Stay with me, or I will be no longer human

di Queen_kitsunebi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** San Valentino è una festa idiota ***
Capitolo 2: *** Lupin ***
Capitolo 3: *** Stay with me ***



Capitolo 1
*** San Valentino è una festa idiota ***


In questo universo alternativo Dazai ha scalato i ranghi della Port Mafia, fino a soppiantare Mori come boss, Odasaku è in vita ma ha lasciato la Port Mafia, rimanendo in amicizia con Dazai. Chuuya è diventato il braccio destro di Osamu. Dazai e Chuuya hanno raggiunto i 29 anni e
Chuuya non è più cresciuto di un centimetro..


 
Capitolo 1 – San Valentino è una festa idiota
 


Quando era iniziata? Chuuya non lo ricordava con certezza, erano degli stupidi adolescenti che si erano odiati dal loro primo incontro, passando il tempo ad insultarsi… ma quell’odio ben presto si trasformò in qualcos’altro. Qualcosa che Chuuya nemmeno oggi, a quasi trent’anni, riusciva a capire con chiarezza. Tutto iniziò a diciotto anni, da quella maledetta missione sotto copertura, Chuuya non l’avrebbe mai dimenticata, fu forse una delle più umilianti della sua vita… costretto a travestirsi da donna e a partecipare ad uno stupido ballo in maschera. Kouyou fu al settimo cielo quando venne a sapere che doveva agghindare Chuuya, questi divenne praticamente la sua bambola. Ovviamente Dazai era vestito con uno smoking nero molto elegante, Chuuya si ritrovò con delle calze da donna, un vestito di seta rosso e persino il trucco sul viso… ma era entrato da poco nella Port Mafia e non poteva rifiutare missioni importanti. Maledetto Dazai, quella missione fu un successo e proprio da quella notte tutto cambiò fra i due nuovi pupilli della Port Mafia, ma questa è un’altra storia.

Da allora il rapporto fra Dazai e Chuuya fu oltremodo complicato, tra un pugno e un bacio il loro odio si trasformò in una passione che travolse i due cogliendoli completamente impreparati, inizialmente fu solo sesso, ma entrambi sapevano che c’era dell’altro… tuttavia non l’avevano mai ammesso nemmeno a sé stessi. Evitavano volontariamente di parlare di quello che succedeva fra di loro, facendo finta che non esistesse, così era più facile. Andò avanti così per molto tempo, era un continuo tira e molla che esasperò persino il povero Akutagawa, un momento non si parlavano per settimane, l’altro tornavano affiatati come se nulla fosse accaduto. Dazai era indecifrabile, lo era sempre stato, Chuuya non sapeva mai cosa gli passasse per la testa quando giaceva accanto a lui sul letto matrimoniale della sua camera dopo una notte insieme. A cosa pensava? Al lavoro? A loro due? Eppure Chuuya era stato l’unico a vedere cosa c’era sotto tutte quelle bende, l’unico a vedere alcune espressioni che non mostrava mai agli altri sottoposti della Port Mafia. Entrambi conoscevano le parti più intime dell’altro, sia fisicamente sia caratterialmente, ma erano incapaci di comunicare tra loro. Questa incapacità li portò ad una situazione di stallo in cui riuscivano a comunicare solo tramite ironia, insulti, frasi sconclusionate e conversazioni legate solamente al lavoro… nient’altro. Quando volevano stare insieme, uno dei due si presentava a casa dell’altro senza dire una parola, cenavano con qualcosa di veloce e il buon vino amato da Chuuya per poi andare a letto, dormire insieme, risvegliarsi uno accanto all’altro, rivestirsi e tornare alla solita routine.
Continuò così per anni…  tanti anni, così tanti che divennero una vita intera.
 
[ *** ]
Yokohama, San Valentino
 
Chuuya aveva sempre odiato il giorno di San Valentino, tralasciando il fatto che fosse una ricorrenza storicamente ridicola, ma passeggiare quel giorno in centro città era una vera e propria tortura. Era una giornata soleggiata e Chuuya si faceva largo tra un marasma di coppiette che si dicevano quanto si amassero in un modo così smielato da far salire il voltastomaco, però… in realtà un po’ li invidiava. Quelle persone vivevano con serenità i loro sentimenti, non avevano paura di confrontarsi, di confessarsi, erano (perlopiù) rapporti sani e Chuuya, all’alba dei suoi trent’anni, avrebbe voluto provarla quella tanto “noiosa” stabilità. Ma nella sua vita, sin da ragazzino, si erano susseguiti solo scontri e lotte all’ultimo sangue, non che non le amasse, adorava combattere… ma la situazione sentimentale era una sfera a sé stante. Lavoro e vita privata erano due facce della stessa medaglia, se nel lavoro non poteva mai sapere a cosa sarebbe andato incontro, almeno nella vita privata desiderava qualche certezza. Anni fa non avrebbe mai e poi mai pensato di poter avere questi pensieri, viveva alla giornata, ma con l’età adulta era più che normale farsi qualche pensiero sul futuro. “Se aspetto che Dazai mi dia qualche certezza, allora posso far prima a crepare, anzi, probabilmente si ammazzerebbe lui” pensò Chuuya guardando distrattamente qualche vetrina. C’erano tante cose che Dazai non sapeva di Chuuya, come il fatto che fosse un ottimo e intonato cantante o che avesse imparato a fare dei dolci leggendo un libro di ricette attentamente nascosto all’interno di un cassetto lucchettato, messo insieme ad altri fogli dove scrisse i testi di alcune canzoni che aveva inventato nel corso degli anni. Quasi una vita insieme e Chuuya aveva ancora paura a rivelare tutta quella parte di sé stesso, sempre intento a mantenere alto il rispetto dei suoi sottoposti, come se un dirigente della Mafia non fosse autorizzato ad amare l’arte culinaria o il canto. Specie se si trattava del braccio destro di Dazai, la cui fama di uomo violento e calcolatore superava quella di Arahabaki.
Tutti questi pensieri affollavano la mente inquieta di Chuuya, i cui capelli aranciati erano ormai arrivati ben sotto le spalle, aumentando di volume. La vetrina di quella pasticceria era decisamente invitante: una serie di cioccolatini e torte elaborate sfilavano davanti ai suoi occhi, ce n’era una in particolare, era a forma di cuore fatta con cioccolato fondente per il 70%, decorata da della crema con sopra more, mirtilli e fragole.

«Chuuya?»
Nakahara trasalì, riconoscendo quella voce dietro di sé. Dazai.
«Che cazzo ci fai qui!? Non eri in riunione?» esclamò imbarazzato Chuuya, l’ultima cosa che voleva era essere riconosciuto da Dazai mentre osservava le vetrine di San Valentino. Dazai, nel suo cappotto nero, assunse un’espressione indecifrabile, ma sembrava decisamente divertito.
«Potrei farti la stessa domanda, Chuuya-kun, la mia riunione è finita prima del previsto, a casa non era rimasto molto da mangiare così sono venuto in centro.. non sapevo amassi i dolcetti a forma di cuore, me ne stai prendendo un po’? Che pensiero dolce, Chuuuya~» cantilenò Dazai con quella sua solita voce irritante. Chuuya digrignò i denti, come suo solito.
«Se ti prendessi davvero dei cioccolatini, sarebbero avvelenati. Mi hanno chiamato e mi sono fermato qui, non devo mica giustificarmi!» esclamò Chuuya innervosito.
«Tu devi sempre giustificarti con me, Chuuya.» rispose serio Dazai, già perché con il passare degli anni, anche se non l’avrebbe mai ammesso, Dazai era diventato piuttosto.. geloso.
«Forse devo prendere qualcosa a Tachihara.» disse distrattamente Chuuya, provocandolo volutamente. Tutti sapevano che Tachihara avesse una cotta storica per Chuuya, ma non era mai andata avanti. Ecco ricomparire l’espressione indecifrabile di Dazai, anche se gli leggeva negli occhi quanto fosse rimasto irritato da quella frase. «Chuuya-kun, vuoi infastidirmi proprio a San Valentino? E io che pensavo di passare da te stasera.» rispose il boss della Port Mafia avvicinandosi di qualche passo: Dazai non era cambiato molto negli anni, il suo viso era decisamente più maturo di quello di un tempo, aveva messo su giusto qualche muscolo, ma in fondo non era tanto diverso dal Dazai di dieci anni fa.
«Ti è mai importato davvero qualcosa di San Valentino? Noi non siamo una coppia, lo puntualizzi sempre, giusto? E allora non passare stasera.» rispose Chuuya incrociando le braccia, mentre Dazai si mise a ridere, cosa che irritò ancora di più il rosso. «Che cazzo hai da ridere, spreco di bende?!»
«Leggo frustrazione nella tua voce, Chuuya~. Vorresti davvero festeggiare San Valentino, vero? Magari in un ristorante e scambiandoci dei cioccolati a forma di cuore, non credevo potessi essere così patetico.»
“Lo sto ferendo, di nuovo...” pensò Dazai mentre pronunciava quelle parole, si odiò a morte, ma come al solito non riusciva a comportarsi in modo normale con lui.
Ecco ricomparire quell’espressione sul volto di Chuuya, uno sguardo che Dazai conosceva bene: rabbia mista a delusione. L’aveva sempre quando Dazai feriva i suoi sentimenti, e no, non ci trovava niente di male a voler festeggiare una stupidissima e inutile festa solo per il gusto di stare insieme e scofanarsi confezioni intere di cioccolato, ma… questo avrebbe significato troppe cose per loro, Dazai era il boss di una fottuta organizzazione criminale, non poteva permettersi di lasciarsi andare. Perché Chuuya doveva sempre complicare le cose? Non potevano continuare a fare come avevano sempre fatto? Perché pretendere di più? A cosa poteva servire?!
Chuuya non disse una parola, abbassò lo sguardo e si allontanò, Dazai lo seguì mentre una forte rabbia cresceva in lui e nel suo sguardo. «Non metterti strane idee in testa Chuuya, non ci metto molto a trovare qualcun altro con cui passare le notti.» “Che cazzo sto dicendo?!” si ripeté nella mente Dazai in preda alla confusione, non sapendo nemmeno lui cosa provasse. Beh, quello era stato il colpo di grazia per Chuuya. Il rosso si girò e aveva uno sguardo che non gli aveva mai visto prima, poteva quasi intravedere i suoi occhi lucidi tra quella montagna di capelli aranciata.
Dazai si sentì sprofondare.

«Vaffanculo, Dazai! Scopati chi ti pare!» urlò, attirando l’attenzione di alcuni passanti, per poi correre via.
Dazai non si mosse, si sentiva smarrito, confuso, non sapeva perché avesse detto quelle cose… non le pensava davvero. Essere il boss della Port Mafia sembrava aver divorato quella poca umanità che era sopita in lui.
Chuuya era l’unico che riusciva a renderlo ancora umano, e lui non faceva altro che allontanarlo, ferirlo. Perché ferire, sia con le mani che con le parole, sembrava l’unica cosa di cui fosse capace.


- Angolo autrice - 

Innanzitutto grazie a chiunque sia passato a leggere, è la mia primissima pubblicazione su questo sito, anche se scrivo per conto mio da tanti anni. La storia è stata scritta abbastanza di getto e ho già in mente come finirà, non sarà particolarmente lunga. Perdonate eventuali errori e grazie a chiunque volesse recensire!

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Capitolo 2
*** Lupin ***


Capitolo II



Dazai aveva decisamente bisogno di bere.
Erano passati ormai quattro giorni, Dazai e Chuuya non si erano più rivolti le parola e nemmeno incrociavano lo sguardo se si incontravano per caso in giro. Utilizzavano Akutagawa come messaggero se c’erano delle questioni urgenti a livello lavorativo… e il povero Ryūnosuke, come al solito, ci andava di mezzo.  
Dazai sapeva che avrebbe dovuto mettere da parte l’orgoglio e scusarsi, ma Osamu Dazai mettere da parte l’orgoglio con Chuuya Nakahara? Questo sì che era utopico. Entrambi avevano ormai trent’anni eppure non erano riusciti a mettere da parte quella rivalità infantile che li aveva sempre contraddistinti.
 
Era una serata fresca, una leggera brezza sfrecciava tra le strade buie di Yokohama e Dazai si coprì nel suo lungo cappotto nero. Era giovedì sera e come di consueto Dazai si dirigeva al Lupin, uno storico locale che frequentava con il suo amico Oda, ex membro della Port Mafia che – miracolosamente – era riuscito nell’ardua impresa di cambiare vita. Molti pensano sia impossibile lasciarsi alle spalle la Port Mafia e tutto ciò che la riguarda, eppure Oda ci era riuscito, Dazai l’aveva sempre rispettato per questo. Il locale rimaneva aperto oltre l’orario di chiusura solo per loro, così che non fossero disturbati dal chiacchericcio delle altre persone.

«Dazai, non hai una bella faccia… intendo che è peggio del solito.» esordì Oda sorseggiando il suo whisky.
«Ohi Oda, non infierire anche tu.» disse Dazai sedendosi sullo sgabello rosso per fissare il liquido aranciato all’interno del bicchiere… persino il colore dell’alcol lo faceva pensare a Chuuya.
«Problemi a lavoro?» chiese Oda guardandolo con la coda dell’occhio, non era la prima volta che lo vedeva così.. e intuiva quale fosse il problema.
«Non chiedermi qualcosa che già sai.» disse Dazai tirando un sospiro rumoroso. «Non so davvero più che fare con lui..» continuò appoggiando il mento sul palmo della propria mano.

«Non so bene come funzioni tra di voi, ma in tutti questi anni ho visto accadere questa situazione tante volte. Dazai, a lavoro sei brillante, hai ottenuto il rispetto e direi anche il timore di un’intera organizzazione, ma con i sentimenti sei un disastro, fattelo dire.» continuò Oda, Dazai sapeva come l’amico la pensasse su di lui: “Usa la tua intelligenza per qualcosa di buono, non troverai ciò che cerchi nella Port Mafia, questa ti sta solo logorando, portandoti ad annullare la tua umanità”, frase che Osamu sentì più e più volte. Ma Dazai, chiaramente, non lo aveva ascoltato, eppure era conscio che una punta di verità c’era in quelle parole.

«Sentimenti? Sentimenti?! Dimmi all’interno di un’organizzazione criminale hanno mai portato a qualcosa di buono? Perché Chuuya si ostina a… comportarsi così?! Io non sono fatto per questa roba!» esclamò Dazai battendo un pugno sul tavolo, scatenando l’aria sorpresa di Oda. «Che cosa vuole?! L’anello di fidanzamento? Un appuntamento in un costoso ristorante? Serve davvero questo per dimostrare l’affetto tra due persone?! Dimmelo Oda.» continuò Dazai ad alta voce, rivolgendosi verso l’amico.

«Non è forse ciò che ti lega a Chuuya ad averti portato fino in cima? La tua vita nella Port Mafia sarebbe stata la stessa senza di lui?» Dazai rimase sorpreso da quella domanda, effettivamente non se l’era mai posta, semplicemente Chuuya era sempre stato lì, vicino a lui, non aveva mai provato a pensare a come sarebbe stato se il rosso avesse mollato la Port Mafia.
«Io.. non lo so. Immagino che sarebbe stato diverso.» rispose Dazai chiedendo il secondo bicchiere di whisky.

«Non è che io conosca bene Chuuya, Dazai, ma… lui si sta comportando come un normale essere umano. Pensaci un attimo. Avete condiviso praticamente tutto, lotta, dolore, amore, perdita e vittoria. Ora siete adulti e probabilmente Chuuya sta pensando al futuro.» Dazai lo guardò ma sembrava capirci meno di prima. «Futuro… non capisco cosa intendi, sarà come è adesso, no? Io il boss e lui vicino a me.» Oda accennò un sorriso divertito.

«Ti sei mai chiesto cosa vuole lui, Dazai? No, perché dai per scontato di averlo sempre a portata di mano. Non è così. Gli hai mai chiesto di andare a convivere, voi due insieme? O di fare qualsiasi altra cosa insieme, che non riguardasse il lavoro o le vostre solite serate dove a malapena vi parlate?» continuò Oda, Dazai continuò a fissare il bicchiere… era innervosito, sapeva che il suo amico aveva ragione. Sapeva che doveva iniziare a dare di più, a lasciarsi andare.

«Oda.. ho paura.» confessò a bassa voce Dazai abbassando lo sguardo. «Quando svolgo le missioni nella Port Mafia so esattamente cosa devo fare e come, so cosa mi aspetta, buttarmi a capofitto nella lotta… anche lì conosco i possibili finali, la vittoria o la tanto agognata morte. Sono tutte opzioni che conosco. Ma con Chuuya, se mi apro, che cosa succederà, Oda? Mi cambierà?» chiese Dazai, come se Oda potesse davvero avere tutte le risposte.

«Che ti cambierà questo è ovvio. L’amore non è che un’altra faccia della morte, o così dicono alcuni scrittori. Ma Dazai, ascoltami, se continuate come state facendo ora… perderai Chuuya, questo è poco ma sicuro.» Dazai annuì, sapeva che le cose dovevano cambiare, ma i cambiamenti così importanti lo innervosivano, specie se si trattava di Chuuya. Era vero, Oda aveva ragione, lo dava per scontato… ed era normale che Chuuya, dopo tanto tempo, iniziasse a pretendere di più.
Dazai stava cercando di fare ordine nel suo cuore e nella sua mente, quando il telefono squillò.
«Chi cazzo è che mi chiama a quest’ora? Akutagawa?» disse sorpreso Dazai, dopotutto erano le due di notte. Rispose.

«Boss, è successo… è successa una cosa terribile, io…» sentì la voce di Akutagawa tremare, con il fiatone. Dazai iniziò ad agitarsi, doveva essere grave.
«Calmati Akutagawa, dimmi cosa è successo.»
«Chuuya è stato trovato in una pozza di sangue, nella tua stanza nella residenza centrale, l’ha trovato Kouyou, l’ho sentita urlare, sono corso a vedere. Sembra morto, lo stanno portando in ospedale, non c’è effrazione, nessuna finestra rotta, né la porta..»
Dazai fece cadere il cellulare per terra, sul suo volto era dipinto il terrore, sentì il cuore e il mondo stesso fermarsi. Oda non lo riconobbe più quando iniziò a urlare.


- Angolo autrice -

Non so se si è capito, però mi piace l'angst. 
Il prossimo capitolo arriverà presto!

 

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Capitolo 3
*** Stay with me ***


- Avvertenze -
 
Ciao a tutti! Scrivo qui due righe. Chiaramente questa ff è un AU dove scrivo di un Dazai che ho immaginato nella mia testa e che sicuramente rispetto al manga/anime va OOC, mi sembra superfluo specificarlo ma voglio comunque farlo. Stessa cosa vale per Chuuya ovviamente, spero che comunque vi piaccia!



 

Capitolo tre – Stay with me
 
 
L’auto di Dazai sfrecciava inesorabile tra le strade buie di Yokohama, le luci dei semafori diventarono dei fasci di luce impercettibili, era come se la sua amata città fosse stata risucchiata in una dimensione atemporale. Era come se tutto si fosse fermato e Dazai, per la prima volta nella sua vita, non riusciva più a ragionare con lucidità.
Osamu Dazai, il boss della Port Mafia conosciuto per la sua brillante mente calcolatrice, non riusciva a pensare. Mentre si dirigeva alla clinica privata della Port Mafia, costruita anni fa proprio per emergenze simili, Dazai si sentì invaso dai sensi di colpa. Non si trattava solamente di ciò che gli aveva detto quel giorno, ma della facilità con cui qualcuno aveva eluso i suoi sistemi di sicurezza, infiltrandosi addirittura nella sua residenza, sentiva di aver fallito sia come boss che come compagno. Tutta la sicurezza che aveva acquisito, tutte le sue certezze sembravano essere crollate come un castello di sabbia. “Il tuo sangue è nero come la mafia, più di tutti noi” gli aveva detto una volta Higuchi, Dazai era naturalmente portato - da sempre - ad essere un leader.
E allora come era potuto succedere?
Perché attaccare proprio Chuuya e non il boss? Avevano usato Chuuya per arrivare a lui? Era una trappola e l’assassino conosceva il legame che aveva con il rosso? Quelle domande gli frullavano nella mente, mentre non riuscì nemmeno a udire i suoni del mondo che lo circondava, era un miracolo se era riuscito a non investire nessuno.

«Chuuya non azzardarti a morire!» esclamò Dazai parcheggiando in malo modo davanti alla clinica. Dazai corse verso l’ingresso, poteva sentire i battiti del suo cuore rimbombargli nel petto e il sudore inumidirgli i vestiti. Una volta entrato vide Koyou, Akutagawa, Tachihara e gli altri fuori dalla stanza, tutti ancora sconvolti non realizzavano cosa stesse accadendo.
«Boss, non può entrare.. lo stanno operando, ha perso molto sangue--» disse Akutagawa, ma non fece in tempo a finire che un pugno di Dazai lo fece cadere a terra.
«Tu! Tu dov’eri?! Dov’eravate tutti mentre uno sconosciuto entrava nella nostra base?!» urlò Dazai, tutti lo guardarono intimoriti, non lo avevano mai visto così.
«Dazai.. nessuno ha visto né sentito nulla, nemmeno Chuuya che è stato colto di sorpresa, deve avere una qualche abilità particolare o non si spiega.» provò a spiegare Koyou, mentre Dazai la fulminò con lo sguardo. «I fantasmi non esistono! Non cercate scuse per giustificare la vostra incompetenza! Se Chuuya morirà, avremo tutti le mani sporche del suo sangue!» urlò Dazai, non escludendosi da quel discorso, quel sangue sarebbe stato anche sulle sue mani.
«Akutagawa, volevi diventare dirigente vero? Chuuya te l’aveva promesso, scordatelo, non salirai mai di grado, non finché respiro. Non servi a niente, quel tuo potere è inutile, eri lì e non sei nemmeno riuscito a percepire la presenza di un estraneo a pochi metri da te! Sei un fallimento!» urlò Dazai con tutto il fiato, sfogando su Akutagawa un dolore e una rabbia che non aveva mai provato prima. Akutagawa non disse nulla, mentre piombò un silenzio carico di tensione e Dazai si avvicinò alla sala operatoria, cercando di scorgere qualcosa.

Finché lo vide.
Riuscì a intravedere la chioma aranciata di Chuuya sul cuscino bianco del letto operatorio, era circondato da almeno cinque dottori e infermieri, mentre teli e asciugamani pregni di sangue venivano accatastati in un angolo della sala.  Quando un infermiere si spostò… riuscì a intravedere le ferite, i tagli, l’assassino aveva usato un coltello o forse una spada, ma la visione del corpo di Chuuya ridotto così gli fece salire un panico tale da provocargli un conato di vomito, ritrovandosi costretto a correre in bagno.
Le ore che seguirono furono interminabili, probabilmente le più lunghe della sua vita. Non mangiò né dormì per tutto il tempo, aspettava solamente che qualcuno uscisse da quella dannata porta per delle notizie. Si accontentava anche di uno spiraglio di speranza. Si fecero quasi le quattro del mattino, finché un dottore visibilmente stanco e provato, uscì dalla sala. Dazai corse verso di lui, cercando di riprendersi ed essere abbastanza lucido per capire cosa stesse dicendo.
«Il signor Nakahara Chuuya è stato colpito in più punti con un’arma da taglio, credo una katana o un’arma di media lunghezza.. ha perso molto sangue e abbiamo subito iniziato con le trasfusioni, i colpi non hanno raggiunto organi vitali, per un soffio. Abbiamo fatto il possibile, non sappiamo quando riprenderà conoscenza, potrebbe farcela ma non vogliamo illudervi troppo…» spiegò il dottore.
Chuuya era ancora vivo, a Dazai bastò questo per andare avanti, per non lasciarsi completamente cadere nel baratro oscuro sotto i suoi piedi. «Grazie per ciò che avete fatto, ma ora devo vederlo.»
Il dottore annuì e Dazai entrò nella sala, Chuuya era legato a diversi macchinari che lo aiutavano a respirare e monitoravano i segni vitali. Non avrebbe mai dimenticato l’immagine del rosso disteso su quel letto, il volto sembrava sereno, come se stesse dormendo. Dazai si sedette accanto al letto, portandosi le mani tra i propri capelli castani. «Chuuya…» sussurrò, non sapendo nemmeno lui cosa dire. Chuuya era l’unico che probabilmente aveva visto l’assassino, ma essendo incosciente avrebbe dovuto affidarsi solamente agli indizi nella sua stanza… la stanza! Ricordò subito Dazai, si girò e alzò la voce.

«Akutagawa!!» lo chiamò e il moro entrò subito, ancora visibilmente sconvolto. «Dai l’ordine di non far entrare nessuno nella mia stanza, nessuno deve pulire o anche metterci piede, capito? Gli unici indizi che possiamo raccogliere sul colpevole sono lì, se qualcuno intacca la scena del crimine la colpa sarà tua, e non mi limiterò ad un semplice pugno la prossima volta. Ora vai e chiamami Kouyou.» Akutagawa annuì e uscì, andando immediatamente ad impartire gli ordini a tutte le divisioni della Port Mafia. Kouyou entrò e si sedette dall’altra parte, sapeva che in quel momento Dazai aveva bisogno di qualcuno che lo sostenesse, dopotutto Kouyou seguì in prima persona la relazione tra Osamu e Chuuya, essendo un’amica e confidente del rosso.

«Dobbiamo aumentare la sorveglianza alla clinica.. Chuuya è fuori combattimento potrebbe riattaccare in qualsiasi momento. Forse dovrei farlo trasferire?» La mente di Dazai analizzava in modo confusionario tutti gli scenari possibili, quando Kouyou decise di intervenire.
«Dazai, se vuoi davvero salvare Chuuya, la prima cosa che devi fare è tornare in te e calmarti, per quanto sia difficile. Abbiamo bisogno del tuo acume ora, per trovare il nemico. Per quanto riguarda l’incolumità di Chuuya, un’alternativa è farlo trasferire a Kyoto.»

«Kyoto? Non abbiamo basi lì.» osservò Dazai, ‘calmarsi’ era più difficile di quanto credesse.
«Non la Port Mafia, è vero, ma io ho una residenza lì, inutilizzata da molti anni, era un luogo per delle vacanze che non ho mai fatto. Dubito che l’assassino ne conosca la posizione, è immersa nel verde e non c’è sulle mappe, sarebbe perfetta, potrei fare delle telefonate e far tirare su una stanza con tutte le attrezzature mediche per Chuuya. L’unico problema è il trasferimento… ci vorrebbe un elicottero o un jet, il tutto senza attirare l’attenzione del nemico. Potresti mandare la Lucertola per occuparsi di tutto questo, e ovviamente anche io.» Dazai si prese qualche minuto per riflettere.
«Per il jet non è un problema, non importa quanti soldi serviranno, li tirerò fuori. Io rimarrò qui con Akutagawa per cercare l’assassino… tuttavia il trasferimento rimane comunque rischioso, non la residenza in sé, ma il viaggio fino al jet. Ci servirà un furgone blindato.» Dazai continuò a pensare, chiunque avesse ferito Chuuya in quel modo, che fosse una persona singola o un’organizzazione, stava diventando decisamente il nemico più temibile che la Port Mafia avesse mai affrontato. Questo perché Chuuya era decisamente il più potente nella Mafia.
Ed era stato messo KO nel giro di mezz’ora.

Non potevano abbassare la guardia e tenerlo lì, i sistemi di sicurezza della clinica erano decisamente inadeguati. «Se l’obiettivo ero io, che mi vengano a cercare, almeno Chuuya sarà lontano. Se l’obiettivo è Chuuya… dovranno prima scoprire da me dove l’ho portato.» disse Dazai, e Kouyou annuì. «Io inizio i preparativi, mi ci vorrà qualche giorno almeno.. nel frattempo lo sorveglieremo. Ora ti lascio solo con lui.» Dazai annuì, ritrovandosi da solo con i suoi pensieri e Chuuya davanti a sé.
Era strano non sentire la sua voce, le sue critiche o gli insulti, non vederlo girare in camera in accappatoio mentre si prendeva cura della sua chioma rossa, lanciando qualche imprecazione per i nodi che si formavano incastrandosi nel pettine. Lo sguardo di Dazai andò alle sue mani, ne aveva sempre amato la forma, anche se non l’aveva mai confessato a Chuuya. La mano di Dazai andò a sfiorare quella del rosso, sentendola fredda, Chuuya aveva sempre avuto le mani calde e rabbrividì nel sentirlo così freddo. Dazai si alzò e aprì la porta, alzando la voce verso gli infermieri. «Aumentate il riscaldamento e portate altre coperte! E’ freddo come il ghiaccio! Non ho fatto costruire una clinica perché assomigliasse al polo nord!» esclamò Dazai, mentre gli infermieri corsero subito a rimediare.

Dazai tornò seduto, sistemando le nuove coperte che avevano portato su Chuuya.
«Perdonami, Chuuya… sono un pessimo boss senza di te. Ti prego, resta con me.» sussurrò Dazai, mentre una lacrima salata iniziò a scorrere lungo la sua guancia.



- Angolo Autrice -

Grazie per i numerosi lettori e lettrici! Non credevo mi leggessero in tanti :"D
Mi scuso per il ritardo con questo capitolo ma sono stata diversi giorni fuori casa! Il rilascio dei capitoli potrebbe rallentare ora, a breve riprendo le lezioni in università e avrò un trasloco piuttosto importante che mi porterà via parecchio tempo. Ma non temete perché non abbandonerò questa storia, vi terrò compagnia mentre attendiamo con ansia l'arrivo della s4! Personalmente non finirò mai di ringraziare Bungou Stray Dogs, è un'opera con cui sono andata in fissa dopo ANNI di vuoto in ambito anime, nel senso che avevo praticamente smesso di vederli. Inoltre mi ha aiutata a distrarmi in un momento davvero difficile, ed è anche il primo anime di cui abbia MAI scritto, questo per dire che ci metto davvero il cuore in questa storia (e in quelle future). Quindi grazie davvero a chiunque mi legga! A presto!

 

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