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Zia Muriel
non era certo la più simpatica e la più amata dei parenti che i Weasley vantavano. Zitella, acida e criticona verso tutti e
tutto, viveva costantemente gelosa delle sue cose, amando ostentare grandi
conoscenze e amicizie, ma ben attenta a sottolineare quanto poco possedesse.
Quest’ultima cosa si rivelò nemmeno troppo vera, infatti la sua dipartita fece
scoprire ai Weasley un piccolo grande tesoro che
permise ai loro figli di creare un vero e proprio piccolo impero. A Diagon Alley era nato
infatti quello che aveva preso il nome di “WeasleyVillage”, composto da
varie attività, ogni negozio era gestito da un fratello diverso.
Bill e la campionessa del Torneo Tremaghi, FleurDelacour possedevano l’”Exotic Box”, un negozio di oggetti magici provenienti
da tutto il mondo. Non necessariamente esotici, perché molti venivano anche
dalle Americhe e l’Europa, ma i due avevano trovato il nome evocativo.
Charlie invece si occupava del “FantasticBeasts
Shop” che vantava la più originale e unica varietà di animali magici. I
ragazzi facevano la fila per poter poi vantare a Hogwarts
compagni fantastici, unici e originali.
Percy era il più
ambizioso dei fratelli e trovava nelle scelte dei suoi fratelli idee
commerciali e popolari, lui puntava a una clientela più alta e per questo il
suo “Potions
& Poisons” offriva pozioni, veleni e antidoti
tra i più ricercati. Oltretutto, le sue miscele spaziavano da profumi e infusi,
infatti i pozionisti che con lui collaboravano
creavano miscele ad hoc per il suo negozio affinché fossero come edizioni
limitate reperibili solo da lui.
Fred e George non potevano che non creare “Weasley’sWizardWheezes” dove
vendevano la più vasta scelta di scherzi da loro progettati e realizzati.
Inutile dire che c’era sempre la fila per entrare ad acquistare da loro.
Infine, Ron e Ginny, che ancora frequentavano Hogwarts,
avevano deciso insieme di creare il “The Burrow’s House” una tavola calda in cui loro madre
Molly era la cuoca che offriva piatti casalinghi e merende deliziose. Loro
madre adorava lavorarci, un po’ meno i dipendenti, che erano comandati a
bacchetta da lei. Tuttavia, la donna non era la sola a lavorarci in quanto a
darle una mano, occupandosi della sala e della gestione dei camerieri, c’era Marjorie Scott. Un’adorabile 19enne che aveva rubato il
cuore a Ron e che aveva conosciuto per caso nel
villaggio babbano vicino a La Tana. Non era raro che
con i fratelli o gli amici ci facesse un giro e immediatamente ci era entrato
in sintonia. Lavorava in una piccola locanda gestita dal padre, se possibile
lei era più imbranata e goffa di Ron e questo l’aveva
fatto sentire presto un eroe nei suoi confronti. Ancor più quando, via via che
si conobbero, lei gli confidò il dolore per la perdita della madre. Ron non le disse mai che era un mago, ma ben presto la
magia arrivò comunque nella loro vita. L’aiutò a scoprire la verità che tanto
cercava: la madre non era morta, come il padre le aveva fatto credere, aveva
abbandonato lei quando era piccola e il marito dopo averlo tradito. La
rivelazione l’aveva sconvolta, ma anche il fatto di scoprire che lei non era
una babbana come il padre le aveva sempre detto, ma
una magonò. Visse tutto ciò con grande sconcerto, ma Ron le fu vicino e anche la sua famiglia. Non abbandonò il
padre, ma lo costrinse ad accettare che lei voleva sapere e conoscere il mondo
da cui veniva e seppur non poteva fare magie, accettò con piacere di lavorare
con la signora Weasley alla tavola calda a Diagon Alley.
A Ron piaceva perché Marjorie, a differenza di come avrebbe reagito lui, non le
importava di non avere la magia. Era solo contenta di aver scoperto le sue
origini, era fiera di lui se otteneva qualche successo e lo ascoltava per ora
quando gli parlava di Hogwarts. Divenne ben presto
molto amica anche di Ginny e Luna e la loro più fida
confidente.
La scomparsa del Signore Oscuro, ben diciassette
anni prima, aveva reso il mondo magico apparentemente più sicuro. Sì perché se
nei primi anni tutto sembrava finalmente essere tornato alla gioia e alla
normalità, anche per l’arresto e la morte di molti Mangiamorte,
quelli ancora in libertà erano come schegge impazzite. Non accettavano in alcun
modo i privilegi e le leggi che promulgavano uguaglianza e integrazione e così
ostacolavano il tutto cercando di fare proseliti sulle teorie del sangue puro, oltre che effettuare
attentati a fronte di coloro che consideravano esseri inferiori o traditori del
loro stesso sangue. Questo voleva dire essere costantemente sul chi va là,
soprattutto per mezzosangue e magonò.
Chi in questo preciso momento storico stava
mostrando l’importanza di andare contro a tutto ciò, promulgando con la loro semplice
amicizia un senso di parità erano quelli che a Hogwarts
erano stati ribattezzati i Nuovi
Malandrini formati da: Harry Potter, audace e coraggioso era il degno erede
di suo padre. Come lui era Cercatore e Capitano della squadra di Quidditch oltre a riscuotere un discreto successo senza
dover fare un granché per cercarlo. In Grifondoro
aveva poi conosciuto RonWeasley,
considerato forse il personaggio più “sfigato” del loro gruppo, ma ben accetto
per la sua semplicità e simpatia. Il ragazzo aveva dovuto combattere a lungo
contro le invidie che provava per i suoi amici, spesso vi si era anche
scontrato, non ultimo quando HermioneGranger, loro amica, lo aveva rifiutato perché innamorata
di Harry. Vederli far coppia era stato un colpo, ma Marjorie
aveva lenito le sue ferite e lo aveva aiutato e far pace con i suoi amici. Il
resto del quartetto era formato invece da due Serpeverde
con i quali Harry era praticamente cresciuto insieme: suo cugino Dudley, un
ragazzo alto e atletico dal carattere deciso e spesso rissoso. Lui si divideva
tra la madre e il padre, in quanto divorziati, e siccome quest’ultimo era il
marito di suo zia Petunia… Dudley era come un fratello ormai. E poi DracoMalfoy, il ragazzo più
elegante e snob che esistesse. Il suo cognome era famoso per via di ciò che suo
padre aveva fatto, ma le buone azioni svolte dalla madre in tutti quegli anni
lo avevano aiutato non solo ad avere una buona reputazione, ma impegnarsi a
portarla avanti. Non poteva negare tutti gli sforzi di Narcissa,
i sacrifici che per lui aveva fatto e così nonostante i ruoli di prestigio come
Prefetto, Cercatore e Capitano della squadra di Serpeverde
non veniva meno a concetti quali lealtà e fiducia. Era molto legato a Dudley,
le loro mamme erano migliori amiche, erano cresciuti insieme tanto da non
sentirsi figli unici, ma fratelli.
Anche Ron faceva parte
della squadra di Quidditch, di Grifondoro,
come Portiere, mentre Dudley di quella di Serpeverde
come Battitore.
Erano incredibilmente legati nonostante i caratteri
agli antipodi, ma era stata proprio la diversità a renderli tanto uniti quanto
popolari.
I M.A.G.O
erano alle porte, come il nervosismo tra i quattro amici. Nessuno di loro
poteva considerarsi un secchione, seppur tutti facevano del loro meglio per
dare il massimo.
«Tu non fai testo, hai la tua ragazza che ti
aiuta!» bofonchiò un giorno Dudley che stava rileggendo per la terza volta un
capitolo di Storia della Magia. Ormai la testa gli pulsava e gli pareva già di
sentire sua madre: «Vorrei ricordarti che
io ho fatto sette anni di Hogwarts nella metà del
tempo e nel mentre mi prendevo cura di te e lavoravo! Dunque niente storie e
sii più attento e studioso!».
Il ragazzotto dai capelli biondi strizzò gli occhi,
la schiena poggiata al tronco del grande faggio sotto il quale erano soliti
riunirsi. Dudley tendeva ad avere un discreto successo, sarà stato per il
fisico allenato e i tratti duri e affascinanti, ma tutti avevano la volubilità
di un soffio di vento.
«Che c’entra, è Hermione
la secchiona non io e poi aiuta anche Ron, vero?»
Harry stava giocando distrattamente con il boccino che aveva sgraffignato nella
sua prima partita, quello che per poco non si era inghiottito. Ridacchiò, il
libro di pozioni aperto di fianco. Avere il compagno di tua madre come
insegnante non era il massimo della vita, stava sempre lì a punzecchiarlo e lei
che lo giustificava dicendo che lo faceva per il suo bene, per stimolarlo.
«In effetti lo fa…» concordò Ron
che steso a pancia in giù sull’erba stava ricopiando un tema che proprio lei la
sera prima gli aveva corretto.
«Comunque qui la questione è un’altra: Ginny ha un ragazzo!» lo disse girandosi su un lato e
poggiando il volto sulla mano. Il suo tono era greve, come se da ciò
dipendessero i loro esami. I suoi amici si guardarono e poi scoppiarono a
ridere, compreso Draco che seduto accanto a Harry
stava finendo di copiare alcuni appunti del compagno sul proprio quaderno.
«Tua sorella è stata con mezza scuola!»
«Ehi attento a come parli Malfoy!»
«Beh, è vero!» gli diede manforte Dudley, Harry
sogghignava.
«Sì, ma a questo giro è diverso, la vedo sempre
bisbigliare con Luna e pure con Marjorie quando si
vedono e poi si zittisce se mi vede… Ho la sensazione che sia con qualcuno che
sa non mi piacerebbe scoprire!»
«Tipo?»
Harry aveva messo da parte il boccino e poggiando
le braccia sulle gambe incrociate si era sporto verso l’amico, curioso.
«Beh, è risaputo che un Michael Corner o un Zacharis Smith sarebbero indesiderabili numero uno per il
sottoscritto, l’alternativa…» e mentre lo diceva si picchiettava la piuma sul
mento.
«È che si tratti di uno di voi!»
Draco per poco si strozzò
con la saliva, mentre la manona di Dudley gli picchiava sulla schiena e Harry
si grattava il capo perplesso.
«Dovreste esserne contento, ci conosci!»
«Appunto!»
Harry alzò le mani lui si sentiva al sicuro, non
avrebbe mai tradito Hermione nemmeno con il pensiero,
altro concetto erano i due Serpeverde al suo fianco,
infatti lui aveva un sospetto da un po’ di tempo, ma quel particolare preferì
tenerselo per sé.
L’eredità che
aveva cambiato per sempre la vita dei Weasley aveva
avuto ripercussioni anche sulla loro unità come fratelli, se da una parte aveva
permesso ad Arthur e Molly di poterli avere più vicini e di nuovo uniti,
qualcuno tra loro sentiva dentro di sé serpeggiare il mostro dell’invidia che un pezzo alla volta, giorno dopo giorno, lo
divorava. L’anno che a Hogwarts si era svolto il
Torneo Tremaghi, Percy era
al suo primo anno di lavoro. Zia Muriel sarebbe morta solo l’anno successivo e
allora lui lavorava fieramente con BartyCrouch Senior, autorità leggendaria all’interno del
Ministero della Magia. Ogni suo sforzo per essere un buon impiegato, per avere
una vita migliore e innalzare il suo status era stato visto dalla sua famiglia
come qualcosa da osteggiare. Era stato sbeffeggiato, deriso e l’unica cosa che
aveva provato era stata frustrazione verso una famiglia che si lamentava del
comportamento ribelle di Ginny, lavativo di Ron, sopra le righe di Fred e George, schivo di Charlie e
scanzonato di Bill… ma che poi perdonava loro tutto, per poi invece prendersela
con lui senza mai elogiarlo. Lui che lavorava giorno e notte, che rispettava le
regole e mai aveva dato ai suoi genitori un grattacapo si trovò emarginato.
Aveva preso parte al Torneo come giudice, il Signor Crouch
era troppo occupato per parteciparvi e lui con piacere aveva accettato il
ruolo. L’occasione gli aveva anche permesso di conoscere Fleur,
ovviamente il fatto che fosse un giudice gli imponeva di essere oggettivo e lo
era stato, nonostante di nascosto si vedessero. Non facevano altro che parlare,
ma non volevano che gli altri pensassero che lei in qualche modo volesse
corromperlo o peggio che lui non sapesse essere giusto. Tuttavia, quel tempo
passato insieme era stato per lui fondamentale e importante a fronte del fatto
che aveva trovato qualcuno che finalmente lo capisse, lo accettasse e
soprattutto fosse fiero delle sue scelte. Ricordava ancora che aveva atteso la
fine del Torneo, che lei aveva vinto su Viktor Krum e
Cedric Diggory con uno scarto minimo, ma comunque
mostrando capacità incredibili. Aveva aspettato di vederla sola per regalarle
una bellissima orchidea bianca che per lei aveva comprato, ma non si aspettò
mai ciò che invece vide: lei e suo fratello Bill che si baciavano.
Da allora, il risentimento e l’invidia verso il
fratello maggiore divamparono. Dopo l’eredità lui era divenuto il volto e il
leader del “WeasleyVillage” quando era chiaro che lui era un
candidato migliore, non aveva altro desiderio da quel momento di mostrare a Bill
e al resto della famiglia quanto meritasse quel posto, oltre che l’amore di Fleur.
«Un fiore per un Fleur» esclamò il ragazzo
entrando nel negozio del fratello. Lui non c’era, ma la giovane era dietro il
bancone e come sempre gli sorrise apertamente quando lo vide. Prese l’ibisco
tra le mani e lo guardò emozionata. Sapeva degli attriti che Percy aveva con gli altri fratelli, ma lei dai tempi del
Torneo Tremaghi aveva creato con lui uno splendido
rapporto, lo considerava il suo migliore amico e quella era da allora una
tradizione tra loro. Spesso lui le regalava un fiore, rigorosamente bianco e
sempre diverso. L’obbiettivo era non ripetersi, Bill aveva storto il naso e Fleur si era arrabbiata.
«Un ibisco! Mi piace moltissimo!» disse lei tirando
fuori la bacchetta e incantandolo, lo aveva fatto con tutti quelli ricevuto
fino a quel momento, affinché non appassissero. Questo le stava permettendo di
creare una collezione unica nel suo genere.
«Questo fiore esprime chiarezza, bellezza interiore
e… opportunità…» sull’ultima parola aveva abbassato il tono di voce poggiando
le braccia sul bancone e sporgendosi verso di lei. La stava ancora osservando
ondeggiare mentre i capelli biondi brillavano grazie al sole che entrava vivo
dalle vetrine. Bill e il resto dei suoi fratelli, come i suoi genitori,
sapevano dei suoi sentimenti per lei e nonostante li imputassero al fatto che
lei fosse una mezza VeelaPercy
sapeva che non era per questo. Anzi era offensivo che loro lo pensassero e
ancor più che continuassero a dirgli che era fuori luogo. Per l’ennesima volta
Bill aveva il diritto di ferirlo, di rubargli la donna di cui si era innamorato
ben prima di lui, ma non il contrario.
«Sono contenta che sei passato, avevo proprio
bisogno di chiederti una cosa!» La voce della ragazza era cristallina e chiara.
Aveva poggiato il fiore sul bancone e sporgendosi aveva adagiato le sue mani su
quelle di lui.
«Vorrei che mi accompagnassi all’altare!» lo aveva
detto mordendosi il labbro inferiore come faceva ogni volta che era nervosa,
mentre Percy irrigidiva la mascella, cercando però di
non darglielo a vedere.
«Sai che mio padre è mancato qualche anno fa e mia
madre è un’arpia... non vedo l’ora di sposarmi per poter portare Gabrielle a
vivere con noi e… insomma… tra tutte queste cose, so che avrebbe più senso che
tuo padre mi accompagnasse, ma… l’amicizia che abbiamo sviluppato… tu ci sei
sempre stato, mi capisci come nessuno riesce a fare, a volte anche meglio di
Bill…» e nel dirlo ridacchiò, piegando il capo. Lui sorrise e tenendola per
mano camminarono lungo il bancone fin quando non finì, così da poterle prendere
entrambe le mani e starle di fronte. Percy era più
alto di lei, meno di Bill e anche con un fisico meno atletico, ma decisamente
più elegante. I ricci sempre presenti, erano domati, e gli occhi piccoli e
verdi erano contornati da occhiali di corno. Addosso aveva un abito elegante,
nero, con tanto di gilet sulla camicia bianca, senza giacca, quest’ultima aveva
le maniche arrotolate fino al gomito. Era un dandy dal fascino fine, l’uomo
perfetto per una donna elegante come Fleur che quel
giorno indossava un abito lungo fino alle caviglie color carta da zucchero con
le maniche corte di tulle.
«E tu sai che per me sarà un onore, ma… sei sicura?
Sai che sono felice per te e mio fratello, ma… non vorrei mai che… ecco, non
state correndo? Hai solo 21 anni Fleur e capisco che
lo fai anche per Gabrielle, ma se si tratta di quello te l’ho sempre detto che
potete venire da me… per permettervi di vivere lontane da vostra madre e
iscrivere lei a Hogwarts non saresti costretta a
sposarti…»
«Oh Percy…» lei aveva
alzato una mano accarezzando dolcemente il viso di lui.
«Sei gentile e sai che te ne sono grata, ma io
sposo Bill perché lo amo, non solo per fuggire dalla Francia…»
Lui ingoiò il rospo invisibile che gli si era
formato in gola e la strinse a sé, quando l’abbracciò, sarebbe rimasto lì un
tempo indefinito se non fosse stato, purtroppo, per l’arrivo di suo fratello.
Bill rimase immobile sulla soglia, contratto e
teso. Non amava i modi di fare melliflui di Percy, Fleur non poteva vederlo per l’amicizia che li legava, ma
lui sì. Era meschino e temeva che prima o poi ci sarebbe riuscito nel suo
intento. Tossicchiò e immediatamente Fleur,
staccandosi dall’abbraccio con il fratello, gli andò incontro per raccontare al
suo promesso la felicità che la permeava a fronte del fatto che Percy aveva accettato di accompagnarla all’altare. Bill
sorrise teso e mentre i due fratelli si guardavano fissi in silenzio,
aspettarono che Fleur sparisse nel retro bottega con
il fiore, prima di parlare.
Percy aveva le mani nelle
tasche e fissava Bill, come sempre ridicolo nei suoi capelli con il codino e
l’orecchino. Indossava un semplice paio di jeans neri e una t-shirt nera, al
collo una collana che come pendente aveva un semplice ovale di onice.
Avvicinandosi fece per superarlo, ma poi con un ghigno sul viso gli sussurrò
all’orecchio: «Solo guardandoti mi basta capire che non sei all’altezza né di
avere lei, né di essere il leader del nostro impero!»
«Impero? Di questo si tratta Percy?
Del tuo ego, della tua sete di potere? E Fleur cos’è
il tutto questo? Il trofeo finale?»
Bill gli aveva risposto a denti serrati, i pugni
stretti lungo i fianchi. Stava facendo uno sforzo incredibile per non
picchiarlo e lo stesso fece Percy. Inghiottì il vuoto
e poi con un ultimo sorriso di sfida uscì dalla bottega sicuro di avere la
vittoria in tasca.
«E’pessimo,
oltre che un viscido traditore! L’eredità gli ha dato alla testa!» questo era
il pensiero di Charlie, quando al bancone del “The Burrow’s House” lui e Bill stavano parlando dopo la chiusura
serale dei negozi. Non era raro che i fratelli si trovassero lì a parlare,
anche perché poi il padre li raggiungeva e con la madre cenavano tutti insieme
prima di chiudere il locale e tornare ognuno a casa propria. Durante il
servizio però Molly era così presa che loro avevano avuto modo di parlare
lontano dalle sue orecchie indiscrete.
Bill scosse il capo, aveva di fronte il suo boccale
di burrobirra che ancora non aveva toccato. Fissava la schiuma nervoso e
preoccupato. Percy non aveva mai preso parte a quella loro tradizione, a
differenza di Ron e Ginny che dicevano sempre che non vedevano l’ora di poterci
partecipare anche loro.
«Rimane nostro fratello Charlie, insomma… gli
voglio bene e vorrei capire solo come… come aiutarlo?»
«Aiutarlo? Lui non ha bisogno di essere aiutato,
deve solo capire che si sta comportando da stronzo!» sentenziò il fratello che
invece la sua burrobirra la stava bevendo di gusto.
I suoi genitori erano stati ben felici del suo
ritorno in Gran Bretagna, lontano da draghi pericolosi, seppur doveva ammettere
che quell’esperienza e il suo studio degli animali fantastici, come un novello
Newt Scamander, era stata la chiave del successo del suo negozio.
Anche lui dai capelli rossi, scompigliati e
ribelli, aveva profondi occhi azzurri. Le sue mani, segnate dagli anni di
lavoro con i draghi, erano ricoperte di calli e cicatrici, tuttavia questo non
era stato un ostacolo per trovare l’amore. Lo stesso che prendendolo di
sorpresa gli copriva gli occhi come tutte le sere, riformulando la stessa
domanda che lo faceva sempre sorridere come la prima volta: «Chi sono?»
«La metamorfomagus più pazza che esista?»
Tonks ridacchiò e poi spostando le mani si sedette
al suo fianco non prima di lasciargli un bacio sulle labbra, salutò Bill e poi
ringraziò Marjorie che portò anche a lei un boccale.
«Di cosa parlavate?» chiese curiosa con la sua
solita vivacità, era se possibile l’Auror più goffa che Charlie e tutta la sua
famiglia avessero mai conosciuto. I tre avevano frequentato Hogwarts negli
stessi anni e lei era figlia di due mezzosangue, suo padre oltretutto era anche
l’ex fidanzato di Andromeda Black, attualmente la Signora Lupin. Negli Stati
Uniti dove era rimasto a vivere aveva sposato una strega nata babbana e
nonostante le insistenze della madre affinché la figlia frequentasse
Ilvermorny, Tonks era rimasta fin troppo innamorata dei racconti del padre su
Hogwarts per non volerci andare e alla fine così era stato. I genitori speravano
tornasse a New York, ma ormai la sua vita era a Londra.
«Di come Percy si sta comportando in modo pessimo…»
«In quale dei tanti campi?» chiese lei stringendo
il braccio del fidanzato.
Bill sorrideva sempre a vederli. Charlie era un
tipo riservato, simpatico, ma che andava lento in tutto, mentre Tonks era una
furia che ti trascinava via. Lui era pazzo di lei fin dalle scuole, ma non
aveva mai avuto il coraggio di dichiararsi. Bill aveva sempre sperato che prima
o poi qualcosa tra loro succedesse e finita Hogwarts non ci sperava più, ma il tornare
a vivere in pianta stabile a Londra del fratello aveva finalmente dato ai due
un’occasione che aspettavano da anni.
«Come dicevo a Charlie è pur sempre nostro
fratello… e poi cosa dovrei fare? È il miglior amico di Fleur!» sospirò il
fratello maggiore. Si sentiva responsabile di tutta la sua famiglia, i suoi
genitori tanto avevano fatto e ora toccava a lui prendersi cura di tutti.
«Se vuoi posso parlare io con lei!»
«NO!» urlarono all’unisono i fratelli, tanto che
tutto il locale si voltò a guardarli. Charlie si voltò verso la propria
ragazza, quel giorno dai capelli blu elettrico lunghi fino a metà schiena, e
intrecciando una sua mano con la sua le disse: «Ehm quello che vogliamo dire è
che forse dovrebbe farlo qualcuna che… possa fargli capire la situazione… senza
essere troppo diretti…»
«Allora perché non lo avete ancora chiesto a
George?» la sua domanda era genuina e perfettamente sensata considerata la
situazione, ma i due fratelli si guardarono poco convinti. Non erano certi che
il fratello fosse nel mood, era ancora piuttosto scottato da tutto quello che
era accaduto…
Tamsin
Applebee, vent’anni e lunghi capelli ramati. Dalla pelle chiara e gli occhi
color nocciola era da sempre stata una ragazza amata e desiderata, Cacciatrice
di Tassorosso e ragazza di Anthony Rickett, aveva vissuto gli anni della scuola
felice del suo ruolo e della sua popolarità. Amava il Quidditch ed era
un’ottima studentessa, nulla avrebbe potuto per lei essere migliore di così, fin
quando al settimo anno tutto cambiò. Non aveva messo in conto di innamorarsi di
Fred Weasley, non aveva considerato che davvero lui potesse notarla. Era un
punzecchiarsi continuo in ogni partita, era un ridere alle sue battute,
cercarsi con lo sguardo nella Sala Grande e nascondersi nelle zone appartate
dei corridoi per rubarsi un bacio. Anthony aveva preso molto male la cosa e se
non fosse stato per Cedric la loro squadra avrebbe pagato tutta quella
tensione, ma lei era cieca e ciò che non solo il suo ex, ma tutti iniziavano a
dirle, lei non accettava di vederlo. Lei già stava facendo progetti, immaginava
la loro vita dopo Hogwarts, il loro matrimonio e la famiglia che avrebbero
creato, ma più lo faceva e i M.A.G.O. si avvicinavano e più lui si allontanava
divenendo sfuggente. Il colpo di grazia venne quando scoprì che lui l’aveva
tradita e, peggio di ogni altra cosa, di averlo fatto con la fidanzata di suo
fratello George: Katie Bell.
A quanto pare lei era innamorata di Fred al primo
anno, sempre si era tenuta il sentimento dentro, incapace di farsi avanti, per
timidezza e insicurezza. Cercare lui in Fred era stato orribile e lo sapeva, ma
quando George aveva iniziato a mostrare interesse lei non era riuscita a frenarsi,
capendo a lungo andare di star solo illudendosi di potersi innamorare di lui
solo perché aveva il volto del fratello, ma non era così.
Katie negli ultimi due anni era sbocciata, i
capelli colo caffè si erano fatti più lunghi e setosi, le forme per quanto
appena accennate sul suo corpo snello la rendevano affascinante e attraente. I
grandi occhi erano calamite e le labbra carnose una tentazione. Fred se ne era
accorto, lei era la sua compagna di squadra, di casata e la fidanzata di George
eppure si rese conto di non averla mia “vista”.
Lei non era opprimente come Tamsin, ma viveva tutto con più leggerezza convinta
che quello che doveva accadere sarebbe accaduto, senza programmarlo. E poi era
successo, si erano trovati, i sentimenti che lei portava dentro da anni vennero
ricambiati, tuttavia non furono abbastanza bravi da dirlo per tempo a George
che quando lo scoprì lo fece nel peggiore dei modi.
Katie si odiava per essere stata la causa del loro
litigio, loro che avevano sempre fatto fronte comune e che improvvisamente
avevano smesso di parlarsi seppur non misero da parte i loro progetti. Aprirono
il loro negozio di scherzi e solo negli ultimi mesi i rapporti tra loro erano
ritornati normali. La realtà indissolubile era che Fred e Katie si amavano, che
convivevano e che lei lavorava al negozio con loro. Per George fu difficile, ma
non impossibile. Lentamente riuscì a dimenticarla, ma soprattutto a perdonarli
ed essere semplicemente felice per loro, anche se i suoi fratelli lo sapevano,
le cicatrici del suo cuore ancora pulsavano.
Per Tamsin però era tutt’altra storia. Lei ancora
non accettava il tutto e il fatto che lavorasse come contabile del consorzio
del “Weasley Village” non aiutava.
Anche quel giorno, che era passata per ritirare il loro bilancio mensile, non
aveva potuto fare a meno di avvicinarsi a Fred che alzò gli occhi quando la
vide avvicinarsi.
«Tamsin» mormorò a mo’ di saluto assai teso.
«Fred!» disse lei molto più appassionatamente. Di
fisico era molto simile a Katie, ma il seno era leggermente più florido e il
viso era costellato da qualche lentiggine. Il solo fatto che il suo aspetto la
faceva apparire come una Weasley per lei era un motivo valido affinché loro non
si lasciassero. Fred odiava il suo modo di fare, soprattutto con i suoi
genitori, quasi fosse convinta che se avesse portato tutti dalla sua parte lui
non avrebbe potuto fare a meno di tornare con lei.
«Qui c’è il bilancio!»
Non era da Fred essere freddo e distaccato, ma dopo
averle provate tutte sperava che così si sarebbe liberato dalle sue pressioni. Tamsin
gli sorrise radiosa e prendendolo lo guardò un po’ torva.
«Deve averlo compilato quella Bell, giusto? Vedo la
sua incompetenza in ogni virgola…» esclamò con saccenza.
«Tamsin smettila! Non ho voglia di litigare come
ogni maledetta volta che ti incrocio!»
«Tu vuoi sempre litigare con me e non viceversa.
Fred…» la sua voce era melensa, mentre allungava una mano per prendere la sua,
ma ben presto il ragazzo la scansò non voleva rischiare di illuderla con
nessuna sua mossa. Già lo faceva da sola.
«Visto? Tu non sei questo. Sei divertente, ironico
e giocoso… Ma da quanto stai con quella
sei diventato… quest’uomo frustato e noioso che ho di fronte. Quando ti
renderai conto che lasciarci è stato un errore? Amore, ti ho perdonato, l’ho
capito… lei è stata un’avventura… ok, va bene…» dicendolo lei si era avvicinata
per accarezzargli il volto, ma lui l’aveva presa per i polsi che ora stringeva.
«Tamsin io sono divertente, ironico e giocoso, ma
con te è impossibile! Tu sei pazza… tu sei completamente fuori di testa e prima
capisci che io non voglio aver a che fare minimamente con te e meglio è!
Nemmeno se fossi l’ultima donna sulla terra tornerei con te!»
Il volto della ragazza divenne rosso come i suoi
capelli, George che stava servendo una famiglia, notò la scena in lontananza e
imprecò tra sé e sé. Le scenate come quelle non facevano bene agli affari, nel
loro negozio si rideva e non si litigava. Approfittò di una delle loro commesse
che gli passò accanto per chiederle di occuparsi dei clienti, mentre lui a grandi
falcate avanzava sulla scalinata raggiungendoli al piano superiore. Arrivò tra
i due costringendo Fred a lasciare Tamsin e chiedendo gentilmente al fratello
di tornare a lavorare, mentre lui poggiando una mano sulla schiena di lei la conduceva
nel retro bottega.
«Ti prego ti supplico… non in negozio, te l’ho
detto mille volte!»
«S-Sì s-scusami. I-io… ero venuta per il bilancio
e… come sempre tuo fratello mi tratta c-come… c-come…» Tamsin si morse il
labbro cercando di trattenere le lacrime. Nel suo abito gessato, arancio acceso
come i capelli, George le fu vicino poggiandole le mani sulle spalle.
«Odio quanto te tutto questo… diciamo che non è
stato piacevole per nessuno, ma… ehi siamo in un negozio di scherzi… sorridi e
manda al diavolo tutto! Davvero stai così per quell’idiota del mio gemello?» il
suo tono era canzonatorio come al solito e questo fece sorridere la giovane che
lo guardò scuotendo il capo.
«S-Sono patetica vero? Lo so! È che… c-che mi ero
fatta così tanti progetti… i-io ne ero davvero innamorata, lo amo e non capisco
c-che cosa io… io abbiamo in meno di… lei…»
non osò pronunciare quel nome, ma ci mise tutto l’astio di cui era capace per
mostrare quanto la odiasse.
«Tu NON hai meno di nessuno Tamsin! È si sei
patetica perché ti ostini a non vederlo!» e senza esitare la trascinò di fronte
a un lungo specchio affinché si guardasse. Era alle sue spalle e le indicava il
suo riflesso.
«Ma ti sei vista? Sei una sventola! Sei
intelligente, divertente quando non piangi per queste sciocchezze e a Quidditch
spacchi… Quello che è successo non è stato carino, ma… ehi ormai è fatta… il
latte è versato e di certo mettersi a terra e leccarlo vorrebbe solo dirsi
umiliarsi più di quanto siamo stati umiliati! Perché sì, essere traditi fa
schifo!»
Tamsin notò chiaramente il suo sguardo, sorrideva e
diceva tutte quelle cose con il suo piglio vivace e ironico, ma era palese che
gli stava costando fatica. George Weasley se avesse dovuto definirsi, mai
avrebbe usato parole come saggio e maturo, ma era esattamente ciò che aveva
mostrato di essere contro ogni probabilità e seppur nessuno ne faceva parola
tutti se ne erano accorti.
Le labbra di Tamsin tremavano, ma mentre lui le
diceva quelle parole qualcosa in lei si mosse. Facendole capire che non sarebbe
mai stata felice al fianco di qualcuno che non l’amava, avrebbe potuto mettere
in atto mille piani e manipolazioni… e sì, ci aveva pensato, ma una volta che
sarebbe riuscita a riprendersi Fred lo avrebbe voluto al suo fianco? Freddo,
distaccato e tutto fuorché sé stesso? Scosse il capo, rispondendo alla sua
domanda mentale e poi voltandosi verso George lo abbracciò affondando il viso
nell’incavo del suo collo. Lui rimase sorpreso, ma poi finì per stringerla
forte, accarezzando i suoi capelli e inspirando il suo profumo di caramello.
Quando si staccarono, rimasero però vicini. Erano alti uguali e dunque il suo
viso era a poca distanza da quello di lui, i suoi grandi occhi lo guardavano,
mentre sorrideva con ancora le lacrime che le solcavano le guance. George alzò
una mano e con un dito gliele asciugò, lei non poté che chiudere gli occhi a
quella carezza leggera e sussurrare: «Grazie».
Quando riaprì gli occhi si sporse per dargli un
bacio sulla guancia, prima di allontanarsi e andar via. George rimase a fissare
la tenda scura dietra la quale era sparita e distrattamente si accarezzò dove
lei poco prima l’aveva baciato.
«Un Malfoy non deve e
una Weasley nemmeno» Quella frase aveva popolato
i sogni di Draco da mesi ormai, tutte le volte si
svegliava agitato e nervoso e mentre osservava i suoi compagni addormentati
intorno a lui sentiva il cuore pulsargli a mille. Altre volte però gli incubi
erano diversi, una volta si era visto puntare la bacchetta contro il Preside
Silente con l’intento di ucciderlo, mentre altre volte ancora era un
susseguirsi di scontri con Harry, Ron ed Hermione… aveva perfino visto la professoressa di Babbanologia galleggiare a mezz’aria terrorizzata e
piangente prima che un fascio di luce verde la uccidesse.
Ma quella frase gli tornava ridondante alla mente,
seppur gli incubi erano sempre diversi e a volte la sentiva da suo padre, che
ricordava appena ma in sogno immaginava adulto, in altri casi era Ron a urlarla. Mai una volta aveva sognato Ginevra
trattarlo con dolcezza o riguardo, c’era sempre indifferenza o astio nei suoi
occhi.
«Inizio a essere preoccupata… Draco,
sta diventando per te una piaga questa questione. Sei sempre stanco e non dormi
da mesi ormai…» la voce di Ginny era inquieta, ma
decisa.
C’era una parte del parco che era divenuto il loro posto
segreto, una piccola radura appena dopo qualche albero nel lato ovest della
Foresta Proibita.
La ragazza era seduta con la schiena poggiata
all’albero e aveva la testa di Draco in grembo a cui
accarezzava distrattamente i capelli. Lui osservava le fronde degli alberi
muoversi al vento, mancava poco agli esami e non riusciva a studiare come
avrebbe dovuto.
«Sono solo incubi…» liquidò la questione, come
faceva ogni volta e questo se possibile fece arrabbiare Ginny
ancor di più. Si scostò violentemente, tanto che lui si alzò a sedere di scatto,
guardandola irritato per il suo scatto.
«Lo sai che lo odio! Odio quando fai così!»
«Così come?»
«Quando ti tieni tutto dentro, quando ostenti una
facciata di superiorità e distacco quando invece dentro sei divorato da
preoccupazioni o paure!»
I suoi occhi verdi penetranti erano quelli che lo
avevano catturato, non si erano mai molto sopportati, anzi lei era sempre stata
dell’opinione che Ron si sforzasse di essere suo
amico solo per sentirsi popolare. Ci aveva messo molto tempo per arrivare al
cuore di Draco e scoprire che era molto di più del
borioso e arrogante che dava a vedere. Nonostante Narcissa
fosse sua zia, avendo sposato Gideon prima della sua
nascita, Ginny non era mai riuscita a capire come il
suo caro cugino acquisito dalla
stessa non avesse ereditato nulla, se non solo la sua bellezza ed eleganza.
Ginny adorava passare del
tempo al Maniero, aiutarla nella sua causa e poi lei le aveva insegnato tutto
ciò che sapeva sulla moda e sullo stile. Adorava andare a fare shopping con lei
e Narcissa vedeva in lei la figlia che non aveva mai
avuto, ma Draco non perdeva invece occasione di
mostrarsi odioso. Era stato nell’estate dell’anno prima che qualcosa era
cambiato e nonostante il loro continuare a battibeccare era finita per scoprire
lati diversi, più fragili, come lui a vederla per la piccola donna che era.
Decisa e intelligente, assai differente dalle galline senza cervello di cui soleva
cercare la compagnia, di solito di
una notte o poco più…
«Ma sono incubi non c’è altro da dire, te li ho
raccontati no?»
«Incubi in cui tu sei un mostro o nei quali mai una
volta io ti guardo con amore… a me questi paiono demoni nascosti nei meandri
della tua anima…»
La voce della rossa si era addolcita, mentre un
soffio di vento le scompigliava i capelli portandoglieli di fronte al viso,
mentre lei velocemente li scostava.
«Da quando mio fratello ha detto quella sciocchezza
sul fatto che odierebbe che uno dei suoi amici stesse con me… sono peggiorati!»
«Credi davvero che le parole di Ron
mi farebbero perdere il sonno?» ironizzò Draco
passandosi una mano tra i capelli biondi e leggermente lunghi, tanto da
cadergli sulla fronte.
Una mano era poggiata sul fianco di Ginny, le sue gambe allungate tra il braccio del giovane e
il suo corpo. I loro visi uno di fronte all’altro, vicini.
«Fai poco lo sbruffone… le vedo le tue occhiaie… il
tuo malessere…» disse lei severa, ma allungando una mano per spostargli i
ciuffi biondi dalla fronte e così accarezzarlo dolcemente. Draco
le prese la mano e portandosela alla bocca ne baciò il dorso.
«In quei sogni… sono tutto quello che, forse, se
mia madre non avesse lasciato mio padre e tutto quello che sappiamo è successo
per permettere a questo mondo di essere libero dall’Oscuro Signore… forse… Forse
sì, quello sarebbe il DracoMalfoy
che oggi avresti davanti…»
Ginny deglutì senza
parlare, sapeva benissimo come tutto poteva essere diverso se solo quella notte
di Halloween del 1981, le cose fossero andate diversamente.
«Sai… credo che tu stai soffrendo di DreamWalking…»
disse a mezza voce. «Dovresti andare da Madama Chips!»
«DreamWalking? È… è una favola, credi davvero alle
sciocchezze della Cooman?»
«In realtà a Divinazione è Fiorenzo che lo ha
detto!» lo corresse lei.
«Dice che quando un mago inizia ad essere
ossessionato dai “E Se…?” della
propria vita entra in un loop per cui la sua magia
risveglia il Terzo Occhio proiettando in sogno al soggetto sprazzi delle sue
vite su altre linee temporali… I tuoi incubi non sono proprio tali…»
«Allora sono davvero incubi!» esclamò lui facendo
per allontanarsi e alzarsi, era fuori di sé, ma Ginny
lo prese per le braccia e lo costrinse a rimanere nella posizione in cui era.
«Questo vorrebbe dire che ovunque! Che TUTTE le
versioni che di DracoMalfoy
esistono sono tutte codarde, mostruose e vivono esistenze prive di luce,
speranza e amore! Lui NON ha nulla! La sua famiglia è un orrore, peggio le cose
che fa e pensa… non ha amici… non ha nessuna che lo guarda come tu guardi me…»
«Sì OVUNQUE, forse, ma non qui! Lo hai detto tu
stesso adesso, tu qui hai me. Hai amici, hai una bellissima famiglia…»
Ginny aveva preso il suo
viso tra le mani e aveva poggiato la sua fronte contro di lui, entrambi
chiusero gli occhi e l’unica cosa che percepivano era il vento che frustava le
foglie e dava a loro un po’ di fresco in quella giornata estiva.
«Smettila con questi pensieri, rischi di rimanere
bloccato nel DreamWalking, vivi
la vita che hai e sii grato per averla. Il più delle volte ti trovo odioso,
irritante e nessuno mi fa arrabbiare come te, ma al contempo il mio cuore non
potrebbe vivere senza te a farlo battere…»
Ginny non fece in tempo
ad aprire gli occhi che lui le aveva già catturato le labbra e adesso le loro
bocche stavano danzando in perfetta sintonia. Il bacio si fece sempre più
appassionato e ben presto lei si trovò con la schiena sull’erba e il corpo di
lui su di sé. Non aveva dubbi che non avrebbe voluto baciare altre labbra se
non quelle, non le importava se altre Ginny non
potevano provare quello… non sapevano cosa si perdevano, lei era felice della
sua vita e mai nessun’altra avrebbe voluto viverne.
Sette
fratelli e un’eredità che aveva cambiato ogni cosa. La dolcezza nel crepuscolo
di una vita che era finita aveva portato nella vita dei fratelli Weasley la magia dell'amore. Tante cose da dire, altre da
mostrare, segreti e bugie. Invidie e scuse da porre. Tutto si riduceva alla
capacità di riconoscere in quel disastro la perfetta armonia del caso, perché
era stata questa la vera eredità che zia Muriel aveva lasciato ai suoi nipoti: un legado de amor.