Schegge di ghiaccio

di Bombay
(/viewuser.php?uid=156)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Crescere [Yuri/Otabek] ***
Capitolo 2: *** Brutto anatroccolo [Yuuri/Victor] ***
Capitolo 3: *** Stanchezza [Yuri/Otabek] ***
Capitolo 4: *** Ancora [Yuri/Otabek] ***
Capitolo 5: *** Ascensore [Yuuri/Victor] ***
Capitolo 6: *** Calore [Yuuri/Victor] ***



Capitolo 1
*** Crescere [Yuri/Otabek] ***


Challenge: #writeptember2022 #Giorno09 del gruppo “Facebook Hurt/Comfort Italia, Fanart e Fanfiction Gruppo Nuovo”

Prompt: 1 “Non sono così forte” - 3 caratteraccio

 

Titolo: Crescere

Fandom: Yuri on ice

Genere: romantico, Hurt/Comfort

Tipo: one shot

Coppia: yaoi

Personaggi: Yuri Plisetsky, Otabek Altin

Rating: PG-13 - verde

Disclaimers: i personaggi non sono miei, ma del rispettivo autore. I personaggi e gli eventi in questo racconto sono utilizzati senza scopo di lucro.

Disclaimers: i crediti delle immagini sono degli autori (fonte Pinterest)

 

Crescere

Erano al palazzetto del ghiaccio da quella mattina, per il ritiro premondiali. Victor sospirò scuotendo la testa.

Yurio non cambierà mai” sussurrò al compagno mentre guardava il pattinatore russo sbraitare e inveire contro un altro atleta.

Yuuri si strinse nelle spalle “Per me è solo un modo per difendersi” rispose osservandolo scivolare sul ghiaccio con eleganza, quando pattinava si estraniava dal resto del mondo, lo faceva anche lui del resto, il giovane atleta russo sembrava provenire da un altro pianeta. Il giapponese spostò lo sguardo su atleti e allenatori a bordo della pista lo fissavano tutti incantanti e rapiti dalla sua figura longilinea.

 

Yuri cercò di concentrarsi sulla musica e sui passaggi del programma, si rese conto che sarebbe caduto nel momento stesso in cui si staccò dal ghiaccio, si era dato troppa spinta per quel salto, atterrò male e rovinò a terra battendo con violenza il ginocchio destro. Imprecò per il dolore, ma diede un colpo di reni per rimettersi in piedi, ma il ginocchio contuso gli trasmise una scarica di dolore atroce facendolo finire ancora a terra.

Venne colto dal panico - calmati è solo una botta – si autoconvinse.

La musica venne spenta ed il rumore di pattini che si approssimavano in fretta.

“Sto bene” gridò prima che qualcuno lo toccasse. Focalizzò un paio di pattini dalle lame dorate: Victor.

Una mano si tese verso di lui, ma la scacciò con un gesto.

Riuscì a mettersi in piedi senza aiuto e scivolare fino alla balaustra, sulla gamba sana.

 

Si trovò davanti a Otabek che lo osservava preoccupato, ma non gli chiese nulla, almeno lui non lo riempiva di chiacchere inutili, gli fece solo vedere la bomboletta di ghiaccio spray.

Yuri si sollevò il pantalone e rabbrividì al getto gelido, questo però gli permise di zoppicare fino in spogliatoio.

Si lasciò cadere sulla prima panca libera con un gemito sconsolato, pochi istanti dopo Altin lo raggiunse e chiuse la porta, lasciando fuori tutti gli altri e il giovane russo gli fu immensamente grato di questo.

“Che cosa succede Yuri? Non è da te sbagliare un salto del genere” chiese preoccupato recuperando la sua borsa.

 

Yuri scosse la testa con violenza. Alternava momenti in cui si sentiva benissimo e poteva vincere qualunque cosa, a momenti in cui voleva solo nascondersi sotto le coperte, mollare tutto e dormire. Non voleva parlare di quello, ma le parole lasciarono la sua bocca prima che potesse controllarle

“Sto male” bisbigliò “Ho dolori alle articolazioni continuamente, faccio fatica a concentrarmi. Sono stanco, tanto stanco. A volte faccio un movimento, ma è come se il mio corpo non mi seguisse più” confessò con gli occhi bassi. Non lo aveva detto a nessuno, nonostante le insistenze di Victor e la preoccupazione di Katsuki, ma il pattinatore kazaco era suo amico.

 

Otabek gli posò una mano sulla spalla e una sotto il mento facendogli sollevare il viso e Yuri si perse in quegli occhi scuri.

“Stai crescendo Yuri, è normale, che il tuo corpo cambi. Ti ci abituerai”

“Io non voglio” sbottò facendosi indietro; ecco un’altra cosa che non riusciva a capire e gestire. Era confuso sulla propria identità sessuale aveva un sacco di ragazze che gli orbitavano intorno però a lui non davano nessuno stimolo mentre beh… Otabek. Erano sei mesi che non si incontravano e quando lo aveva visto… il suo corpo aveva reagito, eccome se aveva reagito! Quando stava con Otabek il suo cuore impazziva e nello stomaco gli si rimescolavano mille farfalle e se pensava troppo a lui capitava di eccitarsi. Era un disastro, un completo disastro su tutta la linea. Si scrollò di dosso le mani calde dell’altro e si piegò per togliersi i pattini per quel giorno il suo allenamento era finito.

Tirò su nuovamente il pantalone e controllò il ginocchio tirando un sospirando di sollievo. Aveva un bel livido scuro sulla pelle, ma per fortuna era solo quello.

Il kazaco frugò nella borsa aveva sempre con sé una crema per gli ematomi, quindi gli si inginocchiò davanti facendogli posare il piede sulla coscia.

“Sai cosa diceva mia madre quando ero piccolo?” chiese e Yuri scosse la testa tastando l’ecchimosi, trasalendo per il dolore.

“Un bacio e passa tutto”

E prima che la mente del più giovane processasse la frase, Otabek gli aveva posato le labbra sulla pelle.

Yuri chiusi gli occhi travolto dall’emozione, tremò nel profondo e lo spinse via. Era troppo.

“Che cazzo fai?” urlò fissandolo furente.

Otabek lo fissò, che Yuri avesse un caratteraccio era risaputo da tutti, ma gli tornarono in mente le parole di Katsuki che aveva sentito poco prima dell’incidente “È solo un modo per difendersi”

Yuri lo fissava arrabbiato, gli occhi verdi adombrati dagli scomposti capelli biondi. Quegli occhi da soldato, di cui si era innamorato, ora erano adirati e… spaventati.

Otabek si tirò su e fece l’unica cosa che aveva senso fare l’abbracciò. 

“Non sono un bambino” protestò “Anche se tutti mi trattate come tale”

Yuri tentò debolmente di ribellarsi, ma lui lo strinse più forte, facendolo desistere.

Le braccia di Yuri gli cinsero la vita aggrappandosi con disperazione.

“Hai appena detto che non vuoi crescere”

“Non voglio che il mio corpo cambi” precisò.

“Perché?”

“Perché, fa male, mi ostacola, non lo sento più mio…”

“È il naturale evolversi della vita” mormorò accarezzandogli i capelli e la schiena quel corpo esile e forte contro il suo tremava sopraffatto dall’emozioni, raramente si lasciava andare così.

“Non sei solo. Ci sono io con te. E sei un guerriero ricordalo sempre”

Yuri si fece indietro scuotendo il capo. “Non sono così forte” bisbigliò.

“Questo non è vero devi solo ritrovare il tuo equilibrio” 

Otabek lo fissava intensamente erano ancora abbracciati i loro corpi adesi e Yuri lo spinse indietro sentendo il proprio reagire a quella vicinanza.

L’ultima cosa che voleva era essere deriso o peggio, ma il più grande lo attirò a sé nuovamente tenendolo stretto.

“Scusa” gemette Yuri non potendo fare altro, Otabek si era sicuramente accorto dell’erezione che gli tendeva i pantaloni.

“Perché ti scusi” una mano sulla sua nuca, guancia sulla guancia.

“Lasciami” lo pregò, la stretta si fece più forte, per un momento, poi si allentò.

Yuri si prese un momento, doveva calmarsi fare ordine nella sua mente, ma Otabek non glielo permise, gli mise una mano sul viso, si chinò su lui finché le loro labbra si toccarono appena in una lieve carezza, non poteva crederci socchiuse la bocca permettendo a Otabek di entrare, giocare con la sua lingua dolcemente.

Il più grande si fece indietro sorrideva “È da tanto che volevo farlo” confessò.

“Ancora” pretese afferrandolo dalla maglia esigendo la bocca sulla sua.

Fu anche meglio del primo, più profondo, più passionale, più adulto dovette farsi indietro per riprendere fiato.

Crescere non era è poi così male.

 

---

Note dell’autrice.

Bene faccio capolino in questo fandom con le shot della challenge. Grazie a chi legge e ha voglia di dire la sua.

Alla prossima

Un Kiss

Bombay

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Brutto anatroccolo [Yuuri/Victor] ***


Challenge: #writeptember2022 #Giorno10 del gruppo “Facebook Hurt/Comfort Italia, Fanart e Fanfiction Gruppo Nuovo”

Prompt: 3 allo specchio - 4 “Non lo sai fare”

 

Titolo: Il brutto anatroccolo

Fandom: Yuri on ice

Genere: romantico, Hurt/Comfort

Tipo: one shot

Coppia: yaoi

Personaggi: Yuuri Katsuki, Victor Nikiforov

Rating: PG-17 - giallo

Disclaimers: i personaggi non sono miei, ma del rispettivo autore. I personaggi e gli eventi in questo racconto sono utilizzati senza scopo di lucro.

Disclaimers: i crediti delle immagini sono degli autori (fonte Pinterest)

 

Brutto anatroccolo

 

Strinse con forza la ceramica bianca del water cercando di reprimere i conati di vomito, non aveva più nulla nello stomaco, ma non riusciva a calmarsi. Le lacrime continuavano a scendere dai suoi occhi, non riusciva a fermare nemmeno quelle, era un disastro.

Si sollevò con le gambe tremanti, tirò lo sciacquone, si spogliò con rabbia ed entrò nella doccia. Per quanto rimase sotto il getto bollente, non avrebbe saputo dirlo, si sentiva debole e fiacco, con una fatica immensa uscì dalla doccia avvolgendosi nell’accappatoio bianco, dotazione dell’hotel, non riusciva a smettere di tremare.

Si rannicchiò in posizione fetale sul letto, non era salito sul podio, non ce l’aveva fatta, di nuovo. Le lacrime presero a scorrere senza freno, era un incapace. Si era illuso in quei mesi dopo le vittorie del Grand Prix, ma ora che Victor era tornato a gareggiare non c’era più storia, se la giocavano lui e Yuri Plisetsky.

Era inutile che ci provasse. Era un illuso.

Aveva visto lo sguardo luccicante di Yuri e il suo sorriso tagliente mentre sollevava la medaglia nella sua direzione. Plisetsky era bello da fare male e più cresceva e maturava, e più era bello ed abbagliante “La fata russa”, non poteva esserci nomignolo più azzeccato.

Lui invece cos’era? Un maialino giapponese.

Sentì lo stomaco rivoltarsi raggiunse il bagno e si piegò ancora sul water.

Era tanto tempo che non stava così male, credeva di esserne uscito ed invece al primo ostacolo era precipitato.

Riuscì ad alzarsi, si sciacquò il visto e la bocca tornando in camera si fermò davanti allo specchio a figura intera, sciolse il nodo dell’accappatoio e lo fece scendere oltre le spalle. Il suo corpo, lui era in lotta continua con sé stesso.

Victor entrò nella stanza e lo trovò nudo davanti allo specchio, capì subito che qualcosa non andava. Si sfilò la medaglia e la mise in valigia, l’ultima cosa che voleva fare era ostentare la sua vittoria.

“Non dovevo mettere quel salto nel programma non lo so fare” bisbigliò Yuuri abbassando lo sguardo.

“Non lo sai fare, è vero, ti allenerai e imparerai, come abbiamo fatto tutti”

“Non credo di farcela, non ho il fisico adatto”

Victor gli cinse la vita, osservandolo nello specchio, perché Yuuri non vedeva quello che vedeva lui. Gli fece scorrere la mano sul collo, sulla spalla, lo sentì rabbrividire.

“Il tuo corpo è perfetto” bisbigliò al suo orecchio, sentendo la pelle dell’altro incresparsi al tocco lieve delle sue dita.

“Sei proporzionato per la tua altezza” spiegò mentre la sua mano percorreva il petto, gli sfiorava distrattamente i capezzoli rosa, facendoli inturgidire, scese ancora sul ventre piatto, i muscoli addominali tonici e duri, ma non esagerati, scese ancora sfiorandogli la peluria scura, ma virò verso le sue natiche sode e pallide, dove un livido bluastro le sporcava, ricordo della caduta in gara.

“Tu che cosa vedi, Yuuri?”

“Un cigno alle mie spalle e un brutto anatroccolo davanti a lui” sussurrò tristemente, Victor lo fece voltare nel suo abbraccio, ma Yuuri rifuggiva il suo sguardo, gli sollevò il viso e lo baciò sulle labbra, ma il giovane giapponese non rispose al suo bacio, rimase rigido e teso.

“Ho vomitato” bisbigliò con vergogna.

La stretta intorno al suo copro si fece più forte “Lo sospettavo, ho visto che a cena avevi esagerato, che non riuscivi a fermarti. Avrei dovuto venire in camera con te. Non lasciarti solo”

“Sei il campione in carica, hai degli obblighi con sponsor e giornalisti” bisbigliò facendosi indietro, non era quello che avrebbe voluto dirgli.

“Mi dispiace” sussurrò dolente avvicinandosi ancora abbracciandolo stretto impedendogli di divincolarsi.

“Sono qui” gli disse e Yuuri si sciolse in un pianto disperato “Non ti lascio” bisbigliò e lo sentì aggrapparsi alla sua camicia.

“Il mio amore per te non cambierà a seconda dei tuoi risultati, Yuuri”

Il più giovane si immobilizzò, aveva colpito nel segno “Non ti lascio” ripeté.

Yuuri tirò un sospiro riuscendo a calmarsi un po’, Victor lo scostò da sé, asciugandogli il viso come le mani, sospingendolo verso il letto, facendolo sdraiare, si spogliò in fretta raggiungendolo sotto le coperte.

“La prossima volta ci sarai tu sul podio” bisbigliò scostandogli i capelli dal viso, un sorriso triste piegò le labbra del giapponese.

“Non finché ci siete tu e Plisetsky”

Victor lo sospinse sul materasso e lo sovrastò “Smettila di farti del male” ordinò “È tutto nella tua testa, Yuuri” disse baciandolo “Io non vedo un brutto anatroccolo, ma un bellissimo cigno” sussurrò sulle sue labbra “Potrebbe essere il tema della tua prossima stagione” ipotizzò sorridendo apertamente della geniale idea che aveva avuto, ma Yuuri non sorrideva e scosse la testa.

“Non credo ci sarà una prossima stagione” bisbigliò mestamente.

“Tu non ti ritiri!” sentenziò “Se lo fai: mi ritiro, definitivamente, anche io” aggiunse serio.

Vide gli occhi castani del compagno allargarsi “Questo… questo è un ricatto” protestò imbronciandosi l’altro scrollò le spalle, muovendo i fianchi.

Yuuri gemette, faticava a concentrarsi con Victor steso sopra di lui, che gli succhiava la base del collo “Ci penserò domani” ansimò accarezzandogli la schiena “Fai l’amore come me” bisbigliò piano.

“Era questa l’idea”

Tutte le ansie le paure e le incertezze furono messe da parte, la stanza si riempì dei gemiti dei due amanti, mentre l’alba si approssimava alla finestra.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Stanchezza [Yuri/Otabek] ***


Challenge: #writeptember2022 #Giorno15 del gruppo “Facebook Hurt/Comfort Italia, Fanart e Fanfiction Gruppo Nuovo”

Prompt: 1 Pettinare qualcuno – 2 “Sei così pallido”

 

Fandom: Yuri on ice

Genere: romantico, Hurt/Comfort

Tipo: one shot

Coppia: yaoi

Personaggi: Yuri Plisetsky, Otabek Altin

Rating: PG-13 - verde

Disclaimers: i personaggi non sono miei, ma del rispettivo autore. I personaggi e gli eventi in questo racconto sono utilizzati senza scopo di lucro.

 

Stanchezza

 

Ho freddo.

Il ghiaccio sotto di me è freddo.

Sono stanco, tanto stanco.

Voci soffuse. Voci lontane.

Una mano sul mio viso.

Non riesco ad aprire gli occhi. 

Non voglio aprire gli occhi.

 

La stanza d’albergo era in penombra. Il ragazzo steso nel grande letto si agitava e mormorava parole senza senso alternate a parole in russo, la sua lingua madre.

Le guance rosse per la febbre alta spiccavano su quel giovane volto cinereo.

Il viso sudato, i capelli appiccicati alla fronte.

 

Il ragazzo kazaco si sedette sul bordo del letto con un panno umido deterse il viso del giovane scostandogli i capelli.

Era arrivato al palazzo del ghiaccio proprio quando Yuri stava provando il suo programma lungo.

Come sempre era rimasto incantato nel vederlo volteggiare sulle lame. Eppure, c’era qualcosa che non andava nella sua postura. Aveva stretto la balaustra tra le dita temendo che cadesse al quadruplo Salchow, ma per Yuri Plisetsky la forza di gravità non esisteva. Atterrò in maniera impeccabile concluse il programma e poi si accasciò privo di sensi sul ghiaccio.

Il cuore di Otabek aveva perso un battito.

 

Un gemito e un frullio di palpebre lo distrassero dai suoi pensieri.

Due gemme smeraldine si puntarono, lucide e confuse, nei suoi occhi scuri.

“Otabek?” bisbigliò umettando le labbra secche con la lingua.

“Mi hai fatto preoccupare” mormorò mentre il russo si metteva a sedere molto lentamente.

“Ho sete” mormorò con voce impastata, l’altro pattinatore gli porse bicchiere e lo osservò tirarsi indietro i capelli, che caddero nuovamente disordinati in avanti.

Senza che glielo chiedesse Otabek prese la spazzola e gli si inginocchiò dietro. Prese a passarla lentamente in quei fili d’oro che erano i capelli di Yuri sottili e lisci. Il russo li aveva fatti crescere, ora gli arrivavano appena sotto le spalle, morbidi che profumavano ancora. Otabek se ne portò una ciocca al volto ispirando a fondo e saggiandone la consistenza setosa sulle labbra.

Sentì Yuri sospirare piano a quelle attenzioni. Capitava di rado che glielo lasciasse fare, con rapidi gesti gli intrecciò i capelli in una morbida treccia.

“Fatto” disse, mentre le sue dita indugiavano ancora sulla sua pelle diafana e calda il giovane si lasciò andare indietro finendogli addosso. Otabek gli tolse dalle mani il bicchiere e posò tutto sul comodino.

“Mi hai fatto preoccupare” mormorò posandogli d’istinto la sua mano sulla fronte bollente.

“Hai la febbre”

“È solo stanchezza, domani starò bene” bisbigliò.

“Cosa ci fai qui?” sussurro stancamente, la mano di Otabek indugiava sulla sua guancia in una carezza pigra, gli è mancato così tanto, era felice che fosse lì, anche se odiava farsi vedere in quelle misere condizioni.

“Mi ha invitato Victor, volevo farti una sorpresa” mormorò sistemandosi meglio, Yuri gli si raggomitolò addosso.

“Sono arrivato che stavi iniziando il programma libero, non ti sei accorto di me”

Yuri chiuse gli occhi, no non si era accorto di nulla, troppo concentrato a stare in piedi.

“Sei dimagrito ancora”

“Se sei qui per farmi la ramanzina puoi anche andartene” sbottò chiudendo gli occhi voleva solo dormire, la carezza tra i suoi capelli e il respiro di Otabek sul suo viso lo cullarono e si lasciò andare alla spossatezza.

 

***

 

Come aveva predetto Yuri, il giorno seguente, non aveva più febbre e si presentò all’allenamento, ma ad un occhio attento si vedeva che non era in forma.

Era molto tardi e il palaghiaccio era deserto, ma Otabek e Yuri erano ancora sulla pista.

“Yuri penso che per oggi possa bastare” lo chiamò Otabek uscendo dalla pista, mettendo il para lame.

“Devo recuperare il tempo perso ieri” disse fermandosi solo per dissetarsi.

Otabek lo afferrò per il polso tirandoselo addosso.

“Se continui così va a finire che ti ammali sul serio” mormorò seriamente preoccupato posandogli una mano sulla guancia.

“Sei così pallido”

Un sorriso piegò le labbra del biondo.

“Sono russo la mia carnagione ha questa tonalità”

Il kazaco scosse la testa “È un pallore malsano” commentò “Se continui a non avere cura di te stesso, rischi di giocarti il mondiale”

Il sorriso di Yuri si fece tagliente “Beh così hai più probabilità di salire sul podio”

Ad Otabek mancò il fiato a quella cattiveria gratuita “Sei uno stronzo” sbottò lasciandolo andare abbandonando a grandi passi il palazzetto.

Yuri si strinse nelle spalle e riprese a pattinare. Aveva esagerato, se ne rese conto, Otabek non meritava quelle parole, ed aveva ragione, era davvero sfinito, rischiava di compromettere la stagione, ma soprattutto se avesse continuato a comportarsi così il kazako lo avrebbe mollato.

 

Uscì di corsa il sole stava tramontando, tirò un sospiro di sollievo vedendo Otabek nel parcheggio appoggiato alla moto, le braccia incrociate sul petto. Il sole dava sfumature dorate al suo bel volto. Gli si avvicinò a testa bassa, gli occhi adombrati dai capelli.

“Scusa” mormorò posandogli la testa sulla spalla. Le braccia dell’altro lo avvolsero stretto.

“Sono solo preoccupato per te”

“Sono stanco, tanto stanco” mormorò chiudendo gli occhi “Andiamo in hotel a dormire” propose.

Yuri si sollevò con un sorriso malizioso “Non così stanco”

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Ancora [Yuri/Otabek] ***


< Challenge: #writeptember2022 #Giorno16 del gruppo “Facebook Hurt/Comfort Italia, Fanart e Fanfiction Gruppo Nuovo”

Prompt: 1 “Ma cosa vuoi da me?” – 2 “Ora stai esagerando”

 

Titolo: Ancora

Autore: Bombay

Fandom: Yuri on ice

Genere: romantico, Hurt/Comfort

Tipo: one shot

Coppia: yaoi

Personaggi: Yuri Plisetsky, Otabek Altin

Rating: PG-13 - verde

Disclaimers: i personaggi non sono miei, ma del rispettivo autore. I personaggi e gli eventi in questo racconto sono utilizzati senza scopo di lucro.

Disclaimers: i crediti delle immagini sono degli autori (fonte Pinterest)

 

 

Ancora

 

Lo stadio del ghiaccio di Cavalese esplose in un fragoroso applauso quando la musica si estense, Yuri Plisetsky sciolse la figura finale, cercando di riprendere un minimo di fiato per uscire dalla pista. Chiuse la mano a pugno ed alcune gocce di sangue caddero sul ghiaccio.

Uscì dalla pista stringendosi la mano al petto imprecando in tutte le lingue che conosceva.

“Sei bello come un angelo, ma ti esprimi come il peggior scaricatore di porto”

Il giovane biondo si voltò verso l’altro “Sta zitto JJ” sbottò furente, Yakov lo raggiunse controllando il taglio sul palmo della sua mano, ma il ragazzo la ritrasse “È solo un graffio” sentenziò andando negli spogliatoi. Si era ferito afferrando la lama del pattino tirando indietro la gamba, non aveva bene idea di come avesse fatto, aveva sentito un bruciore intenso, ma si era reso conto di quello che era successo solo ad esibizione conclusa. Entrò nel bagno e mise la mano sotto l’acqua corrente sollevò lo sguardo e vide Otabek osservarlo dalla porta.

“Posso aiutarti?” domandò avvicinandosi.

Altin era l’unico con cui poteva essere semplicemente sé stesso, anche se ultimamente erano riusciti a vedersi solo alle gare o a eventi come quello.

Il giovane kazaco gli si avvicinò e prese la mano nella sua esaminando la ferita.

“Non è profondo, ti fa male?”

“Brucia” anche se in quel momento il dolore alla mano era l’ultimo dei suoi problemi.

Rimasero in silenzio mentre il kazaco gli disinfettava e fasciava la mano, con cura e Yuri lo spiava di tanto in tanto. Era sempre stato così bello?

“Ecco tienilo d’occhio se si gonfia è meglio se vai in pronto soccorso”

 

La cena di gala si era protratta più del previsto, tra interviste e foto. Il pattinatore russo era proprio stanco non vedeva l’ora di andare in hotel e seppellirsi sotto al piumone.

Uscì dal retro del locale il cappuccio della giacca a vento tirato su, ma non servì a niente sentì gli schiamazzi prima di vederle arrivare, ma colse anche il rombo di un motore. E si ritrovò a sorridere.

“Sali” ordinò Otabek dandogli il casco che Yuri indossò quando era già in sella alla moto del kazako.

Yuri gli circondò la vita con le braccia aderendo alla sua schiena con la scusa di non cadere dalla sella.

Come due anni prima Otabek lo aveva salvato dall’orda invadente delle sue fan.

Quando si fermarono ad un semaforo si rese conto che non stavano andando al suo hotel.

“Il mio hotel e dalla parte opposta” gridò per farsi sentire oltre il rombo del motore.

“Lo so, vuoi che ti ci porti subito?” chiese voltandosi di tre quarti.

“No” improvvisamente non si sentiva più stanco e annoiato con Otabek avrebbe potuto fare qualunque cosa.

 

L’aria pungente della notte di fine febbraio lo fece rabbrividire o forse era la vicinanza stretta di Altin o non lo sapeva.

Otabek fermò la moto in uno spiazzo, una area pic-nic che dava su una zona panoramica, da dove di vedeva il paese ed i monti era uno spettacolo da mozzare il fiato. Il cielo limpido punteggiato di stelle. Yuri scese dalla moto, togliendosi il casco e ravvivando i capelli.

“Perché mi hai portato qui?” domandò curioso.

“Per godere del panorama e del silenzio” rispose poggiandosi al parapetto, fissando le luci quindi diede una occhiata all’orologio.

“Mi dispiace di non essere riuscito a venire a San Pietroburgo a Natale” disse all’improvviso, mentre Yuri si appoggiava accanto a lui e fissava il cielo.

“Non fa niente” mormorò, invece gli era dispiaciuto davvero tanto, sperava di poter trascorrere del tempo con lui, fuori da una pista di ghiaccio.

“Come va la mano?” chiese prendendola tra le sue.

“Bene” rispose, non capiva perché si trovavano lì.

“Ma cosa vuoi da me?” chiese la voce gli tremò impercettibilmente erano due anni che era in bilico con quel sentimento che lo turbava, lo distraeva, lo confondeva. L’unico amico che aveva era proprio Otabek, ma non poteva confidarsi con lui, perché era lui la causa di quella confusione che aveva nel cuore e nella mente.

Otabek gli si avvicinò, bloccandolo tra il parapetto e il proprio corpo, Yuri poteva avvertire il suo calore e i loro respiri si condensavano in piccole nuvolette bianche. Il kazaco occhieggiò l’orologio che aveva al polso. L’aveva guardato spesso in quegli ultimi minuti, che cosa stava aspettando? Doveva essere tardi, non aveva fatto caso all’ora quando era uscito dal ristorante.

L’aria fredda si insinuava nel suo giaccone facendolo rabbrividire; in quel momento gli venne in mente, un commento di Victor: qualche tempo prima, durante un allenamento, non era per nulla concentrato e Victor gli si era avvicinato con un sorriso sincero e gli aveva detto: “Si vede proprio che sei innamorato, Yuri”

Un campanile lontano prese a battere l’ora.

Innamorato, sì, di Otabek.

La mano calda del kazako si posò sulla sua guancia fredda, fissandolo con una intensità che gli fece quasi paura. E Otabek cosa provava per lui?

I rintocchi proseguivano, in un lampo di consapevolezza si rese conto che era mezzanotte.

Nel momento stesso in cui si esaurì l’ultimo rintoccò le labbra di Otabek si posarono sulle sue. Fu un contatto breve, ma nel giovane russo scatenò una ridda di sensazioni che gli fecero girare la testa.

“Buon diciottesimo compleanno” sussurrò sollevandosi appena.

Yuri si aggrappò a lui per non cadere aveva il fiato corto come alla fine di un programma.

“Ancora” si sentì dire e Altin posò nuovamente la bocca sulla sua, ma questa volta il bacio fu diverso. Sentì la lingua dell’altro toccare le sue labbra chiedendo il tacito consenso di entrare e lui le schiuse assecondando la lingua dell’altro, inseguendola, lambendola era un campo in cui non aveva esperienza.

Si tirò indietro senza fiato si asciugò un rivolo di saliva che gli colava sul mento.

“Scusa, io oltre a pattinare non so fare altro”

“Ora stai esagerando” mormorò baciandolo ancora.

“È la verità” mormorò abbracciandolo non voleva staccarsi da lui.

“Stai tremando” disse.

“Mi hai portato sul cucuzzolo della montagna per ammirare il panorama, è notte fonda e…”

“La mia non era una domanda”

Yuri scoppiò a ridere “Baciami ancora” pretese “Ancora. Ancora. Non smettere mai”

Otabek sorrise sulla sua bocca “Devo respirare ogni tanto”

“No, respiri me solo me”

 

---

Ok non mi convince molto, ma non ho avuto un granché di tempo oggi per lavorarci di più.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Ascensore [Yuuri/Victor] ***


Challenge: #writeptember2022 #Giorno22 del gruppo “Facebook Hurt/Comfort Italia, Fanart e Fanfiction Gruppo Nuovo”

Prompt: 1 “Ma lei chi è?” - 3 X rimane chiuso dentro qualcosa

 

Fandom: Yuri on ice

Genere: romantico, Hurt/Comfort

Tipo: one shot

Coppia: yaoi

Personaggi: Yuuri Katsuki, Victor Nikiforov

Rating: PG-17 - giallo

Disclaimers: i personaggi non sono miei, ma del rispettivo autore. I personaggi e gli eventi in questo racconto sono utilizzati senza scopo di lucro.

 

Ascensore

 

Finalmente poteva andarsene in camera era stanco e frastornato. Desiderava solo il silenzio e il calore del piumone e le coccole di Victor, anche se quella sera il suo compagno era stato davvero distante.

Salì sull’ascensore stringendo al petto la bottiglia d’acqua.

Yuri Plisetsky si infilò nell’ascensore seguito a ruota da Altin e permette il piano della stanza di quest’ultimo, il pattinatore giapponese sorrise nel vedere la dolce espressione e il volto rilassato e felice del giovane russo fece ad entrambi un cenno di saluto.

L’ascensore si fermò due piani sotto rispetto alle loro stanze, il biondo gli lanciò un’occhiata eloquente e Yuuri fece il gesto di chiudere le labbra con la cerniera. Rimasto solo nell’abitacolo sospirò mentre l’ascensore ripartiva, ma pochi istanti dopo, con uno scossone si bloccò.

Il giovane fece appena in tempo a realizzare che l’ascensore non era arrivato al piano che anche la luce si spense.

Imprecò a denti stretti. Avvolto nell’oscurità densa e pesante. Lui non amava i luoghi chiusi, bui e stretti. No, proprio no.

Tirò fuori il telefono e fece luce sulla pulsantiera, premette l’allarme, ma non accadde nulla, cercò di non farsi cogliere dal panico, inoltrò una chiamata. 

Pochi istanti dopo la voce di Victor giunse al suo orecchio, morbida e calda.

“Dove sei?” gli chiese in un sussurro.

“Stavo per prendere l’ascensore, ma è saltata la corrente in tutto lo stabile a quanto vedo. Non si sono attivate nemmeno le luci di emergenza. Tu dove sei? –

“Dentro l’ascensore” ansimò lasciandosi andare contro la paratia sentendo il respiro venirgli meno.

- A che piano? –

“Non lo so ero quasi arrivato al nostro credo” rispose sedendosi a terra.

- Tutto bene? –

“No, tirami fuori da qui” lo pregò sull’orlo delle lacrime.

- Ehi, sei al sicuro, non può succederti nulla - tentò di rassicurarlo.

“Sono a un sacco di metri d’altezza, sospeso nel vuoto, dentro uno spazio, buio e angusto” gemette aprendosi la giacca allentando la cravatta.

- Yuuri, soffri di claustrofobia? - chiese, il giovane giapponese deglutì un paio di volte.

“Sì” ammise, provando un enorme senso di vergogna.

 - Perché non me lo hai detto? -

“No ce n’è mai stata l’occasione e non è una cosa che amo raccontare”

Un lungo silenzio che a Yuuri parve eterno.

“Victor? Sei ancora lì?”

- Sì -

Yuuri sentì battere dei colpi sopra la sua testa.

- Sono qui fuori. Sono vicino a te – gli disse con dolcezza, sperando che questo lo rasserenasse almeno un po’.

Provarono ad aprire le porte, ma non ci riuscirono, erano abbastanza vicini da parlare senza usare i telefoni, il cellulare di Yuuri era al cinque per cento, presto si sarebbe spento e la poca luminescenza lo avrebbe abbandonato.

Victor gli parlava del più e del meno, cercando di distrarlo.

“Posso farti una domanda?” disse il giapponese dopo un breve silenzio.

“Certamente”

“Ma lei chi è?” chiese, era tutta la sera che ci pensava. Usciti dallo stadio del ghiaccio, una donna alta e bella, non giovanissima che sembrava una modella, si era avvicinata a Victor, parlando in russo fluente lo aveva abbracciato e baciato sulla fronte e lui era rimasto parecchio scosso da tutta quella familiarità.

Si era ripromesso di chiederlo al compagno, ma non c’erano state occasioni, le interviste, la cena di gala, li avevano completamente assorbiti.

 

La risata di Victor gli raggiunse le orecchie “Sei geloso?” chiese con voce ilare.

“Si” ammise, non ci trovava niente da ridere.

“Volevo presentatela, ma non ce n’è stato il tempo eri troppo preso con i giornalisti e lei è andata via subito, era passata solo a salutarmi”

“Mi dici chi è?” sbottò non gli piaceva quando Victor lo teneva così sulle spine.

“È mia madre”

“Cosa?”

“Mia madre”

Yuuri rimase interdetto ora che ci pensava si assomigliavano “Oh”

Victor sghignazzava ancora, e Yuuri ringraziò di non essere davanti a lui, perché era rosso per l’imbarazzo e la vergogna.

“Tu chi pensavi che fosse?”

“Niente, lascia stare”

“Dai! Dimmelo!!”

In quel momento il telefono del giapponese si spense, facendolo ripiombare nell’oscurità.

“Continua a parlarmi” mormorò, non riusciva a controllare l’ansia, il buio lo avvolgeva e lo opprimeva. Sentiva il panico montargli nel petto mozzandogli il fiato, gli girava la testa, stava per perdere i sensi.

“Yuuri!” la voce di Victor gli giunse vicinissima al suo orecchio, aprì gli occhi alla tenue luce azzurra delle luci di emergenza, era fuori dall’ascensore, tra le braccia di Victor.

Si aggrappò a lui ad occhi chiusi, sentì le lacrime scivolare sulle guance e perdersi sul tessuto della giacca di Victor.

“Va tutto bene” lo rassicurò cullandolo avanti ed indietro, c’erano altre persone sul piano con loro, ma a Yuuri poco importava.

“Riesci ad alzarti”

Annuì piano mettendosi in piedi le gambe gli tremavano un poco, ma Victor gli cinse la vita con un braccio, tenendolo saldamente si avviarono verso la camera.

“Vuoi dirmi chi pensavi che fosse” domandò quando furono dentro la stanza

“Non riesci a immaginarlo?”

La risata di Victor lo avvolse “Sei uno sciocco” mormorò spingendolo verso il letto “Meglio ribadire quali sono le mie preferenze”

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Calore [Yuuri/Victor] ***


Challenge: #writeptember2022 #Giorno25 #fuorichallenge del gruppo “Facebook Hurt/Comfort Italia, Fanart e Fanfiction Gruppo Nuovo”

Prompt: 1 “Qualcuno, lassù” - 2 “Non mi aspetto che tu capisca”

 

Titolo: Calore

Autore: Bombay

Fandom: Yuri on ice

Genere: romantico, Hurt/Comfort

Tipo: one shot

Coppia: yaoi

Personaggi: Yuuri Katsuki, Victor Nikiforov

Rating: PG-13, verde

Disclaimers: i personaggi non sono miei, ma del rispettivo autore. I personaggi e gli eventi in questo racconto sono utilizzati senza scopo di lucro.

 

Calore

 

Faceva freddo in quel pomeriggio di fine dicembre, nonostante fosse appena passata l’ora di pranzo.

Victor lo guardava divertito mentre volteggiava sul lago ghiacciato: è felice Yuuri felice sorridente e rilassato. Quella di prendersi una vacanza solo per loro era stata un’ottima idea. 

Quello chalet sperduto nei monti Svizzeri era stato un rifugio sicuro durante gli anni turbolenti dell’adolescenza di Victor. Era tanto che non ci tornava e quale occasione migliore se non andarci insieme al suo compagno; avevano davvero bisogno di staccare entrambi dalle gare, dagli allenamenti da tutto e da tutti.

 

Yuuri compì un triplo Axel e atterrò perfettamente.

“Questo posto è bellissimo” disse frenando a pochi passi da lui “Sembra il luogo delle favole, ti aspetti che da un momento all’altro esca un elfo o un unicorno” aggiunse trasognato.

Victor rise di gusto a quelle parole abbracciandolo stretto, posando la bocca sulla sua.

“L’unica cosa favolosa, qui, sei tu” gli disse accarezzandogli la guancia fredda.

“Pattina ancora per me”

Yuuri sorrise andando indietro sinuoso ed elegante tenendo lo sguardo su Victor che non lo abbandonava mai.

Non si sentiva così bene e così felice da tanto tempo, fece una trottola bassa e poi riprese a schettinare indietro per prepararsi ad un quadruplo Salchow saltò e atterrò: perfetto. 

Il rumore dei pattini sul ghiaccio coprì quello più sinistro di uno schioccò, Victor corrugò la fronte.

“Yuuri torna qui, subito!” ordinò allarmato.

Il giovane giapponese si fermò spostando gli occhi dal viso dell’uomo alla crepa sul ghiaccio sotto le sue lame, non fece in tempo a darsi la spinta in avanti che il ghiaccio si ruppe sotto le sue lame e lo inghiottì. Un abisso buio e gelido.

Annaspò cercando di tornare in superficie, ma il peso dei pattini lo trascinava verso il basso e il gelo gli intorpidiva le membra, l’acqua lo soffocava sollevò le mani, incontrando solo ghiaccio. Era in trappola. Era finita.

 

Victor sentì lo schioccò quando Yuuri atterrò dal salto. Il ghiaccio non avrebbe retto ad un altro impatto del genere non era abbastanza spesso.

“Yuuri torna qui, subito!” aveva gridato rendendosi conto, troppo tardi, del pericolo.

Il giapponese si fermò nel momento stesso in cui il ghiaccio si crepava. Victor si tese in avanti allungando il braccio, ma erano troppo distanti lo vide sparire, inghiottito dal ghiaccio in uno sciabordio sinistro, in mezzo agli spruzzi e pezzi di ghiaccio.

D’istinto fece un passo in avanti, ma la lastra scricchiolò pericolosamente. Doveva fare in fretta prima che annegasse, prima che sopraggiungesse l’ipotermia.

Si stese su ghiaccio e troppo lentamente raggiunse il buco, doveva muoversi con cautela se fosse finito in acqua sarebbero morti entrambi.

Raggiunse il foro ed immerse le braccia alla cieca, sfiorò qualcosa si protese ancora il ghiaccio scricchiolò una protesta. Chiuse il pugno su qualcosa, la giacca di Yuuri, tirò. Era pesantissimo gli abiti fradici di acqua, i pattini, tutto portava verso il basso, tirò sentendo le braccia fargli male riuscì a trascinarlo fuori per metà, era pallidissimo, le labbra blu. Si impedì di farsi cogliere dal panico, lo issò facendosi indietro portando con sé l’altro uomo.

Un reticolato di crepe feriva il ghiaccio, non avrebbe retto a lungo doveva sbrigarsi i polmoni gli bruciavano per lo sforzo e per il freddo.

Tirò retrocedendo, ancora pochi metri e sarebbe stato a riva, un ultimo sforzo; il ghiaccio si ruppe di lato bagnandogli i pantaloni poteva farcela, un ultimo strattone e il ghiaccio si spaccò del tutto, ma loro erano in salvo sulla terraferma.

Victor ansimava per lo sforzo. Non era ancora finita. Si volse verso Yuuri non respirava. Non respirava.

Senza pensarci gli praticò il massaggio cardiaco e la respirazione bocca a bocca.

“Ti prego, no. Ti pregò, no”

Le mani gli facevano male, il gelo gli attanagliava la carne dove i vestiti erano bagnati.

Yuuri tossì e vomitò acqua. Ricadde inerte sulla neve.

Gli tolse i pattini e se lo caricò in spalla il breve tragitto verso lo chalet gli parve immenso.

Il calore dell’ambiente lo travolse. Depositò Yuuri sul divano e prese a spogliarlo, gettò altra legna nel fuoco del camino, sistemò delle coperte e dei cuscini in prossimità del camino sollevò il corpo nudo e gelido del compagno e lo depositò con cura in quel giaciglio improvvisato.

Si tolse i vestiti prese un asciugamano e si stese accanto a Yuuri, approssimandosi a lui cercando di trasmettere il suo calore al corpo dell’altro. Gli asciugò con cura i capelli baciandogli il viso gelido e le labbra bluastre. 

Continuava a ripetere il suo nome come una preghiera lo strinse forte affondando il naso nei capelli umidi di Yuuri.

Aveva proposto lui di andare al laghetto ghiacciato e con l’entusiasmo di un bambino aveva voluto pattinare sopra.

Era colpa sua.

Il tempo scorreva lento, mentre Victor massaggiava piano le membra gelide di Yuuri che respirava appena.

Gli prese una mano tra le proprie e la baciò, per la prima volta in vita sua Victor pregò “Non mi aspetto che tu capisca” sussurrò al silenzio intorno a sé “Non sono nessuno… sono solo io… un uomo innamorato…” proseguì mentre calde lacrime gli rigavano le guance “Un peccatore… ma ti prego… ti scongiuro… non portarmelo via…” singhiozzò stringendolo a sé.

Lentamente, molto lentamente il corpo di Yuuri riprese calore, si mosse contro di lui ed un lamento gli uscì dalle labbra.

Con una fatica immensa mise a fuoco il viso di Victor, l’ultima cosa che ricordava era il buio e il gelo.

“Ehi”

Yuuri sbatté le palpebre “Mi fa male ovunque” si lamentò.

“È normale piano piano il tuo corpo sta tornando alla sua temperatura”

Il giovane giapponese chiuse gli occhi e quando li riaprì Victor gli porgeva una tisana fumante, si mise a sedere sorbendone qualche sorso.

Il russo lo fissava come se fosse la prima volta che lo vedeva.

“Sto bene” tentò di rassicuralo, ma quelle parole fece riempire gli occhi di Victor di lacrime. Yuuri posò la tazza e lo abbracciò tirandolo nuovamente nel nido di coperte, premendo il corpo nudo su quello dell’altro.

“Ho temuto il peggio” bisbigliò “Qualcuno, lassù, ha ascoltato le mie preghiere” aggiunse stringendolo forte, strappandogli un gemito.

“Scusa”

“Non fa niente. Stringimi. Scaldami” chiese chiudendo nuovamente gli occhi. Non voleva ripensare a quella brutta avventura, voleva solo bearsi della vicinanza e dell’amore di Victor.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4033455