Don't Stop Believing

di Clementine84
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Emily ***
Capitolo 2: *** NKOTBSB ***
Capitolo 3: *** You’ve got a friend in me ***
Capitolo 4: *** Summer loving ***
Capitolo 5: *** Everybody hurts ***
Capitolo 6: *** Change your mind ***
Capitolo 7: *** I won't say I'm in love ***
Capitolo 8: *** Without you ***
Capitolo 9: *** Before it’s too late ***
Capitolo 10: *** Walk of life ***



Capitolo 1
*** Emily ***


Nulla di quanto narrato è reale o ha la pretesa di esserlo. Questo scritto è frutto della mia fantasia e non vuole, in nessun modo, offendere le persone rappresentate. I personaggi originali, invece, appartengono alla sottoscritta e ogni riferimento a persone reali è da considerarsi puramente casuale.

CHAPTER 1 - Emily

 

Just a small town girl
Livin' in a lonely world

 

Emily sentì suonare il campanello che segnalava l’ingresso di un cliente nella caffetteria e diede istintivamente un’occhiata all’orologio appeso al muro del locale.

Le 16:38. Era quasi l’ora di Donnie.

Come a voler confermare la sua teoria, un istante dopo sentì la porta richiudersi e l’inconfondibile voce gutturale di colui che era diventato, contro ogni previsione, uno dei suoi più cari amici esclamare “Dio, che tempo da lupi!”

Ridacchiando, Emily si sporse dal retro del locale, dov’era andata a prendere un sacco di caffè con cui riempire la macchina, e replicò, di rimando “Tempo ideale per un caffè alla nocciola”.

“Caffè alla nocciola?” chiese l’uomo, incuriosito “È nuovo?”

Emily fece un cenno affermativo con la testa e suggerì “Vai a sederti vicino al calorifero, così ti asciughi. Te ne porto una tazza”.

Mentre si avvicinava al tavolino dove si sedeva di solito e si toglieva il cappotto, mettendolo a sgocciolare sullo schienale della sedia, Donnie guardò fuori dalla finestra, dove la neve cadeva fitta, coprendo New York City di una coltre bianca che era sicuramente molto suggestiva per i turisti, ma una vera scocciatura per chi, invece, aveva delle faccende da sbrigare, perché rendeva i marciapiedi impraticabili e congestionava il traffico, già di per sé sempre piuttosto intenso.

Senza che potesse farne a meno, Donnie si trovò a ripensare alla prima volta in cui era entrato in quella caffetteria, qualche mese prima, e al suo primo incontro con Emily.

 

**Flashback - ottobre 2010**

 

Era stata una giornata massacrante. Aveva dormito poco, la notte precedente e, come se non bastasse, una volta arrivato sul set di Blue Bloods, aveva scoperto che erano in grande ritardo sulla tabella di marcia a causa di un guasto alla linea elettrica.
La stanchezza aveva compromesso la sua concentrazione ed era stato costretto a ripetere la stessa scena almeno dieci volte, prima che uscisse come il regista aveva in mente. Era una cosa che non gli succedeva quasi mai e quando, alle cinque passate, aveva lasciato il set, Donnie non riusciva a decidere se si sentiva più stanco o più frustrato. Forse un mix tra i due.

Aveva deciso di fare due passi, nonostante la pioggia, che cadeva fitta sulla città fin dalla mattina, rendesse il clima decisamente poco adatto alle passeggiate. 

Non importava. Donnie sapeva che camminare gli avrebbe disteso i nervi.

Aveva sollevato il colletto dell’impermeabile e si era avviato, mischiandosi alla folla che riempiva i marciapiedi.
Dopo aver camminato per un tempo imprecisato sotto l’acqua, aveva iniziato a sentire il freddo e l’umidità entrargli nelle ossa quindi, quando aveva notato l’insegna luminosa di una piccola caffetteria all’angolo di una strada poco trafficata, vi si era diretto senza esitazioni.

Una tazza di caffè bollente era proprio quello che gli ci voleva.

Non appena messo piede all’interno, si era accorto che il locale era deserto e, per un istante, si era perfino domandato se non fosse chiuso. 

L’inconfondibile aroma di caffè appena fatto, però, sembrava indicare tutto il contrario. 

Un istante dopo, infatti, sentì una voce, proveniente con tutta probabilità dal retro del locale.

“Si metta comodo, arrivo subito”.

Lasciandosi sfuggire un sorriso, Donnie si era diretto verso il tavolino più vicino al termosifone, aveva tolto l’impermeabile ed era rimasto in attesa.

Non aveva dovuto aspettare molto. Dopo un paio di minuti, si era trovato di fianco una ragazza, capelli castani raccolti in uno chignon spettinato, cappellino con il logo del locale, grandi occhi marroni luccicanti e un sorriso cordiale. Indossava un paio di jeans e un grembiule coordinato al berretto, ma quello che lo colpì maggiormente, fu la t-shirt, su cui faceva bella mostra di sé la locandina del film Lo squalo.

"Buonasera e benvenuto da Coffeholic. Sa già cosa gradisce o vuole che le porti il menù?”

Donnie aveva ricambiato il sorriso, senza però riuscire a staccare gli occhi dalla maglietta della ragazza di fronte a lui, e aveva risposto, distrattamente “Solo un caffè, grazie”.

“Americano, long black o espresso?” gli aveva chiesto lei, professionale.

“Americano,” aveva precisato Donnie e poi aveva aggiunto “ma fammelo bello forte”.

Il sorriso della ragazza si era allargato ancora di più e a Donnie era parso di notare una punta di orgoglio nel suo tono di voce, mentre dichiarava “Sono mezza italiana, non so farlo altrimenti”.

Quando, qualche minuto dopo, era tornata per portargli il caffè, Donnie aveva deciso di attaccare bottone.

Era annoiato e quella ragazza aveva qualcosa che lo incuriosiva.

“Quindi sei mezza italiana, eh?” le aveva chiesto.

Lei aveva annuito, prima di spiegare “Mamma italiana, papà americano. Papà era nell’esercito e si sono conosciuti mentre era di stanza là”.

“Sei nata in Italia?” le aveva domandato Donnie, sempre più interessato.

La ragazza aveva scosso la testa.

“No, io sono nata qui. Mia sorella maggiore è nata in Italia, invece. Però ho vissuto là per un periodo, tra i sei e quindici anni”.

“È lì che hai imparato a fare un caffè così buono?” osservò Donnie, dopo aver assaporato un sorso della bevanda che gli aveva portato.

Lei aveva sorriso e, con un’espressione soddisfatta, aveva replicato “Può darsi”.

“Come ti chiami?” le aveva chiesto lui, rendendosi conto solo in quel momento che non aveva notato nessun cartellino con il nome.

“Emily, ma tutti mi chiamano Emi” aveva risposto lei. “E tu sei?”

Donnie aveva strabuzzato gli occhi, sorpreso. Possibile che non l’avesse riconosciuto?

La ragazza, però, continuava a fissarlo con espressione curiosa, quindi dedusse che non aveva idea di chi lui fosse.

“Donald,” disse, porgendole la mano “ma tutti mi chiamano Donnie”.

Emi gli aveva stretto la mano ed entrambi avevano esclamato, nello stesso momento “Piacere”, dopodiché erano scoppiati a ridere.

 

**Fine flashback - dicembre 2010**

 

Da quel loro primo incontro, Donnie aveva continuato a frequentare la caffetteria dove lavorava Emi. Il caffè era ottimo e quella ragazza gli piaceva.

Ogni volta che ne aveva la possibilità, Emi si fermava a fare quattro chiacchiere con lui e, alla fine, Donnie aveva scoperto parecchie cose sul suo conto.

Emi aveva ventisei anni ed era originaria del Connecticut. I suoi genitori si chiamavano Robert e Francesca e aveva una sorella più grande di quattro anni che si chiamava Martha e viveva in New Jersey con il marito, Tom, anche lui nell’esercito.

Oltre a lavorare nella caffetteria, Emi frequentava un corso di fotografia e sperava di riuscire a diventare una fotografa professionista in futuro.

La ragazza aveva una passione per le magliette buffe e ne sfoggiava una diversa ogni giorno, per la gioia di Donnie, che lo trovava esilarante e non perdeva occasione per fare qualche commento a riguardo.

Dopo le prime chiacchierate, Donnie le aveva ovviamente confessato di essere un attore e di avere una parte fissa in Blue Bloods. Le aveva anche raccontato della sua famiglia e di suo fratello Mark, che lei aveva iniziato a chiamare scherzosamente quello veramente famoso.

Emi non gli era sembrata particolarmente colpita dal fatto che fosse un attore e aveva continuato a trattarlo allo stesso modo.

Per qualche motivo che nemmeno lui sapeva spiegarsi, però, Donnie non le aveva detto dell’altra sua carriera con i New Kids On The Block. Non che se ne vergognasse o temesse il giudizio della ragazza, semplicemente non ne aveva mai avuto l’occasione.

Sapeva che avrebbe dovuto farlo, però, specialmente dato che, a forza di chiacchierare, i due erano diventati buoni amici ed Emi gli aveva confidato cose molto personali, che l’avevano fatto sentire onorato che avesse scelto di aprirsi con lui.

Oltre a essere simpatica e divertente, Emi era anche piuttosto carina e Donnie l’aveva notato subito. Non una di quelle bellezze mozzafiato che fanno girare la testa agli uomini per strada, ma piuttosto una bellezza semplice, acqua e sapone, più da ragazza della porta accanto. Non vestiva mai in modo appariscente e non portava lunghe unghie laccate - che sarebbero risultate fuori luogo nel suo contesto lavorativo - ma aveva uno degli sguardi più profondi che Donnie avesse mai incrociato e i suoi lunghi capelli castani - che Donnie aveva avuto modo di vedere sciolti, una volta - le incorniciavano il viso, rendendone i contorni più morbidi e riuscendo, in qualche modo inspiegabile, a far risaltare ancora di più gli occhi, sempre delineati da una sottile linea di matita nera.

Insomma, a Donnie piaceva Emi e, dopo qualche settimana di conoscenza, aveva iniziato a farle un leggera corte, sperando di riuscire strapparle un appuntamento. 

Per sua sfortuna, però, Emi gli aveva subito fatto capire che non c’era storia e, per spiegare il motivo del suo rifiuto, gli aveva raccontato la sua storia.

Fin dalle scuole superiori, Emi era stata fidanzata con un compagno di scuola. Lui era il classico bravo ragazzo, studente eccellente, borsa di studio per Princeton, adorato da tutti, genitori di Emi compresi. Chiunque, compresi loro stessi, erano fermamente convinti che si sarebbero sposati non appena Derek, così si chiamava il ragazzo, si fosse laureato in legge, e avrebbero finito con l’avere la classica famigliola felice da pubblicità degli anni trenta, corredata di casa con la staccionata bianca e cane giocherellone sullo sfondo.

Purtroppo, le cose non erano andate secondo i piani. 

Subito dopo il diploma, Emi aveva iniziato ad avere dei problemi di salute e le era stato diagnosticato un cancro alle ovaie in stadio già piuttosto avanzato. Superato lo shock iniziale, la ragazza si era sottoposta a tutti i trattamenti necessari, che però non avevano funzionato, quindi, l’unica soluzione possibile rimasta per salvarle la vita, era stata sottoporla a un’operazione, che le aveva sì permesso di continuare a vivere, ma l’aveva lasciata senza ovaie e utero e, quindi, totalmente incapace di avere figli.

Per quanto la situazione non fosse delle più felici, era assolutamente superabile. I due ragazzi non avrebbero nemmeno dovuto rinunciare a essere genitori, bastava che iniziassero le pratiche per l’adozione. Derek, però, pareva non volerne sapere e aveva iniziato a mostrare chiari segni d’insofferenza nei confronti della povera Emi, che doveva ancora riprendersi del tutto dall’operazione.

Un giorno, la ragazza aveva deciso che ne aveva abbastanza e aveva parlato al fidanzato, pregandolo di spiegarle cosa c’era che lo turbava. Era venuto fuori che uno dei traguardi fondamentali della vita, per Derek, era non solo diventare padre, ma tramandare i suoi geni alla sua progenie e il fatto di sapere di non poterlo fare lo mandava letteralmente in paranoia.

Ferita e delusa dal comportamento del fidanzato, Emi si era rifiutata di permettergli di farla sentire in colpa per qualcosa che non dipendeva da lei ma che, anzi, aveva dovuto subire, e l’aveva mandato al diavolo, per la felicità di Derek, che poco dopo era partito per Princeton e si era fidanzato - e poi sposato - con una ragazza conosciuta lì, dalla quale aveva già avuto un bambino.

Emi, dal canto suo, era rimasta con il cuore spezzato, finché non si era rimessa in forze e aveva trovato il coraggio di riprendere in mano la sua vita. 

Si era trasferita a New York, si era iscritta a un corso di fotografia e, soprattutto, aveva giurato di averne avuto abbastanza e che non avrebbe mai più avuto a che fare con un uomo in vita sua, quanto meno a livello sentimentale. 

Bene, quindi, essere amici, se a Donnie poteva bastare, ma non avrebbe mai ottenuto nulla di più, da lei.

Colpito dal racconto delle vicissitudini che Emi aveva dovuto affrontare, Donnie aveva decretato che la ragazza gli piaceva troppo per rinunciarci e che sì, essere amici poteva tranquillamente bastargli.

Emi ne era stata entusiasta perché anche a lei Donnie piaceva moltissimo e non voleva rinunciare al loro rapporto.

Da quel giorno, la loro amicizia era diventata ancora più profonda.

Quel freddo martedì di dicembre, a ridosso delle vacanze di Natale, Donnie era andato a salutare Emi prima di partire per Boston, dove avrebbe trascorso le vacanze natalizie da sua madre, insieme ai suoi due figli e ai fratelli, con le rispettive famiglie. Aveva deciso che era arrivato il momento di raccontare a Emi dei New Kids e, per questo, le aveva portato un regalo.

Si rallegrò, quindi, nel notare che la caffetteria era praticamente vuota, fatta eccezione per un ragazzo seduto a un tavolino accanto alla finestra, che digitava al computer con aria concentrata, sorseggiando quello che, a giudicare dalle tazze sporche accanto a lui, doveva essere almeno il decimo caffè della giornata.

Emi passò accanto al ragazzo con un vassoio e liberò il tavolo dalle tazze sporche, dopodiché sparì nuovamente sul retro, tornando poco dopo con in mano due tazze di caffè appena fatto. Ne posò una accanto al ragazzo con il computer, poi andò al tavolino a cui era seduto Donnie, gli mise l’altra tazza di fronte e prese posto sulla sedia davanti a lui, spronandolo “Forza, assaggia e dimmi cosa ne pensi. È una novità che stiamo valutando di inserire sul menù”.

Donnie bevve un sorso e sorrise.

“Buono,” commentò “per me è un sì”.

“Spolveratina di cacao?” domandò la ragazza, interessata.

Donnie fece sì con la testa.

“Sarebbe perfetto” approvò.

Emi gli rivolse un sorriso a trentadue denti, poi incrociò le braccia sul tavolo e gli chiese “Cosa mi racconti, Wahlberg?”

Prendendo l’ultimo sorso di caffè, Donnie posò la tazza e la guardò negli occhi, prima di rispondere “Finito le riprese per quest’anno. Domani vado a prendere i ragazzi da Kim e andiamo a Boston da mia madre”.

“Passerete il Natale lì?” si informò Emi.

Donnie annuì.

“Ci saranno anche i miei fratelli e sorelle, con le rispettive famiglie. Una grande riunione Wahlberg” annunciò.

La ragazza sollevò un sopracciglio e gli rivolse un’occhiata furba.

“Ci sarà anche il fratello veramente famoso?” lo canzonò.

Donnie rise.

“Sì, ci sarà anche Mark”. Poi, lanciando all’amica uno sguardo divertito, aggiunse “Se fai la brava, vedo se riesco a rimediarti un autografo”.

Questa volta fu Emi a ridere di gusto, commentando “Beh, grazie. Sarebbe proprio un bel regalo di Natale”.

“In realtà, ti avrei preso un’altra cosa, per Natale” replicò Donnie, porgendole un pacchetto, la cui carta con gli orsetti polari si era purtroppo bagnata a causa della neve.

“Scusa, si è un po’ sciupato venendo qui” si giustificò, dispiaciuto.

Emi scosse la testa e gli rivolse un sorriso imbarazzato.

“Non dovevi prendermi niente,” lo rimproverò, dolcemente “io non ti ho fatto un regalo”.

Donnie si strinse nelle spalle e confessò “In realtà è un pezzo che voglio dirti una cosa, ma non sapevo bene come fare, e il regalo mi facilita il compito”.

Emi gli lanciò un’occhiata tra lo stupito e il preoccupato e Donnie scoppiò a ridere.

“Tranquilla,” la rassicurò “nulla di compromettente. Aprilo e vedrai”.

Visibilmente più rilassata, Emi iniziò a strappare la carta che avvolgeva il regalo, portando alla luce una maglietta. La spiegò e se la alzò davanti agli occhi, per vederla meglio. Quando ritenne di averla studiata a sufficienza, la posò sul tavolo e guardò Donnie, con un mezzo sorriso.

“Grazie, questa mi mancava” sentenziò.

“Figurati” ribatté Donnie. “Ho pensato che dovessi averla”.

“Ti piacciono i New Kids On The Block?” gli chiese lei, incuriosita.

Donnie sorrise e rispose “Sono il mio gruppo preferito”.

“Una boy band?” domandò Emi, stupita, e lui si limitò ad annuire

“Curioso” commentò la ragazza, ripiegando meticolosamente la maglietta.

“Trovi?” le chiese Donnie, divertito.

Emi fece spallucce e confessò “Non ti facevo il tipo da boy band”.

“Potrei stupirti” replicò lui, con un sorrisino malizioso.

La ragazza colse subito la provocazione e lo sfidò “Oh, fallo, ti prego”.

Donnie le prese la maglietta dalle mani e la stese sul tavolino, in modo che si vedesse bene l’immagine stampata. Poi alzò lo sguardo su Emi e le disse “Guarda bene la maglietta. Noti niente?”

La ragazza abbassò gli occhi sulla t-shirt e iniziò a scrutarla attentamente, seguendo con l’indice della mano destra i profili delle figure dei cinque ragazzi in fotografia. Dopo qualche istante, alzò il viso e puntò i profondi occhi marroni in quelli di Donnie, prima di dichiarare “Sai che questo tipo un po’ ti somiglia? È un tuo parente?”

Donnie sorrise e sentenziò “Sono io”.

Emi spalancò gli occhi e restò a fissare l’amico con espressione sconvolta. Poi abbassò lo sguardo e studiò di nuovo la maglietta. Infine, tornò a fissare Donnie, senza parole.

Quando, finalmente, riuscì a riprendere possesso delle sue facoltà mentali, farfugliò “Davvero?”

Donnie si limitò ad annuire, senza nient’altro da aggiungere.

“Credevo facessi l’attore” osservò Emi, confusa.

“Anche. Ma i New Kids sono stati il mio primo lavoro,” spiegò Donnie “i ragazzi sono come i miei fratelli”.

Emi restò un istante a guardare l’amico, in silenzio. Poi gli domandò “Perché non me l’hai detto subito?”

Sentendosi un pochino in colpa, Donnie alzò le spalle e ammise “Non mi hai riconosciuto e poi non sapevo più come dirtelo”.

Un guizzo divertito attraversò gli occhi di Emi, poco prima che commentasse “Troppo giovane per conoscere i New Kids”.

Fingendosi offeso, Donnie esclamò “Mi stai dando del vecchio per caso?”

Emi si affrettò a fare no con la testa e, per giustificarsi, gli rammentò “Cresciuta in Italia, ricordi?”

“Salvata in extremis” sentenziò Donnie, senza riuscire a trattenere una risata.
“Quindi non sei famoso solo come attore, ma anche come cantante” osservò la ragazza, impressionata.
Donnie annuì, poi, preoccupato che la rivelazione potesse in qualche modo intaccare il rapporto che si era creato tra loro, le domandò “Cambia qualcosa?”

Emi scosse la testa, poi, con un sorrisino divertito, sentenziò “No, nulla. Vorrà dire che da adesso sarai anche il mio cantante preferito”.
 

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Capitolo 2
*** NKOTBSB ***


CHAPTER 2 - NKOTBSB


A singer in a smokey room
A smell of wine and cheap perfume

 

Tra le feste e l’accumularsi di mille impegni, passò parecchio tempo prima che Donnie riuscisse a tornare alla caffetteria da Emi.

Un freddo, ma soleggiato, pomeriggio di febbraio, però, l’uomo fece il suo ingresso nel locale e venne accolto dall’amica con un sorriso radioso e l’ironico saluto “Ciao, straniero”.

Donnie si avvicinò al bancone e si sporse a darle un bacio sulla guancia, che lasciò la ragazza piuttosto sorpresa, ma chiaramente soddisfatta.

“Ciao, bellezza” ricambiò il saluto, poi, dandosi un’occhiata intorno e notando parecchio movimento nella caffetteria, le chiese, dispiaciuto “Brutto momento per chiacchierare, vero?”

Emi scosse la testa e, lanciando un’occhiata all’orologio appeso al muro, annunciò “Tra poco stacco, in realtà”. Poi, facendogli l’occhiolino, propose “Vai a sederti e aspettami, stavolta il caffè te lo offro io”.

Un quarto d’ora dopo, i due amici erano comodamente seduti al tavolino di fronte alla finestra ed Emi aveva appena finito di raccontargli delle sue vacanze natalizie, trascorse a casa della sorella, in New Jersey, dove lei e il marito avevano annunciato alla famiglia di aspettare un bambino per la prossima estate.

“Tu, invece? Hai qualche novità?” gli chiese la ragazza, bevendo l’ultimo sorso della sua cioccolata calda.

“In realtà sì,” annunciò Donnie, sentendo un sorriso allargarglisi in faccia “ho grandi novità”.

Gli occhi di Emi si illuminarono e lo spronò “Su, racconta”.

Eccitato come un ragazzino, Donnie iniziò a spiegare all’amica come, da un’esibizione quasi casuale fatta al Radio City Music Hall l’estate precedente, durante la quale i Backstreet Boys avevano cantato insieme ai New Kids la loro hit I Want It That Way, il pubblico avesse iniziato a chiedere a gran voce un tour congiunto delle due boyband. All’inizio dell’anno, i manager dei due gruppi si erano parlati e avevano proposto ai ragazzi di far diventare concreta quella possibilità. C’era stato un meeting collettivo a Los Angeles e alla fine tutti avevano accettato l’idea.

“Quindi, a partire dal prossimo mese sospenderò le riprese di Blue Bloods per iniziare le prove e a maggio partirà ufficialmente il NKOTBSB tour” concluse, emozionato.

“Wow, figo!” esclamò Emi, una volta che l’amico finì di parlare.

“Loro li conosci?” la canzonò Donnie, ricordando la conversazione che avevano avuto appena prima di Natale, quando le aveva confessato di essere uno dei New Kids.

Emi annuì, ridacchiando. 

“Stai scherzando? Li ascoltavo sempre da ragazzina, in Italia” rispose. Poi, arrossendo leggermente, confessò “Avevo un cotta pazzesca per Nick Carter”.

Donnie scoppiò a ridere, beccandosi una pacca sul braccio dall’amica, poi, per sdrammatizzare, sentenziò “Beh, quale adolescente non l’aveva?”

“Infatti” concordò Emi, con un sorriso. Poi, cambiando discorso, osservò “Quindi vuol dire che non passerai di qui per un po’”

Donnie annuì e confermò “Qualche mese. Cercherò di fare un salto prima che inizi il tour, ma non ti prometto niente. Dipende da come vanno le prove a LA”.

“Come mai provate a LA?” gli domandò lei, curiosa.

Donnie alzò le spalle. “Noi New Kids siamo tutti un po’ sparsi per il Paese, mentre due su quattro degli attuali membri dei Backstreet Boys vivono a Los Angeles dove, tra l’altro, si trova anche la sede della compagnia che ci sta progettando il palco. È la scelta più comoda” spiegò.

Emi annuì, comprensiva, ma poi confessò “Mi mancherà vedere la tua brutta faccia”.

“E a me mancheranno le tue magliette buffe” ammise Donnie, sincero.

La ragazza ridacchiò e scherzò “Vorrà dire che le fotograferò e ti preparerò un book fotografico per quando torni”.

Donnie, però, le posò una mano sul braccio e replicò, sorridendo “Ho un’idea migliore. Sai cosa facciamo? Ti lascio il mio numero, così puoi tenermi aggiornato più di frequente”

⁓ * ⁓

Da quel giorno, Emi e Donnie iniziarono a sentirsi anche per telefono. 

Di solito erano stupidi messaggi per raccontarsi episodi divertenti ma, a volte, Donnie le mandava qualche foto rubata prima alle prove per il tour e poi, quando i concerti finalmente iniziarono, anche dal backstage. 

Lei, in cambio, mantenne la promessa di aggiornare l’amico sulle magliette indossate e ogni mattina si scattava un selfie allo specchio e lo inviava a Donnie, aspettando con ansia i suoi commenti divertenti.

Gli altri membri dei New Kids prendevano in giro l’amico per questa sua nuova amicizia ma, dopo qualche tempo, anche loro si appassionarono alla saga della t-shirt giornaliera e spesso Donnie faceva sapere a Emi le opinioni dei ragazzi, facendola morire dalle risate.

A fine luglio, quando il tour si avvicinò a New York, Donnie chiamò Emi per invitarla a una delle date previste per Atlantic City, Hershey o Uniondale. Ci teneva che l’amica lo vedesse sul palco e voleva anche presentarle gli altri ragazzi, sia i New Kids, sia i Backstreet Boys, con cui ormai erano diventati amici. 

Purtroppo, alla fine di giugno Martha, la sorella di Emi, aveva partorito. Il marito era rimasto a casa insieme alla moglie finché aveva potuto ma, a metà luglio circa, era dovuto ripartire per raggiungere la sua divisone, così Emi aveva passato qualche tempo dalla sorella, per aiutarla ad assestarsi e ad abituarsi alla vita da sola con il piccolo, quindi non aveva potuto accettare l’offerta dell’amico e aveva dovuto a malincuore declinare. 

Dispiaciuto, Donnie si ripromise di passare a trovarla prima che il tour si spostasse in Canada, a inizio Agosto. Avevano un paio di giorni liberi, dopo il concerto di Uniondale, e Nick Carter gli aveva chiesto di portarlo sul set di Blue Blood, di cui era un grande fan. 

Donnie sapeva che, in quei giorni, Emi era tornata a casa, quindi pensò di unire le due cose e approfittare della visita al set con Nick per passare anche a salutare l’amica, che non vedeva da mesi e gli mancava.

Un afoso pomeriggio di inizio agosto, quindi, Donnie si presentò alla caffetteria e ad Emi iniziarono a luccicare gli occhi non appena lo notò.

Uscì da dietro il bancone e corse ad abbracciarlo, felice, commentando “Guarda chi c’è, il mio cantante preferito”.

Stringendola forte, Donnie replicò “Non mentire”.

Emi ridacchiò e precisò “Okay, il mio cantante preferito di una boy band".

Ridendo a sua volta, Donnie osservò “Meglio”. Poi, lanciando all’amica un’occhiata divertita, aggiunse “Ma scommetto che ti faccio cambiare idea”.

Emi si allontanò di un passo, per guardarlo negli occhi, e gli rivolse uno sguardo perplesso. Donnie le sorrise e annunciò “Ho portato un amico ad assaggiare il tuo delizioso caffè”, dopodichè si spostò leggermente e indicò qualcuno, dietro di sé.

Emi guardò la figura di spalle e si domandò chi diavolo potesse aver portato Donnie. 

Era un uomo alto e snello, ma con le spalle piuttosto larghe. Non riuscì a scorgere il colore dei capelli perché erano nascosti sotto a un cappellino da baseball.

In quel momento, il ragazzo si voltò e a Emi bastò un istante per riconoscerlo.

Se Donnie la voleva morta, quello era sicuramente un buon modo per ottenere il suo scopo.

La persona in piedi, davanti a lei, era Nick Carter dei Backstreet Boys, la celebrità per cui aveva una cotta pazzesca da ragazzina.

O, meglio, una versione decisamente più adulta e, se possibile, ancora più attraente del ragazzo che ammiccava dai poster che aveva appesi in camera sua.

Incapace di reagire, Emi spalancò gli occhi e si limitò a fissarlo, incredula.

Nick le sorrise e la ragazza percepì qualcosa che si contorceva, all’interno del suo stomaco.

Ignaro dello shock che le aveva provocato, Donnie si rivolse a Nick e spiegò “Lei è Emily, l’amica di cui ti parlavo”.

Poi si voltò verso la ragazza e, con un sorrisino divertito, le domandò “Devo presentartelo?”

Emi scosse la testa, frastornata, ma, quando Nick fece un passo verso di lei, trovò il coraggio di tendergli la mano, farfugliando “Piacere”.

“Piacere mio,” rispose Nick, stringendo la mano che la ragazza gli stava porgendo “Donnie parla spesso di te”.

Guardando l’amico con la coda dell’occhio e senza sapere bene da dove le fosse venuta tutta quella spavalderia, quando sentiva il cuore che le martellava nel petto come una mitragliatrice, Emi si sentì ribattere “Spero dica cose belle”.

“Ovviamente” la rassicurò Donnie, ridacchiando.

“Sì, tranquilla” confermò Nick.

Emi notò che aveva abbassato lo sguardo e sembrava particolarmente interessato a qualcosa che si trovava decisamente più in basso del suo viso. Prima che potesse capire di cosa si trattava, però, Nick commentò “A proposito, bella maglietta”.

Confusa, Emi si guardò il petto, per ricordarsi quale, delle sue numerose magliette buffe, avesse deciso di indossare quel giorno. Realizzando che si trattava di quella dei Goonies, sorrise, poi rialzò lo sguardo su Nick e disse “Grazie. È uno dei miei film preferiti”.

Nick sollevò leggermente un angolo della bocca in quello che Emi non seppe chiaramente se identificare come un sorriso o, forse, un sogghigno divertito, poi concordò "È anche uno dei miei preferiti”.

I due ragazzi restarono a fissarsi un istante, in silenzio, poi Emi sorrise e, ricordando i suoi doveri, domandò “Caffè?”

Nick annuì e ricambiò il sorriso, dicendo “Sì, grazie. Cappuccino con triplo espresso”.

Emi gli rivolse uno sguardo curioso e gli chiese “Devi fare il pieno di caffeina?”

Il ragazzo scosse la testa e confessò “No, lo prendo sempre così”.

“Posso consigliarti di limitarti a un doppio espresso?” gli propose lei, premurosa.

“Perché?” volle sapere lui, scettico.

Emi sospirò, prima di spiegare "Perché il caffè che faccio io è piuttosto forte”.

Non ancora convinto, Nick guardò Donnie, che annuì e confermò “Fidati”.

Il ragazzo alzò le spalle e si arrese “Okay allora”.

Emi sorrise e li invitò ad andare a sedersi, mentre lei preparava i caffè.

Nick e Donnie fecero come gli era stato suggerito e presero posto a un tavolino nell’angolo più appartato del locale.

Donnie era un cliente abituale e gli avventori del locale erano abituati a vederlo, tanto che ormai non ci facevano nemmeno più caso.

Essere lì con Nick, però, era tutta un’altra storia. 

Già il fatto di vedere due cantanti famosi che prendevano il caffè insieme sarebbe stato sufficiente a creare un certo scalpore, se uno dei due era Nick Carter, poi, che all’età di trentun anni era ancora considerato uno degli uomini più desiderabili d’America, specialmente da quando aveva messo in stand-by la sua relazione con la fidanzata storica, che tutti credevano avrebbe sposato, ed era tornato sul mercato, si poteva stare certi che, se non avessero preso qualche precauzione, come tenere un basso profilo, i due amici sarebbero stati circondati da fan adoranti in cerca di una foto con il proprio idolo in un batter d’occhio. 

Fortunatamente, non dovettero attendere molto e, dopo appena una decina di minuti, l’amica di Donnie era già di ritorno con i loro caffè.

“Ecco qui,” disse, posando le tazze davanti ai ragazzi “americano per Donnie e cappuccino con doppio espresso per Nick”.

I due ragazzi ringraziarono, poi Emi sentì Nick chiederle “Ti piacciono i Journey?”

Sulle prime, restò spiazzata da quella domanda e si chiese da dove gli fosse uscita, poi realizzò che, con tutta probabilità, Nick doveva aver notato il tatuaggio che aveva sull’avambraccio destro, che riportava il titolo di una canzone dei Journey, e sorrise, prima di spiegare “Sono il gruppo preferito di mio padre e sono cresciuta con le loro canzoni. Don’t Stop Believing è la mia preferita e ho deciso di tatuarmela per ricordarmi che, anche quando le cose sembrano andare terribilmente male, bisogna sempre trovare qualcosa in cui credere”.

Nick annuì, soddisfatto della spiegazione, poi prese un sorso di cappuccino e non riuscì a trattenere un gemito di apprezzamento. 

Dio, quella roba era davvero buona. Uno dei migliori cappuccini che avesse mai assaggiato.

A Emi non sfuggì la reazione del ragazzo e gli rivolse un sorriso radioso, a cui lui non poté fare a meno di ricambiare. 

C’era qualcosa di magnetico negli occhi di Emi quando sorrideva, pensò Nick, era come se sprigionassero luce.

Guardandola con quello che doveva essere uno sguardo malizioso, il ragazzo le chiese, fingendo indifferenza “E in che cosa credi tu, di preciso?”

Emi scosse la testa e, ridacchiando, rispose “In questo momento, credo di dover tornare a lavorare, per cui vi lascio godervi le vostre bevande”. Dopodichè stampò un bacio sulla guancia di Donnie e si allontanò, mentre Nick la seguiva con lo sguardo.

I due ragazzi continuarono a sorseggiare i loro caffè, chiacchierando della visita che avevano effettuato sul set di Blue Bloods, dove Donnie era andato a trovare i colleghi impegnati con le riprese.

A un certo punto, però, Donnie si accorse che Nick era distratto, si guardava spesso intorno e sembrava seguisse qualcosa con gli occhi. Indirizzando lo sguardo verso il punto verso cui era concentrata l’attenzione dell’amico, Donnie realizzò che stava fissando Emi, impegnata al bancone a servire i clienti.

Alzò gli occhi al cielo e soffocò una risatina, prima di richiamare l’attenzione del ragazzo seduto di fronte a lui.

“Nick”.

“Eh?” fece l’altro, senza staccare lo sguardo da Emi.

“Smettila”.

Il tono duro di Donnie fece sì che Nick concentrasse l’attenzione su di lui.

“Di fare cosa?” chiese, ostentando noncuranza.

“Di fissare Emily”.

“Perché?”

“Perché so a cosa stai pensando” gli disse l’amico “e no”.

Iniziando a spazientirsi, Nick incrociò le braccia sul ripiano del tavolo e fissò Donnie negli occhi, prima di domandargli “È impegnata?”

L’amico scosse la testa.

“Allora…interessa a te?” chiese ancora Nick. Doveva essere così, che stupido a non averci pensato. “Non credevo. Se l’avessi saputo…”

“No, non è questo” lo interruppe Donnie. “Cioè, forse all’inizio ci ho fatto un pensierino, ma poi ho capito che non è interessata”.

All’improvviso, un tremendo sospetto iniziò a farsi strada nella mente di Nick e si trovò a domandare, con voce tremante “Gioca per l’altra squadra?”

Donnie strabuzzò gli occhi, esterrefatto, e sbottò “Cosa? No!” 

Tirando un sospiro di sollievo, a quell’informazione, Nick si abbandonò contro lo schienale della sedia e insistette “E allora perché no? È simpatica e anche piuttosto carina”.

“Lo so che è carina” convenne Donnie “ed è anche speciale. Ma è stata ferita in passato e non si merita di stare male di nuovo”.

Offeso, Nick si mise subito sulla difensiva.

“Chi ti dice che la farei stare male?”

L’amico gli rivolse un’occhiata eloquente, sollevando un sopracciglio, e Nick sbuffò, roteando gli occhi.

“Quando la smetterete di considerarmi un ragazzino viziato? Sono cambiato, non sono più così” si lamentò.

“D’accordo, sei cambiato,” concordò Donnie, con un sospiro “ma questo non cambia le cose”.

“Perché?” volle sapere Nick.

“Perché Emi non ne vuole più sapere degli uomini, è stata piuttosto chiara” lo informò Donnie, pacato.

Nick insistette “Potrei farle cambiare idea”.

“Cosa ti fa credere di riuscirci?” gli domandò Donnie, scettico.

Nick gli rivolse un sorrisino malizioso, di quelli che solitamente riservava alle fan e che le facevano andare in estasi.

Donnie rise, alzando gli occhi al cielo, e commentò “Certo, l’infallibile fascino di Nick Carter”.

Anche Nick rise, ma annuì, sicuro di sé.

Donnie si portò le mani davanti al viso e fece un cenno con la testa all’amico, prima di dichiarare “Prego, è tutta tua”.

Incredulo, Nick lo guardò con tanto d’occhi. Non era possibile che l’avesse spuntata così facilmente.

“Posso?” chiese, titubante.

L’amico annuì e lo sfidò “Vediamo cosa riesci a fare”.

Nick si lasciò scappare un sorriso compiaciuto, ma fu subito richiamato dall’amico, che aggiunse “Nick, solo una cosa”.

“Cosa?”

“Promettimi che non ti prenderai gioco di lei” disse Donnie, serio.

Confuso, Nick dovette domandargli spiegazioni.

“Cosa vuoi dire?”

“Se riesci a farle cambiare idea, ma ti accorgi che inizia a provare qualcosa per te, tronca subito, prima che si affezioni troppo. Non voglio che stia male”.

Nick incrociò gli occhi di Donnie e restò colpito dalla determinazione che vi lesse. Era chiaro che l’amico fosse veramente affezionato alla ragazza e che teneva molto a lei. Il tono serio con cui l’aveva pregato di non prendersi gioco di Emi parlava chiaro e Nick si rese conto che si stava infilando in una situazione pericolosa. Se, per qualche motivo, anche non dipendente dalla sua volontà, lui ed Emi avessero iniziato a frequentarsi e le cose non avessero funzionato, Donnie sarebbe andato ad aspettarlo fuori di casa con un machete, pronto a fargli saltare le budella.

Nick deglutì, spaventato, senza riuscire a staccare gli occhi da quelli dell’amico e iniziò a domandarsi se valesse la pena di correre il rischio.

Emi sembrava simpatica, alla mano e, soprattutto, non aveva dato di matto quando l’aveva visto, anche se Donnie gli aveva accennato al fatto che fosse una fan. A Nick era sembrato di percepire un certo feeling, tra loro, quando si erano parlati, poco prima. Voleva conoscerla meglio per appurare se il suo intuito ci aveva visto giusto e, davvero, avrebbe potuto scattare qualcosa.

Ma voleva anche viversi quell’esperienza con leggerezza, senza sentirsi perennemente giudicato e sotto pressione. Dopotutto, usciva da una storia seria durata anni, e, per quanto strano potesse sembrare, era difficile rimettersi sul mercato, anche per uno come lui.

D’altra parte, però, Nick iniziava a sentire il bisogno di mettere radici e, per farlo, aveva bisogno di trovare una ragazza che gli facesse vedere l’idea di mettere su famiglia come qualcosa di eccitante e non spaventoso. 

Stando a quanto diceva Donnie, però, le cose con Emi non sarebbero state proprio semplici e Nick aveva voglia di faticare per cercare di conquistarla, quando c’erano milioni di altre ragazze pronte a gettarsi ai suoi piedi a un minimo gesto?

All’improvviso, però, una risata risuonò nel locale ed entrambi i ragazzi si voltarono verso il bancone, accanto al quale Emi era accovacciata a terra per accarezzare il cane guida di un anziano signore non vedente. L’animale le stava leccando la faccia in segno di saluto e lei rideva, felice, riempiendo l’aria del suono allegro delle sue risate.

Senza riuscire a farne a meno, Nick si ritrovò a sorridere, assistendo alla scena, e pensò che quella risata valeva mille Donnie Wahlberg arrabbiati davanti alla sua porta.

Non importava se sarebbe stato faticoso, anzi, almeno, se fosse riuscito a conquistarla, sarebbe stato certo che Emi era veramente interessata a lui e non ai suoi soldi o alla sua fama.

E poi avrebbero visto come andavano le cose. Chi diceva che sarebbero andate per forza male?

⁓ * ⁓

Quando, un’oretta più tardi, dopo aver salutato i ragazzi, Emi si avvicinò al loro tavolo per portare via le tazze sporche, notò immediatamente il tovagliolino puntato sotto a quella di Nick. 

Sorpresa, lo sfilò con mani tremanti e dovette rileggere il messaggio almeno un paio di volte, prima di convincersi che fosse vero, che stesse davvero accadendo e non fosse stata catapultata in uno strano sogno adolescenziale.

In una grafia piuttosto chiara, c’era scritto:

Di’ a tuo padre che ha ottimi gusti in fatto di musica. I Journey sono i migliori. E, se ti va, fammi sapere cosa risponde. Grazie dell’ottimo cappuccino, il migliore che abbia mai bevuto.

Seguiva la firma di Nick, che Emi ricordava ancora dai giornali che acquistava da ragazzina, e, cosa ancora più sorprendente, un numero di telefono.

Fu quello a sconvolgerla, obbligandola a lasciarsi cadere su una sedia. 

Se si fosse soltanto trattato del messaggio, avrebbe potuto essere un gesto carino che Nick aveva voluto fare per ringraziarla dato che, molto probabilmente, Donnie doveva avergli detto della cotta che Emi aveva per lui da ragazzina.

Quel numero, però, cambiava decisamente la prospettiva.

Doveva essere il suo numero di cellulare. 

Ma certo, idiota, si disse. Ti pare che lasci il numero di un altro?

Emi chiuse gli occhi e prese un respiro profondo, prima di riaprirli di nuovo e fissare il tovagliolo che stringeva tra le mani con aria ancora più stupita di prima. Era assurdo, ma, per un istante, aveva immaginato che, una volta riaperti gli occhi, il messaggio di Nick sarebbe sparito e si sarebbe accorta di essersi sognata tutto.

Invece era ancora lì e la lasciava con un dubbio esistenziale che doveva a tutti i costi fugare il prima possibile.

Con gesti meccanici, prese il cellulare dalla tasca posteriore dei jeans, fotografò il tovagliolo e inviò l’immagine a Donnie, insieme a un messaggio che diceva:

Nick mi ha davvero lasciato il suo numero?

Non dovettero passare nemmeno un paio di minuti, prima che ricevesse la risposta dell’amico:

A quanto pare.

Ancora incredula, Emi si affrettò a digitare un nuovo messaggio:

Perché?

Gli sei piaciuta e mi ha chiesto il tuo numero, ma gli ho detto che poteva arrangiarsi da solo, le spiegò Donnie.

Cosa diavolo dovrei fare? gli chiese la ragazza, confusa.

La risposta dell’amico, però, non le fu di nessun aiuto:

Quello che vuoi.

Emi si lasciò sfuggire un lamento, poi rimise il cellulare nella tasca, ripiegò con cautela il tovagliolino con il numero di Nick e se lo infilò nella tasca davanti dei jeans, prima di recuperare le tazze sporche per portarle a lavare.

Non era nelle condizioni di riflettere in maniera lucida, in quel momento. Ci avrebbe pensato più tardi.

⁓ * ⁓

Quella sera, durante la solita telefonata ai suoi genitori in Connecticut, Emi raccontò al padre quello che era successo quel giorno al locale. Dovette spiegargli chi diavolo era Nick Carter ma, una volta identificato come il biondino la cui faccia ricopriva le pareti della stanza della figlia minore, da ragazzina, Bob Williams sentenziò che il ragazzo guadagnava punti e che, se nella vita privata ascoltava i Journey, allora poteva sorvolare sul fatto che, per lavoro, saltellasse su un palco insieme ad altri tre o quattro padri di famiglia.

Ancora con le lacrime agli occhi per la reazione del padre, Emi chiuse la chiamata e restò a fissare il tovagliolo con il messaggio di Nick, domandandosi cosa dovesse fare.

Quello che vuoi, le aveva detto Donnie.

Il problema era che nemmeno Emi sapeva cosa voleva.

Certo, una parte di lei avrebbe voluto scrivere a Nick e vedere dove l’avrebbe portata quella nuova avventura, dando ascolto ai desideri segreti della sé quindicenne.

Un’altra parte, però, quella più cauta, le ricordava che lui era Nick Carter, lo scapolo più desiderato d’America, che poteva avere tutte le donne che voleva e con una reputazione da playboy che lo precedeva. Perché mai avrebbe dovuto essere interessato a lei, anonima cameriera del Connecticut con il sogno di diventare fotografa e con l’unica peculiarità di essere inaspettatamente diventata amica di Donnie Wahlberg?

Sicuramente voleva solo divertirsi, ma Donnie doveva avergli detto che aveva scelto la ragazza sbagliata. D’altra parte, lui sapeva della promessa che Emi aveva fatto a se stessa tanti anni prima, dopo che Derek le aveva spezzato il cuore. 

Niente più uomini nella sua vita, a meno che non volessero solo essere suoi amici.

Quindi, cosa voleva Nick da lei? Non ne aveva idea.

Non lo scoprirai mai, se non gli dai una possibilità, le disse una vocina nella sua testa. 

Emi, però, sospirò e rimise il tovagliolino nel portafoglio, dove aveva deciso di conservarlo.

 

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Capitolo 3
*** You’ve got a friend in me ***


CHAPTER 3 - You’ve got a friend in me

 

For a smile they can share the night

 

Emi stava uscendo dal locale, in un’ancora calda sera di inizio agosto, quando sentì il cellulare vibrare, nella tasca dei jeans. Mentre chiudeva a chiave la porta della caffetteria, lo estrasse e sorrise, vedendo un messaggio di Donnie.

Avviandosi verso la fermata della metro, che l’avrebbe riportata al suo minuscolo, ma confortevole, appartamento, aprì il messaggio e quello che lesse fece sì che si bloccasse di colpo in mezzo al marciapiede.

Complimenti! Sei riuscita a mandare in paranoia Carter.

Erano passati tre o quattro giorni da quando Nick le aveva lasciato il suo numero sul tovagliolo del locale ed Emi non l’aveva ancora usato.

Ci aveva pensato continuamente, ma era combattuta e poi non sapeva cosa scrivergli. Qualsiasi cosa le sembrava troppo banale e, alla fine, aveva rinunciato.

Inoltre, era stata piuttosto impegnata al lavoro. Il suo capo aveva assunto una nuova cameriera, una ragazza cubana di nome Melanie. Era sveglia, ma andava istruita, ed Emi aveva passato i tre giorni precedenti a insegnarle tutto quello che c’era da sapere per mandare avanti la caffetteria quando lei sarebbe andata in vacanza, il mese prossimo.

Non sapeva ancora dove, ma non vedeva l’ora di andarsene per un po’ da New York.

Di solito la città le piaceva, ma ultimamente la trovava un po’ soffocante.

Un uomo le passò accanto, sfiorandole una spalla, e la ragazza si rese conto di essere ancora ferma impalata in mezzo al marciapiede, con il cellulare stretto in mano.

Doveva rispondere al messaggio di Donnie.

Io? Come? Digitò, veloce.

Non l’hai chiamato ed è stato un brutto colpo per il suo ego, rispose l’amico, un istante dopo.

Emi strabuzzò gli occhi, incredula, prima di replicare:

Solo perché non mi sono fatta sentire?

Donnie cercò in qualche modo di giustificare il ragazzo, scrivendole:

Devi capirlo, non è abituato a essere rifiutato, anche se l’avevo avvertito che non eri interessata.

Emi sospirò e decise di essere sincera con Donnie:

Non è che non sono interessata…

Lo sei? Le chiese subito lui.

Alzando gli occhi al cielo, Emi si affrettò a rinfrescargli la memoria:

È Nick Carter, avevo una cotta terribile per lui da ragazzina, ricordi?

E allora perché non ne hai approfittato? Volle sapere l’amico.

1. Non so cosa dirgli 2. Ho paura, confessò Emi, onesta.

Un attimo dopo, le arrivò la risposta di Donnie, che riprendeva punto per punto le sue obiezioni:

1. Mandagli un messaggio qualsiasi, non dev’essere nulla di profondo.

2. Lo so e lo capisco, anche perché Nick non ha una bella fama. Ma sostiene di essere cambiato, quindi potresti dargli il beneficio del dubbio. 

Emi stava ancora finendo di leggere il messaggio precedente, quando Donnie gliene inviò un altro:

E poi non devi mica sposartelo, magari puoi solo spassartela un po’. Pare sia in grado di garantire un bel giro…

DONNIE! Scrisse lei, in maiuscolo, sentendo le guance avvamparle alla sola idea di poter andare a letto con Nick soltanto per divertirsi, come suggeriva Donnie.

L’amico le mandò uno smile che faceva la linguaccia e la spronò:

Dagli una chance. E non preoccuparti, se ti tratta male, ci penso io a prenderlo a calci nel culo.

⁓ * ⁓

Quella sera, a casa, mentre guardava distrattamente un vecchio film western accoccolata sul divano, Emi prese coraggio e decise di mettere in pratica il suggerimento di Donnie.

Cercò in rubrica il numero di Nick - che aveva salvato subito dopo aver trovato il tovagliolo con il messaggio del ragazzo - e gli scrisse la prima cosa che le venne in mente, senza rifletterci troppo:

Mio padre dice che, dato che ti piacciono i Journey, può sorvolare sul fatto che il tuo lavoro preveda saltellare su un palco insieme ad altri ragazzi.

Chiuse gli occhi e premette invio, quasi come se dovesse strappare un cerotto e farlo di colpo le provocasse meno dolore.

Poi sospirò, posò il cellulare sul cuscino, accanto a lei, e tornò a concentrarsi sul film, certa che, comunque, Nick sarebbe stato impegnato e con tutta probabilità non avrebbe risposto fino al mattino seguente.

Quando, poco dopo, il cellulare emise il suono che Emi aveva associato ai messaggi, quindi, la ragazza quasi si spaventò e fece un salto sul divano.

Con mani tremanti, prese il telefono e aprì il messaggio di Nick:

(serie di smile che ridono) Davvero?

Emi sorrise, riuscendo a stento a credere a quello che stava succedendo. Davvero stava messaggiando con Nick Carter?

Davvero, rispose. Beh, prima ho dovuto spiegargli chi era Nick Carter.

Cosa gli hai detto? chiese Nick, curioso.

Mordicchiandosi il labbro inferiore, Emi confessò:

Gli ho detto che sei quello dei poster in camera mia.

Hai i miei poster in camera? le domandò il ragazzo, iniziando a trovare il tutto piuttosto intrigante.

Li avevo. Sono sicura che Donnie te l’abbia detto, ma avevo una cotta per te, da ragazzina, gli scrisse Emi.

No, in realtà Donnie non mi aveva detto nulla, ammise Nick, ma mi fa piacere saperlo.

Emi strabuzzò gli occhi e lasciò cadere il cellulare sul divano. Davvero Donnie non aveva detto niente a Nick della sua cotta per lui? E perché diavolo era stata così stupida da confessarglielo lei stessa, adesso?

Lasciandosi sfuggire un gemito di frustrazione, Emi si butto in avanti sul divano, nascondendo la faccio in un cuscino e ripetendosi “Stupida, stupida”.

Poi si ricordò che probabilmente Nick stava ancora aspettando una sua risposta, quindi riprese in mano il cellulare e digitò:

Oddio, non ci credo che te l’ho appena detto io, adesso. Sono un’idiota e mi vergogno da morire.

Non dovette attendere molto per leggere la risposta di Nick:

Smettila, è carino, invece.

Lo dici solo per consolarmi, replicò lei, ancora terribilmente in imbarazzo.

No, invece. Lo penso davvero, insistette Nick. E penso anche che tuo padre sia un grand’uomo. Lo voglio conoscere.

Emi trattenne a stento una risata, tutto l’imbarazzo causato dalla sua confessione imprevista improvvisamente scomparso.

Non esagerare, adesso, lo rimproverò. Un passo per volta. Ti ci vorrà più che condividere gli stessi gusti musicali per impressionare mio padre.

Ha una pistola? le chiese Nick, con un’emoticon spaventata.

Emi rise e rispose:

Era un colonnello nell’esercito, quindi direi di sì.

Nick non rispose subito ma, quando lo fece, fu piuttosto conciso:

Cazzo.

Con le lacrime agli occhi dal ridere, Emi si lasciò cadere sui cuscini del divano, pensando a qualcosa da rispondergli. Ma non ce ne fu bisogno, perché il cellulare suonò di nuovo, segnalando un altro messaggio di Nick:

Meglio rimandare le presentazioni in famiglia, allora. Magari prima conosciamoci meglio io e te.

Mi sembra una buona idea, convenne lei.

A che ora stacchi dal lavoro domani? le chiese Nick.

Alle quattro, rispose Emi, domandandosi dove volesse andare a parare il ragazzo.

Ti chiamo verso le 4:30 allora, okay? propose Nick.

Emi si ritrovò a sorridere, mentre digitava la risposta:

Okay. A domani.

A domani e sogni doro. XxX concluse Nick.

⁓ * ⁓

Una settimana dopo circa, Emi stava svuotando la lavastoviglie nella cucina della caffetteria, quando Melanie, la nuova ragazza assunta, tornò dal bancone, dove stava servendo i clienti e richiamò la sua attenzione, dicendo “Ehi, Emi. Di là c’è un figo pazzesco che chiede di te”.

Emi sollevò lo sguardo dalla pila di tazze pulite e domandò “Donnie?”

L’amico era passato a trovarla al locale prima di andare a Los Angeles a prendere i figli per portarli in vacanza e Melanie l’aveva conosciuto.

La ragazza, però, scosse la testa e rispose “No. Un biondo con un sorriso spaziale”.

Emi si bloccò con una tazza in mano.

Nick? 

Era l’unico che corrispondesse perfettamente alla descrizione di Melanie, quindi doveva essere lui. Ma cosa ci faceva a New York? E, soprattutto, perché non le aveva detto che sarebbe passato?

Da quella prima sera in cui Emi gli aveva scritto, i due ragazzi avevano iniziato a sentirsi con regolarità. Come promesso, il giorno seguente Nick l’aveva chiamata e avevano chiacchierato a lungo, raccontandosi buffi aneddoti della rispettiva infanzia e facendosi qualsiasi domanda passasse loro per la testa, scoprendo, tra l’altro, di avere ben più cose in comune della semplice passione per i Journey.

Emi era rimasta piacevolmente impressionata da come parlare con Nick le venisse spontaneo. Nonostante si fossero visti soltanto una volta e, nella sua testa, lui fosse la celebrità inarrivabile, la conversazione era scorsa in maniera fluida, senza difficoltà e, soprattutto, senza quegli imbarazzanti silenzi che tanto mettevano a disagio la ragazza.

Nick si era comportato da vero gentiluomo. Era stato gentile e simpatico, divertente al punto giusto, e non aveva mai detto una parola fuori posto.

Dopo la prima telefonata, ne erano seguite altre, corredate da fiumi di messaggini. Sembrava che lei e Nick trovassero sempre qualcosa di interessante da dirsi o da farsi vedere, ed entro la fine della settimana, le loro comunicazioni erano diventate così assidue che a Emi sembrava di conoscerlo da una vita e non si agitava più ogni volta che sul display del telefono compariva il nome del ragazzo.

Si erano sentiti anche quella mattina, poco prima che lei entrasse al lavoro. Avevano parlato del caldo e di quanto potessero essere insopportabili le orde di turisti che prendevano d’assalto New York durante l’estate. Emi si era lamentata che mancasse ancora troppo alle sue vacanze e Nick le aveva chiesto se aveva già idea di dove andare, sentendosi rispondere che non ci aveva ancora pensato seriamente. Allora, Nick le aveva suggerito di andare in California, sostenendo che il clima a settembre fosse perfetto, ed Emi si era ritrovata a sognare di poterci andare veramente.

In tutto ciò, il ragazzo non aveva fatto assolutamente cenno a un suo viaggio a New York, quindi Emi fu piuttosto sorpresa quando, dopo essersi asciugata frettolosamente le mani con uno strofinaccio, uscì dalla cucina e se lo ritrovò davanti, sorridente, in mezzo al locale.

“Ciao” la salutò, andandole incontro e chinandosi per abbracciarla.

“Ehi, ciao” ricambiò lei, presa alla sprovvista, non solo dalla visita inaspettata, ma anche, e soprattutto, dall’abbraccio che Nick le aveva dato. 

“Cosa ci fai qui?”

“Sono passato a trovarti” rispose lui, sincero.

“Quando sei arrivato?” domandò la ragazza “Stamattina non mi hai detto niente, quando ci siamo sentiti”.

Nick ridacchiò e si tolse il cappellino, spettinandosi nervosamente i capelli.

“In realtà ero già qui,” confessò “sono arrivato ieri sera. Ma non ti ho detto nulla perché volevo farti una sorpresa”.

“E ci sei riuscito” dichiarò Emi, sorridendo.

Liberandosi dall’abbraccio del ragazzo, Emi guardò l’orologio e gli propose “Siediti, ti porto un caffè. Tra mezz’oretta stacco e, se non hai impegni, possiamo andare a mangiare qualcosa insieme”.

Nick annuì e le rivolse un sorriso a trentadue denti, prima di dichiarare “Nessun impegno, sono tutto tuo”, facendola scoppiare a ridere ma, anche, facendo fare una capriola a qualcosa dentro di lei, più meno all’altezza dello stomaco.

Non ci poteva fare niente, anche se ormai non lo considerava più la celebrità inarrivabile che aveva sempre pensato che fosse, Emi aveva sempre avuto un debole per il sorriso di Nick.

Tutte le sue amiche andavano in visibilio quando faceva quelle mossette sexy sul palco, mentre lei si scioglieva quando il ragazzo sorrideva.

E, adesso, sapere che quel sorriso era tutto per lei, le faceva sentire le farfalle nello stomaco.

Mentre il ragazzo prendeva posto a un tavolo, Emi tornò dietro al bancone e gli preparò il solito cappuccino con doppio espresso. Poi, prima di portarglielo, diede un’altra occhiata all’orologio, notando che erano passati soltanto dieci minuti dall’ultima volta che l’aveva guardato.

Sospirò, delusa, e pregò che quei venti minuti che la separavano dalla fine del turno passassero il più rapidamente possibile.

⁓ * ⁓

“Allora, dove mi porti?” gli chiese Emi, mezz’ora più tardi, richiudendosi alle spalle la porta del locale.

Nick si voltò a guardarla, notando, per la prima volta, quanto fossero lunghi i suoi capelli, che le scendevano lungo la schiena in ciocche ondulate, fino ad arrivare quasi alla vita.

“Non lo so,” rispose, impreparato “sei tu la newyorkese, devi farmi conoscere le gemme nascoste della città”.

Emi ridacchiò.

“Non so se te ne sei accorto, ma la mia vita sociale non è proprio degna di una star di Hollywood. Al massimo posso portarti al mio ristorante italiano preferito”.

“Perfetto” concordò lui. Poi, allo sguardo stupito della ragazza, spiegò “Sei mezza italiana, quindi se dici che è il tuo preferito, dev’essere veramente buono. E adoro la cucina italiana”.

Lasciandosi coinvolgere dall’entusiasmo del ragazzo, Emi sorrise e gli afferrò una mano.

“Vieni, allora,” disse, trascinando Nick dietro di sé “da questa parte”.

Venti minuti dopo, i due ragazzi erano seduti al tavolo di un delizioso ristorantino italiano che si trovava in una stradina secondaria e il cui nome, molto emblematicamente, era Bella Italia.

Il proprietario e un paio di camerieri avevano salutato Emi chiamandola per nome, quando erano entrati, e la ragazza aveva ricambiato parlando con loro in italiano. 

Ordinarono tagliatelle al ragù e una caraffa di vino rosso della casa, dopodichè si misero ad aspettare i loro piatti, chiacchierando del più e del meno.

Nick spiegò a Emi che si trovava a New York per incontrare alcuni autori con i ragazzi. Anche se non avevano ancora reso la notizia ufficiale, Kevin aveva finalmente deciso di riunirsi al gruppo e stavano iniziando a discutere del concept per il nuovo album. Erano tutti piuttosto eccitati per il ritorno di Kevin, specialmente AJ a cui, a quanto pareva, l’amico era mancato particolarmente, e volevano che il nuovo album fosse qualcosa di speciale. C’era però anche un po’ di nervosismo perché i ragazzi avevano abbandonato la loro vecchia etichetta discografica per fondarne una propria ed era la prima volta che iniziavano a lavorare a un album senza, tecnicamente, avere un contratto.

Nick le raccontò anche che, mentre era a New York, sperava di riuscire a vedere sua sorella Leslie, che si trovava anche lei in città per sottoporsi a delle visite mediche, dato che aveva sempre sofferto di ansia e crisi di panico e quando, pochi mesi prima, aveva avuto una bambina, che Nick non aveva ancora visto, tra l’altro, la situazione si era aggravata. La ragazza era ospite del padre e della sua nuova moglie, ma Nick sperava di poterla vedere senza essere costretto ad andare a casa loro, dato che il suo rapporto con il padre era a dir poco problematico.

“Con tua madre va meglio, invece?” gli domandò Emi.

Nick scosse la testa. 

“No, direi di no. I miei genitori hanno passato molti anni a farsi del male a vicenda e capisci che non è facile crescere in un ambiente così tossico. Immagino che mi abbiano voluto bene, a modo loro, solo che non era il modo giusto per me. Da quando ho iniziato a guadagnare bene con il gruppo, ho fatto di tutto per riscattare la mia famiglia. Credevo che, se gli avessi dato una bella casa e permesso loro di fare quello che veramente volevano nella vita, le cose sarebbero cambiate e avrebbero smesso di farsi del male. Ma non è stato così. I miei, specialmente mia madre, sono molto egoisti e quello che facevo per loro non era mai abbastanza. Così, a un certo punto, mi sono stufato di essere trattato come un bancomat vivente e ho detto basta. Me ne sono andato di casa e ho ridotto i rapporti al minimo sindacale, che significa auguri di Natale e compleanno, quando se lo ricordano, e poco più. Ho tentato di mantenere i contatti con i miei fratelli, ma è difficile, un po’ per il mio lavoro, che mi tiene spesso lontano, e un po’ perché crescere in un ambiente così tossico ha, in qualche modo, corrotto anche loro e sono tutti piuttosto problematici. Io almeno sono uscito da quell’incubo grazie ai Backstreet Boys, ma loro hanno dovuto restarci troppo a lungo. Leslie è quella che mi preoccupa di più. Per un pezzo ha voluto fare la cantante ed era anche brava. Ho provato a darle una mano, ma i suoi problemi di salute la rendevano incostante e inaffidabile, facendo diventare tutto più difficile. Quando si è sposata e si è trasferita a Toronto, credevo che avesse finalmente trovato la sua dimensione, specialmente quando mi ha detto che aspettava un bambino. Poi, però, i suoi problemi di salute sono ricomparsi e, a quanto pare, potrebbe esserci qualcosa di più grave di ansia e attacchi di panico”.

“Cosa?” chiese Emi, preoccupata.

“L’ultima volta che ho parlato con Angel, l’altra mia sorella, quella con cui mi sento più spesso, mi ha detto di averle visto prendere dei farmaci per la schizofrenia. Ma non so nulla di più, purtroppo Leslie non mi dice molto. E non posso aiutarla se non so come stanno le cose” spiegò Nick, con la fronte corrucciata.

Rispondendo a un impulso più forte di lei, Emi allungò una mano sul tavolo e la posò su quella del ragazzo, che alzò immediatamente gli occhi su di lei. 

La ragazza gli rivolse un sorriso che sperava fosse rassicurante e sussurrò “Non ci conosciamo da molto, ma sembri una brava persona, Nick, e sono sicura che niente di quello che è successo e sta succedendo con la tua famiglia è colpa tua”.

Nick rispose timidamente al sorriso della ragazza e annuì.

“Lo so. Cioè, razionalmente so che è così e che ho fatto tutto quello che potevo per aiutarli, ma mi hanno fatto sentire in colpa per così tanto tempo, che a volte me ne dimentico e mi dico che potrei fare di più”.

“No, non puoi,” sentenziò Emi, decisa “ma cerca di parlare con tua sorella. Magari non ti dirà nulla, ma è importante che sappia che tu ci sei”.

Nick fece sì con la testa e stava per ribattere, quando furono disturbati dal cameriere che portava loro le pietanze.

Ci fu uno scambio di battute tra il ragazzo ed Emi e Nick notò come, in un divertente mix tra inglese e italiano, lui stesse chiaramente facendo il filo alla ragazza. 

Emi gli rispondeva per le rime, finché non lo liquidò con “Mi dispiace, Antonio, sai che è tutta fatica sprecata. Non ne voglio più sapere di incasinarmi la vita con gli uomini. Ho già dato”.

Il ragazzo se ne andò, fingendo di piangere tutte le sue lacrime, ed Emi scoppiò a ridere, prima di avventarsi sulle sue tagliatelle.

Nick, però, era rimasto colpito da quella dichiarazione così definitiva e, ricordandosi che già Donnie gli aveva detto qualcosa di simile, decise di indagare.

“Cosa ti hanno fatto gli uomini, per non volerne più sapere di loro?” le chiese, dopo aver ingoiato il primo boccone di pasta, trovandola squisita.

Prima di rispondere, Emi prese un sorso di vino.

“Gli uomini in generale nulla,” disse “ma uno in particolare ha fatto sì che perdessi tutta la fiducia nel genere maschile, per parecchio tempo”.

Nick le rivolse un’occhiata curiosa e la ragazza sorrise.

“È una storia lunga, davvero la vuoi sapere?” gli domandò e Nick annuì.

Emi sospirò e, dopo essersi pulita la bocca con il tovagliolo a quadretti, appoggiò gli avambracci sul tavolo e iniziò a raccontare.

“Alle superiori, avevo un ragazzo, Derek. Ci siamo messi insieme poco dopo che sono tornata dall’Italia e non ci siamo più lasciati fino al diploma. Era il classico bravo ragazzo, intelligente e gentile, con un promettente futuro davanti a sé. Io, d’altra parte, ero una brava ragazza, studentessa diligente e prototipo della figlia perfetta. Sembravamo fatti l’uno per l’altra e tutti erano convinti che ci saremmo sposati, avremmo formato una famiglia e saremmo rimasti insieme per sempre. Durante l’ultimo anno di scuola, però, ho iniziato a stare male e, dopo vari controlli, mi è stato diagnosticato un cancro alle ovaie. Le terapie non funzionavano, così sono stati costretti a sottopormi a un’isterectomia”.

“Oddio,” la interruppe Nick, scioccato “adesso come stai?”

Emi sorrise, notando la preoccupazione negli occhi del ragazzo, e lo rassicurò “Sto bene, l’intervento è riuscito perfettamente e il tumore è stato completamente rimosso. Insieme al mio utero e alle mie ovaie, però”.

“L’importante è che ora tu stia bene” dichiarò Nick, sincero, ed Emi si sentì stringere il cuore all’idea che fosse davvero in ansia per lei.

“Va tutto bene, davvero,” insistette “ma è stato un brutto colpo e, invece di starmi vicino, Derek ci ha messo il carico da undici".

“Cos’ha fatto?” chiese Nick, interessato.

Emi alzò gli occhi al cielo e rispose “Il coglione ha deciso che non poteva proprio fare a meno di tramandare i suoi geni bacati a una futura progenie e, dato che io non ero più in grado di garantirgliela, mi ha lasciata”.

Nick strabuzzò gli occhi e sbottò in un “No!”

Emi annuì e confermò “Sì, invece”.

“Che idiota” commentò il ragazzo, abbandonandosi contro lo schienale della sedia.

Emi si strinse nelle spalle e sentenziò, pratica “Alla fine, per quanto mi abbia devastata, è andata bene così. Almeno si è rivelato per lo stronzo che era”.

“Senza ombra di dubbio” convenne Nick.

“Certo è che la mia stima per il genere maschile è scesa ai minimi storici” aggiunse lei, tornando al motivo principale per cui aveva raccontato a Nick tutta la storia.

Il ragazzo annuì, ma poi obiettò “Capisco il tuo punto di vista, ma non lo condivido. Non puoi permettere a un singolo coglione di intaccare la reputazione di tutti gli uomini del mondo. Ci sono anche persone per bene, sai?”

Emi sorrise e annuì, a sua volta.

“Oh, lo so” ammise. “So che è pieno di uomini per bene, là fuori. Tom, il marito di mia sorella, è adorabile, e anche Donnie è un uomo affidabile e premuroso. Il fatto è che la vicenda con Derek mi ha fatto realizzare che avevo sempre dato priorità a lui. Anche se ero una discreta studentessa e ottenevo buoni risultati, quello notoriamente bravo negli studi era lui. Era lui che aveva ottenuto una borsa di studio per Princeton, mentre io, che desideravo studiare arte e spettacolo a Los Angeles, non ci avevo nemmeno provato perché sarei stata troppo lontana da lui e sapevo che non era quello che la gente si aspettava da me. Per permettere a lui di brillare, non mi sono mai permessa di farlo io e, quando la nostra storia è finita, mi sono promessa che non avrei mai più permesso a un uomo di condizionarmi la vita. Per questo non voglio più avere una relazione. Anche il migliore degli uomini mi condizionerebbe perché dovrei in qualche modo adattarmi a lui”.

Nick scosse la testa.

“Non è vero,” dissentì “o, meglio, non del tutto. Sì, in una relazione bisogna venirsi incontro, ma non devi essere solo tu ad adattarti a lui, dev’essere una cosa reciproca”.

Emi si lasciò sfuggire una risatina, mentre commentava “Qualcuno avrebbe dovuto dirlo a Derek”.

Anche Nick rise, prima di sentenziare “Non credo avrebbe fatto alcuna differenza. Da quello che mi hai raccontato, era un coglione fatto e finito”.

La ragazza scoppiò a ridere, al suo commento, e concordò “Già”.

Nick bevve un sorso di vino e aspettò che Emi avesse finito le sue tagliatelle, prima di domandarle “E io?”

“Tu cosa?” chiese lei, sorpresa, guardandolo con gli occhi spalancati e fermando a mezz’aria la mano con cui si stava portando il bicchiere alle labbra.

Nick sospirò, prima di spiegare “Hai detto che ci sono degli uomini per bene. Credi che io ne faccia parte?”

Emi non rispose subito, restò a fissare Nick con espressione concentrata, e il ragazzo iniziò a pentirsi di averle fatto quella domanda.

Cos’avrebbe fatto se lei gli avesse risposto di no? Sarebbe stata una bella mazzata.

La ragazza, però, sorrise e posò il bicchiere sul tavolo senza aver bevuto. Poi, senza smettere di guardare Nick negli occhi, dichiarò “Non ti conosco ancora abbastanza da poter esprimere un giudizio, ma devo ammettere che quello che ho visto fin’ora mi piace”.

Nick sorrise, soddisfatto, e annunciò “Mi impegnerò perchè, conoscendomi meglio, la tua opinione su di me non cambi, allora”.

⁓ * ⁓

Quando, una settimana dopo, arrivò per Nick il momento di tornare a Los Angeles, Emi poteva affermare con sicurezza che, non solo la sua opinione su di lui non era cambiata, ma ora aveva abbastanza elementi per giudicare e dichiarare, quindi, che Nick rientrava di diritto nella categoria degli uomini per bene. Anzi, stava velocemente scalando la classifica per aggiudicarsi il primo posto.

Si erano visti praticamente tutte le sere. Di giorno, mentre Emi lavorava, Nick aveva i suoi incontri con gli autori e i produttori. Poi andava a prenderla al locale e passavano il resto del tempo insieme, andando a cena fuori, o al cinema a vedere l’ultimo Final Destination, che fece schifo a entrambi.

Emi stava bene con Nick, il ragazzo riusciva a metterla suo agio e la sensazione di conoscerlo da una vita diventava sempre più forte. 

Ormai potevano dire di essere diventati buoni amici, con un sacco di cose in comune che li legavano.

Dopo quella prima sera, al ristorante, i due ragazzi si erano aperti l’uno con l’altra, confidandosi cose che non avevano mai detto a nessuno.

Emi aveva raccontato a Nick di come avesse dovuto vedere un terapista per anni, dopo l’operazione, per accettare che la sua vita non avrebbe più percorso la strada che aveva sempre immaginato fin da bambina, mentre Nick le aveva confessato che, secondo la sua di terapista, il matrimonio disastroso dei suoi genitori stava alla base della sua apparente incapacità di impegnarsi stabilmente con qualcuno, che lo portava a rifiutare le responsabilità, com’era successo anche con la sua ultima fidanzata. Non appena lei aveva tentato di incastrarlo strappandogli una proposta di matrimonio, lui se l’era data a gambe, dapprima suggerendole di prendersi un periodo di pausa ma, poi, finendo per spingerla a troncare la relazione facendosi fotografare in giro in atteggiamenti intimi con altre ragazze.

“Non ci sono andato a letto,” si era giustificato “volevo solo convincerla del fatto che non ero abbastanza per lei e che si meritava di meglio”.

“Forse non eri quello giusto per lei, ma smetti di dire che non sei abbastanza” l’aveva rimproverato Emi.

Nick aveva alzato le spalle, osservando “Non mi sono mai sentito abbastanza in tutta la mia vita”.

Spiazzata da quella rivelazione, che cozzava con l’immagine spavalda e sicura di sé che Nick vendeva ai media, Emi gli aveva posato una mano sulla spalla e aveva tentato di rassicurarlo “Lo sei, invece, sei abbastanza. E sono certa che un giorno troverai qualcuno che ti apprezzerà esattamente per quello che sei”.

Come te, aveva pensato Nick, quasi commosso dalle premure dell’amica. Tu mi apprezzi per come sono.

Sì perché, anche se tutto era partito come una sorta di distrazione, senza intenzioni serie, e anche se non avrebbe mai creduto che potesse accadere, anzi, aveva promesso a se stesso che non avrebbe permesso che accadesse, dato che Emi era stata molto chiara riguardo quello che si aspettava dal loro rapporto, la verità era che Nick stava iniziando a provare qualcosa per lei e, per quanto si sforzasse, sembrava non essere in grado di combattere quel sentimento.

Anche Emi, dal canto suo, si era accorta di essersi affezionata molto a Nick e, più si frequentavano, più l’affetto nei confronti del ragazzo cresceva. 

Nick era un bravo ragazzo, ormai Emi l’aveva capito, ma l’idea di potersi affezionare così tanto a qualcuno la spaventava perché non le era mai più successo, dopo la storia con Derek. Certo, aveva anche lei svariati amici, e voleva molto bene a Donnie, ma non le era mai successo di contare le ore che la separavano dal poterlo rivedere di nuovo come, invece, le succedeva con Nick. 

Di contro, però, stare insieme a lui la faceva stare bene. Con Nick, tutto era molto naturale ed Emi sentiva di poter essere completamente se stessa, senza filtri e, soprattutto, senza quella spiacevole sensazione di doversi adattare a un’altra persona. Nick le piaceva talmente tanto che, forse, pur di non rinunciare alla loro amicizia, sarebbe anche stata disposta a farlo, ma il bello era che non ce n’era bisogno, perché Nick non gliel’aveva mai chiesto ed erano così in sintonia che spesso riuscivano a indovinare cosa stesse pensando l’altro.

Quella sera, dopo cena, i due ragazzi avevano deciso di prendere un gelato e mangiarlo mentre facevano una passeggiata a Central Park. Entrambi adoravano quel posto e volevano approfittare di tutto il tempo possibile da passare insieme, dato che Nick avrebbe dovuto ripartire per la California il mattino seguente. 

“Sai,” le disse Nick, d’un tratto, mentre centrava un cestino dell’immondizia con la cartina del cono che aveva appena finito di mangiare “anche se tecnicamente ho lavorato, questa settimana mi è quasi sembrato di essere in vacanza. Sei tu che mi fai questo effetto?”

Emi rise e si strinse nelle spalle.

“Non lo so,” ammise “ma anche a me è sembrato un po’ come essere in vacanza”. Poi, dopo aver emesso un profondo sospiro, aggiunse “Il che è ottimo, dato che devo aspettare ancora quasi un mese per andare in vacanza davvero”.

“Hai poi deciso dove andare?” le chiese Nick, curioso.

La ragazza scosse la testa.

“Mi piacerebbe andare al mare,” confessò “ma ho un budget limitato e temo di non riuscire a trovare qualcosa di decente alla portata delle mie tasche”.

Nick si fermò di colpo, costringendo anche Emi a smettere di camminare.

“Perché non vieni da me?” le propose, di punto in bianco.

Emi spalancò gli occhi, sorpresa.

“Da te?”

Il ragazzo annuì, sentendo crescere l’eccitazione per quell’idea improvvisa che gli era venuta.

“Sì,” tentò di convincerla “a settembre c’è un clima ideale, in California, te l’ho detto, e io vivo sulla spiaggia, quindi potresti goderti il mare quanto vuoi”.

“Ma…non sei impegnato?” farfugliò Emi, cercando di essere razionale e di non lasciar trasparire quanto l’idea le piacesse.

E non era solo la vacanza in California a intrigarla. Anche se non voleva ammetterlo, la sola prospettiva di passare altro tempo con Nick la riempiva di gioia.

Nick fece no con la testa e dichiarò “Libero come l’aria fino a ottobre”.

Emi sospirò, sforzandosi di ignorare i battiti accelerati del suo cuore, poi alzò lo sguardo su Nick e riuscì a leggere nei suoi occhi azzurri il desiderio e la speranza che lei dicesse di sì.

Gli sorrise e decise che, per una volta, avrebbe ascoltato il suo cuore, senza farsi troppe paranoie. E il suo cuore le stava gridando di andare.

“Okay,” disse “credo che accetterò l’invito”.

Nick le rivolse un sorriso radioso e, per l’ennesima volta, Emi si sciolse, ricordando il motivo per cui aveva una cotta per lui da ragazzina. Quando rideva, ai suoi occhi Nick diventava l’essere umano più affascinante sulla faccia della terra, e non sarebbe mai cambiato.

Mentre era ancora persa in queste considerazioni, si sentì stringere e i suoi piedi si staccarono da terra. Presa alla sprovvista, la ragazza si aggrappò al collo di Nick, che l’aveva abbracciata d’impulso, sulla scia dell’entusiasmo causato dalla sua decisione di trascorrere le vacanze da lui.

Era il contatto fisico più intimo che avessero mai avuto ed entrambi sentirono qualcosa muoversi all’interno dei rispettivi stomaci.

Emi chiuse gli occhi e si riempì le narici del profumo della colonia di Nick, mentre lui constatava che Emi profumava vagamente di caffè, quasi come se ne fosse rimasta impregnata lavorando al locale.

Prima che la situazione diventasse imbarazzante, Nick la rimise a terra e si scusò per il gesto avventato, dicendo “Scusa, mi sono lasciato prendere dall’entusiasmo”.

Emi ridacchiò, per dissimulare l’imbarazzo, e si sistemò i capelli dietro alle orecchie.

“Nessun problema,” lo tranquillizzò “anch’io sono eccitata all’idea di venire in California”.

E di stare con te, aggiunse mentalmente, ma si guardò bene dal dirlo ad alta voce.

“Conoscerai Nacho” annunciò Nick, mentre riprendevano la passeggiata e uscivano dal parco, diretti verso il Conrad Hotel poco distante, dove Nick alloggiava.

“Nacho?” ripeté Emi, confusa.

Nick annuì.

“Sì,” confermò “il mio cane. È un carlino obeso e dispettoso, ma anche estremamente intelligente, e lo adoro”.

“Mi piacciono i cani” dichiarò Emi, sincera “e sono felice di conoscere Nacho. Spero di stargli simpatica”.

“Oh, andrete d’accordo, ne sono sicuro” sentenziò Nick.

Stavano quasi per raggiungere l’ingresso dell’hotel, dove avrebbero dovuto salutarsi, ed Emi iniziò inconsciamente a camminare più piano, nel vano tentativo di allontanare il momento degli addii. 

Poi, come dal nulla, qualcosa attirò la sua attenzione.

All’angolo della strada che stavano percorrendo, c’era una di quelle macchinette per fare le fototessere. Non se ne vedevano più molte in giro e la ragazza si domandò come avesse fatto quella a sfuggire all’estinzione.

Senza riflettere, afferrò la mano di Nick e iniziò a trascinarlo in quella direzione, incurante dei lamenti del ragazzo che le chiedeva cosa diavolo le fosse preso.

Arrivati davanti alla scatola, rivolse a Nick un sorriso a trentadue denti e disse “Facciamoci delle foto. Saranno il ricordo di questa vacanza-non-vacanza a New York”.

Nick la guardò con tanto d’occhi, chiedendosi se stesse scherzando, poi le fece notare “Ci siamo fatti un sacco di foto con il cellulare e sono sicuramente migliori di queste”.

Emi scosse la testa e fece un gesto spazientito con la mano.

“Lo so,” concordò “ma adoravo farmi le foto in queste macchinette con le amiche, da ragazzina, perché facevamo facce buffe e inevitabilmente a qualcuna veniva tagliata mezza testa o il mento. È divertente. E poi non sei un ragazzino cresciuto negli anni Novanta, scusa?”

“Okay, okay” cedette Nick, alzando le mani in segno di resa. “Facciamoci le foto”.

Entrarono nella macchinetta e si sistemarono come meglio riuscirono nello spazio angusto a disposizione. Nick fece sedere Emi sullo sgabello e si mise dietro di lei, cingendole la vita con le braccia e appoggiando il mento sulla spalla della ragazza. 

Inserirono la banconota e attesero il segnale che annunciava l’inizio degli scatti.

“Facce buffe, mi raccomando” gli ricordò Emi, facendogli l’occhiolino.

Nick rise e annuì e la macchina scattò la prima foto proprio in quel momento.

Ne fecero altre, con la lingua di fuori e gli occhi strabici, poi uscirono e restarono in attesa della stampa.

Quando, finalmente, Emi ritirò la fila di foto, Nick si sporse da sopra la sua spalla per vedere e scoppiò a ridere.

“Buffe, vero?” disse lei, osservandole attentamente.

Nick fece sì con la testa, poi ne indicò una, la prima che avevano scattato, dove lui stava ridendo ed Emi aveva il viso girato verso di lui per rimproverarlo.

“In questa sembri una fan in adorazione del suo idolo” commentò, ironico.

“Scemo” lo sgridò lei, tirandogli una pacca sul braccio, ma poi scoppiò a ridere e concordò “Però hai ragione”.

Si avviarono nuovamente verso l’hotel e stavano ancora ridendo quando si fermarono.

“Quindi…” esordì Nick, improvvisamente in imbarazzo.

“Quindi…” ripeté Emi, distogliendo lo sguardo dal ragazzo, per non doverlo guardare negli occhi. A volte aveva la sensazione che Nick riuscisse a leggerle dentro e la cosa la metteva a disagio. Non voleva che sapesse quanto le dispiaceva che se ne andasse.

“Ti chiamo quando arrivo a casa” disse lui, per riempire quel silenzio imbarazzante.

Emi annuì.

“Okay. Io intanto cerco un volo per Los Angeles e ti faccio sapere quando posso arrivare”.

“Perfetto,” convenne Nick “così posso venire a prenderti all’aeroporto”.

“Non ce n’è bisogno,” obiettò lei “se mi dai l’indirizzo, posso prendere un taxi”.

Nick scosse la testa.

“Neanche per idea,” insistette “mi fa piacere”.

Emi gli sorrise, poi abbassò lo sguardo sulle foto che ancora teneva in mano. Le piegò con attenzione lungo la linea di divisione e le strappò a metà, così che ne restassero due per parte. Rifletté un istante, poi porse a Nick quelle dove facevano la linguaccia e dove lui tentava di farle le corna in testa, tenendo per sè quella con gli occhi incrociati e, soprattutto, quella dove lei sembrava una fan adorante in estasi di fronte al sorriso radioso di Nick.

“Tieni,” gli disse “per strapparti una risata in attesa di farne altre quando verrò da te”.

“Grazie,” rispose Nick “ma sai che non so nemmeno se a LA ci siano ancora macchinette di quel tipo?”

“Cercale,” lo spronò lei “hai circa un mese di tempo. Datti da fare, Carter”.

Nick scoppiò a ridere e la ragazza gli fece compagnia.

Poi, inaspettatamente, gli mise una mano sul braccio, si alzò in punta di piedi e si sporse a dargli un bacio sulla guancia, che lasciò Nick completamente spiazzato.

“Ciao, Nick, fai buon viaggio. Ci vediamo presto” lo salutò.

Con il cuore che gli batteva forte, Nick dovette deglutire un paio di volte prima di riuscire a ribattere e quando lo fece, si trovò a farfugliare “Ciao, Emi. A presto”. 

Dopo avergli rivolto un ultimo sorriso, la ragazza si allontanò, diretta alla fermata della metro che l’avrebbe riportata a casa. 

Nick restò impalato davanti all’ingresso dell’hotel, osservandola allontanarsi, e pregando che quelle settimane che lo separavano dal viaggio di Emi in California passassero il più velocemente possibile. Poi, quando ormai la sagoma della ragazza non era altro che un puntino lontano, prese il portafoglio dalla tasca posteriore dei jeans e vi ripose le foto che Emi gli aveva dato, avendo cura di non rovinarle.

Aveva mille foto con lei nella memoria del suo cellulare, ma quelle sarebbero sempre state speciali perché gli avrebbero ricordato quella calda sera d’estate a New York, quando si era accorto, forse per la prima volta, che si stava innamorando di Emi.

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Capitolo 4
*** Summer loving ***


CHAPTER 4 - Summer loving

 

Livin' just to find emotion

 

Nick aprì lentamente la porta della stanza degli ospiti dove Emi stava ancora dormendo e notò subito Nacho, appisolato sul letto ai piedi della ragazza.

Il cane alzò subito la testa, ma Nick gli fece cenno di stare buono.

Emi era arrivata a Los Angeles la sera prima e, come promesso, Nick era andato a prenderla in aeroporto. L’aveva portata a casa sua, a Malibu, dove l’aveva fatta sistemare nella camera degli ospiti e, finalmente, le aveva presentato Nacho.

Tra i due era stato amore a prima vista. 

Quando il cane le era corso incontro, fermandosi sui suoi piedi, Emi si era subito chinata a fargli le coccole. Con grande stupore di Nick, Nacho si era ribaltato sulla schiena, scoprendo la pancia, esprimendo la chiara volontà che Emi gliela grattasse, cosa che la ragazza aveva prontamente fatto.

Il suo cane si era irrimediabilmente innamorato di Emi, come mai gli era successo con nessun altro essere umano, a parte Nick, e aveva passato la notte a dormire sul letto con lei.

Se si fosse trattato di chiunque altro, Nick sarebbe stato geloso. Adorava Nacho ed era orgoglioso del rapporto quasi simbiotico che l’animale aveva con lui.

Ma era di Emi che si stava parlando e, osservandola dormire, i lunghi capelli sparsi sul lenzuolo bianco e la faccia schiacciata sul cuscino, Nick non poteva certo biasimare il suo cane per essersi infatuato di quella che, anche agli occhi di Nick stesso, era la creatura più affascinante del mondo.

Facendo attenzione a non svegliare la ragazza, Nick si avvicinò il più silenziosamente possibile al letto. Poi estrasse il cellulare dalla tasca dei pantaloncini, controllò che fosse collegato via bluetooth all’impianto stereo, che aveva installato in ogni stanza di casa, e fece partire a tutto volume l’intro del cartone Disney Il Re Leone, che accompagna il risveglio degli animali della savana.

L’urlo NANTS INGONYAMA BAGITHI BABA risuonò per tutta la casa, svegliando di soprassalto la povera Emi, che fece un salto sul letto, e spaventando Nacho, che uscì dalla stanza abbaiando per segnalare il suo disappunto.

Nick scoppiò a ridere e restò a osservare Emi che si passava una mano sugli occhi, lasciandosi poi ricadere di faccia sul cuscino, con un lamento esasperato.

“Buongiorno, dormigliona” la salutò Nick, spegnendo la musica e andando a sedersi sul bordo del letto.

Emi non rispose subito e si limitò a grugnire, poi girò leggermente la testa, in modo da poter guardare Nick, e sentenziò “Io te lo dico, svegliami un'altra volta così e i Backstreet Boys si ritroveranno con un componente in meno. Non me ne frega niente se sei Nick Carter”.

Il ragazzo si mise di nuovo a ridere, poi le tolse le coperte di dosso e sentenziò “Forza, alzati. Il sole è già alto nel cielo e la colazione ti aspetta al piano di sotto”.

Sentendo parlare di colazione, Emi si mise a sedere di scatto.

“Hai detto colazione?” 

Nick annuì e annunciò “Ho fatto i pancakes”.

La ragazza strabuzzò gli occhi, incredula, e domandò “Hai fatto i pancakes? Tu?”

Nick annuì di nuovo.

“Sì,” confermò “io. E perché quel tono sorpreso? Sono il re dei pancakes”.

Emi scosse la testa e sorrise, poi, mentre si alzava dal letto diretta verso il bagno per sciacquarsi il viso, commentò “Sei un uomo dalle mille sorprese, Nick Carter”.

⁓ * ⁓

Dopo aver fatto colazione, durante la quale Nick aveva praticamente obbligato Emi a dichiarare che i suoi pancakes fossero i più buoni che aveva mai mangiato e che, quindi, lui era davvero il re dei pancakes, i due ragazzi si infilarono il costume e uscirono sulla spiaggia.

Emi era un po’ nervosa, prima di tutto a farsi vedere in costume da bagno da Nick, dato che il suo fisico non era certamente da modella, ma anche di poter essere vista in pubblico con lui. 

Certo, erano già usciti insieme a New York, ma la metropoli era così grande e piena di gente, che nessuno aveva fatto caso a loro. Lì, invece, tutti sapevano dove abitava Nick e la ragazza temeva di essere spiata da qualche paparazzo, che avrebbe poi sbattuto le loro foto su qualche giornale additandola come la nuova conquista di Nick Carter.

Oddio, ogni tanto fantasticava su come potesse essere stare con Nick e non solo come amica, ma poi la paura di restare scottata un’altra volta prendeva il sopravvento e scacciava quei pensieri, concentrandosi sulla bella amicizia che c’era tra loro. 

Doveva farselo bastare.

Il ragazzo, però, non sembrava minimamente preoccupato che nulla di tutto ciò potesse accadere e, guardandosi intorno, Emi si accorse che la striscia di sabbia davanti a casa di Nick era completamente sgombra quindi, forse, si trattava di un tratto di spiaggia privata, dove la gente non poteva sostare.

Appena messo piede in spiaggia, Nick si tolse la maglietta e corse subito verso il mare, invitandola a seguirlo.

“Dai, vieni” le urlò dalla riva. “Facciamo il bagno”.

Riluttante, Emi si tolse i pantaloncini e la maglietta e li abbandonò sull’asciugamano. Poi, sforzandosi di non preoccuparsi troppo per il suo aspetto e ripetendosi che non doveva fare colpo su Nick, lo raggiunse sulla battigia.

Allungò un piede per toccare l’acqua e lo ritrasse subito, scioccata.

“È fredda” dichiarò, facendo un passo indietro.

“Non è fredda,” obiettò Nick “è l’oceano. Ti ci abituerai”.

Poi le prese una mano e iniziò a trascinarla verso l’acqua. 

Rassegnata, Emi lo seguì e, quando l’acqua le arrivò più o meno alla vita, decise di smettere di soffrire e si tuffò, facendo un paio di bracciate.

Quando riemerse, notò Nick che la osservava, con un sorrisino divertito.

“Quindi?” gli chiese “Vieni o no?”

Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte, si tuffò e la raggiunse nuotando sott’acqua. Quando le sue mani arrivarono alla portata dei piedi della ragazza, le afferrò le caviglie e la tirò sotto, sentendola urlare.

Poco dopo, riemersero entrambi, Emi si tolse i capelli bagnati dalla faccia e affermò “Vuoi la guerra? Non sai chi ti sei messo contro, caro mio”.

I due iniziarono a giocare a tirarsi sott’acqua. Per una questione di stazza, Nick era decisamente avvantaggiato ed Emi ci mise poco a rendersene conto. Decise, quindi, di giocare sporco e, mentre era ancora sott’acqua dopo essere stata messa sotto da Nick, afferrò il costume del ragazzo e glielo tirò giù, scoprendogli il sedere.

Mentre Nick urlava, lamentandosi che quello era un colpo basso, e si divincolava, tentando di rimettere a posto i pantaloncini, Emi, ancora sott’acqua, potette godere di una discreta panoramica del sedere di Nick Carter e, suo malgrado, dovette ammettere che non era niente male.

“Ehi, non vale!” piagnucolò lui, quando la ragazza riemerse.

Emi rise e fece spallucce, prima di sentenziare “Era una lotta impari”.

Nick scosse la testa e fece roteare gli occhi, prima di scoppiare a ridere a sua volta.

Quando si calmarono, il ragazzo si accorse che Emi lo stava fissando con aria concentrata. Aprì la bocca per chiederle cos’avesse da guardare, ma la richiuse subito quando vide la ragazza fare un passo verso di lui. 

Poi la vide alzare le braccia e muovere le mani verso il suo viso e il cuore iniziò a battergli molto più velocemente. 

Le mani di Emi si avvicinarono al suo viso e il ragazzo si trovò a immaginare come dovesse essere sentire le dita di Emi sulla sua pelle. Poi, però, vide le mani della ragazza allontanarsi dalla faccia e restò spiazzato quando sentì le sue dita tra i capelli. 

Emi si passò i capelli bagnati di Nick tra le dita un paio di volte, aggiustandoli in una buffa cresta. Poi sorrise e commentò "Lo stile punk ti dona, dovresti farci un pensierino". 

Nick scoppiò a ridere e scosse la testa, spettinandosi nuovamente i capelli e schizzando la ragazza, che si portò le mani sul viso per ripararsi dalle goccioline. 

Nick restò a osservarla, rapito, e in quel momento la trovò bellissima, con le guance arrossate dal sole, i lunghi capelli bagnati che le ricadevano sulle spalle e quel sorriso felice che le illuminava il viso.

Senza nemmeno rendersene conto, si trovò a combattere contro l’impulso di prenderle il viso tre le mani e baciarla e realizzò che il sentimento che si era reso conto di provare per lei stava diventando sempre più profondo e Nick non sapeva per quanto sarebbe ancora riuscito a nasconderlo.

⁓ * ⁓

Dopo il bagno, i ragazzi si stesero sugli asciugamani per asciugarsi al sole.

Nick guardò Emi con la coda dell’occhio e notò la pelle chiara della ragazza, quindi suggerì “Forse faremmo meglio a mettere la crema. Non voglio che ti scotti il primo giorno e passi il resto della vacanza chiusa in casa senza poter approfittare del mare”.

Emi sorrise e annuì, poi rovistò nella borsa finché non trovò i tubetti di crema che si era portata. Ne porse uno a Nick ed entrambi iniziarono a cospargersi il corpo con la lozione protettiva.

A un certo punto, Nick notò una cicatrice sul ginocchio sinistro di Emi e le domandò “E quella da dove arriva?”

Passando un dito sopra al segno più chiaro che aveva sulla pelle, Emi ripose, senza soffermarcisi troppo “Sette anni, caduta dalla bicicletta. Hanno dovuto darmi cinque punti”.

Poi fece un cenno con la testa verso lo stinco destro di Nick, dove faceva bella mostra di sé una vistosa cicatrice.

“Quella, invece?” gli chiese.

“Non ricordo esattamente l’età, ma avrò avuto sette o otto anni. Sono caduto scappando da un alligatore e mi sono tagliato. Mio padre non ha voluto portarmi in ospedale e mi ha ricucito da solo” raccontò Nick, sbrigativo.

Emi non replicò, si limitò a fissarlo con espressione scioccata.

“Sì, beh, forse avrai sentito qualche storia a riguardo, oltre a quello che ti ho detto io, ma la mia famiglia è un gran casino” si giustificò lui, con una risatina imbarazzata. 

Emi annuì e ammise “Sì, ho sentito qualcosa, ma non so quanto ci sia di vero”.

Nick sospirò e disse “Più o meno tutto”.

“Davvero?” gli chiese Emi, stupita.

Il ragazzo annuì. 

“Te l’ho detto, non siamo in buoni rapporti”.

“Ci stai male, vero?” ipotizzò lei, in tono dolce.

“Un tempo. Uno dei problemi principali della mia famiglia sono sempre stati i soldi. Era per quello che i miei genitori litigavano. Da ragazzino, sognavo una famiglia normale e speravo di poterla avere una volta che ho iniziato a guadagnare bene e i soldi non erano più un problema. Ma mi sbagliavo. Nemmeno tutti i soldi del mondo possono comprare l'affetto” sentenziò, cinico. 

Resistendo all’impulso di abbracciarlo, Emi sussurrò “Mi dispiace”. 

Nick fece spallucce e dichiarò “Non importa, l'ho accettato. Ormai mi sono convinto che, se voglio una famiglia normale, devo costruirmela da solo”.

Emi alzò un sopracciglio e gli rivolse un’occhiata scettica.

“Tu non eri quello che fugge dalle responsabilità ed è scappato quando la sua ragazza gli ha chiesto di impegnarsi, scusa?”

Nick rise, al commento di Emi, e concesse “Vero. Ma sono giunto alla conclusione che non era l'idea di impegnarmi a spaventarmi. Era l'idea di impegnarmi con lei”.

“Credevo avessi detto di essere innamorato” osservò la ragazza. 

“E credevo di esserlo,” confermò lui “ma poi ho realizzato che non poteva essere così, se la sola idea di passare ogni giorno che mi restava da vivere con lei mi faceva mancare l'aria”. 

“No, evidentemente no” convenne Emi, lasciandosi sfuggire una risatina imbarazzata.

Nick sospirò, poi si sentì in dovere di aggiungere “Lauren non era una cattiva persona, sai? Solo…impegnativa”.

“Impegnativa?” chiese Emi, confusa.

Nick annuì. 

“Niente era mai semplice e spontaneo con lei, dovevo sempre sforzarmi un sacco. E un giorno mi sono detto, ehi, non dovrebbe essere così. Vero?”

La ragazza scosse la testa e confermò “No, non dovrebbe. Impegnarsi va bene, fa capire che ci tieni, ma non si dovrebbe mai faticare nei rapporti, che siano amore o amicizia”.

“L'ho pensato anch'io” concordò Nick, pensieroso. 

Restarono in silenzio per un po’, fissando il mare, poi Nick osservò “Noi non fatichiamo, vero?”

Emi si voltò a guardarlo e sorrise, poi fece no con la testa.

“No, direi proprio di no”.

Anche Nick sorrise e commentò “Bene”.

“Bene” ripeté lei, distogliendo lo sguardo.

“Vieni,” propose Nick, facendole cenno di avvicinarsi “ti metto la crema sulla schiena, altrimenti ti bruci”.

Emi annuì e si spostò più vicino al ragazzo, togliendo i capelli dalla schiena.

Nick prese il tubetto di crema e se ne mise un po’ sul palmo della mano, dopodiché iniziò a spalmarla meticolosamente sulla schiena nuda di Emi, prestando estrema attenzione a non tralasciare nessun punto.

La ragazza, nel frattempo, chiuse gli occhi, certa che Nick non potesse vederla, assaporando la sensazione delle mani di Nick che si muovevano sulla sua pelle. Senza riuscire a evitarlo, iniziò a sentire molto caldo e si rese conto che non aveva a che fare con la temperatura esterna, bensì con il bruciore che le provocava il tocco del ragazzo. 

Spalancò gli occhi di colpo e aprì la bocca per prendere aria, pregando che quella piacevole, ma pericolosa, tortura finisse il prima possibile e, quando Nick dichiarò “Ecco fatto” si voltò a guardarlo forse un po’ troppo velocemente.

Per dissimulare l’imbarazzo, gli sorrise e si offrì “Tocca a me adesso”.

Nick le porse la crema e la ragazza si apprestò a fare la stessa cosa che lui aveva appena fatto a lei.

Nell’esatto momento in cui le mani di Emi si posarono sulla sua schiena, il corpo di Nick fu percorso da un brivido che nulla aveva a che fare con la piacevole brezza che soffiava sulla spiaggia. Il battito del suo cuore si fece più veloce e al ragazzo sembrò di iniziare a fare fatica a respirare. 

Era tutto nella sua testa, ovviamente, ma questo non rendeva la situazione meno difficile da gestire. 

Aprì la bocca, annaspando per prendere aria, e in quel momento fu colto da un dubbio atroce, che gli fece abbassare immediatamente lo sguardo verso il pube.

Nick sapeva per esperienza che il suo piccolo amico era molto reattivo, fin troppo, a volte, e l’aveva spesso messo in situazioni imbarazzanti, come testimoniavano le numerose foto che circolavano in rete, in cui little Nicky si intravedeva, bello ritto e felice, attraverso i pantaloni bianchi attillati che indossava sul palco, durante in concerti.

L’ultima cosa di cui Nick aveva bisogno, in quel momento, era trovarsi in una situazione simile di fronte a Emi. 

Cos’avrebbe pensato di lui? Sicuramente l’avrebbe preso per un porco pervertito.

Con suo enorme sollievo, un'occhiata veloce gli bastò a constatare che era tutto sotto controllo, ma la situazione era decisamente rischiosa, quindi Nick tirò un sospiro di sollievo quando Emi finì di spalmare la crema e rimise il tubetto nella borsa, prima di stendersi sul suo telo e chiudere gli occhi.

Il ragazzo farfugliò un grazie, per poi stendersi accanto a lei, in attesa che il suo cuore tornasse a battere a un ritmo normale.

Prima di chiudere a sua volta gli occhi, lanciò uno sguardo a Emi e si trovò a sospirare. 

Era solo il primo giorno di vacanza, non poteva andare avanti così per due settimane, o sarebbe impazzito.

Lo sei già, gli disse una vocina nella sua testa. 

E aveva ragione. Nick era completamente pazzo di Emi.

⁓ * ⁓

La vacanza di Emi proseguì serena e rilassata, tra pancakes, bagni, corse sulla spiaggia con Nacho e risate, tante risate.

Dopo la prima mattina, Nick aveva imparato la lezione e aveva preso l’abitudine di andare a svegliarla con una tazza di caffè fumante. 

“Meglio di ieri?” le aveva chiesto, il primo giorno che si era presentato in camera sua con il caffè.

Emi gli aveva preso la tazza dalle mani e, dopo averne inspirato l’aroma, aveva sentenziato 

“Hmmmm meglio, decisamente meglio”.

Dopo circa una settimana, all’ennesimo risveglio con il caffè a letto, Emi aveva dichiarato “Potrei abituarmi, sai?” e Nick si era ritrovato a pensare che anche lui avrebbe potuto abituarsi a vederla aprire gli occhi ogni mattina.

Quello che il ragazzo non sapeva era che, allo stesso tempo, una vocina nella testa di Emi le stava ripetendo che non era solo al caffè a letto che avrebbe potuto abituarsi, ma anche, e soprattutto, a vedere il viso sorridente di Nick come prima cosa quando apriva gli occhi alla mattina.

Una sera, uno degli ultimi giorni di vacanza, Emi insistette perché si fermassero in spiaggia fino a tardi, per vedere il sole tramontare all’orizzonte. 

Era stata una giornata particolarmente ventilata e, quando il sole iniziò a calare e i suoi raggi non arrivarono più a scaldare la spiaggia, la brezza divenne piuttosto fresca.

Nick, seduto sulla sabbia accanto a Emi, si accorse che la ragazza si era portata le mani sulle spalle, sfregandosi la pelle delle braccia, lasciata scoperta dal top senza maniche che indossava.

Senza pensarci due volte, si era tolto la camicia bianca di lino e l’aveva posata sulle spalle della ragazza, guadagnandosi un sorriso di riconoscenza.

Emi se l’era infilata, beandosi di essere avvolta dal profumo di Nick, poi, inaspettatamente, aveva appoggiato la testa sulla spalla del ragazzo ed era rimasta in attesa di veder scomparire il sole oltre la linea che delimitava il cielo e il mare.

Nick adorava avere la ragazza così vicina e avrebbe tanto voluto passarle un braccio attorno alle spalle e abbracciarla, ma si trattenne perché non sapeva come avrebbe potuto reagire.

Con il viso posato sulla spalla di Nick, Emi aveva chiuso gli occhi per un istante, lasciandosi sfuggire un sospiro, che poteva benissimo essere interpretato come un sospiro di soddisfazione, ma che, invece, era più un gemito di frustrazione.

Sì, perché, per la prima volta, Emi si era trovata a desiderare ardentemente che Nick prendesse coraggio e la abbracciasse, se non, addirittura, che osasse qualcosa di più. 

E lei non l’avrebbe respinto.

⁓ * ⁓

L’ultimo giorno prima che Emi tornasse a New York, Nick invitò AJ e Rochelle, la sua fidanzata e presto moglie, a trascorrere la giornata con loro.

Non aveva avuto occasione di presentare Emi a nessuno dei ragazzi e ci teneva che conoscesse almeno AJ che, tra tutti, era sicuramente quello più socievole e alla mano, nonché quello più comodo a raggiungerli a Malibu, dato che abitava nella zona residenziale di Los Angeles.

Come Nick aveva previsto, AJ ed Emi andarono subito d’accordo e la ragazza entrò in sintonia anche con Rochelle, permettendo a tutti di trascorrere una splendida giornata all’aperto, tra la spiaggia e la terrazza della casa di Nick, dove pranzarono tutti insieme. All’ora di cena, quando la brezza della sera iniziò a farsi sentire, i ragazzi si ritirarono in casa e decisero di ordinare delle pizze.

Mentre aspettavano la consegna, Nick propose di bere qualcosa ed Emi si offrì di andare in cucina ad aprire la bottiglia di prosecco che avevano acquistato al supermercato qualche giorno prima.

Quando, poco dopo, la ragazza tornò in soggiorno insieme a Rochelle, con in mano due calici di vino, Nick restò incantato a guardarla, rapito dal contrasto del vestitino bianco di sangallo che indossava con la pelle abbronzata ma, soprattutto, perso negli occhi scintillanti della ragazza. 

Si era talmente abituato alla sua presenza che, ormai, gli sembrava naturale vederla aggirarsi per casa e gli sarebbe mancato da morire averla intorno.

Emi notò lo sguardo di Nick e gli sorrise, raggiante, grata che il ragazzo fosse entrato nella sua vita. Anche se la cosa la spaventava enormemente, non poteva negare di essersi affezionata moltissimo a lui e di non riuscire a immaginare di non averlo nella sua vita, in qualche modo.

Consegnati i bicchieri ai ragazzi, Emi e Rochelle tornarono in cucina per prendere le patatine e la bottiglia con il vino rimasto. Nick si riscosse e si voltò per dire qualcosa a AJ, ma notò che l’amico era rimasto imbambolato a fissare il punto in cui le ragazze erano scomparse.

Cercò di richiamare l’attenzione dell’amico chiamandolo per nome.

“AJ”.

Non ottenendo risposta, tentò con il nome di battesimo.

“Alex”.

“Eh” fece il ragazzo, sbattendo gli occhi, come se si fosse appena svegliato da un sogno.

“Cos’hai?” gli chiese Nick, incuriosito.

“Perchè?” farfugliò AJ, stordito.

Nick gli rivolse un'occhiata divertita e osservò “Non lo so, stavi fissando Emi e Rochelle come se avessi visto un fantasma”.

AJ fece un sorrisino e precisò “Emi, in realtà”.

“Cosa?” sbottò Nick, incredulo e anche un po’ infastidito.

“Ehi, datti una calmata” lo rassicurò l’amico. “È che l’ho vista entrare nella stanza con i bicchieri in mano e…niente, mi è sembrata così giusta, perfettamente al suo posto” notò.

“Non capisco cosa vuoi dire” ammise Nick, non riuscendo a seguire il filo dei pensieri dell’amico.

AJ si voltò a guardarlo e cercò di spiegare. 

“È come se appartenesse a questo posto, Nick, come se il suo posto fosse in questa casa”.

Nick sorrise e confessò “L’ho pensato anch’io, sai?”

AJ fece un passo verso di lui e gli mise una mano sulla spalla. Poi sorrise e gli disse “Sai, amico, credo che sia davvero quella giusta, non ti ho mai visto così sereno”.

“Sto iniziando a esserne convinto anch’io,” gli confidò Nick “il problema è che lei non è interessata”.

AJ alzò un sopracciglio, scettico, prima di sentenziare “Amico, ho notato lo sguardo che ti ha lanciato quando è entrata e nessuno mi farà mai credere che non fosse uno sguardo interessato. Ti mangiava con gli occhi, fidati”.

Nick sospirò, lasciandosi cadere sul divano. 

“Non lo so, a volte mi sembra che possa esserci qualcosa di più, tra noi, e che anche lei lo vorrebbe, ma poi continua a comportarsi da amica e non ne sono più tanto sicuro” si lamentò.

AJ attraversò la stanza e andò a sedersi accanto all’amico. Poi lo guardò negli occhi con espressione seria e sentenziò “Ascolta Nick, sai che io non sono molto bravo con tutto questo struggersi per amore. Sono più per le cose dirette, se mi piaci te lo dico. Ma ti conosco e so che non sei un codardo, quindi, se non hai ancora fatto il primo passo, ci dev’essere un valido motivo e non mi serve nemmeno saperlo per darti il mio pieno supporto. Io dico solo quello che vedo. Tu e quella ragazza siete fatti l’uno per l’altra, lei ti adora ed è chiaro che stare con lei ti fa bene, quindi ti dico solo una cosa, cerca di non fartela scappare, perché dubito che troverai mai un’altra come lei”.

Non ci fu occasione di riprendere il discorso perché le ragazze tornarono dalla cucina con le patatine e, poco dopo, arrivarono le pizze.

Quando sentirono suonare il campanello, Nick stava mostrando a AJ alcuni commenti che una fan particolarmente focosa gli aveva scritto su Twitter, quindi Emi si offrì di aprire la porta al fattorino.

“Prendi i miei soldi,” la spronò il ragazzo “il mio portafoglio è sul tavolino nell’ingresso”.

La ragazza annuì e si diresse verso la porta.

Una volta ritirate le pizze, che Rochelle le tolse subito dalle mani per aiutarla, Emi prese il portafoglio di Nick per pagare. 

In quel momento, Nacho le arrivò di corsa sui piedi, spaventandola, e la ragazza lasciò cadere a terra il portafoglio che teneva tra le mani.

Ringraziò il fattorino e richiuse la porta, prima che Nacho uscisse e decidesse di rincorrere il povero ragazzo, dopodiché si chinò a raccogliere il portafoglio da cui, cadendo a terra, erano usciti una serie di foglietti e tessere.

Rimproverando Nacho per essersi comportato male, Emi rimise meticolosamente ogni oggetto al suo posto, finchè le sue dita non si strinsero intorno a qualcosa che le sembrò subito terribilmente familiare. Guardò meglio e si accorse che si trattava delle foto che lei e Nick avevano fatto alla macchinetta a New York, la sera prima che lui ripartisse.

Emi sorrise, ricordando quanto si erano divertiti, ma la sua attenzione fu richiamata dalla voce di Nick che, non vedendola tornare in salotto, era andato a vedere cosa stesse facendo.

Trovandola accovacciata per terra, le chiese, stupito “Cosa stai facendo?”

Emi si alzò, ancora stringendo il portafoglio di Nick in una mano e le foto nell’altra.

“Nacho mi ha spaventata e ho fatto cadere il tuo portafoglio” spiegò. “Stavo rimettendo dentro le cose che sono uscite”.

Nick abbassò lo sguardo sulle mani della ragazza e si accorse con orrore che stava stringendo le foto di loro due, che conservava gelosamente nel portafoglio.

Sbatté le palpebre, cercando di non andare nel panico e di pensare a qualcosa di intelligente da dire, ma era difficile sapendo che Emi aveva appena scoperto il suo segreto.

Nemmeno lui sapeva spiegarsene bene il motivo, ma Nick non voleva che Emi sapesse che conservava quelle foto nel portafoglio. 

Nel portafoglio si tiene la foto della fidanzata ed Emi non era la sua fidanzata. 

Purtroppo. 

Nick aveva paura che la ragazza si spaventasse e, allo stesso tempo, che trovasse il tutto piuttosto melenso.

Fortunatamente, la voce di AJ, che dalla cucina gli urlava di muoversi, prima che le pizze si raffreddassero, servì a sbloccare quella situazione imbarazzante. 

Emi rimise le foto nel portafoglio, lo posò sul tavolino dove l’aveva trovato, poi prese Nick per mano e gli disse “Andiamo a mangiare”.

Dopo cena, quando ormai AJ e Rochelle se n’erano andati, Emi guardò Nick, che aveva appena finito di caricare la lavastoviglie, e gli chiese “Vieni un attimo di sopra con me? Devo farti vedere una cosa”.

Incuriosito, il ragazzo annuì e la seguì nella stanza degli ospiti, dove Emi prese la borsa, che aveva abbandonato sul pavimento e iniziò a cercare qualcosa all’interno. Dopo un attimo, tirò fuori il suo portafoglio, lo aprì e porse a Nick qualcosa che vi conservava dentro.

Il ragazzo allungò una mano per afferrare l’oggetto che Emi gli porgeva e fu molto stupito di notare che si trattava delle stesse foto che lei aveva visto poco prima nel suo di portafoglio, o meglio, l’altra metà delle foto.

Nick alzò lo sguardo su Emi e la trovò a fissarlo, con un mezzo sorrisino che le illuminava gli occhi.

“Anch’io le conservo nel portafoglio,” disse “non volevo che pensassi di essere l’unico”.

Nick le sorrise, riconoscente, e osservò “Peccato non aver trovato un posto per farne altre, qui a Malibu”.

La ragazza si strinse nelle spalle e sentenziò “Pazienza. Vorrà dire che le rifaremo la prossima volta che verrai a trovarmi a New York”.

Nick annuì e si trovò a pensare che sperava succedesse presto, molto presto.

 

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Capitolo 5
*** Everybody hurts ***


Disclaimer: questa storia è stata scritta nella sua interezza mesi fa, ma mi sono decisa a caricarla soltanto adesso. 
Alla luce degli ultimi eventi personali successi a Nick, sono stata indecisa se postare o no questo capitolo perchè non volevo rischiare di sembrare irrispettosa. Poi, però, l'ho letto e riletto almeno dieci volte e non mi è sembrato di aver trattato il tema mancando di tatto, quindi mi sono decisa, perché eliminarlo avrebbe richiesto di riscrivere parte della storia e soprattutto per non mancare di rispetto alle quattro cinque anime che stanno leggendo la storia e che, magari, hanno piacere di sapere come va a finire.
In nessun modo la mia intenzione era quella di mancare di rispetto a Nick, specialmente in un momento così delicato. Purtroppo la tempistica mi è ostile.
Magari nessuno avrebbe pensato qualcosa di male a riguardo, ma ci tenevo a spiegare.
Detto ciò, ENJOY!


CHAPTER 5 - Everybody hurts

 

Some'll win, some will lose
Some are born to sing the blues

 

Tra ottobre e dicembre, Nick fu piuttosto impegnato, tra i progetti per il nuovo album, le date del suo tour solista per promuovere l'album I’m Taking Off, uscito in quell’anno, e, a dicembre, la seconda crociera dei Backstreet Boys, alle Bahamas, quindi le occasioni di vedersi, per lui ed Emi, si ridussero all’osso. 

Si sentivano quasi tutti i giorni e Nick passò a trovarla al rientro dalla crociera, fermandosi qualche giorno in città, in modo da recuperare il tempo perso. 

Emi non gliene faceva certo una colpa. Era perfettamente cosciente, quando erano diventati amici, che mantenere i rapporti con Nick sarebbe stato complicato, considerato il suo lavoro, ma il ragazzo le mancava, forse più di quanto avrebbe dovuto mancarle un semplice amico, e a volte si ritrovava a pensare che, se solo non fosse stata legata a quello stupido lavoro alla caffetteria, avrebbe potuto raggiungerlo, di tanto in tanto.

Ormai il corso di fotografia che frequentava era terminato ed Emi aveva ottenuto il tanto agognato diploma, quindi non c’era nemmeno più quello a trattenerla a New York.

Peccato che il lavoro al locale le servisse per sopravvivere, almeno finché non fosse riuscita a impiegare il diploma appena preso.

Nick era stato un tesoro e, appena saputo dell’esito positivo dell’esame finale di Emi, le aveva fatto recapitare una macchina fotografica professionale, ultimo modello, corredata di almeno tre obiettivi diversi.

Quando Emi l’aveva chiamato per ringraziarlo, rimproverandolo per aver speso tutti quei soldi e dicendogli che non era necessario e avrebbe potuto benissimo continuare a scattare con la vecchia macchina che aveva comprato online di seconda mano appena iniziato il corso, Nick aveva ribattuto che invece sì, era assolutamente necessario e che doveva fare pratica e diventare bravissima, così l’avrebbe fatta assumere nello staff dei Backstreet Boys e avrebbero potuto passare molto più tempo insieme.

Il cuore di Emi aveva iniziato a battere un pochino più velocemente, al sentire quelle parole.

Durante le vacanze di Natale, Emi andò in New Jersey dalla sorella, insieme ai genitori, e passò una settimana a spupazzarsi il nipotino e ad abbuffarsi dell’ottimo barbecue che preparava suo cognato.

Nick, invece, decise di fare l’ennesimo tentativo di riavvicinamento alla sua famiglia, andando in Florida a trovare la madre.

Non andò bene e la sera di Natale chiamò Emi dall’aeroporto di Tampa, da cui stava per prendere un volo per tornare in California, dicendole che basta, ci rinunciava, e quella era l’ultima volta che provava a rimettere insieme la sua famiglia.

A gennaio, Nick ricominciò il suo tour solista e promise a Emi che si sarebbero incontrati non appena avesse fatto tappa a New York.

La ragazza sapeva che il concerto era previsto per il 2 di febbraio all’Irving Plaza, a Manhattan, e fece cambio di turno alla caffetteria con Melanie, perché aveva tutta l’intenzione di andare a vedere l’amico cantare. 

Poteva sembrare assurdo, ma non era mai riuscita a vedere Nick dal vivo sul palco, né con i Backstreet Boys, né da solo, e ci teneva da morire, quindi non si sarebbe fatta scappare quell’occasione per nulla al mondo. 

Una sera, proprio mentre era online a cercare i biglietti, Nick la chiamò dicendole che il giorno seguente le avrebbe fatto recapitare una busta al locale da uno dei suoi collaboratori e di non spaventarsi, che non l’avrebbe mangiata.

Lei rise e gli disse che stava giusto cercando i biglietti per andarlo a vedere e il ragazzo le suggerì di aspettare ma, quando Emi gli chiese il perché, farfugliò qualcosa riguardo a un cambio di location, senza però entrare nei dettagli.

Il giorno seguente, si presentò in caffetteria un uomo di colore che chiedeva di lei. Disse di chiamarsi Mike e di essere l’addetto alla sicurezza personale di Nick. 

La ragazza sorrise e scherzò “Oddio, sono nei guai?”

Mike scosse la testa e ricambiò il sorriso, rassicurandola “Assolutamente no”. 

Poi tirò fuori una busta dalla tasca del giubbotto e la porse a Emi, dicendo “Ci vediamo giovedì prossimo”. 

Le fece l’occhiolino e se ne andò.

Emi restò a fissare la porta, confusa. 

Il giovedì seguente ci sarebbe stato il concerto di Nick, ma come faceva l’uomo a sapere che voleva andare a vederlo? Gliel’aveva detto Nick?

Poi aprì la busta che le aveva consegnato e tutto divenne chiaro. 

Dentro c’era un biglietto VIP per il concerto di New York, che comprendeva anche il soundcheck nel pomeriggio, e un pass plastificato con scritto Nick Carter I’m Taking Off Tour AAA.

Emi sorrise, prese il cellulare dalla tasca dei jeans e mandò immediatamente un messaggio a Nick:

Cambio di location, eh?

Il ragazzo rispose subito. Probabilmente Mike doveva averlo avvertito di aver effettuato la consegna.

Non potevo lasciarti comprare il biglietto e volevo farti una sorpresa.

Emi scosse la testa e ridacchiò, prima di digitare:

Okay, ma potevi inventarti una scusa più fantasiosa.

Hai conosciuto Mike? le chiese Nick, cambiando discorso.

Sì, confermò lei, simpatico.

Ho mandato lui a consegnarti la busta perché così ti riconoscerà giovedì e ti farà passare senza problemi, le spiegò.

Davvero vuoi che venga nel backstage? gli domandò Emi, incredula.

Certo, rispose subito Nick. Poi ovviamente potrai goderti lo spettacolo dalla prima fila. A proposito, il biglietto VIP include anche una foto con me al soundcheck, vuoi farla? la canzonò.

La ragazza scoppiò a ridere e si affrettò a replicare, criptica:

Non so, ci penso.

Mentre tornava in cucina, ancora con la busta stretta in mano, Emi lanciò un'occhiata al calendario appeso alla parete, dove segnavano gli ordini e le consegne.

Dieci giorni, si disse. Dieci giorni e avrebbe finalmente rivisto Nick. 

Non vedeva l’ora.

⁓ * ⁓

La sera di martedì 31 gennaio, però, Emi ricevette una chiamata da Rochelle.

Dopo essersi conosciute a casa di Nick, le due ragazze si erano scambiate i numeri di telefono e ogni tanto si mandavano qualche messaggio. 

Emi le aveva fatto gli auguri per il matrimonio e Rochelle le aveva mandato qualche foto da vedere.

Non si erano mai chiamate, però, ed Emi si domandò cosa mai potesse volere da lei la moglie di AJ.

Purtroppo, lo scoprì subito.

Rochelle la informò che Leslie, la sorella di Nick, era stata trovata morta a casa del padre, a New York. Non sapeva dirle molto altro, ma concluse la telefonata pregandola “Chiama Nick”.

Ancora sconvolta dalla notizia, Emi cercò il numero di Nick in rubrica e fece partire la chiamata.

Il ragazzo rispose subito.

“Emi”.

“Nick, ciao” lo salutò lei. 

Poi decise di non girarci intorno e andare subito al punto e annunciò “Ho saputo quello che è successo”.

Nick non rispose subito e la ragazza lo sentì chiaramente tirare su col naso.

Quando, finalmente, parlò, Emi si accorse che faceva fatica a mantenere la voce ferma.

“Sì, è stata una bella mazzata”.

“Com’è successo?” si informò la ragazza.

“Overdose da farmaci, a quanto pare” spiegò lui. “Dicono che sia stato un incidente, ma…”

“Nick, no” lo rimproverò lei, capendo immediatamente cosa stava pensando. “Se hanno detto che è stato un incidente, non c’è motivo di pensare che non sia stato così”.

“Però…” tentò di obiettare lui, ma Emi lo interruppe, domandandogli “In ogni caso, farebbe differenza? Se n’è andata comunque”.

Emi sentì Nick sospirare, poi convenne “No, non cambierebbe il fatto che se ne sia andata, ma la sola idea che stesse così male da togliersi la vita mi devasta”.

“Immagino” farfugliò Emi, a corto di parole per consolare l’amico.

“Qualche giorno fa mi ha chiamato, ma io stavo per salire sul palco e le ho detto che l’avrei richiamata, poi però non l’ho fatto e le ho solo mandato un messaggio chiedendo come stava” confessò Nick, con la voce rotta dal pianto.

“Ti ha risposto al messaggio?” gli chiese la ragazza.

“Sì, ha detto che stava bene e mi ha chiesto com’era andato lo show” rispose lui.

“Vedi?” tentò di rassicurarlo Emi “Se ci fosse stato qualcosa di cui voleva parlarti ti avrebbe richiamato”.

“Dici?” chiese conferma Nick.

“Ne sono sicura” sentenziò lei. Poi, conoscendo Nick e sapendo quanto facilmente si lasciava prendere ostaggio dai sensi di colpa, aggiunse “Non potevi fare niente, Nick”.

Dall’altra parte del telefono arrivò una risatina amara e il ragazzo commentò “Sì, beh, non è quello che pensa la mia famiglia”.

“Cosa?” sbottò Emi, scioccata.

“Quando mi ha chiamato per darmi la notizia, mio padre ha messo subito in chiaro come, a detta sua, io abbia praticamente abbandonato mia sorella al suo destino, perché ero troppo occupato a perseguire la mia carriera e, a quanto pare, mia madre e il resto della famiglia la pensano più o meno allo stesso modo” dichiarò.

Non riuscendo a credere alla cattiveria di cui sembravano essere capaci i Carter, Emi dapprima si domandò come avesse fatto Nick, che era una delle persone più buone che conoscesse, a uscire in quel modo crescendo in un ambiente così tossico. Poi si ricordò di come lui stesso le avesse detto che i Backstreet Boys erano stati la sua salvezza e mai come in quel momento gli diede ragione. Subito dopo, si chiese cosa potesse fare per far stare meglio l’amico.

“Non crederai mica a queste sciocchezze?” lo rimproverò, severa.

“Non lo so, Emi” confessò lui “non so più nemmeno io a cosa credo. Certo è che a forza di sentirsi ripetere certe cose, alla fine uno ci crede”.

Emi prese un respiro profondo, prima di parlare e, quando lo fece, usò una voce dolce ed estremamente pacata, come se stesse parlando a un bambino spaventato. Che poi, era esattamente quello che Nick era in quel momento.

“Nick, ascoltami. Te l’ho già detto e te lo ripeto, sei una brava persona, una delle migliori che abbia mai conosciuto, e chiunque non se ne accorga, dovrebbe farsi vedere da uno bravo perché non ha capito niente dalla vita”.

Si fermò un istante per prendere fiato, poi proseguì “Ora, appurato che non c’entri nulla con la morte di tua sorella, cosa posso fare per aiutarti? Vuoi che venga con te al funerale?”

“Non ci vado al funerale” decretò il ragazzo. “Se ci vado, ci saranno i giornalisti e non voglio che i miei diano spettacolo in una situazione simile”.

“Okay,” convenne Emi, capendo le ragioni della scelta di Nick, ma anche quanto doveva essergli costato prendere quella decisione “allora dimmi cos’altro posso fare”.

“Ho bisogno di vederti” piagnucolò lui.

“Dove sei?” gli chiese la ragazza, rendendosi conto che l’unica cosa che anche lei desiderava in quel momento era vederlo. E abbracciarlo.

“Sono appena arrivato in città” disse lui. “Domani ho una marea di impegni, che non ho disdetto perché mi aiutano a tenere la mente occupata, ma giovedì andrò presto al teatro per le prove. Vieni prima. Per favore”.

“Ma certo, nessun problema” gli assicurò lei.

“Grazie” balbettò Nick, con la voce che gli tremava di nuovo.

“Ma ti pare” minimizzò Emi. Poi, dopo averci riflettuto un istante, si lasciò andare e gli disse qualcosa a cui pensava dal primo momento in cui aveva sentito la sua voce al telefono.

“Nick”.

“Sì?”

“Ti voglio bene”.

Il ragazzo non rispose subito, stupito dalle parole di Emi.

Sapeva che non volevano dire di più di quello che significavano, cioè che Emi provava dell’affetto per lui. Non doveva leggerci niente di che.

Infatti non lo fece. In quel momento, erano tutto ciò che desiderava sentirsi dire.

“Ti voglio bene anch’io, Emi” rispose, in un sussurro.

Emi sorrise e promise a se stessa che avrebbe fatto di tutto per far stare meglio Nick.

⁓ * ⁓

Giovedì 2 febbraio, Emi si presentò all’Irving Plaza non appena finito il turno alla caffetteria. Non era nemmeno passata da casa per vestirsi, limitandosi a cambiare la maglietta e infilarci sopra una camicia di jeans nel bagno del locale. Si era data una pettinata, una controllata al trucco, aveva messo un goccio di profumo e si era precipitata da Nick.

Il giorno prima si erano sentiti e il ragazzo le era sembrato leggermente meno angosciato rispetto alla sera in cui aveva saputo la notizia, ma Emi temeva che stesse soltanto tentando di dissimulare e in realtà non fosse ancora riuscito a processare la morte della sorella, quindi non vedeva l’ora di potersene accertare di persona.

Arrivata all’ingresso posteriore del locale, da dove, secondo le istruzioni di Nick, avrebbe dovuto entrare, notò un gruppo di ragazze ammassate fuori.

“Scusate,” chiese, confusa “siete in coda per entrare?”
“No,” le rispose una ragazza con i capelli rossi e una cascata di lentiggini sulle guance “l’ingresso è dietro l’angolo, sulla strada principale. Siamo qui perché Nick è entrato poco fa e l’abbiamo sentito dire alla sua guardia del corpo di tornare fuori appena poteva, quindi magari esce anche lui”.

“Oh, capisco” commentò Emi, per poi chiedere ancora “Quindi Mike dovrebbe tornare fuori a momenti?”

La ragazza con i capelli rossi fece spallucce e annuì. 

“Così ha detto Nick” confermò.

“Molto bene” sentenziò Emi, poi si assicurò di avere al collo il badge che Nick le aveva fatto recapitare.

Poco dopo, la porta davanti a cui erano in attesa le ragazze si aprì di nuovo e Mike ricomparve sulla strada. 

Il pover’uomo fu subito assalito dalle ragazze, che lo tempestarono di domande, tra cui la più gettonata era, ovviamente, se e quando Nick sarebbe uscito.

Quando rispose che Nick non aveva intenzione di uscire fin dopo il concerto, un mormorio deluso si alzò dal gruppo di fan.

Mike sorrise e disse “Mi dispiace, ragazze”.

Le fan si misero a parlottare tra di loro ed Emi ne approfittò per avvicinarsi all’uomo.

“Ehi” disse, per attirare la sua attenzione.

Mike alzò lo sguardo e, quando la riconobbe, il suo volto fu illuminato da un sorriso.

“Ehi, ciao” la salutò, allegro. “Sei arrivata”.

Emi annuì e l’uomo le chiese “Hai il pass?”

Altro cenno affermativo, mentre gli mostrava il badge che aveva messo al collo, sotto al cappotto.

“Bene,” osservò lui “andiamo allora”.

Emi si sentì posare una mano sulla schiena, mentre Mike apriva la porta e la guidava all’interno del locale. Un istante prima di richiudersi la porta alle spalle, una delle ragazze del gruppo in attesa fuori, esclamò “Ehi, perché lei può entrare?”

Senza dare cenno di essere infastidito dalla domanda, Mike si limitò a rispondere, semplicemente “Perché Nick la sta aspettando”, dopodiché chiuse la porta e, sorridendo nuovamente a Emi, la spronò “Da questa parte”.

Mentre lo seguiva attraverso un lungo corridoio poco illuminato, Emi gli domandò “Non è che adesso ce l’avranno con me perché io sono entrata e loro no?”

Mike si lasciò sfuggire una risatina e sentenziò “Forse, ma se vuoi frequentare Nick devi farci l’abitudine”.

Emi stava ancora cercando qualcosa di intelligente da ribattere quando uscirono da una porta e si ritrovarono nella platea del locale, al lato del palco. 

La ragazza alzò gli occhi e notò subito Nick, che parlava con il tecnico dei suoni che stava tentando di sistemargli gli auricolari.

Vedendo Mike tornare, Nick distolse l’attenzione da quello che stava facendo e si guardò in giro, alla ricerca di Emi. Aveva mandato Mike ad aspettarla fuori quindi, se era rientrato, lei doveva essere con lui.

Infatti la vide, che lo fissava dalla platea, con un mezzo sorriso sulle labbra.

Scusandosi con il tecnico, scese velocemente i pochi gradini che portavano al palco e le andò incontro.

“Sei arrivata” le disse, avvicinandosi.

“Sì, sono qui” rispose lei. Poi, facendo un passo verso di lui, aggiunse “Ciao”.

“Ciao” la salutò Nick.

Aveva una voglia matta di abbracciarla, ma non voleva spaventarla o metterla in imbarazzo.

Quando, però, fu lei stessa a cingergli la vita con le braccia, Nick si sentì improvvisamente sereno e, per la prima volta, gli sembrò come se tutte le fatiche dei giorni passati potessero essere affrontate.

Bastava che ci fosse Emi con lui.

“Sono contento che tu sia qui” le confessò, sincero.

“Anch’io sono contenta di essere qui” ammise lei. “Non mi piaceva saperti da solo in questo momento. E lo so che non sei da solo e hai un sacco di persone che ti vogliono bene, ma….”

“Avevo bisogno di te” la interruppe Nick, dando voce a quello che aveva nel cuore.

Emi non disse nulla, si limitò a guardarlo negli occhi e a sorridere.

Nick ricambiò il sorriso e poi le propose “Finisco di sistemare le cose tecniche, poi c’è il soundcheck con le fan. Puoi sederti a vederlo, se ti va. Dopo, prima del concerto, mangiamo qualcosa insieme, okay?”

Emi annuì.

“E parliamo un po’” aggiunse.

“E parliamo un po’” acconsentì Nick, con un cenno affermativo del capo.

⁓ * ⁓

Dopo il soundcheck, che era stato molto più spassoso di quanto Emi credesse, lei e Nick si chiusero nel camerino assegnato al ragazzo, mangiando gli hamburger che Nick aveva mandato Mike a prendere poco prima. 

Nick ne approfittò per parlare a Emi di Leslie, raccontandole aneddoti avvenuti quando entrambi erano piccoli, le marachelle che avevano combinato e di come alla ragazza piacesse sentirlo cantare.

Per tutto il tempo, Nick dovette combattere con un nodo alla gola che gli rendeva difficile parlare e ci furono un paio di momenti in cui gli mancò la voce e fu sul punto di mettersi a piangere.

Le disse anche della telefonata del padre e di come l’avesse fatto sentire in colpa, per l’ennesima volta. Sembrava che, qualsiasi cosa lui facesse - o non facesse - non andasse comunque mai bene per la sua famiglia ed era stufo di sentirsi sempre sbagliato.

“Non credo che potrò mai perdonarli per avermi incolpato della morte di Leslie,” confessò “ho lasciato correre tante cose, ma questa no, non ce la faccio. Come fai a incolpare tuo figlio per la morte di sua sorella? Non riesco a capirlo”.

“Non si può, Nick” sentenziò Emi, arrabbiata. “Odio parlare male delle persone, specialmente se non le conosco, ma nessuno sano di mente farebbe mai una cosa del genere. È…sono cattivi”.

“Sono egoisti,” precisò Nick “e odiano avere torto, non riescono a concepirlo. Per questo, piuttosto che chiedersi cos’hanno fatto loro di sbagliato che può aver spinto Leslie a stare così male, preferiscono dare la colpa a qualcun altro e io sono il loro capro espiatorio preferito, da sempre”.

“Poi magari nessuno ha colpa e Leslie aveva questo malessere dentro che la divorava, ma non aveva nulla a che fare con nessuno di voi” tentò di suggerire Emi.

Nick si strinse nelle spalle, prima di concordare “Può darsi, ma io non riesco a fare a meno di chiedermi dove ho sbagliato, con lei, e se avrei potuto aiutarla, in qualche modo”.

“Questo perché sei una persona intelligente, che si mette in dubbio, e anche estremamente buona di cuore” osservò Emi.

Nick la guardò a occhi spalancati.

“Davvero pensi questo di me?” le chiese.

Emi annuì e rispose, convinta “Sì, lo penso”.

Nick sorrise, non riuscendo a nascondere un briciolo di soddisfazione per le parole che Emi aveva appena pronunciato. 

Aveva passato tutta la vita a impegnarsi per essere una brava persona, per seguire l’esempio che gli avevano dato Kevin e Brian, fin da ragazzino, e lasciarsi alle spalle gli insegnamenti distorti che gli aveva impartito suo padre e i continui ricatti affettivi di sua madre, che lo avevano anche portato ad assumere atteggiamenti discutibili e autodistruttivi, per un breve periodo della sua vita. Non sapeva se ci era riuscito, ma sperava di sì e, adesso, sentire Emi, che lo conosceva da poco, ammettere candidamente che lo riteneva una persona di buon cuore, riempiva quel cuore di gioia.

Anche, e soprattutto, perché era stata proprio lei a dirlo, la persona della cui opinione gli importava più di qualsiasi altra al mondo e che da un po’ di tempo era diventata così speciale per lui.

Sospirò e, guardando l’orologio, si accorse che mancava poco all’inizio del concerto.

“Sai, odio non essere andato al funerale” confessò, mentre prendeva i resti della cena dalle mani di Emi e li buttava nella spazzatura. “Ci tenevo a salutarla, in qualche modo”.

Emi non rispose subito, restò un istante in silenzio, come se stesse riflettendo. Poi sorrise e gli disse “Puoi farlo”.

“Come?” chiese Nick, sorpreso.

Emi alzò le spalle e rispose, semplicemente “A modo tuo”.

Nick, però, non riusciva a capire e le domandò, ancora “Cioè?”

“Non hai detto che le piaceva sentirti cantare?” gli ricordò la ragazza, pratica, e lui annuì.

“Dedicale una canzone” propose Emi, seria.

“Dovrei?” farfugliò Nick, insicuro.

Emi annuì.

“Se ti fa sentire meglio, sì, credo che dovresti” sentenziò.

Nick ci pensò su un istante e annuì, a sua volta. 

Era una buona idea. Gli avrebbe, in qualche modo, permesso di salutare Leslie in una maniera che fosse sì pubblica, ma discreta, facendolo sentire più in pace con la sua coscienza.

Poi, come folgorato da un’idea improvvisa, annunciò “Voglio dedicarne una anche a te”.

Emi scosse energicamente la testa.

“Ti ringrazio per il pensiero carino, ma no, ti prego. Le tue fan già mi odiano perché ho potuto entrare prima di loro, oggi, pensa cosa succederebbe se mi dedicassi pubblicamente una canzone”.

Nick ridacchiò e scosse la testa, poi però cedette e decise di trovare un compromesso.

“Okay, non dirò nulla,” acconsentì “però dimmi qual è la tua canzone preferita, così ti guarderò, mentre la canto, e noi due sapremo che la sto cantando per te”.

Emi sorrise e fece sì con la testa, poi ammise “Mi piace tanto Just One Kiss”.

Anche Nick sorrise e dichiarò “Okay, sarà quella allora”.

⁓ * ⁓

Il concerto fu divertente, coinvolgente, ma anche emozionante.

A Emi vennero quasi le lacrime agli occhi quando Nick dedicò Falling Down a Leslie, dicendo “Non credevo che avrei mai dovuto farlo, ma vorrei dedicare questa canzone a mia sorella” e poi dovette smettere di cantare, proprio all’ultima strofa, perché non riuscì a trattenere le lacrime.

Avrebbe voluto saltare sul palco per abbracciarlo, ma sarebbe stato decisamente inappropriato.

Inappropriato non solo perché avrebbe interrotto il concerto, ma anche perché lei e Nick erano solo amici e non era così che un’amica si comportava.

Quella sera, più che mai, Emi si rese conto che, ormai, l’intensità dell’affetto che provava per Nick non poteva più rientrare nella sfera dell’amicizia e la cosa la spaventò a morte.

Aveva giurato a se stessa che non si sarebbe mai più innamorata di un ragazzo in vita sua, invece non solo era successo, ma si era innamorata di Nick, per giunta, che era famoso e aveva un lavoro che rendeva qualsiasi relazione doppiamente complicata.

Non che lei volesse una relazione con Nick.

O forse sì, il suo inconscio l’avrebbe voluta, ma doveva a tutti i costi far prevalere la sua parte più razionale.

Senza contare che lui la considerava solo la sua amica e sicuramente non si aspettava nient’altro dal loro rapporto.

Giusto?

Anche se l’aveva pregata di stare con lui dopo il concerto perché, testuali parole, aveva bisogno di lei.

Ne aveva bisogno come amica.

No?

Questa, e mille altre domande, le affollavano il cervello mentre aspettava il ragazzo nella macchina che aveva fatto chiamare, alla fine dello spettacolo. 

Nel frattempo Nick, dopo essersi fatto una doccia e cambiato i vestiti di scena, uscì dalla porta posteriore scortato da Mike.

Aveva pensato a Emi tutta la sera, anche mentre cantava, e ancora non riusciva a togliersi dalla testa la sua espressione felice, mentre le dedicava segretamente Just One Kiss, senza staccare gli occhi dai suoi.

Se solo lei non fosse stata così cocciuta a voler mantenere quella stupida promessa di non farsi mai più coinvolgere in una relazione, Nick forse avrebbe trovato il coraggio di dichiararsi. Ormai era certo di essersi innamorato di Emi e, a volte, gli sembrava che anche lei provasse qualcosa per lui, qualcosa che andava oltre l’affetto tra amici.

Con qualsiasi altra ragazza, Nick si sarebbe buttato, avrebbe rischiato di fare la figura dello stupido e sentirsi dire che non era interessata, pur di provare a vedere se, invece, era possibile avere qualcosa di più.

Ma non con Emi. 

Nick sapeva che, con lei, non poteva buttarsi perché, se non avesse ricambiato, il rischio era di perderla anche come amica e non poteva permetterlo. Tanto meno in quel momento.

Doveva tenere duro, controllare l’impulso di baciarla che lo coglieva sempre più spesso e leggere ogni possibile segnale che la ragazza gli inviava per capire se anche i suoi sentimenti andavano al di là della semplice amicizia. In quel caso, se ne fosse stato sicuro, allora Nick avrebbe rischiato ed era certo di riuscire a convincerla a dare una chance alla loro relazione.

Sarebbero stati perfetti insieme.

Dopo aver salutato le fan che si erano accalcate intorno all’uscita sul retro e all’auto e aver firmato alcuni autografi, Nick salì sui sedili posteriori, mentre Mike prendeva posto davanti, accanto all’autista.

“Ehi, ce l’hai fatta” lo salutò Emi, sorridendo. “Credevo non ti avrebbero più lasciato salire”.

Nick si voltò a guardarla e aprì la bocca per rispondere ma, in quel momento, si accorse che il sorriso era sparito dalle labbra di Emi e la ragazza lo stava fissando con una strana espressione che non riusciva a decifrare.

Sembrava…imbambolata.

La verità era che, quando l’aveva visto salire in auto, con i capelli ancora bagnati dalla doccia, Emi aveva provato l’impulso fortissimo di buttargli le braccia al collo e baciarlo.

Ed era rimasta spiazzata.

Okay, si era resa conto che l’affetto per Nick si stava trasformando in qualcosa di più serio e profondo, ma quello era decisamente un altro livello. 

Un conto era pensare che fosse l’uomo più attraente sulla faccia della Terra, - quello lo faceva da quando aveva praticamente quattordici anni e senza nemmeno conoscerlo - un altro desiderare di sperimentare l’intero Kamasutra con lui, direttamente lì, sui sedili posteriori dell’auto, e chi se ne frega se c’erano Mike e l'autista seduti davanti.

Ecco, quello non le era mai successo, nemmeno con Derek, e l’aveva spaventata a morte.

Allora era così che ci si sentiva quando si era sessualmente attratte da un ragazzo?

Nick dovette accorgersi che qualcosa non andava, perché diventò improvvisamente serio e le chiese “Tutto okay?” in tono leggermente preoccupato.

Emi si affrettò ad annuire, poi si appiccicò in faccia un sorriso che sperava fosse rassicurante e, per distogliere l’attenzione dal fatto che, ne era certa, la sua faccia fosse improvvisamente diventata rossa come il cappellino dei Tampa Bay Buccaneers che Nick stava indossando, gli domandò “Dove andiamo?”

Il ragazzo scosse la testa e rispose “Non lo so. Se andiamo in albergo da me, ci sarà sicuramente qualche fan all’ingresso che ci vedrebbe salire e domani tutti i forum dedicati a me o ai Backstreet Boys parlerebbero del fatto che Nick Carter si è portato una ragazza in camera”.

Emi strabuzzò gli occhi, incredula, e Nick aggiunse, con un mezzo sorriso “Non che mi importi qualcosa, possono scrivere quello che vogliono, ma le fan dei Backstreet Boys sono peggio della CIA e in un battibaleno scoprirebbero chi sei, cosa fai, dove vivi e magari non muori dalla voglia di vedere la caffetteria invasa di ragazze che ti fissano con sguardo assassino perché credono che tu sia venuta a letto con me”.

Pregando di non essere arrossita all’allusione del ragazzo a ciò a cui stava pensando da quando era salito in auto, Emi deglutì, prima di lasciarsi sfuggire una risatina nervosa e commentare “Sarebbe sicuramente ottimo per gli affari, ma…no, grazie”.

“Immaginavo” replicò Nick, ridacchiando a sua volta.

Restava comunque il problema di dove andare, pensò Emi. Poi, mentre si sistemava una ciocca di capelli dietro all’orecchio, abbassò gli occhi, in modo da non dover sostenere lo sguardo di Nick, mentre gli faceva quella proposta che, per qualche ragione, sicuramente legata ai pensieri che aveva avuto su di lui poco prima, la imbarazzava a morte.

“Credi…” farfugliò “pensi che casa mia sarebbe più sicura? Perché potremmo andare lì, se ti va, ovviamente”.

Era buio, ma a Emi sembrò di vedere gli occhi di Nick illuminarsi, diventando ancora più azzurri, mentre le sorrideva e annuiva.

“Sì, certo che mi va” rispose. “Anzi, mi sembra un’ottima idea”.

Mike, che aveva seguito la conversazione in un discreto silenzio, valutò che quello fosse il momento buono per intervenire e chiese “Dove si va, quindi?”

Emi sorrise e diede l’indirizzo di casa all’autista, che mise subito in moto l’auto.

Solo in quel momento, Emi realizzò che stava succedendo veramente: Nick Carter stava per entrare in casa sua.

⁓ * ⁓

Mentre apriva la porta di casa con la chiave, Emi iniziò a pensare che invitare Nick non fosse stata poi una grande idea.

Non che il ragazzo non fosse consapevole del fatto che lei era soltanto una cameriera col sogno di diventare fotografa, lo sapeva fin dall’inizio, ma il suo monolocale soppalcato gridava a gran voce mi ammazzo di lavoro per sopravvivere.

Solitamente, Emi ne era orgogliosa. Non era niente di che, ma l’aveva arredato in modo da renderlo accogliente e, dalla finestra, si vedevano in lontananza le luci del ponte di Brooklyn. 

Era carino.

Ma lui era Nick Carter ed era ovviamente abituato ad altri standard.

Emi era stata a casa sua e, a confronto, il suo appartamento era grosso come la lavanderia della casa di Nick a Malibu.

“Eccoci,” disse, facendo entrare Nick e richiudendosi la porta alle spalle “la mia umile dimora. Non è niente di che, ma è calda, in una zona poco rumorosa e dall’altra parte della strada c’è un take away indiano che fa un tikka masala da urlo”.

Il ragazzo non disse nulla, ma iniziò a guardarsi in giro, facendo due passi all’interno dell’appartamento e notando il piccolo divano giallo a due posti, con colorati cuscini di varie dimensioni, il tavolino di vetro, con due sedie dallo schienale ricurvo che si incastravano alla perfezione, l’angolo cucina, compatto ma funzionale, con una dispensa a vista in cui spiccavano pasta e sugo di pomodoro, che gli ricordarono la metà italiana della ragazza. Poi c’era la scaletta di legno che portava al soppalco, su cui, alzando lo sguardo, identificò un letto a due piazze e svariati cassettoni, oltre a un piccolo armadio a due ante piuttosto basso. Il resto dei muri, era ricoperto da scaffali pieni di libri o da fotografie in bianco e nero.

Nick si mise a studiarle con attenzione, una a una.

Erano principalmente scorci di New York, ma c’erano anche un paio di ritratti, una coppia sulla sessantina, lei piccola e minuta, con i capelli scuri a tagliati a caschetto, e lui alto e massiccio, occhi chiari e berretto dei Patriots, e una ragazza incinta, capelli lisci che le arrivavano alle spalle e sorriso radioso, molto simile a un’altro di sua conoscenza.

Quasi come se gli avesse letto nel pensiero, Emi gli arrivò alle spalle e spiegò “Quelli sono i miei genitori, Francesca e Robert, Bob per gli amici, mentre lei è mia sorella Martha. Qui era incinta di otto mesi e ho dovuto pregarla per farsi fotografare perché si vedeva enorme ed era convinta di essere orribile mentre, invece, secondo me era bellissima”.

“Le hai fatte tu?” chiese Nick, colpito.

Emi annuì.

“Finché non riuscirò a fare davvero la fotografa, posso sfruttare il diploma come hobby” sentenziò.

“Sono molto belle” disse il ragazzo, sincero.

Emi scosse la testa e sorrise. 

“Non è vero, non sono nulla di che. Lo dici soltanto perché siamo amici e vuoi essere carino”.

“Neanche per sogno,” obiettò lui “non lo farei mai, lo sai. Piuttosto non avrei detto nulla. Lo penso veramente”.

“Davvero?” domandò lei, stupita.

Nick la guardò negli occhi e annuì.

“Davvero” confermò. “Non sono un esperto, ma ho fatto qualche servizio fotografico, nella mia vita” - Emi ridacchiò alla battuta - “e mi piace il modo in cui lavori con la luce creando quei giochi di ombre per mettere in risalto alcuni tratti del viso”.

Gli occhi di Emi iniziarono a brillare, notando come Nick aveva subito compreso quale fosse il suo intento.

“Sì,” disse “l’idea è quella. E mi affascina il bianco e nero, anche se è più difficile esprimere tridimensionalità senza poter contare sull’aiuto dei colori”.

“Beh, per quanto possa valere la mia opinione, tu ci riesci benissimo” dichiarò Nick, prima di aggiungere “Dovresti fare un ritratto anche a me, una volta o l’altra”.

“Beh, sì, perché no?” acconsentì Emi, lusingata dalla richiesta del ragazzo. “La prossima volta che sei a New York si può fare”.

“Mi sa che passerà un po’ di tempo, prima che torni in città” replicò Nick, dispiaciuto. “Devo finire il mio tour solista, poi ad aprile ricomincia quello con i New Kids, questa volta andiamo in Europa, Australia e Indonesia. Temo che non riuscirò a ritagliarmi un momento fino almeno a metà giugno, ma conto di venire a trovarti prima di andare a Londra per lavorare al nuovo album con i ragazzi, a luglio”.

“Sarà meglio, Carter” ironizzò lei, cercando di non dare a vedere quanto le dispiaceva sapere che non si sarebbero rivisti per almeno quattro mesi.

Nick rise e restarono a guardarsi negli occhi per un momento. Poi, più per smettere di pensare a quanto avrebbe voluto portarlo al piano di sopra, Emi gli chiese “Vuoi qualcosa da bere? Purtroppo ho finito il vino, ma se vuoi posso offrirti una birra, oppure del caffè o del tè”.

“Una tazza di tè andrà benissimo, grazie” accettò lui.

“Bene, allora tu accomodati, mentre io lo preparo” lo spronò.

Passarono il resto della serata seduti sul divano a parlare.

Nick le raccontò ancora della sorella e, questa volta, decise di smettere di fare l’eroe e lasciarsi andare, scoppiando in un pianto disperato davanti a Emi che, seppur presa alla sprovvista dal crollo del ragazzo, non si perse d’animo, buttò al vento tutte le cautele che l’avevano frenata quel pomeriggio e lì, nel guscio sicuro di casa sua, lo abbracciò stretto, accarezzandogli la schiena e permettendogli di sfogarsi sulla sua spalla.

Quando il ragazzo si calmò, dopo una tazza di camomilla, si era ormai fatto piuttosto tardi, quindi chiamò Mike chiedendogli di tornare a prenderlo con l’auto.

Al momento dei saluti, Nick abbracciò Emi e le confessò, sincero “Non so come avrei fatto, questa sera, se non ci fossi stata tu”.

“Ce l’avresti fatta comunque, Nick,” lo rassicurò lei “sei più forte di quanto credi”.

“Forse,” concordò lui “ma sono contento di non essere stato solo. Grazie”. 

“Di nulla. Sai che io ci sono, quando hai bisogno” gli ricordò.

“Lo so” dichiarò Nick.

Poi, senza riflettere, avvicinò le labbra al viso della ragazza e le diede un bacio sulla guancia, promettendole “Ti chiamo domani”.

Emi annuì e restò a guardarlo mentre le porte dell’ascensore si chiudevano davanti al suo viso sorridente, toccandosi la guancia che Nick aveva appena baciato e ripetendosi che ci stava cascando sempre di più, ogni minuto che passava con lui.

Dove assolutamente parlarne con qualcuno, il prima possibile.

E sapeva anche con chi.

 

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Capitolo 6
*** Change your mind ***


CHAPTER 6 - Change your mind

 

Hidin', somewhere in the night

 

“Grazie al cielo sei qui” esclamò Emi, circa una settimana dopo, quando vide Donnie entrare nel locale.

Dopo la sera in cui Nick era andato a casa sua, Emi aveva immediatamente scritto all’amico chiedendogli di vedersi il prima possibile. Aveva bisogno di parlare con qualcuno di quello che le stava succedendo e Donnie era la persona giusta con cui farlo.

In passato, si era sempre confidata con sua sorella Martha. Nonostante avessero quattro anni di differenza, le due ragazze erano sempre state molto unite e Martha le era stata di grande aiuto dopo la rottura con Derek.

Adesso, però, Martha aveva il piccolo Leonard di cui occuparsi ed Emi non voleva stressarla ulteriormente con le sue menate. Senza contare che la sorella nemmeno sapeva che Emi conoscesse Nick. Non l’aveva detto a nessuno della sua famiglia, per qualche ragione che nemmeno lei riusciva a spiegarsi. O, meglio, tutti sapevano che l’aveva incontrato al locale e che le aveva lasciato un messaggio su un tovagliolo, ma non che, su quel tovagliolo, ci fosse anche il suo numero di telefono e che i due, non solo avessero iniziato a sentirsi, ma fossero diventati ottimi amici.

Quando era andata in California a trovarlo, Emi era rimasta sul vago, dicendo che sarebbe stata ospite di un amico di Los Angeles conosciuto al locale.

Non che si vergognasse di Nick o temesse il giudizio della sua famiglia. Anzi, sapeva che sarebbero stati tutti entusiasti all’idea che avesse ricominciato ad aprirsi al mondo e a fare nuove conoscenze, come lo erano stati quando aveva detto loro di Donnie. 

Solo che Nick era diverso. Tra loro c’era stato subito qualcosa di speciale ed era come se, raccontandolo, Emi avesse poi dovuto condividerlo con gli altri. 

Invece voleva che fosse soltanto suo, ancora per un po’, almeno.

Quando Donnie si era presentato alla caffetteria, in un freddo martedì di metà febbraio, Emi aveva già finito il turno e si era trattenuta per aspettare l’amico.

Non appena lo vide, quindi, gli si avvicinò e lo strinse in un abbraccio.

“Woha, che accoglienza!” scherzò lui “Suppongo di esserti mancato parecchio”.

Emi annuì, lo prese per mano e fece per trascinarlo verso il tavolino più appartato del locale, ma Donnie la fermò.

“Frena, frena. Ho portato un amico e voglio prima presentartelo” annunciò.

Solo in quel momento, Emi si accorse che c’era un altro uomo, in piedi accanto a lui. 

Alto più o meno quanto Donnie, capelli scuri e naso leggermente storto, quando incrociò lo sguardo di Emi le sorrise e la ragazza pensò che avesse gli occhi gentili.

Donnie procedette con le presentazioni.

“Emi, questo è il mio amico Jonathan. È anche lui nei New Kids. Jon, questa è Emily, Emi per gli amici, la ragazza che mi mandava le foto delle magliette buffe”.

Emi e Jon si strinsero la mano.

“Piacere di conoscerti” disse lei, gentile.

“Piacere mio, Emi” rispose l’uomo. “Donnie parla così spesso di te che, oggi che ero in città e ci siamo organizzati per uscire a cena, gli ho detto che mi sarebbe piaciuto conoscerti”.

“Wow, mi sento onorata” commentò lei, ridacchiando. 

Poi si rivolse a Donnie e scherzò “L’ultima volta che mi hai presentato un tuo amico famoso hai fatto partire un casino che non hai idea”.

Donnie strabuzzò gli occhi e, capendo subito a chi alludeva Emi, si fece improvvisamente serio.

“Cos’ha combinato Nick?” domandò.

“Nick…” si intromise Jon, non riuscendo a seguire il discorso.

“Carter” risposero, insieme, Emi e Donnie.

Poi Emi scosse la testa e rassicurò l’amico “Niente, non ha combinato niente, tranquillo. Però ho bisogno di parlarti, mi serve una consulenza”.

Donnie annuì, poi diede un’occhiata all’orologio che aveva al polso e, notando che erano quasi le sei, propose “Ti va di venire a cena con noi? Così mi racconti con calma”.

Emi guardò Jonathan, poi spostò di nuovo lo sguardo su Donnie, che le chiese “Preferivi parlarmi da sola? Perché guarda che Jon è come un fratello, per me, mi fido ciecamente di lui. Ed è anche molto discreto, non dirà una parola”.

Emi sospirò e si strinse nelle spalle.

“Va bene,” cedette “se lui non si scoccia a sentirmi parlare dei miei casini tutta la sera”.

Donnie si voltò verso l’amico e gli chiese “Ti dispiace, Jon? La signorina ha bisogno del vecchio Wahlberg”.

Jon scosse la testa e sorrise.

“Assolutamente no” confermò. “Anzi, sono curioso di sentire qualche pettegolezzo su Carter”.

⁓ * ⁓

A cena, Emi raccontò a Donnie degli ultimi avvenimenti con Nick. L’amico già sapeva tutto della vacanza a Malibu, ma Emi raccontò di nuovo a grandi linee com’erano andate le cose, a beneficio di Jonathan, che sembrava molto preso dalla storia.

A Emi piaceva Jonathan, era gentile, dolce e simpatico. Nonostante fosse la prima volta che si vedevano e non lo conoscesse per niente, non si sentì a disagio a parlare di cose così personali davanti a lui, anche perché l’uomo si dimostrò fin da subito molto discreto.

“Quindi ti sei affezionata a lui” ricapitolò Donnie, cercando di dare un senso logico al blaterare dell’amica.

Emi annuì e ammise “Parecchio”.

“Beh, non vedo cosa ci sia di male” osservò Donnie, confuso.

Certo, quando aveva presentato Nick a Emi l’aveva fatto soltanto perché sapeva che l’amica aveva una cotta per lui, da ragazzina, e voleva farle un favore. Di certo non aveva previsto quello sviluppo. Ma, per quanto aveva potuto conoscere Nick, mentre erano in tour, gli era sembrato un ragazzo sì ancora un po’ immaturo e scapestrato, forse, ma sicuramente di buon cuore e che teneva in alta considerazione l’amicizia, quindi l’idea che lui ed Emi fossero diventati così uniti non lo sorprendeva più di tanto.

Ciò che lo sorprese, invece, furono le successive parole dell’amica.

“E se ti dicessi che ogni volta che lo vedo sogno di baciarlo, per non dire altro? Adesso riesci a vedere cosa c’è di male?”

Donnie aprì la bocca, ma non tanto per parlare, piuttosto per prendere aria, perché la confessione di Emi l’aveva lasciato boccheggiante.

“Sc-scusa? Puoi ripetere?” balbettò, mentre Jon ridacchiava, accanto a lui.

Emi gli lanciò un’occhiataccia e sentenziò “Nemmeno per idea”.

Cercando di riprendere possesso delle sue facoltà mentali, Donnie si concentrò e le chiese “Si tratta soltanto di una cosa fisica, o…”

“No, non è soltanto una cosa fisica, Donnie” ammise lei “ed è proprio questo che mi preoccupa”.

“Stai cercando di dirmi che ti sei innamorata di Nick?” domandò.

Emi fece sì con la testa e abbassò lo sguardo, concentrandosi sulle pieghette della tovaglia che, tutto d’un tratto, le sembravano interessantissime.

“Emi” la richiamò Donnie, ma lei continuò a fissare la tovaglia.

“Emi, guardami” insistette lui.

Riluttante, la ragazza alzò gli occhi sull’amico, che le sorrise, rassicurante.

“Non c’è niente di male, succede di innamorarsi” le sussurrò.

“Non a me,” replicò lei, decisa “io avevo giurato che non sarebbe mai più successo, dopo Derek, e invece ci sono ricascata, come una stupida, solo perché Nick Carter ha attivato il suo fascino e mi sono lasciata ammaliare dai suoi occhioni azzurri, come una quindicenne in preda agli ormoni”.

Donnie allungò una mano sul tavolo, fino a stringere quella dell’amica.

“Sono certo che non sia stata soltanto una questione di ormoni” dichiarò “e, comunque, non puoi controllare i sentimenti, Emi” le fece notare”.

"Finora ci ero riuscita però,” piagnucolò la ragazza “poi arriva lui e…”

“Si vede che serviva lui per convincerti a dare un’altra chance all’amore” osservò Donnie, facendole l’occhiolino.

Emi sospirò, poi disse “Un’altra chance di stare male, vorrai dire”.

“Chi ti dice che staresti male?” obiettò Donnie, razionale. “Nick è un bambinone, ma in fondo è un bravo ragazzo e sono sicura che stando con te maturerà in fretta”.

Emi spalancò gli occhi, scioccata, e bloccò l’amico.

“Stando con me? Donnie, ma cos’hai capito?” sbottò.

“Beh, mi hai detto che sei innamorata di lui, quindi ho immaginato che vi metterete insieme e…” farfugliò lui, confuso.

La ragazza scosse energicamente la testa.

“No, assolutamente no” sentenziò decisa.

“Perché?” domandò Donnie, cercando di riordinare le idee.

“Per un migliaio di ragioni,” iniziò a elencare Emi “per esempio il fatto che lui è Nick Carter, è famoso, io non sono nessuno e non so niente di come si faccia a stare con un personaggio pubblico, oppure che, tanto per dire, non ho la benché minima idea di cosa pensi lui di me. Voglio dire, mi vuole bene, credo, me l’ha detto, una volta, ma parlava come amica, niente di più, quindi adesso io dovrò gestire questo sentimento che non volevo provare di nuovo verso qualcuno che sicuramente non ricambia e mi farà stare di nuovo male”.

Accorgendosi che l’amica stava andando in iperventilazione, Donnie le afferrò entrambe le mani e la costrinse a guardarlo negli occhi.

“Emi, calmati. Respira” disse, con voce pacata e senza perdere il contatto visivo con lei.

La ragazza inspirò ed espirò profondamente un paio di volte, aspettando di sentire rallentare i battiti del suo cuore.

“Hai paura, lo capisco. È normale, dopo quello che ti è successo. Ma non sono tutti come Derek. Nick sarà anche famoso, ma è diverso, te l’ho detto. È una brava persona e sono sicuro che non ti farebbe mai del male” tentò di farla ragionare Donnie.

Emi deglutì un paio di volte, prima di ribattere “Tanto di sicuro lui mi considera soltanto un’amica”.

In quel momento, sentirono Jon, che aveva assistito in silenzio alla conversazione tra i due amici fino ad allora, schiarirsi la voce, per richiamare la loro attenzione.

“Se posso permettermi di intervenire,” disse, calmo “Nick e mio fratello sono buoni amici e si sentono spesso”.

“Jon è il fratello maggiore di Jordan, un altro dei ragazzi dei New Kids” spiegò Donnie a Emi. “Durante la prima parte del tour, Nick e Jordan hanno legato parecchio e parlano addirittura di fare qualcosa insieme a livello lavorativo”.

Emi annuì, poi guardò di nuovo Jon, impaziente di sapere cosa voleva dire.

L’uomo prese nuovamente la parola e confidò “So che Nick gli ha parlato spesso di una ragazza speciale che sta frequentando. Non ha fatto nessun nome, ma ha detto che vive a New York e che non è nel mondo della musica”.

Emi guardò Donnie, che le sorrise.

“Visto? Sei tu, ovviamente. Parlava di te” la rassicurò “e ha detto che sei speciale”.

Emi prese un respiro profondo, prima di confessare, in un sussurro “Ho paura”.

Donnie le strinse ancora di più le mani, poi la guardò negli occhi e osservò “Lo so e lo capisco. Ma hai tutta la vita davanti e devi correre qualche rischio, se non vuoi avere rimpianti in seguito”.

“E se mi fa soffrire? Poi rimpiangerò di avere ceduto ai sentimenti” replicò lei.

“Credimi, Emi, si rimpiangono molto di più le cose che non si fanno di quelle che si fanno, anche sbagliando” sentenziò Donnie, saggio.

Emi annuì, sebbene non fosse ancora del tutto convinta, poi la tensione del momento fu spezzata dalla voce di Jon che, per sdrammatizzare, dichiarò “Comunque non si può biasimarla, Donnie. Anch’io avrei paura di essermi innamorato di Nick Carter” e tutti e tre scoppiarono a ridere.

⁓ * ⁓

Era la fine di aprile e i ragazzi si trovavano a Londra per il NKOTBSB Tour.

Erano all’arena dove si sarebbe tenuto il concerto, tra poco ci sarebbe stato il soundcheck per le fan dei Backstreet Boys, mentre le fan dei New Kids avrebbero partecipato a un altro tipo di evento che si teneva nel backstage.

I ragazzi erano tutti sparsi qua e là, chi a chiacchierare con i tecnici o le guardie del corpo, chi a riposarsi sulle sedie.

Nick era seduto in un angolo, gli occhi fissi sullo schermo del cellulare, le dita che digitavano velocemente sui tasti.

Brian lo guardava, da lontano, domandandosi cosa diavolo gli passasse per la testa.

L’amico era più distratto del solito, ultimamente, e anche parecchio più silenzioso. Sul palco non lo dava a vedere, ma Brian lo conosceva bene e se n’era accorto. Aveva sicuramente qualcosa che gli teneva la mente occupata, ma Brian non aveva idea di cosa potesse essere.

Una volta, Brian era il confidente di Nick. Ogni volta che il piccolo del gruppo aveva un problema, correva da lui per farsi consigliare, o anche soltanto per sfogarsi.

Negli ultimi tempi, invece, Brian aveva notato che Nick chiacchierava spesso con Donnie Wahlberg e si chiedeva se, per caso, lui non sapesse dirgli cos’aveva l’amico.

Localizzato Donnie, seduto su un lato del palco, con le gambe a penzoloni, gli si avvicinò e gli si sedette vicino.

“Hai un minuto?” esordì.

Donnie girò la testa verso di lui e annuì.

“Certo, dimmi”.

Brian decise di non girarci intorno e andare subito al punto.

“Ho visto che ultimamente parli spesso con Nick e volevo chiederti se sai cos’ha”.

Vagamente sorpreso dalla schiettezza del ragazzo, Donnie domandò “In che senso?”

“È strano” osservò Brian.

“È sempre stato strano” ironizzò Donnie.

Brian, però, rimase serio e insistette “Ho notato che è più strano del solito e credevo che sapessi come mai”.

Donnie sospirò e ammise “Lo so”.

“E?” lo incalzò Brian.

“Non sono affari nostri, Brian” tagliò corto Donnie.

Sapeva che Nick e Brian erano molto amici, ma se il ragazzo stava chiedendo a lui informazioni, significava che Nick non gli aveva detto nulla e non spettava certo a lui spifferare i fatti privati del ragazzo, specialmente considerato il fatto che, concretamente, Nick gli aveva detto poco o nulla e tutto quello che sapeva glielo aveva raccontato Emi. E mai, per nessun motivo al mondo, Donnie avrebbe tradito la fiducia dell’amica. Non l’avrebbe fatto nemmeno con Nick, al fine di agevolare la loro relazione, figurarsi con Brian Littrell, che era tanto una brava persona, ma, a suo avviso, a volte tendeva a fare un po’ troppo la parte del fratello maggiore, con Nick.

“Sì, invece” replicò Brian, deciso. “Nick è praticamente un fratello per me e, anche se ha deciso di rimpiazzarmi con te, continuerò sempre a preoccuparmi per lui”.

“Non ti ha rimpiazzato,” lo rassicurò Donnie “parla con me perché conosco già la situazione ed è più facile per me capire”.

“Se me ne parlasse, lo capirei anch’io” sentenziò Brian, colpito nel vivo.

“Ne sono certo” concordò Donnie.

“Dimmi solo che sta bene e non è niente di grave” lo pregò il ragazzo e Donnie si accorse che era veramente preoccupato per l’amico.

“Sta bene, tranquillo” si affrettò a dire.

“Non ha ripreso a bere o a drogarsi, vero?” gli chiese Brian, ancora in apprensione.

Donnie scosse la testa. 

“Assolutamente no” negò e poi, giusto per tranquillizzarlo ulteriormente, aggiunse “C’entra una ragazza”.

Brian si lasciò scappare un sospiro di sollievo, mentre ripeteva “Una ragazza?”

Donnie si limitò ad annuire e Brian domandò, ancora “È per lei che sta sempre incollato al telefono?”

Donnie si lasciò sfuggire un sorriso e fece di nuovo sì con la testa.

“E qual è il problema?” insistette Brian, curioso “Le cose tra lei e Nick vanno male?”

Donnie gli fece un cenno negativo.

“No, tutt’altro”.

“Lei si è innamorata e Nick non riesce a trovare il modo per scaricarla? Non sarebbe la prima volta che si trova in una situazione simile” azzardò Brian, tirando a indovinare.

Donnie fece di nuovo no con la testa e replicò “Il contrario, al massimo”.

A quel punto, Brian spalancò gli occhi, sorpreso, e guardò Donnie come se gli fosse improvvisamente spuntata una seconda testa.

“Nick si è innamorato?”

“Non me l’ha detto apertamente, ma ho la sensazione che sia così” annunciò Donnie.

“E lei?” si informò Brian.

Donnie si strinse nelle spalle e restò sul vago. Non avrebbe mai apertamente confessato a Brian che Emi gli aveva detto di essersi innamorata di Nick.

“Si frequentano. Credo che non gli sia del tutto indifferente, ma Nick non riesce a capire cosa prova per lui ed è questo che lo spaventa. Oltre al fatto di essersi innamorato, ovviamente. Non credo l’avesse pianificato”.

Brian roteò gli occhi ed emise un leggero fischio, prima di commentare “Wow. Nick innamorato. Non riesco ancora a crederci”. 

“Perchè?” gli chiese Donnie, sorpreso.

“Perché credo che sia la prima volta che gli capita in vita sua” dichiarò il ragazzo, onesto.

Donnie strabuzzò gli occhi e decise di indagare ulteriormente. Non gliene era mai fregato niente della vita privata di Nick, ma adesso che aveva rubato il cuore della sua amica, voleva accertarsi che fosse davvero cambiato, come sosteneva, e non si fosse messo in testa di prendersi gioco di Emi perché, in quel caso, avrebbe dovuto ucciderlo.

“Scusa, ma non è stato con una ragazza per tipo due anni?” domandò a Brian.

“Parli di Lauren?” volle sapere lui e Donnie annuì, ricordando il nome che aveva sentito pronunciare a Nick alcune volte, in passato.

“Sì,” confermò Brian “e le voleva bene ma, non appena le cose si sono fatte serie e lei ha iniziato a pretendere che si impegnasse, si è fatto prendere dal panico ed è scappato, come da manuale”. 

“Forse non era quella giusta” osservò Donnie, andando inconsciamente in difesa del ragazzo di cui Emi si era innamorata.

Brian fece spallucce e annuì.

“Forse,” concesse “ma a Nick le responsabilità spaventano, è sempre stato così”.

“Lo so, ma sostiene di essere cambiato” gli confidò Donnie, decidendo che, alla fine, quella conversazione poteva rivelarsi più utile di quanto credeva.

“Può darsi. Me lo auguro, in realtà” ammise Brian. “Mi piacerebbe che si sistemasse, prima o poi”.

“Me lo auguro anch’io,” concordò Donnie “soprattutto perché, se Nick le spezza il cuore, poi mi tocca spaccargli il culo”.

Brian gli rivolse uno sguardo interrogativo e Donnie si vide costretto a spiegare.

“Lei è una mia cara amica, li ho presentati io e Nick sa che, qualsiasi cosa dovesse succedere, io parteggerei comunque per lei. Per questo non mi racconta proprio tutto e per questo ti dico che non ti ha rimpiazzato, anzi. Mai come in questo momento ha bisogno del suo amico”.

“Credi che voglia parlarne con me?” gli domandò Brian, insicuro.

Donnie annuì. 

“Sono certo di sì, anche se non lo ammetterà mai” poi posò una mano sulla spalla di Brian e lo spronò “Vai a parlarci, vedrai che si lascerà andare”. 

Brian fece un cenno affermativo con la testa, sorrise a Donnie e si alzò, diretto verso la poltrona in cui era seduto Nick.

Sentendo qualcuno sedersi accanto a lui, Nick alzò gli occhi dallo schermo del cellulare, smettendo per un istante di messaggiare con Emi.

Incrociato lo sguardo di Brian, gli sorrise e lo salutò “Ehi, Rok”.

Brian ricambiò il sorriso.

“Ehi, ti disturbo?” gli chiese.

Nick scosse la testa.

“Nah, figurati. Stavo solo messaggiando con un’amica”.

Come suo solito, Brian non si perse in chiacchiere e andò subito al sodo.

“Senti,” esordì “non voglio fare l’impiccione e so che ultimamente preferisci confidarti con Wahlberg. Non ti nascondo che essere stato rimpiazzato è un brutto colpo, ma voglio solo che tu sappia che, se hai bisogno, io ci sono, okay?”

Spiazzato dall’uscita dell’amico, Nick farfugliò “Non ti ho rimpiazzato, Rok. Parlo con Donnie perché ho un po’ di casini e lui conosce la situazione”.

Brian fece un cenno affermativo con la testa.

“Capisco” dichiarò. Poi aggiunse “Beh, se dovessi avere bisogno, sai dove trovarmi” dopodichè si alzò e fece per allontanarsi e tornare da dov’era venuto.

Aveva fatto solo pochi passi quando, però, si sentì richiamare dall’amico.

“Rok?”

Brian si fermò di colpo e si voltò di nuovo verso Nick.

“Sì?”

“Davvero ti interessano i miei casini?” gli chiese il ragazzo.

Brian sorrise e gli ricordò “Mi sono sempre interessati”.

Nick batté il palmo della mano sulla sedia accanto alla sua, facendo cenno a Brian di tornare a sedersi. Il ragazzo sorrise e lo accontentò.

“C’è una ragazza,” confessò subito Nick, senza bisogno che Brian gli chiedesse nulla “un’amica di Donnie”.

“Un’attrice?” si informò l’amico.

Nick scosse la testa.

“No. Lavora in una caffetteria”.

Brian spalancò gli occhi, stupito. 

“Come diavolo l’hai conosciuta?” volle sapere.

“Sai quando Donnie mi ha portato sul set di Blue Bloods dopo il concerto a New York, la scorsa estate?” gli rammentò Nick e Brian annuì
“Me l’ha presentata lì” proseguì il ragazzo. “Donnie è entrato per caso un giorno e ha scoperto che il caffè era ottimo, così ha continuato ad andarci. Si sono conosciuti e sono diventati amici” spiegò. Poi aggiunse “Quando l’ho conosciuta, mi ha colpito e le ho lasciato il mio numero”.

“Carina?” gli chiese Brian, con un sorrisetto furbo.

Nick ricambiò il sorriso e annuì. 

“Molto,” confermò, ma ci tenne a precisare “ma non è questo che mi piace di più”.

“E cosa allora?” si informò Brian.

“Il carattere. È ironica, diretta e tremendamente intelligente, non si prende mai troppo sul serio e quando sono con lei sembra tutto facile. Niente drammi, discussioni inutili o paranoie. È socievole, ma anche piuttosto riservata e non si apre facilmente con tutti. Quando lo fa, però, è come se ti lasciasse vedere la sua anima” gli confidò Nick.

Notando lo sguardo sognante di Nick mentre ne parlava, Brian si lasciò sfuggire un sorriso e gli domandò “Ti piace proprio tanto, eh?”

L’amico annuì, deciso. 

“Non credevo di lasciarmi prendere così” ammise, quasi come se si vergognasse della sua debolezza.

“Beh, non c’è niente di male” lo rassicurò Brian. “Anzi, se vi piacete…”

“Non lo so se le piaccio, Rok” lo interruppe bruscamente Nick.

“Come non lo sai?” replicò Brian, stupito.

Nick si strinse nelle spalle e confessò “Siamo amici. Io vorrei qualcosa di più ma non so cosa vuole lei”.

“Chiediglielo, no?” propose Brian, pratico.

Nick lo guardò con la coda dell’occhio, prima di confessare “Ho paura”.

“Di cosa?” volle sapere Brian.

“Di un rifiuto. Di allontanarla. Di perderla” rispose Nick.

Brian sospirò, scocertato di vedere il suo amico, che di solito era piuttosto sfacciato e a suo agio, con l’altro sesso, diventato improvvisamente così insicuro e timoroso, poi gli domandò “Da quanto vi frequentate?”

“Sono quasi dieci mesi” calcolò rapidamente Nick.

“E in tutto questo tempo non hai capito se è interessata a te?” osservò, incredulo.

Nick fece spallucce e si lasciò sfuggire un sospiro.

“Non lo so” ammise. “Siamo amici, te l’ho detto. A volte, quando mi guarda, mi sembra che anche lei vorrebbe qualcosa di più, ma poi torna a comportarsi normalmente e non ne sono più tanto sicuro. Non è mai successo niente, tra noi, e…”

“Frena, frena” lo bloccò Brian, alzandogli una mano davanti al viso. “Vi frequentate da dieci mesi e non è mai successo niente?”

Nick fece no con la testa.

“Niente niente?” chiese conferma Brian.

“Niente” ripeté Nick.

“Nemmeno un bacio?” insistette Brian, sconcertato.

All’ennesimo cenno negativo da parte di Nick, Brian si abbandonò contro lo schienale della sedia e si lasciò scappare una risatina isterica.

“Cosa?” gli chiese Nick, stupito dalla reazione dell’amico.

Brian alzò le spalle e confessò “Non so cosa dire”.

“Perchè?” volle sapere Nick, confuso.

“Non ti riconosco più” dichiarò Brian.

“Cos’ho fatto?”

“Il Nick che conosco io se la sarebbe portata a letto al primo appuntamento” gli fece notare Brian, onesto.

Nick alzò gli occhi al cielo e sospirò, prima di replicare “Figurati. Ci ha messo una settimana solo per decidersi a usare il numero che le avevo lasciato, non sarebbe mai venuta a letto con me la prima volta che siamo usciti”. 

“Forse hai ragione Nick, non le piaci” ironizzò Brian, per smorzare la tensione.

Capito l’intento dell’amico, Nick rise e commentò “Grazie tante!”

Anche Brian si unì alla risata, poi Nick ci tenne a precisare “Te l’ho detto, lei è diversa”.

Brian si fece improvvisamente serio, poi mise una mano sulla spalla dell’amico e, guardandolo dritto negli occhi, lo mise in guardia “Nick, io te lo dico, fai attenzione”.

Nick, che non si aspettava una reazione simile da parte dell’amico ma, anzi, sperava di sentirsi dire da Brian che era contento per lui e che lo supportava in qualsiasi decisione, strabuzzò gli occhi e domandò “Perché?”

Brian gli sorrise e sentenziò “Ti stai innamorando sul serio”.

Nick alzò gli occhi al cielo, si passò le mani dietro al collo e si lasciò sfuggire un grugnito di frustrazione. 

“Mi sa che hai ragione, cazzo” ammise.

Brian ridacchiò e cercò di consolarlo, dicendo “Non è così male, sai? Innamorarsi, intendo”. 

“Lo so,” concordò Nick, annuendo “infatti non ho paura di innamorarmi, ho paura che lei non ricambi”.

“Le devi parlare” constatò Brian, pratico.

“È complicato” ribatté Nick, distogliendo lo sguardo da quello dell’amico.

“È sempre complicato,” gli fece notare Brian “ma ce la puoi fare”.

Nick scosse la testa e obiettò “No, non capisci. È stata ferita, in passato”.

“Chi non lo è stato?” minimizzò l’amico, con l’intento di infondergli fiducia.

Nick riportò gli occhi su di lui e tentò di spiegare.

“Non sto parlando di brutte esperienze con uomini sbagliati, Rok. Qui si tratta di roba seria”.

Rendendosi conto del tono preoccupato dell’amico, Brian drizzò le antenne e gli chiese “Del tipo?”

Nick sospirò e gli raccontò in poche parole la brutta storia di cui Emi era stata protagonista.

“Immaginati il fidanzato del liceo che doveva sposarla ma, quando lei si è ammalata e ha dovuto subire un’operazione per salvarsi la vita, che però ha fatto sì che non possa più avere figli, l’ha mollata perchè il bastardo ha deciso che non poteva fare a meno di tramandare i suoi geni avariati alla progenie”.

Anche se non era nel suo stile, Brian non riuscì a fare a meno di esclamare “Cazzo che stronzo”.

Segretamente divertito dal commento spontaneo dell’amico, Nick annuì e concordò “Vorrei augurargli di non riprodursi mai, ma purtroppo l’ha già fatto”.

Brian ridacchiò, per smorzare la tensione, e Nick proseguì.

“Emily - si chiama così - ha giurato che non avrebbe mai più avuto a che fare con gli uomini e, d’altra parte, puoi biasimarla?”

“Effettivamente no” concordò Brian, comprensivo.

“Capisci perchè è difficile, adesso?” gli fece notare Nick.

“Beh, però mi sembra che già stia avendo a che fare con te” osservò l’amico, ottimista, come sempre.

“Sì,” convenne Nick “ma non in quel senso. Siamo solo amici”.

“Ma a te non basta più” dichiarò Brian e Nick annuì.

Inaspettatamente, Brian si mise a ridere.

“Perché ridi?” gli chiese Nick, stupito.

“Tipico tuo” sentenziò Brian.

“Cosa?”

“Complicarti la vita e innamorarti dell’unica ragazza che non cade ai tuoi piedi al primo sorriso” specificò Brian.

A quel punto, anche Nick rise, rendendosi conto dell’ironia della situazione, e disse “Forse, se l’avessi conosciuta dieci anni fa, sarebbe stato più semplice. A quanto pare aveva una cotta per me, da ragazzina”.

Brian alzò gli occhi al cielo e sentenziò “Come quasi tutte le nostre fan, d’altra parte. Comunque, tempismo sbagliato, amico. Mi dispiace”.

Nick sbuffò e tentò in qualche modo di giustificarsi, dicendo “Ad ogni modo, non è che l’avessi proprio pianificato, ma mi piace davvero, Rok”.

Brian sospirò e decise di passare alle cose pratiche.

Era chiaro che Nick fosse veramente preso per quella ragazza e, quindi, voleva aiutarlo a conquistarla.

“Allora devi farle cambiare idea” dichiarò. “Devi dimostrarle che non tutti gli uomini sono come il suo ex, che tu sei diverso”.

Nick sospirò, per poi commentare “La fai facile tu. Credi che non ci pensi continuamente? Ma non so come”.

Brian scosse la testa  cercò di spronare l’amico.

“Non lo so, io non la conosco, ma tu sì. Pensa a qualcosa che le piace e che le farebbe piacere. Alla peggio, puoi sempre provare con un grande gesto. A tutte le ragazze piace quando ci rendiamo ridicoli per loro”.

Nick strabuzzò gli occhi e rivolse a Brian uno sguardo terrorizzato.

“Aspetta, aspetta. Chi ha parlato di rendersi ridicolo?”.

Brian ridacchiò e si alzò dalla sedia, poi mise una mano sulla spalla dell’amico e dichiarò “Coraggio, tanto ti riesce piuttosto bene”.

Per tutta risposta, Nick alzò il dito medio e Brian scoppiò a ridere.

Mentre guardava l’amico allontanarsi, Nick si ritrovò a riflettere sulle sue parole. Non contava di fare davvero un grande gesto, come gli aveva suggerito Brian. Ormai conosceva abbastanza bene Emi da sapere che non era il tipo a cui piaceva essere al centro dell’attenzione e il ragazzo era ben consapevole che, se Nick Carter dei Backstreet Boys si mette in ridicolo per te, è inevitabile che la cosa susciti un certo scalpore.

Brian aveva ragione, però, doveva assolutamente trovare il modo di far capire a Emi cosa provava per lei.

Adorava essere suo amico ma, ormai, non gli bastava più.

Era ironico come Donnie gli avesse fatto promettere che avrebbe smesso di vedere Emi, se lei avesse mostrato segni di provare qualcosa per lui, ma, invece, era Nick che si era innamorato di lei e, per quanto la cosa lo spaventasse, lo eccitava e lo faceva stare bene allo stesso tempo, per questo motivo non aveva la benché minima idea di rinunciare a Emi.

 

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Capitolo 7
*** I won't say I'm in love ***


CHAPTER 7 - I won’t say I’m in love

 

Hold on to that feelin'

 

Come aveva previsto, passò parecchio tempo prima che Nick si liberasse dagli impegni ed era ormai quasi fine giugno quando chiamò Emi per annunciarle che aveva in programma di essere a New York a breve.

“Quando arrivi?” gli chiese lei, impaziente di rivederlo.

Per quanto si fossero sentiti assiduamente in quei mesi, Emi doveva ammettere che le era mancato da morire e non vedeva l’ora di riabbracciarlo. Anche se aveva paura di cos’avrebbe potuto succedere perché il sentimento che provava per lui era sempre più forte.

“Arrivo venerdì sul tardi e lunedì devo già ripartire, ma sono tutto tuo per il weekend” rispose Nick.

Ignorando la vocina nella sua testa che le ripeteva quanto avrebbe voluto che fosse tutto suo non soltanto per il weekend, Emi cercò di fare mente locale perché c’era qualcosa che le stonava in ciò che aveva detto Nick. 

Quando realizzò di cosa si trattava, le crollò il mondo addosso.

“Cacchio, questo weekend non posso. C’è il battesimo di mio nipote e andiamo tutti a Bridgeport dai miei” piagnucolò sconsolata. “Perché devi ripartire lunedì? Non puoi fermarti qualche giorno in più?”

“Purtroppo no,” spiegò lui “ti ricordi che il prossimo mese vado a Londra con i ragazzi per iniziare a registrare il nuovo album?”

“Sì, me l’hai detto” rammentò lei.

“La prossima settimana devo essere a Los Angeles per sistemare delle cose prima di partire” annunciò, in tono dispiaciuto.

Emi sbuffò e si lasciò sfuggire un’imprecazione che fece sorridere Nick.

“Che sfiga! Non ci vediamo da mesi e l’unico weekend che hai libero sono impegnata io” si lamentò. Poi aggiunse, quasi a volersi giustificare “Mi dispiace, ma proprio non posso mancare al battesimo di mio nipote. Sono anche la madrina”.

Nick sospirò. Emi gli era mancata tantissimo in quel lungo periodo in cui non si erano visti e, complici le chiacchierate con Brian, che ormai era il suo più grande supporter, aveva deciso che doveva assolutamente trovare un modo per farle capire cosa provava per lei.

Si era innamorato, ormai ne era più che certo, e se c’era anche solo una minuscola possibilità che lei potesse ricambiare e di poter stare insieme, Nick voleva sfruttarla a tutti i costi, altrimenti si sarebbe pentito a vita per non averci nemmeno provato.

Sperava di riuscire a farlo prima di partire per Londra, così che, una volta tornato, lui ed Emi avrebbero potuto passare le vacanze estive insieme, ma come una vera coppia, questa volta.

Sognava di portarla di nuovo a Malibu, ma di poter dormire insieme a lei e stringerla tra le braccia prima di addormentarsi.

Aveva la testa piena di immagini di loro due insieme che normalmente avrebbe considerato terribilmente sdolcinate ma che, invece, in quel momento gli sembravano quanto di più allettante potesse riservargli il futuro. 

E ora, l’idea di non poterla vedere a causa di questo impegno di famiglia che lei aveva, gli dava tremendamente fastidio perché mandava a monte tutti i suoi piani.

Senza riflettere, si sentì proporre “E…se ti accompagnassi?”

Emi spalancò gli occhi, incredula, e per poco non le scivolò il cellulare dalle mani per la sorpresa.

Aveva sentito bene? Nick si era appena offerto di accompagnarla al battesimo di suo nipote?

“V-vuoi venire con me?” balbettò.

Nick alzò le spalle, anche se Emi non poteva vederlo. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di stare con lei.

“Se non è un problema” osservò.

“No, nessun problema,” si affrettò a rassicurarlo Emi “ma sei sicuro di volerti sorbire una noiosa riunione di famiglia?”

Nick ridacchiò prima di rispondere “Scommetto che non sarà così noioso e ho sempre detto che volevo conoscere tuo padre”.

“Okay allora,” acconsentì Emi, ridendo al ricordo di quando Nick le aveva detto di voler conoscere suo padre, con cui condivideva la passione per i Journey “dico a mamma che saremo in due”.

Si accordarono per raggiungere Bridgeport con l’auto con autista che Nick usava sempre quando era a New York. Se non ci fosse stato il ragazzo, Emi sarebbe andata in treno ma, ovviamente, prendere il treno in compagnia di Nick Carter era fuori discussione, quindi dovette cambiare programma. 

Si diedero appuntamento per la mattina del sabato alle 9:00 davanti all’hotel dove Nick alloggiava e stavano per salutarsi quando il ragazzo fu colto da un dubbio.

“Cosa diciamo alla tua famiglia?” chiese a Emi.

“In che senso?” domandò lei, di rimando, non riuscendo a capire a cosa alludesse.

“Non troveranno strano che tu vada accompagnata da un ragazzo?” si informò Nick, curioso e anche un po’ preoccupato.

Si era offerto di accompagnare Emi d’impulso ed era vero che ci teneva a conoscere la famiglia della ragazza, ma non aveva ancora avuto modo di parlarle e non aveva idea di come lei l’avrebbe presentato ai suoi genitori.

Emi rise, capendo finalmente cosa intendeva Nick, e commentò “No, finché non vedranno chi sei”.

Anche Nick rise, sentendo l’ansia sparire.

“Non preoccuparti,” lo tranquillizzò Emi “dirò che sei un amico e se lo faranno bastare. Forse ti faranno qualche domanda stupida sul tuo lavoro, ma sanno già che sono amica di Donnie, quindi non gli sembrerà poi così strano”.

Mentre parlava, Emi si rese conto che, però, stava semplificando un po’ troppo le cose.

Era vero, i suoi non avrebbero fatto domande, ma non poteva presentarsi a casa loro con un cantante famoso e sperare che facessero finta di niente, quindi, forse, era arrivato il momento di dire alla sua famiglia che Nick Carter era diventato una presenza fondamentale nella sua vita.

⁓ * ⁓

Quando, nella tarda mattinata di sabato, l’auto si fermò davanti a casa dei genitori di Emi, a Bridgeport, Connecticut, Nick doveva ammettere di essere leggermente nervoso.

Lui ed Emi non stavano nemmeno insieme, ancora, e già conosceva la sua famiglia. Era una successione di eventi a cui non era decisamente abituato.

La madre e la sorella non lo preoccupavano troppo. Nick aveva sempre avuto un forte ascendente sul genere femminile e contava di sfruttarlo anche in quell’occasione.

Il padre, invece, era tutta un’altra questione.

Di solito, ai padri Nick non piaceva. 

Con loro, il suo bell’aspetto non funzionava, anzi, li rendeva ancora più sospettosi e timorosi che potesse prendersi gioco delle loro bambine. Senza contare il suo lavoro che, lungi dall’essere qualcosa di cui vantarsi, diventava l’ennesimo elemento a suo sfavore, in quanto lo teneva spesso lontano da casa, lasciando quindi sola la sua compagna, e lo costringeva ad avere a che fare con altri personaggi famosi, tra cui donne oggettivamente attraenti e piuttosto disinibite, che costituivano potenziali tentazioni.

Smettila di preoccuparti, si disse, non sei qui come fidanzato di Emi, ma solo come suo amico. Non devi per forza fare colpo sui suoi genitori e suo padre non penserà che gli stai portando via la sua bambina.

A tutti gli effetti, però, Nick sperava tanto di poter diventare presto qualcosa di più, per Emi, per questo ci teneva a fare una buona impressione.

L’autista se n’era appena andato e Nick aveva sollevato i due borsoni che lui ed Emi si erano portati, quando la porta di casa si aprì e due figure attraversarono il giardino, avvicinandosi a loro.

Nick li osservò e riconobbe immediatamente le due persone che aveva visto nella fotografia appesa a casa di Emi.

La donna li raggiunse per prima e abbracciò subito Emi, sussurrandole “Ciao, tesoro”.

Nel frattempo arrivò anche l’uomo, che abbracciò a sua volta la figlia. Emi gli diede un bacio sulla guancia e gli sorrise, dicendo “Ciao, papà”.

Nick fu distratto dall’osservare lo scambio di tenerezze tra Emi e il padre quando sentì una voce esclamare “Tu dei essere Nick” e, voltandosi, si accorse che la madre della ragazza lo stava fissando, con un sorriso.

“Sì,” confermò, ricambiando il sorriso “piacere signora”.

“Piacere mio” salutò la donna, gentile, poi lo guardò meglio e aggiunse “Sei molto più carino di persona che in TV”.

Anche se non poteva vedersi in faccia, Nick ebbe la certezza di essere arrossito. Nonostante avesse passato praticamente tutta la vita sotto i riflettori e avesse dovuto abituarsi presto agli apprezzamenti legati al suo aspetto, Nick si imbarazzava ancora ogni volta, specialmente se i complimenti venivano da qualcuno su cui ci teneva a fare una buona impressione.

Prima che riuscisse a rispondere, Emi intervenne in suo aiuto, rimproverando la madre “Non metterlo in imbarazzo, mamma”.

“Sto solo dicendo la verità” si giustificò la donna.

“Beh, grazie” farfugliò Nick, abbassando leggermente lo sguardo.

Emi prese nuovamente la parola e gli presentò il padre. 

“E questo è mio padre. Papà, lui è Nick”.

L’uomo gli porse una mano e Nick lasciò immediatamente cadere a terra i borsoni per potergliela stringere.

“Quindi tu sei quello che canta e balla con altri ragazzi per intrattenere le donne” sentenziò l’uomo, guardandolo di traverso.

Nick deglutì, prima di replicare “Ehm…anche qualche uomo, ogni tanto, ma di solito sono gay”.

Emi e sua madre scoppiarono a ridere, ma il padre restò serio, limitandosi a fissare intensamente Nick, come se volesse studiarlo.

Il ragazzo iniziò a sentirsi sotto esame e pregò che quel momento imbarazzante terminasse il prima possibile.

“Capisco” commentò l’uomo, senza smettere di guardare Nick negli occhi. 

Il ragazzo non osava distogliere lo sguardo e si accorse che stava iniziando a sudare.

“E questo lavoro davvero ti permette di mantenerti?” gli chiese il padre di Emi, di punto in bianco.

Nick si girò verso Emi e la guardò, confuso. Non riusciva a capire se l’uomo stesse scherzando o se se dicesse sul serio.

Emi alzò gli occhi al cielo e si scusò. 

“Abbi pazienza, a papà non è ancora ben chiaro il fatto che sei famoso e che i Backstreet Boys non cantano nei pub di provincia, ma riempiono gli stadi”.

Poi, rivolta al padre, aggiunse “Papà, ti assicuro che non solo si mantiene, ma non ha assolutamente problemi economici”.

Nick spostò nuovamente lo sguardo sull’uomo e riuscì a indovinare che non era ancora convinto. Infatti gli chiese “È vero?”

Nick annuì, sforzandosi di restare serio. 

“Confermo, signore”.

“E ti piacciono i Journey” indagò ancora il padre, curioso.

Di nuovo, Nick si affrettò a fare un cenno affermativo con la testa.

“Sono un grande fan” confermò.

Finalmente, per la prima volta da quando si erano incontrati, l’uomo davanti a lui sorrise e Nick lasciò andare il respiro che aveva trattenuto fino a quel momento.

“Molto bene,” sentenziò il signor Williams, mettendogli una mano sulla spalla “mi piaci”. Poi, quasi a voler giustificare il suo comportamento eccessivamente sospettoso, spiegò “Ho solo voluto tastare il terreno, se vuoi frequentare mia figlia”.

“Papà!” lo riprese subito Emi, costringendolo a voltarsi verso di lei “Io e Nick non ci frequentiamo”.

L’uomo guardò nuovamente Nick e domandò “No?”

Nick scosse la testa. 

“No”.

Spostando l’attenzione sulla figlia, il signor Williams le chiese, confuso “E come mai è qui, allora?”

Emi si lasciò sfuggire un sospiro di frustrazione, prima di rispondere “Perché siamo amici, ma non ci frequentiamo…in quel senso”.

A quel punto, capendo che la conversazione si stava spostando su un terreno pericoloso, la madre di Emi intervenne, proponendo “Tesoro, fai vedere a Nick la sua stanza. Martha e Tom dormono nella camera degli ospiti con il piccolo perché è più spaziosa, ma puoi scegliere se farlo sistemare nella vecchia stanza di tua sorella o nella tua”.

Emi annuì e fece cenno a Nick di seguirla dentro casa. Il ragazzo raccolse i borsoni che aveva lasciato cadere a terra e fece come gli era stato indicato, segretamente sollevato di essersi tolto da quella situazione complicata.

Quando aveva dovuto confermare al padre di Emi che lui e la figlia erano solo amici, aveva avuto la sensazione di mentire. 

Era vero, erano solo amici, ma lui la amava e desiderava qualcosa di più. Essere suo amico non gli bastava più, ormai.

Mentre i due ragazzi si dirigevano verso casa, il signor Williams guardò la moglie e le chiese “Quindi non stanno insieme?”

“No, Bob” confermò la donna, con un sospiro.

“Ma al ragazzo piace Emi, è chiaro” osservò il marito, constatando l’ovvio.

“Sì, lo so” gli fece notare la moglie.

“E allora perché non si frequentano?” insistette lui, confuso.

“Non lo so, Bob, forse stanno solo cercando il modo di dichiararsi, ma di certo non li aiuterai mettendoli in imbarazzo, quindi non una parola a riguardo, chiaro?” lo redarguì la signora Williams, puntandogli un dito contro il petto.

L’uomo annuì, poi alzò gli occhi al cielo e commentò “Certo che i giovani di oggi si fanno un sacco di problemi inutili”.

Intanto Emi e Nick erano entrati in casa e la ragazza gli stava facendo strada al piano superiore.

“Ti sistemo nella vecchia stanza di Martha” annunciò, mentre salivano le scale. “Ha il bagno privato e poi ti sentirai meno a disagio che in camera mia”.

“Perché dovrei sentirmi a disagio in camera tua?” le chiese Nick, incuriosito.

Emi gli lanciò un’occhiata fugace, poi distolse subito lo sguardo e tagliò corto “Perché…fidati”.

Nick si passò velocemente uno dei due borsoni da una mano all’altra, poi, con la mano libera, afferrò la ragazza per un polso, costringendola a fermarsi e a voltarsi verso di lui.

“Adesso sono curioso e voglio vedere la tua stanza” insistette, con un mezzo sorriso.

Emi alzò gli occhi al cielo e sospirò. 

Non riusciva a dirgli di no, quando le sorrideva, Nick doveva averlo capito, in qualche modo, e ne stava approfittando. 

“Ma perché non imparo a starmene zitta?” si lamentò, poi però cedette. 

“Okay” disse, fermandosi di fronte a una porta dipinta di viola.

Abbassò la maniglia e la aprì, facendo cenno a Nick di entrare.

“Eccoti accontentato” dichiarò, mentre il ragazzo faceva un paio di passi all’interno, iniziando a guardarsi intorno con aria sorpresa.

Emi restò a guardarlo mentre osservava la sua camera da ragazzina, con i pupazzi sulle mensole e i vecchi poster sgualciti che ricoprivano le pareti. 

Ce n’erano almeno una decina e ritraevano tutti colui che era stato il grande amore impossibile della Emily adolescente, un ragazzo biondo con i capelli a scodella e un sorrisetto furbo, che somigliava spaventosamente alla versione più adulta, ma se possibile ancora più affascinante, che in quel momento si trovava davvero in quella stanza, in carne e ossa, come Emi aveva soltanto immaginato che potesse succedere, nei suoi sogni a occhi aperti da ragazzina.

Un sorrisino divertito si formò sulle labbra di Nick ed Emi si trovò a pensare che non fosse poi tanto diverso dalle foto alle pareti.

Prima che il ragazzo potesse dire qualsiasi cosa, Emi si coprì gli occhi con le mani e commentò “È imbarazzante”.

“Perché?” le domandò Nick, preso alla sprovvista.

“Beh, avevo questa tremenda cotta per te, da adolescente, e adesso essere qui con te è strano” spiegò Emi, nervosa.

Nick fece spallucce e sentenziò “Forse”.

“Ti senti a disagio, vero?” gli chiese Emi, dispiaciuta di averlo messo in imbarazzo.

Non era sua intenzione fargli vedere la sua stanza, ma il ragazzo aveva insistito.

“In realtà no,” obiettò Nick, scuotendo la testa “anzi, sono onorato di essere stato la tua prima cotta famosa”.

“L’unica, direi” precisò Emi, lasciandosi sfuggire una risatina.

Nick fece un passo verso di lei e, guardandola negli occhi, disse “Adesso che mi hai conosciuto, spero di essere all’altezza dell’idea che ti eri fatta di me”.

Emi gli sorrise, con il cuore che batteva forte e una vocina in testa che le ripeteva non solo sei all’altezza, ma l’amore platonico che provavo per te da ragazzina si è trasformato in qualcosa di vero e talmente profondo che mi fa paura. 

Senza riuscire a trattenersi, gli confessò “Sei anche meglio, tranquillo”.

Nick le sorrise, a sua volta, e i due ragazzi restarono imbambolati a guardarsi, in piedi uno davanti all’altra.
Poi, preoccupata di non essere in grado di trattenere i propri istinti e comportarsi da persona adulta e razionale, se Nick avesse continuato a guardarla così ancora per molto, Emi decise di sbloccare la situazione e ruppe l’incanto, annunciando “Vieni, ti faccio vedere dove dormi”.

⁓ * ⁓

Una mezz’oretta più tardi, mentre Emi era in camera sua ad appendere nell’armadio il vestito che aveva portato per la cerimonia del giorno successivo, sentì spalancarsi la porta e si voltò di scatto, per vedere sua sorella Martha piombare all’interno con gli occhi luccicanti ed esclamare “Oddio, quanto è figo!”

Emi scoppiò a ridere e commentò “Deduco che tu abbia già incontrato Nick”.

Martha si lasciò cadere sul letto e annuì.

“Sì, l’ho incontrato. E ti perdono per avermi tenuto nascosto che lo conosci da quasi un anno soltanto perché l’hai portato qui” sentenziò.

Emi rise di nuovo e scosse la testa, poi chiuse l’anta dell’armadio e andò a sedersi sul letto accanto alla sorella.

“Sul serio, Emi, non solo è bello come il sole, ma ci ho scambiato due parole e sembra adorabile” osservò Martha, ancora su di giri.

Emi sorrise e annuì.

“Lo è,” confermò “non è soltanto un’impressione”.

Martha le rivolse un’occhiata furba e, con un sorrisino malizioso, le domandò “Allora, che cosa c’è tra di voi? E rispondi sinceramente, questa volta, non sperare che mi beva la balla del siamo solo amici che hai tentato di rifilarmi al telefono”.

“Non è una balla,” ribatté Emi, fingendosi offesa “siamo davvero solo amici”.

La sorella strabuzzò gli occhi, poi rivolse a Emi uno sguardo di rimprovero.

“Vuoi farmi credere che hai Nick Carter, il ragazzo sulle cui foto hai sbavato per tutta l’adolescenza, nonché uno degli scapoli più ambiti d’America, a disposizione e non ci hai nemmeno fatto un pensierino?” domandò, incredula.

Emi alzò gli occhi al cielo e sospirò.

“Chi ti ha detto che lui sia interessato?” replicò, sarcastica.

Martha emise un fischio, poi sentenziò “Ti ha accompagnato a una festa in famiglia di sua volontà. Nessun ragazzo non interessato farebbe mai una cosa del genere, credimi”.

Emi non poté fare a meno di ridere all’osservazione della sorella, poi scosse la testa e dichiarò “Comunque, per quanto attraente e adorabile possa essere, sai benissimo che io ho chiuso con gli uomini”.

“Ma è Nick Carter!” insistette Martha, sconcertata che la sorella fosse così insensibile al fascino del ragazzo che aveva appena incontrato in salotto e che le era sembrato l’uomo più bello che avesse mai visto in vita sua.

“Lo so” confermò Emi, accondiscendente.

“E gli piaci” le fece notare la sorella.

“Questo lo dici tu” obiettò Emi.

Martha sbuffò, scocciata che la sorella minore fosse così cocciuta. Poi le prese le mani e, guardandola negli occhi, tentò di farla ragionare. 

“Ascolta, so che sei stata ferita e non smetterò mai di maledire quel coglione di Derek per averti spezzato il cuore, ma non tutti i ragazzi sono così, ci sono uomini per bene, là fuori, tu sei adorabile e meriti di essere felice accanto a qualcuno che ti apprezzi e che ti faccia dimenticare quanto la vita sia stata crudele con te”.

Emi sorrise e strinse le mani della sorella.

“Ti ringrazio, ma non devi preoccuparti per me, Martha. So badare a me stessa e sto bene adesso” la rassicurò.

“Non pensi mai che ti manchi qualcosa?” le chiese, seria.

“Del tipo?” domandò a sua volta Emi, cercando di capire cosa intendesse la sorella.

Martha fece spallucce e rispose “Non lo so, l’amore ad esempio”.

“Ma io ho un sacco di persone che mi vogliono bene,” replicò Emi, iniziando a elencare “tu, Tom, mamma e papà, il piccolo Leo, Donnie…”

“...e Nick” la interruppe Martha, con un sorrisino malizioso.

“E Nick” confermò Emi, con un cenno del capo.

“Dimmi la verità, Emi” la spronò Martha, decisa a non cedere “ti piace?”

Emi annuì.

“Certo che mi piace”.

“Cosa provi veramente per lui?” chiese ancora Martha, con voce dolce.

Emi sospirò, guardando negli occhi la sorella. Non poteva mentirle, non l’aveva mai fatto e non avrebbe certo iniziato adesso.

“Gli voglio bene” confessò. “Quando l’ho conosciuto, non credevo che sarebbe successo, invece mi sono affezionata un sacco a lui, molto più di quanto avessi pianificato. Sai, non ha una bella reputazione, ha fama di essere un dongiovanni che ci prova con tutte per poi sparire quando loro si sono innamorate follememte di lui, per questo mi ero promessa di non dargli troppa confidenza, di tenerlo un po’ a distanza per non rischiare di cadere anch’io vittima del suo innegabile fascino”.

“Invece è successo?” volle sapere Martha, interessata.

Emi abbassò lo sguardo e fece sì con la testa, poi, però, si affrettò a precisare “Non è il dongiovanni che descrivono i giornali, però, almeno non con me. Non ci ha mai provato e, anche se mi costa un sacco ammetterlo, ti confesso che in un paio di occasioni ho quasi sperato che lo facesse”.

Martha scoppiò a ridere, colpita dalla sincerità della sorella, ed Emi le fece compagnia.

“Si vede che anche lui si è affezionato a te e ti rispetta troppo per comportarsi da stronzo” osservò la ragazza, obiettiva.

Emi alzò le spalle e scosse la testa.

“Non lo so, Martha,” ammise “davvero non lo so. Non avrei mai creduto di trovarmi in questa situazione e ho una paura folle di farmi male di nuovo”.

Martha le sorrise, poi le accarezzò teneramente una guancia e sussurrò “Capisco che tu sia spaventata, è normale dopo quello che hai passato, e il fatto che lui sia chi è non rende certo le cose più facili. Non sei obbligata a fare nulla che tu non voglia, ma ricordati solo che non hai firmato nessun contratto e che quella promessa che hai fatto a te stessa, anni fa, può essere infranta in qualsiasi momento, se pensi che ne valga la pena”.

Emi ricambiò il sorriso e annuì, poi si alzò dal letto e propose “Dai, andiamo di sotto, così io mi spupazzo un po’ Leo e tu salvi Nick dalle grinfie di papà, che sicuramente gli starà facendo il terzo grado”.

Martha rise annuì, dopodiché le due sorelle uscirono dalla stanza e scesero al piano inferiore.

⁓ * ⁓

Emi guardò Nick, seduto a capotavola tra suo padre e suo cognato, e sorrise, vedendolo discutere animatamente di football con gli altri due uomini.

Il fascino di Nick Carter aveva colpito ancora e, in meno di mezza giornata, il ragazzo aveva già conquistato tutta la sua famiglia. 

Sua madre a sua sorella pendevano letteralmente dalle sue labbra, suo cognato l’aveva incrociata in cucina, poco prima di cena, e le aveva confessato che trovava Nick molto simpatico e alla mano per essere uno famoso, mentre suo padre gli aveva addirittura detto di chiamarlo Bob e di dargli del tu.

Quella visita era stata un successo su tutta la linea e, se lo scopo fosse stato presentare il suo nuovo fidanzato alla famiglia, Emi avrebbe potuto ritenersi più che soddisfatta.

Non era quello il caso, purtroppo o per fortuna, Emi non sapeva ancora decidersi, ma era comunque molto felice di come stavano andando le cose.

Nick era visibilmente raggiante di essere stato accolto così bene e, sapendo come stavano le cose tra lui e il clan dei Carter, Emi era felice di vederlo così a suo agio e, finalmente, amato da una vera famiglia. 

Era una brava persona e se lo meritava.

Era una brava persona e, anche se non voleva ammetterlo, Emi si era irrimediabilmente innamorata di lui.

⁓ * ⁓

Più tardi, quella stessa sera, Emi entrò in salotto con le ultime due tazzine di caffè che sua madre aveva appena finito di preparare e cercò Nick con lo sguardo, per dargli la sua. Non trovandolo, chiese agli altri dove fosse e Tom le disse di averlo visto uscire sulla veranda.
La ragazza andò a controllare e lo trovò seduto su una delle sedie di legno che arredavano il portico della casa dei suoi genitori, in puro stile americano.

Restò un istante a osservarlo, nascosta nella penombra, e si stupì di constatare come sembrasse perfettamente a suo agio, in quell’ambiente. Se nessuno avesse saputo che era un cantante famoso, avrebbe potuto essere scambiato per un avvenente trentenne di provincia, che si godeva il fresco della sera sulla veranda di casa sua.

Emi sorrise e scosse la testa, dandosi della stupida per averlo anche solo pensato. A volte se ne dimenticava, ma lui era comunque Nick Carter, il componente forse più amato dei Backstreet Boys, con i quali aveva venduto più di cento milioni di dischi in tutto il mondo. Anche se sembrava del tutto nel suo elemento, non c’entrava nulla con quel posto.

Fece un paio di passi verso di lui e annunciò la sua presenza. 

“Ehi”.

“Ehi” ricambiò Nick, voltandosi di scatto.

“Caffè?” gli chiese, porgendogli una delle due tazzine.

Il ragazzo annuì e accettò la tazza. Intanto, Emi si sedette nella sedia accanto alla sua e prese un sorso del suo caffè.

Nick inalò il profumo proveniente dalla tazzina e chiuse gli occhi, lasciandosi sfuggire un verso di apprezzamento.

“Mmmm, un espresso. Che lusso” commentò, bevendone un sorso.

“Vero espresso italiano fatto con la moka da mia madre” annunciò Emi, orgogliosa.

“Wow,” esclamò Nick, colpito “non dormirò, stanotte”.

“Meglio di sì, invece,” lo avvisò lei “perché domani arriverà anche il fratello di Tom con la fidanzata per il battesimo e, se oggi ti è sembrata dura, domani sarà ancora peggio”.

Nick rise, sentendosi completamente sereno e in pace, forse per la prima volta dalla morte di sua sorella.

“Ti sei rintanato qui per trovare un po’ di pace?” gli chiese Emi, rigirandosi la tazzina, ormai vuota, tra le mani. “E guarda che non ti biasimo se dici di sì,” aggiunse “so che la mia famiglia può essere piuttosto caotica, saranno i geni italiani”.

Il ragazzo sorrise e scosse la testa.

“Ma no, figurati. Sono stati tutti molto carini” la rassicurò.

“Anche se ti hanno sommerso di domande?” insistette Emi, preoccupata.

“Non importa, davvero” confermò Nick, ridacchiando.

“Se non è per respirare un po’, allora cosa ci fai qui tutto solo?” gli domandò la ragazza, curiosa.

Nick si strinse nelle spalle e rispose, semplicemente “Riflettevo”.

“Su cosa?” volle sapere lei.

“Sul fatto che hai una famiglia fantastica e sei molto fortunata” dichiarò Nick, voltandosi a guardarla.

Emi sorrise e annuì.

“Lo so” osservò “e li adoro. Ma tutto sommato siamo molto normali”.

Nick prese un respiro profondo e decise di condividere con lei ciò che gli stava passando per la testa.

“Non ho mai provato la normalità, sai?” confessò “Prima di diventare famoso, la mia famiglia era tutt’altro che normale e dopo…beh, dopo nulla è mai più stato normale. Non mi sto lamentando, sia chiaro, so di essere un privilegiato a poter guadagnare facendo quello che amo, ma mi sono sempre chiesto come fosse vivere in una famiglia normale e adesso finalmente l’ho provato”.

“E?” indagò la ragazza, colpita da quella confessione inaspettata.

“E mi piace,” ammise Nick “molto. Mi era mancato, anche se non so quanto abbia senso sentire la mancanza di qualcosa che non si è mai avuto”.

Emi fece un cenno affermativo con la testa.

“Sì che ce l’ha, eccome. È una cosa che desideravi e sono felice di averti aiutato a sperimentarla” disse.

Nick non rispose subito, restò un istante in silenzio, a fissarla, mentre nella sua testa si rincorrevano miliardi di pensieri.

Da quando Emi era entrata nella sua vita, Nick aveva sperimentato più cose nuove e inaspettate di quanto non avesse fatto nei precedenti trent’anni. Aveva provato cosa volesse dire avere un’amica sincera, come ci si sentiva a essere compreso e supportato, indiscriminatamente, ma, soprattutto, aveva finalmente capito cosa fosse l’amore, quello vero, che ti fa desiderare di condividere tutto, ogni minimo dettaglio della tua vita, per quanto insignificante, con l’altra persona, senza l’ansia e la fatica di doversi sempre mostrare perfetto e impeccabile.

“Grazie” si sentì dire, senza riflettere e prima di riuscire a fermarsi.

“Di cosa?” gli chiese Emi, stupita.

Nick avrebbe voluto elencarle tutti i motivi per cui le era grato, ma sapeva anche che forse non era il momento adatto, quindi si limitò a replicare “Di avermi fatto capire cosa si prova a fare davvero parte di una famiglia”.

Era molto limitativo e sminuiva in parte l’entità della gratitudine che provava nei suoi confronti, ma almeno era vero.

La ragazza gli sorrise e scosse la testa, poi allungò una mano, fino a stringere quella di Nick. “Non c’è di che” sussurrò “e sarai sempre il benvenuto, lo sai”.

Nick sentì qualcosa che gli solleticava la gola e, prima di poter fare nulla per impedirlo, esordì con “Emi, io…”.

Non sapeva esattamente cosa voleva dirle, forse che avrebbe davvero voluto far parte di quella famiglia, per sempre, con lei. Se, un istante prima, aveva creduto che fosse il momento sbagliato, ora, improvvisamente, sentiva che era quello giusto, invece.

Emi lo guardava negli occhi, con un mezzo sorriso che le illuminava lo sguardo e la mano di Nick ancora stretta nella sua. L’istinto le diceva che stava per succedere qualcosa ma, invece di farsi prendere dal panico, si sentiva stranamente calma, come se avesse aspettato quel momento da tutta la vita.

Nick aprì di nuovo la bocca per parlare ma, in quel momento, la porta di casa si spalancò e Martha mise fuori la testa, urlando “Mamma ha tirato fuori l’ultima bottiglia di limoncello che teneva di scorta in cantina, ha detto che il battesimo del suo primo nipote è un’occasione più che buona per aprirla. Venite ad assaggiarlo”.

L’incanto era stato rotto. 

I due ragazzi si sorrisero, poi Emi si alzò dalla sedia e porse di nuovo la mano a Nick, proponendo “Vieni, andiamo. Il limoncello è una cosa che devi decisamente provare”.

Seppur riluttante, Nick accettò la mano che gli offriva e la seguì.

Prima di entrare in casa, però, Emi si fermò di colpo, si voltò verso il ragazzo e, guardandolo fisso negli occhi, gli disse “Nick, puoi averla, lo sai?”

“Cosa?” chiese lui, confuso.

“Una famiglia, una vita normale” spiegò lei. “Forse il tuo lavoro lo rende un po’ più complicato, ma non è impossibile. Non rinunciare”.

Nick le sorrise, commosso per il fatto che sembrasse tenerci così tanto che lui realizzasse i suoi sogni, e annuì.

No, decise, non avrebbe rinunciato. Avrebbe fatto di tutto per avere quella normalità che tanto sognava e l’avrebbe avuta con lei.

⁓ * ⁓

Il giorno seguente fu un tripudio di emozioni.

Emi si commosse, durante la cerimonia, e Luke, il fratello di Tom, che faceva da padrino al piccolo Leonard, dovette prestarle il suo fazzoletto per asciugarsi le lacrime.

Nick non riuscì a togliere gli occhi di dosso a Emi per tutto il tempo. Non sapeva se poterlo considerare un giudizio obiettivo o se fosse soltanto accecato dall’amore, ma con quel vestito rosa antico dalle maniche a farfalla, con il corpetto e parte della gonna cosparso di fiori bianchi ricamati e un fiocco legato sul retro, la ragazza gli sembrava bellissima, ancora più di quanto non lo fosse di solito.

Dal canto suo, Emi non aveva staccato gli occhi da Nick un solo istante. Aveva sempre avuto un debole per gli uomini in camicia bianca e Nick, quel giorno, gli sembrava l’essere umano più attraente che avesse mai visto. Il bianco gli donava particolarmente, aveva gli occhi scintillanti di felicità e non aveva fatto altro che sorridere tutto il tempo, facendole sciogliere il cuore e mandando al diavolo ogni minima particella di forza di volontà e raziocinio che era rimasta in lei. Come se non bastasse, alcune ciocche di capelli si erano liberate dallo styling del gel e gli cadevano sulla fronte, rendendolo agli occhi di Emi ancora più irresistibile.

Tutti si erano accorti della chimica che c’era tra i due e speravano segretamente che decidessero di buttare al vento timori e precauzioni per viversi pienamente quella storia d’amore.

Dopo la cerimonia, erano tornati a casa, dov’era stato allestito un lungo tavolo in giardino. Gli uomini si tolsero le giacche e si misero alla griglia, mentre le donne prepararono drink e stuzzichini per ingannare l’attesa.

Il pranzo fu allegro e spensierato, oltre che delizioso, e Nick continuava a bearsi della sensazione di appagatezza che quell’essere parte di una vera famiglia gli provocava.

Mentre tutti davano una mano a sparecchiare, Martha si fece aiutare dal marito a portare in giardino delle casse e fece partire la musica, sostenendo che canticchiare avrebbe alleggerito il lavoro.

Quando ormai il tavolo era praticamente stato quasi del tutto sgomberato, in vista del momento della torta, dalla playlist del cellulare di Emi, che era quello collegato alle casse, partì un pezzo degli Aerosmith, Crazy, che, a giudicare dalla sua reazione entusiasta, Tom evidentemente adorava. L’uomo si avvicinò alla moglie, la prese tra le braccia e iniziò a farla volteggiare per il giardino, mentre tutti li guardavano, ridendo, il fratello lo incitava a suon di applausi e la povera Martha si lamentava che il vestito che indossava era troppo lungo e rischiava di inciampare. 

Ignorandola completamente, Tom continuò a farla piroettare, sotto lo sguardo divertito del piccolo Leo che, seduto sulle ginocchia della nonna, batteva le manine e rideva.

A un certo punto, preso dall’enfasi del ballo, Tom si avvicinò un po’ troppo al tavolo e, inavvertitamente, urtò con un gomito la brocca di vetro in cui era contenuta la limonata. La caraffa barcollò, per poi accasciarsi su un fianco, rovesciando sul tavolo tutto il suo contenuto e inondando la tovaglia bianca di un appiccicoso liquido giallognolo. Come se non bastasse, l’urto fece perdere l’equilibrio a Tom che, per non cadere e, soprattutto, per non far cadere Martha, si appoggiò al tavolo, sporcandosi la camicia immacolata.

All’incidente seguì un trambusto generale. Martha iniziò a rimproverare il povero Tom che, mortificato, chiedeva scusa in tutte le lingue che conosceva; Luke scoppiò a ridere e Lisa, la sua fidanzata, si mise a riprenderlo perché non era appropriato che ridesse così sguaiatamente; la signora Williams scattò in piedi, mise il nipote in braccio al marito e corse verso il tavolo, per constatare il danno; il piccolo Leo, scombussolato dal chiasso, scoppiò a piangere, con il signor Williams che cercava di consolarlo facendogli una serie di facce buffe che costrinsero Nick a sforzarsi per non mettersi a ridere a sua volta.

Sembrava che nel giardino della villetta, così tranquillo fino a pochi minuti prima, fosse scoppiato un cataclisma e, più i presenti cercavano di aiutare, più la confusione aumentava.

A un certo punto Emi, che fino a quel momento aveva seguito la scena seduta in disparte, accanto a Nick, probabilmente stanca di vedere che nessuno stava facendo nulla di concreto per sistemare il disastro, decise di intervenire.

Si alzò e si diresse a passo deciso verso il tavolo, attorno a cui erano ancora raggruppati Martha, Tom e sua madre.

“Adesso basta” esclamò, poi guardò la sorella e le disse, pratica “Martha, smettila di rimproverarlo, non l’ha mica fatto apposta”.

“Sì, ma guarda che disastro ha combinato” obiettò la ragazza, irritata.

“È solo un po’ di limonata, capirai” minimizzò Emi.

“La mia povera tovaglia,” si lamentò la madre “bisogna metterla a lavare, prima che si macchi”.

“Okay,” concordò Emi “allora, Martha, tu porta Tom a cambiarsi e tu, mamma, togli la tovaglia e mettila a lavare insieme alla camicia di Tom”.

“Ma non possiamo lasciare il tavolo senza tovaglia,” replicò la signora Williams “dobbiamo fare le foto con la torta”.

Emi sospirò e, facendo appello a tutta la pazienza che aveva, annuì.

“D’accordo, ne serve un’altra allora”.

“Ne ho una con il bordino azzurro,” annunciò la madre “andrà bene?”

“Andrà benissimo, mamma” la rassicurò Emi. Poi, mentre la spingeva in casa dietro a Martha e Tom, si offrì “Tu occupati del bucato e di prendere dell’altra limonata, alla tovaglia penso io. Dov’è?”

“L’ho lavata ieri perché ero indecisa su quale usare ed è appesa sul retro ad asciugare” rispose la donna, prima di sparire dentro casa.

La ragazza fece un cenno affermativo col capo, per farle intendere che aveva capito, poi ridiscese i gradini che portavano al giardino e si diresse sul retro della casa, con passo spedito.

Nick la seguì con lo sguardo, indeciso su come comportarsi.

Ora che Martha, Tom e la signora Williams erano entrati in casa, Luke aveva smesso di ridere e il signor Williams era riuscito a calmare il piccolo Leo, nel giardino regnava di nuovo la quiete, disturbata solo dalle casse che, in quel momento, trasmettevano un vecchio brano dei Bon Jovi.

Notando che Nick aveva lo sguardo perso, il signor Williams richiamò la sua attenzione.

“Ragazzo”.

Sentendosi chiamare, Nick si voltò verso di lui.

“Vai a vedere se le serve una mano,” lo pregò “stamattina ho alzato la corda del bucato perché Leo non riuscisse ad aggrapparsi ai panni stesi e non so se Emi arriva a prendere la tovaglia”.

Nick annuì e si affrettò a seguire la ragazza sul retro.

Come il padre aveva previsto, la trovò che saltellava sul posto, nel vano tentativo di raggiungere la tovaglia, appesa troppo in alto.

“Serve una mano?” le chiese, avvicinandosi.

Emi si girò verso di lui, ridacchiando, e annuì.

“Sì, grazie” accettò, poi aggiunse “Brutta cosa essere basse”.

Nick si avvicinò alla corda e, con estrema facilità, tolse le mollette che assicuravano la tovaglia.

“Ma smettila,” la rimproverò, mentre gliela porgeva “sei adorabile. E poi, se non ci foste voi ragazze basse, noi ragazzi alti non potremmo metterci in mostra aiutandovi” scherzò.

Emi si mise a ridere, poi scosse la testa e decise di approfittare della situazione.

“Dato che ti piace metterti in mostra, dammi una mano a piegare questa cosa” gli disse, facendolo ridere a sua volta.

Mentre piegavano la tovaglia, la musica che arrivava dalle casse in giardino cambiò e i Bon Jovi furono sostituiti dai Journey.

“Oh, questa è la mia canzone preferita” esclamò Nick, con gli occhi che gli brillavano.

Faithfully?” gli chiese Emi, incuriosita, e il ragazzo annuì.

Poi, complice il fatto di doverle porgere la tovaglia, ormai completamente piegata, si avvicinò a lei e le prese le mani, proponendo “Balliamo”.

Emi alzò gli occhi al cielo e scosse la testa.

“Nick, dobbiamo tornare alla festa” tentò di farlo ragionare.

“Soltanto un minuto, dai” piagnucolò lui “non fare la difficile”.

Con un sospiro rassegnato, Emi cedette e si lasciò stringere tra le braccia di Nick, iniziando a seguirne il lento oscillare a tempo di musica.

Chiuse gli occhi, concentrandosi sulla piacevole sensazione della pelle delle loro mani a contatto, sul profumo della colonia di Nick che le riempiva le narici e, soprattutto, sul suo cuore, che batteva a ritmo decisamente accelerato.

Non voleva ammetterlo, ma quel ragazzo era entrato nella sua vita e l’aveva completamente sconvolta, sradicando tutte le sue convinzioni e abbattendo muri che Emi aveva impiegato anni a costruire.

Aveva paura, terribilmente paura. Lasciarsi andare a quel sentimento che aveva iniziato a provare significava potenzialmente soffrire e non sapeva se avrebbe potuto sopportarlo.

D’altra parte, non sapeva nemmeno se sarebbe riuscita a sopportare l’idea di perdere Nick che, ormai, era diventato così importante per lei.

Fu distratta da quei pensieri quando sentì il fiato di Nick sul suo viso e spalancò gli occhi.

Il ragazzo aveva abbassato la testa verso di lei, le labbra vicinissime al suo orecchio, e, con voce bassa ed estremamente sensuale, aveva iniziato a canticchiare alcune parole della canzone che stavano ballando.

And lovin' a music man ain't always what it's supposed to be, oh, girl, you stand by me, I'm forever yours, faithfully”.

Emi spostò leggermente il viso e alzò lo sguardo, incrociando gli occhi azzurri di Nick, che la stavano fissando con un’espressione dolce e tenera che la ragazza aveva sempre soltanto sognato di vedere rivolta a lei.

Poi, il viso di Nick si avvicinò ancora di più, le sue labbra si scostarono dall’orecchio di Emi e il ragazzo fece ciò che desiderava segretamente da mesi, cioè baciare la ragazza di cui era profondamente innamorato.

Per quanto inaspettato, quel bacio non colse Emi del tutto impreparata. Non l’aveva mai ammesso a nessuno, a parte Donnie e sua sorella, ma sognava che Nick la baciasse da mesi, forse, addirittura, da quando aveva passato le vacanze a casa sua, a Malibu.

Non era soltanto la curiosità di provare come fosse baciare il ragazzo per cui aveva una cotta da ragazzina e non aveva nemmeno a che fare con l’innegabile fascino di Nick.

No, questa era una cosa più profonda, legata a quel nodo allo stomaco che le si formava ogni volta che lui le sorrideva, ogni volta che le diceva che le era mancata e che voleva vederla.

Poteva continuare a mentire al mondo intero, sostenendo di voler restare fedele alla promessa fatta tanti anni prima, ma la verità era che il suo cuore desiderava ardentemente stare con Nick e dare una chance a quella storia che, sì, poteva farla soffrire, ma poteva anche rivelarsi la sorpresa più bella che la vita le avesse riservato.

Per questo non si tirò indietro, quando sentì le labbra di Nick posarsi sulle sue.

Per questo, non solo lo lasciò fare, ma ricambiò il bacio, mettendogli una mano dietro al collo e spingendosi contro di lui, come se da quel bacio dipendesse la sua stessa vita.

Nessuno dei due avrebbe saputo dire quanto tempo passarono a baciarsi, Emi avvinghiata al collo di Nick e lui che la stringeva tra le braccia, come se così potesse trasmetterle tutta la passione che bruciava dentro di lui.

La canzone finì e con essa l’incanto che si era creato in quell’angolo di cortile.

Emi ritirò la mano dal collo di Nick, ma la lasciò indugiare sul suo petto, aggrappandosi a un lembo della camicia, che il ragazzo aveva sbottonato leggermente durante il pranzo.

Nick le spostò una ciocca di capelli dal viso e, ancora ansimante per il lungo bacio, iniziò a parlare.

“Emi, io…”.

“Ragazzi, è il momento della torta! Venite che facciamo le foto”.

La voce squillante di Martha, che li richiamava all’ordine, rovinò quel momento perfetto, interrompendo la dichiarazione di Nick, per la seconda volta nel corso del weekend.

I due ragazzi si guardarono negli occhi un’ultima volta e si sorrisero, poi Emi prese Nick per mano e lo trascinò verso la festa.

Seppur dispiaciuto, Nick la seguì, sorridendo. Non era andata esattamente secondo i suoi piani, ma almeno le aveva fatto capire che voleva più di una semplice amicizia, da lei, ed Emi aveva ricambiato, quindi era ovvio che desiderava lo stesso anche lei.

Si sarebbero parlati e avrebbero sistemato le cose.

Sarebbe andato tutto bene.

⁓ * ⁓

Tra la torta, i saluti a Luke e Lisa, che ripartirono prima di cena e, in generale, la fine dei festeggiamenti, Nick non riuscì a trovare un momento per parlare a Emi.

Dopo il bacio, le cose, tra loro, sembravano essere tornate normali. Parlavano, ridevano, si prendevano in giro e si sorridevano, forse un po’ più del solito. C’erano stati sfioramenti di mani più o meno accidentali, ma nulla di più.

Nick non vedeva l’ora di poter restare solo con lei per confessarle, finalmente, i suoi sentimenti, ma sapeva che sarebbe stato molto difficile farlo, con tutta la sua famiglia sempre intorno.

Avrebbe potuto infilarsi in camera sua durante la notte, ma, per quanto ormai lui e il padre di Emi andassero piuttosto d’accordo, Nick era sicuro che Bob non avrebbe apprezzato di vederlo sgattaiolare fuori dalla camera della figlia e preferiva non correre il rischio.

Avrebbe aspettato fino al mattino dopo, decise. La macchina sarebbe passata a prenderlo verso le nove per portarlo all’aeroporto, da cui sarebbe tornato a Los Angeles e, da lì, sarebbe poi volato in Europa con i ragazzi.

Emi, invece, sarebbe rimasta ancora qualche giorno dai suoi.

Doveva soltanto riuscire a mettere in chiaro le cose con lei prima di andarsene.

Smettila di essere impaziente, si disse. Ti ha baciato, vuol dire che anche lei prova qualcosa per te, altrimenti non l’avrebbe mai fatto.

Forte di quella convinzione, Nick salutò Emi con un casto bacio sulla guancia, dandole appuntamento per il giorno dopo, e si addormentò sognando il momento in cui l’avrebbe sentita dire che lo amava.

Dopo aver salutato Nick, sul pianerottolo, Emi si richiuse la porta della sua camera alle spalle, ci si appoggiò contro con la schiena, chiuse gli occhi e sospirò.

Era stata una giornata lunga e intensa e aveva bisogno di stare da sola per rielaborare tutto quello che era successo a mente fredda.

Quando riaprì gli occhi, la prima cosa che vide fu la faccia sorridente di Nick che la fissava dai poster appesi alle pareti della sua stanza.

Si sentì stringere lo stomaco e le venne un groppo in gola che a malapena le permetteva di respirare.

Nella sua mente continuava a scorrere la scena di lei e Nick che si baciavano, sul retro di casa, come se fosse al rallentatore. Lui che le canticchiava Faithfully all’orecchio, lei che sentiva interi sciami di farfalle nello stomaco e poi quegli occhi azzurri scintillanti che la fissavano e lei che ci si perdeva dentro, quasi stesse affogando. Poi, le labbra di Nick che incontravano le sue nel bacio più dolce e, allo stesso tempo, passionale che avesse mai provato in vita sua. Quando si era aggrappata al suo collo, era stato un gesto istintivo, quasi un modo per assicurarsi di non rischiare di cadere, dato che aveva sentito le gambe farsi improvvisamente molli e non era più stata sicura che riuscissero a reggerla.

Emi non era abituata a baci così e ne era rimasta completamente stordita.

Ne avrebbe voluto ancora e avrebbe voluto anche più di quello.

Non si era mai sentita così, non aveva mai provato nulla di così totalizzante per nessuno e, per quanto straordinario fosse stato, era anche oltremodo spaventoso.
Un sentimento così profondo rischiava di confonderla e farle perdere la sua razionalità. E lei aveva bisogno della sua razionalità, le serviva per evitare di farsi male, di nuovo.

La ragazza si ritrovò a fissare il viso di Nick alle pareti e, all’improvviso, fu assalita da una tremenda angoscia.

Si coprì il viso con le mani e si lasciò sfuggire un gemito.

Cosa diavolo ho fatto?

⁓ * ⁓

Il mattino seguente, Nick si svegliò presto, preparò i bagagli e attese con impazienza finché non iniziò a sentire dei rumori nel resto della casa, segno che gli altri inquilini si erano svegliati.

L’orologio segnava ormai le 8:30 e l’auto sarebbe arrivata a prenderlo alle 9:00.

Non aveva molto tempo, se voleva parlare a Emi senza troppa fretta.

Si diede un’ultima occhiata allo specchio, prese il suo borsone e uscì dalla stanza, diretto verso quella di Emi.

Bussò e aspettò di sentire la voce della ragazza che lo invitava a entrare, prima di abbassare la maniglia e fare un passo all’interno della camera.

Emi era ancora in pigiama e Nick la trovò bellissima, anche in quel caso.

Vedendolo, gli sorrise e Nick ricambiò.

Dopo essersi richiuso la porta alle spalle, lasciò cadere a terra il borsone e si avvicinò alla ragazza, prendendola tra le braccia e tentando di darle un bacio sul collo.
Inaspettatamente, Emi spostò la testa, impedendogli di farlo.

Nick le rivolse uno sguardo sorpreso e le domandò “Ehi, tutto bene?”

Emi annuì.

“Certo” lo rassicurò.

Tenendola ancora stretta a sé, Nick tentò nuovamente di baciarla, sulle labbra, questa volta, ma la ragazza si spostò di nuovo.

A questo punto era chiaro che ci fosse qualcosa che non andava e Nick era fermamente deciso a scoprire cosa.

“Emi, guardami” le disse, serio.

Riluttante, la ragazza alzò gli occhi su di lui.

“Cosa c’è?” le chiese ancora.

“Niente” rispose lei, evasiva.

Nick scosse la testa.

“Non è vero,” obiettò “mi stai evitando”.

“Non ti sto evitando” replicò Emi, ma Nick notò che le tremava la voce.

Stava chiaramente mentendo.

“A me sembra di sì” insistette.

“Ti dico di no, invece” sbottò lei, scocciata.

“C’è qualcosa che devi dirmi, forse?” le domandò Nick, cercando di addolcire il tono di voce.

Emi scosse la testa e Nick sospirò.

“Bene, allora parlo io” decretò il ragazzo. “Volevo dirtelo ieri ma non c’è stata occasione. Ti amo”.

La risposta di Emi fu breve e secca e spiazzò completamente Nick.

“No”.

“No?” ripeté il ragazzo, confuso.

“No” confermò lei, seria.

“Sì, invece” ribatté lui. “Ti amo e anche tu provi qualcosa per me, hai solo paura di ammetterlo”.

“Non è vero” tentò di negare lei, ma Nick non si sarebbe lasciato convincere così facilmente, infatti dichiarò “Sì, lo è”.

“Come fai a esserne tanto sicuro?” gli chiese lei, in tono di sfida.

“Perché ho imparato a conoscerti e so che non mi avresti mai baciato se non provassi qualcosa per me” sentenziò Nick, sicuro di sé.

Emi sospirò e, guardandolo fisso negli occhi, annunciò “È stato un errore”.

“Cosa?” chiese Nick, non riuscendo a seguire il filo del discorso.

“Baciarti” spiegò la ragazza.

“Un errore?” balbettò Nick, incredulo.

Emi annuì.

“Sì,” spiegò “mi sono lasciata trasportare dal momento, dalla musica, da te che mi cantavi all’orecchio…”.

Il ragazzo, però, la interruppe. “Non ci credo”.

“È così, Nick,” tentò di convincerlo lei “e mi dispiace di averti illuso, non era mia intenzione”.

Sull'orlo delle lacrime, Nick le tolse le mani dai fianchi e le lasciò cadere ai lati del corpo, stringendo i pugni.

“Quindi, quello che è successo ieri, è stato tutto un malinteso?” le domandò, pregando di aver frainteso le parole della ragazza.

Emi, però, annuì e confermò “Ti voglio bene, ma non avrei dovuto baciarti. Scusami”. 

Nick dovette deglutire un paio di volte per ricacciare indietro le lacrime, prima di riuscire a rispondere.

“D’accordo” disse, in tono piatto e spento.

Emi aprì la bocca per aggiungere qualcosa, ma le parole le morirono in gola quando sentirono il suono di un clacson provenire dall’esterno.

Entrambi sapevano che si trattava dell'auto che era venuta a prendere Nick.

“Devo andare” annunciò lui.

Emi allungò una mano e gliela posò su un braccio.

“Non odiarmi, ti prego” lo supplicò.

Sforzandosi di non mettersi a piangere, Nick scosse la testa.

“Non ti odio” la rassicurò e, d’altra parte, come avrebbe potuto odiarla, quando la amava con tutto se stesso?

“Sei arrabbiato con me?” gli chiese la ragazza, con gli occhi lucidi.

Con un altro cenno negativo della testa, Nick rispose “No”.

Ed era vero, non era arrabbiato. Era deluso, disperato e profondamente ferito, ma arrabbiato no.

“Mi dispiace, davvero, è solo che…” tentò di giustificarsi Emi, ma in quel momento il clacson dell’auto suonò un’altra volta e Nick ne approfittò per porre fine a quella tortura.

“Devo andare, Emi. Scusami” sussurrò. 

La ragazza annuì. 

“Okay”.

“Ti chiamo quando arrivo a LA” le disse Nick, più per abitudine che perché volesse farlo veramente.

Emi fece di nuovo sì con la testa e gli rivolse un sorriso velato di tristezza.

Nick si chinò a darle un bacio sulla guancia e la salutò “Ciao, Emi”.

“Ciao Nick, buon viaggio” ricambiò lei, poi lo guardò voltarsi, prendere il borsone e uscire dalla stanza, richiudendosi la porta alle spalle.

Nick salutò la famiglia di Emi, sforzandosi di sorridere e di non far trasparire nulla di quanto era appena successo, anche se dentro di sè avrebbe soltanto voluto mettersi a piangere come un bambino. Solo quando fu al sicuro sul sedile posteriore dell’auto, si concesse il lusso di lasciare libero sfogo alle lacrime, che aveva trattenuto con così tanta fatica.

Aveva finalmente trovato la persona con cui voleva passare il resto della sua vita, qualcuno con cui l’idea di impegnarsi non lo spaventava ma, anzi, lo eccitava e, come da copione, l’aveva persa ancora prima che tra loro potesse anche soltanto iniziare qualcosa.

Perché? Perché doveva sempre essere tutto così complicato, per lui?

Con gli occhi annebbiati dalle lacrime, Emi osservò Nick uscire dalla casa e salire in auto.

Nell’esatto momento in cui la portiera si chiuse davanti al suo viso, Emi seppe di averlo perso per sempre, sia come potenziale compagno di vita, sia, temeva, anche come amico.

Fu in quel momento che il terribile dubbio di aver fatto la più grande cazzata della sua vita la colpì come un treno in corsa e si sentì quasi mancare l’aria. 

Annaspando, si lasciò cadere sul letto e scoppiò in un pianto disperato, dandosi della stupida per essersi lasciata vincere dalla paura e, allo stesso tempo, continuando a provare terribili ondate di angoscia. Solo che questa volta non era terrorizzata dalla possibilità di soffrire, ma, al contrario, dall’idea di essere stata lei stessa, con la sua stupida decisione di allontanare Nick da lei, la causa principale delle sue sofferenze.

Scossa dai singhiozzi, nemmeno si accorse che la porta della sua camera si era aperta e qualcuno era entrato, fino a che non sentì il materasso muoversi, sotto il peso di qualcuno che ci si era seduto sopra, e, alzando lo sguardo, si trovò davanti il viso preoccupato di sua madre.

“Cosa è successo?” le domandò la donna, spostandole una ciocca di capelli dalla fronte.

“Io…sono stata una stupida” balbettò Emi, con la voce rotta dal pianto.

“Perché?” le chiese sua madre.

Emi prese un respiro profondo, prima di confessare “Ho fatto un casino, mamma”.

La signora Williams, che era sempre stata molto perspicace, intuì subito quale poteva essere il soggetto del casino di cui parlava la figlia e, per accertarsene, le domandò “Con Nick?”

Emi annuì, sforzandosi di non scoppiare di nuovo a piangere.

“Avete litigato?” chiese ancora sua madre, per avere un’idea più chiara del problema.

Emi scosse la testa.

“No,” spiegò “ieri ci siamo baciati, ma gli ho detto che era stato un errore, anche se non lo pensavo”.

“Perché gliel’hai detto, se non lo pensi?” volle sapere la donna.

“Perché non voglio soffrire un’altra volta” rispose Emi, in un sussurro.

La signora Williams posò una mano sulla guancia della figlia, asciugandole le lacrime e, con un sorriso rassicurante, le disse “Non sono tutti come Derek, sai?”

“Lo so” convenne Emi, con un cenno affermativo del capo.

“Nick è un bravo ragazzo” osservò la donna.

“Sì, lo è” concordò la ragazza.

“E ti ama” dichiarò la signora Williams.

Non era stata una domanda, piuttosto una constatazione. 

Aveva osservato Nick e sua figlia interagire per tutto il weekend, ed era palese che il ragazzo provasse qualcosa per Emi. 

Quello che non era riuscita a capire era cosa provasse lei per lui. 

Conosceva bene Emi e sapeva quanto potesse essere testarda, inoltre, la storia con Derek l’aveva scombussolata molto più di quanto sua figlia avrebbe mai ammesso e la signora Williams temeva che Emi non avrebbe mai più trovato il coraggio di fidarsi completamente di un uomo.

Non poteva biasimarla, Derek era stato un vero stronzo, ma non tutti i ragazzi erano così e, soprattutto, Nick era diverso.

Doveva ammettere che, quando Emi le aveva annunciato che avrebbe portato un amico al battesimo del nipote, sulle prime era stata entusiasta ma, una volta scoperto di chi si trattava, si era subito messa sulla difensiva.

Sua figlia aveva avuto una cotta terribile per quel tipo, da ragazzina, e temeva che lui se ne stesse approfittando e la stesse solo prendendo in giro.

D’altra parte, cosa poteva trovare una persona ricca e famosa come Nick in una ragazza normale e dal passato difficile come Emi?

Qualcosa in sua figlia, però, doveva averlo colpito perché si era accorta che Nick ne era profondamente innamorato fin dal primo momento in cui li aveva visti insieme.

Conoscendolo, si era ricreduta su di lui. Nick era sì ricco e famoso, ma era un ragazzo gentile ed educato che, in qualche modo, era rimasto con i piedi per terra, nonostante avesse passato la maggior parte della sua vita sotto i riflettori.

Non c’era nulla di finto o costruito, in lui. Era spontaneo e molto più vero di quanto Derek non fosse mai stato.

Soprattutto, l’affetto che provava per Emi era autentico e la signora Williams sperava che la figlia se ne rendesse conto presto.

Sentendo la madre constatare ciò che Nick le aveva appena dichiarato, Emi si sentì stringere lo stomaco in una morsa e riuscì soltanto ad annuire.

“E tu lo ami?” le domandò la donna, seria.

Emi sospirò e si decise ad ammettere quello che, in fondo, sapeva ormai da parecchio tempo.

“Credo proprio di sì”. 

“E allora perché l’hai lasciato andare via?” si informò sua madre.

La ragazza alzò le spalle, sconsolata, e poi tentò di giustificarsi, dicendo “Ho avuto paura”.

Sua madre capì subito a cosa si riferiva e le chiese “Di soffrire di nuovo?”

Emi annuì, abbassando lo sguardo. Ormai era convinta di aver commesso l’ennesimo errore e si vergognava da morire.

“Ascoltami, Emi,” sentenziò la signora Williams, richiamando l’attenzione della figlia e facendole rialzare gli occhi “la vita è come una partita ai dadi. Tiri e vedi quello che esce. A volte fai un buon lancio, altre volte fai un lancio pessimo, ma non puoi rifiutarti di giocare per paura che ti capiti un brutto tiro, perché così facendo rinunci anche ai possibili tiri fortunati. Devi rischiare”.

Colpita dalla semplice verità delle parole della madre, Emi si lasciò sfuggire un lamento e piagnucolò “Ormai è troppo tardi. Si è offeso a morte”.
“Chiamalo” la spronò la donna.

Emi scosse la testa e obiettò “Non voglio dirgli una cosa del genere al telefono”.

La signora Williams scosse la testa.

“Non ti sto dicendo di chiamarlo per dirgli che lo ami, sciocchina,” replicò “sarò anche vecchia ma so ancora come vanno queste cose. Glielo devi dire guardandolo in faccia, è ovvio. Però, puoi almeno scusarti con lui”.

“E se non mi vuole più parlare?” si lasciò scappare Emi, terrorizzata dall’eventualità.

Sua madre alzò gli occhi al cielo e fece no con la testa.

“Ma figurati, quel ragazzo ti adora. Capisco che ci sia rimasto male, ma sono sicura che non ti sbatterà il telefono in faccia” la rassicurò.

Emi sorrise e annuì, poi decretò “Ha promesso di chiamarmi quando atterra a Los Angeles e mantiene sempre le promesse. Quando lo sento, vedo di capire quanto è arrabbiato con me e cerco di risolvere la situazione, almeno finché non ci rivedremo”.

La signora Williams sorrise a sua volta.

“A quel punto, però, ricordati di rischiare” la consigliò.

Emi prese una mano della madre e la strinse.

“Rischierò, promesso” le assicurò.

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Capitolo 8
*** Without you ***


CHAPTER 8 - Without you

 

He took the midnight train going anywhere

 

Come promesso, Nick l’aveva chiamata, non appena arrivato a casa, ma era stata una conversazione molto breve e piuttosto imbarazzante. 

Era chiaro che il ragazzo era rimasto male per il suo comportamento e lei, d’altra parte, si vergognava da morire per come l’aveva trattato. 

Avrebbe voluto chiedergli di nuovo scusa e dirgli che non era stata del tutto sincera con lui, ma sapeva che non era una conversazione da fare al telefono, quindi cercò di comportarsi come se non fosse successo nulla. 

Nick, però, non ci riusciva. 

Amava Emi e le sue parole l’avevano ferito. 

Quando si era immaginato quella telefonata, era stata molto diversa da quella reale. 

Lui ed Emi si erano dichiarati i reciproci sentimenti e stavano insieme, lui la chiamava amore e lei gli diceva che gli sarebbe mancato da morire. 

Invece, lei aveva finto che lo splendido bacio che si erano scambiati fosse stato solo un errore. 

Nick sapeva che mentiva e sapeva anche perché. Emi aveva paura di soffrire di nuovo, ma questo non giustificava certo il suo comportamento. 

Da quando si erano conosciuti, non aveva fatto altro che impegnarsi per dimostrarle che era diverso da quel coglione del suo ex, che di lui poteva fidarsi e non l’avrebbe mai presa in giro o fatta soffrire. Se, nonostante i suoi sforzi, lei ancora non sentiva di poter abbassare le difese, allora Nick non sapeva proprio che altro fare per farle cambiare idea. 

La amava, immensamente e profondamente, con tutto se stesso ma, se lei non voleva nemmeno concedergli l’opportunità per farle vedere quando avrebbero potuto essere perfetti insieme, allora Nick doveva fare di tutto per togliersela dalla testa e, per riuscirci, sapeva che sarebbe stato necessario prendere le distanze. 

Il viaggio a Londra veniva come una benedizione. Tra gli impegni e la differenza di fuso orario, avrebbe avuto delle ottime scuse per diradare le telefonate e fingere che andasse tutto bene via messaggio era molto più semplice. 

Non voleva perdere Emi, ma essere suo amico non gli bastava più. Già trovava difficile fingere che la situazione gli stesse bene prima, ora, dopo quello che c’era stato tra loro, era decisamente impossibile.

Nick non si fece sentire per qualche giorno, adducendo come scusa svariati impegni pre partenza. 

Emi si accorse che qualcosa era cambiato, nel comportamento del ragazzo e, la mattina della partenza per l’Europa, mentre Nick era in attesa di imbarcarsi all’aeroporto, gli scrisse un messaggio che fece stringere il cuore al ragazzo.

Scusami.

Sospirando profondamente, Nick le rispose subito.

Non fa niente.

È tutto okay tra noi? gli domandò Emi.

Sì, tutto a posto, mentì Nick.

Non poteva certo dirle che non sopportava l’idea di non sentirla ma, allo stesso tempo, non riusciva a immaginare come avrebbe potuto continuare a essere solo suo amico, quando tutto ciò che desiderava era stringerla tra le braccia e baciarla.

Non ce l’hai con me? insistette la ragazza, chiaramente preoccupata.

Nick continuò con la sua bugia e scrisse:

No, tranquilla. Sono solo molto impegnato. Ci vediamo quando torno, okay?

Non sapeva se e quando sarebbe avvenuto perché prima di rivederla, doveva essere certo di riuscire a non scoppiare a piangere, supplicandola di dargli una chance.

Brian gli aveva consigliato un grande gesto, per conquistarla, e umiliarsi in quel modo davanti a lei sarebbe sicuramente stato d’impatto, ma Nick aveva ancora un po’ di orgoglio e non aveva il coraggio di farsi vedere così, soprattutto dopo che già le aveva detto ciò che provava per lei ed era stato rifiutato.

Okay. Posso scriverti ogni tanto? si informò Emi.

Aveva capito che le cose tra loro non erano più come prima e voleva essere certa che Nick avesse piacere di sentirla.
Restò in attesa della risposta del ragazzo con il cuore in gola. Non sapeva esattamente cos’avrebbe fatto se lui le avesse chiesto di non cercarlo più.

Fortunatamente, Nick rispose:

Certo.

Tirando un sospiro di sollievo, Emi sorrise e digitò in fretta:

Fai buon viaggio, Nick. E salutami Londra.

Non aveva risolto nulla, ma almeno sapeva che il loro rapporto non era completamente rovinato e poteva sperare di sistemare le cose non appena lui fosse tornato.

Grazie, a presto Emi, la salutò Nick.

La ragazza restò a fissare a lungo quell’ultimo messaggio e, senza che potesse impedirlo, sentì una lacrima correrle giù per la guancia.

Non c’era nessun bacio. Non uno smile e nemmeno un paio di X, che Nick era solito aggiungere alla fine delle loro conversazioni.

Sospirò e ricacciò indietro le lacrime che le pizzicavano gli occhi.

Non tutto era perduto, ma sarebbe stato più difficile del previsto.

⁓ * ⁓

“Amico, tu la devi piantare”.

La voce di AJ, dietro di lui, riscosse Nick e gli fece staccare gli occhi dallo schermo del cellulare.

“Di fare cosa?” gli chiese, cercando di capire a cosa si riferisse.

AJ si sedette accanto a lui, nella sala mixaggio dello studio di registrazione che avevano affittato, e indicò il cellulare di Nick con un cenno della testa.

“Le cose sono due,” sentenziò, pratico “o la chiami e le dici che non puoi vivere senza di lei - perché è evidente che è così - supplicandola di ripensarci, oppure ti rassegni e smetti di passare le giornate sospirando davanti al telefono come un adolescente, in attesa di un suo messaggio”.

“Come faccio a rassegnarmi?” replicò Nick, buttando indietro la testa e abbandonandosi contro lo schienale della sedia “Lei è quella giusta, lo so”.

AJ sorrise e, mettendogli una mano sulla spalla, osservò “E allora ti sei risposto da solo. Chiamala”.

Nick stava per ribattere quando la porta della stanza si aprì e Kevin fece il suo ingresso con una tazza di caffè in mano. I due ragazzi lo guardarono entrare e andare a sedersi sul divanetto al lato opposto, poi tornarono alla loro conversazione.

“Non posso chiamarla, non servirebbe a niente. Mi ha detto chiaro e tondo che non ci sarà mai niente tra noi” si lamentò Nick, scoraggiato.

“Magari non diceva sul serio” azzardò AJ.

Nick gli lanciò un’occhiataccia e replicò “Non diceva sul serio? Ti voglio bene ma non avrei dovuto baciarti, è stato un errore, scusami non volevo illuderti mi sembra un discorso abbastanza convinto”.

“Ha detto che ti vuole bene, però” gli fece notare l’amico, ottimista.

Nick sbuffò e commentò, sarcastico “Tante grazie”.

“Nick”.

La voce di Kevin, alle loro spalle, li fece voltare entrambi.

“Non conosco bene la situazione e sono l’ultimo a dover parlare, considerato che sono mancato per sei anni e tu, nel frattempo, sei cambiato moltissimo…” esordì il maggiore.

Nick scosse la testa e sorrise. 

Kevin gli era mancato molto più di quanto avrebbe mai ammesso. 

Quando avevano iniziato, i nove anni di differenza che c’erano tra loro sembravano un ostacolo insormontabile e spesso Nick si era lamentato del fatto che l’amico non lo capisse. Dal canto suo, Kevin vedeva Nick come un fratellino da accudire, più che un compagno di avventure, e passava il tempo a rimproverarlo e a cercare di educarlo al meglio.

Crescendo, Nick aveva imparato ad apprezzare la figura di Kevin che, a tutti gli effetti, gli aveva fatto da padre molto più di quanto Bob Carter avesse mai fatto, ma i continui sermoni dell’amico spesso gli facevano saltare i nervi.

Quei sei anni senza averlo sempre intorno, però, erano serviti a fargli capire quanto, in realtà, i consigli di Kevin gli fossero sempre stati utili, quindi non vedeva l’ora di sentire cos’avesse da dire riguardo la sua situazione con Emi. 

“Figurati, Kev, di’ pure. A questo punto, qualsiasi punto di vista è ben accetto” lo spronò.

Il ragazzo sorrise e proseguì.

“Mi sembra di capire che ci sia una ragazza che ti interessa ma che non ricambia, giusto?” domandò.

Nick annuì.

“È un po’ più complicato di così, ma, in linea di massima, sì, la situazione è questa” confermò.

“E vi siete baciati, a quanto hai detto” ricapitolò Kevin.

Nick annuì di nuovo.

“Sì, ci siamo baciati ed è stato straordinario, Kev, mai avuto un bacio simile in vita mia. E ne ho avuti parecchi” ironizzò.

AJ e Kevin ridacchiarono ed AJ gli diede anche una pacca sul braccio, per canzonarlo.

“Io non la conosco, ma è il tipo che prende un bacio alla leggera?” gli chiese l’amico.

Nick scosse subito la testa.

“Assolutamente no,” spiegò “per questo, quando è successo, ho creduto che ormai fosse fatta, che anche lei provasse qualcosa per me e che avremmo finalmente potuto stare insieme. Invece mi ha detto che è stato un errore”.

Kevin rifletté un istante, prima di osservare “Forse AJ ha ragione e non diceva sul serio”.

Nick sospirò e disse “L’ho pensato subito anch’io, ma sembrava convinta. E poi perché dirmi una cosa del genere se non lo pensava veramente?”

“Magari prova qualcosa per te, ma ha paura” ipotizzò AJ.

“Paura?” ripeté Nick, confuso “Di me?”

Kevin scosse la testa.

“No, non di te,” lo rassicurò “ma di innamorarsi di te”.

“Aspetta,” farfugliò Nick, interdetto “non capisco, Kev”.

L’amico sospirò e gli sorrise, prima di fargli notare “Nick, sei in questo ambiente da tutta la vita e per te è diventata la normalità, quindi tendi spesso a dimenticare che non lo è. Facevo anch’io lo stesso errore, mi sono serviti questi sei anni di pausa per rendermi conto che il mondo vero è molto diverso da quello in cui viviamo noi. Non credo che la tua amica faccia parte del mondo dello spettacolo, vero?”

Nick scosse la testa e confermò “No”.

Kevin fece un cenno affermativo con la testa e continuò “Mi dispiace dirtelo, ma non sei proprio la persona più semplice del mondo con cui avere una relazione. Hai mai pensato che possa semplicemente essere spaventata da quello che stare con te potrebbe comportare?”

“Io…sì, forse” balbettò Nick.

Mentre Kevin parlava, Nick ripensava a quanto Emi fosse stata ferita in passato e a come, in effetti, l’idea di potersi essere innamorata di nuovo, per la prima volta dopo anni, proprio di lui che, come l’amico gli aveva fatto notare, non era la persona più semplice con cui stare, potesse averla spaventata e destabilizzata.

In quel momento, il cellulare di Nick suonò, indicando l’arrivo di un messaggio.

Ancora perso nei suoi pensieri, il ragazzo lo prese e, quando notò che si trattava di un messaggio di Emi, si affrettò ad aprirlo.

Era una foto che ritraeva la ragazza bagnata fradicia, con i capelli appiccicati al viso e un buffo sorriso rassegnato, e la didascalia diceva: 

Ho beccato un acquazzone improvviso andando al lavoro. Beh, almeno avevo la maglietta adeguata.

Nick riguardò meglio la foto e si accorse che Emi indossava una t-shirt con disegnato il profilo di Igor, dal film Young Frankenstein, con la celebre frase che il personaggio pronuncia in una delle scene più divertenti e che, in effetti, era perfetta per sottolineare quanto le era successo quel giorno: Could be worse, could be raining.

Nick non riuscì a fare a meno di ridere e mostrò l’immagine a AJ, che stava tentando di sbirciare da sopra alla sua spalla.

Anche il ragazzo rise e Kevin rivolse a entrambi un’occhiata incuriosita, quindi Nick si alzò e fece vedere il messaggio anche a lui.
Kevin sorrise, divertito, poi guardò Nick e gli disse “Tre cose. Uno: è carina e anche spiritosa; due: ti sta scrivendo, quindi vuol dire che ci tiene; e tre: ti brillano gli occhi, Nick, il che vuol dire che ne vale la pena”.

Nick si lasciò sfuggire un sorriso, al commento di Kevin, poi sospirò e chiese “Cosa devo fare, Kev? Perché ne vale decisamente la pena”.

L’amico gli mise una mano sul braccio e rispose “Innanzitutto rispondile, ma non farle capire che ti stai struggendo per lei. Sii gentile ma un po’ distaccato, non deve credere che stai smaniando di sentirla o rivederla. Chissà, magari si accorge che le manchi e che ha bisogno di te più di quanto sia spaventata da ciò che potrebbe aspettarla”.

⁓ * ⁓

Mi servirebbe una maglietta così, qui piove sempre.

Emi sorrise, leggendo il messaggio di Nick, e si affrettò a rispondere.

Te ne regalo una per Natale.

Restò in attesa di una risposta di Nick, ma non ricevette nessun messaggio.

Sospirò e appoggiò la fronte sulla superficie fredda del tavolino, lasciandosi sfuggire un lamento.

“Piano, che già il tuo cervello è compromesso, non vorrai peggiorare la situazione?”

Riconoscendo la voce che aveva parlato, Emi rialzò la testa e incrociò lo sguardo divertito di Donnie.

“Spiritoso” commentò, facendogli la linguaccia.

L’amico scoppiò a ridere, poi le porse una mano per aiutarla ad alzarsi.

“Scusa il ritardo, sono stato trattenuto sul set”, si giustificò, prima di proporle “ma cosa ne dici se, per farmi perdonare, ti porto fuori a cena, così mi racconti come mai stavi tentando di provocarti una commozione cerebrale?”

Emi rise e annuì, accettando la mano che Donnie le porgeva e seguendolo fuori dalla caffetteria.

Durante la cena, Emi raccontò all’amico cos’era successo tra lei e Nick, confessandogli anche di aver realizzato di aver fatto un’enorme cazzata a dirgli che baciarlo era stato un errore. L’aveva allontanato per paura di soffrire ma, in realtà, il solo sentirlo così distante e freddo la stava facendo soffrire più di ogni altra cosa e non riusciva nemmeno a immaginare cos’avrebbe potuto fare se Nick avesse troncato del tutto i rapporti.

Si era affezionata troppo a lui e non soltanto come amico, finalmente riusciva ad ammetterlo.

Purtroppo se n’era fatta una ragione troppo tardi e il danno ormai era stato fatto.

Sapeva di averlo ferito e di dover essere lei a scusarsi e a rimediare, ma non aveva idea di come fare.

Entro una settimana, Nick sarebbe tornato dall’Europa, ma Emi sapeva che aveva una serie di impegni a Los Angeles legati alla registrazione dell’album e di alcune scene per un documentario a cui i ragazzi stavano lavorando e che sarebbe uscito più avanti, quindi non aveva idea di quando avrebbe potuto vederlo.

Quella lunga attesa la stava distruggendo, però, e non desiderava altro che potergli parlare per scusarsi, spiegargli il perché del suo stupido comportamento e, finalmente, dirgli cosa provava per lui.

Donnie fu molto comprensivo, ma cercò di spronarla a parlargli il prima possibile. Durante il tour insieme, aveva imparato a conoscere Nick e sapeva che il ragazzo era abituato a ottenere quello che voleva, quindi temeva che potesse stufarsi di aspettare e, in qualche modo, dimenticarsi di Emi.

Razionalmente si diceva che non sarebbe successo perché, questa volta, Nick era davvero innamorato, ma, allo stesso tempo, non riusciva a zittire i suoi timori.
Lui ed Emi dovevano assolutamente chiarirsi al più presto.

Quando lo ripeté a Emi, forse per la decima volta nel corso della serata, la ragazza gli rispose, spazientita “Lo so, ma non posso mica salire su un aereo e presentarmi a Londra”.

“Non mi sembra una brutta idea” osservò Donnie, con un mezzo sorriso.

Emi gli lanciò un’occhiataccia e lo rimproverò “Donnie!”

“Perché?” obiettò lui, offeso “Anche noi maschietti siamo sensibili ai grandi gesti d’amore un po’ folli”.

“Andare a Londra sarebbe più che un po’ folle, non so nemmeno esattamente dove stanno” gli fece notare Emi, pratica.

Donnie sospirò, rassegnato, e cedette.

“Okay, allora vorrà dire che dovrai aspettare che torni”.

“Mi sa di sì” concordò lei, delusa.

“Poi, però, gli devi parlare” insistette l’amico ed Emi annuì.

“È quello che ho intenzione di fare” annunciò.

“Il prima possibile” aggiunse Donnie.

“Non appena sarà a New York,” gli assicurò la ragazza “sperando che voglia vedermi”.

“Ma certo che vuole vederti” la rassicurò lui.

Emi distolse lo sguardo e sospirò. 

“Mi risponde a malapena” si lamentò e Donnie si rese conto di quanto la cosa la facesse stare male.

Allungò una mano sul tavolo e strinse quella dell’amica.

“Perché è ferito,” spiegò “e vuole evitare di soffrire di più. D’altra parte gli hai detto chiaro e tondo che non ci poteva essere nulla tra di voi”.

“Sono stata una stupida, non lo pensavo veramente” ammise Emi, passandosi la mano libera sugli occhi.

“Lo so, ma lui no. Mettiti nei suoi panni” cercò di farla ragionare Donnie.

Emi fece un cenno affermativo col capo.

“Infatti non lo biasimo. Sono stata una stronza e non vedo l’ora di poter sistemare questo casino perché mi manca da morire, ma chissà quanto dovrò aspettare” disse, sconsolata.

Donnie, che aveva sempre avuto il cuore tenero, era dispiaciuto di vedere l’amica così triste e avrebbe voluto poter fare qualcosa per aiutarla.

La cosa più ovvia sarebbe stata chiamare Nick e spifferargli tutto quello che Emi gli aveva appena detto, in modo che il ragazzo sapesse che anche lei lo amava e, quanto meno, non facesse sciocchezze fino a che Emi non gli avesse parlato.

Ma Donnie non poteva farlo. Emi si fidava di lui e, se l’avesse scoperto, l’avrebbe ucciso. Inoltre, voleva sì aiutarla, ma senza mettersi veramente in mezzo nella storia tra lei e Nick.

All’improvviso, gli venne un’idea. 

Avrebbe potuto tentare di scoprire quando Nick sarebbe stato in città così che, se anche lui avesse deciso di continuare a recitare la parte dell’offeso e non avesse avvisato Emi, lei l’avrebbe comunque saputo e Donnie l’avrebbe aiutata a trovare un modo per vederlo.

“Provo a fare qualche telefonata e vedo di capire se e quando i ragazzi saranno in città,” si offrì “altrimenti mi sa che ti toccherà andare in California”.

Emi gli sorrise, riconoscente, e decretò, con un lampo di decisione negli occhi scuri “Se è necessario, lo farò”.

Donnie ricambiò il sorriso, si avvicinò la mano dell’amica alle labbra e le diede un bacio, sentenziando “Brava la mia ragazza. Capisco come mai Carter è pazzo di te”.

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Capitolo 9
*** Before it’s too late ***


CHAPTER 9 - Before it’s too late

 

Payin' anything to roll the dice
Just one more time

 

Emi si guardò un’ultima volta allo specchio, passando in rassegna i jeans strappati e la maglietta dei Goonies. Ricontrollò il trucco, la sua solita riga di eyeliner e il mascara, poi, abbastanza soddisfatta, si decise a scendere per andare incontro a Donnie.

Era il 31 di agosto e l’amico l’aveva chiamata circa una settimana prima per annunciarle che aveva scoperto che i Backstreet Boys si sarebbero esibiti, per la prima volta di nuovo con Kevin, al Good Morning America’s Summer Concerts, a Central Park.

Tramite i suoi contatti, Donnie aveva fatto in modo di ottenere i biglietti e i pass per il backstage per lui e per Emi, in modo che la ragazza potesse finalmente vedere Nick.

Emi doveva ammettere di essere rimasta piuttosto male quando si era resa conto che Nick non le aveva detto che sarebbe stato in città. Le aveva promesso che si sarebbero rivisti il prima possibile ma, invece, non sembrava morisse dalla voglia di incontrarla.

Da una parte lo capiva, lei si era comportata da vera stronza, con lui, e l’aveva chiaramente ferito, quindi aveva tutte le ragioni per avercela con lei e non volerla vedere. Dall’altra, però, l’idea che lui la stesse evitando la rendeva ancora più nervosa per quello che stava per fare.

Emi non era mai stata una persona impulsiva, era spontanea, questo sì, ma non il tipo che faceva follie seguendo l’istinto.

E, quello che stava per fare, ossia presentarsi nel backstage di un concerto, accompagnata da un componente dei New Kids On The Block, per dire a Nick Carter dei Backstreet Boys che era innamorata di lui e pregarlo di perdonarla, era decisamente una follia. 

Una grossa, colossale follia.

Ma era anche l’unico modo per provare a riprendersi Nick e, per quanto nervosa e spaventata, Emi non se lo sarebbe di certo lasciata scappare.

Mentre era in piedi tra la folla, con la mano di Donnie stretta nella sua e il cuore che le batteva a mille, Emi stava quasi per farsi sopraffare dall’angoscia e mandare tutto al diavolo, ma le bastò vedere Nick salire sul palco, i capelli biondi a contrasto con la maglietta nera, ma curiosamente abbinati alla giacca di pelle che indossava, e gli occhi azzurri luccicanti, per ricordarsi quanto lo amasse e per decidere che niente al mondo le avrebbe impedito di tentare il tutto per tutto per poter stare con lui.

⁓ * ⁓

Appena finito il concerto, Donnie la trascinò verso le transenne, accanto a cui avevano seguito il concerto, e si fece notare da un membro della sicurezza.

L’uomo lo riconobbe subito e gli fece un cenno di saluto. I due parlarono un istante, anche se Emi non seguì una sola parola di ciò che si dissero, troppo nervosa e concentrata su quello che avrebbe dovuto fare di lì a poco. Notò solo che Donnie gli aveva mostrato il pass che avevano al collo e l’aveva indicata. Poco dopo, l’uomo aveva spostato una transenna, aprendo un varco attraverso cui lei e Donnie si erano infilati, passando così nell’area riservata allo staff e agli artisti.

Seguendo le indicazioni che gli aveva dato il bodyguard, Donnie guidò Emi lungo un corridoio laterale delimitato da transenne, poi salirono un paio di gradini, fino ad arrivare sul retro del palco, dov’erano stati rimediati dei camerini improvvisati per gli artisti.

Mentre si guardavano intorno, alla ricerca di qualche faccia conosciuta, Donnie si sentì chiamare e, voltandosi, notò Howie che gli veniva incontro sorridente.

Ehi, Wahlberg!” lo salutò, stupito “Che sorpresa. Cosa ci fai qui?”

Donnie andò verso di lui e gli strinse la mano, rispondendo al saluto del ragazzo con un abbraccio.

“Ho accompagnato un’amica a vedervi” rispose, sincero.

Howie gli rivolse uno sguardo interrogativo ma, in quel momento, Emi spuntò dalle spalle dell’amico e il ragazzo capì di cosa stesse parlando.

“Ciao…” lo salutò timidamente Emi.

Non aveva mai incontrato gli altri Backstreet Boys, a parte AJ, e non aveva idea se Nick avesse parlato di lei agli amici, quindi non sapeva come comportarsi.

Fortunatamente, prima che Emi potesse dire o fare qualsiasi altra cosa, notò una figura famigliare comparire da uno dei rudimentali camerini.

Anche AJ la vide e la riconobbe all’istante. Le andò incontro con un sorriso e la strinse in un abbraccio.

“Ehi, Emi. Ciao. Che piacere vederti” disse, prima di stringere la mano a Donnie, che gli diede una pacca sulla spalla.

“Ciao, AJ. Anch’io sono felice di vederti” ricambiò la ragazza, un po’ meno nervosa, ora che aveva identificato un’altra faccia amica.

“Quindi tu sei la famosa Emily” disse una voce, alle sue spalle, ed Emi si voltò di scatto, riconoscendo in colui che aveva parlato Brian, un altro dei Backstreet Boys.

Il ragazzo la stava guardando con un’espressione curiosa, che Emi non sapeva a cosa attribuire, ma che la stava facendo innervosire nuovamente, quindi tentò di smorzare la tensione ironizzando “Sono Emily, ma famosa non direi”.

Howie ridacchiò e commentò “Oh, sì invece. Fidati”. 

A quel punto, capendo che gli amici la stavano mettendo in difficoltà, AJ decise di prendere in mano la situazione e le chiese “A cosa dobbiamo la sorpresa?”

Emi riportò l’attenzione sul ragazzo e annunciò “Io…devo vedere Nick”.

Sforzandosi di nascondere un sorrisetto compiaciuto, AJ annuì e disse “Certo, te lo chiamiamo subito”. Poi, rivolto agli amici, si informò “Ragazzi, dov’è Nick?”

“Sta parlando con la presentatrice. Vado a chiamarlo” si offrì Brian e corse via, tornando da dov’era arrivato poco prima.

“Non so nemmeno se vuole vedermi…” si lasciò scappare Emi, iniziando a lasciarsi cogliere dai dubbi.

Donnie aprì la bocca per tranquillizzare l’amica, ma AJ fu più rapido e le assicurò “Ma certo che sì”.

In quel momento, Emi sentì dei passi alle sue spalle, si voltò e vide Nick avanzare verso di lei, insieme a un ragazzo alto e moro, che riconobbe essere Kevin.

I due erano preceduti da Brian che, come promesso, era andato a chiamarli, e Nick stava parlando con l’amico. Non appena vide Emi, però, si bloccò di colpo e restò a fissarla, chiaramente sorpreso di trovarla lì.

“Emi” esclamò, con aria stupita.

“Ciao Nick” lo salutò timidamente lei, azzardando un sorriso.

“Cosa ci fai qui?” le chiese lui, ma Emi notò che il tono di voce non sembrava infastidito o arrabbiato, piuttosto curioso.

Decidendo di giocarsi fin da subito la carta dell’onestà, Emi rispose “Mi sono fatta accompagnare da Donnie per vederti. Devo parlarti”.

Nick fece un paio di passi verso di lei, arrivandole vicino.

Aveva il cuore che gli martellava nel petto e, non appena l’aveva vista, aveva iniziato a proiettare nella sua testa i film più disparati che spiegassero il motivo della visita inaspettata della ragazza. In ognuno di essi, però, indistintamente, Emi finiva col buttargli le braccia al collo confessandogli tutto il suo amore per lui.
Dandosi dello stupido e ripetendosi che non doveva farsi illusioni, Nick si sforzò di restare calmo e le sorrise, invintandola a parlare.

“Certo, dimmi”.

Emi aprì la bocca, poi però si guardò intorno con la coda dell’occhio e notò che erano circondati dai restanti quattro membri dei Backstreet Boys, più Donnie, tutti con gli occhi puntati su di loro.

Imbarazzata, si alzò in punta di piedi, in modo da avvicinarsi il più possibile all’orecchio di Nick, e gli sussurrò “Preferirei parlarti da soli, se possibile”.

Il ragazzo si guardò intorno, capendo a cosa si riferiva, poi, individuato un angolino appartato nel backstage, annuì e prese Emi per mano, guidandola in disparte.

“Okay, qui dovremmo essere abbastanza tranquilli,” disse, quando furono fuori portata d’orecchio degli altri “dimmi”.

Emi lo guardò negli occhi, poi prese un respiro profondo e buttò fuori, tutto d’un fiato “Non è stato un errore”.

Preso alla sprovvista, Nick farfugliò, confuso “Cosa?”

Senza smettere di fissarlo, Emi iniziò a spiegare.

“Quando ci siamo baciati. Ti ho detto che era stato un errore, ma non è vero. È solo che avevo paura. La brutta esperienza con il mio ex mi ha segnata molto più di quello che voglio far credere e avevo davvero giurato di non avere mai più a che fare con gli uomini. Ma poi sei arrivato tu ed è cambiato tutto. Mi sono affezionata. Non l’avevo previsto, ma è successo e non ho potuto farci niente. Non ho voluto farci niente perché mi piace quello che c’è tra noi, Nick. Tu mi completi. E volevo baciarti, lo desideravo da un sacco di tempo. Solo che, quando è successo, mi sono spaventata. Non voglio soffrire di nuovo, sai? Non riuscirei a sopportarlo. E lo so che tu sei diverso e me l’hai dimostrato, ma, anche se il mio cuore lo sapeva, non riusciva a convincere la mia testa. Per questo ti ho detto che era stato un errore, ma non lo pensavo veramente. Non lo penso nemmeno adesso. Anzi, è stata una delle cose più giuste che abbia mai fatto in vita mia. Ma ho rovinato tutto, come al solito, e me ne sono resa conto solo quando sei andato via e le cose tra noi non erano più come prima. Non ti facevi sentire e mi sei mancato. Mi è mancato sentire la tua voce. Mi avevi assicurato che ci saremmo visti, non appena fossi tornato da Londra, ma non mi hai nemmeno detto che eri in città”.

“Ho avuto da fare con i ragazzi, ma ti avrei chiamata non appena avessi avuto un attimo di tregua,” la interruppe Nick, per giustificarsi “non ti stavo ignorando di proposito”.

Emi si lasciò sfuggire un sorriso e annuì.

“Lo so,” ammise “è da stupidi, ma sono andata nel panico. Ho creduto di averti perso e quella paura era molto più grande di quella che mi aveva fatta allontanare ed è stato lì che ho capito”.

“Cosa?” le chiese Nick, impaziente di scoprire se quello che immaginava e sperava sarebbe veramente successo.

Emi sospirò di nuovo e, finalmente, si decise a confessare “Che ti amo ed è inutile che faccia finta che non sia così. Mi sono innamorata di te e l’unico errore che ho commesso non è stato baciarti, quello lo rifarei altre mille volte, ma allontanarti. E, se adesso non vuoi più saperne di me, non ti biasimo, ma volevo dirti che ti amo, che mi dispiace per come mi sono comportata e spero tu possa perdonarmi”.

Sopraffatto dalla gioia che le parole di Emi gli avevano provocato, Nick non rispose, si limitò a fissarla, sorridendo come un ebete.

Preoccupata e un tantino interdetta dalla reazione del ragazzo, Emi gli domandò “Cosa c’è?”

Nick scosse la testa, continuando a sorridere. 

“Niente,” dichiarò “stavo solo assaporando cosa si prova a sentirti dire che mi ami”.

Sentendo un peso sollevarsi dal petto, Emi sorrise e restò a fissarlo, speranzosa.

Nick fece un passo verso di lei e le posò le mani sui fianchi, gli occhi incollati a quelli di Emi.

Lei gli intrecciò le braccia dietro al collo, incollandosi a lui e beandosi della sensazione di essere di nuovo stretta da Nick.

“Quindi ti sei finalmente decisa ad ammettere di esserti innamorata di me” constatò Nick, sempre sorridendo.

Emi annuì, curiosa di vedere dove Nick volesse andare a parare con quel discorso.

“E baciarmi non è stato un errore” proseguì lui.

La ragazza fece no con la testa.

“Quante altre volte hai detto che lo rifaresti?” le domandò, ironico.

Emi ridacchiò e decise di stare al gioco.

“Mille,” rispose “ma è negoziabile”.

Anche Nick rise. Poi posò la fronte contro quella di Emi e le sussurrò “Iniziamo da una?”

Lei annuì e Nick cominciò a canticchiare, a bassa voce “​​If I could have just one kiss, if there's something more, we could start over…”.

Emi sorrise, sentendo la sua canzone preferita, poi avvicinò il viso a quello di Nick e posò le labbra su quelle del ragazzo. 

Nick rispose immediatamente al bacio, ancora incredulo, ma al settimo cielo, per quella svolta inaspettata di eventi che aveva sistemato tutto quanto. 

Quando si allontanarono l’uno dall’altra, Nick le spostò i capelli dal viso e le propose “Ricominciamo, ti va?”

Emi annuì, felice, lui allungò una mano e si presentò “Ciao, mi chiamo Nick e mi sono innamorato di te”.

Emi soffocò una risatina, poi strinse la mano che il ragazzo le porgeva e ricambiò “Ciao. Io sono Emily e sono innamorata di Nick Carter”.

Entrambi i ragazzi si guardarono un istante e scoppiarono a ridere. Poi Nick prese di nuovo Emi tra le braccia e la baciò per la seconda volta.

La canzone diceva just one kiss, ma loro dovevano arrivare almeno a mille ed era meglio portarsi avanti col lavoro.

⁓ * ⁓

Dopo la loro riconciliazione, Nick aveva presentato ufficialmente Emi agli altri ragazzi e lei aveva chiaramente percepito un’ondata di calore avvolgerla nel momento in cui l’aveva sentito rivolgersi a lei dicendo la mia ragazza.

Tutti gli amici, Donnie compreso, erano stati entusiasti della notizia e gli avevano fatto una gran festa. Emi non si aspettava una reazione del genere e, se sulle prime si sentì frastornata, subito dopo fu sopraffatta dall’affetto che dei perfetti sconosciuti le stavano dimostrando, soltanto perché, per citare le parole di Kevin, fai brillare gli occhi a Nick, e le venne quasi da piangere.

Salutato Donnie, che le fece promettere di chiamarlo al più presto per raccontargli tutto, Emi seguì Nick e i ragazzi in albergo. Lui non smise un istante di stringerle la mano, tanto che, una volta che furono soli, nell’auto che li avrebbe riaccompagnati in hotel, Emi si avvicinò al suo orecchio e gli bisbigliò “Puoi lasciarmi andare, non scappo”.

Il ragazzo la guardò, con un sorrisino imbarazzato, poi la baciò e replicò “Meglio non rischiare”.

Arrivati nella hall, salutarono gli altri, declinando vari inviti a uscire a cena tutti insieme e rimandandoli al giorno seguente. Non volevano risultare scortesi, ma avevano bisogno di restare un po’ soli.

Quando, finalmente, si richiusero la porta della camera di Nick alle spalle, Emi si voltò a guardarlo e il ragazzo fece lo stesso.

Nelle ultime tre ore, tutto quello che Nick desiderava si era improvvisamente avverato e non gli sembrava ancora vero che Emi gli avesse detto che lo amava e che adesso fosse lì, con lui, nella sua stanza.

Allo stesso modo, Emi non riusciva a smettere di fissare Nick, domandandosi come avesse potuto essere così stupida da avere avuto paura di stare con lui. Forse per la prima volta si accorse di quanto amore c’era negli occhi del ragazzo e il fatto che fosse tutto per lei la riempì di eccitazione e felicità, spazzando via anche le ultime ombre di timore che ancora aleggiavano sul suo cuore.

Nick le sorrise e lei ricambiò, poi entrambi si mossero uno verso l’altra, Emi gli gettò le braccia al collo e lui la strinse forte, incollando le labbra a quelle della ragazza.

Ricominciarono a baciarsi, con sempre più passione e desiderio, quasi a voler rubare l’aria di cui avevano bisogno per respirare l’una dai polmoni dell’altro.

Totalmente in preda alle emozioni che i baci di Nick le provocavano, Emi gli passò le mani sotto alla maglietta, iniziando ad accarezzargli la pelle dei fianchi e della schiena.

Nick sentì i muscoli contrarsi al tocco di Emi, e la baciò con ancora più passione, affondando le mani nei suoi capelli.

La ragazza sentì crescere dentro di sé un bisogno viscerale di Nick e si aggrappò alla sua maglietta, tirandolo a sé. Lui, che sentiva esattamente lo stesso bisogno di Emi, le prese il viso tra le mani e la guardò dritta negli occhi, confessando “Ti voglio, ma se tu non sei pronta, lo capisco e aspetterò. Solo, fermiamoci ora perché non so per quanto riuscirò ancora a rispondere delle mie azioni”.

La ragazza sorrise e, avvicinandosi il più possibile al suo viso, sussurrò “Ti voglio anch’io e non pensare nemmeno di fermarti”.

Mentre Emi posava nuovamente le labbra sulle sue, Nick sorrise nel bacio. Poi spinse leggermente la ragazza, facendole fare qualche passo indietro, finché entrambi caddero sul letto, Emi sdraiata sulla schiena e Nick sopra di lei.

Aiutato dalle mani della ragazza, Nick si liberò della maglietta e iniziò a sbottonarle i jeans, senza smettere di baciarla. Nel frattempo, Emi scalciò via le scarpe e iniziò a trafficare con i bottoni dei jeans di Nick. Dopo averle sfilato i pantaloni, Nick si tolse i suoi, restando in boxer, poi tornò sopra alla ragazza e le sorrise.

“Cosa?” chiese lei, incuriosita dal sorrisino del ragazzo.

“Per quanto mi piaccia, credo che questa debba sparire” osservò Nick, passandole le mani sotto alla maglietta.

Emi rise e alzò le braccia, aiutandolo a sfilargliela. Nick la lanciò da qualche parte in giro per la stanza e poi si mise a baciarle il collo.

Emi chiuse gli occhi e, mano a mano che le labbra di Nick scendevano verso il petto, percepiva l’eccitazione crescere sempre di più. Quando sentì una mano del ragazzo sfiorarle il seno, sollevò la testa e lo richiamò “Nick”.

Lui si fermò di colpo, credendo che ci fosse qualcosa che non andava. La guardò con aria preoccupata, ma Emi si affrettò a sorridergli, rassicurante.
“Io…sono anni che non vado a letto con un ragazzo e potrei essere un po’ arrugginita” confessò.

Nick sorrise, a sua volta, poi risalì, fino a baciarla di nuovo sulle labbra.

“Non ti preoccupare,” la rassicurò “sarò delicatissimo”. Poi, con un sorrisino malizioso che gli faceva brillare gli occhi, aggiunse “E, comunque, io non sono un ragazzo qualsiasi. Sono Nick Carter e sono certo che tu abbia avuto modo di leggere quello che si dice riguardo alle mie performance tra le lenzuola”.

Emi non riuscì a fare a meno di ridere, poi si coprì gli occhi con le mani, imbarazzata.

Sì, ovviamente sapeva della reputazione di Nick e la cosa la rendeva ancora più nervosa.

“Lo sai, vero?” la incalzò lui, ridacchiando.

Emi annuì, continuando a tenere le mani sugli occhi.

Nick gliele tolse e la costrinse a guardarlo, prima di chiederle “Andiamo, dimmi cos’hai letto”.

La ragazza scosse la testa, vergognandosi da morire, ma Nick era deciso a non cedere e iniziò a baciarle il collo, mentre le stuzzicava l’interno delle cosce con la punta delle dita.

Per quanto quella tortura fosse decisamente piacevole, l’eccitazione di Emi era giunta a un livello tale che sapeva che non sarebbe riuscita a resistere ancora per molto, quindi lo accontentò e si decise a parlare “Dicono che tu sia molto dotato”.

Nick rise, poi smise di baciarla e la fissò, con aria divertita.

“Dicono?” ripeté.

Emi annuì, morsicandosi il labbro inferiore.

“Beh,” annunciò Nick, tirandosi in piedi “prova un po’ a giudicare tu stessa se hanno ragione”, dopodiché si abbassò i boxer, lasciandoli cadere a terra, e fornendo a Emi una panoramica completa di ciò che la aspettava da lì a poco.

Quando riuscì a distogliere lo sguardo e a riportarlo sul viso del ragazzo, Emi lo trovò che la fissava, sorridente. Ricambiò il sorriso e annuì, dichiarando “Non che abbia una grande esperienza in merito, ma a mio modesto parere hanno ragione”.

Nick rise di nuovo, poi tornò a posizionarsi sopra di lei e, avvicinandosi al suo orecchio, sussurrò “Bene, adesso vediamo se è vero anche tutto il resto”.

Prima che riuscisse a ribattere, Emi sentì le dita di Nick insinuarsi sotto l’elastico delle sue mutandine, abbassandogliele lentamente, e chiuse gli occhi, pronta a godersi appieno tutte le sensazioni che sarebbero seguite.

Sarebbe stata un’esperienza decisamente interessante.

⁓ * ⁓

Emi aprì lentamente gli occhi, abituandosi alla penombra della stanza, e allungò una mano per prendere il cellulare dal comodino e controllare l’ora.

Le 6:00.

Sospirò, soddisfatta e dispiaciuta allo stesso tempo.

Lei e Nick non erano usciti dalla stanza dal pomeriggio del giorno precedente. 

Dopo aver fatto l’amore per la prima volta e aver constatato che la fama di grande amatore di Nick era assolutamente meritata, avevano passato qualche ora a coccolarsi, confessandosi quanto avevano sentito la rispettiva mancanza in quei due mesi, dopodiché era seguito il secondo round che, se possibile, era stato ancora meglio del primo, perché Emi non era più in imbarazzo e aveva finalmente lasciato cadere tutte le barriere, godendosi ogni singolo istante.

A un certo punto si erano accorti di avere fame e avevano ordinato il servizio in camera. Nick si era fatto portare anche una bottiglia di champagne per festeggiare il fatto che fossero finalmente riusciti a dichiararsi e a stare insieme.

Fu molto tenero perché, improvvisamente, il ragazzo si era fatto assalire dai dubbi e le aveva chiesto “Vuoi stare con me, vero?”

Vedendo il suo sguardo preoccupato, Emi aveva dovuto resistere all'impulso di buttargli le braccia al collo e ricominciare tutto da capo. Gli aveva dato un bacio sulla guancia e, arruffandogli i capelli, l’aveva rassicurato “Ma certo che voglio stare con te. Adesso che non ho più paura, non mi scapperai tanto facilmente, Carter”.

Nick era scoppiato a ridere e le si era buttato addosso, iniziando a farle il solletico, con Emi che si contorceva sotto di lui, senza però poter fare molto, perché Nick la teneva bloccata con il peso del suo corpo. Dopo poco, il solletico era stato sostituito dai baci ed Emi aveva continuato a contorcersi, ma per ben altri motivi.

Da lì al terzo round il passo era stato breve. 

Anche se si vergognava ad emmetterlo, il sesso con Nick era qualcosa di assolutamente straordinario, che non si avvicinava nemmeno minimamente a quello che aveva provato fino a quel momento, ed Emi averebbe tranquillamente potuto passare giornate intere a letto a fare l’amore con lui.

Purtroppo, doveva essere al lavoro entro un’ora, quindi cercò di sfilarsi dall’abbraccio di Nick, senza svegliarlo, per rivestirsi e andare a prepararsi.

Non appena si mosse, però, Nick la sentì e si svegliò, stropicciandosi gli occhi con le mani e sbadigliando.

Emi lo guardò, pensando che fosse adorabile, ma ne approfittò per alzarsi dal letto e rintracciare la sua maglietta, abbandonata sul pavimento.

“Cosa fai?” farfugliò Nick, la voce roca per l’inutilizzo notturno.

“Mi preparo per andare al lavoro,” spiegò lei, indossando la maglietta “devo essere al locale alle sette”.

“Non andare” piagnucolò Nick, con gli occhi da cucciolo.

Emi gli sorrise e gli accarezzò una guancia.

“Devo andare, lo sai” replicò.

“No che non devi” insistette lui. 

“Sì, invece” obiettò Emi, decisa.

“Ma io non voglio che tu vada. Voglio che resti qui con me” tentò di convincerla Nick, trattenendola per un polso.

“Non fare il bambino, Nick,” lo rimproverò Emi “ci vediamo più tardi. Puoi passare a prendermi quando stacco e poi staremo insieme”.

“A che ora stacchi?” le domandò lui, mollando la presa sul polso della ragazza.

Legandosi i capelli in uno chignon disordinato, Emi si voltò a guardarlo e gli disse “Passa verso le cinque”.

“E poi staremo insieme, promesso?” volle sapere Nick, non troppo convinto.

Emi annuì e confermò “Sì, promesso”.

“Odio dover tornare a Los Angeles domani. Non voglio lasciarti” si lamentò Nick, mettendo il broncio

Emi sorrise, intenerita da quella confessione spontanea.

“Anch’io vorrei tenerti qui,” ammise “ma so che non è possibile perché devi lavorare”.

Nick restò in silenzio a fissarla per un istante, poi gli si formò un sorriso furbo sulle labbra ed Emi notò anche un lampo attraversargli gli occhi azzurri.

Gli era appena venuta un’idea.

Infatti, si avvicinò al bordo del letto, dov’era seduta la ragazza, e propose “Vieni con me”.

“Cosa?” chiese lei, frastornata.

“Vieni con me a Los Angeles” ripeté Nick, più preciso.

Emi spalancò gli occhi, sconvolta, e replicò “Ma non posso, Nick”.

“Perchè?” domandò il ragazzo ed Emi si stupì di come davvero sembrasse non capire il motivo del suo rifiuto. 

Con un sospiro rassegnato, tentò di farlo ragionare e gli chiese “Come faccio con il lavoro?”

Nick alzò le spalle e rispose, semplicemente “Mollalo”.

Emi roteò gli occhi e si lasciò sfuggire un grugnito, prima di commentare “Stai scherzando”.

Nick, però, scosse la testa.

“No,” obiettò “tanto non è quello che vuoi fare veramente”.

“E tu che ne sai?” sbottò Emi, indispettita.

Ovviamente, Nick aveva ragione, ma il fatto che la conoscesse così bene, in qualche modo la irritava perché la stava costringendo a fare i conti con qualcosa che lei non riusciva ancora ad ammettere nemmeno con se stessa.

Nick si accorse di averla infastidita con il suo commento, quindi tentò di rimediare. Le prese una mano e le ricordò, dolcemente “Lavorare in una caffetteria a New York non è mai stata la tua aspirazione. Vuoi fare la fotografa, me l’hai detto tu”.

Emi sospirò, annuendo. Era vero, tanto valeva ammetterlo.

“Okay,” concordò “ma non è così semplice come lo fai sembrare tu”.

“Sì che lo è, invece” insistette Nick. Poi si avvicinò ulteriormente, le prese il viso tra le mani e, guardandola negli occhi, ripeté la proposta che le aveva fatto poco prima. 

“Vieni a Los Angeles con me. Ho un sacco di agganci là e posso presentarti qualcuno che ti faccia fare pratica come fotografa. Ho visto le tue foto, sei brava, non ci metterai molto a farti un nome”. 

Per quanto tentata dall’offerta del ragazzo, Emi chiuse gli occhi per un istante e, quando li riaprì, scosse la testa.

“Non posso trasferirmi dall’altra parte del paese di punto in bianco” gli fece notare.

“Perché no?” volle sapere lui e lei si ricordò che, effettivamente, era qualcosa che Nick aveva già fatto, in precedenza, quindi non vedeva cosa ci fosse di tanto difficile.

La ragazza decise quindi di puntare sulle complicazioni di tipo pratico e gli domandò “Dove starei?”

Nick sorrise e, candidamente, rispose “Da me”.

Il cuore di Emi mancò un battito e si accorse di avere la salivazione azzerata, quando gli chiese, incredula “Vuoi che viviamo insieme?”

Nick annuì, senza smettere di sorridere.

“Sì, lo vorrei,” ammise “tu no?”

Presa alla sprovvista, Emi non ebbe tempo di riflettere e forse fu un bene perché gli rispose in modo sincero e spontaneo, senza farsi assalire dai dubbi.

“Io…sì” farfugliò.

Il sorriso sul viso di Nick si allargò ancora di più e la spronò “E allora facciamolo”.

Emi prese un respiro profondo, poi cercò di parlare nel modo più onesto possibile, in modo tale da fargli comprendere esattamente cosa provasse in quel momento.

“Nick, io non sono abituata ad agire così d’impulso. Venire a cercarti con Donnie è stata la cosa più avventata che abbia fatto in vita mia” confessò.

Nick fece un cenno affermativo con la testa.

“Lo so,” osservò “ed è stata anche la più giusta che potessi fare, guardaci adesso”.

Emi sorrise e Nick proseguì nella sua opera di convincimento.

“Perché non provi a fare cose avventate un po’ più spesso? È chiaro che hai del talento” ironizzò, facendola ridere.

“Non sto scherzando, Emi” ci tenne a precisare il ragazzo, al di là della battuta appena fatta. “Lo so che amarmi è difficile, ma…”

“Oh, no. Non lo è” obiettò Emi, interrompendo il suo monologo. “Credimi, innamorarmi di te è stato semplicissimo” confessò la ragazza.

Spiazzato da quella dichiarazione inaspettata, Nick strabuzzò gli occhi e farfugliò “Davvero?”

Emi annuì e si affrettò a confermare “Sì. Sei una persona adorabile, perché dovrebbe essere difficile?”

“Io…non lo so,” osservò Nick, stringendosi nelle spalle “mi sono sempre sentito dire così”.

Emi gli posò una mano su una guancia e, guardandolo negli occhi, disse, seriamente “Mi dispiace che ti abbiano fatto credere che sia difficile amarti, Nick, ma credimi, non è così. Te l’ho detto, è stato terribilmente facile innamorarmi di te e amarti mi viene naturale. Sei buono, gentile, divertente e mi fai sentire come se fossi la cosa più importante al mondo”.

Commosso, Nick replicò immediatamente “Perché lo sei. Sei diventata la cosa più importante del mio mondo e spero di essere importante per te almeno la metà di quanto tu lo sei per me”.

Emi gli sorrise, toccata dalle sue parole, e lo rassicurò “Lo sei. Sei molto importante”.

Felice, Nick riprese il discorso che stava tentando di portare a termine prima che Emi lo interrompesse.

“Okay, ammettiamo che io non sia una persona difficile da amare, come mi hanno sempre fatto credere…”.

“Non lo sei” insistette la ragazza, sperando di convincerlo, una volta per tutte.

“...però ho un lavoro difficile, che rende tutto dannatamente complicato” constatò lui, obiettivo.

Kevin aveva ragione quando gli aveva fatto notare che non era la persona più semplice con cui iniziare una relazione e voleva che Emi sapesse che ne era perfettamente consapevole.

“Questo sì,” concesse lei “ma è il tuo lavoro a essere difficile, non tu. Ricordatelo sempre”. 

Nick sorrise e annuì.

“Promesso” le assicurò. Poi aggiunse “Emi, io voglio stare con te. Sono pronto a impegnarmi davvero, questa volta, non ho più paura, ma ho bisogno che tu mi venga incontro. È l’unico compromesso che ti chiedo, giuro”.

La ragazza non rispose, restò semplicemente a fissarlo, mordicchiandosi il labbro inferiore.

Era tentata. Razionalmente, sapeva che mollare tutto e trasferirsi dall’altra parte del Paese per seguire un ragazzo con cui stava da, quanto? Meno di ventiquattr’ore, forse, era una follia, un’enorme, colossale, follia.

Il cuore, però, le diceva che non aveva mai provato per nessuno quello che provava per Nick, nemmeno per Derek, che era convinta sarebbe stato il suo compagno per la vita. E, soprattutto, non aveva mai desiderato tanto qualcosa come poter passare ogni giorno della sua vita con quel ragazzo straordinario, che era entrato per caso nella sua vita e l’aveva sconvolta, buttando all’aria tutte le sue convinzioni e facendole realizzare che, per quanto si sforzasse di ingannare tutti, compresa se stessa, fingendo di avere una vita appagante e realizzata, in realtà c’era una cosa che le mancava immensamente e questo qualcosa era l’amore, quell’amore che aveva giurato di non voler provare mai più.

Adesso, invece, la sola idea di non provare quei sentimenti profondi e bellissimi che aveva riscoperto con Nick, le faceva letteralmente mancare l’aria.

Emi provò a immaginare come potesse essere svegliarsi ogni mattina vedendo, come prima cosa, gli occhi azzurri di Nick che la fissavano, il suo sorriso caldo ad accoglierla o, in alternativa, il broncio che aveva mentre dormiva e che lo faceva somigliare a un bambino capriccioso, e si ritrovò a sorridere, pensando che non riusciva davvero a immaginare nulla di meglio.

Nessuno era mai riuscito a farla sentire come Nick, così serena, appagata, compresa e, finalmente, completa, per questo si era così perdutamente innamorata di lui.

Vedendola combattuta, il ragazzo pensò di approfittarne e, prendendole di nuovo il viso tra le mani, la supplicò “Ti prego”.

Al diavolo, pensò Emi, poi annuì e cedette “Va bene”.

Gli occhi di Nick iniziarono a brillare come non mai ed Emi lo trovò se possibile ancora più attraente di quanto non fosse stato fino a quel momento.

“Dici sul serio?” le chiese, non riuscendo a credere alle parole che aveva appena sentito.

Emi annuì, divertita e anche un po’ onorata, dalla sua reazione.

“Non subito, però,” ci tenne a mettere in chiaro “devi darmi il tempo di sistemare le cose qui, prima di partire”.

Nick si affrettò a fare sì con la testa. Qualsiasi cosa, bastava che non cambiasse idea.

“Certo, sì” concordò. Poi, ancora non del tutto convinto, domandò “Ma poi verrai?”

Emi annuì e confermò “Verrò”.

“Lo prometti?” si assicurò Nick, desideroso di sentirglielo dire ancora una volta.

La ragazza sorrise e fece un altro cenno affermativo, mentre ribadiva la promessa che aveva appena fatto e la sottolineava con un gesto inequivocabile.

“Te lo giuro, croce sul cuore” scherzò.

Nick la tirò a sè e la baciò, profondamente e a lungo, pensando che non poteva essere più felice di così.

⁓ * ⁓

Quella sera, quando Nick andò a prenderla al locale e la salutò con un bacio sulle labbra, il suo gesto fu accolto da una serie di applausi e fischi dai colleghi di Emi, che avevano assistito alla scena.

“Adesso capisco perché hai deciso di lasciarci” commentò un ragazzo moro sulla quarantina, guardandola con un sorrisino divertito.

Emi gli fece la linguaccia, e domandò “Puoi biasimarmi?"

Il ragazzo scosse la testa e Melanie, la ragazza in piedi accanto a lui, esclamò “Saresti stata pazza a non farlo”, facendo scoppiare tutti a ridere.

Poi, Emi guardò Nick e spiegò “Lui è Mark, il mio capo, a cui questa mattina ho rassegnato le dimissioni, dicendo che devo seguire il mio ragazzo a Los Angeles, e lei è Melanie, che fino a oggi non aveva praticamente idea di chi fossi ma, dopo che le ho fatto vedere qualche tua foto, è diventata la tua più grande fan”.

Nick scoppiò a ridere, poi si rivolse a Melanie e le disse “Sei amica di Emi, quindi puoi avere tutte le foto e gli autografi che vuoi”.

La ragazza battè le mani, eccitata, poi alzò la posta, domandando “Posso anche venire a trovarvi in California?”

“Adesso non esagerare, Mel” la rimproverò Emi, ma era chiaro che stava scherzando.

Nick ed Emi salutarono i colleghi della ragazza e Nick la accompagnò a casa a cambiarsi, in vista della cena con gli altri componenti dei Backstreet Boys.

Anche se li aveva già conosciuti, Emi doveva ammettere di essere un po’ nervosa. Non che temesse di non piacergli, l’entusiasmo che avevano dimostrato alla notizia che lei e Nick avevano deciso di mettersi insieme era stato sufficiente a fugare quel tipo di dubbi, ma si trattava pur sempre di persone famose e, per quanto AJ si fosse rivelato un ragazzo molto simpatico e alla mano, Emi non poteva essere certa che valesse anche per gli altri.

Inoltre, sapeva che Nick considerava i ragazzi la sua famiglia e, nel profondo del suo cuore, Emi sperava tanto di fare una bella impressione, così da confermare le aspettative che si erano fatti su di lei.

Mentre raggiungevano l’hotel, nell’auto a noleggio che Nick aveva chiamato e scortati dal fedele Mike, Emi decise di confidare i suoi timori a Nick.

Lo guardò e gli disse “Sai, sono un po’ nervosa”.

“Perché?” chiese lui, sorpreso.

“La cena con i ragazzi” rispose lei.

“Ma li hai già conosciuti,” osservò Nick “e stai tranquilla, saranno carini con te”.

Emi scosse la testa e spiegò “Non è questo. So che non mi metteranno in imbarazzo, è solo che per te sono come fratelli e, quindi, ho la sensazione di andare a conoscere la tua famiglia e la cosa mi agita”.

Nick le prese la mano e se la portò alle labbra, baciandole il dorso.

Emi sospirò e si lasciò sfuggire una preghiera.

“Spero di piacergli”.

“Stai tranquilla,” la rassicurò Nick “gli piacerai. I ragazzi amano tutto ciò che io amo e, credimi, ti amo da morire”.

Emi gli sorrise e si sporse per dargli un leggero bacio sulle labbra, poi abbandonò la testa sulla sua spalla e chiuse gli occhi, sussurrandogli “Ti amo anch’io. Tanto”. 

Come Nick aveva previsto, la cena andò magnificamente. 

I ragazzi furono splendidi e misero subito Emi a proprio agio, trattandola come se avesse sempre fatto parte del gruppo ma, allo stesso tempo, dimostrando la giusta dose di interesse per lei e facendole domande sulla sua vita e sulla sua famiglia.

Brian e Howie la fecero ridere con una serie di battute e frecciatine ai danni di Nick, chiedendole se fosse proprio sicura di voler stare con lui e raccontandole buffi aneddoti per mettere in imbarazzo l’amico.

AJ fece una videochiamata a Rochelle, che non l’aveva accompagnato a New York perché era incinta di sei mesi della loro prima figlia, e insistette perché Emi la salutasse. Prima della fine della telefonata, le due ragazze avevano già organizzato una giornata al centro benessere non appena Emi fosse arrivata in California e Nick si rallegrò di vedere Emi felice che la moglie di AJ desiderasse diventare sua amica.

Kevin passò buona parte della cena in silenzio, a osservare Emi con espressione estasiata, ascoltando attentamente ogni parola che la ragazza pronunciava, ma senza intervenire spesso nella conversazione. Per quanto fosse sempre stato il più riflessivo del gruppo, non era da lui essere così silenzioso, quindi Nick iniziò a domandarsi se per caso non ci fosse qualcosa che lo preoccupava.

A un certo punto, approfittando di un momento di ilarità generale, seguito a un buffo battibecco tra Brian ed AJ riguardo un cappello che, apparentemente, AJ aveva rubato all’amico, Nick si avvicinò a Kevin e richiamò la sua attenzione.

“Kev,” gli domandò “tutto bene?”

L’amico si voltò di scatto a guardarlo, distraendosi per un attimo dalla scena che si stava svolgendo al tavolo, gli sorrise e annuì.

“Sì, certo,” rispose, sereno “perchè?”

Nick fece spallucce e gli fece notare “Non hai parlato molto, stasera, e mi chiedevo se non avessi per caso qualcosa che ti passa per la testa”.

Kevin si lasciò sfuggire una risatina, poi gli posò una mano sulla spalla e confermò i sospetti di Nick, ammettendo “Oh, ho più di qualcosa in testa, credimi, ma nulla di cui tu ti debba preoccupare, anzi”.

Nick gli rivolse un’occhiata incuriosita e, con un mezzo sorriso, insistette “Adesso sono curioso”.

Kevin alzò gli occhi al cielo e sentenziò “Stavo per dirti quanto ti trovo cambiato, ma evidentemente mi sbagliavo perché sei rimasto il solito ragazzino impaziente che ho conosciuto diciannove anni fa”.

Nick scoppiò a ridere, alla bonaria presa in giro dell’amico, ma Kevin lo guardò negli occhi e parlò di nuovo, seriamente, questa volta.

“A parte gli scherzi, Nick, sei davvero cambiato. Sei più maturo, più razionale, meno impulsivo e hai imparato a controllare meglio le emozioni. Però mi fa piacere constatare che, nel profondo, sei ancora il ragazzino entusiasta della vita che mi faceva saltare i nervi con i suoi continui scherzi e, queste due nature fuse insieme, ti hanno fatto diventare un uomo fantastico”.

Nick, che non si aspettava certo un elogio simile dall’amico, sentì le lacrime pizzicargli gli occhi.

“Grazie, Kev,” disse, sincero “ma non credo di essere poi così speciale”.

“Lo sei, invece” replicò Kevin, sicuro. Poi fece un cenno verso Emi, che stava ancora ridendo con gli altri ragazzi, e aggiunse “infatti hai scelto di innamorarti di una persona altrettanto speciale”.

Anche Nick guardò la ragazza e il solo vederla ridere, felice, lo riempì di una sensazione di appagatezza che non aveva mai provato in vita sua.

Senza staccarle gli occhi di dosso, chiese a Kevin “Ti piace?”

L’amico annuì e rispose “Molto. È onesta e affidabile, proprio quello di cui hai bisogno, e si vede che ti ama davvero. In quanto a te, non ti ho mai visto così innamorato, Nick, sul serio. Irradi felicità”.

Nick sorrise e si voltò di nuovo verso Kevin. 

“Hai ragione, Kev, non sono mai stato tanto innamorato in vita mia, anzi, mi viene il dubbio di non esserlo mai stato veramente” confermò. “So che è quella giusta per me, quella con cui voglio passare tutta la vita, sai, invecchiare insieme, finché morte non ci separi e tutto il resto”.

Kevin rise e diede una pacca sulla schiena all’amico.

“Sono contento per te, davvero. Te lo meriti. Ti meriti di avere finalmente tutto l’affetto che hai sempre desiderato, ma che non sei mai riuscito a ottenere dalla tua famiglia di origine e, per quanto sia stato onorato di aver tentato di sopperire, come meglio ho potuto, e continuerò sempre a volerti bene e a considerarti il mio fratellino, è arrivato il momento che sia qualcun altro a dartelo” sentenziò. Poi, forse per alleviare la commozione che la sua dichiarazione d’affetto aveva causato a Nick, aggiunse “Solo, quando deciderai di chiedere a Emi di sposarti, ti consiglio di perfezionare il discorso, perchè finché morte non ci separi e tutto il resto non è molto romantico e, per quanto mi sembri una ragazza piuttosto alla mano, non so se apprezzerebbe”.

Nick scoppiò a ridere e Kevin gli fece compagnia, sinceramente felice che il suo fratellino avesse finalmente trovato una compagna all’altezza delle sue aspettative.

Quando i ragazzi uscirono dal ristorante dell’hotel, diretti alle loro camere, trovarono alcune fan nella hall e, per nulla infastiditi, si fermarono a firmare qualche autografo e a farsi delle foto con loro.

Emi, che non era abituata a nulla di tutto ciò e che, oltretutto, si sentiva un pesce fuor d’acqua, essendo l’unica tra le compagne dei ragazzi a essere presente, in quel momento, iniziò ad agitarsi e strinse istintivamente la mano di Nick.

Il ragazzo le rivolse un sorriso rassicurante, poi si avvicinò al suo orecchio e le chiese “Hai visto Madagascar?”

Non riuscendo a capire dove diavolo volesse andare a parare, Emi annuì, senza però staccare gli occhi dalle ragazze che, nel frattempo, esauriti i convenevoli con gli altri quattro, si stavano avvicinando a Nick con aria speranzosa.

Prima che li raggiungessero, Nick sentenziò “Te li ricordi i pinguini? Fai come loro: carina e coccolosa”.

Trattenendo a stento una risata, Emi lo ringraziò silenziosamente per aver alleggerito l’atmosfera, poi restò a guardarlo, mentre firmava autografi e sorrideva all’obiettivo, come se non avesse fatto altro per tutta la vita, il che, in effetti, rispecchiava esattamente come stavano le cose.

A un certo punto, Emi riconobbe in una delle fan che attorniavano Nick la ragazza con i capelli rossi e le lentiggini che aveva incontrato quando era andata a sentirlo suonare all’Irving Plaza, mesi prima. Anche la ragazza pareva averla riconosciuta perché la stava fissando, incuriosita. Emi le rivolse un timido sorriso, al che lei prese coraggio e le chiese “Ci siamo già viste, vero?”

Emi annuì e confermò “Già, sul retro dell’Irving Plaza, a febbraio”.

La ragazza fece un cenno d’assenso, poi porse una mano a Emi e si presentò “Io sono Karen, comunque”.

“Piacere, Emily” rispose lei, stringendo la mano che la ragazza le porgeva “ma tutti mi chiamano Emi”.

“Ricordo che Mike ti aveva fatta entrare dicendo che Nick ti stava aspettando, quella volta, e ora ti vedo qui con lui, quindi deduco che siate amici” azzardò Karen, curiosa.

Emi sorrise, imbarazzata, e, per la prima volta, si rese conto di non avere la più pallida idea di cosa rispondere. Se gliel’avessero chiesto solo ventiquattr’ore prima, avrebbe detto senza esitazione che sì, lei e Nick erano buoni amici. Adesso, però, era cambiato tutto. Nick non era più solo il suo amico, ma il ragazzo di cui era innamorata e con cui sarebbe andata a convivere entro un mese.

Era il caso che la ragazza lo venisse a sapere, però?

Certo, Nick l’aveva presentata ai suoi amici come la sua ragazza ed Emi era felice e onorata di potersi considerare tale, ma non sapeva quando, se e come Nick avesse intenzione di dirlo al mondo. Supponeva che sarebbe stato necessario farlo, prima o poi, anche perché li avrebbero visti presto insieme, una volta che si fosse trasferita in California, ma era totalmente all’oscuro dei meccanismi dello star system e non sapeva come funzionassero certe cose.

Bisognava fare un comunicato ufficiale? O era sufficiente un post di Nick su Twitter?

Mentre fissava la ragazza, domandandosi come tirarsi fuori da quella situazione, Nick salutò l’ultima fan con cui aveva scattato una foto, si avvicinò a Emi e le cinse la vita con un braccio.

Prima che lei potesse anche solo realizzare cosa stava succedendo, il ragazzo le stampò un bacio sulla guancia e, sfoderando un sorriso ammaliante, annunciò, felice “Vedo che hai conosciuto la mia ragazza”.

Karen strabuzzò gli occhi, incredula, e farfugliò “Non sapevo avessi una ragazza”.

Nick annuì, stringendo Emi ancora più vicina a sé, e spiegò “È una cosa fresca, ma ci rincorriamo da un bel pò”.

La ragazza sorrise e annuì, poi alzò il cellulare e chiese “Allora posso farvi una foto insieme?”

Nick guardò Emi e le domandò “Per te va bene?”

Per quanto piuttosto frastornata dalla situazione, Emi annuì e sorrise, abbracciata a Nick, mentre Karen scattava loro una serie di foto. Ne fecero anche una tutti e tre insieme ed Emi si offrì di scattare una foto a Karen e Nick, dopodiché si salutarono e, finalmente, i ragazzi salirono in ascensore per raggiungere le rispettive camere.

Mentre percorrevano il corridoio, Howie si avvicinò a Nick e gli disse “Lo sai che quelle foto saranno online entro un’ora e tutti sapranno di te ed Emi, vero?”

Il ragazzo annuì e sorrise all’amico.

“Lo so e non me ne frega niente,” dichiarò “anzi, così mi evito di dover trovare un modo per annunciarlo e posso vivere tutto alle luce del sole, gridando al mondo quanto amo questa ragazza”.

Howie rise e scosse la testa, Nick fece spallucce e diede un bacio sui capelli a Emi, che non riuscì a trattenere un sorriso, alla dichiarazione d’amore di Nick.

Mentre entravano in camera, Nick guardò Emi e le chiese “A proposito, tu hai Twitter?”

Emi fece sì con la testa e gli domandò “Sì, perchè?”

Il ragazzo non rispose, si limitò a rivolgerle un sorrisetto furbo. 

Emi gli lanciò un’occhiataccia. Quando Nick la guardava così, voleva dire che aveva qualcosa in mente e la cosa la preoccupava.

Lui si tolse le scarpe e si lasciò cadere sul letto, iniziando a trafficare con il cellulare. Emi si liberò a sua volta delle scarpe e andò ad accoccolarsi vicino a lui.

“Cosa fai?” gli chiese, curiosa.

“Ti cerco su Twitter” rispose lui, concentrato.

Emi si lasciò sfuggire una risatina e scosse la testa.

“Non mi troverai mai” sentenziò, criptica.

Il ragazzo si voltò a guardarla, confuso, e le chiese “Perché?”

“Perché il mio nickname è SlothieFratelli84” spiegò lei, spiandolo con la coda dell’occhio per registrare la sua reazione.

Come previsto, Nick scoppiò a ridere, cogliendo subito l’esplicito riferimento ai Goonies contenuto nel nickname della ragazza. Poi, scuotendo la testa, digitò il nome nel campo ricerca di Twitter e, quando lo trovò, cliccò il pulsante Segui.

Un istante dopo si voltò a guardare Emi con espressione indignata.

“Ehi, tu non mi segui!” esclamò, offeso.

Emi fece spallucce e si giustificò, dicendo “Non volevo dare nell’occhio”.

Nick le diede un colpetto su una mano e, facendo un cenno verso il cellulare, che le ragazza aveva posato sul comodino quando era andata a sedersi sul letto, le intimò “Ti conviene farlo subito, signorina, altrimenti smentisco tutto quello che ho detto a quella fan, poco fa, sul fatto che sei la mia ragazza”.

Emi spalancò la bocca, fingendosi indignata, e replicò “Non oseresti”.

“Non sfidarmi” la canzonò lui, con un sorrisino irriverente.

Emi gli si buttò addosso e iniziò a fargli il solletico, ma Nick non si fece cogliere impreparato, le bloccò subito le mani e iniziò a baciarla sulle labbra, invece.

Dopo essersi praticamente mangiati a vicenda per qualche minuto, Nick la guardò negli occhi e le domandò, serio “Non vuoi che tutti sappiano che ti amo?”

Emi gli sorrise e annuì. 

“Certo che sì,” rispose, poi ripensandoci meglio, precisò “o, meglio, a me basta che ne sia convinto tu, per essere felice, ma mi sembra di capire che per te sia importante, quindi va bene”.

Nick annuì e confermò “Sì, è importante. Te l’ho detto, sono pronto a fare sul serio, questa volta, voglio impegnarmi davvero con te perché so che sei quella giusta e ti amo da impazzire, per questo ci tengo che il mondo intero lo sappia”.

Commossa dalle parole del ragazzo, Emi si liberò dal suo abbraccio, si allungò verso il comodino e prese il cellulare.

“Cosa fai?” le chiese Nick, guardandola digitare velocemente.

Emi si voltò a guardarlo, con un sorriso.

“Adesso ti seguo” annunciò.

Nick prese nuovamente in mano il suo cellulare e controllò le notifiche, constatando che, effettivamente, SlothieFratelli84 aveva iniziato a seguirlo. 

Mentre gli si formava un sorriso sulle labbra, la sua attenzione fu catturata da un’altra notifica: qualcuno l’aveva menzionato in un tweet.

Succedeva spesso e, di solito, non ci faceva nemmeno caso, a meno che non si stesse annoiando e avesse deciso di passare il tempo rispondendo ai tweet delle fan. Quella volta, però, riconobbe il nickname di chi l’aveva menzionato e lo identificò con la ragazza dai capelli rossi con cui lui ed Emi avevano parlato poco prima nella hall. 

Intuendo di cosa si trattava, Nick andò a leggere il tweet e, come previsto, trovò la foto che la ragazza aveva scattato con loro e un post che diceva Ho appena incontrato @nickcarter e la sua ragazza, sono entrambi adorabili. Amo quest’uomo.

Senza riuscire a smettere di sorridere, Nick premette il tasto Rispondi e tweettò a sua volta:

Grazie, ti amo anch’io. Ma amo @SlothieFratelli84 ancora di più e non vedo l’ora che il mondo scopra quanto è speciale.

Un bip annunciò a Emi che qualcuno l’aveva menzionata su Twitter così, mentre Nick continuava a far scorrere vari tweet su di lui, decise di vedere di cosa si trattava.

Quando lesse il messaggio di Nick, il suo cuore mancò un battito. Si voltò a guardarlo ed esclamò “Nick!”

“Cosa?” chiese lui, alzando gli occhi dal cellulare e lanciandole uno sguardo confuso.

Lei non rispose, ma gli sbatté in faccia il cellulare, sul cui schermo faceva bella mostra di sé il commento che Nick aveva lasciato sotto alla foto della ragazza.

Nel frattempo, un numero imprecisato di notifiche iniziarono a far suonare a ripetizione il telefono della ragazza, che si trasformò ben presto in un mini albero di Natale lampeggiante.

“Avevi detto che potevo farlo sapere a tutti” si giustificò Nick.

“Beh, sì,” farfugliò Emi, decidendo di ignorare le mille notifiche e lasciando cadere il cellulare sul letto “ma non credevo volessi farlo così”.

Nick si strinse nelle spalle e dichiarò “È un modo come un altro” poi, tirando la ragazza a sé e stampandole un bacio sulla tempia, le sussurrò “Benvenuta nel mio mondo, amore. All’inizio ti sembrerà un po’ pazzo, forse, ma poi ti ci abituerai e vedrai che non è poi così male”.

Emi si lasciò scappare una risatina e scosse la testa, dopodiché chiuse gli occhi e appoggiò il viso sul petto di Nick, sospirando.

Non importava, pensò. Amava quel ragazzo con tutta se stessa e se, per poter stare con lui, doveva avere a che fare con le fan di mezzo mondo, era più che disposta a farlo.

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Capitolo 10
*** Walk of life ***


CHAPTER 9 - Walk of life

 

Don't stop believin'

 

Emi attraversò le porte scorrevoli della sezione Arrivi dell’aeroporto di Los Angeles, spingendo il pesante carrello con tutti i suoi bagagli. Nonostante avesse già spedito la maggior parte della sua roba a casa di Nick, era comunque partita con tre enormi valigie che, adesso, stava faticando a gestire.

Nick le aveva già scritto avvisandola che la stava aspettando, quindi iniziò a guardarsi in giro, cercando di individuarlo.

All’improvviso, lo vide venirle incontro, con un mazzo di fiori in mano e un sorriso che avrebbe illuminato una città intera.

Prima che lei potesse fare qualsiasi cosa, la prese tra le braccia e la strinse forte, affondando il viso nel suo collo, poi le posò le mani sulle guance e la baciò, profondamente ma con dolcezza.

Emi sentì le gambe tremare e le venne quasi da piangere dalla felicità. Non lo vedeva da quasi un mese e gli era mancato da morire e, ora, sapere che sarebbe restata lì con lui in pianta stabile, le sembrava troppo bello per essere vero.

“Benvenuta” le disse Nick, sorridendole e porgendole i fiori.

Emi ricambiò il sorriso e rispose “Grazie, anche per questi. Non era necessario”.

Il ragazzo si strinse nelle spalle e replicò “Volevo fare le cose per bene”. Poi la guardò negli occhi e confessò “Mi sei mancata tantissimo”.

Emi si strinse di nuovo a lui e concordò “Mi sei mancato tanto anche tu e non mi sembra ancora vero di essere qui”.

“Non dirlo a me,” ammise Nick “avevo una paura folle che non scendessi da quell’aereo”.

“E perché non avrei dovuto?” gli chiese lei, sorpresa.

“Non lo so,” disse lui, scuotendo la testa “per le ragioni più disparate. Volo cancellato, ritardi o, semplicemente, potevi aver cambiato idea e non volerne più sapere di me”.

Emi rise e alzò gli occhi al cielo, poi analizzò la situazione.

“Ti ho scritto prima di decollare, quindi sapevi che stavo partendo, il volo era diretto e non potevo perdere coincidenze”.

Nick alzò le mani, in segno di resa, e commentò “Lo so, lo so. È da stupidi. Solo che non vedevo l’ora di averti qui con me”.

Emi gli sorrise, si alzò sulle punte e gli stampò un bacio sulla guancia.

“Sono qui” lo rassicurò “e non vado più da nessuna parte”.

Nick sorrise a sua volta e ironizzò “Senti come suona bene?”

Emi scoppiò a ridere e tornò alle cose pratiche, facendo un cenno verso il carrello con le valigie e chiedendogli “Mi aiuti con quelle?”

Nick annuì, la prese per mano e, insieme, spinsero il carrello verso l’auto che il ragazzo aveva lasciato nel parcheggio.

Una volta caricate le valigie nel bagagliaio, salirono in macchina e Nick mise in moto. Poi, prima di partire, guardò Emi con aria raggiante e le domandò “Pronta ad andare a casa? Nacho non vede l’ora di rivederti”.

Emi sorrise e annuì, pensando che non era mai stata più pronta per qualcosa in vita sua.

“Sì,” gli disse, eccitata “andiamo a casa”.

Arrivati a Malibu, mentre Emi salutava Nacho, che le si era praticamente scaraventato sui piedi non appena aveva varcato la soglia di casa, Nick scaricò le valigie dall’auto e le lasciò all’ingresso. 

Rialzatasi da terra, con Nacho sempre alle calcagna, Emi guardò il ragazzo e, con un sorrisetto sfrontato, gli chiese “Stessa stanza dell’altra volta?”

Lui la abbracciò e le diede un bacio sul collo, facendola divincolare per il solletico, poi rise e replicò “Non ci provare, ti voglio con me, nel mio letto”.

Emi si voltò, gli prese il viso tra le mani e incollò le labbra alle sue, sussurrando “Per una volta siamo d’accordo”.

Nick sorrise e, con sguardo malizioso, la prese per mano e la trascinò su per le scale, verso la camera da letto.

Le valigie avrebbero dovuto aspettare.

⁓ * ⁓

“A che ora devi essere in aeroporto?”

Alla domanda di Emi, Nick smise di masticare e ingoiò il boccone di pancakes che stava mangiando.

“L’aereo atterra alle 11:00, quindi devo essere là almeno per le 10:30” rispose, bevendo un sorso di caffè.

Emi annuì, poi fece una carezza sulla testa di Nacho, che, come al solito, era accovacciato ai suoi piedi, e si alzò per mettere il piatto nella lavastoviglie.

Nick la osservò aggirarsi per la cucina e si stupì, per l’ennesima volta, di come sembrasse perfettamente a suo agio. 

Ottobre era appena iniziato ed Emi era con lui da sole due settimane, ma Nick non ricordava nemmeno più come fosse la sua vita senza di lei. 

Emi, d’altra parte, si era ambientata alla perfezione nella nuova casa e si stava adattando anche alla nuova vita. Certo, svegliarsi ogni mattina accanto al ragazzo che amava era un gran bell’incentivo e, per quanto sdolcinato potesse suonare, Emi si innamorava di lui sempre di più ogni giorno che passava. 

Ovviamente la convivenza aveva portato alla luce tutta una serie di manie e piccoli vizi con cui la ragazza avrebbe dovuto fare i conti, ma non erano nulla di così tragico e, per lo più, Emi li trovava terribilmente divertenti.

A parte il fatto che Nick non avesse idea di come si faceva la lavatrice. Quello era un problema e doveva essere risolto al più presto, infatti, ora era lui l’addetto al bucato e stava imparando molto velocemente.

Nick era talmente innamorato di Emi ed entusiasta di averla lì con lui che qualsiasi difetto la ragazza potesse avere non lo notava nemmeno. E poi gli aveva già insegnato a fare la lavatrice, qualcosa che non aveva mai imparato a fare, dato che era in tour per la maggior parte del tempo e, quando stava a casa, portava i vestiti a lavare o, semplicemente, ne comprava di nuovi.

Mentre si domandava come avesse fatto a vivere senza di lei, prima di conoscerla, la ragazza gli si avvicinò e gli passò le braccia attorno a collo, baciandogli una guancia.

“Grazie per la colazione,” gli sussurrò, poi, avviandosi verso le scale, aggiunse “vado a farmi una doccia e poi preparo la camera degli ospiti per Howie”.

Nick annuì distrattamente, poi restò a fissarla, rapito, mentre si allontanava, con la maglietta che usava per dormire che oscillava sul fondoschiena a ogni gradino, lasciando intravedere di tanto in tanto le mutandine.

Rispondendo a un impulso improvviso, Nick si alzò di scatto e le andò dietro, seguendola su per le scale e annunciando “Vengo anch’io”.

Quando la raggiunse, al piano di sopra, la trovò che lo aspettava sulla porta della camera da letto.

“Vieni anche tu dove?” gli chiese, sorpresa.

“A fare la doccia” rispose lui, mettendole le mani sui fianchi e spingendola all’interno, verso il bagno.

Emi spalancò gli occhi ed esclamò, decisa “Nick, no”.

“Perché?” piagnucolò lui, mettendo il broncio e sfoderando il suo sguardo da cucciolo indifeso, a cui sapeva che Emi non riusciva a resistere.

“Perché devi andare a prendere Howie e se entri nella doccia con me arriverai in ritardo” lo rimproverò, poi, osservandolo meglio, aggiunse “e non guardarmi in quel modo, non è leale”.

“Quale modo?” chiese lui, facendo il finto tonto “Non ti sto guardando in nessun modo particolare”.

“Sì, invece,” insistette lei “e lo fai apposta perché sai che non riesco a dirti di no”.

Nick ridacchiò e ammise “Può darsi”, prima di iniziare a baciarle il collo.

Emi chiuse gli occhi e si lasciò sfuggire un gemito.

“Okay,” cedette, prendendolo per mano e trascinandolo in bagno “ma sarà una doccia veloce”.

“Velocissima” le assicurò lui, sfilandosi la maglietta.

Come previsto, Nick arrivò all’aeroporto in ritardo ma, fortunatamente, la valigia di Howie fu l’ultima a essere consegnata, quindi, seppur ansimante, riuscì ad accogliere l’amico quando oltrepassò le porte scorrevoli.

“Hai fatto una corsa?” gli chiese Howie, dopo averlo salutato.

Mentre andavano verso l’auto, Nick tentò di giustificarsi, dicendo “Ho avuto un imprevisto…” poi, però, si rese conto che l’amico lo conosceva troppo bene e qualsiasi bugia si fosse inventato per spiegare il ritardo non se la sarebbe mai bevuta, quindi decise che non valeva nemmeno la pena di provarci. Si voltò a guardarlo, con un sorrisino malizioso, e ammise “Non è vero, ho fatto tardi per fare la doccia con Emi”.

Howie alzò un sopracciglio, colpito, e domandò “La doccia con Emi, eh?”

“Sì, beh, lei ha fatto la doccia, io ho fatto…altro. A lei” specificò Nick, ridacchiando.

Howie scoppiò a ridere e gli diede una pacca sulla spalla, commentando “Bravo, playboy” e facendo ridere anche Nick.

Poi, mentre erano in auto, diretti verso Malibu, Howie gli chiese “Allora, a parte il sesso nella doccia, di cui non voglio avere altri particolari, come va con Emi?”

Nick sorrise e, senza togliere gli occhi dalla strada, rispose “Alla grande. Mi chiedo come abbia fatto a sopravvivere senza di lei, prima”.

“In effetti ce lo siamo chiesti spesso anche noi,” sentenziò l’amico “specialmente conoscendo il tuo concetto di igiene”.

Nick staccò una mano dal volante e gli mostrò il dito medio, osservando “Molto spiritoso”, poi però aggiunse “Guarda che non sono più un ragazzino e so badare a me stesso. Il più delle volte almeno”.

Howie ridacchiò e scosse la testa, scusandosi “Lo so, lo so. Stavo solo scherzando. Mi piace prenderti in giro, lo sai, devo vendicarmi per tutti gli scherzi che mi facevi da ragazzino”.

Nick lo guardò divertito con la coda dell’occhio e commentò “Allora mi sa che dovrai prendermi in giro ancora per moooooolto tempo”.

Questa volta fu Howie a mostrare il dito medio all’amico.

Con il traffico di Los Angeles, i due ragazzi arrivarono a casa di Nick che ormai era quasi l’una. Emi non c’era, ma Nick trovò un biglietto sul bancone della cucina che diceva che era andata a far giocare Nacho sulla spiaggia e che sarebbe rientrata presto. Accanto, c’era un vassoio con alcuni sandwich e un altro bigliettino che diceva Vi ho lasciato qualcosa da mettere sotto i denti, prima che vi mettiate a lavorare.

Nick accompagnò Howie nella camera degli ospiti, in modo che potesse sistemarsi, poi mangiarono qualcosa, iniziando a parlare della canzone che dovevano scrivere.

I ragazzi stavano ormai lavorando al nuovo album da mesi e speravano di riuscire a farlo uscire prima della fine dell’anno. Purtroppo, però, c’erano stati degli imprevisti che avevano rallentato i lavori e avevano dovuto posticipare la pubblicazione all’anno successivo. Così, quando si era presentata l’occasione di esibirsi per la parata di apertura natalizia dei parchi Disney e gli era stato concesso di scegliere se cantare il loro vecchio brano Christmas Time o un altro brano, magari un classico della tradizione, tutti e cinque avevano pensato che potesse essere carino registrare una nuova canzone natalizia da pubblicare come una sorta di regalo alle fan, per ringraziarle del supporto e scusarsi per della lunga attesa per il nuovo album.

Rochelle era incinta e in procinto di partorire, quindi AJ cercava di stare il più possibile con lei, nel caso succedesse qualcosa prima del previsto. Aveva promesso che si sarebbe fatto vedere, ma non poteva lavorare al pezzo come avrebbe voluto, quindi Howie si era offerto di andare per un po’ in California per buttare giù la canzone con Nick. Anche Leigh, la moglie di Howie, era incinta del loro secondo figlio, ma la data prevista per il parto era più avanti, quindi il ragazzo si sentiva più tranquillo ad allontanarsi per un po’, rispetto all’amico.

Non era la prima volta che Nick e Howie collaboravano alla stesura di un pezzo e tra i due c’era una buona intesa, quindi erano fiduciosi di riuscire a produrre qualcosa di buono velocemente, in modo che gli altri potessero raggiungerli per registrare e tutto fosse pronto per l’esibizione, la cui registrazione era prevista per il 4 di novembre.

Nick aveva anche chiesto aiuto a due famosi produttori musicali che vivevano nei dintorni e con cui avrebbero avuto un incontro nei giorni seguenti, ma i ragazzi volevano arrivare con qualcosa di pronto su cui lavorare.

Subito dopo mangiato, quindi, si chiusero nello studio di Nick e iniziarono a darsi da fare.

Quando riemersero, circa tre ore dopo, furono attirati verso la cucina da un delizioso profumino che riempiva la casa e trovarono Emi ai fornelli, che spadellava qualcosa di ignoto ma decisamente promettente.

Non appena li vide, la ragazza si avvicinò ad Howie e lo salutò con un abbraccio. 

Si erano visti una sola volta, ma il ragazzo era stato molto carino con lei ed Emi sentiva che avrebbero potuto diventare buoni amici. 

Anche se non la conosceva, gli chiese notizie di Leigh e della gravidanza, dopodiché spedì entrambi i ragazzi sul terrazzo, dicendo che gli avrebbe portato un bicchiere di vino e degli stuzzichini.

Mentre la aspettavano, Howie rivolse a Nick un sorrisino irriverente e lo canzonò “La tua fama a letto dev’essere davvero meritata se riesci a farti trattare così”.

Nick scoppiò a ridere e replicò “Lo è, ma mi tratta così perché mi ama e io amo lei”.

L’amico alzò gli occhi al cielo e fece un fischio, poi smise di scherzare e gli disse, serio “Sono contento di vederti finalmente sistemato e felice, Nick. Davvero. Si vede che sei sereno”.

Nick sorrise e annuì, confermando “Sì, lo sono. Per la prima volta nella mia vita, sento che ho davvero tutto quello che desidero”.

Howie restò da Nick per circa una settimana, poi, quando la canzone fu finalmente pronta, si unirono anche gli altri ragazzi per inciderla. 

La sera del 18 ottobre, dopo una giornata intera passata in studio di registrazione ad apportare i tocchi finali al brano, Nick invitò tutti i ragazzi a cena a casa sua, prima che ognuno se ne tornasse a casa propria, il giorno seguente.

Fu una bella serata, molto più rilassata rispetto alla cena che avevano fatto tutti insieme a New York, ed Emi si godette ogni momento, senza più preoccuparsi di dover fare una bella impressione su nessuno. Nonostante la pancia ormai enorme, venne anche Rochelle e i ragazzi passarono tutto il tempo a prendere in giro AJ, facendogli venire dubbi sulle sue capacità di fare il papà.

Dopo cena, quando tutti se n’erano già andati, Nick e Howie diedero una mano a Emi a sistemare la cucina.

Mentre posavano gli ultimi piatti sporchi sul tavolo, Howie si fermò a osservare Emi, che stava caricando la lavastoviglie. Notando che la ragazza indossava una maglietta dei Nirvana, Howie si voltò verso Nick e osservò “Devi regalarle qualche maglietta dei Backstreet Boys”.

“Ne ha almeno una decina” replicò il ragazzo, sbrigativo.

“E perché non le mette?” domandò Howie, curioso.

Nick fece spallucce e rispose “Le usa come pigiama”.

Howie guardò Nick, che fissò a sua volta l’amico. Poi, non appena si accorse che Howie aveva aperto la bocca per parlare, lo bloccò, intimandogli “Non lo fare”

“Cosa?” farfugliò Howie, interdetto.

Nick gli lanciò un’occhiataccia e insistette “So cosa stai per dire e non farlo”.

In quel momento, furono interrotti dalla voce di Emi, che aveva seguito lo scambio di battute, fingendo, però, di essere troppo impegnata per prestarci attenzione.

Guardando entrambi con aria maliziosa e un sorrisetto sulle labbra, dichiarò, serena “Ti assicuro che me ne basta e avanza uno solo a letto e le magliette sono solo per il suo ego”.

Howie restò a fissarla a bocca aperta, chiaramente scioccato dal commento, che evidentemente non si aspettava. 

Nick scoppiò a ridere e scosse la testa, sentenziando “Hai già passato troppo tempo con AJ”.

“Ehi, anche la battuta che stava per fare Howie non era per niente innocente” si giustificò Emi, fingendosi offesa.

“Infatti anch’io ho passato troppo tempo con AJ” constatò Howie, ripresosi dallo shock, facendo scoppiare tutti a ridere.

⁓ * ⁓

“Allora, raccontami” esclamò Martha, sedendosi sul letto e guardando Emi che sistemava i bagagli.

Era dicembre e, di comune accordo, Emi e Nick avevano deciso di andare a passare il Natale dai genitori della ragazza, in Connecticut.

Era stato Nick a proporlo. Aveva chiesto a Emi cos’avrebbe voluto fare a Natale e lei aveva risposto che non ne aveva idea, dato che di solito lo trascorreva con la sua famiglia. 

Non era né un suggerimento né una richiesta. Emi era talmente felice di avere Nick che non le importava dove avrebbero passato le feste o cos’avrebbero fatto. 

Qualche giorno prima erano andati a comprare l’albero di Natale e l’avevano addobbato, con Nacho che tentava di rubare le decorazioni e Nick che lo rincorreva per la casa, mentre Emi rideva. Successivamente, mentre erano accoccolati sul divano a bere cioccolata calda, ammirando le lucine dell’albero, entrambi avevano confessato all’altro che era esattamente così che si immaginavano il Natale.

Emi non poteva essere più felice di così, ma, quando Nick le aveva suggerito che avrebbero comunque potuto andare in Connecticut dai suoi genitori, com’era solita fare, Emi aveva accettato la proposta, felice di rivedere la sua famiglia.

Erano stati accolti calorosamente dai signori Williams, entusiasti di rivedere la figlia e colui che ormai consideravano come un genero, anche se Nick ed Emi non erano sposati.

Poiché anche Tom, Martha e il piccolo Leo erano ospiti dei genitori, Emi e Nick avrebbero dormito nella vecchia stanza di Emi che, per l’occasione, era stata rimodernata. Il minuscolo letto singolo di quando era ragazzina era stato sostituito da un comodo letto a due piazze e, soprattutto, tutti i poster di Nick alle pareti erano stati tolti, in modo tale che il ragazzo non si sentisse in imbarazzo, e i muri erano stati ridipinti di un tenue color verde menta.

Emi guardò le pareti spoglie e si ritrovò a pensare che, in qualche modo, un po’ i vecchi poster le sarebbero mancati. Forse doveva far stampare una bella foto di lei e Nick insieme e appendere quella, invece.

“Quindi?” la incalzò Martha, impaziente.

Emi smise di fantasticare e tornò alla realtà, sorrise alla sorella e le chiese “Cosa vuoi sapere?”

“Tutto” rispose Martha, con un sorrisino malizioso.

Emi alzò gli occhi al cielo e, rassegnata, si sedette sul letto accanto a lei, pronta a essere sommersa da una raffica di domande.

“Spara” la spronò, con un sospiro.

Martha le rivolse un sorriso a trentadue denti e iniziò.

“Com’è la California?”

“Figa” rispose Emi. Poi precisò “Beh, non è che abbia visto molto, in effetti. Los Angeles è molto incasinata, ma decisamente interessante, e Malibu, dove abitiamo, è un gioiellino”.

“Malibu, hai detto niente” commentò Martha, poi proseguì “E la casa com’è?”

“Bella. Dà direttamente sulla spiaggia, sembra di essere in Hanna Montana” scherzò Emi, facendola ridere.

“Ti trovi bene?” le chiese ancora ed Emi annuì.

“Certo, mi sto ambientando…”

“Intendevo a vivere con Nick” la interruppe Martha.

Emi sorrise e annuì di nuovo.

“Sì,” confermò “mi trovo bene”.

Martha restò a fissarla, curiosa. Era chiaro che voleva sapere di più ed Emi decise di accontentarla.

“Vuoi sentirmi dire che vivere con lui è tutto ciò che ho sempre desiderato?” le domandò “Sì, è così. Lo amo. Credo di non essere mai stata tanto innamorata di qualcuno in vita mia. È la mia anima gemella, Martha, ne sono certa. E so che lo credevo anche di Derek, ma ti assicuro che non mi sono mai sentita così quando stavo con lui”.

“Così come?” volle sapere Martha.

Emi sospirò e ammise “Così completa”.

Martha allungò una mano sul piumone, fino a stringere quella della sorella, poi le sorrise e le disse “Non sai quanto mi fa piacere vederti così felice, sorellina. Te lo meriti”.

Emi non trovò nulla da replicare, quindi si limitò a stringere a sua volta la mano della sorella e a sorriderle.

“E poi mi piace Nick” aggiunse Martha, in tono ironico.

Emi alzò un sopracciglio e commentò, sarcastica “Mi stupirei del contrario”.

Entrambe le ragazze scoppiarono a ridere, poi, quando si calmarono, Martha le domandò ancora “Senti, devo chiedertelo. È tutto vero quello che si dice su di lui?”

Emi, che immaginava dove la sorella volesse andare a parare, ma sperava di sbagliarsi, replicò “Relativamente a…?”

“Dai che hai capito” la incalzò Martha, dandole un colpetto sul braccio.

Emi rise e scosse la testa, poi rivolse alla sorella un’occhiata furba e si decise ad accontentare la sua curiosità.

“Oh, sì” confermò “è tutto dannatamente vero”.

Nel frattempo, Nick era rimasto di sotto con i genitori di Emi e suo cognato che, però, era uscito in giardino a far giocare Leonard.

La signora Williams aveva preparato del caffè e si erano riuniti a berlo seduti intorno al caminetto acceso.

Nick notò che al centro del salotto troneggiava un grosso albero di Natale, molto simile a quello che lui ed Emi avevano addobbato nella loro casa di Malibu, e istintivamente sorrise. La signora Williams se ne accorse e gli domandò “Ti piace il nostro albero?”
Nick annuì e rispose “Somiglia molto a quello che abbiamo fatto io ed Emi a casa nostra”.

La donna sorrise, felice che il ragazzo avesse detto nostra e non mia. Voleva dire che ormai considerava la figlia parte integrante della sua vita.

“Allora, ragazzo,” si intromise il marito “come ve la passate tu ed Emily?”

Nick si voltò verso il padre di Emi, concentrando la sua attenzione su di lui.

“Molto bene,” disse “Emi si è ambientata e pare che la California le piaccia. Il mio cane la adora e non mi sembra vero averla con me”.

Il signor William sorrise, soddisfatto, poi chiese ancora “E che progetti avete?”

Nick si mise più comodo sul divano e iniziò a spiegare.

“Fino a febbraio sono abbastanza libero, infatti io ed Emi abbiamo parlato di fare una vacanza da qualche parte. Poi, a marzo, io e i ragazzi iniziamo a registrare il nuovo album. I pezzi sono quasi tutti pronti, ma vanno incisi per bene, per ora abbiamo solo delle demo. A maggio inizieremo il tour e, dato che sarà una cosa piuttosto lunga e non mi andava di lasciare Emi a casa da sola, le ho proposto di seguirmi. All’inizio non era molto convinta, aveva paura di essere un peso, anche se le ho assicurato che mi sarebbe pesato di più non vederla per mesi e che, comunque, tutti i ragazzi portano le compagne in tour. Poi, però, le ho presentato Justin, il nostro fotografo, e abbiamo valutato che, mentre è in tour con noi, Emi può collaborare con lui e fare pratica come fotografa per eventi. È una figura molto richiesta a LA, in questo momento, e scrivere sul curriculum di aver fatto da aiuto al fotografo ufficiale dei Backstreet Boys costituisce un bel biglietto da visita per assicurarsi eventuali ingaggi futuri”.

“Emi ha sempre sognato di fare la fotografa” dichiarò sua madre, con un sorriso.

Nick annuì e le assicurò “Lo so e voglio aiutarla a realizzare questo desiderio”.

In realtà, non era necessario che Emi lavorasse, Nick poteva tranquillamente provvedere a entrambi ed era più che felice di farlo ma, allo stesso tempo, sapeva che Emi odiava starsene con le mani in mano e voleva aiutarla a realizzare il suo sogno di diventare fotografa. Se, poi, avesse deciso di farla diventare una professione vera e propria o, invece, si sarebbe limitata a continuare a seguirli in tour e a postare le foto sui social dei ragazzi, a Nick non importava. Voleva solo che Emi fosse felice e stesse il più possibile insieme a lui. Inoltre, da un po’ di tempo, lo stava aiutando a gestire i suoi profili Twitter, Facebook e Instagram e Nick aveva scoperto che era dannatamente brava, quindi poteva seriamente farla diventare un’occupazione a tempo pieno.

“È carino da parte tua volerla aiutare” osservò suo padre, colpito.

Nick scosse la testa e sentenziò “Gliel’avevo promesso e poi è brava e sono davvero convinto che possa fare grandi cose”.

La signora Williams aprì la bocca per dire qualcosa ma, in quel momento, Tom e Leo rientrarono in casa dal giardino e il bambino trotterellò attraverso la stanza, fino ad arrampicarsi sulle gambe della nonna, farfugliando “Colata”.

La donna rise e spiegò, a beneficio di Nick “Vuole la cioccolata”. Poi si rivolse al bambino e gli disse “Ma certo, adesso la nonna ti fa la cioccolata” dopodiché si alzò, con il piccolo in braccio, e, scusandosi con Nick e il marito, si diresse verso la cucina, seguita da Tom, che nel frattempo tentava di togliere gli stivaletti sporchi di fango dai piedini del figlio.

Rimasti soli, il signor Williams riportò l’attenzione su Nick e gli sorrise.

Il ragazzo ricambiò il sorriso, stupito di come non si sentisse più sotto esame a parlare con il padre di Emi. Non sapeva se avesse a che fare con il fatto che sapeva di piacergli oppure che l’uomo aveva accolto con entusiasmo la notizia della sua relazione con la figlia, ma Nick ormai si sentiva a suo agio con Bob Williams e la cosa gli faceva estremamente piacere.

“Sai, ragazzo, devo confessarti una cosa” gli disse l’uomo, bevendo un sorso di caffè. 

Anche Nick bevve un sorso dalla sua tazza e poi restò a rigirarsela tra le mani, in attesa di sentire cos’aveva da dirgli il padre di Emi.

“Quando Emi ci ha comunicato che aveva intenzione di trasferirsi in California per venire a vivere con te, non ero proprio entusiasta. Nulla contro di te, sei un bravo ragazzo, ma temevo che si sentisse un pesce fuor d’acqua laggiù, specialmente dato che il tuo lavoro ti costringe spesso a stare lontano da casa. So cosa vuol dire lasciare sola la tua compagna e non volevo che Emi soffrisse la stessa solitudine di sua madre. Adesso, però, vedo che stai facendo tutto quello che puoi perché non solo questo non succeda ma, soprattutto, perché la mia Emi si trovi bene e si costruisca un futuro là in California con te”.

Nick sorrise, colpito dalle sue parole, poi confessò “La amo, Bob, e voglio che sia felice tanto quanto lo sono io ad averla accanto”.

Bob ricambiò il sorriso di Nick e sentenziò “Bravo ragazzo”.

In quel momento, nella testa di Nick scattò qualcosa e, senza nemmeno riflettere, si sentì dire “A questo proposito, avrei bisogno di parlarti un momento, un giorno di questi”.

L’uomo si fece serio e domandò “C’è qualche problema?”

Nick scosse la testa.

“No, nessun problema,” lo rassicurò “voglio solo chiederti una cosa e ho bisogno che siamo soli”.

Bob annuì e gli propose “Ma certo. Magari potremmo andare a giocare a golf, uno di questi giorni. Tu giochi a golf, Nick?”

Il ragazzo fece sì con la testa.

“Una partita di golf mi sembra un’ottima idea” concordò, sorridendo.

⁓ * ⁓

“Lascia, ti porto io la valigia”.

Emi guardò Nick che, nel frattempo, la prese per mano, e scosse la testa.

“Non ce n’è bisogno, tranquillo. Posso fare da sola” lo rassicurò.

“Sicura?” chiese conferma lui ed Emi annuì.

“Okay, allora vado al desk a vedere se la macchina è già pronta” dichiarò.

La ragazza gli sorrise.

“Okay, ti aspetto qui” gli disse, sedendosi in uno dei posti lì accanto.

Nick ricambiò il sorriso e si allontanò, lasciando Emi a guardarsi intorno, nell’aeroporto affollato.

Era metà febbraio ed erano appena atterrati in Florida. Avevano passato l’inverno a parlare di concedersi una vacanza prima che Nick si chiudesse in studio con i ragazzi per registrare l’album e poi partissero per il tour. Erano solo idee buttate all’aria, ma poi, per Natale, Nick aveva regalato a Emi due biglietti aerei per la Florida e il tutto era diventato improvvisamente reale. 

A quanto pareva Nick aveva un casa a Key West. Ci aveva abitato per qualche anno, tra il 2002 e il 2006 circa, prima di trasferirsi in California. Le Isole Keys gli piacevano ed era affezionato alla casa, quindi non l’aveva mai venduta.

Per quanto a Malibu vivessero sulla spiaggia, entrambi amavano il mare e Nick le parlava continuamente di quanto fossero fantastiche le Keys quindi, quando le aveva regalato i biglietti proponendole di passare qualche settimana nella casa che aveva là, Emi aveva accolto l’idea con entusiasmo. 

Dato che Leigh, la moglie di Howie, aveva dato alla luce il piccolo Holden appena il giorno prima, i ragazzi avevano deciso all’ultimo di cambiare i biglietti aerei e volare su Orlando, invece che su Miami, per fare visita agli amici e conoscere il nuovo arrivato. Dopodiché avrebbero proseguito in auto fino a Key West, dove si sarebbero fermati un paio di settimane.

Mentre aspettava Nick, l’attenzione di Emi fu catturata da una scena che si stava svolgendo di fronte a lei. Un ragazzo alto, con brillanti occhi verdi, che le ricordava un po’ Kevin, si avvicinò alla donna seduta accanto a lei e le disse “Vieni, mamma, l’auto è pronta”.

La donna gli sorrise e accettò la mano che gli porgeva, domandandogli “Hai già chiamato tuo fratello?”

Il ragazzo ricambiò il sorriso e rispose “Sì, John ci aspetta a casa”.

“Oh, non vedo l’ora di conoscere la sua fidanzata” commentò la donna, entusiasta.

“Ehi, sei pronta?”

La voce di Nick la distrasse ed Emi alzò di scatto la testa, finendo a specchiarsi negli occhi azzurri del ragazzo.

“Pronta” gli disse, alzandosi e prendendolo per mano.

Avviandosi insieme verso l’auto che avevano preso a noleggio, Nick le domandò “Contenta di rivedere Howie?”

Emi annuì.

“Sì e anche di conoscere finalmente Leigh, James e il piccolo Holden, ovviamente” rispose, eccitata.

Nick sorrise.

“Ti piaceranno” le assicurò.

Dopo aver caricato i bagagli in auto, Nick partì alla volta dell’ospedale dov’era ricoverata Leigh. 

Emi lo guardò e decise di condividere con lui ciò che le passava per la testa da quando avevano lasciato l’aeroporto.

“Nick?” azzardò, richiamando la sua attenzione.

Il ragazzo le lanciò uno sguardo con la coda dell’occhio, continuando a prestare attenzione alla strada.

“Sì, dimmi amore” la spronò lui.

Emi sorrise. Nick aveva preso l’abitudine di chiamarla amore e, per quanto non fosse assolutamente una novità, Emi continuava a sentire le farfalle nello stomaco ogni singola volta. Chissà cos’avrebbe detto la se stessa quindicenne se avesse saputo che Nick Carter, il ragazzo perfetto che le sorrideva dai poster alle pareti, adesso non solo le sorrideva realmente, ma addirittura la chiamava amore.

“Devo chiederti una cosa, ma prima prometti di non arrabbiarti” esordì.

Nick la guardò di sottecchi, vagamente preoccupato.

“Perché dovrei arrabbiarmi?” le domandò, lasciandosi sfuggire una risatina nervosa.

Emi sospirò, prima di decidersi a sputare il rospo.

“Perché so che sei molto suscettibile sull’argomento, però…beh, ormai viviamo insieme, dici che mi ami…”

“Perché ti amo,” la interruppe Nick, interdetto “ne dubiti ancora? Cosa devo fare per convincerti?”

Emi scosse la testa e alzò gli occhi al cielo, commentando “Ecco cosa intendevo quando ho detto che sei suscettibile. E non ti ho nemmeno ancora detto cosa voglio”.

Nick le lanciò un’occhiata preoccupata ma, notando che non sembrava arrabbiata, si lasciò scappare una risatina.

“Scusa” farfugliò.

Emi gli appoggiò una mano sulla gamba e si sporse per dargli un bacio sulla guancia.

“Punto uno: ti amo e non dubito del tuo amore, idiota che non sei altro, solo che mi stupisco ancora ogni giorno che tu abbia scelto proprio me”.

Nick le prese la mano, se la portò alle labbra e la baciò, ribattendo “Sei la mia anima gemella e non c’è nessun’altra con cui vorrei stare a parte te, quindi smetti di stupirti”.

Emi rise, poi proseguì “Punto due: appurato che ci amiamo entrambi, voglio sperare che passeremo il resto delle nostre vite insieme, non è così Mr Carter?”

Nick annuì, con il sorriso sulle labbra, e confermò “È così, ormai ti ho conquistata e non puoi più vivere senza di me”.

La ragazza scoppiò a ridere e scosse la testa.

“Ovviamente la caratteristica che mi ha fatto innamorare di te è la tua modestia” sentenziò, ironica.

Anche Nick scoppiò a ridere e concordò “Ovviamente”.

“Punto tre,” continuò Emi, decisa ad arrivare al suo obiettivo “Se contiamo di stare insieme per sempre, dobbiamo essere sinceri al cento per cento una con l’altro. Niente segreti”.

“Io non ho segreti con te,” replicò Nick, vagamente offeso “sai tutto di me e quello che non sai, puoi sempre chiedermelo”.

Emi annuì, soddisfatta, e decise di approfittare subito dell’offerta di Nick, dicendo “In realtà c’è qualcosa di te di cui so molto poco ed era proprio di questo che volevo parlare”.

“Sarebbe?” le chiese lui, incuriosito.

Emi prese un respiro profondo e confessò “La tua famiglia”.

Come prevedibile, Emi notò subito la mascella di Nick irrigidirsi. Era evidente che il ragazzo era a disagio e a Emi dispiaceva averlo messo in quella posizione ma, sebbene Nick le avesse parlato dei genitori e dei suoi fratelli, lei sentiva di non sapere in realtà nulla di loro. Era cosciente del fatto che non corresse buon sangue tra il suo ragazzo e la famiglia, ma, nonostante questo, a Emi avrebbe fatto piacere conoscerli. Spesso si domandava se i genitori di Nick sapessero che il figlio aveva una ragazza e che viveva con lei. Inoltre, si chiedeva se sarebbe piaciuta alla famiglia del ragazzo come lui piaceva alla sua. Erano piccolezze che non toglievano nulla al loro rapporto, ma Emi sentiva comunque come se mancasse un tassello nella loro vita felice e voleva tentare di sistemare le cose.

Dopo un tempo che le parve infinito, Nick sospirò e si decise a rispondere.

“La mia famiglia non è un segreto, amore, anzi. Tutti ne sanno molto più di quanto dovrebbero. Abbiamo sempre avuto un rapporto difficile e, dopo come si sono comportati quando è morta Leslie, ho deciso che ne avevo avuto abbastanza. E questo è tutto quello che c’è da sapere, sul serio”.

Il ragazzo allungò una mano e prese quella di Emi nella sua. Lei gli sorrise e si giustificò “Lo so e non è che non ti creda, è solo che mi sembra brutto che tu abbia conosciuto la mia famiglia ancora prima che fossimo una coppia, mentre io non conosco nessuno dei tuoi”.

Segretamente commosso dalla sensibilità della ragazza, Nick ricambiò il sorriso e la rassicurò “Se ci tieni tanto, posso sentire Angel e organizzare di vederci, quando torniamo dalla vacanza”.

Emi annuì e accolse l’idea con entusiasmo.

“Ma certo, mi piacerebbe conoscere tua sorella,” ammise, poi aggiunse “però, stavo pensando, tua madre non abita da queste parti?”

“Sì,” confermò Nick, senza riflettere “abita a Tampa con il suo nuovo compagno”.

“E dici che le farebbe piacere cenare con noi?” azzardò Emi, timorosa.

Approfittando del fatto di essere fermo a un semaforo, Nick si voltò a guardare Emi, stupito.

“Vuoi conoscere mia madre?” le domandò, perplesso.

Emi si strinse nelle spalle e rispose “Perché no?”

“Oh, per una montagna di ragioni, in realtà” sbottò lui, poi, rendendosi conto che, forse, Emi avrebbe potuto prenderla male, precisò “E nessuna di queste ha a che fare con te, te lo assicuro”.

Emi ridacchiò e distolse lo sguardo, ma Nick si accorse che desiderava veramente conoscere sua madre. Non capiva perché, ma Emi era cresciuta in una famiglia amorevole e, probabilmente, l’idea che lui, invece, non sentisse la particolare necessità di avere vicina la sua le risultava incomprensibile.

Il semaforo diventò verde ma, prima di rimettere in moto, Nick lanciò un’occhiata a Emi, che stava fissando qualcosa fuori dal finestrino.

“Ci tieni davvero così tanto?” le domandò.

La ragazza gli rivolse un timido sorriso e annuì.

“Mi piacerebbe” confermò.

Vedendola così a disagio, Nick si sentì un verme. Lì, seduta accanto a lui, c’era una ragazza fantastica, che lo amava davvero per ciò che era e non solo per la sua fama o per i suoi soldi, una ragazza che conosceva tutto di lui perché con lei Nick aveva lasciato cadere la maschera che indossava sempre davanti al mondo e che, per qualche ragione che ancora non aveva capito del tutto, aveva deciso che la versione di lui senza maschera le piaceva ancora di più di quella su cui fantasticava da ragazzina. Dato che, ormai, le aveva aperto il suo cuore ed era fermamente intenzionato a tenerla con sé per sempre, Nick valutò che il minimo che potesse fare era assicurarsi che fosse il più felice possibile, con lui. E, se questo significava sopportare un incontro con sua madre, beh, forse poteva farcela.

“Okay,” cedette, con un sospiro “proverò a sentire se stasera è libera”.

“Davvero?” esclamò Emi, incredula.

Nick annuì e, osservandola con la coda dell’occhio, notò che aveva gli occhi che brillavano e, istintivamente sorrise. 

Adorava farla felice. 

Allo stesso tempo, però, sapeva di doverla mettere in guardia da quello che la aspettava.

“Ti avviso, però: non ti piacerà” le disse.

Emi si strinse nelle spalle e sentenziò “Correrò il rischio di scoprirlo da sola”.

⁓ * ⁓

Jane Carter fu piuttosto stupita quando ricevette una telefonata dal figlio maggiore. 

Non lo sentiva da un anno e credeva che avesse deciso di troncare tutti i rapporti con lei. Aveva sue notizie dagli altri figli e, ovviamente, dai media, quindi sapeva che stava bene e anche più o meno cosa stava facendo. 

Nick era sempre stato un ragazzo difficile, ma anche quello che, tra tutti i suoi figli, le aveva dato più soddisfazione. Jane aveva capito subito che il ragazzino aveva talento e, infatti, ne aveva avuto conferma quando era stato preso nei Backstreet Boys. 

I primi tempi erano stati fantastici: viaggi oltreoceano e il totale controllo della carriera e dei guadagni di Nick. Poi, però, il ragazzo era cresciuto e, anche a causa della cattiva influenza degli altri ragazzi del gruppo, che Jane era certa gli avessero fatto il lavaggio del cervello, Nick aveva iniziato a voler prendere le decisioni da solo e, soprattutto, a voler sapere come e quando venivano spesi i suoi soldi, fino a desiderare addirittura amministrarli da solo. Così erano iniziate le prime liti e Jane aveva dovuto mollare la presa, concentrandosi su Aaron, il figlio minore, e tentando di fargli ripercorrere i passi del fratello per avere, così, un'altra gallina dalle uova d’oro che, auspicabilmente, dato che non aveva nessuno, a parte lei, a mettergli strane idee in testa, non le avrebbe voltato le spalle come aveva fatto Nick. 

Il figlio maggiore aveva tentato di sistemare le cose, aveva perfino comprato una bella casa in California per tutta la famiglia, ma poi non era andato a vivere con loro, preferendo mantenere un certo distacco, e questo non era andato giù a Jane, che aveva continuato a farlo sentire in colpa, ogni volta che ne aveva avuto occasione, costringendolo a fare di tutto per elemosinare il suo affetto. 

Avevano avuto alti e bassi ma, tutto sommato, il suo piano aveva sempre funzionato e ogni volta che si era trovata a corto di soldi, aveva contattato Nick, trovando una scusa per farlo sentire in colpa, ed era sempre riuscita a spillargli dei quattrini. Non andava fiera del suo comportamento, ma il suo rapporto con il figlio era sempre stato quello e ormai c’era ben poco da fare per sistemare le cose. Inoltre, dal suo punto di vista, in quanto quello che guadagnava di più, spettava in qualche modo a Nick occuparsi della famiglia. 

Così, quando Leslie era morta, aveva pensato che fosse l’occasione giusta per perpetuare il suo piano e aveva, neanche troppo velatamente, incolpato Nick della morte della sorella. Evidentemente doveva aver tirato troppo la corda, però, perché il figlio si era nuovamente allontanato e non lo sentiva da più di un anno. 

La cosa l’aveva incuriosita e irritata allo stesso tempo. Da un parte si chiedeva chi diavolo si credeva di essere Nick per pensare di non avere più bisogno di lei che, comunque, era la sua famiglia e, dall’altra, si interrogava su cos’avesse decretato quel cambio di atteggiamento nel figlio. Così, quando Nick l’aveva chiamata, dicendole che era in Florida e che avrebbe avuto piacere di portarla fuori a cena, aveva subito accettato, vedendo riaccendersi la speranza di poterci guadagnare qualche soldo. Bastava farlo sentire in colpa per non essersi fatto sentire per tutto quel tempo e per non essersi nemmeno presentato al funerale di sua sorella, e Jane era un’esperta in quel giochetto. Nell’eventualità che non funzionasse, ci avrebbe comunque rimediato una cena gratis. E poi, Jane era curiosa di capire dove Nick avesse trovato la forza di starle lontano così a lungo.

Quindi, quando si presentò al ristorante in cui Nick aveva prenotato, dicendo che la stavano aspettando, e fu accompagnata al tavolo, si stupì di trovare una ragazza seduta accanto al figlio.

Mentre si avvicinava, Jane la scrutò e si stupì di come le sembrasse ordinaria. Lunghi capelli castani, profondi occhi marroni, pelle chiara, con una leggera abbronzatura e un bel sorriso sincero. Era carina, questo sì, ma molto distante dalle donne a cui Nick si accompagnava di solito. La cosa, già di per sé, la sorprese. 

Poi, quando si avvicinò al tavolo e la ragazza si alzò per salutarla, sorridente, Jane iniziò a pensare che ci fosse davvero qualcosa che non quadrava.

Nick la salutò con un bacio sulla guancia.

“Ciao, mamma, grazie di essere venuta” le disse, freddo. Poi rivolse alla ragazza un gran sorriso e aggiunse “Ti presento Emily, la mia ragazza”.

Jane la guardò e lei le sorrise, tendendole una mano.

“Piacere di conoscerla, signora Carter”.

Jane accettò la mano che le porgeva, ma, mentre gliela stringeva, la fissò con sguardo gelido.

“Non sono più la signora Carter,” precisò “io e il padre di Nick abbiamo divorziato”.

“Oh, mi scusi” farfugliò lei, imbarazzata.

Nick le lanciò un’occhiataccia e Jane aggiunse “Puoi chiamarmi Jane”.

Durante la cena, Jane si finse interessata al racconto di come Nick avesse conosciuto Emi, così si faceva chiamare la ragazza, e di come si fossero innamorati. Ci tennero anche a farle sapere della melensa sceneggiata che lei aveva fatto a Nick per riconquistarlo, dopo che lo aveva in qualche modo respinto, e Jane dedusse che la ragazza doveva aver avuto bisogno di qualche tempo per realizzare la fortuna che le era capitata tra le mani ma, quando se ne era resa conto, aveva fatto di tutto per non farsela scappare.

Jane non riusciva a credere ai suoi occhi. 

Suo figlio e quella ragazza sembravano davvero innamorati e lei non pareva avere particolari mire di popolarità, ma si accontentava di stare con lui. Il che aumentava la stima che aveva di lei, dato che doveva essere piuttosto brava per fingere in maniera così convincente.

Jane sospirò, senza farsi vedere, e si stupì di come suo figlio non fosse cambiato. Nick era sempre stato buono di cuore e, fin da bambino, aveva sempre visto il buono nelle persone, finendo per fare la parte dell’ingenuo che viene puntualmente fregato. Jane lo sapeva bene perché lei stessa aveva giocato su quella sua debolezza. Finché era lei a farlo, però, era lecito, dopotutto era sua madre. Ma pensare che una qualsiasi sciacquetta sconosciuta avesse abbindolato a tal modo suo figlio, la faceva andare su tutte le furie.

Chi si credeva di essere quella Emily e come pensava di poter far credere a Nick che lo amasse veramente per quello che era?

Jane sapeva che era solo interessata ai suoi soldi e alla sua fama, doveva per forza essere così, ed era suo dovere far aprire gli occhi al figlio.

Attese, quindi, fino a che Emily non si allontanò per andare in bagno e, non appena si ritrovò sola con il figlio, gli chiese, a bruciapelo “Si può sapere a che gioco stai giocando, Nick?”

Il ragazzo, che si era voltato a guardarla, con un sorriso soddisfatto, pronto a chiederle cosa ne pensasse della donna di cui era innamorato, spalancò gli occhi e restò a fissarla, spiazzato.

“Scusa?” farfugliò, non riuscendo a trovare nulla di meglio da dire.

Jane sospirò e ripeté la domanda, cercando di essere più precisa.

“A che gioco stai giocando con lei?”

“Non sto giocando a nessun gioco,” replicò lui, indispettito “mi sono innamorato. Ti risulta così difficile da credere?”

Jane scosse la testa e alzò gli occhi al cielo, commentando “Innamorato? Di nuovo?”

“Non capisco cosa intendi” sentenziò Nick, visibilmente offeso.

“Lo sai benissimo, invece” lo ammonì lei, prima di aggiungere “Anche l’ultima volta, quando mi hai presentato…come si chiamava?”

“Lauren” le andò in aiuto il figlio, seccato.

“Ecco,” proseguì Jane “anche quando mi hai presentato Lauren sostenevi di esserne innamorato”.

Nick sospirò e fece roteare gli occhi, dichiarando “Era diverso. Credevo di amarla ma, poi, quando le cose si sono fatte serie, mi sono sentito soffocare e sono scappato”.

“E cosa ci sarebbe di diverso, questa volta?” gli domandò Jane, in tono vagamente canzonatorio.

Nick le rivolse un’occhiata gelida e annunciò “Che con Emily le cose sono già diventate serie e non solo non sono scappato, ma voglio addirittura chiederle di sposarmi”.

A quelle parole, a Jane si gelò letteralmente il sangue nelle vene.

Se Nick avesse davvero sposato quella sciacquetta e si fosse costruito una famiglia con lei, avrebbe significato la fine di tutti i suoi piani di manipolarlo, nonché la possibilità di ottenere qualsiasi cosa da lui, puntando sul suo senso di responsabilità verso l’unica famiglia che avesse mai conosciuto - anche se Nick sosteneva che i ragazzi del gruppo fossero la sua seconda famiglia, Jane non aveva mai dato peso a quella che considerava, ovviamente, un’idiozia. La famiglia era qualcosa che affondava le sue radici in un legame di sangue o, come nel caso della minaccia incombente, in un’unione legale ufficiale, come il matrimonio.

Gli occhi ridotti a due fessure, la donna guardò il figlio e sibilò “Spero che tu stia scherzando”.

Nick, però, scosse energicamente la testa e dichiarò “No, perché dovrei? La amo e voglio passare tutta la vita con lei”.

“Ti rendi conto che le interessano solo i tuoi soldi e la sua fama, vero?” lo incalzò la donna, nervosa.

Qualcosa, nel tono di voce fermo e sicuro del figlio, l’aveva spaventata a morte. Non aveva mai visto Nick così sicuro di qualcosa in vita sua o, meglio, forse era successo quando aveva deciso di entrare nei Backstreet Boys e, vedendo com’era andata, la cosa non contribuiva certo a tranquillizzare Jane.

Nick si lasciò sfuggire una mezza risatina di sufficienza e, scuotendo la testa, sentenziò “Eccolo qui, me lo aspettavo un commento del genere. È così dannatamente da te. Solo perché per te valgo qualcosa solo grazie ai miei soldi e al mio lavoro, non significa che siano tutti così, sai? Emi è diversa”.

Cercando di non dare a vedere quanto il commento piccato del figlio le avesse dato fastidio, Jane insistette “Questo è quello che vuole farti credere”.

“E sai cosa c’è?” la sfidò lui, deciso “Le credo. Mi fido molto più di lei di quanto mi fiderò mai di te”.

“Nick,” disse Jane, in tono più dolce, cercando di calmarlo “è chiaro che quella donna ti ha fatto il lavaggio del cervello. Non fare cazzate”.

Alzandosi in piedi di scatto, Nick la guardò con disprezzo e dichiarò “L’unica cazzata è stata sperare di poter recuperare il nostro rapporto quando è evidente che, come al solito, l’unica cosa che ti interessa è assicurarti che continui a finanziare la tua triste esistenza”.

Jane stava per ribattere, rimproverandolo per la mancanza di rispetto nei suoi confronti e intimandogli di sedersi e smetterla di dare spettacolo nel locale, ma, proprio in quel momento, Emi decise di tornare dalla toilette e, notando un po’ di concitazione al tavolo, si fermò in piedi, a pochi passi da Nick.

“Cosa succede?” gli chiese, guardandolo con aria preoccupata.

“Prendi la borsa, ce ne stiamo andando” rispose lui, sbrigativo.

“Nick, per favore, non fare il bambino” tentò di farlo ragionare Jane, imbarazzata dalla scenata pubblica.

Nick, però, scosse la testa e, allungandosi per prendere la borsa di Emi, replicò “Il problema è proprio che ho smesso di fare il bambino e non puoi più controllarmi, non è vero, mamma?”

Dopodiché prese la ragazza per mano e la trascinò letteralmente verso l’uscita, sotto gli occhi curiosi degli altri avventori.

Arrancando dietro a Nick, tra gli sguardi stupiti della gente intorno a loro, Emi faticava a capire cosa fosse successo nel breve lasso di tempo in cui era stata in bagno.

A un certo punto, decise che aveva bisogno di risposte e, non appena raggiunta la cassa, dove Nick si fermò per pagare, puntò i piedi e richiamò la sua attenzione.

“Nick”.

“Cosa?” sbottò lui, scortese, voltandosi a guardarla con gli occhi fiammeggianti di collera.

La ragazza alzò un sopracciglio e gli rivolse un’occhiata severa, prima di rimproverarlo “Non so cosa sia successo là dentro, ma di sicuro io non ho fatto nulla, quindi non usare quel tono con me”.

Sentendosi tremendamente in colpa, Nick le strinse forte la mano che teneva nella sua, poi sospirò e ammise “Hai ragione, scusami”.

In tono decisamente più dolce, Emi gli domandò “Mi spieghi, per favore?”

Nick scosse la testa e disse “Non c’è nulla da spiegare, mia madre riesce a tirare fuori il peggio di me, ogni volta. Capito adesso perché preferisco non vederla?”

Cercando disperatamente di venirci a capo, Emi chiese, ancora “Cos’ha fatto?”

“Ha insinuato che tu stessi con me solo perché sono ricco e famoso” confessò, dispiaciuto.

La ragazza gli rivolse un timido sorriso e gli posò una mano sul braccio, sussurrando “Sai che non è così, vero?”

Con suo grande sollievo, Nick annuì e la rassicurò “Certo che lo so, so che mi ami, non è questo che mi preoccupa”. Poi, notando che Emi continuava a fissarlo con aria persa, si decise a spiegare “Quello che non sopporto è che si permetta di pensare questo di te quando, invece, è esattamente quello che fa lei da tutta la vita”.

Guardando il ragazzo che amava ferito da colei che avrebbe dovuto dimostrargli affetto incondizionato, Emi non riuscì a fare a meno di odiare un pochino Jane. Non la conosceva e, onestamente, poco le importava cosa pensasse di lei, ma non sopportava di vedere Nick stare così male e tutto a causa di sua madre.

Liberando la mano da quella di Nick, gliele appoggiò entrambe sulla vita e si sporse fino sfiorargli le labbra in un bacio.

“Mi dispiace,” gli sussurrò “specialmente perché sono stata io a insistere per incontrarla”.

Il ragazzo scosse la testa e le sorrise.

“Non è colpa tua,” la tranquillizzò “non potevi saperlo”.

“Ma tu mi avevi avvisata e io non ho voluto darti retta” obiettò Emi, pentita.

Nick scrollò le spalle e sospirò.

“Non importa,” disse “però adesso andiamo via di qui”.

Sulle prime, Emi annuì, desiderosa di accontentarlo e farsi perdonare per averlo messo in quella situazione. Poi, però, ci ripensò e, con aria decisa, gli propose “Tu vai, io torno a parlarle”.

Nick strabuzzò gli occhi e scosse la testa.

“No,” obiettò “non ne vale la pena, davvero”.

A Emi, però, non andava giù il modo in cui la donna aveva trattato il ragazzo e sentiva il bisogno di farglielo sapere, in qualche modo, quindi insistette “Sì, invece. Tu torna in albergo, ordina del vino e riempi la vasca, mentre mi aspetti. Non ci metterò molto”.

“E come tornerai, se prendo la macchina?” le chiese lui, premuroso.

“Chiamerò un taxi, non ti preoccupare” la rassicurò Emi.

Nick sospirò. Non gli piaceva l’idea che Emi parlasse da sola con sua madre, ma la discussione di poco prima l’aveva stremato e non aveva la forza di opporsi.

“Come vuoi,” cedette “ma non lasciarti toccare da quello che ti dirà. È bravissima a manipolare le persone”.

Emi annuì e gli diede un altro bacio sulle labbra, poi lo guardò uscire dal ristorante, agitando una mano in segno di saluto.

Quando la porta si richiuse alle spalle di Nick, Emi fece dietro front e tornò sui suoi passi, diretta al tavolo dove avevano lasciato Jane.

Vedendola ritornare, la donna le rivolse uno sguardo stupito e le domandò “Cosa ci fai qui e dov’è Nick?”

Emi spostò una sedia e prese posto di fronte a lei, annunciando “Nick se n’è andato”.

“E perché non sei con lui?” chiese Jane “Vuoi proseguire la sceneggiata?”

Ignorando volutamente il tono irriverente della donna, Emi le sorrise e dichiarò “Credo che noi due abbiamo iniziato con il piede sbagliato, Jane”.

La madre di Nick non rispose, si limitò a fissarla con aria di superiorità, così Emi proseguì “Ascolta, non me ne frega niente di cosa pensi di me, ma amo Nick e odio vederlo stare male per causa tua, specialmente perché sono stata io a insistere per incontrarti”.

A quelle parole, Jane non riuscì più a fingersi impassibile e lasciò trasparire tutto il suo stupore, spalancando gli occhi e domandando “Sei stata tu?”

Emi annuì, tranquilla, e spiegò "Checché ne dica, Nick soffre per il fatto di non avere un buon rapporto con la sua famiglia, così ho pensato che potesse essere una buona occasione per provare a sistemare le cose. Puoi anche non credermi, ma lo amo davvero e voglio vederlo felice”.

Non sapendo cosa dire, Jane restò a fissare la ragazza seduta davanti a lei, cercando di leggere nel suo sguardo per capire quanto fosse sincera. Poi, non riuscendo a trovare traccia di finzione nei profondi occhi marroni di Emi, sospirò e si decise e parlare.

“Io e Nick abbiamo sempre avuto un rapporto difficile” si giustificò.

“Lo so” ammise Emi “e sono certa che il suo orgoglio non abbia aiutato a sistemare le cose, ma nemmeno sparare a zero su di me ti farà guadagnare la sua simpatia, lo sai vero?”

“Sono solo preoccupata per lui…” farfugliò la donna, cercando un appiglio per spiegare il suo comportamento.

Pur intuendo che stava mentendo, Emi le sorrise e annuì, commentando “Immagino”. Poi aggiunse “Ma voglio rassicurarti: non sono i soldi o la fama di Nick che mi interessano, anzi, il fatto che sia famoso è quello che mi ha trattenuta dal ricambiare subito il suo interesse. Vedi, io sono una ragazza normale e non conosco affatto il mondo di cui fa parte Nick. Inoltre, non ho avuto esperienze idilliache sul fronte sentimentale, in passato, e temevo di poter rimanere ferita. Non riuscivo a credere che uno come lui potesse davvero essere interessato a una come me e volevo evitare di farmi male di nuovo”.

“E poi cos’è cambiato?” le domandò Jane, improvvisamente interessata.

Emi alzò impercettibilmente le spalle e confessò “Poi ho capito che lo amavo troppo e che, pur di stargli vicina, potevo passare sopra alla storia della fama”.

Colpita dalla sincerità della ragazza, Jane le rivolse quello che doveva essere il primo sorriso della serata e sentenziò “Sembri sincera”.

“Perché lo sono,” le assicurò Emi “non riuscirei mai a stare con qualcuno che non amo solo per interesse, la vita è troppo breve per non provare a essere felice”.

“E lo sei?” le chiese la donna, sinceramente curiosa.

Emi annuì, decisa, e confermò “Lo sono”.

“Ed è merito di Nick?” volle sapere ancora Jane.

“Ed è anche merito di Nick” precisò Emi.

Jane le sorrise, di nuovo, indecisa se fidarsi e provare a confidarsi con lei oppure continuare a trincerarsi dietro quella facciata di finta ostilità.

La verità era che non aveva nulla contro la ragazza seduta di fronte a lei, anzi, a dirla tutta le piaceva. Era solo gelosa e preoccupata di perdere il monopolio delle attenzioni del figlio, specialmente a livello economico.

Alla fine, decise di fidarsi del suo istinto e rischiare.

“Nick ti ama” le disse, sincera, ed Emi sorrise, felice.

“Lo so,” concordò “non solo me lo dice, ma me lo dimostra ogni giorno. E anch’io faccio del mio meglio perché sappia quanto lo amo”.

“Sono felice che abbia finalmente trovato qualcuno che lo apprezzi per quello che è” confessò la donna, cogliendo Emi di sorpresa.

La ragazza si limitò a sorriderle, dopodiché le chiese “Posso dirgli che ti dispiace per la discussione?”

Ancora infastidita dalla reazione, a suo avviso esagerata, del figlio, Jane scrollò le spalle e sentenziò “Come ti pare, tanto non farà alcuna differenza”.

Emi piegò leggermente la testa di lato e obiettò “Forse, ma sono convinta che lo farebbe stare meglio”.

Le due donne restarono a fissarsi per qualche altro istante poi, decretando che la conversazione poteva considerarsi conclusa, Emi si alzò e porse una mano a Jane, che la strinse.

“Piacere di averti conosciuta, Jane, e grazie per la chiacchierata” le disse, con un sorriso.

“Piacere mio, Emi” ricambiò lei.

Poi Emi si voltò e si diresse nuovamente verso l'uscita, senza guardarsi indietro, certa che lei e la madre di Nick non sarebbero mai diventate migliori amiche, ma almeno aveva senza dubbio guadagnato il suo rispetto e, soprattutto, la certezza che non avrebbe più fatto soffrire Nick con il suo atteggiamento manipolatorio. 

Quando Emi tornò in albergo, trovò Nick sdraiato sul letto che guardava distrattamente la TV.

Non appena lei mise piede nella stanza, però, spense il televisore e la salutò, sorridente.

“Ehi”.

“Ehi,” ricambiò lei, togliendosi le scarpe e sistemandosi accanto a lui sul letto “cosa guardavi?”

Nick la tirò a sé, passandole le mani attorno alla vita, e le posò un bacio sui capelli.

“Una vecchia puntata di Friends” rispose.

“Quale?” volle sapere lei, interessata.

“Quella dove Phoebe scopre che Monica e Chandler stanno insieme” precisò il ragazzo.

Emi sorrise e commentò “Una delle mie preferite”, dopodiché si coprì gli occhi con le mani e iniziò a imitare l’iconica battuta del personaggio di Phoebe, urlando my eyes, my eyes!

Nick ridacchiò, poi però si lasciò vincere dalla curiosità e le domandò “Com’è andata?”

Emi posò le mani su quelle del ragazzo e intrecciò le dita con le sue, prima di rispondere “Bene”.

“Davvero?” chiese Nick, incredulo.

Emi annuì e confermò “Abbiamo chiarito”. Poi aggiunse “Ha detto che le dispiace”.

“Per cosa?” si informò lui.

“Per essersi comportata male con te”.

Nick si lasciò sfuggire un sogghigno e scosse la testa, obiettando “Bel tentativo, ma non me la bevo”.

Emi alzò gli occhi al cielo e sospirò, prima di ammettere “Okay, non ha detto proprio così, ma sono sicura che sotto sotto le dispiace davvero”.

Il ragazzo liberò le mani dall’intreccio con quelle di Emi e ne posò una sulla guancia della ragazza, facendola voltare verso di lui, in modo da poterla guardare negli occhi.

“Apprezzo quello che stai cercando di fare, davvero, ma non è necessario” sentenziò. “Non devi mentirmi per farmi stare meglio. Mia madre è così, lo so, e ormai me ne sono fatto una ragione. Ci sono stato male per un sacco di tempo ma, alla fine, ho capito che, per quanto mi sforzassi di piacerle, a lei interessano solo i miei soldi e non le importa di avere un rapporto con me se non può ottenerli. Fa schifo, ma le cose stanno così, purtroppo. E, con gli anni, ho scoperto che continuare a frequentarla richiede troppe energie da parte mia e mi lascia sempre deluso, quindi ho semplicemente smesso di provarci. Non mi serve qualcuno che mi ricordi costantemente quanto sia inadeguato, sono bravissimo a farlo da solo”.

Emi gli sorrise, poi gli prese il viso tra le mani e gli diede un bacio sulle labbra.

“Non sei inadeguato,” lo rassicurò “so che ti senti così, ma ti assicuro che non è vero. Sei una brava persona e il miglior fidanzato che si possa avere, credimi”.

Nick non poté fare a meno di sorridere, sentendo i complimenti della ragazza, ma Emi non aveva ancora finito.

“Detesto che lei ti faccia sentire così perché non te lo meriti” proseguì “e mi dispiace aver insistito per incontrarla. Credevo che stessi esagerando, invece avevi perfettamente ragione a non volerla vedere. Scusami”. 

Nick si strinse nelle spalle e scosse la testa.

“Non importa,” dichiarò “ormai è andata. Non voglio più pensarci”.

Emi annuì e concordò “Discorso chiuso”.

Nick le sorrise e lei ricambiò, poi si avvicinò al viso del ragazzo per baciarlo di nuovo e, nel farlo, gli sussurrò “Allora, hai riempito la vasca?”

“No,” rispose lui, scuotendo lievemente la testa “perché non sapevo quando saresti tornata e non volevo che l’acqua si raffreddasse. Ma lo faccio subito”.

“Ottimo,” constatò Emi “io intanto ordino del vino e poi ti raggiungo di là”.

Detto ciò, si alzò dal letto e, mentre si avvicinava al telefono sul comodino, per ordinare il servizio in camera, sollevò il vestito che indossava, sfilandoselo dalla testa e lasciandolo distrattamente cadere sul pavimento.

Nick restò a fissarla, rapito, osservando attentamente ogni suo gesto, mentre la ragazza si sedeva sul bordo del letto e parlava con la reception, chiedendo che le portassero una bottiglia di vino.

Terminata la telefonata, Emi si accorse della presenza di Nick alle sue spalle, ancora seduto sul letto nella stessa posizione in cui l’aveva lasciato. 

Gli rivolse uno sguardo sorpreso e gli domandò “Che c’è?”

Con un sorrisino malizioso, Nick si alzò dal letto e le si avvicinò, lentamente.

“Pensavo che la vasca può aspettare,” annunciò “adesso voglio fare l’amore con la mia ragazza”.

Mentre Nick la faceva stendere sul letto, posizionandosi sopra di lei, Emi si lasciò sfuggire una risatina e dichiarò “Anch’io voglio fare l’amore con il mio ragazzo, ma tra poco ci porteranno il vino”.

“Aspetteranno” sentenziò Nick, iniziando a baciarle il collo.

Emi chiuse gli occhi, abbandonandosi alle sensazioni provocate dalle labbra di Nick che correvano sulla sua pelle, poi, però, si riscosse e, approfittando della vicinanza al viso del ragazzo, gli sussurrò all’orecchio “E se lo rendessimo più divertente?”

In men che non si dica, gli occhi azzurri di Nick furono su di lei, spalancati dallo stupore.

“Cos’hai in mente?” le domandò, incuriosito.

Emi sorrise e, passandogli le mani dietro al collo, propose “Non l’ho mai fatto nella vasca”.

Le labbra di Nick si curvarono in una smorfia divertita, mentre replicava “Io sì, ma non con te e mi sembra un’ottima idea”.

Emi scoppiò a ridere, poi gli appoggiò le mani sul petto e lo spinse via, per potersi mettere a sedere.

“Allora vado ad aprire l’acqua,” annunciò “tu ritira il vino e poi raggiungimi di là”.

Il ragazzo annuì, visibilmente eccitato all’idea di cosa lo aspettava di lì a poco. Emi gli diede un bacio e si diresse verso il bagno, dove aprì l'acqua e iniziò a versarci un’abbondante dose di bagnoschiuma al fiore di loto.

Quando, dopo aver ritirato il vino e i bicchieri, Nick raggiunse la sua ragazza in bagno, la trovò già immersa nella vasca, i capelli raccolti in uno chignon sulla nuca e gli occhi chiusi, che si godeva la sensazione di relax data dall’acqua calda e dal profumo avvolgente del bagnoschiuma. 

Nick posò la bottiglia e i bicchieri sullo sgabello accanto alla vasca, dopodiché si tolse frettolosamente i vestiti e raggiunse la ragazza, immergendosi dietro di lei.

“Ciao” sussurrò lei, appoggiando la schiena contro il petto del ragazzo.

“Ciao” ricambiò Nick, iniziando a baciarle il collo.

Emi sospirò e piegò la testa di lato, così da lasciare campo libero alle labbra del ragazzo, che scesero lentamente verso la spalla.

“Vediamo di risollevare le sorti di questa serata” le bisbigliò all’orecchio, facendola sorridere.

⁓ * ⁓

“Posso aiutarti in qualche modo?” domandò Emi, guardando il suo ragazzo con aria preoccupata.

Nick alzò la testa dallo scomparto su cui stava trafficando da almeno mezz’ora e, nonostante il sudore che gli imperlava la fronte, tentò di rivolgerle un sorriso rassicurante.

“No, tranquilla. Adesso ne vengo a capo” minimizzò, fingendo di avere tutto sotto controllo.

La realtà, però, era che non era affatto così.

Quella mattina, quando lui ed Emi erano saliti sulla sua barca con l’intenzione di fare una gita su un’isoletta al largo di Key West, Nick si aspettava che l’imbarcazione si avviasse al primo colpo, com’era sempre accaduto. Invece, stava cercando di accendere il motore da una mezz’ora buona, senza ottenere il benché minimo risultato. L’unica cosa che aveva capito era che doveva essere entrata dell’acqua nel motore, ma non aveva la più pallida idea di come fare per risolvere il problema.

“Lo sai che non mi importa molto di vedere quell’isola e mi va benissimo stare con te sulla spiaggia o in piscina, vero?” cercò di tranquillizzarlo Emi, vedendolo chiaramente in difficoltà.

Nick, però, scosse la testa, ostinato.

“Non se ne parla,” dichiarò “ho promesso di portartici ed è quello che farò, costi quel che costi”.

Emi alzò gli occhi al cielo e scosse la testa. Nick era cocciuto come un mulo e non c’era verso di fargli cambiare idea, se si metteva in testa qualcosa. Era inutile, quindi, tentare di convincerlo che, davvero, quella gita non era poi così importante, per lei, e le sembrava già un sogno essere lì a Key West con lui.

Rassegnata, tornò a sedersi sul ponte, lasciandolo trafficare sottocoperta.

Nick sospirò e si lasciò sfuggire un lamento, tirando un pugno al metallo su cui aveva le mani.

In qualsiasi altra occasione, avrebbe rinunciato, avrebbe chiesto scusa a Emi e l’avrebbe portata a cena in un posto carino, per farsi perdonare. 

Ma non quel giorno. 

Quel giorno, raggiungere l’isola era di fondamentale importanza perché aveva intenzione di chiedere a Emi di sposarlo.

Aveva pianificato tutto nei dettagli, chiedendo addirittura il permesso a suo padre, in occasione della visita alla famiglia di Emi durante le vacanze di Natale.

Una volta ottenuto il consenso di Bob, le aveva comprato un bell’anello e si era messo a pensare a un modo romantico e originale per farle la proposta.

Sapeva di volerlo fare durante la vacanza a Key West, ma voleva trovare un modo originale.

A un certo punto, aveva avuto un’idea e l’aveva condivisa con Brian.

“Voglio sotterrare l’anello e poi fingere di aver trovato un tesoro” gli aveva annunciato, entusiasta.

La reazione dell’amico, però, non era stata esattamente quella che si aspettava.

“Nick, no” aveva obiettato, categorico.

“Perché?” gli aveva chiesto Nick, deluso.

Brian aveva sospirato, poi, con lo stesso tono che avrebbe usato per parlare a suo figlio Baylee, aveva risposto “Devo davvero spiegarti perché non è opportuno sotterrare un diamante da tre carati nella sabbia, Nick?”

“Avevo intenzione di lasciarlo nella scatola, non sono così idiota” aveva replicato Nick, sbuffando.

L’opinione dell’amico, però, non era cambiata e aveva continuato a insistere “Me ne rallegro, ma anche così mi vengono in mente almeno dieci modi in cui qualcosa potrebbe andare storto e rovinare il momento”.

Così, Nick aveva abbandonato l’idea di sotterrare l’anello, puntando su qualcosa di più sicuro, ma altrettanto d’effetto, e aveva deciso di portare Emi su un’isoletta praticamente deserta e raggiungibile soltanto in barca, offrirle un bicchiere di vino e farle la proposta mentre guardavano insieme il tramonto da un punto panoramico che conosceva.

Questo, ovviamente, prima che quella stupida barca si mettesse a fare i capricci e, mentre malediceva il motore, riversandogli contro tutti i peggiori insulti che conosceva, gli tornò in mente la conversazione avuta con Brian e si trovò a pensare che, quasi sicuramente, tra i dieci modi che Brian aveva immaginato, quello che gli stava rovinando i piani in quel momento non fosse contemplato.

Ormai rassegnato all’idea che il suo progetto fosse andato a monte, Nick tirò un calcio al motore che emise un sibilo, poi un borbottio e, inspiegabilmente e inaspettatamente, si azionò, mettendo finalmente in moto la barca.

La testa di Emi comparve immediatamente dall’apertura.

“Ehi, ce l’hai fatta” esclamò, sorridente.

Nick ricambiò il sorriso e annuì, ironizzando “Con le buone maniere si ottiene tutto”, dopodiché tornò sul ponte e si mise al timone, conducendo la barca in mare, diretta verso l’isolotto che era stato la sua meta fin dall’inizio.

Dopo aver attraccato al largo della spiaggia dell’isola, i due ragazzi scesero a terra ed Emi iniziò ad insistere perché si facessero una nuotata. Nick, che avrebbe apprezzato un bel bagno, dopo la fatica fatta per azionare quella maledetta barca, dovette suo malgrado convincerla a rimandare perché aveva l’anello nella tasca del costume e non poteva certo rischiare di perderlo in mare.

Non sapendo bene che scusa inventarsi, però, propose a Emi di andare a fare una passeggiata e la ragazza acconsentì, seguendolo lungo una piccola scogliera, fino al punto panoramico da cui, secondo il suo piano, avrebbero dovuto guardare il tramonto. 

Solo che era decisamente troppo presto per il tramonto e non è che potevano restare lì delle ore.

Con la mente che lavorava a tutta velocità, Nick passò in rassegna le varie possibilità, senza trovarne nessuna che lo soddisfacesse del tutto.

Nel frattempo, l’anello sembrava essere diventato improvvisamente pesantissimo e a Nick sembrava quasi di sentirlo bruciare nella tasca.

L’unica cosa a cui riusciva a pensare era che non lo voleva più tenere, voleva liberarsene il prima possibile, consegnandolo alla legittima proprietaria.

A un certo punto, si rese conto di non farcela più e, mandando al diavolo il tramonto e il resto del piano, si voltò verso Emi e le prese una mano.

La ragazza si girò per guardarlo, sorpresa da quel gesto improvviso, ma sorridente.

Quando, però, Nick tentò di inginocchiarsi sulla roccia su cui si trovavano, Emi gli rivolse un’occhiata confusa.

Sulle prime, non capì cosa stava succedendo e, preoccupata che il ragazzo fosse inciampato o, peggio, si fosse fatto male, fece per abbassarsi verso di lui, aprendo la bocca per parlare.

Nel momento in cui si vide comparire un anello davanti agli occhi, però, si bloccò, la bocca spalancata e gli occhi sbarrati, improvvisamente conscia di cosa stava accadendo, ma incapace di reagire in alcun modo.

Guardandola con gli occhi luccicanti, Nick balbettò “Emi, ti amo e voglio passare tutta la vita con te. Vuoi sposarmi?”

Combattendo contro il groppo in gola che le impediva di parlare, Emi deglutì un paio di volte, prima di rispondere.

Ogni singola fibra del suo essere le stava dicendo di dire sì e buttargli le braccia al collo, ma c’era un tarlo che la preoccupava e non le permetteva di seguire la sua volontà.

Cercando di non scoppiare a piangere, farfugliò “Lo sai, vero, che non potrò mai darti la famiglia che hai sempre sognato?”

Nick scosse la testa e obiettò “Non è vero”.

“Sì, invece” insistette Emi. “Sai che io…”

“Lo so,” la interruppe Nick, senza smettere di guardarla negli occhi “ma so anche che io e te siamo già una famiglia e mi basta. E, se in futuro lo desidereremo, la famiglia si potrà allargare, in qualche modo. Quello che voglio, adesso, sei tu. Siamo tu e io. Per sempre”. 

“Davvero?” gli chiese lei, soffocando a stento un singhiozzo.

Nick annuì e confermò “Davvero”. Poi aggiunse, con un debole sorriso “I’m forever yours, faithfully. Ricordi?” 

Emi fece sì con la testa e si chinò per dargli un bacio sulle labbra.

Nick ricambiò, ma poi le chiese conferma “Allora? Era un sì?”

Emi annuì di nuovo e rispose “Sì. Sì, ti sposo, Nick Carter”.

Mentre un sorriso gli illuminava il viso, Nick si alzò ed Emi gli buttò le braccia al collo, lasciandosi sfuggire un paio di singhiozzi.

Stringendola tra le braccia, Nick non riusciva a smettere di sorridere e, completamente sotto shock, ammise “Wow…io…non so cosa fare”.

Con gli occhi ancora colmi di lacrime, Emi scoppiò a ridere e consigliò “Dovresti mettermelo al dito”.

Lasciandosi coinvolgere dalla comicità del momento, Nick ridacchiò e disse “Ah, già”, dopodiché prese la mano sinistra di Emi e le infilò l’anello, per poi portarsi la mano della ragazza alle labbra e baciarla.

Commossa, Emi restò a fissare il bellissimo diamante che Nick le aveva regalato, ancora incredula di ciò che era appena successo, finché il ragazzo non le prese il viso tra le mani e, guardandola fissa negli occhi, le sussurrò “Ehi, ciao futura signora Carter”.

“Ciao, futuro marito” replicò lei, divertita.

“Okay, adesso, se vuoi, possiamo fare il bagno” annunciò Nick, per sdrammatizzare.

Emi, però, scoppiò a ridere e scosse la testa “Non penso proprio, ho troppa paura di perdere l’anello”.

“Guarda che puoi sempre toglierlo” le fece notare il ragazzo, pratico, ma Emi fece di nuovo no con la testa e dichiarò “Non ci penso nemmeno, credo che non lo toglierò mai più”. Poi, arrossendo leggermente, confessò “Devo averlo sempre sotto gli occhi per convincermi che è tutto vero e non sto sognando”.

Nick rise e la baciò di nuovo, prima di rassicurarla “È vero, tranquilla. Altrimenti staremmo facendo entrambi lo stesso sogno e non credo che sia possibile”.

Emi gli cinse la vita con le mani e, alzandosi sulle punte per avvicinarsi al suo orecchio, bisbigliò “Non lo so, ma, nel caso, non svegliarmi”.

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