso nell’erba e si mise a mangiare assieme a loro. Si sentì scaldare fino al midollo ad ogni battuta e risata della piccola, di Rowlet o delle due donne, e non poté che rimirarle con un accenno di viva malinconia.
La famigliola mangiò allegramente, anche se, come al solito, Fire e Accelerator restarono in relativo silenzio.
<< Era... buono >> dichiarò il ragazzo dai capelli verdi, con un cenno riconoscente verso Yomikawa << Molto buono. >>
<< Ti ringrazio! Sentito, Accelerator? Questi sì che sono complimenti. Dovresti provare a farne anche tu. >>
In tutta risposta, il ragazzo schioccò a lingua con fare seccato, e Yoshikawa lo riprese: << Non essere maleducato e ringrazia. >>
<< Tch… grazie per il pasto >> sospirò.
<< Allora… Fire, giusto? >> chiese Yomikawa con fare sincero. << Ti senti un po’ meglio, ora? >>
Fire annuì, poi le sorrise. << A papà saresti piaciuta. >>
Faceva ancora fatica a comportarsi in modo così sciolto e sicuro. Ma non si pentì di quell’uscita, e così la guardò dritto negli occhi.
<< È sempre stato bene da solo, però... era anche un inguaribile romantico. Sognava sempre di trovare il vero amore, prima o poi. Io penso... che quantomeno sareste andati d’accordo. E molto. >>
In tutta risposta, Yomikawa arrossì, e poi sorrise. << Da come me lo avete descritto, sembrava proprio un uomo perfetto! Anche io ho sempre sognato di trovare il vero amore. Un marito, una casa e dei figli… >>
<< Waaaah! Se si fossero, sposati, Fifì sarebbe stato lo zio di Misaka! E il fratellone! Dice Misaka come Misaka con aria sognante. Ed è vero, Yomi sogna sempre di trovare il principe azzurro anche se ormai ha la sua età... >>
Fu così che Last Order guaì, ricevendo un “tenero” pugno in testa dalla donna, che non aveva perso il suo sorriso.
<< Ma mi basta aiutare i bambini che trovo. Incluse queste due piccole pesti >> disse massaggiando la testolina della bambina. << Non pensarci troppo, va bene? Vivi il momento. Io non lo conoscevo, ma non credo che vorrebbe vederti così triste. >>
<< Ci provo >> mormorò l’adolescente << Ci provo il più possibile. >>
A quel punto, prese la cesta e la poggiò al centro della tela.
<< Questi li ha fatti lui. O meglio... era una delle sue ricette, gli piaceva cucinare. Diceva che era la via del buonumore >> spiegò << Crema e gocce di cioccolato. >>
Fu accolto con entusiasmo, specialmente da Rowlet e Last Order, quando ne distribuì un po’ per ciascuno.
<< Sì, era davvero l’uomo perfetto! >> esclamò gioviale Yomikawa, dopo aver assaggiato. << La strada per il cuore di una donna è lunga, ma è lastricata di cioccolato. Me lo sarei portato all’altare in meno di due secondi! >>
Per tutta risposta, Accelerator simulò un conato di vomito, strappando una sonora risatina al ragazzo dai capelli verdi. Poi, l’albino porse al giovane una lattina del suo caffè preferito.
<< Tieni, bevi qualcosa. Dopo pranzo il caffè fa sempre bene >> gli disse, senza neanche guardarlo in faccia.
Finito il picnic, Accelerator si offrì di sistemare il tutto, mentre le due donne accompagnavano Rowlet e Last Order in giro per il parco. Fire si mise ad aiutarlo.
<< Grazie >> bofonchiò dopo qualche istante << per il caffè. >>
<< Grazie per i biscotti >> ribatté l’esper, più o meno con il suo stesso tono.
<< Sono due signore davvero dolcissime. >>
<< E sanno essere davvero una seccatura. Ma dopo un po’, uno ci fa l’abitudine. >>
Calò il silenzio per un minuto buono. I secondi sembravano secoli per entrambi. Infine, Accelerator decise di parlare.
<< Per quello che vale… mi spiace davvero. Per tutto, intendo. Per tuo padre, e per quello che ti ho detto nell’arena. >>
<< Sì, sei stato un vero stronzo >> replicò Fire, tranquillamente << Però avevi un punto… non avrei dovuto tenervelo nascosto, anche se era difficile avrei dovuto provare a fidarmi di voi... e soprattutto di te. >> Prese un respiro profondo. << Mi dispiace molto per questo. Non lo sopporto. Non lo sopporto perché l’hanno usato contro di noi, per ferirci e dividerci. Me ne sento responsabile... >>
Accelerator sospirò sonoramente. Odiava quando qualcuno gli entrava nella testa. La sua Reflection lo rendeva immune alla telepatia, ma né a Loki, né a Shen, né al Maestro, era servita. Il controllo vettoriale non lo rendeva immune alle parole: avevano agito su di lui in modo tale da farlo scatenare in quel modo.
<< Alla fine non ce l’hanno fatta. Insomma, siamo ancora qui, no? Ma tu non devi dispiacerti. È stato un errore, certo, ma… sarebbe ipocrita, da parte mia, biasimarti. Io ne ho fatti fin troppi di errori. Credimi. >> Emise un sonoro sbuffo e scrollò le spalle. << Sono contento… di aver risolto. Almeno credo. Io… non lo so… sono un disastro in queste cose. >>
<< Non sono nemmeno pratico anch’io, ma... ti sei scusato con me, hai detto che ti dispiace. Mi hai detto la verità. Sono felice che non mi odi. Non c’è altro da aggiungere. >>
Di nuovo il silenzio calò fra loro, ma questa volta, era ben accolto. D’istinto, presero a giocare a lanciare i sassi sparsi lì sul terreno il più lontano possibile.
<< Tu… combatterai? >> domandò di punto in bianco Accelerator << Nel senso: sapendo che ti ritroverai di nuovo davanti quel governatore schizzato? >>
<< Ovvio. Ne ho già parlato con Thor... >>
<< Ma ora sono io che lo sto chiedendo a te. Non credo tu gli abbia detto tutto quello che pensi realmente. Non credo nemmeno tu ti sia guardato in faccia, ultimamente. Conosco l’ombra che hai nello sguardo, anche se non te ne rendi conto. >> L’albino lo trafisse con i suoi occhi rossi. << Tu vuoi uccidere Shen. Lo vuoi massacrare, dico bene? >>
Fire aprì la bocca per negare liberamente, ma si ritrovò a chiuderla, ad esitare con un piccolo sussulto. Si sentiva messo sotto esame, e questo non gli piaceva per niente: non voleva affrontare quella conversazione, per il semplice fatto che non voleva fare i conti con quello che provava. Non con quella parte di sé.
Ma doveva. Si rese conto che non poteva girarci intorno per sempre. Non poteva affrontare solo il dolore della perdita di Logan. C’erano anche la rabbia, l’odio e il desiderio di vendetta. E con chi poteva confidarsi, meglio di Accelerator?
<< Sì >> mormorò dopo qualche istante, in una profonda ammissione dolorosa. Strinse i pugni con forza, spostando lo sguardo altrove. << Sì. >>
<< E dopo? Una volta che lo avrai ammazzato, che cosa farai? >>
Il ragazzo dai capelli verdi tirò un lungo sospiro e si sedette per terra, stringendo le gambe attorno al petto. Non poté evitarlo. Quella conversazione gli faceva tornare il vecchio istinto di chiudersi a riccio, di ignorare tutto e pensare a qualcos’altro.
Ma l’esper non mollava. Nonostante non lo incalzasse a parole, il suo sguardo penetrante era puntato su di lui. Aspettava che rispondesse. Sembrava pronto ad aspettare in eterno.
<< Che cosa dovrei fare, a parte marcire all’Inferno accanto a lui, dopo? >> gli sibilò contro, senza poter trattenere la frustrazione.
<< Probabilmente ti farei compagnia. >> L’albino gli si sedette accanto con un semplice gesto. << Il ruolo del vendicatore sanguinario non ti si addice. Se tu ti sporcassi le mani in quel modo... il pennuto potrebbe rimanerci davvero male. Lascia la carneficina ai mostri, non c’è spazio per quelli come te nella via del demonio. >>
<< Oh, ancora non lo sai? >> ribatté Fire << A quanto pare, anche io sono un mostro. Lo sono sempre stato, anche se non ne sapevo niente… mia madre era una vampira. Io sono un… >>
<< Coglione >> sbottò Accelerator, sdegnato << Sei un dannatissimo coglione. Come se fosse questa la vera differenza. Come se bastasse nascerlo, per essere davvero dei mostri. Come se tu ti fossi macchiato di sangue innocente... hai mai visto il volto di qualcuno che ti implora pietà? Hai mai strappato la vita a qualcuno che non lo meritava? Quando il peso di migliaia di vite grava sulle tue spalle, quando l’odore e il colore del sangue non spariscono dalle tue mani, e la vedi... lì davanti a te, quella creatura così innocente che piange e ti chiede perché. Tu non sei così. E per il tuo bene, non diventarlo mai… >>
<< Ma tu non… >>
<< Ascoltami >> lo fermò l’albino << Non ti sto dicendo di risparmiare Shen. Al contrario. Quell’essere è uno schifoso, e merita di morire. Ma penso che non dovresti farlo per odio, né per vendetta, ma perché è la cosa giusta da fare, per portare avanti l’eredità di Logan. >>
<< Non per odio!? >> Fire si girò quasi di scatto, mentre il terriccio per terra si agitava appena e l’aria ronzava. << Come... come potrei non odiarlo!? L’ha ucciso a sangue freddo! Ci ha tenuto a farlo in modo che mi sentissi in colpa! Mi ha fatto perseguitare e cacciare di casa! Mi ha torturato… mi dà perfino la colpa delle sue stronzate! >>
<< Già, posso davvero capire come ti senti >> sospirò l’esper. << Va bene. Non conoscevo Logan, lo ammetto. Ma da come ne parli... io dubito che ti vorrebbe vedere così. >>
<< Non posso… non ci riesco… io… >> Il giovane affondò le dita nel cranio, emettendo un guaito. << Ogni volta che ci ripenso, cazzo, io lo vedo. Io vedo lui. Vedo mio padre. È colpa mia. Io l’ho coinvolto, quando avevo giurato di proteggerlo! Gli ho permesso di aiutarmi, quando avrei dovuto impedirglielo! Se l’avessi fatto non sarebbe successo niente, se l’avessi fatto, a causa della mia debolezza, Shen… non lo avrebbe… >>
<< Logan ha scelto di fare il padre e aiutarti. Non lo puoi biasimare per questo. Ha scelto lui questa strada, era consapevole che sarebbe potuto morire per proteggerti, ma a lui stava bene così. È compito dei genitori proteggere i propri figli. Non devi darti la colpa di quello che è successo, ha fatto il suo dovere e se fosse qui… te lo direbbe lui stesso. Lui sceglierebbe di morire altre mille volte, pur di farti vivere. >>
<< Parli così… perché faresti la stessa cosa per Last Order? >>
La domanda fece ammutolire di colpo l’albino. Ma poi scosse il capo, e annuì con decisione. << Sì. Come padre… lo farei senza pensarci due volte. >>
Fire si abbracciò di nuovo le ginocchia al petto, fissando il vuoto. << Non mi ero mai sentito così solo… >>
<< Non sei solo. >>
Accelerator aveva detto quella frase quasi con fermezza, tanto che Fire si girò a guardarlo, sorpreso.
Un debole sorriso gli increspò le labbra. << Neanche tu. >>
<< Lo so. >>
L’albino rimase in silenzio a guardarlo. Sapeva che non era ancora finita.
Il ragazzo dai capelli verdi sospirò e volse lo sguardo altrove. << Questa rabbia, questo odio… anche se ora sono calmo, non posso farci niente. Sono lì, in agguato, e la verità è che ne ho paura. Di non saperle controllare, di diventare esattamente come… come Shen. O come Vader. >>
<< Ma tu puoi farlo. La mocciosa... mi ha insegnato a non avere paura di questa cosa, di questi sentimenti. Può sembrarti una stupida frase fatta, ma... finché ci sarà Rowlet, finché ci saremo anche io, la marmocchia, e il Dottore, e Thor, e finché il ricordo di Logan sarà vivo in te… non dovrai avere paura. Non sei solo >> ripeté Accelerator, con enfasi. << Mostri come me e Shen non nascono, noi diventiamo così. >> Gli mise una mano sulla spalla. << Tu non lo sei, e non lo diventerai. Tu hai un buon cuore, e questo è il lascito più grande di Royston. So che ce la farai. Tu non sei ancora caduto nell’abisso, anche se pensi il contrario. E non cadrai perché hai qualcosa a cui aggrapparti. >>
<< Non contro Vader. >> Il ragazzo dai capelli verdi scosse il capo, mordendosi il labbro. << È me che vuole. In qualunque modo andrà la battaglia, verrà per me. Dovesse spazzare via l’intero Renmant, mi troverà. Ucciderà qualsiasi cosa si metta sulla sua strada, senza badare se siano amici o nemici… pur di arrivare a me. >>
<< Tch… ci godi così tanto a fare il teatrale? >> sbuffò l’esper, per poi mettere su un sorriso sadico << Forse può spazzare via tutto l’esercito, ma non me. Te l’ho detto, non può fermarmi ora che conosco i suoi poteri. >>
<< Forse hai ragione, come forse hai torto. In ogni caso non dovresti correre il rischio. >>
<< Fregacazzi >> sibilò l’esper, gli occhi che si incendiavano << Lo farò a pezzi. >>
<< Non se lui fa a pezzi prima te. >>
<< Allora vorrà dire che lo trascinerò all’Inferno con me. >>
<< NO! >>
L’urlo gli uscì di getto, senza che riuscisse a trattenersi. Alcuni uccelli si levarono in volo sopra gli alberi, spaventati.
<< Tu non capisci, lui è fisicamente nella mia testa >> Fire si portò con rabbia le mani alle tempie << e io sono nella sua! Siamo collegati da qualcosa che va ben oltre il legame di sangue, siamo legati dalla Forza, l’energia che lui controlla. Sin dalla prima volta in cui ci siamo… connessi, improvvisamente è diventato la persona che mi conosce meglio di chiunque altro al mondo… e io sono lo stesso per lui. Sa come funziona la mia mente, e io so come funziona la sua. Sa che sarei disposto a fare qualsiasi cosa, se… uno dei miei amici si trovasse in pericolo, e non esiterebbe a sfruttare la cosa. Non posso, non voglio permettere che qualcun altro si faccia del male per causa mia. E non voglio che ti macchi di questo delitto. >>
Accelerator rimase in silenzio, fissandolo con occhi glaciali, ma Fire non si lasciò intimorire e sostenne il suo sguardo.
<< Ora ascoltami tu. Lo so. Sono un ipocrita. Dopo tutto quello che è successo, dopo tutto quello che ho detto, dopo tutto il mio piangere Logan e le mie considerazioni su di lui… io non voglio… che l’unico mio genitore ancora in vita muoia. È irrazionale. È sbagliato. Sì. Ma è quello che sento. Abbiamo un legame che va oltre me. >> Il ragazzo scosse il capo. << Non fraintendermi. Avere questo sentimento di pietà nei suoi confronti mi fa ribollire di rabbia. Non posso frenarlo… ma posso mitigarlo. Posso combatterlo, e lo farò. Quello che mi spaventa di più sarebbe trovarmi in mezzo fra lui e i miei amici. Non voglio farlo. Non voglio scegliere. >>
Fire si passò una mano sul volto, il tormento che ne squassava i lineamenti.
<< Perché sceglierei voi, esattamente per lo stesso motivo per cui ho scelto di venire a salvare te e Thor nell’arena >> ammise, in un ringhio frustrato << E questo mi distruggerebbe, come mi distruggerebbe sapervi in pericolo per colpa sua. Perciò… devo essere io, Accelerator. Devo essere io ad affrontarlo. Sia lui, che Shen… ma mio padre in particolar modo. È la persona che più di ogni altra cosa dovrà sentirmelo dire. >>
<< Sentirti dire che cosa? >> domandò l’esper, ogni muscolo del proprio volto immobile.
Calò il silenzio, rotto solamente dal respiro ansimante, ricco di tensione e tormento del ragazzo dai capelli verdi. Poi, lentamente, diede voce al suo pensiero.
<< Tu non hai nessun potere su di me. >>
L’albino abbassò lo sguardo, socchiudendo le palpebre. << Cazzo. Hai ragione. Cazzo. Una parte di me non vorrebbe ascoltarti. Vorrei massacrarlo per tutto ciò che ha fatto. Ma questo non sistemerà le cose, e non cambierà ciò che è stato. Ci ho pensato a lungo, dopo quella sfuriata che ti ho fatto nell’arena. Yomikawa e Yoshikawa mi hanno aiutato molto in questo, facendomi capire. Hai ragione tu. Non ho intenzione di vendicarmi di Vader. Non ha senso farlo. Tu, e solamente tu, devi affrontare Testa di Secchio. >> Sospirò. << Sai, ora mi è tornata in mente la storia che mi aveva raccontato Thor: un giorno, il dio del tuono era andato a combattere a Jotunheim. Sulla via del ritorno ad Asgard, incontrò un barcaiolo. Thor desiderava guadare il fiume, ma il barcaiolo non voleva trasportarlo. I due litigarono, e alla fine il barcaiolo si allontanò, lasciando Thor da solo. Quando il dio ritornò ad Asgard, trovò il barcaiolo seduto sul trono. Quest’ultimo non era altri che Odino. Morale della favola: il vecchio voleva che suo figlio fosse in grado di badare a sé stesso da solo. Non importa chi tu sia, non importa quello che hai fatto, nessuno può portarti dall’altra parte del fiume. È una cosa che dobbiamo fare da soli, affidandoci agli strumenti che ci sono stati dati. >> Schioccò la lingua. << Non avevo capito niente, al tempo. Solo ora ho compreso cosa voleva dirmi quel capellone. E penso che tu abbia già intuito al volo. >>
<< È vero >> mormorò il giovane << non posso fare altro che provarci da solo, con le forze che ho. Però... non voglio mentirti. Non so come andrà a finire. Poniamo caso che riesca a superare il tiro mancino che sicuramente Shen architetterà per affrontarmi, e poniamo caso che io mi dia una calmata riuscendo a fermarlo… Vader è un altro paio di maniche. Posso allenarmi fino allo sfinimento in questi giorni, ma non sarò mai al suo livello. Se le cose dovessero andare male... io... io vorrei che tu ti prendessi cura di Rowlet. >>
Accelerator guardò negli occhi Fire ancora una volta. << No, non te lo prometto. Non perché non voglio farlo, ma perché so che ce la farai. Sei forte, più di quanto non pensi. Tu batterai tuo padre. Fine della questione. >>
Un sospiro lento si liberò dalla bocca del figlio di Vader.
<< Grazie >> mormorò << davvero. >>
<< Di niente... >>
L’albino gli voltò le spalle e fece per andarsene.
<< Accelerator. >>
Lui si bloccò all’ultimo istante. << Sì? >>
<< Neanch’io intendo farti promesse riguardo Last Order. Anche tu devi tornare e battere chiunque oserà mettersi sulla tua strada. Mi hai capito bene? Devi tornare da lei. >>
 
* * *

Il terzo giorno della settimana, il Dottore trovò King Dedede stravaccato nel suo studio personale – costruito vicino alla sala del trono del castello - gli occhi cerchiati di viola e il viso pallido, a testimonianza delle pessime nottate che era stato costretto ad affrontare di recente.
Nel vederlo in un simile stato, il Signore del Tempo non riuscì a frenare l’ondata di rimpianto che s’impadronì di lui. Dopotutto, si trovavano in questa situazione proprio a causa delle sue scelte.
<< Allora, come vanno le cose? >> chiese il più gentilmente possibile.
<< Meglio di quanto ci aspettassimo, in verità >> rispose il monarca, offrendogli un sorriso tirato << La maggior parte dei nostri alleati ha accettato di unirsi alla battaglia, mentre altri sono rimasti in silenzio. Tuttavia, non si sono nemmeno rifiutati di aiutarci, il che di per sé è già una vittoria. >>
Sospirò stancamente e alzò gli occhi in direzione del soffitto.
<< Stiamo per farlo davvero, non è così? Combattere il Maestro e le sue forze. >>
<< Temo di sì >> disse il Dottore, altrettanto cupo << e non sarà una guerra silenziosa e combattuta nell’oscurità, ma un’unica, decisiva battaglia in campo aperto, per il destino dell’universo. >>
King lo guardò con la coda dell’occhio. << Non siamo pronti. >>
<< Lo so. >>
<< Probabilmente moriremo. >>
<< Lo so! >>  sbottò il Signore del Tempo, sbattendo un pugno sulla parete più vicina.
A quel punto, il fauno pinguino si rivolse completamente a lui.
<< Allora perché dar loro speranza? >> lo incalzò-
L’alieno rimase inizialmente in silenzio. Chiuse gli occhi e si accasciò contro il muro.
<< Perché è colpa mia se vi trovate tutti in questa situazione >> sussurrò << Se non vi avessi convinti a seguirmi… a ribellarvi… >>
<< Lo avrebbe fatto qualcun altro al posto tuo >> lo interruppe il monarca, duramente << Forse io, oppure Thor, o qualcuno dei Presidi. Non fare l’arrogante con me! Pensi davvero che ce ne saremmo rimasti buoni dopo ciò che il Maestro ha fatto a Meta Knight e al mio regno? Sappiamo entrambi che quell’uomo non avrebbe mai smesso di contestare le politiche dell’Impero. Era fatto così. >>
E questo era qualcosa su cui entrambi potevano concordare.
A quel punto, King si alzò in piedi e gli tirò una forte pacca sulla spalla.
<< Da quando ci conosciamo mi hai offerto parecchi consigli. Ora lascia che te ne dia uno io: parla con loro e risolvi qualsiasi questione in sospeso che potreste avere. Sii sincero… perché se davvero questa sarà la nostra ultima settimana in questa Galassia… be', immagino che vorrai viverla senza rimpianti. >>
Detto questo, gli rivolse un ultimo, incoraggiante sorriso.
<< Proverò a convincere Ironwood e Ozpin ad appoggiarci. Augurami buona fortuna >> aggiunse, mentre procedeva ad allontanarsi.
Il Dottore non si mosse per un po’ e cominciò a riflettere sulle parole del sovrano.
A discapito della sua spiccata parlantina, era sempre stato un tipo piuttosto riservato, amante dei segreti e predisposto ad un’aura di mistero, più per divertimento che per vera necessità. Perfino il nome con cui era diventato famoso era stato scelto con tale scopo… no… come promessa fatta a se stesso: di non essere mai crudele o codardo, di non mollare e non arrendersi mai. Ecco perché non avrebbe gettato la spugna, anche di fronte ad un’inevitabile sconfitta. E di certo, non avrebbe incontrato la Morte senza prima aver sistemato le cose con coloro che avevano così scioccamente deciso di seguirlo in questa folle impresa.
Con quel pensiero in mente, uscì dall’edificio e si recò nel luogo in cui era sicuro che avrebbe trovato almeno uno di loro: una cascata artificiale situata nel parco che circondava la base, immersa nel verde rigoglioso del boschetto.
Una volta nei pressi della piccola oasi, scorse Fire Royston seduto a gambe incrociate su una roccia, gli occhi chiusi e il volto contratto da un’espressione di pura concentrazione.
Da quando aveva cominciato ad allenarsi con i suoi poteri ritrovati, si era recato in quel luogo ogni giorno alla stessa ora in cerca di pace e tranquillità.
<< Ehi, Doc. >>
Il Signore del Tempo inarcò le sopracciglia quando lo vide distogliersi dalla propria meditazione, per poi alzarsi in piedi e girarsi verso di lui. Non aveva emesso un solo fiato per farsi riconoscere.
<< Tu chi sei? Che ne hai fatto di Fire Royston? >> lo prese in giro, con un sorrisetto colpito.
<< A-ah. Molto divertente. >>
<< Come sempre. Be’, complimenti per aver riconosciuto il mio passo felpato, ragazzo. La tua Forza, con la f maiuscola, sta migliorando. E anche quella con la f minuscola, suppongo. >>
Fire annuì. << Sì, anche quella. Perché sono mezzo… lo sai. Lo hai sempre saputo, non è così? >>
Il Dottore alzò gli occhi al cielo. << Stiamo di nuovo per fare quel discorso, vero? >>
<< No. >> Il ragazzo scosse sonoramente il capo. << Cioè… in un certo senso. Voglio dire, capisco che mi hai nascosto le cose per il mio bene. Da un lato lo apprezzo, davvero. Ma ormai non devi più proteggermi. Vorrei solo… aver saputo ogni cosa prima da te, invece che ritrovarmi ogni volta con la verità sbattuta in faccia. Già con Vader è stato un duro colpo. Sono semplicemente stanco, Dottore, di essere all’oscuro del mio passato. Non saprò mai chi sono finché non scoprirò chi ero. Voglio potermi fidare di te completamente, perciò, ti prego, parlami di tutto quello che non mi hai detto. >>
L’uomo annuì e gli fece cenno di tornare a sedersi, per poi accomodarsi accanto a lui.
<< Va bene. Sarò onesto. Non avevo esattamente un’idea precisa di come… be’, di come saresti nato, mettiamola così >> dichiarò << Conoscevo il segreto di tua madre, questo sì. Praticamente ero l’unico, assieme a Thor. Ma io sapevo anche di tuo padre. Combinati insieme… be’, questa è una cosa che non si vede certo tutti i giorni. Nella mia esperienza, ciò che non si conosce è una sfida in più, qualcosa di nuovo da scoprire. È solo uno dei tanti motivi per cui ho fatto in modo di tenerti sempre d’occhio. L’unica certezza che avevo è che saresti nato con un grande potenziale. Lada mi disse di non coinvolgerti mai, a meno che tu non avessi preso da solo una simile decisione. Quindi… eccomi a reclutarti, dopo aver scoperto che andavi in giro con maschera e mantello. A proposito… non li porti più? >>
<< Non ha più alcun senso >> disse il ragazzo << Mio padre è morto. Il Vigilante Mascherato è nato soprattutto per proteggere lui e ciò in cui credevo. Non smetterò di farlo, sia chiaro. Ma ora… ci sono io. Solo io. >>
<< Solo tu? >> ripeté il vecchio, incredulo << Ragazzo, non ti rendi conto di quanto tutto questo sia realmente importante? >>
<< Ne ho solo una vaga idea. Credo che da un certo punto di vista, non si smetta mai di scoprire chi siamo realmente. E io lo sto scoprendo soprattutto in questi giorni. >>
<< Eh. >> Il Signore del Tempo fece un largo sorriso. << È proprio ciò che mi piace di più di voi umani. Da un lato, non vi sopporto. No, dico davvero! Fate sempre gli stessi errori, siete irrimediabilmente ottusi e fragili! Ma ogni tanto, in questa mia pazza vita… incontro persone come te. Ecco perché sopporto tutti gli altri. >>
L’adolescente alzò gli occhi al cielo. << Sei proprio un vecchio. >>
<< Bada a come parli, giovanotto! >>
Ridacchiarono tutti e due per qualche istante, poi l’alieno parlò con franchezza.
<< Tua madre ti ha abbandonato perché voleva che vivessi la tua vita. Nessuno avrebbe dovuto avere il diritto di deciderla per te… neppure lei. Se ti avesse tenuto nell’Impero, così sarebbe andata. E non sarebbe stato troppo diverso, se ti avesse tenuto qui con noi alla Resistenza. Dovevi decidere da solo quale sarebbe stato il tuo ruolo in questa storia. >>
Il Dottore prese un respiro profondo.
<< Inoltre… voleva proteggerti da colui che l’ha uccisa. >>
Le iridi di Fire si illuminarono di colpo e i denti si serrarono. << Lo sapevo. È stato il Maestro, non è così? Ho visto come ne ha parlato nell’arena. Quel miserabile figlio di… >>
<< No >> rispose l’uomo, stringendogli una spalla per calmarlo << non è stato lui. Ma certamente era d’accordo, e non ha esitato a dare alla Resistenza la colpa quando ciò è avvenuto. Chi sia stato a commettere l’omicidio non lo so, ma so che tua madre lo conosceva, nella sua vecchia vita. >>
<< Allora è vero? Era nell’Impero? >>
<< Sì. Com’è vero che lo ha tradito per passare dalla nostra parte. Quanto al suo assassino, ripeteva sempre che era inevitabile, che sarebbe venuto a prenderla. Suppongo che se ti avesse trovato con lei… a quest’ora saresti nell’Impero. E tutti noi saremo stati massacrati. >>
Si strinse nelle spalle, e per un istante al ragazzo sembrò davvero vecchio, almeno quanto gli anni che sosteneva di avere.
<< Promettimi che di queste informazioni farai tesoro per migliorare. So cosa stai passando in questo momento. Io ho perso talmente tante persone care da non poterle più contare. Ho lottato anch’io per non farmi dominare dall’oscurità. Sopratutto per non perdere il senno, per non perdere di vista quello in cui credevo e in cui ho sempre creduto, nonostante non vada fiero di molte delle mie azioni. Ricordatelo bene, Baelfire Royston: tu non sei solo. >>
Il giovane abbassò il capo, sotto il peso di quelle parole. Si strinse nelle spalle, abbattuto, tuttavia, le labbra gli si incurvarono in un sorriso.
<< Grazie, Doc. Sei tipo la terza persona che me lo ripete. Immagino che ad una certa dovrà pure entrarmi in testa, no? >>
<< Be’, tecnicamente sono quattro. Dimentichi il tuo amico pennuto. >>
<< Ah, già. E che cazzo. >>
Ripresero a ridacchiare, e la tensione iniziale fra loro si sciolse completamente. Poi fu il turno dell’adolescente di mettere una mano sulla spalla dell’uomo.
<< Mi dispiace tanto per il tuo ex migliore amico >> mormorò, sincero << È stato un vero stronzo… e un bugiardo. Non è vero che non ti ha ascoltato. La verità è che ha volutamente scelto di rifiutare la tua offerta. E forse è peggio così, perché è razionale e lucido in quello che fa. È una persona cattiva, e ha trascinato altri con lui. Non c’è altra scelta, se non quella di fermarlo. >>
<< Lo so bene. >> Il Dottore prese un respiro profondo. << Ma sono fatto così. Voglio sempre tentare fino alla fine. Se c’è una remota possibilità, io la colgo sempre, finché non capisco quando è troppo tardi. >>
<< Anch’io. >>
Il Signore del Tempo lo fissò come volesse scrutargli nell’animo, ma lui distolse lo sguardo, perso in chissà quali remoti, tormentati pensieri. Serrava i pugni sulle ginocchia, le fiammelle delle iridi che ardevano inquieti.
Dopo qualche altro istante di silenzio, l’uomo si alzò in piedi con fare solenne, mise una mano nella propria tasca ed estrasse qualcosa che poi nascose palesemente dietro la schiena.
<< Bene! A questo punto, visto che ormai non sarò più il tuo baby-sitter, ora che sai praticamente tutto, e soprattutto, con la battaglia alle porte... è tempo per te di avere questa. >>
Ciò detto, allungò il braccio verso di lui. Reggeva in mano un piccolo cilindro di metallo tempestato di innesti meccanici.
<< A me non serve. Io non porto armi, e poi… tua madre me l’ha lasciata per te. Voleva che l’avessi e la usassi, se l’occasione si fosse presentata. Penso che il momento sia giunto, e che faccia proprio al caso tuo, nonostante i tuoi brutti trascorsi con Lord Casco. >>
L’attenzione di Fire si concentrò su quell’oggetto. Per qualche istante, impallidì, le mani tremanti. Rapito dall’istinto, allungò la mano e chiuse il pugno nell’asta, come fosse qualcosa di delicato, o pronto ad esplodere. Con un’espressione di pura incredulità e sbigottimento, studiò il pulsante al suo centro.
<< È… ciò che penso che sia…? >> domandò, timoroso.
Il Dottore si strinse nelle spalle. << Provala, e lo scoprirai. >>
Il ragazzo prese un respiro profondo, prima di stringere entrambi i palmi sulla superficie. Poi… schiacciò col pollice il pulsante.
Un sonoro, sordo ronzio squarciò l’aria, e un lampo di luce si manifestò, accendendosi dal base del metallo, assumendo la forma di una lunga lama laser.
Non era affatto come si era aspettato. Al contrario, traboccava di verde speranza, esattamente come i suoi poteri. Ne sentì sgorgare una connessione benevola, calda, sincera e saggia; gli sembrava di contemplare qualcosa di anziano e millenario come un albero secolare nel folto di una grande foresta.
Così, l’orrore inizialmente provato di fronte ad una spada laser, ricordo del suo retaggio maligno, si trasformò in meraviglia, stupore ed estasi, e infine, un senso di comunanza e di appartenenza.
<< Io… non so cosa dire... >> mormorò, ricordandosi solo in quel momento di respirare, tanto era rimasto senza fiato. La spense con un semplice clic del pulsante. << Grazie. >>
Il Signore del Tempo si limitò a sorridergli.
<< Fanne buon uso >> disse, per poi allontanarsi.
 
L'istante dopo, il ragazzo dai capelli verdi riprese ad allenarsi. Una grande roccia verticale gli si ergeva dinnanzi, come un perfetto bersaglio d’allenamento, sotto il sole del pomeriggio inoltrato.
Fire puntò in avanti la spada di energia verde scaturita dal suo palmo con uno scatto, e poi quella ricavata dalla manipolazione delle ombre, retta nell’altra mano. Stava unendo sia i suoi ritrovati poteri vampireschi che la Forza.
Regolarizzò il respiro, cronometrò il battito del cuore e riscaldò i muscoli. Oltre ad ascoltare l’energia dell’universo, si focalizzò particolarmente su quella che scorreva dentro di sé, imbrigliandola e combinandola con quella esterna per eseguire gli affondi, le finte, le parate, le stoccate…
Aveva scoperto di poter trattenere il respiro a lungo e di stancarsi molto più lentamente della media umana, ma prima o poi anche lui doveva ricaricarsi. Fece sparire le armi, si sedette per terra e recuperò la sacca che si era portato per ingurgitare un bel po’ d’acqua dalla borraccia.
Forse era una delle cose che più gli aveva dato sollievo sperimentare, in quei giorni: non aveva mai provato il desiderio di bere il sangue di nessuno, e poteva ancora sfamarsi e dissetarsi senza nessun problema fisiologico. Marie però l’aveva messo in guardia sul fatto che probabilmente avrebbe potuto prima o poi sviluppare quella voglia, allo stesso modo di come aveva desiderato squartare, fare a pezzi, uccidere.
<< Lo aggiungo alla lista degli arrovellamenti adolescenziali da lasciarsi alle spalle per diventare adulto, cosa ne dici? >> le aveva risposto, per smorzare la tensione e l’inquietudine da cui era stato invaso a quella dichiarazione.
“Fanculo” pensò invece in quel momento “fanculo a tutta questa merda.”
Ecco, si era innervosito di nuovo. Meglio sfruttarlo. Meglio riprendere l’allenamento, si era riposato abbastanza.
Quando si alzò in piedi, non poté fare a meno di notar svettare la spada laser. Se l’era assicurata alla cintura senza pensarci troppo, e poi l’aveva lasciata lì, come un pensiero nascosto agli angoli della propria mente.
Provami, sembrava dirgli, con il metallo scintillante per il riflesso del sole.
Alzò gli occhi al cielo e poi li abbassò a terra, di nuovo in conflitto. Poi sbuffò, la afferrò con una mano e, rimirandola ancora una volta con un’espressione contemplativa, la accese.
“E va bene. Ma lo farò come si deve.”
La resse con la sola mano destra e provò a maneggiarla con un paio di giri e colpi. Bilanciata era bilanciata, ma si vedeva lontano un miglio che era un’arma fatta apposta per essere impugnata a due mani, oppure per essere supportata da una seconda arma. Be’, per sua fortuna, all’occorrenza sapeva benissimo usare un approccio interscambiabile.
Quindi, la strinse con entrambi i pugni e vibrò dei fendenti usando la roccia come punto di riferimento. Prima con timore reverenziale e inadeguatezza, poi semplicemente si abbandonò come prima alla focalizzazione, e così proseguì, via via, sempre con più fermezza, decisione e sicurezza, finché non si rese di conto di sentire quella spada laser come una parte di lui. Come fosse una delle tante spade che evocava dal suo potere, come fosse nato per un’arma del genere.
“Sono un tutt’uno con la Forza, e la Forza è con me.”
Non si chiese da dove gli venissero certi pensieri, sensazioni e intuizioni. Non ne aveva bisogno, ormai lo sapeva. Come sapeva che erano la verità, perché non avrebbe saputo descrivere in maniera migliore quanto stava provando. Era un tassello nell’universo incastonato in perfetta armonia con tutto: quasi gli pareva che il sole splendesse di più ma senza accecarlo, che la luce del laser ronzasse più forte, fondendosi al suo respiro e al suo battito, l’aria stessa supportava i suoi muscoli come una spinta amorevole, il suo sangue pompava come un fiume tranquillo senza ostacoli…
Poi udì uno strattone agli angoli della mente e vide l’ombra calare, inesorabile, maligna e aggressiva, irta di terribili tentacoli pronti a ghermire tutto per consumarlo come un parassita. Tutto si tinse di rosso e l’incanto si spezzò, scacciato e sostituito dalla paura, la collera e l’odio.
La spada laser gli fremette tra le mani trasudante una sensazione di urgenza, sussurrandogli di scacciare via quel male provocatore di tanta disarmonia. Fire si girò di scatto vibrando un sonoro fendente contro il nemico… ma poi si bloccò a mezz’aria.
La luce e le tenebre si ritrassero, e il mondo tornò ai colori originari, quando si rese conto di avere la spada serrata in direzione dell’elmo di Darth Vader.
L’Oscuro Signore dei Sith inclinò la testa, come se lo stesse osservando curiosamente... ma come al solito, era difficile a dirsi, a causa della maschera inespressiva.
<< Quella spada laser... >> disse con la sua inconfondibile voce baritonale << dove l’hai presa? >>
Il ragazzo lo fissò a sua volta, mentre nel suo animo si accavallavano tutte insieme emozioni e pensieri contrastanti fra loro.
Si concentrò sulla luce verde che illuminava il casco dell’uomo, e infine, decise di adottare il suo stesso approccio.
<< Lada l’ha lasciata per me. >>
<< Tua madre... >> Vader annuì, contemplativo. << La cosa non mi sorprende. È sempre stata la più sentimentale tra noi due. >> Puntò le lenti su di lui. << Ma dimmi... chi credi sia stato a donarla a lei? >>
La lama ronzò più forte, così come quella sensazione di pericolo, di urgenza, di riconoscimento e terrore. Fu costretto a spegnerla e a riporla al suo fianco, perché gli stava sovraccaricando il cervello.
Fire rimase a fissarla di sbieco, socchiudendo le palpebre, prima di sollevare lo sguardo e serrare il pugno libero.
<< Ovviamente l’unico utente rimasto in vita della galassia dopo un genocidio di massa. >>
<< Una mera semplificazione >> obiettò il guerriero nero, con una cupa nota di divertimento << Non è stato un massacro ingiustificato. I Jedi e i Sith della mia galassia hanno avuto esattamente quello che si meritavano... ed eliminandoli, ho semplicemente fatto un favore all’universo. Puoi credermi, non mancheranno a nessuno. >>
<< Davvero? >> ribatté il giovane, con un sorriso storto, esasperato << Ti sei davvero mai fermato ad ascoltarlo, questo universo? O per te è molto più comodo vivere nel tuo mondo, dove tu sei il centro di tutto, e gli altri sono scarafaggi immeritevoli di considerazione? Cieli, com’è possibile che siate tutti uguali nella cerchia di quello psicopatico? >>
Scosse il capo, riponendo la spada laser nella cintura e girando lo sguardo altrove, fremente di rabbia e di accusa.
<< Sei venuto personalmente da me o è di nuovo “per caso”? Com’è stato un caso che io sia stato costretto a chiederti aiuto? >>
Il Signore Oscuro inclinò leggermente la testa.
<< Vedo che ancora non ti fidi di me >> constatò, pur non sembrando affatto offeso << Comprensibile, visto tutto quello che hai sentito di me. Probabilmente mi consideri solo un mostro, un despota crudele e tirannico il cui unico obbiettivo è portare morte e dolore ovunque vada. È così che ai tuoi amici Ribelli piace dipingermi. >>
Fece un passo avanti.
<< Ma se ti dicessi che in fondo, le nostre ideologie non sono poi così diverse? Credi che io desideri solo governare e opprimere i più deboli... ma è una concezione errata. Io cerco ti portare pace e ordine in una galassia caotica. >>
<< Be’, tu continui a considerarmi ingenuo e incapace di ragionare con la mia sola testa >> ribatté l’adolescente, in tono duro << Prima di tutto, io l’ho toccato con mano il tuo governo. Le persone non si sentono in pace né in ordine. Le persone o sono oppresse, o indottrinate. Il loro è il silenzio degli spaventati e dei bigotti conformisti, la loro è la ribellione dei disperati e la violenza degli esaltati. Perciò, non importa che cosa vuoi, visto che i fatti dicono altro: voi non permettete a tutte le voci di risuonare, le reprimete. >>
Incrociò le braccia e tornò a guardarlo negli occhi.
<< E non è colpa mia se sei temuto, invece che amato. Non provare a dirmi che è tutta una macchinazione dei ribelli. Sono le tue azioni a fare la differenza. In realtà, non mi importa molto di quello che vuoi, perché una cosa la so: tu sei dall’altro lato, e per quanto mi sforzi, per quanto possiamo parlarne, so che mi sentirò sempre lontano da te. E io non lo voglio. >>
Sussultò e si morse il labbro, come se si fosse reso conto di aver detto qualcosa di troppo. Poi scosse il capo e continuò, imperterrito.
<< E va bene. L’ho detto >> proseguì, gli occhi fiammeggianti << Non me ne frega un cazzo di quello che vuoi fare o non fare. L’unica cosa che mi interessa adesso, è che all’unico genitore che mi sia rimasto, a te… importa più di fare simili discorsi espansionisti perché io la pensi come te, invece che... non lo so, cazzo. Conoscerci meglio, magari? Io non so nemmeno che faccia hai, te ne rendi conto? Perché parliamo di queste grandissime stronzate di dominio!? Che cosa te ne fai!? >>
Vader rimase in silenzio per quasi un minuto buono, limitandosi a fissarlo attraverso le orbite rosse della maschera. Il suo respiro, lento e regolare, era l’unico suono udibile in quel piccolo angolo di universo. Poi…
<< Un tempo ero uno schiavo >> affermò freddamente.
Gli occhi di Baelfire si fecero sgranati, il fiato corto. Aveva sentito benissimo, semplicemente fu come se qualcuno gli avesse tirato un colpo così forte da intontirlo.
<< … Come? >>
<< Nel mio vecchio universo >> confermò il Sith, annuendo bruscamente << Mia madre lo diventò quando aveva solo vent’anni. Io nacqui dieci anni dopo, su un pianeta desertico chiamato Tatooine. Sai qual è l’unica cosa che ricordo della mia infanzia? Non l’abbraccio caloroso di quella donna, né la risata di altri bambini, o il mio primo giocattolo... no, di quei giorni rammento solo le scosse e le frustate che ricevevo ogni qualvolta disobbedivo ai miei padroni, o facevo qualcosa che li infastidisse. >>
Strinse la mano a pugno.
<< La schiavitù era considerata illegale... eppure, veniva praticata senza alcuna restrizione. Politici e ufficiali della legge erano troppo corrotti o compromessi per farsi avanti. E i Jedi? Coloro che avrebbero dovuto proteggerci? Se ne stavano tranquillamente rintanati nei loro preziosi templi, lasciando che i pianeti dell’Orlo Esterno se la cavassero da soli. >>
L’aria attorno al Signore Oscuro cominciò a vibrare.
<< Ma un giorno, quando avevo appena compiuto dieci anni, due Jedi si presentarono davanti al negozio del mio ultimo padrone >> riprese << Uno di loro scoprii la mia capacità di usare la Forza. Mi disse che voleva addestrarmi! All’epoca non potevo crederci: uno Jedi era venuto a liberarci, proprio come nelle favole che mia madre mi raccontava! Ma... fui solo io ad essere liberato. Mia madre fu abbandonata su quella palla di sabbia. >>
Ora Vader si trovava talmente vicino da permettere al figlio di scrutare gli occhi gialli nascosti dalle lenti della maschera, frementi di rabbia: era lo stesso colore delle fiamme screziate che decoravano le sue pupille.
<< E quando arrivai al tempio, sai cosa mi dissero gli altri Jedi? Che ero troppo vecchio per essere addestrato. Un bambino di dieci anni... troppo vecchio, poiché troppo legato alla donna che lo aveva amato e cresciuto! Così... mi hanno rimandato su Tatooine. E vuoi sapere cos’è successo dopo? >>
No. Fire non avrebbe voluto saperlo. Perché qualunque cosa fosse sarebbe stata terribile, e udirla avrebbe fatto troppo male. Provava la sensazione di aghi infuocati conficcati nel cranio che scendevano sempre di più in profondità, mentre ascoltava la sua storia senza interrompere nemmeno per un istante.
Aveva insistito per conoscere meglio suo padre, ed ora eccolo esaudito: ovviamente, non si aspettava minimamente sarebbe andata in questo mondo, e ora prova rimorso e pentimento. Era proprio vero che bisognava fare attenzione a ciò che si desiderava.
Le lacrime gli annebbiavano gli occhi, ma non distolse lo sguardo, sebbene stesse tremando.
<< Cosa ti hanno fatto? >>
<< Gli schiavisti >> sussurrò l’uomo, freddamente << mi hanno ricatturato. Hanno ucciso mia madre per assicurarsi che imparassi una “preziosa” lezione: che non sarei mai fuggito da lì. Che la Repubblica e i Jedi non sarebbero mai giunti in soccorso di noi schiavi, e che la feccia criminale della Galassia avrebbe continuato a prosperare indisturbata, portando caos e dolore in ogni angolo dell’Universo. >>
Abbassò la testa.
<< E per molto tempo... ci ho creduto. Ero fermamente convinto che sarei morto da solo, abbandonato, nelle segrete dei miei padroni... fino a quando non ho incontrato il Maestro. Lui mi ha liberato, mi ha aiutato a controllare i miei poteri e mi ha dato uno scopo. Insieme, abbiamo ricreato un Multiverso in fiamme. >>
Tornò a scrutare suo figlio dritto negli occhi.
<< Ho giurato a me stesso che non avrei lasciato che questo nuovo universo annegasse nel caos. Le nostre regole possono essere dure, spietate, ma sono una benedizione se paragonate all’incompetenza e alla negligenza in cui sono stato costretto a vivere. Io porto ordine affinché vi sia pace, anche se ciò significa eliminare i pochi per assicurare la sopravvivenza dei molti! È un lavoro sgradevole, ma necessario, poiché la vita senziente si è dimostrata incapace di prosperare senza una mano ferma. >>
Compì un passo indietro, ondeggiando il suo scuro mantello.
<< Ma naturalmente, non sono così ingenuo da pensare che sia un sistema perfetto. Esistono ancora persone che non si fanno problemi a depredare i deboli... proprio come il Governatore Shen. >>
Il giovane sentì nuovamente il conflitto ammantarlo. Non avrebbe mai voluto che quelle parole facessero presa su di sé e sul suo senso di responsabilità morale, ma lo stavano facendo, e non poteva evitarlo. Non riusciva a togliersele dalla testa.
Il suo primo pensiero fu che stesse cercando di manipolarlo, di impietosirlo e commuoverlo con una storia in cui era la vittima, ma… non l’aveva mai sentito usare un tono più dolorosamente sincero di quello. E poi, se ne sarebbe accorto se avesse cercato di mentirgli.
<< Perché allora non fermate quelli come lui? >> sibilò, sdegnato e ben deciso a non cedere di un passo << Perché ve la prendete con chi cerca di fare quello che voi non fate? >>
<< Perché un impero deve imparare a scendere a compromessi >> rispose il Sith, inflessibile << E sfortunatamente, non tutti gli abitanti di Battleground possiedono la volontà di fare ciò che è necessario per assicurare la Galassia con OGNI mezzo. Individui come Shen sono un male inevitabile, nel grande schema delle cose... ma uno a cui è possibile porre rimedio, con i giusti mezzi. >>
Si girò nuovamente verso di lui.
<< Diciamo, ad esempio, che il braccio destro del Maestro in persona conosca qualcuno che tiene profondamente alla gente di Gongmen. Qualcuno a cui potrebbe garantire un posto nella cerchia ristretta dell’Impero. Quel qualcuno... potrebbe tranquillamente sostituire il buon Governatore e rimediare a tutti gli errori da lui commessi... >>
<< No. >>
Aveva capito al volo dove stava andando a parare quel discorso. Quella semplice parola gli era uscita di getto, tanto che gli ci volle qualche istante per rendersi conto di averlo detto davvero, e soprattutto... che ci credeva, in quella negazione.
Con tutto se stesso.
<< Non voglio il potere. Non l’ho mai voluto >> continuò Fire.
E non solo quello. Ne era terrorizzato a morte. Era una responsabilità troppo importante, troppo sottile e pressante per prenderla con la leggerezza con cui ne parlava Vader.
<< Tutto quello che ho sempre voluto fare era aiutare la gente a reggersi in piedi da sola, laddove gli risultasse difficile. Chiunque può farlo, e non serve essere dei governanti. >>
Emise un sospiro doloroso.
<< È vero. Non tutti sono disposti a fare la cosa giusta. Ed è impossibile salvare tutti. Ma perché... non provarci e basta, piuttosto che essere così pessimisti e cinici? Perché scendere a compromessi? Perché non essere... più gentili? >>
Le parole del Dottore risuonavano nella sua anima e guidavano la sua voce.
<< Comprendo il tuo dolore, e ne sono toccato più di quanto vorrei ammettere. È ammirevole che tu voglia fare qualcosa per aiutare tutte le persone come te. Ma stai completamente sbagliando. Tu... tu lo fai, convinto che non ci sia un altro modo, se non quello di essere spietato quanto quello che combatti. Ma non è così! Non è l’unica strada. C’è sempre una scelta. Io ho sempre combattuto proprio perché non accettavo alcun compromesso, ed è ciò che più mi anima all’idea di combattere. Come puoi avere a cuore le altre persone, e la pace nella galassia... se tu, per primo, dentro di te, sei torturato? Cosa rende diverso te dagli schiavisti che ti hanno rovinato la vita, e dalle persone che non ti hanno aiutato quando avrebbero dovuto? Davvero non sai quanto molti, a questo mondo, hanno subìto le tue stesse tragedie? >>
Gli si inumidirono nuovamente gli occhi.
<< Mi dispiace. Non posso biasimarti fino in fondo. Se il Maestro avesse salvato la vita a me, probabilmente anch’io farei di tutto per lui. Non voglio farti cambiare idea, probabilmente non ci riuscirei mai. Però... so che amavi mia madre. E che lei ti amava. Perciò... devi saperlo. >>
Assottigliò lo sguardo, le fiamme negli occhi che si accendevano.
<< Lui ti ha mentito. Non sono stati i Ribelli ad ucciderla. Lei si è unita a loro, tradendo l’Impero. E per questo... l’Impero l’ha uccisa. >>
Vader rimase nuovamente in silenzio... e fu proprio questo ad attirare l’attenzione del ragazzo, poiché non udiva più il respiro lento e sibilante della maschera.
<< … Non pensavo che avresti tentato una tattica così subdola. Usare la memoria di tua madre per mettermi contro i miei alleati? Intelligente... ma sconsiderato >> aggiunse con un sibilo rabbioso.
<< Cosa? >>
Fire sgranò gli occhi, sentendo dentro di lui qualcosa che si spezzava. Non riusciva a crederci... ma era così. Quell’accusa faceva male. Gli provocava una fitta al cuore così dolorosa da spaccarlo in due.
L’istante dopo provò rabbia. Rabbia velenosa e genuina. Come osava anche solo pensare che volesse ingannarlo? Stava veramente insinuando che usasse Lada come mero strumento per convertirlo?
<< No, Darth. Io non sono come te! Non manipolo le persone per costringerle a fare come voglio! >> sbottò, furibondo << Quello che provi è solo e soltanto una tua responsabilità! >>
<< Tu non conosci ancora il potere del Lato Oscuro, Baelfire. >>
Per qualche motivo, sentirlo pronunciare il suo nome con quell’intensità lo fece rabbrividire.
<< Le capacità che hai ereditato da tua madre… sono insignificanti di fronte alla potenza della Forza. Una breccia in te è già aperta. E ora sgorga, indomita. Imparerai col tempo ad esserne cosciente. >>
<< Smettila! Lo stai dicendo solo perché non vuoi accettarlo: io volevo solo che tu lo sapessi. Se avessi una coscienza, sapresti che cosa significa preoccuparsi per le persone! Per quanto mi disgusti ammetterlo perfino con me stesso... mi importa di te. E tu lo sai. >>
Fire prese un respiro profondo, per calmarsi.
<< Non lo nego. Sarebbe bello averti al mio fianco, piuttosto che a quello del Maestro, perché sono un moccioso disperato in cerca di attenzioni, specialmente dopo che Logan è morto e la ferita è ancora aperta... ma la scelta è, e rimane, solamente tua! Io non posso obbligare te, e così tu non puoi obbligare me. >>
Sentiva la gola lacerarsi, ma continuò lo stesso.
<< Ma sai cosa possiamo evitare? Affrontarci sul campo di battaglia. Perché questo succederà. E io non voglio farlo. Perché non possiamo... evitare di farci del male così? >>
Un altro respiro, un altro turbamento nella Forza, come tanti tentacoli oscuri che si agitavano nell’aria, invisibili, coprendo la figura di Vader come una specie di velo.
<< ... è troppo tardi per questo, figlio mio >> disse, facendo un passo indietro << Ho scelto il mio destino molto tempo fa. Ma sappi che quando c’incontreremo sul campo di battaglia... tu ti unirai a me. L’ho previsto. >>
<< No! >>
Stavolta, fu Fire a fare un passo avanti con veemenza. Ci fu un altro turbamento nella Forza, come dei fasci di luce che si proiettavano dal ragazzo allo stesso modo di un prisma, cercando di aggirare il velo d’ombra che copriva il suo interlocutore.
<< Ho fatto anch’io la mia scelta. Il Maestro avrebbe dovuto dirti anche questo! Io non cederò. Sarai costretto ad uccidermi! >>
Un silenzio opprimente calò nuovamente su di loro, mentre le loro ombre tremolavano, come fossero sul punto di aggredirsi a vicenda.
Infine, la voce di Vader si levò nuovamente alta. << Se non combatterai... allora subirai quel destino. >>
L’adolescente tremò da capo a piedi. Senza più alcun freno, di fronte a quella dichiarazione, le lacrime esplosero nei suoi occhi e scesero copiose a rigargli la pallida pelle delle guance.
<< Ritrova te stesso, padre! Non puoi farlo! >> Stava praticamente singhiozzando e supplicando, ma non gliene importava più niente. << Non sei obbligato a farlo. Avverto il conflitto che è in te. Ti sta dilaniando! Lascia che l’odio vada via! >>
Vader abbassò la maschera, come se stesse realmente considerando le parole del figlio. Ma quando levò il capo... Fire sentì ogni speranza infrangersi come schegge di vetro cadenti.
<< Mi dispiace, figliolo. Ma... non c’è alcun conflitto. >>
E pronunciate tali parole, la figura monolitica del Sith scomparve in un turbinio della Forza.

* * *

Quando era da sola, Auth sprofondava nei suoi pensieri. Pensieri che solo lei poteva comprendere mentre, con gli occhi umidi e la pelle dorata a brillare sul proprio corpo fissava le piccole nebulose nel palmo della mano. In quelle occasioni, quando Marie era impegnata col giovane Royston, la donna cercava un rifugio, un suo posto nel quale pensare, concepire idee mutevoli osservando il cielo notturno del pianeta.
Era immersa in un sentimento familiare, qualcosa che aveva conosciuto bene per anni, che aveva bramato: l’aspettativa di una battaglia.
Un brivido la percorse da capo a piedi. I suoi occhi studiavano quelle nuove costellazioni… e agitando pigramente le dita della mano destra, ne ricreò una versione in miniatura di fronte a sé, divertendosi a modificarle come fosse una bambina a ricercare nuove forme.
<< Bel trucchetto >> commentò una voce alle sue spalle << Quando ero più giovane potevo fare qualcosa di simile... be', non proprio simile, in verità. Ricordo che avevo bisogno di un cappello, un uovo e una gallina, o qualcosa del genere. I bambini ne rimanevano sempre estasiati. >>
Auth agitò piano la mano verso destra, gettò un'occhiata alle spalle e sorrise al volto anziano, segnato da profonde righe d'espressione, dal tempo e dalle vite vissute del Dottore. Si alzò in piedi, portandosi sulle punte e chinò il capo.
<< Riflettevo sul senso della mia presenza in questo mondo >> disse amichevole, con un lieve sorriso, come parlasse ad un bambino << e certo non sei tanto vecchio, forse sei anche più giovane di me, o forse no... ma noi sappiamo che il tempo è alquanto relativo. >>
<< Mai definizione fu più vera, date le circostanze >> convenne l'alieno, restituendo un sorriso consapevole. << Ma se sei disposta ad accettare il consiglio di qualcuno che ha viaggiato parecchio, non credo che dovresti domandarti troppo a lungo sul perché tu sia giunta in un luogo. >>
Gli occhi grigio-azzurri del Signore del Tempo si sollevarono in direzione della volta stellata << Quello che dovresti davvero chiederti è... cos'ho intenzione di fare ora? >>
<< Parli davvero come un vecchio >> disse Auth, seguendo il suo sguardo, stringendosi il polso destro con la mano sinistra dietro la schiena e inarcando il collo per osservare le stelle.
<< La verità è che ho sempre avuto il pieno controllo di ogni cosa, anche se ero indissolubilmente legata alle leggi del mio universo... ora non lo so. Non sono libera, certo, ma posso decidere cosa fare del tempo che mi resta su questo mondo. È complesso ritrovarsi in un corpo mortale dopo tanto tempo... ma credo che ciò che io voglia fare sia... vivere ogni momento, perché so quanto questi spazi, questi frammenti di esistenza siano preziosi.  Scusa >> aggiunse scuotendo il capo << se parlo così, ma sei l'unico col quale sento di... potermi esprimermi in un certo modo. >>
<< Non preoccuparti, è perfettamente comprensibile>> la rassicurò il Dottore, sedendosi sull'erba << E sentiti libera di esprimerti come preferisci. Dopotutto, questa non è la prima volta che incontro una creatura come te. Se non sono troppo indiscreto, com'eri, prima di arrivare qui? Molto potente, immagino... ma quando mai il potere è stato sufficiente per definire una persona nella sua interezza? Il Maestro ne è la prova vivente.>>
<< Intendi quando veleggiavo? >> chiese lei distendendosi sulla schiena << non credo di poterlo definire davvero, non con parole mortali. Immagina il Big Bang, ciò che ha dato origine ad ogni cosa... immagina che avesse una coscienza, un corpo e che trattasse i pianeti come figli ora capricciosi, ora timidi... e che il Big Bang si trovasse al centro di una torre che era l'universo. Ma immagina anche una bambina che osservava intere civiltà darsi battaglia in guerre di proporzioni cosmiche che si consumavano in anni luce...>> si mise seduta a sua volta, inclinò il capo da una parte, agitando piano la coda sull'erba umida di rugiada. << Immagina tutto questo e forse non riusciresti a capire... neanche io ci riesco appieno. Vista da fuori, però... è una vita terrificante. >>
<< E solitaria, immagino >>mormorò il Dottor, scrutandola con la coda dell'occhio << Senza nessuno con cui condividere tanta meraviglia... qualcuno che sia capace di comprenderne la bellezza o mirarla senza rimanerne abbagliato... o peggio. Perché in quella bellezza può anche nascondersi l'orrore. >>
<< Questo non è del tutto vero. Avevo una compagna, nel mio mondo >> spiegò la donna, sedendosi sulle gambe intrecciate << Era così felice, serena... Vedeva tutto, capiva tutto in quella sua piccola... testolina bionda...>>
Il ricordo di Kyrie le strinse il cuore e distolse lo sguardo, cercando di nascondere le lacrime, cristalli liquidi che le colavano sulle guance.
<< Lei... mi ha permesso di sentirmi... viva, in un modo che solo i mortali possono concepire. >>
Il Dottore rimase inizialmente in silenzio, come se fosse completamente assorto nei suoi pensieri. Poi, sospirò stancamente: << Sfondi una porta aperta  >> disse, mentre si passava una mano tra i capelli argentati << Anche io avevo una compagna una volta. Be', ne ho avute tante, ma lei la ricordo in particolare. Si chiamava Clara, ed era la mia migliore amica. Viaggiavamo attraverso il tempo e lo spazio, in lungo e in largo, come se potessimo farlo per l'eternità! Quante cose abbiamo visto... quanti mondi ed epoche abbiamo esplorato... >> Sul volto dell’alieno calò una cupa ombra. << E poi arrivò lo Scisma. Io... l'ho persa >> sussurrò << Non ero con lei quando è successo, e così non ho avuto la possibilità di salvarla. Ho creduto fino all'ultimo che potesse essere ancora viva, nascosta in questo universo... ma ora so che si trattava solo di una vana speranza. >>
<< ... Sei stato fortunato >> sussurrò Auth alla fine alzandosi in piedi. << Io ero con Kyrie quando lo Scisma ha colpito... l'ho vista andare in pezzi davanti ai miei occhi... annientata >> sussurrò con un filo di voce. << Ho sterminato eserciti, bruciato città, ho fatto precipitare nazioni nel caos... ma quello che ho visto... mi ha fatto tremare. >>
Lo sguardo del Signore del Tempo divenne pieno di compassione.
<< A rischio di sembrare un cliché ambulante, so bene quello che stai passando >> asserì, mettendole una mano sulla spalla << Non avrò visto morire Clara coi miei occhi... ma nella mia lunga vita, ho perso molte più persone di quante un umano potrebbe mai incontrarne in un’esistenza intera. Affezionarsi ai mortali è facile. Lasciarli andare? A volte sembra quasi che la morte sarebbe un'alternativa più piacevole... e non lo dico solo perché l'ho incontrata almeno una dozzina di volte. >>
<< Credo che la Morte fosse una mia parente, almeno da dove provengo >> sussurrò lei << ma non era piacevole, e non era caritatevole. I mortali, d'altro canto… li consideravo fortunati: vivere una volta sola significa potersi svegliare e non sapere a cosa si andrà incontro, essere grati di ogni singolo attimo di vita mentre noi… noi ripetiamo un'esistenza errante e monotona, giorno dopo giorno... >>
Scosse la testa.
<< Si dice che si vive e si muore una volta sola >> aggiunse << Ma in realtà, si muore una volta sola e si vive ogni giorno. >>
<< E per cosa hai intenzione di vivere, adesso? >> la incalzò il Dottore, pur con tono gentile << Per quanto mi dispiaccia ammetterlo, tu e la tua amica avete ben poco a che fare con la Ribellione. Potreste andarvene e cercare un luogo in cui potervi sistemare, lontane da tutto questo... quindi perché restare e combattere al nostro fianco, rischiando di perdere anche quella possibilità? >>
<< Ah, ma io ci ho pensato >> rispose lei << ho pensato di allearmi col Maestro, ho quasi ceduto alle richieste di Loki... ma alla fine ho pensato: ho una mia dose di responsabilità per tutto questo, o almeno così la vedo io... >>
Lo guardò negli occhi.
<< E poi, ormai è troppo tardi no? È inutile piangere sulle stelle cadenti, si può solo accettare il cammino che ci siamo scelti. E chissà, forse, dovessi morire rivedrei Kyrie... non che Marie mi dispiaccia, sa essere... molto piacevole, se capisci cosa intendo >> sussurrò con malizia << Ma io, io voglio qualcosa di... diverso, qualcosa che in questo mondo non troverò mai. >>
<< Mai è una parola fin troppo abusata >> ridacchiò il Dottore << e per quel che vale... apprezzo che tua sia rimasta. Dico davvero. E se mai dovessimo riuscire a sopravvivere a tutto questo, forse potrei aiutarti nella tua ricerca. Sono sempre stato bravo a trovare le cose! Mia moglie era un'archeologa, quindi mi sono tenuto allenato. >> Allungò una mano verso di lei, in attesa. << Affare fatto?>>
<< Ah, voi ragazzini che credete di sapere tutto >> scherzò lei, ridacchiando sommessamente. << Ma immagino che fare un patto con te sia una cosa buona, in un universo del tutto caotico. >>
Gli strinse la mano, poi tornarono a guardare le stelle. E così rimasero, in placido silenzio, fino a quando i primi raggi dell’alba non illuminarono le piane di Dreamland.
 


 

E così si concludono i primi tre giorni della settimana infernale, prima dell'inevitabile scontro. La scacchiera è pronta... le pedine si muovono. Ma per quanto riguarda il lato dei cattivi? Be', lo scopriremo nel prossimo capitolo!

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Capitolo 43
*** Capitolo 39 - La settimana infernale: Parte 2 ***


Eccovi un nuovissimo capitolo, questa volta dedicato ai cattivi della storia! Vi auguriamo una buona lettura.



Capitolo 39 - La settimana infernale: Parte 2

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"Now I know you've been malicious,
Spiteful and a trifle vicious
It's no secret that you cheated and you've lied
And you've done some double dealing,
Scheming, swindling, and stealing
You're an amateur, but heaven knows, you've tried."


Charlie 2 - It Feels So Good To Be Bad


Per qualsiasi individuo inconsapevole della vera natura del sovrano di Battleground, la Sala dei Trofei del Maestro sarebbe sicuramente apparsa come un luogo pervaso da un’atmosfera mistica e gloriosa, proprio come colui che ne deteneva il monopolio.
Al suo interno, era possibile osservare reliquie di epoche e realtà ormai dimenticate, oggetti appartenuti ad alcuni dei più grandi guerrieri partoriti dal Multiverso, di mostri, eroi e tiranni in egual misura, esseri eccezionali che per nulla al mondo si sarebbero sottomessi alla volontà del Signore Supremo di Battleground.
Molti di loro erano stati valutati da quest’ultimo come potenziali reclute per la sua causa, prima di essere brutalmente annientati per la loro incapacità di collaborare con una forza più grande. Altri ancora erano stati semplicemente eliminati per diletto, oppure perché rappresentavano una potenziale minaccia alla nuova realtà creata dai resi della precedente.
Ormai, di quegli individui eccezionali restavano solo le reliquie che li avevano contraddistinti durante la loro vita, echi di mondi divorati dallo Scisma e da coloro che avevano dato il via al fenomeno. Il Maestro aveva scelto di conservarli per un dublice scopo: da una parte – come accadeva spesso con tiranni megalomani come lui – il poter osservare simili reliquie con la consapevolezza di averle sottratte ai loro precedenti proprietari, era sempre un modo piacevole per rammentare a se stessi la superiorità intrinseca della propria esistenza. D’altro canto, il Maestro sapeva che prima o poi simili artefatto avrebbero potuto fornirgli un vantaggio considerevole contro avversari particolarmente ostici, poiché era stato costretto a sacrificare molto del suo potere per proteggere Battleground dall’azione quasi inarrestabile dello Scisma.
Quel giorno, il Signore del Tempo si era recato nella sala proprio per questo scopo. Aveva lanciato una sfida a colui che era sempre stato il suo più pericoloso e accanito avversario… ecco perché voleva assicurarsi di presentarsi all’imminente battaglia il più preparato possibile.
La sala era davvero magnifica, spaziosa quanto un hangar areonatutico e immersa in una luce bluastra. Lungo le pareti e all’interno di teche in vetro spiccavano quelle stesse reliquie che per anni avevano svolto il semplice ruolo di ornamenti, salvo alcune che si erano guadagnate l’affetto del Signore del Tempo.
<< Vediamo un po’… prenderò sicuramente questo >> disse l’uomo, mentre estraeva una spada simile alla lancetta di un orologio, la stessa che aveva usato nel suo scontro con Auth e la sua piccola vampira.
L’arma proveniva dal mondo di Grugaloragran, una spada che rappresentava il concetto stesso di “Tempo” nella sua forma più distruttiva, quindi più che appropriata per un membro della sua specie. A quanto ricordava, era appartenuta ad uno Xelor di nome Nox, uno stregone Temporale che in quell’universo aveva cercato di sovvertire le leggi del tempo stesso per una qualche ragione strappalacrime che aveva già dimenticato.
Dopo averne afferrato l’elsa, il Maestro la fece roteare tra le dita e compì un paio di affondi di prova, poi la lasciò cadere in un sacco evocato dal nulla.
<< Oh, sì, proprio come lo ricordavo. E vediamo… anche questo! >> esclamò, mentre afferrava un libro nero dalla copertina in pelle.
Com’è che l’aveva chiamato Walter? Nano… Neo… Necronomicon! Ecco il nome che, a detta del suo socio e di Pennywise, aveva instillato il terrore nel cuore di moltissime realtà e dei suoi abitanti. Un vero e proprio concentrato di tutta la magia blasfema e contorta che ancora aleggiava negli spiragli di Battleground, invisibile a tutti coloro che non sapevano dove cercare… ma non al Maestro, la cui anima era parte intrinseca di questo universo in decadenza.
Dopo averlo infilato nel sacco, riprese a camminare.
<< E questo qui, e anche quest’altro… questo no >> sbuffò, mentre superava un anello dorato su cui spiccavano delle scritte in una lingua sconosciuta << E neanche questo. >>
Un guanto d’oro capace di eliminare metà della vita senziente con un semplice schiocco di dita sarebbe stato decisamente utile, ma sfortunatamente gli effetti delle Gemme dell’infinito che conteneva erano stati completamente annullati dalle conseguenze dello Scisma, la cui portata distruttiva era riuscita a cancellare completamente i concetti che rappresentavano. Ormai, tutto ciò che restava del Multiverso era Battleground… e il potere di quegli artefatti era diminuito di pari passo, diventando solo una minuscola parte della sua portata iniziale.
Gli occhi del Maestro continuarono a spaziare attorno alla sala, soffermandosi brevemente su una teca contenete sette sfere arancioni. A quanto rammentava, prima dello Scisma erano state in grado di esaudire qualsiasi – o quasi – desiderio, ma l’essere che avrebbero evocato per il rituale era morto durante la catastrofe. Forse era stato una Sfinge, oppure un dragone… niente di cui doveva preoccuparsi al momento.
<< No… Sì! >> esclamò, dopo aver notato un anello giallo che brillava vicino ad una specie di lanterna << Sì! >>
Lo prese in mano, sentendosi istantaneamente avvolgere da un’energia indomita.
Una fonte di potere influenzata direttamente dall’emozione che per molto tempo aveva fomentato nei cuori e nelle menti dei suoi sudditi… paura. Terrore e timore nella loro forma più pura, ulteriormente accresciuti dagli incubi diffusi da Pitch Black. Finalmente, sarebbe riuscito a metterli a buon uso.
<< Oh, sì! >>
Infine, il suo sguardo si posò su una sfera perfettamente lucida.
Facendo mente locale, ricordò che la sua proprietaria precedente – una certa strega dalla pelle verde – era solita usarla come una specie di televisore a distanza per poter osservare coloro che la interessavano, come una specie di stalker.
Nei primi anni di Battleground, il Maestro aveva provato ad usarla per rintracciare il Dottore, prima di scoprire che la portata dell’artefatto era limitata al pianeta su cui veniva usata.
<< Forse c’è spazio anche per questo >> borbottò, mentre la lasciava cadere nel sacco. Dopotutto, sarebbe stato piuttosto divertente poter osservare lo svolgersi della battaglia – o meglio, del massacro – da un punto in cui non sarebbe stato disturbato. Sicuramente anche i suoi sottoposti avrebbero apprezzato.
Batté ambe le mani in un sonoro rintocco.
<< Bene, direi che siamo pronti a muoverci >> commentò soddisfatto << Chiamiamo a raccolta la vecchia banda! >>
E dopo aver pronunciato tali parole, si smaterializzò dalla stanza in un turbinio di magia temporale.

* * * 

Darth Vader, Oscuro Signore dei Sith… era in conflitto.
Un’affermazione che – presa in un altro contesto
 – avrebbe certamente sorpreso qualsiasi membro dell’Impero o della Ribellione, considerato quanto fosse ben nota la sua fama di braccio destro del Maestro in persona, un titolo per cui molti avevano cominciato a considerarlo l’erede de facto dell’Impero, visto che il sovrano indiscusso di Battleground non aveva figli. Eppure, nonostante tutto il suo potere, nonostante la posizione che ricopriva sia in ambito militare che governativo… il Signore dei Sith era in conflitto, e tutto a causa dell’ultima conversazione avuto con Baelfire Royston, la sua progenie.
Malgrado nelle ultime ore avesse cercato con tutto se stesso di ignorare le parole del ragazzo, non poteva negare quanto avessero scosso la sua fiducia nell’uomo che lo aveva salvato da una vita di dolori e sofferenze.
Come ogni volta che si ritrovava a contemplare la propria lealtà nei confronti del Signore del Tempo, la mente di Vader tornò a ritroso nel tempo.

Rammentava assai bene il giorno in cui aveva incominciato il suo addestramento per diventare un Sith... il giorno in cui aveva conosciuto il Diavolo in persona, o la cosa più vicina all’archetipo del male nella sua forma più pura.
Era avvenuto alcune settimane dopo che il Maestro lo aveva salvato dalla sua prigionia.
Una volta nutrito e riposato a dovere, il Signore del Tempo lo aveva condotto nelle aride piane di un deserto fin troppo simile a Tatooine, cosa che all’inizio lo aveva terrorizzato. Temette che il Maestro lo avrebbe abbandonato agli schiavisti ancora una volta, ma invece i due si erano recati fino ad una piccola capanna in mezzo al nulla.
Una volta lì, il Maestro si era rivolto a lui con il suo classico sorriso tutto denti.
<< Stiamo per incontrare una persona molto speciale, Anakin >> gli disse il Signore del Tempo << Non farti ingannare dal suo aspetto. Oltre a me, è probabilmente l’individuo più pericoloso di tutto il Multiverso. >>
<< Allora perché dobbiamo incontrarlo? >> chiese il bambino, visibilmente spaventato all’idea di conoscere una persona del genere.
Il Signore del Tempo gli diede una pacca rassicurante sulla spalla.
<< Perché è anche il mio più stretto alleato >> rivelò << Qualcuno che svolgerà un ruolo fondamentale nei nostri piani... e nella tua prossima educazione. >>
E, detto questo, spinse gentilmente il bambino all’interno della catapecchia.
L’allegra musica di un pianoforte lo accolse, spingendolo a guardarsi intorno, meravigliato. Si trattava di un loggiato, praticamente vuoto, ad eccezione di un bar ricolmo di alcolici, alcuni tavoli e sedie sparsi qua e là, e un pianoforte avvolto nella penombra.
E proprio vicino a quello strumento… c’era un uomo apparentemente impegnato a suonarlo, girato di spalle. Sembrò attendere pazientemente che trovasse il coraggio di avvicinarsi, prima di girarsi lentamente grazie alla sedia, con un magnetico sorriso bianco e perfetto.
<< Ciao, cucciolo. >>
La voce di Walter Padick era dolce e melliflua come il miele. Sembrò scrutarlo appena, inclinando il capo con fare amichevole, e dopo qualche istante, profondamente contrito e dispiaciuto.
<< Oh, no, non avere paura. Non voglio farti del male >> dichiarò, in tono rassicurante << Al contrario, voglio aiutarti. >>
<< A… aiutarmi? >> ripeté Anakin, improvvisamente guardingo, pur animato da una sincera curiosità.
Quell’uomo sembrava... sbagliato, fu il primo termine che gli venne in mente. Era come se fosse circondato da una patina di olio color pece... come se fosse in più posti contemporaneamente, circondato da un velo di oscurità. Era molto diverso rispetto ai Jedi che aveva incontrato, luminosi come stelle al chiaro delle lune di Tatooine.
Un sorriso si dipinse nuovamente lungo il volto del suo interlocutore, anche se sembrava molto più simile ad un ghigno.
<< Be’, vedi, è una delle tante cose che so fare meglio, mio caro, dolce piccino. Aiutare quelli come te, poveri indifesi che non hanno nessun altro a cui potersi rivolgere. >>
Delicatamente gli pose due dita sotto il mento sollevandolo appena perché i loro sguardi si incrociassero. Anakin si vide riflesso in quei cristalli di ghiaccio, che però sembravano essere capaci di incenerirlo da un momento all’altro grazie all’intensità con cui lo scrutavano.
<< E tu... hai un grande potere. Sei sensibile alla Forza, uno dei tanti nomi con cui è chiamata l’energia che scorre nel multiverso. Essa... scorre potente dentro di te. Solo degli imbecilli tronfi e arroganti liquiderebbero tutto questo, per gettarti via come spazzatura. >>
Walter si ritrasse e si sollevò in piedi, passeggiando con falsa noncuranza attorno a lui.
<< Ma ahimè, come biasimarli del tutto? In fondo, non sono me. Io ho un certo talento per i giochi di magia. È così che riconosco subito i giovanotti promettenti. >>
<< Ed è esattamente la ragione per cui ho organizzato questo incontro >> si intromise il Maestro, entrando nella stanza e mettendo ambe le mani sulle spalle del ragazzo << Il signor Padick, qui, ha già avuto a che fare con persone con il tuo tipo di talento... anche se mai potenti quanto te. Hai bisogno di addestramento, caro Anakin! Per quello che dovremo fare, è necessario che tu impari a sfruttare quei doni che ti sono stati concessi dalla provvidenza. Padick ti insegnerà a farlo. >>
Il giovane ex schiavò guardò dubbioso il suo salvatore, prima che ogni esitazione venisse sostituita da rinnovata determinazione.
Se il Maestro si fidava di quest’uomo, allora poteva farlo anche lui. Inoltre... il Signore del Tempo gli aveva salvato la vita, e non solo. Il minimo che poteva fare era permettergli di coltivare i suoi poteri e dimostrarsi un’utile risorsa.
<< Cosa devo fare? >> chiese, rivolgendo ancora una volta all’Uomo in Nero.
<< Ogni cosa a suo tempo, mio caro >> replicò Walter << Il patto è questo. >>
Forse era uno scherzo della luce, ma al bambino parve che delle fiamme si fossero accese negli occhi del rinominato stregone.
<< Dovrai obbedire ad ogni mia richiesta, anche se potrà sembrarti dura, crudele e spietata. Perché questo sarà il solo modo in cui potrò forgiare il tuo potenziale. L’allenamento sarà faticoso, non privo di sofferenze e di sacrifici. Ma posso assicurarti che da tutto questo… tu rinascerai più forte che mai. Da te mi aspetto devozione, rispetto e collaborazione. >>
Anakin lo fissò, terrificato. Restò in silenzio per qualche istante, poi sussultò appena quando vide lo stregone scoppiare a ridere.
<< Ma dai! Cos’è quella faccia!? Non sono qui per sottoporti a torture, per l’amor del cielo! Sono qui per insegnarti a lasciarti completamente andare. Per non avere più catene, né impedimenti, né ostacoli. >>
Gli tese la mano, spalancando il suo palmo.
<< Tutto ciò che ti chiedo, come già detto, è la tua fedeltà. E una stretta di mano! >>
Anakin sbatté le palpebre, sorpreso dalla disinvoltura dell’uomo. Per certi versi, il suo modo di comportarsi gli ricordava molto quello del Maestro.
“Capisco perchè sono amici” rifletté, mentre arricciava la bocca in un sorriso nervoso.
Guardò un’ultima volta il suo salvatore, che lo incoraggiò con un cenno della testa. Poi, strinse la mano dell’Uomo in nero.

6 mesi dopo

<< Ti stai concentrando troppo, Anie. >>
La voce di Walter Padick giunse a metà fra la noia e l’impazienza.
<< Le pietre non si muoveranno solo perché tu lo vuoi. >>
In piedi, di fronte ad un cumulo di massi, il bambino strinse gli occhi, la fronte aggrottata e le labbra arricciate in un cipiglio.
<< Io... ci sto provando, signor Padick >> sibilò, mentre fletteva ulteriormente la mano destra, quasi sperasse che così facendo sarebbe riuscito ad afferrare l’enorme roccia.
<< Non ci stai provando abbastanza! >> sbottò Walter con voce acuta, in uno scatto di pura stizza.
Si accorse della propria veemenza e così prese un respiro profondo.
<< Voglio dire... >> replicò, in tono più ammorbidito << che non ti stai concentrando su ciò che dovresti. >>
Si avvicinò, poggiandogli una mano sulla spalla.
<< Usare il Lato Oscuro, anche solo in minima parte, significa fare appello alle tue passioni. La semplice forza di volontà e la brama di potere non bastano. Devi aggiungere... un po’ di piccante, alla tua portata. >>
Si picchiettò il mento, pensieroso.
<< Perché non provi ad immaginare che la roccia sia uno di quegli schifosi schiavisti? Pensa come sarebbe bello, farlo svolazzare, e poi sbattere di qua e di là come una marionetta. Non se lo sarebbero meritati, dopotutto? >>
Il corpo di Anakin sussultò. Subito, la mente del ragazzo venne invasa dai volti di coloro che lo avevano costretto ad una vita di servitù.
Ricordò il suo primo maestro, Gardulla The Hutt, che più e più volte gli aveva mostrato quanto una frusta potesse essere dolorosa. E poi rammentò Watto il todoriano, che mai una volta gli aveva permesso di dimenticare quanto la sua esistenza fosse insignificante rispetto agli altri abitanti di Tatooine. E poi Jabba... l’assassino di sua madre, e il mostro che lo aveva rinchiuso in quella gabbia.
All’improvviso, la mano del bambino cominciò a tremare, e così fece anche la roccia di fronte a lui.
<< Bene... >> Padick ridacchiò, a dir poco soddisfatto << bene... l’odio è ciò a cui devi aggrapparti. È il tuo più potente alleato! Abbraccialo! Lascia che ti attraversi! Il controllo ti limita. E se hai paura... bene! Lascia che ti domini e ti spinga a reagire con tutta la tua forza! Senti la rabbia che cresce! Lascia che divori! >>
E fu così che Anakin permise permise alla paura, la collera e l’odio d’impadronirsi di lui, per la prima volta.
La Forza vibrò sferzante, ringhiando e graffiando come una bestia impazzita. Si avvolse attorno alla roccia... e cominciò a "tirare"... no... a "sollevare"!
Il masso si alzò lentamente da terra, mentre il suolo crepava sotto i piedi del bambino.
Non poteva vederlo, ma un ghigno terrificante, dai denti affilati come rasoi, si era dipinto sulle labbra pallide del suo maestro, gli occhi ardenti come due fornaci infernali.
<< Notevole, mio apprendista >> commentò << davvero... notevole. >>

5 anni dopo
 
Anakin Skywalker sedeva sopra un’altura, circondato da rocce di varie dimensioni. Alcune poco più grandi della testa di un uomo, altre tanto pesanti da poter eguagliare una piccola astronave.
Fluttuavano attorno a lui come se non avessero peso, quasi pacifiche... al contrario degli occhi del giovane apprendista, assai diversi dalle pozze azzurre di un tempo. Ora sembravano quasi crateri vulcanici riempiti di lava, gialli e bordati di rosso.
<< Hai bisogno di qualcosa, Padick? >> chiese a un certo punto, senza nemmeno voltarsi.
Anche se non poteva vederlo, il giovane percepì chiaramente il sorrisetto che si formava sulle labbra del suo maestro.
<< Ormai, dopo tutto questi anni, Walter non è sufficiente? >> lo punzecchiò << In ogni caso... il Maestro mi ha chiesto di farti sapere che ha messo a punto un programma per aiutarti a passare, finalmente, alla tua prossima tappa. >>
Gli si teletrasportò davanti.
<< È tempo che impugni finalmente una spada laser, ragazzo mio. >>
Gli occhi del giovane Sith si spalancarono sorpresi.
Quasi inconsciamente, tirò fuori il regalo che il Maestro gli aveva fatto anni orsono, la prima volta che si erano incontrati nelle prigioni di Jabba: un cilindro argentato, la cui vera natura gli era stata spiegata poche settimane dopo dallo stesso Walter.
<< La mia spada laser >> sussurrò, sentendosi invadere dall’eccitazione. Finalmente, sarebbe passato alla fase successiva del suo addestramento.
Mentre le rocce tornavano a terra, si alzò in piedi e offrì al suo insegnante un inchino rispettoso.
<< Sono pronto. >>
Viaggiarono fino a raggiungere una struttura tecnologica sotto indicazione del Maestro stesso. Lì Padick lo condusse in un’ampia sala con pareti di vetro, da cui entrambi gli uomini avrebbero assistito alla prova.
<< Ho reclutato una promettente serie di giovani dai poteri sovrannaturali >> declamò il Maestro << Il tuo compito, be’... sarà quello di sopravvivere al loro assalto contro di te. >>
<< Ricorda il tuo addestramento, apprendista >> si limitò a dichiarare lo stregone, incrociando le braccia.
Pochi secondi dopo, una figura avanzò dall’ombra della sala. Era poco più bassa di Anakin, con il corpo avvolto in una tonaca e il volto coperto da una pallida maschera. Quando fu abbastanza vicino, il giovane Sith si rese conto che nella mano destra reggeva una spada laser.
Subito assunse una posizione difensiva, pronto per il combattimento imminente. L’addestramento con Walter gli aveva insegnato che non era mai una buona idea lanciarsi a capofitto in uno scontro senza prima testare le forze dell’avversario, motivo per cui avrebbe aspettato che fosse questi a fare la prima mossa.
I due rimasero immobili per quasi un minuto buono, la forza che vibrava tra loro come se carica di un’invisibile anticipazione. Poi… il guerriero mascherato balzo verso di lui, mulinando la sua arma.
Anakin fu rapido ad alzare la propria, e così entrambe le lame s’incontrarono in un turbinio di scintille, illuminando il campo di battaglia di un rosso acceso.
Il giovane Sith inarcò un sopracciglio. Chiunque fosse colui che stava combattendo, di certo non era al suo livello in termini di abilità con la spada, e anche la forza di cui era pregno sembrava solo una goccia nell’oceano sconfinato che lo avvolgeva da quando era un bambino.
Con una spinta telecinetica, allontanò l’avversario di qualche metro, poi restituì il colpo iniziale con un’intensità di gran lunga maggiore, costringendolo in difesa. 
Il resto dello scontro fu rapido quanto brutale. Ancora e ancora, le spade laser che si scontravano crearono una specie di contorta canzone, dipingendo il laboratorio di intensi bagliori vermigli. Ma nonostante i migliori sforzi del guerriero mascherato di resistere alla potenza di Anakin, fu questi ad avere la meglio.
Dopo averlo disarmato, usò la forza per costringerlo a terra e gli strappò la maschera con un movimento fluido della mano, rivelando il volto anonimo di una creatura aliena. Sembrava quasi umano, se non fosse stato per la pelle macchiata di rosso e nero… e analizzando i suoi lineamenti, il giovane Sith si rese conto che doveva trattarsi di un ragazzo, proprio come lui.
<< Arrenditi >> sussurrò freddamente Anakin, la spada puntata al volto del guerriero << Sei stato sconfitto. Non ha più senso lottare. >>
<< Starai scherzando, spero. >>
La voce dell’Uomo in nero troncò sul nascere qualsiasi possibile risposta del suo avversario.
<< Il tuo compito non è ancora terminato, apprendista. In effetti... devi proprio terminare lui. >>
Lo sguardo del giovane Sith scattò verso l’Uomo in Nero. Sul suo volto, si era dipinta un’espressione visibilmente incredula. Poi, tornò a guardare l’avversario caduto.
<< Io... non capisco >> disse, dopo qualche attimo di silenzio << Lui... è sconfitto e disarmato. Non ho alcun bisogno di terminarlo. >>
<< Ma che significa!? >> protestò il ragazzo << Questo non era negli accordi! Non ho firmato per... >>
<< Tagliati la lingua. >>
Era la prima volta in assoluto che vedeva all’opera i poteri di Walter Padick. E fu oltremodo spaventoso. Aveva detto solo una frase, declamato un ordine, uno soltanto... e sotto i suoi stessi occhi, il suo avversario aveva eseguito, sconvolto perché non aveva più il controllo del suo corpo, e poi dopo l’atto involontariamente compiuto, straziato dalle grida lancinanti di dolore.
<< Vedi, Anie, è così che funziona >> dichiarò l’oscuro stregone, mentre sorrideva affabile, forse sordo a quelle urla... o piuttosto, in genuino apprezzamento << È la legge suprema del Lato Oscuro. I deboli e gli sconfitti meritano la morte e la menomazione. E tu non sei debole come questo essere insignificante... giusto? >>
Non se lo stava immaginando. Gli occhi di Padick bruciavano davvero di fiamme infernali all’interno delle iridi glaciali, minacciosi e crudeli.
Anakin deglutì a fatica, sentendo il Lato Oscuro che turbinava attorno a lui, desideroso del sangue... e della morte di colui che aveva osato affrontarlo.
<< Ma... non dovrei >> borbottò, la lama che ancora indugiava sul volto del ragazzo, i cui occhi sembravano sul punto di schizzare fuori dalle orbite.
Walter ridacchiò. Una risata secca, sibilante, di puro scherno e derisione.
<< Uccidilo >> dichiarò senza mezzi termini, i denti serrati e i canini snudati, ben evidenti << Uccidilo ora. >>
Anakin chiuse gli occhi… e mosse la spada laser in un fluido movimento, decapitando l’avversario sconfitto.
La Forza vibrò attorno a lui, percuotendolo da capo a piedi. Per un attimo, gli sembrò di scorgere un viticcio nero che serpeggiava su di lui, ma forse si era trattato di un semplice miraggio.
Mentre il corpo del nemico cadeva a terra, dapprima provò disgusto… poi, si sentì avvolgere da un’euforia mai provata, come se l’Universo si stesse congratulando con lui per quell’empia azione.
<< Hai agito bene, apprendista >> dichiarò l’Uomo in nero, in tono solenne, con un sorriso compiaciuto << Per il futuro, vedi di tenerlo bene a mente. Non importa chi ti affronta o chi ti sfida. Nessuno dei tuoi avversari può essere lasciato in vita. Deboli o meno, la loro esistenza è una minaccia per te, dopo la loro sconfitta. Devono essere… eliminati, perché non rappresentino un futuro pericolo. Oh… e devi tenere a mente anche un’altra cosa. Uccidi… o sarai ucciso. >>
E quella era una lezione che Vader avrebbe tenuto bene a mente per i tempi avvenire.
 
10 anni dopo
 
Passarono altri cinque anni.
Anakin Skwalker era ormai diventato un uomo, e ben diverso dal ragazzino spaventato che il Maestro aveva trovato nelle celle di Jabba The Hutt. Andato era anche il più piccolo barlume d’innocenza rimasto dalla morte della madre, sostituito dall’odio, dalla rabbia… e da un insaziabile sete di potere, una fame che lo aveva spinto a migliorarsi ogni giorno per comprendere la Forza in tutte le sue forme, attraverso la sconfitta e l’uccisione di centinaia di avversari. Giovani Sith come lui, Jedi catturati da Walter o dal Maestro… tutti loro avevano trovato la morte per mano della sua lama.
Mentre meditava nelle sue stanze, una presenza familiare nella forza lo avvertì dell’arrivo di colui a cui doveva la sua lealtà. Aprendo gli occhi, si alzò in piedi e incontrò impassibile lo sguardo orgoglioso del Maestro.
<< È  arrivato il momento della tua iniziazione, Anakin. Ti senti pronto? >>
<< Lo sono >> rispose il giovane Sith, senza un momento di esitazione.
Il viso del Signore del Tempo si aprì nel suo classico sorriso tutto denti.
<< Oh, lo spero bene. Seguimi! >> ordinò, e Anakin fece proprio questo.
Inizialmente, si aspettava di essere condotto alla sala del trono che il Maestro aveva modellato nel ventre del pianeta, sebbene non vi fossero ancora sudditi che potessero rendergli omaggio. A detta di Walter, il Signore del Tempo lo aveva fatto per abituarsi alla sensazione di governare, ma il giovane Sith non ci aveva mai davvero creduto. Più probabilmente, era stato un gesto impulsivo o dettato dalla vanità, tratti che il Mestro non aveva mai cercato di nascondergli.
Con sua grande sorpresa, tuttavia, Anakin venne condotto in quella che aveva tutta l’aria di essere una gigantesca arena.
<< Qual è il significato di questo? >> domandò bruscamente, lo sguardo assottigliato.
Il sorriso del Maestro non vacillò di un millimetro.
<< Te l’ho detto, è il momento della tua iniziazione! O meglio… lo sarà non appena avrai superato l’ultimo ostacolo che si frappone tra te e la realizzazione di tutti i tuoi sogni. Considerala la tua prova del fuoco, amico mio! >>
Anakin inarcò un sopracciglio. Il significato dietro le parole dell’uomo gli fu subito chiaro.
<< Un ultimo test? >>
<< Un’ultima battaglia >> lo corresse il Maestro << Quella a cui abbiamo cercato di prepararti da quando ti ho preso sotto la mia ala. Ma attenzione! Colui che stai per affrontare ha ricevuto lo stesso addestramento. Per la prima volta, affronterai qualcuno che ha le tue stesse possibilità di vittoria. Niente più vantaggi, caro il mio piccolo Sith. Qui si punta in grande, cose serie e nonnulla! >>
La rabbia cominciò a crescere dentro l’ex schiavo. Non si era forse già dimostrato più e più volte una risorsa inestimabile? Non aveva eseguito ogni prova o missione alla lettera, senza mai sbagliare? Non aveva più volte dato prova del suo valore? Allora perché la sua ricompensa continuava ad essergli negata?
Strinse le mani in pugni serrati.
<< Perché? >> ringhiò << Mi hai promesso un posto al tuo fianco. La possibilità di essere il tuo braccio destro per ciò che verrà. >>
<< E su questo non ho mentito >> ribatté il Signore del Tempo, duramente << Ma non ho mai detto che saresti stato l’unico candidato, sai? Il Multiverso è davvero un posto vasto, Anakin. Pieno di infinite possibilità! E sai cosa le accomuna tutte? Qualcuno che porti sulle spalle i timori e l’odio della gente. La massima esaltazione del Male secondo gli occhi dei suoi abitanti! >>
Agitò la mano destra, materializzando il volto corazzato di una creatura sconosciuta, poi quello di un alieno grottesco, e infine un drago tricefalo.
<< Uno spirito divino che vuole schiavizzare le razze del suo mondo per creare un ordine perfetto… un titano pazzo che desidera salvare l’universo sacrificandone la metà… un dragone divoratore di mondi… sul serio, ce ne sono di tutti i gusti, forme e dimensioni! Ecco perché ho scelto te, Anakin. Tra tutti gli abitanti del tuo universo… solo tu avevi il potenziale di essere quello che mi serviva. Non un salvatore, non un eroe… ma qualcuno disposto a fare tutto ciò che è necessario per raggiungere i propri obbiettivi, al costo di essere considerato “il Male” dalle pecore. >>
Chiuse la mano, facendo scomparire le proiezioni, poi indicò il giovane Sith.
<< In te c'è molto più che un ragazzino desideroso di compiacere il suo salvatore. Non solo rabbia e dolore… ma ambizione, il desiderio di essere grande, l'ho sentito! E quando saprai dominare tutto questo… avrai un potere che solo io potrò superare. E oggi lo vedrà anche il resto del Multiverso. Perché tu, amico mio, hai un appuntamento con il destino! >> esclamò con tono estatico << Proprio come te, è nato e maturato nell’odio. Walter lo ha cresciuto negli ultimi quindici anni, animandolo da promesse di potere e grandezza! Un orfano nella tempesta… un sopravvissuto. >>
Puntò lo sguardo verso il lato opposto dell’arena, dove una delle porte lungo le mura aveva cominciato ad aprirsi. Ne fuoriuscì Walter, in compagnia di un uomo la cui età non doveva essere poi così lontana rispetto a quella di Anakin.
Aveva un viso piuttosto bello, pallido come neve appena caduta e coronato da folti capelli castani. Il suo corpo era interamente avvolto da una lunga tonaca nera, mentre ai piedi portava stivali in pelle di rettile.
<< E ora tu andrai da lui… e vi batterete, fino alla morte >> continuò il Maestro, posandogli una mano sulla spalla << La più grande sfida tra gladiatori nella storia del Multiverso. Il Male contro il Male. Il Signore Oscuro dei Sith… contro l’Oscuro Signore dei Maghi. Anakin Skywalker… contro Tom Riddle. >>
<< Riddle >> ripeté Anakin, pensieroso << è il mio sostituto? >>
Il Maestro scosse la testa.
<< Il tuo concorrente >> disse con un sorrisetto, gli occhi che gli brillavano << Chi vincerà tra voi avrà il diritto di sedere al mio fianco. Solo il meglio del meglio può assicurare la riuscita dei miei piani… e io lo voglio. >>
Anakin rimase in silenzio, mentre le parole del Signore del Tempo affondavano dentro di lui, mescolandosi ai pensieri contorti maturati nei cinque anni in cui aveva ucciso e massacrato chiunque si fosse messo sulla sua strada. E per quanto fosse arrabbiato… poteva ben comprendere le motivazioni che avevano spinto il Maestro a prendere una simile decisione.
In un Multiverso caotico, l’unico modo che una persona aveva per imporre una visione di ordine e pace… era attraverso il potere. E solo i più potenti avevano questo diritto.
Ma quel diritto non poteva essere dato. No… doveva essere guadagnato!
<< Allora vincerò >> disse, e così il Maestro battè ambe le mani in un sonoro rintocco.
<< È quello che ha detto anche lui. Ma solo uno di voi uscirà vivo da quell’arena >> aggiunse << Ti auguro buona fortuna, ragazzo. Ne avrai bisogno. >>
E, detto questo, scomparve in un lampo bluastro, ricomparendo sugli spalti dell’arena assieme a Walter Padick. A quel punto, Anakin prese un lungo respiro e cominciò a dirigersi verso il suo avversario.
Una volta abbastanza vicino, si rese conto che i suoi occhi erano di un rosso intenso, come di sangue appena sgorgato da una gola tagliata. Erano piuttosto inquietanti, forse il frutto dell’oscuro addestramento a cui era stato sottoposto, proprio com’era successo alle pupille del giovane Sith.
Il Mago – così lo aveva definito il Maestro – lo scruto da capo a piedi con velato interesse.
<< E tu saresti colui che si frappone tra me e la conquista del potere assoluto? >> disse, il volto intonacato da un cipiglio visibilmente scontento << Un Babbano? Devo ammetterlo… sono abbastanza deluso. Da qualcuno come Randall Flagg mi sarei aspettato qualcosa di meglio. >>
Anakin non aveva la minima idea di cosa significasse il termine “Babbano”, ma dal modo in cui Riddle l’aveva pronunciato poteva benissimo trattarsi di un insulto. Conosceva invece il nome “Randall Flagg” uno dei numerosi alias di Walter Padick, a cui gli aveva accennato durante una delle loro conversazioni.
<< Presto scoprirai che le parole del tuo maestro erano tutt’altro che mal riposte, Tom Riddle >> ribatté minaccioso, mentre estraeva la sua fidata spada laser.
Uno lampo sembrò attraversare gli occhi del mago.
<< Tom Riddle era il nome di un bambino miope, inconsapevole delle meraviglie e possibilità offerte dal Multiverso >> disse sprezzante << Io sono Lord Voldemort… il mago più potente mai esistito. E presto, colui che metterà fine alla tua patetica esistenza, Anakin Skywalker. >>
<< Questo lo vedremo, usurpatore >> sibilò il giovane Sith << Ti conviene offrirmi una battaglia degna del mio tempo. >>
<< L’unica cosa che ti offrirò oggi sarà la morte >> sbuffò Voldemort, che ora reggeva nella mano destra un bastoncino dalla punta aguzza.
Anakin lo scrutò curiosamente. All’apparenza sembrava innocuo, ma poteva chiaramente percepire il potere emanato dall’oggetto… quasi fosse una creatura viva, fremente alla prospettiva di uno scontro.
La sua spada laser non era da meno. Nell’istante in cui la lama rossa fuoriuscì dall’elsa, canticchio in armonia con la Forza e cominciò a vibrare, desiderosa di sangue.
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Fu Voldemort colui che diede il via alla battaglia.
Con un movimento rapido del polso, il bastone che teneva nella mano sprigionò un raggio dorato che puntò dritto contro Anakin, più veloce di qualsiasi blaster a cui il giovane Sith fosse abituato. La Forza vibrò attorno a lui, avvertendolo del pericolo imminente, guidando il suo bracciò affinchè la spada laser intercettasse quell’attacco sconosciuto.
Nell’istante in cui l’incantesimo entrò in contatto con la lama scarlatta, tra i due combattenti si creò una specie di ponte luminoso, tanto inteso da costringere Anakin a socchiudere gli occhi. Scariche di natura apparentemente elettrica cominciarono a serpeggiare dal raggio, colpendo il terreno circostante e sollevando detriti.
Man mano che i secondi passarono, quei lampi sembrarono prendere vita come tante serpi, sollevandosi a mezz’aria e intrappolando il campo di battaglia in una pallida rete, bruciando qualsiasi cosa con cui entravano in contatto.
Nell’aria risuonò una sequenza di scoppi e rintocchi, mentre entrambi i combattenti mantenevano la posizione, inalterati dal fenomeno sovrannaturale che li circondava. Quando finalmente cessò, attorno a loro era rimasto solo un terreno color pece, completamente irriconoscibile rispetto a prima.
Questo era bastato per trasformare l’arena in una zona di guerra: un semplice attacco, e suo malgrado Anakin non potè che rimanerne impressionato.
<< Notevole >> borbottò, gli occhi che indugiavano sul bastone dell’avversario << Veramente notevole. Quale tipo di arma ti permette di manipolare la Forza in questo modo? >>
<< Non sto adoperando la tua cosiddetta “Forza”, stolto Babbano >> sogghignò l’uomo << Questa è magia, e io sono tra coloro che possono praticarla nella sua forma più pura e selvaggia. Non esiste potere mortale capace di contrastarla! >>
Le pupille di Anakin lampeggiarono appena.
<< Lo vedremo >> sussurrò freddamente, per poi allungare la mano destra. La conseguente onda telecinetica si lasciò dietro un sentiero di distruzione, scavando nel suolo e propagandosi come un ventaglio invisibile.
Voldemort agitò nuovamente la bacchetta, che questa volta evocò uno scudo argentato proprio di fronte alla sua esile figura. Quando l’attacco del Sith lo raggiunse, il contraccolpo fu tale da generare un GONG! tanto forte da costringerlo a coprirsi le orecchie, e questo fece vacillare il controllo sulla protezione.
Anakin scattò in avanti, rapido come un fulmine, la spada sguainata, i muscoli carichi della Forza che gli scorreva nelle vene. Calò la lama, infrangendo lo scudo… ma ecco che l’avversario scomparve in un turbinio delle vesti nere, comparendo proprio alle sue spalle.
Avvertendo il pericolo, il giovane Sith si voltò di scatto, intercettando un altro incantesimo.
Rosso e verde si scontrarono a mezz’aria, generando una potente onda d’urto. Le rocce attorno a loro si sollevarono brevemente, il terreno crepò sotto i loro piedi, l’aria divenne elettrica. Eppure… rimasero fermi, come statue, occhi gialli fissi in quelli rosso sangue dell’avversario, bloccati in un’apparente gara di volontà.
In quel breve attimo dell’esistenza – che uno spettatore esterno avrebbe probabilmente percepito come un paio di secondi – entrambe le loro menti cominciarono a lottare.
I pensieri di Anakin spinsero contro quelli dell’avversario, cercando di penetrare le sue difese e fare a pezzi ciò che si trovava al di là di quelle mura invisibili. Al contempo, Voldemort sussurrò Legillimens fornendo ulteriore potere al suo assalto e artigliando selvaggiamente gli impulsi neurali del Sith.
Presto, la vista di entrambi i combattenti venne invasa da scorci delle rispettive vite.
Anakin vide un giovane Tom Riddler mentre veniva deriso e tormentato da altri bambini, costretto a sottostare alle regole e alla crudeltà degli adulti che avrebbero dovuto proteggerlo. E vide anche il giorno in cui scoprì per la prima volta i suoi poteri, capendo che avrebbe potuto usarli per difendersi… no… per farla pagare a coloro che gli avevano fatto del male.
Scorse anche il suo primo incontro con il Maestro, avvenuto quando aveva soli undici anni. Lo sentì pronunciare parole così simili a quelle che aveva rivolto a lui quando lo aveva trovato nelle prigioni di Jabba, eppure non ne fu affatto infastidito. Aveva ormai fatto pace con la natura di questo scontro, così come sulle motivazioni che avevano spinto il Signore del Tempo a valutare un altro candidato alla sua causa. Lui voleva solo il meglio… ecco perché Anakin non si sarebbe lasciato sconfiggere, non da questo usurpatore!
Di fronte a lui, l’assalto mentale di Voldemort era riuscito ad aprire uno squarcio nelle difese dell’avversario. Non abbastanza da infrangerle, ma più che sufficiente per scorgere stralci del suo passato tormentato… così simile, eppure diverso, più crudele… ma anche pieno di amore, qualcosa che il mago non aveva mai sperimentato. L’amore di una madre per il proprio figlio… l’amore di Shmi Skywalker, che nelle notti gelide di Tatooine aveva confortato il giovane Sith subito dopo una percossa, o che aveva sempre cercato di rassicurarlo con la prospettiva di un futuro migliore.
Ad una simile vista, Voldemort non poté che provare rabbia… e disgusto.
<< Amore… un sentimento così futile >> ringhiò << Nient’altro che una sciocca illusione che i deboli raccontano a se stessi per giustificare un’esistenza priva di significato o scopo. Pensi davvero che tua madre ti amasse, Skywalker? Ah! Per lei non eri altro che una forma di conforto… un giocattolo con il quale dilettarsi per godere di una misera forma di controllo nella sua vita da schiava! >>
Le parole colpirono il Sith come una lama al cuore, facendolo vacillare.
La presa sulla lama vacillò, solo per un secondo… ma per Voldemort fu più che abbastanza. Piegando appena il braccio, manipolò l’incantesimo che teneva collegati i due avversari, tramutandolo in una gigantesca serpe di fuoco. La bestia ruggì e sibilò contro un Anakin visibilmente sorpreso, il quale evocò subito uno scudo telecinetico per contrastarla.
Il muso del costrutto fiammeggiante si abbattè con forza sulla protezione, incrinandola e spingendolo in ginocchio, mentre il mondo attorno a lui diventava un turbinio di vampate.
Il Sith non si lasciò intimidire e prese un respiro profondo, facendo appello alla Forza. Lentamente, si rimise in piedi, poi lasciò cadere lo scudo e menò un potente fendente con la spada laser, decapitando la bestia infuocata e disperdendola ai quattro venti.
Si voltò per riprendere l’assalto contro il suo avversario… ma Voldemort era sparito. Di lui sembrava non esserci alcuna traccia, almeno fino a quando la parola Crucio! non risuonò alle sue spalle.
Anakin non fu abbastanza rapido da intercettare l’attacco… e allora, per la prima volta dopo tanto tempo, provò dolore, il più grande mai sperimentato da quando era stato torturato nelle prigioni di Jabba.
Ogni singolo nervo del suo corpo cominciò a bruciare, come se fosse stato gettato in un fiume di lava. Nel mentre, sul viso di Voldemort si dipinse un sorriso tutto denti.
<< Questo incantesimo è di tuo gradimento, Skywalker? >> disse con tono beffardo << Si chiama Maledizione Cruciatus! Immagina il dolore più grande che tu abbia mai affrontato… immaginalo moltiplicato di almeno cento volte… e ora immagina che continui ancora e ancora, senza mai fermarsi, come se fossi costretto a sopportarlo per anni! >>
Quando il corpo del Sith cominciò a tremare, il ghigno dell’uomo divenne solo più pronunciato.
<< Oh, giusto! Non hai bisogno di immaginarlo… >>
L’urlo che uscì dalla bocca di Anakin fu disumano. Squarciò il momentaneo silenzio dell’arena come una spada senza peso, infrangendosi contro la voce dell’avversario con la forza di un treno in corsa. Ma non fu quello che spinse il mago a interrompere la sua beffa… bensì l’ondata telecinetica sprigionata dal corpo del Sith, così potente da inviare increspature fino agli spalti dell’arena e smuovere le vesti degli unici due spettatori presenti.
La terra tremò, si alzò e si sollevò come in preda ad un sisma, mentre una ragnatela di crepe si ramificava dai piedi dell’ex schiavo.
Questa volta, Voldemort non fu abbastanza rapido da evitare il contraccolpo e si sentì sbalzare indietro da una spinta invisibile. Sentì una o due ossa che si spezzavano dentro di lui, cadde a terra e rotolò per almeno una  trentina di metri, interrompendo la sua corsa solo quando colpì finalmente il muro opposto del colosseo.
Sputò sangue all’impatto e cadde in ginocchio, gli occhi fissi sull’avversario, fumanti di rabbia… e sorpresa in egual misura, perché mai prima d’ora aveva incontrato qualcuno capace di contrastare una maledizione Cruciatus in maniera così rapida e violenta.
<< Sciocco >> ringhiò Anakin, le pupille che ora parevano una coppia di fornaci << Un simile attacco avrebbe potuto funzionare su una mente più debole. Ma io… sono un Sith! E il dolore… mi rende solo più FORTE! >>
Balzò nuovamente verso l’avversario, il terreno dietro di lui ridotto ad una conca.
Voldemort ebbe giusto il tempo di evocare un altro scudo, ma la violenza dell’impatto risultante fu comunque sufficiente a farlo indietreggiare. Strinse i denti, e quando sollevò la testa non riuscì a trattenere un brivido all’espressione assolutamente furiosa che ora adornava i lineamenti di Skywalker, contorti come quelli di una bestia impazzita e desiderosa di sangue.
L’uomo calò la spada una seconda volta, e poi una terza, e ad ogni colpo il mago sentì i suoi piedi che affondavano sempre di più nel terreno. Stufo di questa deprecabile situazione, giunse le mani e le spalancò con un urlo grottesco, generando a sua volta una spinta telecinetica.
Anakin balzò in dietro, eppure rimase in piedi, il mantello che fluttuava alle sue spalle, le mani salde sulla spada laser. Poi, la puntò verso l’avversario, una condanna silenziosa per colui che aveva osato risvegliare gli incubi di un passato che aveva più volte cercato di dimenticare.
<< Facciamola finita… Riddle. >>
<< Sono d’accordo… Skywalker >> ringhiò Voldemort, sprigionando un altro incantesimo dalla bacchetta. Al contempo, Anakin scatenò una spinta telecinetica contro di lui, e i due attacchi s’incontrarono a mezz’aria con un’intensità ancora maggiore, proiettando detriti e pezzi di suolo verso la volta sovrastante.
Il cielo iniziò ad oscurarsi, animato dall’oscurità sprigionata da entrambi i combattenti. Lampi e scariche elettriche cominciarono a piovere sul campo di battaglia, sugli spalti, costringendo il Maestro a creare una cupola per evitare che lui e Walter rimanessero coinvolti.
Il fenomeno crebbe man mano d’intensità, e ben presto l’arena sprofondò in una canzone di tuoni e scoppi, mentre grandi sezioni degli spalti si sbriciolavano come polvere al vento.
Era una visione apocalittica… ma il Maestro la trovava bellissima, poiché testimonianza di due esseri che stavano dando il tutto per tutto con il solo obbiettivo di ricevere il SUO favore… la possibilità di sedere al fianco di colui che avrebbe governato ciò che restava della realtà.
Quando entrambi gli attacchi esplosero in un turbinio di scintille, il temporale era ormai diventato una tempesta in piena regola.
Fu allora che la battaglia tra queste due forze titaniche cominciò per davvero.
Centinaia di incantesimi cominciarono a volare dalla bacchetta di Voldemort. Alcuni silenziosi, altri animati da parole che Anakin non riusciva a comprendere, sebbene non ne avesse alcun bisogno. Dopotutto, non gli serviva comprenderne la natura per sapere che rappresentavano un pericolo.
Molti riuscì a bloccarne con la spada laser, altri li fermò con uno scudo telecinetico, mentre i restanti li evitò grazie alle sue prodigiose capacità fisiche, dando vita ad una specie di danza. Al contempo, cominciò a lanciare massi e frammenti di suolo contro l’avversario, ma questi si rivelò altrettanto abile, distruggendone la maggior parte e schivando i più grossi con l’aiuto del suo teletrasporto.
Lo scambio continuò per dieci minuti buoni, eppure nessuno dei due combattenti dava ancora segni di stanchezza.
A un certo punto, Voldemort sembrò tramutarsi in fumo e rimase sospeso a mezz’aria, la bacchetta sempre puntata contro l’avversario.
<< Avada Kedavra! >> urlò, e subito un raggio verde smeraldo scaturì dalla punta del costrutto.
La Forza urlò attorno ad Anakin come un neonato ferito. Fu uno strillo silenzioso, eppure risuonò dentro la mente del Sith con un’intensità scoraggiante, percuotendolo da capo a piedi.
Era come se l’incantesimo lanciato dall’avversario avesse aperto un taglio nella Forza stessa… come se fosse un affronto personale all’energia che permeava tutto il Multiverso. Un abominio, una caricatura grottesca dell’ordine naturale.
Per un momento, Anakin ne fu quasi spaventato… e poi disgustato, e fu proprio quella sensazione che gli permise di reagire in tempo.
Con un rapido movimento della mano destra, sollevò un grande masso davanti a lui e lasciò che intercettasse l’attacco, non volendo rischiare di avvicinarsi troppo. Non sapeva quale razza di incantesimo avesse usato l’avversario, ma era sicuro di una cosa: se fosse stato colpito… sarebbe morto.
Voldemort riapparve poco distante in un turbinio delle vesti, la bocca arricciata in un sorriso famelico.
<< Avada Ke… urgh! >>
Prima che potesse completare l’incantesimo, sentì una stretta invisibile avvinghiarsi alla sua gola, bloccandogli il respiro. Le parole che avrebbe dovuto pronunciare si tradussero in un grido strozzato, mentre i suoi occhi individuavano la mano sollevata di Anakin Skywalker, tesa verso di lui e con le dita leggermente piegate, come se stesse afferrando qualcosa di invisibile.
Il mago strinse i denti, intuendo quello che stava succedendo. Poco male, non aveva alcuna necessita di pronunciare parole per lanciare molti dei suoi incantesimi, e così inviò un comando silenzioso alla sua bacchetta.
Una scia di locuste volò verso Anakin, interrompendo la sua concentrazione e facendogli mollare la presa. Cominciò ad agitare la spada laser, tagliandone la maggior parte, eppure quegli insetti continuavano ad arrivare. 
<< Osi prenderti gioco di me?! >> sibilò Voldemort, questa volta puntando all’elsa della lama. Fu allora che accadde qualcosa che il giovane Sith non aveva previsto.
Un attimo prima, reggeva nella mano destra la sua fidata lama… e un attimo dopo, il corpo squamoso di una serpe dai denti aguzzi. La creatura sollevò la testa e sibilò verso di lui, le fauci aperte, con il chiaro intento di morderlo.
Gli occhi di Anakin si spalancarono come piatti, tuttavia fu abbastanza rapido da lasciare la presa sul rettile, il quale ricadde a terra con un tonfo. Ma anche allora, si lanciò contro di lui per addentargli la gamba, guidato dai desideri del suo evocatore, e costringendo il Sith a indietreggiare.
Una volta a distanza di sicurezza, l’uomo dovette rotolare di lato per evitare una palla di fuoco.
<< Muori! >> ringhiò Voldemort, mentre ne lanciava una seconda << Muori! Inchinati davanti alla morte! >>
<< Mai >> ribatté Anakin, evitando ogni colpo. Senza la sua spada laser aveva perso un considerevole vantaggio, ma non per questo era privo di difese o metodi per passare all’attacco. Con la Forza come sua alleata… non poteva fallire.
Dopo aver schivato l’ennesimo assalto, sollevò ambe le braccia. Massi e rocce di dimensioni variabili fluttuarono alle sue spalle, poi schizzarono verso l’avversario a gran velocità, unendo il loro scricchiolare all’orchestra di tuoni sovrastante.
Con un urlo rabbioso, Voldemort evocò un altro scudo di fronte a lui, ma allo scontrarsi con ogni detrito la protezione cominciò a cedere. Capendo che non sarebbe riuscito a resistere ancora a lungo, si teletrasportò dietro ad Anakin e tentò un attacco alle spalle.
<< Avada Kedavra! >> urlò ancora una volta. Troppo vicino per poter schivare l’incantesimo – e senza la possibilità di usare la spada laser per deviarlo – il giovane Sith sollevò ambe le mani e lo bloccò a mezz’aria, dando vita all’ennesima situazione di stallo.
Con i loro corpi avvolti da un bagliore verdastro, entrambi i combattenti sembravano non avere peso, come demoni eterei animati solo dalla volontà di ferirsi l’un l’altro. Quella che era cominciata come una battaglia per scegliere chi avrebbe accompagnato il Maestro nella sua crociata di conquista, si era ormai trasformata in uno scontro ideologico tra due dei poteri che per milioni di anni avevano plasmato il destino di innumerevoli universi: la Forza e la Magia.
<< Credevi davvero di potermi sconfiggere? >> sibilò Voldemort, mentre aumentava l’intensità della maledizione << Sei certamente un abile combattente, te lo concedo… ma senza la magia, non potrai mai davvero comprendere cosa sia il vero potere, sporco babbano! Morirai in questo mondo dimenticato, solo e senza alleati… ma rallegrati, perché avverrà per mano della Morte in persona! >>
I muscoli di Anakin cominciarono a cedere. Era come se la Forza si stesse ritraendo dall’incantesimo avversario… come se ne fosse stata bruciata, e presto non sarebbe più riuscita a contrastarlo.
La determinazione del giovane Sith venne meno.
Questa… era davvero la sua fine? Dopo tutto quello che aveva fatto per arrivare fino a questo punto, dopo tutte le vite che aveva preso e le sofferenze che aveva passato… sarebbe morto per mano di un nemico che aveva appena incontrato, un volto anonimo che avrebbe preso il suo posto al fianco del suo salvatore, cancellando il suo nome dalla faccia dall’esistenza?
No… non poteva permetterlo. Non poteva lasciarsi sconfiggere! Nessuno avrebbe più comandato il suo destino!
Sentì qualcosa farsi strada dentro di lui. Una presenza aliena, primordiale, animata dalla rabbia e dall’odio accumulati durante la battaglia. Era lui, eppure non lo era, come se fosse un’entità separata, ma comunque parte dello stesso corpo.
Scivolò silenziosa nella mente del giovane Sith, animata dal Lato Oscuro, selvaggio e indomito.
<< Potere >> sussurrò, mentre tornava a fissare l’avversario dritto nei suoi occhi scarlatti << Cosa ne sai tu… del vero potere? Ho visto mia madre morire quando ero solo un bambino… sono stato rinchiuso per settimane e costretto alla fame e alla sete… mi hanno picchiato ancora e ancora per dimostrarmi quanto ero impotente… ma io mi sono rialzato ogni volta. Sono sopravvissuto…  ho continuato a lottare! Ho sconfitto e ucciso tutti coloro che hanno cercato di riportarmi in quell’inferno! E sai come ci sono riuscito? >>
Quella sensazione sconosciuta continuò a farsi strada dentro di lui, risalendo attraverso le braccia, poi le mani… fino ad arrivare alla punta delle dita, ora illuminate da un debole bagliore bluastro.
<< Con… il mio… poteeeereeeeeeeee! >>
Un fulmine scaturì dalle falangi del giovane Sith.
Voldemort ebbe appena il tempo di spalancare gli occhi, prima che scariche di natura elettrica si avvinghiassero al suo corpo come centinaia di serpi, intrappolandolo in una paralizzante agonia.
Cominciò a tremare, in preda alle convulsioni, e presto perse la presa sulla bacchetta.
<< Illimitato… potereeeeeee! >> urlò Anakin, mentre lasciava che il Lato Oscuro riversasse tutta la sua collera sull’avversario, le cui urla agonizzanti riecheggiarono per tutta l’arena.
Il fulmine crebbe man mano d’intensità, unendosi a quelli generati dalla tempesta. Al contempo, la pelle dell’avversario cominciò a staccarsi pezzo per pezzo, trasformandosi in cenere vagante.
Una luce azzurra – più intensa di qualsiasi lampo – avvolse l’arena in un bagliore accecante, tanto da costringere il Maestro e Walter a coprirsi gli occhi. Quando si dissipò, del corpo di Lord Voldemort, conosciuto come Tom Riddle… era rimasta solo una macchia nera sul suolo del colosso.
Poco distante, la spada laser di Anakin tornò alla sua forma originale, mentre il giovane Sith cadeva in ginocchio, ansimante. I suoi occhi tornarono di un intenso blu cielo, la rabbia ormai sostituita da un sentimento di vittoria e rivalsa. Lui… aveva superato la prova. Era riuscito a sconfiggere il suo avversario, dimostrandosi degno di sedere al fianco del Maestro.
Questi cominciò a battere sonoramente le mani.
<< Bene, Anakin >> disse, mentre si teletrasportava accanto a lui << Sei stato davvero bravo. Non sei d’accordo, Walter? >>
<< Oh, altroché, amico mio >> sogghignò il mago, comparendo alla sinistra del Signore del Tempo << è stata certamente una battaglia per i posteri. Un peccato che il giovane Riddle abbia perso, era un ragazzo così promettente! Ma non si può fare una frittata senza rompere qualche uovo. >>
<< O in questo caso, dei camion interi pieni di uova >> aggiunse il Mestro, ed entrambi scoppiarono a ridere.
Ma Anakin rimase in silenzio, ancora troppo stanco anche solo per parlare. Questa era stata certamente la battaglia più dura che avesse mai affrontato, la sua “prova del fuoco” come l’aveva definita il futuro dominatore del Multiverso, e proprio come aveva detto ne era uscito… cambiato.
Nel suo corpo indugiava ancora quella presenza misteriosa, come se ora lo stesse condividendo con qualcun altro. Inizialmente ne fu spaventato, ma anche incuriosito, poiché grazie al suo aiuto era riuscito a ribaltare una situazione altrimenti disperata.
<< Ho un regalo per te >> disse il Maestro, distogliendolo dal suo rimuginare.
Il Signore del Tempo allungò una mano, e nel suo palmo comparve un oggetto dall’aspetto inquietante.
Anakin lo scrutò curiosamente. Sembrava quasi… un teschio, nero come una notte senza stelle. Aveva un paio di lenti del colore del sangue, nonché un apparato respiratorio, e da questi elementi capì di cosa si trattasse.
Lo afferrò esitante e se lo rigirò tra le mani, poi tornò a guardare il Maestro.
<< Vuoi che indossi una maschera? >> domandò perplesso, intuendo i pensieri dell’uomo. Questi gli sorrise in un modo fin troppo consapevole.
<< Serve un dettaglio memorabile in ogni storia >> ridacchiò, come se stesse raccontando una barzelletta che solo lui poteva capire << E fidati di me, ragazzo mio: questo ti renderà immortale. >>
Anakin guardò ancora una volta la maschera. Sembrava chiamarlo a sé, come se il solo tenerla tra le mani fosse… giusto, ciò a cui era destinato da tutta una vita.
La Forza eccheggiò alle parole del Maestro, dando la sua tacita approvazione. A quel punto, il giovane Sith provò l’inconscio desiderio d’indossarla, e così fece.
Il mondo attorno a lui divenne rosso, mentre il sorriso del Maestro divenne solo più accentuato.
<< Non sarai più conosciuto solo come Anakin Skywalker, ex schiavo di Tatooine >> sussurrò, una mano posata sulla fronte metallica della maschera << D’ora in avanti, la gente imparerà a temerti… così come imparerà a temere il nome di Darth Vader, Secondo in Comando dell’Impero! >>


Una spinta improvvisa nella forza lo riportò alla realtà.
Aprì gli occhi, mentre la presenza familiare del Maestro si faceva strada nelle sinapsi del suo cervello.
<< Lord Vader >> lo salutò la voce del Signore del Tempo << Ho bisogno che tu mi raggiunga all’impianto di Eaudu. Credo che sia finalmente arrivato il momento di fare buon uso del nostro progetto. >>
<< Molto bene >> rispose l’Oscuro Signore, con il suo solito tono di voce calmo e impassibile.
Non vedeva l’ora di poter parlare di persona con il tiranno. Dopotutto… aveva molte domande da fargli.

* * *

Solitamente, Lord Shen ponderava sempre ogni decisione prima di agire. La riflessione e la manipolazione erano gli strumenti che sfruttava pur di ottenere ciò che voleva.
Recarsi alla magione Royston di Gongmen, da lui sequestrata per poi impossessarsene, sarebbe stato un ottimo modo per trovare più arsenale psicologico con cui abbattere Baelfire quando, certamente, avrebbero avuto modo di scontrarsi durante l’imminente battaglia.
Almeno, questo era ciò che continuava a ripetersi, mentre si aggirava - del tutto simile ad un fantasma per via del candore dei suoi lunghi abiti e capelli svolazzanti - fra le varie stanze della magione. Ma dentro di sé, sapeva di stare in realtà seguendo una specie di impulso, una spinta a curiosare, esplorare, come a cercare di violare con la sua stessa presenza la casa dell’assassinato Logan Royston e insultare la sua memoria.
Si rese conto di aver raggiunto proprio la sua camera quando scorse le foto elegantemente sistemate nel ripiano sopra un caminetto. Raffiguravano il marchese e il moccioso insieme, in varie fasi della loro vita.
Shen non poté fare a meno di stupirsi quanto Royston fosse giovane, quando aveva ormai deciso di accollarsi quella peste. Ma forse la cosa che più lo disturbava in realtà era vedere quell’odiosa espressione sempre così gioiosamente felice.
Non riusciva a guardarla. Gli veniva da vomitare. Subito si prodigò per accendere il caminetto, quasi con urgenza, e provò sollievo istantaneo a gettare dentro al fuoco tutte le cornici che riusciva ad afferrare, alimentando le fiamme.
“Che peccato. Erano delle belle foto.”
Shen Feng guardò il grande specchio posto sull’anta dell’armadio con la coda nell’occhio. Lada sembrava un’ombra sfocata mentre se ne stava ritta in piedi nel riflesso.
<< Erano solamente un cumulo di menzogne, una stupida pantomima inaccettabile >> le rispose, stizzito << Che sei venuta a fare qui? >>
“Non volevo perdermi il macabro commiato che stai dando al marchese Royston.”
<< Commiato!? Commiato!? Sto sputando sulla sua memoria, ingenua sentimentalista! È ciò che si merita per essersi messo in mezzo come uno stolto! >>
“Sei certo che sia stato Royston, lo stolto? Hai ucciso un uomo che negli ultimi suoi istanti di vita, piuttosto che di se stesso, si è preoccupato per te, Shen. Non puoi negare che questo ti abbia destabilizzato.”
<< Stronzate! >> ringhiò lui, mettendo su un ghigno sghembo << È stato un sacrificio futile, quando la vita di suo figlio è la mia ricompensa! >>
“E solo allora sarai pienamente soddisfatto? La morte di Baelfire e la sua distruzione morale finalmente ti farà sentire meglio?”
Il governatore socchiuse gli occhi con un sorrisetto. << È un inizio. Potrei convertire questa magione in una prigione, non credi? >>
Gli occhi della vampira si velarono di severità. “La coppa che hai deciso di riempire non ha fondo.” Le labbra le tremarono. “Ti prego. È il momento di porre fine a questa pazzia.”
<< Perché diamine dovrei farlo!? >>
“Almeno io riposerei in pace.”
Feng assottigliò lo sguardo. << Tu… mi odiavi. Lo capisci? >> La fissò con sprezzo e rammarico. << Mi hai fatto un torto… e io vi porrò rimedio. >>
“Ti amavo. Ti amavo così tanto… che il rimorso è rimasto con me per sempre.”
Shen fissò le fiamme che ardevano. << I morti esistono nel passato. Ed io devo tendere al futuro. >>
“Eppure io sono qui. Non me ne sono mai andata davvero.”
<< Ah, ma come sono fortunato! Peccato che invece tu l’abbia fatto quando hai deciso di sposare il potere e non me! >>
“Guardami in faccia… e giurami che non avresti fatto la stessa cosa. Giurami che mi avresti sposata senza cercare di scavalcarmi per dominare su tutto indiscriminatamente.”
Shen la guardò dritto nel riflesso… e fu costretto ad abbassare il capo. Lanciò un grido di frustrazione, ed afferrò uno dei cuscini del letto a baldacchino, gettandolo nel fuoco.
“Non sono migliore di te. Siamo stati entrambi in errore. Avremo dovuto essere sinceri, vulnerabili l’uno con l’altra. Abbiamo sbagliato, e così alla fine, niente fra noi ha funzionato. Ma così è la vita. Commetti degli errori imperdonabili, a cui non c’è altro rimedio se non prendere esempio e andare avanti. Perché non puoi fare la stessa cosa, Shen? Perché non puoi lasciarmi andare?”
<< Perché il ragazzo è vivo >> sibilò l’imperatore, gli occhi che fiammeggiavano << Tu sei viva! Deve morire! Solo così finalmente mi libererò di te! >>
Si irrigidì quando gli occhi della vampira si fecero gelidi, implacabili, giudicanti.
“Mio figlio non è me. E tu lo sai. Ma ti aggrappi ancora a lui, perché ti aggrappi ancora a me, nella maniera più perversa che tu possa fare. Potevi liberarti du me da molto prima che nascesse lui. Ma non hai voluto farlo. Hai preferito crogiolarti nel dominare tutto ciò che avevi tra le grinfie con la paura. Così avrebbero saputo come ti sentissi tu: solo e spaventato.”
<< Non avevo alternativa! >> Shen sentì i singhiozzi risalirgli lungo la gola. << Non avevo nessuno, Lada! Non ho mai avuto nessuno, a parte te. Ma tu hai deciso di lasciarmi! Fidarsi è da sciocchi! La paura è l’unica via affidabile! >>
“Perfino questo, dopo oggi, sai che non è vero. Tu sai che io ti ho amato, Shen. Davvero.”
Lacrime impetuose sgorgarono da tutti e due gli occhi della Fenice Bianca. Lanciò un urlo e sferrò un pugno verso lo specchio, frantumandolo in mille pezzi. Le schegge volarono da ogni parte, lasciandogli un lungo taglio lungo la mano, ma non gli importava: si crogiolò in quel dolore e crollò sulle ginocchia, scoppiando a piangere a dirotto, coprendosi il volto come se non osasse neppure farsi vedere da se stesso.
Eppure sbirciò attraverso le dita e si vide sporco del suo stesso sangue attraverso uno dei frammenti di specchio, si vide riflesso nei vetri frantumati, e seppe con certezza che non erano l’unica cosa spezzata in quella stanza.
Ringhiò e si strofinò la faccia, col solo risultato di trasformarla in un connubio infernale di macchie rosse. Provò l’impulso irrefrenabile di graffiarla, di smembrarla, sì, così poteva porre fine a tutto, così poteva sparire, così non doveva più pensare a nulla…
Gridò quando sentì i propri stessi artigli bucargli la pelle del volto perché lui li aveva conficcati, ma nemmeno questo importava… sarebbe passato... bastava un istante, doveva solo tenderli, doveva solo distruggere, distruggere come aveva sempre fatto...
Poi, ad un tratto… udì un bip. Proveniva dalle sue tasche.
Era il suo comunicatore. C’era un messaggio del Maestro.
“No, non farlo, ti prego…” Metà del volto di Logan Royston, supplicante, apparve nella scheggia sporca del sangue dell’albino “Lo sai che il ragazzo dice il vero. Lui ha mentito. Ha mentito su tutto. Ha mentito su di lei. Lascia perdere. Scappa. Vattene. Abbandona tutto e salva la tua anima finché puoi.”
<< STA’ ZITTO! SEI MORTO! >> tuonò Shen, più fuori di sé di quanto già non fosse, afferrando il vetro e scagliandolo dall’altra parte della stanza perché si riducesse in pezzi più piccoli << DEVI RESTARE MORTO! >>
Eppure, esitò. Rimase per qualche istante rannicchiato e fermo. Se fosse rimasto lì, chi l’avrebbe mai trovato? Chi avrebbe mai sospettato? Poteva sparire davvero. Non sentire più nulla. Aveva tanti modi con cui farlo. A chi sarebbe mai importato?
Un altro bip. Non aveva visualizzato. Non ancora. E questo era già grave. Doveva sempre essere pronto a rispondere. Non c’erano scuse col Maestro. Mai. Neanche uno sconto.
Bastava un singolo suono, per ricordargli il collo stretto attorno ad un guinzaglio. Raccolse l’oggetto e uscì dalla stanza, senza una parola. Senza formulare nemmeno un pensiero. Per oggi, si era compromesso abbastanza.

Quando finalmente fu nelle sue stanze e accettò la chiamata, il volto scontento del Maestro si materializzò di fronte a lui, prima di assumere un cipiglio sorpreso.
<< Tutto bene, vecchio mio? Hai una faccia da far paura. >>
Shen si irrigidì. Evidentemente, tutto il trucco che si era applicato addosso per nascondere i tagli che lui stesso si era fatto non bastavano a nascondere l’orrore passato prima di accogliere il suo Signore. Doveva apparire comunque smorto, svuotato e stanco.
<< Ho avuto… problemi col caminetto >> rispose, esausto perfino per trovare una scusa migliore.
Il Signore del Tempo inarcò un curioso sopracciglio.
<< Capisco >> borbottò l’uomo, apparentemente pensieroso << Be', suppongo che certe sventurate situazioni capitino anche ai migliori. Ma credo proprio di avere qualcosa che ti tirerà su di morale! >>
Shen corrucciò la fronte, perplesso – e un po’ preoccupato
 – dalla scelta di parole del sovrano.
<< Ovvero? >>
<< Sarebbe meglio discuterne di persona. Non vorrei che qualche intercettatore della Ribellione riuscisse a mettere le mani su informazioni tanto confidenziali. >>
Il Governatore sospirò mentalmente. In tutta sincerità, voleva solo tornare nelle sue stanze e concedersi una meritata giornata di riposo… ma di certo non poteva contestare un ordine diretto del Maestro in persona.
<< Prenderò subito una navetta per la capitale… >>
<< In quello stato? >> lo interruppe il Signore del Tempo, scuotendo la testa << Non se ne parla! Che razza di sovrano sarei se permettessi ai miei sottoposti di viaggiare in simili condizioni? Non uno molto buono, te lo dico! Ecco, lascia che ti dia una mano. >>
E prima che Shen potesse anche solo aprire bocca, la trasmissione cessò in un crepitio dell’holoproiettore. Seguì un bagliore azzurro alle spalle dell’uomo, e questi non ebbe bisogno di voltarsi per sapere chi si fosse appena teletrasportato nel suo palazzo.
<< Ciao! >> esclamò il Maestro con quel suo tono gioviale, e subito l'albino si lasciò cadere in ginocchio.
<< Mio signore >> borbottò rispettosamente << è sempre un onore averla qui a Gongmen… >>
<< Sì, sì, un onore e un privilegio >> sbuffò il Signore del Tempo, agitando una mano con fare sprezzante  << Per la miseria, Shen. Apprezzo le lusinghe quanto qualsiasi altro dittatore, ma ormai io e te ci conosciamo da abbastanza tempo da poter lasciar perdere simili formalità. Dopotutto, sei tra i miei uomini migliori, sai? Anche se negli ultimi tempi il tuo operato non è stato privo di scivoloni. >>
La schiena del Governatore venne attraversata da un brivido di inquietudine. Non gli serviva essere un lettore mentale come Vader per intuire il significato nascosto dietro alle parole del Maestro.
<< Non era mia intenzione deludervi. >>
<< Ma lo hai fatto comunque, Shen >> ribatté il tiranno, con un tono di voce molto più freddo rispetto a prima << Ancora e ancora, ogni volta che quel ragazzo era coinvolto. Gli hai permesso di entrarti in testa, amico mio. Di avvelenare il tuo buon senso! Proprio come Lada fece molti anni fa. >>
Lo indicò imperiosamente, e a quel punto Shen non riuscì a frenare l’ondata di vergogna che cominciò a impadronirsi di lui.
Non poteva negare le parole del tiranno. Per troppo tempo aveva lasciato che le sue ossessioni avessero la meglio sul buonsenso. In numerose occasioni aveva avuto la possibilità di uccidere quella peste fastidiosa, ma ogni volta aveva permesso al suo desiderio di vendetta di guidare le proprie azioni, scegliendo di promulgare il suo dolore anziché eliminare la minaccia seduta stante. Eppure, quando finalmente era stato sul punto di rimediare… proprio il suo signore gli aveva ordinato di fermarsi.
Il Maestro lo fissò in silenzio per quasi un minuto buono, poi recuperò il suo sorriso cordiale.
<< Ma come ho detto, non sono qui per rimproverarti, bensì per darti la possibilità di ripulire il tuo nome una volta per tutte. Consideralo un regalo per tutti gli anni di fedele servizio? >>
Allungò una mano e la tenne sospesa di fronte a Shen. Il governatore la guardò perplesso per qualche secondo, prima di rendersi conto che l’uomo voleva che lui l’afferrasse… e così fece.
Subito, il mondo attorno a loro divenne un turbinio di vene azzurre. Come tutti i membri della cerchia ristretta del Maestro, anche Shen era ormai abituato all’insolito modo di viaggiare del tiranno, motivo per cui riuscì a resistere senza troppi problemi all’improvviso impulso di vomitare.
Quando il teletrasporto ebbe fine, entrambi si ritrovarono in quello che aveva tutta l’aria di essere un gigantesco hangar, con un soffitto che si elevava verso l’alto per almeno una trentina di metri. Per qualunque cosa fosse stato progettato, doveva essere piuttosto grossa.
<< Luci! >> esclamò il Maestro, ed ecco che l’hangar venne illuminato da cima a fondo, rivelando ciò che nascondeva: enormi macchine quadrupedi simili a giganteschi cammelli, tanto alti da poter quasi toccare il soffitto.
Gli occhi di Lord Shen si spalancarono come piatti, mentre osservava con precisione chirurgica quei prodigi meccanici.
In tutti i suoi anni passati al servizio del Maestro, non ricordava di averli mai visti. Per quanto il loro aspetto fosse insolito, sembravano più che capaci di eliminare qualsiasi potenziale veicolo o costrutto meccanico terreste.
<< Che cosa sono? >> domandò meravigliato.
Il sorriso sul volto del Maestro divenne predatorio.
<< L’ultima trovata di quei cervelloni che lavorano per Salem, ricavata dai progetti incompleti di una galassia lontana lontana >> rivelò mellifluo << Si chiamano AT-AT… o quadropodi imperiali, per chi non apprezza gli acronimi. Una singola unità possiede la potenzia di fuoco di almeno una decina di carri armati imperiali, ma la resistenza di una corazzata! Idealmente, solo cinque esemplari sarebbero più che capaci di annientare un intero esercito. >>
<< Ne avevo sentito parlare. Sembrano delle armi davvero prodigiose. >>
<< Oh, altroché! E voglio che sia tu a guidarle, durante la nostra battaglia decisiva per i cuori e le menti di Battleground. >>
Lo sguardo sorpreso dell'albino scattò istantaneamente sul tiranno.
<< Io, mio signore? Ma… non ho mai guidato un assalto di questa portata. >>
<< Ma sei comunque addestrato nell’arte della guerra, sì? >> ribatté il Maestro, con tono fin troppo innocente << E hai competenza militare da vendere, sebbene non sia mai stata messa in pratica dal tuo arrivo a Battleground. >>
Shen esitò a rispondere, ma dopo qualche secondo annuì docilmente. << È così. >>
<< Allora è deciso! >> disse il Signore del Tempo, con un tono che non ammetteva repliche << Ti fornirò tutte le unità che siamo riusciti a fabbricare fino ad ora e le guiderai in battaglia contro l’esercito ribelle. Eliminerai le loro forze più consistenti e permetterai alla nostra fanteria di finire il lavoro.  >>
Il Governatore abbassò la testa in rispettosa sottomissione, ma internamente non era mai stato così preoccupato per la propria posizione. Ciò che il Maestro gli stava offrendo era davvero una possibilità di rimediare ai propri errori… oppure, il Signore del Tempo lo stava conducendo in prima linea come un agnello sacrificale, con la consapevolezza che non sarebbe sopravvissuto alla bolgia?
Scosse la testa per liberarsi da simili – pericolosi – pensieri. Il Maestro aveva ancora bisogno di lui per controllare almeno un terzo del pianeta Terra, e ucciderlo non avrebbe certo giovato alla sua guerra con la Ribellione.
Lo stava mandando in battaglia solo perché aveva fiducia nelle sue capacità… niente di più, niente di meno. E anche in caso contrario, Shen sarebbe stato più che felice di superare le aspettative del tiranno, come aveva già fatto in numerose occasioni.
Rinvigorito da tale prospettiva, cominciò a incamminarsi verso i quadropodi per poterli esplorare a fondo.
<< Ah, un’ultima cosa, Governatore >> disse il Maestro, richiamando la sua attenzione << Nel caso dovessi imbatterti nel ragazzo durante la battaglia… non ucciderlo. Ho ancora dei progetti per quella sua testolina verdognola. >>
Nell’istante in cui il Signore del Tempo pronunciò tali parole, ogni dubbio nella mente dell'albino venne sostituito da una rabbia indomita.
Anche dopo tutto quello che era successo… anche dopo che quel maledetto passero aveva sputato sulla generosa proposta del suo signore… egli avrebbe comunque ricevuto un trattamento di favore e un lasciapassare gratuito per la propria sopravvivenza?!
<< Ma… >>
<< Niente ma >> lo interruppe il tiranno, freddamente << Voglio che Baelfire Royston sopravviva alla battaglia. Non per forza illeso, ma il suo cuore dovrà continuare a battere. Sono stato chiaro? >>
“Fin troppo!” avrebbe voluto urlargli il governatore, desideroso come non mai di poter mettere finalmente la parola fine a quell'intrigante d'un moccioso, la causa di tutti i suoi tormenti e disgrazie. Ciononostante, riuscì a mordersi la lingua quel tanto che bastava per riprendere il controllo delle proprie emozioni.
<< Sì… mio Maestro >> sussurrò, stancamente.
Il Signore del Tempo sorrise soddisfatto e gli tirò una pacca sulla spalla.
<< Sapevo di poter contare su di te >> disse, quasi si stesse congratulando con lui.
Eppure, alle orecchie del Governatore, quel piccolo elogio gli scivolò addosso come un veleno mortale.
 
* * *
 
Loki si trovava nel Válaskjálf, il palazzo reale, e la solitudine regnava sovrana in quel luogo consacrato. Non c'era nessuno: né consiglieri, né menestrelli né tantomeno guardie. Il re di Asgard aveva espressamente ordinato di voler essere lasciato solo sull'Hliðskjálf, il dorato seggio. L'unico rumore prodotto in quello spazio era lo scoppiettare del fuoco al centro della grande sala, il tipico falò posto in mezzo a due lunghe tavolate, come da consuetudine nella tradizione norrena.
Lo sguardo del dio era posato sui rossi lapilli che fuoriuscivano dalle fiamme, rapito da quella danza vermiglia. Per molti secoli, i saggi avevano cercato le risposte alle grandi domande proprio dentro il fuoco ed era ciò che Loki, in un certo senso, stava facendo.
Perché la battaglia era andata a finire in quel modo? Perché sembrava che Thor fosse inconsapevole del destino di Sigyn? Troppe domande, ma nessuna risposta.
Ad un certo punto, in quel falò, Loki vide qualcosa. Il fuoco si stava condensando, come pervaso da una strana magia, fino a formare un volto. Il volto... di Odino.
<< Tu ricordi chi sono io, vero figlio mio? >>
<< No, non può essere... tu sei morto. Sei morto e sepolto >> ringhiò Loki, stropicciandosi gli occhi.
Stava sicuramente sognando. Forse si era addormentato? Doveva svegliarsi.
<< Eppure sai bene che esistono modi, per noi dèi Aesir, di aggirare la morte… >>
<< Il Maestro ha distrutto il Valhalla. Tu non esisti più! Né sul piano mortale, e tantomeno nel piano ultraterreno! >>
<< Eppure esisto. Esisto ancora dentro di te, perché per quanto tu ti sforzi… non puoi cancellare chi sei e da dove vieni! >>
<< Allora saprai di certo che io sono Loki Laufeyson degli Jötnar, e NON sono tuo figlio! Né tantomeno vengo da Asgard! >>
<< Eppure eccoti qui, a crucciarti. Tu, dentro di te, sai già qual è la verità… ma ti rifiuti di accettarla. Non serve sacrificare un occhio per accorgersene. Tu sai bene che Thor non è il responsabile della tua infelicità. >>
<< E invece sì, io l'ho visto! >>
<< Hai visto ciò che qualcun altro ti ha mostrato. Non ti ho davvero insegnato nulla? La realtà, molto spesso, sa essere ingannevole >>
<< Esattamente come te! Esci fuori dalla mia testa, Odino! Vattene! >> urlò il dio degli inganni, afferrando un corno di idromele e lanciandolo nelle fiamme.
Con quel gesto, il volto del Padre di Tutti scomparve. Loki si sedette nuovamente sul trono, cadendo di peso, e poi sentì il portone aprirsi.
<< Avevo espressamente ordinato di rimanere da solo! Vattene prima che ti faccia decapitare! >> urlò, senza nemmeno guardare in faccia l'ospite, e di conseguenza non rendendosi conto chi egli fosse davvero.
Fu allora che una voce fin troppo familiare risuonò nelle orecchie del sovrano. Una che ormai da tempo aveva imparato ad associare alla forza più potente con cui fosse mai entrato in contatto da quando era stato strappato millenni orsono dal freddo abbraccio della morte.
<< E pensare che ero venuto fin qui per una piacevole chiacchierata tra amici. >>
Loki si rese infine conto con chi stava avendo a che fare, nientemeno che il Maestro in persona. In quel momento, cercò di ricomporsi e si rivolse a lui.
<< Non ti avevo sentito arrivare, io ero… non importa >> disse, portandosi una mano in viso. << Sei venuto qui per commentare ciò che è successo poco fa nell’arena? Non avevo idea che Amora avrebbe permesso al Dottore di entrare ad Asgard. Spero che, quantomeno, delle scuse bastino. >>
<< Scuse? >> ripeté il Maestro, con una curiosa inclinazione della testa << E per cosa? Sappiamo entrambi quanto il mio vecchio nemico può essere infido. >>
Cominciò ad avvicinarsi al trono, lanciando occhiate occasionali ai suoi dintorni. << Non ti incolpo per gli spiacevoli eventi dell'arena. Anche se al posto tuo ci fosse stato qualcun altro, dubito che sarebbe riuscito ad impedire a quel bacucco idealista di compiere qualche stupidaggine. >>
Scosse la testa. << No, Loki. La ragione per cui mi trovo qui... era perché volevo chiederti se stavi bene >> disse con un sorriso stranamente gentile, decisamente fuori posto sul volto del tiranno crudele che ormai conosceva da più di vent'anni << Non vorrei che il tuo incontro con Thor avesse riaperto... delle vecchie e spiacevoli ferite. So bene quanto per lui sia facile entrarti sottopelle. >>
Il dio degli inganni non poté fare a meno di corrugare la fronte davanti alle frasi del Maestro. Sembrava fin troppo cordiale, e questo lo preoccupava non poco.
<< Come vuoi che stia? Thor mi è sfuggito... di nuovo! Non sto bene, per niente. Stavo per ucciderlo, e poi lui si è salvato. Proprio come trent'anni fa. È una risposta soddisfacente? >>
<< Oh, suvvia, amico mio >> disse il Maestro, con tono apparentemente disinvolto << Non ti è affatto sfuggito. In realtà... sono stato io ad averlo lasciato andare, privandoti così della tua vendetta. >> Gli occhi del Signore del Tempo divennero improvvisamente affilati. << Questo ti ha forse infastidito? >>
Loki lo guardò in faccia. Non capiva perché il Signore del Tempo fosse venuto proprio lì per riferirgli questo. Cosa si aspettava? Che si mettesse a urlare?
<< E perché privarmi di qualcosa che mi hai promesso espressamente? Non è forse vero che il Maestro mantiene sempre la parola data? Che cosa vuoi davvero? >>
<< Ti avevo promesso una vendetta soddisfacente >> ribatté il tiranno, impassibile << Una che ti avrebbe finalmente eretto a paladino del tuo popolo... una per cui ogni abitante di Battleground ti avrebbe ammirato per i millenni avvenire. Ora dimmi... cosa pensi che sarebbe successo se Thor fosse morto in quei giochi, privo dei suoi poteri, mentre tu te ne stavi comodamente al sicuro ad osservare la sua sconfitta da lontano? Come pensi che il tuo popolo avrebbe reagito ad una simile disfatta? >>
<< Il popolo avrebbe assistito al mio potere >> rispose Loki, sicuro di sé. << Avrebbe visto un Loki che è riuscito a catturare il nemico, a privarlo del suo titolo, del suo potere e della sua arma. Avrebbe visto il suo ex campione umiliato ai piedi di uno Jötunn. Perché è questo che fanno i sovrani, nonché i conquistatori. È la storia stessa a dimostrarlo. Tu, invece, Maestro? >> chiese con tono di rimando. << Tu vuoi solamente un grande spettacolo? La mia tragedia non ti ha forse insegnato nulla? Ho assistito in silenzio al teatro creatosi nell'arena. Come puoi dire con assoluta certezza che vinceremo noi? Come puoi sapere che sarai tu a vincere? Ci hai almeno riflettuto? Se avessimo ucciso Thor e il Dottore in quel momento, quando potevamo, ora saremmo sicuri di regnare sul multiverso in eterno! Ora non abbiamo più questa sicurezza. Per loro, una settimana sarà più che sufficiente per prepararsi a dovere. >>
Il Maestro lo fissò in silenzio per quasi un minuto buono, gli occhi non più adornati da quel suo solito luccichio dorato. E per un attimo, il sovrano di Asgard temette di aver oltrepassato i propri limiti... almeno fino a quando le labbra del Signore del Tempo non si arricciarono in un sorrisetto.
<< Oh, Loki >> disse, scuotendo la testa << Loki, Loki, Loki... anche dopo tutto ciò che abbiamo passato... anche dopo tutte le imprese che mi hai visto compiere nel corso degli anni... ancora dubiti di me? Credi seriamente che avrei offerto ai nostri nemici un violino d'oro... per cosa? Per divertirmi un po'? Per un semplice capriccio? >> Accorciò la distanza che lo separava dall'Aesir, gli occhi illuminati da un bagliore familiare. << Allora lascia che ti sveli un piccolo segreto: sta andando tutto esattamente come dovrebbe andare. Niente di più... niente di meno. Il destino del Dottore non sarebbe mai finito in quell'arena. Lui e i Ribelli hanno ancora una parte da giocare in quello che verrà >>
Per un attimo, il re provò paura. << E allora cosa hai mente? Devo forse radunare gli einherjar e prepararli per la battaglia? È quello che sto già facendo. In questo momento, Skurge si sta occupando del loro addestramento e sta organizzando l'esercito. >>
<< In verità... >> rispose il Signore del Tempo << Credo che questa situazione meriti un tocco... più in grande per così dire. >>
Fu allora che il sorriso sul volto del tiranno divenne ancora più accentuato. << Dimmi... da quanto tempo i tuoi figli non escono fuori a giocare? >>
Il dio degli inganni fu davvero colto di sorpresa. Era chiaro a cosa alludesse il Maestro: lui voleva che Loki facesse ricorso alla sua prole mostruosa, quella che millenni fa Odino bandì poiché reputati troppo pericolosi.
<< Hai idea di quello che mi stai chiedendo? Se loro venissero liberati, scateneremo un Ragnarök! Sono selvaggi e totalmente privi di controllo, non sarebbero un pericolo solo per i Ribelli, ma perfino per noi. Sei impazzito, per caso? >>
<< Sono stato definito pazzo in numerose situazioni, ma non è questo il caso >> ribatté il Signore del Tempo, con un roteare degli occhi << E non avevo mica intenzione di liberarli entrambi! Se non ricordo male, uno dei due si è dimostrato... collaborativo, per così dire. O sbaglio? >>
Loki meditò sulle sue parole, e in effetti aveva ragione. Entrambi i suoi figli erano dei mostri privi di controllo, tuttavia uno dei due odiava particolarmente Thor. Durante la battaglia, la bestia avrebbe canalizzato la sua furia caotica contro il dio del tuono, evitando così di ferire gli alleati.
<< Sì, sì è proprio così >> borbottò pensieroso << Il tuo piano, in effetti, potrebbe funzionare. Non è privo di rischi, certo… ma ha senso. E sia. Farò come richiedi. >>
Soprattutto perché non poteva dirgli di no.
* * * 

C'era una volta una bellissima ragazza, rinchiusa in una torre dal suo crudele padre. Seppur dotata di una grande abilità nelle arti magiche, le era impossibile superare i mille tranelli e muri della sua dorata prigione.
Spinta dal suo spasmodico desiderio di vedere il mondo esterno, cominciò a scrivere delle lettere e inviarle ai tanti guerrieri che cercavano glorie nelle lande vicine, promettendo in cambio della libertà la propria mano e le sue ricchezze. In molti tentarono, ma anche le loro abilità affinate in anni di lotte si rivelarono inutili.                     
Infine, quando la ragazza si era praticamente rassegnata a vivere isolata fino alla fine dei suoi giorni, un giovane eroe giunse nella sua stanza e la condusse per la prima volta all'esterno.
I nomi dei protagonisti di questa storia erano Ozma e Salem, e come succede in questi casi non ci volle molto affinché si innamorassero.
Il fato non volle però dare loro un "per sempre felici e contenti", e Ozma morì di malattia meno di due anni dopo aver incontrato la compagna.
Travolta dal dolore e da una ritrovata solitudine, Salem decise di andare a pregare di persona i due fratelli gemelli che governavano il suo mondo, nella speranza che le ridessero l'amato.
Uno signore della luce e della vita, l'altro padrone di oscurità e distruzione, entrambi rifiutarono di riportare Ozma tra i vivi… e quando Salem protestò rabbiosamente, la maledirono a vivere finché non avesse compreso il vero significato della vita.
Furiosa nei confronti degli dei che le avevano negato la possibilità di riunirsi ad Ozma, Salem organizzò un'alleanza tra i vari regni per poi ripresentarsi dalle due divinità, sperando di sconfiggerli o almeno intimidirli, ma l'unico risultato fu un'estinzione di massa della quale fu l'unica superstite.
In cerca di una via d'uscita da quell'incubo, decise di tuffarsi nella pozza dove il dio delle tenebre solitamente riposava prima di lasciare il pianeta insieme al fratello, sperando che l'avrebbe uccisa.                                                                                                     
Ma la sua prima maledizione resistette anche al potere del proprio opposto… e quando Salem riemerse dal bruciante liquido, era stata deformata nel corpo e nello spirito, ora invaso da un infinito desiderio di distruggere.
Col passare dei secoli, o millenni, l'umanità ritornò a popolare il mondo che venne conosciuto come Remnant e le creature del Dio oscuro, note come Grimm, cominciarono ad attaccarla senza ritegno, sebbene lei stessa restasse isolata nei boschi.
Il dio della luce, sapendo che Salem e i mostri creati da suo fratello sarebbero stati una minaccia per la nuova civiltà, convocò lo spirito di Ozma e gli conferì l'abilità di possedere un nuovo corpo a ogni morte, fondendosi con l'anima dell'ospite. Poi gli diede il compito di fermare Salem e rievocare le due divinità attraverso quattro potenti reliquie, ma solo una volta che tutti i popoli di Remnant sarebbero stati uniti.
Inizialmente ritroso a intraprendere la missione, Ozma cambiò idea quando scoprì che Salem era ancora viva.
Dopo una gioiosa riunione, i due incantatori decisero di prendere insieme le redini della nuova umanità per guidarla anche grazie ai loro poteri… ma sfortunatamente, neanche l’età dell’oro che fu il loro regno non fu destinato a durare.
Purtroppo, durante il loro primo incontro, entrambi avevano tenuto dei segreti l’uno dall’altro: Ozma nascose la missione che il dio della luce gli aveva affidato, mentre Salem mantenne il silenzio su alcuni dettagli della sua dannazione.
Quando fu chiaro che la moglie non era esattamente stabile, Ozma decise di fuggire assieme alle quattro figlie che erano nate nel frattempo, venendo però scoperto. Nella lotta che seguì, le quattro innocenti furono vittime della lite tra i genitori, che da quel momento si giurarono odio eterno e diedero inizio al conflitto che avrebbe plasmato il destino del pianeta e di tutti i suoi abitanti.
La lotta tra i due ex amanti proseguì per più di un millennio, tra strategie e contromosse d'ogni tipo, le armi dei due contendenti i Grimm e le genti di Remnant.
L'ultimo strumento adoperato da Oz consisteva nelle accademie per Cacciatori, luoghi in cui addestrare in maniera organizzata i futuri difensori dell'umanità, oltre a mezzi sempre più sofisticati, inclusa la recente rete globale creata grazie al sistema CCCT, formato da quatto torri per le comunicazioni, una per regno.
Uno degli ultimi accoliti della regina dei Grimm aveva hackerato per lei i file dell'esercito Atlesiano, e Salem ne stava dunque approfittando, seduta nella sala grande del suo tetro palazzo, per controllare le schede di Cacciatori professionisti, criminali e chiunque altro avesse un qualche dissidio con la società di Remnant, con l'intenzione di portarla dalla sua parte.           
<< Tyrian Callows >> recitò ad alta voce la strega, cliccando sull'immagine di un fauno scorpione dai corti capelli neri << responsabile di quasi trenta morti per tutta Anima. Incredibilmente rapido, dotato di un potente veleno insito nella sua coda e, soprattutto, alla continua ricerca di una causa e una figura da servire. Sì, conosco il genere.... se lo tirassi fuori di prigione, venererebbe il terreno su cui cammino.>>
<< Ah, un accolito con tendenze fanatiche oltre che psicotiche? >> giunse una voce improvvisa alle sue spalle << Il mio tipo preferito di seguace! Ma se fossi in voi, punterei anche a qualcuno con un po' più di cervello. Dopotutto, avere un po' di materia grigia in più per gestire il nostro tipo di operazioni fa sempre bene! >>
La donna si alzò di scattò, la sua alta figura illuminata dalla luce del computer, le mani avvolte da scintille scoppiettanti.                                                            << Chi osa infiltrarsi in questo luogo?>> chiese con tono imperioso.
<< Ops, colpa mia! >> continuò la voce, ora proveniente all'imboccatura della stanza << Lo so, avrei dovuto bussare. Ma poi vi sareste dovuta alzare per aprire la porta, così ho deciso di farvi risparmiare tempo. Non c'è di che, a proposito! >>
Un uomo uscì dalla penombra dell'entrata. Vestiva con un elegante completo nero abbinato a scarpe di tela, non poi così dissimile da quelli che la strega aveva visto più volte indossare tra i mortali. In poche parole, aveva un aspetto piuttosto ordinario... salvo gli occhi, che ogni tanto sembravano brillare di una strana luce giallognola.
<< Ehilà! >> la salutò lo sconosciuto, sollevando la mano destra << Per rispondere alla tua domanda, mi chiamo il Maestro... e sono sinceramente felice di poter fare la vostra conoscenza, regina Salem. >>
L'albina fece un paio di passi verso l'intruso, muovendosi aggraziata, quasi un tutt'uno con le nere mura del suo castello. Decise di non attaccarlo subito, d'altronde se era arrivato fin lì, a meno che non avesse una semblance di teletrasporto, doveva essersi fatto strada tra tutti i Grimm del suo dominio, cosa che fino ad allora era stata possibile solo con un esercito. Ed era sua abitudine comportarsi in modo educato con chiunque, fosse egli alleato o nemico.
<< Vi perdono per la vostra mancanza >> disse, pur non abbassando la mano avvolta di scintille << posso chiedere, però, il motivo della vostra presenza nei miei domini? >>
Il Maestro - anche se la strega dubitava che questo fosse il suo vero nome - rilasciò un sospiro apparentemente sollevato.
<< Finalmente una potenziale recluta che non cerca di uccidermi. Sul serio, stava diventando irritante! Uno ha cercato di darmi fuoco, l'ultimo ha provato a trasformarmi in una lumaca... oh, sì, uno mi ha fatto esplodere DUE volte! Cominciavo a pensare che tra malvagi non esistesse più il significato del termine "cortesia professionale". >>
Fece alcuni passi avanti.
<< Ma per soddisfare la vostra curiosità, cara regina, possiamo dire che il motivo della mia presenza qui... siete voi. O meglio, quello che state cercando di fare al vostro mondo. >>
Quanto detto dal Maestro accese ulteriormente la curiosità della donna sulle sue abilità e sulla sua natura. Era forse un altro immortale? Magari maledetto come lei?                  
Allargò la sua Aura in maniera quasi impercettibile, usandola per avvolgere il corpo e l'animo del Maestro in modo da saggiarne le capacità… ma se ne pentì quasi subito.                                                                                                                   
All’improvviso, si sentì come se allo stesso tempo l'avessero riempita di pugni, gettata in una pozza di lava e poi nel cuore di una tempesta, tutte cose provate al tempo dai suoi nemici nel tentativo di ucciderla definitivamente. A concludere quella devastante sensazione fu un'immagine dell'universo sconfinato che occupò per un singolo e indefinito istante ogni angolo della sua mente.
Alla stessa velocità con cui li aveva allungati, ritirò gli invisbili rivoli di Aura che aveva diretto verso il Maestro e si ripulì un fiotto di sangue che le era sceso dal naso.  
 << Se quanto ho appena visto è vero… >> disse con un tono quasi ferito << Remnant per voi dev'essere poco più che un granello di polvere. Come mai vi interessa ciò che intendo fare ai suoi abitanti? >>
Le labbra dell'uomo si arricciarono in una smorfia.
<< Oh, potrebbe sembrare un granello di polvere ora... ma fidatevi, tra qualche anno anche i granelli di polvere diventeranno un lusso. >>
Allungò una mano verso di lei.
<< Lascia che ti mostri una verità conosciuta a pochissimi eletti. Lascia che ti mostri... cosa sta succedendo nel Multiverso in questo istante. >>
La visione dell'universo ricevuta poco prima riapparve stavolta tutt'attorno a Salem, che si ritrovò a galleggiare assieme al Maestro sopra un’infinità di  galassie.     
La regina dei Grimm ammirò quel meraviglioso spettacolo di luci e pianeti, chiedendosi se fosse stato lo stesso a cui avevano assistito  i due fratelli dopo aver lasciato Remnant.                                                                                                           
La sua meraviglia non fu destinata a durare. Un'ondata di.... qualcosa, si diffuse per l'intero scenario come una rapidissima infezione.                              Salem non seppe davvero definire cosa stesse ricoprendo - o meglio, consumando - le infinite stelle tutt'attorno a loro… eppure, era perfettamente conscia di una semplice verità: era più distruttivo di qualsiasi altra cosa avesse mai visto, e, da ogni punto di vista, completamente sbagliato. E con suo sommo orrore, lei stessa divenne vittima del fenomeno, e potè sentire ogni singolo atomo del proprio corpo che veniva ridotto ad un semplice… niente.  
Tuttavia, quando la visione cessò, scoprì che lei e il Maestro non si erano mossi nemmeno di un millimetro.
<< Orribile... non è vero? >> le disse, con tono quasi gentile << Sono sempre stato un fan della distruzione a tutto tondo, ma fino a questo punto? Nemmeno io oserei spingermi a tanto. E questo fenomeno è già in corso, inevitabile, rapido e spietato... e tra qualche anno raggiungerà anche questo universo, trasformandolo in cenere... e la cenere diventerà polvere, e la polvere diventerà atomi, e gli atomi diventeranno NIENTE. A meno che io non faccia qualcosa a riguardo. >>
Salem non si era neanche accorta di essere caduta in ginocchio, preda della stessa impotenza che l'aveva colmata quando era diventata per molti anni l'unico abitante senziente del proprio mondo.                                                              
<< Chi.... chi… >> balbettò, facendo un profondo respiro per riprendere un minimo di controllo su sè stessa << chi può aver creato una cosa simile?>>        
La sfortunata incantatrice aveva desiderato per secoli la morte, tutto il suo piano per prendersi le reliquie non era altro che un modo per liberarsi finalmente dell'eterno incubo di cui viveva prigioniera e dalle sue numerose colpe.                                        
Ma la cosa che aveva appena sperimentato… non era la liberazione che cercava, solo un'ultima agonia prima di un destino che non osava immaginare.            Ed era certa di questo, così come era certa che, pur dicendo il vero, il Maestro non doveva essere un'alternativa di molto preferibile ai responsabili.
L'uomo scrollò le spalle e indicò il soffitto della stanza.
<< I piani alti. E no, non mi riferisco agli dèi che ti hanno maledetto. No, io parlo della dirigenza che sta in cima al grande palazzo dell'Eternità! Si fanno chiamare i Beyonders, e a quanto pare hanno deciso che il nostro amato Multiverso ha bisogno di una piccola ristrutturazione... per farla breve, vogliono premere il pulsante del riavvio e ricominciare da capo. >>
Cominciò a girare attorno alla donna.
<< Io sono l'unica possibilità di fermarli. Oh, non fraintendermi, non ho il potere di salvare così tanti mondi... ma posso salvarne alcuni e nasconderli in un rifugio sicuro. Riesci a capire dove sto andando a parare? >>
Salem si rialzò, ancora tremante, il viso eternamente giovane segnato per la prima volta da rughe di stress. << Remnant è uno di quei mondi che intendi salvare, suppongo. Non capisco, però, perché venire da me?>>.
<< Perché gestire un mondo è difficile! >> esclamò il Maestro, spalancando le mani << Vedi, è questo il problema di molti aspiranti conquistatori. Credono che una volta preso il controllo di un pianeta riusciranno ad eliminare tutte le cose che a loro non piacciono e vivere il resto delle loro vite felici! Ah! Io ne ho conquistati abbastanza da sapere che non è affatto così semplice. Un mondo ha bisogno di attenzioni! Di supervisori! Di persone giuste che sappiano fare ciò che è necessario per mantenerlo sotto controllo... e soprattutto, produttivo. >>
Indicò i loro dintorni.
<< E se controllare un singolo mondo è già difficile di per sè... beh, immagina centinaia di mondi sotto il tuo controllo! Immagina trilioni di persone che non apprezzano il tuo modo di fare le cose, pronte alla minima possibilità di ribellarsi. E immagine di essere costretto ad affrontarle da solo! Anche per me potrebbero rivelarsi una seccatura non da poco. >>
Salem comprese quanto detto dal Maestro. Lei stessa, pur per un breve periodo, era stata la regina incontrastata dell'umanità assieme ad Ozma, e sapeva quanto fosse difficile rendere un popolo docile, ma anche rispettoso del proprio governo. Non a caso le sue tattiche, da ormai molti anni, si concentravano sul dividere il più possibile le genti di Remnant.
<< Ma tra tutti i mondi esistenti, perché vorresti salvare proprio il mio? >> domandò inquisitoria.
Il Signore del Tempo scrollò le spalle.
<< Semplicemente perché il tuo pianeta ha una fonte d’energia pulita davvero inestimabile: la Polvere >> rivelò con un sorrisetto << Attraverso cui sarei in grado di sostenere il mio nuovo impero per moooooolto tempo, e farlo progredire tecnologicamente quel tanto che basta per creare una galassia degna del mio dominio. >>
<< Quindi vuoi trasformare Remnant nella tua fabbrica personale >> rispose la padrona di casa, incrociando le braccia << Non che la cosa mi crei problemi, ma… prima di accettare un simile accordo, avrei comunque delle condizioni… se me le concederete. >>
<< Le avete sempre >> sbuffò l'uomo, con un roteare degli occhi << Molto bene! >>
Schioccò le dita, e subito un paio di poltrone comparvero dal nulla alle loro spalle.
Il Maestro si lasciò cadere sopra quella dietro di lui, poi incrociò le mani davanti al viso sorridente.
<< Ho imparato a mie spese che è molto più facile lavorare con persone che ti sono debitrici. Quindi vai avanti, nomina pure le tue condizioni. >>
Salem si sedette sull'altra poltrona, e incrociò le gambe, le ciocche di capelli biancastri che ricadevano ai lati del viso.
<< Per cominciare, voglio essere liberata da entrambe le mie maledizioni. Intendo restare il tempo sufficiente a vedere come si svilupperà questo tuo progetto, ma credo che ormai mi sia meritata il riposo eterno. >>
Il Maestro si portò una mano al mento e cominciò a strofinarselo.
<< Uhmmmm... un'altra immortale mi avrebbe fatto comodo, ma posso comprendere il tuo punto di vista. Molto bene, te lo concedo, ma dovrai addestrare qualcuno che prenda il tuo posto una volta che sarai passata a miglior vita. Qualcuno che dovrà essermi fedele! >> aggiunse.
Salem annuì, e pensò a un potenziale candidato. Ironicamente, la sua mente vagò su quelli che erano stati i suoi peggiori nemici dopo lo stesso Ozpin: i guerrieri dagli occhi d'argento, capaci di trasformare in pietra interi eserciti di Grimm.
Nonostante avesse fatto del suo meglio per sterminare quella piccola, ma coriacea linea di sangue, sapeva che almeno una sopravvissuta si trovava a Beacon come studentessa, ed era sicuramente solo questione di tempo prima che Ozpin le chiedesse di lavorare direttamente per lui.
In un colpo solo, giocando bene le proprie carte, avrebbe potuto accontentare il Maestro, prendersi gioco dell'antico sposo, e soddisfare un vecchio desiderio: essere di nuovo madre.
<< In effetti c'è una possibile candidata >> disse con un sadico sorriso sulle labbra << Al momento è tra le mani del mio rivale… ma se foste in grado di modificare un po' la sua memoria, sono sicura che diventerà una potente alleata. >>
<< Eccellente >> ridacchiò il Maestro << Qualsiasi altra condizione? >>
Lei si portò un pollice al labbro, riflettendo. Una volta diventata la signora indiscussa di Remnant, avrebbe potuto continuare a usare i Grimm come una sorta di Polizia, ma sarebbe stato come usare un martello pneumatico per rompere una noce. Forse....
“Ma certo, pane e arene” si disse con espressione trionfante.
<< Sarebbe possibile modificare almeno in parte la natura dei Grimm? Potete trasformarli, diciamo, in semplici animali dotati di Aura? >>
<< Potrei certamente farlo >> ammise il Maestro << Avevo comunque intenzioni di spazzarli via, poiché la loro presenza avrebbe potuto ridurre i livelli di produzione del vostro mondo. Ma credo che in questo modo ti sarà più facile mantenere il controllo della popolazione in maniera più... sottile, per così dire. >>
Inclinò la testa.
<< E a proposito dei tuoi futuri sudditi, ti avverto che i livelli di popolazione di Renmant potrebbero subire una brusca impennata. Ho trovato di recente un regno con un potenziale tecnologico piuttosto elevato. Si chiama Dreamland! Nome strano, lo so, ma i suoi risultati in campo navale parlano da sé. Ho intenzione di integrarlo a questo mondo e sfruttare le vostre fonti di energia per farlo progredire ulteriormente. Certo, dovrò fare qualche lavoretto per integrare le sue razze alle vostre, ma a lunga andare penso che si rivelerà piuttosto vantaggioso per tutti noi. >>
<< Cercherò di farne buon uso >> rispose la donna, con tono molto più rispettoso << Ah, prima avete detto di aver visitato altri potenziali collaboratori. Posso sapere con che tipo di persone avrò a che fare? >>
Il Maestro battè ambe le mani in un sonoro rintocco.
<< Oh oh, fidati, ti piaceranno. Avete tutti modi di pensare così simili! Pieni di idee, liberi da quella fastidiosa malattia chiamata "moralità"... e disposti a fare tutto ciò che è in vostro potere per raggiungere ciò che bramate. Proprio come me! Avrai modo di conoscerli nei prossimi giorni. Ma prima... >>
Schioccò le dita.
Un cerchio di luce color platino avvolse Salem, che si alzó sorpresa e guardó i suoi arti assumere una sana carnagione rosata, priva del pallore e delle vene nere che l'avevano caratterizzata per anni.
Corse verso uno specchio, scoprendo che anche il suo volto era tornato al naturale, con eccezione della sua chioma ancora bianca.
<< Avevo quasi dimenticato questo volto >> sussurrò, meravigliata.
Il Maestro le si avvicinò, posandole una mano confortante sulla spalla.
<< Osservatelo bene, vostra maestà >> disse con tono molto più gentile << Perché d’ora in avanti, questo è il volto che gli abitanti di Renmant impareranno a chiamare… regina! >>
                                                 
 
<< Madre, le truppe sono ormai pronte >>  disse la voce di Cinder Fall, scuotendo Salem dal suo riposo.
La donna si era seduta ore prima sul suo trono, intenta a scrivere la lista degli ufficiali che avrebbero partecipato all’imminente battaglia, finendo con l’addormentarsi… cosa che l’aveva portata a sognare, tra le altre cose, il suo primo incontro col Maestro.
“Uff, a quanto pare è quasi ora che il peso degli anni mi raggiunga. Ironico che sia proprio alla vigilia di questo scontro” pensò la signora di Remnant, alzandosi e dirigendosi verso la figlia adottiva.
<< Perfetto, accompagnami da loro >> disse secca, camminando accanto a Cinder attraverso i corridoi della cupa villa.
<< Mia signora, perdonate l’impertinenza, capirò se non volete affrontare l’argomento, ma… come vi sentite riguardo alla posizione che hanno scelto Summer e Ruby Rose? >> domandò la giovane assassina, che aveva trattenuto la propria curiosità fin dalla notizia della morte di Qrow.
Nonostante avesse ambito sin dal giorno in cui era stata condotta in quel luogo al trono della madre, era sempre stata trattata da Summer come fosse una vera sorella minore, finendo con l’ammirare la forza e lo spirito della potente Cacciatrice.
Salem ridacchiò, in parte anche verso sé stessa.
<< Onestamente, Cinder, è dalla nascita del regno del Maestro che mi aspettavo una simile evenienza. In cuor mio, avevo sperato che tua sorella e Ruby si sarebbero dimostrate più intelligenti… ma sfortunatamente, per certa gente il desiderio di ribellarsi e di fare ciò che ritengono giusto è fin troppo forte. Se i nostri ruoli fossero stati invertiti, forse io e te avremmo fatto la stessa cosa. >>
<< Quindi, ognuno è responsabile delle proprie scelte e deve affrontarne le conseguenze… è questo che intendete? >> fu l’ultima domanda di Cinder. Stavolta Salem si limitò ad annuire, prima di aprire le porte che la separavano dal reggimento che avrebbe guidato in battaglia.
Era più che pronta ad affrontare le conseguenze delle proprie azioni… anche se questo significava uccidere la donna e la bambina che ormai da tempo aveva cominciato a considerare come una figlia e una nipote. Tutto per il bene della propria felicità.



 

Boom! Questo è stato sicuramente uno dei capitoli più importanti della storia.
Non solo ha mostrato in toto il passato di Vader e Salem (che rispecchia il suo passato nella serie RWBY), ma ha pure piantato i semi per molti dei risvolti che prenderanno piede nell'ultimo atto della storia. In particolare, ha accresciuto ulteriormente il ruolo di Walter Padick/Randall Flagg/L'Uomo in Nero, che assieme al Maestro è il vero co-antagonista de facto di questa storia. A differenza del Signore del Tempo, tuttavia, ha continuato ad agire nell'ombra dalla creazione di Battleground, per ragioni che vi saranno chiare solo in seguito. 
Spero che abbiate apprezzato tutte le citazioni ai vari universi e, soprattutto, lo scontro tra Vader e Voldemort, ci abbiamo lavorato parecchio per renderlo degno di entrambi i personaggi!


 

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Capitolo 44
*** Capitolo 40 - La settimana infernale: Parte 3 ***


Eccovi un nuovo - e lungo - capitolo che chiuderà il preludio alla battaglia finale. Vi auguriamo una buona lettura!



Capitolo 40 - La settimana infernale: Parte 3


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"Yeah, I told you before
And I'll tell you again
This life I live has been forged
And I'm backwards fire
With some hella wind
So when I walk through that door
Get me a heavy pour..."

Warren Zeiders - 
Heavy Pour 


Quando Darth Vader raggiunse l’impianto ingegneristico di Eadu, trovò la dottoressa Chelli Aphra che già lo attendeva all’imboccatura della navetta, vestita con la sua consueta divisa.
Nel momento in cui la vide, l’Oscuro Signore non poté trattenere l’ondata di nostalgia che s’impadronì di lui.
Dopo ciò che era successo alla festa per l’anniversario dell’Impero, la sua costante ricerca di Fire lo aveva tenuto troppo impegnato per permettergli di incontrarsi con la donna… una lontananza che aveva cominciato a farsi più evidente negli ultimi giorni, quando il pensiero della battaglia era diventato così forte da alimentare la sua rabbia come il fuoco di una fornace.
Dopo il modo abbastanza brusco con cui si erano separati l’ultima volta, sperava che questo incontro gli avrebbe dato la possibilità di rimediare e appianare qualsiasi potenziale rancore.
<< Lord Vader >> lo salutò la donna, con tono calmo e professionale << Grazie per essere venuto. Il Maestro vi sta aspettando ai livelli inferiori assieme al Dottor Eggman. >>
Un saluto che il Sith trovò abbastanza freddo, ma certamente non inaspettato. Dopotutto, avevano sempre fatto del loro meglio per nascondere la loro relazione ai rispettivi colleghi, consapevoli di quanti dei nemici di Vader avrebbero cercato di approfittarne per i propri scopi.
L’uomo rispose con un semplice cenno del capo, poi lasciò che la donna la condusse fino all’ascensore che li avrebbe portati ai livelli più bassi della struttura, ove si era svolto lo sviluppo di uno dei progetti imperiali più significativi degli ultimi anni.
Quando entrarono, Vader si aspettava perlomeno che Aphra avrebbe sostituito il suo sguardo impassibile con uno dei suoi sorrisi impertinenti… invece, l’espressione della dottoressa non cambiò di un millimetro, né tentò di intavolare una qualsiasi conversazione.
Fu proprio questo a sorprenderlo. Dopotutto, era sempre stata una delle persone più aperte ed esuberanti della sua vita, una qualità che con il tempo si era ritrovato ad apprezzare sempre di più. Il fatto che fosse così silenziosa era a dir poco… preoccupante.
<< Ho saputo che stai per andare in guerra >> disse all’improvviso, spingendolo a guardarla con la coda dell’occhio.
<< È così >> disse, perché se in qualche modo era stata informata, allora non vi era alcun motivo per tenerglielo nascosto.
Lei rimase nuovamente in silenzio, poi gli rivolse la sua più completa attenzione, fissandolo dritto nelle lenti scarlatte della sua maschera.
<< Quando avevi intenzione di dirmelo? >> chiese, e questa volta non c’era traccia di professionalità nel suo tono.
Era chiaramente arrabbiata per qualcosa, anche se Vader non riusciva davvero a comprenderne la ragione. Aphra conosceva perfettamente quale fosse il suo grado militare, quindi non poteva riguardare un’informazione classificata… oppure sì? Aveva bisogno di indagare più a fondo.  
<< Non era un’informazione di tua competenza >> rispose, ed ecco che gli occhi della donna si allargarono appena.
<< Competenza? >> sussurrò Aphra, quasi non potesse credere a ciò che aveva appena udito << Competenza!?  >>
Il suo corpo cominciò a tremare, animato da una miriade di sentimenti ben visibili attraverso la Forza: sorpresa, rabbia… e sorprendentemente, tristezza.
Sotto lo sguardo perplesso di Vader, dapprima strinse le mani a pugno, poi gli puntò un dito sul suo petto corazzato.
<< Pensi davvero che il mio livello di autorizzazione c'entri qualcosa?! Avresti dovuto dirmelo, perché presto andrai a combattere contro la più grande minaccia mai affrontata dall’Impero! Ti sei soffermato a pensare, anche solo per un secondo, come mi sarei sentita se non avessi più ricevuto tue notizie perché eri caduto in battaglia?! >>
Per la prima volta dopo tanto tempo, Darth Vader si ritrovò completamente senza parole.
Aphra non aveva mai mostrato una simile preoccupazione nei suoi confronti. E perché mai avrebbe dovuto? Era il Comandante Supremo dell’Impero! Il braccio destro del Maestro in persona, e una delle persone più potenti della Galassia.
Non vi era alcuna ragione plausibile per cui avrebbe dovuto sentirsi in ansia per lui… giusto?
Sul volto della ragazza si dipinse un’espressione rassegnata.
<< Certo che non l’hai fatto >> borbottò, sembrando improvvisamente stanca << Perché se le nostre situazioni fossero invertite, non perderesti una sola notte di sonno. Per te, la mia morte non avrebbe la minima rilevanza. >>
<< Non dire stupidaggini >> sbottò Vader, mentre le afferrava il mento con la mano guantata << Tu sei importante per me. >>
La donna assottigliò lo sguardo. << Ma non lo sarò mai quanto la donna di quella foto… ho ragione? >>
Quella domanda lo prese decisamente in contropiede.
Dunque era di questo che si trattava? Gelosia? Davvero era bastata la foto di Lada che aveva visto su Scariff a suscitare una reazione del genere?
No… c’era qualcosa di molto più profondo, in agguato nel retro della sua mente. Sembrava… tristezza. Un pesante senso di rassegnazione, come se avesse improvvisamente realizzato qualcosa di decisamente spiacevole.
<< Certo che ho ragione >> continuò Aphra, la fronte ora appoggiata sul suo petto << Perché come potrei mai competere con il tuo primo amore? Ho capito chi era nell’istante in cui mi hai guardato con quei tuoi occhi infuocati. >>
Ridacchiò amaramente.
<< Non ti avevo mai visto così arrabbiato. Eri terrificante. E intendo DAVVERO terrificante. >>
La mente dell’Oscuro Signore tornò a quel giorno di qualche settimana fa, quando per la prima volta si era lasciato controllare dal Lato Oscuro in sua presenza.
Solo dopo che lui e Anakin si erano confrontati sull’evento, aveva finalmente compreso quanto le sue azioni fossero state vergognose. Aveva quasi ferito una delle pochissime persone a cui si era sinceramente affezionato… proprio com’era avvenuto con suo figlio.
Cautamente, le passò una mano tra i capelli corvini.
<< Non era mia intenzione farti del male >> sussurrò attraverso la maschera << La mia reazione è stata eccessiva, e per questo non potrò mai scusarmi abbastanza. >>
Rimasero in quella posizione per un po’, fino a quando Aphra non si tirò indietro e tornò a guardarlo dritto negli occhi.
<< Come si chiamava? >> domandò, questa volta con sincera curiosità.
Vader esitò a rispondere. Dopo la morte di Lada, era stato piuttosto restio a discutere di lei con qualsiasi persona che non fosse il Maestro, unico tra tutti i suoi conoscenti che aveva davvero compreso il suo dolore per la scomparsa della vampira… o almeno così aveva sempre creduto.
Di recente, solo il suo figlio primogenito aveva avuto lo stesso privilegio… ma dopo ciò che era avvenuto con Aphra, ella meritava quantomeno una risposta onesta.
<< Lada >> rispose, lentamente << E sì, lei… è stata il mio primo amore. Ma questo non significa che dovrebbe essere l’ultimo… >>
<< Stai cercando di convincere me o te stesso? >> lo interruppe lei, e il primo istinto del Sith fu di negare quell’affermazione… fin quando si rese conto di non poterlo fare.
Perché per quanto le parole di Aphra fossero dolorose, non poteva negare una semplice verità: nonostante si fosse profondamente affezionato a lei, mai una volta aveva provato lo stesso tipo di amore intrinseco e sincero che per anni aveva sentito nei confronti di Lada.
Non che non ci avesse provato, più di una volta negli ultimi vent’anni… ma sfortunatamente, la riscoperta del suo figlio perduto aveva solo risvegliato dentro di lui la consapevolezza che non avrebbe mai amato nessun altro come la sua moglie perduta.
Quando rimase in silenzio, Aphra lo guardò tristemente.
<< Vader… Anakin… >> si corresse lei << da quando ti conosco, ho passato quasi ogni istante della mia vita a cercare di dimostrarmi degna del tuo amore. Ho combattuto per te, ucciso per te, creato meraviglie che hanno contribuito ad assicurare la supremazie dell’Impero, senza mai chiederti nulla in cambio. Ti ho dato la mia mente, la mia anima… il mio corpo. >>
Scosse la testa.
<< Ma ora mi rendo conto… che tutti i miei sforzi non erano altro che gli sforzi di una ragazzina illusa >> continuò << e sappi che non ho più alcuna intenzione di competere con un fantasma. >>
Ancora una volta, il respiro sibilante di Vader fu l’unico suono udibile all’interno dell’ascensore. Avrebbe potuto continuare a confortarla. Avrebbe DOVUTO… ma invece, rimase completamente in silenzio.
Perché? Perché in fondo sapeva cosa sarebbe successo dopo la battaglia con le forze del Dottore.
Era stato sciocco da parte sua illuderla che insieme avrebbero potuto avere un futuro. O forse, era stato proprio lui ad illudersi, nel tentativo di dimenticare il piano che lui e il suo signore avevano ideato negli ultimi vent’anni? Un piano di cui nessun altro membro della cerchia del Maestro era a conoscenza… uno che gli avrebbe finalmente assicurato ciò che il suo cuore desiderava di più.
<< Ne riparleremo quando sarò tornato >> disse, mentre si rivolgeva alle porte del mezzo.
Queste si aprirono e…
<< No >> sussurrò Aphra << Non lo faremo. >>
E prima che l’uomo potesse anche solo provare a fermarla, lo superò con passo felpato e continuò a camminare senza degnarlo di un’altra occhiata. E questa volta, lui non tentò nemmeno di richiamarla. Ormai, avevano entrambi fatto la loro scelta, una da cui nessuno dei due poteva più tornare indietro.
Giunsero entrambi al di sopra di una pedana metallica, sospesa a diversi metri d’altezza in un vasto hangar immerso nell’oscurità. Ad attenderli nel mezzo della passerella vi era il Maestro, in compagnia dell’imponente figura del Dottor Ivo Robotnik, alias Eggman, l’ingegnere più brillante al servizio dell’Impero e il più stretto collaboratore di Aphra.
<< Ben arrivato, amico mio! >> lo salutò il Signore del Tempo, con quel suo sorriso cordiale << Giusto in tempo per assistere al realizzarsi di una delle più grandi conquiste della nostra industria bellica. >>
Si rivolse a Robotnik.
<< Coraggio, Ivo. Mostraci cosa tu e la Dottoressa Aphra siete riusciti a creare! >>
<< Con estremo piacere, mio signore >> rispose prontamente lo scienziato, gonfiando il petto con orgoglio.
A quel punto, tirò fuori un olo-proiettore dalla tasca del camice, e subito l’immagine di un cervello si materializzò di fronte al gruppo.
<< Il cervello umano! Un’opera evolutiva davvero prodigiosa, non pensate anche voi? >> disse con quel suo ghigno tutto denti << Così complessa e creativa, testimonianza del progresso… ma anche così debole, piena di tutte quelle fastidiose limitazioni che hanno sempre impedito alla nostra specie di ascendere a livelli ben più appaganti… almeno fino ad ora. Perché cosa succederebbe, se potessimo prendere tutto quelle debolezze… e spazzarle via come se fossero misera polvere sotto i nostri stivali? Dolore, paura, rabbia, tristezza… emozioni! Tutte andate, poof! Come sabbia al vento! Non sarebbe forse una prospettiva da sogno? Io mi ci butterei subito! >>
Volse lo sguardo al di sotto della pedana e spalancò le braccia.
<< Attraverso le vostre specifiche, mio Maestro, siamo riusciti a creare qualcosa di sbalorditivo >> continuò, con voce più alta << Un endoscheletro capace di connettersi al cervello umano e amplificarne la capacità di elaborazione a livelli fin’ora inimmaginabili! Il tutto aggiungendo anche una buona dosa di potenza bellica ai nostri flaccidi corpi di carne e sangue… con giusto qualche piccolo effetto collaterale che siamo riusciti ad eliminare dopo qualche anno di lavoro. Dopotutto, il progresso scientifico richiede sempre una buona dose di lacrime, sudore e sacrifici! Ma anche… cavie. E la Ribellione è stata così gentile da fornirci numerosi prigionieri su cui lavorare. >>
Schioccò le dita della mano destra… e le luci dell’hangar si accesero, rivelandone il contenuto: centinaia… no… migliaia di figure argentate che posavano ritte come soldati di una legione pronta alla guerra. Una descrizione che, si rese conto Vader, non era poi così lontana dalla realtà dei fatti, basandosi sulle informazioni che aveva raccolto fino ad ora sul progetto.
Per queste creature così simili ai robot – eppure tutt’altro che organismi meccanici autonomi – rappresentavano il futuro della guerra imperiale e forse l’arma più letale mai partorita dagli scienziati di questa galassia.
<< Miei signori… ecco a voi la razza senziente del futuro: i Cybermen! >> esclamò Eggman, e subito il Maestro cominciò a battere sonoramente le mani.
<< Magnifici >> ridacchiò, prima di inclinare la testa verso il suo braccio destro << Non pensi anche tu, Vader? Un esercito che non proverà mai dolore o ansia, incapace di stancarsi o fermarsi, guidato unicamente dalla mia volontà. L’armata perfetta! Più uccideranno, maggiori diventeranno i loro numeri… e in questo modo, anche la perdita dei nostri soldati mortali diventerà solo una minuscola nota a piè di pagina nella salvaguardia dell’Impero. >>
<< Davvero notevoli, mio maestro >> fu tutto quello che disse l’Oscuro Signore, ma internamente non avrebbe potuto essere più disgustato.
Perché quelle… erano persone ancora in vive i cui corpi erano stati diluiti e smembrati come animali da macello, mentre erano ancora coscienti, e poi stipati all’interno di gabbie di metallo da cui non sarebbero più fuggite.
La loro assenza di emozioni era l’unica garanzia che non sarebbero morti nel processo per semplice trauma celebrale… e così facendo, il Maestro e Ivo erano riusciti a creare una razza di soldati incapaci di provare dolore o paura di fronte al nemico, animata dall’unico desiderio di servire i loro padroni, ma dotati di una capacità di adattamento impossibile da replicare nei semplici droidi.
“Un piccolo prezzo da pagare per raggiungere i miei obbiettivi” si costrinse a pensare. Perché in fondo, ogni atrocità da lui commessa era servita al solo scopo di ottenere il suo desiderio… e questa non faceva alcuna eccezione. 


 

La stanza scelta da King Dedede per ospitare l’incontro era adeguatamente spaziosa, ma non abbastanza da dare l’impressione di una sala per le conferenze: più piccola e accogliente negli interni, a detta del sovrano era stata inizialmente costruita come una stanza ricreativa, prima di essere trasformata in una biblioteca.
Aveva comunque un lungo tavolo capace di ospitare almeno una ventina di persone, e questo sarebbe stato più che sufficiente per l’imminente riunione.
Dopo che il Dottore e lo stesso Dedede ebbero preso posto a capotavola, i Times Warriors seguirono a ruota e si sistemarono nelle sedie a disposizione, questa volta accompagnati anche dall’alta figura di Auth e della sua compagna vampira, Marie Von Dracul.
Quando nella sala calò il silenzio, il Dottore scrutò i partecipanti uno ad uno e prese un lungo respiro.
<< Grazie per essere venuti >> enunciò << Innanzitutto, vorrei congratularmi con tutti voi per aver mantenuto i nervi saldi fino ad ora, e soprattutto per non esservela data a gambe. Potrebbe sembrare un complimento superfluo, visto ciò che abbiamo passato, ma… be’, tra un paio di giorni combatteremo contro l’essere più potente dell’intero universo, quindi non avrei condannato nessun per un po’ di piedi freddi. >>
Rivolse loro un sorriso a metà tra l’ironico e il rassegnato. << In secondo luogo, vorrei sapere come stanno andando i vostri allenamenti. Ci sono stati progressi? >>
<< I miei compagni di squadra si sono dimostrati degli allievi modello, e mi hanno anche dato modo di migliorare le mie abilità con Gáe Bolg >> rispose Angel.
<< Non posso che concordare con il giovane Hikarus >> si aggiunse Thor. << Tutti loro hanno affrontato gli allenamenti con pazienza e dedizione degne dei guerrieri più rinomati di Asgard. Dobbiamo sfruttare questi due giorni per riposare, recuperare le energie e preparare tutti gli armamenti necessari. >>
Il dio del tuono era ottimista, ma in fatto di battaglie era il più esperto, e quindi sapeva che non sarebbe stato per niente semplice. Nonostante i rigidi allenamenti, le probabilità di morte erano molto elevate, e contando i poteri cosmici del Maestro... l’ago della bilancia pendeva pericolosamente verso il dittatore di Battleground.
Ma come ogni battaglia, l’esito non era scritto. Se dovevano cadere, allora sarebbero caduti con onore e dignità.
I membri dei team RWBY e JEKP portavano sui rispettivi volti i segni di stanchezza degli allenamenti cui si erano sottoposti, in alcuni casi anche quelli di altri progetti che avevano incominciato nella speranza di darsi l’un l’altro ulteriori chance di sopravvivere.
<< Vi siamo tutti enormemente grati per averci aiutato >> dichiarò Penny, sorridendo a Thor ed Angel << Non credo di essermi spinta tanto al limite come in questi giorni. >>
<< Io sono soprattutto felice di essermi tenuta impegnata con l’allenamento per l’Haki >> aggiunse Yang << senza qualcosa a tenermi la mente occupata, penso sarei impazzita per lo stress già giorni fa. >>
<< A questo proposito, sono molto lieta di affermare che il nostro giovane Royston è diventato un notevole rampollo delle tenebre >> intervenne la voce calda di Marie, ritta col suo portamento regale proprio in mezzo a Baelfire e alla sua compagna dea. << Non è certo al livello di un vampiro adulto, ma sicuramente il suo dono saprà difenderlo egregiamente. >>
<< Sì, finché prima o poi non avrò sete di sangue >> borbottò il giovane visibilmente scontento, le braccia incrociate, ma poi il suo sguardo si addolcì << Ma state tranquilli. Per ora sono... a posto. E poi, con la Forza come mia alleata sarei perfettamente in grado di gestirmi. >>
<< Non sottovalutare il tuo lato oscuro, allievo >> lo ammonì Marie, cupa << La tua predisposizione, per quanto essa possa risultare sgradevole da ammettere, va sempre presa in considerazione. >>
<< Ciononostante, tutto questo è un segno di maturità da tutti voi >> intervenne King Dedede, con un lieve sospiro << e mi dispiace molto che voi giovani abbiate dovuto raggiungerlo così presto… ma sono felice di sapervi pronti, per quanto possiate esserlo. Io sono stato fino a ieri in trattative coi presidi delle altre quattro Accademie e altri team di Cacciatori d’un certo rango. Molti di loro aspettano una decisione dai superiori per scegliere da che parte stare e, per quanto non possa biasimarli, sono ancora divisi: Leonardo e Ozpin, rilasciato poco dopo la vostra escursione su Asgard, preferirebbero mantenersi neutrali, mentre Ironwood e Sienna Khan insistono per un intervento al nostro fianco. Vorrei sperare si decida in nostro favore… ma nel poco tempo che ci resta, lo ritengo improbabile. >>
<< Perché non credono che possiamo vincere >> sospirò il Dottore, cupamente << E sapete una cosa? Non posso biasimarli. Per quanto le vostre forze siano certamente aumentate, stiamo pur sempre parlando di combattere non solo i più potenti alleati del Maestro... ma anche colui che per vent’anni è riuscito a mantenere la sua posizione praticamente incontrastata. E come se non bastasse, abbiamo anche l’altro elefante nella stanza. >> Incrociò le mani davanti al viso. << Se per puro miracolo riuscissimo a vincere... questa realtà è ancora connessa al potere del Maestro. Senza lui a tenere sotto freno l’azione distruttiva dello Scisma, potremmo condannare ogni singolo abitante di Battleground. è davvero un rischio che siamo disposti a correre? >>
<< Onestamente, questo mi fa pensare ad un’unica soluzione praticabile per evitare un inutile massacro >> intervenne Fire, storcendo le labbra, senza nascondere la preoccupazione << Dobbiamo per forza tenerlo in vita, una volta sconfitto. Quindi la soluzione più logica… sarebbe imprigionarlo, affinché non faccia più del male a nessuno. >>
<< È qualcosa che ho preso in considerazione >> concordò Auth, con un cipiglio contemplativo << Quando era al massimo del mio potere, ho avuto a che fare con diversi immortali. Alcuni di natura benigna... altri fin troppo pericolosi per essere lasciati in vita, ma anche troppo potenti per poter essere abbattuti con mezzi convenzionali. Scelsi così di usare metodi alternativi per costringerli ad un’eterna prigionia... >> Sospirò stancamente << Ma sfortunatamente, il mio attuale livello di potere non è sufficiente per replicarli, specialmente non con qualcuno come il Maestro. >>
<< So che mia madre conosceva molti incantesimi di sigillo >> rivelò Angel << ma contro uno come il Maestro? Non funzionerebbero mai. In verità, nulla nel mio arsenale potrebbe aiutare per un’operazione del genere. Me ne rammarico, ma è la dura realtà. >>
Accelerator, fino rimasto in silenzio, schioccò la lingua e si grattò la nuca.
<< Ormai siamo in ballo, pertanto balliamo. O combattiamo… o lasciamo che ci uccida, non ci sono vie di mezzo. Io non sono un esperto di entità e cazzate varie, ma una cosa la so: se proveremo a tirarci idietro, le nostre vita saranno ugualmente condannate. >>
<< Meglio cadere in battaglia, dico io >> affermò Thor.
<< Noi tutti siamo venuti qui per combattere >> continuò Ruby << e non siamo disposti a ritirarci all’ultimo secondo solo per rimpiangerlo. Anche se non ho la minima idea di come potremmo imprigionare qualcuno come il Maestro. Insomma, è una centrale di potere cosmico ambulante! Come si trattiene una cosa del genere? >>
<< Forse potremmo usare il TARDIS? >> azzardò Emil << Voglio dire, è composto dalla più avanzata tecnologia rimasta su Battleground. Se esiste una cella che può imprigionare quel tiranno...>>
<< Deve esserci! >> sbottò Fire, frustrato innanzi a quei discorsi << Sentite, sono pronto all’eventualità di morire in questa battaglia… ma il nostro non deve essere per forza un sacrificio. Siamo pronti a morire, è vero, ma non significa che dobbiamo. Se c’è un modo perché una cosa del genere funzioni... >>
<< Forse c’è >> disse all’improvviso il Dottore, attirando lo sguardo di ogni singola persona presente << ma è un FORSE molto grande. È un forse così forse che probabilmente si guadagnerebbe la sezione “forse” di qualsiasi dizionario. Ci sono alte probabilità di insuccesso, e anche in caso di riuscita qualcuno di noi potrebbe rimanerci secco. E anche in quel caso, il rimanerci secco sarebbe una benedizione rispetto alle alternative! >>
<< La storia non si fa con i forse. Se conosci un metodo, Dottore, ti prego di esporcelo, anche se le probabilità sono limitate >> replicò il dio del tuono.
A quelle parole, il Signore del Tempo prese un respiro profondo.
<< Potrei provare... e sottolineo la parola “provare” ... a rubare i suoi poteri >> disse tutto d’un fiato.
Un breve silenzio di incredulità calò sui presenti, i quali deglutirono rumorosamente. Solo Dedede restò apparentemente calmo, tradito solo da un’invisibile goccia di sudore che gli scivolò lungo la fronte.
<< Rubare... i suoi poteri!? >> esclamò a quel punto Thor.
<< Non so se è esattamente chiaro, Dottore, ma qui si sta parlando dei poteri di un accidenti di entità cosmica dentro al corpo di un alieno immortale con capacità rigenerative! >> sbottò Emil.
<< A me sembra una fregatura >> si intromise Accelerator, senza nascondere il suo stupore. << Se esiste un modo per rubare i suoi poteri, sicuramente il Maestro ne è a conoscenza e avrà preso qualsiasi contromisura in merito. Mi sembra un piano fallace, per non dire impossibile. >>
<< Senza contare >> intervenne Marie << il prezzo da pagare. Non avresti fatto una tale premessa, Signore del Tempo, senza che ci fosse un’implicazione del genere. E se fosse così facile, l’avresti già fatto da molto tempo. >>
<< O forse non avevi i mezzi per farlo >> aggiunse Auth, i suoi occhi che scrutavano attentamente quelli dell’anziano << Mi sbaglio, Signore del Tempo? >>
E con ulteriore sorpresa dei presenti, l’alieno annuì in conferma alle parole dell’entità.
<< No, non ti sbagli >> sospirò << Mi mancava un ingrediente fondamentale. Uno di cui non sapevo neppure di aver bisogno, fino a quando non ho parlato con Yūko. E quell’ingrediente... era il TARDIS. Najimi può aver conferito al Maestro il suo immenso potere... ma ricordate perché scelse proprio lui, tra tutti gli esseri del suo universo? Era l’unico a possedere una caratteristica fondamentale: l’aver guardato il Vortice del Tempo, una lacrima della realtà da cui puoi scorgere l’eternità nella sua forma più pura e indomita. Solo una mente capace di scrutarvi dentro e resistere potrebbe sostenere l’immenso potere che ora è nelle mani del Maestro. >>
Fire lo fissò con gli occhi sgranati. << ...E tu sei in grado di farlo? >> mormorò, la voce che tremava sotto il peso di quella rivelazione.
Il Dottore incontrò lo sguardo del ragazzo... e per la prima volta da quando lo conosceva, egli scorse sincera paura nei suoi occhi grigi.
<< Sì, ora che ho il TARDIS in mio possesso >> ammise << Ma... non c’è la garanzia che sopravviva. Né che l’esperienza mi lasci abbastanza sano di mente da poter anche solo contemplare l’idea di rubare i poteri al Maestro. Perché... perché io non ho mai davvero provato a guardare nel Vortice del Tempo. Quando ero ancora uno studente all’Accademia di Gallifrey e venne il mio turno... scelsi di fuggire, e da allora non mi sono più guardato indietro. E sapete perché? Perché all’epoca non ero sicuro che sarei riuscito a superare la prova, e francamente non so se dopo tutto questo tempo sia cambiato qualcosa. >>
Abbassò la testa.
<< Ma... ma... è anche la nostra unica possibilità di ribaltare la situazione. è l’unica cosa che possiamo... no... che posso fare per rimediare a tutto... io... scusate... >> Si portò una mano al viso. << Parlare di quei tempi riesce sempre a rovinarmi l’umore. Che bel capobanda che vi siete ritrovati, eh? Non riesco nemmeno a trattenere le lacrime durante un consiglio di guerra. >>
Accelerator non sapeva cosa dire, pertanto non disse nulla, ma provò a immaginare se stesso in una situazione simile: se le sorti dell’intero Creato fossero dipese da lui, che cosa avrebbe fatto? Si sarebbe tirato indietro? Provare paura era giusto. Era umano. Paura di morire, paura del nulla, paura di perdere la sua famiglia. Ma per quella bambina, l’esper avrebbe dato tutto quello che aveva: carne, sangue, anima. Tutto. Lo aveva detto anche a Fire quel pomeriggio: avrebbe sacrificato volentieri la propria vita per salvare quella di Last Order. Il Level 5 aveva speranza. Credeva nel Dottore. Doveva.
<< Un piano rischioso, Dottore, ma necessario >> affermò Thor, sorprendendo i presenti. << Non abbiamo nessun’altra alternativa, e in una situazione critica come questa… è l’unico piano che possiamo escogitare. >>
La voce del dio era bassa, poiché aveva capito quanto sarebbe stato rischioso. Lui non poteva sapere cosa fosse esattamente il Vortice del Tempo, ma il discorso del Signore del Tempo lo aveva compreso perfettamente.
<< Mio padre, Odino, fece una cosa simile, svariati millenni orsono: attraversò Yggdrasil, l’Albero del Mondo, e scese giù, nelle profondità del suo fusto, fino a imbattersi nella mitica Fonte di Mimir. Qui, per ottenere la conoscenza suprema e l’onniveggenza, dovette sacrificare il proprio occhio, per poi impiccarsi al ramo dell’albero cosmico. Per nove giorni e nove notti rimase appeso, lottando tra la vita e l’oblio, sfidando i suoi limiti. E in nome dell’affetto e della stima che nutro nei tuoi confronti… io pregherò che la forza che trovò allora ti accompagni in questo viaggio. >>
Lo sguardo della divinità divenne determinato come non mai.
<< Tu sei forte, Dottore, molto più forte di qualsiasi dio che abbia mai conosciuto. >>
<< Tu sai che all’inizio non nutrivamo molta fiducia in te >> aggiunse Ruby << Ma dopo tutto quello che ti abbiamo visto fare in questi mesi, anche quando ogni speranza sembrava ormai persa… be', sono fermamente convinta che, se esiste qualcun altro oltre al Maestro capace di resistere al Vortice del Tempo, quello sei sicuramente tu.>>
Contro ogni previsione di tutti, Fire si avvicinò al Signore del Tempo, e gli strinse una mano sulla spalla.
<< Non vergognarti di piangere in questo momento >> affermò il ragazzo, risoluto << È giusto così. La tua forza, la tua umanità, viene anche da questo. Stai provando paura e rimorso, e questo ti rende umano, come tutti noi. >>
Si passò una mano sull’occhio: quel momento così emotivo stava contagiando anche lui.
<< Ma sono d’accordo con i miei compagni: sei forte, molto più forte di quanto credi. E non solo. Ho imparato a conoscerti: oltre ad essere forte sei anche buono. Perché fai tutto per rimediare agli errori del passato e perché sai che è sempre bene fare la cosa giusta. Sei una brava persona... e non potrei desiderare un leader migliore. >>
Prese un respiro profondo.
<< Abbiamo bisogno di te, Dottore. Abbiamo bisogno del tuo coraggio, della tua bontà… abbiamo bisogno che ci infondi speranza. Ma la scelta... è solamente tua. >>
<< Allora credo di non avere molta scelta in merito >> sospirò l’alieno, pur senza nascondere un sorriso grato per le loro parole gentili << D’accordo. Vogliamo fare i pazzi? Facciamo i pazzi… >>
* * *

Nonostante le sue dimensioni modeste, il TARDIS sembrava ergersi nei giardini di Dreamland come un’imponente tomba in attesa di ricevere il defunto predestinato.
Quello che un tempo era stato un monumento alla libertà e all’avventura, ora appariva agli occhi del Dottore come la fine di un viaggio. Ma in fondo, se le cose fossero andate male, il Signore del Tempo dovette ammettere che sarebbe stato alquanto poetico esalare il suo ultimo respiro in compagnia della sua più vecchia amica.
Mise una mano sul legno bluastro della nave e prese un respiro profondo, assaporando la sensazione del materiale indistruttibile sotto i polpastrelli, l’odore di vernice immutato dal tempo… l’energia infinita che scorreva nelle sue vene metalliche, ultima reminiscenza della razza che in un altro universo aveva dominato lo spazio e il tempo.
Poi, si rivolse al resto dei Time Warriors.
<< Ora dovrete legarmi all’esterno del TARDIS >> disse, come se stesse semplicemente ordinando un caffè.
La maggior parte dei Time Warriors, ad eccezione di Auth, Marie e Thor, rimase con un palmo di naso al primo ordine del loro leader.
<< Dottore, so che il domani è incerto >> commentò Yang dopo qualche istante d’imbarazzante silenzio << ma ci sono modi migliori per soddisfare le tue ultime voglie di sad-... >>
Prima che potesse finire, le mani di tre dei membri del Team JEKP le tapparono la bocca, e James indicò severo Penny con un cenno della testa.
<< Casomai Penny imparasse quella parola... avremmo da temere più da suo padre e dal generale Ironwood che dal Maestro. >>
<< Ho visto cose più assurde nel mio universo d’origine >> dichiarò Accelerator con una scrollata di spalle. << Esper con poteri strani e passioni strane, suore dalle gonne corte, bambine mercenarie… di cui una con un mecha a forma di coniglio >> sbuffò. << C’è un modo preciso per legarti al TARDIS? >>
<< E soprattutto, perché? >> domandò Fire, stranito << Voglio dire, abbiamo capito che stai facendo tutto questo per la storia del Vortice, ma vorrei capire come funziona. Sai, no... per essere sicuro, non sono tipo da sadomaso. >>
<< Fire, e che cazzo! >> sbottò Emil.
Il Dottore cominciò a massaggiarsi la fronte.
<< Voi giovani d’oggi siete una delusione su così tanti livelli >> borbottò stancamente << Va bene, ve la renderò molto semplice: ogni volta che il TARDIS si sposta da un momento A ad un momento B, attraversa il Vortice del Tempo per setacciare le linee temporali più rapide. Visto che non abbiamo una spaccatura dimensionale da usare per il rituale, dovrete legarmi all’esterno della nave... e teletrasportarla, così da espormi al Vortice per almeno, vediamo... direi che cinque minuti basteranno, altrimenti l’energia prodotta dal viaggio mi ridurrebbe ad un mucchietto di cenere. Una volta nel mezzo del Vortice, non dovrò fare altro che aprire gli occhi e... be’... il resto si vedrà. Tutto chiaro? >>
<< Più che chiaro >> fu la risposta pacata di Thor <<  Che gli Dèi Anziani ti proteggano, mio vecchio amico. >>
<< Non ho dei da poter nominare che mi ascoltino >> fece Marie << ma pregherò comunque per te, anche se non è mia abitudine. >>
Accelerator scrollò le spalle. << Non sembra poi così diverso da un calcolo vettoriale. Cinque minuti… non un minuto in più e non un minuto in meno. Va bene, possiamo farcela. >>
<< Ricordati che siamo tutti con te >> replicò Fire, stringendogli una spalla.
<< Assolutamente! >> esclamò James a nome di tutti i compagni, battendosi il cuore sul petto.
Blake premette un pulsante sull’elsa di Gambol Shroud, estendendo il nastro che la legava alla spada in tutta la sua lunghezza.
<< Negli ultimi giorni l’ho rinforzato coi migliori materiali disponibili, infondendolo costantemente con la mia Aura. Dovrebbe resistere >> disse la fauna gatta con tono incerto, ma speranzoso.
<< Anche io vorrei dare una mano >> disse Auth. << Il mio potere non è più quello di una volta, ma vorrei tracciare un simbolo sulla tua fronte. Non ti renderà immune, ma potrebbe aiutare la tua mente a non soccombere davanti agli effetti del Vortice… almeno per un po’. >>
<< Potrei fare qualcosa di simile anch’io >> si intromise Angel << Niente di così sofisticato, ma conosco un paio di rune che potrebbero rinforzare la sua. >>
Il Dottore guardò ciascuno dei presenti, sentendosi rinvigorito dal loro sostegno. Malgrado la prospettiva di un successo fosse tutt’altro che a portata di mano, per lo meno avrebbe affrontato questo viaggio con la testa alta... perché per loro ne sarebbe valsa la pena.
Sorrise toccato alle proposte di Blake, Auth e Angel, e offrì loro un cenno d’assenso.
<< Ne sarei onorato. >>
Thor si premurò di prendere la corda della fauna, e così legare il Dottore all’esterno del TARDIS.
In epoca remota, il dio del tuono non era estraneo ai viaggi in mare in compagnia dei suoi fedeli adoratori. Sebbene quei tempi fossero passati, ancora ricordava come creare dei nodi eccezionali. Non era poi così diverso dal dover ammainare una vela, e si assicurò che il nodo fosse ben saldo e impossibile da sciogliere.
Una volta fatto ciò, Auth si leccò il pollice e disegnò un simbolo sulla fronte del Dottore. Era una lettera di un alfabeto bizzarro e mai visto prima, forse proveniente dalla sua terra natale.
La saliva brillò di magia, segno che l’incantesimo aveva avuto successo. Fu poi il turno di Angel, che invece usò la sua magia per incidere una lettera più piccola al di sopra della runa.
Il Dottore sbatté le palpebre un paio di volte e alzò gli occhi al cielo, nel vano tentativo di capire cos’avessero scritto.
<< Uhmmmm... mi sento già più al sicuro >> ridacchiò divertito, prima che i suoi occhi si posassero su Fire << Ora resta solo l’ultima fase del piano. Fire... ho bisogno che tu piloti il TARDIS ancora una volta. Tra tutti i presenti, sei l’unico con un po’ di esperienza nel farlo, quindi anche la sola persona che potrebbe riportarmi indietro con tutti gli organi al posto giusto. Te la senti? >>
<< Stai scherzando? Assolutamente no >> borbottò Fire, sfacciatamente sincero << Sono terrorizzato a morte, e al pensiero l’ansia mi sta già mangiando vivo. Ma se è in questo che posso contribuire ad aiutarti… lo farò. Dimmi solo precisamente come. >>
Il Dottore gli sorrise comprensivo.
<< Proprio come quando ci hai portato via da Trenzalore, dovrai collegarti ai sistemi telepatici del TARDIS e immaginare lo stesso luogo in cui ci troviamo adesso... solo che questa volta dovrai anche riflettere attentamente sul “quando”, ovvero cinque minuti nel futuro. Dovrai essere ancora più concentrato, dimenticare ogni preoccupazione e focalizzare quel momento come se fosse il più importante della tua intera esistenza. Una cosa da niente, no? >>
<< Buona fortuna, ragazzo >> disse Thor, mettendogli una mano sulla spalla.
Sebbene molto preoccupato, aveva comunque fiducia nelle capacità del giovane. Sapeva che poteva farcela.
Accelerator, d’altro canto, fece un passo in avanti.
<< Voglio venire anche io >> dichiarò, senza alcuna esitazione. << Il fatto che lui piloti il TARDIS ha senso, da quanto ha detto il Doc lo ha già fatto … Ma stavolta sarà diverso, e richiederà una precisione di calcolo che non possiede. Tuttavia, con il mio potere potremmo ridurre al minimo le probabilità di sbagliare. >>
<< In effetti >> intervenne Kirby << se c’è una persona che può alzare le vostre probabilità nel Vortice, è proprio Accel. Ma se possibile vorrei aggiungermi anch’io, ho sempre sognato di vedere il TARDIS in azione, e due mani in più ai comandi non guasteranno di certo. >>
Il rosato non disse però che una parte di lui, quella che pur avendo perdonato Fire era ancora un po’ diffidente, intendeva tenerlo d’occhio.
Il Dottore ronzò contemplativo, valutando attentamente i tre adolescenti.
<< L’aiuto di Accel potrebbe certamente rivelarsi utile per evitare spiacevoli complicazioni. Inoltre, una volta legati ai circuiti telepatici del TARDIS, sarete entrambi virtualmente privi di difese... e la presenza di un terzo membro sarebbe decisiva per liberarsi di potenziali inconvenienti, o prestarvi soccorso in caso di un contraccolpo mentale. >>
Quindi annuì d’accordo.
<< Così sia. Avete il mio permesso per entrare nel TARDIS e assistere Fire in questa impresa. Non fatemene pentire! >>
Accelerator non disse niente, si limitò solamente a fare un cenno col capo. Anche Thor fece un cenno e un sorriso. Era lo sguardo di un uomo fiero di loro.
Fire prese un respiro profondo. << Che la Forza sia con noi >> bofonchiò istintivamente << D’accordo. Facciamolo. >>
Senza ulteriori indugi, i tre si diressero all’interno della macchina del tempo.
La prima volta che era salito sul TARDIS, Kirby non aveva avuto modo di apprezzarlo appieno a causa del veleno con cui il Joker l’aveva infettato. Cresciuto tra catene di montaggio di astronavi e test di volo, il giovane Knight non poteva che essere meravigliato da una simile meraviglia tecnologica, sebbene anche una simile definizione sarebbe stata riduttiva per la cabina.
Nel momento in cui compì il primo passo all’interno, il rosato comprese all’istante come l’astronave non fosse una semplice macchina… ma viva in ogni senso della parola.
Il momento della partenza fu non meno spettacolare, ma decisamente più movimentato di quanto avesse inizialmente pensato.
<< Va bene >> disse Fire, mentre armeggiava con i circuiti telepatici del TARDIS << Credo di essere pronto. Accelerator… fa' quello che devi. >>
L’albino annuì risoluto e mise le sue mani sopra la testa dell’arciere.
All’inizio non accadde niente… ma dopo appena un paio di secondi, la potenzia delle linee temporali di Battleground investì l’astronave come un treno.
Il Vortice del Tempo era qualcosa che avrebbe messo alla prova chiunque, perfino l’uomo con la forza di volontà più grande, e quei tre erano solo dei ragazzi. Troppo giovani… ma comunque dotati di un grande cuore e immenso coraggio.
Un impulso elettrico collegò i cervelli di Fire e Accelerator, e nel giro di pochi istanti erano connessi. Ora, entrambi, erano come delle matriosca immaginarie: potevano sentire ciò che sentiva l’altro e vedere ciò che vedeva l’altro.
Anche i loro ricordi erano visibili, sia quelli di Fire che di Accelerator. L’infanzia di Fire a castello Royston, gli esperimenti dei Kihara, le battaglie con Shen, l’esperimento Sisters, il dolore della morte di Logan e le vicissitudini nell’arena; tutto era collegato da intercapedini immaginarie.
Per quanto i due fossero forti insieme, il Vortice del Tempo era inesorabile e doloroso.
Fire aveva già sperimentato una volta il dolore di un attacco psichico, ma quello del Vortice era tutt’altra cosa, lo costrinse a rimanere ancorato alla propria mente con tutte le sue forze, perché altrimenti si sarebbe perso in un oceano di dolore frammentato.
Rimanere cosciente si rivelò ben presto un impresa. Ebbe l’istinto di lottare, di cacciare via quell’intrusione aggressiva e respingerla con violenza, ma se così avesse fatto… tutto sarebbe stato per nulla. Perciò, cercò di ricordare il proprio addestramento e si costrinse a mantenere sia la calma che la concentrazione.
Anche Kirby cominciò a sentire gli effetti collaterali del salto spazio-temporale. Tenendosi con quanta più forza possibile ai bordi della console, il Cacciatore avvertì in misura di poco minore ai compagni l’energia del vortice, una tempesta indefinibile ma di immane potenza che sembrava premere sulla sua Aura e la sua mente.
A pochi passi da lui Accelerator, rammentò il momento in cui aveva cercato di connettersi alla mente alveare degli Angeli Piangenti. Rammentò come la loro essenza fosse simile a quel Vortice, anche se meno intensa.
L’impulso di staccarsi da Fire era enorme. Voleva cedere, il dolore stava diventando insopportabile! Ma sapeva che se lo avesse fatto, il Dottore sarebbe sicuramente morto. Non poteva permetterlo, non doveva permetterlo!
Per tutta la sua vita, non aveva fatto altro che prendere delle vite, ma quel giorno... quel giorno ne avrebbe salvate, poco ma sicuro.
L’esper lanciò un forte grido di dolore… e una strana ombra color pece cominciò si a fuoriuscirgli dalla schiena, prendendo la forma di rozze ali. Quelle stese ali, poi, iniziarono a vorticare assumendo la forma di vortici, violenti e indomiti.
Quando questo accadde, l’albino sentì che il suo potere stava crescendo a dismisura… proprio come su Trenzalore.
Kirby udì il risucchio provocato da quel fenomeno. Aprendo affannato gli occhi, si volse verso i suoi compagni, e vide quelle maestose ali apparire e mutare dalla schiena dell’esper.
<< Accel, ma cosa…? >>
Nel caos di sensazioni che aveva nel cervello, Fire eseguì uno sforzo sovrumano: affidandosi ai suoi poteri come una bussola, si fece strada nella mente di Accel, che pure cercava di aiutarlo… e alla fine, ecco che riuscì a trasmettergli i calcoli e la focalizzazione per trasportarli avanti nel tempo di soli cinque minuti.
Ci fu un sibilo, uno scoppio, e poi un lampo di luce verde, nera e rosa.
Poi un tonfo sordo, e un dolore atroce che si trasmetteva dalla testa a tutto il corpo.
Si erano fermati, ed erano caduti a terra di schiena, malconci, traumatizzati, provati, ma vivi.
<< Ha funzionato? >> borbottò Kirby << Ce l’abbiamo fatta davvero? >>
C’era un solo modo per esserne sicuri.
Uscirono dal TARDIS, e con loro grande gioiga scoprirono di essere tornati nei giardini di Dreamland, dove i Time Warriors li accolsero con espressioni decisamente sollevate.
<< Sì >> sussurrò Fire, con un sorriso tremante << Noi… ci siamo riusciti. Hai visto, Doc? Ce l’abbiamo fat-… >>
Il respiro del ragazzo gli si mozzò in gola, così come quello di ogni singolo Time Warrior presente. Perché sebbene il Dottore fosse ancora incatenato al TARDIS… nessuno di loro lo aveva mai visto in uno stato tanto pietoso.
Aveva gli occhi chiusi, la testa cadente e il vestito pieno di bruciature, quasi fosse stato lanciato in una casa in fiamme e tirato fuori poco prima che il suo corpo prendesse fuoco. E il suo viso, pallido come i capelli di Accelerator… era coperto di sangue che gli fuoriusciva dalle orecche, dal naso… e perfino dalla bocca. E non si muoveva.
Di fronte ad una simile vista, Fire non riuscì a frenare l’urlo che gli risalì in gola.
<< DOTTORE! >>
* * *
 
I Time Warriors attendevano con il fiato sospeso all’entrata dell’infermeria. E nonostante alcuni dei loro tentativi più insistenti di superare le porte dell’ala, i medici avevano espressamente proibito a ciascuno di loro di stare alla presenza del paziente. Non tanto per meschinità, ma semplicemente perché la presenza di troppe persone all’interno della stessa stanza avrebbe potuto limitare i movimenti del personale.
Ragion per cui, solo a King Dedede era stato permesso di rimanere in compagnia del Signore del Tempo, e infatti fu il primo volto che videro i ribelli quando il medico di turno disse loro che potevano finalmente entrare.
<< Allora? >> chiese Angel, gli occhi che subito vagarono sul corpo dell’anziano disteso sul lettino ospedaliero << Come sta? >>
E con sua crescente inquietudine, il sovrano sembrava tutt’altro che portatore di buone notizie.
<< Stabile… ma in coma >> rispose, stancamente << E al momento non ha ancora mostrato segni di volersi svegliare. In tutta sincerità, i medici dubitano che avverrà tanto presto… ammesso che possa davvero svegliarsi. >>
Thor era irrequieto. Gli sembrava quasi di essere tornato indietro nel tempo, in tutte quelle occasioni in cui suo padre era sprofondato nel sonno di Odino, lasciando Asgard in balia degli eserciti del caos.
Questa volta, però, la situazione era ben diversa: gli Aesir erano sempre stati in grado, grazie all’aiuto di Thor e degli altri dèi, di respingere le forze del male, ma ora... senza il Dottore, la situazione svolgeva terribilmente a sfavore.
<< Ci deve essere qualcosa che possiamo fare! >>
<< Potrei provare ad usare i miei poteri per cercare di farlo riprendere? >> propose Auth. << Forse, se passassi una parte del mio potere e della mia essenza in lui... potrebbe risvegliarsi. >>
Era rischioso? Molto. Ma valeva la pena tentare.
Weiss si morse il labbro e rigirò nervosamente le mani, ripensando alla discussione avuta col Dottore poco prima dell’intrusione in casa Skywalker.
Quella volta l’uomo era riuscito, se non a dissipare i suoi dubbi, almeno ad alleggerire il peso che le gravava sulle spalle. Adesso si sentiva in trappola proprio come allora, se non di più.
<< E se esplorassimo il TARDIS? >> propose Emil << Lì dentro dev’essere il sapere di migliaia di civiltà, come minimo, forse anche la procedura con cui svegliarlo! >>
<< Non possiamo fare niente. >>
La voce di Baelfire si levò alta, per farsi udire chiaramente da tutti.
<< Sentite, non voglio fare il disfattista, ma... abbiamo sentito com’è il Vortice del Tempo. Non l’abbiamo visto… ma il semplice stare alla sua presenza si è rivelato più che sufficiente per prosciugarci di tutte le nostre energie. Non penso sia la cosa più furba del mondo forzare il Dottore a svegliarsi adesso. Probabilmente, al momento il suo cervello sta cercando di elaborare il trauma di quello che ha visto… perché se noi siamo stati scossi solo dalle radiazioni, potete immaginare cosa abbia significato per lui vederci attraverso. >>
Angel abbassò cupamente la testa, le mani strette in pugni serrati.
<< Quindi... è così che finisce? >> borbottò stancamente << La nostra ultima possibilità di ribaltare questa guerra... andata, come se niente fosse. Il nostro leader... no... il nostro amico potrebbe anche non risvegliarsi, e domani saremo costretti a combattere contro un dio vivente e la totalità dell’esercito imperiale. Oh, sì, non dimentichiamo anche i suoi combattenti più potenti... ho forse dimenticato qualcosa? >>
<< Non finisce niente, Angel Hikaru >> disse Thor con tono solenne e posandogli una mano sulla spalla. << Anche se non abbiamo la sicurezza che il Dottore si svegli prima della battaglia, anche se ci fosse il 99% di probabilità di fallire… noi dobbiamo lottare per quell’1%. Abbiamo tutti il dovere di farlo in quanto guerrieri della ribellione >>
<< Ammetto io stesso che la situazione non appare rosea >> sbuffò Dedede << se non ci presentassimo domani, è probabile che Dreamland venga stavolta distrutta senza troppe cerimonie, e ogni altra base della Resistenza seguirà subito dopo. Se sorgerà un’altra organizzazione a succederci, sarà costretta a ricominciare da zero. L’unica cosa che possiamo fare è decidere se scendere comunque in campo domattina, o arrenderci e sperare di strappare qualche condizione al Maestro. Voi cosa decidete? >>
Il dio del tuono sostenne lo sguardo dei presenti.
<< Noi resteremo, e ci batteremo. Perché anche se cadremo, altri emuleranno le nostre gesta. L’intera Battleground saprà che i pochi si sono opposti ai molti! Che i Time Warriors hanno dato la vita per proteggerla! >> Fece una pausa, poi continuò dicendo: << Sarò sincero con voi: io non nutro speranze ottimistiche. E nessuno è obbligato a combattere, se non se la sente. Nessuno vi biasimerà… Ma io non voglio tirarmi indietro. Io ci voglio provare. E chiunque è d’accordo con me, allora tocchi il Mjolnir. >>
Estrasse il mitico martello e lo porse avanti.
Angel rimase in silenzio per quasi un minuto buono, lo sguardo che continuava a passare tra il potente maglio e gli occhi blu elettrico di colui che ne aveva fatto il suo simbolo.
Le sue parole erano cariche di speranza e determinazione... ma quanto sarebbero bastate sul campo di battaglia?
C’era stato un tempo in cui credeva che il semplice desiderio di fare del bene e il sostegno dei suoi compagni sarebbero stati sufficienti per affrontare ed eliminare qualsiasi nemico.
Ma quei giorni erano ormai lontani... così com’era lontano il ricordo di quelle persone che avevano sanguinato assieme a lui... che erano morte, così che lui potesse vivere. Un monumento ai suoi fallimenti... ecco perché non poteva lasciare che quel ricordo si perdesse nelle sabbie del tempo.
Lui non sarebbe morto in quel campo di battaglia! E se anche fosse suo destino incontrare la mietitrice in persona... di certo non l’avrebbe fatto da vigliacco, spaventato alla prospettiva di cosa si trovasse al di là del mondo fisico.
No... lui avrebbe affrontato la Morte con coraggio, proprio come i suoi amici avrebbero voluto. Proprio come Blue si sarebbe aspettato da lui! Proprio come sua madre!
Con determinazione rinnovata, evocò la sua fidata lancia, simbolo di ciò che restava dei suoi genitori, e la incrociò con il maglio del tonante.
<< Combatterò al tuo fianco, dio del tuono... mio amico e compagno d’armi >> disse, fissandolo dritto negli occhi << Sanguinerò con te per un’ultima volta. E che i Beyonders in persona ci siano testimoni! Che se questa battaglia dovesse essere il nostro requiem... allora ci assicureremo di renderlo MEMORABILE. >>
<< Ci scuserai se io e il mio allievo non accettiamo la proposta di sfiorare una reliquia sacra che potrebbe danneggiarci permanentemente, figlio di Odino >> ridacchiò Marie, snudando i canini << ma non ti serve questa prova pratica per sapere che siamo dalla vostra parte. >>
<< Fino alla fine >> confermò Fire, serrando i pugni << anche se significasse morire, cosa piuttosto probabile. >> Si strinse nelle spalle. << Sono pronto? Assolutamente no. Non credo che nessuno di noi lo sia. Ma io voglio farlo, sento che devo. Non posso tirarmi indietro dopo essere arrivato fino a qui. >>
<< Come ha detto sua maestà, se rinunciassimo, qualunque gruppo provi a continuare il lavoro della Resistenza dovrebbe ricominciare da zero >> continuò James << ma se non ci presentassimo in battaglia, solo perché il nostro leader non è agibile a guidarci, avranno anche meno di niente. >>
La mano coperta d’ossa del giovane soldato si poggiò sul maglio d’uru, seguita da quelle dei compagni.
Si aggiunse Ruby con la sua falce. << Condivido in pieno, non possiamo lasciare un simile messaggio a chi continuerà la lotta contro il Maestro. E soprattutto, potrebbe non esserci mai più una simile occasione finché Battleground resta in piedi. >>
Un tempo Accelerator avrebbe detto di no senza pensarci due volte. Avrebbe camminato fuori da quella stanza sbattendo la porta, avrebbe preso Last Order e se ne sarebbe andato via da quel posto.
Non voleva morire, dopotutto, e se sapeva di non poter vincere... allora non aveva senso lottare.
Tuttavia, questa decisione l’avrebbe presa il vecchio Accelerator. Che gli piacesse oppure no, ormai era maturato molto dalle esperienze vissute. Last Order, Yoshikawa, Yomikawa  e tutti gli altri... contavano su di lui.
Thor non aveva torto, perché una possibilità di vincere esisteva. Era molto bassa, ma forse... forse l’aiuto dell’albino si sarebbe rivelato indispensabile. Forse potevano ancora vincere, in qualche modo.
Era troppo ottimista? Sì. Ma lo doveva a quella bambina. E se anche fosse morto, almeno avrebbe espiato le sue colpe. Nella morte, avrebbe trovato la pace e avrebbe saldato il debito che aveva con Last e le sue sorelle.
<< Non sono bravo con le parole, ma vi dico che lotterò. Non lascerò che quegli stronzi la facciano franca, non senza combattere! E giuro che se anche dovessi schiattare, porterò con me nella tomba uno di quei figli di puttana. >>
Una piccola lacrima scese lungo il paffuto viso di King Dedede, che unì la mano a quella dei Time Warriors.
<< Non potrei essere più orgoglioso di voi, di coloro al cui fianco ho già combattuto e di coloro che la mia generazione ha visto crescere. Domattina scenderemo in campo come donne e uomini liberi, e in un mondo intrappolato dalla tirannia penso che sia qualcosa per cui vale la pena combattere. Sono certo che anche il Dottore penserebbe stesso. >>
Auth annuì. << Il mio cuore vacilla... ma non temo la morte. Invece, temo cosa succederà alle persone di questa galassia se non agiamo. Quindi combatterò con voi e darò il massimo per aumentare le nostre possibilità di vittoria! Non è la promessa di un’entità... ma di una Time Warrior. >>
Non ci fu altro da aggiungere. Il gruppo si separò per procedere alle preparazioni dell’imminente battaglia.
Accelerator, Fire e Kirby erano ancora scombussolati dall’esperienza vissuta, desiderosi di qualcosa che potesse svegliarli un po’. Così, sotto indicazioni di Dedede, si diressero alle cucine del castello, con l’albino segretamente il più zelante dei tre all’idea di prendersi un buon caffè.
<< Ragazzi, non voglio togliervi troppo tempo, ma volevo parlare di una cosa successa sul TARDIS >> disse Knight, dopo qualche istante di assoluto silenzio << Riguarda Accelerator. >>
L’esper si girò verso il rosato mentre sorseggiava dalla lattina. << Hm? Che vuoi? >>
<< A un certo punto, quando il Vortice ha cominciato a picchiare veramente, quasi al punto di spaccarmi la testa in due.... ho visto delle ali di luce nera che ti spuntavano dalla schiena. Ti è mai successo? >>
Accelerator contrasse le sopracciglia, ascoltando la domanda di Kirby con vivo interesse. Il ragazzo aveva percepito che qualcosa nel suo corpo era cambiato quando aveva analizzato l’Angelo Piangente… e la stessa emozione l’aveva provata poco fa nel Vortice del Tempo.
<< Ali... nere? >> chiese sbigottito. << Io... >> sospirò. << Non lo so. Nel senso... non so cosa cazzo siano queste ali di cui parli, ma… quando ero su Trenzalore ho affrontato degli strani alieni simili a statue. Ho provato ad analizzare i vettori di uno di loro e... non lo so... era come se nel farlo stessi al contempo risvegliando qualcosa dentro di me. Lo stesso è accaduto nel Vortice. È nell’istante in cui è successo... mi sono sentito più forte. Quasi invincibile. >>
Kirby si grattò i capelli color confetto e si poggiò a un distributore. << I poteri di voi esper.... anche se paragonati alle nostre Semblance, sono capaci di evolvere in qualcosa che va ben oltre le normali leggi della fisica. Forse i tuoi poteri si stanno semplicemente adattando a tutto quello che hai affrontati? >>
<< Può darsi >> replicò l’albino, con una sicurezza che sorprese gli altri due << Questa cosa che ho sentito... è mia. Non so come spiegarlo, ma si tratta sempre di manipolazione vettoriale, solamente più amplificata. >>
Kirby e Fire lo fissarono un po’ interdetti, e lui sospirò.
<< La realtà è fatta di vettori, ok? >> Fece con una smorfia, mentre cercava loro di spiegare in maniera semplice. << Forza, calore, direzione, materia, velocità... ogni cosa ha dei vettori, e io sono capace di manipolarli attraverso semplici calcoli. Ma al mondo, in questo universo, esistono vettori... immaginari. Sì, esatto, delle forze astratte. Prendiamo ad esempio proprio la Forza, okay? Quando lottai per la prima volta contro Darth Vader, lui era capace di ferire il mio corpo grazie ad essa, perché i vettori che la componevano non erano concreti, bensì astratti. Ho dovuto subire parecchi colpi prima di poter adattare i miei calcoli alla Forza, e quando mi compaiono queste “ali nere”, io… sento di poter calcolare questi vettori immaginari in pochi secondi. >>
L’albino si grattò la testa, insicuro quanto gli altri della sua spiegazione.
<< Lo so, è complicato ma... oh, e che cazzo! >> sbottò esasperato, battendo il pugno contro un’anta della macchinetta << Forse è solo semplice stress. Il Vortice... io non so cosa hai visto tu, Kirby, ma... noi... >>
L’albino lanciò un’occhiata ricambiata al ragazzo dai capelli verdi, ed entrambi distolsero lo sguardo, a disagio e non poco scossi.
Presero entrambi un respiro profondo.
<< C’è stato un effetto collaterale assai poco piacevole >> spiegò Fire, cupo << Le nostri menti si sono connesse e abbiamo osservato l’uno i ricordi dell’altro. E non è nemmeno la parte peggiore. L’avevo già sperimentato... con Shen. >>
<< Diavolo >> fischiò Knight, impressionato e un po’ inquietato << Mi dispiace, ragazzi. No, a me non è successo nulla del genere. Per lo più ho avuto solo un gigantesco mal di testa, anche se potrei aver percepito in parte la coscienza del TARDIS. Ad ogni modo, riguardo quelle ali, credo di essermi fatto un’idea generale! Pensi che riusciresti ad usarle in battaglia? >>
<< Onestamente non lo so >> rispose Accelerator con uno sbuffo.
Incredibilmente si sorprese della facilità con cui si era confidato con loro. Con Fire era un conto, aveva avuto il tempo di legare molto, ma Kirby era quel genere di persona che avrebbe volentieri, per usare un francesismo, mandato a fanculo.
Eppure eccolo lì, a parlare con lui con la tranquillità e la pacatezza di chi sapeva di potersi fidare.
Sì, era cambiato, e più di quanto avesse inizialmente pensato.
Kirby aveva scelto spontaneamente di venire con loro nel Vortice, di rischiare la vita. Lui, Fire, Thor, Angel e tutti gli altri... erano una famiglia. Non c’erano solo Last Order e quelle due donne.
<< Sentite, voglio solo dirvi... grazie. Davvero, grazie per avermi ascoltato. Ma ho bisogno di stare da solo per un po’. Ho bisogno di riflettere su molte cose. >>
E detto questo si avviò. Non lo aveva detto ad alta voce, ma la meta era chiara: si stava dirigendo da Last Order. Aveva bisogno di lei più che mai.
<< Aspetta. >>
Fire esitò per qualche istante. Attese pazientemente che Kirby fosse lontano, prima di incrociare nuovamente lo sguardo dell’esper. C’era qualcosa che voleva dirgli, ma era titubante perché aveva paura di turbarlo, e francamente non sapeva da che parte cominciare.
<< Ho notato una cosa molto inquietante nei tuoi ricordi dei Kihara. Non ho potuto farne a meno, lo sai. Penserai sia stupido, voglio dire, TUTTO dei Kihara è inquietante, ovviamente, ma... questa lo è particolarmente. >>
<< Inquietante è un eufemismo quando si tratta di quei figli di puttana. Che cosa hai notato? >>
<< Non so se te ne sei mai accorto, ma tu e uno dei Kihara... vi somigliate. >>
Gli occhi rossi dell’albino si accesero come due fiamme. << Che cazzo hai detto!? >> sbottò.
Aveva voglia di afferrarlo per il bavero e sbatterlo contro il muro, ma decise di lasciargli la possibilità di spiegarsi.
<< Ti consiglio di ponderare attentamente le prossime parole che dirai, perché ora pretendo che tu mi spieghi tutto. Cosa vuoi insinuare? >>
<< Non voglio insinuare niente! >>
Era una mezza verità. Fire non gliel’aveva certo detto tanto per dire, ma nemmeno voleva saltare a conclusioni affrettate.
Ciò che aveva visto semplicemente non si poteva ignorare.
<< Ho visto uno di loro, con te, credo fosse avesse una specie di tatuaggio sul volto, non lo so… ho visto una somiglianza fisica, e... onestamente, anche un po’ caratteriale. Mi perdonerai se non ricordo il suo nome, ma ero un po’ impegnato per rimembrare tutti i dettagli. >>
Accelerator aveva intuito a chi si stava riferendo. Sapeva che il ragazzo aveva visto ogni suo ricordo legato all’infanzia, agli esperimenti sul famigerato Level 6, e c’era solo un Kihara che corrispondeva alla sua descrizione.
<< Amata >> rispose con un sibilo iracondo. << Si chiamava Amata, e lui... lui non mi assomiglia per niente, e io non assomiglio a lui. Tutto quello che riguarda quell’uomo mi disgusta… e non ne voglio sentire parlare. Lui non c’è più, è crepato nello Scisma, non esiste più, perciò argomento chiuso! Ora, se vuoi scusarmi, devo andare! >>
<< Okay >> si limitò a dirgli Fire, incrociando le braccia: ormai sapeva quando era il caso di non insistere << Se torni indietro… salutami Last. Credo che sia con Rowlet. Puoi chiedergli di venire da me? >>
<< Lo farò. >>
Una semplice risposta, ma detta con la calma necessaria. Accelerator camminò per allontanarsi e, mentre pensava alle parole del ragazzo dai capelli verdi, sentì il suo cranio divenire pesante.
“Non so se te ne sei mai accorto, ma tu e uno dei Kihara... vi somigliate.”
Si portò una mano sulla tempia. La frase gli era rimbombata come il suono di un tamburo, e successivamente apparve un ricordo di Amata Kihara alle prese con un Accelerator di appena cinque anni.
“Ascolta, marmocchio, ora voglio che tu uccida quella merdina davanti a te” disse indicando un bambino, all’apparenza innocuo e spaventato.
“Ma Kihara-kun, io...” replicò il piccolo esper, ma venne interrotto bruscamente dallo scienziato.
“È solo un Level 3, di che hai paura? Uccidilo, merdina. Fallo! Sai cosa ti accadrà se non ubbidisci, vero? Muoviti, Ratto Senza Nome!”
“Quello che ho visto è una somiglianza fisica, e... onestamente, anche un po’ caratteriale, fra te e uno di loro.”
Le gambe dell’albino divennero leggere, tanto da sentirle deboli. Tremavano. Barcollò e dovette aggrapparsi alla parete per non cadere.
Un altro ricordo di Amata saettò nel suo subconscio.
“Ti è bastata la lezione, marmocchio? Ne vuoi ancora? Ti prego, alza ancora la cresta, Ratto Senza Nome. Che c’è? Solo perché ora hai un po’ più controllo dei tuoi poteri, pensavi sul serio di poterti ribellare a me?”
“Io... io ti ammazzerò... ti ammazzerò!” esclamò un Accelerator di otto anni, mentre era a terra grondante di sangue e col volto tumefatto dai lividi.
“Uh, sentite questo Ratto Senza Nome come si dimena! Ascoltami bene, piccola merdina, e ficcatelo bene in quella zucca: sono IO che ti ho dato gli artigli, hai capito? E solamente perché io non ho poteri, non significa necessariamente che tu sia più forte... giusto?” chiese Amata con il timbro vocale di un pazzo, prima di colpire il viso del bambino con un ultimo calcio che ne oscurò la vista.
Accelerator si sentì svenire, e trattenne il respiro, come se avesse percepito il dolore di quell’attacco.
Era davanti alla porta della camera di Last Order. Era aperta. La bambina lo guardava con degli occhi preoccupati.
<< Accelerator, va tutto bene? Chiede Misaka come Misaka in pensiero per la tua salute. >>
Il Level 5 non rispose subito alla domanda, prima guardò il barbagianni e disse: << Fire mi ha detto che ti vuole vedere. È importante. >>
Detto questo, Rowlet emise un bubolio, salutò la bambina e volò via.
Quando il ragazzo rimase solo con lei, rispose alla sua domanda.
<< No, non sto bene... non sto bene per niente. >>
Completamente esausto si inginocchiò, fino a raggiungere l’altezza della piccola. Lei non perse tempo e corse ad abbracciarlo per sorreggerlo. Non servivano ulteriori parole. Bastava solo questo.
E così rimasero. E nulla più.
 
* * *
 
Quando Rowlet raggiunse la stanza di Fire, lo trovò ad attenderlo sul suo letto, lo sguardo più serio che il giovane barbagianni gli avesse mai visto fare… e questo lo mise subito in allerta.
L’uccello si appollaiò accanto a lui… e allora il ragazzo cominciò a parlare.
<< Le cose potrebbero mettersi male per me, Rowlet. >>
Fire lo abbracciò stretto, come non aveva mai fatto prima d’ora. Ascoltò il battito del suo cuoricino attraverso le piume, mentre sentiva le lacrime scendergli lungo gli occhi.
<< Potrei non tornare, come Logan. O peggio… potrei… diventare cattivo come il governatore… o come il mostro col casco. Lo capisci, questo? >>
<< No, Rowlet non capisce cosa stai dicendo! >> bubolò il barbagianni << Tu non sei come loro, padron Fire! Tu sei un eroe! E sei forte, tanto forte! Perché dici questo? >>
<< Perché ormai sei grande, Rowlet. >>
Lentamente lo prese fra le mani, carezzandogli la gola e guardandolo negli occhi.
<< Ti sto parlando da adulto. È vero… forse sono un eroe, forse no. Non è questo quello che conta. Quello che conta è che correrò grandi rischi, andando là fuori… enormi rischi. Non solo per la mia vita, ma anche per ciò in cui credo. Potrei vincere? Certo. Ma potrei anche perdere, e tu devi saperlo, e devi essere pronto… nel caso questo succeda. Mi capisci? Devi andare avanti, devi farti forza… senza di me. >>
<< Stai dicendo che Rowlet potrebbe rimanere da solo. >> Gli occhi neri del barbagianni si riempirono di lacrime come quelli del suo padroncino. << Rowlet non potrebbe sopportarlo. Non potrebbe. Non fare questo a Rowlet! >>
<< No! Non sarai mai da solo. Tu… hai Last, e hai Accel, e tutti gli altri. >>
<< Ma anche Accelly rischia la vita! Anche Last potrebbe restare da sola! >>
<< Se non corressimo questo rischio… moriremo comunque. >> Fire sentì un tremendo groppo alla gola. << E morirebbero tante altre persone, voi compresi. Stiamo lottando affinché ci sia una possibilità di un futuro migliore, per tutti noi. Insieme. >>
Il barbagianni affondò nel collo del giovane, singhiozzando sonoramente. << Voglio venire con te. >>
Il ragazzo strinse le dita sulle sue piume. << Non puoi. Devo saperti al sicuro. Devo sapere che c’è qualcuno che mi aspetta, a casa. >>
<< Rowlet è sempre al sicuro con te! >>
<< Non questa volta. >>
Gli prese delicatamente il corpicino fra i palmi e gli baciò la testolina. << Tornerò. Farò tutto il possibile per rivederti. Mi hai sentito? >>
Il barbagianni gli appoggiò il capo sul petto.
<< Rowlet sarà sempre con te, padron Fire. >>
* * *

Quando la luce del tramonto incendiava l’orizzonte, i raggi morenti del sole si schiantavano contro la cascata del castello, dando vita a giochi di luce fra i flutti rumoreggianti. Le pareti interne della caverna, quelle più vicine all’imboccatura, luccicavano di umidità, le gocce scivolavano sulla pietra, disegnavano lunghi rivoli sino a terra.
Auth sedeva sul margine della caverna, i suoi occhi ambrati fissavano la scogliera, il mare oltre la cascata, la spuma che brillava al tramonto come fosse argento, le onde che si ritraevano e avanzavano.
L’odore della salsedine era intenso, il vento fischiava fra gli anfratti della scogliera, le insenature, le colonne di arenaria e il sale trasportato dal vento le inzaccherava la pelle dorata. La sua figura, perfetta e del colore dell’oro sembrava solo un puntino in mezzo alla furia esterna degli elementi e nella sua mente, la donna pensava. Da quando tutto quello era iniziato, da quanto era precipitata in quel mondo che non conosceva, da quando era stata coinvolta con Hans Landa, da quando era fuggita nel deserto, trasportata da Marie… da quando l’aveva incontrata, Auth aveva pensato a lungo, intensamente.
Aveva riflettuto su sé stessa, su cosa era diventata, sulla sua vita prima e dopo lo Scisma. Aveva detto al Maestro che un creatore non poteva controllare l’esistenza, che il libero arbitrio era un diritto, che la capacità di decidere per sé stessi non poteva essere negata… Tuttavia, da quando si era ritrovata in quel corpo mortale, la sua visione delle cose era mutata, aveva cambiato prospettiva. Dall’istante in cui era nata, Auth aveva sempre creduto che fosse venuta al mondo per dominare il prossimo… ma ora quella sua convinzione vacillava, franando su sé stessa.
Si portò le ginocchia al petto, con le braccia, e vi poggiò il mento, agitando malinconica la lunga coda. Era così che si erano sentiti i popoli che l’avevano venerata? Nel costante terrore di essere annientati? Consapevoli di non essere nulla? Spaventati al pensiero che tutto venisse spazzato via in base ai capricci di una dea?
“Io non ero così” si disse, ma era un vano tentativo di negare i suoi peccati,  e lo sapeva anche lei.  Aveva lastricato la sua strada col sangue di regni ed eserciti, aveva costruito la scala verso il cielo con la guerra, il ferro e la tirannia… poteva davvero dirsi così diversa? Poteva guardarsi alle spalle e dire “Sì, sono stata una dea migliore?”.
<< No >>
La sua voce suonava flebile, e non solo per il fragore degli elementi.
Sentì dei passi alle sue spalle, sollevò la testa e si guardò da sopra la spalla, incontrando gli occhi rubinei di Marie; ciocche di capelli corvini le ricadevano ai lati del volto ovale, le labbra scarlatte coronate dal naso delicato, appena all’insù. Al fianco sinistro portava la lunga spada dai riflessi vermigli, il busto stretto in un corsetto di cuoio, braghe di pelle attorno alle gambe.
La Nosferatu non disse nulla, si sedette accanto a lei, slacciando le fibbie del fodero e ponendolo sul terreno. Rimasero in silenzio, il bagliore del sole non superava la barriera ruggente dell’acqua e Marie osservò la distesa del mare che si protendeva verso l’orizzonte.
Fu lei la prima a rompere quel silenzio.
<< Era sempre stato così… >> disse con un sorriso perso, malinconico, aggrappato alle memorie << prima di una grande battaglia. Si sentiva da una parte il rumore delle incudini e delle coti, l’acciaio e il ferro, e dall’altra gli uomini gozzovigliavano, non sapendo se avrebbero visto il prossimo tramonto… è una scena che ormai mi è molto familiare >>
La coda di Auth guizzò alle loro spalle, ma la dea non rispose, limitandosi a fissare l’oceano. Marie sospirò, stiracchiò le braccia verso l’alto e spostò gli occhi sulla sua alta figura, distendendo le gambe sul terreno.
<< Sai che ora ricordo tutto della mia vita precedente? Nel mio vecchio mondo, i vampiri erano considerati mostri… beh, lo siamo >> aggiunse con uno sbuffo di risa << voglio dire, ci cibiamo di sangue umano, ci trasformiamo in nebbia o pipistrelli, spalanchiamo enormi, livide ali e ci stagliamo contro la luna, prendendoci ciò che vogliamo, entrando nelle case di notte, nuotando nel sangue del nemico. È la natura insita in noi. Alcuni ne soffrono, molti ne godono… io mi sono sempre limitata ad essere ciò che ero. Perché dovermene pentire? >>
Fece spallucce, puntando lo sguardo sul soffitto della caverna.
<< Mi hai letta nella mente >> non era una domanda, non era un’accusa, ma una semplice constatazione, una realtà immutabile.
Era così, come molte cose: un fatto innegabile, puro e semplice.
<< Se non riesco più a nascondere i miei pensieri, immagino di essere caduta davvero in basso. Sai una cosa? Checché ne dicesse il Dottore, non riesco a togliermi dalla testa il fatto che molto di quello che sia successo possa essere colpa mia. Se fossi stata più forte, o diversa, se non mi fossi adagiata sugli allori… forse avrei potuto evitare molto di ciò che è successo. >>
Marie sospirò, un sospiro pesante, esasperato. Auth la guardò curiosa ma la Nosferatu si sporse in avanti e fece schioccare con impazienza le labbra, gonfiando le guance. << Quindi per tutto questo tempo non hai fatto altro che assillarti con queste domande? Ti sei chiesta ancora e ancora cosa farne della tua seconda vita? Ti sei chiesta se te la meritavi, se magari Kyrie ti stia guardando da qualche parte? Ti sei chiesta… se la tua vita, qui, abbia un senso? >>
Il vento risalì la scogliera, il mare risuonò furioso dal basso. Auth si sciolse da quella posizione avvolgendosi la coda attorno alla vita stretta e si prese i capelli fra le mani, facendoli scorrere contro i palmi, sollevando le iridi sulla Nosferatu.
<< Quando ero ancora una dea relativamente giovane, mi ero fabbricata una grande teca di vetro a immagine e somiglianza di un giardino, un piccolo mondo tutto mio; davo da mangiare agli animali, li osservavo, li studiavo… li guardavo accoppiarsi, nascere, crescere… uccidersi a vicenda. La loro vita tuttavia dipendeva da me: dargli da mangiare, l’acqua, far prendere loro il sole… Da quando sono nata, Marie, tutta la mia esistenza ruotava attorno ad impormi sul prossimo. Ora, per la prima volta è il contrario. Sono io in una teca, chiedendomi cosa ne sarà di me… ed ho paura. Ora che siamo alla fine, come noi sull’orlo di questa caverna… ho paura di cadere >> si alzò in piedi, avvicinandosi all’ingresso e guardò in basso.
Il mare s’infrangeva contro gli scogli, vi spumeggiava attorno e il sole moriva ad occidente, la notte allungava quasi timidamente le proprie dita su Remnant e le prime stelle iniziarono a brillare, dapprima adagio, poi sempre con maggior intensità.
Marie la guardò tristemente.
<< Auth, forse tu non potevi saperlo… ma per moltissime anime, ogni passo, ogni mattina, ogni nuovo dannatissimo giorno… era un’incognita. >>
Portò l’avambraccio destro sul gomito e vi poggio sopra il mento. << Un contadino si chiedeva cosa ne sarebbe stato del raccolto, un allevatore delle vacche, una madre dei figli, un soldato della sua famiglia. Persino io mi chiedevo spesso se avrei avuto la forza di sopravvivere alla prossima notte, quando ero solo una piccola bambina confusa e terrorizzata. Eppure, anche se la terra del contadino veniva distrutta, lui si rimboccava le maniche, un allevatore prendeva altre vacche se le sue venivano uccise e una madre piangeva i figli, per poi darne altri alla luce… e il soldato? Il soldato sapeva una cosa: era lui lo scudo della sua famiglia. Vedi Auth, se non si ha più il controllo del mondo, allora la cosa migliore da fare è resistergli o venirne spezzati. >>
Si portò accanto a lei.
 La cascata andava schiantandosi sul mare e la donna che era stata una divinità sospirò, abbassando le palpebre e stringendosi nelle braccia, tremando impercettibilmente.
<< Avevo dimenticato cosa fossero le emozioni, le sensazioni  >> sussurrò, lasciando sgorgare le lacrime, fili dorati che le rigavano le guance << il freddo e il caldo, il dolore e il piacere, la fame, la sete e… e il sollievo, la paura… solo ora mi rendo conto che, convinta di aver raggiunto il picco dell’esistenza e avendone trasceso i limiti… in realtà ero come morta, sospesa in un limbo eterno. >>.
Si voltò a guardarla, chinandosi sul suo volto, spingendo molto delicatamente una mano sul suo viso di porcellana, insinuando la punta delle dita sotto i suoi capelli neri.
<< Ma la cosa peggiore… >> sussurrò con un filo di voce << è che dopo la morte di Kirye… mi ero quasi dimenticata cosa significasse il desiderio di un bacio >>
Marie incontrò il suo sguardo sollevando il proprio; sentì la bocca secca, la aprì e la richiuse, stringendo i pugni.
Ad essere sincera, non sapeva quali fossero i propri sentimenti nei confronti di quella donna che, cadendo dal cielo, aveva squarciato il velo di finta sicurezza del suo mondo… ma lì, davanti a lei, sull’orlo degli abissi marini, con la prospettiva di un domani che avrebbe potuto non esserci più, decise che alla fine non aveva importanza. Amore? Lussuria? Desiderio? Al diavolo tutto, pensò Marie lasciando che Auth la sollevasse adagio, premendola contro di sé.
Le loro labbra si incontrarono lentamente, la tenera carne si piegò, le bocche si cercarono e si trovarono, Marie si lasciò stringere, affogando in quel dolce oblio.
<< Una cosa l’ho capita >> sospirò Auth fra i baci, guardandola negli occhi, spostando le labbra sulla sua mascella, stringendola come un serpente con la preda << questo mondo… questo mondo merita una possibilità e ora… ora so che io posso contribuire a dargliela. >>
Marie le sorrise, portandole due dita sulle.
Forse il loro non era amore, ma si erano trovate… era una certezza, una solida realtà e vi si aggrapparono disperatamente.

 
Ormai da qualche ora, Angel era rimasto ostinatamente a vegliare sul corpo privo di sensi del Dottore. Ogni tanto si alzava dalla sedia facendo meccanicamente avanti e indietro, in preda all’ansia e all’attesa.
Stava aspettando con tutto se stesso che il Signore del Tempo si risvegliasse dal sonno in cui era piombato, era aggrappato alla speranza che si risvegliasse prima dell’inizio di quel conflitto.
Ma niente. Non era ancora tempo.
<< Non serve che ti preoccupi tanto per lui. Non lo vorrebbe. >>
La figura di Yūko Ichihara era apparsa lungo la soglia dell’infermeria, con il suo solito sguardo enigmatico e il portamento regale, gli occhi brillanti di mistero.
<< Lei che ci fa qui? E come ha fatto ad entrare? >>
<< Sono solo molto brava a raggiungere quei posti che vorrebbero restare nascosti. Quanto al perché sono qui? Semplicemente, mi accingo a svolgere il compito che spetta ad una balia millenaria di desideri, e non ad un ragazzo stanco e in costante tensione. >>
<< Non posso proprio farne a meno. Sono preoccupato per lui. >> Il soleano blu emise un lungo sbuffo. << Vorrei che tutto fosse più semplice. >>
<< Le cose non sono mai semplici, ragazzo >> dichiarò Ichihara << e voi esseri mortali lo siete ancora di meno. So che potrebbe sembrare l’affermazione tendenziosa di un’entità superba… >>
<< Ma questo non la rende meno vera. >>
La donna sorrise, soddisfatta. << Indubbiamente. >>
Rimasero per qualche istante a contemplarsi, in silenzio, finché Yūko non lo ruppe.
<< Hai pensato al dopo della battaglia, Hikaru? >>
Angel la fissò stupito. Non si aspettava una domanda del genere. Probabilmente, aveva fatto di tutto per non pensarci.
<< È difficile guardare così lontano. Cioè… io… >>
<< Devi avere in mente qualcosa da fare. Sarà un incentivo per la vittoria >> disse Ichihara.
Il giovane, per qualche istante, rimase in silenzio, socchiudendo le palpebre.
<< Credo… vorrei partire. >>
Si strinse nelle spalle.
<< Sono stato un Guardiano del Multiverso per così tanto tempo… le vecchie abitudini sono dure a morire. Penso di voler visitare Battleground, conoscere i popoli che abitano nei vari mondi, darmi da fare per aiutarli. Lo devo a mio padre… ma soprattutto a mia madre. >>
<< Ah, la possente Scáthach, l’immortale Ombrosa. In pratica, programmi un’avventura infinita da eroe senza macchia e senza paura >> commentò Yūko, divertita << Ma prima o poi ti dovrai fermare. Tua madre aveva l’immortalità, ma la sua storia si è comunque conclusa. >>
<< È morta com’è vissuta: con onore e coraggio >> sussurrò il rosso << Credo di non poter fare altro che seguire le sue orme. È ciò che mi ha insegnato, è ciò che significa essere un Calak’ant. >>
<< Non è una prospettiva così malvagia, sopratutto se sentita dalla bocca di un mortale >> disse Yūko soddisfatta << Normalmente avete così paura della morte, a volte avete paura perfino di vivere. >>
<< È sempre fautrice di discorsi così allegri? >>
<< Ormai dovresti conoscermi bene, mio caro inserviente. >>
Angel sbuffò e poi sorrise. << Sì. È così. >>
<< Vai, adesso. Rimarrò io a vegliare su di lui. >>
Il ragazzo dovette convenire che aveva ragione. Non poteva rimanere lì in attesa. Doveva darsi da fare come tutti gli altri, perché era ciò che il leader della Resistenza avrebbe voluto.
Così si mise le mani nelle tasche e si incamminò fuori, perdendosi nei propri pensieri… finché non sentì il suo telefono squillare.
Perplesso, lo tirò fuori: il numero era sconosciuto, eppure qualcosa lo spinse a rispondere comunque.
<< Pronto? >>
<< Ciao, meticcio. >>
Era Vorkye.
 
***
 
Vorkye Bloodbless si trovava nel suo ufficio, completamente immerso in pensieri tutt’altro che allegri.
Dopo aver scoperto che il Maestro aveva offerto a quello sporco meticcio una tregua temporanea, il suo primo istinto era stato di recarsi al palazzo del tiranno e tentare di costringerlo a revocarla. E così era stato negli ultimi giorni, anche ora, mentre contemplava l’idea di portare avanti quel piano da un momento all’altro.
Fu quindi assai grato quando qualcuno bussò alla porta, prima che potesse compiere un azione tanto impulsiva e rischiare morte certa.
<< Avanti >> disse con noncuranza.
Nella stanza entrò Ellen Mathers, la sua fidata segretaria e assistente.
<< Signore, ho qui dei documenti che richiedono la sua attenzione >>
<< Lasciali sul tavolo. Li vedrò dopo >> rispose Vorkye in tono atono.
La bionda obbedì. Notò poi il bicchiere e la bottiglia sulla scrivania. Conosceva le abitudini del suo capo, e sapeva che non li lasciava mai lì.
Che fosse ubriaco? No, lo escludeva. Lo aveva visto bere quantità ingenti di alcolici e restare perfettamente sobrio.
<< C’è altro che devi dirmi? >> chiese il biondo senza girarsi.
<< Ho una comunicazione del Maestro >> rispose prontamente Ellen, tornando a fissarlo << Ha detto che la sua parte di promessa verrà mantenuta prima del grande evento. >>
Nel sentire queste parole, la mente di Vorkye fu liberata da quei pensieri e un’espressione soddisfatta si disegnò sul suo volto. << Ho capito. >>
Ellen sentì che il tono usato dal suo capo era cambiato di nuovo. Pareva… allegro.
<< Posso sapere che cosa vuol dire? >> domandò dubbiosa.
<< Che a breve rivedrò qualcuno di molto caro >> le rispose << Fa’ preparare gli alloggi vicino ai miei. Che sia tutto ordinato e pulito. >>
<< Sissignore >> disse Ellen che fece un inchino e si diresse all’uscita… ma prima che potesse prendere la maniglia della porta, fu richiamata.
<< Desidera altro, signore? >> domandò lei, girandosi.
<< Hai fatto un ottimo lavoro. Non so come sopravvissuto fino ad ora senza di te. >>
La donna lo osservò senza parole. Aveva davvero ricevuto un complimento del genere? Per di più con un tono così… solare?
Un turbinio di emozioni si impadronì di lei. Non riusciva davvero a capire cosa stesse succedendo.
<< La ringrazio. Faccio semplicemente il mio lavoro >> mormorò, raddrizzando le spalle << Perdoni la sfacciataggine, ma… è sicuro di star bene? >>
<< Sto bene, Ellen, tu non devi preoccuparti >> la rassicurò il suo capo << Piuttosto, prepara gli alloggi, presto. Vedi… io e il mio vecchio “nemico” discuteremo a breve. >>
<< Sì, signore, come desidera. >>
 
***
 
Vorkye Bloodbless l’aveva chiamato al telefono – probabilmente scovando il suo numero per vie illegali – per dirgli di incontrarsi, faccia a faccia, nella sua villa privata. Per parlare.
Detta così, pensata in quel modo, ad Angel veniva seriamente da ridere, anche se non c’era oggettivamente poi molto di divertente. Insomma, Bloodbless, in quel conflitto, era chiaramente il suo avversario più diretto, si sarebbe potuto dire la sua nemesi, considerato chi era e tutto quel che aveva fatto. Era legittimo e logico sospettare di lui e ostacolarlo.
Quella proposta puzzava veramente di trappola… tuttavia, il rosso sapeva che c’era la tregua di mezzo, quindi Vorkye non avrebbe potuto torcergli un capello, e viceversa. Ma forse il Maestro aveva mentito e voleva romperla così? Sarebbe stato da lui. Non c’era da fidarsi in alcun modo.
Eppure… era andato lo stesso, spinto dalla curiosità. In fondo, loro non si erano mai confrontati da quel punto di vista. Lui conosceva il tiranno di fama, ma oltre questo? Nient’altro. Che cos’aveva Vorkye contro di lui, a tal punto da volerlo morto e poi chiedergli un incontro?
Inoltre… loro erano praticamente gli ultimi due soleani rimasti. Non ricordava più quand’era stata l’ultima volta che aveva parlato con qualcuno della sua razza.
Forse, inconsciamente, era alla ricerca un appiglio al suo passato, anche se si trattava di un individuo orribile come Bloodbless.
Si recò nel quartiere privato e in breve tempo fu intercettato dalla segretaria dell’uomo, una certa Ellen Mathers, che lo condusse direttamente all’appartamento dove il suo capo risiedeva. A quel punto, il ragazzo proseguì da solo, trovando il proprio rivale in un salotto di lusso, con un tavolo sopra cui erano stati adeguatamente riposti una bottiglia di vino o due calici.
<< Vostra Maestà >> lo chiamò Angel, con sarcasmo ben evidente << non mi aspettavo questo onore. >>
<< Finalmente faccia a faccia, meticcio. Prego, accomodati >> lo invitò Vorkye, non di meno sarcastico. << Gradisci da bere? Ho del vino di ottima qualità. Un’annata eccezionale, così come il suo valore monetario. Non ti dispiace se mi servo per primo, vero? >>
Così dicendo versò il suddetto liquido nel proprio calice.
<< Che cortesia impeccabile, ma non credo ti interessi granché fare bella figura con me, altrimenti non mi daresti del “meticcio” >> fu la risposta gelida del soleano blu. << Non siamo amici, quindi per te sono Hikaru. Tienilo bene a mente. >>
<< Ma certo, Angel Arthur Hikaru. Come potrei dimenticare il nome dell’ultimo soleano blu? >> Vorkye gli regalò un ghigno irto di zanne, mentre si avvicinava il liquido sanguigno alle labbra.
Angel strinse i pugni lungo i fianchi, trattenendo a stento la rabbia e guardandolo di sottecchi quasi volesse scrutare nel suo animo. Decise di andare dritto al punto.
<< Perché mi hai fatto venire qui? >>
Il soleano cremisi, dopo il suo sorso, appoggiò il bicchiere sul tavolino. << Tu sai perché ho fatto quel che ho fatto? Mi riferisco alla distruzione della tua… metà non umana. >>
Il ragazzo assottigliò lo sguardo. << Quel che so di te… è che sei qualcuno che si è arrogato il diritto di essere re del sole, provocando una guerra civile che ha coinvolto la nostra intera razza. Mio padre e mia madre hanno fatto tutto quello che era in loro potere per fermarti. L’unico motivo per cui non mi sono potuto unire a loro è stato l’avvento dello Scisma e i miei doveri di Calak’ants. Ma sì, lo ammetto, non ho mai compreso perché ce l’avessi tanto con la mia sottospecie in particolare. Sai, il tuo modo adorabile di apostrofarmi mi ha fatto avere certe conclusioni poco tolleranti che personalmente alla nostra razza non si addicono… ma considerata la tua campagna da despota, non mi sorprenderebbe poi più di tanto. Dunque, quale sarebbe il vero motivo? >>
Vorkye si prese ben dieci secondi di silenzio.
<< Dimmi un po’, Hikaru… >> calcò con una certa enfasi il tono di voce quando pronunciò il suo cognome << che cosa faresti se, un giorno, si presentasse qualcuno tanto pericoloso da minacciare la tua vita? Immagina di essere destinato a una morte prematura per mano di qualcuno. Un destino di morte. Un destino che sai quando e come si avvererà. Capisci ciò che voglio dire? >>
Angel sbatté le palpebre, poi sollevò il mento con sicurezza. << Lo affronterei a testa alta. >>
<< Esatto. Ed è quello che ho fatto io. Il mio destino, Hikaru, è perire per mano di un soleano blu. Ma, come tutte le profezie, l’identità di quel soleano era ignota, e pertanto non avevo altra scelta se non… distruggervi tutti. Uno per uno. >> Lo sguardo di Vorkye era terribilmente serio. << Ma a quanto pare, uno è riuscito a scappare, e quel qualcuno eri tu. Tu sei l’ultimo soleano blu, e quindi… il mio potenziale mietitore. >>
Angel sussultò. Per qualche istante, non proferì parola, palesemente sconvolto. Aveva iniziato a capire il filo del discorso già dall’inizio, ma sentirselo dire direttamente era tutta un’altra cosa. Lo rendeva reale, e ancora più terribile di quanto immaginasse. 
Subito dopo, sentì montare la rabbia e lo sdegno.
<< Tu hai distrutto la vita di un’intera fetta di popolo, il NOSTRO popolo, ciò che faceva parte di quello stesso popolo che avresti dovuto difendere in quanto sovrano... per arrivare a me!? >>
Gli occhi azzurri del ragazzo non erano mai stati più glaciali. C’era disprezzo, disgusto e rammarico.
<< E tu osi definirti un re!? Con quale diritto!? Che cosa mai ti renderebbe così degno da considerarti un re? >>
<< La mia forza. Non c’era nessuno più adatto di me a ricoprire questo ruolo >> affermò convinto il biondo.
Per degli interminabili istanti, Angel rimase in silenzio. Quel modo di pensare era quello più sbagliato che potesse esistere per essere un sovrano, specialmente per i soleani.
<< E a che cosa ti serve quella forza, ora che sei solo!? >> Senza timore gli si stagliò davanti, trafiggendolo con lo sguardo. << Non sono solo i soleani blu che hai ammazzato a tradimento, non è vero, grande re? Dov’è? Dov’è il resto del nostro popolo? È ancora sul sole a perpetrare la sua saggezza!? >>
Il silenzio e l’espressione fredda di Bloodbless furono piuttosto eloquenti. Per qualche istante, non batté neanche ciglio.
<< Lo Scisma non conosce pietà per nessuno, meticcio. Tu più di tutti dovresti saperlo bene. >>
<< Stai mentendo! >>
Il vino dentro la bottiglia e dentro il calice iniziò pericolosamente a turbinare, emettendo sonori gorgoglii, mentre gli occhi del giovane si illuminavano di luce blu.
<< Tu sei nella cerchia del Maestro! Ad ognuno di voi ha concesso privilegi e desideri, altrimenti perché avrebbe tentato lo stesso trucchetto con tutti noi?! Se avessi voluto, li avresti potuti salvare! Ma non è andata così, non è vero!? Hai lasciato che morissero durante lo Scisma! I nostri fratelli e le nostre sorelle, morti, annientati, disintegrati! E per cosa!? >>
<< Per un sacrificio necessario. A dispetto di quanto credi, anche io ho un cuore. E tutto ciò che faccio, non è solo per me stesso. Presto, mio fratello, il mio unico e solo fratello, tornerà al mio fianco, mentre tu, al contrario, cadrai. >> Vorkye sorrise. << Uno scambio equo, non trovi? Una vita per un’altra. Anche se sinceramente non cambia molto. Se non fosse stata la tua testa, ne avrei staccata volentieri un’altra o altre mille se necessario. Ed è quello che ho fatto. >>
Ghignò. << Perciò, vedi… non importa davvero cos’è accaduto al resto dei soleani. Era il loro annientamento contro di me, il loro re supremo che è il solo ad avere il diritto di sopravvivere. Ciò che importa davvero è che tu, ora, sei qui davanti a me. Sai, sarebbe facile, per me, ucciderti ora… ma non lo farò. Non ti ucciderò perché, come ben sai, ho delle direttive ben precise. Quel che ti serve sapere ora, Hikaru, è che io cambierò il mio destino. E se devo ucciderti per farlo, non esiterò un istante. >>
<< Neanch’io >> sibilò Angel << Ma lascia che ti illustri la differenza fra me e te: io lo farò, perché so di avere la volontà di farlo. Non perché “devo”. La volontà è ciò che difendo, è il mio vessillo di Calak’ants, l’ultimo che respira! E come tale, so bene quanto profondamente ti sbagli! Tu racconti a te stesso delle sciocchezze per giustificare ciò che hai fatto, ciò che fai e che farai! C’è sempre una scelta! Ogni sentiero che percorri, conduce alla strada che scegli tu personalmente, Bloodbless. Io non ho mai avuto niente contro di te, non più della solita avversione contro i bastardi che ho sempre dovuto combattere come Guardiano del Multiverso. Ma ora ti odio più di quanto dovrei, perché ciò che hai fatto mi tocca nel profondo. Per colpa tua e delle dimensioni gigantesche del tuo ego, io sono rimasto l’ultimo dei miei avi, e ora… uno di noi due rimarrà l’ultimo della nostra razza. >>
Le sue iridi erano inumidite.
<< Hai fatto tutto questo per ricongiungerti con tuo fratello. So cosa significa. Ho perso più persone amate di quante ne possa contare. Così come molti altri. Ma tutto questo è un prezzo irrisorio di fronte alle vittime che hai provocato sul tuo cammino. >>
In un battito di ciglia, Vorkye si ritrovò la punta scarlatta di Gae Bolg dolorosamente premuta alla base della gola.
<< Oggi vivrai, tiranno del sole, perché io debba ricordare come hai sputato sulle vite degli altri. E perché mi importa di tenere in vita i miei compagni. La tua morte per mano mia, in questo istante, li condannerebbe, romperebbe la tregua. Per questo oggi respirerai ancora. Ma voglio che tu sappia una cosa, Bloodbless. Tutto questo... è solo colpa tua. È colpa tua se sono rimasto in vita. È colpa tua se la tua disfatta è stata profetizzata! È colpa tua se alla fine, tutto quello che hai fatto non sarà valso a nulla. E sarà così perché tu hai voluto tutto questo. Queste non sono altro che le conseguenze delle tue azioni, quindi della tua volontà! >>
Vorkye sostenne il suo sguardo senza  un solo accenno di paura.
<< Parole forti, meticcio. Accusami pure, ma sappi questo… >> scostò la punta della lancia per avvicinare il viso e guardarlo dritto negli occhi, sorridendo perfidamente << Io non mi pento di nulla. E così come ho ucciso i tuoi avi con gioia… ucciderò anche te. >>
Angel sostenne quello sguardo senza vacillare un istante, sebbene dentro di sé, ribollisse per quella dichiarazione .
<< Se fosse così facile... mi avresti già ucciso da molto tempo. >>
Ritirò con un gesto fluido la lancia facendola sparire.
<< Ti compatisco, o re, oltre al disprezzarti. Ma ormai hai fatto la tua scelta. Ci rivedremo sul campo di battaglia. >>
E si allontanò, chiudendo la porta con un colpo secco.
Dopo qualche istante, ci fu di nuovo un bussare, ed Ellen entrò.
<< Mi scusi, signore. Volevo solo assicurarmi che andasse tutto bene. >>
Quando la voce della donna lo richiamò, Vorkye si girò a guardarla. La tensione che sentiva prima, ora era sparita; la semplice vista di quella donna era sempre riuscita a rilassarlo.
<< Va tutto bene, Ellen, non preoccuparti. È stata una normale chiacchierata ed ora mi sono fatto un’idea precisa del mio nemico. >>
Mathers lo fissò, incuriosita. << È davvero quel ragazzino? Non sembra poi così... minaccioso. >>
<< Le apparenze ingannano, mia cara. Mai sottovalutare l’avversario. Piuttosto… c’è qui un bicchiere di vino inutilizzato. Vuoi tenermi compagnia? >> chiese con un sorrisetto furbo.
<< Sarebbe poco divertente >> commentò la donna con un sopracciglio inarcato << lei non si ubriaca mai. >>Eppure andò a sedersi sulla sedia. << Ma per la compagnia non ci sono problemi. >>
<< Voglio solo godere di questo vino in tua compagnia. Voglio ringraziarti ancora, Ellen, di tutto >>
<< La prego, non lo faccia di nuovo. È il mio lavoro. >>
La donna sorseggiò un po’ dal calice, poi lo tenne in mano, osservandolo pensierosa.
<< Ritengo… >> dichiarò dopo qualche istante << di doverla ringraziare io per tutto quello che ha fatto per me. >>
<< Allora siamo pari >> dichiarò Vorkye con un sorriso, prima di restare in silenzio per qualche istante. << Ellen, volevo chiederti una cosa: quando la battaglia sarà finita, vorresti… vorresti vivere insieme a me? >>
La donna ammutolì, evidentemente colpita. Perse la solita gelida compostezza, sbattendo sonoramente le palpebre.
<< Mi sta facendo una proposta seria, o sto osando troppo nel pensare? >>
<< Non stai osando nulla. Sì, la mia proposta è seria. Dico davvero. Vedi, Ellen, io sento il bisogno… di averti vicina a me. Capisci ciò che intendo? >>
<< Mi permette di essere franca e di darle del tu? >>
Quando lui annuì, Ellen prese un respiro profondo, prima di guardarlo dritto negli occhi.
<< Io ti trovo… attraente >> disse, più imbarazzata di quanto il soleano l’avesse mai vista << Il tuo attuale comportamento indica che tu provi la stessa cosa nei miei confronti, eppure i consueti rituali umani richiedono un certo numero di attività platoniche prima di fare sesso. Ma la verità è che… io voglio avere un rapporto sessuale con te il prima possibile. >>
Poggiò il calice sul tavolo e lo allontanò.
<< Tuttavia >> proseguì << non serve che ti dica quanto un atto del genere potrebbe rivelarsi compromettente a livello professionale, legale e morale. Anche così, vorresti proseguire nelle tue advances? >>
Ciò che la donna aveva detto colpì Vorkye, più di quanto si aspettasse. Lui aveva sempre considerato gli umani e tutti gli altri popoli dell’universo come degli scarafaggi, nient’altro che degli insulsi insetti.
Ellen era diversa. Lei era sempre schietta, professionale, impeccabile e, ovviamente, bellissima. Una donna del genere non poteva che fare breccia nel cuore di uno come Vorkye.
Un lato di lui gli diceva che Ellen aveva ragione, che non doveva abbassarsi a giacere con una… mortale. Ma un’altra parte di lui lo spronava a fare diversamente.
<< Tra non molto io dovrò scendere in guerra. Ogni convenzione sociale, legale o professionale non ha valore in tempo di guerra. E poi… io sono un re, e un vero sovrano non deve rispondere a nessuno se non a sé stesso. Io ti voglio, Ellen Mathers. Voglio bearmi del tuo corpo qui ed ora. >>
Ellen rimase in silenzio per qualche istante, socchiudendo gli occhi, evidentemente scombussolata fra l’attrazione e il buonsenso.
<< Immagino che per una volta, possa mandare al diavolo anch’io le convenzioni. Almeno per stasera. >> Si alzò in piedi. << Non devo ripetermi sul fatto che ti voglio. Ciononostante, se vuoi che accetti, devi farmi una promessa: che questa non sarà l’ultima volta che ti rivedrò, e che da ora in avanti, tutto ciò rimarrà solamente fra noi. Nessun altro dovrà sapere. >>
Anche lui si alzò. Le prese delicatamente la mano e la baciò, mentre posava i suoi occhi scarlatti su quelli azzurri di lei.
<< Hai la mia parola, Ellen. Non la parola di un re, bensì quella di un uomo. >>
Con una mano le cinse i fianchi e la attirò più vicina a sé.
<< Io tornerò. Te lo prometto. >>
 
***
 
Angel si allontanò a passo svelto da quel dannato edificio e da quel dannato quartiere. Più sarebbe rimasto, più sicuramente la nausea l’avrebbe piegato in due costringendolo a rannicchiarsi in un angolo. Camminava velocemente, tentando di impedire alle lacrime di scendere e bruciargli gli occhi. Poco dopo, si accorse di essersi messo a correre: sentiva il vento sferzargli pelle e capelli.
Si lasciò la città alle spalle finché non raggiunse un campo di grano abbandonato. Sopra di lui, il cielo si scuriva sempre di più, in risposta al suo animo inquieto, finché un acquazzone torrenziale non straripò dalle nubi.
Così il ragazzo incespicò, cadendo sulle ginocchia… e urlò. Urlò con tutto il fiato che aveva in gola verso il cielo, scoppiando definitivamente in un pianto dirotto, mentre contemporaneamente la pioggia lo travolgeva, bagnandolo da capo a piedi.
Tutto ciò che aveva tenuto dentro finora stava infine venendo a galla. Nonostante tutti i buoni propositi, la sua determinazione, la sua ritrovata volontà… non era abbastanza forte. Ascoltare Vorkye era stato doloroso, molto più doloroso di quanto avrebbe mai potuto immaginare.
Rimase per qualche istante fermo in quella posizione, cercando di placarsi, di ritrovare la calma perduta, nonostante tutto l’orrore che provava dentro: i sensi di colpa per quell’intera dannata situazione stavano tornando a mangiarlo vivo e lui non sapeva come frenarli.
“Dopo tutto quello che mi ha detto il mio maestro!” si rimproverò “Sono un ipocrita. Un dannato ipocrita.”
Quando infine decise di incoraggiarsi, di muoversi, si voltò… e ciò che vide, o meglio, chi vide lo lasciò stupito.
Najimi Ajimu.
La ragazza era lì davanti a lui, con un mazzo di fiori tra le mani. I suoi occhi fissarono a lungo quelli di Angel, turbinanti di emozioni contrastanti.
Il rosso non le disse nulla. Si sollevò in piedi, senza staccarle gli occhi di dosso neanche per un istante. Serrò i pugni con tanta forza da farsi male e poi distolse il volto.
<< Mi dispiace. >>
Non reagì nemmeno quando udì la voce di lei. Socchiuse le palpebre, serrando le labbra.
<< Mi dispiace davvero, Angel. >>
<< Non me ne frega un cazzo. >>
Najimi inarcò appena le sopracciglia, un po’ interdetta da una tale secca risposta. Poi sospirò. << Hai ragione. Hai i tuoi motivi per essere arrabbiato con me. >>
<< Dopo tutto il dolore che ho dovuto sopportare? >> Il soleano si girò a guardarla, il volto deformato da sarcasmo velenoso << Dopo la falsa vita che ho trascorso qui? Wow, come hai fatto a capire che sono arrabbiato con te? Si vede che sei una dannata entità multiversale. >>
<< Ho tentato, Angel >> dichiarò Ajimu, stringendosi nelle spalle. << Ma non ci sono riuscita. Non sono riuscita a salvarvi tutti. Ho potuto farlo solo con te, e alla fine, ho dovuto chiedere aiuto a un pazzo che si è dimostrato indegno del mio potere. Ho odiato la mia debolezza e me stessa per questo. Dopo secoli di quasi totale indifferenza, ho provato rabbia. Una rabbia enorme, per la mia impotenza verso i Beyonders e per quello che il Maestro ha fatto a questo mondo. >>
<< Rabbia!? Tu hai provato rabbia!? CHI TI HA DETTO CHE VOLEVO ESSERE SALVATO!? >>
La dea non rispose. Si limitò a guardarlo, inflessibile, mentre finalmente sfogava con lei tutto quello che finora si era tenuto dentro.
<< Per tutti gli dèi, Najimi, ma come fai a non capirlo!? Sono morti! SONO MORTI TUTTI! La mia famiglia, i miei compagni e amici, il mio popolo! Sono rimasto solo! Anzi, no! L’unico che mi è rimasto è il diretto carnefice della scomparsa di metà dei miei avi! >>
Angel si morse le labbra. Cercò di prendere un respiro profondo, contando fino a dieci.
<< Ma ormai è troppo tardi. Il tuo dispiacere non riporterà indietro le persone che amo, e la mia rabbia nemmeno lo farà. Tutto ciò che posso fare è continuare a combattere fino al mio ultimo respiro, come ho promesso… >>
Najimi lo fissò ancora negli occhi… e, un attimo dopo, gli si avvicinò e lo baciò.
Il rosso rimase spiazzato. Il gesto era stato così inaspettato, così spontaneo… quasi fuori luogo, visto il modo in cui le aveva parlato fino a pochi secondi prima, eppure si ritrovò incapace di rifiutarlo.
Semplicemente, questa ragazza era l’unica persona che conosceva da prima dello Scisma… ecco perché accolse quella manifestazione d’affetto senza ritrarsi, quasi sperando che gli avrebbe permesso di dimenticare tutta la sofferenza patita negli ultimi giorni. Ma così non accadde, e quando lei si tirò indietro riuscì solo a provare vergogna per il modo in cui l’aveva trattata.
<< Io… anche io devo scusarmi >> sussurrò, stancamente << Molte persone sono vive anche grazie a te. Forse non hai dato al Maestro i tuoi poteri con lo scopo di aiutarle… ma ciò non toglie che Battleground e tutti coloro che lo popolano sono sopravvissuti per quello che hai fatto. >>
<< Forse è così >> disse Najimi, sorridendogli tristemente << O forse avrei potuto cercare un’altra soluzione. In ogni caso, spero che con il tempo sarò in grado di riguadagnare il tuo rispetto. >>
Gli afferrò le mani con le proprie.
<< Ma per poterlo fare… avrò bisogno che tu sopravviva a quest’ultima prova. Quindi vinci e vivi… È il mio primo e unico ordine. >>
E questa volta, il sorriso che Angel le rivolse – per quanto stanco – fu decisamente più ottimista.
<< Io… lo farò. Dopotutto, con qualcuno come te a fare il tifo per noi… come potremmo perdere? >>
Era l’unica rassicurazione che potesse offrirle… e dare a se stesso.


 
***

La mente di King Dedede non era mai stata più in fermento.
Fin dal giorno in cui aveva scelto di credere al Dottore e fondare la Ribellione assieme a Metal Knight, sapeva che le sue azioni avrebbero rischiato non solo di farlo uccidere… ma anche di mettere in pericolo la vita di tutti gli abitanti del suo regno.
Era stato un azzardo fin dall’istante in cui avevano trovato il vecchio Signore del Tempo su quella spiaggia, e con il proseguire degli anni la portata di quella scommessa non aveva fatto altro che crescere. Domani, avrebbero finalmente ricevuto lo scotto… e proprio per questo, tanto valeva fare uso di tutti gli assi nella manica che avevano accumulato da allora, compreso l’ultimo regalo del Dottore: un messaggio da trasmettere a tutti gli abitanti di Battleground attraverso ogni singola rete o forma di comunicazione dell’Impero.
Dopo aver contato mentalmente fino a dieci, si rivolse agli addetti della stazione di trasmissione del castello, modificata dal Signore del Tempo proprio per quello scopo.
<< Fatela partire >> ordinò, e subito gli operatori fecero come ordinato.
Dopo qualche istante, gli schermi di ogni televisore o olo-proiettore di Battleground cominciarono a glitchare… prima di lasciare posto al volto anziano dell’uomo che aveva aperto gli occhi a tutti i membri della Ribellione.
<< Salve a tutti >> disse con quel suo tono di voce a metà tra l’allegro e il professionale << Alcuni di voi mi conoscono. Per la maggior parte degli altri sono stato solo un volto inciso su un brutto poster appeso per le strade, o magari sulla porta della vostra casa, o addirittura in ufficio, o nel bagno di una scuola. Per quei pochi che non sanno nemmeno il mio nome, premettetemi di presentarmi: sono il Dottore… e sono il fondatore della Ribellione >> 
Il volto dell’uomo si arricciò in un sorriso tutto denti, mentre offriva al suo pubblico un elegante inchino.
<< Sono onorato di poter parlare con tutti voi, nel giorno che precede quella che potrebbe essere la battaglia più importante della mia vita. E credetemi, ne ho combattute molte… così tante da farmi desiderare di non imbracciare mai più un’arma. E credetemi, ho fatto del mio meglio per accontentare questo mio piccolo desiderio, anche se non sempre si è rivelata la scelta più furba! Ma lo sapete tutti come funziona, no? A volte, devi solo sperare che la buona sorte abbia la meglio sulla sfortuna… e altre volte, devi lottare con le unghie e con i denti per assicurarti che ciò avvenga. >>
L’ologramma tremolò qualche istante, mentre il Signore del Tempo rilasciava un lungo sospiro.
<< Eppure, ancora un volta, sarò costretto a combattere, forse per quella che potrebbe essere la mia ultima battaglia. Ma… non ho paura per me stesso. Gli dèi solo sanno quante volte ho rischiato di morire, e ormai l’idea di incontrare la vecchia mietitrice non mi sembra poi così spaventosa >>
Scosse la testa.
<< No, io… ho paura per voi. Per TUTTI voi, dal bambino più piccolo all’anziano più vecchio. Temo per il vostro futuro… e per ciò che mi lascerò alle spalle se non dovessimo vincere. Perché voi state dormendo. Lo fate da molto tempo, consapevoli o meno di ciò che sta realmente accadendo nell’universo… eppure avete scelto di continuare a tenere gli occhi chiusi, convinti di avere l’un l’altro, e che questo vi sarebbe bastato… ma non è così, e in fondo lo sapete bene. Perché? Perché c'è una ferita al centro di questa Galassia che non guarirà mai >>
Lo sguardo dell’uomo divenne di ghiaccio.
<< C'è un'oscurità che come ruggine ha passato gli ultimi vent’anni a corrompere i vostri sogni, le vostre speranze, la possibilità che le cose potessero migliorare. Alcuni di voi l’hanno sempre vista… altri no, perché eravate addormentati.  E così le avete permesso di crescere! E non importa quanto intensamente proverete a chiudere gli occhi e far finta che non ci sia, perché prima o poi arriverà anche nelle vostre case, e vi assicurò che non se ne andrà mai! >>
* * *

Sul pianeta Cybertron, assieme ai suoi più fidati soldati, Lord Megatron osservava la trasmissione con i suoi occhi vermigli, il volto contorto da una smorfia chiaramente dispiaciuta.
Quest’uomo… questo Dottore… gli ricordava fin troppo il suo più vecchio nemico, Optimus Prime, e il solo pensiero che un misero organico potesse associarsi agli ideali del fondatore degli Autobot lo riempiva di un disprezzo viscerale.
<< Il Maestro non è un dio… >> continuò il Signore del Tempo, con voce sempre più alta << ma una malattia che prospera nell'oscurità, e più continuerete a dormire più diventerà forte. È facile per un morto che cammina dire agli altri di combattere, e forse è vero, forse combattere è inutile! Forse è già troppo tardi… Ma vi dirò una cosa: se dovessi risvegliarmi ancora una volta come allora... combatterei di nuovo, ancora e ancora… questi bastardi, senza mai voltarmi indietro! >>
* * *

Nei recessi più oscuri della sua tana, Pitch Black sogghignò disgustato alle parole dell’uomo, gli occhi animati da un luccichio furioso.
Ogni singola frase fuoriuscita dalla sua bocca sembrava quasi un affronto alla sua stessa esistenza! Un sentimento che ben presto venne condiviso da tutti i suoi colleghi sparsi per i quattro angoli della Galassia… e naturalmente, anche dal Maestro, che stava osservando la trasmissione con lo sguardo più collerico che Vader gli avesse mai visto fare.
 << Ci saranno momenti in cui la lotta vi sembrerà impossibile… >> riprese il suo acerrimo nemico << in cui vi sentirete soli, insicuri, sminuiti dalla portata del nemico. E in quei momenti, dovrete rammentare un’unica e semplice verità: la libertà è un'idea pura. Prospera  spontaneamente e senza alcuna istruzione! Al contrario, il bisogno del Maestro di controllare tutto è così disperato… perché è innaturale. La tirannia richiede uno sforzo costante! Si sfalda, perché l'autorità è fragile… e l'oppressione è la maschera della paura. Quindi combattete… e fatelo alle vostre condizioni! >>

* * *

<< Combattete il Maestro! >> urlò il Signore del Tempo, un pugno sollevato in aria << Combattete l’Impero! >>
E fu allora che la trasmissione s’interruppe.
Nel suo soggiorno – circondato dagli innumerevoli criminali dell’organizzazione Joker – il Principe Clown del crimine in persona era rimasto in silenzio per tutta la durata del messaggio, gli occhi fissi sul televisore come se la sua vita dipendesse da questo.
Fu Killer Croc a rompere quella quiete spettrale, emettendo un fischio impressionato.
<< Devo ammetterlo >> borbottò, le fauci arricciate in un sorrisetto << Quel tizio ha proprio stile… >>
La sua testa esplose in un turbinio di cervella e pezzi cranio vaganti, facendo sussultare e imprecare tutti i presenti… o meglio, quasi tutti, poiché il Joker non aveva emesso nemmeno un suono, e presto i suoi scagnozzi si resero conto del perché.
La mano destra del gangster era sollevata… e reggeva tra le dita una pistola caricata a Polvere e avvolta da un malsano alone di vapore verdastro. Andato era il suo classico sorriso tutto denti, sostituito da un cipiglio grottesco, quasi innaturale sul suo pallido volto.
<< P-Pudding? >> balbettò Harley, mentre compiva un passo indietro << Ti senti bene? >>
Ma Joker non le rispose.
Invece, si limitò a prendere il suo telefono e comporre un numero, poi rimase in attesa per qualche istante.
<< Maestro >> disse all’improvviso, con tono molto più serio di quanto i suoi collaboratori lo avessero mai udito << Avrei una piccola richiesta da farti. Dimmi… c’è ancora posto tra i partecipanti della vostra prossima performance? No, perché improvvisamente mi sento davvero, DAVVERO volenteroso di arruolarmi… >>
 
 
 




 

Boom! Direi che il palcoscenico è pronto per accogliere tutti i giocatori. Stiamo per entrare nell’ultima fase di questa fic, che ormai dura da più di cinque anni.
Sarà valsa la pena aspettare tutto questo tempo? Beh… lasceremo che siate voi lettori a giudicare.
Ci vediamo al prossimo capitolo con la battaglia più titanica di questa storia!

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Capitolo 45
*** Capitolo 41 - The Final War: Parte 1 ***


Siamo tornati! E come di consueto, eccovi un nuovissimo capitolo. 


Capitolo 41 - The Final War: Parte 1

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“A warning to the people
The good and the evil
This is war
To the soldier, the civilian
The martyr, the victim
This is war
It's the moment of truth, and the moment to lie
The moment to live and the moment to die
The moment to fight, the moment to fight
To fight, to fight, to fight…”

30 Seconds from Mars - This Is War


I campi di Renmant al confine del Regno di Dreamland erano saturi dell’odore di morte. Un puzzo senza forma o consistenza, un mero pensiero che aleggiava nelle menti e nei cuori di coloro che avevano cominciato ad ammassarsi lungo quella landa apparentemente desolata, consapevoli dell’enorme battaglia che presto avrebbe avuto lungo.
Sotto ordine di King Dedede, umani, fauni e cacciatori si erano raccolti sotto lo stendardo della Ribellione, non obbligati da semplice lealtà nei confronti del loro sovrano, ma sinceramente desiderosi di fare la differenza e sostenere l’ideale del Dottore contro le forze del Maestro.
Ora, navette, droidi da battaglia e numerosi altri macchinari erano stati abilmente posizionati e armati lungo il confine del regno, in attesa… così come lo erano tutti i guerrieri che avevano scelto di partecipare al conflitto, compresi i Time Warriors.
Alti e fieri, guidavano quel contingente come la punta di una gigantesca freccia, affiancati da King Dedede in groppa al suo destriero da battaglia. Poco più indietro, adagiato su di un sacco, spiccava la figura addormentata del Dottore… l’ultima speranza di ribaltare una situazione apparentemente senza via d’uscita.
Ma fino al suo risveglio – ammesso che sarebbe davvero avvenuto – sarebbe stato a carico dei suoi pupilli il compito di affrontare le forze del Maestro.
<< Volete sapere una cosa buffa? Mi ero dimenticato di quanto potessero essere snervanti >> disse all’improvviso Angel, cupo in volto << Gli istanti prima della battaglia, intendo. Da quando il Dottore mi ha ridato i miei vecchi ricordi, abbiamo affrontato non pochi scontri inaspettati e al di là del nostro controllo… ma mai come quello che stiamo per combattere. Non siamo mai stati così consapevoli di ciò che avremmo affrontato, di quanto saremmo stati vicino alla morte… >>
Volse ai suoi compagni di squadra un sorrisetto ironico.
<< Era qualcosa che avrei preferito lasciarmi alle spalle. >>
Thor annuì d’accordo. Era veterano di molte guerre, aveva vissuto innumerevoli vite, e aveva visto ogni tipo di conflitto, eppure quella che avrebbero combattuto quel giorno… era diversa.
Poteva sentire la tensione dei soldati ribelli e anche quella dei suoi compagni. Tutto era pronto, gli eserciti schierati, eppure… perché all’Ase sembrava che quella fosse una scacchiera? Come se loro fossero semplici pedine, e il Maestro l’unico vero giocatore.
Era una sensazione strana, e non gli piaceva, ma suo padre gli aveva insegnato che il destino poteva essere cambiato con la forza di volontà… perciò, con quel pensiero si fece forza, annegando la mente nella convinzione che avrebbero vinto, nonostante fosse un’impresa disperata e difficile.
<< La vibrazione delle spade che impattano sugli scudi... >> disse << il sapore del sangue in bocca, il suono del cuore nelle orecchie. Tutte queste cose e molto altro, è ciò che la battaglia ha da offrire. Anche io avrei voluto lasciarmi tutto questo alle spalle… ma fatti forza, amico mio. Combatteremo insieme, tutti noi, uniti, in questo ultimo e grande giorno. >>
Auth portò le mani ai lati della testa, le dita strinsero le ali d’angelo che coronavano il suo elmo, lo levò da sopra il capo e osservò il panorama che aveva di fronte. Dopo una vita da immortale... vita, se mai poteva essere definita in quel modo, sembrava sul punto di riscoprire ogni cosa.
Percepì un brivido lungo la schiena e respirò profondamente.
<< So di cosa parli. La spada che perfora la carne, l’esaltazione, la febbre della battaglia che non ti fa percepire il dolore di una ferita... e poi cosa rimane? Istanti scarlatti nei quali la tua vita è una partita a dadi: vivi o muori, questa è l’unica scelta che offre una battaglia. >>
Parlò in tono calmo e raccolto, osservando il proprio riflesso.
<< Ancora una volta nella mischia, Thor. Viviamo e moriamo in questo giorno, ancora una volta... in guerra. >>
Quell’ultima parola fu un sussurro, forse una promessa, forse una condanna.
Il team JEKP era in posizione poco dietro il dio del tuono. Le facce di tutti e quattro i membri avevano un’espressione imperscrutabile, volta a celare il loro nervosismo.
James aveva approfittato del poco tempo a disposizione per costruire armature simili alla sua anche per i propri compagni. Poteva solo sperare che sarebbe stato sufficiente per impedire la loro morte.
<< Ragazzi, se non avessi occasione di dirvelo alla fine di questa giornata... essere al vostro fianco in questi mesi è stato un vero onore. >>
Ammantati nelle loro nuove corazze, entrambi i team sarebbe potuto apparire in un poster di reclutamento per aspiranti Cacciatori.
Gli occhi scarlatti di Fire saettarono in lungo in largo, poi verso i suoi compagni, mentre teneva i pugni serrati lungo i fianchi.
<< Be’, ragazzi >> mormorò dopo qualche istante << tanto vale che lo ammetta: non c’è mai stata una sola volta in cui mi sia sentito tanto terrorizzato quanto in questo momento. Okay, in realtà una volta c’è stata: quando effettuai la mia prima, vera missione da Vigilante Mascherato. Io... mi ricordo tutto. >>
Prese un respiro profondo.
<< I brividi, l’adrenalina, il disperato desiderio di sopravvivere, l’aggrapparsi solamente al semplice atto di andare avanti pur di non impazzire... solo che ora è cento volte peggio. Questa è una guerra. Io non ho la minima idea di cosa significhi. Ho combattuto tante lotte, e ho rischiato tanto. Ma quello che stiamo rischiando non potrebbe mai paragonarsi. >> Scosse il capo. << Mi dispiace. Non sono molto incoraggiante, lo so. Ma volevo essere sincero. >>
<< Be’, non esiste posto migliore di un campo di battaglia per buttare fuori tutto >> si intromise Dedede, con un tono a metà tra il divertito e il rassegnato << Per quanto riguarda me, ho già fatto pace con i miei demoni molto tempo fa. Ora non mi resta altro che aspettare... e vedere come il destino sceglierà di mescolare le carte che mi restano. >>
Lanciò una rapida occhiata in direzione del Dottore.
<< Siete davvero sicuri di volerlo tenere così vicini al campo di battaglia? A lunga andare potrebbe rivelarsi un vantaggio, oppure una debolezza che i nostri nemici useranno per destabilizzarci. >>
<< Siamo disperati e stiamo tentando il tutto per tutto >> replicò il ragazzo dai capelli verdi << ma ci siamo presi questo rischio sin da quando gli abbiamo chiesto di guardare nel Vortice. Adesso dobbiamo credere in lui fino alla fine. È tutto quello che abbiamo... per questo ci serve qui. >>
Marie gli poggiò una mano sulla spalla. Portava indosso un’armatura cremisi, una corazza a piastre modellata sul suo fisico che la copriva interamente, proteggendola dai raggi del sole. Al fianco sinistro, la spada, bramosa di sangue e carne viva.
<< La disperazione non è una maledizione, Baelfire. Non ci spinge a compiere le scelte sbagliate, solo quelle necessarie. Tu credi nel Dottore… ma nel momento in cui esiterai nella battaglia, rammenta che io credo in te. >>
Strinse la presa, sperando di trasmettergli la propria forza.
<< Dovremmo essere grati di poter vivere un giorno come questo, di poter fare qualcosa. Se penso che neanche molto tempo mi limitavo a vivere un’esistenza ordinaria nelle risaie di Hong Kong… a volte il Fato sa essere davvero ironico, non è così? >>
<< Però King Dedede ha ragione >> disse Auth, osservando il corpo del Dottore << sarebbe da stolti lasciarlo in balia della battaglia... forse posso fare qualcosa a riguardo. >>
Tese la mano sinistra in avanti, le dita vennero attraversate da venature dorate e un intrico luminescente andò ad avvolgere il Signore del Tempo come una retina pulsante, formando una fitta maglia.
<< Questa protezione dovrebbe essere abbastanza potente da reggere la maggior parte degli attacchi… spero con tutta me stessa che possa bastare. >>
Al contrario degli altri, Accelerator non disse nulla. Non c’erano bisogno di parole. Aveva paura? Certo, ma ancora non se la sentiva di esporsi così, al punto di ammetterlo e darlo a vedere come avevano fatto gli altri...
<< Avete ragione >> disse invece Angel. << Questa è una guerra, e ormai non possiamo più tirarci indietro. Non vacillerò, non oggi. Nessun sacrificio sarà vano! Noi vinceremo... io credo in questo. >>
<< Be’, tra poco dovrai crederci ancora di più >> borbottò Dedede << perché sembra proprio che il nostro nemico sia pronto a fare la sua mossa. >>
Alzò lo sguardo, un’azione che presto venne imitata dal resto dei Time Warriors... e allora lo videro: un turbinio di nubi che cominciò ad addensarsi sui cieli sovrastanti, fino a creare una specie di tornado.
Si schiantò a terra con violenza, producendo un contraccolpo d’aria che raggiunse rapidamente i quattro angoli della piana, costringendo la maggior parte dei presenti a coprirsi gli occhi per proteggerli dalla polvere.
Rimasero in attesa, le mani strette attorno alle loro armi... e solo quando la nube si diradò alcuni compirono un inconscio passo indietro, mentre l’inconfondibile figura del Maestro si faceva strada in mezzo alla coltre con passo deciso e marcato, puntando verso di loro.
Auth strinse i denti. Da quel poco che aveva appreso del tiranno, le era chiaro che quell’essere amasse farsi notare, dare sfoggio del proprio potere, e far sentire gli altri al di sotto di lui. Così serrò i pugni e si limitò a guardarlo, agitando infastidita la coda. Odiava ammetterlo, lo odiava con tutta sé stessa... ma aveva timore del loro avversario.
No... non timore. Aveva orrore, perché per la prima volta da troppo tempo, si trovava davanti a qualcosa che non poteva capire fino in fondo.
Marie rafforzò la stretta sulla spalla del suo pupillo, sforzandosi di restare imperturbabile davanti a quella poderosa manifestazione di forza.
“Siamo tutto ciò che lo separa dal dominio assoluto, ma forse non ci considera nemmeno così… per lui, questo è solo un gioco. Credo che se la stia davvero ridendo.”
Pensieri simili attraversarono Ruby e le sue compagne, mentre a loro volta avvertivano la cosmica energia dell’alieno espandersi in ondate invisibili all’occhio nudo. Tutto quello che il Maestro aveva fatto da Asgard a quel momento, al di là di un vago senso di rispetto per il Dottore, non era altro che una gigantesca beffa nei confronti della Resistenza e dei loro alleati, che avrebbe potuto distruggere con un gesto.
Sì, potevano decisamente avvertire la risata del semi-dio con la stessa intensità con cui avevano sopportato il potere della lancia di Angel.
L’alieno continuò ad avanzare implacabile, e ad ogni passo che fece aumentò la paura e il nervosismo che provavano la maggior parte dei guerrieri presenti.
<< Tenete la linea, soldati >> ordinò freddamente King << Non lasciate che la paura vi controlli. >>
Qualcosa più facile a dirsi che a farsi, lo sapeva bene anche lui. Dopotutto, si trovavano alla presenza di colui che per anni si era affermato come una divinità onnipotente agli occhi della popolazione di Battleground.
E nonostante tutti i presenti fossero stati resi consapevoli della sua vera natura, di certo non potevano semplicemente dimenticare le imprese di cui il Signore del Tempo si era fatto fautore fin dalla nascita di questa galassia.
L’uomo si fermò a pochi metri dai Time Warriors e fece una rapida panoramica del gruppo.
<< Wow... siete venuti davvero >> borbottò con un’espressione pensierosa << Francamente, sono un po’ sorpreso. Pensavo che almeno un paio di voi avrebbero provato a darsela a gambe... tipo tu, fiocco di neve. >>
Indicò Accelerator.
<< Dopotutto, sei sempre stato bravo a fuggire e nasconderti dai miei cacciatori di esper >> aggiunse con un sogghigno.
Accelerator ringhiò a bassa voce. Odiava davvero il Maestro, e la sua sola presenza era sufficiente per accendere in lui la furia di una bestia; ma dopo il tempo passato nella Ribellione, dopo aver conosciuto così a fondo persone come Fire, Thor, il Dottore e Kirby, aveva anche imparato l’arte della calma.
Il Demone Bianco era morto, ora c’era solo… il Numero Uno.
<< E io mi aspettavo che rimanessi nel tuo comodo letto a tirarti il pacco. Dopotutto, sei sempre stato bravo a far fare il lavoro sporco ai lacchè. >>
<< Ho due anni di prove a sostegno di questa tesi >> rincarò la dose Fire, con un sorriso storto e lo sguardo fiammeggiante.
<< Tradotto, Mr. Fenomenali Poteri Cosmici >> sghignazzò Emil << lascia insulti e battutine al Dottore. >>
Suo malgrado, Auth si lasciò sfuggire uno sbuffo di risa e scosse adagio la testa. << Immagino sia una costante dei tiranni no? Più sono grandi, e più fanno rumore quando cadono... un po’ come la merda, insomma. >>
<< O come i cadaveri >> ribatté il Maestro, freddamente << Qualcosa con cui tutti voi sarete familiari molto presto... alcuni più di altri. >>
I suoi occhi si soffermarono brevemente sul Dottore steso a terra.
<< Noto con piacere che uno di voi è già sull’orlo del baratro. Avete per caso giocherellato un po’ troppo con il Vortice del Tempo? >>
La frase del Maestro colpì Accelerator come uno stiletto nel petto. Lui aveva attraversato il Vortice insieme a Fire e ben sapeva il rischio che aveva corso. E il Maestro ne era a conoscenza! Come poteva? Che li avesse osservati per tutta la durata del loro addestramento? Che fosse perfettamente consapevole di quale fosse il loro piano? Allora perché non sembrava minimamente preoccupato?
Pensieri simili cominciarono a vorticare nella mente dei suoi compagni, ora molto più nervosi.
<< Basta parlare, mostro! >> esclamò Thor. << Non siamo qui per cimentarci nella dialettica, ma per darti battaglia. Muovi pure il tuo esercito, perché la mia arma è pronta. >>
Le parole del dio ostentavano sicurezza, ma in verità stava solo cercando di cambiare argomento. Non poteva lasciare che lo sgomento prendesse il posto del coraggio.
Fire mise su la sua migliore espressione di indifferenza e impassibilità. Interiormente, anche lui era inquieto tanto quanto gli altri.
<< Certo, a meno che tu non sia venuto qui semplicemente per spaventarci, nella vana e insulsa speranza di farci arrendere. >>
Gli occhi del Maestro si spalancarono in apparente sorpresa.
<< Spa-ven-tar-vi? >> ripeté lentamente, scandendo ogni singola sillaba con forza << Ora... perché mai dovrei volervi spaventare? >>
Si fece ulteriormente avanti, torreggiando sul ragazzo dai capelli verdi. Quest’ultimo avvertì delle scariche elettriche sprizzargli sulle dita. Si rese conto che, se non si fosse sforzato per rimanere immobile, semplicemente per sostenere lo sguardo terrificante del Signore del Tempo, il suo istinto gli avrebbe detto di fuggire e correre a nascondersi da qualche parte.
<< Io... voglio uccidervi TUTTI, dal primo all’ultimo! >>
Da Fire, gli occhi del Maestro incontrarono quelli di Angel.
<< Voglio uccidere te... e te... >> aggiunse, indicando Accelerator << E voi, piccoli cacciatori... e voi due... >> Puntò su Auth e Marie, e infine passò a Thor << E soprattutto te, così da finire il lavoro cominciato anni fa. >>
Il suo sorriso si fece sempre più affilato.
<< Spaventarvi... non farmi ridere, piccola formica. No... mi sbaglio. Per me sei al di sotto di una formica... non sei altro che polvere, come il resto dei tuoi compagni. Forse non voglio nemmeno uccidervi, perché ciò implicherebbe un atto che mi costerebbe almeno un po’ di sforzo. Io voglio SCHIACCIARVI. Io voglio... cancellarvi dalla faccia di questo universo. E poi sapete cosa farò? Passerò a tutti coloro che vi hanno aiutato nel corso di questi vent’anni, dal primo all’ultimo. >>
Allargò le mani in un gesto teatrale.
<< Perché? Semplicemente perché penso che quelle persone siano L’UNICA cosa capace di farvi andare avanti. L’unico motivo per cui continuate a lottare... è perché credete che le vostre azioni le terranno al sicuro, lontane da questa guerra, lontane da ME... ma vi assicuro che non sarà così. Loro sono L’UNICA ragione che vi spinge ad alzarvi ogni mattina e a combattere contro le probabilità.... voi, dannati eroi del cazzo! E io le farò a pezzi, lentamente, dolorosamente, in tutti i modi che potrebbero temere. Questo perché non potranno fermarmi... questo perché VOI non potrete fermarmi. Questo perché una volta che se ne saranno andate... di voi non resterà nemmeno il ricordo. >>
Fece un passo indietro, sorridendo in un modo più amichevole.
<< Volevo solo farvelo sapere. Addio, piccoli ribelli... addio >> sussurrò, per poi riapparire in un lampo azzurro dall’altro capo della piana
Un silenzio di tomba calò sui presenti, rotto solamente da una risata di pura ansia, nervosismo e isteria da parte di Baelfire, che liberò lo stesso sospiro di una persona che qualche istante prima aveva rischiato di soffocare e collassare.
<< Porca puttana, sono riuscito a irritarlo >> sibilò, mentre si stringeva i capelli in una morsa e sorrideva grottescamente per l’inquietudine << Grandioso. Sì, decisamente voleva spaventarci. >>
Auth avrebbe voluto aprire bocca, ma il Maestro era già sparito, oltre la sua portata. A quel punto sentì lacrime, lacrime bollenti e salate rifarle gli occhi.
Si sentiva impotente... come se tutto ciò che era stato sino ad allora fosse del tutto inutile. D’istinto cercò con lo sguardo Marie; per un attimo, nacque un pensiero fugace nella sua mente: fuggire, fuggire con lei il più lontano possibile senza voltarsi indietro.
Ma poi... poi vide il modo in cui stringeva Fire, vide Thor che restava saldo, vide Accelerator, vide tutti gli altri e vide il Dottore. Deglutì a vuoto, calcandosi l’elmo sul capo e abbassò la sinuosa visiera sul viso con uno scatto metallico.
<< Se le cose stanno così >> dichiarò, a voce abbastanza alta perché i suoi fratelli d’arme potessero sentirla << Allora non dobbiamo fare altro che vincere, giusto? >>
Thor aveva già sentito simili parole prouniciate da qualcuno come il Maestro, molte altre volte... come quando Loki aveva ottenuto la Forza di Odino, che l’aveva reso pari al Padre di Tutti. O come quando Thanos aveva ottenuto il Cuore dell’Universo, un artefatto capace di renderlo al di sopra del Tribunale Vivente. O come quando il Dottor Destino scatenò le Guerre Segrete.
Ognuno di loro aveva combattuto nella convinzione di essere invincibile. E ognuno di loro, alla fine, era caduto.
Era ciò che accadeva a ogni essere che otteneva un potere supremo, qualcosa che non dovrebbe essere mai adoperato da mano, e mente, mortale.
<< Allora addio, Maestro. Che siano le nostre abilità a parlare, d'ora in avanti. >>
 
                                                                                                         * * *

Track: https://www.youtube.com/watch?v=wpP2eAwaxIw

Nell’istante in cui il Maestro si teletrasportò dall’altro capo della piana, un totale di dieci portali comparve di fronte a lui, illuminando di bianco quella sezione dell’ormai campo di battaglia in divenire.
Il primo a fuoriuscirne fu Darth Vader, alto e fiero nella sua immancabile armatura da battaglia, la mano destra che indugiava sulla spala laser e le ottiche vermiglie della maschera che subito puntarono in direzione dei ribelli, soffermandosi in particolare sul figlio ritrovato. Anche ad una simile distanza, entrambi erano perfettamente consapevoli l’uno della presenza dell’altro, al punto da chiedersi se quei chilometri di piana non fossero altro che una mera illusione creata semplicemente per separarli. Le loro menti si toccarono brevemente… e allora un turbinio di emozioni cominciò a scorrere attraverso la Forza, mescolandosi fino a creare un tornado di sconfortante anticipazione… la consapevolezza che presto si sarebbero affrontati ancora una volta.
Il secondo ad uscire dal suo portale fu Vorkye Blodbless, ricoperto da un’armatura dorata la cui superficie levigata proiettò lampi di luce nell’istante in cui venne toccata dai raggi del sole semi-nascosto dalle nubi, quasi il cielo stesso avesse voluto annunciare la sua presenza. I suoi occhi vermigli incontrarono istantaneamente quelli di Angel, che senza un briciolo di esitazione incontrò lo sguardo del tiranno con altrettanta baldanza, come un predatore nell’atto di sfidarne un altro, spinto dall’istinto primordiale di proteggere ciò che era suo dalla potenziale minaccia. Vorkye sorrise divertito alla sfida, ma internamente stava ribollendo di rabbia, desideroso più che mai di mettere fine una volta per tutte alla profezia che lo aveva tormentato da prima ancora che quel dannatissimo meticcio decidesse di unire il suo sangue impuro alla ribellione.
Sentimenti simili erano condivisi da Loki, ma unicamente verso il suo odiato fratello. Quando l’Asgardiano fuoriuscì dal suo portale, a tutti coloro che si trovarono nelle sue vicinanze fu subito chiaro quanto fosse ancora frustrato per aver perso l’ennesima occasione di eliminare il tonante una volta per tutte, in parte a causa del Maestro… ma anche per colpa delle sue stesse azioni, perché spinto dall’arroganza aveva deciso di umiliare pubblicamente il fratello anziché ucciderlo seduta stante. Ma questa volta non avrebbe commesso lo stesso errore… no, si sarebbe assicurato di eliminarlo al cospetto di tutta Battleground senza un briciolo di esitazione, cimentando il suo diritto di governare sulle terre immortali!
Fu anche Megatron a rivolgere al tonante uno sguardo furioso, ma per tutt’altra ragione. In verità, il governatore di Cybertron aveva ben poco da spartire con quelli che considerava solo un fastidio rispetto agli Autobot che per milioni di anni avevano ostacolato i suoi piani… cionostante, il pensiero che l’Aesi fosse riuscito a sfuggire all’epurazione di Asgard era una macchia su quella che considerava un’ascesa al trono di Cybertron altrimenti perfetta… e che quindi sarebbe stata cancellata solo con la sua morte. Questa era una promessa che l’ex gladiatore aveva fatto a se stesso, ed una che avrebbe mantenuto ad ogni costo, così come coloro che avevano scelto di accompagnarlo in questa battaglia: Starscream, Soundwave, Shatter e Blitzwing.
Salem, al contrario, sembrava tutt’altro che desiderosa di combattere contro la sua nipote ribelle. Quando uscì dal portale, i suoi occhi rossi incontrarono quelli argentati della ragazza… ma con sorpresa di quest’ultima, non erano ricolmi dell’odio e del disprezzo che si sarebbe aspettata. Invece, sembravano pieni di rimpianto. Perché se un tempo Salem era stata più che disposta a spazzare via tutta l’umanità di Renmant per vendicare la morte delle sue figlie, gli anni passati a fare da madre e nonna a Summer Rose e sua figlia erano riusciti ad aprire una breccia di luce nel cuore oscuro della strega… una che non si sarebbe richiusa tanto facilmente, se non con la loro morte. Ma era davvero pronta a compiere un simile passo? A sacrificare la felicità che era riuscita a costruire per se stessa solo per assicurarsi che il Maestro non la riportasse alla sua condizione d’immortale?
Nemmeno Salem era in grado di darsi una risposta, così si costrinse ad assumere un’espressione fredda e distaccata, quasi tutta questa situazione non fosse degna del suo interesse.
Fece qualcosa di simile Grugaloragran, che dopo la sua battaglia con Thor aveva finito con il maturare un rinnovato senso di rispetto non solo per il tonante, ma anche per tutti i ribelli che così coraggiosamente avevano deciso di dare battaglia all’autoproclamato dio di questo universo. Purtroppo per tutti loro, il dragone non avrebbe tradito il patto stipulato con il tiranno… e in cambio della continua salvaguardia del suo popolo, avrebbe assicurato la caduta di questa resistenza.
Fu poi il turno di Pitch Black, che con un volteggiare delle sue vesti nere sembrò prendere forma direttamente dalle ombre proiettate dal portale, e i cui occhi gialli scansionarono l’esercito avversario con un luccichio quasi annoiato.
Poteva percepire la loro determinazione, certo… ma nel profondo delle loro menti, nascosta sotto quella patina di arroganza e voglia di combattere… c’era PAURA. Un terrore profondo e viscerale, la consapevolezza che quel giorno molti di loro sarebbero morti, forse per niente, schiacciati sotto il tallone di qualcuno che li considerava dei semplici insetti. Bevve di quella paura, la inspirò a fondo, lasciando che lo rinvigorisse, proprio come aveva fatto per tutti questi anni, da quando il Maestro lo aveva scelto per controllare la popolazione di Battleground attraverso i suoi poteri. Oh, come si sarebbe divertito a ridurli ad una massa di piagnucolosi urlanti!
Altrettanto estasiato per la battaglia imminente era Joker, il cui sorriso smagliante sembrava sul punto di spaccargli in due la faccia. I suoi occhi verde-smeraldo erano tutti per Kirby, il cui sguardo di puro odio avrebbe potuto far indietreggiare la maggior parte degli avversari… ma non il Principe Clown del crimine, che in quelle pupille piene di disprezzo scorse la stessa determinazione e desiderio di giustizia del suo vecchio nemico, il Cavaliere Oscuro, che ora sembrava prendere forma ancora una volta nelle vesti di quel ragazzino dai capelli rosa. Ad affiancarlo furono rapidamente Harley Quinn, Bane e Spaventapasseri, chiaramente eccitati quanto lui in prospettiva alla possibilità di macchiarsi le mani di sangue ribelle.
<< Vi ringrazio di essere venuti >> li salutò il Maestro, offrendo a tutti loro un’onda della mano destra << Sono felice di poter condividere questo bel massacro con tutti voi. Non vi riporta alla mente i bei vecchi tempi? Quando eravamo ancora dei giovani conquistatori agli antipodi… desiderosi di poter lasciare un segno nei nostri universi. In prospettiva, eravamo piuttosto adorabili. >>
<< Agli antipodi della mia ascesa provocai la distruzione di un centinaio di pianeti e un sistema solare, prima di essere ridotto a questa forma >> sbuffò Pitch, con tono sprezzante << Ero molto di più che un semplice conquistatore. Sicuro di non volermi offrire un po’ di quella vecchia forza, mio Maestro? Potrebbe certamente rivelarsi utile per trattare con alcuni dei nostri avversari più ostici… come quell’energumeno con il martello. >>
Quella parole attirarono l’attenzione di Loki, i cui occhi smeraldini scattarono istantaneamente verso l’Uomo Nero.
<< Ho intenzione di occuparmi di Thor personalmente, demone >> disse con tono d’avvertimento << Quindi vedi di non intralciarmi e preoccupati solo dei suoi amici mortali. >>
Poco distante, Joker rilasciò un sonoro sbuffo. << Immagino che te ne occuperai nel modo assolutamente esemplare con cui hai fatto fino ad ora… oh, aspetta un secondo! È stato tutt’altro che esemplare! Se non fosse così triste, potrei quasi riderci sopra… oh, che diamine, credo che lo farò lo stesso! AHAHAHAHAHAHAH! >>
Inutile dire che la risata gracchiante del Clown venne accolta in modo tutt’altro che piacevole dall’Ase, la cui lancia dorata si sollevò all’altezza del suo pallido viso.
<< Vuoi ripeterlo, giullare? >> ringhiò, un incantesimo già pronto sulla punta della lingua.
Ma Joker non si lasciò certo intimidire dalla minaccia implicita, invece si limitò a controbattere con un: << Vuoi forse che ti faccia lo spelling, piccolo cervo? >>
<< Signori, per favore >> si intromise Salem, mettendosi in mezzo alla coppia << Non siamo venuti qui per discutere tra noi. In passato abbiamo avuto le nostre inevitabili divergenze, questo è vero… ma oggi, direi che potremmo concederci almeno una battaglia per mettere da parte eventuali dissapori e concentrarci sul premio a portata di mano. >>
<< Mi ritrovo concorde >> sbuffò Megatron, le cui ottiche scarlatte non avevano mai lasciato l’esercito avversario dall’altro lato della piana << Questi bisticci sono fuori luogo, specie ora che siamo a un passo dal trionfo. >>
<< Un trionfo che aspetto da fin troppo tempo >> convenne Vorkye << E non lascerò che siano i vostri battibecchi da bambini a sottrarmelo dalle grinfie. >>
<< Allora perché non li abbiamo ancora attaccati? >> chiese Grugaloragran, con quel suo tono di voce che non lasciava trasparire altro che calma e nervi saldi in prospettiva alla battaglia imminente.
Le labbra del Maestro si arricciarono in un sorriso, mentre si rivolgeva al suo fidato braccio destro.
<< Dimmi Vader, dovremmo forse attaccare? >> domandò innocentemente.
Dietro la maschera, l’Oscuro Signore dei Sith chiuse gli occhi e allargò i suoi sensi, toccando le menti di coloro che si trovavano nella pianura. I suoi pensieri accarezzarono la miriade di emozioni turbinanti sul campo di battaglia… e ne fu disgustato.
<< Non sono ancora abbastanza disperati >> rispose, freddamente << Molti di loro credono ancora di poter sopravvivere a questo giorno. >>
Il Maestro schioccò la lingua.
<< Così non va affatto bene >> sbuffò, mentre estraeva un comunicatore dalla giacca << Non posso certo permettere che se la prendano comoda, vi pare? Eggman… falli entrare. >>
<< Subito, mio maestro! >> fu la voce gracchiante che risuonò dal dispositivo.
Un nuovo lampo illuminò il centro della piana, segnando la creazione di un nuovo portale. Ma questa volta, la porta dimensionale che si aprì sul campo di battaglia fu tanto ampia da coprirne l’intera larghezza, sollevandosi di almeno cinquecento metri al di sopra del terreno.
I ribelli compirono un inconscio passo indietro a quella vista, inizialmente pensando che il Maestro avesse sganciato su di loro una qualche arma di distruzione di massa. Ma quando il portale rimase sospeso a mezz’aria, capirono che si trattava di qualcosa di diverso, così i loro occhi sospettosi e preoccupati rimasero fissi su quella gigantesca luce, pieni di nervosa anticipazione.
Centinaia… no… migliaia di figure cominciarono a fuoriuscire dal portale. Ed esse non erano soldati, né gli stormtrooper che molti di loro erano ormai abituati a combattere, bensì corpi argentati dalle sembianze umane, accompagnati da un suono inconfondibilmente meccanico.
All’unisono, marciarono al di là della luce e si posizionarono di fronte alle forze ribelli in lunghe file da centinaia di individui, dimostrando una chiara superiorità numerica rispetto agli avversari.
Un silenzio inesorabile sembrò calare su tutta la pianura, così fitto da poter quasi essere tagliato con una lama smussata.
<< Vader? >> chiese all’improvviso il Maestro, interrompendo quella quiete.
L’Oscuro Signore rimase nuovamente in silenzio per qualche secondo. Poi…
<< Meglio >> rispose con la sua voce bassa e baritonale, ricevendo in cambio un ghigno soddisfatto.
<< Bene >> commentò il Signore del Tempo, per poi rivolgersi al resto dei sottoposti.
Allargò ambe le braccia e prese un respiro profondo.
<< Oggi… è la fine della Ribellione! >> esclamò ad alta voce, così che sia alleati che nemici potessero ascoltarlo << Un giorno per tutti voi! I leader di Battleground, una generazione libera dalle vecchie ideologie di un passato ormai dimenticato! Noi siamo il futuro! Noi siamo… l’Impero! E oggi, su questa stessa piana, annienteremo una volta per tutti i nemici che vorrebbero tenerci ancorati al passato! Oggi annienteremo il vecchio per fare posto al nuovo! Questo è il dono… del vostro Maestro per tutti voi! Un nuovo INIZIO! >>
Diede loro le spalle e allungò una mano in direzione dell’esercito avversario.
<< Figli miei… massacrateli tutti! >>
E a quel semplice comando, gli occhi dei Cybermen dardeggiarono nella penombra della piana. Appena un istante dopo, cominciarono a caricare all’unisono, lasciandosi dietro una nube di polvere e detriti.

                                                                                                         * * *

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Dall’altro capo della pianura, i Time Warriors poterono solo assistere all’improvvisa comparsa dell’esercito metallico.
<< Robot >> sbuffò Accelerator << Ovviamente dovevano essere robot. Immaginavo che il Maestro non si sarebbe lasciato sfuggire l’occasione di sfoderare un’armata di burattini completamente assoggettati al loro creatore. Un esercito senz’anima. >>
Lo sguardo di Thor si vece cupo, mentre quella vista rievocava un ricordo assai sgradevole.
Ora, il tonante svettava su di un carro trainato da due possenti montoni di nome Tanngnjóstr e Tanngrisnir. Essi non erano gli stessi leggendari animali che lo avevano accompagnato in numerose delle sue passate battaglie, poiché defunti dopo la caduta di Asgard: si trattava di due Grimm che l'Ase aveva trovato durante una delle sue avventure nella Ribellione. Dopo averle catturate e addestrate con dedizione, era riuscito trasformarle in due feroci fiere da guerra, dando loro gli stessi nomi delle due mitologiche capre come omaggio e tributo.
<< In qualunque modo finisca… finirà oggi >> proclamò freddamente, il martello già intriso di fulmini << è stato un onore combattere al vostro fianco, amici miei >>
<< Facciamoli neri! >> esclamò Ruby, mentre lei e il resto dei giovani cacciatori sguainavano le rispettive armi.
<< Per il nostro regno  >> sussurrò Dedede, la spada puntata in direzione dell’esercito << Per i nostri figli… Per tutta Battleground! CARICAAAAAAA! >>
La terra tremò.
In quel breve attimo di tempo in cui i piedi di ogni membro della Ribellione fecero pressione sul suolo per darsi la spinta necessaria allo scatto imminente, l’intera piana sembrò bloccarsi in un istante dell’eternità, come se da quella minuscola porzione di secondo sarebbe dipeso il destino dell’universo stesso.
Ma non sarebbe stato un singolo momento a determinare l’esito di quel confronto, bensì gli eventi che si sarebbero susseguiti d’ora in avanti. Perché quella sarebbe stata la battaglia decisiva tra le forze dell’Impero e coloro che avevano votato la loro vita alla sconfitta della sua spietata ideologia, nata dalle profondità della mente più contorta e depravata mai partorita dalla Creazione.
Una densa nube di polvere si sollevò alle spalle dei Ribelli, e presto il suono di migliaia di piedi in movimento si mescolò con lo scalpitare di zoccoli e zampe di animali e con il rimbombare inconfondibile delle macchine da guerra di Dreamland.
Thor fu il primo a sollevarsi in volo, roteando il suo fidato maglio e avvolgendo il proprio corpo in una coperta di tuoni e saette, gli occhi illuminati come lanterne. Seguì subito dopo Angel, le ali draconiche sulla sua schiena che sbattevano a gran velocità, Gae-Bolg sollevata e già pronta a colpire, vibrante d’anticipazione per lo scontro imminente quasi fosse una creatura vivente di carne e sangue.
Fu poi il turno di Accelerator, che manipolando i vettori dell’aria creò un totale di quattro tornadi che lo spinsero a mezz’aria, mentre Fire usava la Forza per fare lo stesso. Emil seguì l’esempio, proiettandosi nel cielo con una spinta dei suoi poteri gravitazionali, presto affiancata da Penny, i cui razzi delle braccia e delle gambe meccaniche non erano mai stati così luminosi. E luminosi furono anche i ghilfi evocati da Weiss, che come grandi e pallide piattaforme cominciarono a sostenere la carica dei Time Warriors che non erano in grado di volare, aumentando considerevolmente la loro velocità.
James stava alla testa del gruppo, ricoperto di spuntoni e aculei a tal punto da sembrare quasi un Grimm umanoide, mentre Kirby, Yang, Ruby e Blake avevano i corpi avvolti dalla rispettive auree, fuse assieme come una specie di mosaico fiammeggiante.
Auth si affiancò rapidamente a Thor, ora ricoperta di un’armatura dorata, le mani avvolte sul manico di una lunga spada di luce sguainata che cominciò a fendere i nemici. Sotto di lei volteggiava Marie, ali di pipistrello sulla schiena, mentre con la propria infilzava gli umanoidi metallici con un sorriso assolutamente estatico.
Dedede era poco più avanti, ululante come un lupo famelico che guidava il branco alla caccia, altrettanto – se non più - luminoso come i giovani cacciatori.
Di fronte a loro, l’esercito di Cybermen non accennò minimamente a rallentare la propria corsa, imperturbato dalle azioni dei loro avversai. Al contrario, la loro velocità sembrò aumentare con l’avvicinarsi dell’armata ribelle, concretizzandosi sotto forma di un frastuono di passi meccanici ancora più assordanti.
Quando avvenne lo scontro tra i due gruppi, lo schianto risultante di corpi che cozzavano gli uni addosso gli altri fu più violento di quanto qualsiasi spettatore avesse inizialmente previsto, tanto da propagarsi sotto forma di una potente onda d’urto fino al limitare della pianura.
Si udirono grida doloranti mescolarsi al suono di ossa spezzate e carne squarciata, lo schioccare del metallo contro il metallo, il verso grottesco degli animali che cadevano al suolo in un turbinio di polvere e detriti.
Thor saltò dal carro e atterrò al suolo, calando un potente colpo di Mjolnir sul terreno arido e provocando un violento contraccolpo di saette che investì decine di avversari come un treno di luce in piena corsa, facendoli cadere sulla schiena e lanciandoli come bambole di pezza a diversi metri di distanza. Seguì poi il terremoto generato dal maglio, che sotto forma di enormi crepe inghiotti alcuni degli automi e ne fece inciampare altri, pur senza frenare la loro carica.
A quel punto, il tonante cominciò a mulinare l’arma con foga, generando un sonoro GONG! ogni qualvolta il duro materiale con cui era stata fabbricata entrava in contatto con il lucido metallo dei soldati imperiali. Poi risalì sul carro, lasciando che i montoni lo conducessero nella prossima mischia.
Poco distante, Angel liberò un torrente d’acqua sugli avversari più vicini, così intenso da scavare una conca nel terreno, trascinandoli lontani. Uno dei Cybermen tentò di agguantarlo alle spalle, le mani meccaniche illuminate da un bagliore inquietante. Il soleano non sapeva di quali armi fossero dotati questi strani robot, così reagì d’istinto ed evitò l’assalto per un soffio, procedendo poi a colpire il corpo meccanico con un rapido affondo di Gae Bolg.
La punta della lancia cozzò contro il freddo metallo, spingendo l’avversario a terra, e allora il rosso la fece roteare di fianco per colpirne un altro, e poi un altro ancora, unendo la sua canzone di clangori a quella di Thor. E in quel momento non contarono più il timore che questa sarebbe stata probabilmente la sua ultima battaglia, né quanto le probabilità fossero contro di loro: contava solo che fosse lì, in quel preciso momento, ad affrontare l’orda di nemici in compagnia dei suoi fidati alleati, e che un solo attimo di esitazione avrebbe potuto costare la vita a qualcuno di loro. Ecco perché continuò a menare un colpo dopo l’altro, senza mai concedersi nemmeno un istante per riprendere fiato, come se ormai non potesse più fare altro.
Poco distanti, Accelerator e Fire combattevano fianco a fianco.
Il ragazzo dai capelli verdi non aveva idea di cosa fossero le creature che stavano combattendo, se fossero robot o semplicemente stormtroopers con un nuovo tipo di armatura, così cominciò a testare quali attacchi avrebbero avuto effetto su di loro. Si diede lo slancio con la telecinesi sotto i piedi e come prima mossa evocò un turbinio di raggi smeraldini dalle mani, puntandoli sul gruppo più vicino.
I Cybermen vacillarono praticamente solo per un secondo, poi proseguirono la loro avanzata come se niente fosse. Allora il dampiro tentò un secondo assalto, poi cercò di agire sulle loro ombre, cercando di bloccarli. Anche stavolta, questi proseguirono solo dopo dei brevissimi momenti di esitazione, quasi fossero insofferenti di qualsiasi dolore.
<< Di che diavolo sono fatti, maledizione!? >>
<< Non ne ho la benché minima idea. Ma ho rotto cose più dure di loro! >>
Accelerato batté il piede sul terreno, generando un’onda d’urto che buttò a terra gli avversari più vicini… ma questi si alzarono prontamente, come marionette mosse da fili invisibili.
<< Parecchio resistenti questi figli di puttana >> sibilò, quando improvvisamente si trovò costretto a bloccare un turbinio di blaster con la sua Reflection… colpi partiti direttamente dai palmi aperti dei nemici.
Si mosse lesto come un ghepardo, fiondandosi contro uno di quegli strani esser metallici. Il movimento di gambe fece sferragliare gli anelli della cotta di maglia che portava sotto il cappotto bianco.
Afferrò la testa di uno di loro e provò a disintegrarlo, ma si accorse che i suoi vettori erano troppo difficili da analizzare. Avrebbe potuto calcolarli, ma gli sarebbe servito del tempo… che al momento non aveva, visto quanto quella bolgia fosse caotica.
Alterando i vettori dei propri muscoli, l’esper sollevò l’avversario con la sola mano e lo lanciò contro un gruppetto di suoi simili, facendoli ruzzolare al suolo.
<< Qualcosa non va >> borbottò cupamente << Questi affari non sono normali droidi. >>
Fire osservò mentre i Cybermen si rialzavano in piedi senza neppure emettere un suono, completamente immacolati al di là di qualche ammaccatura sui loro telai argentati. D’istinto, decise di provare una nuova tattica: tese la mano e con la telecinesi ne sollevò uno, spedendolo contro un gruppetto vicino. Questa volta, però, il Cyberman non si lasciò usare come birillo… semplicemente si fermò a mezz’aria con l’uso di strani propulsori ai piedi e si mise in posizione eretta, riprendendo l’avanzata.
Il cuore del ragazzo sobbalzò alla vista, come se avesse appena assistito a qualcosa di profondamente inquietante.
<< Maledizione… è come se avessero imparato a contrastare i miei colpi >> sibilò << Come se lo stesso attacco non potesse funzionare due volte! >>
Accelerator schioccò la lingua. “Non saranno mica in grado di… adattarsi ai nostri attacchi?” pensò.
Se questo fosse stato il caso, avevano davvero bisogno di una soluzione a lungo termine, e alla svelta; il tempo per pensare era poco… e con il proseguire della battaglia, questi nuovi avversari sarebbero stati capaci di far fronte alla maggior parte dei loro poteri.
Dovevano pur avere un punto debole, no? E così cominciò a riflettere, facendo uso di ogni singolo neurone del suo cervello ipersviluppato.
<< Ohi, broccolo, conosci la Battaglia di Cannes? Certo che no, in questo mondo non è mai avvenuta >> borbottò pensieroso << Ad ogni modo, la battaglia vide coinvolte due città due potenze di una certa risma, Roma e Cartagine. Annibale Barca, comandante dell’esercito cartaginese, ottenne una vittoria schiacciante. >>
Dovette interrompere il discorso per bloccare altri assalti diretti.
<< La battaglia fu lunga e sanguinosa. Non starò a spiegarti tutti i dettagli, ma a Cannes avvenne un’autentica carneficina. E sai a cosa ricorse Annibale per trucidare i legionari? Delle semplici buche. Circa seicento romani furono massacrati per ogni minuto di quello scontro! Capisci cosa intendo? >>
Con la sua Reflection, rispedì al mittente i colpi di blaster dei nemici.
<< Penso che potremmo sfruttare qualcosa del genere. >>
<< Ma certo! >> esclamò Baelfire, intuendo le ragioni di quell’aneddoto << Delle buche ci permetterebbero di seppellirli e tenerli bloccati! >>
Fu costretto a sua volta ad evocare uno scudo, bloccando un ulteriore raffica avversaria.
<< Se riuscissi a creare delle voragini nel terreno, potremmo provare a intrappolarli! >>
<< Precisamente! Scaverò delle buche molto profonde e tu ci butterai dentro rocce e terra con la tua telecinesi. Saranno anche forti, ma voglio vederli riemergere da almeno dieci tonnellate di detriti in poco tempo >> disse l’esper, sorridendo sadicamente << Andate all’Inferno, pezzi di merda! >>
Batté il piede destro al suolo, e sotto ogni nemico nel raggio di almeno una cinquantina di metri si aprì una voragine molto profonda.
Tutti loro caddero, uno dopo l’altro, come tanti sacchi di sabbia, accompagnati dal suono metallico delle loro armature che cozzavano contro le rocce sottostanti.
<< Ora, Fire! Prima che riemergano! >>
Il ragazzo dai capelli verdi chiuse gli occhi un istante, per poi riaprirli in un lampo di luce verde. Quel bagliore gli si propagò intorno come un’aura, fino alle braccia, che spalancò come se fosse sul punto di abbracciare un’entità invisibile. Poi piegò le dita di ambe le mani… e allora la sua presa telecinetica entrò in contatto con il suolo che aveva di fronte.
Tonnellate di sabbia e terriccio si rovesciarono addosso a quegli esseri. Ma non finì lì: numerose rosse s’innalzarono a mezz’aria e ricaddero pesantemente nello stesso punte, proiettando una densa nube di detriti e aggiungendo un ulteriore, metaforico lucchetto a quelle gabbie di terra.
Accelerator sorrise soddisfatto, mentre i ribelli dietro di lui, con l’umore alle stelle per via dell’astuta mossa, corsero attraverso il campo per continuare l’avanzata.
<< Ben fatto, broccolo >> si complimentò << Avanziamo insieme agli altri. Abbiamo un Signore del Tempo a prendere a calci nel… >>
Non finì la frase, poiché dovette assistere impotente ad una scena terrificante: le buche appena riempite tremarono… e ne emersero centinaia di braccia. Braccia metalliche e argentate.
<< No… no, cazzo non è possibile! No, non ci credo! >>
<< NO! >>
Un lampo di pura rabbia e frustrazione accese gli occhi di Fire. Tese i pugni e sparò potenti raggi contro quelle braccia … ma ancora una volta, i suoi attacchi si rivelarono poco più efficaci di semplici colpi di pistola, rallentandole appena.
<< Restate seppelliti, maledetti tostapane! >>
<< È inutile, Fire >> ringhiò Accelerator << Questi bastardi risagono lo stesso. Ok, nuovo piano. Stavolta attuiamo la tattica “Russia vs Napoleone”. >>
Mentre diceva questo, l’esper ricoprì se stesso e il giovane accanto a lui con la sua Reflection.
 << Le forze di Napoleone Bonaparte erano proprio come questi cyborg, apparentemente invincibili. Quello che fecero i russi fu, semplicemente, ritirarsi. Ritirarsi e fare terra bruciata dei campi per far morire di fame i francesi, cosa che ovviamente non possiamo replicare con questi affari >> Schioccò la lingua. << Ripiegheremo dietro le linee amiche, e proveremo a bersagliarli con tutto ciò che abbiamo per rallentarne l’avanzata. Io creerò altre voragini per intrappolarli e tu li martorierai dall’alto, così guadagneremo un po’ di tempo per pensare ad un nuovo piano. Che ne dici? >>
Per tutta risposta, il dampiro tese il braccio e attivò il suo smeraldo alchemico, trasformando il retro del suo abito in ali piumate.
<< Dico che non abbiamo molte alternative… quindi ci sto. >>
Poi semplicemente sfrecciò in aria, sempre più in alto, cercando di calcolare una distanza sufficiente per favorire il piano di Accelerator.
Allora si accorse di un imponente figura che già setacciava i cieli.
<< Thor! >>
Il dio del tuono, a bordo del suo carro, sfrecciava nel cielo per dare supporto alle truppe di terra, affiancato dall’alta figura di Auth. Il Mjölnir della divintià mulinava implacabile contro gli automi, mentre i suoi due animali tiravano cornate intrise di fulmini.
<< Ragazzo! >> esclamò l’Ase, in risposta all’urlo del compagno di squadra << Al momento sono un po’ preso! Che cosa succede dall’altra parte del campo? Dubito che la battaglia stia volgendo a nostro favore anche sul tuo fronte. >>
<< Sì, vorrei poterti dire il contrario… >> replicò l’adolescente, cupo in volto << ma stiamo cercando di mantenere alto il morale! Accelerator è riuscito a bloccare alcuni di questi affari con delle buche, ora proverò a colpirli con una raffica dall’alto per rallentarne l’avanzata! >>
<< Una simile strategia potrebbe funzionare se fossero soldati normali >> ammise il tonante << Ma sembra che questi esseri siano capaci di adattarsi ai nostri attacchi in tempi sorprendentemente brevi. Indietreggiando, rischiamo solo di perdere terreno prezioso! Avvisa il nostro compagno, nel mentre ti aiuterò a rallentarli. Avanti! >>
Alzò il martello al cielo, e una tempesta di fulmini iniziò ad abbattersi sui Cybermen che stava affrontando l’esper. Fire sollevò i pugni e scaricò un fiotto di luce nella stessa direizione. Ne falciarono alcuni, ma ecco che puntualmente sollevarono le loro braccia e cominciarono a sparare verso di loro.
Entrambi i Time Warriors cominciarono a volteggiare agilmente per destreggiarsi tra i colpi di blaster.
<< Se davvero vuoi avanzare… >> disse il ragazzo al dio << Allora proviamo a combinare i nostri attacchi! >>
I palmi dell’adolescente tornarono a illuminarsi di un intenso bagliore smeraldino. Al contempo, Thor annuì e fece scivolare la mano lungo il manico del Mjölnir fino a raggiungere la stringa di cuoio posta sul pomo.
Il dio fece vorticare l’arma con la velocità e la potenza di un tornado.
<< Per la Ribellione! >> esclamò scagliando poi il maglio insieme all’attacco del compagno. L’attacco risultante illuminò il campo di battaglia come il fungo atomico di un esplosione nucleare, mandando a terra centinaia di nemici.
A quel punto, le linee della Ribellione ripresero ad avanzare.

                                                                                                      * * *

Nel mezzo della battaglia, gli attacchi a base di Polvere dei team JEKP e RWBY contro i Cybermen stavano perdendo sempre più d'efficacia, costringendo dunque i giovani Cacciatori ad eseguire attacchi corpo a corpo alternati a tattiche mordi e fuggi, nel tentativo di arrecare il maggior danno possibile agli orribili automi. Non potevano fare altro e retrocedere, consapevoli che di questo passo non sarebbero riusciti a sopravvivere ancora a lungo.
<< Ruby, attenta! >> esclamò Blake a un certo punto, balzando in aria ed estendendo il nastro di Gambol Shroud allontanare la fidata leader da una raffica di colpi di plasma.
La giovane mietitrice, il respiro pesante a causa dello sforzo prolungato, afferrò a sua volta la spalla della compagna e attivò la sua Semblance. Entrambe scomparvero in un turbinio di petali rossi, sfrecciando a tutta velocità nel mezzo della bolgia alla ricerca dei loro compagni di squadra, mentre i cybermen tentavano di agguantarle.                                                                                  
 << Grazie! >> urlò in mezzo alla cacofonia << tu stai bene?! >>
 << Per ora non mi hanno ancora colpito >> esclamò Blake, mentre finalmente interrompevano la loro corsa << Ma non so per quanto tempo ancora riusciremo a trattenerli! >>
Comparvero accanto a Yang, Emil e James, impegnati in una violenta sparatoria contro un gruppo di nemici che avevano scelto di ignorare i soldati di rango più basso per concentrarsi sui giovani cacciatori.
<< Kirby, quanto vi manca ancora? >> esclamò il fauno lupo attraverso il proprio comunicatore, mentre rotolava al suolo per evitare l’ennesimo assalto.
Il canale scelto dai Time Warriors per tenersi aggiornati tra loro emise un basso crepitio, poi la voce del compagno di squadra risuonò chiaramente attraverso la cacofonia.
 << Quasi fatto! >> rispose, mentre accompagnato da Penny e Weiss procedeva a passo spedito  ad alcuni metri sottoterra.                
Sfruttando un misto di Polvere rocciosa alternata alle lame roteanti della macchina umanoide, il trio stava scavando una lunga serie di tunnel sopra i gruppi di Cybermen, lasciando intanto lasciandosi dietro una lunga serie di mine. 
Era stato James a ideare quella contromossa quando aveva visto la sempre crescente resistenza della nuova arma Imperiale, sperando così di rallentarli almeno il tempo necessario di ideare una nuova strategia offensiva. 
Gocce di sudore perlaceo rigavano i visi di Kirby e Weiss, il cui abito normalmente immacolato era a sua volta sporco della terra buttata via a ogni metro di lavoro. Persino la sempre allegra Penny aveva un'espressione di pura tensione, mentre continuava a far roteare le sue spade volanti e, al contempo, sfruttava i suoi sensori termici per orientarsi al di sotto del campo di battaglia.
Finalmente, dopo aver sopportato interminabili minuti di sforzo, giunsero sotto il punto in cui i loro compagni avevano fatto fronte comune.
<< E anche questa è fatta >> sbuffò Weiss, mentre applicava un gilfo al soffitto della caverna, creando un'uscita dal tunnel appena scavato <<  ora pregate che chiunque abbia creato questi orrori non li abbia resi invulnerabili alla gravità. >> 
Sopra di loro, lo scontro procedeva senza esclusione di colpi.
Ruby vorticava come una trottola in mezzo all’orda di nemici, sparando raffiche di proiettili avvolti del suo appena padroneggiato Haki. Accanto a lei spiccava l’imponente figura di James, impegnato in un serratissimo corpo a corpo con una coppia di Cybermen.
<< Tutte le mine sono state posizionate? >> domandò burbero, dopo aver infilato gli artigli nel petto di un uno dei cyborg. Quando ricevette un cenno affermativo, urlò: << Emil, tocca a te! >>   
Il fauno lupo non se lo fece ripetere due volte e prese un intenso respiro, stringendo le dita e comprimendo il più possibile la propria Aura, formando crepe sul terreno sottostante. Gradualmente lo stesso accadde ai piedi dei Cybermen, i quali furono subito schiacciati dalla forza gravitazionale prodotta dal ragazzo, che li trascinò senza pietà nei tunnel appena scavati… dove trovarono ad attenderli le mine lasciate dal resto dei neo-cacciatori. 
In una questione di secondi, membri della Resistenza e delle forze Imperiali si ritrovarono a guardare lunghe file di uomini macchina avvolti da cristalli di ghiaccio o intrappolati in esplosioni di fuoco. Emil cadde sulle ginocchia, le vene sul collo gonfie per lo sforzo e il respiro ansimante.
Nel mentre, Ruby puntò la falce in direzione dell’orda in rapido aumento.
<< Abbiamo guadagnato una manciata di minuti..... sfruttiamoli al meglio! >>
 
                                                                                           * * *
 
Il fragore della carica, le urla di guerra che si levavano dai combattenti, il tremore della terra sotto i piedi. Nascosti da un elmo vermiglio, gli occhi di Marie brillarono di scarlatta intensità, mentre la vampira percepiva un brivido intenso lungo la schiena. Era una sensazione galvanizzante, di pura estasi. Spalancò la bocca, il suo urlo si unì a quello dei suoi compagni e scattò sulle lunghe gambe, stringendo la sua fidata lama a presa doppia, la mano sinistra attorno al pomo.
Sopra di lei, contro il cielo terso del pianeta, vedeva i fasci di laser generati da Baelfire, i lampi lanciati da Thor ed Angel, colpi sparati da entrambi i fronti sollevarsi e discendere a parabola, deflagrando nel momento in cui colpivano l'obiettivo, falciando i ranghi, sollevando il fetore di sangue e carne bruciata.
<< La guerra >> sussurrò con un sorriso tutto denti << finalmente la guerra! >>
L'urto con le fila dei cybermen fu una cacofonia di carne e metallo, gli schieramenti impattarono gli uni contro gli altri, i corpi caddero al suolo, schiacciati dalla carica, e armi bianche e da fuoco levarono il proprio canto. Con uno schianto, menò un primo fendente, dal basso verso l'alto e tagliò un Cyberman dal fianco sinistro alla spalla destra.
Superandone il corpo con un balzo, sferrò un altro attacco, penetrando nella corazza del secondo e lasciandolo impalato al suolo. La spada divenne sangue liquido, ritornò nella sua mano e riprese forma, danzando in mezzo alla calca. Ne travolse uno con una spalla, lo sollevò da terra e lo attirò a sé, passandolo da parte a parte, lasciandolo ruzzolare sul terreno.
<< Questo… >> ridacchiò << questo è... bellissimo! >>
Presto, tuttavia, si accorse che gli esseri si rimettevano in piedi come se niente fosse… a malapena scalfiti dai suoi sanguinari attacchi.
In numerosi la accerchiarono, avendo individuato in lei una minaccia di grande livello da eliminare. Avanzarono… ma all'improvviso vennero sbalzati in direzioni diverse, colpiti da fruste nere che poi si ritirarono, formando l'ombra che c'era sotto la figura del suo allievo, Fire, giunto in aiuto.
<< Ti stai divertendo troppo >> la rimproverò, storcendo il naso.
<< Non puoi biasimarmi! >> esclamò la maestra, scomponendo la sua spada di sangue in un turbinio di fili rossi << Sono un mostro, caro il mio apprendista! Morte, sangue, dolore e distruzione… questi sono gli elementi in cui mi sono sempre trovata a mio agio! >>
La sua voce assunse un trillo allegro, i filamenti si avvolsero attorno agli arti dei Cybermen e li ridussero in pezzi, scagliandoli ai quattro venti… ma anche così, quelli riuscirono a risollevarsi, a riprendere forma e tornare a combattere, trascinandosi con le braccia verso di lei, con versi gutturali da sotto gli elmi.
Marie ne calpestò uno col tacco dello stivale d'arma, facendone volare via un altro con un colpo di spada, ma quelli si rimisero nuovamente in piedi.
<< Mph, così però è ridicolo. Qualche idea, ragazzino?>> chiese portandosi, alle sue spalle.
<< Temo di essere altrettanto perso >> fu la risposta del giovane, mentre ergeva delle barriere di energia verde per proteggerli << Forse è il loro esoscheletro a farli adattare. Se lo rimuovessimo... >>
<< Mmh, vuoi scuoiarli vivi? >> ridacchiò la vampira, evocando nuovamente i propri fili, manovrandoli così che il sangue alle estremità assumesse la forma di acuminati uncini << allora ti ho davvero insegnato bene! >> urlò, agitando le mani come fosse una direttrice d'orchestra impegnata a dar vita ad una macabra sinfonia.
Aagganciò uno degli esseri argentati, strattonandolo poi con forza e strappandogli di dosso l'armatura…
<< Ma... ma cosa? >>
<< Che succede!? >> le chiese Fire, che si era portato alle sue spalle per frenare un assalto di blaster.
<< …Niente! >> disse rapidamente Marie, mentre lanciava il Cyberman in mezzo al gruppo << Non funziona neanche così , si è ripreso subito! >>
Il ragazzo avvertì un turbamento non indifferente attraverso la Forza: la vampira aveva appena cercato di mentirgli.
<< Cos'è successo!? >> la incalzò << Cos'hai visto? Potrebbe essere importante! >>
Marie si morse il labbro inferiore, come se fosse combattuta tra il rispondergli o meno.
<< Loro... Loro… >>
Scosse la testa, trasformò la spada in una frusta e ne sbalzò un altro lontano.
<< Loro non sono macchine, ragazzo, né semplici soldati in armatura... sono.... >> 
Ne afferrò uno, proteggendosi con schermi scarlatti, e gli strappò l'elmo, girandolo verso Fire.
<< Sono... bellissimi? >>
Il giovane trasalì, orripilato. Sotto quegli elmi si stagliava la forma di quello che probabilmente una volta sarebbe stato un volto umano… se non fosse che era praticamente irriconoscibile: ustionato, sfregiato e pieno di pezzi meccanici incastonati nella pelle. Non c'era luce in quegli occhi spenti, eppure sembrava ancora di vivo, anche se a malapena.
L'adolescente sentì ronzare attorno a sé il campo di battaglia, mentre il suo corpo tremava e la vista si annebbiava.
<< Cos'è? >> gemette << Cos'hanno fatto? >>
Marie strinse la testa, facendola esplodere in un tripudio traculento e scaraventò via il corpo, solo per vederlo che si risollevava mentre la carne e il metallo riprendevano forma. << Sono esseri umani costretti a combattere per il loro padrone. Questa è l'arte della necromanzia portata ad un nuovo stadio >> sussurrò cupamente << la manipolazione della vita in un modo che neppure io avrei potuto immaginare... bellissimo ma crudele... Maestro, sei davvero un mostro. >>
Scosse la testa.
<< E in questo mi chiedo: cosa ci rende poi così diversi, noi che abbiamo danzato sull'abisso? >>
Afferrò Fire e lo trascinò via dal cerchio di Cybermen che andava stringendosi attorno a loro.
<< Non è il momento per gli scrupoli, ragazzino! Loro sono il nemico e noi dobbiamo fermarli! Vuoi fare qualcosa per loro? Vinci questa battaglia e poni fine alla loro sofferenza! >>
In quel momento, al fronte delle sue stesse parole, Marie vide un’emozione ben familiare attraversare il volto del suo apprendista: la sete di sangue. Le iridi si tramutarono in rosso, soffocando l’oro, e la sclera degli occhi si colorò di nero.
Spalancò le labbra e lanciò un ruggito proveniente da un altro mondo.
<< IO LO UCCIDO! >> tuonò << LO UCCIDO! >>
Gli artigli spuntarono dalle sue dita e con un grido Baelfire spiccò un balzo repentino e animalesco, gettandosi nella mischia con i canini snudati.
<< VIENI FUORI! >>
Travolse i Cybermen a mani nude, incurante del fatto che si risollevavano e lo circondavano, li scrollò di dosso come non avessero importanza, perché l’unica cosa che aveva in mente era una soltanto: soddisfare quel desiderio omicida, quella sete di sangue rivolta al mostro che aveva creato quegli abomini… usando persone che avevano scelto di resistergli.
<< CHE TI PRENDE, MAESTRO!? SONO QUI! >> urlò << ESCI FUORI E COMBATTI, CODARDO! ASSASSINO BASTARDO! >>
Marie sbatté le palpebre.
<< Oh… >>
Levandosi in volo, scrutò il suo pupillo, la sua furia, la sua forma bestiale che emergeva mentre si lanciava alle spalle teste, braccia... e ridacchiò sommessamente.
<< I ragazzini di questi tempi… sempre così ansiosi di farsi uccidere! >>
Cadde dall'alto, schiantandosi al suolo e trascinandolo a terra, tenendolo sotto di sé premendogli una mano sulla nuca.
<< Per quanto mi piaccia vederti così, Baelfire, questo non sei tu, e combattendo in questo modo non risolveresti nulla! I mostri... lascia che i mostri si occupino dei mostri! >>
E così dicendo, spalancò le ali, investendo le fila di Cybermen con una possente onda d'urto. Poi richiamò la propria magia del sangue, evocando lame scarlatte nell'aria che danzarono e sibilarono, trasformando il fronte in un mattatoio a cielo aperto. Eppure… i loro nemici si alzarono anche questa volta.
<< Tsk, neanche questo è efficace ... >> ringhiò la vampira, mentre cercava di tenere a freno la rabbia dell’apprendista.
Sperava solo che si sarebbe calmato quanto prima… perché altrimenti, avrebbe dovuto combattere da sola.

                                                                                                 * * *

Quando le fila dei ribelli e dei Cyberman si erano mischiate, l'ansia e la paura di Auth, quei pensieri che l'avevano tormentata per tempo, la consapevolezza della propria posizione... tutto era andato in fumo. Il vento della battaglia aveva spazzato via dalla sua mente quelle ombre, lasciando una bizzarra lucidità… una lucidità che, in quel giorno, la spinse nel cuore della battaglia. Era proprio come già era stato molte altre volte, troppe per contarle: i corpi di carne e metallo schiacciati gli uni contro gli altri, i fasci luminosi dei colpi laser che vibravano sopra di loro, le grida dei moribondi, il sangue che risucchiava le suole degli stivali d'arme, le macchine da guerra che andavano in fiamme.
Eppure, in mezzo al caos, Auth si sentì rinascere. Colpiva con la spada e con la magia, schiacciava gli avversari al suolo con la gravità, li faceva esplodere con l'ausilio del proprio potere, ne fendeva le linee e caricava, ogni cosa le ricordava un tempo passato, un tempo di grandezza.
Ma mentre il tempo passava, alla fine… si accorse che qualcosa era profondamente sbagliata.
<< Non è possibile… >> borbottò, mentre si guardava attorno << non è possibile che i loro ranghi non abbiano perso slancio… >>
In campo c'erano alcuni fra i più grandi guerrieri che avesse mai avuto modo di conoscere, eppure nonostante l'entità dei poteri in gioco, i loro avversari non avevano minimamente accennato a diminuire.
Agitò una mano, generando un colpo d'energia che sventrò manipoli di Cybermen e, sotto i suoi occhi sbarrati, vide quel grottesco insieme di freddi ingranaggi tornare riprendersi come se niente fosse… e quando colpi nuovamente, il suo attacco scivolò loro addosso, lasciandola con un brivido d'orrore dietro la schiena. Fino a quel momento era stata spinta dalla febbre della battaglia, ma ora... davanti ai suoi occhi stava prendendo forma qualcosa di aberrante.
<< Che cosa siete? >>
Sopra di lei, i lampi rischiaravano il cielo. I tuoni rimbombavano come tamburi di guerra. I fulmini incenerivano i nemici e bruciavano il terreno con le loro lingue azzurrine.
Tuttavia, nemmeno la potenza di Thor sembrava sufficiente a distruggere i Cybermen, che continuavano a ricomporsi come se niente fosse.
Orribili macchine, senza anima e senza capacità di provare dolore. Involucri vuoti che non avevano alcuno scopo nella vita se non la distruzione. Quando udì l'urlo di Auth, Thor non esitò e scese in picchiata per aiutare la propria compagna. Investì quegli androidi, triturando il loro metallo con le potenti corna dei suoi fidati animali. Con orrore, il dio del tuono constatò ciò che la dea aveva già appurato: niente sembrava davvero in grado di frenare la loro avanzata.
<< Non ho mai visto un'orda simile >> rispose Thor, con sgomento. << Sembrano le armate dei morti di Hel. Questo è davvero il Ragnarok! >>
Auth si alzò in piedi, evocando un turbinio di sfere infuocate che si schiantarono con violenza contro i Cybermen… ma sotto i suoi occhi sgranati, questi si ricostruirono in un turbinio di metallo e viscere inconfondibilmente umane.
<< Il Maestro... La sua follia non conosce confini? Cosa mai potrebbe abbattere un esercito del genere? >>
Mentre parlava, la donna materializzò un anello di fiamme attorno a loro, ma questa volta gli avversari le attraversarono senza nemmeno rallentare, lasciandola sgomenta. Come se si fossero semplicemente abituati al loro calore rovente nella frazione di un secondo!
<< Questo… non è possibile! >> urlò, percependo un moto di improvvisa disperazione.
Accanto a lei, Thor strinse i denti.
<< Non disperare, amica mia >> ringhiò, gli occhi illuminati da un bagliore bluastro << Tutto ha un punto debole, e noi lo troveremo! >>
Alzò il martello al cielo. Questo gesto richiamò un grande fulmine che si abbatté sui nemici con violenze, distruggendo numerose parti del corpo… pur senza ridurli in cenere, come invece sarebbe successo ad un qualsiasi altro automa.
Il tonante fece una smorfia.
<< Finché anche solo una parte del loro corpo rimane, sembra che continueranno a ricomporsi all’infinito. Il Maestro è riuscito a creare un esercito immortale… no… non può esistere niente di immortale a questo mondo, eppure… >> Scosse la testa e si rivolse alla dea. << Ripieghiamo dietro le linee amiche, qui siamo troppo esposti. Presto, sali sul mio carro! >>
<< Grazie... fratello >>  borbottò Auth, sentendosi un po’ sorpresa dal modo in cui il dio l’aveva indirizzata. Era la prima volta che qualcuno la definiva tale… ma non la considerò un’esperienza spiacevole, tutt’altro. Ne fu quasi rinvigorita!
Si calò la visiera sul volto con uno scatto metallico, prese la forte mano che le venne offerta e si portò alle sue spalle, osservando l’avanzare dell’esercito nemico.
<< Se non c'è modo di annientare questi mostri, significa che dovremo trovare un modo per rallentarli! Quale scienza avrà usato il Maestro? Neppure i necromanti più perversi avrebbero concepito una cosa del genere... trasformare persone viventi in schiavi di carne e metallo intrappolati in una sofferenza eterna. >>
Le sue parole caddero sul fragore della battaglia mentre si allontanavano. Infine, consapevole della propria impotenza al cospetto di questa armata, urlò di frustrazione, cadendo sulle ginocchia.
<< Perché sono così debole?! >>
<< Non sei debole >> rispose Thor mentre svoltava il carro in una ritirata strategica. << Questi mostri mi riportano indietro, in un passato in cui Battleground non esisteva. Io e i miei precedenti compagni avevamo affrontato un androide dotato di capacità molto simili. Il suo nome era Ultron, ma a differenza di questi esseri era dotato di un’intelligenza sopraffina. >>
Sul suo volto calò una cupa ombra.
<< Fu uno dei nemici più potenti mai affrontati dagli Avengers, così pericoloso che in più di un occasione riuscì a portarci sull’orlo della sconfitta. E nonostante i nostri migliori sforzi di mettere fine alla sua minaccia una volta per tutte… egli continuava a tornare, ancora e ancora, sempre con nuovi modi per colpirci. >>
E mentre parlava, osservava il campo di battaglia… e più guardava i Cybermen, più si sentiva avvolgere da un bizzarro sentimento di pietà.
L'Ase aveva combattuto così tante battaglie da saper distinguere a vista i guerrieri dai mercenari, e perfino dagli innocenti. Aveva visto tutte le forme di guerra, e aveva assistito con orrore perfino all'impiego di bambini soldato. Eppure, mai una volta aveva provato rimpianto pera distruzione di qualche robot… fino ad oggi. Ma perché?
In quella caterva di pensieri, non si accorse di un Cyberman che si stava fiondando sul suo carro. Fu solo l’avvertimento di Auth a destarlo in tempo... ma era già troppo tardi.
Il robot si era lanciato contro di loro, colpì Tanngrisnir a un fianco e il carro iniziò a barcollare. Al contempo, il cyborg si fiondò sul dio del tuono, ma questi riuscì a frenare l'assalto afferrandolo per il collo. Cercò di immobilizzarlo, tenendolo stretto nella sua morsa di ferro, ma la creatura meccanica era forte.
Auth si lanciò in avanti e afferrò di pura forza il cranio del Cyberman con l’obbiettivo di staccargli la testa dal collo. Tuttavia, ciò che accadde in seguito fu assai più terribile.
La donna si ritrovò fra le mani un elmo metallico, l'interno inzaccherato di sangue fresco e secco al contempo e quando sollevò gli occhi, qualcosa, dentro di lei, si spezzò. Ciò che aveva davanti era un volto umano, un volto senza espressione, senza dolore, senza... vita. Occhi gelidi e inespressivi li fissavano, con striature di sangue.
<< No...  >>
L'elmo le cadde dalle mani, fece un passo indietro, scuotendo la testa e guardando a terra, mentre l'orrore di quella verità risaliva con violenza, afferrandole le viscere con gelida dita di ghiaccio
<< No... NO! >>
Perché tanta paura? Perché lei, che era stata un'entità posta al centro di ogni cosa dalla mente collettiva di interi pianeti ora, davanti a quello, cedeva? Si voltò, il viso rigate dalle lacrime, verso il Cyberman.
<< Thor... >>
Quel macabro spettacolo fece sbiancare il tonante. Gli occhi spalancati, la bocca serrata e la mano che tremava, ancora stretta sul collo della creatura. Quella non era una semplice macchina… bensì un essere umano. Un mortale spogliato di ogni cosa, dell'anima, e perfino della dignità.
Thor desiderò ardentemente uccidere quel Cyberman, ma non per odio, bensì per pietà, quella stessa pietà che lo aveva colpito pochi minuti prima. Solo ora riusciva a spiegarsi quel sentimento apparentemente fuori luogo al cospetto di un esercito meccanico.
In qualche modo, la sua mente da guerriero aveva subito capito che quelli che stava combattendo non erano veri soldati, ed ora ne aveva la conferma. Voleva porre fine a quella miserabile sofferenza… ma sapeva di non poterlo fare a causa della loro rigenerazione accelerata.
La pietà venne sostituita dall'odio verso il Maestro. Strinse saldamente la presa sull'uomo-macchina e con un potente strattone lo gettò al suolo.
<< Che tu sia dannato, Maestro. Che tu sia eternamente dannato! >>
Nel cielo, i tuoni avevano aumentato l'intensità dei loro rombi, e una tempesta di fulmini iniziò ad abbattersi sul campo di battaglia.
<< Io ti maledico, Maestro. Maledico te e tutti i tuoi camerati. Per te non ci sarà né Valhalla, né Helheim. Che la tua anima non trovi mai riposo, che tu possa vagare come spettro e soffrire cento volte per ognuno di queste persone a cui tu hai tolto tutto. Thor ti augura infinita sofferenza! >>
Auth si risollevò a fatica, osservando apatica la scena attorno a lei e si strinse nelle braccia, chiudendo un attimo gli occhi. In quel momento, tutto ciò che voleva fare era sparire, dimenticare ogni cosa, desiderò ardentemente che lo Scisma avesse cancellato anche lei, di essersi persa fra le pieghe del tempo e dello spazio, vagando fra nuove stelle e nuove costellazioni, sino ad esaurirsi, come una scintilla morente. Risollevò le palpebre, il mondo tornò a circondarla, e assieme a quello una consapevolezza: se lei era lì, se tutti loro erano lì, richiamati da mondi e realtà differenti, da piani di esistenza e universo distanti fra loro… doveva esserci un motivo che ancora non era riuscita a comprendere.
Raccolse il proprio elmo da terra e si specchio sulla sua superficie lucida, per poi farselo calare sul volto.
<< Thor, dall'alto non possiamo fare molto... scendi a terra con me >> disse , voltandosi verso di lui << affrontiamoli a viso aperto, facciamo sì che la loro esistenza possa concludersi oggi… così da renderli liberi. >>
Thor annuì e iniziò ad atterrare. Appena toccarono suolo, il dio diede una sferzata con le redini, tenendo pronti e combattivi i montoni. Alzò il Mjolnir e guardò quell'esercito con odio.
<< Thor di Asgard e Auth la Divina vi daranno la morte che meritate, anime in pena. Anche se ci volessero cento anni, nessuno della Ribellione si arrenderà mai! >>
Poi osservò dietro di lui che i soldati ribelli, impauriti, stavano indietreggiando a causa della forza e della tenacia dei Cybermen.
Il dio del tuono approfittò di quel momento per incoraggiare le truppe. Non poteva lasciare che quegli umani valorosi cedessero al terrore.
Con la sua possente voce, disse loro: << Compagni! Vedo nei vostri occhi la stessa paura che in numerose battaglie riuscì ad avvinghiare il mio cuore. Forse ci sarà un giorno in cui ogni legame verrà rotto… ma non è questo il giorno, amici miei! Oggi combatteremo con tutto quello che abbiamo!>>
Sollevò in aria il maglio.
<< Per Battleground! E per tutto ciò che avete caro… vi invito a resistere e a seguire me ed Auth! Ribelli di Renmant! Armatevi di coraggio e difendiamo fino alla morte l’universo da coloro che ne hanno strappato l'anima e il cuore! E quelli che verranno dopo di noi ricorderanno che sono esistiti i soldati ribelli, i fucili ribelli e il cuore ribelle… Per tutti noi! E per il Dottore!>>
Auth sentì un brivido lungo la schiena, richiamò la propria spada, gettò di lato l’elmo e face guizzare la coda, con i capelli che iniziarono ad ondeggiare attorno al suo volto, mentre un'aura dorata la avvolgeva da capo a piedi.
<< Raramente il destino ci permette di decidere il momento della chiamata... ma qui, ora, noi siamo chiamati ad essere artefici di questo destino! E allora... Allora urliamo, con le nostre armi! Se il Maestro vuole toglierci la vita, che lo faccia pure… ma che la libertà sia nostra per sempre! >>
Grazie a questi incoraggiamenti, i soldati ribelli furono alimentati di nuova linfa e vigore. Imbracciarono le armi, tenendole ancora più salde, e si lanciarono in una carica insieme ai due Time Warriors. Purtroppo per tutto loro… battaglia era appena iniziata.
 


E così, comincia l'ultimo arco di questa odissea.
Tutti i pezzi sono pronti a darsi battaglia... uno scontro che non sarà privo di sorprese, e da cui dipenderà il futuro di ciò che resta del Multiverso.
I Cybermen usati in questa storia sono un miscuglio di tutte le versioni comparse in Doctor Who, compresa la loro terrificante capacità di adattarsi a praticamente qualsiasi cosa (o quasi). 
Se siete curiosi del passato di Pitch Black, consigliamo la lettura di un altro nostro mega-crossover "The War of Ice and Nightmares - La battaglia del Crogiolo" di cui è il principale antagonista. 





 

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Capitolo 46
*** Capitolo 42 - The Final War: Parte 2 ***


Ecco un nuovissimo e lunghissimo capitolo! Buona lettura ;)


Capitolo 42 - The Final War: Parte 2


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L’aria della valle bruciò sotto colpi dei rispettivi eserciti, a cui si unì il rombo di tuono di una tempesta imminente.
Il fuoco avvampò come un’infezione, consumando rapidamente l’ossigeno e avvolgendo piante, ribelli e Cybermen nella frazione di pochi secondi. Le urla dei malcapitati si spensero rapidamente, mentre gli uomini metallici continuavano ad avanzare.
Il sangue cadde come pioggia sul terreno brullo, dipingendola di un rosso accesso. Eppure, il panorama stava diventando di nero carbone.
Le linee dei ribelli erano già allo stremo, continuavano a indietreggiare, spinte dalla forza implacabile di un avversario che non avrebbe mai provato stanchezza o rimorso. E malgrado la presenza di esseri potenti come Thor o Auth, il morale non era mai stato così basso.
Presto, non sarebbero più riusciti a tenere la linea, lo sapevano loro… e sicuramente lo sapevano anche gli avversari.
Era davvero questa la fine? Sarebbero morti in quella valle, senza aver contribuito anche solo in minima parte alla liberazione di Battleground? Sembrava una conclusione fin troppo patetica, dopo tutto quello che avevano perso e sacrificato per arrivare a quel punto.

Track: https://www.youtube.com/watch?v=gyV_BW6I-Fw

All’improvviso, un rumore di crescente intensità cominciò a risuonare per tutta la zona, attirando gli sguardi di diversi combattenti.
Sopra la carneficina, le nuvole sembrarono diradarsi, rivelando un celo illuminato dal sole di Renmant. Quel rumore inaspettato crebbe d’intensità… e ad esso, seguì la comparsa di numerose aeronavi di diverso modello e dimensioni, le cui armi puntarono istantaneamente contro l’esercito imperiale.
<< Diavolo, sì! >> urlò Yang, un esaltazione che fu presto imitata dai suoi compagni di squadra e da molti altri ribelli.
Con una rapida sequenza di esplosioni multicolore, intere file di Cybermen vennero spazzate via in un turbinio di schegge metalliche e vampate fiammeggianti.

Dal suo scranno, il Maestro strinse gli occhi e schioccò le dita, creando una gigantesca copia olografica di stesso. L’enorme manifestazione apparve proprio dinnanzi alla nave ammiraglia di quella flotta, con un’espressione tutt’altro che allegra.
<< Jaaaaaames >> disse il Signore del Tempo, col suo solito tono canzonatorio << devo forse considerare questo intervento come un atto di tradimento? >>
Dentro la sala comandi della nave, i presidi James Ironwood e Ozpin rivolsero un'espressione di sfida all'immagine del loro perfido sovrano. Fu proprio il Generale a farsi avanti, attivando i sistemi di comunicazione del mezzo al massimo delle loro capacità, in modo che tutta la vallata potesse udire le sue prossime parole.
<< Lo è >> disse, freddamente << Sono sempre stato ai tuoi ordini e a quelli di Salem, convinto che solo in questo modo sarei riuscito a proteggere la mia patria… con la vana speranza che un giorno le cose sarebbero migliorate, senza che dovessi mettere a rischio la vita dei miei soldati e cittadini. >>
Il suo sguardo si fece molto più cupo.
<< Ma ora, capisco che il Dottore aveva ragione. Battleground non potrà mai cambiare… non finché ci sarai tu al comando. Ecco perché ti combatterò fino al mio ultimo respiro, e così faranno gli altri Presidi delle Accademie! Questo sarà il nostro modo di fare ammenda, per tutti coloro che hanno dato la vita per una Battleground libera. >>
L'avatar del Maestro emise una lieve risatina crudele, poi si rivolse al punto in cui era stato riposto il Dottore.
<< Quante belle parole, ma mi chiedo per quanto tempo ancora riuscirete a supportarle. Sappiate che quando questa baruffa sarà finita… sarà la morte a sembrarvi una dolce liberazione. >>
Il Signore del Tempo sparì in un piccolo scoppio di energia.
Fu allora che Ozpin prese il microfono dalle mani del collega.
<< A tutti coloro che sono stati miei studenti, e a chiunque altro si sia addestrato per difendere gli innocenti di tutta la galassia, ho una sola cosa da dire... Per Renmant! >>
Nel lasso di tempo di un istante, altri mezzi volanti più piccoli si staccarono dalle aeronavi per offrire supporto aereo o sganciare i nuovi supporti alla Ribellione.
Tra quelle apparizioni, spiccava una Razor Crest decorata con un teschio, attorno a cui erano stati dipinti un drago dorato e un corvo.
Al suo interno, i pirati Raven e Taiyang Branwen, affiancati dall’esile quanto agguerrita figura di Summer Rose, effetturarono l'ultima preparazione mentale per lo scontro che avrebbe deciso il destino dell'intera Battleground.
<< L'ultimo giorno del team STRQ... >> sussurrò la Cacciatrice << facciamo in modo che valga. >>
<< Per Qrow >> disse Raven, stringendo i denti al ricordo del fratello << Per nostra figlia. >>
<< Per Yang >> assentì il marito, mentre la nave scendeva in picchiata e apriva una pioggia di fuoco sull’orda di Cybermen.

* * *

L’arrivo della flotta fu accolto con grida raggianti ad opera di tutti i Ribelli. A quel canto di sollievo, seguì una tempesta di esplosioni che cominciò a falciare le linee anteriori della carica Cybermen, illuminando il cielo nuvoloso di tonalità vermiglie.
Il Maestro osservò impassibile quello scenario apocalittico, contemplandolo con i suoi occhi luminosi.
<< Amici miei… >> disse, richiamando l’attenzione dei sottoposti << Credo che abbiate aspettato abbastanza. Potete andare a giocare. >>
A quelle parole, il ghigno sul volto di Joker divenne tanto ampio da spaccargli la faccia in due.
<< Finalmente! >> esclamò estatico << Non mi sentivo così eccitato dal giorno in cui provai a rovinare il Natale! >>
Alla sua risata agghiacciante si unì presto quella di Harley Quinn, mentre anche il resto della banda di criminali si preparava alla lotta. Accanto a loro, Megatron sollevò un pugno metallico verso il cielo.
<< Decepticons! >> urlò a gran voce << Cominciate l’attacco! >>
Inutile dire che gli altri Cybertroniani non se lo fecero ripetere due volte. In un risuonare di schiocchi meccanici, tutti loro si trasformarono nelle rispettive modalità alternative e sfrecciarono a gran velocità in direzione del campo di battaglia, mentre Salem e Grugaloragran li seguivano a ruota.
Vorky fece altrettanto, pur con un passo molto più calmo e indifferente, come se l’intero conflitto non lo interessasse nemmeno.
Nel mentre, lo sguardo di Vader sfrecciò verso il punto in cui stava combattendo Baelfire. Ma prima che potesse compiere anche un solo passo…
<< Frena i cavalli, Vader >> lo richiamò l’inconfondibile voce del dio di Battleground.
Lentamente, il Sith si rivolse al Signore del Tempo. << Mio Maestro? >>
<< Lasciamo prima che Shen si diverta un po’ >> disse l’uomo, le labbra arricciate in un placido sorriso << Ne ha passate tante. Si merita almeno una piccola vendetta contro la sua tanto odiata nemesi. >>
Il Comandante Supremo dell’Impero rimase in silenzio, al di là del respiro lento e sibilante della maschera. Le sue mani erano strette in pugni serrati, a testimonianza di quanto l’ordine del tiranno lo avesse infastidito. Tuttavia…
<< Se dovesse cercare di uccidere mio figlio... non esiterò a eliminarlo. >>
<< Come preferisci >> ribatté l’altro, scrollando le spalle << Nel frattempo, sei libero di scegliere chiunque altro come sparring partner. Che ne pensi del sovrano di Dreamland? Penso che sia scampato alla ghigliottina dell’Impero per troppo tempo! È arrivato il momento di dargli una bella sculacciata. >>
<< Molto bene >> sbuffò il Sith, sprezzante, per poi incamminarsi verso il campo di battaglia.
Mentre la sua oscura figura si confondeva con la polvere generata dal conflitto, Loki si posizionò accanto al Maestro.
<< E per quanto riguarda mio figlio? >> domandò con tono apparentemente disinvolto.
Il Signore del Tempo lo scrutò con la coda dell’occhio.
<< Megatron ha ancora un conto in sospeso da pareggiare con tuo fratello >> rispose.
Ma prima che l’Ase potesse protestare, sollevò una mano e aggiunse: << Avrai il tuo momento, Loki, te lo prometto. Il Dio del Tuono cadrà oggi… e tu avrai la soddisfazione di vederlo al suo momento più basso. >>
Il sovrano di Asgard richiuse la bocca, visibilmente soddisfatto dalle parole del tiranno.
A quel punto, restava solo un’ultima questione di cui occuparsi. Gli occhi del Maestro spaziarono verso quello che probabilmente era il membro più pericoloso dell’orda ribelle, a causa del suo potere fin troppo versatile. Qualcuno che poteva rappresentare un’effettiva minaccia per il suo ultimo atto… ma per cui aveva trovato un avversario capace di arginare le sue fastidiose abilità.
<< Per quanto riguarda te, Black… >>
Pitch girò il capo quasi in automatico verso il Signore del Tempo.
<< C’è una fastidiosa spina nel fianco di cui dovresti occuparti. Qualcuno che potrà essere sconfitto solo dai tuoi talenti particolari… >>
<< Capisco >> disse l’Uomo Nero, scrutandolo pensieroso << Chi, di preciso, mio signore? >>
<< Oh, semplicemente un esper eccessivamente zelante! >> rispose il tiranno << Sono sicuro che lo riconoscerai subito. È più bianco di una vela nuova! >>
Senza domandare oltre, l’oscuro spirito si tramutò in ombra e prese a strisciare completamente indisturbato lungo il campo di battaglia.
Il Maestro lo osservò allontanarsi con aria compiaciuta. Fino agli ultimi giorni, aveva sempre cercato di tenere l’Uomo Nero lontano dal campo di battaglia, consapevole di quanto i suoi poteri fossero fondamentali per assicurare il funzionamento della Grande Illusione. Ma ora che era pronto a scoprire tutte le sue carte, anche l’incolumità dell’Oscuro Spirito aveva poca importanza.
Uno squarcio nel tessuto della realtà lo distolse dal suo rimuginare. Inclinando appena la testa, vide l’esile figura di una ragazza castana materializzarsi a pochi passi da lui.
<< Amica mia! >> la salutò il Signore del Tempo, sorridendo ampiamente << Sei venuta fin qui per goderti lo spettacolo? >>
<< Non me lo sarei persa per niente al mondo >> rispose Najimu, sorridendogli placidamente.
Subito, il Maestro evocò una sedia per permetterle di sedersi, un gesto che la falsa studentessa ricompensò con un inchino aggraziato. Ma una volta sistemata, le parole che il tiranno le rivolse furono tutt’altro che gentili.
<< Allora rifatti gli occhi, Miss “Pace dei Sensi” >> disse con un ghigno molto più beffardo << Perché oggi assisterai alla morte del tuo amato. >>
Najimi non tradì alcuna collera, al di là di un leggero restringimento dei suoi occhi castani.
<< Lo vedremo… >>
* * *

Mentre la battaglia infuriava, tuoni e rimbombi risuonava nella piana come i rintocchi di una cupa canzone, guidati dalla volontà incrollabile di Thor.
Nonostante la situazione disperata, i colpi provocati dall’Ase non avevano perso un briciolo della loro forza distruttiva, al punto da modificare considerevolmente la morfologia del territorio, sollevando piccole montagne e creando crepacci tanto larghi da accogliere intere file di nemici. 
Eppure, nonostante i suoi migliori sforzi, l’orda di Cybermen continuava ad affluire come un fiume di metallo senza fine, portatore di quella promessa di morte che il Maestro aveva fatto a tutti loro.
<< Non lascerò che i cancelli di Hel mi reclamino senza combattere >> sussurrò il tonante a se stesso, mentre sollevava ancora una volta il suo fidato maglio << Perché per tutti coloro che sono caduti in questo giorno… la morte reclamerà anche voi abomini! >>
E con quell’urlo pronunciato, generò un altro potente fulmine sulla piana, questa volta tanto intenso da allontanare centinaia di Cybermen, lasciando sul terreno una bruciatura del diametro di quasi un chilometro.
Thor ansimò, concedendosi quel breve attimo di tregua per riprendere fiato… e fu allora che i suoi occhi colsero una sfocatura alle sue spalle.
Ebbe giusto il tempo di voltarsi, prima che un colpo di plasma lo prendesse in pieno petto, facendolo volare all’indietro. Pochi istanti dopo, un velivolo meccanico planò a pochi metri dal suolo, mutando forma… e rivelando l’alta sagoma di Lord Megatron, sovrano di Cybertron e Leader dei Decepticons.   
<< Non pensavo che avremmo avuto un’altra occasione per regolare i conti, figlio di Odino >> sogghignò l’automa, mentre osservava la figura fumante dell’Ase con un luccichio maligno dei suoi occhi vermigli << Ma accoglierò con gioia questo dono di Primus. >>
Thor si rialzò in piedi osservando con occhi infuocati la figura di colui che aveva non solo distrutto Asgard, ma aveva anche catturato il dio sfruttando la foga dello scontro contro Grougaloragran.
<< Noto che hai ancora l'abitudine di attaccare i tuoi nemici alle spalle. Quale altro trucco hai preparato questa volta, macchina? >>
Fece scivolare la mano sul manico dell’arma, facendola a vorticare.
<< Non importa. Se è una lotta che cerchi, allora il figlio di Odino ti accontenterà! In guardia! >> urlò, lanciandolo il martello contro il cybertroniano.

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Al contempo, Megatron si portò la mano dietro la schiena e sguainò la sua fidata spada, la stessa che aveva macchiato del sangue di numerosi Asgardiani... e con cui aveva messo definitivamente fine alla scintilla del suo più vecchio nemico, Optimus Prime.
L'arma e il maglio s'incontrarono a mezz'aria, uru contro cyberium nella sua forma più grezza, generando un contraccolpo tanto intenso da costringere lo stesso titano meccanico in ginocchio.
Grugnì per lo sforzo e strinse i denti, poi indietreggiò con un lampo dei suoi propulsori, mettendosi fuori dalla traiettoria di Mijolnir. 
<< Un'arma davvero portentosa >> commentò il Signore della Guerra, mentre la vedeva tornare nell'orbita del suo possessore << Mi assicurerò di concederle un posto d'onore nella mia sala personale dei trofei. Loki potrebbe prendersela a male... ma sfortunatamente per lui, ha già sprecato l'occasione di ucciderti. Quindi spetterà a me porre fine alla dinastia di Odino una volta per tutte! >>
E con quelle parole, menò un fendente della sua spada, rilasciando un raggio di puro energon.
Il dio richiamò il maglio nella propria mano. << L'arma è forte, certo, ma anche il più potente degli strumenti può diventare un banale giocattolo nelle mani sbagliate >> rispose, mentre osservava il raggio avvicinarsi a lui.
Tuttavia, mantenne il sangue freddo e rimase immobile, statuario. E quando il colpo fu abbastanza vicino, ecco che caricò il Mjolnir di fulmini e lo afferrò con entrambe le mani; allora lo scagliò violentemente sul raggio di energia, dissipandolo.
<< E sfortunatamente per te, Megatron… un vile codardo quale sei non potrebbe toccarla nemmeno con un dito! >>
Thor alzò il Mjolnir al cielo, le nubi si addensarono in cerchi concentrici e di nuovo l'elettricità lo pervase. L’istante dopo, un fulmine saettò sul cybertroniano.
Intuendo il pericolo di un simile attacco, questi sollevò subito il braccio destro, materializzando uno scudo di energon. Eppure, malgrado quella protezione fosse stata capace per millenni di resistere alle più potenti macchine da guerra di Cybertron, Megatron si sentì comunque spingere verso il basso dalla forza della saetta.
Scariche e lampi di natura elettrica riuscirono a superare lo scudo, illuminandogli parte del corpo. Al contempo, i piedi meccanici del Decepticon scavarono nel terreno, spinti dalla potenza di quell'attacco. 
Quando finalmente s'interruppe, gli occhi di Megatron lampeggiarono verso il tonante. 
<< Eh eh >> ridacchiò con voce graffiante, nonostante le bruciature << Magnifico... davvero magnifico! Ti sono bastati solo un paio di colpi per guadagnare il vantaggio. Nemmeno il mio più vecchio rivale potrebbe vantare un'impresa del genere! Sei certamente un guerriero degno del tuo titolo, Ásaþórr. >>
Le sue appendici meccaniche si curvarono in un sorriso sinistro.
<< Ma sai qual è la differenza tra noi? Che io... a una battaglia vengo sempre preparato. >>
Thor inarcò un sopracciglio, cercando di intuire il significato nascosto dietro a quell'affermazione. Ma prima che potesse aprire bocca per dar voce ad un'arguta replica... ecco che una potente onda sonora lo colpì alle spalle, tanto forte da costringerlo a portarsi ambe le mani sulle orecchie.
Con la coda dell'occhio, scoprì che alle sue spalle era comparso un secondo automa, dal cui visore inespressivo stava partendo quell'attacco invisibile. 
<< Tienimelo fermo, Soundwave >> ordinò Megatron, mentre puntava il suo cannone contro l'Ase << Voglio un tiro pulito... >>
La potenza di quelle onde invisibili fu abbastanza da far piegare il tonante sulle ginocchia.
<< Maledetta... canaglia... >> ringhiò, mentre il martello gli cadeva dalle mani.
Aveva difficoltà a parlare, a muoversi… e proprio per questo, non poté schivare  il proiettile di energon sparato dal cannone del Decepticon. La forza dell’impatto fu tale da allontanare il dio per diversi metri, facendolo schiantare contro la parete di un monte. I detriti di roccia crollarono sul suo corpo, e l'Ase fu così sepolto da diverse tonnellate di massi.
<< Ottimo lavoro, Soundwave. Questo lo terrà steso per qualche minuto, ma non basterà certo a ucciderlo. Tieni il cannone sonico puntato contro quei detriti… e appena vedrai qualcosa muoversi, non esitare a sparare. >>
<< Sì, Lord Megatron. >>
Il leader dei Decepticon si compiacque di sé stesso. Thor era davvero uno sciocco idealista! A cosa serviva la lealtà in guerra? Quella era la battaglia finale per il destino di Battleground, e non c'era posto per inutili giochi da cavalieri.
Abbassò lo sguardo… e vide il Mjolnir che era caduto dalle mani della divinità. A prima vista sembrava un semplice martello fatto di pietra e dal corto manico in cuoio, evidente difetto di forgiatura. Era così terribilmente bilanciato a vedersi, come la rozza arma di un barbaro, eppure aveva dimostrato una potenza senza eguali.
Secondo il mito nordico, che Megatron aveva avuto modo di studiare a fondo quando aveva pianificato l'attacco ad Asgard, il Mjolnir era l'arma più potente di tutti i Nove Regni, secondo solo alla Gungnir di Odino. Le leggende narravano come con un solo schianto fosse capace di distruggere un'intera nazione, deformare catene montuose e molto altro.
Il desiderio di possedere l'arma di un dio infiammò il cuore metallico del cybertroniano, il cui orgoglio era ben noto a tutti. Megatron, il Signore dei Decepticons, branditore un'arma leggendaria! Non poteva esistere onore più grande, poiché la sua forza sarebbe stata riconosciuta perfino dagli Dèi.
Mentre si avvicinava al maglio, notò un fenomeno singolare: sul duro uru dell’arma era comparsa una scritta che recitava "Chiunque impugni questo martello, se ne sarà degno, possiederà il potere di Thor".
La brama di possedere il martello si intensificò: averlo comportava anche ottenere i poteri del dio del tuono? Doveva essere suo.
Non tergiversò oltre. La sua grossa mano strinse il manico e poi tirò su... ma non accadde nulla. Il martello non si mosse nemmeno di un millimetro.
Provò allora ad usare maggiore forza, ma fu tutto inutile. A quel punto tentò con entrambe le mani e fece appello a tutte le energie che aveva in corpo, sembrando quasi un toro infuriato che cercava di trainare un peso troppo grande per lui.
Soundwave girò lo sguardo per convincere il suo padrone a desistere… cosa che si rivelò un grave errore!
Mjolnir saettò via dalle mani del tiranno e colpì il Decepticon sul viso, puntando verso il cumulo di macerie. Thor ricomparve in un turbinio di saette, pronto a riprendere la battaglia.
<< Te lo avevo detto, automa: non sei degno di reggere questo martello. Non hai alcun onore, né tantomeno dignità! Come puoi sperare di alzarlo, o anche solo di spostarlo? Con questa prova, hai dimostrato tutta la tua bassezza, e io te lo prometto... morirai come il cane che sei. >>
Si lanciò contro il nemico con un grande balzo, calando il maglio contro il cranio del robot.
Megatron avvertì distintamente l'impatto dell'arma contro l'esoscheletro, tanto forte da riverbrare fin dentro la scintilla. Cadde a terra, mentre pezzi di metallo e schizzi d'olio gli colavano dal viso. E quando cercò di rimettere a fuoco la i suoi dintorni, scoprì che anche parte dell'ottica destra era stata danneggiata!
Alzò lo sguardo, appena in tempo per evitare un altro colpo del maglio, rotolando di lato. Poi balzò in piedi e menò un altro fendente della spada, proprio mentre l'avversario faceva lo stesso con Mijolnir.
Le loro armi che si scontrarono, generando un'altra  potente onda d'urto, ma questa volta entrambi i guerrieri mantennero salda la posizione, gli occhi fissi l'uno in quelli dell'altro, come bloccati in una gara di volontà.
Un altro lampo illuminò la volta celeste, e allora Cybertroniano e Ase si ritrovarono coinvolti in un serratissimo scambio di colpi, spada contro martello. 
Quel duello all'arma bianca riecheggiò sotto forma di una cupa canzone di scoppi e rintocchi, avvertendo cybermen e ribelli di tenersi alla larga. Fu interrotta solo quando Thor notò una sfocatura vermiglia con la coda dell'occhio... e prima che potesse allontanarsi, venne colpito in pieno da un terzo automa. 
<< Come hai osato ferire Lord Megatron?! >> ringhiò una distinta voce femminile, mentre una mano meccanica lo schiantava al suolo << Soffrirai a lungo per la tua insolenza, sacco di carne! >>
<< Suvvia, Shatter, le cicatrici di battaglia sono motivo di orgoglio >> sogghignò Megatron, roteando la spada tra le mani << Inoltre, il Tonante si è sicuramente dimostrato un avversario degno del mio rispetto! Dovrei offrirgli in dono una morte indolore, non credi anche tu? >>
<< Sarebbe logico, Lord Megatron >> giunse la voce alterata di Soundwave, mentre atterrava accanto al suo signore.
<< Tre contro uno? >> gracchiò Thor << Non fai che dimostrare quanto grande è la tua vigliaccheria! >>
<< Cuciti la bocca, lurido essere organico! >> urlò Shatter << Morirai dimenticato, proprio come tuo padre! >>
<< Ti sbagli, Decepticon >> rispose il tonante, assottigliando lo sguardo << Quest'oggi, il vostro sogno decade. Vi affronterò tutti! >>
La sua voce possente riecheggiò con la stessa potenza di un rombo di tuono. Le nubi si fecero più scure, la pioggia cadde, e una tempesta di fulmini si abbatté sul campo di battaglia.
Sfruttando il tripudio di saette, Thor si gettò a capofitto nella mischia menando il maglio. La battaglia riprese in un tripudio di fulmini ed esplosioni.

* * *

Gli artigli di Marie gli si conficcarono nella nuca, inviando una scarica di dolore in tutto il corpo. Baelfire si bloccò, contorcendosi nell’agonia… ma dopo qualche minuto recuperò la vista, e soprattutto la lucidità mentale.
Cacciò un urlo e le rimosse il polso con forza, ansimando. << Ma che cazzo fai!? >>
<< Bentornato! Ora smettila di fare il bambino! >> sbottò la vampira, piuttosto impegnata a proteggersi e contrattaccare con l’altro braccio << In battaglia ci sono nemici da ogni parte, ragazzo! E di questo passo, avresti ottenuto il solo obiettivo di farti massacrare… >>
L’allievo digrignò i denti, ma dovette ammettere che aveva ragione.
<< Maledizione! >> imprecò, mentre deviava un attacco alla sua maestra << Lo so! Ma… è stato più forte di me! Ti rendi conto di cosa diavolo stiamo combatten- >>
Marie fece per aprire bocca e interromperlo, quando all’improvviso, qualcosa emerse dal cielo: la sagoma di un aerovelivolo che sfrecciò verso di loro e prese a bombardarli con una serie di missili.
<< Attento! >> strillò, spingendo il giovane in direzione opposta con tutta la forza che aveva.
Ed era pur sempre la forza di una vampira maggiore: Fire venne letteralmente sbalzato via, e subito fu costretto ad attivare le ali della tuta per frenarsi a mezz’aria.
<< Che delizia, io e te da soli >> giunse una voce graffiante alle sue spalle, tanto inattesa da farlo sussultare.
Il ragazzo ebbe giusto il tempo di voltarsi, prima che qualcosa di grande e metallico lo colpisse con abbastanza forza da oscurargli temporaneamente la vista, costringendolo a perdere quota verso il campo di battaglia. Rapido, utilizzò la telecinesi per attutire il colpo. Crollò prono, con i sensi annebbiati e sonori fischi che gli martellavano i timpani.
Lentamente si rimise in piedi e controllò i danni: fortunatamente, l’attacco gli aveva procurato solo dei lividi. Ma se non fosse stato totalmente umano, quasi sicuramente sarebbe morto per un colpo del genere.
Non appena riuscì a mettere a fuoco, si girò in direzione della potenziale minaccia, certo che non l’avesse spedito a terra semplicemente per ritirarsi.

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E in effetti, il pericolo giunse pochi istanti dopo, direttamente dall’alto. Dapprima, il ribelle scorse solo un’ombra argentata stagliata contro i raggi del sole. Seguì un lampo di luce... e un attimo dopo, qualcosa di metallico e affilato scattò verso di lui, spingendolo a retrocedere.
L’arto meccanico – perché ormai Fire era sicuro che di questo si trattasse – affondò nel suolo senza alcuna resistenza, sollevando una pioggia di detriti. Gemette interiormente alla vista di quello che era chiaramente un Cybertroniano, una razza che sperava di non dover mai più incontrare.
Era alto, molto più alto rispetto al Decepticon che gli aveva dato la caccia su Trenzalore, con una livrea esile ma elegante, ali dispose lungo la schiena e occhi dardeggianti di un rosso acceso.  Doveva tenere il collo alzato anche solo per osservarlo in viso, alla disperata ricerca di punti deboli.
<< Non avrei mai pensato che mi sarei imbattuto proprio nella nostra preda mancata >> commentò il robot, con un sorriso inquietante << Be’, è stato sorprendentemente facile, grazie al tuo piccolo sfogo. Vuoi forse incontrare il nostro padrone? Gioisci, umano, le tue preghiere sono state esaudite! Dopo averti portato dal Maestro, sono sicuro che il Signore di Battleground sarà più che disposto a ricompensarmi a dovere... potrei addirittura chiedere la posizione di Lord Megatron! >>
Il ragazzo si rimproverò mentalmente: proprio come predetto da Marie, erano giunte le conseguenze del suo sfogo.
Affrontare un Cybertroniano a viso aperto era una pessima idea, anche con tutti i poteri di cui disponeva. Ma ancora una volta, non poteva semplicemente sottrarsi allo scontro… perché se fosse volato via, a quell’essere sarebbe letteralmente bastato allungare una mano per riprenderlo e rigettarlo a terra.
Doveva guadagnare tempo.
<< Credevo che il Maestro mi volesse morto. >>
Dopo i due confronti che avevano avuto, il Signore del Tempo sembrava aver messo bene in chiaro quanto desiderasse farlo fuori. Forse Vader si era prodigato affinché gli fosse concessa la grazia? Ma il Sith aveva davvero il potere di convincerlo? Voleva provare un’ultima volta a reclutarlo?
Per un istante, il suo lato bisognoso d’attenzione accarezzò l’idea, crogiolandosene; il suo lato sanguinario, invece, pensò che potesse essere un colpo di fortuna: se si fosse fatto catturare, forse avrebbe potuto sferrare un colpo mortale al tiranno di Battleground dopo essersi avvicinato abbastanza.
Un’idea assolutamente stupida, gli fece presente il buonsenso: sapeva benissimo di non poter muovere un dito contro il Maestro, anzi, probabilmente avrebbe rischiato di fare il suo gioco e avrebbe messo nei guai i suoi compagni e la Ribellione… per non parlare del fatto che, unendosi a Vader, si sarebbe semplicemente imprigionato in una vita che sapeva già di non volere.
No, non poteva farsi catturare. Doveva evitarlo ad ogni costo, nel modo più assoluto, qualunque fossero le ragioni di questa mostruosità meccanica.
Di fronte a lui, il Decepticon si limitò a scrollare le giunture anziché attaccarlo all’istante.
<< Francamente, non ho la benché minima idea del perché il nostro glorioso Maestro vorrebbe mettere le mani sul tuo corpicino organico >> sbuffò con evidente sprezzo << Sei certamente un individuo fuori dal comune se paragonato al resto della tua specie, ma niente che non possa essere replicato in un laboratorio. Ma chi sono io per mettere in dubbio la saggezza del nostro salvatore e padrone? >>
Detto questo, effettuò un inchino sorprendentemente aggraziato.
<< E visto che sarò io a consegnarti a sua altezza in persona, lascia che mi presenti a dovere. Avrai l’onore di combattere Starscream in persona, leader dei Cercatori e braccio destro di Lord Megatron... anche se ancora per poco >> aggiunse, con un sorrisetto mellifluo << Perché vedi, mio piccolo amico... ho intenzione di salire di grado. E tu sarai un tassello fondamentale per la mia scalata. >>
L’altezza del Cybertroniano proiettava un’ombra tale da sovrastare completamente il ragazzo, immergendolo in una pozza oscura. Fu mentre incombeva con tale minaccia che il ribelle riuscì a scorgere uno scintillio dorato di fiammelle in quegli occhi scarlatti… accompagnato da un sorriso sinistro.
<< Mi dispiace doverti deludere, Lord Starscream >> replicò il ragazzo dai capelli verdi, con vivo sarcasmo << ma l’unica cosa che farai oggi… è cadere. >>
Aprì le braccia, puntando i palmi verso l’ombra delle ali e stringendo saldamente i pugni. La nera sagoma si deformò, come se qualcuno ne avesse afferrato i contorni… solo che il Cybertroniano sentì chiaramente il metallo che veniva intaccato dalla forza sovraumana. Fu strattonato all’indietro, non certo di peso, ma quel tanto che bastava per sbilanciare il suo equilibrio.
Con un grido sorpreso, Starscream cadde al suolo, sollevando un’alta nube di detriti. Fire approfittò subito di quel breve attimo di vantaggio ed evocò una spada smeraldina, poi si preparò a conficcarla nelle placche metalliche dell’automa... ma questi fu più rapido a reagire del previsto.
Sollevò il braccio destro, da cui sparò una raffica di proiettili che costrinse il giovane arciere a sollevarsi in aria per evitarli.
Gli occhi vermigli del Decepticon scattarono su di lui.
<< Insetto >> ringhiò << Ti prendi gioco di me? Il Maestro ha detto di consegnarti vivo... ma non ha mai specificato lo stato in cui avremmo dovuto consegnare il tuo corpo! Penso che ti staccherò un arto... o forse due, giusto per impedirti di scappare. Mi sembra un buon compromesso, non credi anche tu? >>
Ridendo, si lanciò in aria e riversò una pioggia di fuoco sul ragazzo. Subito, quest'ultimo tese le braccia verso l’alto, creandosi attorno una cupola di energia per difendersi.
Sentì la forza delle esplosioni che pressava sul suo corpo, ma strinse i denti e mantenne salda la posizione.  A quel punto, portò lo scudo dinnanzi a sé e sgusciò via, spiccando di nuovo il volo per raggiungere l’altezza del Cercatore.
<< Non ti hanno insegnato a non prendertela con i più piccoli? >> lo schernì, prima di protendere le mani in avanti e bombardarlo a propria volta con ustionanti proiettili di energia.
Starscream ringhiò di dolore: i colpi del ribelle superarono il suo esoscheletro e penetrarono nel suo organismo, sollevando sottili anelli di fumo.
<< Insensato essere! Non sei più pericoloso di una vespa, per me! >>
Adoperò i propulsori di movimento per piegarsi in avanti, poi colpì il ribelle con il pugno destro, mandandolo in aria. A quel punto, decollò a sua volta e riprese a bersagliarlo con una raffica di colpi… a cui presto si unì un gruppo di missili terra-aria.
<< La mia armatura ha resistito alle armi della guerra di Cybertron! I tuoi attacchi mi fanno solo il solletico! >>
Fire, intontito, cercò di resistere usando i sensi vampireschi per schivare più attacchi possibile, ma presto si rese conto di non poterlo fare con tutti. Allora interruppe la sua fuga e chiuse gli occhi, piegando le braccia e portando i pugni davanti alle spalle.
Starscream li vide illuminarsi di energia verde, e lo stesso accadde agli occhi dell’umano quando li riaprì di scatto. D’improvviso, la stessa aura avvolse i suoi missili, che a loro volta smisero di inseguirlo.
<< Allora prova a sopportare i tuoi stessi colpi >> dichiarò il ragazzo dai capelli verdi.
Quindi allungò le mani, i missili seguirono il suo movimento, precipitandosi sul Decepticon.
<< ARGH! >>
Il Cercatore compì una brusca vitata, assunse la propria forma robotica e intercettò i missili con fulminee raffiche di mitragliatrici.
<< COME OSI USARE LE MIE ARMI CONTRO DI ME!? LURIDO UMANO! >
Il ragazzo ansimò, sostenendosi in aria semplicemente sbattendo le ali. Fece guizzare rapidamente lo sguardo alle spalle del robot, poi di nuovo su di lui.
<< Che ti prende, leader dei Cercatori? Ti fai scoraggiare così facilmente? Si vede che sei il Numero Due! >>
Rapido, protese le mani intrise di energia, e le rocce spaccate alle spalle di Starscream si sollevarono, illuminate di verde. E prima che il Mech se ne accorgesse, lasciò che lo travolgessero.
Il corpo metallico dell’automa incassò la maggior parte di quei proiettili naturali, ma ad una certa si ritrovò incapace di contrastare quelli più grandi. Indietreggiò e per poco non ricadde al suolo... ma prima che potesse toccare terra, i suoi propulsori entrarono in gioco, sollevandolo in aria.
<< Stupido moccioso! >> sbraitò, mentre puntava ambe le braccia in direzione del ragazzo << Sono sopravvissuto ad una guerra durata milioni di anni! Ho ucciso più avversari di quanti potresti mai contarne in una vita intera! Chi sei tu per deridermi, misera locusta?! >>
Colpi di blaster cominciarono a piovere sul ribelle, con tutta l’intenzione di ridurlo ad un mucchietto di cenere. Andato era il desiderio di Starscream di recuperarlo vivo, sostituito da una rabbia cieca e collerica.
Subito Fire tese le braccia verso l’alto, proteggendosi con degli scudi e resistendo come meglio poteva. A quel punto portò l’evocazione dinnanzi a sé e sgusciò via, spiccando di nuovo il volo per raggiungere l’altezza del Cercatore.
<< Uno con un ego più piccolo >> dichiarò, mentre ricominciava a colpirlo con una pioggia di raggi energetici.
Starscream sollevò una mano e se la mise di fronte al volto metallico. I sistemi interni del cybertroniano agirono quasi istintivamente, spostando energon fino all’arto e condensandolo all’esterno, fino a creare uno scudo che andò a intercettare gli attacchi.
Piccole esplosioni e scoppi risuonarono sopra il campo di battaglia, mentre il Decepticon distendeva il braccio libero per attivare una spada al plasma.
<< A volte l’ego può aiutarti a restare in vita >> sogghignò << La consapevolezza di essere potente può fare miracoli sul campo di battaglia! Ho visto attraverso i canali di trasmissione di Asgard la fine che ha fatto quel vostro piccolo amico ribelle... com’è che si chiamava... Royston, giusto? Forse, se si fosse comportato in modo meno umile... sarebbe sopravvissuto più a lungo! >>
Gli occhi dell’umano si spalancarono come piatti e il suo volto si fece di un pallore cadaverico. Poi, lentamente, la sclera bianca si colorò di nero, e le screziature dorate accanto alla pupilla si impossessarono di quasi tutta la superficie rossa dell’iride.
Un urlo molto più simile ad un ruggito scaturì dalle labbra del giovane, ritratte in un ringhio bestiale da cui ora spuntavano delle zanne leggermente sporgenti. Un cilindro metallico si mosse dalla sua cintura e gli finì nella mano, liberando una lama laser color verde… e circondata da scintille rossastre.
Tese l’altro braccio, e l’ombra ad esso legata si trasformò in un’oscura spada fatta nera, a cui intrecciò un lampo di luce smeraldina.
Si scagliò contro il Decepticon con una violenza inaudita. Al contempo, Starscream accelerò a tutta velocità sul ragazzo, spinto dai propulsori che aveva sulla schiena.
Il rumore delle loro armi che schioccavano l’una contro l’altra riecheggiò per buona parte del campo di battaglia, mentre l’onda d’urto risultante fu tanto forte da far cadere i Cybermen sottostanti.
<< Quanto vigore >> ridacchiò il Decepticon << Dal modo in cui hai reagito alla sua morte, immaginavo che tu e quell’umano foste legati profondamente. Mi chiedo cosa penserebbe di te ora... un fiero ribelle così disposto ad usare la violenza e la rabbia per sconfiggere i suoi nemici. O forse ora vuoi uccidermi? >>
, glielo dicevano quegli occhi sanguigni irti di fiamme, e quelle zanne aguzze.
Il dampiro aveva la gola e lo stomaco in fiamme. Si sentiva tentato, pronto per un pasto che lì non c’era. Per quanto la furia gli scorresse in corpo, quell’essere non lo allettava come avrebbe dovuto. Anzi, gli causava repulsione, e sofferenza consequenziale: non poteva nutrirsi di metallo e olio! Non c’era niente nel suo nemico che lo avrebbe potuto alimentare, era abominevole!
E allora uccidilo!
Sì. In fondo, perché non avrebbe dovuto? Come osava parlare così, quell’arrogante ammasso di metallo? Come osava infangare la memoria di suo padre!? Doveva morire, fra le più atroci sofferenze! Che fosse fatto a pezzi!
L’ombra era calata nella sua visuale assieme a tinte rosse, il suo sangue e le sue viscere ribollivano. La morte li circondava, allungava i suoi tentacoli e li protendeva, aspettando che il promotore spingesse la vittima fra le sue braccia.
Ssìì. Uccidilo. Massacralo. Annientalo. Devastalo!
Fu in quel momento che Fire notò come la sua spada si stesse man mano corrompendo: il colore originale della lama stava lasciando il posto al rosso della rabbia, della paura, del rancore… dell’odio.
Il Lato Oscuro bramava e sibilava. Ma stavolta non era una minaccia esterna.
Era dentro di lui.
<< NO! >>
Si ritrasse con la stesse veemenza con cui si era avventato contro il nemico, e quest’ultimo ne approfittò per abbattere l’arma su di lui, colpendogli le ali e facendolo precipitare al suolo ancora una volta.
Sepolto dai detriti, il giovane ansimò come se gli mancasse l’aria.
C’era mancato poco… veramente troppo poco…
Gli sembrava di poter sentire Vader sorridere, da qualche parte, chissà dove, e la cosa lo tormentava.
Aveva la visione di quella maschera terribile che lo derideva con un ghigno demoniaco.
No… aspetta… era il volto di Starscream?
Prima che potresse rendersi conto di quello che stava accadendo, una mano metallica schizzò attraverso i contorni indistinti della sua visuale: il ragazzo avvertì delle terribili tenaglie metalliche rinchiudergli il corpo in una specie di gabbia. Puntini neri gli danzarono davanti agli occhi, e il sorriso contorto del Cybertroniano divenne ancora più maligno, mentre si raddrizzava e lo sollevava.
<< So che non dovrei provare così tanta gioia nello schiacciare voi misere pulci. Dopotutto, la vostra esistenza non merita alcun tipo di considerazione da un Decepticon del mio rango. Ma per te… >>
Cominciò a stringere la presa, e subito Fire sentì le proprie ossa scricchiolare come bastoncini di legno abbandonati sotto una pressa idraulica.
<< Immagino che me la godrò fino al tuo ultimo respiro. Gli istanti di vita che ti restano saranno accompagnati solo da dolore e disperazione. Morirai urlando! >>
E in effetti, il dolore era talmente atroce da offuscargli la vista e ovattargli l’udito, al punto da nascondergli le sue stesse grida, soffocate e strozzate nel sangue sputato.
Aveva il corpo totalmente irrigidito dall’agonia, eppure ancora sentiva una parvenza di coscienza che si opponeva all’oblio dello svenimento. Cercava di muoversi, ma la stretta era devastante.
Così, provò a concentrarsi sull’avversario. All’improvviso, il Cybertroniano percepì qualcosa di incandescente conficcarsi nelle dita metalliche, come uno spillo immerso nel fuoco.
Per la prima volta dall’inizio di quello scontro provò un sincero – quanto intenso – dolore attraversargli i sistemi interni del corpo. Quell’impulso partì dalla mano e si diffuse fino alle sinapsi centrali della testa in meno di una frazione di secondo, spingendolo a lanciare un urlo sorpreso.
<< Primus! >> esclamò, mentre istintivamente si alzava da terra con un balzo, mollando la presa sulla sua preda.
Così vide cosa l’aveva colpito: una lama laser verde, che spuntava da un cilindro metallico sulla cintura del giovane.
Il laser sparì in un sonoro ronzio quando il giovane iniziò a perdere quota, cadendo verso il terreno come una bambola di pezza… ma ecco che le ali gli vennero di nuovo in aiuto, frenando la caduta. Fire raddrizzò ogni parte del corpo, scrocchiandolo sonoramente, urlando di dolore mentre la rigenerazione della sua mezza natura lo riassestava.
Furibondo e animato dallo spirito combattivo, lanciò un grido di feroce determinazione e afferrò di nuovo la spada laser, sorreggendola con entrambe le mani, poi schizzò rapidissimo contro il suo avversario… e gli conficcò la lama nell’occhio destro.
L’urlo che fuoriuscì dalla bocca metallica del Cercatore fu tanto forte da risuonare per diversi chilometri, attirando pure l’attenzione di alcuni Cybermen.
<< Il mio occhio! >> gracchiò, mentre entrambe le sue mani meccaniche schizzavano sul viso << Maledetto! Mi hai preso un occhio! >>
E così cominciò ad artigliarselo, nel tentativo di afferrare il ribelle e staccarselo di dosso assieme alla sua arma infernale.
Il ragazzo si vide arrivare addosso le dita metalliche, appuntite come spuntoni che minacciavano di impalarlo: allora mollò la presa e cercò immediatamente di scartare di lato, venendo preso di striscio alla schiena. Precipitò giù, sgorgando sangue, e con uno strillo di dolore fece la prima cosa che gli venne in mente per non cadere: allungò il palmo, e dai polpastrelli generò dei filamenti di energia, avviluppandoli attorno all’elsa della spada laser ancora conficcata; era troppo piccola perché il Cybertroniano potesse estrarla, così continuò ad agitarsi e urlare, mentre l’umano veniva sbatacchiato di qua e di là nel tentativo di restare aggrappato.
<< Qualcuno mi levi questo affare di dosso! >> continuò a ringhiare Starscream, mentre roteava a mezz’aria come un ossesso.
A un certo punto, torno a terra con un soffio, afferrò il primo Cyberman che gli capitò a tiro e cercò di usarlo per estrarre la lama, senza successo. L’umanoide emise un ronzio confuso e poi agonizzante nel momento in cui, infuriato, il Decepticon lo strappò in due e lo lanciò via, addosso ad un gruppo di ribelli.
Era una scena che Fire avrebbe potuto trovare grottescamente spassosa, se non si fosse ritrovato a rischiare la pelle proprio nel mezzo.
<< Piccolo insetto, le tue sofferenze diverranno leggendarie per lo stesso Unicron! >>
E, pronunciata tale minaccia, cercò di nuovo di afferrare l’adolescente con gli artigli affilati.
Ma stavolta, egli era pronto. Mise forza nel braccio e usò i filamenti per slanciarsi, schivare e poi atterrare sulla spalla del Cybertroniano. Spalancò i palmi… e i fili tirarono all’indietro la spada laser, estraendola di forza dall’occhio bionico.
Starscream continuò a ululare di dolore, mentre l’energon straripava dall’orribile ferita. Cieco da quell’occhio, non si accorse della presenza che aveva sulla spalla: la lama laser affondò nel collo e prese a fendere il metallo, fino a staccarlo di netto. La testa del leader dei Cercatori rotolò giù con un tonfo secco, precipitando contro una schiera di Cybermen, finché anche il gigantesco corpo metallico fece la stessa fine.
Fire rimase sospeso in aria con le ali, evitando così di finire travolto. Ripose la spada nella cintura e osservò il cadavere sotto di sé, mentre lentamente tornava a terra.
Quello era il primo essere senziente che uccideva. Sapeva che prima o poi sarebbe successo, da quando la battaglia era iniziata, ma aveva cercato di non pensarci, perché era convinto che non avrebbe provato altro che orrore e disgusto per se stesso.
Invece, scoprì di non provare altro che pietà, rammarico e rassegnazione: l’altro l’aveva attaccato con l’intenzione di rapirlo e in seguito torturarlo e ucciderlo, ecco perché aveva contrattaccato con la stessa determinazione. Avrebbe potuto evitarne la morte? Sì, ne era più che convinto. In fondo c’era sempre una scelta. Purtroppo, con le sue azioni, Starscream gliene aveva dato poca.
Era sollevato di sentirsi sì toccato e dispiaciuto da quanto aveva fatto, ma non abbattuto.
Era riuscito a seguire il consiglio di Accelerator: aveva ucciso per dovere, non per odio. Ma avrebbe davvero funzionato contro Shen, o contro Vader? Era riuscito a controllarsi appena in tempo, ma per quanto sarebbe durata? Lo scontro era ancora lungo, e non era sicuro che l’addestramento di una sola settimana l’avrebbe salvato.
Per il momento, non poteva fare altro che sperare.
* * *

Track: https://www.youtube.com/watch?v=jWQV2U4o0kg

Nel bel mezzo delle ancora fitte linee di Cybermen che coprivano il campo di battaglia, un vortice di luce multicolore scorrazzava in ogni direzione, scagliando per aria i nemici più fortunati e riducendo gli altri a cumuli di circuiti e quel poco di organico rimasto negli inquietanti cyborg.            
King Dedede rideva come un matto, approfittando appieno degli aggiornamenti apportati al suo martello negli ultimi giorni e lasciandosi trascinare dal suo reattore. Poi, caricando un fiotto di Aura nelle sue tozze gambe, effettuò un grande balzo, attivando al massimo il nucleo di energia dell'arma. 
Atterrando, scatenò un'autentica tempesta in miniatura, che sottoforma di nubi temporalesche si diramò contro gli avversari.
All’improvviso, vi fu un palesarsi di aura scarlatta attorno al Re. Fili del colore del sangue balenarono fra le fila dei Cyberman, si aggrovigliarono attorno ai loro arti e con uno e li fecero a pezzi, lasciandoli a terra. Esaltata sotto l'elmo alato, Marie agitò l'elsa della spada, mutata in una frusta dalle innumerevoli punte, facendola guizzare tutto attorno a lei.
<< Non è meraviglioso, Maestà? Non importa con cosa li si colpisca, si rialzano sempre...  ah, quanto mi era mancata la melodia della battaglia! >>
Le fruste formarono nuovamente una lama, poi la nosferatu cominciò a danzare in mezzo ai Cyberman, macchiando di olio il terreno sottostante.
Dedede si mosse altrettanto rapidamente, grazie ad un’agilità sviluppata nei lunghi anni di allenamento, poi calò il martello su qualsiasi automa che non fosse stato completamente distrutto dagli attacchi dell’alleata.
<< Sono più che concorde sull'eccitazione che solo una battaglia può donare, ma farei ben volentieri a meno di nemici di questo tipo >> borbottò.
<< Sono certamente fastidiosi >> convenne Marie << non cedono, tornano sempre... frutto di qualche stregoneria che ancora non comprendo appieno. Ma avranno anche dei difetti? >>
La donna spalancò le ali, portandosi sopra alle schiere del nemico e, avvolgendosi con lingue di sangue, si schiantò al suolo, impalandone una lunga schiera.
<< È tutto così... così perfetto! Mi ricorda, i bei tempi andati, quando era ancora una condottiera ... >>
Dedede guardò ammirato quell'incredibile sfogo di potere, pensando con un po' di malinconia a Lada. Gli sarebbe davvero piaciuto avere accanto sia lei che Beatrice, anche solo perché potessero vedere com'erano cresciuti Fire e Kirby. Ma il destino, sottoforma del Maestro, aveva deciso altrimenti.  
Così come la vampira, Dedede abbracciò nuovamente la sua sete di lotta, e ricaricò con nuovi cristalli di Polvere il suo martello, per poi tornare a infierire sui Cybermen in procinto di ricomporsi.
Ma nel mezzo della sua lucida follia omicida, Marie avvertì improvvisamente qualcosa.
Un fiotto gelido, dita di ghiaccio, punte fredde che le si conficcarono nelle viscere. Si fermò di scatto, col vapore che si formava davanti all'elmo, come se un nugolo di lance l'avessero bloccata sul posto.
<< Questa oscurità... >> sussurrò, mentre gli occhi cremisi guizzavano da una parte all'altra del campo di battaglia << è così terribile... e ammaliante. >>
Fu allora che nell’aria riecheggiò un suono che King conosceva fin troppo bene. Un respiro lento e sibilante, alieno, come quello di una bestia in punto di morte… o una creatura fuoriuscita direttamente dai meandri più profondi di una mente contorta. Un incubo vivente che cominciò a prendere forma in mezzo al marasma di Cybermen, costringendoli a farsi da parte per garantirne il passaggio.
Giunse allora un alto monolite d’ebano, con il volto coperto da una maschera scheletrica. E nella mano destra, reggeva una lama vermiglia e vibrante, desiderosa di sangue.
Le sue ottiche rosse scrutarono dapprima la vampira, poi incontrarono gli occhi del sovrano di Dreamland.
<< King Dedede… non pensavo che saresti stato tanto sciocco da allearti con il Dottore e la sua banda di ribelli. Credevo che la scomparsa prematura di Meta Knight ti avesse istruito a dovere su cosa succede a coloro che scelgono di opporsi al potere dell’Impero… ma a quanto pare mi sbagliavo. Un errore a cui mi assicurerò di porre rimedio. >>
Il fauno pinguino prese la propria arma con entrambe le mani, facendo un passo indietro, mentre teneva la punta rivolta verso il pericoloso Sith.                                                                                                      
<< Meta si assicurò che non apparisse alcuna relazione tra me e la Ribellione >> ammise, trattenendo a mala pena la propria furia << Era un uomo dai molti talenti. E oggi, farò in modo che il suo sacrificio non sia stato vano! >>
<< O più probabilmente morirai… solo più coraggioso di altri >> ribatté Vader, prima che il suo sguardo tornasse su Marie << E chi è colei che ti accompagna in questa guerra? Non ricordo di averti mai vista tra gli alleati del Dottore… non fino ad oggi, almeno. >>
Inclinò la testa, scrutandola attentamente da capo a piedi.
<< Tuttavia… l’aura che ti circonda ha un che di familiare. Qualcosa di… oscuro. >>
Marie rimase in silenzio, le braccia stese lungo i fianchi. Poi ridacchiò, portandosi una mano alla fronte coperta dall'elmo.
<< Sono impressionata  >> disse << Conosco il tuo nome, Darth Vader, Comandante Supremo dell’Impero... ma io non sono nessuno, solo una donna di Hong Kong. Tuttavia, se vuoi dare una nomea al volto dietro il metallo, chiamami pure Marie Von Dracula. >>
All’udire quel nome, il Signore Oscuro inspirò bruscamente, come se le parole della vampira avessero scosso il suo stesso animo.
La mano dell’uomo si strinse attorno all’elsa della spada laser, mentre il Lato Oscuro turbinava minacciosamente attorno a lui, invisibile a chiunque… tranne a Marie, i cui sensi acuti avvertirono un cambiamento nell’aria del campo di battaglia.
<< Von Dracula… >> sussurrò freddamente Vader << Una coincidenza? No… Ormai da tempo ho imparato che la Forza opera in modi misteriosi… >>
Puntò la spada in direzione della donna.
<< Dimmi, ribelle… sei per caso una creatura della notte? Una vampira? >>
<< La notte è la mia amante >> confermò la donna, sorridendo famelica << Bevo sangue per sopravvivere, la luce del sole mi è fatale e rifuggo i simboli della fede... ma questo non ha nulla a che fare con noi! >>
Sollevò la propria spada contro di lui, accumulando spirali nerastre dalle sfumature vermiglie.
 << Ora, vuoi continuare a dare aria alla bocca… o faremo danzare queste nostre armi? >>
<< Danzare? >> ripeté Vader, scandendo quella parola con tono beffardo << Che termine intrigante da usare in una situazione come questa. Ma per rispondere alla tua domanda, vampira… no. >>
Il bagliore della sua spada divenne ancora più intenso.
<< Ti assicuro che non ho alcuna intenzione di intrattenervi con una bella danza. Al contrario, ho tutta l’intenzione di uccidervi lentamente, interiormente… in tutti i modi che lo vostre menti sapranno suggerirmi, senza che possiate fare nulla per fermarvi. >>
E fu allora… che il Sith scatenò un’ondata telecinetica alle sue spalle, spingendo il proprio corpo in avanti alla velocità di un proiettile.
Gli occhi di Marie ebbero appena il tempo di spalancarsi sorpresi, mentre l’alta figura d’ebano sembrava materializzarsi di fronte a lei, la spada sollevata e pronta a colpire.
Dedede attivò all'ultimo istante il reattore del suo martello, scatenando contro il Sith un potente getto criogenico, sufficiente a spingerlo indietro di una buona decina di metri.
<< Ammetto che mi hai preso alla sprovvista... ma non sottovalutare la mia linea di sangue!>>
Marie si dissolse in una nube di pipistrelli, portandosi tutto attorno a Vader, poi si ricompose e menò un colpo contro il suo elmo, pregustando già la vittoria e la sensazione della carne aggredita dal metallo.
Ma invece di affondare attraverso il casco... la lama rimase sospesa a pochi centimetri dalla testa del Sith, come bloccata da uno scudo invisibile.
Le lenti vermiglie della maschera incontrarono gli occhi di Marie.
<< E quale linea di sangue sarebbe, vampira? >> ribatté, beffardo << Credevo che fossi solo una donna nata dal nulla... un insetto circondata da titani. >>
La spinse indietro con la forza, poi rivolse la mano libera in direzione di Dedede... e allora, un torrente di fulmini eruttò dall'arto teso, serpeggiando contro il sovrano e bruciando qualunque cosa si trovasse sul suo cammino.
Il sovrano provò a schivare il colpo, ma venne comunque preso di striscio da alcune delle saette, guadagnandosi una scottatura sulla spalla.  Rispose prendendo una bomba fumogena e buttandola ai piedi di Vader, confidente di guadagnare comunque qualche secondo.
Marie ne approfittò per evocare una fitta nebbia attorno al Sith, mentre i suoi canini si contraevano famelici.
<< Forse un tempo ero un titano >> ammise << Ma il mio nome era un altro… uno che non uso da troppo tempo, perso negli annali di questo mondo. Carmilla! Ecco il titolo di colei che ha terrorizzato gli incubi di innumerevoli umani, al pari dello stesso Dracula! Allora Darth Vader… lascia che ti mostri come combatte una regina delle tenebre... Carmilla dei Bagni di Sangue! >>
E dopo aver pronunciato tali parole, la vampira si lanciò addosso al Sith.
* * *

Pitch Black strisciò tra le fila di combattenti, non visto o udito, finché non individuò la sua preda.
Accelerator era impegnato, praticamente come tutti gli altri Time Warriors, in una disperata resistenza contro gli ineluttabili Cybermen. E benché fosse circondato da ogni lato, non accennava minimamente a ritirarsi!
A quel punto, l’ombra si allargò sotto i suoi piedi. I soldati attorno a lui si allontanarono rapidamente, disperdendosi e lasciando posto ad una torretta di sabbia nera. Questa si allungò verso l’alto, formando la figura di Pitch Black: l’ombra sotto i piedi dell’esper andò ad assumere l’aspetto della lunga palandrana nera che gli faceva da abito.
<< Salve, ultimo dei Level 5 >> lo accolse, sorridente << ho interrotto qualcosa? >>
<< E tu chi cazzo dovresti essere? >>
Come se i Cybermen non fossero sufficienti, ora si era unito l’ennesimo leccapiedi del Maestro. Ma a differenza degli altri, Accelerator non aveva mai visto colui che gli si parava davanti.
Era particolarmente alto e dalla pelle cinerea. Il suo tono di voce era stranamente accomodante, come se stesse semplicemente conversando con un vecchio amico, cosa che l’albino trovò abbastanza inquietante.
<< Fammi indovinare: sei un grande e terribile signore del male che, per qualche ragione, prende ordini dal Maestro. Sei venuto qui perché mi trovi interessante, ma in realtà vorresti solo fare colpo sul Maestro. Come un bambino col padre alcolizzato! >>
<< Oh, perché tanta ostilità, Time Warrior? >> replicò l’Uomo Nero, portandosi una mano al petto con osceno rammarico << Questa battaglia non ti avrà forse reso nervoso un po’ più del lecito? Credevo fossi abituato a situazioni del genere! >>
Ridacchiò appena, gli occhi gialli che brillavano di un’espressione misteriosa. “So cos’hai fatto”, sembravano voler dire.
Allora la preoccupazione e la tensione si insinuavano nel corpo dell’albino. Non comprendeva appieno cosa stesse accadendo, sapeva solo di sentirsi sotto esame, senza che l’altro avesse fatto assolutamente nulla.
Schioccò la lingua, infastidito e innervosito. Ma che gli prendeva? Adesso stava pure diventando paranoico? Erano solo stronzate!
<< Chiudi quella fogna, pezzo di merda >> sibilò << e poi crepa! >>
E così dicendo, batté il piede a terra e generò una potente onda d’urto capace di coinvolgere tutto quello che si trovava in un raggio di cinquecento metri.
L’ondata travolse i suoi dintorni, avvolgendoli in una nube di torre. E visto che il suo avversario non si era minimamente mosso, doveva per forza averlo colpito in pieno…
<< Quanta fretta, ragazzino. Le presentazioni dinnanzi alla mia prima vittima in questa battaglia non possono che essere doverose! >>
La voce proveniva alle sue spalle. L’istinto disse all’esper di girarsi, e così fece. Non appena percepì la presenza di Pitch dietro di lui, subito compì un balzo per indietreggiare da quella figura così alta e oscura.
Accelerator non era mai stato un ragazzo molto alto, ma di fronte all’Uomo Nero gli sembrava di essere davvero una pulce. L’uomo torreggiava dietro di lui, immacolato, con un sorriso irto di denti bianchi e perfetti e la mani incrociate dietro la schiena.
<< Pitch Black. L’Uomo Nero, il Guardiano degli Incubi… mi hanno dato tantissimi nomi, ma direi che questi sono più che eloquenti. >>
<< Uuuh, sto tremando di paura, talmente tanto che non me ne frega un cazzo >> sbuffò l’adolescente, l’espressione oltremodo seccata e, a tratti, impensierita << Sparisci, inutile sacco di letame! >>
Stavolta optò per un approccio più diretto: manipolò i vettori dell’aria per scagliare contro di lui una forte raffica di vento, con correnti abbastanza forti da poter tagliare perfino la roccia.
Pitch tese il braccio… e uno scudo di sabbia nera si formò dal suo gomito fino al polso. Indietreggiò di qualche passo a causa dell’impatto, ma la protezione rimase per lo più salda.
<< Te lo riconosco, sei potente >> replicò l’Uomo Nero, con una smorfia << ma temo che tu mi abbia frainteso. Non sono qui per combatterti. Sono qui per nutrirmi delle tue paure. >>
Lo sguardo gli si illuminò di una luce crudele, contornata da un ghigno grottesco.
<< Ora, sicuramente, tu mi dirai che non hai paura di niente. Ed è qui che ti sbagli, mio caro! Oserei dire che tu, tra tutti i tuoi stupidi amichetti... sei forse il bambino più spaventato. >>
<< Tch... il solito cattivo che se ne esce con frasi fatte nel tentativo di mettermi a disagio >> ribatté prontamente Accelerator << Senti un po’, se non vuoi combattere, che ne dici di levarti dai coglioni prima che un vero cattivo ti prenda a calci? Torna nella casetta di Biancaneve dal quale provieni, omino delle fiabe! >>
<< Un vero cattivo... curioso, per essere uno schieratosi dalla parte di coloro che combattono per la giustizia. Mi sorge spontanea una domanda: un vero cattivo si preoccupa forse... di poter essere considerato un mostro a causa delle proprie azioni? >>
Di colpo, il cuore di Accelerator perse un battito, proprio mentre era sul punto di eseguire il prossimo attacco. La risatina di Pitch echeggiò… e all’improvviso, il terreno mancò sotto i piedi dell’esper.
Precipitò nel nulla, avvolto dall’oscurità, e poi ripiombò a terra, tutto in lasso di tempo così repentino da mozzare il fiato.
<< Non ho bisogno delle presentazioni, nel nostro caso. Perché vedi... io so esattamente come ti chiami. >>
Il ragazzo si sollevò faticosamente in piedi e alzò lo sguardo, verso l’unica fonte di luce, e vide ancora il volto ghignante di Pitch; solo guardarlo, sentiva fioccare i nervi a fior di pelle.
Tuttavia, cercò ancora di combattere l’ansia crescente come faceva di solito.
<< Ma che grande scoperta, vuoi un applauso?! >> esclamò << Anche io so come mi chiamo! Ora scendi giù e affrontami, se ne hai il coraggio! >>
In quello spazio angusto mancava l’aria necessaria per evocare delle ali. Avrebbe potuto provare con la terra, però. Avrebbe potuto creare una torre sotto i suoi piedi per riemergere, ma sembrava che l’ombra nera del nemico avvolgesse il tutto, impedendogli di manipolare i vettori circostanti.
L’Uomo Nero ridacchiò sonoramente.
<< Oh, mio sciocco e ingenuo bambino... tu non lo sai affatto. >>

Track: https://www.youtube.com/watch?v=L9xVOtcIayQ
 
La luce sopra la sua testa si spense, e il buio lo inghiottì. Nonostante la sua Reflection fosse attiva, Accelerator provò dolore: fu colpito, sbattuto contro una parete e schiantato a terra, senza che potesse opporsi in alcun modo.
<< Sono tante le cose che non sai, e che nella notte ti chiedi, quando cerchi di sfuggire agli incubi che infestano il sonno che a lungo hai perso. Perché a te? Perché sei stato scelto... per essere così? Perché ti hanno fatto tutto questo? Perché a te? >>
Intontito e destabilizzato da quelle parole, l’esper cercò di risollevarsi, ma poi la saliva gli si strozzò in gola. Sentì il freddo tocco di una lama, e poi un’altra, e un’altra ancora: sferzate di coltelli affilati. Le sentiva sul collo, sulle braccia come aghi che si infilavano nella pelle, sentiva la lama di un bisturi che gli penetrava nella carne.
Dolori familiari. Dolori che aveva già provato. Ma quante probabilità c’erano che lo colpisse negli stessi punti? Come poteva essere lo stesso dolore? Pitch sapeva degli esperimenti? Come?
<< Finiscila con queste cazzate! >> urlò, tentando di scacciare quei pensieri.
Scatenò una nuova onda d’urto. Aveva colpito qualcosa? Non lo sapeva. Era tutto buio e non vedeva niente.
<< Vigliacco, fatti vedere! Fatti vedere! >> strillò con tutte le sue forze.
Non ricevette altro che un silenzio di tomba. Per qualche istante, non ci fu altro che silenzio all’interno di quel buio soverchiante. Credeva d’impazzire, a sentire soltanto il suo respiro ansimante nell’aria.
<< Boo. >>
Il sussurro gli si infranse sull’orecchio, seguito da una risatina malevola.
Se si fosse visto in maniera lucida, il ragazzo si sarebbe preso a schiaffi da solo. Sobbalzò, poi si girò di scatto, come un dannatissimo lattante terrorizzato.
<< Tu… brutto figlio di puttana! >> inveì, rabbioso << Che cazzo vuoi da me!? >>
Pitch torreggiò su di lui, con un’espressione famelica e predatoria.
<< Le tue più grandi paure. E come ti ho già detto... bambino... tu ne sei pieno, più di tutti i tuoi amichetti messi insieme. >>
Inspirò profondamente, socchiudendo le palpebre e sorridendo soddisfatto, come se stesse annusando il più dolce dei profumi.
<< Hai paura che la tua preziosa figlia ti veda come ti vedono e ti hanno sempre visto tutti: come un mostro. E che ti odi per quello che sei, che per questo abbia paura di te… >>
Accelerator ringhiò e si morse il labbro. << Sta’ zitto! >>
Cercò di contrattaccare colpendolo con un pugno, un semplice gesto di autodifesa dettato dall’istinto, come un bambino che non aveva altro modo per proteggersi da ciò che lo spaventava se non agitando le braccia. La cosa che lo terrorizzava di più non era solo sentirsi sbattere in faccia quelle intime verità… ma essere consapevole che Pitch le conoscesse, e non sapere il perché.
Mancò il bersaglio, e all’improvviso, il terreno sembrò acquisire la stessa consistenza del catrame e gli si riversò addosso, cercando di avvolgerlo completamente. L’esper lottò, tentò di usare i suoi poteri, si agitò, provò a combattere, graffiò, e provò perfino a mordere, ma niente sembrava funzionare contro quei viticci neri.
<< Come fai... come ci riesci?! >> gridò << Sei entrato nella mia testa con la telepatia, vero? Esci! Esci dalla mia mente! >>
Gli occhi gialli di Black apparvero nel buio di colpo; la sua mano lo afferrò per il collo, sollevandolo da terra.
<< Credi che sia così facile? Credi di poter ridurre tutto a questo? >> domandò, quasi sdegnato << Credevi di poterti nascondere per sempre, come il ratto di fogna che hai interpretato fino ad ora per non finire sterminato o reclutato come tutta la tua specie? Credevi… di poter sfuggire perfino a me? Io sono ovunque, in tutta Battleground, insulso moccioso! Io sono la paura, il terrore, l’incubo! Sono ciò che tiene insieme questa Grande Illusione! >>
L’esper provò a divincolarsi da quella presa, ma questa sembrava d’acciaio: perfino la sua Reflection era inutile su di lui. Che cosa era Pitch Black? Aveva un corpo, ma non era fatto di carne. Aveva la pelle, ma non aveva muscoli sottocutanei. Aveva gli occhi, ma non aveva un sistema nervoso.
Niente nella biologia di quella creatura aveva qualcosa di umanamente concepibile. Per la capacità di calcolo del Numero Uno... quello non era altro che un corpo in grado di eludere ogni legge della fisica. Nessuna scienza mortale avrebbe mai potuto spiegare la sola esistenza di Pitch Black. E se qualcosa non esisteva nel piano materiale, allora il potere di Accelerator era inutile.
Sentiva l’aria mancargli, quella presa era molto forte, e quegli occhi gialli... le iridi rosse del ragazzo si posarono su di essi, e fu come rivivere una scena del suo passato: quel momento gli ricordava la sua infanzia, quando Amata Kihara lo allenava. Una volta lo aveva preso per il collo e lo aveva sollevato da terra, proprio come ora stava facendo Pitch.
Era un caso? No… Black lo aveva appena spiegato: lui era la paura incarnata, e pertanto sapeva esattamente tutto quello che spaventava Accelerator. E tra le tante paure dell’esper… vi era quella per Amata. Odio, disgusto e desiderio di vendetta nei confronti di quell’uomo, certo, ma una parte di lui ne aveva ancora il terrore a causa di tutte le torture che aveva patito da bambino per colpa sua.
<< Il tuo potere ti ha protetto da me finché sei stato lontano dalla mia forma fisica. Ora non più! Non puoi più farti carico del tuo scudo, piccolo codardo. Non c’è alcuno scudo che possa frenare le paure che si annidano dentro un’anima… nera quanto la mia! >>
Lo lanciò semplicemente via, quasi fosse stato una bambola di pezza. L'adolescente atterrò con un tonfo, ma cercò di rialzarsi. Non doveva e non poteva perdere.
Così tentò di approcciarlo sul piano fisico. Sotto il suo giubbotto bianco aveva nascosto la cotta di maglia che Thor gli aveva regalato nell'arena… e non solo: dalla fodera della giacca estrasse un'ascia. Il manico in legno era finemente decorato, e la lama era fatta di puro acciaio su cui era stata incisa una runa: ᚢ. Quel simbolo significava "forza", di cui aveva un disperato bisogno.
Essendo un’arma di fattura divina, forse sarebbe stata in grado di ferire il corpo di Pitch.
<< Io non sono come te. Io non sono affatto come te! >> urlò con rabbia. << Avanti, vieni qui bastardo! Fatti avanti e affrontami! >>
<< Oh, ma sei tu che vuoi giocare alla lotta, moccioso! Allora perché non vieni a prendermi? Se odi cosa sto dicendo, perché non provi a farmi tacere? Sempre che la lotta sia davvero quello che vuoi. >> Pitch inclinò la testa. << O forse, in realtà… speri di sapere? Speri di mettermi le mani addosso e farmi sputare a forza tutto quello che so, ma allo stesso tempo hai paura di farlo. Non sono io che mi beffo di te… sei tu! Tu che cerchi ostinatamente di risollevarti, di resistere nell’ignoranza… perché hai paura! >>
<< CHIUDI QUELLA CAZZO DI BOCCA! >>
L’esper afferrò l’arma, e non potendo più contenere l'impeto guerriero si lanciò contro Black, tenendo l'ascia stretta e alzandola oltre la testa.
L’Uomo Nero allargò le mani, ed ecco che dei tentacoli di sabbia nera serpeggiarono verso di lui.
<< Hai paura di non riuscirci. Di non riuscire a riconquistare la parte umana che è dentro di te! Hai paura di perderti per sempre, di essere consumato dal Demone Bianco, finché di te non rimarrà altro che un guscio vuoto e assetato di sangue. Hai paura di deludere le tue mammine e l'unico amichetto che tu sia mai riuscito a farti… >>
Lo attaccò con quei filamenti, sferzandolo dolorosamente, come se lo stesso riempiendo di frustate.
<< Taci! Taci! Taci! Taci! >> urlava Accelerator, mentre menava fendenti, cercando di tagliare quei rovi oscuri.
Alcuni riuscì a contrastarli, mentre altri lo frustarono imperturbati, facendo zampillare il caldo liquido scarlatto che gli scorreva nelle vene. Nonostante il dolore, continuò a combattere in preda alla rabbia causata dalle parole di Pitch, che sembrava leggerlo come un libro aperto. Ogni parola, ogni sillaba… sapeva perfettamente dove colpire per ferirlo.
Si agitava come uno dei leggendari berserkir, i guerrieri prediletti di Odino che, pervasi del suo divino furore, combattevano in preda alla furia guerriera. Per un attimo, gli parve perfino di sentire i tamburi della battaglia rimbombare nella sua testa, mentre faceva roteare l'ascia e veniva ferito. Forse era un effetto della runa, o forse era il Demone Bianco dentro di lui che cercava di uscire.
<< Ma soprattutto… hai paura della verità, paura di quei ricordi. Forse perché, inconsciamente, il richiamo del sangue è più potente di quanto credi. >>
Il Guardiano degli Incubi svanì nel buio, solo per apparire ancora alle sue spalle.
<< Ripudi il tuo nome dalla memoria perché lo odi con tutto te stesso... giovane Kihara. >>
Quella frase, quell’unica frase pronunciata, riuscì a distoglierlo da tutto quel furore battagliero.
“Giovane Kihara”.
Sentì la mente obnubilarsi di colpo, e così si accorse troppo tardi di un viticcio nero che lo colpì diretto al volto. Cadde a terra, picchiando la faccia contro il suolo e perdendo la presa della sua arma.
Lentamente, si risollevò sui palmi delle mani. Il suo viso era di pietra, poi gli occhi gli si iniettarono di sangue.
<< Come... COME CAZZO HAI OSATO CHIAMARMI?! >>
Si dimenticò dell’ascia, e un’esplosione del suo potere prese forma attorno a lui.
<< NON PRENDERMI PER IL CULO, BASTARDO! NON OSARE! >>
Quando l’esplosione terminò, afferrò l’ascia caduta prese a menare l’aria anche con quella.
<< IO - NON HO - UN NOME! >> ululò << NON SONO UNO DI LORO! >>
Ancora una volta prese la rincorsa e cercò di fiondarsi sull'Uomo Nero. Voleva aprirgli il cranio in due con la sua arma.
Pitch scoppiò in una risata secca e sibilante di scherno. Spavaldo non si mosse dal suo posto, e quando l’arma si abbatté su di lui si tramutò in un mucchietto di sabbia nera che si sparse per terra.
<< Puoi rinnegarlo quanto vuoi, “Accelerator” >> disse, enfatizzand il nome con scherno << puoi rannicchiarti quanto vuoi nel tuo angolino della violenza come un bambino capriccioso e non ascoltare... ma questa è la verità. Conosco il tuo nome come quello di tutti i bambini e ragazzi del mondo. È nelle mie capacità, perché ad ogni nome e identità corrisponde una paura precisa. E tu lo senti, è nel tuo inconscio, negli oscuri meandri nella tua mente, quelli che ti terrorizzano più di ogni altra cosa. Ecco perché sai… che non mento. >>
Il Numero Uno si guardò intorno, ma non vedeva nulla. Poteva solo sentire quella viscida voce riecheggiare come un eco. Tenne l'ascia protratta in avanti e, lentamente, girò su se stesso in modo tale da avere una visione a tutto campo.
<< Tuo padre è l'uomo che non ha fatto altro che usarti come ricettacolo di carne! Amata Kihara! Tuo padre è l'uomo che ti ha trasformato in un mostro assassino... COME ME! >>
Nonostante tutta l’attenzione, l’esper non vide arrivare i tentacoli. Lo colpirono in pieno e lo mandarono a schiantarsi per l’ennesima volta.
 
* * *

Vorkye camminava imponente per il campo di battaglia, schiacciando chiunque osasse pararglisi davanti. Che fossero ribelli o Cybermen, lui non avrebbe fatto distinzioni. Tuttavia… il suo avversario era uno soltanto, lo stesso che stava cercando.
Dove si trovava lui? Dov’era Angel?
A rispondere alla sua domanda fu un forte rilascio di energia proveniente a poche centinaia di metri da lui. La riconosceva: era la presenza del rosso. La sentiva molto più forte e dirompente dell’ultima volta. Meglio, avrebbe avuto più soddisfazione nel prendersi la sua testa.
Poco distante, Angel fece roteare la sua lancia, spazzando via l’ennesimo gruppo di Cybermen. Per quanto fossero resistenti, al momento non avevano ancora raggiunto un livello di potere tale da poterlo minacciare seriamente. Inoltre, presto avrebbe avuto questioni molto più preoccupanti di cui occuparsi.
Lo percepiva, circondato da un’energia familiare e indomita, degna di un tiranno. Vorkye stava arrivando… e lui era pronto ad accoglierlo.
Percepì un movimento rapido alle sue spalle. Troppo veloce per un soldato, e sicuramente troppo elaborato per essere opera di una delle creature meccaniche che lo circondavano. LUI era lì.
Sollevò la lancia, parando il doppio affondo delle lame del soleano cremisi.
<< Hai recitato le tue ultime preghiere, meticcio? >> chiese Vorkye, gli occhi illuminati da un bagliore vermiglio.
Il Time Warrior assottigliò lo sguardo. << L’ho fatto per raccomandare la tua anima >> rispose, freddamente, una provocazione a cui l’avversario rise subito di gusto.
<< Ti assicurò che oggi non sarà la mia anima ad aver bisogno di aiuto… >>

Track: https://www.youtube.com/watch?v=13HbcB8-FwE

Prima che potesse completare la frase, Angel gli scagliò contro la lancia intrisa di Haki dell’armatura. Il soleano cremisi afferrò la punta poco prima che riuscisse a colpirlo al petto, ma la forza del dardo risultò così forte da costringerlo a concentrare tutta la sua attenzione sul colpo.
Lo stallo durò circa dieci secondi… ma alla fine, fu il sovrano del sole ad avere la meglio sull’arma.
La scena gli riportò alla mente il loro precedente incontro. Forse il meticcio stava per ripetere quella mossa?
L’istante dopo, la lancia fu sostituita da un pugno avvolto di scariche elettriche nere, ad opera dello stesso Angel. Ma non sarebbe andato a segno come l’ultima volta!
Con un movimento fulmineo, Vorkye afferrò l’arto nemico e lo proiettò dietro di lui. Angel riuscì ad atterrare in piedi, e con una rapida capriola proiettò a sua volta l’avversario, che si ritrovò così costretto ad evocare le sue ali per allontanarsi.
<< Sei migliorato >> commentò il soleano cremisi. Non si aspettava una simile prontezza di riflessi. Era evidente che l’avversario non avesse battuto la fiacca in quel periodo di tregua… ma lui non era certo stato da meno.
Mentre il tiranno rifletteva su questo, Angel non riuscì a trattenere un sorrisetto al di là del suo elmo. Sebbene l’armatura che indossava non era altrettanto resistente quanto quella che Blue era solito evocargli in battaglia, costituiva comunque un prodigio tecnologico di cui Remnant poteva andare fiero.  Uno capace di mischiare il meglio della sua magia con la tecnologia del regno!
All’improvviso, percepì l’arrivo di qualcosa: una lama di plasma che riuscì a scansare per un soffio. Ma guardandosi rapidamente intorno… si rese anche conto che non era l’unica. Infatti, si trovava completamente circondato da sfere di sangue che fluttuavano intorno a lui!
Dalla sua posizione in aria, Vorkye osservò trionfante il suo avversario, ignorando i corpi dei ribelli poco distanti… gli stessi a cui aveva appena sottratto tutti i loro liquidi corporei, riducendoli a delle carcasse rinsecchite. Perché sebbene le difese magiche di Angel gli impedissero di manipolare il suo sangue, lo stesso non si poteva certo disse per degli esseri viventi privi di alcuna protezione arcana. 
Sollevò la mano destra e, in risposta, le sfere presero la forma di lunghe spade e vennero scagliate contro l’avversario che, un attimo prima di essere colpito, creò uno scudo d’acqua attorno a sé.
Tuttavia, entrambi sapevano che quella difesa non avrebbe retto a lungo. Non con un attacco di quella portata!
Così, Angel convertì la bolla in un turbine, poi lo scagliò a tutta velocità contro l’avversario. Questi non si lasciò intimidire e richiamò a sé le lame vermiglie, trasformandole a loro volta in un vortice scarlatto e usandolo per intercettare l’attacco nemico.
Acqua e sangue esplosero sotto forma di un fiume rosso, macchiando la terra sottostante e dipingendo le armature argentate dei Cybermen vicini. Ma Vorkye non si preoccupò di contemplare quell’opera d’arte. Invece raggruppo’ rapidamente il sangue in un’unica sfera, la cui densità molecolare sarebbe stata sufficiente per trapassare una montagna da parte a parte. Angel fece lo stesso con l’acqua raccolta, e ancora una volta i due attacchi si scontrarono a mezz’aria, producendo un tonfo sordo… ma fu quello di Vorkye ad uscirne vincitore.
Sorrise soddisfatto mentre quella palla da demolizione scarlatta si muoveva rapida verso l’avversario… ma quell’espressione gioviale scomparve nel momento in cui uno scudo di rune si materializzò di fronte al meticcio, disperdendo il sangue raccolto in una pioggia grottesca.
<< Sembra che tu abbia imparato qualche nuovo trucchetto >> sibilò tra i denti << A quanto pare, dovrò impegnarmi di più… >>
Ma prima che potesse fare altro, una luce abbagliante lo colpì alla schiena, facendolo schiantare al suolo.
<< Dannate rune >> ruggì il soleano, che rilasciando un impulso di materia oscura riuscì a liberarsi a fatica. Quando rimise a fuoco i suoi dintorni, scoprì che Angel si trovava a pochi metri da lui, le mani occupate da due sfere di energia magica.
Non appena Vorkye le vide, ricordò il resoconto della battaglia su Trenzalore, fornitigli dal Maestro. Era quella mossa ad ampio raggio che aveva usato per infliggere seri danni a Shatter e Soundwave!
Rapido, Angel conficcò entrambi i globi nel terreno.
<< Isola della Tartaruga Gigante >> sussurrò, e subito il terreno sottostante esplose in un turbinio di rocce affilati e stalagmiti aguzze.
Vorkye si preparò a ricevere il colpo… ma, non appena venne a contatto con quegli spuntoni, si sentì attraversare da un dolore molto intenso. Quella sensazione… la stessa percepita durante il loro ultimo scontro, quando era stato colpito dal fulmine del ragazzo. Poteva essere trasferita anche ad altri elementi? Con un ringhio stizzito, spalancò le ali e sali più in alto che poteva. Eppure, gli spuntoni continuarono ad inseguirlo, formando una specie di enorme guscio attorno a lui.
Nel mezzo di quella gabbia, il tiranno del sole osservò il rivale.  Non sembrava affaticato o provato, anche dopo aver eseguito una simile prodezza arcana.  Eppure, secondo il rapporto su Trenzalore, una mossa simile avrebbe dovuto lasciarlo a corto di energie! Era davvero migliorato così tanto in una sola settimana? Il suo potenziale di crescita… era molto più rapido del suo?
Prima che potesse interrogarsi ulteriormente sulla questione, notò che il rosso aveva evocato un’altra coppia di sfere. Che stesse per lanciare lo stesso attacco?
La risposta a quel quesito non si fece attendere. Le due sfere si posizionarono a lati di Vorkye, proprio al limitare della struttura appena realizzata… e cominciarono a vorticare freneticamente, fino a generare un vero e proprio tornado.
<< Ruggito della Tigre Bianca >> sussurrò Angel.
L’istante dopo, Vorkye si ritrovò intrappolato all’interno della tromba d’aria. Il ruggito del vento era talmente forte da bloccare qualsiasi altro suono, e la pressione generata dal turbine fu tale da costringerlo a chiudere gli occhi.
Allora il soleano cremisi si chiuse in difesa, richiamando a sé il sangue per creare una sorta di barriera attorno al suo corpo. Fu allora che un forte odore di bruciato raggiunse le sue fini narici. Poi, la trappola d’aria si trasformò in un vero e proprio inferno di fiamme.
<< Altare… della Sacra Fenice! >>
Vorkye strinse i pugni furente, cercando di ignorare l’ondata di dolore che lo percosse da capo a piedi. Sopra il vortice di lampi si era formata una nube temporalesca pregna di energia magica. Angel strinse il pugno, mentre lanciava un’altra sfera nel mezzo della coltre nuvolosa. 
<< Santuario… del Drago della Tempesta! >>
E nel momento in cui ebbe pronunciato tali parole, un drago di pura elettricità scaturì dalle nubi, piombando su Vorkye e investendolo in pieno. A quell’attacco, seguì una potente esplosione, poi una colonna di luce dorata illuminò la volta, proiettando il suo bagliore su tutto il campo di battaglia e mescolandosi alla canzone di corpi cadenti e colpi d’arma che risuonava sulla piana.
 
Il Maestro, intento a sorseggiare una tazza di tè, si concesse qualche secondo per osservare il fenomeno.
<< Impressionante >> commentò con un sorrisetto << Quel ragazzino ha davvero fin troppi trucchi. Suppongo sia una cheat inevitabile, quando possiedi la capacità di viaggiare tra gli universi. Impari sempre qualcosa di nuovo! >>
Accanto a lui, una ragazza dai folti capelli castani assistette alla scena senza battere ciglio, pur gioendo internamente. Nel mentre, il Signore del Tempo indossò un paio di occhiali, quasi fosse il testimone di un fallout nucleare.
<< Una combo, vero? >> chiese, a cui Najimi sembrò fin troppo felice di rispondere.
<< Esatto >> confermò l’entità travestita da ragazza << L’Isola della Tartaruga Gigante blocca l’avversario da terra, il Ruggito della Tigre Bianca ne limita i movimenti e offusca i sensi, l’Altare della Sacra Fenice lo imprigiona in una tempesta di fuoco… e infine, il Santuario del Drago della Tempesta lo colpisce dall’alto, bloccando l’unica via d’uscita. Quando queste quattro mosse vengono combinate insieme, l’avversario ha ben poche possibilità di sopravvivere. >>
<< Carino >> disse il Maestro, con un fischio impressionato << Ma non credo che il nostro caro Vorkye si lascerà abbattere tanto facilmente. >>
<< Posso solo sperarlo >> gli rispose Ajimu, stringendo le mani in pugni serrati.
 
Angel rimase immobile ad osservare la colonna di luce.
Nonostante la potenza dell’attacco che aveva appena lanciato, aveva come la sensazione che qualcosa di altrettanto pericoloso si sarebbe abbattuto su di lui da un momento all’altro. E infatti, fece appena in tempo a scansarsi, prima che il terreno sotto di luu fosse investito da una sfera di energia oscura.
Artefice dell’attacco era Vorkye, che emerse dalla colonna di luce. Il suo corpo riportava diverse ferite sanguinanti, eppure sembrava ancora in grado di combattere. Anzi… si stavano già rimarginando, a riprova di quanto le sue capacità di manipolazione del sangue fossero utili.
<< Sorpreso? >> chiese il tiranno, sollevando la mano pregna di un bagliore color pece.
Angel sentì un brivido attraversargli la spina dorsale.
<< Che cos’è quell’energia oscura? >> chiese, cercando di mantenere un tono di voce disinvolto.
<< Oh, ti è tornata la voglia di chiacchierare? Bene >> rise Vorkye, mentre una sfera si materializzava nella mano << Semplicemente, un’abilità appresa dal mio vecchio insegnante… e migliorata dal Maestro stesso, attraverso l’energia residua dello Scisma. Per anni il Signore Supremo di Battleground ha cercato di sfruttarla per creare dei soldati capaci di affrontare qualsiasi nemico… ma solo io ed un piccolo manipolo di cavie siamo stati capaci di resistere alla sua natura corruttiva. Non tutti hanno imparato ad usarla come si deve, con conseguenze catastrofiche. >>
Si portò la mano libera al mento.
<< Se non sbaglio, è stata proprio una dei vostri alleati a far fuori uno dei sopravvissuti agli esperimenti. Come si chiamava? Aveva un nome tedesco… Jeager… no, qualcosa di più comune… Hans! Hans Landa! Un vero peccato, perché per essere un umano era stato qualcuno con cui era piacevole conversare. >>
<< Capisco >> sussurrò, mentre si rimetteva in posizione.
Al contempo, gli occhi di Vorkye lo trafissero come pugnali. << Ora vorrei che fossi tu a rispondere a una mia domanda: dov’è il tuo amico spirito? >>
Allo sguardo sorpreso di Angel, aggiunse: << Semplicemente ho trovato strano che non si fosse ancora presentato. Non ti avrà mica abbandonato perché spaventato da me, vero? >>
Il rosso serrò i pugni, cercando di mantenere la calma. Sapeva che il tiranno stava solo cercando di provocarlo, ma difficilmente sarebbe rimasto in silenzio mentre insultava uno dei suoi più cari alleati. Un amico… qualcuno che lo aveva accompagnato e sostenuto durante innumerevoli battaglie. 
Prese un lungo respiro calmante, poi tornò a guardare Vorkye.
<< Non è più tra noi… ma ti assicurò che non avrò bisogno del suo aiuto per cancellarti quel tuo sorriso insopportabile dalla faccia! >>
<< In questo caso, penso che il tempo delle chiacchiere sia giunto al termine >> sibilò Vorkye << Lasciamo che siano i nostri attacchi a parlare per noi! >>
Intorno a lui si formò un perimetro scarlatto. L’odore ferroso del sangue era ovunque, dimostrando quanto l’intera zona ne fosse pregna. Veniva dalle ferite aperte, dai cadaveri morenti, perfino dai corpi di alcuni Cybermen… e Vorkye poteva controllarlo.
Il sovrano del sole lo raggruppò attorno alla sfera di energia oscura, che procedette a lanciare contro Angel. Il rosso riuscì ad evitarla, ma l’onda d’urto generata dall’impatto lo colpì alle spalle, facendolo incespicare.
A quel punto, un’altra sfera gli comparve davanti, costringendolo a indietreggiare. Ebbe appena il tempo di poggiare i piedi a terra, prima di trovarsi circondato da una miriade di lame scarlatte, che cominciarono a bersagliarlo all’unisono.
Conscio di quanto fosse in pericolo, diede libero sfogo all’Haki che aveva in corpo, frenando gli attacchi a pochi centimetri da lui. Le lame premettero contro l’aura rossa che lo circondava, eppure il Time Warrior riuscì a mantenere salda la posizione.
Vorkye socchiuse gli occhi.
 << Haki del Re Conquistatore eh? Mi sorprendi di nuovo, Angel… >>
Il ragazzo non si lasciò ammaliare. Invece, impugnò la sua lancia e, avvolto dal un turbinio di scariche elettriche, si diresse a tutta velocità verso il soleano. Quesi rispose raggruppando diverse sfere di sangue di fronte a lui, fondendole fino a creare una gigantesca lama.
Gae Bolg e la punta di quell’orrida arma si scontrarono a mezz’aria, provocando un forte clangore. Sembrava che la lancia fosse sul punto di vincere lo stallo… ma ecco che che Vorkye sembrò quasi materializzarsi di fronte ad Angel, e lo colpì con un poderoso pugno avvolto di Haki, costringendolo ancora una volta a retrocedere.
Mentre sentiva alcune delle ossa nelle braccia che si spezzavano, Vorkye proseguì con un secondo colpo… ma prima che potesse calare il pugno, un lampo lo colpì allo stomaco, allontanandolo. L’istante dopo, entrambi i soleani ripresero a scambiarsi colpi, come se ormai non potessero più fare altro.

* * *

Il trucco dei tunnel utilizzato dai team RWBY e JEKP era riuscito a sfoltire le linee di Cybermen e a guadagnare minuti preziosi per molti soldati, ma i devastanti androidi continuavano a sfidare ogni concezione di resistenza grazie alla loro capacità di adattamento. Alla fine, anche gli otto Cacciatori erano stati costretti a separarsi.
Kirby correva sopra una lunga distesa di Cybermen e soldati morti, sparando ogni tanto attacchi a base di polvere contro nemici in lontananza, col rumore di cannoni e aerei in sottofondo.
"Dai, sono ancora vivi, sono ancora vivi.....", continuava a ripetersi, cercando una qualsiasi traccia dei suoi amici, timoroso che non sarebbe arrivato in tempo per aiutarli.
<< KIRBY! >> lo chiamò all'improvviso la voce di James.
Voltandosi, il rosato vide proprio il suo leader ed Emil, alquanto malridotti, ma fortunatamente vivi.
<< Cazzo, pensavo di essere preparato al peggio, ma questo va oltre qualsiasi previsione >> si lamentò il fauno lupo, massaggiando una chiazza insanguinata tra i capelli… dove fino a  poco prima si trovava una delle sue orecchie canine.
<< E delle ragazze ancora nessuna traccia >> sbuffò James, prima di rivolgersi a Kirby << nessuna notizia da loro? >>
<< Purtroppo no >> borbottò il rosato << Non ci resta che buttarci di nuovo dentro le file dei Cybermen… e sperare in meglio. >>
Il trio di ribelli tornò alla ricerca delle compagne, ma la loro avanzata venne fermata dallo scoppio di una granata lanciata poco lontano da loro.
Dalla nube di fuoco risultante emersero tre figure: una torreggiava su tutte, con un aspetto trasudava pura forza bruta, mentre le restanti erano decisamente più egili… ma altrettanto minacciose a causa del loro aspetto grottesco.
<< Buonasera! >> esclamò Joker, con il suo inconfondibile ghigno tutto denti << Noi siamo gli intrattenitori della festa! Non ci sembrava divertente lasciar fare tutto ai Cybermen, e così… eccoci qui! Facciamo subito le presentazioni? Bane, i tuoi sacchi da boxe sono laggiù. Per quanto riguarda il resto di voi… siate gentili e occupatevi del lupacchiotto! >>
Armati rispettivamente di falce e martello, lo Spaventapasseri e Harley Quinn non se lo fecero ripetere due volte e caricarono a testa bassa.
Emil si ritrovò così costretto ad evitare le loro armi, facendo ampio affidamento sui suoi riflessi amplificati. James, invece, incontrò la carica di Bane con gli artigli, rivolgendogli uno sguardo di sfida malcelato dall'elmo.
<< È ora di finire quello che ho cominciato a Trenzalore >> disse, mentre trasformava gli avambracci in due enormi lame.
Al contempo, gli occhi del criminale dardeggiarono di rosso.
<< Non aspettavo altro, ragazzino. Delle tue ossa non resteranno altro che granelli di polvere! >>
Poco distante, Kirby rimase fermo sul posto e prese la sua Warp Star, indossandola come scudo. Poi, incontrò lo sguardo di colui che lo aveva quasi portato alla morte.
<< Sapevo che non ti saresti lasciato sfuggire l’occasione di un massacro… >>
<< Mi conosci troppo bene >> ridacchiò Joker << Non rifiuto mai la possibilità di mettermi in mostra! >>
Detto questo, estrasse rapidamente la sua pistola di polvere e sparò un colpo diretto contro il rosato. Questi sollevò rapidamente la protezione, indietreggiando brevemente.
<< Oggi, in un modo o nell'altro, quest'incubo avrà fine, dannato pazzo >> sibilò, formando una lancia di ghiaccio in mano e scagliandola contro il signore del crimine.
Il sorriso dell’uomo si fece più accentuato, mentre si limitava ad evitarla con un agile balzo.
<< Fine? Oh no, è troppo presto per la fine! >>
Scosse la testa, il viso contratto da un’espressione improvvisamente rattristata.
<< Quando morì tuo padre… mi sono sentito svuotato. In un certo senso “perso”! Battleground è una realtà fin troppo rigida… piena di cagnolini fedeli che desiderano solo compiacere il loro padrone! >>
Emise un sospiro quasi nostalgico.
<< Mi mancava la sfida. Mi mancava l’eterna lotta tra il bene e il male! Mi mancava… Batman >> sussurrò << Poi arrivò Meta Knight, la cosa più vicina al pipistrello che questa realtà avesse da offrire! >>
Le parole di Joker trasparivano il disprezzo che provava per l’universo creato dal Maestro.
Eppure, per quanto la odiasse, non aveva il potere di sottrarsi al giogo del Signore del Tempo. Perfino un individuo come lui, il principe del Caos, aveva trovato qualcuno capace di tenerlo al guinzaglio. Quindi, si sarebbe goduto ogni secondo di questa breve fuga dalla monotonia di un’esistenza così ordinaria!
<< Ma poi il Maestro mi ordinò di ucciderlo… e allora tornò la noia. No, Kirby, il divertimento è appena iniziato! E voglio godermelo fino alla fine! >>
Evitò un altro attacco, rispondendo poi con un pugno tanto forte da inclinare l’Aura del ragazzo. Questi lo fissò sorpreso, poiché mai avrebbe creduto che qualcuno di così apparentemente fragile potesse menare colpi del genere.
Forse intuendo il suo smarrimento, gli occhi del Joker vennero attraversati da un luccichio deliziato.
<< Lo sai che cosa ho imparato dalla mia vecchia nemesi, Mr Confetto? Come menare le mani! La tecnologia del Maestro è davvero meravigliosa! >> esclamò, mentre avanzava minaccioso, scrocchiandosi le nocche << Prima di finire in questa discarica, il mio punto debole era sempre stato l’aspetto fisico… qualcosa a cui il Signore del Tempo è riuscito a porre rimedio! >>
Detto questo, si picchiettò la testa.
<< Vedi, nel mio cervello è stato inserito chirurgicamente un micro-chip contenente i dati di tutti gli stili di combattimento conosciuti. Un regalino per il buon lavoro svolto nel controllare la criminalità di Battleground! Ho l’abilità di Batman… e la volontà di compiere atrocità che lui non avrebbe mai preso in considerazione! Sono il meglio di entrambi, il Joker definitivo. In poche parole, rosatino… sei spacciato! >>
E con quell’urlo gracchiante, si lanciò ancora una volta contro Kirby e lo colpì con un forte calcio al viso, facendogli sputare sangue.

* * *

Anche il Team RWBY era stato separato dalla quasi infinita orda di Cybermen, nonostante i migliori tentativi delle giovani cacciatrici di mantenere un fronte unito.
Nel tentativo sempre più disperato di riunirsi con il resto dei Time Warriors, Ruby era riuscita a scovare solo Penny, impegnata a sgominare l’ennesimo gruppo di automi attraverso un turbinio delle sue lame retrattili. Correndo assieme a lei sulla terra bruciata dall’offensiva, recuperarono Blake, Weiss e Yang dopo quasi dieci minuti passati a schivare proiettili o rispondere al fuoco nemico.
<< Yang, hai visto gli altri? >> chiese rapidamente l’androide, dopo essere atterrata di fronte alla bionda del trio. Ma con suo timore crescente, ella scosse la testa. 
<< Ho visto Thor e Fire che ci sorvolavano, ma solo per pochi secondi >> rispose, prima di puntare lo sguardo verso il lato opposto della piana << Tuttavia… credo di aver scorto Marie e Dedede in quella direzione. O almeno, credo di averlo fatto… >>
<< Suppongo sia meglio di niente >> sospirò a Ruby << Dovremmo riunirci a loro… >
<< Non credo di potertelo permettere, Ruby >> la interruppe una voce familiare… la stessa che la piccola mietitrice aveva già udito in numerose occasioni, fin da quando era bambina.
Una voce che le inviò un freddo brivido lungo la spina dorsale, e lo stesso accadde anche alle sue compagne di squadra. In fondo, tutto e cinque rammentavano assai bene il loro ultimo combattimento con colei che aveva appena parlato.
Salem, la regina di Renmant, comparve di fronte a loro in un turbinio di petali, il pallido viso segnato da uno sguardo a metà tra il severo e il dispiaciuto. E giudicare dal sangue che le ricopriva le mani, aveva già mietuto la sua buona dose di vittime.
<< Nonn-… Salem >> si corresse rapidamente Ruby, cercando di nascondere la tristezza che provava << Vuoi finire quello che hai cominciato a Beacon? >>
Avvicinò Crescent Rose al fianco, pronta a difendersi, e lo stesso fecero le sue compagne di battaglia.
Salem si morse l’interno della guancia, ricordando quando, millenni prima, si era trovata di fronte ad un altro gruppo di bambine ribelli... che proprio come queste giovani cacciatrici, non avevano compreso i sacrifici che era stata costretta a fare per tenerle al sicuro.
<< Preferirei non dover arrivare a tanto >> disse la regina, freddamente << ma il Maestro ha reso ben chiaro quale sarebbe la mia punizione, se decidessi di restare in disparte. Cercherò di evitare a te e a tua madre l’esecuzione, ma non potrò fare lo stesso per i tuoi amici. >>
Ruby chiuse gli occhi, nel tentativo di frenare l’ondata di lacrime che minacciavano di rigargli il pallido volto. Perché per quanto fosse determinata a sconfiggere il Maestro e i suoi alleati una volta per tutte… costei era comunque sua nonna, la stessa che le aveva sorriso dolcemente dopo averla vista agitare per la prima volta la sua falce, o che le aveva insegnato alcune delle sue tecniche di combattimento più efficaci… e che aveva partecipato a tutti i suoi compleanni.
<< Non deve andare per forza così >> disse, dopo aver ritrovato la sua voce << Noi... dovremo essere una famiglia! L'affetto che proviamo l’una per l’altra è sempre stato reale. Io lo so! O vuoi forse negarlo? >>
Salem rimase inizialmente in silenzio, trafiggendola con lo sguardo. Poi, rilasciò un lungo sospiro.
<< No >> rispose, sembrando altrettanto rassegnata << Come potrei negare una cosa del genere? È vero, quando chiesi al Maestro di riscrivere la memoria di Summer, volevo semplicemente vendicarmi di Ozpin e trasformare la sua arma più potente nella mia erede. Una sorta di giustizia poetica, capisci? Ma con il passare degli anni… ho cominciato a riscoprire il fascino di avere una famiglia. Una figlia che mi amasse… e non solo. >>
Le sue labbra si arricciarono in un triste sorriso, e allora Ruby dovette fare appello a tutta la forza di volontà che aveva in corpo per reprimere un sussulto.
<< Tu sei mia nipote, così come tua madre è diventata mia figlia. Vi amerò per sempre, di questo non dovrai mai dubitare. >>
<< Allora cessa questa follia! >> urlò la giovane cacciatrice, quasi disperata << Abbandona il Maestro, torna da noi… aiutaci a sconfiggerlo, così non dovremo più combattere! >>
Salem rimase nuovamente in silenzio.
In quel momento, Ruby osò sperare di aver fatto breccia nel cuore della donna, che forse sarebbe riuscita a convincerla a desistere… ma quel flebile desiderio venne brutalmente fatto a pezzi quando la strega scosse la testa.
<< Mi dispiace, bambina >> la sentì sussurrare << Ma non posso più tornare indietro. >>
E prima che Ruby potesse dire altro, la strega si mosse a una velocità impercettibile, apparendo nel bel mezzo del gruppo.

Track: https://www.youtube.com/watch?v=zDXgbdhj5Zc

Fulmini e lampi eruttarono dalle sue mani, abbattendosi sui corpi delle giovani cacciatrici con precisione e brutalità misurate.
Solo l’Haki sviluppato negli ultimi giorni permise loro di evitare i danni più ingenti. A quel punto, tutte e cinque partirono al contrattacco.
Yang infuse Ember Celica di energia e si buttò di forza addosso a Salem, inclinando il terreno sotto di lei. La regina di Remnant parò il primo pugno semplicemente estendendo una mano, pur rimanendo sorpresa di quanto fosse aumentata la forza dell’adolescente in poco più di una settimana.
Questa continuò a menare colpi, mentre Ruby e Weiss tentavano un attacco incrociato.
Con le rispettive lame avvolte di Haki e fiamme mirarono alla testa di Salem… ma prima che potessero oltrepassare la sua Aura, ecco che la regnante si limitò ad inclinare il collo, evitando gli assalti con un’agilità disarmante. A quel punto, cominciò a muovere le mani come una specie di direttore d’orchestra.
Ai suoi ordini, la terra sotto le ragazze prese a tremare e a mutare, formando numerosi spuntoni affilati e obbligandole ad allontanarsi. Allora Penny circondò l’avversaria con un vortice di spade, costringendola a interrompere l’attacco per parare quel turbine di lame.
Ruby atterrò con un’elegante capriola, poi tornò a fissare l’avversaria dritta nei suoi occhi argentati.
<< Toglimi una curiosità, nonna: questa è la tua vera semblance? O forse un regalo del Maestro? >> domandò con tono inquisitorio << Quelli del tuo tipo sembrano provarci gusto nel prostrarsi ai piedi di quel tiranno per chiedere aggiornamenti. >>
La donna sorrise sottilmente. << Immagino tu abbia finalmente capito di cosa si tratti >> ridacchiò << La capacità di analizzare e copiare le semblance altrui… un potere certamente adatto alla legittima sovrana di Renmant. >>
Lei stessa era rimasta alquanto sorpresa quando, una volta tornata umana, aveva sviluppato la capacità di imitare i poteri di qualsiasi altro utilizzatore d’Aura. Una svolta degli eventi piuttosto ironica, considerando che, in un modo o nell’altro, la morte di ogni singolo Cacciatore esistito prima di Battleground poteva essere ricondotta a lei.
<< Se pensi che ci lasceremo intimidire da un’abilità fasulla, ti sbagli di grosso >> affermo la mietitrice, mentre richiamava il proprio Haki per avvolgere Crescent Rose con un fitto alone nero.
Quando ripartì alla carica, Salem evocò un glifo davanti a sé… ma con sua grande sorpresa, la protezione venne scagliata via dalla mera forza d'impatto della mietitrice. A quel punto, entrambe si ritrovarono coinvolte in un furioso scontro ravvicinato. Ma per quanto la rapidità di Ruby fosse cresciuta durante gli allenamenti, ancora non poteva competere con l'esperienza di Salem, che presto riguadagnò il vantaggio.
L’istante dopo, Penny e il resto del team RWBY si unirono alla compagna, mescolando con invidiabile accuratezza le loro mosse e alternando attacchi di Polvere, di taglio e corpo a corpo.
Lo stallo continuò per quasi cinque minuti buoni… fino a quando Salem non rilasciò una potente ondata di energia grezza, spingendo via tutte le avversarie. Poi, lanciò un fulmine in direzione della cacciatrice più vicina: Blake Belladonna.
<< Non di nuovo >> borbottò la fauna, ben rammentando la sua brutta esperienza a Beacon con quel tipo di attacco. Così scartò di lato e lanciò il suo nastro verso Yang, che cominciò a girarla come una trottola.
Nell’istante in cui mollò la presa, il corpo ricoperto di Haki della mora si scagliò a tutta velocità verso Salem. La donna evocò una coppia di lame nere, credendo di poter contrastare facilmente l'attacco… ma ancora una volta, l’inaspettato divenne il vero protagonista di quella battaglia.
Le armi delle della regnante si scontrarono con quelle dalla cacciatrice in un vortice di rivoli di energia, crepando il terreno per un raggio di almeno un centinaio di metri. L’Aura di entrambe turbinò come se fosse viva, finchè furono proprio le lame di Blake ad avere la meglio, spezzando quelle avversarie.
Salem venne colpita in pieno e fu costretta a retrocedere, mentre una porzione considerevole della sua Aura evaporava sotto la potenza dell’attacco.
A quella vista, Penny e le ragazze del team RWBY furono tentate di esultare.. ma un esplosione dal punto in cui Salem era atterrata le riportò alla triste realtà: al di là di uno spallaccio tagliato, la strega era praticamente illesa. E dopo aver scrocchiato il collo, fece apparire tra le mani un lungo bastone nero, sulla cui cima erano incastonati dei cristalli di Polvere.
<< Non nego di essere impressionata >> disse, cupa in viso << Siete certamente migliorate, dall’ultima volta in cui ci siamo affrontate. Sfortunatamente per tutte voi… avete fatto il passo più lungo della gamba. >>
E, dopo aver pronunciato tali parole, il campo di battaglia attorno a lei si riempì di gilfi.

* * *

Nel mezzo del furore della mischia, i corpi dei Cybermen continuavano a premere sulle fila della Ribellione: l’odore del sangue appestava l’aria, l’olezzo della carne bruciata riempiva le narici e le strida e i colpi rimbombavano come una cupa sinfonia.
E nonostante l’intervento della varie accademie avesse fatto riguadagnare un po’ di vantaggio ai seguaci del Dottore, era chiaro quanto fossero ancora in inferiorità rispetto alle forze del Maestro.
Improvvisamente, la terra cominciò a tremare. Si udì un rombo metallico, come di qualcosa di gigantesco che appoggiava il suo immenso peso alternativamente, scuotendo il terreno. Poi all’orizzonte della valle, apparvero in file compatte, gettando ombre innanzi a sé con i loro venti metri di altezza.
Fu un fante a rendersene conto per primo; si batteva sul fianco sinistro della Ribellione, quando una scossa lo fece cadere a bocconi. Dopo di lui, fu il turno del proprio camerata accanto e poi di quello accanto ancora.
In lontananza si levò una nube di polvere alta sino al cielo, e dal paesaggio della regione, attraverso gli occhi inzaccherati di polvere e sangue secco, quel soldato vide, lentamente, il delinearsi di una fila che pareva andare da un estremo all’altro della piana. Ben presto, molti dei suoi compagni si resero conto di cosa stesse davvero accadendo e interi battaglioni tremarono, indietreggiando verso il centro dello schieramento.
La sagoma del camminatori imperiali era pari a quella di un predatore colossale che si faceva prossimo ad una preda stupita, inerme, ferita e agonizzante, in attesa solo del colpo di grazia.
Lord Shen si trovava dentro il camminatore al centro, accompagnato dalla sua scorta personale e circondato dal resto dei soldati affidatigli, responsabili dell’immensa macchina. Il governatore scrutava il campo di battaglia attraverso la vetrata, concentrato nel fragore e quasi cullato dall’andatura ridondante con cui ogni AT-AT si muoveva.
Si stagliava, rigido e impettito, lo sguardo inquieto, con il rubino dei suoi occhi che sembrava lampeggiare di una fiammeggiante luce sinistra. La sua avanzata al comando dei colossali macchinari era trionfale, simbolo dell’inesorabilità dell’esercito imperiale.
Tutto ciò avrebbe dovuto scuoterlo di orgoglio e sadica soddisfazione. Non era certo la prima volta in cui si ringalluzziva di fronte all’imminente avvicinarsi della guerra, con la sua sete di sangue perennemente sopita che finalmente poteva essere liberata.
Eppure, ora sembrava esserci qualcosa di diverso nell’espressione dell’albino. Non sorrideva né ghignava, le sue labbra erano costantemente serrate, e nei suoi occhi non divampava la brama del massacro, la pregustazione del godimento che ne sarebbe derivato: era animato da un fuoco arginato e prigioniero, desideroso di ardere, ma non sui nemici… bensì ardeva ora, dentro di lui, consumandolo lentamente.
<< Siamo in posizione, mio signore. >>
Shen sembrò scuotersi appena, udendo le parole del suo secondo in comando. Si fece avanti e lo raggiunse, con l’armatura di fattura cinese che scintillava d’argento sotto il led luminoso delle luci artificiali sopra le loro teste.
<< Che nessuno di questi vermi infermi sopravviva per vedere l’alba di domani >> sibilò in risposta, la voce carica di odio spaventosamente genuino << Fuoco a volontà su ogni nemico che scorgete anche solo respirare. >>
Dati gli ordini, i cannoni dei camminatori cominciarono ad aprire il fuoco sugli schieramenti della Ribellione, sollevando corpi, polvere e cenere allo stesso modo.
<< Insetti quali siete, fate la fine che più vi si addice! Essere calpestati da chi sta più in alto di voi! >> urlò il governatore, al culmine dell’esaltazione, mentre gli imperiali sfondavano il fianco nemico.
Ma ancora non c’era la solita gioia selvaggia che lo animava in quelle parole. Solo… odio.

* * *

Con il proseguire del conflitto, un'ombra si muoveva quasi impercettibile, tagliando gole e tranciando arti prima che qualsiasi avversario potesse accorgersi di nulla, cambiando continuamente forma per infilarsi nelle zone più affollate e attaccare indisturbato.
Grougagloragran ormai non sentiva più nulla, neanche la vergogna per lo scellerato patto stretto anni prima. L’unica cosa che lo muoveva… era un disperato bisogno di andare avanti e sperare in una fine dignitosa.
Un soffio infuocato da parte del drago in forma umana incenerì un'intera squadra di ribelli, che caddero al terreno in preda a un'intensa ma rapida agonia.
L'albino perse pochi secondi a riprendere fiato, poi ricominciò il suo sanguinario cammino, quando qualcosa catturò la sua attenzione.
“Questo potere.... mi ricorda tanto.... devo vedere di persona”, pensò prima di assumere la sua vera forma e alzarsi in volo, dirigendosi dunque verso il punto in cui percepiva energia capace di rivaleggiare con quella dello stesso Thor… ma molto più simile a quella del Maestro.
Nel mentre, dopo aver appreso cosa si celava sotto le corazze dei Cyberman, Auth aveva ripreso a fare scempio dell’orda meccanica, cercando con tutta se stessa di ignorare l’orribile natura di quelle creature… ripetendosi mentalmente che, distruggendoli, li avrebbe semplicemente liberati da un destino di gran lunga peggiore della morte.
“È solo un'altra battaglia” pensò, mentre devastava un plotone di Cybermen con'esplosione di energia solare “solo un altro scontro, nulla di diverso dal solito”.
Ma in fondo, sapeva che molte cose erano diverse... anzi, tutto era diverso. Perché da questo scontro, non sarebbe dipeso il destino di un singolo mondo… ma della realtà stessa.
Un enorme tonfo alle spalle dell'entità mosse numerose nuvole di polvere insanguinata. Grougaloragran, alzato sulle zampe anteriori, svettava verso il cielo in tutta la sua possanza, le squame color terra che lanciavano bellissimi bagliori e le ali tanto ampie da oscurare il cielo.
<< Grougaloragran non si aspettava di incontrare un’altra divinità di tale livello sul campo di battaglia >> disse con la sua voce roca, soffiando scintille dalle narici << Viviamo in tempi davvero straordinari, dove gli esseri celesti camminano ancora una volta tra i mortali… proprio come la dea Elatrop, prima della grande catastrofe. >>
Detto questo, chinò lievemente il capo in segno di rispetto.
Auth si fermò dov'era e osservò la creatura sopra di lei, respirando affannosamente. Restò per un attimo in silenzio, poi si tolse l’elmo e lo lasciò cadere a terra, dove rotolò inerme per qualche passo, imbrattato di sangue e polvere.
<< Non conosco la dea a cui fai riferimento >> disse con voce atona << ma per me sarà un onore affrontare un drago su questo campo di battaglia. È passato troppo tempo dall'ultima volta che mi sono misurata con qualcuno della tua specie. >>
Con un lento, ma delicato movimento, il sicario del Maestro poggiò quindi anche le altre zampe a terra e si preparò chiaramente a caricare, il suo ventre incandescente per il calore trattenuto.
<< E dal sangue versato... gli dei rendano nota la loro volontà! >>

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Rapidissimo, una lunga fila di sfere esplosive lasciò la bocca del rettile, dirette verso l'esile figura di Auth. La donna sgranò gli occhi e si mosse rapida.
Danzò in mezzo a quelle sfere dardeggianti, avvertendone il calore, poi raccolse la propria energia nel palmo della mano destra.
Schiantò il palmo contro il suo avversario, provocando una violenta deflagrazione e un policromo spettacolo di luci.
Grugal girò su sé stesso, scavando lunghi solchi con le zampe, ma riuscì a non perdere l'equilibrio, pur avvertendo il contraccolpo dell’attacco.  A quel punto, rispose con un fulmineo colpo della sua coda, ruggendo con la piena forza dei suoi polmoni
Auth frappose il braccio destro fra sé e l’appendice squamata, ma l'urto risultante la sbalzò in alto, a cui seguì il rumore delle ossa che si spezzavano. Quando atterrò al suolo, l’armatura che indossava cominciò a creparsi.
Si rialzò vomitando sangue, adoperando il controllo sul proprio corpo per risanare le ferite, senza mai perdere di vista il drago.
 << Le mie scuse  >> sussurrò, mentre scrocchiava le articolazioni << Credo di averti sottovalutato. O forse non sono ancora abituata a combattere con una forma così… limitante. >>
Agitò una mano, creando tre lame d'energia dorate che sparò dritte contro l'avversario. Questi scartò di lato, ricevendo una larga lacerazione sull'ala sinistra. Poi, grazie alla stessa rapidità con cui aveva trucidato numerosi soldati, riassunse la sua forma umanoide e raggiunse in un battito di ciglia Auth, travolgendola con una furiosa ma precisa sequenza di colpi intrisi di potere.
Presa alla sprovvista, la dea fu costretta ad accusare l'attacco. Si spostarono per il campo di battaglia, fendendo le schiere di combattenti, sollevando un polverone di carne e acciaio, mentre gli attacchi del drago penetravano in profondità attraverso l’armatura.
Auth strinse i denti.
<< Ora... basta! >>
Un’aura dorata si propagò violentemente dalle cromature dell’entità, allontanando il dragone.
<< Vi siete dimenticati chi sono io? >> ruggì, balzando in aria e lasciandosi dietro un cratere largo centinaia di metri.
A quel punto, colpì il drago con un calcio allo stomaco, facendolo schiantare a terra, poi si abbattè su di lui, generando un’esplosione di detriti tanto alta da toccare le nubi sovrastanti.
Grugal rotolò via all'ultimo istante disponibile, incredulo per la foga con cui Auth aveva risposto ai suoi attacchi. Decidendo di dare il tutto per tutto, evocò tutta l'energia che aveva in corpo, ricoprendosi gradualmente di placche rocciose. Dopo una rapida trasformazione, di fronte alla dea si stagliò un enorme golem ricoperto di venature azzurre e luminosi cristalli su gomiti, testa e schiena.
Senza perdersi in ulteriori cerimonie, il trasformato Grugal abbatté il pugno sul terreno, sollevando altri cristalli e travolgendo le truppe di ambo le fazioni per quasi un centinaio di metri.
Auth venne sbalzata via dallo spostamento d'aria, poi si sollevò alta nel cielo, sorridendo.
<< Ti ringrazio, Grougaloragran, per avermi concesso un avversario del tuo calibro. Permettetemi di restituirti il favore... dando tutta me stessa. >>
Il suo tono di voce era pacato, la sua bellezza era tornata a splendere come nei tempi andati. Avvolse il proprio corpo di energia solare, poi si lanciò contro il golem, concentrando gran parte del suo potere in un raggio di pura luce.
<< Sì... sì! >> esclamò Grugal, trattenendo l'attacco a fatica con la mano sinistra << Questo è uno scontro degno del mio popolo! Proprio come con il possente Thor! >>
Il drago calò quindi l'altro pugno, che si scontrò con quello di Auth. L’istante dopo, entrambi i guerrieri cominciarono un frenetico scambio di colpi, tanto potenti da deformare l’aria attorno a loro.
Auth strinse i denti, gonfiò i muscoli delle braccia e delle gambe, irrobustì l'addome e urlò, con quanto fiato aveva in corpo, rispondendo pugno su pugno, picchiando le nocche d'oro su quelle di pietra di Grugal, guadagnando, a stento, un passo dopo l'altro, mentre profonde fenditure si diramavano sulla sua armatura.
A furia di scontrarsi con la primordiale forza di Auth, i pugni rocciosi del drago si riempirono di crepe, obbligandolo a riassumere la forma umana. Ma nonostante il sangue che gli ricopriva le nocche e il dolore sempre più intenso, egli non tentò di ritirarsi… invece, riprese  il suo assalto senza un secondo pensiero.
Auth arricciò appena gli angoli della bocca.
“Uno spiraglio, un istante nel tempo... È tutto ciò che mi serve...”
Così aguzzò la vista, rallentò il proprio respiro… e allora, il mondo attorno a lei sembrò rallentare.
Il suo sguardo si concentrò sui movimenti dell’avversario. Fra un attacco e l'altro, Grugal tirava indietro il braccio destro, e nel portare avanti il sinistro creava un minuscolo spazio scoperto.
Auth sgranò gli occhi. L'aveva colto davvero! Un istante infinitesimale, eppure...
Concentrò la propria energia sull'articolazione del braccio destro e spinse le punte dei piedi nel suolo secco. Urlò, girando i fianchi, stringendo i denti e colpendo con le nocche la cassa toracica del drago… dalla cui bocca zannuto eruttò un rivolo di sangue.
<< Questo l'hai sentito eccome, non è vero? >>
Grugaloragran rotolò per diversi metri, lasciando dietro di sé una scia di distruzione. Quando finalmente si fermò, usò un arto per coprire la parte del corpo colpita, inquinata da un vistoso livido violaceo.  Con il petto ansimante e i lunghi capelli bianchi brizzolati, per una volta sembrava mostrare la sua vera età.
 << La vostra forza è certamente impressionante… ma non è ancora sufficiente per finirmi >> disse, mentre si rimetteva a fatica in piedi e chiudeva gli occhi << Temo... che per me sia finalmente arrivato il momento di sfruttare l’oscuro potere donatomi dal Maestro. >>
Quando li riaprì, erano colmi di una sfavillante energia viola pallido, che si diffuse rapidamente nelle sue vene.
Auth senti un brivido lungo la schiena, che presto si diffuse in tutto il corpo. Strinse i denti, ringhiando sommessamente e serrò la presa dei pugni, conficcandosi le unghie nei palmi.
<< Credi davvero che ti darò il tempo di recuperare il vantaggio? La farò finita adesso! >>
Si lanciò in avanti, portando indietro l’ennesimo pugni e concentrando il proprio sulle nocche insanguinate. Se fosse riuscita a sfondargli il costato… per lo meno, il vecchio dragone non sarebbe più stato in grado di combattere.
Nel mentre, Grougaloragran cominciò a emanare forti vapori, accompagnati da ondate di energia sempre più forti.  E quando il fumo toccò la pelle dorata dell'ex entità… essa cominciò a bruciare, impedendole di avanzare oltre.
Il dragone riassunse lentamente la sua vera forma. Ora, il suo corpo era ricoperto di crepe violacee, mentre le sue ali avevano assunto un bagliore accecante.
Auth si coprì il volto con le braccia, percependo il pulsare di quell'energia corrosiva sentendosi improvvisamente come una preda al cospetto di un pericolosissimo cacciatore.
<< Questa energia… >> sussurrò << è così simile a ciò che ho percepito quella volta… mentre combattevo Hans Landa. >>
<< Quello… è il potere dello Scisma >> ringhiò, il cuore che le batteva all’impazzata << Ancora una volta, sta cercando di reclamare la mia anima. >>
Strinse i denti, valutando attentamente le sue prossime opzioni.
Rispetto ad Hans Landa, Grougaloragran si trovava ad un livello di gran lunga superiore… e con l’aggiunta di questa energia corruttrice, sarebbe diventato ancora più forte. Ormai, non aveva altra scelta se non dare il tutto per tutto.
<< Volevo risparmiare questa forma  per il Maestro. Ma se non riuscissi a sconfiggerti… come potrei sperare di avere una possibilità contro di lui? >>
Cominciò a richiamare a sè ogni oncia di energia che aveva in corpo... e quindi, la lasciò andare, scattando verso il cielo in una colonna di luce dorata. Al contempo, un immenso ruggito d'agonia eruppe in quelle lande mentre Grugal abbandonava completamente le proprie carni, lasciando libero sfogo al “dono” del Maestro.
L’ultimo risultato degli esperimenti che il Signore del Tempo aveva attuato per catturare il potere dello Scisma… nonché il miglior risultato ottenuto in quella grottesca ricerca.
Auth precedette il drago oltre le nuvole, il corpo ricoperto di vene pulsanti. Chiuse gli occhi, si concentrò su sé stessa, sul nucleo della propria energia, poi si lasciò avvolgere una specie di sfera luminosa: la manifestazione di quel potere primordiale.
Con mentre invasa da un istinto predatorio, Grugal si lanciò contro il globo, colpendolo brutalmente con gli artigli e scagliandolo più volte attraverso le nuvole.
La protezione si sollevò alta nel cielo, fino a superare la coltre, stagliandosi contro i raggi del sole. Quando si diradò, ne emerse un Auth molto cambiata.
Quattro pallide ali piumate spiccavano dalla sua schiena. E dal punto in cui si intersecavano, spuntavano numerose braccia che si muovevano in una danza quasi ipnotica.
Guardò Grougaloragran con sei occhi dorati e piegò la bocca in un bieco sorriso.
<< Fatti sotto, vecchio dragone. Che questa sia la nostra ultima battaglia! >>
Un tutta risposta, il suo avversario rilasciò un ruggito tanto potente da far tremare il suolo sottostante.

***

La battaglia tra Thor e i Decepticons era continuata senza esclusione di colpi. Se anche uno solo dei ribelli si fosse preso un momento per controllare i suoi dintorni, avrebbe scorto sicuramente gli effetti devastanti di quel titanico scontro.
Il panorama attorno al gruppo di guerrieri era più deformato che mai, pieno di crepe e segni di esplosioni. Al centro spiccava Thor, con l’armatura completamente a pezzi, sanguinante e pieno di lividi, ma comunque in piedi, il respiro pesante.
Attorno a lui… i suoi avversari, messi molto peggio.
Soundwave aveva perso un braccio e una gamba, e ora giaceva a un centinaio di metri dal tonante, la visiera ammaccata ma comunque funzionante. Shatter non era messa tanto meglio, con il corpo metallico squarciato in diversi punti.
Per quanto riguarda lo stesso Megatron, era sicuramente il più in forma del trio… ma in ginocchio, ricoperto da sbuffi di fumo e lampi di scintille a causa dei fulmini generati dell’asgardiano.
Il cybertroniano era senza parole. Non aveva più testimoniato una scena del genera da… da…
"Dalla mia ultima battaglia con Optimus" pensò cupamente, ben rammentando il giorno in cui era riuscito a isolare l'ultimo Prime con l'aiuto del Maestro, prima di infliggergli il corpo di grazia. 
Mai avrebbe creduto possibile che un essere organico fosse capace di ridurlo in un simile stato... eppure era successo. 
Malgrado fosse ferito e sanguinante, Thor si ergeva ancora alto di fronte a lui, con il martello pronto all'uso. E nei suoi occhi, poteva leggervi la volontà di qualcuno pronto ad abbattere il suo nemico.
<< No >> ringhiò il tiranno di Cybertron, mentre i suoi sistemi interni cercavano di ripararsi il più in fretta possibile << Non può finire così... non dopo tutto quello che ho fatto per arrivare a questo punto... non ora che sono finalmente riuscito a salvare Cybertron! Allora perché... >>
"Perché non posso ancora muovermi?!"
<< Ti chiedi perché, macchina? Non ci arrivi da solo? >>
Un lampo illuminò brevemente la figura del dio, conferendogli un’aura di superiorità.
<< Hai mai davvero salvato il tuo popolo? Riconosco la tua forza di combattente, cybertroniano, ma i tuoi metodi sono deplorevoli. Tu ti sei macchiato di crimini orribili e pur di ottenere ciò che desideravi ti sei piegato al volere Maestro! Io non ho mai conosciuto l’Optimus Prime di cui parli, ma sono sicuro che non avrebbe mai chinato il capo davanti al Signore del Tempo. Tu non hai affatto salvato Cybertron, l'hai solo consegnato nelle mani di un nuovo despota! Dimmi, automa, è forse questa la libertà? Lo è? La libertà è un diritto di tutti! >>
Le ottiche di Megatron lampeggiarono di rosso.
<< Non parlarmi di libertà! >> ringhiò collerico << Prima che decidessi di agire, il mio popolo non aveva altra libertà se non di perire di una morte indolore! Eravamo schiavi... tutti noi Decepticons lo eravamo! Nient'altro che ingranaggi di una macchina realizzata solo per tenerci in catene, sottomessi, costretti ad una programmazione che non avevamo mai chiesto! >>
Indicò con un dito tremante l'alta figura dell'Ase.
<< Tu non conosci tutti i sacrifici che siamo stati costretti a fare per poterci liberare da quelle catene! Non ne hai la minima idea! Quindi non ti azzardare a giudicarmi... tu, che hai vissuto tutta la tua esistenza come un principe tra gli dèi, incurante dei mortali che il tuo popolo avrebbe dovuto proteggere!>>
Il discorso di Megatron riuscì a fare una certa breccia nell’animo di Thor. Le parole che quell’essere aveva pronunciato non trasudavano più arroganza o malignità, bensì sofferenza, e allora il dio capì che il robot, almeno in quello, era stato sincero.
<< È vero, noi dèi non abbiamo conosciuto la schiavitù se non fino all’avvento del Maestro. Ed è vero, per molto tempo sono stato un principe avido e crudele che si beava della propria forza tormentando il popolo dei giganti. Proprio per questo motivo mio padre mi punì, e mi costrinse a vivere come un mortale; ma il tempo che ho passato tra gli umani mi insegnò ad essere un dio migliore… un uomo migliore. Quale libertà può esserci nel seguire il Maestro? Quale giovamento ne ha tratto il tuo popolo, se non paura e soggezione? È forse questo quello che vuoi per Cybertron? Io non penso. Nonostante tutte le tue azioni, ho scorto onestà nelle tue parole, e penso che tu voglia davvero il bene del tuo pianeta… ma non è restando al fianco del Signore del Tempo riuscirai ad ottenerlo. Il Maestro vi ha promesso sicurezza in cambio della vostra totale obbedienza, vi ha garantito la stabilità in cambio della vostra autonomia! Siete solamente passati da una prigione ad un’altra. Questa non è libertà, è sottomissione! >>
Quelle parole non fecero altro che accrescere la rabbia del signore della guerra. Ormai, le sue ottiche rosse parevano fornaci piene di lava e sangue mescolati assieme, così furenti da rammentare al tonante tutte quelle volte in cui Loki lo aveva guardato dopo l'ennesima sconfitta.
<< Tu... osi paragonarmi a loro? >> ringhiò Megatron << A quei senatori corrotti... ai loro servi Autobot... a coloro che hanno fatto scempio dei sogni e delle speranze del mio popolo?! >>
E come se quella furia lo avesse rinvigorito, il Signore della Guerra riuscì finalmente a rimettersi in piedi e cominciò a raccogliere ingenti quantità di Energon sulla punta della sua spada.
<< No... questo non lo accetto. Non lo accetterò MAI! Quindi muori, figlio di Odino! >>
E con quell'urlo furente, un enorme raggio violaceo scaturì dall'arma, puntando in direzione del tonante a gran velocità e incenerendo qualsiasi cosa si trovasse sul suo cammino.
Thor portò avanti il Mjolnir per assorbire il colpo, che tuttavia si rivelò molto più forte del previsto. Cominciò a indietreggiare, e allora il leader dei Decepticon fu subito addosso all'Ase.
I due ripresero a scambiarsi colpi, come se la rabbia di Megatron lo avesse effettivamente rinvigorito; alla fine, però, fu il dio del tuono ad avere la meglio.
Lo colpì tre volte in viso, e con l’ennesimo fulmine riuscì a riportarlo in ginocchio. A quel punto, si risollevò in cielo e fece roteare il maglio.
<< Hai avuto la possibilità di fare la cosa giusta,  ma ora non mi lasci altra scelta. Quantomeno, morirai con onore e andrai nel Valhalla. Per Battleground! >> urlò, scagliando il Mjolnir con incredibile violenza.
Ci fu il rombo di un tuono, un lampo accecante, ma quello che avvenne in seguito fu ben diverso da ciò che Thor si aspettava.
Megatron vide l'arma avvicinarsi, carica di un'energia indescrivibile anche per i suoi sistemi ottici. 
Rimase come pietrificato di fronte ad un simile scenario, provando sincera paura per la prima volta da molto tempo... e poi, qualcosa si frappose tra lui e il maglio. Una figura che il Signore della Guerra riconobbe all'istante: Shatter.
Si era messa in mezzo, e aveva ricevuto in pieno il colpo del Mijolnir. Si udì un urlo pieno di dolore, mentre la Decepticon vermiglia s'illuminava da capo a piedi, ora pervasa di quell'energia sconosciuta. 
Quando l'arma si ritrasse, cadde a terra, fumante... immobile. 
Lentamente, Megatron strisciò fino a lei, prendendola delicatamente tra le braccia, quasi per paura che si sarebbe sgretolata sotto il suo tocco.
Le sue ottiche rosso sangue incontrarono quelle a mala pena visibili della guerriera, che via via si stavano facendo sempre più flebili.
<< Razza di sciocca >> sussurrò, sentendosi attanagliare la scintilla da una morsa fantasma << Perché l'hai fatto? Perché hai preso quel colpo per me? Io... sono Lord Megatron... riesco sempre a cavarmela, lo sai... >>
Shatter tossì, e del denso liquido blu le cadde dalla bocca, gocciolando al suolo.
<< Non potevo permettere che veniste ferito in alcun modo... >> La sua voce era rotta e strozzata, udibile appena << A qualsiasi costo... noi combatteremo per Cybertron... a qualsiasi costo. Ve lo ricordate? Io non l'ho mai scordato. Il nostro sogno vive in voi... Lord Megatron... e io sono felice di morire per quel sogno. Fatevi carico dei sogni e delle speranze di tutti noi cybertroniani... >>
Tentò di allungarsi verso il tiranno… ma ormai, non aveva più la forza neppure per muoversi. Riuscì solamente ad allungare una mano e ad accarezzargli una guancia.
Negli occhi della cybertroniana non vi era alcuna tristezza o paura della morte, bensì felicità, perché sarebbe caduta per il sogno dei Decepiton… e guardando il volto del suo comandante un'ultima volta. 
<< Proprio come voi... anche io sono una guerriera... e non chiederò aiuto per far ritorno a Primus. Della vita che ho vissuto... non ho alcun rimpianto! >>
E infine, la mano che era appoggiata alla guancia di Megatron cadde, e gli occhi si spensero definitivamente.
Thor atterrò dietro a Megatron. Ancora una volta, quegli automi lo sorpresero. Shatter era stata capace di fare da scudo e incassare lo schianto di Mjolnir unicamente per proteggere il signore che tanto amava, e quest'ultimo aveva raccolto il corpo tra le braccia.
<< Megatron, tu... >>
Lo aveva chiamato per nome, e non "macchina" o "automa".
“Tu tenevi a lei.”
Fece scivolare il martello dalla mano, che cadde a terra con un tonfo. 
<< Lo vedi, ora, Signore di tutti i Decepitcon? È questa la crudeltà del Maestro. Lui ci costringe a fare questo! Per lui, la tua compagna d’arme non era che una pedina! Il suo governo non conosce amore… solo odio. >>
<< Amore >> ripeté il signore della guerra, con voce molto più atona << Una parola che mi è sempre stata estranea. Fin dal giorno in cui venni attivato, non lo ricevetti nemmeno dai miei creatori. >>
Mise una mano sul volto di Shatter e le abbassò il casco per coprirle gli occhi ormai spenti e privi di vita.
<< Ero solo un altro schiavo tra milioni di tanti altri… eppure, in me c’era sempre stato qualcosa di diverso. Il desiderio di esplorare, di conoscere ciò che si trovava al di fuori di quelle caverne… di scorgere le meraviglie al di là della nuda roccia. >> Ridacchiò stancamente. << Sai cosa volevo essere, dio del tuono? Un poeta… un filosofo capace di guidare Cybertron verso un roseo futuro, ma non attraverso il sangue e la violenza, bensì con il potere della parola. Ma quando capii che non sarebbe stato sufficiente… solo allora impugnai la spada per la prima volta. >>
Strinse il corpo della Decepticon.
<< Shatter fu una dei miei primi seguaci. Fummo io, lei e Soundwave a creare il movimento Decepticon, e per milioni di anni abbiamo combattuto gli uni accanto agli altri per realizzare quel sogno: una Cybertron libera. >>
Le sue ottiche vermiglie incontrarono ancora una volta quelle di Thor.
<< Il Maestro sarà pure qualcuno che si diverte a giocare con le vite degli altri… ma fu lui a fornirci i mezzi necessari per raggiungere il nostro obiettivo. E ora dovrei abbandonare tutto… per cosa? Un’altra morte? Credi che non potrei sopportare la caduta di un altro dei miei soldati, quando ne ho già visti perire a miliardi?! >>
In quel momento, Thor capì di averlo giudicato male. Non credeva che Megatron fosse capace di provare amore, finché non aveva visto il modo in cui aveva raccolto il corpo di Shatter. L’amore aveva varie sfaccettature. Il robot aveva amato Shatter… così come amava i suoi compagni, e amava Cybertron.
Ma, a volte, l’amore era capace di corrompersi, di diventare nulla più di qualcosa di distruttivo che finiva per causare incalcolabili disastri. Amora e suo fratello ne erano la prova vivente.
<< Provo tristezza per il tuo popolo. Ma tu stesso ti rendi conto che il Maestro vi sta solo usando. Pensi che non sarà in grado di distruggere il tuo pianeta solo per capriccio? Non è troppo tardi, Megatron, puoi ancora fare la cosa giusta. Se vuoi la vera libertà di Cybertron, combatti al nostro fianco, e io ti prometto che gli dèi Aesir avranno cura della tua gente! Poco fa hai detto che le divinità non si curano dei mortali, e per molti di noi è così. Ma una promessa di Thor è vincolante! Tu, che eri poeta e filosofo, immagina quanta sapienza le nostre culture potrebbero scambiarsi. Onora i tuoi compagni… e combatti per la vera libertà! >>
Detto questo, allungò la mano.
Megatron rimase in silenzio a lungo, fissando l'arto teso come se non riuscisse a credere che fosse realmente lì, di fronte a lui... e che ad offrirglielo fosse proprio Thor.
<< Come puoi dire questo? >> borbottò, con voce molto più incerta << Io e i miei Decepticons ti abbiamo portato via il tuo popolo, il tuo regno... tutto ciò che amavi. Quindi perchè offrirmi la possibilità di combattere al tuo fianco? Come puoi mettere da parte qualcosa del genere? Come puoi dimenticare... l'odio per colui che ha ucciso così tanti dei tuoi fratelli e sorelle? >>
<< Un re saggio non cerca la guerra >> rispose Thor, citando uno degli ultimi insegnamenti di Odino << Tu vivi per la guerra, Megatron. Questo mondo è il tuo campo di battaglia. Il sangue ruggisce nei tuoi sistemi come una canzone! Ciò che iniziò nel dolore e nell’ira, ora è smarrito in quel frastuono. >>
Scosse la testa.
<< Tu non vuoi smettere di combattere, e per questo ti sei creato una nuova guerra. Il che solleva la domanda: sei forse diventato il nemico che avevi giurato di distruggere? Basta con questa violenza! Rinuncia alla tua guerra, gladiatore, anzi no… guerriero. Le catene dell’odio che hanno distrutto Cybertron e Asgard non si romperanno… finché non avremo imparato a perdonare. E io ti perdono, leader dei Decepticons! Quindi lasciamo cadere le armi e costruiamo un nuovo futuro per i nostri popoli… insieme. >>
L’Ase era sinceramente convinto di quelle parole. Voleva davvero aiutare Megatron, così come voleva aiutare Cybertron. La storia di quel popolo lo aveva commosso, e proprio per questo non sarebbe rimasto in disparte.
Quante preghiere gli dèi avevano ignorato? Quanti mondi avevano lasciato soffrire? Per la prima volta, Thor si rendeva conto che le opinioni infelici delle genti riguardo le divinità non erano del tutto infondate; ma lui avrebbe cambiato le cose. Avrebbe fatto di Asgard un faro per chiunque.
La conversazione tra i due, però, ebbe vita breve, interrotta da un fortissimo terremoto, tanto potente da scuotere entrambi gli eserciti.
<< Per la barba di Odino, che cosa succede!? >>

Track: https://www.youtube.com/watch?v=zR2p8NhrGKk
 
La terra si ruppe, e una voragine immane percorse l’intero pianeta. Detriti e polveri si sollevarono da terra, avvolgendo ogni cosa come un manto oscuro e terribile.
Alcuni soldati intravidero delle forme dietro quella coltre, segno che qualcosa stava emergendo.
Lontano dai loro occhi, il Maestro e Loki sorrisero perfidamente.
Thor rimase come paralizzato davanti a quello spettacolo, conscio di cosa stesse per succedere.
<< No… >> rantolò << No, no… che cosa avete fatto? Quale sciagura avete risvegliato? >>
E per la prima volta dopo tanto tempo… si sentì terrorizzato.
<< Era questo l’asso nella manica del Maestro? Rispondimi, Megatron! Perché lo avete fatto? Vi rendete conto che state giocando con forze ben più antiche di voi!? Perché una tale pazzia!? >>
<< Non so di che parli, figlio di Odino! Io non lo so >> rispose Megatron, ugualmente sconcertato. Poi, aguzzando i sensori visivi, intravide la figura di un animale in mezzo a quel fumo. << In nome di Unicron, che cos’è? Una specie di mostro? >>
<< No, signore dei Decepticon, è molto peggio… >> rispose il dio, aggrottando le sopracciglia.
Guardava dritto davanti a sé, ed ora che la nebbia si stava diradando riuscì a scorgere due enormi occhi rossi, dalla pupilla verticale, che lo fissavano ricolmi di puro odio primordiale.
<< … questa è la Morte. >>
Allora comparve una serpe, talmente grande da oscurare il sole con la sua enorme figura.
La creatura squadrò Thor… ed emise un fortissimo ruggito.




 
 
BOOM! Per tutti i Dalek, questo deve essere il capitolo più lungo di tutta la fan fiction… e abbiamo coperto solo ¼ della battaglia finale nel suo insieme! Ma in fondo, questa sezione della storia è un po’ il climax di tutti i confronti e rivalità accumulatesi nel corso di più di quaranta capitoli, quindi non dovrebbe sorprendervi.
Megatron e Thor avevano da tempo un re-match che aspettava solo di essere consumato, ma anziché soffermarci solo sulle mazzate abbiamo deciso di esplorare un approccio più verbale, così da approfondire anche la psiche del leader dei Decepticons. La sua storia è presa direttamente dai fumetti a lui dedicati, non ci siamo inventati niente. L’abbiamo sempre considerato un personaggio molto tragico, costretto a diventare la stessa cosa che aveva giurato di distruggere, quindi ci auguriamo di averlo reso al meglio.
Un altro confronto a cui abbiamo dato particolare risalto è quello tra Pitch e Accelerator. Di fatto, il nostro albino è un personaggio molto difficile da usare in battaglia, a causa del suo potere incredibilmente sopraffatto. Ragion per cui, Pitch ci è sempre sembrato il suo avversario perfetto, qualcuno che non punta solo allo scontro fisico, ma che preferisce giocare con la mente dei suoi nemici… e proprio Accelerator ha un bel bagaglio emotivo sulla schiena. In questo capitolo, abbiamo deciso di sfruttare una teoria ampiamente gettonata, ovvero il suo essere figlio di Amata Kihara, lo stesso uomo che lo ha addestrato e sperimentato quando era solo un bambino.
E parlando di rivelazioni… ebbene sì, Marie non è altri che Carmilla! I fan dei vampiri avranno sicuramente riconosciuto questo nome, dopotutto stiamo parlando del secondo succhiasangue più famoso della storia dopo lo stesso Dracula. Questa versione è un po’ un mix di tutte le varianti conosciute, specialmente Castlevania. 
Abbiamo anche avuto il ritorno di diversi personaggi, tra cui Raven e Tai (già apparsi contro Vader all’inizio di questa storia) e i vari presidi delle Accademie di Renmant.
E sì, Loki ha appena risvegliato suo figlio Jormungand, colui che – come profetizzato – potrebbe portare alla morte di Thor. Accadrà davvero? Scopritelo nei prossimi capitoli!

 

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Capitolo 47
*** Capitolo 43 - The Final War: Parte 3 ***


Eccovi un altro lungo e brutale capitolo!
Prima di cominciare, vorrei un momento della vostra attenzione.
Di recente sono cominciate le prevendite del nuovo romanzo di Evil 65, intitolato “Onda Bianca – La vera storia di Moby Dick” che rielabora il romanzo di Herman Melville dal punto di vista della balena bianca Moby Dick, narrandone anche le origini.
Se il romanzo raggiungerà un totale di 200 prevendite entro i prossimi 78 giorni, verrà pubblicato a livello nazionale in tutte le librerie italiane. Per coloro che amano le storie sugli animali, sul mare o sul conflitto “uomo-natura”, questa storia potrebbe fare per voi!
Per poter effettuare un ordine, basta andare in questo sito (si possono ordinare un massimo di 5 copie a persona): https://bookabook.it/libro/onda-bianca-la-vera-storia-di-moby-dick/?fbclid=IwAR0UlGYDVnjYWvxVStZRhu3PlGWybnmhgSC50s43Ql0ZGfKe7JNAF93nPXM

Spero di ricevere anche il vostro supporto, come molti di voi sapranno non è facile pubblicare un romanzo a livello nazionale per gli scrittori italiani emergenti. Ogni contributo è bene accetto, anche il passaparola ad amici, familiari e colleghi potenzialmente interessati ai temi della storia!
E ora, buona lettura da Evil 65 e colleghi ;)




Capitolo 43 – The Final War: Parte 3

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"𝘌𝘤𝘤𝘰, 𝘴'𝘢𝘷𝘢𝘯𝘻𝘢 𝘪𝘭 𝘧𝘪𝘨𝘭𝘪𝘰 𝘥𝘪 𝘖𝘥𝘪𝘯𝘰
𝘱𝘦𝘳 𝘤𝘰𝘯𝘵𝘳𝘢𝘴𝘵𝘢𝘳𝘦 𝘪𝘭 𝘴𝘦𝘳𝘱𝘦𝘯𝘵𝘦;
𝘤𝘰𝘯 𝘪𝘳𝘢, 𝘭𝘶𝘪 𝘤𝘰𝘭𝘱𝘪𝘴𝘤𝘦, 𝘱𝘳𝘰𝘵𝘦𝘵𝘵𝘰𝘳𝘦 𝘥𝘪 𝘔𝘪𝘥𝘨𝘢𝘳𝘥:
𝘵𝘶𝘵𝘵𝘪 𝘨𝘭𝘪 𝘶𝘰𝘮𝘪𝘯𝘪 𝘭𝘢 𝘱𝘳𝘰𝘱𝘳𝘪𝘢 𝘵𝘦𝘳𝘳𝘢 𝘴𝘨𝘰𝘮𝘣𝘳𝘦𝘳𝘢𝘯𝘯𝘰;
𝘯𝘰𝘷𝘦 𝘱𝘢𝘴𝘴𝘪 𝘪𝘯𝘥𝘪𝘦𝘵𝘳𝘦𝘨𝘨𝘪𝘢 𝘪𝘭 𝘧𝘪𝘨𝘭𝘪𝘰 𝘥𝘪 𝘍𝘫𝘰𝘳𝘨𝘺𝘯
𝘴𝘵𝘳𝘦𝘮𝘢𝘵𝘰 𝘥𝘢𝘭 𝘴𝘦𝘳𝘱𝘦𝘯𝘵𝘦 𝘤𝘩𝘦 𝘥𝘪𝘴𝘰𝘯𝘰𝘳𝘦 𝘯𝘰𝘯 𝘮𝘦𝘳𝘪𝘵𝘢."

𝗘𝗱𝗱𝗮 𝗣𝗼𝗲𝘁𝗶𝗰𝗮 – 𝙑𝙤𝙡𝙪𝙨𝙥𝙖
 
L’armatura di Angel s’inclinò sotto la potenza di un pugno, a cui seguì il forte schiocco del metallo deformato. Il giovane soleano strinse i denti, avvertendo un dolore lancinante al petto. Eppure rimase saldo nella sua posizione, mentre il sorriso di Vorkye si allargava predatorio, scoprendo canini aguzzi e macchiati di sangue.
Allora la mente del rosso venne invasa da determinazione rinnovata. In lui esplose un desiderio comune a molti guerrieri: quello di cancellare dalla faccia del rispettivo avversario quell’espressione di arrogante compiacimento e annientare la certezza della sua vittoria.
Un istante dopo, il suo corpo fu avvolto da una luce accecante, e per un breve momento sembrò quasi che una stella cadente fosse precipitata sul campo di battaglia come una meteora, squarciando la coltre oscura di nubi che aveva cominciato a ricoprire l’intera volta celeste.
Tutti coloro che si trovavano nelle vicinanze fecero a mala pena in tempo a coprirsi gli occhi, mentre Vorkye osservava contemplativo quel fenomeno.
Poi, la luce si affievolì sempre di più, fino a spegnersi quasi del tutto, rivelando così la figura di Angel. Il suo corpo aveva ormai assunto un aspetto molto diverso, a metà tra quello di un umano e di un soleano puro.
Volto e busto erano rimasti pressoché invariati… ma dietro la schiena le sue ali erano cresciute in dimensioni, mentre una coda si muoveva ipnotica. Sulla sua pelle si erano anche diffuse numerose scaglie, su cui aleggiava un bagliore bluastro, come quello di una fiamma pulsante. E infine vi erano gli occhi, simili a due fari, con pupille verticali simili a quelle di un rettile.
Vorkye osservò il nuovo aspetto dell’avversario, scrutandolo con uno sguardo privo di rabbia o superbia.
<< Impressionante… i tuoi livelli di potere sono cresciuti a tal punto in un lasso di tempo così breve? Mi chiedo se sia a causa del tuo sporco sangue uma-… >>
Non ebbe la possibilità di terminare la frase. Il mondo attorno ai due soleani cominciò a tremare, come se un’esplosione titanica avesse appena scosso le fondamenta del pianeta stesso. La valle crepò… e sotto gli occhi increduli della coppia, cominciò a fuoriuscirne qualcosa.

* * *

Uno spruzzo di sangue macchiò la valle, confondendosi rapidamente con la terra vermiglia.
<< La sai una cosa, ragazzino? >> disse il Joker, mentre colpiva nuovamente il volto di Kirby Knight con una spranga in metallo rinforzata di aura << Pensavo che forse saresti stato capace di intrattenermi un po'… ma stai cominciando a diventare noioso. Perfino questa battaglia comincia a starmi un po’ stretta! Comincio a credere che Meta Knight fosse solo un piccolo barlume di gioia nella grigia esistenza di Battleground! >>
A quell’esclamazione, seguì un secondo colpo, che questa volta il giovane Cacciatore riuscì a schivare rotolando di lato. Purtroppo per lui, ebbe giusto il tempo di rimettersi in piedi, poco prima che un terzo assalto lo ricacciasse a terra. 
<< E tu non sei Meta Knight... >> sbuffò il clown, visibilmente scontento << Quantomeno crepa e toglimi lo sfizio! >> Rapido, il supercriminale estrasse nuovamente la pistola e sparò un colpo.
Kirby mosse in tempo lo scudo per bloccare il proiettile,  poi scattò in avanti ed eseguì un fendente con la spada, puntando al fianco del perfido avversario.
<< Già, non sono mio padre… e di certo non comincerò a comportarmi come lui solo per il tuo intrattenimento! >> ringhiò, mentre cercava superare le sue difese.
Joker emise un ringhio. Nonostante la sua aura, il colpo era comunque riuscito ad affondare nella carne sottostante, inviandogli una scossa di dolore attraverso tutto il corpo. Purtroppo per il giovane Knight, non era la prima volta che il supercriminale combatteva con delle menomazioni fisiche. Anni e anni passati ad affrontare nemici brutali come Batman avevano accresciuto notevolmente la sua tolleranza a questo tipo di situazioni.
Così agitò violentemente il braccio intriso di venom e riuscì ad allontanare il ragazzo con un malrovescio.
<< Vedi, è questo il problema! Il problema con te e Meta Knight! Lo stesso problema di Batman! >> esclamò, mentre riprendeva a sparare come un ossesso << Per quanto uno ci provi... per quanto uno si sforzi... nessuno di voi è mai riuscito a vedere il lato buffo della storia! >>
E per la prima volta da quando si erano incontrati, Kirby non vide un sorriso sul volto del clown, bensì qualcosa di assai diverso... un’espressione assolutamente furiosa.
Il criminale allargò le braccia in modo plateale.
<< Guardati intorno, ragazzo! Guarda fin dove ci siamo spinti! Una volta era tutto così semplice: eroi contro cattivi! Io contro il Pipistrello... e ora, invece, abbiamo una guerra tra le mani, duelli tra vecchi amici, rivalità tra fratelli, e adolescenti con seri daddy issues irrisolti! Di' un po', Kirby, lo sai cosa ha causato tutto questo? Una lite tra due vecchi bacucchi… e tutto perché uno di loro aveva la fobia dei tamburi! È questo che ha dato origine all’eterna lotta tra il Maestro e il Dottore! La fobia dei tamburi, ti rendi conto?!*1* >>
Scoppiò a ridere.
<<  È tutto una barzelletta! Tutto ciò che chiunque abbia mai avuto a cuore o per cui abbia mai lottato... è solo una colossale, demenziale battuta! Perché Meta Knight non ne vedeva il lato comico? E perché tu non ridi?! >>
<< Perché questa barzelletta l’ho già sentita! >> sibilò Kirby, mentre si puliva un fiotto di sangue dal naso << E francamente… non l’ho trovata divertente neppure la prima volta! >>
Detto questo, assorbì un cristallo di polvere infuocata. Poi, scagliò una palla di fiamme in direzione del clown, che ancora una volta riuscì a evitare l’assalto con l’abilità atletica di un ginnasta.
Con un grido collerico, si lanciò contro il ragazzo. Menò un fendente della sua spranga, poi un altro ancora, rapido e implacabile. Ogni attacco era carico di furia, a dimostrazione di una verità che aveva cominciato a farsi strada nella mente di Kirby: Joker era più che intenzionato a finirla una volta per tutte.
Sembrava quasi un uomo senza scopo, mosso solo dal desiderio di andarsene con un botto… qualcuno che aveva perso qualsiasi desiderio di restare in vita. Eppure, continuava a lottare!
Seppur sempre più stanco a causa dello sforzo fisico prolungato, anche Kirby continuò a muoversi in risposta agli assalti del Joker, contrattaccando con altrettanta ferocia.
Le loro grida colleriche si mescolarono alle esplosioni circostanti. La battaglia divenne sempre più violenta, mentre sui corpi dei due avversari comparivano tagli di ogni forma e dimensione.
Poi, la terra esplose sotto i loro piedi.
* * *

Track: https://www.youtube.com/watch?v=V3SLbIbWxHs

Salem sembrava aver abbandonato qualsiasi scrupolo. L’affetto che provava nei confronti della sua famiglia era stato brutalmente soppiantato dallo stesso implacabile – quanto spietato – pragmatismo che per diversi secoli l’aveva spinta a macellare milioni di anime, trasformando il suo mondo d’origine in una terra dove gli umani arrancavano per sopravvivere. Per certi versi, le era mancata quella parte di se stessa… quella capace di compiere le azioni più deplorevoli per il perseguimento dei propri obiettivi, la reminiscenza della Regina Oscura di un tempo, qualcuno che solo gli eroi più folli e coraggiosi avrebbero sfidato apertamente.
Ciò fu chiaro anche alle sue avversarie, che con un rapido e serrato alternarsi di schivate, parate e attacchi combinati stavano cercando di evitare i suoi assalti elementali. A poco serviva il loro immaturo uso dell’Haki, poiché la potenza distruttiva dei colpi di Salem sembrava in grado di rivaleggiare con quella dello stesso Thor. Era un vero mostro in pelle apparentemente umana, ora se ne rendevano conto!
Ruby, in particolare, non aveva mai visto la nonna in uno stato del genere. Per la prima volta da quando la conosceva… era sinceramente terrorizzata da lei.
La rossa mietitrice continuava a roteare la falce senza un attimo di respiro in un misto di petali taglienti e scariche nate dall’Haki dell’armatura, utilizzando al contempo la sua semblance per schivare i colpi della strega.
Purtroppo, l’uso di tutte le sue abilità allo stesso tempo si stava dimostrando sempre più faticoso, specie dopo i lunghi giorni di allenamento che era stata costretta a sopportare.
<< Non avete ancora deciso di arrendervi?>> domandò freddamente Salem, dopo aver scansato con poco sforzo la loro ennesima controffensiva.
<< Non rubateci le battute, Vostra Maestà >> scherzò Yang, cercando di nascondere quanto fosse effettivamente stremata.
Salem si limitò ad inarcare un sopracciglio. Poi, con misurata lentezza, sollevò il braccio destro… sulla cui mano cominciò a raccogliersi una sfera di nera pece.
Il Team RWBY sussultò all’unisono, ben sapendo quanto quel tipo di attacco potesse essere distruttivo. Ma quando la donna lo scagliò contro di loro, ecco che un portale si materializzò di fronte all’infida magia, lasciando che vi cadesse dentro.
Prima che Salem potesse manifestare la sua sorpresa, un poderoso pugno le affondò dritto nello stomaco, facendola indietreggiare per diversi metri.
Responsabile di quell’assalto a sorpresa era stato Taiyang, che rapidamente fu affiancato da sua moglie Raven… presto seguita dalla loro vecchia compagna di squadra: Summer Rose. La madre di Ruby Rosse e la figlia adottiva di Salem, nonché sua erede al trono di Renmant.
La strega la scrutò da capo a piedi con i suoi occhi argentati, ora illuminati da un bagliore vermiglio.
<< Figlia… sei in ritardo >> sussurrò freddamente << Pensavo che la presenza di Ruby sul campo di battaglia ti avrebbe fatto accorrere molto prima. >>
La giovane donna le offrì un triste sorriso. << Lo so, la puntualità non è mai stata il mio forte >> ridacchiò amaramente << Buffo, considerata la mia Semblance. Però devi ammetterlo, muovere un simile esercito non è affatto facile! >>
<< No, non lo è >> convenne Salem << Anche se speravo che prima o poi lo avremmo fatto insieme, come madre e figlia… non come avversarie. >>
Il sorriso di Summer si fece ancora più teso.
<< Mi dispiace davvero essere arrivate a questo punto… mamma >> sussurrò con voce strozzata << Ho sperato sino all’ ultimo di non doverti combattere. Dopo Qrow… >>
<< La sua morte è stata una tragedia >> la interruppe sua madre << Ma si sarebbe potuta evitare, se solo foste rimasti al mio fianco. Invece, avete scelto di tradire tutto ciò che avevo cercato di costruire. >>
<< Sei stata tu a tradirci per prima! >> urlò Raven, puntandole contro la sua spada << A tradire tutta Renmant! Per secoli hai tormentato il nostro mondo… e poi lo hai consegnato nelle mani di un tiranno che ha cercato di trasformarci nelle sue marionette, e solo perché non avevi più la forza di continuare a vivere! >>
Il volto di Salem si contorse in una maschera furiosa, ma solo per un breve istante.
<< Non parlare di cose che non potresti mai comprendere, bambina >> sibilò freddamente << Non potresti mai capire cosa significa vivere un’esistenza senza fine, mentre tutto attorno a te si trasforma in polvere. Alla fine ti senti stanca… stanca di lottare, stanca di perdere tutti coloro che contano per te. Stanca di vedere le stesse guerre, gli stessi crimini, lo stesso dolore, ancora e ancora, senza poter fare nulla per cambiare le cose! >>
La strega abbassò la testa.
<< Io voglio solo che tutto questo finisca… voglio solo trovare la pace… >>
I suoi occhi tornarono a fissare il gruppo di cacciatori, con un’intensità tale da spingerli in una posizione pronta al combattimento.
<< E la troverò… anche a costo di sterminare la mia intera famiglia! >>
Attorno alla strega si materializzò un’enorme figura. Sembrava quasi una proiezione perfetta del suo corpo… salvo per la pelle, bianca come neve appena caduta e ricoperta di vene nere. E poi vi era il viso, parzialmente coperto da una maschera simile alle armature ossee dei Grimm.
Senza indugio, quell’avatar di pura magia vorticò le lunghe braccia, obbligando i suoi avversari a saltare in ogni direzione. Purtroppo, Penny e Yang non furono abbastanza veloci, e in un singolo istante si ritrovarono con i corpi conficcati nel terreno, doloranti dalla testa ai piedi malgrado le loro auree fossero ancora funzionanti.
Salem si preparò ad eseguire un secondo assalto… ma prima che potesse compiere anche un solo passo avanti, alte montagne di squame si levarono dalla valle, proiettando immense ombre su tutto il campo di battaglia.

 
* * *

A spese delle truppe ribelli, i camminatori imperiali avanzavano sempre di più, travolgendo ogni cosa si presentasse sul loro cammino, supportati dalle figure impassibili dei Cybermen.
Finalmente, Lord Shen sembrò riacquistare il sorriso, mentre davanti ai suoi occhi avveniva l’inferno bellico: i laser dei cannoni fischiavano nell’aria, gocce di fuoco di una pioggia letale che bruciava, falciava... uccideva.
A un certo punto, però, la sparatoria che coinvolgeva la macchina sulla quale si trovava si arrestò di colpo. Avvertì un piccolo scossone e poi il rumore elettrico degli scudi di difesa automatici che si attivavano, per proteggere i macchinari da dei lampi di luce verde balenanti a prua.
Il ghigno del governatore si incrinò e sparì. Senza un fiato, si avvicinò alla vetrata per guardare fuori, le iridi sanguigne e fiammeggianti.
Baelfire sfrecciava in mezzo agli AT-AT, il corpo completamente intriso di energia verde, le ali piumate splendenti in maniera quasi soprannaturale. Scagliava fasci di luce e frecce luminose attorno a sé, sfruttando l’aura che lo ricopriva come scudo per proteggersi dal fuoco incrociato della battaglia che ancora imperversava tutt’intorno.
A un tratto, il ragazzo volò proprio vicino all’albino, prendendo a levitare a mezz’aria in piedi davanti a lui.
I loro sguardi si incrociarono, scambiandosi profonde occhiate di sfida e disprezzo insieme. Poi il giovane semplicemente schizzò rapidamente via, verso l’orizzonte, scomparendo apparentemente alla vista. Finché non si vide una lunga scia di luce verde attraversare il campo di battaglia, innalzata a mo’ di barriera: Baelfire era al centro, in piedi sul terreno, ad almeno trenta metri dall’avanzata degli AT-AT, illuminato solo da quel gioco di luci.
Shen non riusciva più vedere chiaramente in volto del suo giovane rivale, ma a quel punto non ne aveva davvero bisogno. Sapeva quale fosse il messaggio trasmesso da una tale, boriosa manifestazione: Non avanzate oltre.
Tutto gli appariva grottesco, ridicolo e oltremodo arrogante: l’albino era tentato di ridere sguaiatamente, ma non lo fece.
<< Fermi >> sibilò il governatore ai subordinati che, sebbene perplessi, procedettero a fermare l’avanzata di ciascuno dei camminatori, bloccandoli sul posto.
Fu proprio in quel momento che percepì una sensazione curiosa negli angoli della propria mente, come una specie di piccolo strattone.
“Shen.”
Misteriosamente, ecco che riuscì a visualizzare il volto di Fire, nonostante si trovasse dall’altro lato della valle: non aveva aperto bocca. La voce del giovane gli giunse chiara e netta, all’interno della propria testa e non nelle sue orecchie.
Restò immobile per qualche istante, rigido come una statua.
“Fire.”
Neppure Feng pronunciò parola, eppure il suo tono di scherno e disgusto era autentico, quasi avesse parlato ad alta voce.
“Vedo che la tua insolenza in questi sette giorni si è moltiplicata. Non me ne stupisco. È sempre stata tua abitudine comportarti da parassita.”
“Risparmiami i tuoi insulti” dichiarò il ragazzo, le sopracciglia incarnate di severità “Questa follia deve finire. Adesso.”
Lord Shen rimase semplicemente in silenzio. Perfino la sua mente sembrava essersi svuotata, non trasmettendo più alcun pensiero identificabile.
“Come desideri. Finiamola.”
<< Voglio che ogni nostra arma spari contro quel ragazzo. >>
Tutti i presenti attorno, così come all’interno delle altre fila di AT-AT, esitarono e si scambiarono occhiate perplesse: alcune vagarono sul proprio comandante, altre fra i propri colleghi, altre ancora sul bersaglio designato.
<< Fatelo >> ringhiò il governatore, minaccioso.
A quel punto, il primo camminatore fece un pesante passo in avanti e sparò. Ben presto ne seguì un altro, e un altro ancora, fino a creare un’intera scia di fuoco incrociato.
Fire rimase completamente immobile, lo sguardo fisso in quello dell’albino; non sbatté più le palpebre, smise di respirare. Poi chiuse gli occhi e tese la mano in avanti: aprì il palmo e lo allargò, accendendolo di luce verde.
Accadde tutto repentinamente. La pioggia di fuoco non riuscì nemmeno a sfiorarlo, quando lo raggiunse: i laser furono tutti avvolti da fasci di energia smeraldina e si bloccarono a mezz’aria, tutt’intorno a lui.
L’adolescente aprì gli occhi, e solo allora riprese a respirare, sospirando quasi di sollievo al vedere intorno a sé quel che aveva fatto. Sorrise soddisfatto, lanciando un’occhiata impertinente e sfottente in direzione del suo rivale.
Shen serrò i pugni con tanta forza da affondare gli artigli nella sua stessa carne.
<< Di nuovo! >> ordinò, furibondo.
Stavolta non vi fu alcuna esitazione, non dopo aver osservato lo sguardo del comandante che si accendeva di desiderio omicida. Una seconda pioggia di fuoco si sprigionò, stessa traiettoria, stesso obiettivo nel mirino.
Fire la guardò partire, per poi rapidamente tendere anche l’altra mano. Come il palmo si illuminò del verde della sua luce, anche la seconda fila di proiettili ne fu ammantata e bloccata.
A quel punto, reagì. Eseguì uno slancio con entrambe le lancia, come a scagliare qualcosa di ingombrante dritto davanti a sé. I laser, animati dall’energia, seguirono quel movimento, finendo reindirizzati e scagliati all’indietro, andando a colpire gli AT-AT che li avevano sparati.
Gli scudi si attivarono in automatico, difendendo le macchine dai loro stessi colpi. Non li danneggiò minimamente, ma li costrinse a fermarsi e a rallentare quando avrebbero potuto benissimo riprendere ad avanzare.
Feng strinse i denti, serrò le mani tanto forte da provocare scintille con le dita ricoperte di metallo. Possibile che il potere del ragazzo fosse cresciuto così tanto in un lasso di tempo così breve? L’addestramento ricevuto dai ribelli era davvero così prodigioso? Oppure... era il ritrovato legame con il padre la vera ragione di un fenomeno tanto assurdo?
“Poco importa” ringhiò mentalmente “Nemmeno io sono venuto impreparato!”
<< Continuate a sparare >> urlò, puntando in direzione del ragazzo << Accerchiatelo e colpitelo da ogni angolo! Non potrà fermare così tanti attacchi provenienti da più fronti! >>
Ma proprio in quel frangente, un terremoto scosse il campo di battaglia, squarciandolo con un boato bestiale. Ed ecco che delle spire da rettile, gigantesche quanto una montagna, ne sciamarono fuori, contorcendosi e dimenandosi.
“Ma che cazzo…!?”
Baelfire, scioccato, ebbe appena il tempo di azionare le ali per scartare di lato, rischiando di finire travolto. Girò lo sguardo verso i camminatori e li vide finire ammassati fra loro con stridenti rumori metallici, per poi precipitare al suolo come tessere di un dominio; alcuni presero fuoco a causa degli urti, altri semplicemente si spaccarono.
Il pensiero del giovane andò subito ai propri compagni, e cercando di ripararsi si guardò intorno, osservando così delle squame stendersi e avvilupparsi per miglia e miglia con possanza titanica.
Cosa diavolo stava succedendo!? Quella cosa era… un corpo? Un corpo mastodontico, in grado di seminare caos e distruzione semplicemente strisciando ovunque: circondava l’intera vallata, attraversandola come un fiume in piena, colpendo amici e nemici.
Fire non riusciva a comprendere quanto stesse osservando, tanto era sconvolgente e sbalorditivo.
Un serpente grande quanto le montagne, largo come la valle… grande come il mondo.
“Oh, ma mi prendete in giro!?”
 
 

 
Track: https://www.youtube.com/watch?v=mSenytFVorc
 
L'intero pianeta era squarciato in due, come se la lama di un coltello fosse piombata dal cielo per fendere la terra. Il mondo tremò, le foreste vennero scosse e le catene montuose crollarono, e là, su quel campo di battaglia, entrambi gli eserciti caddero come corpi morti all'interno delle voragini che si erano generate. Alcuni scapparono, altri rimasero a guerreggiare, mentre i più prodi spostarono il loro combattimento addirittura sulle spire del mostro serpentiforme fuoriuscito dalle viscere della terra.
Il mostro era così grande da oscurare il sole, e tanto lungo da non poter scorgere la punta della coda, e questo perché cingeva tutto il globo come fosse una cintura. L'identità della creatura era Jormungand, il Serpente del Mondo, e quel nome sarebbe stato il rintocco della morte per tutti loro.
Egli era rimasto dormiente nelle radici di Yggdrasil da quando l'universo era giovane, e così sarebbe rimasto finché non sarebbe arrivato il giorno in cui il corno di Heimdall avrebbe risuonato per tutti i Nove Mondi, nello stesso giorno in cui Odino sarebbe stato divorato dal Lupo.
Ora che finalmente era sveglio, davanti a lui stava la figura di un uomo dalla folta chioma bionda e dal fisico possente. Jormungand aveva dormito molti eoni, e a stento riusciva a riconoscere quell'individuo, ma lui non era solo un mostro, e in quanto figlio dell'astuto Loki, era dotato della parola, e così si rivolse a lui.
<< Finalmente, Jormungand è libero! Ed ora che mi sono risvegliato dal mio sonno, inghiottirò questo mondo, e con lui tutti coloro che sbarreranno il mio incedere. Non temo la spada, e nemmeno la morte, poiché il mio wyrd, il mio fato, giace nelle mani del dio del tuono dei vichinghi, e solo nelle sue mani... quindi la Serpe di Midgard non teme nessun altro! Ma Thor è solo un'ombra smarrita nell'infinità del cosmo, di lui non rimane che un nome lordato dal fango e dalla miseria. Nel giorno in cui lo troverò, smentirò l'antica profezia e lo ucciderò! E allora Jormungand si ergerà più in alto delle Norne! Ma tu, piccolo eroe... >> sibilò verso il biondo << ...dimmi chi sei, da dove provieni? Voglio associare un nome e un titolo a colui che ucciderò, dilaniandone le carni e crogiolandomi nella sua paura >>
L'uomo sostenne lo sguardo di quei maestosi occhi rossi, e per quanto provasse paura, cercò di rimanere saldo nel suo obiettivo. Tutta la Ribellione contava su di lui, e non poteva deluderli. Provava terrore, ma non sarebbe scappato.
<< Soltanto gli stolti non hanno paura, e io non sono uno stolto >> rispose << Ho molti nomi, mostro. Sono stato chiamato Vingthor il lanciatore, e il Figlio di Fjorgyn. Nella casa degli antenati di Tyr, il saggio Hymir mi conosceva come Veur, e altri mi hanno soprannominato come Sventura di Hrungnir. Mio padre mi chiamava figlio, mia madre mi chiamava amore, ma sotto il cielo io sono... Thor, figlio di Odino, il Tonante, il Terrore di Jormungand! >>
Davanti a quell'impeto, il colosso sibilò e ringhiò, arcuando le squame e sollevando il collo.
<< Io sono il portatore di Mjolnir, il Frantumatore, il maglio incantato del tuono e del fulmine che tu e tuo padre tanto odiate. Il martello, nella furia della tempesta, ulula la sua ira e grida a gran voce il suo nome! >> esclamò Thor con voce possente quanto il rombo di un tuono, il cui rumore fece eco per tutto il campo di battaglia, << Lo senti, serpente? È il tuo flagello che io impugno! La fine di ogni illusione! Il Mjolnir canta la morte di Jormungand! >>
 
Figli di Midgard, ascoltate la storia di Thor, figlio di Odino, che scese temerario in battaglia. Nessun padre udì il suo grido, nessun amico gli offrì aiuto. Da solo, contro la sua nemesi; il Tonante lottò contro il terribile figlio di Loki. Quando i primi esseri umani si affacciarono alla vita, la Veggente disse che il dio del tuono avrebbe ucciso quel tremendo male, ma nel farlo avrebbe abbracciato la sua rovina.
Volete saperne ancora?
 
Finalmente, l'ora della prova finale era giunta. In tutti quei millenni, Thor non aveva mai combattuto un avversario più potente o letale, ad eccezione del dio della menzogna, ma perfino quest'ultimo era meno pericoloso di Midgardsormr, colui che cingeva il pianeta. Poiché quello era il nemico che le leggende lo volevano destinato ad uccidere il figlio di Odino. Così l’Ase volò in alto, cercando di evitare le fauci venefiche.
Lucente era quel giorno, e un canto si levava nel petto dei due nemici, un coro che annunciava la fine del reciproco odio. Il campo di battaglia avrebbe deciso il loro fato. Prima che il sole fosse tramontato, nessuno dei due avrebbe fatto ritorno.
Jormungand allungò il collo e morse l'aria, nel tentativo di trafiggere l'antico nemico, e con le zampe anteriori graffiava invano. I suoi denti erano spade, i suoi artigli erano lance, e il suo alito era morte.
<< Rinuncia, Thor! >> esclamò mentre lo inseguiva nella volta celeste. << Non puoi volare tanto in alto da sfuggire a me. Questo campo di battaglia è diverso da quello descritto nelle antiche profezie, e allora mi chiedo: può Thor morire e la sua nemesi perire a sua volta? Forse esiste una lacuna nella leggenda del Ragnarok, e per tale motivo ridurrò il tuo scheletro in polvere. Ti sguscerò e succhierò il tuo midollo, così che tu possa vivere per sempre nel mio ventre! >>
Il serpente si allungò per cercare di mordere ancora una volta, ma Thor fu lesto a schivare. E portandosi di lato, schiantò Mjolnir contro il suo muso con tutta la forza che aveva.
Il frastuono generato riecheggiò ovunque, ma nonostante tutto, quella creatura non poteva essere ferita facilmente. La forza del maglio nella mano del dio del tuono racchiudeva la potenza di Asgard senza freni, eppure il mostro resistette!
Jormungand alzò un braccio, e lo agitò come una frusta, colpendo il dio con tanta forza da scaraventarlo contro il fianco di una montagna. Sì, Thor accusò l'attacco, le ossa scricchiolavano e i nervi bruciavano; il potere del serpente superava la maggior parte degli esseri viventi del Creato, ma il cuore del guerriero non conosceva alcuna resa, e per tale motivo si lanciò di nuovo contro la bestia emettendo un potente urlo battagliero.
Midgardsorm levò la testa con collera, facendo tremare le colline. Torturata dai colpi del martello, la terra gemette e sotto il nemico le colline si sfaldarono. Thor degli Aesir saettò oltre la gigantesca testa cercando di colpire il collo, ma Jormungand fu lesto, nonostante la mole, a spostare le proprie spire per poterlo travolgere con tutto il peso di cui era capace. L'asgardiano rimase schiacciato da una di quelle spire, ma Jormungand non gli diede tregua alcuna e sollevò le braccia come fossero incudini, per poi usarle per travolgere il nemico a terra.
Nessuno invocò pietà, nessuno gridò "basta". I loro destini li tenevano stretti come catene a una ruota. Nella loro furia, dilaniavano il volto di Renmant, perché l'odio ardeva in questi terribili avversari.
La terra tremò al tocco di Thor; grondante di fuoco e sangue, il sole venne oscurato da nuvole nere e solcate dall'azzurro dei fulmini. Essi erano la manifestazione dell'ira del dio del tuono.
Si abbatterono sulla serpe, carbonizzando le squame e facendola urlare di dolore; ma la sua resistenza non conosceva limiti, e nonostante la furia delle saette, il corpo del mostro rimase intatto. Stretti nell'abbraccio del fato, i due nemici portavano gloria e rovina sul campo di guerra.
La tempesta aveva aumentato la sua intensità, e le nubi oscuravano l’ambiente, mentre i lampi creavano contrasto, illuminando i due nemici. Thor guardava dritto nei grandi occhi rossi della serpe, dentro quelle iridi verticali, che ardevano come le braci primordiali di Musphelheim.
Entrambi si studiavano mentre i fulmini fendevano il loro campo di battaglia con lingue azzurrine. Nessuno voleva cedere, nessuno voleva indietreggiare. Il loro fato era segnato, ma a nessuno dei due importava.
L’odore della pioggia pervadeva le narici di Thor. E anche se quello scroscio d’acqua era forte quanto una cascata, lui non perse di vista il rivale. Sentì il cuore che batteva forte nel petto, picchiando come un tamburo frenetico nelle sue orecchie.
Era l’eccitazione dello scontro? La paura della morte? Impossibile dirlo.
Il sapore ferroso del sangue si mescolò alla saliva, preannunciando l’estasi della guerra. La gloria sarebbe stata sua.
<< Indugi, tonante? >> sibilò la progenie di Loki. << Accetta la morte, guerriero! Siamo destinati ad ucciderci, piccolo dio! Io morirò per primo, e tu indietreggerai di nove passi prima di morire a tua volta. Guardati, sei provato dal precedente duello, mentre io sono avvolto nel pieno splendore della mia gloria. E nonostante questo… mi sfidi in battaglia! >>
Una risata storta, gutturale e orribile, fuoriuscì dalle corde vocali di quell’essere, che scherniva l’Ase facendosi beffe del suo onore.
<< Minuscolo dio, inciderò il tuo nome sulla più splendente delle lapidi! Erigerò un tumulo composto dai cadaveri dei tuoi nuovi amici e alleati. Di certo, saranno un monumento inadeguato per Thor di Asgard! Non vedo l’ora! >>
<< Se devo morire affinché i miei compagni vivano, e il Maestro cada, così sia! Ma il mio tumulo sarà ben diverso da quello che tu descrivi. Brami la mia vita, serpente? Sappi che ti farò combattere a lungo per averla! >>
Thor scagliò il martello con tutta la forza che aveva in corpo, ed esso impattò contro il ciclopico muso. Un boato fortissimo fece eco per tutto il pianeta, e tutti udirono quel rombo di tuono che avrebbe potuto assordare gli uomini più gracili. Mjolnir tornò nella possente mano, il suo padrone chiamava, e nessun potere esistente poteva trattenerlo.
I titani lottarono su una terra tremante. Chissà se sentivano i deboli echi in lontananza? Le forze del Maestro e del Dottore ora lottavano sulle spire di Midgardsorm, torturando la carne del gran serpente che, tuttavia, non sentiva alcun male. Per lui, quei combattenti non erano altro che insignificanti moscerini, paragonabili per lo più agli invertebrati di cui, in tempi antichi, lui si cibava nelle profondità oceaniche.
La furia e l’odio imperversavano in quella lotta senza tregua, e sia Thor che Jormungand potevano sentirlo: il rombo del tuono che si abbatteva sulle squame, il suono del morso che dilaniava la pelle del dio, tutti quei rumori producevano un eco che i due conoscevano molto bene: il grande fardello di Heimdall, il Gjallarhorn, il magico corno, che intonava il loro requiem.
Chi avrebbe assistito alla fine dell’epica lotta?
* * *

Sotto forma di una gigantesca spirale viola e oro, Grougaloragran e Auth colmarono istantaneamente la distanza che li separava dall'atmosfera, scontrandosi con pugni e artigli fino a ripulire il cielo dai veli nuvolosi sottostanti, accompagnando il tutto con un possente boato.
Il vecchio dragone, ormai privo di ogni traccia di intelletto, si trasformò in un rettile amorfo dotato di molteplici ali, mentre l’energia che lo circondava divenne a immagine e somiglianza un tumulto atomico.
<< Grougaloragran… in te è rimasto qualcosa dell’onorevole guerriero di un tempo? >> sussurrò Auth, mentre danzava tra le spirali di vapore.
Sotto di loro, la battaglia scintillava in esplosioni dai molteplici colori, sfumate dalla coltre avvolgente.
"Di fronte a qualcosa del genere, non posso esitare... Ora o mai più. Per Thor, per il Dottore, per Marie e per Kyrie!"
Con un gesto rabbioso, stringendo i pugni e piegando i gomiti,ella sprigionò l’energia raccolta sotto forma di un raggio dorato. Quel concentrato di particelle vorticò attorno a lei, generando deflagrazioni talmente violente da piegare l’aria circostante, come se fosse improvvisamente diventata solida.
I capelli dell’entità le volteggiavano sopra il capo come tante serpi, illuminate da scariche di pura luce.
<< Stai per affrontare il potere di un nuovo dio! >> ruggì invece la creatura che un tempo era Grougaloragran, la mente sconvolta dal processo che aveva appena attivato, il suo grido udito sin dai soldati sottostanti.
Spiegando le ali, si lanciò all'attacco, scontrandosi ripetutamente con l'entità e lasciando dietro di sé una scia di luce corrosiva, il potere dello Scisma che cercava di infiltrarsi in Battleground attraverso di lui. Auth si difese intrecciando le braccia davanti al viso.
Dapprima, l'urlo la sbalzò lontano, facendola rotare come una foglia mossa dal vento. Una volta stabilizzata, bloccò gli artigli della bestia, ansimando, mentre questa si lanciava nuovamente contro di lei. Ormai priva di ragione, attaccava istintivamente, guidata solo dall'impulso di annientare l'avversario.
Auth strinse i denti.
<< Il tuo fuoco oscuro non ti servirà a niente, mostro! Io porto con me la luce dell’Origine! >>
Con quel grido rabbioso, concentrò la propria energia nei palmi delle mani. Nel frastuono della guerra e nell'orrore della battaglia, ogni pulsazione le richiamava ricordi antichi, risvegliando in lei una minuscola parte del potere di un tempo.
<< Sparisci da questo mondo, e porta via con te il potere che ti opprime! >>
Mosse gli arti in avanti. E nell’istante in cui un fiume dorato si riverso su Grugal, avvertì il contraccolpo nelle braccia, con le ossa delle spalle urlanti di protesta.
La sua pelle iniziò a cedere, eppure non si diede per vinta. Invece, spinse con tutte le forze contro quel formidabile avversario, sperando di poter concedere un po' di pace al rettile intrappolato nel crudele destino inflittogli dal Maestro.
Sfortunatamente, distruggere uno dei draghi più potenti del Multiverso non sarebbe stato così semplice.
Grougal si racchiuse nelle proprie ali, formando una sorta di sfera e ricevendo in pieno il potere di Auth. Venne scagliato via per molti chilometri, e la sua improvvisata barriera parve più volte sul punto di cedere… ma una volta riaperte le membra, si rivelò ancora grado di continuare la battaglia.
Auth lo fissò sbigottita.
<< Perché non muori?! >> ringhiò, mentre la sua alta figura dorata si levava dal fumo. Gocce di luce le colavano dalla bocca, dalle narici e gocciolavano contro le nuvole, disperdendosi nell'aria.
Con gli occhi fissi sulla creatura davanti a lei, serrò i pugni, gonfiando le vene del corpo.
<< Ti colpirò ancora, così forte che non avrai neanche l'energia per respirare! >>
Il suo potere esplose nuovamente in un torrente di particelle lucenti. Canalizzato nei muscoli, nei nervi e nei fasci che attraversavano il suo corpo statuario, aumentò la sua massa muscolare, come se fosse stata riempita di aria compressa.
<< Vediamo se puoi resistere a questo! >>
Ma Grougalagran non restò certo ad attendere il colpo. Con la mente ribollente di pensieri grotteschi,  volò rapidamente verso Auth, colpendola con una testata. L’onda d’urto risultante crepò il suolo sottostante, fece sfrigolare la pelle della donna e la spinse indietro.
L’entità spalancò istintivamente le ali, sfruttando l'attrito con l'aria per fermarsi, poi sputò un grumo di sangue, con un rivolo che le scendeva dalla fronte.
Gridando, sbattè le appendici piumate e tornò all'assalto, stringendo con forza il pugno destro. Con le unghie conficcate nel palmo, sferrò il colpo successivo con tutta la forza che aveva in corpo, gli occhi che mandavano lampi.
Grougal barcollò sotto la potenza dell’assalto, e Auth rispose con una fulminea codata al suo muso, che si tradusse con un dente staccato. L’entità avvertì le ossa traballare per lo sforzo, poi si avvicinò oltre la guardia dell'avversario e lo colpì sotto al mento con una ginocchiata, facendogli sbattere le fauci con violenza.
<< Pezzo per pezzo... se non posso annientarti, allora mi prenderò la tua vita un frammento alla volta >> sibilò, mentre sferrava un altro colpo.
Il drago ruggì dolorante, avvertendo uno squilibrio sempre maggiore nelle già instabili particelle che lo componevano. Così roteò su sé stesso e colpì Auth con i propri artigli, scagliando onde d'urto attraverso l'atmosfera, mentre le sue ali si riempivano di energia color pece.
Auth incassò i colpi, pur avvertendo un bruciore insopportabile in tutto il corpo. Le falci di Grougaloragran le lacerarono la pelle e le ali, facendo fluire nuovo sangue dalla sua figura dorata.
<< Pensi che il dolore basterà a fermarmi? >> sibilò  << Ho subito di peggio… >>
Si portò rapidamente dietro il dragone, più veloce di quanto fosse possibile per una qualsiasi altra creatura vivente, e strinse la presa attorno alle sue ali, impuntandosi con le ginocchia contro la sua schiena squamata.
<< Non mi lascerò contaminare dall’abominazione che ti porti dentro. Quindi… permettimi di offrirti un’alternativa! >>
Inarcò la schiena e urlò per lo sforzo, mentre un’ondata della propria energia cominciava a drenare nel corpo del suo avversario, contaminando l’essenza dello Scisma.
<< Hai fame, vecchio dragone? Mangia, allora! Assaggia, potente guerriero… puoi avere TUTTO! >>
Grougal ruggì a squarciagola, agitandosi nel tentativo di liberarsi dalla presa della dea.
L'energia dello Scisma entrò in contatto col puro potere cosmico di Auth, causando un'altra bizzarra reazione nel dragone… che prese a gonfiarsi senza controllo, gli occhi che parevano due pozzi di abissale agonia.
Dal canto suo, l’entità percepì il dolore di Grougaloragran, la sua paura, le grottesche pulsazioni del suo corpo, la reazione delle loro energie che entravano in contrasto l'una con l'altra.
<< È ora di finirla! >> urlò << Non permetterò al tuo male di consumare ciò che resta di questo universo! >>
Con un ruggito furente, il drago cominciò ad assorbire il potere di Auth, ignorando il dolore crescente, il sudore che aveva cominciato ad accumularsi tra le scaglie, il cuore che gli martellava nel petto come un tamburo. Attorno a lui, il mondo sembrava quasi sul punto di esplodere, vorticando in un turbinio di bagliori e lampi luminosi.
Auth avvertì il sangue che le inondava la gola, eppure rimase salda nella sua posizione.
<< Solo un altro po' più a fondo... >> sussurrò << Lo sento... Sta per esplodere... Ti prego, non fermarti ora! >>
La pressione fu infine troppa. Le ali del drago si illuminarono in un misto di viola e oro, ritirandosi nel suo corpo, che cominciò a collassare dall'interno con la forza di una supernova. Il rettile si sentì scagliato verso il suolo, mentre tornava alle sue dimensioni originarie. Trascinò con sé Auth, verso cui soffiò una vampata di fiamme miste all’energia dello Scisma.
I due contendenti si scontrarono ancora e ancora tra onde d' urto e conflagrazioni multicolori, finché non dovettero separarsi per evitare le spire di Jormungandr, alzatosi dal terreno per tentare di inghiottire Thor. Un suo ulteriore movimento lì scaraventò via, lontano dal suo rabbioso inseguimento con il tonante.
Rotolarono per terra, in mezzo ai cadaveri dei soldati e ai resti dei Cybermen che ancora tentavano di ricomporsi.
Auth cercò di ignorare i suoi dintorni. Le luci delle esplosioni, le strida della guerra, il sangue che le imbrattava le palme delle mani... al momento, doveva concentrarsi solo sul suo nemico. Così si alzò un passo alla volta, ridacchiò sommessamente e si portò una mano al viso.
<< Lo sai, Grougal, in fondo devo ringraziarti. Mi hai fatto ricordare... chi sono. >>
Ci fu un'altra esplosione di potere. L’aura della donna scavò dei solchi nel terreno attorno a lei.
<< Io… sono… una divinità! >> ruggì, prima di lanciarsi a tutta velocità verso il dragone.

Track: https://www.youtube.com/watch?v=FqV9CWjMNAA

Lo colpì con quanta forza le era rimasta. Il rettile assorbì l'impatto con un mostruoso ringhio, la sua forma sempre più distorta per i colpi ricevuti. Ormai, riusciva a malapena a restare coeso.
Faticando per riprendere un aspetto quasi umanoide, rispose con un doppio pugno rivolto al petto di Auth, seguito da una furiosa scarica di artigliate che lasciarono solchi violacei nella sua pelle dorata. La donna ringhiò di dolore, mentre i colpi la costringevano in ginocchio.
Con il corpo ricoperto di tagli e lividi, tornò all’offensiva e colpì l’avversario con un brutale calcio al costato. Si spostò poi sul ginocchio sinistro per agguantargli lo sterno, su cui riversò l’ennesima esplosione.
<< Dammi la tua vita! >>
Grougaloragran affondò le zampe nel suolo e lanciò un altro grido furente, mentre il potere di Auth attraversava le sue carni eteree, cercando di mutare il potere dello Scisma. Questa volta, però la forza dell’impatto si rivelò troppo grande anche per lui.
In una terribile conflagrazione, il dragone venne scagliato via contro la carcassa di un camminatore imperiale che si trovava nelle vicinanze.
<< Io sorgo… tu cadi >> sussurrò Auth, mentre crollava su un ginocchio.
Si portò una mano alla spalla, respirando a fatica. Il cuore sembrava sul punto di esploderle, ma il panico e l'orrore erano scomparsi. Non provava più timore alla prospettiva dell’avversario, il cui infido potere aveva già cominciato a disperdersi.
<< Io sono Auth, colei che porta i ricordi delle miliardi di vite di un Multiverso a brandelli... e non mi farò mai più schiacciare dalla paura… MAI PIÙ! >> urlò con tutto il fiato che le restava, fissando astiosa il cielo.
Fu allora che la macchina da guerra imperiale esplose in una miriade di frammenti, mentre Grougal riemergeva col suo aspetto draconico, avvolto da una cortina di fumo venefico.
Aprendo le fauci, accumulò tra i denti una vorticosa quantità di energia oscura, addensandole in una sfera dal colore violaceo. Poi, la vomitò sotto forma di una distruttiva ondata di energia, che partì spedita verso Auth. Ma l’entità non si lasciò trovare impreparata e rispose all’attacco con uno di suo.
Viola e oro si scontrarono nel mezzo del campo di battaglia, generando un boato tale da smuovere la crosta sottostante.
Nastri di luce lasciarono il corpo di Grougaloragran, mentre questi metteva tutto sé stesso in quell'ultimo attacco, nel senso più autentico che fosse possibile concepire. Ma il suo destino era già stato segnato nell’istante in cui aveva deciso di far ricorso a quella forma… e dopo un tempo apparentemente senza fine, l'attacco di Auth cominciò a prevalere.
Per una manciata di secondi, la zona attorno ai due contendenti si trasformò in una cupola dorata. E quando la luce svanì, l’entità era tornata alla sua forma semi-umana.
Nonostante la stanchezza, sentendo alcuni piccoli guaiti, si diresse verso il punto dove si trovava Grougal… e vi trovò un piccolo drago avvolto da quella stessa luce con cui la divinità l'aveva attaccato. Sembrava quasi un cucciolo!
Ben presto, il suo corpo cominciò a dividersi in migliaia di piccoli granelli di luce.
Sentendosi invadere da una profonda tristezza, Auth non riuscì a trattenersi dal prenderlo tra le braccia. Poi cominciò a cullarlo, con tutta l’intenzione di regalargli almeno un po' di conforto nei suoi ultimi istanti.
<< Vorrei non si fosse arrivato a questo, Grougaloragran >> sussurrò dolcemente << Posso chiederti un piccolo favore? Se ci fosse un aldilà per coloro che sono caduti nello Scisma e a Battleground, cerca Kyrie, la mia amata.. e dille che penso a lei ogni singolo giorno.>>
Vi fu un ultimo lampo di luce.
Quando le membra del valoroso drago si dispersero una volta per tutte, Auth si rialzò a fatica da terra, decisa più che mai a porre fine all' incubo creato dal Maestro.
* * *

Gli occhi argentati di Summer non abbandonarono mai l’imponente figura della serpe.
<< Jormungandr >> sussurrò con un filo di voce, ricordando le storie che Thor le aveva raccontato sulla sua nemesi profetizzata << Dunque è sopravvissuto allo Scisma. >>
E questo poteva rappresentare un pericolo inimmaginabile per tutti i ribelli.
Subito, la mietitrice si rivolse alla sua più vecchia amica.
<< Raven, apri un portale per tutti! >> ordinò, la falce saldamente stretta tra le pallide mani.
Intuendo il piano dell’ Cacciatrice, Raven annuì rapida e creò una serie di portali per ognuno dei loro alleati, riaprendoli proprio sopra il dorso del colossale serpente. Grosso com’era, non sarebbero mai stati in grado di evitare le sue spire… ma per lo meno, potevano provare a cavalcare, così da diminuire il rischio di esserne schiacciati.
Naturalmente, Salem non avrebbe concesso ai suoi nemici un attimo di respiro.
Apparve sopra di loro in un elegante turbinio delle sue vesti neri, scrutandoli con i suoi occhi glaciali. Subito, il gruppo cominciò a bersagliarla di proiettili e attacchi di polvere, che tuttavia si scontrarono inermi contro un gigantesco gilfo evocato dalla strega stessa. Poi, lampi di natura elettrica eruttarono dal costrutto magico, costringendoli ad una corsa rocambolesca tra le scaglie di Jormungand.
<< Sul serio, quanta Aura possiede?! >> ringhiò Ruby, mentre si muoveva con difficoltà sul dorso perennemente in movimento della serpe. 
Ormai ne era sicura, potevano sconfiggere qualcuno come Salem in un modo solo: facendole esaurire ogni barlume di energia che aveva in corpo. Purtroppo per tutti, quel traguardo appariva più lontano che mai! Gli attacchi della strega non avevano perso un briciolo della loro intensità, e sembravano ancora capaci di smuovere le montagne.
Yang e suo padre non si diedero per vinti, e come una coppia di meteore dorate conversero all’unisono lungo i fianchi della regina. Al contempo, Summer avvolse la madre adottiva con la propria catena, poi tirò con tutta la forza che aveva in corpo.
Stringendo i denti, la regina di Remnant non si lasciò trovare impreparata. Dapprima, ricacciò indietro la coppia di pugili, poi spezzò la catena di Summer sfruttando la Semblance copiata da Yang. Infine, si lanciò a tutta velocità contro la figlia, incalzandola in un violento combattimento all’arma bianca.
Ruby e compagne tentarono di intromettersi per aiutare la Cacciatrice, ma presto si ritrovarono sbalzate indietro dalle onde d’urto generate dallo scontro.
Il tempo sembrò rallentare attorno alle due contendenti, mentre queste si muovevano con metodica e spietata efficienza, in un fluido alternarsi di attacco e difesa.
Summer si era allenata con la regina di Remnant da che ne aveva memoria, e più di qualsiasi altra persona di Battleground conosceva lo stile della strega. Ma a lunga andare… neppure questo sarebbe bastato per farle guadagnare il vantaggio.
Dopo aver parato l’ennesimo affondo di falce, Salem sollevò la mano destra, illuminandola di un intenso bagliore. Summer si ritrovò brevemente accecata da quel lampo improvviso, e così sollevò un braccio per pararsi gli occhi, lasciandosi coperta.
Approfittando di quel momentaneo atto di distrazione, la strega sembrò come materializzarsi accanto alla figlia… che pugnalò all’altezza del cuore.
Un urlo strozzato seguì quella scena, tanto alto da sovrastare il fragore della battaglia.

* * *

Angel contemplò ammutolito l’enorme bestia che serpeggiava sul campo di battaglia. Durante i suoi viaggi attraverso il Multiverso, aveva incontrato innumerevoli creatura di ogni forma e dimensione… ma mai i suoi occhi si erano posati su un essere di tale monumentalità.
Era forse un demone? Un altro degli esperimenti del Maestro? Oppure una creatura nata dagli albori dell’universo stesso? Non poteva saperlo… e la cosa lo terrorizzava.
All’improvviso, il suo Haki lo avvertì di un attacco imminente.
Con un rapido battito d’ali, si scansò appena in tempo per evitare una lancia di plasma, che andò a conficcarsi inerme nel terreno sotto di lui. Alzando lo sguardo, scoprì che il fautore di quell’assalto non era altri che Vorkye.
<< Hai forse dimenticato chi sia il tuo avversario? >> ringhiò ferocemente il soleano, per poi scagliarsi contro di lui.
Angel si scansò con un largo anticipo, evitando un secondo colpo. Vorkye ringhiò e, con tutta la ferocia che aveva in corpo iniziò a bersagliarlo con un rapido alternarsi di calci e pugni. Tuttavia, per quanto veloci e precisi potessero essere, nessuno dei suoi colpi raggiunse il giovane, che li evitò con grande maestria.
Mentre schivava l’ennesima raffica, Angel decise finalmente di rispondere con un gancio di suo. Il bagliore che circondava le scaglie del suo braccio destro sembrò crescere d’intensità, e colpì lo stomaco di Vorkye con abbastanza forza da spingerlo a diversi metri di distanza.
Il soleano puro trattene a stento l’istinto di vomitare sangue dalla bocca e poi… fissò furente l’avversario, le cui labbra si erano arricciate in un sorriso molto più predatorio.
<< Te l’ho detto >> disse Angel con una voce graffiante, quasi innaturale << Mi sono allenato molto. Ho passato gli ultimi sette giorni a superare i miei limiti, a sputare sangue e flagellare il mio corpo, ancora e ancora… tutto in preparazione a questo scontro. Ho fatto appello a tutti gli aspetti della mia natura, senza alcuna distinzione! Soleano? Umano? Semidio? Io sono tutti loro… ma allo stesso tempo, sono qualcosa di completamente diverso. >>
Allargò le braccia.
<< Mi hai chiamato un meticcio, come se questa mia condizione dovesse rendermi automaticamente inferiore a te! Ma vuoi sapere la verità, Bloodbless? È proprio il mio essere diverso… a rendermi più potente di quanto tu potresti mai essere! Perché col tempo ho imparato a coesistere con il meglio delle mie parti, creando qualcosa di completamente nuovo! Qualcosa che riuscirà a superare persino te! >>
<< Vedi di non montarti la testa >> ruggì Vorkye, mentre gli riversava addosso un’ondata di materia oscura.  
Tuttavia, poco prima che l’assalto potesse entrare in contatto con l’avversario, accadde qualcosa di decisamente inaspettato. Un muro di fulmini si erse di fronte ad Angel, tanto alto da toccare la coltre di nubi ciricee. Queste si scontrarono con il flusso di nera pece, sprigionando un’esplosione di scintille e vapori, a cui seguì un sibilò grottesco.
Poi, sotto lo sguardo incredulo dell’avversario, i lampi sembrarono concentrarsi nel palmo destro del ragazzo, modellandosi a immagine e somiglianza di un uccello.
Brevemente, la creatura rimase sospesa di fronte a lui, come una specie di fedele sentinella, quasi stesse solo aspettando l’ordine di attaccare. Fu solo quando Angel mosse il braccio in avanti che cominciò ad agitare le sua ali di pura elettricità, puntando in direzione dell’avversario.
Superata la sua un’iniziale incredulità, Vorkye scelse di evitare l’assalto, insicuro sulle sue possibilità di incassare il colpo senza subire danni considerevoli. Tuttavia, con suo enorme sgomento, si rese conto che la “creatura” aveva cambiato traiettoria… e ora lo stava inseguendo.
“Allora dovrò occuparmene personalmente.”
Con battito d’ali, frenò la sua corsa e puntò ambe le mani verso il costrutto. A quel punto, cominciò a raccogliere una sfera di materia oscura tra i palmi…
<< Non così in fretta >> ringhiò una voce familiare alle sue spalle.
Gli occhi di Vorkye si spalancarono sorpresi. Ebbe giusto il tempo di girare la testa, poco prima di ritrovarsi intrappolato in una presa ferrea.
Braccia squamate gli avvolsero il corpo, bloccandogli gli arti e impedendogli di contemplare l’offensiva. Allora il soleano capì che Angel aveva approfittato della sua momentanea distrazione per assalirlo alle spalle.
<< Toglimi le mani di dosso, schifoso metic-… >>
Il corpo di Vorkye fu illuminato da un bagliore bluastro. Scariche di natura elettrica lo avvolsero dalla testa i piedi. Lanciò un grido pieno di rabbia e dolore, mentre milioni di volt gli perforavano pelle, carne, muscoli e organi come infinite lame invisibili.
Ma anche in quell’attimo apparentemente senza fine, con i nervi in fiamme e la vista appannata, egli non si lasciò dominare dalla sofferenza.
Invece, richiamò a se il sangue sottostante, creando centinaia di lance rosse che cominciarono a bersagliare Angel, trafiggendolo ancora e ancora, attraversando le sue scaglie come fossero burro. Ma anche il rosso mantenne salda la sua posizione, consapevole che un solo secondo di esitazione sarebbe stato sufficiente per ribaltare quello scenario.
Solo quando il suo attacco era abbastanza vicino… scelse finalmente di mollare la presa. L’istante dopo, Vorkye venne colpito in pieno, e il suo corpo schizzò a mò di proiettile contro una delle spire di Jormungand, per poi ricadere a terra con tanta forza da generare un altro cratere.
Martoriato e coperto di sangue, Angel lo seguì a ruota, atterrandogli di fronte.
<< Arrenditi >> ringhiò, puntando la sua fidata lancia alla gola del soleano.
La mente di Vorkye divenne una tabula rasa. Arrendersi? Che parola bizzarra… una che non aveva mai preso neppure in contemplazione.
Non lo aveva fatto quando la sua casa era stata bruciata alle fondamenta da quell’essere senza nome, quell’Uomo in nero che per primo lo aveva indirizzato verso la via del guerriero. Non si era arreso durante gli innumerevoli, brutali e sfiancanti allenamenti che avevano temprato il suo corpo nel corso dei decenni, trasformandolo nell’essere più potente del suo mondo d’origine.
Non si era arreso neppure al cospetto dello Scisma, ne lo aveva fatto alla scomparsa di Gilgamesh, fiducioso che suo fratello sarebbe tornato dalla morte. E ora che era finalmente a un passo dal riabbracciare l’unica famiglia che gli era rimasta… questo meticcio gli stava chiedendo di gettare la spugna? Proprio così, dopo tutto ciò che aveva fatto per sfuggire alla profezia di una sconfitta apparentemente certa?
“No… non può finire così… non adesso che sono così vicino ad ottenere tutto quello che ho sempre voluto…”
La morte dell’ultimo Soleano Blu… il ritorno di suo fratello… Ellen…
Non poteva e non voleva arrendersi!
Inconsapevole – o forse incurante – dei pensieri che volteggiavano nella testa di Vorkye, Angel spinse più a fondo Gae Bolg, al punto da riversare un grumolo di sangue dalla gola dell’avversario.
<< Allora? >> disse con tono glaciale << Che cosa ne dici, Bloodbless? Vuoi continuare a combattere? Costringermi a completare una profezia che non ho mai chiesto? Oppure sei disposto a mettere da parte il tuo orgoglio e vivere un altro giorno? Devi solo ammettere la sconfitta. >>
Vorkye quasi avvertì il peso del suo sguardo, eppure scelse di rispondere con altrettante freddezza.
<< N-Non ho ancora perso >> disse, ignorando il dolore bruciante alle corde vocali.
Fu allora che una voce familiare gli rimbombò nella testa.
<< Davvero? Eppure sul tuo viso ho notato un’espressione smarrita, come quella di uno che non sa più che pesci pigliare. >>
Gli occhi di Vorkye si spalancarono impanicati. << M-Maestro… >>
<< Abbiamo stretto un accordo ricordi? E io, nella mia infinita magnanimità, mi sono assicurato di portarlo a compimento con largo anticipo. >>
Il soleano udì uno schiocco di dita. L’istante dopo, qualcosa comparve a pochi passi dalla coppia di soleani, sorprendendo entrambi.
Era… una capsula, al cui interno galleggiava una persona che Angel non aveva mai visto prima. Assomigliava a Vorkye sotto molti aspetti: capelli biondi, pelle pallida… ma mancava del cipiglio arrogante che aveva imparato ad associare al suo rivale.
Invece, sembrava pacifico, con le labbra appena arricciate in un dolce sorriso, quasi stesse facendo un piacevole sogno. Il suo corpo nudo era collegato al fondo della capsula da un cordone artificiale, quasi fosse un feto non ancora nato, eppure aveva la struttura corporea di un ragazzino già formato.  
Nel vederlo, il cuore di Vorkye si sentì più leggero. Gilgamesh… il suo fratellino era lì.
Era solo una proiezione, lo sapeva, ma riuscì comunque ad allietare il dolore bruciante che avvertiva in tutto il corpo. Presto sarebbe stato in grado di riabbracciarlo, proprio come il Maestro aveva promesso.
Per un attimo, ricordò il giorno in cui lo aveva visto per la prima volta, appena nato. Un essere così piccolo e innocente, eppure indiscutibilmente legato a lui. L’unico che fosse sempre stato dalla sua parte fin da quando ne aveva memoria, sopportando il peso delle sue tragedie con altrettanta determinazione.
La sua contemplazione fu bruscamente interrotta dalla voce del Maestro.
 << Ma a quanto pare, non sei più in grado di rispettare la tua parte. Perciò… il nostro accordo è saltato. >>
Nell’aria riecheggiò un altro schiocco di dita.
Per un brevissimo istante, non accadde niente. Poi… il corpo di Gilgamesh sembrò gonfiarsi come un palloncino. Vi fu un lampo di luce, e una macchia rossa prese il posto del giovane soleano. Brandelli di carne e sangue volteggiarono nella vasca, poi cominciarono a depositarsi sul fondo.
Ciò che seguì fu un pesante silenzio. Perfino Angel era rimasto scioccato di fronte ad un atto così palesemente crudele, sebbene non conoscesse l’identità del ragazzo che era appena morto di fronte ai suoi occhi.
Accanto al Maestro, Najimi si portò una mano alla bocca, ormai conscia di quale fosse sempre stato il piano del Signore del Tempo. Al contempo, l’espressione di Vorkye divenne vuota, come se la vita lo avesse abbandonato.
Per un attimo, il soleano osò quasi sperare che tutto questo fosse solo un incubo, oppure una semplice allucinazione dovuta al dolore. Purtroppo, l’odore inconfondibile di sangue e cenere erano troppo vividi, e premevano con forza contro le sue narici.
Allora capì di essere ancora perfettamente sveglio… e che il Maestro aveva effettivamente ucciso suo fratello, cancellandolo completamente dall’esistenza.
Il corpo del soleano cominciò a tremare.
Aveva perso tutto. La ragione per cui aveva scelto di allearsi con il Maestro… era stata appena spazzata via dall’esistenza.
Tutto quello che aveva fatto e sopportato negli ultimi vent’anni era stato per niente. Ora era solo.
Come si era arrivati a questo? Di chi era la colpa?
<< Ti chiedi di chi sia la colpa? >> chiese il Maestro, con tono severo << Forse del ragazzo che stai affrontando, colui che è stato profetizzato come tuo carnefice? Oppure del destino, che così crudelmente annunciò la tua sconfitta con largo anticipo? O forse la colpa è mia, poiché ho ucciso tuo fratello? Oppure dei Beyonders? No… la colpa di tutta questa situazione è solo ed esclusivamente TUA, Vorkye Bloodbless. >>
Vorkye fu scosso dalla sentenza del Signore del Tempo. Era davvero colpa sua?
<< Vuoi sapere perché? >> continuò il tiranno di Battleground, implacabile << Perché sei debole! Ti sei montato la testa, credendoti imbattibile! E durante questa battaglia, ti sei rifiutato di compiere i sacrifici necessari per assicurarti la vittoria. Gesti estremi che sicuramente ti avrebbero danneggiato, ma che forse ti avrebbero permesso di vincere! E se solo avessi vinto… io non sarei stato costretto a fare quello che ho appena fatto. Purtroppo per te, sono un uomo di parola. >>
Vorkye non disse nulla. Non aveva la forza per formulare alcuna parola.
Tuttavia, nella sua mente iniziò a delinearsi un pensiero. Era davvero tutta colpa sua.
Il Maestro rilasciò un forte sospiro.
<< Un vero peccato. Eri un ragazzo così promettente! Ti ho dato l’occasione di una vita… ma ti sei dimostrato incapace di coglierla. A questo punto, mi vedo costretto a sollevarti da ogni incarico e licenziarti seduta stante. Da adesso non sei più un mio dipendente! Fa pure quello che vuoi con ciò che resta della tua patetica esistenza, non mi interessa più. Addio! >>
Fu allora che il collegamento mentale con il Signore del Tempo s’interruppe bruscamente.

Track: https://www.youtube.com/watch?v=Gz2_wA2ZOAs

Il tremore di Vorkye cominciò a crescere d’intensità.
<< Io… ho perso tutto >> sussurrò con voce strozzata, mentre grumi di una luce nera cominciavano ad avvolgere le sue membra.
L’energia corruttrice dello Scisma si riversò attraverso il suo corpo come un fiume in piena, penetrando in ogni cellula come un cancro. Eppure, il soleano non tentò di frenarla.
A questo punto, niente aveva più importanza. Ellen, il suo trono… solo la morte avrebbe frenato la sua sofferenza.
“La Morte?”
Che pensiero insolito, visto che aveva passato tutta la vita a fuggire da quel concetto, lo stesso che lo aveva spinto a commettere un genocidio.
“Sembra che non si possa davvero sfuggire al proprio destino…”
Ormai lo sapeva, sarebbe morto in quella valle… ma non se ne sarebbe andato da solo. Se proprio doveva morire, si sarebbe assicurato di trascinare con se il suo carnefice, lo strumento con cui il Fato aveva deciso di firmare la sua condanna. Avrebbe distrutto tutto. Questo sarebbe stato il suo lascito: la DISTRUZIONE!
L’aura oscura dello Scisma fuoriuscì incontrollata dal suo corpo, avvolgendolo come una bolla. L’istante dopo, Angel si sentì sbalzare via da una forza invisibile.
* * *

Fire si gettò in picchiata per evitare un altro colpo di spire, che per quanto imponenti sembravano elastiche e incalzanti come fruste. Doveva trovare un riparo alla svelta, se non voleva finire schiacciato.
Ma l’unica cosa che somigliasse vagamente ad un riparo erano le carcasse degli AT-AT: non la migliore delle idee, visto che potevano crollargli addosso, ma al momento aveva poca scelta.
Così schizzò nella loro direzione e si infilò fra i resti di metallo, coprendosi il capo con le braccia. La fortuna sembrò girare da quelle parti, perché le spire sembrarono stendersi lontane dai camminatori, sebbene fossero ancora lì, a circondare il terreno.
Si azzardò a tirare un sospiro, rendendosi conto di aver trattenuto il fiato. A quel punto, si girò ad osservare i resti dei camminatori, sentendo lo stomaco contorcersi: era stato tutto così mostruosamente repentino. Qualcuno era ancora vivo? Con un attacco del genere, dubitava seriamente che ci fossero dei sopravvissuti. Poteva tranquillamente girarsi, fare finta che fosse tutto a posto...
Si rese conto di sperare. Sperava che fossero tutti morti. Sperava che lui fosse morto, sperava di potersene andare da lì senza più alcun pensiero. Gli sarebbe andata bene anche ignorare la possibilità di un corpo. Andiamo, non serviva controllare! Era sicuramente morto! Come avrebbe fatto a salvarsi da qualcosa del genere!? Magari era esploso in mille pezzi o incenerito fra le fiamme, il bastardo...
Si concesse di crogiolarsi in quel meschino desiderio, poi scosse il capo. Non poteva esserne certo, lo sapeva. Doveva assicurarsene.
Con il cuore in gola e le mani tremanti, prese ad avventurarsi, utilizzando la forza vampiresca per spostare i pezzi di metallo che gli intralciavano il cammino.
Fu allora che vide un lampo di scintille eruttare dalla carcassa di uno degli AT-AT. Seguì una lama argentata che tagliò attraverso il freddo metallo come se fosse burro, aprendo un grosso squarcio nella corazza dell’enorme macchinario.
L’adolescente attese, completamente immobile, quasi il suo corpo non fosse in grado di registrare i comandi inviati dal suo cervello. Il mondo attorno a lui divenne improvvisamente silenzioso, mentre una figura familiare fuoriusciva dalla carcassa metallica, stagliandosi contro nubi di fumo color pece.
Shen tossicchiò, sputando rivoli del pulviscolo che volteggiava nell’aria.
Scrutò dapprima i loro dintorni, soffermandosi brevemente sulle enormi spire della misteriosa creatura e imprecando sonoramente ad alta voce. Poi, i suoi occhi incrociarono finalmente quelli di Fire... e si allargarono come piatti.
<< Tu >> sputò, mettendo in quell’unica parola tutto l’odio che provava per il ribelle che gli stava di fronte.
<< Ma che profonda e brillante deduzione. >>
Il tipico sarcasmo del giovane non tardò ad uscire dalla sua bocca. Fissò l’albino dritto negli occhi, e sentì a propria volta l’odio accendersi dentro di sé, che gli fece serrare i pugni e assottigliare lo sguardo.
<< Per caso sei così edotto pure su cosa accidenti è quell’affare appena spuntato dal nulla? >>
<< Loki >> sussurrò il governatore, con una smorfia furiosa a corrucciare il suo volto dai lineamenti eleganti << È sicuramente opera di quello scellerato! Che sia maledetto! Quella deve essere la Serpe del Mondo, uno dei suoi figli mostruosi. >>
<< “Serpe del Mondo”? Seriamente? Adesso anche lui aveva bisogno di qualcosa per compensare!? >>
<< Dannato bastardo, dovevi proprio metterti in mezzo! >> Shen sembrava troppo impegnato a imprecare e maledire il dio degli inganni per prestare attenzione alle sue inutili battutine << È ovvio, vuole che uccida il dio del tuono, secondo quanto profetizzato negli antichi miti. >>
<< Cosa? >> sussultò Fire << Ma è impazzito? Quell’affare è così grosso che finirà per ammazzare anche voialtri! Questa è la prova che non sai davvero sceglierteli gli amici. Oppure, in un certo senso sì, visto che sono tutti stronzi come te. >>
L’adolescente stava usando il sarcasmo per mascherare l’impulso impellente di voltarsi e correre da Thor per aiutarlo. Ma cosa avrebbe potuto fare contro un essere del genere? Per poco non era finito schiacciato solo nel tentativo di schivarlo. Non ci voleva un genio per capire che quella creatura era unicamente alla portata di un dio. Ma anche così, come poteva essere sicuro che Thor ce l’avrebbe fatta?
No, non doveva pensare in negativo! Doveva credere in lui, e nella sua promessa! Doveva...
Un fischio dell’aria lo riportò inesorabilmente alla realtà. Schivò per un pelo il kunai diretto alla sua gola semplicemente spostando il capo di lato.
<< Non avevi forse detto niente più insulti? Sei il solito ipocrita, Baelfire. Ma, per quanto riluttante, devo ammetterlo… trovo la tua stupidità lievemente divertente >> commentò l’albino con un sogghigno, la mano tesa da cui aveva scagliato il coltello << Tutti i tuoi poteri mentali, ma la tua mente è ancora quella di un vulnerabile, bambino sentimentale che cerca di fingersi insensibile. Non puoi evitare ciò che è scritto nel destino! Thor morirà, e tu non potrai impedirlo, come non hai potuto impedire la morte di Logan! Oh, ma non devi tormentarti, ho intenzione di mandarti a fare compagnia ad entrambi! >>
Il ragazzo lanciò un urlo di rabbia, accese una mano della sua luce e in un attimo gli fu addosso, rifilandogli un sonoro pugno dritto in faccia. Un tempo, sicuramente il governatore sarebbe riuscito ad intercettarlo, o quantomeno ad incassarlo. Invece, fu colpito in pieno e scaraventato via di cinque metri, mancando per pura fortuna i pezzi di metallo quando precipitò a terra.
<< Maledetto figlio di puttana! >> sbraitò Fire, atterrandogli davanti << Dovevi morire su quei cazzo di cammelli! >>
Shen abbaiò una risata strozzata, gli occhi che parevano un paio di braci ardenti, mentre si risollevava con notevole sforzo, usando la lancia come perno.
<< Pensavi davvero che sarebbe stato così facile? Credevi davvero che mi sarei lasciato uccidere da qualcosa del genere? Mi sottovaluti, passerotto. >>
Una coda metallica si aprì alle sue spalle, avvolgendolo come il cappuccio di un cobra e proiettando una lunga ombra al di sopra della sua esile figura.
<< Sai come sono sopravvissuto tanto a lungo, anche quando così tante persone mi vogliono morto? >> ringhiò << Perché sono sempre preparato ad ogni evenienza! E in questo caso, lo ero alla possibilità che il mio mezzo di trasporto rimanesse coinvolto nel fuoco incrociato. >>
Scosse la testa, emettendo un sospiro apparentemente rammaricato.
<< Purtroppo, il resto del mio equipaggio non è stato abbastanza fortunato. Un vero peccato... ma almeno i loro corpi mi sono stati utili per intercettare alcuni dei detriti più pericolosi. Mi assicurerò che i loro nomi vengano rammentati a lungo, o qualcosa del genere. >>
<< Risparmiatelo >> ringhiò Fire << non te ne fregava un cazzo prima, non te ne frega un cazzo neanche adesso! Non prendere per il culo la memoria di altri morti per colpa tua, assassino bastardo! >>
Ansimava lentamente, rigido come una statua, i pugni serrati. Per poco non aveva perso il controllo, con quel pugno. In verità, si sentiva in bilico: solo guardare Shen in faccia e sentirlo parlare gli accendeva la rabbia e l’odio nelle vene.
Non desiderava altro che farlo a pezzi e farsi il bagno nel suo sangue, così da porre fine alla sua vita e soddisfare il suo desiderio di vendetta. Era riuscito solo a rallentarlo, perché sedarlo non poteva, era sempre lì, a pungolarlo e incitarlo...
E non c’era solo il Lato Oscuro. Sentiva la gola pizzicare, come stuzzicata dalla presenza dell’uomo. Aveva il bruttissimo presentimento che i suoi istinti vampireschi lo ritenessero un candidato ideale per il suo primo pasto di sangue: Marie l’aveva avvertito.
“Non pensarci. Concentrati. Ricorda l’addestramento” si disse.
La risata schernente dell’uomo lo riscosse dal suo torpore.
<< Oh, è così divertente osservare il tuo stupido, dilaniante dissidio interiore. Fremi dalla voglia di uccidermi... eppure ti reprimi, perché sai che se lo fai diventerai esattamente come mammina e papino! >>
<< Non sei immune al fuoco, fenice, per quanto tu voglia vantarti del contrario! >> sibilò l’adolescente, serrando i denti << Non ti conviene scherzare con esso! >>
<< Altrimenti? Mi irriterai con i tuoi giochi di parole!? >> sputò Shen, sprezzante << Mi colpirai ancora, sperando che sia la forza di gravità a farmi fuori!? Miserabile codardo! Se mi vuoi morto... dovrai guardarmi negli occhi mentre strappi il mio cuore ancora pulsante dal petto! >>
Il ragazzo fece un respiro profondo, abbandonando la postura e le braccia lungo i fianchi, cogliendo totalmente di sorpresa l’albino.
<< Vorrei farlo. Non importa come, vorrei che morissi fra le sofferenze più atroci. Ho pregato che accadesse, prima, e anche adesso. Ma non è andata così. Esattamente come tu hai sperato di farmi fuori con quelle tue stupide macchine. >> Mise su un sorriso storto. << Per noi è sempre stato così. Entrambi abbiamo sempre cercato di ucciderci, senza mai riuscirci. Detesto ammetterlo… ma non parli a vanvera quando affermi che abbiamo delle cose in comune, e questa è sicuramente tra le più seccanti. Ma ero serio, prima: questa follia deve finire. Ma per raggiungere un simile risultato, non è alla tua umanità che farò appello, bensì al tuo Lato Oscuro. Se ti dicessi… che intendo darti quello che vuoi? >>
Aveva gettato l’amo. Era un’idea che covava in serbo da un po’, e che si augurava potesse funzionare. Stava facendo un salto di fede, e nel farlo avrebbe rischiando parecchio: non sapeva quanto a lungo avrebbe trattenuto il proprio, di Lato Oscuro.
<< Hai fatto di tutto per prenderti la mia vita. Ma sei un verme talmente bestiale e capriccioso che non ti è mai davvero bastato. Hai ucciso Logan unicamente per farmi uscire di senno. Hai cercato più volte di spezzarmi, volevi farmi abbassare al tuo infimo livello, eri compiaciuto all’idea di servirti di me per i tuoi scopi. Eppure, c’è qualcosa che vuoi molto di più della mia morte e della mia anima. O vuoi negarlo, governatore? >>
Shen rimase inizialmente in silenzio, trafiggendolo con le sue pupille color sangue, quasi stesse cercando di leggergli nell’animo... o più probabilmente, di dargli fuoco semplicemente con lo sguardo.
Ma Fire non si mosse. Mantenne il contatto con quegli occhi vermigli, sostenendo il loro esame con calma monolitica.
A quel punto, il suo rivale di lunga data schioccò la lingua.
<< Lo ammetto >> disse << L’unica altra cosa che potrebbe rendermi più felice della tua morte... sarebbe testimoniare quella di tuo padre. Ovviamente, parlo del tuo VERO padre. Colui che per troppi anni si è beato di tutto ciò che un tempo doveva essere mio! >>
Alzò una mano e la strinse a pugno.
<< Si è sempre considerato migliore di me. Più degno della posizione di secondo in comando del Maestro... più degno dell’amore di tua madre! Solo perché è nato con doni che vanno al di là della mia comprensione... >>
Si fermò di colpo e prese un respiro profondo.
<< Ma un simile desiderio è ancora di là della mia portata >> ammise, quasi con disgusto << E lo sarà fino a quando Darth Vader avrà il favore del nostro Signore. Ecco perché dovrò accontentarmi di eliminare la sua progenie! >>
<< È vero. Sarebbe la cosa migliore >> annuì l’adolescente, ostentando tranquillità e indifferenza << Avresti anche l’occasione perfetta. Qui, sul campo di battaglia, chi mai si accorgerebbe di un malaugurato incidente? >>
Aprì le braccia come a fare da bersaglio, con un sorriso di scherno.
<< Se non fosse… che non erano questi gli ordini del tuo Signore >> replicò << e che tu, sciocco, impulsivo, spocchioso bastardo, ti sei appena tradito con le tue stesse mani. Hai ordinato al tuo battaglione di spararmi, in pieno campo aperto. Loro ne erano completamente ignari, non è così? Ma tu… tu sapevi bene che gli ordini erano di catturarmi, vivo e incolume. >>
Forte di quelle informazioni recuperate da Starscream, si finse ancora più sicuro e padrone della situazione; allargò il sorriso quando colse il cipiglio sorpreso nello sguardo del suo rivale.
<< Ti chiedi come io sappia? Ma i doni miei e di mio padre non vanno forse al di là della tua comprensione? >> Ridacchiò sonoramente. << In realtà, non dovrei stupirmi nel non vederti così preoccupato. Non dubito che con la tua lingua argentina te la caveresti alla grande, di fronte alla corte marziale. Potresti sostenere che fosse tutto calcolato. Il Maestro, chissà, potrebbe anche crederti. Ma sei davvero così disposto a correre il rischio? Oppure... il tuo era un intento chiaramente suicida? >>
Per un istante, gli occhi rossi del giovane brillarono di oro, in un’espressione di maligno divertimento. Qualcosa decisamente non da lui.
<< Sei un uomo intelligente, Shen. Completamente pazzo, sì, ma assolutamente intelligente. >>
<< Non abbastanza da decidere di tapparti subito quella fogna indegna, mi duole riconoscerlo >> sibilò l’albino, riposizionando la lancia.
<< Ah, ma un uomo intelligente valuta sempre, prima di agire. È per questo che mi stai ascoltando. Rilassati! >> L’espressione sardonica e melliflua del ragazzo era quasi aliena, sui suoi lineamenti. << Non importano le bugie che racconti a te stesso! Così come non importano le bugie che vuoi raccontare ai tuoi superiori. Potrai anche raccontare questa storiella al Maestro, ma non potrai darla a bere a Vader. Lui ha… un certo fiuto, quando si tratta di scovare i ribelli. >>
<< NON CHIAMARMI COSÌ! >> scattò Shen, compiendo un minaccioso passo avanti e puntandogli la lancia alla gola << Non osare neppure pensarlo! Ho dato tutto quello che avevo alla causa del Maestro! La mia lealtà, il mio valore, le mie risorse... TUTTO! >>
Strinse i denti, così forte da farli scricchiolare.
<< Ma non è mai stato abbastanza... così come non ero abbastanza per Lada. >>
Tornò a fissare Fire dritto negli occhi.
<< Pensi che uccidendoti andrei contro i desideri dell’Impero? AH! Vader ha messo da parte quei desideri il giorno in cui ha scelto di accettarti come la sua progenie! Accogliendoti tra noi, finirebbe solo con il condurre un pericoloso nemico nel cuore del nostro governo... e tu ti diffonderesti come un cancro, esattamente come hai fatto con tutte le persone che ti amavano! Esattamente come stai facendo adesso. >>
Quelle parole sembrarono riscuotere qualcosa dentro il giovane. Il suo sorrisetto si congelò, la sfumatura dorata negli occhi sembrò dissiparsi e lui vacillò per qualche istante, incredulo.
Poi arricciò le labbra in una smorfia di sdegno tagliente.
<< Ti sbagli >> dichiarò, rammaricato << lui non mi ama. Intende usarmi, come tu sei stato usato dal Maestro per tutti questi anni. Neanche io sono abbastanza per lui: se non mi voglio convertire, allora sarò distrutto. E anche tu sarai distrutto. >>
Fu il suo turno di fare un passo in avanti, per fronteggiarlo con fare sprezzante.
<< Vuoi estirpare il cancro, governatore? Allora Vader è la radice. Non sarai mai libero finché sarà in vita. Uccidimi, e lui ucciderà te. Risparmiami, aiutami a combatterlo, e… >>
“E cosa?” pensò, frustrato.
Che cosa poteva dirgli per convincerlo una volta per tutte? Ciò che gli aveva detto non era poi così lontano dalla verità. E adesso che era di nuovo in sé, davvero non gli veniva in mente niente?
<< E quando sarà morto, potrai avermi, fare di me ciò che vorrai. Non te lo impedirò. >>
Gli occhi di Shen passarono da feroci a sospettosi. Per la prima volta da quando lo aveva visto nell’arena di Asgard... Fire scorse dell’incertezza sul suo pallido volto, mista a del sincero stupore.
<< Tu... mi stai… proponendo un’alleanza? >> disse, prima di scoppiare in una risata gracchiante << E in cambio ti lasceresti uccidere così, come se niente fosse? Oh miei dèi… quanto pensi che sia stupido?! >>
Il ragazzo lo fissò intensamente per qualche istante, quindi fu il suo turno di scoppiare a ridere, mentre si passava una mano fra i capelli.
<< Davvero… tra tutte le cazzate, proprio questa doveva uscirmi, eh? >> borbottò, quasi fra sé e sé << Speravo andasse meglio… >>
<< Speravi andasse meglio!? >> sbottò il governatore.
Rapidissimo, l’uomo gli rifilò un possente colpo con l’asta della lancia, scaraventandolo per terra. Lo raggiunse e conficcò la punta vicino al suo volto, facendolo desistere dal rialzarsi subito.
 << Tu veramente pensavi di… razza di stupido, stupido moccioso idiota! Ti ho dato la caccia per anni... ti ho torturato! Ti ho portato via tuo padre… ogni cosa! Ti ho lasciato una cicatrice a vita! E tu vorresti mettere tutto da parte solo per eliminare Vader!? >>
<< Chi cazzo ti ha detto che voglio mettere tutto da parte, lurido pezzo di merda!? >> sibilò Fire fra i denti serrati.
Ci fu un movimento repentino e il ragazzo puntò un coltello creato dall’ombra alla gola dell’albino, la furia che divampava nel suo sguardo.
<< Non provare a pensare nemmeno un istante che io abbia dimenticato tutto lo schifo che mi hai fatto! >> gli ringhiò in faccia, mostrando i canini << Io non ti perdonerò mai. E so che non cambierai mai! >>
La maschera insensibile crollò definitivamente: lo sguardo del giovane si fece sinceramente disperato, frustrato e vulnerabile.
<< Vader mi ucciderà se non mi unirò a lui! Volevo evitare di combatterlo, perché mi importava di lui, di noi! Gli ho detto che potevamo evitarlo! E lui se n’è fregato! Mi ucciderà a prescindere! Me lo ha detto in faccia! Il mio genitore! E tu hai ancora la faccia tosta di considerarlo il mio VERO padre? Tu che ne hai avuto uno altrettanto indegno!? >>
Shen aveva lo sguardo annebbiato, perso in chissà quale misteriose emozioni che faceva di tutto per non esternare: sembrò trasalire appena alle sue parole, un gesto talmente impercettibile che l’altro credette di averlo immaginato.
<< Non ho altra scelta se non quella di combatterlo! Perché unirmi all’Impero è una scelta che non farei mai >> continuò Fire, socchiudendo le palpebre nel tentativo di calmarsi << Non potrei mai farcela con le mie sole forze. Inoltre, noi ribelli abbiamo deciso sin dall’inizio che ci saremmo giocati il tutto per tutto, qui e adesso! È stata una decisione unanime. Ho preso un impegno… e questa è l’unica opzione che potrebbe garantirmi la vittoria. Perché so che nel profondo, non potresti mai rinunciare ad un'occasione tanto ghiotta! >>
Si allontanò con un gesto fluido, abbassando la lama oscura.
<< Ti chiedi come abbia potuto pensare lucidamente ad un piano del genere, nonostante tutto quello che mi hai fatto? Le cicatrici, Shen… si rimarginano. >>
Ancora una volta, Feng rimase in silenzio, la mente ridotta a un turbinio di pensieri. Tutto sembrava muoversi così velocemente da fargli girare la testa!
<< No, non è così >> sussurrò, quasi inconsciamente. << Le ferite si rimarginano. >>
Fire continuò a guardarlo come se volesse scrutargli nell’animo. Lanciò un’occhiata conflittuale al proprio pugnale d’ombra, poi lo fece lentamente svanire.
<< Hai ragione >> ammise, con profonda riluttanza << L’ho appena dimostrato. Le cicatrici perdurano nel tempo, prima di sbiadire. >>
<< Non mi interessa cosa fanno le cicatrici! >> scattò l’albino, stizzito.
<< Lo so. Non ti è mai importato. Altrimenti non saresti ancora qui. Nessuno di noi due sarebbe ancora qui, se ti fosse mai importato cosa fanno le cicatrici. Potrei farti uno dei miei soliti “discorsi da eroe” che disprezzi tanto, dirti che dovresti andare avanti, lasciarti il passato alle spalle. Ma l’avrei già fatto, se avessi voluto. E che senso avrebbe? Non lo ascolteresti comunque. Non hai mai capito niente di me e di quel che desideravo fare. C’è solo una cosa che hai sempre capito: la vendetta. >>
Lo sguardo del ragazzo dai capelli verdi era di rassegnazione e sconfitta.
<< E finalmente, dopo tutto quello che mi hai fatto, so che cosa significa. >>
Shen prese a scrutarlo, mentre la sua mente riprendeva velocemente a pensare. Per quanto odiasse ammetterlo... le motivazioni del ragazzo erano fin troppo logiche. Ma potevano davvero farlo? Mettere da parte il loro eterno rancore per sconfiggere Darth Vader?
Baelfire era certamente diventato un combattente formidabile, e grazie ai suoi poteri ritrovati sarebbe stato un avversario non da poco anche per qualcuno come il Signore dei Sith. Inoltre, lo stesso Shen si era preparato in anticipo per affrontare un utente di Forza, consapevole che prima o poi avrebbe incontrato il ragazzo sul campo di battaglia.
E se avesse indirizzato quella preparazione verso lo stesso Vader? Non solo avrebbe ottenuto la sua tanta agognata vendetta... ma avrebbe trascinato il ragazzo al suo stesso livello, rendendo la vittoria ancora più appagante. E avrebbe potuto colpirlo nel momento in cui era più vulnerabile, perché ormai era ovvio che quello che gli stava chiedendo richiedeva uno sforzo mentale non da poco: avrebbe potuto sfruttare il suo conflitto interiore ancora una volta.
Erano variabili troppo incerte e rischiose: normalmente non avrebbe esitato in alcun modo a rifiutare, conoscendo i rischi e le implicazioni. Ma d’altronde, normalmente non avrebbe mai fatto qualcosa che alla luce del giorno sarebbe andata totalmente contro il Maestro.
Invece… voleva farlo. Voleva uccidere Vader. Smaniava all’idea, come per anni aveva smaniato di riversare la sua vendetta su Baelfire. Voleva distruggersi pur di distruggere Vader. Voleva gettarsi in quell’impresa folle e disperata, solo per non pensare a quanto la sua vita fosse ormai inutile e priva di significato. Non aveva più nulla da perdere, era già condannato, e parte di quella condanna l’aveva creata con le sue stesse mani.
Doveva solo accettarlo ormai, di essersi ridotto a un animale dedito ai suoi istinti più bassi.
Fire aveva capito che cosa gli stava succedendo: si era affidato solo e unicamente al suo odio per andare avanti, e adesso era arrivato al suo limite, consumandosi lentamente e inesorabilmente. Quale fosse stato il colpo di grazia finale non poteva immaginarlo, ma forse non c’era davvero una risposta. Forse era stato un processo lento e graduale, e semplicemente ormai l’ora di farla finita era scoccata.
Quella era semplicemente la lettera di un suicida, e lui, volente e nolente, stava contribuendo.
E quando fece per chiedere a se stesso come si sentiva di fronte ad una simile prospettiva, la voce dell’albino interruppe bruscamente i propri pensieri.
<< No, tu non sai ancora cosa significa. Sei fin troppo assennato in questo momento, per uno in cerca di vendetta. Ho intenzione di porre rimedio a questa tua debolezza. Perché per avere davvero il mio aiuto, Baelfire… devi affidarti alla tua natura mostruosa. >>
Gli afferrò il polso di scatto, e il giovane sussultò: il guanto di artigli era rovente come una stufa, gli arrivava tutto il calore attraverso la pelle.
<< Ma che cazzo…! >>
<< Rifiniture in argento >> affermò Shen, affabile << tossico e altamente ustionante per i vampiri. Te l’avevo detto che ero venuto preparato. Probabilmente, ad un mezzosangue come te non farà niente di che, ma se ti ci esponi per troppo tempo… be’, fossi in te non vorrei scoprirlo, quindi chiudiamola in fretta. >>
Non che ci volesse un genio per capire che cosa sarebbe successo ad esporsi troppo ad una fonte di calore, pensò Fire, ma qui si trattava di implicazioni soprannaturali, e non aveva davvero voglia di contemplare gli effetti collaterali.
In realtà, era sicuro che se avesse impiegato la sua forza vampiresca avrebbe potuto liberarsi, ma l’istinto gli suggerì di non farlo e di continuare a far parlare l’uomo.
Poteva ancora giocarla in proprio favore. Al diavolo il Lato Oscuro!
<< Va bene. Cosa vuoi? >>
<< Che il sangue chiami sangue, passerotto. Tira fuori il vampiro che è dentro di te. Così saprò che affrontando papino non morirai prima del tempo… e che quando ti ucciderò, sarai il piccolo mostro che sei sempre stato. Così mi sembra equo. Non hai forse detto che potevo fare di te ciò che volevo? Bene… comincia da adesso. >>
<< Sai benissimo che ti stavo mentendo! >>
<< E tu sai benissimo che non hai nient’altro con cui puoi convincermi. Se preferisci, ti uccido direttamente qui e adesso >> sogghignò Shen.
<< Allora avevo ragione quando ho detto che volevi morire. Sai che avresti fatto prima schiantandoti da quel maledetto AT-AT? A che cavolo ti è servito cercare di trarti in salvo? >>
<< Non ti ho detto che potevi rispondermi, schiavo. >>
Gli strattonò il polso verso di sé, costringendolo a piegare il braccio. Se avesse continuato a trattenerlo in quel modo, avrebbe davvero finito per ustionarlo o peggio.
Fire cercò di divincolarsi, ma la presa era ferrea: assumendo un’espressione di impotenza, fissò il rivale dritto negli occhi, mostrandosi orripilato da quanto gli stesse chiedendo.
<< Chi ti dice che non sarai il primo che aggredirò? >> sbottò, esasperato << Potrei farlo in ogni caso! Non sarò totalmente lucido! >>
<< Hai solo paura di perderti, che è ben diverso. Ma le tue sciocche esitazioni  moraliste non mi interessano >> sibilò Shen << Per gli dèi, mi hai fatto una testa così su quanto mi odiassi, e ora ti tiri indietro!? Quanto alla mia sicurezza, non sono affari che ti riguardano. >>
<< Sai che ci fai più bella figura ad ammettere che sei un aspirante suicida, vero? >>
<< Ultima possibilità. La morte di Vader in cambio di te. >>
<< Accetto >> rispose l’adolescente, senza esitare. Mantenne lo sguardo fermo e deciso, sostenendo lo sguardo dell’altro con fermezza. Gli diede anche una prova, lasciando trasformare i suoi occhi in due pupille rosse dalla sclera nera e sfoderando i canini.
“Dai, bevitela, razza di sciroccato.”
Finalmente, Feng cedette e lo lasciò andare. Preso dai suoi nuovi propositi e convinto di poter attuare la precedente minaccia in qualsiasi momento, non si accorse del ghigno soddisfatto di Baelfire.
Era fatta.
* * *

Quando piombò a terra, il corpo squarciato, Accelerator rimase seduto. Non riusciva ad alzarsi. Fissava semplicemente pavimento nero in stato di shock, mentre tremava convulsamente.
 << No... menti... no, non è vero... stai solo giocando con la mia mente! >> gemette << Tu non puoi saperlo, non puoi! Non puoi... no... STAI MENTENDO! >>
Ma in cuor suo, adesso comprendeva cos’avesse provato Fire alla rivelazione della sua discendenza. Sembrava quasi una specie di punizione, di perverso scherzo del destino.
Poteva negarlo quanto voleva, ma sapeva che Pitch gli stava la verità. Accelerator non poteva sapere quale fosse il suo vero nome, non gli era mai stato detto… ma mai avrebbe immaginato che il suo cognome fosse Kihara, la stessa famiglia che lo aveva torturato e manipolato fin da quando ne aveva memoria.
Gli stessi mostri che per anni avevano trasformato Academy City in un gigantesco laboratorio, sperimentando su migliaia di bambini come lui.
<< E invece è così, e tu lo sai >> disse Pitch << Perché questo è il mio dono... e la mia condanna. >>
L’Uomo Nero gli si avvicinò, strisciando sul terreno con l'abito, come fosse una pedina degli scacchi, le mani strette dietro la schiena. Si chinò su di lui, così che potessero stare a quattrocchi.
<< Noi due non siamo molto diversi, sai? Anch’io ero umano come te, un tempo... e sono stato trasformato... in quello che hai davanti a te. E sai cos’ho capito? Che è molto più facile lasciarsi andare! Perché il sangue sulle tue mani e sulla tua coscienza, non importa quanti sforzi farai... non se ne andrà mai. >>
Il volto di Pitch, a così pochi centimetri dal proprio, era veramente inquietante. In quei suoi occhi gialli… Accelerator poteva scorgere un orrore che andava ben al di là della sua comprensione.
L’orrore che per anni aveva tenuto sotto controllo le menti di Battleground, come un cane pastore tra le pecore.
<< Le senti, vero, le loro voci? I loro pianti? I loro lamenti? Le povere Misaka che hai ucciso... le sorelle della tua amata bambina… >>
Sabbia ovunque si riversò dalle pareti, assumendo le sembianze delle Sisters in ogni particolare.
<< ...sono SEMPRE lì! >>
Erano lì. I cloni di Mikoto Misaka, le Sisters, diecimila ragazze a cui lui aveva portato via la vita con barbarie inaudita. Il loro volto, il loro corpo, ogni cosa era riprodotta nel minimo dettaglio. Non era un’illusione, era reale!
Accelerator tremò: per la prima volta nella sua vita dimostrò apertamente la propria paura. Pitch osservò il tutto con un ghigno sadico dipinto sulle labbra.
<< Tu mi hai uccisa… >>
<< Ti prego, non farmi del male... >>
<< Sono stata creata solo per finire nel tuo macello? >>
<< Sei l’assassino di Misaka. >>
<< Hai ucciso Misaka. >>
<< Misaka ha sofferto tantissimo a causa tua. >>
<< Perché sei stato tanto crudele con Misaka? >>
<< Misaka si è arresa, ma tu non hai avuto nessuna pietà! >>
<< Assassino di Misaka… >>

<< Perché Misaka dovrebbe mostrarti pietà? >>
<< Cos’hai mai fatto per aiutare Misaka? >>

Le Sisters presero ad attaccarlo, e Accelerator si difese. Con il suo potere e la sua ascia, cercò di proteggersi, senza mai contrattaccare. Ma per quanto avrebbe potuto resistere?
<< Il mostro! Per favore, non uccidermi! Non uccidermi, per favore! >>
<< Basta! >> urlò l’albino, e in uno scatto d’ira schiantò l’ascia sulla spalla di una Mikoto, e da quella ferita… zampillò sangue.
L’esper lasciò la presa dal manico, e l’arma rimase incastrata nel corpo della ragazza,  accasciato al suolo in una pozza scarlatta.
<< L’ha fatto di nuovo! Ha ucciso nostra sorella! >>
<< Mostro! >>
<< Demonio! >>
<< Macellaio! >>
<< Assassino! >>
L’esper tremò, i suoi occhi si inumidirono, si portò le mani alla bocca per trattenere il vomito e si accorse con orrore che erano sporche di sangue. Non riuscì a trattenere il conato e cadde in ginocchio, sorreggendosi sulle braccia.
<< Basta! Basta! Falle smettere, ti prego! Falle smettere! >> urlò il ragazzo, mentre gli insulti e le accuse di tutte quelle Mikoto percuotevano la sua mente come un martello.
<< Lasciati andare, giovane Kihara… >> Il tono dell’Uomo Nero non era mai stato così caldo e accorato, quasi comprensivo e gentile.  << Sarà molto più facile per te… e per tua figlia… >>
Un orribile ghigno gli si dipinse sulle labbra.
<< Sono sicuro che i suoi incubi e le sue paure saranno davvero incantevoli… quando le mostrerò il mostro che sei, e come sei morto da cane. >>
Accelerator si mise la mani nei capelli e si inginocchiò, emettendo urla disperate.
<< ESCI DALLA MIA TESTA! ESCI DALLA MIA TESTA! LASCIAMI IN PACE! FALLE SMETTEREEEEE! >>
La mente dell’albino era spaccata, come se delle crepe invisibili avessero pervaso il suo cervello. Voleva solo fuggire da sé stesso, come aveva sempre fatto. Nessuno lo avrebbe più ferito, nessuno gli avrebbe fatto più del male e lui non ne avrebbe fatto ad altri.
Pitch lo avrebbe ucciso, forse era meglio lasciarglielo fare. La morte gli avrebbe finalmente dato sollievo.
“Sono sicuro che i suoi incubi e le sue paure saranno davvero incantevoli… quando le mostrerò il mostro che sei, e come sei morto da cane.”
Quelle parole gli rimbombarono in testa, dirompenti come un fiume in piena.
<< Last... Order? >> mormorò fra sé e sé, in preda al delirio.

Track: https://www.youtube.com/watch?v=cB_73A5vqd4
 
In quel momento gli sembrò di sentire la voce della piccola, quella vocina che chiamava il suo nome. Last Order! Lui glielo aveva promesso: sarebbe tornato da lei, da Yomikawa e Yoshikawa, che dal loro primo incontro l’avevano trattato come un umano.
Ebbe come un flash. La bambina che chiedeva aiuto, spaventata, e lo chiamava per nome… la sua bambina.
A quel punto, la disperazione e il terrore furono sostituite da qualcos'altro. Gli occhi gli si tinsero di rosso scarlatto... non c’era più paura in essi. C’era l’ira. Ira allo stato puro, quasi primordiale. Conficcando le dita nel terreno, esso iniziò a tremare, mentre con uno scatto si risollevava in piedi e ruggiva al cielo la sua collera.
<< Tu non la toccherai... TU NON LA TOCCHERAI NEMMENO CON UN DITO LA MIA BAMBINA! MAI! >>
L’urlo di rabbia colpì le Sisters dissolvendole in sabbia. Ogni cosa di quel mondo onirico tremò.
Pitch inspirò a fondo, gustandosi l’orrore, la paura e la disperazione dell’esper, ma ad un certo punto… qualcosa cambiò. Vide con chiarezza quel turbinio oscuro, simile a delle ali, sbucare dalla schiena dell’albino. E soprattutto, vide quegli occhi… quegli occhi dello stesso colore delle braci dell’inferno, sia sclera che iride.
Per la seconda volta nella sua vita, l’Uomo Nero, l’incarnazione della paura… provò paura. No, non era paura.
Era puro terrore che gli penetrò nelle ossa, seccandogli in gola la saliva e pungolandogli lo stomaco. Il sorriso gli si gelò sulle labbra, gli occhi gli si gonfiarono come due uova sode. La voce di Accelerator… no … il suo ruggito, rimbombò, echeggiante e tonante, tutto intorno a lui, schiacciandolo sotto il peso dello stesso orrore che aveva riversato sull’albino.
<< No… >> sussurrò, incredulo << non è possibile! >>
Il Level 5 si rialzò in piedi, come un cadavere redivivo. Il suo corpo era cosparso da raffiche di vento.
<< Finché respiro… finché esiste anche solo un briciolo della mia carne… Tu. Non. Toccherai. Last Order. >>
Guardò le Sisters e, senza esitare, rilasciò il suo potere! Sotto lo stupore dell’Uomo Nero, Accelerator riuscì a manovrare i vettori di quella sabbia nera, trasformandola in lance e trafiggendo ogni singola Misaka.
Non gli importava di ucciderle una seconda volta, quel trucco non avrebbe più funzionato! Lui aveva una nuova missione: proteggere le sue madri, i suoi compagni, il suo migliore amico e… sua figlia.
<< Dimmi, Black… >> La voce dell’esper era cavernosa, orribile a sentirsi. << L’Uomo Nero prova paura? >>
Un sorriso psicotico si dipinse sul suo volto, mentre i vortici continuavano a turbinare sulla sua schiena. Poi, la dimensione nera di Pitch iniziò a tremare, e le pareti cominciarono a crollare: si infransero in mille pezzi di vetro nero, riportandoli nella dove imperversava la battaglia.
Le ali nere divennero turbini e si abbatterono sul Signore degli Incubi, travolgendolo con quell’energia arcana dalla natura ancora misteriosa.
Egli cercò subito di difendersi creando degli scudi con entrambe le mani, ma i vortici lo scaraventarono via, generando un cratere.
Tossendo e ansimando, ne fuoriuscì, furibondo.
<< Non fare il gradasso, ragazzino! >> sibilò << Pensi che dei trucchi pirotecnici possano salvarti!? >>
Alzò le mani ed evocò un enorme muro di sabbia, pronto a calarglielo addosso.
Accelerator rise, rise come solo lui sapeva fare, e davanti a quel muro di sabbia allungò il braccio. Ci fu uno strano suono, e la sabbia venne dispersa.
<< Allora, Black… come mi chiamo? >>
Si avvicinò a lui e lo afferrò per il collo.
<< Dimmi come mi chiamo, avanti! >> esclamò mantenendo sempre attivo quel sorriso da pazzo.
A quel punto, una spira squamata si abbatté sui due.
 
* * *

Thor levò il martello in alto, afferrando saldamente il manico di cuoio con entrambe le mani, e degno del titolo di “Più forte tra gli Aesir”, caricò il duro metallo della potenza del fulmine e della tempesta. Le nuvole si disposero a cerchio sopra la testa del loro Signore, formando un ciclone, e le saette si abbatterono sul maglio, caricandolo. Tutta la rabbia e tutto l’odio del dio sarebbero stati concentrati in un unico, potente, colpo.
I suoi occhi trasudavano determinazione, la loro sclera bianca divenne azzurra come i fulmini, e lapilli infuocati schizzarono fuori. Non aveva trattenuto i suoi colpi prima di allora, e non lo avrebbe fatto in quel momento. Doveva usare tutta la sua forza. Jormungandr doveva morire!
Prima che il fatidico attacco venisse lanciato, tuttavia, il muso del figlio di Angrboda fuoriuscì dalle nuvole spalancando completamente la titanica bocca.
<< Imprudente, Thor! Pensavi davvero che ti avrei lasciato il tempo di caricare il tuo attacco? Il martello che brandisci, da solo, non basterà a procurarti la vittoria! E con il tuo attacco hai abbassato la guardia! >>
Fu un ingenuo, Thor! Sciocca divinità! La fretta di concludere lo scontro gli era costata caro, e ora sarebbe sparito tra quelle zanne titaniche.
<< Addio, eroe! >> esclamò con scherno << Per te non ci sarà nessun seggio nel Valhalla! Le valchirie non troveranno mai il tuo corpo, e mai potranno spalancare le dorate porte della Grande Sala. Sparisci tra le fauci di Jormungandr e dispera! >>
Il Serpente del Mondo chiuse il morso, intrappolando il suo nemico. Era finita per Thor? Ora che era stato inghiottito, Loki e il Maestro avrebbero potuto gioire, ma sfortunatamente per loro… un altro rombo di tuono si udì, e i denti del serpente esplosero in tante schegge d’ossa, che caddero dal cielo come pioggia e si riversarono sul campo di battaglia. Thor era libero.
Il corno invisibile di Heimdall sembrò risuonare più forte degli squilli di tromba.
Il Figlio di Odino e il Grande Verme di Loki si misurarono l’un l’altro con cuore carico di presagi, mentre le Norne misuravano la lunghezza delle loro vite, intrecciando i magici fili del destino nel grande telaio della vita.
I canti di battaglia, nati dalla speranza e dall’odio, ora tacquero. Il silenzio avvolse la terra. I mondi erano paralizzati, perfino il malvagio Signore del Tempo, grande marionettista delle vite di tutti loro, osservava la scena senza distogliere lo sguardo.
Tutto ciò che Thor era stato, tutto ciò che avrebbe potuto diventare, lo aveva condotto a quel momento. Non era altro che una pedina in un gioco; il gioco delle Norne, o il gioco del Maestro?
Anche se il suo tumulo fosse stato Renmant, o il palazzo più bello di Asgard, il Padre del Tutto avrebbe saputo che suo figlio non era fuggito dal suo wyrd. Thor avrebbe liberato il mondo da quel male, a qualsiasi costo! Per il Dottore, per Battleground, per Asgard, per tutti suoi cari… per Baelfire e Accelerator.
<< Vieni, furiosa tempesta! >> gridò Thor, la cui potente voce si sparse ovunque, potente e minacciosa al tempo stesso. << Venite, fulmini accecanti e tuoni rombanti! Giungete al mio fianco, che la potenza del dio del tuono venga rivelata come mai prima d’ora! Mjolnir e Thor diventeranno un tutt’uno, l’arma del destino dei canti degli antichi scaldi. La senti, orrore del mondo? >>
La tempesta si fece più forte, la pioggia tormentò incessante tutti loro e il vento soffiò con la potenza di svariati uragani.
<< Questo è il canto della tua morte! La canzone di Mjolnir! >>
Con tutta la potenza in corpo, Thor si lanciò contro il suo nemico, tenendo avanti il martello. Quello era il colpo decisivo. Avrebbe dato il tutto per tutto.
Jormugand sibilò furioso e si scatenò contro il suo rivale che, ormai, aveva intrapreso un attacco suicida.
<< Sei stato un grande avversario, dio del tuono! Siamo stati plasmati nello stesso stampo, tu ed io, quello di grandi guerrieri. Un tempo eri mio pari, ma il mio potere è immutato e il tuo ti ha abbandonato insieme alla ragione. Non puoi salvarti dall’affondo mortale di Jormugandr, tuo nemico, e se scegli di scatenare la tu piena potenza contro di me… allora distruggerai te stesso. Vieni, piccolo dio, affronta il tuo destino! >>
La Grande Serpe si scagliò contro di lui, in un ultimo testa a testa. Quello sarebbe stato il colpo decisivo.
<< Tu ed io non siamo simili, creatura! >> gridò il Tonante mentre si avvicinava pericolosamente << Tu sei un forte guerriero, ma sei soltanto una creatura egoista che ha paura di morire. Io non temo l’aldilà, perché anche se io muoio, tutti coloro che amo continueranno a vivere, e questo tanto basta. Ho conosciuto grandi combattenti, giovani cacciatori divenuti soldati, un signore del tempo umile e di buon cuore, due ragazzi tormentati che hanno trovato la forza di andare avanti, e un uomo tanto immenso da dare la vita per suo figlio. Tu non puoi comprendere il potenziale di questi mortali. Non puoi capire come nascono le vere leggende! >>
Un secondo di silenzio, dove nulla fu. La pioggia aveva interrotto il suo ticchettio, il vento il suo canto, e i fulmini la loro danza. Vi fu solo silenzio e poi… il frastuono!
Uno scoppio fortissimo, di ineguagliabile potenza, udibile su tutto il pianeta. E fu così che il portatore di Mjolnir abbracciò la sua sorte senza disperazione.
Dopo lo scoppio, Thor cadde, privato dell’armatura, ormai andata in pezzi, e del martello che si schiantò vicino al suo corpo esamine e privo di forze. Riuscì a levare in alto lo sguardo, per posare i suoi occhi celesti sul fumo che avvolgeva il capo di Jormungandr.
Uno sguardo, un’esitazione… e poi fu l’orrore!
Il Serpente del Mondo era ancora vivo. Ferito e sanguinante, ma il cuore gli batteva ancora nel petto.
<< No… no, non è vero, non può essere così >> mormorò Thor, i cui occhi si erano inumiditi di calde lacrime. Aveva fallito, e ora era alla mercé del mostro.
Jormungand rise di gusto, terribile e implacabile. Le sue risa fecero da protagoniste nella cornice della battaglia, dove prima vi erano solo lampi e tuoni.
<< Te lo avevo detto, Thor! Te lo avevo detto che non potevi vincermi. Ho udito la canzone del Mjolnir, figlio di Odino, ma essa si è interrotta proprio sul crescendo! E ora, l’unica cosa che udirai, sarà il rumore delle tua ossa martoriate dalle mie zanne, e la tua carne spappolata. Jormungand è il vincitore di questo scontro! Ho vinto il destino e riscritto il Ragnarok! E ora… >> un largo e inquietante sorriso deformò il suo muso. Afferrò il corpo di Thor con la mano artigliata e lo portò vicino alla bocca. << … reclamo il mio premio >>
 
Il corno di Heimdall non suona più. Thor degli Aesir è stato abbattuto, e mentre egli tenta di richiamare Mjolnir nella mano, Jormungand sta per divorare il suo gradito pasto.
Tutti i suoi amici e i suoi cari erano impegnati nelle loro lotte, nessuno era lì per lui. Nessuno lo avrebbe salvato. Nessuno lo avrebbe strappato dall’abbraccio di Hel.
Il Maestro sorrise, e Loki levò in alto il pugno della vittoria.
Il destino si era compiuto.
Volete saperne ancora?



 

Se volete saperne di più, dovrete leggere il prossimo capitolo!
Certo che con questa battaglia ci stiamo proprio scatenando sul lato della violenza, eh? E abbiamo anche dei nuovi caduti.
Grougaloragran ha incontrato la sua fine per mano di Auth. Nonostante la sua forza, alla fine i colpi dell’entità cosmica si sono rivelati troppo anche per il vecchio dragone, un essere tragico che si era unito al Maestro solo per assicurare la sopravvivenza del proprio popolo, al sicuro in un mondo ai margini di Battleground, intoccato dalla guerra. Ne sarà valsa la pena?
Anche Summer è stata appena colpita mortalmente dalla madre adottiva, ormai disposta a tutto pur di evitare che il Maestro rievochi la sua maledizione.
Nel mentre, Accelerator ha sviluppato le sue famose Ali Nere, con cui è riuscito a sopraffare la tortura psicologica di Pitch… ammesso che riesca a mantenerne il controllo. Joker e Kirby sono entrambi allo stremo, chiunque sopravvivrà tra loro avrà bisogno di una lunga trasfusione.
E sorpresa, sorpresa! Fire e Shen hanno deciso di mettere da parte il loro odio eterno per concentrarsi su colui che di fatto minaccia entrambi: Darth Vader! Ve lo aspettavate?
E vi aspettavate la trollata del Maestro ai danni di Vorkye, che ora ha rinunciato per sempre a ciò che resta del suo raziocino, spinto unicamente dalla collera?
E quale sarà l’esito dello scontro tra Thor e Jormungandr, sicuramente la battaglia più titanica mai realizzata per questa storia?
Fateci conoscere i vostri pensieri in una recensione!

P.s : *1* Nel canone di Doctor Who, il Maestro impazzì a causa di un suono di tamburi che continuò a martellargli la testa dal giorno in cui scrutò nel Vortice del Tempo. Quindi sì, tutto sto macello è nato dal fatto che il Maestro aveva la fobia dei tamburi. E poi si dice che è Joker quello pazzo!

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