Rainbow Candies

di ChrisAndreini
(/viewuser.php?uid=466967)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Leggo un libro davvero disturbante ***
Capitolo 2: *** Non mi aspettavo un'accoglienza calorosa, ma così mi sembra esagerato ***
Capitolo 3: *** Mi improvviso psicologo, veggente e salvatore... che volete, c'è crisi! ***
Capitolo 4: *** Da quando questo isekai è anche genderbend?! ***
Capitolo 5: *** Non so se ridere o disgustarmi... nel dubbio me ne approfitto ***
Capitolo 6: *** Non sono un salvatore, ma faccio del mio meglio, giuro! ***
Capitolo 7: *** Non è rubare se intendi restituire il malloppo... prima o poi ***
Capitolo 8: *** Gideon! ***
Capitolo 9: *** Divento giardiniere e crocerossina... che dolore pazzesco! ***
Capitolo 10: *** Magari posso avere una cotta per il principe, non è un mondo eteronormativo ***
Capitolo 11: *** Sapevo che un cuore spezzato sarebbe stato inevitabile, ma fa comunque male ***
Capitolo 12: *** Non è una vendetta, cerco solo di non morire ***
Capitolo 13: *** Effetto collaterale massimo raggiunto… vinco un achievement su Steam? ***
Capitolo 14: *** Potrei anche abituarmi alla calma… ma non credo ne avrò il tempo ***
Capitolo 15: *** Incontro la persona più irritante dei sette regni (sì, di nuovo) ***
Capitolo 16: *** Mi faccio nuovi amici… circa… in realtà non proprio ***
Capitolo 17: *** Ho affinità con un uccello... perché suona male? ***



Capitolo 1
*** Leggo un libro davvero disturbante ***


Leggo un libro davvero disturbante 

 

-La prima volta che ho messo la mano sui fornelli avevo circa quattro anni, penso, forse cinque, e l’ho letteralmente messa sul fornello, mi sono ustionato… non il modo migliore di iniziare, ma puoi capirlo, dai, ero un bambino. Mia madre e mio padre avevano litigato, e sapevo che ogni volta che litigavano mia madre prendeva sempre dei biscotti. Ma quel giorno non c’erano biscotti, e ricordo che avevo visto la sua espressione afflitta quando si è accorta che erano finiti. Forse ero stato proprio io a finirli, quella mattina. Non è importante, ma ricordo che sono andato in cucina, e ho preso qualche ingrediente che nemmeno ricordo, cercando di fare dei biscotti. Mi sono ustionato, e ho creato un disastro, ma nonostante tutto non mi sono arreso. È stato come una sveglia. In quel momento mi sono reso conto che non volevo più vedere espressioni afflitte sul volto di mia madre, né sul volto di nessuno. La cucina non è solo una passione, per me è il modo di avvicinare le persone, rasserenarle, curarle… ed è, praticamente, una magia- Leonardo amava parlare della sua più grande passione, e quando iniziava, non sembrava riuscire più a fermarsi.

Ma si rese conto che forse stava parlando da troppo, perché si interruppe, mettendosi una mano sulla bocca, e si girò a guardare il suo interlocutore, che gli sorrideva intenerito, e sembrava ascoltarlo con estrema attenzione. I suoi occhi grigi erano chiari e limpidi, e i capelli biondi riflettevano la luce del sole estivo.

Era un uomo bellissimo.

E… era il suo ragazzo.

Beh, non avevano un’etichetta, ma praticamente sì.

Quello era il loro primo appuntamento, ed erano intenti a passeggiare nel suo palazzo.

Sì, perché quel bellissimo uomo era anche un principe, futuro re del regno di Jediah, protetto dal dio delle pietre preziose e dei viaggi interdimensionali.

Leo aveva proprio fatto jackpot.

-Scusa, Daryan… sto parlando troppo. Quando inizio a parlare di cucina non mi ferma più nessuno- il giovane cuoco si scusò, e si tirò indietro i riccioli rossi, leggermente imbarazzato.

-Oh ti prego, non fermarti. Adoro sentirti parlare, soprattutto ora che dici la verità- lo incoraggiò il ragazzo, con un occhiolino complice.

Leo non se la prese per la non velata frecciatina. Dopo aver mentito per un mese e mezzo, era già tanto che il principe non l’avesse buttato nelle prigioni accusandolo di alto tradimento.

Ridacchiò.

-Giuro che questi sono fatti veritieri al 100%, lo giuro sui miei biscotti arcobaleno- Leo si mise una mano sul cuore.

-Giuramento molto affidabile, lo devo ammettere- Daryan si lasciò andare in una risata, e poi gli tolse affettuosamente una ciocca di capelli da davanti gli occhi.

Il cuore di Leo perse un battito.

-Non riesco a credere che siamo davvero arrivati a questo punto- ammise, osservando il suo interlocutore con estrema attenzione, cercando di imprimere nella sua mente ogni dettaglio. Come se temesse che sarebbe potuto scomprarire da un momento all’altro.

-Già… davvero difficile da credere… per questo non mi sorprende che sia finita prima ancora di iniziare del tutto- Daryan ritirò la mano, e il suo sguardo si fece improvvisamente freddo.

Leo rimase congelato sul posto.

-Cosa?- chiese, sorpreso.

L’atmosfera idilliaca che fino a pochi attimi prima rendeva lo scenario romantico e brillante sembrò spegnersi di colpo, lasciando il panorama freddo e vuoto.

Daryan piegò la testa, e accennò un sorrisino incredulo.

-Ma come, ti sei già dimenticato di mia moglie, mio figlio e i miei nipoti? Il mio futuro è letteralmente scritto, ed è molto meglio di quello che potrai mai offrirmi tu- gli spiegò, lentamente, come se stesse parlando ad un bambino piccolo.

Leo provò a parlare, ma gli era sparita la voce. 

-Sono in ritardo per l’appuntamento?- una voce alle sue spalle lo fece sobbalzare.

Leo provò a girarsi, ma non riusciva neanche a muoversi, era letteralmente bloccato sul posto.

La figura, però, lo raggiunse in fretta, e si lanciò tra le braccia di Daryan, che la prese al volo.

Era Dotty, sua collega cuoca nelle cucine, e futura moglie di Daryan.

-Non sei mai in ritardo, tesoro. E poi abbiamo tutta la vita davanti- Daryan le sorrise, e le fece una dolce carezza sul volto color caramello.

-D_Da…- Leo fece ogni sforzo possibile per richiamare l’uomo che amava, ma la sua voce era impastata, e gli sembrava di non riuscire neanche a respirare.

Se non fosse stato bloccato sul posto, era certo che le ginocchia gli avrebbero ceduto.

-Oh, maestro! Non mi ero accorta che fossi qui, scusa!- Dotty si girò verso di lui, e gli sorrise -Ti dispiacerebbe coprire i miei turni in cucina? Ci tengo tanto a passare un po’ di tempo con il mio futuro marito- lo supplicò con occhi da cucciolo e il solito entusiasmo.

La scena iniziava ad essere confusa.

E la gola sempre più bloccata.

Così come il suo respiro.

Non riusciva a respirare.

Leo iniziò a tossire, mentre la coppia, completamente indifferente, si allontanava e spariva all’orizzonte in una nuvola di fumo.

Leo crollò a terra, tossendo sempre più forte, e con la vista sempre più annebbiata riuscì a distinguere l’inconfondibile colore rosso del suo sangue, così come l’odore, e il sapore nella sua bocca.

No… no… non di nuovo!

Si accasciò a terra, in una pozza del suo stesso sangue, senza più sentire assolutamente nulla.

 

Leo si svegliò di scatto, sollevandosi a sedere sul letto, e iniziando a prendere grandi respiri per recuperare l’asfissia che l’aveva colto durante il sonno. 

A tentoni riuscì a raggiungere la luce sul comodino, accendendola, e immediatamente controllò gli occhi, il naso e la bocca per assicurarsi che non ci fossero tracce di sangue. Tremava interamente. 

Per fortuna l’unico liquido che ritrovò tra le mani furono le sue lacrime, uscite senza che lui se ne rendesse conto.

Lentamente, molto lentamente, il suo respiro iniziò a farsi meno affannato e più regolare, la luce sempre più accesa, e i dintorni sempre più nitidi.

Era in camera sua.

Stava bene.

Non lo avevano avvelenato.

Era nel mondo reale.

Leo poggiò nuovamente la testa sul cuscino, e lanciò un’occhiata all’orologio sul comodino: erano le cinque e quarantacinque.

Considerando che erano le vacanze invernali, era eccessivamente presto per alzarsi.

Sospirò, e si asciugò le lacrime che erano scese lungo le sue guance.

Non era la prima volta che sognava la sua avventura nei sette regni, ed era certo che non sarebbe stata l’ultima.

Almeno non si era svegliato urlando, questa volta. Sua madre e sua sorella meritavano di farsi un bel riposo, e si erano prese non pochi colpi per via dei suoi incubi, soprattutto i primi mesi.

…wow, ne erano già passati sette. 

Sette mesi lontano dai sette regni.

Era un numero costante nella sua vita, il sette.

E da quando era stato nei sette regni, lo vedeva davvero ovunque.

Forse c’era da prima, ma non se n’era mai accorto.

Come non si era reso conto, durante la sua permanenza lì, che ciò che gli era accaduto lo aveva in parte traumatizzato.

Secondo la sua analista il motivo del suo stress post-traumatico ritardatario era dovuto all’istinto di sopravvivenza che si era attivato nell’ambiente ostile per farlo sopravvivere, e ora subiva le conseguenze perché si ritrovava in un luogo familiare e sicuro… o qualcosa del genere.

Leo non è che ci avesse capito molto, in realtà.

E andava dall’analista due volte al mese solo ed esclusivamente per far stare tranquilla sua madre.

Dopotutto la sua situazione non poteva essere aiutata molto da una semplice psicologa.

Sicuramente competente e capace, su questo Leo non aveva dubbi.

…ma poco esperta di viaggi dimensionali, certamente.

E Leo non poteva certo mettersi a dire in giro di essere stato due mesi in un altro universo magico dove era diventato il cuoco in un castello, era stato attaccato dai ribelli antimonarchici non una, ma ben tre volte, rischiando di morire in ben due di tali occasioni, aveva intrapreso una missione di salvataggio per recuperare la sua migliore amica catturata da tali ribelli, e… oh, già, aveva ricevuto due benedizioni magiche da due divinità, che lo avevano lasciato con due vistosi ed evidenti tatuaggi.

Sua madre era andata su tutte le furie quando li aveva visti, ma non è che Leo avesse avuto molta scelta al riguardo.

Non che gli dispiacessero, anzi, ogni volta che iniziava a dubitare di essere effettivamente stato in un altro mondo, e credeva di essere andato ad Amsterdam e di essere diventato pazzo a causa di eventuali droghe o chissà che, gli bastava osservare il tenue tatuaggio arancione dal disegno di un fiocco di neve che gli aveva conferito Noella, da cui creava una piccola statua di ghiaccio, e ciò lo rassicurava che fosse tutto reale.

Il complicato disegno a forma di diamante con un sei all’interno che il dio Jahlee gli aveva impresso sullo stomaco, intorno al suo ombelico, era meno semplice da usare per ancorarsi alla realtà, ma Leo sapeva che in caso di pericolo mortale, si sarebbe attivato salvandogli la vita.

L’aveva già fatto una volta, dopotutto, quando uno dei ribelli lo aveva accoltellato mentre Leo cercava di proteggere la principessa Opal, sorella di Daryan e la migliore amica che si fosse fatto in quel mondo.

Aveva tanta concorrenza, ma Opal era stata come una sorella per lui, e l’aveva sostenuto quando nessuno aveva creduto in lui.

Tutta la sua avventura era stata memorabile solo grazie a lei.

Leo iniziò a tracciare il disegno sul dorso della sua mano sinistra con il dito, cercando di ancorarsi meglio alla realtà. Lo aiutava sempre a calmarsi.

Ma quel giorno non era abbastanza.

Gli incubi sulla sua morte, dopotutto, aveva iniziato a saperli gestire.

Gli incubi che riguardavano Daryan e Dotty… molto meno.

Quando moriva in sogno, dopotutto, era facile una volta sveglio rassicurarsi di essere ancora vivo, e in salute, e che nessuno l’avrebbe più avvelenato.

Non facile… ma in qualche modo ci riusciva.

Ma con Daryan… si svegliava e la realtà non era diversa dal sogno.

Perché avrebbe sposato Dotty, e sarebbero sicuramente stati felici, con un futuro letteralmente scritto e perfetto, nero su bianco.

Chissà, forse si erano già messi insieme.

Leo odiava pensarci.

Perché nonostante avesse conosciuto Daryan solo per due mesi, e metà del tempo il principe aveva sospettato di lui, e Leo l’aveva sospettato omofobo in un mondo eteronormativo, era stato anche la persona che più di ogni altra aveva creduto in lui, l’aveva sostenuto, protetto, e fatto sentire bene nei momenti più difficili dell’avventura, e Leo non riusciva a dimenticarlo, per quanto ci provasse.

Mai in tutta la sua vita aveva provato un’attrazione romantica così forte, e una parte di lui sapeva perfettamente che non l’avrebbe provata mai più.

Ma doveva lasciarlo andare.

Permettergli di vivere la sua vita perfetta.

Anche se… fare una visita non era poi così male, giusto?

Aveva promesso di tornare, dopotutto, almeno per un mesetto, per visitare le sue amiche cuoche, e la cavaliera in incognito Alex, e il resto della famiglia reale e dello staff del castello.

 E se fosse dipeso da lui, sarebbe tornato già un mese dopo essersene andato.

Purtroppo era legato agli impegni e agli umori della sua migliore amica, colei che l’aveva portato lì in primo luogo per salvarlo dall’essere investito da un camion, figlia semidea di Jahlee, conoscitrice della Storia di quel mondo in tutta la sua interezza, e possessore dell’unico cimelio in grado di unire gli universi tramite un portale che poteva essere aperto una volta ogni trenta giorni.

Lei gli aveva assicurato che sarebbero tornati presto, ma ogni volta che Leo sollevava l’argomento trovava una scusa e rimandava.

Leo iniziava a stancarsi della situazione, ma riusciva anche a capirla.

Dopotutto un allontanamento per almeno un mese bisognava essere programmato con attenzione, per evitare di allarmare la sua famiglia, e non perdere eventi importanti nel mondo reale, e altre cose del genere.

Ma Leo sentiva il bisogno di tornare lì.

Doveva controllare con i suoi occhi che la situazione andasse bene.

Era certo che i suoi incubi si sarebbero acquietati almeno un po’.

Leo sospirò, smise di tracciare il contorno del suo tatuaggio di ghiaccio, e decise di alzarsi.

Era ancora presto, era vero, ma sapeva che non sarebbe riuscito a riaddormentarsi, e non ne aveva neanche troppa voglia.

In questi casi, la migliore cura per il suo stress era la cucina.

Era terapeutica.

E così Leo poteva portarsi avanti con alcune preparazioni e accogliere sua madre e Isabella con una lauta e appetitosa colazione.

 

Leo non si arrabbiava praticamente mai con sua madre.

…Leo non si arrabbiava praticamente mai.

Era una di quelle persone che se qualcuno gli faceva un torto si scusava con tale persona.

Non sempre ovviamente. Quando qualcuno era estremamente potente e Leo rischiava di morire se decideva di provocarlo, allora il suo istinto suicida si inseriva e gli permetteva di arrabbiarsi con tale persona, ma stiamo tergiversando…

Il punto è che Leo non si arrabbiava praticamente mai, soprattutto con sua madre.

Si irritava, ma non si arrabbiava seriamente.

Non si era arrabbiato neanche con la donna che lo aveva chiuso in una gabbia circondata di fiamme dopo aver fatto avvelenare lui e rapito la sua migliore amica, ma anzi, l’aveva compatita quando si era reso conto che era una donna ferita nell’animo da circostanze incontrollabili.

Ma al momento Leo era arrabbiato come una iena, a braccia incrociate e occhi che mandavano scintille.

Non riusciva a credere che sua madre avesse fatto una cosa del genere.

-Vuoi che ti riscaldi qualcosa, Leo?- gli propose sua sorella, Isabella, con voce incerta, come se temesse che Leo avrebbe potuto mangiarla se avesse fatto un movimento brusco, neanche fosse un leone imbizzarrito.

Beh, Leonardo e Leone avevano moltissime lettere in comune.

Ma Leo non sarebbe mai stato scortese con sua sorella, neanche da arrabbiato.

-No grazie, Isa, sono a digiuno per protesta!- esclamò, convinto, stringendo con più forza le braccia al petto con rabbia.

-Beh, possiamo sempre andare a mangiare fuori, o… stasera vai da Giada, puoi cucinare lì- Isabella provò a incoraggiarlo e a tirargli su il morale.

Ci stava quasi riuscendo.

Ma Leo si impose di tenere il muso.

-Non è tanto il cucinare o no, è l’obbligo che mi fa rabbia! Come ha potuto impedirmi di avvicinarmi alla cucina per una settimana?! Dopo che ho passato tutta la mattina a prepararvi la colazione!- Leo esplose, non contro Isabella, ma enfatizzando ed esprimendo la sua irritazione, scandalizzato dalla durezza della punizione che sapeva per certo di non meritare.

-Leo… hai cucinato due torte, mezzo chilo di biscotti e una teglia di brownies… siamo tre persone, non un esercito. Non voglio prendere le parti di mamma, ma esageri con la cucina- Isabella alzò le mani, e spiegò il suo punto di vista.

Leo sbuffò.

Voleva obiettare, ma la sorella non aveva tutti i torti.

-Quello che cucini è sempre ottimo, e lo mangerei tutti i giorni e tutto il giorno, ma è fisicamente impossibile mangiare tutto!- continuò Isabella, ragionevole.

-Vabbè, molte cose possono essere messe in freezer, e il resto comunque è a lunga conservazione- provò a difendersi Leo.

-Il freezer è pieno zeppo delle tue creazioni!- obiettò Isabella, aprendo il freezer e mostrando i contenitori pieni di cibo congelato che rischiava di farlo esplodere per quanto fosse stipato.

-Beh, c’è la mensa dei poveri…- suggerì Leo. Dopotutto era lì che sua madre era andata a portare buona parte della colazione che Leo aveva cucinato quella mattina.

-Decisamente una buona causa, ma non possiamo permetterci di sfamare tutti i poveri della città, non con un solo stipendio che deve bastare per tre persone e lo studio di due di loro- Isabella lo squadrò con un’espressione che aveva decisamente preso da sua madre, e che fece abbassare lo sguardo di Leo, colpito dalla velata insinuazione.

Era vero che Leo non studiava seriamente da mesi, aveva dato un solo esame, male, e non aveva la minima intenzione e voglia di continuare gli studi. E se fosse dipeso da lui, avrebbe abbandonato da parecchio.

Purtroppo sua madre aveva insistito nel farlo continuare, perché non sembrava riuscire a trovare un lavoro, di quei tempi. 

E pensare che Leo di soldi ne aveva guadagnati parecchi, nei sette regni. Come cuoco e assaggiatore reale per un mese e mezzo aveva ottenuto parecchie monete d’oro, che però non era riuscito a convertire in soldi reali, e che quindi erano rimasti nei sette regni, al tempio di Jahlee. 

Un grande peccato, perché ritornare con un bel gruzzolo avrebbe sicuramente zittito ogni argomentazione contro lo spreco di soldi in cibo da parte di Leo.

Invece adesso doveva abbassare lo sguardo e accettare la critica.

-Se solo trovassi un lavoro in cucina… ma non mi vogliono neanche al McDonalds!- si lamentò Leo, abbandonando la testa sul tavolo.

-Troverai un bel lavoro, e comunque ci sono sempre i provini per Masterchef. Sei sicuramente adatto a partecipare. E se trovassi un lavoro adesso in cucina potresti essere squalificato- gli fece notare Isabella.

Masterchef… il sogno di vita di Leo da quando aveva visto la prima edizione… inglese. Non quella del 1990 perché non era ancora nato, ma quella del 2005 l’aveva vista, e da lì era sempre stato il suo sogno.

Eppure, adesso, non sembrava affatto un grande sogno come prima.

E non credeva neanche di essere del tutto idoneo, avendo lavorato in una cucina professionale comparabile a quella di un ristorante stellato, in un palazzo reale. Non che potesse essere provato e usato contro di lui, dato che non era avvenuto in quella dimensione, ma comunque era un’esperienza che aveva fatto… e poi a Leo sembrava sbagliato provare a partecipare prima di essere tornato almeno per una visita nei sette regni. Aveva bisogno di tornare il prima possibile, e partecipare a Masterchef lo avrebbe bloccato nel mondo reale per mesi.

-Magari l’anno prossimo- alzò le spalle, sollevando la testa e fissando fuori dalla finestra, riflettendo sulle tempistiche.

Isabella non prese bene la sua risposta.

-Perché vuoi tornare ad Amsterdam, Leo?- chiese in tono grave e preoccupato.

Leo si girò di scatto a guardarla, sorpreso.

Che ne sapeva che voleva tornare ad “Amsterdam”? Era così evidente che stesse progettando un viaggio? Ma non aveva neanche una data, o un programma. Non aveva detto niente a nessuno tranne a Giada.

-Perché pensi che io voglia tornare ad Amsterdam?- indagò, senza però negare di volerci andare. Dopotutto aveva in programma di partire, sperava presto, quindi era giusto che Isabella si abituasse all’idea.

Soprattutto perché, a sentire la domanda di Leo, il suo sguardo si era fatto incredibilmente sofferente.

-È per via della droga? Stai lottando contro una dipendenza? A me puoi parlare, Leo, non ti giudicherò, ma ti prego fatti aiutare! Non voglio che…- iniziò a supporre, preoccupata, e con le lacrime agli occhi.

Leo si affrettò a fermarla.

-No, no, no, assolutamente no! Non ho una dipendenza da droga, o da alcol, o da… non mi vengono in mente altre dipendenze, ma non mi drogo, te lo giuro! Non farei mai una cosa del genere! Perché lo pensi?!- la rassicurò, sconvolto che potesse pensare questo di lui.

Okay, Leo era eccentrico, ma lo era per natura, e Isa lo sapeva. Non c’era motivo di credere che fosse così a causa di droghe.

L’unica droga della sua vita era il dolce richiamo della cucina… e forse il dolce sorriso di Daryan, e la sua rara ma meravigliosa risata che… no, Leo, concentrato. Tua sorella sta avendo una crisi perché pensa che tu voglia tornare ad Amsterdam per drogarti!

-Me l’ha detto Giada!- ammise Isa, seppellendo il volto tra le mani.

-Che mi drogo?!- Leo era scandalizzato.

-Che vuoi tornare ad Amsterdam! Me l’ha detto per chiedermi di aiutarla a convincerti che è una pessima idea. Eri distrutto quando sei tornato dopo quei due mesi infernali, e ci hai davvero preoccupato, Leo! Sei sparito da un giorno all’altro senza avvertirci, senza parlarcene, senza neanche lasciare un biglietto, solo dei messaggi… per quanto ne sapevamo, qualcuno poteva averti rapito e stare usando il tuo telefono per farci credere che così non fosse… non puoi tornare lì!- Isabella spiegò tutte le sue preoccupazioni, avvicinandosi a Leo e guardandolo dritto negli occhi.

Non era stata colpa sua il primo viaggio, ma si sentiva comunque in colpa. Avrebbe voluto dire tutta la verità alle donne più importante della sua vita terrestre, ma Giada gliel’aveva caldamente sconsigliato, per non turbarle e per cercare di superare la sua esperienza.

Giada…

Giada aveva espressamente chiesto a sua sorella di scoraggiare Leo dal tornare nei sette regni.

Quindi non stava tergiversando perché era impegnata, non voleva aiutare Leo! 

Ma come?! Aveva promesso!

-Giada ti ha detto che voglio tornare ad Amsterdam?- sapeva che di tutto il discorso, quella non era l’informazione più importante, ma la sua mente era sempre stata piuttosto pessima a discernere le priorità, e in quel momento si concentrò su quello.

-Non dirle che te l’ho detto, ma sì. Ti prego, non andare…- gli chiese sua sorella, le lacrime che avevano iniziato a scendere sulle sue guance.

Vedendola così provata, Leo tornò a concentrarsi su faccende più importanti, e si alzò per abbracciarla forte e rassicurarla.

Forse sette mesi non erano abbastanza per superare il trauma che tutti e tre avevano subito quando Leo era sparito. Leo tutto voleva, fuorché preoccupare ancora la sua famiglia, e far piangere Isabella era un crimine imperdonabile.

Alla fine i sette regni non andavano a nessuna parte, nessuno si sarebbe dimenticato di Leo solo perché spariva un po’ più a lungo, e in ogni caso… non era lì che Leo avrebbe vissuto il resto della sua vita, per non turbare il fragile equilibrio della Storia. Quindi… probabilmente era meglio posticipare la sua partenza, e cercare di riabituarsi, una volta per tutte, alla normalità.

-Non piangere, Isa. Non vado da nessuna parte- promise alla sorella, accarezzandole i capelli.

Lei sembrò appena rassicurata, e ricambiò forte l’abbraccio.

Ma un nodo si formò nel suo stomaco, e una voce gli sussurrò che non era una promessa da farle.

Un’altra voce, infatti, gli stava sussurrando da parecchio che Giada era sospetta.

Perché non voleva che Leo tornasse a Jediah?!

Perché se era solo per non dispiacere sua madre e Isabella, non spiegava perché non l’avesse detto chiaro e tondo a Leo, ma avesse deciso di usare sua sorella in quel modo.

Era… strano.

Giada non aveva mai avuto problemi a parlargli chiaro e tondo.

Non è che… gli stava nascondendo qualcosa?

 

Leo non era una persona sospettosa. Era molto lontano dalla sua natura.

Insomma, si era messo a parlare con una palese spia del principe Victor, rivale di Jediah, di segreti di cucina, completamente ignaro che fosse proprio il principe Victor ad averlo approcciato, e in generale si fidava molto facilmente delle persone anche sconosciute, figuriamoci di coloro che conosceva da buona parte della sua vita.

Però in quel momento non riusciva a smettere di pensare a Giada, e al motivo per cui era così decisa a non mandare Leo in vacanza a Jediah per un mese. 

Preoccupata che Leo cambiasse la Storia? Che cercasse di riconquistare Daryan? Leo era un disastro, ma non era così inaffidabile. Aveva rinunciato a quell’amore impossibile sette mesi prima, e faceva male, ma non era egoista abbastanza da rischiare il futuro perfetto di Daryan per un capriccio romantico.

-Tutto okay? Sembri distratto. Non ti piace il film?- chiese Giada, distogliendolo dai suoi pensieri.

Leo sbatté gli occhi un paio di volte e concentrò lo sguardo verso lo schermo della piccola TV che Giada aveva in camera, e che al momento era alla scena finale di un film in tecnica mista tratto da una famosa fanfiction di un libro per niente famoso. La trama era di una giovane ragazza che entrava nel suo libro preferito e cambiava la storia, si innamorava, ma poi si rendeva conto che la vita reale era meglio e doveva tornare con i piedi per terra e smettere di vivere la sua fantasia. 

Era… una scelta interessante da parte di Giada.

E Leo si sentiva un idiota a non aver recepito i segnali fino a quel momento.

In quei mesi, Giada aveva fatto davvero di tutto per convincere Leo ad abbandonare l’idea di tornare nei sette regni.

Ma perché impegnarsi così tanto e non parlargli e basta?! Cosa stava nascondendo?!

-Sì… carino... un buon adattamento suppongo, anche se non sono un super fan degli isekai- borbottò Leo, cercando di non pensarci.

-Mi piace molto che abbiano reso il mondo reale in live action e quello fantastico in cartone animato. Rende davvero molto l’idea!- Giada invece era entusiasta, e guardava lo schermo con occhi brillanti.

-Suppongo…- borbottò Leo, tornando a dissociarsi dalla realtà.

Giada interruppe il film, e si girò a guardarlo, preoccupata.

-Tutto okay? Sei strano oggi- osservò, squadrandolo dall’alto in basso, dai capelli rossi e ricci che gli arrivavano ormai poco oltre le spalle, alle scarpe rovinate che non aveva tolto nonostante fossero seduti sul letto di Giada, passando per la felpa spiegazzata, e gli occhi color mare spenti e distanti.

Leo avrebbe voluto chiederle direttamente perché non lo volesse nei sette regni, ma una parte di lui decise di fermarlo.

Non credeva che sarebbe uscita una discussione fruttuosa, e soprattutto avrebbe rivelato che Isabella gli aveva detto che Giada le aveva detto che Leo voleva andarsene, e Leo non voleva concludere quel telefono senza fili e perdere il vantaggio che aveva al momento.

E poi, probabilmente, si stava facendo paranoie perché non aveva dormito, quella notte.

Optò quindi per una mezza verità.

-Oggi ho litigato con mia madre- sospirò, ripensando alla discussione.

-Oh, mi dispiace! Cosa è successo?- chiese Giada, con partecipazione, dandogli qualche pacca sulla spalla.

-Cucino troppo, evidentemente, e penso che creda che io metto droga nei dolci visto che li ha dati tutti via, ma potrei essermi fatto dei film- spiegò Leo, sbuffando al pensiero di tutto quel cibo dato via. Anche se voleva credere che fosse effettivamente stato dato a persone bisognose, e non buttato nel cestino.

-Forse non ha tutti i torti… non sulla droga, ovviamente, ma sul tuo cucinare troppo. Dovresti trovarti un bel lavoro in cucina, o partecipare a Masterchef! Stanno per riaprire le audizioni, devi assolutamente iscriverti- come se si fosse messa d’accordo con Isa, Giada disse esattamente le stesse cose che aveva detto lei.

Come aveva fatto Leo ad essere così cieco di fronte al suo tentativo di farlo restare lì a tutti i costi?!

-Pensavo di iscrivermi l’anno prossimo, o quantomeno dopo essere andato nei sette regni in visita. Quando pensi di liberarti?- chiese, con nonchalance, come faceva ogni volta che poteva, soprattutto gli ultimi tempi.

Aveva deciso di aspettare per Isa, ma questo Giada ancora non lo sapeva, e Leo poteva controllare la sua reazione e capire qualcosa di più.

-Beh, non puoi precluderti una possibilità così grande per una vacanza. Perché non provi a vincere Masterchef, e poi tornare da campione nei sette regni? Sarebbero tutti sicuramente molto orgogliosi- gli suggerì Giada, incoraggiante.

-Non sanno neanche cos’è Masterchef- Leo ridacchiò, fingendo di prendere il suggerimento come una battuta.

-Proprio per questo sarebbero ancora più orgogliosi- Giada continuò la battuta, e ad insistere.

-Penso di non essere ancora pronto, in ogni caso. Lo farò l’anno prossimo- Leo decise di chiudere l’argomento, e il sorriso di Giada si congelò appena.

-Capisco, comunque non possiamo ancora andare. Dobbiamo entrambi studiare per gli esami di febbraio, e mia madre ha bisogno di aiuto in negozio, ed è quasi la luna piena, ora che ci penso, mancano tre giorni- rifletté la ragazza, pensierosa, controllando il calendario.

-Luna piena?- chiese Leo, senza capire il nesso. Insomma, sapeva che il giorno di luna piena era l’unico dove le divinità potevano agire in prima persona negli affari umani. Il resto del tempo potevano comunque concedere benedizioni divine o parlare attraverso gli alti sacerdoti, i semidei o i loro benedetti, ma per il resto, il loro pieno potere lo avevano solo una volta al mese. Però Leo non capiva cosa avesse a che fare questo con il tornare nei sette regni.

-Se vogliamo andare nei sette regni è meglio farlo quando mancano circa due settimane alla luna piena, così eventualmente possiamo farci trasferire nuovamente a casa prima che scada un mese. Anche se prima di aprile temo che non se ne parlerà- spiegò Giada, e Leo dovette ammettere che era brava a posticipare senza dare a vedere che non avesse la minima intenzione di assecondare Leo, né ad aprile, né mai.

O forse era Leo ad essere diventato paranoico, e Giada aveva intenzione di rispettare la promessa che gli aveva fatto, solo non subito.

Era giusto cercare il momento migliore, e Giada era molto metodica e organizzata, al contrario di Leo che seguiva l’istinto e tendeva ad improvvisare il più delle volte, con risultati anche discutibili.

Giada era la sua migliore amica, e poteva fidarsi di lei. Se aveva chiesto a Isabella di convincere Leo a non partire, sicuramente aveva le sue ragioni, ed erano giuste e ben pensate.

Leo sospirò.

-Sì, hai ragione. Tanto i sette regni non vanno da nessuna parte, si può aspettare un po’ di più- cedette, arrendendosi all’attesa. L’aveva promesso a Isabella, dopotutto, poteva rassicurare anche Giada.

Ovviamente senza dirle apertamente della promessa, dato che Isa si era fatta raccomandare di non dire a Giada che lei gli aveva detto di Amsterdam.

Giada sembrò rasserenata, e si mise più comoda sul divano.

Leo si concesse anche il lusso di togliere le scarpe, e continuò il film leggermente più tranquillo.

Ma solo leggermente.

Perché a fine film, mentre si preparavano al successivo, Giada fece una pausa per andare in bagno e prendere altri stuzzichini, e Leo rimase solo in camera sua.

Si alzò per andare a prendere il telefono messo in carica vicino alla libreria, e lanciò un’occhiata verso i numerosi volumi tenuti in perfetto ordine.

Giada era una fervida lettrice, soprattutto di storie fantasy isekai.

Leo fu colto da un’illuminazione.

Sicuramente la libreria aveva una copia della Storia… o alcuni volumi della Storia, che sicuramente era molto lunga, dato che racchiudeva ogni fatto passato, presente e futuro dei sette regni.

Leo non aveva mai voluto farsi i fatti di quel mondo, perché a lui piaceva vivere il presente e costruirsi il proprio futuro, senza lasciarsi condizionare da eventuali profezie, però doveva ammettere di essere curioso. Chissà che avevano fatto i suoi amici in quei sette mesi senza di lui. Probabilmente avevano vissuto tranquillamente la vita. Forse Daryan e Dotty si erano già messi insieme. Alex era riuscita a fargliela vedere a Lionel senza ricevere conseguenze? La principessa Opal… sicuramente aveva assaggiato nuove cose che avrebbe chiesto a Leo di replicare.

Leo non voleva ottenere risposta a tutte le sue domande, ma voleva avere un quadro di come stessero andando le cose, e la Storia poteva dargli un’indicazione, giusto? Magari poteva rasserenarsi rassicurandosi che tutti stessero bene e fossero in salute.

Iniziò a vedere i vari libri, e non ci mise molto a trovare la vasta collezione denominata “La Storia”. Era composta da fin troppi volumi perché Leo potesse controllarli tutti, ma per fortuna c’erano sottotitoli, poteva regolarsi da quelli, o chiedere a Giada, una volta tornata, quale fosse la parte di Storia che stavano vivendo i sette regni in quel momento.

Un sottotitolo attirò la sua attenzione: “Dalla missione diplomatica a Fring, all’avvelenamento del principe Daryan”.

La missione diplomatica era probabilmente quella del principe Victor, e l’avvelenamento del principe Daryan, da quanto Leo sapeva, sarebbe stato dopo un mese dalla sua partenza. Afferrò il libro e iniziò a sfogliarlo. Anche se probabilmente non era molto accurato, dato che l’avvelenamento era avvenuto prima, ed era stato contro Leo stesso. Un momento davvero inquietante, che Leo sognava letteralmente la notte.

Ma meglio a lui che a Daryan.

Il libro era scritto in modo molto schematico, quasi come un registro, più che come un libro vero e proprio.

C’erano date, ore, luoghi e avvenimenti, con i colori di ogni regno coinvolto. Per Leo fu facile trovare in fretta gli eventi di Jediah, a palazzo reale.

Ma il libro si concluse nel momento stesso in cui il principe Daryan era stato avvelenato, il colpevole non ancora trovato, e il sospetto era molto, molto alto.

Leo afferrò immediatamente il libro successivo, e aprì la prima pagina di Jediah disponibile.

“19.45. Palazzo di Lumai. Daryan Jasper Lindberg II torna a casa e sua moglie Dorothera Eronielle-Lindberg e suo figlio Tristan Reginald Lindberg lo accolgono. Tristan era nel mezzo di un allenamento con la spada quando ha sentito la carrozza, e nella fretta rischia di slogarsi la caviglia”

…cosa?

Moglie e figlio?

Un figlio abbastanza grande da correre e rischiare di slogarsi la caviglia?

Palazzo di Lumai?

Ma era passato un mese, o un decennio?

Leo controllò il sottotitolo del libro “Pace nei regni e ricostruzione di Valkrest”

Ricostruzione di Valkrest?

Da quando Valkrest era crollata?

Mancava qualcosa, sicuramente.

Leo controllò dei numeri romani, scritti piccolissimi, sul bordo della copertina, e riuscì a tradurli nella sua mente, con una certa difficoltà perché erano molto grandi.

E si rese presto contro che… mancavano tre libri.

Tre interi libri.

Dov’erano?!

Leo sentì lo scarico del bagno, e si affrettò a rimettere tutto in ordine e a ributtarsi sul letto, fingendo di non aver visto niente.

Pochi secondi dopo, Giada rientrò in stanza, le mani ancora leggermente umide.

-Allora, ti unisci a me per preparare spuntini? Qui il divieto di cucinare non persiste- gli propose, con un occhiolino.

In circostanze normali Leo avrebbe accettato senza farselo ripetere due volte, ma una profonda inquietudine si era impadronita del suo cuore, e aveva bisogno di continuare ad indagare, possibilmente da solo in stanza.

-Sono in sciopero per protesta, ma mi piacerebbe una cioccolata calda- provò a chiederle, con occhi da cucciolo.

-Uff, almeno vieni a farmi compagnia, ci vorrà una vita- Giada alzò gli occhi al cielo, ma non rifiutò.

-Sono troppo impigrito per alzarmi da qui, e poi se mi avvicinassi alla cucina, rischierei di ricadere nel tunnel della droga, non è il caso- Leo si mise più comodo sul letto, dando a vedere la sua pigrizia, e Giada sospirò, e scosse la testa.

-Mi devi un dolce dei tuoi, però- gli intimò, iniziando ad indietreggiare.

-Appena ritornerò in cucina sicuramente- le promise lui, facendo il segno di okay.

Ridacchiando, Giada chiuse la porta alle sue spalle, e lo lasciò solo in camera, mentre andava a prendere degli stuzzichini e a fare due cioccolate calde.

Leo aspettò di sentire i passi sparire sotto le scale, e si alzò di scatto, iniziando a controllare meglio la libreria.

Ma tutti i volumi della Storia erano perfettamente in ordine, ad eccezione di quei tre.

Quindi era più che possibile che fossero stati nascosti di proposito, magari proprio per non farli leggere a Leo.

Ma perché mai Giada non avrebbe voluto fargli leggere un decennio della Storia?! Cosa mai poteva essere successo?

“Ricostruzione di Valkrest”

Un brivido corse lungo la spina dorsale del ragazzo, ma Leo scosse la testa, e decise di non pensarci. Scendere a conclusioni affrettate non avrebbe aiutato nessuno, e non gli avrebbe fatto trovare i tre libri mancanti.

Doveva pensare… qual era un buon nascondiglio che usava sempre Giada per i suoi segreti? 

Leo si guardò intorno.

La libreria era un buon luogo, ma la Storia spiccava, e Leo aveva già controllato.

L’armadio era un casino, non c’era spazio per dei libri, poco ma sicuro.

La scrivania, troppo alla luce del sole, non c’erano luoghi che… un momento… c’era un cassetto con chiave.

Giada non lo usava mai, perché non aveva grandi segreti da nascondere, e per gli oggetti preziosi usava la piccola cassaforte dietro il soprammobile.

Forse anche quello era un luogo da controllare, ma era troppo piccola per metterci tre libri spessi come la Storia. Il cassetto della scrivania, invece, era perfetto: ampio, profondo, e chiuso a chiave.

Leo si guardò appena intorno per cercare la chiave, ma non aveva idea di dove potesse essere, e non aveva tempo per controllare. Era anche possibile che tale chiave fosse nella cassaforte segreta, e in tal caso Leo non l’avrebbe recuperata mai.

Ma aveva un modo di aprire il cassetto.

Di creare una chiave di breve durata che gli avrebbe aperto l’accesso.

Mise la mano sinistra sull’apertura, tirò un profondo sospiro preparatorio, e poi usò il suo potere di ghiaccio, che in quei mesi aveva avuto modo di esercitare, creando forme anche complesse.

Una chiave di ghiaccio spesso che entrasse perfettamente nell’apertura e la aprisse quando Leo l’avrebbe girata non sembrava troppo complicato. Doveva solo stare attento che riuscisse a girarsi, e non si spezzasse dentro. Poi si sarebbe sciolta, e Giada non avrebbe avuto più prove: il crimine perfetto.

Leo riuscì con attenzione a girare la chiave improvvisata e ad aprire il cassetto, sperando di trovare i tre libri dispersi, e per poco non lanciò un grido di esultanza quando riconobbe la copertina di cuoio che aveva visto già nei precedenti volumi.

Prese il primo, curioso di conoscere finalmente le sorti dei suoi amici, ma il suo sorriso gli si spense in viso, trasformandosi in un’espressione confusa e preoccupata.

“L’annientamento totale dei ribelli antimonarchici”

I ribelli erano coloro che si opponevano alla Storia. Avevano tentato di uccidere Leo un paio di volte, e poi di reclutarlo tra loro. Leo aveva rifiutato, ma non voleva che venissero annientati. Il loro capo era la zia di Giada, in fin dei conti. E Fausto il fusto era un figo! E Brandon… lui poteva anche venire annientato, dato che maltrattava i bambini, ma Leo non credeva che meritassero tutti l’annientamento.

Ma questo era il terzo libro in ordine cronologico. Forse gli altri due gli avrebbero dato un’idea di come si fosse arrivati all’annientamento dei ribelli.

Leo mise il libro sottobraccio, e prese il secondo. Sgranò gli occhi, sconvolto.

“Dalla vendetta del principe Daryan fino alla caduta di Valkrest”

Quindi Valkrest sarebbe crollata, ma perché?! Cosa aveva spezzato il fragile equilibrio tra i due regni? Cosa… di cosa doveva vendicarsi Daryan?

Fu con mani tremanti che Leo prese l’ultimo e primo libro, quello che si stava svolgendo in quel momento, ad una dimensione di distanza, mentre Leo era lì, a vedere film, a mangiare stuzzichini e a bere cioccolata calda.

“La guerra tra Jediah e Valkrest”

…guerra?

Fu come se il mondo crollasse sotto i piedi di Leo, e per un singolo istante, pensò che si sarebbe ritrovato di nuovo a Jediah, come la prima volta, all’improvviso, senza accorgersene nemmeno.

Ma le vertigini durarono solo un istante, e Leo era sempre in camera di Giada, al sicuro, e con la consapevolezza sempre più chiara che tutti i suoi amici, le persone che aveva conosciuto, e l’uomo che amava, erano nel mezzo di una guerra, in quel momento.

Leo doveva capirci di più. Doveva leggere necessariamente quello che stava succedendo, e soprattutto doveva tornare lì, e dare il suo contributo. Come aveva potuto Giada non dirgli che una vera e propria guerra si stava svolgendo nei sette regni?!

O forse… forse era un malinteso. Forse i titoli non erano così esplicativi, e la guerra era una guerra fredda senza vittime e senza battaglie. 

Ma ciò non spiegava i titoli degli altri libri.

Vendette, cadute, annientamento.

Non sembrava una bella storia a lieto fine, quella.

Leo sentì vagamente i passi sulle scale, e si affrettò a chiudere il cassetto, mettere i libri nella borsa, sperando che non si notasse il rigonfiamento, e a prendere il telefono da dove lo aveva lasciato in carica.

Non poteva restare lì a vedere film e bere cioccolata calda.

Aveva bisogno di risposte.

Uscì dalla camera mentre Giada stava per entrare, e rischiarono di sbattere l’uno con l’altra.

-Wo, che hai? Tutto bene?- chiese Giada, notando immediatamente quanto fosse agitato. Non aveva cibo in mano, quindi era probabilmente salita a chiedergli consiglio o aiuto.

Meglio così, almeno non avrebbe buttato una cioccolata.

-Mi dispiace, devo tornare a casa- Leo la superò, e fece per dirigersi verso le scale.

-A quest’ora?- chiese Giada, sospettosa.

-A quanto pare la mia punizione non mi limita solo l’accesso in cucina, ma a qualsiasi altra parte del mondo che non sia camera mia e il bagno. Mia madre vuole che resti chiuso in casa per un bel pezzo- Leo inventò una scusa al volo, sbuffando, e iniziò a scendere le scale.

Giada lo seguì.

-Penso che capirà se torni a casa domani, ormai sei già qui, dopotutto- provò a fermarlo e a convincerlo a restare, ma Leo scosse la testa.

-Meglio non farla arrabbiare- continuò imperterrito a dirigersi alla porta, sperando con tutto il cuore che Giada non notasse quanto fosse strano.

-Capisco… mi dispiace, Leo. Ci sentiamo per messaggio?- per fortuna, la ragazza non si accorse di nulla, e si limitò a dargli qualche pacca incoraggiante sulla spalla.

-Certo- Leo la salutò il più calorosamente possibile, e finalmente uscì, pronto a dirigersi in casa e leggere tre libri in una notte.

Impresa titanica, ma Leo ci sarebbe riuscito.

 

Quando giunse in casa, sua madre fu piuttosto sorpresa di vederlo. 

-Leo, pensavo che saresti rimasto da Giada stanotte. Va tutto bene?- lo accolse, interrompendo il programma televisivo che stava vedendo e affrettandosi a controllare se stesse bene.

-Tutto bene…- borbottò lui, troppo distratto per trovare una scusa decente.

-Sicuro?- insistette la donna, iniziando a seguirlo mentre il ragazzo si dirigeva in camera.

-Sì- Leo non aveva intenzione di essere freddo, ma non riusciva a pensare ad altro che ai libri. Entrò nella sua stanza senza neanche togliersi la giacca e li tirò subito fuori.

-Cosa sono?- indagò sua madre, confusa.

-Giada li aveva nascosti, ma li ho trovati- Leo iniziò a sfogliare il primo volume. Allora… era subito dopo l’avvelenamento… perfetto! La colpa era stata prima data a Dotty, poi a Sara… Sara… Sara era con i ribelli antimonarchici, lo avevano appurato quando Leo era stato attaccato. Ma nel libro la colpa era stata data a Valkrest.

Leo sfogliò velocemente le pagine cercando informazioni su Jediah, scritte in viola.

-Leonardo!- sua madre attirò la sua attenzione, mettendogli le mani sulle spalle e iniziando a scuoterlo..

-Cosa?- chiese Leo, confuso dalla sua veemenza, finalmente girandosi a guardarla.

Rimase sorpreso nel notare che la sua espressione esprimeva un’immensa preoccupazione.

-Inizio davvero a preoccuparmi, Leonardo! Sei completamente alienato dalla realtà, non studi, non esci, stai sempre in cucina… cosa sta succedendo? Come posso… come posso aiutarti?- chiese, e sembrava in procinto di piangere.

Leo odiava vederla così, e sapeva che aveva ragione riguardo quello che diceva.

Il suo più grande desiderio era poterle dire esattamente cosa stesse succedendo, ma sapeva di non poterlo fare. 

Aprì la bocca per provare a rassicurarla, ma fu costretto a richiuderla.

Non aveva niente da poterle dire.

Nessuna rassicurazione da farle.

-Non lo so, mamma- ammise infine, sospirando, e abbassando lo sguardo verso il libro.

-Ti prego, Leonardo, parlami. Se qualcosa ti preoccupa, se hai iniziato a drogarti, o hai avuto dei problemi con un ragazzo ad Amsterdam…  qualsiasi cosa sia successa, qualsiasi cosa ti stia perseguitando, puoi parlarmene, e io ti sarò vicina- provò ad insistere sua madre, accarezzandogli le spalle con dolcezza.

Leo lanciò un’occhiata al tatuaggio sulla sua mano sinistra. Il timer si era esaurito da tempo, e aveva ancora un colpo di ghiaccio da poter usare.

Poteva essere una prova più che sufficiente per convincerla di essere stato benedetto da una divinità di un altro mondo.

-Mamma, io…- iniziò a dire, ma una volta che sollevò gli occhi verso sua madre per confessare tutto, la voce gli sparì.

Non riusciva a dirlo.

Non poteva sopportare lo sguardo che sua madre gli avrebbe lanciato, la consapevolezza che sicuramente non gli avrebbe creduto, almeno non subito, e avrebbe provato ad internarlo da qualche parte, o a fargli prendere delle medicine.

Leo non poteva permetterselo.

Soprattutto non adesso che aveva appena scoperto che i sette regni potevano essere sull’orlo di una guerra… o già in piena guerra.

Doveva informarsi, doveva capire come agire, e non poteva rischiare che sua madre lo fermasse nell’eventualità che dovesse prendere qualche pazza decisione suicida.

Scosse la testa.

-Sappi che non mi drogo, e non mi sono mai drogato, ad Amsterdam… non stavolta, almeno- alla fine decise solo di rassicurarla, anche se fu costretto a dirle una piccola mezza verità: era vero che non si era drogato, ma era stato drogato, o meglio, avvelenato. Dettagli.

-…e per quanto riguarda i ragazzi… sono certo che Daryan ti sarebbe piaciuto tantissimo. È una delle persone più a modo che io abbia mai incontrato, ed è stato super rispettoso. Sono io ad aver fatto i casini- Leo aveva accennato di aver avuto un ragazzo ad “Amsterdam” e di averlo poi lasciato. Gli era stato praticamente estirpato a forza da sua sorella, ma non aveva mai offerto dettagli, o nomi. Quella era la prima volta che nominava Daryan per nome, ad alta voce, da quando era tornato, e gli provocò un tonfo enorme al cuore.

-Oh, Leo…- sua madre provò ad abbracciarlo, ma Leo la tenne un po’ a distanza. Voleva prima finire il discorso.

-Quello che intendo dire è che… lo so di essere un casino, ultimamente, e che ti sto preoccupando, ma quello che è successo ad Amsterdam… non devi preoccupartene. È stato un periodo strano, e… mi dispiace di averti fatto preoccupare, e di farti preoccupare ancora adesso, ma…- c’erano tante cose da dire, e Leo non sapeva da dove cominciare, come parlarne in generale, era così difficile -…starò bene presto, mamma. Ci sto lavorando, e non devi preoccuparti per me. Non sono in pericolo, non sono… prometto che non sparirò mai più da un giorno all’altro senza avvertire- alla fine decise di concludere con ciò che era certo sua madre voleva sentire da lui, e la strinse in un abbraccio, che la donna ricambiò con grande affetto.

-Sai che voglio solo il tuo bene, e sono sempre qui se hai bisogno, vero?- gli assicurò lei.

-Lo so, mamma, sei la migliore. E mi dispiace per stamattina- Leo seppellì il volto nella sua vestaglia invernale, sempre la stessa da più di quindici anni, e si perse appena nei ricordi d’infanzia, quando la vita era più semplice, e ogni problema veniva affrontato tutti insieme.

-Dispiace anche a me. So quanto sia terapeutica per te la cucina… ma non abbiamo abbastanza soldi per tutti quegli ingredienti- sua madre gli accarezzò la schiena, dandogli qualche piccola pacca affettuosa.

-Lo so… cercherò di cucinare meno cibo inutile- le promise lui, interrompendo l’abbraccio.

-Ritiro la punizione, allora- sua madre gli sorrise, felice che avessero risolto, ma il sorriso le si incrinò appena quando notò che quello di Leo non gli raggiungeva gli occhi.

Sapeva che c’era molto che lui ancora non le stava dicendo, ma decise di non insistere.

-Stavo vedendo una puntata di Gorgeous, vuoi venire a vederla con me? Francisca e Pablo si stanno per sposare… per la sedicesima volta, più o meno- indicò la strada verso il salotto, e incoraggiò Leo a seguirla.

-Allettante, ma sai che preferisco Pablo e Kyle come coppia. E anche Angelica e Francisca hanno un’ottima chimica- Leo rifiutò il più delicatamente possibile. Aveva una lunga notte di lettura davanti a sé e voleva cominciare immediatamente.

-Ovviamente- sua madre, ardita Franpablo shipper, alzò gli occhi al cielo, e decise di lasciarlo solo -Se cambi idea, c’è sempre un posto sul divano per te. Isa è a un diciottesimo stasera, e devo tenermi sveglia almeno un’altra ora prima di andarla a prendere- tenne la porta aperta, e si diresse in salotto dopo l’ultima offerta e dopo aver controllato l’orologio.

Leo aspettò che sparisse nel corridoio, poi chiuse la porta di camera sua, si tolse finalmente la giacca e le scarpe, e si mise sul letto, il libro già davanti agli occhi, pronto a leggere quante più informazioni possibili su ciò che stava avvenendo in quel momento nei sette regni.

L’accusa contro Valkrest aveva indignato il principe Victor.

E poche settimane dopo… Valkrest aveva dichiarato guerra.

I sette regni si erano divisi in tre fazioni: Nivern e Fring schierati con Valkrest; Ombron e Lumai neutrali; solo Katrang aveva preso le parti di Jediah, ma poco era il supporto che poteva offrire.

Il regno di Jediah viene preso d’assalto da più fronti, e non è militarmente preparato a difendersi.

Numerosi scontri in territorio civile costano la vita a numerosi soldati da entrambe le parti.

Leo lesse orari e luoghi di ogni attacco, strategie di offesa e difesa, e alla fine di ogni scontro c’era una lista con i nomi di tutti i caduti e una breve descrizione dei suoi ultimi momenti. 

Questa versione della Storia era quella ridotta, didascalica, e le vite di centinaia di uomini, donne e bambini innocenti si è ridotta solo a questo: una lista e una breve descrizione.

La guerra andò avanti per mesi.

E Leo lesse troppi nomi che non avrebbe mai voluto leggere, non in quel tipo di lista, non in quel modo.

Persone che aveva conosciuto, persone che aveva odiato, persone che aveva visto solo di sfuggita, e persone a cui aveva voluto un bene infinito.

Alex, Lionel, Prankit, Anna, Mary, Jane, Mildred, Gideon, Clay, Riley, Yara, Reginald, Gretel, ed infine…

-No…- erano ormai quasi le otto del mattino quando Leo giunse alla fine del libro.

Non si era cambiato, non aveva salutato sua sorella, né aveva dato la buonanotte a sua madre. Aveva finto di essere addormentato, e aveva letto il libro sotto le coperte, con una torcia che ormai era a pochi attimi dallo scaricarsi.

-No, no… NO!- non poteva accettare niente di quanto stava leggendo.

Non poteva accettare nessuno dei nomi sulla lista, ma l’ultimo… l’ultimo era la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.

-Non Opal…- seppellì il volto inondato di lacrime tra le mani, lasciando cadere il libro e la torcia.

Il giorno della fine della guerra, durante l’ultimo scontro, i nemici abbattono il bunker sotterraneo del castello, dove la famiglia reale e i rifugiati incapaci di combattere hanno trovato rifugio, e il crollo uccide tutti coloro che sono all’interno.

Tra cui la principessa Opal.

A poche settimane dal suo diciottesimo compleanno.

Jediah sarebbe stata sconfitta con una strage che avrebbe lasciato Daryan orfano e completamente solo al mondo, dato per morto e salvatosi per un pelo.

E con la guerra, finì anche il primo dei tre libri che Giada aveva voluto tenere nascosti a Leo.

Ed era già abbastanza, per il cuoco.

Abbastanza da sapere che non poteva più permettersi di aspettare.

Perché se la Storia aveva deciso di uccidere le persone che Leo amava, lui avrebbe senz’altro fatto qualcosa per impedirlo.

Avrebbe fatto ogni cosa in suo potere per impedirlo!

E avrebbe agito immediatamente! 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Wow… non è passato molto tempo, ma Leo mi era mancato!

So che questo capitolo non è il più entusiasmante del mondo, anzi… ma è solo un prologo e riepilogo, e comunque si sono scoperte un sacco di cose.

Intanto sono passati sette mesi, Leo è un po’ traumatizzato, eppure non riesce a smettere di pensare alla sua avventura e vuole tornare nei sette regni. Potete biasimarlo?

Poi Valkrest e Jediah sono in guerra… chissà a che punto della Storia si trovano, e se Leo farà in tempo a salvare tutti i suoi amici e soprattutto Opal.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e sia una buona introduzione al nuovo libro.

I prossimi capitoli prometto che saranno più entusiasmanti, soprattutto dal terzo in poi… ho tanti progetti per questa storia!!

Un bacione e alla prossima :-*

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Non mi aspettavo un'accoglienza calorosa, ma così mi sembra esagerato ***


Non mi aspettavo un’accoglienza calorosa, ma così mi sembra esagerato

 

-Leo, ma che cavolo…?!- Giada si alzò con una certa difficoltà e iniziò a massaggiarsi il collo, e a scaldarsi.

Leo però non la stava ascoltando. 

Perché stava già correndo verso il cancello, felice che il suo piano avesse funzionato, e di essere finito esattamente nel luogo che aveva sperato di raggiungere.

Niente strane foreste, questa volta.

Niente trappole.

Nessun rischio di venire ucciso immediatamente da guardie sospettose e sospette.

No, dritto per dritto al castello.

Era esattamente come se lo ricordava… tranne per qualche crepa in più, che però era stata velocemente rattoppata.

Efficienti come Leo se li ricordava.

-Leo, aspetta!- Giada, rendendosi conto a sua volta di dove fossero, e che Leo era già corso verso l’ingresso, provò a fermarlo, anche se era ancora molto più lenta di lui.

Ma, di nuovo, Leo la ignorò, superò il cancello, e si avvicinò al portone principale, dove riconobbe immediatamente la guarda a protezione.

-Lionel! Non sono mai stato così felice di vederti! …non sono mai stato felice di vederti, e se sette mesi fa mi avessero detto che un giorno sarei stato felice di vederti mi sarei messo a ridere, ma per tutti gli dei quanto sono felice di vederti adesso!- lo salutò, attirando la sua attenzione, e sorprendendolo non poco. Tanto che Lionel ci mise parecchi istanti a riprendersi.

E poi gli puntò la spada al collo.

-Hey! Capisco che la felicità non è reciproca, ma…- Leo iniziò a lamentarsi, ma Lionel lo interruppe.

-Chi sei?! Come hai superato le altre guardie! Sei una spia nemica? Sappi che non avrò alcuna esitazione a tagliarti il collo se mi darai motivo di farlo- lo minacciò, con un tono che Leo conosceva, dato che Lionel l’aveva minacciato più volte, ma che per la prima volta sembrava seriamente intenzionato ad eseguire immediatamente ciò che diceva.

Leo alzò le mani in segno di resa, sorpreso.

-Lionel, sono io! Sono Leo! Leonardo il cuoco! Va bene che sono passati sette mesi e mi sono cresciuti i capelli, ma davvero non mi riconosci?- era piuttosto offeso dal comportamento del suo ex compagno di stanza e bullo. Forse aveva cercato di rimuovere il ricordo, ma da qui a fingere di non conoscerlo anche quando se lo ritrovava davanti, era esagerato.

E poi sapeva che se provava ad ucciderlo non avrebbe funzionato. Voleva davvero togliergli una vita in modo così stupido?

-Chi? Un cuoco uomo? Mai sentita una follia del genere. Inventati una scusa più credibile, spia!- lo accusò Lionel, e non sembrava stare scherzando. Premette di più la spada sul collo di Leo, che sentì un acuto dolore, e si ritirò, portandosi una mano al collo, doveva aveva iniziando ad uscire un rivolo di sangue.

-Ahi! Sul serio, Lionel! Mi vuoi far sprecare una vita in questo…?- iniziò a chiedere, offeso e sconvolto, ma in quel momento arrivò Giada, senza fiato.

-Fermo! Calma! Dei che freddo infernale! Cerchiamo di non far morire nessuno, okay? C’è un malinteso! Non è una spia! Non siamo spie! Siamo del tempio! Jahlee! Papà…- Giada si mise tra lui e Lionel, cercando di calmare gli animi, e chiamò la divinità, che teoricamente sarebbe dovuta apparire una volta convocata.

Ma non comparve nessuno.

-Guardie!- Lionel chiamò con voce tonante all’interno del palazzo.

-Non serve chiamare le guardie! Noi ce ne andiamo subito!- Giada provò a trascinare Leo lontano, iniziando ad indietreggiare, e Leo era decisamente troppo confuso per opporre resistenza.

Purtroppo le guardie vennero anche alle loro spalle, ed entrambi si ritrovarono bloccati da delle spade puntate sulla schiena.

Deja-vu per Leo. Anche la sua prima volta lì era stato ferito alla schiena con delle spade. Almeno questa volta non era a testa in giù, era già un progresso.

Entrambi sollevarono le mani.

-C’è un grosso malinteso! Non siamo spie. Siamo degli inviati del tempio- insistette Giada, mostrando i suoi capelli -Io sono la semidea Yu, figlia di Jahlee, e lui è…- 

-Leo! Il cuoco! Ho lavorato qui per due mesi!- insistette Leo, guardandosi intorno per cercare qualche faccia familiare. Ma non aveva mai interagito molto con i cavalieri, ad eccezione dei suoi tre compagni di stanza e di…

-Che sta succedendo qui fuori?- chiese una voce conosciuta, uscendo dal castello con l’armatura, elmo e la spada già sguainata.

Non si vedeva il volto, ma Leo avrebbe riconosciuto la sua stazza e la sua voce tra mille.

-Chevel!- lo chiamò Leo illuminandosi.

A differenza che con Lionel, con Chevel aveva un rapporto piuttosto cordiale. Sicuramente lo avrebbe aiutato.

-Chi sono questi due?- chiese però Chevel, rivolgendosi a Lionel, e facendo evaporare l’entusiasmo di Leo.

-Dice di chiamarsi Leonardo, e di essere un cuoco. Dice di aver lavorato a palazzo- spiegò Lionel, guardando Leo dall’alto in basso.

-Un cuoco maschio a palazzo? Le spie di Valkrest stanno perdendo colpi. Catturateli e metteteli nelle segrete. Potrebbero offrire parecchie informazioni- Chevel scosse la testa, e incoraggiò i suoi sottoposti a catturarli.

-Jahlee!- provò nuovamente a chiamare Giada, urlando a squarciagola, ma il padre non comparve.

-Giada, che sta succedendo?- Leo si voltò verso di lei, sconvolto che persino Chevel stesse mantenendo la sciarada, fingendo di non ricordarsi di lui.

-Succede che se non voglio che torni nei sette regni, ho i miei motivi!- si lamentò la sua migliore amica, mentre decine di guardie armate si avvicinavano abbastanza da iniziare a legarli.

Leo era sconvolto.

Pensava che sarebbe andato tutto bene una volta raggiunto il castello, invece era ritornato ad essere creduto una spia e imprigionato. E considerando che adesso erano in una vera e propria guerra, dubitava che cucinare un paio di crepes sarebbe servito a salvarlo da quella situazione.

Ma come si era arrivati a quella situazione?

Forse è il caso di fare un passettino indietro, a circa… venti minuti prima, più o meno.

 

Dopo aver letto tutti e tre i libri che Giada gli aveva nascosto per sette mesi, Leo era rimasto praticamente chiuso in camera per tre giorni, inventandosi una finta punizione per non insospettire la sua migliore amica, e tranquillizzando la sua famiglia fingendo di avere iniziato una serie tv che lo stava prendendo fin troppo e non riusciva a staccarsi se non per mangiare, dormire e andare in bagno.

In realtà non stava neanche dormendo più di tanto.

Perché quei tre giorni di attesa, erano serviti per qualcosa che Leo non aveva mai fatto prima di allora, e probabilmente non avrebbe mai più fatto. Qualcosa di così lontano dal suo personaggio, che aveva iniziato ad avere crisi di identità.

Sì, signori miei, Leo aveva usato addirittura tre giorni interi… per preparare un piano!

Mi vengono i brividi solo a pensare a Leo che prepara qualsiasi cosa che non sia da mangiare. Eppure, l’aveva fatto. La faccenda era talmente importante, e Leo la stava prendendo così sul serio, che aveva preparato un intero enorme quaderno con tutti i piani che avrebbe messo in pratica una volta arrivato nei sette regni.

Perché, ovviamente, aveva intenzione di tornare nei sette regni il prima possibile.

Aveva anche fatto un calcolo per capire esattamente a che punto della Storia fossero i sette regni e quanto tempo aveva per cominciare con il salvataggio, e per fortuna, anche grazie al calendario lunare segnato nella Storia, che era lo stesso nella vita reale, era riuscito a capire tutto.

E l’unico motivo per cui aveva aspettato ben tre lunghi giorni era che voleva togliersi la luna piena così da evitare che Jahlee potesse rimandarlo immediatamente a casa.

Insomma, aveva pensato a tutto! Inizio a spaventarmi pure io!

E dopo i tre giorni di attesa e preparazione, era finalmente tornato a casa della sua migliore amica, fingendo di voler passare la mattinata con lei ora che non era più in punizione.

Aveva inviato un video per email a sua madre sapendo che l’avrebbe controllato solo dopo il lavoro, e cucinato per Isabella le meringhe, il suo dolce preferito, che era riuscito a realizzare dopo mesi di esercizio.

Ne avrebbe avute per parecchio tempo, e Leo sperava sarebbero servite a non farsi odiare più di tanto per essere in procinto di rompere la promessa che le aveva fatto.

Ma erano circostanze estreme ben fuori dal suo controllo. 

Lui DOVEVA tornare nei sette regni.

Ed eccolo lì, con una borsa di pelle piena di oggetti che gli sarebbero stati utili, vestito in modo non troppo moderno ma neanche troppo antico da sembrare strano agli occhi di Giada (una camicia con sopra un maglione fatto da sua nonna di colore marrone, pantaloni in tinta un po’ rovinati, scarpe di cuoio comode che aveva indossato nei sette regni e si era riportato a casa), e un sorriso rilassato.

Entrò in camera dopo aver passato e salutato la madre di Giada, e trovò quest’ultima intenta a scegliere cosa indossare. 

-Buongiorno- la salutò, casuale, avvicinandosi e controllando la sua scelta.

Era inverno, quindi i maglioni pesanti andavano per la maggiore, ma Giada sembrava indecisa tra quello e una maglia super colorata con sopra una giacchetta.

-Hey Leo? Già arrivato? Che mi consigli?- gli chiese Giada, indicando le due opzioni.

-Maglione. Fa freddo fuori e così siamo abbinati- Leo indicò il proprio abbigliamento, e Giada lo osservò attentamente, prima di prendere maglia e giacchetta.

-Oh, andiamo!- si lamentò Leo, sforzandosi di ridacchiare.

-Scherzo, scherzo… se aspetti qualche minuto sono pronta e possiamo uscire- Giada buttò maglia e giacchetta da parte, e strinse il maglione, facendo a Leo un occhiolino e iniziando a cambiarsi senza il minimo pudore.

Erano amici da una vita, non era la prima volta che Giada si cambiava davanti a lui, e a Leo non faceva assolutamente alcun effetto.

Approfittò della sua distrazione per guardarsi intorno, e cercare l’oggetto di cui aveva un disperato bisogno.

Lo trovò, come aveva immaginato, al collo della sua migliore amica: una collana con un ciondolo di giada con un drago scolpito sulla superficie. Il suo biglietto per tornare nei sette regni.

Beh, dai, almeno l’aveva trovato subito.

Anche se non era nel luogo che avrebbe sperato.

Prenderlo da Giada non sarebbe stato semplice, poco ma sicuro.

Ma Leo aveva pensato anche a quella eventualità.

Prese un profondo respiro, e si preparò a mettere in atto il piano.

-Allora, dove vuoi andare?- gli chiese Giada, una volta finito di cambiarsi, dirigendosi alla scarpiera per scegliere quali calzature indossare.

-Giada, posso parlarti?- Leo le parlò praticamente sopra.

L’amica si girò verso di lui, sorpresa dal suo tono così serio.

-Hai litigato di nuovo con tua madre?- chiese, dispiaciuta e pronta a confortarlo. 

-No, in realtà ci siamo salutati bene, anche se potrebbe odiarmi quando controllerà le mail una volta uscita da lavoro- borbottò Leo, scuotendo la testa.

-Perché? Le hai di nuovo mandato una compilation sui meme di Masterchef?- indovinò Giada, roteando gli occhi.

-Nah, solo un video di circa venti minuti… ma non è importante. Ti volevo parlare dei sette regni- Leo si appoggiò allo stipite della porta, e assunse un tono rilassato.

Giada si irrigidì appena, poi sospirò.

-Leo, pensavo avessimo deciso di aspettare un altro po’- gli ricordò, tornando ad analizzare scarpe per scegliere le migliori da mettere.

-Tranquilla, non ti sto chiedendo di portarmi lì, ma mi è venuta un’ottima idea- Leo non stava mentendo. Non le avrebbe mai chiesto di portarlo nei sette regni, perché aveva ormai capito che Giada non aveva la minima intenzione di assecondarlo, e Leo non voleva perdere tempo provando a convincerla.

-Che idea?- Giada gli chiese, titubante, ignorando le scarpe e guardandolo di sottecchi, parecchio allertata nonostante Leo stesse cercando di essere il più tranquillo possibile.

-Perché non mi fai leggere la Storia, così so esattamente cosa sta succedendo nei sette regni e mi tolgo un po’ di nostalgia?- le propose, entusiasta.

Leo la vide fisicamente impallidire, e lanciare un’occhiata terrorizzata ai libri sullo scaffale.

-Wow, pensavo che non volessi spoilerarti nulla sul futuro dei tuoi amici, per non rischiare di fartelo sfuggire una volta tornato a Jediah- gli ricordò Giada.

Sul serio, Giada?! 

Questa è la tua scusa?!

…ci stava, in effetti.

Era vero che Leo si era sempre rifiutato di leggere la Storia, anche per non lasciarsi influenzare.

Ma che Giada lo usasse contro di lui per mantenere il segreto… era crudele!

-Non voglio spoilerarmi il futuro. Solo il presente! Così so che stanno tutti bene e in salute. Non vorrei mai che, non lo so, ci fosse una guerra tra Jediah e Valkrest e tutti i miei amici morissero tra atroci sofferenze senza che io lo venga a sapere- Leo fece uscire una risata, e osservò la reazione di Giada alla sua “battuta”.

La semidea era impallidita e aveva sgranato gli occhi, ma rapidamente aveva mascherato il suo sbigottimento scuotendo la testa, e assumendo un’espressione incredula.

-Ma che fantasia hai, Leo? Ci credo che la notte non dormi, se pensi a queste trame assurde- fece la finta tonta, e tornò alle scarpe, per distrarre l’attenzione di Leo e soprattutto sbrigarsi ad uscire da lì, probabilmente per evitare che l’amico insistesse sulla questione libri.

-Stavo scherzando. Se la Storia avesse una svolta del genere, tu me lo diresti- Leo agitò la mano davanti a sé come a surclassare la questione.

Giada continuò a dargli le spalle, e a concentrarsi sulla scelta delle scarpe.

-Metterei gli stivali se fossi in te. Sono scomodi ma stanno molto bene con il maglione, e non credo che cammineremo molto- le suggerì Leo, restando immobile accanto alla porta.

-Sicuro? Quella poca camminata che faremo sarà lenta come un bradipo- Giada accettò il cambio di argomento e valutò gli stivali consigliati da Leo.

-Non preoccuparti. Non c’è fretta di fare nulla, no?- Leo le lanciò una velata frecciatina, che Giada non colse, anche se gli lanciò un’occhiata leggermente confusa, prima di infilare gli stivali scelti da Leo.

Perfetto, l’aveva appena rallentata.

-Sono pronta… allora, dove andiamo?- Giada però decise che non aveva più tempo da perdere in quella stanza, e cercò di mettere fretta a Leo per uscire il prima possibile, e chiudere definitivamente l’aspetto “Sette Regni”.

Beh, Leo aveva altri piani.

-Aspetta, aspetta… e la Storia? A che volume siamo?- insistette, indicando la libreria.

Giada strinse i denti, e lanciò ai volumi un’occhiata allarmata.

-Onestamente non lo ricordo. È da parecchio che non li leggo, e sono in ordine sparso. Penso che dovrei risistemarli, e potrebbe volerci un po’. Perché non ne riparliamo in un periodo in cui sono un po’ più libera? Mi potrai aiutare a classificarli, se vuoi- Giada cercò di rifiutare la sua richiesta e allo stesso tempo incoraggiarlo.

Wow.

C’era un motivo se in sette mesi non aveva mai dubitato della buona fede della sua migliore amica: era davvero brava a cappottarlo con le sue parole e la sua manipolazione.

E poi… era la sua migliore amica. Era normale che Leo si fidasse di lei.

Ma non più.

Le aveva dato l’occasione di ammettere le sue omissioni, ma lei continuava il suo gioco.

Era il caso di mostrare alcune carte.

-Sicura? A me sembrano in ordine. Ad eccezione dei tre volumi sulla guerra tra Jediah e Valkrest che culminerà con l’annientamento dei ribelli antimonarchici- commentò, pensieroso.

Sì.. non “alcune carte”, ma tutte le carte.

Vabbè, è Leo.

Calò un silenzio carico di tensione. Giada si girò lentamente verso di lui, mostrando chiaramente quanto fosse sconvolta.

-…cosa?- chiese, in un sussurro, lanciando un’occhiata allarmata al cassetto dove aveva tentato di nascondere i libri incriminati.

-Sì, è esattamente lì che stavano. Beh, prima che io li trovassi e li portassi in camera mia, dove sono adesso. Li avrei riportati, ma occupavano molto spazio nella borsa e ho preferito lasciarli in casa- spiegò Leo, alzando le spalle, e poi incrociando le braccia e finalmente lasciandosi andare ad un’espressione seccata diretta alla sua migliore amica.

Giù la maschera, era ora di parlare!

Giada sospirò, e abbassò lo sguardo.

-Da quanto tempo lo sai?- chiese torturandosi una ciocca di capelli.

-Tre giorni. Mia madre non mi aveva messo in punizione, stavo solo cercando di accettare il fatto che la mia migliore amica mi ha mentito per sette mesi e mi ha tenuta nascosta una cosa così maledettamente importante!- spiegò Leo, alzando appena la voce e mostrando chiaramente quanto fosse arrabbiato.

Evento davvero davvero raro, come sapete.

-Mi dispiace, Leo. Ma stavo solo cercando di proteggerti. Non volevo che la notizia ti facesse male- si giustificò la ragazza, in tono pieno di rimpianto.

-Quindi non hai mai avuto l’intenzione di rispettare la promessa che mi avevi fatto! O stavi aspettando che diventassi vecchio o che morissi prima di riportarmi lì?!- Leo iniziò ad accusarla, avvicinandosi appena ma restando sempre il più vicino possibile alla porta della camera.

-Speravo che procrastinando ti saresti dimenticato presto di voler tornare. Hai ancora i traumi per quello che hai passato. Non capisco perché insisti se non hai assolutamente niente che ti aspetta, lì- borbottò Giada, mettendosi particolarmente sulla difensiva.

-Niente che mi aspetta?! Alex, Opal, il re e la regina, Anna, Mary, Jane, Mildred, Chevel, Persian, Dotty e… Daryan. Ti sembrano niente?! E ora quasi tutte queste persone moriranno entro pochi mesi! E tu non volevi neanche farmelo sapere!- Leo si prese la mano sinistra prima che potesse far partire inavvertitamente un colpo di ghiaccio. Ne aveva bisogno per il suo piano, anche se stava andando per la tangente con quel discorso.

Probabilmente sarebbe stato più comodo fare quello che voleva fare senza parlare prima con Giada, ma aveva bisogno di sapere perché la sua migliore amica gli aveva mentito. Se non poteva neanche fidarsi di lei, che gli era sempre stata accanto fin dai primi anni del liceo, di chi poteva fidarsi?!

-Volevo risparmiarti una sofferenza inutile. Non puoi fare assolutamente nulla per aiutarli, quindi perché farti stare male?! Ti ho mentito per proteggerti!- Giada difese a spada tratta le sue scelte.

-Non posso fare nulla per salvarli? E questo chi l’ha deciso?- la provocò Leo, stringendo i pugni.

Giada fece un passo indietro, e portò inconsciamente una mano alla collana, che però tolse subito.

-Leo… quella è una guerra. Migliaia di persone moriranno. Ci saranno armi, sangue, combattimenti e piani machiavellici. Tu sei solo un ragazzo che cucina. Non c’è assolutamente nulla che tu possa fare per interrompere una guerra e salvare la vita delle persone. Se anche volessi provarci, finiresti ucciso- cercò di farlo ragionare, e di fargli rendere conto dei suoi limiti.

-Beh… ho ancora sei vite- le ricordò Leo, sfiorando il punto sull’ombelico dove aveva il marchio della benedizione di Jahlee.

-E di certo non le sprecherai cercando di fare l’eroe. Leo… mi dispiace non averti detto la verità, ma spero che questa sia un’occasione che ti permetterà di andare avanti. Quello non è il tuo mondo. Questo è il tuo mondo, e non puoi continuare a vivere nel ricordo di quei due mesi e perderti tutto ciò che la vita reale ha da offrire- Giada provò a convincerlo a lasciar perdere. Cercava di essere incoraggiante, realista e logica.

Leo sapeva che c’era un fondo di verità in quello che diceva.

Si guardò la mano dove il tatuaggio di Noella brillava di arancione.

-Sai… negli ultimi mesi ci sono stati tanti… troppi momenti dove iniziavo a dubitare che la mia avventura fosse stata reale. Ho iniziato a credere di essere impazzito, o che mi fossi drogato ad Amsterdam immaginando tutto, e… sai l’unica cosa che mi teneva ancorato alla realtà? Questo tatuaggio- Leo lo mostrò a Giada, avvicinandosi un altro po’.

-Leo… è stata un’esperienza traumatica. Ancorarsi al passato non ti aiuterà a superarlo- gli fece notare lei, scuotendo appena la testa. 

-Creare una scultura ogni volta che mi sentivo un folle mi ha aiutato ad avere padronanza assoluta di questo potere… ma forse hai ragione, forse non sono mai veramente tornato dai sette regni. Non riesco ad andare avanti, e dovrei farlo…- ammise Leo, abbassando la testa.

Giada gli mise una mano sulla spalla, confortante.

-Leo… è la scelta migliore- lo incoraggiò a lasciare tutto perdere.

Leo alzò lo sguardo nuovamente verso di lei, e accennò un triste sorriso.

-Però, devo dire… non ti facevo così tanto bugiarda- sorriso che divenne presto freddo e si accompagnò ad uno sguardo estremamente arrabbiato.

Giada gli tolse la mano dalla spalla, come scottata.

-Leo, te l’ho detto! Ti ho mentito per…- iniziò a giustificarsi, ma Leo non la fece finire, e scosse la testa.

-Proteggermi? Forse. Ma il motivo vero che ti ha spinto a nascondermi la verità non erano i miei sentimenti, e lo sappiamo entrambi benissimo- la accusò Leo, facendo un altro passo verso di lei. Erano ormai a poca distanza, ma non troppo poca.

Esattamente come Leo voleva.

Tutto stava procedendo secondo i piani.

…Leo mi spaventa quando fa così. Che fine ha fatto il nostro idiota?!

-Leo, ma che stai dicendo? Probabilmente sei molto stanco. Meglio spostare la conversazione a…- Giada provò a chiudere l’argomento, e a posticipare, incoraggiandolo a spostarsi, ma Leo non si mosse, e continuò a fissarla.

-Abbiamo posticipato parecchio, mi pare. E non sono stanco, anche se sono tre giorni che non dormo per più di due ore a notte e ho preso almeno otto caffè solo stamattina, ma questi sono dettagli… il motivo per cui non me l’hai detto non è per preservare i miei sentimenti- Leo tornò al succo del discorso dopo una breve distrazione.

-E per quale altro motivo, sentiamo- Giada alzò gli occhi al cielo, già pronta a negare qualsiasi affermazione futura di Leo, anche quella giusta che stava per formulare.

-Tu sapevi che se avessi scoperto che quasi tutti i miei amici sarebbero morti in guerra, non ci sarebbe stata divinità che mi avrebbe fermato dal fare tutto quanto in mio potere per cambiare la Storia e salvare tutti quanti, o morire provandoci, cosa che potrò fare per sei volte, quindi un ottimo punto di partenza…- Leo si aprì in un enorme sorriso innocente e allo stesso tempo pieno di determinazione.

E prima che Giada potesse obiettare, prima che potesse difendersi, o capire che Leo aveva pianificato quella situazione, il cuoco non perse tempo.

Sollevò il braccio destro, afferrando con la mano la collana che gli avrebbe permesso di tornare nei sette regni, e la tirò abbastanza da rompere la catenella che la teneva legata al collo della sua migliore amica.

Poi, senza dare il tempo a Giada neanche di sollevare un braccio, Leo la spinse via con la mano sinistra, facendo partire un colpo di ghiaccio che le circondò completamente il corpo, dal petto alle gambe, lasciandole libera solo la testa.

Infine corse con tutta la velocità possibile fuori dalla porta, che aveva lasciato aperta e libera apposta per la sua fuga.

La sua speranza era che Giada sarebbe rimasta troppo scioccata per liberarsi immediatamente con i propri poteri (capacità di trasformare il proprio corpo in ogni tipo di pietra preziosa, anche quelle dure come i diamanti) e partire all’inseguimento.

E così fu… per circa mezzo secondo.

-Leonardo!- Giada infatti si riprese in fretta, e gli stivali scomodi furono poco di aiuto a Leo per sfuggirle.

Ma non lo avrebbero fermato, poco ma sicuro.

Scese in fretta le scale, cercando di usare il ciondolo per aprire il portale davanti a lui, o ai suoi piedi, ma non sembrava riuscire ad attivarlo.

Forse serviva una parola magica, o poteva essere attivato solo da Giada? In tal caso sarebbe stato un problema, ma non doveva essere così. I manufatti divini potevano essere usati indiscriminatamente da tutti, Leo l’aveva sperimentato più volte.

E aveva visto Giada creare il portale, il giorno del loro ritorno.

Aveva la mano sinistra sulla pietra, e con la destra aveva tracciato un cerchio davanti a lei.

Ma per quanto Leo provasse a fare altrettanto, non si stava aprendo niente.

Che fosse scarico?

Per un attimo gli prese il panico e temette che non sarebbe riuscito nell’impresa tanto a lungo progettata (tre giorni erano tanto per Leo).

E il panico aumentò quando si scontrò con Silvia, la madre di Giada, alla porta d’ingresso.

Rimase fermo un istante, pronto a scattare nel caso lei avesse tentato di bloccarlo, ma Silvia si fece da parte, e fece un segno con le mani come a mettersi una collana al collo.

Giusto! 

Le reliquie dovevano essere indossate per funzionare! Era stato così per l’orecchino telepatico di Remington!

Leo uscì fuori da casa di Giada, sempre correndo per evitare che l’amica lo raggiungesse, ancora mezza congelata, e con le scarpe super scomode. Poi prese la collana con la mano sinistra, e con la destra provò a concentrarsi e far aprire un portale per terra, concentrandosi sul palazzo di Jediah: i giardini reali, l’ingresso, le guglie. Riusciva già a figurarselo davanti agli occhi, nonostante i mesi passati senza vederlo.

E quasi immediatamente, si aprì un portale sul pavimento a pochi passi da lui.

Con il cuore che batteva a mille, Leo ci si buttò dentro.

E pochi istanti prima che il portale si richiudesse, Giada riuscì a seguirlo, finendo a terra con molta meno grazia.

E il resto, beh, lo conoscete.

 

Infatti siamo ritornati al presente, dove un confuso Leo stava per essere catturato dalle stesse persone che stava tentando in tutti i modi di salvare.

…deja-vu.

Ma non doveva essere un deja-vu!

Perché diamine Chevel non si ricordava di lui?!

Perché nessuno sembrava conoscerlo?!

Leo aveva poco tempo per reagire, e troppi minuti di attesa prima del prossimo colpo di ghiaccio.

Le guardie erano già intente a legare Giada, e si avvicinarono a lui con lo stesso intento.

Leo approfittò dei pochi istanti che gli mancavano prima di farsi legare le mani dietro la schiena per controllare il timer.

-Tre minuti e trentasette secondi- disse ad alta voce, rivolto a Giada, che lo guardò confusa per un attimo, ma poi sgranò gli occhi, e annuì appena.

-Cosa hai detto?- chiese Chevel, confuso, avvicinandosi appena.

Leo non oppose resistenza quando Lionel gli legò le braccia con pesanti corde.

Ora si trattava solo di prendere tempo.

E Leo era un re del parlare a vanvera.

-State commettendo un grosso sbaglio. Noi siamo alleati di Jediah. Lo giuro. Non serve catturarmi per ottenere da me informazioni. Se volete vi dico tutti i piani di Valkrest per i prossimi mesi- si mise a disposizione, con un grande sorriso incoraggiante.

-Dubito che darebbero ad una spia queste informazioni. Pensi davvero che cadremmo così facilmente in trappola?!- Chevel era ben poco interessato, scosse la testa e indicò l’ingresso dietro di sé. -Scortateli dentro-.

-No, un momento… parliamone… è vero che lavoravo per Valkrest… alla corte del principe, ma… sono venuto qui perché ho deciso di cambiare fazione- Leo iniziò a inventarsi una finta backstory. Sperava che non avrebbe mai più dovuto mentire per entrare a palazzo o liberarsi dai guai, ma a mali estremi, estremi rimedi.

Almeno stava mentendo solo a Chevel, e non a Daryan.

Si sarebbe sentito troppo in colpa a mentire a Daryan sulla sua identità per la seconda volta.

E poi… magari poteva convincere Chevel a farlo andare in colloquio con il principe! Avrebbe spiegato al principe tutto, e Daryan gli avrebbe creduto.

E si sarebbe ricordato di lui.

Daryan non poteva essersi dimenticato di lui.

…vero?

Più pensava alla possibilità, più l’idea di vederlo e confermarla lo atterriva.

-Oh, e cosa ti avrebbe portato a cambiare fazione, sentiamo?- la voce di Chevel era piena di scherno, ed era chiaro che non credesse ad una sola parola.

Coerente con il suo carattere.

Anche la prima volta Chevel era sempre stato l’unico completamente immune a tutte le cavolate di Leo.

Ma questa volta Leo sapeva davvero le informazioni.

Aveva letto la Storia e sapeva perfettamente quali eventi fossero accaduti.

-La battaglia dei laghi arcobaleno- citò uno degli eventi passati che più lo aveva disgustato.

E questo sembrò attirare l’attenzione di Chevel.

-La battaglia ai laghi arcobaleno? Elabora…- lo incoraggiò, avvicinandosi appena.

-Ho visto solo da lontano, per ottenere informazioni da rivelare poi al principe, ma è stato bruttissimo. I sette laghi coperti di sangue, lo sciacallaggio selvaggio… pensavo che Victor stesse solo facendo il meglio per il regno, ma dopo quello che ho visto, non posso più sostenerlo. Per questo sono venuto qui ad avvertirvi- era un’ottima storia di copertura. Chissà, magari li avrebbe davvero convinti.

La Storia raccontava che la battaglia dei laghi arcobaleno era stata la più sanguinosa fino ad allora. L’esercito di Valkrest aveva completamente privato i laghi di tutte le loro pietre preziose, tranne quello dedicato al dio Valkrest. L’esercito di Jediah aveva tentato di respingere l’attacco, capitanato da Chevel, e c’erano state molte perdite e innumerevoli feriti tra i soldati.

Nessun civile coinvolto, per fortuna, ma comunque molto sanguinoso.

E tutti i laghi si erano tinti di rosso sangue.

Solo il pensiero era terrificante. 

-Tu non hai visto un campo di battaglia neanche da lontano, ragazzo- Chevel scosse la testa, non credendo ad una sola parola, e si tolse l’elmo, mostrando finalmente il suo volto.

Leo sapeva che era rimasto ferito in quella battaglia, ma non era pronto a vederlo per davvero.

E il Chevel che gli si parò davanti fu completamente diverso dalla persona che Leo aveva conosciuto sette mesi prima.

I suoi capelli erano rasati a zero, il volto era dilaniato da cicatrici e ferite.

Ma ciò che colpì maggiormente Leo furono i suoi occhi.

Chevel era sempre stato piuttosto brusco, scontroso e irascibile. Ma anche lui ogni tanto sorrideva. Battibeccava con Persian, e teneva profondamente a Daryan. Il suo sguardo era sempre stato fondamentalmente limpido e aperto. Sotto la corazza tsundere si era sempre celato un cuore grande.

E ora… quel cuore grande c’era ancora, Leo ne era certo, ma era sepolto molto più in profondità, sotto una corazza spessa il doppio di prima, e dietro degli occhi scuri e ormai del tutto privi del calore originario.

A Leo gli si strinse il cuore nel vedere il suo amico così spezzato.

E probabilmente il suo volto esprimeva tutta la sua sofferenza, perché Chevel grugnì, infastidito, e rimise l’elmo in testa.

-Tsk, come volevasi dimostrare. Non sai neanche di cosa stai parlando. Tu la battaglia dei laghi arcobaleno l’hai a malapena sentita raccontare- lo accusò, dandogli le spalle.

-E allora? Perché la mia buona volontà dovrebbe valere di meno solo perché non ho vissuto in prima persona la battaglia? Voglio davvero aiutarvi e fermare questa insulsa guerra!- Leo mise tutta la propria sincerità sul tavolo, cercando di convincere Chevel a dargli un’occasione.

-Non rischierò il benessere del mio popolo per una dichiarazione così debole. E comunque non sono discorsi da fare qui. Portateli dentro- Chevel però era troppo indurito e sospettoso per accettare tale sincerità.

Ma forse qualcun altro l’avrebbe fatto.

-Quindi una volta catturati, potremo parlare con il principe e spiegare la nostra storia?- chiese Leo, speranzoso. Magari farsi catturare non era una pessima idea.

Chevel si esibì in una risata priva di gioia.

-Tu non vedrai il principe neanche a cento metri di distanza. No, rimarrete in cella fino alla fine della guerra. E forse interrogati, ma dubito che potremmo mai credere alla parola di spie di Valkrest. Siete subdoli e crudeli come pochi- Chevel gli diede prospettive tutt’altro che rosee, e Leo capì che se voleva salvare tutti quanti, non poteva affidarsi a Chevel, e di certo non poteva farsi catturare.

Aveva solo tre giorni di tempo per raggiungere il borgo dove Alex sarebbe… non poteva essere catturato dalle guardie del palazzo.

-Speravo davvero di ottenere collaborazione, speravo che potessimo essere amici…- Leo continuò a prendere tempo, scandendo bene le parole.

-Dove hai vissuto finora, in una bolla? Siamo in guerra!- gli ricordò Chevel, iniziando davvero ad irritarsi.

Certe cose non cambiavano mai. Chevel poteva anche non ricordarsi di Leo, ma si sarebbe sempre irritato con lui.

-Lo so, lo so… se ti dicessi dove ho vissuto finora non mi crederesti, ma vuoi sapere la verità vera delle cose? Se aspetti qualche secondo prima di portarmi dentro riuscirai a conoscere la verità vera del mio scopo qui a palazzo, e…- con il tempo che si faceva sempre minore, tenuto da Giada, Leo sperava, il cuoco cercò di elaborare in fretta un piano di fuga, e a parlare nel frattempo per posticipare il suo rientro a palazzo.

-No, non mi interessa- Chevel non si fece abbindolare, e fece cenno a due guardie di afferrarlo.

-Statemi lontani, posso camminare anche da solo. Se proprio volete tenermi sotto scacco… perché non mi puntate una spada alla schiena?- propose, con un’idea che iniziava a formarsi nella sua mente.

Era rischiosa, ma poteva funzionare.

-D’accordo. Lionel, puntagli pure una spada alla schiena- Chevel scosse la testa, e incoraggiò il cavaliere a seguire l’indicazione di Leo. Era convinto che il cuoco stesse solo dando i numeri, e non sapesse neanche cosa stesse chiedendo.

Effettivamente Leo aveva solo una vaga idea, ma meglio di niente.

Giada lo fissava sconvolta, ma non disse niente, per non perdere il conto alla rovescia.

-Non vi conviene guardarmi dall’alto in basso. Io sono venuto qui con intenti amichevoli, ed è così che mi ripagate? Bah, dovreste vergognarvi- Leo cambiò copione, e iniziò a dare veramente i numeri, e a fingersi arrabbiato per mettere sull’attenti i cavalieri, che avevano tutti le spade sguainate contro di loro, e che inconsciamente si ritrovarono a stringere la presa.

-Leo…- Giada si lasciò sfuggire un lamento, molto preoccupata dal suo possibile piano.

-Che c’è?- Leo le si rivolse, senza capire se stesse confermando che era finito il tempo o se avesse deciso di non aiutarlo più.

-Forse è meglio collaborare, farci catturare, e aspettare che venga qualcuno dal tempo a recuperarci- Giada mostrò di aver deciso di non tenere più il tempo per lui, e di essere pro-“imprigioniamo Leo”.

Grande amica!

Bene, Leo ci avrebbe pensato da solo.

-Così potranno morire tutti come vuoi tu, vero Giada?- la accusò, allertando le guardie -Beh, col cavolo!- aggiunse poi, con sicurezza e determinazione, prima di buttarsi con tutta la forza che aveva sulla spada sguainata di Lionel, che fu talmente preso in contropiede da spingerla ancora di più contro di lui, spezzando le corde che gli tenevano legati i polsi, e infilzandolo come un kebab da una parte all’altra.

Leo sentì un dolore che non aveva mai provato prima, e per un attimo pensò seriamente che questa volta sarebbe morto.

Era stato praticamente un suicidio, dopotutto, e i suicidi non erano compresi nella benedizione salvavita di Jahlee.

Poi un enorme ondata di luce viola sbalzò spada, Lionel e tutte le guardie lontano da Leo, che approfittò della neo-raggiunta libertà e dello shock generale per fare dietro front e scappare il più velocemente possibile da lì.

Controllò velocemente il timer, e fu felice nel constatare che era scaduto, così si girò giusto un momento, e creò un enorme muro di ghiaccio tra sé e gli assalitori, Giada compresa.

Molto meglio lasciarla catturata se era quello che voleva, no?

Lui aveva altro a cui pensare e non poteva rischiare che lei gli mettesse i bastoni tra le ruote.

Corse con tutto il fiato che aveva in corpo, girandosi solo ogni tanto per assicurarsi di non essere seguito, e presto raggiunse il bosco confinante con il castello. Ci si era già perso una volta, durante il primo mese passato lì, sempre scappando dalle guardie reali, ora che ci pensava. 

Certo che i primi mesi, quando nessuno si fidava di lui ed era bullizzato dai compagni di stanza, erano stati piuttosto difficili da sopportare.

E l’idea di vivere nuovamente quella situazione… non era poi molto piacevole, doveva ammetterlo.

Sospirò, e si posò contro un albero, riprendendo fiato, e sperando di essere abbastanza lontano e nascosto da non essere ricatturato almeno per altri sette minuti. 

O meglio… quattro minuti.

Wow aveva corso per tre minuti, la sua stamina stava migliorando.

…seriamente, Leo, non hai speranze in guerra.

E aveva anche appena buttato una vita in modo davvero stupido.

Leo sollevò il maglione e la camicia per controllare il tatuaggio di Jahlee, e non si sorprese nel notare che al centro del diamante viola che gli circondava l’ombelico, il numero 6 era stato sostituito da un 5.

Non era così che si aspettava di arrivare a cinque, doveva ammetterlo.

Si ricoprì, cercando di non prendere freddo, dato che era inverno anche nei sette regni e il suo respiro sollevava già qualche nuvoletta, e si guardò intorno, chiedendosi cosa sarebbe stato meglio fare in quel momento.

I suoi piani ben congegnati per tre giorni, dopotutto, non prevedevano minimamente che la corte non si ricordasse di lui.

…non aveva pianificato effettivamente cose da fare. Aveva solo previsto il modo di tornare lì, e poi avrebbe consegnato tutte le sue conoscenze sulla Storia a Daryan che avrebbe creato dei piani per prevenire tutto.

Era Daryan quello sveglio, non lui.

Daryan, Persian, Opal e la corte.

Leo era stupido!

E senza il sostegno del principe e dei cavalieri, era effettivamente impossibile per lui salvare tutti quanti e concludere la guerra.

Maledizione!

Leo tirò fuori dalla borsa il quaderno dove aveva segnato tutti gli eventi importanti e i dettagli ad essi associati.

Se i suoi calcoli erano giusti, il prossimo grande attacco con numerose vittime, tra cui Alex, sarebbe stato tra tre giorni in un borgo a parecchi chilometri dal castello, nella strada verso il tempio.

Leo non aveva la minima idea di dove fosse, ma sapeva il nome, quindi se raggiungeva la città più vicina poteva chiedere in giro e magari rimediare un passaggio verso tale borgo, magari barattandolo con del cibo.

E per raggiungere la città più vicina… non era stato troppe volte fuori da palazzo, ma c’erano strade per le carrozze, poteva seguirle a piedi, magari ai limiti del bosco o di foreste in generale, nel caso qualcuno avesse cercato di catturarlo.

Sì, era un bel piano!

Purtroppo non riuscì ad eseguirlo.

Perché senza che se ne accorgesse, qualcuno lo aveva raggiunto.

-Leo, ma sei completamente impazzito?!- esclamò l’inconfondibile voce di Giada, prendendolo di sorpresa alle spalle e afferrandogli la mano con il potere in una morsa di diamante.

-Mi hai fatto infartare!- si lamentò Leo, che ancora sentiva il dolore della spada sulla schiena, e non voleva avere subito un altro evento mortale.

-Sei tu ad aver fatto infartare me! Ma che ti è saltato in mente?! Rubare la collana, venire qui, e poi anche cercare di ucciderti! Pensi che le vite che ti ha concesso mio padre siano spendibili come monetine in un arcade?!- lo rimproverò lei, immobilizzandolo a terra.

-Avevo un piano! E avrebbe funzionato se tutte le persone del castello non si fossero dimenticate della mia esistenza. Perché non me lo hai detto?!- Leo alzò la voce a sua volta, provando a ribellarsi ma non potendo nulla contro la presa d’acciaio, o meglio, di diamante, della sua migliore amica…. sempre se si potesse ancora definire tale.

-Perché non avevo la minima intenzione di farti tornare qui. Quindi perché dirtelo?!- rispose ovvia Giada. Ormai non provava neanche più a fare la gentile e a manipolare Leo con omissioni e bugie. Si era rotta le scatole anche lei.

-Perché mi riguarda, caspiterina! Quante persone hanno dimenticato la mia esistenza? Per quanto tempo? Da quanto tempo? Perché?!- iniziò a chiedere Leo, ferito dalla situazione.

Due mesi passati a palazzo erano davvero stati cancellati così, come se non fossero mai successi?

-Tutti, per sempre, uno o due giorni dopo la nostra partenza, e perché avevi fatto un casino nella Storia e gli dei dovevano rimediare- Giada rispose a tutte le sue domande una di seguito all’altra.

-Sono stati gli dei?- ripeté Leo, senza sapere perché fosse così sorpreso. Dopotutto erano gli unici ad avere un potere tanto forte.

Ma teoricamente non dovevano porter interferire con affari umani.

…la Storia iniziava a convincere Leo sempre meno.

-È la manovra di emergenza: Veer e Omish si sono alleati per cancellare dalla memoria e dal mondo ogni singola traccia del tuo passaggio. Per gli annali, per la Storia, e per tutti i personaggi, tu non sei mai esistito!- gli spiegò Giada.

Il cuore di Leo perse un battito.

Era davvero così seria la faccenda?!

E Giada glielo diceva con tale casualità, come se non fosse una cosa importante?!

Leo iniziò a ribellarsi con più vigore.

-Tu lo sapevi da prima, non è così?! Per questo volevi che me ne andassi senza salutare! Per questo mi dicevi che non doveva importarmi l’opinione che avevano le persone di me. Sapevi dall’inizio che avrebbero dimenticato tutto di me! Per questo… per questo mi hai spinto a lasciare Daryan!- la voce di Leo si spezzò, e si rese conto che aveva iniziato a piangere, senza potersi trattenere.

Non riusciva a credere che Giada gli avesse fatto una cosa del genere.

Come aveva potuto essere così crudele?!

-Tu e Daryan vi sareste lasciati comunque, ho solo cercato di farvi chiudere in fretta per evitare che restassi troppo ferito- si giustificò Giada.

Ma Leo non riusciva più a trovare niente di ragionevole nelle sue giustificazioni.

Non aveva il minimo senso!

Parlava come se quel mondo, quelle persone, non fossero altro che personaggi monodimensionali di un libro, e Leo fosse un idiota ad essersi preso una cottarella per uno di loro.

-Quindi tu puoi restare in contatto con il tuo fidanzato, ma se me ne trovo io uno allora non va bene?! Un peso e due misure, ipocrita!- la accusò Leo, alludendo a Remington.

La presa di Giada si fece molto più forte.

-Non è il momento di parlare di Remington! Ma se proprio lo vuoi sapere, ho interrotto il legame!- gli rivelò lei, con una chiara nota ferita nella voce.

-Cosa?!- Leo era sconvolto, per un attimo smise di ribellarsi.

-Non abbiamo più il collegamento mentale. Non avendo più intenzione di tornare ho pensato fosse più logico chiudere ogni contatto- spiegò lei.

Leo era senza parole.

E probabilmente in circostanze normali, sarebbe stato dispiaciuto per la sua migliore amica, e per il ragazzo che amava e con cui non poteva stare insieme.

Ma quelle non erano circostanze normali, e Leo era troppo furibondo per essere empatico.

-Oh, bene! Quindi non sei Miss Freddezza solo con me. Fa piacere sapere che ti comporti uno schifo anche con il resto del mondo!- si ritrovò a dire, dandole la colpa dell’amore mancato di entrambi.

-Non volevo ferirti!- insistette Giada, alzando la voce fino ad urlare.

-Notizia dell’ultima ora: sono ferito! Nel corpo, nello spirito, e nei sentimenti!- le fece notare Leo, cercando di far prevalere la rabbia per mantenersi forte, ma continuando a singhiozzare.

-Solo per colpa della tua impulsività…- lo rimproverò Giada, sbuffando -…ma ora che sai tutto, converrai con me che è il caso di mantenere un profilo basso, andare al tempio, e dimenticarci di questa brutta esperienza. Poi tra un mese ce ne torniamo a casa, e questa volta mi assicurerò che non avremo mai più i mezzi per tornare qui- continuò poi, guardandosi intorno per controllare i dintorni, sempre mantenendo Leo completamente immobilizzato.

-Cosa?! No! Non mi farai tornare a casa! Non prima che io abbia salvato tutti!- obiettò Leo, ancora deciso a procedere nella sua missione.

-Gli dei non lo permetteranno! Pensi che anche se salvassi tutti non troveranno il modo di permettere alla Storia di tornare nel binario programmato? Non crederti un dio, Leo, perché non lo sei. Approfitta di non avere più legami per metterti tutta questa storia alle spalle- gli suggerì Giada, approfittando di avere Leo completamente sotto scacco per recuperare la propria collana, e rimettersela al collo.

Leo però sentì un’altra collana premergli contro il petto.

Una collana ben più preziosa: il ciondolo con l’opale di fuoco che la principessa Opal gli aveva regalato prima che partisse, chiedendogli di tornare presto a trovarla.

La principessa Opal, che sarebbe morta entro pochi mesi per seguire una Storia che altri avevano deciso per lei.

-Io ho ancora legami, Giada! Solo perché loro non si ricordano di me, non significa che io potrei mai dimenticarmi di loro! E non mi importa se la mia missione ha poche probabilità di riuscita, io non me ne starò con le mani in mano mentre le persone che amo muoiono una dietro l’altra per il volere di dei disinteressati- rimase fermo sui suoi ideali, e riuscì a liberarsi della presa di Giada sul suo braccio magico creandosi un enorme guanto di ghiaccio spessissimo, che usò per sbalzarla via con il massimo della propria forza.

Tentò quindi di alzarsi e scappare nuovamente, ma Giada non era stata presa in contropiede, e si era ormai tolta gli stivali scomodi, quindi gli fu subito nuovamente addosso, pronta a soggiogarlo e a trascinarlo dove voleva lei.

-Non capisci che sto solo cercando di proteggerti?!- si lamentò, irritata dalla testardaggine dell’amico.

-Non te l’ho mai chiesto! Non sei nessuno per decidere cosa posso o non posso fare- ribatté Leo, ribellandosi con più forza aiutato dal guanto di ghiaccio.

-Sono la tua migliore amica!- insistette Giada, ovvia.

-No! Non lo sei! Non sei neanche una normale amica, ormai!- esclamò Leo, con convinzione, stupendosi lui stesso delle sue parole, ma convenendo che fossero vere al 100%.

Giada non era più sua amica.

Dopo quello che gli aveva fatto, e quello che gli aveva tenuto nascosto, Leo non poteva più fidarsi di lei.

E a sentire quelle parole così categoriche, Giada si irrigidì, e sgranò gli occhi, sorpresa e ferita.

-Se non fosse stato per me, tu saresti morto prima ancora di finire qui la prima volta!- gli ricordò.

-Forse avresti dovuto lasciarmi morire, se non volevi che decidessi ti cambiare la Storia, perché non ho intenzione di ritirarmi!- Leo la spinse via approfittando del suo attimo di shock, e si rimise di nuovo in piedi, pronto a scappare.

-Sai che ti dico, Leonardo? Mi sono stancata di essere gentile!- affermò Giada, a denti stretti, prima di rifiondarsi contro di lui.

Leo si aspettò che provasse nuovamente a prendergli la mano di ghiaccio, ma lei puntò dritta alla testa, con la mano trasformata in topazio, e gli diede un colpo abbastanza forte da fargli perdere i sensi all’impatto.

 

Quando Leo si risvegliò, il dolore alla schiena era stato sostituito da un fortissimo dolore alla testa.

Cavolo, neanche quando Brandon l’aveva colpito alla base dei ribelli, aveva provato un dolore alla testa così acuto.

Alla faccia dell’amicizia.

Si alzò lentamente, massaggiandosi il punto di impatto, e iniziò a guardarsi intorno, mentre gli occhi si abituavano al buio sferzato da pochi lumi.

Il pavimento e i muri erano di pietra, Leo era in un letto di paglia parecchio scomodo, e c’era un vaso da notte poco distante, e un secchio d’acqua subito accanto. Molto poco igienico.

Nessuna finestra, e nessuna porta, solo delle sbarre di ferro che lo tenevano rinchiuso dentro.

Davvero la sua migliore amica l’aveva rinchiuso in cella?!

Senza neanche aspettare di riprendere del tutto controllo del suo corpo, Leo si alzò e si diresse verso le sbarre della prigione sotterranea, cercando di sfondarle con un colpo di ghiaccio.

Ma dalla sua mano non uscì nulla.

Cosa…?!

I suoi poteri di ghiaccio non avevano mai fallito. Controllò la mano: non c’era timer, quindi il colpo doveva essere pronto, ma il tatuaggio non brillava di arancione come al solito, ma era più tenue e spento. Che Noella avesse deciso di togliergli la benedizione?!

Leo provò a scuotere le sbarre, a sfondarle con il suo corpo, a scassinare la serratura, a passare attraverso facendosi piccolo e sottile, ma niente, le sbarre erano impossibili da superare.

Iniziò a salirgli un’ondata di panico e claustrofobia.

Non sapeva neanche che giorno fosse, e quanto mancasse alla morte di Alex, che doveva assolutamente evitare! E non solo la sua.

Anche Gideon sarebbe morto in quello scontro, e Leo aveva promesso sui sette dei che avrebbe sempre protetto quel bambino e i suoi amici.

-C’è qualcuno?! Vi prego! Liberatemi!- provò ad urlare con tutto il fiato che aveva in gola.

Ma oltre la cella, c’era un silenzio di tomba, interrotto solo dallo scoppiettio del fuoco nelle lanterne.

-Giada! Ti prego!- ripeté, nel panico.

-Jahlee…- provò a chiamare, sperando che la divinità gli facesse l’onore di una visita.

Lui, Giada e l’alta sacerdotessa erano gli unici a poterlo evocare, ma non era detto che avrebbe risposto alla sua chiamata.

Con Giada, a palazzo, non l’aveva fatto, dopotutto.

E Leo non vide niente apparire dal nulla.

Si appoggiò contro le sbarre, e si fece scivolare a terra, senza sapere minimamente cosa fare. Troppo provato e stanco per continuare a lottare, ma deciso a farlo comunque, senza arrendersi.

Iniziò a singhiozzare, senza potersi trattenere.

Non ce la faceva più.

Era un peso troppo grande da portare da solo sulle spalle.

-Jahlee, ti prego… ti prego lasciami andare…- sussurrò, quasi tra sé, senza aspettarsi risposta.

-Non posso farlo, ragazzo- sentì una voce parlargli da davanti, e di riflesso indietreggiò, sollevando lo sguardo verso la persona che aveva parlato.

Dall’altro lato della gabbia, con sguardo basso, e aspetto evanescente, c’era una figura in una tunica viola, con lunghi capelli viola e tratti asiatici.

-Jahlee…- lo riconobbe Leo, che l’aveva visto un paio di volte, durante la sua avventura.

-Queste sbarre e in generale l’intera cella sono un’unità di contenimento che non hai modo di superare a meno che io non decida di liberarti. I tuoi poteri non funzioneranno, perché gli altri dei non hanno giurisdizione nel mio tempio- gli spiegò, il tono senza traccia di emozione, senza guardarlo negli occhi.

-La prego, dio Jahlee, mi lasci andare!- provò a supplicarlo Leo, avvicinandosi e tornando ad afferrare le sbarre.

Il dio scosse la testa.

-Non posso…- ripetè, con una certa esitazione.

-Pensavo che mi avesse dato il suo sostegno con la sua benedizione!- insistette Leo, sporgendosi verso di lui.

-Ti avevo avvertito, Leonardo… mia figlia verrà sempre al primo posto- gli ricordò Jahlee, lanciandogli un’occhiata dispiaciuta, prima di sparire nel nulla.

-Ma… no…- Leo si ritrovò nuovamente solo, in gabbia, incapace di uscire, e senza mezzo piano.

Si sentì soffocare.

Non vedeva la luce alla fine di quel tunnel.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Leo in questo capitolo è una furia!

Persino un Leo, se si impegna, è capace di grandi cose.

…Leo è capace di grandi cose anche quando non si impegna, ma in questo caso si è anche impegnato.

E poi si è praticamente suicidato perdendo una vita in modo molto stupido, ma dettagli. Io trovo che il suo piano di fuga sia stato stupido, ma anche in linea con il suo personaggio, purtroppo.

Ed è finalmente tornato nei sette regni, yeeee!!!

E nessuno si ricorda di lui, noooooo!!!

Ma è in tempo per salvare Alex e tutti gli altri suoi amici, che sono ancora vivi, yeeeee!!!

Ma è stato fatto prigioniero al tempio e non ha modo di scappare, NOOOO!!!

Ce la farà? Salverà Alex? Si riunirà alla corte di Jediah? O sarà costretto a farsi i fatti suoi e chiedere l’elemosina per strada? 

Ma soprattutto… Daryan! Che fine ha fatto il principe? Anche lui avrà dimenticato Leo? (probabile, secondo quanto dice Giada).

Le risposte a queste domande nei prossimi capitoli… forse.

Che spero arriveranno presto.

Sono troppo in hype per questa parte della storia! E ho anche del tempo libero questi giorni, dato che ho finito tutti gli esami e mi manca solo la tesi. Wow! 

Insomma, spero di scrivere più velocemente, anche se non posso fare promesse ^^’

E spero che il capitolo vi sia piaciuto. Personalmente ci sono molti punti che mi è piaciuto troppo scrivere. Ma non abituatevi ad un Leo così risoluto, ahahahah.

Un bacione e alla prossima :-*

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Mi improvviso psicologo, veggente e salvatore... che volete, c'è crisi! ***


Mi improvviso psicologo, veggente e salvatore… che volete, c'è crisi!

 

Giada era venuta a trovarlo due volte da quando Leo era stato rinchiuso lì, e da ciò che il ragazzo aveva potuto indovinare, significava che fosse passato un giorno intero, dato che gli aveva portato il pranzo, e poi la cena.

Leo aveva mangiato, perché non avrebbe fatto lo sciopero della fame solo per darle fastidio, ma aveva aspettato che se ne andasse prima di girarsi.

Perché non aveva la minima intenzione di dedicare attenzione a quella falsa amica traditrice manipolatrice carceriera, quindi, ad entrambe le visite, si era messo di spalle, e non aveva risposto a nessuna delle sue domande, frasi preoccupate, o giustificazioni.

Non c’erano parole che Leo potesse dire di rimando, dopotutto, solo parolacce.

Ma questa è una storia family friendly, quindi nessuna parolaccia.

Pertanto Leo non aveva parlato.

Ma aveva pensato.

Aveva pensato eccome.

E lo scorso capitolo insegna che lasciare Leo chiuso da qualche parte a pensare e progettare cose non è mai una buona idea, per chi è contro Leo.

Purtroppo per Leo, però, in quel momento non aveva molti piani.

Aveva idee per quando sarebbe uscito da lì, ma nessuna per come uscire.

Le aveva davvero provate tutte, nelle ultime 24 ore.

Tranne cercare di convincere Giada, perché sapeva che era un caso perso.

Ma Jahlee…

L’aveva chiamato più volte, per fargli delle domande, e il dio si era presentato quasi sempre, per poi sparire dopo poche frasi.

Era palese che non fosse felice di come la situazione si fosse evoluta, ma era troppo assoggettato alla figlia per esprimere davvero i suoi pensieri. E Leo… non sapeva se lo capiva o no. 

Non aveva figli, ovviamente, ma aveva una sorella più piccola alla quale avrebbe dato il mondo.

Aveva degli amici che stava cercando di salvare con tutte le sue forze.

Sapeva cosa significava dare la priorità a qualcuno, che valeva più di sé stesso.

Ma Leo non aveva mai permesso che la priorità offuscasse la sua moralità, il suo giudizio, e i suoi ideali.

Ed infatti, a scapito della priorità verso sua sorella, aveva infranto la promessa fatta a lei perché provare a salvare tutti i suoi amici era più importante.

Jahlee… sembrava seguire gli ordini della figlia solo per farla felice, senza pensare a quello in cui lui credeva davvero.

Ma forse le divinità ragionavano in un modo impossibile da comprendere.

Solo che Leo doveva farlo, se voleva uscire da lì.

Anche se, ora come ora, sembrava un’impresa impossibile.

-Jahlee…- chiamò la divinità per la decima volta, quel giorno.

-Leonardo… potresti parlare con mia figlia? Sta davvero male per tutto quello che sta succedendo- esordì il dio, comparendo oltre la cella di Leo.

Compariva sempre fuori dalla cella, e mai dentro. Leo non sapeva se fosse perché la cella era fatta in un determinato modo che impediva anche al dio di entrare senza prima sbloccarla, o se cercasse semplicemente distanza da lui.

Sapeva che non aveva gradito il suo commento.

-Puoi dirle di liberarmi e aiutarmi, e poi potremo parlare- rispose con un sorrisino sgradevole.

Jahlee sospirò, e fece per sparire.

-Jahlee, devo farti una domanda- Leo però lo fermò, avvicinandosi all’uscita della cella.

-Non c’è assolutamente alcun modo di usarmi per aprire la cella contro la mia volontà, non sprecare energie a provarci- Jahlee mise subito le mani avanti.

-L’ho capito questo…- Leo roteò gli occhi. Aveva provato ad afferrargli la mano (immateriale) per usare le impronte digitali, a fargli dire parole d’ordine con l’inganno, a trascinarlo dentro afferrandolo per un polso (di nuovo, Jahlee era immateriale quindi non era servito)… aveva provato davvero di tutto.

-E non puoi metterti in contatto con Noella e i suoi poteri in nessun modo, e neanche con gli altri dei- aggiunse Jahlee.

-Grazie, avevo capito anche questo…- Leo aveva provato anche questa strada, con riti piuttosto ridicoli.

-Che domanda?- Jahlee alla fine decise di chiedere e basta.

Leo si sdraiò a terra. Il pavimento era gelido e sporco, ma almeno lo teneva più a contatto con la realtà della situazione.

E poi non c’era molta differenza tra il pavimento e il letto scomodo.

-Gli dei possono uccidermi?- chiese, in tono serissimo.

Jahlee rimase in silenzio qualche secondo.

-…elabora- disse poi, incoraggiandolo ad essere più specifico.

Leo si rimise a sedere, e lo guardò dritto negli occhi.

-Se io iniziassi a cambiare la storia, gli dei potrebbero decidere di farmi fuori con un fulmine o qualcosa del genere? Per impedirmi di continuare a cambiare le cose?- chiese. Rifletteva da parecchio sulla cosa. Era fondamentale per capire quanto potesse cambiare senza conseguenze.

Perché lui, in qualche modo, avrebbe cambiato la Storia.

Fine della storia!

…letteralmente, fine della Storia, l’avrebbe fatta finire.

-Se ti dicessi che possono farlo, smetteresti di provare a scappare?- chiese Jahlee, un po’ in difficoltà, e Leo ottenne subito la risposta alla sua domanda.

-Chiederei perché non mi hanno fulminato prima- lo provocò, lanciandogli uno sguardo di sfida.

Jahlee si passò una mano tra i capelli.

-Possiamo controllare un fulmine in modo che ti cada addosso… ma se intendi una morte improvvisa causata da noi direttamente… no, gli dei non possono interferire. Possiamo dare l’ordine di ucciderti, possiamo possedere un alto sacerdote in modo che ti uccida, ma direttamente, gli dei non possono uccidere un essere umano, neanche te- alla fine Jahlee rispose, sospirando sconfitto.

E Leo ricevette più di quanto pensasse.

-Neanche… chi sarebbe dovuto morire?- chiese con un sorrisino.

-Non salverai quelle persone, Leonardo. Rassegnati- Jahlee cercò di convincerlo ad arrendersi, ma non era convinto nemmeno lui di quello che stava facendo.

Aveva lo sguardo perso nel vuoto, ed era anche piuttosto agitato ogni volta che parlava con Leo, come se fosse pronto a scappare da un momento all’altro.

Come se una sola parola di Leo potesse portarlo a cambiare idea.

-Quindi quando lo faccio io sto sbagliando, e quando lo fai tu va bene?- lo provocò il cuoco, sperando di toccare i tasti giusti.

Jahlee finalmente si voltò verso di lui, e gli lanciò un’occhiata ammonitrice.

-Bada a come parli, giovanotto- lo mise in guardia, con voce fredda.

-Perché? Sto solo cercando di capire quale sia la differenza tra Silvia e Opal. Insomma, non fraintendere, Silvia è una donna meravigliosa, ma perché la sua vita vale più di quella di Opal? Perché ti sei innamorato di lei?- Leo però continuò a provocarlo, utilizzando un’informazione che aveva scoperto sette mesi prima, durante il suo primo soggiorno lì.

Non gli erano stati rivelati i dettagli, ma non era difficile immaginarli.

-Non parlare di cose che non conosci- lo avvertì Jahlee, iniziando seriamente ad irritarsi.

-Fammele conoscere, allora. Non ho niente da fare, dopotutto. Sono curioso di ascoltare una bella e avvincente storia d’amore tra un dio e una ragazza che la Storia aveva ucciso ma che… ops, è ancora viva. Perché lei sì, e tutti gli altri no? Cosa è cambiato?- Leo si avvicinò fino a poggiare il volto sulle sbarre della cella, fissando Jahlee per tutto il tempo. Il dio non distolse lo sguardo, rispondendo alla sfida, e continuò a fissare Leo come se fosse pronto a fulminarlo da un momento all’altro.

Ma, ehi, non poteva.

Lo aveva appena rivelato a Leo, dopotutto.

E poi Giada si sarebbe arrabbiata se Jahlee l’avesse ucciso, e Jahlee era un sottone per sua figlia, quindi Leo era salvaguardato da eventuale collera divina.

-Non sono faccende che ti riguardano- il dio provò a chiudere l’argomento, surclassando la questione e non dandola vinta a Leo.

-Perché no? Non siamo tanto diversi noi due. Entrambi abbiamo cambiato la Storia, tu hai ottenuto una figlia, io una bellissima cella… suppongo che essere dio e non umano dia dei vantaggi, ma comunque…- Leo però non aveva più niente da perdere, e continuò a parlare, sperando che Jahlee non sarebbe scomparso proprio in quel momento.

-Basta così, Leonardo. Non c’è niente che tu possa dirmi che mi convincerà a lasciarti libero- Jahlee scosse la testa, e si voltò, pronto a sparire.

-Aspetta!- Leo lo fermò, non riuscendo a nascondere il panico. Jahlee si fermò, ma non si girò nuovamente verso di lui -Ci ho provato… posso chiederti un ultimo favore?- Leo finse di voler chiudere il discorso.

-Non farò niente che possa aiutarti- Jahlee rimase fermo sulle sue idee.

-Tranquillo, è il contrario… non voglio più la tua benedizione- annunciò Leo, sacrale.

Ci pensava da quando era stato catturato, e aveva preso la sua decisione. Non voleva più la benedizione di Jahlee.

-Cosa? Sei impazzito?- il dio si voltò di scatto verso di lui, sconvolto.

-No, sono serio. Non voglio più la tua benedizione, toglimela- insistette Leo, sollevando la maglia e mostrando il marchio sull’ombelico. Era deciso.

-Gli dei non tolgono le proprie benedizioni- Jahlee si allontanò di un passo da Leo, scuotendo violentemente la testa.

-Ma possono farlo, solo che ci fanno una brutta figura. Beh, nessuno sa che sono benedetto, e hai intenzione di riportarmi a casa, quindi toglimela e basta. Non lo saprà nessuno tranne me, te, forse Giada ma probabilmente non glielo farò presente, e almeno non dovrò vedere il marchio di un ipocrita ogni volta che vado a farmi la doccia- Leo lanciò un’occhiataccia verso il marchio, come se fosse un’immagine rivoltante.

Jahlee si incupì.

-Non ti permetto di parlarmi così, mortale. Sono pur sempre la ragione per la quale non sei ancora morto… ben due volte. Ti conviene portarmi un po’ di rispetto- sollevò il dito per aria, offeso. Era la prima volta che Leo lo vedeva effettivamente arrabbiato con lui. Poteva essere una buona notizia, o poteva rivelarsi terribile per il suo futuro. Chissà… almeno era qualcosa di diverso.

-E ne sono grato. Davvero, ne sono grato, e apprezzo di essere vivo. Ma vorrei non essere l’unico. Sarei dovuto morire… tre volte, almeno, la prima proprio il giorno in cui sono finito qui, ma sono ancora vivo. E quindi riformulo la domanda, perché io sì, Silvia sì, ma Opal, Alex, Gideon… tutte queste persone, no?- Leo tornò al discorso principale, sperando questa volta di ottenere una reazione, richiamando l’ipocrisia del dio.

-Perché quelle persone sì, e gli altri no? Non sono gli unici che muoiono in guerra. Moriranno un sacco di persone che non conosci, ma a loro non ci pensi, vero? Ognuno ha le sue priorità- lo accusò Jahlee, con un sorrisino trionfante, come se avesse appena avuto l’ultima parola e avesse scoperto le contraddizioni dello stesso Leo.

Ma Leo non fu colpito dalle sue parole. Affatto.

-Io voglio salvare tutti- annunciò, con naturalezza, guardando confuso Jahlee. 

Il dio sembrò sorpreso dalla sua affermazione, ma a Leo sembrava ovvio.

-La mia priorità sono le persone che amo, è ovvio, ma io voglio provare a salvare tutti. Jediah, Valkrest, soldati e civili. Anche persone che non conosco, se posso le vorrei salvare. Ho letto le strategie e le morti di un sacco di persone, e voglio provare ad evitarle il più possibile. Davvero pensavi che fossi così egoista da pensare solo alle persone a cui voglio bene io? No! Il mio scopo è cambiare la Storia per tutte le vittime. Utopico? Forse, ma almeno ci provo- Leo era offeso che Jahlee avesse pensato anche solo per un momento che lui intendesse prendersi cura solo del suo orticello. Leo non voleva salvare solo i suoi amici. 

Erano la sua priorità, non poteva negarlo, e se avesse dovuto scegliere tra Opal e Lionel non avrebbe scelto Lionel, ma trovandosi nell’opportunità di scegliere se salvare Lionel o non salvarlo, non avrebbe avuto dubbi nel salvare anche lui.

Lui e chiunque altro, sconosciuto e conosciuto, che si fosse ritrovato davanti.

Jahlee continuava a fissarlo, come se lo vedesse per la prima volta.

-Allora, vuoi togliermi questa benedizione o no?- Leo decise di cambiare argomento, e indicò con maggiore decisione il tatuaggio sull’ombelico.

-Perché vuoi che te la tolga?- questa volta la voce del dio ere più incuriosita che offesa. Sembrava davvero non avere la minima idea di quello che passasse nella testa di Leo.

Che, diciamolo, è una persona piuttosto imprevedibile.

Neanche io so cosa passa nella sua testa la metà del tempo, mi sorprende ogni volta.

-Le benedizioni mostrano il supporto del dio nei confronti dell’umano… e tu non mi supporti. E se Noella non dovesse supportarmi nella mia lotta, chiederei anche a lei di togliermi la sua. Ma Noella è una regina, che sicuramente appoggerà il mio desiderio di salvare dei bambini anche a scapito della Storia- nonostante Leo sapesse di non poter contare sul suo improvviso salvataggio da parte di Noella a bordo di un grifone bianco, voleva lisciarsela un po’, perché un aiuto divino in quel mondo faceva sempre comodo, e la semidea della neve e protettrice dei bambini gli era stata davvero simpatica quando l’aveva conosciuta, dopo che lei gli aveva conferito la propria benedizione.

Chissà se sarebbe riuscito prima o poi a farle un’offerta degna.

-Noella non ti può neanche sentire finché sei qui dentro. Non cercare di conquistarla, perché non verrà a salvarti a cavallo di un grifone bianco- Jahlee sembrò capire il suo trucco, e scosse la testa.

-Non era quello il punto. Il punto è che se una benedizione è prova di un sostegno, e il dio che me l’ha conferita non mi sostiene, allora non voglio la benedizione- Leo insistette sull’argomento principale.

Jahlee sospirò.

-Non fare il bambino, Leo. Ti serve la mia benedizione- gli fece notare, indicando il numero che era già passato dal sette al cinque in nove mesi da quando tale benedizione era stata conferita. In nove mesi una donna creava una nuova vita, Leo era stato capace di farne finire due… le sue, ma comunque…

-Sì, sicuramente. Sono un magnete per guai e cinque vite mi fanno comodo, ma se non hai intenzione di mandarmi a morire cinque volte per salvare altre vite, che senso ha?- Leo alzò le spalle, e guardò un punto all’orizzonte, con espressione afflitta.

In parte stava recitando il ruolo affranto per fare pena a Jahlee. In parte era effettivamente afflitto, e temeva che non sarebbe riuscito a salvare nessuno, e questo lo portava davvero a sentirsi inutile.

Che senso aveva possedere dei poteri magici, se non si poteva utilizzarli per fare del bene?! A cosa erano serviti tutti i film di supereroi che aveva visto con Giada?!

-La tua vita può essere utile anche se non la sacrifichi per gli altri- gli suggerì Jahlee, cercando di psicanalizzarlo.

-Intanto chiariamo che sono io a improvvisarmi psicologo in questo capitolo, non tu, e seconda cosa… non voglio avere una benedizione che mi ricorderà per tutta la vita qualcosa che non sono riuscito a portare a termine. Non voglio passare le mie cinque vite restanti a guardare ogni giorno questo marchio, e ripensare al dio che mi ha promesso supporto, mi ha concesso il potere, e poi mi ha rinchiuso in cella, facendomi sentire impotente e inutile- Leo spiegò il suo punto di vista, e si abbandonò nuovamente seduto a terra, iniziando a sentirsi davvero una formica in mezzo ai leoni, incapace di fare alcunché.

Poi erano più di ventiquattrore che non cucinava qualcosa, era in totale astinenza. 

-È per il tuo bene, Leonardo. Pensa un po’ a te stesso. Alla tua vita. Sii grato di essere speciale- provò ad incoraggiarlo Jahlee, avvertendo il suo sincero sconforto.

Ci furono alcuni secondi di silenzio, mentre Leo cercava qualcosa da dire, fissando il marchio con il numero cinque sul suo ombelico.

Poi lo coprì, sospirò, e si buttò a terra di nuovo.

Non sapeva più che fare e che dire.

Non trovava soluzione.

Jahlee era più irremovibile di una roccia, e sua figlia Giada era una letterale roccia con la quale lui non aveva intenzione di trattare.

Era in trappola.

Era finita.

Rimase in silenzio per qualche minuto, e Leo fu convinto che il dio se ne fosse ormai andato, anche se non poteva vederlo dalla sua posizione.

-E pensare che per un po’ ho davvero creduto che ci sarei riuscito…- borbottò tra sé, iniziando ad arrendersi all’idea che a volte le soluzioni non c’erano.

A volte si perdeva contro forze più grandi.

-Avevo progettato tutto, ho mandato un video a mia madre dove spiegavo che sarei stato via almeno un paio di mesi, e il motivo, e…- Leo iniziò a ricapitolare tutti i suoi passi, chiedendosi dove avesse sbagliato. Ma gli sembrava davvero di aver fatto del suo meglio- …maledizione, avevo anche il supporto di Silvia!- ricordò poi. La madre di Giada era dalla sua parte, perché il padre no?!

-Il supporto di Silvia?- sentì una voce al suo fianco..

Leo sobbalzò appena, e lanciò uno sguardo verso destra.

Nonostante le sue previsioni e teorie, Jahlee era appena entrato in cella, e fissava Leo sorpreso.

Oh?

-…Sì. Sono passato davanti a Silvia dopo aver preso la collana a Giada, e lei mi ha suggerito come usarla, facendomi passare. Probabilmente aveva capito cosa intendessi fare- Leo raccontò il piccolo momento che aveva avuto con la madre di Giada, e si sollevò appena per controllare la reazione di Jahlee.

-Come… come sta Silvia?- chiese il dio, avvicinandosi appena, con sguardo nostalgico.

-Bene. Ha un negozio dell’usato, fa dell’ottimo tè, e ogni tanto caccia fuori dei giochi da tavolo, e lei e Giada sono un sacco competitive l’una con l’altra. Ma quando gioco anche io Silvia mi fa vincere ogni tanto. Fino a nove mesi fa non avrei mai supposto che venisse da un altro mondo, onestamente- Leo fu di poche parole, ripensando alla madre della sua migliore amica.

Jahlee si aprì in un triste sorriso, pieno di affetto, nostalgia e rimpianto.

E Leo si ritrovò a fare una domanda che si era posto più volte, in quei mesi. 

Una domanda che non scaturì da un desiderio di provocarlo, o portarlo dalla sua parte, o fargli rendere conto della sua ipocrisia.

Una domanda sincera e disinteressata.

-Perché le hai mandate nel mio mondo?- chiese a Jahlee, riferendosi sia a Silvia, che a Giada.

Perché mai un dio avrebbe dovuto esiliare la propria famiglia in un’altra dimensione e privarsi della loro compagnia. Soprattutto se sembrava amarle ancora così tanto!

Jahlee esitò un po’ prima di rispondere.

-Non è stata una mia scelta- ammise poi, sospirando.

I muri iniziavano a crollare.

Leo non insistette, e lasciò che continuasse con il suo ritmo.

-Io… non mi innamoro molto spesso degli umani. Non sono come Noella, o Kalea, o anche Veer. Non ho mai avuto grande interesse verso gli umani, e la Storia. Mi piace girare un po’ tra i mondi, le dimensioni, è curioso vedere quanto siano diverse da qui. Ma Silvia… è sempre stata così… brillante- e Jahlee iniziò a raccontare.

Ora che Leo aveva, senza neanche farlo di proposito, abbattuto la diga, il dio si dimostrò un fiume in piena pronto ad inondarlo di informazioni.

-Conoscevo la Storia, sapevo che il suo sacrificio era fondamentale per tante cose, che Angela sarebbe diventata il capo, e poi ci sarebbe stata la guerra, e Daryan, e la sconfitta, e tutto il resto. Ma ogni volta che sentivo una sua preghiera, non potevo fare a meno di sintonizzarmi. E quando è giunto il momento della sua morte, io… non ce l’ho fatta- la voce del dio era pieno di rimpianto.

Leo pendeva dalle sue labbra.

Aveva sentito una versione della storia da Angela, una versione piena di tristezza e rimpianto.

La voce di Jahlee… esprimeva emozioni molto simili, anche se raccontavano la storia in modo molto diverso.

-Non avrei dovuto farlo…- continuò -…è stato un terribile errore, ma mi ha chiesto aiuto, e… non ha chiesto di essere salvata. Ha chiesto di salvare sua sorella. E io… era un pensiero così puro, così altruista, che non ce l’ho fatta. Era la luna piena, avevo la possibilità, e l’ho salvata. Ma è stato un errore, Leonardo- 

-Ti penti di averla salvata?- chiese il cuoco, non riuscendo a trattenere una nota di giudizio.

Stava pur sempre parlando della madre di sua figlia.

-No, non potrei mai, ma… gli altri dei erano furiosi per il mio errore. Non possiamo cambiare la Storia, e salvarla aveva danneggiato la Storia. L’ho tenuta nascosta al tempio per un po’, sono riuscito ad ottenere un compromesso con gli altri dei, ma Silvia non stava bene rinchiusa qui. Non stava bene al sicuro, mentre i suoi compagni soffrivano, mentre sua sorella piangeva la sua morte mai avvenuta. Ma per un po’ a funzionato. Per un po’ hanno vissuto entrambe qui, lei e Yu- Jahlee si giustificò, e poi sospirò, pensando alla compagna e a sua figlia. 

-Poi?- Leo lo incoraggiò a continuare, avvicinandosi appena.

-Poi Yu si è messa in testa che voleva cambiare la Storia…- Jahlee scosse appena la testa al pensiero, sembrava che il ricordo lo facesse davvero soffrire.

-Giada?!- Leo era a bocca aperta. Per caso Yu era la sorella gemella buona di Giada?! Non aveva alcun senso.

-Si era stancata di vivere segregata nel tempio, e non poteva uscire se non per vedere Remington, perché non è parte della Storia, dato che è nata a causa di un cambiamento della Storia. Era impossibile per Laasya programmare il suo arrivo. Così le ho fatto leggere un po’ la Storia, per renderla più partecipe, per cercare di fargliela vedere con gli occhi di una divinità. Ma lei non ha apprezzato. E gli dei non hanno apprezzato i suoi tentativi di intervenire- Jahlee spiegò il coinvolgimento di Giada.

Leo era sconvolto.

Davvero lei era stata la prima a cercare di cambiare la Storia, e ora faceva storie a Leo?!

-Ho rischiato di perderla, di perderle entrambe. E ho dovuto mandarle via per proteggerle. Era l’unico modo. Giada può venire, ma non deve provare a cambiare la Storia, se non vuole ricevere conseguenze. E con il tempo ha iniziato a vedere davvero la Storia come noi dei- Jahlee non scese nei dettagli, ma Leo comunque capì esattamente cosa intendesse.

Gli dei sembravano effettivamente molto più pericolosi di quanto il ragazzo aveva immaginato.

-Come dei libri?- suppose, riferendosi alla visione che le divinità avevano della Storia.

-Un susseguirsi di eventi che portano al lieto fine- Jahlee annuì.

-Io non la vedo così. Io l’ho vissuta, la Storia. Io la vivo, la mia vita- Leo mise in chiaro che quella visone divina non l’avrebbe mai condivisa.

Jahlee annuì appena.

-Lo so… e non la vedo così neanche io…- ammise Jahlee, in un sussurro, come se stesse dicendo qualcosa che avrebbe potuto metterlo in guai davvero davvero grossi.

Leo non osò parlare, temendo che Jahlee potesse ritirare tutto, o che avesse immaginato ciò che aveva detto.

-L’ho vista così da che è stata imposta, ma… dopo Silvia… inizio a chiedermi se sia davvero stata istaurata per proteggere gli umani, o solo per controllarli. E per… controllarci. Ma non posso fare molto, Leonardo. Sono solo un dio su sette, e ho già commesso un errore che ha rischiato di costarmi carissimo- Jahlee fu finalmente completamente sincero con Leo, dimostrando che gli aveva effettivamente concesso il suo supporto, ma che non credesse abbastanza nelle proprie capacità per lasciarlo libero a mettersi nei guai con gli altri dei.

-Ma sei un dio! Avrai pure la libertà di cambiare ciò che non ritieni giusto! Se non puoi farlo tu, chi può farlo?!- Leo cercò di spronarlo, sperando che quella chiacchierata potesse far venire a Jahlee la determinazione per ribellarsi. Per lottare per ciò in cui credeva. Per essere un esempio per tutti quanti.

-…tu- Jahlee accennò un sorrisino, e rispose alla sua domanda retorica.

Per un secondo, Leo si sentì invadere da una nuova sicurezza, ma poi si ricordò la sua situazione.

-E ci sto provando! Ma non mi permetti neanche di…- iniziò a lamentarsi, ma poi si rese conto che la porta della cella si era aperta, e le parole gli morirono in gola.

Fissò la porta, poi Jahlee, poi di nuovo la porta, senza credere che fosse effettivamente quello che credeva.

-Probabilmente scatterai al primo posto come il più grande errore della mia vita immortale, ma hai ragione, Leonardo. Sono un ipocrita. Un ipocrita e un codardo, che ti ha promesso sostegno, e l’ho ritirato solo per compiacere gli dei e mia figlia- alla fine Jahlee ammise ciò che Leo da un po’ pensava di lui, con un certo imbarazzo.

-Posso… posso davvero…?- Leo indicò la porta, incredulo, temendo fosse un trucco.

-Se vuoi ancora, sì, puoi. E se cambi idea, potrai tornare. E posso fare in modo che Yu non scopra della tua partenza fino alla fine del mese, anche se poi potrebbe odiarmi per il resto della mia vita- Jahlee gli diede conferma, e aprì maggiormente la porta della cella, per incoraggiare Leo a varcarla.

-Perché hai deciso di aiutarmi? Non ti ho dato molti motivi, non ho neanche fatto davvero da psicologo, ti ho solo ascoltato…- Leo era confuso.

Aveva davvero provato in tutti i modi a convincere Jahlee, e lui si era convinto solo quando Leo aveva iniziato ad arrendersi? Quando Leo aveva dimenticato per un secondo il suo scopo?

Era… strano, a dirla tutta.

-Hai portato a galla qualcosa che avevo sepolto in profondità, e tu… me la ricordi davvero tanto- Jahlee allargò il sorriso, e guardò un punto lontano, immerso nei ricordi.

-Silvia?- suppose Leo, confuso.

-Un po’, ma soprattutto… Yu. La piccola Yu che ancora credeva in questo mondo- c’era una profonda tristezza negli occhi del dio, ma durò solo un attimo. Scosse la testa, e tornò a guardare Leo con un sorriso.

-Ora vai. Farò un modo che una carrozza ti porti al villaggio dove Alex verrà uccisa, ma poi toccherà a te salvarla, prenderò tempo con gli altri dei promettendo che tra un mese ti porterò a casa, e prenderò tempo anche con Yu mettendo un impostore al tuo posto. Hai un mese prima che si rendano tutti conto che sono effettivamente dalla tua parte. Fallo valere, okay?- Jahlee gli diede la sua benedizione, davvero stavolta, e lo incoraggiò ad andare, prima di sparire nel nulla.

Leo ebbe solo un secondo di incertezza, ma poi corse fuori dalla cella il più velocemente possibile, allontanandosi al massimo delle sue forze, deciso a raggiungere la carrozza che l’avrebbe portato al villaggio prima che Jahlee cambiasse idea.

Non riusciva a credere di averlo convinto.

E delle parti del suo discorso l’avevano decisamente colpito.

Chissà cosa era successo a Giada per renderla così cinica nei confronti dei sette regni e della Storia.

Beh, erano domande per un altro momento.

Adesso occorreva salvare Alex.

 

Leo aveva recuperato la borsa con tutti i suoi effetti, consegnata dall’alta sacerdotessa in persona, che gli aveva augurato buon viaggio, e gli aveva chiesto di farle dei biscotti una volta tornato al tempio. Gli aveva anche consegnato i soldi che Leo aveva guadagnato durante il suo lavoro a palazzo, e che era stato costretto a lasciare quando era tornato a casa. 

Era giunto nel borgo ai confini della città con qualche ora di anticipo, e aveva chiesto una camera in una locanda, stando ben attento a non mostrare troppo i capelli rossi, che erano un segno distintivo degli abitanti di Valkrest. Il locandiere era stato molto gentile con lui quando era stato pagato, e gli aveva dato la “camera migliore”.

Leo era abituato a molto peggio in quel mondo, quindi aveva ignorato i topolini che vivevano nei muri, e il letto scomodo, e si era preparato all’attacco che sarebbe capitato all’alba.

Era felice di constatare che una volta lontano dal tempio, il potere di Noella era tornato a funzionare.

Avrebbe volentieri chiamato la dea per chiederle qualche informazione, ma temeva che attirando la sua attenzione, la donna avrebbe potuto decidere di non essere più dalla sua parte e togliergli la benedizione, e non voleva rischiare, dato che un supporto di ghiaccio si sarebbe senz’altro rivelato utile durante uno scontro.

Non aveva chiuso occhio tutta la notte, controllando e ricontrollando le informazioni che si era segnato riguardo quella battaglia.

Non sarebbe stata particolarmente sanguinosa, grazie al cielo, ma molti civili sarebbero rimasti feriti perché nessun allarme sarebbe stato suonato.

Beh, Leo aveva intenzione di cambiare il più possibile.

Prima ancora che le luci dell’alba iniziassero a rischiarare il cielo notturno, era già fuori dalla locanda, diretto alla roccaforte allestita per controllare il villaggio. Era un importante luogo di transito, e aveva una posizione strategica. Conquistarlo avrebbe dato a Valkrest un vantaggio non indifferente.

La roccaforte era sorvegliata da alcune guardie. Secondo la Storia, due erano di guardia a terra, e due di vedetta in alto, pronte a suonare l’allarme. Una delle vedette in alto si era addormentata. Mentre l’altra sarebbe stata colpita da una freccia dei nemici prima che potesse dare l’allarme.

Leo era venti minuti in anticipo, se l’orologio della piazza funzionava.

Doveva sbrigarsi.

-Buongiorno, baldi cavalieri- salutò le due guardie all’ingresso, che non conosceva personalmente se non di vista. Purtroppo per lui, Alex era ancora addormentata in quel momento. O forse per fortuna perché Alex era una cavaliera fantastica, che difficilmente sarebbe caduta nel machiavellico piano di Leo per entrare nella roccaforte. Ma non conosceva quei due uomini, quindi doveva sperare che fossero meno competenti della collega.

-Buongiorno signorina- lo salutò uno di loro, con un sorriso gentile.

Bene, Leo era fortunato. Non erano competenti.

Il cuoco rimase sorpreso giusto un paio di secondi, ma decise di non correggerlo. Era mingherlino, indossava una bandana per nascondere i capelli, ed era ancora buio. Ci stava che si fosse confuso. Non era il primo.

Tirò fuori da dietro il mantello un cesto di pane appena sfornato che aveva cucinato quella mattina dopo aver corrotto il locandiere, e lo porse verso le due guardie.

-Vorrei ringraziarvi per il vostro operato. Tenete il villaggio sicuro, e siete super valorosi. Vi prego di accettare del pane appena sfornato come omaggio- offrì, in tono civettuolo e gentile.

Un morso a quel pane, e li avrebbe conquistati a vita.

…non è un pensiero di Leo, è una mia constatazione. Leo voleva solo normalmente corromperli per farlo passare, ma non credeva che il suo cibo avesse poteri sovrannaturali.

-Oh, ma che pensiero gentile- disse l’uomo che l’aveva salutato, sollevando la mano per prendere una pagnotta.

-Fermo, Caspar. È un gesto molto gentile, ragazzino, ma siamo in servizio, e non possiamo accettare cibo dai civili. Condividilo con la tua famiglia o con chi ne ha più bisogno- purtroppo per Leo, il suo collega era più competente, più anziano, e più cauto, anche se fu comunque parecchio gentile nel rifiutare il dono di Leo.

-RagazzinO?- borbottò Caspar, girandosi verso di lui sorpreso.

Leo sospirò.

Forse era stato un piano azzardato.

-Pensate abbia avvelenato il pane?- chiese, senza troppi peli sulla lingua.

Il collega anziano guardò Leo dall’alto in basso.

-Parole tue, non mie. Non ho mai supposto una cosa del genere- lo squadrò con sospetto.

Leo porse il cestino.

-Quale pagnotta volete che assaggi per dimostrare che non ho avvelenato nulla?- chiese, da assaggiatore professionale qual era.

-Nessuna, non pensiamo che tu…- Caspar cercò di rassicurare Leo, amichevole.

-Vai dritto al punto, cosa vuoi?- l’altra guardia però lo interruppe, e mise la mano alla spada.

-La stessa cosa che volete voi, ovvero il minor numero possibile di vittime. E tra circa…- Leo lanciò un’occhiata all’orologio della piazza -…diciassette minuti, una freccia volerà dritta nel collo di… qual era il suo nome… Tristian, sì mi pare fosse Tristian, mentre Marrok è quello che dorme. Entrambi moriranno alla fine di questo attacco. Caspar si salverà, quasi illeso, e tu, Bernlak, giusto, lo pronuncio bene? Ecco, tu… non c’è un modo carino per dirlo, ma ti verrà mozzato un braccio. Il nemico, un tale di nome Jeff, tipo, ti lascerà a terra pensando di averti ucciso, ma verrai salvato per un pelo proprio da Caspar, accorso con gli altri sopravvissuti a recuperare e salvare quante più persone possibili. Ora che ho fatto il riassunto mancano sedici minuti, quindi, se volete che i vostri amici sopravvivano, e se volete evitare uno spargimento di sangue tra i civili a causa di un allarme che non verrà suonato, vi conviene andare a svegliare Marrok, suonare l’allarme, e prepararvi a difendervi- Leo si esibì in un monologo così accorato che se in quel mondo fossero esistiti i premi Oscar, gliene avrebbero conferito uno seduta stante.

Caspar lo fissava senza parole, sconvolto.

Bernlak aveva la mano stretta sull’elsa della spada, ma era troppo scioccato anche lui per sguainarla.

Passarono alcuni secondi di ghiaccio.

-Allora… siamo d’accordo? Andate voi o devo andare io? Magari meglio se vado io, posso sollevare uno scudo di ghiaccio che…- Leo fece un passo avanti, e si ritrovò due spade puntate alla gola.

…di nuovo.

-Chi sei tu? Dove hai trovato queste informazioni? Come sai i nostri nomi?- chiese Bernlak, con la spada premuta sul collo di Leo con una certa forza. Quella di Caspar non gli si avvicinava neanche lontanamente, e non sembrava essersi ancora ripreso dalle informazioni.

Leo alzò le mani in segno di resa, anche se una di esse teneva ancora stretto il cestino con il pane.

-Non sono nessuno di particolare, in realtà, ma so il futuro, e ho la benedizione di Jahlee per provare a cambiarlo e salvare delle persone. L’ultima volta che sono stato qui ho mentito parecchio, e ora sto cercando di essere un po’ più onesto, anche se… non sta andando molto bene, viste le numerose spade che mi sono state puntate contro in… meno di tre giorni- borbottò Leo, segnandosi mentalmente di essere un po’ meno diretto in futuro.

Ma hey, era la prima volta che si cimentava nel lavoro di veggente, non era ancora abbastanza esperto su trucchi e metodi.

-Perché mai dovremmo fidarci di te? Sei una spia nemica? O sei solo completamente pazzo?!- insistette Bernlak, insistendo con la spada.

-Posso chiederti di andarci piano con quella spada? Non vorrei perdere così presto un’altra vita… guarda la mia mano… ho una benedizione di Noella… e sull’ombelico ne ho una anche di Jahlee. Sono davvero qui solo per aiutarvi… male che vada, se sono pazzo, almeno avrete suonato l’allarme. Meglio uno spavento inutile, che un eventuale rischio, no?- Leo cercò di usare la logica per convincere Bernlak a dargli un’occasione.

Il cavaliere anziano ci pensò un po’, poi fece un cenno al suo collega.

-Vai a controllare sopra, e… suona l’allarme, per sicurezza- alla fine seguì il consiglio di Leo, che sospirò, sollevato.

-Sicuro?- chiese Caspar, preoccupato.

-Io lo tengo d’occhio, tu vai- Bernlak confermò l’ordine, e il ragazzo eseguì, sparendo in fretta sopra le scale.

-Grazie, Bernlak. Lo pronuncio bene? No, perché è un nome particolare e l’ho solo letto, e sono bravo a ricordarmi i nomi ma con le pronunce sono un po’ un disastro, e ti chiamavo Bernie nella mia testa, ma mi sembra irrispettoso- Leo si sentì un po’ meglio, nonostante la spada fosse ancora puntata con decisione nella sua direzione.

-Lo pronunci decentemente. Non credere di essere fuori dai dubbi, ragazzino. Ci prepareremo ad un eventuale attacco, perché la vita dei miei uomini e dei cittadini è al primo posto, ma non te la caverai con una spada puntata alla gola, sia che questo sia solo uno scherzo, sia che tu abbia ragione. Pensi che non abbiamo imparato la lezione, con voi spie di Valkrest? Ci credi davvero così stupidi da cadere nello stesso trucco due volte?- Bernlak scosse la testa, e guardò Leo quasi con pena.

-Che trucco? Intendi due giorni fa a palazzo?- Leo era confuso. Non aveva letto di nessun trucco che potesse somigliare a ciò che Leo stava facendo in quel momento.

-Ammetto che sei bravo a fingere ignoranza. E quei marchi da benedizione sono realistici. Fammi indovinare il resto: sei di un altro mondo, hai letto il futuro su un libro, e stai cercando di cambiarlo e salvare tutti. La stessa storia che ha detto Julina quando è arrivata a palazzo disorientata e con strani vestiti. E poi si è rivelata solo una spia di Valkrest parecchio informata che ha tentato di avvelenare il principe- Bernlak gli fece lo spiegone, e Leo rimase completamente scioccato.

-Cosa?! Non c’era niente del genere nella Storia!- esclamò, cercando di ricordare il pezzo dell’avvelenamento del principe.

Non aveva mai sentito parlare di una tale Julina. Era Sara che avrebbe avvelenato il principe dando poi la colpa a Dotty. 

E adesso Leo scopriva che una tale a caso gli aveva fregato la backstory?!

Come era possibile?! Che qualcun altro conoscesse la Storia e stesse cercando di cambiarla? C’era lo zampino di un semidio? O degli dei in persona? O c’era un dio ancora più superiore agli dei che voleva creare grattacapi peggiori a Leo solo per il suo sadico divertimento da scrittrice?!

…mi sento chiamata in causa, non mi piace questa cosa.

-Certo, come no…- Bernlak alzò gli occhi al cielo, e scosse la testa. Proprio in quel momento, finalmente suonò l’allarme, e Leo, che si era distratto con la nuova inaspettata informazione, sobbalzò e rischiò quasi di ferirsi. Per fortuna Bernlak era abbastanza abile e ritirò la spada in tempo.

-Senti, ragazzino, a breve sarò davvero impegnato, quindi seguimi senza far storie nelle segrete di fortuna della roccaforte, e lasciami lavorare- la guardia rimase comunque sull’attenti e incoraggiò Leo a seguirlo.

-Credo che potrò sembrare ancora più sospetto, ma non posso seguirti. Vedi, io ho avvertito e ho cercato di salvare tutti, o quantomeno più persone possibili, ma ho un po’ di priorità, qui. Vedi, ho promesso sui sette dei che avrei protetto dei bambini, e una delle mie più care amiche sta per morire, quindi, capirai…- Leo iniziò ad indietreggiare. Bernlak si avvicinò.

-Non te lo ripeterò un’altra volta, spia. Seguimi senza far storie, o a perdere un braccio potresti essere tu- lo minacciò, ed era davvero inquietante.

-Okay, non te lo farò ripetere. Mi dispiace molto per quello che sta per succedere. Ma davvero, voi guardie non mi lasciate molta scelta- Leo si scusò in anticipo.

-Cosa…?!- iniziò a chiedere Bernlak, ma Leo fu più veloce.

Lasciò andare il cesto con il pane, e creò un immenso muro di ghiaccio che lo separò dal cavaliere, congelando la spada al suo interno in modo che non potesse essere usata contro di lui.

-Scusa!- urlò, mentre scappava velocemente il più lontano possibile, aiutato, anche se ancora per poco, dalle ombre della notte che iniziavano a lasciare il posto alle luci dell’alba.

Doveva iniziare a trovare modi diversi per sfuggire alle situazioni scomode. Non poteva sempre contare su un potere che poteva usare solo ogni sette minuti.

Soprattutto nel mezzo di una battaglia dove ogni secondo contava.

Ma per il momento, fortunatamente, faceva ancora il suo lavoro. 

Quell’incontro gli aveva dato molte cose a cui pensare.

Ma adesso era il momento di fare il salvatore, non poteva pensare troppo.

Doveva salvare Alex e Gideon.

 

Leo aveva sottovalutato quanto effettivamente spaventosa fosse una battaglia.

Chevel aveva completamente ragione: leggere e vivere erano due faccende completamente diverse.

In teoria, il cuoco sapeva perfettamente cosa sarebbe successo, quando e come.

In pratica, era una confusione totale.

E al momento stava nascosto in un angolo, terrorizzato, ferito, intento a fissare Alex, o almeno sperava che fosse Alex, che si faceva strada tra i cavalieri avversari con grande abilità. L’allarme aveva fatto sì che la maggior parte dei civili riuscisse a mettersi al sicuro, ma era comunque una scena terrificante, e Leo era ancora vivo e ancora sveglio solo grazie all’adrenalina che gli scorreva nel corpo.

Fissava la sua mano tremante intenta a ricaricarsi sperando che facesse presto, perché sentiva che il momento che temeva più di ogni altro, quello della preannunciata morte di Alex, sarebbe arrivato prima del previsto.

Era davvero terrorizzato.

E iniziava a chiedersi perché avesse insistito tanto per provare a cambiare le cose.

Chi era lui per infilarsi in una guerra ed erigersi a salvatore?!

Non era altro che un cuoco stupido!

Non era bravo nelle strategie…

Non era bravo nel combattimento…

Non era bravo nell’agire furtivo…

Non era bravo in niente, tranne cucinare.

Ma mica una torta da lui cucinata avrebbe fermato una guerra!

Era stato costretto ad usare un colpo di ghiaccio per difendersi da una spadata che aveva rischiato di fargli perdere un’altra vita.

E temeva davvero di perderla prima che si ricaricasse il colpo.

O che la perdesse Alex.

O Gideon.

Gideon…

GIDEON!

Leo notò la figura di un bambino, tutto imbardato, tremante e spaventato, che agitava una spada due volte più grande di lui, e si rese conto come colpito da un fulmine, che si stava dirigendo troppo velocemente in direzione di Alex.

Il tempo stava scadendo.

Oh no!

No!

Mancava ancora circa un minuto alla fine del timer.

Un minuto durava un’ora in guerra.

Ma l’istinto da fratello maggiore di Leo agì prima che potesse pensare a cosa fare, e Leo si mosse senza pensare troppo alla sua vita.

Ne aveva ancora cinque, dopotutto, no?

Anche se non voleva proprio perderne un’altra così presto.

Ma meglio lui che Gideon o Alex.

Corse il più velocemente possibile in direzione del bambino, rischiando seriamente di farsi affettare nel frattempo, ma per fortuna quella zona era alquanto isolata.

E quando Leo fu ad un passo dall’afferrarlo e provare a scansarlo, un cavaliere alle sue spalle perse l’equilibrio, cadendo dritto su di lui, e facendolo crollare a terra, sepolto dal suo peso.

Leo vide le stelle, e perse coscienza per qualche secondo, disorientato.

Sentiva dolore dappertutto, e probabilmente aveva anche battuto la testa.

Era un miracolo che non fosse svenuto. Probabilmente l’adrenalina, l’importanza della sua missione, e la paura avevano contribuito.

Provò a levarsi quell’uomo svenuto (era svenuto vero? Doveva essere solo svenuto, per forza!) da dosso, ma tra la sua stazza e la pesante armatura, era oltremodo impossibile.

Leo notò che mancavano quindici secondi alla ricarica del suo potere, ma sarebbero stati sufficienti per permettergli di utilizzarlo?

Gideon aveva raggiunto Alex.

E da lì, sembrò quasi che la scena iniziasse ad andare a rallentatore, anche se, Leo ne era certo, fu estremamente veloce.

Veloce, e spaventosa.

14 secondi.

Gideon provò ad attaccare Alex, andando in supporto del cavaliere che la donna stava già affrontando.

Leo trovò una spada abbandonata in un angolo.

13 secondi.

Alex evitò l’attacco senza alcuna difficoltà.

Leo riuscì per un pelo ad afferrare la spada. La puntò a terra.

12 secondi.

Alex riuscì a disarmare e a far cadere il precedente avversario.

Leo iniziò ad usare la spada per scivolare via da sotto il cavaliere svenuto (era svenuto, non voglio sentire storie! Il sangue che usciva da una ferita non significava niente!).

11 secondi.

Alex si girò verso Gideon, sollevando la spada.

Leo riuscì a liberare la parte superiore del suo corpo.

10 secondi.

Gideon sollevò la spada a sua volta, ma era troppo grande per lui, e perse l’equilibrio.

Leo liberò una gamba.

9 secondi.

Alex esitò, distratta dalla consapevolezza che stava per colpire un bambino.

Leo si liberò completamente, ma era ancora a terra.

8 secondi.

Alex e Gideon si fissavano allerta, ma nessuno dei due sembrava pronto ad attaccare l’altro.

Leo provò a mettersi in piedi, ma le ginocchia gli cedettero, e cadde di nuovo a terra.

7 secondi.

L’avversario di Alex, che nel frattempo si era ripreso, recuperò la spada.

Leo riuscì finalmente ad alzarsi, ma era a metri di distanza dalla scena.

Non poteva fare niente.

6 secondi.

L’avversario di Alex sollevò la spada, pronto a colpirla approfittando della sua distrazione.

Leo provò a raggiungerla, ma non sarebbe mai arrivato in tempo.

-Alex! Attenta!- gridò con tutto il fiato che aveva in corpo, usando il diaframma al massimo delle sue possibilità.

La voce risuonò limpida e cristallina nonostante il rumore assordante della battaglia in corso.

Tre anni di coro, gente!

5 secondi.

Alex si girò sollevando la spada d’istinto, e bloccò il colpo che in pochi istanti le sarebbe stato fatale.

Gideon si riscosse a sua volta, e provò a sollevare la spada per colpire Alex alle spalle, come un bravo soldatino.

Leo corse nella sua direzione. Non aveva più fiato per urlare.

4 secondi.

Alex continuò a combattere, ma non se la passava bene.

Alle spalle di Gideon, una guardia di Jediah si accorse del tentativo del bambino di attaccare, e sollevò la propria spada verso di lui.

Leo si buttò addosso al bambino, trascinandolo a terra ed evitando sia che colpisse Alex, che venisse colpito.

3 secondi.

Gideon lasciò andare la spada, e non oppose la minima resistenza a farsi spingere via.

Leo lo sentì tremare sotto di lui.

Lo difese con il suo corpo da qualsiasi attacco.

2 secondi.

Lanciò un’occhiata ad Alex, che si era nuovamente distratta un secondo, sorpresa dall’improvvisa venuta di Leo.

Il suo avversario era alle sue spalle.

Di nuovo.

1 secondo.

Leo non sapeva che fare.

Non sapeva assolutamente cosa fare.

Voleva solo che tutti smettessero di combattere.

Voleva, con tutto il cuore, separare tutti quanti.

E il suo potere agì seguendo il suo profondo e inconscio desiderio.

0 secondi.

Dalle sue mani si dipanò un getto di ghiaccio di potenza straordinaria, che Leo non credeva di essere capace di produrre.

Una muraglia di ghiaccio si innalzò tra i combattenti, coprendo tutto il villaggio, tutti i cittadini, separando i cavalieri di Valkrest da quelli di Jediah, e scatenando il panico generale, perché un evento divino di quella portata non si era mai visto prima di allora. Tutti i combattimenti si interruppero, molte spade e pezzi di armatura andarono persi nel ghiaccio.

Le truppe di Valkrest iniziarono a ritirarsi.

Leo però non si rese conto di niente di tutto quello.

Notò solo che aveva salvato Alex, e Gideon.

Le sue priorità.

-Siete salvi… siete salvi…- borbottò, dando qualche affettuosa pacca sulla testa di Gideon, e sorridendo ad Alex.

Ma non sentiva più la mano sinistra.

Il dolore in tutto il corpo era diventato insopportabile.

E prima che potesse provare a rialzarsi e assicurarsi che continuassero a stare bene, tale dolore fu decisamente troppo, e Leo perse i sensi, dritto sopra Gideon, ponendo fine alla propria battaglia.

 

-Dobbiamo tornare alla base, Gideon! Lo sai che poi lui si arrabbia-

-Non se ne accorgerà ancora per un po, Clay, dobbiamo aspettare che si svegli-

-Come hai fatto a portarlo qui da solo?-

-Non è tanto pesante, Riley, non è stato difficile-

-È lui quello che le guardie stanno cercando? Ho visto dei manifesti ovunque- 

-Non lo so, Yara-

-Non è morto, vero?-

-No… non lo so. Stai calma, Daisy-

-Ma è un maschio o una femmina?-

-Jack, non puoi chiedere in giro se qualcuno è un maschio o una femmina!- 

-Scusa, Riley-

-Dobbiamo davvero tornare alla base. Brandon si è sicuramente accorto che siamo spariti- 

-Calmati, Clay, c’è ancora caos per via della battaglia, non se ne accorgerà almeno per qualche altra ora-

-Di te no, ma noi dovremmo essere a lavoro adesso!-

-Ho fame, Riley-

-Lo so, Walt…. Gideon, hai qualcosa da mangiare?-

A quelle parole Leo, che già da un po’ stava iniziando a recuperare i sensi e aveva ascoltato la conversazione appena segnata in uno stato di confusione e delirio, convinto di stare ancora sognando, si svegliò del tutto, e si mise a sedere di scatto, spaventando i sette bambini che urlarono a gran voce, e si allontanarono dal giaciglio di fortuna dove avevano messo Leo e dove fino a pochi istanti prima erano tutti seduti intenti a fissarlo.

Leo si abbandonò nuovamente sdraiato, con la testa che pulsava ferocemente, e dolori in tutto il corpo.

Ma la sua mente si era sintonizzata alla parola “fame”, e non poteva far finta di niente.

-Avete fame? Posso cucinarvi qualcosa? Dovrei avere del pane da qualche parte- borbottò con la pochissima voce che riusciva a cacciare fuori.

-Del pane?- chiese il più piccolo, Walt, avvicinandosi ma venendo fermato dalla seconda più grande, Riley.

-Ne era rimasto un po’ alla locanda…- spiegò Leo, biascicando, portandosi una mano alla testa, e iniziando a tastarsi tutto il corpo per controllare di avere tutto.

Era pieno di bende, e ferite, e lividi, e dolore.

Non era fatto per finire coinvolto in battaglie.

Avrebbe dovuto rivedere la sua strategia.

Almeno Gideon e Alex erano…

Un momento…

-Gideon!- si sollevò di nuovo di scatto, rendendosi del tutto conto di cosa avesse appena vissuto, e facendo nuovamente urlare i bambini, che si ritirarono di qualche altro passo.

Leo puntò lo sguardo verso il più grande di loro, e riconobbe il ragazzino che sette mesi prima aveva tentato di derubarlo insieme a sua sorella Daisy (che era dietro di lui e fissava Leo preoccupata), poi gli aveva portato cibo quando Leo era stato catturato dai ribelli antimonarchici, e infine aveva aiutato Leo e i semidei a scappare in cambio della protezione di Leo, che aveva giurato sui sette dei che avrebbe protetto lui e gli altri sei orfani da ogni male.

A quanto parte l’amnesia di gruppo aveva colpito anche loro, e annullato quella promessa, perché erano comunque finiti in guerra, a lottare al fianco dei cavalieri di Valkrest.

Leo si sentiva davvero in colpa per essersene andato e averli abbandonati.

Ma avrebbe rimediato!

-Chi sei?- chiese il bambino, facendosi forza, e avvicinandosi a Leo con la spada sguainata che teneva tra le mani tremanti.

Era sempre stato super protettivo e impavido.

Che tenero!

-Sono così felice di vedere che stai bene. Non sei ferito, vero? Spero che anche Alex stia bene… state tutti bene… oh, che sollievo- Leo gli sorrise rasserenato, e lo guardò con affetto, controllando che stesse effettivamente in salute, e iniziando a sentirsi più padrone del proprio corpo.

Guardò la mano con la benedizione di Noella, e notò che il timer era esaurito, ma la mano era leggermente congelata. Aveva probabilmente osato un po’ troppo. Doveva starci attento.

Iniziò a strofinarla per riscaldarla.

-Cosa è successo?- chiese, guardandosi intorno.

Non era alla locanda, ma in una casa abbandonata, in un angolo parecchio angusto.

E i bambini lo fissavano come se fosse super pericoloso.

Erano molto più emaciati rispetto a quando Leo li aveva visti l’ultima volta. Emaciati, disordinati, e terrorizzati.

-Chi sei tu? Come mi conosci? Cosa vuoi da me?- insistette Gideon, puntandogli maggiormente la spada contro.

Leo alzò le mani in segno di resa.

Okay che erano tempi di crisi, ma davvero tutte le persone che incontravano Leo dovevano puntargli una spada contro?

-Tranquillo, non ho la minima intenzione di fare male né a te, né ai tuoi amici, Gideon. Il mio nome è Leonardo, puoi chiamarmi Leo. Tu non ti ricordi di me, ma ci siamo già conosciuti, e mi hai aiutato a scappare, insieme ad alcuni semidei, dalla base dei ribelli a Valkrest. È successo sette mesi fa. Sono tornato per aiutarvi di nuovo, e per salvarti la vita e portarti al sicuro- Leo spiegò pacatamente, sincero.

-Che storia strana è questa?! Devi aver sbagliato persona, io non ti conosco!- insistette Gideon, scuotendo veementemente la testa.

-Non ti ricordi… è una lunga storia. Ti ho offerto dei biscotti, che ho offerto anche a tutti voi… Riley, Clay, Daisy, Yara, Jack e Walt- Leo li indicò uno ad uno, dimostrando di ricordarsi i loro nomi.

-Biscotti?- chiese Daisy, confusa.

-Non mi fido! Finiremo nei guai, Gideon!- si lamentò Clay, spaventato.

-Clay ha ragione, è una persona strana! Andiamo via!- Riley prese le parti dell’amico.

-Ma se è il tizio del manifesto potremmo consegnarlo e ottenere una ricompensa- provò a suggerire Yara, tirando fuori un foglio di carta piuttosto rovinato.

-Hai del pane?- chiese Walt.

-Ma sei un maschio o una femmina?- chiese Jack, curioso.

-Smettila di indagare, Jack!- lo riprese Riley.

-Scusa-

-Basta! Cosa vuoi da noi?!- Gideon zittì gli amici in tono autoritario, e si rivolse a Leo, con sguardo di sfida.

-Niente- Leo alzò le spalle -Solo che siate al sicuro. Ho promesso sui sette dei che vi avrei protetto, e intendo farlo ancora. Non so come, e forse avrei bisogno io per primo di qualcuno che protegga me, ma… ho comunque cinque…- Leo si interruppe, e si affrettò a controllare il marchio di Jahlee sul suo stomaco.

Era morto almeno una volta, a giudicare dalle condizioni di dolore del suo corpo.

Almeno una, ma non escludeva di essersi giocato tutte e cinque le vite rimaste.

Guardò il marchio con ansia e paura crescenti, ma rimase estremamente sorpreso quando vide che di vite ne aveva ancora cinque.

-Che cu…!- iniziò ad esclamare, ma si interruppe quando si ricordò che erano presenti dei bambini intorno a lui -…riosa botta di fortuna!- si corresse quindi, assicurandosi che il marchio fosse reale.

-Cos’è quello?- chiese Jack, curioso.

-È un marchio che attesta che il dio Jahlee mi ha benedetto- spiegò Leo, con un grande sorriso -E comunque sono un ragazzo, maschio- aggiunse poi, rispondendo alla sua domanda precedente.

Jack sembrò soddisfatto.

-Una benedizione? Mi sembra difficile da credere- Clay però non era convinto.

-Benedizioni? Giuramenti sui sette dei? Chi sei tu?- Gideon lo fissava confuso, ancora con la spada in mano, che però aveva abbassato.

-Leonardo, seriamente, pensavo avessi un piano! Non avrei mai dovuto liberarti!- una voce alle spalle dei bambini, appartenente ad una figura che si era appena materializzata dal nulla, fece nuovamente sobbalzare e urlare i ragazzi, che si avvicinarono di riflesso a Leo.

-Salve, Jahlee… come butta?- chiese Leo, un po’ imbarazzato, sistemando i capelli sporchi di sangue… sangue che Leo non voleva sapere da dove provenisse, se da lui o da altri. Probabilmente un po’ da tutti e due.

-Senti, Leonardo! Sono stato comprensivo e paziente, ma non puoi andare in giro a fare il veggente e dire a tutti quando moriranno e come evitare di morire! Se vuoi fare il salvatore ci sono degli schemi da seguire, dei cliché, devi agire nell’ombra, come nei normali isekai! Sennò la storia diventa una noia! E gli dei si accorgeranno di te più in fretta!- Jahlee lo rimproverò.

-Ma poi diventa più difficile. Non voglio fare il salvatore! Voglio solo salvare la vita dei miei cari- si lamentò Leo, che si era già stancato al primo salvataggio, e aveva decisamente bisogno di aiuto se voleva salvare altra gente, soprattutto la famiglia reale e lo staff del palazzo.

-O lo fai come si deve, o non lo farai. E poi se continui a farti notare così finirai catturato come spia in men che non si dica. Ci sono già manifesti con la tua faccia ovunque!- spiegò Jahlee, scuotendo la testa.

Leo sbuffò, e si buttò nuovamente sdraiato sul giaciglio.

-Quindi è lui nel manifesto!- Yara esultò, mostrando con veemenza il foglio rovinato.

-Tu sei il dio Jahlee?- chiese Jack, indicandolo curioso.

-Hai qualcosa da mangiare?- si unì Walt, non capendo la gravità di quello che la presenza di Jahlee significasse.

-Ah! Chi sono questi?! Non li avevo notati! Oh… i sette orfani che hai adottato?- Jahlee sembrò rendersi conto solo in quel momento che lui e Leo non erano soli, e squadrò i bambini con curiosità e confusione.

-Non li ho adottati, li ho aiutati- specificò Leo.

-Ricordo, un momento toccante della tua avventura… va bene, Leonardo, senti. Stai attento, e cerca di farti notare un po’ meno, va bene? La battaglia di ieri è stata allucinante!- Jahlee mise in chiaro le cose.

-D’accordo, organizzerò meglio i prossimi salvataggi- promise Leo.

-Sarà meglio- lo avvertì Jahlee, prima di sparire.

Leo in realtà non aveva più idea di cosa fare.

Ciò che era successo il giorno prima l’aveva completamente sconvolto, e non era certo che sarebbe riuscito a replicare.

E poi i sette bambini, soprattutto Gideon, Riley e Clay, lo fissavano come se venisse dallo spazio… effettivamente era un po’ così.

-Ehm… se volete mangiare potete seguirmi alla locanda. Vi darò il pane avanzato e se riesco a cucinare potrei anche fare qualche biscotto- propose ai bambini, incoraggiante.

-Non so quanto ti convenga tornare alla locanda se sei ricercato- borbottò Yara, continuando a sventolare il manifesto.

Non aveva tutti i torti.

-Ma se mi dici la camera posso recuperare il pane- si offrì poi, con uno sguardo furbetto.

-Sarebbe davvero gentile da parte tua, Yara. Non è che potresti anche recuperare la mia borsa di pelle? È tipo fondamentale per la salvezza del mondo- le chiese Leo.

Affidare la salvezza del mondo nelle mani di una bambina di sette anni che lavorava per i cattivi poteva essere una mossa un po’ azzardata, ma Yara sembrava entusiasta del compito.

-Certo! Conta su di me!- si mise a disposizione, e corse via prima che i più grandi potessero fermarla.

-Aspetta, Yara, non sai…- cosa che Riley provò a fare, ma la bambina era troppo veloce. Lanciò un’occhiata verso Gideon, aspettandosi istruzioni, ma il ragazzino era ghiacciato sul posto, e non era a causa dei poteri di Leo.

-Che camera è?- chiese quindi la bambina a Leo.

-Oh, giusto. La sette- le disse Leo, cercando di non pensare alla coincidenza del numero che compariva sempre nella sua vita.

Riley annuì, e sparì dietro Yara, per aiutarla nell’impresa e assicurarsi che non finisse nei guai.

-Cibo!- esultò Walt, sedendosi accanto a Leo nell’attesa e iniziando a giocare con i suoi capelli.

-Se tu sei benedetto da Jahlee, significa che puoi proteggerci?- chiese Jack, avvicinandosi titubante anche lui.

-No che non può proteggerci! Lo avete visto?! È piccolo, debole, ferito, e Gideon è riuscito a trasportarlo da solo- obiettò Clay.

Leo si sentì colpito nell’orgoglio, ma non poteva replicare, obiettivamente.

-A proposito, grazie di avermi portato qui. Mi hai anche fasciato le ferite? Sei stato gentile- Leo si rivolse a Gideon e gli sorrise, amichevole.

Gideon e Daisy erano gli unici a non aver ancora spiccicato parola dall’arrivo di Jahlee.

-In realtà è stata Riley, lei è molto brava- spiegò Jack, punzecchiando i punti fasciati.

Leo si trattenne dal mostrare che effettivamente gli facevano male.

-La dovrò ringraziare di cuore quando torna- si limitò a dire, mantenendo il sorriso.

-Basta! Gideon, andiamo a casa! Brandon si arrabbierà se non ci vede!- Clay si lamentò, e iniziò ad agitare l’amico, spaventato.

Leo si irrigidì.

-Brandon?- chiese, facendosi improvvisamente serio.

-Mi fa paura…- borbottò Walt, incupendosi.

-Mi ha messo a scavare. Non mi piace scavare- si lamentò Jack, mostrando le piccole mani piene di calli e ferite.

-Non dovreste tornare da Brandon. Lui non vi tratta bene- suggerì Leo, cercando di non mostrare troppo il suo odio per quel torturatore di bambini.

Era stata una delle due persone che aveva odiato di più durante le sua avventura nei sette regni.

La seconda era Victor Vasilev, principe di Valkrest, che oltre ad aver imbrogliato e manipolato Leo durante l’unica visita fatta a palazzo durante i due mesi passati lì, aveva insultato velatamente la principessa e la famiglia reale, fatto commenti sconvenienti, ed era il diretto responsabile della guerra in corso, quindi i due uomini se la battevano nell’essere super odiati da Leo.

-E che dovremmo fare?!- obiettò Clay, stringendosi più forte a Gideon e cercando di convincerlo a schierarsi dalla sua parte e parlare contro Leo.

-Potreste stare con me. Vi darò da mangiare, non dovrete lavorare, e prometto che farò tutto quanto in mio potere per proteggervi- propose il cuoco.

Non è che avesse molto da offrire, in realtà, e aveva una missione da compiere, ma non poteva certo lasciarli a loro stessi. Aveva fatto un giuramento, dopotutto.

Gideon scosse appena la testa.

-Perché… perché dovremmo fidarci di te?- chiese, in un sussurro, sollevando appena la spada.

Leo alzò le spalle.

-Non lo so. Più che la mia parola, non ho molte prove a mio carico. So che è difficile fidarsi di un sorriso quando l’ultimo si è rivelato una maschera che nascondeva una grande crudeltà, ma voglio davvero solo il vostro bene, e non vi chiederò mai niente in cambio- gli parlò senza indorare la pillola, senza promettergli un futuro roseo e perfetto, ma da pari a pari. Sapeva che Gideon fosse un ragazzo molto maturo per la sua età. 

Il bambino non replicò, sembrava pensieroso.

Clay provò a trascinarlo via.

Jack e Walt erano accanto a Leo, e avevano iniziato a giocare tra loro.

Daisy, dietro al fratello, continuava a fissare il ragazzo, con espressione difficile da decifrare.

-Com’erano i biscotti?- chiese a sorpresa la bambina, dopo qualche secondo di silenzio.

-Biscotti arcobaleno, sono una mia ricetta molto particolare. Sono super colorati, con…- Leo iniziò a spiegare.

-…colori tutti mischiati, e hanno un sapore molto strano, dolce, ma con tanti sapori tutti insieme. Sono molto buoni- concluse Daisy, uscendo da dietro il fratello, e iniziando ad avvicinarsi a Leo.

-Daisy…- Gideon provò a richiamarla, ma lei non lo ascoltò.

-Esattamente… te li ricordi?- Leo si piegò verso la bambina, sorpreso e speranzoso.

-Non lo so, ma penso di averli sognati, qualche giorno fa. Sei… familiare. E io…- Daisy lo fissò con attenzione, poi si girò verso Gideon -…io mi fido di Leo. Lui ci proteggerà- annunciò con sicurezza.

-Certo, mettiamoci nelle mani di Daisy, adesso- borbottò Clay, sarcastico, scuotendo la testa.

Gideon, però, sembrò molto più sicuro.

-Ti fidi?- chiese alla sorella, abbassando la spada.

Lei annuì, convinta, prendendo la mano di Leo, che gliela strinse, ed era a pochi istanti dallo scoppiare a piangere, commosso.

-Hai giurato sui sette dei?- Gideon poi si rivolse a Leo.

-Certo, ho giurato che non avrei permesso che vi capitasse niente- il cuoco annuì con vigore. 

Gideon lasciò andare la spada.

-Va bene… ti aiuteremo nella tua missione- annunciò, deciso.

-Sì… no! NO! Non dovete aiutarmi in niente! Dovete solo mangiare bene, riposare, non lavorare, ed essere in salute. Alla mia missione ci penso io!- Leo subito cercò di fermarlo dal farsi aiutare.

-Ma il dio ha detto che non sei bravo, ti serve aiuto!- insistette Gideon, stringendo i pugni per mostrare la propria determinazione.

-Ma non preoccuparti, me la cavo anche da solo…- Leo surclassò la questione, maledicendo mentalmente Jahlee per averlo rimproverato davanti ai bambini, e sperando che Jahlee non leggesse i suoi pensieri dove lo malediceva perché non voleva nuovamente inimicarselo.

Per sua fortuna non li leggeva. Solo Veer poteva farlo.

-No che non te la cavi! Sei quasi morto in battaglia, e se non fosse stato per me ti avrebbero anche catturato!- Gideon incrociò le braccia, e iniziò a darsi delle arie.

-Guarda, signorino, che sono stato io a salvar…- Leo si interruppe. Forse non era il caso di dire ad un bambino di undici anni che sarebbe dovuto morire il giorno prima ed era stato maldestramente salvato da un incapace.

Decise di rinunciare.

-Va bene, va bene, hai vinto. Non sono il miglior salvatore del mondo e un aiuto mi può servire, ma tu e i tuoi amici dovete pensare prima di tutto a voi stessi, e a mangiare, stare bene e giocare come normali ragazzini della vostra età. Magari andare a scuola… non c’è la scuola in questo mondo, vero? No, la introdurrà Obsidian, la nipote di Daryan…- Leo si rabbuiò pensando all’uomo che amava, che probabilmente non sapeva neanche chi Leo fosse.

Teoricamente non stava ancora insieme alla sua futura moglie, ma durante la guerra il seme della loro relazione veniva piantato, quindi era probabile che in quel momento lui e Dotty si stessero iniziando ad innamorare.

-Ti serve seriamente aiuto…- borbottò Gideon, notando come Leo sembrava essersi incantato.

-Ho altri aiuti!- mentì Leo.

-Del tipo?- chiese Gideon, in tono di sfida.

Leo cercò di trovare una risposta.

I cinque bambini nella stanza lo stavano fissando curiosi.

Daisy gli teneva ancora stretta la mano.

Jack e Walt si erano girati a fissarlo.

Clay scuoteva la testa e sembrava ancora terrorizzato.

Gideon sorrideva vittorioso.

Prima che Leo potesse rispondere, la porta dell’edificio abbandonato si aprì, o meglio, venne sfondata, e un cavaliere in armatura ammaccata entrò a spada sguainata.

-Fermi tutti se non volete che finisca male!- li minacciò.

Leo fu veloce a mettersi davanti ai bambini per proteggerli, dimostrando di prendere molto sul serio la sua promessa, e fu in procinto di sollevare la mano sinistra per difendersi e scappare, ma esitò.

In parte perché sentiva ancora la mano sinistra leggermente congelata, in parte perché la voce gli era risultata familiare.

-Fermi!- ripetè, e poi guardò Leo con attenzione, sollevando appena l’elmo.

Leo abbassò la mano, e si aprì in un immenso sorriso.

-Alex!- esclamò, entusiasta, avvicinandosi alla vecchia amica.

Che bello, era viva!

Una preoccupazione in meno.

-Fermo lì! Non ti muovere! Sei in arresto per atti sospetti! Non opporre resistenza!- Alex però non condivideva la gioia, e gli puntò la spada alla gola, rischiando di ferirlo.

Leo sospirò, ormai non si stupiva più.

-Ma che è, una nuova moda? Sei tipo la quinta o sesta persona che mi punta una spada al collo in tre giorni!- si lamentò, alzando le mani in segno di resa.

Sì, in effetti gli serviva parecchio aiuto.

Fortuna che aveva trovato sette piccoli alleati in gamba.

Sarebbe stato bello riuscire a guadagnarne anche una ottava un po’ più grande e altrettanto in gamba.

Ma, se la spada sulla gola e lo sguardo assassino erano un indicatore… sarebbe stato un po’ difficile.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Ero indecisa fino all’ultimo se dividere questo capitolo in due o no… alla fine ho deciso di non soffermarmi troppo sulla battaglia (perché non so proprio scrivere scene di azione) e di concentrarmi su altre cose.

In effetti la scena della battaglia è stata difficile da scrivere, e non ne sono soddisfattissima, ma spero che vi sia piaciuta.

E che vi sia piaciuto il ritorno dei sette orfani e di Alex. 

Ahhh, Alex, ci è mancata.

Peccato stia per uccidere Leo.

Ma ehi, non si può ottenere tutto, giusto?

Passando al capitolo…

Giada voleva cambiare la Storia in passato, chissà cosa è cambiato nella sua mente che l’ha portata all’esatto opposto.

Jahlee è un sottone per la figlia, ma ha deciso di supportare davvero Leo, yay! 

I cavalieri di Jediah si dividono tra quelli completamente incompetenti, e quelli eccessivamente zelanti. Speriamo che Alex sia un po’ più aperta di mente. Soprattutto visto che pare che Leo sia ricercato con tanto di manifesti. Veloci i disegnatori del regno, in un giorno hanno già tappezzato la città.

E sono ritornati i sette bambini!! Personalmente li adoro, soprattutto Gideon, e sembra che avranno un ruolo più importante in questo libro. Spero che stiano simpatici anche a voi, magari nel prossimo capitolo farò un piccolo sondaggio per attestare alcune cose.

Oh, e nel prossimo capitolo ritorneranno vecchi personaggi molto amati. Non vedo l’ora di scriverlo.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, un bacione e alla prossima :-*

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Da quando questo isekai è anche genderbend?! ***


Da quando questo isekai è anche genderbend?!

 

-Puoi abbassare la spada, ti prego? Inizia a diventare imbarazzante- Leo aveva le mani alzate e fissava la lama della spada con espressione stanca.

Aveva perso il conto di quante volte gliene avevano puntata una alla gola, e non credeva che sarebbe stato fortunato ancora a lungo nel sopravvivere a quel tipo di minaccia.

Ma lo sapevano che il collo era il punto più vulnerabile del corpo umano?

…sì, senz’altro.

-Io non abbasso proprio un bel niente! Pensi che non sappia di cosa sei capace? Ti ho cercato tutto il giorno- Alex però era combattiva.

Leo piegò la testa.

-Eri a due passi da me quando sono svenuto…- osservò Leo, un po’ sorpreso, lanciando un’occhiata a Gideon, che accennò un sorrisino.

-Sono molto veloce e abile nel seminare le persone- spiegò, soddisfatto.

-Ammirevole- gli sorrise Leo, incoraggiante.

-E tu sei più leggero della spada- aggiunse poi il bambino, indicando l’arma che aveva ripreso in mano.

-Meno ammirevole- borbottò Leo, sentendosi attaccato.

-Non ti rendi ancora conto della situazione in cui ti trovi, spia?- Alex insistette, irritata nel non essere presa sul serio.

Leo sapeva quanto fosse professionale e abile, quindi decise che fosse meglio dedicarle tutta la propria attenzione. E poi era davvero felicissimo di vederla, soprattutto con ancora la vita che fluiva nel suo corpo.

Ma era il caso di averla dalla sua parte, se voleva restare vivo anche lui.

Quindi era meglio essere seri, per una volta.

-Me ne rendo conto… se vuoi catturarmi va bene, ma ti prego, lascia andare i bambini- Leo indicò i ragazzi dietro di lui.

-Ma…- provò a lamentarsi Gideon.

Alex lo interruppe.

-Non posso! Sono alleati del nemico, e devo trattarli di conseguenza- obiettò.

-…sono solo dei bambini-

Alex osservò i ragazzi alle spalle di Leo, la cui età passava dai quattro ai dodici anni (o undici, con Gideon non si capiva). Nessuno avrebbe potuto considerarli una minaccia, neanche il più grande, che aveva recuperato la spada ma la teneva con mani tremanti, terrorizzato anche se cercava di apparire forte.

-Solo per stavolta… se dovessi rincontrarli in battaglia, non avrò alcuna esitazione!- alla fine la cavaliera cedette al proprio buon cuore, e diede il permesso ai bambini di andarsene.

Loro però non si mossero, e si limitarono a guardare Leo, che sorrise grato all’amica.

-Andate, ragazzi. Raggiungete Yara e Riley, e se non torno entro stasera prendete tutte le mie monete e usatele per andare a Nivern. Al tempio si prenderanno cura di voi. Vi prego non tornate da Brandon, se non volete che vi faccia del male- Leo diede indicazioni, cercando di apparire autorevole e forte anche se sperava vivamente che sarebbe riuscito a raggiungerli.

Aveva bisogno del suo taccuino, dopotutto, era fondamentale per salvare le vite delle persone.

I bambini, comunque, non notarono la sua insicurezza, e si avviarono all’uscita sul retro, incerti ma rapidi.

Tranne Gideon.

-Non ti lascio qui con lui!- si eresse a difesa di Leo come se fosse una sua responsabilità.

A Leo piangeva il cuore nel vedere che un ragazzino così giovane avesse addosso tutto questo senso del dovere. Ed era commosso che gli fosse già così fedele, nonostante non ricordasse niente di quello che Leo aveva fatto per lui.

-Gideon, segui gli altri…- provò comunque ad ordinargli, in tono dolce, ma deciso.

-Ma hai bisogno di aiuto! Quell’uomo è spaventoso- obiettò lui, lanciando ad Alex un’occhiata preoccupata.

-No, non lo è. È una brava persona, te l’assicuro. Non mi farà niente di male. E vi raggiungerò presto- Leo provò a rassicurarlo e ad allisciarsi nel frattempo Alex, che aveva ancora la spada puntata, e sembrava parecchio colpita dalle parole di Gideon.

-Ma…-

-Niente ma. Gli altri hanno bisogno di te, vai con loro- Leo fu più autoritario, e gli scompigliò i capelli affettuosamente.

Gideon esitò un po’, ma alla fine seguì i suoi compagni, uscendo fuori dalla stanza, e lasciando Leo ed Alex da soli.

-Allora… che ne dici di accomodarti, così ti spiego?- Leo provò a proporre, indicando il giaciglio dove era rimasto addormentato tutto quel tempo.

-Non sono qui per chiacchierare. Seguimi immediatamente alla roccaforte! Verrai imprigionato per i tuoi crimini e interrogato per le tue conoscenze. E non provare a creare un altro muro di ghiaccio per scappare, non esiterò un secondo a rincorrerti comunque! E me la prenderei con i bambini!- lo minacciò Alex, decisa e premendo maggiormente la spada contro Leo.

-Ti prego, Alex… possiamo parlare solo qualche minuto, senza che tu mi uccida? Mi ferirebbe molto sapere che una delle mie più care amiche potrebbe essere la responsabile di una delle mie prossime morti- Leo la guardò con una certa tristezza.

Alex sobbalzò vistosamente, e ci mancò poco che non tagliasse la gola a Leo di netto.

-Ma che cosa stai dicendo?!- lo accusò, visibilmente preoccupata per ciò che Leo sapeva su di lei.

-Sì, Alex. Conosco il tuo nome, so che sei una ragazza travestita da uomo, e non ho alcuna intenzione di dirlo in giro e di farti finire nei guai. Se mi permetti di spiegarmi…- Leo provò ad usare la diplomazia, ma non fu molto efficace.

-Non ho intenzione si ascoltare una sola parola, e se vuoi mandarmi a fondo con te, sarà sempre meglio che collaborare con una spia! Ora seguimi- Alex lo afferrò per un braccio, e iniziò a trascinarlo senza dargli occasione di ribattere.

Leo ci provò comunque, e tentò di ribellarsi.

-Dammi sette minuti! Sette minuti e se non sarai convinta della mia storia ti seguirò senza obiettare, mi farò interrogare, non cercherò di scappare, e non userò la benedizione di Noella su nessuno- continuò ad insistere.

-Parole vuote senza alcun significato per me…- Alex però era professionale.

-Lo giuro sui sette dei!- Leo usò l’ultima risorsa, e le parole rimbombarono come amplificate nella quiete della stanza, immobilizzando Alex, che si girò verso Leo e lo fissò sconvolta.

Ci furono alcuni secondi di silenzio, mentre il cavaliere valutava la situazione, poi Alex lo lasciò andare, pur mantenendolo a portata di spada.

-In questi sette minuti non cercherai di scappare?- chiese, per sicurezza.

-Assolutamente no!- le assicurò Leo.

-E non userai qualche trucco per controllarmi la mente…- continuò Alex, valutando ogni possibile lato negativo.

-Non potrei neanche volendo. Ho solo due benedizioni: il ghiaccio di Noella, e le sette vite di Jahlee… cinque vite, al momento- Leo indicò i simboli, sollevando appena la camicia per mostrare quello di Jahlee.

Alex distolse immediatamente lo sguardo, e rimase in silenzio qualche altro secondo.

-E se non cambio idea giuri che non opporrai alcuna resistenza- si assicurò, mettendolo in chiaro.

-Lo giuro!- promise Leo, mettendosi una mano sul cuore.

Né Leo né Alex potevano vederli perché avevano deciso di non immischiarsi, ma sia Jahlee che Noella stavano scuotendo la testa vistosamente, con le mani tra i capelli, maledicendo la stupidità del ragazzo che avevano deciso di benedire.

-Come controlliamo il tempo?- chiese Alex, abbassando la spada e accettando la proposta di Leo, convinta che comunque lui non sarebbe mai riuscito a convincerla in soli sette minuti.

Ah! Leo aveva quasi convinto una ribelle antimonarchica accecata dalla vendetta ad abbandonare la sua causa e ragione di vita in sette minuti, poteva convincere chiunque di qualsiasi cosa.

-Useremo il timer della mia benedizione, aspetta un secondo- Leo sollevò la mano sinistra, tenendola lontana da Alex per evitare che pensasse che volesse attaccarla, e creò velocemente una piccola scultura di ghiaccio per usare il suo potere.

Uscì molto più piccola e informe del solito. Evidentemente aveva dato fondo a molto potere per qualsiasi cosa avesse prodotto il giorno prima. La mano era ancora estremamente gelida.

E Alex fissò il fatto con un certo timore, spaventata da una magia che in quel mondo era più unica che rara, soprattutto a Jediah, dove non si vedevano molti semidei.

-Ecco… ora abbiamo un timer- Leo mostrò poi la mano, e Alex la prese, per tenerla d’occhio.

-Bene… spiegati, allora- lo incoraggiò poi a parlare, squadrandolo con attenzione.

Leo prese un profondo respiro.

E poi iniziò a raccontare la storia della sua vita sperando di riuscire a dare i massimi dettagli nel minor tempo possibile, perché nonostante la sua mostrata sicurezza, era terrorizzato all’idea di non convincerla ed essere sbattuto in carcere senza neanche il taccuino con tutti i piani.

-Il mio nome è Leonardo Rinaldi, vengo da un altro mondo. Sì, lo so che un’altra persona ha usato la stessa storia, ma io sono davvero di un altro mondo. Sono venuto qui nove mesi fa, e ho fatto amicizia con tutti i membri del palazzo, beh soprattutto le cuoche, e la principessa, e il principe, e Chevel, e Persian, e il re e la regina, e te. Mi hanno assunto come cuoco e come assaggiatore reale, perché pensavano già allora potessi essere una spia, e lo so che i capelli mi rendono molto probabilmente una spia, ma non ho alcuna relazione con Valkrest… beh, è vero che ho conosciuto il principe Victor una volta, ma lo odio, devi credermi!- Leo parlava così veloce che probabilmente Alex non riusciva neanche a capire tutto quello che stava dicendo, ma non aveva tempo da perdere.

-Comunque… noi due eravamo compagni di stanza, insieme a Lionel e Prankit. Non sopporti nessuno dei due, soprattutto Lionel, che è sempre assegnato di guardia all’ingresso anche se è completamente incompetente, e mi avete fatto del bullismo i primi giorni rubandomi il materasso, il cuscino e le coperte. Poi ho scoperto per caso che sei una donna, e per qualche motivo che ancora non ho capito hai deciso di aiutarmi. Forse perché avevo detto che fossi un’ipocrita a trattarmi male per il fatto che io fossi un cuoco uomo quando tu sei una cavaliera donna, ma…- Leo si rese conto che forse insultare Alex non era il modo migliore per portarla dalla sua parte, e si interruppe di scatto, arrossendo appena.

Alex lo guardava con le sopracciglia aggrottate.

Leo cambiò argomento.

-Ho organizzato il banchetto della principessa. Il suo cibo preferito fatto da me sono le crepes, ma adora anche tutto il resto, soprattutto i dolci. È stata la mia più grande alleata a palazzo mentre lavoravo lì, è una ragazza davvero speciale, e mi ricorda tanto mia sorella. Prima che partissi mi ha regalato questa collana: un ciondolo con un opale di fuoco, l’opale che rappresenta lei, e il fuoco come i miei capelli- Leo tirò fuori la collana che indossava sempre, e la mostrò ad Alex, che la osservò con una certa incredulità. 

Era raro, infatti, che i non nobili possedessero gioielli così preziosi, soprattutto con delle pietre. A Valkrest giravano ancora meno che a Jediah, in particolar modo da quando era scoppiata la guerra. Tutti i gioielli venivano venduti per pagare le spese importanti, le armi, il cibo.

Nessuna persona sana di mente avrebbe tenuto un opale di fuoco per sé, a meno che non fosse estremamente ricco, potente, o un ladro.

-Il tuo cibo preferito è la mia torta al cioccolato e peperoncino, e in generale ti piacciono le cose piccanti. Sei molto seria, e professionale, e hai una lealtà e un senso del dovere impareggiabili. Quando sono stato avvelenato mi hai tenuto d’occhio per giorni per assicurarti che stessi bene, mi hai accompagnato ovunque pur rispettando la mia indipendenza, e mi sono sempre sentito estremamente al sicuro quando ero con te, sia contro i compagni di stanza, che quando temevo sarei potuto essere avvelenato da un momento all’altro, di nuovo. Sei abilissima con tutte le armi, ma in particolare la spada, e sei veloce e scattante. Vuoi solo fare il tuo lavoro, senza spiccare o ricevere trattamenti speciali, ma spicchi comunque per la tua competenza. Non tradiresti mai la corona, mai…- Leo abbassò la testa, e sospirò.

Mentre parlava di Alex, ricordando tutti i momenti passati insieme, si rese conto che non c’erano parole che potesse dire per convincerla.

Aveva ancora parecchi minuti, ma sarebbero stati inutili.

Alex era troppo leale, troppo competente, troppo onesta per rischiare la sicurezza del suo regno se non era certa, al 100%, della veridicità delle parole di Leo. Se le fosse rimasto anche un solo dubbio sulla sua storia, avrebbe seguito la logica e l’avrebbe catturato per non rischiare il peggio.

-…anche se credessi alla mia storia, anche se ti fidassi di me, tu mi imprigionerai e mi terrai sottochiave comunque, per non mettere in pericolo il regno- affermò, con sicurezza, sospirando rassegnato, e prendendosi il volto tra le mani, afflitto.

Alex fu piuttosto sorpresa dalla sua improvvisa arrendevolezza.

Osservò la sua mano. Erano passati solo due minuti.

Gliene mancavano ancora cinque.

E si stava già arrendendo?

Alex rimase ad aspettare, incuriosita da ciò che avrebbe fatto, e decisa ad aspettare la fine dei sette minuti prima di prenderlo di peso e portarlo alla roccaforte.

Però doveva ammettere di essere un po’ delusa. Si aspettava un carisma migliore.

Si aspettava una spia spaventosa, scaltra, piena di trucchi e assi nella manica.

Quel tizio… era davvero strano.

E… familiare.

Come il ricordo di un sogno antico.

O un deja-vu.

Fece un passo nella sua direzione.

-Se la tua storia è vera, come mai non ho alcuna memoria di te?- chiese, in tono sprezzante, ma anche sinceramente curioso. Nessuno poteva essere così stupido da inventare una storia che coinvolgesse così tante persone, e non avere niente che la provasse, e ricordi che la confermassero nella mente di nessuna di tali persone.

Doveva pur aver inventato una scusa.

Leo tornò a guardarla, sorpreso dalla domanda.

Ma non perché non sapesse rispondere.

Semplicemente, non credeva che Alex avrebbe chiesto nulla.

Effettivamente… era più facile rispondere alle sue domande per provare a convincerla.

-Gli dei hanno cancellato la memoria di tutti- spiegò, iniziando a strofinare la mano con la benedizione, per cercare di riscaldarla.

Alex roteò gli occhi. Che stupida scusa! Si aspettava di meglio!

-È la verità. Ed è… una lunga storia…- Leo non sapeva da dove cominciare nel parlare degli dei e della Storia, e avrebbe preferito non doverlo fare. Ammettere che cinque dei su sette lo odiassero non avrebbe di certo reso Alex più aperta nei suoi confronti.

-Hai più di quattro minuti per provare a raccontarla, ed è senz’altro più interessante dei miei gusti in fatto di dolci- lo incoraggiò Alex, incrociando le braccia.

Alla fine Leo non aveva niente da perdere, e preferiva essere il più sincero possibile.

Decise di raccontare tutta la storia.

-Ho detto che sono arrivato nel vostro mondo nove mesi fa, ma sono rimasto solo due mesi. Sono giunto qui perché la semidea Yu, figlia di Jahlee, ha usato un artefatto divino che permette di viaggiare tra i mondi per trasportarmi in questo e salvarmi la vita- spiegò Leo, iniziando dal principio, e introducendo la sua migliore amica.

-Non sapevo che il dio Jahlee avesse una figlia- commentò Alex, sorpresa e poco convinta.

-Ha passato buona parte della sua vita nel mio mondo, insieme alla madre, ed è possibile che gli dei abbiano cancellato ogni memoria anche di lei, ora che ci penso, ma esiste, ed è lei il motivo per cui sono venuto qui. Ed è anche il motivo per il quale non sono tornato prima…- continuò Leo, dopo una breve riflessione.

Se anche Giada era stata cancellata dalla memoria delle persone, aveva senso che nessuno l’avesse riconosciuta a palazzo.

-…ho lavorato a palazzo due mesi, poi sono tornato nel mio mondo. Avevo intenzione di ritornare presto ma la semidea Yu, che era la mia migliore amica, non mi voleva far tornare, e non mi aveva detto che c’era una guerra in corso. L’ho scoperto solo qualche giorno fa leggendo la Storia, e sono tornato per cercare di cambiarla- 

Alex sgranò gli occhi, e fece un passo indietro.

-La Storia?! Sei un ribelle antimonarchico?!- chiese, sorpresa, sollevando nuovamente la spada.

-No! Lasciami spiegare…- Leo provò a calmarla, sorpreso da questa veemenza.

-Sono coloro che vogliono cambiare la Storia che hanno causato questa guerra, uscendo dal percorso tracciato! E tu sei come loro!- lo accusò Alex, furiosa.

A Leo tornò in mente qualcosa che aveva letto nel terzo libro di quella guerra, il libro dove i ribelli sarebbero stati sconfitti per sempre.

Già… era vero che tutti erano convinti che la guerra non fosse nella Storia.

Ne era convinto Daryan, ne era convinta Dotty… sicuramente ne era convinta l’intera corte di Jediah.

Scosse la testa.

-No, Alex… mi dispiace dirlo, davvero, ma questa guerra è scritta nella Storia. Io l’ho letta. Ho letto tutto. Ogni battaglia svolta fino a questo momento, e le battaglie che si svolgeranno in futuro. Se avessi letto prima sarei tornato immediatamente, e mi dispiace…- gli vennero le lacrime agli occhi, pensando a tutto ciò che i suoi amici avevano dovuto subire -…mi dispiace davvero tanto, Alex-.

Alex era ancora all’erta, ma abbassò appena la spada, sorpresa dalle sue emozioni.

-La guerra è scritta nella Storia, e gli dei vogliono che questa storia proceda esattamente come è scritta. Ma io non sono parte di essa- spiegò Leo, indicandosi.

-Tutti sono parte della Storia…- borbottò Alex, incredula.

-Io no! Per questo gli dei mi hanno fatto tornare a casa, per questo volevano lasciarmi lì per sempre, e per questo hanno cancellato a tutti voi ogni memoria del mio passaggio in questo mondo. Era la manovra di emergenza. E se dipendesse da loro, mi avrebbero già catturato, isolato, e forse anche ucciso. Solo Jahlee è dalla mia parte, e spero anche Noella, anche se non ci ho parlato finora. È rischioso per loro, ma vogliono finire questa insulsa guerra, e voglio finirla anche io, salvando quante più persone possibili- Leo scoprì tutte le sue carte, sperando di non aver attirato l’attenzione degli dei sbagliati, parlando di loro. Finché non li nominava sarebbe stato tutto apposto, giusto?

-Come quei bambini di Valkrest?- chiese Alex, in tono accusatorio.

Valkrest era il nemico, e il fatto che Leo volesse aiutare anche il nemico non dava punti a suo favore. Ma doveva essere onesto, se voleva che Alex si fidasse davvero di lui.

-Anche… non ti mentirò, Alex, io non voglio salvare Jediah sconfiggendo Valkrest. Io voglio solo salvare quante più persone possibili, da entrambi i fronti. Sono comunque esseri umani, e la guerra è orribile per tutti. Non  è colpa di soldati come te se la guerra c’è in primo luogo, è colpa di teste coronate che prendono delle decisioni difficili e stupide senza alcuna conseguenza- spiegò il suo punto di vista, pensando con rabbia al principe Victor.

-Allora perché non vai alla corte di Valkrest a chiedere di smetterla. Sono loro i responsabili di questa guerra- suggerì Alex, scuotendo la testa.

-Dubito fortemente che mi ascolterebbero, e non so assolutamente nulla di Valkrest. E poi… io qui ho comunque le mie priorità- ammise Leo, portandosi una mano tra i capelli, a disagio.

Stavano entrando in un terreno pericoloso.

-Del tipo?- chiese infatti Alex, squadrandolo con attenzione.

Leo sospirò.

-Te…- ammise poi, in un sussurro, guardandola con tristezza.

Alex lo fissò qualche istante, senza sapere cosa dire.

-Io non… non ho bisogno della protezione di una spia!- obiettò, offesa.

E Leo esitò qualche secondo prima di ribattere.

-…oggi ne avevi bisogno- annunciò, a voce bassa, senza guardarla negli occhi.

-Avevo la situazione sotto controllo- si difese Alex, decisa, ma con voce leggermente tremante.

Leo dovette dare sfogo a tutta la sua forza di volontà per pronunciare la seguente frase.

-Saresti morta- 

Due parole.

Che pesarono quanto un macigno.

Alex scosse appena la testa.

-No… no, ce l’avrei fatta a sconfiggerlo, anche senza il muro di ghiaccio- affermò, con sicurezza.

-Sarebbe successo prima. Quando eri distratta alla vista di Gideon, la guardia alle spalle stava per colpirti, ma io ho attirato la tua attenzione, facendoti rendere conto che si era alzato. Ti avrebbe colpito cogliendoti di sorpresa, e in due colpi ti avrebbe finito. Il sangue sarebbe andato contro Gideon, che sarebbe indietreggiato e sarebbe stato colpito da una guardia di Jediah. Sareste morti entrambi- Leo raccontò la Storia come l’aveva letta, ripensando a ciò che aveva visto, a ciò che stava effettivamente per succedere.

Era stato così vicino… troppo vicino.

Che si fossero salvati entrambi era stato un miracolo.

-Non è… non possiamo saperlo- Alex non voleva credere a ciò che Leo le stava dicendo, e lui non la biasimava.

Neanche Leo aveva voluto crederci.

E aveva sperato che non sarebbe successo.

Ma la guerra era reale, la Storia era accurata.

L’aveva visto con i suoi occhi.

E l’aveva impedito per un pelo.

-Io lo so. L’ho letto. E non… non potevo permetterlo, Alex- le lacrime iniziarono a rigare le guance di Leo, che cominciò a singhiozzare, senza potersi più trattenere.

Il peso di ciò che era successo gli colpì le spalle tutto insieme, e le ginocchia gli cedettero, facendolo crollare a terra.

-Non posso permettere che altre persone muoiano, soprattutto persone che amo. È stato un incubo, ed è così ingiusto! E oggi ho quasi fallito. Che gli dei mi maledicano! Ho quasi fallito alla prima missione…- si rese conto della sua impotenza. Non era che un cuoco con qualche informazione, che aveva salvato la vita di due persone per pura fortuna.

Non poteva continuare ad andare a fortuna. Era una faccenda troppo importante.

Jahlee aveva ragione. Aveva bisogno di aiuto.

-Io non voglio essere un salvatore, Alex! Io non voglio avere questa responsabilità! Pensi che mi piaccia? Pensi che non preferirei essere a casa a cucinare per mia sorella e mia madre, senza avere le vite di centinaia di persone che dipendono da me? Pensi che sia piacevole vivere in mezzo a persone che hai amato per due mesi, e che non si ricordano di te, anzi, pensano che tu voglia fare loro del male?! È orribile, Alex! E tu mi stai guardando come se fossi un folle, quando sette mesi fa mi abbracciavi con forza e mi dicevi che la camera sarebbe stata vuota, senza di me, e io ti rispondevo che almeno adesso avresti avuto due coperte, e ti chiedevo di rubare anche il cuscino e il materasso a Lionel e Prankit…- ormai Leo non cercava più di convincerla, non cercava più di informarla, e non cercava più di ottenere il suo favore.

Quello era l’ultimo momento per crollare, ma Leo crollò, e iniziò a sfogare tutta la frustrazione che si portava dietro da giorni, se non addirittura da mesi.

Dall’inizio di quella folle avventura che gli aveva portato le più grandi emozioni della sua vita, sia positive che negative.

-Non posso fare promesse…- sussurrò Alex, a voce così bassa che Leo a malapena la sentì.

-Esatto, era così che mi avevi risposto- osservò Leo, indicandola e annuendo appena, mentre si asciugava le lacrime che però uscivano troppo copiose per essere asciugate del tutto.

Poi si rese conto esattamente di ciò che la cavaliera aveva appena detto, e alzò di scatto la testa verso di lei, sorpreso.

Alex si stava tenendo la testa tra le mani, e sembrava dolorante.

-Alex!- Leo dimenticò il suo crollo emotivo, e si affrettò verso la cavaliera, per assicurarsi che stesse bene.

Non fece in tempo a toccarle una spalla, che Alex lo spinse via, riprese la spada, e gliela puntò al collo con più sicurezza.

-Cosa… cosa mi hai… chi… per tutti gli dei!- iniziò a borbottare, con un filo di voce, e il sudore che le scendeva copioso.

Sembrava come se il suo corpo stesse vivendo una profonda battaglia interiore.

Leo rifletté su cosa aveva causato quella reazione, e si rese conto che era la prima volta che aveva citato un evento specifico capitato insieme a lei.

Era un tentativo disperato, ma meglio di niente.

-Quando ho scoperto che eri una donna stavi facendo un bagno nel lago della foresta vicina al castello. Io stavo scappando da Lionel ed ero in ritardo per l’ora del tè, ma alla fine sono arrivato in tempo grazie alle tue indicazioni. Mi hai chiesto se potevi assaggiare uno dei miei dolci….- iniziò a ricapitolare alcuni eventi salienti della loro amicizia, sperando di ottenere qualche risultato.

Alex scosse violentemente la testa, ancora più dolorante.

-S_smettila…- provò a lamentarsi.

Leo volevo smetterla, per non farla soffrire, ma sentiva di dover continuare.

-La prima volta che sono quasi morto tu sei salita a controllare, nella casetta sull’albero della principessa. C’era appena stato un attacco dei ribelli antimonarchici, un ribelle mi ha accoltellato, ma ero completamente illeso, e mi hai chiesto se ero sicuro…-

-…di essere stato colpito?- concluse Alex, in un mormorio. Lasciò andare la spada, per prendere la testa con entrambe le mani.

-Sì! Mi hai consigliato di non provocare Lionel per non farmi sprecare una vita, mi hai prestato la tua giacca quando siamo usciti da palazzo per andare a fare rifornimento. Mi hai aiutato quando Gideon e sua sorella hanno tentato di rubarmi dei soldi, ma hai offerto a me la scelta di aiutarli o catturarli. Mi hai protetto dal principe Victor quando ha iniziato ad assillarmi, anche se sei stata perfettamente professionale mentre lo facevi- Leo continuò, avvicinandosi all’amica sperando che le sue parole potessero in qualche modo abbattere il muro intorno ai suoi ricordi, facendoli riaffiorare, almeno in parte.

Se Alex avesse ricordato anche solo la sua identità… 

-Io non…- Alex era finita in ginocchio, e non aveva più forze per opporsi.

Leo si inginocchiò davanti a lei.

-Quando sono stato avvelenato mi hai tenuto d’occhio per giorni per assicurarti che stessi bene, mi hai accompagnato ovunque pur rispettando la mia indipendenza, e mi hai perdonato anche quando ho rotto la tua fiducia approfittando di tale indipendenza per scappare e intrufolarmi nella missione per salvare la semidea Yu dai ribelli antimonarchici. Mi sei sempre stata accanto, Alex…- cercò il suo sguardo, e finalmente Alex sollevò la testa, e lo guardò.

Come se non lo vedesse del tutto, come se stesse cercando di metterlo a fuoco.

-Cuoco…- sussurrò.

-Sono io, Alex! Sono Leo, Leonardo il cuoco!- si indicò, sorridendo, e sistemando i capelli per farli sembrare più corti.

-Leonardo… Leo…- la voce di Alex era persa, si teneva ancora la testa tra le mani. Poi sgranò gli occhi, e inspirò bruscamente, sconvolta -…Leo!- esclamò, e gettò le braccia al collo del ragazzo, rischiando di farlo cadere a terra.

-Alex…?- Leo non sapeva se fosse un tentativo di omicidio, o se si fosse davvero ricordata di lui, perché la seconda ipotesi era troppo bella per essere vera.

-Leo! Sei tornato! Per tutti gli dei! Sei tornato! Sei tu! Sei…- Alex iniziò a straparlare, sconvolta, poi separò l’abbraccio, e tornò a guardare Leo.

-…sei ricercato in tutto il regno! Come… oh dei… come la risolviamo questa cosa, adesso?- si riprese la testa tra le mani, questa volta esasperata, e si guardò intorno leggermente disorientata, come se si fosse appena svegliata da un sogno.

-Eh… è un’ottima domanda… non ne ho idea- ammise Leo, che francamente non credeva che avrebbe effettivamente convinto Alex a stare dalla sua parte, e si era già preparato ad essere catturato, interrogato e forse anche torturato.

-Meglio andare alla locanda prima che quei bambini ti rubino tutti i soldi- lo incoraggiò Alex, alzandosi in piedi, rinfoderando la spada, e sollevando la mano verso di lui per aiutarlo ad alzarsi a sua volta.

-Piccola domanda per essere sicuri… il tempo è scaduto, quindi… non mi catturerai, giusto?- chiese Leo, indicando il timer concluso.

Alex scosse la testa.

-Non potrei mai farlo… finiresti davvero nei guai… dei, sei incredibile!- borbottò la cavaliera, e non era assolutamente un complimento.

Ma Leo non era mai stato così sereno da quando aveva trovato i libri nella scrivania di Giada.

Con Alex al suo fianco, avrebbe potuto fare qualsiasi cosa!

Chissà, magari sarebbe anche riuscito ad entrare a palazzo.

 

Due giorni dopo, Leo era davanti all’ufficio di Daryan, scortato da Alex, e negli ultimi panni che si sarebbe aspettato di indossare.

Una volta tornato alla locanda erano successe parecchie cose, ma il sunto era che Leo si era ufficialmente alleato con Alex e i sette orfani, aveva anche finalmente avuto il coraggio di contattare Noella, che si era detta dalla sua parte al 100% e gli aveva fatto tirare un sospiro di sollievo, e poi aveva finalmente visto bene il manifesto che lo indicava come ricercato in tutto il regno per ottenere informazioni. Non era particolarmente accurato, ma i capelli rossi lo tradivano, in quanto super rari a Jediah.

E lì Daisy aveva suggerito di indossare una parrucca.

E l’unica parrucca disponibile che il gruppo aveva trovato era stata una parrucca dai lunghi capelli ricci, neri e stopposi.

E Jack aveva chiesto a Leo se era sicuro di non essere una ragazza.

E a Leo era venuta l’idea del secolo per infiltrarsi a palazzo.

Che Alex gli aveva super bocciato.

Ma poi Leo aveva fatto notare l’ipocrisia, Alex si era sentita punta sul vivo, e alla fine aveva acconsentito ad aiutarlo, anche se non credeva nel piano.

L’aiuto di Alex era fondamentale se Leo voleva avere anche una minima percentuale di probabilità di riuscita.

E grazie ad Alex, anche i successivi passi furono semplici.

Gli era bastato indossare bene la parrucca e sistemarla al meglio (gli era stato facile, dato che lui e Giada avevano fatto numerosi cosplay alle fiere e di parrucche ne erano passate molte tra le loro mani), trovare degli occhiali con lenti finte per celare meglio il volto, truccarsi leggermente per cambiare appena i tratti del viso, indossare un lungo vestito da cameriera, e inventare una solida backstory da condividere con Alex e gli orfani prima di essere tutti trasportati a palazzo.

E ora Alex era nell’ufficio del principe e rivelare tale backstory, e ad usare la sua inaffondabile credibilità e lealtà per convincere Daryan ad assumere Leo come cuoca del palazzo.

Sì, cuoca.

Se tutti confondevano Leo per donna, poteva sempre usarlo da suo favore.

Ed entrare dicendosi un uomo che sapeva cucinare avrebbe sollevato troppe domande e sospetti, come era avvenuto la prima volta.

Ergo… si introduce… Leah!

…Leo era bravo a ricordare nomi, non ad inventarseli.

E al momento era fuori in attesa di essere ricevuto singolarmente, e si sistemava lo scomodo corpetto… o corsetto… Leo non ne conosceva la differenza, sapeva solo che era fastidioso, ma necessario.

Personalmente non si vedeva particolarmente femminile, ma i suoi otto compagni di viaggio e alleati avevano confermato che fosse molto credibile in vesti femminili, quindi si fidava del loro giudizio.

Persino gli dei avevano approvato il cambio di look, anche se non si erano espressi sul piano.

A prescindere da come sarebbe andato, comunque, Leo era felice di essere lì. Perché avrebbe potuto parlare con Daryan.

…il suo Daryan.

Lui e Opal erano state le persone che gli erano mancate di più, ma mentre con la principessa Leo si era lasciato piuttosto bene, rimpiangeva il modo in cui aveva dovuto salutare Daryan, e non sapeva se essere felice o deluso che il principe non ricordasse nulla. Perché da un lato, almeno era certo che non avesse sofferto troppo, dall’altro… Leo avrebbe voluto in tutti i modi poter riprendere da dove si erano lasciati, risolvere le cose e… chissà… Leo stava cercando di cambiare la Storia, in ogni caso, cambiare la relazione di un principe non era gran cosa rispetto ad un’intera guerra.

Mentre era intento ad avere pensieri poco etero ed estremamente inappropriati nei confronti di un principe che avrebbe dovuto convincere con professionalità e che non vedeva da mesi, Alex uscì dalla stanza, e incoraggiò Leo ad entrare subito, con espressione parecchio seria. Leo si assicurò che la parrucca fosse a posto, ed entrò nell’ufficio del principe Daryan con il cuore che batteva all’impazzata. Era stato in quell’ufficio un sacco di volte, e fu immediatamente una vista familiare.

Era stato teatro di molti importanti avvenimenti positivi… e negativi. E l’ultima volta che ci aveva messo piede, era stato per annunciare a Daryan che sarebbe andato via, e che si dovevano lasciare. Non che fossero mai stati ufficialmente insieme.

Il cuore di Leo aumentò l’intensità del suo battito, e il suo stomaco andò in subbuglio al ricordo.

Ma quelle confuse e intense emozioni erano apatia in confronto a ciò che Leo provò quando il suo sguardo si posò su Daryan, seduto alla scrivania ed intento a scrivere qualcosa. 

Perché quello davanti ai suoi occhi non era il suo Daryan.

Quella era la brutta copia, il fantasma, un guscio dell’uomo che Leo amava.

Barba e capelli gli erano cresciuti, ed erano disordinati. Indossava un abito molto leggero composto solo da pantaloni e una camicia di seta nonostante il  freddo, e la camicia era anche abbottonata male. Le sue occhiaie erano così profonde che quasi gli raggiungevano la bocca, e gli occhi sopra di esse erano spenti, vuoti e stanchi.

Ma la parte peggiore era il suo viso, e il suo corpo. Le guance scavate, le dita ossute e sottili. Le clavicole spuntavano così tanto che sembravano coltelli.

Daryan era dimagrito esponenzialmente negli ultimi sette mesi. E Leo non poteva sopportare questa visione.

Distolse lo sguardo e lo fissò sulla libreria, cercando di distrarsi. I libri erano molti meno di prima, forse perché la maggior parte erano impilati sulla scrivania: tutti volumi sulla Storia, strategie e politica. Il principe ce la stava mettendo tutta per affrontare al meglio quella guerra.

L’istinto di Leo gli stava urlando di fiondarsi su Daryan e abbracciarlo forte promettendogli che sarebbe andato tutto bene. Ma riuscì a trattenersi, e attese che Daryan gli rivolgesse la parola per primo.

Cosa che accadde dopo pochi secondi , che a Leo, con i nervi a fior di pelle, sembrarono anni interi.

-Buon pomeriggio. Alex mi ha informato delle tue circostanze nel borgo di Tormalina e del tuo coraggio nel salvarle la vita. Mi ha detto che vorresti un lavoro in cucina, signorina…- cominciò il discorso, dopo aver posato la penna in un angolo e aver alzato lo sguardo verso Leo, che incrociò i suoi occhi solo un istante prima di distogliere nuovamente il proprio, troppo provato dalla visione.

Daryan aveva completamente abbandonato i convenevoli, quindi Leo decise di fare altrettanto e andare dritto al punto.

-…Leah, mi chiamo Leah, vostra maestà- si presentò con un inchino, cercando di non pensare troppo al fatto che anche Daryan, il suo Daryan, l’avesse dimenticato. Doveva farci i conti, non poteva rischiare di finire arrestato tentando di fargli ricordare tutto come aveva fatto per Alex. Non ne sapeva abbastanza da provarci.

-È un onore per me aver ricevuto un colloquio e fare la sua conoscenza- aggiunse poi, sperando che la sua voce femminile non avesse tremato troppo.

Ci furono alcuni secondi di silenzio.

Leo iniziò a temere di essere stato scoperto in quanto uomo e spia ricercata e che Daryan l’avrebbe fatto arrestare seduta stante insieme ad Alex per tradimento.

Poi sollevò appena lo sguardo, e notò gli occhi di Daryan. Il principe lo fissava con una certa confusione, ma non con sospetto. Leo era stato sospettato troppo da Daryan, ormai sapeva riconoscere bene quella emozione nel suo sguardo.

Dopo qualche istante intenti a fissarsi, questa volta fu Daryan a distogliere gli occhi per primo, portandosi una mano alla testa e iniziando a massaggiarsi la tempia.

-Abbiamo stabilito dei rifugi per persone sfollate dove sarà provveduto vitto e alloggio fino alla ricostruzione delle loro case e villaggi. Suggerisco candidamente a te e ai tuoi fratelli di stabilirvi in uno di quei rifugi. Posso organizzare un passaggio sicuro- Daryan rifiutò la richiesta di Leo, e gli fece cenno di congedo, in tono professionale. Tornò poi ai suoi documenti come se niente fosse.

…sul serio?

Tutto qui?

Leo aveva organizzato tutto quel casino per niente?!

-Principe Daryan… non ci sono posti disponibili nella cucina del palazzo?- Leo cercò di insistere, cercando di non risultare sgarbato.

Daryan gli lanciò un’occhiata irritata.

-Non abbiamo necessità di nuove cuoche a palazzo, se vuoi renderti utile ti consiglio di andare nei rifugi. Ora ti prego di andare. Ho cose più importanti a cui pensare che trovare lavoro ad una cuoca- provò nuovamente a congedarlo, ma Leo non era tipo che rinunciava al primo intoppo.

E non era neanche bravo a mantenere la compostezza troppo a lungo.

Ricordiamo sempre che uno dei suoi doni più grandi era scavarsi la fossa da solo e parlare sempre a sproposito.

-Con tutto il dovuto rispetto, principe Daryan, ma non mi sembra che la cucina stia facendo un gran lavoro- si lasciò sfuggire, indicandolo.

Daryan si alzò in piedi.

-Come, prego?- sfidò Leo a ripetersi, offeso, e già pronto probabilmente a chiamare Chevel e a farlo sbattere fuori.

-Non voglio mancarle di rispetto, ma il popolo ha bisogno di un sovrano forte e in salute, ed è chiaro che lei non mangia abbastanza. Forse serve una nuova cuoca!- Leo però non si sarebbe fatto intimidire. Se doveva andarsene, almeno prima avrebbe detto ciò che pensava.

-Chi ti credi di essere per venirmi a dire come devo nutrirmi?! Il popolo sarà felice di sapere che investo le mie risorse per esso!- si difese Daryan, cercando di coprire al meglio i lati scoperti e scheletrici del suo corpo.

-E se le dicessi che posso sfruttare avanzi e scarti per creare ottimi piatti, mi lascerebbe lavorare?- Leo provò a vendersi meglio.

-A maggior ragione un talento come il tuo è più utile al rifugio!- obiettò Daryan, ovvio.

In effetti non aveva tutti i torti. Leo non sapeva bene come obiettare, e il principe accennò un sorrisino vittorioso nel vederlo in difficoltà.

Leo si disse che doveva tentare il tutto per tutto.

-Spero che almeno sua sorella mangi abbastanza- invocò Opal, consapevole che fosse il punto debole di Dayan. E anche un’arma a doppio taglio, perché nominarla avrebbe potuto insospettire il principe. Ma a Leo non restavano molte frecce al suo arco.

-Che intendi dire con questo?!- Daryan gli si avvicinò, effettivamente sospettoso, ma Leo sostenne il suo sguardo, senza nulla da nascondere o da temere.

-Dico solo che è ancora una ragazza, e ha bisogno di cibo ben cucinato. Ho anche io fratelli più piccoli, e voglio solo il bene per loro. Se lavorassi a palazzo userei il minimo per dare il massimo, e la principessa ne gioverebbe, ne sono sicura- spiegò il suo punto di vista, determinato.

Daryan lo fissò per qualche secondo, poi si portò nuovamente la mano alla testa, e diede le spalle a Leo, tornando dietro la scrivania.

C’erano due possibilità: o Leo aveva vinto la battaglia mentale, o Daryan si era stancato di giocare.

-Esci fuori e fa rientrare Alex- ordinò a Leo, con voce fredda e senza guardarlo.

-Se ho parlato a sproposito, punisca me, non Alex- Leo iniziò a temere che avrebbe potuto trascinare l’amica a fondo con lui. Non se lo sarebbe mai perdonato.

-Esci immediatamente fuori di qui e fai rientrare Alex- ripeté il principe, più categorico.

Leo decise che fosse il momento di fare un passo indietro, e dopo un breve inchino, che il principe non guardò nemmeno, uscì dalla stanza.

-Che Jahlee la protegga, principe Daryan- disse come ultima cosa.

-Dubito che gli dei proteggano ancora qualcuno- gli sembrò di sentirlo borbottare, prima che Leo si chiudesse la porta alle spalle.

-Allora?- chiese Alex, preoccupata, appena lui iniziò ad avvicinarsi.

-È così deperito! Da quanto tempo non mangia un pasto decente?!- commentò Leo, sfogando liberamente la sua preoccupazione ora che era lontano dalla portata d’orecchie del principe.

-Mi riferivo al posto di lavoro!- Alex lo incoraggiò a fare ordine tra le priorità.

-Oh… sì! Mi sa che ho fatto un casino! Vuole parlare di nuovo con te!- Leo la informò, e Alex si precipitò all’interno. 

Leo rimase da solo, e non aveva la minima idea di cosa sarebbe successo di lì a poco, ma sperava che almeno Alex non avrebbe ricevuto conseguenze.

Mentre attendeva, iniziò a guardarsi intorno, e si sistemò meglio i capelli, gli occhiali e il vestito.

Gli era sempre piaciuto travestirsi, ma fingersi una donna così a lungo era davvero strano. Chissà come faceva Alex ogni giorno.

Mentre rifletteva sulla vita, e sulla sua futura morte, una figura trafelata attirò la sua attenzione.

In un primo momento Leo neanche la riconobbe.

I capelli lunghi erano un groviglio disordinato, non portava gli occhiali, le occhiaie facevano a gara con quelle di Daryan, e anche i vestiti erano estremamente semplici, e non valorizzavano affatto il su fisico snello e in forma.

Poi la figura, nella fretta di raggiungere l’ufficio, inciampò sui propri passi, e cadde a terra, facendo volare in aria tutti i documenti che aveva in mano.

-Oh, accidenti!- esclamò, seccato. E Leo riconobbe immediatamente la sua voce.

-Persian?!- esclamò, incredulo, senza riuscire a trattenersi.

-Come?!- Persian alzò lo sguardo verso Leo, allertato, notandolo solo in quel momento.

Leo si rese conto che sarebbe apparso decisamente sospetto se avesse dimostrato di conoscere i membri dello staff del castello, così si affrettò a correggersi.

-Persi, ah! Tutti i fogli sono andati persi. Aspetti, la aiuto- si piegò per assistere il suo vecchio amico e insegnante di etichetta con i suoi documenti.

-Scusi, ma lei chi è?- chiese tale insegnante, fissando Leo sorpreso e bloccato sul posto.

-Mi chiamo Leah, e sono un’aspirante cuoca qui a palazzo. Lei?- Leo sorrise, amichevole, ancora intento a recuperare i fogli, ma concentrato principalmente su Persian.

-Persian Lavoie… bibliotecario…- rispose lui, continuando a squadrare Leo.

-Persian? Wow, che coincidenza- Leo continuò a fare il finto tonto, ma allo stesso tempo iniziò a riflettere.

Perché Persian lo fissava con tale attenzione? Che si stesse inconsciamente ricordando di lui, come avvenuto per Alex?

Leo fu quasi in procinto di tastare le acque, ma poi notò uno dei fogli che aveva appena recuperato: un manifesto con il suo viso disegnato sopra.

E il ritratto era piuttosto fedele, molto più di quello che Leo aveva intravisto al villaggio che aveva salvato.

Che fosse la versione dettagliata?

Oh dei! 

Che Persian l’avesse sì riconosciuto, ma come fuggitivo?!

Leo coprì il foglio incriminante con un altro foglio, e, senza perdere il sorriso, porse tutto a Persian, che prese i documenti distrattamente, continuando a fissare il cuoco.

-Il cavaliere Alex è a colloquio con il principe Daryan- Leo informò il bibliotecario, indicando la porta dell’ufficio e sistemandosi gli occhiali sul viso.

Se funzionavano per Clark Kent, perché non potevano funzionare anche per lui?!

E poi Persian non stava portando neanche i propri, di occhiali, non poteva riconoscerlo da un disegno, per quanto ben fatto!

-G_grazie- borbottò Persian, smettendo finalmente di guardare Leo (evvai, il potere degli occhiali aveva funzionato) e iniziando a sistemare i documenti. Sembrava parecchio a disagio, pure per i suoi standard.

Prima che Leo potesse continuare la conversazione, scavandosi maggiormente la fossa come suo solito perché era ovvio che l’avrebbe fatto, la porta dell’ufficio si aprì, e Alex uscì, con espressione indefinibile.

Persian si precipitò all’interno senza salutare nessuno, e Alex lo guardò solo un secondo, sorpresa.

Poi si guardò intorno, per assicurarsi che non ci fosse altra gente in giro. Infine si rivolse a Leo.

-Sei su un filo sottile, Leo, e se succede qualcosa e scoprono che ci sei di mezzo tu, finiamo male entrambi- cominciò.

-Ma…?- Leo la incoraggiò a continuare, sperando che quella fosse solo la premessa negativa per una buona notizia.

-Ma ti da la possibilità di fare il colloquio con Mildred per entrare a far parte dello staff- Alex annunciò e confermò il “ma”.

-Awww, la dolce e cara Mildred. Mi era mancata! Sarà facile!- Leo sorrise, rasserenato e ottimista.

-Non cantare vittoria troppo presto, Leo. Dopo la delusione Julina, Mildred è diventata estremamente selettiva riguardo le cuoche- lo mise in guardia.

Leo la guardò.

Alex lo guardò di rimando.

Si fissarono qualche secondo.

-Okay, va bene, sarà una passeggiata per te, ma attento al comportamento, d’accordo?- alla fine Alex si arrese, e ammise ciò che era la pura verità.

Non che Leo fosse pieno di sé e privo di modestia, ma conosceva quella cucina come il palmo della sua mano, aveva esperienza sia come cuoco che come collega di Mildred, e aveva passato i precedenti sette mesi a migliorarsi ulteriormente, quindi, per quanto riguardava la prova tecnica, non aveva niente da temere.

Anche se, effettivamente, il suo comportamento avrebbe potuto rivelarsi un problema.

Doveva giocarsela bene, con Mildred.

 

-Assunta!- tuonò Mildred con voce decisa e piena di approvazione.

Leo era sconvolto. Non si aspettava minimamente un risultato così positivo dopo la disastrosa prova comportamentale.

Aveva superato bene la prova di cucina, sotto lo sguardo pieno di giudizio e sospetto della capocuoca, ma poi Mildred era uscita per fare chissà cosa, Anna era entrata per controllarlo e per preparare qualcosa per la principessa, ed era sembrata così triste e abbattuta che a Leo era venuto spontaneo provare a tirarla su con una battuta.

Le cose erano degenerate, Mildred non tornava, e Anna e Leo erano finiti in qualche modo a giocare a tennis con le padelle e noccioli dei frutti. Leo non aveva idea di come fosse successo, lo può giurare. Era successo e basta. 

E quando Mildred era tornata, aveva beccato il nocciolo in piena faccia e Anna nel mezzo di una risata sguaiata.

Poi l’atmosfera si era fatta di ghiaccio (Leo non c’entrava nulla con la cosa), Leo aveva iniziato a snocciolare (è il caso di dirlo) scuse e giustificazioni a manetta mentre Anna era rimasta in un angolo mortificata e a testa bassa.

E dopo aver controllato le padelle e buttato il nocciolo, Mildred aveva annunciato la sua decisione assurda e incomprensibile: 

-Assunta!-

Che aveva lasciato sia Leo che Anna completamente senza parole.

-Davvero?!- Anna fu la prima a riprendersi, e aveva guardato Mildred con occhi brillanti.

-È sicura?- Leo era molto meno convinto. Personalmente non si sarebbe assunto dopo una cosa del genere e non riusciva a capire perché Mildred invece volesse farlo.

-La tua cucina era impeccabile, e gli dei solo sanno quanto abbiamo bisogno di un sorriso qui in cucina, di questi tempi- Mildred gli sorrise incoraggiante, e gli diede una poderosa pacca sulla spalla -Alla fine non hai sprecato il cibo, ed è questo l’importante-.

-So bene l’importanza del cibo, non lo sprecherei mai con leggerezza- annuì Leo, facendo allargare il sorriso della capocuoca.

-Allora è deciso. Benvenuta nella squadra, Leah. Sarai in stanza con Anna, Mary, Jane e Dotty. Purtroppo si sta un po’ stretti, ma il palazzo è in massima sicurezza. Anna, illustra la stanza, gli orari, e spiega le procedure- Mildred diede l’ordine alla sottoposta di prendersi cura di Leo, e lei eseguì con entusiasmo.

-Certo, Mildred! Vieni, Leah, c’è tanto da mostrare!- lo prese per un braccio e iniziò a trascinarlo fuori.

Gli fece fare il giro dei posti più importanti del palazzo, illustrò le procedure di emergenza, e fondamentalmente ripetè cose che Leo già sapeva, ma che finse di sentire per la prima volta.

E sicuramente la sua recita di persona super affascinata dal palazzo riuscì anche piuttosto bene, perché ogni stanza gli riportava alla mente un sacco di ricordi, e Leo le osservava tutte con lo stupore di un bambino che vede la neve per la prima volta.

-Sai… sei stata davvero carina a cercare di risollevarmi il morale, prima…- ad un certo punto, Anna interruppe le spiegazioni, e il suo tono si fece più timido.

-Oh, figurati! Sono tempi duri, e una risata può fare molto- Leo alzò le spalle, come se non fosse niente di ché.

-Ah, volevo dirti… per cucinare Mildred pretende che i capelli lunghi vengano legati. Sai, per evitare spiacevoli incidenti igienici… se vuoi posso aiutarti. Adoro acconciare i capelli, e sono esperta di trecce- si offrì Anna, sfiorando un ricciolo di Leo.

-Awww, che carina che sei, ma non preoccuparti, penso che farò una coda bassa. I miei capelli sono un po’ una mia debolezza, non mi piace che vengano toccati- Leo sistemò la parrucca. L’aveva agganciata bene, ma non si poteva mai sapere.

Anna si affrettò a ritirare la mani.

-Oh, scusa!- si allontanò appena, mortificata.

-Non preoccuparti, è solo una mia stranezza, ma grazie davvero tanto per l’offerta. Si vede che sei davvero abilissima a sistemare i capelli, le tue trecce sono perfette- la complimentò Leo, per rassicurarla. 

Era vero che Anna era brava. Lo aveva anche aiutato la notte del ballo per il compleanno della principessa, quando Leo aveva chiesto del gel per tirarsi un po’ indietro i capelli e avere l’aria più nobile.

Era anche stato il giorno in cui Anna…

-Oh, beh… se hai bisogno di qualsiasi cosa… insomma… puoi sempre chiedermi, Leah- si mise a disposizione, arrossendo appena e giocherellando con una delle sue trecce. Aveva un sorriso piuttosto ampio e imbarazzato.

Leo era così concentrato sull’essere tornato a palazzo che si era completamente dimenticato che Anna aveva avuto una cotta per lui, e che in quel mondo la maggior parte della popolazione era bisessuale.

E se Anna si stava prendendo nuovamente una cotta per lui, anche nella sua versione femminile, sarebbe stato un be problema.

…era successo molto più in fretta, questa volta.

No, dai, magari era solo amichevole.

-Ti accompagno in camera! Le nostre compagne di stanza sono fantastiche, ti piaceranno di certo. Anche se spero che io sarò la tua preferita, ahah- Anna lo prese sottobraccio, e gli fece un occhiolino, prima di iniziare a trascinarlo verso la zona delle camerate delle cameriere e cuoche.

…no, okay, probabilmente non era solo amichevole.

Leo avrebbe dovuto mettere in fretta le cose in chiaro e spiegare che purtroppo era gay… o meglio… etero… insomma… gli piacevano solo gli uomini!

Un uomo in particolare, in quel momento…

Un uomo che, purtroppo, non si ricordava minimamente di lui.

Chissà di che avevano parlato, lui e Persian, nell’ufficio, dopo che Leo se n’era andato.

 

Ora, in circostanze normali, non dovreste sapere il punto di vista di un’altra persona oltre a Leo, ma solo oggi, in esclusiva mondiale, potrete osservare una scena che neanche gli dei avevano osservato.

Perché, a scapito di quanto si possa credere, gli dei non erano onniscienti.

Certo, potevano osservare tutto ciò che volevano, soprattutto Laasya, ma raramente davano attenzione a tutto, soprattutto se gli umani non li interpellavano in prima persona.

E nel momento in cui Persian entrò nell’ufficio di Daryan, quasi tutti gli dei avevano i cavoli loro a cui pensare, e nessuno osservò la loro conversazione.

Soprattutto Noella e Jahlee, che erano troppo concentrati su Leo per badare ad altro.

Perché ve lo sto dicendo? Aspettare la fine di questo capitolo.

Tornando a noi, quando Persian entrò nell’ufficio del principe Daryan, era ancora piuttosto distratto dall’incontro appena avuto, ma sapeva di non aver tempo da perdere.

Anche Daryan era piuttosto distratto dall’incontro avuto con quella aspirante cuoca che si era permessa di criticarlo senza peli sulla lingua… e il cui comportamento gli aveva provocato una sensazione di leggerezza che non credeva avrebbe mai più provato. Non sapeva perché avesse acconsentito alla sua richiesta, e in parte se ne pentiva, ma non aveva il tempo di pensarci troppo, e vista la severità di Mildred, probabilmente sarebbe presto stata mandata nel rifugio più vicino dove anche i suoi fratelli erano sistemati.

-Percy, c’è l’abitudine di bussare, prima di entrare nell’ufficio di un principe- Daryan rimproverò il bibliotecario, stancamente, e non particolarmente irritato. Non aveva le energie per irritarsi davvero.

-Oh? Oh! Mi scusi, principe Daryan! Ma ho delle novità circa il ricercato- riprendendosi del tutto dallo strano incontro appena avuto, Persian posò i fogli e iniziò a cercare quello più importante.

-Il folle che ha attaccato il palazzo qualche giorno fa con una stupida storia e ha creato un muro di ghiaccio per scappare con un artefatto ancora non identificato?- chiese Daryan per sicurezza, strofinandosi gli occhi stanchi.

Da quanto non dormiva? Due giorni? Tre?

Aveva così tante cose a cui pensare, dormire non era compreso.

Ma per tutti gli dei, gli mancava coricarsi, chiudere gli occhi, e non riaprirli per qualche ora.

Solo che non riposava neanche quando dormiva, era sempre tormentato dagli incubi.

Sulla guerra, sulla sua famiglia, sui suoi traumi, su… su… su…

Su chi, esattamente?

Ogni volta che Daryan cercava di pensarci, gli veniva una forte fitta alla testa.

Forse era il sonno, sicuramente.

Che altro poteva essere?

-Esattamente, principe Daryan, abbiamo sparso i manifesti per tutto il regno, e alcuni cavalieri di ritorno dal borgo di Tormalina hanno detto di averlo visto, ma che è scappato allo stesso modo che aveva fatto a palazzo. Sembra particolarmente informato sui piani di Valkrest, e dice di essere dalla nostra parte, ma dopo quanto successo con Julina teniamo tutti la guardia molto alta- spiegò Persian, così in fretta che Daryan capì due parole su tre di tutto il discorso. Continuava ad armeggiare tra i fogli.

E per fortuna (o sfortuna, dipende) il principe era troppo distratto per riflettere troppo sulle parole che sentiva, perché altrimenti non ci sarebbe voluto molto per mettere insieme i pezzi, rendersi conto che Tormalina era collegata alle due persone più strane di cui aveva sentito parlare nell’ultima settimana, collegare tale persone tra loro, e sgamare in pieno Leo.

Ma questo collegamento non fu fatto.

-Okay… novità che possono essere utili per il futuro della guerra?- Daryan lo incoraggiò ad andare al punto. Persian non poteva essere corso in tutta fretta nel suo ufficio solo per dei gossip.

-No, ma… ecco! Guardi!- Persian finalmente trovò il foglio che stava cercando: un manifesto da ricercato con l’immagine di Leo piena zeppa di dettagli.

Daryan la osservò per un istante, ma il mal di testa tornò più forte di prima, e fu costretto a distogliere lo sguardo.

-…avete aggiornato il manifesto?- chiese, notando quanto fosse ben fatto. Un po’ troppo ben fatto, considerando che la ricerca di quell’individuo misterioso era una faccenda tutt’altro che prioritaria, con una maledetta guerra in corso.

Le risorse dovevano essere utilizzate per il popolo e per la difesa, non per dei manifesti.

-No, non è opera nostra! Questo manifesto è stato messo ovunque a Valkrest, e, secondo alcune fonti, anche a Fring. Abbiamo fatto dei calcoli, e pare che abbiano iniziato a distribuirli dopo la battaglia di Tormalina. Guardi…- Persian indicò una parte del manifesto, e Daryan osò guardarlo abbastanza da notare il marchio ufficiale della famiglia Vasilev.

-Forse è una spia nemica che ha cambiato fazione- suppose Daryan, poco convinto -Ma non si può mai dire con il principe Victor, le sue manipolazioni sono sempre imprevedibili. Potrebbe essere tutto un trucco per farci abbassare la guardia e farci credere che è davvero dalla nostra parte quando non è così-

-Onestamente non so che pensare, ma c’è una cosa che non mi torna nel manifesto… insomma, il fatto che i dettagli siano così specifici significa che a Valkrest conoscono molto bene questa persona, quindi è normale supporre sia una spia, o comunque un membro della corte. Non possiamo sapere se è ancora dalla loro parte o no, ma una cosa che davvero mi sorprende, conoscendo Valkrest, è che nel manifesto non c’è scritto “Vivo o Morto”, come in tutti i loro vecchi manifesti per criminali…- Persian tirò fuori altri fogli, molto più vecchi, che recitavano tutti la stessa frase, con ricompense diverse.

-…invece nel manifesto di questo tipo, c’è scritto solo “Vivo”, in una scrittura molto più grande, e cerchiata. Considerando i racconti di Sir Podbart riguardo all’apparente suicidio con luce viola del ricercato, è possibile che non possa morire e che Valkrest lo sappia, ergo il “vivo”, ma comunque è strano che abbiano specificato. E la ricompensa è molto più alta di quanto le casse di Valkrest possano permettersi al momento. Offrono addirittura delle pietre fenice a chiunque consegnerà il ricercato. Di questi tempi le pietre fenice hanno più valore dell’oro- Persian continuò il suo ragionamento, pensieroso.

Daryan lo stava seguendo solo in parte.

-Ci servirebbero delle pietre fenice- borbottò, pensando al carbone e alla legna che iniziavano a scarseggiare.

-Senz’altro, ma penso che il ricercato valga ancora di più- osservò Persian, osservando con più attenzione il manifesto.

-Persian, arriva dritto al punto… non hon tempo da perdere- Daryan lo incoraggiò ad affrettarsi, indicando i propri documenti.

-Certo, certo, mi scusi… quello che intendo è che… io penso… che dovremmo valutare l’idea di ascoltare ciò che il ricercato ha da dire, e cercare di arrivare a lui prima delle truppe di Valkrest- Persian spiegò la sua idea, con una certa incertezza.

Daryan lanciò un’altra occhiata al manifesto, e provò ad ignorare il mal di testa lancinante per osservarlo meglio.

-Vuoi rendere prioritaria la ricerca di questo viandante?- chiese, per assicurarsi di aver capito bene l’intento di Persian, che diventava pessimo nell’esprimersi quando era stanco anche lui e insicuro su cosa diceva.

-Sì, vostra maestà. Non so se dovremmo fidarci di lui, ma è molto meglio se non finisce nelle mani di Valkrest- annuì Persian.

Daryan non gli rispose, continuando a fissare il manifesto che finalmente stava riuscendo a guardare per bene.

Si perse soprattutto in quegli occhi color del mare, dipinti con un dettaglio incredibile, e che sembravano davvero familiari.

Terribilmente familiari…

-E se dovesse rivelarsi inutile, potremmo sempre rivenderlo a Valkrest per ottenere le pietre fenice come ricompensa- aggiunse Persian, cercando di convincerlo maggiormente.

-No!- Daryan si ritrovò a sbottare, d’istinto, senza capire perché.

-O_Okay, io stavo solo…- Persian sobbalzò vistosamente e fece un passo indietro.

Daryan si rese conto del suo strano comportamento, e scosse la testa, abbandonando di nuovo il manifesto, e massaggiandosi le tempie per cercare di alleviare il mal di testa. 

-Scusa, Percy… è una buona idea cercare di prenderlo prima di Valkrest. Implementa le ricerche, ma prova ad essere discreto, non vorrei che Valkrest facesse altrettanto nel rendersi conto del nostro interesse. E appena l’avrete catturato, portatelo direttamente da me- ordinò, spingendo i fogli verso Persian, che li compilò di nuovo in un certo ordine.

-Forse è meglio se lo interrogo io, o Sir Podbart. Non sappiamo niente sul suo potere, e non vorrei mai che lo usasse contro di lei- provò a suggerire Persian, lanciando un’occhiata preoccupata al principe.

-Forse, ma preferirei interrogarlo di persona. In tutta sicurezza, molto lontano, ma voglio davvero sentire cosa ha da dire. Da quanto ho sentito, la sua storia sembrava parecchio interessante- rifletté Daryan, deciso.

-Come desidera, principe Daryan. Informerò i cavalieri più fidati- Persian si inchinò rispettosamente, prese i fogli lasciati sulla scrivania, e uscì dalla stanza, lasciando Daryan da solo, con un forte mal di testa, un disperato bisogno di dormire, e un interesse particolare verso un ricercato estremamente familiare.

Beh, ora sappiamo che se Leo dovesse venire beccato, avrebbe occasione di raccontare tutta la storia a Daryan e magari fargli recuperare la memoria.

Speriamo che venga beccato in fretta!

 

Leo era quasi stato beccato quando la parrucca gli si era impigliata nella maniglia della porta della sua nuova camera, ma per fortuna tutte le cuoche si erano girate verso Anna e il cuoco era riuscito a sistemare i capelli in tempo prima che la loro attenzione virasse verso di lui.

Si era presentato a Mary e Jane con un inchino del terzo tipo, ma di Dotty ancora nessuna traccia, dato che stava lavorando. Anna poi si era assentata, ricordandosi che aveva un impegno con la principessa, e Leo era rimasto con le sue nuove coinquiline.

Che l’avevano calcolato poco e niente, dopo un benvenuto gentile ma alquanto distaccato.

Evidentemente erano piuttosto stanche.

E Leo aveva approfittato di essere ignorato per ritirarsi in bagno e fare il punto della situazione.

E al momento era seduto all’interno della vasca da bagno di fortuna vuota, e stava rileggendo gli appunti del suo taccuino.

Non riusciva del tutto a credere che il piano avesse funzionato, ma era felice di essere finalmente a palazzo e di avere una visuale migliore sulla situazione.

Ora doveva solo capire come rubare la carta da lettere del principe e mandare istruzioni ai cavalieri responsabili della protezione delle città senza essere beccato.

…non sarebbe stato facile.

Ma al momento c’era una cosa maggiore che premeva la mente di Leo.

Una domanda che si era fatto nel momento in cui Alex si era ricordata di lui, ma che non era ancora riuscito a porre agli dei, perché non aveva avuto il tempo di pensarci.

Adesso il tempo c’era, più o meno.

E comunque era una domanda piuttosto importante.

-Noella… Jahlee…- chiamò, sottovoce, sperando che almeno uno dei due dei si presentasse.

-Scusa Leo sono con Giada non posso parlare o si insospettisce ciao!- fu la velocissima risposta di Jahlee, che Leo si aspettava.

Noella comparve un secondo, sobbalzò, e scomparve.

-Noella?- chiese Leo, sorpreso dal suo comportamento inusuale. Si era pentita di aver preso le sue parti? Oh, dei! Sperava proprio di no!

-Oh, Leo… giusto… scusa, per un attimo non ti avevo riconosciuto e avevo paura di essere comparsa davanti alla persona sbagliata- spiegò Noella, ricomparendo dentro la vasca, al lato opposto al suo, e ridacchiando tra sé per il suo piccolo errore.

Leo roteò gli occhi, meno divertito, ma sollevato che Noella fosse ancora dalla sua parte.

-Ma ottimi travestimenti a parte… qual è il motivo della tua chiamata? Hai qualcosa da chiedermi? Se è solo per chiacchierare va benissimo comunque. È sempre un piacere parlare con te- Noella sorrise, e si mise più comoda, pronta ad ascoltarlo.

-In effetti avrei una domanda, riguarda l’amnesia generale- cominciò Leo, al contrario sistemandosi più composto per far capire che quello era un discorso serio.

-Oh, l’amnesia… brutta faccenda. Non sono la persona più informata al riguardo perché è più materia di Omish e Veer, ma cercherò di rispondere al meglio delle mie possibilità- Noella si mise a disposizione, con un sorriso incoraggiante.

-Sicuramente è più informata di quanto io sarò mai…- Leo cominciò.

-Oh, Leonardo, che adulatore- Noella si sistemò i capelli, compiaciuta.

-…volevo chiedere… l’amnesia, è reversibile, giusto? Insomma, ci sono dei modi per far tornare la memoria? Magari parlando del passato, o mostrando oggetti particolari…- la mano di Leo andò alla collana che teneva sempre sotto i vestiti, con l’opale di fuoco regalatogli dalla principessa.

-Nope! Non c’è alcun modo per far ritornare la memoria! È stata estirpata dalla mente delle persone e cancellata dalla loro anima. È oltremodo impossibile che le persone si ricordino di te!- esclamò Noella, soddisfatta di conoscere la risposta alla domanda di Leo.

Poi notò l’espressione del suo protetto, che si era fatta estremamente abbattuta, e si affrettò a tornare sui suoi passi.

-O almeno, così è come dovrebbe essere, ma la teoria e la pratica sono sempre molto diverse. È un’operazione che è stata fatta velocemente, quindi forse, se continuerai ad essere presente, potrebbero recuperare qualcosa- provò a confortarlo e dargli speranza.

-Alex si è ricordata di me, quindi è possibile… magari anche Daryan… o Opal…- provò a suggerire Leo, cercando di non sperarci troppo… ma che mento a fare, ci sperava già con tutte le sue forze.

-In effetti la cavaliera è strana… ne parlavamo io e Jahlee, quando è successo… e ci siamo fatti una teoria a riguardo- Noella si fece pensierosa, e seria, tutto d’un tratto.

-Davvero? Che teoria?- chiese Leo, incuriosito.

-Supponiamo che siccome Alex sarebbe dovuta morire, ma non è morta, il suo ruolo nella Storia è stato sollevato, è diventata più incontrollabile, e forse questo ha permesso ai suoi ricordi di affiorare più facilmente- spiegò Noella, facendo comparire degli occhiali dal nulla e assumendo un tono da maestrina.

-Oh… ha senso… ma allora perché Gideon non si è ricordato di me?- chiese Leo, cercando di comprendere meglio e ricordare come si fosse approcciato al bambino.

-Oh! Un’altra teoria è che Alex ha ricordato più facilmente anche perché ha passato più tempo con te. Quindi aveva più ricordi da poter sbloccare, e dopo averne sbloccato uno c’è stata una reazione a catena che le ha permesso di ricordarsi di te- rispose Noella, atteggiandosi a Jahlee per mostrare che anche lui aveva voce nella teoria che avevano formulato insieme mentre osservavano Leo come due spettatori in un cinema, probabilmente anche con i pop corn.

-Quindi c’è speranza anche per Opal e Daryan?- chiese Leo, iniziando a sentirsi più ottimista.

-Opal… forse. Daryan… beh… come lo dico senza spezzarti il cuore…?- Noella si sgonfiò come un palloncino, e iniziò ad osservare ovunque tranne che Leo.

Il cuoco sospirò, abbattuto.

-Cuore già spezzato, dimmelo e basta- la incoraggiò a parlare.

Noella esitò appena, ma alla fine cedette.

-Beh, Daryan è un “protagonista”. È fondamentale per un “arco narrativo” che a Lasy sta particolarmente a cuore. E dato che hai lasciato un’impronta davvero importante su di lui, Veer e Omish si sono impegnati davvero tanto per assicurarsi che la memoria gli fosse rimossa del tutto, così come ogni traccia del tuo passaggio. Sono la prima a credere alla forza dell’amore, e vi ho sempre shippato molto, ti assicuro, ma… mi dispiace, Leo, dubito fortemente che qualsiasi cosa che potrei mai dirgli gli farà tornare la memoria. Il blocco imposto dagli dei è troppo forte- spiegò la dea, dispiaciuta.

A Leo vennero le lacrime agli occhi.

Se l’aspettava, ma era comunque dura da accettare. 

Ma forse era meglio così. Alla fine Leo non era tornato per rimettersi insieme all’uomo che amava, ma per salvare la vita delle persone e cercare di concludere in fretta una guerra.

-Insomma, in linea di massima… è meglio se non provo a far ricordare niente a nessuno, soprattutto a Daryan- fece il riassunto.

-Già… molto molto meglio. Quello che è successo con Alex è stato un mezzo miracolo- annuì Noella, un po’ in difficoltà.

-Capisco… vorrà dire che se mai mi cattureranno sarà meglio mentire- Leo scese alla peggior conclusione possibile.

-Già… ed è molto meglio se non ti fai catturare in primo luogo- gli diede man forte Noella. 

Visto, vi avevo detto che era importante stabilire che gli dei non avevano assistito alla conversazione tra Persian e Daryan.

Perché, se Noella l’avesse fatto, avrebbe detto a Leo qualcosa di questo genere “In realtà Daryan potrebbe essere interessato ad ascoltare ciò che hai da dire, quindi fatti catturare e poi nella peggiore delle ipotesi ti fai liberare da Alex e torni a fingerti cuoca”.

Invece no, non aveva osservato nulla, e noi siamo qui, con le mani tra i capelli, a chiederci perché Leo e Daryan finiscono sempre così.

Anche se, ve lo devo dire, un perché c’è…

Si chiama: motivi di trama.

E quindi, per riassumere, Leo si convinse che fosse meglio, per tutti quanti, se non veniva beccato.

Proprio quando, poco prima, Daryan si era deciso ad ascoltare Leo nel caso l’avesse catturato.

…che sfiga!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Daryan mio amato! Finalmente sei tornato!

…e non te la passi bene.

Anzi, se la passa malissimo.

Leo, al contrario, finalmente inizia ad avere alleati, e Alex è un’alleata piuttosto importante. 

Pare che il suo ritorno a palazzo parta sotto una luce migliore, in questa nuova situazione di amnesia. Che sia per il sessismo, o forse in fondo al cuore le cuoche stanno riconoscendo Leo? Anna si è già innamorata, dopotutto.

Chissà. Secondo Noella è quasi impossibile, ma Alex si è ricordata, forse c’è speranza.

Anche se per Daryan pare impossibile.

Ma mai dire mai, soprattutto quando c’è di mezzo Leo. 

Non ho molto altro da dire sul capitolo, alla fine è un po’ di passaggio, anche se sono successe un sacco di cose, e spero vi sia piaciuto.

L’avrei dovuto pubblicare una settimana fa perché era quasi finito e mi mancavano giusto un paio di scene, ma poi mi sono ammalata, e sono indietro con la tesi, e la vita succede, e insomma, sono riuscita a pubblicarlo solo oggi.

Spero sia valso l’attesa.

Un bacione e alla prossima :-*

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Non so se ridere o disgustarmi... nel dubbio me ne approfitto ***


Non so se ridere o disgustarmi… nel dubbio me ne approfitto

 

Leonardo aveva la testa che gli prudeva tantissimo, dopo aver dormito tutta la notte con la parrucca. Avrebbe dovuto in fretta trovare una soluzione, perché non poteva continuare a dormire in quel modo. Oltre ad essere scomodo, era anche poco igienico, e… scomodo. Sì, era principalmente scomodo, ma la scomodità era abbastanza, perché gli impediva di dormire, e Leo doveva essere perfettamente in salute per ideare i suoi piani machiavellici per salvare la vita delle persone.

…perché ogni volta che Leo si trovava nei sette regni faceva sempre cose super sospette?!

Ma nonostante il prurito alla testa, quando Anna lo svegliò, quella mattina, Leo rimase sorpreso da quanto bene aveva dormito. Il letto era scomodo, e il freddo era stato molto più di quanto si sarebbe aspettato, ma non aveva avuto alcun incubo, ed era molto raro in quei giorni. Forse il familiare ambiente dal palazzo l’aveva rasserenato, forse sentiva il peso della sua missione e l’adrenalina non permetteva al disturbo post-traumatico da stress di disturbarlo. Qualsiasi fosse il motivo, Leo si svegliò piuttosto energico, e pronto ad affrontare il suo primo giorno di lavoro.

-Oh, stavo giusto per svegliarti… il tuo orologio biologico è ottimo- osservò Anna, che si era avvicinata al suo letto.

-Buongiorno Anna! Sì, sono abituat…a a svegliarmi presto- Leo ci mise qualche secondo a ricordarsi della sua nuova identità, ma riuscì a non fare scivoloni, e si stiracchiò stando ben attento a non mostrare troppo il petto, e l’assenza di qualcosa nel petto che sarebbe dovuto esserci.

-Le altre sono già andate a lavoro. Se vuoi puoi andare in bagno a vestirti e lavarti, l’acqua è ancora tiepida- Anna lo incoraggiò a dirigersi nella stanza adiacente, e Leo non se lo fece ripetere due volte, felice di avere un po’ di privacy. 

Una volta solo, Leo sospirò, e iniziò a prepararsi. Fece una coda bassa con i capelli stopposi e fastidiosi, tirò fuori del trucco leggero dal nascondiglio che aveva creato sotto il corpetto per fingere di avere un seno, e si sistemò bene occhiali, vestiti, e si preparò psicologicamente a recitare la parte di una cuoca. Certo che era più difficile di quanto pensasse. Chissà come faceva Alex ogni giorno.

Mentre si preparava, fece mentalmente il punto della situazione.

Non poteva adagiarsi sugli allori solo perché aveva il posto fisso. Doveva comunque cercare di evitare quanti più scontri possibili, salvare le persone, e avvertire i luoghi che sarebbero stati colpiti. Andare di persona non era più un’opzione, sia a causa della sua incapacità nello stare su un campo di battaglia, sia perché le sue assenze sarebbero state notate subito, e poi mancavano poche settimane ai primi attacchi al castello. Le forze di Valkrest si stavano facendo più audaci, e l’obiettivo principale di tutta la guerra era raggiungere il castello.

Leo non conosceva i motivi che avevano spinto il principe Victor ad attaccare, poiché non erano segnati nella storia, e se erano segnati, lui non li aveva letti, ma dubitava avessero necessariamente senso. Quindi era meglio sventare ogni attacco e sperare per il meglio. 

Ma come sventare un attacco da dentro le mura senza possibilità di comunicare con l’esterno?

Ecco, quella era la missione del giorno.

Avrebbe dovuto parlare con Alex, cercare un modo di raggiungere la città di nascosto per assicurarsi sporadicamente che i bambini stessero bene nel rifugio di fortuna, e trovare un mezzo per comunicare con i futuri luoghi attaccati.

Se questo fosse stato un videogioco, Leo avrebbe avuto un’icona in alto a destra dove erano segnate le tre missioni del giorno.

Sarebbe stata una lunga giornata.

-Tutto bene lì dentro, Leah?- chiese Anna da fuori, e Leo si preparò ad uscire, mettendo su un grande sorriso.

-Certo! Scusa se ci ho messo tanto, sono emozionata per il primo giorno- ammise, uscendo, e mostrando la sua agitazione.

-Tranquilla, andrà benissimo. Io ho delle commissioni da fare per conto della principessa, ma… se hai bisogno posso accompagnarti in cucina. Ti aspettano lì- Anna indicò la porta, e si mise a disposizione, da brava amica.

-Sei un tesoro, ma non preoccuparti, sono certa di riuscire a raggiungerla. Non vorrei far aspettare la principessa- Leo rifiutò l’aiuto, era un’ottima occasione per indagare un po’, e poi conosceva quel castello come il palmo della sua mano, ormai, soprattutto le strade per raggiungere la cucina da ogni ala. Non vedeva l’ora di mettersi ai fornelli.

-Perfetto, allora!- Anna lo salutò e uscì in tutta fretta dal dormitorio ormai vuoto, per correre dalla principessa.

Opal… chissà come stava…

Leo avrebbe voluto poterla vedere e accertarsi delle sue condizioni, ma supponeva che fosse tenuta sotto stretta sorveglianza, visti i tempi recenti.

Leo si rigirò tra le mani la collana che lei gli aveva regalato, e uscì a sua volta per dirigersi in cucina.

Sovrappensiero, facendo la strada meccanicamente, non si rese conto che il corridoio era occupato da due persone finché non andò quasi a sbattere sulla schiena di uno di loro.

Si ritirò appena in tempo, e nessuno dei due si accorse della sua presenza: il primo, un cavaliere in armatura, perché gli dava le spalle, e la seconda, una cameriera che Leo non riusciva a vedere bene ma di cui riconosceva l’uniforme, perché Leo era coperto da tale cavaliere alla sua vista.

Inoltre, erano impegnati in una conversazione accesa.

-Non fare la finta tonta con me, so che la cucina brulica di cibo non mangiato, e trovo solo corretto che un po’ di tale cibo venga offerto gentilmente a coloro che rischiano la vita per proteggere tutte voi, bellezza- il cavaliere aveva un temperamento aggressivo, e Leo riconobbe immediatamente la voce di Lionel, e fece dietro front, perché tutto voleva, fuorché antagonizzare di nuovo Lionel il suo primo giorno di lavoro. Inoltre non voleva rischiare che il cavaliere lo riconoscesse come uomo, dato che si erano visti quando Leo era giunto lì, pochi giorni prima, e il travestimento non era infallibile.

Iniziò a tornare indietro silenziosamente in cerca di un’altra strada per arrivare in cucina, ma la risposta della cuoca lo fermò sui suoi passi.

-Gliel’ho detto e glielo ripeto, Sir Lionel, non c’è cibo extra, in cucina. Non posso darle qualcosa che non esiste- obiettò infatti, ferma ma anche leggermente tremante, e Leo finalmente la riconobbe.

Era Dotty! 

Non l’aveva ancora vista da quando era lì, perché era tornata in camera dopo che Leo si era addormentato, e si era svegliata prima che lo facesse lui, sempre che fosse effettivamente tornata in camera per la notte, e il cuoco fu sorpreso di trovarla intenta a discutere con Lionel, tra tutti.

Il suo cuore iniziò a battere più forte nel petto, e le sue emozioni erano contrastanti.

Perché sì, quella era la voce della sua cara amica, una cuoca eccezionale, creativa e gentile, ma era anche la voce che sentiva nei suoi incubi due notti su tre da sette mesi.

Iniziava a confondere il sogno con la realtà.

E non sapeva bene che fare al momento.

-Oh, io dico che qualche briciola ci sia, magari cibo non consumato del principe? O qualche torta destinata alla principessa? Figuratevi se non c’è del cibo in più, dai. Tengo al sicuro l’intero castello, non merito un trattamento di favore? Sono pur sempre un nobile!- Lionel insistette, con tono più duro.

E Leo non poteva più stare con le mani in mano.

Era più forte di lui.

-Scusate se interrompo, che Jahlee vi protegga, ma… ecco, è il mio primo giorno, e mi sono un po’ persa. Potreste indicarmi la cucina, per favore?- si intromise, correndo di nuovo verso di loro come se fosse appena arrivato, e assumendo la sua facciata più innocente e benintenzionata. La personalità di Leah doveva essere così, per essere più affidabile e passare inosservata.

Attirò l’attenzione dei due litiganti, che si voltarono verso di lui.

Leo riuscì finalmente a vedere Dotty, e fu rassicurato nel notare che, ad eccezione di occhiaie più pronunciate, e una capigliatura più seria, non era cambiata molto negli ultimi sette mesi, segno che la guerra non l’aveva colpita eccessivamente. 

-Oh, Leah, giusto?- chiese Dotty, squadrandola dall’alto in basso.

-Leah? Non sapevo avessero assunto una nuova cuoca- Lionel fece altrettanto.

-Sì, ieri. Non vorrei essere in ritardo il mio primo giorno…- Leo cercò di affrettare le cose e osservò Dotty sperando che il suo intervento fosse abbastanza per far allontanare Lionel e salvare la ragazza.

-Il tuo primo giorno? Eppure mi sembra di averti già vista…- commentò Lionel, afferrando il polso di Leo, e costringendolo a girarsi verso di lui.

Il cuore del cuoco perse un battito. Non poteva venire scoperto da Lionel! Sarebbe stato imbarazzante oltre ogni immaginazione! 

Cercò comunque di mantenere la calma.

-Temo di no- cercò di convincerlo a lasciar perdere.

-E invece sono certo di sì. Mi sei venuta a trovare nei miei sogni, stanotte, bellezza?- Lionel gli fece un occhiolino ammiccante, e, di nuovo, Leo perse un battito, anche se per motivi diversi.

Iniziò a fissare Lionel, quello che aveva sentito che non si era registrato del tutto nel suo cervello.

…Lionel, il suo bullo, la persona più irritante dei sette regni dopo Victor e Brandon… aveva appena flirtato con lui?!

OH PER TUTTI GLI DEI!!!

Leo dovette dare fondo a tutto il suo (ben poco) autocontrollo per non scoppiare a ridergli in faccia, o guardarlo con disgusto malcelato, e si limitò a fissarlo qualche secondo, cercando di calmare il battito del suo cuore.

Alla fine accennò un sorriso estremamente imbarazzato.

-Oh, chiedo perdono, cavaliere- rispose affabile, ma cercò di liberare la mano dalla stretta dell’uomo, che comunque non lo lasciò andare.

-Non temere, piccola, ti accompagno io in cucina. Mi stavo giusto dirigendo lì per fare colazione- anzi, strinse la presa e iniziò a trascinare Leo in direzione della cucina.

Notando la sua espressione sconvolta e a disagio, Dotty fece per obiettare, ma Leo fu più veloce di lei nel replicare all’offerta.

-Oh, che onore. Mi lusinga nel dedicare così tanta attenzione ad una semplice cuoca come me- e iniziò a lisciarselo in tono civettuolo.

Dotty gli lanciò un’occhiata confusa, e poi alzò gli occhi al cielo, supponendo che Leo fosse un opportunista pronto ad approfittare della forza di Lionel, ma aveva preso un granchio gigantesco.

Perché Leo aveva appena avuto un’idea.

E se c’era qualcosa che aveva imparato su Lionel, era che il modo migliore di fregarlo era fargli credere di essere il padrone della situazione anche quando non era quello il caso.

Pertanto Leo decise che tra il ridere e il disgustarsi… era il caso di approfittare della situazione, almeno un po’.

Ed ecco spiegato il titolo del capitolo.

-È il mio lavoro prendersi cura delle persone più deboli- Lionel si vantò, e Leo cercò di non prendersela.

-Deve essere stancante. Merita proprio una lauta colazione- cercò di incoraggiarlo, per dimostrargli di essere dalla sua parte.

-Mi dispiace interrompere la nascita di questa splendida relazione, ma come stavo dicendo, non c’è abbastanza cibo per una doppia colazione, Sir Lionel- Dotty si rese conto che non poteva rischiare che Leo desse fondo alle scorte il suo primo giorno, e si mise in mezzo, anche piuttosto risentita.

Leo le sorrise complice, poi tornò a fare la sua sceneggiata.

-Vero… ci sono davvero poche scorte in cucina. Ma magari posso offrirle la mia colazione, Sir Lionel- Leo offrì, e Lionel sembrò parecchio soddisfatto. Così soddisfatto che non si rese conto che Leo conosceva il suo nome anche se non si era presentato.

Dotty invece osservò Leo con un certo sospetto, confusa dal suo atteggiamento.

Ma Leo aveva un piano.

Un piano che avrebbe potuto mordergli il posteriore a lungo andare, ma comunque un piano.

E poi… non poteva farsi sfuggire l’occasione di prendere in giro Lionel Vinterberg!

Raggiunsero l’ingresso della cucina con tre umori completamente diversi.

Lionel in testa al gruppo era sorridente ed entusiasta, ignaro di quello che Leo stava macchinando a sue spese, e stava trascinando quest’ultimo per il polso facendogli anche un po’ male. Leo si faceva trasportare cercando di stare al passo e nascondendo gli intenti malevoli dietro una maschera di innocenza e lecchinaggine.

Dotty, dietro di lui, li seguiva con sguardo truce e braccia incrociate. 

Leo sperò che il suo piano non lo precludesse dallo stringere amicizia con la cuoca, perché nonostante fosse la sua rivale in amore, era comunque un’amica importante, e gli era mancata.

Riusciva a vedere e capire perché Daryan potesse innamorarsi di una persona speciale come lei.

Una volta giunti alla cucina, Leo decise che era meglio fermare il casanova, prima che irrompesse e venisse distrutto da Mildred. Sarebbe stato uno spettacolo memorabile, ma Leo aveva altri progetti.

-Aspetti, Sir Lionel, è meglio che entri io a prendere il cibo. Non vorrei rischiare di finire nei guai il primo giorno, ma ci tengo davvero ad offrirle un buon pasto- Leo fece resistenza, e Lionel si girò a guardarlo, sorpreso.

Poi allargò il sorriso.

-Non lo vorrei mai neanche io- acconsentì a fermarsi, e gli fece il baciamano.

Leo accennò un inchino medio, ed entrò in tutta fretta nella cucina, seguito da Dotty.

-Si può sapere cosa pensi di fare, recluta? Non abbiamo cibo per sfamare un pomposo…- la cuoca iniziò a rimproverarlo, ma Leo non la fece finire.

-Che schifo! Fortuna che porto i guanti o dovrei disinfettarmi con l’amuchina almeno tre volte- Leo iniziò a strofinare la mano contro il vestito per rimuovere ogni residuo del disgustoso bacio di Lionel. Ora che era fuori dalla portata di orecchie, era libero di esprimere tutto il suo fastidio, e il cambio repentino di comportamento fu abbastanza per zittire Dotty, che lo guardò strabuzzando gli occhi, confusa.

-Cosa?- chiese, indagando meglio sul suo comportamento, e tornando sospettosa dopo l’iniziale sorpresa.

-Stai bene? Ho visto che si stava facendo piuttosto insistente- Leo si rivolse alla ragazza con preoccupazione.

-Che…?- iniziò a chiedere lei, tornando sorpresa, ma fu interrotta da Mildred, che aveva approcciato i due vedendoli entrare in cucina.

-Sei un po’ in ritardo, recluta. Vedi di imparare presto la strada. La tua colazione è sul bancone, e poi dovremo…- iniziò a dare ordini, ma Leo la interruppe.

-Zuppa d’avena?- chiese, notando il piatto e sorridendo al ricordo del suo primo giorno di lavoro in cucina.

-Non possiamo permetterci di fare gli schizzinosi!- Mildred lo rimproverò, guardandolo storto.

-Macché! Adoro la zuppa d’avena. E sono pronta a fare il lavoro migliore del mondo! Ma prima… posso prendere le bucce di patate avanzate dalla prova di ieri? Ci metterò tipo cinque minuti al massimo e poi sarò tutt..a sua- Leo aveva uno sguardo furbetto e speranzoso.

Mildred sembrò presa in contropiede dalla richiesta. Guardò Leo come se lo vedesse per la prima volta, e per un attimo Leo temette di aver esagerato.

Poi Mildred accennò un sorrisino nostalgico, a annuì appena.

-Cinque minuti- acconsentì, indicando gli scarti del giorno precedente. Erano messi in un angolo per non buttare via nulla, ma Anna gli aveva spiegato che di solito alla fine venivano buttati comunque, o usati per tenere vivo il fuoco. Beh, ora c’era Leo, quindi sarebbero stati senz’altro riutilizzati il più possibile.

Leo era un esperto di Masterchef, dopotutto, ed era capitato più volte che in mistery box, invention o pressure venissero utilizzati gli scarti per cucinare piatti stellati. Quindi si era allenato per essere preparato a questa eventualità.

Prese tutti gli scarti meno intriganti, li unì in modo omogeneo, cercando di ottenere un ottimo sapore ma un pessimo aspetto (cosa difficile dato che modestamente era un ottimo cuoco), e in tre minuti uscì dalla cucina, ritrovandosi faccia a faccia con un impaziente Lionel.

Dotty lo aveva osservato per tutto il tempo, ancora piuttosto confusa, e rimase dietro alla porta per controllare la situazione. 

-Scusi il ritardo, ho dovuto essere sicura che Madame Mildred non mi notasse troppo… ecco a lei, Sir Lionel- Leo mentì e porse il piatto al sorridente cavaliere con la massima reverenza.

E per poco non scoppiò a ridere quando vide tale sorriso sparire lentamente dal suo volto, trasformandosi in una espressione di profondo disgusto.

-E questa roba cosa sarebbe?- chiese, facendo un passo indietro dal piatto orribile.

Leo si finse ferito, anche se dentro stava ribollendo di rabbia.

Calmo, Leo, è un piatto che hai fatto di proposito così brutto, non sta insultando la tua cucina.

-È la mia colazione… non le piace? Eppure è un piatto così elaborato e pieno di cose. Non vedo così tanto cibo dall’inizio della guerra. Per me è un vero e proprio banchetto… ma… mi dispiace se non è… insomma lei è un cavaliere, sicuramente merita ancora di più, ma non c’è… non c’è altro, quindi la prego di accettare la mia umile offerta- il monologo di Leo era forse un po’ troppo pretenzioso, ma non poteva fare altrimenti, e stava cercando di ottenere la massima pietà da parte di quella persona decisamente poco empatica, quindi doveva esagerare. E dalla prima volta in cui era finito lì, era diventato piuttosto bravo a mentire, quindi alla fine uscì un’interpretazione niente male.

Lionel sembrò preso parecchio in contropiede dal suo atteggiamento, e soprattutto da un piatto così lontano dai suoi standard.

-Mi stai… prendendo in giro?- provò a suggerire, con un sorriso freddo e occhi che mandavano scintille.

Leo sapeva che se Lionel avesse dubitato della sua sincerità, sarebbe potuto finire in grossi guai, e gli sarebbe dispiaciuto andare a nascondersi nuovamente dietro Alex, anche se era un’alternativa da non escludere. Ma la sua amica e guardia del corpo aveva altri problemi a cui pensare, non poteva mettersi nuovamente a risolvere il bullismo a Leo già dal primo giorno.

Perciò usò tutte le sue doti attoriali esibendosi in un’espressione ferita e dispiaciuta da Oscar.

-No… perché?- finse totale ignoranza, e prese una forchettata dal piatto di scarti che aveva offerto al cavaliere.

Wow… alla fine era uscito anche buono. Forse una consistenza particolare, ma i sapori si associavano bene.

Magari poteva offrire a qualcuno la propria zuppa d’avena e mangiare davvero quella colazione.

Perché era ovvio che nonostante tutto Lionel non l’avrebbe mai consumata, anche se avesse capito che era deliziosa.

-Sono secoli che non mangio qualcosa di così sfizioso… prego, favorisca, Sir- Leo porse il piatto al cavaliere con più decisione, e lui fece un altro passo indietro, disgustato.

Leo si aspettò che facesse dietro front e se ne andasse senza dire altro, offeso. Temeva che avrebbe fatto una qualche scenata.

Non si aspettava che recuperasse il sorriso e che gli prendesse una ciocca di finti capelli tra le dita.

-Sembri davvero affamata, bambolina. Che razza di cavaliere sarei se ti impedissi la colazione il primo giorno… prendila tu, te lo meriti- finse di essere un perfetto gentiluomo, e mise la ciocca di capelli di Leo dietro il suo orecchio, con fare ammiccante.

Leo ebbe quasi un conato, ma lo mascherò con un’espressione commossa.

-È davvero un cavaliere meraviglioso, Sir Lionel- borbottò la prima frase che gli venne in mente.

Il suo intento era di umiliarlo o fargli aprire gli occhi sul fatto che fossero in una maledetta guerra e non era il caso di fare gli schizzinosi. Non si aspettava che l’improvvisa cotta di Lionel nei suoi confronti l’avrebbe reso cera molle tra le sue mani.

O forse Lionel credeva che Leo potesse in futuro rivelarsi un’ottima fonte di cibo?

Qualsiasi fosse il motivo dell’arrendevolezza del bullo, Leo doveva ammettere che stava andando meglio di quanto pensasse.

-Devo tornare al mio posto, ma spero che ci rivedremo presto… Leah- con un occhiolino, Lionel diede le spalle a Leo, e quest’ultimo gli fece una linguaccia, e tornò a mangiare la propria colazione che… wow, era davvero molto meglio di quanto sembrasse dall’aspetto.

Rientrando in cucina, Leo si ritrovò faccia a faccia con Dotty, a braccia incrociate.

-Esigo una spiegazione. Che stai facendo?!- chiese, con espressione corrucciata.

Era strano vederla così, e non con i suoi vispi occhi brillanti.

Beh, dai, almeno non lo stava chiamando “maestro”.

-Il primo intento era di allontanarlo da te, mi sembrava piuttosto veemente. Poi ho approfittato di… qualsiasi cosa gli abbia fatto assumere quell’espressione da pesce lesso per provare a manipolarlo in modo che smettesse di chiedere cibo extra… e temo di piacergli più di quanto pensassi perché ha lasciato perdere piuttosto facilmente...- Leo spiegò il suo intento, ancora piuttosto confuso da ciò che era appena successo.

-Ti sei presentata con quel piatto davanti a Lionel Vinterberg… e lui non te l’ha tirato in faccia insultandoti?!- chiese Dotty, indicando il piatto di avanzi orribile.

-Pare di sì- Leo alzò le spalle -Comunque è davvero ottimo, nonostante l’aspetto, vuoi assaggiare?- Leo le propose una forchettata, con un sorriso conciliante.

Voleva davvero tanto tornare ad avere un buon rapporto con Dotty. Lo desiderava con tutto il cuore.

-Ti prego insegnami, maestra!- Dotty abbandonò completamente i modi sospettosi, e tornò esattamente, per un attimo, la Dotty che Leo aveva conosciuto.

Caspiterina che cambiamento radicale!

E… nooooooo! Non di nuovo.

-Non sono una maestra in nulla! Ti prego non chiamarmi così!- Leo mise subito le mani avanti. Era davvero troppo imbarazzante.

-Sei una maestra nell’allontanare Lionel. Sono mesi che cerco di liberarmene ma continua ad insistere! E non è neanche granché bravo nel suo lavoro. Qualche giorno fa ha permesso ad un pericoloso ricercato di arrivare fino alle mura del palazzo… e gli è anche sfuggito- Dotty scosse la testa e iniziò a lamentarsi di Lionel, precedendo Leo dentro la cucina -Scommetto che se il ricercato tornasse a palazzo non lo riconoscerebbe nemmeno- commentò poi.

Leo sperò di non essere impallidito troppo, e mangiò la sua colazione con lo stomaco che si era fatto improvvisamente più annodato.

-Sì… sembra incompetente- borbottò, aggiustandosi gli occhiali sul volto.

-Lasciamo perdere… sei un’aggiunta preziosa, Leah. Ti avevo giudicata male, pensavo cercassi solo di entrare nelle grazie di persone potenti- Dotty scosse la testa, e lanciò a Leo un’occhiata di scuse.

-Beh, essere nelle loro grazie non è male, ma Lionel non mi sembra granché potente, ad essere onesta- borbottò Leo, storcendo il naso al pensiero del cavaliere.

Dotty non si trattenne dallo scoppiare a ridere, proprio mentre Mildred li raggiungeva, irritata.

-Cinque minuti sono passati da un pezzo! Non pensare di battere la fiacca solo perché sei nuova, recluta!- iniziò a rimproverare Leo, anche se guardava Dotty con estrema sorpresa, come se fosse la prima volta che la sentiva ridere.

-Assolutamente no, Madame Mildred! Mi dica cosa devo fare e io la farò, sono pronta!- Leo si mise a disposizione, finendo in un boccone la colazione e assumendo una posizione sull’attenti come in un campo militare -Oh, la mia colazione la può avere chi vuole. Ho mangiato gli scarti- disse poi, in modo molto più casuale.

Mildred fu presa in contropiede.

-…capisco… beh… puoi cominciare lavando i piatti, poi… il principe avrà bisogno della sua colazione. Puoi portargliela tu- Mildred gli assegnò l’incarico, e Leo sgranò gli occhi, sorpreso.

-Il… principe?- chiese, incredulo. Non si aspettava di rivederlo tanto presto. Lanciò un’occhiata a Dotty, e si rese conto che la ragazza aveva assunto un sorrisino di chi aveva capito tutto.

…Leo non stava capendo.

-Credo che al principe può servire vedere un nuovo viso, e Leah mi sembra perfetta per il ruolo!- la futura moglie di tale principe incoraggiò l’idea della capocuoca, prendendo il piatto dalle mani di Leo e facendogli un occhiolino complice.

…Leo capiva sempre meno.

-È un grande onore- borbottò, un po’ preoccupato.

Era vero che rivedere Daryan era una prospettiva meravigliosa, ma… era anche piuttosto pericolosa.

Leo doveva stare attento a non farsi beccare, essere professionale, e cercare di non mostrare il suo cuore spezzato.

Però c’era anche da dire che l’ufficio del principe era senz’altro un luogo importante dove cercare un modo di comunicare con le zone che sarebbero state colpite dalle truppe di Valkrest.

-Davvero un grandissimo onore- Leo ripetè, sorridendo, e accettando la prospettiva di rivedere il suo ex che non si ricordava di lui.

Era solo la colazione, alla fine, non è che sarebbe diventato il suo cameriere ufficiale.

 

Leo era diventato il cameriere ufficiale di Daryan.

Non era stato esplicitato, ma era palese. Era già ora di cena, e Leo era stato inviato di nuovo, per la quarta volta, a portare il cibo a Daryan, dopo la colazione, il pranzo e il tè.

E sempre, ogni singola volta, aveva riportato in cucina dei piatti quasi completamente pieni.

Non aveva osato dire nulla perché non voleva essere cacciato il primo giorno, ma non credeva che sarebbe riuscito a mordersi la lingua ancora a lungo. Era più forte di lui, e Daryan aveva un aspetto orribile.

…non orribile. Daryan era un gran figo ed era rimasto un gran figo anche sottopeso e trascurato, ma… ERA SOTTOPESO E TRASCURATO!

Leo doveva aiutarlo!

Era un cuoco! Era il suo dovere!

Ma non poteva dare nell’occhio, quindi testa bassa e morditi la lingua!

Però, se ignorava i problemi alimentari, doveva dire che l’ufficio del principe Daryan gli aveva dato un’idea su come informare i villaggi dei futuri attacchi. 

Perché Leo era entrato, a pranzo, nel mezzo della scrittura di una lettera da mandare in un luogo a rischio, e aveva notato il timbro ufficiale del principe che usava sulla ceralacca in ogni lettera.

Un timbro che gli sarebbe potuto essere decisamente utile.

L’unico problema era che rubarlo, anche solo per copiarlo velocemente, sarebbe stato impossibile e rischiava di farlo beccare immediatamente.

Soprattutto perché Daryan non abbandonava mai il suo studio.

Riflettendo su questa cosa Leo si avvicinò allo studio in questione, bussò, e non gli arrivò nessuna risposta.

Bussò nuovamente, ma nulla.

Allora fece per aprire la porta e controllare lui stesso, temendo potesse essere successo qualcosa al principe, ma una voce alle sue spalle lo fece sobbalzare e quasi gli fece cadere il vassoio dalle mani.

-Il principe è in biblioteca a discutere con il capitano e quel tizio occhialuto- lo informò una persona che Leo conosceva, e che non avrebbe voluto rivedere tanto presto.

-Oh, Sir Lionel… cosa la porta qui?- chiese, cercando di sorridere, ma già troppo irritato.

-So che è ora di cena per il principe, e ho sentito che una bellissima nuova cameriera è stata incaricata di portargli il cibo. Quindi ho pensato… perché non fare un saluto?- Lionel gli si avvicinò fino quasi a spingerlo contro il muro, e sorrise affabile.

Leo si ritrovò ad avvicinare inconsciamente il vassoio verso di lui, temendo che Lionel potesse rubarglielo dalle mani.

Era cibo per il principe, non per lui!

-Che pensiero gentilissimo, grazie Sir Lionel. E grazie di avermi avvertito, porto subito la cena al principe- Leo cercò di scansarsi e correre via, ma Lionel lo tenne sul posto.

-Stanno discutendo di faccende ufficiali sulla guerra, non credo sia il caso di disturbarli, meglio aspettarlo qui, o lasciare il cibo direttamente nell’ufficio. Se vuoi aspetto con te- Lionel si appoggiò contro il muro, a pochi centimetri da Leo, che sgusciò il più lontano possibile provando ad essere abbastanza discreto.

-Non potrei mai chiedere ad un grande cavaliere di trattenersi per me, dopo un’intera giornata di lavoro sarà esausto. Lascio il vassoio e aspetterò il principe all’interno- Leo provò ad entrare nel familiare ufficio, ma neanche il tempo di aprire la porta, che Lionel gliela chiuse davanti.

-Nessun disturbo, e in realtà volevo parlarti di una cosa. Non so se l’hai notato, ma il principe non mangia molto- il tono di Lionel era ancora molto casuale, ma era palese che fosse entrato nel discorso che voleva fare da quando aveva raggiunto Leo.

E per un secondo, il cuoco pensò che il cavaliere avesse messo la testa a posto e volesse mostrare la sua lealtà chiedendo a Leo di fare in modo che Daryan mangiasse, o qualcosa del genere. 

Ma conosceva Lionel, e non si fidava particolarmente della sua buona fede, così rimase con la guardia alta.

-Non saprei, è solo il mio primo giorno. Forse non aveva molto appetito, e mangerà di più stasera- si mantenne sul vago, facendo fina di niente, anche se il suo cuore aveva iniziato a battere più forte.

Lionel ridacchiò.

-Sei davvero adorabile, piccola…- Leo rabbrividì al soprannome -…ma fidati, quell’allettante cibo finirà buttato. Quindi, dato che mi devi una colazione, che ne dici di offrirmi un lauto pasto? Direi che me lo sono meritato, e non è che il principe se ne faccia qualcosa, no?- propose Lionel, con sguardo di ghiaccio.

In teoria… non aveva effettivamente tutti i torti. Erano in periodo di guerra, il cibo scarseggiava, e buttare interi pasti solo perché un principe non li mangiava era un enorme spreco.

Ma in pratica… che grandissimo egoista! Il suo principe aveva problemi di alimentazione gravi, il popolo moriva di fame, e l’unico pensiero di Lionel era per sé stesso e il suo stomaco?! Lui, che mangiava i pasti migliori dopo la famiglia reale, e non faceva assolutamente nulla dalla mattina alla sera?!

Leo avrebbe tanto voluto urlargli contro la sua irritazione, ma decise di restare calmo, e dovette fare uno sforzo davvero immane, perché l’argomento “alimentazione” lo mandava sempre in berserk.

-Mi dispiace, Sir Lionel, ma mi sta chiedendo troppo. Il cibo destinato ai reali non può andare a nessun altro. È la regola- cercò di apparire dispiaciuto, ma anche fermo.

-Suvvia, Leah… non lo saprà mai- Lionel provò ad insistere, e il suo sorriso si fece meno gentile.

Leo sapeva di essere sul filo del rasoio. Sapeva che il successo di quella mattina non sarebbe durato a lungo.

Ma non poteva cedere.

-Se vuole posso darle la mia colazione anche domani, ma il cibo del principe è fuori dalla mia portata, e dalla sua. Mi dispiace…- rimase fermo sui suoi ideali, e guardò Lionel dritto negli occhi con aria di sfida.

-Certo, io con le bucce di patate, e il principe con la carne… dì la verità, ragazzina, vuoi tenerlo tutto per te, non è così? Tu e le cuoche sicuramente fate dei grandi banchetti con tutto il cibo che il principe butta via senza rispetto- Lionel iniziò a parlare male del principe, e Leo iniziò seriamente a perdere la calma.

-Rispetto? È lei a non avere rispetto, Sir Lionel. Altrimenti le bucce di patate le sembrerebbero un banchetto. Ma sei troppo viziato per renderti conto che mentre sei qui a lasciare incustodite le mura e minacciare per un pasto, lì fuori c’è una GUERRA!- Leo espresse tutta la sua rabbia nei confronti del cavaliere, che rimase sorpreso giusto un attimo, preso in contropiede dal cambio di comportamento, ma si fece immediatamente impulsivo.

-Sentimi bene, ragazzina, tu ora mi darai il cibo del principe, e se mi gira non ti farò buttare di nuovo in mezzo al fango da dove vieni e dove dovresti tornare- si fece molto più alto, imponente e minaccioso, e afferrò con violenza il vassoio dalle mani di Leo, che però lo tenne stretto.

-È il cibo destinato a sua maestà, brutto traditore pigro e violento!- iniziò ad insultarlo, ormai oltre il limite.

-Sei solo un’insolente, piccola put…- Lionel sollevò la mano pronto a colpire Leo, che si ritirò pronto all’impatto, ma fu fermato dal concludere gesto e frase da una voce imponente alle sue spalle.

-Basta così!- esclamò l’inconfondibile voce del principe Daryan, e Leo non era mai stato tanto felice di vederlo.

E anche io. 

Grazie Daryan, mi hai salvato dal dover scrivere la prima parolaccia di questa storia.

Lionel invece impallidì immediatamente, e si girò di scatto.

-Stava cercando di rubare il suo cibo, altezza!- si inventò al volo una scusa estremamente sfacciata, e Leo fu sul punto di colpirlo in testa con tutto il vassoio che era miracolosamente rimasto in equilibrio. 

Come si permetteva di rigirare la frittata?! Se Leo adesso veniva accusato seriamente di quel crimine avrebbe congelato Lionel dalla testa ai piedi come gesto finale prima della cattura. Se lo meritava.

Ma non sarebbe stato arrestato tanto presto.

Il principe lanciò infatti al cavaliere un’occhiata furiosa.

-Credi che io sia un idiota, Lionel?- chiese, abbandonando completamente le formalità. Leo non era abituato a vederlo e sentirlo così, sembrava quasi un’altra persona.

…ma era davvero soddisfacente.

-Certo che no, vostra maestà! Sono un leale e fedele servitore che…- Lionel iniziò a fare il lecchino, ma Daryan lo interruppe immediatamente.

-Vi sentite per tutto il corridoio, non provare a fare questi giochetti con me!- lo rimise immediatamente al suo posto, poi si rivolse a Leo, che vedendo quello sguardo così furioso su di sé, si ritrovò a sobbalzare, e arrossire vistosamente.

Non aveva detto niente di male, vero? Ma era stato irrispettoso. E aveva anche trattato Lionel bene, all’inizio… sperò davvero che il principe non avesse capito che Leo era dalla parte di Lionel.

-Stai bene?- chiese Daryan, addolcendo parecchio il tono.

Leo arrossì ancora di più, e il cuore iniziò a battere furiosamente nel petto. Si rese conto in quel momento che sembrava davvero la scena di un anime/manga/manhwa/isekai. Il momento in cui il principe aitante salvava la povera cameriera indifesa da un cavaliere cattivo.

Annuì, incapace di proferire parola.

-Entra a posare il vassoio sulla mia scrivania- gli ordinò poi il principe, indicando con la testa la porta dell’ufficio.

Leo annuì di nuovo, accennò un inchino profondo senza usare però le mani poiché impegnate, ed entrò finalmente nell’ufficio, tirando un profondo sospiro di sollievo per essere sopravvissuto a quel confronto con Lionel.

Si avviò alla scrivania e posò il vassoio. Sistemò al meglio il cibo che era stato sballottato di qua e di là, e poi si guardò intorno, in cerca del timbro del principe. Lo trovò posizionato con cura dentro un cassetto.

Quello poteva essere un ottimo momento per prenderlo e copiarlo, ma il principe si sarebbe comunque accorto della sua assenza… Leo doveva trovare un modo di copiarlo subito, tipo quando nei film i cattivi facevano copie delle chiavi per intrufolarsi a casa dei protagonisti e rapirli, incastrarli, o fare loro uno scherzo di cattivo gusto.

Peccato che Leo non avesse uno stampo per prendere il calco del timbro.

A mano che…

In effetti lui aveva già creato una chiave dal nulla, usando una serratura. Il concetto era simile.

-Noella?- sussurrò, chiamando la dea.

-Sì? Ti avverto che non posso stare molto, sto giocando a nascondino con le mie figlie- la dea apparì immediatamente, più evanescente del solito.

-La tua benedizione… da anche la possibilità di creare ghiaccio eterno? Tipo che ci mette molto tempo a sciogliersi? Se sì… qualche consiglio su come farlo?- chiese Leo, che aveva sperimentato i poteri della dea in lungo e in largo, ma mai diversi tipi di ghiaccio, solo molte forme e dimensioni. Dopo l’avventura al borgo doveva aveva salvato Alex e Gideon, si era reso conto che c’erano molte cose di quel potere che non aveva ancora imparato.

-Sì, certo. Ma non ci sono trucchi, devi solo crederci e volerlo davvero. Secondo me ce la farai al primo colpo, devi solo concentrarti, e se vuoi resto vicino alla porta e ti avverto quando il principe sta per entrare- Noella si avviò fluttuando verso la porta, e Leo doveva ammettere che era davvero utile avere delle divinità dalla sua parte.

Erano solo due su sette, ma erano comunque delle divinità dalla sua parte.

-Sarebbe fantastico, grazie Noella- Leo si tolse il guanto che aveva alla mano sinistra, mettendolo nella tasca del grembiule, e fece dei profondi respiri per prepararsi.

Indossava sempre i guanti per mantenere la sua copertura, dato che lo aiutavano a nascondere l’evidente tatuaggio, ma non poteva usare facilmente i poteri con i guanti, quindi era necessario toglierli. 

…speriamo che la Disney non mi faccia causa.

Leo mise la mano vicino al timbro, chiuse gli occhi, e cercò di immaginare il ghiaccio più freddo possibile. Spesso, difficile da sciogliere, eterno.

Non poteva avvolgere troppo il timbro, o sarebbe stato difficile staccare i due pezzi.

Quando finalmente l’immagine era chiara e nitida nella sua testa, Leo fece partire il colpo.

E prima di trovare la forza di aprire gli occhi e controllare di non aver fatto un casino, sentì un piccolo applauso, che lo fece sobbalzare appena.

Si girò verso Noella, che lo guardava con occhi brillanti.

-Un ottimo, ottimo lavoro, Leonardo! A giudicare dal ghiaccio, hai almeno tre ore di tempo prima che inizi a sciogliersi- gli sorrise, indicando l’opera di Leo.

…sperava di avere più tempo, ma era un inizio.

-Grazie, Noella- Leo staccò il pezzo di ghiaccio dal timbro, e rimise il timbro nel cassetto, che chiuse con accuratezza.

Tanto Noella l’avrebbe avvertito se il principe fosse stato in procinto di tornare.

Anche se… non stava più guardando la porta.

Ma era una dea, sicuramente era onnisciente e aveva occhi ovunque.

-Daryan sta ancora rimproverando Lionel?- chiese, più per fare conversazione che perché non si fidasse della osservazione della dea. Nel frattempo iniziava a considerare dove nascondere il pezzo di ghiaccio. 

Non aveva tasche, quella del grembiule era troppo evidente, e beh, aveva un ottimo nascondiglio nel petto, ma rischiava di essere troppo caldo, e poi il ghiaccio a contatto con il suo petto sarebbe stato gelido… per tre ore. Già a palazzo faceva un gran freddo, con un pezzo di ghiaccio addosso rischiava una polmonite.

-Oh, non lo so. Ho smesso di osservarlo perché volevo troppo vederti all’opera- ammise Noella, con un grande sorriso ingenuo e innocente.

-Cosa?!- Leo ebbe solo il tempo di allertarsi, prima che la porta si aprisse, facendo sparire Noella, e facendo entrare il principe.

Per sua immensa fortuna, aveva la testa girata verso l’esterno, quindi Leo riuscì per un pelo a nascondere il pezzo di ghiaccio nel petto, e a posizionare le mani dietro la schiena, anche se non era riuscito a rimettere il guanto, ancora dentro la tasca del grembiule.

Fortuna che l’illuminazione era poca in quell’ufficio.

-Principe Daryan!- lo accolse, con un inchino, sperando di non apparire troppo colpevole.

Daryan si girò verso di lui, e aggrottò le sopracciglia.

-Tutto bene, cuoca?- chiese, sospettoso.

-Certo, tutto benissimo! La stavo aspettando perché non sapevo cosa fare ora che ho portato il cibo, ed è ottimo cibo, che spero mangerà, e forse è meglio che adesso io vada e arrivederci, abbia un buon pasto, e che Jahlee la…- Leo non riuscì a non comportarsi il più sospetto possibile, e cercò di scappare dalla scena del crimine prima di fare ulteriori danni. Il freddo ghiaccio a contatto con il suo petto era davvero fastidioso, e stava letteralmente sudando freddo. 

Era sinceramente terrorizzato all’idea di essere scoperto adesso, da Daryan. E prima che potesse raggiungere la porta, Daryan lo fermò, sollevando appena il braccio nella sua direzione. Senza toccarlo, o afferrargli il polso per impedirgli di scappare. Daryan non era Lionel, lui rispettava lo spazio personale, e rispettava Leo.

Leo si fermò, ma rimase a testa bassa, aspettando che fosse il principe a parlare.

-Lionel ti ha fatto qualcosa di male?- chiese tale principe, in tono molto più gentile.

Leo, che si aspettava qualcosa del tipo “Cosa nascondi, spia?!”, rimase parecchio sorpreso dalla gentilezza, e alzò di scatto la testa per guardare Daryan, aspettandosi di trovare qualcun altro al suo posto.

E, beh, quello non sembrava il suo Daryan, ma era evidente che fosse effettivamente lui, avevano gli stessi occhi meravigliosi.

-Ecco…- Leo non sapeva cosa rispondere, e le poche parole abbastanza coraggiose da provare a venire fuori gli morirono tra le labbra quando i due si guardarono dritti negli occhi, e per un momento a Leo sembrò che Daryan potesse riconoscerlo e ricordarsi di lui.

Ma durò solo un attimo, e Daryan fu il primo a distogliere lo sguardo, portandosi una mano sulla fronte, e avvicinandosi alla propria scrivania.

Sembrava affaticato… un calo di zuccheri, forse?

-Tutto bene, principe Daryan?- chiese Leo. Avrebbe potuto approfittare della distrazione di Daryan per prendere il guanto dalla tasca, ma era troppo preoccupato dalla sua condizione fisica per pensare a quello.

-L’ho chiesto prima io a te, cuoca. Sir Lionel ha lanciato pesanti accuse, e la conversazione tra voi due non mi è sembrata amichevole- Daryan tornò alla questione principale, senza più guardare Leo, ma osservando il proprio piatto, come a controllare che non mancasse niente.

-Lionel Vinterberg è un grosso idiota!- sbottò Leo, incapace di trattenersi, schiaffandosi una mano sulla bocca subito dopo.

-Vedo che le accuse volano da entrambe le parti- commentò Daryan, in tono neutrale.

-Chiedo scusa, principe Daryan… ha cose più importanti a cui pensare di baruffe tra membri dello staff- Leo cercò di tornare sui suoi passi, e adocchiò la porta chiedendosi quanto rischiasse il licenziamento immediato se scappava a gambe levate da quell’ufficio.

-Se riguardano il mio cibo, riguardano anche me- Daryan però non voleva chiudere l’argomento, e sembrava particolarmente serio nel parlarne.

-Non darei mai il suo cibo a Sir Lionel, lo posso giurare- Leo mise immediatamente le mani avanti, non letteralmente perché altrimenti avrebbe dato via la propria identità di benedetto di Noella, e assicurò Daryan che mai avrebbe osato tradirlo in quel modo.

-E ad altre persone?- Daryan indagò inarcando un sopracciglio.

Leo esitò. Alla fine Lionel aveva sollevato un buon punto. Erano in tempi di guerra e non potevano rischiare di sprecare dell’ottimo cibo. 

Ma Daryan non doveva necessariamente sapere che gli avanzi potevano finire da qualche altra parte.

-Neanche- provò a rispondere, ma la voce non gli uscì ferma e sicura come avrebbe voluto.

E la sua esitazione non lo aveva aiutato a vendere bene la sua risposta.

-Non sei brava a mentire, Le… signorina- Daryan scosse la testa, ma quando fu in procinto di pronunciare il suo nome, ebbe un’esitazione evidente, come se avesse preso una piccola scossa.

Il cuore di Leo perse un battito, anche se non avrebbe saputo dire il perché.

-Stava dicendo bene, mi chiamo Leah- gli suggerì, in un sussurro.

Daryan scosse la testa, tornando serio come prima.

-Lo so. Voglio che sia chiaro che tutto il cibo che viene preparato per me, non può essere dato a nessun altro, mi sono spiegato- mise in chiaro, riprendendo l’argomento principale.

-Certo, principe Daryan- Leo annuì, ma non sembrava ancora sicuro.

-È veramente importante che nessuno lo mangi- insistette Daryan, in tono appena tremante.

-Lo capisco, principe Daryan- Leo cercò di essere più accondiscendente, e tenne la testa bassa in segno di rispetto.

-Bene… puoi riportare gli avanzi in cucina- Daryan spinse appena il vassoio verso di lui, e Leo gli lanciò un’occhiata alquanto ferita.

-D’accordo, principe Daryan- Leo doveva sorridere, annuire, e fare come gli veniva ordinato.

Era facile, elementare, una passeggiata.

Sorridi, annuisci, prendi il piatto e tornatene in cucina. Così puoi lavare i piatti, tornare alla camerata, e trovare il modo di creare un timbro con la base che ti sta congelando il petto. Aveva solo tre ore, non poteva perdere tempo, soprattutto non poteva perdere tempo a discutere con il principe.

-Vale anche per lei?- si ritrovò a chiedere, in tono di sfida.

Leo, sei un idiota!

-Come, scusa?- Daryan era colto in contropiede da questo commento, ma dal suo tono di voce Leo capì che aveva l’occasione di fare un passo indietro senza conseguenze.

…non era lo stile di Leo.

-Anche lei non può mangiare il suo cibo?- spiegò meglio, abbandonando il tono di sfida, e osservando il piatto con tristezza.

-Non ho appetito, al momento. Porta via il piatto- Daryan obiettò, piuttosto stizzito, ma cercando di restare calmo.

-Non la sto giudicando, ma se può farla stare più tranquillo, posso assaggiare…- Leo si offrì di fare il suo precedente lavoro di assaggiatore, e sollevò la mano destra come a prendere il piatto per assaggiarlo.

Daryan lo avvicinò a sé, in modo protettivo, e lanciò verso Leo un’occhiataccia.

-Vedo che provocare figure al potere sembra essere un suo hobby- lo accusò, con tono velato di minaccia.

Leo odiava vederlo così. 

Era passato così tanto tempo dall’ultima volta che Daryan l’aveva guardato in quel modo, con sospetto, odio, e irritazione, e di certo Leo non avrebbe voluto che gli rinfrescassero la memoria al riguardo. Quello non era il suo Daryan. A Leo il suo Daryan mancava sempre di più.

-Non ho intenzione di provocare nessuno… ammetto di aver provocato Sir Lionel, ma non mi sognerei mai di provocare lei, principe. Sono solo preoccupata- cercò di essere incoraggiante, e fece un passo nella sua direzione, per mostrare tutta la propria buona volontà.

-Non è il suo lavoro preoccuparsi della mia alimentazione- Daryan si fece difensivo, ma sembrava che le parole di Leo lo avessero colpito almeno in parte.

-E quale sarebbe allora il mio lavoro?- chiese Leo, roteando gli occhi.

-Cucinare, e obbedire- rispose Daryan, freddo. 

-Cucinare cosa e per chi? Se lei non mangia!- gli fece notare il cuoco, in tono ovvio.

Questo sembrò scuotere parecchio Daryan, che si alzò, rischiando di far cadere la sedie dietro di lui. 

-Basta così! Un’altra parola e sei licenziata!- lo minacciò, alzando la voce, e facendo sobbalzare Leo, che non si aspettava proprio che si sarebbe comportato così.

Aveva molto da obiettare.

Voleva insistere, spiegare che sapeva esattamente cosa provava, che lo conosceva, che lo amava, che vederlo così gli spezzava il cuore, ma si costrinse a mordersi la lingua.

Non poteva permettersi di essere licenziato.

La sua soap opera personale non era prioritaria, al momento. Doveva trovare il modo di aiutare Jediah nella guerra, salvare vite umane, e sfruttare al massimo le risorse in cucina. Non poteva solo pensare a sé stesso, aveva un sacco di altre persone a cui badare, tra cui sette bambini a cui faceva comodo uno stipendio del palazzo, e un’amica in incognito che sarebbe finita nei guai se ci fosse finito anche Leo.

Sospirò, abbassò la testa, e si impose di restare zitto.

Sollevò la mano destra per prendere il vassoio, ma Daryan non glielo porse.

-Penso che lo terrò qui. Potrebbe tornarmi la fame, chissà- inventò una scusa, anche se il sottotesto era palesemente “Non mi fido di te per maneggiare il mio cibo” e Leo lo accettò.

Fece un inchino profondo, diede le spalle al principe, stando attendo che non gli vedesse la mano che non era riuscito a coprire di nuovo con il guanto, e uscì fuori dall’ufficio senza dire una parola, e cercando di ricacciare indietro le lacrime che gli erano risalite agli occhi.

Daryan si assicurò che la porta fosse ben chiusa, poi tornò seduto sulla scrivania, e si prese la testa tra le mani. Gli stava pulsando furiosamente, e si sentiva davvero malissimo.

Lanciò un’occhiata verso il cibo sul piatto. Probabilmente aveva bisogno di mangiare qualcosa. Mandò giù qualche gelida foglia di insalata, ma gli provocò immediatamente un forte conato.

Non poteva continuare così. 

E di certo non poteva lasciarsi distrarre da una cuoca dalla parlantina sciolta. Doveva restare concentrato se voleva vincere una guerra.

 

Leo doveva restare concentrato se voleva vincere la guerra.

Quindi non poteva lasciarsi distrarre da amori mancati.

Doveva essere freddo, e deciso, e intrepido, e determinato, e…

-Leo, spero che poi lo pulirai prima di restituirmelo- borbottò Alex, osservando il fazzoletto che era più muco e lacrime che stoffa, al momento, mentre Leo era intento a piangere e sentirsi inutile riguardo quanto successo con Daryan. 

-Certo che te lo ripulisco. Se vuoi te ne compro uno nuovo- le rassicurò Leo, soffiandosi il naso per l’ennesima volta.

-Per quanto mi dispiaccia per la tua tragedia romantica, penso che sia il caso di concentrarsi sul sigillo reale e come copiarlo in fretta- Alex cercò di farlo tornare concentrato, e gli agitò davanti al volto il ghiaccio che stava già iniziando a farsi più sottile, mano a mano che il tempo passava.

-Sì, hai ragione… potrei usare lo stesso metodo di prima per creare un sigillo di ghiaccio, ma non credo che funzionerebbe granché bene, considerando che la ceralacca deve essere sciolta ed è bollente quando si mette il sigillo- Leo iniziò a riflettere ad alta voce, senza molte idee. 

-Purtroppo non so bene come falsificare un oggetto così importante, non ho mai pensato che sarebbe arrivato il giorno in cui avrei dovuto agire in questo modo… forse potresti chiedere ai bambini- suggerì Alex, osservando il ghiaccio come se le avesse fatto un torto personale.

Leo cadde dalle nuvole.

-Ai bambini?- chiese, senza capire perché Alex gli stesse suggerendo una cosa del genere.

-Sì, Gideon e gli altri. Non è mia intenzione giudicare, ma sicuramente sono più esperti di me in quanto a truffe. E in ogni caso potrebbero avere qualche idea. Le menti dai bambini sono una miniera d’oro di idee- insistette Alex, alzando le spalle.

-Sì, i bambini sanno essere geniali, ma anche se volessi parlare con loro, sono nel paese vicino, non è che ho molta possibilità di chiedere, soprattutto non prima che scada il tempo- le fece notare Leo, indicando il ghiaccio con la forma.

-Puoi sempre creare un finto sigillo di ghiaccio, e poi usare il finto sigillo per creare un altro di questi, e così via finché non raggiungi i bambini, e in quanto a raggiungerli, c’è un passaggio segreto nei sotterranei che porta dritto al villaggio, puoi arrivarci in un’ora, circa- Alex diede ottime soluzioni, e poi fece cenno a Leo di seguirla fuori dallo sgabuzzino dove si erano infilati per parlare senza essere notati. Era calata la  notte, e i corridoi erano deserti e oscuri, ma Alex procedette con una certa sicurezza, mentre Leo la seguiva.

-Dici che potrei andare adesso?- chiese il ragazzo, per sicurezza, la voce un sussurro a malapena udibile. 

-Sì, saranno contenti di vederti- lo incoraggiò Alex, con un grande sorriso.

-Aspetta! Fammi almeno prendere qualcosa da mangiare dalle cucine! Non posso di certo presentarmi a mani vuote! Chissà quanta fame hanno. Dovrebbe essere avanzato un po’ di pane, aspetta qui- Leo cambiò strada e si avviò alle cucine, per prendere qualche avanzo che altrimenti sarebbe stato buttato, e cercarlo di sistemarlo al meglio per renderlo presentabile. Non era sua intenzione derubare il palazzo, ma i sette orfani ne avevano bisogno, e si meritavano un pasto decente, non come Lionel. Raggiunse Alex il più in fretta possibile, e i due ripresero la loro camminata verso il passaggio segreto. 

-Tu vieni con me?- chiese Leo, speranzoso.

-Meglio di no, non vorrei finire nei guai, posso coprirti meglio se resto qui a fare la guardia. Mi raccomando, non farti trovare da nessuno, è un passaggio segreto e susciterai molte domande se dovessero scoprire che lo conosci- lo avvertì Alex, in tono serio.

-Tu come lo conosci?- chiese Leo, curioso. Sembrava un’informazione molto privata, e Alex era un cavaliere relativamente giovane in quel palazzo.

-Mi è stato rivelato come piago di fuga di emergenza- spiegò Alex, alzando le spalle -Meglio non parlare troppo, potrebbero sentirci- suggerì poi, guardandosi intorno.

-Tranquilla, siamo soli- la rassicurò Leo.

Purtroppo non rimasero soli a lungo.

Alex fu la prima a rendersi conto che qualcuno stava arrivando. Afferrò Leo per il polso e lo lanciò con poca grazie dietro la porta che conduceva ai sotterranei, sussurrandogli velocemente qualcosa all’orecchio: 

-Tra la seconda e la terza cella c’è una torcia, tirala e si aprirà il passaggio- prima di chiudersi la porta alle spalle.

Leo rimase per un attimo completamente immobile dietro la porta, e sentì dei passi approcciare la sua direzione.

-Alex, che ci fai qui?- sentì l’inconfondibile voce di Lionel.

Uffa, ancora lui?! Ma che è, aveva un GPS che gli diceva sempre dove trovare Leo?!

-Sto facendo la ronda dei corridoi per sicurezza. Tu invece? Non sei a riposo?- chiese Alex, con la sua voce maschile e fredda. Leo non era più abituato a sentirla parlare così.

-Tsk, no. Per colpa di una stupida novellina sono sotto esame e il principe mi ha incaricato di fare la guardia di notte. Stavo giusto andando nei sotterranei, puoi spostarti?- spiegò Lionel, molto irritato.

Oh, quindi era stato punito? Bravo Daryan! Sarebbe stato meglio affidarlo alle stalle, ma alla fine era giusto che i cavalli non venissero puniti a loro volta.

Un momento… Lionel stava per andare lì!?

-Cosa è successo? Vuoi parlarne?- Alex cercò di prendere tempo e dare a Leo il tempo di fuggire, e il cuoco non se lo fece ripetere due volte. Il sacrificio della donna non sarebbe stato vano.

Infatti Lionel iniziò a raccontare con dovizia di dettagli la propria versione di quanto successo con Leo, ma il cuoco non sentì molto, e si affrettò a scendere in fretta e silenziosamente le scale dei sotterranei, con il cuore che batteva a mille e l’ansia alle stelle. Raggiunse la torcia che sperava fosse quella giusta con il cuore in gola, la tirò con poca grazie, e per fortuna il passaggio segreto si aprì. Leo sperò non fosse un altro passaggio segreto, ma quanti potevano essercene, giusto?

Entrò in tutta fretta, chiuse la porta alle spalle, e iniziò a correre nel corridoio sperando di mettere abbastanza distanza tra lui e Lionel il più in fretta possibile.

Troppo preso nella corsa, con gli occhi ancora gonfi di pianto, e la tensione del momento, non si rese conto che il corridoio rischiarato da alcune torce molto sporadiche non era vuoto, e se ne accorse solo quando andò a sbattere contro la figura che camminava lentamente poco avanti a lui, facendola cadere a terra, e cadendo a sua volta.

-Ahhhh!- gridò la voce sorpresa.

-Per tutti gli dei mi dispiace tanto!- esclamò Leo, terrorizzato.

Poi l’informazione che era stato beccato gli raggiunse il cervello, e urlò a sua volta: -Ahhhh, chi sei?!-

Proprio mentre la figura faceva lo stesso.

-Chi sei tu?!- 

Si zittirono, e si guardarono appena.

Leo si accorse che la persona contro cui era appena andato a sbattere era una ragazza bassina, vestita con abiti umili, e abbracciava un cestino da picnic come se fosse il tesoro più prezioso che aveva. I suoi capelli erano biondi come il granturco e tenuti indietro in una coda, i suoi occhi marroni squadravano Leo con sospetto, e il suo fisico era piuttosto magro e sciupato.

Ma non c’erano dubbi.

Leo conosceva benissimo quella persona.

E non riusciva a credere di averla finalmente rivista in una circostanza del genere.

-Principessa Opal?!- 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Perdonate il ritardo, sono state settimane piuttosto pesanti, tra la tesi, il Natale, e problemi familiari piuttosto brutti, ma la scrittura è la mia terapia, quindi ho cercato comunque di scrivere un po’. 

Questo capitolo è un po’ di passaggio, compare un po’ troppo Lionel, ma Leo e Daryan hanno anche un’interessante discussione e… Daryan sembra avere parecchi problemi :(

Però Leo ha fatto immediatamente amicizia con Dotty, e ha un piano per salvare tante persone :D

E… è stato appena beccato in un luogo segreto dalla principessa Opal :0

Insomma, una montagna russa di emozioni. Spero che il capitolo vi sia piaciuto, cercherò di far arrivare il prossimo più in fretta, ma devo aggiornare anche altre storie quindi chissà. Ma dal 7 Febbraio, forse anche prima, sarò molto più libera dato che avrò finito la tesi e dopo la laurea avrò mesi di libertà prima di cominciare la magistrale, quindi insomma… tanti progetti, ahah.

Spero abbiate passato buone vacanze natalizie, un bacione e alla prossima :-*

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Non sono un salvatore, ma faccio del mio meglio, giuro! ***


Non sono un salvatore, ma faccio del mio meglio, giuro!

 

-Principessa Opal?!- 

Leo era sconvolto. 

Che diamine ci faceva Opal lì?! 

Era pericoloso!

Erano in piena guerra.

E lei indossava una coda bassa.

Tutti sapevano che le code basse erano la caratteristica principale dei personaggi femminili che morivano negli anime.

Il panico doveva rendere Leo piuttosto inquietante, nell’ombra di quel passaggio segreto, perché Opal sembrò decisamente preoccupata, e fece un passo indietro.

-Come sai chi sono?! Chi sei tu?! Non ti ho mai visto prima a palazzo!- iniziò a fargli domande, sospettosa, stringendo con forza il cestino da picnic.

-Sei sciupata! Ma mangi abbastanza?! Capisco che c’è carenza di cibo ma tra te e tuo fratello mi farete morire di crepacuore. Spero che almeno i vostri genitori mangino abbastanza- il cervello di Leo era completamente in pappa, e non riusciva più a ragionare lucidamente.

Si aspettava inconsciamente che Daryan potesse essere sciupato perché aveva sempre avuto qualche problema con il cibo, ma Opal no! 

Opal non poteva essere dimagrita così tanto! 

Non sembrava affatto sana!

E a sentirsi parlare così, la principessa si ritirò su se stessa, coprendosi inconsciamente con il cestino.

-Chi ti credi di essere per giudicare le mie abitudine alimentari?! Se non ti condanno a morte sarai fortunata!- iniziò a minacciare Leo.

Era un ruolo così lontano da lei, minacciare qualcuno, che Leo non riuscì a prenderla sul serio. Era Opal, non gli avrebbe mai fatto del male.

…anche se non si ricordava di lui.

E la cosa faceva piuttosto male.

-Io non giudico nessuno, ma in qualità di nuova cuoca mi preoccupo del benessere della mia principessa. Lei è la gemma del regno, e in questi tempi difficili è importante per il popolo vedere che la gemma del regno è in salute e mangia abbastanza!- Leo spiegò il suo punto di vista, anche se sarebbe stato meglio per il popolo non vedere la principessa, dato che era decisamente più al sicuro al castello, almeno per il momento.

E per circa una settimana.

-Nuova cuoca? Da quando abbiamo una nuova… chi ti ha assunto?- Opal sembrava decisamente sconvolta dall’identità di Leo. 

-Il principe Daryan! Questo è il mio primo giorno- spiegò Leo, indicandosi con orgoglio. 

-Non parti bene, considerando che sei in un passaggio segretissimo in piena notte!- Opal incrociò le braccia e lo squadrò con sospetto ancora maggiore.

Solo in quel momento Leo superò lo shock di aver rivisto Opal dopo sette mesi, e si rese finalmente conto di essere completamente fregato.

Non si sarebbe dovuto far vedere da anima viva.

E la principessa era decisamente l’ultima persona che avrebbe dovuto vederlo, seconda forse solo al principe.

-Non mi crederebbe se le dicessi che l’ho seguita per preoccupazione?- chiese Leo, cercando di trovarsi un alibi decente, ma per niente abituato a mentire a Opal. A tutti gli altri, con facilità, ma Opal… non poteva mentire a Opal! Almeno non troppo. Era più forte di lui.

-Non con questo tono… sei una spia?- lo accusò la principessa, puntando un dito ammonitore verso di lui.

Quelle parole, da parte di Opal, lo ferirono più di quanto si sarebbe aspettato.

Opal era sempre stata l’unica che si era fidata di lui da subito.

Vederla sospettosa nei suoi confronti era completamente sbagliato.

-Non sono una spia! Stavo solo…- portando una copia del sigillo reale a dei bambini di Valkrest per creare una copia migliore da usare per spedire false lettere al fronte… sì, sembrava decisamente una spia, visto quello che doveva fare.

Ma era una spia buona!

-Stavi solo…?- la principessa lo incoraggiò a parlare, facendo un altro passo indietro e scuotendo la testa, per niente convinta.

Leo decise di optare per una mezza verità.

Sospirò, sconsolato.

-…volevo andare a trovare i miei fratelli- ammise infine, a testa bassa.

-I tuoi fratelli?- chiese Opal, per niente convinta.

-Gideon, Riley, Clay, Daisy, Yara, Jack e Walt. Sono i miei fratelli più piccoli, e sono in città. So che non li vedo solo da un giorno, ma siamo arrivati qui ieri dopo una battaglia piuttosto difficile e volevo solo assicurarmi che stessero bene. Una persona a me fidata mi ha detto dove si trovava questo passaggio segreto per la città e ho pensato di approfittare della notte per fare un salto, salutarli, e tornare in tempo per lavorare. Non voglio perdere del tempo prezioso per questo, non voglio essere licenziata- le bugie funzionano sempre molto meglio se sono abbellite da una buona dose di verità. 

Opal valutò attentamente la sua risposta.

-Se ti mancano così tanto, perché non lavori direttamente al rifugio? Perché cercare un incarico a palazzo?- chiese, scuotendo la testa.

Era sveglia.

Leo aveva imparato presto a non sottovalutare quel visino angelico, perché nascondeva una intelligenza forse anche maggiore del fratello.

Per un attimo, Leo valutò di dirle la verità.

Era Opal, la sua principessa! Non poteva non credergli.

Ma aveva troppa paura di fare un casino irrisolvibile nel dire tutto a lei.

Alex, dopotutto, era stata un miracolo. 

Non poteva tentare troppo la sorte.

-Voglio rendermi utile, e mi sento molto più utile qui a palazzo. Ho un debito enorme verso i cavalieri e la famiglia reale. Mi dispiace tantissimo se sto dando una brutta impressione, ma giuro su mia sorella minore che non ho alcuna cattiva intenzione!- Leo fece un inchino profondo, e Opal sollevò un sopracciglio. 

Ci furono alcuni secondi di silenzio.

Leo sperò che il suo sudore dato dall’ansia non stesse contribuendo a sciogliere più in fretta il timbro, ma sembrava reggere.

Alla fine, Opal sospirò, e annuì appena.

-Se tu non dici niente a nessuno, io non dico niente a nessuno- trovò un accordo, e sollevò una mano verso Leo, che gliela strinse, non credendo alla propria fortuna.

-In effetti, principessa, cosa ci fa qui?- osò chiedere, preoccupato.

Opal arrossì appena, e gli diede le spalle, continuando per il corridoio lievemente illuminato.

-Niente che ti riguardi, cuoca- fece la vaga, e Leo decise di non insistere, dato che non aveva alcun diritto di farsi i fatti suoi, e indagare l’avrebbe reso maggiormente sospetto.

E già era un miracolo se una volta tornato al castello non lo impiccassero per direttissima.

…Leo doveva iniziare a stare un po’ più attento, perché avere ancora cinque vite non significava che buttarsi nella morte in piena guerra fosse una buona idea.

Doveva usarle con saggezza.

E possibilmente non subito.

E comunque… non serviva un genio per capire che Opal stava andando ad offrire il proprio cibo alla città vicina.

Fecero i successivi metri nel silenzio più totale.

Leo non era affatto abituato al silenzio, quando si trattava di Opal, e dovette mordersi letteralmente la lingua per evitare di cominciare a chiacchierare del più e del meno, principalmente di cibo, con la sua principessa preferita come se niente fosse.

In quel momento era Leah, era una cuoca, era sospetta, e nessuno si ricordava di lui.

-Dove hai imparato ad inchinarti?- chiese Opal a sorpresa, dopo parecchi minuti. Così a sorpresa che Leo letteralmente sobbalzò, non aspettandosi minimamente di essere interrogato.

Soprattutto perché… non aveva la minima idea di come rispondere.

-Non è che ricordi i dettagli, altezza. Mi sono state date lezioni alla corte di una famiglia nobile di Jediah, tempo fa- Leo si mantenne sul vago.

-Che corte?- indagò Opal, squadrandolo dall’altro in basso.

-Preferirei non rivelarlo, altezza. Non voglio far fare brutta figura al loro precettore. La mia incapacità è colpa mia, non di quell’uomo- Leo mise le mani avanti. Era migliorato grazie alle lezioni di Persian, ma era sempre stato pessimo con gli inchini. E non si allenava da sette mesi, quindi aveva anche perso parecchio lo smalto.

Sicuramente era per quello che tutti lo guardavano sempre un po’ strano quando si inchinava. 

-In realtà non è così male, ma è molto… peculiare- osservò Opal, preoccupando Leo, e non fornendo ulteriori dettagli.

E non indagando maggiormente sulla corte dove Leo aveva lavorato, grazie agli dei.

-Sei mai stata a Valkrest?- chiese Opal dopo qualche altro metro.

Leo fu in procinto di affermare con sicurezza che mai si era avvicinato a Valkrest, ma chiuse la bocca subito dopo averla aperta.

Lui era stato a Valkrest, per circa due giorni. Esperienza da dimenticare. Anche se gli aveva fatto ottenere un’utilissima benedizione.

Avrebbe potuto mentire, ma aveva deciso che lo avrebbe fatto il meno possibile, soprattutto con Opal.

-Una volta, non una visita di piacere. Avevano rapito la mia migliore amica e sono andata in una missione suicida per provare a salvarla- spiegò Leo, con sicurezza. Voleva essere onesto. Almeno per quanto poteva.

Opal però non sembrava affatto credere a quella verità.

-Chi aveva rapito la tua migliore amica?- chiese, con un sopracciglio inarcato.

-I ribelli, penso? È stato molto prima della guerra. So solo che a Valkrest ci sono bambini trattati come schiavi e questa cosa è odiosa! Quando vinceremo la guerra gliela faremo vedere!- Leo si infiammò, determinato. Se ripensava alle condizioni in cui aveva trovato i sette bambini la prima volta gli montava una rabbia infinita, e sebbene i ribelli e la corte di Valkrest non avessero una grande correlazione, almeno per quanto ne sapeva Leo, che sa sempre molto poco, non riusciva a non associare le due cose tra di loro, soprattutto considerando che Gideon era finito nel mezzo della guerra, e quel criminale di Brandon era sia parte dei ribelli che cavaliere alla corte di Victor, anche se Leo aveva l’impressione che non fosse grande fan di quest’ultimo. 

Ma Valkrest era Valkrest, e al momento erano il nemico.

-Oh, in che modo gliela faresti vedere?- Opal aveva un tono di voce freddo e calcolatore.

Il destino di Leo dipendeva da quello che avrebbe detto come risposta a quella domanda.

E Leo… non ne aveva idea.

Non ci aveva proprio pensato.

Lui voleva salvare la gente, non punire i responsabili.

Si prese il mento, pensieroso.

-Francamente non me ne intendo abbastanza di politica per trovare una punizione decente, ma personalmente, il principe Victor non assaggerà mai un mio piatto, poco ma sicuro- Leo mise in gioco la punizione più terribile che potesse escogitare.

Opal accennò un sorrisino soddisfatto.

-Solo il principe Victor?- chiese, curiosa.

-Beh, lui e i consiglieri che lo hanno aiutato a dichiarare guerra, tutti coloro che hanno ferito e ucciso senza rimorsi ed empatia, e… basta. Il popolo alla fine non ha colpe, e neanche molti soldati che combattono solo per difendersi e difendere tale popolo. Le guerre sono scontri tra ricchi dove muoiono i poveri. Non hanno il minimo senso- Leo ammise tutti i suoi pensieri non solo su quella guerra, ma sulle guerre in generale, senza minimamente pensare alla sua interlocutrice, ma parlando ad Opal come aveva sempre fatto, fregandosene delle etichette, delle parole, e di come potessero essere interpretate.

Si rese conto che qualcosa non andava quando notò che a camminare era rimasto solo lui.

Si girò e vide Opal ferma sul posto, con sguardo basso, che fissava il cesto da picnic che aveva tra le mani.

Leo ricapitolò mentalmente ciò che aveva detto fino a quel momento, e poi si diede mentalmente anche una manata sulla fronte, perché era un discorso che poteva essere decisamente frainteso dalla ricca principessa che era con lui.

-Non mi stavo riferendo…- iniziò a mettere in chiaro, ma la principessa lo interruppe.

-Allora perché vuoi cucinare per noi?- chiese, con voce triste -Siamo tra i ricchi responsabili di questa guerra-

-Assolutamente no! Non siete i responsabili! Anzi, siete delle vittime che cercano solo di difendere il popolo- Leo fu velocissimo ad obiettare.

-E tu perché nei sei così convinta? Lealtà? Stupidità? Tu non sai niente dei dietro le quinte di questa guerra!- Opal ricambiò l’obiezione, ma Leo non si sarebbe fatto mettere da parte così facilmente.

Conosceva quella corte, soprattutto Opal, e non aveva dubbi che avessero cercato di fare la cosa giusta.

Senza contare che, se anche avesse avuto qualche dubbio, sarebbe stato messo a tacere dalla lettura della Storia.

Leo sapeva perfettamente che il maggiore responsabile della guerra era esclusivamente il principe Victor, che la programmava da anni per motivi sconosciuti, e che aveva manipolato mezzo mondo, tra cui la famiglia reale di Jediah, per provare a renderli i colpevoli.

Certo… non poteva dirlo a Opal, perché doveva recitare il ruolo di una normale cuoca che non sapeva assolutamente nulla.

Ma comunque…

-Beh, la mia principessa sta uscendo fuori di nascosto per dare del cibo ai suoi sudditi. Il mio principe non dorme e non mangia perché sta cercando di risolvere le cose il più in fretta possibile. Non sarò un genio, ma ci vedo, e ho visto sia fuori che dentro le mura del palazzo l’impegno della vostra famiglia. E sono certa che anche i vostri genitori stanno facendo il possibile per noi- Leo sapeva che erano in missione diplomatica a Lumai per ottenere aiuti nella guerra, anche se non avrebbero avuto successo -Per questo ho giurato che farò il possibile anche io per ottenere un lieto fine per tutti- Leo scoprì qualche carta, facendo un salto della fede. Avrebbe voluto recitare il ruolo di una persona completamente ignara di tutto, ma con la principessa non sarebbe riuscito, lo sapeva. Pertanto cercò di apparire affidabile e soprattutto leale.

-Un giuramento… molto impegnativo- Opal aveva un tono di voce indefinibile, e l’espressione era illeggibile con quella luce.

-Sì, beh… l’ho detto che ho tendenze autodistruttive- Leo cercò di stemperare la tensione con una battutina. 

-Alla fine l’hai salvata la tua migliore amica?- chiese Opal con un sorrisino, accettando il cambio di argomento.

-…più o meno. È stata più lei a salvare me, e un cavaliere ha poi salvato entrambe. Non sono esattamente la persona migliore da appuntare come salvatrice- ammise Leo, alzando le spalle.

In effetti era davvero pessimo, come dimostrava il fatto che doveva chiedere a dei bambini un modo per clonare un timbro preso per miracolo.

-Qualcosa mi dice però che mio fratello ha fatto bene ad assumerti almeno come cuoca- Opal lo squadrò con attenzione. 

-Spero che un giorno avrò occasione di prepararle i miei dolci migliori, principessa- Leo le sorrise incoraggiante e speranzoso.

Avrebbe salvato la vita di Opal, così come del resto della corte, e tante altre persone. E poi avrebbero festeggiato con una torta arcobaleno, tantissime crepes e i suoi famosi biscotti.

Per un attimo Opal sembrò illuminarsi alla prospettiva, ma si incupì quasi immediatamente.

Camminando erano arrivati alla fine del tunnel.

-…penso sia arrivato il momento di separarci- affermò la principessa, superandolo e uscendo per prima.

Leo avrebbe voluto continuare a parlare, ma aveva una missione da compiere, e la vita di molte persone dipendeva da tale missione, non aveva affatto tempo da perdere. Pertanto uscì fuori a sua volta, tirò fuori lo stampo che iniziava a sciogliersi, e fece una copia approfittando di essere rimasto solo. Si avviò poi verso il rifugio dove aveva lasciato i sette bambini.

 

Leo era stato accolto dai bambini come una specie di eroe.

Nonostante il tempo difficile, il rifugio dove erano stati collocati era quasi un’abitazione di lusso, quantomeno comparata a ciò che i ragazzi avevano vissuto quando erano sfruttati come schiavi e poi soldati. 

Avevano un nuovo cambio d’abito, cibo sufficiente a sfamare tutti, e addirittura dei giochi e degli attrezzi per passare il tempo.

…e per scolpire timbri.

Leo iniziava a pensare che quei sette ragazzini fossero mille volte più competenti di lui.

Non era un pensiero particolarmente confortante.

Una volta giunto al rifugio, dopo aver salutato tutti e aver dato loro del cibo, Leo aveva buttato l’idea di come creare un timbro dal modello da lui scolpito, e neanche il tempo di finire la domanda, che Daisy gli aveva preso dalle mani la nuova copia di ghiaccio, e aveva esclamato che ci avrebbe pensato lei perché era bravissima nei lavori manuali.

Riley si era offerta di trovare la ceralacca giusta e la carta, Yara di spedire le lettere, Jack aveva fatto numerose domande su come fossero tali lettere in modo da essere certi di fare ottime copie, e Walt… non aveva fatto niente di ché, ma al momento stava intrattenendo Leo con dei giochi mentre Daisy scolpiva.

Gli unici che non erano intervenuti nella faccenda erano stati Gideon, in quanto non presente nella stanza, e Clay, che si limitava a fissare Leo a braccia incrociate, non fidandosi ancora del tutto di lui.

-Smetti di fare il muso e passami quello scalpello- lo interpellò ad un certo punto Riley, che stava assistendo Daisy nella scultura.

-Perché dovrei? Non aveva forse promesso che non ci avrebbe fatti lavorare? A me questo sembra un lavoro, non diverso da ciò che facevamo a Valkrest. Ma almeno Brandon era sincero! E lì c’erano le pietre fenice d’inverno!- Clay parlò per la prima volta, e gettò nella stanza una metaforica bomba.

L’accusa non del tutto velata colpì Leo dritto al cuore, facendogli venire quasi la nausea.

Li stava forse sfruttando?

Non era sua intenzione!

Leo non perse la calma, e continuò a giocare con Walt mentre si rivolgeva a Clay.

-Cosa ti fa sentire così?- chiese, validando i suoi sentimenti, con l’intenzione di provare a rassicurarlo sulle sue buone intenzioni o cambiare il proprio atteggiamento se l’avesse trovato effettivamente sbagliato.

-Me lo chiedi anche?! Arrivi con una storia assurda dicendo che vuoi cambiare la Storia, e ci rapisci con la scusa che non vuoi farci lavorare per poi farci lavorare comunque per la tua causa che serve solo a favorire le persone a cui tieni tu e il regno a cui tieni tu! Cosa ti rende diverso da Brandon?!- Clay alzò la voce.

Aveva davvero un’opinione molto decisa sulla questione. 

Leo aprì la bocca per spiegarsi, ma fu interrotto prima che potesse proferire parola.

-Clay! Non dire così! Leo è gentile e ci ha dato tante cose buone da mangiare!- lo difese Jack, avvicinandosi al cuoco con fare protettivo.

-Anche Brandon ci dava da mangiare quando eravamo bravi e facevamo quello che voleva- Clay insistette sul suo punto.

-E ci colpiva quando non lo facevamo- obiettò Riley.

Leo sentì un brivido al pensiero di quel tronco di Brandon che colpiva quei ragazzini. 

Purtroppo non riuscì a commentare nulla, perché Clay continuò con le sue idee, testardo.

-Leo potrebbe consegnarci ai cavalieri se non facciamo quello che vuole. E sarebbe una condanna a morte-

-Leo non lo farebbe. Lo ha giurato sui sette dei- Daisy non smise un secondo di lavorare, ma si introdusse nella conversazione.

-Non mi fido di questo giuramento! È stupido! Se gli dei avessero il potere di fare del male a chi infrange le promesse, avrebbero fatto subito finire questa guerra. Le guerre sono vietate dagli dei. Quindi perché continuano? Non mi fido degli dei, né di questo benedetto dagli dei. Soprattutto se ci sfrutta- ma Clay sapeva come ribattere. Era molto sveglio, si vedeva.

-Smettila, Clay! Leo è una brava persona!- Yara, che fino a quel momento non era intervenuta e si era limitata a fissare fuori dalla finestra, forse cercando segni di Gideon, si girò verso di lui per dire la sua. Il suo tono però era incerto.

Clay stava iniziando a convincere gli altri delle sue idee.

-Non esistono brave persone, Yara!- affermò infatti, lanciando a Leo un’occhiata piena di odio.

Tutti quanti lo guardarono, aspettandosi che ribattesse, dato che non si era ancora difeso personalmente da quelle accuse. Persino Daisy, che era ancora impegnata nel lavoro, smise per un attimo per lanciare un’occhiata verso Leo.

E Leo… non sapeva che dire.

Perché Clay non aveva tutti i torti.

Tutto ciò che aveva detto aveva un fondo di verità.

Aveva chiesto loro dei favori.

Avrebbe potuto consegnarli ai cavalieri e rovinare la loro vita.

Le promesse sugli dei… era possibile che non fossero così importanti come venivano vendute.

Erano in piena guerra.

E i bambini… erano su un filo sottile, retti solo dalla buona parola di Leo e dal supporto di Alex. Leo stesso era retto solo dal supporto di Alex, e iniziava a rendersi sempre più conto di quanto fosse precaria la sua situazione.

Aveva avuto fortuna, l’aveva sempre avuta per ogni cosa successa in quel mondo, ma prima o poi la fortuna si sarebbe esaurita.

E per quei bambini… loro non avevano mai avuto tale fortuna.

Avevano vissuto un inferno che Leo non riusciva neanche ad immaginare.

E non aveva idea di come rassicurarli.

-Clay… hai ragione- alla fine Leo sospirò, e ammise la realtà dei fatti.

Le parole risuonarono nell’aria con grande pesantezza, e Riley distolse lo sguardo, adocchiando la porta come se fosse pronta a scappare.

Daisy ritornò a scolpire con più velocità.

Yara balzò in piedi.

Walt si rigirò il gioco tra le mani, e Jack si allontanò appena da Leo.

Evidentemente i dubbi non erano solo di Clay, Clay era solo coraggioso abbastanza da esternarli e rischiare una punizione.

Tutti loro erano sull’attenti, e forse la loro difesa a Leo era più un modo di tenerselo buono che una vera e propria fiducia nei suoi confronti.

Leo continuò.

-Hai ragione a non fidarti. So perfettamente di non essere la persona più affidabile del mondo, e non vi ricordate neanche di me. Non posso fare altro che darvi la mia parola, e aspettare che il tempo dimostri che sono sincero. Ma sono umano, e sbaglio, e non sono bravo con sotterfugi e piani, per questo ho chiesto il vostro aiuto nella mia missione. Ma mai, neanche per un secondo ho preteso che mi deste aiuto, e se vi siete sentiti in dovere, vi prego di smettere di aiutarmi. Troverò un’altra strada- Leo mise le cose in chiaro, e si rivolse in particolar modo a Daisy, in tono rassicurante.

-Non mi sento obbligata. Mi piace scolpire- Daisy continuò il lavoro, anche se rallentò appena, tranquillizzata dal discorso del cuoco.

Ma per lui non era ancora abbastanza.

Doveva fare di più.

Quei bambini meritavano di più, soprattutto dopo quanto avevano subito.

-Vorrei poterti offrire della creta, o del legno per sperimentare, ma la verità è che io non ho molto da offrire- Leo sospirò, e iniziò a riflettere seriamente sulla cosa.

A conti fatti, lui aveva bisogno di loro più di quanto loro avevano bisogno di lui, anche se fin dall’inizio della missione Leo aveva pensato che avrebbe fatto tutto da solo.

Ma senza Alex, senza Gideon, senza i bambini, lui non sarebbe riuscito a fare niente.

Non sarebbe a palazzo.

Sarebbe stato catturato dalle guardie.

Non avrebbe alcuna idea di come spedire lettere false al fronte.

Si era dovuto persino far salvare da Daryan contro quell’idiota di Lionel!

Era proprio vero che era un salvatore pessimo, a malapena considerabile tale.

E aveva pure due benedizioni divine!

Che stava sfruttando malissimo!

Un suicidio inutile e un muro di ghiaccio erano gli unici contributi contro la guerra, con persone che morivano ogni giorno, il castello freddo e il morale a terra. Senza neanche cibo.

Non poteva neanche dare del cibo!

L’unica cosa che sapeva fare era cucinare, e non poteva fare neanche quello!

E le uniche persone a cui poteva chiedere aiuto erano una leale cavaliera che rischiava tantissimo a prendere le sue parti nelle macchinazioni che non aveva ben programmato, e un gruppo di bambini traumatizzati che sarebbero stati molto meglio senza di lui e senza la pressione che sicuramente sentivano addosso a causa di Leo.

Nessun altro si ricordava di lui.

Opal lo guardava con sospetto.

Le sue migliori amiche a malapena gli avevano rivolto la parola.

Daryan…

Non era il momento di pensare a Daryan.

Doveva pensare a come fosse meglio agire per tenere al sicuro i bambini, lontano dai suoi schemi.

Perché sicuramente il loro supporto e aiuto sarebbe stato utile se non fondamentale per la missione, ma l’ultima cosa che voleva era forzarli a fare ciò che non volevano e a stare dove non volessero stare.

Fece un profondo sospiro, e si rivolse a Clay.

-Clay… vuoi tornare da Brandon?- chiese, colto da un dubbio. Se avesse voluto tornare da quell’uomo, Leo si sarebbe trovato in una situazione davvero scomoda. Da un lato, dopotutto, voleva ascoltare i loro desideri. Ma dall’altro, non poteva affidare un bambino di otto anni alla mercé di un uomo orribile che lo aveva maltrattato forse per tutta la sua vita. Senza contare che sarebbe stato rischioso per la sua missione, che però passava in secondo piano rispetto alla felicità di bambini innocenti.

Clay sobbalzò vistosamente, e sgranò gli occhi, mostrando la sua paura.

-Mi stai minacciando?! Solo perché non mi fido di te?! Avevo ragione a…- iniziò a mettersi sulla difensiva, indicandolo con sguardo accusatorio.

Okay, un problema in meno. Clay odiava Brandon tanto quanto Leo. Almeno lo toglieva dalla posizione scomoda.

-Assolutamente no! Non era una minaccia, era una domanda. Mi rassicura sapere che non vuoi tornare da lui. Allora, dove vuoi andare? Vuoi andare a Nivern? In un’altra città? Dove ti senti più al sicuro? Non ho grandi mezzi, ma potrei provare ad organizzarmi. Il motivo per il quale vi tengo vicini è perché sono più tranquillo sul potervi proteggere, ma non sono un granché, e lo so, quindi se vi sentite sfruttati e volete andare da qualche altra parte, a me va bene- Leo si piegò appena in modo da essere sulla stessa altezza di Clay (non dovette piegarsi molto a dire il vero) e gli sorrise, aperto e incoraggiante.

Clay distolse lo sguardo.

-Vale per tutti voi, ovviamente. Se non vi sentite abbastanza al sicuro con me, o se vi sentite sfruttati, o infelici, non dovete avere timori a dirmelo. A me fa piacere stare in vostra compagnia, e il vostro aiuto nella mia missione di pace potrebbe sicuramente rivelarsi fondamentale, ma l’ultima cosa che voglio è obbligarvi a fare qualcosa che non volete, ve lo posso assicurare- disse a tutti quanti, guardandoli uno a uno.

-Io voglio restare qui!- si intromise Walt, abbracciando la gamba di Leo come a non farlo scappare.

-Anche io!- gli diede man forte Jack, facendo altrettanto all’altra gamba.

-Assolutamente! L’idea di salvare il mondo e far finire la guerra è fantastica! E odio Brandon!- Yara fu ancora più chiara nell’esprimere ciò che voleva.

-Noi facciamo quello che vogliamo, Leonardo. Siamo noi a decidere, non tu. Non sei il nostro papà- Riley affermò con sicurezza.

Leo si sentì rasserenato. 

-Ottimo, mi sembra più che giusto- Leo annuì.

Era vero che quei bambini erano in gamba.

Più di lui.

-Finito il timbro!- Daisy cambiò argomento e si alzò con un timbro di legno di ottima fattura, che mostrò a Leo con grande soddisfazione. Era una risposta velata che affermava che volesse restare anche lei ad aiutare Leo.

-Sul serio?! Ma sei fortissima! È…- Leo lo prese e lo osservò con attenzione, rimanendo completamente senza parole.

-Che c’è? Non è fatto abbastanza bene?- Daisy iniziò a preoccuparsi, e prese la copia fatta da Leo per compararle.

-È… perfetto! Hai un talento straordinario! Appena finisce la guerra devi assolutamente prendere qualche lezione professionale, hai una manualità spettacolare. Non oso immaginare che meravigliose sculture di cioccolato potresti realizzare!- Leo dimenticò completamente il clima teso che si era formato, e iniziò a inondare la bambina di complimenti, facendola sorridere entusiasta.

Riley lanciò un’occhiata a Clay, che osservava la scena a braccia incrociate, e che alla fine sospirò.

-Io ti tengo d’occhio- annunciò, per poi sedersi e prendere un vecchio libro che era stato messo a disposizione.

Leo sorrise tra sé, e la prese come una buona notizia.

Poi si rivolse a Jack.

-Posso fare una domanda?- chiese, sperando di non essere nuovamente accusato di sfruttamento per una sua semplice curiosità.

Clay gli lanciò un’occhiata, ma non disse niente.

-Sì, io so tante cose!- Jack si mise a disposizione, entusiasta.

-Cosa sono le pietre fenice? Clay prima ne ha parlato e ho sentito delle cuoche lamentarsene in cucina. Non ne avevo mai sentito parlare la prima volta che sono stato qui- aveva inavvertitamente origliato Mildred che ne parlava con Jane, ma non aveva la minima idea di cosa potessero essere, e chiedere a chiunque altro l’avrebbe reso sospetto o molto ignorante.

-Vuoi non avete le pietre fenice nel tuo mondo?- chiese Yara, spalancando comicamente la bocca.

Leo scosse la testa.

-Sono pietre di fuoco eterne!- affermò Jack con sicurezza.

-Pietre di fuoco eterne?- Leo era ancora più confuso.

-Sono pietre divine combustibili molto calde che non si consumano. Ne esistono poche centinaia al mondo, e sono tutte a Valkrest, che le noleggia ogni inverno nei luoghi più freddi, principalmente a Nivern, Jediah e Ombron. Costano molto e devono essere restituite alla fine della stagione, ogni volta. Si possono tenere spente o si possono accendere e mantengono il fuoco in eterno finché non viene spento con dell’acqua- Riley spiegò meglio.

-Wow! Utili!- ammise Leo, iniziando a capire la potenza vera di Valkrest -Ora capisco perché hanno dichiarato guerra d’inverno- borbottò, riflettendo sul freddo a palazzo. Sapeva che Valkrest si occupava di carbone. E sapeva che Fring invece controllava il legno. I maggiori materiali combustibili per fare calore nelle case e al castello erano controllati dai due regni in guerra contro Jediah. E ovviamente anche Nivern si era unita al conflitto per ottenere pietre fenice per il freddo regno. Se c’era una cosa che Leo ricordava dei suoi anni di scuola era che il freddo era un enorme nemico da non sottovalutare in guerra.

Chissà se c’era qualche materiale a Jediah che potesse sostituire i combustibili…

Mentre Leo rifletteva, i bambini continuavano a chiacchierare.

-Molto utili. I ribelli ne hanno parecchie, penso le abbiano rubate- affermava Yara.

-A loro non interessa niente degli dei- Jack scosse la testa, disapprovando completamente.

-E forse fanno bene- borbottò Clay.

-Smettila Clay!- si lamentò Walt.

Era ormai chiaro che tutti si erano schierati dalla parte di Leo contro Clay.

Clay tornò al suo libro, facendo il muso.

Leo decise di avvicinarsi a lui. Avrebbe voluto avere un buon rapporto con tutti quanti.

-Cosa leggi?- chiese, controllando la copertina.

-Non ti riguarda- Clay lo allontanò.

Leo si chiese se fosse il caso di insistere, ma fu interrotto dalla porta che si apriva, facendo rientrare l’ultimo bambino che mancava all’appello.

-Che fate ancora in piedi? È tardi, dovreste andare a dormire- esordì Gideon senza neanche controllare bene la stanza, togliendo il cappello e la sciarpa.

-Senti chi parla! Dove sei stato fino ad ora?- lo rimproverò Riley, incrociando le braccia.

-Stavo controllando delle cose per…- Gideon iniziò a rispondere saccente, ma si interruppe quando il suo sguardo si fermò su Leo.

-Leo!- esclamò, sorpreso, illuminandosi appena.

-Ciao Gideon! Sono venuto a trovarvi. Ho portato del pane, te ne hanno lasciato un po’- Leo lo accolse con un gran sorriso.

Gideon adocchiò il pane con una certa gola, ma poi scosse la testa.

-Per fortuna sei venuto. Ti volevo parlare- si avvicinò a Leo e lo prese per il polso per trascinarlo fuori. Era molto serio, e Leo iniziò a preoccuparsi che potesse essere successo qualcosa di grave che non volesse raccontare agli altri. 

Per ogni evenienza, il cuoco decise di rimettere il travestimento, dato che fuori da quella stanza doveva essere Leah. Era pur sempre ricercato in tutto il regno.

-Tutto bene, Gideon? È successo qualcosa?- chiese una volta chiusa la porta alle loro spalle.

-No, e non è bene spiare, Yara!- Gideon alzò appena la voce e lanciò un’occhiataccia alla porta.

Leo sentì dei passi allontanarsi, insieme ad un risolino.

Alzando gli occhi al cielo, Gideon si allontanò abbastanza, arrivando quasi all’esterno dell’edificio.

-Di che volevi parlarmi?- Leo lo incoraggiò a parlare, una volta appurato che fossero soli.

-Voglio lavorare anche io a palazzo!- esclamò Gideon, con convinzione.

Leo ci mise qualche secondo ad elaborare ciò che il ragazzino gli aveva appena detto.

-No…- rispose, ovvio.

-Perché no?!- Gideon incrociò le braccia, irritato dal rifiuto.

-Perché vuoi lavorare a palazzo?- Leo usò un approccio diverso, più compiacente, per cercare di comprendere cosa mai avesse fatto venire improvvisamente voglia al bambino di raggiungerlo in un luogo che di lì a una settimana, e questo Gideon lo sapeva, sarebbe stato oggetto di alcuni attacchi.

-Perché tu hai deciso di lavorare a palazzo e non al rifugio?- Gideon gli rigirò la domanda, e sembrava quasi dirlo con tono sarcastico, come a dire “lo voglio fare per il tuo stesso motivo, Leo, non è ovvio?”.

Leo però la prese più come un’accusa, del tipo “Perché sei andato al palazzo abbandonandoci?”, forse complice la discussione appena avuta con Clay, e si mise sulla difensiva.

-Io sarei anche rimasto al rifugio, ma devo necessariamente stare a palazzo per evitare gli attacchi e salvare quante più persone possibili- spiegò, ricordando a sé stesso la sua missione.

-Appunto! Voglio aiutarti!- insistette Gideon.

-Gideon… sono onorato, ma è meglio che tu resti qui con gli altri. È più sicuro. Vi ho già detto tutte le procedure da seguire per i due attacchi nel prossimo mese, che saranno ben affrontati e non avranno vittime civili. Neanche a palazzo ci saranno vittime, ma è comunque più sicuro restare in città- spiegò Leo. Era una delle poche cose che aveva organizzato bene: tenere i bambini il più sicuri possibile. 

-So che è sicuro qui, per questo voglio venire al castello e aiutare te! Vuoi far finire la guerra prima, e non puoi farlo da solo- Gideon iniziò a parlargli come se fosse Leo il bambino stupido che non stava capendo la situazione ovvia.

E chissà, forse era davvero così.

Ma a conti fatti il grande della situazione, almeno fisicamente, era davvero Leo.

E si era ripromesso proprio pochi minuti prima che non avrebbe continuato a sfruttare i bambini, non poteva fare l’incoerente!

-Apprezzo i tuoi tentativi di aiutarmi, Gideon, ma questa è la mia missione, e preferirei saperti al sicuro. Ho Alex con me, e ho tutto sotto…- Leo iniziò a rifiutare con calma la proposta di Gideon, cercando di mostrare una sicurezza che non possedeva affatto, ma il ragazzino lo interruppe, alzando appena i toni.

-Non ti fidi perché sono di Valkrest? È per questo che non mi vuoi al castello? Temi che possa fare da spia a Brandon?- la voce di Gideon era così ferita che sembrò ferire di riflesso anche Leo, che si irrigidì appena, toccato da quella supposizione.

Mise entrambi le mani sulle spalle di Gideon, e lo guardò dritto negli occhi.

-Io mi fido di te, Gideon- affermò, con sicurezza.

-Ma tu…- iniziò ad obiettare il ragazzino.

-Non mi hai risposto, perché di punto in bianco vuoi così tanto lavorare al castello? Pensavo di piacesse la prospettiva di stare qui con i tuoi amici. È successo qualcosa?- Leo lo interruppe e tornò al discorso principale. C’era qualcosa di strano nella richiesta repentina di Gideon.

Gideon distolse lo sguardo, e si scansò dalla presa di Leo.

-Non è successo niente! Ma questo è il mio mondo! E voglio far finire la guerra presto! Devo farlo, devo aiutarti!- strinse i pugni e parlò come se stesse ripetendo qualcosa che gli era stato inculcato a forza in testa.

Leo sospirò. Non avrebbe ricevuto risposte più soddisfacenti di quella.

Decise di fare un passo indietro.

-Senti, Gideon, se anche volessi, non ho il potere di farti assumere. Sei solo un ragazzino, e le leggi non permettono il lavoro minorile, grazie al cielo. È il mio primo giorno e mi sono quasi fatto licenziare due volte, quindi, ti prego… resta qui. Al castello ci penso io- cercò di farlo ragionare.

In effetti non era partito affatto bene a lavorare lì.

Forse avrebbe potuto evitare di dirlo a Gideon.

-Non sembri molto capace, se ti sei quasi fatto licenziare- borbottò infatti il ragazzino, non lasciandosi sfuggire neanche una parola.

-Lo so… lo so… ma non è il tuo compito far finire questa guerra. Il tuo compito è stare bene e al sicuro con i tuoi amici- Leo cercò di non indugiare troppo su quanto pessimo fosse come salvatore, e pensare più ad essere una persona decente che non avrebbe permesso ad un ragazzino di dodici anni di finire in pericolo.

-È invece devo farlo!- tale ragazzino però continuò ad insistere.

-Perché?!- ripetè Leo per l’ennesima volta, esasperato.

-Perché…- Gideon esitò. C’era chiaramente qualcosa che non stava dicendo, e una piccola parte di Leo iniziò a sussurrargli all’orecchio che forse era veramente in combutta con Valkrest e voleva ottenere informazioni.

La zittì subito.

Preferiva lasciare i dubbi e i complotti al resto del mondo. Leo doveva restare ottimista.

Scelta pericolosa, ma necessaria per la sua sanità mentale.

Si limitò ad aspettare che Gideon finisse, e dopo qualche attimo di esitazione, dove sembrava che stesse effettivamente per dare delle risposte, scosse con forza la testa e tornò ad ergere dei muri.

-Perché sì! Non ti devo dire perché faccio le cose! Non sei mio fratello o mio padre!- la sua voce era piena di rabbia, e Leo non comprese il perché di tanta veemenza.

Le parole però colpirono dritte nel segno.

Non si arrabbiò, Leo non si arrabbiava (quasi) mai, ma si rese conto ancora una volta della propria incompetenza.

Sospirò, e decise di chiudere la questione.

-Beh, se vuoi farti assumere vai a palazzo e chiedi, ma io non posso fare niente per aiutarti, mi dispiace- il tono uscì leggermente freddo, anche se non era sua intenzione, e diede le spalle a Gideon per tornare nella stanza dove i bambini erano stati messi.

Non voleva essere distante, ma si sentiva un vero fallimento, e l’ultima cosa che voleva era mostrare a Gideon che gli erano venute le lacrime agli occhi. Cosa poteva fare di sincero per aiutare tutti?! Perché era proprio lui a dover salvare il mondo? Santo cielo! Non riusciva neanche a trovare qualcosa di decente per fare felici dei bambini, come…

Un’idea improvvisa lo colpì come un fulmine.

-Leo… io…- e fu così colpito dal colpo di genio, che perse completamente il timido tentativo di Gideon di tornare sui suoi passi rispetto a ciò che aveva appena detto.

-Il ghiaccio eterno!- esclamò, zittendolo.

-C_cosa?- Gideon emise uno squittio sorpreso.

Leo si girò nuovamente verso di lui, rinfrancato dalla prospettiva di ciò che avrebbe potuto fare per ripagare Daisy dell’aiuto e incoraggiare il suo talento creativo. Prese Gideon per mano, e gli sorrise incoraggiante.

-Su, rientriamo, devi mangiare qualcosa, e mi è venuto in mente un regalo per tua sorella- affermò, e lo trascinò nuovamente all’interno, lasciandolo parecchio disorientato dal repentino cambio di atteggiamento.

-Daisy! Ho un’idea stupenda!- esordì Leo entrando e cogliendo i bambini di sorpresa.

-Che idea?- Daisy gli si avvicinò curiosa.

-Che ne dici di scolpire il ghiaccio?- chiese Leo, emozionato, mostrando la mano benedetta.

Daisy si illuminò, ma durò poco.

-Ma non si scioglie dopo un po’?- chiese, preoccupata.

-Posso creare del ghiaccio eterno, così potrai scolpire nel tempo che vuoi, e non dovrebbe neanche raffreddare troppo la stanza. Vuoi provare?- Leo si offrì, più emozionato di Daisy alla prospettiva.

Ma il suo entusiasmo la contagiò, e Daisy annuì, saltellando sul posto pronta ad ottenere il suo blocco di ghiaccio eterno personale da scolpire.

-Allora, come lo vuoi? Grande, medio, piccolo?- chiese Leo scaldando la mano pronto a creare il blocco di ghiaccio perfetto. (Sì, è un controsenso, ma dettagli).

-Medio! Non troppo grande ma con abbastanza materia per iniziare- Daisy era molto pratica.

C’erano tante cose che potevano andare storte.

Leo aveva un solo colpo ogni sette minuti, e dato che presto sarebbe dovuto tornare a castello aveva uno, massimo due colpi da poter fare prima di andarsene.

Non era riuscito a fare del ghiaccio eterno per il timbro, ci era solo arrivato vicino, e se non c’era riuscito per una cosa così importante, era difficile che ce l’avrebbe fatta per quello.

Non era neanche del tutto convinto che il ghiaccio sarebbe stato il materiale giusto per iniziare a scolpire, magari Daisy non ci sarebbe riuscita e avrebbe perso tutta la voglia di provare.

Insomma, c’erano tante cose che potevano andare male.

Ma Leo non ci pensò.

Nessuna di queste cose gli passò nella testa, troppa la felicità di aver trovato qualcosa di davvero utile da poter offrire a quei bambini che meritavano il meglio, e che lo stavano aiutando tantissimo.

Sollevò la mano, e si lasciò guidare dal cuore.

Creando un blocco spesso di ghiaccio completamente azzurro che sembrava il più solido che avesse mai generato.

I bambini lo fissarono davvero colpiti.

Daisy era gioiosa.

-Posso davvero scolpirlo? È davvero eterno?- chiese, iniziando a girarci intorno saltellando.

-Certo che puoi! È tuo… e anche voi, se avete qualche richiesta che posso fare… fatemelo sapere- si rivolse anche a tutti gli altri.

Forse avrebbe potuto portare dei libri a Clay, qualche gioco a Walt… non aveva molte opzioni dove recuperarli, ma poteva provare…

Aiutare gli altri era così rinfrancante.

Il suo sguardo si posò su Gideon, e finalmente si rese conto in parte del motivo che lo stava spingendo a cercare in tutti i modi di aiutare Leo.

Una piccola riflessione iniziò a formarsi nella sua testa.

Purtroppo non si trattenne molto, e non affrontò più argomento guerra.

I bambini dovevano andare a dormire, quindi li mise a letto, diede loro il bacio della buonanotte, raccontò una fiaba a memoria, sbagliando quasi tutti i fatti salienti perché non era granché a raccontare storie, e infine tornò al castello, senza incontrare la principessa, ma certo che sarebbe stata al sicuro.

Per un po’, a meno che Leo non combinasse un enorme casino, sarebbe stata perfettamente salva.

Il castello un po’ meno, ma ci avrebbe lavorato.

E avrebbe lavorato anche sul cercare di usare ciò che aveva per migliorare il morale, e non solo salvare delle vite.

Un sorriso avrebbe potuto fare miracoli in quel clima.

 

Il giorno successivo Leo non fu mandato nell’ufficio di Daryan, e il cuoco cercò di non pensarci, e anzi si rinfrancò che non fosse stato catturato e sbattuto in prigione dopo l’incontro con la principessa.

Non si poteva sapere dopotutto, Opal poteva sempre aver mentito sul tenersi le cose per sé ed essere andata a spifferare tutto al fratello alla prima occasione.

Non l’avrebbe biasimata visto che Leo era super sospetto, ma sembrava essersela cavata.

Opal era decisamente la principessa migliore del mondo!

-Come va l’allenamento?- chiese Leo ad Alex, dopo aver distribuito il pranzo che si era offerto di preparare ai cavalieri.

Non ne riconobbe molti, il ché era un dato positivo, considerando che era in incognito e meno persone conosceva, meglio era.

Alex rimase vicino a lui mentre mangiava, lanciando occhiate attente ai dintorni.

-L’allenamento procede. Allora, come è andata ieri sera?- chiese, sottovoce, cercando di non dare a vedere che stesse cospirando.

-Tutto bene….- rispose Leo, ma non era per niente convinto, e Alex se ne accorse, lanciandogli un’occhiata obliqua -…posso farti una domanda?- chiese poi Leo.

-Qualcosa mi dice che non è andata così bene… ma certo- Alex si mise a disposizione. Leo si sentiva davvero fortunato ad avere lei dalla sua parte.

Sapeva di poterle confidare i suoi dubbi, e lei non l’avrebbe giudicato.

-Sì, beh… secondo te farsi aiutare è come sfruttare? Nel senso… se i bambini decidono di aiutarmi li sto sfruttando? Dovrei pensarci io, giusto? Insomma… non posso chiedere a dei bambini di…- Leo iniziò a spiegare i dubbi che gli erano venuti dolo aver parlato con Clay. Si era sempre considerato un tipo con una buona moralità, ma si poteva sempre migliorare, giusto?

-Da quando ti fai tanti problemi?- lo interruppe Alex, piuttosto confusa.

In effetti Leo era famoso per non riflettere, ma quella missione era troppo importante per prendere le cose alla leggera.

-È solo che non voglio fare casini- sospirò, sconsolato.

Alex gli mise una mano sulla spalla.

-Tranquillo, Leo, i casini li fai comunque, e quando li fai ci siamo noi ad aiutarti e a risolverli. Nessuno si aspetta che un cuoco di un altro mondo faccia finire la guerra. Tu stai solo offrendo il tuo input- Alex riuscì ad essere il giusto mix tra incoraggiante e… scoraggiante? 

In ogni caso… le sue parole erano davvero adeguate per rassicurare la mente di Leo, che però non era ancora completamente convinto.

-Ma i bambini…-

-Se vogliono aiutarli, non vedo perché non dovresti accettare il loro aiuto- insistette Alex, ovvia.

-Ma sono piccoli, magari…- provò nuovamente ad obiettare Leo, ma la cavaliera lo interruppe.

-Non sottovalutare la consapevolezza e la capacità decisionale dei bambini. Finché non li obblighi con la forza, non stai facendo niente di male- lo rassicurò, categorica.

Leo rimase in silenzio. Non era del tutto convinto, ma doveva ammettere che si sentiva un po’ meglio.

-Senti, Leo… le guerre sono un affare enorme. Terrificante, pericoloso e che coinvolge migliaia di persone. Tu sei solo una di quelle migliaia di persone, e come tutti gli altri stai facendo del tuo meglio, e tanto basta. Non è tutto sulle tue spalle, okay? Se hai bisogno di aiuto, chiedi. E se ti viene detto di no… è un problema di quelle persone, non tuo- Alex lo guardò dritto negli occhi, e lo rassicurò completamente sulle sue intenzioni, sollevando parecchio del peso che il cuoco sentiva addosso.

-Grazie Alex… è che ho rischiato di farmi licenziare e catturare il primo giorno, quindi non mi sento molto il ruolo di salvatore. Non sono neanche uno di quegli isekaizzati super bravi che sanno tutto e aiutano anche nelle altre cose. È tutto il giorno che cerco di pensare ad alternative per combustibili, ma non mi viene in mente niente! Ugh, dovevo stare più attento a chimica a scuola- Leo sospirò, e iniziò a straparlare.

Alex ridacchiò, prendendo la sua parlantina come un buon segno.

-Non ti preoccupare, sono certa che se ci fosse una soluzione l’avrebbero già trovata. E comunque non è un problema così grave…- si interruppe quando il senso delle parole di Leo le raggiunse completamente il cervello -…aspetta, in che senso ti sei quasi fatto catturare?! Stai parlando del principe, giusto?- si fece improvvisamente sospettosa.

Leo distolse lo sguardo, imbarazzato.

-Beh… non proprio?- ammise, in un sussurro.

-Leo!- esclamò sottovoce Alex, esasperata.

-La principessa mi ha beccato nel passaggio segreto… ma ehi, tutto risolto. Siamo già a pranzo e non mi ha detto nulla, quindi sicuramente non ci saranno conseguenze!- affermò Leo con estrema sicurezza e ottimismo, cercando di convincere Alex che tutto andasse bene.

-Leah! Hai finito con il pranzo? La principessa vorrebbe parlarti, in biblioteca- l’arrivo di Dotty con un richiamo urgente ruppe completamente le sue speranze come lui aveva rotto buona parte delle ceramiche antiche di sua nonna, quando era piccolo.

-È stato bello conoscerti. Mentirò alla corte fingendo di non averti mai visto prima- borbottò Alex, sacrale, dandogli qualche pacca sulla spalla.

-Molto divertente… arrivo subito, Dotty!- Leo prese un mano il piatto ormai vuoto di Alex, poi ci ripensò, e glielo restituì. La cavaliera gli lanciò un’occhiata confusa.

Leo si rivolse a Dotty, con sguardo innocente.

-Ehm… posso chiederti di recuperare i piatti? Non vorrei far attendere la principessa- fece un occhiolino ad Alex, che non capì. Avendo dimenticato Leo, aveva dimenticato anche la profonda amicizia che aveva instaurato con Dotty quando avevano legato grazie alla vicinanza con Leo, e non aveva ancora recuperato quella parte di ricordi.

Ma Leo voleva rimediare.

-Certo, vai pure…- Dotty gli sorrise, e si avvicinò ad Alex.

Leo sperò davvero che potesse nuovamente nascere una splendida amicizia.

…che lui non avrebbe visto perché era fregato.

Si avviò in biblioteca cercando di trovare qualche scusa che giustificasse le sue intenzioni, e si preparò anche un discorso per spiegare la verità nel caso si fosse trovato davanti una scorta armata pronto a catturarlo, sbatterlo in prigione, o ucciderlo seduta stante.

Forse avrebbe dovuto togliere il guanto per sicurezza e per preparare una fuga di ghiaccio?

No, avrebbe rischiato di fare del male a Opal, e non poteva permetterlo.

Entrò in biblioteca con l’aria di un condannato al patibolo.

-Buon pomeriggio, principessa Opal, in cosa posso servir…- iniziò a chiedere, con un inchino profondo, ma si interruppe quando notò chi era nella stanza con lei.

-E tu che ci fai qui?!- esclamò, così sorpreso da dimenticare completamente le buone maniere.

-Al piccolo Gideon manchi molto, e ha chiesto un incarico a palazzo per stare insieme alla sorellona. Ho pensato di fartelo sapere e metterlo sotto la tua guida. Ovviamente sarà un piccolo incarico come attendente e apprendista, in regola con le leggi di Noella- spiegò Opal, con un sorrisetto innocente, indicando il suo interlocutore, un soddisfatto Gideon che lanciò a Leo un’occhiata di superiorità.

Leo dette sfogo a tutto il suo autocontrollo per non replicare.

Doveva stare calmo, tranquillo… non poteva dire niente.

Alla fine Alex aveva ragione.

Gideon era capace di prendere decisioni.

Leo doveva solo stare attento che nel prenderle non si facesse male.

Ma poteva farsi aiutare.

Sorrise.

-Che bella notizia! Sicura che non crea problemi?- chiese a Opal, un po’ preoccupato ma cercando di non farlo vedere troppo.

Opal scosse la testa.

-È un piacere. Gideon è un ragazzo in gamba. Sarà un ottimo apprendista- affermò, sorridendo al bambino, che arrossì appena.

Eheh, nessuno resisteva al fascino e alla dolcezza di Opal!

-Beh… grazie mille principessa. Mi ha chiamato qui solo per questo?- chiese Leo, avvicinandosi al divano dove la ragazza era seduta.

-Volevo anche parlarti di una cosa… Gideon, puoi aspettarci fuori?- Opal fece cenno al bambino di uscire, e lui fu rapido ad obbedire, e molto professionale.

-Certamente, principessa Opal- Gideon fece un inchino davvero ottimo, e uscì dalla porta.

Una volta assicuratosi che fossero soli, ma con la certezza che Gideon avrebbe cercato di sentire da dietro la porta, Leo si rivolse alla principessa, rimanendo in piedi e dritto, pronto ad un’eventuale fuga improvvisa.

-Mi dica…-

-Non so qual è il tuo obiettivo, ma ti tengo d’occhio, Leah. Voglio fidarmi delle tue buone intenzioni, quindi ti concedo il beneficio del dubbio, e se sei davvero dalla nostra parte non hai nulla da temere. Ma se così non dovesse essere… so dove sono i tuoi fratelli- lo minacciò la principessa, cambiando completamente tono e atteggiamento.

Era… davvero innaturale.

Leo si ritrovò a fare un piccolo passo indietro, ma non si lasciò intimidire.

Alla fine di tutta quella situazione, Opal l’avrebbe ringraziato.

O comunque non l’avrebbe fatto uccidere.

Il ché sarebbe stato un ottimo risultato per Leo.

-Non ho nulla da temere, perché non ho cattive intenzioni, glielo giuro, principessa. Tutto il contrario, voglio solo aiutare- Leo rispose con sincerità, e inconsciamente portò una mano al ciondolo che Opal gli aveva regalato, che ogni tanto prendeva per ricordarsi del suo obiettivo primario: salvarla.

La principessa si alzò di scatto, e Leo sobbalzò.

-Cosa…?- iniziò a chiedere, ma le parole gli morirono in gola quando la principessa gli si avvicinò, e prese il ciondolo tra le mani, per guardarlo con attenzione.

-Dove l’hai preso questo?- chiese, in tono accusatore.

In effetti era sicuramente raro per una semplice cuoca avere una pietra così preziosa.

-Mi è stato regalato, nella precedente corte dove lavoravo! È un opale di fuoco, non un rubino! Non ha niente a che fare con Valkrest!- Leo si difese, alzando le mani in segno di resa.

-Lo so che è un opale di fuoco! Perché non l’hai venduto?- chiese Opal, molto sospettosa. Leo non l’aveva mai vista così.

E la sua domanda era logica. In tempi di guerra era naturale dare priorità a cibo e acqua, piuttosto che a pietre preziose inutili. 

Ma Leo non si sarebbe mai separato da quel ciondolo.

-Perché avrei dovuto venderlo? È un regalo di una persona che mi sta estremamente a cuore. Non me ne separerei mai, neanche per guadagnare qualche soldo. Ci tengo troppo- rispose Leo, protettivo, e osservando l’espressione di Opal per notare se ricordasse qualcosa.

Era un regalo pieno di significato, dopotutto.

-La stessa corte dove hai imparato ad inchinarti?- chiese Opal, scettica.

Leo annuì.

Opal lanciò un’ultima occhiata al ciondolo, poi lo lasciò andare, e diede le spalle a Leo, per tornare al divano.

-Puoi andare. Ti tengo d’occhio- lo congedò, con un gesto della mano.

Leo non se lo fece ripetere due volte, e quando finalmente si chiuse la porta alle spalle, fece un profondo respiro per scaricare la tensione.

-Ciao- Gideon lo accolse con un sorrisino.

-Come hai convinto la principessa a farti lavorare qui?- chiese Leo, guardandolo un po’ storto.

-Tu mi hai detto di andare a chiedere, io ho chiesto, e ho detto solo la verità- Gideon rispose alzando le spalle.

-La verità?- Leo inarcò un sopracciglio.

-…che mi manca la mia sorellona- il bambino iniziò a sbattere le ciglia con fare civettuolo, in una perfetta imitazione di un dolce bambino innocente. Era bravo a recitare, ma Leo non se la sarebbe bevuta.

-Oh, certo che ti manca… mi chiedo perché non sei con lei allora- osservò, con lo stesso tono civettuolo, riferendosi a Daisy.

Gideon gli fece una linguaccia, e Leo rispose a tono.

Iniziarono a camminare per il corridoio.

-La principessa è molto gentile… non credo che farebbe male agli altri- osservò Gideon, tornando serio e sorridendo appena al pensiero della ragazza.

Awww, che carino, la sua prima cotta infantile.

Ma Opal era decisamente troppo grande per lui.

Leo decise di non commentare.

-No, non lo farebbe. Non farebbe mai del male a degli innocenti- affermò con sicurezza, assicurandolo del buon cuore della ragazza.

-Ora che sono qui… accetterai il mio aiuto?- dopo qualche altro metro, Gideon si fermò, e si rivolse a Leo con grande serietà.

Leo si fermò a sua volta, ed esitò qualche secondo.

Poi sospirò, e annuì.

-Sì… ma devi stare attento, Gideon- si fece promettere.

-So i rischi, ci sono stato dentro, alla guerra. Farei di tutto per farla finire- Gideon mostrò ancora una volta la sua determinazione.

Ma non era rassicurante come credeva.

Sembrava più come se fosse disposto a sacrificarsi per gli altri. E Leo, il cui secondo nome era “Mi sacrifico sempre per gli altri”, conosceva troppo bene questo atteggiamento.

-Ma non metterti in pericolo. Segui i piani miei e di Alex, okay?- insistette.

Gideon annuì, anche se non sembrava molto convinto.

-Va bene- acconsentì.

-Okay, andiamo in cucina… ti hanno già detto che devi fare?- Leo ricominciò a camminare, Gideon lo tallonò, molto più allegro.

-Solo seguirti come un’ombra, e non tradire la corona, cosa che non ho intenzione di fare!- spiegò, soddisfatto per il nuovo lavoro.

-Lo so, Gideon… te l’ho detto, mi fido di te- Leo gli diede qualche pacca sulla spalla.

-Forse non dovresti considerando le nostre origini, ma… grazie. È strano quando si fidano di te- ammise il bambino, non trattenendo un sorriso soddisfatto.

Leo lo capiva. Era una bella sensazione quando gli veniva data fiducia, anche se mal riposta. Un po’ soffocante in alcuni casi, ma davvero piacevole. Come era avvenuto per Opal la prima volta, e in quel momento.

Chissà perché la principessa aveva deciso di fidarsi di lui.

Leo non aveva intenzione di deluderla.

-Su, vieni, ti presento al team. Ti adoreranno, soprattutto Anna- affrettò il passo, cercò di tornare rilassato, e si preparò a fare il suo lavoro con un piccolo ma determinato assistente.

Sarebbe andato tutto bene, ne era certo!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Allora… non è un bel capitolo.

Per qualche motivo non sono particolarmente ispirata per questa parte della storia, forse perché sto aspettando alcuni capitoli davvero fighi che arriveranno in futuro, forse perché non riesco ad essere troppo leggera quando descrivo comunque situazioni di guerra. Persino Leo inizia ad essere angsty… giuro che rimedierò già dal prossimo capitolo.

O almeno ci proverò.

Inoltre, c’è un motivo molto importante che mi ha portato ad aggiornare così tardi, oltre alla mancanza di ispirazione… MI SONO LAUREATA!!

E quindi capirete che ero abbastanza impegnata, eheh.

E ora che ho finito l’università ho tanti progetti in testa, nuove storie, comic, video… insomma, si apre un nuovo capitolo della mia vita.

Ma vita personale a parte, parliamo del capitolo.

Leo bonda con i bambini, con Opal, e riflette sulla sua situazione, decidendo alla fine che farsi aiutare è positivo per lui e per tutti. E che il modo migliore per aiutare gli altri è seguire il suo cuore, come ha fatto con Daisy.

Si prevedono piani assurdi, litigi con il principe, e… leggero angst, vi avverto.

Sappiate che mentre mi preparavo per la laurea e mi distraevo mi sono venute in mente idee per la Leoryan che… uhhh, romanticismo totale e lacrime.

Ma niente spoiler! 

Spero che il capitolo vi piaccia nonostante non sia dei migliori.

L’ho anche cambiato tre o quattro volte in corso d’opera perché non mi convinceva.

Spero che ora che sono più libera riuscirò ad aggiornare più in fretta con capitoli anche migliori.

Un bacione e alla prossima! :-*

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Non è rubare se intendi restituire il malloppo... prima o poi ***


Non è rubare se intendi restituire il malloppo…prima o poi

 

Erano passate due settimane da quando Leo era stato assunto a palazzo, e con Gideon al suo fianco a fargli da aiutante, le cose stavano andando splendidamente… per quanto splendidamente potessero andare le cose in piena guerra.

A palazzo non c’erano stati altri incidenti, ma anzi, Leo si era dimostrato un’impeccabile cuoca, e aveva stretto nuovamente amicizia con tutti, soprattutto le sue compagne di stanza. I primi due attacchi al palazzo avevano agitato le acque, ma si erano risolti perfettamente come raccontato nella Storia, senza nessuna vittima né ferito. Leo aveva qualche difficoltà a fingersi donna per troppo tempo, ma almeno aveva Gideon e Alex che lo chiamavano sempre con i pronomi giusti, quindi la disforia era minimizzata. Non aveva più visto Daryan se non di sfuggita, il ché sicuramente faceva bene all’umore.

Ma aveva passato parecchio tempo con la principessa, alla quale portava quasi sempre i pasti. E non si potevano considerare amici, ma c’era un tacito accordo di fiducia tra i due a causa di quanto accaduto la notte che si erano ritrovati entrambi ad uscire di nascosto, quindi le cose andavano bene anche in quel frangente.

Insomma… Leo iniziava a sentire di avere la situazione abbastanza sotto controllo.

Anche se il giorno successivo ci sarebbe stato il primo attacco serio a palazzo, ed era molto agitato, perché secondo la Storia ci sarebbero stati molti feriti, e Leo avrebbe voluto evitarlo il più possibile.

Pertanto stava approfittando di essere fuori a raccogliere funghi per piazzare qualche trappola per gli invasori, in modo che desistessero possibilmente dall’attacco, con l’obiettivo di fermare entrambe le coalizioni, almeno per quella battaglia.

Anche se sapeva che fosse solo un rimandare l’inevitabile.

Ma non aveva ancora idee di come fermare davvero la guerra, almeno non idee che non fossero andare a Valkrest e offrire una torta al principe Victor per convincerlo a ritirare le truppe.

…idea che poteva funzionare, ma era meglio non rischiare.

Ergo, le trappole.

Che però aveva incaricato Gideon di sistemare perché le poche che Leo aveva messo su erano uscite orribili… e in una ci era finito dentro per sbaglio, quindi era meglio lasciar fare ai professionisti… di dodici anni.

E lui raccoglieva funghi.

Ognuno aveva i suoi talenti.

-Sicuro che non sono velenosi?- chiese una voce che era diventata ormai estremamente conosciuta, comparendo alle spalle di Leo dopo aver portato a termine i suoi incarichi.

-Fidati, sono ottimi, soprattutto con la carne, o nella pasta… magari con aggiunta di tartufi- Leo iniziò a sognare ad occhi aperti una marea di ricette. Gli mancava il cibo buono. Ultimamente andava avanti a patate, pane e verdure. Cotte benissimo, ma la varietà era rara nei piatti. 

E di solito erano anche molto freddi, dato che i materiali combustibili iniziavano ad esaurirsi.

-Come fai ad esserne certo? Alla fine non sono gli stessi funghi del tuo mondo- commentò Gideon, guardando storto tutti i funghi che Leo aveva messo nel cestino.

-Saresti sorpreso dal numero di ingredienti simili che abbiamo in entrambi i mondi. E onestamente sono sorpreso anche io perché non dovrebbe essere possibile, ma ehi, non mi lamento. È conveniente!- Leo alzò le spalle. Aveva imparato presto a non farsi troppe domande.

Gideon però era più scettico e attento di lui.

-Se lo dici tu- il bambino storse il naso, ma non commentò oltre, e si avvicinò, zompettando energico accanto a Leo. Non si allontanava praticamente mai da lui, tranne durante la notte o se avevano delle mansioni particolari da svolgere separatamente.

-Come va con le trappole?- chiese Leo, per fare conversazione.

-Alla grande! È divertente!- sorrise Gideon, soddisfatto dal suo operato.

Leo gli sorrise con affetto, e gli scompigliò i capelli.

-Sei il migliore- si complimentò.

-Lo so- Gideon gonfiò il petto.

Forse lo stava un po’ viziando, ma se c’era qualcuno che meritava di essere viziato un po’, quello era Gideon.

-Allora, qual è il piano per domani?- a sorpresa, Leo lo interrogò, facendosi più serio.

Il sorriso di Gideon si spense, e si fece un po’ seccato.

-Appena suona l’allarme io corro al rifugio con le cuoche, mentre tu vai stupidamente a suicidarti fuori dalle mura perché non accetti aiuti esterni- rispose, facendo il muso.

-Gideon, ne abbiamo parlato un centinaio di volte. Non ti voglio in pericolo. Non è un attacco serio, ma è comunque pericoloso- Leo sospirò, e cercò lo sguardo del bambino per guardarlo negli occhi e trasmettergli tutta la sua serietà.

-Ma non entreranno neanche a palazzo! Perché non posso assisterti dall’ingresso, o dal tetto? Ho trovato un ottima postazione, sarò al sicuro e posso lanciare oggetti sui nemici- Gideon provò ad insistere.

Erano giorni che discutevano sulla questione.

-Ti ho già detto e ripetuto che sebbene sarà circoscritto al giardino, non possiamo sottovalutare la portata di questo attacco, e non se ne parla di lasciarti sul tetto dove rischi di cadere o di essere bersagliato da frecce- Leo ripeté qualcosa che aveva detto già centinaia di volte. Ma si sa, con i bambini è importante la ripetizione per insegnare concetti.

-Me la so cavare- tale bambino però sembrava annoiato, e sbuffò seccato dall’essere trattato come tale.

-Gideon, sono serio. Tu vai nel rifugio, fine del discorso- Leo non era bravo a farsi rispettare, ma quella era una faccenda troppo importante.

-Sì, va bene, va bene…- Gideon non guardò Leo negli occhi mentre acconsentiva.

Leo lo prese per le spalle, e lo costrinse a guardarlo in faccia.

-Gideon, promettimi che andrai dritto nel rifugio- si fece assicurare.

-Lo prometto- Gideon acconsentì, anche se si vedeva che non era affatto felice della cosa.

Leo si rassicurò.

-Bene, allora, a proposito dell’attacco, hai preso gli oggetti che ti ho detto, dalla casa sull’albero?- chiese Leo, parlando del secondo incarico che aveva affidato a Gideon.

-Sì, capo. Ho preso e nascosto tutti gli oggetti inutili che stanno nella casa sull’albero segreta della principessa- rispose Gideon, con una certa nota di sarcasmo.

-Non sono oggetti inutili, sono preziosi, e fragili, soprattutto- Leo difese la propria scelta.

-Fidati, Leonardo, le palle di vetro con la neve e gli utensili di legno sono tutt’altro che preziosi. Non potevamo rubare le gemme o i gioielli?- lo sfidò il bambino.

-Non stiamo rubando niente, Gideon. Abbiamo solo nascosto gli oggetti preziosi della principessa perché la casa sull’albero verrà quasi sicuramente distrutta nell’attacco. Li restituiremo quando si saranno calmate le acque- spiegò Leo, anche se sapeva che Gideon conosceva già tutte quelle informazioni, e lo stava solo provocando perché Leo non lo lasciava andare sul tetto a combattere.

-Appunto, restituiamo gli oggetti inutili e rubiamo quelli importanti, non se ne accorgerà nessuno- propose Gideon, con uno sguardo furbetto.

-Gideon…- Leo gli lanciò un’occhiata ammonitrice.

-Che c’è? In tempi di guerra tutto è concesso- insistette il suo interlocutore.

Leo non lo ammonì nemmeno, si limitò a fissarlo.

Gideon sostenne lo sguardo.

E fu il primo a distoglierlo.

-In effetti la principessa non lo merita… ma comunque non capisco perché mi ha chiesto di nascondere quegli oggetti in particolare- alla fine cedette, ma rimase scettico.

-Te l’ho detto, poteri da benedetto- lo prese in giro Leo.

Gideon alzò gli occhi al cielo, e lo precedette verso il castello, senza più indagare.

In realtà non era niente di così difficile. Leo conosceva bene Opal, sapeva quali fossero gli oggetti a cui teneva di più, e quindi aveva chiesto a Gideon di nascondere proprio quelli. Ma per tenere un po’ viva l’attenzione del bambino, e soprattutto la sua sensazione di meraviglia e magia, ogni tanto faceva il grande mago per provare ad essere simpatico.

Gideon roteava gli occhi e sbuffava, ma Leo sentiva in cuor suo che apprezzava il tentativo.

O almeno ci sperava.

Si stava davvero affezionando a quel ragazzino brontolone.

-Gara a chi arriva prima a palazzo?- lo sfidò Leo, iniziando a correre.

-Mangerai la mia polvere, vecchietto!- minacciò Gideon, facendo uno sprint degno di Bolt e superando Leo in modo irrecuperabile in pochi metri.

-Solo perché tu non hai un vestito!- provò a lamentarsi Leo, cercando di stargli dietro senza il minimo successo.

Quei piccoli giochi, tra un lavoro e l’altro, erano il modo migliore che aveva per tenere l’umore di Gideon il più alto possibile, impedendo che la preoccupazione, l’ansia e la paura prendessero il sopravvento sulla sua giovane e già traumatizzata mente.

Era un bambino, ed era giusto che a volte facesse il bambino.

Senza sentire il peso della loro missione sulle spalle e rischiare di farsi male provando a fare il grande.

 

Leo aveva studiato quell’attacco con attenzione.

Era il primo attacco effettivamente pericoloso senza essere questione di vita o di morte, ed era una delle prove per assicurarsi di essere in grado di affrontare attacchi più pericolosi a palazzo.

Quindi doveva farlo bene, senza errori, senza contrattempi, salvando più persone possibili e senza metterne in pericolo altre.

…fallì su tutta la linea.

Infatti, nonostante Leo si fosse preparato per restare solo prima dell’attacco, e ai piani superiori, in un posto isolato per osservare bene la situazione e agire con prontezza e senza essere notato, non passarono neanche cinque minuti dal suono dell’allarme, che si ritrovò ad andare a sbattere contro l’ultima persona che avrebbe dovuto incontrare.

E rischiò di farla cadere a terra.

E se Leo, alto un metro e uno sputo, rischiava di far cadere a terra qualcuno, significava che quella persona era messa davvero male.

-Principe Daryan! Perché non è al rifugio?!- chiese Leo preoccupato, riconoscendo il suo amato e controllando con attenzione le sue condizioni prima ancora di comprendere del tutto le implicazioni dell’essersi scontrato contro il principe.

-Cuoca! Stavo… tu perché non sei al rifugio per la servitù?! È pericoloso qui fuori!- Daryan sviò la domanda e si rivolse a Leo con una certa preoccupazione, guardandosi intorno preoccupato.

Intorno a loro, gli echi della battaglia in corso si facevano sentire, anche se erano attutiti dai muri del castello.

-Io… eh… io…- Leo non sapeva cosa inventarsi. L’arrivo del principe lo aveva colto completamente alla sprovvista, eppure sapeva che non era tipo da andare al rifugio, ma cercava sempre di osservare la battaglia per elaborare nuove e migliori strategie di difesa. Era una delle cose che gli avrebbero salvato la vita quando il rifugio reale sarebbe crollato.

Ma non si aspettava di ritrovarsi faccia a faccia con lui.

Una potente cannonata diretta a pochi metri dal muro li fece sobbalzare entrambi. Leo si strinse inconsciamente a Daryan, come a proteggerlo con il proprio corpo mingherlino, e Daryan fu svelto a coprirlo con le sue braccia, proteggendolo a sua volta.

L’abbraccio improvvisato durò qualche secondo, ma Daryan si rese presto conto che era una posizione ben poco appropriata, e scansò il cuoco, distogliendo lo sguardo e tornando serio.

-Lasciamo stare. È pericoloso. Ti accompagno immediatamente lì- il principe decise di non indagare ulteriormente sul motivo per il quale il cuoco era lì, e si limitò a prendergli la mano, e iniziare a trascinarlo via.

-Aspetti! Principe! Dovrebbe prima mettere in salvo sé stesso- Leo provò a suggerirgli, lasciandosi trascinare e non pensando a quanto fosse bello stare mano nella mano con Daryan, anche se lui continuava ad indossare i guanti, quindi non riusciva a goderselo fino in fondo.

E non poteva goderselo fino in fondo.

Leo aveva un compito da fare! Non poteva mettersi a sbavare dietro il principe. E di certo non poteva farsi portare in un rifugio completamente lontano dalla battaglia.

…non sarebbe successo niente di irreparable, ma comunque se cominciava così non sarebbe mai riuscito ad intervenire in battaglie più importanti.

-E lasciare uno dei miei sottoposti in pericolo? Non lo farei mai!- rispose Daryan, lanciandogli un’occhiata sdegnata, come se Leo avesse insultato la sua etica professionale.

Daryan, non è il momento di fare l’eroe! Sono i principi quelli che vanno messi in salvo, non le cameriere personaggi secondari. 

Non che quello fosse il mondo di un libro, ma comunque…

-Cosa ci fa qui in giro durante un attacco?- osò chiedere Leo, un po’ preoccupato, continuando a farsi trascinare verso un rifugio. Il più vicino era comunque un po’ lontano, dato che gli accessi erano ai piani inferiori e Leo si era messo agli ultimi piani.

-Cosa ci fai tu?- Daryan rigirò la domanda, e lanciò un’occhiata indefinibile verso Leo, che sentendosi osservato arrossì appena e si sistemò la parrucca sulla testa. Riley aveva fatto un ottimo lavoro a fermarla, quindi era stabile, ma comunque tutta quella corsa e quei sobbalzi erano pericolosi.

-Io… mi sono persa- Leo si inventò una scusa al volto per giustificare il suo girovagare. Conoscendo la natura sospettosa di Daryan, era meglio non rischiare di risultare inaffidabile. Voleva restare a palazzo ancora a lungo, se era possibile.

Daryan sembrò credere alla scusa.

-E dov’è tuo fratello?- chiese poi, guardandosi intorno, e fermandosi in un angolo per assicurarsi che il passaggio fosse sicuro.

Non c’era nessuno nei corridoi, cosa alla quale Leo non era abituato, dato che c’era sempre qualcuno in giro a sbrigare faccende o a pattugliare le stanze. Ma ora la popolazione del castello era a combattere, o al sicuro.

Gli unici in giro erano loro due.

-Gideon è al sicuro. Aveva un compito con Anna, sicuramente sono andati insieme al rifugio vicino alla cucina- Leo rispose, con un sorriso pensando al bambino. Si era assicurato che fosse lì proprio perché il rifugio era molto vicino, e non c’era modo che Gideon scappasse e provasse a fare il salvatore.

-Bene- anche Daryan sembrò sollevato, e continuò a trascinare Leo. 

Raggiunsero il rifugio senza problemi, e una volta all’interno Leo notò che c’era anche Dotty, oltre ad alcuni servitori che non conosceva molto bene.

Si sorpresero enormemente di vedere lì il principe.

-State tutti bene?- chiese il principe, chiudendo la porta alle sue spalle e osservando con attenzione i dintorni.

-È tanto grave?- indagò Dotty, preoccupata.

-L’attacco è circoscritto al giardino. Qui non avete nulla da temere. Prendetevi cura di…- Daryan spinse Leo più all’interno, ma si interruppe prima di dire il suo nome.

Leo era sempre più convinto che Daryan si fosse dimenticato il suo nome. Non sembrava riuscirlo a pronunciare.

Non si offese per la cosa. Alla fine si erano visti poche volte da quando Leo lavorava lì, e non erano mai state visite piacevoli o significative.

Quella era la prima volta che sostenevano una vera conversazione da quando Daryan l’aveva minacciato di licenziarlo, nel suo ufficio, dopo la discussione con Lionel.

-Certo, principe Daryan. Si ferma nel rifugio con noi?- chiese uno dei servitori, lanciando a Leo un’occhiata leggermente sospettosa, ma mettendosi comunque a piena disposizione del principe.

Daryan scosse la testa.

-No, ho delle faccende da sbrigare. Devo assicurarmi che la zona est sia stabile- spiegò Daryan, lasciando andare Leo per avviarsi alla porta.

La mente di Leo fece un centinaio di collegamenti e giri in meno di un secondo.

La zona est era quella che sarebbe stata maggiormente colpita, ovvero quella dove Daryan l’aveva trovato prima di portarlo lì.

Finestre si sarebbero rotte e la struttura si sarebbe indebolita abbastanza da crollare durante un successivo scontro.

Leo non ricordava minimamente cosa avrebbe fatto Daryan durante quell’attacco perché non aveva segnato l’informazione ed era passato del tempo da quando aveva letto la Storia, quindi non sapeva se il suo controllo avveniva anche lì, e non poteva essere certo che non sarebbe rimasto ferito.

Inoltre… a causa di Leo aveva cambiato programmi. Leo era stato un imprevisto nella Storia.

Quindi a prescindere da tutto Daryan ora era un fattore a rischio, preso dalla linea della Storia e buttato nella mischia, un po’ come lo erano Alex e Gideon al momento, anche se in forma molto minore.

La cosa importante però era che Daryan rischiava di farsi male se non era al rifugio.

E Leo non poteva permetterlo.

Sarebbe stato oltremodo impossibile per lui sgattaiolare via con Daryan presente, ma meglio perdersi una battaglia che rischiare che l’uomo che amava si ferisse a causa del suo intervento.

Pertanto agì senza pensare.

Un gesto stupido e avventato, ma gli era montato il panico.

-No!- urlò, sorprendendo un po’ tutti, e afferrando il braccio del principe per impedirgli di uscire.

-C_cos…?- Daryan lo fissò incredulo.

“Come osava una semplice cuoca prendere queste iniziative?!” sembravano dire i suoi occhi.

In realtà la sua mente era andata in totale corto circuito per cause misteriose.

Ma in ogni caso era rimasto troppo sconvolto per scansarsi subito, e Leo approfittò dello shock generale per illustrare il suo punto di vista in modo pacato e logico.

-La prego resti qui! Non è un rifugio principesco ma almeno è sicuro, c’è la guerra, i muri possono essere controllati dopo. È pericoloso andare adesso! I principi devono essere protetti, e coccolati, e nutriti con affetto. Che poi dove vuole andare?! Se viene un nemico non avrebbe modo di sconfiggerlo! È troppo denutrito! Sicuramente è meglio lasciar fare ai cavalieri per ora. E poi alla fine usciamo, quando è tutto sicuro, e facciamo tutti i controlli che vogliamo…- iniziò a parlare a vanvera in tono acuto e impanicato.

Per sua fortuna parlò troppo veloce per far capire esattamente ciò che stava dicendo.

Anche se stringere il braccio del principe non lo aiutava di certo ad evitare l’impiccagione o quantomeno il licenziamento.

-Leah ha ragione. È pericoloso andare lì fuori. È molto meglio se resta qui al rifugio, principe Daryan. Non è molto, ma sarà al sicuro con noi- Dotty si introdusse nella conversazione, prendendo le parti di Leo e esponendo con molta più eleganza lo stesso punto di vista.

Leo annuì con vigore, e sorrise alla cuoca, che però lo guardava con espressione indefinibile.

Oh, probabilmente era seccata che Leo fosse così avvinghiato al principe che un giorno sarebbe diventato il suo futuro sposo!

Leo ancora non sapeva lo stato della loro relazione, dopotutto.

Magari iniziavano già ad avere del tenero tra di loro, e sembrava che Leo volesse rovinarlo.

Beh, quello non era il momento dei drammi romantici. Perché non potevano fare le litigate tra donne per l’uomo se l’uomo si feriva!

Leo aveva il cervello così in pappa che non si rese minimamente conto che Daryan stava fissando solo ed esclusivamente lui, con guance tinte di un leggero rossore, l’espressione confusa e quasi sofferente, e non si era praticamente neanche accorto che Dotty aveva parlato.

Sembrava che anche lui avesse numerosi conflitti interiori e pensieri confusi.

Tutta l’agitazione venne interrotta dal servitore che prima si era rivolto a Leo, che prese le redini della situazione e tirò via il ragazzo dal principe lanciandogli un’occhiata di fuoco.

-Come osi rivolgerti in questo modo a sua maestà, ragazzina? Mostra un po’ di contegno! Principe Daryan, non siete ferito, vero?- praticamente lanciò Leo a terra in un angolo, e si rivolse a Daryan con tono completamente da lecchino.

Daryan sobbalzò appena come se fosse appena uscito da una trance, e si portò una mano alla fronte, distrattamente.

-No… la cuoca ha ragione. Resterò qui almeno finché non si conclude la battaglia- alla fine Daryan annuì, e decise di seguire il suggerimento di Dotty.

Sicuramente quando aveva parlato di una cuoca, si era riferito a lei.

Leo, a prescindere, fu felice che avesse deciso di restare, e tirò un sospiro di sollievo. 

Bene, aveva evitato il peggio.

-Prego, principe Daryan, si sieda qui. È la sedia più comoda del rifugio. Vuole qualcosa da mangiare?- il servitore iniziò a lisciarsi il principe, e Leo smise di prestare attenzione alla situazione.

Si sistemò occhiali e capelli che si erano scompigliati quando era caduto, e si mise seduto più comodo, preparandosi a vivere per la prima volta una battaglia in un rifugio.

Sperò che quantomeno Daryan e Dotty avrebbero interagito il meno possibile.

Era la prima volta che li vedeva insieme da quando era tornato. Beh, la prima volta nella vita reale, perché erano i protagonisti di molti dei suoi incubi. Anche se ultimamente sognava più situazioni di morte piuttosto che semplici cuori spezzati.

In ogni caso poteva rilassarsi, anche se aveva fallito il suo piano.

Andava bene, era solo una battaglia poco importante.

Sperava che almeno le trappole avessero fatto il loro lavoro e salvato qualcuno dal restare ferito.

C’era anche Alex nella mischia, e lei sapeva tutto, quindi poteva intervenire. Era un buon jolly.

E la prossima volta Leo avrebbe…

-Cuoca… stai bene?- la voce di Daryan, che si era fatta davvero vicina, distolse Leo dai suoi pensieri, e il ragazzo sollevò lo sguardo per trovarsi davanti il volto incuriosito e leggermente preoccupato di Daryan, che si era piegato per controllare le sue condizioni.

-Uh… io… sì, ovvio! Sto alla grande- Leo sentì il viso andargli in fiamme, e si allontanò appena, facendo poi il segno dell’okay per dimostrare che stava bene e non c’era bisogno di controllare le sue condizioni.

Suvvia, Daryan, non dimostrare così tanta attenzione ad un’altra donna davanti alla tua futura moglie.

Leo lanciò una breve occhiata di scuse a Dotty, che però sembrava più incuriosita che seccata dalla situazione.

-Dopo il modo in cui ti sei rivolta al principe dovresti vergognarti e implorare perdono in ginocchio- il servitore si immischiò nella conversazione.

Ma perché era così fissato con l’etichetta?!

Uff…

Leo era già in procinto di mettersi in ginocchio e implorare perdono solo per farlo stare zitto, quando fu fermato dallo stesso Daryan, che si alzò in piedi, e si rivolse al lecchino.

-Oscar… giusto? Sei alla corte da circa dodici anni, mi sembra…- iniziò a rivolgerglisi, in tono molto calmo.

Leo conosceva Daryan abbastanza bene da sapere che quel tono presagiva guai in arrivo. Daryan sapeva essere davvero spaventoso quando voleva.

-…e quattro mesi, vostra maestà- aggiunse Oscar, con un gran sorriso. Lui non conosceva Daryan tanto bene, invece.

-…giusto, e quattro mesi. Hai iniziato in autunno. Sorprendente che dopo tutto questo tempo non hai ancora imparato un minimo di rispetto verso i tuoi colleghi. Prova a rivolgerti di nuovo in questo modo a L… alla signorina, o a chiunque altro della servitù, e stai pur certo che verrai punito di conseguenza- lo minacciò, fulminandolo con lo sguardo.

Il servitore impallidì, e si prostrò ai piedi di Daryan.

-Mio principe! Perdonate il vostro umile servo. Volevo solo proteggervi da quella presa veemente e irrispettosa- iniziò a difendersi con enfasi.

-Fai decidere a me qual è una presa veemente e irrispettosa! E ora alzati, queste drammaticità sono completamente inutili in questo contesto- Daryan chiuse l’argomento facendo un cenno con la mano, e poi lasciò l’uomo a terra dirigendosi dall’altra parte della stanza.

Leo sentì lo sguardo di tutti i membri del rifugio addosso, e si trascinò in un angolino cercando di non dare nell’occhio.

Dotty gli si avvicinò subito.

-Tutto bene, Leah?- chiese, preoccupata, sedendosi elegantemente accanto a lui.

Leo le sorrise, cercando di non dare a vedere il suo turbamento interiore.

-Certo, sto alla grandissima!- provò a farsi forte.

-È normale essere preoccupati. Gli attacchi iniziano ad essere davvero frequenti, e non oso immaginare non trovare un rifugio in tempo quanto deve fare paura- Dotty iniziò a dargli qualche pacca sulla spalla, confortante.

In effetti…

Le battaglie erano sempre molto spaventose, anche quando Leo sapeva con assoluta certezza il loro esito.

C’erano così tante cose che potevano andare storte, o cambiare… e avere una benedizione divina che gli impediva di morire non proteggeva gli altri, solo lui.

-Per fortuna il principe Daryan mi ha trovato e mi ha indicato la strada giusta. È stato molto gentile- Leo disse la prima cosa che gli venne in mente, e sperò di non arrossire troppo al pensiero.

Diamine, non doveva parlare di Daryan davanti a Dotty! Poteva essere un vero disastro.

-Non preoccuparti, ora sei al sicuro. E sono certa che anche Gideon stia bene- Dotty continuò a rassicurarlo.

Leo però non era preoccupato per Gideon.

-Sì, è con Anna- sorrise al pensiero del bambino. Aveva dato espressamente l’ordine ad Anna di tenerlo d’occhio. Era sicuramente al sicuro al rifugio della cucina.

-Sono certa che la battaglia finirà presto- Dotty continuò a dire parole confortanti.

Leo avrebbe potuto rassicurarla che non c’era bisogno. Semmai era lui quello che doveva rassicurare la gente, non il contrario, ma si sentì davvero tranquillizzato, e al sicuro, e coccolato.

Non era più molto abituato ad essere il ricevitore di questo tipo di attenzioni.

-Grazie, Dot- Sorrise grato a Dotty, e le posò la testa sulla spalla, permettendosi il lusso di rilassarsi.

Sì, era stato un fallimento su tutta la linea.

Ma almeno nessuno si era fatto male.

Finì per addormentarsi sulla spalla di Dotty, ironicamente rilassato come non era mai stato da quando si era ritrovato lì, e passò l’intera battaglia così, nel rifugio, circondato da persone preoccupate e senza rendersi conto che il principe Daryan lo fissò per tutta la durata dello stato di emergenza, con uno sguardo che tradiva curiosità, sospetto e a tratti anche un grande dolore.

 

Dopo ogni battaglia era sempre tutto molto caotico, per le prime ore.

Molti servitori sfrecciavano da una parte all’altra offrendo aiuto, altri si riprendevano dal trauma non lavorando ma riposandosi, e non c’erano mansioni precise. Di solito c’era una grande calca in infermeria, e molte persone erano occupate a constatare i danni e pulire in giro.

Leo, però, una volta svegliato e resosi conto che era rimasto uno degli ultimi al rifugio, si diresse immediatamente in cucina, per riunirsi a Gideon e preparare qualcosa da portare alla principessa per controllare che stesse bene.

Lo aveva già fatto per i precedenti attacchi, e non avrebbe smesso proprio ora.

Le sue camomille erano sempre ottime per calmarla. Ci aggiungeva anche una leggera punta di vaniglia per renderle più dolci.

Ma la priorità al momento era trovare Gideon.

E l’universo sembrò sentire il suo pensiero, perché non appena Leo girò l’angolo, nel corridoio che portava alla cucina, andò a sbattere proprio contro di lui.

-Gideon! Ti cercavo! Stai bene?- chiese Leo, il primo a riprendersi, avvicinandosi per controllare le condizioni del bambino.

-Sì! Ovvio che sto bene! Non darmi fastidio, Leonardo!- il bambino rispose con voce acuta e parecchio agitata.

Il cuore di Leo saltò un battito notando le sue condizioni.

Era pallido, sudato e con i capelli molto in disordine.

Gli abiti erano spiegazzati, ma Leo non riuscì a vederli molto, perché stringeva al petto una coperta scura piegata male che lo copriva quasi del tutto.

-Sicuro? È successo qualcosa? Se hai bisogno di aiuto posso provare a…-Leo si mise subito a disposizione, con un brutto presentimento, e provò a prendere la coperta, che sembrava pesante, dalle sue mani.

Gideon però la strinse con più forza, e si allontanò da Leo di qualche passo.

-Sto bene! Solo…- i suoi occhi iniziarono ad andare da una parte all’altra, come se stesse cercando una scusa al volo per giustificare il suo comportamento davvero strano.

-Qualsiasi cosa sia puoi parlarmene, Gideon. Prometto che farò tutto il possibile per aiutarti- Leo non osò avvicinarsi ancora, ma si piegò appena per guardarlo negli occhi, in tono rassicurante.

Gideon però non incontrò il suo sguardo.

-Ho… rubato… questa coperta… dal rifugio- ammise.

-Gideon…- Leo sospirò, ma non si arrabbiò. Sapeva che vecchie abitudini erano dure a morire.

-Volevo portarla ai ragazzi. Sentono freddo. E ho pensato di approfittare di questo momento per andare velocemente lì da loro tramite passaggio segreto. Giuro che quando fa più caldo la restituisco. Ma è solo una coperta!- Gideon guardò Leo con occhi da cucciolo e le lacrime agli occhi.

Leo era contrario al furto, ma alla fine quella era solo una coperta, ed era certo che se li avessero beccati, li avrebbero lasciati andare. Si sarebbe premurato di farla riavere al palazzo una volta finito il freddo.

Non era un furto se avrebbero restituito il malloppo… giusto?

-Va bene, Gideon. Vuoi che ti accompagno?- propose, accennando un sorriso.

Gideon però non ricambiò, e continuò a non guardarlo negli occhi. Scosse violentemente la testa.

-Tu devi pensare alle tue cose. Io… io me la cavo da solo- rifiutò l’aiuto.

C’era qualcosa di strano nel suo atteggiamento.

Stringeva la coperta come un’ancora vitale, era davvero molto pallido, eppure sudava e sembrava molto agitato.

In circostante normali, Leo si sarebbe davvero preoccupato, e avrebbe insistito, ma in quel momento era ancora un po’ intontito dal sonno, continuava a pensare a quanto successo durante la battaglia, e aveva parecchie cose da fare, quindi non diede troppo peso al comportamento di Gideon. Era un ragazzino un po’ esagitato, a volte brontolone, e parecchio imprevedibile. Forse era ancora seccato con Leo per il divieto che gli aveva imposto?

-Sai che puoi dirmi qualsiasi cosa ti turbi, vero?- provò comunque ad indagare sul suo atteggiamento, ma Gideon lo superò in tutta fretta.

-Lo so! Ma sto bene! Devo andare in fretta o rischio di essere beccato!- giustificò la sua ansia e sparì dietro l’angolo prima che Leo potesse ribattere qualsiasi cosa.

Leo sospirò, e decise di andare in cucina, dove fu accolto da Mildred, che sembrava sollevata di vederlo lì.

Preparò un’ottima camomilla, qualcosa da mangiare, e si diresse con il vassoio verso la biblioteca, dove era certo che avrebbe incontrato la principessa.

Si dirigeva sempre lì dopo un attacco. Era il luogo più sicuro con la vista migliore.

-Buonasera principessa Opal. Che Jahlee la protegga- enunciò il suo arrivo, entrando nella stanza.

Opal fissava fuori dalla finestra, e a malapena si accorse del suo arrivo.

-Anche a te- borbottò, e il tono tradiva una grande tristezza.

Leo sapeva già a cosa fosse dovuta, ma finse ignoranza, mentre serviva il cibo sul tavolo della biblioteca.

-Va tutto bene principessa?- chiese, in tono casuale.

-Mmmm- mugugnò Opal, in tono di assenso, anche se era chiaro che non andasse tutto bene.

-Ho portato la camomilla, e dei biscotti di segale- Leo illustrò gli snack che aveva portato con una certa soddisfazione.

-Biscotti?- Opal si girò verso di lui, incredula, e sembrò illuminarsi appena.

I dolci erano diventati una rarità negli ultimi tempi, ma Leo era riuscito a convincere Mildred a fare qualche biscotto, ogni tanto, senza sprecare troppi ingredienti.

Conosceva parecchie ricette salva-ingredienti.

E i biscotti erano sempre la sua specialità.

Anche se stava iniziando anche a sperimentare con caramelle piccole, morbide e perfette per consumare gli avanzi.

-Sono molto semplici da fare, e dopo una giornata così meritava qualcosa di dolce- Leo le sorrise, e la incoraggiò a sedersi al tavolo della biblioteca che era adibito all’ora del tè, anche se era un po’ tardi per il tè. Era già passata l’ora di cena.

Opal si avvicinò, e alla fine decise di sedersi, e prese uno dei biscotti come se non ne avesse mai visto uno.

Poi lo porse a Leo.

-Grazie… ti prego, prendine uno. Puoi darlo a Gideon per dopo. A proposito, dov’è Gideon?- Opal si guardò intorno, sorpresa di non vedere il bambino che era praticamente l’ombra di Leo.

Era strano per Leo vederla condividere il cibo. Non che fosse egoista, ma non esitava mai a mangiare il più possibile, soprattutto quando il cibo scarseggiava.

Ma era anche una ottima sovrana attenta agli altri. Leo lo rispettava. Prese il biscotto che lei gli porgeva e lo avvolse in un fazzoletto, che poi mise nella tasca del grembiule. Sicuramente Gideon avrebbe apprezzato.

-Si sta riposando. L’attacco l’ha un po’ agitato- rispose alla domanda, e servì la camomilla nella tazza.

-Immagino- Opal annuì, e lanciò un’altro sguardo fuori dalla finestra.

Iniziò a mangiare e a bere la camomilla molto distrattamente, senza fare conversazione.

-Cosa c’è che non va, principessa?- Leo provò ad indagare dopo qualche minuto di silenzio.

Opal sospirò.

-È una cosa stupida- scosse la testa, e posò la tazza ancora mezza piena sul piattino.

-Io non credo nelle cose stupide… tranne me, perché io sono un po’ stupida. Pertanto chi meglio di me per ascoltare qualcosa di stupido?- Leo provò a convincerla a confidarsi. Non faceva bene tenersi tutto dentro.

Opal si lasciò sfuggire una risatina.

-Non credo che tu sia stupida…- provò a rassicurarlo, ma non ci credeva neanche lei.

-Cosa la turba, principessa?- Leo insistette, in tono dolce.

Opal sospirò, e tornò malinconica.

-La mia.. la mia casetta sull’albero è stata distrutta, e ho perso tutte le cose che c’erano dentro. Sono sciocchezze, davvero, ma c’erano molti oggetti fragili che sicuramente si sono rotti, e… non erano cose preziose, ma ci tenevo molto. E non è assolutamente niente di importante quando in gioco ci sono le vite delle persone, ma… mi dispiace un po’- ammise, giocherellando con un lembo della tovaglia.

Leo sapeva già che sarebbe successo, ma ci rimase comunque male per lei.

Fortuna che aveva nascosto le cose importanti.

Anche se non aveva un piano per fargliele riavere. Dopotutto se diceva “Senti, Opal, ho preso e nascosto gli oggetti per evitare che venissero distrutti” sarebbe stato molto sospetto. Potevano accusarlo di furto, o capire che Leo sapeva già dell’attacco e quindi avrebbero potuto pensare che fosse una spia di Valkrest.

Leo non poteva rischiare.

Probabilmente avrebbe aspettato la fine della guerra e avrebbe consegnato tutto il malloppo allora. O lo avrebbe messo da qualche parte per farlo trovare a Opal.

Però gli dispiaceva di non poterla rassicurare subito.

Mentre valutava cosa dire senza rivelare troppo, la porta della biblioteca si aprì, e comparve Persian, trafelato e scombussolato.

-Principessa Opal! Il principe mi ha chiamato a mandarla… cioè, mi ha mandato a chiamarla… hanno trovato… oggetti suoi, in giro- rivelò, senza fiato.

-Un po’ di camomilla, Sir Lavoie?- chiese Leo, avvicinandosi con una tazzina che riempì in tutta fretta. Così come nella sua precedente visita a palazzo, aveva stretto un buon rapporto di amicizia con Persian, anche se lo vedeva molto meno rispetto a prima, e solo quando portava i pasti alla principessa, sporadicamente. Era il più grande stratega del palazzo, dopotutto, e aveva una mole di lavoro seconda solo a quella del principe.

-Oh, grazie Leah!- Persian la prese con un gran sorriso e arrossendo appena.

-Aspetta, miei oggetti in giro?- chiese Opal, alzandosi e facendo uno sprint in direzione del bibliotecario.

-Sì! Gli oggetti della casa sull’albero. Sono in un nascondiglio nel castello. Li ha trovati una guardia mentre faceva il giro di ronda per assicurarsi che tutto fosse in ordine- spiegò Persian.

-Ah… che guardia?- chiese Leo, sorpreso.

Pensava di aver trovato un ottimo nascondiglio, invece l’avevano trovato subito.

Gli andava anche bene, ma… in futuro sarebbe dovuto essere più attento, e magari nascondere oggetti dai bambini, se voleva evitare che le guardie li trovassero.

-Caspar… ma non è importante! Principessa, venga subito, così può recuperare gli oggetti- Persian la incoraggiò con un sorriso, e Opal non se lo fece ripetere due volte, accendendosi di speranza. Leo rimase indietro.

-Allora io sistemo. Le lascio i biscotti per dopo, principessa?- chiese, avviandosi al tavolo.

-Leah, vieni anche tu- Opal tornò indietro, e prese Leo per un braccio.

-Anche io?- Leo era sorpreso. Era una faccenda della principesse. Lui non aveva niente a che fare con i suoi oggetti speciali.

Beh, tranne che li aveva salvati, e che una palla di vetro con la neve gliel’aveva regalata lui personalmente. Ma Opal non sapeva nessuna di queste due cose. Probabilmente neanche ce l’aveva più quella palla di vetro con la neve, dato che non si ricordava di Leo.

In ogni caso, non aveva ragione di volere Leo con sé.

…a meno che non sospettasse che Leo fosse il ladro.

Meglio tenersi alla larga.

-Porta i biscotti e il tè, così li offri a mio fratello- spiegò Opal, indicando il cibo che era rimasto quasi tutto sul piatto.

Ohhhh, l’aveva chiamato in veste di cuoca. Rassicurante.

-Questa camomilla è fantastica- borbottò Persian, sciogliendosi per il piacere.

-Purtroppo si è raffreddata un po’- Leo fece una smorfia scontenta.

-È ottima comunque, e piacerà a Daryan. Andiamo!- Opal incoraggiò Leo a sbrigarsi, e poi prese a braccetto lui e Persian, prima di dirigersi nella zona che Persian indicò mentre camminavano.

Leo si fece trascinare… di nuovo, anche se sapeva esattamente dove andare… di nuovo.

Ma fingere ignoranza era une delle cose a cui era più abituato.

Raggiunsero in fretta il l’ala sud, non troppo lontana dalle cucine ma neanche abbastanza vicina da destare sospetti. Una zona del castello quasi disabitata e piena di stanze inutilizzate.

Tra cui la camera dove Leo aveva alloggiato qualche giorno dopo il proprio avvelenamento.

…che era anche la stanza dove aveva deciso di nascondere il malloppo, o meglio, di farlo nascondere a Gideon.

La conosceva abbastanza bene e c’era il valore affettivo.

Quando entrarono, c’erano già altre persone nella stanza: Chevel parlava con un cavaliere che Leo riconobbe come Caspar, il giovane a cui aveva offerto il pane e aiuto prima della battaglia di Tormalina. Era anche uno dei pochi a cui aveva rivelato tutto quanto, e Leo si premette gli occhiali sul viso e tenne il volto basso sperando di non farsi riconoscere.

Era felice comunque di vedere che stava bene, perché teoricamente durante quell’attacco sarebbe dovuto restare ferito. Non in modo grave, in ogni caso, ma comunque era bello vederlo praticamente illeso.

Significava che qualcosa era funzionato.

Oltre a loro, anche Daryan era nella stanza, e appoggiato contro il muro fissava il letto dove Leo aveva dormito qualche giorno con espressione accigliata.

-Ho portato la principessa, come richiesto- Persian annunciò il loro arrivo.

Daryan girò la testa verso Opal, e il suo sguardo si addolcì parecchio.

-Opal, abbiamo trovato alcune cose che penso fossero nella casa sull’albero. Puoi dare un’occhiata?- chiese, indicando un mucchio di oggetti posizionati ordinatamente sui cassettoni di vestiti e sul tavolino basso vicino al divano.

Era una camera molto grande e principesca, piena di mobili dove poggiare cose.

Opal allargò il sorriso.

-Certo! Ma prima prendi un biscotto e una tazza di camomilla! Leah, servi mio fratello per favore- Opal incoraggiò il cuoco a fare il suo lavoro, e Daryan sobbalzò vistosamente e impallidì alla richiesta.

Leo non seppe dire se fosse a causa del nome, o del mangiare qualcosa, ma decise di non pensarci e fece quanto ordinato, avvicinandosi a Daryan con una tazza di camomilla ormai fredda e il piatto con i biscotti.

-Biscotti di segale leggeri e fatti poco fa. La camomilla è un po’ fredda ma posso andare a scaldarla se vuole- Leo offrì con un piccolo inchino.

Ne avrebbe fatto uno profondo, ma non voleva rischiare di far cadere ciò che portava in mano con il suo pessimo equilibrio.

-A dire il vero non ho tanta fame- provò ad obiettare Daryan, in un sussurro, ma Opal gli lanciò un’occhiataccia, e sospirando, il principe prese un biscotto, e il piattino dove erano posizionati.

Opal annuì appena, e tornò alla sua operazione di catalogazione dei beni rubat… ehm… salvati! 

Non erano rubati se Leo aveva intenzione di restituirli! 

Che li avessero trovati prima loro era un altro discorso!

Daryan prese un minuscolo morso, e masticò e deglutì con molta difficoltà.

Poi si rese conto che Leo lo stava fissando preoccupato.

-Puoi anche andare, o offrire i biscotti a qualcun altro, cuoca- lo incoraggiò ad allontanarsi, porgendo il piattino, e Leo arrossì appena, e si girò verso gli altri nella stanza.

Temeva un po’ avvicinarsi a Chevel e a Caspar. Entrambi lo avevano visto come uomo, e avrebbero potuto riconoscerlo. Quella era la prima volta che Leo interagiva con Chevel, dopotutto.

Prima che potesse decidere se andare o trovare una scusa per fuggire, Chevel congedò Caspar, e si avvicinò a Daryan, con espressione pensierosa. 

-Principe Daryan, penso che ci sia qualcosa di davvero strano in questa scoperta- enunciò.

Anche Persian si avvicinò ai due.

-Concordo con Sir Podbart, so con assoluta certezza che ieri mattina gli oggetti erano tutti al loro posto- spiegò.

-Confermo!- arrivò la voce di Opal, che stava ancora controllando le sue cose.

Al momento era impegnata a osservare le posate.

-Che intendete dire?- chiese Daryan, un po’ confuso, prendendo distrattamente un altro morso dal biscotto. Questa volta non sembrò avere troppe difficoltà.

-Chiunque abbia rubato gli oggetti…- cominciò Chevel, pratico.

Leo roteò gli occhi. Non era un furto! Voleva proteggerli.

-…probabilmente sapeva che la principessa non si sarebbe accorta della loro assenza- Chevel rifletté sulla questione.

-E questo perché sapeva che la casa sull’albero sarebbe andata distrutta- continuò Persian.

-Ma come potrebbe qualcuno sapere di…- la confusione di Daryan si tramutò in consapevolezza, mentre prendeva un altro morso del biscotto, questa volta quasi con gusto.

-Esatto! Probabilmente a palazzo c’è una spia!- concluse Chevel, stringendo i pugni.

Leo impallidì.

Ma da quando Chevel era sveglio?!

E come era riuscito a fare una giusta associazione e a sbagliare comunque tutto quanto?!

E perché a Leo le cose andavano sempre male?!

-O comunque qualcuno a conoscenza dei piani di Valkrest- specificò Persian, più mite nel giudizio.

Sì, diglielo Percy! Conoscere i piani di Valkrest non significa per forza essere una spia.

-Mmmmm, non credo che il colpevole sia un ladro- Opal si intromise improvvisamente nel discorso, mentre passava alle bambole della sua collezione.

-Perché lo pensi, Opal?- chiese Daryan, avvicinandosi a lei e finendo il biscotto che aveva in mano.

Ne prese immediatamente un altro senza neanche pensarci.

Opal sollevò la propria mano per prenderne uno a sua volta dal piatto che Daryan teneva, e poi indicò la bambola che stava esaminando.

-Ha rubato solo oggetti inutili- spiegò, in tono ovvio.

-Sono oggetti preziosi per te- Daryan la rassicurò che non erano inutili per niente.

-Sì, ma non hanno un grande valore economico, soprattutto non in tempi di guerra. Il ladro avrebbe potuto rubare le pietre preziose, o i gioielli, o le monete d’oro sparse in giro, ma non ce ne sono. Solo oggetti fragili e senza valore. E sono tutti gli oggetti a cui tengo davvero. Questo è strano. È come se il ladro mi conoscesse bene- Opal si dimostrò ancora una volta la più sveglia nella stanza, e Leo accennò un sorrisino soddisfatto e commosso. 

Era così felice di avere la certezza di conoscere davvero la principessa.

Si portò inconsciamente una mano alla collana con l’opale di fuoco che lei gli aveva regalato.

-Meglio parlarne in un’altra sede. Opal, c’è tutto?- Daryan decise di posticipare la discussione, notando che Leo era ancora lì e poteva sentire ogni cosa. Prese distrattamente un altro biscotto, e lo finì in due morsi.

-Credo di si… tranne le palle di vetro con la neve- Opal si guardò intorno con attenzione e una certa apprensione.

-Ma come?!- Leo si lasciò sfuggire, attirando l’attenzione delle quattro persone nella stanza, che gli lanciarono un’occhiata sospettosa.

-Ma come?! Che peccato! Spero davvero che le troverà, principessa. Le palle di vetro con la neve sono davvero belle- Leo cercò di recuperarsi trasformando la sua esclamazione scettica in un’esclamazione di partecipazione.

Alzando gli occhi al cielo, i quattro distolsero l’attenzione da lui.

-Caspar ha detto che le ha lasciati nell’armadio dove ha trovato tutto. Temeva di spostarle perché per sbaglio ne ha rotta una- spiegò Chevel, in tono dispiaciuto.

Opal si alzò di scatto.

-Quale?! Non quella con i dolci, vero?! Quella è la mia preferita!- si affrettò a controllare, e il cuore di Leo perse un battito.

-Con i dolci?- chiese, in un sussurro, sorpreso.

Aveva affidato a Gideon il compito di nascondere il malloppo, e non aveva notato se tra le palle di vetro con la neve ci fosse anche quella che lui aveva regalato a Opal. Alla fine avevano tolto tutti i ricordi, era possibile che avessero eliminato anche le prove fisiche della sua avventura lì.

Forse Opal intendeva un’altra palla di vetro con la neve a tema dolci, magari una che le avevano regalato in quei sette mesi di assenza di Leo.

-È un regalo importante da una persona speciale… anche se non ricordo esattamente chi, ma è speciale! E… uff… è salva- Opal tirò fuori il regalo di Leo, e lo abbracciò con le lacrime agli occhi, soddisfatta di averlo recuperato.

Anche gli occhi di Leo si riempirono di lacrime.

Quindi, anche se non si ricordava di lui, ancora conservava e apprezzava il suo regalo.

Leo strinse i denti e cercò di restare impassibile, ma aveva lo stomaco in subbuglio, il cuore che batteva a mille, e tante emozioni da esprimere.

Avrebbe voluto stringere Opal in un abbraccio e dirle tutto, ma si trattenne.

E cercò una scusa al volo per scappare da quella stanza.

-Oh, ma guarda! Avete finito i biscotti! Vado a prenderne altri?- propose, notando che il piatto che Daryan teneva in mano era ormai vuoto.

-Aspetta, come?!- Opal si girò di scatto verso Daryan, e fissò il piatto a bocca aperta.

Anche Daryan sembrò piuttosto sorpreso, e rimase congelato sul posto.

Chevel e Persian si lanciarono un’occhiata che Leo non riuscì ad interpretare del tutto, ma sembrava scioccata e anche complice, a tratti.

E solo in quel momento Leo si rese conto di cosa fosse successo, così nel background che nessuno prima si era reso conto che stesse accadendo, neanche Daryan.

Beh, Leo sì, ma a Leo non era mai stato strano vedere Daryan mangiare i suoi biscotti.

Erano sempre stati una delle poche cose che apprezzava davvero.

E nonostante non fossero i celebri rainbow cookies, quei biscotti non facevano eccezione.

E Daryan ne aveva mangiati ben cinque, senza neanche accorgersene lui stesso, come se fosse stata la cosa più naturale del mondo.

Daryan… che non mangiava quasi più niente.

Aveva mangiato cinque interi biscotti.

-Non serve, cuoca. Porta tutto in cucina e poi vai a dormire. È ormai notte- Daryan fu il primo a riprendersi, e porse il piatto a Leo, indicando poi il vassoio che aveva portato lì.

Leo fece un inchino, salutò i nobili nella stanza, e scappò in tutta fretta dalla sua vecchia camera da letto, cercando di non mostrare che fosse coinvolto nel furto (non era un furto vero!), e cercando di non sorridere troppo al pensiero che Daryan aveva effettivamente mangiato e apprezzato i suoi biscotti.

Purtroppo per lui, la sua gioia non era destinata a durare, perché non appena giunto in cucina, non ebbe neanche il tempo di mettersi a pulire, che Alex entrò in tutta fretta, trafelata e spaventata.

-Leo! Ti ho cercato ovunque!- lo accolse, raggiungendolo in poche falcate e afferrandolo per un polso, per trascinarlo fuori, nello sconcerto generale.

Il cuore di Leo iniziò a battere all’impazzata.

Non era da Alex essere così agitata, doveva per forza essere successo qualcosa!

Qualche ferito non programmato dalla Storia?! Qualche decesso?! Leo sperò vivamente che non fosse niente di grave, ma l’agitazione di Alex non lasciava presagire niente di nuovo.

Quantomeno, anche se era un pensiero egoista, Leo fu felice di avere la certezze che tutte le persone a cui teneva di più stessero bene, dato che aveva visto tutti quanti dopo l’attacco, tranne Anna.

Ma Anna non poteva essersi fatta niente, perché aveva passato la battaglia nel rifugio con Gideon… vero?

-Alex, cosa è successo?- chiese Leo, titubante, con un terribile dubbio che iniziava a formarsi nello stomaco, quando si rese conto che Alex lo stava effettivamente trascinando in infermeria.

-Stavo facendo il mio giro di ronda, e ho pensato di controllare… per sicurezza… il passaggio. Non so perché, non era il mio compito, ma… e poi l’ho trovato steso a terra… Leo, non so come dirtelo…- Alex aveva la voce affannata, e sembrava davvero molto in difficoltà e dispiaciuta.

Il senso di terrore cominciò ad ampliarsi.

-C_Chi… come…?- Leo provò a chiedere chiarimenti, ma non aveva la forza di dire alcunché, e non ce n’era bisogno, perché una volta arrivati davanti alla porta dell’infermeria, Alex rispose alla domanda non formulata.

-Gideon! È ferito, e… è molto grave, Leo. Ha perso molto sangue…- Alex spiegò, abbassando lo sguardo, per prepararlo a quello che gli avrebbe mostrato di lì a poco.

Leo si sentì mancare la terra sotto i piedi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Avevo poca ispirazione, scusate se il capitolo è uscito così tardi. Sono anche piuttosto libera in questo periodo, ma questa parte della storia è complicata per me da scrivere.

Ma il prossimo capitolo dovrebbe arrivare prima, perché ci sono degli elementi che non vedo l’ora di introdurre.

 

Un altro motivo del ritardo è che ho iniziato a fare video su youtube. Un esperimento personale che mi sta piacendo molto fare. Per il momento sto facendo principalmente gameplay e recensioni di libri/serie, ma in futuro potrei anche espandermi con altri tipi di video, e penso che farò anche dei contenuti su RC e altre mie storie, quindi se vi incuriosisco passate dal mio canale, mi farebbe molto piacere :3

C’è anche il face reveal, ahahahah (non aspettatevi niente di che).

Qui il link: Youtube

 

Ma spam a parte, spero che il capitolo, nonostante non sia dei migliori, vi sia piaciuto. Leo sta ancora imparando a salvare gente, ma ha avuto momenti con Daryan, Opal, e anche Chevel e Persian. Insomma, si da da fare nel rendersi sospetto agli occhi di tutti anche quando cerca di fare del bene.

Anche se… GIDEON! MALEDIZIONE!! COSA È SUCCESSO?! 

Sì, in effetti è un plot twist finale molto AAAAAHHHHHH!!!

Per questo cercherò di far uscire presto il prossimo capitolo.

Pensate che ho già iniziato a scriverlo. Tipo che era mezzanotte, ero a metà di questo capitolo e ho pensato “Chris, facciamo una cosa, progetti un secondo cosa scrivere nel prossimo capitolo in breve e poi vai a dormire” e mi si sono fatte le tre di notte perché ho scritto otto pagine di storia effettiva, non di progetto.

Vabbè, lasciamo stare ^^’

Un bacione e alla prossima :-*

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Gideon! ***


Gideon!

 

Daryan era nel suo ufficio, che era ormai diventato anche la sua camera da letto, e luogo dove spendeva quasi interamente le sue giornate, cercando in tutti i modi di organizzare bene le truppe, creare buone strategie di difesa, e dirigere anche affari, commerci e qualsiasi cosa servisse a sfamare il suo popolo. 

Non vedeva l’ora che i suoi genitori tornassero. Aveva studiato tutta la vita per prepararsi ad un momento del genere, ma non aveva mai pensato che il peggio potesse davvero accadere, e aveva bisogno del loro supporto, anche se Persian, Chevel, e i suoi consiglieri più fidati facevano del loro meglio per aiutarlo. Ma c’era comunque un limite a quello che loro potevano fare.

Ed erano parecchio impreparati a quella guerra.

Tranne che… non lo erano?

Perché le cose stavano andando meglio di quanto avrebbero dovuto.

E Daryan… era confuso.

Da qualche settimana a questa parte, era più confuso, distratto e assolutamente privo di controllo sulla situazione.

Eppure le cose andavano benissimo.

Si riscontrava un sempre minore numero di sconfitte nelle piccole città, i soldati avevano trovato numerosi fonti di cibo in posti inaspettati, e in generale era come se riuscissero a prevedere le mosse degli avversari nonostante spesso le indicazioni portavano su tutt’altra pista.

Daryan non si era ancora accorto che al fronte arrivavano le lettere sbagliate. Era troppo distratto, confuso e desideroso di non influire negativamente sulla fortuna per indagare meglio sulle informazioni che giungevano al fronte. 

C’era qualcosa di strano in tutto ciò.

Ma ciò che più prendeva la mente di Daryan, nelle ultime settimane, era una persona.

Una persona che però non riusciva a restare nella sua mente.

E ogni volta che smetteva di guardarla, ne dimenticava il viso, la voce, e in generale l’aspetto, come se non riuscisse a trattenere il suo ricordo nella sua mente.

Sapeva chi fosse, non dimenticava ciò che faceva, come gli parlava, e la riconosceva immediatamente quando la vedeva. Ma sembrava comunque che la sua mente cercasse in ogni modo di cacciarla via ogni volta che Daryan provava ad infilarla dentro.

E non capiva cosa fosse che lo attirasse tanto a quella cuoca stranissima, divertente, e senza il minimo rispetto per i propri superiori, ma c’era qualcosa in lei che sembrava brillare, e lo mandava completamente in corto circuito.

Perché se da un lato la sua mente cercava in tutti i modi di allontanarla, dall’altro il suo cuore sembrava non riuscire a non andare verso di lei.

Tenerle le mano gli aveva fatto infatti battere il cuore furiosamente.

Quando lei gli aveva stretto il braccio impedendogli di uscire, con la voce rotta dal panico e sparando insulti insieme a preoccupazione, lo stomaco di Daryan si era stretto, e avrebbe voluto solo abbracciarla e rassicurarla che sarebbe andato tutto bene.

E sentire Lionel, Oscar o chiunque altro trattarla con condiscendenza, insultarla o minacciarla, gli aveva fatto salire un istinto protettivo che pensava di avere solo per sua sorella. 

E poi, come si era commossa quando Opal gli aveva raccontato della sua palla di vetro con la neve preferita… 

Era una persona così strana.

E affascinante.

E sospetta.

E Daryan non riusciva a smettere di pensare a lei.

E voleva smettere di pensare a lei.

E… l’aveva fissata per ore, ma non riusciva a figurarsi neanche un dettaglio del suo viso.

Eppure era così familiare.

Così estranea.

Così contraddittoria.

Chi era davvero Leah?!

E perché anche solo pensare al suo nome gli faceva venire le lacrime agli occhi e una profonda e ingiustificata nostalgia.

Era certo, positivamente certo di non averla mai vista prima.

Eppure…

Daryan sospirò, e seppellì il volto tra le mani, cercando di lenire il pulsante e lancinante mal di testa che gli veniva ogni volta che la cuoca era coinvolta.

Non aveva tempo per pensare a queste cose.

Aveva una guerra da combattere e vincere, un popolo da sfamare, e soldati da proteggere.

I suoi dilemmi personali potevano attendere!

 

Quando Leo entrò in infermeria, e il suo sguardo si posò su Gideon, gli sembrò che la terra gli mancasse da sotto i piedi.

Il bambino era pallidissimo, inerte sul lettino, con una evidente fasciatura nello stomaco, che era sporca di sangue che sembrava fresco.

Lo avevano messo in una stanza speciale, lontano dagli altri pazienti, e stava venendo esaminato personalmente da Rayce Wallin, il capo medico. Se ci stava lavorando lui personalmente significava che era davvero grave.

-La sorella, presumo- notando l’arrivo dei due, Rayce si alzò e si rivolse a Leo, in tono grave.

-Si rimetterà, vero?- chiese Leo, in un sussurro, incapace di distogliere lo sguardo da Gideon. 

Sembrava essere già…

No, non sarebbe successo.

Non poteva succedere.

Leo aveva promesso di proteggerlo.

Maledizione, Gideon?! Perché aveva disobbedito?! 

Sicuramente era andato sul tetto, ed era stato colpito.

-Una freccia gli ha attraversato lo stomaco. È un miracolo che sia ancora vivo, ma non so quanto resisterà. Purtroppo ha perso molto sangue- Rayce gli diede notizie tutt’altro che ottimiste, ma entrarono da un orecchio e uscirono dall’altro, perché Leo non avrebbe mai accettato che Gideon morisse.

No! Si sarebbe ripreso.

Doveva riprendersi!

Era solo un bambino!

Meritava di crescere, di vivere una vita piena, allegra, sicura, insieme ai suoi amici e a sua sorella.

Non poteva andarsene adesso.

Non così.

Il dottore continuò a dare dettagli, ma Leo non lo ascoltava già più.

Si avvicinò a Gideon, e gli prese inconsciamente la mano.

Il bambino socchiuse gli occhi, svegliato dal contatto.

Aveva sempre avuto un sonno leggero.

-Le…o…- borbottò, con voce roca.

-Papà! Ho bisogno di te!- una voce dalla sala principale attirò l’attenzione del medico, che lanciò un’occhiata dispiaciuta a Leo e Alex, prima di lasciarli soli con il bambino.

Era uno sguardo che voleva dire “Vi lascio soli per salutarlo un’ultima volta” ma Leo non lo notò, e Alex si premurò di non dirglielo, e si limitò ad avvicinarsi, pronta a sostenere Leo.

Era più abituata a vivere la morte, ma la verità è che non ci si poteva abituare a qualcosa del genere.

Soprattutto quando a perdere la vita erano persone innocenti, con tutta la vita davanti, che cadevano vittime di scontri in cui non avevano la minima voce in capitolo.

Le guerra erano quanto di più terribile e dannoso esistesse al mondo.

-Gideon… sei al sicuro. Ci sono io qui. Ti rimetterai, te lo prometto!- Leo iniziò a sussurrargli frasi incoraggianti, stringendogli la mano per trasmettergli affetto e rassicurazione.

Era gelida.

Gideon era gelido.

E continuava a perdere sangue, non sembrava fermarsi nonostante le pesanti bende.

-L…Leo… s_scu…scus…- Gideon continuò a borbottare, ma la voce usciva un sussurro, e sembrava lasciarlo sempre più stremato.

-Shhh, non sforzarti, okay… devi preservare le forze… devi… mangiare qualcosa. Sì, devi mangiare qualcosa!- Leo non sapeva da dove gli fosse venuta questa idea, e oggettivamente non era la migliore del mondo. Il corpo doveva pensare a guarire, non poteva permettersi il lusso di digerire, ed era anche possibile che il fisico di Gideon non potesse sostenere di mangiare qualcosa di solido, dato che aveva un buco nello stomaco.

Ma a Leo colse un istinto bruciante che gli imponeva di dare necessariamente da mangiare a Gideon.

Era qualcosa di più forte di lui, che parlava dalle profondità del suo essere.

Forse era la sua natura di cuoco, che vedeva nel cibo la risposta ad ogni male, forse qualcos’altro, qualcosa di misterioso e incomprensibile agli esseri umani, fatto sta che tirò fuori dalla tasca il biscotto che Opal gli aveva offerto, e iniziò a spezzarlo in piccoli pezzettini in modo che fosse più semplice da consumare, e Gideon non avrebbe avuto bisogno di masticare.

-Leo, che stai facendo?- Alex si avvicinò, allarmata.

-Prendi dell’acqua! Non vedi che è disidratato? E se mangia qualcosa sicuramente si rimetterà più in fretta. Il corpo ha bisogno di energia- Leo iniziava a vaneggiare, e le mani tremavano così tanto che parecchie briciole caddero a terra.

Decisamente non la cosa migliore che potesse fare in quell’ambiente ospedaliero.

Voi lettori non provate a farlo a casa.

-Leo… fermati…- Alex provò a placarlo, con tristezza.

Il suo sguardo dispiaciuto e pieno di pietà furono come una coltellata al petto di Leo.

Anche lei credeva che non ci fosse più niente da fare.

Ed era tutta colpa di Leo.

Se avesse tenuto d’occhio Gideon per tutto l’attacco…

Se si fosse reso conto dei segnali quando l’aveva incontrato fuori dalla cucina…

Forse a quest’ora sarebbe…

No! 

No! 

Leo non lo accettava.

-Apri la bocca, Gideon. Ti prego! Ti prego mangia qualcosa- porse un pezzo del biscotto a Gideon, che socchiuse appena la bocca, e lo imboccò con attenzione e disperazione, scosso dai singhiozzi mentre si rendeva sempre più conto che non c’era niente, assolutamente nulla che Leo potesse effettivamente fare.

-Leo, basta!- Alex gli spostò la mano, e Leo scoppiò definitivamente a piangere, abbandonandosi sul bordo del letto, sentendosi la persona più inutile e fallimentare dell’universo.

Che razza di salvatore era se non riusciva a tenere al sicuro neanche le persone più vicine e care a lui?!

Avrebbe voluto prendere il posto di Gideon!

Doveva essere lui l’unico a rischiare la vita!

Se solo avesse potuto trasferire la benedizione di Jahlee a lui!

-Oh, Leo…- Alex iniziò ad abbracciarlo da dietro, dandogli qualche colpetto sulla spalla.

Improvvisamente, un dolore lancinante colpì lo stomaco di Leo, facendolo piegare in due, e facendo allontanare Alex, preoccupata.

-Leo?- chiese, sorpresa, ma la sua attenzione fu attirata da qualcos’altro.

Qualcosa che non si sarebbe mai aspettata.

Leo però non si accorse di niente, troppo occupato a tenersi lo stomaco, che doleva come se lo avessero accoltellato.

E lui sapeva cosa si provava, dato che era stato accoltellato due volte.

-Leo…- una voce familiare, ma più conosciuta, lo riscosse dal suo dolore, e Leo sollevò di scatto la testa per ritrovarsi di fronte a Gideon, sveglio, di nuovo con un colorito piuttosto roseo, e che nonostante sembrasse completamente sconvolto, era anche inequivocabilmente vivo.

E sembrava anche godere di buona salute.

-Gideon?- chiese, incredulo.

Stava sognando, stava chiaramente sognando.

-Leo… stai sanguinando…- gli fece notare Alex, in un sussurro, indicando un punto sul suo stomaco.

Leo abbassò la testa, e si accorse che effettivamente la zona che gli faceva male iniziava a perdere sangue. Non in larga quantità, e sembrava già star smettendo, ma abbastanza da sporcare gli abiti, la mano, e far cadere qualche goccia al suolo.

Ma non gli importava assolutamente niente di se stesso.

Si affrettò a controllare Gideon.

-Gideon, come ti senti? Non ti affaticare! Hai bisogno di qualcosa?- chiese Leo, dando un’occhiata alla benda, che però non sembrava avere nessun cambiamento.

Non voleva fare casini, quindi si limitò principalmente a chiedere.

Gideon si mise seduto senza alcuna difficoltà, continuando a fissare Leo a bocca aperta.

-No, no, resta sdraiato, Gideon. Non devi affaticarti!- Leo provò a farlo coricare, ma non riusciva troppo a muoversi per il dolore allo stomaco, anche se iniziava ad affievolirsi.

-Sto… sto bene. Il tuo… Leo, hai una cosa sul…- Gideon indicò il collo di Leo, con mano tremante.

Leo si portò una mano al collo, ma non gli sembrò di toccare niente fuori posto.

Un nanosecondo dopo che ebbe avuto quel pensiero, una schermata olografica gli apparve davanti, come quelle dei videogiochi: 

“Affetto: 75%

Coinvolgimento emotivo: 20%

Intenzione: 0%

Danno totale assorbito: 32%

Danno totale eliminato: 100%”

…okay, che che roba stranissima era questa?!

Da quando era finito in quel tipo di isekai con i comandi tipo videogioco?!

Non era un isekai fantasy?!

Chris, scegli un genere!

(Leo, lascia fare, ho tutto sotto controllo!)

-Lo vedete anche voi?- chiese il cuoco, indicando la schermata, che dopo qualche secondo scomparve così come era apparsa.

-Io non… Leo, hai un… è una benedizione, quel marchio?- Alex chiese, avvicinandosi per vedere anche lei il collo di Leo.

-Una benedizione?- Leo non capiva cosa stesse succedendo. Pensava che gli dei lo odiassero, tranne Jahlee e Noella. Quando mai aveva fatto qualcosa degno di ricevere un’altra benedizione?!

-Sembra verde- osservò Gideon, mettendosi più dritto e osservando con attenzione a sua volta. I suoi occhi erano tornati vispi e pieni di vita.

-Verde? Flora?- suppose Leo, che conosceva piuttosto bene gli dei, ormai.

-Ho avuto così paura che non scoprissi la benedizione. Per fortuna hai seguito il tuo istinto e gli hai dato da mangiare- una voce comparsa dal nulla fece sobbalzare le tre persone nella stanza.

-D_Dea Flora?- chiese Alex, impallidendo e fissando la divinità appena comparsa seduta sul letto di Gideon come se fosse un fantasma.

E in effetti aveva l’aspetto di un fantasma, dato che era evanescente.

Ma Leo era ormai abituato alla presenza divina di questo tipo, quindi rimase meno scandalizzato.

Gideon, al contrario, sembrava completamente stravolto da tutti i fatti che si stavano susseguendo uno dietro l’altro.

-Sì, sono io. È un piacere conoscerti finalmente di persona, Leonardo il cuoco. Ti ho osservato a lungo. Oh, è un piacere anche conoscere la leale cavaliera Alex e il piccolo ma tenace Gideon- Flora sorrise materna a tutti e tre.

L’aspetto era quello che Leo si sarebbe sempre immaginato per una divinità della natura: pelle del colore della corteccia degli alberi, striata di linee più chiare e più scure, capelli verdi adornati di fiorellini, e corporatura morbida avvolta da un lungo vestito fatto di foglie e fiori. 

-Mi ha benedetto?- chiese Leo, incredulo.

-Sì, mi sono affezionata molto alla tua avventura, Leonardo. Mi piacevi già dalla tua prima visita, ma ora il tuo obiettivo di salvare quante più persone possibili mi coinvolge pienamente. In quanto dea della natura e della terra, protettrice della libertà e del cambiamento, sono legata alla vita in ogni sua forma, e apprezzo enormemente il sacrificio che compi ogni giorno per risparmiare la vita di amici e di nemici, oltre che il tuo desiderio di portare un mutamento positivo nella vita delle persone- Flora fece un lungo monologo che si era probabilmente preparata.

Era la prima divinità che Leo incontrava che sembrava anche molto professionale.

Jahlee era praticamente uno zio rilassato, mentre Noella si comportava sempre come una giovane donna esagitata ed entusiasta su tutto.

Flora esternava saggezza e calma.

-E… mi ha concesso di salvare Gideon?- chiese Leo, indicando il bambino, che continuava a fissare la dea a bocca aperta.

Flora annuì.

-È una benedizione complessa, ma penso che sarà meglio spiegarne i dettagli quando sarai un po’ più calmo. Ti basti sapere che il cibo da te cucinato può curare le persone, se sei tu stesso a farlo mangiare. Anche se, ovviamente, come ogni benedizione ha i suoi svantaggi- spiegò Flora a grandi linee.

-Non mi importa… grazie, grazie infinitamente, divina Flora. Non so davvero come potrò mai ripagarla del suo aiuto- Leo provò ad inchinarsi fino a terra, ma dovette rinunciare per il dolore allo stomaco.

-Ti prego non sforzarti, Leonardo. E non devi ripagarmi nulla, anche se non disdegnerei un’offerta di biscotti, quando potrai- Flora fece una risatina che sembrò il cinguettio di un uccello.

-Tutti i biscotti che vuole. Ha qualche altro dolce che le piace?- Leo segnò immediatamente la cosa.

Flore fece una risatina più rumorosa, e scompiglio affettuosamente i capelli di Leo, come fosse stato un bambino.

Purtroppo era immateriale, quindi non ebbe conseguenze, ma è il gesto che conta.

-Discuteremo i dettagli più tardi. Intanto vi lascio parlare. Sento che ne avete davvero bisogno- Flora lanciò un’occhiata a Gideon, e anche Leo si girò verso di lui.

Poi la dea sparì, e per qualche secondo, la stanza fu invasa di silenzio, mentre Leo elaborava esattamente cosa fosse successo.

-Leo… mi dispiace. So che avevi detto che non dovevo andare sul tetto, ma volevo aiutarti, e… ti prego, non arrabbiarti- Gideon fu il primo a parlare, mettendo letteralmente le mani avanti, e iniziando a trovare scuse sul suo comportamento, terrorizzato da quello che Leo avrebbe potuto fare.

Ma Leo non era arrabbiato.

Non era deluso.

Non era neanche vagamente irritato.

Era solo enormemente sollevato.

Fece un movimento brusco verso Gideon, che sollevò le mani come a proteggersi da uno schiaffo, ma rimase completamente sorpreso quando sentì le braccia del ragazzo avvolgerlo completamente e iniziare a singhiozzargli sulla spalla.

-Non hai idea di quanto io sia sollevato, Gideon! Grazie agli dei… grazie a Flora sei vivo! Ti prego! Oh, ti prego, non fare mai più una cosa del genere. O quantomeno vieni da me, ti supplico! Non so cosa avrei fatto se ti fosse accaduto qualcosa!- iniziò a straparlare, con voce impastata.

Gideon, nonostante riuscisse a capire una parola su due, comprese il senso generale del discorso, e dopo qualche secondo di sbigottimento, scoppiò a piangere anche lui.

-Mi dispiace! Mi dispiace, Leo- lo strinse forte, abbandonandosi al suo abbraccio e buttando giù tutti i muri che erano rimasti.

-Perché sei andato sul tetto, Gideon? E perché non mi hai detto che ti avevano ferito? Potevo aiutarti. Io voglio aiutarti- Leo iniziò a dargli qualche pacca sulla schiena, per confortarlo, ma anche chiedendo spiegazioni sul suo gesto, ora che aveva la certezza che stesse bene e potesse rispondergli.

Gideon sciolse l’abbraccio, e tenne la testa bassa.

Leo aspettò qualche secondo, deciso però a non lasciar cadere l’argomento. Doveva sapere le motivazioni del bambino se voleva veramente aiutarlo.

-Io… avevo paura che ti arrabbiassi, e… non volevo deluderti- ammise alla fine il bambino, in un sussurro, sfiorando le bende ancora piene di sangue, che però si stava seccando e scurendo.

-Gideon, non mi puoi deludere. Io ti voglio bene e voglio solo che tu stia bene, e non mi sarei arrabbiato. Mi preoccupo per te e basta- Leo cercò di rassicurarlo, con voce decisa per trasmettergli quanto tenesse a lui e che poteva fidarsi delle sue parole.

-È che… tu mi hai salvato la vita e… io… voglio dimostrare che merito di vivere. A te e agli dei!- Gideon continuava a piangere mentre diceva quelle cose, con tono di chi stava ammettendo una enorme debolezza e si vergognasse di frignare come un bambino.

Lui era un bambino, e aveva tutto il diritto se non il dovere di frignare, in quel frangente.

Le parole però colpirono Leo come una coltellata… letterale dato che sobbalzò e gli fece male lo stomaco proprio come una piccola coltellata.

-Non… non devi dimostrare niente a nessuno. Tutti meritano di vivere. È un diritto fondamentale- Leo non riusciva a concepire l’idea di vivere per un motivo preciso. Anzi, lui credeva che nessuno nascesse con uno scopo della vita, e la vita si viveva giorno dopo giorno, sfida doo sfida, e non come una storia con un introduzione, uno svolgimento e una conclusione dopo una grande avventura e dopo aver dimostrato qualcosa a qualcuno.

Pertanto non riusciva del tutto a comprendere i pensieri che Gideon poteva avere in quel momento.

-Perché credi di dover dimostrare qualcosa?- Alex si introdusse nel discorso, avvicinandosi ai due.

Leo si girò verso di lei. Aveva le braccia incrociate e l’espressione attenta. Sembrava leggermente spaventata.

Anche Gideon la guardò, ma distolse lo sguardo quasi subito, e non rispose.

-Gideon… perché pensi di dover dimostrare qualcosa?- Leo ripetè la domanda, in tono più dolce, mettendogli una mano sulla spalla.

Gideon rimase in silenzio qualche secondo, provò ad asciugarsi le lacrime che però continuavano a scendere, e alla fine sospirò.

-Io… dovrei essere morto. Me lo hanno detto gli dei. Ogni notte sogno una voce che mi dice che sarei dovuto morire e non dovrei essere ancora vivo. E… io non voglio morire, ma… voglio…- la sua voce iniziò a spezzarsi, le lacrime ad uscire ancora più copiosamente.

Leo si sentiva mancare il respiro.

Non ne aveva la minima idea.

Sapeva che Gideon non era completamente sereno, ma non passava con lui le notti, dato che dormivano in dormitori diversi, e non aveva idea che avesse incubi. Sembrava sempre abbastanza energico la mattina.

E sempre desideroso di lavorare e aiutare…

Che lo facesse solo per zittire la voce nella sua testa?

-Se… se salvo il mondo… posso vivere, vero? Gli dei mi perdoneranno?- concluse il bambino, con innocenza, mostrando tutta la sua vulnerabilità e i suoi dubbi.

Leo non sapeva cosa dirgli.

Non sapeva neanche cosa fossero quegli incubi, se semplice disturbo post-traumatico, o qualcosa di più profondo. 

Dopotutto gli dei avevano dimostrato di poter entrare nella mente delle persone per cancellare dei ricordi, forse potevano intrufolarsi anche nei sogni.

Una volta rimasto solo avrebbe chiesto informazioni ai tre dei che erano dalla sua parte.

Ma per il momento doveva rassicurare il bambino in lacrime davanti a lui.

-Gideon… non devi salvare il mondo per meritare di vivere- disse con fermezza, mettendogli entrambe le mani sulle spalle.

Gideon non lo guardò negli occhi.

-Ma gli dei…- iniziò ad obiettare, scuotendo la testa, ma la voce gli si spense prima di finire la frase, così Leo intervenne subito.

-Gli dei non ti vogliono morto. Noella ti adora, Flora mi ha permesso di salvarti. I sogni sono solo sogni, e tu non devi dimostrare niente a nessuno, okay? Tu sei Gideon, e meriti di vivere, e crescere, ed essere felice, e non è il tuo compito salvare il mondo e far finire la guerra. Al massimo può essere una scelta, ma non devi fare qualcosa solo perché qualcuno te lo impone o perché pensi di dover dimostrare qualcosa, perché a me, ad Alex, e a tre dei su sette non devi dimostrare assolutamente nulla- Leo mise in ogni parola un forte peso, per mostrare a Gideon che intendeva ogni cosa che stava dicendo, e cercando di fargliela arrivare.

-Perché? Devo pur servirti a qualcosa. Sennò perché mi tieni intorno?- provò ad obiettare Gideon, come se fosse una certezza comprovata per lui.

Nessuno poteva volerlo intorno se non aveva bisogno di lui.

-Gideon… ti voglio bene, tutto qui- Leo non sapeva neanche come obiettare, perché era troppo ovvio per lui che non faceva niente con un secondo fine.

-Ma ti sono utile!- Gideon non riusciva invece a concepire che qualcuno potesse volergli bene e basta, senza dover meritare il suo affetto, o il suo aiuto, o qualsiasi altra cosa.

Gideon non riusciva a concepire di non dover dimostrare qualcosa.

-Certo, ma ti preferisco inutile e al sicuro piuttosto che…- Leo non sapeva più come dimostrare la sua buona fede, e non credeva che ci sarebbe riuscito a parole. 

-Facciamo una cosa, Gideon. Tu ora resti in infermeria qualche giorno, ti riprendi, e poi ne parliamo con calma, va bene? È tardi, è arrivato il momento di dormire- Leo decise che per il momento era meglio chiudere il discorso.

-Ma mi sento benissimo!- provò ad obiettare Gideon, facendo per alzarsi in piedi.

-Non importa! Devi comunque riprenderti, e dormire! È stata una giornata lunga!- Leo era davvero stanco, e quasi non riusciva a tenere gli occhi aperti.

Inoltre aveva bisogno di controllarsi lo stomaco perché non credeva di stare proprio benissimo.

-Leonardo ha ragione, Gideon. Dormi un po’. Ti farà bene- Alex prese le parti di Leo, e si inginocchiò davanti al letto, per stare più sulla stessa altezza del bambino.

-Non mi piace dormire- borbottò il bambino, stringendo forte le coperte.

-Lo so… neanche a me piace dormire. Ma non sarai da solo. Oggi resto io qui con te e mi assicurerò che non ti succeda niente- Alex gli prese la mano, confortante.

Era la prima volta che si comportava in questo modo con il bambino, dato che fino a quel momento era rimasta abbastanza formale con lui, e non si era mai sbilanciata troppo.

Non si era affezionata quanto Leo, e probabilmente lo risentiva abbastanza per la sua fazione precedente, anche se non lo ammetteva. Dopotutto a causa sua sarebbe morta, secondo la Storia.

Ma in quel momento cercò un contatto, e probabilmente trovò un punto di incontro con Gideon.

-Neanche a te piace dormire?- chiese infatti il bambino, sorpreso.

Alex scosse la testa.

Leo sarebbe intervenuto per offrirsi di restare lì per la notte al posto di Alex, ma si trattenne dal proporlo. Sentiva che al momento Alex sarebbe stata molto più utile di lui per Gideon.

E inoltre… doveva riordinare le idee.

-Vi auguro la buonanotte. Se succede qualsiasi cosa, Alex…- Leo si rivolse comunque alla cavaliera per dare la sua disponibilità.

-Penso che non accadrà niente… e cercherò di inventarmi qualcosa con il medico. Sarà piuttosto sorpreso di trovare Gideon in queste condizioni- Alex si dimostrò più pratica di Leo, che non ci aveva proprio pensato.

-Giusto… dovremmo organizzare qualcosa… magari posso…- iniziò subito a cercare una qualche soluzione, ma Alex gli mise una mano sulla spalla.

-Leo… ci pensiamo domani. Va a dormire- gli lanciò anche un’occhiata ammonitrice, e indicò Gideon con la testa.

In effetti se continuava ad avere l’esempio di Leo che si sacrificava sempre, non avrebbe mai imparato a prendersi cura di sé.

Leo decise di seguire il consiglio.

-Torno in camera mia. Ci vediamo domani- scompigliò affettuosamente i capelli di Gideon, diede una pacca sulla spalla di Alex, e poi uscì dalla stanzetta e dall’infermeria.

 

Leo attraversò in fretta i corridoi bui e silenziosi, ed entrò in camera senza fare rumore, notando che le sue coinquiline erano già addormentate.

Decise pertanto di entrare in bagno, e bloccò la porta con una sedia, per evitare che qualcuno potesse entrare.

Accese qualche candela per avere un po’ di luce, e poi si svestì, provocandosi un certo dolore allo stomaco.

Si osservò allo specchio.

Poi accese qualche altra candela perché non riusciva a vedere bene.

E poi si osservò nuovamente.

E rimase senza parole.

Aveva una ferita che sembrava provocata dalla punta di una freccia, abbastanza rimarginata ma che sembrava comunque profonda, e aveva ripreso a sanguinare quando Leo si era tolto i vestiti.

Freccia… come la freccia che aveva colpito Gideon.

La ferita non lo aveva trapassato raggiungendogli la schiena, come era invece accaduto per Gideon, ma era comunque abbastanza brutta a vedersi.

Leo notò anche che il suo collo aveva uno strano disegno, come di un rampicante che gli era avvolto intorno, e che si concludeva in un fiore all’altezza della base del collo, tra le clavicole.

Doveva stare attento a coprirlo bene, per evitare domande.

Toccò il fiore con la mano, e riapparve lo strano schermo olografico.

“Affetto: 75%

Coinvolgimento emotivo: 20%

Intenzione: 0%

Danno totale assorbito: 32%

Danno totale eliminato: 100%”

-Dea Flora?- provò a chiedere, in un sussurro.

-Pensavo mi avresti chiamato più tardi. Dovresti andare a dormire, Leonardo, devi recuperare- rispose una voce pacata immediatamente, e Leo notò dallo specchio che la dea era comparsa alle sue spalle.

-Non avrò molto tempo domani, e preferisco sapere subito cosa comporta la benedizione che mi ha conferito- spiegò Leo, che era effettivamente stanco, ma almeno aveva dormito durante l’attacco, quindi poteva resistere un altro po’. Prese delle bende posizionate in un cassetto, e iniziò a fasciarsi la ferita per sicurezza. Aveva imparato qualcosa, in quei giorni, sul primo soccorso.

-Molto saggio e altruista da parte tua. Sono orgogliosa di aver dato una benedizione a una persona come te. Allora, vuoi sapere qualcosa di specifico, o ti spiego direttamente io i punti salienti e poi mi fai delle domande?- chiese la dea, pratica, sedendosi a terra pronta ad un lungo discorso.

-Può spiegarmi lei, non sono molto bravo a fare domande- ammise Leo, assicurandosi di mettere bene la benda.

Flora si lasciò scappare una risatina. Sembrava trovare molto divertente l’atteggiamento di Leo, anche quando egli non cercava di far ridere.

-Come ho già detto, puoi curare ogni essere vivente, ma devi dargli da mangiare di persona cibo cucinato da te, e ci sono degli effetti collaterali- Flora indicò l benda che lui stava maldestramente sistemando, e Leo fece un cenno di assenso. L’aveva notato.

-Ogni volta che curi qualcuno, lo curi di ogni male fisico che lo affligge. Nessuno malessere mentale, ma puoi comunque curare conseguenze fisiche di tale malessere mentale. Funziona principalmente per ferite, di cui togli il 100%, ma per malattie o problemi più persistenti puoi curare solo una piccola percentuale per volta, che si basa su quanto è grave il problema. Tutto chiaro fino a qui?- Flora iniziò a spiegare in modo molto professionale facendo dei segni con le mani.

Leo annuì, non sembrava troppo complicato, anche se era decisamente molto più complessa come benedizione rispetto alle altre due, dove c’erano solo un timer, un numero, e usi istintivi. 

Flora invece sembrava averci messo un certo impegno. Probabilmente, a differenza di Jahlee che aveva dato la benedizione senza pensarci troppo, e Noella che aveva benedetto istintivamente nel momento del bisogno, Flora aveva ponderato prima di decidere di prendere le sue parti.

Da un lato il suo supporto valeva quasi più di quello degli altri dei.

Anche se Leo non l’avrebbe mai ammesso a voce alta.

-Ovviamente una benedizione così potente ha i suoi effetti collaterali. Avrei potuto dare un numero preciso di possibili usi, ma sarebbe stato troppo limitante permetterti di curare sette persone soltanto, così ho deciso di testare anche la tua abilità organizzativa. Quindi, oltre al fatto che non puoi usare il potere su di te, per ogni persona che curerai, prenderai un pezzo del malessere che curi nella persona. Tale percentuale verrà calcolata in basa alla media tra tre diverse percentuali, quelle che vedi nell’immagine olografica: l’affetto che provi per la persona che stai curando, l’intenzione che hai di curare la persona mentre le offri del cibo, e il coinvolgimento emotivo, che segna sia quanto tu sia coinvolto emotivamente dalla malattia di tale persona, sia quante volte l’hai curata in passato. Pertanto con Gideon, a cui vuoi molto bene, hai totalizzato un 75% per l’affetto, uno 0% perché quando lo hai nutrito non sapevi che l’avresti curato quindi non avevi intenzione di usare la benedizione, e solo un 20% sul coinvolgimento emotivo perché sebbene fossi coinvolto, è la prima volta che curi Gideon, quindi la percentuale si è tenuta bassa. Mi segui?- Flora spiegò una parte più complicata.

Leo era troppo stanco per seguire ogni parola, ma fece del suo meglio.

-Quindi se curo un soldato che non conosco, per la prima volta, ma lo faccio con intenzione, totalizzo poca percentuale per i primi due parametri, ma una percentuale alta nell’ultimo?- chiese Leo, immaginandosi un esempio.

-Sì, e ottieni la percentuale del dolore della persona che hai curato in media. In questo caso hai ottenuto solo il 32% della ferita di Gideon- Flora annuì, orgogliosa che Leo avesse capito.

-E fa comunque un sacco male- borbottò Leo, che non riusciva neanche a immaginare come doveva essersi sentito Gideon.

-Lo so… è un limite per vedere se riesci a organizzarti bene e selezionare le tue priorità. È anche una prova per te- Flora spiegò, con un gran sorriso che però sembrava nascondere quasi una minaccia.

-Farò del mio meglio, e la ringrazio davvero per la fiducia. Non… non mi aspettavo che un’altra divinità mi avrebbe mai aiutato- ammise il ragazzo, appoggiandosi al bordo della vasca da bagno, e mostrando un po’ della sua vulnerabilità. Le parole di Gideon gli risuonavano in testa.

-Non posso parlarti di ciò che pensano gli dei di te, e prima che tu me lo chieda, non so esattamente cosa stanno facendo nei sogni delle persone, né se sono effettivamente coinvolti, ma probabilmente c’è lo zampino di Veer e Omish- Flora rispose alla domanda ancora non formulata.

Leo sospirò.

Il dio della morte e il dio della mente… come poteva Leo sconfiggerli?!

Era solo un umano a cui piaceva cucinare.

Non era neanche riuscito a tenere al sicuro un bambino sotto la sua custodia.

Gideon era salvo per miracolo!

E si era ferito Leo.

Forse quella guerra era davvero troppo grande per lui.

-Non ti abbattere, Leonardo il cuoco. L’ora tarda e la stanchezza sono pessimi consiglieri, ma la libertà è un diritto che non potrà mai essere sottratto dall’essere umano, e la libertà porta cambiamenti, se si è forti e determinati abbastanza da afferrarli. Hai tre benedizioni e un bellissimo obiettivo. Sono certa che troverai la forza di raggiungerlo- lo incoraggiò Flora, avvicinandosi e sorridendogli incoraggiante.

Leo si asciugò le lacrime che avevano iniziato a scorrergli lungo le guance per lo stress e per quanto sopraffatto si sentisse al momento, e accennò un sorrisino, annuendo appena.

-È difficile che mi arrenda- ammise, cercando di trovare quella forza.

Non c’era tempo per farsi le paranoie, doveva essere forte, e in gamba, e ora aveva un’ottima benedizione, che doveva sfruttare al meglio.

Si potevano dire tante cose di Leo, ma una cosa era certa: se aveva un obiettivo, avrebbe fatto tutto per portarlo a termine. Che fosse imparare a cucinare le meringhe o fermare una guerra tra due regni.

-Lo so. Secondo me… potresti piacergli molto- borbottò Flora, un po’ tra sé.

-A chi?- provò a chiedere Leo.

-Alla divinità che protegge la perseveranza e la determinazione… ma è anche un testardo, quindi meglio non pensarci per il momento… vai a dormire, Leonardo. Solo con una buona dormita potrai recuperare del tutto- Flora indicò la ferita, e poi incoraggiò Leo a prepararsi per la notte, prima di sparire nel nulla.

Lui eseguì, si mise la cuffia per i capelli, la vestaglia pesante, nascose bene i vestiti, e poi si infilò silenziosamente nel letto, e crollò nel momento stesso in cui la testa si posò sul cuscino.

 

Il giorno successivo Leo non aveva recuperato assolutamente nulla. Era stanco morto, con due occhiaie da far spavento, la mente ancora confusa da tutto ciò che era successo il giorno prima, gli occhi gonfi dal pianto che si era fatto, e la ferita che gli faceva male.

Inoltre si era dimenticato di lavare il suo secondo vestito da cameriera quindi era stato costretto a indossare, almeno all’inizio, il vestito macchiato di sangue e aveva suscitato una certa preoccupazione da parte delle sue amiche cuoche.

Anna, oltretutto, aveva ricevuto un trattamento decisamente freddo, dato che per quanto si fosse scusata sentitamente per non aver tenuto d’occhio Gideon durante l’attacco, Leo la riteneva comunque in parte responsabile del fatto che si fosse ferito.

-Mi aveva chiesto di lasciarlo andare perché voleva raggiungerti e farti una sorpresa. Non mi sarei mai immaginata che ci sarebbe stato un attacco di lì a pochi minuti. L’ho cercato ma era già lontano e mi hanno obbligato ad andare al rifugio. Mi dispiace così tanto, Leo. È tutta colpa mia se si è fatto male- aveva spiegato la situazione in lacrime, ma Leo le aveva dato qualche pacca sulla spalla e le aveva detto un -Non preoccuparti- ben poco sentito, prima di ignorarla per il resto della giornata.

Non lo aveva fatto con cattiveria, semplicemente era troppo stanco e pensieroso per preoccuparsi anche degli altri, in quel momento.

Un giorno.

Aveva deciso di prendersi un singolo giorno senza pensare a nessuno.

O meglio, una mattinata.

Infatti aveva passato la mattinata a fare quante più faccende possibili, ignorando ogni commento sui vestiti, su Gideon, sul cibo e su altro.

Ovviamente tutti sapevano di Gideon perché le notizie, a palazzo, giravano molto velocemente.

Sapevano anche tutti che c’era un possibile ladro in giro, perché avevano recuperato gli oggetti della principessa rubati alla casa sull’albero (salvati, non rubati!).

Probabilmente era stato Persian a diffondere la voce, vista la sua passione per i pettegolezzi. O Chevel, o Caspar… chiunque fosse, non era importante, e Leo ignorò la cosa.

E poi si prese l’intero pomeriggio e la sera per stare con Gideon.

O meglio, il pomeriggio da Gideon, e la sera dai bambini tramite passaggio segreto, per informarli di quanto accaduto e rassicurarli. 

E poi di nuovo da Gideon, dove era in quel momento, e fissava fuori dalla finestra, osservando i confini del regno.

Il bambino stava dormendo e aveva detto e ripetuto tutto il giorno che stava bene, ma il medico aveva detto che doveva restare in osservazione per almeno altri due giorni, dato che ancora non riusciva a spiegarsi come fosse possibile che dalla notte al giorno fosse completamente guarito, e voleva fare qualche test poco invasivo per cercare di capirci qualcosa.

A Leo non dispiaceva. Era meglio tenere Gideon fermo per un po’.

Per sicurezza.

E lui sarebbe rimasto lì, accanto a lui.

Aveva intenzione di osservare gli effetti di eventuali incubi e fermarli sul nascere.

-I turni ci sono per far dormire entrambi, Leah…- una voce alle sue spalle lo riscosse dai suoi pensieri.

Alex si era offerta di aiutarlo nel badare al bambino, e sebbene la sua decisione avesse sollevato qualche sopracciglio tra le cuoche che erano venute a trovarlo, Leo ne era davvero felice.

Era un’amica davvero preziosa.

Anche se in quel momento dovevano mantenere le maschere, quindi era un “amico”.

-Non si preoccupi, cavaliere Alex. Non ho affatto sonno in questo momento. Posso fare io il prossimo turno- rispose Leo, con voce femminile che cercò di mantenere bassa.

Gideon era stato spostato in un’altra stanza con più persone, dato che non era più in stato grave, e sebbene stessero tutti dormento, avevano deciso di continuare a fingere di essere del sesso opposto.

Era stancante.

-Non ti sei fermata un attimo oggi. Come va la ferita?- Alex osservò la zona dello stomaco dove si poteva intravedere, per l’occhio più attento, il rigonfiamento leggero della benda applicata male.

Non aveva ripreso a sanguinare e sembrava stare molto meglio, ma era vero che aveva provocato qualche fitta.

Leo aveva preso un vestito di scorta che gli stava abbastanza largo, quindi era riuscito a nascondere i suoi dolori dietro finto fastidio per il vestito ingombrante.

Ma Alex non si faceva fregare così facilmente.

-La ferita va bene- Leo rispose alzando le spalle.

-E il resto?- Alex continuò a indagare.

In effetti era strano vedere Leo così poco energico.

Ma la verità era che aveva tante cose a cui pensare, e non riusciva a stare dietro a tutto.

-Va bene- borbottò, continuando a fissare fuori dalla finestra.

-Leah… non è…- Alex iniziò quello che probabilmente era un sincero e accurato discorso su come quanto accaduto a Gideon non fosse colpa sua, che non poteva caricarsi tutto il peso di tutti sulle spalle, e altre cose del genere, ma Leo la interruppe.

-Sbaglio o lì c’era una foresta un tempo?- chiese, indicando un punto all’orizzonte.

-Quella è la foresta infinita che è stata bruciata in uno dei primi attacchi seri, all’inizio della guerra- spiegò Alex, con voce velata di tristezza.

-Non pensavo che la foresta infinita fosse così vicina a palazzo- osservò Leo, che aveva letto l’evento nella Storia, ma non ne conosceva i dettagli.

Sapeva che quegli alberi erano molto importanti per il regno, ed era chiamata la foresta infinita non perché fosse molto vasta, ma perché i grandi alberi erano speciali, e ogni volta che venivano tagliati ricrescevano entro un anno rigogliosi come prima. La legna era una risorsa molto importante nel regno, e serviva quando c’erano problemi nel commercio con Fring.

Ora che la foresta era bruciata, le risorse di legno erano quasi inesistenti, ed erano stati costretti a tagliare altre foreste ben meno magiche.

-Beh, è a circa un paio d’ore di distanza… Leo, stai cambiando discorso- dopo aver dato maggiori informazioni, Alex tornò concentrata, e lanciò a Leo un’occhiata eloquente, tornando ad usare il nome e i pronomi giusti.

Sì, Leo stava cambiando discorso, ma era effettivamente interessato a quegli alberi.

-No, mi sta venendo un’idea…- si difese, lanciando un’ultima occhiata alla foresta bruciata e poi girandosi verso Alex, che lo stava fissando.

Era una scena davvero assurda, a pensarci. Una cavaliera donna che si fingeva uomo, e un cuoco uomo che si fingeva donna.

La prima volta che Leo era stato lì non ci aveva fatto molto caso, dato che, consapevole dei cliché nelle opere di quel genere, non trovava affatto strano che una ragazza si fingesse un ragazzo per entrare nella guardia reale, ma ora che viveva in prima persona dei panni non suoi si rendeva sempre più conto di quanto gli andassero stretti.

…beh, non quelli che indossava al momento perché erano piuttosto larghi, ma in generale fingersi donna era una faticaccia.

-Posso farti una domanda personale?- chiese ad Alex, che storse il naso ed esitò qualche secondo prima di rispondere.

-Va bene… ma poi parliamo di Gideon- acconsentì, incrociando le braccia e lanciando un’occhiata al bambino, che sembrava dormire sereno.

-Certo, certo… come riesci a sopportarlo?- Leo abbassò lo sguardo mentre faceva quella domanda, e il finto seno che colpì i suoi occhi gli diede abbastanza fastidio.

-Sopportare cosa?- Alex non sembrò capire.

-La gente che ti chiama sempre con il nome e i pronomi sbagliati. Guardarsi allo specchio e non riconoscersi del tutto. È così… strano- Leo si spiegò meglio, in un sussurro percepibile solo da loro due.

-Beh, il nome è giusto…- Alex alzò le spalle, ma la voce ebbe un leggero tremore, segno che quella domanda l’aveva colpita.

-Sì, ma comunque… io sono così da qualche settimana e sto per impazzire. Se non ci foste tu e Gideon e i bambini avrei delle crisi incredibili- insistette Leo, sistemandosi qualche ciocca dei finti capelli che gli era ricaduta sul viso.

-Lo capisco… in effetti è difficile, ma ormai ci sono abituata. So che è per una buona causa, e alla fine non è importante chi sono, ma quello che faccio- Alex alzò le spalle. Probabilmente, dopo tutto quel tempo, si era arresa ala cosa. Ma non era una cosa necessariamente positiva.

-Ma chi sei è importante- obiettò Leo, con tutta la vemeenza che gli fosse permesso utilizzare in quel silenzio senza svegliare nessuno, posandole una mano sulla spalla in modo confortante.

-Sì, lo so, ma… ho preso questa identità per un motivo preciso, e non me ne pento. Se tornassi indietro lo rifarei mille volte, e le cose belle dell’esperienza equilibrano quelle brutte e le superano. Sto vivendo il sogno- Alex gli sorrise appena, e si sistemò appena i capelli corti.

-Perché ti sei finta un uomo? Non me lo hai mai raccontato- Leo era effettivamente curioso di sentire la storia, e avevano molto tempo libero.

Alex gli lanciò un’occhiata sospettosa, di chi non sa se la persona davanti a lei sia seria o stia tergiversando, ma alla fine, dopo essersi assicurata che le persone intorno a loro fossero effettivamente addormentate, decise di concedere a Leo il beneficio del dubbio.

Da parte del ragazzo, comunque, c’era solo una sincera curiosità.

Da un lato voleva distrarsi dai suoi pensieri, dall’altro voleva conoscere meglio la sua principale compagna in quell’avventura.

-A dire il vero… sarei dovuta venire qui come cameriera. Praticamente è arrivata una proposta di lavoro per me e mia… sorella, e… io dovevo essere cameriera, e lei cavaliere- iniziò a spiegare Alex, e il sorriso si fece triste quando nominò la sorella.

Leo non aveva idea che avesse una sorella.

-Aspetta, ma se a lei hanno offerto il posto di cavaliera, perché ti sei dovuta fingere uomo?- Leo non capì il ragionamento. 

Alex fece un sorrisino.

-Beh… diciamo che ci siamo scambiate di identità. Lei non voleva assolutamente fare il cavaliere, cosa che io ho sempre desiderato, così sono venuta con il suo nome e lei ha iniziato ad usare il mio- Alex spiegò senza spiegare molto, ma Leo intuì il significato nascosto di quella frase.

-Capisco… è venuta a fare la cameriera qui?- chiese, incuriosito.

Alex scosse la testa.

-Non voleva restare a Jediah. Ha preferito andare a Fring. È sempre stata molto libera e ribelle. Anche se il suo sogno è sempre stato quello di scendere nel regno sottomarino e lavorare a Katrang, alla corte reale o al tempio. Ma non so se ci è riuscita. Ho smesso di ricevere sue notizie qualche anno fa- Alex abbassò lo sguardo.

-Mi dispiace. È davvero brutto non sentire notizie dalla tua famiglia- Leo le mise un braccio intorno alle spalle, e la strinse a sé per mostrarle tutta la sua partecipazione.

-E Lexie è tutto ciò che mi rimane- Alex sospirò, e ricambiò l’abbraccio.

Rimasero così qualche secondo, poi Leo si fece coraggio per fare una domanda che gli premeva.

-Hai detto che il nome è giusto, ma… se hai preso il nome di tua sorella… tu come ti chiamavi prima?- osò chiedere.

Alex fece un sorrisino.

-Oh, il nome è giusto, mi chiamo Alexandra- affermò.

-E hai preso il nome Alexander?- Leo era comunque un po’ confuso.

-I miei genitori non si aspettavano gemelli, e non avevano molta fantasia- Alex alzò le spalle.

-E avete ripiegato su Alex e Lexie… mi sembra giusto- Leo dovette trattenersi per non ridacchiare a sua volta.

-Comunque… non mi pesa aver preso il posto di mia sorella. Ho comunque seguito il mio sogno, e ho permesso a lei di seguire il suo. Grazie al mio stipendio sono riuscita ad occuparmi da sola dei nostri genitori per gli ultimi anni della loro vita, e lei è stata libera di scappare e andare dove l’ha portata il cuore. Quindi… è un sacrificio che non mi pesa affatto- Alex concluse il discorso.

Ma Leo non era comunque soddisfatto.

-Hai mai pensato di dire la verità? La famiglia reale è comprensiva, e la tua lealtà è comprovata. Non credo che ti guarderebbero con occhi diversi se ammettessi la verità. E sono certo, conoscendo Daryan e Opal, che continueresti ad essere una cavaliera amata e rispettata esattamente allo stesso modo. Io dopotutto ero un cuoco uomo- provò a suggerire.

Alex sospirò.

-Ci ho pensato… ma in questo clima di terrore… temo che non giocherebbe a mio vantaggio ammettere di aver mentito per anni- Alex spiegò i propri dubbi.

Leo doveva ammettere che non aveva tutti i torti.

Dopotutto, anche lui in quel momento era nascosto e doveva ripiegare su sotterfugi perché troppo spaventato per dire la verità.

-Sappi che se tu volessi uscire allo scoperto, avresti il mio completo e totale supporto- Leo mise in chiaro la propria posizione, e Alex gli sorrise.

-Lo so, Leo. Ricordo che quando mi scopristi, al lago, temevo che sarei stata arrestata immediatamente e condannata per direttissima. Eppure sei sempre stato un amico molto fedele e comprensivo- ammise.

-Non sono nessuno per giudicare, lo sai- Leo scosse la testa, come se il suo comportamento non fosse niente di particolare.

Prima che Alex potesse aprire bocca per obiettare o per cambiare discorso, un mugugno proveniente dal letto di Gideon destò l’attenzione di entrambi, che si affrettarono a svegliarlo, temendo potesse stare avendo un incubo.

Il bambino si alzò a sedere, leggermente sudato.

-C’è un attacco? Cadono i muri?- chiese, con voce tremante.

-No, Gideon, tranquillo. Stavi solo avendo un incubo. Va tutto bene- lo rassicurò Leo, porgendogli un bicchiere d’acqua, dato che sembrava disidratato.

-Ci siamo noi qui con te, nessuno può farti del male- promise Alex, mentre Gideon beveva e iniziava a calmarsi.

Rimasero svegli a rassicurarlo per qualche altro minuto, poi Gideon tornò con la testa sul cuscino, e si addormentò nuovamente.

Leo e Alex sospirarono in contemporanea, e si sedettero ai piedi del letto.

Dopo qualche minuto, fu Alex a interrompere il silenzio.

-Leo, dobbiamo parlare degli incubi di Gideon- tirò fuori l’argomento che era nell’aria.

Leo annuì.

-Ho provato a chiedere agli dei ma non mi hanno saputo dire nulla- affermò, con una certa delusione.

-Io non credo che sia un’esclusiva di Gideon- ammise la cavaliera, con una certa esitazione.

La notizia non sorprese il cuoco, che la notte prima aveva notato dei segnali.

-Perché lo credi?- chiese, cautamente, e guardandola attento.

Alex rimase in silenzio qualche secondo, e si assicurò che Gideon stesse dormendo.

Poi sospirò.

-Anche io ho questi incubi. Dalla battaglia di Tormalina. Ogni notte sogno scontri, incidenti, morte, e sento una voce che mi dice che dovevo morire, e che restare in vita è uno sbaglio. All’inizio pensavo che fosse soltanto un trauma, ma… non sono l’unica. Anche altri cavalieri stanno avendo questi sogni, ho chiesto in giro: Bernlak, Marrok… anche Tristian. Tristian è il cavaliere più in gamba e con la testa sulle spalle che conosca. Non è normale che abbia incubi del genere- spiegò Alex, turbata.

Anche Leo rimase turbato.

Erano tutti nomi molto familiari.

-Tutte persone che secondo la Storia sarebbero dovute morire- sussurrò, notando lo schema.

-Penso che il dio della morte si sia reso conto che alcune anime mancano all’appello, e le sta reclamando. Entrano nei sogni per farci dubitare della nostra stessa vita. Finché ci rimangono solo due opzioni per cercare di zittire la voce nella nostra testa: diventare il più grande eroe dei sette regni dimostrando che la nostra vita ha valore, o morire nel tentativo e trovare finalmente la pace- Alex riassunse ciò che probabilmente Gideon iniziava a pensare, e probabilmente non era l’unico.

Anche Leo aveva molti incubi, e sapeva quanto influenzassero la mente anche durante la giornata. Gli incubi ricorrenti, poi, rischiavano di creare vere e proprie psicosi.

In una guerra, potevano essere decisamente fatali.

Una distrazione, un pensiero intrusivo, un po’ di stanchezza… e un attimo dopo potevi essere morto.

-Tu come stai?- chiese Leo, preoccupato per Alex.

-Me la cavo. Ammetto di essere un po’ stanca, e di avere difficoltà ad addormentarmi. Ma sono abituata alla fatica, non è niente che non possa sopportare- Alex sminuì la cosa, ma non sembrava stare troppo bene.

Leo non poteva niente contro gli incubi, e di certo, se c’era lo zampino degli dei, dubitava che avrebbe trovato qualcosa per contrastarli.

Ma forse poteva fare qualcosa contro la fatica.

Era una conseguenza fisica di un malessere mentale, dopotutto.

Armeggiò in tasca, e tirò fuori una caramella arcobaleno.

Era solo un esperimento, ma non erano uscite cattive, quel giorno.

Le aveva portare ai ragazzi al rifugio e ne aveva riportate un paio per darle a Gideon.

Ne era rimasta solo una.

La porse ad Alex.

-Apri la bocca…- la incoraggiò, porgendole la caramella.

Alex lo guardò confusa.

-Che stai facendo?- chiese, allontanandosi appena.

-Un esperimento- rispose Leo in modo molto poco rassicurante, porgendo con più decisione la caramella verso Alex -Apri la bocca, dai, fidati- la incoraggiò poi.

Se Alex fosse stata un po’ meno fedele e fiduciosa nei confronti di Leo, probabilmente gli avrebbe schiaffato via la mano, ma decise di fare quanto chiesto, e aprì la bocca.

Leo la imboccò della caramella. 

I suoi occhi brillarono appena, accendendosi per un attimo di una luce verde smeraldo.

E si sentì immediatamente più stanco.

Poco dopo aver deglutito, Alex lanciò a Leo un’occhiata confusa.

-Che hai fatto?- chiese, portandosi una mano al petto e raddrizzandosi.

Leo non trattenne un sorriso, e sfiorò il punto sul collo dove aveva il fiore tatuato.

“Affetto: 70%

Coinvolgimento emotivo: 10%

Intenzione: 20%

Danno totale assorbito: 33%

Danno totale eliminato: 50%”

Non erano buonissimi valori, ma erano decenti.

E se Leo aveva sentito il danno assorbito, che era minore di quello eliminato, di certo Alex aveva notato la differenza.

-Non posso togliere gli incubi, ma almeno posso togliere un po’ del peso che hai addosso- spiegò Leo, parlando per enigmi.

Non si addiceva molto alla sua persona, ma era un po’ stanco.

Tipo… tanto stanco.

Stanco abbastanza che se avesse chiuso gli occhi un momento sarebbe crollato addormentato.

-Non sprecare la tua benedizione con me- Alex scosse la testa, e si allontanò appena.

-Non è uno spreco, è un investimento. E comunque lo faccio con il cuore. Non mi costa niente- Leo la rassicurò, forzando un sorriso sicuro di sé.

-Ti costa sicuramente qualcosa. Ieri hai preso la ferita di Gideon. Quali sono gli effetti collaterali?- indagò Alex, preoccupata.

-Sono molto tranquilli. Prendo solo una minima parte delle ferite che curo. Te lo giuro, non mi costa niente- Leo mentì, e non spiegò precisamente la questione delle percentuali.

Avrebbe trovato il modo di sfruttarle al meglio senza farsi troppo male.

E se si fosse fatto troppo male… aveva comunque cinque vite da utilizzare, sicuramente non sarebbe morto e basta… sperava.

Era per il bene superiore.

-Sei proprio uguale a Gideon- borbottò Alex, scuotendo la testa.

-È un complimento?- Leo sperò in una risposta positiva. Gideon era in gamba.

-Non in questo caso. Anche tu pensi solo agli altri, mai a te stesso, e ti butti in rischi inutili senza pensare alle conseguenze- osservò Alex, senza particolare astio, ma lanciandogli un’occhiata penetrante.

Leo abbassò lo sguardo, un po’ in imbarazzo.

Era una descrizione piuttosto accurata.

-Beh… okay. Prometto che ci starò più attento. Anche per dare un esempio migliore- la rassicurò, alzando le mani in segno di resa e poi mettendone una sul petto per dichiarare la propria buona fede.

Alex sospirò, e non obiettò oltre.

-D’accordo, lasciamo stare. Vai a dormire adesso, faccio io il primo turno di guardia- lo incoraggiò, indicando la branda vuota vicino al letto.

-Ma…- iniziò ad obiettare Leo, ma Alex lo fulminò con lo sguardo -…okay… ma se c’è un qualsiasi problema, svegliami- si fece promettere, prima di stendersi a letto.

Non riuscì ad ascoltare neanche la risposta di Alex, prima di crollare addormentato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Cos’è questa follia?! Due aggiornamenti a meno di una settimana di distanza?! Ma sono completamente impazzita?!

Sì, sono completamente impazzita, e avevo un’ispirazione pazzesca per questo capitolo che, potete vederlo anche voi, è super pieno di importante novità, colpi di scena, introspezione e nuovi sviluppi.

Gideon stava morendo, ma Leo lo ha salvato grazie a una nuova e davvero utile benedizione, che si rivelerà fondamentale nei prossimi capitoli. Ma Leo deve stare attento e dosare bene gli ingredienti della salvezza, senza assimilare troppa sofferenza altrui. Alla fine è come una ricetta, e lui è esperto di ricette.

…è un po’ meno esperto di auto-conservazione e sopravvivenza, ma imparerà, forse.

E comunque ha ancora sei vite, no?

In ogni caso sono molto soddisfatta di questo capitolo.

Pensate che ho scritto le prime otto pagine in una notte tra mezzanotte e le tre, altre otto pagine un’altra notte tra le undici e le due, e il resto a pezzettini negli ultimi due giorni.

Praticamente non riuscivo a smettere di scrivere.

Spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto :3

Inoltre ho finalmente il primo sondaggio di RC2: Sondaggio 

Rispondete e fatemi sapere :D

Vi mando un grande bacione e alla prossima :-*

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Divento giardiniere e crocerossina... che dolore pazzesco! ***


Divento giardiniere e crocerossina… che dolore pazzesco!

 

Leo si era ripreso completamente, Gideon era stato dimesso, e con le nuove strategie di difesa, gli attacchi erano diventati sempre più semplici da sventare… soprattutto grazie ad Alex che, più energica grazie alle cure magiche di Leo, aveva offerto grandi spunti.

E tutto questo in meno di una settimana.

Un problema che però continuava a persistere e si faceva sempre più grave era la mancanza di risorse, soprattutto combustibile, più che cibo.

E dopo giorni di riflessioni sulle parole di Flora, e sulla sua nuova utilissima benedizione, a Leo era venuta un’idea.

Pericolosa… molto pericolosa… rischiava di rimetterci almeno una vita.

Ma valeva la pena tentare.

Pertanto chiese di essere mandato, insieme a Gideon e ad Alex, al villaggio a rifornirsi di cibo.

E si fece lasciare nella foresta infinita.

Da vicino gli alberi bruciati facevano un effetto davvero tremendo.

-Leonardo, cosa vuoi fare qui?- chiese Alex, guardandosi intorno e assicurandosi di non essere stati seguiti.

Avevano alcune ore e tanti compiti, ma Leo si fidava a lasciare il rifornimento ad Alex e Gideon, dato che anche gli altri bambini si erano offerti di aiutare.

Era bello avere una squadra che gli guardava le spalle.

Anche se Alex iniziava a preoccuparsi un po’ troppo per lui.

-Spero sia una cosa importante, dato che puzzerò per sempre!- si lamentò Gideon, lanciando un’occhiataccia al sacco di fertilizzante che Leo aveva portato con loro e che stava scaricando dalla carrozza fetida.

-Lo spero anche io- borbottò, osservando il contenuto e valutando quanto utilizzarne.

Sperava davvero che avrebbe funzionato.

E che non sarebbe inavvertitamente rimasto ferito in modo grave nel tentativo.

Tipo amputazioni o ustioni di quarto grado…

No, non poteva farsi fermare dai dubbi. Aveva fatto i calcoli, e sebbene non fosse esperto di statistica, Leo era certo che le cose sarebbero andate per il meglio.

La speranza è l’ultima a morire!

-Leonardo, cosa vuoi fare qui?- chiese nuovamente Alex, decisamente preoccupata.

-Un esperimento. Ma tranquilla, è super sicuro. Niente di preoccupante- mentì Leo, con sicurezza, per provare a rassicurarla.

Alex ormai lo conosceva troppo bene per farsi fregare.

-Leonardo, cosa vuoi fare qui?- chiese nuovamente, fissandolo dritto negli occhi.

Leo distolse il proprio sguardo.

-Una cosa... tu e Gideon dovete andare se volete fare tutte le commissioni in tempo. Non potete rischiare di attirare attenzione indesiderata o arrivare in ritardo- Leo provò a scrollarsela di dosso.

-Leonardo, cosa vuoi fare qui?- Alex però era un disco rotto, e cercò lo sguardo di Leo.

Il cuoco decise semplicemente di non risponderle, e si limitò a portare il fertilizzante fatto in casa verso i resti bruciate degli alberi, che iniziò ad analizzare.

Non sembravano completamente morti, era una cosa positiva.

Onestamente Leo non credeva che sarebbe riuscito nel suo intento, ma tanto valeva tentare.

Degli alberi facevano comodo in quella circostanza, e la dea Flora aveva detto “esseri viventi”. Gli alberi non erano esattamente esseri, ma erano viventi, no?

-Leonardo…- cominciò Alex.

-…cosa vuoi fare qui?- conclusero insieme a lei sia Leo che Gideon.

Alex lanciò loro un’occhiataccia.

-Sentite, ho tutto sotto controllo, e se avessimo abbastanza tempo vi terrei anche qui intorno ad aiutarmi, ma è una cosa che devo fare da solo, e non abbiamo tempo. Tranquilla, Alex. Andrà bene. Ci rivediamo qui tra due ore, come stabilito- Leo decise di spiegare un po’ meglio, senza però fornire troppi dettagli.

Se l’avesse fatto, Alex probabilmente avrebbe cercato di fermarlo.

Sembrava in procinto di farlo comunque.

-Leonardo…- 

-…cosa vuoi fare qui?- indovinò Gideon, che iniziava a divertirsi.

-No! Volevo dire… Leonardo, non mi convince questa cosa. Potrebbe essere pericoloso, e sei ancora…- Alex non concluse la frase, ma lanciò un’occhiata a Gideon, che abbassò la testa, e abbandonò il sorrisino.

Leo e Alex cercavano di non parlarne e di non farglielo pesare, ma Gideon aveva capito che Leo era rimasto ferito nel salvarlo, e si sentiva parecchio in colpa.

Forse anche per questo motivo era diventato molto più incline a seguire gli ordini di Leo.

-Sto benissimo, Alex! Non ci proverei se non sapessi con assoluta certezza che è una cosa sicura e che sono in grado di affrontare- Leo rassicurò entrambi… ma stava mentendo.

Non aveva la più pallida idea di cosa gli riservava il futuro.

Ma, ehi, le grandi scoperte si facevano solo tentando, e Leo aveva ancora cinque vite.

Alex si morse il labbro, incerta, ma alla fine sospirò, cedendo.

-Ci vediamo tra due ore… andiamo, piccoletto- incoraggiò Gideon a seguirla, e si avviò nuovamente alla carrozza.

Gideon esitò un attimo prima di seguirla.

-Ci vediamo dopo- disse solo, andandole dietro zompettando.

Leo aspettò di vederli sparire all’orizzonte prima di mettersi a lavoro.

Il fertilizzante puzzava tantissimo, ma iniziava ormai a farci l’abitudine, e aveva portato degli ottimi guanti spessi per lavorare senza restare troppo disgustato.

Anche se… lui era abituato al cibo, non alla terra.

Beh, dai, alla fine molti ingredienti venivano dalla terra, che era concimata… non sarebbe stato così traumatico… forse… sperava.

La prima cosa era cercare un perfetto esemplare per il primo esperimento.

Un albero non troppo grande, non troppo bruciato… non troppo lontano perché il fertilizzante era anche pesante, oltre che puzzolente.

Leo si preparò psicologicamente, si tolse i vestiti scomodi e la parrucca per non rischiare di sporcarli, restando quindi solo con la biancheria intima che comprendeva mutandoni e canottiera di lana, e poi infilò i guanti, pronto ad un’operazione che con molta probabilità sarebbe risultata infruttuosa o mortale.

Fece un profondo respiro.

E poi iniziò a fertilizzare i resti dell’albero.

Era un piano stupido, ad essere onesti.

Non è che buttare del fertilizzante su un albero equivale a nutrirlo, e probabilmente gli alberi non erano neanche compresi nella benedizione di Flora, anche se era la dea della natura.

Ma tanto valeva provare, giusto?

Almeno non avrebbe avuto rimpianti.

E nella migliore delle ipotesi, Leo avrebbe guarito degli alberi che presto sarebbero cresciuti offrendo legna per l’inverno.

Non andò come la migliore delle ipotesi di Leo.

Affatto.

Neanche il tempo di finire di spalmare quella roba come capitava, che un enorme tronco crebbe con la velocità di un’esplosione, sbalzando indietro Leo per la forza d’impatto, e mandandolo a sbattere contro il terreno di testa.

-Ma che… non mi aspettavo queste conseguenz…- massaggiandosi la testa dolorante, e spuntando qualche foglia, Leo iniziò a lamentarsi, ma rimase completamente ammutolito quando si rese conto di cosa fosse appena successo.

Davanti a lui, infatti, era cresciuto un albero immenso, perfettamente adulto e perfettamente sano.

Rimase a fissarlo qualche secondo, incredulo.

Sì, sapeva che il suo potere curasse completamente le persone, ma non si aspettava un successo del genere sugli alberi.

Ancora scioccato, riuscì a riprendersi abbastanza da toccare la base del collo, con il fiore tatuato, per controllare le sue statistiche.

“Affetto: 1%

Coinvolgimento emotivo: 0%

Intenzione: 30%

Danno totale assorbito: 10%

Danno totale eliminato: 100%”

Ah…

AH!

WOW!

Leo… Leo aveva… Leo aveva fatto una cosa giusta.

Era andata mille volte meglio della migliore delle ipotesi!

Il danno assorbito era minimo, e da ciò che il cuoco poteva vedere, aveva ancora tutti gli arti al proprio posto.

Ma mentre lo shock si acquietava, Leo iniziò a sentire una fortissima fitta sul polpaccio.

Prima di alzarsi, decise di dare un’occhiata, e dovette ammettere che era piuttosto… brutto.

Quasi tutto il polpaccio destro era rosso e bruciato.

Non sembrava una bruciatura gravissima, ma… faceva male.

Ed era probabile che sarebbe rimasta la cicatrice.

Solo il 10% di ciò che quell’albero aveva dovuto subire…

Che orrore!

Come si poteva essere così orribili con la natura?!

Leo si alzò con una certa difficoltà, e diede una carezza all’albero.

-Grazie- gli sussurrò, con sincerità, felice che fosse cresciuto così in fretta e che fosse così forte e in salute.

Poi, zoppicando, iniziò a cercare altri alberi da fertilizzare.

…che detta così suona malissimo, ma Leo intende letterale fertilizzante.

Se era solo il 10% del danno totale, Leo non aveva molto da temere. Sicuramente avrebbe avuto un danno piuttosto superficiale, che poteva trattare con qualche pomata in infermeria.

Le cuoche si bruciavano spesso, non avrebbe neanche destato troppi sospetti.

Solo alcuni sospetti.

Si avviò al secondo albero con un certo ottimismo.

Ma da lì in poi, le cose iniziarono a crollare.

Questa volta fu attento a non essere troppo vicino, e riuscì a non venire sbalzato via dall’impatto della crescita miracolosa.

Ma non trattenne un urlo quando sentì una fitta devastante al fianco, che lo fece piegare in due.

“Affetto: 3%

Coinvolgimento emotivo: 5%

Intenzione: 50%

Danno totale assorbito: 19%

Danno totale eliminato: 100%”

Era… aumentato?

Ma perché?!

La percentuale era quasi raddoppiata tra un albero e l’altro.

Probabilmente la sicurezza di Leo di riuscire a curare gli alberi aveva aumentato l’intenzione.

E ora che aveva provato un minimo del dolore degli alberi, il coinvolgimento emotivo e l’affetto erano aumentati a loro volta.

19% era molto, molto di più.

O almeno Leo lo sentiva molto, molto di più.

Leo ci mise qualche minuto a calmarsi abbastanza da regolare nuovamente il respiro, e con le lacrime agli occhi per il dolore indescrivibile, e le mani tremanti, si sollevò la canottiera per constatare il danno.

Era molto più esteso rispetto a quello del polpaccio, ma non sembrava molto profondo, anche se faceva davvero male.

Ustione di secondo grado, probabilmente, piena di vesciche, ma trattabile.

Era ancora trattabile.

Anche se il dolore stava letteralmente impedendo a Leo di respirare.

Forse non era stata l’idea migliore del mondo.

Lentamente, il dolore iniziò ad affievolirsi.

Forse ci mise qualche minuto, forse qualche ora.

Probabilmente circa venti minuti o poco più.

Ma Leo riuscì a regolare del tutto il respiro, e a calmarsi.

-Non ti amo tanto in questo momento- borbottò all’albero, cercando di distanziarsi emotivamente da lui.

Si alzò per distanziarsi anche fisicamente, e si guardò intorno cercando un albero grande e non eccessivamente messo male.

Un terzo albero non poteva fargli troppo male, giusto?

Forse due bastavano per un po’.

…no, Leo doveva salvare più alberi possibili. Non sapeva quando lo avrebbero fatto nuovamente uscire, e il popolo aveva bisogno della legna.

Si avvicinò ad un esemplare perfetto, e con esitazione e ad occhi chiusi, iniziò a spalmare il fertilizzante, tenendo i denti stretti e preparandosi a terribili conseguenze.

Uno solo.

Solo uno…

Questa volta Leo si ritirò buttandosi di proposito a terra nel momento stesso in cui finì l’operazione, e rimase ad occhi chiusi aspettandosi il risultato e il dolore acuto.

E infatti sentì l’aria spostarsi con foga, e un forte dolore alla mano.

No, non la mano!

Aveva bisogno delle mani!

Si tolse il guanto per constatare i danni, rischiando davvero di strapparsi anche un lembo di pelle.

Però sembrava meno grave del fianco.

E almeno era la mano sinistra, quella con il…

Leo era un idiota.

Aveva il ghiaccio!

Perché non lo stava usando?!

Quasi inconsciamente la mano bruciata si ricoprì di uno spesso strato di ghiaccio, che la avvolse completamente come un guanto.

Non era un ghiaccio troppo freddo, ma della temperatura necessaria a non provocargli ulteriori danni, anche se faceva comunque molto, molto male.

Usò il guanto anche sul fianco, trattenendo a stento un urlo, ma sentendosi decisamente meglio.

Un po’ più tranquillo, e più ottimista rispetto a un albero prima, Leo toccò nuovamente il fiore.

“Affetto: 2%

Coinvolgimento emotivo: 1%

Intenzione: 35%

Danno totale assorbito: 13%

Danno totale eliminato: 90%”

Oh…

Il danno era minore.

L’intenzione era scesa parecchio.

E anche il coinvolgimento e l’affetto.

Però… il danno totale eliminato non era al massimo.

Leo sollevò la testa e notò che all’albero mancava qualche ramo, ed era meno alto dei suoi fratelli.

-Mi dispiace- borbottò, sentendosi un po’ in colpa che la propria esitazione avesse martoriato quell’albero.

Però… la mano andava abbastanza bene. Forse poteva permettersi un altro albero.

Un solo albero.

…questa l’ho già sentita, Leo.

Ma prima era meglio farsi degli impacchi di ghiaccio seri.

Ci mise circa una mezzora, ma quando concluse il lavoro, si sentiva molto meglio.

Forse poteva addirittura osare e fare due alberi.

Già che era lì, doveva fare del suo meglio, giusto?

Leo, sei un pericolo per te stesso!

Cercò un albero parecchio grande, e ne trovò uno con la circonferenza piuttosto ampia.

Era un rischio? Sì.

Leo era un idiota suicida e ci avrebbe provato comunque? Assolutamente sì.

Se ne sarebbe pentito? Ma ovviamente sì!

Usando l’unica mano non bruciata, Leo iniziò a spalmare il fertilizzante.

-Sappi, albero orribile, che lo faccio solo per dovere morale, e ti odio, e non ho la minima intenzione di farti crescere rigoglioso e splendente- provò a dire, sperando di fregare il potere o convincersi delle proprie false parole.

Questa volta il dolore arrivò prima ancora che Leo finisse di spalmare, e Leo si ritirò su sé stesso qualche istante prima che l’albero avesse il solito sbalzo di crescita.

-Ahi, ahi ahi… ahi…- Leo non trattenne una lamentela, irrigidendo le spalle super doloranti.

Se le toccò immediatamente con la mano libera, ma ottenne solo di provocarsi più dolore.

Aveva tutta la schiena in fiamme.

-È come ricevere una scottatura al mare… moltiplicata per venti- borbottò, sfiorando il fiore e controllando ad occhi socchiusi e lacrimanti le statistiche.

“Affetto: 5%

Coinvolgimento emotivo: 2%

Intenzione: 70%

Danno totale assorbito: 25%

Danno totale eliminato: 100%”

-Ma come?! Così tanto?! Ma non avevo così tanta intenzione!- provò a lamentarsi, sospirando sonoramente.

Si guardò intorno… quattro alberi.

Erano piuttosto grandi.

Dai, sicuramente sarebbero bastati per l’inverno.

Forse…

Jediah era grande.

Ma Leo era distrutto.

Non si sentiva più la schiena…

-…Dea Flora?- provò a chiamare, in un sussurro.

La dea gli comparve davanti con espressione molto seria e braccia incrociate.

-In cosa posso aiutarti, Leonardo?- chiese, in tono freddo.

Leo non si aspettava questa accoglienza.

-Eh… l’ho offesa in qualche modo?- chiese, preoccupato.

Pensava che sarebbe stata felice di vedere Leo intento ad occuparsi della natura.

Era la dea delle piante, dopotutto.

-No, hai il diritto di utilizzare la mia benedizione come meglio credi, Leonardo- la dea scosse la testa, ma continuò a guardarlo con espressione indefinibile.

E sembrava decisamente arrabbiata.

-Non è vero che odio le piante! L’ho detto per ottenere i minimi effetti collaterali. E mi dispiace se ho utilizzato un fertilizzante non idoneo, ma doveva essere qualcosa di fatto da me, quindi…- Leo iniziò a scusarsi nel caso avesse offeso le piante, e Flora sospirò.

-Non è per questo che sono seccata!- lo interruppe, portandosi le dita alle tempie, per riordinare le idee.

-Quindi è seccata!- Leo le puntò il dito contro, ma lo ritirò immediatamente rendendosi conto di quanto potesse essere considerato irrispettoso.

-Mi scusi!- arrossì, imbarazzato.

Aveva iniziato ad avere un rapporto abbastanza rilassato con Noella e Jahlee, ma Flora non la conosceva affatto, e non credeva di potersi prendere certe libertà.

Intenerita, Flora abbandonò i modi freddi, e si sedette accanto a lui.

-Non sono seccata, solo… non mi aspettavo usassi la mia benedizione in questo modo- ammise, osservando gli alberi attorno a lei.

-Pensavo le avrebbe fatto piacere se avessi ridato vita alla foresta infinita. E mi sembrava il modo meno rischioso per sfruttare il mio potere. Avevo sottovalutato un po’ il bruciore, ma…- Leo provò a osservarsi la schiena, ma solo il movimento gli stava facendo vedere le stelle.

-Sappi che sei stato molto fortunato con le conseguenze, soprattutto l’ultimo albero. Sarebbe potuto andare molto in profondità in una zona specifica, e invece ha preso una zona estesa e si è mantenuto più superficiale… beh, relativamente- spiegò Flora, osservando per lui, con un sopracciglio inarcato.

-Per fortuna… non mi aspettavo di arrivare così in alto in percentuale- Leo sospirò, leggermente rasserenato.

-Perché mi hai chiamato, Leonardo?- chiese Flora, abbandonando la conversazione e andando dritta al sodo.

Leo esitò appena prima di rispondere.

-Beh… volevo solo chiedere… siccome lei è la dea della natura…- iniziò.

-Non posso curarti in alcun modo, se è quello che vuoi. Nè fare niente per questi alberi. Non posso interferire in queste faccende- Flora mise subito le mani avanti, interrompendolo.

Leo scosse la testa, provocandosi una fitta.

-No, no! Non lo chiederei mai! Sono pronto a vivere con le conseguenze. Volevo solo… quanti alberi servono per avere abbastanza legna per tutto il regno… fino alla fine dell’inverno?- chiese, titubante.

Flora lo osservò con attenzione.

-Non stai pensando di usarlo nuovamente, vero?- chiese.

-Forse un altro albero… ma se quattro bastano allora…- Leo iniziò a torturarsi le unghie.

Flora sembrò valutare attentamente cosa dire, prima di rispondere.

Ma alla fine optò per l’assoluta sincerità.

Dopotutto stava ancora testando Leo per capire effettivamente era meritevole di essere patrocinato. Non poteva affezionarsi troppo.

-Quattro alberi sono un buon numero, ma per avere abbastanza legna per tutto l’inverno e per tutto il regno, servirebbero almeno cinque alberi- ammise, con parecchia esitazione, ma cercando di distanziarsi.

Leo si incupì.

-Oh…- borbottò, deluso.

Sperava davvero di non avere un tale conflitto morale.

-Ciò non significa che tu debba fare altri sacrifici- gli fece presente Flora, facendo il segno di mettergli una mano sulla spalla, ma trapassandolo dato che era immateriale.

-Lo so, ma… visto che sono qui… non sarebbe più corretto usare i miei poteri per fare il più bene possibile?- Leo spiegò il suo punto di vista, nervoso.

-Ti consiglio di scegliere bene le tue battaglie. E di sfruttare la tua benedizione con attenzione. Non sai mai quando potresti doverti ritrovare in una situazione dove una scelta precedente sbagliata può fare la differenza tra la vita e la morte- gli suggerì Flora, incoraggiante ma anche con fermezza.

Era il suo dovere di dea essere al di sopra delle parti, giusta, corretta, e senza favoritismi.

Ma quando vedeva umani gentili e altruisti come Leo, era davvero difficile non restare coinvolta.

-Grazie del consiglio, dea Flora… spero di non averla delusa- Leo fraintese i sentimenti e la freddezza della dea, e abbassò la testa, demoralizzato.

Era impossibile non voler bene a quel ragazzo.

-Delusa?- Flora si girò verso Leo, con un grande sorriso -Al contrario, mi hai davvero stupita. Non mi sarei mai aspettata questa iniziativa e questo amore verso le piante… sono solo preoccupata per te, tutto qui. Stai attento- alla fine neanche lei riuscì più ad essere impassibile, ed espresse tutto l’apprezzamento che provava per il giovane.

Detto questo, sparì.

E Leo… chiuse gli occhi qualche secondo, valutando cosa fare.

Alla fine, però, decise di osare.

Aveva fatto trenta, tanto valeva fare trentuno.

Da grandi poteri derivano grandi responsabilità, giusto?

E alla fine aveva ancora cinque vite.

Prese un po’ di fertilizzante, e cercò l’albero meno malandato possibile, ma anche abbastanza grande.

Aveva paura, doveva ammetterlo.

E una parte di lui era completamente indecisa, e non voleva rischiare tanto.

Ma doveva provarci!

Era il suo dovere!

…non voleva, non voleva affatto.

Eseguì l’operazione ad occhi chiusi, pregando ogni divinità di essere fortunato anche quella volta.

E probabilmente Flora gli diede un piccolo aiuto, perché quando la forza dell’impatto dell’albero che tornava in vita lo sbalzò all’indietro, facendogli sbattere la schiena ferita contro il terreno e rischiando di farlo svenire per il dolore, Leo non sentì nessuna fitta così dolorosa da togliergli il fiato da nessun’altra parte.

Con la schiena che urlava, e gli arti formicolanti, ma che comunque riusciva ancora bene a sentire, usò le sue ultime forze per controllare le statistiche.

“Affetto: 3%

Coinvolgimento emotivo: 10%

Intenzione: 10%

Danno totale assorbito: 8%

Danno totale eliminato: 90%”

-Grazie agli dei…- sussurrò, tirando un profondo sospiro di sollievo.

Sicuramente non aveva perso nessun arto.

Il danno era il minore fino a quel momento.

Ma con il suo dovere ormai realizzato, la soddisfazione per non essere morto, e il dolore allucinante provocato dai precedenti alberi, Leo sentì i sensi venire meno, anche se stava cercando in tutti i modi di mantenere la lucidità.

Sperò di non essere sbranato da qualche animale selvatico.

Sarebbe stata una morte davvero ridicola, dopo tutto quello che aveva subito.

Anche se sicuramente avrebbero apprezzato la sua carne cotta a puntino.

-Santo? Stai bene? Santo?- sentì una voce che sembrava venire da molto lontano.

Con chi stava parlando? Sicuramente non con lui, vero?

Oh no! Se Leo veniva beccato adesso, era davvero un problema.

-Tutto okay- borbottò con un filo di voce che non sentì neanche lui.

-Santo, non preoccuparti! Ti aiuto io!- sentì la voce un po’ più vicina e allo stesso tempo più lontana.

Vide un’ombra sovrastarlo.

Poi non vide più niente.

 

Leo si era risvegliato in carrozza vestito da cameriera, perfettamente pulito e sistemato, e si era beccato una strigliata così poderosa da parte di Alex, che probabilmente le orecchie gli avrebbero fatto male molto più delle bruciature, e per più tempo.

Le bruciature infatti stavano guarendo molto più velocemente di quanto si sarebbe mai aspettato.

Tra le urla di Alex, Gideon gli aveva raccontato che quando l’avevano trovato, dopo una estenuante ricerca di almeno dieci minuti, era appoggiato contro un albero con parecchi impacchi di erbe nei punti bruciati.

Impacchi che avevano funzionato molto meglio del ghiaccio per alleviare il dolore.

Leo ripensò alla voce che aveva sentito prima di svenire.

Probabilmente era merito suo se era stato curato così bene.

Inaspettato, ma anche apprezzabile.

Soprattutto perché non aveva chiamato le guardie per farlo arrestare, visto che Leo versione maschile era ricercato in tutti i regni, come ricorderete.

Chissà se Leo avrebbe scoperto l’identità del suo nuovo alleato.

Probabilmente ci vorranno decine di capitoli di mistero prima di scoprire la sua identità e ciò che vuole e… 

Compare tra poche pagine, ve lo dico subito.

Appena arrivati a palazzo, Leo aveva fatto ciò che doveva fare, finto di stare bene e in salute, e nessuno aveva troppo badato a lui, dato che tutti stavano commentando gli alberi cresciuti dal nulla che avevano sollevato molto scalpore a palazzo e probabilmente anche nei villaggi vicini.

-Voi eravate al villaggio quando è successo. Avete visto qualcosa?- chiese Anna, ad un certo punto, mentre Leo era intento ad impastare del pane con Gideon accanto che gli passava gli ingredienti.

-Beh…- iniziò a dire, cercando una scusa al volo.

-Eravamo impegnati con le faccende, ma quando abbiamo notato gli alberi c’è stata agitazione generale al villaggio. Davvero strano da vedere da lontano- rispose Gideon per lui, dicendo la sua verità.

-Immagino! Speriamo che non sia un trucco di Valkrest per farci abbassare la guardia. La legna ci serve più dell’acqua, in questo momento- borbottò Mary, sfregandosi le mani per provare a riscaldarle dopo aver lavorato sulle verdure che aveva dovuto lavare in acqua gelida.

-Secondo me è un segnale divino. Gli dei stanno esprimendo la loro opinione sulla guerra, e sono schierati dalla nostra parte! Per questo ci hanno benedetto con sette nuovi alberi- suppose Anna, speranzosa.

-Cinque…- borbottò Leo, cercando di non gemere per il dolore alla mano che continuava a usare nonostante fosse ustionata.

-Cinque? Come sai che sono cinque? Non si conta il numero preciso da qui- notò Dotty, sorpresa, sporgendo la testa verso di lui.

-Eh…- Leo esitò, ma ancora una volta Gideon aveva la risposta pronta.

-Ci siamo fermati a controllare al ritorno, e sembravano cinque alberi. Però in effetti non ha molto senso, visto che il numero magico è sette. Gli dei potevano impegnarsi un po’ di più- spiegò, e lanciò un’occhiatina a Leo, che lo guardò storto, ma non commentò.

Già cinque era stato troppo. Se avesse osato con più alberi avrebbe senz’altro perso una vita. E poi bastavano cinque alberi per sistemare il regno fino alla fine dell’inverno. La comodità era meglio dei numeri divini.

-Forse solo cinque dei su sette ci supportano. Probabilmente Veer e Noella sono dalla parte di Valkrest- provò ad indovinare Jane, pratica.

Povera Noella, era la più grande sostenitrice di Leo.

Ma Leo non la difese perché non poteva giocarsi la copertura.

E poi sia Nivern che Fring erano dalla parte di Valkrest, era risaputo.

-Forse Laasya si è mantenuta neutrale, essendo la regina degli dei- rifletté Dotty.

-Ragazze, meno chiacchiere e più lavoro. È appena arrivato un ospite importante per cena e dobbiamo organizzare un pasto perfetto!- Mildred entrò nella stanza e le richiamò all’ordine.

-Che ospite? Ha a che fare con gli alberi, vero?- chiese Anna, curiosa.

-Non è importante! L’importante è fare un buon lavoro e farlo in fretta, Anna!- la riprese Mildred, burbera.

-Sarei così curioso di sapere chi è. Davvero non sa niente, Madame Mildred?- chiese Gideon, in tono tenero e facendo due grandi occhioni.

Mildred si addolcì.

Come tutte le cuoche, aveva un debole per quel ragazzino.

Nessuno conosceva la sua vera natura tsundere.

…ma anche Leo che la conosceva lo adorava, quindi dettagli.

-Pare che potrebbe essere il saggio della foresta infinita. Lo hanno convocato a palazzo e penso che sia appena giunto. Forse ha visto cosa è successo e potrà dare delucidazioni- spiegò, sempre in tono burbero, ma decisamente più aperta.

-Mi raccomando, fate particolare attenzione con frutta e verdura. È molto schizzinoso sul cibo- Mildred poi si rivolse a tutte le altre, con il dito per aria.

-Sì, Madame Mildred!- risposero tutte le cuoche in coro.

-Ottimo!- Mildred sorrise soddisfatta, e si guardò intorno, controllando le varie preparazioni.

Si fermò davanti a Leo, e inarcò le sopracciglia.

-Tutto bene, Leah?- chiese, sottovoce, mettendogli una mano sulla spalla.

Leo sobbalzò vistosamente e trattenne a stento una parolaccia.

Le bruciature sulla schiena erano in assoluto le più dolorose.

Cercò di fingere di essere solo sorpreso dall’essere chiamato.

-Certo, Madame Mildred! Tutto splendidamente!- esclamò con convinzione, mettendo su il suo migliore sorriso.

-Mmmm… forse ti sei sforzata troppo, oggi. La prossima volta manderò qualcun altro a fare rifornimento… Mary, occupati del piatto di Leah. Ha bisogno di riposo- Mildred la lasciò andare, e si rivolse alla cuoca più in gamba della cucina (dopo Leo).

-Cosa?! No! Posso lavorare! Sono davvero in forma!- Leo provò a ribellarsi e a dare segno di forza, ma fece un movimento brusco che per poco non gli fece cedere le ginocchia per il dolore, e Mildred sembrò più convinta di prima a metterlo in panchina.

-Ordini della capocuoca! Oggi hai un giorno di riposo. Vai a dormire presto e recupera le forze- lo incoraggiò Mildred, decisa.

-Mi sembra davvero un’ottima idea, Madame Mildred. Mia sorella ha decisamente bisogno di riposo- le diede man forte Gideon, con tono da angioletto.

Mildred sorrise molto soddisfatta.

Ormai, per colpa di quel traditore di Gideon non c’era niente che Leo potesse fare per convincerla a farlo cucinare.

Ma non voleva mettersi a dormire mentre tutte le altre lavoravano, soprattutto se c’era un ospite importante.

-Potrei magari essere incaricata di fare il servizio… oppure… oh, potrei portare il cibo ai malati in infermeria! Ho fatto molte caramelle arcobaleno gli ultimi giorni, potrei dare ai cavalieri anche quelle!- Leo provò a proporre.

Stava pensando già da un po’ di provare a trovare un modo di avvicinarsi ai feriti in infermeria e fare la crocerossina per aiutarli con buon cibo e un piccolo aiuto magico.

-Leah, devi riposare. Sei pallida come un fantasma, e bollente come il fuoco- insistette Mildred, preoccupata.

In effetti Leo non si sentiva granché bene. Ma c’erano cose più importanti a cui pensare che la propria salute fisica e mentale.

Tanto la salute mentale ormai non c’era già più da parecchio, quindi, insomma… 

-Appunto! Vado in infermeria a farmi controllare da qualcuno, e ne approfitto per dare da mangiare ai feriti!- provò a prendere due piccioni con una fava, anche se non aveva intenzione di farsi controllare da nessuno.

Perché era davvero rischioso, e poi stava bene, dai.

Solo ustioni di secondo grado in ogni parte del corpo, praticamente.

-Lo accompagno io- si offrì Gideon, decidendo di assecondare, per una volta, la finta sorella maggiore.

-Va bene. Ma subito dopo aver dato da mangiare, vai in camera a riposare- Mildred cedette, con un sospiro, e indicò il carrello con la zuppa e le ciotole che aveva preparato per le persone in infermeria.

Leo sorrise grato, e si affrettò a portare via il tutto prima che Mildred cambiasse idea, osservato preoccupato dalle colleghe, che si erano accorte anche loro che, per quanto cercasse di mostrarsi tranquillo e sereno, arrancava non poco.

Gideon lo seguì imbronciato.

-Perché se lo faccio io non va bene, ma se lo fai tu va bene?- chiese, una volta che furono soli nel corridoio.

-Fare cosa?- chiese Leo, confuso.

-Fare di tutto per salvare tutti- spiegò Gideon, incrociando le braccia.

-Beh… io ho cinque vite- provò a obiettare Leo.

Gideon non ribatté, ma sembrava seccato.

-A volte ci sono delle cose che… sai, dalle mie parti c’è una frase molto popolare: da grandi poteri, derivano grandi…- Leo iniziò a fare una citazione a Spiderman, ma per fortuna venne interrotto da delle voci nel corridoio che si stavano avvicinando velocemente.

E dico per fortuna perché come molti sanno, quella frase porta sfiga.

E Leo è già messo male di suo.

-Quindi non ha visto proprio nulla? È sicuro?- stava chiedendo una voce molto conosciuta, in tono civettuolo ma chiaramente seccato.

-No, principessa. Ma sarò felice di ripeterlo e ripeterlo e ripeterlo per tutta la notte, se vorrà- rispose una voce che invece era del tutto sconosciuta, e parecchio sgradevole.

Una volta girato l’angolo, Leo scoprì di chi si trattasse.

La principessa Opal stava passeggiando e conversando con un ragazzino che aveva circa la sua età, forse un anno in più, dalla pelle scura, vestiti semplici e ricci neri molto disordinati e folti. 

Entrambi si guardavano storto, a braccia incrociate.

-Buonasera principessa Opal. Che Jahlee la protegga- Leo attirò l’attenzione della principessa, e le fece un profondo inchino, anche se faceva davvero male inchinarsi con le bruciature sulla schiena.

-Buonasera Leah! Che Jahlee protegga anche te- rispose lei, illuminandosi nel vederlo.

Il tipo con lei si girò con un sopracciglio inarcato verso Leo.

Lo osservò per qualche secondo.

E poi il suo volto cambiò completamente, e si illuminò in un sorriso pieno di ammirazione ed entusiasmo.

-Santo…- sussurrò, molto tra sé, attirando l’attenzione di Opal e di Gideon, che lo guardarono entrambi con sospetto.

Leo impallidì.

Santo…

La figura misteriosa alla foresta infinita lo aveva chiamato così.

Ma Leo non era un santo.

Aveva solo tre benedizioni.

Che erano comunque tante ed era grato, ma non era un santo comunque.

-Oh, chiedo scusa. Non sapevo che aveste compagnia, principessa. Buonasera, io sono Leah, e sono una cuoca di questo castello- Leo si presentò al probabile salvatore con un inchino medio, e prima che Opal potesse presentarlo, il quasi certo salvatore ci pensò da solo perché fece un inchino profondo a Leo.

-Il mio nome è Sage, e sono il saggio della foresta infinita- si presentò, con un grande sorriso da fanboy.

Opal era senza parole.

Gideon sembrava furioso.

Leo voleva scavarsi la fossa e mettersi in un riposo eterno perché stava provando fin troppo imbarazzo.

Mentre Sage, ignaro, era completamente entusiasta, e fissava Leo come se fosse la sua celebrità preferita.

-È un piacere, saggio della foresta infinita- Leo fece un altro inchino e iniziò immediatamente a dirigersi verso l’infermeria, perché non aveva intenzione di rischiare che Opal facesse domande.

Non si sarebbe mai aspettato che il famoso saggio della foresta infinita fosse un ragazzo a malapena maggiorenne, ma ormai non si stupiva più di nulla, quindi l’importante era uscire da lì prima di essere scoperto dalla principessa in quanto impostore.

-Aspetta, Leah! Non prepari tu la cena, oggi?- chiese Opal, dimenticando del tutto Sage, e iniziando a seguire Leo concentrandosi su altre priorità.

-Madame Mildred mi ha dato la sera libera, dato che… ho un po’ di febbre, probabilmente. Ma niente di grave, non si preoccupi. Per rendermi utile sto portando da mangiare ai feriti dell’infermeria, e poi penso che andrò a dormire presto per riprendermi- spiegò Leo.

-Oh, no! Hai preso freddo? In effetti sei bollente! Ti accompagno in infermeria e mi assicurerò che ti diano le migliori cure, Leah!- si offrì Opal, preoccupandosi.

No! Leo non poteva permettersi di farsi visitare!

Avrebbero scoperto tutto.

Soprattutto con la principessa accanto.

-Non si preoccupi, principessa, non è così grave. Un po’ di riposo e domani sarò come nuova. Non voglio di certo distrarla quando ha un ospite- Leo cercò di farla desistere, indicando il saggio che li seguiva fisando Leo ad occhi brillanti.

-Detto tra noi… preferisco l’infermeria- gli sussurrò Opal all’orecchio, lanciando un’occhiata irritata a Sage, che si rese conto del confabulare e si fece nuovamente scuro in volto.

-Principessa, non dovrebbe andare in cucina ad assicurarsi che la cena sia preparata in maniera ottimale? Ci sono delle importanti tradizioni per il saggio della foresta infinita- si introdusse nella conversazione con tono di sufficienza.

-Peccato che il saggio non è qui…- borbottò Opal a denti stretti.

Leo non l’aveva mai vista così irritata.

-Voleva far compiere un viaggio del genere al mio vecchio e fragile nonnino? Davvero la principessa di Jediah è così insensibile?- si lamentò Sage, melodrammatico.

Opal sembrava in procinto di replicare, sarcastica, ma fu anticipata da Leo.

-Ecco! Mi sembrava troppo giovane!- esclamò, pensando all’età del saggio e compiacendosi che il cliché del vecchio saggio barbuto si applicasse anche lì.

Almeno alcuni cliché restavano tali, sennò questa storia diventa troppo strana.

Gideon ridacchiò.

Opal si trattenne dal fare altrettanto.

Sage aveva l’espressione di uno a cui hanno appena detto che il Natale è stato cancellato.

Leo si rese conto di aver espresso il suo pensiero ad alta voce, e impallidì.

Doveva tenersi buono il suo possibile salvatore.

-Ehm… cioè… io devo andare in infermeria…- iniziò a camminare più velocemente.

-Sono un ottimo apprendista, lo giuro! Mio nonno ormai è molto anziano e mi fa fare tutte le pratiche! E sono esperto di erbe e medicamenti…- iniziò a difendersi il saggio, seguendo Leo come un cagnolino in cerca di rassicurazioni.

Di certo non era esperto di discrezione.

-Ammirevole… sono certa che il vostro contributo sarà stato molto importante per la rivitalizzazione della foresta infinita… ora, con permesso… devo andare prima che il brodo si raffreddi- Leo provò a tagliare corto, e affrettò il passo.

-Già, questioni di massima importanza. Arrivederci saggio, i miei ossequi, principessa!- Gideon fece un inchino e seguì Leo.

-Aspetta, Leah. Ti accompagno!- Opal iniziò a tallonarlo.

-No, voglio accompagnarla io!- obiettò Sage, seguendo il gruppo.

Ma cosa aveva fatto Leo per meritare così tanta attenzione?!

Proprio ora che non voleva assolutamente attenzione.

-Perché sei così interessato alla mia cuoca? Vuoi assumerla per te?! Guarda che ha un contratto a tempo indeterminato- fiutando il rischio di perdere Leo, Opal gli afferrò il braccio, con fare protettivo.

Era il braccio bruciato, quindi Leo trattenne con tutte le sue forze un lamento, ma per il resto lo commosse l’affetto che Opal aveva già iniziato a provare per lui, anche in quelle vesti.

Era lì da poco, non era passato neanche un mese, eppure Opal si era già affezionata a Leah quanto a Leo.

E il ragazzo non dimenticava che la principessa continuava a tenere con affetto la palla di vetro con la neve che lui le aveva regalato.

L’amnesia non cancellava l’affetto, almeno non del tutto.

Era davvero rinfrancante.

-Stia attenta, è bru…!- iniziò a lamentarsi Sage, facendo per spostare via Opal e rischiando di tradire l’identità e le ferite di Leo, che si distolse dai pensieri nostalgici per interromperlo il più in fretta possibile.

-Non si preoccupi, principessa. Sa che ho una grande lealtà nei vostri confronti, non potrei mai abbandonarvi. E a questo proposito… non lo avete sentito da me, ma pare che siano avanzate parecchie caramelle arcobaleno in cucina, e anche qualche biscotto- Leo fece un occhiolino complice alla principessa, che perse tutto il sospetto e si aprì in un largo sorriso entusiasta all’idea di avere cibo fuori programma.

-Che biscotti?- chiese, interessata.

-Avena. Se va adesso con la scusa di controllare la cena per il saggio, Gideon potrebbe dargliene un paio di nascosto. Non lo diremo a nessuno- Leo incoraggiò il bambino ad accompagnarla in cucina.

Non era molto carino buttare Gideon sotto un metaforico autobus, ma aveva bisogno di allontanare Opal. Non poteva rischiare che lo accompagnasse davvero in infermeria.

-Okay! Suppongo che sia il mio compito assicurarmi che la cena per l’ospite sia perfetta. Andiamo, Gideon!- Opal non se lo fece ripetere due volte, e afferrò Gideon per una mano per trascinarlo verso la cucina senza dargli il tempo di obiettare.

Cosa che il ragazzino sembrava in procinto di fare, dato che non si fidava a lasciare Leo da solo in infermeria.

Ma Opal aveva la precedenza su tutto.

Leo li salutò con un gran sorriso, e appena furono fuori dalla portata di vista, tirò un profondo sospiro di sollievo.

Aveva evitato il peggio.

-Ottimo piano per farla andare via, Santo!- si complimentò una voce al suo fianco, e Leo sobbalzò vistosamente.

Si era quasi dimenticato di Sage.

Si guardò intorno spaventato, ma sembravano soli.

-Credo che si sia confuso con qualcun altro. Io sono solo una semplice cuoca… femmina… di nome Leah…- provò a svagare, sperando di riuscire ad evitare anche un nuovo famboy immeritato.

Sage gli punzecchiò la spalla.

E Leo si ritirò per il dolore.

-Non si preoccupi, Santo. Il suo segreto è al sicuro con me! Non ho detto a nessuno che l’ho vista resuscitare gli alberi con i suoi poteri divini! E che l’ho vista anche parlare con la meravigliosa dea Flora! E lamentarsi! E svenire per il dolore!- lo rassicurò il ragazzo, incoraggiante, continuando a seguirlo mentre Leo riesumava il suo percorso verso l’infermeria.

Il cuoco sospirò.

-Beh, la ringrazio per non aver detto niente a nessuno, ma… non sono un santo- si premurò di specificare.

-Oh, preferisce i pronomi femminili? Mi scusi, la chiamerò Santa, allora!- si affrettò a correggersi Sage.

-No! No… ecco… in realtà sono un ragazzo, e preferisco i pronomi maschili, decisamente, ma… sono… è una cosa complicata, ma non sono un santo, ho solo tre benedizioni divine, e sto fingendo di essere una semplicissima cuoca di nome Leah quindi la prego, stia al gioco e mi tratti come tale- Leo provò a supplicare Sage di essere discreto.

-Lo so! Ho visto i marchi! Tre benedizioni divine! Sono una faccenda così importante! Oh, non ci credo che ho curato un santo con tre benedizioni divine!- Sage iniziò a esaltarsi.

Leo voleva davvero sotterrarsi.

Era troppo imbarazzante essere acclamato così!

-A proposito… grazie dell’aiuto. Le bruciature vanno molto meglio- decise di prendere il buono della situazione.

Il ragazzo si illuminò.

-È stato un piacere! Oh! Ho portato anche un altro medicamento! Ero andato a prenderlo nella capanna per offrirlo a lei, ma quando sono tornato non era più lì e ho pensato che fosse una buona idea portarmelo dietro nel caso l’avessi incontrata!- Sage tirò fuori un contenitore con una pomata dall’odore boschivo.

-Oh… la ringrazio molto- Leo era sorpreso, ed effettivamente grato. Prese la crema con l’intenzione di usarla una volta solo in camera.

Dopotutto era fondamentale che si rimettesse presto, anche per fare del suo meglio per curare anche altre persone.

-Posso chiedere perché lavora qui? Il principe e la principessa non sembrano affatto delle persone gentili! Hanno messo manifesti in tutto il regno! Appena l’ho vista non ci potevo credere che la persona ricercata fosse un santo! Chi si credono di essere a…- Sage iniziò ad indignarsi per Leo, che intascò in fretta il medicamento e si affrettò a tappargli la bocca.

-Hey, non mi importa se sei un saggio, ma non parlare così del principe e della principessa!- lo mise in guardia, in parte perché non voleva che finisse troppo nei guai  nel caso qualcuno l’avesse sentito perché comunque lo aveva aiutato, in parte perché nessuno poteva permettersi di parlar male dell’amore della vita di Leo e della sua sorella acquisita! 

Opal e Daryan erano intoccabili!

Sage sembrò quasi spaventato dalla veemenza di Leo, e sgranò gli occhi, sorpreso.

Intuendo che avesse capito, Leo gli tolse la mano da davanti alla bocca, e continuò a dirigersi in infermeria.

-La stanno minacciando in qualche modo?!- chiese Sage, preoccupato.

Leo sbuffò, si fermò di nuovo, ormai davvero a pochi passi dalla porta, e si girò verso Sage, pronto a dirgliene quattro e mettere le cose in chiaro una volta per tutte.

Saggio o no, Leo doveva far valere la sua posizione, e difendere la famiglia reale a spada tratta.

-No! Il principe Daryan e la principessa Opal sono due persone meravigliose! La principessa Opal è una gemma, dolcissima, incoraggiante, che cerca sempre nuovi modi per fare del bene al suo popolo, e che tratta i suoi servitori come suoi grandi amici! È intelligente, sveglia ma anche con un cuore immenso- cominciò, con molta enfasi, ormai non pensando più a chi avrebbe potuto sentirlo.

Sage sembrò davvero colpito dalle sue parole.

-Oh, beh, capisc…- iniziò a fare un passo indietro, ma Leo non aveva finito…

-Il principe Daryan è il principe azzurro che viene descritto nei libri. Bello, intelligente, affascinante. Super amante della sua famiglia ma anche molto attento ai suoi sottoposti, e al popolo, così tanto attento agli altri che mette se stesso dopo, ed è anche molto solo. E dovrebbe essere meno solo perché caspiterina si merita tanti amici, e di ridere, e di essere felice, e di mettere se stesso al primo posto. E di mangiare perché mangia decisamente troppo poco e vorrei tanto vederlo un po’ più in forze. Il suo sorriso brilla come un sole. E anche quando sembra che non ascolta, in realtà ascolta tutto, e ricorda i dettagli, ed è incoraggiante, comprensivo, e… perché mi fai cenno di no con la testa?! È vero! È un principe straordinario e una delle persone che amo di più al mondo!- Leo avrebbe potuto scrivere una tesi di laurea sul principe Daryan, e se non avesse notato che ad un certo punto del discorso Sage aveva iniziato a fare cenno di no con la testa fissando qualcosa alle spalle di Leo, probabilmente avrebbe continuato.

…in realtà stava per continuare a prescindere, ma fu interrotto da una tosse sospetta alle sue spalle.

Il cuore di Leo sprofondò nelle sue viscere, o forse esplose direttamente.

Fatto stava che non era più nel petto di Leo, ma da qualche altra parte.

E anche Leo sarebbe voluto partire e andare a trovarlo perché se era successo ciò che temeva più di ogni altra cosa, poteva sinceramente morire da un momento all’altro per la vergogna.

Si girò lentamente, impallidendo, in direzione della tosse sospetta, e trattenne a stento una parolaccia quando si rese conto che tale tosse sospetta apparteneva, che ve lo dico a fare, al principe Daryan in persona, che era appena uscito dall’infermeria e stava probabilmente aspettando che Leo finisse il suo monologo per passare, dato che Leo bloccava il passaggio, con il carrello e il resto.

-Oh… eh… buonasera, principe Daryan. Che Jahl… spero stia passando una buona serata- Leo cercò di recuperarsi, e fece un inchino profondo molto lungo nella speranza che Daryan non vedesse quanto paonazzo fosse diventato il suo volto, evitando di nominare il dio perché sapeva che Daryan non apprezzava questo saluto.

-Buonasera anche a te… vedo che hai conosciuto… il saggio della foresta infinita…- Daryan non commentò il monologo, ma si vedeva che era parecchio a disagio anche lui, e se Leo avesse avuto il coraggio di alzare lo sguardo, avrebbe notato che le sue guance scavate si erano tinte di un leggero rossore.

-Ohhhhh voi due siete…- iniziò a supporre il saggio che non sembrava saggio neanche un po’, ma Leo lo interruppe.

-Sì, principe Daryan. Stavo andando in infermeria e l’ho incrociato per i corridoi e… devo andare in infermeria adesso. Il brodo si sta raffreddando! Buona serata ad entrambi!- prima di morire per l’imbarazzo, Leo prese il carrello e superò il principe per entrare nell’infermeria con l’intenzione di non uscire mai più da lì.

-Buona serata anche a te… Leah- rispose Daryan, in tono gentile anche se esitante.

E il cuore di Leo perse un battito.

O forse si fermò proprio.

Leo si segnò di controllare se avesse perso una vita, perché quella serie di spaventi e ansie rischiavano davvero di ammazzarlo.

Ma andiamo, quella era la prima volta che Daryan lo chiamava per nome.

…il nome sbagliato, ma era pur sempre qualcosa.

Ma davvero doveva farlo proprio ora che Leo aveva praticamente annunciato al mondo e allo stesso Daryan che era innamorato perso di lui?!

Poteva esserci una situazione più imbarazzante e ridicola di quella?!

Leo aveva quasi le lacrime agli occhi per la frustrazione.

-Finalmente è arrivato il cibo!- esclamò un cavaliere ferito vicino alla porta, notando l’arrivo di Leo.

-Sì… scusate il ritardo- Leo si diede un contegno, e accennò un sorriso.

-Leah, stai bene? Sembri turbata- chiese un cavaliere poco distante, alzandosi con difficoltà e provando ad avvicinarsi.

-Sì, sì, tutto bene, tutto bene. Chi vuole della buona zuppa fredda?- Leo gli fece cenno di stare seduto e si mise in un angolo, pronto a servire la cena a tutti.

Dopo il tempo passato lì con Gideon aveva iniziato a conoscere le persone ferite nei precedenti scontri, e loro conoscevano lei.

-Sicura di stare bene, Leah? Posso fare un controllo appena ho finito con questa analisi- gli propose Fenja Wallin, l’infermiera più capace dell’edificio, seconda solo a suo padre.

Anche lei ormai lo conosceva piuttosto bene.

Leo scosse la testa.

-Sono solo un po’ stanca, dato che oggi ero di turno per fare rifornimento. Niente che una notte di sonno non possa guarire- agitò la mano come se non fosse niente di ché.

La mano gli faceva male.

Ma tanto adesso aveva un’ottima crema per le ustioni.

-Va bene, Leah, ma non esitare a chiedere se avrai bisogno- gli sorrise Fenja, tornando alle sue operazioni.

E anche Leo iniziò a dare da mangiare ai cavalieri.

Ce n’erano più di una ventina ancora ricoverati con ferite che stavano guarendo lentamente, e almeno una decina nella stanza accanto, con ferite un po’ più gravi.

Era passato qualche giorno dall’ultimo attacco, quindi l’infermeria non era più stipata come prima.

Anche se arrivavano ogni giorno nuove persone da vari villaggi vicini.

Leo rimase durante tutto il pasto, a parlare, rassicurare, e aiutare a dare le medicine.

Sapeva di essere messo peggio di molti che stavano lì, ma comunque non riuscì a non provare pena per le loro ferite.

Leo era abituato a provare dolore, e aveva imparato fin da piccolo a mettere su un sorriso e ignorare tale dolore.

I bulli che lo prendevano sempre in giro e lo picchiavano se provava a ribellarsi…

Il padre che gli ordinava di stare zitto e smettere di lamentarsi…

Le maestre che avevano sempre usato punizioni corporali quando lui era all’asilo e alle elementari…

Leo conosceva bene il dolore.

E lo odiava.

Non sopportava l’idea di soffrire, e le torture erano il suo più grande incubo.

Ma se soffrendo solo lui avrebbe potuto eliminare la sofferenza di altre persone, di più di venti altre persone… non era egoista privare gli altri di questa opportunità?

Nessuno aveva ferite troppo gravi.

Leo avrebbe preso solo una piccola percentuale.

…probabilmente.

A malapena conosceva quelle persone, dopotutto. E il coinvolgimento emotivo derivava da un forte e prolungato uso dei suoi poteri.

Né Opal né Gideon erano tornati, e non c’era neanche Alex a fermarlo.

-Qualcuno vuole una caramella?- propose dopo un’attenta riflessione, con un grande sorriso, e tirando fuori un sacchetto con una trentina di caramelle arcobaleno che portava sempre in giro per ogni evenienza.

Le aveva realizzate esclusivamente lui, erano piccole, ma anche nutrienti. Perfette per curare e offrire dolcezza.

Erano tonde, morbide, e dai mille colori, mischiati tra loro.

-Una caramella?- chiese una guardia che Leo aveva imparato a conoscere come Louie.

-Sono fatte con gli scarti, ma sono davvero gustose- spiegò Leo, mangiandone una per dimostrare che non erano avvelenate e davvero molto buone.

-Oh, sì! Ne prendo con piacere una!- esclamò Ritter, un altro cavaliere, molto giovane ed entusiasta, mettendosi seduto più dritto.

Leo gli si avvicinò con la caramella in mano.

-Apri la bocca- lo incoraggiò, in tono giocoso.

Ritter ridacchiò, e lo fece fare.

Leo lo imboccò velocemente, sperando di non pentirsene.

Era decisamente terrorizzato.

Più dalla possibilità che scoprissero che fosse benedetto, che per altro.

Il dolore non lo spaventava così tanto, e Ritter aveva solo una gamba rotta e qualche costola incrinata, oltre ad alcune ferite superficiali.

Quasi immediatamente, Leo sentì una fitta alla gamba, ma fece finta di niente.

Non poteva neanche toccare il fiore tatuato, perché altrimenti l’avrebbe fatto notare dagli altri.

Sperò che la gamba si fosse contusa o qualcosa del genere, e non rotta.

Sarebbe stato davvero problematico

-Sono deliziose! Mi sembra quasi di stare già meglio- Ritter gli fece un occhiolino, e per fortuna sembrava più un flirt che un vero e proprio commento sospetto.

Leo sorrise soddisfatto, cercando di non mostrare le sue vere emozioni, e si girò verso gli altri.

-Chi vuole un po’ di caramelle magiche?- chiese, scherzosamente.

Quasi tutti i cavalieri accettarono, anche se non tutti si fecero imboccare. I più anziani lo trovavano sconveniente, e altri erano troppo orgogliosi.

Leo sperò che nessuno si rendesse conto che le persone curate fossero solo quelle che si erano fatte imboccare, perché sennò le domande sarebbero state tante.

Ma per il momento nessuno sembrava accorgersi di stare effettivamente meglio.

Probabilmente era la poca luce nella stanza, avvolta dalla notte e con poche candele accese a causa della carenza di combustibile. 

Forse semplicemente l’atmosfera goliardica aveva messo tutti troppo di buonumore per rendersi conto dei cambiamenti fisici dei loro corpi, che erano comunque imbottiti di antidolorifici e bende.

Forse la benedizione non stava funzionando.

Anche se l’ultima ipotesi era improbabile.

Perché Leo si sentiva sempre peggio ad ogni caramella che dava a qualcuno.

E fu grato al comandante Swain che si rifiutò di farsi imboccare, perché aveva in assoluto le ferite più gravi, e a Leo non ci voleva proprio uno squarcio sulla schiena bruciata.

Alla fine del giro, non erano rimaste molte caramelle, ma Leo aveva curato, probabilmente, diciotto persone, in entrambe le stanze.

-È arrivato il momento di spegnere le luci e andare a dormire. Leah, è meglio se vai a riposare in camera, sembri davvero provata- Fenja interruppe tutti, e incoraggiò Leo ad uscire, anche se con un grande sorriso.

-Devo portare il vassoio in cucina- notò Leo, alzandosi ma con enorme difficoltà deambulatorie.

Fenja se ne accorse, ma non commentò, e si limitò a metterle una mano incoraggiante sulla schiena, per aiutarla a raggiungere la porta e non il carrello.

-Ci penseremo domattina. Si è fatto tardi, e devi riposare anche tu. Si vede che sei stanca- 

-Grazie, Miss Wallin… vuole una caramella anche lei?- chiese Leo, accettando la proposta, e sollevando una delle sue caramelle.

Si sentiva in colpa a non avergliela offerta prima. Dopotutto era rimasta lì tutto il tempo, e anche se non aveva bisogno di essere curata, comunque meritava un dolcetto, visto tutto il lavoro che faceva.

-Non dico di no- Fenja sorrise, e aprì la bocca per farsi imboccare, sempre accompagnando Leo verso la porta.

L’operazione avvenne con semplicità, come tutte le altre.

-Wow, è davvero ottima…- commentò Fenja, incoraggiante, mentre masticava.

Poi si interruppe di scatto.

-…davvero, davvero… ottima- osservò, sorpresa.

-Tutto bene, signorina Wallin?- chiese Leo, confuso e un po’ preoccupato.

-Che ci hai messo dentro?- chiese Fenja, fissandolo con attenzione.

Leo registrò vagamente che gli era aumentato leggermente il mal di testa, e anche un po’ il mal di schiena.

Ma ormai non era più abbastanza padrone del proprio corpo per esserne sicuro.

-Avanzi vari, un po’ di zuccheri, e gelatina… probabilmente ha un effetto un po’… rivitalizzante, visto che sono tutti ingredienti molto sani- Leo provò ad inventarsi una scusa al volo per giustificare le proprietà benefiche delle proprie caramelle.

Non si aspettava minimamente che Fenja se ne sarebbe accorta.

Sarebbe stato comico se fosse stato beccato proprio ora che stava andando via.

-Wow… sono ottime. Mi sembra quasi di avere un’iniettata di energia. Potrei… potrei prenderne un paio anche per mio padre, e per il futuro?- chiese la ragazza, un po’ in imbarazzo.

-Certo, può prenderle tutte! Ma non credo che siano poi così miracolose- Leo le offrì il sacchetto, ma sperò che il gesto non gli si sarebbe ritorto contro.

L’importante, in quel momento, era uscire da lì il prima possibile.

Non ce la faceva più a sorridere.

E aveva bisogno di controllare le ferite e le bruciature, e mettere la crema, e… dormire.

Aveva un bisogno immenso di dormire.

Si era fatto davvero tardi, rischiava di trovare le sue coinquiline già a letto.

-Grazie! Oh, non ti trattengo. Buonanotte Leah!- Fenja la salutò, e Leo fu finalmente libero di andare.

Entrato in camera, tutte le sue colleghe erano già addormentate, tranne Dotty, che leggeva un libro con la luce di una candela.

-Leah! Finalmente! Ero preoccupata- l’accolse, a voce bassa per non svegliare le altre.

-Scusami, sono rimasta un po’ in infermeria- spiegò Leo, prendendo il necessario per prepararsi per la notte e dirigendosi verso il bagno.

-Ti sei fatta visitare? Stai bene?- chiese Dotty, preoccupata.

-Sì, devo solo riposare un po’- mentì Leo, con un sorriso, chiudendosi poi in bagno.

Nel momento stesso in cui chiuse la porta a chiave, Leo crollò.

Letteralmente.

Le gambe gli cedettero, e il corpo smise di seguire le sue indicazioni.

Ci mise tantissimo a recuperare le forze necessarie a controllare quantomeno le sue condizioni.

E… non erano belle.

Forse aveva esagerato.

Ma ehi, non era morto.

Ed era un fattore positivo.

Solo che se continuava così non sarebbe stato utile più a nessuno!

Leo si medicò le bruciature con la crema di Sage, che effettivamente gli provocò immediatamente sollievo, e poi le fasciò con delle garze nuove.

Controllò eventuali ferite, lividi e contusioni, e usò quasi tutto il kit medico che Alex gli aveva fornito di nascosto per ogni evenienza.

Tutte le operazioni vennero svolte con estrema lentezza e attenzione, dolori in tutto il corpo, e le palpebre davvero pesanti.

Dopo probabilmente più di un’ora, sentì un lieve bussare alla porta.

-Leah, va tutto bene?- chiese la voce di Dotty.

-Sì, tutto okay… sono solo un po’ stitica- si inventò Leo, per giustificare il lungo tempo passato in bagno.

-Oh, okay… se hai bisogno chiama. Io sto andando a dormire, ma ho il sonno leggero- si mise a disposizione.

-Non preoccuparti, niente di grave. Vai pure a dormire- la incoraggiò Leo, tornando poi alla sua operazione.

Quando ebbe finito, era ormai tardi.

Anzi… presto.

Perché iniziava ad arrivare il mattino.

Ma Leo doveva dormire, almeno un po’.

Ne aveva troppo bisogno.

Sistemò tutti i materiali, uscì dal bagno, e crollò addormentato nell’istante in cui il suo corpo martoriato toccò il materasso.

Per tutto il tempo, le parole della dea Flora gli erano risuonate in testa.

Leo doveva scegliersi bene le sue battaglie.

…ma era così difficile! 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Certo è che è un sacco che non aggiorno. Chiedo scusa sentitamente! Ho avuto tante cose da fare, e ispirazione un po’ bassa, e questo capitolo come potete vedere è molto pesante. Leo sembra stia per toccare il fondo.

Almeno c’è Sage a stemperare la tensione.

E il momento cringe con il principe.

Ho adorato scriverlo.

Un po’ di parti comiche in una storia che sta perdendo la sua verve comica, lo ammetto, e mi dispiace.

Ma nel prossimo capitolo ho intenzione di mettere più romanticismo e più comicità.

C’è bisogno di spezzare un po’ la tragicità!

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, vi auguro una bella giornata, un bacione e alla prossima! :-*

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Magari posso avere una cotta per il principe, non è un mondo eteronormativo ***


Magari posso avere una cotta per il principe, non è un mondo eteronormativo

 

Il giorno successivo, Leo non si svegliò.

No, aspettate, prima di preoccuparvi, semplicemente Leo dormì tutta la mattina e buona parte del pomeriggio, e nessuna delle sue colleghe ebbe il cuore di provare a svegliarlo, perché si vedeva lontano un miglio che avesse bisogno di dormire.

Lontani erano i tempi dove Leo era bullizzato dai compagni di stanza, ora le sue coinquiline erano così gentili da lasciarlo persino dormire più del dovuto.

Solo che quando si svegliò, con una difficoltà immensa perché parte di lui sarebbe rimasta addormentata ancora qualche ora… o qualche giorno, gli prese il panico.

-Che ore sono?!- urlò, provando a sedersi senza successo e provocandosi una fitta in tutto il corpo ancora martoriato dalle ferite.

-Non è affatto importante che ore siano- borbottò una voce ai piedi del letto, e Leo si voltò in quella direzione per trovarsi faccia a faccia con un seccato Gideon, che stava leggendo un libro e sembrava avere una certa difficoltà.

Un momento, sapeva leggere?

Beh, non era importante al momento.

-Gideon, che ore sono?! Perché non mi hai svegliato? Devo andare a lavo…- Leo provò ad alzarsi in piedi, ma si rese conto che non riusciva neanche a mettersi seduto.

E non solo perché il suo corpo sembrava impedirgli di sedersi perché era parecchio intorpidito, ma era anche letteralmente legato al letto.

-Ma che…?- Leo si guardò intorno, e si rese conto che i polsi e le caviglie erano avvolti da delle corde, non abbastanza strette da lasciare segni, ma neanche larghe abbastanza per permettergli di liberarsi.

Era letteralmente in trappola.

E, doveva ammetterlo, gli prese un’ondata di panico!

-Oh dei! Mi hanno beccato?! Mi tortureranno?! Mi hai tradito, Gideon! Va bene, lo capisco! La tua sicurezza è più importante di me! Almeno tu salvati!- come sempre, Leo aveva le priorità da rivedere.

Gideon gli lanciò un’occhiataccia.

-Ehi! Non ti tradirei mai! E non ti hanno beccato. Dotty ha notato che avevi la febbre alta, quindi non ti ha svegliato, Mildred ha deciso di darti il giorno libero, e mi hanno mandato a tenerti compagnia… siccome so che una volta sveglio avresti cercato in tutti i modi di scappare, ti ho legato al letto così non lo farai!- spiegò il ragazzino, soddisfatto e a tratti anche un po’ offeso che Leo avesse dubitato di lui.

Leo tirò un sospiro di sollievo.

-Aspetta, febbre alta? Ma io mi sento bene!- provò a controllarsi la temperatura, ma con le mani legate era difficile sentirsi la fronte senza farsi male.

-Il saggio…- Gideon roteò gli occhi a nominare Sage -…ha chiesto di controllarti, e ti ha fatto qualche medicamento di qualche tipo. Probabilmente ha aiutato- il ragazzino alzò le spalle.

-Senz’altro… mi sento in colpa però a restare qui mentre gli altri lavorano- Leo fece il muso, e si guardò intorno in cerca di qualcosa da fare.

-Se ti sacrificavi meno forse non ci sarebbe stato bisogno di legarti- gli fece notare Gideon.

Touché.

Leo se lo meritava.

Sospirò, e decise che poteva permettersi di prendersi un giorno di riposo… forse… sperava.

-Novità a palazzo?- chiese a Gideon, per assicurarsi che fosse tutto tranquillo.

-Hanno dato il via per il taglio degli alberi dopo che il saggio…- Gideon roteò nuovamente gli occhi -…ha detto che era un lavoro divino di qualche tipo e non c’era niente da temere. In giornata dovrebbero portare la prima legna in tutto il regno- iniziò a raccontare Gideon.

Leo sorrise, rasserenato.

-Ottimo! Spero che basterà- 

-Probabilmente… poi che altro… il re e la regina torneranno la settimana prossima…- Gideon continuò.

-Non vedo l’ora di rivederli!- Leo sorrise, emozionato.

-Poi… la principessa e il saggio…- Gideon roteò nuovamente gli occhi -…hanno pranzato insieme, solo loro due, e la cosa mi pare molto sospetta, onestamente- il ragazzino si incupì.

Awww, era geloso! 

-Sage l’ha trattata bene?- chiese Leo, sperando che il suo discorso accorato e imbarazzante avesse dato i suoi frutti per far rendere conto al saggio di quanto fosse meravigliosa la famiglia reale.

-Sì… troppo… non mi fido- Gideon incrociò le braccia, irritato.

-Mi fa piacere… altre informazioni?- Leo iniziò a rilassarsi un po’ a letto.

Se il primo pensiero di Gideon era stato il pranzo tra Sage e Opal, sicuramente non c’erano altre cose più importanti da rivelare.

-Oh, giusto! Quasi tutti i feriti dell’infermeria hanno avuto una guarigione miracolosa e i medici stanno indagando sulle cause. Alex mi ha detto che ha sentito da Dotty, che l’ha sentito da Anna che lo stava dicendo a Mary, dopo averlo sentito da Miss Wallin in persona, che pensano che le caramelle arcobaleno potrebbero avere qualche proprietà divina e curatrice. E vogliono interrogarti al riguardo appena starai meglio- lo informò Gideon, come se non fosse niente di importante.

Leo provò ad alzarsi di scatto ma fu trattenuto a letto dalle corde.

-Cosa?! Perché non me l’hai detto subito?! Che cosa pensano, esattamente?!- provò ad indagare, iniziando a preoccuparsi.

-Tranquillo, la faccenda è già risolta. È stato fatto notare che nonostante tutti abbiano mangiato caramelle, non tutti sono guariti, e poi Rayce ha analizzato le caramelle e non ha trovato niente di strano, quindi sei tranquillo. E non ti hanno neanche visitato, dato che il saggio…- Gideon roteò di nuovo gli occhi -…l’ha fatto di persona. Quindi rilassati e basta. Almeno per un giorno! Sennò attirerai maggiormente l’attenzione- Gideon rassicurò Leo, che si sentì un po’ meglio.

-Okay, okay… altre novità degne di nota?- provò a chiedere, non del tutto sereno.

-Abbiamo inviato le lettere per la battaglia dei Monti Granato, e Daisy vuole che ti dia questo. L’ha scolpito con il ghiaccio che le hai lasciato l’ultima volta- Gideon passò alle novità della famiglia, e tirò fuori una piccola scultura di un uccellino che diede a Leo.

-È meraviglioso! Sta migliorando a vista d’occhio!- esclamò, ammirato, osservando l’ottima fattura.

Gideon sorrise soddisfatto.

-Non credo ci siano altre cose interessanti…- aggiunse poi, abbassando la testa per tornare a leggere.

Leo si rilassò un po’ di più.

-Cosa stai leggendo?- chiese dopo qualche secondo, per fare conversazione.

-Sto cercando di imparare. Dotty mi ha detto che è un libro semplice, ma…- Gideon si interruppe, e arrossì appena, non volendo esternare troppo quanto si sentisse incapace nella lettura.

-Vuoi che ti aiuti?- si offrì Leo, incoraggiante.

-Non serve! Ce la faccio- Gideon seppellì maggiormente il volto nel libro, per non far vedere quanto rosse fossero le sue guance.

Leo sorrise intenerito.

-Certo che ce la fai, ma forse insieme facciamo anche prima. E poi non ho niente da fare, mi aiuteresti a far passare il tempo se mi permettessi di aiutarti- provò a convincerlo.

Gideon esitò un po’, ma poi si arrampicò sul letto di Leo e si mise accanto a lui, per rendergli più semplice leggere il libro.

Era un libro di fiabe di quel mondo.

Leo non aveva mai letto niente dei sette regni. Poteva essere davvero interessante.

-Questa è la storia del drago d’oro- spiegò Gideon, indicando la pagina dov’era.

Leo iniziò a indirizzarlo quando non capiva qualcosa, e alla fine si divertì a leggere le storie della buonanotte dei bambini dei sette regni.

Quasi tutte parlavano di grandi eroi, cavalieri, principi e principesse. Ma anche degli animali mitologici sacri agli dei, che erano estinti da secoli.

Peccato.

A Leo sarebbe piaciuto vedere un drago.

O una fenice.

O un alicorno.

Chissà che magia!

Durante il pomeriggio, la serata, e anche il giorno successivo, che passò ancora allettato sotto insistenza di Mildred e Gideon, altre persone gli fecero visita.

Sage si assicurò che fosse in via di guarigione, e battibeccò parecchio con Gideon.

Le sue compagne di stanza fecero a turno per controllare le sue condizioni e rivelare i gossip.

Quasi tutte erano convinte che gli dei stessero facendo favoritismi verso la corte di Jediah perché erano dalla parte giusta della guerra. Leo non commentò al riguardo.

Alex lo visitò per urlargli contro che doveva stare più attento, e Leo annuì e le promise che l’avrebbe fatto.

E anche la principessa Opal decise di andarlo a trovare ad un certo punto, e condivisero insieme l’ora del tè.

A fine giornata, Leo si sentiva decisamente meglio.

Il riposo gli aveva fatto proprio bene, e ne aveva bisogno.

E si ripromise di essere più cauto con la benedizione, in futuro.

Non poteva abusarne e rischiare di restare allettato troppo a lungo.

Dal giorno successivo, Leo sarebbe stato attento alle sue battaglie!

Tanto lo sforzo maggiore lo aveva fatto!

Ora si trattava di guarire e far guarire sporadicamente qualche malato.

Magari poteva anche imboccare i feriti con cibo non cucinato da lui per non curarli e togliere ogni sospetto sulla benedizione.

Sì! Leo sarebbe stato attento, pragmatico e impossibile da sgamare.

E non avrebbe più fatto gesti troppo avventati.

…voi credete a questo proposito? 

Io no! 

 

-Perché io?- chiese Leo, sperando di non essere arrossito troppo quando Mildred gli aveva fatto quella assurda proposta.

Dal sorrisino malizioso di Mildred, era arrossito parecchio.

-Perché è un compito semplice, il moto ti fa bene, e sono certa che il principe Daryan gradirà molto la tua presenza- spiegò la capocuoca, porgendogli il vassoio con la colazione destinata al principe Daryan.

Leo era tornato a lavoro da poche ore e già voleva darsi nuovamente malato.

Non vedeva Daryan da quella pessima figuraccia davanti all’infermeria, e francamente avrebbe preferito non vederlo troppo presto. Era difficile per lui, sapendo quello che sapeva e facendo quello che faceva.

Ed era piuttosto convinto che neanche Daryan lo volesse lì.

-…non credo. L’ultima volta ha minacciato di licenziarmi… non vorrei rischiare di nuovo- Leo cercò di ritirarsi.

Stava cercando di restare lì e di non fare casini, e se dava la colazione a Daryan rischiava di parlare, e se parlava avrebbe fatto irritare Daryan.

…e trattenersi dal parlare era fuori discussione.

Era più forte di lui.

-Tranquilla, Leah. Non sarai licenziata. Devi solo andare lì con il tuo sorriso e la tua energia, spiegare il menù, e poi ritornare in cucina. Su, con entusiasmo- Mildred gli diede qualche pacca sulla spalla incoraggiante.

Gli fece male alle ferite ma Leo fu bravo a mascherarlo.

-Sì, ma perché io? Non può farlo Dotty? È il suo compito- Leo indicò la futura moglie del principe Daryan, che stava sistemando il carrello con il cibo per le guardie.

Sentendosi chiamata in causa, si girò verso il duo.

-No, Leah, vai pure tu. Io vado dai cavalieri- non trattenne un sorriso sognante.

-Ti piacciono tanto i cavalieri, eh?- la prese in giro Anna, dandole una gomitata.

-No! Cioè, li rispetto molto. Mi fa piacere nutrirli per mantenerli sani e forti Ma tutto qui- Dotty si difese, lanciando a Leo un’occhiata preoccupata e piena di senso di colpa.

Leo non capì il suo atteggiamento.

Mildred ridacchiò.

-Poche settimane fa mi pregava a gran voce di non farla più andare dai cavalieri, e ora ne conosce uno affascinante e corre sempre in prima linea- sussurrò a Leo, con tono di gossip.

Uhhh, quindi anche la capocuoca era una gossippara come tutte le altre, buono a saper… un momento.

-Chi?!- chiese Leo, sconvolto.

Da quando Dotty aveva una cotta per un cavaliere?! Era forse Chevel? Era il secondo interesse amoroso? 

No, no, quello non era un libro, ma un altro mondo, non c’erano le regole dei libri! 

E nel libro che Leo aveva letto comunque non c’era accenno a Dotty con una cotta per qualcuno che non fosse Daryan.

In realtà non c’erano molti accenni neanche a Dotty e Daryan come coppia, e i pochi che c’erano Leo li aveva saltati, ma comunque… strano.

Ma anche… interessante.

Insomma, se a Dotty piaceva qualcuno, e Leo magari l’aiutava a mettersi con quel qualcuno (nel caso fosse stato degno di stima), magari, chissà… il principe sarebbe rimasto single?

E Leo si sarebbe sentito un po’ meno uno sfasciafamiglie nell’avere una bella cotta potente per tale principe single?

-Oh, beh…- Mildred sembrò un po’ in difficoltà a rispondere alla domanda, come se temesse che Leo potesse rimanerci male, per qualche motivo -…è il momento di fare colazione. Su, vai dal principe. Non sarà complicato e non verrai licenziata, lo prometto- cambiò argomento e tornò a parlare del compito di Leo.

-Perché io?- insistette il cuoco, lamentoso.

-Perché sei la nostra porta-fortuna!- esclamò Mary, entrando nella conversazione con un sorriso.

-Cosa?- Leo era sorpreso.

-Sì! Da quando sei qui le cose stanno andando benissimo! E il tuo entusiasmo è contagioso. Magari riuscirai a convincere il principe a mangiare!- le diede man forte Jane, affiancandola.

-Non credo di esserne in grado- provò ad obiettare Leo.

-Tanto vale tentare, Leah. In fin dei conti, i tuoi biscotti sono l’unica cosa che il principe ha mangiato senza esitazioni- Mildred gli sorrise incoraggiante.

-Come…?- Leo era sorpreso. Quando ciò era accaduto nella stanza c’erano solo lui, Opal, il principe, Chevel e… -…Persian?- chiese, intuendo la fonte dei gossip.

-Chevel- gli sussurrò Mildred all’orecchio, con un occhiolino.

Leo alzò gli occhi al cielo.

Che incoerente.

Si lamentava dei gossip degli altri ed era il primo a farli.

-D’accordo, ma non prometto niente!- Leo afferrò il vassoio e si avviò verso l’ufficio del principe.

Era da un po’ che non faceva quella strada, ma attraversarla fu semplice quanto respirare.

Ricordava i primi tempi a palazzo, quando bussava davanti a quella porta quasi ogni giorno, sempre con ansia, ma anche con aspettativa e speranza.

E come ai vecchi tempi, anche in quel momento c’era Chevel davanti.

-Buongiorno Sir Podbart, porto la colazione al principe Daryan- annunciò Leo.

-Buongiorno, cuoca- Chevel gli sorrise, poi bussò alla porta. Era strano vederlo amichevole, ma non aveva motivo di dubitare della buona fede di Leo, per fortuna.

-Principe Daryan, è arrivata la colazione- annunciò il cavaliere.

Non arrivò risposta.

-Puoi entrare- Chevel aprì la porta a Leo.

-Non dovremmo aspetta…- provò ad obiettare Leo, ma venne spinto dentro l’ufficio prima di finire la frase, e la porta si richiuse in fretta alle sue spalle.

-Buongiorno principe Daryan- Leo fu veloce ad inchinarsi.

-Mmm… buongiorno? Cosa?- gli arrivò una risposta biascicata, e Leo osò sollevare lo sguardo, e rimase scioccato dalla vista che gli si parò davanti.

Daryan era distrutto. I capelli erano un groviglio confuso che sembrava il nido di un uccello, era magro pure più di prima, e aveva gli occhi praticamente chiusi.

-Oh dei…- borbottò Leo, avvicinandosi con il vassoio ma non riuscendo a non guardarlo con preoccupazione.

Sentendo la sua esclamazione, Daryan cercò di darsi un contegno.

-Che ore sono?- chiese, lanciando un’occhiata all’orologio a pendolo che era in un angolo ma non riuscendo a decifrarlo.

-Le otto e mezza del mattino- rispose Leo, posando finalmente il vassoio sulla scrivania.

-Di già…- borbottò Daryan, sorpreso, e strofinandosi appena gli occhi.

-Non… non ha dormito stanotte?- suppose Leo, preoccupato dalle sue occhiaie.

-Puoi andare- Daryan non sembrò neanche ascoltarlo, spinse nuovamente il vassoio verso Leo, e tornò con un sospiro con la testa tra i documenti che riempivano interamente la sua scrivania.

Leo esitò.

-Devo… portarlo via?- chiese, indicando il vassoio con il cibo che Daryan non aveva neanche guardato.

-Mmm, non ho fame, e non ho tempo- Daryan annuì senza sollevare la testa. Non aveva rivolto un’occhiata a Leo neanche una volta da quando era entrato.

Il cuoco esitò qualche altro secondo.

Daryan non sembrava neanche essersi reso conto che ad entrare era stato lui.

Memore di ciò che era successo l’ultima volta, Leo si impose che avrebbe preso il vassoio, sarebbe uscito, e non avrebbe fatto scenate.

-Dovrebbe mangiare, principe Daryan. Il cibo è un ottimo nutrimento per il cervello. Se non ha tempo posso sempre… imboccarla io?- propose, senza riuscire a trattenersi, anche se sapeva che fosse una pessima idea.

Ma, suvvia, il principe non era ferito o altro. Leo avrebbe preso solo una piccola percentuale della sua stanchezza, come aveva fatto per Alex.

Daryan alzò la testa, aggrottando le sopracciglia, e finalmente sembrò notare Leo.

-Tu…- disse con confusione e una traccia di rassegnazione -…che ci fai qui?- chiese, esasperato.

Sì, Daryan, neanche Leo voleva andare lì, ma mica poteva chiudere gli occhi e fingere di non vedere una persona in difficoltà. Soprattutto se era cotto di tale persona e le voleva un gran bene.

-Porto la colazione. Oggi il menù è composto da ottime e succulente salsicce dalla pelle croccante, uova strapazzate, e del pane appena sfornato fatto da me personalmente, morbido e con una buona crema di burro da spalmarci sopra- Leo cercò di invogliare Daryan quantomeno ad assaggiare, ma il principe lo fissava con sguardo poco impressionato.

-Va bene, lascia qui il vassoio- sospirò, e ritirò il pasto a sé.

Leo si illuminò.

-Farà colazione?!- chiese, sorpreso e speranzoso.

-Certo, appena finisco di scrivere questa lettera. Ora puoi andare- rispose Daryan, senza guardarlo negli occhi.

Un momento…

-…mi sta mentendo per farmi andare via e non farle perdere tempo, vero?- indovinò Leo, che conosceva quell’atteggiamento.

-Perspicace. Non ho il tempo di discutere. Vai via, e chiedi a Mildred di non assegnarti più ai miei pasti- Daryan sbuffò, e fece per alzarsi, probabilmente per prendere un libro, dato che sembrava puntare alla libreria in fondo alla stanza.

-Ma principe Daryan… non può continuare…- Leo provò ad obiettare, avvicinandosi.

Ma venne interrotto quando Daryan cadde a terra a peso morto, facendogli prendere un colpo.

-Ah! Daryan!- Leo si affrettò a corrergli in soccorso, preoccupato.

-Che confidenza… sto bene! Mi sono solo alzato troppo in fretta- Daryan provò a rimettersi in piedi, senza troppo successo. Non riusciva quasi a parlare.

-Non sta bene! Deve mangiare qualcosa!- insistette Leo, cercando di afferrare un pezzo di pane.

-Non ho fame!- Daryan lo scansò.

Leo sapeva che se insisteva sarebbe stato licenziato.

E non poteva permettersi di venire licenziato.

Il cuore gli diceva di tentare il tutto per tutto per aiutare Daryan.

La mente gli imponeva di ignorarlo e concentrarsi su tutto il resto.

Mente o cuore?

Dovere o amore?

Logica o impulsività?

…ragazzi, stiamo parlando di Leo!

Beh, se veniva licenziato, sarebbe stato licenziato col botto!

Leo prese una caramella dal sacchetto che portava sempre nella tasca del grembiule, e la spinse verso la bocca di Daryan.

Fortuna che era riuscito a rifarle quella mattina. 

-Cosa..?!- il principe chiuse di scatto la bocca, irrigidendosi.

-Mangi!- lo incoraggiò Leo -Hai un calo di zuccheri ed è pericoloso!- insistette nello spingere la caramella verso Daryan, che sembrava sinceramente terrorizzato alla prospettiva.

-Non è avvelenata!- Leo si portò la caramella alla bocca, diede un morso per dimostrare che era sicura, e poi la porse nuovamente verso Daryan.

-Cosa credi di…?!- il principe rimase così sconvolto dal suo gesto che non si scansò in tempo, e Leo gli mise quel poco di caramella in bocca.

Bocca che poi coprì prima che il principe potesse risputargliela in faccia.

Forse più che essere licenziato, Leo sarebbe stato gettato in prigione. Stava sinceramente osando troppo.

Ecco perché non voleva essere incaricato di dare la colazione al principe!

Sapeva che il suo istinto avrebbe avuto la meglio sulla razionalità.

Leo sperava solo che le sbarre della cella fossero abbastanza resistenti da impedire ad Alex di entrare e ammazzarlo a mani nude.

Dopo un po’ di resistenza, alla fine il principe deglutì, e poi scansò Leo via da sé con una forza insospettabile, facendolo cadere all’indietro.

-Cosa ti è saltato in mente?! Sei completamente licenzia…- il principe si alzò con agilità, puntò il dito contro Leo con veemenza e rabbia, e poi si interruppe di scatto, notando sia quanto Leo fosse provato, che la propria improvvisa energia.

Leo si sentiva come se lo avesse appena investito un camion. La testa gli pulsava così forte che era convinto che da un momento all’altro gli sarebbe esplosa facendogli perdere una vita, e quasi gli si chiudevano gli occhi dalla stanchezza.

Non riusciva a muovere nessuna parte del corpo.

E aveva fame.

Aveva una fame indescrivibile.

Prese tutte le caramelle che gli erano rimaste e le mangiò in fretta, come se non mangiasse da giorni.

-Cosa… cosa…?- Daryan nel frattempo si era preso la testa tra le mani, e sembrava più confuso che arrabbiato.

Leo approfittò della sua distrazione per controllare discretamente le sue statistiche.

Perché era chiaro che avesse curato Daryan.

E sicuramente si era preso tipo il 70% del suo dolore, o forse addirittura il 100%, perché era impossibile che Daryan riuscisse anche solo a respirare messo così.

“Affetto: 80%

Coinvolgimento emotivo: 2%

Intenzione: 60%

Danno totale assorbito: 47%

Danno totale eliminato: 70%”

-Solo?!- esclamò, sconvolto.

Quello non era neanche il 50% di ciò che Daryan aveva provato fino a quel momento?!

Ma come era possibile una cosa del genere?!

Ed era solo la conseguenza fisica di un dolore che Leo non poteva nemmeno togliergli, perché aveva una radice mentale.

La sua esclamazione attirò l’attenzione di Daryan, che si piegò verso di lui e gli lanciò un’occhiataccia.

-Cosa c’era in quella caramella?!- indagò, fissandolo dritto negli occhi.

Era molto vicino… un po’ troppo per una persona che era stata appena nutrita a forza con qualcosa di potenzialmente mortale, ma Leo era a corto di munizioni, dato che le aveva appena mangiate tutte, quindi Daryan sapeva che non poteva riprovarci.

E comunque non era il caso di nutrire di nuovo Daryan. Leo stava già troppo male.

-Non c’era niente… zucchero, pezzi di frutta… scarti, perlopiù, ma dal sapore buono e dall’effetto sano! Una specie di bomba di energia formato mini!- spiegò Leo, cercando di giustificare perché una semplice caramella… mezza caramella, avesse ridato il 70% delle energie a Daryan.

Provò anche a sorridere e a non mostrare quanto gli stesse esplodendo la testa.

Daryan non sembrava affatto convinto.

-Mi dispiace, principe Daryan. Se non mi licenzia, prometto che non verrò mai più nel suo ufficio a portarle i pasti- Leo poi provò a supplicare la clemenza del principe, che però continuò a fissarlo con rabbia. Leo sapeva che fosse meno spietato di quanto apparisse, anche se vista la guerra e i suoi traumi… Leo non poteva essere certo che non lo avrebbe semplicemente buttato in prigione e gettato la chiave. 

Dopotutto quel tipo era molto diverso dal suo Daryan, e non solo fisicamente.

Era anche più duro, più chiuso… era il guscio di quello che era stato il suo ragazzo non ufficiale.

Leo abbassò lo sguardo, incapace di tenere quello del principe, e sospirò, rassegnato.

-Potrebbe almeno non gettarmi nelle segrete? Almeno potrei andare al rifugio e pensare ai miei fratelli?- provò a chiedere, a sguardo sempre basso.

Si perse l’espressione di Daryan che si addolciva leggermente.

-Cuoca… alzati- lo incoraggiò il principe, porgendole la mano.

Leo però non lo stava guardando, quindi non la vide, e non la prese, optando per alzarsi da solo, sebbene con molta difficoltà.

Daryan ritirò la mano leggermente deluso, e poi si diresse dietro la scrivania.

-Vado a fare i bagagli?- Leo indicò la porta.

Daryan indicò la sedia davanti alla sua scrivania.

-Siediti- ordinò, in tono freddo.

Leo eseguì, sempre senza riuscire a guardarlo negli occhi, e iniziando a torturarsi le dita guantate.

-Perché l’hai fatto?- chiese poi il principe, in tono esasperato.

Leo non sapeva cosa rispondere, era su un filo troppo sottile per parlare a vanvera.

Il principe sospirò.

-Se sei onesta e mi dai una spiegazione valida, potrei chiudere un occhio. Ma ciò che hai fatto è completamente inaccettabile… e sono sinceramente sorpreso che Chevel non sia entrato immediatamente e non ti abbia affettato con la spada- osservò il principe, lanciando un’occhiata alla porta chiusa dietro la quale il cavaliere sarebbe dovuto essere di guardia.

-Io ne sono felice- borbottò Leo, ringraziando silenziosamente gli dei per la distrazione di Chevel.

Daryan roteò gli occhi.

-Hai pochi minuti! Non ho tempo da perdere a sentire le spiegazioni di una cuoca possibilmente assassina!- Daryan lo incoraggiò a spiegarsi, incrociando le braccia.

Leo decise che non aveva molto da perdere, ormai.

Tanto valeva essere onesti.

Beh, non onesti onesti, ma onesti almeno su ciò che Leo poteva dire.

-Ho esagerato, lo so. Ma è… è più forte di me. Quando vedo qualcuno che sta male, soprattutto se riguarda il cibo, è quasi impossibile per me non intervenire. Ho superato un confine importante, me ne rendo conto, ma… volevo che stesse meglio, e non mi importava di essere licenziata o mandata in prigione, perché sapevo che quantomeno, se avesse mangiato la caramella, si sarebbe sentito meglio, ed era l’unica cosa che contava, in quel momento. Sono impulsiva, lo so, e ci sto lavorando. Ma ho sempre le migliori intenzioni. Il cibo è il mio elemento, ed è la mia valvola di sfogo, la cosa più importante per me. E vedere che lei non mangia, ed è così debole, e denutrito… mi spezza il cuore- Leo aveva le lacrime agli occhi, e cercò di guardare Daryan per trasmettergli tutta la sua sincerità, senza particolare successo.

Distolse nuovamente lo sguardo e lo puntò sulle sue mani coperte dai guanti.

-Ho chiesto a Mildred di non essere mandata qui, perché lo sapevo che avrei fatto un grande errore, e ho tentato di trattenermi, di lasciare il vassoio e andare in cucina, ignorando la cosa, ma non ce la faccio. Non posso ignorare una persona che soffre, soprattutto se è a causa del cibo. Perché non mangia, principe Daryan?! Ne ha bisogno- Leo si sentiva ancora affamato come non mai, e debole, e più magro del solito. La testa pulsava così forte che era convinto che si potesse vedere il pulsare ad occhio nudo.

Perché Daryan era peggiorato così?!

Era solo stressato per la guerra? Possibile, ma non spiegava la sua illogicità.

Anche la prima volta, Daryan aveva problemi con il cibo, ma era sempre stato abbastanza maturo da nutrirsi abbastanza per non stare male fisicamente. Adesso sembrava rifiutare di mangiare a prescindere, anche quando stava sul punto di morire letteralmente di fame.

Era improbabile che fosse solo testardo. Doveva esserci qualcosa sotto.

-Senti, cuoca, è una situazione che non ti riguarda. La mia alimentazione è affar mio, e il tuo compito è eseguire gli ordini. Ho deciso di chiudere un occhio perché sembri sinceramente pentita, ma voglio che sia chiaro che…- Daryan iniziò a fare un discorsetto per rimproverare Leo, che però si distrasse dopo essersi rassicurato che non sarebbe stato licenziato.

Non che non volesse sentire Daryan parlare, l’avrebbe sentito parlare per ore, soprattutto ora che sembrava aver recuperato vitalità, ma la sua mente stava per raggiungere la soluzione, se lo sentiva.

Cosa era successo negli ultimi mesi? Beh, un sacco di cose.

Era scoppiata una guerra, e le risorse erano minori, quindi era normale che il principe Daryan preferisse mandare risorse al popolo piuttosto che tenerle lui. Ma sapeva anche che non era il caso di sprecare il cibo. E ogni volta che gli veniva dato del cibo, lui impediva a chiunque di mangiarlo, e non lo mangiava neanche lui.

Probabilmente temeva che fosse avvelenato, ma logicamente doveva sapere che… logicamente… doveva sapere… 

Il trauma non ragiona con la logica.

La guerra era scoppiata perché Daryan era stato avvelenato, e probabilmente non per la prima volta.

Per quanto fosse stato attento, era quasi morto a causa del cibo.

Cibo che aveva cucinato qualcuno del quale si fidava.

Certo, non spiegava perché non volesse che nessuno mangiasse il suo cibo, probabilmente era solo molto altruista, ma in ogni caso era stato avvelenato.

E Leo sapeva esattamente come si sentiva.

Molto più di quanto Daryan potesse immaginare.

-…e per questo motivo è molto meglio se resti in cucina e smetti di preoccuparti di… cosa stai facendo?- Daryan interruppe la tiritera quando notò che Leo aveva afferrato la forchetta del principe, e aveva preso un po’ di uova strapazzate.

-Ehi! Non mangiare il mio cibo!- Daryan provò a fermarlo, ma Leo fu più veloce, e si portò la forchettata di uova alla bocca.

Nel momento stesso in cui sentì l’odore delle uova strapazzate, e la consistenza sulla lingua, gli si bloccò la gola, e la nausea gli impose di sputare fuori tutto.

Cosa che fece praticamente in faccia a Daryan, che si ritirò, sorpreso e confuso.

Confusione che durò poco.

-Ma sei completamente impazzita?! Hai sentito almeno una parola di quello che ti ho detto? Non so che pensare di te! Sei la persona più strana che io abbia mai conosciuto! Non si capisce neanche cosa vuoi da me! E sei troppo trasparente per essere una spia, anche se lo sembri, fidati che lo sembri! Ma neanche una spia sarebbe così stupida da disubbidire agli ordini in questo modo sapendo che…!- Daryan iniziò a rimproverarlo aspramente, seccato.

Leo continuò a non ascoltarlo.

Si pulì la bocca, concentrandosi sulle proprie sensazioni.

Erano quasi nove mesi che non riusciva più a mangiare uova strapazzate senza che gli si chiudesse la gola. Era riuscito a combattere la sensazione unendo alle uova qualcosa di diverso, come mozzarella, o patate. Uova in altre consistenze riusciva a mangiarle, e se chiudeva il naso e gli occhi riusciva ad ingannare il suo corpo abbastanza da deglutire, ma rischiava di rimettere se non toglieva immediatamente il sapore con acqua o con altro.

Ma erano solo le uova strapazzate.

Perché le associava al sangue e alla morte. 

Morte non avvenuta, ma aveva creduto di sì.

Daryan… non mangiava nulla.

Nulla.

E se era anche solo un briciolo di ciò che provava Leo… era terribile!

-…dovrei semplicemente mandarti al rifugio. Andrebbe meglio per tutti! I tuoi fratelli, la mia testa, e probabilmente anche te, perché se continui così rischi di farti proprio ammazzare, sei… sei… L_Leah?- la sfuriata del principe venne interrotta quando si rese conto che Leo, decisamente, non lo stava ascoltando.

Perché era troppo occupato a singhiozzare il più silenziosamente possibile con il volto sepolto dalle mani.

Daryan sentì come se lo avessero accoltellato al cuore, e si alzò di scatto, per avvicinarsi alla cuoca e confortarla, come se fosse un istinto naturale impossibile da combattere.

Leo infatti, stanco, provato e incapace di sostenere un peso così forte, era inevitabilmente crollato, ed era scoppiato a piangere proprio davanti a Daryan, senza curarsi di ciò che Daryan avrebbe potuto pensare.

Daryan era semplicemente sconvolto.

Più passavano i giorni, meno capiva la strana cuoca che gli faceva venire mal di testa.

-Leah, cosa succede?- provò ad indagare, con voce più gentile, dandole qualche pacca sulla spalla.

-Succede con tutto?- chiese Leo, tra le lacrime e i singhiozzi.

Daryan era sempre più confuso.

-…cosa?- 

-Questo! Succede con tutto?- Leo indicò i resti dell’uovo sputato.

-Spero di no?- Daryan continuava a non capire.

Leo cercò di calmarsi e asciugarsi le lacrime, e si girò verso Daryan, stando a pochi centimetri dal suo volto.

-Parlo di lei… le succede con ogni cibo? Il blocco alla gola, la nausea, il corpo che si rifiuta di deglutire o vuole immediatamente rimettere… succede con ogni cibo? Ogni consistenza? Anche con gli odori?- si spiegò meglio, guardando il principe dritto negli occhi.

-C_Cosa? Di che… di che stai parlando? Perché credi che io…?- Daryan si mise immediatamente sulla difensiva, e iniziò a guardarsi intorno in cerca di una via di fuga. Probabilmente avrebbe presto ordinato a Leo si andarsene e basta o lo avrebbe spinto fuori dalla porta a forza, ma Leo non gliene diede l’occasione.

-A me succede con le uova. Sono stata avvelenata con le uova strapazzate. Avevano uno strano sapore e quando me ne sono accorta era troppo tardi. Sangue dalla bocca, dal naso… pensavo che sarei morta, e che…- Leo si interruppe prima di rivelare che temeva che anche Daryan sarebbe rimasto avvelenato per colpa sua. Doveva comunque mantenere la sua copertura, e si stava già esponendo troppo -…insomma, da allora non riesco più a mangiare uova, e ne soffro tantissimo. Non oso immaginare quanto deve essere dura non riuscire a mangiare assolutamente nulla…- fino a quando era stato avvelenato, Leo aveva adorato le uova strapazzate. E adesso… avrebbe tanto voluto tornare ad adorarle come un tempo. A mangiare tutto con gusto, come un tempo.

Daryan sembrava scioccato da quella notizia. Si avvicinò di un passo, le sopracciglia aggrottate, la testa che tornava a fargli male

-Come… come ti è successo?- indagò, in un sussurro.

Leo sentì che stavano raggiungendo un punto di incontro.

Non gli piaceva ricordare quel momento, ma se serviva a creare complicità, e se… magari… Daryan avesse ricordato qualcosa…

-Ero solo… l’assaggiatrice ufficiale, nel mio vecchio posto di lavoro- si mantenne sul vago, ponderando cosa dire.

-Dovrebbero bandire questo lavoro! È immorale rischiare la vita di una persona per salvare la propria!- Daryan si alterò, incrociando le braccia e roteando gli occhi, seccato.

Leo si morse il labbro inferiore per evitare di sorridere divertito.

Oh, se solo Daryan avesse saputo che era stato lui stesso il vecchio posto di lavoro di Leo.

…ci sarebbe rimasto male, quindi era meglio se non lo sapeva.

Forse, inconsciamente, evitava di far mangiare il proprio cibo ad altri perché anche se non si ricordava di Leo, non voleva rischiare di ripetere quell’avvelenamento?

Nah, improbabile!

Anche se l’ironia della situazione era divertente.

-Eh… beh… sono stati tempestivi nell’aiutarmi. È stata una situazione particolare- Leo provò a difendere Daryan… da Daryan.

Alla fine era stato addormentato per meno di tre ore. Erano stati super efficienti nell’occuparsi di lui. Era Leo che aveva enfatizzato la cosa.

-Posso parlare con Mildred e chiederle di non farti mangiare uova strapazzate, se a causa del problema non vieni nutrita a dovere- si offrì Daryan, incoraggiante.

…aspetta, cosa?

No! Non era quello che Leo voleva!

Insomma, era gentile da parte di Daryan, ma l ui voleva affrontarlo, il problema. Non voleva scappare e incoraggiare il suo corpo ad odiare sempre di più le uova strapazzate.

-Che? No! Sono nutrita benissimo, io! E sto cercando di mangiarle di nuovo, lentamente! Di solito integro con altro cibo o… non è per questo che l’ho raccontato! Con quali cibi le succede, a lei?- Leo tornò nel punto del discorso, ovvero il problema del cibo che aveva Daryan. Era per lui che l’aveva raccontato, per trovare un punto di incontro. Non per lamentarsi! 

-Non mi succede con…- Daryan provò di nuovo a mettersi sulla difensiva, ma si interruppe notando lo sguardo preoccupato e ansioso di Leo, con le lacrime agli occhi che cercava invano di trattenere.

Sospirò.

-Più o meno tutto. È il mangiare il problema. Ma non è una tua responsabilità. E non ho il tempo di pensare a queste cose! Ho una guerra da vincere. Poi ci penserò- Daryan fu onesto, ma non si smosse dalla sua idea di pensare a tutto da solo.

Leo sapeva di non essere nessuno per insistere, ma se Daryan gli aveva ammesso il problema, significava che almeno inconsciamente voleva trovare una soluzione, e iniziava a fidarsi di Leo per cercarla.

…forse.

Forse Leo stava solo vedendo quello che voleva.

-Non si vincono le guerre a stomaco vuoto- gli fece notare, in tono gentile ma anche fermo.

Era una verità inoppugnabile.

-Perché sei così insistente? Non puoi seguire gli ordini e basta come fanno tutti?!- Daryan si rimise dietro la scrivania, prendendosi la testa tra le mani, seccato e sempre più esasperato. Ma il suo tono era leggermente più incerto rispetto a prima.

Leo poteva osare un po’, se lo sentiva.

Tanto, peggio di così…

Se Daryan non l’aveva ancora licenziato, non l’avrebbe fatto più.

Forse poteva anche rivelargli tutto, già che c’era. 

Ma non l’avrebbe fatto perché non era così coraggioso.

-Io non sono qui per seguire gli ordini! Io sono qui per aiutare davvero!- iniziò Leo, deciso e determinato. Ma si pentì subito delle parole che aveva usato -…non dico che quelli che seguono gli ordini non aiutano! Le altre cuoche sono fantastiche!- mise le mani avanti -Ma io seguo prima di tutto la mia vocazione! E la mia vocazione è la cucina! E il far mangiare le persone! Tutte le persone, anche lei! Soprattutto lei!- continuò poi con determinazione e sicurezza.

-E come pensi di potermi aiutare?- Daryan non sembrava affatto convinto, e super rassegnato.

Era un’ottima domanda. Leo ancora non riusciva a mangiare le proprie uova strapazzate, e Daryan aveva un problema molto più esteso. Ma Leo conosceva i suoi gusti, e forse poteva creare ricette inodori e insapori, o cibi che non aveva mai provato prima sperando che il suo corpo bypassasse il trauma. O forse, se il problema era il mangiare, poteva provare altri metodi che doveva trovare. A Leo non mancava la fantasia, e neanche la determinazione.

E finché non avesse trovato una soluzione al problema mentale, poteva sempre aiutare un po’ Daryan convincendolo a farsi imboccare, ogni tanto.

Forse…

-Non lo so ancora…- ammise Leo -… ma se me lo permette… vorrei provarci- si sporse verso di lui, guardandolo dritto negli occhi per mostrargli tutta la propria sincerità. Era rischioso, e forse Leo non poteva permettersi di concentrarsi su Daryan quando lui stesso aveva una guerra da fargli vincere.

Non faceva bene al suo lavoro, alla futura relazione di Daryan, e allo stesso cuore di Leo.

Ma… Leo stava cambiando la Storia.

Quindi poteva anche cambiare la futura relazione di Daryan senza troppi rimpianti.

Magari lui e Dotty si sarebbero innamorati anche a causa della morte di tutti gli altri durante la guerra, e se la guerra finiva in modo positivo… insomma… se era destino, si sarebbero trovati, ma se Daryan e Leo si innamoravano comunque… 

Non che fosse lì per l’amore, ma…

Alla fine la cosa importante era aiutare Daryan, giusto?

E le cose sarebbero andate come dovevano andare.

Leo si creava da solo il proprio destino, non se lo faceva dire da un libro!

Daryan lo fissò dritto negli occhi qualche secondo, confuso e un po’ disorientato.

Ma fu il primo a distogliere lo sguardo, e a prendersi la testa tra le mani.

-…Beh, la tua caramella era… particolare- ammise, in un sussurro.

…oh?

OH!

-È un sì?- suppose Leo, che conosceva la tsunderaggine di Daryan e considerava quella frase un enorme complimento, per i suoi standard.

-È un “se esci subito da qui e mi lasci lavorare e riflettere in pace ci penserò”- Daryan gli fece un cenno verso la porta.

Questa volta però sembrava sincero.

E non aveva licenziato Leo.

Che era una cosa molto positiva.

-Okay! Mi fido! Devo portare via il vassoio? Oh, dovrei ripulire- Leo si rese conto che spuntando le uova in giro aveva combinato un grande casino, e prese uno strofinaccio dal grembiule (era molto capiente).

-Lascia il vassoio. Chiamerò qualcuno a pulire dopo. Adesso devo davvero scrivere questa lettera- Daryan gli fece cenno di allontanarsi.

-Certo! Grazie, principe Daryan!- Leo iniziò ad indietreggiare, e si inchinò profondamente.

-Strano…- il principe piegò la testa.

-Cosa?- Leo sollevò la propria.

-Ti sei sempre inchinata così?- chiese Daryan, indicando la sua posizione ancora piegata.

-Uh, sì? Perché? Oh, lo so che la mia tecnica è pessima- Leo arrossì, e si mise in piedi, imbarazzato.

-No, la tua tecnica è perfetta, ma… è l’inchino da uomo- gli fece notare Daryan, squadrandolo con attenzione.

A Leo sembrò di ricevere una doccia fredda.

-Da… uomo?- chiese.

Da quando gli inchini erano divisi tra uomini e donne?!

Leo era rimasto lì quasi un mese a fare inchini da uomini e nessuno gli aveva detto niente?!

Un momento! Ora si spiegava perché Opal era rimasta così sorpresa dal suo inchino!

Ma perché neanche lei gli aveva mai detto niente?! Traditrice!!

-Già, forse è meglio se impari quello da donna. Qualcuno potrebbe fraintendere- gli suggerì Daryan, squadrandolo con attenzione come a cercare tracce di mascolinità in Leo.

Considerando che la prima volta che era stato lì avevano creduto potesse essere una donna sotto mentite spoglie, Leo non dubitava che il travestimento avrebbe retto. Però la questione dell’inchino poteva diventare problematica.

-Sì, ecco, sicuramente è perché ho imparato con i miei fratelli. Mi sono confusa! Sono una donna, decisamente!- Leo cercò di giustificarsi, indietreggiando a disagio e apparendo ancora più sospetto.

-Lettera…- gli ricordò Daryan, indicando la pergamena davanti a lui.

-Sì, certo, mi scusi! Buona mattinata, principe Daryan, e che Jah… ehm… buon lavoro- Leo fece per abbozzare un altro inchino, ma si interruppe in fretta, e urtò per sbaglio un mobile, rischiando di cadere all’indietro.

Si recuperò appena in tempo, e si perse la risatina di Daryan, che soffocò quasi subito.

-Che Jahlee protegga te, Leah. Inizio a credere che potrebbe non averci abbandonato- però lasciò uscire un sorriso. Un accenno di un sorriso, con sguardo malinconico ma anche speranzoso.

Leo non trattenne un enorme e brillante sorriso molto più ampio.

-Ne sono convinta anche io! Che Jahlee la protegga- augurò con tutto il suo cuore, prima di uscire finalmente dalla stanza.

Si aspettò di vedere Chevel e subire un interrogatorio magari su perché Leo ci avesse messo tanto, ma fu sorpreso quando davanti ai suoi occhi comparve l’immagine agitata ed evanescente del dio che aveva appena nominato.

-Finalmente mi hai chiamato, Leo! Devo parlarti!- annunciò, preoccupato.

Leo sobbalzò, sorpreso, andando quasi a sbattere contro la porta.

-Woah! Ma… dov’è Chevel?- chiese, guardandosi intorno per assicurarsi che nessuno passasse di lì.

-Ha iniziato a litigare e flirtare con il bibliotecario e lo ha seguito in biblioteca- spiegò Jahlee, agitando la mano come se non fosse importante.

-Chevel e Persian?!- chiese Leo, sconvolto.

Passi per il litigare, ma il flirtare?! E Chevel che seguiva Persian in biblioteca lasciando scoperta la sua posizione?!

Era… strano.

Leo stava scoprendo un sacco di cose strane riguardo i suoi amici. Prima Dotty aveva una cotta per qualcuno a caso dei cavalieri. Ora Persian e Chevel flirtavano… 

-Sì, ma non distrarti! È una cosa molto importante!- Jahlee tagliò corto, e sembrava davvero agitato.

Il corridoio non era esattamente il posto migliore dove parlare indisturbati, però.

-Va bene, ma prima mi faccia andare in un luogo più sicuro, poi la chiamo io- gli promise Leo, incoraggiandolo a sparire, e poi correndo velocemente in direzione della propria camera.

In quel momento era completamente vuota, dato che le sue coinquiline erano a lavoro, quindi era il posto più sicuro.

 

-Jahlee, cosa succede?- chiese Leo, non appena arrivato in stanza ed essersi assicurato che non c’erano altre persone.

Jahlee comparve immediatamente, e iniziò ad andare avanti e indietro.

-Yu ha scoperto la tua fuga- rivelò, agitato.

-Cosa?! Ma non è ancora scaduto il mese!- esclamò Leo, sorpreso, con il cuore che iniziava a battere a mille.

-Lo so! Infatti la luna piena è tra una settimana. Ma sono arrivate delle persone al tempio mentre ero distratto, hanno rivelato tutto riguardo gli alberi, Yu si è accorta che non era previsto nella Storia, e ha fatto due più due- spiegò Jahlee.

-E la mia controfigura?-

-Era meno convincente del previsto- Jahlee iniziò a grattarsi il collo, a disagio.

-E quindi? Che sta facendo? L’hai rinchiusa da qualche parte?- chiese Leo, preoccupato, e guardandosi intorno come se si aspettasse che Giada potesse comparire da un momento all’altro e rompergli tutte le uova nel paniere.

-Stiamo pur sempre parlando di mia figlia! Non la rinchiuderei mai da nessuna parte contro la sua volontà!- Jahlee si offese -…anche se mi ha ripudiato come padre dicendo che non mi importa niente né di lei né di te- poi sospirò, e sembrava davvero abbattuto, buttandosi sul letto di Leo.

-Mi dispiace molto, Jahlee. Ha una forte personalità- Leo provò a confortarlo, simulando qualche pat pat sulla spalla che però lo trapassava.

-Lo so… l’ha presa da sua madre… so di aver puntato sul cavallo giusto, Leonardo, ma… è dura. Soprattutto visto che non sono nemmeno il tuo dio preferito- Jahlee fece il muso.

-Cosa?! Cosa c’entra questo adesso? Insomma, la rispetto tantissimo, dio Jahlee, ma non sarebbe giusto avere divinità preferite- Leo provò a fare un passo indietro, mettendo le mani avanti.

Jahlee lo guardò supplicante.

-Ma ovviamente lei è il mio dio preferito… insieme a Noella e a Flora- l’ultima parte la borbottò perché non voleva che le altre due si sentissero escluse.

-Pensavo di essere io la tua preferita! La mia benedizione è la più bella! E sono stata la prima a credere in te!- si aggiunse la voce squillante di Noella, comparendo sul letto di Anna.

-Non preoccuparti, Leonardo. Non devi dire che sono la tua dea preferita solo per farmi piacere- aggiunse la voce di Flora, gentile e incoraggiante, apparendo a sua volta in piedi in un angolo, vicina al letto di Jane.

-Tsk, lo dici solo così Leo si sente in obbligo a scegliere te- la accusò Noella.

-Io non obbligo nessuno- Flora mantenne il sorriso.

-E comunque sono stato io a puntare su Leonardo per primo!- si infervorò Jahlee, rimettendosi seduto e lanciando a Noella un’occhiata di fuoco.

-Ma io l’ho marchiato per prima- Noella indicò la mano di Leo.

-Vi prego, non è il momento di parlare di questo! Che sta facendo adesso Giada?- Leo cercò di tornare nel punto del discorso. Certo che gli dei sapevano essere davvero infantili, alle volte, nonostante fossero immortali.

-Non le ho detto niente circa i tuoi piani, e nessuno oltre a noi quattro e alla tua cerchia ristretta li conosce fino in fondo…- cominciò a spiegare Jahlee, incoraggiante.

-Anche se tutti gli dei più o meno ne sono a conoscenza e stanno aspettando che arrivi la luna piena in modo che Jahlee ti rispedisca a casa così che Kalea possa tornare indietro nel tempo a prima che arrivassi qui- lo interruppe Noella, mettendosi comoda sul letto di Anna e guardandosi le unghie.

Seguirono alcuni secondi di silenzio.

Jahlee guardò storto Noella, Flora sembrava un po’ a disagio, e Leo era completamente sconvolto.

-COSA?!- chiese, preoccupato.

-Giusto… non te l’avevamo detto. Il piano è che Jahlee ti riporti a casa quando arriva la luna piena, e quando tu sei al sicuro lontano da qui e incapace di ritornarci per sempre, Kalea resetta la linea temporale, ma solo quella dei sette regni, in modo che tutto ciò che hai fatto qui non ha alcun valore- spiegò Noella, con un grande sorriso.

Leo era terrorizzato.

Guardò Jahlee con terrore, allontanandosi da lui.

-È questo il piano?! Mi stai facendo fare quello che voglio solo per poi tradirmi tra una settimana?!- lo accusò, con voce tremante e le ginocchia di gelatina.

-No, no, no, Leonardo! Questo è il piano per gli dei! Ma non ho intenzione di tradirti, voglio solo che loro lo pensino- spiegò Jahlee, per rassicurarlo -Non te l’abbiamo detto per non preoccuparti- lanciò poi un’occhiata a Noella.

-Ops… mi ero dimenticata che non glielo dovevamo dire- si imbarazzò la dea.

-Jahlee è molto convincente alle riunioni, ma noi tre siamo ormai completamente dalla tua parte, la benedizione lo dimostra. Non preoccuparti, Leonardo. È difficile per me mentire a Kalea, ma sono certa che presto capirà anche lei che siamo dalla parte giusta- lo rassicurò Flora.

-Okay… se lo dite voi… quindi… hanno intenzione di resettare la linea temporale appena me ne vado? Perché non prima?- chiese Leo, cercando di calmarsi e fare un punto della situazione, ma comunque preoccupato.

-Perché in quel caso non cambierebbe niente comunque- Noella alzò le spalle 

-Tu faresti comunque quello che vuoi indisturbato- annuì Jahlee.

-Mentre se la resettiamo solo per questo piano dell’esistenza e non per tutti, come ha intenzione di fare Kalea, la tua vita procede normale nella tua realtà, mentre quella delle persone qui torna al punto di partenza- spiegò Flora, mostrando l’immagine olografica di una linea che continuava, e di una linea che invece ritornava al punto di partenza come un ovale.

Leo iniziò a capire, ma la sua mente lo portò ad una conclusione un po’ preoccupante.

-Okay, quindi il momento in cui tornerò a casa…- iniziò a dire.

-Game over!- Noella fece il gesto della gola tagliata.

-Se torni a casa prima di convincere Kalea a stare dalla tua parte… sarà come se non fossi mai venuto qui una seconda volta- annuì Flora.

-Per questo devi stare molto attento a Yu, perché se Yu mette le mani su di te, quando le si ricaricherà la collana… ti porterà a casa immediatamente- aggiunse Jahlee.

-Oh voi…- imprecò Leo, in un sussurro, sedendosi ai piedi del letto di Dotty.

-Ma non preoccuparti, sebbene la semidea Yu sia appostata fuori da questo castello, in questo momento, non c’è modo che riesca ad entrare- lo rassicurò Noella senza rassicurarlo per niente.

-Ed è improbabile che ti riconosca, in ogni caso, visto che sei travestito- lo rasserenò Flora.

-Beh, potrebbe. Mia figlia ha l’occhio fino- si vantò Jahlee, rompendogli le speranze.

-Quindi devo restare qui per sempre…- Leo giunse ad una brutta conclusione.

-Beh, almeno per un po’, sì…- Jahlee annuì.

-E oggi stavo per farmi licenziare… che tempismo- Leo ridacchiò per non piangere.

-Ma non è successo perché piaci molto al principe, si vede- Noella gli fece un occhiolino.

Leo si ritrovò suo malgrado ad arrossire appena.

In effetti era un mezzo miracolo che non l’avesse licenziato. Forse era vero che Daryan aveva un soft spot per lui. O forse vedeva quanto Leo fosse sincero nelle sue azioni.

In ogni caso… era incoraggiante.

-A proposito di questo… la benedizione è tua e non voglio intromettermi, ma stai molto attento quando la usi con il principe Daryan, perché può diventare davvero rischioso se rimani troppo coinvolto- gli consiglio Flora, preoccupata.

-Sì, sì… ci starò attento, lo prometto. Oggi è stato un momento straordinario- Leo non era particolarmente convinto, ma doveva apparire sicuro davanti alla dea.

La testa continuava a fargli male, soprattutto ora che aveva nuove informazioni da aggiungere ai suoi piani già complicati.

Sapeva che la sua missione fosse pericolosa, ma non aveva mai messo in conto quanto gli dei che non erano dalla sua parte gli potessero andare contro.

Doveva immaginare che non avrebbero accettato i cambiamenti senza combattere.

E se non riusciva a convincere Kalea… sarebbe dovuto restare lì per sempre, senza mai più tornare a casa da sua madre e Isabella.

Era una prospettiva spaventosa.

-Beh, grazie per avermi avvertito di tutto, e per l’incoraggiamento e il supporto. Se non c’è altro da dire, penso che tornerò a lavoro. Mi staranno sicuramente aspettando in cucina- Leo si alzò, e provò a congedare gli dei.

-Beh, visto che siamo in argomento… tra una settimana è la luna piena, e mi chiedevo se potessi, sai… passerò la giornata in giro come sempre, ma posso spendere qualche minuto per una piccola offerta qui. Sai, è l’unico giorno del mese dove posso collezionare le offerte personalmente, se voglio…- Noella iniziò a chiedere.

-Sul serio, Noella?! Questo ragazzo sta affrontando una guerra, e tu chiedi un’offerta?- si lamentò Jahlee, ergendosi a difesa di Leo.

-Tu hai ricevuto centinaia di offerte da lui! Non sto chiedendo di venire personalmente a Nivern, solo di farmi una torta gelato! …o qualsiasi altra cosa. Ma la aspetto da più di otto mesi, caspiterina!- si lamentò Noella, infiammandosi.

-Ovviamente! Non posso non lasciare offerte ai miei più importanti sostenitori… qualche richiesta particolare e fattibile?- Leo non ci aveva proprio pensato, ma era giusto che si tenesse buone le divinità, visto quanto lo stavano aiutando con le loro benedizioni e il loro supporto.

-Biscotti! Vorrei quelli arcobaleno, ma vanno bene tutti!- Jahlee, dopo aver rimproverato Noella, fu il primo a balzare nel carro delle offerte.

-Qualsiasi cosa di freddo. Non dovrebbe essere difficile visto questo splendido clima- Noella sorrise e batté le mani entusiasta alla prospettiva.

-Beh… sarei curiosa di assaggiare qualche dolce, o in generale qualcosa di vegetariano. Ammetto che è da quando sei arrivato qui la prima volta che sono curiosa- anche Flora sembrava abbastanza interessata all’idea.

Leo annuì, segnando le ordinazioni a mente. Non sarebbero state difficili da ricordare, rispecchiavano le personalità degli dei.

Sarebbe stato un po’ meno difficile ottenere gli ingredienti, ma ce l’avrebbe fatta, ne era sicuro.

Si portò una mano tra i capelli per sistemarli, in ansia, e la parrucca gli rimase praticamente in mano. Era davvero disordinata. Probabilmente l’incontro con il principe l’aveva lasciato più scombussolato del previsto.

Leo se la tolse per pettinarla, approfittando del momento di pace, e cominciò a fare ordine nelle cose che doveva fare: 

-Allora… non uscirò più da palazzo a meno che non sia sicuro di non essere beccato da Giada- indicò Jahlee, che annuì.

-Il giorno di luna piena farò offerte a tutti voi, probabilmente di prima mattina così meno persone si renderanno conto della cosa…- indicò Noella, che sorrise raggiante.

-…e starò attento con il principe Daryan e in generale nel curare le persone- promise a Flora, indicandola. Lei fece un cenno rassicurato.

-Tutto questo stando attentissimo che nessuno, assolutamente nessuno, scopra la mia identità e ciò che sto facendo- concluse Leo con sicurezza.

Proprio in quel momento sentì qualcosa alle sue spalle cadere al suolo, e si girò verso la porta per trovarsi faccia a faccia con Dotty, che era appena entrata nella stanza, e lo fissava a occhi e bocca sgranati.

A terra c’era un libro che probabilmente aveva appena fatto cadere.

E Dotty aveva appena assistito a Leo che parlava con tre divinità, senza parrucca, abbastanza vestito da far capire che era decisamente la cuoca sua compagna di stanza, ma anche abbastanza scoperto da dimostrare che era il criminale ricercato in tutto il regno.

-D_Dotty?- chiese, sperando fosse solo un’illusione provocata dalla fame e dalla paura, o che fosse dentro un incubo.

La ragazza si girò e iniziò a scappare, probabilmente per andare ad avvisare qualcuno.

Leo si girò nuovamente verso gli dei affrettandosi a rimettere la parrucca prima di provare ad inseguirla.

-Ma le divinità non dovrebbero essere onniscienti?- si lamentò.

-Ops- 

-Ero distratto-

-Stai attento- 

Furono le risposte di Noella, Jahlee e Flora, prima che lo lasciassero a sé stesso e sparissero in nuvolette arancione, viola e verde.

Leo maledì mentalmente gli dei, anche se non avrebbe dovuto farlo, e si lanciò all’inseguimento, sperando che Dotty non dicesse niente a nessuno.

Non ora che non poteva proprio permettersi di essere scoperto e cacciato fuori dal palazzo.

Ma perché era sempre così maledettamente sfortunato?!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Beh dai questa volta non sono così in ritardo, considerando quante cose ho avuto da fare questo periodo.

Che dire, un capitolo molto pieno. Daryan e Leo hanno interagito parecchio, ci sono momenti romantici anche per coppie secondarie, gli dei, novità, Leo che fa cavolate e soprattutto… un mega colpo di scena finale!!

Dotty ha scoperto che Leo è Leo e ha confidenza con tre dei. Chissà quanto ha sentito della conversazione.

Speriamo che potrà rivelarsi un’alleata e non la nemica giurata di Leo, come era stato detto nella prima storia.

Il fatto che sia corsa via non promette bene.

Spero che riuscirò ad aggiornare presto il prossimo capitolo perché non vedo sinceramente l’ora di scriverlo. Sarà molto romantico, probabilmente torneranno anche il re e la regina, e in generale sarà un capitolo molto pieno di avvenimenti.

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, se vi è piaciuto lasciare un commento o una recensione per farmelo sapere.

Vi do un grande bacione e alla prossima! :-*

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Sapevo che un cuore spezzato sarebbe stato inevitabile, ma fa comunque male ***


Sapevo che un cuore spezzato sarebbe stato inevitabile, ma fa comunque male

 

In realtà Leo non dovette fare un grosso inseguimento al cardiopalma, perché Dotty era semplicemente uscita dalla stanza, e sembrava che lo stesse aspettando fuori.

Rassicurante da un lato, ma Leo era comunque terrorizzato.

-N_non volevo disturbarti…- borbottò la cuoca notando l’uscita del collega, completamente tremante, pallida e spaventata.

-Dotty! Posso spiegare! Ti prego permettimi di spiegare prima di scendere a conclusioni affrettate!- Leo iniziò a parlare senza quasi ascoltarla, senza fiato nonostante non avesse corso per niente.

-Okay…- sussurrò Dotty, annuendo appena, anche se non sembrava riuscire a guardare Leo negli occhi.

-Lo so che sarà difficile, ma se mi ascolti… oh, okay? Mi ascolti?- Leo, che era pronto a dover lottare con le unghie e con i denti per farsi ascoltare, rimase molto sorpreso che Dotty fosse così arrendevole e aperta.

La cuoca annuì nuovamente, con più convinzione.

-Oh… possiamo, ehm… entrare? Prima che arrivino altre persone?- propose Leo, indicando la camerata.

-Okay…- Dotty lo seguì, un po’ incerta.

Leo era un misto tra sollevato, confuso e ancora spaventato.

Non si aspettava minimamente quella reazione così, circa, tranquilla, e non sapeva come reagire.

Una volta in camera, rifletté se chiudere o meno la porta a chiave, ma non voleva dare l’impressione di intrappolare Dotty, si sarebbe potuta sentire poco al sicuro, così la chiuse normalmente, pregando che nessuno entrasse nuovamente.

Dotty, dopotutto, era una persona tranquilla, affidabile, ma soprattutto discreta.

Le altre coinquiline e colleghe… molto meno.

Non era un caso che tutti i gossip del castello partissero dalle cuoche.

Dotty afferrò il libro che aveva lasciato cadere, e se lo rigirò tra le mani, a disagio, lanciando occhiate a Leo e lasciando che fosse lui il primo a parlare.

Leo non sapeva da dove cominciare, onestamente.

Il suo cuore batteva a mille.

-…quanto hai sentito e cosa hai visto? Ti prego dimmi sinceramente, così so da dove partire…- alla fine optò per una domanda piuttosto tranquilla, sistemandosi la parrucca e gli occhiali.

-Ho visto tre figure evanescenti che suppongo possano essere tre divinità anche se mi sembra impossibile, ho sentito che parlavi di offerte, di una tale Giada, del principe Daryan e di… curare persone. E poi… sei il criminale ricercato in tutti i regni, non è così? I capelli rossi sono molto riconoscibili- Dotty lo indicò incerta, e con la mano tremante.

Era spaventata anche lei, ma non tanto quanto Leo, che non sapeva proprio cosa fare.

Non era più questione di convincere Alex, la sua amica e personaggio secondario che sarebbe dovuta morire, ma Dotty, una “protagonista”. Erano amici, erano colleghi, e avevano un buon rapporto, ma era pur sempre Dotty: metodica, attenta, leale e… la sua rivale in amore.

-Okay… ci sono molte spiegazioni da dare ed è una storia troppo lunga da raccontare in pochi minuti… ti fidi se ti dico che non sono assolutamente un traditore, e il mio unico scopo è quello di proteggere tutti e far finire la guerra nel modo migliore?- Leo provò comunque a sperare nella fiducia totale.

-…non lo so, Leah, sempre che questo sia il tuo vero nome… perché stai agendo di nascosto, se è per il meglio?- Dotty gli lanciò un’occhiata sospettosa.

Era in effetti un’ottima domanda.

Però, ecco… Dotty non è che fosse la persona migliore per fargli la morale sulle identità segrete.

-Perché tu fingi di essere una popolana, contessa Dorothera Eronielle?- le fece notare la propria ipocrisia, ma Dotty sobbalzò vistosamente, e indietreggiò di qualche passo.

-Mi stai minacciando di rivelare la mia identità se non ti copro?! Sappi che solo perché sai il mio segreto non tradirò mai la mia lealtà verso la corona- affermò Dotty, mettendosi sulla difensiva.

Leo si rese conto che aveva fatto uno scivolone non indifferente, e alzò immediatamente le mani in segno di resa.

-No! No! Assolutamente no! Non lo farei mai! Non ci ho nemmeno pensato. Dei, mi sembra di essere tornato alla prima volta che ho parlato per davvero con Alex…- borbottò Leo, ripensando a quando aveva davvero provato a fare i giochini mentali, ma non ci era riuscito. Wow… a pensarci bene Dotty aveva detto le stesse identiche cose di Alex quando Leo aveva scoperto la sua identità… divertente.

-Alex? …Alex lo sa?- chiese Dotty, sconvolta, portandosi una mano alla bocca.

-Alex? Cosa c’entra Alex! Mettiamo da pare Alex per un momento…- Leo si pentì di aver citato il cavaliere. Non l’avrebbe mai portata a fondo con lui. Certo che stava andando peggio di quanto pensasse.

Doveva restare concentrato e non pensare all’ironia di quel momento!

-Se non lo sa devi dirglielo! Alla luce della vostra relazione è più corretto nei suoi confronti se gli dici la verità! Se lo merita!- si infervorò Dotty, arrossendo appena.

Leo le lanciò un’occhiata obliqua.

-Alla luce della nostra… relazione? Ma di cosa stai parlando?- chiese, cadendo dalle nuvole.

Dotty distolse lo sguardo, arrossendo un po’ di più.

-Insomma… la vostra… relazione… intima…- borbottò, imbarazzata.

Leo sgranò gli occhi.

-Intima?! Io e Alex?! Aspetta, pensi che stiamo… tu credi che io abbia una relazione con Alex?! No! Siamo solo amici! Non c’è niente di più tra noi!- Leo mise subito le cose in chiaro, rabbrividendo al pensiero di una relazione romantica con Alex.

-Oh… io… pensavo…- Dotty arrossì ulteriormente, ma sembrò anche sollevata, oltre che imbarazzata.

Sollevata… Dotty… verso Alex…

Mildred gli aveva detto che si era presa una cotta per un cavaliere…

Alex era un cavaliere…

Una lampadina si accese nel cervello di Leo… evento molto molto raro.

-Un momento… ti piace Alex?- chiese, sconvolto, mettendo insieme i pezzi.

-Cosa?! No! Non ti farei mai una cosa del genere!- la voce di Dotty si fece acuta, e si mise completamente sulla difensiva, negando con veemenza.

Era praticamente una conferma.

-Awwww, ma è una cosa carinissima! Sareste una coppia davvero adorabile! Se hai bisogno di aiuto posso dare una spinta!- Leo incoraggiò Dotty con un occhiolino incoraggiante.

Le due ragazze sembravano una coppia davvero perfetta. Anche prima dell’amnesia e della guerra avevano legato splendidamente in poco tempo, e sembravano decisamente compatibili, molto più di Dotty e Daryan.

…anche se forse era la cotta di Leo per Daryan a parlare.

Ma se Dotty si metteva con Alex, allora Leo si sarebbe sentito decisamente meno in colpa a rubarle il… un momento…

-Ma non sei innamorata del principe Daryan?!- chiese, sorpreso, ricordando un dettaglio importante del futuro che conosceva.

Dava per scontato che la cotta stesse iniziando a salire per entrambi, quindi era strano che Dotty si fosse interessata ad Alex, quando aveva Daryan, la sua anima gemella scelta dalla Storia, davanti.

-Il principe Daryan?! Ma perché mai dovrei essere innamorata del principe Daryan? Lo rispetto, ma sono scappata dalla corte per un motivo, di certo non vorrei ritornarci. E non è esattamente il mio tipo… aspetta, perché pensavi che io… ti piace il principe Daryan?!- indovinò Dotty, sgranando gli occhi sorpresa ma non necessariamente sconvolta, come se fosse più che altro stupita che non ci avesse pensato prima. 

I due si stavano indicando a vicenda come il meme di Spiderman.

Leo si affrettò a mettersi sulla difensiva, alzando le mani.

-No! Non ti farei mai una cosa del… genere…- poi sembrò riflettere meglio sulle sue parole -…siamo due idioti…- si portò una mano al viso, sentendosi veramente, ma veramente stupido.

Non si aspettava minimamente che lui e Dotty avessero avuto la stessa incomprensione per persone diverse.

Si guardarono qualche secondo, e poi scoppiarono a ridere.

-Confermo, due idioti- gli diede man forte Dotty, mettendogli una mano sulla spalla.

Il momento di complicità però non durò molto, perché Dotty si ricordò del motivo per il quale erano lì, e non era certo per commentare la loro vita romantica.

Ritirò la mano e lanciò a Leo una nuova occhiata sospettosa.

-Non mi hai ancora spiegato perché stai nascondendo la tua identità- gli ricordò.

Leo sospirò.

-Perché se dicessi la verità nessuno mi crederebbe- rispose sinceramente, sospirando rassegnato.

Dotty lo squadrò attentamente, valutando le sue parole.

-Provaci con me- offrì poi, sedendosi al bordo del proprio letto.

-Okay, la versione breve è che il mio nome è Leonardo Rinaldi, vengo da un altro mondo, sono stato qui già una volta ma nessuno si ricorda di me perché gli dei hanno cancellato la memoria di tutti, e sono tornato qui perché so come andrà a finire la guerra, non mi piace il risultato, e voglio cambiare le cose- Leo fece il riassunto. Era da un po’ che non ripeteva i fatti, ma gli uscì molto meglio di quando aveva provato a portare Alex dalla sua parte. Più diretto e conciso.

Meno dettagliato.

-In che senso vuoi cambiare le cose?- indagò Dotty, piegando la testa.

-Salvare vite, proteggere il castello, il regno, eccetera. Ho tre divinità dalla mia parte, che mi hanno offerto tre benedizioni: ho cinque vite, posso creare ghiaccio, e curare le persone con il mio cibo. Sono stato io a far rigenerare gli alberi, e a curare le persone in infermeria. E sto anche aiutando negli attacchi a distanza- Leo spiegò i suoi momenti più eroici sperando di fare buona pubblicità su sé stesso.

Forse Dotty non ci avrebbe creduto, ma Leo voleva comunque provare.

Alla fine era una storia plausibile, no?

-Perché pensi che non crederanno alla tua storia? Sembra convincente- Dotty annuì appena tra sé, riflettendo e iniziando a calmarsi.

…wow, che leale.

Leo onestamente non si aspettava di sentirla così tranquilla.

Fortuna che era stata lei a trovarlo e non Anna.

Se fosse stata Anna, a quest’ora non solo tutto il castello avrebbe saputo tutto, ma la cuoca sarebbe anche nel mezzo di una crisi isterica.

Niente contro Anna, era una ragazza fantastica, ma obiettivamente era molto enfatica e gossippara.

-Perché Julina mi ha rubato la backstory, ho i capelli rossi, sono ricercato ovunque e in questo clima di terrore non ci si può fidare di una persona come me che sa troppe cose. Preferisco agire nell’ombra e stare sicuro- Leo fece la lista contando sulle dita della mano. Era una risposta molto logica e impossibile da controbattere.

Erano tutti dei punti molto plausibili, ma Dotty lo guardò con tristezza, leggendo oltre la razionalità di Leo, e decifrando la minuscola incertezza dietro le sue parole sicure.

-…e se la persona che ami dubitasse di te, ti spezzerebbe il cuore- indovinò, in un sussurro.

Leo fu colpito dalle parole di Dotty, nel senso che lasciarono proprio un segno nel suo cuore. Non ci aveva mai pensato razionalmente, ma quando le sentì, si rese conto di quanto fossero vere.

Avrebbe potuto provare a convincere Daryan, sapeva di poterlo fare, soprattutto ora che aveva ampiamente dimostrato di essere affidabile con i suoi contributi alla guerra e la sua terza benedizione, ma non ci aveva mai provato perché non credeva che sarebbe riuscito ad accettare il possibile fallimento. Il suo cuore non avrebbe retto un’altra delusione.

Non avrebbe retto altro sospetto e odio da parte di Daryan, inevitabili se avesse pensato che Leo fosse una spia.

Annuì appena, cercando di non mostrare quanto fosse scosso, e distolse lo sguardo da Dotty.

-Se anche credessi alla tua storia… Leo, non puoi fare tutto da solo!- Dotty gli si avvicinò, preoccupata.

-Non sto agendo da solo- la rassicurò Leo.

-Alex è coinvolto? È per questo che siete sempre insieme a confabulare?- suppose la cuoca. Era troppo sveglia per il bene di Leo.

O forse era effettivamente un bene, per Leo, che fosse così sveglia.

Si poteva fidare di lei.

O almeno… lo sperava con tutto il cuore.

-Alex vuole solo il bene del regno. Gli ho salvato la vita, a Tormalina. Sarebbe dovuto morire. E anche Gideon…- le confidò Leo. La sua voce si spezzò nel parlare del bambino.

Aveva rischiato la vita ben due volte, e Leo l’aveva salvato per il rotto della cuffia.

Anche in quel momento rischiava la vita, ed era scosso dagli incubi, e tutto per colpa della Storia, degli dei, del destino che Leo stava cercando di cambiare.

Gli occhi gli si riempirono di lacrime, Dotty impallidì e sobbalzò, sconvolta.

-Oh dei!- esclamò la ragazza, portandosi una mano alla bocca. Anche lei, come tutti, era affezionata a Gideon, e si era preoccupata tantissimo quando aveva scoperto che era rimasto ferito.

-Non devi aiutarmi, ma ti prego, Dotty, ti prego non dire niente a nessuno! Se vengo cacciato da qui la mia migliore amica, figlia di Jahlee, potrebbe trovarmi e riportarmi a casa, e se torno a casa… tutto quello che ho fatto verrebbe resettato- Leo si piegò davanti all’amica e la supplicò, le lacrime agli occhi, le mani a preghiera.

Dotty aveva la vita e il destino di milioni di persone nelle sue mani, e probabilmente non se ne rendeva del tutto conto.

-Non posso restare indifferente a quello che ho sentito…- Dotty scosse la testa.

-Lo so che è tanto da chiedere, ma non posso rischiare…- Leo provò ad insistere, spaventato.

-…per questo voglio aiutarti!- concluse però la cuoca, accennando un sorriso, e prendendogli le mani con affetto.

-…cosa?!- Leo era sconvolto.

Sperava che Dotty rimanesse discreta, non che saltasse sul carro dei salvatori.

Era una protagonista, ed era di Lumai… avrebbe dovuto essere più fedele alla Storia, giusto?

-Non so cosa potrò fare, ma voglio aiutarti. Posso coprirti quando devi fare qualcosa di losco, o consigliare qualche strategia. Non posso starmene con le mani in mano quando so che tu e Alex siete impegnati con il far finire la guerra. Conta pure su di me!- Dotty si alzò in piedi e strinse i pugni, per mostrare quanto fosse decisa e determinata.

-Davvero?- Leo era ancora abbastanza incredulo, ma si alzò a sua volta, e osò sperare che le cose andassero finalmente bene, per una volta.

-Certo, maestra! No, anzi, maestro! Preferisci i pronomi maschili o femminili?- chiese Dotty, per essere sicura.

Che cara che era! 

-Maschili, ma continua a usare il femminile quando siamo con altri… e ti prego, non chiamarmi maestro!- Leo ancora non riusciva del tutto a credere che Dotty avesse deciso di essere dalla sua parte e addirittura aiutarlo.

Era una persona molto più fortunata di quanto pensasse.

Ma comunque non voleva che continuasse quella imbarazzante abitudine che Dotty sembrava avere con lui a prescindere dal suo sesso e dalla sua identità.

-È più forte di me- ammise Dotty, imbarazzata, grattandosi il retro del collo.

Leo non trattenne una risatina.

-Già, lo facevi sempre anche prima…- ammise, ripensando a quei bei vecchi tempi senza guerra e senza troppe preoccupazioni.

-Eravamo grandi amici?- chiese la cuoca, avvicinandosi e sistemandogli una ciocca di capelli disordinata.

-Mi piace pensare di sì- sussurrò Leo, che aveva sempre avuto un rapporto cordiale con Dotty, e le voleva bene nonostante fosse la sua rivale in amore, in cucina, e in generale. Era una ragazza meravigliosa, gentile e intelligente.

-Posso farti un’ultima domanda?- chiese Dotty, mentre iniziavano ad avviarsi all’esterno per ritornare a fare i propri doveri dato che erano mancati fin troppo dalla cucina.

-Certo- Leo annuì, supponendo volesse chiedere qualcosa circa le sue conoscenze, o su Alex, o magari su Gideon.

Si preparò a una domanda scomoda.

-Curare le persone, con la benedizione… fa del male a te?- Dotty però lo stupì con qualcosa di molto più personale.

Leo ebbe un leggero tremore nel rispondere, e una quasi impercettibile esitazione che sperò Dotty non notasse.

-Solo un po’. Prendo una piccola percentuale- cercò di risultare il più rilassato possibile, come se non fosse niente di ché.

Lo sguardo di Dotty però si velò di preoccupazione.

-Stai attento, maestro. Può essere pericoloso- lo avvertì.

…Leo iniziava a stancarsi di tutte quelle persone e divinità preoccupate per quella benedizione.

Sì, lo sapeva che era rischioso, ma era la SUA benedizione, e l’avrebbe usata come voleva! E se a Flora non andava bene poteva anche ritirarla.

Cercò comunque di non mostrare a Dotty la propria esasperazione.

Non era colpa sua se era la ottocentesima volta che gli dicevano le stesse cose.

-Starò attentissimo, non preoccuparti. Certo che tu e Alex siete fatti l’uno per l’altra! Non fa che ripetermelo!- provò invece a buttarla sul ridere, facendo alla collega un occhiolino.

Dotty arrossì appena, abbassando lo sguardo e non trattenendo un sorrisino.

-Perché è un uomo saggio- complimentò la propria cotta.

…uomo.

Leo non avrebbe mai rivelato il segreto di Alex a qualcuno, neanche a Dotty, però se voleva spingerle una verso l’altra era il caso che Alex le dicesse la verità. Leo era certo che Dotty non avrebbe avuto problemi con il fatto che Alex fosse una donna. Non ne aveva avuti per lui, dopotutto.

Certo, non aveva una cotta per Leo, e magari non bazzicava l’altra sponda, ma comunque quello era un mondo molto aperto dove la normalità era la bisessualità, quindi c’era speranza.

-…vuoi che ci metta una buona parola o…?- si offrì, sperando davvero di riuscire a combinare le due ragazze.

Sia per motivi completamente altruisti, dato che renderle felici era una cosa che sperava di ottenere… sia per motivi particolarmente egoisti, dato che, beh… una rivale in amore in meno.

-Shhhh! Ci penso io! Tu pensa al tuo principino. Sono certa che abbia un debole per te- Dotty gli fece un occhiolino complice, che fece saltare un battito a Leo.

Era così gentile con lui, ignara che Leo le stava rubando il futuro marito…

Ma ehi, ciò che non sapeva, non l’avrebbe fatta soffrire.

E non sembrava minimamente interessata a Daryan, in ogni caso.

-…dici?- chiese, timidamente, cercando di non sperarci troppo.

-Non hai notato come ti fissava al rifugio?- Dotty gli diede una spintarella, e Leo non riuscì a non arrossire.

In realtà era piuttosto convinto che Daryan fissasse Dotty, non lui, ma era una speranza piacevole.

E se Dotty si metteva con Alex… forse Leo aveva davvero speranza.

Daryan si era preso una cotta per lui già una volta, dopotutto… poteva accadere di nuovo.

Soprattutto adesso che sarebbe diventato il responsabile dei suoi pasti.

Leo non era arrivato lì con l’intenzione di fare lo sfasciafamiglie, ma… non c’era una famiglia da sfasciare. Forse era ancora in tempo.

Nonostante i suoi buoni propositi, Leo iniziò a sperare.

 

La successiva settimana fu la migliore e allo stesso tempo la peggiore da quando Leo era tornato.

Da un lato… aveva visto Daryan ogni giorno, quattro volte al giorno, per ogni pasto, e già solo questo era motivo di grande gioia.

Mettiamoci anche che fu il suo massimo periodo di sperimentazione culinaria, dato che cercava le ricette perfette da far provare al principe, in circostanze normali sarebbe stata la sua settimana preferita di tutta la vita.

Il problema era che c’era ancora una pesante guerra in corso, i suoi esperimenti non stavano dando i frutti sperati, e soprattutto… Leo era sfinito.

Affamato, denutrito, e incapace di dire di no ogni volta che il principe Daryan apriva la bocca per farsi dare una caramella, cosa che accadeva dopo ogni pasto.

E ad ogni caramella, la percentuale saliva.

Un passo alla volta.

Una caramella alla volta.

Daryan stava decisamente meglio, negli ultimi giorni.

Ma Leo si teneva in piedi solo grazie alla forza della determinazione.

E aveva fatto attenzione a non nominare Flora neanche per sbaglio, perché sapeva che gli avrebbe fatto una sgridata per come stesse sprecando il proprio potere e usandolo in modo pericoloso e improprio.

Ma su, erano solo delle caramelle… quattro al giorno… per sette giorni… ventotto in totale…

Era diventata una tradizione, ormai, e Leo non sapeva proprio come spezzarla.

Soprattutto perché si stava velocemente creando un forte legame tra Leo e Daryan, e ora che il cuoco aveva anche la benedizione della futura moglie di Daryan… non poteva non approfittarne! 

E come se non bastasse… era arrivata la fatidica luna piena. 

E quindi Leo si era dovuto alzare alle tre del mattino senza fare rumore, dirigersi in cucina come un ladro per preparare le offerte per gli dei, e si sarebbe anche dovuto sorbire la predica di Flora per il modo sbagliato in cui stava usando il proprio potere.

Per fortuna proprio il giorno prima era arrivato un carico di rifornimenti che non era stato ancora classificato, quindi Leo poteva tranquillamente prendere un po’ di tutto senza dare troppo nell’occhio, e probabilmente sarebbe riuscito anche a fare un’infornata di biscotti arcobaleno.

Dove “infornata” sta per una decina, al massimo.

Beh, dai, tre biscotti a dio, e ne avanzava uno.

Si poteva fare.

E poi aveva in programma un tortino gelato ai frutti di bosco per Noella, delle frittelle di fiori di zucca per Flora, e dei ravioli spinaci e ricotta per Jahlee.

Aveva organizzato questa operazione nei minimi dettagli con l’aiuto di Dotty, Alex e Gideon, aveva calcolato perfettamente i tempi di cottura, le preparazioni, gli ingredienti e il metodo per ottenere il massimo risultato nel minor tempo possibile e sprecando il meno possibile.

Pensate, era così preparato ad ogni evenienza, che quando entrò come un ninja in cucina e vide Mildred intenta a catalogare il cibo, stanca ma riposata abbastanza da far capire che aveva dormito e si era appena svegliata ed era già a lavoro, Leo non si mise neanche a prendere a testate il muro della cucina chiedendosi perché fosse ancora lì quando tutto gli andava contro.

No, quando Mildred si girò verso di lui con un sopracciglio inarcato e gli chiese -Leah, che ci fai qui?- con cipiglio severo e sospettoso, Leo le sorrise con sicurezza e solo un leggerissimo tic nervoso all’occhio, quasi impercettibile.

-Buongiorno Mildred… oh forse è ancora il caso di dire “buonanotte”? In ogni caso, mi sono svegliata presto, e ho deciso di venire qui e mettermi a cucinare. Oggi è un giorno importante, dopotutto, tornano il re e la regina, e poi ho i miei esperimenti da fare per il principe, e, insomma… non volevo perdere tempo- spiegò Leo, con sicurezza.

Aveva messo in conto la possibilità di poter essere scoperto, e si era preparato l’alibi perfetto!

…in realtà era stata Dotty a mettere in conto la possibilità che Mildred fosse già lì, dato che era sempre molto mattiniera… o nottambula… e gli aveva consigliato l’alibi perfetto.

Forse sarebbe dovuta essere Dotty la protagonista, e non Leo.

Era di certo molto più competente.

Ma Leo ha comunque le sue qualità, dai!

Tipo ispirare simpatia a tutti quelli che incontra.

Infatti lo sguardo di Mildred si addolcì.

-Sei un tesoro, ma è troppo presto e si vede che sei stanca morta. Vai a dormire- purtroppo però non si fece convincere da Leo a lasciargli tutta la cucina.

Leo avrebbe voluto obiettare e dire che era sveglissimo, ma considerando che dall’inizio della conversazione era appoggiato ad un tavolo e si pizzicava le guance ogni sei secondi cercando di restare sveglio… non avrebbe preso in giro nessuno.

Senza contare le occhiaie che gli arrivavano alle ginocchia.

-Non riuscirei neanche volendo, Madame Mildred. Sento davvero il bisogno di cucinare qualcosa- cercò di farle pena mostrando più ansia di quanta ne provasse… anche se comunque ne provava un po’.

Mildred rifletté un po’.

Poi sospirò.

-La cucina è tutta tua… per un’ora! Poi ti rivoglio a letto- cedette infine.

-Due ore?- provò a negoziare Leo, incrociando le dita.

-Un’ora e mezza… al massimo!- gli concesse Mildred, tornando poi al suo compito.

Leo sorrise.

Un’ora e mezza era esattamente ciò di cui aveva bisogno.

Illuminato dalle candele e dal fuoco adibito alla cucina, e nel cuore del suo elemento, Leo diede il meglio di sé per soddisfare le richieste dei suoi benefattori.

(Probabilmente sarebbero bastati i biscotti, ma lasciamo stare).

E alla fine riuscì nell’impresa, ed era pronto a lasciare le proprie offerte agli dei.

C’era solo un problema.

…Mildred era ancora lì.

Non aveva detto niente a Leo da quando aveva cominciato a lavorare, e si era limitata a segnare gli ingredienti che aveva preso, ma se tre divinità chiacchierone fossero comparse in forma anche corporea a mangiare ciò che il cuoco aveva appena cucinato… era possibile che se ne accorgesse. Non è detto, eh, ma è piuttosto probabile, bisogna dirlo. Mildred era acuta.

Leo si guardò intorno, cercando un modo di cacciare Mildred dalla stanza almeno per una decina di minuti, ma prima che potesse trovare una soluzione, essa cadde letteralmente dal celo.

Nel senso che dal nulla un pacco di farina si schiantò su Mildred, facendo sobbalzare sia lei che Leo.

-Ma che?!- esclamò la capocuoca, guardandosi intorno confusa e lanciando un’occhiata a Leo, che a qualche metro di distanza la guardava con espressione più confusa di lei, pertanto era palesemente innocente.

-Tutto bene, Madame Mildred?- chiese il cuoco, avvicinandosi e prendendo uno strofinaccio per aiutarla a pulirsi.

-Hai visto per caso cosa è successo?- chiese Mildred, più seccata dalla farina sprecata piuttosto dal fatto che ne era ricoperta.

-No, mi dispiace. Non ne ho la minima idea!- si rammaricò Leo, guardandosi ancora intorno cercando qualcosa di sospetto, e sgranando gli occhi quando notò che sopra uno scaffale di vivande spuntava il volto divertito di Noella, a malapena illuminato dalle candele e più piccolo del normale. La dea fece un occhiolino a Leo, e sparì tra le ombre.

Okay, si spiegava tutto.

Per fortuna Mildred non si era accorta di nulla.

-Vado a darmi una ripulita. Tu puoi sistemare qui, prima di tornare in camerata a dormire?- Mildred afferrò lo strofinaccio dalle mani di Leo e si avviò verso l’uscita.

-Certo, Madame Mildred! Tanto avevo quasi finito- si mise a disposizione, servile.

Mildred accennò un sorrisino prima di uscire.

Leo tirò un sospiro di sollievo.

-Sono stata brava, vero? Merito un biscotto in più?- una voce alle sue spalle lo fece sobbalzare.

-Dea Noella! Buongiorno!- Leo si affrettò a girarsi e fare un inchino profondo, anche se con gli dei bisognava teoricamente prostrarsi a terra.

Ma a terra c’era ancora un chilo di farina, e non voleva sporcarsi anche lui.

-Si può già parlare di giorno? Non sono neanche le cinque- Jahlee comparve sbadigliando accanto a Noella, e osservò con curiosità il cibo preparato da Leo.

-Buon… Salve anche a lei, dio Jahlee- Leo fece un altro inchino.

-Che grandissimo spreco di risorse! Già con le nostre offerte stiamo usufruendo di tanto cibo che sarebbe dovuto essere destinato alla popolazione del palazzo, non è molto corretto sprecare anche tutta questa farina- appena comparve, con cipiglio severo inusuale, Flora fece subito una ramanzina a Noella, che roteò gli occhi.

-Beh, bisognava allontanarla per mangiare! Ho fatto un lavoro per la comunità- provò a difendersi, lanciando a Leo un’occhiata complice in cerca di aiuto.

-Buongiorno anche a lei, dea Flora- Leo si limitò ad inchinarsi alla dea che più lo spaventava, evitando il suo sguardo e sperando che non tirasse fuori l’argomento benedizione.

-Suppongo che dovremo fare in fretta, Leonardo- Flora andrò dritta al punto, e osservò con curiosità le pietanze sul tavolo che Jahlee stava già adocchiando con interesse.

-Esatto! Prima che Mildred torni. Allora… cosa ci proponi?- chiese Noella, osservando principalmente i biscotti.

-Beh… allora…- Leo si preparò ad esporre, ma la voce gli si fermò in gola quando si rese conto che gli dei davanti a lui non erano degli ologrammi, ma sembravano decisamente corporei, e finalmente, per la prima volta, li poteva vedere effettivamente dal vivo.

Irradiavano una luce solenne e un’aura di estremo potere.

E avrebbero probabilmente potuto distruggere Leo se solo avessero voluto.

-Wow…- si ritrovò a sussurrare, non trattenendo la propria ammirazione e lo shock.

Cioè, sapeva che c’erano gli dei, sapeva che lo avevano benedetto, ci aveva parlato più volte e probabilmente in quel mondo era la persona che più li conosceva.

Ma in quel momento erano così… reali.

Molto più del solito.

-Lo so, lo so. Sono bellissima! Se sarò l’unica figura femminile di cui ti innamorerai non mi sorprenderò- Noella notò il suo sguardo sorpreso e la sua esclamazione, e gli mise una mano intorno al braccio.

Per la prima volta, Leo era riuscito a toccare fisicamente un dio.

Noella era gelida come la neve.

-Non la voglio offendere, dea Noella, ma sono ancora molto gay, e già innamorato di qualcuno, al momento- Leo scosse la testa, con la voce appena tremante.

-Ammiro la lealtà- Noella lo lasciò andare, facendo un po’ il muso ma rispettando i suoi spazi.

-Flirt discutibili a parte, cominciamo?- Flora trascinò Noella ancora più lontano, e indicò il cibo.

-Sì, sì, scusate! Allora, ho preparato un pasto per ognuno di voi: tortino gelato ai frutti di bosco per la dea Noella, delle frittelle di fiori di zucca per la dea Flora, e dei ravioli spinaci e ricotta per il dio Jahlee. Per finire, tre biscotti arcobaleno a testa- spiegò Leo, illustrando ogni pietanza. Aveva fatto più porzioni in modo da giustificare l’uso degli ingredienti presentando comunque qualcosa anche alla famiglia reale. L’unica cosa che non sarebbe avanzata erano i biscotti arcobaleno.

Ed era effettivamente un peccato, ma non poteva presentarne solo uno senza spiegare dove fossero finiti tutti gli altri.

E di certo non poteva darne uno solo agli dei quando glieli avevano espressamente richiesti.

-Mi sembra un ottimo menu! Possiamo rubare anche qualche caramella arcobaleno?- chiese Jahlee, osservando con appetito le proprie pietanze e il sacchetto.

-Non sarebbe male rubarne alcune- borbottò Flora, ma non sembrava effettivamente interessata alle caramelle, alle quali infatti lanciò un’occhiata sdegnosa.

-Spero che il cibo vi piaccia! Perdonate se sono di fretta ma Mildred potrebbe tornare da un momento all’altro quindi è meglio se magari prendete il tutto e lo mangiate altrove- provò a suggerire Leo, un po’ preoccupato dall’essere scoperto.

Non voleva cacciarli, ma era davvero stanco.

…e voleva cacciarli prima che Flora insistesse sul punto “benedizione”.

-Penso che Mildred non tornerà più per… un secondo!- Noella sparì, e comparve dopo qualche secondo -…ora non tornerà più finché non finiremo qui- affermò con sicurezza, mettendosi comoda su un tavolo come se fosse un divano e afferrando uno dei suoi tre biscotti.

-Che cosa ha fatto?- provò a chiedere Leo, anche se non era certo di volerlo sapere.

Flora lanciò un’occhiata sospettosa a Noella, poi sparì anche lei per qualche secondo, e ricomparve davanti a Leo scuotendo la testa.

-L’ha chiusa dentro il bagno- rispose per lei -Non dovremmo abusare del nostro giorno di corporalità per queste sciocchezze- sgridò poi la collega, con calma ma risoluta.

Noella alzò le spalle.

-Stiamo riscrivendo le regole, giusto? E poi sono cose molto innocenti! Anzi, ti restituisco la farina!- Noella schioccò le dita, e la farina perduta venne restituita -Ora mi vuoi di nuovo bene?- chiese poi a Leo.

-Potete provvedere cibo?- chiese Leo, chiedendosi se sarebbe stato accettabile usare le proprie conoscenze per rimpinguare la dispensa del regno.

-Alcune regole servono, altrimenti sarà il caos! Quindi niente favoritismi evidenti! …però ammetto che alcune cose potremmo… Leo, come vanno le ferite?- Flora gli distrusse il sogno, e poi si avvicinò al ragazzo, pensierosa.

-Abbastanza bene! Migliorano parecchio! E giuro che starò più attento con il principe Daryan, ma…- arreso al fatto che ne avrebbero parlato, Leo si affrettò a mettere le mani avanti circa la propria benedizione.

Flora gli diede una pacca sulla spalla, e improvvisamente Leo si sentì molto meglio di quanto non si sentisse da giorni.

-Non sono qui per rimproverarti. Puoi usare il potere come credi, anche se consiglierei di non aumentare troppo il coinvolgimento emotivo. Se raggiungi il 100%, poi non scenderà più, e… potresti ritrovarti ad avere qualcuno con una ferita mortale, e costretto a decidere se prendere la sua morte, o lasciarlo in balia del fato- spiegò Flora, con un sorriso materno ma sguardo fermo -Comunque, un piccolo regalo per ringraziarti dell’offerta. Ti ho tolto ogni ferita fisica- gli fece poi un occhiolino, e prese le proprie frittelle con gusto.

Jahlee si era già spazzolato i ravioli e i propri biscotti mentre le donne parlavano con Leo, e Noella, notando che si era iniziato a mangiare, si affrettò a fare altrettanto con più fretta, per evitare che qualcuno osasse rubarle il cibo.

Non potevano, perché le offerte erano sacre, ma comunque era meglio non rischiare.

-A proposito di regali, Leonardo… io ti ho aiutato permettendo alle due dee di entrare nel mio territorio sacro, quindi ho fatto la mia parte- Jahlee si tirò fuori da eventuali nuovi regali da elargirgli.

Era molto giù dal fatto che sua figlia l’aveva ripudiato, e un po’ incolpava Leo, anche se si professava ancora completamente dalla sua parte.

-In che senso?- chiese Leo, confuso.

-Noi dei non possiamo andare nei territori degli altri dei a meno di non essere formalmente invitati. E i templi sono completamente off-limits. Certo, durante la notte la luna ci da più potere e possiamo varcare i confini con una certa libertà, ma…- iniziò a spiegare Flora. Jahlee la interruppe.

-A questo proposito… io ho promesso di riportarti a casa oggi, e gli dei ti osserveranno con attenzione. È possibile che se vedono che non ottengo risultati, proveranno a venire qui e farti qualcosa loro stessi, anche se non li invito, quindi dopo il tramonto ti dovrò trasportare nel tempio, dove non potranno neanche osservarti, per tutta la notte- Jahlee spiegò il piano.

-Per tutta la notte?!- chiese Leo, preoccupato. La sua assenza non sarebbe passata inosservata.

E… temeva un po’ a farsi trasportare così da Jahlee.

-Tranquillo, a un minuto dalla mezzanotte ti riporterò qui, ma poi la mia copertura salterà, e avrai un mese di tempo prima che tenteranno di nuovo qualcosa per farti andare via e far tornare la Storia a come dovrebbe essere- Jahlee annuì e offrì nuovi dettagli.

-Suppongo sia comunque abbastanza tempo- borbottò Leo, un po’ preoccupato, ma cercando di farsi forza. Aveva molti amici e alleati, e tante cose potevano succedere in un mese. E poi, finché restava lì, Kalea non poteva tornare indietro nel tempo.

E con Jahlee dalla sua parte, non sarebbe potuto tornare indietro.

Aveva speranza.

-Bravo, mantieniti ottimista!- lo incoraggiò Noella -E questi biscotti sono meglio di quanto mi aspettassi! Ora capisco perché siamo in così tanti dalla tua parte!- commentò poi, con espressione beata.

Leo accennò un sorrisino, e arrossì appena.

-Mi fa piacere che vi piacciano- borbottò, felice ma umile.

-Siamo dalla tua parte per altri motivi, ma è vero che sono deliziosi! Non ne è avanzato alcuno, vero?- provò a chiedere Flora.

-Se è avanzato lo voglio io! Ti ho aiutato con Mildred!- Noella subito si mise sull’attenti, pronta a mangiare l’ultimo biscotto.

-Beh, io l’ho curato, penso che sia un fatto degno di un biscotto in più- provò a proporsi Flora.

-Se non fosse per me non potreste neanche stare qui!- Jahlee si mise in mezzo -E comunque sono stato il primo a benedirlo- aggiunse poi.

-E io la prima a marchiarlo!-

-Tra i due litiganti la terza gode, giusto?-

-Comunque io ti ho dato altra farina!-

-Farina che avevi sprecato-

-Sono stato io a chiedere espressamente i biscotti, però…-

Per fortuna di Leo, che in effetti aveva un ultimo biscotto avvolto in un tovagliolo che aveva messo nella tasca del grembiule con l’intenzione di darlo a Gideon, Alex o Dotty, il litigio venne interrotto da dei passi fuori dalla porta che misero i tre dei sull’attenti, zittendoli prima che Leo fosse costretto ad intervenire.

Gli occhi di Jahlee si fecero violetti, quelli di Noella arancioni, e quelli di Flora verdi.

-Oh, no! Visite inattese- commentarono insieme.

-Libero Mildred!- Flora sparì.

-Pulisco per te- Noella sollevò la mano e il disastro che Leo avrebbe dovuto pulire mentre Mildred si sistemava sparì nel nulla.

-Ci vediamo al tramonto, Leonardo- gli fece un saluto Jahlee, e tutti gli dei sparirono nel nulla senza dare il tempo a Leo neanche di capire cosa stesse succedendo.

Un secondo dopo, la porta si aprì.

-Sorpresa, Mildred!- annunciò una voce molto conosciuta a Leo, che lo fece sobbalzare e gli fece battere forte il cuore.

-Vostra maestà!- commentò, girandosi e ritrovandosi faccia a faccia con una divertita regina, che notando che Leo non era Mildred, si fece confusa.

-Oh, scusami, volevo fare una sorpresa a Mildred… tu chi sei? Non ti ho mai vista in giro- squadrò Leo con curiosità e sospetto.

Leo si riprese dallo shock di aver rivisto la regina, madre di Daryan e Opal, e donna più intransigente e allo stesso tempo giusta e incoraggiante del regno, e fece un profondo inchino.

Si era fatta spiegare da Dotty come farne uno femminile, ma arrancava ancora, e sperava uscisse bene.

-Il mio nome è Leah, vostra maestà, e sono stata assunta in cucina quasi un mese fa- si presentò.

-Oh, non ne sapevo niente. Benvenuta a palazzo. Chi è stato ad assumerti?- chiese la regina, con un interrogatorio molto da lei.

Era super percettiva, ed era lei a tenere le redini della casa.

Era molto brava ad ottenere informazioni senza far capire che stesse facendo un terzo grado.

-Il principe Daryan, sotto suggerimento di Alex, che mi ha recuperato dal borgo di Tormalina dopo un attacco. Ho affrontato il colloquio con Madame Mildred in persona- spiegò Leo, dando più dettagli possibili.

-Daryan… questa sì che è una sorpresa. Spero che tu ti trovi bene. Cosa fai in cucina a quest’ora?- continuò la regina, guardandosi intorno in cerca di Mildred.

-Non riuscivo a dormire e ho pensato di preparare del cibo per il vostro ritorno. Avevo finito quando Mildred…- Leo iniziò a raccontare, mostrando i frutti del suo lavoro… beh, ciò che gli dei non avevano ripulito, e prima che la regina potesse assaggiare, cosa che sembrava interessata a fare, Mildred entrò in cucina, irritata.

-Qualche divinità mi ha preso di mira, o non si spiega il…- borbottò tra sé, pronta a raccontare a Leo con irritazione di essere stata chiusa in bagno, ma si interruppe quando notò che Leo non era solo.

-Buongiorno, Mildred… o forse è più giusto dire buonanotte. Non è ancora l’alba- la salutò la regina, con un grande sorriso.

-Mia regina! Bentornata!- Mildred si inchinò profondamente, ma la regina interruppe l’inchino con un abbraccio.

-Siamo felici di essere a casa! E stavo conoscendo questa nuova recluta. Cosa mi sai dire?- chiese la regina, lanciando un’occhiata a Leo, che non aveva trattenuto un’espressione intenerita a vedere l’affetto tra le due donne, ma recuperò il contegno.

-Leah è in gamba. Le piaceranno i suoi piatti, regina-  Mildred fece un occhiolino a Leo, che abbassò lo sguardo, imbarazzato.

-Ottimo! Avremo occasione di scoprirlo bene, questo pomeriggio- la regina sembrò più convinta, ora che Leo aveva ricevuto lo stampo di approvazione di Mildred in persona.

-Questo pomeriggio?- chiese Mildred, lanciandole un’occhiata confusa.

-Sì, siamo stati via troppo. So che siamo ancora in guerra, ma oggi è luna piena, giorno di cambiamento e di onore agli dei, e per celebrare il nostro ritorno e soprattutto la forza dei nostri dipendenti, io e Reginald abbiamo deciso di organizzare una festa improvvisata per i membri del castello. Niente si sfarzoso, solo una celebrazione tutti insieme, per mantenere alta l’energia. Allora, che dici, Mildred?- la regina spiegò il suo piano, incoraggiante.

-Beh…- Mildred, sempre attenta agli sprechi e al lavoro, non sembrava convinta.

-Che idea stupenda! C’è davvero bisogno di un po’ di leggerezza per il principe e la principessa- Leo, al contrario, trovava l’idea meravigliosa.

Sia Opal che Daryan erano super stressati ultimamente, e anche i membri della corte erano molto in ansia, con gli attacchi sempre più frequenti. Quel giorno non ce ne sarebbe stato alcuno per via della luna piena, quindi organizzare una semplice festicciola era un’idea perfetta.

Mildred e la regina si girarono a guardarlo, sorprese dalla sua veemenza.

Leo si rese conto di aver parlato a sproposito, e abbassò la testa.

-Oh, scusate, non dovevo…- fece un metaforico passo indietro, ma la regina lo interruppe con un grande sorriso e una pacca sulla spalla.

-Figurati… penso che tu mi piacerai davvero tanto!- gli fece un occhiolino incoraggiante.

Leo si illuminò, felice di averla già riconquistata.

E soprattutto di rivederla dopo tanto tempo.

-Però ora Leah deve andare a dormire! È stata fin troppo sveglia!- Mildred interruppe il momento tenero incoraggiando Leo a tornare in camera a dormire, come da accordo.

-Sì, chiedo scusa- Leo si affrettò ad uscire, dopo aver fatto un inchino ad entrambe le donne.

-Buon riposo, Leah- lo salutò la regina con un grande sorriso, prima di tornare a discutere dei dettagli con Mildred.

 

Per la prima volta da quando era tornato, Leo riusciva a respirare l’atmosfera che c’era stata la prima volta che era stato lì. La festa di fortuna organizzata dalla regina e dal re aveva fatto ciò che doveva e risollevato gli animi, anche se il tramonto si stava avvicinando, e presto Leo sarebbe sparito e non se la sarebbe più potuta godere.

Essere la persona più ricercata dei sette regni era davvero una faticaccia. 

Anche se se la stava cavando piuttosto bene, se riusciva a godersi una giornata del genere, almeno fino al tramonto.

Leo si guardò intorno, osservando tutti.

Dotty stava parlando con Alex, che era vestita con l’armatura e in servizio, ma non sembrava disdegnare quattro chiacchiere. Anzi… sembrava proprio apprezzarle parecchio, vista la sua posizione rilassata.

Il re e la regina stavano parlando con Mildred, Rayce e alcuni cavalieri più anziani come fossero vecchi amici, senza nessuna formalità. La regina stava ridendo fino alle lacrime mentre Mildred stava raccontando un aneddoto che stava imbarazzando non poco il re.

Chevel e Persian sembravano litigare, ma era chiaro che si stessero più che altro punzecchiando, e non erano effettivamente arrabbiati.

Qualcuno avrebbe potuto persino dire che stessero flirtando.

Anna, Mary, Jane e qualche altra cuoca stavano giocando ad nascondino con Gideon, Opal e qualche guardia più giovane, tra cui Caspar.

Leo si stava giusto chiedendo se aveva il tempo di unirsi al gioco, e ponderando quanto sarebbe stato divertente sparire completamente mentre era nascosto e poi ricomparire a mezzanotte da totale vincitore, quando la sua attenzione fu attirata da una figura fuori dalla finestra, sul balcone, sola, di spalle, e illuminata dalla luce del tramonto imminente.

Il principe Daryan era l’unico, di tutti gli abitanti del castello, che non sembrava godersi i festeggiamenti.

E Leo sembrava l’unico ad essersene accorto.

Forse perché anche lui, in un certo modo, era isolato rispetto agli altri.

Forse imporgli la sua presenza quando il principe avrebbe preferito restare solo non era l’idea migliore del mondo, ma Leo si ritrovò comunque a prendere un piatto con del buon cibo, due bicchieri di vino, e ad uscire, con il cuore che batteva a mille e una flebile speranza che iniziava ad accendersi nel suo petto.

Quello, dopotutto, non era un balcone qualunque.

Quello era il balcone dove lui e Daryan si erano scambiati il loro primo bacio.

…un bacio disastroso perché Leo aveva vomitato sulle sue scarpe subito dopo, ed era anche svenuto, ma pur sempre il loro primo bacio.

Di notte, illuminati dalle stelle, e con la festa di Opal all’interno del salone… era stato uno dei momenti più importanti della loro relazione.

-Disturbo?- chiese Leo, avvicinandosi e rendendo chiara la sua presenza.

Vide il principe irrigidirsi, e girarsi con espressione corrucciata, ma quando notò che a disturbarlo era stato Leo, fu veloce a rilassarsi, e si aprì in un leggero sorriso.

-Leah…- era ancora un po’ incerto quando pronunciava il suo nome, ma aveva iniziato ad usarlo sempre più spesso -…non ti stai godendo la festa?- chiese, indicando il caos all’interno.

-Se disturbo posso sempre andare- Leo abbassò la testa, abbattuto, e lo prese come un invito a lasciare Daryan da solo.

Ma il principe si affrettò a correggersi.

-No, certo che no, solo… non credo che sarei di grande compagnia- ammise, sospirando e tornando a fissare l’orizzonte.

Leo osò avvicinarsi, e gli porse un bicchiere di vino, che il principe prese distrattamente.

-Ho pensato potesse… essere assetato, o affamato. Credo che queste minipizzette potrebbero piacerle, sono una mia ricetta personale, e con gli ingredienti appena arrivati sono riuscito a prepararle- Leo indicò delle pizzette che aveva preparato verso ora di pranzo. Opal le aveva amate e avevano riscosso un enorme successo nella sala.

La pizza… Daryan aveva sempre amato la pizza.

-Ho mangiato qualche biscotto, prima… non so se me la sento di mangiare altro, adesso- ammise Daryan, un po’ a disagio.

Okay, va bene… ci sarebbero state altre occasioni.

Leo mise da parte il piatto, cercando di non far vedere la sua delusione, e prese una pizzetta per se, che mangiò nel silenzio, appoggiato poco distante da Daryan, sulla balaustra.

-Cosa la porta su un balcone solitario durante una festa?- chiese Leo, rompendo il silenzio e girandosi a guardare Daryan, che non ricambiò il suo sguardo, e si limitò ad abbassare la testa.

-Cosa porta te su un balcone solitario durante una festa?- Daryan rigirò la domanda.

-Lei- rispose Leo, con semplicità, alzando le spalle.

Daryan si girò a guardarlo, sorpreso, e i loro occhi si incrociarono.

Daryan distolse immediatamente lo sguardo, arrossendo appena.

-Qualcuno deve pur assicurarsi che non ci sia qualche attacco a sorpresa, quindi resto vigile, tutto qui. Non sono bravo a festeggiare quando c’è del lavoro da fare, e… non mi piacciono le grandi feste- alla fine il principe decise di essere onesto con Leo.

-Non è felice di rivedere i suoi genitori dopo tanto tempo?- Leo cercò di fargli notare il lato positivo.

Daryan annuì appena, accennando un sorrisino.

-Più di quanto vorrei ammettere, ma… non cambia la situazione. Vorrei solo… ci sono così tante cose che non capisco, e… lascia perdere. Non è certo qualcosa di cui posso discutere con te- Daryan sembrò sinceramente sul punto di aprirsi, ma poi cambiò idea, e si richiuse nuovamente a riccio.

-Perché no? Sono una brava ascoltatrice, e sono ottima nel mantenere i segreti… non credo sia un fattore positivo, per alcune circostanze, ma sono anche super leale, eh! Si può fidare di me- Leo si mise a disposizione, con la sua solita energia.

Daryan gli lanciò un’altra occhiata, e un sorrisino più marcato.

-Come riesci a fare così?- chiese, quasi tra sé.

Non sembrava esattamente una domanda rivolta a Leo, ma il cuoco comunque rispose.

-Così cosa?- indagò, piegando la testa confuso.

-A farmi sentire come se potessi davvero fidarmi di te. Più di chiunque altro in questo castello. Sei la persona che conosco meno, ed è passato meno di un mese da quando sei qui, eppure… mi sembra come se…- la riflessione di Daryan venne interrotta quando si prese la testa tra le mani, colpito da una fitta.

-Tutto bene?- chiese Leo, preoccupato, avvicinandosi pronto a sostenerlo nel caso avesse avuto un mancamento.

E anche pronto a dargli una caramella, anche se avrebbe dovuto evitare.

-Sì, sì… lascia stare ciò che stavo dicendo. Probabilmente ho bevuto troppo rispetto a ciò che ho mangiato, sto straparlando- Daryan fece gesto a Leo di allontanarsi, e lui eseguì.

-Allora forse dovrebbe provare le pizzette! Sono deliziose. Impasto fresco con sugo di pomodoro, mozzarella, un po’ di origano e olio. Semplici ma davvero gustose- Leo offrì il piatto. Amava farsi pubblicità, e ogni scusa era buona per proporre un buon piatto fatto in casa.

Daryan sembrava leggermente divertito.

-Sono tentato, ma non ho molta voglia di salato- rifiutò nuovamente, con delicatezza.

Leo non si fece abbattere.

-Vuole che le prenda qualche altro biscotto, o una caramella?- propose, indicando l’interno della sala, dove le pietanze dolci abbondavano, nonostante la furia mangereccia di Opal.

Daryan gli prese di scatto il polso, fermandolo sul posto (e facendolo arrossire parecchio).

-Vorrei… che restassi qui, qualche minuto- ammise, in un sussurro, con sguardo vulnerabile.

Il cuore di Leo perse un battito, e poi cominciò ad andare più veloce.

Sperava di non essere arrossito troppo, ma era piuttosto certo che il suo volto era più rosso dei suoi capelli. 

Non che al momento avesse capelli rossi dato che aveva la parrucca, quindi sperò fosse meno evidente. Ma sfido voi a non avere lo stomaco in subbuglio quando la vostra cotta vi chiede di restare soli in balcone al tramonto insieme.

Leo lanciò un’occhiata all’orizzonte.

Il sole non era ancora calato, aveva ancora un po’ di tempo.

-Anche qualche ora, principe Daryan- diede la sua disponibilità, anche se non aveva qualche ora, in realtà.

Ma dubitava che qualsiasi dio decidesse di comparire in mezzo a tutti e fulminarlo sul posto… probabilmente.

Insomma, era un rischio che poteva correre, pur di restare un po’ con Daryan.

-Sarà un po’ noioso per te- Daryan lo lasciò andare, ma non trattenne un sorriso sollevato, sebbene imbarazzato.

Era davvero adorabile!

-Non mi annoio mai in sua compagnia- lo rassicurò Leo, avvicinandosi un po’.

Quello non era un mondo eteronormativo, Daryan non era fidanzato con nessuno, era bisessuale (anche se le etichette lì non esistevano) e si stavano avvicinando. Flirtare un po’ era accettabile e giustificabile.

-Come sta Gideon?- chiese Daryan, per fare conversazione.

-Sta benissimo! A proposito, sta adorando il libro che gli ha consigliato! E sta piacendo molto anche a me. Non sono mai stata una grande lettrice, ma queste storie sono davvero avvincenti!- Leo ripensò a quando aveva detto a Daryan che Gideon stava imparando a leggere, e ai consigli appassionati del principe, accanito lettore. Aveva buon gusto, bisognava dirlo.

E Leo adorava il suo lato nerd.

Sentendo nominare i libri, Daryan sembrò illuminarsi.

-Oh, e sono solo fiabe per bambini! Dovresti leggere la saga di Zia Carlina! È la più popolare dei sette regni ed è davvero avvincente!- consigliò.

Leo aveva sentito parlare della saga di Zia Carlina… nel senso che sapeva tutti gli spoiler degni di nota.

-Sì, beh… ci farò un pensiero… anche se non mi fanno impazzire Gustavo ed Eugenia… da ciò che so… ovvero quasi tutto perché in cucina girano parecchi spoiler.. Gustavo starebbe meglio con Astolfo- osservò Leo, che non era mai stato troppo a sentire gli spoiler, ma con il tempo iniziava ad appassionarcisi. Non poteva fare altro, con Dotty e Alex che ne parlavano spesso.

-Capisco perché la coppia possa piacere, e detesto anche io Gustavo ed Eugenia, ma penso che Gustavo sta molto meglio con Lisette, è il mio personaggio preferito- Daryan spiegò il suo punto di vista, rilassandosi appena parlando del suo libro preferito.

-Non ho ancora avuto l’onore di conoscere Lisette…- ammise Leo, ripensando alle poche informazioni che conosceva.

-Allora dovrai leggerlo e farmi sapere- Daryan gli fece un occhiolino complice.

Leo alzò le mani.

-Touché! Darò un’occhiata… tornando a noi, Gideon sta bene, e gioca con Opal e le cuoche a nascondino. Penso stia anche vincendo ma potrebbe cedere con la principessa. La adora. Penso che abbia una piccola cotta infantile- Leo si affrettò a cambiare argomento per non farsi ulteriori spoiler prima di cominciare a leggere. Ma forse non scelse un ottimo argomento.

Daryan inarcò un sopracciglio nel sentire che qualcuno si era preso una cotta per sua sorella.

-Adesso devo temere anche i dodicenni?- chiese, melodrammatico e per niente serio.

Uff, almeno anche lui si rendeva conto che non c’era niente da temere, con Gideon.

-Nah… dovrebbe temere il saggio della foresta infinita. Opal ne ha parlato parecchio, all’ultima ora del tè- per sicurezza, e per salvare il suo fratello spirituale da un possibile principe protettivo, Leo buttò Sage sotto il metaforico autobus. Era vero che Opal ne aveva parlato parecchio, ultimamente. 

Principalmente con antipatia e rabbia, ma a Leo non era sfuggito che aveva le guance leggermente rosse mentre ne discuteva.

-Cosa?! Quel ragazzino?! Pensavo che lo odiasse- Daryan si mise immediatamente sull’attenti, come un segugio che fiuta un pericolo.

-Che ci possiamo fare, amore e odio spesso vanno a braccetto. Pensi a Chevel e Persian- Leo alzò le spalle, divertito dal suo atteggiamento.

-Chevel e Persian, ma cosa dici?!- Daryan sgranò gli occhi, sconvolto, e si girò verso la sala come se si aspettasse di trovarli intenti a sbaciucchiarsi.

-Lo so! Ero sconvolta anche io, ma… guardi. Stanno palesemente flirtando, dai!- Leo lo prese per le spalle e gli indicò la direzione dove i due stavano ancora litigando, vicino al tavolo del buffet.

-A me sembra che stiano litigando e basta…- osservò Daryan, guardandoli con attenzione.

Anche Leo li osservò con attenzione.

Rimasero fermi, attaccati e osservatori per qualche secondo.

Poi Leo scosse la testa.

-…francamente lo penso anche io, ma Dotty dice che si piacciono. E Dotty è molto percettiva- alzò le spalle, e ammise che le supposizioni non venivano affatto da lui, ma dalla sua molto più intelligente collega.

…perché non è lei la protagonista di questa storia?! È decisamente molto più competente di Leo!

Daryan ridacchiò appena tra sé, liberandosi inavvertitamente dalla stretta di Leo, che gli stava ancora tenendo le mani sulle spalle e si affrettò a toglierle, imbarazzato.

-Si sparla molto tra le cuoche, o sbaglio?- indovinò il principe, lanciando a Leo un’occhiata indagatrice.

-Ho già detto troppo. I gossip delle cuoche sono sacri- Leo si fece cenno si chiudersi la bocca e gettare la chiave.

-Neanche qualcosa di innocente?- provò a chiedere Daryan, avvicinandosi con occhi da cucciolo.

Era una cosa così poco da lui che tutta la risoluzione di Leo evaporò immediatamente.

Era super adorabile!

E non era così rilassato da… da… forse non era mai stato così rilassato da quando Leo lo aveva conosciuto.

Forse solo durante il loro primo e unico appuntamento ufficiale, ma Leo non poteva esserne certo, perché ormai quell’appuntamento era rovinato dai numerosi incubi che faceva al riguardo, e non riusciva più a ricordare come fosse andato quello vero.

No, non era il momento di pensare a quelle cose.

Aveva un principe da rendere divertito, rilassato e felice.

-Beh… Mary mi ha rivelato, che Anna le ha detto, che Jane ha sentito da Mildred, che lo stava raccontando a Chevel, che ha visto Sir Lionel che si era arrabbiato con un cavallo, lo ha minacciato con la spada, e per tutta risposta il cavallo lo ha calciato, lo ha fatto volare dieci metri, ed è questo il vero motivo per il quale è in infermeria, altro che banditi che cercavano di entrare- confessò Leo. Ogni scusa era buona per parlar male di Lionel.

Daryan non trattenne una risatina.

-È una velata richiesta a licenziarlo una volta per tutte?- chiese, divertito.

-No! Solo un gossip. Me l’ha chiesto lei…- Leo alzò le mani, ma aveva un’espressione furbetta.

-Si parla anche della famiglia reale, tra le cuoche?- chiese Daryan, in tono casuale, ma distogliendo lo sguardo.

Leo non colse che la conversazione stava prendendo una piega inaspettata.

-Ovviamente… lavoriamo per voi, dopotutto- disse con tranquillità, alzando le spalle.

-E cosa si dice?- indagò il principe, sempre senza guardare Leo, che esitò appena, notando che era meno rilassato di prima.

Ma durò solo un istante, e sorrise, incoraggiante.

-Che Opal è una gemma, che lei è un grande lavoratore, e che entrambi dovreste mangiare di più- ammise, osando mettergli una mano sulla spalla.

Daryan sospirò, non sembrava crederci troppo.

-Principe Daryan, sul serio… lei è un bravo principe! Sta facendo il massimo, e…- Leo insistette, avvicinandosi appena.

Daryan si liberò dalla stretta, e sembrò esplodere.

-Non sto facendo niente! Io non so che sta succedendo, ma io non sto facendo niente! Sembra che stiamo vincendo la guerra, ma non è merito mio, e non so che succede, o se è una trappola, o… vorrei solo… vorrei solo capire cos’è che mi manca così tanto!- espresse tutti i suoi dubbi ad un sorpreso e dispiaciuto Leo, prendendosi la testa tra le mani e abbandonandosi contro la balaustra come se l’orizzonte potesse dargli qualche risposta.

Leo non sapeva esattamente cosa dire per rassicurarlo. In certi casi si poteva solo stare in silenzio e ascoltare.

Cosa che lui non sapeva fare molto bene.

Soprattutto visto che si rendeva conto di essere il responsabile di molti dei dubbi del principe. 

Ma, ehi, non poteva mica andargli a dire “Stia tranquillo, principe Daryan, sono io che sto facendo vincere la guerra dietro le quinte, perché ho letto la Storia, vengo da un altro mondo e posso cambiarla. Lei stia seduto al suo posto, mangi pizzette e biscotti, e mi lasci fare il mio lavoro con le mie tre benedizioni divine”.

Però… poteva giocarsela larga.

-Sa cos’altro si dice tra le cuoche?- sussurrò, appoggiandosi alla balaustra poco distante da Daryan, e cercando un contatto.

Daryan sospirò, ed esitò qualche secondo, ma poi girò appena la testa verso Leo.

-…cosa?- lo incoraggiò, anche se non sembrava particolarmente convinto da ciò che il cuoco avrebbe detto.

Leo gli sorrise, e gli prese una mano.

-Si dice che gli dei stanno cercando di aiutarci… forse è per questo che le cose vanno bene. Siamo dalla parte giusta, lei è dalla parte giusta, e sta facendo del suo meglio, e le cose si risolveranno, glielo prometto. Le prometto che nessuno in questo castello ha dubbi rispetto alla sua bravura come futuro sovrano. Tutto quello che sta facendo per noi è ammirevole, e vogliamo sostenere lei e il resto della famiglia con lealtà e fiducia. E merita questa fiducia. Perché lei è la persona più incredibile dei sette regni- cercò di incoraggiarlo al massimo delle sue possibilità, fissandolo dritto negli occhi per trasmettergli tutta la sua lealtà, fiducia e amore.

Si aspettava che Daryan si ritirasse, sospirasse, e scuotesse la testa, archiviando le parole del cuoco come semplici frasi di circostanza dette solo per farlo stare meglio, ma il principe lo sorprese perché sorrise appena.

-È così semplice crederti, quando mi guardi con quegli occhi pieni di onestà- sussurrò, guardando Leo fisso negli occhi, e stringendo forte la sua mano.

Fu come un coltello dritto al cuore.

Daryan gli aveva detto la stessa cosa, mesi prima, su quel balcone.

Quello era ancora il suo Daryan, sotto gli strati di trauma, ansia e malnutrizione.

E Leo iniziò a nutrire una speranza che potesse riaverlo indietro.

Che potessero ricominciare.

Certo, Daryan aveva messo in chiaro che preferiva restare sul binario programmato piuttosto che stare con Leo, e non lo aveva neanche salutato prima che partisse, ma questo era quando non conosceva tutte le informazioni.

Forse era egoista da parte di Leo approfittare della sua amnesia per riprovarci, ma non era come se lo stesse manipolando, o altro.

Stava fllrtando.

Con tutte le migliori intenzioni del mondo.

Un’idea gli arrivò alla mente.

Era un piccolo salto nel vuoto, ma poteva rivelarsi vincente.

-Sa… principe Daryan… ora che ci penso ho un biscotto che volevo davvero proporle…- borbottò dopo qualche secondo di silenzio, ricordando il biscotto arcobaleno avanzato che aveva ancora nella tasca, avvolto in un tovagliolo, che prese e mostrò al principe.

Daryan non sembrava convinto, ma Leo era deciso.

Quella poteva essere la sua occasione.

Quello poteva essere un punto di svolta.

-Leah…- Daryan provò a rifiutare, incerto.

-Ti fidi di me?- chiese Leo, mostrando il biscotto con un sorriso incoraggiante e speranzoso. Senza rendersene conto, aveva abbandonato le formalità, e aveva iniziato a parlargli con la confidenza che avevano raggiunto dopo il viaggio in carrozza, prima che Leo andasse via e rovinasse tutto.

-Non dovrei…- provò ad obiettare il principe, senza però dare cenno di volersi allontanare.

-Ma ti fidi?- insistette il cuoco, posizionando il biscotto a pochi centimetri dalla sua bocca, dandogli comunque la possibilità di scansarsi.

Daryan non rispose, e non si scansò.

Leo lo prese come un “Sì”.

-Se ti fidi, chiudi gli occhi- suggerì.

E dopo qualche istante, Daryan chiuse gli occhi.

-Apri la bocca-

Daryan aprì la bocca.

Leo mise il biscotto all’interno.

-Morda- 

Daryan eseguì.

-E ora mastichi-

All’iniziò il principe sembrò irrigidirsi appena, ma mentre masticava iniziò a sembrare più naturale.

Continuò a farsi imboccare da Leo con naturalezza.

Ma non era come la prima volta, perché mentre l’assaggio avveniva, un morso alla volta, quasi tutta la sofferenza fisica di Daryan stava venendo trasferita su Leo, ed entrambi, per motivi diversi, iniziarono a piangere.

Grosse lacrime superarono la barriera delle loro palpebre, e iniziarono a scendere sulle loro guance.

Lacrime di rimpianto, sofferenza, mancanza, ma anche di commozione, speranza, nostalgia.

E quando il biscotto finì, e Daryan aveva ancora gli occhi chiusi, e la bolla rimase.

Una piccola bolla che sarebbe potuta scoppiare da un momento all’altro, ma che restava immobile, ferma tra di loro, che stavano cercando in ogni modo di mantenerla in piedi per godere il più possibile di ciò che provavano al suo interno. Di ciò che provavano l’uno per l’altro in quel momento.

Qualcosa di profondo, di lontano, di vicino, di inafferrabile e allo stesso tempo a pochi millimetri di distanza.

E lentamente, troppo lentamente, i loro volti già vicini iniziarono ad avvicinarsi ulteriormente.

Daryan prese il polso di Leo, e lo strinse con forza, tenendolo fermo sul posto, come se cercasse di afferrare qualcosa. Un ricordo… una sensazione… una consapevolezza.

Leo iniziò a chiudere gli occhi, e ad arricciare le labbra.

I loro respiri iniziavano a mischiarsi.

Ma le loro labbra non finirono mai per sfiorarsi.

Perché Daryan aprì di scatto gli occhi, lasciò andare Leo, e si ritirò, facendo scoppiare la bolla, che sembrò più che altro una bomba, a causa di ciò che disse subito dopo.

-No, non posso! Non posso, mi dispiace!- si allontanò mettendo le mani avanti, e il suo sguardo di rammarico, la sua voce dispiaciuta, e i gesti chiaramente evasivi resero immediatamente chiaro a Leo che era stato completamente rifiutato.

Ancora una volta gli sembrò di ricevere una coltellata in pieno petto, ma questa volta faceva davvero male.

Più male persino del mal di testa, la fame e la stanchezza che aveva ricevuto quando aveva preso su di se il male del ragazzo che amava.

-Mi… dispiace… non volevo- cercò di ritirarsi a sua volta, con voce impastata. Gli sembrava che la sua gola si fosse bloccata, era peggio di quando mangiava le uova. Gli sembrava di essere in un incubo.

E ne aveva fatti parecchi di incubi così.

Incubi dove Daryan lo rifiutava, in cui gli diceva che non era all’altezza, e che era innamorato di Dotty.

Sarebbe dovuto essere abituato, ormai.

Eppure adesso che lo viveva nella realtà, era peggio che nei suoi incubi.

E la cosa peggiore era che si sentiva in colpa.

Si sentiva come se fosse solo colpa sua se era arrivato in quella situazione. Avrebbe dovuto prevederlo e stare lontano dal principe, ma aveva permesso alla speranza di offuscare il suo giudizio.

-No, non è… tu non… è solo colpa mia. Non avrei dovuto… Leah, sei una persona straordinaria, e mi piaci molto, davvero. Ma non posso… la verità è che…- Daryan esitò, e sembrava davvero in difficoltà.

Leo decise di lasciarlo parlare senza interromperlo.

Era in uno di quei rari momenti nella vita dove non aveva proprio parole.

E se avesse tentato di parlare, era certo che sarebbe scoppiato a piangere.

E non voleva far capire a Daryan quanto stesse prendendo male il suo rifiuto. Non ne aveva il diritto.

Per Daryan, si conoscevano da meno di un mese, e si stavano avvicinando solo da una settimana.

Leo probabilmente aveva bruciato un sacco di tappe, per lui.

Probabilmente stava per dirgli che la conosceva troppo poco e non poteva essere così familiare così in fretta. Era una cosa molto da Daryan.

-…io sono già innamorato di un’altra persona, e… non posso tradire il sentimento che provo per lei, è troppo forte- concluse il principe, abbassando la testa, in un sussurro che Leo sperava di aver capito male.

Ma non aveva capito male.

Il principe era innamorato di un’altra persona.

Il principe si era già innamorato di Dotty.

Leo era davvero un rovina-famiglie!

-È… è giusto! Non le chiederei mai una cosa del genere, io… mi dispiace, e la capisco, e spero che continueremo ad essere amici… cioè, non amici, non siamo amici, intendevo, tipo… il nostro rapporto di fiducia di cibo, insomma! Spero che il biscotto le sia piaciuto- Leo iniziò ad indietreggiare, sentendosi uno schifo e sperando che ciò che stava dicendo a caso servisse a far capire al principe che non c’era rimasto troppo male.

…c’era rimasto troppo, troppo male!

Ma non era colpa di Daryan!

Era colpa di Leo!

-Era… molto particolare- rispose Daryan, senza scomporsi, e senza sapere cosa dire. Sembrava che volesse spiegarsi meglio, e allo stesso tempo si trattenesse per paura di ferire Leo ancora di più.

-Bene… bene… io devo andare adesso. Spero che poi mangerà anche le pizzette, io le lascio lì- Leo cercò una scusa per togliere entrambi dall’imbarazzo di quella situazione, e cercò di sorridere.

Anche perché il sole stava sparendo all’orizzonte, e di lì a pochi minuti sarebbe stato pericoloso restare fuori dal tempio.

Certo, gli altri dei sapevano che Jahlee si sarebbe occupato di Leo, ma non era certo che tutti si bevessero il suo doppio gioco.

-Leah…- Daryan provò a fermarlo, a disagio.

-La prego, mi faccia andare a piangere in un posto sperduto…- borbottò Leo, non trattenendo più il dolore che provava in quel momento.

Daryan non rispose, e si limitò ad abbassare la testa, e lasciar andare Leo, che corse via.

Di lì a poco trovò una stanza vuota, Jahlee arrivò con un sorriso e lo trasportò al tempio con la promessa di farlo tornare a un minuto dalla mezzanotte, e poi rimase in una cella irraggiungibile a dei e umani per qualche ora, che passò a versare tutte le proprie lacrime per il cuore spezzato che provava in quel momento.

Non incolpava Daryan, ma faceva male.

Cavolo se faceva male!

E comunque quel balcone porta sfiga!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Un capitolo pieno di gioie… e sofferenze.

Ultimamente scrivere per me è un’impresa, e ci soffro molto, quindi siate clementi con questo capitolo, e si è vi è piaciuto e volete sostenermi, una recensione o un commento, anche breve, potrebbe davvero aiutarmi ad essere più costante.

Non è una costrizione, e cercherò comunque di aggiornare più in fretta possibile, dato che adoro questa storia e ci stiamo avvicinando ad uno dei miei momenti preferiti di questo libro, ma è un periodo complicato, e il caldo non aiuta. 

Non ho molto da dire sul capitolo, tranne che Daryan è un idiota, e scoprirete perché all’inizio del prossimo capitolo.

E Leo è un simp.

E la regina è una milf.

No, aspettate, cancellate l’ultima parte!

Dotty, invece, è fantastica!

E lei e Alex sembrano una coppia promettente, ben più promettente della Leoryan, ma ehi, non può essere tutto troppo facile.

Se non cambio piani nel prossimo capitolo dovrebbe tornare un personaggio fan-favorite, quindi restate connessi.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto nonostante tutto.

Vi do un grande bacione e alla prossima! :-*

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Non è una vendetta, cerco solo di non morire ***


Non è una vendetta, cerco solo di non morire

 

Opal aveva un nascondiglio molto buono, un nascondiglio con visuale perfetta sul balcone.

L’acustica non era la migliore, ma vedere suo fratello flirtare con la sua cuoca preferita era piacevole, anche se un po’ disgustoso se pensava che quello era comunque suo fratello.

Ma finché c’era Leah con lui, era soprattutto piacevole.

O almeno lo era stato finché, dopo che Leah l’aveva imboccato con un biscotto che Opal avrebbe tanto voluto assaggiare, e dopo che stavano in procinto di baciarsi, finalmente, suo fratello l’aveva allontanata, rifiutata, e Leah era scappata in lacrime dal balcone.

E al momento il principino era ritornato a fissare l’orizzonte, e sembrava molto combattuto.

Opal gli voleva bene ed era sempre dalla sua parte… ma non in quel momento.

In quel momento era decisamente seccata.

Perché suo fratello iniziava ad essere irragionevole.

Ma Opal era anche una ragazza molto tranquilla nei suoi approcci.

-Daryan… come va?- gli si avvicinò casuale, con un sorriso che però non nascondeva quanto fosse irritata con lui.

Daryan le lanciò un’occhiata sorpresa, intuì dal suo sguardo che aveva visto tutto, e sospirò, rassegnato da una grande sgridata incombente.

-Mi sa che ho fatto uno dei più grandi errori della mia vita…- borbottò, ammettendo subito il suo sbaglio.

Beh, era un inizio.

Ma non era abbastanza.

Perché conoscendo Daryan, poteva intendere come errore una cosa diversa da quella che pensava Opal.

-Su questo concordiamo, ma qual è secondo te?- indagò, abbandonando il sorriso e fissandolo per farlo cedere.

-Non volevo ferire Leah. Non avrei mai dovuto avvicinarmi a lei…- Daryan si prese la testa tra le mani, e disse ciò che Opal temeva di sentire, e ciò che effettivamente si aspettava. Notò che aveva una certa difficoltà a pronunciare il nome di Leah, come se la sua mente lo rifiutasse, o cercasse di modificarlo.

Non era troppo strano. Anche Opal sentiva che c’era qualcosa di particolare in quella cuoca. Ma sapeva che era una persona affidabile, dolce, e perfetta, assolutamente perfetta, per suo fratello.

-Su questo non concordiamo. Qual è il problema con Leah?- indagò, incrociando le braccia e sperando che il fratello le desse questa volta una risposta diversa da ciò che temeva e che si aspettava.

-…Opal, lo sai qual è il problema con la cuoca!- Daryan però scosse la testa.

-No, non lo so. O almeno spero di non saperlo, perché se è quello che penso io, allora è una stupidata abissale e tu sei un idiota più grande di quanto pensassi- Opal perse ogni traccia di affabilità, e lanciò a Daryan un’occhiataccia ben assestata.

-Disse quella che ama una palla di vetro con la neve perché “gliel’ha regalata una persona super importante” e non hai idea di chi sia!- sentendosi colpito, il fratello rigirò la frittata, e Opal si sentì effettivamente punta sul vivo.

Per circa due secondi.

-È diverso! Io non voglio sposarmi con qualcuno che non esiste. Una palla di vetro con la neve non cambia la mia vita!- Opal sapeva che essere così affezionata ad una palla di vetro con la neve dall’origine ignota fosse strano, ma almeno era una piccola stranezza, che non la condizionava nella vita di tutti i giorni.

Era solo un pensiero che la faceva sorridere e le metteva nostalgia.

Daryan… Daryan era davvero esagerato.

Era da prima della guerra che era fissato con questa strana persona che sentiva di dover aspettare, e non sembrava cedere nonostante sia lei che i suoi genitori stessero facendo di tutto per fargli aprire gli occhi.

-Esiste! È l’aspetterò finché non capirò esattamente chi… chi è…- insistette infatti Daryan. Il suo sguardo rendeva chiaro che lui stesso sapesse perfettamente quanto fosse assurdo ciò che stava dicendo, ma non dava segni di voler cedere.

-Ma ti senti quando parli?! Stai abbandonando ogni occasione di innamorarti per inseguire una persona di cui non conosci assolutamente nulla!- Opal attaccò la solita tiritera.

Aveva accettato la stranezza del fratello, fino a quel momento.

Ma adesso che aveva una persona davvero perfetta per lui davanti agli occhi, con la quale si trovava bene e che sembrava decisamente interessata… Opal doveva necessariamente farlo svegliare.

-È più forte di me! La devo aspettare! E so che quando la vedrò la riconoscerò, e tutto ciò che non capisco avrà finalmente senso- anche se era difficile. Daryan era testardo come un mulo.

-Daryan… le cose non sempre hanno senso. Questa guerra non ha senso, gli strani fenomeni divini non hanno senso, e i sentimenti hanno meno senso, ma possiamo comunque controllare un po’ le cose. E quando l’universo ti manda una persona come Leah, è stupido da parte tua lasciartela sfuggire per inseguire un fantasma- provò a farlo ragionare, in tono conciliante.

-In ogni caso io e Leah non siamo…- Daryan iniziò un’obiezione che Opal proprio non voleva sentire, perché era troppo una sciocchezza.

-Ho visto come la guardi, non raccontarmi storie- lo interruppe immediatamente, lanciandogli un’occhiata eloquente.

Daryan fece del suo meglio per non arrossire, ed girò la testa per non essere visto, dando comunque la risposta alla sorella.

-Non potrebbe funzionare, Opal! Non prima della fine della guerra, in ogni caso. Non posso distrarmi con… questo- sviò il discorso e le obiezioni in un altro argomento.

Non aveva tutti i torti, era vero che avevano faccende più importanti a cui pensare, ma…

-Se ci arriviamo, alla fine della guerra- borbottò Opal, un po’ timorosa, osservando l’orizzonte. 

Lei voleva essere ottimista, e credere che tutto si sarebbe risolto al meglio, ma erano nel mezzo di una guerra, c’erano attacchi sempre più spesso, e… la notte era tormentata da incubi che iniziavano ad avere la meglio su di lei e sulla sua psiche.

La morte non sembrava poi così lontana.

-Non dire così, Opal- Daryan le lanciò un’occhiata allarmata.

Opal cercò di non mostrare troppo il proprio turbamento.

-Dico solo che la vita è imprevedibile, e bisognerebbe raccogliere ciò che abbiamo nel presente, invece di aspettare sempre un futuro che è comunque incerto. Io voglio vederti felice, Daryan, e… ultimamente non ti ho mai visto sorridere, neanche con me… tranne che con… lei- Opal ritornò all’argomento cuoca, cercando di ignorare i cattivi presentimenti.

-Cosa? Non è vero!- provò a lamentarsi Daryan, come se la sorella l’avesse profondamente insultato in qualche modo.

-Sì invece. E non ti dico di andare a cercarla per dichiararle amore eterno, ma… non lasciarti sfuggire qualcosa che ti fa stare bene solo perché hai paura di fare un torto a qualcuno che potresti anche non incontrare mai più- Opal gli mise le mani sulle spalle, e lo guardò dritto negli occhi per trasmettergli tutta la propria determinazione e incoraggiamento.

-Opal… hai ragione… come sempre, ma… non è così semplice- Daryan, però, era di coccio, e la scansò, tornando ad osservare l’orizzonte.

Opal sospirò, ma non insistette.

-Perché non è semplice?- chiese, per farlo sfogare e cercare di capire cosa lo tenesse così ancorato a qualcosa di completamente sconosciuto.

Non voleva giudicarlo, ma era preoccupata per lui.

-Perché… perché io… prima mi sono ricordato qualcosa- ammise Daryan, dopo qualche secondo di esitazione, prendendosi la testa tra le mani.

Okay, questa era nuova.

Erano passati mesi da quando Daryan le aveva confidato per la prima volta di essere innamorato di una persona sconosciuta, ma questa era la prima volta che ricordava qualcosa di concreto.

-Cosa?- indagò, girandosi di scatto verso di lui, incredula.

-Non… non lo ricordo più, ma… era come… due occhi azzurri come il mare, che ridevano, e un sorriso bellissimo, e… io lo amo, Opal. Non so chi sia, non so dove sia, non so neanche se esiste veramente, e lo so che è completamente irragionevole innamorarsi così di un fantasma, come dici tu, ma… io lo amo, e non è giusto nei confronti di Leah fingere che non ci sia questa presenza ingombrante nel mio cuore- sembrava che ogni parola fosse impossibile da pronunciare per Daryan, che si teneva la testa dolorante cercando, con tutte le forze, di riportare alla mente qualcosa che semplicemente non voleva trovarsi lì.

Era sofferente, stanco, ma c’era anche una flebile speranza nel suo cuore.

Opal sospirò.

-Hai usato il maschile…- osservò, analizzando bene le sue parole.

-Davvero? Non… non me ne sono accorto- Daryan sembrava sorpreso di avere finalmente un genere per la sua inafferrabile cotta.

Opal era principalmente delusa.

Anche se… non era detto.

Leah, dopotutto, non era esattamente un esempio di femminilità.

I suoi inchini, soprattutto, erano molto sospetti, dato che fino a pochi giorni prima si inchinava esclusivamente nel modo maschile, senza neanche farci caso.

-Sai… Leah ha gli occhi azzurri come il mare- borbottò la principessa, un po’ tra sé, e ancora aggrappandosi alla sua ship.

Era una speranza lontana, ma non si poteva mai dire, no?

Daryan la guardò con un sopracciglio inarcato.

-I suoi occhi sono verde smeraldo- la corresse, sorpreso e confuso che la sorella, così abile osservatrice, si fosse sbagliata sul colore degli occhi della cuoca.

Era il turno di Opal di essere confusa.

-No… sono azzurri. Un azzurro tendente al verde, ma assolutamente non sono smeraldi- spiegò, decisa. Aveva visto Leah negli occhi molte volte, ed erano di una sfumatura unica, azzurri con riflessi verde acqua.

-Forse è la luce, ma ogni volta che l’ho guardata negli occhi, sono sempre verdi- Daryan, però, era convinto quanto lei.

Era effettivamente strano. Forse era davvero la luce, o forse qualche strano evento. Ma cosa poteva cambiare il colore degli occhi di una persona? Leah non aveva motivo di indossare lenti a contatto, e di certo nessuna divinità (il verde era di Flora, giusto?) l’aveva benedetta con dei poteri magici che le cambiavano il colore degli occhi ogni volta che usava tale magia. Nah, era inverosimile.

-Uno dei tanti misteri della nostra cuoca preferita- Opal alzò le spalle, decidendo di non farsi molte domande. 

Daryan non rispose, e si limitò a sospirare.

Si vedeva che era molto combattuto, e si teneva la testa tra le mani.

-Come ti senti, dubbi romantici a parte?- gli chiese Opal, che era sempre preoccupata per lui, ma era felice di vedere che stava meglio da quando Leah si occupava dei suoi pasti.

-Bene… il mal di testa è tornato, ma… davvero bene. Hai ragione, comunque… Leah è… è avvolta nel mistero. E anche per questo non posso fidarmi troppo di lei- Daryan tornò all’argomento di prima, per chiuderlo una volta per tutte come voleva lui, senza dare false speranze alla sorella, che gli fece il muso.

-Sai, a volte fa bene accettare qualcosa di positivo anche se non lo capisci del tutto- provò a suggerirgli, cercando di apparire rilassata.

-Non in tempi di guerra- obiettò Daryan, categorico.

Non aveva tutti i torti.

-Già… non in tempi di guerra. Spero che finisca presto- gli concesse la ragazza, tornando a fissare l’orizzonte, con un sospiro.

-Lo speriamo entrambi- Daryan le cinse le spalle in un abbraccio affettuoso, e Opal decise che era il caso di chiudere l’argomento.

Alla fine non erano affari suoi i drammi romantici di suo fratello.

Il massimo che poteva fare lei era supportarlo, e fare un bel discorsetto irritato a chiunque avesse fatto soffrire suo fratello con la sua assenza per otto mesi.

Perché, chiunque fosse, si sarebbe dovuto subire una bella strigliata da parte di Opal dopo che li aveva fatti dannare così.

E dubitava che le sarebbe andato bene quanto Leah.

Leah, dopotutto, era perfetta per Daryan!

…molto ironico, vero?

 

Leo era molto orgoglioso di sé stesso, perché dopo essersi pianto addosso per un’intera notte, si sentiva decisamente in grado di affrontare Daryan e fare come se non fosse successo niente.

Arrivò nel suo ufficio per la colazione sfoggiando un grande sorriso tranquillo.

-Buongiorno principe Daryan- lo salutò con un inchino profondo.

Daryan lo guardò parecchio sorpreso.

-Oh… buongiorno, Leah- lo salutò, come se non si aspettasse che Leo sarebbe andato da lui, quel giorno.

Sì, in effetti Leo non si aspettava di riuscirci. Aveva fatto la strada fino all’ufficio con le lacrime agli occhi e l’espressione di chi ha mangiato un limone intero, ma stava affrontando la situazione da vero campione.

-Stai… ehm… va tutto bene?- chiese Daryan, osservandolo preoccupato e con un grande senso di colpa negli occhi grigi.

…okay, forse Leo la stava affrontando meno da campione di quanto volesse, e probabilmente gli occhi rossi di pianto e l’espressione di sofferenza assoluta erano più presenti nel suo volto di quanto sospettasse.

-C_certo, principe Daryan. Le ho portato la colazione. Oggi ho deciso di sperimentare con delle forme e dei sapori semplici. Possiamo capire cosa le da più fastidio e lavorarci intorno. Ho preparato della carne, del pesce, dei latticini e dei farinacei… per ora. Poi sperimenteremo con altro- Leo illustrò il menù, molto più sostanzioso e ben pensato del solito.

La cucina era la sua valvola di sfogo, e ci aveva buttato dentro tutti i sui drammi romantici.

Sperava che almeno i piatti non sarebbero stati acidi o salati come le sue lacrime.

-Sembra… splendido, Leah… grazie- Daryan borbottò, e l’imbarazzo era palpabile.

Solitamente Leo sarebbe rimasto per tutto l’assaggio e avrebbe concluso con una caramella arcobaleno imboccata.

Ma non poteva restare lì a lungo.

Non ce la faceva proprio, era più forte di lui.

-Beh, allora io… vado- Leo provò a fare un inchino profondo e iniziò ad indietreggiare verso la porta, ma Daryan lo fermò, sollevando una mano.

-Ehm… Leah… riguardo a…- cominciò a dire.

A Leo saltò un battito. 

Non si aspettava che il principe avrebbe cercato di parlare di quanto accaduto. Di solito in quelle circostanze si ignorava e si cercava di andare avanti, no?

Leo non credeva proprio che sarebbe riuscito ad affrontare l’argomento senza scoppiare a piangere e rivelare anche tutti i suoi segreti e sotterfugi, già che c’era. Così, come bonus.

E probabilmente la sua immensa difficoltà, o forse è meglio dire terrore assoluto, fu recepita dal principe, che cambiò idea a metà discorso, e abbassò la testa, optando per qualcosa di diverso.

-…riguardo alla caramella…- disse il primo argomento che gli venne in mente.

Senza neanche sospettare che fosse persino peggio di quello che aveva lasciato.

La caramella…

La tradizione ormai era di imboccarlo.

E Leo, teoricamente, non aveva alcun motivo per rifiutarsi.

Praticamente, però… Leo aveva controllato le statistiche, il giorno prima, mentre piangeva in cella di isolamento, e non gli erano piaciute per niente.

“Affetto: 100%

Coinvolgimento emotivo: 98%

Intenzione: 100%

Danno totale assorbito: 99%

Danno totale eliminato: 90%”

Non solo Leo stava assorbendo decisamente troppo, ed era probabilmente a una imboccata dal punto di non ritorno, ma non riusciva neanche ad eliminare del tutto i problemi di Daryan, probabilmente perché avevano una radice mentale che Leo non poteva aiutare.

Era frustrante, e decisamente pericoloso.

E non poteva rischiare di arrivare al 100%, era troppo rischioso, per lui.

Ma non poteva di certo rifiutarsi di dare a Daryan una caramella se la richiedeva espressamente.

-Oh, certo! Che sbadata!- Leo armeggiò nella tasca del grembiule, e tirò fuori una caramella arcobaleno.

Inconsciamente, Daryan si ritrovò ad aprire la bocca, come era consuetudine.

Anche se di solito il dolcetto avveniva a fine pasto.

Leo esitò un istante, poi abbassò la testa, e posò la caramella sul vassoio.

-Torno più tardi- si allontanò in fretta dalla scrivania, facendo un inchino profondo e sperando che il suo turbamento non fosse troppo palese.

Evitò anche accuratamente lo sguardo di Daryan. Non voleva vedere senso di colpa, pena, o delusione nei suoi occhi.

Era già abbastanza difficile se prendeva in considerazione solo i propri, di sentimenti.

-Grazie del pasto- lo congedò Daryan, con tono neutro che però tradiva una profonda difficoltà e stanchezza.

Leo uscì dalla stanza senza neanche guardarlo.

-Tutto bene, Leah?- chiese Chevel, che come al solito era all’esterno di guardia, appena lo vide.

Leo si asciugò gli occhi che si erano riempiti di lacrime incontrollabili.

Che bambino che era!

…era anche strano che avesse ancora delle lacrime da far uscire, visto che con tutto quel piangere era convinto di essersi completamente disidratato.

-Sì, tutto bene. Grazie, Sir Podbart!- Leo fece un inchino medio verso di lui, e non gli lasciò neanche il tempo di rispondere prima di correre via.

Chevel sembrava quasi in procinto di seguirlo, preoccupato, ma proprio in quel momento fu raggiunto da Persian, venuto per discutere di qualche questione di difesa, e ovviamente tutta la sua attenzione finì su di lui.

Beh, almeno c’era qualcuno romanticamente felice in quel castello.

Leo cercò di essere felice per Chevel e Persian, ed entrò in cucina provando a dimenticare la propria situazione che era tutto fuorché rosea.

…Dotty praticamente lo placcò con il sorriso più brillante che Leo le avesse mai visto in viso.

-Sei libero? Posso parlarti? Ti devo troppo parlare!- gli sussurrò all’orecchio, eccitata, senza farsi sentire dalle altre cuoche.

-Devo andare a consegnare la colazione ai cavalieri, puoi accompagnarmi, se vuoi… così vedi anche Alex- acconsentì Leo, in tono neutro, avvicinandosi al carrello già pronto.

Dotty arrossì vistosamente sentendo nominare il cavaliere.

-Oh, sì! Era proprio di lei che volevo parlarti!- ammise, in un sussurro imbarazzato.

Non abbastanza silenziosa da far sfuggire a Leo come l’aveva citata.

Ovvero con il “lei”.

-Oh… te l’ha detto- commentò, sorpreso e felice che le sue due amiche si fossero finalmente confidate.

Farle finire insieme non sarebbe stato poi troppo difficile, se Dotty era ancora così infatuata pur sapendo che Alex era una donna.

Il pensiero da un lato fece sorridere Leo, dall’altro lo fece sentire profondamente in colpa.

Perché mentre Dotty si innamorava sempre di più di una cavaliera, dall’altro lato del castello il suo teorico futuro sposo, innamorato di lei, soffriva per amore.

Leo non sapeva come sentirsi al riguardo.

Perché era davvero tanto felice per loro.

Ma non voleva che Daryan soffrisse.

Sospirò, combattuto.

-Tutto bene, maestro?- chiese Dotty, rendendosi finalmente conto di quanto fosse giù.

Leo cercò di darsi un contegno.

Non voleva preoccuparla, né farla sentire in colpa.

-Certo, tutto bene! Non vedo l’ora di sentire i gossip. Deduco che ieri sera sia andata bene- forzò un sorriso incoraggiante, e i due iniziarono ad avviarsi per i corridoi del castello, diretti ai terreni d’allenamento dei cavalieri.

Dotty non trattenne un sorrisino.

-È così meravigliosa. Ti devo raccontare tutto nei minimi dettagli. Ho bisogno di esprimere tutto il mio amore per questa serata indimenticabile!- Dotty era emozionata come una bambina la mattina di Natale.

Leo era intenerito, anche se continuava ad avere un fastidioso nodo nello stomaco.

Era difficile anche per lui essere felice per gli altri quando il suo cuore era in mille pezzi, ma accennò un sorriso.

-È una storia che puoi raccontarmi? Non vorrei che Alex si imbarazzasse- Leo mise le mani avanti nel caso fosse stata una storia troppo personale.

-Oh, no! Mi ha dato il permesso… probabilmente te lo racconterà anche lei più tardi- spiegò Dotty, sicura.

-Perché lo pensi?- Leo era confuso.

-Beh, sei il nostro migliore amico e confidente. Non abbiamo molte altre persone a cui raccontare queste cose- spiegò Dotty, molto pratica.

In effetti, quello stesso pomeriggio, anche Alex prese Leo da parte per raccontare.

Per semplicità ho deciso di riassumervi la serata raccontata dalle due ragazze a Leo, alternativamente, in due momenti della giornata diversi.

Cominciamo da Dotty.

-Ieri siamo uscite a fare una passeggiata in giardino. Non era esattamente consigliato visti gli attacchi recenti ma lei è così in gamba, non mi sono sentita per niente in pericolo- 

-Dotty mi ha detto che voleva andare a fare una passeggiata. Io ero di guardia, e le ho sconsigliato di uscire di notte perché era pericoloso, ma lei ci teneva tanto così alla fine ho deciso di accompagnarla-

-Siamo rimaste nei dintorni, ovviamente, perché era più sicuro, ma era magico comunque, con il vento che tirava, la luce lunare, le stelle brillanti…-

-Dotty voleva andare anche più in là nella foresta ma ho preferito non rischiare, quindi siamo rimaste vicine al castello, comunque era davvero una bella atmosfera, devo ammetterlo. Dotty era davvero tanto carina ieri! Con i capelli scossi dal vento e le guance rosse per il freddo-

-Alex era così premurosa, mi ha offerto il suo mantello per farmi calore. In effetti a Lumai fa più caldo rispetto a qui, quindi non sono abituata a questo clima. Comunque, ci siamo sedute-

-La panchina era in buone condizioni, considerando gli attacchi, ammetto che il cuore iniziava a battermi fortissimo. Ero preoccupata, parecchio timorosa, ma anche un po’ speranzosa-

-Ho pensato che fosse il momento giusto per rivelarle i miei sentimenti. Ero super nervosa, ma mi sono detta “Dotty, ora o mai più”, e così le ho detto che mi piaceva con un monologo ben preparato e molto romantico-

-Non ho la minima idea di cosa mi abbia detto la prima volta, ha biascicato qualcosa sulla luce e sulla cioccolata, credo, non è che abbia capito molto. Ho provato a chiedere che intendesse e lei mi ha preso la mano e mi ha detto…-

-“Alex, mi piaci tantissimo! Sei leale, forte, gentile e vorrei conoscerti sempre meglio, e passare tanto tempo insieme. Ti prego, esci con me!”-

-…“Alex, sii il padre dei miei figli, ti prego!”- 

-È stato come togliersi un enorme peso dal petto, ero in uno stato di euforia e terrore, ahah-

-All’inizio mi è preso il panico, insomma… non è che io possa essere il padre di nessuno, e ho pensato che era il momento di rivelare a Dotty la verità su di me. Sapevo che lei non mi avrebbe giudicato, così le ho preso una mano…-

-Alex mi ha afferrato la mano improvvisamente, molto agitata, e…-

-…e le ho detto, con calma e tranquillità, tutta la verità, sul mio conto. Dotty era abbastanza sorpresa, e sembrava turbata, all’inizio, ma mi ha ascoltata con attenzione, è così dolce…-

-…e mi ha detto “Dotty, non posso fare figli!”, onestamente non so perché me l’abbia detto in questo modo, ammetto che non ho capito a cosa si riferisse, comunque le ho chiesto il motivo, e lei mi ha detto con le lacrime agli occhi che lei in realtà è una ragazza. Mi sono sentita così male a pensare che ho sbagliato i suoi pronomi così a lungo! Ma ora mi sono assicurata con lei, non sbaglio più, questa volta!-

-Mi sono sentita molto meglio dopo averglielo detto, ma poi Dotty si è rabbuiata, e temevo… temevo davvero che le cose fossero cambiate, tra di noi-

-Mentre pensavo alla faccenda dei pronomi, e riflettevo tra me su quando fosse speciale che Alex si fosse confidata con me circa il suo segreto, ho pensato che… beh… c’era una cosa su di me che Alex doveva sapere…-

-Poi però mi ha guardato… ed è scoppiata a piangere, e il panico lì era veramente al massimo. Ho provato a consolarla al meglio, anche se non stavo capendo-

-Ammetto di essermi leggermente agitata al pensiero, ma poi l’ho guardata negli occhi, e le ho confessato che ero in realtà una duchessa, e che sono scappata dalla mia vecchia vita-

-Ha iniziato a borbottare di palazzi, e di dolci, e di genitori pressanti, e ho intuito che probabilmente è scappata da qualche famiglia nobile-

-Alex era sconvolta, ma la capisco…-

-Me lo aspettavo, onestamente, insomma, il suo portamento è molto nobile, ed è anche così istruita, ma non fa alcuna differenza per me-

-Tolti i segreti di mezzo, non c’era più niente a fermarci, così le ho preso una mano, l’ho guardata negli occhi, e le ho detto…-

-“Possiamo adottarli, dei bambini, insieme” E non poteva dirmi qualcosa di più dolce, davvero, così le ho risposto…-

-“Potremmo prendere un cottage tranquillo al villaggio e crescerli con buon cibo e ottimi allenamenti” È stata così carina! Sono innamorata, davvero innamorata, e così mi sono avvicinata…-

-Mi sono avvicinata…-

-…e ci siamo baciate- conclusero allo stesso modo il racconto, con dei risolini imbarazzati e grandissimo entusiasmo.

Il sunto della serata, si può dire, è che le ragazze sono molto più in gamba dei ragazzi nei problemi di cuore.

Almeno… questo era il sunto che arrivò a Leo, in realtà non è una verità assoluta, anzi…

Oh, e anche che tutti hanno delle percezioni davvero un sacco diverse delle cose che succedono.

E poi, sentendo un resoconto così entusiasta e romantico da parte di due persone che erano ufficialmente in una relazione, come entrambe avevano annunciato a Leo con gioia incontenibile, Leo si era reso conto con una certa tristezza che lui, una cosa del genere, poteva non trovarla mai.

Dopotutto dove poteva andare in una relazione se non avrebbe mai potuto rivelare la verità su sé stesso a nessuno?!

Né a Daryan, né a nessun altro.

E una relazione doveva partire da una base di fiducia e di sincerità, giusto?

Leo decise che non si sarebbe più messo in mezzo in nessun affare romantico. Avrebbe continuato la sua missione, fatto il suo lavoro, salvato tutti, e poi sarebbe tornato a casa e… no, non sarebbe tornato a casa.

Perché Leo non poteva più tornare a casa, se non voleva rischiare che tutto resettasse.

Quindi sarebbe rimasto a palazzo a vedere l’amore della sua vita innamorarsi di qualcun altro, o restare single e infelice perché l’amore della SUA vita sarebbe stata in un cottage piena di figli con una cavaliera fantastica. In ogni caso, Leo sarebbe rimasto single e infelice a osservare l’amore degli altri. Forse non sarebbe rimasto a palazzo, ma sarebbe andato a vivere in campagna e avrebbe aperto un agriturismo. Poteva essere un’idea.

Oppure poteva andare in un qualche tempio per essere protetto da una divinità dalla sua parte, magari Noella, dato che Jahlee aveva Giada pronta all’attacco, e Flora era molto legata a Kalea.

Chissà come sarebbe stata la sua vita, quando (e se) sarebbe riuscito a far finire la guerra.

Una cosa era certa, comunque: al momento doveva pensare solo alla missione, e non lasciarsi traviare dai sentimenti.

 

I successivi giorni passarono abbastanza tranquillamente, anche se Leo dovette stare molto attento a non uscire da palazzo per evitare che Giada gli facesse un agguato e lo costringesse ad attraversare un portale fuori dai cinque regni.

Jahlee provava ad essergli d’aiuto, ma non voleva andare eccessivamente contro la figlia, quindi era molto combattuto al riguardo, e stava zitto il più delle volte.

Non che Leo avesse niente da temere, dato che tra Alex, Dotty e Gideon, aveva sempre qualcuno al suo fianco pronto a difenderlo da qualsiasi cosa.

Solo che… Gideon era un po’ piccolo per difenderlo effettivamente da qualcuno come Giada.

Mentre Alex e Dotty…

Erano sdolcinate da far venire il diabete persino a Leo.

Dotty imboccava Alex con cibo appena sfornato, si davano sempre il buongiorno e la buonanotte, spesso lasciavano Leo un po’ avanti o un po’ indietro per parlare tra loro, e Alex il più delle volte le dava anche dei fiori dopo vari allenamenti.

Leo era felice per loro, ovviamente, ma per un single quelle due erano la kryptonite!

Però era soprattutto felice per loro, perché in quel clima di terrore era veramente positivo che riuscissero a trovare la felicità insieme.

Insomma, le cose procedevano con alti e con bassi, e Leo stava riuscendo addirittura a guardare vagamente in direzione di Daryan senza farsi venire le lacrime agli occhi, il ché era un grande traguardo.

Ma quel giorno, Leo era piuttosto agitato.

Perché da Katrang sarebbe venuta una spedizione diplomatica per portare rifornimenti che sarebbe rimasta una settimana, e sebbene Katrang e Jediah fossero alleati in quella guerra, la dea di Katrang, Kalea, non era dalla sua parte, e Leo non aveva idea di cosa gli dei avessero intenzione di fare ora che era chiaro che Jahlee si fosse schierato con il cuoco e non aveva la minima intenzione di riportarlo a casa.

Infatti sia Jahlee che le due dee dalla parte di Leo erano stati cacciati dal concilio, e non potevano più partecipare alle riunioni, quindi nessuno sapeva nulla dei loro piani, neanche Flora.

Ergo… Leo aveva paura che nella delegazione di Katrang ci sarebbe stato qualcuno pronto a farlo secco, catturarlo, o smascherarlo, ed era parecchio spaventato.

E aveva intenzione di nascondersi il più possibile durante la visita della delegazione.

Aveva chiesto con casualità a Opal chi avrebbe fatto parte del gruppo, ma lei non gli aveva saputo dare una risposta specifica, anche se era certa che due concubini del re sarebbero stati i principali componenti.

Poi sicuramente qualche cavaliere e forse qualcuno del tempio.

In tempi di guerra non c’erano molte certezze.

Ma tutti erano sull’attenti, non solo Leo.

Quindi era oltremodo improbabile che qualsiasi membro della delegazione sarebbe andato in giro per il castello tutto tronfio senza nessun accompagnamento.

Soprattutto vicino alle camerate delle cuoche.

Ergo, Leo si era preso la mattina libera fingendo di avere le sue cose femminili e aveva deciso di chiudersi in camera e aspettare l’ora di pranzo, quando ormai la delegazione sarebbe già arrivata, per uscire e indagare con Dotty su chi fosse presente.

Aveva visto carrozze dalla finestra.

Sentito qualche voce da fuori.

E poi era uscito per andare nella lavanderia, in fondo al corridoio, per approfittare del tempo libero per lavare dei vestiti (e dare l’impressione che le avesse davvero, le sue cose femminili).

Purtroppo gli intenti di pulizia erano stati interrotti sul nascere quando Leo si era andato a scontrare dritto contro l’ultima persona che si sarebbe aspettato di incontrare, anche se probabilmente avrebbe dovuto intuire che sarebbe venuto.

-Migliore amico della vita! È da così tanto che non ti vedo! Cavolo… sapevo che ti eri vestito da donna in questo periodo, ma non pensavo che fossi così attraente, anche così. I capelli neri ti donano!- lo accolse una voce non eccessivamente familiare, ma che Leo riconobbe immediatamente, e che lo fece sobbalzare vistosamente.

-Payas!- esclamò, alzando la testa e trovandosi faccia a faccia con il semidio figlio di Kalea, che lo guardava con un enorme sorriso pieno di entusiasmo. Qualcuno l’avrebbe potuto definire “da fanboy”.

Io, sono io “qualcuno”.

Perché era assolutamente da fanboy, quel sorriso.

Leo però lo vide come uno sciacallo che ha appena adocchiato una preda succosa.

-Cosa vuoi?!- chiese, in tono difensivo, facendo qualche passo indietro e appiccicandosi al muro, sotto lo sguardo sorpreso e confuso del semidio, che aggrottò le sopracciglia.

A discolpa di Leo, praticamente non aveva sentito una parola di ciò che Payas aveva detto, semplicemente la sua mente aveva sentito la voce, fatto l’associazione, e ora era convinto, a caso, che Payas volesse rapirlo e portarlo alla madre.

Comicamente, Payas suppose che la reazione esagerata di Leo fosse perché lo aveva definito attraente, e si affrettò a sollevare le mani, imbarazzato.

-Non ci sto provando! La cotta mi è passata da un pezzo, giuro! Lo so che sei innamorato perso di…- silenzio, il filtro anti-spoiler era di nuovo in funzione -…ma come?! Non state ancora insieme?! Ci avete messo più di quanto pensassi- rifletté poi, notando che era stato censurato.

-Aspetta… in che senso “la cotta ti è passata?” Di che parli?- chiese Leo, estremamente confuso.

-Oh, lascia stare… è imbarazzante. Ma come si può non prendersi una cotta per te?! Guardati! Sei così dolce, e premuroso, e tenero, e divertente! Oh… certo che… - silenzio -…è proprio fortunato!- Payas sospirò, leggermente deluso -Però neanche io mi lamento, guarda. Il mio futuro ragazzo è così straordinario…- Payas sospirò sognante -…lui è l’amore vero!- 

Leo, che fino a pochi attimi prima era bianco come un cencio, divenne in un istante rosso come un ravanello, e il cambiamento repentino della temperatura del suo corpo fu così rapido che probabilmente si sarebbe preso un raffreddore… così, per il cambio di temperatura.

-Io… non… eh… cotta? Anche se mi lusinghi non mi porti al tempio di tua madre!- Leo mise in chiaro le cose, cercando di non farsi abbindolare da alcune parole gentili.

Payas era confuso come non mai.

-Portarti… perché dovrei portarti…? Leo, sono Payas! Sono il tuo migliore amico. Ci siamo visti al ballo, anche se non era il nostro incontro ufficiale. In realtà neanche questo lo è, ma sono passati mesi e mi sei mancato. Non sono abituato a non vederti così a lungo…- Payas fece il melodrammatico, e si abbandonò al muro accanto a Leo, poggiando la testa sulla sua spalla.

Leo era sempre più confuso.

-Aspetta un attimo… ti ricordi di me?!- si rese conto dopo qualche secondo, il tempo che le informazioni si registrassero nel suo cervello.

Come era possibile?! C’era un’amnesia generale per tutti tranne gli dei.

-Ovvio che mi ricordo di te! Oh, dici per la storia dell’amnesia? Sì, ricordo che era in questo periodo. Noi semidei siamo immuni. Tutti si ricordano di te, anche se ci è proibito parlarne. Non sai quante volte Clarisa ha chiesto di te, le hai fatto proprio una bella impressione. Persino Nox è rimasto dispiaciuto del tuo ritorno a casa. Ma penso fosse principalmente perché voleva assaggiare i tuoi dolci….- spiegò Payas, con nonchalance, ridacchiando al pensiero di Nox.

Leo era sconvolto.

Forse avrebbe dovuto aspettarselo, ma era comunque scioccato che i semidei si ricordassero.

E Payas…

-Sei dalla mia parte?- chiese Leo, titubante.

-Sempre! Anche se mia madre no. Lei è sempre molto fedele a Laasya, anche se il cambio fazione di zia Flora la sta turbando non poco. Comunque non sono qui per rapirti o altro, giuro! Mi sono solo imbucato perché volevo vederti. Ci credi che passeremo un’intera settimana insieme?! Straordinario!- Payas era in brodo di giuggiole.

Ed era una miniera di informazioni.

-Oh, e nessun altro è incaricato di rapirmi o altro?- chiese, avvicinandosi con un sorriso preoccupato ma anche speranzoso.

-Non nella delegazione, tranquillo. Gli dei stanno puntando tutto su… -silenzio spoiler -…beh, insomma, lascia stare. Questa settimana passerà tranquilla, però. E poi ci sono io a proteggerti, migliore amico- Payas lo incoraggiò con un occhiolino.

Sembrava troppo bello per essere vero.

…forse era troppo bello per essere vero.

-Non è una trappola per farmi abbassare la guardia e rapirmi contro la mia volontà, vero?- chiese, squadrandolo dall’altro in basso con sospetto, e allontanandosi di un passo.

L’espressione sul volto di Payas era così ferita che era impossibile dubitare che fosse autentica, a meno che non fosse il migliore attore di questo mondo.

-Non lo farei mai! …no, forse lo farei, in determinate circostanze, ma non con te! Puoi fidarti di me! Non posso fare molto per cambiare il corso degli eventi, ma ti voglio bene, Leo. So che non mi conosci ancora bene, ma io sì. Il tuo sogno è andare a Masterchef, il dolce preferito di tua sorella sono le meringhe…- silenzio per qualche parola -…oh, giusto, ancora non l’hai… - silenzio -…certo che è difficile censurarsi, fortuna che il potere lo fa per me. La timeline è confusa-

Leo era sinceramente sorpreso dalle informazioni che Payas conosceva, e una parte di lui si sentiva… rassicurata. Sapere che c’era qualcuno che si ricordava di lui, e che lo conosceva, e sembrava volergli davvero bene lo rassicurava molto più di quanto si sarebbe aspettato.

Ma c’era comunque qualcosa che non quadrava.

-Perché sei tornato indietro?- chiese improvvisamente Leo, colto da un terribile dubbio.

-Per conoscerti prima del solito- spiegò Payas con semplicità, alzando le spalle.

-Sì, ma… se il futuro ti piace, perché tornare indietro? Non è che succede qualcosa di super tragico tipo io che muoio, vero?- Leo la buttò lì, ma sembrava sinceramente preoccupato.

E Payas assunse un’espressione completamente impassibile.

-Ma come ti vengono queste idee brutte, Leo? È così difficile credere che volessi semplicemente conoscerti prima?- cercò di abbandonare l’argomento.

Oh no, era sospettissimo!

-Perché non rispondi? Muoio, non è così?!- Leo iniziò a farsi prendere dal panico.

Payas sospirò, e alzò gli occhi al cielo.

Aprì la bocca.

Silenzio.

-Visto, non posso risponderti. Queste informazioni sono spoiler, ovviamente- spiegò -Ma davvero, sta tranquillo e goditi questa settimana di relax, dai! Mi fai fare un giro del castello? Vuoi che ti aiuti con i capelli? Oh, lì c’è la lavanderia, se vuoi ti aiuto a pulire. Ho una certa affinità con l’acqua, come sai…- Payas gli fece un occhiolino, e cercò di cambiare completamente argomento.

Leo decise di non insistere.

-Sì, ma non è il caso che tu stia qui. Meglio se ti porto nella tua ala. Non vorrei che iniziassero a sospettare di te… o di me- Leo indicò il corridoio che portava alle zone dove gli ospiti potevano andare in giro, e iniziò ad avviarsi seguito lealmente dal semidio.

-Oh! Se qualcuno chiede posso dire che mi ero perso e che ti ho incontrato e mi hai accompagnato, ed è scoccata la scintilla quindi voglio passare più tempo possibile con te, che dici?- suggerì Payas, e sembrava quasi che da un momento all’altro gli sarebbe spuntata una coda che si sarebbe messa a scodinzolare.

Leo ridacchiò.

Doveva ammettere che l’entusiasmo di Payas era piacevole e contagioso.

-Mi sembra un’idea fattibile- ammise, senza però sbilanciarsi troppo. 

L’idea di iniziare ad andare in giro per il palazzo con Payas, invece che accompagnato solo da Gideon e le piccioncine, non era male.

-Peccato non poter uscire dal castello, mi sarebbe piaciuto andare al lago insieme e farci una nuotata, ma meglio non rischiare, con Yu in giro pronta a fare danni- Payas ebbe un’ombra scura parlando di Giada, e Leo sospirò.

-Già… sono praticamente agli arresti domiciliari…- sospirò, tristemente, imboccando un lungo corridoio che portava alle stanze degli ospiti, passando per l’ala della biblioteca.

-Ti prometto che un giorno ce la faremo, una nuotata insieme. E magari ti farò anche conoscere il mio cucciolo- Payas provò a rassicurarlo, con un occhiolino complice.

-Il tuo cucciolo?- chiese Leo, curioso.

-Sì! Il kraken di mamma! È gigantesco, ma per me è sempre il mio cucciolo… anche se ha tipo un migliaio di anni, o anche di più, in effetti…- Payas spiegò.

-Wow! Adoro le creatura mitologiche! Quindi i kraken non sono ancora estinti?- chiese Leo, entusiasta.

Sapeva che quasi tutte le creature sacre agli dei erano estinte o vivevano solo in un piano astrale.

C’erano delle uova in giro ma nessuna che era possibile schiudere, tanto che ormai erano diventate praticamente delle rocce, molto preziose e costose, ma inutili.

-Certo che no! Mia madre è molto attenta ai kraken. Si chiama Kelp, ed è davvero un amore! Gli piacerai un sacco- Payas sorrise pensando al suo cucciolotto.

-Sicuramente lui piacerà molto a me- Leo sorrise al solo pensiero.

Sapeva che Payas non era sincero, ma stava solo cercando di rassicurarlo. Se fosse stato uno spoiler sul futuro, dopotutto, sarebbe stato censurato. Stava solo parlando di ipotesi senza fondamento.

Ma a Leo piaceva sperarci.

C’erano tanti luoghi in quei regni che avrebbe voluto visitare: i laghi arcobaleno di Jediah, il grande vulcano di Valkrest, il regno sottomarino di Katrang, e lo affascinavano tantissimo anche le grotte di Ombron. I sette regni erano straordinari, ma Leo ne aveva sempre vista solo una parte piccolissima. Stava studiando la geografia con Gideon, e si stava segnando tantissimi posto meravigliosi da vedere. 

Chissà se un giorno ci sarebbe davvero riuscito…

-Beh, so che la tua creatura preferita, però, è…- silenzio -…andiamo, a malapena è uno spoiler- si lamentò poi Payas, enfatico.

Leo scoppiò a ridere, incapace di trattenersi. Stava facendo una faccia davvero troppo buffa.

Non rideva da tanto tempo.

Fu davvero liberatorio, per lui.

-Leah?- una voce troppo familiare alle sue spalle lo fece irrigidire, e lo zittì immediatamente.

Leo si girò di scatto verso il principe Daryan con la chiara espressione di chi sta facendo qualcosa di male, e cercò di mascherare il suo evidente disagio con un inchino profondo che gli nascose il viso.

-Buongiorno, principe Daryan- lo salutò.

-Oh, buongiorno, principe!- Payas imitò Leo, con un sorriso malizioso e un inchino leggermente meno profondo.

-Buongiorno, semidio Payas… cosa fa in questi corridoi con una delle mie cuoche?- dopo un inchino medio da parte di Daryan, il principe si affrettò ad indagare sulla situazione, con un sopracciglio inarcato.

-Oh, mi ero perso, ma poi questa bellissima ragazza mi ha trovato e si è offerta di accompagnarmi! Non è un tesoro?! È scoccata subito la scintilla, tra noi- Payas seguì il copione che si erano detti, anche se aggiunse qualche pezzo che Leo non si aspettava, e gli cinse anche le spalle, facendolo arrossire di botto.

Non era un contatto spiacevole, solo inaspettato, ed essere definito una “bellissima ragazza” davanti a Daryan era davvero strano.

-Eh… sì… infatti- riuscì solo a borbottare, con voce tremante.

-Mi fa piacere- Daryan accennò un sorriso che non gli raggiunse gli occhi, che sembravano quasi arrabbiati, anche se non si poteva mai troppo dire, con Daryan.

Payas non sembrò notare niente di strano, e sorrise sempre più caldamente.

-È quasi ora di pranzo, giusto? Sarei troppo curioso di vederti a lavoro in cucina. I tuoi piatti sono leggenda! Con il tocco magico… posso dirlo, adesso, forte!- continuò a fare i complimenti a Leo, che sarebbe solo voluto sprofondare.

Strano che quel discorso non fosse censurato dagli spoiler, ma a quanto pareva non stava spoilerando molto. Leo sapeva già queste cose, Daryan del discorso intuì solo che Leo stesse già conquistando il favore di Payas, e la cosa non gli piaceva affatto.

-I piatti di Leah sono leggenda?- chiese, però, confuso.

-intendo la cucina di Jediah, non i piatti di Leah. So che avete le migliori cuoche e suppongo che Leah sia tra di esse, no?- Payas si recuperò immediatamente, con facilità.

-È rimarchevole.. come tutte le altre. Semidio Payas, penso che abbia qualcosa di più interessante da fare oltre ad importunare una delle mie cuoche, non crede?- Daryan cercò di non esaltare troppo Leo, e di allontanarlo da Payas.

Il tono e l’espressione erano impassibili, ma Leo notò che era seccato. Si vedeva dalla postura rigida.

-Cosa può esserci di meglio al mondo?! E comunque non la sto importunando… non ti sto importunando, vero?- Payas si girò verso Leo, preoccupato.

Nonostante l’enfasi e le parole imbarazzanti, Leo doveva ammettere che la presenza di Payas così amichevole lo tranquillizzava parecchio.

-Certo che no, semidio Payas- annuì, con convinzione, evitando di guardare verso Daryan.

Non aveva diritto di essere infastidito.

Non era illegale essere amico dei semidei di altri regni, e Katrang era anche alleata di Jediah, nella guerra. Fraternizzare era non solo concesso, ma consigliato, per mantenere il buon rapporto.

-Vi auguro una buona passeggiata, allora. Io devo conferire con i nostri gentili ospiti circa la guerra in corso. Se volete scusarmi- Daryan fece un cenno molto meno rispettoso di prima, e diede le spalle al duo facendo il muso, e mettendo inconsciamente enfasi sul fatto che LUI, a differenza di Payas, stava facendo delle cose davvero importanti.

-Uhhh, qualcuno è geloso. Mi fa strano vedere Daryan così- ridacchiò Payas, una volta soli nel corridoio, sussurrando all’orecchio di Leo, che scosse la testa.

-Non è geloso. È solo sospettoso. Di che mai dovrebbe essere geloso?- sospirò, rabbuiandosi al pensiero che la sua cotta fosse innamorata di un’altra.

-Sei così tenero, Leo. Hai già una cotta per lui, vero? …non è stato censurato, quindi suppongo di sì- le parole così rilassate di Payas fecero fare una capriola al cuore di Leo, che lo guardò sconvolto.

-Come… perché pensi che io… noooo!- provò a negare con ben poca sicurezza.

-Siamo migliori amici, Leo, è ovvio che so tutto delle tue cotte- Payas aveva un’espressione maliziosa.

Leo lo osservò un po’ turbato.

Fin da quando l’aveva conosciuto la prima volta, Payas si era sempre professato suo migliore amico, ed era chiaro che ci credesse davvero.

Ma… lui non era il migliore amico di Payas.

Lui era un Leo che non lo conosceva nemmeno.

Il migliore amico di Payas era un Leo di tempo ormai perduto.

Era parecchio triste, a pensarci bene.

Se Leo avesse avuto poteri temporali, era certo che non sarebbe mai riuscito ad usarli in quel modo.

Forse per questo non riusciva del tutto a capire il motivo che aveva spinto Payas ad usare i suoi, e temeva il peggio.

Ma magari era solo perché avevano due modi di pensare completamente diversi, chissà.

Leo, dopotutto, non conosceva Payas così bene.

-Non ti rattrista?- chiese dopo qualche secondo di riflessione, cogliendo Payas in contropiede.

-Cosa?- chiese lui, confuso.

-Tu sai tutto di me, e mi consideri il tuo migliore amico. Ma io non so niente di te, tranne che sei un semidio e viaggi nel tempo. Non ti rattrista che la persona che consideri il tuo migliore amico… non… non ti consideri ancora tale?- Leo sperò di non essere stato troppo insensibile nel formulare la domanda, ma non sapeva esattamente cosa dire e come farlo, e aveva bisogno di capire.

Payas sembrò molto pensieroso per un po’, come se neanche lui si fosse reso conto che il suo amico fosse ormai perduto nelle pieghe del tempo.

Ma dopo un po’, sorrise a Leo con la solita leggerezza.

-Ho una settimana per farmi conoscere meglio, e sono sicuro che il mio amico è già lì. Non mi pento di essere venuto prima, è così bello vederti così…- silenzio -…il filtro spoiler è strano, oggi- borbottò Payas un po’ confuso.

-Forse è un po’ buggato- provò a suggerire Leo, che non si intendeva di viaggi temporali e poteri semidivini -…a meno che tu non abbia detto una cosa del tipo “è bello vederti così vivo”, perché in tal caso capisco come possa essere spoiler- borbottò poi, un po’ preoccupato.

Payas ridacchiò.

-Basta pensare alla morte, dai! Non sono tornato indietro per un motivo particolare. Giuro che volevo solo conoscerti prima del tempo. Una cosa importante da sapere su di me: non ho molto senso, come persona- insistette, e bisognava dire che sembrava affidabile.

-Beh, siamo in due- Leo alzò le spalle.

Dopotutto anche lui non aveva sempre senso, come persona. A volte la gente fa delle cose che possono sembrare perfettamente logiche dal loro punto di vista, ma completamente assurde a chiunque altro.

Leo era il re di queste cose.

-Oh, lo so… allora, posso accompagnarti alle cucine e vederti all’opera con il tocco magico?- Payas propose, emozionato all’idea.

Leo decise di abbassare la guardia, e godersi il momento.

-Dipende da Mildred, ma posso provare a metterci una buona parola- acconsentì, e gli illustrò la strada verso le cucine, pronto per preparare il pranzo.

Sperava davvero che sarebbe riuscito a godersi almeno una settimana più o meno tranquilla.

E di conoscere meglio il sedicente suo futuro migliore amico.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Volete sapere una curiosità interessante? 

Nel capitolo 14 della prima storia c’è un momento dove Payas dice:

“ -Oh, allora fammi assaggiare un’altra delle tue prelibatezze. Scommetto che la tua cucina era la migliore dei sette regni già allora… adesso… insomma, c’è qualcosa di fatto da te personalmente? Con il...- silenzio -…oh, non hai ancora ricevuto…- silenzio -…peccato-.”

Ecco, la parte spoiler era una cosa di questo genere: 

insomma, c’è qualcosa di fatto da te personalmente? Con il tocco magico …oh, non hai ancora ricevuto la benedizione di zia Flora? ...peccato-.

Zan zan zaaaaaaan!!!

Fin da allora era già programmato tutto! 

 

La trama comincia a farsi interessante… beh, forse non particolarmente più interessante di prima, ma la parte romantica ha delle perle interessanti, non trovate?

Daryan non è innamorato di Dotty, ma di Leo, solo che non lo ricorda. Non trovate che sia adorabile?! (e molto tragico, anche).

Ci credo che è combattuto sulla sua cotta per Leah!

Leo, d’altro canto, ha altre magagne a cui pensare, e ha deciso di concentrarsi sulla missione e basta… sappiamo quanto difficilmente segue i propri propositi.

Dotty e Alex iniziano ad avere del tenero, buon per loro! Che carine!

Devo dire che la scena dove raccontano la serata in momenti diversi contraddicendosi a vicenda è stata la mia preferita da scrivere.

E poi Payas!!

È finalmente tornato Payas!!

Non è l’incontro ufficiale, ma ce lo facciamo andare bene, soprattutto se fa ingelosire Daryan.

Speriamo che questo suo intervento non cambi il proprio futuro… onestamente, se non shippassi già troppo la Leoryan e la Payox (Payas e Nox), un pensierino verso la Leoyas lo farei… voi che dite?

Fatemelo sapere nei commenti!

In ogni caso, Payas è sempre uno spasso da scrivere.

E siamo anche arrivati a metà storia, dato che anche questa, come la precedente, avrà 24 capitoli (secondo il progetto, ma poi mai dire mai).

E il prossimo capitolo… vi dico solo che sarà una vera bomba! 

…e potrebbe includere bombe letterali.

Spero che la storia vi stia piacendo, vi do un grande bacione e alla prossima! :-* 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Effetto collaterale massimo raggiunto… vinco un achievement su Steam? ***


Effetto collaterale massimo raggiunto… vinco un achievement su Steam?

 

Leo poteva capire perché in futuro lui e Payas fossero migliori amici.

Era una cosa che aveva senso.

Perché Payas era fantastico!

Non che una settimana di conoscenza potesse definire un’amicizia, ma… era fantastico!

Era divertente, alla mano, affascinante e amichevole. Un grande appassionato di nuoto e di cucina di pesce, e ci sapeva fare tantissimo con i bambini. Infatti in quel momento stava giocando a nascondino con Daisy, Yara, Jack e Walt mentre Leo discuteva dei piani d’azione per il prossimo attacco con Gideon e Riley.

Clay, sempre un po’ schivo, stava leggendo un libro in un angolo e osservava tutta la scena con sguardo attento e diffidente.

Era passato più di un mese, ma Clay si era aperto ben poco a Leo, nonostante quest’ultimo cercasse sempre di essere aperto e amichevole.

Ma non poteva biasimare il bambino se non si fidava del primo che passava con una soluzione conveniente a tutti i suoi problemi.

Anche se iniziava lentamente a scaldarsi a lui, e Leo sperava davvero che potessero avvicinarsi un po’, col tempo.

Clay meritava di abbassare un po’ i muri e vivere un’infanzia il più spensierata possibile.

Cosa che, bisognava ammetterlo, era piuttosto difficile da fare durante una guerra che si faceva ogni giorno più pericolosa, nonostante i bambini fossero in uno dei posti più sicuri del regno.

Ma anche loro dovevano stare attenti, per questo Leo stava informando i più grandi delle prossime mosse da fare. Il successivo attacco a palazzo sarebbe stato pericoloso, e pieno di feriti che Leo voleva evitare a tutti i costi.

Ma non sapendo se ci sarebbe o meno riuscito, era meglio assicurarsi che quantomeno le persone che poteva salvare fossero al sicuro, quindi aveva detto a Gideon che sarebbe dovuto restare con gli altri bambini, lontano da palazzo, solo per quel giorno.

E Gideon, ovviamente, aveva provato ad obiettare con tutte le sue forze, e stava obiettando anche in quel momento.

-Non mi metterò in pericolo, ma posso aiutare, posso evacuare le cucine mentre tu pensi al principe, e poi posso avvertire anche la principessa. Userei un passaggio segreto- provava a spiegare il proprio piano, deciso a rendersi utile.

-Dotty è incaricata di evacuare il personale nelle cucine, e Opal non sarà nella zona colpita dall’attacco, e avrà tutto il tempo di mettersi al sicuro insieme ai suoi genitori. Per l’ultima volta, Gideon, tu resti qui- Leo era categorico.

-Ma non è giusto! A cosa ti serviamo se non ci fai fare nulla?!- si lamentò Gideon, sbattendo i piedi a terra.

-Voi non mi servite, Gideon!- sospirò Leo, stanco della conversazione.

Tutti i bambini si voltarono verso il ragazzo.

Persino Payas fece spuntare la testa dal suo nascondiglio e osservò Leo con sorpresa.

Leo ci mise qualche secondo a rendersi conto delle parole usate.

-Nel senso che non vi tengo vicino perché mi servite a qualcosa, ma solo perché vi voglio bene e vi voglio al sicuro. Apprezzo il vostro aiuto e mi fa comodo, ma non voglio accettarlo a scapito della vostra sicurezza- si affrettò a spiegare, mettendo le mani avanti.

I bambini, pur non comprendendo tutto, capirono il senso stretto del discorso, e annuendo appena tornarono ognuno a fare le proprie cose.

Payas commentò un intenerito “awwww ma quanto sei dolce” come se il discorso fosse rivolto anche a lui.

Gli unici che sembravano poco convinti furono Gideon, che era ancora stizzito per essere messo in panchina, e Clay, che osservava la situazione di sottecchi e sembrava scettico.

Calmato e convinto Gideon, che continuava a borbottare lamentele tra sé ma aveva deciso di cedere, Leo si avvicinò a Clay, e gli si sedette accanto.

-Cosa leggi?- chiese, per fare conversazione.

-Niente!- Clay seppellì il volto nel libro e gli diede le spalle, chiudendo la conversazione.

Leo avrebbe voluto stringere un legame, ma decise che era meglio lasciargli spazio, per non soffocarlo. Non poteva obbligarlo a parlare con lui e non voleva dare l’impressione di pretendere che lo facesse.

-Sembra interessante, buona lettura, allora- si limitò a sorridere, dargli una leggera pacca sulla spalla, e alzarsi nuovamente, per dirigersi verso Payas e magari partecipare ad un round di nascondino.

-Aspetta- la voce di Clay, poco più che un sussurro, lo fermò sui suoi passi.

Leo si girò, senza trattenere un sorrisino speranzoso.

-Sì, Clay?- si avvicinò nuovamente.

Clay esitò appena, senza sapere come interpretare quel sorriso.

-Come… come sta andando la guerra?- chiese in un sussurro, senza guardare Leo negli occhi.

Leo fu sorpreso dalla domanda. Era sempre abbastanza aperto sulla situazione con i bambini, ma era vero che non dava loro troppi dettagli sulla situazione, era soprattutto intento nel cercare di farli stare tranquilli e al sicuro nel loro angoletto nel rifugio. 

Certo, avevano accesso a ogni lettera che Leo spediva al fronte per avvertire sugli attacchi, ma il ragazzo dubitava che riuscissero a leggere. Non solo erano scritte in una grafia più simile possibile al corsivo del principe Daryan, ma usavano anche paroloni che con il loro basso livello di lettura era difficile interpretare.

Si avvicinò a Clay, e si sedette nuovamente accanto a lui.

-Allora, non posso dare stime precise, ma dalle informazioni che riusciamo ad ottenere a palazzo pare che alcuni borghi ai confini siano stati completamente ripuliti, le truppe di Fring si stanno ritirando dagli insediamenti più a Sud, e abbiamo salvato credo più di un centinaio di persone, ed evitato che molte altre si ferissero. Il castello è preso di mira perché è molto difficile stanare le truppe nei dintorni, ma lo riusciamo a proteggere bene- spiegò il punto della situazione, cercando di essere più ottimista possibile.

-Oh… quindi non sai quando finirà?- chiese Clay, torturando appena il libro.

Leo esitò appena, non sapendo bene come rispondere.

Notò che anche gli altri avevano fatto spuntare le testa dai loro nascondigli e osservavano lui e Clay, senza perdersi una parola.

Improvvisamente era tutto molto più silenzioso.

Forse aveva sottovalutato l’ansia dei bambini in quella situazione.

E purtroppo non aveva belle notizie da dare loro.

Perché non aveva la minima idea di quando sarebbe finita la guerra.

Teoricamente, secondo la Storia, la guerra avrebbe avuto un terribile punto di svolta a favore di Valkrest a circa due mesi da quel giorno, quando un terribile attacco avrebbe distrutto il palazzo di Jediah, disperdendo le truppe, uccidendo quasi interamente la famiglia reale, e costringendo il principe Daryan, unico sopravvissuto insieme a pochi altri, a fuggire, riorganizzarsi, e tornare dopo parecchi anni per finire il lavoro, vendicarsi, distruggere i Vasilev, sterminare i ribelli antimonarchici (anche se Leo non capiva cosa avesse Daryan contro i ribelli che non avevano niente a che fare con la guerra) e poi passare l’intera vita sofferente a causa di ciò che aveva perso, tra cui la sua stessa umanità eccetera eccetera.

Francamente Leo non riusciva a immaginarsi Daryan come questa macchina di vendetta stile Batman, ma riusciva a capire come certe perdite e certi traumi possano cambiare completamente il carattere di una persona.

E Leo non voleva neanche figurarsi un futuro dove non riusciva a salvare la corte di Jediah.

Comunque teoricamente la guerra sarebbe finita tra parecchi anni, ma se Leo evitava che Jediah cadesse, potevano concluderla molto prima, o anche molto dopo.

Dopo aver passato l’evento della distruzione del palazzo, tutto ciò che si prospettava all’orizzonte era ignoto e pericoloso.

Quindi Leo doveva ammettere che sperava che tutto si concludesse prima di tale scadenza.

-Se tutto va bene spero circa due mesi- rispose alla fine, dopo averci pensato a lungo.

I bambini non sembravano molto felici della cosa, così Leo si affrettò a correggersi.

-Ma spero che riusciremo a vincere anche prima. Se continuiamo con la nostra strategia riusciremo a mettere le truppe di Valkrest in un angolo, e a far dichiarare al principe Victor la resa in qualche settimana. Se continuiamo a lavorare sodo finiremo le guerra prima della prossima luna piena- okay, non era un bene mentire ai bambini, ma Leo non ce la faceva a vederli così preoccupati e abbattuti, e poi sperava davvero di riuscire a vincere prima della successiva luna piena.

Perché temeva non poco che gli dei potessero approfittare del loro giorno privo di vincoli per mettergli i bastoni tra le ruote, e non voleva rischiare.

Certo che stava camminando su un filo davvero sottile, era un miracolo che non avesse ancora perso.

Un miracolo, tanta fortuna, e anche una sana dose di ottimismo malriposto e determinazione.

Si possono dire tante cose su di Leo, ma bisogna ammettere che è perseverante, e si rialza sempre in piedi anche quando tutto sembra buttarlo a terra.

-Dubito che il principe Victor si arrenderà mai- borbottò Daisy, un po’ nervosa.

-Il principe non si ferma finché non ottiene quello che vuole- le diede man forte Riley, mordendosi il labbro inferiore.

-Beh, questa volta dovrà imparare ad arrendersi, perché lo metteremo in un angolo- insistette Leo, restando ottimista, anche se sapeva che i bambini non avevano tutti i torti.

Leo aveva visto il principe Victor solo una volta, e l’aveva considerato la persona più irritante dei sette regni.

Rabbrividiva solo al pensiero di incontrarlo di nuovo.

Aveva un carisma pericoloso, nessun rispetto per gli altri, e aveva minacciato Leo che un giorno lo avrebbe fatto diventare il suo schiavetto cuoco.

Leo doveva ammettere che sebbene l’amnesia generale stesse rendendo tutto più difficile, era almeno felice che Victor si fosse dimenticato di lui.

Sperava che non l’avrebbe mai più incontrato.

Leo… smetti di sperare le cose che porti sfiga!

-Giusto! Stiamo andando bene. Alex e Dotty stanno facendo un ottimo lavoro ad aiutare il maestro a salvare la…- Gideon iniziò a dare man forte a Leo, ma si tappò la bocca quando si rese conto di aver detto troppo.

Leo si girò verso di lui, incredulo.

-Ma…maestro?!- chiese, portandosi una mano al petto, un misto tra onorato e profondamente imbarazzato.

-Cioè… Leonardo! Il cuoco! È colpa di Dotty! Mi ha contagiato!- si lamentò Gideon, diventando rosso come un peperoncino, e coprendosi il volto con le mani per non mostrare l’evidente imbarazzo.

-Awwww, quindi è partito da lei?- si intenerì Payas, ridacchiando tra sé.

-Come sarebbe “è partito da lei”?! Non dirmi che diventerà una cosa comune! Non sono un maestro!- si lamentò Leo, imbarazzato quanto Gideon e coprendosi il volto in modo molto simile. Passare così tanto tempo insieme li stava rendendo sulla stessa lunghezza d’onda.

Payas non rispose e si limitò a nascondersi.

Leo sospirò, e cercò di non pensarci.

Una parte di lui era segretamente felice che Gideon lo vedesse con così tanta stima da chiamarlo addirittura maestro, ma sarebbe sempre stato troppo imbarazzante, soprattutto se il fenomeno si espandeva.

-Comunque finché lavoriamo tutti insieme andrà tutto bene e vinceremo presto la guerra, alla faccia di quel puzzone di Victor!- concluse l’argomento, mostrando una sicurezza che gli apparteneva solo in parte, e facendo sorridere soddisfatti i bambini, soprattutto Walt e Jack, che ridacchiarono parecchio a sentire nominare Victor come un puzzone.

Poi riesumarono il loro gioco senza più badare troppo a Leo, che controllò l’orario e si chiese se fosse il caso di tornare al castello, prima di finire nei guai.

-Quindi… senza di te la guerra continuerebbe ancora a lungo, e molte persone morirebbero?- sussurrò Clay, molto sottovoce, facendosi sentire solo da Leo.

Era un commento davvero strano, soprattutto per il modo in cui era formulato.

Clay sembrava spaventato e a disagio. Le parole erano uscite in un sussurro come se temesse che Leo potesse fraintenderle.

Leo lo guardò con tristezza.

Era chiaro che Clay temesse che Leo potesse sparire da un momento all’altro. Non sapeva ancora se fidarsi di lui, e dopotutto, dai racconti di Leo, non era la prima volta che li abbandonava a loro stessi per tornare nel suo mondo.

Ma non l’avrebbe fatto, non più! 

-Siamo in tanti e facciamo tutti un buon lavoro. Il destino del mondo non dipende solo da me, o da te, o da chiunque altro. È vero che sto facendo molto, ma è solo perché posso mettermi in prima linea grazie alle mie benedizioni. E comunque, Clay, ti prometto che non vado da nessuna parte. Non smetterò mai di lottare per voi e per far finire la guerra il più in fretta possibile- gli promise, dandogli una leggera e affettuosa pacca sulla spalla.

Clay non si ritirò, sembrò riflettere molto sulle sue parole.

E poi tornò al suo libro.

-Okay…- borbottò, chiudendo la conversazione.

Leo sperò di averlo rassicurato, almeno un po’.

Si alzò e si guardò intorno, controllando se ci fosse qualcosa di urgente da fare prima di tornare.

Rimase sorpreso quando notò lo sguardo truce di Payas, che fissava Clay con occhi socchiusi e denti stretti.

-Tutto bene?- chiese, avvicinandosi, e mettendosi tra il semidio e il bambino, con fare protettivo.

Notando di essere stato scoperto, l’espressione di Payas si aprì in un ampio sorriso allegro.

-Certo. Stavo solo pensando che mi dispiace tanto che domani dovrò andare via. Mi mancherai un sacco, migliore amico- gli mise un braccio intorno alle spalle, e tornò quello di sempre.

Leo avrebbe voluto indagare, ma tanto sicuramente sarebbe finito con filtro anti-spoiler, e aveva già il cervello abbastanza pieno con tutte le cose che doveva fare.

-Ammetto che mi mancherai anche tu. È stato piacevole passare del tempo in relax con una persona che si ricorda di me- confessò.

Certo, c’era anche Alex, ma con Alex passava poco tempo, e il tempo che passavano insieme erano troppo occupati a parlare di Dotty o della guerra.

Era da un po’ che non facevano conversazioni rilassate.

-Che carino che sei! Mi mancherai anche tu. Vorrei vederti presto, ma temo che la prossima volta che ci incontreremo sarà il nostro incontro ufficiale- Payas sembrava davvero abbattuto dalla notizia, e fece un sospiro molto melodrammatico.

Leo ridacchiò.

-Sono felice di avere la consapevolezza che almeno ci sarà un incontro ufficiale- sorrise, ottimista.

-Così si fa! Vedi il lato positivo! Dovremmo tutti imparare da te! Allora, torniamo a palazzo?- Payas indicò l’orologio, e Leo annuì.

-Andiamo a palazzo- salutò tutti i bambini e insieme al semidio si avviò al castello.

 

Daryan non sarebbe dovuto essere felice della partenza della delegazione da parte di Katrang, perché erano degli ottimi alleati e i due concubini del re si erano rivelati davvero molto competenti nel loro aiuto.

Però quando il semidio Payas aveva finalmente varcato il cancello di ingresso, Daryan si era sentito sollevato che finalmente si allontanasse, perché non gli era piaciuto il modo in cui aveva ronzato per tutta la settimana intorno a Leah.

Daryan era consapevole di essere un ipocrita incoerente, ma con Leah non riusciva mai a pensare lucidamente, e negli ultimi tempi la ragazza sembrava vorticargli in testa più del solito, facendola dolere sempre di più.

Non riusciva a capire del tutto i sentimenti che provava per lei, e sebbene una parte di lui fosse abbastanza convinto che ciò che il suo cuore continua a suggerirgli, ovvero che si fosse preso una grandissima cotta per Leah, fosse vero, era vero anche il fatto che lo stesso cuore apparteneva già a qualcun altro.

E quindi, dato che il cuore era diviso in quel modo e non lo stava aiutando per niente, aveva deciso di ascoltare la testa.

E la testa gli stava facendo notare molte cose parecchio strane riguardo a Leah.

In realtà Leah era strana da quando era arrivata a palazzo, ma per qualche strano motivo Daryan non era riuscito ad inquadrare nessuna di quelle stranezze fino a quel momento, come se ogni cosa che Leah facesse sfuggisse dalla mente del principe pochi istanti dopo esserci entrata.

Ma adesso, dopo aver passato tutto quel tempo insieme, e soprattutto dopo quel momento sul balcone, la mente di Daryan iniziava finalmente a trattenere i ricordi e le sensazioni che gli provocava la cuoca.

E anche tutte le coincidenze sospette avvenute dal suo arrivo.

L’inchino maschile.

Il fatto che fosse stata al borgo di Tormalina proprio durante un attacco del ragazzo misterioso e ricercato in tutti i regni.

Gli occhi che cambiavano colore.

La sua presenza in giro per il palazzo durante gli attacchi.

Le caramelle arcobaleno che sembravano aver guarito metà dell’infermeria il giorno che aveva imboccato tutti.

Le stesse caramelle che lo facevano sentire bene ogni volta che ne mangiava una.

E allo stesso tempo, solo quando era Leah a fargliene mangiare una.

Gli alberi che erano ricresciuti proprio il giorno in cui Leah, Alex e Gideon erano andati in città.

La misteriosa famiglia nobile per la quale aveva lavorato, ma che evitava accuratamente di nominare.

E altro… tanto altro… troppo altro.

Insomma, c’era qualcosa di strano in Leah.

E sebbene molte di queste stranezze sembravano positive, per Jediah, il fatto che tenesse nascosto qualcosa la rendeva sospetta e pericolosa.

…pericolosa?

Leah?

Leah non poteva essere pericolosa, giusto?

Eppure… sebbene il cuore gli stesse ridendo in faccia per aver anche solo pensato che Leah potesse essere una nemica, la mente non riusciva ad ignorare i segnali.

Se Leah fosse stata un’alleata spedita dagli dei o qualcosa del genere, perché non dirglielo e basta?

Perché tutti quei sotterfugi e i misteri?

(Perché non si fida di me? Dopo tutto quello che abbiamo passato…)

Passato? Non avevano passato niente insieme, cosa… il suo cervello stava dando i numeri.

Ma comunque, perché l’idea di Leah che non si fidava di lui lo rendeva così triste?

E perché si sentiva in colpa?

Non aveva senso sentirsi in colpa se qualcuno ti tiene nascoste le cose!

Ogni tanto sembrava che Daryan fosse sull’orlo di mettere insieme tutti i pezzi di quel puzzle misterioso che era Leah, ma quando stava per mettere quello centrale, che gli avrebbe fatto finalmente vedere il disegno completo, qualcosa si agitava dentro di lui, e scomponeva nuovamente il puzzle.

Come Sisifo che crede ogni volta di aver finalmente portato il masso in cima al monte, e poi se lo vede cadere rovinosamente alle sue pendici, e sa di dover fare di nuovo tutto il lavoro.

E nonostante sappia che non porterà mai a termine la sua missione, perché è solo una tortura eterna, ogni volta che ricomincia non può fare a meno di sperare che sia la volta buona.

Per i meno studiati con i miti greci, è come quando vedi un film ottanta volte, e ogni volta speri che finisca in modo diverso perché il vero finale è troppo triste, ma giustamente il film quello è, e quello rimarrà.

E per chi si chiede come faccia Daryan a conoscere il mito di Sisifo, dato che questo è un po’ il suo monologo interiore, vi dico che Daryan legge un sacco di libri, e molti libri raccontano anche cose del mondo reale, quindi sa tutto di miti greci, okay? Apprezzate la metafora e basta!

Il punto era che da quando Daryan si era reso conto di riuscire a trattenere più a lungo Leah nella sua mente… non riusciva praticamente a pensare a nient’altro.

E oltre ai fatti preoccupanti, si era reso conto di altre cose ancora più preoccupanti, anche se meno sospette.

Ovvero… ma com’era possibile che da quando aveva dovuto allontanarla e rifiutarla, gli sembrava che TUTTI fossero innamorati di lei e ci stessero provando?!

E perché era così stupido e incoerente da essere palesemente geloso, quando era stato lui ad allontanarla?!

Leah poteva stare con chi voleva, anche se… ma davvero, perché la volevano tutti?!

Payas le era stato attaccato come un cagnolino per tutta la settimana, flirtando spudoratamente. Non era un segreto che Payas si circondasse di partner, come molte persone a Katrang, ma perché aveva messo gli occhi proprio su Leah?!

(Beh, è gentile, divertente, cucina in modo eccellente, pieno di entusiasmo, molto carino…)

Ma che diamine stava pensando?!

Comunque non era solo Payas!

Lionel diceva a tutti di odiarla, ma la fissava spesso quando erano nella stessa stanza, e ci aveva spudoratamente provato i primi giorni.

Chevel aveva commentato che per quanto le persone così allegre lo irritassero, era una persona interessante… cosa che equivaleva ad una dichiarazione di amore, nella sua lingua.

Daryan aveva anche sentito una delle cuoche, probabilmente Anna, se ricordava bene, che commentava che Leah era troppo carina e che le dispiaceva troppo che fosse attratta solo dagli uomini perché avrebbe voluto chiederle di uscire.

Fino a poco tempo prima gli era sembrato di vedere Alex e la cuoca con gli occhiali… si chiamava Dotty, forse… che le giravano sempre intorno, anche se per fortuna di Daryan sembrava che i due si fossero messi insieme tra di loro.

Ma comunque erano un sacco di persone interessate a lei.

-Principe Daryan?- i suoi pensieri un tantino ossessivi vennero interrotto da una voce familiare, appartenente ad una persona che era entrata nell’ufficio senza bussare, come faceva spesso.

-Sì, Persian, cosa c’è?- chiese il principe senza neanche guardare il bibliotecario e fedele consigliere che sicuramente gli stava dando delle notizie dal fronte sud.

-Sì, ecco… ci sono delle novità abbastanza preoccupanti, e… oh, sono biscotti di Leah, quelli?- nonostante l’agitazione, la sua attenzione venne in fretta attirata dal vassoio con la colazione che la cuoca gli aveva portato.

Daryan era riuscito a mangiare quasi tutto, ma alcuni biscotti erano rimasti, e sperava che sarebbe riuscito a finirli entro la giornata.

I biscotti di Leah erano probabilmente la sua ricetta migliore. Anche se niente si avvicinava al biscotto dai colori arcobaleno che Leah gli aveva fatto assaggiare quella sera sul balcone.

-Sì… li finirò più tardi. Di che volevi parlarmi?- Daryan avvicinò inconsciamente i biscotti a sé, non solo perché ci teneva a mangiarli successivamente, ma perché era ancora molto restio a far assaggiare i propri piatti ad altre persone, anche quando sapeva con certezza che non fossero avvelenati.

-Quella ragazza è davvero speciale- borbottò Persian, adocchiando i biscotti con sguardo sognante.

Oh dei! Anche Persian!

Ma perché tutti erano così innamorati di Leah?!

(Insisto, perché è esuberante, spiritoso, adorabile, ha il sorriso più splendente del mondo, e occhi che sembrano brillare per quanto sono pieni di vita e….)

E piantala, cervello!

-Di cosa volevi parlarmi?! Non ho tempo da perdere!- insistette Daryan, lanciandogli un’occhiataccia che non riuscì proprio a trattenere.

-Oh, giusto… STANNO ARRIVANDO LETTERE CONTRAFFATTE AL FRONTE!- esclamò il bibliotecario, agitandosi e mostrando a Daryan numerose lettere che Daryan era completamente certo di non aver scritto né fatto scrivere.

-Ma come è possibile?!- chiese, iniziando ad analizzarle con il cuore che batteva a mille.

-Stiamo ancora indagando al riguardo, ma hanno il marchio ufficiale, per questo non ce ne siamo accorti prima. Pare che la corrispondenza falsata vada avanti da un mese, forse anche di più- spiegò Persian, indicando le date su alcune lettere recuperate.

-Sono… utili- sussurrò Daryan, leggendo il contenuto e stupendosi di quanto fosse scritto male, ma anche di quanto fosse pieno di informazioni molto accurate circa gli attacchi e strategie per affrontarli.

-Temo sia una strategia di attacco a lungo termine, maestà. Danno informazioni utili facendo sentire le truppe come se stessero vincendo, e poi, quando ormai si fidano ciecamente dei messaggi che arrivano dalle lettere, li mandano a morire in massa in trappole ben studiate e prendono d’assalto intere città- Persian spiegò la sua teoria molto pessimista ma anche molto plausibile, conoscendo le capacità strategiche di Valkrest.

Daryan continuava a fissare le lettere con un pericoloso nodo nello stomaco.

Il sigillo era ufficiale, o comunque una copia di ottima fattura.

C’erano solo due sigilli in quel castello: uno nel suo ufficio, e uno chiuso a chiava nell’ufficio di suo padre. L’ufficio di suo padre era rimasto intonso per tutto il suo viaggio, quindi l’unico posto dove il sigillo poteva essere stato rubato era l’ufficio di Daryan.

Ed era successo circa un mese prima.

…Leah era giunta a palazzo circa un mese prima.

Ed era una delle più assidue frequentatrici di quell’ufficio, oltre a lui, Persian e Chevel.

-E se chiunque abbia inviato le lettere stia cercando di aiutarci?- provò a suggerire, mite e timoroso.

La grafia era disordinata, ma era anche molto nostalgica, per qualche motivo.

-Se così fosse perché non dircelo?! Perché agire nell’ombra? Chiunque agisce nell’ombra è sospetto- insistette Persian.

-Tu e Chevel state passando troppo tempo insieme- borbottò Daryan, che era abituato a sentire quel sospetto più da parte del suo cavaliere personale e migliore amico, che da parte del bibliotecario.

Persian arrossì appena al commento.

Che Leah avesse avuto ragione sui due?

Se scoprivano di covare sentimenti l’uno per l’altro, a Daryan sarebbe andato benissimo.

Meno rivali.

…ma rivali di cosa?!

Ahhhh, basta, cervello!

-Sono tempi di guerra, principe Daryan. Non possiamo fidarci di nessuno- Persian giustificò la propria paranoia, e Daryan sospirò, consapevole che avesse ragione.

-Dovremo modificare il sigillo reale, e mandare qualcuno di fidato a consegnare le prossime lettere. Deve essere fatto il più in fretta possibile, e bisogna indagare le cause della fuga di notizie in modo discreto, non possiamo far sapere in giro che potrebbe esserci una spia a palazzo. Soprattutto alle cuoche- ordinò Daryan, assumendo le vesti del principe sospettoso che doveva essere.

-Perché le cuoche?- chiese Persian, sorpreso.

-Sai che parlano molto- Daryan alzò le spalle, senza condividere i suoi dubbi, e Persian annuì, credendo alla sua scusa e non obiettando oltre.

In effetti erano delle chiacchierone, responsabili di tutti i pettegolezzi del palazzo.

Cosa che le rendeva anche parecchio informate, in generale.

Leah era una cuoca, quindi era molto informata anche lei.

Pure Julina era una cuoca, e si era rivelata una spia.

Ma il principe Victor era davvero così sicuro di sé da usare lo stesso trucco due volte?

O forse lo stava usando proprio perché nessuno avrebbe supposto che lo usasse due volte.

I tempi combaciavano, e c’erano anche tante cose che rendevano Leah sempre più sospetta.

Daryan avrebbe dovuto tenerla d’occhio.

…lo faceva già per altri motivi, ma da quel momento ancora di più.

(Come puoi dubitare di lui?!)

STA ZITTO, CERVELLO!

Era un principe, prima di tutto, e un principe tiene aperte tutte le possibilità, anche quelle che più lo feriscono.

Non poteva permettersi distrazioni.

Anche se il suo cuore si stava spezzando sempre di più, e la sua testa doleva come se stesse per esplodere.

Wow, se io non sapessi che è causata dall’amnesia e dai ricordi che cercano di riaffiorare, mi preoccuperei non poco della situazione in cui verte Daryan.

 

Il giorno dell’attacco, Leo aveva un piano molto preciso in mente, e non poteva assolutamente permettersi di distrarsi o di sbagliare. Ne andava della salute di Chevel, e della salvezza generale di Jediah.

Durante quel pericoloso attacco, infatti, l’ufficio del principe Daryan sarebbe stato bersaglio di centinaia di frecce che sarebbero riuscite a penetrare all’interno. Secondo la Storia che Leo aveva letto (ed era una delle poche parti che avesse effettivamente memorizzato con attenzione e in ogni suo dettaglio), il principe Daryan sarebbe giunto all’ufficio in tutta fretta a prendere dei libri, accompagnato come sempre da Chevel, l’allarme sarebbe suonato, e neanche il tempo di capire cosa stesse succedendo, che le frecce avrebbero colpito, dando il tempo solo a Chevel di mettersi a protezione.

Il cavaliere del principe sarebbe rimasto ferito gravemente, e fuorigioco per mesi, mettendo il palazzo in enorme difficoltà nella protezione.

Leo non poteva permetterlo.

Certo, lo avrebbe potuto curare con una caramella arcobaleno senza troppi problemi, ma non voleva comunque rischiare. Chevel non si faceva imboccare, e l’effetto farfalla provocato da Leo stesso poteva finire per ucciderlo, e non ferirlo.

Quindi meglio evitare l’attacco in generale.

O meglio, mettere un impenetrabile scudo di ghiaccio all’esterno dell’ufficio in modo che le frecce non colpissero.

Semplice, in teoria.

Solo che doveva essere molto tattico, attento, e avere i tempi giusti.

Non poteva mettere subito un muro di ghiaccio perché avrebbe attirato l’attenzione, e rischiava che gli attaccanti puntassero altre finestre e ferissero altre persone.

Quindi doveva mettere su il muro di ghiaccio esattamente nell’istante in cui sarebbe scattato l’allarme, ovvero pochi secondi prima dello scoccare delle frecce.

Ma Daryan sarebbe arrivato nell’ufficio circa un minuto prima dell’attacco, quindi Leo doveva nascondersi da qualche parte, accanto alla finestra, senza farsi scoprire dal principe, aspettare l’allarme nascosto, e poi approfittare dell’allarme e della distrazione per mettere su un muro di ghiaccio che coprisse l’intera zona, e fosse abbastanza spesso da non essere penetrato dalla moltitudine di dardi.

Però doveva anche sciogliersi normalmente per non dare troppi indizi sul passaggio di Leo.

Insomma… tutto doveva essere perfetto.

E per fortuna Leo aveva ben cinque minuti di tempo per trovarsi una buona posizione nascosta alla vista, magari dietro le tende.

Entrò nell’ufficio con un vassoio con cibo che non sarebbe mai stato consumato, per usarlo come scusa nel caso Daryan si fosse trovato all’interno, ma come da copione il principe non era nel suo ufficio.

Leo non trattenne un sorrisino, poggiò il vassoio, e si guardò intorno.

Era abbastanza buio, dato che si avvicinava l’ora di cena, e solo un paio di candele erano accese.

Perfetto, se c’era poca visibilità, Leo sarebbe stato anche più invisibile.

La tenda sembrava il luogo perfetto.

Leo superò la scrivania, e notò con la coda dell’occhio un timbro poggiato su di essa.

Mmmmm… era diverso da quello che stavano usando.

Strano.

Forse era il caso di farne una copia per sicurezza, anche se non in quel momento. In quel momento doveva preservare il ghiaccio per la sua missione.

Però se lo rigirò tra le mani, ammirandone la fattura.

Era più elaborato del precedente, ma Daisy sarebbe riuscita sicuramente a produrne una copia perfetta. Doveva solo procurarle il legno.

Forse lo avevano cambiato proprio perché Leo aveva rimesso in piedi gli alberi eterni e potevano quindi permettersi nuovi timbri.

Il cuoco sperò che non fosse perché il principe iniziava a sospettare che venissero mandate lettere sbagliate al fronte. 

Sarebbe stato problematico, e avrebbero dovuto stare più attenti.

Un momento…

Già che c’era, Leo poteva tranquillamente leggere le lettere di Daryan. Sicuramente erano lì da qualche parte, e aveva ancora qualche minuto prima che Daryan entrasse.

E lo avrebbe sentito dal corridoio, dato che sarebbe arrivato in tutta fretta, e accompagnato dai pesanti passi di un cavaliere in armatura.

Quindi era normale che Leo si sentisse al sicuro a farsi un po’ i fatti di Daryan.

Iniziò ad aprire i cassetti, e frugare tra le lettere.

…ne erano davvero troppe per leggerle in pochi minuti.

Poteva rischiare di rubarne un paio?

No, magari sarebbe stato scoperto.

-Trovato quello che cerchi?- una voce bassa e distaccata per poco non fece prendere un infarto a Leo, che sobbalzò così vistosamente da andare a sbattere contro il muro dietro di lui.

-Per tutti gli dei, Daryan! Ma vuoi ammazzarmi?!- esclamò Leo, prendendosi il petto con enfasi e temendo che il cuore gli sarebbe letteralmente esploso nel petto.

Era così scioccato che ci mise più del previsto a rendersi conto esattamente di cosa fosse successo.

-Sto effettivamente valutando l’idea, considerando che ti ho appena scoperta a frugare tra i miei documenti di ufficio, e osservare con particolare attenzione il timbro ufficiale. Un timbro che, mi è stato rivelato di recente, è stato copiato e usato per mandare false lettere al fronte nelle ultime settimane- lo informò Daryan, con tono tranquillo e voce bassa, ma con occhi che mandavano scintille.

Leo lo fissò qualche secondo, mentre la consapevolezza della situazione si insinuava in lui, prendendo il posto dello spavento, ma ghiacciandogli ancora di più il sangue nelle vene.

Daryan l’aveva appena beccato.

Nel momento peggiore possibile.

Daryan, il principe Daryan, l’uomo che amava, che un tempo lo aveva amato, che ora amava un’altra persona, e con il quale aveva iniziato ad avere un rapporto comunque cordiale, lo aveva appena scoperto intento a frugare in giro, nel suo ufficio, di sera, alla vigilia di uno degli attacchi peggiori avvenuti fino a quel momento.

Ma soprattutto… Daryan, il suo Daryan, lo stava fissando con disprezzo sospetto, e… quasi con odio.

-Non provi neanche a giustificarti, spia?!- Daryan lo incoraggiò a parlare, alzando appena la voce, e prendendogli un braccio per sbloccarlo e tenerlo fermo.

Per un secondo, un singolo istante, Leo non aveva assolutamente parole.

Non sapeva che dire, come agire, come giustificarsi, e cosa sarebbe stato meglio fare.

Era completamente svuotato e non gli veniva assolutamente in mente nulla per uscire da quella situazione. Non davanti allo sguardo che aveva temuto di ricevere fin dal primo momento in cui era arrivato a palazzo, e che ora svettava davanti a lui peggio che nei suoi peggiori incubi.

Ma durò solo un istante.

Leo chiuse gli occhi, alzò la mano libera in segno di resa, e provò a sembrare sorpreso.

Bluffare, bluffare e sempre bluffare.

Era quello il suo motto da quando era giunto lì la prima volta.

-False lettere al fronte?! Chi farebbe mai una cosa simile?! C’è un fraintendimento, principe Daryan. Sono solo venuta qui per portarle la cena, e siccome non c’era, ho pensato di aspettarla e mi stavo guardando intorno nel frattempo. Questa guerra è sempre più brutale, e vorrei tanto fare qualcosa per aiutare di più. E poi temo molto per i miei fratelli, e…- iniziò a giustificarsi con una prontezza mentale inaspettata per una persona che era al limite e il cui cuore stava per uscire dal petto.

-Smettila, Leah…- lo interruppe Daryan, stringendo la presa sul suo braccio e avvicinandolo per costringerlo a guardarlo, dato che era chiaro da come Leo evitasse il suo sguardo che non stava dicendo la verità. Il suo tono cercava ancora di apparire calmo, ma sembrava sul punto di esplodere, e… ma forse era solo un’impressione di Leo, sembrava quasi ferito, impastato.

-…sei entrata guardandoti intorno per assicurarti che non ci fosse nessuno, senza neanche annunciarti, e hai poggiato il vassoio come se non avessi intenzione di offrirmi ciò che porti, in un angolo dimenticato. Ti sei guardata intorno, hai le orecchie tese per cercare di percepire ogni suono, e stavi palesemente controllando le lettere spedite al fronte. Ti ho visto dal corridoio, e ti ho seguito, non provare a negarlo. Chi sei, tu, veramente? E cosa vuoi ottenere?- Daryan costrinse Leo a guardarlo negli occhi.

Non fu particolarmente veemente  nel farlo. Non gli serviva usare la forza su Leo.

Ormai mancava davvero troppo poco per provare a spiegare con calma.

Non che Leo stesse tenendo conto del tempo, a malapena si ricordava la missione, con il principe Daryan così vicino a lui, e con la tensione e il terrore che provava in quel momento, in quell’ufficio buio che era stato teatro di alcuni dei momenti più belli della sua esperienza, e alcuni dei momenti più orribili.

Quello… poteva entrare a far parte della seconda categoria.

-Intanto… dovremmo uscire da qui, andare in un rifugio, non c’è molto tempo- Leo alla fine abbandonò le maschere, abbandono il bluff, i sotterfugi e le scuse.

Non avrebbero attecchito, e non riusciva più a fingere, soprattutto mentre fissava gli occhi grigi del principe.

Odiava mentire, era stanco di farlo, e le bugie non lo avrebbero portato lontano.

-Perché mai?- Daryan non sembrava affatto convinto, e lanciò un’occhiata alla porta come se temesse che dei cavalieri di Valkrest sarebbero spuntati da lì da un momento all’altro, pronti a fare una strage.

Era spaventato, disorientato e… ferito.

Sì, non era stata un’impressione di Leo, era davvero ferito da quello che aveva scoperto.

La mano che teneva Leo tremava, ed era decisamente più scosso di quanto apparisse.

Leo sospirò, prese un profondo respiro, e poi rivelò tutto.

Strappò via il metaforico cerotto.

Senza pensarci troppo.

E seguendo il suo cuore.

-Tra pochi minuti ci sarà un attacco proprio in questa stanza. Centinaia di frecce colpiranno l’ufficio, Chevel entrerà a salvarla, rimarrà ferito gravemente, e la guerra sarà in totale svantaggio per noi. Io sono qui per creare un muro di ghiaccio per proteggerla perché sono benedetto da tre divinità, che mi supportano. So queste cose perché ho letto la Storia, e voglio cambiarla. Il mio nome è Leonardo Rinaldi, vengo da un altro mondo, sono già stato qui parecchio tempo fa e sono rimasto due mesi ma vi siete tutti dimenticati di me perché non sono parte della Storia e gli dei non vogliono che io interferisca. Ma devo interferire perché non voglio che nessuno si faccia male, quindi sto mandando false lettere per rendere le battaglie a nostro favore, dato che conosco il futuro, e ho fatto anche altre cose tipo far ricrescere la foresta e curare i feriti in infermeria- spiegò con un solo fiato, così velocemente che avrebbe potuto considerare la carriera di rapper, o di doppiatore.

Daryan lo fissava sconvolto.

-Cosa?! Ma che…?!- iniziò a chiedere, cercando di afferrare e comprendere tutto ciò che gli era stato rivelato, ma interrompendosi quando un’enorme fitta alla testa lo fece piegare in due dal dolore.

-Daryan!- Leo si avvicinò per aiutarlo, preoccupato.

Per un attimo considerò di prendere una caramella arcobaleno e imboccarlo per guarirlo, ma si impose di non farlo. 

Quelle dovevano essere usate per le emergenze, e poi si era reso conto che curare qualcuno che non aveva dato il consenso di farsi togliere il dolore e trasferirlo ad un’altra persona non era esattamente la cosa più etica del mondo, anche se era in buona fede.

Purtroppo, prima che Daryan riuscisse a riprendersi, e prima che Leo potesse provare a convincerlo a uscire dalla stanza, l’allarme suonò.

…e Leo non era pronto.

Leo non era affatto pronto.

Era distratto, spaventato, agitato e preoccupato per Daryan.

E aveva ancora i guanti, che agivano come scudo per i suoi poteri, che partivano dalla mano sinistra.

Leo si girò verso la finestra, provò a togliere il guanto, ma ci mise fin troppo tempo, forse per la fretta, forse per il tremore che gli scuoteva tutto il corpo.

Daryan era ancora dolorante, e provò ad afferrarlo di nuovo, forse per fermarlo perché non si fidava di lui, forse perché voleva uscire dalla stanza e trascinarlo con se per proteggerlo.

Leo non lo poteva intuire, perché Daryan non riuscì mai a compiere la sua azione.

Perché non riuscendo a togliersi il guanto, e sentendo il rumore di centinaia di frecce che venivano scoccate e che rischiavano di colpire l’amore della sua vita, che evidentemente era andato fuori copione ed era giunto da solo in ufficio e senza la compagnia di Chevel, Leo agì di puro istinto.

Si buttò contro Daryan e lo gettò a terra, proteggendolo con il proprio corpo dall’ormai inevitabile attacco.

E infatti, pochi istanti dopo, sentì il corpo venire trafitto in decine di punti diversi da un numero indefinito ma sicuramente letale di frecce, e ogni colpo fu una dolorosissima pugnalata.

Vide i dintorni riempirsi di una familiare luce violetta, ma servì solo a fargli notare lo sguardo di Daryan, sotto di lui, che lo fissava come se lo vedesse per la prima volta, gli occhi spalancati, l’espressione sofferente, e la bocca semiaperta, come se volesse dire qualcosa ma non riuscisse a trovare le parole.

Leo doveva proteggerlo!

Il suo gracile corpo non sarebbe bastato, e non aveva neanche vite infinite. Non aveva idea di quante ne avesse consumate per quel singolo attacco, e per quanto ne sapeva poteva averle perse tutte.

Nonostante la mano guantata, il suo potere agì di istinto, e il profondo desiderio di protezione di Leo fu abbastanza forte da creare un’enorme cupola di ghiaccio eterno intorno a loro, dove le successive frecce trovarono un muro impenetrabile.

Il tutto durò pochi secondi, che però erano sembrati un’eternità.

Leo si sentiva ghiacciato, e allo stesso tempo bollente.

Stanco, ma allo stesso tempo pieno di adrenalina.

Rassicurato, ma ancora terrorizzato.

Si sollevò dal principe, cercando di mettersi seduto, ma le braccia a malapena lo reggevano, e finì per crollare nuovamente su di lui.

Sentì un gemito.

E un forte odore di sangue.

Leo racimolò tutte le proprie forze restanti per sollevarsi davvero, e osservare il principe Daryan.

Avrebbe voluto chiedergli se stesse bene, ma non aveva voce.

E quella poca che avrebbe potuto tirare fuori si perse quando notò le condizioni di Daryan.

Il principe aveva ancora gli occhi sbarrati, ma iniziavano a farsi vitrei.

Emetteva dei gemiti strozzati, la bocca piena di sangue, e sembrava cercare di sollevare le braccia, senza il minimo successo.

Anche perché aveva una freccia piantata all’altezza della spalla, a pochi centimetri dal cuore, dalla quale usciva un fiotto di sangue.

Da quel momento in poi, Leo agì così meccanicamente che se fosse sopravvissuto per raccontare il fatto, probabilmente non ci sarebbe riuscito, perché era come se a viverlo non fosse lui.

Sentiva solo il battito del suo cuore, veloce come quello di un colibrì, che gli risuonava nelle orecchie, l’odore del sangue, e la necessità di salvare la vita di Daryan, a qualunque costo.

Lo sguardo di Daryan si faceva sempre più assente, aveva pochi secondi, ma li avrebbe fatti contare al massimo.

Prese una caramella arcobaleno, che teneva sempre nella tasca del grembiule per ogni evenienza, la mise in bocca e iniziò a masticarla, dato che Daryan sicuramente non ci sarebbe riuscito, in quelle condizioni.

Poi prese l’estremità della freccia, e la tirò fuori, perché se fosse rimasta dentro la ferita si sarebbe potuta richiudere con essa dentro, portando a future complicazioni.

Poi, senza lasciar passare neanche un istante, si piegò su Daryan e lo baciò, per trasferirgli la caramella masticata e forzarlo a mangiarla. In realtà più che un bacio, si poteva quasi definire come un impacciato tentativo di fare una respirazione bocca a bocca, per certi versi.

Forse disgustoso, probabilmente rischioso, sicuramente poco etico, ma Leo non aveva alternative.

O almeno non gli vennero in mente.

Sentì come se il bacio gli stesse risucchiando la forza vitale, seguito da un acutissimo dolore allo sterno.

Poi sentì un braccio circondarlo, e una mano accarezzargli il viso.

Non ebbe neanche il tempo di staccarsi da Daryan, che le forze lo abbandonarono completamente.

Gli sembrò quasi di vedere, per un attimo, un lampo di luce viola, ma forse era stata solo la sua immaginazione.

Perché immediatamente dopo ci fu solo il nero più profondo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Posso dire che questa è una delle prime scene che ho pensato per il sequel.

La scena finale dell’attacco e Leo che salva Daryan ha ricevuto molte modifiche da quando ho progettato la storia, ma il cuore è sempre lo stesso, e… wow… è stata intensa.

Così intensa che spero perdonerete il fatto che è un capitolo più breve del solito, ma devo ammettere che non avevo molte idee per la parte di mezzo.

E sappiate che ho già scritto dieci pagine del prossimo capitolo.

E una pagina di quello successivo…

Si vede che stiamo arrivando a una parte di storia che non vedo l’ora di scrivere :3

Comunque Daryan ha beccato Leo, e sembra che la sua mente stia giungendo finalmente alla verità, se non l’ha già raggiunta.

Payas purtroppo c’è stato poco, e siamo tutti tristi che se ne sia andato così presto… tranne Daryan, lui non vedeva l’ora, lol.

Ma tornerà, tornerà. Devono ancora incontrarsi ufficialmente, lui e Leo.

E a proposito di Payas… perché ha fissato Clay con quello sguardo cattivo? Che ci sia un fatto futuro che non gli piace riguardante il bambino? Mmmmmm.

Per il resto, spero che il capitolo sebbene breve e arrivato dopo tanto tempo, vi sia piaciuto. Il prossimo non dovrebbe tardare ad arrivare, e so che lo dico sempre, ma questa volta sono seria perché appunto ho già scritto metà del capitolo, praticamente.

Vi do un grandissimo bacione, e alla prossima :-*

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Potrei anche abituarmi alla calma… ma non credo ne avrò il tempo ***


Potrei anche abituarmi alla calma… ma non credo ne avrò il tempo

 

Leo doveva ammettere che non si aspettava del tutto di svegliarsi, ma fu felice di farlo, dopo un numero imprecisato di ore passate in un sonno così profondo che era sembrato un enorme oblio.

Si sentiva come se non fosse passato che un minuto, e allo stesso tempo come se fosse rimasto fuori gioco per giorni interi.

E si sentiva un misto tra completamente intontito, e leggero come una piuma.

Era ancora ad occhi chiusi, e non riusciva a muoversi, come in uno stato di limbo tra il sonno e la veglia, ma i suoi sensi iniziavano ad avviarsi, e ciò che gli arrivava non era malvagio.

Un buon odore di pulito.

Un vago sapore di medicine in bocca, tipo menta.

Un silenzio confortante e pacifico, rotto solo da un respiro leggero e calmo alla sua destra, e il lieve cinguettio degli uccelli fuori dalla finestra.

Alcuni raggi del sole che avevano attraversato appena la membrana sottile dei suoi occhi.

Ma soprattutto delle calde coperte addosso, un morbido materasso sotto di lui… e una mano sulla sua, che la stringeva appena, e che accarezzava con estrema dolcezza e delicatezza.

Leo si ritrovò a stringere inconsciamente la mano sconosciuta che però era estremamente familiare, e si girò lentamente verso la direzione dalla quale veniva il respiro, aprendo molto lentamente gli occhi, e sorprendendosi nel trovare accanto a sé la figura del principe Daryan, che lo guardava sorpreso e preoccupato.

Leo accennò un sorriso sognante.

Quella sì che era una bella immagine con cui svegliarsi.

Quasi celestiale.

Forse Leo era morto e quello era un angelo.

-Principe Daryan…- sussurrò, o almeno provò a sussurrare, ma la sua voce era roca, e gli uscì un borbottio intellegibile.

-Leonardo… sei… sveglio- anche Daryan sembrava senza fiato, e lo fissava come in una trance, come se non riuscisse del tutto a credere ai suoi occhi, in quel momento.

Fu comunque il primo a riprendersi, distogliendo in fretta lo sguardo, e ritirando la mano.

Leo sentì immensamente freddo, senza poterla più stringere.

E finalmente anche lui si rese conto di quanto era successo.

L’attacco, la scoperta, le frecce, e il salvataggio.

Oh dei! 

Aveva combinato un casino!

Provò a mettersi a sedere, ma non riuscì a muoversi, e comunque il principe Daryan sembrò intuire la sua intenzione perché si affrettò a tenerlo sdraiato.

-Fermo, devi… devi riposarti- provò a suggerire, in tono incerto -…vado a chiamare il dottore- si alzò poi, adocchiando la porta come se non vedesse l’ora di correre via.

-Aspetti! Principe Daryan! Sta bene?! Mi dispiace averla…- Leo arrossì al pensiero di quel bacio salvavita -…ho agito d’impulso e volevo solo salvarle la vita- si spiegò, imbarazzato e agitato.

Beh, era in un letto e non in prigione, ed era stato chiaramente trattato bene da quando era svenuto, viste le sue condizioni piacevoli, ma non era comunque sicuro che sarebbe stato così ancora a lungo.

Daryan poteva trattarlo bene per dovere dato che Leo gli aveva salvato la vita, ma una volta ripagato il debito, era possibile che lo rinchiudesse in prigione e buttasse la chiave perché non poteva fidarsi di lui.

…okay, era improbabile, perché Daryan non era un principe crudele.

Ma Leo aveva comunque paura che succedesse il peggio, perché le cose andavano sempre storte, per lui.

E anche quando andavano bene, non era mai nel modo in cui voleva.

Insomma… aveva paura.

Soprattutto perché Daryan gli stava dando le spalle, e aveva la schiena rigida come un blocco di marmo.

Dopo parecchi secondi di silenzio, sospirò, e si girò, con sguardo basso.

-Lo so, Leonardo. Va tutto bene. Ora riposati- lo incoraggiò, in tono gentile ma incerto, prima di dargli nuovamente le spalle e fare qualche altro passo verso la porta.

-Aspetti! Quindi mi crede? Crede che sono dalla sua parte?- indagò Leo, speranzoso, torturandosi le mani e sollevando appena la testa.

Daryan esitò qualche altro secondo.

-Leonardo, non credo che questo sia il momento migliore per parlare di questo, devi riposarti- rispose poi, diplomatico, senza però confermare né smentire.

Sembrava davvero in estrema difficoltà e desideroso solo di scappare, ma Leo aveva troppe domande da fare.

-Quanto tempo è passato dall’attacco? Tra tre giorni ce ne sarà un altro, dobbiamo contrastarlo e…- provò nuovamente a mettersi seduto, e questa volta ci riuscì abbastanza tranquillamente, anche se gli girò appena la testa.

-Leonardo, maledizione! Hai perso due, forse tre vite! Per favore, puoi per una volta riposarti e non buttarti subito nel pericolo?! Ti prego!- sbottò Daryan, girandosi di scatto verso di Leo, e ammutolendolo completamente.

Gli occhi del principe erano pieni di lacrime, la sua espressione esprimeva pura sofferenza, e la sua voce era spezzata.

Leo non credeva di averlo mai visto così.

Daryan era sempre stato una roccia. Calmo, pratico, incoraggiante.

Ogni volta che Leo era crollato, Daryan era stato lì a rimetterlo in pezzi, con la sua solita flemma inattaccabile.

E adesso… adesso stava cercando in tutti i modi di trattenere i singhiozzi.

Doveva essere successo qualcosa di oltremodo orribile.

-Si è fatto male qualcuno? Opal sta bene, vero? Il re e la regina?Chevel? Persian? Dotty!!- Leo iniziò ad agitarsi, e provò ad alzarsi, anche se le sue gambe non volevano ancora collaborare.

Daryan gli si avvicinò, per costringerlo a stare a letto.

-Stanno tutti bene! Sei tu che non stai bene! Quando capirai che mi preoccupo per…- Daryan si interruppe, si morse il labbro, e si zittì, stringendo i denti, distogliendo nuovamente lo sguardo, e cercando di asciugare le lacrime.

Leo era sollevato che nessuno si fosse fatto male, ma continuava a non capire la reazione di Daryan.

Si comportava in modo davvero strano, come se… come se…

Ma non poteva essere, giusto?

Leo non ribatté, e si controllò lo stomaco, dove la benedizione di Jahlee lo informava del numero delle vite che gli restavano… sempre che gliene restasse qualcuna.

Con sua enorme sorpresa, si rese conto che aveva effettivamente perso solo due vite. Probabilmente la benedizione aveva agito una sola volta per tutte le frecce, considerandole come una cosa sola, e poi gli aveva salvato la vita dalla ferita mortale sulla spalla assimilata curando Daryan.

Era una buona cosa che le benedizioni fossero compatibili tra loro.

Erano meglio delle espansioni di The Sims 4.

-Ho perso solo due vite- borbottò Leo, tracciando appena il “tre” stampato attorno al suo ombelico, circondato da un diamante -…perché pensava che ne avessi perse due o tre?- chiese poi, in un sussurro, sollevando lo sguardo verso il principe, che ai piedi del letto lo osservava con espressione afflitta.

Daryan non incrociò il suo sguardo.

-Devo chiamare il medico e chiedergli di fare degli accertamenti. Tu riposati, hai bisogno di…- provò a ripetere, ma Leo era troppo agitato per riposarsi. Aveva bisogno di parlare, di comprendere, di mettere ordine nella sua testa e capire come procedere adesso che il suo segreto era allo scoperto.

-Non ho bisogno di riposo. Ho bisogno di risposte. La prego, principe Daryan, possiamo parlare di quanto accaduto?- chiese, sapendo di essere forse troppo audace, ma aveva sinceramente bisogno di parlare. 

-Non puoi aspettare almeno di stare un po’ meglio, prima?- Daryan cercò di tirarsi indietro, ma non sembrava del tutto convinto.

-Non credo che riuscirei a riposare senza sapere quello che pensa di me, principe Daryan- ammise Leo, portandosi una mano tra i capelli e notando che non aveva più la parrucca.

In effetti ogni dettaglio che l’aveva camuffato come Leah se n’era andato: parrucca, occhiali e busto sotto i vestiti. 

Al momento indossava una camicia larga e dei pantaloni comodi.

-Perché è così importante ciò che penso di te, Leonardo?- Daryan scosse la testa, senza capire cosa volesse Leo da lui, probabilmente.

-Penso che sappia perché è importante- sussurrò Leo, sentendo le lacrime risalire agli occhi, e distogliendo a sua volta lo sguardo da Daryan. Non era certo un mistero che fosse invaghito di Daryan, e anche se l’affetto non era reciproco, non significava che i sentimenti di Leo potessero cambiare così in fretta. Persino Daryan se ne doveva rendere conto.

Non rispose, ma si avvicinò, e si sedette ai pedi del letto.

-Sono passate circa diciannove ore da quando c’è stato l’attacco. Ci hanno trovato in una cupola di ghiaccio eterno a fine attacco, hanno rotto con attenzione la superficie, e ti abbiamo portato immediatamente in infermeria. Rayce ti ha somministrato degli integratori, e varie medicine per curare le ferite, l’ipotermia che ti stava assalendo, e… malnutrizione. Poi ti abbiamo messo qui per farti riprendere. Ho avvertito le cuoche della tua condizione, suppongo che almeno una di loro sappia come avvertire Gideon e il resto dei tuoi… fratelli. Ma non ho permesso a nessuno oltre a Rayce e Fenja di vederti, per sicurezza. Preferivo prima che tu… ecco… volevo parlarne prima- spiegò Daryan, pratico.

-Non sembrava volesse parlare molto- borbottò Leo. Era stato un parto frenarlo dallo scappare dalla stanza.

Daryan non obiettò, se ne rendeva conto anche lui.

Rimasero in silenzio qualche secondo, cercando qualcosa da dire e chiedendosi da dove cominciare.

Leo aveva tante spiegazioni da dare, e scuse da elargire, e se doveva essere onesto, neanche lui aveva molta voglia di parlare, al momento.

Ma non voleva neanche che Daryan se ne andasse.

-Quindi… crede alla mia storia? Crede che sto solo cercando di aiutare?- chiese nuovamente, in un sussurro, temendo la risposta che Daryan si era rifiutato di dare, prima.

Si aspettava qualcosa del tipo “Non posso fidarmi di te dopo quello che hai fatto, ma sono aperto ad ascoltare ciò che hai da dirmi perché mi hai salvato” o qualcosa del genere.

Scettico ma aperto.

E quella era la speranza migliore.

La peggiore era qualcosa del tipo “Ma scherzi?! Ovvio che sei pazzo! Ma ti tengo buono perché mi hai salvato e forse potresti essere utile. Ma no mi fido, non mi fiderò mai, e appena ti rimetterai ti sbatterò in prigione!”

Daryan ci mise parecchi secondi a rispondere, non sembrava riuscire a trovare le parole, o forse ciò che stava per dire gli costava davvero molto

-Vorrei che me lo avessi detto prima. Vorrei così tanto che ti fossi fidato di me fin da subito, senza mettere su un’altra sceneggiata. Ma… ciò che più mi ferisce è che… vorrei poterti dire che ti avrei immediatamente creduto, in tal caso, ma non posso. E…- Daryan si prese la testa tra le mani, ma non sembrava provare dolore, solo vergogna -…come ho potuto dimenticare… come puoi perdonarmi così facilmente, tenere così tanto a me, e rischiare la vita per salvarmi dopo tutto quello che ti ho fatto?- chiese, incredulo, spostando le mani abbastanza da lanciare a Leo un’occhiata carica di rimpianto.

Leo piegò la testa, confuso, e gli si avvicinò appena, osando mettergli una mano sulla spalla.

-Principe Daryan, lei non ha fatto niente di male…- provò a suggerire, incoraggiante.

-Ti ho lasciato andare, ti ho dimenticato, ti ho allontanato, ti ho reso impossibile fidarti di me con il mio atteggiamento scostante, per colpa mia hai usato la tua benedizione fino ad ucciderti…- iniziò ad elencare Daryan.

Leo si rese conto che probabilmente aveva intuito come funzionasse la benedizione di Flora.

Beh, una cosa in meno da spiegargli.

Poteva concentrarsi su altro.

-È stata una mia scelta, e probabilmente avrei dovuto parlarle e non agire come ho agito, però… lei non si ricorda, ma quando sono venuto qui l’ultima volta, lei mi ha donato dei momenti meravigliosi. È stato incoraggiante, gentile, mi ha salvato la vita, e…- Leo lo informò delle sue buone azioni, ma Daryan lo interruppe, lanciandogli uno sguardo incredulo.

-Quando mai?! Quando per colpa mia sei stato avvelenato! Quando ti ho permesso di andare da solo in un covo di ribelli! Quando mi hai detto di non essere parte della Storia e io per tutta risposta ti ho lasciato andare e non ti ho neanche salutato quando sei partito per sette mesi interminabili! Cosa ho mai fatto di buono per te? Da quando sono nella tua vita non ti è successo altro che sofferenza- si lamentò Daryan, coprendosi nuovamente il volto tra le mani e iniziando a singhiozzare.

Il cuore di Leo sprofondò nel petto, e si sentì gelare il sangue nelle vene.

Daryan sapeva… sapeva ciò che era successo la prima volta che Leo era stato lì.

Ma come?! 

Noella gli aveva detto che era oltremodo impossibile che Daryan riacquistasse la memoria. Gli dei avevano fatto un grosso lavoro con lui, dato che era un “protagonista”.

Forse qualcuno glielo aveva detto? Ma chi? Nessuno conosceva questi dettagli, neanche Alex, unica altra persona a ricordarsi di Leo in quella corte, oltre ai semidei.

Yu non poteva essere entrata, perché se l’avesse fatto, Leo sarebbe già a casa in quel momento.

Ed era impossibile che Daryan avesse parlato con gli dei, che potevano essere evocati solo da Leo, dai loro figli, o durante la luna piena.

Quindi… forse era possibile che Daryan, veramente…

-Ti… ti ricordi?- sussurrò Leo, senza riuscire a credere che potesse essere vero.

-Era come se qualcosa dentro di me stesse cercando di uscire da tempo, e quando ti ho sentito morirmi tra le braccia, dopo che mi hai detto chi eri, che mi hai salvato la vita, e dopo che mi hai… baciato… finalmente ciò che era seppellito e nascosto dentro di me, che mi provocava quei lancinanti dolori alla testa, che mi impediva di segnare nella mia mente il tuo aspetto, la tua voce e tutto il resto… finalmente è uscito, e ho ricordato come colpito da un fulmine. Mi vergogno così tanto, Leonardo. Non riesco a credere di essermi dimenticato di te- spiegò Daryan, guardando Leo come se volesse fargli una scansione e conservarlo per sempre nella sua memoria.

-Ti sei ricordato di me? Oh, Daryan, sono così felice!- Leo non aveva tempo per la vergogna e il senso di colpa del principe, perché la notizia che gli aveva dato era troppo bella.

Gli gettò le braccia al collo e lo strinse forte, dimenticandosi per un attimo come si fossero lasciati male, ma pensando solo che l’uomo che amava si era finalmente, e miracolosamente ricordato di lui.

Daryan sembrò irrigidirsi al suo abbraccio, sorpreso, e sentendo la sua immobilità, Leo si ricordò finalmente il modo in cui si erano lasciati.

Ovvero, come Daryan aveva già anticipato, con Leo che gli confessava che aveva il futuro letteralmente scritto e gioioso, e Daryan che non lo salutava alla partenza da Jediah.

Insomma… non il modo più romantico.

Leo aveva sperato che con l’amnesia, lui e Daryan avrebbero potuto ricominciare.

Ma ora che il principe aveva ricordato tutto, era ancora più improbabile che fosse innamorato di Leo.

Si staccò di scatto, arrossendo e mettendo la massima distanza tra lui e Daryan.

-Mi scusi! Ero solo troppo… insomma… sono felice che si sia ricordato di me, tutto qui. So che non cambia le cose tra noi- abbassò la testa, imbarazzato ma mettendo in chiaro che fosse dalla sua parte.

Daryan, che era stato in procinto di ricambiare l’abbraccio e si era ritrovato a bocca asciutta, lo guardò un po’ confuso.

-In che senso?- chiese a bassa voce.

-Beh… è ancora innamorato di Dotty, no?- suppose Leo, sperando di non risultare troppo geloso, né giudicante.

Insomma, era vero che Dotty stava con Alex ed erano diabetiche, ma Leo era innamorato di un uomo innamorato di un’altra persona, quindi non poteva giudicare Daryan per fare altrettanto.

All’amor non si comanda.

Daryan lo guardò come se Leo avesse appena iniziato a parlare in tedesco.

-Chi?- chiese, piegando la testa.

Okay, questo era strano.

Che Daryan avesse dimenticato chi fosse Dotty come sacrificio per essersi ricordato di Leo?

Sembrava un po’ inverosimile, ma chissà come lavoravano le faccende degli dei.

-Dotty, la cuoca molto bella che le portava sempre il pranzo prima che venissi io. Capelli castani ricci, corti, occhiali… non è innamorato di lei?- Leo l’aveva dato per scontato.

Insomma, Daryan gli aveva detto di essere già innamorato di qualcuno, secondo la Storia lui e Dotty erano anime gemelle, ergo doveva per forza essersi innamorato di Dotty, no?

-Sì… giusto… so chi è Dotty, ma… innamorato di lei? No! Assolutamente no! Io… un momento, è lei la mia futura moglie?- chiese Daryan, sorpreso.

Leo era decisamente confuso, adesso, e si sentiva anche un po’ in imbarazzo.

Insomma, doveva essere un’informazione riservata, e ora rischiava di essersi scavato maggiormente la fossa.

Magari Daryan, per restare sul binario programmato, avrebbe cercato di separare Alex e Dotty.

…non era affatto da Daryan, ma come sapete Leo teme sempre il peggio.

-In teoria…- borbottò, molto tra sé -…ma se non è innamorato di Dotty, allora di chi è innamorato?- chiese poi, confuso.

Daryan aprì la bocca per rispondere, ma Leo gliela tappò.

-No, anzi, non me lo dica, meglio che non lo so, e poi non sono fatti miei- cambiò subito idea.

Poteva accettare che Daryan si innamorasse della sua anima gemella prescelta, ma che scegliesse una persona non indicata dalla Storia quando per Leo non aveva fatto quel sacrificio… faceva male.

Non poteva biasimarlo, ma faceva comunque male.

Daryan gli tolse le mani da davanti alla bocca, con delicatezza, e poi accennò un sorriso.

-Mi imbarazza un po’ ammetterlo, ma sei tu, Leonardo- sussurrò, dando poi un bacio sul dorso della mano di Leo, che dopo essere rimasto congelato, era convinto che fosse sul punto di sciogliersi.

-C_Che?- chiese, in tono così acuto che probabilmente aveva raggiunto una frequenza che solo i cani potevano udire.

Daryan evidentemente era un lupo mannaro in incognito.

-So che non scusa il mio comportamento orribile quando mi hai confessato di non essere parte della Storia, ma il giorno in cui sei partito, io sono corso al tempio per cercare di parlarti, anche se era ormai troppo tardi. Volevo dirti che non mi importava della Storia, mi importava solo di te, e… avrei voluto capirlo prima, ma ero spaventato dall’ignoto. Però non mi interessa più. Non voglio vivere la vita come mi viene indicata da altri, voglio avere la possibilità di sceglierti… sempre che anche tu mi voglia. Comunque, ti ho mancato, ed è uno dei miei più grandi rimpianti. Ho promesso a me stesso che ti avrei aspettato, e…- Daryan esitò appena, abbassando la testa.

Leo gli si avvicinò maggiormente, incoraggiandolo a continuare.

Pendeva dalle sue labbra, e aveva le lacrime agli occhi.

Per tutti questi mesi credeva che Daryan avrebbe scelto la Storia.

E invece… voleva scegliere lui.

Nonostante l’universo remasse contro di loro, Daryan voleva aspettarlo, aspettare Leo.

Gli sembrava così impossibile.

-…mi sono dimenticato di te, così come tutti, a quanto pare, ma non ho smesso di aspettarti. Non sapevo chi fossi, non sapevo se eri un uomo o una donna, non sapevo neanche se esistessi davvero, ma sapevo che il mio cuore ti apparteneva, e speravo che se un giorno ti avessi incontrato, ti avrei riconosciuto- spiegò Daryan.

Leo si portò le mani alla bocca, incredulo.

Nonostante l’amnesia, Daryan si era comunque aggrappato a lui.

Era una delle cose più romantiche che avesse mai sentito.

Non mi sto complimentando da sola, stiamo parlando della percezione di Leo, okay?

-E poi sei arrivato a palazzo, e io… non ti ho riconosciuto. Ma dal momento in cui hai messo piede nel mio ufficio, io sentivo che… che c’era qualcosa di diverso, in te. Non riuscivo a capire cosa, e ogni volta che mi sembrava di arrivare alla soluzione, mi veniva estratta dalla mente. Ogni volta che pensavo a te mi veniva mal di testa, e non mi sembrava di riuscire a ricordare niente di te. A malapena riuscivo a pronunciare il tuo nome perché mi sembrava troppo sbagliato. Eppure… ero attratto da te come una calamita. E quando ci siamo ritrovati da soli sul balcone, e mi hai dato quel biscotto, io… io mi sono ricordato qualcosa. Per un istante. Non abbastanza da collegare, purtroppo. E…- la voce di Daryan si perse nel nulla.

-…mi hai allontanato perché non volevi tradire il sentimento che provavi per… me?- concluse Leo, con il cuore che batteva fortissimo, e centinaia, anzi, migliaia di farfalle che si rincorrevano nel suo stomaco nella più violenta e veloce partita di acchiapparello della storia.

Daryan annuì.

-Sciocco, vero? Mi sono innamorato di te ben due volte, senza sapere che eravate tutti e due la stessa persona. E sono riuscito anche a ferirti in entrambe le vesti- sospirò, sentendosi la persona più orribile dell’universo.

Il puzzle nella mente di Leo si stava facendo sempre più chiaro, ed era un’immagina meravigliosa.

-Ferirmi? Daryan, non sono mai stato così felice- affermò Leo, a cui sembrava tutto troppo bello per essere vero.

-Perché? Io so perché ti amo, Leonardo. Sei la persona più straordinaria dell’universo. Ma tu… perché tu continui a venirmi appresso? Non ti puoi fidare di me neanche per una guerra a cui dovrei pensare io- Daryan però continuò ad abbattersi per come le cose erano andate fino a quel momento.

-Ho sbagliato a non fidarmi, ma avevo paura… e poi gli dei mi avevano sconsigliato di parlartene. Mi avevano assicurato che non mi avresti mai ricordato, e temevo che, visto che Julina aveva la mia stessa backstory, non ti saresti mai fidato di me, ma mi sbagliavo. Ti sei ricordato, anche quando nessuno l’avrebbe creduto possibile. E come la prima volta, mi hai incoraggiato, aiutato e protetto per tutta la mia permanenza qui, anche se non ti ricordavi di me, all’inizio. Come posso non amare una persona così premurosa?!- Leo prese una mano di Daryan e la strinse con forza.

-Tu… dopo tutto questo tempo, mi ami ancora?- chiese Daryan, avvicinandosi incredulo e speranzoso, ancora con le lacrime agli occhi.

-Duh?- Leo roteò gli occhi, come se fosse la cosa più ovvia del mondo, e portò la mano di Daryan al suo viso, per averla vicina.

Daryan fece uscire un risolino.

-Mi sei mancato così tanto, Leonardo- sussurrò, come se non riuscisse a credere che Leo fosse davvero lì davanti a lui.

-No, no, a questo punto dovresti rispondere “Ti amo anche io, Leonardo mio bello, salvatore del mondo”- lo corresse Leo, ridacchiando e stringendo sempre più forte il braccio di Daryan, che era diventato di sua proprietà.

Si sentiva leggero come una piuma e felice come una pasqua.

Tutti i suoi timori, le sue paure, le sue ansie, erano in un angolo, per niente importanti, al momento.

Daryan lo amava, ricordava tutto, e da quel momento in poi avrebbero continuato quella folle avventura insieme. 

Con Daryan accanto non c’era assolutamente nulla che potesse andare storto!

…Leo, sta attento a ciò che pensi, per sicurezza.

Sai bene che porti sfiga!

Comunque l’ottimismo era ben riposto, perché Daryan era competente.

Il principe ridacchiò più forte, provando emozioni molto simili a quelle di Leo.

-Ti va bene un “Ti amo più di ogni altra cosa al mondo, mio angelo”?- ribatté, avvicinandosi fino a trovarsi a pochi centimetri dalla bocca di Leo, che arrossì vistosamente, e sentì il cuore aumentare i suoi battiti… se fosse possibile dato che già batteva furiosamente.

-Me lo farò andare bene- borbottò, in un sussurro, chiudendo gli occhi, e increspando le labbra.

Questa volta Daryan non si fece aspettare. 

Prese con dolcezza il volto di Leo tra le sue mani, e lo baciò teneramente ma anche con passione, riversando tutto ciò che provava per lui e che aveva atteso di esprimere per otto mesi, mentre inseguiva il suo ricordo affievolito e sotto chiave nella sua mente.

Fu come respirare per la prima volta dopo essere stati sott’acqua troppo a lungo.

Per la prima volta da quando Leo era tornato, si sentiva davvero in pace, al sicuro, e felice.

C’erano numerose conversazioni da fare, spiegazioni da dare, e piani da mettere in pratica, ma in quel momento non importava.

Erano due ragazzi che si amavano, che si erano finalmente ritrovati dopo tanto tempo, e che non avevano la minima intenzione di lasciarsi nuovamente andare.

Purtroppo la vita, a volte, ha altri progetti…

 

Leo credeva che ora che Daryan si era ricordato tutto, le cose sarebbero andate lisce come l’olio.

Ma non aveva messo in conto che sebbene Daryan ora ricordasse, tutti gli altri continuavano ad essere affetti da amnesia.

E considerando che Leo aveva mentito per un mese fingendosi un’altra persona, aveva i capelli rossi, benedizioni divine da due dee di luoghi che supportavano Valkrest in quella guerra, e Valkrest era anche famosa per le manipolazioni mentali, era opinione comune che Leo avesse fatto un qualche malocchio al principe per convincerlo di ricordarsi qualcosa che in realtà non era mai avvenuto, e non si fidavano per niente di Leo.

Per fortuna l’influenza di Daryan era abbastanza da prendere le decisioni finali in quella guerra, ma Leo iniziava a temere che ci sarebbe presto stato un ammutinamento, perché ogni volta che andava da qualche parte, tutti lo fissavano con un odio che non si sarebbe mai aspettato.

O meglio, se lo aspettava dai cavalieri, soprattutto da Chevel, perché il braccio destro di Daryan aveva sempre avuto una certa ostilità per la sua versione maschile.

E lo poteva comprendere da parte del re e della regina, che sebbene avessero deciso di supportare il figlio e considerassero le informazioni molto valide, non sembravano del tutto convinti della situazione, ed era comprensibile, dato che in quanto sovrani dovevano essere attenti.

Ma non si aspettava minimamente di ricevere occhiatacce sospette dalle cuoche, da Persian, e, soprattutto, da Opal.

La principessa era forse la persona, in quel palazzo, che sembrava più furiosa con Leo da quando Daryan aveva annunciato alla famiglia e a pochi altri della sua vera identità.

Oh, sì, ovviamente poi le voci erano girate perché in quel palazzo i segreti erano molto rari, e ora Leo aveva anche smesso di indossare i suoi vestiti da donna, ma quello era un altro discorso.

Opal non lo guardava negli occhi, era sempre imbronciata, e a malapena gli parlava, e solo per chiedergli se poteva passargli qualcosa.

Erano passati solo due giorni, ma era un cambiamento di comportamento davvero radicale.

E anche in quel momento, all’ora del tè, il giorno prima di un nuovo attacco che però Daryan avrebbe sventato grazie alle informazioni di Leo senza nessun problema, dimostrando anche al resto dei cavalieri che di lui ci si poteva fidare, Leo era sul balcone della camera della principessa al suo servizio dopo averle portato il tè e parecchi dolci.

Da quando era arrivata la delegazione di Katrang avevano più cibo, e Leo poteva sperimentare un po’ di più.

Ma Opal non aveva quasi toccato nulla, e a malapena bevuto il tè.

Fissava l’orizzonte molto pensierosa.

-Sa, principessa, oggi ho fatto le crepes. Sono il primo piatto che io le abbia mai cucinato, erano le sue preferite e Daryan mi ha dato il permesso di prepararle, con un po’ di frutta e panna- illustrò Leo, che da quando poteva parlare non si stava più censurando e cercava sempre di rivelare informazioni sul passato nella speranza che anche le altre persone ricordassero tutto.

Se c’era riuscito Daryan, che era la persona più improbabile, potevano riuscirci anche altri, giusto?

Soprattutto Opal, con la quale Leo aveva stretto il legame più forte, a palazzo.

-Hmpf- sbuffò la principessa, scansando il piatto.

-Se non le vanno le crepes può sempre assaggiare i muffin. Le piacevano meno delle crepes ed erano i preferiti di Sir Lavoie, ma li avevo fatti durante la prima ora del tè il mio primo giorno di lavoro, sul balcone della biblioteca- Leo raccontò un altro aneddoto, cercando di fare conversazione.

-Mmmmm…- borbottò Opal, sempre senza guardarlo.

-Il tè rischia di raffreddarsi, vuole che glielo riscaldo?- si propose Leo, indicando la tazza.

-Tu mi hai dato la palla di vetro con la neve, vero?- chiese all’improvviso Opal, in un sussurro.

Leo sobbalzò. Non si aspettava minimamente che Opal tirasse fuori quell’argomento.

-Sì- ammise.

-Quando?- indagò Opal, lanciandogli una breve occhiata sospettosa.

-Il giorno del suo diciassettesimo compleanno. Ho organizzato il banchetto, le ho regalato la palla di vetro con la neve, e abbiamo ballato fuori dal balcone. Io ero terribile, ma poi ci siamo divertiti ballando un po’ come nel mio mondo, senza grandi regole- Leo si commosse a pensare a quel momento, era stato uno dei più felici della sua prima esperienza nei sette regni.

-Se tutta questa storia è una menzogna, è davvero ben congegnata- borbottò Opal, tornando a fissare l’orizzonte.

Leo sospirò.

-Lo so, è impossibile da credere. Per questo ho agito di nascosto per tutto questo tempo. Non volevo imbrogliare nessuno, ma mi sembrava la scelta migliore. Anche la prima volta avete sospettato che fossi una spia, figuriamoci adesso in tempi di guerra- si rendeva perfettamente conto di quanto fosse sospetto, ma non poteva farci niente. Oltre a raccontare fatti veri avvenuti nel passato che nessuno ricordava, non c’era molto altro che potesse fare per convincere la corte che stesse dicendo la verità.

-Io avevo sospettato di te?- chiese Opal, guardandolo incuriosita.

-Probabilmente, ma non lo ha dato a vedere per niente. Se ho ottenuto un posto, è solo grazie a lei. Penso che i miei dolci valessero il rischio… e poi è brava a capire le persone, principessa Opal- Leo le fece un occhiolino complice.

Aveva da tempo imparato che per quanto sembrasse innocente e a volte ingenua, la principessa era probabilmente la più sveglia, in quel castello.

Opal accennò un sorrisino, ma si rabbuiò quasi immediatamente.

-Lo credevo anche io, eppure eccoti qui- borbottò, distogliendo lo sguardo.

Leo non replicò, ma rimase abbastanza ferito dal comportamento di Opal.

Era sempre stata la sua più grande sostenitrice, e come una sorella minore. Era davvero strano vederla così sospettosa e brontolona.

-Non è che non ti credo, Leah… Leo. In realtà penso che tu dica la verità. Ma preferirei… vorrei tanto che fossi solo una spia mandata da Valkrest per stregare mio fratello e farci perdere la guerra- ammise Opal, con un sospiro.

Leo analizzò con attenzione le sue parole, ma non capì minimamente perché mai potesse preferire una cosa del genere.

-Posso chiedere il motivo?- osò indagare, sperando di non sembrare un idiota totale.

Opal lo guardò qualche secondo prima di rispondere, come se stesse valutando quanto dirgli, se fosse una buona idea parlare, e forse anche giudicandolo per non essere arrivato da solo alla ovvia risposta.

-Beh… se dici la verità significa che hai letto la Storia, e se hai letto la Storia significa che nella Storia questa guerra c’è, e se la guerra è presente nella Storia, significa che gli dei… gli dei ci hanno davvero abbandonato- spiegò il suo ragionamento, con gli occhi pieni di lacrime.

Leo era senza parole. 

Non aveva minimamente considerato quel punto di vista, non essendo parte della Storia e pensando solo ad un modo per cambiarla, ma era vero che per una persona nel mezzo di una pericolosa e terrificante guerra che stava portando numerose vittime, doveva essere terrificante scoprire che gli immortali e onnipotenti dei approvavano tale devastazione e stavano cercando in tutti i modi di portarla a compimento guardandola in modo distaccato e indifferente, come si legge un libro.

Perché un conto era che gli dei non interferissero proprio e lasciassero il libero arbitrio di fare sia del bene che del male.

Un conto era se gli dei desideravano proprio che il male avvenisse.

Era effettivamente terribile.

-Non tutti gli dei vi hanno abbandonato! Jahlee, Noella e Flora sono dalla nostra parte e stanno cercando di concludere la guerra e salvare più persone possibile- Leo cercò di essere ottimista e di credere nei suoi protettori.

-Wow, tre dei su sette non mi vogliono morta. Che sollievo!- Opal alzò gli occhi al cielo, sarcastica e irritata -Soprattutto visto che non stanno facendo niente per impedire che Nivern e Fring continuino a offrire supporto a Valkrest- aggiunse poi, lanciando un’occhiata sdegnosa verso il soffitto, come se stesse cercando di mandare un messaggio alle divinità.

Non aveva tutti i torti, ma Flora e Noella gli avevano spiegato che era davvero complicato per loro cambiare le cose. Erano le divinità protettrici di quei regni, ma non avevano un particolare potere decisionale. Fede e politica erano separate.

-Beh, è più complicato di…- Leo iniziò a giustificarle, ma poi si rese conto della prima frase che Opal aveva detto, e gli si gelò il sangue nelle vene.

-Nessuna divinità la vuole morta!- si affrettò a rassicurarla, chiedendosi dove le fosse venuto in mente che lei sarebbe morta.

Leo l’aveva confidato a Daryan mentre lo metteva al corrente di tutto ciò che sapeva, ma entrambi avevano appurato che non era proprio il caso di rivelarlo a Opal, per non turbarla.

Era già stato difficile per Leo dirlo a Daryan senza scoppiare a piangere, ed era stato un colpo davvero devastante per il principe.

…Leo alla fine era scoppiato a piangere, ma dettagli. Se non ho messo i dettagli di quella conversazione è perché questa storia è già abbastanza drammatica (e poi sarebbe stato noioso risentire l’ennesimo punto della situazione).

Comunque era un’informazione che sapevano solo Daryan e i suoi genitori, e Opal ne era sicuramente all’oscuro, quindi come mai la principessa stava parlando della sua morte.

Notando l’agitazione nella voce di Leo, Opal fece un sorrisetto amaro.

-Grazie per avermi dato conferma… non che servisse, era piuttosto ovvio, comunque- alzò le spalle, e sospirò, abbattuta.

-Perché lo pensa? Non è vero che…- Leo provò a rassicurarla, ma bastò un’occhiata di Opal a farlo desistere.

Eppure doveva essere semplice per lui mentire, perché con Opal era così difficile?!

-Comunque non sentirti in colpa, sono i miei genitori ad essere discreti come una catapulta. Insomma, se un tipo che dice di conoscere la Storia e di volerla cambiare arriva e il giorno dopo i tuoi genitori cercano di trasferirti a Katrang in un posto sicuro per stare più tranquilli… non è che ci sono molte opzioni riguardo al futuro che tutti vogliono cambiare così tanto- Opal spiegò il ragionamento.

-I suoi genitori vogliono mandarla a Katrang? È un’ottima idea! Lì sicuramente sarà al sicuro!- Leo approvava parecchio la prospettiva.

-Certo, come no! C’è la possibilità che un sacco di gente muoia, e la principessa scappa abbandonando il suo popolo in difficoltà! Che comportamento regale!- Opal, al contrario, non approvava minimamente la cosa.

-Il popolo sicuramente la vorrebbe sapere al sicuro- insistette Leo, che doveva ammettere di essere più interessato alla sicurezza di Opal che a quella degli altri.

E poi non è che mettendo al sicuro Opal metteva in pericolo qualcun altro. Era meglio per tutti.

-Il popolo vorrebbe non essere in guerra- la principessa lo guardò storto, come se Leo stesse dicendo qualcosa di completamente assurdo.

-Per questo stiamo cercando di vincerla in fretta, ma, principessa, onestamente, cos’altro può fare?- le fece notare Leo, iniziando a scaldarsi. Perché era così testarda?!

-Posso fare tanto! E dimostrare agli dei che merito di vivere!- sbottò Opal, alzandosi in piedi, e lasciando Leo di stucco, completamente senza parole.

Il cuoco fu colpito da una profonda e spaventosa sensazione di deja-vu. 

Voglio dimostrare che merito di vivere. A te e agli dei!” 

Erano le parole che gli aveva detto Gideon dopo che era quasi morto durante un attacco, e Leo l’aveva salvato per un pelo, scoprendo la sua terza benedizione.

Aveva poi scoperto che sia Gideon che Alex che molte persone la cui vita era stata salvata da Leo avevano degli incubi ricorrenti.

Incubi probabilmente causati da Veer e Omish, il dio della mente protettore di Valkrest, e il dio della morte che voleva certamente reclamare i futuri cittadini del suo aldilà.

Ma… cosa c’entrava Opal?

Opal non doveva ancora morire, mancavano due mesi.

Non poteva essere già stata colpita dalle manipolazioni mentali degli dei.

-Ha avuto qualche incubo, di recente?- indagò Leo in un sussurro, sperando di sbagliarsi.

Opal lo guardò sorpresa, con espressione di chi è stato colto sul fatto.

-Come…?- iniziò a chiedere, sorpresa.

Leo strinse i denti, ma cercò di mantenere la calma, anche se avrebbe tanto voluto poter tirare un pugno sul naso a chiunque stesse perseguitando le persone con quegli incubi.

-Qualsiasi cosa gli incubi ti dicano, qualsiasi voce ti sembra di sentire, e qualsiasi sensazione ti provochino, non ascoltarli! Non devi dimostrare niente agli dei! Devi solo pensare a sopravvivere e stare al sicuro- le parlò un po’ come parlava a Gideon, anche se Opal non era di certo una bambina. Ma, così come Isabella, sarebbe sempre stata una ragazzina, per lui che era il fratello maggiore, anche Opal era come una sorellina piccola, e la trattava di conseguenza, inconsciamente.

-Lo so! Non sono stupida!- si lamentò Opal, incrociando le braccia. 

-Lo so che non lo sei, ma qui si tratta di manipolazione mentale che rischia di portarti a prendere dei rischi. Quindi, ti prego, ti supplico, fai attenzione e non cercare di dimostrare qualcosa!- la supplicò Leo, più preoccupato che cercando di farle un rimprovero, cosa che Opal notò, e la fece diventare meno accigliata.

-Lo so… non sono stupida- ripetè, più dolcemente e in modo rassicurante, dandogli qualche pacca sul braccio.

Leo si portò inconsciamente la mano al ciondolo che teneva sempre al collo.

-Non voglio sembrare condiscendente o irritante, ma non potrei sopportare l’idea di vederla in pericolo, principessa- ammise, con sguardo basso, pensieroso riguardo quei maledetti incubi, e spaventato dalla possibilità che, nonostante tutti i suoi sforzi, il finale negativo sarebbe comunque stato inevitabile.

Gli occhi di Opal si posarono sulla collana che Leo stringeva come se gli desse conforto, e si avvicinò, per prenderla tra le sue mani.

-Questa te l’ho data io- affermò, con sicurezza.

Non era affatto una domanda, ed era palese, ma Leo rispose comunque, annuendo.

-Sì, me l’ha data prima che partissi, per assicurarsi che non mi sarei dimenticato di lei. Non l’ho mai tolta da allora- spiegò Leo, sorridendo tristemente al ricordo.

-E alla fine sono stata io a dimenticarti… ironico- commentò Opal, in tono neutro, rigirandosi la collana tra le mani.

-Avrei dovuto regalarle una collana anche io- osservò Leo, accennando un sorrisino.

-Ho la palla di vetro con la neve, no?- anche Opal sorrise, e lo guardò finalmente in volto, con un certo affetto.

Distolse quasi subito lo sguardo, rabbuiandosi appena.

-Non mi ricordo di te, Leo, ma so che ti volevo bene, come a un fratello. Lo sento dentro, e ti credo. E starò attenta, te lo prometto. Perché quando tu e Daryan vi sposerete devo essere in prima fila e fare il migliore e più imbarazzante discorso della vita!- i suoi occhi tornarono pieni di vita, e guardò Leo con malizia, pronta ad imbarazzare lui e Daryan, e anche a fare gossip al riguardo.

Leo arrossì più dei suoi capelli.

-Mi sembra presto per parlare di matrimonio, magari Daryan cambia idea, alla fine- Leo si massaggiò il collo, a disagio e cercando di non mostrare quanto felice lo rendesse il pensiero di sposare Daryan.

Non era il momento di pensarci, dopotutto, ed era effettivamente troppo presto. 

Non erano neanche in una vera e propria relazione.

-Dopo il dramma che mi avete fatto passare in questi mesi, se non vi sposate la prenderò davvero sul personale- lo minacciò Opal.

L’atmosfera si era ormai completamente rilassata, e Leo non poteva esserne più felice.

-Allora, le crepes le vuole assaggiare o no?- Leo indicò il piatto, che Opal osservò con una certa gola.

-Dammele subito!- cedette infine, e se le divorò famelicamente in pochi bocconi.

Le cose stavano andando troppo bene.

…siamo a poco più di metà storia.

Inizierei a preoccuparmi se fossi in voi.

 

La notte dopo l’attacco, Leo era un po’ in ansia.

Insomma, era stato sventato molto facilmente e senza l’aiuto di Leo in nessun campo.

Anzi, lui era proprio rimasto in un rifugio insieme a Dotty, Gideon e altre cuoche, in attesa di ricevere notizie, che erano arrivate in fretta ed erano state anche positive.

Aveva provato a offrirsi di curare i feriti, ma Daryan l’aveva fermato dicendo che non ce n’era bisogno e poi lui doveva ancora rimettersi.

Aveva provato a imbucarsi ad una riunione tattica perché voleva sapere quali fossero i nuovi piani, ma Chevel l’aveva cacciato in malo modo, e Daryan lo aveva rassicurato che era tutto sotto controllo e non c’era bisogno che si sforzasse in quello, aveva già fatto tanto per loro.

L’unica cosa che gli era stata permessa di fare era cucinare, ma anche lì le cuoche lo avevano fatto uscire presto dalla cucina dicendo che il principe Daryan aveva dato ordine di non farlo sforzare troppo.

Leo si sentiva un po’… limitato.

Sì, sapeva che la situazione era sotto controllo, e che lui doveva ancora riprendersi, ma le ferite peggiori erano state tolte dalla benedizione di Jahlee, e le altre si stavano rimettendo.

Se Leo riusciva a stare in piedi senza crollare a terra dopo due passi, era abbastanza sano da lavorare, curare gente, cucinare e avere un ruolo attivo e suicida in quella guerra.

…avvertite nell’aria l’odore pungente dell’ipocrisia?

Perché se lo sentite, è un po’ il punto della storia, non sono io l’incoerente (lo è Leo).

Ma un conto era dire a Gideon e Opal che non dovevano fare niente se non stare al sicuro, un conto era seguire lo stesso copione e stare al sicuro lui.

Nella sua mente, c’erano dei motivi più che validi che lo spingevano a dare il 110% di sé:

1) Aveva tre divinità che avevano scommesso su di lui, e che non voleva deludere;

2) Aveva comunque ancora tre vite che poteva spendere;

3) Era lui il responsabile del cambiamento che volevano fare.

Insomma, gli sembrava come se quella guerra dovesse necessariamente gravare sulle sue spalle, e se si riposava avrebbe battuto la fiacca, e tutto sarebbe potuto crollare inesorabilmente.

Una sensazione immotivata e quasi egocentrica, ma che non riusciva a togliersi, pertanto non riusciva neanche a riposarsi, e bazzicava ogni zona dove avrebbe potuto dare un qualsiasi aiuto.

Alla fine si accampò nell’ufficio di Daryan, aspettando che tornasse dopo una riunione in biblioteca, per scoprire subito nuovi aggiornamenti.

-Leonardo! Cosa ci fai qui?- lo accolse subito Daryan, non appena entrò nell’ufficio, con un grande sorriso.

Leo si alzò immediatamente e gli si avvicinò.

-Come è andata la riunione? Quali sono i nuovi piani? Le volevo portare una pizza ma Mildred non me lo ha permesso e quindi si deve accontentare di una platessa al forno, ma è uscita davvero benissimo e per fortuna non si è raffreddata quindi la deve mangiare presto. Ha già una strategia per l’attacco della prossima settimana? E ha avvertito il fronte a Pearl Cave?- Leo iniziò a tempestarlo di domande, fermandosi solo un attimo per illustrare il menu della cena, e Daryan sembrò un po’ stupito dalla sua veemenza.

Sorrise però quasi immediatamente.

-Vuoi unirti a me per la cena?- propose, indicando la scrivania e apprestandosi a mangiare.

Negli ultimi giorni Daryan sembrava sinceramente un’altra persona.

Certo, la caramella salvavita di Leo gli aveva tolto ogni segno evidente del suo stato precedente, curandolo al 100%, ma era anche vero che da quando si era ricordato di Leo, si era anche sbloccato tantissimo con il cibo.

Anche se ogni volta che mangiavano insieme, Daryan si assicurava sempre di assaggiare per primo ogni piatto, prima di dividerlo con Leo, e se Leo provava a dare il primo morso, se la prendeva parecchio.

-Sì, certo- Leo sistemò la scrivania per la cena, ma non perse di vista il focus più importante -Allora, gli aggiornamenti? Inviato le lettere? Organizzata una strategia? Avete…?- continuò a chiedere, teso.

-Tutto sotto controllo, Leonardo. So che è difficile da credere, ma siamo competenti anche noi nel risolvere le guerre, soprattutto ora che sappiamo come andranno le cose- Daryan lo interruppe, rispondendo con un sorriso divertito, ma tagliando fuori Leo dalle faccende solite.

-Beh, teoricamente perdereste, però…- borbottò Leo, a bassa voce.

-Come?- Daryan sollevò lo sguardo su di lui, con un sopracciglio inarcato.

-Dico solo che sono preoccupato, tutto qui, un po’ teso. Non è che non mi fidi, ma vorrei fare di più- Leo si affrettò a correggersi.

Sapeva che avevano perso per cause di forza maggiore e che Daryan era un ottimo stratega, ma era in ansia per la situazione, e non era abituato a non essere al centro di ogni piano.

Sicuramente il regno era mille volte meglio nelle mani di Daryan piuttosto che in quelle di Leo, ma era pur sempre Leo quello che aveva cominciato, no? Era lui il benedetto, e l’outsider, e il più ricercato da dei e uomini.

Certo che ne aveva fatta di strada da quando stava per essere stupidamente investito da un camion e si era ritrovato appeso a testa in giù in una foresta random.

-Non c’è bisogno che fai di più, hai già fatto così tanto, Leonardo. Prova solo a riposarti e a stare al sicuro, devi riprenderti- Daryan cercò di essere incoraggiante e diplomatico. Iniziò a tagliare la platessa e ne assaggiò un pezzo con attenzione e una leggera esitazione, prima di sorridere appena sentendone il sapore.

-Buono?- chiese Leo, sempre ansioso di sapere se un suo piatto piacesse.

-Delizioso- annuì Daryan, incoraggiante, facendolo sorridere e poi dando un pezzo anche a lui.

-Forse potevo dosare meglio il limone, però sono soddisfatto della cottura- Leo analizzò il boccone.

Poi si ricordò che stavano parlando di cose importanti, e tornò al discorso.

-Comunque, sto bene, Daryan! Perché vuoi tenermi in panchina? Lo sai quanto posso fare! Permettimi almeno di curare i feriti- insistette, desideroso di rendersi utile.

Daryan abbandonò il sorriso.

-E rischiare che ti ferisca anche tu? È escluso- dichiarò, categorico.

Leo maledisse il giorno in cui gli aveva rivelato nel dettaglio la sua terza benedizione, che era stato pochi giorni prima ma dettagli.

L’aveva fatto per rassicurarlo, ma non era servito a molto.

-Prendo solo una piccola percentuale- gli ricordò, facendo un segno per rappresentare la piccolezza del danno che percepiva.

Avrebbe dovuto essere molto più vago, magari dire che prendeva una piccola percentuale a prescindere e con Daryan era stato solo sfortunato.

E invece aveva detto tutti i dettagli come un idiota.

-Ed è abbastanza. Sei morto tre volte da quando sei tornato. Non posso prendere altri rischi- il tono di Daryan faceva capire che voleva chiudere l’argomento.

Era così simile a come Leo parlava con Gideon riguardo gli stessi argomenti, che faceva quasi ridere.

O almeno avrebbe fatto quasi ridere se Leo non si fosse sentito così inutile e frustrato.

Avrebbe voluto ribattere e insistere, ma poi notò meglio le condizioni di Daryan.

La sua foce era ferma e decisa, ma il suo corpo stava tremando visibilmente.

Leo si mise per un attimo nei suoi panni: si era appena ricordato di lui, e lo aveva sentito morire tra le sue braccia, o quasi. Aveva scoperto che aveva perso ben tre vite in poco più di un mese, aveva scoperto anche che secondo la Storia tutta la sua famiglia sarebbe morta entro poco tempo, e tante altre tremende informazioni. Leo voleva aiutarlo, ma forse lo stava solo stressando ancora di più chiedendogli informazioni e pretendendo di essere messo in mezzo anche in una situazione così delicata, dopo un attacco bello pesante e una riunione molto lunga.

E Leo decise di fare un passo indietro.

-Okay, va bene, mi riposerò il più possibile- gli promise, prendendogli una mano e facendolo calmare appena -Ma se hai bisogno di qualcosa, di qualsiasi cosa, anche solo di uno snack, ti prego vieni da me. Voglio davvero aiutare- concluse infine, senza insistenza, ma solo mettendosi a disposizione.

-Lo so, e te ne sono davvero grato. Dirò a Mildred di permetterti più libertà in cucina, non voglio limitarti mentre sei qui- anche Daryan fece un passo indietro, e intrecciò le sue dita con quelle di Leo, ricambiando la sua stretta di mano.

Leo si sentì un po’ meglio, felice di poter discutere e scendere a compromessi con Daryan con tale facilità.

Si sentiva ancora un po’ inquieto, ma si fidava di lui.

Forse semplicemente non riusciva ancora a credere di poter tirare un sospiro di sollievo e abbassare la guardia, sembrava troppo bello per essere vero.

(E infatti…)

-Allora, vogliamo mangiare prima che si raffreddi?- Leo chiuse definitivamente il discorso, e prese una forchettata per imboccare Daryan, istintivamente, per scaricare la tensione.

-Sarebbe un peccato far raffreddare questa delizia- Daryan lo incoraggiò, ma si ritirò inconsciamente dalla forchetta, e la prese dalle mani di Leo prima di mettersela in bocca.

Leo notò il gesto, ma decise di non pensarci.

Era normale che Daryan volesse evitare a tutti i costi che Leo usasse la benedizione di Flora su di lui, visti i precedenti.

Leo non ci aveva neanche pensato del tutto, era venuto solo naturale, ma capì le sue motivazioni.

Solo che… sarebbe stato triste non poter più imboccare Daryan, era un gesto così dolce tra due persone che stavano insieme.

Vabbè, non era così importante, alla fine.

 

Dopo la cena, conclusasi bene, Leo uscì dall’ufficio di Daryan con l’intento di tornare in camera sua.

Da quando era uscito allo scoperto, Daryan gli aveva fatto predisporre una camera tutta per lui, la stessa dove si era svegliato dopo l’avvelenamento, dopo le due morti, e dove aveva nascosto gli oggetti presi in prestito da Opal (che l’aveva ringraziato molto per averli salvati dopo aver scoperto che era stato Leo).

Insomma, quella era ormai camera sua, e si stava affezionando, anche se si sentiva un po’ in colpa a vivere da duca quando restava ancora un semplice cuoco. Ma non poteva restare con le altre cuoche, e di tornare in camera con Lionel e Prankit non se ne parlava proprio, quindi meglio la suite di lusso.

Non ebbe però mai il tempo di raggiungerla, perché proprio mentre raggiungeva la porta, fu chiamato da una voce conosciuta ma che era decisamente strano che si trovasse lì.

-Leo- lo chiamò infatti Clay, parecchio nervoso e guardandosi intorno come se temesse di essere visto da qualcuno. Non che avesse niente da temere, dato che Leo garantiva per lui e per gli altri ragazzini, ma probabilmente era un po’ teso all’idea di trovarsi a palazzo.

Leo lo guardò sorpreso, ma si avvicinò subito.

-Tutto bene, Clay? È successo qualcosa?- chiese, già con una mano alle caramelle che si portava sempre dietro per ogni evenienza, nel caso Clay ne avesse avuto bisogno.

-Io… puoi venire al rifugio?- chiese Clay, senza guardarlo negli occhi. Era pallido, nervoso, e balbettava.

Doveva sicuramente essere successo qualcosa.

-Certo, cosa è successo?- si affrettò a seguirlo, ma continuò ad indagare, iniziando a farsi prendere dal panico.

Forse avrebbe dovuto chiamare Daryan, o Alex.

Chissà se Gideon sapeva cosa era successo, se era successo qualcosa.

Sicuramente era successo qualcosa.

E sicuramente Leo doveva chiamare qualcuno di più competente.

Ma i bambini erano una sua responsabilità, e Clay aveva chiamato lui.

Quindi doveva risolvere la cosa da solo.

-Daisy… è rimasta ferita nell’attacco. Non è tanto grave, ma… mi hanno mandato a chiamarti, e… puoi curarla, giusto?- Clay cominciò a trascinarlo nel passaggio segreto, spiegando la situazione con voce bassa e molto agitata.

Qualcosa stonava nella sua dichiarazione.

Perché avevano mandato Clay? Yara era più veloce, e se Gideon lo sapeva, sarebbe stato più logico mandare lui.

E se Gideon non sapeva… perché non lo avevano chiamato?

I piccoli segnali di pericolo però non vennero minimamente percepiti da Leo, che sentendo le parole “Daisy” e “ferita” insieme, iniziò a preoccuparsi seriamente.

-Certo, Clay! La curerò immediatamente. Sbrighiamoci! Tu stai bene? Qualcun altro è rimasto ferito? Le caramelle mi bastano per tutti ma…- Leo iniziò a chiedere maggiori informazioni.

-Sì, sì, tutti… stiamo tutti bene, è solo… solo Daisy. Seguimi- Clay lo prese per il braccio e iniziò a indicargli lui la strada, camminando veloce.

Leo si fece trascinare anche se conosceva la strada sicuramente meglio di lui.

Percorsero il lungo passaggio in silenzio, un silenzio interrotto solo da sporadiche domande di Leo che chiedeva della situazione preoccupato, e Clay che rispondeva sempre più monosillabico.

E quando uscirono finalmente in città, Clay continuò a trascinarlo.

Ma non in direzione del rifugio.

-Clay, dove stiamo andando?- chiese Leo, guardandosi intorno e non riconoscendo la strada che aveva percorso numerose volte.

-È una scorciatoia- rispose subito Clay, sicuro.

Leo decise di crederci, ma la preoccupazione per Daisy iniziò a venire sostituita da una certa tensione.

Leo non sarebbe potuto uscire dal castello, in generale.

C’era sempre Giada in agguato, e numerosi manifesti da ricercato con la sua faccia in giro, che ancora non erano stati rimossi del tutto.

Aveva discusso con Daryan al riguardo e aveva optato per continuare a vestirsi da donna e visitare solo il rifugio dove erano i bambini, ma in quel frangente non ci aveva proprio pensato.

Solo che lì, all’esterno, così esposto, era un po’ preoccupato.

Certo, aveva il ghiaccio di Noella che aiutava nelle fughe, ma Giada aveva il potere di trasformarsi in gemme, poteva fendere il ghiaccio con facilità, ed era molto più veloce di Leo, in linea generale.

L’ultima volta l’aveva superata solo perché aveva il fattore sorpresa e lei aveva indossato scarpe scomode, e comunque la ex amica alla fine lo aveva raggiunto.

Ma comunque era improbabile che Giada lo beccasse di notte dal nulla, no?

Non sapeva del passaggio segreto, e non sapeva neanche per certo che Leo fosse a palazzo, anche se sicuramente lo sospettava.

E se anche sapeva che fosse a palazzo, probabilmente si era accampata lì vicino, non al villaggio.

Quindi era improbabile incontrarla per caso.

A meno che Clay non lo avesse tradito andando a rivelare l’ubicazione di Leo a Giada… o a qualcun altro.

Ma Clay non poteva averlo tradito, giusto?

Se avesse voluto tradirlo lo avrebbe già fatto da un pezzo.

A meno che…

“Senza di te la guerra continuerebbe ancora a lungo, e molte persone morirebbero?”

Era stata la domanda posta da Clay pochi giorni prima, quando aveva iniziato a chiedergli della guerra.

Al tempo Leo aveva ammesso di essere fondamentale perché c’erano cose che poteva fare solo lui ma dopo aver rivelato tutto a Daryan, aveva anche rassicurato i bambini che ora il principe era coinvolto e avrebbe preso le redini della situazione. Informazione che era stata accolta da molto sollievo da parte di tutti.

Leo si era sentito un po’ offeso, ma era felice di aver portato un po’ di ottimismo.

Tranne in Clay, che era sembrato spaventato.

-Clay… dove stiamo andando?- chiese dopo qualche altro metro, fermandosi e costringendo il bambino a fare altrettanto.

Clay non rispose. Tremava, e non guardava Leo negli occhi.

Leo sospirò, cercando di non mostrare la sua tensione e la sua delusione verso il bambino.

Pensava stessero avendo un rapporto migliore.

Se Clay stava cercando davvero di tradirlo… il pensiero lo feriva davvero.

-Non che non mi fidi della tua scorciatoia, ma preferisco prendere la solita strada- si liberò dalla sua presa con la massima dolcezza vista la situazione, e gli diede le spalle, con l’intenzione di correre via e dirigersi al rifugio.

Probabilmente sarebbe dovuto andare dritto filato al castello, ma voleva comunque accertarsi che Daisy stesse bene. 

-Leo…- sentì il sussurro singhiozzato di Clay alle sue spalle che provava a richiamarlo, ma Leo lo ignorò, e si allontanò da lui senza voltarsi indietro.

Poi andò a sbattere contro un armadio a due ante che non aveva visto sia perché era notte, sia perché aveva gli occhi velati di lacrime e stava cercando di non scoppiare a piangere per la situazione.

L’impatto fu abbastanza da farlo cadere a terra.

-Oh, scusa! Tutto bene, non ti avevo visto- l’armadio a due ante, rivelatosi essere un uomo in armatura, si piegò verso di lui, e gli porse una mano per aiutarlo ad alzarsi.

-Sono io che non…- Leo la prese, asciugandosi gli occhi e scusandosi a sua volta, ma la voce gli morì in gola quando si rese conto di chi fosse l’uomo davanti a lui.

-Fausto il fusto!- sussurrò tra sé, riconoscendo una delle guardie dei ribelli antimonarchici che aveva conosciuto quando si era fatto catturare da loro fingendosi Remington, il semidio figlio di Veer.

Che ci faceva lì?!

-Aspetta, ma tu sei il tizio che…- iniziò ad indicarlo Faust, sorpreso.

-Non sono nessuno- Leo abbassò la testa e provò a superarlo, ma venne afferrato per la camicia e spinto indietro da una mano comparsa alle sue spalle.

-Te ne vai così presto? Eppure ti cerchiamo da tanto tempo, Leonardo. Il nostro capo non vedeva l’ora di mettere le mani su di te… anche se… non ne capisco proprio il motivo, ora che ti vedo dal vivo- sentì una voce sbeffeggiante dietro di lui.

Leo fece in tempo solo a girarsi e riconoscere i tratti affilati di Brandon, e prima che potesse anche solo pensare ad una strategia per uscire da lì, fu colpito da una poderosa botta in testa, che gli fece perdere i sensi.

Ehhh, la calma era troppo bella per durare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Vorrei dedicare questo capitolo a una mia amica con la quale brainstormavo la storia e mi scriveva tutti i commenti mano a mano che leggeva i capitoli.

E quando le stavo parlando del capitolo 17 del primo libro, e le avevo detto che finiva con un grosso colpo di scena, lei era convinta al 100% che Leo sarebbe stato rapito… beh, era in ritardo di una ventina di capitoli, ma LEO È STATO RAPITO!! Lol

Ma strane dediche a parte, non vi aspettavate un cliffhanger così grosso, vero? Ultimamente finiscono con parecchi colpi di scena, i capitoli.

Clay alla fine si è rivelato un traditore, ma poverino, è traumatizzato dalla vita e ha solo 8/9 anni quindi non giudicatelo troppo aspramente. 

Per il resto Daryan e Leo finalmente si sono ritrovati… per tipo tre giorni prima che Leo venisse rapito con violenza, Opal è un tesoro e Leo inizia ad avere un po’ di sindrome di controllo, mmmmmm.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, l’ho scritto molto in fretta perché non vedevo l’ora di arrivare a questa parte, dal prossimo capitolo si apre un nuovo arco narrativo, diciamo, e ci distanziamo da Jediah per visitare Valkrest.

Non vedo l’ora di continuare!

Anche se vi dico subito che potrei metterci un po’ perché tra le altre storie che devo aggiornare e i video su youtube che pubblico quasi ogni giorno, sono un po’ impegnata questi giorni ^^’

Ma cercherò di non farvi aspettare troppo, soprattutto dopo questo cliffhanger clamoroso!

Un bacione enorme e alla prossima :-*

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Incontro la persona più irritante dei sette regni (sì, di nuovo) ***


Incontro la persona più irritante dei sette regni (sì, di nuovo)

 

Okay, inizia a diventare davvero ripetitivo, ma questo capitolo comincia con Leo che si sveglia.

Oh, quale novità.

So che in questa storia Leo sembra Dante Alighieri vista la quantità considerevole di volte in cui viene messo ko e si sveglia dolorante, ma possiamo affermare che questo sia un po’ l’Inferno della sua avventura, vista la guerra, le ansie e i dolori.

In futuro potrebbe visitare un inferno un po’ più letterale, ma non voglio fare spoiler.

Vi posso dire che Leo si svegliò con la testa molto dolorante, e il suo primo istinto fu di mettersi un po’ di ghiaccio sul probabilmente enorme bernoccolo che gli si era senz’altro formato in testa.

Non uscì nulla dalla sua mano sinistra.

Strano.

Ma era troppo scombussolato per rendersene del tutto conto, dato che la botta era stata davvero fortissima.

Si era dimenticato quanto violente fossero le botte in testa di Brandon, era un miracolo che non fosse morto per sbaglio.

-Oh, sei sveglio- lo accolse una voce poco distante, che Leo non credeva di aver mai sentito.

O meglio, aveva una leggerissima nota familiare, ma non abbastanza da fargli dire qualcosa tipo “Oh no! Conosco questa voce!”

Se il proprietario sapesse della sua indifferenza, rimarrebbe molto offeso.

Leo si mise a sedere, e si guardò intorno, preoccupato.

A differenza dello scorso capitolo, dove una volta sveglio si era ritrovato in un letto pulito, con uccellini che cinguettavano fuori dalla finestra e un gran figo che gli teneva la mano con affetto, questa volta era in una cella polverosa e scura, su una lastra di metallo durissima, e non sembrava esserci nessuno intorno.

-Chi è là?!- chiese, guardandosi intorno nell’oscurità e cercando di abituare gli occhi.

Solo qualche candela era accesa, ma offrivano un’illuminazione minima.

-Te l’avevo detto che prima o poi saresti stato mio. Beh, quel giorno è arrivato- continuò la voce, con tono di chi stava per fare un monologo da cattivo.

Leo sentì una vaga nota di familiarità, ma non riuscì proprio ad accostare la voce a un volto. 

Ma la figura fece una pausa ad effetto, nell’ombra, come se si aspettasse che Leo lo riconoscesse.

Leo si scervellò il più in fretta possibile per non fare una figuraccia e non irritare il suo carceriere.

Allora, aveva una voce maschile, ma non era Brandon, quasi sicuramente. Né Fausto il fusto.

Poteva anche essere Fausto il fusto in realtà, se Leo si basava sulla voce, ma la figura nell’ombra era molto meno imponente di lui quindi Leo lo escluse.

Mmmm, Brandon lavorava per i ribelli e per la corte di Valkrest, quindi probabilmente era qualcuno di Valkrest.

Oh, giusto!

-Remington!- esclamò, anche se non gli era sembrata molto la voce di Remington, però chi altri poteva essere?

La figura rimase in silenzio qualche secondo.

-Riprova- suggerì, in un sussurro.

Cavolo, non era Remington.

Forse non era di Valkrest.

O forse, sì, magari non era un uomo!

-Se sei Angela hai un brutto raffreddore. Se vuoi posso prepararti una minestra- propose Leo, che non provava la massima simpatia per il capo dei ribelli, a dirla tutta, ma la rispettava e aveva pena per lei. Era anche la sorella di Silvia, la madre di Giada, e Leo stimava molto Silvia, quindi aveva intenzione di essere gentile con Angela.

Ma la figura non era Angela.

-Angela? No! Riprova- lo incoraggiò, con tono sempre più irritato.

Leo non aveva idee.

Okay, meglio uscire da Valkrest, allora… qualcuno invischiato in qualche modo con i ribelli…?

Nox era stato rapito, dai ribelli. Forse voleva qualche dolce.

-Nox?- suppose, poco convinto.

-Scusami?!- l’uomo era ormai decisamente offeso.

-Ma non lo so, okay? Non mi viene in mente nessuno! Brandon, forse? Non credo, però, lui ha una voce diversa. Ho preso una botta in testa- Leo iniziò a giustificarsi.

Come se il problema vero di quel momento fosse che non riconosceva il suo carceriere.

LEO, SEI STATO CATTURATO DAI NEMICI! UN MINIMO DI PREOCCUPAZIONE IN PIÙ!

È ciò che gli direbbe Daryan se fosse qui.

Io mi sto solo divertendo.

-Non è una scusa per non riconoscermi, Leoncino! Sono offeso!- si lamentò la figura, ancora nell’ombra.

E fu sentendo il nomignolo, che finalmente Leo lo riconobbe.

-Ahhhhhhh, Victor!- esclamò, annuendo appena soddisfatto da sé per esserci finalmente arrivato.

Due istanti dopo, si rese conto finalmente della situazione.

-AAAAAHHHHH, VICTOR!- urlò spaventato, appiattendosi al muro, proprio mentre la figura, appartenente al principe Victor, si metteva alla luce, parecchio irritato.

Era rimasto esattamente come Leo lo aveva incontrato, anche se sembrava appena più magro, nonostante gli abiti che indossasse fossero più pesanti. Stessi capelli rosso fuoco, anche se più chiari e naturali di quelli di Remington, stessa carnagione pallida, e anche lo stesso, familiare, orecchino rosso.

E fissava Leo con occhi di fuoco.

Anche se sembrava più irritato che propriamente minaccioso o arrabbiato.

Come se Leo gli avesse rovinato una scenetta che provava allo specchio da mesi.

-Davvero non mi hai riconosciuto? Quante altre persone ti hanno detto che saresti stato di loro proprietà, un giorno?- indagò Victor, squadrandolo dall’alto in basso, con una certa gelosia.

-In termini tossici nessun altro, in effetti, ma ne ho ricevute parecchie di proposte di lavoro- borbottò Leo, pensando a tutte le persone della corte di Jediah, a Payas, al saggio della foresta infinita, persino gli dei.

-Beh, ora sei qui, e sei mio. Ah!- Victor lo puntò con soddisfazione, come se avesse vinto un qualche concorso.

Leo roteò gli occhi, e incrociò le braccia, ma non ribatté.

Avrebbe voluto… avrebbe tanto voluto ribattere, ma Victor era una persona pericolosa.

Era il responsabile di quella terribile guerra, un pazzo, potente e con il coltello dalla parte del manico.

E a Leo erano rimaste solo tre vite, non voleva usarle tutte subito.

-Solo tre? Non ti trattano molto bene, sembra. Qui starai molto meglio, fidati- commentò Victor, divertito.

Ceeerto, molto meglio catturato e sbattuto in cella. Se voleva fargli una proposta di lavoro, avrebbe dovuto migliorare il suo approccio.

Non che Leo avrebbe mai accettato di lavorare per il principe Victor. Lo odiava!

-Vedremo, Lollo, vedremo. E comunque la cella era necessaria. Non potevo mica rischiare che scappassi con i tuoi poteri di ghiaccio. La cella di contenimento del tempio di Veer mi permette di tenere a bada le tue benedizioni. Tranne quella di Jahlee, suppongo. Ma anche se potessi ucciderti, non preoccuparti, non ne ho intenzione, per ora- lo rassicurò Victor, senza rassicurarlo per niente.

Leo in effetti sentiva la mano sinistra meno fredda del solito, e il potere sembrava in stasi, come quando Leo era stato intrappolato nella cella del tempio di Jahlee.

-È per questo che non riuscivo a trovarti? Eri al tempio? No, non è possibile, mi è stato detto che sei scappato da un po’ di tempo da lì, almeno qualche settimana- commentò Victor, pensieroso, avvicinandosi un po’.

Leo gli lanciò un’occhiataccia, ma non gli rispose. 

Non voleva dargli la soddisfazione di rispondere alle provocazioni di Victor o dargli informazioni.

Il principe di Valkrest non avrebbe ottenuto nulla da lui! Assolutamente nulla!

E infatti non gli stava dicendo nulla.

…e Victor gli stava rispondendo comunque.

Leo finalmente si rese conto che c’era qualcosa che non andava, e lanciò al principe un’occhiata allertata.

Victor ridacchiò, sembrava estremamente divertito dalla difficoltà di Leo.

Leo non era divertito per niente.

Perché sapeva la pericolosità dell’orecchino che portava Victor, e ora che si era reso conto che il collegamento mentale era stato già stabilito, era completamente spacciato!

Lo aveva usato, dopotutto, e aveva scoperto un sacco di cose, anche cose che non avrebbe dovuto scoprire, perché con l’orecchino si poteva scoprire sia il pensiero più consapevole, che quello profondo.

Non era la prima volta che Victor usava quel potere su di lui, e Leo ancora rabbrividiva al pensiero di tutto ciò che aveva scoperto su di lui in quella circostanza, durata mezza giornata al massimo.

-Mah, in realtà ben poco, solo tutto ciò che pensi della famiglia reale di Jediah, il fatto che venivi da un altro mondo, alcune preferenze generiche e amicizie, e ovviamente la ricetta di tutti i piatti che mi hai proposto quel giorno. Ma non sono mai riuscito a replicare le animelle, comunque. Erano davvero spettacolari- borbottò Victor. Leo non lo degnò della minima attenzione e continuò con il proprio pensiero sempre più nel panico.

Infatti all’epoca i suoi più grandi segreti non erano così tanto importanti, e mettevano in pericolo, generalmente, solo lui e la sua permanenza nei sette regni. Doveva tenere nascosto di essere un cuoco e di essere in un altro mondo, ma Victor non traeva alcun vantaggio dallo scoprire tali segreti (tranne le ricette segrete… quello a Leo dava piuttosto fastidio).

Ma ora… Leo sapeva molte informazioni decisamente più importanti.

Informazioni che potevano mettere a rischio tantissime persone, in quella guerra.

Informazioni che avrebbero potuto compromettere la vittoria di Jediah su Valkrest.

Victor si avvicinò, con espressione sorpresa e uno sguardo di trionfo.

-Oh… ma davvero? Che genere di informazioni?- chiese, in un sussurro, non trattenendo un sorrisino che Leo trovò davvero inquietante.

Il cuoco impallidì, e si affrettò a distogliere lo sguardo, ben consapevole che però il contatto visivo era necessario solo per creare un legame, e una volta creato, sarebbe rimasto in piedi finché colui che lo aveva messo su non lo spezzava volontariamente, o non si toglieva l’orecchino.

Mosso dal panico, Leo fece uno scatto oltre le sbarre della cella per provare a strappare l’orecchino dall’orecchio di Victor, per niente intenzionato a permettergli di continuare a invadere la sua mente senza consenso, ma il principe anticipò i suoi movimenti, scansò la testa, e approfittò di avere Leo a portata di mano per afferrargli il polso e avvicinarlo a lui, costringendolo a guardarlo dritto in faccia.

-Non è carino non rispondere, Leonida. Allora, che succose informazioni puoi darmi sulla situazione a Jediah?- insistette, tenendolo fermo con forza, e a pochissimi centimetri da lui.

Leo fu grato che ci fossero le sbarre a proteggerlo, anche se non facevano il lavoro migliore del mondo.

Chiuse con forza gli occhi, e iniziò a ripetersi, come un mantra, di tenere la mente chiusa, di non pensare a nulla, di non pensare a nulla di nulla di utile.

Ma più si costringeva a non pensare ai piani di Jediah, più essi premevano per uscire dalla sua mente.

No! No! Doveva tenerli lontani!

Lui non sapeva niente!

-Non forzarti, Leonetto. Più cerchi di non pensare a qualcosa, più alla fine ci penserai. E prima o poi lo scoprirò comunque, quindi perché non darmi le informazioni e basta? Senza farti così male- lo incoraggiò Victor, in tono suadente.

Leo fu inondato da un moto di rabbia.

Era stato tradito, allontanato, attaccato, ferito, era quasi morto tre volte da quando era tornato lì e aveva lavorato con tutte le sue forze per salvare i suoi amici e far finire quella guerra il prima possibile.

In poco più di un mese aveva sofferto molto più di quanto avesse sofferto nel resto della sua vita, e tutto per dare un futuro migliore di quello che era stato scritto.

Aveva mosso mari, monti e foreste (l’ultima cosa letteralmente) per cambiare la Storia.

E non avrebbe mai permesso ad un principino vanesio e crudele di vanificare tutti i suoi sforzi.

-Cambiare la Sto…?- iniziò a chiedere Victor, molto confuso e scettico, ma Leo non lo fece finire, perché si scansò dalla sua presa con forza insospettabile, e urlò con tutto il fiato che aveva in corpo: 

-ESCI FUORI DALLA MIA TESTA!- pregando tutti gli dei di quel mondo che se fosse stato abbastanza determinato, sarebbe riuscito a spezzare il legame, o quantomeno a pensare a qualcos’altro che non fossero i piani di Jediah.

E, sorprendentemente, la sua determinazione sembrò funzionare, perché Victor fece un passo indietro, e si portò una mano alla testa, come se gli fosse appena venuta una fitta.

Lanciò a Leo un’occhiata piena di sdegno, ma il cuoco non la guardò, perché aveva ancora gli occhi completamente chiusi, cercando di evitare in ogni modo che Victor gli leggesse nel pensiero.

-Va bene, va bene, Leon. Non ti ho portato qui per scoprire informazioni sulla strategia di Jediah, dopotutto- il tono di Victor era rilassato, e decise di abbandonare l’argomento, anche se il suo sguardo era piuttosto irritato, cosa che Leo, come prima, non notò, dato che rimase a occhi chiusi e a pensare costantemente a non pensare ai piani di Jediah.

-Cosa vuoi da me?- chiese, cercando di distrarsi su un altro argomento e tenendosi a debita distanza, ora che aveva recuperato il braccio.

-Te l’ho detto, Lennon, tu mi piaci davvero, davvero, davvero tanto, e sarai il mio nuovo cuoco. E magari anche insegnante di cucina. Sono abbastanza umile da ammettere quando qualcuno è più bravo di me in qualcosa, e tu sei il migliore cuoco dei sette regni- Victor spiegò i suoi piani, con entusiasmo decisamente fuori luogo.

-Mi sta sopravvalutando, vostra maestà. Sono a malapena decente…- Leo provò a togliere l’interesse da lui. Alla fine che ne sapeva, Victor, aveva perso la memo… un momento… non aveva perso la memoria.

Si ricordava di Leo più di quanto Leo si ricordasse di lui.

Ma come era possibile se nessuno si sarebbe dovuto ricordare di Leo in quel mondo?!

-Come ti ricordi di me?!- chiese, sconvolto, sempre a occhi chiusi.

-Chi mai potrebbe dimenticarsi di te. Solo qualcuno che non aveva un’alta considerazione delle tue doti- provò a lisciarselo Victor, flirtando non troppo velatamente.

Ew, Leo lo trovava davvero disgustoso.

E dischiuse leggermente gli occhi per vedere la reazione di Victor al pensiero che aveva appena avuto.

Non sembrava affatto irritato.

Forse il legame si era davvero spezzato.

Comunque Leo non si fece minimamente fregare dalle sue lodi e dai suoi flirt.

Era un ragazzo impegnato.

E se Daryan, l’amore della sua vita, aveva avuto così tante difficoltà a ricordare, era impossibile che Victor si ricordasse a prescindere per qualche strano motivo di affetto.

Leo ripensò a Payas, che si ricordava di lui. Aveva detto che anche gli altri semidei ricordavano i fatti passati.

-Sei un discendente del dio Veer, probabilmente sei immune all’amnesia generale, come i semidei- suppose, facendo una deduzione giusta.

Complimenti, Leo!

Victor ci mise qualche secondo a rispondere.

-Cambiando argomento, direi che puoi trasferirti nella tua nuova stanza da cuoco- Victor armeggiò in tasca, e tirò fuori un bracciale d’argento con incastonata una pietra indaco. 

-Io non cucinerò per lei, principe Victor- mise in chiaro Leo, che si era fatto una promessa, e aveva tutta l’intenzione di mantenerla.

Victor finse di non ascoltarlo.

-Ovviamente per evitare che tu decida di provare a scappare dovrai indossare questo bracciale che elimina i tuoi poteri di ghiaccio per tutto il tragitto fino a palazzo e la permanenza lì. Una volta a palazzo non riusciresti ad andartene in ogni caso ma sono già abbastanza impegnato senza dover pensare pure a te- spiegò, facendo cenno a Leo di raggiungerlo per mettergli il bracciale.

-Se è così impegnato forse è meglio buttarmi fuori, non vorrebbe mica che io…- Leo si interruppe, con una piccola ideuzza che iniziava a formarsi nella mente.

Non avrebbe mai cucinato per il principe Victor, ma poteva provare a mettergli i bastoni tra le ruote e sabotare l’esercito di Valkrest dall’interno, per far finire la guerra ancora prima.

Chissà, magari con le nuove strategie di Jediah, Valkrest avrebbe iniziato a rispondere in modo diverso dalla Storia, e Leo poteva…

Interruppe il pensiero, e lanciò una brevissima occhiata verso Victor, che però non sembrava averlo sentito.

Era ormai piuttosto ovvio che la sua mente fosse nuovamente al sicuro.

Uff, menomale.

-D’accordo. Sempre meglio di questa prigione polverosa- Leo porse il braccio, e Victor sorrise prima di mettergli il bracciale.

-Qualsiasi cosa pensi di fare non ti riuscirà, quindi accetterò questo improvviso cambio di atteggiamento con entusiasmo, Levi- commentò, con espressione divertita, aprendo la porta della cella e afferrando Leo per un braccio, per iniziare a portarlo verso il castello.

-Può smetterla con gli stupidi soprannomi?- provò a chiedere Leo, irritato dagli stupidi nomignoli che il principe continuava a propinargli. 

-No- 

-Comunque non cucinerò mai per lei, su questo non cambierò idea- Leo rimase fermo sulle sue idee, lanciando al principe un’occhiataccia.

-Vedremo…- Victor non sembrò minimamente turbato dalla minaccia.

Sembrava davvero sicuro di sé. Leo non sapeva se essere preoccupato, o se pensare che magari si sopravvalutava, e alla fine era tutto fumo e niente arrosto.

Non era nelle condizioni di rischiare di sottovalutarlo, però, e decise che era meglio restare all’erta. Era pur sempre un principe instabile e pericoloso che sembrava ossessionato da lui.

Leo aveva letto troppo fanfiction di Wattpad che partivano in questo modo, ed era una situazione preoccupante.

Victor trascinò Leo attraverso vari corridoi misteriosi, e Leo notò abbastanza presto che i muri neri non erano fatti di pietra normale, ma sembravano lava solidificata, forse ossidiana.

Era veramente incredibile.

-Il tempio di Veer è all’interno del vulcano- spiegò Victor, divertito, notando la curiosità di Leo, che non gli rispose e continuava a non guardarlo.

-E il palazzo è in cima. Ovviamente il vulcano è spento da millenni, e quando si riattiva, la lava esce da aperture secondarie, la usiamo come strategia difensiva- spiegò Victor, improvvisandosi una guida turistica.

Ohhhh, interessante informazione. Leo avrebbe dovuto indagare si queste strategie difensive.

-Se il tuo caro principe Daryan proverà anche solo ad avvicinarsi al castello, suppongo che potrei regalarti la sua statua, appena si solidifica la lava intorno al suo corpo. Sarebbe molto soddisfacente- aggiunse poi, provocando un brivido lungo la spina dorsale di Leo, che non voleva neanche pensare ad una possibilità del genere.

Chissà quanto tempo era passato da quando era stato catturato. Sicuramente a palazzo si erano accorti della sua assenza.

E chissà che cosa era successo a Clay.

Leo probabilmente era troppo buono, ma sperava davvero che non avessero catturato anche lui, e che fosse riuscito a tornare dai bambini. Dubitava che li avrebbe informati, ma quantomeno non sarebbe stato in pericolo.

Ed era meglio che nessuno sapesse dove fosse Leo. Non voleva che lo cercassero rischiando di andare peggio nella guerra.

-Cosa vuoi fare con me?- chiese Leo, in un sussurro, fissando i dintorni e stando attento a non incrociare lo sguardo di Victor neanche per sbaglio.

-Un buono stipendio, vitto e alloggio gratuiti, una cucina privata tutta per te e per farti sperimentare, e un bel contratto di lavoro a tempo indeterminato, e con indeterminato si intende “vita natural durante” senza possibilità di rescissione- spiegò Victor, con un certo orgoglio.

-E se mi rifiutassi?- chiese Leo, che non aveva intenzione di firmare nessun contratto, soprattutto senza possibilità di rescissione. Tsk, non era di certo un idiota. Era ovvio che Victor l’avrebbe sfruttato e trattato come uno schiavo.

E poi non aveva intenzione di cucinare per lui, non avrebbe rotto questa promessa neanche per l’assistenza sanitaria gratuita.

-Hai un mese per decidere, Lando- rispose Victor.

-E se mi rifiutassi?- chiese nuovamente Leo, sempre meno convinto.

-Hai un mese per decidere- ripeté Victor, con un sorrisetto che non preannunciava niente di buono.

Fecero qualche altro metro nel completo silenzio, Leo si rese presto conto che il vulcano dove era allocato il tempio era un vero e proprio labirinto, e non avrebbe saputo dire dove fosse l’uscita.

A Leo venne una piccola idea.

Non era una bella idea.

Ma se Victor sembrava desiderarlo così tanto, forse era qualcosa che Leo avrebbe potuto sfruttare, in qualche modo.

-Se io accettassi di diventare il suo cuoco personale e firmassi questo contratto… potrei mettere come clausola la cessazione immediata dell’ostilità con Jediah?- propose.

Se poteva far finire subito la guerra ed evitare altri spargimenti di sangue, Leo poteva sacrificare anche la propria libertà e il proprio futuro.

Non era qualcosa che voleva fare, ma sarebbe stato per una giusta causa.

Tipo la bella che scambia il posto con suo padre nel castello della bestia.

Con l’unica differenza che in quel caso la bestia, ovvero Victor, era… era decisamente terrificante, e molto più simile a Gaston.

A sentire quella proposta, Victor si fermò, e Leo camminò qualche altro passo prima di rendersene conto e fermarsi a sua volta.

Che stesse valutando l’idea?

Sta per finire il libro con un clamoroso bad ending?

Diventerà una normalissima fanfiction di Wattpad dove il protagonista diventa lo schiavetto del bad boy di turno per sempre finché non si innamora di tale bad boy in piena sindrome di Stoccolma?

-Chiariamo due piccole cose, Leonardo- esordì Victor, in tono affabile, ma che fece venire i brividi a Leo.

Era la prima volta che lo chiamava con il suo vero nome, e non uno stupido nomignolo.

Ed era preoccupante, a dirla tutta.

Leo non rispose, e rimase a testa bassa.

-Primo, non sei assolutamente in posizione di sindacare, perché, secondo, e voglio che questo tu te lo metta bene in testa: tu mi piaci, davvero. Sono assolutamente intrigato da te, tanto da trattarti con ogni riguardo, ovviamente. Ma non pensare, neanche un secondo, di essere importante per me. Perché al primo posto, nella mia vita, ci sono sempre io- mise in chiaro, avvicinandosi il più possibile per rendere ancora più chiaro il concetto.

Leo dovette dare fondo a tutto il suo autocontrollo per non alzare gli occhi e lanciargli uno sguardo sdegnoso. Per fortuna riuscì a trattenersi e rimase a testa bassa.

-Bene, procediamo- prendendo il silenzio di Leo come segno che avesse capito, Victor si allontanò, afferrò Leo per un braccio, e tornò a trascinarlo verso il palazzo.

-Valeva la pena tentare. Al contrario suo, io ci tengo alle altre persone- borbottò Leo.

Victor tirò fuori una risatina.

-Oh, lo so. E so che entro un mese deciderai di lavorare per me e firmare il contratto- Victor sembrava sicuro.

Leo non ribatté, e passarono il resto del tragitto in completo silenzio, finché Leo non fu portato in una piccola ma confortevole stanza, dove venne chiuso dentro, con la promessa che Victor sarebbe tornato ad ora di cena per accertarsi delle sue condizioni.

Una volta solo, Leo si prese il volto tra le mani, valutando la situazione.

Che dire… era nella cacca fino al collo.

 

Bisognava ammettere che la camera non era proprio brutta.

Niente a che vedere con la stanza che Daryan gli aveva offerto nel palazzo di Jediah, ma era comunque meglio del dormitorio che Leo aveva condiviso con Alex, Lionel e Prankit.

Non era una camera molto grande, ma aveva tutti i comfort, come un piccolo monolocale: letto, zona bagno e una cucina piccola ma comoda, che era forse la parte migliore della stanza.

C’era anche un caminetto spento.

E una minuscola finestra che aveva fatto capire a Leo di trovarsi molto in alto nel vulcano.

La vista era stupenda, ma sebbene Leo, con un po’ di difficoltà, poteva anche provare a passare e uscire dalla finestra, sarebbe morto malissimo provandoci.

E la benedizione di Jahlee non copriva anche i suicidi.

Non sembravano esserci molte vie d’uscita, al momento.

O almeno non dalla finestra.

Forse dalla porta poteva anche provarci, ma Leo temeva molto ciò che avrebbe potuto trovare fuori.

Purtroppo il ghiaccio non sembrava volere uscire dalle sue mani, a causa del bracciale che Victor non gli aveva tolto, e che sembrava anche completamente impossibile da togliere, per quanto Leo ci provasse.

Ormai erano passate ore da quando era stato rinchiuso lì, e iniziava ad annoiarsi, a demoralizzarsi, e soprattutto a sentire fame e freddo.

…la fame era colpa sua, dato che c’era del cibo in dispensa, ma Leo non voleva rischiare di cucinare nulla, perché non voleva offrire nulla a Victor, quindi non aveva mangiato per protesta.

Quando stava per arrendersi e valutare l’idea di mangiare qualcosa che non era necessario cucinare, tipo dell’insalata, sentì un armeggiare alla porta, e subito di mise in posizione di difesa, pronto ad affrontare Victor, Brandon, Fausto il fusto o chiunque nemico avesse trovato oltre la soglia.

La visione che gli si parò davanti fu peggio di tutte quelle persone messe insieme.

-Leo, finalmente! Non hai idea di quanto sia stato difficile recuperarti! Ho praticamente venduto l’anima al diavolo!- esordì la nuova venuta, che si rivelò essere Giada.

Leo fu preso più dal panico nel vederla che nell’essere stato rapito, e si affrettò a mettersi il più lontano possibile dalla porta, deciso anche a buttarsi dalla finestra, pur di impedire che lei lo afferrasse e riportasse a casa tramite collana magica.

-QUALCUNO MI SALVI! LA SEMIDEA VUOLE RAPIRMI!- urlò con tutto il fiato che aveva in corpo, guadagnandosi un’occhiata sdegnata e offesa da parte di Giada.

-Sul serio, Leo?!- si lamentò lei, stringendo i pugni e poi incrociando le braccia.

Era ancora sull’uscio, per fortuna, ma Leo era pronto a scattare nel caso si fosse avvicinata con la collana e il portale.

Nonostante non fosse passato molto dall’ultima volta che Leo l’aveva vista, Giada non era messa proprio benissimo. Aveva occhiaie profonde, vestiti e capelli spiegazzati, e aveva il naso rosso e raffreddato.

Ma Leo era troppo preoccupato da lei per preoccuparsi anche per lei.

-Wow… ammetto che non mi aspettavo tale reazione- osservò una voce impassibile dietro la semidea.

Leo non se n’era accorto, ma era accompagnata.

E al suo fianco c’era Remington, che osservava la scena da dietro la sua spalla con un’espressione completamente impassibile.

Non era cambiato granché da quando Leo l’aveva visto l’ultima volta, sette mesi prima, tranne che era un po’ più pallido, e anche lui sembrava leggermente più magro, come molti in quel mondo dilaniato da una guerra che lasciava poco cibo anche per i ricchi.

Aveva anche i capelli più lunghi, sempre somiglianti a delle fiamme incontrollate.

Oh no! Se erano in due per Leo sarebbe stato più difficile scappare.

-Tranquillo, Leo. Non siamo qui per riportarti nel tuo mondo- lo rassicurò Remington, alzando le mani in segno di rassicurazione.

-Parla per te! L’obiettivo è sempre quello- borbottò Giada, irritata, lanciandogli un’occhiataccia.

Leo non si sentiva rassicurato per niente.

-Victor le ha preso la collana, non può riportarti a casa neanche volendo, e in ogni caso non potrebbe farlo a Valkrest, ma solo a Jediah- spiegò Remington, indicando il collo di Giada, dove in effetti non sembrava esserci nessuna collana.

Giada sospirò, sempre più nervosa.

Leo la conosceva abbastanza bene da capire, analizzando tale reazione, che Remington non stava mentendo, e si calmò appena.

-Ho appena avuto un incentivo a restare qui- borbottò, sedendosi sul letto e incrociando le braccia pronto a litigare con Giada e ripeterle che non sarebbe mai tornato a casa senza prima avere la certezza che i suoi progressi non sarebbero stati annullati.

-Non dirlo neanche per scherzo! E non provare a firmare un contratto. Qui lo prendono molto seriamente- lo avvertì Giada, preoccupata, e guardandosi intorno come ad assicurarsi di non essere spiata e che non ci fossero fogli di carta sospetti in giro.

-Ovunque lo prendono seriamente- Leo alzò le spalle, più per contraddirla per il gusto di farlo che perché non credesse alle sue parole.

E non aveva la minima intenzione di firmare alcun contratto, in ogni caso.

Giada roteò gli occhi sentendo il suo tono.

-Senti, Leo, io capisco i tuoi sentimenti, ma anche tu devi provare a capire il mio punto di vista su questa cosa- provò ad avvicinarsi, accomodante e cercando un compromesso.

-Senti, Giada. Io chiacchiererei volentieri con te, se non sapessi che sei testarda come un mulo e vuoi solo impormi la tua idea e convincermi che sia la migliore. Ma sono testardo anche io sulle cose importanti, e questa è una cosa importante. Quindi mi dispiace, ma a meno che non sei qui per dirmi che mi capisci e che vuoi aiutarmi a cambiare la Storia, allora non voglio perdere tempo ad ascoltarti- mise subito le cose in chiaro, facendo sbuffare irritata Giada.

Leo sentì Remington ridacchiare, e si girò verso di lui, adocchiandolo con sospetto.

-Che hai da sghignazzare, tu? Non mi fido neanche di te! Sei dalla sua parte- lo puntò, con espressione truce.

Remington sollevò nuovamente le mani.

-Nah, non lo sono. Sono la Svizzera- si difese, con un sorrisino.

Giada alzò gli occhi al cielo.

-Che bambino…- borbottò.

-Che succede? Avete litigato?- chiese Leo, adocchiandoli con curiosità.

-No!-

-Sì!- 

Risposero in unisono prima Giada, poi Remington.

-Sul serio?!- si lamentò Giada, offesa, girandosi verso di lui e lanciandogli un’occhiata indignata.

Remington evitò di guardarla.

-Uhhhh, gossip… cosa è successo?- Leo abbandonò ogni ostilità per indagare sul litigio dei due amici, che erano anche la cotta l’uno dell’altro.

Problemi coniugali in paradiso?!

Oh oh oh… 

Leo poteva sfruttare questo litigio per portare Remington dalla sua parte e convincerlo a liberarlo e aiutarlo contro la Storia e contro Victor.

“Svizzera, Leo. Svizzera significa che non sono neanche dalla tua parte” gli arrivò un monito in testa.

Leo era stato così concentrato su Victor e la ricomparsa di Giada, che si era dimenticato che anche Remington leggeva nella mente.

Ed era una dimenticanza non indifferente, dato che avevano conversato mentalmente per giorni, lui e Remington, quando Leo era andato a salvare Giada dalla base dei ribelli antimonarchici.

Oh no! 

Avrebbe rivelato tutto a Victor, adesso?!

Leo non aveva neanche la certezza di aver eliminato il legame con il principe, che ecco che ne creava un altro con il suo lontanissimo zio?

“Cugino… non andiamo a sdoganare strane parentele, per favore” lo corresse Remington.

-Non entrarmi nella testa!- provò a lamentarsi Leo.

Remington sospirò.

-Victor mi ha ordinato di tenerti d’occhio mentalmente. Tranquillo, non gli rivelerò nulla della Storia che stai cambiando o dei piani di Jediah. Fidati, non è nel mio interesse né in quello di nessun altro oltre a lui- rassicurò Leo delle sue buone intenzioni.

Leo non si fidava del tutto, ma doveva ammettere che Remington, ad eccezione della prima impressione al ballo di Opal, gli era sempre sembrato abbastanza affidabile come telepate, mai troppo invasivo.

Non credeva che sarebbe riuscito a tagliare il legame anche con lui, in ogni caso, quindi era meglio tenerselo buono e cercare di censurare il più possibile i pensieri per sicurezza.

-E comunque, Leo, non è successo niente, non abbiamo litigato- Giada tornò all’argomento precedente, per mettere le cose in chiaro.

-Abbiamo litigato, e mi da fastidio che tu ignori anche questo- sbuffò Remington, incrociando le braccia seccato.

-Wow, hai stancato anche Remington? Fossi in te mi farei un’esame di coscienza- le consigliò Leo, acido.

Sentendosi attaccata su due fronti, Giada si mise sulla difensiva.

-Se proprio vuoi saperlo, Leo. È colpa tua se abbiamo litigato- lo accusò, indicandolo arrabbiata.

-Mi piace dare la colpa a Leo come a tutti, ma non è lui il problema, in questo momento- Remington, con grande sorpresa di tutti, persino di me scrittrice, prese le difese di Leo.

Wow!

Era proprio arrabbiato un sacco con Giada, se no non si spiegava.

-Possiamo non parlarne adesso?!- sconvolta quanto tutti noi, Giada provò a chiudere semplicemente l’argomento e passare ad altro, ma Leo si sporse verso i due, sempre in allerta, ma ormai davvero interessato al drama.

-No, no, parlatene adesso. Sono curioso- li incoraggiò, rammaricandosi di non avere dei pop corn a disposizione.

-Non è il momento! Leo, sono venuta qui per offrirti un salvagente in questa situazione terribile con Victor- Giada però era decisa a cambiare argomento, e passò a quello per il quale era andata lì da Leo, nella sua nuova camera/cella.

Leo era abituato a vederla come la sua salvatrice nelle situazioni difficili, quindi non sarebbe dovuto essere strano, per lui, ritrovarsela lì pronta a salvarlo proprio adesso che era rapito da un pazzo principe guerrafondaio.

Ma persino Leo riconosceva che il tempismo era troppo incredibile.

Si rivolse a Remington, ignorando la ex migliore amica.

-È stata lei a permettere che io venissi rapito da Victor?- chiese, già completamente certo della risposta.

Dopotutto lo stesso Victor gli aveva fatto capire di avere un informatore molto affidabile sugli spostamenti di Leo.

-Sì, ha dato informazioni necessarie- confermò Remington senza esitare neanche un secondo.

Ah! Lo sapeva, Leo!

Lo sapeva che Giada avrebbe preferito vederlo intrappolato da qualche parte, qualsiasi parte, pure da Victor, piuttosto che lasciarlo in giro a combinare danni a Jediah.

-Remington!- si lamentò Giada, offesa che l’amico l’avesse appena pugnalata alle spalle con tale semplicità.

-Ho solo confermato ciò che già sapeva. L’hai detto tu di aver venduto l’anima al diavolo, e oggi sono la Svizzera- si difese Remington, senza alcun rimorso.

-Il cosplay della Svizzera ti sta molto bene- si complimentò Leo, che apprezzava parecchio questo Remington che non gli andava troppo contro.

Anche se doveva ammettere che sembrava un po’ spento, rispetto a prima.

Certo, prima era sempre pronto a dare a Leo dell’imbecille, e si infiammava per tutto, ma adesso sembrava come se non gli importasse di nulla, per qualche motivo.

Anche il suo sguardo era abbastanza spento.

-Okay, va bene, ho capito. Ero venuta qui per aiutarti a scappare da Victor, ma vedo che preferisci essere in trappola, quindi va bene, apposto così. Ci vediamo tra una settimana, allora, quando mi implorerai di aiutarti a scappare e tornare a casa, una volta passato un po’ di tempo in questo postaccio- Giada non ne potè più, e diede le spalle a Leo, uscendo dalla stanza a passi pesanti, furiosa per l’improvvisa alchimia che si era instaurata tra i due sue ex migliori amici, uniti dalla passione comune per andarle contro.

Leo si sentì un po’ in colpa a non averla ascoltata, ma si conosceva abbastanza da temere che se avesse sentito anche solo una parola, avrebbe potuto iniziare a dubitare di tutto.

Giada aveva sempre avuto un grande dono nel convincerlo, soprattutto quando Leo era abbattuto.

-Nah, non credo che ti convincerebbe. Non è molto in forma neanche lei- commentò Remington, alzando le spalle e rispondendo ai suoi pensieri.

Leo evitò di lamentarsi della mancanza di privacy della sua mente, perché era altro a premerlo.

-Cosa è successo tra di voi?- chiese infatti.

Non gli avevano dato molte informazioni, dopotutto.

-Lei mi da per scontato, io mi sono stancato di essere trattato sempre come un fornitore ambulante di informazioni, e la guerra non aiuta, così come non aiuta che i nostri genitori si odiano profondamente, in questo momento- rispose Remington, senza offrire molti dettagli.

-A causa mia, vero?- chiese Leo, un po’ titubante.

Sicuramente il suo intervento nella Storia stava creando parecchi conflitti tra gli dei che lo sostenevano e quelli che lo volevano fuori da lì.

Remington non rispose, e si limitò ad armeggiare nelle tasche, e tirare fuori due pietre rosse dall’intricata sfumatura molto simile a una fiamma.

Leo non aveva mai visto niente del genere.

Ricordavano un po’ l’opale di fuoco della collana di Leo (che per fortuna non gli avevano tolto dal collo), ma la sfumatura era più marcata, ed erano anche molto più grandi.

Una era grande quanto una mano aperta, mentre l’altra, molto più piccola, era metà del suo palmo.

Le porse a Leo con attenzione, ma il cuoco non le prese, e le adocchiò con circospezione e sospetto.

-Sono due pietre fenice, Leo. Prendile. Ti serviranno per il fuoco del camino e per cucinare- spiegò Remington, porgendo le pietre con più sicurezza.

-Non ho intenzione di cucinare- mise in chiaro Leo.

-Lo so, lo so. Ma la stanza diventa davvero fredda di notte, e la finestra è difettosa e si apre alla prima folata di vento, quindi ti consiglio quantomeno di usarle per accendere il fuoco. Le manda Victor- spiegò il semidio, molto pratico.

-Cosa vuole da me?- provò a chiedere Leo, sperando che Remington, sebbene fosse la Svizzera, si rivelasse abbastanza aperto da passare qualche informazione.

Perché doveva ammettere di essere terrorizzato dallo stare lì, senza avere la certezza che Victor non avrebbe usato terribili metodi per farlo passare dalla sua parte.

-Come ti ha detto lui, vuole assumerti. Come ha detto Giada, non è il caso che firmi nessun contratto. E hai un mese prima che passi a metodi non tanto carini per convincerti. Vuole conquistarti con la sua innata gentilezza…- Remington alzò gli occhi al cielo parlando di gentilezza -…ma posso assicurarti che se firmi il contratto volontariamente è probabile che ti tratterà bene per il resto dei tuoi giorni- sorprendentemente Remington si rivelò davvero molto aperto con lui.

C’era qualcosa che non andava.

-E allora perché, nella tua ottica, non dovrei firmarlo?- chiese Leo, notando anche la contraddizione nelle sue parole.

-Perché solo Victor, in tutti i sette regni, vuole che firmi il contratto. Credo che l’unica cosa su cui si trovano d’accordo mio padre e il padre di Yu è che nessuno dei due vuole che resti qui per sempre, anche se per motivi diversi- Remington iniziò a giocherellare con le due pietre fenice che Leo ancora non aveva preso dalle sue mani.

-Sarebbe bello poterlo chiamare per chiederglielo- borbottò Leo, pensando a Jahlee e riflettendo su quanto sarebbe stato utile comunicare con gli dei dalla sua parte.

-Mio padre?- Remington lo guardò scettico.

-Jahlee!- lo corresse Leo, che non aveva mai incontrato Veer, ma non gli stava molto simpatico, a pelle.

-Ti consiglierei di stare attento a questo tipo di pensieri. Lui ti sente. Comunque no, non puoi convocare gli dei fintanto che sei a Valkrest- spiegò Remington, sorridendo appena alla figuraccia che il cuoco aveva appena fatto. 

Leo arrossì appena, imbarazzato dall’essere stato beccato così malamente.

-Tutto qui? Sei venuto a consegnarmi due pietruzze e basta? Non ho una cena da dover preparare, o qualcosa del genere?- chiese Leo, osservando la cucina e poi la porta, come se si aspettasse di veder comparire una scorta armata fino ai denti da un momento all’altro per portarlo chissà dove a fare chissà cosa.

-No, per il momento sei solo confinato qui e io devo avvertire Victor se ti avvicini ai fornelli così che possa prendere un po’ di qualsiasi cosa hai intenzione di cucinare. Per il resto, ti consiglio caldamente di non provare a scappare. Non troveresti mai l’uscita. Goditi la prigionia, Leo. E per mandare a fuoco le pietre, basta sfregare la piccola con quella grande e metterla nel fuoco. Attento a non scottarti- Remington porse le due pietre fenice a Leo con uno sguardo che sembrava ordinargli di prenderle e basta se non voleva che il semidio gliele tirasse in testa, e Leo finalmente prese le due pietre in mano, rimanendo sorpreso da quanto fossero leggere rispetto alla grandezza, e calde.

-Secondo la leggenda l’interno delle pietre è di lava incandescente. Ma nessuno è mai riuscito a romperle per confermarlo. Beh, buona fortuna. Ci sentiamo mentalmente, Leo- finito il suo compito, Remington diede le spalle a Leo e si avviò alla porta, pronto a lasciarlo solo nella sua nuova piccola cella inaspettatamente confortevole.

-Remington…- Leo lo chiamò prima che chiudesse la porta.

Remington si girò, sollevando un sopracciglio in attesa.

-Mi dispiace per Giada. E mi dispiace se sto creando troppi casini- si scusò, sinceramente rammaricato, sebbene non avesse intenzione di smettere con la sua missione.

-Forse è per il meglio, chissà- commentò Remington, alzando le spalle, senza specificare se si riferisse a Giada o ai casini, e poi chiuse la porta alle sue spalle.

Leo sospirò, e si rigirò le due pietre tra le mani.

Come suggerito da Remington, usò la piccola per infuocare quella grande, che mise in fretta nel camino, sperando riscaldasse l’atmosfera e non si esaurisse in fretta.

La piccola poi la posizionò sul tavolo, pronta per ogni evenienza. 

“Curiosità per te, la pietra che hai appena messo sul tavolo è la più piccola pietra fenice esistente” gli arrivò in testa, facendolo sobbalzare.

Remington doveva essere annoiato se iniziava già a tartassarlo mentalmente.

Ma era meglio di restare completamente solo, per certi versi.

“Victor non ha badato a spese” borbottò Leo, sarcastico.

“Considerando che ne esistono solo 777 in tutto il mondo, ringrazia di averne addirittura due” obiettò Remington, difendendo il suo nipotino preferito.

“Guarda che è un altro il mio cuginetto preferito. Bada, cugino, non nipote!” borbottò Remington, e Leo lo ignorò.

“777? Wow…” commentò invece, pensando al numero di pietre fenice.

L’ossessione per il numero sette era davvero assurda, in quel mondo.

Leo diede qualche pacca sulla pietra, in segno di affetto.

-Anche se sei piccola, non significa niente. Sei comunque in gamba- le sussurrò, incoraggiante, prima di mettersi a letto, e iniziare a valutare la sua prossima mossa.

Che dire… era regalmente spacciato!

“Puoi dirlo forte”

E tu, smettila di stare in testa a Leo!

“No!”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Un capitolo breve e di passaggio che annuncia un cambio completo di ambientazione.

Leo è nelle fauci del nemico, ma Victor non sembra volerlo mangiare subito. Vorrebbe mangiare subito i suoi piatti, ma è paziente.

E Giada sembra essersi alleata con lui.

E Remington sembra stare in disparte con i pop-corn e sembra combattuto.

Chissà cosa è successo tra lui e Giada, esattamente. Probabilmente si scoprirà in prossimi capitoli.

Anche se il sunto è che Giada è una persona testarda, cosa che sapevamo già.

Anche se sembrava piuttosto provata… mmmm.

Victor come sempre è inquietante, ma almeno ha offerto un posto decente a Leo dove stare, e addirittura due pietre fenice. 

Chissà come reagirà Daryan alla scomparsa di Leo.

E se Leo riuscirà a portare la situazione a suo vantaggio, ora che è proprio nel fronte nemico.

Spero che il capitolo, sebbene breve e meno interessante dei precedenti, vi sia piaciuto.

Spero di aggiornare presto, Youtube permettendo.

Un bacione e alla prossima :-*

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Mi faccio nuovi amici… circa… in realtà non proprio ***


Mi faccio nuovi amici… circa… in realtà non proprio

 

Leo aveva riflettuto a lungo su come uscire, passando anche quasi tutta la notte in bianco con una serie di piani irrealizzabili su come scassinare una porta, e alla fine aveva deciso di provare con il classico trucco delle forcine nella serratura.

Solo che non aveva forcine.

Quindi aveva ripiegato su strumenti della cucina, che modestamente sapeva usare in modo egregio.

Si era avvicinato alla porta con un arsenale di coltelli, forbici, un pelapatate e in generale qualsiasi cosa potesse servire a forzare una serratura o buttare giù la porta.

Si era rimboccato le maniche.

Aveva armeggiato alla serratura per almeno quaranta minuti.

Si era stancamente appoggiato alla maniglia, irritato dai tentativi fallimentari.

…e la porta si era aperta in tutta tranquillità.

E al momento Leo stava fissando l’uscio spalancato, circondato da inutili utensili che non gli erano serviti a nulla, e chiedendosi perché non avesse provato prima ad aprire la porta che evidentemente non era stata chiusa a chiave.

Ma non aveva senso.

Perché non era stata chiusa a chiave?! 

Leo dava per scontato che Victor l’avesse chiusa.

Che Remington l’avesse lasciata aperta di proposito per aiutarlo a scappare?

“No, Victor ha dato ordine di non chiuderti a chiave perché da per scontato che non riuscirai mai a scappare” gli rispose Remington, sentendosi chiamato in causa.

Leo non sapeva se sentirsi offeso o orgoglioso dal fatto di essere così tanto sottovalutato.

Preferì sentirsi orgoglioso.

Avrebbe approfittato della libertà per scappare in fretta e senza essere intercettato! Victor si sarebbe pentito di averlo sottovalutato.

“Per me ti sopravvaluta”

-E invece no!- si lamentò Leo, tirando fuori la testa dalla camera e guardandosi intorno in cerca di una via d’uscita.

C’erano due strade: destra, o sinistra.

Ed entrambe erano completamente identiche, scure, e senza nessuna indicazione.

“Pensavi che Victor ti avrebbe lasciato un cartello con la scritta ‘uscita’ davanti alla camera?” chiese Remington, che aveva deciso di piantare le tende nella mente di Leo.

“Perché no? Sperare non costa nulla” rispose Leo, stando attento a non parlare a voce alta per non allertare nessuno, e scegliendo la strada a destra.

“Ora chi è che sottovaluta gli altri?” lo prese in giro Remington.

“Invece di giudicare, perché non mi aiuti? Dove devo andare per uscire?” Leo provò ad ottenere supporto. Remington sembrava un possibile alleato, in quel momento.

“Sono la Svizzera, e se proprio prendo le parti di qualcuno, in questa circostanza, quel qualcuno è Victor” gli ricordò il semidio, facendolo sospirare.

“Perché lavori per Victor? È insopportabile” indagò Leo, continuando per il corridoio con attenzione, ma non incontrando nessuno.

C’erano molte porte chiuse, ma nessuna di esse sembrava un’uscita, quindi Leo continuò a camminare, sperando di non perdersi.

“Si prende cura di mia madre” rispose Remington, semplicemente.

“Tiene tua madre ostaggio?!” Leo era indignato. Non credeva fosse così crudele anche con il suo pro-pro-pro-pro-pro-pro…

“Osa pensare che sono suo zio ancora una volta e chiamo le guardie per farti riportare in camera” lo minacciò Remington.

Leo interruppe il pensiero.

“E comunque non tiene mia madre ostaggio! È solo ospite a palazzo. E io ripago questa accortezza aiutandolo quando posso. È pur sempre mio cugino, Leo” Remington poi rispose alle accuse di Leo, che alzò le spalle, accettando la spiegazione.

Poteva capire il sentimento, in fondo.

Suo padre era una pessima persona, ma probabilmente se avesse chiesto aiuto a Leo con qualcosa, il ragazzo lo avrebbe aiutato.

Forse non sarebbe stata la scelta giusta, ma era difficile dire di no alla famiglia.

“Remington, posso chiederti una cosa?” dopo qualche altro passo, Leo si rivolse direttamente a Remington.

“Non ti prometto di risponderti, ma okay” arrivò la replica compiacente del semidio.

Ma prima che Leo potesse trovare il modo giusto di formulare la domanda, si accorse di una porta diversa dalle altre, che era semiaperta, e non sembrava controllata da nessuno.

Una possibile uscita?

Leo dimenticò completamente Remington e la domanda, e si fiondò all’interno, sempre con attenzione, rimanendo però deluso di essere entrato solo nella biblioteca.

Centinaia di libri erano posizionati con cura su grandi scaffali, ma sembravano più impolverati rispetto a quelli della grande biblioteca di Jediah, ed era anche notevolmente più piccola.

Leo fece dietro-front, pronto ad uscire subito da lì, ma poi si bloccò di scatto, e osservò nuovamente i dintorni, con un’idea che iniziava a formarsi nella sua mente.

“Ogni volta che sento le rotelle girare nel tuo cervello, mi spavento” borbottò Remington.

Leo lo ignorò.

La biblioteca sembrava deserta, magari Leo poteva approfittarne per leggere qualcosa, ottenere informazioni, e condividerle con Daryan una volta ritornato a Jediah.

Perché sarebbe comunque riuscito a scappare, prima o poi. Ne era certo.

“Dubito”

Leo continuò ad ignorare Remington, e iniziò a controllare i libri, con una certa curiosità.

C’erano molti volumi di storia di Valkrest e degli altri regni. Alcuni titoli li aveva visti anche a Jediah.

E c’era l’intera collezione della saga di Zia Carlina, una delle più famose dei sette regni, perfettamente impilata in uno degli scaffali principali e più accessibili. Era tenuta davvero bene, ed era chiaro che qualcuno la stesse leggendo, dato che non c’era neanche un granello di polvere.

Leo prese il primo della serie, con espressione nostalgica. La saga gli ricordava troppo Daryan e l’intera corte di Jediah.

Non vedeva l’ora di tornare lì e riabbracciare tutti. Sperava che se la stessero cavando bene nella guerra.

-Lascia subito il libro se non vuoi che ti faccia tagliare la testa!- una voce alle sue spalle lo fece sobbalzare, e per poco a Leo non cadde dalle mani il libro, che si affrettò a rimettere a posto, spaventato.

-Non stavo cercando di scappare!- esclamò in tono acuto, girandosi di scatto e aspettandosi di essere tenuto sotto tiro da un intero esercito con le spade sguainate.

Il suo cuore iniziò a battere a ritmo più regolare quando si rese conto che davanti a lui c’era solo un ragazzino che sembrava avere circa l’età di Gideon, e lo guardava a braccia incrociate.

Aveva i capelli rossi e ben pettinati, corporatura robusta, vestiti molto eleganti, e guardava Leo come se gli avesse appena servito un piatto bruciato.

Nonostante fosse addirittura più basso di Leo e non sembrava particolarmente minaccioso in generale, Leo impallidì come se fosse davvero in presenza di duecento cavalieri in armatura con le spade puntate.

Perché aveva gli stessi occhi del principe Victor.

-P_principe Nikolai?- chiese, in un sussurro, supponendo che potesse essere il fratello minore del suo carceriere.

Il principino assottigliò lo sguardo, e fissò Leo con sospetto.

-Chi sei tu? Come sai il mio…- si interruppe, e sollevò lo sguardo -Ohhh, il cuoco!- esclamò poi, indicandolo con un sorrisino soddisfatto.

Evidentemente Remington aveva fatto la spia.

“Yup”

“Traditore!”

-Ehm… i miei ossequi… non stavo scappando- Leo si esibì in un impacciato inchino, perché comunque il principe Nikolai non gli aveva fatto niente quindi non voleva essere sgarbato con un ragazzino di dodici o tredici anni, e adocchiò la porta che però era alle spalle di Nikolai.

Il principino alzò le spalle.

-Tanto non ci riusciresti neanche volendo. Ho già fatto colazione, ma ti concedo di prepararmi un pasto- lanciò a Leo un’occhiata piena di aspettativa. Il suo tono lasciava intendere che desse per scontato che Leo avrebbe eseguito ogni suo ordine.

Leo era combattuto.

Da un lato non voleva cucinare finché si trovava lì per una questione di principio.

Dall’altro… non aveva niente contro Nikolai, alla fine.

Però se avesse cucinato qualcosa per lui, il principe Victor si sarebbe sicuramente imbucato, e nessun cibo preparato da Leo doveva finire nella bocca del principe Victor.

-Se ha già fatto colazione, principe Nikolai, non è il caso di mangiare ancora. Magari all’ora del tè- Leo provò ad avvicinarsi alla porta, ma Nikolai si mise davanti, sbarrandogli la strada con determinazione.

-Se non mi cucini qualcosa dirò a mio fratello che avevi intenzione di scappare!- lo minacciò, in tono da bambino viziato.

La simpatia di Leo nei suoi confronti si raffreddò.

Doveva immaginare che sarebbe stato viziato. Dopotutto era il fratello di Victor.

-Non credo che il principe Victor vorrebbe che lei mangiasse quando non è orario- ribatté Leo, che ormai aveva una certa familiarità con i ragazzi di quell’età.

Nikolai aprì la bocca per ribattere, e poi la richiuse, senza sapere come obiettare.

Alzò nuovamente gli occhi, sorrise, e replicò con sicurezza.

-È la tua parola contro la mia e quella di Remington!- lo minacciò.

“Da che parte stai?!” si lamentò Leo, irritato.

“Dalla parte di Niky” rispose Remington immediatamente.

“Non eri la Svizzera?” obiettò il cuoco.

“Non con Niky” 

Leo scosse la testa.

Ovviamente non poteva aspettarsi niente da Remington.

Incrociò le braccia, e osservò attentamente il principe, cercando il modo di vincere.

Nikolai lo fissava con un sorrisetto vittorioso e certo che avrebbe ottenuto ciò che voleva.

E improvvisamente a Leo lo colse un pensiero.

Perché il principe era lì da solo?

Insomma, erano in tempi di guerra, c’era uno sconosciuto a palazzo lasciato con la porta aperta non troppo distante, e il principe girava così tranquillo senza una scorta?

Accettava, anzi, pretendeva del cibo da uno sconosciuto alleato del regno rivale che avrebbe potuto avvelenarlo senza troppi problemi?

Non era molto sicuro.

Forse il principe Victor non era molto attento a suo fratello.

“Fidati, lo è” gli rivelò Remington con sicurezza.

“Sa già che ci siamo incontrati?” chiese Leo, facendosi venire un dubbio.

“Eccome se lo sa” ammise Remington.

Oh, quindi era così che Victor teneva d’occhio il fratello: tramite contatto mentale.

Beh, almeno non era negligente.

E Leo fu felice che, nonostante fosse dalla parte di Nikolai, Remington non era completamente da quella di Victor, quindi era disposto a condividere con Leo informazioni su di lui.

“E scommetto che appena cucinerò qualcosa, Victor correrà ad assaggiare, vero?” chiese poi Leo, con un’idea che iniziava a frullargli in testa.

“Yup, e ti prego smetti di avere idee che ogni volta è un trauma” si lamentò il semidio.

“Allora non starmi in testa” 

“Non posso, voglio vedere come va a finire questa situazione” 

Leo ignorò Remington come era sempre piacevole fare (“Antipatico”) e sorrise accomodante al principe Nikolai.

-Va bene, principe. Cosa vuole mangiare? Un dolce, magari?- chiese, con una gentilezza che nascondeva un moto di perfidia molto poco da Leo.

Gli occhi di Nikolai si illuminarono.

-Victor mi ha detto che sai cucinare i dolci che posso mangiare! Sì, fammi un dolce! Con la panna!- Nikolai abbandonò tutta l’aggressività e iniziò a saltare sul posto, entusiasta alla prospettiva di un dolce che potesse mangiare senza problemi.

Leo si ricordava che il principe Victor gli aveva detto che suo fratello aveva problemi con gli zuccheri, e ne tenne conto nella ricetta che stava pensando.

Voleva irritare il principe Victor, ma non voleva fare nulla al piccolo principe.

Era viziato e uno spione, ma era solo un ragazzino.

-Allora ti cucinerò una torta buonissima, ma non dire a tuo fratello che cosa ho fatto, mi raccomando. Altrimenti potrebbe arrabbiarsi che mangi fuori orario- Leo sapeva benissimo che Victor già sapeva tutto (grazie a Remington), ma voleva comunque evitare il principe il più possibile, quindi contava di cucinare, lasciare il prodotto a Nikolai, e chiudersi nuovamente in camera creando un piano migliore per scappare, magari il giorno successivo.

“Sicuro di non voler essere presente per quando Victor si renderà conto del tuo piano?” Remington sembrava divertito.

“Mi basta la consapevolezza” 

“Sei solo un fifone… ma ho detto a Victor di aspettare un po’ prima di raggiungervi, quindi dovresti riuscire ad evitarlo” per fortuna Remington gli coprì le spalle.

Il cosplay della Svizzera gli stava davvero bene.

Era quasi simpatico.

Se solo non fosse suonato sempre così apatico e stanco.

“Io non sono…” iniziò ad obiettare Remington, ma Leo lo interruppe, rivolgendosi a Nikolai.

-Allora attenda che vada a preparare la torta in camera mia. Dovrebbero volerci quaranta minuti. Può aspettare?- chiese Leo, andando verso la porta.

-Ti accompagno! Non vorrei che mi stessi mentendo- Nikolai gli fu subito dietro, e Leo doveva ammettere che ammirava la sua faccia tosta, e soprattutto la sua sicurezza nel seguire uno sconosciuto prigioniero delle linee nemiche in camera sua.

Doveva davvero fidarsi della protezione all’interno di quelle mura.

“Te l’ho detto che Victor ci tiene, almeno a lui” ripeté Remington, abbastanza orgoglioso che il pro-pro… ehm, il cugino non fosse un completo psicopatico.

Mmmmm, era una debolezza che Leo avrebbe potuto sfruttare.

“…Leo?” una lieve nota di panico si avvertiva nella voce mentale di Remington, mentre a Leo tornava in mente un evento della Storia che aveva letto abbastanza di sfuggita, e che non era entrato del tutto nella sua mente.

Quando aveva letto la Storia, i giorni prima di tornare nei Sette Regni, si era concentrato principalmente sugli eventi della guerra, e come impedire la morte dei suoi amici.

Perché se impediva la caduta di Jediah, e la morte di tali amici, tutto ciò che era scritto successivamente non sarebbe sicuramente avvenuto.

Quindi perché ricordare fatti che Leo era convinto che avrebbe impedito del tutto?

Anche se qualcosa aveva letto.

Aveva letto la disperazione di Daryan.

Aveva letto la sicurezza di Victor.

E aveva letto la vendetta… 

Di come il principe caduto di Jediah avesse fatto tutto il possibile per far soffrire il principe Victor tanto quanto Victor aveva fatto soffrire lui, andando a colpire il suo più grande punto debole, nonostante tale punto debole fosse innocente.

Leo non riusciva ad associare il Daryan della Storia al Daryan che conosceva e che amava.

Erano due persone diverse.

Perché il suo Daryan non avrebbe mai fatto ciò che era scritto nella Storia, ne era certo.

Sì, Leo avrebbe a tutti i costi impedito alla Storia di andare come doveva.

E non avrebbe mai e poi mai ferito degli innocenti per punire chi gli aveva fatto un torto.

…Leo non puniva neanche chi gli aveva fatto un torto, sapete come è fatto, quindi era assodato che non avrebbe mai fatto nulla al principe Nikolai, per quanto irritante potesse essere, solo per ferire o manipolare il principe Victor.

-Spero non l’annoi vedermi cucinare- Leo si risvegliò dai suoi pensieri un po’ intrusivi, e sorrise al piccolo principe, uscendo dalla biblioteca, e dirigendosi nella propria camera.

-Mi piace vedere le persone cucinare… posso passare qualche mestolo- si offrì Nikolai -…giusto perché non ho altro da fare- aggiunse poi, tornando snob e accigliato.

Oh, un altro tsundere.

Leo alzò gli occhi al cielo, e non commentò.

Cucinò una splendida e gustosa torta adatta ai diabetici con la panna, come voleva il principe Nikolai.

Una sana e gustosa torta al limone.

E il fatto che il principe Victor fosse altamente intollerante agli agrumi, in particolare al limone, fu solo una stranissima coincidenza, ovviamente.

“Che poi, come fai a sapere le intolleranze di Victor?” chiese Remington una volta finita l’operazione e congedato il principe Nikolai, che sicuramente si sarebbe mangiato mezza torta in poco tempo.

“Quando è venuto a palazzo ci hanno comunicato le sue intolleranze per evitare di cucinare qualcosa di sbagliato. E mi ricordo le esigenze alimentari di tutte le persone per cui cucino” spiegò Leo, con un ghigno per la cattiveria che aveva fatto.

Sapeva essere subdolo anche lui, anche se solo con quelli che per davvero gli davano fastidio.

“Posso dire che hai inaspettatamente un’ottima memoria, sebbene selettiva?” si complimentò Remington, molto tra sé.

“Ricordo le cose importanti” si vantò Leo.

“Beh, non direi, ma fingiamo di sì” lo prese in giro Remington.

In effetti Leo si era dimenticato la sua missione principale della giornata, ovvero scappare.

Beh, l’importante era essere riuscito a mantenere la promessa fatta a sé stesso.

Così era riuscito a nutrire Nikolai e portarlo un po’ dalla sua parte, e Victor non avrebbe assaggiato neanche una fetta di quella meravigliosa torta.

Tiè, Principe Victor!

 

Nell’impresa culinaria, Leo si era appunto dimenticato che doveva scappare, ma il giorno successivo, dopo essersi assicurato che non ci fosse nessuno nei dintorni, e dopo aver scoperto da Remington che Nikolai era a lezione di scherma, pertanto molto distante da quella zona del palazzo, Leo decise di riprovarci, ma questa volta prese la strada a sinistra.

La porta era ancora aperta, dopotutto, e Leo era ottimista.

Il corridoio era esattamente identico a quello di destra, e anche le numerose porte chiuse tutte uguali che sembravano camere.

E non sembravano esserci molti residenti, in generale.

Nel castello di Jediah era quasi impossibile andare in giro senza incontrare nessuno, c’erano sempre cavalieri, o personale intento a fare varie faccende. Invece il castello di Valkrest sembrava decisamente più vuoto e malmesso.

Quasi un castello dell’orrore.

Leo capiva che fossero tempi di guerra, ma comunque l’atmosfera era inquietante.

Ed era troppo comodo che Leo non incontrasse nessuno, sembrava fatto di proposito.

Leo si interruppe sui suoi passi quando sentì un ottimo odore provenire da una porta alla sua destra, che aveva appena attraversato, e che era semiaperta.

Leo entrò senza neanche rifletterci più di tanto, attirato come un segugio.

Ed infatti quella stanza si rivelò essere la cucina.

Ed era probabilmente la zona più bella del castello che avesse visto fino a quel momento.

Sapeva che Valkrest ci teneva alla cucina, ma non si aspettava che sarebbe stata così piena e curata.

Era il sogno di ogni cuoco.

Peccato non poter cucinare per obbligo auto-imposto.

Considerato che era passata da poco l’ora di pranzo, e ancora non si era avvicinata l’ora del tè, Leo non si sorprese che la cucina fosse vuota, anche se un po’ si dispiacque, dato che gli sarebbe piaciuto vedere le cuoche al lavoro.

Ma probabilmente era meglio così.

Doveva concentrarsi e scappare, dopotutto.

…Leo iniziò ad esplorare la cucina.

Suvvia, in questo caso lo possiamo anche scusare. Era una cucina, dopotutto. Il suo personale paradiso.

Alcuni ingredienti erano davvero freschi, e tutti i forni erano alimentati a pietre fenice. Leo aveva usato la sua per cucinare la torta, il giorno prima (la pietra grande e più infiammabile) e aveva constatato che erano davvero un carburante incredibile.

Peccato non averne nessuna a Jediah. Sarebbero state utilissime per cucinare.

-Tu chi sei? Cosa ci fai qui?- una voce femminile e spaventata lo fece sobbalzare.

Ma perché veniva sempre beccato ogni volta che si distraeva un secondo e si metteva ad esplorare?!

Ah, già, perché era stupido e si distraeva e si metteva a esplorare quando avrebbe dovuto scappare, quindi ovviamente prima o poi la gente lo beccava.

Era un castello semi-vuoto, ma era comunque un castello, era normale che le persone andassero in giro.

Era strano che non venisse beccato prima.

-Nessuno! Non faccio niente! Vado subito via!- Leo si affrettò a tirare fuori la testa dal forno che stava osservando con curiosità, e adocchiò l’uscita della cucina.

Ovviamente l’uscita era bloccata dalla figura che aveva parlato, che si rivelò essere una giovane donna vestita da cuoca che portava un pesante sacco di farina e sembrava davvero spaventata da Leo.

-Come sei entrato?- chiese tale donna.

Leo si affrettò a fare un sorriso rassicurante.

-Non hai nulla da temere, stavo solo osservando la cucina. È bellissima, ma adesso tolgo il disturbo, non serve chiamare nessuno, vado via e basta, se mi lasci passare- provò ad essere gentile e incoraggiante, sperando che la ragazza non chiamasse le guardie o, peggio ancora, il principe Victor.

La cuoca lo osservò con attenzione, e sgranò gli occhi quando notò il bracciale sul suo polso.

-Tu… tu sei quel cuoco…- si portò una mano alla bocca, scioccata, e fece cadere il sacco di farina, che si rovesciò al suolo.

Leo agì d’istinto, e si avvicinò per aiutarla.

Era più forte di lui.

-Va tutto be…?- iniziò a chiedere, ma neanche il tempo di avvicinarsi, che sentì un suono estremamente familiare, e si scansò d’istinto appena in tempo prima che un coltello per poco non gli tagliasse la gola di netto.

La cuoca, infatti, aveva afferrato un coltello da cucina da non si sa dove e aveva tentato di ucciderlo così, su due piedi.

Leo cadde a terra, portando una mano al viso dove la lama lo aveva sfiorato, per fortuna colpendolo solo alla guancia.

Il suo cuore batteva furiosamente, non si era neanche del tutto reso conto di cosa fosse successo.

-Non mi aspettavo questi riflessi- osservò la cuoca, ridacchiando -Suppongo che in qualità di cuoco conosci bene i coltelli, e come evitarli- rifletté poi, tirandone fuori un altro da sotto la gonna.

-C_Cos…?- Leo era senza parole, e tremava vistosamente.

L’ultima cosa che si aspettava, onestamente, era di essere quasi ucciso in una cucina da una persona che non aveva mai visto prima e che non aveva alcun motivo di volerlo morto.

-Non dovevi uscire fuori dalla tua stanza, Leonardo il cuoco- lo rimproverò la cuoca, sempre con il sorriso, e rigirandosi i coltelli tra le mani con maestria.

Leo li osservò con attenzione, stando attento ai movimenti della donna in modo da accorgersi nel caso fosse stata sul punto di lanciarli nella sua direzione.

Sì, aveva ancora tre vite, ma… ma… ma in quel momento indossava un bracciale che gli bloccava le benedizioni.

Non poteva usare il ghiaccio di Noella, e probabilmente non poteva neanche curare con la benedizione di Flora, quindi… che le vite di Jahlee fossero bloccate?

Era un’ipotesi da non escludere.

Per tutti gli dei, Leo era stato forse ad un passo da…

Impallidì, e si portò una mano alla gola, che non era stata tagliata per pura fortuna.

-T_Torno subito in camera! Non c’è bisogno di… se mi lasci andare ci torno, giuro- provò a patteggiare, tentando di mettersi in piedi ma con le ginocchia molli.

Non poteva morire così dopo tutto quello che aveva fatto per arrivare fino a lì.

Se moriva non aveva idea di come la Storia si sarebbe andata a risolvere, e poi… Leo non voleva morire.

A volte non sembrava, ma Leo voleva vivere.

Incapace di mettersi in piedi, iniziò ad indietreggiare trascinandosi per terra.

-Non capisco cosa ci trovi il principe Victor in un brutto ragazzo come te. Scommetto che non hai neanche così tanto talento. No, probabilmente sì, perché il principe Victor non vorrebbe mai assumere qualcuno di poco talentuoso. Ma quando ti avrò ucciso, tornerò ad essere io la migliore cuoca del castello, e prima o poi il principe mi noterà- la cuoca aveva un’espressione sognante, e Leo finalmente si rese conto della situazione.

Quella pazza… era una yandere!

Palesemente innamorata follemente del principe Victor.

Leo era spacciato.

-Non ho la minima intenzione di cucinare per Victor, non hai niente da temere!- provò ad evitare le sue manie omicide rendendosi il più possibile innocuo.

Purtroppo il panico gli fece commettere un grande errore di formulazione.

-Come osi riferirti a lui per nome senza usare il suo titolo?!- esclamò la donna, furibonda dalla possibilità che Leo e Victor fossero in un rapporto più intimo di quanto pensasse, sollevando la mano pronta a lanciare il coltello.

Per un secondo, il tempo sembrò fermarsi.

E non per via di qualche potere divino, semplicemente l’adrenalina del momento rese la mente di Leo un po’ più reattiva.

Una cosa da sapere su Leo, cosa che probabilmente in pochi si aspetterebbero, anche se dovrebbe essere ovvia, è che Leo è davvero bravo con i coltelli.

Si può dire che sia un esperto.

Normale, dopotutto, è un cuoco. Ha passato la vita ad armeggiare con i coltelli, sfilettando, tagliando, disossando, eccetera.

Quindi riusciva a controllarli con grande precisione, e li conosceva perfettamente.

Per questo quando aveva sentito il familiare suono di un coltello che veniva sfilato da qualche parte si era scansato in fretta.

E per questo stesso motivo, riusciva a prevedere con assoluta precisione la direzione che avrebbe preso il tipo di coltello che la cuoca yandere utilizzava, ovvero un coltello per disossare con una lama di dieci centimetri e un’impugnatura in ferro non particolarmente spessa.

Non credeva che sarebbe riuscito ad evitarlo, dato che era diretto alla sua testa, e nel panico Leo era indietreggiato così tanto da finire contro un muro.

Ma poteva bloccarlo in qualche modo.

Un modo…

La sua mano non lo avrebbe bloccato definitivamente, e sarebbe probabilmente rimasto a vita con difficoltà ad utilizzarla.

Un braccio poteva colpire un’arteria, e farlo morire.

Braccio..

Bracciale.

Il bracciale!

Calcolando la direzione del coltello, Leo sollevò il braccio e posizionò il bracciale nel punto dove il coltello si sarebbe conficcato, sentendosi molto Wonder Woman.

Sentì un fortissimo dolore al polso, e poi una luce viola, e, un istante dopo, coltello, ragazza e bracciale, che si era rotto nell’impatto, volarono via, lontano da lui, e dandogli qualche secondo di vantaggio.

Leo sentì la mano farsi più fredda, la mente farsi più sicura, e trovò la forza di alzarsi e scappare da lì il più velocemente possibile, creando un muro di ghiaccio davanti alla porta della cucina, per impedire a quella folle cuoca di seguirlo.

Leo era sinceramente terrorizzato, a malapena riusciva a camminare, ed era guidato solo da una forte determinazione e dal panico.

Fino a quel momento non aveva realizzato che la corte del principe Victor potesse essere così pericolosa, e credeva che il nemico peggiore sarebbe stato Victor stesso. E il principe sembrava volerlo vivo e farlo cucinare, quindi non era poi una grande minaccia per la salute di Leo.

Ma se c’erano anche cuoche yandere, era effettivamente pericoloso.

E Leo non voleva morire.

Ed era piuttosto certo di aver perso un’altra vita, rimanendo solo con due.

Doveva andarsene subito, prima di perderne altre.

Presto Leo iniziò a perdersi per i corridoi, che sembravano tutti uguali e gli davano l’impressione di girare intorno.

L’uscita non si vedeva da nessuna parte.

Nessuna guardia sembrava essere in giro, anzi, Leo non trovò proprio nessuno che gli sbarrasse la strada, e in assenza di ostacoli umani, il fatto che non riuscisse comunque a trovare l’uscita sembrava assurdo.

Non poteva continuare così.

E di interpellare il semidio nella sua testa non se ne parlava proprio, perché Leo rischiava di allertarlo, nel caso già non se ne fosse accorto, che stava sinceramente tentando la fuga, e non voleva che la Svizzera avvertisse Victor.

Purtroppo Remington, anche quando era silenzioso, era molto percettivo.

Perché una volta che a Leo sembrò finalmente di vedere un corridoio diverso, e gli sembrò di intravedere l’uscita, una terribile visione gli si parò davanti.

Il principe Victor Vasilev era in piedi, appoggiato davanti alla porta, e controllava un orologio da taschino.

Quando notò l’arrivo di Leo, che si era fermato di scatto non appena l’aveva visto, terrorizzato, alzò la testa su di lui, e si esibì in un sorriso divertito.

-Nove minuti e trentasette secondi. Ammetto che mi aspettavo ci mettessi un po’ di meno, e hai anche corso a perdifiato. Guardati, Lilimon, sei completamente esausto. Come pensi di scappare se ti riduci così solo per raggiungere la prima uscita?- lo prese in giro, in tono zuccheroso, come se Leo fosse solo un bambino poco intelligente a cui si stava rivolgendo.

Ma Leo non aveva intenzione di arrendersi.

Era esausto, senza fiato, terrorizzato, aveva rischiato di morire, e si trovava davanti all’uscita.

Non poteva arrendersi ora!

Sollevò la mano sinistra verso il principe Victor.

-Si scansi, principe Victor!- lo minacciò, pronto ad usare il ghiaccio su di lui.

-Metti caso che mi scanso, poi tu esci dalla prima porta, dovrai affrontare altri due corridoi labirintici prima dell’uscita definitiva, e nella prossima area ci sono una decina di cavalieri che sicuramente ti braccheranno. Hai ben sette minuti di ricarica per il tuo potere, quindi dubito fortemente che potrai usarlo troppo spesso. Cosa pensi di fare?- chiese il principe, sempre molto rilassato e sicuro di sé.

Sembrava solo curioso e divertito dalla fuga di Leo, come se il cuoco fosse un cagnolino che gli stava mostrando un gioco buffo.

E in effetti Leo era in difficoltà.

Non riusciva a ragionare lucidamente.

Tutta la sua prontezza mentale, che in generale non era molto acuta, era servita a liberarsi del bracciale e salvarsi la vita.

Ma non era comunque pronto a mollare.

Soprattutto visto che il principe Victor gli stava dando delle preziose informazioni.

Quindi c’erano diverse aree nel palazzo, collegate tra di loro da singole uscite.

Sembrava essere un castello fatto proprio per evitare che la gente riuscisse ad uscire, come un’immensa prigione.

Il primo pensiero di Leo, ora che finalmente riusciva a stare fermo e riflettere un secondo, fu che avrebbe potuto trovare una finestra e creare uno scivolo di ghiaccio per uscire senza troppi problemi, ma non vedeva uscite nelle vicinanze.

E quando la fuga non era un’opzione, tutto ciò che restava era la lotta.

Leo strinse il pugno, e nella sua mano sinistra si andò a formare un enorme e affilato coltello di ghiaccio eterno.

Victor alzò un sopracciglio, e sembrava davvero sorpreso che Leo avesse scelto quella strada.

-Oh, interessante. E pensi che un coltellino ti aiuterà contro un intero esercito?- chiese, osservandolo con attenzione e analizzando la situazione.

Leo cambiò mano, facendo passare il coltello alla destra, la sua mano dominante, anche se era piuttosto bravo ad usarle entrambe quando si trattava di cucina.

-Sono bravo con i coltelli- provò a minacciare Victor, con la sua espressione più truce -Ora spostati se non vuoi che lo usi contro di te-

Victor si esibì in una risatina, come se Leo avesse raccontato la più divertente barzelletta che avesse mai sentito.

Ma Leo era sinceramente determinato ad usare ogni mezzo per uscire da lì, e avrebbe anche ferito Victor se si fosse rivelato necessario.

Se lo meritava, dopotutto. Non era innocente.

-Sono sicuro che sei bravissimo con i coltelli. Anche per questo sarai il mio migliore cuoco- si complimentò il principe, con un occhiolino fuori luogo, senza muoversi dalla sua posizione davanti alla porta.

-Io non cucinerò mai per lei!- insistette Leo -Si sposti!- si avvicinò di un passo, con il coltello puntato, per dimostrare che faceva sul serio.

Victor abbandonò il sorriso, che lasciò il posto ad un’espressione seria e a tratti scettica.

-Okay, fammi spostare- alzò le spalle, mettendosi più dritto, come pronto ad un combattimento.

La mano di Leo tremò appena, ma cercò di mantenerla ferma. Non aveva mai combattuto contro nessuno con un coltello, ma Victor sembrava disarmato, quindi se Leo riusciva a ferirlo superficialmente, poteva riuscire a rallentarlo abbastanza da superarlo.

Solo che… era pericoloso.

Una mossa sbagliata, e poteva ferirlo troppo.

E Leo non era un assassino.

Non era un violento.

Ma per scappare…

Era legittima difesa, dopotutto, vero?

E se anche avesse ucciso Victor… forse la guerra sarebbe finita ancora prima.

Leo non aveva idea di cosa ne sarebbe stato di lui, ma magari tante persone si sarebbero salvate.

E poi poteva creare abbastanza panico da scappare indisturbato.

Strinse con più forza il coltello e lo puntò verso il collo di Victor, sempre restando però a debita distanza.

-Non sottovalutarmi- lo minacciò.

Victor roteò gli occhi, e gli afferrò improvvisamente il polso, con forza.

Leo si preparò ad essere disarmato, e strinse più forte la presa, cercando di scansarsi.

Ma Victor lo sorprese perché si limitò a posizionare il coltello contro la propria gola, come ad invitare Leo a fare il gesto estremo, servito a lui su un piatto d’argento.

Ma era completamente pazzo?! 

Ma lo sapeva che la gola era il punto più vulnerabile del corpo umano?

Un gesto leggermente impreciso, e Leo avrebbe potuto recidere la giugulare, o la carotide.

Leo combatté al massimo delle sue forze per liberarsi dalla presa e tenere il coltello il più lontano possibile da quei punti pericolosi, ma Victor usò la mano libera per bloccargli l’altro braccio, ed era immensamente più forte di lui, quindi riuscì a tenerlo fermo senza problemi.

Ma a che gioco stava giocando?!

-Se mi colpisci ora, ho dato l’ordine di non braccarti e non colpirti appena varcherai quella porta. Riuscirai a scappare e ti sarai anche liberato di un nemico. Non ti sembra un ottimo compromesso?- gli propose Victor, tornando a sorridere con uno sguardo molto poco sano di mente.

Sembrava un’ottima prospettiva.

E Leo aveva effettivamente valutato, per un istante, ciò che la morte prematura del principe Victor avrebbe potuto portare nei Sette Regni, nella guerra, e in Leo.

Ma tutto ciò non contava assolutamente nulla.

Perché Leo non era un assassino.

Leo non era violento in generale.

E sì, Leo avrebbe potuto colpire la gola ed evitare tutti i punti che avrebbero portato alla morte sicura del principe Victor.

Era bravo con i coltelli, dopotutto.

Ma Leo non avrebbe mai ferito volontariamente qualcuno.

Anche a costo di rinunciare alla sua libertà.

Perché Leo aveva dei principi.

Riuscì a scansare abbastanza la mano da lasciar andare il coltello, che fu afferrato al volo da Victor, che sembrava preparato al suo gesto.

Lasciò andare Leo, che cadde all’indietro, finendo a terra.

I suoi occhi erano velati di lacrime, ed era davvero stremato, sia fisicamente che emotivamente.

-Questa è la differenza tra me e te, vedi? Io sono disposto a tutto per perseguire il mio obiettivo, mentre tu ti fai fermare quando sei ad un passo dal raggiungerlo per meri scrupoli- commentò Victor, rigirandosi il coltello tra le mani e osservandolo con grande interesse.

Leo si asciugò le lacrime, e si alzò lentamente in piedi, adocchiando ancora la porta dietro di lui.

-I miei “scupoli”, le hanno salvato la vita- borbottò, con odio.

-Non sarei mai morto, Lenny. Ti ho detto che vengo sempre io al primo posto- Victor alzò le spalle, tranquillissimo, e superò Leo per avviarsi in direzione della camera.

-Su, torniamo in camera tua. Devi riposarti, medicare quella brutta ferita, e magari cucinarmi una torta senza limone- lo incoraggiò a seguirlo, con il coltello letteralmente dalla parte del manico.

Ma Leo, sebbene avesse dei principi, era comunque determinato, e Victor aveva appena lasciato la porta scoperta.

Non sapeva quanto sarebbe riuscito ad andare lontano, ma era passato già qualche minuto dall’ultimo attacco di ghiaccio, quindi poteva trovare una finestra, aspettare la fine del timer, e poi costruirsi un bello scivolo per uscire.

Purtroppo non fece neanche in tempo ad uscire dalla porta, gesto accompagnato da un sospiro stanco ma per niente sorpreso da parte di Victor, che fu accolto da una fortissima botta in testa, la firma inconfondibile di Brandon.

Fece solo in tempo a maledire tutta Valkrest, prima di svenire sul colpo.

 

Quando Leo si svegliò nuovamente, la testa gli pulsava terribilmente.

Brandon aveva un colpo micidiale.

Riconobbe le coperte di lana e la finestra difettosa della sua camera di Valkrest, e si arrese al fatto che anche quel giorno non sarebbe scappato.

Quantomeno qualcuno gli aveva fasciato sia la testa che la ferita sulla guancia.

-Se mi seguivi senza gesti avventati, questo non sarebbe successo- lo rimproverò una voce al suo fianco.

Leo si ritirò inconsciamente il più lontano possibile dal suo incubo vivente, e si girò verso Victor, che lo fissava in modo inquietante, rigirandosi il coltello di ghiaccio tra le mani.

Era ancora bello solido, nonostante il tempo passato.

Certo che Leo era diventato bravo con il ghiaccio eterno… purtroppo.

Non degnò Victor di una risposta, e si portò la mano alla testa, cercando di alleviare il dolore con un po’ di ghiaccio, che però non riuscì ad evocare.

Si guardò la mano sorpreso, e notò che Victor gli aveva messo una specie di guanto con una pietra rossa.

-In effetti un bracciale che elimina tutte le benedizioni poteva essere rischioso, quindi ho optato per un guanto di fuoco, che intercetterà ogni potere di ghiaccio. E non provare a distruggerlo come hai fatto con il bracciale, perché solo una creatura collegata a Veer può togliere questo guanto. Un artefatto divino davvero molto utile- spiegò Victor, orgoglioso per la sua pensata.

Bene, Leo doveva solo convincere Remington ad aiutarlo.

Quel traditore infame.

Sicuramente non era un caso che non fosse nella mente di Leo, ora che aveva spiegazioni da dare su come aveva fatto Victor a trovarlo così in fretta.

-Ti porgo le mie più sentite scuse per il comportamento della giovane Lily. È una donna molto peperina, ed ero convinto che non sarebbe stata in cucina in quel momento. Non era nei miei piani che la incontrassi- Victor continuò a parlare, sospirando nel menzionare la cuoca yandere psicopatica.

Peperina? Osava davvero definire semplicemente ‘peperina’ una donna che aveva tentato senza la minima esitazione di ammazzare Leo?! E ne parlava con tale nonchalance, come se fosse una normalissima cuoca che aveva fatto un gesto di poco conto.

Ma soprattutto…

-Tutto il resto era nei suoi piani, quindi?- chiese Leo, in un sussurro.

-Sapevo che avresti provato a scappare, e ho solo voluto dimostrarti che non ci saresti riuscito neanche con il minimo livello di sicurezza. Ovviamente da domani ci saranno molte più guardie, e molte più porte chiuse. Cucina e biblioteca saranno ancora alla tua portata, ma non riuscirai a raggiungere nessun altro luogo- spiegò Victor, con estrema tranquillità.

Leo non rispose.

Avrebbe trovato un modo.

C’era sempre un modo.

-Si è fatta l’ora del tè, quindi che ne dici di deliziarmi con qualcosa di gustoso?- chiese Victor, dopo qualche secondo, con un sorriso carico di aspettativa.

Leo non lo guardò nemmeno.

-Io non cucinerò mai per lei- gli fece presente.

-Suvvia, Lando, neanche un dolce di scuse per aver provato ad uccidermi? Dovresti essere grato che ho deciso di non sbatterti in cella e farti torturare per il tuo comportamento. Ti ho anche medicato- Victor fece la vittima, e indicò le fasciature sulla testa e sulla guancia di Leo.

Leo si pentì di non avergli tagliato la gola quando avrebbe potuto farlo.

Nah, non è vero. Non si sarebbe mai pentito di una cosa del genere.

Anche se iniziava seriamente a odiare Victor.

E Leo non odiava molta gente, lo sapete.

-Io non cucinerò mai per lei- Leo decise di restare impassibile e ripetere sempre la stessa battuta, sperando che un giorno il principe si sturasse le orecchie e capisse l’antifona.

-Veramente vuoi fare il difficile nella situazione in cui ti trovi?- chiese il principe, con tono leggermente più duro.

-Io. Non. Cucinerò. Mai. Per. Lei- Leo scandì bene ogni parola.

-Sono passato oltre la questione della torta al limone perché a mio fratello è piaciuta molto, ma dopo aver sprecato un intero pomeriggio per stare appresso ai tuoi capricci da bambino, pretendo qualcosa per ripagarmi. Mi basta anche qualche semplice biscotto. Vienimi incontro, dai- insistette Victor.

Leo si girò verso di lui, senza guardarlo negli occhi per non rischiare un collegamento mentale, e perché non voleva assolutamente degnare quel mostro di uno sguardo.

-Io non cu-ci-ne-rò mai per lei- sillabò, dando enfasi molto particolare a ogni sillaba.

Victor non ribatté, ma Leo notò che aveva stretto la bocca e si era irrigidito.

Era chiaramente irritato.

Si alzò in piedi, e si diresse verso l’uscita.

Leo pregò tutti gli dei che stesse andando via, e che non l’avrebbe rivisto per un bel po’.

Purtroppo per lui, Victor si avviò verso il camino, prese un po’ d’acqua, e spense la pietra fenice che era rimasta lì infuocata a riscaldare la stanza.

…forse Leo avrebbe dovuto pregare solo i suoi tre dei.

Victor infatti prese la pietra fenice grande, quella più infiammabile, e la sventolò davanti a Leo, che cercò di rimanere il più possibile impassibile.

-Se non hai intenzione di cucinare, suppongo che non ti servano ben due pietre fenice per avere una fonte di fuoco. Meglio usarne una per qualcosa di più utile- lo minacciò, sperando di fargli cambiare idea.

Erano un paio di notti che Leo dormiva lì, e con il letto vicino alla finestra difettosa, sapeva quanto importante fosse il fuoco in quella stanza. Senza la pietra fenice che gli offriva un fuoco eterno e caloroso, Leo era certo che sarebbe potuto morire di ipotermia, perché a malapena era riuscito a scaldarsi anche così.

E la pietra fenice che Victor sembrava volergli lasciare era troppo piccola per offrire lo stesso supporto della sorella.

Però si limitò ad alzare le spalle.

-Mi sembra un’ottima idea, principe Victor- fece finta che non gli interessasse, e gli diede le spalle.

Victor intascò la pietra, e si diresse verso la porta, questa volta con l’intenzione di uscire, grazie agli dei (solo tre di loro).

-Sarò in attesa di sentire tue notizie, Leonardo- lo chiamò con il nome completo, con un tono affabile ma chiaramente di avvertimento.

Leo sarebbe morto di freddo prima di chiamarlo per pregarlo di restituirgli il calore e cucinargli qualcosa.

Victor se ne andò sbattendo la porta, e Leo sentì la chiave girare.

Evidentemente la promessa di poter girare liberamente era stata appena revocata, almeno per quella notte.

Leo si buttò nel letto, seppellendo il volto nel cuscino, e combatté l’istinto di piangere.

Non poteva crollare, non poteva abbassare la guardia.

Era troppo pericoloso.

Sollevò appena la testa solo il tempo di controllare il marchio di Jahlee, e notò con orrore, ma non sorpresa, che effettivamente gli erano rimaste solo due vite.

Le stava sprecando troppo in fretta.

Doveva essere più cauto.

Almeno adesso era completamente immune da ogni attacco di Lily, dato che le vite funzionavano a persona, praticamente.

Infatti Jahlee gli aveva detto che se qualcuno provava ad ucciderlo attivando la benedizione, e poi ci riprovava, la benedizione si sarebbe attivata senza sprecare un’ulteriore vita, perché qualcuno che sapeva che Leo era benedetto dagli dei lo avrebbe dovuto lasciare in pace.

Era una magra consolazione, ma Leo doveva aggrapparsi a qualsiasi cosa per sopravvivere lì dentro.

 

Senza il supporto della pietra fenice nel camino, la stanza era diventata fredda molto in fretta, forse troppo in fretta per essere normale.

Beh, considerando che la finestra difettosa si era aperta diciassette volte nel giro di venti minuti, probabilmente era normale che la stanza si ghiacciasse in poco tempo, e per quanto Leo ci avesse provato, non era riuscito ad infiammare la piccola pietra che gli era rimasta.

Forse ne servivano due, forse serviva qualche altro oggetto particolare, o forse la pietra era troppo piccola per infiammarsi, ma Leo non la colpevolizzava, anzi, empatizzava con lei.

Così insignificante che nessuno la considerava, ma comunque estremamente potente.

…sì, comunque inutile in mano a Leo che non sapeva usare le pietre fenice, ma quello era un altro discorso.

Quando la finestra si aprì per la diciottesima volta al minuto ventuno, Leo ne aveva avuto abbastanza.

Non sentiva più i piedi, e la coperta ormai era diventata solida per quanto era ghiacciata.

Prese una sedia, e decise di metterla davanti alla finestra, provando in qualche modo a bloccarla definitivamente, anche se probabilmente non avrebbe retto, e prese in mano la pietra fenice più piccola del mondo cercando un modo, un modo qualsiasi, di farla funzionare.

Si rese conto che nonostante il freddo della stanza, tutta la zona del tavolo dove la pietra era poggiata era rimasto piuttosto tiepido, e la pietra era ancora molto calda al tocco.

Eureka!

Giusto!

Non servivano solo a fare il fuoco, ma erano anche molto calde in generale.

Lava all’interno o qualcosa del genere.

Leo, con un enorme sorriso entusiasta, tenne stretta la pietra tra le mani come fosse il più prezioso dei gioielli, le diede un bacio grato, e se la portò a letto cullandola come una bambina, mettendola poi sotto le coperte e usandola come una borsa dell’acqua calda.

Il miglioramento non fu istantaneo, ma lentamente Leo smise di tremare, i piedi si scongelarono, e si sentì sempre meglio, finché il sonno non lo colse.

E, per la prima volta da tanto tempo, fece un sonno davvero piacevole, privo di incubi.

Sognò la sua famiglia, gli amici lontani, la fine della guerra, un futuro radioso e perfetto.

E un bellissimo uccello dalle piume rosse fuoco che volava in giro, cantando meravigliosamente.

Quanto bene faceva avere un po’ di calore in più…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Beh, che dire.

Una montagna russa di emozioni questo capitolo.

Siamo passati da Leo che fa amicizia con il principino fratellino di Victor, e si vendica con una torta di limone ahah silly, a una MALEDETTA YANDERE PAZZA CHE LO AMMAZZA COSÌ GRATUITAMENTE!

E poi c’è il principe Victor che sembra solo trollare Leo, lol, MA FA UN GIOCHETTO MENTALE E MANIPOLATORIO INQUIETANTISSIMO!

Victor mi inquieta, e sembra anche che inizi un po’ a stancarsi del rifiuto di Leo di cucinare per lui, anche se fuori continua a sorridere.

Insomma, la situazione a Valkrest è decisamente peggio che a Jediah, c’è molta più follia, e sembra di essere in quegli isekai dove il ML è uno psicopatico e c’è molta sindrome di Stoccolma.

Anche se ovviamente Victor non è minimamente un interesse amoroso, per Leo (anche se vorrebbe esserlo).

Comunque spero che il capitolo vi sia piaciuto, nel prossimo arriverà un nuovo personaggio, circa. Qualche teoria? Se ne avete fatemelo sapere nei commenti.

Un bacione e alla prossima! :-*

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Ho affinità con un uccello... perché suona male? ***


Ho affinità con un uccello… perché suona male?

 

Leo si svegliò con il cinguettare degli uccellini e sentendosi avvolto nel calore, e per un attimo pensò che la prigionia a Valkrest fosse stata tutta un lungo e orribile sogno.

Poi aprì gli occhi, ritrovandosi il soffitto nero e inquietante e la finestra spalancata, con la sedia caduta in un angolo, e si rese conto che l’incubo era ancora realtà.

Sospirò, abbattuto, e si mise a sedere stiracchiandosi e cercando di vedere quantomeno il lato positivo della situazione: non sentiva freddo.

Ed era anche la prima volta che sentiva un uccellino cinguettare.

Sembrava anche piuttosto vicino.

…Leo si rese conto dopo qualche secondo di troppo che un minuscolo uccello cinguettante, che sembrava richiedere aiuto e supporto, gli era appollaiato sulla testa, e Leo per poco non lo aveva fatto cadere nel muoversi.

Lo prese con estrema confusione e attenzione, e fu seriamente convinto di essere impazzito.

Che ci faceva un uccellino sulla sua testa?!

E sembrava nato da poco, a giudicare dall’assenza di piume e da quanto fosse piccolo.

E se lo diceva Leo, alto un metro e uno sputo, che considerava grandi i colibrì, era piccolo per davvero.

-Piccolina, che ci fai qui? Come sei arrivata?- chiese, dolcemente, usando istantaneamente il femminile senza neanche sapere lui perché, ma gli sembrava giusto così.

Sapeva che l’uccellina non gli avrebbe saputo rispondere, ma sperò comunque di calmarla usando un tono confortante.

Non che l’uccello avesse bisogno di essere calmato.

Fissava Leo con occhietti semichiusi ed era piegata verso di lui come se fosse Leo la sua mamma.

Per fortuna non sembrava infreddolita, ed era molto calda, ma Leo si premurò comunque di coprirla al meglio, e si guardò intorno cercando un posto decente dove posarla prima di prendere qualcosa da mangiare.

A Leo piacevano gli animali, in linea generale.

In famiglia non si erano potuti mai permettere di prendere un gatto o un cane a causa della casa piccola e del poco tempo a disposizione per prendersene cura, ma era capitato molte volte che Leo andasse al parco e si ritrovasse a dare da mangiare a cani o gatti randagi, che cercavano di seguirlo a casa.

A volte anche scoiattoli e uccellini gli giravano intorno, ed era sempre molto piacevole essere circondato dalla natura.

Sua sorella lo aveva spesso preso in giro dicendo che Leo era la versione maschile di una principessa Disney.

…Isabella gli mancava tantissimo.

In ogni caso, a Leo piaceva prendersi cura di ogni creatura, quindi anche animali, oltre che uomini.

E gli era già capitato una volta di doversi prendere cura di un uccellino molto piccolo, quindi ricordava come fare.

O almeno lo sperava.

Posizionò con attenzione l’uccellino sul tavolo, in un nido di fortuna fatto con un tovagliolo da cucina pulito, e poi si avviò nella piccola dispensa cercando pane o qualcosa del genere da utilizzare, ma c’erano solo ingredienti grezzi per spingere Leo a cucinare lui stesso, e Leo non poteva cucinare niente senza il fuoco della pietra fenice.

Si avviò nel letto per cercare quella piccola pietra che gli era rimasta, anche per metterla vicino all’uccellino per tenerlo al caldo, ma per quanto cercasse attraverso le coperte e il materasso, la pietra fenice non si trovava da nessuna parte.

Cavolo! 

Davvero l’aveva persa così facilmente?!

Okay che era piccola, ma non poteva essere sparita nel nulla.

Un flebile cinguettio attirò la sua attenzione, e Leo decise di pensarci successivamente. Aveva cose più importanti a cui pensare in quel momento.

Per fortuna, dopo un’attenta analisi, riuscì a trovare qualche verme della farina. Erano ottimi come nutrimento per gli uccellini piccoli.

Leo afferrò delle pinzette, si piegò davanti all’uccellino, e iniziò a nutrirlo, stando ben attento a farlo il più delicatamente possibile.

Lei mangiò lentamente, con un certo gusto, e fissò Leo per tutto il tempo con i suoi occhietti semichiusi.

Aveva degli occhi spaventosamente espressivi per essere un uccellino, di un azzurro tendente al verde acqua.

Leo sperò con tutto il cuore di riuscire a prendersi cura di lei.

In quel luogo freddo e oscuro, lontano dai suoi amici e minacciato costantemente, aveva davvero bisogno di sentirsi importante per qualcuno, e di stringere un qualche tipo di legame.

Gli tornò a mente la storia del detenuto e la formica.

Un uomo in cella che passava il tempo addestrando la formica, per avere qualcosa da fare e trovare uno scopo nella sua vita.

Leo sperava solo di non essere impazzito così tanto da immaginarsi l’uccellino.

Ma si sarebbe preso cura di lei.

-Mmmm, dovrei darti un nome, vero? Magari aspetto che ti crescano le piume. Non sono molto bravo con i nomi, e vorrei dartene uno carino- borbottò, finendo di darle da mangiare, e preparando i successivi pasti.

La lasciò nel nido di fortuna e cercò oggetti che potessero formarne uno migliore.

Se era chiuso lì e si rifiutava di cucinare, poteva diventare avicoltore.

Era un bel lavoro anche quello, dai.

 

Leo aveva passato tre giorni interi senza neanche provare ad uscire dalla camera, e stava davvero benissimo.

Il clima esterno era diventato sorprendentemente temperato, perché la camera non si raffreddava più come prima.

Mangiava cibo grezzo che non serviva cucinare.

E stava accudendo una piccola bellissima creatura alata.

L’uccellino stava crescendo davvero in fretta, e aveva già messo le prime piume, di un acceso rosso focoso.

Leo non aveva mai visto un uccello del genere, ma doveva ammettere di non conoscerne tantissimi, quindi non poteva sapere se esistesse quella razza anche nel suo mondo.

E poi, appunto, non era più nel suo mondo, quindi lì la fauna poteva essere diversa.

Improvvisamente, mentre Leo stava preparando le scorte di cibo e chiedendosi se non fosse il caso di andare in biblioteca per prendere qualche libro sugli uccelli, la piccola uccellina sollevò di scatto la testa, e la puntò verso la porta.

Notando il movimento, anche Leo si girò verso di essa, e neanche il tempo di chiedere cosa avesse allertato la piccola, che lei si nascose nel suo nido, e la chiave girò nella toppa.

Leo si irrigidì e si raddrizzò, già pronto ad una eventuale sfida o qualche botta.

Ma quando la porta si aprì, ad entrare non fu né Victor, né Brandon e neanche l’inquietante yandere Lily, per fortuna.

Non furono neanche Nikolai o Remington, purtroppo.

Infatti la visitatrice era Giada.

E Leo non sapeva come sentirsi al riguardo.

Insomma, meglio lei di Victor, ma non era comunque una presenza gradita.

Le lanciò un’occhiataccia, e incrociò immediatamente le braccia, pronto ad una sfida mentale che sicuramente l’avrebbe lasciato distrutto.

Giada era una delle poche persone che riusciva sempre a mettergli la pulce nell’orecchio.

-Leo! Stai bene? Remington mi ha detto cosa è successo! Hai perso una vita?- Giada sembrava preoccupata, e subito si avvicinò all’amico per controllare le sue condizioni.

Leo si scansò dalla sua presa, mettendo un muro.

-Sono passati giorni, non preoccuparti, sto bene- alzò le spalle, come se ciò che era successo non fosse niente di che.

In effetti la ferita fisica alla guancia si era ormai rimarginata quasi del tutto, la testa non faceva troppo male, anche se c’era ancora il bernoccolo, anzi, i bernoccoli dei due colpi presi a pochi giorni di distanza, e nonostante non mangiasse granché, si trovava abbastanza bene fisicamente, in linea generale.

Mentalmente stava decisamente meno bene, ma doveva ammettere che negli ultimi giorni non faceva più incubi, quindi almeno su questo piano poteva tirare un sospiro di sollievo.

E aveva anche un’ottima compagnia.

-Remington mi aveva detto dell’attacco il giorno stesso, ma non sapevo di quanto fosse grave. Victor è proprio folle- si lamentò Giada, rabbrividendo.

-E tu non vedevi l’ora che me ne accorgessi, non è così?- chiese Leo, lanciandole un’occhiata piena di giudizio.

Giada strinse i denti.

-Non volevo che morissi!- provò a giustificarsi, decisa.

-Volevi solo che mi rendessi conto che questo posto è terrificante, e che ascoltassi il tuo grande piano per andarcene così che tu possa recuperare la collana, andare a Jediah per usarla, e tornare a casa così che la dea Kalea poi possa riportare indietro il tempo e la Storia fluisca come deve… giusto?- indovinò Leo.

Erano stati migliori amici per tantissimi anni, e si conoscevano davvero bene. Giada era sempre stata più brava a leggergli nel pensiero, ma anche Leo se la cavava, quando si concentrava. 

…e poi non è che il suo piano fosse un segreto.

Giada sospirò, e si chiuse la porta alle spalle, entrando definitivamente nella stanza e guardandosi intorno.

-La camera è più calda di quanto pensassi- osservò, lanciando un’occhiata al camino spento e alla finestra ancora mezza rotta, anche se Leo era riuscito a chiuderla quasi del tutto con qualche accorgimento e anche un aiuto organico dalla sua nuova amica.

-L’inverno sta andando via, evidentemente- Leo alzò le spalle.

Nonostante la finestra aggiustata, era comunque senza fuoco, pertanto era certo che fosse l’esterno ad essere meno freddo di prima.

Giada aggrottò le sopracciglia.

-In realtà ultimamente ci sono stati picchi di gelo, i cavalieri di Valkrest stanno patendo molto. A quanto pare la dea della neve è molto arrabbiata- commentò Giada, osservando fuori dalla finestra.

Leo non trattenne un sorrisino, pensando a Noella.

-Chissà perché- borbottò, sarcastico, con finta ignoranza.

Giada lo guardò storto.

-Remi mi ha anche detto che non esci da giorni, e ti rifiuti di cucinare a Victor… è pericoloso ribellarsi a lui- osservò Giada, con preoccupazione.

Leo sospirò.

-Senti, perché sei qui?! Dimmelo e basta così la finiamo in fretta, tu te ne vai, e io torno al mio uccellino- tagliò corto, incoraggiando Giada a parlare in fretta.

-Il tuo uccellino?- Giada si guardò intorno, ma la piccolina era ancora nascosta nel suo nido di fortuna, e non sembrava volersi far vedere.

Leo in realtà non voleva nasconderla o altro, ma in effetti non era il caso di far sapere a troppe persone che aveva adottato un uccellino. Se il principe Victor l’avesse scoperta, avrebbe potuto farle del male o minacciarla per convincere Leo a lavorare e cucinare per lui.

E se Giada lo scopriva… Leo non voleva credere che avrebbe ferito una creatura innocente per portare Leo dalla sua parte, ma era disposta a lasciar morire centinaia di persone per far andare la Storia come voleva lei, non ci si poteva troppo fidare.

-Niente, lascia perdere. Cosa vuoi?- Leo cercò di cambiare argomento, e si mise davanti al nido per evitare che Giada lo notasse.

Ovviamente Giada cercò di vedere cosa Leo stesse nascondendo.

-Hai per caso adottato un…?- iniziò a chiedere, ma poi sbatté le ciglia un paio di volte, e decise di lasciar perdere, concentrandosi su Leo -Infatti, lasciamo stare. Leo, so che ce l’hai con me, e lo capisco, ma io sto davvero cercando di fare la cosa migliore per te- guardò l’amico con affetto, e provò ad avvicinarsi per cercare un contatto.

-Non ho bisogno di una mamma che mi protegga- Leo scosse la testa, per niente disposto ad ascoltarla.

-Invece forse ne hai bisogno. Tu hai tante qualità, Leo, ma finisci spesso nei guai, e questo è un guaio davvero grosso. Rischi di rimetterci la vita, e comunque non raggiungerai mai il tuo obiettivo. Gli dei sono troppo potenti- Giada cominciò il solito discorso che faceva sempre per convincere Leo a lasciar perdere.

Iniziava a farsi ripetitivo.

-Ne ho già conquistati tre con la mia missione. Forse ce la farò- Leo rispose, semplicemente, per niente disposto a cedere.

-Tre su sette, e non convincerai mai la dea di Lumai, credimi! E lei è la regina, la prima dea, la più potente di tutti. Smetti di inseguire questa follia, prima che tu venga ucciso. Non oso immaginare cosa il dio della morte potrà farti se dovessi morire qui- Giada sembrava sinceramente spaventata per la sua incolumità, aveva le lacrime agli occhi e tremava appena.

Leo la osservò con una certa attenzione.

Il naso era ancora rosso, segno che era davvero raffreddata, ed era davvero dimagrita troppo in quel poco lasso di tempo, neanche gli abiti pesanti lo nascondevano, si vedeva dai polsi scoperti e dalle dita sottili.

Leo non voleva che stesse così male a causa sua.

Ma allo stesso tempo, non aveva intenzione di ascoltarla e cedere.

-Non sei responsabile per me. Se fallisco, fallirò, ma non vivrò nella consapevolezza di non aver nemmeno tentato- cercò di far capire il suo punto, anche se sapeva che era una causa persa.

-Preferisci morire con la certezza di aver fallito?- e infatti anche Giada insisteva.

Erano due testardi, e quando avevano idee completamente discordanti, e di cui entrambi erano decisamente convinti, non era mai successo che uno dei due cedette all’altro.

Semplicemente smettevano di parlarne.

In questo caso era un po’ difficile.

-Preferirei non morire, in realtà- Leo cercò di farle capire che quantomeno non aveva intenzione di morire e basta sacrificandosi.

Ma Giada lo prese come un segno che stava iniziando a cedere.

-Quindi aiutami ad aiutarti e scappiamo insieme- insistette.

-E permettere che Opal, Gideon, Alex e altri muoiano per colpa mia?!- Leo era esasperato. Possibile che Giada non riuscisse a capire quanto tenesse a quelle persone?!

Erano persone speciali, a Opal e Gideon voleva bene quanto due fratelli, con Gideon aveva un rapporto quasi paterno, per certi versi. Alex era una carissima amica, leale e giusta, che meritava di vivere e stare con la ragazza che amava, magari liberandosi della sua maschera per sempre.

Non poteva lasciarli morire, non poteva proprio.

Giada sembrò illuminarsi.

-Non devono morire neanche loro, non necessariamente- disse, con tono molto d’impatto, che attirò subito l’attenzione di Leo.

-Che intendi?- chiese, cauto.

Non aveva intenzione di ascoltare niente di ciò che Giada avrebbe proposto, ma era la prima volta che sembrava effettivamente volergli venire incontro.

-È di questo che volevo parlarti quando sono venuta qui, qualche giorno fa. Quando ho detto che ho venduto l’anima al diavolo, non stavo parlando di Victor. Ho trovato un accordo con gli dei per salvare i tuoi amici- annunciò, con un grande sorriso incoraggiante.

Leo ci mise qualche secondo a capire esattamente le sue parole, perché sembravano troppo belle per essere vere, e anche incoerenti con quanto successo fino a quel momento.

-Un… accordo? Perché?- se gli dei erano così sicuri di qualsiasi cosa avessero in programma per lui, perché accettare un accordo da Giada? E poi cosa mai potevano volere gli dei da Giada per accettare addirittura di salvare delle persone e compromettere la Storia?

-Agli dei non piace intervenire, e con questo accordo dovranno intervenire il meno possibile e preservare la Storia quasi interamente, quindi è una vittoria assoluta per loro. Praticamente prendiamo i tuoi amici più cari che morirebbero secondo la Storia, li portiamo nel mondo reale, e potranno continuare a vivere lì, con noi. Puoi portarne sette, ma possono anche alzare a dieci se proprio ci tieni. In cambio dobbiamo solo dare la nostra parola, vincolante, che non metteremo mai più piede nei sette regni, non avremo mai più alcun tipo di contatto con persone dei Sette regni, e i nostri mondi saranno chiusi per sempre. Ma comunque salverai Opal, e chiunque altro tu voglia. Non è una vittoria?- Giada sembrava davvero entusiasta dalla proposta.

Leo era inorridito.

Era una prospettiva terrificante.

-Come… come è successo a te e tua madre?- chiese, ricordando il racconto di Jahlee su come avesse salvato Silvia in punto di morte, e l’avesse nascosta al tempio, falsificando la sua dipartita a tutti quanti per assicurarsi che la Storia procedesse come programmato.

Leo non voleva condannare anche Opal, i regnanti, Gideon, Alex e altri a questo terribile destino.

Una vita in un mondo non loro, lontani dai loro cari.

Alex avrebbe dovuto rinunciare a Dotty, Gideon non avrebbe mai più visto gli altri bambini, soprattutto la sorella Daisy.

L’intera famiglia di Daryan sarebbe andata avanti senza di lui, con la consapevolezza che lui li credeva morti.

Leo non poteva prendersi la responsabilità di una cosa così grande.

Non poteva accettare un accordo del genere.

-Sì, esattamente come me e mia madre! Che ne dici, Leo? È un ottimo accordo, vero? Una nuova vita per tutti!- Giada prese la sua domanda come un segnale positivo, senza riuscire ad interpretare l’espressione dell’amico, che era una maschera impassibile che nascondeva piuttosto bene tutto il suo shock per la proposta indecente.

-Per questo hai litigato con Remington?- chiese poi, pensando alle condizioni.

Giada non avrebbe più potuto interagire con il suo amico d’infanzia e cotta. 

Non avrebbe più potuto neanche contattare suo padre.

Riusciva a capire perché Remington si fosse offeso.

Soprattutto perché alla semidea non sembrava importarle affatto dei sacrifici che avrebbe fatto.

Giada strinse i denti e abbassò lo sguardo, ma alzò anche le spalle, come se la cosa non la toccasse più di tanto.

-Remington esagera a fare l’offeso. Lo sapevamo entrambi che questo momento sarebbe arrivato, prima o poi- disse con semplicità.

Leo non le rispose.

La fissava sconvolto.

Chi era la ragazza davanti a lui? Come poteva essere stato il migliore amico di una persona così senza cuore da parlare con tale semplicità di lasciare andare per sempre la persona che amava?!

Perché Giada stava insistendo così tanto?!

Leo non lo capiva!

Se si fossero uniti insieme, Leo era convinto che sarebbero riusciti a realizzare qualsiasi cosa. Erano entrambi determinati, e Giada avrebbe risolto tutte le falle nei piani di Leo. Anzi, avrebbe fatto piani migliori di quelli di Leo perché lei era fantastica.

Non riusciva proprio a capire.

…forse non la conosceva bene come credeva.

E lei non conosceva lui, se credeva davvero che avrebbe accettato una proposta così orribile.

-Mai, Giada- disse, in un sussurro.

-Invece sì che doveva arrivare. Lo sapevamo da sempre! In realtà era già arrivato la scorsa volta, è solo perché c’è stato un imprevisto che sono tornata. Suppongo che rivedermi quando credeva che non mi avrebbe più rivista deve averlo scombussolato. E lo capisco, anche io lo sono, ma ciò non toglie che…- Giada pensò che Leo si riferisse a Remington, e iniziò a sfogarsi al riguardo.

Leo in circostanze normali sarebbe stato felice di sentire i gossip, e sicuramente si sarebbe reso conto che per quanto Giada apparisse forte all’esterno, in realtà era molto turbata dalla prospettiva.

Ma Leo non ci stava troppo pensando, perché doveva chiarire il malinteso.

-Non accetterò mai una proposta del genere- si spiegò, categorico.

Giada si interruppe di scatto, e lo fissò sconvolta.

-Stai scherzando?- chiese, in un tono neutro che faceva presagire una bomba pronta ad esplodere.

-Sono io che dovrei farti questa domanda… come ti è venuto in mente che avrei mai potuto accettare una cosa del genere?! Chi sono io per decidere chi deve vivere e chi deve morire?!- Leo alzò la voce, iniziando seriamente ad arrabbiarsi.

Giada alzò un sopracciglio, guardandolo dall’alto in basso.

-Non è esattamente quello che stai facendo adesso, Leo? Giocare a fare un dio con le vite degli altri e credere di poter cambiare da solo la Storia per salvare i tuoi amichetti? Io te lo sto solo rendendo più facile!- obiettò.

Leo sentì come se gli avesse dato una pugnalata.

Era davvero così che lei vedeva il suo obiettivo? Lui che “giocava a fare un dio”? Leo non voleva essere un dio! Leo non voleva essere il salvatore di Jediah! Se avesse potuto avrebbe affidato la sua missione ad altre persone, benedizioni e tutto. Se avesse potuto, se ne sarebbe rimasto a casa felice e sereno a cucinare. Leo non era una di quelle persone perse nella vita che aveva bisogno di un obiettivo e si aggrappava a quello perché non aveva nient’altro. Leo aveva tantissimo! Aveva una famiglia che amava, una passione che l’avrebbe portato lontano, qualche amico, una situazione economica decente, e tante altre cose.

Ma non poteva distogliere lo sguardo di fronte a qualcosa di ingiusto.

Non poteva arrendersi quando sapeva che delle persone erano in pericolo.

Non poteva fare finta di niente se conosceva il futuro e poteva cambiare le cose.

Non si trattava di essere un dio!

Si trattava di fare la cosa giusta!

-Io voglio cambiare la Storia per salvare quante più persone possibili, non solo per i miei amici!- disse, nel modo più elementare possibile.

Giada sembrava sul punto di scoppiare.

-Ma non è meglio salvare quantomeno i tuoi amici invece di condannarli tutti quanti? Saresti comunque il salvatore dei regni- provò comunque ad essere ragionevole.

-Non è vero! Morirebbero tutti a causa mia- insistette Leo, che non avrebbe ceduto di un centimetro.

Quella missione era troppo importante per farsi venire i dubbi.

E poi sapeva che nessuno avrebbe mai acconsentito a lasciare i Sette Regni e i loro cari nel disordine solo per salvarsi la vita.

Alex era troppo cavalleresca, Gideon stava acquisendo un forte spirito di sacrificio e senso di protezione, mentre la famiglia reale non avrebbe mai abbandonato il proprio regno e soprattutto Daryan.

Tutti avrebbero odiato Leo se avesse provato a salvarli contro la loro volontà.

Ma ovviamente a Giada non importava.

Perché Giada riusciva a convivere con le persone che la odiavano perché faceva di tutto per salvarle (vedasi Leo stesso).

Ma Leo non era Giada, e questo è assodato.

-Non morirebbero per colpa tua! Non sei tu ad ucciderli- obiettò Giada, decisa, innescando un veloce botta e risposta.

-Ma sapere che morirebbero e non fare niente per aiutarli è omissione di soccorso ed è come essere complici della loro morte-

-Stai andando contro forze più grandi di te. A volte va bene essere egoisti e pensare prima alla tua vita rispetto a quella di altri. Se sai già che fallirai, perché devi provarci?-

-Perché non so se fallirò! Potrei riuscire a convincere gli altri dei, o quantomeno gli uomini. Gli dei non possono intervenire troppo, no? Andrebbe contro le loro regole. E se gli dei vanno contro le regole per obbligarmi a seguirle, farebbero solo il mio gioco e sarebbero ipocriti- Leo spiegò la sua logica inattaccabile.

Sapeva di avere poche possibilità, ma voleva giocarsele tutte.

-Pensi che agli dei importi qualcosa di passare per ipocriti quando possono radere al suolo l’intera umanità?! Laasya vuole la tua testa su un vassoio dorato, e Veer non vede l’ora di dargliela a fine mese- Giada iniziava ad irritarsi così tanto che non le importava più evitare di nominare gli dei.

A Leo tremò il labbro inferiore al pensiero, ma non si diede comunque per vinto.

-Manca ancora abbastanza tempo, riuscirò a scappare o, chissà, magari anche a convincere Veer ad unirsi alla mia causa- Leo alzò le spalle.

Non aveva molte speranze di riuscirci, ma non aveva comunque intenzione di arrendersi.

Giada sospirò, stanca.

-Hanno un piano che non può fallire, Leo. Fidati, lo so- rivelò a denti stretti.

-Se lo sai perché non me lo dici? Così posso evitare che accada- provò a suggerire Leo, pur sapendo che non avrebbe ricevuto molta collaborazione.

Giada rimase in silenzio. Non sembrava proprio capace di parlare.

Chissà, forse non poteva farlo per via di qualche strano accordo divino.

Leo decise che almeno per quello poteva darle il beneficio del dubbio.

-Quando funzionerà e io fallirò potrai dirmi “te l’avevo detto”, ma per il momento io continuerò per la mia strada- Leo si avviò alla porta e la aprì in chiaro segno di congedo. 

Fu sorpreso nel notare un vento fresco venire dal corridoio, come se il palazzo riscaldato dalle numerose pietre fenice fosse più freddo della sua camera dalla finestra mezza rotta.

Mmmm, strano.

-Non potrò dirti così- borbottò Giada, senza dare segno di voler uscire.

-Perché sarò morto?- chiese Leo, con un lieve tremore, ripensando anche a Payas e alle sue risposte evasive sull’argomento.

Beh, quantomeno avrebbe teoricamente conosciuto Payas prima di morire, dato che non si erano incontrati ufficialmente, quindi aveva un po’ di tempo fino a tale incontro… a meno che non cambiasse il passato, cosa possibile. Leo non voleva troppo pensarci.

-Sono venuta qui perché vorrei evitare che il piano del dio del fuoco abbia successo, ma se tu non accetti volontariamente di lasciare i sette regni e non scappi via con me, non posso aiutarti- Giada sembrava aver abbandonato l’approccio aggressivo e sembrava sinceramente supplicante e spaventata.

-Non voglio il tuo aiuto, non mi serve- Leo aprì maggiormente la porta.

-Non ti rendi conto del pericolo che corri a restare qui? Soprattutto se ti ribelli e non cucini per Victor, quel pazzo potrebbe farti davvero male- Giada aveva quasi le lacrime agli occhi.

Leo ripensò alla presa sul suo polso mentre il principe puntava il coltello di Leo alla sua stessa gola.

Era stato terrificante.

Ma Leo iniziava a capirlo un po’, e non credeva che Victor gli avrebbe fatto male direttamente, non era nel suo stile.

Lanciò un’occhiata verso il nido di fortuna. Finché riusciva a proteggere la piccola uccellina, non aveva nulla da temere.

E quando sarebbe stata abbastanza grande da volare, Leo l’avrebbe liberata nella natura, e non sarebbe stata più in pericolo.

Visto quanto in fretta sembrava crescere, poteva essere in grado di volare in meno di cinque giorni.

E l’avrebbe protetta fino ad allora.

-Perché pensi che non posso farcela, Giada?- chiese, con un sospiro, rendendosi conto di essere ferito non solo dall’incuranza che la sua migliore amica sembrava avere per il prossimo, ma per la totale assenza di fiducia che aveva nei suoi confronti.

Leo era abituato alle persone che lo consideravano una nullità buono a nulla, ma si aspettava che almeno la sua migliore amica sarebbe stata sempre della sua parte. 

E invece aveva ricevuto più fiducia e supporto da persone che a malapena lo conoscevano o che si erano dimenticate di lui piuttosto che da Giada.

-Perché è una faccenda più grande di tutti noi, Leo!- ripeté Giada, esasperata.

Ma c’era altro sotto, questo Leo lo sapeva.

-È perché tu non ce l’hai fatta, e quindi sicuramente non posso farcela neanche io perché sono inferiore a te?- suggerì, ripensando a ciò che Jahlee gli aveva raccontato. Di come Giada avesse provato a cambiare la Storia quando era piccola, e di come alla fine avesse iniziato a vederla solo come un libro. Gli sembrava impossibile credere alle parole del dio, quando vedeva Giada così.

E sembrò colpire nel segno, perché Giada ci mise qualche secondo a rispondere.

-Non è quello che sto dicendo! Voglio solo proteggerti- negò con convinzione, scuotendo la testa. Sembrava più che altro voler convincere sé stessa.

-Non voglio che mi proteggi. Voglio che mi sostieni e mi aiuti! Non è forse quello che fanno gli amici? Sostenersi? Pensavo che la nostra amicizia fosse quel legame che ci vede uniti contro il mondo. E invece vuoi solo sostenere il mondo contro di me- la accusò Leo, puntandole il dito contro e alzando esponenzialmente la voce. Non gli importava di far sentire il litigio anche fuori da quella stanza. Che tutti sapessero quanto fosse pessima la sua migliore amica.

-Sei ingiusto, Leo!- si lamentò lei, offesa.

-E tu sei incoerente!- Leo sostenne il suo sguardo.

Si fissarono qualche secondo, e nessuno aveva la minima intenzione di cedere.

Alla fine, Giada sospirò, e fece un passo indietro.

-Ho cercato di avvertirti e di aiutarti, Leonardo. Ma non mi vuoi ascoltare. Aspetterò la fine del mese, lascerò che Veer attui il suo piano per sconfiggerti, e quando ti troverai a supplicare, ricorda che avresti potuto evitare tutto questo- lo minacciò, in tono basso ma davvero inquietante, dandogli le spalle in maniera molto drammatica.

Se non fosse stato un momento così pesante, Leo l’avrebbe quasi trovata comica, nella sua serietà melodrammatica, ma era effettivamente un momento teso, e riusciva a sentire tutta la forza della sua minaccia.

-Non mi pentirò mai di provarci, Giada. Alcune battaglie vale la pena combatterle fino alla fine- puntò i piedi, drammatico quanto lei, ma molto più serio.

-Non avrei mai dovuto mandarti qui…- fu l’ultima cosa che Giada disse, prima di chiudersi la porta alle spalle.

E le sue parole furono una vera doccia fredda.

Perché la frase di Giada non era solo un segno della sua rabbia per ciò che Leo stava facendo, ma un’ammissione che avrebbe preferito lasciare che Leo morisse piuttosto che arrivare a quella situazione.

E sentire la persona che Leo aveva considerato la sua migliore amica per anni affermare una cosa così grave, gli spezzava il cuore più di quanto il ragazzo volesse ammettere.

“Non lo intendevo! Dei, perché l’ho detto?! Non lo intendevo per niente!” gli arrivò una voce disperata in testa, che parlava con la tonalità di Giada, e lo fece sobbalzare e guardare intorno.

Non aveva parlato, di questo era certo, lo aveva sentito come aveva sentito sempre Remington.

Leo si guardò intorno, e si controllò per assicurarsi di non avere orecchini sospetti, né nuovi marchi divini di qualche tipo.

Sembrava normale.

Ma da dove era venuta quella frase?

“Remington?” Leo provò a chiedere, pensando che magari Remington gli aveva trasferito in qualche modo ciò che Giada stava pensando.

Il semidio però non gli rispose.

Era in silenzio stampa, quei giorni.

Che avesse solo immaginato quella frase, tanto era il suo desiderio di aggrapparsi follemente alla speranza che la sua migliore amica fosse ancora, in fondo, sua amica?

Leo decise di lasciar perdere, e si avvicinò al nido per controllare le condizioni dell’uccellina.

Lei lo fissò con una certa preoccupazione, beccandogli con affetto le dita.

-Hai fame, piccola? Dovrei presto darti un nome, non mi piace continuare a chiamarti piccola o uccellina- osservò, provando a distrarsi, e dandole qualche altro vermicello, che lei mangiò con gusto.

-Mmm, hai le piume rosse… Ruby? Tipo un rubino… no, meglio di no, non voglio pensare alla pietra di Valkrest. Magari qualcosa tipo il fuoco… Flame? Scarlet? Il rosso?- iniziò a pensare a qualche nome, sforzandosi per quanto glielo permettesse la sua mente stanca.

Non era bravo a creare nomi, come avete visto dal suo “Leah”. Era bravo a ricordarli, sì, ma a crearli… meh.

-Mi piacerebbe darti un nome che ha a che fare con il cibo… magari Pizza? Mi piace Pizza! Pizza Margherita detta Pizza, Marghe, o Rita! O Cherry, oppure, senti questa, che ne dici di Red Velvet?!- Leo non trattenne uno sbadiglio.

Era davvero stanco,  sempre di più.

Strano, eppure aveva dormito bene.

L’uccellino lo guardava intensamente, con i suoi profondi occhi azzurro mare.

Gli si avvicinò, e gli si posò sulla mano, accarezzandolo con il volto, affettuosamente.

-Mmmm, sai che sei davvero intelligente? Sei tanto dolce…- Leo sbadigliò di nuovo, e si alzò per andare a mettersi a letto.

Aveva chiaramente bisogno di un riposino.

Portò Cherry, Pizza, Red Velvet, Scarlet o Flame con lui, e la mise sul comodino, con dolcezza.

-Sai… i tuoi occhi… hanno lo stesso colore dei miei… carino- osservò Leo come ultima cosa, prima di chiudere tali occhi e cadere in un profondo e necessario sonno ristoratore.

“Dormi, maestro. Solo sogni belli accompagneranno il tuo sonno” sentì una voce femminile sussurrargli nella mente, con gentilezza.

Gli ricordava la voce di sua madre.

Cavolo quanto gli mancava.

E sognò proprio lei, e Isabella, durante una cena in famiglia dove cucinava una bella pizza margherita.

-Ci sei mancato tanto, Leonardo, ma hai fatto davvero bene a non arrenderti- gli disse sua sorella, abbracciandolo con affetto.

-Già, sei un vero eroe. Sono molto orgogliosa di te- annuì sua madre, mangiando con gusto una fetta filante di pizza.

Fu un sogno meraviglioso, che lo fece svegliare pieno di determinazione.

 

-Eddai, voglio solo andare in biblioteca. Tornerò subito- Leo aveva sottovalutato una cosa importante nel prendersi cura dell’uccellino. Ovvero i problemi di attaccamento che erano sopraggiunti ora che il ragazzo aveva deciso di uscire finalmente dalla stanza.

Aveva un po’ paura, ma Giada aveva lasciato la porta aperta, e voleva cercare informazioni su come prendersi cura al meglio della piccola volatile.

Inoltre non poteva certo trovare il modo di scappare se restava tutto il giorno chiuso in camera.

Solo che la piccola volatile in questione aveva deciso che non ne voleva sapere di lasciarlo andare, ed era attaccata a lui con tutta la forza del suo becco, che era molto più di quanto Leo avrebbe pensato considerando la sua stazza.

-Non voglio rischiare che ti vedano, Red Velvet!- Leo provò a ragionare con lei. 

Era davvero intelligente, e a volte Leo aveva l’impressione che gli leggesse nel pensiero.

Probabilmente a causa dell’imprinting che avevano avuto il primo giorno.

Infatti alla replica di Leo, Cherry rispose arrampicandosi con le zampette su di lui e posizionandosi nella tasca del suo pantalone.

Leo sospirò.

-Ti vizio troppo, Pizza. Non va bene- cedette al suo capriccio, chiedendosi come avrebbe fatto una volta che avesse avuto figli suoi.

Beh… se fosse sopravvissuto abbastanza da averne. Possibilmente con Daryan. Chissà come erano le leggi sull’adozione nei Sette Regni, soprattutto riguardo ai principi.

-Andiamo, Flame- Leo si preparò psicologicamente, fece un profondo respiro, e uscì fuori dalla porta.

Sembrava che avessero cambiato la conformazione del palazzo. Le porte precedentemente chiuse erano sparite del tutto, ed erano rimaste solo le serrature, a malapena visibili nei muri. Evidentemente tutte le porte che Leo aveva visto chiuse non erano chiuse a chiave, e quando ciò accadeva si mimetizzavano. Era davvero interessante. 

Inoltre, proprio davanti alla porta di Leo, c’era l’ultima persona che Leo avrebbe voluto vedere. Una persona che sebbene non fosse la più irritante dei Sette Regni (quello era sempre Victor) era senz’altro la più spaventosa, e probabilmente la più pericolosa. Ed era Brandon.

E sì, Leo avrebbe preferito vedere Victor piuttosto che Brandon.

Almeno Victor non era un pazzo che maltrattava i bambini… a quanto ne sapeva Leo.

Appena i loro occhi si incrociarono, Leo sparì nuovamente in camera sua, per niente intenzionato ad interagire con quel mostro.

-Finalmente sei pronto a cucinare, cuoco? Se lo chiedi per favore, potrei anche restituirti la pietra, se mi va- purtroppo Brandon lo notò, e lo fermò afferrandogli il braccio e facendolo irrigidire.

-In realtà non ho intenzione né di cucinare né di richiedere la pietra fenice, fa abbastanza caldo in camera- Leo provò a tenergli testa, ma la voce uscì molto più tremante di quanto avrebbe voluto.

Brandon gli lanciò un’occhiata di ghiaccio.

-Non riesco a credere che il principe Victor non ti abbia ancora imprigionato per la tua impudenza. Meriteresti di essere gettato nel vulcano- sibilò con odio piuttosto evidente, che aumentò il tremore di Leo. Tra lui e la cuoca che l’aveva quasi ucciso, Leo non avrebbe saputo dire chi fosse più pericoloso, ma probabilmente Brandon avrebbe potuto farlo a fette più violentemente… e poteva ancora ucciderlo, a differenza di Lily.

-Perché sei qui?- chiese Leo, sperando fosse una casualità o quantomeno una cosa temporanea.

-Il principe Victor mi ha assegnato come tua guardia del corpo per evitare spiacevoli incidenti- Brandon fece un ghigno che rese chiaro che fosse lì più per assistere con i pop-corn ad eventuali incidenti piuttosto che per fermarli.

-Posso rifiutarmi e affrontare da solo gli eventuali e inevitabili incidenti?- chiese Leo in un sussurro, guardandosi intorno come se la cuoca pazza fosse appostata pronta ad attaccarlo di nuovo da un momento all’altro.

-Tra i due sono io quello più infastidito dalla cosa, fidati- Brandon alzò gli occhi al cielo.

Leo decise di non obiettare.

-Posso andare in biblioteca?- chiese, già pronto a rientrare in camera nel caso si fosse rivelato proibito.

Non è che ci tenesse così tanto.

-Spero per prendere qualche libro di cucina per preparare un banchetto per il principe Victor- rispose Brandon, squadrandolo con sospetto.

A Leo già mancava Chevel.

I primi tempi in cui gli aveva fatto da scorta lo guardava storto anche lui, ma non lo aveva mai afferrato con tale brutalità e tenuto per il braccio tutto quel tempo.

Iniziava a perdere la sensibilità.

-Se perdo un braccio sarà difficile cucinare- si lamentò, provando a scansarsi.

Brandon lo lasciò, non prima di averlo stretto un po’ più forte per qualche secondo.

Leo era certo di essersi appena procurato un enorme livido.

Si allontanò di qualche passo dal cavaliere, pur restando vicino alla sua porta.

-Comunque no, voglio solo prendere qualche libro sulla cura dei volatili- spiegò le sue intenzioni, portando inconsciamente una mano sopra la tasca del pantalone dove Scarlet era nascosta.

Brandon non trattenne una risata di scherno.

-E per cosa? Per trovare il modo migliore di ucciderli e cuocerli poi?- lo prese in giro.

Leo rabbrividì al solo pensiero di cuocere Pizza.

Sì, le pizze si cuocevano bene, ma non la sua Pizza Margherita! O Red Velvet, Scarlet, Flame, Cherry e qualsiasi nome le avesse effettivamente dato.

Era ancora incerto su quel punto.

Scosse la testa.

-A dire il vero in questi giorni di riflessione ho trovato la mia vera vocazione, e ho deciso che non farò mai più il cuoco, ma l’avicoltore. Devo solo studiare e trovare qualche uccellino da dove cominciare- non trattenne la lingua, anche se sarebbe dovuto essere molto più cauto. Stava pur sempre provocando Brandon, dopotutto.

Ma sapete gli istinti suicidi di Leo. Più una situazione è pericolosa, meno riesce a trattenere il sarcasmo e le provocazioni.

-Fossi in te terrei a freno la lingua. Ma puoi effettivamente andare in biblioteca e in cucina. Prego, ti seguo- Brandon gli fece cenno di precederlo, e Leo iniziò ad avviarsi, stando ben attento a stare a dovuta distanza da Brandon.

Non voleva ripetere l’esperienza di ricevere una botta in testa. Poteva rivelarsi letale se veniva colpito troppo spesso.

Raggiunse la biblioteca senza intoppi, e si sorprese di trovarla più affollata della scorsa volta. 

Il principe Nikolai era seduto ad un tavolo e sembrava parecchio annoiato mentre un giovane uomo dalla pelle scura, lunghi capelli castani pettinati in modo molto particolare, e un monocolo che gli dava un’aria sofisticata, leggeva con enfasi un tomo che sembrava piuttosto noioso.

Ma la visione che più spaventò e attirò l’attenzione di Leo, in quella stanza, fu l’inconfondibile figura di Lily, la cuoca assassina, che stava allestendo una tavola pronta per la merenda pomeridiana.

Nessuno si era ancora reso conto che Leo era entrato, quindi il cuoco provò ad approfittarne per fare dietro front e tornare in camera.

Avrebbe aspettato la sera e sarebbe tornato quando ci sarebbe stato meno affollamento.

Purtroppo per lui, Brandon era alle sue spalle, ed era molto più rumoroso.

-Buon pomeriggio a tutti! Leonardo il cuoco è arrivato!- lo annunciò ad alta voce, e Leo si dovette ripetere qualche volta come un mantra che Brandon poteva farlo a fette con facilità per convincersi a non tirargli una sberla.

E la tentazione era comunque forte.

Perché i tre soggetti si girarono tutti verso Leo.

Nikolai sembrò illuminarsi, e si alzò senza neanche chiedere a quello che chiaramente era il suo professore, che lanciò due occhiate nei confronti dei nuovi venuti. A qualcuno un’occhiata indefinibile che sembrava però curiosa, all’altro uno sguardo di odio puro.

Visto l’andazzo, Leo suppose di essere il destinatario dello sguardo di odio.

E il secondo sguardo di odio, questa volta privo di dubbi, venne anche dalla cuoca, che tirò immediatamente fuori uno dei suoi coltelli, ma evitò di tirarlo, forse perché c’erano troppi testimoni, forse perché aveva capito che sarebbe stato inutile.

-Buon pomeriggio a tutti, che Veer vi protegga- Leo fece un inchino medio e un saluto cortese, stringendo i denti per evitare di mostrare tutto il suo fastidio, e venne subito raggiunto da Nikolai.

-Lo sai che io sono imparentato con il dio Veer? La mia famiglia è discendente di uno dei suoi figli- si vantò, atteggiandosi.

-Mi è stato riferito, principe Nikolai- Leo gli sorrise.

-Così è lei il cuoco di cui tutti parlano. I miei ossequi, è un piacere fare la sua conoscenza. Il mio nome è Luke, e sono il precettore del principe e bibliotecario del regno di Valkrest- si presentò il maestro, con un inchino del terzo tipo.

Quantomeno era cortese, ma Leo non si fidava di nessuno, lì dentro, quindi si impose di restare sull’attenti.

-Il piacere è mio- rispose secco -Chiedo perdono per l’intrusione, cercavo solo un libro- iniziò a guardarsi intorno in cerca della sezione sui volatili, ma non vedeva niente che potesse fare al caso suo.

-Che mi cucini, oggi? Victor ha detto niente agrumi, puoi farmi qualcosa al cioccolato?- Nikolai lo guardò con occhi brillanti e carichi di aspettativa.

Leo esitò.

-Purtroppo temo di non poter cucinare nulla per lei, principe Nikolai. E poi la sua merenda è pronta- Leo indicò il tavolo pieno di cibo che Lily aveva finito di sistemare con estrema cura.

Fissava Leo con talmente tanto odio che se il cuoco non fosse stato immune a lei, probabilmente sarebbe morto di nuovo sotto il peso di quello sguardo assassino.

-Ma Lily non cucina bene quanto te! La torta dell’altra volta era deliziosa! Lei invece fa sempre le stesse cose- si lamentò Nikolai, molto viziato.

Leo ebbe un moto di empatia verso la cuoca che l’aveva ucciso, perché se si fosse trovato al suo posto, probabilmente ci sarebbe rimasto davvero male.

E poi ciò che aveva cucinato sembrava davvero valido. L’impiattamento era stupendo.

-Facciamo un accordo, principe Nikolai. Oggi mangia ciò che Lily ha cucinato per lei, e domani le preparerò dei muffin deliziosi. Dobbiamo preservare il cibo, giusto? Siamo in tempi di guerra, dopotutto- provò a ragionare con lui, e principalmente a prendere tempo perché doveva trovare il modo di cucinare senza pietra fenice, e soprattutto evitare di dare da mangiare a Victor.

Lily continuava a guardarlo con odio nonostante Leo stesse cercando di aiutare anche lei, ma il cuoco non ci fece troppo caso.

Alla fine gli bastava non essere preso nuovamente di mira.

Nikolai non sembrava felice dell’accordo. Sicuramente non era abituato a sentirsi dire di no.

Sia Brandon che Luke, il bibliotecario, fissavano Leo con espressioni molto serie e preoccupanti, facendolo sentire davvero una formichina in mezzo a quattro formichieri che stavano solo aspettando il loro turno per mangiarlo.

Inconsciamente portò una mano in tasca, dove il suo uccellino, caldo e confortante, gli diede qualche beccata affettuosa e rassicurante.

-Così avrò il tempo di preparare una ricetta davvero deliziosa, piena di cioccolato ma che non le farà male. Al momento non ho in mente i giusti ingredienti e non uscirebbe un piatto così buono. Invece con un po’ di tempo potrebbe uscire il mio capolavoro culinario- cercò di convincerlo con doti oratorie che non possedeva del tutto ma un grande sorriso incoraggiante.

Notò che Luke, alle spalle di Nikolai, stava scuotendo la testa per niente convinto dalle tecniche di Leo, ma con grande sorpresa di tutti e quattro gli adulti nella stanza, Nikolai annuì.

-D’accordo! Ma domani voglio quei dolci! Ti verrò a trovare direttamente in camera tua e li voglio trovare pronti!- cedette il principe, dando le spalle a Leo e dirigendosi verso la tavola imbandita, dove fu accolto da una sorridente Lily, che lo servì e riverì come un principe… in effetti era un principe.

Forse Leo si prendeva un po’ troppe confidenze con le famiglie reali di quel mondo.

Beh, l’importante era essere riuscito a prendere tempo fino al giorno successivo.

Si diresse verso gli scaffali e iniziò a cercare qualche libro sugli uccelli.

-Che tipo di volumi le interessano?- chiese il bibliotecario, raggiungendolo con un sorriso affabile e grande disponibilità.

-Eh…- Leo non ne era molto certo neanche lui, e soprattutto non si fidava affatto delle persone di quella corte. Non voleva dare qualche informazione da usare contro di lui.

-Libri sugli uccellini per diventare avicoltore- rispose Brandon per lui, prendendolo in giro con una ridicola imitazione della sua voce e del suo atteggiamento, con movenze femminili stereotipate.

Leo gli lanciò un’occhiataccia ma non osò più di ciò.

-Oh, preferisce un manuale sulla cura e allevamento o un volume enciclopedico sui tipi di uccelli dei Sette Regni?- chiese Luke, facendo cenno a Leo di seguirlo verso una zona un po’ isolata della biblioteca dove evidentemente avrebbe trovato ciò che cercava.

-Entrambe le cose, se possibile- borbottò Leo, sempre molto sull’attenti, anche se al momento il bibliotecario si stava rivelando la persona più gentile in quel castello.

Anche Persian, a Jediah, era stata la prima persona con la quale Leo aveva legato, escluse le cuoche e la principessa, e per certi versi si somigliavano, anche se avevano un’energia diversa, e qualcosa, nell’atteggiamento gentile e affabile di Luke, gridava pericolo verso Leo.

Solitamente non era bravo a percepire le minacce, ma decise comunque di ascoltare il suo istinto e non avvicinarsi troppo.

Non poteva permettersi di perdere un’altra vita.

-Per delle conoscenze di base consiglio questa semplice enciclopedia con ogni specie in poche parole, divisa per famiglie, e per la cura c’è questo manuale- Luke prese due libri e li porse a Leo, che li prese con attenzione.

-La ringrazio, Sir Luke- Leo fece un inchino medio.

Luke però lo fece immediatamente alzare.

-Oh, non c’è bisogno, non sono un nobile- ammise, un po’ imbarazzato -Puoi chiamarmi semplicemente Luke. Dovrei essere io ad inchinarmi- 

-Sono solo un cuoco- Leo scosse la testa e alzò le spalle. Non capiva proprio quell’atteggiamento nei suoi confronti, e lo metteva un po’ a disagio.

-Un cuoco insignificante, oserei dire- aggiunse Brandon, che aveva seguito Leo tutto il tempo, e aveva iniziato a sfogliare un libro con noia e una traccia di disgusto.

Leo non obiettò, ma alzò gli occhi al cielo, irritato.

Chevel gli mancava sempre di più. Quando era stato lui ad accompagnarlo ovunque, era molto più silenzioso.

-Brandon, ci lasceresti soli, per piacere? Controlla che Lily non tartassi troppo il principe Nikolai- Luke si rivolse a lui con un sorriso e un tono zuccheroso, ma Leo percepì il gelo e il cambio repentino nelle sue intenzioni.

-Il mio ordine è di controllare questa roba- Brandon non si scompose, e mise una mano sulla spalla di Leo come a reclamarlo, facendolo irrigidire completamente.

-E puoi farlo senza tallonarlo come un cagnolino scodinzolante- lo provocò Luke, sempre mantenendo il sorriso.

Il cuoco si sentiva in mezzo a due fuochi.

Parlavano con molta più tranquillità rispetto a come Persian e Chevel avessero mai interagito tra loro, ma c’era un odio celato ma evidente che dava l’idea che stessero per saltarsi al collo a vicenda, e non per dimostrarsi affetto, ma per recidere l’uno la gola dell’altro.

Leo non voleva finire come scudo umano, quindi strinse i libri al petto come se lo potessero proteggere, sperando che Brandon se ne andasse, ma allo stesso tempo temendo anche di restare da solo con il bibliotecario.

Chissà cosa voleva da lui…

Non sarebbe mai dovuto uscire dalla camera! 

-Ricorda che io non prendo ordini da te, fertilizzante- dopo qualche secondo di lotta di sguardi, Brandon posò il libro alla peggio su uno scaffale a caso, senza neanche chiuderlo, e diede le spalle a Leo per tornare alla zona principale della biblioteca, lasciando il cuoco solo in compagnia di Luke.

Dopo un paio di secondi di silenzio, Leo si sentiva già soffocare.

E aveva paura di perdere un’altra vita.

Iniziò ad indietreggiare.

-Beh, allora… io…- provò a congedarsi, indicando un punto generico dove sperava si trovasse la porta d’ingresso per uscire finalmente da lì con i suoi libri.

-Se vuole chiedere qualcosa riguardo ai volatili del regno di Valkrest, non esiti a chiedere. Sono sempre disponibile ad offrire le mie conoscenze a chi ha bisogno- Luke si mise a disposizione, di nuovo affabile, e di nuovo molto più gentile.

Il cambio di atteggiamento era troppo evidente, e quasi disorientante.

-Perché mi tratta così?- chiese Leo, senza riuscire a trattenersi, troppo confuso per essere cauto.

Luke allargò il sorriso, come se Leo avesse chiesto esattamente ciò che lui voleva.

-Chiedo scusa se ho mostrato un comportamento poco consono, ma vede, Brandon non è un nobile a sua volta, quindi a livello di etichetta non è obbligatorio usare formalità. E, che resti tra noi, non credo che il cavaliere la meriti particolarmente- Luke gli si rivolse con grande confidenza, come se fossero già amici.

Per caso anche lui gli leggeva nel pensiero?

-Neanche io sono un nobile, non deve essere formale con me- provò ad obiettare.

-Ma lei è stato benedetto da ben tre divinità. È sorprendente e inaudito. Chiaramente è una persona molto importante, alla pari di un semidio- Luke gli si avvicinò abbastanza da riuscire ad osservare il marchio che Leo aveva sul collo, e che cercava di coprire al meglio senza particolare successo.

-Non direi così importante- Leo provò a sminuire, e provò ad indietreggiare nuovamente, ritrovandosi però a sbattere contro uno scaffale pieno di libri, che rischiò di far cadere.

Era finito inavvertitamente in trappola.

Di nuovo.

Leo controllò le mani di Luke per assicurarsi che non ci fosse un coltello, e sperò che non decidesse di usare un veleno perché quello poteva davvero rivelarsi mortale.

-Invece lo è… posso chiedere cosa comporta la sua terza benedizione? La dea Flora deve avervi dato un potere straordinario- Luke sollevò la mano verso il collo di Leo, e il cuoco si ritirò, temendo volesse strozzarlo.

Per sua fortuna, Luke si limitò ad abbassare il colletto della sua maglia per osservare meglio il marchio, con occhi brillanti.

-Sa, provengo da Fring, quindi ho sempre avuto un immenso rispetto per la dea della natura. Ha a che fare con le piante? O con la cura? Magari con la moltiplicazione?- continuò a parlare, affascinato.

-Non è nulla di utile a Valkrest o al principe Victor, questo è certo- Leo lo scansò, e Luke fece un passo indietro, alzando le mani in segno di resa.

-Le mie scuse. Il mio entusiasmo a volte ha la meglio su di me. Sono fortunato ad aver ottenuto un posto tanto meraviglioso in questa corte, visto il mio carattere- Luke abbassò lo sguardo, un po’ imbarazzato.

-Pare che il principe Victor adori le persone con un carattere esuberante- Leo strinse i denti pensando anche a Lily. Quella corte era composta di gente davvero matta.

-Come lei. Sarà un piacere lavorare al suo fianco, Leonardo Rinaldi- Luke fece un medio inchino, e Leo lo prese come un segno che era stato congedato.

Bene, Leo, scappa finché sei in tempo. Chiuditi in camera e crea una strategia per i muffin del giorno successivo. Pensa ad un modo di accendere un fuoco per cucinare, e prova a sopravvivere senza provocare nessuno…

Ovviamente Leo non seguì il mio consiglio.

-Non lavorerò qui- ci tenne a sottolineare, con sguardo truce.

Luke ridacchiò.

-Già, l’avevo detto anche io prima di firmare il contratto. Ma non mi sono pentito neanche un secondo di averlo fatto- affermò con tono nostalgico.

Leo iniziò a preoccuparsi per lui.

Che fosse stato ipnotizzato? Che la corte di Valkrest fosse una specie di setta? Avrebbe spiegato i comportamenti instabili di quasi tutte le persone che Leo aveva conosciuto.

-Ha imprigionato anche te?- chiese, con una certa empatia.

Luke scosse la testa.

-Certo che no! Mi ha fatto solo un’offerta davvero ottima, che mi ha letteralmente rivoluzionato la vita. Sono certo che anche lei si renderà conto del vantaggio che otterrà nel lavorare qui- spiegò con convinzione, e sembrava davvero il membro di una setta.

Meglio scappare.

-Sì, certo… come no- Leo scosse la testa, e si girò per uscire.

-Spero che riuscirò ad assaggiare un suo piatto, prima o poi. Le auguro una buona giornata e venga da me se ha bisogno di qualsiasi cosa- lo salutò Luke, cortese, incoraggiante, e senza perdere neanche un secondo il sorriso, almeno finché Leo rimase a portata di vista.

Perché nel momento in cui sparì dietro lo scaffale, l’espressione rilassata e affabile lasciò posto all’odio più totale, rivolto al libro che Brandon aveva posizionato male, che il bibliotecario si affrettò a mettere in ordine.

-Pezzo di sterco di scimmia…- borbottò tra sé.

Leo però non lo sentì, e si avviò verso la porta, il più in fretta possibile e cercando di non attirare l’attenzione di Nikolai, Lily e Brandon, che erano riuniti al tavolo.

Loro ovviamente lo notarono subito.

-Leo, dove vai? Che libri hai preso? Resta qui un altro po’- gli chiese Nikolai, l’ultima cosa più un ordine che una domanda, facendogli cenno di raggiungerlo.

Leo sospirò silenziosamente, e gli si avvicinò lentamente.

-Solo un paio di libri sui volatili per una ricerca personale- spiegò, mostrando i libri.

-Oh, il mio uccello preferito è la fenice!- esclamò Nikolai, con un grande sorriso.

-È anche il mio, principe Nikolai- si aggregò immediatamente Lily, con tono zuccheroso e lanciando a Leo un’occhiata di sfida come se fossero in competizione.

-Una creatura meravigliosa che rappresenta la bellezza del regno- annuì Brandon, anche lui molto lecchino.

Leo ci rifletté più a lungo.

Non aveva mai visto una fenice, quindi non poteva dare giudizi, anche se sicuramente erano creature meravigliose.

Ma voleva essere più realista nella risposta.

E aveva sempre avuto un uccello preferito, nel suo mondo.

-A me piacciono i merli, hanno un bellissimo canto- disse, guadagnandosi due occhiate truci da Lily e Brandon.

Nikolai sembrava sorpreso.

-Oh… capisco- probabilmente non era abituato a persone che avevano un’opinione diversa dalla sua.

Ma a Leo i merli piacevano davvero. Anche se era probabilmente perché sua madre gli aveva passato la passione. Lei era molto più esperta di volatili, e ogni tanto gli dava informazioni al riguardo, commentando i cinguettii degli uccelli che sentivano, o l’aspetto di quelli che vedevano per strada.

Ora che Leo aveva un uccellino suo personale, sapeva già che la sua specie sarebbe diventata la preferita di Leo, appena si fosse reso conto di quale fosse, ma per il momento ripiegava ancora sui merli.

Ulteriori discorsi vennero bloccati sul nascere dalla porta della biblioteca, che si aprì facendo arrivare una nuova persona, che Leo non si sarebbe mai aspettato di vedere.

-Principe Nikolai, è richiesto per la sua lezione di scherma, il prima possibile- annunciò, a testa bassa e con voce roca.

-Clay?!- esclamò Leo, sorpreso, riconoscendo il bambino che lo aveva tradito, la ragione per la quale era finito lì.

Non si aspettava che fosse stato catturato anche lui, e a giudicare dall’espressione terrorizzata di Clay non appena sollevò lo sguardo su Leo riconoscendolo, non si aspettava neanche lui di rivederlo tanto presto.

Leo non sapeva proprio come sentirsi al riguardo.

 

Remington era particolarmente distratto, quei giorni. E chi poteva biasimarlo, dopotutto.

Difficile fare le cose con cognizione e impegno quando si sapeva già con assoluta certezza che tutto sarebbe stato inutile e niente sarebbe durato.

Almeno questa volta non sarebbe rimasto con la consapevolezza della linea temporale che aveva lasciato, quindi non sarebbe stato l’unico a ricordare qualcosa che nessun altro, o quasi, poteva conoscere.

Quindi perché entusiasmarsi e godersi qualcosa che sarebbe stata completamente cancellata dal tempo e dalla sua stessa mente?

Pertanto il semidio viveva quei giorni nella completa e totale apatia, senza troppo pensare a cosa faceva, cosa diceva, e le informazioni che si lasciava sfuggire. Non avevano conseguenze, dopotutto.

-Remington, mi stai ascoltando?- una schicchera sulla tempia lo riportò alla realtà, svegliandolo dai suoi pensieri depressi, e la realtà era la sala del trono, dove Victor stava comunicando strategie che già conosceva mentre accarezzava dolcemente la gigantesca pietra fenice al centro della sala, che fungeva da colonna e focolare.

Emanava calore, ma era sempre costante da quando era stata posizionata lì, e non aveva mai dato guizzi particolare, anche se Victor sosteneva che si faceva ogni giorno più calda.

-No, puoi ripetere?- chiese, a voce bassa, osservando la pietra ma non osando avvicinarsi. Victor si sarebbe arrabbiato molto se qualcun altro oltre a lui e la sua famiglia avesse toccato quel cimelio.

Remington era parte della famiglia, per certi versi, ma era concorrenza, ed era  meglio non finire nella lista nera del principe mostrandosi come una minaccia.

Anche se dubitava fortemente che potesse effettivamente essere una minaccia, per Victor.

Almeno riguardo le pietre fenice.

-Devi smettere di pensare ai tuoi problemi di cuore. Non dovresti dare così tanto potere su di te ad una semplice ragazza- lo rimproverò Victor, scuotendo la testa.

Remington alzò gli occhi al cielo.

-E il cuoco, allora?- lo provocò, in un sussurro che non prevedeva che Victor sentisse o rispondesse.

-Il cuoco è solo un divertimento, non è così importante da determinare le mie scelte- si difese immediatamente il principe, senza esitare neanche un istante.

Ovviamente no, Remington lo sapeva.

L’unica persona più importante di Victor, per Victor stesso, era Nikolai.

E forse neanche lui l’avrebbe mai convinto a fare qualcosa che potesse intaccare i suoi obiettivi. 

Era troppo determinato.

Anche se forse, in realtà, non era determinato abbastanza, a giudicare dallo stato della pietra fenice, e dalla consapevolezza che Remington aveva del fatto che tale stato non sarebbe mai cambiato.

Sospirò.

-Di che parlavi?- tornò al dunque, stanco di discutere su Yu, Leo e quella orribile situazione.

-Ti avevo appena chiesto com’è la situazione a Jediah e se ci sono novità dai tuoi informatori inconsapevoli al palazzo reale- ripeté Victor, dando qualche colpetto alla pietra fenice.

Remington ascoltò una serie di conversazioni e pensieri mentali dalle poche persone con le quali aveva stretto un legame e lavoravano a Jediah, ma non c’erano novità degne di nota. Il principe e i suoi più stretti collaboratori erano molto attenti a non far trapelare notizie importanti fuori dalla loro cerchia ristretta.

Un pensiero di una delle cuoche attirò la sua attenzione in modo particolare.

“…potrebbe essere morto e non hanno intenzione di fare nulla! Non è giusto!” 

-Sono preoccupati per Leo, ma non c’è nessun programma di mandare una qualche missione di recupero, almeno per il momento- avvertì Victor, sperando che questo lo convincesse ad abbassare un minimo le difese al palazzo. Non che fosse dalla parte di Leo, ma non lo odiava così tanto da essere felice che fosse scortato costantemente da Brandon.

Brandon era in assoluto la persona peggiore che Remington conoscesse. L’unico suo tratto redimibile era la sua ferrea lealtà verso Victor… e non era esattamente una qualità particolarmente positiva, dato quanto terribile fosse Victor stesso.

-Chissà perché il mio Leo è così attaccato a delle persone a cui non importa assolutamente nulla, di lui. Beh, in effetti dovrei esserne felice, significa che è capace di lealtà, qualità rimarchevole- Victor sorrise al pensiero.

-Peccato che la sua lealtà risieda in altre persone- borbottò Remington, molto tra sé.

-Per ora. Prima o poi lo piegherò e cucinerà sempre per me. In un modo o nell’altro firmerà il contratto. Ho mai fallito nell’ottenere ciò che voglio?- Victor era sicuro di sé.

E la cosa peggiore era che aveva ogni motivo per esserlo.

Remington scosse la testa.

-No, mai- ammise, stando ben attento a non aggiungere “finora” alla fine della frase.

-Comunque non importa se non sappiamo i loro spostamenti, questa guerra la vinceremo noi, e quando avrò raggiunto il mio obiettivo e ucciso il principe Daryan, finalmente l’uovo si schiuderà, ne sono sicuro. È sempre più caldo- Victor diede una carezza alla pietra fenice, e Remington si trattenne al massimo per non alzare gli occhi al cielo.

Avrebbe voluto prenderlo per le spalle, guardarlo negli occhi, e affermare con la massima sicurezza che non sarebbe mai riuscito a risvegliare la prima fenice da un millennio.

E non perché non credesse nella determinazione di Victor, ci credeva eccome, ma sapeva con assoluta certezza che non avrebbe mai risvegliato la fenice, perché la Storia non lo prevedeva.

E non prevedevano nessuna futura rinascita.

Le fenici infatti erano estinte, e non c’era modo di riportarle in vita, anche se le loro uova erano sempre pronte a schiudersi, ed erano ben settecentosettantasette.

Ma solo una persona dotata di una determinazione rimarchevole sarebbe riuscita a far schiudere una pietra fenice, ed era oltremodo impossibile che capitasse.

Così, le preziose uova in letargo venivano usate come semplici pietre, e in pochissimi sapevano della loro vera identità.

E Victor era convinto di poter risvegliare l’uovo più grande e potente di tutti solo con la forza della sua determinazione e il raggiungimento della sua enorme impresa.

E chi era Remington per rovinargli le speranze?

E poi, se anche avesse voluto farlo, gli dei lo avrebbero punito in qualche modo, e Remington non voleva prendere parti e fare casini.

Gli andava bene il suo ruolo da osservatore.

-Sarai il migliore padrone di una fenice del mondo- disse distrattamente, facendo un salto nella mente di Brandon per controllare la situazione fuori dalla camera di Leo, che sembrava tranquilla.

-A proposito di essere padroni di qualcuno… novità da Leo? È finalmente uscito dalla camera?- chiese Victor, con un brillio che raramente Remington gli aveva visto negli occhi.

Era più ossessionato da Leo che dalle sue solite fisse.

Povero Leo.

Remington entrò nella mente di Leo, ma non c’erano fati degni di nota.

In effetti, da qualche giorno, Leo era tutt’altro che degno di nota.

Non era morto perché continuava a pensare, ma i suoi pensieri erano effimeri e davvero pochi e lenti.

A volte la sua mente sembrava completamente vuota.

-Sì, ma non ha fatto granché. Non ha incontrato nessuno oltre a Brandon e non ha cucinato nulla- riportò, alzando le spalle.

Tornò però a concentrarsi su Leo, cercando di scavare più a fondo nella sua mente e trovare ricordi e pensieri di cui a malapena si rendeva conto.

-E che sta facendo adesso?- chiese Victor, curioso.

-Penso che dorma- rispose Remington, confuso dalla quasi totale assenza di informazioni che poteva raccogliere.

-Dorme spesso, ultimamente… forse dovrei far portare quantomeno una coperta in più, non voglio mica che muoia di ipotermia- rifletté il principe, avviandosi fuori dalla sala per dare gli ordini, e lasciando Remington concentrato sulla mente di Leo.

Era… strano.

Davvero molto strano.

Era come se i pensieri che riusciva a prendere da Leo non fossero completi.

Come se qualcuno li stesse intercettando.

Ma chi mai poteva essere così potente da manomettere il potente legame del semidio della mente!? Nessuno era ai suoi livelli!

O meglio… solo due esseri erano superiori a lui: suo padre Veer, e una eventuale fenice che aveva scelto di collegarsi a Leo.

Ma era oltremodo impossibile che Leo avesse risvegliato una fenice dalla pietruzza che gli avevano lasciato, mentre suo padre non poteva agire liberamente fino alla luna piena.

Quindi… sicuramente era solo suggestione.

Remington stava dormendo troppo poco, ultimamente, era chiaro, e i sui poteri funzionavano meno bene.

Si avvicinò alla più grande pietra fenice dei sette regni, e osò sfiorarla con un dito.

Era calda, ma ancora completamente addormentata, ed era evidente che non avesse intenzione di schiudersi.

Sospirò, un po’ abbattuto.

Non avrebbe mai visto una fenice dal vivo, di questo era certo da tutta la vita.

Beh, almeno una creatura tanto potente non sarebbe stata collegata ad un uomo tanto crudele quanto Victor.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Ora ho bisogno del vostro aiuto! Volete dare un nome all’uccellino domestico di Leo che si rivelerà il suo animaletto da compagnia e lo renderà sempre più simile a una principessa Disney per il resto della storia? 

Allora rispondete al sondaggio, ci sono tanti nomi tra cui scegliere e il più votato sarà quello ufficiale! 

Ma fatelo prima del prossimo capitolo perché la splendida uccellina dovrà avere un nome ufficiale: SONDAGGIO

E già che ci siete potete rispondere anche alle altre domande sulla storia :D

Era da un po’ che non facevo un sondaggio.

Parlando del capitolo… Leo ha un animaletto da compagnia che sicuramente non si rivelerà essere una fenice…

Giada aveva un piano che però Leo non ha intenzione di seguire neanche morto.

La corte di Valkrest è ben poco sana di mente, in linea generale.

E Clay è stato catturato anche lui. Interessante. 

Oh, e mentre Victor prova a risvegliare fenici, Remington non sembra riuscire a leggere bene la mente di Leo. Che le due cose siano in un certo modo collegate?

Spero che il capitolo (anche parecchio lungo) vi sia piaciuto. Spero di riuscire a pubblicare presto il prossimo, e lasciate un commento se vi va, a me fate un sacco piacere :3

Un bacione e alla prossima :-*

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4034859