Yellowbeard

di genius_undercover
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** Finale pt.1 ***
Capitolo 8: *** Finale pt.2 ***
Capitolo 9: *** Finale pt.3 ***
Capitolo 10: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** I ***


Un minuscolo avvertimeto, prima di lasciarti al capitolo: ci saranno angst e parolacce a palate! 

 
I
"Edward."
 
"Fottiti."
 
"Ti prego."
 
"Non ci parlo, con i traditori codardi."
 
"No, per favore, lascia che ti spieghi."
 
"Non voglio sentire un'altra fottuta parola dalla tua cazzo di bocca."
 
"Ed..."
 
"Capitano, per te. Non chiamarmi Ed. Non osare."
 
"Per favore."
 
"Vaffanculo, Stede."
 
Quelle parole gli risuonavano in testa da quella che sembrava un'eternità. 
La Revenge oscillava pacifica sulle onde, mentre Stede Bonnet, il Pirata Gentiluomo, giaceva insonne nella sua cabina personale, rannicchiato in un letto troppo grande e senza alcuna coperta. 
Sentiva quasi freddo, nonostante l'estate fosse ancora a pieno regime, e la stanza in penombra era dannatamente vuota: tutti i suoi averi, tutti i suoi amatissimi libri li aveva inghiottiti l'oceano.
 
BoomBoom. Boom.
 
Eccolo. 
Quel suono insopportabile quanto meraviglioso, che rimbombava ripetutamente nel silenzio spettrale della nave. 
Lui se lo aspettava, lo stava decisamente aspettando, ma sobbalzò comunque: fermo, immobile davanti alla porta della sua cabina, c'era nientemeno che il Kraken in tutto il suo oscuro splendore. 
 
Nonostante da mesi si presentasse in piena notte esclusivamente per ricoprirlo di cattiverie, Stede non si sarebbe mai abituato alla visione, né alle parole che il sedicente capitano della sua Revenge gli rivolgeva al solo ed unico scopo di fargli del male.
 
Feccia, traditore, infame...bugiardo.
 
Bonnet ogni giorno ne usciva emotivamente distrutto. 
Per tutto l'amore che provava per lui e per la disperazione di non potergli dimostrare neanche una goccia di esso...
L'unica cosa che gli era rimasta di Edward Teach era un uomo incazzato a morte, trasfigurato in una bestia, ridotto all'ombra di sè stesso. E la colpa era unicamente la sua. 
 
Ma il pirata gentiluomo viveva, per quegli incontri. 
 
L'aveva capito già dopo la terza notte in cui Edward si era presentato in gattabuia con nient'altro che l'ira negli occhi e la spada alla mano, (spada che gli era arrivata dritta alla gola alla velocità della luce.)
Gli aveva mozzato il fiato. Stede aveva creduto di morire, di venire giustiziato. 
Non aveva potuto dire niente. A parlare, in compenso, ci aveva pensato Edward.
 
Feccia, traditore, infame...bugiardo.
 
Bugiardo.
 
Erano solo una piccola, infinitesimale parte degli insulti che il caro Barbanera gli aveva riservato ogni singola volta. 
 
...Bugiardo!
 
Quell'ultima parola, lui l'aveva pronunciata sempre a denti stretti e con gli occhi sgranati. 
E il cuore del pirata biondo sanguinava: era tutto vero. E per quanto tentasse e ritentasse, non era mai riuscito a spiegarsi propriamente con lui...almeno fino alla notte di due lune prima, quando Edward l'aveva improvvisamente trasferito nella sua cabina personale, quella che avevano condiviso solo per un po'. La sua camera. 

"Non farti illusioni," L'aveva ammonito subito dopo aver varcato la soglia. "Preferirei dividere la stanza con un kraken vero, per quel che mi riguarda."

"E tu dove dormirai?"

Non aveva mai voluto rivelarglielo, lui dopo la terza volta aveva smesso di chiedere.
In fondo, la Revenge era grande, qualsiasi posto sarebbe andato bene...peccato che Stede avesse ancora il dannatissimo sospetto che adesso il suo Ed dormisse con Izzy. 
Il tarlo del dubbio -forse della gelosia- non gli aveva fatto mai chiudere occhio, facendo sembrare il grande letto tremendamente scomodo, oltre che freddo. Materasso o pavimento ormai non faceva più differenza, tanto non avrebbe dormito comunque. 
Così, l'alba era sorta notte dopo notte e quando i colpi si erano riversati sul legno pregiatissimo anche se ormai rovinato della sua porta, Stede era già sveglio.
 
Si era precipitato ad aprire quasi inciampando nel processo e gli insulti brucianti e coloriti gli erano piovuti addosso di nuovo, inesorabili.
 
"Ed...se potessimo conversare civilmente solo per un momento, capiresti."
 
"Potrai sprecare il tuo fiato quando ti avrò mollato nella prima isola schifosa che troviamo. Te e la tua ciurma di idioti marcirete all'inferno una volta per tutte. E ora ti conviene piantala di parlare, o ti sbatto nuovamente in cella."
 
Stede aveva storto il naso alla prospettiva di tornare in quel tugurio puzzolente che un tempo era stato la cantina della nave. Ovviamente, tutto il suo buon vino era stato tracannato o fatto sparire direttamente fuori dalla nave.  
"È ironico, non trovi?" Aveva chiesto poi, accennando un sorriso dolce. "Quasi paradossale, direi...io, prigioniero in casa mia. Perchè è ancora la mia nave, questa."
 
"Non lo è più. Hai perso ogni diritto nell'esatto momento in cui hai fottutissimamente abbandonato i tuoi uomini. Non esiste disonore più grande, per un capitano...neanche io sono mai stato capace di un atto simile e sono ignobile per natura!"
 
"Ed, tu non sei affatto ignobil"
 
"NON CHIAMARMI ED."  Interruppe l'altro pirata, tremando di rabbia. Stede sobbalzò ancora una volta. "E non è questo il punto, tu...tu non hai la minima idea di come mi sono sentito quando—"
 
"Parla. Dillo.”
 
Edward scosse la teta. “Ho parlato anche troppo.”
 
“Hai ragione, è stata colpa mia! Sono stato il peggiore—“
 
"Non importa!! Rivolgimi parola un'altra volta e giuro—"
 
"Non volevo andarmene. Mi hanno costretto con una pistola."
 
A quelle parole, Stede si era ritrovato in un istante con le spalle attaccate al muro. 
Ed L'aveva afferrato per il colletto della camicia in maniera così fulminea che lui non se n'era neanche reso conto. 
 
"Ripetilo." Ordinò livido l'oscuro pirata, stringendo sempre di più la sua presa letale.
 
Con le nocche della sua mano serrate contro la gola era difficile parlare, ma a Stede non era importato: si era appena reso conto che mai, dopo tutto quel tempo, gli era capitato di ritrovarsi così vicino a lui. 
Dopo poco, la luce rossa dell'alba aveva cominciato a definire i contorni del suo corpo, e il pirata biondo avrebbe potuto piangere…rinchiuso nella stiva per un tempo che gli era sembrato infinito, non aveva più potuto vedere l'uomo che amava alla luce del sole. 
 
"Non...non sarei potuto venire in C-Cina con te." Gli aveva detto coraggiosamente, reprimendo tutta la paura delle conseguenze che avrebbero seguito quella confessione. "Non ancora. Ma n-non potevo nemmeno lasciarti in quel m-modo, non l'avrei mai fatto. M-Mi hanno costretto, Ed-Capitano."
 
Il terrore dei mari socchiuse gli occhi con sospetto, e il cuore di Stede rallentò i battiti per il dispiacere: non si fidava di lui a tal punto...
 
"Stronzate." Lo sentì sibilare. 
 
E come biasimarlo. 

"Sei fuggito lasciandomi lì ad aspettarti come un povero demente, non sei meglio di un vigliacco."
 
"Non lo sono, tu non sei un demente e n-non ti sto mentendo! Ora, se...se tu fossi così gentile da...lasciarmi respirare—"
 
Avvenne un piccolo miracolo: quasi avesse da sempre conosciuto il concetto di gentilezza, Barbanera aveva allentato la presa, consentendo all'altro di poter tornare a respirare in autonomia. 
Era poi rimasto fermo ad osservare Stede massaggiarsi il collo, cercare di limitarsi nel tossire, e tentare di non fare il drammatico, anche se, conoscendo il soggetto, era stata una visione alquanto divertente. 
E la cosa ancora più incredibile, era che Stede aveva smesso -forse volutamente- di radersi il volto. In quel momento dimostrava una barba dorata lunga almeno un mese. 
 
Barbagialla.
 
Ed avrebbe riso volentieri a quel pensiero, glielo avrebbe persino espresso, se non fosse stato impegnato a dimostrarsi tanto schifato. 
 
"Grazie." Aveva esalato Stede, con un altro sorriso e gli occhi colmi di sincera gratitudine. Per la seconda volta aveva creduto di morire.
 
"Non ti azzardare a ringraziarmi, accidenti a te!"
 
"Ti spiegherò tutto Edwar-Capitano. Adesso. Il minimo che io possa fare è dirti la verità, anche se tu non sei ancora pronto ad ascoltarla. Te lo devo!" 
 
"Ti ho già detto che non mi interessano le tue idiotiche motivazioni. Perché dovrei ascoltarti?”
 
“Perché…perché io. Ebbene, io ti a—“
 
“No! Maledetto egoista, non ti voglio sentire. Potrebbe rapirti il dio dei mari in persona e lo considererei un favore!" 
 
"Allora avresti potuto lasciare che lo facesse la marina reale." Aveva pensato Stede. "Sono ricercato per duplice omicidio e per lesa maestà." 
Senza dubbio, la Marina sarebbe ritornata a tormentarli per lo scherzetto che avevano fatto abbandonando l'Accademia, ma ci avrebbero pensato poi.
 
"Mi dispiace immensamente." Disse invece, pensando a come Ed avesse combattuto per lui e per la ciurma che aveva inizialmente abbandonato. In realtà era stato uno spettacolo meraviglioso, non aveva mai visto nessuno combattere con una tale ferocia. "Credimi, sono pentito. Il mio senso di colpa verso di te è più immenso del mare, così come lo è il mio amore. Dimmi cosa posso fare per rimediare."
 
"Vaffanculo, Stede." 

__

Seeera! 
È la prima volta in assoluto che scrivo su questo fandom, quindi sono estremamente novellina, diciamo un po’ come il mozzo della zattera!

Ma veniamo a noi: in questa storia, ho pensato a un paio di cose che in questo capitolo potrebbero non essere chiare.

Cercavo un espediente per cercare di far riunire Ed e Stede, e quale occasione migliore di una bella battaglia contro la marina britannica per ricucire i rapporti?? D'altra parte, i nostri due affezionati sono bellamente fuggiti dall''Accademia reale per Corsasri' (che risate mi son fatta quando ho sentito questa cosa!) e ho pensato subito che qualcuno deve essersene accorto.
Ergo, quando Stede recupera la ciurma, Incrocia la Revenge e si unisce ai combattimenti contro le navi britanniche. Spero che tutto sia più chiaro anche e sopratutto dal prossimo capitolo in avanti.

Bene, arrivati qui mi scuso se ci fosse qualsiasi errore (e se vuoi puoi segnalarmelo tranquillamente,) io ti saluto e ti ringrazio senza alcuna pretesa se non quella di intrattenerti per un po'. Per quanto riguarda il prossimo capitolo l'ho già scritto e conto di pubblicarlo prestissimo!

Un salutone,
-gen

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Capitolo 2
*** II ***


II
 
Passarono due settimane. 
Due settimane in cui Stede era stato trasferito nella sua cabina a fare sempre lo stesso sogno. 
Non sapeva più dire con precisione quanto o quando dormisse, solo che per almeno due ore si trovava improvvisamente fuori dalla Revenge, ad armeggiare la prima scialuppa per mettersi in mare. Lui, che non aveva mai saputo niente di come si governasse la più sciatta delle zattere.
Ma l'aveva fatto con una consapevolezza nuova: era libero, e anche perdutamente innamorato. Erano stati  proprio quei due sentimenti a spingerlo nuovamente via dalla sua vita monotona e insoddisfacente, solo che quella volta anche Mary era felice e lo appoggiava. Non l'avrebbe mai dimenticata. 

Così, mentre navigava col cuore in gola e allo stesso tempo cercava di farsi passare l'insicurezza per la propria incolumità, scervellandosi sulle parole da dire a Ed per farsi perdonare, il Pirata Gentiluomo era stato curiosamente attirato verso una minuscola isoletta, apparentemente molto affollata. La sua intenzione sarebbe stata quella di chiedere informazioni riguardanti la sua nave...invece aveva trovato quasi tutta la ciurma. 

Come erano stati felici di rivederlo! E come era stato felice lui, di rivedere loro. 

"Che cosa sta succedendo?" Aveva chiesto, dopo averli abbracciati e rifocillati, cedendo loro ogni singola provvista che si era portato appresso. "Come mai siete qui e non sulla Revenge?"

Olu aveva smesso di mangiare per primo e gli aveva raccontato per filo e per segno dell'ammutinamento fallito e soprattutto di Barbanera che senza alcuna spiegazione aveva completamente perso il senno. 

Stede aveva ascoltato tutto con le lacrime agli occhi. 

Che cosa aveva fatto? 

Neanche il tempo di chiederselo, un'ondata di vergogna si era impossessata di lui, facendolo sentire così miserabile da desiderare di essere morto per davvero, schiacciato, annientato da quel vecchio pianoforte che era stato fondamentale per la riuscita dell'ultima “perculata.”

Stede aveva osato alzare gli occhi per guardare gli uomini di fronte a sé, li osservò bene. 
Smagriti, cotti dal sole, affamati all'inverosimile.
L'avevano osservato di rimando, con un'unica domanda invisibile iscritta nelle iridi arrossate.

Lui non aveva avuto problemi a comprenderla, e non aveva avuto la forza di rispondere, anche se, lo sapeva, prima o dopo avrebbe dovuto spiegare loro ogni cosa...ma non era quello il momento. Le condizioni in cui versavano erano più urgenti e gravi. 

"Salite immediatamente su quella scialuppa." Aveva ordinato, con voce straordinariamente ferma, sorprendendosi di sé stesso. "Ce ne andiamo di qui all'istante."

Poi aveva evitato ogni conversazione per i giorni successivi, rinchiuso in un mutismo che proprio non gli apparteneva: per la prima volta, a Stede Bonnet erano mancate le parole. Immerso nel rimpianto e nella colpa, si era rivolto a quella ciurma di uomini a cui doveva così tanto, solo se interpellato e solo per concordare i turni per remare. Li aveva fatti anche doppi, per consentire loro di dormire un po' in tranquillità.

All'alba del decimo giorno avevano trovato Lucius Spriggs aggrappato ad una botte da chissà quanto tempo. Dopo altri dodici avevano incrociato la Revenge devastata e depredata dalle furie del nuovo Capitano. 
Ovviamente, Barbanera non era stato felice di ritrovarsi davanti alla ciurma che aveva abbandonato e meno che mai lo era stato di rivedere l'uomo che gli aveva salvato e poi sconvolto l'esistenza.

Non c’era stato neanche modo di litigare, avevano avuto giusto un attimo per mettere in salvo lo scrivano moribondo, che una palla di cannone sparata dall'ammiraglia della Marina aveva sfondato la vela maestra della Revenge. 

L'istante dopo era scoppiato un inferno di caos, cannoni, polvere da sparo e lame incrociate contro gli uomini del re.

Dopo quasi due giorni di combattimenti, i pirati erano arrivati allo stremo delle forze...ma nessuno era morto. 
Il minuto successivo all'affondo dell'ammiraglia nemica, Stede era stato preso da Fang e Ivan per le spalle e trascinato sottocoperta dietro preciso ordine di Izzy Hands. 
Era stato allora, che il tempo per lui aveva smesso di scorrere...almeno fin quando Edward non si presentava bussando alla sua porta infuriato, neanche avesse costantemente il diavolo alle calcagna.

A nulla erano servite le preghiere, le richieste, gli scongiuri di farsi ascoltare e soprattutto di sapere come stessero i ragazzi. 

"Perchè tanta angoscia?" Aveva chiesto freddamente Barbanera. 

"E me lo chiedi anche, dopo che hai ridotto così questo posto?! Tu li hai abbandonati!"

"L'hai fatto prima tu."

"Avevo i miei motivi! Hanno diritto di saperli, e li sapresti anche tu se solo ti decidessi ad ascoltarmi!"

"Loro non sono più un tuo problema, Stede fottutissimo Bonnet. Così come non lo sono io." 


E poi se n'era andato. 

Stede non aveva più visto la luce del sole come la vedeva prima, non aveva più parlato con nessuno tranne che con Edward, che a quanto pareva si divertiva a torturarlo ogni notte con la sua cattiveria dolorosa.
Nonostante tutto, il gentiluomo poteva ritenersi minimamente orgoglioso di sè: aveva sempre cercato di mantenere una certa...risolutezza, nell'affrontare Ed. Si sarebbe spiegato con lui, si sarebbe fatto ascoltare a costo di sfinirlo per convincerlo. 
L'avrebbe fatto tornare. L'avrebbe fatto ragionare e poi l'avrebbe amato per tutta la vita, anche se lui non gli avrebbe mai concesso alcun perdono. 
Come se non fosse bastato, le cose erano precipitate ulteriormente all'improvviso, quando Ed aveva deciso di riportarlo nelle sue stanze senza rivolgergli una parola...nella cabina un tempo riccamente arredata e dotata di ogni tipo di agio, vi era solo una vasca di acqua fredda per lavarsi, un pezzo di sapone, qualche vestito che era sfuggito alla furia distruttiva del Kraken e nient'altro.
Solo una notte era riuscito ad accennargli di Chawnsey, dopo di che lui non si era più presentato. Ben presto, la determinazione di Stede aveva cominciato a crollare. La speranza lo stava abbandonando ogni giorno, sempre di più.

"Chissà come staranno i ragazzi..."

Da due settimane a quella parte, quello era sempre l'ultimo pensiero che gli attraversava la mente, prima che il sonno lo reclamasse. Quello, e gli occhi disperati di Ed.

-

C'erano voluti dei giorni per rimediare al disastro di legna e cadaveri che era diventato la nave di Barbanera. 
Tutti gli uomini erano stati impiegati come mozzi, ed esortati in maniera decisamente poco carina da Izzy a lavorare: aveva minacciato di impiccarli per i pollici, se si fossero azzardati ad alzare la testa prima che il ponte della Revenge fosse ridiventato pulito e splendente. 

Alla fine, era arrivato anche l'infausto annuncio: secondo Buttons mancavano ancora poche leghe, alla terra.

"Ho sbirciato le carte nautiche!"  Aveva asserito il pirata con estrema serietà. "Ne sono completamente sicuro perchè le ha viste anche Livy!

Sentendosi tirato in causa, il gabbiano aveva avuto l'ardire di garrire in accordo, appostandosi subito sopra il suo testone.

Poche leghe ancora e la ciurma sarebbe stata scaricata in un'altra merdosissima isola, con la sola differenza che quella volta sarebbero crepati tutti certamente.
L'unica cosa positiva era il fantasma di Stede. 

"Mi mancano le storie della buonanotte." Si era lamentato una sera Black Pete. "Non è lo stesso, dormire senza."

Nessuno aveva replicato, malgrado la pensassero tutti esattamente come lui. 
Gli uomini erano rinfrancati di averlo con loro sulla nave e gli dovevano sicuramente la vita, anche se era dalla fine dei combattimenti contro la Marina che non lo vedevano. Barbanera l'aveva immediatamente fatto rinchiudere e non c'era stato niente da fare per fermarlo.
Poi i lavori forzati erano cominciati e chiaro, era sempre colpa di Bonnet, se loro si trovavano in quella situazione, ridotti peggio di dei lacchè in balìa di quel "gran cazzone frustrato di Izzy il Vomitoso."

O almeno così amava definirlo Lucius. 

Lucius, che aveva passato un mese intero con la febbre alta e si era fortunatamente -o sfortunatamente- perso tutta la battaglia.
Ci aveva pensato Frenchie a raccontargliela in seguito, o meglio, a cantarla solo per lui una sera particolarmente uggiosa in cui l'amico non dava segni di vita. 
Mentre Frenchie cantava con lo sguardo rivolto alle onde, lo scrivano si era svegliato, aveva allungato il braccio per afferrare un pezzetto di carta straccia e la piuma d'oca premurosamente lasciate lì da Pete giorni prima, e senza fare alcun rumore aveva immediatamente annotato il testo.        

"Vuoi dirmi che mi sono perso tutto questo gran bordello??" Aveva commentato poi, con un filo di voce. "Dannazione, non ci voleva!" 

Frenchie si era voltato di scatto e aveva gridato il suo nome così forte da far precipitare la ciurma intera nella cabina. Izzy non li aveva scoperti solo perchè di turno al timone e Ivan e Fang si trovavano dall'altra parte della nave a sorvegliare Stede. 

Credevo di non rivederti più!" Aveva singhiozzato Black Pete, mentre stringeva il suo compagno con forza. 

Buttons, Lo Svedese, Olu, Wee John erano stati così contenti dopo tanto tempo, da stentare a credere che la fortuna stesse cominciando finalmente a girare per il verso giusto. 

Persino Jim aveva sorriso di cuore, facendoli momentaneamente preoccupare tutti. 

"Amici miei, dovete raccontarmi tutto ciò che è successo mentre dormivo." Aveva richiesto Lucius. "Il menestrello qui presente non è malaccio a cantare, ma io ho bisogno dei dettagli. Sembra che abbiate vissuto una bella avventura."

E lo era stata: i pirati avevano messo da parte tutte le scaramucce, agendo da veri Pirati e facendo fronte comune contro il nemico, avevano prevalso. 
I tirapiedi del Re avevano avuto il benservito e quello era l'importante. (Solo per quella vittoria, Barbanera aveva risparmiato loro la gattabuia.) 

Ed anche in quello stato disperato, Lucius era riuscito a sopravvivere ai combattimenti, resistendo come un vero uomo, ma la sua vita era stata ben lungi dall'essere salva.
Gli raccontarono che una sera in cui la sua febbre era particolarmente alta, Roach aveva annunciato che occorreva del vino da far bollire per farlo smettere di tremare.
Olu e Jim erano andati subito in missione a cercare delle coperte calde, ma non ne avevano trovata nemmeno una. 

"Potremmo ammainare una vela e usare quella!" Aveva proposto Lo Svedese.

"Aaah! Io dico di sdraiarlo sul fuoco!" Aveva obiettato Wee John. 

"Tu e la tua ossessione per il fuoco!" Aveva rimbottato Roach. "Abbiamo finito la legna, se non te ne fossi accorto! E poi questo stronzo dobbiamo riscaldarlo dall'interno, non dall'esterno! Quello che ci serve è del vino!"

"Ma non ce l'abbiamo! Il maledetto Capitano ce lo ha fatto buttare e il resto se l'è bevuto!"

"Vorrà dire...
" Aveva esclamato Black Pete, tirando su con il naso. "Vorrà dire che mi butterò in mare e nuoterò finchè non troverò del vino da far bollire." 

"Ehi, ma fai 
en serio?" Aveva chiesto Jim, osservando Lucius che si lamentava nei deliri della febbre.

"Non puoi farlo, amico!" Aveva aggiuto Olu.

"Certo che posso!" Aveva replicato Pete. "Non ce la faccio, a vederlo così!"

"Allora andrò a chiederlo al Capitano!" 

"Tu ti sei fottuto il cervello, Oluwande."
 Aveva esclamato il cuoco. "Barbanera si darebbe in pasto alle balene, piuttosto che aiutarci!" 

"Non stavo parlando di Barbanera!" 


"Vuoi andare da Bonnet?" Aveva domandato Jim, anche se quella era più un’affermazione. "È rinchiuso in quella latrina maloliente da non so quanti giorni, con quei due scimmioni a tenerlo sotto chiave. È prigioniero esattamente come noi. Poi c'è sempre il rischio che quella piaga di Izzy ti trovi. Non arriverai mai laggiù, Olu. Es pericoloso." 

"E se ti portassi con me?"

"Non avrei problemi ad infilzarli tutti...ma andiamo guarda 
como soffre esto hijo de puta…non lo aiuto, anche se li ammazzo tutti." 

Con somma tristezza di tutti, Jim aveva ragione: uccidere Ivan e Fang non avrebbe aiutato Lucius, avrebbero dovuto rassegnarsi.

Invece, quella notte stessa erano avvenute tre cose strane: la prima, il trasferimento di Stede dalla cantina, alla sua cabina. 
La seconda era stata l'apparizione inspiegabile di due bottiglie di vino davanti alla porta della cuccetta dello scrivano, e la terza era un'ombra che non aveva mai mancato di controllare i progressi della sua guarigione per un mese intero. 

Grazie a quel vino -e ci mancherebbe, anche alla splendida voce di Frenchie,- Lucius era riuscito a guarire, ma nessuno degli uomini aveva ancora capito chi mai fosse stato a lasciarlo lì e pian piano, quello era diventato un bel mistero sul quale gli uomini si stavano divertendo a ragionare. 
Ci perdevano letteralmente delle ore, in attesa di ingannare anche la morte, distraendosi e cercando di divertirsi, per quanto possibile. 

Tuttavia, la loro speranza aveva cominciato a divampare definitivamente quando, dopo la prima, la seconda, la terza isola, Barbanera non aveva mai dato l'ordine di scendere a terra. 
Avevano avvicinato addirittura un molo diversi giorni dopo. ma niente: il Capitano aveva ignorato l'ennesima protesta del suo Primo Ufficiale, mantenendo lo sguardo altero e gli occhi cerchiati di nero puntati sull'orizzonte. 
Poi aveva posto le mani sul pugnale e la spada, come a sfidare chiunque a fiatare di nuovo. 

Izzy aveva dovuto trattenere la sequela di imprecazioni nel silenzio, arrendendosi al volere del suo amato superiore e qualcuno della ciurma per poco non svenne dal sollievo. 
Dopo aver subìto tanto odio, ogni pirata non aveva potuto fare a meno di domandarsi perchè Barbanera si comportasse in modo così strano. Prima li sfiniva di lavoro, poi, con il passare del tempo si faceva vedere un giro sempre meno, delegando tutto a Hands. 

"Semplice!" Esordì Buttons una sera, in uno di quei rari momenti di noia in cui i marinai potevano oziare sfiniti sul ponte lucido della Revenge. "Il Capitano è pazzo!!"

"Disse quello che parla con i gabbiani!" Ribattè Franchie, mentre accordava svogliatamente quel liuto che ne aveva viste tante. Avrebbe dovuto procurarsene un altro alla prima occasione.

"Abbassate la voce, maldidos!" Rimproverò Jim, allungandosi rapidamente per affibbiare uno scappellotto in testa a entrambi e poi riposizionarsi comodamente tra le braccia di Oluwande.
  
Più tardi, quella stessa notte, capirono ogni motivo: capirono chi fosse l'ombra che si era appostata a controllare Lucius per tutto il tempo, permettendogli poi di restare a bordo. 
Era la stessa per che mesi si era avvicinata prima alla cantina, poi alla cabina del Capitano Bonnet, ed era la medesima che bussava ogni notte alla sua porta. 

Senza volere, ascoltarono la discussione intera, udirono le grida, e soprattutto la mezza confessione di Stede. 
Ma Barbanera non sembrava ancora disposto ad ascoltarlo.
Lo sentirono poi allontanarsi a passo pesante dal ponte a pochi metri da dove si trovavano loro. 
Sembrò non essersi accorto della loro silenziosa occupazione, o se invece l'aveva fatto, non ne diede segno. 

I pirati attesero che si ritirasse del tutto, e una volta del tutto sicuri di essere soli, si guardarono l'un l'altro.

"Maledetto inferno infuocato." Mormorò Wee John. "Ditemi che non sono stato il solo a svegliarmi a causa di quei botti." 

Quella frase fu accolta da una serie mormorata di "sì", "dannazione sì", "hanno svegliato anche me, diamine!" 

"Oh, per fortuna. Credevo di essere pazzo!" 

"Invece era il Capitano che bussava al Capitano!" Constatò a bassa voce Lo Svedese.

"E io, che pensavo che un gatto fosse entrato di nascosto e ci avesse maledetto tutti!"

"Tu eres imbarazzante, Frenchie!" Ridacchiò Jim.

"Io? Quei due, sono imbarazzanti!" Ribatté il menestrello.

"Accidenti ragazzi, e chi se lo sarebbe mai aspettato!" Mormorò Roach, più sorpreso che mai.

"Oh, ma per piacere!" Esclamò Lucius, con l'aria saccente di chi ne sapeva più di tutti. "Non ditemi che ero l'unico ad averlo capito!"

La piccola ciurma si rimirò di nuovo. Come avevano fatto a non vederlo, a non averci pensato prima? 

"Capito che?" Chiese a un certo punto Buttons.

"Che quelli sono innamorati, brutto scemo! Non l'hai sentito, il Capitano?" 

"Brutto scemo sarai tu!" Protestò l'uomo dei gabbiani, scagliando un piccolo pezzo di legno in direzione di Lucius. 

"Attento a te, Buttons!" Si alzò Black Pete. 

Sarebbe partita una rissa, se Jim non avesse messo mano ai pugnali. Bastò il suono delle lame sfoderate, a sedare ogni malcontento. 

Olu pose fieramente un bacio sulla sua guancia e poi riportò la conversazione sull'argomento principale: "Dobbiamo parlare con Stede il prima possibile."

"Dici che ci aiuterà, anche se ci ha abbandonati?" Domandò tristemente Black Pete. 

L'affermazione fu accolta da un nuovo silenzio carico di tensione, tuttavia ognuno impiegò meno di cinque minuti, per capire che non avrebbero avuto vita facile sulla Revenge, se non fosse cambiato subito qualcosa e che se ultimamente se la passavano meglio, era indirettamente merito del loro primo Capitano.

Ragionare con Edward Teach sarebbe stato un suicidio. Ma non con Stede.
Era ancora confuso e spaventato per via dei propri sentimenti, lo era sempre stato, ma lui era inequivocabilmente la chiave: Stede avrebbe potuto salvarli tutti una volta e per sempre e avrebbe salvato anche Barbanera da sé stesso. L’aveva già fatto una volta e l’avrebbe fatto di nuovo.  

"Gli chiederemo le dovute spiegazioni a tempo debito." Decise Lucius. "Adesso buttiamo giù un piano e io sia maledetto se stavolta non parteciperò all'azione."

__

Seeera!
Eccoci qui al secondo capitolo! Stavolta un po' più lungo e un po' più denso. Come avrai capito, era un capitolo di passaggio in cui si dovrebbe capire meglio cosa succede a Stede, come ritrova il suo equipaggio e come l'equipaggio stesso viene trattato in assenza di Stede, che poverino è come se fosse in galera!
Spero di non averti confuso troppo con la linea temporale, di non averti annoiatə e soprattutto di non averti delusə. 
Ovviamente sono aperta a qualsasi critica e correzione, mi raccomando non farti degli scrupoli!  

Un ringraziamento particolare alle due ragazze che hanno recensito e un ringraziamento speciale a te che mi hai letto fino qui! 
Un salutone e avanti tutta! 
-gen

PS: Il prossimo capitolo è in revisione, e conto anche questo di pubblicarlo in tempi abbastanza brevi.

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Capitolo 3
*** III ***



 
III
 
“Edward…” 
 
Maledetto. 
Maledetto, fottuto di un codardo di Stede Bonnet.
 
“Edward.” 
 
Chiuse gli occhi, cercando di non abbandonare quel torpore che lo ancorava a terra e gli rendeva le palpebre pesanti.
 
Era vivo, pensò Ed. 
 
Stede era vivo e stava bene. 
Perchè diamine gli avevano detto che era morto?
 
Non aveva creduto ai suoi occhi, quando se l'era ritrovato sul ponte di prua con la barba lunga, due stracci addosso e circondato dagli uomini che lui stesso aveva abbandonato appena dieci giorni prima! 
Si era sentito davvero felice, come poche volte lo era stato in vita sua, ma dopo un attimo il sangue gli era evaporato dalle vene. 
Se non altro, aveva cercato di dominarsi. 
Lui era il Kraken, in fondo! Non avrebbe certo potuto dimenticare tutto per correre ad abbracciare Stede, piangendo e maledicendolo per averlo fatto preoccupare così tanto. 
E poi come aveva osato, quel mezzo pirata, tornare sulla sua nave apparentemente in totale tranquillità, come se niente fosse accaduto e pretendere anche che lui lo stesse a sentire!?
Edward, in quanto terrore dei mari si sarebbe aspettato di essere temuto almeno un po'...invece nè Stede, nè la sua ciurma erano sembrati spaventati dalla sua persona. Cristo, era incredibile, impensabile, una cosa del genere! 
Ma di che cosa erano fatti, quegli uomini? Lui aveva fatto il possibile per terrorizzarli e loro niente, avevano continuato a guardato con reverenza, qualcuno aveva osato mostrare del disappunto, ma non paura. Mai, paura. 
Non temevano niente perché il loro co-capitano era praticamente insieme a loro, oppure la permanenza sull’isoletta nella quale erano stati abbandonati li aveva resi completamente idioti? 
Ed non poteva ancora dirlo con certezza. 
Alla fine, era stata una fortuna che la Marina avesse scelto proprio quel momento per attaccare: se avesse atteso ancora immobile, occhi negli occhi con Stede Bonnet, gli sarebbe fermato il cuore per la rabbia. O per amore. 
No, no, era rabbia, aveva deciso Ed. 
E purtroppo neanche uno scontro di due giorni, era stato in grado di calmare il suo animo. 
Da quando avevano vinto, la tentazione di fronteggiare Stede e stringerlo fino a fargli male era stata fortissima: stava bene, il bastardo. Aveva...combattuto, e anche discretamente! Era stato incredibile vederlo impegnarsi così tanto in un combattimento fisico, lui, che usava la retorica meglio di qualsiasi spada esistente al mondo. 
Edward non aveva potuto fare altro che guardarlo di nuovo con incredulità, debitamente mascherata con lo sdegno più totale. 
Il momento successivo, quando Ivan e Fang l'avevano trascinato via,- dopo aver messo alla gogna l'unico ostaggio che erano riusciti a non uccidere- non era stato capace di fermarli: il dolore era tornato tutto a galla ulteriormente e più il tempo passava, più diventava insopportabile. 
Barbanera, anche se era Barbanera, aveva scoperto di non poter semplicemente tollerare di riavere il Pirata Gentiluomo all'interno della sua stessa nave. 
Certo, era rinchiuso nella stiva e sorvegliato a vista, ma tanto lo disturbava. 
Perchè, perchè continuava a sentirsi tormentato? Perchè la sua immagine non lo lasciava in pace? 
Ed non poteva certo dormire, in quello stato, non riusciva neanche più a mangiare molto. 
In compenso beveva. 
Tanto. 
Di tutto. 
Stava dando fondo a tutte le bottiglie che per puro caso non aveva scaraventato fuoribordo. 
 
“Edward?”
 
Si odiava. 
Però non poteva nemmeno andare avanti in quel modo, bevendo fino ad addormentarsi per tutta la vita...sarebbe finito come suo padre.
No, non poteva, doveva fare qualcosa: non andava bene che Stede se ne stesse tranquillo in cantina, mentre lui si disperava senza sosta per conto proprio. 
Bonnet doveva patire.
Altrochè, se doveva patire! 
Così, mentre il Primo Ufficiale faceva il suo lavoro, occupandosi del redivivo equipaggio, Ed era sceso ogni notte nella stiva, bussando pesantemente contro la porta per spaventare chi si trovava dall'altra parte, poi ci avevano sempre pensato le parole, a completare l'opera.
Tuttavia, l'ultima volta che aveva incontrato il pirata biondo, si era incredibilmente fatto male anche lui. Aveva tentato strenuamente di non farci caso, all'inizio...poi non aveva più potuto sopportare di vederlo ridotto in quello stato. 
Stede era se possibile ancora più pallido, un po' smagrito, decisamente spaventato e con i capelli scompigliati in tutte le direzioni. 
La cosa peggiore da sopportare era sempre il suo sguardo. Quegli occhi verdi e incredibilmente limpidi avevano sempre avuto uno strano ascendente su di lui, avrebbero potuto ghermirgli l'anima e non lasciarla mai per l'eternità.
In ogni caso, Stede non era più Stede e -per disgrazia o per fortuna- Ed era stato abbastanza sobrio da accorgersene.
Allora, in preda a chissà quale idea malsana, o lucidità improvvisa, l'aveva fatto spostare immediatamente nelle sue stanze personali, gli aveva concesso di lavarsi dato che, a lungo andare, l'odore nauseabondo della cantina gli si stava attaccando addosso. 
E Stede non puzzava. 
Mai.  
Da quell'ultima notte, Barbanera aveva cominciato a fare i conti con la propria coscienza pentendosi di tutte le deprecabili azioni che aveva compiuto indirettamente o meno, una dopo l'altra. E come se non fosse abbastanza devastato, le parole del pirata biondo gli si erano conficcate nel cervello: aveva capito che il suo abbandono non era stato completamente intenzionale, qualcuno l'aveva minacciato. 
Forse diceva la verità. 
Forse no. 
Ma allora perchè non avvisare? 
Perchè lasciargli intendere che fosse morto, quando invece era vivo? 
Il Kraken aveva preferito restare nell'ignoranza, piuttosto che domandarglielo di nuovo la sera successiva, deciso come non mai a mantenere le distanze. 
Non voleva rivedere Stede mai più.
 
"Edward!" 
 
“Ah, sei tu, Izzy.” Il terrore dei mari scivolò giù dal giaciglio raffazzonato che aveva organizzato in una stanza casuale della Revenge, per non dormire nella cabina del capitano. Non aveva mai voluto occupare il letto di Stede, neanche in sua assenza. 
La volta in cui aveva varcato la soglia di quella stanza era finita uno schifo.
Aveva quindi deciso di arrangiarsi su una specie di mezzo letto imbottito: Stede un giorno gli aveva spiegato che quello su cui si trovava era un mobile molto comune nelle case nobiliari e che si chiamasse qualcosa come sofà. “Che c’è?” 
 
“Dimmelo tu, che c’è!" Strepitò il Primo Ufficiale. "Ancora rimugini su quel pirata da strapazzo?” 
 
Ed mugugnò in segno di diniego, con la bocca impastata dalle rimanenze dell'alcol e dal sano sonno che ormai gli sfuggiva da tempo immemore. 
Avvicinandosi al tavolo poco distante, afferrò una bottiglia di rum per il collo e si diresse verso il camino spento. Lo fissò un momento con disappunto, quasi si aspettasse invece di vederci dentro le fiamme e bevve un lungo sorso, finchè il liquido non sparì del tutto. “Niente affatto. Lasciami in pace.” 
 
Izzy rimase ad osservarlo con un sopracciglio inarcato, come se non riuscisse davvero a capire quali mali affliggessero l’animo del suo amico, che si stava passando una mano sugli occhi ancora disabituati alla luce. Possibile che stesse ancora così male? 
A causa di un'onda particolarmente alta solcata dalla nave, Ed dovette aggrapparsi istintivamente ad uno scaffale vuoto della libreria un tempo ricolma di libri: era soprattutto colpa del contenuto di quella bottiglia, se non si reggeva in piedi. 
 
“Hai fatto la scelta giusta a liberarti di tutte le sue cose, persino dei suoi uomini." Decretò Izzy, senza ricevere risposta. 
Lui non poteva neanche immaginare che il senso di colpa annidato nell'anima del suo temibile Capitano fosse diventato più  ingombrante di una balena e più fastidioso di una spina. 
Il minimo che Ed poteva fare per quella ciurma di disgraziati, era proprio non occuparsene, dato che li aveva danneggiati anche troppo.
Mentre la sua mente ottenebrata formulava quella considerazione, il pirata più vecchio si era avvicinato alle sue spalle. Edward avvertì la sua mano percorrergli il braccio, ancora prima di vederla.
 
"Izzy, smettila."
 
 “Lascia," ribatté lui, allontanando la potenziale arma dalle mani dell'amico. "Hai bevuto abbastanza.”
 
"Che te ne importa?" 
 
"Non so come accidenti hai fatto a combattere i merdosissimi uomini del Re in questo stato." La mano del Primo Ufficiale non si era mossa di un millimetro. "Quella sottospecie di pirata è ancora nella sua cabina, in attesa dell'esecuzione…"
 
“Izzy, ti avverto—“
 
"…perchè tu non hai ancora intenzione di ucciderlo, non è vero?"
 
Edward si voltò di scatto: in realtà aveva provato, a far fuori Stede. Due volte. Aveva fallito miseramente e Izzy l'aveva capito anche troppo bene. 
"Uccidi l'ostaggio, se ti fa piacere." Disse sbrigativo. "Quel Maynard*, Marynand o come stradiamine chiama. Tanto la nostra posizione è compromessa e la nostra situazione anche. Ci cercano da quando abbiamo lasciato la fottuta Accademia, non ci lasceranno andare finchè non avranno ottenuto la loro giustizia."
 
Izzy valutò. "Sai, durante le torture ho saputo che il nostro caro ostaggio è un pezzo grosso...potrebbero davvero accorciare la tua pena, se lo riconsegnassi ai suoi compagni, anche se solo parzialmente integro. Poi c'è sempre il piano originale: consegnare l’idiota e chiedere un secondo Atto di Clemenza. Pensaci bene, quelli della Marina sarebbero felici di avere Bonnet vivo. Ha ucciso due ufficiali."
 
"Ne ha ucciso uno solo e non è stata neanche colpa sua. L'altro tizio l'ha minacciato con una pistola, non ho idea di come Stede abbia potuto sopraffarlo."
 
"Minacciato? Bonnet? Di che parli?" 
 
"Di niente, deliravo." Il Capitano fece per allontanarsi, ma la sua mano era ancora intrappolata. Sospirò profondamente, per ritrovare la calma e la pazienza. "Lasciami."
 
"Lasciami." Ripeté Izzy, esagerando volutamente l'inflessione lamentosa del suo tono. 
 
“Che cazzo vuoi da me?!”
 
"Sapere che cazzo ti prende!! Ma ti ascolti?" Il Secondo in comando aveva alzato la voce. 
 
Barbanera rimase in silenzio, momentaneamente atterrito. 
 
"Pensi che non me ne sia accorto, vero? Pensi che non veda che ogni notte vai a trovare quel damerino viziato e poi piangi e ti ubriachi fino a sentirti male? 
Pensi che non mi sia accorto di quello che hai fatto per quello stupido scrivano? Prima lo ammazzi e poi lo salvi.
Guarda come ti sei ridotto...io stento a riconoscerti. Mi chiedo chi tu sia diventato ultimamente—"
 
"Un mostro." 
 
"Un rammollito." Corresse Izzy. 
 
E il Kraken perse definitivamente la pazienza. Si liberò dalla presa dell’altro uomo con uno strattone, gli strappò fulmineamente la bottiglia dalle mani per mandarla in pezzi lontano nella stanza e poi lo trasse a sè.
 
"Io sarò un rammollito, ma tu sarai un pirata con il collo aperto, se oserai mancarmi di rispetto un'altra volta." Sibilò a denti stretti, un bagliore febbrile e omicida a incendiargli lo sguardo. La lama del coltello che aveva estratto in appena due secondi dalla fondina legata al suo fianco, riluceva alla luce del giorno sotto la gola di Izzy. "I piani cambiano se quando lo dico io, e se non ti sta bene va' pure a chiedere al povero Lucius quanto può essere fredda l'acqua dell'oceano."
 
"Agli ordini...Capitano." Rispose il Secondo in comando. Aveva il fiato corto e le iridi strette. Ed se ne era accorto, ma continuò a spingere la punta del pugnale contro la sua gola. 
 
Izzy cominció ad avere paura. Sbatté le palpebre un paio di volte. “Non lo fare.” Esalò. “Non…lo fare. Calmati, dannazione.” 
 
Edward sgranò gli occhi e impallidì, come se si fosse reso conto di ciò che stava per fare nel giro di un momento. 
 
“Che cazzo…” Gli sfuggí dalle labbra, mentre si allontanava. Il coltello, fino a poco prima ben saldo all’interno della sua presa, cadde a terra: un attimo ancora e il collo del suo più vecchio amico avrebbe sanguinato. “Izzy!”
 
“Finalmente.” Commentò sarcasticamente quell’ultimo, abbassandosi poi a raccogliere l'arma come se niente fosse. 
 
“Ma sei impazzito?” 
 
“Io?” 
 
“No, il Re. Che diavolo  pensavi di fare?”
 
“Volevo che tornassi indietro.”
 
“E dovevi farmi incazzare in questo modo, maledetto te?!” 
 
“Ci sono riuscito." Fece presente l’uomo. "Edward, sei ubriaco da settimane, non riesci a rimanere lucido per più di cinque minuti di fila.” 
 
“Io…“ Il Capitano fece per ribattere, ma non riuscì. “Non avrei mai voluto tentare di ucciderti. Mi dispiace.”
 
“Al diavolo ti ci mando dopo. Ora dobbiamo parlare.” Decretò il Primo Ufficiale, schivando deliberatamente quelle scuse imbarazzanti. “Guarda qui." Si tolse una piccola pergamena arrotolata dalla tasca dei calzoni e gliela porse. 
 
Ed la studiò con lucida curiosità, poi spezzò il sigillo e l'aprí. “Sai di che si tratta?” Chiese, sinceramente confuso.
 
“Mi prendi per il culo? Lo sai che so leggere poco e niente!” 
 
Barbanera contemplò a lungo le parole dalla grafia svolazzante, vergate d’inchiostro nero, ma nella sua mente confusa le lettere si capovolgevano e si capovolgevano in continuazione. Gli succedeva sin da quando era piccolo. Crescendo, aveva impiegato degli anni solo ad imparare come si leggesse il suo nome. 
In effetti, lui riconosceva unicamente le sei lettere che lo componevano, ignorando nel contempo quale fosse e come si scrivesse il resto dell'alfabeto. 
Ben presto dovette distogliere lo sguardo dall apergamena: un moto di nausea gli era salito alla bocca dello stomaco e non fu in grado di trattenerlo. 
Con somma vergogna si ritrovò a correre al secchio che teneva dietro al paravento e mentre rimetteva anche l’osso del collo, Ed si rese conto di essere un vero asino e di voler rivedere Stede.
Gli mancava. Aveva bisogno di lui come non mai. 
 
“Ehi…” chiamò Izzy, che per minuti interi era rimasto in attesa al centro della stanza, cercando di non vomitare a sua volta. “Ti senti bene?” 
 
Ed finí di svuotarsi lo stomaco, poi rispose debolmente. “A te che cazzo sembra?!”
 
“Mi sembra di ricordare che fossi io, il Vomitoso del gruppo.”
 
“Lo sei ancora: hai vomitato da sobrio. Io non soffro il mal di mare, sono solo un po' ubriaco.”
 
“Possiamo occuparci della questione, per favore?”
 
“Dove hai trovato questa missiva maledetta?”
 
“Era in becco a quell’uccellaccio che gira sempre sulla testa di Buttons.”
 
“Olivia.”
 
“Che?”
 
“È il nome del—lascia perdere.” Ed si pulì la bocca con uno straccio trovato casualmente lì vicino e tentò di alzarsi. 
La testa gli girava. Le viscere gli dolevano come non mai. “Quello è il leone incoronato, il sigillo reale. È roba della Marina.”
 
“Lo sapevo! Bastardi dannati. Cosa vogliono?” 
 
“Be' ecco...io...non sono riuscito a capirlo.” 
 
“Merda...chiediamo allo scrivano?” 
 
“Ti strappo le budella se lo porti qui! Sono convinto che metà di quelle parole siano ultimatum e l'altra metà minacce, non ho bisogno dello scrivano per capirlo!” 
 
Izzy sospirò.  “Lo sai che significa, vero?”
 
“Certo, non sono mica idiota! È questione di giorni, prima che ci attacchino di nuovo, mi pare ovvio, ma noi non abbiamo provviste e gli uomini sono distrutti. Ci conviene scontrarci per terra e poi fare rifornimenti.”
 
“Che ce ne facciamo di Bonnett?” 
 
Ed fu grato di essere nascosto dietro il paravento, o le sue lacrime sarebbero state palesi anche ad un cieco. “Ci penseremo una volta che la dannatissima Marina sarà sistemata.“ 
 
“Ma—“
 
“Ma niente, discuteremo del piano quando lo stabilirò io. Ora sparisci a controllare se c’è qualche nave nei paraggi.” 
 
Lo sguardo di Izzy si illuminò. "Non dirmi che hai intenzione di seminare un po' di terrore come ai vecchi tempi!"
 
"E vattene affanculo!"
 
Izzy non se lo fece ripetere: in pochi passi claudicanti scivolò via dalla stanza e tormentò la povera ciurma fino a quando, quella sera stessa, una nave -la prima di una lunga serie- apparve leggera sul pelo dell'acqua. 
 
 
Stede non sapeva più dove sbattere la testa. O meglio, l'aveva battuta un sacco di volte: a quanto pareva, oltre a disertare i loro incontri, Edward si era divertito ad attaccare ogni tipo di imbarcazione, fosse mercantile, veliero o bagnarola che si fosse parato davanti alla Revenge e la maggior parte degli attacchi erano avvenuti sempre in piena notte, quando lui cercava di dormire...
Pensò che quell'uomo fosse riuscito a punirlo alla grande, per la sua codardìa. Un conto era rischiare la pelle al suo fianco. Decisamente un altro era rimanere in attesa per ore, sperando che la persona che amava stesse bene. 
Stede era presto arrivato al limite della sopportazione, sobbalzando ad ogni sparo di cannone, ad ogni grido che riusciva a sentire attraverso le assi sicure che lo costringevano all'interno della sua stessa nave, con il cuore colmo di ansia. 
Ma non erano state altro che voci confuse, effimere, troppo lontane da lui.
Girandosi su un fianco, lanciò un'occhiata alla stanza semivuota, disordinata, quasi desolata. Non c'era nessun libro con cui distrarsi, nessun passatempo utile per non perdere la testa.
 
"Me lo merito." Pensò, con gli occhi colmi di lacrime. 
 
Ripensò anche a Mary, a come doveva essersi sentita, a come dovevano essersi sentiti Alma e Louis nell'apprendere che la persona che più avrebbe dovuto amarli e proteggerli, li aveva crudelmente abbandonati per un capriccio. 
Ma poi lo avevano perdonato. 
Edward forse non l'avrebbe fatto e se voleva tentare di sopravvivere almeno un altro po' con il senno intatto, il gentiluomo contemplò l'idea di abbandonare la speranza anche solo di rivederlo. Forse Ed era riuscito nel suo intento, ovvero disinnamorarsi e dimenticarsi di lui. Ecco perchè non si era più presentato. 
 
Un improvviso 'clic' metallico proveniente dall'ingresso della stanza attirò la sua attenzione. 
 
“Cosa…” 
 
Il rumore si ripeté altre due volte.  
 
Si asciugò le guance in fretta, felice di non star delirando e si tirò a sedere, rivolto verso la porta. Il battito del cuore gli rimbombava fastidiosamente nelle orecchie, dandogli scariche continue di nervosismo. 
 
Era pieno giorno, valutò. Possibile che— 
 
Infine la porta si aprì, palesando una figura avvolta da lungo cappotto e un cappello a tesa larga in testa. 
 
“Jim…” Esclamò Stede, alzandosi immediatamente dal letto. 
 
“¡Ola, Capo!" Salutò Jimenez con aria estremamente seria.
 
“Ehilà, Stede!” 
 
Al biondo cadde la mascella. "Frenchie! Stai bene!"
 
"Stiamo bene entrambi." Dichiarò il menestrello, con un sorriso appena accennato. Non erano mai riusciti a parlargli, lui e Jim, l'avevano solo intravisto durante il primo scontro con gli inglesi.
 
“Salve, Capitano!” Anche il saluto di Roach fu serio. Il buon Olu gli rivolse un rispettosissimo cenno di saluto con la testa.
 
Lo Svedese, Frenchie e Buttons gli strinsero la mano. 
 
“Oh, cielo ragazzi!” Stede li guardò tutti con commozione ed incredibilmente l’angusta cabina gli parve fosse diventata decisamente luminosa. 
 
“Capo!” Chiamò Black Pete. “Guarda  un po’ chi è tornato!” 
 
“Lucius…” Gli occhi del Capitano divennero nuovamente lucidi di lacrime. Lo abbracciò brevemente. 
 
“Diamine!” Commentò lo scrivano, distaccandosi un secondo dopo. “Neanche mia madre era mai stata così felice di vedermi. Grazie della preoccupazione, tesoro, ma stammi lontano per favore.” 
 
“Che cosa ci fate qui? Chi vi ha fatti entrare? Cielo, come sono contento, per un momento ho creduto che fosse—“
 
“Sappiamo esattamente chi credevi che fosse.” Annunciò solennemente Nathaniel Buttons. “Abbiamo sentito tutto.” 
 
Stede ebbe la buona grazia di arrossire, salvo preoccuparsi subito dopo. “Che cosa sta succedendo?"
 
"Tenemos poco tiempo.” Esclamò Jim, prendendo ufficialmente la parola. “Debemos hablar.” 
 
“Volevamo venire a parlarti subito, ma il Vomitoso ci ha tenuti sotto torchio per tutto il giorno." Interruppe Black Pete. "Pensa, abbiamo anche assalito diverse navi!!"
 
"Davvero? Ho sentito un bel po' di confusione in effetti, ma mi sembrate tutti contenti di aver preso parte queste scorrerie...com'è stato?"
 
"Meraviglioso."
 
"Fantastico"
 
"Una vera forza."
 
Furono alcune delle risposte concitate che il gruppetto diede a Stede. 
 
"Abbiamo derubato e depredato navi francesi, olandesi, italiane, persino due o tre volte più grosse della nostra!" Spiegò entusiasta Lo Svedese. "Vedessi poi quanto è bravo e forte il Capitano, abbiamo sempre vinto!" 
 
Lucius affibbiò al nordico una manata sulla nuca: nel sentir menzionare Ed, Stede aveva abbassato lentamente lo sguardo, divenendo triste come non mai.
La porta si aprì di nuovo all'improvviso e tutti trasalirono finchè testone di Wee John fece capolino. "Muovetevi, dannazione! Gli scimmioni qui si stanno svegliando e io non ho niente di infiammabile a portata di mano!"
 
"Scimmioni?" Chiese Stede, recuperando il fiato per lo spavento. "Che avete combinato a Ivan e Fang?"
 
"Roach coltiva sonniferi." Spiegò sbrigativo Frenchie. "Glieli abbiamo messi nel rum."
 
"E io ve l'avevo detto, che avrebbe funzionato!" Esclamò pomposamente lo scrivano, gonfiando il petto come un pavone. "Infatti se adesso siamo qui davanti a Stede, è grazie a—"  
 
"Oooh, falla finita, Lucius!" Redarguì il menestrello, per poi rivolgersi nuovamente al Capitano. "Passiamo alle questioni importanti: tra poco saremo a terra."
 
"Siamo ridotti alla fame." Mormorò Roach, con un tono amaro che nessuno ancora gli aveva mai sentito usare. "Le navi che abbiamo assalito trasportavano mera merce e le provviste scarse sono finite quasi subito. Non ci sono più. Barbanera non si cura di procurarcele. Credevamo che finalmente volesse fare rifornimento, poi Buttons ha visto una pergamena nella bocca di Olivia proprio prima che il Vomitoso ricominciasse a torchiarci."
 
"Ce l'avete qui?" Chiese Stede. 
 
"Izzy ci ha messo su le mani, prima che potessi avvicinarmi io." Disse Olu, mentre si frugava nelle tasche. "E c'è voluta non poca fatica a reperirla dalla sua camera, ma sì, eccola."
 
Prima che Oluwande potesse porgergliela, Jim adagiò la lama di uno dei suoi pugnali sul palmo aperto della mano del Pirata Gentiluomo. Lui non si mosse, assoggettato dal gelo emanato dal coltello e dal filo tagliente di esso. Sarebbe bastato un niente, per ferirsi.
 
"Siamo in questa situazione de mierda por tu culpa," scandì lentamente Jimenez, "ci tirerai fuori."
 
"E voi vi fidate di me a tal punto da chiedermi di togliervi dai guai?" 
 
La ciurma assentì fiduciosa, mentre Stede sembrava a dir poco sconvolto e un po' insicuro. 
 
"Non c'è tempo per i complessi di autostima!" Incalzò Lucius.
 
"Ni por pensar en tuo comportamiento da cane con Barbanera!" Aggiunse Jim, stavolta piccatə. 
 
"Io…mi chiedo se aiutandovi vi danneggerei di più. Non lo vedo da secoli. Mi sento così male...”
 
"Be', non sta bene neanche lui, se è per questo!" Fece presente Olu, con fare vago.
 
"Cosa??" Il gentiluomo si rianimò immediatamente. "Credevo che l'avesse superata, ormai! Credevo che si fosse dimenticato di—"
 
"Di chi?" Chiese Roach a bruciapelo. "Di te?"
 
Stede annuì imbarazzato e il piccolo gruppo per poco non scoppiò a ridere per quell'assurdità. 
 
"Certo che questi sono proprio senza speranza!" Borbottò Lucius, portandosi una mano sugli occhi. 
 
"Prendila come risarcimento verso di noi per averci abbandonati." Propose allora Frenchie. "Fatti perdonare."
 
"Giuro che vi aiuterò." Promise immediatamente Stede, con voce ferma. "Ve lo devo con la mia vita." 
 
E con somma soddisfazione, Jim ripose la lama per permettergli di leggere la missiva. 
 
"È un mandato di cattura." Disse il biondo, dopo aver letto ben due volte e in completa concentrazione. "Sono sulle nostre tracce da mesi. Rivogliono Maynard con gli altri ostaggi che purtroppo sono morti e vogliono anche noi."
 
"Io lo sapevo!" Esclamò nuovamente Lucius inviperito. Ancora una volta era stato il primo a capire cosa stesse succedendo. "Malfidati." 
 
"Come ci si comporta, in questi casi?" Domandò Frenchie, il quale a differenza degli altri, di scontri con la Marina non ne poteva più. 
 
"Dovremmo consegnarci tutti spontaneamente." Rispose Stede. "Per non avere guai. Avevamo fatto così, la prima volta."
 
"Come sarebbe a dire, consegnarci?" Brontolò Roach. "Siamo pirati! Facciamo quello che vogliamo, in barba a questi inglesi imbalsamati!"
 
"La penso come il cuoco." Dichiarò Buttons. 
 
"Sono daccordo anch'io." Annunciò Lo Svedese
 
"Edward lo sa?" Chiese poi Stede.
 
"Dipende." Rispose Olu, alzando un sopracciglio. "Edward sa leggere?"
 
"Poco. Non mi ha mai dimostrato di saperlo fare."

"Allora no, non lo sa."
 
"Eppure non può essere così imbecille da non averlo capito." Considerò Lucius. "Se lo immagina. È ricercato."
 
"Se è così, perchè vorrebbe comunque scendere a terra?" Domandò Stede. 
Quando nessuno gli rispose, la realizzazione lo colpì in un attimo, potente come una pugnalata. "No...non voglio crederci. Ci deve essere un errore, lui-lui non può farvi una cosa del genere. Non può vendervi per salvare se stesso, questa è una cosa che farebbe Izzy, non lui! Vedrete che non lo farà."
 
"Sembra che sia così, invece." Mormorò Frenchie. "Ti ricordo che poi Izzy ci ha già venduti. Ed è Izzy, insomma! Non credere che Barbanera ti riserverà un trattamento migliore solo perché una volta eravate amici, Stede."
 
"A quel che ne so, se consegnasse noi e l'ostaggio potrebbe ottenere un bello sconto sulla sua pena." Fece presente Lucius.
 
"Non lo farebbe mai." Insistette Stede. "È il vostro Capitano!"
 
"Tu," puntualizzò Jim, "eri il nostro Capitano." 
 
"Allora agirò come tale."
 
"Buono a sapersi." Commentò causticamente Pete, ma il biondo non si offese.
 
"Fai bene a dirlo." Stede incrociò le braccia con aria di sfida. "Ho un piano. Lucius, prendi appunti, per favore."
 
"Agli ordini."
__
 
Ebbero appena cinque minuti di discussione, poi i pirati furono costretti a salutare Stede: Ivan e Fang erano sul punto di svegliarsi. 
 
"Non temete!" Assicurò il Pirata Gentiluomo, anche se in realtà non avevano fatto in tempo a concordare che pochissimi dettagli. "Penso a tutto io, voi tornate a liberarmi quando abbiamo stabilito e mi raccomando, state attenti!" 
 
La ciurma lasciò quindi la cabina controvoglia, e dovette farlo di corsa: l'ultima cosa che Stede sentì furono le grida infuriate di Izzy, rivolte ai due malcapitati che si erano casualmente addormentati davanti alla sua porta, invece che presidiarla. 
 
"Andiamo, Bonnet." Si disse, alzandosi da quel che rimaneva della preziosa scrivania, per avvicinarsi al letto.
Portò il foglio con sè, stendendosi sulla schiena e rileggendo la fine grafia del giovane scrivano. 
Nel frattempo, la voce della sua coscienza era diventata paurosamente uguale a quella di suo padre. "Per una volta in vita tua dimostra di valere e non fallire."
 
Se le cose fossero andate bene, sarebbe riuscito a risolvere tutto sia con i ragazzi, sia con Edward. 
Quella prospettiva lo agitava e insieme gli ridava la voglia di vivere. 
Stede si diede del pazzo ad aver pensato di abbandonare  la speranza: erano bastati pochi minuti con quella marmaglia di uomini per stravolgere ogni insicurezza e sostituirla con la fiducia. 
Erano stati capaci di spazzare via la sua inadeguatezza, compensandola con il loro coraggio e aumentando il suo.  
Per la prima volta in vita sua, Stede avrebbe potuto sentirsi un vero pirata. 
Sorrise al pensiero che sì, avrebbe potuto farcela, e forte di quella nuovissima consapevolezza chiuse gli occhi. Tuttavia, la serenità durò solo per un attimo. 
Un enorme boato aveva riempito l'aria. 
 
__
 
 
“GALEONE IN VISTA A BABORDO!” Aveva gridato a pieni polmoni l’uomo dei gabbiani, dalla piattaforma del timone. 
 
Appeso al sartiame fino a quando non era partita la cannonata, Barbanera comparve come un’ombra vera e propria sul ponte di prua. 
Non gli serví il binocolo per osservare il vascello di fronte a sè: la King Charles era enorme, grossa almeno il doppio della Revenge e la cosa peggiore erano le altre navi che la affiancavano in una formazione a punta di freccia. 
Avrebbero sparato nuovamente il colpo di avvertimento, e quella volta lo scafo si sarebbe distrutto sul serio. 
 
“Mantieni la rotta, Signor Buttons.” Ordinò il Kraken. “Il nostro viaggio finisce adesso, e anche il loro.” 
 
“Agli ordini!” 
 
“Svedese, issa la bandiera.” 
 
“Subito, Capitano!” 
 
Legato braccia e gambe all’albero maestro della nave, Robert Maynard sorrideva malignamente da dietro il bavaglio che, come il morso di un cavallo, gli teneva la bocca innaturalmente aperta.
La Marina intera era finalmente venuta a liberarlo. 
 
 
-
*Robert Maynard è il simpatico ufficiale che di fatto uccise Barbanera. 
-
Seeeera! 
Dopo un’attesa infinita sono riuscita a pubblicare! Spero che non ci siano troppi errori e che tutto sto popo’ di capitolo non sia troppo pesante da leggere. 
Ovviamente il resto è già scritto. 
Un grazie infinito a chi sta continuando a recensire e a te che continui a leggere. 
Siete dei tesori!
 
Avanti tutta e a prestissimo!
-gen
 

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Capitolo 4
*** IV ***


Salve, belle gioie!
Con un ritardo a dir poco vergognoso sono qui ad aggiornare questa storia. Non mi convinceva il finale, che di fatto ho dovuto dividere ancora, visto che altrimenti (tanto per cambiare) mi sarebbe venuto un affare immenso.
Mi spiace per l’attesa e per il disagio, ho cercato di renderlo più chiaro possibile e spero che non ci siano troppi orrori di ortografia/sintassi: ovviamente sono senza beta, qui si muore come Geraldo ahah!
Sperando che non sia troppo terribile, e che sia volsa la pena farvi aspettare così, vi auguro una buona lettura!

IV

Era la centesima volta che Izzy Hands scrutava l'orizzonte, e per metà della giornata non aveva fatto altro che pensare a ciò che era successo nelle ultime ore.

"Izzy," gli aveva detto Edward, "sei sempre stato l'uomo più fidato che avessi. Mio fratello. Il mio Secondo." 

"Lo sarò sempre."

"No. Perché questa missione è quella più importante, il che significa che se fallisci troverò il modo di fartela pagare."

"Non fallirò."

"Puoi giurarlo?"

"Dipende. Non giuro mai a carte coperte e ti conosco troppo bene per non aver capito che nascondi qualcosa."

Il Kraken era rimasto vagamente impressionato. "Gli inglesi verranno a catturarmi presto."

"Questo già lo so, siamo sotto il mirino da due giorni. Risparmiami la fottuta manfrina e dimmi cosa hai intenzione di fare."

"Smantellarla dall'interno."

“Mh. Cosa vuoi che faccia?"

"Voglio che non appena mi avranno nelle loro grinfie tu tenga questa nave sotto controllo." 

"Posso farlo. Devo guidare l’abbordaggio?"

"Tutt'altro."

"Cosa?"

"Solo la King Charles ha il doppio dei cannoni della Revenge. Non possiamo battere quei bastardi con la ciurma che abbiamo, almeno non sul mare. Siamo troppo inferiori di numero. Io farò da diversivo, mi farò catturare di proposito." 

"È per questo che hai fatto alzare bandiera bianca?!”

“Non essere sciocco, Izzy. Che altro avrei potuto fare?”

“Trovare un altro piano meno merdoso, per esempio.”

“Meglio vivi che morti. La bandiera bianca è l’opzione migliore che abbiamo.”

“Di nuovo? E tu ti aspetti che io resti qui con quel branco di idioti e con Stede faccia-da-cazzo Bonnet che ti muore dietro, senza fare niente?" 

"Io mi aspetto che se non mi vedi tornare entro stanotte, tu ammazzi ogni fottuto ufficiale che ti tiene in ostaggio, giri la Revenge e te ne vai a costo di farti spazio a cannonate. Pensaci bene: quel punto l'ammiraglia non sarà più un problema perchè ci sarò io dentro, e questa nave non ha niente da temere dalla Royal James. Gli altri vascelli in loro possesso sono una schifezza." 

"Non se ne parla, Edward."

"Mi chiami per nome, adesso?"

"È il tuo nome. Io ti chiamo sempre così."

"No, Izzy. Io sono Edward solo quando ti pare. Non mi convincerai a restare." 

"Invece devi ascoltarmi!"

Barbanera aveva battuto una manata sulla scrivania. "Sei tu che ascolti me! Non sei in grado di combattere ridotto in questo modo, non costringermi a farti di peggio per tenerti qui."

"Non mi interessa se mi mozzerai una mano, se mi caverai un occhio o se mi farai mangiare un altro dito, non ti lascio partire per andare a suicidarti, cazzo! Anche se non cammino più bene!"

Il Kraken sospirò. Era fisicamente troppo stanco per discutere. "Non giocare con la mia pazienza. In genere non devo mai ripetere gli ordini due volte."

"Mi dispiace. Non posso obbedire."

"Allora ne subirai le conseguenze. Sai che vuol dire?"

Izzy era rimasto in silenzio: gli era costato fin troppo, negare la sua obbedienza. La vergogna gli aveva annodato la lingua. 

"Vuol dire che se muori prima di me trovo il modo di resuscitarti e poi ti riammazzo."

"E sia."

"Sparisci."

"Devo prima dirti una cosa, e poi non mi rivedrai mai più." 

"Izzy, sono a tanto così dal buttarti fuori a calci. Vattene ora.”

“Non sei il solo a provare quelle cose!” Aveva insistito Hands.

“Cosa—“

“Anche io ti considero il fratello che non ho mai avuto. Mi sono sempre fidato di te fin dall’inizio, ti ho ammirato e aiutato, e da quando sei diventato Capitano…"

“È cambiato qualcosa.”

Izzy aveva chiuso forte gli occhi, colpito a bruciapelo.

Ed aveva cercato di evitare quella conversazione con tutto sé stesso, eppure non aveva potuto fare a meno di aggiungere: “Me ne sono accorto.”

“Tu...come hai fatto?"

“Hai cominciato a guardarmi come guardavi Charles. Sono anni, ormai.”

Solo nel sentir pronunciare quel nome, il cuore di Izzy si era squarciato in due: Charles non era stato il primo che aveva trattato come un umano -perché Edward aveva il primato anche in quello- ma era stata la prima persona a non metterlo al secondo posto.

“Vane è acqua passata.”

“Non dire cazzate. Non sarà mai finita perché se lo trovassi torneresti da lui, e io lo capirei. Mi dispiace per te, però. Per come è finita, non è stato giusto…”

“Non ho bisogno di lui, con te qui.”

“Izzy, io non potrò mai essere quello che lui è stato per te. E non posso perdonarti per averci venduti agli inglesi la prima volta, non saremmo qui se non fosse stato per te.”

“Lo stavo facendo per aiutarti! Volevo che rimassi il pirata più grande di tutti i tempi, invece ti stavi rammollendo.”

“Era la MIA vita!” Edward divenne infuriato. “Non avevi il diritto di interferire! E ciò che hai fatto rasenta la vergogna maggiore per un pirata!”

“Tu hai chiesto l’Atto di Clemenza!”

“Non ci sarebbe stato bisogno se prima tu non ti fossi alleato con il fottuto Re alle mie cazzo di spalle!! Dopo quanto abbiamo passato insieme. Dopo quanto bene ti ho sempre voluto. Eri il mio migliore amico, dannazione!”

“Ed—”

“Non importa. Esegui gli ordini e poi vattene, resta, fai quello che ti pare. D’ora in avanti non mi riguardi più.

Izzy avrebbe potuto gridare dalla frustrazione, ma si trattenne. Era finita. Edward aveva finito con lui, non lo voleva più intorno.

Non l’aveva più rivisto né aveva osato disturbarlo neanche quando la King Charles aveva costretto la Revenge a gettare l’ancora.

Non aveva potuto fare niente per impedire l’abbordaggio nemico, ma era riuscito a tenere la ciurma a bada esattamente come gli aveva ordinato il suo capitano. Perchè lui si rifiutava di considerarsi fuori dai piedi.

Così erano stati presi in ostaggio.

Gli inglesi avevano occupato la Revenge nel giro di un’ora. Erano bastati meno di una dozzina di ufficiali per sottomettere la ciurma, mentre il Governatore di Nassau in persona -Woodes Rogers, più o meno l’uomo più importante dopo il Re, a quanto ne sapeva Izzy- aveva chiesto un parlay con Edward Teach.

Si era quindi rinchiuso nei quartieri di Ed per la mattina intera.

L’equipaggio era rimasto silenzioso, gli uomini non avevano fatto altro che scambiarsi sguardi d’intesa, cosa che faceva infuriare Izzy, ma allo stesso tempo lo incuriosiva.
Se quelle canaglie avevano organizzato un piano, lui certamente non ne era al corrente, e non lo sarebbe mai stato, visto che certamente non poteva comunicare con loro.
Rimasero tutti in quello stallo massacrante finché Rogers non se ne tornò tronfiamente sopra coperta. Il Kraken, al suo seguito, era stato invece disarmato e aveva le mani legate dietro la schiena.
Gli inglesi trasalivano ogni volta che lui li guardava: anche se apparentemente inoffensivo, Barbanera era capace di incutere timore.

Il qui presente Teach Edward ha rifiutato di collaborare con noi.” Aveva annunciato laconicamente il Gran Governatore. “Per i suoi crimini verso la corona e Re Giorgio d’Inghilterra, io, Woodes Rogers lo condanno a morte mediante fucilazione.”

E per la prima volta che la ciurma ebbe una reazione.

Ma non sarà solo, in questa condanna. Stiamo cercando Stede Bonnet, accusato degli stessi crimini.”

“La sua cabina è vuota, signore.” Avevano dichiarato due ufficiali, che per tutto quel tempo avevano ispezionato la Revenge. “Non sembra essere presente qui dentro.”

“Dove si trova?” Aveva domandato Rogers.

La domanda era stata accolta da un silenzio pesante.

"Chi di voi stronzi l'ha visto?" Aveva ripetuto stizzosamente il Governatore, rivolgendosi all'equipaggio. Non ricevette alcuna risposta. 

Buttons aveva tenuto la bocca serrata. Olivia, incombente su di loro, volava in cerchio come un avvoltoio. Lo Svedese aveva guardato a terra accigliato, come non ne sapesse niente di niente.
Jim e Olu avevano tenuto la mano ai rispettivi coltelli in caso di attacco improvviso, ma non avevano parlato. Roach, Frenchie, Ivan e Fang avevano le canne dei fucili puntati addosso, ed erano rimasti comunque in silenzio.
Pete invece aveva tenuto a sua volta la pistola puntata contro altri tre ufficiali. Lucius, alle sue spalle, li aveva fissati più incazzato che mai. 

Izzy Hands, quella volta -solo per quella volta- aveva deciso che che non dovesse fare eccezione.

"Hai l'ultima possibilità, Teach." Aveva ripetuto Rogers. "Potresti salvare il tuo amico ed evitare tutto questo, accettando l'amnistia."

Edward aveva riso sprezzante. "L'amnistia..." aveva detto, "puoi infilartela nel cu—“

Il Governatore gli aveva rifilato un colpo sul ginocchio sinistro con la canna del proprio fucile, appositamente prima che potesse finire di parlare.

Ed non aveva emesso un lamento: aveva incassato, rimanendo miracolosamente in piedi malgrado la testa annebbiata e la gamba che gli formicolava per il dolore.
Izzy invece aveva stretto la mascella per un lungo istante: sapeva benissimo l'origine di quella ferita e perché da tanti anni Ed non potesse fare a meno di indossare il tutore...adesso aveva un altro buonissimo motivo per volere gli inglesi morti.
Quasi si era pentito di essersi alleato con loro.
Se ne vergognò.

Rogers aveva dato l’ultimo ordine ai suoi uomini di tenere la Revenge sotto controllo, poi aveva portato via Edward, e Izzy aveva continuato ad incazzarsi a morte.

__

La Revenge rimase ferma per tutto il dannato pomeriggio.
Non accadde niente, finché uno degli inglesi che doveva presidiare la ciurma prese a dare fastidio a Frenchie.
Gli sequestrò l’amato liuto, tirandone le corde in note appositamente alte e stridule.

Il diretto interessato non ci badò, all’inizio, poi il suono divenne così fastidioso che piano piano tutto l’equipaggio si mise a rumoreggiare.

Stizzito, si voltò di scatto dalla balaustra, ed essendo disarmato, assalì l’ufficiale direttamente a mani nude, sorprendendolo alle spalle.

“Crepa, fottuto bastardo!” Sbraitò Izzy, unendosi alla lotta volentieri -Frenchie stava per finire strozzato- e prima che tutti gli ufficiali potessero intervenire, un colpo di pistola proveniente dall’alto, colpì l’inglese al centro della fronte.

“Ma che cazzo…” Izzy si guardò intorno.

“Giù le mani dal menestrello.” Disse la voce leggermente tremante di un uomo appena spuntato da dietro una vela. “Mi è indispensabile.”

“CAPO!” Esclamò Olu mentre Frenchie tossiva, felice di essere vivo.

“Finalmente!” Sorrise Roach.

Ci mancò poco che Stede non vomitasse alla visione di quell’uomo con il cranio aperto. Doveva approfittare di quel momento di smarrimento per finire di sorprendere i nemici e fregarli, come da piano.

“Ora, Jim!”

Il gentiluomo lanciò un’altra pistola a Izzy, e la Minaccia della Revenge entrò in azione.

Jimenez poteva tranquillamente considerarsi una macchina da guerra spietata e inarrestabile. Olu, alle sue spalle, si dava da fare per rendere inoffensivi il resto degli inglesi più rapidamente possibile.

Rendere inoffensivi, ricordò il ragazzo, non ucciderli, se possibile. Stede aveva tenuto particolarmente a far recepire a tutti quel concetto.

“E ora?” Chiese Lucius.

“Ora abbiamo giusto qualche attimo prima che le altre navi si accorgano di noi.” Rispose il biondo, impallidendo ulteriormente davanti alle persone davanti a lui: gli ufficiali che non erano morti, si erano arresi subito.

“Pete, portali nella stiva e trova un modo a tua scelta di farli stare zitti.”

“Agli ordini, Capo, conta pure su di me!”

“Fang, Ivan, controllate l’artiglieria.”

I due si diedero da fare senza discutere.

“Roach! Tu e Olu salite immediatamente a issare le vele!”

“Sì, Capo!” Dissero i due in coro.

“Signor Buttons! Olivia! Al timone!”

“Con sommo piacere, Capitano!”

“Svedese, ho bisogno di te al sartiame.”

“Lo controllo subito, Capitano!

“Fottutissimo Bonnet,” Esplose Izzy, “Per carità, che cazzo stai facendo?! Dove credi di andare?”

“A riprendermi Ed.”

“Ma non sappiamo nemmeno dove si trova!”

“Certo, che lo sappiamo, so esattamente dove andare!”

Stede aveva origliato tutta la conversazione tra Rogers e Edward dal passaggio segreto dietro la sua cabina. Aveva sentito Rogers dare direttive, scoprendo l’ubicazione del palazzo dove avrebbe avuto luogo l’esecuzione, ma non aveva voglia di raccontarlo a Izzy: doveva seguire la seconda parte del piano.

“Sarà meglio che non racconti stronz—“

“Stammi bene a sentire, Iggy, è della vita di Edward che stiamo parlando. Se non ti fidi di me non mi interessa un accidente secco, ma se ti azzardi a mettermi i bastoni tra le ruote, sono sicuro che Jim possa trovarti un posto in prima fila nella stiva.”

E fu così che il primo ufficiale di Barbanera si ritrovò con Frenchie e Wee John a caricare i cannoni.
__

Ed si svegliò nella cella maleodorante dove erano cominciate le torture: l’avevano colpito al volto, al resto del corpo, non sentiva più la gamba sinistra. La prima cosa che ricordava era di aver visto un palazzo* enorme, di esserci arrivato percorrendo a piedi una graziosa collina e l’ultima, era di aver sentito un dolore particolarmente forte alla testa. Da quel momento aveva perso conoscenza.

Non ricordava quanto tempo fosse passato, sperò solo che Izzy e la Revenge fossero il più lontano possibile da lì.

“Ben svegliato, Teach.”

Edward sgranò gli occhi, cercando di riacquisire rapidamente la lucidità.

“Dormito bene?” Rogers si appoggiò alle sbarre con un sorriso sghembo.

“Sempre meglio di come dormirai tu quando sarai morto.”

“Ti ricordi, dove si nasconde Bonnet o devo chiamare Maynard di nuovo?”

Maynard...quel bastardo compiaciuto avrebbe dovuto eseguire la sua fucilazione, ma non aveva potuto resistere a divertirsi un po’ prima dell’arrivo del Re.

La tua sarà un’esecuzione reale,” gli aveva detto, “la Fucilazione d’Oro.

“Perchè ti interessa tanto Bonnet?” Chiese Ed per l’ennesima volta. “È morto, non lo vedo da mesi.”

Rogers sospirò. “Persino sua maestà sa che è vivo e nascosto da qualche parte. Perchè continui a mentire? Consegnacelo, parla, e faremo in modo di ricompensarti.”

“Continui ad offrirmi salvezza…”

“Sei un uomo intelligente, Teach. Estremamente. Una mente come la tua è sprecata, per la pirateria. Faresti molto comodo tra gli uomini di sua altezza, che detto per inciso sono degli idioti.”

“Ti dico solo una cosa, miserabile figlio di una zoticona: sarà meglio che mi ammazziate per bene, perché non c’è nessuna fottuta possibilità che io lavori per la corona.”

“Lo vedremo quando sarai davanti al fucile.” Rogers diede uno sguardo alla feritoia dietro di sé. “È quasi ora. Sarà meglio portarti davanti alla corte marziale, non sarebbe bene far aspettare il sovrano.”

La porta della cella si aprì e Edward venne sollevato con uno scossone da due ufficiali che gli legarono le mani e lo tenevano sollevato per le braccia.

“Levatemi le mani di dosso o ve ne pentirete presto.”

“Oh, no. Io, ti prometto che tu finirai per implorare che qualcuno ti salvi la vita. Ora muoviti.”

“Ammazzami qui, codardo. Fallo tu stesso, se ne hai il coraggio.”

“Non ti nego che mi piacerebbe, ma avrebbero la mia testa per questo. Cammina Teach, non ho tutta la sera.”

Con uno scossone, il Kraken venne trascinato su delle scale che nemmeno ricordava. Percorse una, due, tre rampe. Alla quarta, la gamba cominciò a dolere e a dare cenni di cedimento.
Rogers non se ne curò.
Ed si ritrovò a zoppicare in un corridoio, illuminato a tratti da candelabri che da soli valevano quanto due Revenge.
V’era oro ovunque: sui muri, sui mobili, e il pavimento coperto da un ricco tappeto rosso si sporcava sotto la suola dei suoi stivali logori.
Quando osò alzare gli occhi sulle pareti, gli specchi che le adornavano gli restituirono immediatamente l’immagine di un uomo allo stremo della stanchezza, sporco, e vivo a malapena.

Del leggendario Barbanera non v’era che la copia carbone.

Edward si sentì un miserabile, in mezzo a tanto sfarzo. Fuori posto completamente.
Sua madre aveva ragione, aveva sempre avuto ragione: lui non apparteneva a quel mondo e tutta la sua fottuta esistenza sembrava sbagliata, dato che non avrebbe avuto dignità nemmeno nelle sue ultime ore di vita.
Ed non aveva mai pensato molto a come se ne sarebbe andato, anche se di morte ne aveva vista anche troppa. Era una cosa normale. Era stata la cosa che l’aveva fatto diventare un pirata.

Preparati padre, sto arrivando a stringerti la mano.” Pensò. “E nasconditi, perché desidererai di morire per la seconda volta.

Rise, alla sua stessa immagine di buttare un uomo fuori dalle porte dell’inferno a calci, ma allo stesso tempo gli veniva da piangere.
Era da un bel po’, che non piangeva, valutò. Non poteva cedere proprio in quel momento.

All’improvviso il corridoio finì, e la luce che proveniva dal salone in cui era entrato lo abbagliò per un lungo attimo.

“Benvenuto, signore. Quale onore.”

Mayday.” Rispose Ed, non appena i suoi occhi tornarono a funzionare. Si trovava al centro di una stanza ancora più ricca del corridoio in cui era appena stato, ed era a dir poco gigantesca.
Ai lati della stessa si trovavano gli uomini che erano stati a bordo della Charles, l’equipaggio intero della Royal James, una buona parte degli ufficiali che non avevano avuto l’onore di assistere alla resa della Revenge e altre persone con una strana divisa lunga e nera. “L’onore è solo tuo. Io preferirei di gran lunga essere in compagnia del diavolo in persona.”

Maynard non si scompose all’insulto né all’ironia, e lasciò il suo posto dall’alto del pulpito di legno per avvicinarsi.

“Amici, gentiluomini,” Esordì pomposamente, “signori giudici, permettetemi l’immenso onore di presentarvi il terrore dei mari, il numero uno di Nassau, la leggenda dei Caraibi, colui che è riuscito a superare in potenza e in arguzia pirati come Benjamin Hornigold e Charles Vane.
Signori, qui al vostro cospetto c’è nientemeno che Edward Teach.”

“Quello lì è Barbanera?” Domandò con scherno uno degli uomini.

Maynard annuì. “L’ho catturato personalmente questa mattina insieme a Rogers. Non ha potuto non arrendersi alla nostra gloriosa flotta, alzando bandiera bianca non appena ci ha visti.”

Edward alzò un sopracciglio, e quello bastò per mettere in dubbio ogni parola pronunciata dall’ufficiale.

“Dov’è il sovrano?” Chiese il Governatore, stanco di tutta quella boria.

“Non è ancora arrivato!” Rispose Maynard.

“Ma che peccato!” Esordì Edward a voce alta. “Avevo giusto in serbo un paio di cose solo per lui.” E alzò entrambe le mani legate per mostrare le dita medie.

La giuria sgranò gli occhi, fintamente indignata. La stragrande maggioranza della stanza scoppiò a ridere, ma smise subito non appena l’ufficiale prese il Kraken per il collo e gli puntò la pistola alla tempia.

“Ti leverei dal mondo io stesso, se solo fossimo in sua presenza."

“E invece non è qui davanti a me.” Ed sorrise scrollando le spalle con aria allegra. “Scommetto che si è pisciato addosso.”

Maynard tolse la sicura facendo scattare il grilletto.

“EDWARD, NO!”

“Cazzo…” borbottò Ed tra i denti: non voleva crederci. Non poteva essere vero. Non poteva accettare che stesse accadendo proprio quella situazione.

Rogers si voltò a sua volta e per poco non fece fuoco. “Bonnet?!”

Stede lo ignorò, lasciando la pistola riposta al suo fianco in segno di pace.

“Tu…sei veramente un imbecille!” Disse Ed con furia.

“Perdonami, stando così le cose non posso essere d’accordo. Questo,” Stede indicò stizzosamente la situazione tragica in cui si trovavano. “è il motivo per cui io sono qui.”

Edward alzò gli occhi esasperato, poi gli rivolse lo sguardo più tagliente che avesse. “Io gli avevo detto che eri morto!”

“Legalmente lo sono.”

“Vattene.”

I loro occhi si incatenarono, quelli limpidi del Pirata Gentiluomo e quelli del Kraken, più scuri, ma luminosi nonostante la poltiglia nera e polverosa che li circondava.

“Non posso. E non voglio.” 

Il volto del leggendario Capitano si scompose e nel suo sguardo, una domanda prese forma. Stede, anche se si trovava fisicamente lontano da lui, la lesse senza alcun problema.

“Sei il mio miglior amico, Edward…” Dichiarò semplicemente. “Lo sei, e per me vali più di qualsiasi cosa. Ho provato a dirtelo così tante volte, non so neanche da quando ho iniziato a sentire certe cose. La verità è che io…”

“No.” Ed pareva sull’orlo di una irreversibile crisi di nervi. “No, cazzo! Tu non significhi nulla per me. Sei stato solo un errore di valutazione, una distrazione e, fottuto inferno, non ti voglio. Ti odio.”

Aveva fatto male, sentirlo. Malissimo.
Stede non poteva negarlo, era una sensazione infinitamente peggiore di quando era stato accoltellato entrambe le volte.
Edward lo sapeva: l’aveva già ferito più volte con l'indifferenza durante la sua prigionia, oltre che con la spietatezza delle sue parole e lo stava rifacendo di proposito. 

“Non importa.” Rispose Stede, mantenendo la pazienza: già sapeva che avrebbe dovuto penare parecchio, prima di poter riconquistare la sua fiducia.

Edward avrebbe voluto liberarsi di quei piantagrane che lo tenevano fermo per le braccia, ma vi rinunció all’ultimo, limitandosi ad alzare la voce. 

“Tu non capisci!! Non posso tornare indietro da tutto questo.” Fece cenno a sé stesso e alla barba di polvere di carbone che per tanto tempo non aveva mai cancellato dal proprio volto. “Io mi sono arreso…ho intenzione di—“

“Ho capito da un pezzo, cosa hai intenzione di fare e già ti informo che ti conviene metterti l’anima in pace, caro. Sto per mandare al diavolo tutti i tuoi piani.”

“Non puoi! Sono andato troppo oltre…io devo ucciderlo.”

“AAAH, DANNATISSIMO UOMO, VUOI STARMI A SENTIRE UNA BUONA VOLTA?!” 

Ed non avrebbe mai avrebbe creduto di vedere Stede Bonnet in quello stato: era ridotto a un fascio di nervi, i suoi begli occhi accecati di disperazione.

“Verrai a patti con tutto questo, Edward Teach. E sai perché? Perché io sono tornato, ti amo e non ti permetterò di morire in modo così inutile e miserabile!”

Stede avrebbe potuto scoppiare a piangere, consapevole a malapena di aver appena gridato tutto quello che gli aveva lacerato l’anima fino a quel preciso istante. 

“Non sei questo, Ed. Non sei il pirata assetato di sangue che interpreti. C’è ancora l’uomo buono e intelligente che ho conosciuto, lì dentro, lo so, ed è per questo che ti meriti di essere salvato.” Disse con più con più calma, stringendo i pugni fino a farsi sbiancare le nocche. “Tu oggi non muori.” 

Edward aveva finito il fiato. Non riuscì a parlare o a muoversi. Fece bensì cenno di aver capito, abbassando clamorosamente gli occhi, un gesto che i sopravvissuti avrebbero ricordato a lungo: la testardaggine di Barbagialla era già da tempo sulla strada per diventare leggenda. 

“Questo è da vedere, Stede Bonnet.” Proclamò Rogers. “Tutto questo è commovente, tuttavia dubito che uscirai vivo da questo posto. Ti sei consegnato spontaneamente, ma la pena non cambia. C’è una taglia sulla tua testa e una condanna a morte che ti pende al collo. Potrei risparmiartela uccidendoti adesso.”

Certo, sul mio cadavere. Pensò Ed, ma non interferì: Stede stava per parlare di nuovo.  

“Sono un uomo già morto, signore.” Rispose infatti quell’ultimo, con la proverbiale gentilezza che tanto lo contraddistingueva…ma non era affatto calda o cortese.
Generalmente, la gentilezza di Stede avrebbe potuto scaldare i ghiacciai della Groenlandia. Invece in quel momento era gelido, quasi minaccioso nella sua serafica compostezza. Pericoloso. 

Massivo aggressivo, riconobbe Barbanera in un lampo. 

“Logicamente, non si può uccidere chi non vive più, e io non faccio eccezione…ma vorrei che ci provassi.” 

Maynard sorrise diabolicamente a quella minaccia, estraendo la pistola e puntandola alla tempia di Edward. 

“Mh, allora uccido prima lui.”

“Lascia cadere la pistola.” Ribatté Stede, senza abbandonare la sua calma gelida. “Lasciala ora: lui deve essere consegnato al Re. Contravverresti ai suoi ordini?“ 

“Il Re è magnanimo.” Maynard fece scattare il grilletto nuovamente. “Mi perdonerà.” 

“Io no.” Ribatté il biondo a voce alta. “E di certo non minaccio a vuoto.” Prima che qualcuno potesse dire qualsiasi cosa, estrasse la pistola a sua volta e sparò per primo, facendo saltare l’arma dalle mani del nemico.  

Edward la raccolse rapidamente e si liberò del secondo ufficiale che gli teneva le mani legate, sparandogli al fianco destro. 

“Stede!” Chiamò poi, voltandosi a guardarlo: era immobile con la mano tesa verso Maynard. Non tremava, non piangeva nemmeno. La pistola fumava ancora per il colpo appena sparato e il suo sguardo era di puro sdegno. 

“Stede…” 

L’ufficiale nel frattempo si lamentava, agonizzando per il dolore.  

“Maledetto.” Disse. “Te ne pentirai, Bonnet.” 

Era vero. Gli incubi l’avrebbero sicuramente tormentato per anni, ma non era quello il momento di pensarci. 

“Andiamo via, Ed.” 

“Cosa?”

“Usciamo di qui adesso.” 

“Ti hanno sentito sparare, stupido. Presto in questa stanza ci sarà il resto dell’esercito.” 

“Puoi scommetterci, feccia.” Confermò l’ufficiale del re.

“Sta’ zitto.”  Rimbeccò Stede, facendo scattare la pistola di nuovo. “Dai l’ordine che si ritirino.”

“Mi prendi per il culo?” 

Il gentiluomo sparò un colpo a vuoto, accanto alla spalla di Maynard. “Ci permetterai di andarcene di qui indenni. Finirà male, altrimenti.” 

“Piantala con questa messinscena, Bonnet. Non c’è verso che tu possa uscire vivo di qui. Sei circondato e il tuo unico alleato ti odia.” L’ufficiale trovò la forza di rimettersi in piedi. “E voi, non vi vergognate?” Chiese, rivolto ai suoi uomini ancora in formazione. “Lasciarvi impressionare da un idiota arricchito e un somaro ignorante! Non mancherò di far sapere a sua maestà che siete la rovina dell’Inghilterra.” 

Un soldato alle loro spalle alzò il fucile e sparò. Tuttavia, non fu la testa di Ed a ricevere la pallottola, ma quella di Stede che, accortosi in tempo dell’infamata, gli aveva dato uno spintone prendendo il suo posto in traiettoria.

“No no no no no, cazzo.” 

Il mondo di Edward Teach crolló. 

Istintivamente resse Stede per le spalle, per accompagnarlo lentamente a terra. 

“Svegliati. Stede svegliati, cazzo, apri gli occhi. Respira, continua a respirare.” 

“Non me ne vado…non ti lascio.” Mormorò Stede con un filo di voce. “Siamo quasi salvi, Ed.” 

Barbanera non riuscì a capire, era così disperato che non poteva fare altro che assecondarlo. “Penserò a qualcosa, non ti preoccupare e non sforzarti di parlare.”

Maynard recuperò la pistola di Stede con la mano sinistra e la puntò verso Ed, che lo stava ignorando bellamente: dal lato della fronte, la ferita del Pirata Gentiluomo scendevano fiotti di sangue.
Edward circondó le spalle di Stede, il quale appoggiato alla curva del suo collo, stava inspiegabilmente sorridendo con gli occhi chiusi.
Allora Ed alzò la testa per guardare Maynard con degli occhi che avrebbero ucciso sul colpo, se avessero potuto.
Poi gli sorrise a sua volta.
L’ufficiale non capí. Si limitò a caricare l’arma con lentezza e le mani tremanti e insanguinate. “Di’ le tue ultime preghiere...o parole.”

“Girati, stronzo.”

Maynard fece appena in tempo a voltarsi: una pallottola gli trapassò il costato.

“Izzy!” Apostrofò il Kraken. “Avevi giurato—“

“Non ti ho giurato un cazzo di niente." Tagliò corto Hands, lanciando a Stede uno sguardo di sufficienza. "Fallo alzare, che portiamo via il culo da questo posto!”

La sua voce parve ridare coraggio al biondo, che aprí definitivamente gli occhi e guardò in alto, oltre la sua testa, oltre persino le spalle di Izzy, che era entrato nella stanza circondato spettacolarmente da fumo grigio. 

“Scusa il ritardo, Capitano!” Esclamò fieramente Olu, emergendo poco dopo dalla nebbia. 

Edward non avrebbe potuto ricevere un saluto migliore.

“Siamo stati dei veri maleducati," aggiunse Roach, apparendo a sua volta con la sua mannaia preferita ben stretta in pugno e il ghigno più pazzo che si fosse mai visto. "Ma ci faremo perdonare da veri pirati gentiluomini e con la barba nera.”

“Che cosa volete, maledizione?” Chiese Rogers esasperato. 

“Siamo qui per farti un culo così, amico.” Dichiarò Frenchie, che nel frattempo era arrivato con un fucile carico e nessuna voglia di scherzare “E per vendicare il mio liuto.”

“Pete, li ho trovati—oh mio Dio, Stede!” 

“Lucius..." mormorò il Capitano, sorridendo brevemente nonostante il dolore, "sto bene.” 

“Buttons arriverà a momenti!”

"Magnifico."

Edward, nonostante fosse confuso, aiutò Stede ad alzarsi, e una volta in piedi, lo vide scambiarsi un cenno d’intesa con lo scrivano.

“Li hai portati qui di proposito. Lo sapevi, che sarebbero arrivati.” 

Il biondo annuì. Aveva ordito un piano e non aveva la minima intenzione di scusarsi a riguardo. 

“Eravamo tutti d'accordo. Inaspettatamente ha collaborato anche il signor Hands!”

“Ma vaffanculo Bonnet, signore sarai tu!” Un’altra pallottola attraversò la stanza. “Abbassate le cazzo di armi!” Gridò Izzy “Se sento un altro sparo, giuro su Dio che vi mandiamo tutti nell'aldilà prima ancora che abbiate il tempo di chiamare disperatamente la vostra fottuta mamma!”

“Come.” Chiese Rogers. Una punta di paura fu pienamente distinguibile dalla sua voce.

“Non te ne rendi proprio conto?” Chiese Ed con un mezzo sorriso, alludendo al fumo sempre più nero che si stava propagando ai loro piedi. Adesso aveva capito il piano: Stede, Frenchie, Olu, Izzy, Lucius, Roach e Black Pete erano il diversivo, mentre Wee John, Lo Svedese, Ivan, Fang e Buttons avevano cosparso l’edificio di polvere da sparo. Jim aveva provveduto ad eliminare gli eventuali impedimenti. “Siete tutti in trappola. Presto salterete in aria.”

“C’è della dinamite che sta brucinado, mentre parliamo.” Spiegò Stede. “È stata piazzata qui al piano di sotto, con un gabbiano che attende un solo ordine per farla brillare. Facci uscire, e vi prometteremo che tu e il Re non incrocerete la nostra rotta mai più.”

“Non posso lasciarvelo fare.” Il Governatore alzò la pistola e fece fuoco, tuttavia Ed fu più veloce e gli sparò per primo, mentre nella stanza si alzava la nebbia e diventava sempre più fitta.

In un attimo, la ciurma si ritrovò completamente circondata dalle forze della Marina.

“IZZY!” Gridò Edward, mentre cercava di ferire mortalmente un soldato. “IZZY!”

“SONO LEGGERMENTE OCCUPATO!”

“AIUTALO!” 

Hands si voltò: Stede era stato messo al muro da cinque uomini e la sua pistola era scarica.

Improvvisamente, Buttons apparve dal nulla al grido di: “FUOCO, OLIVIA!" Con il mento ricoperto di sangue e la dentiera aguzza calcata sulla bocca, morse gli assalitori del suo Capitano senza tante cerimonie con la forza vera e propria di una belva.

Una volta libero, al gentiluomo venne un’altra brillante idea: facendosi largo a suon di spada, riuscì a correre attraverso la stanza piena all’inverosimile e spalancare la porta sbarrata: la stanza adiacente era già in fiamme.

La nebbia divenne ulteriormente più alta e più fitta.

Immediatamente, l’equipaggio della Revenge corse verso l’altra porta comunicante e, come aveva preannunciato Edward, trovò il resto del regio esercito...che però stava già combattendo contro un’intossicazione da fumo.

__

Stede non riusciva a vedere quasi più niente: i suoi occhi avevano cominciato a lacrimare e i polmoni a bruciare terribilmente, oltre al fatto che da almeno un'ora aveva perso di vista tutti quanti.
Tossendo e stando bene attento ad evitare lame e pallottole vaganti, riuscì ad attraversare la stanza per raggiungere quella successiva.

“Lucius!” Gridò, vedendo lo scrivano che gli stava correndo incontro da solo, senza Pete.

“Edward è ferito!” Riuscì a gridare Spriggs.

Il cuore di Stede perse diversi battiti, ma non smise di correre.

Per mano a Lucius, raggiunse la stanza successiva, quella che avevano concordato come punto di incontro per fuggire tutti insieme.

__

Jim sapeva, che quel piano sarebbe stato un disastro...ma sapeva anche che era l’unico che avevano, e doveva ammetterlo: certe volte Stede era geniale. Inoltre, aveva finalmente potuto usare il suo nuovo arsenale di coltelli…la cosa l’aveva riempitə di soddisfazione.
Salì le scale di corsa, precipitandosi dentro l'unica stanza che ricordava -la sola di tutto l’edificio ancora libera dalle fiamme.
Era più piccola rispetto alle altre, decisamente meno sontuosa, tuttavia il balcone che dava verso l’esterno, sullo strapiombo, la rendeva davvero incantevole. A quell'altezza si poteva vedere la luna brillare particolarmente bene e il mare sottostante che si dipanava a vista d'occhio.
Quando varcò la soglia, trovò la maggior parte degli ufficiali che avevano udito gli spari riversa a terra ad agonizzare.

Il Kraken torreggiava su di loro in maniera inquietante, e così facendo, i superstiti si erano dati alla fuga terrorizzati.

La Minaccia della Revenge si sorprese di vedere quanta gente avesse affrontato Edward da solo. Si maledisse per essere arrivatə tardi.
Mentre estraeva l’ultimo coltello che gli era rimasto, si chiese anche come avesse fatto il Capitano a raggiungere quella sala per primo, poi ricordò che doveva essere abituato a respirare fumo e polvere, per via delle sue famose perculate.

Si posizionò di guardia davanti alla porta, in caso uno qualche altro ufficiale avesse la malaugurata idea di entrare per attaccare Ed, ma non avvenne. Quei bastardi avevano veramente rinunciato a catturarli, infatti stavano lasciando il palazzo di corsa. 

Una deflagrazione proveniente dal basso distrusse gran parte del terrazzo: parte della dinamite era esplosa. Il Kraken evitò di essere travolto dalle macerie, ma l’esplosione avvenuta proprio alle sue spalle gli tolse momentaneamente l’udito, stordendolo.
Il cuore gli uscì dal petto per la preoccupazione. Stava per mettersi a gridare il nome di Stede e di tutti gli altri membri dell’equipaggio, quando Izzy comparve seguito dall’Uomo dei Gabbiani, dal menestrello-sarto e da Black Pete.
Wee Jon, Ivan e Fang, il cuoco e Lo Svedese giunsero poco dopo. Lucius e Stede furono gli ultimi. Si guardarono un istante, increduli: erano tutti. Avrebbero potuto lasciare quel posto. Avrebbero potuto sparire anche loro e dovevano farlo in fretta.

“¡ÁNDALE, EDUARDO!” 

Quella fu l'ultima cosa che Ed sentì, prima che l'inferno salisse ad afferrargli la gamba sinistra.
Si ritrovò incapace di gridare o di reagire. O anche solo di vedere a chi appartenessero le pallottole che stavano esplodendo ripetutamente da una pistola poco lontano da dove si trovava. 

Il valoroso Barbanera non poté combattere neanche quando un fuoco totalmente diverso da quello che presto li avrebbe inghiottiti tutti, pose una mano invisibile sulla sua spalla e spingendolo all'indietro. Precipitò giù, sempre più giù, finché non sentì che il freddo intorno a sé e poi più niente.

__

"Edward!" 

Il grido di Izzy li riscosse tutti. 

Tutti tranne Stede, che lasciò cadere la pistola nel silenzio irreale come se niente fosse, come se non avesse appena riempito di piombo il Governatore della Virginia in persona, fino a pochi istanti prima vivo ma ferito e vilmente nascosto dietro una colonna. Era stato lui, a sparare.

La minima visione di quel macello gli procurò istintivamente un conato di vomito ancora più potente di quello che aveva represso quella mattina. Ma non era Rogers, quello che occupava i suoi pensieri in quel momento.

Edward.

Edward!

Il pirata biondo divenne pallido come un fantasma, a parte per il sangue che gli imbrattava metà del volto e la camicia un tempo bianca.
Gli uomini non osarono avvicinarlo, almeno finchè non lo videro correre verso il precipizio, incurante di tutto e di tutti, persino di loro, che lo stavano chiamando.
Stede si scusò con ognuno, nella sua mente, non poteva proprio ascoltarli: il suo cuore, la sua vita, erano appena scomparsi al di là della terrazza distrutta di quell'edificio maledetto. 

Si sentì trattenere per le braccia, sicuramente era Lucius.

Frenchie l'aveva imitato poco dopo, tuttavia Stede li riconobbe vagamente: si sentiva sull’orlo della follia.
Si scusò di nuovo, stavolta per davvero, balbettando qualcosa di incomprensibile, e non si lasciò intralciare. 

"Stede, aspetta! Dove stai andando?" 

"Che cazzo vuoi fare?!" 

Il pirata gentiluomo non rispose al menestrello, né tantomeno a Izzy.  

Doveva saltare.
Anche se per tutta la sua esistenza era stato terrorizzato dalle altezze.
Doveva saltare perchè doveva raggiungere Ed. Il suo Ed...lo rivoleva indietro, e se quello era l’unico modo, allora non aveva alternativa. 

Si lanciò nel vuoto senza emettere un fiato, neanche quando l’immensità del mare gli si aprì davanti e il gelo delle onde lo inghiottí.

__

*Per il palazzo ho preso direttamente il Governor’s Palace in Virginia e l'ho spudoratamente copia-incollato su uno strapiombo di proposito! :D Okay, adesso odiatemi tuttə perché me lo merito!
-gen

PS: sì, in questa storia il giovane Izzy se la faceva con Charles Vane e c'è rimasto sotto un treno per tutto il tempo. 
PPS: nel prossimo capitolo ci si diverte un mondo!

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Capitolo 5
*** V ***


V

"Madre de Dios..." esalò Jim, che aveva assistito impotente tutta la scena. 

Era statə tentatə di fermare il suo Capitano a costo di lanciargli un pugnale dei suoi, invece aveva incredibilmente esitato all'ultimo minuto. 
E non capiva perché. 
Ləi non era cambiatə, in fondo: era sempre Jim, la Minaccia letale della Revenge. Oppure…era diventatə qualcuno di diverso? 
Un tempo avrebbe infilzato chiunque senza alcun rimorso.

Perché, adesso, aveva esitato dal ferire Stede Bonnet?


Un paio di braccia interruppero il flusso dei suoi pensieri, riportandolə alla realtà.

"Olu..." Riconobbe.  

"Grazie al cielo ti ho trovatə!" Disse quello, stringendolə forte. "Usciamo di qui! Questo posto diventerà un inferno ancora peggiore se non ce ne andiamo subito e—" Oluwande si interruppe per guardarsi intorno. Si era accorto che la paralisi innaturale della persona che teneva tra le braccia aveva preso piede anche anche i suoi compagni.  "Che è successo?" Chiese più confuso che mai, lanciando uno sguardo più attento alla stanza disastrata. 

"Barbanera?" Domandò di nuovo, quasi sottovoce. "Dov'è Stede?"

Fu allora, che Jim si strinse a lui con tutta la forza che aveva. 

"Non ci sono." Rispose Lo Svedese con mestizia. Le sue parole, pesanti come il piombo nel cuore della ciurma intera. "Sono andati giù." 

"Oh, no..." 

Jim alzò la testa per prendere il volto del compagno tra le mani, in una mera forma di consolazione. Avrebbe voluto baciarlo e rassicurarlo, ricambiare tutto l’amore che Olu aveva dimostrato verso di ləi nei momenti più oscuri, eppure non ne ebbe la forza. Diamine, si riconosceva a stento.

Izzy era senza fiato. Un’ondata di disperazione mai provata prima lo investì, riducendolo in un attimo allo spettro di sé stesso. 
Lucius e Pete avevano gli occhi lucidi. Il primo per le lacrime, il secondo a causa del fumo che ormai li aveva praticamente raggiunti.
Frenchie fissava al di là dello strapiombo con la bocca dischiusa e gli occhi sgranati. Ivan e Fang accanto a Wee John, non sapevano più cosa dire o dove guardare: si erano resi conto che, da quel momento in avanti, non avrebbero più avuto alcuna guida. 

"E adesso?" Chiese Buttons con tristezza, in un dignitoso tentativo di trattenere i singhiozzi. "Che facciamo?"

"Adesso usciamo immediatamente di qui!" Decise Roach risoluto, nonostante la vista velata dalle lacrime e la voce spezzata per l’urgenza.

A quelle parole, l’equipaggio si rese conto che la stanza stava diventando rovente, peggio di un camino acceso. 
Si misero a correre. 
Tossendo e maledicendo tutto ciò che di più sacro e profano conoscevano, riuscirono ad attraversare un ennesimo corridoio immenso e ad aggirare la colonna di fiamme che ormai lambivano lo stipite della porta. 

"Izzy!" Chiamò Ivan, voltandosi indietro. "Vale anche per te!"

Ma l'uomo non diede segno di volersi più muovere. Il suo volto era una maschera di dolore. 

"Vieni via, testa di cazzo!" Inveì Frenchie. “Sbrigati!!” 

Incredibilmente, Hands non reagì alla provocazione: la ferita al piede gli faceva troppo male, non la poteva più sopportare e al chiedere aiuto, ovviamente, era preferibile la morte. 
Olu e Jim però capirono: tornarono indietro e, ignorando le proteste, lo trascinarono letteralmente via dal pericolo.
Una volta ricongiunti, i pirati decisero di non disperdersi più. Il palazzo era enorme e il fuoco correva più di loro.

"Maledetti, dannati, fottutissimi cazzo di nobili!" Imprecò Black Pete. "Se muoio in questo posto invece che sulla Revenge come un vero pirata, io giuro che—"

"Nessuno muore, Pete." Tagliò corto Lucius. "Stede è stato chiaro." 

Finalmente individuarono la via esterna. Benchè fosse avvolta dalle fiamme, riuscirono a varcare la soglia dell’uscita all'ultimo minuto. 

Smisero di correre una volta giunti ai piedi della collina. 

Il Palazzo del Governatore era ormai ridotto ad uno scheletro rovente e nulla, a quel punto, avrebbe più potuto nuocere quella cricca di pirati che a forza di respirare avidamente l'aria tornata pura, erano incappati in un'ondata di tosse collettiva che stava scuotendo i loro corpi. 

Crollarono a terra, sfiniti.

Durante la fuga disperata non si erano accorti delle prime gocce che avevano cominciato a cadere, né fecero in tempo ad accorgersi di quando cominciò a piovere in maniera più pesante: l'adrenalina li abbandonò subito, il sonno li colse inesorabile come la luna quando lascia il posto al sole. 

__

Era giorno inoltrato quando Buttons aprì i suoi occhi. La prima cosa che vide fu l’incontro tra il cielo azzurro e lo schifoso verde pallido dell’erba.

Sbadigliando sguaiatamente stirò le ossa, beandosi del calore appena accennato del sole sulla pelle.

"State bene?" Domandò poi a voce alta, tentando di svegliare i suoi compagni addormentati. "State tutti bene o siete spiriti diurni?"

Non ricevette risposta. Quindi alzò gli occhi al cielo per cercare l'unica compagnia che riteneva ragionevole. "Livy!! OLIVIAAAAAAA!" 

Putroppo però, del volatile non c’era nessuna traccia.

"Siamo vivi..." si rese conto Fang, una volta tornato alla coscienza a causa delle grida. “Ivan, svegliati! Svegliatevi tutti!” 

La ciurma si riprese lentamente e a fatica. Poi subentrarono l’incredulità e l’euforia. 

Lucius e Pete si abbracciarono forte, mentre Olu e Jim guardavano la scena inteneriti. Lo Svedese si alzò per fare la sua consueta ginnastica, tranquillo come ogni mattina, e Fang e Ivan si scambiarono numerose pacche sulle spalle riempiendosi di complimenti a vicenda. 
Frenchie e Roach invece si trascinarono quatti accanto a Izzy ancora profondamente addormentato. Erano decisi come non mai a svegliarlo nel solo ed unico modo in cui erano stati svegliati da lui, da quando avevano rimesso piede sulla Revenge la seconda volta, con tanto di scossone. 
Non si sarebbe ripresentata una seconda occasione così bella. 

"IN PIEDI, SACCO DI MERDA!" Gridarono all'unisono, provocando uno scoppio d'ilarità generale che si accentuò nell'attimo esatto in cui Hands sobbalzò, portando istintivamente una mano al fianco. 

Trovò la fondina vuota. Non aveva più coltello né pistola. 

"Fottuti stronzi." Si limitò a ringhiare, mentre tutto intorno a lui ridevano sguaiatamente e di gusto.

"Cazzo, amico! Non sai da quanto desideravo farlo!" Riuscì a dire il menestrello, piegato in due sull’erba a causa del troppo ridere.

"E dovresti proprio vedere la tua faccia!" Fece eco il cuoco-medico, sbattendogli una manata sulle spalle.

"Imbecille, non mi toccare!" Izzy lo allontanò con uno spintone, scambiando nel frattempo una lunga, intensa occhiata con Bohodari e Jimenez. 

"Ragazzi, il palazzo è saltato in aria!" Annunciò Lo Svedese, che si era messo a guardare la collina con entrambe le mani sui fianchi. "Ha funzionato!" Aggiunse, rivolto ad un incredibilmente assonnato Wee John. 

"È vero, amico!" Fece eco Ivan. "Non avevo mai visto un'esplosione più bella in tutta la mia vita."

John scoppiò in lacrime, sopraffatto. "Io ve l'avevo detto, che la polvere da sparo è sempre utile!" E lui per un motivo o per un altro ne aveva sempre le tasche piene. 

"Un hurrà per Feeney! Il più bravo di tutti!" Propose Buttons con il pugno alzato.

Ma prima che l'hurrà corale potesse levarsi, Whee John si coprì il volto con le grandi mani e ricominciò a singhiozzare ancora più forte. 

"Grazie, ragazzi..." disse tra le lacrime. "Non so perché non ho proprio voglia di festeggiare, in questo momento."

Si scoprì che non aveva voglia nessuno: si erano svegliati tutti interi e tanto bastava.

Izzy grugnì e guardò altrove. 
Tutto, per nascondere la tristezza, perché l’assenza dei due Co-Capitani era diventata quasi tonante, in netto contrasto con il buonumore di poc’anzi e con il sole che illuminava il cielo terso.

"Io dico di andarli a cercare!" Proruppe Oluwande, beccandosi un’occhiata stupita da Jim. 

"Cosa?!" Chiese Lo Svedese. “Ho sentito bene?”

"Tu scherzi!" Ribattè Frenchie. “Voglio dire, hanno fatto un bel volo. Sarebbe un miracolo se fossero sopravvissuti—”

“Sta’ zitto, Frenchie!” Interruppe Roach. “Ho ho visto una spiaggia, qui sotto. Proprio accanto all'insenatura dove abbiamo attraccato!”

E io ti ricordo che c'è stata una tempesta, ieri. La Revenge potrebbe essere distrutta! I Capitani potrebbero essere ovunque...così come non potrebbero esserci più.” 

"¡Oh, por favor!" Ribattè Jim. "No digas estas cosas, señor."

"Che ti prende, amico?" Chiese invece Olu, in maniera più conciliante.

"Mi  prende che non siete i soli a voler bene a Stede. Anche se una volta mi ha abbandonato, era il mio Capitano, l'unico che abbia mai visto qualcosa in me. Se non fosse per lui starei ancora nella bettola di mio padre a farmi massacrare per ogni singolo accordo sbagliato." Frenchie quasi piangeva. "Mi ha cambiato la vita, assumendomi sulla sua nave...non vi mentirò, ragazzi. Ho paura di come lo troveremo, se e quando troveremo entrambi." 

Wee John si asciugò gli occhi e appoggiò la grande mano sulla spalla del suo coinquilino, per infondergli un po' di coraggio. 

"Ci hanno abbandonati." Confermò Black Pete. "Ma non è detto che noi dobbiamo fare lo stesso con loro. Olu, prima dell'ammutinamento eri il nostro Capitano e lo sei ancora. Faremo quello che dici.”

“Rimango della mia idea. Dobbiamo cercarli.”

"Izzy..." Mormorò Lucius piano, sorprendendoli. Non fu in grado di chiedergli cosa ne pensasse, tuttavia il diretto interessato comprese comunque la domanda implicita. 

"Non me ne vado senza Edward." Rispose quello semplicemente. "E se non fossi dannatissimamente zoppo sarei già andato a setacciare quella cazzo di spiaggia da un bel pezzo."

"La fedeltà a Barbanera c’è sempre." Asserì anche Ivan, parlando anche a nome di Fang. "Siamo anche affezionati a Stede. Soprattutto a Stede, che ci leggeva sempre le storie nonostante non facessimo parte della sua ciurma."

"Ora ne fate parte." Dichiarò Roach, mentre si adoperava a cercare qualcosa tra i cespugli poco distanti da dove si trovavano. Ne uscì brandendo un lungo bastone e poi corse di nuovo verso di Izzy, offrendogli la mano. 

Il pirata non la accettò, era ancora troppo diffidente nei confronti di tutti e troppo orgoglioso.

Roach allora lo aggirò per tirarlo su, e mettergli il bastone sottomano. 

"Ecco a te, vecchietto." Aggiunse allegro il cuoco. "Così non avrai la scusa di non poter camminare."

Izzy lo fissò per un attimo con gli occhi incendiati di gratitudine mista a rabbia. Nessuna delle due cose gli restò abbastanza sul viso per potersi leggere. Dopo di che, si voltò attirato dal garrire di quell'orribile uccellaccio bianco che fino a poco tempo prima era stato fondamentale per la loro salvezza. 

Il gabbiano gli svolazzò fastidiosamente accanto, per poi finire becco a naso con Buttons.

"Oh Livy, sei tornata!! Che cosa succede?" Chiese il pirata con gli occhi a palla, cercando di acchiappare la sua amichetta. "Dove sei stata, sono stato così preoccupato! Non farlo mai più, sai!"

Per tutta risposta, Olivia gli sgusciò dalle dita volando con forza tale da perdere le piume ancora annerite dalla deflagrazione. 

Oltrepassò Olu, fece cadere in terra il cappello di Jim con un colpo d'ali e beccò con un morso il naso dello Svedese, che se ne lamentò molto. 

"Non l'avevo mai vista tanto sconvolta." Si scusò Buttons. "Neanche quando Karl è morto." 

"Chiamiamo un esorcista?" Propose Frenchie. "Potrebbe averla posseduta una donna, o peggio. Una strega."

Ne discussero per un po', finchè il volatile non garrì di nuovo rumorosamente, si librò in aria e infine tornò indietro per almeno cinque, sei volte, mentre la ciurma assisteva sconcertata. 
Nessuno, aveva mai assistito ad un comportamento del genere da parte di un animale.

"Seguiamo questo cazzo di gabbiano." Decise all'improvviso Izzy Hands, incamminandosi verso il lido. La sua andatura era più stabile, grazie al bastone. 

Così fecero. 

__

Camminarono fino alla metà del giorno. 

Quando il sole raggiunse il suo picco, il verde dell’erba svanì per lasciare posto alla sabbia della spiaggia più orribile che l’equipaggio avesse mai visto: l’acqua stessa era nera di alghe, niente a che vedere con il mare trasparente dei Caraibi o le acque zaffiree delle Barbados. 
Olivia volò per un lungo tratto, seguita dai pirati che avanzavano in una fila disordinata. Avevano fame, ma riuscirono a mantenere i rispettivi occhi spalancati e l'attenzione vigile. 
Finalmente, l’insenatura citata da Roach apparve davanti ai loro occhi e una delle cose più belle che videro fu la Revenge miracolosamente intatta, con l’ancora incagliata ad un agglomerato di scogli. 
La forte corrente la stava tenendo lontana dalle rocce aguzze, forse ancora per poco.
Roach e Buttons si tuffarono immediatamente in mare per raggiungerla a nuoto: avrebbero preso loro il controllo della nave, mentre i compagni continuavano la ricerca. Al segnale sarebbero tornati indietro a prenderli in scialuppa.

Izzy si fermò di colpo. 

Ad almeno un centinaio di piedi da dove si trovava, c’erano due figure indistinte riverse sul bagnasciuga.
Olu fu il secondo a scorgerle e ben presto si ritrovarono tutti a correre verso di esse.

“Fa’ che siano loro, fa’ che siano loro, fa’ che siano loro.” Ripeteva Lucius, continuando ad avvicinarsi a passo svelto. Sarebbe rimasto molto deluso se avessero trovato una coppia di inglesi morti, invece che l’oggetto della loro preoccupazione. 

Olivia madò alla malora tutti i loro dubbi: si posò sulla testa bionda di una delle due figure, due uomini, uno dei quali era vestito completamente di nero.

Li avevano trovati.
Gli uomini si arrestarono di colpo, vedendoli. 
Stede e Edward erano sdraiati sulla sabbia, incoscienti e ricoperti di sangue, nonostante il mare lambisse i loro corpi per metà.
Frenchie si congelò. 

Black Pete distolse lo sguardo. 

Fang e Ivan fecero immediatamente segno allo Svedese di avvicinarsi con la scialuppa. 

Fu Olu, a riprendersi per primo: aveva notato che Stede teneva inconsciamente l’avambraccio di Ed nella sua presa e che...respirava. 
Stede respirava!
Allora si avvicinò del tutto, si inginocchiò e gli sollevò il busto. 

“Andiamo, Stede!” Esclamò, scuotendolo per le spalle. “Lo so che ci sei, coraggio!”

Jim nel frattempo stava cercando di far rinvenire Ed, bagnando la sua fronte con l’acqua salata.

“Come sta?” Chiese Izzy, incespicando nei suoi passi. 

Arde.” Annunciò Jimenez. 

Era tutto ciò che fu in grado di dire, prima che lo Svedese li raggiungesse con la sospirata scialuppa.

Riuscirono a trasportare i Capitani e loro stessi, impiegando solo due viaggi. 
Buttons, non appena i suoi compagni misero piede sul ponte della nave, attaccò a pregare tetramente ad alta voce in una lingua incomprensibile.

__

Rosso. 

Era tutto ciò che Stede poteva vedere da dietro le palpebre serrate dei suoi occhi. Non osava aprirli, concentrato piuttosto dai suoi ovattati che lo circondavano. 

Non udiva quasi più niente. 

“Dio…” mormorò, avvertendo appena il suono della propria voce. “Oh, Dio.”

Non ti muovere!” Consigliò qualcuno evidentemente molto vicino a lui. 

Presto, portate bende, acqua pulita e quel vino terrificante!” Ordinò qualcun altro. 

“Ho sete.” Gracchiò debolmente Stede. 

Dobbiamo prima medicarti.” Spiegò la prima voce. 

Sentirai male, Capo. Malissimo.” Fece eco la seconda. “Spero che mi perdonerai.

Stede non fece in tempo a chiedere ulteriori spiegazioni, un dolore bruciante e lancinante gli invase la testa. 

Gridò. 

Gridò a lungo, e con tutta la disperazione che aveva in corpo, poi divenne tutto buio. 

Di nuovo. 

__ 

“Portatelo dentro, fate attenzione.” 

“Diamine,” commentò Olu. “Amico, potresti seriamente cuocere una torta su di lui!” 

“Ci penserò in caso dovessi rimanere senza carbone per la fornace.” Rispose il cuoco, aspettando che anche Ed venisse trasportato sottocoperta dal Capitano in seconda e da Jim. Ivan e Fang avevano pensato a portare via Stede. 

“Respira appena.” Osservò Pete, che si trovava nei paraggi per consolare il suo compagno: sentir gridare Stede in quel modo aveva sconvolto Lucius al punto da fargli scendere le lacrime. 

“Non respira più!” Corresse Jimenez un’istante dopo. “Cazzo!” 

Edward era esanime. 

La poca aria che fino a poco prima gli aveva animato il petto a scatti irregolari, adesso sembrava esaurita, volatilizzata completamente.

“Roach! Fa’ qualcosa, maldido!!” 

Inaspettatamente, fu proprio Lucius ad agire: senza sapere il perché, scattò in avanti per affibbiare uno schiaffo direttamente al viso di Barbanera. Aveva usato una forza tale da farlo girare su un fianco e fargli rimettere tutta l’acqua che aveva inghiottito la sera prima.
Seguirono attimi concitati in cui il Kraken rientrò nei suoi sensi, giusto per sentire il rombo del cuore che gli batteva impazzito dentro il petto e continuare a sputare acqua e sabbia. 

Sapeva, di non essere solo. 

Magari era già atterrato all’inferno. 

No, decise. C’era troppa confusione persino per trovarsi in mezzo a un gruppo di dannati.
E poi all’inferno doveva essere caldo. Sua madre, d'altro canto, glielo aveva sempre descritto come luogo incandescente...e lui in quel momento non aveva affatto caldo. 
Non sentiva altro che il freddo, ovunque, in tutto il suo corpo. Si ritrovò a tremare violentemente, appena consapevole di non riuscire a sentire più un braccio e né una gamba.

__

L’equipaggio della Revenge salpò la sera stessa, senza alcuna destinazione apparente: Buttons senza i suoi strumenti resi inutilizzabili dalla tempesta non sapeva quasi dove andare.

Di comune accordo con il resto degli uomini e soprattutto con Oluwande, -il quale aveva temporaneamente assunto il comando- navigava vicino alle coste. 
L’unico scopo, almeno per quel momento, era allontanarsi dagli inglesi senza mai perdere troppo di vista la terra.
L’altro compito importante che Olu aveva affidato all’equipaggio e anche a sé stesso, era di controllare e sistemare tutto ciò che la tempesta aveva danneggiato. 

La Revenge, testarda come il suo proprietario, non aveva falle. Era solo nuovamente devastata internamente, quindi, con pazienza e soprattutto con il passare dei giorni, i quartieri ritornarono parzialmente in ordine, a seconda di cosa ricordava il gruppetto di turno. 
Non incrociarono navi di sorta. Mai. Neanche una. La notizia di ciò che era successo doveva aver terrorizzato un bel po’ la Marina e quello non poteva essere che un bene. 

Il morale, poi, era inabissato. 
Frenchie cercava di riaggiustare il suo liuto ogni sera e con scarsi risultati: era irrimediabilmente spezzato a metà. Il giorno invece lo passava a ricucire le vele rovinate insieme allo Svedese e a Jim.
Wee John aveva passato in ricognizione tutta la nave alla ricerca di materiale esplosivo utilizzabile e riparato alla meglio l’artiglieria che aveva bisogno di manutenzione. 
Ivan e Fang davano il cambio a Buttons al timone una sera per uno. 
Izzy era sparito, rintanato all’interno della sua cabina. Solo Roach poteva permettersi di entrare, in quanto medico e in quanto cuoco per portargli i pasti improvvisati da ciò che era avanzato delle ultime scorte.
Lucius per la prima volta dopo tantissimo tempo aveva potuto concedersi il lusso di dormire decentemente per tutta la notte, senza alcuna ansia. Certo, la preoccupazione generale la provava anche lui, tuttavia Pete era una distrazione parecchio piacevole, oltre che sostegno emotivo e fisico. 
I due innamorati facevano a turno con l’unica altra coppia della nave, per controllare i feriti più gravi. 
Non avevano potuto curarli nello stesso luogo, eppure, i due Capitani sembravano contemporaneamente persi nei rispettivi incubi. 

Edward non si era più ripreso. 

Il nuovo Capitano e la Minaccia della Revenge erano riusciti a portarlo nella stanza che aveva rivendicato come propria -dal lato opposto agli alloggi di Stede- senza alcuna fatica, addirittura riservandogli un’attenzione particolare per via delle ferite che ancora continuavano a sanguinare. 
L’avevano sistemato sul divano e acceso immediatamente il camino per calmare i suoi brividi. 
Spogliarlo, era stata un’impresa. Ma Roach alla fine non si era fatto dei problemi a tagliare la giacca di pelle con un coltellaccio. 
Lucius l’aveva sfilata con delicatezza, esponendo la spalla insanguinata come prima cosa.  
Lì si accorsero che la pallottola era ancora conficcata dentro il muscolo. 
Impiegarono delle ore e un sacco di maledizioni solo per riuscire ad estrarla e poi suturare il taglio senza far morire Ed dissanguato.
Il passo successivo era stato curare l'altra ferita.
Anche in quel caso, Roach aveva usato il coltello per liberare Ed dai calzoni di  pelle, coprendo dignitosamente con un lenzuolo tutto ciò che non era necessario vedere. 

Non potè fare a meno di inorridire, quando scoprì le reali condizioni del ginocchio. Era stato trascurato, oltre che massacrato. 
Era diventato violaceo, pieno di ecchimosi. Una cicatrice verticale si estendeva fin sotto la rotula, dove adesso c’era un taglio trasversale. 
Per fortuna il proiettile aveva solo sfiorato l’osso, tuttavia solo il graffio rimasto avrebbe potuto essere mortale: nel migliore dei casi, una semplice infezione e Ed si sarebbe svegliato dalla febbre senza la metà della gamba. 
Il cuoco-medico aveva quindi disinfettato e fasciato tutto con cura, premurandosi di controllare la situazione nei momenti di pausa, in cui non cucinava. 
Approfittava di quei momenti per cambiare le fasciature e medicare quando e dove era necessario, oppure lasciava disposizioni a chi era di turno.  

Olu passava la stragrande maggioranza del tempo facendo la spola tra il ponte di comando e la cabina di Stede. 

A giorni alterni, Jim lo accompagnava da Edward. 

Lucius e Pete, invece, non sembravano avere problemi ad aggirarsi nei suoi quartieri. 
Jim si chiedeva perché Lucius si ostinasse a prendersi cura della persona che lo aveva praticamente ammazzato, e lo stesso continuava a fare Pete, malgrado ancora non gli avesse mai palesato l’interrogativo. 
Decise di affrontare l’argomento quella sera stessa: qualunque fossero le ragioni del suo eccentrico fidanzato, non era riuscito proprio a capirle.  

Trascorsero il resto del pomeriggio in silenzio. 

Mentre lo scrivano si dava da fare scarabocchiando continuamente nel suo taccuino minuscolo, Black Pete aveva sistemato il fuoco ed era rimasto immobile ai piedi del divano, con le braccia conserte e lo sguardo piantato davanti a sé. 

Piccolo…” 
La voce di Lucius lo riscosse, ma non fu sufficiente da fargli distogliere l’attenzione: Pete era concentrato, come se stesse calcolando qualcosa d’importante dentro la sua testa. 
Lucius allora si appoggiò al suo braccio e portò gli occhi in direzione dei suoi, puntando dalla stessa parte.

Piccolo.” Tentò di nuovo. “A che pensi?” 
Quella volta funzionò. Pete pose il capo contro il suo, lasciandogli nel mentre un bacio sulla guancia. 

Ha tentato di ucciderti.” 

“Ah, non è il solo.” Ricordò Lucius. “Jim c’è andatə vicinə anche più di lui. E il cannibalismo di Buttons certe volte mi fa una discreta paura, senza contare che il Vomitoso mi odia a morte.”

Deve solo provare a toccarti—“

“Stede non lo permetterebbe mai.”

Stede non c’era, quando il Kraken ti ha buttato in mare.”

Il che è il motivo per il quale ci sono finito. Sono troppo carino perché lo possano sopportare.” 

Pete annuì e sospirò. “Questo bastardo ti ha anche salvato la vita, giusto?”

Sì.” Ammise Lucius. “La pallottola che l’ha colpito alla spalla era per me. Ma non essere geloso, caro. Lui è di Stede, anche se Stede ce l’ha ancora con lui per il fatto che mi ha buttato in mare. Non era affatto contento, quando gliel’ho raccontato.” 

Mh…” 

Che cosa c’è?”

Tu l’hai perdonato.” Accusò Pete tristemente e l’altro abbassò la testa con aria quasi colpevole. 

Credo di essermi affezionato un po’ troppo, sai?”

A Barbanera!?”

A Edward. Barbanera è terrificante e dannatamente sexy, ma Ed era più simpatico e affascinante almeno il doppio. Era come una sorta di amico testardo a cui servivano i miei buoni consigli perché non ha mai avuto qualcuno con cui parlare a cuore aperto. Non voglio mentirti… credo di aver perdonato Barbanera solo perché non mi dispiacerebbe che Ed tornasse.”

Anche gli altri stanno cominciando a perdonare. Si preoccupano per lui, come te. Io non posso farlo.” 

Certo che lo farai, piccolo. Prima di tutto perché non eri daccordo ad abbandonarlo su quella spiaggia, e questo è un inizio. E poi perché Stede prova…quello che prova. Sono sicuro che si fida di lui. Non credo che se ne andrà di nuovo, ora che le cose sono cambiate così tanto.”

Mi ha deluso anche Stede.” 

Sta cercando di recuperare. Non ho mai visto nessuno sbattersi quanto sta facendo lui per recuperare la nostra fiducia. Sono convinto che andrà sempre meglio.” 

Non lo so, Lu, non mi fido.” Lo sguardo del pirata raggiunse di nuovo Barbanera. “Potrei ammazzarlo facilmente adesso che è inerme per quello che ti ha fatto…anche se ti ha salvato una volta, io vedo sempre un Kraken che dorme.” 

Credo che volesse morire, Pete. Voleva ucciderlo da sé, il Kraken. È l’unica cosa logica che mi viene in mente per codificare il suo comportamento e sai una cosa? Ci sarebbe anche riuscito.”

“Come avrebbe potuto uccidere—”

“Salvando noi. E be’, questo è ciò che farebbe un bravo Capitano, non credi? Sacrificarsi per la propria ciurma.” 

Pete annuí, ripensando a quanto avesse rischiato e sacrificato anche il suo primo Capitano. “Sono contento che non ci siamo più ammutinati contro Stede. Le sue favole della buonanotte mi mancano tanto, vorrei che si riprendesse.”

Sarebbe fantastico, vuoi andare a vedere se si sveglia per chiedergliene una?”

Sì!” 

I due fecero per muoversi, ma furono bloccati da un colpo di tosse proveniente dalla figura dormiente davanti a loro: Ed aveva stretto il pugno di una mano più volte.
Dopo un istante strinse forte gli occhi e una scossa parve attraversargli il corpo: stava tentando disperatamente di muoversi. 

Oh, cazzo.” Scattò Lucius, mentre Pete si parava protettivamente davanti a lui. 

Ma Edward non avrebbe potuto fargli alcun male: era fin troppo debole per vincere la battaglia contro sé stesso, figuriamoci contro Black Pete. 

Alla fine dovette arrendersi all’immobilità. 
Il suo respiro spezzato dal dolore non era più flebile come lo era stato fino al minuto prima, tuttavia, la cosa più incredibile fu udire il nome che, seppur nei deliri dell’incoscienza, si era formato inesorabilmente sulle sue labbra.

Ne era uscito un mezzo sospiro, poi più niente. 

Lucius superò Pete per chinarsi accanto al Capitano svenuto. 
Gli toccò la fronte, meno bruciante dell’ultima volta e tuttavia sufficiente per fargli perdere i sensi.   
Si rivolse quindi al compagno. 

“…sicuro di avercela ancora con lui?”  Sussurrò a bruciapelo, rimanendo in ginocchio. 

Pete per tutta risposta uscì di corsa dalla cabina e prima che Lucius potesse protestare per essere stato piantato, la stanza si riempì della presenza rassicurante di Roach, che li liquidò entrambi per mandarli da Stede.

__

“Ed…” 

Era ormai notte fonda, la Revenge dormiva e Lucius stava sistemando gli ultimi schizzi sulla carta illuminata dal lume di una candela. 
Era tanto tempo che non disegnava in tutta tranquillità.

“Stede?!” Si girò. “Sei sveglio? Cazzo, non puoi esserlo già anche tu! Ma perchè vi svegliate tutti sempre e solo quando ci sono io?!”

"Dov'è Ed?"

"Nella sua cabina. Con la febbre più alta della tua."

"Non lasciarlo solo. Vuole mandare via il Kraken da solo."

"Sì, sì, lo so." Sedendosi al lato libero del letto, Lucius si accorse delle lacrime che bagnavano il viso del Capitano. "Non gli succederà niente di male, l'hai salvato. Anche tu sei salvo."

"Sono salvo..."

"Incredibilmente, sì. Sei un bastardo fortunato."

Stede parlava a fatica nonostante Roach si fosse assicurato che non avesse alcuna costola rotta. "Non ho più avuto occasione di dirti quanto mi dispiace di non esserti stato vicino. Avrei voluto essere con te, mentre stavi male, e aiutarti."

"Non ero solo. E poi mi hai aiutato tanto!"

"Ero prigioniero...non potevo muovermi! Edward ha trovato alcuni passaggi segreti e li ha chiusi..."

"Passaggi segreti?" Lo scrivano ci stava capendo sempre meno. "Aspetta quindi è vero, che non sei stato tu a mandare il vino!"

"Vino?"

"Niente, devo essermi sbagliato." 

Ha ragione Olu. Pensò lo scrivano. Edward mi ha salvato. Due volte.  

"Non dovevo andarmene.” Continuò Stede, sempre più affaticato. “Se non l'avessi abbandonato, Ed non sarebbe impazzito così tanto e–"

"Mi spiegherai tutto in un altro momento. Non credere di passarla liscia, caro, devi delle spiegazioni a tutti quanti...solo, non adesso."

"Lucius..."

"Che c'è?"

"So quanta paura hai degli scontri, non sai quanto ti sono grato per essere venuto comunque a rischiare la vita."

"Siamo una ciurma. Non è quello che dici sempre tu?"

"Voi siete la mia famiglia."

"Be', allora capisci che non potevo restare sulla Revenge, anche se, un po' di tempo da solo con Pete non mi sarebbe dispiaciuto per niente!"

"Sia io che Edward ti risponderemo, per averti fatto passare l'inferno e per l'abbandono dei tuoi compagni."

"Niente che un bel duello appassionato non possa risolvere!" Disse lo scrivano, scrollando civettuolamente le spalle. "Ma per farlo devi prima riprenderti, quindi, Capo, piantala di ciarlare e vedi di dormire."

Stede si mosse su un fianco, e lo rimpianse: le gambe erano doloranti, sicuramente piene di lividi, così come lo erano le braccia. Ma era troppo intenzionato a recuperare una coppa di vino posta sul comodino accanto al letto, per pensare anche solo di lamentarsi. 
Aveva una sete terribile e la testa gli scoppiava dal dolore dal momento preciso in cui aveva aperto gli occhi. Non appena puntò sul gomito e alzò il braccio, la vista raddoppiò, la coppa si infranse a terra con uno schianto. 

Stede gridò di terrore. 

“NON CI VEDO!”

“Cazzo, lo sapevo.” Borbottò lo scrivano, tenendolo attentamente per le spalle ed evitandogli così di cadere dal letto. 

“Che cosa mi sta succedendo?!” 

“Ti hanno sparato! E sei precipitato da un maledetto strapiombo. Ti rendi conto di quello che hai rischiato?!”

“No, non credo…non ancora.” Ammise il pirata biondo, sempre più terrorizzato. “Non ci vedo…sarò ancora più inutile se non ci vedo! Che cosa faccio adesso?”

“Ti devi.Calmare.” Scandì Lucius ad alta voce. “E non è vero, che sei inutile.”

“Mi dispiace.” Mormorò Stede. 

“Per cosa? Sei stato così coraggioso, sarebbe un peccato smettere di esserlo proprio adesso, ti pare?”

“Oh…”

“E adesso perché piangi?”

“Nessuno mi aveva mai detto che sono coraggioso.”

“Con mai, intendi proprio mai mai? Neanche una volta?”

“No, neanche una.”

“E allora te lo ripeto io. Il tuo piano ha funzionato, alla fine. Ti sei comportato da eroe.”

“Grazie. Anche tu lo sei stato. Sono davvero fiero di te, di averti qui nella mia ciurma  e nella mia famiglia.”

“Disgraziato, adesso fai commuovere anche me.” Lo scrivano recuperò un altro bicchiere e facendo attenzione lo portò alle labbra di Stede che bevve avidamente. “Se potessi ripetere tutte queste belle cose davanti a Pete mi farebbe un gran piacere, sai?”

“Sì, certo, che posso farlo.”

“Allora preparati, perché la prossima volta che ti sveglierai ci saranno anche gli altri.” 

Stede cercò di annuire, pazzo di gioia alla prospettiva di rivedere l’equipaggio. Non riuscì ad esprimerlo a parole: il sonno lo stava reclamando con prepotenza.

“Roach verrà a cambiarti la benda all’alba.”

“Se Ed si sveglia…”

Lucius ponderò l’idea di dirgli la verità, rinunciandovi però quasi immediatamente: se gliel’avesse confessata, era convinto che non sarebbero bastate le catene, per tenerlo lontano da Edward. 

“Correrò qui da te immediatamente, non dubitare.”

Lasciando andare le ultime lacrime, il gentiluomo cedette al sonno e lo scrivano scivolò verso la porta con la testa tra le mani. 

Il peggio sembrava passato. Ora restava solo da aspettare la mattina per avvertire gli altri: il Capitano era tornato. 

___

Salve belle gioie!
In guardia, tra poche ore arriva il seguito. Se penso che adesso ho finalmente il tempo di aggiornare con calma mi viene quasi da piangere, dopo mesi e mesi in cui non ho potuto farlo! Dio benedica le ferie!
Ooooovviamente, chiedo perdono per il ritardo e se ci fosse qualsiasi errore di sorta, seglalate pure! A prestissmo, letteralemnte.

-gen

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Capitolo 6
*** VI ***


VI

 

Passarono due settimane da quando Lucius aveva dato l’allarme. 

Da quel momento, gli uomini trascorsero tutte le sere nella cabina del Capitano, per fargli compagnia qualche ora, e ciò contribuì a migliorare enormemente le sue condizioni di salute.

Infatti, Stede non si era mai sentito circondato da tanto affetto, nonostante dovesse ancora chiarire tante cose. 

Adesso viveva per i rendiconti della giornata, per le bizzarre canzoni dello Svedese, per i racconti di paura inventati a braccio da ogni membro della compagnia al solo ed unico scopo di risollevargli la giornata. 
L’equipaggio non voleva che fosse lui a raccontare, almeno finchè non si fosse ristabilito propriamente. 

Con gran soddisfazione di Roach, il biondo aveva ripreso anche a mangiare un po’, e malgrado tutti i miglioramenti che si verificavano giorno dopo giorno, non gli rivelò nulla riguardante Barbanera fino alla settimana seguente, quando stabilì che Stede poteva alzarsi senza rischiare giramenti di testa troppo forti o che la vista lo abbandonasse di colpo. 

L'essenziale, per lui, era rimanere sempre calmo. 

Il gentiluomo se lo riprometteva da prima di aprire gli occhi fino a quando non li chiudeva. 

Passò l’intero mese successivo sgattaiolando via dalla propria cabina tramite i passaggi segreti che conducevano a quella di un Edward ancora febbricitante e perennemente addormentato.

La ciurma scoprì di quelle visite nel giro di un misero quarto d’ora, e fece di tutto anche in quel caso per rassicurare il loro Capitano, dicendogli che presto sarebbe tornato tutto a posto.

Stede però non riusciva a rassegnarsi. 
Ogni volta che tornava, trovava Ed sempre nello stesso stato: immobile, dormiente e coperto fino alle spalle da così tante lenzuola da non poter distinguere i contorni del suo corpo. 

“Ti prego apri gli occhi.” 

Mormorava, nella speranza di essere ascoltato e accontentato. 
Tuttavia, per quanto ardentemente pregasse, non era ancora mai accaduto niente. 

“Non avrei dovuto lasciarti…sono stato così codardo.” 

In quei momenti disperati, Stede si alzava dalla sedia accanto al capezzale di Ed e camminava per la stanza maledicendosi come non mai per il giorno in cui aveva preso la malaugurata decisione di andarsene. 

“Lo stai facendo di nuovo.” Disse Olu una sera, entrando di soppiatto nella cabina. “Smettila di torturarti così.”

“Non posso farne a meno.”

“Come ti senti?”

“Fisicamente o moralmente?”

“Fisicamente. Per sapere come stai mi basta guardarti.”

“Mi sento bene, decisamente meglio di ieri. Non ho avuto male alla testa quasi mai, oggi, non sono ancora svenuto e la mia vista funziona.”

“Bene, perché…ecco, in quanto Capitano di sostituzione, sono tenuto a darti una notizia da parte di tutti quanti.”

“Oh, finalmente una buona notizia!”

“Non ho detto che è buona.”

“Di che si tratta?”

“Abbiamo ufficialmente finito le scorte”

“Oh, no. Sapevo che eravamo a corto di cibo...quali altre provviste mancano?”

“Tutte.”

“Tutte?!”

“Fin'ora siamo sopravvissuti con il pesce pescato, ma non sempre ci va bene. I vestiti scarseggiano, non abbiamo con che coprirci la notte e Buttons senza la strumentazione non sa più dove andare.”

“Accidenti…” Stede si passò una mano sugli occhi. “Chi c’è al timone?”

“Fang.”

“Digli di fermarsi al primo porto che troviamo.”

“Cos’hai intenzione di fare?”

“Comprare le provviste!”

“Con quali soldi?”

Stede stede guardò in alto, cercando invano di trattenere un’imprecazione. “Cazzo…

Olu sgranò gli occhi. “Allora anche tu sai dire le parole—”

“Certo che le so! Il fatto che non le dica praticamente mai non implica che non ne conosca! Ti sembra il momento?!” 

“No, hai ragione, scusami. Cosa facciamo?” 

“Attracchiamo appena possibile. Chiedi cortesemente a Jim sbarazzarsi degli ostaggi, non abbiamo con che nutrirli.”

“Ehm...veramente li abbiamo buttati in mare settimane fa.”

“Cosa? Ma Olu!”

“Credimi, è stato un gesto misericordioso! Non sai come erano ridotti, dopo la tempesta e soprattutto non sai com’era ridotto il pavimento!”

“Daccordo, daccordo, non lo voglio sapere! Ben fatto, allora. Raduna gli altri, dobbiamo parlare con urgenza.”

Stabilirono un piano. 

La ciurma ne rimase sorpresa, ma non avevano alternative: qualcuno doveva scendere a terra. 
Visto che Stede non poteva stare molto alla luce del giorno, optò per uscire la sera in compagnia di Lucius. 
In loro assenza, non erano ammesse razzie, abbordaggi, saccheggi o attacchi a navi straniere. 

Nè Lucius nè Stede potevano dire di aver capito dove avessero fatto porto, tuttavia, la piccola cittadina che si dipanava davanti ai loro occhi sembrava pacifica alle luci soffuse della notte, oltre che ben fornita da un mercato di tutto rispetto.

Tornarono la sera seguente, comprando tutte le provviste di cui Roach aveva bisogno con gli ultimi soldi che avevano. Bastarono appena, ma almeno una cosa era risolta.

"Lucius, fermati!" Disse Stede a un certo punto. 

"Visto qualcosa di interessante?"

Il gentiluomo indicò un punto preciso del banco di un commerciante di stoffe, in cui era esposta una quantità variopinta di colori e tessuti incredibilmente decenti.

"Ti riferisci quella strana stoffa dal colore orribile?"

"No, per chi mi hai preso?"

"Oh, meno male! Cominciavo a credere che avessi perso il tuo gusto fine e impeccabile." Lucius guardò nuovamente nella direzione indicata dal suo capitano. "Allora dici quel pezzo di seta assolutamente comune e perfettamente inutile."

"Non è nè l'una nè l'altra cosa. Devo averla."

Lucius fece spallucce. "Comprala e andiamocene."

"Non si può."

"Allora perché siamo ancora qui?"

"Perchè dobbiamo inventarci qualcosa per pagare quello che ci serve e salpare il prima possibile."

"Sicuro di non voler risolvere alla vecchia maniera?"

"Sì." 

"Ma Stede! Siamo pirati, non c’è altro modo!"

"Abbassa la voce, Lucius!" Stede si guardò intorno, per capire se qualcuno nella folla in cui si trovavano avesse udito quelle parole.  

"E se scrivessi una lettera alla tua vedova? Sono bravissimo a supplicare!"

"È una pessima idea…”

“Non figurerebbe il tuo nome!”

“No. Non sarebbe giusto. Ricordami piuttosto cos’altro manca?”

"Coperte, camicie, cuscini, carbone per riscaldarci, dobbiamo assolutamente rabboccare riserve di acqua dolce, il rum—"

"Ci servono anche un astrolabio decente, un sestante e delle carte nautiche aggiornate per Buttons." Ricordò Stede. 

"Perfetto. Ci mettiamo a rubare?" 

Il biondo rimase in silenzio per un lungo attimo, contemplando la possibilità. Poi, con gran sollievo di Lucius, scosse la testa. "Non ruberemo."

"Grazie a Dio! Peccato che questo non risolva il problema neanche un po’—OH MERDA!"

A diversi metri di distanza da dove si trovavano, dei soldati inglesi stavano pestando un uomo, più precisamente il commerciante di stoffe del banchetto che aveva indicato Stede. 

“Giuro che non volevo fregarvi!” Ripeteva l’anziano, anche se inutilmente. 

“Questo era un avvertimento.” Disse uno dei due assalitori. “La prossima volta che ci proverai, verrai sbattuto in cella e condannato senza alcun processo.” 

L’uomo si rialzò a fatica, mentre i due si dispersero nella folla.

Stede e Lucius rimasero nell’ombra ancora un attimo, vergognandosi di loro stessi per non aver potuto intervenire…Stede in particolare si sentì travolgere da un moto di bile e una sensazione che non aveva mai provato prima: era proprio contento di essere un pirata e se gli fosse capitato di poter fare sgarbo al Re in persona, avrebbe colto l'occasione senza alcun rimpianto.
Pensò che fosse un peccato, non averlo incontrato. 

“Ehi, dove stai andando?” Chiese lo scrivano. 

“Ad aiutare quel commerciante.” Rispose il gentiluomo. “Credo di aver capito cos’è successo e forse...forse la fortuna sta cominciando a girare!"

"Se ne sei convinto!”

"Tu reggimi il gioco." 

"Domando scusa, buon uomo!"

"Che cosa vuoi?"

"Avvisarvi di un fatto. Casualmente passavo di qui poco prima che quei brutti ceffi  la aggredissero e non ho potuto fare a meno di notare che queste somme sono sbagliate!"

"Come dici??"

"I vostri calcoli sono completamente errati.”

Il commerciante, un signore tozzo con i capelli bianchi e un paio d’occhiali spessi come fondi di bottiglia guardò trucemente Stede e poi il documento incriminato per il quale i soldati gli avevano fatto la festa. 

“Bella scoperta!” Sputò. “Questo lo sapevo già!” 

“Potrei offrirvi il mio umile aiuto?” 

"In cambio di cosa?"

"Stoffa. Possibilmente quella seta rossa, laggiù."

"Mi sembra un po' poco.” 

“Sarebbe perfetta.” 

“Non mi pare di aver mai visto la tua brutta faccia da queste parti! Come ti chiami, forestiero?"

Lucius pestò un piede con disinvoltura al suo Capitano, prima che egli potesse rispondere correttamente a quella domanda.

"St-Jeff." Esclamò quindi Stede. "Mi chiamo Jeff. Edwards.” 

"Mh...e cosa faresti nella vita, signor Edwards?"

“Ero precettore presso una nobile famiglia decaduta il mese scorso. Ora, all’occorrenza, mi diletto come contabile."

"A sentirti parlare mi sembri istruito a dovere. E sei proprio un contabile, eh!"

"Proprio così, signore. Questo è il mio discepolo—"

"Thomas. Thomas Kidd, per servirvi."

“Kidd, come il pirata?”

“Mio malgrado!” Rispose Lucius. “Sono un lontano parente!”

“Brutta gente, i pirati! Non sapete cos’è successo tra la corona e Barbanera. Si dice che insieme alla sua ciurma e un tizio di nome Barbagialla abbia dato fuoco a un palazzo davanti a sua maestà e sia scappato!"

“Ah, davvero? Non ne eravamo assolutamente a conoscenza.” Disse immediatamente Stede.

“Non ne avevamo la più pallida idea.” Fece eco lo scrivano. “Ma noi siamo gentiluomini timorati di Dio, non abbiamo nulla a che fare con quella rozza gentaglia.”

Il commerciante li squadrò nuovamente entrambi, sospettoso. “O questa è la mia sera fortunata oppure è una fregatura. E io raramente, sono fortunato.” 

“Stasera lo siete. Noi non abbiamo nulla da perdere e voi tutto da guadagnare.”

“Metteteci alla prova.” Esclamò Lucius. 

“Il controllo dei resoconti è domani e per tutto il prossimo mese, adesso che mi hanno preso di mira. Quei fottuti bastardi hanno pensato che stessi fregando dei soldi dalle tasche del re solo perché non sono capace a contarli. Se andrà tutto bene vi spetterà una lauta ricompensa.” 

“Non ve ne pentirete.” 

“Vi porto i registri, meglio se cominciate subito.”

Così, Stede e Lucius uscirono tutte le notti per aggiustare il libro contabile del commerciante, che in seguito scoprirono essere davvero una brava persona. 

Il biondo correggeva i calcoli dei mesi passati, mentre lo scrivano annotava le vendite della giornata.
Rientravano entrambi alle prime luci dell’alba, sfiniti, e dormivano tutto il giorno per poi ricominciare.
Non avevano alternativa, dato che Stede sarebbe stato comunque costretto a non uscire per via del sole: ancora non poteva esporsi completamente alla luce, visto che già trovava fastidiosa quella della luna.

C’erano notti, però, in cui neanche la monumentale stanchezza gli consentiva di dormire. 

Allora trascorreva il resto del suo tempo nella cabina di Edward. 
Non faceva niente di particolare, lo osservava, sempre a distanza, in un pallido tentativo di tenergli compagnia a modo suo. 
Scoprì che Ed non se la passava tanto diversamente da lui: aveva un incubo dietro l'altro, ed erano più le volte in cui non poteva riposare a causa delle ferite, che quelle in cui effettivamente dormiva. 
Nonostante tutto, non era ancora mai riuscito a parlargli. 
__

Avvenne un pomeriggio. 
Olu e Jim erano di guardia in cabina, chiacchierando del più e del meno. 

Edward aveva aperto gli occhi all’improvviso, con uno sforzo enorme, tenendoli spalancati per paura di non poterli riaprire.  

Sentiva la spalla bruciare e il ginocchio pungere fastidiosamente come se fosse infilzato da tante spine contemporaneamente. Tuttavia, la cosa peggiore rimaneva la gola: sembrava avere la bocca piena di terra. 

Merda, sono vivo. Pensò, guardandosi intorno per la prima volta. Sono vivo davvero

Con uno sforzo altrettanto enorme, riuscì a voltare la testa sul mobiletto appositamente accostato al divano su cui giaceva: oltre le bende di ricambio, un panno e una coppa d’acqua c’era una bottiglia di vino…

…che poi era anche più vicina dell’acqua.

A giudicare dal chiacchiericcio fitto, aveva compagnia, ma Ed aveva così sete che non provò affatto a parlare. Ignorando il fastidio alla spalla e il male lancinante al ginocchio, si sporse direttamente per arrivare alla bottiglia. Proprio quando l’aveva quasi afferrata, un’altra mano più lunga della sua gliela tolse da davanti.

"No no no no no, non se ne parla, señor!”

Jimenez. 

Edward lə guardò con disappunto, mentre il suo compagno versava una coppa d’acqua. 

“Hai bevuto anche troppo!” Spiegò Olu. “Da ora in avanti resti sobrio! Quindi, se proprio hai sete, sarà meglio che ti accontenti di questa senza fare storie.” 

A Ed sembrò di inghiottire altra sabbia. La sua gola era così riarsa che quasi non riusciva a respirare, mentre beveva.

"Questa,” boccheggiò poi, sorpreso di aver scoperto di colpo che la sua voce non se n’era andata, “questa è una stronzata colossale!"

"Questi erano gli ordini di Stede da prima che ti arrestassero. Bevevi troppo, per i suoi gusti." 

"Erano..." 

Allora era davvero morto.
C
ome poteva essere possibile? L’aveva sentito parlare, o almeno gli sembrava di averlo fatto. Magari era stato tutto un sogno. 
Eppure la sua voce che lo chiamava, che lo pregava di svegliarsi gli era sembrata così reale! 

Gli occhi di Ed cominciarono a lacrimare. 

“Olu,” Esclamò Jim, allarmatə, “guarda, sta svenendo di nuovo.”

“Cosa–no, aspetta, resta sveglio! Capitano?” 

“Che cosa vuoi, ragazzo?” 

Lasciami in pace, avrebbe voluto dirgli. 

“Devi mangiare assolutamente qualcosa! Abbiamo fatto rifornimento proprio di recente–”

“Lasciami stare. Non ho fame.”

“Non ce ne può importare di meno. Mangerai.”

“Sempre per ordine di–”

“Stede, sì! E anche  mio!”

Ed non discusse quello sfoggio di autorità, non ne ebbe la forza. “Da quanto, sono…così.

Has dormido por dieci dìas.” Rispose Jim. “De seguito. Ardiàs de fiebre.” 

“Poi hai cominciato a svegliarti all’improvviso e sempre più spesso. Sai, per i dolori. L’unica cosa che riuscivamo a fare per aiutarti era farti bere il più possibile tramite quello straccio ed è stato difficile. Deliravi. Non riuscivi a tenere gli occhi aperti per più di cinque minuti!”

“Così male?”

Così male, dici? Ti hanno sparato due volte e sei caduto da un burrone!”

“Ah, sì, mi pare di ricordare.”

Jim andò di corsa a cercare qualcosa nelle cucine. Trovò un pezzo di pane morbido e mezza brocca di latte sul pianale degli avanzi. 

Afferrò entrambe le cose e tornò indietro. 

Quando fece ingresso nella cabina, Olu scosse la testa: Ed non aveva retto. 

Mierda.”

Andò avanti in quel modo per la restante settimana, svegliandosi a pomeriggio inoltrato e dormendo il resto del tempo. 

Non era mai un sonno riposante, incubi infiniti tormentavano ancora la sua mente confusa, agitandolo. 

La voce di Stede sembrava essere scomparsa persino dai suoi sogni e ogni notte, Edward sperava di poterla riascoltare. 

Non aveva mai chiesto nulla su di lui a Roach, a Jimenez e a Oluwande, gli unici che riusciva a vedere non appena si svegliava, e gli unici che invece aspettavano da tempo, di essere ricoperti di domande su Stede.

Non avvenne mai. 

Edward non voleva saperne niente. 

Mangiava quel poco che gli serviva a tenersi in vita, piangendo ogni qualvolta si trovava solo, desiderando sempre più ardentemente di sparire dal mondo. 

La Cina non sembrava affatto una brutta idea, doveva darsene atto. L’avrebbe raggiunta a costo di arrivarci a nuoto. Se fosse riuscito a sopravvivere per qualche altra settimana, forse avrebbe trovato il modo di lasciare la Revenge una volta per tutte. 

Un leggero bussare lo distolse da quei pensieri. 

Stede!

“Ah, lo sapevo.” Disse una voce, che invece non apparteneva affatto a quella del pirata gentiluomo. “Lo sapevo che eri sveglio.” 

Edward si tirò su di scatto e lanciò un pugnale verso la figura claudicante che aveva appena varcato la soglia, mancando la sua testa per un soffio. 

“Cane insubordinato.” Scandì lentamente, stringendo i denti. 

Izzy sorrise, arrestandosi. Si aspettava quelle parole, così come si aspettava di ricevere la pugnalata. 
Si era spostato apposta, sentendola arrivare ancora prima di vederla. 

Guardò Ed con aria critica, senza dire una parola, cosa che lo fece infuriare. 

“Che ci fai ancora qui?!” Teach gli lanciò un secondo pugnale, ringraziando nella sua mente Roach per aver dimenticato lì il suo set. “Cosa vuoi?!”

Izzy non si scompose. “Non posso camminare.” Rispose semplicemente. “E volevo sapere come ti senti.” 

“Come cazzo vuoi che mi senta?!” Chiese Edward, lanciandogli con rabbia l’ennesimo coltello. “Non ce la faccio ad abbassarmi le braghe per pisciare…e non ce le ho neanche addosso!” 

“Lo vedo…”

“Vattene, Izzy.” 

“Bel ringraziamento! È questo, ciò che ottengo, per averti praticamente salvato il culo?”

“Non ti ho mai chiesto di venire a salvarmi! Non avresti dovuto portarti la ciurma e tantomeno…” 

Stede.

Dio, non ce la faceva nemmeno a pronunciarlo. 

Bonnet!” 

“Ma se è stato proprio il fottutissimo Bonnet a portarmi da te! Cosa avrei potuto fare?”

La lama di un altro coltello sferzò l’aria. “Dovevi andartene, cazzo! Dovevi portarli via come avevamo stabilito, era il piano!”

“Io non ero d’accordo. Non avevo stabilito niente, te l’ho già detto.” 

Vaffanculo!” 

Dopo aver schivato nuovamente una coltellata, Izzy scrollò le spalle e fece dietrofront. “Lo prenderò come un grazie.” 

“Questo non cambia le cose…avermi salvato la vita questa volta non cambia quello che hai fatto.”

Hands si voltò per scoccare a cuoli che era stato suo amico, uno sguardo decisamente triste. “Be’, questo vale anche per te, non è vero?” 

Edward si geló, ricordando come avesse ridotto la stessa nave in cui adesso viveva. La nave di Stede.
Non fece in tempo a sentirsi in colpa per aver menomato Izzy: c’era qualcosa di strano. 

Forse Izzy sapeva qualcosa. 

“Lui dov’è?” Si ritrovò a chiedere, prima che potesse mordersi la lingua. 

Hands fece spallucce e non rispose. 
Chinò la testa per evitare l’ultima coltellata, poi sparí dalla cabina. 

Edward allora puntò sul braccio buono e rivolse uno sguardo furente allo stipite della porta: i pugnali erano piantati tutti sul legno con precisione millimetrica, anche se non li aveva lanciati con la destra. 

Per la prima volta dopo tanto tempo, si ritrovò a desiderare di avere la gamba intatta per potersi muovere.  

Doveva farcela, o presto sarebbe impazzito sul serio. 

Istintivamente, senza pensarci troppo, si strinse un lenzuolo addosso e pose un piede sul pavimento. 
L’altra gamba era ancora malridotta, ma se ne fregò. 
Tenendosi al bracciolo del sofà, spostò il peso su quella buona e con un grugnito doloroso riuscì finalmente ad alzarsi. 
La prima cosa che gli saltò agli occhi, dopo un fugace capogiro, fu una macchia nera dall’altra parte della stanza. Sembravano vestiti, ed erano ordinatamente piegati sulla cassa di legno che conteneva tutte le cose che gli appartenevano. 
Ed si chiese se fosse il caso di usarli nonostante, sicuramente, non erano suoi: non erano di pelle. 
Non sapeva chi glieli avesse lasciati o se semplicemente qualcuno li aveva abbandonati lì, ma ne aveva assoluto bisogno, e per recuperarli, doveva solo camminare. 
__

“CHE CI FAI IN PIEDI?!”

 Un’altra voce sgraziata gli fece perdere inesorabilmente l’equilibrio: il cuoco-medico era tornato a controllare e Ed se ne era completamente dimenticato.

“Cristo, ragazzo!” Si lamentò, afferrando il tavolo fortunatamente vicino con la mano buona e tenendo su il lenzuolo con l’altra.

“Chiedo scusa…non mi aspettavo di vederti in piedi così presto, Capitano, Barbanera, Signore!”

 “Per poco non mi vedevi per terra. Non farlo mai più!"

“Certo, certo, mi dispiace. Me ne  vado, se vuoi."

“Aspetta un po’.” Ed sentì il ginocchio andargli a fuoco. “Ti…devo la vita, Roge.” 

“Roach.”

Barbanera annuì, scusandosi con lo sguardo: era senza fiato per il dolore.

“Ti serve aiuto?”

“Più di quello che mi hai già dato?”

“Non lascio mai le cose a metà.”

“Saggio e intelligente.” Commentò il Capitano. 

“Dove volevi andare?”

Via di qui. In Cina. 

“A vestirmi.”

“Ehm…senza offesa, non è meglio se prima ti lavi? Hai un odore assolutamente disumano e inoltre un po’ di calore ti aiuterebbe con il ginocchio.”

L’idea di immergersi nell’acqua profumata fece momentaneamente accantonare a Ed l’idea di andarsene.  “Sarebbe bello.” Ammise. 

“Aspetta qui.”

Roach andò via e tornò poco dopo reggendo una vasca di rame tra le braccia. 

La pose al centro della stanza, in modo che Ed potesse arrivarci senza troppa fatica.  

“Posso usarla davvero?”

“Be’, è fatta apposta!” 

“Non ne ho mai avuta una.”

“Sul serio? Come facevi a lavarti, da bambino?”

“Mia madre aveva un secchio.”

“Capisco.” Roach lasciò di nuovo la stanza per riapparire con un paio di recipienti colmi d’acqua tiepida. Li svuotò dentro la vasca senza dire una parola. “Il ginocchio non sanguina più, ma la spalla sì. Quindi stai attento.” Si raccomandò. “Usa i sali e ti si infetteranno le ferite, stai dentro troppo tempo e si riapriranno. Soprattutto, nella maniera più assoluta, non. Toglierti. Le bende.”

Ed annuì. 

“Puoi vestirti con quelli.” Roach indicò i panni sulla cassa e assunse uno sguardo severo. “Posso fidarmi?” 

“Li restituirò una volta che avrò capito dove sono finiti i miei.”

“Non dicevo dei vestiti. Quelli che vedi sono tuoi. Parlavo di te.”

“Dove vuoi arrivare? Non ti fidi di me.”

“Sempre senza offesa, Capitano, non è una cosa personale, ci mancherebbe. Tuttavia, dati gli ultimi eventi, ti sarei sinceramente gratissimo se non ti ammazzassi.” 

“Oh…era questa la tua paura?”

“Sì, insomma…sarebbe tutta fatica sprecata, non trovi?”

“Certo.” Rispose piccato. 

Il cuoco parve ancora titubante a causa di tutta quella strana accondiscendenza. “Ti serve aiuto?”

“No.” 

“Allora conterò fino a mille e poi tornerò qui. Bussando.” 

Il Capitano non rispose e non appena Roach chiuse la porta dietro di sè, lasciò cadere il lenzuolo. 
Sostenendosi alla superficie del tavolo, compì il primo passo. 
Per arrivare a destinazione ce ne voleva minimo un altro. 
La nave dondolava, il pavimento sembrava instabile, ma l’aspettativa di trovare un po’ di sollievo per i suoi arti era troppo potente per essere ignorata.
Dopo qualche istante di panico in cui valutò seriamente la possibilità di chiamare aiuto, Ed trovò il modo di appoggiare il peso sulla gamba buona e caracollò accanto al bordo della vasca senza cadere.
Per la prima volta ebbe modo di guardarsi nello specchio dell’acqua, cosa che rimpianse immediatamente. La sua faccia era quanto di più brutto avesse mai visto. Il suo corpo devastato, livido. Non sarebbe mai arrivato in Cina, in quello stato.

Stringendo i denti, si calò dentro e lasciando cadere la testa indietro, si abbandonò all’abbraccio caldo dell’acqua. 
Finalmente, la tensione e la disperazione lo abbandonarono, e la sensazione fu talmente sollevante da fargli dimenticare per cinque minuti buoni il nome di sua madre. Non appena il dolore al ginocchio si calmò, perse quasi i sensi.

Poi accadde qualcosa che non si sarebbe mai aspettato: il fantasma dell’odore di lavanda gli salì al naso.  

Aprì di nuovo gli occhi. Appena la testa smise di girare, si guardò intorno, per cercare di capire a tutti i costi da dove provenisse. 
L’acqua era limpida, non aveva sali. E adesso che c’era dentro, la riconosceva quella vasca: ci si era rifugiato per non rivelare a Stede la sua intenzione di ucciderlo. 
Un attimo dopo gli aveva confessato di essere un assassino e un Kraken. E Stede non aveva battuto ciglio, assicurandogli la sua amicizia e tutta la comprensione di cui aveva avuto bisogno. 

Le lacrime gli appannarono la vista. Ed decise di uscire, di contenersi almeno fino a quando Roach non avesse finito con lui. Voleva e doveva impegnarsi anima e corpo a resistere. 

Riuscire a tirarsi fuori dall’acqua fu un miracolo, trascinarsi verso i vestiti, una fatica immane. 

Si asciugò alla meglio con il lenzuolo che aveva lasciato per terra e finalmente potè vestirsi. 
Quei panni erano infinitamente più comodi rispetto alla pelle che aveva sempre indossato. La camicia di cotone si adattava perfettamente alla sua figura e i pantaloni, sempre di cotone ma leggermente più pesanti, gli andavano a pennello.

L’odore di lavanda persisteva.

Sono definitivamente impazzito. Pensò Ed con disperazione, mentre percorreva la strada verso il divano.

Raggiunse a tentoni e ci si rannicchiò su, scoppiando inesorabilmente lacrime. 

Sentiva Stede ovunque. 

Dormì fino a che non scese la notte. 
Le lacrime si erano seccate sul suo viso stanco. 

Quel bagno gli aveva fatto un gran bene: si sentiva stanco, svuotato, apatico. 

Mesi addietro avrebbe pagato per non sentire niente come in quel momento. 

Facendo bene attenzione a non cadere, decise di alzarsi e uscire a prendere un po’ d’aria, ne aveva assoluto bisogno. 
Muoversi gli tornava estremamente difficile, e la strada per arrivare il ponte sopracoperta sembrava infinita. 
Incoraggiato però dall’ora tarda e dalla certezza che non avrebbe incontrato nessuno, recuperò gli stivali, arrivò fino alla porta della cabina e l’aprì. 
Il silenzio regnava sovrano, nella Revenge. 

Edward passò accanto a quelle che dovevano essere le cabine in cui alloggiava l’equipaggio. Man mano che avanzava, avvertì il russare di qualcuno, e degli ansiti che provenivano dalla stanza in cui erano soliti nascondersi lo scrivano e il suo strano fidanzato. 
L’ostacolo maggiore, comunque, furono le scale: le risalì lento come una lumaca, reggendosi al corrimano e trattenendo il fiato.   
Alla fine riuscì a sporgersi fuori e il vento lo salutò all'istante. 

La serata in effetti era decisamente gelida, ma le stelle splendevano incontrastate nella volta nera. 
Ed si diresse verso la poppa: ricordava di un angolo appartato sotto la coffa, in cui in passato aveva beccato più di un membro della ciurma a scambiarsi effusioni. 
Sperò che non ci fossero, e anche quella volta non rimase deluso. 

Proprio mentre stava per mettersi a sedere, avvertì dei passi provenienti dal ponte di prua. 
Appartenevano ad una figura alta e inconfondibilmente bionda. Credette di avere un’allucinazione, non poteva essere assolutamente vero. 
Tuttavia, il rumore sul pavimento di legno era reale. Persino il suo incedere era inconfondibile. 

No, non poteva essere.  

Era vivo. 

Stede  Bonnet era vivo e Edward Teach si trovava dalla parte opposta della Revenge con gli occhi sgranati e il cuore che batteva così forte da fargli credere che presto gli sarebbe uscito dal petto. 
__

Bellezze, 
come promesso a qualche ora di distanza (è praticamente l'una di notte, lol) ecco il capitolo! Mi spiace per l'orario astruso ma ci tenevo davvero a pubblicarlo! Spero che sia leggibile e quantomeno decente. Adesso manca davvero pochissimo al finale!  
Un saluto e presto! 
-gen

 

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Capitolo 7
*** Finale pt.1 ***


Buonsalve, bellezza!

Stavolta mi rivolgo a te direttamente. Non ti prenderò molto tempo perché non vedo l’ora che leggi. Giusto due cose: come avrai capito dai precedenti capitoli, ci sarà una discreta dose di slow burn anche in questo, ma abbi pazienza. 

Buona lettura. 

Ci si becchiamo alle note! 

Finale pt.1

"Jim." 

"Capitàn."

"Che cosa fai qui fuori così tardi?"

"Mio turno al timone. Buttons viene con te."

"Oh, giusto. Lucius mi aveva accennato ad una tregua..."

"¿Y tu?" Domandò bonariamente la Minaccia Letale. "¿Qué estàs haciendo aquí todo solo?"

"Ho dormito troppo.”

“Non è vero.”

“È così evidente?” 

Jim alzò un sopracciglio: il volto di Stede era segnato dalla stanchezza, i suoi occhi cominciavano a mostrare un contorno bluastro.  

“Per una volta volevo fare qualcosa di diverso dal piangermi addosso.” Disse.  “Precisamente, tentavo di lanciare questi." 

Stede allungò verso di ləi il pugno pieno di coltelli, facendolə ridere: glieli stava porgendo in maniera galante, come se tenesse in mano un grazioso bouquet di fiori.

"Perchè non la pistola o la spada?"

"Le pistole mi danno ancora il voltastomaco, invece con gli accoltellamenti sono a buon punto. Anche con la spada, credo. Inoltre, penso che padroneggiare questi cosi potrebbe essere utile, un giorno non lontano, per aiutare tutti voi in caso di pericolo."

Jimenez incrociò le braccia. "Fa' vedere."

Stede si posizionò di fronte al bersaglio distante circa due metri da dove si trovava, impugnando il coltello per il manico. 

Fece per alzare il braccio e lanciarlo, ma la voce di Buttons gli impedì di farlo.

"Faremo tardi, Capitano!" Annunciò. "E i gentiluomini sono sempre puntuali."

"Come darti torto..." Esclamò il biondo, per poi rivolgere a Jim uno sguardo apologetico. "Tornerò molto presto e mi dispiacerebbe disturbarti domattina, ma qui non c'è nessuno meglio di te. Mi insegnerai? Per favore?"

Jimenez non rispose: da quando era arrivata, aveva notato che una figura di nero vestita nascosta sul ponte posteriore li stava osservando dall’inizio. 

 "Ti darò del tempo per pensarci." Concluse Stede con un sorriso speranzoso dei suoi. "In caso accettassi, ti prometto che starò molto attento e che non ti farò penare troppo."

Adios, jefe.”

“Ciao. Mi raccomando, fa’ attenzione.” 

Jim annuí e la candida Olivia si posò dolcemente sopra la tesa del suo cappello. 

“Andiamo Signor Buttons! Tii illustro la strada.”

“Ti seguo a ruota, Capitano.” 

Il Pirata Gentiluomo e il timoniere percorsero la rampa in fretta e ben presto sparirono tra la folla che occupava il porto.

"Jimenez."

"Roach l’aveva detto ma io non ci volevo credere. Qué pasa, hombre?"

"Potrei chiederti la stessa cosa.” 

Jim si era avvicinatə al Capitano con aria sospettosa. Sembrava nervoso. “Todo bien?” 

“No. Sí. Non mi aspettavo di incontrarti, ma ora che sei qui mi scuso per la faccenda del Kraken…e per il colpo in testa."

"Olvìdalo. Te la farò pagar."

"Lo sapevo. Da te non mi aspetto niente di meno."

E invece, nonostante i suoi eccezionali riflessi, Ed si ritrovò a non poter reagire al pugno in piena faccia di Jim. 

"Merda..." si lamentò, coprendosi lo zigomo offeso. “Meeeerda.”

"Oh cazzo!" Olu era arrivato di corsa, giusto in tempo per vedere il Capitano rovinare a terra. "Jim! Ma che fai?!" 

"Vendetta." Spiegò semplicemente quell'ultimə con una scrollata di spalle.

"E gli dai un cazzotto mentre è ancora in questo stato?! Stede si infurierà, dopo quante le ha provate per tenerlo in vita!" 

Il cuore di Ed perse un altro battito alla sola menzione di Stede. 

"Lascia stare." Borbottò, cercando di arginare il dolore alla gamba e alla spalla, oltre che quello al volto. "Direi che me lo merito. In quanto a Bonnet, non c'è bisogno che sappia niente."

“Questo è molto gentile da parte tua, Capitano.” Disse Olu. 

"Io, sono statə gentile:" ribatté Jim, "gli ho risparmiato il naso." 

"E io te ne sono fottutamente grato, ma non ti azzardare a colpirmi mai più.” 

Ahora estamos pari.”

Olu scosse la testa esasperato e si chinò per aiutare l'uomo ad alzarsi. "Come ti senti, Edward-Signore?"

“Ti sembro un fottuto signore, ragazzo?" Domandò il pirata, adesso di nuovo in piedi. "Per quello che vale, mi scuso anche con te per…l’isola.”

“Ah, non ci pensare.”

“Dopo quello che è successo sono io, che dovrei chiamare signore te e La Minaccia qui presente. No, nel suo caso non credo che sia una buona idea."

"Infatti." Confermò Jimenez. "Non sono un signore nè una señora."

"Ecco, appunto.”

“Roach ha detto che ti ha trovato in piedi ma che non avresti potuto andare in giro prima della prossima luna piena..." Ricordò Olu, riportando la conversazione sul filo principale. “Posso osare chiederti perchè sei fuori dalla tua cabina con questo maledetto freddo?" 

"Prima di tutto, io faccio quello che cazzo voglio. E poi—" Ed ponderò se fosse il caso confessare ciò che gli ronzava in testa. Attese giusto di raggiungere nuovamente le sue stanze e soprattutto di essere seduto, per rivelarlo. 

"Che cosa c'è, Capitano?" Domandò cautamente Olu, sperando di non fare la fine di Lucius per essersi avvicinato troppo. 

"Mi annoio a morte." Ammise Barbanera. “Voglio essere messo al corrente delle ultime cose.”

"Be' vediamo..." Come poteva fargli capire cosa stava succedendo senza provocare l'ira del Kraken? Olu non era sicuro di potercela fare.

"Sputa il rospo, amico."

"Non posso farlo."

"Devo sapere cosa sta succedendo. Perché non siamo in movimento? Cosa cazzo ci facciamo ancora qui? Perché cazzo due elementi della ciurma mancano all’appello?” 

Boohdari chiuse forte gli occhi. "Stede…” 

“L’ho visto e sta bene.” 

“Sì, si è ripreso anche lui, almeno apparentemente…”

“Come sarebbe a dire–”

“È andato in un posto.”

“Dove.”

“Non lo so. So solo che ha offerto i suoi…servigi a qualcuno, in cambio di soldi."

"Lui ha offerto cosa!?” Sbottó Edward, con gli occhi sgranati. 

“No no no, ti prego non fraintendermi! Non è come pensi, hai capito male!” 

Ed si appoggiò pesantemente allo schienale. “Convincimi.” Esclamò preoccupato. “Hai usato delle parole ingannevoli. Non sono uno stupido, so esattamente quando qualcuno mi prende in giro.” 

“Non lo sto facendo.”

“No, infatti. Ma mi stai ancora nascondendo qualcosa…” Edward fissò Jim e poi buttò lo sguardo a terra. Era perfettamente consapevole dei motivi per cui Oluwande si ostinava a tacere. 

"Avevamo bisogno di soldi.” Rispose finalmente il ragazzo. 

“E questo l’ho capito.” 

“Stede ha trovato un modo per ottenerli legalmente.” 

"Legalmente?! Ma è pazzo? Siamo pirati, non della dannatissima gente onesta! Basta saccheggiare qualche nave e—"

"Stede si è proposto di guidarci all'assalto più di una volta, ma noi non potevamo farlo."

"È ancora così tremendo, a comandare?"

"No, anzi! Si è impegnato molto, nei mesi primache riuscisse a trovarti. È diventato assolutamente adeguato. Avrebbe potuto guidarci, ma tu sei ancora ferito e..."

"E debole." Concluse Ed con ringhio. “Cazzo..”

"Non fartene una colpa, Capitano. Stai recuperando anche troppo velocemente e mi chiedo se crollerai di nuovo a causa di questa tua uscita."

"Non parlare di me!” Ordinò Barbanera, più bruscamente di quanto volesse. Era vero, però: si era alzato prima del tempo, aveva recuperato i suoi vestiti senza alcun aiuto ed era riuscito a passare inosservato tutta la sera. 
Quando aveva visto Stede vivo e apparentemente indenne, per poco non era scoppiato a piangere di nuovo. 
Sicuramente, se non fosse stato per Jim, non avrebbe saputo trattenersi.

“Ci mancavano tante cose. Non avevamo la certezza che le navi che avremmo attaccato avessero potuto avere tutto, senza contare che non si vede una nave da settimane.
Con il metodo di Stede abbiamo recuperato praticamente tutte le provviste, risparmiando un sacco di tempo ed energie, ma sacrificando le sue. 
Ci dispiace fargli questo, purtroppo lui è l'unico abbastanza istruito per svolgere il lavoro."

Ed ci stava capendo sempre meno, spostava lo sguardo palesemente confuso e accigliato da Olu alla Minaccia. "Che intendi?" Chiese. Di qualsiasi cosa si trattasse, si sentì tremendamente inutile: lui di certo era tutto, meno che istruito. "Se non sta facendo quello che penso…allora cosa?" 

"Questo te lo dirà lui, se vorrà. Ciò che posso rivelarti, è che noi stiamo facendo la nostra parte rimettendo insieme la Revenge, in modo da renderla di nuovo sicura e poter partire appena possibile."

"Non avvenga mai più che mi nascondete qualcosa.” 

"Siamo stati solo fedeli al nostro Capo e intendiamo mantenere la parola. In quanto a te, troveremo un modo per non farti annoiare." 

"No. No, state facendo anche troppo. Perché non mi avete lasciato morire?" 

"Be' qualcuno di molto biondo e molto testardo non era d'accordo a lasciarti andare." 

"Ni nosotros." Assicurò Jim, facendo tremare il cuore di Ed: nonostante tutto, quella cricca di pazzi non lo voleva morto. 

"Io, vi volevo morti."

"Il Kraken, ci voleva morti.” Corresse Olu. “Edward ci ha salvati, alla fine."

"Vi ha salvati Bonnet."

"Ci avete salvato entrambi."

“Edward…non esiste più.” 

“Peccato. Mi stava davvero simpatico. Inoltre è davvero bello vederti pentito per le tue azioni, signor Kraken! Ci fa molto piacere." 

"Descansa, hombre." Disse Jim, seguendo il suo uomo fuori dalla cabina. "Torneremo a revisarte."

Roach era felice. 

La cambusa non era mai stata più rifornita, la sua fornace emetteva un calore piacevole mentre sfornava torte e metteva a punto gli ultimi dettagli per la colazione di quella mattina.
Sarebbero stati gli ultimi momenti al porto: Stede, tornato con Buttons alle prime luci dell’alba, aveva detto che il commerciante a cui aveva prestato soccorso, gli aveva regalato metri e metri di stoffa decisamente pregiata da condividere con tutti, come ringraziamento per il lavoro impeccabile svolto insieme a Lucius. 
Buttons, già che c’era, aveva scelto personalmente la strumentazione necessaria alla navigazione, quindi, l’ordine di togliere l’ancora sarebbe stato eseguito a fine giornata.
Aveva poi aggiunto, tutto felice, che riusciva a tollerare la luce del sole infinitamente meglio. 
Inoltre, il Capitano Teach sembrava di umore decisamente buono, cosa che aveva cominciato a preoccupare la ciurma.

Scrutava l’orizzonte da tutta la mattina, arrampicato sulle sartie che davano sul mare. 

Silenzioso e pensieroso, non aveva ancora incontrato Stede, nè gli aveva ancora parlato. 
Sicuramente non era al corrente  dei progetti riguardanti la partenza e ciò aveva portato gli uomini a speculare sui dettagli: dove si sarebbero visti, cosa si sarebbero detto e soprattutto se Edward sarebbe stato d’accordo a partire, in quanto Co-Capitano. 

“Ma è ancora, un Co-Capitano?” Chiese Lo Svedese.

“Non lo so.” Rispose Frenchie, smettendo di suonare una triade di bonghi: visto cheil suo liuto era irreparabile, per consolazione si era avvicinato alle percussioni. “Credo che Stede voglia parlargli in ogni caso.”

“Sicuramente non potrà, se continua ad ignorarci in questo modo.” Fece presente Black Pete. “Non dice una parola da quando ci ha salutati.” 

Edward non poteva credere che dopo tutto quello che aveva fatto, la ciurma si potesse preoccupare in quel modo per lui: non c’era stato nessuno, che non gli avesse chiesto “come stai, Capitano?” o “come va, Capitano?” o semplicemente “Buongiorno, Capitano” non appena era salito sopracoperta. 

Si era ritrovato così spiazzato che aveva farfugliato una risposta e poi si era voluto arrampicare per tenere a freno la vergogna e muovere un po’ il ginocchio e la spalla. 
Dopo un paio d’ora, constatò che starsene appollaiato lassù senza navigare era decisamente noioso. 

“CAPITANO!” Chiamò una voce dal basso. 

Edward si giró e vide un cuoco-medico decisamente indispettito ai piedi delle corde. “Non puoi stare lassù!! Scendi!” 

“Lascialo in pace, Roach!” Rise Lucius, smettendo per un attimo di disegnare. “Deve ingannare il tempo, in qualche modo e io avevo giusto bisogno di un modello decente da ritrarre!” 

“Trovati qualcun altro! Presto il sole sarà così cocente da dare alla testa! Lo ripeschi tu, se cade in mare?” 

“Potrebbe essere una divertente ironia della sorte!” 

Edward fissò entrambi per un lungo attimo, palesemente divertito, poi dovè costatare che il sole stesse diventando davvero troppo forte. 
La sua discesa fu accompagnata dall’elenco di tutti i motivi per i quali la sua arrampicata fosse stata una cosa stupida, oltre che pericolosa. 

Roach non smise di parlare finché Ed non ebbe nuovamente toccato il pavimento legnoso. 

Fece per andarsene, quando un’altra voce li raggiunse: “Buttons? Buttons, ho cambiato idea! Credo che sia il caso di levare l’ancora adesso e—“ 

A Edward cominciò a girare la testa e non a causa del caldo. Stede era a pochi metri da lui, bello come non l’aveva mai visto: i suoi capelli d’oro brillavano alla luce del sole ancora meglio di come lo facevano a quella della luna, ed erano più lughi di come ricordasse. La barba che adesso adornava la quasi totalità del suo viso, gIi aveva reso i tratti se possibile ancora più morbidi. I suoi occhi, sempre radiosi, erano invece incatenati ai suoi. 
Lo stava guardando come se si trovasse di fronte alla reincarnazione di un Dio. 

“Sei sveglio!” Riuscì a dire. 

“Sei vivo!” Ribatté Ed, tenendosi sempre saldamente alle corde. 

“Certo…” esclamò Stede. “Non sono più riuscito a parlarti a causa—“

“Non importa. Cosa stavi dicendo poco fa?”

“Che vorrei salpare. Adesso, se sei d’accordo.” 

Edward strinse le spalle, come se la cosa non lo riguardasse affatto. “Dai l’ordine.” 

“Fang.” Chiamò il biondo, senza voltare la testa. 

Il pirata fece per chinarsi immediatamente sull’argano, tuttavia si arrestò all’ultimo, attendendo la parola finale del suo Capitano…perché lui non rispondeva solo a Stede, ma anche a qualcun altro. 

Bastò il semplice sguardo di Edward, per farlo mettere a lavoro. 

Stede si impressionò, desiderando avere anche solo un briciolo dell’affascinate autorità che esercitava inconsapevolmente Barbanera. 

Non a caso, pensò, è il pirata migliore dei Sette Mari…

…e se ne stava andando. 

"Ed!" Esclamò allora il gentiluomo, riprendendosi. “Edward!” 

“Non chiamarmi così.”

“Scusami.” Stede non voleva sprecare neanche un’occasione facendo il codardo. "Forse non lo sai, ma...ho aiutato un commerciante con la burocrazia in questi giorni–"

"Burrocrazia? Che diavolo è?"

"Burocrazia. Cose noiose che ho studiato da ragazzo." 

"Ah. Buon per te."

"C’era un signore in difficoltà. Indovina qual era il mio lavoro?” 

Ed si accigliò: avrebbe potuto dire qualunque mansione conoscesse...poi ricordò che aveva a che fare con Stede Bonnet, e che Stede Bonnet era l'emblema dell'imprevedibilità. Non avrebbe indovinato in un milione di anni.

"Non conosco lavori noiosi." Disse, segretamente imbarazzato. "Non lo so."

Stede allora gli rivolse un sorriso compiaciuto e trionfante, uno di quelli che -se solo fossero stati in un'altra situazione- Edward si sarebbe tanto divertito a far sparire alla sua maniera, usando metodi che avevano ben poco a che vedere con il rancore che stava a tutti i costi cercando di provare e dimostrare.

"Non mi importa nemmeno." Decretò, dignitosamente imbronciato.

Allora il sorriso del biondo divenne ancora più grande e troppo doloroso da sopportare. 

Ed fece per andarsene definitivamente, aveva già compiuto il primo passo, quando sentì rispondere: "Il contabile."

Arrestò il suo incedere all'istante.
Nella sua mente riaffioravano ricordi di una serata molto elegante, in cui aveva compreso a pieno quanto Stede potesse essere letale con l'aggressività passiva. 

"Ti chiamavi Jeff?" Non poté fare a meno di chiedere, voltandosi di scatto. 

"Proprio così."

Edward tentò di salvare la sua solita facciata indifferente, mostrando un'espressione impassibile, ma più si tratteneva, più le sue mura si sgretolavano. 

Sentì uno strano calore salirgli dalla bocca dello stomaco per fermarsi sul petto, proprio dove il suo cuore batteva troppo forte. "E hai fatto i conti veri?"

"Puoi scommetterci! Ero Jeff. Il contabile!"

Quello era troppo. 
Un sorriso cominciò a tirare l'angolo delle labbra del Capitano, gli occhi gli diventarono pericolosamente lucidi e le spalle tremavano. 
Alla fine scoppiò a ridere. 
Forte. 
Di cuore. 
Ne aveva un bisogno disperato da quelli che sembravano dei secoli, se si fosse trattenuto oltre, si sarebbe sentito male. 

Stede nel frattempo era rimasto senza fiato per l'ennesima volta. 
Non potè fare altro che osservare l'uomo davanti a sé con palese meraviglia: non si era mai dimenticato il suo sorriso, e riascoltare la sua risata dopo tutto quel tempo, gli stava facendo salire le lacrime agli occhi.

Ed dovette appoggiarsi di peso al corrimano che fortunatamente trovò accanto a sè. Si teneva con una mano, mentre l'altra era sulla spalla ferita, che rischiava di aprirsi di nuovo a causa di tutti quegli scossoni. 
La testa invece era chinata verso il basso, lasciando i capelli sciolti a coprirgli la faccia, ma ormai era fatta: la metà della ciurma stava osservando discretamente da tempo. 

"Tu..." farfugliò, una volta che gli fu possibile articolare le parole. "Come osi dirmi queste cose senza prima avvisare?" Raddrizzò la schiena e i capelli si spostarono del tutto dal suo bel volto.

Una volta notato quanto fosse pallido, Stede smise di sorridere come un povero demente e divenne preoccupato. 

"Ti...ti fa male la ferita?" 

"No."

In realtà, Roach aveva consigliato a Ed di non ridere e non piangere proprio per cercare di prevenire qualsiasi problema con la sutura. 
E poi non era davvero la spalla, che gli faceva male. 

Era tutt'altro. 

Era qualcosa di più viscerale, che gli aveva attanagliato il corpo e la mente, un tipo di dolore che Ed non aveva mai provato prima e di cui già sapeva di non potersi liberare tanto in fretta.

Era il dolore di riavere Stede davanti agli occhi e non poterlo amare. 

"Sei davvero sicuro di stare bene? Mi sembri davvero dolorante–"

"E tu non mi sembri nella posizione di mettermi in dubbio, Bonnet."

"Non volevo."

"Certo, che non volevi. Tu non vuoi mai, giusto?" Ed si teneva al legno della nave con forza. I suoi occhi avevano perso ogni calore, la sua voce aveva assunto un'inflessione astiosa e velenosa. "Dico bene?!"

"Mi dispiace."

"Non importa."

"Non ho finito, aspetta.” Dichiarò Stede, mentre la ciurma si allontanava il più possibile. “Fermati.”

"Che c'è?!" 

"Risolvi con Izzy."

"Attento.” Scandì minacciosamente Edward. “Non sono ai tuoi ordini, io. E poi da quando in qua lo chiami Izzy?"

"Da quando è venuto a salvarti, zoppo e sotto i miei ordini. Cosa che lo ha infastidito immensamente."

"Sì...lo so."

"Non ti perdoneresti, se se ne andasse via così."

"Gli ho già chiesto di andarsene da almeno due mesi."

"Ma non può farlo." Stede sospirò, incredulo di starsi battendo per la causa di Izzy Hands. "Non ti lascerebbe mai. Sta aspettando che lo butti fuori di persona. E poi pensaci bene, dove potrebbe andare!? Ce l’ha un posto dove stare?"

"Stai insinuando che non saprebbe dove andare, se lasciasse questa lurida nave?! Non lo conosci affatto. Non è un ragazzino, lo conosce, il mare."

"Sto dicendo che a modo suo ti vuole bene...l'ho visto quando sei precipitato. Sembrava perso, senza di te."

"Be’...non ne sapevo niente." 

"Bugiardo. Lo sai, che tiene a te, lo sai bene!."

"Non può esserci nient’altro tra noi."

"Parla con lui," insisté Stede, "e cerca di perdonarlo. Non avresti più nessuno con cui dormire."

"Dormire?!" Edward era sconcertato. "Non ho mai scopato con Izzy, che cazzo!"

"Perdonami. È stato vergognoso, da parte mia."

"Cazzo, sì! E non hai alcun il diritto di insinuare con chi dormo o meno, quindi non osare mai più!"

"La cosa non cambia.” 

"Izzy non accetta quello che sono diventato. Vuole solo il Kraken."

"Perchè ti vedeva stare male a causa mia e non era giusto!"

"Lo accetteresti nella tua ciurma? Dopo tutto quello che ha fatto, lo vuoi di nuovo in mezzo ai tuoi uomini?"

"Lui ègià in mezzo ai miei uomini, che poi sono anche i tuoi."

"No." Ribatté Edward. "E non credo minimamente che loro sarebbero d'accordo, se proprio vuoi saperlo."

"È il tuo migliore amico! Ha sbagliato e in qualche modo anche tu hai sbagliato con lui. So che in fondo vuoi perdonarlo e basta."

"Fottutamente arrogante. Non sai niente."

"Allora vai, mandalo via."

"Quando lo riterrò opportuno."

"Tu non ce la fai." Fece presente Stede. "Perchè gli vuoi bene e perchè non puoi fare lo stesso errore che ho fatto io con te."

“Non aprire quel discorso.” 

“Invece dovremmo parlarne! Non capisci? Non risolveremo mai il passato, se continuiamo così. Sarà una tortura!” 

“Per te!” Ribatté beffardo Barbabera. “Io torturo la gente da quando avevo tredici anni. Sono abituato.”

E a quello, Stede fu totalmente incapace di rispondere. 
Osservò il Kraken andarsene, reprimendo con tutte le sue forze il desiderio di aiutarlo a camminare. Era davvero tanto difficile vederlo muoversi tanto a fatica, ma ancora una volta, ciò che aveva fatto più male al cuore di Stede, erano state le sue parole. 

Da quella conversazione cambiarono molte cose: i due Co-Capitani cercavano ogni modo di stabilire un equilibrio, se non altro, per non far preoccupare la ciurma.

Stede ascoltava i piani di navigazione che Buttons concordava ogni giorno insieme a Izzy o a Edward, e Edward aveva espressamente dato l’ordine che qualsiasi cosa Stede dicesse, dovesse essere eseguita anche senza la sua parola.

Quindi, come prima cosa, il biondo stabilí che Izzy Hands dovesse essere integrato ufficialmente nella ciurma. Il suo ruolo ancora da definire. 

Di contro, Barbanera aveva promosso Oluwande a nostromo. 

Dopo giorni di silenzi forzati ogni volta che si incrociavano durante i pasti o erano dalla stessa parte della nave, la situazione diventò insostenibile. 

Edward si era chiuso nuovamente in se stesso.

Stede era annichilito, malgrado non volesse darlo a vedere. 

Una sera, la ciurma si accordò per prendere il loro Capitano di sorpresa. 

Erano tutti riuniti in cambusa, a consumare la cena. 

Edward stanco di sentirsi inutile, aveva insistito ad avere il turno al timone proprio in quel momento. Quando invece non gli spettava, mangiava nella sua stanza. 

Il biondo, invece, cenava volentieri insieme all’equipaggio.

“Allora.” Esordí Lucius, dopo che tutti ebbero finito di mangiare. “Come andiamo, Stede?” 

“Bene.” Esclamò in diretto interessato. “Non c’è niente che non va.” 

“Non ci crediamo.” Disse Wee John. “Non si dicono, le bugie. Tu sei triste.”

“Se fossi stato il ragazzino di legno ti sarebbe cresciuto il naso fino alla porta.” Aggiunse Lo Svedese, suscitando l’approvazione generale. 

“Ragazzi, io—“

“Basta con questa merda, Capo.” Sbottò Black Pete. “Sono quasi due settimane che sei uno straccio e non hai detto niente. Quando c’è un problema, che cosa facciamo? Ne parliamo…?”

“…come una ciurma.” Rispose automaticamente il Capitano.

“Ecco, bravo.” Esclamò Lucius con fare pragmatico. “Partiamo dall’inizio. Che cazzo è successo, dopo l’Atto di Clemenza?” 

Stede non ebbe altra scelta che rispondere. “Ci hanno portati all’Accademia Reale. Siamo rimasti giusto qualche ora...poi abbiamo stabilito di fuggire in Cina. Non posso dire di esserne stato completamente convinto: per quanto volessi farlo, sentivo che c’era qualcosa di profondamente sbagliato…non potevo dirlo a Ed. Lui era così ansioso di partire che non ho proprio potuto dirgli di no. 
Mi aveva dato appuntamento al molo la notte stessa.”

“È stato allora, che hai pensato di tornare a casa tua?”

“Non proprio. Ma non è stata quella la sola ragione per cui vi ho lasciati. Dovevo sistemare delle cose della mia vecchia vita, prima di poter intraprenderne una nuova...poi è accaduto qualcosa, il pomeriggio appena prima della mia fuga.”

L’equipaggio emise una “aaaaaah” consapevole. 

“Credevamo che Barbanera fosse particolarmente arrabbiato con te per via dell’abbandono!” Continuò Roach. “Invece c’era qualcos’altro, sotto!”

Caramba!” Fece eco Jim. “Qué verguenza, Stede!”

“Cosa significa?” Chiese il biondo, confuso e enormemente imbarazzato.

“Scusa Capo,” disse Lo Svedese, “siamo noi che facciamo le domande, ora.” 

“Non dirmi che siete andati…”

“In Cina? No, Lucius, mi sembra ovvio che non siamo più partiti!”

“Che c’entra la Cina! Ti stavo chiedendo se avete scopato!”

Il gentiluomo rimase a bocca aperta. “Io...io—”

“Ehi! Non mi dire che avete fatto sesso e poi te ne sei andato, perché altrimenti ha ragione lui!”

“Ma come ti viene in mente una cosa del genere! Io non—noi non abbiamo affatto sc—non siamo andati a letto!”

“Allora com’è possibile che fosse così infuriato con sé stesso?” 

“Lo era?” Domandò Stede, sull’orlo delle lacrime.

“Oh, sì.” Confermò Lo Svedese.

“Non siamo andati a letto.” Ripetè malinconicamente il biondo. “Tutt’altro! Voglio dire…è stato solo un bacio.”

“LO SAPEVO!!” Esultò Lucius. Ormai si sentiva completamente coinvolto. “Lo sapevo che ce l’avrebbe fatta a baciarti! Dannato polipo incazzato, è da quando eravamo a St. Augustine che ti puntava!” 

Y tu?” Chiese inaspettatamente Jim.

“Ho cercato di ricambiare. Mi aveva preso alla sprovvista, se devo essere sincero. Nessuno, mi aveva mai baciato di proposito.”

“Be’, este non fa la diferencia.” 

“Lo so. Quello che ho fatto grave...anche io sarei molto arrabbiato, se la persona che bacio sparisse senza alcun preavviso.”

“Edward non era proprio proprio arrabbiato, all’inizio.” Precisò Olu. “Era per lo più molto triste…diciamo un relitto ambulante.”

“Depresso.” Precisò Lo Svedese.

“Decisamente depresso.” Confermò Black Pete. 

“Ci ha pensato Izzy a farlo incazzare per bene, in compenso!” Accusò Roach. “Piccolo bastardo!”

“Ne sei sicuro?” Domandò Stede con ritrovata furia.

“Non del tutto. Però scommetto tutte le arance che ho, che è stato lui!”

Il biondo decise di rimandare la questione. “Sono davvero dispiaciuto, per come sono andate le cose…per tutto quanto.”

“Allora devi andare da lui.” Incalzò Frenchie. “Da Ed. Devi chiarire. Mostrargli bandiera bianca, insomma!”

“Bandiera...bianca?” 

“Sì.” Insisté il menestrello con tono ovvio. “Vai lì, in pace.”

Stede divenne ancora più confuso. “Non voglio mica fargli la guerra!” 

“Tu mostragli bandiera bianca e poi potrai fargli tutto quello che vuoi!” Ammiccò Lucius con malizia.

“Non so più cosa dire. Credevo di essere stato chiaro durante i combattimenti. Gli ho confessato letteralmente tutto ciò che sento per lui...”

“E tu credi che ti abbia creduto o capito?” Chiese Oluwande. “Quell’uomo era ubriaco per la stragrande maggioranza del giorno, da quando te ne sei andato!” 

“E poi non puoi confessargli i tuoi sentimenti e fare finta di niente subito dopo!” Aggiunse Wee John. “Persino io so che non si fa!” 

“Hai ragione. Avete tutti ragione. Ci proverò di nuovo.” 

“Tu ci riesci.” Puntualizzò Jim. “E poi ritorni a parlare con nosotros.”

“Non appena sarà pronto per parlare lo farò.” 

“A proposito di questo,” tossicchiò Roach, facendo finta di pulirsi le unghie con la lama appuntita della mannaia, “dovresti proprio andare.”

“Cosa? Adesso? ”

“Lui ha atteso por settimane, quando te ne sei andato. Non è salpato subito.” Rivelò Jim. “Ha organizzato quel talent show e altre cazzate per temporeggiare. Ora sappiamo che era perché in qualche modo sperava che tornassi. Ti ha aspettato anche troppo. Vai.”

Il gentiluomo annuì convinto. 

Attraversò la stanza e percorse il corridoio senza esitare. 

Una volta a destinazione, alzò il pugno verso la porta, determinato e impegnato ad ignorare la presenza e le risatine eccitate della ciurma che ancora si trovava alle sue spalle: l’avevano accompagnato per assicurarsi che non tornasse indietro.

Ora o mai più, pensò.

Dopo aver inghiottito a vuoto un paio di volte, si decise a bussare.

“Ed?—Capitano?” Si corresse immediatamente, chiudendo forte gli occhi. “Permesso?”

Nessuna risposta dall’altra parte, così il biondo varcó direttamente la soglia della stanza. 

Tentò di mostrarsi sicuro di sé, di non perdere quel poco di fiducia che aveva. Riuscì a non arrestare il suo incedere per un po’, almeno finché non fu di fronte al sofà che era diventato il letto di Barbanera.

Lo vide sdraiato, con la testa graziosamente reclinata verso la spalla ferita. Sembrava triste come l’inferno.

Edward si lasciò studiare e non proferì parola: benché sapesse che quel momento sarebbe arrivato, non sapeva proprio come riuscire ad affrontare di nuovo Stede Bonnet da sveglio, senza crollare e senza rendersi pateticamente ridicolo. 

Stede, dal canto suo, non sapeva se a quel punto fosse davvero il caso di disturbare. Evidentemente, Ed non aveva ancora voglia di starlo a sentire…ma avesse atteso ancora a parlargli, sarebbe morto.  

“Bandiera bianca.” Dichiarò timidamente. 

Fu allora, che il Kraken alzò la testa. 
I suoi occhi avevano completamente perso la vacuità dei mesi passati, in cui la sua mente era annebbiata e la sua anima infuriata.
Attese un altro istante, ponderando quelle parole e il loro significato intrinseco, che purtroppo al gentiluomo continuava ancora a sfuggire del tutto. 

“Vengo in pace.” Aggiunse. “Io…voglio risolvere la faccenda una volta per tutte, per favore.”

“Sto ascoltando.” Disse Edward, con una voce profonda e graffiante, che per qualche strano motivo fece ribollire il sangue nelle vene di Stede. 

“Sono stato inqualificabile con te. Sono qui per porgerti le mie scuse propriamente e formalmente—"

"Non occorre." 

"Sì, che occorre! Eri arrabbiato. Magari lo sei ancora."

"Ero molto arrabbiato...” ammise Ed, tenendo le mani sul torace. “Il fatto è che non mi merito tante scuse. Non sono stato meno orribile di te…”

Stede non si sarebbe mai aspettato quell’ammissione. Cadde a sedere accanto alle sue gambe, passandosi una mano il ponte del naso e chiudendo gli occhi dal sollievo. 

Edward inalò immediatamente il suo profumo di lavanda e trasse un respiro profondo per rimanere calmo. "Io...avrei dovuto capire, se volevi andartene. Dovevo accettarlo anche senza che tu mi spiegassi niente, quindi sappi che sei libero di farlo in qualsiasi momento tu voglia. 
Per quanto può valere la promessa di un essere orribile come me, ti do la parola che rispetterò qualsiasi decisione tu prenda e me ne farò una ragione.“

"La tua parola vale tutto. E non sei affatto orribile.” 

“Buono a sapersi.”

"Non pensare così poco di te stesso. Non sei tu, quello da biasimare.”

“C’è ancora una cosa che non sono riuscito a capire." 

“Sono qui per ovviare a tutti i tuoi dubbi. Parlami, te ne prego.”

“Ho fatto tutto quello che ho fatto perché ho creduto che fossi…andato.” 

Stede sbattè le palpebre un paio di volte. “Io me ne ero andato!”

“Non andato in quel senso!!” Ed si sentì uno stupido. Avrebbe mai imparato ad esprimersi bene come Stede? “Insomma, mi avevano detto che eri fottutamente morto. E io ho perso la testa. Completamente.” 

“Chi è stato?” Chiese il biondo. “Chi te l'ha detto?”

“Fang e Ivan. Mi ero immaginato che saresti tornato a terra, quindi li ho mandati a scoprire qualche informazione. E no, non ti azzardare a guardarmi così: ero incazzato a morte, ma anche preoccupato perché ancora mi importava di te.”

“Allora è vero, che non sei ripartito subito. Hai cercato di me fino ai Caraibi?!”

“Sì.” 

“Sono lusingato, va’ avanti.” 

“Lusingato un corno! Quando sono tornati hanno detto che ti aveva divorato un leone senza criniera, che fossi completamente ricoperto di sangue e a un certo punto ti è anche caduto un masso dalla forma strana addosso.” 

“Non era un masso.”

“Quello che cazzo era, non è importante. Ti aveva ucciso.”

E lui, immaginandoselo, aveva avuto gli incubi per tre settimane di fila. 

“Ascoltami.” Disse Stede con dolcezza, attirando lo sguardo del pirata su di sè. “Non mi ha ucciso nessuno, come puoi vedere. Era una perculata.”

“Che cazzo dici!?”

“Una perculata.” Spiegò il gentiluomo. “Mary mi aveva dichiarato morto dal secondo giorno in cui ho lasciato la proprietà. Ho dovuto rivederla un’ultima volta.”

“Mary…” Ripetè Ed. 

“Mia moglie.”

Ecco chi era la donna che Stede invocava nel sonno, la prima volta in cui gli aveva salvato la vita.

“Tu...te ne saresti andato per tornare da tua...moglie?!” 

“Sì. E per intenderci, l’unica cosa che ho in comune con lei sono i nostri bambini.”

Ed alzò un sopracciglio, tentando suo malgrado di immaginare l’aspetto di un piccolo Stede che correva ovunque. 

“Sono tornato a casa perché ho abbandonato anche loro. Li ho lasciati per un mio capriccio e non potevo salpare con te per la Cina senza prima aver risolto e chiuso quel periodo della mia vita.
Ma ho sbagliato. Di nuovo. Perché nel tempo in cui io sono stato con te, Mary si è rifatta una vita.”

“Sorprendente.”

“A chi lo dici! Era infinitamente più felice, senza di me. Ha anche tentato di uccidermi nel sonno.” 

“Ha fallito.” 

“Me ne sono accorto. Poi abbiamo parlato, siamo diventati amici e con il suo aiuto ho ingannato una città intera facendo credere a tutti che fossi morto una volta per tutte e dando finalmente a lei la possibilità di vivere come vuole e merita.” 

“Tu ti sei inventato tutta questa storia per—” 

“Per te. Perché a quel punto sarei potuto tornare da te come un uomo libero.” 

Lo spettro dell’orgoglio passò fugacemente sul volto di Barbanera. “Tu sei completamente pazzo.”

“Io sono un vile e un egoista, Edw-Capitano. Avevi ragione su tutta la linea a dirlo e a ripeterlo. Ma di una cosa devi dubitare e cioè che io ti abbia lasciato di proposito senza dirti niente.”

“E allora perché…” Ed non riuscì a terminare la domanda. Non voleva assolutamente che la sua voce si rompesse. ”Perché?”

“Ho cercato di dirtelo per tutto il tempo…quella notte, non è stato il tuo amico a svegliarmi, ma Chauncey Badminton con la canna della sua pistola. Mi ha trascinato fuori dall’accademia, nel bosco poco distante e ha cominciato a delirare. Prima mi ha incolpato giustamente della morte di Nigel, poi ha detto una cosa che mi ha colpito molto e che ho creduto fin troppo vera: non faccio altro che rovinare la vita a chi mi sta intorno. Compresa la tua.” 

“La mia?” 

“Ti volevi assumere la colpa di un crimine che chiaramente non hai commesso, riuscendoci. Per me. 
Hai accettato di smettere di fare il pirata e servire il Re senza nessun rimpianto. 
Per me. 
Ti sei addirittura tagliato la barba e hai rinunciato alla tua libertà per aiutare me. Non era giusto. Mi sono sentito così male, così in colpa, per averti rovinato.”

Qualcosa dentro Edward cominciò a sciogliersi, a quelle parole. Momentaneamente pentito di aver rifuggito lo sguardo di Stede fino a quel momento, si tirò a sedere di scatto, in modo da fronteggiarlo. 

“Aspetta, fermo!” Esclamò il biondo, notando la smorfia di dolore sul suo volto. “Piano, ti salteranno i punti!” Lo afferrò delicatamente per la spalla sana, riaccompagnandolo con lentezza sui cuscini. 

Per un lungo istante non parlarono, tesi entrambi come corde di violino.

“Come hai potuto dare retta a quell’uomo con il nome da imbecille?!” Chiese Teach, rompendo il ghiaccio per primo. Aveva il fiato corto sia per il dolore, sia per le lacrime trattenute a forza: l’ultima volta in cui avevano avuto un contatto fisico di quel tipo, Stede era ferito a morte tra le sue braccia. “Tu non mi hai rovinato la vita standomi accanto. Hai fatto esattamente l’opposto! Io ero me stesso, mentre eri in giro! Io accanto a te ero Ed. Solo Ed.

“Ero così cieco, in quei momenti! Non sapevo minimamente che cosa avessi e quando invece ho cominciato a capire quanto significhi per me, quanto valore ha la tua esistenza per me, non ho potuto sopportare di essere la tua rovina perché io…io provo troppe cose. Ho preferito andarmene, piuttosto che farti del male.”

“Ah. Visto che la cosa mi riguardava -e ancora a quanto pare mi riguarda- non hai pensato, che cazzo ne so…di venire da me e parlarmene?” 

Il “come una ciurma” era sottinteso.

“Avrei dovuto. E lo stesso vale per i ragazzi. Non ho pensato affatto a loro. Credevo di lasciarli in buone mani, invece—”

“Invece li hai lasciati nelle grinfie del Kraken.”

“Se fossimo rimasti in accademia o partiti per la Cina li avrei lasciati con Izzy, e scusami se te lo dico, forse sarebbe stato peggio. Dal momento in cui volevamo scappare, dovevamo almeno chiedere loro se volevano salpare con noi o quantomeno avvisarli. Se lo meritavano.”

Ed sospirò, stringendo la coperta fino a farsi sbiancare le nocche. Era vero. Gli costava ammetterlo, ma Stede aveva ragione anche stavolta. Avrebbe dovuto trovare un modo di sistemare le cose con l’equipaggio. Assolutamente. Ci avrebbe pensato poi. 

“Ho gettato via le tue cose perché mi ricordavano te.” Disse, momentaneamente incapace di trattenersi. “Da quando sei partito, ovunque mi voltassi sulla nave ti vedevo in ogni maledetto angolo, cortese e sorridente come quando ti ho conosciuto. 
E non volevo. Dio, non volevo sentire niente di tutti i fottuti sentimenti che provavo."

Il cuore di Stede sprofondó nel sentire quell’ultima frase. 

Non prova più niente

Fece del suo meglio per rimanere impassibile e dare modo all’altro di continuare. 

“Mi sono sentito ridicolo, su quel molo. Non mi ero mai vergognato tanto. Nessuno mi aveva mai preso in giro così deliberatamente...nessuno aveva mai osato.”  

“Lo so, e non sai quanto mi addolora sentirtelo ripetere. Non avrei mai voluto farti tutto questo.”

“Io vorrei poterti dire il contrario, ma ti mentirei, dato che ti odio a morte.” 

“Mi va bene lo stesso, Edward. Posso chiamarti Edward?”

“Dipende. Siamo sempre in guerra?”

“No! No, per favore!” 

“Bene. Ora vedi di muoverti a imparare a fare il Capitano come si deve. C’è bisogno di te, qui, soprattutto hanno bisogno i tuoi uomini.” 

“A proposito dei ragazzi, avrei una proposta.” 

“Quale?”

“Non sapevo la prima cosa di come si governasse una nave e si gestisse una ciurma, prima di conoscerti. Mi hai insegnato tutto quello che so. Se non riuscissi a rivendicare la Revenge te li affido.”

Rivendicare

Ed si sorprese. Significava che presto o tardi se la sarebbero contesa: in altre circostanze, la permanenza di Stede a bordo sarebbe stata considerabile come minaccia, visto che nessun Capitano aveva mai approvato il suo arrivo.

E c’era dell’altro, in quelle parole: erano un lascito. 

Comunque fosse andata la questione, Stede stava dicendo che sarebbe stato ben felice di lasciare a Edward tutto quello che aveva, persino la sua stessa famiglia. 

E tutto ciò era di molto improbabile, considerato ciò che Edward aveva fatto.

No, non poteva essere vero, in alcun modo.

Barbanera attese che Stede si mettesse a sorridere, per indicargli che stesse scherzando, ma non avvenne.

“Questa è l’idea più fottuta che abbia mai sentito e ti assicuro che in vita mia ne ho ascoltate almeno un milione. Non hai bisogno di prendermi per il culo in questo modo, quando ti ho già detto che mi va fottutamente bene se te ne vai e basta–”

“Ho finito di scappare, Ed. Questo è un piano ragionato.”

“Stronzate.”

“No! Non posso dare alla ciurma ciò che potresti dargli tu, se volessi.”

“Ovvero?”

“Avventura, azione, soddisfazione. Non sai quanto sono stati felici di essere stati ai tuoi ordini. Ci ho pensato tanto: Oluwande un giorno mi ha detto che alcuni di loro sono pirati perché non hanno avuto altra scelta. 
Io ho voluto giocare a fare il pirata perché ero ricco…e di certo i soldi non mi hanno reso un buon Capitano. Non sono neanche certo di essere un pirata, a questo punto.” 

“Avevo totalmente indovinato sulla tua ciurma sin dall’inizio.” Ammise Ed. “Sono ragazzi in gamba, uno più dell’altro, sarei sinceramente felice di considerarli miei, anche se adesso è troppo tardi per proporglielo. Sai, credo che pensino tutti che sono pazzo oltre che stronzo.”

No, ti stimano. Avrebbe voluto ribattere Stede. Ti ammirano e si preoccupano per te.

“Quindi adesso sarei diventato un guardiano di pazzi?” Chiese invece, con l’accenno di un sorriso ad alzargli gli angoli delle labbra. 

Edward non lasciò mai i suoi occhi. “Sei diventato qualsiasi cosa tu desideri essere, Capitano Stede Bonnet. Barbagialla. E gli uomini decideranno per conto proprio con chi imbarcarsi o se smettere di farlo del tutto. Ora va’ via.” 

Stede si alzò, carezzandosi la barba sul mento per un breve istante. 

Barbagialla… pensò emozionato, retrocedendo verso l’uscita. Potrei abituarmi.

“Oh! Ed?” Chiamo poi a metà strada. 

Era così bello, poter pronunciare di nuovo il suo nome! Non ce la faceva più a chiamarlo Capitano. 

“Che c’è?” 

“Siamo in pace anche per…per l’altra cosa?”

“Nulla è cambiato.” 

“Mi odi sempre, anche ora che sai tutto.” 

“Sì. Vattene di qui.”

Stede fece per lasciare definitivamente la cabina. Nell’afferrare il pomello, si rese conto con terrore che la porta era rimasta socchiusa.

Sbirciò fuori: la ciurma intera non si era mossa di un millimetro. 

Allora uscí in fretta, lasciandosi definitivamente la cabina alle spalle e guardando gli uomini con enorme disappunto. Li avrebbe sgridati, da quanto era infuriato, tuttavia non poté dire niente: piangevano tutti. 
Lo Svedese si stava asciugando il naso, soffiandolo in continuazione su un grazioso fazzolettino ricamato, sulle guance di Black Pete c’erano due lacrime enormi, Buttons stringeva delicatamente Olivia al petto, così come Roach stava abbracciato al suo librone di ricette segretissime. 
Frenchie si era asciugato il viso in fretta, ma le sue labbra tremavano. Lucius ancora singhiozzava. Wee John, Olu e Jim avevano gli occhi lucidi.

“Voi…voi avete origliato?” Stede era costernato da cotanta sfrontatezza. “Avete ascoltato tutto?” 

“Ogni singola parola!” Rispose Fang in lacrime. 

“Quelle erano…le parole più belle che abbia mai sentito!” Riconobbe il menestrello. “Dovrò comporci su una melodia d’amore! Anzi, meglio: una ballata epica!” 

“Che cosa?! No, no, Frenchie—” 

“Sapevo che il Capitano ti piaceva, ma non avrei mai creduto che ti piacesse così tanto, Capo!” Intervenne Black Pete. 

“È…è stato bellissimo, Stede.” Mormorò la voce commossa di Oluwande. 

Muy valiente.” Confermò Jim, con il cappello volutamente calato sugli occhi. “Tieni todo el mi respecto.”

“E quello di tutti noi.” Fece eco Lucius, riferendosi al resto dell’equipaggio. “Barbagialla, eh?! Adesso abbiamo capito perché ci hai lasciati…e sei perdonato. Non ti lasceremo.”  

“Oh, grazie, cari. Avervi di nuovo significa più di qualsiasi cosa per me.” 

“Ora ti manca solo Edward.” 

“Be’ con lui…è stato inutile, l’avete sentito anche voi, come la pensa.” 

“Le cose più belle accadono con il tempo, Capitano.” Proclamò solennemente Buttons.

“Già!” Asserì Pete, fissando in cagnesco la porta chiusa della cabina. “Dagli tempo di ricordarsi che sei solo saltato giù da un maledetto strapiombo con una pallottola in testa per salvarlo!” 

“E aspetta che venga a sapere che non l’hai lasciato un attimo da quando l’hai riportato qui sulla Revenge!” Aggiunse Lucius a voce volutamente alta.  

“Non osate dirgli niente, per favore. Il  signor Buttons non ha tutti i torti...devo avere pazienza, anche se probabilmente mi considerava davvero, come una mera distrazione."

"...ed ecco che tornano i complessi di inferiorità!"

"Hai ragione, Lucius." Stede lasciò andare un sospiro pesante. Era esausto. "Olu, per cortesia, dai un'occhiata tu alla nave per un po', puoi farlo? 

"Sì, Capitano!"

"Io me ne vado a dormire."

E quello che avvenne il giorno dopo, fu forse il risveglio più rumoroso che i due capitani potessero vivere. 

Stede riconobbe il suono dei cannoni immediatamente. 

Ed volò direttamente giù dal divano. 
Gli ci volle una vita per arrivare in coperta, ma quando ce la fece, notò una confusione incredibile tra i membri dell’equipaggio. 

“Dov’è Stede!?” Domandò ad alta voce, ristabilendo la calma. 

“Sono qui!!” Esclamò il biondo, apparendo alle sue spalle. 

“Che ci fai lì?” 

“Stavo venendo a cercare te—BUTTONS PER L'AMOR DI DIO, GIRA SUBITO LA NAVE!” Stede indicò un punto preciso davanti a sè: fu troppo tardi. Una palla di cannone esplosova sfondò la balaustra e parte della fiancata destra della Revenge. 

“QUESTA È GUERRA.” Gridò Izzy. 

Ed annuì. “Tu, Jonathan!” 

“Mi chiamo Wee John, Capitano!” 

“Diamine!” Avrebbe dovuto seriamente mettersi ad imparare i nomi dei componenti dell’equipaggio. “Wee John, ragazzo, hai un talento straordinario con il fuoco. Vieni con me!” 

“Cosa facciamo, signore?”

“Ti insegno come si spara!” 

“Edward!!” Stede era incredulo. “Non vorrai combattere!”

“Posso e lo farò. Urge una battaglia e voi i cannoni non li sapete usare!” Ed spezzò le proteste del suo Co-Capitano sul nascere, voltandogli le spalle. 
Il discorso era chiuso, non c’era tempo per discutere. 

Ogni membro della ciurma corse al proprio posto di combattimento. 

“Izzy, aiutami.” Esclamò Stede, sperando che nessuno si facesse male. 

Hands annuì e l’attacco ebbe inizio.

Wee John e Jim, che si era aggiuntə all’azione poco dopo, davano fuoco alle polveri senza sosta. Ed non solo comunicava loro la direzione e l’inclinazione che dovevano usare, addirittura sparava insieme a loro. 
Ivan e Fang rifornivano i cannoni, sporcando le munizioni con della pece infiammabile aiutati da Stede. 
Lo Svedese e Black Pete si occupavano delle vele. 
Lucius e Olu, in caso di abbordaggio, avevano l’ordine di sparare addosso a chiunque si avvicinasse al timone. 

Izzy comunicava le coordinate a Buttons, il quale, -finalmente- riuscì a girare la nave in modo da non essere bersaglio facile e poter schivare meglio le cannonate a fuoco incrociato. 

Ognuno, infine, ebbe il suo ruolo. Stede si meravigliò di come, sotto ordini precisi, la ciurma funzionasse alla perfezione, come gli ingranaggi di un orologio. 

“ASPETTA!” Gridò Ed dopo ore, fermando Wee John dallo sparare l’ennesimo colpo. 

Stede fece segno di avvicinarsi, e la ciurma si affacciò immediatamente alla balaustra integra. 

Il galeone davanti a loro, già a fuoco, affondò prima del tramonto. 

Quando Edward Teach aprì gli occhi era già notte inoltrata. 

Aveva un incredibile male alla di testa e pochi ricordi confusi di come fosse riuscito a trascinarsi nella sua stanza mentre l’equipaggio intero festeggiava la vittoria. 

La gioia di quel ragazzo, Wee John, invece se la ricordava bene. Non aveva mai incontrato nessuno che si divertisse tanto a sparare con un cannone. 
La mira di Jim era stata incredibile: almeno un quarto del fuoco sulla nave nemica era stato merito suo. 

A pensarci, Ed non poteva fare a meno di sentirsi felice di aver insegnato qualcosa a qualcuno. 

Assetato, si alzò con lentezza, constatando che, stranamente, stare in piedi fosse meglio che stare seduto e trovò l’oggetto delle sue ricerche senza neanche accendere la candela. 
Arrancò fino al tavolo, bevve direttamente dalla brocca, svuotandola, senza fare caso a quanta acqua si buttasse addosso nel processo.
Era troppo di buonumore per rimproverarsi a riguardo. 

Soddisfatto, tornò indietro con l’intenzione di cambiarsi almeno i vestiti. Lasciò quelli sporchi di polvere da sparo sul pavimento e afferrò quelli nuovi, posti sempre sulla cassa.

Prima che potesse infilarsi di nuovo gli stivali, Ed notò che qualcosa era caduto sul pavimento. Sembrava un fazzoletto di stoffa.  
Si inginocchiò per raccoglierlo e non appena lo toccò si ritrovò senza fiato: era seta. 
Non gli serví alcuna luce per indovinare di che colore fosse. 
---

Niente, ho capito che per questo finale avevo scritto così tanto che non mi sono regolata.
A prestissimo con la parte due! 
-gen

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Capitolo 8
*** Finale pt.2 ***


Finale pt.2

 

Non riusciva a dormire. 
Aveva festeggiato con la ciurma finché non erano crollati tutti per la stanchezza. E benché non fosse meno stanco, Stede non era mai riuscito a prendere sonno. 
Il suo cuore era agitato alla visione di un Edward zoppicante che rischiava la vita in prima linea. Ogni colpo sparato, ogni cannonata ricevuta, era stato in apprensione tremenda e non aveva avuto pace finché non era salito il silenzio. 

Un bussare sommesso attirò la sua attenzione: a quell’ora indegna doveva essere per forza Lucius che gli chiedeva il cambio al timone. 
Si alzò in fretta e si diresse alla porta senza neanche curarsi di mettersi la vestaglia, tanto era stanco. 

"Ed!?" Esclamò sorpreso, quando se lo ritrovò davanti. “Che cosa succede?” 

"Niente!” Sbottó il pirata, entrando prepotentemente dentro la stanza. “Mi spieghi come faccio a odiarti adesso?" 

Quello era il discorso più sconclusionato che Stede avesse mai sentito. "Edward." Scandì con serietà estrema, più di quanto avrebbe voluto. "Qual è il problema?"

Parlarne insieme come una ciurma…

"Tu!" Ed gli sventolò la seta rossa davanti al volto, e a quel punto fu il gentiluomo ad andare nel panico: tutto si sarebbe aspettato, meno che quella reazione.“Tu, sei il mio problema!”

"Oh…non avrei mai voluto sconvolgerti di nuovo–" 

"Non sono sconvolto!" 

Stede decise di non replicare, limitandosi ad alzare un sopracciglio e chiudere la porta dietro di sé. 
Osservò Edward avanzare verso l'unica zona di luce presente della stanza, davanti al letto. Teneva il pezzo di seta a mani giunte e con una delicatezza disarmante, quasi come avesse paura di vederlo scomparire, se solo l'avesse stretto di più.

Stede sentva il cuore gonfio di tristezza: Ed era decisamente stravolto, probabilmente traumatizzato per tutto ciò che significava il ritorno di quel fazzoletto rosso e cosa aveva implicato perderlo. 
Sospirò, adattandosi alla porta, indeciso se raggiungerlo o meno. 
Non poteva lasciarlo in quello stato. 
Più restava immobile, tanto più il reprimere l'esigenza di parlargli avrebbe potuto portarlo alla pazzia e in tempi piuttosto rapidi.
Si ritrovò quindi ad attraversare la stanza in pochi passi, fronteggiando il Kraken in maniera quantomeno discreta. 

"Mi dispiace." Mormorò il gentiluomo per l'ennesima volta, ora fisicamente incapace di stare zitto un minuto di più. "Volevo farti piacere, restituendoti questa.”

Restituendomi?” Ripeté Edward, ancora più sconcertato. “Chi ti ha detto che non ce l’avevo più?” 

“Nessuno…è che prima la guardavi sempre quando nessuno ti vedeva. Da quando sono tornato non te l’ho vista una volta, quindi ho pensato che dovevi averla persa per forza.” 

“Non sai….” Ed si sentì sopraffatto. Quell’uomo sarebbe stato la sua morte. “Non sai questa, che cosa significa. Non ne hai la minima idea.”

“Hai ragione. Magari non è la stessa che avevi, certo, ma quando l'ho vista esposta sulla tavola di quel commerciante, non so perché, ho capito che non potevo lasciarla lì. 
Ho lavorato onestamente soprattutto per portarla via senza problemi, non avrei mai potuto rubarla perchè l'avevo già destinata a te...e invece ho commesso un errore di nuovo.” 

“Stede…”

“È che non so più cosa fare, continuo a sbagliare in continuazione!"

Stede.” Ripetè Edward con un filo di voce, mandando l’aria dentro i polmoni dell’altro a farsi benedire. “Non è vero, che ti odio.”

“Cosa—“

“Ci ho provato. Ci ho provato davvero. Non mi ero mai impegnato tanto in una missione neanche in passato..."

"Mi merito ogni cosa brutta che mi hai detto, Ed. La tua rabbia, il tuo odio. Me lo merito tutto."

"Sì be', è stato tutto completamente inutile. Ho tentato di odiarti, quando te ne sei andato. 
Ero arrabbiato perchè all'inizio ho creduto di aver visto qualcosa in...in quello che avevamo. Ovviamente ero in errore.
Poi ho capito quasi subito che non avrei mai potuto avercela con te, per aver deciso di tornare da tua moglie e i tuoi figli, nonostante ancora non sapessi che saresti andato da loro. 
Non sono così cane da biasimarti per averli scelti. 
Avrei dovuto calmarmi e rassegnarmi…invece non ho potuto sopportarlo.” 

“Mio Dio…” esalò Stede, trattenendo le lacrime: ecco cosa aveva fatto. Ecco che cosa aveva significato la sua partenza. 

“Anche io sbaglio sempre. Faccio sempre il solito fottuto errore di volere le cose che non mi spettano. Per quanto mi piacesse pensare il contrario, non sei una mia proprietà: tu sei libero, nobile, perfetto. E appartieni a te stesso.”

“Ed…”

“Il rimpianto di non essere abbastanza…mi stava distruggendo.
Dopo che sei tornato ho tentato di distruggerti nello stesso modo. Non ho voluto neanche capirti: era più facile credere di odiarti, che impegnarmi ad ascoltarti blaterare di quella testa di cazzo di Badminton.”

La ferita di Stede cominciò a pulsare dolorosamente, a forza di processare quella mole immensa di parole.

 “Ma non posso dimenticare che sei venuto a salvarmi, pazzo che non sei altro.
Allora te l'ho detto ad alta voce, che ti odiavo, credendo che fosse reale. Avevo bisogno di crederci. In realtà volevo mandarti via dal pericolo. E invece sei rimasto. Sei saltato da uno strapiombo e mi hai salvato la vita."  

“Non ho potuto farne a meno.” Rispose il biondo con voce rotta. “Non sarei qui se non fosse stato per te…mi hai salvato prima tu.”

"Poi hai lasciato questa nella mia stanza." Ed raddrizzò la schiena per poter guardare Stede dritto in faccia. "Mi spieghi come faccio a sopportarlo?" 

Stede non seppe come rispondere a quella domanda disperata. 
Respirò un paio di volte nel tentativo di calmarsi, mentre le lacrime spingevano impietose dietro i suoi occhi. Le trattenne valorosamente. 
Invece quelle di Edward scendevano copiose, bagnando il suo volto illuminato dalla luce pallida della luna. "Io ti ho mentito.” Ammise. “Non ho mai non odiato nessuno così tanto in tutta la mia vita."

E quella era la cosa più simile ad un ti amo che Stede Bonnet avesse mai ricevuto in tutta la sua, di vita. 

"Per l'amor di Dio, vieni qui." Disse, e senza darsi la possibilità di ripensarci, annullò la distanza ridicola tra i loro corpi attirandosi Ed tra le braccia.  

Il leggendario Capitano rimase di pietra, enormemente sorpreso da quel gesto inaspettato. Ma non fu capace di allontanarsi. Non poteva. 
In quel preciso istante, il Edward Teach capì di essere ancora più fottuto di quanto non fosse già in passato: non sarebbe mai riuscito a provare niente di diverso dal non odio per Stede Bonnet, neanche se lui l'avesse direttamente ucciso. 
Gli stava bastando un solo istante avvolto in quell'abbraccio, per stringersi a lui a sua volta come se la sua vita ne dipendesse. 

Stede sentì il veleno del Kraken dissolversi sotto il suo tocco e immediatamente classificò quel momento come la resa più veloce della storia, ma non disse nulla. 

Voleva solo tenere Ed per sempre, attirarsi addosso tutto il suo dolore, fargli capire quanto si fosse pentito, che non lo avrebbe mai abbandonato.

"Sono io, a non essere abbastanza per te." Mormorò mezza voce. La confessione che aveva ascoltato poco prima lo aveva completamente distrutto. "Sei la persona più importante della mia vita e se me lo permetterai, cercherò di convincerti con tutte le mie forze che è vero. Che quello che avevamo…era tutto vero."  

Ed non rispose, ma non si ritrasse nemmeno. Continuò a singhiozzare in silenzio per un tempo apparentemente infinito, accettando ogni parola che Stede gli sussurrava mentre gli carezzava via le lacrime. 

Perdonami…

…non ti lascerò mai più…

…ti voglio bene.

Ed non rispose nè lo guardò mai, non poteva.
Ben presto, il suo respiro divenne stabile e le palpebre gli diventarono pesanti. Non disse una parola nemmeno quando i contorni della stanza intorno a sé sfumarono fino a perdere la forma, o quando l'oscurità che in genere lo assaliva nei sogni lo inghiottì completamente. Non era affatto soffocante come l'acqua che l'aveva quasi ucciso, bensì confortante. Come se tutto a un tratto si ritrovasse avvolto in una coperta di seta. 
All’improvviso non gli importava più di affrontare il buio, che la spalla gli stesse facendo un male del diavolo e che non si sentisse più la gamba. 
C'era qualcosa che lo teneva ancorato a terra, o meglio, su un letto morbido in cui non ricordava di essersi sdraiato. 
Le uniche certezze che Ed poteva dire di avere, erano il respiro dell'uomo che non odiava affatto sotto di sè, la sensazione delle sue labbra che gli sfioravano dolcemente la fronte e la presa salda del suo braccio intorno alla vita.

__

Stede Bonnet stava dormendo. Stede Bonnet detto “il mattiniero” dai tempi del collegio cattolico, stava dormendo da tutta la mattina. Stava dormendo, nello stesso letto con un pirata

Oh cristo!! Pensò incredulo, aprendo gli occhi di scatto. 

Era tutto vero. 
Poteva dirlo dal peso di qualcuno che gli immobilizzava metà del corpo, dai capelli della suddetta persona che gli solleticavano il collo, e dall’odore immancabile di polvere da sparo. 
Se quello era un sogno, allora non avrebbe voluto più svegliarsi. 
Edward invece era ancora profondamente addormentato. 
Stede abbassó la testa per osservarlo solo un attimo, imprimendosi tutti i dettagli che poteva nella mente. La sua espressione abbandonata, i suoi occhi incredibili adorabilmente chiusi, il suo respiro lento e regolare. 

Dio, lo amava. 

Il rumore metallico della serratura che scattava, fu l’unica cosa che gli impedì di sporgersi e accarezzarlo. 
Serrò gli occhi subito, fingendo di dormire e non li riaprí finché non ebbe sentito il clic della porta che si chiudeva un po’ troppo forte.

Fu quel rumore, a far svegliare Ed. 

Stede rimase immobile, lasciando che gli eventi facessero il suo corso.
Non aveva mai provato la sensazione di attendere il risveglio della persona che amava, non sapeva se sentirsi felice o preoccupato. 

Edward si mosse appena, passandosi su una mano sugli occhi ancora completamente disabituati alla luce. 
Come prima cosa, quando li riaprì, vide il sorriso di Stede e ne rimase incantato ancora prima che la coscienza potesse rientrare interamente di lui. 

“Ehi.” Disse, apparentemente calmo e ancora assonnato.

“Ehi…” rispose Stede, “siamo crollati, ieri sera.”

“Diamine.” Ed si allontanò per tirarsi a sedere. Aveva urgenza di piegare il ginocchio e calmare il dolore alla spalla. “Quanto abbiamo dormito?”

“Troppo, a giudicare dal sole.” Stede si massaggiò il braccio destro, per cercare di riattivare la circolazione. 

“Mi dispiace.” Mormorò Ed, capendo che era stata colpa sua. “Sono pesante.” 

“Non fa niente! Non ti devi preoccupare di niente, è stato…”
Le parole gli morirono in gola. Non era successo nulla di che, in fondo! Una cosa assolutamente da niente: avevano solo dormito insieme una notte, poteva capitare a tutti. “Voglio dire…” 

“Sei comodo.” Decise Ed, stirando le braccia con le stesse movenze di un gatto. 

Stede fece appena in tempo a torarsi a sedere: per la prima volta in vita sua, parve dimenticarsi in via definitiva come si facesse a parlare. 

Rimasero seduti entrambi sul bordo del letto per un po’, silenziosi e attenti su cosa avrebbero detto e fatto da quel momento in avanti. 
Con Ed così vicino, il respiro di Stede si faceva sempre più rarefatto, era addirittura diventato pallido come un lenzuolo. 

“Ti senti male?” Chiese quindi Barbanera, perfettamente consapevole di quanto l’altro fosse in difficoltà, malgrado però non ne capisse affatto il motivo.

“Sto bene.”  Rispose il gentiluomo, sorridendo appena con fare rassicurante. 

“Io sto morendo di fame.” 

“A proposito di fame…” Il biondo fece cenno di guardare sul tavolo di fronte a loro: era praticamente già apparecchiato con la colazione e il pranzo. Mancavano giusto le posate. 

“Splendido.” Commentò Edward. Ecco perchè si era svegliato: qualcuno doveva essere entrato nella stanza. “Ci hanno visti.”

“Be’, quei piatti non si sono portati lì da soli…probabilmente era Frenchie. O Olu.”

“Non mi importa un accidente. Erano secoli che non dormivo così tanto e così bene.”

“Sono contento.” Il gentiluomo si alzò per andare a recuperare i piatti, visto che l’altro non sembrava ancora in grado di muoversi. 

Incredibilmente sentì il suo sguardo addosso tutto il tempo, e non aveva certo torto: più Stede si allontanava, più Ed aveva modo di osservare meglio la sua figura. Da quell’angolazione e con quella luce, poteva riuscire a indovinare i contorni della sua schiena resa appena visibile dalla trasparenza della camicia bianca. Fu il suo turno, a trattenere il respiro. 

Non osò guardare più in basso. 

Distolse gli occhi in fretta, un attimo prima che il biondo potesse tornare indietro.

“Tieni.” Disse Stede, porgendogli da mangiare. 

Ed guardò appena cosa ci fosse: pane e marmellata. Era quella buona. La sua preferita. 
Erano secoli che non la mangiava, eppure, all’improvviso, tutta la fame che aveva sembrava scomparsa. 
Contemplò il piatto per un lungo attimo, quasi nauseato. 

E anche Stede d’altro canto non aveva ancora toccato nulla. 

Misero via il cibo quasi contemporaneamente, riluttanti all’idea di mangiare. 

“Dovrò scusarmi con Roach, credo.” Mormorò Stede. “Si chiederà di certo cosa ha sbagliato.”

“Ah, il cuoco-dottore.” Sorrise Ed, incatenando gli occhi ai suoi. “Temo che dovrò farlo anch’io: a quanto pare sono stato un pessimo malato.”

“Davvero?” Chiese Stede, avvicinandosi come se il canto delle sirene lo stesse inesorabilmente attraendo dalla sua parte. “Così tremendo?”

“Non dormo, non mangio e non sto fermo.” Rispose Ed con lentezza, sporgendosi a sua volta, attirato come la luce di un faro attira le navi contro gli scogli. 
Solo che lui era perfettamente felice di schiantarsi. 

Stede non era mai stato sicuro di niente, in vita sua. Il cuore gli batteva impazzito contro le costole, eppure la sua mente non era mai stata più lucida: voleva Ed. 

Semplicemente.  

E Ed provava la stessa cosa, anche se non poteva ancora dagrli un nome. Adesso che anche i suoi sentimenti erano stati praticamente dichiarati, sarebbe stato più facile gestire le conseguenze di ciò che presto sarebbe successo. 

Non fecero in tempo a chiudere gli occhi, che delle grida attraversarono la porta della cabina.

“GALEONI IN VISTA, CAPITANI!”

Buttons e Lucius. Riconobbe Stede, sospirando pesantemente. Almeno avevano avuto la buona grazia di appostarsi alla porta e non entrare. 

Ed si alzò in piedi con uno scatto nervoso e senza dire altro si diresse verso l’uscita della stanza meglio che potè. 

Devo trovargli un maledetto tutore il prima possibile. Pensò Stede, seguendolo poco dopo. 

La ciurma al completo era riunita sul ponte. 

Non appena Ed arrivò rimasero sorpresi: ovviamente, la notizia che i Co-Capitani avessero passato la notte in vicendevole compagnia era trapelata. Gli uomini si sarebbero aspettati di vedere Edward Teach sorridente e rilassato…o quantomeno di rivedere Ed.

Invece, Barbanera era perfettamente serio e visibilmente irritato.

La situazione non cambiò quando videro Stede. Avevano scommesso che ne sarebbe uscito sconvolto dalla testa ai piedi, invece, nonostante Ed avesse fisicamente dormito su di lui, il suo aspetto era perfettamente in ordine, persino i capelli. 

E anche la sua espressione non era affatto sorridente, bensì tesa e preoccupata. 

“Di chi si tratta?!” Chiese, osservando le due navi dalla costruzione assolutamente peculiare che si stagliavano all’orizzonte.

“Vichinghi.” Dichiarò secco Izzy, passandogli il cannocchiale. 

“Che siano strafottuti.” Sputò Ed con rabbia. “Non attacchiamo.” Decise, rivolto all’equipaggio. “Issate la bandiera. Se hanno ancora paura di me, la riconosceranno e se ne andranno."

“Non mi sembra che lo stiano facendo.” Fece presente Stede. “Che succede, se non se ne vanno?”

Ed guardò in basso. “Possiamo anche dirci addio. Questi bastardi sono spaventosamente forti. Mi hanno dato parecchio filo da torcere in passato, anche più della Corona. Siamo quasi sempre morti ogni volta che abbiamo provato ad affrontarli.”

“Non può essere!” Esclamò Black Pete. “Ci arrendiamo così? Senza combattere?”

“Mai!” Ribatté Ed. “Ma combatteremo per perdere: siamo in svantaggio su tutti i fronti.”

“Mettiamo su una perculata delle nostre?” Domandò Lo Svedese. 

"Quelle navi viaggiano al doppio della nostra velocità, hanno il doppio dei cannoni e una marea di uomini.” Fece presente Hands, sempre più cupo. “Ci scoprirebbero subito e ci ammazzerebbero tutti come mosche.”

“Ci serve il Kraken.” Sancì allora Barbanera.

“Possiamo usare il Kraken?” Chiese cautamente Olu. "Puoi riportarlo qui?" 

“Ed no, aspetta…” proruppe Stede, “sei sicuro di questo?”

Gli occhi di Edward si posarono su tutti i pirati che gli si erano riuniti intorno, indugiando sopratutto sulla figura minuta ma pericolosa del suo amico storico. Dopo mesi e mesi, lo stava guardando di nuovo come se valesse qualcosa.

Izzy si sentì quasi umano.

"Hands è uno strozo, ma stavolta farebbe bene…" disse Jim, rivolgendosi poi a Stede, palesemente contrariato. "Tenemos bisogno del Kraken, amigo."

Non potevano farne a meno. 

"Posso riportarlo." Confermò Ed, più determinato che mai. Sarebbe diventato il Capitano perfetto, il mostro spaventoso con nove pistole e altrettanti coltelli, che menomava uomini, distruggeva navi e gettava il suo stesso equipaggio fuori bordo. "Ma non so come sarò dopo essermene andato."

"Tornerai." Assicurò allora Stede, posandogli le mani sulle spalle e guardandolo fisso negli occhi.

Edward non distolse mai lo sguardo. “Mettiamo…che non succede.”

“No, succede. Il Kraken non esiste, senza Ed.”

"Capo, se non torni ci pensiamo noi." Aggiunse causticamente Lucius, con le braccia conserte. 

“Costi quel che costi, siamo capaci di difenderci e fermarti.” Fece eco Olu. 

Ed non riusciva a capire come potesse Stede avere tanta fiducia nei suoi riguardi.  L’equipaggio stesso sembrava nutrire speranza. 

Allora c’era solo una cosa, che poteva fare. 

"Israel. Seguimi, vecchio mio. Dobbiamo conferire." 

Stede abbassò la testa, incapace di trattenere un sorriso. Lo sapeva, che sarebbe successo. 

Ed si recò nella sua cabina, con Primo Ufficiale alle calcagna: una volta uscito di lì, avrebbero tremato tutti.

__

Organizzarono la perculata in dieci minuti. 

Quando il nemico salì a bordo, la Revenge sembrava disabitata. 

I nordici si aggirarono per diverso tempo, confusi, prima di accorgersi che qualcosa non andava. 

Una nebbia fittissima si era alzata in maniera pressoché inspiegabile, così come fu altrettanto incomprensibile che una delle ammiraglie avesse preso fuoco a causa di una cannonata assolutamente improvvisa e apparentemente vacante.

In realtà, Wee John, Fang e Ivan erano riusciti a trasportare un cannone in fretta e furia sul ponte di poppa. Appena i vichinghi erano stati a tiro, avevano fatto fuoco.  

L’equipaggio, interamente nascosto dietro le vele, faticò parecchio a non esultare. 

Adesso, il nemico composto da una trentina di individui circospetti. Erano di aspetto mastodontico, oltre che feroce: quasi tutti coi capelli bianchi e gli occhi chiari, avevano il viso imbrattato da rune incomprensibili ed erano armati fino ai denti con asce e fucili. 

Jim attese il segnale di Stede, poi, con l'aiuto di Olu fece piovere una distesa di coltelli che decimarono gli olandesi, mentre Frenchie, Pete e Izzy sparavano.

Quando la nebbia si dissolse del tutto, la ciurma apparve come per magia ai lati della balaustra. 

Il vichinghi si ritrovarono circondati e con i cannoni puntati addosso.

Quello che doveva essere il capitano, ordinò qualcosa nella sua lingua. Gli uomini imbracciarono i fucili.

Stede, che aveva osservato tutto dall’alto, prese a camminare pesantemente attirando l’attenzione su di sè. Non conosceva una parola di danese, quindi si limitò a guardarli tutti come volerli avvisare che l’idea di salire sulla Revenge era stata la cazzata della loro vita. 

"Liberate il Kraken." Ordinò.

Non appena la porta della cabina si aprì, Edward si fiondò sul ponte, accoltellando il capitano nemico senza che quello se ne accorgesse nemmeno.

Aveva nuovamente il trucco nero intorno agli occhi e sul mento. La rabbia che gli incendiava i tratti lo rendeva quasi disumano. 

Stede rimase immobile per un istante, osservando una creatura totalmente diversa dall’Edward che conosceva e amava, affrontare un avversario dietro l’altro, alternando il pugnale alla spada. Sembrava una vera e propria furia greca, una leggenda in carne e ossa che riversava la sua atroce vendetta sull’umanità.

"HOLA IDIOTAS!"  Gridò Jimenez, dandogli man forte con il suo arsenale personale di lame affilate. 

Tutto intorno sparavano. 

La seconda ammiraglia speronò la Revenge, favorendo l’arrembaggio. Buttons girò immediatamente il timone, compiendo una virata e facendo così cadere in mare almeno una ventina di vichinghi. Quella mossa fu provvidenziale, o avrebbero certamente finito per essere sopraffatti di nuovo.  

Allo stesso tempo, Lucius e Roach riposizionarono i cannoni e ricominciarono a sparare a manetta. 

Stede si unì alla battaglia massacrante di Edward e Jim.

Riuscirono a far fronte ai nordici finchè anche la seconda galea non esplose finalmente in mille pezzi e i nemici sopravvissuti non si inginocchiarono di loro spontanea volontà. Era un modo di implorare la grazia.

Il Kraken fu costretto a fermarsi. “Non voglio prigionieri.” Dichiarò.

“Io sì.” Ribatté Stede. “Lasciane uno vivo, così che possa ricordarsi cosa ha visto oggi e raccontarlo.” 

“Se sopravviverà al mare aperto. Svedese, porta la rampa! Buttons, aggiusta la rotta e portaci via di qui.”

Lo Svedese fece quanto richiesto, il timoniere aggiustò l’itinerario orientandosi con le stelle che avevano appena cominciato a spuntare. 

Izzy, nel contempo, si occupava delle sentenze. 

All’ultimo uomo, che non doveva avere più di una trentina d’anni, furono legate le mani e gettato in mare ancora vivo. 

Stede non volle guardare, né poté sopportare le grida disperate emesse da quel povero cristo. 

Si mise a lavorare accanto a Olu, rendendosi utile a liberare il ponte dal sangue e dai cadaveri, mentre Edward continuava a impartire ordini. 

“Tu.” Lo sentì dire, rivolgendosi a Black Pete. “Hai da fare?”

“N–no.”

“Splendido. D’ora in avanti sarai il mio quartiermastro.” 

“Io? Un quartiermastro, io?”

“Sei sordo, ragazzo?” 

“Nossignore!”

“Allora comincia immediatamente a comportarti come tale e riferisci appena hai finto!”

“Sì, Capitano.”

Stede continuò ad assolvere i propri compiti senza dire una parola. Lavorò con impegno pari -se non superiore- a quello degli altri, e alla fine, una buona metà del ponte era finalmente libera. 

Edward era dall’altra parte della nave che faceva la stessa cosa. 

Non gli aveva dedicato che uno sguardo, poi più niente per le successive tre ore. 

Improvvisamente, Stede si sentì strano. 

Tutto il sollievo che aveva in sè fino a qualche ora prima era stato sobbarcato da qualcosa di nuovo, un sentimento che non si era reso conto di aver covato fino a quell’istante e che non credeva che sarebbe mai stato capace di provare con tale intensità.

Niente che un bel duello non possa risolvere.

Mentre una rabbia cieca si impossessava del suo cervello, la Minaccia Gentile alzò la testa e lanciò un’occhiata furiosa in direzione del Kraken, il quale già lo stava guardando a sua volta. 

Era fermo, accanto all’albero maestro. 

Lo stava aspettando. 

Gli uomini, che nel frattempo si stavano ritirando, non poterono ignorare quello scambio di sguardi. 

Si allontanarono, cercando di sgombrare le zone adiacenti ancora intasate di legna e polvere da sparo, in modo che Stede, ancora fermo sul castello di prua, potesse passare indisturbato.

“Ehi, che cosa sta per succedere?” Chiese Wee John. “Dove va il Capitano?”

“Dall’altro Capitano.” Rispose Buttons con una semplice alzata di spalle. “E credo proprio che combatteranno.” 

Ci fu un momento in cui l’attenzione collettiva si concentrò unicamente su Stede che si avvicinava a passo lento.
Ne rimasero sconvolti. 
Il loro Capitano, sempre sorridente e gentile, aveva assunto un aspetto del tutto…inusuale. 

L’avevano visto spaventato molte più volte di quante potessero contare. Sapevano com’era quando qualcosa lo infastidiva, qualcuno di loro lo aveva anche visto piangere o andare nel panico, ma mai nessuno aveva visto quei tratti, sempre così gioviali e distesi, deformati dalla furia.

Faceva quasi paura. 
L’equipaggio intero si sentì sollevato di non trovarsi sulla sua strada. 

“Saranno cavoli!” Commentò Frenchie, appollaiandosi su un cannone ribaltato. “Non devo perdermi neanche un dettaglio.” 

“Stede!” Chiamò invece lo scrivano, raggiungendolo. “Stede, lascia perdere per carità!” 

“Togliti.” Ordinò il biondo, riuscendo incredibilmente a dare alla voce un'inflessione cortese, nonostante tutto.

“Non farlo! Non ne vale la pena, ti abbiamo perdonato ormai! Vi abbiamo perdonati entrambi.” 

“Togliti. Per favore.

“Ti pentirai, se gli fai del male!” Insistè Lucius. “Sarà il secondo errore più grande della tua vita! Il terzo, se contiamo il nostro abbandono.”

“Non intralciare il Capitano.” Pete prese gentilmente la mano al suo compagno per trascinarlo da parte. 

Stede estrasse la spada ancora sporca di sangue e Izzy ne lanciò rapidamente una a Ed.

“Questo è per te, Lucius.” Disse Pete. 

“È per tutti noi.” Rispose Spriggs. 

Quasi avessero sentito quelle parole, i Co-Capitani finirono l’uno di fronte all’altro, fissandosi in cagnesco. 

Il Kraken aveva ancora addosso il trucco nero che rendeva i suoi bei lineamenti inespressivi e feroci. Stede era fuori di sé. 

Fu sorprendentemente lui ad attaccare per primo. 
Edward parò subito e senza nessuna fatica apparente. Contrattaccò puntando al fianco di Stede, il quale scartò elegantemente a sinistra e deviò la lama, portandola in alto. 
La tenne lì, bloccando il fendente che Ed stava a tutti i costi cercando di far scendere su di lui, e ritrovandosi di conseguenza più vicino al suo volto di quanto non gli piacesse di già. 
Non appena il biondo distolse gli occhi, Ed riuscì a spingerlo via, lontano da sé. 
L'istante dopo, Stede tentò un affondo. Peccato che Barbanera l'avesse già previsto. Si allontanò ulteriormente, e Stede finì alle sue spalle. Il Kraken fece appena in tempo a voltarsi per deviare un altro affondo ben piazzato: se non l'avesse parato in tempo, la lama avversaria gli avrebbe trapassato le costole.

Stede era migliorato, riconobbe Ed. 
Molto. 
Sembrava più forte e aveva acquisito rapidità...o forse era il fatto di star combattendo in svantaggio: sentiva che il suo equilibrio fosse fortemente compromesso e il braccio già indebolito dalla ferita alla spalla cominciava ad accusare fatica per via degli scontri appena conclusi. 

Stede stesso era sicuro di non star combattendo contro Ed ad armi pari. 
Era anche vagamente consapevole di essere cambiato all'esterno: non era più così fragile. 
Le settimane passate a remare gli avevano regalato dei calli orribilmente antiestetici alle mani, ma più forza nelle braccia. I giorni passati in cattività sulla Revenge e la convalescenza seguente alla battaglia contro gli inglesi avevano asciugato ulteriormente il suo fisico, anche se adesso non aveva la minima idea di come potesse sembrare, perché non aveva più avuto il tempo di guardarsi interamente allo specchio. 
Ogni volta che colpiva, quindi, lo faceva quasi con timore, anche se il rancore che provava era più forte che mai. 

Il fragore di un tuono squarciò la quiete della sera. Nessuno dei duellanti ci fece caso. 

"Non fare il gentiluomo con me!" Ringhiò Edward, avvicinandosi di nuovo pericolosamente a Stede. 

Vedeva la sua rabbia, e la voleva tutta. 

Stede si fermò in modo da potergli lanciare un'occhiata eloquente di proposito.

Ed si sentì insultato e ne approfittò per attaccarlo di nuovo. "Non. Osare. Trattenerti."

“Hai abbandonato i ragazzi.” Accusò allora il pirata biondo, scandendo ogni parola a colpi di spada. “Hai quasi ucciso Lucius.”

Ed si difese meglio che poté.

“Hai devastato casa mia.”

Lo scambio che avvenne in seguito fu un caos totale. 
Oramai, l'unico scopo di Barbanera era parare e difendersi da Stede Bonnet. 

"Si ammazzeranno." Esclamò lo Svedese, coprendosi gli occhi. 

La ciurma aveva assistito con il fiato sospeso, ma nel sentire quell'affermazione, Olu scosse la testa. 

Stede aveva completamente smesso di ragionare. 

Edward se ne rese conto e non demorse. Riuscì a recuperare terreno, riportando lo scontro alla fine del ponte, mentre Bonnet cercava di recuperare terreno e non mostrarsi affaticato.  
Scattò nervosamente in avanti per attaccare l’ennesima volta, e il tempo che Ed lo respingesse, una fitta pioggia prese a scendere. 
Non ci fecero caso, di nuovo. Erano troppo presi l’uno dall’altro, per poter notare qualsiasi altra cosa.

"Non moriranno." Dichiarò Jim, notando che la sequela di attacchi ciechi di Stede era diventata più debole.

Stede si fermò di nuovo, abbassando la spada al suo fianco. 

Edward tenne alta sua, disorientato: era la seconda volta, quel giorno, che Stede lo guardava in modo così strano…
E perchè adesso la rabbia che gli adombrava gli occhi, pareva essersi dissolta? Che significava?

Lo sfidò, allora, senza usare le parole. 
Lo sfidò a colpirlo. 
Il biondo non recepì il messaggio, o se invece l'aveva fatto, non sembrava avere più la minima intenzione di combattere. 
Se ne stava semplicemente lì, fissando il Kraken in volto. Più precisamente fissava il suo trucco che, man mano che l'acqua scendeva, si faceva sempre più sbavato.

Edward si passò il dorso della mano su un lato del viso, portando via un po' di nero. 

Al diavolo. Pensò. Fottuta pioggia.

Stede ormai era vicino una manciata di passi da dove si trovava lui. 
Li aveva percorsi con estrema lentezza, quasi fosse soggiogato da una strana maledizione che lo faceva camminare trascinando sinistramente la spada a terra.

Quando gli fu di fronte, Edward fissò intensamente la ciruma e lasciò cadere la sua. 

__

“E ora??” Si chiese l’equipaggio, che non aveva mai assistito ad uno scontro del genere. Soprattutto, non con quel finale. 

“Ha vinto Stede!” Decretò Lucius con incredulità. 

“No, è il Capitano che si è fatto battere!” Replicò Frenchie. 

“No! È Stede che l’ha battuto!” Insistè lo scrivano.

“Ma si può fare?” Chiese il menestrello.

“Non è contro nessun regolamento.” Rispose Olu. “Giusto, Jim?–Jim?!” 

Ma sia l’attenzione che gli occhi della Minaccia Letale erano rivolti in alto, verso l’albero di trinchetto.

A un certo punto, un rumore di legno spezzato li fece voltare tutti: uno dei pennoni stava precipitando con la tutta la vela. 

Ed e Stede fecero appena in tempo a dividersi. 

Il primo si adoperò immediatamente a rimuovere l’ingombro, pur di non incrociare nuovamente gli occhi dell’altro.

Il Gentiluomo, esausto e provato all’inverosimile, si ritirò nella sua cabina. 

__

“Ehi Lucius! Lucius! Lascia in pace Pete e dammi una mano con questa canzone!”

“Il menestrello che ha bisogno del sottoscritto…attacca pure, caro, sentiamo.”

Frenchie prese a pizzicare il suo liuto improvvisato da un pezzo di legno e cinque corde invece delle undici che in genere servivano per suonare…i suoi accordi, sempre allegri e incalzanti, adesso si erano fatti malinconici e le parole che intonava lo erano ancora di più. 

Piano piano, però, Lo Svedese che passava di lì per caso, imparò il motivetto in un istante e si unì al canto. Non passò molto a che Lucius facesse lo stesso. 

Finirono per gridare quella ballata triste a squarciagola, rendendola assolutamente divertente.
Black Pete rideva per le espressioni contrite dei tre cantori improvvisati. 
Wee John invece si mise a ballare, ispirato. 

Olu e Jim, nascosti sulla coffa ancora pericolante, si stavano baciando indisturbati. Non appena udirono gli schiamazzi e le risate, guardarono in basso, sorridendo contemporaneamente. 

"Povero Stede!” Commentò il nostromo, divertito e dispiaciuto insieme. Rivolse poi la propria attenzione sulla persona accanto a sé, sorprendendosi di scoprire che gli occhi cinerei della Minaccia Letale fossero già su di lui, che lo stavano scrutando con strana attenzione. 

“Cosa c’è?”

Jim scosse la testa, coltǝ in flagrante. “Tieni el sorriso mas bello del mundo, mi amor.

“Parli sul serio?”

Podrìas desarmar un esercito.”

“No, Jim. Quello è il tuo potere: disarmarli tutti prima che possano attaccare.”

Tu eres mas bueno para mi.”

“Tu, sei assolutamente meravigliosǝ. Mi sei mancatǝ così tanto, mentre ero su quell’isola!”

Yo temevo di non rivederti più…” 

Si abbracciarono, per scacciare quei brutti ricordi, sussurrandosi tutto ciò che non erano stati in grado di dirsi fino a quel momento.

Avevano così tanto, da recuperare… 

Malgrado la tempesta appena passata, si prospettava una notte splendida, le stelle brillavano limpide, e Jim e Olu bruciavano con esse. 

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Capitolo 9
*** Finale pt.3 ***


Piccola precisazione sul capitolo scorso: la canzone di Frenchie che poi cantantano anche Lucius e Lo Svedese e sostanzialmente “Because the night” della leggendaria Patty Smith, pezzo a cui sono particolarmente legata, l’ho cantato per anni ed è stato assolutamente fondamentale per scrivere un momento molto importante del capitolo che leggerai. (Ergo, adesso è finita di diritto nella mia Gentlebeard/Blackbonnet playlist hehe) 

Mi è venuto in mente di inserirla, comunque, perché l’ho sentita cantare a tre ubriachi che una sera passarono sotto casa mia, di ritorno da un karaoke. 

Casualmente, questa cosa mi è tornata in mente mentre scrivevo il capitolo e ho finito per adattarla alla mia maniera! 

Ma ora ciancio alle bande, noi ci vediamo al prossimo capitolo che sarà l'epilogo! Buona lettura ♡

 

Finale pt.3
 

Quello era troppo. 

Stede pensò più di una volta di uscire dalla sua stanza, costringere quei tre a farla finita di cantare certe canzoni e mandare a dormire gli altri. Avrebbe accettato di ascoltare volgarità, non era nuovo alle canzoni da taverna, ma quelle parole tragiche assolutamente no.
Tutto ciò che voleva era riuscire a riposare una notte intera ma non ci sarebbe mai riuscito, se quelli avessero continuato in quel modo. 
Ormai rassegnato, cominciò a preparare la vasca da bagno, se non altro per riuscire a distendere i nervi. Sentiva dolore ovunque, e le grida strazianti del ragazzo nordico non lo lasciavano pace. 

Persino Ed li sentiva. 

Anche se fisicamente lontano, era in grado di distinguere le voci, il suono del liuto stonato di Frenchie, e persino le parole delle canzone che gli stavano facendo salire i nervi.

La testa prese a fargli male per la mancanza di sonno e cibo e come se non bastasse aveva tutti e quattro gli arti indolenziti. Se non avesse fatto subito qualcosa per far smettere il tormento, sarebbe impazzito. 

Ovviamente non poteva dormire. 

Non c’era neanche niente da bere con cui potersi stordite per un po’...da una parte ne era felice: anche se indirettamente Stede gli aveva ordinato di rimanere sobrio e lui voleva stranamente rimanerci.
Alla fine optò per un farsi un bagno. Non si preoccupò nemmeno di scaldare l’acqua, si tolse i vestiti con difficoltà e con ulteriore fatica si immerse nella vasca, lavandosi alla bene e meglio anche i capelli. 
Si alzò dopo diversi minuti, temendo di congelare, dato che il fuoco era spento. 
Una volta asciutto, Ed si diresse a tentoni verso la la cassa di legno, sulla quale per giorni aveva trovato i vestiti più comodi che avesse mai indossato. 
Aprendola, sospirò di sollievo quando vide che i suoi panni di pelle non erano stati gettati via. 
Indossò immediatamente pantaloni, ignorando il ginocchio che protestava. 
Non aveva più una maglia, ma la giacca c’era ancora. 
Se la infilò, quella volta dispiaciuto di non poter portare la camicia di cotone finchè non fosse stata di nuovo pulita. 
Dopo di che accese una candela e si guardò al piccolo specchio attaccato alla parete dipinta: sembrava tornato il vecchio Edward Teach, tranne per la barba che ancora non era cresciuta di molto e per il fatto di avere sempre l’alone di trucco del Kraken intorno agli occhi e sul resto del viso. 

Non era riuscito a portarlo via, visto che era ancora sotto il divieto di usare il sapone. 

Rassegnato e con una gran voglia di mettersi a piangere, Ed si precipitò fuori dalla sua cabina, per entrare nell’unica in cui sapeva che ci sarebbe stato qualcuno sveglio.

“Izzy.”

"Edward!” Il Primo Ufficiale era seduto al tavolo al centro della stanza, che beveva qualcosa di molto alcolico. Gli mandò il cenno di entrare e sedersi, cosa che Barbanera non fece, preferendo restare in piedi. “Come ti senti?”

“Sono io, che dovrei chiederlo a te…mi dispiace. Per ogni cosa.”

“Non fare il melenso. La cosa del piede me la meritavo.”

“Ma il trattamento di sufficienza che ti ho riservato per anni, no.” 

“Di che cazzo stai parlando? Già che sei qui mi risparmi la strada: avevo intenzione di venire a congedarmi.”

 “Non ti fermerò se desideri andartene. Se però lo fai per me, per quello che ti ho detto, allora resta pure.”

“Okay, adesso sono fottutamente confuso. Sei ubriaco?”

Ed, allo stremo delle forze, decise finalmente di sedersi. “Sono stanco.” Rispose, massaggiandosi il ginocchio. “Ho pensato molto a ciò che mi hai detto. Da quando sono diventato capitano non ho fatto altro che pretendere e pretendere da te. E poi ignorarti.”

“È stata una mia scelta, quella di seguirti. Indipendentemente da come mi avresti trattato.”

“Ma a che prezzo?”

“Nessuno. Non ho pagato niente.” Izzy tracannò un lungo sorso direttamente alla bottiglia. “Avevo te e mi bastava.”

“E Charles?”

“Fottuto coglione. Spero che sia crepato da qualche parte, meglio ancora se  dentro lo stomaco di un pescecane morto.”

“Certo, come no.” Edward ricordava benissimo le condizioni di Izzy dopo la loro rottura, quando Vane aveva scelto Hornigold, per poi tradirlo a sua volta. “Potremmo andare a cercarlo, se vuoi. Come ai vecchi tempi.”

“Non trattarmi con pietà! Lo sai che lo odio, cazzo.”

“Non lo sto facendo. Ti sto proponendo una tregua e un modo per riparare a più di vent’anni di cazzate."

“Non serve. Ma se io domani accettassi, cosa che non farei neanche sotto tortura…come la spieghi a Bonnet e alla sua ciurma?”

“Secondo me capirebbero e ci darebbero una mano.”

“Col cazzo, Edward. Non voglio che mi capiscano nè mi aiutino a fare niente.”

“Non ci sarebbe niente di male.”

“Oh, no, ci sarebbe. Per quel bastardo infído di Vane, si metterebbe male. Non sai che gli capita, se disgraziatamente lo trovo vivo.”

Ed era convinto che invece quei due avrebbero avuto molto, di cui discutere. “Be’, se per adesso c’è qualsiasi cosa che vuoi fare per sentirti meglio, qualcosa che non leda la sicurezza della ciurma, non hai che da chiedere.”

Izzy rifletté un lungo attimo. “Voglio dormire.”

“Non ci riesco neanche io, stasera.”

“Oh, sono a tanto così da uscire e scaraventarli tutti in mare, quegli idioti. Ma non sto parlando di stasera e basta. Non sono mai riuscito a dormire una notte intera in più di vent’anni. Prima per Hornigold–”

“Dovevamo sempre dormire con un occhio solo.” Ricordò Edward. “E ci buttava giù dalle brande all’alba per puro dispetto.” 

“Sadico di merda. Ma per te l'ho fatto volentieri. Ho passato tanto di quel tempo a pensare a ogni singolo piano e ad organizzare ogni singolo dettaglio che credo di star cominciando ad accusare.”

“Allora sei tenuto a fare come ti pare. Dormi quanto vuoi, mangia quando vuoi e se per caso cambi idea riguardo a prendere Vane a calci in culo, dimmelo pure.”

“Daccordo.”

Decisamente più tranquillo, Ed si alzò. 

“Dispiace anche a me.” Disse Izzy, fermandolo. “Per non averti capito. Per averti fatto male intenzionalmente."

“Siamo pirati, Iz. È normale farsi male, fa parte del mestiere. Io sono stato un idiota a farmi trascinare.”

“Siamo in pace?”

“Sei il guardiano del Kraken.” Ragionò Ed. “E Barbanera l’abbiamo creato insieme, difendendoci nella sua ombra per anni. Probabilmente Edward, senza di te, non ci sarebbe più da un bel po’.”

“Sei tutte e tre le cose.” Riconobbe Hands. “Il Kraken, Barbanera e Edward. Anche se io Edward non l’ho mai capito. Ora vado seriamente a buttare quei tre coglioni in mare.”

Barbanera non potè fare a meno di accennare un sorriso di commiato, mentre apriva la porta per andarsene.

"Capitano-Signore-Kraken!" 

La stanza era completamente buia. Edward era sdraiato da tempo immemore sul divano. "Sono qui, ragazzo. Cosa c'è?"

"Niente, niente! È che sono quasi due giorni che non ti mostri e…ci stavamo chiedendo, io e gli altri, se ti fosse venuta fame. Sarebbe pronto da mangiare."

"Verrò." Rispose il Kraken. "Più tardi."

"Allora farò in modo di lasciarti qualcosa da parte, prima che finisca tutto. Non per vantarmi, ma la torta agli agrumi mi è riuscita particolarmente buona e siccome Stede dice che ti piacciono tanto i dolci, due fette sono tue."

Ed si sentí nuovamente sopraffatto, da tanto riguardo. Non riuscì a rispondere. 

Il ragazzo fece per andarsene. 

"Hai bisogno d'aiuto per–per mandare via il Kraken?" Chiese poi all'improvviso, facendo dietro-front. 

“No...”

Decisamente più rassicurato, il cuoco aprì la porta. 

"Roach?"

Era la prima volta che il Capitano lo chiamava per nome. Il modo stesso in cui l'aveva pronunciato, sembrava totalmente diverso. Sembrava più umano. “Signore?”

"Grazie. Di tutto. Per avermi curato soprattutto."

"Di niente, Ed."

Quando Roach tornò nella cambusa affollata, sentì tutti gli sguardi su di sé.  

"Mi sembrava tranquillo." Annunciò, accendendosi una sigaretta improvvisata.

Stede annuì una volta, processando lentamente l'informazione. Non aveva dubbi che Roach sarebbe tornato indenne dalle stanze del Kraken, tuttavia, il resto della ciurma non potè fare a meno di tirare un sospiro di sollievo.  

"Potresti andare a parlargli." Azzardò il nostromo.  

"Non ora, Olu." Dichiarò deciso il Capitano, alzandosi di scatto. Uscì dalla stanza senza degnare di una parola l’equipaggio. 

"Dio!” Proruppe Lucius. “Non lo sopporto, quando fa così! Non li sopporto tutti e due!”

“Li leghiamo al bompresso come da piano?” Domandò Lo Svedese. 

“Assolutamente sì! Vado a prendere le corde.” 

“Non li legheremo al bompresso!” Ribattè Olu, ostacolando lo scrivano che stava per alzarsi. 

“Dite che quel duello ha rovinato tutto?” Chiese Fang. 

"No creo." Intervenne Jim, bevendo un lungo sorso di vino. "Non era un duello cattivo."

"Che intendi?" 

"Esistono i duelli buoni e i duelli cattivi?" Fece eco Ivan.

"Stede era incazzato forte." Fece presente Black Pete. "E il Capitano era il Kraken. Come poteva esserci qualcosa di buono? Era un duello cattivo per forza!"

"Quel che Jim sta cercando di dire, ma non lo fa perchè si vergogna troppo, è che quei due non stavano combattendo per farsi del male." Tradusse Olu, con un gran sorriso sulle labbra. 

"E com'è possibile?" Domandò Frenchie.

"Eduardo avrebbe potuto matar Stefano por almeno...seis veces." Rispose nuovamente Jim. "Ma non l'ha ucciso."

"E Stede avrebbe potuto finire Ed con un solo calcio alla gamba." Osservò Olu. "E non l'ha fatto, nonostante fosse davvero arrabbiato e si stesse battendo per la nostra causa. Se le sono suonate, ma non avrebbero mai potuto uccidersi."

"Era un duello d'emoción." Insistè Jim. "Un duello bueno."

"Quindi secondo voi il Capitano è ancora innamorato del Capitano." Affermò Wee John. 

"Stede non ha detto più niente a riguardo." Osservò il menestrello. “Sembra rassegnato.”

"Barbanera è sempre arrabbiato." Fece eco Pete, modellando un pezzo di pelle tra le mani. Erano giorni che ci lavorava, in ogni momento libero che non passava con Lucius, e ancora nessuno era riuscito a capire a cosa accidenti  stesse facendo. ”Non assomiglia all’Edward che ci ricordavamo, anche quando non è il Kraken.”

“Ma il Kraken, anche se è il Kraken, non può smettere di voler bene al Capitano da un momento all’altro!” Protestò Lo Svedese. “Non è giusto!”

"Oh, non ha mai smesso.” Assicurò Lucius, con un sorriso furbo.  “Lo sapete qual'è stata la prima parola di quel cefalopode di Barbanera quando si è svegliato dalla caduta nel burrone? Io e Pete c’eravamo. Ora indovinate voi, avanti.”

Non ci misero molto, inaspettatamente: la risposta corale non poteva essere che una. 

 "Stede!

__

Cristo, devo calmarmi.

Pensò Edward, sempre più sconvolto da cotanta gentilezza nei suoi confronti. 

La ciurma aveva ragione di preoccuparsi: aveva una fame mostruosa, ma non se la sentiva ancora di uscire. 
Improvvisamente, si rese conto di non essere pronto ad affrontare Stede.

Si sentì un codardo. Non poteva farci niente. Non voleva vedere nessuno. 
Allora decise di attendere il tramonto. 
Quando il sole andò incontro al pelo dell’acqua, non poté più resistere, doveva assolutamente cercare qualche cosa da mangiare. 

L’immobilità forzata a cui si era sottoposto gli aveva indebolito molto il ginocchio: l’ultima volta che si era mosso, era stato per parlare con Izzy. 

Allora si alzò, convinto più che mai ad arrivare alle cucine. Cercò di resistere ai crampi allo stomaco e alle ferite che, con il brutto tempo, imploravano pietà. 
Arrivò fino alle scale, riuscì a salirle per arrivare sopracoperta, poi crollò a terra.

“Ginocchio del cazzo!” Maledisse, mentre il dolore gli prendeva tutta la gamba. 

Riuscì a mettersi seduto sugli scalini di legno, con la testa appoggiata alla balaustra. 

La Revenge, rossa a causa del sole morente, era deserta. Solo la fame rimase a fargli compagnia per un po’.

La mente di Stede era vuota mentre camminava. Non riusciva a trovare Edward da nessuna parte. Sapendo che i ragazzi erano ancora in cambusa, aveva ispezionato ogni altra stanza sottocoperta. 

Jim aveva ragione. 

Ti ha aspettato anche troppo.

Il cuore sembrò sul punto di uscirgli dal petto, quando finalmente lo vide rannicchiato su uno scalino con la testa incassata nelle spelle, che fissava il fazzoletto rosso che gli aveva regalato. 

Ed non alzò la testa, anche se aveva avvertito il suo passo. 
Ripose la seta in tasca, come se niente fosse, come fosse ancora completamente da solo.

Stede capì che lui non avrebbe mai fatto la prima mossa.

Era giusto. 

Si assunse l’onere immediatamente, stanco di proseguire quel silenzio. “Ti ho cercato ovunque.” Lo informò. “Che ci fai qui?”

“Volevo dare il cambio a Buttons.” 

“Ah…il timone si trova dall’altra parte, lo sai?”

“No, Stede. Non ero mai salito su una nave prima d’ora.”

“Allora saprai anche che non saresti andato da nessuna parte: abbiamo gettato l’ancora ieri sera. Buttons sta cenando con gli altri.”

Ed non rispose. Da quando, era diventato così pessimo a raccontare le stronzate?!

“Sei caduto e non puoi alzarti, vero?” Stede si inginocchiò davanti a lui, con un mezzo sorriso sulle labbra. 

Edward si trovò inerme dinanzi ai suoi occhi, dimenticandosi istantaneamente ogni singola parola che aveva intenzione di dire. Non gli uscì la voce. 

In pochi istanti si ritrovò in piedi. 

“Ti fa molto male?” Chiese il Gentiluomo, aiutandolo a sorreggersi alla ringhiera.

“Solo un graffio.” 

Certo.” 

“Non mi credi?”

“Neanche un po’.”

“Malfidato.”

“Bugiardo.”

Non appena Ed fu abbastanza stabile, Stede portò entrambe le mani intorno al suo viso, traendolo a sé con delicatezza, come se fosse qualcosa di prezioso. 

Edward rischiò di mettersi a tremare: l'ultima che l'aveva accarezzato in quel modo era stata sua madre, quando era ancora piccolo. 

Solo per quello, si sentì estremamente felice di non avere più la barba. 

Con la manica della propria camicia e la complicità del tessuto fine che facilitava di molto il lavoro, Stede cominciò a portare via il resatnte trucco nero con gesti estremamente misurati. 

Ed cercò il suo sguardo per tutto il tempo, mentre la stoffa gli tergeva le guance, le palpebre, la mandibola. 
Voleva guardarlo di nuovo negli occhi, ma il biondo sembrava così assorbito dal suo compito da avere l'aria assente. 

Quando il trucco scomparve, Stede indietreggiò leggermente, permettendo finalmente all'altro di leggergli negli occhi tutto il dispiacere e la vergogna per aver indetto quel duello assurdo. 

Ed scosse la testa: alla fine, era riuscito a capire bene la sua strategia. Stede aveva solamente cercato di stancarlo. 

Nessun colpo che gli aveva inferto era stato troppo mortale. 

Aveva semplicemente voluto provare a vendicare l'equipaggio e Lucius nell'unico modo degno che conoscesse. 

Era stato giusto. E lui si era arreso di proposito, conquistandosi il perdono per tutto ciò che era successo sulla Revenge. 

Ora non c'era più niente, tra loro. Niente, se non quello che provavano l'uno per l'altro.

"Sei tornato." Mormorò Edward, con voce rotta. Senza quel trucco, si sentiva di nuovo sé stesso. "Sono tornato."

“Mai andato.” Disse Stede, rispondendo direttamente sulla sua bocca. 

Ed spalancò gli occhi, poi li chiuse di riflesso, rispondendo a quel bacio che era rimasto sospeso da quando si erano ritrovati. 
Lo abbracciò di rimando, stringendolo prima con il braccio buono e poi con tutto sé stesso.

Stede avrebbe potuto scoppiare in lacrime. 
Sicuramente non si sarebbe aspettato di compiere un gesto così ardito in tutta la sua vita, molto probabilmente Mary sarebbe stata fiera di lui, se solo l’avesse visto. 

In compenso, ebbero tutta l’approvazione dell’equipaggio. 

Senza volere, li avevano visti da lontano. 

Lucius aveva sgranato gli occhi. 
Aveva guardato Pete, che ancora gli stringeva la mano con un sorriso furbo, lo stesso che era sulle labbra fine di Jim e che metteva in mostra i bei denti di Oluwande. 
Buttons e Lo Svedese erano andati a issare allegramente l'ancora, accompagnati da Olivia.
Roach, sghignazzando soddisfatto, aveva deciso che si era divertito e che fosse ora di andarsi a riposare, quindi era stato il primo a tornare sottocoperta. 
Izzy l’aveva seguito un istante dopo, lasciandosi sfuggire un "ma vaffanculo" a voce un po' troppo alta. 
Frenchie invece stava disegnando degli appunti come un forsennato, mentre Fang, Ivan e John avevano fatto finta di sistemare il sartiame fino al momento di punta, in cui c’era stata così tanta confusione che avrebbe potuto spaventare un branco di squali affamati.

Stede si riscosse a causa dei fischi e delle grida. Non degnò l’equipaggio di un’occhiata, prima di tutto per l’imbrazzo e poi perché l’unica persona momentaneamente degna di tutta la sua attenzione era esattamente tra le sue braccia, confusa, totalmente estraniata dal mondo. 
Bastò uno sguardo, per capire che era meglio spostare la situazione altrove.
__

Percorsero il ponte sottocoperta in fretta e furia. La cabina di Stede era la più vicina. 

Una volta dentro, Ed perse definitivamente l'equilibrio e Stede ne approfittò per spingerlo contro la porta con meno grazia del previsto. Lo baciò do nuovo, scusandosi, togliendogli il respiro. 

"Oh, no..." Disse poi, scostandosi di colpo. "Mi dispiace! Dio come mi dispiace."

"Ti...dispiace?!" Chiese l'altro, senza smettere di tenersi alla porta, dallo stordimento.

Stede sembrava veramente mortificato. Si allontanò del tutto, prendendosi la testa tra le mani. "Non ti ho nemmeno chiesto se volevi—se vuoi...questo."

“Cosa ti fa pensare che non voglio? Certo, che ti voglio! Tu che cosa vuoi?”

“Sinceramente, voglio che mi perdoni. Non posso andare avanti, se non te lo sento dire.”

“Sei l’uomo più testardo che conosca—”

“Così mi ammazzi!”

Ed sospirò. “Credo di averti perdonato più o meno dopo cinque minuti che ti ho visto arrivare su quella scialuppa con la tua barba lunga e bello come il sole d'inverno. Ma non dirlo a Izzy: potrebbe dare di matto e avrebbe senz’altro ragione."

“Che cosa?!” Stavolta mancò l’aria a Stede. “È la verità? Tu mi avevi visto arrivare e mi avevi già…e il testardo sarei io?! Ti avrò chiesto perdono almeno un centinaio di volte in questi sette mesi, e—" Si fermò, giusto per impedire ai propri occhi farsi troppo lucidi di nuovo. "E continuerò a chiedertelo ancora, finché non avrai il cuore di nuovo integro. Avrei dovuto essere più gentile con te, prima."

Ed fu a sua volta vicinissimo alle lacrime: nessuno, di tutti gli uomini che aveva avuto, si era preoccupato in quel modo o si era mai posto dei dubbi sul fatto che Ed, effettivamente, volesse scopare. Nessuno che si fosse preoccupato di lui e per lui. 

“Non è necessario,” si schermì. “I pirati non chiedono, prendono.”

“Io non voglio trattarti in questo modo!” Protestò il biondo, adorabilmente imbronciato. “Non te lo meriti! E poi non era così che avevo immaginato di portare a letto qualcuno per la prima volta..."

“Prima volta?” 

“Esattamente!” 

Ed si accigliò. "I figli che dici di avere, sono davvero tuoi?"

"Sì, e non sai quanto li abbiamo cercati. Era un dovere. Nient'altro che un'incombenza di cui liberarsi ogni sabato sera."

"Aspetta, fammi capire bene: l'hai fatto con tua moglie ma in tutti questi anni non l'hai mai provato con un uomo?" 

"No...non sapevo niente, prima di incontrarti. Non ci avevo mai pensato. Non sono neanche sicuro di come funzioni, se devo essere sincero. Ho solo tanta paura di farti ancora più male di quanto ho fatto già."

"Ehi, non importa. Anch'io non ho mai avuto nessuno di importante con cui farlo. E sappi che ciò che mi ha evitato fino ad adesso di saltarti addosso e baciarti su ogni superficie disponibile è che non potrei più convivere con me stesso, se ti facessi altro male. Possiamo scoprire tutto insieme e andare con calma, però, se lo desideri."

"Ti desidero, Ed. Completamente." 

"L’avevo capito.” Disse il pirata, reprimendo una risata a tanta veemenza. Tornò serio in un istante. “Se c'è qualcosa, qualsiasi cosa che non ti piace, ci fermiamo."

"Oh, caro...lo stesso vale per te." 

"In tutta la mia vita non avevo mai trovato nessuno con abbastanza palle da attaccarmi al muro e baciarmi come hai appena fatto tu."

“...quindi ti stava piacendo?” 

Ed rispose alzando un sopracciglio. Non poteva ammettere ad alta voce che sì, gli era piaciuto da morire e fino a quel momento non aveva mai ricevuto niente del genere da nessuno. 

I loro occhi si incontrarono di nuovo. Stede sentì lo stomaco contrarsi mentre si avvicinava per convincerlo ad inclinare la testa, in modo da poterlo baciare più profondamente.
Quella volta fu più calmo, ma infinitamente più intenso.
Crebbe qualcosa di strano, dentro di sé, qualcosa che non riusciva a nominare.

Il battito del suo cuore andò fuori controllo, mentre il sangue affluiva sfacciatamente in tutti i punti sbagliati. (O giusti, avrebbe detto Ed in seguito.)

Ed stava rispondendo con una dolcezza che non sapeva neanche di possedere. Era tutto ciò che aveva sempre voluto: qualcuno con cui abbassare le difese senza riserve, qualcuno che l’aveva scelto e a cui lui aveva scelto di donarsi liberamente. 
All’improvviso si sentì spingere verso la superficie morbida del letto, atterrandoci sopra senza sapere -di nuovo- come avesse fatto ad arrivarci.  

Stavolta era Stede, che incombeva su di lui, attento a non opprimerlo troppo o a gravare sulle sue ferite.

Quando lo sentì scendere sul collo e fermarsi ad adorare la sua clavicola, Ed fu sul punto di svenire. 
Spostò la testa in modo da offrirgli più pelle, emettendo un sospiro talmente osceno da mandare l’intero essere di Stede a fuoco.  

Decise di agire a sua volta, insinuando una mano sotto la sua camicia. 

Egoisticamente, era molto sollevato di non avere a che fare con quei bei vestiti complicati e pieni di bottoni che Stede amava tanto indossare. 

Il gentiluomo sorrise, muovendosi per fare in modo che il tessuto leggero gli potesse essere strappato di dosso senza tante cerimonie. 

Ed aprì gli occhi e rimase incantato: la pelle di Stede era più candida della sabbia più fine che avesse mai visto, ed era infestata di deliziose lentiggini che non vedeva l’ora di baciare, contare e imparare a memoria. 
Notò dei lividi in via di guarigione sulle sue braccia, gli stessi che aveva anche lui addosso. 
Erano dovuti all’impatto con l’acqua: dall’altezza cui erano caduti, era stato un vero miracolo che non fossero morti sul colpo.
Tutta quella bellezza, tutta quella meraviglia che era Stede Bonnet sarebbe andata persa. 
Edward non poteva sopportare il solo pensiero di quanto fosse andato vicino a perdersi e a perdere l’unica persona che non aveva mai odiato. 

Per fortuna, il destino aveva avuto altri piani. Stede era lì con lui. Vivo. Carne e sangue. 
Bevve con gli occhi i muscoli lievemente accennati del suo torace, fino a soffermarsi sulla cicatrice sul fianco sinistro che testimoniava il primo duello vinto contro Izzy. 
Non poté trattenersi dal toccarla delicatamente con la punta delle dita e poi con tutto il palmo.
Stede cercò di rimanere immobile, accettando di mostrarsi scoperto e vulnerabile per la prima volta in tutta la sua vita. Non poteva credere allo sguardo di adorazione che Ed gli stava rivolgendo: gli piaceva, quello che vedeva. 
Gli piaceva tanto.

Stede non si era mai sentito un bell’uomo. 

Per tutta l’adolescenza aveva ascoltato le critiche sprezzanti di suo padre, che aveva sempre giudicato troppo da femmina sia il suo portamento, sia il suo aspetto. 
Sua madre, benchè sempre presente, non l’aveva mai contraddetto, vergognandosi di averlo messo al mondo. 
Stede aveva continuato a sentirsi disprezzato persino quando erano morti. 
I bei vestiti che indossava, la cura con cui si preparava, erano stati una buona consolazione al senso di inadeguatezza che gli si era cucito addosso in maniera permanente. 
Stoffe, sete, lini, erano stati il rifugio di un ragazzo che non era mai stato preso sul serio neanche dai ragazzi del collegio cattolico in cui aveva studiato per anni. 

Mary stessa, non gli aveva mai detto che lo trovasse bello, così come lui non le aveva mai rivolto un complimento inerente alla sua bellezza o intelligenza, semplicemente perché entrambi non si erano mai presi la briga di approfondire il loro legame. 
Troppo giovani, troppo imbarazzati, troppo disinteressati l’uno all’altra per poterlo fare. 
Stede ricordava con disagio, le sere in cui con sua moglie avevano dovuto adempiere ai doveri coniugali. Erano avvolti entrambi dentro strati e strati di vestiti e circondati da altrettanti strati di coperte.
Ricordava l’umiliazione di Mary, la fretta, la fatica e il proprio rimpianto di non essere nato convenzionalmente bello come chiunque altro. 

Edward invece stava stravolgendo tutto. 

Non avevano neanche finito con i vestiti che Stede già sentiva la ragione minacciare di abbandonarlo a metà, senza contare che non gli era mai capitato di provare una voglia così monumentale di spogliare qualcuno. 
Preso da una fame che non riusciva più contenere, avvicinò la mano al polso dell’uomo sdraiato parzialmente sotto di sè, e risalì ogni tatuaggio sul suo braccio, tracciandolo con lentezza estenuante.

Il contatto della loro pelle, anche se minimo, si faceva sempre più elettrico allo scoccare di ogni minuto. 

“Dio…” emise Ed. 

Più il tocco di Stede saliva, più gli tornava difficile non iperventilare come un miserabile disgraziato. 
Quando la sua mano arrivò ai fermi della giacca, però, la fermò di colpo appoggiandoci sopra la propria. 

Edward era consapevole di non avere più vent’anni. 
Sapeva di essere cambiato e non nel senso positivo del termine: dopo l’ultima cosa che gli era successa, si sentiva quasi in soggezione a mostrarsi. 
Non che in passato avesse mai avuto qualche remora, a riguardo. Suo malgrado, era sempre stato pienamente conscio del suo aspetto e di avere sempre avuto un certo ascendente, sia sulle donne che sugli uomini. 
E poi era Barbanera. E Barbanera non si tirava mai indietro. Nella vita, come sul letto, erano sempre stati gli altri a dover abbassare lo sguardo al suo cospetto, e lui, forte del suo nome, non si era mai fatto dei problemi.  

Con Stede però era diverso. 

Stede non era chiunque...lo trovava così bello al suo confronto, che all’improvviso stentava a credere che fossero arrivati fino a quel punto e che anzi, lui intendesse addirittura andare oltre. 

Edward era riluttante. 
Se fosse stato con un altro, avrebbe preso il sopravvento, risolvendo tutto in dieci minuti…ne sarebbe uscito come un dio e con tutti i vestiti addosso. 

Invece, la realtà era molto diversa. 
Come avrebbe potuto sottrarsi alla volontà di quegli occhi così limpidi e colmi di tutto quello che aveva sempre cercato in un amante? Ed aveva aspettato per secoli, di essere guardato in quel modo. 

Tolse la mano da quella di Stede, conferendogli la piena libertà d’azione. 

Bonnet fece un lavoro tremendamente impacciato e malgrado adorabile. Non ci volle molto a che i fermi della giacca cedessero per rivelare valli e piani di pelle abbronzata dal sole di mille estati.

Stede sospirò forte per la meraviglia e prima che l’indumento potesse toccare terra, Ed sentì freddo. 

Buttò lo sguardo nel vuoto, mentre un leggero panico si impossessava di lui. 

Fu allora, che il pirata biondo comprese cosa stesse succedendo: il corpo che aveva davanti aveva visto mille scontri, innumerevoli battaglie, aveva resistito alla forza del vento, alla corrente del mare, aveva sopportato la violenza e sofferto il freddo e il caldo. 
Era pieno di cicatrici, abrasioni e lividi. Alcune cose erano vecchie, altre nuove, ma si trattava solo di ornamenti aggiunti al resto dei numerosi tatuaggi sparsi qua e là.

Con o senza barba, Edward Teach aveva l’aspetto di una leggenda. Era perfetto, assolutamente meraviglioso.

E quello sciocco aveva anche il coraggio di vergognarsi.  

Per Stede era inaccettabile. 

Gli pose una mano sul fianco, usando l’altra per allentare il bottone che teneva chiusi i suoi calzoni. Li sfilo con reverenza una gamba alla volta, rimanendo sempre più affascinato nel processo, finchè non notò il ginocchio martoriato. Anche quello aveva una storia, ma l’avrebbe ascoltata un’altra sera e di certo una ferita importante come quella non toglieva valore a tutto il complesso. 

“Sei i-incredibilmente bello.” Balbettò, prima che le cose potessero precipitare. “Bellissimo.”

“Che?!” Domandò Ed, con la testa ancora rivolta al muro dall’altra parte della stanza. 

“Sei la cosa più inestimabile che abbia mai visto. Più dei tesori sepolti, più di questa nave stessa. Non solo, indossi bene le cose belle…sei tu, ad esserlo.”

“N-non devi dirmi certe cose. Tu sei sbalorditivo. L’uomo più bello che abbia mai visto. Io non ho bisogno—” 

Non è necessario, ho indovinato?” Il gentiluomo scosse la testa e sorrise incredulo alla scoperta che il più grande pirata della storia fosse totalmente incapace di reggere la pura e semplice realtà, perché quelli non erano di certo dei complimenti. 

Poi, senza che Ed potesse aspettarselo, Stede si sporse in avanti per baciare delicatamente la cicatrice sulla sua spalla. 

Ed sgranò gli occhi. 

“Queste,” continuò Stede, accarezzando nel contempo tutti i lividi e le abrasioni su cui riusciva a mettere le mani, “raccontano chi è Edward Teach, la sua storia. E io non lo vorrei in nessun altro modo.”

Ed strozzò un singhiozzo. -Diamine, si sentiva così idiota!- Si riprese giusto in tempo per poter rimediare a quel momento di debolezza estrema, tirando i lacci che legavano i calzoni di Stede. Una volta che l’ebbe liberato anche dagli stivali, schiacciò le labbra contro le sue in un altro bacio bruciante, mentre un’unica lacrima traditrice gli sfuggiva dalle ciglia. 

L’ultima, promise Stede, stringendo ulteriormente Ed a sé e per approfondire il bacio, e dimostrando a sua volta quanto fosse affamato di contatto. 

Finalmente, i loro fianchi entrarono in collisione. Le loro mani, frenetiche, cercavano, trovavano, stringevano.

Stede per la prima volta sperimentò cosa significasse smettere amare qualcuno in via esclusivamente platonica. 
Perse ogni cognizione di tempo e spazio mentre si muoveva naturalmente, lasciando andare ogni inibizione a favore del puro istinto e realizzando ogni singola cosa che fino a quella notte aveva potuto solamente immaginare.
Nessun pensiero, però, era mai stato così vivido. Niente, di tutta la fantasia che aveva attraversato la sua mente, era mai stata all'altezza della realtà.

Era quasi troppo, da sopportare senza impazzire.

Non esisteva più niente, neanche lui esisteva più. 

C’era solo Ed. 

Ed che lo seguiva, Ed che lo assecondava, lo guidava quando aveva bisogno e lo incoraggiava in ogni movimento, prendendosi sempre cura di lui. 
Sembrava davvero felice, per una volta, di non avere alcun comando: si stava lasciando amare, -indipendentemente da quanto Stede fosse inesperto- completamente assorbito dallo stesso sentimento che aveva cercato di reprimere per mesi.

Non se n’era mai andato, scoprì. Era sempre stato tutto lì, e adesso ci stava annegando dentro.  

Stede stava vivendo e morendo insieme. 

Viveva ogni volta che ogni carezza andava a segno, moriva ogni volta che vedeva Ed sorridere di piacere, viveva di nuovo quando incrociava i suoi occhi dopo ogni bacio e ad ogni vocalizzo a cui era impossibile non rispondere. 

Morí quando finalmente trovò la sua strada in lui, continuando a vivere spinta dopo spinta. 

Da lì si alzò un insieme confuso di gemiti, maledizioni, invocazioni e nomi sussurrati in una preghiera sempre più concitata. 
Era una litania perfetta, ripetuta per ore, all’infinito, fino alla beatitudine. 

La melodia più bella della loro vita. 

E forse fu colpa dell’euforia per essersi fusi, dell’elettricità nell’aria, della prospettiva che si fosse appena avverato un futuro impossibile, o della consapevolezza di essere finalmente liberi, Ed e Stede non riuscirono a smettere di amarsi per il resto della notte, esplorandosi e scoprendosi a vicenda fino a che non furono completamente appagati e soddisfatti. 

Quando l’alba si decise a sorgere, li trovò ancora uniti, ubriachi fradici d’amore e sorridenti come ragazzini.

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Capitolo 10
*** Epilogo ***


Epilogo

 

Trascorsero in cabina anche il resto del giorno successivo. 

A quanto pareva, nessuna nave aveva osato attaccarli e non sembrava esserci nessun problema all'orizzonte data la quiete che ancora regnava.

Stede si svegliò col sorriso. Per una volta in vita sua non faceva differenza, se dormiva o era sveglio e quella sensazione l’aveva provata solo due volte in vita sua: la prima, quando era nata Alma, la seconda, per Louis. 
Soprattutto per Alma, ogni volta che piangeva e la balia non c’era, si alzava sempre lui. 
Non gli era mai pesato andare dalla piccola infagottata e provare a farla ridere, permettendo a Mary, sempre esausta e di pessimo umore, di riposare. 
Quando era nato Louis non era stato diverso. 
Finchè non avevano cominciato a crescere, quei bambini erano stati la ragione per cui Stede apriva gli occhi ogni mattina: erano stati gli unici momenti in cui i suoi figli sembravano aver avuto davvero bisogno di lui. Le uniche volte in cui Stede si era sentito un padre. 

Si chiese se stavano bene. 

Se Louis fosse riuscito a ricordare qualcosa di più di colui che per un po’ era stato suo padre…si chiese cos’avrebbero detto, se avessero conosciuto Ed.  

Si girò su un fianco, per osservarlo. 
Aveva scoperto di amare moltissimo, perdersi nei suoi tratti addomentati. 
Non poté fare a meno di accarezzargli il viso con delicatezza, di baciargli la fronte e tutte e due le palpebre.

“Oh, Ed…” sussurrò poi, sovrappensiero, “quanto devi aver pianto, per colpa mia.” 

“Un bel po’.”   

“Ah!” Stede si allontanò. “Sei sveglio!” 

“Non lo ero.” Edward, beato come non mai, si raggomitolò contro di lui senza aprire gli occhi. “Che cosa c’è?” 

“Mi leggi, adesso? Perché io non ho detto niente a parte—“ 

“Pensi troppo forte, Stede.” Strascicò assonnato. 

“E va bene. Pensavo. A te.” Disse Stede, avvolgendolo con le braccia. “Edward Teach, nato su una spiaggia.

“In tutta onestà non avrei mai creduto di arrivare quasi a morirci, su una spiaggia.” 

“Come hai fatto a nascere in una—voglio dire, non è da tutti.”

Ed finalmente aprí gli occhi, rinunciando del tutto al sonno. “È capitato una mattina di autunno. Mia madre era molto…gravida, ma evidentemente così forte che aveva deciso di andare a pescare lo stesso, come tutti i giorni.”  

“A pescare?” 

“Quel bastardo di mio padre era in giro a fare chissà cosa. Quindi se mia madre voleva…rimanere integra, doveva far trovare qualcosa da mangiare a casa.” 

“Gesù...” 

“La spiaggia non distava molto dalla città, giusto qualche miglio, e non era molto conosciuta.
Era completamente sola, mia madre, quel giorno. 
Solo lei e l’Oceano. 
Ha detto che verso l’alba sono arrivato anch’io a farle compagnia.” 

“Dio, mi sto rendendo conto quanto poco ti conosco. Non ti ho neanche mai chiesto dove abitassi, prima di diventare Barbanera. Ma non voglio nemmeno toccare ricordi dolorosi, quindi se non vuoi parlarmene…” 

E come avrebbe potuto, Edward, smettere di parlare a quegli occhi così luminosi? “Ne stiamo già parlando. Chiedi e basta.”

Giusto. Allora, mio caro Ed, da dove vieni?” 

“Da Bristol.” 

“Deve essere un bel posto. Cosa ti ricordi?” 

“Poche cose. Il grigio del cielo, il verde pallido dell’erba e la puzza di piscio ovunque mi girassi. 
Solo su quella spiaggia isolata avevo un po’ di pace, ci andavo piuttosto spesso, anche se c’era sempre un vento maledetto. 
Quel vento mi accompagna da sempre, sin dal primo giorno della mia fottuta vita. Per poco non morivo di freddo. E io lo odio, il freddo.”  

“…hai detto che sei venuto al mondo in autunno.” 

“Già.” 

“Ti ricordi il giorno?” 

“No, non più…anche tu sei nato in autunno?” 

Stede scosse la testa. “Una notte d’estate.”

“Quando?”  

“In Giugno, il ventinovesimo giorno. Dopo averne fatti patire tre a mia madre.” 

“Testardo ancora prima di nascere.” 

“Povera donna. Quante me ne ha dette, quando sono cresciuto! Si chiamava Bernice.” 

Ed prese in bel respiro. “Leigh.” 

“Bellissima. Significa protetta dalla tempesta in gaelico irlandese.” 

“Davvero?”

“Davvero.”

“Avrei voluto salvarla, da quella che le si è abbattuta addosso…“ 

“Se ti riferisci a tuo padre, non potevi fare meglio di come hai fatto. Ne sono convinto.”

“Ho pensato a lui. Quando sono entrato in quella stanza con gli inglesi. Ho creduto che sarei andato all’inferno per stringergli la mano.”  

“Sei stato estremamente coraggioso, Ed. Io non ho mai saputo proteggermi, da mio padre…ogni tanto mi tormenta ancora.”  

“Stede…”

“Sì?”

“Ti vado bene comunque? Anche se sono un assassino?” 

“Sei tutta la mia vita e non sei affatto un assassino. In quanto all’inferno, l’hai fatto passare anche a me quando ho creduto di averti perso.”

“Come ti è saltato in mente di seguirmi? E come hai fatto a tirarmi fuori dall’acqua?” 

“Non l’ho fatto. Credo di essere svenuto appena dopo essere riuscito ad afferrarti. La verità è che non ho mai imparato a nuotare.” 

Ed sgranó gli occhi. “Tu sei completamente matto, Stede.” 

“Probabile.” Rispose il gentiluomo con un sorriso. “Credo di essere fortunato, però. Se ci pensi, sono riuscito ad evitare la morte tante volte. Deve essere la mia abilità.”  

“Sei fottutamente meraviglioso.” 

Stede arrossí. “Allora…allora ho fatto bene, stanotte? Sono andato…bene?” 

“Bene?! Bene, dici?! Sei stato incredibile, cazzo! A che razza di collegio ti hanno mandato, te le hanno insegnate i cattolici, tutte quelle cose?” 

“No, affatto. Vorrei poterti dire di averle imparate da tutti i romanzi romantici che ho letto più volte, ma non è stato così…mentre ero con te mi sono dimenticato tutto.” 

“Sei andato a senso!?” 

“Ho paura di sì.”  

“È stata la notte più bella della mia vita. Anche meglio di quando abbiamo dormito insieme. Ma non ti ho chiesto se tu, sei stato bene.” 

“Vuoi prendermi in giro? Non farei altro, adesso!” 

Ed gli prese il volto tra le mani. “Dici sul serio?”

“Non avevo mai provato niente del genere, prima di stanotte. Mi è piuttosto impossibile, ora, starti lontano…e poi l’idea di aver fatto qualcosa che farebbe rivoltare più volte mio padre nella tomba è un buon motivo per non smettere di farla.” 

Ed rise brevemente, figurandosi la faccia di sua madre se, in un’altra vita, invece di una ragazza le avesse portato a casa Stede. 

“Sono tanto felice di essere riuscito ad amarti come meriti…” continuò quell’ultimo. “Non smetterò finchè avrò fiato in corpo e anche oltre, se Dio vorrà.”  

“Dimentica quello che ti ho detto riguardo al fatto che che non sei mio, Bonnet. Hai appena fatto scattare la tua personalissima trappola mortale.”

“Nessuna trappola: sono sempre stato tuo. Da quando mi sei apparso davanti la prima volta.” 

“Sei l’unico, ad aver avuto il coraggio di guardare in faccia Barbanera e a sorridergli.” 

“Mi avevi appena salvato la vita, mi sembrava il minimo.” 

“Ti seguivo da mesi. Sono arrivato sul ponte appena in tempo per toglierti il cappio dal collo, anche se ad un tratto ho temuto che fosse troppo tardi.” 

“A proposito.” Stede si accigliò. “Che cosa ci facevi da solo sul ponte, l’altra notte? Non raccontare la storiella di Buttons perché ti ho già detto che non ci credo.”  

“Niente, non ci pensare.” 

“Edward—“

“Ero stanco e volevo prendere un po’ d’aria. Contento?”  

“Un accidente, non continuare a mentirmi.” Stede piantò gli occhi nei suoi e ripercorse con la mente i passi che doveva aver fatto Ed: la cambusa era l’unica stanza che in linea d’aria avrebbe potuto raggiungere facilmente con il ginocchio malandato. “Da quanto tempo non mangi?!” Chiese, guardandolo preoccupato. 

Egli rispose con una alzata di spalle. 

“Dio santissimo, tu avevi fame! Perché diamine non mi hai detto niente?”

“Ti saresti fermato?”

“Certo che sì!” 

“Allora non ho potuto io.”

Stede era sconvolto. “Ogni quanto mangiavi, in mia assenza?” 

“Per lo più bevevo—Ehi, ma che cosa!”  

Stede l’aveva letteralmente spinto giù dal letto, poi si era alzato, e infine gli aveva lanciato addosso dei vestiti puliti.  

“E questo che significa?!” 

“Hai la mente tattica migliore che conosca, mi rifiuto di credere che tu non stia vedendo l’ovvio.” Decretò il biondo, cominciando a vestirsi in fretta.  

Edward lo osservò a lungo, riluttante all’idea di lasciare giaciglio caldo sul letto e di non avere più Stede tutto per sè. “Immagino di non avere scelta, vero?” 

“Neanche per sogno!” Esclamò infatti Bonnet. 

“Ma ti ho appena ritrovato!” 

“Non mi perderai mai. Ho promesso che mi sarei preso cura di te e intendo farlo in ogni singolo momento, ergo, non accada mai più che salti i pasti!” 

Ed lasciò cadere a terra la coperta che gli aveva tenuto caldo fino a quel momento. “E se provassi a fermarti?” 

Stede era già praticamente vestito. Gli ci volle una gran forza di volontà per non abbassare lo sguardo in nessun altro posto oltre il suo viso e soprattutto per non spogliarsi di nuovo a sua volta. “Tentami…e io vado a chiamare Frenchie: la canzone dell’altra notte sarebbe davvero perfetta per allietarci la serata, ora che ci penso.”

“Cazzo no, scordatelo!” Esclamò Ed, infilandosi la camicia dalla testa, senza aprirla. “Sei un uomo diabolico, Stede Bonnet. Se non mi piacessi così tanto, saresti in guai seri.”

“Sì, certo! Ti voglio puntualissimo a pranzo, a cena e anche a colazione!”

“Poi? Devo cominciare a chiamarti Capitano?”

Stede accennò una risata e lo aiutò con il resto dei vestiti. “No, no. Sarebbe troppo.” 

“Non ci lasceranno più in pace, lo sai?” Chiese Ed, avvalendosi del suo aiuto per incamminarsi fuori dalla cabina. “Se ci vedono vicini in questo modo, ci scopriranno.” 

“Non c’è niente da scoprire, sapevano di noi anche prima di noi. Non ho dubbi che saranno contenti.” 

“Aspetta, come sarebbe a dire contenti? Io ne avevo parlato solo con Lucius!”

“Be’ ci hanno sentiti litigare tante volte, in questi mesi…”

“Non è una spiegazione.”  

“Potrebbe essermi sfuggita una cosa o due in presenza degli altri.”

“Stede!”  

“Ero un po’ disperato perché non sapevo più cosa inventarmi avvicinarmi a te.” Ammise il Gentiluomo. “E…ci hanno già visti baciarci. È tanto grave?” 

“No.” Disse Ed, sorridendo con dolcezza. “No, affatto. Anche se, onestamente, sarei stato felice di sbandierarlo io stesso ai quattro venti.”

“Oh, grazie a Dio!” Esclamò Stede, sorridendo a sua volta con sollievo. “Perché mi sento nello stesso modo.” 

— 

Ed non poteva fare a meno di sentirsi nervoso. Stede lo avvertí irrigidirsi man mano che si avvicinavano alla porta della cambusa e sentivano le voci allegre della ciurma che parlava animatamente. 

“Va tutto bene? Preferisci mangiare altrove?”

“No, sto benissimo. Ho la gamba un po’ intorpidita perché non ho più camminato.”

“Vieni, allora, appoggiati di più.”

“Non voglio stancarti.” 

“Non potresti, non mi pesi affatto.” 

“Ma—“

“Lasciati aiutare, Ed. Non succede niente se per una volta ne hai bisogno.” 

Edward fece quanto richiesto, lasciando che Stede gli cingesse la vita con un braccio e potesse sorreggere completamente il suo peso.

“Vuoi bussare tu, per favore?” 

Ed bussò un paio di volte contro il legno. La porta si aprì immediatamente.

Stede non aveva sbagliato, dovette riconoscere: la loro accoglienza fu grandiosa. 

Non appena li videro, gli uomini li salutarono alzando i rispettivi bicchieri e bevvero alla loro salute. 

“Qual buon vento, Capitano Bonnet?” Salutò cordialmente il cuoco, aiutando nel frattempo Ed a mettersi seduto. 

Signor Roach, ho un certo Capitano Teach da sfamare.” Annunciò Stede, sedendosi proprio accanto a lui. “È rimasto qualcosa di commestibile?”

“Tutto quanto! Dovevamo ancora cominciare!” 

Roach andò a prendere il set di piatti migliori che trovò, distribuendovi sopra la cena. 
Per quella sera aveva preparato della carne. In realtà ne aveva trovati più tipi, e immaginandosi che non avrebbero cenato soli, l’aveva cotta tutta. 
La distribuì, soddisfatto delle espressioni affamate dei suoi compagni, poi si mise a sedere per ultimo. 

Ed, nonostante fosse stato servito per primo, non toccò nemmeno la forchetta finché non vide tutti i piatti pieni. 

Quell'aspetto, era l’unico che inconsapevolmente aveva in comune con Hornigold. Con la differenza che il bastardo aspettava di veder mangiare gli altri di proposito, per sincerarsi meglio che il cibo che gli serviva la sua stessa ciurma non fosse avvelenato. 

Barbanera si era preso raramente la briga di mangiare con il suo equipaggio, quando comandava la Queen Anne’s. Non era abitudine, per lui, poiché veniva servito e riverito direttamente nelle sue stanze. 

Tuttavia, le poche sere in cui il famigerato terrore dei mari onorava gli uomini della sua presenza, aspettava sempre che quelli attaccassero a mangiare per primi, per la pura e semplice contentezza di vederli condividere un pasto a fine giornata, anche se non poteva assolutamente dirlo ad alta voce. 

Quella volta, invece, sulla Revenge, era decisamente una serata speciale per Ed: l’atmosfera era quanto di più caloroso avesse mai vissuto, gli argomenti di conversazione non mancavano e l’amore della sua vita era al suo fianco. 

Forse cominciava a capire cosa intendesse Stede, quando diceva di aver trovato una famiglia

Edward attese quindi che dessero il primo morso, poi si concesse di guardare il proprio piatto: aveva così fame che dimenticò tutte le buone maniere che aveva memorizzato, infilzando il primo pezzo di carne che trovò, mangiandolo direttamente dal coltello. 

Stede lo notò e rise, contento di vederlo finalmente mettere qualcosa nello stomaco. 

“Capitano.” Chiamò Frenchie, attirando l’attenzione di entrambi. Sembrava sinceramente pentito. “E…Capitano…mi spiace molto, per l’altra sera…per la canzone. Volevo aiutare a schiarirvi le idee, invece temo di averle peggiorate. Anche Lo Svedese e Lucius volevano aiutare.

Stede non poté fare a meno di arrossire di nuovo. “Non fa niente.” 

“Non è stata colpa tua.” Dichiarò sorprendetemente Edward, mentre masticava. Si era completamente dimenticato anche che non era molto educato, parlare con la bocca piena. “Non c’è stata una volta in cui non ti abbia sentito cantare male. Anche l’angelo nordico è notevole, uno dei migliori, al talent show.”  

“Grazie, Signore—Eh, volevo dire Ed.”

“Il tuo problema, ragazzo, è quell’affare ti ostini a strimpellare.”

“Mi dispiace.” 

“Non dispiacerti. La colpa è mia e del tuo Capitano, che non abbiamo pensato a procurartene un altro, una grave mancanza da parte nostra. Vero, Stede?”

“Assolutamente. Ti promettiamo che risolveremo non appena faremo porto.”

E Frenchie finalmente sorrise. “Sono contento, che abbiate trovato una soluzione tra voi due.” 

“Già sapevamo, che l’avreste trovata!” Si intromise Lucius, guardando i suoi capitani con un sorrisetto malizioso. Ovviamente aveva ascoltato tutto il discorso. “Era solo questione di tempo! Quel che non sapevamo è se sareste mai usciti da quella stanza.” 

Stede, che stava ancora mangiando, quasi si strozzò con un boccone. 
Edward gli allungò prontamente il proprio bicchiere per farlo smettere di tossire. 

“E andiamo, amico!” Scherzò Oluwande. “Dai loro tregua almeno all’inizio, ce l’hanno appena fatta!” 

“Comportati bene, hombrecito.” Ammoní bonariamente Jim, mentre tutta la stanza rideva. 

Anche Stede rise e continuó a parlare e scherzare per il resto della cena. 

Edward, invece, stava troppo bene per intervenire. Si limitò ad ascoltare tutto il tempo, affascinato dalle nuove sensazioni che stava continuando a provare. 

Fu riportato alla realtà da Roach che serviva il dolce: una torta morbida all’arancia e cacao. 

Gli piacque così tanto che Stede insistette a cedergli la propria fetta e non ci fu modo di fermarlo. 

Si sarebbe mai abituato a tutto quello

Ed non ne aveva la più pallida idea. In realtà non gli sarebbe dispiaciuto affatto, se quella fosse diventata la sua normalità, un giorno. 

“Capitano, ora che è tutto a posto, riavremo le nostre storie della buonanotte?” Chiese a un certo punto Lo Svedese. 

“Ma certo!” Rispose Stede. “Cosa vorreste ascoltare? Leggende, favole, tragedie…”

Ne discussero a lungo. 

Edward?” Chiamò Wee John, zittendo tutti. “Hai detto che i Vichinghi sono stati tra i nemici più forti che hai affrontato.”

“È vero. Sono stati gli unici a riuscire a superare la mia nave in velocità.” 

“Quale è stata la nave più spaventosa che tu abbia mai visto?” Chiese Buttons. “A parte la tua, ovviamente.” 

Ed pensò alla domanda per diversi attimi. Nella mente passò in rassegna tutte le navi su cui era salito…la nave di Hornigold era abbastanza agghiacciante. Quella di Anne Bonny e Mary Read, decisamente impressionante. Ma ce n’era una sola, che era riuscita seriamente a spaventare Barbanera. 

L’Olandese Volante.” 

Un mormorio concitato si alzò subito. 

“È vero che all'inizio non riesci a vederlo, all’orizzonte?” Domandò Roach, più curioso che mai.

“E che quando invece lo vedi è già troppo tardi?” Fece eco Frenchie. “Il galeone è stregato, ci scommetto!”

“Non è proprio così…” rispose Ed, colto alla sprovvista da tutto quell’interesse, “ma quasi.” 

“Possiamo ascoltare questa storia?” Chiese Lo Svedese. 

Per la loro gioia, Edward annuì.  

“Davvero?! Anche se sei impegnato con lui?” Wee John indicò Stede, che diede a sua volta l'assenso. 

“Non sono molto bravo a raccontare storie.” Ammise Ed. “Ma farò del mio meglio.” 

 “Allora andiamo sul ponte o ci riuniamo nella stiva?” Domandò pragmaticamente Olu.  

“Sul ponte!” Decisero gli uomini, e si alzarono per aspettare i due capitani. 

Stede tese il braccio a Ed, per aiutarlo a rimettersi in piedi. 

“Capo, aspetta!” Esclamò Black Pete, avvicinandosi. “Io…ho fatto questo!”

Ed fissò l’oggetto che il pirata gli stava timidamente mostrando. 

Non poteva crederci.  

Spostò lo sguardo prima su Stede, poi su Pete stesso.

“Dovresti prenderlo." Suggerì Stede, allontanandosi felicemente. Era il momento di Ed. Doveva viverlo lui e basta.  

Edward era ancora completamente disabituato a qualsiasi tipo di dono da parte di Stede…non si sarebbe mai aspettato di ricevere un tutore nuovo, costruito apposta da Black Pete. 

“È per te!” Specificò quello, porgendoglielo di nuovo. Come se non fosse abbastanza chiaro.

Ed lo studiò con calma, cercando di controllare il tremore nervoso delle proprie mani. 

La lavorazione era assolutamente impeccabile. I lacci di pelle erano lucidi, nuovi di zecca. Le fibbie in metallo sembravano così sicure che, era certo, non si sarebbero rovinate col tempo.

“Quando…” Cominciò a chiedere, del tutto incapace di terminare la frase. Pete capì lo stesso. 

“Ho cominciato a lavorarci la sera in cui ti sei ripreso la prima volta.” Rivelò. “Facevo l’apprendista in una bottega di artigiani. Mio zio faceva il pellaio, mio nonno il falegname. Non avrei mai creduto che certe cose mi sarebbero tornate utili su una nave pirata…”  

"Perché tu, tra tutte le persone…”  

“Hai salvato la vita di Lucius. Due volte.” 

“Ma credevo mi odiassi.” 

“Sì, mi stavi antipatico. Dopo, ho capito che cosa ti è successo ed è stato sufficiente. Non c’entra niente che mi hai nominato quartiermastro…tu sei Barbanera! Non è giusto che proprio tu non possa muoverti come più ti pare e piace!"

“Grazie–”

“Provalo e basta. Sono in tempo a modificarlo, se non va bene.”

Ancora strabiliato dalla finezza di quel lavoro, il Capitano indossò finalmente il tutore. Nel legare le tre cinghie, si accorse di quanto l’oggetto fosse meno ingombrante, rispetto a quello che aveva posseduto prima. Nonostante tutto, la costruzione sembrava solida.

La gamba, per la prima volta dopo mesi interi, cessò di fargli male. 

Provò anche a piegare il ginocchio per due, tre volte, riuscendovi sempre senza alcun impedimento. 

“È perfetto...” Dichiarò con voce ferma. Era fatto davvero su misura. “Sei un fenomeno, ragazzo."

Black Pete sorrise e diventò più rosso di un papavero.

A quel punto, Edward si alzò. Senza l’aiuto di nessuno. Guardò la ciurma, che anche in quel caso non si era persa neanche uno sguardo. “Non volevate sentire la storia, voi?” 

Stede per poco non pianse: era bastato un semplice tutore, per far recuperare a Ed un po’ di fiducia in sè stesso. 
Vederlo in piedi, finalmente stabile e palesemente felice, era tutto ciò che poteva dire di desiderare. 

Fu sopraffatto, quando Ed lo prese comunque per mano, seguendo l’equipaggio sopracoperta. 

“Non per vantarmi,” ricominciò lo scrivano durante la strada, “anch’io avrei qualcosa da raccontare: la bella storia di un coraggioso amanuense che prese a schiaffi un cattivissimo capitano pirata!”

“Lucius ti ha picchiato, Edward?” Volle sapere subito Stede, sorpreso all’inverosimile.

“Credo di sì.” Rispose Barbanera. “Non ero molto cosciente da potermi ricordare bene, anzi, non lo ero affatto. In compenso mi ha fatto male la mascella per giorni.” 

“Se è servito a svegliarti, ne è valsa la pena!” Asserí il gentiluomo. 

“Non prenderci gusto, tu!” Ammoní Lucius, rivolto a Ed. “L’unico che d’ora in avanti può metterti le mani addosso è lui!” Concluse indicando Stede, il quale arrossí di nuovo all’implicazione di quelle parole.

Ed aveva assunto un sorriso sornione alla sola idea. 

L’aria esterna era calma e tranquilla. Minacciava pioggia, eppure non tirava un alito di vento. 

La ciurma si radunò intorno ai due capitani. 

Edward, seppur con un minimo di incertezza iniziale e con Stede appoggiato comodamente alla spalla buona, finí per raccontare l’avventura più assurda che gli fosse mai capitata più di trent’anni prima, quando  l’Olandese Volante era una realtà spaventosa, lui stesso era ancora un ragazzo giovane, già temuto, molto dissennato e con la barba realmente nera. 



I giorni seguenti furono i più strani, per Edward, ma decisamente i più belli dopo tanto, troppo tempo.  Aveva allacciato completamente i rapporti con la ciurma, stavolta in maniera definitiva, tanto che, per sua soddisfazione, tutti gli uomini avevano ripreso a chiamarlo per nome. 

Izzy era più tranquillo che mai, anche se si vedeva sempre troppo poco in giro, per i gusti di tutti.  

Olu e Jim, invece, avevano deciso di sposarsi.  

Stede, per festeggiare, aveva concesso a tutti un mese di vacanza.  

Avevano quindi attraccato su un'isoletta sperduta che Buttons e Fang avevano avvistato e lì avevano celebrato. Avevano addirittura trovato il modo di fare ai due novelli sposi un dono di nozze.  

Per Jim, coltelli, pugnali e arance in abbondanza. 

Per Oluwande, una discreta quantità di preziosi, provenienti da uno dei forzieri di Barbanera che Edward aveva recuperato apposta per l’occasione. Il gruzzolo glielo aveva consegnato personalmente, dicendo tuttavia che era da parte della Revenge al completo, visto l’immenso valore. 

Persino Izzy aveva dato la propria quota personale.

Stede, invece, aveva donato loro dei completi elegantissimi cuciti su misura tempo addietro: erano stati essenziali, per il grande giorno. 

Ad officiare, ovviamente, Nathaniel Buttons, con Olivia come testimone. 

Lo Svedese e Frenchie con il suo liuto nuovo fiammante avevano animato la cerimonia.

Da lì, si erano stabiliti su una metà dell’isola e lasciato il resto alla coppia, in modo che potesse stare in privato per tutto il tempo necessario.

Ed non era mai stato in vacanza in vita sua. Quando Stede gliel’aveva proposto la prima volta, si era immaginato una cosa totalmente diversa…invece aveva scoperto che gli piaceva tanto.

Si svegliava tutti i giorni accanto a lui, e i suoi occhi erano l'ultima cosa che vedeva prima di dormire. 

Poi c’era tutta l’altra parte, quella che entrambi vivevano nel cuore della notte. 

Alcune sere andava bene.  

Altre davvero bene. 

Ma le volte in cui Stede si svegliava in preda agli incubi, stavano diventando sempre più comuni. Sognava di andarsene, o peggio ancora, che qualcosa lo trascinava via da Ed all’improvviso, separandolo da lui per sempre. 

Edward se ne accorgeva ogni volta. C’era sempre, quando Stede aveva bisogno. Abituato a dormire poco e niente, si svegliava in tempo per guidare Stede alla coscienza, lo ascoltava, lo calmava, annullava i suoi sensi di colpa immensi, che erano una costante nei momenti fragili. 

Ed però era forte. Gli ricordava quanto si era impegnato per recuperare ai suoi errori, quanto avesse combattuto, quanto avesse sofferto e nonostante tutto era rimasto la versione migliore di sè stesso…e lentamente, tutto tornava al suo posto. 

Altrettanto numerose, erano le notti in cui Edward andava in crisi. 

Quelli erano i momenti più difficili, perché Ed tendeva a chiudersi in sé stesso, credendo di potersi controllare prima e crollando poi in deliri confusi, riguardanti il Kraken e tutto il male che aveva compiuto. 

La sua paura più grande, in ogni caso, rimaneva l’abbandono, malgrado non l’avesse mai ammesso ad alta voce. 

Stede l’aveva capito subito. Aveva imparato a leggere ogni comportamento, a stare attento ad ogni gesto, ad ogni sguardo.  

Allora anche lui si teneva pronto, svegliandosi per primo o non addomentatandosi affatto. Qualunque fosse la reazione di Ed al risveglio -lacrime, rabbia, o tristezza- non mancava mai di abbracciarlo, curarlo e rassicurarlo con pazienza infinita e tutto l’amore che poteva, facendogli capire che lui era lì e soprattutto che sarebbe morto, piuttosto che lasciarlo di nuovo. 

Solo allora, Ed si calmava, sorrideva e poi tornava a dormire. 

"Mi insegni a scrivere?" Chiese una notte, di punto in bianco. 

Il cuore di Stede si fermò, mentre quello di Edward sprofondava per la vergogna. 

Non sapeva nemmeno perchè gli avesse chiesto quella cosa così ridicola ad alta voce, se doveva essere sincero...gli era sfuggito e basta. Non aveva potuto farne a meno.

Fece finta di niente, sperando con tutto sé stesso che Stede fosse ancora stordito dalla stanchezza, per poter sentire qualsiasi cosa.  

In effetti, ogni volta che si amavano era sempre meglio. Edward era sempre più felice di stancarsi a letto e proprio quell'ultima volta era stata più che soddisfacente per entrambi: lui poteva avere l’esperienza, dalla sua, ma Stede era un talento clamorosamente naturale. 

Ogni volta, cercavano di contare quanto tempo impiegassero a riprendersi, per poter ricominciare e la stragrande maggioranza delle volte, finivano entrambi per addormentarsi quasi subito, appagati e soddisfatti.  

Stranamente, quella notte non era accaduto.  

Quella volta, le coperte si erano mosse all'improvviso e il corpo caldo di Stede era andato a sovrastare quello di Ed.  

"Stai...dicendo davvero?" Chiese il gentiluomo tenendogli il viso tra le mani, del tutto inconsapevole di averlo nuovamente inchiodato al materasso. 

Gli occhi di Edward divennero lucidi: Stede gli stava rivolgendo il sorriso più dolce che avesse mai visto, non un’ombra di scherno nei suoi tratti radiosi...sembrava così felice per quella richiesta, che tutto il suo essere avrebbe potuto risplendere di luce propria.  

Bello... 

Fu tutto ciò che fu in grado di processare. Un solo sguardo era stato capace di mozzargli il fiato. Il fatto che poi fosse nudo e disteso a filo su di lui, gli stava anche impedendo di pensare dritto.

"Fai sul serio, tesoro?" Domandò nuovamente il biondo, leggermente preoccupato per quella lunga stasi. 

Ed si arrese al fatto che quell'uomo sarebbe davvero stato la sua morte. C'erano volte in cui la sua ingenuità era così palese da rasentare l'indecenza e questo glielo faceva adorare almeno il doppio. 

"Sì..." Farfugliò, arrossendo fino alla punte delle orecchie. "Sì, certo."

A quella risposta, il sorriso di Stede divenne ancora più grande. 

Edward lo prese tra le braccia per attirarlo completamente a sè e baciargli la tempia, lì dove c'era la sottile cicatrice della pallottola. Non fece in tempo a sentirsi colpevole: Stede aveva emesso un sospiro felice e gli era crollato addosso, assecondandolo. 

A Ed venne da ridere. 

"Amico, te l'avrei chiesto prima, se avessi saputo che l'avresti presa in questo modo."

Stede gli baciò a sua volta il collo e la clavicola, incapace di smettere di sorridere come un adolescente innamorato. "Mi piace che ti affidi a me per queste cose. È sempre un onore, quando mi concedi di aiutarti. Sempre."

"Aiutarmi? Finisce sempre che mi salvi in qualche modo, ultimamente, anche se io non te lo chiedo mai!"

"Cosa vivrei a fare, altrimenti?"

"Gesù, Stede...questa è la cosa più romantica che mi abbiano mai detto in tutta la mia dannata vita!" 

"Edward. Mi sono dichiarato in una stanza piena di gente che di lì a poco ci avrebbe brutalmente ammazzato e con una polveriera sotto i piedi!” 

"Fottutamente assurdo." 

"Che tu non abbia fatto una piega, è fottutamente assurdo!" 

"Non sai come mi sono sentito...ma da un lato hai ragione: non avrei mai potuto risponderti propriamente o confessarti a mia volta quello che provavo." 

"E io non ti biasimo." Stede puntò sui gomiti per baciarlo a fior di labbra un'ultima volta, poi si alzò dal letto per recuperare la propria vestaglia. Ne aveva scelta una azzurra, cucita con la stoffa del commerciante gentile. 

Ed, avvertì la sua mancanza immediatamente e rimase ad osservarlo aggirarsi per la stanza tutto contento. 
Lo vide recuperare dei fogli grandi, poi una boccetta d'inchiostro nero, una lunga piuma di gabbiano e infine una nuvola di stoffa che gli arrivò dritta in pieno viso. 

Quella storia che Stede gli lanciava i panni, invece che strapparglieli di dosso, doveva essere chiarita. 

Edward spiegò quindi l’involto di seta, rimanendo incantato. 

“E questa?” Chiese, sempre più sull’orlo del pianto. 

“E tua.” Rispose semplicemente Stede. “Mi ero scioccamente dimenticato di regalartela. È una vestaglia nuova.”

“Perchè è…viola?”  

"Perché è il colore dei nobili. E perchè sono sicuro che ti sta d’incanto.” 

Ed se la accostò alla pelle per avere subito la conferma e Stede annuì raggiante: aveva indovinato su tutti i fronti. 

“Stede—“

"Allora?" Incalzò il gentiluomo, spostando una sedia accanto al tavolo, per invitarlo a sedersi. "Vuoi imparare o no?"

Ed rimase fermo, anche se quel richiamo era più dolce del canto di una sirena: prima che potesse alzarsi e vestirsi, c'era ancora una cosa che doveva dire.  

Afferrò forte la stoffa preziosa che ancora aveva tra le mani, inspirò profondamente e alzò gli occhi.

"Stede.." 

"Ed?" 

"Io ti amo."



Beeeene belle gioie, 
questo era l'epilogo. 
Dirò solo due cose, perché voglio essere breve: 
la prima, è grazie. Grazie, a chi ha letto e basta e chi ha speso una parola per questa storia un po' sgangherata. Non sapete che bello, dopo tutto l'Angst, poter scrivere "Ed e Stede" nella stessa frase! 
Spero di essere riuscita a rendere anche il resto della ciurma, perché li adoro tutti. 

La seconda...questa fanfiction doveva essere una Shot. 😂 Io e la sintesi due mondi a parte, priorio!
ovviamente spero di non aver fatto troppi errori/ripetizioni (in caso chiedo scusa🫣) e di avervi tenuto compagnia almeno un po'!

A presto e buona fortuna per tutto! 
-gen



 

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