Frammenti d'Ottobre

di _Sherazade_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** This is the sign you've been looking for ***
Capitolo 2: *** Lo stomaco non sbaglia mai ***
Capitolo 3: *** Aurora ***
Capitolo 4: *** Quelle che contano sono le buone intenzioni ***
Capitolo 5: *** 'cause darling I am a nightmare dressed like a daydream ***
Capitolo 6: *** I licked it so it's mine ***
Capitolo 7: *** Cenere alla Cenere ***
Capitolo 8: *** Caduta ***
Capitolo 9: *** Relax. Nothig is under control ***
Capitolo 10: *** The Queen's Gallows ***
Capitolo 11: *** Una creatura davvero orribile ***
Capitolo 12: *** La notte di Vypris ***
Capitolo 13: *** Il cavaliere in penombra ***
Capitolo 14: *** Dealing with the Devil ***
Capitolo 15: *** Il Giuramento ***



Capitolo 1
*** This is the sign you've been looking for ***


NOTA INTRODUTTIVA:
Questa storia è stata creata per il Writober indetto da Fanwriter.it, ho scelto il primo prompt della lista speciale, sfruttandone il significato più che la frase in sé da utilizzare all'interno della storia. A volte tutto quello di cui abbiamo bisogno è semplicemente un segno. Forse abbiamo bisogno di una conferma, o forse vogliamo capire se la strada da noi scelta è quella sbagliata e quindi abbiamo bisogno di un evento, di un qualcosa che ci faccia capire che stiamo sbagliando e che forse è il caso di fare un passo indietro... Vorrei dire cose più profonde, ma in realtà la mia storia è davvero stupida, e la cosa peggiore è che si basa su fatti più o meno realmente accaduti.


» “Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it”
» Prompt: This is the sign you've been looking for (lista PumpNEON)
» N° parole: 264

 

"This is the sign you've been looking for"
 

Ed eccomi qui, ancora una volta a fissare il vuoto davanti a me, rammaricandomi e deprimendomi a quel pensiero che mi divora come un tarlo alle prese con un mobile di legno.
So quello che mi dirai: ancora una volta ho fallito nel mio intento, ma non è mai troppo tardi per riprovare, che questa potrebbe essere la volta buona.
Ogni volta è così, ci metto le buone intenzioni e faccio mille progetti con tanto di occhi che brillano per l'emozione, mi preparo la lista di cose da fare, metto giù un programma minuzioso che è davvero una bomba, sono motivata a mille, parto carica e pronta a sottomettere chiunque si ponga tra me e il mio obiettivo... ma poi tutto naufraga in un mare di niente.
Ma questa volta, questa volta soltanto sarà diversa, io non mi arrenderò, io ce la farò!
Questa volta è diverso perché io sono cambiata, sono maturata, non mi lascerò tentare, non lascerò che la mia volontà venga meno, non mollerò, io questa volta ce la posso fare...

 

*suono di notifica*

 

Prendo il cellulare, lo guardo attentamente e abbasso lo sguardo con aria sconfitta.
Mi mordo le labbra dal nervoso, o forse non è nervoso, forse è più... appetito.

 

«Niente, anche quest'anno la dieta la faccio l'anno prossimo! Fanculo alla dieta, la vita è troppo breve!» prima lo sguardo che fissa il vuoto, poi, magicamente ecco che torna l'allegria. «Amoreeeeeeee, abbiamo il 30% di sconto se ordiniamo il sushi questo mese ♥». Forse non era il segno che stavo aspettando, ma sicuramente era quello di cui avevo bisogno.

 


L'angolo di Shera♥

Dopo anni di inattività eccomi tornare con la challenge credo più conosciuta e amata da parte di scrittori in erba, a tempo perso o professionisti che essi siano. Riuscirò a portarla a termine? Non ne ho la benché minima idea, non so neanche se porterò a termine la sfida con una sola lista (nel mio caso ho scelto quella speciale: PumpNEON) ma ci voglio almeno provare. Ho deciso di aprire le danze con qualcosa di assolutamente stupido e goliardico, cosa che ben si confà alla mia personalità ♥. Spero che questa cazzatina possa avervi strappato un sorriso, anche a denti stretti va bene.
Non so se le prossime storie le unirò a questa rendendo il tutto a mo' di raccolta, staremo a vedere.
A presto, 

Shera ♥

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Capitolo 2
*** Lo stomaco non sbaglia mai ***


» “Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it”
» Prompt: Forget the maps... follow your instincts (pumpNEON)
» N° parole:
258

 

"Lo stomaco non sbaglia mai"

«Ecco lo sapevo, ci siamo persi! Questo dannato coso non funziona neanche a smadonnarci contro» sbuffò Francesco, imprecando contro Google Maps. Per qualche strana ragione l'app non collaborava e la calibrazione della bussola era sfalsata.

«Coraggio, basta poco per orientarsi» disse Rachele cercando di consolare il marito. I due erano partiti per un piccolo viaggio diviso in più tappe e la prima città della loro lista era un vero e proprio dedalo. Non avevano comprato una mappa cartacea, preferendo la versione digitale, ma anche la connessione faceva i capricci e i due si erano ritrovati a girare in tondo con la fame che cominciava a farsi sentire.

«Ne ho piene le palle... fermiamoci, va', potremmo mangiare qualcosa» Francesco sprofondò in una panchina all'ombra. Anche il caldo non li aiutava a sopportare la tensione che lentamente stava salendo.

Rachele ebbe come un'illuminazione e mise via il telefono. «Senti, fidati di me, dammi un quarto d'ora e ti porterò fuori di qui». Francesco era un po' scettico, ma aveva fiducia nelle doti d'orientamento della moglie e la seguì.
In meno di un quarto d'ora tornarono sulla strada principale e arrivarono proprio davanti a uno dei locali che la ragazza aveva adocchiato quando stavano pianificando la loro vacanza. Poco prima, infatti, aveva visto delle indicazioni per raggiungerlo, e così ebbe come un flash della mappa e le fu facile ritrovare la strada.

«Ma come hai fatto?» chiese Francesco stupito. «Sei sempre stata brava, ma stavolta ti sei davvero superata!»

«Ehehe, devi ringraziare il mio stomaco, il suo istinto non sbaglia mai».

 


L'angolo di Shera ♥


Alla fine ho pensato di trasformare questa in una raccolta: in fin dei conti non escludo di tirare fuori altre storielle brevi grazie agli altri prompt, e mi piace l'idea di raggrupparle... quindi niente, beccatevi questa raccolta! A presto

Shera♥

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Capitolo 3
*** Aurora ***


» “Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it”
» Prompt: Aurora (pumpNIGHT)
» N° parole:
186


"Aurora"

La notte appena trascorsa era stata a dir poco infernale. Mi ero svegliata con l'urgenza di andare in bagno, ma quell'urgenza non aveva più avuto fine: la cistite era tornata. Da anni soffrivo ad intermittenza di questa infiammazione, ma questa era la prima volta che il mio ragazzo mi vedeva ridotta in questo stato. Preoccupato nel vedermi stare così male stava andando nel panico e decise di portarmi al pronto soccorso... Peccato che non avessimo un'auto.
Non sapevamo come fare, ma prima che il panico prendesse il sopravvento, arrivarono degli “angeli custodi” che ci diedero uno strappo fino all'ospedale della cittadina marittima. Lì, i medici ci diedero le indicazioni per la cura e fummo liberi di tornare a casa.
Camminammo verso casa e raggiungemmo il lungomare. Non c'era nessuno in giro e l'aurora si fece largo rischiarando il cielo e regalandoci di nuovo il sole.

«La nottata è stata orrenda, ma vediamo al lato positivo», disse Francesco sorridendomi, «uno spettacolo del genere ce lo saremmo perso».

Mi avvicinai a lui, gli strinsi la mano e appoggiai la testa sulla sua spalla: «Non potrei essere più d'accordo».

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Capitolo 4
*** Quelle che contano sono le buone intenzioni ***


» “Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it”
» Prompt: Burro (pumpINK)
» N° parole:
194

 

"Quelle che contano sono le buone intenzioni"

Distesa sul letto a schiena nuda, gli chiesi di usare del burro per il massaggio. Lo avevo comprato il giorno prima al centro commerciale perché non avevo saputo resistere al suo packaging con l'orsetto e per quella deliziosa fragranza di mango. La scatola era ancora sigillata vicino al letto.

«Il burro? Sei sicura?» chiese Francesco dubbioso.
«Sì, per piacere».

Anche se perplesso, Francesco sparì per prendere i guanti in lattice e poco dopo tornò pronto per il massaggio. Mi stavo rilassando per bene, la sua mano scorreva alquanto agevolmente sulla mia pelle, ma non sentivo il profumo di mango... il che era strano, perché il giorno prima mi era rimasta la fragranza sulla mia pelle per un bel po', pur avendo provato il burro solo sulle mani. Guardai verso la confezione e vidi che era ancora intatta.

«Fra... ma che burro stai usando se il mio è ancora lì?» sentii un sommesso “ops”. Mi tirai immediatamente su e vidi un'altra confezione sul comodino, quella del burro da cucina.

«Fra...» lo fulminai con lo sguardo furente.

«Ti amo... zuccherino?» sbuffai e me ne andai in bagno per farmi una doccia, mentre lo sentii chiamarmi: «Piccola?»

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Capitolo 5
*** 'cause darling I am a nightmare dressed like a daydream ***


» “Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it”
» Prompt: 'cause darling I am a nightmare dressed like a daydream (Lista pumpNEON)
» N° parole:133

 

'cause darling I am a nightmare dressed like a daydream 

Mi sentii sovrastare da sentimenti che non riuscivo a comprendere.

Ero incatenata, fisicamente e non solo, a quel letto dove il mio aguzzino mi teneva segregata sussurrando dolci parole d'amore, scusandosi per le sue maniere mentre mi teneva comunque in ostaggio.

«Tesoro, lo faccio solo per te, perché tu in realtà non sai quanto sia pericoloso là fuori. Solo con me puoi essere al sicuro. Io ti amo, e presto anche tu mi amerai».

Dopo giorni in cui assistevo a quella tiritera priva di senso, mi convinsi a stare al suo gioco, a fingere che stare con lui fosse come un sogno ad occhi aperti, a fingere che anche io lo amassi...

… in attesa che lui abbassasse la guardia, per scappare da quello che si era rivelato essere il peggiore degli incubi.

 


L'angolo di Shera♥


Forse non lo sapete ma io ho un problema.
Un problema serio che è peggiorato con gli anni, specie con gli Otome game e gli ASMR (nel caso specifico non gli asmr di suoni ma quelli dove vengono recitate situazioni particolari). Il mio problema è che AMO gli yandere, quei personaggi che prima son tanto dolci e pucciosi e poi si rivelano dei sadici violenti quando l'oggetto del loro amore li rifiuta o se si mette in pericolo da sola/o.
Questa breve storia è il mio personale omaggio ^^". Non è molto ma il prompt si sposava alla perfezione.

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Capitolo 6
*** I licked it so it's mine ***


» “Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it”
» Prompt: I licked it so it's mine (Lista pumpNEON)
» N° parole: 334

 

" I licked it so it's mine"

Non ero mai stata una ragazza particolarmente gelosa, nel senso che del mio partner mi son sempre fidata ciecamente. Non ho mai sentito la necessità di controllare il telefono o altro.

Era delle altre che non mi fidavo.

Uscire con le sue amiche non era mai stato un problema anche se tra queste c'erano perfino un paio di ex, storie di molto tempo prima che noi ci conoscessimo e che erano morte e sepolte.

Per lui almeno. Per una di loro, Assunta, non era così invece.

Fingevo di non sentire le frecciatine, fingevo di non vedere il fatto che lei cercasse contatto fisico con gli abbracci o i bacetti sulla guancia. Lui e lei facevano anche parte di un piccolo circolo di scacchi che aveva gli incontri un paio di volte a settimana... il che significava che lei lo vedeva almeno una volta in più a settimana rispetto a me. Ma non feci mai storie perché mi fidavo, e limitare la sua libertà mi avrebbe fatta stare male perché lo ritenevo sbagliato.

Ma io mi ritenevo superiore e la mia fiducia nell'uomo che amavo era tale da farmi superare anche questa.

Poi vidi quella scena.

Era durante l'uscita con gli amici in un locale. Lei che era sbucata da non si sa bene quale angusta tana, gli si era avvicinata di soppiatto e gli aveva stampato un bacio a tradimento sul collo, scoppiando immediatamente a ridere con quella risata alla Pippo.

Non ci vidi più, dovevo agire e come spinta da un istinto animale mi avvicinai a Fra e gli leccai il collo sull'altro lato.

«Rae, tutto bene?» Fra mi fissò stupito, incerto sul da farsi.

«Certo, sto solo marchiando il territorio, “Ti ho leccato quindi sei mio”» dissi con fierezza, guardando nella direzione di lei con aria soddisfatta.

Lei ci fissò quasi schifata, mentre Fra mi chiese cosa stesse accadendo, io mi limitai a sorridergli ancora e ad abbracciarlo in stile koala.

«Non capisco, ma va bene», disse lui abbracciandomi a sua volta.

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Capitolo 7
*** Cenere alla Cenere ***


» “Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it”
» Prompt: Polvere (Lista pumpINK)
» N° parole: 259

"Cenere alla Cenere..."

Incolpata per un crimine che non aveva neppure commesso. Non era la prima e non sarebbe stata nemmeno l'ultima ad essere accusata di stregoneria. Che le accuse poi fossero fondate o meno questo è tutto un altro discorso.

Quegli ultimi istanti che Isabella avrebbe passato prima dell'esecuzione sembrarono interminabili: le persone che aveva amato la fissavano ora con astio e ribrezzo.

Lei fissò ad uno ad uno i volti delle persone con cui era cresciuta, persone che l'avevano vista quando era solo uno scricciolo farsi pian piano donna. Persone che pensava ricambiassero il suo amore ma che si erano rivelate in realtà peggiori delle serpi.

Tutta la cittadina era riunita davanti alla pira a cui era stata legata e alla quale avrebbero dato fuoco a breve. Fu così che incrociò lo sguardo sogghignante di Melissa: era stata lei ad accusarla e, in quanto figlia del pastore, nessuno aveva dubitato di lei. A nulla valsero le suppliche di Isabella, oramai era già stata marchiata.

«Muori, strega!» le urlavano, proferendo anche cose peggiori che non intendo ripetere.

Il boia designato le si avvicinò e le sussurrò all'orecchio “Mi dispiace, ma non ti preoccupare: durerà poco. Il fumo ti soffocherà prima che le fiamme divorino il tuo corpo”.

Fu l'unico a mostrarle un minimo di empatia e l'unico per il quale avrebbe mai avuto pietà quando quel giorno sarebbe arrivato.

Le fiamme alte consumarono il suo corpo, e il mattino seguente non rimase altro che polvere nel luogo dove la sera prima si era consumato il misfatto.

Questo, però, fu solo l'inizio.

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Capitolo 8
*** Caduta ***


» “Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it
» Prompt: Confessione (Lista pumpNIGHT)
» N° parole: 289

 

"Caduta"

Lui ascoltò ad uno ad uno tutti i penitenti che vennero a bussare alla sua porta per essere confessati. Alcuni erano peccati di poco conto, altri eticamente discutibili ma legalmente non perseguibili, e poi c'erano dei veri e propri crimini che venivano sussurrati alle sue orecchie. E lui era impotente.

Incredulo lui li ascoltava, a volte era anche schifato ed inorridiva nel sentire determinati dettagli che gli facevano contorcere lo stomaco.
È davvero giusto offrire loro il perdono?” Si chiedeva sconsolato.
Lui cercava di essere comprensivo, ma non sempre ci riusciva perché nel suo cuore li vedeva come dei terribili peccatori che non erano realmente pentiti e che per questo non meritavano l'assoluzione. Sapeva che nel giro di poco tempo sarebbero di nuovo tornati da lui per confessare nuovi peccati. Probabilmente anche peggiori dei precedenti.

Ha davvero senso tutto questo?

Ogni giorno era uguale all'altro: sempre le solite facce che gli raccontavano peccati ogni volta più riprovevoli di quelli commessi in precedenza.

Era oramai esasperato dal peso della conoscenza di tutti quei peccati. Era stanco del fatto che coloro che li avevano commessi non subissero la giusta conseguenza.
Non sapendo più che fare, egli si recò di notte in chiesa per pregare quando non c'era nessuno in modo da poter trovare le proprie risposte senza essere disturbato.

Era davvero quello il sentiero giusto per lui? Aveva davvero senso quello che stava facendo? Stava forse sbagliando in qualcosa?

Pregò ogni notte per molto tempo, ma non ebbe mai le risposte che tanto a lungo aveva cercato. Provò solo una profonda amarezza e il sempre maggior ribrezzo per la viltà umana.

«Che i quattro cavalieri possano farci presto visita, perché oramai la razza umana è condannata senza più possibilità di redenzione».

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Capitolo 9
*** Relax. Nothig is under control ***


» “Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it”
» Prompt: Relax. Nothing is under control (Lista pumpNEON)
» N° parole: 178

 

"Relax. Nothing is under control"

Vitna mi aveva portata via con sé, allontanandomi da Huang che mi aveva gridato di svegliarmi.
Perché aveva usato proprio quella parola? Non l'aveva usata a caso. Stavo dunque sognando? Era davvero un sogno dal quale non riuscivo più a svegliarmi?
Era come se fossi finita in uno di quei libri per adolescenti dove accadevano le cose più strane.
Una parte di me conosceva Vitna, ma in realtà io non l'avevo mai visto prima di allora. Eppure perché provavo quello strano senso di nostalgia e serenità al solo vederlo? Potevo davvero fidarmi di lui o avrei dovuto dar retta a Huang? Ero forse in pericolo?

«Vitna... Che cosa sta accadendo? Perchè Huang...» ma non ebbi tempo di finire la frase. Vitna mi poggio le dita sulle labbra come a volermi dire di non continuare.

«Ti conosco fin troppo bene e so che la tua testa sta viaggiando a mille. Devi solo rilassarti, non puoi controllare niente in questo luogo se sei ridotta in questo stato. Goditi questi istanti e cerca di farli durare il più a lungo possibile».

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Capitolo 10
*** The Queen's Gallows ***


» “Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it”
» Prompt: Corda (Lista pumpNIGHT)
» N° parole: 282

 

"The Queen's gallows"

La corda che le avevano fatto passare attorno al collo era ruvida, ma la Regina non si lasciò turbare e continuò a fissare il suo popolo che inneggiava alla sua morte.
La sua non era stata una vita semplice. Aveva passato la sua intera esistenza in funzione di altri ruoli: figlia di, moglie di, madre di, regina di... E non era mai stata all'altezza del compito assegnatole, almeno per una buona fetta delle persone, molte delle quali nemmeno la conoscevano.
Il peso di un ruolo che non aveva nemmeno scelto, e lei ci aveva provato a essere una buona regnante, ma nessuno le aveva dato credito, nessuno l'aveva realmente appoggiata o sostenuta. Non erano state le sue scelte a portare a quella fine miserabile, eppure veniva da tutti additata per dei crimini che non aveva neppure commesso.

“Ancora un passo e tutto avrà fine”, pensò lei.
I capelli un tempo biondi oramai erano bianchi e sfibrati, la sua bella carnagione rosata oramai era spenta e i suoi occhi brillanti ora apparivano stanchi e quasi privi di vita.
Ma lei aveva ancora un po' di orgoglio, perché in fin dei conti, lei era ancora la Regina, anche se quel popolo l'aveva rinnegata.
“Ora vi farò vedere come muore una Regina” la donna sentì prima il vuoto sotto ai piedi e poi la corda ruvida che le si stringeva sul suo lungo collo aggraziato. Il corpo era scosso dagli spasmi, una lacrima le sfuggì, ma prima che tutto fosse finito sentì la voce del suo amato chiamarla lontano...
«Agata». Una luce abbagliante dietro di lui, mentre un senso di serenità la avvolse.


 

Quando gli incaricati recuperarono il suo corpo furono sorpresi di vederla sorridere.

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Capitolo 11
*** Una creatura davvero orribile ***


» “Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it”
» Prompt: It was all a dream (Lista pumpNEON)
» N° parole: 234

 

"Una creatura davvero orribile"

Mynyt si ritrovò a correre nel bosco a perdifiato mentre quella creatura spaventosa la inseguiva minacciando di catturarla e ferirla.
Si era illusa di poterla avvicinare, ma aveva capito fin troppo presto che non c'era modo di rendere quella creatura sua amica.
E Mynyt corse, corse con tutta la forza che possedeva, ma ben presto si unirono altri simili di quella strana e pericolosa bestia che voleva farle del male.
Volevano ucciderla, o forse venderla, farne schiava o chissà che altro...
Mynyt corse, ma alla fine giunse in un vicolo cieco e quelle creature l'accerchiarono, le puntarono contro delle lunghe lance e una luce accecante partì da esse.
Mynyt sentì un dolore acuto e gridò.


 

«Mynyt, tesoro, cosa succede?» le disse sua madre raggiungendola nel giaciglio dove lei era solita dormire. Gli occhi della piccola Mynyt si riempirono di lacrime e raccontò alla madre quello che aveva visto.
«Non preoccuparti, era solo un brutto sogno. Gli umani non si avventurano in questa parte del bosco» disse la bella volpe dal manto bianco mentre coccolava la sua cucciola. «Torna a dormire adesso».
Sebbene fosse ancora spaventata, Mynyt riprovò a riaddormentarsi.
Aveva visto gli umani solo una volta, ed era ben nascosta, ma conosceva tante, troppe storie su di loro e sulle torture a cui sottoponevano i poveri animali che catturavano nel bosco. Non poté fare a meno di pensare che fossero delle creature davvero orribili.


 

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Capitolo 12
*** La notte di Vypris ***


» “Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it”
» Prompt: Linea (Lista pumpINK)
» N° parole: 798


 

"La notte di Vypris"

Rymnia, assieme ad altre migliaia di spiriti, si ritrovò davanti alla Gryunyat, la linea di confine che separava il mondo dei viventi da quello ultraterreno. La loro era una dimensione parallela a quella del mondo cosiddetto normale: vedevano le persone che abitavano la realtà terrena ma non potevano interagire con loro. O meglio, solo gli spiriti più potenti potevano farlo. Alcuni riuscivano a toccare gli umani, alcuni ne approfittavano per fare dei dispetti, alcuni rimanevano accanto ai cari persi in vita, e altri ancora tormentavano quelli che in vita li avevano maltrattati. Ma c'erano anche spiriti maligni che si divertivano ad interferire col mondo dei viventi perché così gli piaceva.
Per tutti quegli spiriti che non riuscivano normalmente ad interagire con i viventi esisteva però un'eccezione, una sola: la notte di Vypris.
Durante quella notte gli spiriti potevano davvero ricongiungersi ai propri cari, farsi vedere e parlare addirittura con loro. Per molti significava ascendere alla Dyptya, il regno degli Dei dove divinità e mortali meritevoli vivevano in pace.
Rymnia era al suo primo anno da spirito e quella sarebbe stata la sua prima visita ai cari lasciati dopo la sua morte avvenuta troppo precocemente.
«Non devi avere paura, farà piacere a tuo marito rivederti» le disse Narya. Lo spirito di questa donna anziana aveva rinunciato all'ascesa al regno degli Dei per vegliare non solo sui figli e sui nipoti, ma anche sul resto dei suoi discendenti. Era uno degli spiriti più antichi del regno ultraterreno.
«Ci ho riflettuto a lungo... Se non mi vede potrebbe pensare che sono già ascesa» sospirò Rymnia, «e così potrà andare avanti. Non voglio che soffra più per colpa mia». Una malattia l'aveva colpita improvvisamente e nel giro di pochi mesi l'aveva prosciugata.
«E cosa intendi fare?»
«Veglierò su di lui, ma da lontano, come ho fatto negli ultimi mesi» disse Rymnia senza riuscire a trattenere la voce tremolante. Lei voleva andarlo vedere, parlare con lui, ma se lo avesse fatto non sarebbe riuscita a lasciarlo andare. Lei lo amava ancora infinitamente, ogni volta che lo vedeva dal mondo degli spiriti era una tortura: desiderava toccarlo, baciarlo, parlargli... ma non poteva far nulla. L'averlo dovuto abbandonare così rapidamente l'aveva fatta sprofondare nella disperazione. I suoi primi mesi da spirito furono infatti terribili.
«Non posso vederlo. Se lo facessi, se gli parlassi so che avrei voglia di toccarlo, di baciarlo... ma se lo facessi, lui...»
«Lui morirebbe. È quella la linea di confine che nessun mortale e nessuno spirito dovrebbe mai varcare. È un tabù che non va superato» completò Narya. La donna fissò la giovane e poi le sorrise: «Mia cara, dai retta a una vecchia come la sottoscritta: vai da lui, ne varrà la pena. Non te ne pentirai».
Rymnia non era convinta, ma alla fine accettò e si presentò in quello che una volta era stato il suo appartamento e vide lui, il suo amato sposo che piangeva tenendo fra le mani una foto di loro due.
«Neryus...» sentendo pronunciare il suo nome, l'uomo si voltò e vedendola corse ad abbracciarla. Rymnia scoppiò a piangere a propria volta e i due rimasero abbracciati fino a che non consumarono tutte le lacrime trattenute.
I due parlarono, Rymnia gli raccontò delle stranezze del mondo ultraterreno e delle amicizie fatte in quei mesi, mentre Neryus le parò del lavoro e delle serie che aveva visto per riempire il vuoto, ma Rymnia sentiva che lui le stava nascondendo qualcosa. Una donna? No, lei l'avrebbe vista. Problemi economici? Non ne avevano mai avuti... E allora che cosa?
Neryus provò a baciarla e, sebbene tentata, lei lo scansò temendo per lui.
«Ma sei impazzito?! Lo sai che...» lui le afferrò i polsi e l'avvicinò a sé.
«Non m'importa»
«È vietato. Questa è la linea che non deve mai, MAI essere sorpassata» lo ammonì Rymnia.
Lui la lasciò andare e andò alla credenza dove tenevano i documenti e tirò fuori un foglio e glielo porse: era un referto medico che diceva che non gli rimaneva molto da vivere a causa di una malattia incurabile che gli stava divorando i tessuti.
Rymnia si sentì sopraffare dalla notizia, era triste e arrabbiata perché non era giusto che la vita fosse stata tanto ingiusta con loro. Come se lui avesse intuito i pensieri di lei, le accarezzò la guancia e le disse dolcemente: «Se devo morire, tanto vale che sia per un tuo bacio».
«Le nostre anime verranno però dannate per sempre... vuoi rinunciare alla Dyptya?»
«Per te è un problema?»
«Se saremo insieme, non mi importa in quale luogo ci ritroveremo. Mi basta averti al mio fianco».
Neryus le sorrise e i due poterono scambiarsi quel bacio tanto desiderato.
In quel momento si presentò davanti a loro Narya che, sorridendo, disse: «Non valeva la pena varcare quella linea alla fine?»

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Capitolo 13
*** Il cavaliere in penombra ***


» “Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it”
» Prompt: Penombra (Lista pumpNIGHT)
» N° parole: 467


Il cavaliere in penombra”

I suoi occhi luccicavano nella penombra della stanza come delle piccole gemme preziose.
Era lì, fermo, immobile come una statua che la fissava dormire.
Nella sua vita non aveva fatto altro che starsene immobile ad osservare il tempo che passava mentre il mondo attorno a lui cambiava, mentre le persone che vivevano accanto a lui crescevano, mentre lui... lui non cambiava. Non poteva farlo. In fondo era solo un orsacchiotto di pezza.
Aveva avuto tanti padroni, ma nessuna era stata come lei: nessuno si era preso cura di lui nella stessa maniera, nessuno lo aveva ricucito quando i fili si erano lasciati andare e nessuno gli aveva dimostrato di tenerci anche in età adulta.
Ma lei era diversa.
E ora, vedendola dormire dopo aver pianto tutte le sue lacrime a seguito della rottura col suo fidanzato, era per lui una tortura. Era inerme, impotente... inutile.
Dalla finestra semiaperta filtrava una fioca luce: era la luna che rischiarava il cielo autunnale. L'orsacchiotto riusciva a vedere il manto nero notturno e per una volta, una soltanto, decise di esprimere un desiderio al cielo, proprio come facevano gli umani. Voleva diventare anche lui un uomo per poter proteggere la sua amata padrona.
Era sciocco pensare che qualcuno, chiunque, potesse sentirlo ed esaudire il suo desiderio, ma lui volle provarci comunque.
E qualcuno rispose.
Le lancette dell'orologio appeso alla parete si fermarono, ma non fu quello a fargli capire che il tempo si era fermato, non solo perlomeno. Il vento si fermò di colpo e la tenda che fino a un momento prima veniva smossa rimase a mezz'aria; il gufo che stava attraversando il cielo si impietrì, non muoveva le ali ma non cadde per questo.
Una piccola figura luminosa gli si avvicinò e si rivelò essere una fatina.
«Ho udito la tua richiesta, Mefis, e ho deciso di esaudire il tuo desiderio» con un movimento della sua bacchetta, la fatina rese umano quello che fino a pochi secondi prima era solo un piccolo orsacchiotto. Sorpreso e felice, lui la ringraziò di tutto cuore.
«Ricordati, però: per rendere duraturo l'incantesimo, la ragazza dovrà giurarti il suo amore e restare per sempre con te».
Mefis sorrise e le chiese se potesse fargli ancora un piccolo favore, e la fatina accettò.

 

Mefis e la sua padrona, che giaceva ancora addormentata, furono trasportati nella vecchia casa abbandonata sul lago dove la ragazza aveva trascorso diverse estati. Era ancora di proprietà della famiglia, ma nessuno ci metteva più piede da anni.
Quello sarebbe stato il loro rifugio d'amore per sempre.
Mefis le accarezzò la testa come aveva sempre voluto fare e, mentre l'oscurità li avvolgeva come fosse stata una tenera e rassicurante coperta, lui sussurrò: «Nessuno potrà mai farti del male qui. Ti proteggerò per sempre, e per sempre staremo insieme. Solo io e te».

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Capitolo 14
*** Dealing with the Devil ***


» “Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it”
» Prompt: Unleash your demons (Lista pumpNEON)
» N° parole: 540

“Dealing with the Devil”

Meera era sempre stata una ragazza sfortunata. Non aveva amici, la sua famiglia la trattava con sufficienza, non aveva mai avuto una vita scolastica particolarmente appagante e neppure in quella lavorativa sembrava brillare.
Era stata vittima di bullismo sia a scuola che in casa dagli stessi genitori, i quali non perdevano occasione di sminuirla e di paragonarla alle sorelle più brave, belle e perfette di lei.
Era perennemente messa sotto torchio perché doveva fare questo, quello o quell'altro ancora. Perché doveva raggiungere quegli obiettivi o perché si aspettavano che lei facesse qualsiasi cosa per accontentarli.
Meera era stanca, non ce la faceva più ed era arrivata al limite della sopportazione.
Un giorno, mentre era in libreria, le accadde una cosa davvero strana.
Un libro le cadde davanti ai piedi. Era un libro dell'occulto che trattava, tra le altre cose, di demoni. Lì per lì non ci diede peso, e ripose il volume; tuttavia cadde di nuovo, e la cosa si ripeté per un altro paio di volte, . Così lei lo raccolse e si mise a sfogliarlo.
La sua attenzione venne catturata dal capitolo relativo all'evocazione di demoni.
“Faranno tutto quello che gli chiederete, ma dovrete pagare un prezzo adeguato” così recitava il libro. Meera era tentata ma rimise a posto il libro sullo scaffale, quando il cellulare vibrò: era sua sorella minore che le aveva inviato un messaggio in cui le ordinava di correre a casa dei genitori anche se lei non vi viveva più, perché doveva assolutamente lavarle i vestiti e farle altre commissioni.
Meera riguardò il libro e poi di nuovo lo schermo del cellulare.
Cinque minuti dopo uscì dalla libreria col libro in borsa.

 

Quella sera, dopo aver passato l'ennesimo pomeriggio infernale dove la sua famiglia non fece altro che maltrattarla verbalmente, la ragazza si mise a leggere a fondo il libro.
Ci pensò a lungo, e ripensò ancora, ma non voleva più vivere in quella maniera. Non poteva più sopportarlo.
Seguì le istruzioni, disegnò il cerchio sacro con la cera della candela e recitò la formula.
Non accadde nulla.
«Sarebbe stato troppo bello... nemmeno per i demoni sembra che valga la pena aiutarmi», ma subito dopo, dal cerchio fuoriuscì del fumo nero e fece capolino una figura mascolina dotata di corna, pelle squamosa, occhi dorati, un sorriso beffardo e una coda da rettile.
«Ciao Meera. Grazie per avermi evocato, sono al tuo servizio» disse sorridendo.
«D-davvero?» chiese lei titubante.

«Sì, ma come spero avrai letto, ci sarà un prezzo da pagare. Dimmi chi vuoi che io torturi e lo farò, ma in cambio ti richiederò qualcosa» le gironzolò intorno e si accucciò accanto a lei prendendole una ciocca dei lunghi capelli castani fra i suoi artigli.

«Vendicherai ogni torto da me subìto?» chiese seria.

«Hai la mia parola. Noi demoni saremo anche “cattivi”, ma non veniamo mai meno alla parola data».
«E cosa dovrò fare in cambio?». Il demone sorrise malizioso e glielo sussurrò all'orecchio. Meera spalancò gli occhi e si ammutolì per un attimo

«Se non vuoi lo capisco, tuttavia perderesti un'occ...» ma Meera gli mise le dita sulle labbra.
«Accetto. Sguinzaglia i tuoi demoni e falli soffrire come loro han fatto soffrire me» disse risoluta guardandolo negli occhi.

«Si comincia!» esultò lui raggiante.

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Capitolo 15
*** Il Giuramento ***


» “Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it”
» Prompt: Giuramento (Lista pumpINK)
» N° parole: 442

Il giuramento”

Avevo smesso di tenere traccia del tempo che passava perché era l'unico modo per non deprimermi.
La mia famiglia mi pensava? I miei amici avevano provato a rintracciarmi? Qualcuno là fuori si stava dando da fare per ritrovarmi?

Non lo sapevo.
E lui, Rik, non faceva altro che dirmi che tutti là fuori si erano dimenticati di me e che solo lui mi amava. Poco importava che mi sottoponesse a continui abusi fisici e psicologici, poco importava che mi lasciasse tremante e malconcia dopo i nostri incontri.

Prima mi maltrattava, poi si scusava dicendo che non sarebbe più capitato, che era un malinteso, che era tutta colpa mia che lo rifiutavo. Ma lui mi amava, o così dichiarava.
Ma che amore è quello che spinge a ferire la persona che si dice di amare?

Il tempo passava, e capivo dalla natura che cambiava fuori dalla finestra della stanza dove ero stata confinata, che erano passati almeno sei mesi dal momento in cui lui mi aveva rapita.

Non ce la facevo più.

Per fortuna arrivò l'occasione giusta, un momento di disattenzione da parte sua in cui mi aveva lasciato senza volerlo uno spiraglio per una fuga.

«Giurami che starai con me per sempre» mi sussurrò lui all'orecchio dopo che aveva abusato di me per l'ennesima volta.

«Giuro...» disse flebilmente, al punto che dubitai che lui mi avesse sentito. Sembrava però che la mia voce gli fosse arrivata e per questo mi abbracciò felice. «Giuro che stavolta sarà diverso». Rik mi fissò, ma la mia mano era stata più veloce di lui: avevo afferrato il soprammobile nuovo che lui mi aveva portato nel pomeriggio e glielo sbattei in testa per fargli perdere i sensi.

Rik non si muoveva. Respirava, ma non era cosciente. Non potevo sapere per quanto tempo sarebbe rimasto così, quindi dovevo sbrigarmi.

Raccattai i miei abiti e uscii dalla casetta in mezzo al nulla sperando di poter incontrare presto qualcuno che potesse aiutarmi.

Ma non c'era nessuno.

Camminai per più di due ore ma non trovai una sola abitazione: eravamo davvero nel mezzo del nulla. Avevo paura, presto sarebbe calata la notte e con essa il freddo: dove avrei potuto ripararmi?

Cominciai a camminare più velocemente e in preda all'ansia.

«Non dovresti scappare dal tuo amato. Hai giurato, mia cara». Sentii un brivido corrermi giù per la schiena, mi voltai e vidi Rik con uno sguardo distorto che mi fissava come se lui fosse stato il cacciatore e io la preda designata.

“Non ho scampo” pensai rassegnata. Le gambe mi si erano come paralizzate e sentii la testa leggera: ero in trappola.

E realizzai che lo sarei stata per sempre.

 

 

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