Un diavolo a Roma parte II - L'Inferno può attendere

di AlbAM
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tutto a posto? ***
Capitolo 2: *** Ops! ***
Capitolo 3: *** Guai in vista ***
Capitolo 4: *** Vecchi Amici ***
Capitolo 5: *** Qualcuno se ne va ***
Capitolo 6: *** Rivelazioni ***
Capitolo 7: *** Un tempo eravamo guerrieri ***
Capitolo 8: *** Le cose si complicano ***
Capitolo 9: *** Coinquilini un po'... particolari ***
Capitolo 10: *** Farewell Arianna! ***
Capitolo 11: *** La spia ***
Capitolo 12: *** Un gruppo di ribelli ***
Capitolo 13: *** Gli ultimi chiarimenti ***
Capitolo 14: *** Qualche mese dopo ***
Capitolo 15: *** Il dannato ***
Capitolo 16: *** L'attacco ***
Capitolo 17: *** La Furia di Akenet ***
Capitolo 18: *** I figli degli Arcangeli ***
Capitolo 19: *** In cerca di Safet ***
Capitolo 20: *** Nel mezzo del cammin... ***
Capitolo 21: *** Antichi rancori ***
Capitolo 22: *** Una notte piena di sorprese - Parte 1 ***
Capitolo 23: *** Una notte piena di sorprese - Parte 2 ***
Capitolo 24: *** L'esercito della strega ***
Capitolo 25: *** L'alba di Adel e Akenet ***



Capitolo 1
*** Tutto a posto? ***


Capitolo I


Tutto a posto?



La ragazza bruna uscì frettolosamente dalla camera che si affacciava sul lungo e buio corridoio dell'appartamento costruito negli anni del boom edilizio e si diresse verso il bagno. Un'inquietudine sorda la tormentava mentre passava davanti alle porte chiuse delle altre stanze. Avvolta nel silenzio delle sei del mattino, poteva sentire chiaramente il battito accelerato del suo cuore.

Raggiunto finalmente il bagno si sfilò la succinta sottoveste con cui aveva dormito, poco a dire il vero, e si concesse una doccia veloce.

L'acqua calda ebbe su di lei un effetto calmante, il battito cardiaco rallentò, ritornò quasi normale.

Ma non era il caso di rilassarsi troppo, doveva vestirsi velocemente e uscire di lì al più presto.

Scostò la tenda della doccia, uscì un po' infreddolita e si avvolse nell'asciugamano. Alzò lo sguardo per cercare il phon e si accorse che una creatura alata, completamente nera e dagli occhi rossi, la fissava attraverso lo specchio.

“Aaaaaah!” urlò terrorizzata.

"Aaaargh, che cavolo succede!" urlò a sua volta la creatura.

Alba si voltò costernata "Per la miseria Aza, ma perché diavolo hai questo aspetto spaventoso?"

Azaele si guardò allo specchio "Ops, scusa tesoro, ero mezzo addormentato e ho fatto un po' di confusione con il mio aspetto infernale…" si interruppe e fece un piccolo sorrisetto ammiccante mentre tornava umano.

"Di un po', ma sei nuda lì sotto?" domandò avvicinandosi.

"Aza, non ci provare, devo andare a lavoro e sono spaventosamente in ritardo. Oggi abbiamo pure un incontro di allineamento attività con Veggetti. Lo sai che entro in ansia quando c’è lui di mezzo!"

See, hai paura di quell’idiota?” ridacchiò il demone agguantando l'asciugamano che la copriva e tirandoglielo via con un gesto elegante.

"Aza… ti ho detto che…" non riuscì a finire la frase perché si ritrovò schiacciata contro il muro, con Azaele che le baciava il collo.

"Aza dai, lo sai che devo timbrare prima delle otto!"

"E allora? Sei una strega, correggi la timbrata, no?" replicò Azaele sollevandola senza sforzo e portandosi le sue gambe intorno alla vita.

Alba sospirò e provò ancora a protestare ma con meno convinzione "Odio quando provi a tentarmi, fermati subito!"

"Ti amo da morire!" sussurrò il demone continuando a baciarla.

"Aza… io… devo… dovrei… Oh, per la miseria!" si lamentò Alba capitolando completamente.

In fondo che male c'era a correggere la timbratura di qualche minuto?


#


Michele era ancora mezzo addormentato quando cominciò a sentire dei lamenti al suo fianco. Grugnì leggermente e mise la testa sotto il cuscino, ma i lamenti si fecero più forti.

Si svegliò del tutto e si rese conto conto che provenivano da Sael che si agitava nel sonno.

"Di nuovo" pensò. "Era da un po' che non capitava"

Allungò una mano sulla spalla del compagno e lo scosse leggermente, come faceva di solito quando il giovane demone era in preda agli incubi "Sael, hei, svegliati!"

Sael ringhiò come una bestia infernale tirandosi su a sedere.

Aveva aperto le ali ed era diventato nero come la pece, tranne per i capelli rosso scuro e i candidi canini da lupo che contrastavano con l'oscurità del resto del corpo. Michele trovò che nonostante il ringhio da bestia feroce, fosse decisamente molto bello.

Provò a chiamarlo di nuovo, dolcemente. "Sael, svegliati. È solo un incubo"

Sael si girò e lo guardò con occhi vitrei "Non voglio farlo!" ringhiò ancora.

"Non sei costretto, ora calmati, ok?" rispose Michele per tranquillizzarlo.

Quelle parole e il tono pacato con cui l’angelo le aveva pronunciate, riuscirono a calmare Sael.

Il ringhio si trasformò in un respiro affannoso, gli occhi tornarono verdi. Sael riprese il suo aspetto solito, quello di un ragazzo umano sui ventisei anni.

Guardò Michele e finalmente lo riconobbe.

"Che è successo? Ti ho svegliato?"

"Si, ti lamentavi nel sonno! Hai sognato di nuovo la tua caduta all'Inferno?"

Sael abbassò lo sguardo "No..."

"Vuoi parlarne?" Domandò ancora l'angelo accarezzandogli i capelli.

"No!” rispose Sael agitandosi. “E poi non mi ricordo più nulla" mormorò abbracciando Michele e accoccolandosi sul suo petto.

Michele non insistette, aveva capito che Sael aveva mentito e che ricordava benissimo il sogno.

Semplicemente, non si sentiva di parlarne. Sospirò e lo strinse a sé per confortarlo.

Va bene, però promettimi che quando sarai più tranquillo, se ricorderai qualcosa me ne parlerai. Sono sicuro che ti farà bene!"

"Ok" sussurrò Sael contro il suo petto. Ma non era affatto sicuro di mantenere la promessa, quello che sognava era troppo orribile.


#


Alba passò il badge nel marcatempo "Porca miseria, lo sapevo… le otto e venti!" sospirò sconsolata.

Rigirò il badge tra le dita e dopo pochi istanti si decise. "Massì, chissenefrega. Per una volta!"

Diede un'occhiata furtiva in giro. Non c'era nessuno tranne il collega della reception, impegnatissimo a seguire lo scontro finale tra Vichinghi e Rus'.

Esitò un attimo e poi passò di nuovo il badge nel marcatempo sussurrando "Sette e cinquantacinque".

Controllò la timbrata e sorrise imbarazzata constatando che la correzione era andata a buon fine. Non si era ancora abituata ai suoi poteri da strega.

Si avviò verso l'ascensore frettolosamente, l'incontro di allineamento con Veggetti iniziava alle otto e trenta e se fosse arrivata in ritardo il Direttore di stabilimento non gliel'avrebbe fatta passare liscia. Non aveva voglia di iniziare la settimana con una pubblica umiliazione .

All'apertura delle porte dell’ascensore si ritrovò di fronte l'odiosissima Corelli che come suo solito si era preparata alla riunione con il tailleur più serio e professionale in suo possesso. Con Veggetti infatti le scollature e i tacchi vertiginosi, normalmente usati dall’impiegata, avevano lo stesso effetto di un pacchetto di Mentos nella Coca Cola. Li interpretava come tentativi di circuirlo e dava la stura a delle sfuriate bestiali e pure un tantino misogine.

Alba aveva sempre pensato che la Corelli, pur essendo una grandissima stronza, avesse il diritto di vestirsi come le pareva a prescindere dalle paturnie di Veggetti. Una volta aveva anche provato a parlargliene, ma la donna, che peraltro era un'insopportabile arrivista, le aveva risposto freddamente che poteva fare a meno di rivolgerle discorsi da falsa buonista femminista per cui aveva abbandonato definitivamente qualsiasi tentativo di comunicazione che non fosse strettamente legato al lavoro.

"Ciao Maxia, siamo un po' in ritardo, eh?" commentò la Corelli con un sorrisetto acido.

"Buongiorno anche a te!" rispose Alba lapidaria, senza degnarla di uno sguardo.


#


Alba rientrò nel suo ufficio depressa e con un mal di testa feroce, l'incontro era stato un delirio.

Veggetti si era alzato con la luna storta per cui aveva avuto da criticare su tutto e tutti. Come se non bastasse a causa dei suoi nuovi poteri era stata in grado di vedere sia demoni che angeli al lavoro.

Ysrafael infatti, dopo quello che era accaduto al Drag me to Hell, aveva inviato alcuni dei suoi collaboratori a tenere monitorata la situazione nell'azienda di Alba onde evitare che si potessero verificare altri incidenti così gravi. I demoni, abituati ad avere campo libero, non l'avevano presa troppo bene e ogni occasione era buona per litigare con i colleghi angelici.

Alba, spettatrice involontaria di questi litigi, pur ammettendo che il clima aziendale era nel complesso migliorato grazie agli interventi pacificatori degli angeli, certe volte desiderava ritornare ai tempi in cui era ignara di tutto e dopo le riunioni era ugualmente depressa, ma almeno non aveva mal di testa.

Era presa dalle sue riflessioni quando Sael si affacciò sulla porta e la salutò "Hei, ciao! Come va, posso entrare?"

Alba lo guardò con gli occhi semichiusi per il mal di testa "Insomma, le riunioni con Veggetti, ogni volta mi ammazzano, ho un mal di testa terribile!" si lamentò Alba, poi sussurrò dando un'occhiata intorno "Ti possono vedere?"

"No, tranquilla sono in modalità visibile solo a creature soprannaturali e streghe!" ridacchiò Sael accomodandosi sulla sedia libera al lato opposto della scrivania di Alba.

Lei sorrise "Vi siete dati da fare tu e i tuoi colleghi stamattina!"

Il demone sospirò "Mi dispiace, è il nostro lavoro. Comunque oggi non ero proprio in vena, ho permesso all'umana sobillata da Eowynziel di surclassare quello smidollato del mio umano!"

"Non te la prendere Sael, la Corelli è insopportabile, alla ragazza di Sakmeel piace vincere facile!"

"Si, ma come se non bastasse, quando finalmente avevo trovato un'idea per aiutare quell'imbranato di Bonetti a contrattaccare, si è messo in mezzo Anduiel a fare da paciere! Ma che palle! Da quando sono arrivati i ragazzi di Ysrafael non si riesce più a portare avanti un lavoro decentemente!" sbuffò contrariato il demone.

Alba sorrise "Bé… è il loro lavoro"

Sael le rispose con un grugnito e uno sguardo imbronciato.

Alba notò che il solito impiegato occhialuto dell'ufficio accanto, la stava fissando un po' perplesso. Si rese conto che agli occhi del collega sembrava una svampita che parlava da sola e finse di essere impegnata a scrivere qualcosa al computer.

"Comunque non sono venuto per parlare di lavoro, ma perché sono preoccupato!" disse Sael con un'espressione triste in volto.

"Che succede?" domandò l'amica smettendo per un attimo di battere le dita sulla tastiera "Azaele ne ha combinato una delle sue?"

"No, no… cioè sicuramente si!" ridacchiò il demone.

Alba lo guardò male “Spiritoso! Comunque dimmi, ti ascolto anche se faccio finta di scrivere!”

Il demone emise un profondo sospiro e ammise "È per via del mio rapporto con Michele!"

"Alba gli rivolse uno sguardo stupito "Che succede, qualcosa non va, tra voi?"

"No, no. Anzi è tutto perfetto!"

"Ma allora perché sei preoccupato? Non capisco!"

Sael si mosse a disagio sulla sedia "Alba, io sono tormentato da un sogno che..."

La frase fu interrotta dal geometra Renzo Galletti che oltrepassò la porta dell'ufficio tutto trafelato. "Alba, non immaginerai mai cosa ho sentito dire alla macchinetta del caffè" sentenziò poggiando entrambe le mani sulla scrivania e sporgendosi verso la collega.

Galletti era un trentasettenne alto e castano, dai grandi occhi color nocciola e con un fisico da ex pallanuotista di serie B tenuto in forma dall'allenamento regolare effettuato in piscina dopo l'orario di lavoro. Era noto come il più bello di tutta la ditta e dopo anni di totale indifferenza, aveva sviluppato una sincera simpatia verso Alba quando aveva saputo che si era rifiutata categoricamente di avallare l'idea di produrre e vendere delle magliette aziendali con la foto dell'impiegato/a del mese.

Bisogna avere le palle per mettersi contro un'intera squadra di dementi capaci di produrre un'idea così vergognosamente idiota!” aveva commentato.

Subito dopo era andato a offrire un caffè ad Alba e da allora aveva preso l'abitudine di passare verso metà mattina per farle un saluto o proporle di prendere il caffè insieme.

Alba alzò gli occhi dal computer e continuando a fingere di scrivere, rispose "La De Vito e l'Ing. Corradi, finalmente si sono messi insieme?"

Galletti la guardò basito "Come fai a saperlo?"

Alba ridacchiò "E dai Renzo, è dal fine settimana dei laboratori di Molinesi che quei due si guardano con gli occhi a cuoricino e lei arrossisce e ride come una quindicenne a ogni battuta scema di Corradi!"

Galletti rise, afferrò la sedia davanti alla scrivania di Alba e si sedette sulle ginocchia di Sael, ovviamente senza averne la benché minima consapevolezza. Alba strabuzzò gli occhi e rischiò di soffocare dalle risate nel vedere l'imbarazzatissima espressione del demone.

"Sai che hanno già dato un nome alla loro ship?" aggiunse l'ex pallanuotista sistemandosi meglio sulla sedia.

Ora, sebbene Sael fosse innamoratissimo di Michele, ritrovarsi il posteriore decisamente sodo e muscoloso di Galletti che strusciava contro le sue parti basse, stava cominciando a creargli un imbarazzante effetto collaterale che non è difficile da immaginare.

Il demone lanciò uno sguardo implorante ad Alba che ridacchiò e ignorò la sue richiesta di aiuto. "Ah, davvero? E come li hanno definiti?" domandò allegramente.

Galletti si sporse strusciandosi di nuovo contro il sempre più imbarazzato Sael e ridendo fino alle lacrime annunciò "I Devradi".

"Ma è orribile sembra una maledizione oscura di Harry Potter!" commentò Alba anche lei con le lacrime agli occhi sia per i “Devradi” che per i gesti e gli sguardi disperati di Sael. Galletti infatti, soddisfatto per avere ottenuto da Alba la reazione che desiderava, aveva allungato le gambe e si era messo più comodo, praticamente sdraiandosi sul povero demone.

La ragazza ebbe pietà e decise, un po' a malincuore, di chiudere la conversazione.

"Oi, Renzo, devo finire questa mail, però ti ringrazio perché dopo la riunione di allineamento mi mancavano solo i Devradi per finire di allietare questo meraviglioso lunedì".

Galletti rise e finalmente si decise ad alzarsi.

"Ne sono felice!" scherzò e indicando la sedia aggiunse. "Voglio anche io una poltroncina come quella Alba, è super comoda! Dove diavolo te la sei procurata, saranno almeno tre anni che l'Ufficio Acquisti si rifiuta di acquistare qualsiasi tipo di mobilio con la scusa che possiamo riciclare quello degli uffici vuoti!"

Alba gli fece l'occhiolino. “Sono una strega!”

Galletti sorrise. “Allora vedi di usare i tuoi poteri per procurarne una anche a me!” rispose strizzandole un occhio anche lui e avviandosi verso il corridoio dell'ascensore. Alba riuscì a cogliere lo sguardo carico di invidia della Corelli nel vedere Galletti uscire dal suo ufficio. Era da almeno un anno che cercava di portarselo a letto senza successo. L'uomo, sposato felicemente, avevo perso la moglie pochi anni prima a causa di un brutto male e non era ancora pronto né interessato a iniziare una relazione di alcun tipo. A parte questo non aveva mai avuto alcuna simpatia per la Corelli.


Era ora!” sbuffò Sael rosso in faccia.

Di che ti lamenti!” sghignazzò Alba, qui c'è gente che pagherebbe per avere un'esperienza ravvicinata con il bel posteriore di Galletti!”

Ah, quindi l'hai notato anche tu, eh? Non sono sicuro che Azaele ne sarebbe contento!” rispose lui imbronciato.

Azaele, non ha niente da temere da Galletti, il suo posteriore è...!” Alba diventò paonazza e non riuscì a finire la frase.

Il demone sogghignò ma preferì non infierire. “Tornando all'argomento per cui sono venuto a trovarti...!”

Alba si fece seria “Stavi parlando di un sogno!”

Sael si rabbuiò "Si, ecco… io continuo a sognare di essere all'inferno con Michele e…" Il demone fece una piccola pausa “...lui è incatenato e io sono costretto a torturarlo"

Alba rimase senza parole per qualche istante.

"Sael, non capisco, tu ami moltissimo Michele, per quale motivo sogni di fare una cosa così terribile?"

Sael sospirò e guardò l'amica con gli occhi lucidi.

"Non lo so, Alba. Posso solo dirti che gli Arcidiavoli mi obbligano a torturarlo per punirci entrambi per… per quello che proviamo l'uno per l'altro!"

"Ma è terribile!"

"Lo so, è angosciante, io non voglio fargli del male, ma non posso evitarlo perché gli Arcidivoli mi costringono a fargli delle cose terribili!”

Sael si interruppe e la fissò angosciato. “Alba, e se fosse una specie di sogno premonitore? Se in qualche modo avessi percepito che laggiù… che stanno… organizzando qualcosa contro di noi?"

"Ma no! Michele stesso ha detto che i sentimenti sono rispettati e poi se stesse succedendo qualcosa di strano, sono certa che tuo padre lo verrebbe a sapere e vi proteggerebbe. Safet ti ama molto e vuole bene a Michele come se fosse suo figlio. Sono certa che non hai proprio nulla da temere!"

Sael si torturò il nodo della cravatta a disagio. “Si, ma… io non riesco più a dormire la notte, pensando che potrebbero fare del male a Michele per colpa mia. E se gli succedesse davvero qualcosa? Se decidessero davvero di punirlo a causa della nostra relazione? Se lo mandassero all'inferno? Sarebbe terribile… io non voglio che perda tutto, che finisca per odiarmi. Io… io così non ce la faccio Alba!"

Alba lasciò perdere la tastiera del computer e infischiandosene di quello che potevano pensare i colleghi spostò lo schermo del computer per guardare il demone dritto negli occhi "Sael, non è che ti sta prendendo il panico perché la vostra relazione è diventata una cosa seria?"

Sael non riuscì a reggere lo sguardo di Alba.

"No… cioè non credo!"

"Sael! Che significa non credo? Hai idea di quanto Michele abbia investito nel vostro rapporto e soprattutto di quanto sia stato coraggioso nello scegliere te come compagno?"

Il giovane demone non ebbe il coraggio di ribattere, si limitò a muoversi imbarazzato sulla sedia cercando una posizione più comoda.

"Sael!" lo incalzò Alba sempre più arrabbiata "Io spero che tu non stia cercando delle scuse per interrompere la vostra storia! Hai idea di quello che significherebbe per lui? Michele ha sofferto moltissimo quando Yliel lo ha lasciato, da allora non si è più realmente legato a nessuno fino a quando vi siete messi insieme! Vuoi deluderlo anche tu?"

"Bé, veramente è stato per quasi cinquecento anni con Aleniel!" provò a ribattere Sael debolmente.

"Ma per piacere! Sai benissimo anche tu che quella con la tettona bisbetica era una relazione tira e molla, basata più sul sesso che sui sentimenti!"

Il demone sospirò e borbottò a bassa voce "In effetti non si è neanche arrabbiato più di tanto quando lei e Azaele…!" Sael si rese conto che Alba lo stava osservando con uno sguardo infuocato e si fermò.

Troppo tardi.

"Scusa cosa hai detto?" sibilò la strega sbattendo le dita sulla tastiera del computer e sporgendosi verso di lui.

Sael sbiancò. "No, nulla…!" farfugliò arretrando leggermente con tutta la sedia.

"SAEL. COSA HAI DETTO?" domandò ancora Alba con le pupille rosse.

Sael rabbrividì nel vedere una colonnina di fumo innalzarsi dalla tastiera del computer “Alba, co... controllati” balbettò indicando i tasti che stavano cominciando a sciogliersi sotto le dita della strega.

Alba si rese conto di quello che stava succedendo e soprattutto della puzza di plastica bruciata che stava cominciando a diffondersi nell'ufficio.

Merda!” esclamò soffiando inutilmente sulla tastiera nel tentativo di rimediare al principio di incendio che aveva appena provocato.

Cazzo, il tuo collega! Spegni, spegni!” la incalzò Sael vedendo che nell'ufficio a fianco l'impiegato occhialuto, stava annusando l'aria perplesso.

Cosa?” domandò Alba totalmente nel panico continuando a soffiare sulla tastiera per cercare di fermare fiammelle e scintille che avevano cominciato a spandersi sulla scrivania.

Sael balzò dalla sedia, si tolse la giacca e la usò per cercare di soffocare il fuoco, con il risultato che le fiamme cominciarono ad avvolgere anche quella.

La magia. Alba, per la miseria usa la magia!” esclamò il demone rendendosi conto che il fuoco, frutto dei poteri dell'amica, non si sarebbe spento se non usando la stessa magia che l'aveva provocato.

Ok, giusto... hai ragione!” ansimò lei.

Smise di soffiare, tese le mani sopra la tastiera e inspirando profondamente ordinò “Ora basta!”

Le fiamme si spensero, la tastiera ritornò più nuova di prima e la puzza di plastica bruciata sparì come era comparsa.

Alba e Sael si scambiarono uno sguardo poi crollarono ognuno sulla propria sedia respirando di sollievo.

Tutto a posto?” domandò una voce maschile profonda e sconosciuta.

La strega e il demone si girarono. Fermo sulla soglia dell'ufficio, l'impiegato alto e occhialuto osservava perplesso la scrivania di Alba.

Si, perché?” domandò la strega assumendo un'aria vagamente distaccata.

Mi era sembrato di sentire puzza di plastica bruciata!”

Davvero? Boh, io non ho sentito nulla!” commentò Alba fingendosi stupita.

L'uomo fece spallucce e senza aggiungere altro si girò e rientrò nel suo ufficio.

Cinque anni che lavora qui a fianco e non ho mai saputo che avesse la stessa voce di Luca Ward!” commentò Alba rivolgendo uno sguardo allibito al suo amico infernale.

Sael accennò un sorriso, ma sbiancò immediatamente nel vedere le pupille di Alba nuovamente rosse.

“Tornando ad Azaele e Aleniel...” sibilò la strega.

Il demone deglutì impaurito.



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Capitolo 2
*** Ops! ***


Capitolo II


Ops!


Azaele russava come un ghiro dormendo scomposto sul letto in disordine. Michele lo osservò qualche istante con affetto, poi portò alle labbra la sua antica tromba di giovane cherubino, recuperata dagli scatoloni del trasloco a casa di Arianna, sogghignò divertito e soffiò talmente forte che le sirene delle navi attraccate a Civitavecchia si sentirono in dovere di rispondere in coro.

"Aaaargh! Non è stata colpa mia lo giuro. Ahia!" urlò Azaele facendo un balzo talmente alto da sbattere contro il soffitto, precipitare di nuovo sul letto, rimbalzare sul materasso e cadere rovinosamente sul pavimento ai piedi di Michele che si piegò in due dalle risate.

Azaele si sedette sul pavimento massaggiandosi la nuca dolorante e lo squadrò irritato "Siamo spiritosi stamattina, eh?"

"Che ci posso fare se hai il sonno più pesante di un orso polare in letargo!" rispose Michele tra una risata e l'altra.

Gli orsi polari non vanno in letargo!” precisò Azaele immusonito.

"Ah, no? Bè, comunque la colazione è pronta e ti avevo già chiamato tre volte inutilmente!"

Azaele sbuffò.

"Dai, che ti ho fatto il cappuccino con la schiuma" lo esortò l'angelo.

Ad Azaele brillarono gli occhi. "Ci hai messo anche la polvere di cacao?"

Michele sorrise. "Ovvio!"


Azaele si stava gustando il cappuccino e il quarto croissant caldo al cioccolato, quando Michele si fece improvvisamente serio. "Non avresti dovuto farlo, sai?"

Azaele si bloccò con il croissant in mano e rispose un po' imbarazzato "Ma... mi era sembrato che tu non lo volessi!"

L'angelo sorrise "Non mi riferivo al croissant, scemo!"

Il demone lo osservò perplesso.

Michele continuò "Scegliere l'Inferno, Aza. Per salvare la mia vita hai rovinato per sempre la tua! Non dovevi farlo!"

Ad Azaele cadde il croissant di mano. "Chi te lo ha detto?" domandò.

"L'ho saputo e basta. Perché hai fatto una cosa tanto stupida?"

Azaele abbassò lo sguardo "Non è stato affatto stupido salvare chi mi ha fatto da padre e da fratello maggiore al posto di chi mi ha abbandonato senza alcuno scrupolo!" rispose rabbiosamente Azaele.

"Tu eri tutta la mia famiglia Michele, non me ne fregava niente di perdere il Paradiso per salvarti. A che mi sarebbe servito vivere lassù senza la tua amicizia, il tuo sostegno e i tuoi scherzi da deficiente? E poi di sicuro prima o poi avrei finito per combinare una qualche cazzata tale da farmi sbattere giù lo stesso!" concluse riprendendo il croissant e addentandolo con soddisfazione.

"Davvero pensi a me come alla tua famiglia?" domandò Michele commosso.

"Lo sai benissimo! Ma se stamattina hai bisogno di conferme, sappi che per me sei il mio integerrimo fino alla nausea, onesto da far schifo e puro di cuore da provocare il latte alle ginocchia, fratello maggiore! Sei il mio punto di riferimento costante e ti voglio davvero un gran bene. A parte questo continuo a preferire fare sesso con Alba, quindi non farti strane idee, non è una dichiarazione d'amore!" concluse strizzandogli l'occhio e ficcandosi in bocca quanto rimaneva del croissant.

Michele rise "Anche perché a questo punto sarebbe un amore incestuoso! E in ogni modo sei troppo basso per i miei gusti!"

"Yliel era ben più bassa di me prima di diventare un Arcangelo e Aleniel ha più tette che centimetri!" commentò Azaele fingendosi offeso.

Michele gli rivolse uno sguardo malizioso "Adoro le donne piccoline… ma gli uomini mi piacciono alti".

"E con i capelli rossi" aggiunse Azaele

L'angelo ridacchiò "Esatto!".

"Sai, non pensavo che avessi un debole per Razel, però devo ammettere che sarà anche buzzurro, ma con quel petto ampio e peloso è parecchio maschio!" sghignazzò Azaele alzandosi di scatto e scappando dalla cucina.

"Cosa? Ritira quello che hai detto se non vuoi che ti ammazzi, stupido demonietto!" esclamò Michele inseguendolo.

Azaele fece appena in tempo a nascondersi in bagno.

"Ringrazia che sei partito prima! E poi muoviti, o finirai per arrivare in ritardo dalle tue anime, cretino!" gli gridò l'angelo da dietro la porta.

"Ci vediamo a pranzo, idiota?" propose dal bagno Azaele.

"Va bene, deficiente!" rispose Michele sorridendo.


#


La sveglia sul comodino si accese mentre il giornalista leggeva gli articoli di fondo dei quotidiani. Aurora aprì gli occhi, sospirò e si fece coraggio. Era ora di prepararsi e andare a lavoro. I suoi alunni la attendevano per la presentazione dell'ultimo dei murales che decoravano la scuola e non poteva certo deluderli. Sì girò verso il suo compagno, un coetaneo alto ed elegante che dormiva beato.

Sorrise, spense la radio per evitare di disturbarlo, raccolse silenziosamente i vestiti da indossare e si avviò in bagno in punta di piedi. Come tutti i giorni, negli ultimi due mesi, non riuscì ad evitare di osservarsi allo specchio.

Era successo di nuovo! Era sparita un'altra ruga dal suo volto, la fronte era decisamente più distesa e la pelle più elastica!

Sospirò e si infilò nella doccia.

Quando uscì dal bagno sentì immediatamente il profumo del caffè.

Si affacciò sulla cucina e il suo compagno la accolse con un sorriso. "Ben svegliata! Ho fatto il caffè!"

Aurora si appoggiò allo stipite della porta e annunciò "Safet, mi è sparita un'altra ruga! Di questo passo dovrò cambiare identità, sei sicuro che non ci sia modo di evitare questo imbarazzante ringiovanimento fisico?"

Il demone ridacchiò "Temo di no, a meno di non rinunciare ai nostri rapporti… intimi!"

"Per carità, non tromb… ehem, avevo rapporti così soddisfacenti da più di vent'anni! Però si può sapere perché io ringiovanisco un po' ogni volta e tu sei sempre uguale?" domandò la professoressa prendendo la sua tazza e soffiandoci dentro per raffreddare il caffè.

"Normali controindicazioni dell'avere rapporti con un demone affascinante ed elegante!" scherzò Safet sorseggiando il caffè bollente.

Aurora lo osservò ammirata, non riusciva ad abituarsi all'idea che Safet fosse insensibile al calore.

"E poi a dire la verità questo non è il mio vero aspetto! Lo uso solo per darmi un tono più autorevole verso i miei ex studenti e quegli imbecilli degli Arcidiavoli"

"Seriamente?" domandò lei stupita.

Safet rise e di fronte ai suoi occhi mutò in uomo apparentemente sulla quarantina, dai capelli biondo ramati.

"In realtà sono coetaneo del padre di Azaele, siamo entrambi notevolmente anziani ma essendo arcangeli, o almeno lui lo è ancora e io lo sono stato, questo che vedi è il massimo di anzianità che raggiunge naturalmente il nostro fisico!" spiegò lui di fronte ad una allibita Aurora che commentò "Somigli molto di più a Sael!"

"Questo è l'altro dei motivi per cui ho invecchiato il mio aspetto, non volevo che Sael si rendesse conto di essere mio figlio. Era anche lui un mio allievo e temevo di farlo soffrire ancora più di quanto io e Elendiel non avessimo già fatto abbandonandolo nelle mani di quell'inetto del suo tutore. Che poi alla fine lo ha scoperto lo stesso, sempre grazie all'inetto di cui sopra che per una volta temo di dover ringraziare. È bello non dover più mentire a mio figlio!"

"Elendiel era la tua compagna?"

"Si, ma abbandonare Sael ha rovinato il nostro rapporto. Che si sarebbe rovinato comunque visto che agli Arcangeli non è bastato abbandonare i figli, hanno anche deciso di scegliere la castità! Altra cosa alla quale ero totalmente contrario" spiegò Safet scuotendo la testa.

"Davvero?" domandò Aurora colpita.

"Già! É uno dei pochi motivi per cui preferisco essere un demone. Sarò egoista, ma sono felice di potermi innamorare di nuovo!" rispose lui avvicinandosi e baciandole delicatamente i capelli.

"Sei sicuro che i miei cambiamenti non siano dovuti al fatto che mi vorresti più giovane, visto che in realtà sembri un quarantenne?" domandò dubbiosa Aurora.

Safet le rivolse uno sguardo costernato. "Che Sciocchezza. Posso avere qualsiasi donna io desideri anche giovanissima, mi basta volerlo e sarà mia. Se sto con te è perché mi piaci tu!"

Aurora rifletté qualche istante. "Che cosa provi realmente per me, Safet? Cioè, tu non sei umano e oltretutto sei un demone infernale, per quanto la tua sia stata una scelta dettata dal fatto che volevi stare vicino ai tuoi studenti. Come mai non ti mostri né crudele né mostruoso come nell'Esorcista1 o Nel Signore del male2. Voglio dire, secondo qualsiasi religione umana, tu sei uno degli Alfieri del male. È per caso un modo più moderno e politicamente corretto di fare il vostro lavoro?"

"A quale domanda devo rispondere, per prima?"

"Cosa provi per me e davvero non non stai cercando di ringiovanirmi volontariamente?"

"Sono due domande!" scherzò Safet.

"Non stiamo a sottilizzare troppo!" rispose Aurora.

Safet sorrise un po' malinconico.

"Perché pensi che il mio modo di amare sia diverso dal tuo? Il Padre ha creato gli angeli con lo stesso atto d'amore con cui poi ha creato voi. L'amore è un sentimento che conosciamo entrambi grazie a Lui. Ti amo esattamente come mi ami tu, o almeno spero che tu mi ami altrettanto intensamente"

Aurora si emozionò, era da tanto tempo che non si sentiva rivolgere parole d'amore così belle.

"Per quanto riguarda la seconda domanda... no, non sto cercando di ringiovanirti. Sono una creatura immortale che può scegliere di avere molti aspetti e ho volontariamente scelto di sembrare un tuo coetaneo molti millenni prima che tu nascessi per la prima volta, quindi perché dovrei avere problemi con le tue rughe? Piuttosto, sei sicura di non essere tu a desiderare di essere di nuovo giovane?"

La professoressa sospirò "Intendi dire che è solo una questione di libero arbitrio? Che in fondo sono io che sto scegliendo di ringiovanire grazie a te, anche se non ne sono del tutto consapevole?"

Safet sorrise "Esattamente!"

"E per quanto riguarda le altre domande?"

Il demone finì il caffè, lavò la sua tazza e la ripose nello scolapiatti.

"È un discorso un po' più lungo, ma ora non abbiamo molto tempo perché devi andare dai tuoi alunni quindi cercherò di spiegarmi brevemente" disse voltandosi e incrociando le braccia.

"Un tempo, prima della vostra creazione, grazie al libero arbitrio gli angeli avevano la facoltà di scegliere tra opzioni diverse. Tra queste il male non era contemplato perché non esisteva ancora.

Safet si interruppe, sospirò e continuo il racconto.

"Siamo stati proprio noi Angeli ribelli a creare il male a causa della nostra rivolta dettata dalla gelosia di figli primogeniti verso voi secondogeniti. É colpa nostra se avete conosciuto il male ed è per questo che siamo stati condannati a trasformarci in demoni e punire chi di voi lo sceglie consapevolmente”

"Ma questa è la legge del contrappasso!" esclamò Aurora stupefatta.

"Esatto. Ed è anche il motivo per cui nessuno di noi potrà mai essere riammesso in Paradiso, tranne forse Azaele che ha scelto l'Inferno per amore"

"Anche tu hai scelto di rinunciare al Paradiso per amore dei tuoi studenti!" considerò Aurora.

Il demone sospirò. "È vero, però Michele non era un angelo ribelle quindi c'è una differenza sostanziale tra la mia scelta e quella di Azaele. Lui ha, per così dire, scelto il male per salvare il bene. Io invece scegliendo di aiutare i miei ex studenti mi sono schierato con chi aveva creato il male e anche se mi è stato concesso di mantenere le mie ali angeliche, ho perso il Paradiso e il mio nome di Arcangelo. Per sempre. Ma non importa, è più importante stare vicino a mio figlio e a tanti sciocchi come lui!"

Aurora poggiò la tazza di caffè ormai vuota, si avvicinò a Safet e lo abbracciò. Il demone la strinse a sé. Restarono un po' così, in silenzio, fino a che la professoressa non dovette sciogliersi dall'abbraccio e uscire per raggiungere i suoi studenti.


#


Era circa l'una e Azaele, seduto sulle mura del Foro Traiano, attendeva Michele con lo sguardo fisso sullo schermo di uno smartphone, il regalo di Alba per il loro primo mesiversario. Troppo preso dalla visione dell'ultima stagione di Lucifer, non si accorse dell'arrivo dell'amico.

"Hey, cosa guardi con tanto interesse?" domandò l'angelo incuriosito sedendosi accanto a lui.

"Lucifer!" bofonchiò il demone.

"Che?"

"Lucifer… Chloe…" rispose distrattamente Azaele continuando a seguire la puntata.

"Ah, la serie!" disse Michele sedendosi accanto all'amico e allungando il collo verso il piccolo schermo.

"Quella ragazzina chi è?" domandò incuriosito.

Azaele abbandonò per un attimo lo schermo dello smartphone per rispondere all'amico, cogliendo così un movimento d'ali tra le nubi.

"Merda, un Arcangelo!" esclamò mettendosi in tasca lo smartphone e aprendo le ali.

"Bé, e che c'è da agitarsi se la ragazzina è un Arcangelo? A parte che è troppo bassa!" commentò Michele dubbioso.

Azaele lo guardò stranito "Ma non nella serie, lassù!" rispose indicando il cielo di Roma e volando via.

"Aza aspettami, io non vedo nulla!" lo chiamò Michele.

Ma Azaele era già sparito.

"Odio quando si smaterializza!" sbuffò l'angelo concentrandosi per individuare l'aura dell'amico.


Azaele si materializzò sul tetto di un palazzo, a qualche isolato dal Foro Traiano. Si guardò intorno e non vedendo nessuno tirò un sospiro di sollievo. Non che avesse fatto nulla di male o di sbagliato, almeno fino a quel momento, ma per i demoni era sempre meglio evitare incontri ravvicinati con gli Arcangeli.

Immediatamente dopo lo raggiunse Michele. "Si può sapere che ti ha preso? Dove l'hai visto l'Arcangelo e comunque perché mai avrebbe dovuto avercela con te?"

"Ti assicuro che era proprio sopra di noi e stava puntando dritto verso di me!"

"Ma dai, ci sono mille motivi per cui un Arcangelo potrebbe sorvolare Roma, figurati se…"

Non fece in tempo a finire la frase che Gabriel atterrò sullo stesso tetto a pochi metri da loro.

Azaele fece un balzo e si nascose dietro Michele.

Gabriel sorrise divertito e mosse qualche passo verso l'angelo dimenticandosi di chiudere le ampie ali dai riflessi dorati, con il risultato di sradicare alcuni comignoli che rotolarono giù per le tegole.

"Ops! Fermi lì! Anzi, tornate al vostro posto!" ordinò l'Arcangelo alzando l'indice e il medio della mano destra. I camini tornarono immediatamente al loro posto.

Michele non riuscì a trattenere una risatina, Gabriel fece finta di non notarlo e lo salutò gentilmente. "Ciao Michele! Immagino che il demone che si è appena nascosto dietro di te sia Azaele!"

Azaele si fece più piccolo che poté per cercare di restare completamente nascosto dietro la schiena dall'amico che rispose imbarazzato. "Buongiorno Gabriel. Si è lui, ma ti giuro che è solo un po' spaventato per il tuo arrivo improvviso, non ha fatto niente di male per comportarsi così!"

Azaele sentendo il nome del famoso Arcangelo non resistette alla curiosità di dargli un'occhiatina, si sporse leggermente e commentò stupito.

"Davvero quello è Gabriel? Lo facevo più alto!"

Michele alzò gli occhi al cielo, Gabriel invece con un rapido gesto afferrò Azaele per il bavero e lo sollevò da terra commentando divertito "Ha parlato il ranocchietto alto un metro e un cazzo!"

"La… lasciami!" si lamentò Azaele cercando di liberarsi dalla stretta del padre che scrollandolo leggermente replicò "Prima chiedi scusa. E vedi di farlo mostrando rispetto, demonietto impertinente!"

"Chiedo scusa, Signore!" biascicò Azaele, pensando che Arcangeli o demoni che fossero, avevano tutti la spiacevole abitudine di approfittare della loro forza e altezza per sollevarlo in aria e costringerlo ad obbedire.

"Così va meglio!" approvò Gabriel riportandolo a terra senza però lasciarlo andare.

Michele tentò di intervenire, ma Gabriel scosse la testa. "Per favore ci lasci soli?"

Azaele impallidì e Michele cercò di replicare "Gabriel, davvero, non ha fatto nulla di male!"

L'arcangelo alzò un sopracciglio "Ragazzo, pensi davvero che, proprio io, voglia fare del male al ranocchietto?"

"No, certo che no, Signore!" rispose imbarazzato Michele.

"Allora vai! È un ordine!"

"Sissignore!"

"Michele!" piagnucolò Azaele trattenendolo per l'impermeabile. Ma l'angelo aveva ricevuto un ordine da un superiore e non poteva rifiutarsi di obbedire.

"Sta tranquillo, Aza. Ci vediamo tra poco al Mac Donald's di Piazza di Spagna. Ok?"

"Ok!" rispose il demone rassegnato.

Michele scambiò un ultimo sguardo con Gabriel e volò via.

L'arcangelo osservò il figlio che lo guardava preoccupato e fu preso dal desiderio di abbracciarlo e rassicurarlo. Ma non gli sembrava il momento adatto, avrebbe rischiato di essere frainteso.

Lasciò il bavero del giaccone da marinaio di Azaele e gli parlò con gentilezza "Non hai sentito quello che ho detto a Michele? Non ho alcuna intenzione di farti del male!"

"Non è che una punizione debba necessariamente provocare dolore fisico, Signore!" rispose Azaele.

Gabriel si stupì di quella risposta malinconica e decise di rassicurarlo del tutto. "Azaele non sono qui per punirti, né fisicamente né psicologicamente, ok? Voglio solo parlarti da uomo a uomo. Per così dire!".

Azaele lo scrutò perplesso.

"Ho saputo che hai ritrovato la tua ragazza...”

Azaele cominciò ad agitarsi “Stai tranquillo non sono qui per obbligarti a lasciarla! Voglio solo…" Gabriel si interruppe imbarazzato "Voglio solo sapere se state attenti! Mi capisci?"

"Uh, veramente no. Signore!"

L'arcangelo si passò la mano sui riccioli neri, sempre più imbarazzato. "Intendo… quando voi due… quando siete… insomma hai capito, no? Ecco… usate precauzioni?"

Azaele spalancò gli occhi, domandandosi se aveva sentito bene.

Gabriel, rosso per l'imbarazzo, cercò di spiegarsi meglio "Non fraintendere, non è che voglia intromettermi nella tua vita privata… È solo che… quello che voglio dire è che sarebbe un enorme casino se tu e Alba metteste al mondo un erede. Te ne rendi conto vero? Hai ben presente quali sarebbero le disastrose conseguenze che determinerebbe un evento del genere?"

Azaele finalmente capì e sorrise allegramente "Oh, ma se era solo per dirmi questo, non doveva preoccuparsi Signore! Certo che stiamo attenti! Lei ha un macchinino che ogni mese le da il via libera!"

Gabriel impallidì "Ok, ma usate anche altre precauzioni, giusto?”

L'espressione stupita sul viso di Azaele non rassicurò l'Arcangelo neanche un po'.

"No, Signore. Perché?" domandò ingenuamente il demone gettando Gabriel nello sconforto più totale.

"Azaele, lo sai come è chiamato quel macchinino dai cherubini incaricati di festeggiare l'invio di nuove anime sulla terra?".

"No, signore!" rispose Azaele cominciando a preoccuparsi.

"Lietoevento!" concluse Gabriel mestamente.


Michele aveva da poco preso posto ad uno dei pochi tavoli liberi all'interno del Mac Donald's quando fu raggiunto da un Azaele totalmente sconfortato.

"Che è successo? Gabriel ti ha sgridato per qualcosa?"

Il demone si lasciò cadere su una sedia e sospirò "No, non ancora… a dire il vero mi è sembrato addirittura preoccupato per me!"

Michele sorrise, forse Gabriel stava cercando finalmente di avvicinarsi al figlio.

"Non c'è niente da sorridere Michele!" si lamentò Azaele "Temo di essere nella merda fino al collo!"

"Perché?"

"Il fatto è che io e Alba, potremmo essere stati un po' troppo… fiduciosi nella tecnologia umana!"

"Che vuoi dire?"

"Temo che Alba possa essere incinta!"

Michele impallidì così tanto che tra il suo viso e l'impermeabile bianco che indossava, non si notava praticamente più alcuna differenza. "Te l'ha detto Gabriel?"

"No, no… però le precauzioni che abbiamo usato potrebbero non essere state… sufficienti!"

"Santo cielo, Aza, ma tu e Alba siete adulti o no... che accidenti vi passa per la testa?"

Azaele non seppe cosa dire, si limitò ad assumere un'espressione imbarazzata.

Michele cercò di mantenere la calma "Ok, ragioniamo. Per caso hai notato se ultimamente era un po' irritabile, se ha un ritardo o, peggio ancora, se le capita di avere la nausea e vomitare, sopratutto la mattina?"

Azaele rispose con sicurezza. "A parte un leggero ritardo, ma quello ci sta, ogni tanto capita anche alle donne più regolari, direi che non ho notato nessuna delle altre cose che hai elencato!"

Michele sospirò di sollievo "Ok, idiota, allora mi sento di dire scampato pericolo! In ogni caso vedete di stare più attenti le prossime volte!"

Azaele mise la mano in tasca è tirò fuori una scatola dal contenuto inequivocabile. "Come già fatto!" esclamò soddisfatto.


#


Alba era chiusa da una ventina di minuti nel bagno delle impiegate quando Galletti decise di bussare delicatamente alla porta e domandare "Va tutto bene?".

Dopo qualche istante sentì girare la chiave nella toppa e un'Alba dall'aspetto distrutto si affacciò sulla porta.

"Santo cielo, ti accompagno immediatamente a casa!" propose Galletti preoccupato.

"Si, è meglio!" acconsentì Alba. “Porca miseria giuro che è l'ultima volta che compro il pranzo dal cinese qua sotto!”

Galletti rise "Te l'avevo detto che era meglio fare un chilometro in più e andare alla Grande Muraglia! Lì si, che cucinano bene! Dai, appoggiati a me, andiamo a prendere la tua macchina, così ti accompagno e poi ritorno in Taxi"

D'accordo, grazie!” gemette Alba appoggiandosi al braccio del collega.

Mentre attraversava il corridoio che portava all'ascensore incrociò lo sguardo preoccupato di Sael che stava facendo due chiacchiere alla macchinetta del caffè con Eowynziel e Radael, uno degli ex coinquilini del demone. Alba gli sorrise debolmente per rassicurarlo.

"Che ha la ragazza di Azaele?" domandò Eowynziel.

"Credo che le abbia fatto male il cibo cinese che ha mangiato a pranzo! Gli umani a volte sono troppo delicati!" rispose Sael dispiaciuto.

Radael sogghignò è commentò "Sissì, certo. Sicuramente è stato il cinese a farle venire le nausee!"

Sael e Eowynziel lo guardarono perplessi.

"Scusa, che vorresti dire?" domandò seccato Sael.

"Niente, niente!" rispose Radael continuando a sogghignare.




Nota 1: L'Esorcista (1973) di William Friedkin

Nota 2: Il Signore del Male (1987) di John Carpenter

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Capitolo 3
*** Guai in vista ***


Capitolo 3

Guai in vista


L'Arcidiavolo Akenet, guardiano del Girone dei traditori, era adagiato svogliatamente sul trono dal quale osservava e valutava l'operato dei suoi demoni. Era alto, come tutti gli Arcidiavoli. Aveva i capelli neri e mossi lunghi fino alle spalle e due occhi completamente neri e profondi. Lungo le braccia spiccavano delle cicatrici risalenti alla Grande Guerra. Alcune di queste si prolungavano fino al petto, nascosto da una maglietta nera senza maniche. Indossava pantaloni mimetizzati grigio verdi e stivali anfibi neri.

Ogni tanto decideva che qualcuno dei suoi batteva la fiacca, fosse vero o meno. Con uno schioccare di dita dava fuoco al malcapitato di turno fino a carbonizzarlo e poi con un altro schiocco lo rimetteva in sesto affinché potesse riprendere il suo lavoro. Non aveva un vero motivo per agire in questo modo se non quello di attraversare l'eternità in modo un po' meno noioso.

Una demone di statura piuttosto bassa, leggermente grassottella e dal viso tondo e simpatico, atterrò a debita distanza dal suo trono e richiamò la sua attenzione con un timido "Ahem!".

Akenet si voltò annoiato "Che vuoi, Palletta?"

La demone cercò di assumere un aspetto più professionale possibile e sottolineò "Sarebbe Adel, Signore".

Akenet le rivolse un sorriso gelido. "Lo so come ti chiami, Palletta!"

La demone impallidì e non osò insistere.

"Allora?" ringhiò Akenet.

Adel fece un piccolo sobbalzo che divertì molto l'Arcidiavolo. Adel era la sua nuova segretaria personale, aveva sostituito la precedente, Esael, che aveva chiesto e ottenuto il trasferimento al Girone dei bugiardi con la scusa di potersi avvicinare al suo fidanzato, ma in realtà perché l'Arcidiavolo, in totale spregio agli accordi contrattuali, l'aveva completamente carbonizzata a causa di un attacco di rabbia incontrollata.

Adel non possedeva né la bellezza né la sicurezza di Esael, ma Akenet aveva deciso di tenerla perché trovava molto piacevole e rilassante approfittare della sua timidezza.

"Ho una comunicazione con priorità alta da Radael, Signore!"

Akenet sbuffò "Se è per confermare che Sael si fa scopare dal biondino bisessuale, puoi rispondergli che nel girone degli adulatori c'è un posto vacante come spalatore di merda. Mi sembrava di essere stato chiaro sul fatto che non frega a nessuno chi scopa, con chi!"

La demone arrossì leggermente imbarazzata. "Oh, no, Signore. Questa è davvero una notizia che vale la pena di senti..."

Le parole le morirono in gola nel vedere l'espressione fredda del suo superiore. "Credevo di aver chiarito che non sei preposta a dare giudizi sull'importanza o meno di una notizia, Adel. Te lo devo spiegare di nuovo?"

Adel rabbrividì arretrando, inciampò sulle pietre vulcaniche e rischiò di cadere."No. Signore. Chiedo scusa, Signore!"

"Bene. Allora, questa notizia?" la esortò Akenet.

"Pare che la fidanzata di Azaele sia incinta, Signore!" annunciò Adel.

Akenet non proferì parola per qualche istante. Si girò a guardare il panorama, rifletté qualche secondo e commentò "L'ultima volta che ci siamo fidati di quell'idiota di Radael siamo andati a cercare l'Alfiere del Male in Louisiana, per poi scoprire che un imbecille umano aveva chiamato il figlio Satan. Tutto ciò mentre dall'altra parte del mondo nasceva Gandhi! Michele e Gabriel ci hanno preso per il culo per quasi un secolo!"

"Michele?" domandò perplessa Adel.

"L'Arcangelo" rispose Akenet voltandosi verso di lei. "Racconta in giro una sola parola di questo e …"

"No, non… non sarebbe professionale!" balbettò Adel indietreggiando ancora e cadendo nel vuoto.

Akenet attese ridacchiando finché Adel ricomparve davanti a lui sbattendo le ali disordinatamente per cercare di mantenersi in volo. "Ha ordini per me, Signore?".

"Vai sulla terra a sincerarti di come stanno le cose e torna solo quando sarai sicura di ciò che devi riferirmi!"

"Sissignore!"

"E cerca di non commettere errori, lo sai che mi diverte sentir urlare i miei sottoposti!" aggiunse minaccioso.

"No, Signore!" rispose Adel tremando.

"Muoviti!" tuonò infine l'Arcidiavolo.

"Sissignore!" rispose Adel sussultando e volando via a zig zag, sotto lo sguardo divertito di Akenet.


#


Alba verso il caffè nelle tazzine, ne porse una a Galletti e si sedette con aria un po' affaticata.

Renzo la scrutò preoccupato "Sei sicura che sia il caso? Il caffè è parecchio irritante per lo stomaco!"

Merlino lo osservava con sospetto dalla credenza restaurata, un regalo dei genitori di Arianna .

Alba sospirò "Sto molto meglio, sono solo stanca e un po' triste!"

"Come mai?" domandò Renzo, sinceramente interessato.

"Quell'idiota del mio ragazzo!" rispose Alba con gli occhi lucidi.

Il collega la osservò stupito. "Pensavo fossi single. Cioè, è questo che si dice di te in azienda perché alle cene di Natale sei sempre venuta da sola!"

Alba sospirò. "Non stiamo insieme da molto. Cioé, in realtà ci conosciamo da secoli... è un po' complicato!"

"É sempre complicato finché non trovi la persona giusta!" commentò Galletti sorridendo.

"Ma lui lo è, però… è anche un cretino!" affermò lei rabbiosamente.

"Siamo tutti un po' cretini Alba, siamo uomini! Mia moglie diceva che restiamo adolescenti fino ai cinquant'anni e poi rimbambiamo direttamente!" rise Galletti. "Però mi amava moltissimo e non avrebbe mai rinunciato a me e neppure io a lei! Se avessimo potuto, avremo vissuto insieme fino alla fine, invecchiando e rimbambendo insieme!" concluse con un sorriso triste.

Alba gli prese una mano e cercò di confortarlo. "Almeno vi siete amati come non capita a tutti!".

Galletti annuì ma ritrasse di scatto la mano. In cucina era appena entrato un ragazzo dai capelli neri e ricci, vestito da marinaio. Il giovane lo osservava minacciosamente e, ne era sicuro, con un bagliore rosso nelle pupille. "Buon pomeriggio!" salutò Galletti gentilmente, cercando di non pensare a quello strano bagliore.

"Lo era!" rispose tagliente Azaele.

Alba si girò sorridendo. "Azaele, sei già tornato!"

"Pare!"

La ragazza si irrigidì "Che cosa sarebbe questo atteggiamento?" ringhiò.

Azaele fece l'errore di provare a replicare, seppure meno baldanzoso di prima "Bé, insomma. Mi pare che sia il vostro atteggiamento ad essere…!"

"Ti pare cosa?" lo aggredì Alba furente, facendo tremare, senza rendersene conto, le tazzine di caffè.

Merlino emise un miagolio di avvertimento a cui Alba non prestò molta attenzione e Azaele cercò di fare rapidamente marcia indietro. "No… cioè non intendevo, volevo solo… temo che tu abbia frainteso!" balbettò il demone notando la scintilla rossa negli occhi della fidanzata e le tazzine che tremavano accompagnate da un sinistro tintinnio. "Oh, quindi sono stata io ad avere frainteso eh, Renzo?".

Galletti assunse in modo piuttosto convincente l'espressione tipica della sfinge, dando così un senso al corso di teatro online che aveva seguito grazie alla piattaforma di “Formazione gratuita 4.0" messa a disposizione dall'azienda (il regalo di Molinesi prima di sparire nel nulla, l'ultima notte dei laboratori).

Alba non si diede per vinta e continuò "Proprio tu, poi! Dopo quello che hai combinato faresti meglio a chiedermi scusa!".

Azaele cadde dalle nuvole "Io?"

"Fai anche l'ingenuo, ora?" abbaiò Alba sempre più furiosa alzandosi di scatto e uscendo dalla cucina seguita da Merlino che emise un miagolio di disapprovazione nei confronti di Azaele.

"Ma che ho fatto?" domandò Azaele a Galletti che evitò di rispondere fingendo interesse per il settimanale poggiato sul tavolo e aperto su una pubblicità di crema anti-rughe per donne mature.

"Lo sai benissimo!" gridò la giovane sbattendo la porta della sua camera e facendo scoppiare le tazzine sotto lo sguardo esterrefatto di Galletti.

Azaele fece un passo verso la stanza di Alba ma Renzo, lasciando perdere l'idea di dare una spiegazione razionale allo scoppio delle tazzine, lo fermò. "Aspetta! Se posso darti un consiglio, non è il caso di seguirla adesso. Lascia passare un po' di tempo e poi quando ti sembrerà che si sia calmata entra, dille che ti dispiace e chiedile scusa!"

Azaele lo guardò senza capire. "Ma non so nemmeno per cosa!"

"Senti, uno dei segreti per un rapporto felice e lasciare che passi la bufera senza fare polemiche inutili. Vedrai che quando si sarà calmata si scuserà anche lei e così scoprirai che hai combinato per farla arrabbiare così tanto!"

Azaele lo scrutò perplesso. "Con tua moglie funziona?"

"Funzionava!"

Azaele sogghignò" Ah, bé un vero successo, visto che ti ha mollato!"

Renzo si rabbuiò. "Non mi ha mollato, mi è stata portata via!"

"Ah, si? Da chi, da uno che sapeva scusarsi meglio di te?" rispose ironicamente Azaele.

"No, dal cancro! " rispose Galletti.

Azaele si rese conto di non essersi mai sentito così idiota in vita sua. "Scusa, sono stato proprio un coglione!"

"Non fa nulla, non potevi sapere. A proposito, io sono Renzo, un collega di lavoro di Alba" rispose Galletti tendendogli la mano, il demone la strinse e rispose con un sorriso imbarazzato. "Azaele, piacere!"

Galletti gli batté una mano sulla spalla e dirigendosi verso la porta gli diede un ultimo consiglio. "Cerca di fare pace, ha bisogno di tranquillità, oggi non è stata per niente bene, è per questo che l'ho accompagnata a casa".

Azaele cominciò a provare una sgradevole sensazione di pericolo incombente. "Davvero? Ehem, che problema ha avuto?"

"Le ha fatto male il pranzo cinese, le è venuta una nausea terribile e ha vomitato tutto!" rispose Galletti uscendo e salutando con la mano un Azaele a un passo dallo svenire sul pavimento dell'anticamera.

Galletti stava per salire nel taxi 234, quando sentì un boato ed ebbe l'impressione di vedere riflessa nei vetri dei finestrini, un'enorme fiammata uscire dall'appartamento di Alba.

Si girò allibito ad osservare il palazzo.

"A bello, fai pure con comodo, tanto non ciò nulla da fare!" lo apostrofò il tassista.

"Ma non ha sentito quel boato?"

"Quale boato?" domandò perplesso il tassista.

"Quello seguito dalla fiammata! Ma scusi, non ha sentito né visto nulla?"

Il tassista pensò che stava cominciando a diventare vecchio per quel lavoro "Te sei appena fumato 'na canna di quelle buone?" domandò sbuffando.

Galletti concluse che probabilmente aveva bisogno di un po' di ferie, salì in macchina e chiamò il suo responsabile per avvertire che non sarebbe tornato in ufficio fino a lunedì.


#


Azaele osservò sconfortato la porta chiusa della camera da letto dalla quale Alba lo aveva appena buttato fuori, lanciandogli una palla di fuoco grande quanto la vecchia credenza della cucina.

Sospirò e pensò che avrebbe dovuto seguire il consiglio del collega di Alba e aspettare un altro po' prima di provare ad entrare.

Uscì sul balcone e si alzò in volo riflettendo. Era evidente che la situazione fosse oltremodo grave, gli indizi di una possibile gravidanza di Alba erano passati da uno, il leggero ritardo, a tre. Leggero ritardo, irritabilità e nausea. Per non parlare di quella strana sensazione che aveva provato qualche notte prima abbracciandola e alla quale non aveva voluto dare importanza.

Le soluzioni possibili erano due, proporre ad Alba di interrompere la gravidanza prima che laggiù o lassù se ne accorgesse qualcuno o prepararsi a difendere se stesso e la sua famiglia.

Era certo, infatti, che da entrambe le parti avrebbero cercato di portargli via il bambino (o la bambina).

Laggiù per farne un Alfiere del Male in grado di guidare un esercito di demoni pronti a impadronirsi del mondo degli umani e lassù… bè, ovviamente per assicurarsi che non lo diventasse.

In entrambi i casi lui e Alba avrebbero fatto di certo una brutta fine!

Sospirò sconfortato, gli si spezzava il cuore all'idea di chiedere ad Alba di interrompere la gravidanza. E in effetti anche lui, a pensarci bene, non aveva molta voglia di rinunciare ad aver un figlio!

E che caspita! In fondo che male c'era?

Ok, c'era il piccolo particolare che aveva infranto una Legge Superiore e che al cinquanta per cento rischiava di mettere al mondo una creatura che avrebbe messo in discussione l'equilibrio tra Paradiso, Inferno e Terra. Ma in fondo c'era anche il cinquanta per cento di possibilità che suo figlio fosse un bambino umano come tutti gli altri. Alba era umana no? Era una strega, certo, grazie a lui… però era umana!

E insomma, più ci pensava e più si convinceva che con un po' di attenzione e la giusta educazione, suo figlio non sarebbe stato un problema per l'equilibrio soprannaturale.

Ovviamente doveva prepararsi a difendersi, trovare degli alleati.

Ma quanto a quello era abbastanza tranquillo, sicuramente avrebbe potuto contare su Michele e Sael.

E su Safet.

E probabilmente anche su Razel, a cui in fondo stava simpatico.

E magari anche su Sakmeel e Eowynziel.

Che poi, magari... anche sull'Arcangelo Gabriel… perché no? Tutto sommato non gli era sembrato mal disposto nei suoi confronti, anzi.

Certo non era un gran esercito, ma in fondo anche per battere Sauron erano bastate nove persone! Cioè… più o meno.

"Ma si! Può funzionare!" si disse Azaele. "Devo solo parlarne con qualcuno!"

Azaele scartò subito Michele. Il suo migliore amico era troppo ansioso e sicuramente, gli avrebbe dato del pazzo senza ascoltarlo, era meglio che prima fosse preparato da qualcuno più maturo e razionale.

Safet! Lui si che era la persona giusta!

Era anziano, saggio e posato! Sicuramente avrebbe ascoltato le sue ragioni con calma e senza aggredirlo!


#


"Tu, sei completamente pazzo Azaele!" sbottò Safet battendo un pugno così potente sulla lastra in marmo di Carrara della cucina di Aurora, da spezzarla in due.

"Pazzo, scriteriato e immaturo!". Continuò Safet furioso.

"Il ma… marmo!" balbettò Azaele, indicando la lastra.

"Hai appena messo al mondo il potenziale Alfiere del Male e ti stai preoccupando di una lastra di marmo? Forse aveva ragione Ysrafael quando mi ha suggerito di rinchiuderti in una cella infernale e buttare la chiave, razza di idiota!".

Safet aveva appena finito di gridare quando sentì delle chiavi girare nella serratura dell'ingresso. Immediatamente tamburellò le dita sul marmo rimettendo a posto la lastra prima che Aurora potesse rendersi conto di ciò che era successo.

Azaele non riuscì a trattenere un sorrisetto che gli morì sulle labbra non appena incrociò di nuovo lo sguardo furibondo di Safet.

Aurora entrò in cucina con le buste della spesa e rendendosi conto che qualcosa non andava, poggiò tutto sul tavolo e domandò "Ciao ragazzi, che succede? Cos'hai combinato Azaele?"

Azaele si offese un pochino. "Perché dai per scontato che abbia combinato qualcosa?"

Aurora sorrise affettuosamente. "Ho sbagliato?"

Azaele arrossì e Safet incrociando le braccia ringhiò "Questo imbecille ha messo incinta Alba!"

Aurora sorrise "Ne sei sicuro Azaele?"

"Bé, ha un ritardo di alcuni giorni, è molto irritabile e oggi è stata male. Un collega l'ha riaccompagnata a casa prima!"

"Sono solo possibili effetti collaterali, tesoro. Per essere più sicuri bisogna fare almeno un test di gravidanza!" considerò Aurora affettuosamente.

Safet bofonchiò "Tesoro un accidenti, stupido demonietto!"

Azaele arrossì e con un po' di fatica ammise "Il fatto è che l'altra notte mentre abbracciavo Alba, mi è sembrato di sentire qualcosa! Ma ho pensato che forse me lo stavo solo immaginando… perché io… ecco… a me non dispiacerebbe affatto diventare padre!"

Safet spalancò gli occhi!. "Ma che stai dicendo? Razza di idiota!"

Aurora lo sgridò "Ora basta Safet! Di che ti stupisci? Azaele ama molto Alba, è normale che desideri formare una famiglia con lei!"

Si avvicinò ad Azaele e lo abbracciò. "Congratulazioni Azaele! Sono sicura che sarai un bravissimo papà!"

Azaele restituì l'abbraccio e rivolse un sorrisetto soddisfatto a Safet da sopra la spalla della professoressa.

Il Supervisore, sconvolto dallo stupore per la reazione di Aurora, aprì la bocca senza riuscire a emettere alcun suono.

Quando riuscì a riprendersi urlò furente "Ma quali congratulazioni! Ma per la miseria stiamo parlando di un demone infernale e di una strega, non di una coppietta umana fresca di matrimonio! Aurora, per favore, non mettertici anche tu a fare discorsi irrazionali!"

Aurora gli lanciò uno sguardo severo."Safet, forse se smetti di urlare e cominci ad analizzare la situazione con calma…"

"Con, calma?" la interruppe Safet "Ma qualcun altro oltre a me, in questa cucina, si rende conto che stiamo parlando della creatura che potenzialmente potrebbe dare inizio ad un'apocalisse demoniaca? Ci rendiamo conto che stiamo parlando della venuta al mondo del possibile Alfiere del Male, che condurrà i demoni alla conquista del mondo degli umani?".

"Quanto sei melodrammatico, hai visto troppi film dell'orrore!" replicò Aurora cominciando a mettere a posto la spesa.

Safet incredulo di fronte alla nonchalance della compagna commentò. "Aurora, seriamente tu stai dicendo a me, un diavolo infernale, che ho visto troppi film horror?"

"Safet, ti ricordo che tutto sei tranne una creatura spaventosa ed inquietante!" rispose lei osservando con aria concentrata un enorme pomodoro dall'aria appetitosa. "A proposito, ti va un'insalata di pomodori per cena?"

Azaele dovette impiegare tutte le sue energie per trattenere in gola una fragorosa risata, al contrario di Safet che fu colto dal desiderio di appiccare un falò infernale a tutta la spesa, pomodori compresi. Fu solo grazie all'amore che provava per Aurora che si impose di tornare calmo.

"Va bene cercherò di spiegarmi senza alzare la voce" disse avvicinandosi ad Aurora e togliendole di mano le buste della spesa, in modo fermo ma gentile.

"Ora sedetevi tutti e due e provate ad ascoltarmi senza interrompermi, ok?".

Aurora si rese conto di quanto fosse preoccupato Safet e decise di prestargli più attenzione. Fece cenno ad Azaele di prendere posto accanto a lei intorno al tavolo da pranzo e dopo che entrambi si furono seduti invitò Safet a spiegarsi. "Coraggio, ti ascoltiamo!".

Il Supervisore prese posto davanti a loro e cominciò a spiegare. "Come ben sa Azaele, tra i demoni esiste una credenza secondo la quale un giorno, dall'unione tra un demone prescelto e una donna umana, verrà generata una creatura a metà strada tra mondo degli umani e Inferno. Questa creatura, una volta cresciuta guiderà i demoni alla conquista della terra ottenendo finalmente la loro rivincita sulla cacciata dal Paradiso. Gli umani verranno spazzati via e Lucifero avrà finalmente il suo Regno sulla terra".

"Scusa, ma Dio che ruolo avrà in tutto ciò?" domandò Aurora perplessa.

"Dio manderà sicuramente il suo esercito angelico sulla terra e da ciò scaturirà uno scontro ancora più terribile di quello che terminò con la nostra cacciata dal Paradiso. Sarà l'apocalisse finale, quella che determinerà la fine del Regno dei Cieli o di quello dei Demoni e sicuramente la distruzione totale del Regno degli uomini!"

Azaele sbuffò "Si, ma appunto si tratta solo di una credenza, e poi francamente Safet, ma tu mi ci vedi nel ruolo di prescelto?"

"Questa è una buona domanda, Azaele!" approvò Aurora. "E poi io l'apocalisse me la ricordo un po' diversa!"

Safet annuì. "Lo so. Nelle sacre scritture degli umani si prevede la vittoria del bene sul male! Ma ovviamente io parlo della versione infernale! Quanto al fatto che non ti ci veda come padre della creatura, Azaele, ti faccio una semplice domanda. Ti ricordi le caratteristiche del prescelto?"

"Certo, le sanno tutti: non il più bello né il più forte, ma il più vicino agli uomini per potersi mischiare con una di loro e il più vicino al cielo per non essere notato dagli Angeli fino a che non sarà troppo tardi. Egli sarà il figlio di uno dei sette Guerrieri angelici!”

Azele ridacchiò e commentò “Eddai, Safet, a parte che sono decisamente bello e già questo mi esclude! Poi, vabbé, forse potrei essere abbastanza vicino agli umani, ma certamente non sono così vicino al Cielo!"

Safet non rispose, si limitò a prendere il pacchetto di sigarette di Aurora, ficcarsene una in bocca e tamburellarvi sopra delicatamente con l'indice per accenderla. Aurora gli avvicinò il portacenere.

Azaele continuò il suo discorso "Avanti, sarò anche figlio di due Arcangeli, ma non credo proprio di essere il figlio di uno dei sette Guerrieri. Quelli sono tutti altissimi e biondi a parte...!" Azaele si interruppe un attimo e poi proruppe in un allibito. "Merda!"

Safet lo osservò intensamente.

Azaele balbettò. "Safet… stamattina Gabriel è venuto a parlarmi, lui aveva uno strano atteggiamento protettivo nei miei confronti ed era piuttosto preoccupato per lo stesso motivo per cui sei preoccupato tu e… Oh merda, merda… lui è uno dei sette Guerrieri, l'unico con i capelli neri e ricci, decisamente basso per essere un Arcangelo e anche piuttosto distratto. Nel complesso è mo… molto somigliante a… a me!"

Safet non disse nulla, si limitò a ad aspirare una lunga boccata di fumo dalla sigaretta di Aurora.

"Safet, ti prego dimmi che ho appena detto un mucchio di idiozie!" lo supplicò Azaele.

Safet prese la sigaretta tra indice e medio della mano sinistra, poggiò le mani sul tavolo, con molta, molta calma, buttò fuori il fumo e rispose. "Gabriel è il mio migliore amico da sempre Azaele, è per questo che ho sempre vegliato su di te da quando sei precipitato all'Inferno. L'ho promesso a lui e a tua madre".

"Aspetta, un attimo Safet, stai veramente dicendo che non solo hai sempre saputo chi erano i miei genitori, ma che addirittura sono stati loro a chiederti di farmi da Supervisore infernale?" domandò scandalizzato Azaele.

"Perdonami, se non ti ho mai parlato dei tuoi genitori, ma mi era proibito farlo"

Azaele sentì lacrime calde di rabbia scorrergli lungo le guance. "Sai Safet, io non ce l'ho con Michele perché pur sapendo chi sono i miei genitori, non me l'ha mai detto. So bene che essendo un Angelo non può violare una regola celestiale. Ma tu Safet, tu sei un demone infernale, non hai più l'obbligo di obbedire alle leggi del Paradiso, quindi che motivo avevi per tenermelo nascosto per tutto questo tempo?”

"Mi dispiace, ragazzo, io...” rispose il Supervisore continuando a fumare nervosamente.

Azaele lo interruppe. "Ti dispiace? Safet io ti ho sempre considerato come un padre e ora scopro che mi hai nascosto la verità per millenni!"

Safet era mortificato "Sarò anche un demone, Azaele, ma ho degli accordi e degli impegni da rispettare con i piani alti, lo sai!"

"Non me ne frega un cazzo dei tuoi accordi merdosi!” sbottò Azaele.

Aurora cercò di intervenire per calmarlo, ma Azaele non le diede minimamente retta.

“Lo sai cosa penso Safet? Che da quando ho incontrato Alba, tu e i miei genitori avete cominciato a temere che avrei potuto essere proprio io il famoso prescelto! È anche per questo che quattrocento anni fa lei mi è stata portata via in quel modo, non è così?”

"Adesso non esagerare, se fosse così non vi sareste incontrati di nuovo quattrocento anni dopo!" rispose il Supervisore a disagio.

"Ma comunque, voi eravate preoccupati perché NIENTE È MAI PER CASO. Non è quello che dici sempre? È per questo che tu hai cominciato a sorvegliarmi molto di più da quando hai capito che era tornata! Ammettilo!" lo incalzò Azaele.

"Ammetto che ero un po' preoccupato, a differenza di Gabriel, che…"

"Ah, quindi tu e mio padre ne avete anche discusso! Ecco perché lui è venuto parlarmi!"

Safet non seppe cosa rispondere, Azaele aveva tutte le ragioni per essere così infuriato.

"Avresti dovuto dirmelo! Forse se avessi saputo chi era mio padre, sarei stato più attento! Ora che la frittata è fatta, dimmi Safet, che cosa vuoi che faccia? Che rinunci a mio figlio come hanno fatto i miei genitori?"

Aurora cercò di intervenire per calmarlo "Azaele, sono sicura che Safet non ti chiederebbe mai una cosa del genere! Non è vero Safet?".

Safet abbassò lo sguardo.

Azaele si sporse verso il suo supervisore poggiando le mani sul tavolo. "Non hai nemmeno il coraggio di guardarmi in faccia eh, Safet? Bè, sai che ti dico, non me ne frega un accidente né dell'apocalisse né dell'Alfiere del Male né di tutte le vostre stronzate! Io non butterò via mio figlio, come mio padre e mia madre hanno fatto con me! Mai!"

Terminata la sua sfuriata, il demone aprì le ali e si lanciò fuori dalla finestra della cucina senza salutare.

Aurora guardò Safet. "Quanto c'è di vero in tutta questa storia dell'Alfiere del Male?"

Safet sospirò e schiacciò la sigaretta nel portacenere "Non lo so, Aurora, ma è relativo. Il vero problema è che tutti i demoni infernali ci credono e tu sai che quando tutti cominciano a credere a una cosa, anche la più impossibile, questa diventa vera!"

"Quindi che farai? Non puoi abbandonare i ragazzi, te ne rendi conto vero?"

"Si, me ne rendo conto. Azaele non rinuncerà mai al figlio e questo significa che la sua vita è quella di Alba sono in pericolo. Devo prepararmi a difenderlo, trovare degli alleati e soprattutto devo avvertire Gabriel!" rispose Safet alzandosi per andare a cercare la sua giacca di tweed.

Aurora lo seguì preoccupata e gli domandò ancora "Safet, se non sbaglio una volta mi hai detto che l'invio delle nuove anime sulla terra viene effettuato dai cherubini…"

"Si, esatto!" rispose Safet mentre si infilava la giacca e apriva le ali nere.

"Quindi in Paradiso sanno già che Azaele e Alba…"

"No, non ancora" rispose Safet. "Per il rispetto del libero arbitrio, nessuno sa quali bambini sono stati scelti dalle anime fino alla loro nascita. Perciò, se nessuno si è ancora insospettito per lo stato di Alba, abbiamo abbastanza tempo per prepararci a difendere quei due idioti e il loro bambino!"

"O bambina!" sorrise Aurora.

Safet sorrise a sua volta. "O bambina, hai ragione. Ora però devo cercare Gabriel e parlare con Michele. Ho bisogno del loro aiuto!"

Si chinò per baciare Aurora e volò via anche lui.

Aurora sospirò, tutta quella storia rischiava di diventare realmente pericolosa, se ne rendeva conto perfettamente ed era preoccupata per Safet. Sicuramente era stato scelto per garantire un ponte tra Cielo e Inferno proprio per la sua saggezza e il suo carattere così equilibrato e onesto, ma ora la sua posizione era diventata decisamente rischiosa.



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Capitolo 4
*** Vecchi Amici ***


Capitolo 4

Vecchi amici



Azaele volava veloce sopra i tetti di Roma. Era arrabbiatissimo, non riusciva ad accettare che Safet avesse potuto nascondergli la verità per tutti quei millenni.

Era talmente perso nei suoi pensieri da non accorgersi di una collega che volava nella sua direzione e che non fece in tempo ad evitarlo. I due demoni si scontrarono così forte che la demone perse conoscenza e precipitò nell'acqua gelida del Tevere.

Azaele imbarazzato e dolorante si tuffò in acqua per recuperarla e la adagiò su una banchina. "Sono mortificato non ti avevo visto!" si scusò imbarazzato quando lei riprese conoscenza. La demone lo osservò più stupita che arrabbiata.

Era giovane e piccolina di statura, aveva il viso tondo e simpatico, due occhi color nocciola chiaro spruzzati di pagliuzze verdi e gialle e un fisico rotondetto che gli ispirò tenerezza. La veste nera dai bordi dorati era completamente fradicia, ai piedi portava un paio di sandali neri zuppi d'acqua.

"Non fa niente, non l'hai fatto apposta!" rispose la piccola demone tremando, un po' per lo spavento e un po' per il freddo.

"Ma tu non sei Azaele, l'amico dell'angelo Michele?" domandò un po' titubante.

"Si, ma tu come fai a sapere chi sono? Non mi sembra di conoscerti!" rispose stupito il demone.

"Non credo proprio ci siano altri colleghi che vanno in giro con un giaccone e un cappello da marinaio! Non te ne separi mai?" rispose lei.

"Quasi mai. Me li ha regalati un umano a cui ero molto affezionato, sono diventati i miei portafortuna! E tu come ti chiami?"

"Adel, piacere!" rispose la demone porgendogli la mano.

Azaele la strinse e notando che Adel tremava propose "Senti, vorrei scusarmi per il tuffo nel Tevere. Perché non vieni da me, ti fai una doccia e intanto che laviamo la tua veste ti offro qualcosa di caldo!"

Adel rimase molto colpita dalla premura dimostrata da Azaele, di norma i demoni non sono affatto gentili e dopo uno scontro del genere al massimo si sarebbe aspettata di ricevere uno sgarbato "Guarda dove voli, idiota!". Non delle scuse sincere e men che meno un invito a bere un tè o una cioccolata calda. La situazione la mise terribilmente a disagio, lei era in missione per scoprire se davvero Azaele aveva messo al mondo un figlio e fare rapporto al suo capo, Akenet, che molto probabilmente avrebbe organizzato il rapimento del bambino e magari ordinato di eliminare sia Azaele che la sua ragazza umana.

D'altra parte, era anche vero che accettare l'invito di Azaele le avrebbe permesso di concludere la sua missione più velocemente del previsto. Sarebbe tornata dal suo capo e avrebbe cercato di dimenticare prima possibile di essere una persona orribile, capace di tradire la fiducia di uno dei pochi demoni che avesse conosciuto capace di mostrare un po' di gentilezza. Sospirò sperando che si trattasse solo di un altro errore di Radael!

"Va, bene. Ti ringrazio, mi fermo da te volentieri!" disse senza riuscire a guardare Azaele negli occhi.

Il demone sorrise "Figurati è il minimo!"

Adel pensò che dopo quella missione molto probabilmente si sarebbe meritata di tenere compagnia ai dannati del Girone dei traditori.


#


Azaele atterrò sul balcone della cucina, diede un'occhiata all'interno e una volta constatato che Arianna non c'era si rivolse ad Adel "Ok, l'amica umana di Alba non sembra essere in casa, possiamo entrare e renderci visibili, senza le ali e il resto però. Arianna potrebbe tornare all'improvviso!"

"Ok" rispose Adel nascondendo le ali e l'aureola spezzata.

Una volta entrati furono accolti da un demone dai capelli rossi piuttosto imbronciato, che Adel conosceva abbastanza bene, e da un angelo biondo dagli occhi azzurri dall'aspetto teso che le rivolse uno sguardo sospettoso.

"Bu… buonasera!" salutò la demone a disagio di fronte a Michele.

Azaele presentò Adel fingendo di non aver notato che tra Sael e Michele c'era una strana tensione, come se fossero stati interrotti mentre litigavano. "Ragazzi, lei è Adel. Ha fatto un tuffo nel Tevere per colpa mia e così ho pensato di farmi perdonare invitandola a casa per fare una doccia calda e bere una cioccolata mentre la sua veste si lava e si asciuga!".

"Ciao Adel. È da parecchio che non ci vediamo!" esclamò Sael.

Azaele osservò Adel confuso "Vi conoscete?"

"Si, lavoravamo insieme nel Terzo girone, prima che Sael venisse promosso alla Gestione utenti esterni rispose Adel.

"Oh! L'inferno è davvero piccolo!" commentò Azaele stupito. "Alba è ancora in camera sua?" domandò poi.

"Si, oggi non si sente bene!" rispose Sael.

"Lo so" sospirò Azaele. "Vado a chiederle come sta e se mi presta un accappatoio o un asciugamano da doccia. Michele ci prepari una cioccolata delle tue?"

Michele annuì e senza parlare cominciò ad armeggiare nella credenza. Azaele si diresse verso la camera di Alba sperando di trovarla meno propensa a usarlo come bersaglio delle sue bombe infuocate.

In cucina intanto si era fatto un silenzio imbarazzante, Sael non riuscendo più a sopportare la tensione salutò Adel e fece per uscire ma Michele lo fermò irritato. "Puoi anche andartene ma lo sai, vero, che non abbiamo finito il discorso?"

Sael indossò gli occhiali scuri e rispose "Comunque adesso non è il momento!"

Michele lanciò uno sguardo ad Adel che abbassò gli occhi imbarazzata. "No, non è il momento, almeno su questo sono d'accordo con te!" risposte nervosamente.

Sael tirò su con il naso e se andò.

Michele sbatté il barattolo della cioccolata e mormorò. "Merda, non di nuovo!"


#


Azaele si affacciò alla porta della camera di Alba dopo aver bussato timidamente e domandò titubante "Posso entrare?"

Alba, che aveva passato il pomeriggio a piangere a letto sentendosi in colpa per come aveva trattato Azaele, si mise a sedere e lo accolse con un sorriso. "Sei tornato!"

Il demone rimase un po' stupito dalla reazione di Alba, ma ricordando il consiglio di Galletti anziché fare commenti entrò e disse solo "Mi dispiace, prima mi sono comportato da vero idiota!"

Alba abbassò lo sguardo e rispose "Ho esagerato anche io, non c'era bisogno di aggredirti in quel modo!"

Azaele si sedette sul letto al suo fianco e la abbracciò. Rimasero un po' in silenzio poi lei assunse un'espressione divertita e commentò "Certo che il povero Galletti chissà che avrà pensato quando ho fatto scoppiare le tazzine in quel modo!"

"Ammesso che se ne sia accorto, per me era troppo concentrato ad impersonare la Sfinge!" rispose Azaele sorridendo.

Il sorriso di Alba si allargò "Poveretto che situazione imbarazzante! Devo dire però che è piuttosto portato per la recitazione!"

"Metodo Stanislavskij , tu non interpreti la Sfinge tu sei la Sfinge. Robert De Niro gli fa una pippa a Galletti!" aggiunse Azaele.

I due scoppiarono a ridere come due ragazzini. Alba però si interruppe all'improvviso e osservando seria Azaele domandò "Di un po', ma per caso puzzo? Sono stata chiusa qua dentro tutto il pomeriggio!”

Azaele ammutolì, guardò Alba dritto negli occhi e… non osò rispondere.

Alba sostenne lo sguardo del suo ragazzo e quando scorse il panico nelle iridi nere, il suo viso si distese in un allegro sorriso.

"Paura, eh? Guarda che lo so che puzzo come una capra tibetana!" disse dandogli una spinta scherzosa e alzandosi dal letto. “Non so come fai a starmi così vicino! Vado a farmi una doccia e lavarmi i denti così dopo possiamo fare pace sul serio!" aggiunse strizzando l'occhio ad Azaele che emise un sospiro di sollievo e, visto che Alba sembrava di nuovo serena, provò a porle una domanda potenzialmente suicida. "Alba, lo so che prima mi sono comportato come un idiota geloso e infatti mi sono scusato con il tuo collega, ma tu eri già arrabbiata con me da prima che arrivassi, non è così?"

Alba si irrigidì per un attimo che ad Azaele sembrò lunghissimo, quindi emise un lungo sospiro. Si sedette sul bordo del letto e rispose. "Hai ragione, il fatto è che stamattina a Sael è sfuggito che tempo fa hai avuto una storia con Aleniel. Lo so che non stavamo insieme quando è successo e che non avrei il diritto di essere gelosa, ma non sopporto il pensiero di te con altre donne, soprattutto se sono dotate di tette completamente fuori scala!"

Azaele rimase basito, Sael era stato proprio idiota, come cavolo aveva potuto farsi scappare un notizia del genere con Alba!

Anche se riflettendoci... tutto sommato forse era stato meglio che Alba fosse venuta a saperlo da lui piuttosto che da qualche collega dispettoso o peggio che mai, dalla stessa Aleniel.

Sospirò e cercò di giustificarsi. "Non è stata una storia, è stato un ricatto! Mi ero intrufolato in casa sua per recuperare la spada di Michele e lei mi ha beccato!"

Alba cominciò a ridere "Aza, ti rendi conto che sembra l'inizio di un film porno? Il ladro che viene beccato in flagrante dalla poliziotta super tettona che lo costringe a soddisfare le sue voglie in cambio della libertà... "

"Cosa? Bé, in effetti!” considerò Azaele un po' imbarazzato “Però ti giuro che è andata proprio così. Lei voleva fare un dispetto a Michele con cui si era appena lasciata definitivamente!"

"E tu, povero, hai dovuto cedere al ricatto, eh? Chissà quanto ti è costato!" domandò Alba continuando a ridere.

Azaele si rese conto che la sua ragazza lo stava trascinando nel bel mezzo di un campo minato. Esitò un attimo e poi decise di essere sincero.

"Senti, ammetto che non è stato un gran sacrificio ed è anche stato abbastanza divertente. Quando non è scorbutica Aleniel riesce anche ad essere simpatica. Però se devo essere onesto, non mi sono sentito a posto con me stesso, lei era pur sempre la ex di Michele e poi non gliene fregava nulla di me. Te l'ho detto. Voleva solo prendersi una rivincita su di lui e probabilmente togliersi la curiosità di andare a letto con un demone".

Alba gli rivolse uno sguardo tra l'ironico e l'affettuoso.

"Alba, lo sai vero che non me ne può fregare di meno di Aleniel?" si lamentò Azaele.

Ma lei non rispose e si passò una mano sul ventre facendosi seria.

Stai bene?” domandò lui preoccupato.

Alba prese una mano del demone e la strinse forte "Lo sai vero, qual è il reale motivo per cui oggi sono stata male? Lo hai sentito anche tu… dentro di me?"

"Alba, ma allora te ne eri già accorta?"

Lei annuì. "Non possiamo tenerlo, vero?" domandò lei affranta.

Azaele si sentì morire. Non sopportava di vedere Alba così triste e nemmeno di dover rinunciare al loro figlio.

La abbracciò stretta e poggiandole una mano sul ventre ringhiò "Non mi importa un accidente di tutte le stronzate che si dicono sul figlio del diavolo! Io ti amo, tu sei la mia compagna e questo è nostro figlio! Io non permetterò a nessuno di farvi del male, piuttosto mi faccio ammazzare!"

Alba si strinse a lui tremando "Io non voglio che tu ti faccia ammazzare, io voglio che possiamo vivere insieme, per sempre!"

"E sarà così Alba! Lotteremo per avere un futuro insieme. Noi saremo una famiglia e sia lassù che laggiù se ne dovranno fare una ragione!"

Si staccò da lei e accarezzandole una guancia le disse "Senti, mentre tornavo mi sono scontrato con una demonietta e l'ho buttata nel Tevere, per scusarmi l'ho invitata a prendere qualcosa di caldo mentre laviamo la sua veste. Le ho anche proposto di farsi una doccia, ti secca?”

No, figurati, tanto c'è anche l'altro bagno. Piuttosto sarà meglio prestarle un asciugamano!” Alba andò a frugare nell'armadio, tirò fuori un asciugamano da doccia bianco e morbido e lo porse ad Azaele.

Grazie. Ora però è meglio se la raggiungiamo, l'ho lasciata con Michele e penso siano entrambi un po' in imbarazzo, sai com'è… un angelo e una demone da soli in cucina, temo non abbiamo molto da dirsi!"

"Ma non c'era anche Sael?"

"L'ho sentito andare via mentre venivo da te, ho idea che lui e Michele abbiano litigato. Ultimamente Sael è piuttosto strano, non capisco cosa gli sia preso!"

Alba sospirò "È spaventato da un sogno"

"Un sogno?"

"Poi ti spiego, dai non facciamo aspettare ancora la tua ospite!" rispose Alba dirigendosi verso la porta.


#


Adel era dispiaciuta per Michele. Sael doveva essere veramente un cretino per far star male un ragazzo che dava l'idea di essere la gentilezza in persona. Vincendo l'imbarazzo, si rivolse timidamente all'angelo. "Ti chiedo scusa, io e Azaele siamo arrivati in un momento poco opportuno!"

Michele si asciugò il viso e rispose "No, stai tranquilla, di inopportuno qui ci sono solo le idiozie di cui si è convinto Sael!"

"Che cosa ti ha detto per farti stare così male?" domandò Adel sinceramente dispiaciuta.

Michele scrollò le spalle "Niente, lascia perdere. Ti chiedo scusa ma sono cose troppo personali, non mi sento di parlartene. Per favore non offenderti!"

Adel sorrise "Guarda che all'Inferno lo sanno tutti che tu e Sael state insieme!"

Michele arrossì un po' imbarazzato. "Davvero?"

"Certo, credevi che una rapporto come il vostro potesse passare inosservato? Gli Arcidiavoli hanno spie dappertutto!"

Michele la osservò pensieroso "Sael è stato richiamato o minacciato, che tu sappia?"

Adel sorrise ricordando le parole di Akenet. "Assolutamente no. Ci sono stati solo dei normali pettegolezzi tra colleghi e qualche battuta cretina. Niente di più"

Michele sorrise, ma subito si rabbuiò "Ma allora perché si preoccupa tanto per la nostra storia, secondo te?"

Adel ci pensò un attimo. "Non saprei. Però Sael è un ragazzo incredibilmente bello e giù da noi sono in molti quelli che vorrebbero… insomma sai cosa intendo…"

Michele assunse un'espressione ancora più triste e Adel aggiunse subito "Ma lui è sempre stato molto timido e chiuso, credo che neanche si accorga dell'effetto che fa. Magari qualcuno che aveva delle mire su di lui si è ingelosito nel sapere che ha trovato un compagno e sta cercando di creargli delle ansie per convincerlo a lasciarti"

"Tu hai qualche idea su chi potrebbe essere?" domandò Michele.

Adel sospirò, Michele la osservava con aria così speranzosa che avrebbe voluto aiutarlo. Ma non gli venne in mente nessuno in particolare.

"Mi dispiace, non ne ho idea. Però potresti chiedere direttamente a Sael!"

"Potrei, ma ultimamente è diventato scontroso, temo che ormai stia per lasciarmi! Forse, ha semplicemente perso interesse per il nostro rapporto" commentò tristemente Michele.

Adel osservò quell'angelo così bello e gentile e si domandò come poteva essere possibile che Sael stesse rischiando di perderlo. Allo stesso tempo le sembrava strano che il collega stesse solo cercando una scusa per lasciarlo. Non che fossero stati mai molto in confidenza, ma per quanto lo conosceva non gli era sembrato un tipo sciocco o superficiale. "Senti, se vuoi provo a parlargli, io per lavoro ho spesso a che fare con le comunicazioni tra Arcidiavoli, magari se gli dico che non ci sono dossier su voi due si tranquillizza!"

L'angelo le rivolse uno sguardo così grato, che per un attimo Adel desiderò di essere stretta tra le sue braccia e fare cose… bé cose che era meglio evitare di descrivere. Sospirò ripensando all'ultimo ragazzo che aveva avuto, un cretino che aveva lasciato immediatamente dopo averlo trovato a rotolarsi sul loro letto con una demone alta come un palo e magra come un chiodo.

La voce allegra di Azaele la distrasse dai suoi pensieri. "Eccomi qua, Adel!" la piccola demone alzò lo sguardo e vide Azaele porgerle un morbido asciugamano bianco. Accanto a lui una giovane umana molto carina, dagli occhi verdi e i capelli neri e ricci la osservava con uno sguardo accogliente e un po' stanco.

La ragazza sorrise e si presentò "Ciao Adel, io sono Alba, la ragazza di Azaele”.

Adel si rese conto di due cose, la prima era che Alba e Azaele erano una coppia incredibilmente ben assortita. La seconda, che alla sua acuta vista di demone non poteva sfuggire, era che Alba aveva il ventre leggermente tondo e gonfio e no, maledizione, questa no, non era una buona notizia. Cioè lo sarebbe stata se nel giro di una manciata di secondi non si fosse già innamorata di loro due insieme.

Sospirò pensando ad Akenet e agli altri Arcidiavoli. Avrebbe compiuto il suo dovere, perché non poteva evitarlo ma sapeva già che si sarebbe odiata. A volte essere una demone infernale le risultava più insopportabile del solito e questa era una di quelle volte.


#


Se gli umani avessero avuto il dono di vedere oltre la loro realtà, quel pomeriggio avrebbero potuto notare che sul tetto della Rinascente un Arcangelo osservava il cielo impaziente. La sua armatura di titanio, molto più leggera e funzionale delle antiche armature di ferro abbandonate dagli arcangeli verso la fine del ventesimo secolo, brillava accarezzata dagli ultimi raggi di un sole che ormai si avviava a tramontare.

Gabriel aspettava impaziente Safet accanto al cartellone pubblicitario che qualche mese prima aveva buttato giù a causa di un atterraggio non proprio da manuale e che qualche umano di buona volontà aveva rimesso al suo posto.

Osservando il sole che cominciava a tramontare colorando di rosso il cielo di Roma, ripensava a quando lui e Safael erano ancora solo due giovanissimi angeli. Due ragazzini senza problemi con il solo incarico di supportare il padre nella gestione del creato che allora era molto meno complicato. Solo creature semplici che nuotavano nell'acqua, niente catene alimentari e soprattutto niente esseri umani dotati di libero arbitrio. Che poi ormai non c'erano nemmeno più solo gli esseri umani da tenere sotto controllo. Gabriel sbuffò affaticato, certe volte tenere dietro a tutti i popoli creati dal Padre e sparsi per tutto l'universo era veramente faticoso.

In ogni modo a quei tempi era tutto più facile e divertente. Insieme a lui e Safet poi c'erano anche Galadriel che sarebbe diventata la sua compagna e un altro angelo dai capelli rossi che in seguito avrebbe scelto di ribellarsi perché a suo parere la creazione degli umani era stata l'idea peggiore del Padre, dopo la catena alimentare. Insieme loro quattro si erano divertiti tantissimo e a dire il vero ne avevano anche combinate parecchie, tipo quando avevano creato l'ornitorinco. Ricordava ancora lo sguardo perplesso del Padre di fronte a quel cosino buffo e senza senso!

Ma poi tutto era cambiato. Lucifero si era ribellato ed era scoppiata la Grande Guerra a causa della quale Galadriel non c'era più e l'amicizia con l'amico dai capelli rossi che aveva scelto di stare con i ribelli era andata perduta.

Fortunatamente almeno lui e Safet erano rimasti profondamente legati, d'altronde sebbene il demone agli occhi di chi non lo conosceva potesse sembrare freddo e scostante in realtà era un pezzo di pane. A volte gli ricordava Michele, il migliore amico di suo figlio. Galadriel aveva avuto un'ottima intuizione quando, nonostante la giovanissima età, lo aveva scelto per affidargli il loro bambino. Azaele aveva avuto un fratello maggiore affidabile e protettivo su cui poter contare, e Dio sa quanto ne aveva avuto e ne aveva ancora bisogno.

Gabriel si rese conto di aver nominato il Padre e diede un'occhiata verso l'alto con aria mortificata. Così facendo scorse finalmente Safet tra le nuvole.

Il supervisore raggiunse il palazzo della Rinascente in pochi secondi e atterrò con eleganza. Safet era sempre stato elegante fin da ragazzino. Gabriel lo aveva sempre ammirato per questo e a dire il vero anche per molti altri motivi, compreso quello di aver scelto l'Inferno pur di stare vicino ai suoi studenti e ai loro figli. E indubbiamente per Gabriel era sempre stato di grande conforto sapere che laggiù, il suo vecchio amico vegliava su Azaele.

Safet gli si avvicinò con aria tesa e domandò "Immagino abbia già capito il motivo per cui ti ho chiamato!"

"Per favore non dirmi che è successo!"

"Purtroppo si. Come se non bastasse Azaele non è intenzionato a rinunciare al bambino!"

"Davvero?" domandò Gabriel sorridendo.

Safet alzò gli occhi al cielo "Non mi dirai che approvi! Gabriel ti rendi conto almeno tu di cosa significa?"

Gabriel si appoggiò al cartellone pubblicitario. "Si, me ne rendo conto benissimo Safael, però sono stanco di rinunciare ai miei affetti. Amo mio figlio, anche se non gliel'ho mai dimostrato, e mi sono affezionato anche alla sua ragazzina. Li ho osservati in questi mesi e lei è molto dolce e paziente con lui. Non voglio che facciano scelte dolorose solo perché qualcuno crede che il loro bambino possa determinare l'Armageddon. Te l'ho già detto anche l'altra volta non ho intenzione di lasciare solo Azaele, anche se questo dovesse significare scontrarsi con gli altri sei Guerrieri e con gli Arcidiavoli"

Safet si avvicinò a Gabriel e gli posò una mano sulla spalla. "Se le cose stanno così è meglio che cominciamo a pensare a degli alleati, non possiamo combattere io te, Michele e Azaele contro tutti"

"E sarebbe meglio che cominciaste a cercarli in fretta, perché laggiù la voce che il demonietto ha messo incinta la sua regazzetta sta a girà più vorticosamente delle pale di un canadair dei Vigili del fuoco!" intervenne una voce dietro il cartellone.

"Ma che diavolo… Razel! Stavi origliando?" domandò nervosamente Safet, vedendo il demone dai capelli rossi uscire allo scoperto.

Gabriel nello scorgere Razel portò immediatamente la mano sull'elsa della spada.

Razel commentò amaro. "È così che accogli un vecchio amico, Gabriel?"

Gabriel allontanò la mano dalll'elsa un pò imbarazzato "È passato molto tempo da quando eravamo amici, Razel!"

"Davvero, bé pensavo che quella volta, durante la Grande guerra, nun m'avessi ammazzato perché in fondo eravamo amici. Avrò inteso male!" rispose Razel fissando dritto negli occhi Gabriel che sostenne lo sguardo del demone e rispose "Non fare la vittima Razel, non ti si addice. Sei stato tu a voltare le spalle a me Galadriel e Safael quando di ti sei schierato con Lucifero!"

"Famme capì, io vi ho voltato le spalle e Tywin Lannister qui, invece, ha deciso di vivere all'Inferno perché preferisce i climi caldi?" rispose Razel indicando Safet.

"Guarda che il Trono di spade l'ho visto anche io! Comunque sai benissimo che le vostre motivazioni erano ben diverse, tanto è vero che Safael si è tenuto le ali angeliche!" rispose l'Arcangelo avvicinandosi a Razel con aria di sfida

Razel ridacchiò senza scomporsi. "Me sembra un film già visto, un angelo che difende a spada tratta un demone infernale!"

Safet intervenne sbuffando. "Piantatela di battibeccare voi due, sembrate due ragazzini! Piuttosto, Razel, da che parte pensi di stare questa volta, con noi o contro di noi?"

Razel infilò due dita nella tasca del gilet di pelle e tirò fuori una sigaretta. La mise in bocca e sfregò l'indice e il medio contro il pollice per accenderla. Tirò una boccata e anziché rispondere domandò a Gabriel "Safet mi parlò di Sael e di come per lui era stato difficile lasciarlo, perché tu e Galadriel invece non mi avete mai detto quale dei piccoletti era il vostro e a chi lo avevate affidato? Nun ve fidavate di me? Eppure a quei tempi, in teoria, eravamo ancora amici, o almeno io credevo che lo fossimo!"

Gabriel questa volta non riuscì a sostenere lo sguardo di Razel. "Non lo so, forse perché avevi già cominciato ad allontanarti da noi. Se ben ricordi avevi iniziato a frequentare anche altri giri di amici e dopotutto è stato proprio con loro che hai combattuto. Quindi perché continui a comportarti come se fossimo stati noi a tradirti?"

"Magari perché ho sperato fino all'ultimo che qualcuno di voi perfettini mi fornisse una scusa per lasciar perdere e invece... voi e il vostro rispetto del libero arbitrio avete lasciato che finisse come è finita!"

Tra i tre cadde un silenzio malinconico che Safet ruppe per primo. "Ormai è inutile tirare fuori gli errori del passato. Il figlio di Gabriel è nei guai e come tu stesso hai detto non abbiamo tempo da perdere. Per cui te lo domando di nuovo, da che parte stai?"

Razel, incrociò le gambe, infilò una mano nella tasca dei jeans e poggiò la schiena sul cartellone pubblicitario. Aspirò un paio di bloccate e sbuffò altrettante nuvolette di fumo. "Azaele me sta simpatico e in fondo pure il frocetto biondo che sta sempre a parargli le spalle...”

Si definisce gay, anzi bisessuale, nel caso di Michele” puntualizzò Safet.

Razel non si scompose “Vabbè, il biondino bisex che scopa con tuo figlio, che per inciso me sta simpatico pure lui...”

Troppo buono!” commentò sarcastico Safet facendo un notevole sforzo per evitare di afferrare Razel e costringerlo a lavarsi la bocca con l'acido muriatico.

...per cui vedrò di soprassedere sul fatto che Gabriel è uno stronzo presuntuoso che nun sa chiedere scusa! Ve sta bene?"

"A me sta bene” rispose Safet “E a te, Gabriel?"

"Visto che abbiamo bisogno di alleati, vedrò di farmi andar bene che Razel abbia la memoria corta quando si tratta delle sue cazzate, un eloquio disdicevole e soprattutto un pessimo gusto nel vestire!"

"Ha parlato Robocop de noantri!" rispose Razel.

Gabriel diede un'occhiata imbarazzata alla propria armatura e commentò "Razel, ma va un po' a 'fanculo, va!".

Razel ridacchiò, seguito da Safet e alla fine anche dallo stesso Gabriel. Le risatine si trasformarono in risate sempre più forti e liberatorie e alla fine, quando tutti e tre riuscirono a riprendere il controllo, Gabriel porse una mano a Razel e commentò "Ben ritrovato, roscio!"

Nota autrice

Mi sono accorta che c'è un po' di confusione con Safael/Safet per cui vado a spiegare: Safael è il nome da Arcangelo di Safet. Quando Safael ha scelto di andare all'inferno per stare vicino ai suoi ex studenti e a suo figlio, ha perso il suo nome di Arcangelo ed è diventato Safet.

Gabriel e altri angeli, che gli sono rimasti amici però continuano a chiamarlo con il suo nome di Arcangelo, ecco perché a volte viene chiamato Safet e altre volte Safael.

Scusate, mi rendo conto che la cosa crea un po' di confusione! 😅









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Capitolo 5
*** Qualcuno se ne va ***


Capitolo 5

Qualcuno se ne va!


Sael aveva bisogno di bere qualcosa, era triste e preoccupato per Michele, sapeva che lo stava facendo soffrire, ma purtroppo non se la sentiva di dirgli per quale motivo si stava convincendo che la loro relazione fosse sbagliata.

Atterrò davanti al Pantheon, si nascose dietro una delle colonne e dopo essersi reso visibile agli umani entrò in uno dei bar che si affacciavano su Piazza della Rotonda. Un bel ragazzo alto e biondo gli rivolse un'occhiata amichevole, ma Sael non era in vena di lavorare per cui evitò lo sguardo invitante del ragazzo. Un angelo lo guardò stupito, era la prima volta che gli capitava di incrociare un demone che rinunciava a tentare un umano! Sussurrò qualcosa nell'orecchio del ragazzo biondo che ripensò a quello stava per fare e, vergognandosi come un ladro, pagò il conto e usci dal bar per andare a comprare delle rose per il suo fidanzato.

Sael ordinò un mojito chiedendosi se stava esagerando, continuare a negare una spiegazione a Michele avrebbe finito per distruggere l'unica cosa veramente bella che gli era capitata da quando era stato precipitato all'Inferno. Per non parlare del fatto che era innamorato di Michele fin da ragazzino, da quella volta che l'angelo aveva beccato lui, Sakmeel e un altro gruppo di giovanissimi demoni a far casino nel Giardino dell'Eden.

A quei tempi la Grande Guerra era finita da poco, gli Angeli erano impegnati soprattutto a riorganizzare il Paradiso e il Giardino dell'Eden era rimasto un po' abbandonato per cui nessuno si era accorto che la porta da cui erano usciti Adamo ed Eva era rimasta aperta. Gli Angeli si ricordavano del Giardino più che altro quando desideravano un po' di “privacy”. Sael e i suoi amici, che ai tempi erano in piena adolescenza, avevano pensato di intrufolarsi e far casino per disturbare le coppiette angeliche e in effetti avevano finito per creare un tale parapiglia che Ysrafael aveva mandato Michele e Ariel a mettere a posto le cose.

All'arrivo dei due angeli, Sael e gli altri demoni erano scappati tutti a parte Sakmeel che aveva avuto la bella pensata di saltare in groppa ad un ipogrifo che dal canto suo non aveva apprezzato per niente l'idea e lo aveva sbalzato a terra riempiendolo di zoccolate. Sael era tornato indietro per aiutare l'amico e così erano stati catturati dai due angeli.

Ariel li aveva fatti inginocchiare con le mani alzate e dopo averli minacciati con la sua spada li aveva schiaffeggiati così forte da far uscire loro lacrime di dolore e di vergogna. Michele era intervenuto dimostrandosi molto più comprensivo. Dopo averli redarguiti severamente e costretti a promettere di non avvicinarsi più al Giardino, li aveva lasciati andare. Sael lo aveva sentito discutere con Ariel che lo aveva rimproverato di essere stato troppo buono, ma Michele aveva risposto che erano solo dei ragazzini e che non era il caso di esagerare.

Il demone non si era mai dimenticato degli occhi azzurri di Michele, così luminosi, né del suo sorriso comprensivo e forse anche un po' divertito.

Dopo quella volta per millenni non si erano più incontrati, lui era diventato un demone adulto e aveva avuto le sue storie d'amore, ma non era mai riuscito a trovare nessuno che potesse reggere il confronto con il ricordo di quell'angelo bellissimo e gentile.

Secoli dopo, quando lo avevano finalmente promosso assegnandolo agli utenti esterni, aveva conosciuto Azaele e con sua grande sorpresa aveva scoperto che il moretto e l'angelo erano migliori amici.

Ma Michele non aveva mai mostrato di riconoscerlo. Ed era comprensibile, Sael era molto cambiato rispetto al ragazzino dai lunghi capelli, magrissimo e spaventato che aveva rimproverato millenni prima.

Sospirò, non era ancora riuscito a ricordare a Michele quell'episodio tutto sommato divertente. L'idea di confessargli che era innamorato di lui praticamente da tutta la vita lo imbarazzava, temeva di potergli sembrare immaturo.

Solo Azaele e Sakmeel avevano intuito i suoi sentimenti.

Tra l'altro Sael aveva scoperto solo di recente che Sakmeel aveva sempre saputo della sua cotta per Michele ma si era tenuto il segreto e così si era reso conto che il demone tarchiato gli era molto più amico di quanto avesse mai creduto.

Osservò il bicchiere di mojito pensieroso e ritornò a riflettere sul suo rapporto con Michele. E se invece stava sbagliando tutto? Se aveva ragione Michele quando diceva che a nessuno sarebbe importato del loro amore finché entrambi avessero continuato a svolgere scrupolosamente il loro lavoro?

"Sael!". La voce adirata di Yrafael lo riportò alla realtà. Il supervisore angelico lo osservava contrariato, era accompagnato da Ariel che lo stava osservando con uno sguardo indecifrabile.

"Avevamo un appuntamento o sbaglio?". L'angelo si avvicinò al demone, seguito da Ariel che si sedette su uno sgabello libero al fianco di Sael, senza dire una parola.

"Sono stato molto impegnato con il lavoro, Ysrafael. Sul serio!". Rispose Sael un po' a disagio.

Il supervisore lo squadrò gelido. "Per essere un demone infernale menti piuttosto male. E togliti quegli occhiali quando parli con me, te l'ho già detto. Odio dovermi ripetere!"

Sael si tolse gli occhiali svogliatamente. Sapeva che il supervisore voleva delle risposte e lui non aveva voglia di dargliele. "Ysrafael!” ribatté facendo un cenno con la testa verso i tavolini del bar intorno ai quali un gruppetto di demoni cercava di creare nervosismo tra gli umani e uno di angeli di contrastare i tentativi dei colleghi infernali. “Scusa, ma non mi sembra il caso di parlare proprio ora, è pieno di colleghi!".

"Allora, hai riflettuto su quello che ti ho detto?". Domandò ancora Ysrafael ignorando la preoccupazione di Sael. Lui era un supervisore, se voleva parlare con un demone poteva farlo, era nel suo diritto.

Sael abbassò gli occhi sul mojito. "Michele dice che lassù non importa a nessuno se ci amiamo, che l'importante è continuare a svolgere il proprio lavoro con serietà e professionalità"

Ysrafael sogghignò leggermente "Mi pare ovvio che minimizzi, è parte in causa! Ma ciò non toglie che qualcuno potrebbe cominciare a chiedersi da che parte stia realmente!"

Sael impallidì. "Michele è la correttezza in persona! Io non credo che il fatto che stia con me possa creare dubbi sulla sua lealtà!"

"Forse non ti rendi bene conto di ciò che sei, guarda lo specchio e dimmi cosa vedi dietro di te" replicò un po' crudelmente Ysrafael.

Sael si voltò verso lo specchio del bar e osservò i colleghi. Gli angeli quando si avvicinavano agli umani ne aumentavano l'aura luminosa rendendo i loro sorrisi più aperti, le loro risate più allegre, le loro espressioni più cariche di fiducia ed empatia, i demoni al contrario spegnevano qualsiasi luce sul viso degli umani rendendoli cupi e rancorosi. Sael si guardò riflesso nello specchio e si rese conto di quanto le sue ali nere e la sua aureola spezzata fossero buie e inquietanti rispetto alla luminosità delle ali e delle aureole degli angeli. Provò un dolore così intenso che abbassò lo sguardo e due lacrime scivolarono lungo le sue guance.

La reazione di Sael stupì Ysrafael così tanto che l'angelo si sentì in dovere di posargli una mano sulla spalla per confortarlo.

"Ascolta ragazzo, lo vedo anche io che ti distingui dalla maggior parte di loro" concesse indicando gli altri demoni con un gesto circolare del braccio. "Ma ti rendi conto che anche tu porti quel buio con te? Capisci cosa può significare per Michele?"

Sael annuì senza riuscire ad alzare lo sguardo.

"Farai quello che ti ho suggerito?" domandò ancora.

"Si, lo farò!" rispose in un soffio il demone.

"Bene, ne sono felice per Michele e anche per te che mi confermi di essere meglio di ciò che sembri! Vedrai che un giorno capirai di aver fatto la scelta più giusta!"

Ysrafael, batté la mano sulla spalla di Sael e poi rivolgendosi ad Ariel disse "Andiamo!". Uscì dal bar e aprì le ali alzandosi in volo.

Ariel, che fino a quel momento non aveva aperto bocca, osservò Sael con uno sguardo strano, sembrava indeciso su qualcosa. Alla fine incrociò le braccia e disse "Pensaci bene prima di decidere cosa fare, perché a volte se si commette un errore grave nei confronti di una persona a cui teniamo, può capitare che non si riesca a ripararlo, mi spiego?"

Sael avrebbe voluto dirgli che no, non si era spiegato. Che non aveva capito se l'errore fosse lasciare Michele o continuare a stare con lui, ma non ebbe tempo di chiederglielo perché l'angelo era già volato via.


#


Arianna aprì il portabagagli e cominciò a raccogliere le buste della spesa. Era così presa dai suoi pensieri che sobbalzò al saluto cordiale del padre di Sael "Buonasera Arianna, serve aiuto?".

"Oh, buonasera Signor…" Arianna si rese conto di non conoscere il nome del padre di Sael che gli era stato presentato da Azaele semplicemente come il padre di Sael.

Safet rendendosi conto dell'imbarazzo della ragazza le venne incontro "Mi chiamo Safet".

"Che nome particolare, da dove viene?".

"Sono originario del Medio Oriente" rispose il demone sapendo che in genere quella risposta accontentava la curiosità degli umani.

"Bello!" rispose Arianna non sapendo che altro dire, si sentiva sempre in imbarazzo con gli amici di Azaele.

"Sei pensierosa, come mai? In genere sei molto più allegra e spensierata!" domandò Safet prendendo qualche busta dal bagagliaio per aiutare la ragazza a portare in casa la spesa. Arianna si domandò come faceva quell'uomo a conoscerla così bene considerando che l'aveva intravista una sola volta alla festa di Azaele ed Alba e in pratica non avevano scambiato una parola. Nonostante ciò, per qualche motivo che non seppe spiegarsi, provò il desiderio di confidarsi con lui. Chiuse il bagagliaio con una mano e appoggiandosi all'auto ammise "Sto per prendere una decisione che potrebbe cambiare la mia vita in meglio ma ferire la mia migliore amica".

"Hai trovato lavoro lontano da Roma e sei preoccupata perché Alba potrebbe prendere la tua scelta come un abbandono o peggio un tradimento?". Ipotizzò il demone osservandola con le buste della spesa in mano.

Arianna rimase di sasso.

"Tranquilla, non sono un mago. Sael mi ha raccontato qualcosa di te e di Alba e sapendo che stai cercando lavoro e che Alba è venuto ad abitare con te per aiutarti economicamente, ho solo fatto due più due".

"Secondo lei, cosa dovrei fare?" domandò Arianna che aveva bisogno di un consiglio obiettivo.

"Io penso che tu debba scegliere quello che ritieni meglio per il tuo futuro. Alba può trovare un nuovo inquilino più facilmente di quanto tu possa trovare un buona occasione di lavoro e se è tua amica non potrà che essere felice per te, non credi?"

Arianna lo osservò grata, erano esattamente le parole che aveva bisogno di sentirsi dire. Improvvisamente si rese conto che non era molto carino lasciare Safet lì sul marciapiede con tutte quelle buste in mano. "Mi scusi!" disse imbarazzata dirigendosi velocemente ad aprire il portone, Safet ridacchiò e la seguì.

"Prego!" lo invitò Arianna tenendo aperto il portone per farlo passare. Safet era molto divertito, si sentiva un po' come un vampiro che riceveva un invito ad entrare in casa della vittima ignara del pericolo. Fortunatamente per Arianna però, lui non era interessato a saltarle al collo e tanto meno a bere il suo sangue, cosa che peraltro reputava abbastanza disgustosa. Si limitò ad entrare e dirigersi verso l'ascensore seguito dalla ragazza.

Una volta entrati tra i due cadde un silenzio un po' imbarazzato. Arianna che si sentiva in dovere di ringraziare Safet per il consiglio, sorrise a disagio e disse. "Sael è fortunato, lei è una persona molto rassicurante!"

"Grazie!" rispose Safet chiedendosi se la ragazza avrebbe pensato la stessa cosa se avesse conosciuto la sua vera natura.


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Safet e Arianna entrarono insieme in cucina per poggiare le buste della spesa. Arianna ebbe l'impressione che Azaele non fosse molto felice di vedere il padre di Sael. Sul tavolo c'erano quattro tazze. Arianna pensò che forse la quarta era per Safet e si rivolse ad Alba facendole un cenno per farle capire che aveva bisogno di parlarle in privato. Alba capì e la seguì in camera.

"Che succede?" domandò sedendosi sul letto.

Arianna sospirò "Ho una buona notizia e una cattiva…".


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"Se sei venuto per ricominciare a cercare di convincermi a rinunciare a mio figlio puoi anche andartene!" esordì Azaele sorseggiando la cioccolata e rivolgendo a Safet uno sguardo carico di sfida. Michele strabuzzò gli occhi. "Cosa… che stai dicendo Aza?" domandò esterrefatto.

Safet rispose per Azaele. "Sta dicendo che siccome è un cretino che non pensa alle conseguenze delle sue azioni, ha deciso di scatenare una nuova guerra tra Inferno e Paradiso!"

"Aza, ma cosa…?"

"Senti, Safet, mi sono già rotto di questa storia, non vedo perché dovrei rinunciare a mio figlio sulla base di una cazzata che quel branco di idioti dei nostri colleghi demoni si sono inventati solo per consolarsi di essere stati sbattuti all'Inferno per avuto la presunzione di ribellarsi al Padre!". Protestò Azaele senza badare all'angelo che lo guardava a bocca aperta con la tazza in mano.

"Perché si dà il caso, che quel branco di idioti sia convinto che il mito sia vero e pertanto agiranno di conseguenza! Piccolo ebete!" rispose Safet.

"Ma veramente tu e Alba…" provò di nuovo a chiedere Michele che non riusciva a credere alle sue orecchie.

"Che provino a toccare la mia famiglia, sono pronto ad accoglierli insieme ai miei alleati! Non è vero, Michele?" urlò Azaele sbattendo con forza la tazza sul tavolo e facendo schizzare la cioccolata sulla tovaglia, sull'elegante completo di tweed di Safet e, cosa ancora più grave, sulla raffinatissima cravatta che diversi anni prima Cary Grant, noto e amato attore protagonista di numerose commedie Hollywoodiane, aveva regalato al supervisore infernale per averlo aiutato a tirarsi fuori da un'imbarazzante situazione di cui non si è mai fatto cenno in nessuna delle sue biografie e che Safet si era sempre ben guardato dal rivelare a qualcuno.

Il Supervisore infernale nel vedere le macchie di cioccolata profanare la sua adorata cravatta trattenne il respiro per qualche secondo, Azaele notando che le iridi di Safet si erano accese di un rosso cupo, pensò bene di zittirsi e tornare a sedere con aria vagamente mortificata.

"Aza, ma che diamine hai combinato?" domandò Michele sconsolato riferendosi sia alla paternità inaspettata dell'amico che alla cravatta di Safet.

"Ciao, papà. Ciao Aza!".

L'entrata di Sael colse tutti di sorpresa. "Michele, posso parlarti in privato?" domandò il demone con uno sguardo tetro.

L'angelo impallidì leggermente, Sael aveva un'espressione che non prometteva nulla di buono. "Va bene, andiamo in camera" rispose con il cuore che gli batteva così forte da rischiare di uscirgli dal petto.

Safet osservò preoccupato i due giovani uscire dalla cucina e per un attimo dimenticò gli Alfieri del male, le guerre tra angeli e demoni e la cravatta di Cary Grant. "Che succede?" domandò ad Azaele. "Qualcosa non va tra quei due?"

Azaele sospirò "Non lo so Safet. Ma Sael ultimamente è molto strano con Michele. Forse ha cambiato idea e vuole lasciarlo!"

"Stai scherzando, spero! Ma che accidente vi sta prendendo ultimamente, ragazzi? Possibile che non riusciate a fare altro che stupidaggini?" si lamentò Safet.


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Adel chiuse con rammarico il rubinetto della doccia, si stava così bene sotto il getto dell'acqua calda. Uscì dalla doccia e si avvolse nell'asciugamano bianco e morbido che le aveva offerto Alba. Ancora una volta fu presa dai sensi di colpa. Quella ragazza era così carina e gentile, avrebbe dovuto avvertirla del pericolo che lei e il suo bambino stavano correndo. Si sedette sulla tavoletta del water cercando di riflettere sul da farsi.

Le strade erano principalmente due. Tappare la bocca alla sua coscienza e compiere fino in fondo il suo lavoro di spia per poi ricominciare la sua routine di segretaria di Akenet oppure rivelare tutto ad Alba e tornare dal suo capo facendo finta di niente e sperando che non scoprisse la verità e la condannasse a millenni di torture.

Alla fine decise per una via di mezzo. Sarebbe tornata da Akenet e gli avrebbe fatto rapporto, ma avrebbe anche lasciato da qualche parte un messaggio per Azaele e Alba in cui li informava del pericolo che stavano correndo.

Si alzò un po' più serena, uscì dal bagno per raggiungere gli altri in cucina e godersi la sua cioccolata calda intanto che la sua veste finiva di asciugarsi. Un attimo prima di entrare però sentì che Azaele stava parlando con qualcuno, si sporse leggermente per non farsi notare e riconobbe Safet, il supervisore infernale di Azaele e Sael. Si fece immediatamente indietro. Non sapeva se Safet la conosceva né se era al corrente che aveva sostituito la precedente segretaria di Akenet. Arretrò silenziosamente ritrovandosi davanti alla porta chiusa della camera di Arianna.

"Quando lascerai l'appartamento?". Domandò una voce che Adel riconobbe come quella di Alba.

"Questo fine settimana. Mi dispiace tanto Alba, ma non preoccuparti, ti pago tutto questo mese e anche il prossimo. Così hai tempo di trovare qualcuno che mi sostituisca!' rispose una seconda voce femminile.

"Non te l'ho chiesto per i soldi!" rispose Alba.

Passò qualche secondo di silenzio poi la voce della seconda ragazza domandò "Sei arrabbiata?"

"Ma, no. È solo che mi dispiace che vada così lontano. Sarà difficile vedersi. Mi mancherai tanto Arianna!"

"Anche tu, Alba".

Adel si domandò chi fosse la persona che andava via, sicuramente qualcuno a cui Alba teneva molto. Povera ragazza, non era di sicuro un bel periodo quello che si prospettava per lei.

D'improvviso sentì del movimento in cucina. Presa dal panico all'idea che Safet potesse uscire e riconoscerla, si precipitò verso la porta, la aprì e scappò via dimenticandosi completamente di recuperare la sua veste e di lasciare un messaggio ad Azaele e Alba.














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Capitolo 6
*** Rivelazioni ***


Capitolo 6

Rivelazioni



Adel atterrò sulle rocce del nono girone e si sedette su un enorme masso arrotondato. Era triste, amareggiata e notevolmente imbarazzata per la codardia che si era resa conto di aver dimostrato scappando come una ladra, senza recuperare la sua veste e soprattutto senza lasciare alcun messaggio ad Azaele e Alba.

E ora doveva anche trovare la forza di relazionare ad Akenet quanto aveva scoperto.

Sbuffò contrariata, non era giusto, perché doveva essere proprio lei a distruggere la felicità di quei due?

Provò a sforzarsi di trovare una soluzione, ma per quanto riflettesse non riusciva proprio a trovare un modo per evitare che la nascita dell'erede di Azaele diventasse di pubblico dominio. Prima o poi sarebbe stato inevitabile, era solo questione di chi lo avrebbe saputo prima, Angeli o Demoni.

Sicuramente i demoni avrebbero fatto di tutto per rapire il piccolo ed educarlo a diventare il loro liberatore.

Adel alzò gli occhi al cielo al pensiero del mito dell'Alfiere del Male. In fondo erano stati gli stessi demoni a causare la loro condanna eterna ribellandosi al Padre in quel modo! Adel ripensava spesso a qui tempi e malgrado continuasse a ritenere che non tutte le motivazioni di Lucifer fossero sbagliate, ora che aveva qualche millennio in più si rendeva conto che se anziché limitarsi a fare tanto casino avessero almeno provato ad ascoltare le ragioni del Padre, forse non si sarebbero ritrovati a gestire l'Inferno con le aureole spezzate e le ali da pipistrello. Che poi gestire era una parola grossa, con il casino che c'era! Per un attimo rifletté sulla possibilità di tornare sulla terra e prendere tempo inventandosi di aver inviato una comunicazione mai arrivata ad Akenet. Tanto era un classico che le comunicazioni infernali scomparissero nel nulla. La connessione di rete infernale era pessima, con tutti quei gironi, cerchi e fossati erano più le volte che le comunicazioni andavano perse di quelle che arrivavano al destinatario! Per non parlare del fatto che quasi tutti gli Arcidiavoli avevano la pessima abitudine di non degnare praticamente mai di un'occhiata le loro caselle e-mail. Una disattenzione che assieme alla proverbiale mancanza di disciplina dei suoi colleghi, era la causa principale dei problemi organizzativi diffusi in tutti i gironi!

A parte il nono... gestito da Akenet, riflettè mestamente Adel. Il suo capo era l'unico Arcidiavolo che svolgeva il suo lavoro con una certa dose di serietà! Forse perché lavorava nel girone più vicino a Lucifero o forse perché, doveva ammetterlo, Akenet era più intelligente della maggior parte degli Arcidiavoli. Fatto sta che il nono era l'unico girone che funzionava con una certa efficienza! Adel sospirò, la scusa del messaggio non avrebbe retto e comunque non avrebbe dato abbastanza vantaggio ad Azaele e Alba.

Mentre era immersa nei suoi pensieri tre giovani demoni si affacciarono da dietro il masso, la osservarono ridacchiando e si scambiarono uno sguardo complice.

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Alba uscì dalla camera di Arianna chiedendosi che fine avesse fatto Adel. Pensò di andare a cercarla nel bagno per gli ospiti, ma non fece in tempo ad arrivare perché passando davanti alla camera di Michele e Sael le sembrò di sentire dei singhiozzi, bussò delicatamente alla porta e entrò a controllare trovandosi di fronte Michele distrutto dal dolore. L'angelo piangeva sommessamente seduto sul letto con il capo poggiato sul braccio destro mentre con l'altro cingeva le gambe strette contro il petto. Le sue ali avevano perso la loro lucentezza e l'aureola emanava una luce fievole, la finestra spalancata le fece intuire che doveva avere appena litigato con Sael.

"Michele! Che cosa c'è, che ti succede?" domandò allarmata.

Michele sollevò lo sguardo e riuscì solo a dire "Ti prego, chiama Azaele!"

Alba si precipitò in cucina. "Aza, corri, Michele sta male!"

Azaele non si prese neppure la briga di aprire le ali, si smaterializzò direttamente in camera dell'amico e vedendolo in quelle condizioni lo abbracciò commentando furioso "Non dirmi niente, ho già capito! Giuro che lo ammazzo quel cretino!".

Safet e Alba li raggiunsero un attimo dopo.

"Michele, che succede?" domandò preoccupato Safet.

"Succede che quel decerebrato di tuo figlio ha lasciato Michele e questo è il risultato" spiegò Azaele irritato.

Safet impallidì. In tanti anni passati all'Inferno la storia tra Sael e Michele e quella tra lui e Aurora, erano state tra le poche gioie di cui aveva potuto godere e ora suo figlio si era appena comportato da imbecille lasciando un compagno splendido come Michele, oltretutto proprio in un momento in cui tutti loro sarebbero dovuti essere più uniti che mai.

"Ma per la miseria!" sospirò scuotendo la testa. "Possibile che voi ragazzi non riusciate mai a farmi stare tranquillo? Almeno ti ha dato una ragione, un motivo minimamente sensato?"

Michele sollevò il viso rigato di lacrime dalla spalla di Azaele. "Dice, che lo fa per me, per proteggermi!"

"Oh, bé! È riuscito a trovare una scusa ancora più cretina di ti meriti di meglio o non è colpa tua, sono io che sono sbagliato! Certo che lo hai educato proprio bene tuo figlio!" commentò con cattiveria Azaele, sapendo benissimo che Safet non aveva potuto educare Sael, perché costretto ad abbandonarlo poco più che neonato.

Safet si irrigidì e per una volta non riuscì a dire niente.

Alba intervenne arrabbiata. "Sei ingiusto e crudele Aza. Dire cattiverie a Safet non aiuterà certo Michele a stare meglio! E comunque credo che sia anche colpa mia, avrei dovuto parlare con Michele del sogno di Sael”

Ti ha raccontato il suo sogno?” domandò Michele ancora più affranto nello scoprire che il suo ragazzo si era fidato più di Alba che di lui.

Si, proprio stamattina. Mi dispiace tanto non averti informato subito, ma oggi sono stata davvero male e poi non pensavo che Sael arrivasse addirittura a lasciarti, credevo fosse solo uno sfogo passeggero!"

"Di che sogno parlate?" domandò Safet.

"Un incubo ricorrente che non mi ha mai voluto raccontare!" mormorò Michele.

"Sogna che Michele viene condannato all'Inferno a causa della loro storia d'amore e che gli Arcidiavoli lo costringono a torturarlo" spiegò Alba rivolgendosi a Safet.

"Cosa? Ma come gli è venuta in testa una simile idiozia?". Si lamentò il demone.

"È colpa di Ysrafael" disse Ariel affacciandosi dalla finestra ed entrando in camera di Michele seguito da Gabriel. I due angeli si erano incontrati casualmente di fronte al balcone della cucina e avendo sentito delle voci provenire dalla camera di Michele erano entrati senza premurarsi di chiedere il permesso, cosa che irritò leggermente Azaele. "Si può sapere che ci fate voi due a casa mia?" si lamentò contrariato.

"Veramente sarebbe casa mia e di Arianna, visto che il contratto di affitto è a nome nostro!" sottolineò Alba che era ancora un po' arrabbiata con Azaele per come aveva maltrattato Safet.

"Bé, ma io e Michele contribuiamo alle spese!" replicò Azaele offeso.

"Con quali soldi?" domandò perplesso Safet.

Michele e Azaele si guardarono imbarazzati. "Stavamo parlando di Sael e del fatto che c'entrava Ysrafael…" sviò il discorso il demone.

"Già è vero! Che c'entra Ysrafael?" intervenne Gabriel perplesso.

Tutti si voltarono verso Ariel che nel frattempo si era avvicinato al letto dove ora Michele sedeva a gambe incrociate con un braccio di Azaele intorno alle spalle.

Ariel incrociò le braccia e indicando con il mento Michele rispose "È contrario al rapporto tra Michele e Sael. Secondo lui, Michele è già abbastanza condizionato dall'amicizia con Azaele...". Gabriel e Azaele sollevarono entrambi il sopracciglio destro in segno di disappunto. “...ci manca solo che abbia un fidanzato demone!"

"E perché sei venuto a dircelo?" domandò Michele sconfortato.

Ariel osservò Michele e rispose "Perché per una volta non sono d'accordo con lui, non fate niente di male, in fondo!"

"Oh, che magnanimo!" sbuffò Azaele.

"Grazie!" rispose sinceramente Michele che a differenza di Azaele per una volta aveva apprezzato il comportamento di Ariel.

"Quel bastardo ipocrita che fingeva di essermi amico sta cercando di rovinare la vita di mio figlio senza un motivo valido!" sibilò furioso Safet.

"Ysrafael, pensa che Michele potrebbe essere…" provò a spiegare Ariel.

"Ho già capito cosa pensa!" lo interruppe Safet con le pupille completamente rosse.

"Safael, calmati!" intervenne Gabriel preoccupato nel vedere l'amico così arrabbiato.

"Sono calmissimo!" rispose Safet con un tono di voce talmente freddo da far paura. "Immagino mi perdonerete se ora vi abbandono per andare a cercare Ysrafael e spiegargli, pacatamente, che non è il caso che si intrometta nella vita di mio figlio!"

"Tu non vai da nessuna parte, stai per perdere il controllo!" ordinò Gabriel avvicinandosi all'amico.

Safet era completamente nero, aveva sguainato gli artigli e i suoi occhi rossi erano ridotti a due fessure.

"Ti ho detto che sono calmo, spostati Gabriel e fammi passare altrimenti… "

"Altrimenti cosa?" rispose Gabriel poggiando una mano sul petto dell'amico e bloccandolo contro il muro.

"Lasciami passare Gabriel!" ripeté Safet strisciando contro il muro gli artigli neri e lasciando dei solchi profondi che indicavano come malgrado la rabbia, stesse cercando di controllarsi per non aggredire Gabriel e rischiare di ferirlo.

"Non ti lascio andare finché non ti sei calmato, Safael. Ti conosco, tu non ti arrabbi praticamente mai, ma quando succede diventi pericoloso e non ho intenzione di rischiare che…". Gabriel si interruppe bruscamente cambiando completamente argomento. "E quelle macchie lì cosa sono?" domandò stupito.

"Cosa?" domandò Safet senza capire.

"Quelle macchie di cioccolata sulla cravatta che ti ha regalato Cary Grant!" rispose Gabriel ormai completamente distratto.

Safet sorrise e la sua espressione si fece meno tesa. "Chiedilo a quell'imbranato di tuo figlio!"

Gabriel lo guardò esterrefatto, poi si girò verso Azaele che fece un'espressione tipo "Eh già. Lo so!"

Ariel li osservò a bocca aperta rendendosi conto che in effetti, a parte per la mascella di Gabriel più squadrata, erano praticamente la versione più alta e più bassa della stessa persona. "No, ma cazzo, sono circondato!" si lamentò crollando sconfortato sul letto di Michele.

"Le scarpe sul letto no! Che caspita!" gridarono all'unisono Azaele e Gabriel disgustati.

Ariel si tolse le scarpe emettendo un gemito di disperazione che strappò involontariamente una risatina a Michele.

"Gabriel" intervenne Safet, che grazie al piccolo intermezzo aveva ripreso il controllo di sé. "Tu per caso sai se, davvero, lì da voi stanno pensando di punire Michele o se è solo una paranoia che Ysrafael ha messo in testa a Sael per convincerlo a lasciare Michele?"

"Ne abbiamo effettivamente parlato tra noi Arcangeli e alla fine abbiamo deciso di non intervenire perché, come ha detto Ariel, non ci sembrava stessero facendo niente di male e poi non abbiamo ricevuto indicazioni a riguardo!"

"Quindi si tratta solo di una cretinata inventata dalla controfigura di Dante Alighieri!" sbottò Azaele. "Bene, allora vado a recuperare Sael!" concluse scendendo dal letto e aprendo le ali per prepararsi a volare via.

"No!". Lo bloccò deciso Gabriel.

"Scusa?" domandò Azaele.

Gabriel si avvicinò al figlio sovrastandolo con il suo metro e novantotto. "Non è proprio il caso che ci vada tu!"

Azaele si innervosì "Ah, si? E perché?"

"Perché sei un demone!"

"E allora?"

"E allora è ovvio che Sael non ti crederà! Ragiona, ranocchietto!"

Azaele fraintese le parole di Gabriel e replicò offeso. "Senti, ma tu credi di arrivare qui e darmi ordini solo perché ti sei ricordato dopo migliaia di anni che sono figlio di una tua scopata?"

Gabriel per un attimo rimase interdetto. Safet e Michele si scambiarono uno sguardo costernato, Ariel si lasciò scappare una sghignazzata e Alba impallidì.

Azaele saltò verso la finestra e stava per prendere il volo quando Gabriel si riprese dallo sbigottimento e aprì le ali rabbiosamente facendo saltare il bastone che reggeva le tende e che rimbalzò due volte sulla testa dell'Arcangelo per poi decidere saggiamente di ritornare al proprio posto evitando di rimbalzare una volta di troppo.

Gabriel, innervosito dalle botte in testa e per la figura imbarazzante, sbatté le ali e contemporaneamente si rivolse al figlio con la stessa voce tuonante che in genere utilizzava per comunicare all'Universo le decisioni del Padre. "NON PERMETTERTI MAI PIÙ DI RIVOLGERTI A ME IN QUESTO MODO!"

Azaele fu catapultato contro il muro, il palazzo tremò e il Signor Marchesi - interno n. 18, quinto piano - pubblicò immediatamente un tweet indignato nel quale accusava dell'accaduto Bill Gates e il 5G. Con sua grande soddisfazione al tweet seguì una lunga serie di accorate risposte pro e contro che gli regalarono il suo personale quarto d'ora di notorietà.

Alba corse ad abbracciare Azaele crollato a terra per la botta, lo aiutò ad Alzarsi e fulminò Gabriel con uno sguardo carico di rimprovero. "Non c'era bisogno di trattarlo in questo modo!"

Gabriel imbarazzato chiuse le ali e cercò di scusarsi "Uh, forse ho un po' esagerato..."

"Un po'?" domandò Azaele passandosi una mano sulla tempia destra dolorante per l'impatto contro il muro. "Hai quasi buttato giù il palazzo!"

"Tu mi hai provocato!" replicò suo padre stizzito.

"In ogni modo adesso abbiamo anche un altro problema" disse Safet, attirando la loro attenzione su Arianna che li osservava con gli occhi sbarrati sulla soglia della camera di Michele.

Alba si rese conto che nella foga della discussione si erano dimenticati tutti di passare alla modalità visibile agli umani ma senza ali e aureole.

"Lu… Lucifer?" balbettò Arianna indicando Gabriel un attimo prima di svenire.


#


I tre Demoni uscirono all'improvviso da dietro il masso su cui era seduta Adel e le saltarono addosso cercando di toglierle l'asciugamano nel quale era avvolta. Adel provò a resistere ma uno dei tre riuscì a strapparle l'asciugamano proprio sul petto emettendo un grido di soddisfazione. "Yo! Non fare quella faccia Adel, vedrai che adesso ci divertiamo!"

Peccato che invece di divertirsi il demone prese improvvisamente fuoco, seguito immediatamente dai suoi compari. Tutti e tre cominciarono a urlare e rotolarsi a terra nel tentativo di spegnere le fiamme.

Adel non capì cosa stesse succedendo finché da dietro lo stesso masso sbucò Akenet che commentò "Non mi risulta che siate mai stati autorizzati a scoparvi la mia segretaria!"

I demoni terrorizzati chiesero immediatamente pietà all'Arcidiavolo che senza scomporsi e aumentando l'intensità del fuoco infernale, ordinò. "Chiedete scusa alla mia segreteria!"

"Scusa, scusa, Adel. Ti prego perdonaci non lo faremo mai più!" piansero in coro i tre disgraziati.

"Di questo ne sono sicuro!" commentò Akenet impassibile.

Adel, non riuscendo più a sopportare le urla dei tre colleghi intervenne. "Va bene così, Signore!"

"Come desideri!" rispose l'Arcidiavolo spegnendo le fiamme."Levatevi dai piedi, merde!" ordinò ai tre demoni che non se lo fecero ripetere e scapparono via un po' malconci ma vivi.

Akenet osservò Adel e commentò "Ti si vedono le tette, palletta!"

Adel diventò paonazza e cercò di coprirsi con quel che restava dell'asciugamano stracciato.

L'arcidiavolo ridacchiò, si tolse la maglietta e la lanciò ad Adel "Levati quello straccio e mettiti questa!"

Adel gli rivolse uno sguardo imbarazzato sperando che sarebbe stato così gentile da girarsi ma Akenet la incalzò. "Ti muovi o no?"

La piccola demone sospirò e lasciò cadere a terra l'asciugamano restando praticamente nuda di fronte all'Arcidiavolo che non sembrò esserne particolarmente colpito né imbarazzato. Indossò più velocemente possibile la maglia nera che la coprì praticamente come un vestito e rivolgendosi al suo superiore disse "Sono pronta, Signore!"

"Non sono cieco, palletta! Andiamo, ci aspettano in aula Zuckerberg. Al tuo rientro all'Inferno è stata indetta immediatamente una riunione straordinaria degli Arcidiavoli. Attendono tutti la tua relazione sulla situazione di Azaele!"

La ragazza non riuscì a trattenere un'espressione di sconforto.

L'Arcidiavolo interpretò male e pensando che la segretaria fosse ancora turbata per quanto le era appena accaduto inaspettatamente domandò "Te la senti?"

Adel capì che nonostante tutto il suo capo non avrebbe accettato un no e rispose. "Si, Signore!"

"Bene, odio le piagnone! Devo dire che sotto questo aspetto sei perfino meglio di Esael!" commentò Akenet soddisfatto voltandosi e procedendo spedito verso l'aula Zuckerberg.

Adel lo osservò stupita cercando di tenere dietro al suo passo, era la prima volta che il suo superiore le faceva un complimento.

Mentre percorreva il sentiero che portava all'aula in cui erano riuniti gli Arcidiavoli cercò di pensare velocemente ad una soluzione che permettesse ad Alba e Azaele di avere abbastanza tempo per mettersi in salvo.

Akenet si fermò di colpo, si girò e domandò ad Adel “Il bambino è in arrivo o no?”.

Adel rimase interdetta, non si aspettava che il suo capo le rivolgesse quella domanda prima di raggiungere gli altri Arcidiavoli.

Akenet sogghignò soddisfatto. “Bene, stavolta non è un falso allarme!”.

Adel trattenne le lacrime dandosi della stupida. Il suo capo era troppo sveglio e lei troppo emotiva. Senza volerlo aveva già condannato Alba e Azaele.


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Capitolo 7
*** Un tempo eravamo guerrieri ***



Capitolo 7

Un tempo eravamo guerrieri


Gabriel assunse un'espressione contrariata. "Veramente non ci somigliamo affatto, Lucifer é biondo e poi è affetto da eterocromia!"

"Quello non è David Bowie?" domandò Alba perplessa.

Ariel si alzò dal letto e si diresse verso Arianna ancora a terra, priva di sensi. "Non so se ve ne siete accorti, ma Arianna è svenuta!" commentò prendendola in braccio e uscendo dalla camera di Michele.

Alba lo raggiunse nel corridoio.

"La sua camera è…".

"Quella in fondo a destra!" finì per lei Ariel entrando in camera di Arianna e poggiandola sul letto.

Le accarezzò delicatamente il viso, soffermandosi per un istante sulla fronte come per controllarle la temperatura, scostò le coperte e dopo averle tolto maglia e pantaloni sistemò il piumone in modo da coprirla per bene.

Ariel si era profondamente pentito del modo in cui si era comportato con Arianna, ma scusarsi con lei non era bastato a fargli riconquistare la fiducia della ragazza che aveva deciso di non vederlo più.

Si sedette sul letto accanto a lei e si guardò intorno malinconico. Non era cambiato nulla dall'ultima e unica volta che era stato lì. Le stampe di Mirò, la scrivania perfettamente ordinata, il poster di Manhattan ai tempi in cui i profili delle Twin Towers rendevano unico il panorama di New York. Era rimasto tutto uguale.

Alba lo osservò sulla soglia della porta. "Sei mai stato innamorato di lei, almeno un po'?"

Ariel si girò verso Alba. "Si, ma non lo avevo capito. Ero troppo preso dall'idea che Azaele volesse rubarmi l'anima di Molinesi e ho finito per perdere la mia occasione".

"Mi dispiace!" rispose Alba.

"Forse è meglio così, apparteniamo a due mondi troppo diversi. E comunque me lo sono meritato, ho commesso troppi errori. Ultimamente però sono maturato molto e credo proprio di doverlo a quello svampito del tuo ragazzo!"

Alba ridacchiò "Non mi dire che ti sei affezionato a lui?"

"Non esageriamo, continua ad essere lo stesso demone casinista e imprevedibile che tende a darmi sui nervi non appena apre bocca! Però almeno non lo odio più!" rispose l'angelo sorridendo. Arianna si mosse nel letto. Alba si avvicinò preoccupata.

"Stai tranquilla" la rassicurò l'angelo. "Ho fatto in modo che passasse direttamente al sonno. Si farà una bella dormita e domani si sveglierà riposata. Però ti consiglio di prepararti una spiegazione convincente per ciò che ha visto poco fa!".

Ariel si alzò dal letto lasciando il posto ad Alba e tornò in camera di Michele dove regnava un silenzio imbarazzato. Ognuno dei presenti era rimasto fermo al suo posto. Safet era ancora di fronte al letto su cui era seduto Michele, mentre Gabriel e Azaele si lanciavano occhiatine imbarazzate dai lati opposti della finestra aperta.

Ariel si rivolse ad Azaele cercando di mostrarsi più cortese possibile. "Credo che dovresti permettere a tuo padre di parlare con Sael".

Azaele stava per rispondergli di farsi gli affari propri ma l'angelo, facendo uno sforzo per mantenere la calma, lo precedette. "Ascolta, se Sael è convinto che per causa sua lassù stiano cominciando a non fidarsi più di Michele, non credi che la soluzione migliore per fargli capire che si tratta solo di una paranoia che gli ha messo in testa Ysrafael, sia che un Arcangelo lo rassicuri? Tuo padre oltretutto non è un Arcangelo come tanti, è uno dei Sette guerrieri!"

Gabriel aprì le braccia e commentò soddisfatto "Appunto!"

Azaele osservò meravigliato Ariel, era la prima volta in tanti millenni che l'angelo non si stava comportando da stronzo. Rifletté sulle sue parole e concluse che in effetti Gabriel aveva più chance di lui.

"E va bene. Ma non combinare casini!" borbottò rivolto al padre.

Safet scosse la testa e mormorò "Non combinare casini… da che pulpito!"

#

L'aula Zuckerberg era costituita da un anfiteatro le cui tribune, arredate da poltroncine rosse, degradavano verso il banco dei segretari. Gli Arcidiavoli la consideravano il loro Parlamento e vi si riunivano quando dovevano prendere delle decisioni importanti come per esempio punire un nuovo peccato, decisione che a dire il vero si presentava abbastanza raramente visto che gli umani, dimostrando ben poca fantasia, la maggior parte delle volte si limitavano a escogitare varianti più o meno elaborate dei più noti ammazzare, mentire, rubare eccetera. Avrebbero dovuto utilizzarla anche per discutere l'approvazione di nuove circolari infernali o per ratificare normative emanate dal Paradiso, ma in realtà questo tipo di attività erano svolte per lo più dai segretari, visto che la maggior parte degli Arcidiavoli, pur dirigendo formalmente l'inferno e malgrado un tempo fossero stati dei potenti guerrieri, forse a causa della cocente sconfitta subita o più probabilmente perché a parte combattere non sapevano fare molto altro, si erano ridotti ad un'accozzaglia di pigri debosciati dediti a bere, mangiare e organizzare orge.

Akenet e Adel aprirono le porte della sala e ai loro occhi si presentò lo spettacolo, ben poco edificante, degli Arcidiavoli riuniti insieme. Alcuni erano stravaccati sulle poltrone a bere birra e strafogarsi di cibo dalle origini non meglio identificate, altri erano seduti scompostamente a guardare film porno dai tablet, altri ancora erano impegnati con uno o più colleghi in attività non esattamente consone ad una seduta in Parlamento.

Akenet si guardò intorno disgustato mentre Adel era paralizzata dall'imbarazzo, pur non essendo la prima volta che si ritrovava ad affiancare il suo capo in una assemblea di Arcidiavoli, non riusciva ad abituarsi allo spettacolo deplorevole fornito ogni volta dai suoi superiori.

Uno dei segretari notò gli ultimi arrivati e suonò la sirena di inizio riunione. Alcuni Arcidiavoli si ricomposero sbuffando, altri presero svogliatamente posto sulle poltroncine.

Un Arcidiavolo notevolmente appesantito dagli stravizi si rivolse ad Akenet. "Allora, la tua serva ha scoperto qualcosa? Quel demone… coso, come si chiama… Azazel, ha ingravidato l'umana o no?"

Akenet incrociò le braccia e rispose. "Si, la mia segretaria ha verificato che l'umana è effettivamente incinta del demone Azaele!" stava per lasciare la parola ad Adel ma fu preceduto dal caos che scoppiò nella sala.

Gli Arcidiavoli presi dall'entusiasmo di quella notizia tanto attesa da millenni, avevano cominciato a saltare sulle poltrone dandosi il cinque e schiamazzando senza alcun ritegno. Alcuni per festeggiare iniziarono ad agitare le bottiglie di birra e spruzzare schiuma dappertutto.

Akenet rimase impassibile, ma Adel percepì tutto il disprezzo dell'Arcidiavolo nei confronti dei suoi sguaiati colleghi. Mentre l'osservava si rese conto che il suo capo possedeva molta più dignità di tutti gli altri Arcidiavoli messi insieme. Si sorprese a pensare che se non fosse stato per il timore che le incuteva quella sensazione di rabbia trattenuta a stento che Akenet trasmetteva per la maggior parte del tempo, lo avrebbe trovato piuttosto sexy nonostante le cicatrici sulle braccia e sul dorso.

L'arcidiavolo si voltò verso Adel e le lanciò uno sguardo indecifrabile a causa di quelle due pozze nere che erano i suoi occhi. Lei fece due passi indietro spaventata, lui accennò un sorriso che era più un sogghigno, avanzò verso di lei e la superò afferrando per il collo uno dei segretari.

"Suona la sirena, ne ho abbastanza di assistere a questa merda!"

Il segretario non se lo fece ripetere due volte.

Al suono della sirena gli Arcidiavoli si calmarono nuovamente.

Un'Arcidiavola, si alzò in piedi e si rivolse ad Akenet con una voce gracchiante e fastidiosa. "Bè, allora che aspetti a mandare qualcuno a prendere l'umana, ti pesa il culo?"

"L'umana?" domandò perplesso Akenet.

"Sei stupido o che? Vuoi che ce la freghino gli angelici?"

Akenet rispose freddamente. "Ti risulta che un umano vivo possa varcare le soglie dell'Inferno, Zoel?"

La demone si rese conto di aver detto un'idiozia e tornò a sedersi senza rispondere.

"Bé, ma allora come facciamo?" intervenne lamentoso un altro Arcidiavolo dal ventre prominente, mezzo nudo e completamente fradicio di birra.

"Invierò una spia per tenere d'occhio la situazione e quando sarà il momento interverremo!"

"E quando sarebbe il momento, scusa?" domandò un altro Arcidiavolo alto, magro e completamente rasato, a parte per un lungo ciuffo nero sulla nuca.

"Quando sarà vicino il parto, ovviamente. Aspetteremo che nasca il bambino e ce lo porteremo via!"

"Ah! Ma se prima hai detto che gli umani non possono varcare le soglie dell'Inferno, ti stai contraddicendo!" intervenne trionfante Zoel.

"Mi riferivo alla madre. Il bambino è per metà un demone!" le rispose Akenet con voce tagliente.

"Ah, già!" rispose Zoel imbarazzata.

"Qualcun altro ha qualcosa da dire?" domandò Akenet guardandosi intorno. Nella sala calò il silenzio. "Bene, allora io vado. Vi lascio al vostro lavoro!" concluse ironicamente voltandosi e avviandosi verso l'uscita della sala.

Adel gli andò dietro e quando furono fuori dovette aprire le ali e seguirlo in volo, l'Arcidiavolo camminava troppo velocemente perché lei potesse mantenere il suo passo.

A un certo punto si accorse che Akenet non si stava dirigendo verso il nono girone. Continuò a seguirlo finché il demone si alzò in volo per poi posarsi su una delle torri di guardia poste sulle mura che circondavano la città di Dite. L'Arcidiavolo si fermò a osservare il panorama infernale con le mani appoggiate sulla balaustra infuocata. Adel atterrò al suo fianco e raccolse le ali per evitare di ustionarle inavvertitamente. Seguendo lo sguardo di Akenet si rese conto che da lassù si potevano vedere quasi tutti i Cerchi e i Gironi infernali, il fiume Stige attraversato dall'imbarcazione di Caronte, come sempre stipata oltre il limite, e ancora più lontano il Flegetonte e persino il Cocito che si inabissava e scorreva a spirale risalendo poi fino a toccare le sponde della palude all’ingresso dell’Ade.

Dal basso salivano le urla disperate dei dannati, le imprecazioni e gli ordini secchi dei demoni custodi.

"Un tempo eravamo guerrieri!" disse Akenet, senza voltarsi. La sua voce era velata di una malinconia che colpì Adel. "Lei, lo è ancora. Signore!"

Lui si voltò, accennò un sorriso e rispose. "Ti ringrazio, Adel. Ma neanche io lo sono più. Ormai sono solo un misero burocrate. Se il Padre voleva punirmi per i miei errori, c'è riuscito perfettamente!"

Adel non disse nulla.

"Immagino che abbia capito chi sarà la spia che seguirà le mosse di Azaele e della sua compagna!"

"Si, Signore!" sospirò lei.

"Bene, almeno tu non deludermi!"

Adel annuì ma esitò prima di volare via.

"Che stai aspettando? Muoviti!" le ordinò lui bruscamente facendole fare un piccolo balzo indietro.

"Mi… mi scusi Signore. Vado!" balbettò Adel alzandosi immediatamente in volo.

Akenet diede un'ultima occhiata al panorama, saltò sulle mura e si lanciò verso il nono girone cercando di non far troppo caso alla gradevole sensazione di pace che aveva provato quei pochi istanti che Adel era rimasta al suo fianco sulla torre di guardia.


#


Sael volava sui tetti di Roma ripensando a i tutti i bei momenti passati con Michele. Non era stato mai cosi felice in vita sua, come con l'angelo. Ma era proprio per questo che l'aveva lasciato, non riusciva a sopportare l'idea di essere la causa della sua rovina, lo amava troppo. Grosse lacrime cominciarono a scorrergli lungo le guance, stava così male che decise di posarsi sulla terrazza di Castel Sant'Angelo. Una volta atterrato, raccolse le ali e si sedette su uno dei cannoni, prese un lungo respiro e si asciugò le lacrime con una mano.

Aveva pensato che fermarsi lo avrebbe aiutato a riprendere il controllo, ma la vista dell'angelo che vegliava su Roma dall'alto del Castello gli ricordò Michele. Crollò completamente e in modo terribilmente imbarazzante, il respiro rotto da singhiozzi e il viso completamente bagnato di lacrime.

"Non sei un po' cresciuto per piangere in quel modo?" gli domandò una voce dal bel timbro baritonale, subito dopo Gabriel atterrò di fronte a lui.

Sael, spaventato, spalancò le ali e fece un balzo indietro andando a sbattere contro una piramide di palle di cannone che rotolarono da tutte le parti abbattendo svariati turisti.

Sael si guardò intorno sconvolto.

"No… non l'ho fatto apposta!" balbettò.

Gabriel osservò gli umani che si lamentavano, chi tenendosi una gamba, chi una caviglia e commentò pensieroso. "Di solito questi incidenti tendo a provocarli io, sono un po' distratto!" Dopodiché unì le dita della mano destra nel gesto della benedizione. Le palle di cannone tornarono al loro posto e gli umani si rialzarono in piedi ricominciando a visitare il castello come se non fosse successo nulla. L'arcangelo riportò lo sguardo su Sael.

Il demone si spaventò di nuovo e indietreggiò finché non si ritrovò bloccato contro il muro.

Gabriel lo raggiunse e si fermò ad osservarlo perplesso. "Perché sei tanto spaventato? Non hai fatto nulla di male, a parte indossare quegli stupidi occhiali scuri, e come da accordo Paradiso-Inferno, numero un milione e… sblisga, non porti armi. Quindi perché pensi che voglia punirti per qualcosa?"

"Pe… perché lei è un Arcangelo!" rispose Sael togliendosi immediatamente gli occhiali.

Gabriel sbuffò. "Questo non significa che vada in giro a saccagnare di botte i demoni infernali senza alcun motivo!"

"Saccagnare?" domandò Sael perplesso.

Gabriel alzò gli occhi al cielo. "Facciamo i linguisti adesso? Riempire di botte… ti è più chiaro ora?" domandò sarcastico.

"Sissi! Chiarissimo. Signore!" rispose il demone preoccupato di non fare innervosire l'Arcangelo.

Questi lo osservò e domando "Allora, perché stavi piangendo?"

Sael arrossì. "Io, cioè… ma perché è atterrato davanti a me?"

"Odio quando qualcuno risponde ad una domanda con un'altra domanda! Ti ho chiesto perché piangevi!" rispose infastidito Gabriel.

Sael abbassò lo sguardo senza rispondere. Gabriel decise che era inutile insistere, il figlio di Safael era palesemente imbarazzato e non si sarebbe certo aperto così facilmente, doveva prima conquistare la sua fiducia. Decise di cambiare tattica.

"Andiamo a berci una birra, devo farti qualche domanda su Azaele!"

"Azaele?"

"Si, vorrei avvicinarmi al ranocchietto insolente, ho bisogno di chiedere consiglio a qualcuno che lo conosca bene e tu sei il ragazzo del suo migliore amico oltre che il figlio di Safael, l'unico demone di cui mi fido ciecamente!"

Sael rimase di sasso, in una sola frase Gabriel aveva ammesso di conoscere Safet, di sapere che era suo padre e soprattutto di sapere che lui e Michele stavano insieme.

"Ma, per quale motivo vuole parlare con me, insomma io… non sono una spia e non voglio metterlo nei guai!"

"Chi ha detto che devi metterlo nei guai, ragazzino hai problemi di comprendonio? Ho detto che voglio avvicinarmi a lui. Ci tengo parecchio al ranocchietto e tu sai cosa intendo, no?" rispose Gabriel dando per scontato che il demone sapesse che Azaele era suo figlio.

Sael, che al contrario non ne sapeva nulla, fraintese completamente e lo guardò a bocca aperta.

"Ma… ma come… cioè…!" balbettò imbarazzato.

"Bé, ti sembra così strano che io possa avere un interesse del genere per il ranocchietto? Guarda che anche se adesso non si direbbe, c'è stato un tempo in cui l'ho tenuto tra le mie braccia, coccolato e sbacciucchiato". Gabriel sospirò al ricordo di Azaele poco più che neonato stretto tra le sue braccia e aggiunse con aria un po' sognante. "A lui piaceva tanto!"

Sael boccheggiò senza riuscire ad emettere alcun suono coerente.

"Santo cielo piantala di comportarti come un pesce palla e rispondimi, ti va di darmi una mano o no?" sbuffò Gabriel.

"Io… cioè, lei capisce che… è imbarazzante per me, oltretutto ecco… Azaele al momento è impegnato con Alba. Si amano molto e non credo che... sia il caso".

Gabriel osservò Sael dubbioso. "Si, bé, lo so che è fidanzato con quella piccola umana deliziosa, ma non vedo perché questo dovrebbe impedirci di ricucire il nostro rapporto!"

Sael diventò rosso per l'imbarazzo e cominciò a sentire troppo caldo, si allentò la cravatta e rispose. "Non si arrabbi, la prego ma non credo che… cioè, non penso che Alba accetterebbe una cosa del genere!"

"Uh, perché? A dire il vero non mi sembra di averle fatto una cattiva impressione, secondo me sarebbe contenta se entrassi nella loro vita!".

"Senta… Alba è molto gelosa di Azaele, non credo proprio che sia disposta a dividerlo con… con qualcuno!" Riuscì a dire il demone sperando di non provocare l'ira funesta dell'Arcangelo.

Gabriel per un attimo non capì cosa c'entrasse la gelosia di Alba, poi improvvisamente il dubbio che tra lui e il giovane demone ci fosse stato un enorme malinteso si palesò alla sua mente. "Ma che hai capito ragazzino?" riuscì a malapena a gorgogliare piegato in due dalle risate.

Sael lo osservò esterrefatto e allo stesso tempo rassicurato, almeno apparentemente l'Arcangelo non sembrava arrabbiato.

Quando Gabriel si ricompose avvicinò un po' il suo viso a quello di Sael e gli domandò "Ok, ora guardami bene in faccia, non ti viene in mente nulla?"

Il demone osservò i capelli neri ricci di Gabriel, la barba tagliata corta, il naso proporzionato e ben disegnato, il fisico snello e l'altezza non proprio elevata per essere un Arcangelo.

"Oh, Santo Cielo! Lei non sarà mica il padre di…!"

L'Arcangelo sorrise. "Esattamente, ragazzo, sono il padre di Azaele e sono preoccupato per lui, ha combinato un casino gigantesco e questa volta voglio stare al suo fianco per proteggerlo!" Allungò una mano su una spalla di Sael e propose gentilmente. "Dai, andiamo a prenderci una birra, così parliamo con calma".


Gabriel prese una sedia e si sedette invitando Sael a prendere posto dall'altra parte del tavolino.

Ora che aveva assunto il suo aspetto umano, a parte per gli occhi blu con sfumature di grigio, somigliava ancora di più ad Azaele. Sael non riusciva ancora a credere che fosse proprio lui il padre di quello svampito, ma oramai non aveva più dubbi. Il demone notò che condivideva con il figlio anche lo stesso gusto nel vestire. Indossava un paio di jeans, una maglia a maniche corte azzurra sotto una camicia jeans di colore blu e un paio di scarpe Reebok blu scuro. Rispetto ad Azaele che prediligeva il nero e il grigio scuro, vestiva capi dello stesso colore dei suoi occhi ma lo stile era decisamente lo stesso.

Un cameriere si avvicinò e osservò ammirato Gabriel, in effetti per quanto fosse basso come Arcangelo, era pur sempre alto quasi due metri e la sedia del bar lo conteneva a fatica.

L'Arcangelo ordinò due birre e non appena il cameriere se ne andò si rivolse a Sael. "Allora, che mi consigli, voglio dire… tu e Safet siete riusciti a riavvicinarvi, come ha fatto tuo padre a farsi perdonare?" domandò Gabriel, realmente interessato al punto di vista di Sael.

"Bé, la situazione era un po' diversa. Mio padre si è ritrovato con me all'Inferno e mi ha sempre protetto e aiutato. Lei e Azaele invece, avete vissuto lontani per millenni!"

Gabriel si rattristò. "Pensi che non sia possibile che noi…?" non riuscì a terminare la frase.

Sael ci rimase male per lui. "No, non intendevo questo, Signore. Credo che nonostante tutto Azaele desideri sapere chi è suo padre!"

"Lo ha appena saputo e non mi è sembrato molto felice!" sospirò Gabriel.

"Ma come ha fatto? Cioè non penso che nessuno lo sapesse, a parte Michele e mio padre!" esclamò Sael stupito.

"Glielo ha detto tuo padre!" spiegò l'Arcangelo.

"Ma perché?"

"Semplicemente perché era arrivato il momento che lo scoprisse. Come ti ho detto, Azaele ha combinato un enorme casino ed è importante che sappia chi sono i suoi alleati!"

"Cosa ha combinato?" domandò Sael e poi ricordandosi della nausea di Alba esclamò. "Ohmmerda, non mi dica che lui e Alba aspettano un bambino!"

"Proprio così! Capisci che è importante che io conquisti la sua fiducia, succederà un casino e io non potrò aiutarlo se continuerà a tenermi a distanza!"

"Bé, allora glielo spieghi, no? E magari cerchi di convincere anche sua madre ad aiutarlo!"

"Questo è impossibile, purtroppo Galadriel è morta durante la Grande Guerra!" spiegò Gabriel tristemente.

"Oh, mi dispiace molto!" rispose Sael mortificato.

Il cameriere ritornò con le due birre. Le lasciò sul tavolo insieme allo scontrino.

"Comunque penso, che lei debba solo mostrarsi desideroso di chiarirsi con Aza e soprattutto che sia completamente sincero con lui. In fondo non è stata tutta colpa sua e di sua moglie. Papà tempo fa mi ha raccontato che anche i genitori di Azaele avevano votato contro la decisione di abbandonare i propri figli!"

"È vero, siamo stati solo noi tre a votare contro quella decisione assurda. Ma alla fine abbiamo dovuto adeguarci al volere della maggioranza!" confermò Gabriel amareggiato.

"Deve dirlo ad Azaele, sono sicuro che non ci metterà molto a perdonarla, desidera molto avere una famiglia!"

"Di questo me ne sono accorto!" commentò Gabriel leggermente sarcastico. "Comunque ti ringrazio per il consiglio, proverò a essere completamente sincero con lui, spero che gli possa bastare per offrirmi una seconda possibilità!"

"Ne sono sicuro, Signore!"

"E adesso dimmi perché piangevi in quel modo, e guarda che non ho intenzione di lasciar perdere l'argomento!"

Sael si imbarazzò di nuovo. "Senta è una cosa personale, non mi sento di parlarne".

"Tuo padre è il mio migliore amico Sael. Per millenni ha vegliato su mio figlio proteggendolo dalle ire degli Arcidiavoli, qualunque problema tu possa avere, voglio aiutarti. Lo devo a Safael!"

Sael incrociò lo sguardo di Gabriel senza riuscire a sostenerlo.

"E va bene, allora te lo chiedo senza tanti giri di parole, perché mai hai fatto una cosa tanto idiota come lasciare Michele? È un ragazzo splendido, quando ti ricapita un'occasione del genere? E non domandarmi come lo so, lo so e basta!"

"Guardi che non sono un cretino, lo so benissimo che Michele è un ragazzo splendido!" rispose Sael irritato dopo un primo momento di stupore.

Calma, calma non volevo mica offenderti, perché non mi spieghi cosa ti preoccupa tanto?"

Sael finì la sua birra. "Io non voglio che Michele finisca all'inferno per colpa mia! È chiaro ora?" ringhiò Sael.

Gabriel poggiò il bicchiere di birra sul tavolino, incrociò le braccia e scuotendo la testa rispose. "È chiaro che sei convinto di una cosa molto stupida!"

"Ma Lei si rende conto che stando con me verrà sporcato dal mio essere un demone e che prima o poi finiranno per mandarlo all'Inferno per punirlo?"

"Scusa ma chi te le ha messe in testa queste fesserie, Ysrafael?" domandò Gabriel.

"Si, è stato Ysrafael a mettermi in guardia, e comunque a parte quello che mi ha detto lui, continuo a fare un sogno terribile in cui Michele è stato condannato all'Inferno e io a torturarlo!"

Gabriel riprese il bicchiere, bevette un'altra sorsata di birra e rispose. "Senti Sael, io posso capire la tua preoccupazione, ma i tempi cambiano e le situazioni si evolvono. Michele è un Angelo e sicuramente millenni fa il vostro rapporto sarebbe potuto essere un problema, ma oggi!"

"Oggi cosa è cambiato rispetto a millenni fa? Io sono ancora condannato all'Inferno per un errore commesso quando ero solo uno stupido adolescente immaturo. Se potessi tornare indietro mi comporterei molto diversamente, ma non posso, perciò non mi resta altro che accettare di essere ciò che sono, un demone infernale senza alcuna speranza di redenzione!" replicò Sael con gli occhi lucidi.

Gabriel sorrise comprensivo. "È proprio questo il punto, ragazzo. Alcuni di voi si sono resi conto di aver commesso un grave errore e si sono sinceramente pentiti, ma purtroppo la legge stabilita al tempo della vostra sconfitta non permette di accettarvi di nuovo lassù!"

Sael osservò Gabriel senza capire.

"E la mia storia con Michele che c'entra?".

"Sael, credi davvero che qualcosa possa accadere senza che Lui lo sappia?"

"No, immagino di no!"

"Quindi nel momento stesso in cui tra voi è successo quello che è successo, non credi che se Lui avesse voluto punire qualcuno, sarebbe intervenuto e che forse se finora non è stato punito nessuno, un motivo c'è?"

Sael abbassò lo sguardo. "Magari ha solo voluto dare tempo a Michele di rendersi conto che stava facendo una stupidaggine!".

Gabriel finì la birra e sorrise. "O magari ha voluto lanciarti un messaggio, ragazzo!"

"Un messaggio?"

"Non ti è venuto in mente che forse sei stato perdonato e che l'amore di Michele per te è parte del perdono che hai meritato per il tuo pentimento?"

Sael guardò Gabriel incredulo. "Lei sta veramente dicendo che Lui potrebbe… potrebbe avermi perdonato?"

L'arcangelo gli strizzò un occhio. "Esatto ragazzo, e non potendo riportarti lassù, ti ha mandato un pezzetto di Paradiso quaggiù".

A Sael cadde la mascella per lo stupore. "Io…" non riuscì a dire altro, era così emozionato che non riuscì a trattenere le lacrime.

Gabriel si alzò, lasciò il conto sul tavolo e si avvicinò a Sael. "Dai, andiamo. Michele non vede l'ora che torni da lui!"

Sael si alzò e abbracciò Gabriel. L'Arcangelo non si tirò indietro.

Il cameriere tornò per ritirare il conto e li guardò commosso, era contento che quei due avessero fatto pace, erano davvero una bellissima coppia. Sospirò e decise di chiamare la sua ragazza, era stupido continuare a rimanere arrabbiato con lei per quella scemenza.

Sael si staccò da Gabriel imbarazzato. "Mi scusi…!"

"Va bene così, Sael. Mi fa piacere che ti fidi di me. Vorrei che anche mio figlio si lasciasse abbracciare!"

"Sono certo che lo farà, lei è una bravissima persona e penso che sarà un ottimo padre!"

"Ti ringrazio molto Sael, spero tanto che tu abbia ragione! Ora torniamo a casa, ok?"

Sael esitò. "Michele è arrabbiato?"

"No, è solo ansioso di rivederti, dai andiamo!" rispose Gabriel sorridendo e aggiunse. "Ah, un'altra cosa… piantala di darmi del lei, mi fai sentire vecchio!"



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Capitolo 8
*** Le cose si complicano ***


Capitolo 8

Le cose si complicano


Razel si era svegliato sorridendo, come tutti i sabati mattina successivi all'arrivo di Elena. Michele era stato così premuroso da riuscire a strappare a San Pietro il permesso di far scendere sulla terra l'antica compagna del demone, già dal venerdì sera. "Così avete un pochino più di tempo…" aveva spiegato l'angelo con aria complice.

Razel ridacchiò, il biondino sembrava tanto ingenuo e integerrimo, ma in realtà era molto più sveglio di quanto voleva dare a intendere!

Elena si mosse nel letto attirando la sua attenzione.

Razel fece un mezzo sorrisetto e si avvicinò alla sua compagna per accarezzarla. Lei sospirò e la cosa si sarebbe anche fatta interessante se non fosse stato per un bussare improvviso sul vetro della finestra. Razel provò a non farci caso, sicuramente si trattava di qualche stupido piccione. Accarezzò di nuovo Elena, ma il bussare si fece più insistente. Razel sbuffò, si alzò contrariato e prima di aprire le tende si infilò un paio di boxer neri, cosa che si rivelò una buona idea visto che dietro i vetri lo aspettava un piccione alto circa un metro e settanta con indosso, come sempre, un berretto e un giaccone da marinaio. "Ma che stai a fa'?" esclamò facendo ad Azaele un cenno per indicargli di spostarsi sulla terrazza che dava sulla sala da pranzo.

"Te sembra l'ora di venire a rompere i cojoni alla gente, de Sabato mattina poi?" domandò seccato mentre apriva la finestra per farlo entrare.

"Ciao Razel, scusa ma ho bisogno di parlarti!" disse Azaele entrando.

"Immagino di sapere perché" borbottò il demone dai capelli rossi. "Andiamo in cucina".

Azaele lo precedette e come l'ultima volta che era stato ospite del grosso demone, non riuscì ad evitare di dare un'occhiata timorosa alla teca che conteneva la sua preziosissima collezione di palloni dei mondiali.1

Razel decise che era venuto il momento di fargli sputare la verità, lo prese per il collo e lo sbatté contro il muro senza tanti complimenti. "E va bene, ammettilo, piccolo rompicojoni!" gli ringhiò in faccia.

"Ammetti cosa?" Domandò con voce strozzata Azaele.

"Che dieci anni fa sei stato tu a intrufolarti in casa mia e fregarti il pallone firmato da Gattuso per giocare a calcio con quegli imbecilli degli amichetti tuoi, spaccando pure le vetrate sacre della Cappella Sistina!"

"Sei matto…" cercò di mentire Azaele.

"Nun ci provare Azaele o nun esci di qui con la testa attaccata al collo!"

"Te lo giuro Razel, io non…".

"Ammettilo!" Ordinò ancora Razel stringendo più forte e sbattendo di nuovo il povero demone contro il muro.

"È va bene, lo ammetto, lo ammetto!" si arrese Azaele alzando le mani.

Razel lo lasciò andare.

"Scusa io non… " iniziò a dire Azaele raccogliendo il berretto da marinaio.

Razel gli mollò la solita pacca sulla testa sorridendo. "Un vero demone nun se scusa mai per le sue malefatte! Vatti a sedere mentre preparo il caffè"

"Ahia…" mormorò imbronciato Azaele, ma dentro di sé era felice che Razel non avesse intenzione di ammazzarlo.


Azaele si sedette al tavolo della bellissima cucina di Razel, il demone dai capelli rossi l'aveva arredata con mobili così costosi ed eleganti che sembrava più un salone moderno per accogliere gli ospiti.

Si guardò intorno per ammirare i quadri appesi alle pareti e notò una elegante bacheca incorniciata piena di foto. Molte erano in bianco e nero e sembravano piuttosto vecchie, anche se tenute perfettamente. Probabilmente Razel aveva fatto un piccolo miracolo di conservazione. Fu colpito da una foto in particolare, c'era un giovane chitarrista biondo a petto nudo che sembrava stesse preparandosi a cantare un brano. Sullo sfondo si vedevano le scalinate di un antico teatro romano. Di fronte a lui un cameramen piuttosto robusto, dai capelli biondi o rossi, con indosso un gilet di pelle e dei jeans tenuti su da una cintura borchiata, era concentrato su una macchina da presa. Probabilmente stava cercando la giusta inquadratura per riprendere il chitarrista. Azaele strabuzzò gli occhi.

"No .. aspetta un attimo…" esclamò avvicinandosi.

"No… ma dai!" esclamò ancora.

Allungò una mano e la sventolò davanti alla fotografia. Al cameran spuntarono due ali nere e l'aureola spezzata.

Azaele si girò verso il piano cucina dove il suo ospite stava preparando il caffè e domandò emozionato "Razel, ma sul serio hai conosciuto i Pink Floyd?"

Il grosso demone si girò e con un sorriso soddisfatto rispose "Embè? Che c'è di strano, tu non hai un autografo di Bob Marley?"

Si, ma un conto è ottenere un autografo, un altro conto è girarci insieme uno dei film-documentario più iconici della storia del Rock! Come hai fatto?”

Guarda che Safet non è l'unico ad avere conoscenze che contano!” Sorrise sornione Razel versandogli il caffè nella tazzina.

"Allora che c'è?" domandò sedendosi di fronte ad Azaele dopo essere andato a recuperare un pacchetto di Marlboro dal tavolo del salotto. "Deve essere un motivo importante per farti lasciare il letto di Alba così presto!" affermò sogghignando.

Il demone riccioluto notò il suo atteggiamento divertito ed esclamò "Lo sai già, non è così?"

"Cosa dovrei sapere?"

"Chi te lo ha detto?" Insistette Azaele.

"Riccioletto, io so un sacco di cose e altrettante me ne raccontano. Tu a quale te riferisci?" Domandò Razel sorseggiando il caffè.

"A quella per cui diventerò padre!" rispose deciso Azaele.

L'anziano demone lo guardò dritto negli occhi, poggiando la tazzina. "E cosa ti fa pensare che non appena sarai uscito da qui, non andrò ad avvertire i miei superiori che il riccioletto figlio di uno dei Sette guerrieri ha appena deciso di mettere al mondo l'Alfiere del male?" domandò prendendo una Marlboro e battendo l'indice sulla punta che si arroventò immediatamente.

Azaele sentì una goccia di sudore scorrergli lungo la schiena. Forse non era stata una mossa intelligentissima rivelare i suoi propositi a Razel.

Il grosso demone gli porse il pacchetto e Azaele sfilò una sigaretta. Provò ad accenderla ripetendo lo stesso giochino di Razel, ma la mano gli tremava e non ci riuscì. Razel gli rivolse un ghigno divertito e gli porse la sua, già accesa.

Azaele continuando a tremare leggermente riuscì finalmente ad accendere la sua sigaretta e aspirare una boccata.

"Perché in fondo siamo amici, piccolo rompicojoni!" disse Razel rispondendo al suo posto.

"C... chi?" balbettò Azaele.

"Io, te e il biondino… nonostante le nostre passate divergenze, siamo amici. È per questo che te darò una mano".

Azaele si rilassò e sul suo viso comparve un accenno di sorriso. "Alla fine Michele si è fatto perdonare per essersi portato via Elena, no?"

Razel gli lanciò uno sguardo indecifrabile e non commentò.

Azaele pensò bene di cambiare argomento e ancora un po' incerto domandò. "Davvero posso contare su di te?"

"Sei sordo? Ti ho appena detto di sì! Ora smamma che ho da finire quello che hai interrotto poco fa!" rispose Razel alzandosi e prendendo le tazzine vuote e la caffettiera per posarle sul lavandino.

Azaele indicò la camera da letto sorridendo. "C'è Elena di là?"

"Già! Per cui…!" Razel fece un gesto eloquente mentre lavava le tazzine di caffè.

Azaele si alzò e si avvicinò alla finestra. Aprì le ali e stava per volare via, quando lo colse un dubbio. "Ma tu come fai a sapere che mio padre è uno dei sette Guerrieri?"

Il demone rosso non rispose subito. Finì di sciacquare la caffettiera in silenzio e poi si decise a parlare.

"Millenni fa tuo padre mi ha lanciato uno sguardo che mi ha convinto a buttare la mia spada e arrendermi. Con quello sguardo mi ha salvato vita” si interruppe un attimo e sospirò. “Era lo stesso sguardo con il quale non mi lasciavi altra scelta che lasciare andare il collo della tua regazzina!"

"È stato in quel momento che ti sei accorto della somiglianza tra me e Gabriel?"

"Esattamente!"

Azaele esitò un attimo, prese coraggio e domandò. "Che tipo è mio padre?"

"Uno stronzo presuntuoso!"

"Oh…" mormorò Azaele deluso.

Razel si accorse di essere stato un po' crudele e cercò di rimediare. "Ma se mi chiedessero a chi affiderei la mia vita in battaglia, sceglierei lui a occhi chiusi!".

Azaele si illuminò un pochino.

"E se vuoi sapere se ha mai sofferto per averti abbandonato, la risposta è sì. Tuo padre in fondo è un pezzo de pane a differenza del sottoscritto".

"Un attimo fa hai detto che è uno stronzo presuntuoso!"

"Io posso dirlo, perché so che non è vero!" rispose enigmatico Razel, facendogli l'occhiolino.

"Ma perché lui e mia madre mi hanno abbandonato, tu lo sai?"

"Si, lo so. Ma non ho intenzione di dirtelo, regazzino. Devi trovare la forza di chiederlo a lui, capisci che voglio dire?"

"Si, lo capisco e so anche che hai ragione".

Azaele sospirò, si accorse che la sigaretta ormai era finita e non vedendo portacenere a portata di mano adocchiò un bel vaso di terracotta dal quale si ergeva una rigogliosa pianta di Aloe.

"Non pensarci neanche, se non vuoi uscire di qui con la testa attaccata al collo con il nastro da pacchi!" lo fermò Razel con un tono che non ammetteva repliche. "Fai due passi in più e spegnila nel portacenere"

"Uh… certo!" Rispose imbarazzato il demone riccioluto tornando alla svelta in cucina.

"Non credo che tu abbia capito…" rifletté a voce alta Razel.

Azaele lo guardò mentre schiacciava la sigaretta nel portacenere. "Me lo hai detto tu, di spegnerla in cucina!" rispose stupito.

Razel alzò gli occhi al cielo. "Mi riferivo alla questione di Michele che si è portato via Elena. Vedi, io... nun me la sarei portata comunque all'Inferno. Lei non se lo meritava, lo sappiamo tutti e tre. Ma non averla neanche potuta salutare, era quello che faceva male… e tu avresti dovuto capirmi più di tutti!"

Azaele lo osservò stupito. Più frequentava Razel e più si rendeva conto che sotto quella corazza di burineria e arroganza si nascondeva un demone molto diverso.

"Hai ragione, ti chiedo scusa" rispose un po' mortificato.

Razel allungò una mano, Azaele si ritrasse temendo di ricevere l'ennesima pacca, ma per una volta il grosso demone si limitò a dargli un buffetto su una guancia. “Nun fa niente, alla fine è andata molto meglio di come sarebbe andata se voi due imbranati nun aveste combinato quel casino!”

Poi, forse imbarazzato per essersi lasciato andare, lo afferrò per la collottola e lo trascinò davanti alla finestra aperta. “E adesso vedi di levarti dalle palle, t'ho detto che ho 'na cosa importante da finire!” ordinò cambiando tono.

Azaele non se lo fece ripetere due volte, aveva preso abbastanza pacche sulla testa per quel giorno.


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Zoel bussò alla porta della dimora infernale di Krastet. L'Arcidiavolo dal ventre prominente aprì, si guardò intorno e la fece entrare.

"Hai paura di Akenet?" Domandò sprezzante Zoel.

"Perché, tu no?" rispose Krastet.

Lei non rispose e avanzò cercando con fatica un posto per sedersi. La dimora dell'Arcidiavolo era un caos totale, vestiti sporchi e puliti erano mischiati gli uni con gli altri e sparsi in giro per il pavimento o ammassati sulle due sedie di pietra ancora visibili in mezzo a quel caos. A terra e sul tavolo erano accatastati piatti sporchi di avanzi di cibo secolari. Zoel buttò per terra i vestiti che occupavano una delle sedie di pietra, si accomodò accavallando le gambe e domandò "Sei sempre dell'idea che Akenet abbia torto a voler aspettare tanto?"

"Si, secondo me è una stupidaggine. Akenet ha la fissa di comportarsi secondo le regole, ma così rischiamo di perdere il nostro Alfiere!" rispose Krastet restando in piedi di fronte a lei.

"Però ha ragione quando dice che l'umana di Azaele non può entrare all'Inferno finché è viva!" rispose pensosa Zoel.

"E allora? Non sai che i piccoli umani possono vivere fuori dal ventre materno anche a partire dai sette mesi? Basta tenere le dovute precauzioni!"

Zoel sogghignò. "Stai proponendo di aprirle la pancia e prenderci il nostro Alfiere?"

"Esattamente! La ammazzeremo sulla terra, le tireremo fuori il nostro Alfiere e ce lo porteremo qui per affidarlo proprio ad Akenet. A quel punto sarà troppo tardi perché lui possa fare qualcos'altro oltre il bravo papà!" rise Krastet.

"Mi piace!" Approvò Zoel. "Voglio vedere se sarà ancora così altezzoso quando sarà impegnato a pulire la merda del piccolo Alfiere!"

I due risero allegramente all'idea di Akenet alle prese con pannolini e cremine varie.

Un rumore improvviso li zittì. I due si guardarono intorni sospettosi, Krastet si affacciò ad una finestra ma non vide nulla a parte un demone minore che lo salutò educatamente e se ne andò per la sua strada.

"Hai visto qualcuno?" Domandò Zoel .

"Solo uno di quei servi tutti neri che non ho mai capito a cosa servano a parte per fare sesso!"

"Oh, bé. A fare commissioni no?" Rispose Zoel.

"Davvero? Non ci avevo mai pensato!" Commentò Krastet stupito.

Aspettarono un minuto e visto che non si sentiva più nulla tornarono al loro discorso.

"Ma come pensi di impossessarti del piccolo? Io non ho certo voglia di rischiare di farmi ammazzare da Michele…"

"Dici che potrebbero intervenire anche gli Arcangeli? Non ci avevo pensato!" domandò preoccupato l'Arcidiavolo.

"A parte che quando scoppierà la guerra, mi sembra ovvio che interverranno anche gli Arcangeli... Comunque adesso non mi riferivo all'Arcangelo ma a quell'altro, l'amico fraterno di Azaele!" spiegò Zoel pazientemente.

Krastet sbuffò. "Vorrei proprio sapere chi è stato l'idiota che ha pensato bene di dargli lo stesso nome dell'Arcangelo"

"Bè, mi sembra ovvio chi sia stato!" Rispose Zoel indicando verso l'alto e pensando che Krastet a volte sembrava un cretino totale.

"Ah, già!" commentò l'Arcidiavolo.

"Tornando al nostro discorso, immagino che neanche tu abbia voglia di farti infilzare da Michele e i nostri sottoposti ormai sono bravi solo a bullizzare i dannati!" considerò Zoel.

"Qui all'inferno ci sono umani molto peggiori di noi. Non lo sai?" Rispose con aria furba Krastet.

"E quindi?"

"Quindi useremo uno di loro. Uno in particolare che è convinto di avere un conto in sospeso con Azaele" rispose allegramente Krastet.

"Oh, vuoi dire…" ribatté perplessa l'Arcidiavola.

"Si, voglio dire proprio lui!" confermò soddisfatto Krastet.

"Sinceramente e senza offesa, ma Efialte non mi sembra fisicamente molto adatto a questa missione” ribattè poco convinta Zoel.

Che c'entra Efialte?” domandò sorpreso Krastet.

Credevo ti riferissi a lui!”

Ma no, mi riferisco a quell'altro, quello che pensava di essere destinato al Paradiso e che si è ritrovato all'Inferno!”

Ah, quello! Ma non credi sia troppo pericoloso? Potrebbe sfuggirci di mano, quell'uomo odia Azaele. È convinto che lo abbia trascinato all'Inferno per vendetta e non perché fosse realmente condannato ai tormenti del nono girone per lo schifo di uomo che era stato in vita!”

"Gli metteremo al fianco due dei nostri più svegli degli altri. Controlleranno che non faccia stupidaggini. Però dobbiamo trovare un modo di allontanare Akenet dal nono girone il tanto da permetterci di recuperare il nostro alleato e spedirlo sulla terra"

"Per quello basterà organizzare una Riunione periodica fiume!" Ridacchiò Zoel.



#


Merlino era ormai abbastanza lontano dalla dimora di Krastet per tirare un sospiro di sollievo. Quell'idiota non si era minimamente domandato che cosa ci facesse davanti alle sue finestre nonostante, a parte lui, lì intorno non ci fosse nessun altro.

Poco prima per un attimo se l'era vista brutta. Era acquattato sul tetto ad ascoltare quello che lui e Zoel, l'indisponente Arcidiavola che ogni volta che aveva la sfortuna di incrociare lo mandava a fare qualche stupida commissione, quando un enorme pipistrello filippino, confuso dai rumori infernali, lo aveva centrato in pieno e fatto rotolare giù dal tetto!

Ogni tanto capitava che qualcuna di quelle povere bestie si perdesse in una grotta profonda e finisse per ritrovarsi all'Inferno. Poveretti, in genere finivano arrostiti come cena per qualche Arcidiavolo di bocca buona.

Sbuffò irritato. La sua strega e il piccolo che aspettava da quell'imbranato di Azaele erano in pericolo e lui non aveva potuto ascoltare la parte più importante del discorso tra quei due imbecilli.

In ogni modo quello che aveva sentito era abbastanza per correre ad avvertire Lord Safet. Il supervisore era un tipo in gamba, sicuramente era meglio avvertire lui prima di tutti gli altri.

Si affrettò a raggiungere una delle caverne che usava come scorciatoia per la terra, si trasformò in gatto per acquistare velocità e agilità e corse tra i cunicoli bui fino a raggiungere il mondo degli umani.


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Aurora aveva appena finito di fare lezione. Era l'ultima ora per cui al suono della campanella i ragazzi balzarono in piedi come molle emettendo grida di gioia.

La professoressa non sapeva mai se offendersi o gioire come i ragazzi. Decise per la seconda opzione, dopotutto per pranzo doveva incontrarsi con Safet che le aveva promesso di rimanere con lei tutto il pomeriggio, evento abbastanza raro.

Raccolti i libri nello zaino raggiunse la macchina nel parcheggio facendosi largo tra i ragazzi che si erano trattenuti nel cortile della scuola a chiacchierare.

Uno di questi le rivolse uno sguardo un po' strano, ma lei era troppo presa dal pensiero di cosa preparare a Safet per pranzo e non ci fece caso. Il ragazzo la seguì fino alla macchina e approfittò del momento in cui era impegnata a sistemare zaino e libri sul sedile posteriore per entrare in macchina e occupare il sedile del passeggero.

Aurora si voltò nel sentire il rumore dello sportello che si chiudeva e si irrigidì spaventata, sopratutto perché l'aspetto reale del ragazzo era quello di un demone nero come la pece a parte per un ciuffo di capelli bianchi che gli copriva parte della fronte. Il demone era di corporatura minuta e la osservava silenzioso con due occhi gialli da gatto. A dire il vero non sembrava avere intenzioni ostili e d'altra parte era improbabile che avesse deciso di aggredirla proprio lì in mezzo al parcheggio affollato da colleghi e studenti.

"Chi sei, che vuoi da me?" Domandò cercando di restare calma.

Il demone le sorrise in modo rassicurante e le indicò il parabrezza sul quale era comparsa una scritta infuocata che scomparve dopo pochi istanti. “Non aver paura, ci conosciamo, sono Merlino”.

Aurora lo osservò stupita, non aveva mai pensato a Merlino come a un demone vero e proprio. "Il famiglio di Alba?" domandò per sicurezza.

Merlino annuì silenziosamente.

"È successo qualcosa di grave?" Domandò Aurora preoccupata.

Sul parabrezza comparve un'altra scritta. “Non ancora, ma la mia Signora è in pericolo. Devo parlare con Lord Safet

"Capisco!"

Sul vetro comparve una terza scritta. “Sai dirmi dove trovarlo?

"Certo, pranziamo insieme tra poco, ti porto a casa con me".

Merlino sorrise allacciandosi la cintura di sicurezza.

Aurora mise in moto la Panda e si infilò nel traffico. Al primo semaforo ne approfittò per togliersi una curiosità. "Ma tu non parli perché non vuoi o non puoi?"

Merlino sorrise e sul parabrezza comparve la risposta. “Noi demoni minori siamo muti. Riesco solo a miagolare quando sono in forma di gatto”

"Davvero? Ma perché?"

Il demone fece spallucce, come dire "Chi lo sa?"

"E non ti dispiace?"

Merlino scosse la testa, ridacchiò silenziosamente e fece apparire la sua risposta. "Parlano già abbastanza quegli imbecilli degli Arcidiavoli!"

Aurora rise. "Ho idea che tu e Safet andiate d'accordo" commentò ripartendo alla comparsa del verde.



Nota 1: Vedi Minilong “Il pallone autografato da Gattuso”

Nota 2: Così ora chi ha letto Devil at Pompei sa cosa ci faceva Azaele a bere un caffé nella cucina di Razel!


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Capitolo 9
*** Coinquilini un po'... particolari ***


Capitolo 9

Coinquilini un po'... particolari


Azaele era stanco, si era alzato presto per andare a parlare con Razel dopo una notte passata quasi insonne e poi aveva girellato per il cielo di Roma fino all'ora di pranzo riflettendo sulla situazione. Anche se cercava di non darlo a vedere, soprattutto con Alba, era molto preoccupato e come se non bastasse era anche in pensiero per Michele, era dai tempi in cui si era lasciato con Yliel che non lo vedeva così provato. Si domandò se suo padre era riuscito a parlare con Sael e se aveva fatto bene a lasciare a lui quell'incarico.

E se Sael si fosse spaventato nel vederlo e fosse scappato senza lasciarlo parlare? In fondo tutti i demoni temono gli Arcangeli, anche quando non hanno motivo di preoccuparsi.

Alla fine decise che era inutile farsi prendere dall'ansia, avrebbe affrontato la situazione un problema alla volta e in qualche modo avrebbe risolto le cose!

Un po' più sereno decise di atterrare davanti alla pasticceria Regoli e prendere un po' di paste per fare una piccola sorpresa ad Alba e Michele. Con la coda dell’occhio notò una volante della polizia girare l'angolo lentamente e silenziosamente, come se i suoi occupanti stessero cercando qualcosa. Non ci fece caso più di tanto, erano cose da umani e poi quel sabato mattina non aveva anime da ritirare.

Stava per assumere il suo aspetto umano per entrare a scegliere le paste quando fu circondato da un gruppetto di colleghi che avevano l'aria di essere alquanto sbronzi, probabilmente avevano passato un venerdì sera più allegro del solito.

"Guarda chi si vede! Allora dove lo nascondi il nostro Alfiere?" gli domandò il più alto e robusto, in giacca e cravatta.

Azaele lo guardò a metà tra il costernato e il terrorizzato. "Ma sei matto, ti sembra il caso di parlare a voce così alta?"

"Hey, che modo di rivolgerti a un collega che ti sta facendo una domanda innocente!" rispose quello avvicinandosi con aria offesa e sbuffandogli in faccia un alitata alcolica che rischiò di sbronzare anche Azaele.

"Già! Come ti permetti di parlare in questo modo altezzoso, credi di essere migliore di noi solo perché tu puoi mettere al mondo un figlio e noi no?" lo aggredì il secondo demone alzando la voce.

Azaele avrebbe voluto morire, non solo la notizia del figlio in arrivo stava già girando per tutto l'Inferno, ma come se non bastasse quegli idioti stavano rischiando di farsi sentire anche dai colleghi angelici.

" Ok, ragazzi. Vi chiedo scusa, non volevo essere sgarbato” sussurrò cercando di calmarli “Ma che ne dite di abbassare la voce ed evitare di farlo sapere anche in Paradiso?"

"Eeeh? Che hai detto? Non si capisce nulla se parli così piano!" disse il terzo demone dai capelli biondi e l'aspetto di uno che non doveva essere molto sveglio neppure da sobrio.

"Questo vigliacco ha detto di parlare a voce più bassa per non farci sentire dagli Angelici!" sbraitò il primo demone. "Io non ho paura di quegli stronzi, io gli faccio un culo tanto a quei frocetti alati, cosa credi?"

"Proprio così! Glielo facciamo a tutti, quando il nostro Alfiere sarà cresciuto, non è vero Aza?" Rise il demone biondo dando una manata sulle spalle di Azaele che decise di sparire dalla circolazione prima che la situazione degenerasse.

Non volendo rinunciare alle paste, si smaterializzò sul tetto di un palazzo poco lontano sperando che i tre colleghi lasciassero perdere l'idea di seguirlo.

Si sporse dal parapetto per controllare la situazione e notò che nel frattempo le volanti della polizia erano diventate tre e si erano fermate, insieme a due Alfa Romeo che davano l’impressione di essere altrettante volanti in incognito, proprio sotto il palazzo dove aveva deciso di ricomparire.

Distratto da quello che stava succedendo a terra, non si rese conto che i tre demoni si erano alzati in volo per cercarlo e soprattutto non notò l’ampia vetrata a specchio che rifletteva la sua immagine rendendolo estremamente visibile a qualsiasi creatura dotata di ali che si aggirasse lì intorno.

I tre demoni atterrarono alle sue spalle e si avvicinarono minacciosi. "Sai una cosa piccoletto, sarai anche il padre dell'Alfiere ma sei stato piuttosto maleducato ad andartene così, senza neanche salutare" disse il più alto.

"Già, hai proprio bisogno di una lezione di Tom Tom1!" Intervenne il biondo cercando di darsi un tono.

"Esatto!" confermò il terzo dimostrando lo stesso livello di conoscenza del francese dell’amico, cosa che dava la misura della loro intelligenza considerando che i demoni per motivi professionali e per via delle loro antiche origini angeliche dovrebbero conoscere perfettamente tutte le lingue create dal Padre, compresa quella dei pesci che non sono affatto muti come si crede.

Azaele, malgrado la situazione non fosse esattamente rosea, non riuscì a trattenere una risatina.

"Che hai da ridere, stronzetto?" Domandò il demone alto avvicinandosi con aria particolarmente ostile. Azaele fece un passo indietro. Un battito d'ali alle sue spalle attirò l'attenzione dei tre colleghi che impallidirono e si misero sull’attenti.

Azaele stava per girarsi a controllare chi era atterrato ma una mano gli strinse leggermente la base del collo. A scanso di problemi rinunciò immediatamente a girarsi e rimase immobile cercando di mostrarsi meno aggressivo possibile.

"Quindi che si dice tra demoni? Mi pare che si accennasse ad un fare il culo a noialtri angelici, o non ho colto bene il senso del discorso?" Domandò la voce allegra di Gabriel. Azaele tirò un sospiro di sollievo e improvvisamente gli sembrò che la stretta intorno al collo fosse gentile e protettiva.

"Noi non abbiamo detto niente, Signore. È stato lui!" Rispose il demone biondo indicando Azaele.

Gabriel assunse un aspetto severo e si rivolse al figlio. "Davvero?"

"Ma no! Io non…"

"Sai, temo che dovrò darti una bella lezione, demonio impertinente” ridacchiò divertito l’arcangelo. “Grazie per la segnalazione ragazzi, potete andare!" Ordinò poi rivolgendosi ai tre imbecilli assumendo un tono da burocrate che ad Azaele sembrò abbastanza ironico.

I demoni aprirono le ali e non esitarono ad abbandonare al suo destino il padre del loro futuro Alfiere.

Nel frattempo alcuni poliziotti in borghese aprirono la porta del vano scala e cominciarono a guardarsi intorno con aria circospetta. Né l’arcangelo, né il demone ci fecero caso più di tanto. In fondo erano entrambi in modalità invisibile agli umani.

"Stai bene?" domandò Gabriel lasciando andare il collo del figlio.

"Si, grazie" borbottò Azaele a cui mancò il contatto con la mano del padre.

Gabriel lo osservò come se volesse dirgli qualcosa, ma Azaele lo precedette. "Sei riuscito a parlare con Sael?"

"Si, abbiamo parlato e credo di averlo tranquillizzato"

"Credi?" domandò sprezzante Azaele.

Gabriel avrebbe voluto tirare un ceffone al figlio, ma si rendeva conto che non poteva trattarlo come un ragazzino. In fondo era pur sempre un adulto, malgrado fosse molto più giovane di lui.

"Ti dispiacerebbe evitare di rivolgerti a me con questo tono? Non solo è irritante, ma è anche oltremodo scorretto da un punto di vista gerarchico!" Disse cercando di usare un tono paziente e assertivo.

Azaele dentro di sé avrebbe voluto rivolgersi a suo padre ben diversamente, magari anche abbracciarlo, ma vederselo lì davanti dopo aver desiderato tanto conoscerlo era un'emozione troppo grande che non riusciva ancora a gestire. Così gli uscì l'ennesima frase infelice. "Scusa tanto se sono così rozzo ma non ho ricevuto un'educazione adeguata. Sai com'è, sono stato abbandonato da due decerebrati a pochi mesi dalla nascita!"

Gabriel questa volta non riuscì a trattenersi. Sentir parlare in quel modo di Galadriel, che aveva sofferto tanto per aver dovuto rinunciare al suo bambino, lo innervosì al punto che assestò al figlio un manrovescio così forte da spedirlo contro la vetrata a specchio che si frantumò in mille pezzi. La cosa di per sé non sarebbe stata così negativa, considerando che aveva messo in luce la presenza del magazzino clandestino di coca e altre porcherie varie che polizia e carabinieri, con un’azione combinata, stavano cercando nel quartiere da ore. Ma ovviamente non ebbe né l'effetto educativo desiderato né tanto meno un effetto positivo sul rapporto tra lui e Azaele che si alzò e se ne andò senza dire una parola.

Gabriel sospirò dandosi del coglione. Non riusciva proprio a trovare una strada per comunicare decentemente con suo figlio. Si fermò a riflettere sulla terrazza mentre intorno a lui tra Forze dell'ordine e malavitosi scoppiava una violenta sparatoria che miracolosamente non causò morti, con profonda delusione di giornalisti televisivi e commentatori da Social che non avrebbero mai saputo che il miracolo era dovuto ad un Arcangelo che continuando a domandarsi come convincere il proprio figlio a dargli una possibilità di spiegarsi e sopratutto scusarsi, si aggirava distrattamente per la terrazza acchiappando al volo ogni pallottola sparata, salvando indistintamente la vita a poliziotti, carabinieri e malviventi.


#


Azaele non era arrabbiato con Gabriel, ma con se stesso. Si rendeva benissimo conto che suo padre non era comparso casualmente nella sua vita proprio in quel momento tanto delicato. Sicuramente sapeva del bambino e voleva aiutarlo, probabilmente era stato proprio Safet ad avvertirlo. E ora che finalmente cercava non solo un dialogo ma anche di mostrarsi affettuoso, lui lo respingeva offendendolo in quel modo. Si era meritato il ceffone. Ne era consapevole. Ma ogni volta che se lo ritrovava davanti finiva per agitarsi e dire qualcosa di terribilmente inappropriato. Per non parlare del fatto che incontrare Gabriel lo portava inevitabilmente a chiedersi perché fosse ricomparso solo lui. Dov'era sua madre? Perché non si era fatta viva anche lei? Possibile che non le importasse nulla di suo figlio?

Azaele sospirò, non avrebbe dovuto farsi distrarre da quei pensieri, era evidente che la notizia del bambino ormai si era già sparsa per tutto l'Inferno. Doveva cercare di concentrarsi solo su come affrontare la situazione e continuare a cercare alleati, insomma stare sul pezzo, come avrebbe detto Molinesi! A proposito chissà che fine aveva fatto e se davvero aveva deciso di ricominciare a fare l'insegnante?

Perso nei suoi pensieri Azaele atterrò sul balcone della cucina senza guardare dove metteva i piedi, finendo in mezzo al bucato steso ad asciugare.

"Ma che accidenti succede?" si lamentò rendendosi conto di aver infilato una gamba dentro la manica della coperta di pile che Arianna usava per avvoltolarsi sul divano e addormentarsi davanti alla TV nelle serate invernali. Cercando nervosamente di divincolarsi, finì per peggiorare la situazione arrotolandosi intorno alle ali un lenzuolo matrimoniale, con stampata l'immagine sorridente di Naruto, a cui Arianna era particolarmente affezionata.

Sentendosi un idiota si ritrovò appeso alle corde del bucato, legato come un salame. Anziché riflettere sul fatto che per liberare le ali sarebbe bastato semplicemente prendere la forma umana, cominciò a dibattersi scompostamente strappando dalle corde asciugamani, teli da doccia e lenzuola che finivano immancabilmente per arrotolarglisi addosso. Alla fine, infuriato e avvilito, invocò un falò infernale che con un enorme boato incenerì tutto il bucato.


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Sael dopo la chiacchierata con Gabriel aveva deciso di farsi coraggio e provare a tornare a casa per chiedere perdono a Michele. Atterrò sul balcone della cucina ma sentendo le voci allegre di Arianna e Alba provenire dall'interno, cambiò idea, fece il giro del palazzo e approfittando di un finestrone aperto sulle scale entrò con le chiavi di casa come un comune mortale.

Raggiunse le ragazze in cucina con l'intento di chiedere notizie di Michele, ma non appena Arianna lo vide cominciò a ridere. Alba si unì a lei sorprendendo un po' il demone che domandò a disagio. "Che ho fatto?"

"Diglielo tu!" Propose Arianna guardando Alba senza riuscire a smettere di ridere.

Sael lanciò ad Alba uno sguardo perplesso.

"Arianna ha fatto un binge-watching di Lucifer un tantinello esagerato" ridacchio lei. " Stanotte ci ha sognato tutti in versione demoni e angeli!"

"Ah, si?" domandò Sael incuriosito. "Io cos'ero?"

"Tu non c'eri, mi spiace. C'era Aza, che somigliava un casino a Lucifer! Non avevo mai notato che il tuo ragazzo fosse così carino!" rise Arianna facendo l'occhiolino alla sua migliore amica. "Ma la cosa più assurda è che Ariel, era un angelo! Ma vi sembra possibile, uno stronzo del genere?" rise ancora Arianna.

A quella battuta Sael rise sinceramente. "Effettivamente, sembra proprio una cosa impossibile! Non è che magari hai ancora un debole per lui?"

Arianna si fece seria. “Onestamente, no. Ci ho pensato molto, sapete. Ma alla fine ho capito che non voglio al mio fianco un tipo così, potrà anche essere bellissimo, ma preferisco un ragazzo gentile e rispettoso ad uno che ha un bell'aspetto ma i modi di un troglodita".

"Però almeno si è scusato!" Provò a difenderlo Alba ripensando a quello che le aveva detto Ariel la sera prima. "Anche quelli che picchiano le mogli si scusano e promettono di non farlo più e poi ogni volta ricominciano. No, ho chiuso con lui. Una delle cose che mi ha convinto ad accettare il lavoro a Bologna è proprio che vivendo lì non avrò modo di incontrarlo neanche per caso!" Sentenziò Arianna con convinzione.

"A proposito, domani a che ora parte il treno?" domandò Alba.

"Alle 14.30! Stasera si festeggia?" Propose Arianna allegramente.

Alba assunse un'espressione dubbiosa “Non so, sono un po' stanca!” rispose. Non era sicura che le nausee l'avrebbero lasciata in pace e d'altra parte non aveva molta voglia di rivelare ad Arianna il suo stato perché non sapeva ancora se sarebbe riuscita a tenere il bambino e non voleva farla preoccupare. Non ora che doveva partire e iniziare una nuova vita. Ma Arianna si rattristò subito. "Dai Alba, ti prego, chissà quando possiamo rivederci".

Alba sospirò. Era vero, probabilmente sarebbero passati almeno due o tre mesi prima che la sua migliore amica avesse modo di tornare a Roma.

"E va bene, ma non facciamo troppo tardi però!"

"Promesso!"

"Posso invitare qualche amico?" domandò Sael pensando a Sakmeel e Eowynziel.

"Perché, no?" rispose Arianna. "Ok, ora vado a prepararmi! Devo uscire a comprare ancora un sacco di cose per la nuova casa!" Trillò felice. Dopotutto era in procinto di iniziare una nuova vita ed era in piena eccitazione prepartenza.

Si alzò carica di entusiasmo quando dal balcone si sentì Azaele imprecare. "Ma porca miseria boia, stramaledetto bucato del Sabato!" All'imprecazione seguì un botto e un'enorme fiammata.

Arianna, Alba e Sael si precipitarono in balcone dove un infuriato Azaele, nel suo aspetto demoniaco, stava finendo di spazzolare via dal giaccone i resti carbonizzati della coperta di pile e di un telo da bagno. Intorno a lui il bucato di Arianna era completamente carbonizzato. Dal lenzuolo matrimoniale di Naruto sprizzava ancora qualche fiammella.

Ci fu un attimo di silenzio, poi tutti guardarono Arianna che con gli occhi sbarrati e la bocca aperta cercava inutilmente di emettere un grido di terrore.

Azaele cercò di giustificarsi con la frase meno credibile di sempre. "Arianna, ti giuro che posso spiegarti tutto!"

"Il mio corredo per la nuova casa!" si lamentò la ragazza.

"Co… cosa?" domandò Azaele.

"Hai distrutto il mio corredo per la nuova casa e… tu sei un mostro!" urlò scioccata Arianna.

Alba le posò una mano sul braccio. "Arianna, ti prego calmati!"

La ragazza si voltò verso Alba e il suo sguardo si posò sul vetro della porta finestra che le restituì il riflesso di Alba e Sael.

Purtroppo l'aura demoniaca di Azaele, resa più forte dalla rabbia, aveva influito anche su Sael che senza rendersene conto aveva perso il controllo del suo aspetto, per cui Arianna vide un demone con i capelli rossi e le ali nere. Terrorizzata scostò la mano di Alba. "Non toccarmi… NON TOCCARMI!" strillò scappando terrorizzata verso la sua camera. A metà corridoio si scontrò con Michele che bofonchiò. "Ma cos'è questo casino?"

Arianna ringraziò il cielo pensando di ritrovarsi tra le braccia di un ragazzo normale, ma quando alzò lo sguardo per chiedergli aiuto le parole le morirono in gola. Michele aveva le grandi ali candide raccolte sulla schiena e l'aureola accesa. L'angelo, che aveva dormito male a causa del litigio con Sael ed era ancora un po' stordito dal sonno, si era dimenticato di assumere il suo aspetto umano.

"Noooo, è un incubo. Siete tutti dei mostri!" gridò Arianna precipitandosi in camera e chiudendo la porta a chiave.

"Ohmmerda… che casino!" commentò Azaele comparendo nel corridoio seguito da Alba e Sael.

Michele lanciò uno sguardo indecifrabile a Sael e si rivolse sospirando ad Azaele. "Che diavolo hai combinato, Aza?"


#


Safet osservavava pensoso Merlino. Il famiglio di Alba aveva appena finito di raccontare cosa aveva visto e sentito poche ore prima.

Aurora aveva preparato il pranzo e stava apparecchiando per tre, nonostante Merlino avesse ripreso il suo aspetto felino che gli dava la possibilità di miagolare velocizzando il racconto.

Aurora era dispiaciuta per la condizione del famiglio, ma soprattutto era in dubbio su cosa offrirgli da mangiare. Aprì la dispensa e osservò incerta il cibo per gatti che acquistava per la colonia felina di una sua amica.

Sullo sportello aperto apparve una scritta infuocata "Non vorrei essere scortese, ma di quella porcheria mi tocca mangiarne già abbastanza! Non è che offriresti anche a me un piatto di pasta all'amatriciana e l'insalata di pomodori con la mozzarella?"

Aurora si girò rossa in viso per l'imbarazzo, Merlino aveva ripreso il suo aspetto demoniaco e la osservava divertito.

"Oh, scusa… certo! Safet, tu preferisci l'insalata di pomodori e mozzarella o la bistecca alla griglia?"

"Mhm? Si, grazie!" rispose Safet distrattamente.

"Si grazie... per la bistecca o per la mozzarella con i pomodori?"

Safet guardò la compagna con uno sguardo leggermente vacuo. "Quello che preferisci, fai tu!"

Aurora scosse il capo, ma non se la prese. Si era resa conto che Safet era molto preoccupato, anche se ovviamente non aveva potuto capire nulla dai miagolii di Merlino.

"Dobbiamo trovare un posto per nascondere Alba e il suo bambino" disse Safet di punto in bianco.

"Che succede, la situazione è già così grave?" domando Aurora allarmata.

"Si. Merlino mi ha spiegato che due Arcidiavoli particolarmente idioti e pericolosi , vogliono uccidere Alba prima della fine della gravidanza per strapparle il bambino dal ventre e portarlo all'Inferno"

"Cosa? Ma è orribile e poi perché uccidere Alba prima della nascita del piccolo?"

"Perché come ti ho detto tempo fa, i colleghi angelici non si muoveranno prima che siano passati i nove mesi canonici. Strappando il bambino dal ventre di Alba, gli Arcidiavoli impediranno agli angeli di portarsi via il neonato prima di loro!"

"Ma gli angeli non possono andare a prenderlo all'Inferno?"

"No. Così come a noi è vietato entrare in Paradiso, così agli angeli è vietato l'ingresso all'Inferno. Se gli Arcidiavoli riusciranno nel loro intento, il rischio di un'Apocalisse o quantomeno di una seconda Grande Guerra, sarà molto più concreto!"

"È tutto così orribile e ingiusto!" commentò Aurora scioccata. "Ti prego Safet, fa qualcosa per impedire che succeda. Alba e una ragazza così dolce, non si merita una fine così terribile e nemmeno il suo bambino!"

"Grazie a Merlino, abbiamo davanti abbastanza tempo per trovare un posto sicuro per Alba. Ci faremo aiutare anche da Elena, la compagna di Razel. Con i suoi poteri da strega ci aiuterà a nascondere il luogo dove porteremo Alba. Ma finché non avremo trovato un nascondiglio abbastanza sicuro, dovremo fingere di non sapere nulla dei piani degli Arcidiavoli. Condurremo tutti una vita apparentemente normale in modo da non creare sospetti!"

In quell'istante squillò il cellulare di Aurora.

"Ciao Aza, dimmi!" rispose Aurora cercando di mostrarsi serena. "Cosa? Ma come è successo?" Domandò immediatamente dopo.

"Capisco! E quindi ora sta piangendo disperata e non vuole più uscire dalla sua camera? Ma io come posso aiutarti? Oh, certo, non ci avevo pensato! Va bene arrivo!"

Safet e Merlino si scambiarono uno sguardo costernato. Sul vetro della finestra apparve una scritta infuocata. "Quell'imbranato di Azaele ne ha combinato un'altra?"

"Già, ma stavolta non è l'unico. A quanto pare oggi a casa di Alba si sono messi d'accordo per comportarsi tutti come dei perfetti idioti!" sospirò Aurora.




Nota 1: i due demoni hanno confuso il nome del noto navigatore con il termine Bon ton (galateo, buone maniere)

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Capitolo 10
*** Farewell Arianna! ***


Capitolo 10

Farewell Arianna!



Alba aprì la porta e si ritrovò di fronte Aurora, Safet e un demone mingherlino tutto nero, con due occhi gialli da gatto e un ciuffetto bianco sulla fronte.

Osservò stupita il ciuffetto bianco del demone e domandò «Ma non sarai mica Merlino?»

Il demone sorrise e le strizzò un occhio.

«Ma che significa? Cioè tu sei… così?»

Safet intervenne «Forse è meglio rimandare a dopo le spiegazioni sull'aspetto di Myrddinx e cercare di risolvere il problema Arianna

«Oh, si. Certo. Entrate!» rispose Alba facendosi da parte senza riuscire a staccare gli occhi da Merlino.

Entrarono tutti in cucina, dove li aspettavano Michele, Azaele e Sael, chiusi in un imbarazzato silenzio. Safet lanciò un'occhiata severa a suo figlio che abbassò lo sguardo a disagio.

«Arianna è ancora barricata in camera sua?» domandò Aurora.

«Si, non vuole parlarmi, l'ultima cosa che ha detto è che non uscirà dalla sua stanza finché non ce ne saremo andati tutti! Non si fida più neanche di me!» spiegò Alba.

«Ora provo a parlarle. Quanto a voi ragazzi... o ve ne andate o vi rendete invisibili!» Disse Aurora rivolgendosi a tutte le creature soprannaturali presenti.

«Siamo già, invisibili agli umani…» borbottò Azaele.

«Ops, scusate! Dimentico sempre che posso vedervi anche quando siete invisibili!» Sorrise la professoressa.


#


Arianna piangeva silenziosamente barricata dentro la sua camera.

Non riusciva a credere a quello che aveva appena scoperto. Azaele, Michele e Sael non erano umani. Alba lo aveva sempre saputo e non le aveva detto nulla.

Come aveva potuto mentirle su una cosa del genere!

Si sentiva profondamente tradita. Chi era veramente quella persona che aveva considerato la sua migliore amica per più di quindici anni?

«Arianna!» Chiamò Aurora bussando delicatamente alla porta. «Sono Aurora, apri per favore. Sono andati via tutti»

La ragazza sobbalzò, poi si avvicinò alla porta e chiese «Anche Alba?»

«No, lei è qui con me! Vorrebbe parlarti»

«NO!» Gridò Arianna. «Non voglio vederla. Dille di andarsene!»

Aurora sospirò e si rivolse ad Alba. «Temo che se non mi lasci sola con lei, questa storia non si chiuderà tanto facilmente».

"Volevo proteggerla e invece ho finito per distruggere la nostra amicizia» constatò Alba rattristata.

Aurora cercò di consolarla. «Ma no, è solo spaventata e confusa! Vedrai che alla fine si risolverà tutto!»

«Non credo. Conosco bene Arianna, quando decide di chiudere con qualcuno non torna indietro! Come con Ariel, malgrado lui si sia scusato per il suo comportamento e stia cercando di migliorare il suo carattere, lei si è rifiutata di concedergli un seconda possibilità. Come pensi che potrà mai perdonarmi per non averle detto la verità su di me e su Azaele e i suoi amici? L'ho terrorizzata e delusa allo stesso tempo!»

«Alba, non essere troppo severa con te stessa, hai saputo la verità su di te e su Azaele da nemmeno tre mesi, anche tu avevi necessità di metabolizzare la notizia!» Rispose Aurora.

«Alba, vattene o giuro che chiamo un fottuto esorcista pur di costringerti a lasciare questa casa!» Gridò Arianna dall'altra parte della porta.

Alba lanciò un ultimo sguardo sconfitto ad Aurora, percorse il corridoio piangendo silenziosamente e lasciò l'appartamento seguita da Azaele mortificato e avvilito per quanto era successo. Merlino li osservò incerto se seguirli, poi decise che era giusto lasciar loro un po' di privacy.


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«Se n'è andata. Arianna, puoi aprire la porta!» disse Aurora. Passò qualche istante e poi senti una chiave girare nella toppa. Arianna sporse leggermente il viso gonfio di pianto e domandò titubante. «Sono davvero andati via, tutti?»

«Si, sono andati via tutti, puoi uscire".

«No, ti prego entra tu e aiutami a portare via i bagagli. Non voglio stare un minuto di più in questa casa!»

Aurora si irritò un po'. Va bene che Arianna aveva tutte le ragioni di essere spaventata e arrabbiata, ma almeno un piccolo sforzo nei confronti di Alba, che in fondo era l'unica a non aver fatto nulla di stupido, avrebbe potuto farlo.

«Arianna, io capisco che tu sia spaventata e arrabbiata, ma Alba è la tua migliore amica da anni, non credi che dovresti darle la possibilità di spiegarsi?»

«Cosa c'è da spiegare? È una bugiarda e ha portato le bestie di Satana in casa mia!» rispose Arianna con una nota lievemente isterica nella voce.

Safet che era lì a fianco, invisibile ad Arianna, stava per esprimere un commento sarcastico. Un'occhiata di Aurora lo fermò in tempo, ci mancava solo che si rendesse visibile per sbaglio!

«Credo che tu in questo momento sia ancora troppo spaventata per esprimere un giudizio oggettivo su quanto è successo, non prendere decisioni definitive di cui potresti pentirti!» disse la professoressa nella speranza di far ragionare Arianna, ma lei non rispose. Si caricò uno zaino sulle spalle, tirò su un trolley che neanche con la più buona volontà avrebbe mai superato il controllo del bagaglio a mano della Ryanair e uscì frettolosamente dalla camera. Tutto ciò che desiderava era lasciarsi alle spalle al più presto quell'appartamento che era stato la sua casa per dieci anni.

Aurora prese l'altro trolley e la seguì rinunciando a discutere. Era inutile, la ragazza non era minimamente disposta ad ascoltarla.

Safet decise di non accompagnarle. Aurora non aveva bisogno del suo aiuto e poi era più urgente occuparsi di quei due beoti di Michele e Sael. Raggiunse la cucina e si fermò sulla soglia a osservare la situazione. Merlino era intento a mangiare biscotti appollaiato sulla dispensa, suo figlio e Michele sedevano ai lati opposti del tavolo senza riuscire a guardarsi. Safet scambiò un breve sguardo con Merlino che scosse la testa rispondendo silenziosamente alla sua domanda.

L'anziano supervisore si rivolse al figlio e sentenziò. «Hai dieci secondi, per chiedere a Michele di seguirti in camera vostra e scusarti per il tuo comportamento. Esattamente il tempo che mi ci vuole per varcare la soglia di questa stanza, girare intorno al tavolo, raggiungerti e riempirti la faccia di ceffoni. Sono stato abbastanza chiaro?»

Merlino scoppiò in una risata silenziosa, Michele sorrise divertito e Sael si alzò di colpo borbottando. «Uh... bè… cioè…»

«Cinque secondi» scandì Safet.

Sael guardò Michele implorante e pigolò. «Vieni?»

L'angelo si alzò e indicando la porta della cucina lo invitò ad uscire. «Prego, ti seguo!»

Il demone si precipitò fuori dalla cucina seguito da Michele.

Safet e Merlino rimasero soli. «Ragazzo, ho bisogno di un favore!» disse Safet.

Su uno dei vetri della cucina apparve la risposta infuocata del piccolo demone.

«Sono a sua disposizione, Lord Safet!»

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Azaele e Alba passeggiavano lungo la via che portava a casa di Arianna.

Alba era affranta e non riusciva a smettere di piangere. Azaele avrebbe voluto aiutarla, consolarla in qualche modo, ma temeva di peggiorare solo la situazione, così si limitava a tenerle un braccio intorno alle spalle. Alla fine si sedettero su un panchina. Un gruppetto di cinghiali passò loro davanti in perfetta fila indiana.

Uno dei cinghiali, ancora abbastanza giovane, si girò all'improvviso per osservarli, abbandonò il piccolo branco e si avvicinò incuriosito ad annusare Alba. L'occhiata letteralmente infuocata di Azaele gli fece capire che non era aria. Il cinghialetto sobbalzò e grufolando spaventato raggiunse i suoi amici che si erano fermati ad aspettarlo per poi ripartire tutti insieme. Il cinghialetto lanciò un ultimo sguardo ad Alba e poi sparì dietro i cespugli di un parchetto per i bimbi poco più avanti.

Azaele sospirò «Mi dispiace tanto, è tutta colpa mia!»

«No, non è colpa tua. È colpa della situazione. Come si fa a dire alla propria migliore amica, hey sono una strega e il mio ragazzo è un demone infernale, ma non preoccuparti è tutto sotto controllo!» Lo consolò Alba. «Non mi avrebbe mai creduto e prima o poi lo avrebbe scoperto e reagito nello stesso modo. Arianna in fondo è fatta così, così come si fa prendere dai grandi entusiasmi sa anche lasciarsi tutto alle spalle senza voltarsi indietro. A volte mi chiedo come sia stato possibile che siamo rimaste amiche per tutti questi anni!»

«Non essere così severa con lei, mi ha visto in versione infernale e piuttosto incazzato! Non ero certo un bel vedere!»

Alba sorrise e gli strinse una mano tra le sue. «È solo la dimostrazione che non capisce nulla di uomini. Sei molto bello anche quando sei nero come la pece e con gli occhi rossi!»

Azaele si ricordò dell'Alba di vent'anni che quattrocento anni prima lo aveva trovato molto bello e si commosse. La strinse a sé e la baciò.

«Ciao ragazzi! Che fate?» Domandò Eowynziel atterrando davanti a loro.

I due giovani si staccarono di colpo e Azaele rispose un po' irritato. «Secondo te?»

«Ihihih» ridacchiò la demone un po' imbarazzata. «Ma non intendevo il bacio! Intendevo in generale!»

«Niente di che!» rispose Azaele, Eowynziel era simpatica ma anche un po' svampita, era meglio non aprirsi troppo con lei.

«Oh, che strano! Io pensavo che vi steste preparando a difendere il vostro bambino. Ho sentito che Akenet vuole farlo rapire subito dopo che sarà nato!» Disse Eowynziel sbattendo gli occhioni azzurri.

Alba si girò verso Azaele e domandò allarmata. «Chi è Akenet?»

«Un enorme problema!» Rispose Azaele sudando freddo.

«È l'Arcidiavolo Responsabile del Nono girone. È tanto bello!» rispose Eowynziel arrossendo un po'.

«Peccato che abbia il vizio di dare fuoco ai suoi sottoposti completamente a caso!» Commentò irritato Sakmeel, atterrando al fianco di Eowinzyel.

«Bé, ma poi li guarisce subito, al contrario di Zamesh!» disse la demone tremando leggermente al ricordo di una brutta avventura con il suo antico superiore.

Sakmeel si avvicinò e le accarezzò una guancia. «Zamesh è un sadico bastardo, non è nemmeno paragonabile ad Akenet. Ma tu non devi temerlo più ormai, sono secoli che sei passata sotto la supervisione di Safet!»

«Oh sì. Lui è un Supervisore adorabile!» Affermò Eowynziel con convinzione.

«Ragazzi scusate, ma come avete saputo di Akenet?» Domandò Azaele tornando all'argomento principale.

«Lo sanno tutti Aza, c'è stata una riunione degli Arcidiavoli! Lo sapresti anche tu se ogni tanto ti facessi un giro per l'Inferno anziché limitarti a consegnare le anime a Caronte e scappare via!» Lo sgridò Sakmeel.

«Safet lo sa?» domandò Alba che aveva molta fiducia nel padre di Sael.

«Immagino di si. Poco fa ha mandato Merlino a dirmi che vuole organizzare un incontro tra tutti quelli che possono essere considerati vostri amici»

«Per quando lo ha organizzato?» domandò Azaele un po' rasserenato nello scoprire che il suo supervisore oltre a sgridarlo, aveva finalmente cominciato ad agire in suo favore.

«Ancora non lo so, ma stasera ha invitato me e Eowynziel a casa della sua compagna umana, forse non vuole riuniore subito tutti insieme per evitare che la voce di una nostra eventuale alleanza arrivi ai colleghi sbagliati».

«La sua compagna è quella simpatica vecchietta di nome Aurora?» Domandò allegramente Eowynziel.

«Aurora ha solo sessantaquattro anni, se ti sente parlare di lei come di una simpatica vecchietta, ti sbrana!» commentò Azaele alzando gli occhi al cielo.

«Sessantaquattro sono pochi? Io non ci capisco molto dell'età degli umani!» rispose la demone perplessa.

«Safet era a casa nostra, almeno fino a pochi minuti fa, ma non ci ha ancora detto nulla» considerò Alba. «È anche vero che dopo il casino che è successo con Arianna e il modo in cui ci ha cacciato da casa, non abbiamo avuto modo di parlare».

«Avete litigato?» domandò Eowynziel.

«Si. Purtroppo ha anche deciso di andare via prima del previsto!» rispose tristemente Alba.

Eowynziel si illuminò. «Oh, ma allora Adel può venire ad abitare con voi, stamattina l'ho incontrata e mi ha detto che cercava casa. Mi sembrava molto in ansia a riguardo!»

«Adel? Ma parli di una demone piccolina di statura, con una veste nera? Credo che l'abbiamo conosciuta un paio di giorni fa».

«Siii, è simpatica vero? Lavorava con me e Sael millenni fa, mi ha detto che è stata trasferita da poco ai ritiri esterni… Che ne pensi. Può venire ad abitare con voi?» Domandò ancora la demone speranzosa.

«Tra l'altro chissà che fine ha fatto? É sparita senza neanche salutare!» si chiese Alba.

«Forse si è imbarazzata per il vostro litigio, sai è molto timida! Mica è come me che non capisco mai bene le situazioni!” Rise Eowynziel, irritando Azaele. Tanto per non smentirsi la fidanzata di Sakmeel non si era minimamente resa conto della sua mancanza di delicatezza nel proporre ad Alba di sostituire Arianna con Adel. Stava per sgridarla quando Alba lo precedette. «Ma si. Possiamo provare a invitarla per fare due chiacchiere e conoscerci meglio, anche a me è sembrata simpatica e poi chissà, magari leghiamo pure. Una nuova amica potrebbe essermi un po' d'aiuto in questo periodo così difficile».

«Allora appena la vedo gliene parlo!» Rispose Eowynziel soddisfatta.

Azaele non commentò, non voleva contraddire Alba, ma dentro di sé non gli sembrava una gran bella idea condividere l'appartamento con una demone quasi sconosciuta.

Il suo carattere ottimista però alla fine ebbe la meglio, in fondo Adel era una demonietta simpatica e un po' timida, che pericolo avrebbe mai potuto esserci nel darle la stanza di Arianna?


#


Aurora parcheggiò nell'unico posto libero rimasto davanti alla Stazione Termini.

«Wow, incredibile!» Commentò ammirata Arianna.

«Sono le capitas!»

«Le cosa?»

«Prolungamenti energetici che ti permettono di metterti in connessione con l'Universo affinché questo soddisfi i tuoi bisogni!»

«Ah!» Rispose Arianna che essendo una tipa molto pratica, faceva fatica a seguire discorsi troppo filosofici.

«Arianna, sei proprio sicura di volertene andare così? Senza nemmeno un chiarimento con Alba? Lei ti vuole bene e in fondo voleva solo proteggerti» Domandò Aurora cambiando argomento.

Arianna sbuffò. «Proteggermi dagli stessi mostri con cui mi ha fatto convivere negli ultimi tre mesi? Sai una cosa, io non capisco come fai a stare così calma, cioè ti rendi conto che se Sael è una specie di demonio, anche suo padre deve esserlo?»

«Non solo me ne rendo conto, ma lo so benissimo! Sarò anche ultrasessantenne, ma non sono mica cretina!» si lasciò sfuggire Aurora irritata dal comportamento di Arianna.

«Cioè, stai veramente dicendo che hai sempre saputo di andare a letto con un demonio?» Esclamò la ragazza esterrefatta.

Aurora perse la pazienza. «Senti Arianna… Primo, non ti facevo così bigotta, secondo, meglio con un demonio come Safet che con certi imbecilli che ti sei portata a letto tu!»

Arianna non seppe come controbattere anche perché sugli imbecilli che si era portata a letto recentemente purtroppo non poteva darle torto. Ma in fondo non importava neanche più, se ne stava andando da Roma e presto si sarebbe lasciata alle spalle tutta quella storia. Scese dalla macchina seguita da Aurora e dopo aver insistito che non aveva bisogno di alcun aiuto si avviò velocemente verso la Stazione trascinando i due trolley.

La professoressa si sentì in colpa per essere stata così dura, ma l'atteggiamento della ragazza era stato così irritante che alla fine non era riuscita ad evitare di scattare in quel modo.

Un frullare di ali al suo fianco attirò la sua attenzione.

Era Ariel. Atterrato al suo fianco osservò Arianna entrare in stazione e uscire per sempre dalla sua vita.

«Non provi neanche a parlarle?» Domandò Aurora che l'aveva riconosciuto.

«No, non ce n'è motivo, sono stato io stesso a contribuire a questa partenza. In fondo è molto meglio così, soprattutto ora» sospirò lui.

«Che vuoi dire?» Domandò la professoressa.

Ariel riteneva degna di stima la compagna umana di Safet, ma vista la sua profonda amicizia con Alba e Azaele preferì glissare sul fatto che la sera prima, quando aveva aiutato Arianna a scivolare in un sonno profondo, ne aveva approfittato per dare una “spintarella” in più alla sua decisione di partire.

«Intendo dire che grazie alla sventatezza di quell'imbecille di Azaele rischiamo uno scontro tra Angeli e Demoni, per cui è meglio che Arianna sia lontana da qui quando succederà! Non credi?»

Aurora lo guardò stupefatta e preoccupata. «Allora lo sai?»

«Sono un angelo e ieri sera sono stato a casa di Alba e Azaele, pensi che non mi accorga se un'umana ha dentro di sé una nuova vita?»

Ariel si rese conto del turbamento di Aurora. «Non preoccuparti, per ora lo terrò per me. Ho già commesso abbastanza errori nei confronti di Azaele, questa volta voglio provare a dare fiducia a quel piccolo stronzo, magari lui e la sua ragazza finiscono solo per mettere al mondo una bambina deliziosa!»

«Vedo che la tua considerazione nei confronti di Azaele è molto migliorata!» rispose sarcastica Aurora.

«Sto lavorando su me stesso, ma per i miracoli devo ancora attrezzarmi!» Rispose Ariel strappando un sorriso ad Aurora. «Per lo meno la frequentazione di Azaele ti ha instillato un'inaspettata capacità di fare dell'autoironia»

Ariel le rivolse uno sguardo un po' obliquo.

«Perché hai parlato di una bambina?» domandò la professoressa.

«È solo una speranza. Non credo proprio che il mondo sia pronto per un altro Azaele!» Rispose Ariel con un sogghigno.

«Capisco. A proposito, cosa ci facevi ieri a casa di Alba e Azaele?» domandò ancora Aurora.

Ariel la scrutò divertito. «Sei una che non molla l'osso, eh? Proprio come Safet, ho l'impressione che non sia un caso che tu sia la sua compagna!»

«Non lo sai Ariel? Niente è mai per caso! » ridacchiò Aurora imitando il tono grave di Safet.

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Capitolo 11
*** La spia ***


Capitolo 11

La spia


Michele si sedette sul letto con un'espressione canzonatoria sul volto.

Sael lo guardò imbarazzato, si sentiva molto stupido e in colpa per il modo in cui si era comportato ed era evidente che Michele non aveva intenzione di aiutarlo. Doveva trovare il coraggio di scusarsi con il ragazzo che amava.

«Mi dispiace! Sono stato un idiota».

«Temo che dovrai fare meglio di così per convincermi a darti una seconda possibilità!» Rispose Michele freddamente.

Sael rabbrividì, l'ultima volta che Michele era stato così freddo con lui era stato nel corridoio della ditta dove lavorava Alba. Quella volta tanto per cambiare si era comportato da idiota e Michele lo aveva minacciato con la sua spada angelica.

«Credevo di fare bene, te lo giuro. Ero terrorizzato, continuavo a sognare di essere costretto a punirti in modo orrendo per esserti innamorato di me. Come se non bastasse Ysrafael mi ha detto che in Paradiso stavano cominciando a dubitare di te».

Michele sgranò gli occhi esterrefatto, Ariel non aveva fatto cenno a questo particolare, probabilmente per lealtà verso Ysrafael che era pur sempre il suo maestro e Supervisore.

«Mi ha detto che anche se non voglio, mi porto dentro il buio dell'Inferno e che prima o poi avrei finito per trasmetterlo anche a te!»

Michele sospirò «E tu gli hai creduto…»

«Io sono un demone infernale, è un dato di fatto. So di portarmi addosso il buio dell'Inferno, lo sento ed è una cosa che per quanto mi sforzi non posso cambiare. Tu non puoi capirlo, non sei un demone. Non hai idea di cosa significhi guardarsi allo specchio e vedere l'aureola spaccata e quelle ali da pipistrello e non hai nemmeno idea di cosa significhi avere la consapevolezza di aver contribuito a creare il male e averlo portato tra gli uomini. Non è stato Caino il primo assassino della storia, siamo stati noi quando abbiamo dichiarato guerra a voi. E tutto per gelosia nei confronti degli umani. Siamo stati allo stesso tempo immaturi e arroganti e abbiamo finito per commettere un errore imperdonabile. Ci siamo meritati tutto ciò che il Padre ha creato per punirci!» Sael fece una piccola pausa, sospirò e infine guardando Michele dritto negli occhi domandò. «Perché non avrei dovuto credere a Ysrafael? O meglio, perché Ysrafael dovrebbe sbagliarsi quando dice che rischio di rovinare la tua purezza di Angelo?»

Michele non riuscì a rispondere, il discorso di Sael lo aveva colpito e commosso. Sapeva che Azaele, Sael, Safet e forse anche Razel, portavano un peso nel loro cuore, ma non si era mai realmente reso conto di quanto potessero soffrire per i loro errori. Forse perché Azaele nonostante tutto era un ragazzo dal carattere allegro e positivo e Safet un demone compassato e protettivo nei confronti di tutti loro. Quanto a Razel, bè lui era… Razel!

Passò un braccio intorno alle spalle di Sael e gli domandò. «Perché sei tornato?»

«È stato grazie al padre di Azaele. Mi ha detto delle cose che mi hanno rincuorato e soprattutto fatto capire che la cosa più importante è aver preso consapevolezza dei miei errori passati. Da quando mi ha parlato ho capito che un po' di buio dentro di me ha fatto spazio alla tua luce e non il contrario. Almeno spero!»

«È un pensiero molto bello, sai?» Disse Michele accarezzandogli dolcemente i capelli.

«Sei tu che porti la bellezza nella mia vita!» Sussurrò un po' timidamente Sael.

Michele non resistette più, attirò Sael a sé e lo baciò a lungo. Non c'era bisogno di altre parole ormai.

Poco più tardi mentre facevano l'amore, Sael pensò che era felice di essere tornato e che forse si, forse Gabriel aveva ragione. Forse il Padre lo aveva davvero perdonato e aveva davvero permesso a Michele di amarlo per ridargli indietro un piccolo pezzo di Paradiso.


#


«Adel» chiamò Eowynziel raggiungendo l'amica seduta sul cornicione sotto l'orologio di Palazzo Montecitorio.

Adel si alzò un po' in ansia. Non era affatto sicura che Azaele e i suoi amici fossero disposti ad accoglierla al posto di Arianna, soprattutto dopo l'imbarazzante e poco gentile fuga di pochi giorni prima.

«Allora? Sono arrabbiati perché me ne sono andata senza neanche salutare?» Domandò non appena Eowynziel chiuse le ali.

«No, assolutamente! Anzi Alba è contenta, spera che diventiate amiche!»

«Sul serio?»

«Si, assolutamente. Sai, anche io penso che sarebbe bello! E poi adesso che Akenet vuole rapire il suo bambino un'alleata in più non fa male, giusto?»

«Lo sa già?» Sfuggì ad Adel che subito si pentì di quello che aveva detto. Ma Eowynziel non ci fece caso.

«Certo! Le voci corrono. Infatti stasera ci troviamo a casa di Safet, penso che voglia organizzare qualcosa per proteggere Alba e il suo bambino. Perché non vieni anche tu?»

Adel pensò che Eowynziel non si rendesse minimamente conto di quanto fosse pericoloso parlare così apertamente con lei solo perché millenni prima, quando lavorano entrambe nel Terzo girone, erano state molto amiche e si erano fatte forza a vicenda. Ma in fondo non c'era da meravigliarsi, Eowynziel era sempre stata un po' svampita e all'Inferno ci era finita soltanto per colpa di quel fesso del precedente fidanzato che prima l'aveva convinta a combattere per Lucifero e poi quando erano stati sconfitti e puniti per l'eternità, l'aveva mollata senza tanti complimenti.

Almeno Adel poteva dire di esserci finita esclusivamente per colpa della sua immaturità. Come molti altri, infatti, aveva vissuto la creazione degli Umani come un tradimento e un abbandono da parte del Padre.

«Allora? Vieni o no?»

La domanda dell'amica la riportò al presente.

Decise che non era il caso di accettare, presentarsi a casa di Safet senza essre stata invitata da Azaele o dallo stesso Safet, poteva essere decisamente sospetto e il Supervisore era troppo intelligente per non farsi venire dei dubbi su di lei.

Sempre che non sapesse già che lei era la segreteria di Akenet. Quello era il rischio più grosso. D'altra parte era stata assegnata ad Akenet da poco e non era detto che Safet ne fosse già a conoscenza, in fin dei conti non è che le informazioni girassero così bene all'Inferno, tutt'altro.

Per un momento valutò l'ipotesi di farsi scoprire. In fondo il Supervisore non era crudele e probabilmente si sarebbe limitato a mandarla via o al massimo a tenerla prigioniera senza farle del male e lei si sarebbe tolta da quella situazione sgradevole.

Alla fine però prevalse la lealtà verso il suo Responsabile che in fondo aveva dimostrato di contare su di lei.

«No, meglio di no. Non li conosco bene, mi sembrerebbe di essere di troppo, soprattutto se dovete parlare di argomenti così delicati! Magari più avanti parteciperò anche io. Tanto ci saranno sicuramente altri incontri come questo, non credi?»

«Oh, si. Sicuramente. Magari al prossimo ti inviterà Alba stessa!» Rispose Eowynziel entusiasta.

«Quando pensi che potrò parlare con Alba per organizzare il trasferimento?» domandò infine Adel

«Stasera chiedo e ti faccio sapere!»

«Perfetto!» concluse Adel sorridendo a Eowynziel.


#


Adel rientrò all'inferno pensando ad Akenet. Sperava che il suo Responsabile sarebbe stato, se non contento (non lo aveva mai visto contento), almeno un po' soddisfatto.

Stava sorvolando il Girone degli adulatori quando sentì qualcuno gridare «Attenzioneeeee!» Abbassò lo sguardo e si rese conto che alcuni colleghi erano in difficoltà con un nuovo carico di letame liquido, appena arrivato. Il tubo dell'autocisterna infernale sembrava tappato da qualcosa e si stava gonfiando in maniera abnorme.

«Tutti via da quiiii!» Ordinò il demone autista che pensò bene di scappare via anziché provare a spegnere la pompa dell'autocisterna ed evitare un disastro. Il tubo cominciò a contorcersi come un tentacolo impazzito provocando un fuggi fuggi generale così scomposto che una demone venne schiacciata contro le rocce.

Adel la notò e scese ad aiutarla. La collega afferrò la mano che Adel le stava porgendo e provò ad alzarsi in volo sbattendo le ali, ma un piede le era rimasto incastrato tra due massi.

«Oh, merda!» Esclamò Adel mentre alle loro spalle la pompa dell'autocisterna emetteva un lungo e terrificante lamento.

Un attimo dopo il tubo si contorse con un ultimo furioso ruggito e infine esplose in mille pezzi ricoprendo di letame liquido tutto ciò che aveva la sfortuna di trovarsi entro un raggio di cento metri.

Comprese Adel e la sua collega.


#


Akenet osservò la cascata di acqua fresca totalmente insoddisfatto. La temperatura era incomprensibilmente una decina di gradi al di sopra di quella prevista e stava trasformando il ghiaccio in una pozza d'acqua sempre più larga nella quale i Traditori della patria stavano sguazzando allegramente, manco fossero dentro la piscina di un Hotel a cinque stelle.

«Vedi di rimediare immediatamente a questa incresciosa situazione, Kafresh, prima che mi innervosisca seriamente!» Sibilò Akenet con gli occhi ridotti a due fessure rosse.

«Sissignore! Non si preoccupi, questa volta credo di aver capito davvero come risolvere problema!» Rispose il demone idraulico tremando di paura, Akenet lo aveva già bruciato e risanato per tre volte consecutive e molto probabilmente se lo avesse bruciato per la quarta volta sarebbe stata quella senza ritorno.

«Lo spero per te» rispose l'Arcidiavolo con aria minacciosa confermando i timori del demone.

Un boato improvviso attirò la loro attenzione. «Ma che succede oggi?» Si lamentò Kafresh.

«Qualche altro imbecille deve essere impegnato a svolgere scrupolosamente il suo lavoro!» Rispose Akenet sarcastico.

Il demone preferì non aggiungere altro e attraversare la cascatella pregando tutti i santi, nonostante la sua natura diabolica, di aver capito davvero l'origine del problema.

Neanche cinque minuti dopo l'attenzione di Akenet fu attirata da un terribile olezzo e da un «Ehem!»

«Cos'è questa puzza di merda, Palletta?» Domandò, riconoscendo la voce di Adel.

«Sa... Sarebbe merda. Signore!» Rispose Adel con una nota sarcastica che non sfuggì ad Akenet e che tutto sommato lo sorprese positivamente.

«È scoppiata una pompa di liquame giù al Girone degli adulatori» spiegò la piccola demone.

L'Arcidiavolo non riuscì a nascondere un ghigno divertito di fronte allo spettacolo della sua segretaria completamente ricoperta di liquame ad esclusione del viso, pulito alla meno peggio, e delle ali lungo le quali scorreva ancora qualche goccia marrone. La veste fradicia aderiva completamente al corpo della demone mettendone in risalto le forme morbide e pienotte. Akenet si sorprese a pensare che nonostante la puzza terrificante e l'aspetto, in quel momento tutt'altro che seducente, Palletta aveva un suo "perché". Leggermente imbarazzato per aver avuto un simile pensiero sulla sua segretaria timida e imbranata, spostò l'attenzione sulla puzza e commentò. «Fai vomitare, buttati in acqua e lavati prima di relazionare. Non intendo sopportare questa puzza un istante di più!»

«Ma in acqua ci sono i dannati. Signore!» provò a replicare Adel un po' impaurita.

L'espressione tesa che assunse il viso di Akenet la convinse all'istante. Si lanciò nella pozza d'acqua e cominciò a lavarsi. Ma non era affatto tranquilla, aveva notato le espressioni strane dei dannati che nuotavano intorno a lei.

Improvvisamente qualcuno la afferrò e la tirò sott'acqua. Nel giro di un secondo si sentì addosso di tutto. Mani che la toccavano e la frugavano, morsi, calci, baci lascivi. Adel, che dopotutto era un demone, si difese usando gli artigli. I dannati si ritrassero spaventati e lei dandosi una spinta risalì a galla. Arrivata in superficie però si accorse che una spessa lastra di ghiaccio le impediva di uscire dall'acqua. Cercò disperatamente di scalfire lo strato di ghiaccio, ma fu inutile. I dannati vedendola in difficoltà tornarono all'attacco trascinandola sempre più giù. Adel questa volta fu presa dal panico. Non solo non riusciva a levarsi di dosso quella feccia disgustosa, ma anche se ci fosse riuscita la superficie dell'acqua era ormai completamente ricoperta da uno strato di ghiaccio troppo spesso per riuscire a sfondarlo.

Stava per lasciarsi prendere dallo sconforto quando sentì un tonfo alle sue spalle e i dannati dileguarsi.

Era Akenet. L'Arcidiavolo la riportò in superficie e la posò sul ghiaccio.

La osservò riprendere fiato e commentò. «Non sei autorizzata a sollazzarti con i dannati, Palletta!»

Adel, ancora scossa dalla brutta esperienza, non riuscì a controllarsi. «Ma come si permette di insultarmi? Per colpa del suo ordine per poco mi ammazzano e osa pure fare del sarcasmo idiota?»

Akenet rimase basito e Kafresh, che aveva appena messo la punta del naso fuori dalla cascatella per annunciare che il problema della temperatura era definitivamente risolto, pensò bene di arretrare senza farsi notare.

L'Arcidiavolo, superato il momento di stupore, emise un ruggito di rabbia e mutò nella sua forma diabolica.

Alto, nero come una notte senza stelle, gli occhi rossi come la lava dell'Etna e le enormi ali da pipistrello aperte, fece un passo avanti sovrastando Adel, che non si era mai sentita così piccola e indifesa in vita sua. L'Arcidiavolo la afferrò per la collottola e si alzò in volo.

Kafresh uscì dalla cascatella e non poté fare a meno di pensare che tutto sommato era meglio che fosse capitato ad Adel piuttosto che a lui.

Akenet sorvolò il Nono girone, raggiunse la Ripa discoscesa e lassù, lontano da occhi indiscreti, lasciò andare Adel. Mentre la osservava tremare come una foglia in attesa di essere arsa viva, la sua rabbia si trasformò in una sensazione piuttosto fastidiosa a cui non riusciva a dare un nome.

Riflettendoci con attenzione realizzò che si stava semplicemente sentendo un emerito coglione per aver messo in pericolo la sua segretaria senza alcun motivo valido e, cosa ancora più seccante, per essersi pienamente meritato la risposta infuriata della demonietta.

Riprese il suo aspetto umano, esitò un attimo, schioccò le dita nervosamente incendiando un meraviglioso abete millenario dietro di sé, lo riportò alla vita con un altro schiocco e infine trovò il coraggio di guardare negli occhi Adel e pronunciare l'ultima frase che la demone si sarebbe mai aspettata di sentir uscire dalle labbra del suo superiore.

«Ti chiedo scusa, Adel».

Un secondo dopo Adel si ritrovò un artiglio di Akenet intorno al collo. «Pensi di raccontare a qualcuno quello che ti ho appena detto?» Ringhiò l'Arcidiavolo.

«No, no. Signore. Non sarebbe professionale!»

«Bene!» Rispose lui lasciandola andare. «Ora puoi iniziare la tua relazione!»

«Prima, avrei bisogno di chiederle se Safet è al corrente che sono la sua segretaria, Signore». Domandò Adel ancora un po' ansimante per la paura.

«Safet… Oh, intendi il supervisore di Azaele, il padre di Sael?»

«Esattamente, Signore. Temo che potrebbe rappresentare un problema per lo svolgimento del mio incarico».

L'Arcidiavolo rimase stupito per non averci pensato lui stesso. Aveva scelto Adel perché la riteneva poco sospettabile come spia, ma effettivamente Safet, uno dei pochi sottoposti che Akenet riteneva tutt'altro che idiota, non ci avrebbe messo molto ad informarsi su di lei e scoprire chi era.

«Hai ragione!» ammise sorprendendo Adel per la seconda volta.

«Però lei potrebbe assegnarmi ai ritiri esterni e sostituirmi con un'altra segretaria!» Propose Adel.

«Si certo, ma ormai è tardi, sarebbe comunque sospetto!» rifletté l'Arcidiavolo grattandosi il mento.

«E se lei informasse il Responsabile delle Risorse Infernali che Safet deve sapere solo che le sono stata assegnata per una breve periodo e che al momento è in attesa di trovare una collaboratrice di maggiore gradimento? Questo sarebbe abbastanza realistico e mi permetterebbe di essere più sincera con Azaele e gli altri e quindi più credibile! Sono sicura che l'RRI non oserebbe rifiutarsi!». Adel si rese conto che si stava dimostrando più diabolica di quanto credeva e si vergognò di sé stessa, ma d'altra parte non riusciva a non svolgere il suo incarico con serietà.

Sul viso di Akenet apparve un sorrisetto soddisfatto, la demonietta timida e imbranata si stava dimostrando decisamente più sveglia del previsto.

«È una buona idea. Quanto a Kafresh, sono sicuro che non oserà raccontare quello che ha visto poco fa. Magari gli spiegherò con chiarezza che è meglio per lui dimenticarsi del nostro piccolo diverbio. Puoi andare!»

«Volevo dirle anche…» Akenet cominciò a innervosirsi, detestava che una relazione andasse troppo per le lunghe.

«Cosa?»

«A breve mi trasferirò a casa di Alba e Azaele». Disse Adel velocemente.

Akenet ne rimase impressionato, neanche Esael, che fino a quel momento aveva considerato la sua segretaria più efficiente, sarebbe stata capace di raggiungere un simile obiettivo in così breve tempo.

«Allora torna immediatamente in superficie!» concluse senza mostrare la sua soddisfazione.

Adel era un po' delusa, non che si aspettasse di ricevere dei complimenti espliciti, ma almeno un minimo di dimostrazione di stima, e che diamine! Sospirò e aprì le ali per volare via.

Akenet notò la delusione della segretaria e si ricordò che durante un corso di aggiornamento sulla "Gestione del personale infernale" avevano spiegato che per mantenere elevata l'efficienza dei propri subordinati, si poteva scegliere tra incutere terrore con minacce e torture fisiche (scelta consigliata) o mostrare soddisfazione per il loro operato. Visto che la seconda opzione gli pareva decisamente più adatta alla situazione, fece un enorme sforzo di concentrazione e riuscì a produrre un complimento abbastanza decente. «In ogni modo sei una collaboratrice di mio gradimento, Palletta, e al momento non ho intenzione di sostituirti!»

Il viso di Adel si illuminò e Akenet per una volta tanto sentì di potersi fidare completamente di un sottoposto.

Probabilmente non sarebbe stato dello stesso parere se avesse saputo che Adel non si era sentita di informarlo che Safet aveva già cominciato a organizzarsi per proteggere il figlio di Azaele.


#


Safet e Aurora si stavano godendo un po' di relax guardando Sandman abbracciati sul divano. Come tutti i demoni, anche Safet era piuttosto affascinato dalle serie umane che trattavano argomenti "soprannaturali", quanto ad Aurora, era sempre stata appassionata di fumetti e l'opera completa di Neil Gaiman era stata uno dei regali più belli che si era concessa subito dopo aver divorziato da un marito che tra i suoi difetti annoverava anche quello di considerare i fumetti «Roba per bambini e adulti immaturi!» (tra cui ovviamente lei).

«A che ora arrivano Sakmeel e Eowynziel?» Domandò Aurora controllando l'orologio.

«Dovremo riuscire a finire la puntata». Rispose Safet baciandole delicatamente i capelli. Aurora fu scossa da un piccolo brivido. Safet tendeva a non essere particolarmente espansivo, ma quando voleva sapeva essere molto affettuoso.

«Bene!» Rispose Aurora stringendosi un po' di più al compagno. Purtroppo Safet era stato troppo ottimista, di lì a poco i due fidanzati infernali bussarono sui vetri della cucina. Safet sospirò e spense la TV.

Aurora andò ad accoglierli. «Buonasera ragazzi, avete già cenato?»

«Veramente no!» Rispose Eowynziel «Cos'hai fatto di buono?»

«Ragazzi non vi ho invitato per mangiare!» La sgridò Safet.

La demone arrossì leggermente e Sakmeel sospirò imbarazzato.

«Ma dai Safet, in fondo ormai è quasi ora di cena, possiamo parlare e mangiare qualcosa, no?»

Eowynziel sorrise e Safet capitolò, non amava perdersi in discussioni inutili con Aurora, specie quando bastava poco per accontentarla. In fondo era tipico degli umani mostrarsi ospitali offrendo da mangiare o da bere.

«E va bene, tutto sommato ho fame anche io». Rispose pazientemente ottenendo in cambio il sorriso allegro di Aurora. Safet amava quel sorriso e fu felice di averla accontentata.

Eowynziel si offrì di aiutare ad apparecchiare ma quando mise a tavola sei piatti, Aurora e Safet la guardarono perplessi.

«Siamo solo quattro!» Le fece notare Safet.

«No, no. Stanno arrivando anche Razel e Elena!» rispose Sakmeel.

«Cosa? Ma come vi è venuto in mente di invitarli senza il mio permesso?» Domandò Safet irritato, non tanto per Razel ed Elena in sé stessi, aveva intenzione di contattare anche loro al più presto, ma perché si era raccomandato di non spargere in giro la voce del loro incontro. Il suo piano era di procedere a piccoli passi per evitare di destare l'attenzione di eventuali spie di Akenet o peggio ancora di Krastet e Zoel che per quanto non fossero esattamente delle cime, alla decisione di inviare degli scagnozzi a spiarli forse ci sarebbero potuti arrivare.

«Oh, abbiamo fatto male?» Domandò Eowynziel stupita.

Un attimo dopo qualcuno bussò di nuovo alla finestra, Safet si girò pensando di vedere Razel ed Elena, ma sulla soglia c'erano Azaele e Alba, Michele e Sael tenuti per mano e Merlino che lo salutò con una mano e un sorriso imbarazzato.

«Salve, non disturbiamo vero? Abbiamo pensato di fare un salto anche noi!» Esordì allegramente Azaele.

Safet li guardò esterrefatto e malgrado il suo cervello avesse registrato velocemente e con piacere che suo figlio e Michele si erano rappacificati, non poté fare a meno di trovare la situazione piuttosto irritante.

«Ma non avevi detto che eravamo invitati anche noi?» Sibilò un imbarazzatissimo Michele all'orecchio di Azaele che fece finta di non sentire.

I nuovi arrivati non erano ancora entrati quando alla porta bussarono Razel e Elena.

Safet sbuffò. «Bé, almeno le sorprese sono terminate!» Non aveva neanche finito di dirlo che alla finestra si presentò Gabriel.

«Ma, porca miseria! E tu come cavolo hai saputo di questo incontro che in teoria doveva essere segreto?» Si lamentò Safet.

«Oh, bé... Me lo ha detto lui!» Rispose l'Arcangelo un po' a disagio indicando Ariel che era appena atterrato sulla terrazza.

«E a te, chi lo ha detto?» Domandò Safet, furente.

Ariel esitò imbarazzato e Aurora arrossì leggermente. «Ehem, non arrabbiarti Safet, sono stata io, ci siamo incontrati alla stazione».

Safet rivolse uno sguardo costernato alla sua compagna e passandosi una mano sul viso sussurrò. «No, io non ce la posso fare, davvero non ce la posso fare!»




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Capitolo 12
*** Un gruppo di ribelli ***


Capitolo 12

Un gruppo di ribelli


Azaele non prese bene la presenza di Ariel, nonostante l'angelo nel loro ultimo incontro si fosse mostrato diverso dal suo solito, non riusciva a fidarsi.

«Senti Thor, sarà anche casa di Aurora e non mia, ma io una spia di Ysrafael qui non ce la voglio, levati dai piedi!»

Ariel si offese, ma solo per essere stato definito spia. Nonostante l'ironia di Azaele infatti, era molto fiero della sua somiglianza con Chris Hemsworh che tra l'altro aveva accentuato copiando il taglio di capelli sfoggiato dall'attore nei primi film degli Avengers di cui era, segretamente, un fan sfegatato.

«Senti, demonietto irritante, non ti permettere di insultarmi! Sono un angelo, non uno di voialtri voltagabbana e poi mi ha invitato la padrona di casa!»

«Voltagabbana lo dici a tu' sorella!» Intervenne Razel avvicinandosi minacciosamente ad Ariel.

«Non essere ipocrita Razel! Tu sei il primo. Tre mesi fa avresti fatto di tutto per portarti Alba all'Inferno!» Rispose irritato Ariel.

Razel lo raggiunse e lo afferrò per il bavero della giacca candida. «Ce semo già chiariti con il regazzetto e Alba. Tu piuttosto, che fai così facilmente accordi con i demoni che disprezzi tanto, come ti definiresti?»

«Buttalo fuori, Razel!» lo esortò Azaele avvicinandosi.

"Azaele, smettila, ti stai comportando come un bambino!» intervenne Alba.

«Non è affatto vero, è lui che provoca!» Rispose imbronciato Azaele indicando Ariel.

Michele, pur non avendo in grande simpatia Ariel decise di intervenire «Dai piantatela, lasciatelo stare!»

Razel non lo ascoltò e strattonò il recalcitrante Ariel verso la finestra.

«Ragazzi per favore, smettetela, non voglio che litighiate per colpa mia!» Li pregò Aurora senza ottenere alcun risultato.

«Te ne devi anna', damerino di sto' cazzo!» Ringhiò Razel spingendo l'angelo sulla terrazza della cucina.

Ariel si irritò moltissimo e cercando di divincolarsi provò ad afferrare la sua spada, Azaele si precipitò a sfilarla dalla fodera e sventolandola sotto il naso dell'angelo lo sfidò. «Perché non te la vieni a prendere?»

«Non lo sopporto, COME PUOI IMPUGNARE le nostre spade?» sbraitò Ariel.

«Gnegnegne! Come fa a impugnare la mia spada di Angelo perfettino e stronzo!» lo schernì Azaele esibendosi in tutto e per tutto nel comportamento infantile di cui lo aveva accusato Alba poco prima.

«Svegliate damerino, è il figlio di Gabriel!» Rispose Razel mentre Azaele continuava a ridere in faccia al povero Ariel facendolo infuriare ancora di più.

Gabriel e Safet si scambiarono uno sguardo eloquente.

«Ora, basta!» Ordinò Safet. «Razel e Azaele, vi state comportando in modo vergognoso!»

«È lui che si è intromesso! Non ce lo voglio qui!» Protestò Azaele pestando i piedi per terra nella perfetta imitazione di un irritante bambino capriccioso.

«So' d'accordo con Azaele!» Lo spalleggiò Razel continuando a strattonare Ariel.

Safet mutò nella sua forma diabolica e ordinò nuovamente.

«HO DETTO BASTA! È UN ORDINE, NON UNA CORTESE RICHIESTA!»

«Ma, Safet…» provò a controbattere Razel.

"Ho detto basta!» Ripeté ancora il Supervisore. Razel capitolò, Safet in quel momento non era un vecchio amico, era un superiore che gli stava dando un ordine, non poteva disubbidirgli davanti a tutti.

«Azaele, rendi immediatamente la spada ad Ariel!» ordinò Gabriel con il tono tipico di un padre arrivato al limite della pazienza. Azaele nascose la spada dietro le spalle.

Safet gli lanciò uno sguardo il cui significato era "Non te lo ripeteremo una seconda volta".

Azaele mise su un broncio lungo un chilometro e controvoglia porse la spada all'angelo che gliela tolse di mano sgarbatamente e la rimise dentro la fodera.

Safet si rivolse all'angelo. «Ariel, vieni con me. Dobbiamo parlare».

Ariel lo guardò con aria di sfida. «Non può darmi ord…»

Le parole gli morirono in gola non appena si rese conto che Safet aveva l'espressione di un diavolo molto vicino a perdere il controllo. Si girò verso Gabriel che gli fece un gesto affermativo con la testa.

Safet uscì dalla cucina e Ariel lo seguì silenziosamente.

Azaele andò a farsi consolare da Alba che avrebbe voluto sgridarlo severamente, ma non riuscì a resistere all'espressione da bambino imbronciato del fidanzato. Gli accarezzò una guancia e commentò. «Coraggio, se fai il bravo bambino, domani la mamma ti porterà al Carrefour e ti comprerà una spada da angelo tutta per te!»

Azaele arrossì. «Alba! Ma insomma!»

Gabriel rise, Michele sghignazzò e Eowynziel domandò perplessa. «Ma davvero le spade da Angelo si possono comprare anche al Carrefour?»

Seguì un silenzio imbarazzato.

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Safet e Ariel erano soli nel salottino dell'appartamento di Aurora, il demone aveva riacquistato sia il controllo che il suo aspetto umano. Fissò intensamente l'angelo negli occhi e domandò. «Te lo chiedo senza girarci intorno! Perché sei qui e come hai fatto a convincere Aurora ad invitarti? E non pensare nemmeno per un attimo di mentirmi, non sono un demone qualunque, lo sai bene!»

Ariel osservò Safet pensieroso. Non lo temeva, al contrario ne aveva sempre avuto un certo rispetto perché lo conosceva come un demone giusto ed equilibrato e soprattutto godeva del rispetto di Ysrafael, ma temeva che confermando l'invito da parte di Aurora avrebbe rischiato di metterla nei guai.

«Allora?»

«Senta, non se la prenda con la sua compagna, è vero mi ha invitato ma non voleva fare niente di male, le ho fatto una buona impressione e ha pensato che sarei potuto essere d'aiuto!»

Gli occhi di Safet tornarono rossi. «Per caso stai osando insinuare che potrei fare del male alla donna che amo?»

Ariel sbiancò leggermente, la voce di Safet era fredda e tagliente come la lama di un coltello.

«Mi… mi scusi, Signore, non intendevo assolutamente offenderla!»

«Sappi, che se non ti ho ancora buttato fuori a calci è solo perché ti ha invitato Aurora e io mi fido del suo giudizio. Ma ciò non toglie che la tua presenza qui possa avere lo scopo di controllare le nostre mosse e riferirle a Ysrafael. Quindi giochiamo a carte scoperte, non permetterò mai ad una spia di starmi tra i piedi!»

«Le giuro sulla mia aureola che non sono stato mandato da Ysrafael a controllare la situazione, né gli ho detto che Azaele e Alba aspettano un bambino!»

«Quindi lo sai. L'hai percepito l'altro giorno, quando ti sei presentato a casa di Alba?»

«Esattamente, quando io e Alba siamo rimasti soli, ho percepito che dentro di lei si sta formando una vita». Ammise Ariel tenendo d'occhio la reazione di Safet che rimase impassibile e continuò a fissarlo con gli occhi che brillavano di rosso.

«Senta, la verità è che mi vergogno ancora del mio comportamento precedente e soprattutto di aver stretto un accordo con Razel!»

«E quindi?» domandò, Safet.

«E quindi voglio provare a espiare le mie colpe dando una possibilità ad Azaele perché per quanto mi secchi ammetterlo, non credo proprio che alleverebbe l'Alfiere del male. Penso che sia solo talmente idiota da desiderare di avere un figlio, tutto qua!»

«E perché lo ritieni idiota? Ritieni forse sbagliato desiderare una famiglia?» Domandò gelidamente Safet.

«È un demone signore. Mica un umano!»

Safet scosse il capo. «Già, un demone che osa amare una donna e desiderare di avere un figlio con lei. Dovrebbe solo vergognarsi, eh?»

Ariel si imbarazzò. «Non… non volevo dire questo!»

«Si, volevi dirlo, ti ho detto di non mentirmi!»

Ariel abbassò gli occhi imbarazzato.

«Se, pensi questo di lui non espierai mai le tue colpe e sai perché?»

Ariel lo guardò incerto.

«Perché lo stai facendo solo per te Ariel, non ti importa niente né di Azaele, né di Alba, né del loro bambino. Come sempre ti stai comportando da egoista presuntuoso! Puoi anche andartene, la tua presenza qui non aiuta né te, né noi!»

Ariel arrossì violentemente.

«La prego signore, mi creda. Voglio davvero cambiare, migliorarmi. E non è vero che non mi importa nulla di loro. Forse non riesco ancora a provare dei sentimenti totalmente positivi verso Azaele e non riesco ancora a fidarmi del tutto di lui, ma Alba è gentile e il bambino non ha colpe. Almeno loro due voglio aiutarli sinceramente!»

Safet lo guardò dubbioso.

«È la verità, perché non vuole credermi?» Implorò Ariel con gli occhi lucidi.

Safet sospirò e lo fissò a lungo, ma Ariel sostenne il suo sguardo.

«Va, bene. Ti credo". Disse infine Safet. «Puoi restare, ma sappi che qui comando io, perciò non obbedirai agli ordini di Gabriel ma ai miei. Se non ti sta bene, ti consiglio di andartene immediatamente e non farti più vedere qui attorno perché la prossima volta non fermerò Razel. Ti è chiaro?»

«Si, Signore. Mi è chiaro e lo accetto!»

L'angelo esitò e poi domandò. «Come devo comportarmi con Ysrafael?»

«Fino a quando non ti farà domande, non riferirgli nulla. Nel momento in cui dovesse chiederti qualcosa, rispondigli che sei legato ad una promessa e non puoi parlare, ma che può venire a informarsi da me!»

Ariel decise che quello che gli stava chiedendo Safet era giusto, in definitiva non poteva tenere il piede in due staffe e il Supervisore non lo stava neppure obbligando a mentire a Ysrafael.

«Va, bene, lo ritengo corretto, Signore!»

«C'è un'altra cosa che devi fare!»

Ariel lo guardò un po' preoccupato.

«Devi parlare con Azaele, chiarirti con lui. Non voglio assistere ad altri spettacoli indecorosi come quello di poco fa!»

«Signore, se solo Azaele qualche volta cercasse di fare attenzione a quello che gli dicono!»

«Se vuoi dare una possibilità ad Azaele devi imparare a conoscerlo e soprattutto comprenderlo. Non sarà facile, è un bravo ragazzo, ma sappiamo entrambi che è anche impulsivo, svampito, casinista e insubordinato!»

«Ma ha anche dei difetti…!» ridacchiò Ariel.

Safet gli concesse finalmente un sorriso. «Si... qualcuno!»


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Safet e Ariel rientrarono in cucina. L'ambiente nel frattempo si era rilassato, Elena e Alba stavano aiutando Aurora a cucinare, Merlino era impegnato a preparare gli antipasti e ogni tanto si mangiava di nascosto un'oliva snocciolata o un sottaceto sotto gli occhi divertiti di Aurora e Alba che fingevano di non accorgersene. Azaele, Sakmeel e Eowynziel erano impegnati ad apparecchiare e Gabriel e Razel chiacchieravano amabilmente in terrazza fumando una sigaretta. O meglio, Razel fumava e Gabriel ogni tanto tossiva a causa degli sbuffi di fumo emessi dal demone. A un certo punto Razel passò un braccio intorno alle spalle di Gabriel e gli bisbigliò qualcosa all'orecchio, l'Arcangelo strabuzzò gli occhi e scoppiò in un'allegra risata. Ariel ne rimase molto colpito e domandò a Safet. «Ma com'è possibile, sembra si conoscano molto bene, anzi sembrano proprio amici!»

Safet sorrise. «Ho idea che frequentarci ti darà modo di sfatare molti luoghi comuni a cui sei abituato!»

Aurora li vide e sorridendo chiese a Safet di chiamare tutti a tavola.

Azaele notò che Ariel stava prendendo posto anche lui ma non disse nulla, in fin dei conti se Safet aveva deciso che poteva restare, doveva fidarsi.

La cena si svolse senza intoppi e quando anche l'ultima fettina di dolce sparì dal tavolo, Safet chiese e ottenne l'attenzione di tutti e cominciò il suo discorso.

«Come ormai sapete tutti, Alba e Azaele aspettano un figlio. All'Inferno questa notizia è già arrivata e sia Akenet che altri Arcidiavoli si stanno preparando a rapire il bambino. Visto che suppongo che sappiate già tutti perché vi ho invitato, prima di andare avanti vi chiedo di rispondere sinceramente ad una domanda importante: ve la sentite davvero di rimanere e combattere per Alba e Azaele? Perché avremo molti nemici da entrambe le parti e le cose potrebbero mettersi molto male, per cui chi di voi non è sicuro fino in fondo di fare questa scelta, può andarsene senza che questo comporti altro che darmi la sua parola che non parlerà con nessuno di questo incontro!»

Safet fece una piccola pausa e aggiunse freddamente. «Non occorre sottolineare che se qualcuno dovesse tradirci, se la vedrà con me!»

Safet guardò dritto negli occhi ciascuno dei presenti, ma nessuno vacillò, né si alzò per abbandonare la sala.

«Bene. Vi ringrazio. Ora, il primo problema da risolvere è trovare un posto sicuro per madre e figlio. Dovrà essere poco conosciuto e lontano da Roma in modo che possa essere facile creare una barriera protettiva per nasconderlo ad occhi nemici. Per questo conto su di te, Elena» spiegò Safet rivolgendosi alla strega che annuì.

«Tutti gli altri, compresa Alba, fino a che sarà in grado di farlo, dovranno aiutarmi a controllare e difendere il nascondiglio scelto. Altro problema da risolvere al più presto è che per ora, nonostante possiamo contare sull'aiuto di Gabriel, siamo ancora troppo pochi e non abbastanza forti per riuscire a respingere a lungo un attacco nemico. Abbiamo bisogno di alleati. Quindi vi chiedo se pensate di conoscere qualcuno disposto ad allearsi con noi. Non mi importa se angelo o demone, mi importa solo che possiate garantire che sia affidabile e che non ci tradirà!»

Seguì un silenzio assorto, rotto da Azaele che parlò per primo. «Yliel e Aleniel potrebbero aiutarci, non credi Michele?»

L'angelo sospirò, Gabriel arrossì leggermente, Merlino si portò una mano alla fronte scuotendo la testa.

«Non so Azaele. Yliel ti voleva molto bene e Alienel ha un caratteraccio ma effettivamente gli eri simpatico…» Michele calcò leggermente l'accento su simpatico e Azaele rendendosi conto della gaffe lanciò un'occhiata timorosa ad Alba che aveva sul volto lo stesso sorriso non proprio genuino di Daenerys Targaryen in un famoso meme che girava nel web. Azaele sbiancò leggermente e riportò lo sguardo su Michele che continuò. «D'altra parte sono due guerriere molto forti e non sarebbe male averle dalla nostra parte. Sebbene Yliel, essendo un Arcangelo non sono sicuro che possa essere disposta a schierarsi con noi… tu che ne pensi Gabriel?»

Gabriel, leggermente imbarazzato nel sentirsi chiamato in causa, rispose un po' esitante. «Aleniel non l'ho ben presente, ma Yliel la conosco e penso di poterle accennare la cosa!»

«Grande! Allora forse potresti parlare anche con mia madre!» Intervenne con entusiasmo Azaele.

Seguì un gelo tale che se solo fosse durato qualche giorno in più avrebbe risolto definitivamente il problema dello scioglimento della Calotta Polare. Safet, con gli occhi lucidi, intervenne per togliere Gabriel dall'imbarazzo di rispondere. «Di questo, credo sia meglio che tu e tuo padre ne parliate da soli, più tardi. Sei d'accordo Gabriel?»

«Si, credo sia meglio!» Mormorò l'Arcangelo. Azele non capì il motivo di una reazione simile, ma preferì non indagare oltre.

«Papà!» chiamò Sael. Safet si girò verso il figlio.

«Pensi che mia madre potrebbe unirsi a noi?»

Safet esitò. Era la prima volta che Sael parlava apertamente di sua madre. «Non lo so, Sael. Tua madre è un'ottima persona, ma un po'... Integralista. Fra noi è finita proprio per questo. Non so se sia il caso di coinvolgerla. Lascio a Gabriel la decisione di parlarle!»

Gabriel fece un cenno di assenso e Sael si lasciò scappare un piccolo sorriso speranzoso.

Eowynziel pensò che fosse finalmente arrivato il momento buono per parlare di Adel.

«Potremo invitare anche Adel!» Propose.

«Adel?» Domandò incuriosito Safet.

«È una giovane demone che verrà ad abitare con noi al posto di Arianna» spiegò Alba.

«È una bravissima demone, la conosco da millenni!» Continuò Eowynziel entusiasta.

Safet si grattò il mento pensoso. «Farò una chiacchierata con lei, non so perché ma questo nome non mi giunge nuovo…»

«Io forse ho un posto da suggerire». Intervenne Alba timidamente.

Safet si girò verso di lei e la invitò a continuare.

«Un mio collega, Renzo Galletti, è proprietario di un piccolo agriturismo/bed&breakfast fuori Roma. Non è ancora molto conosciuto quindi non penso che avremo problemi ad affittarlo!»

Azaele grugnì leggermente, ma dopo la gaffe di Aleniel non osò criticare la proposta di Alba.

«Mi sembra un'ottima idea! Tra l'altro essendo piccolo e poco conosciuto, potremo non avere il problema di incontrare altri ospiti e coinvolgerli nei nostri problemi!» Approvò Safet. «Eventualmente, più avanti se sarà necessario troveremo un posto ancora più tranquillo! A proposito, Alba. Ritengo che per te sia venuto il momento di prendere un po' di lezioni da Elena, devi imparare a conoscere e sfruttare i tuoi poteri. Abbandona una volta per tutte le tue remore e diventa la strega potente che ti rifiuti di essere! Fallo per tuo figlio!»

Alba diventò paonazza. «Ma, io non sono affatto potente!»

Elena sorrise e le strizzò l'occhio. «Non è quello che mi risulta!»


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Una volta finita la cena Ariel avrebbe voluto parlare con Azaele, ma Gabriel fu più veloce. Si avvicinò al figlio e lo invitò a uscire sulla terrazza della cucina.

Azaele era molto agitato, aveva paura di dire ancora qualcosa di sbagliato, così lasciò che fosse il padre a parlare per primo.

Gabriel poggiò la schiena sul parapetto della terrazza e le mani sulla ringhiera, si fece coraggio e cominciò a parlare.

«Immagino che tu abbia parecchie domande da farmi e immagino anche quali siano le più importanti, per cui ti racconterò tutto. Tu però devi stare calmo e non interrompermi, ok?»

Azaele fece cenno di sì con il capo.

«Bene. Prima di tutto voglio che tu sappia che non è stata una decisione mia e di tua madre affidarti a Michele, o meglio, quella di affidarti a Michele si, ma non quella di abbandonarti».

Azaele apri la bocca per intervenire ma il padre lo bloccò. «Hai promesso di non interrompermi!»

Azaele richiuse la bocca un po' imbronciato. Gabriel riprese il racconto.

«Molti millenni fa, il Padre concesse a noi Arcangeli di poter avere dei discendenti. Io e tua madre, Galadriel, ci amavamo molto e insieme ad altri Arcangeli decidemmo di approfittare del regalo concesso dal Padre. Così nascesti tu. Per noi fu un'esperienza meravigliosa, anche perché a differenza di quello umano il parto delle nostre compagne era sereno e indolore».

Gabriel si interruppe, guardò con tenerezza Azaele e proseguì. "Eri tanto bellino, sai? Un ranocchietto ricciolino come me e con gli occhi neri di tua madre. Eri sempre allegro, non piangevi quasi mai a parte quando avevi fame! La nostra vita, così come quella degli altri Arcangeli che avevano scelto di avere figli, era molto felice, ma anche molto cambiata, passavamo moltissimo tempo a occuparci di voi piccoletti.

Alcuni Arcangeli nel vederci così impegnati ad allevarvi, cominciarono a pensare che stavamo lasciando poco spazio agli altri doveri. Ci furono molte discussioni a riguardo, anche piuttosto accese. Purtroppo alcuni genitori si schierarono dalla parte di chi non aveva figli affermando che non era possibile conciliare l'essere genitori e gli impegni di lavoro. Provammo a chiedere un aiuto più alto, ma la risposta fu che dovevamo capire da soli ciò che era giusto fare. Sinceramente ho sempre pensato che se Lui ci aveva dato la possibilità di avere figli fosse anche d'accordo per cercare un equilibrio tra farvi crescere e continuare a svolgere i nostri compiti. Purtroppo a pensarla così eravamo una minoranza e così quando si decise di votare democraticamente, io, tua madre, Safet, la madre delle gemelle e il padre di… bé un altro padre, fummo gli unici a votare contro il vostro affidamento ad angeli minori».

Gabriel dovette interrompersi per l'emozione. Azaele cercò di nuovo di intervenire ma Gabriel alzò l'indice e fece segno di no.

«Come se non bastasse, per evitare presunti favoritismi fu deciso di nascondere le vostre origini e fummo tutti obbligati a tenere il segreto su chi fosse figlio di chi. Provarono anche a farci promettere che non vi avremmo mai contattati. Ma io mi rifiutai, dissi che se un giorno tu avessi avuto bisogno di me… bé… sono qui infatti!»

«E mia madre?» domandò Azaele.

«Anche tua madre e Safet rifiutarono di sparire completamente dalla vostra vita».

«Allora perché non è qui con te?»

«Calma, ci sto arrivando» rispose Gabriel con uno sguardo così triste che Azaele cominciò a preoccuparsi seriamente.

«La decisione di affidarti a Michele ci fu di grande aiuto. Lui fu entusiasta e anche orgoglioso di prendersi cura di te, era solo un ragazzino e per lui fu un grande onore essere scelto. Ma nonostante questo per tua madre il dolore di averti abbandonato fu troppo grande. Un po' alla volta si indebolì. E quando scoppiò la Grande Guerra non era più la guerriera forte e sicura di sé di un tempo. Così un giorno durante una battaglia alcuni demoni la assalirono e riuscirono a separarla dai suoi compagni e io…»

Gabriel dovette interrompersi di nuovo. Azaele deglutì e lo invitò a continuare. «E tu?»

«Non sono arrivato in tempo Azaele, non sono riuscito a salvarla». Concluse Gabriel con un sospiro carico di dolore.

Azaele sbiancò e i suoi occhi si riempirono di lacrime. Aprì le ali e cercò di scappare ma questa volta Gabriel decise che no, non glielo avrebbe permesso. Non avrebbe lasciato che se ne andasse. Così lo afferrò e lo strinse a sé.

«Lasciami, per favore lasciami!» Gridò Azaele con la voce strozzata dal pianto.

«No!» disse Gabriel, tenendolo stretto al petto e scivolando a sedere sul pavimento della terrazza.

Azaele cercò di divincolarsi, ma la sua forza non era lontanamente comparabile a quella di Gabriel. Alla fine smise di lottare e si limitò a singhiozzare con la schiena poggiata al petto di suo padre e la testa reclinata contro il petto. Gabriel non sopportava di vedere il figlio così distrutto, ma sapeva che doveva succedere e in qualche modo, dentro di sé, era felice che Azaele amasse tanto sua madre pur non avendola mai conosciuta. Lasciò che il figlio sfogasse il suo pianto un altro po', poi con cautela poggiò una mano sul petto di Azaele che per un attimo sentì mancargli il respiro. Lentamente Gabriel cominciò a massaggiarlo con delicatezza. Azaele provò una strana sensazione, come se il peso che stava provando al cuore venisse risucchiato poco a poco dal palmo caldo della mano di Gabriel. Rilassò la schiena contro il petto del padre e smise di singhiozzare.

«Mi dispiace, figlio mio. Non hai idea di quanto mi addolori vederti soffrire così!» Mormorò Gabriel poggiando il viso sulla nuca di Azaele.

Il demone sentì una sensazione di bagnato tra i riccioli neri e si rese conto che anche suo padre aveva pianto.

In quel momento capì il dolore di Gabriel. Si rese conto che se lui aveva sofferto per essere stato abbandonato, suo padre aveva sofferto forse addirittura più di lui, perché prima aveva dovuto rinunciare a suo figlio e poi aveva perso la compagna che amava.

Emise un respiro profondo e poi trovò il coraggio di fare una domanda difficile. «Dove è andata? Voglio, dire. Cosa succede ad un Arcangelo quando muore?»

Gabriel sospirò. «Angeli e Arcangeli sono stati creati dal Padre, Azaele. Quando muoiono tornare ad essere parte di Lui»

«Quindi mia madre, ora è in Lui?»

«Si, esatto!»

Azaele ci pensò su un attimo, si girò verso Gabriel e sorrise timidamente. «Bè, allora questo significa che grazie a lei, forse il Padre ora ci ama un pochino di più, non credi?»

Gabriel lo guardò esterrefatto, non aveva mai visto la cosa da quel punto di vista. Strinse forte suo figlio e mormorò. «Sai una cosa ranocchietto? Tua madre aveva ragione, sei davvero speciale tu!»


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Ariel che aveva osservato tutta la scena dalla cucina di Aurora, si rivolse a Safet. «Che succede, perché Azaele è così sconvolto?»

Safet, si girò verso di lui e l'angelo notò che aveva gli occhi lucidi. «Credo che Gabriel gli abbia spiegato che non conoscerà mai Galadriel» rispose cupo.

«Galadriel?» Domandò stupito Ariel. Poi si rese conto di quello che intendeva dire Safet. «Galadriel era la compagna di Gabriel, quindi Azaele è il figlio di Galadriel e Gabriel?»

«Già!» Sospirò Safet.

Ariel per la prima volta in tanti millenni provò simpatia per Azaele. «Mi dispiace, povero Azaele, deve essere veramente doloroso per lui aver scoperto che non conoscerà mai sua madre!»

«Sbaglio o sei sinceramente dispiaciuto per lui?» Domando stupito Safet.

Ariel accennò un sorriso imbarazzato.

«Allora, forse sei pronto a chiarirti con lui, finalmente»

Ariel annuì. «Si, credo di sì!»



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Capitolo 13
*** Gli ultimi chiarimenti ***


Capitolo 13

Gli ultimi chiarimenti



Azaele si rigirava tra le coperte mugugnando nel sonno. A un certo punto si svegliò di soprassalto. «Merda, che diavolo mi succede, non ho mai avuto incubi!» Pensò preoccupato dando un'occhiata ad Alba che sembrava dormire serena.

Un rumore quasi impercettibile attirò la sua attenzione. Trattenne il respiro sperando che si trattasse solo di autosuggestione, ma il rumore si ripresentò. Sembrava provenire dalla cucina. Azaele decise di andare a controllare, si alzò e si diresse silenziosamente verso la cucina. Era tutto buio, ma per la sua vista di demone non era un problema. Si sporse leggermente sulla soglia e vide una sagoma alta e alata davanti al lavello. Stava facendo scorrere l'acqua del rubinetto su una mano.

La sagoma alata chiuse il rubinetto e strappò uno scottex per asciugarsi, nel farlo le sfuggì un'imprecazione a bassa voce.

Azaele sbuffò e accese la luce sorprendendo Ariel che si girò a guardarlo con aria colpevole.

«Si può sapere che cosa ci fai a casa mia? Mi stai stalkerando per caso?»

Ariel lo osservò imbarazzato, aveva una mano piena di sangue avvolta nello scottex.

Azaele notò la porta finestra aperta e un bicchiere rotto poggiato dentro il lavandino. «Certo che sei pirla, apri la finestra con un miracolo e poi ti tagli la mano con un bicchiere!»

Ariel evitò di commentare, non era venuto per litigare.

«Comunque, vattene per favore, sono le quattro del mattino, Alba e gli altri dormono e io non ho voglia di discutere con uno stronzo che si intrufola a spiare in casa mia. A proposito, vedremo che cosa ne pensa Safet!»

Ariel lo guardò con aria di sfida. «È stato esattamente Safet a mandarmi a parlare con te! Quindi calmati!»

«Davvero? E ti ha anche specificato di presentarti alle quattro del mattino e rompere i miei bicchieri preferiti?»

Ariel cercò di mantenere la calma.

«Mi rendo conto che la situazione può sembrare strana». Azaele poggiò una spalla contro lo stipite della porta e sogghignò.

«Ma posso assicurarti che…» Ariel si interruppe imbarazzato.

«Continua ti prego. Voglio capire fino a che punto vuoi portare avanti questa figura di merda!»

Gli occhi di Ariel emisero un bagliore rosso. Ma l'angelo prese un respiro profondo e riuscì a tenere sotto controllo la rabbia.

«Potresti metterti qualcosa addosso?» domando Ariel a disagio.

«Sto comodo nudo, che c'è hai problemi con la tua sessualità?» Rispose Azaele serafico.

Ariel diventò paonazzo, ma non si lasciò smontare. «Semplicemente non trovo il corpo maschile piacevole allo sguardo quanto quello femminile!» Replicò sventolando la mano destra e facendo apparire un paio di pantaloni addosso ad Azaele che commentò divertito. «Potevi almeno scegliere un pigiama. I jeans, senza mutande, non sono il massimo della comodità!»

Ariel evitò di replicare. «Ti chiedo scusa per essermi introdotto in questo modo in casa tua, era mia intenzione svegliare solo te per parlarti a quattrocchi senza disturbare gli altri!»

Azaele dovette riconoscere che tutto sommato l'angelo stava provando a tendergli una mano, ma non resistette alla tentazione di provocarlo un altro po'. «Diciamo che così va un po' meglio, però se ti togli del tutto quel palo dal culo può darsi che mi venga anche la curiosità di sapere cosa vuoi».

Ariel decise che il suo amor proprio ne aveva avuto abbastanza. «Ok, sai che ti dico, puoi andare a farti fottere!» Si girò fece un passo in avanti con aria marziale, scivolò sulla pozza d'acqua che aveva causato rovesciando e rompendo il bicchiere, sbatté la testa per terra e svenne per qualche istante.

Una volta ripresa conoscenza desiderò solo andarsene e dimenticare la figuraccia appena fatta, si alzò e barcollando leggermente si diresse verso la terrazza. Azaele però fu più veloce, con un salto raggiunse la porta finestra e ci si piazzò davanti.

«Levati!» Latrò Ariel che ormai aveva raggiunto il limite della sopportazione.

Azaele alzò una mano in segno di pace.

«Cosa significa?»

«Significa siediti e parliamo!»

Ariel lo guardò con sospetto.

«Dai, sono sincero!» Disse il demone facendo un passo avanti e tirando una sedia fuori da sotto il tavolo. Ariel non si mosse, così Azaele gli fece cenno di sedersi.

L'angelo prese posto riluttante e aspettò a sua volta che Azaele si sedesse dall'altro lato del tavolo.

«Ti ascolto!» lo esortò il demone.

Ariel si sfilò dalla testa una collana con un ciondolo che aveva l'aria di essere uno stemma militare composto da un cuore color oro adagiato su uno scudo bianco e contornato da rami di ulivo verdi. «Che cos'è?» domandò incuriosito Azaele sporgendosi sul tavolo.

«È lo stemma della mia armata ai tempi della Grande Guerra» rispose Ariel.

«E ti sei intrufolato in casa mia solo per farmi vedere un reperto del tuo glorioso passato?» Domandò Azaele perplesso.

«Non è un reperto qualsiasi, idiota, è lo stemma delI'Armata Angelica sotto il comando dell'Arcangelo Galadriel!»

Azaele ammutolì.

«Non ero sotto il suo comando diretto, ma l'ho comunque conosciuta. Era una comandante molto amata, coraggiosa, intelligente e… bellissima. Teneva molto a tutti noi sottoposti, ricordava i nomi di ognuno di noi». Ariel sospirò rigirando lo stemma tra le dita.

«Non ti nascondo che a quei tempi tutti noi angeli minori eravamo un po' innamorati di lei! Quando morì, rimanemmo sconvolti. Ci sentimmo completamente persi. Fortunatamente passammo sotto il comando di Ysrafael che è stato anche lui un ottimo comandante!»

«Oh, è per questo che tu e lui siete così legati!»

«Si, Ysrafael ha salvato la nostra armata dal disastro e molti di noi, compreso me, gli devono la vita».

Tra i due si fece un silenzio carico di malinconia. Poi Ariel riprese a parlare.

«Comunque, quello che ci tenevo a dirti è che qualche tempo dopo la fine della Grande Guerra, tornai lì dove tua madre era stata abbattuta. Volevo salutarla e renderle omaggio in qualche modo, perché al tempo non c'era stato modo di farlo come si deve. Ricordo che ero seduto sul tronco di un albero carbonizzato quando ho notato qualcosa brillare in mezzo all'erba. Mi sono avvicinato e ho trovato lo stemma di tua madre».

Azaele spalancò gli occhi.

«L'ho tenuto con me per avere un suo ricordo e nel tempo è diventato il mio portafortuna. Ma ieri, quando ho visto come hai reagito alla notizia della morte di Galadriel ho capito che non l'ho trovato perché appartenesse a me, ma perché un giorno potessi restituirlo al legittimo proprietario!»

«Non capisco, intendi mio padre? E poi come fai a essere sicuro che sia proprio quello di mia madre?» Domandò Azaele confuso.

«Lo stemma del comandante era leggermente più grande di tutti gli altri. In ogni modo giralo e avrai le tue risposte!» Rispose Ariel porgendo lo stemma ad Azaele.

Il demone lo prese e lo girò incuriosito. Sul retro dello stemma era incisa una scritta che lo fece impallidire.

«Questo stemma era incastonato in tutte le armature della nostra armata, proprio davanti al cuore. Nessuno dei nostri però aveva alcuna scritta. Credo che sia stata proprio lei a incidere il tuo nome. Ti ha dovuto abbandonare, ma in un certo senso ti ha tenuto sempre con sé».

Azaele sospirò e due lacrime gli scivolarono sul volto. «Posso davvero tenerlo?»

«Certamente, te l'ho detto è sempre stato tuo! E se io fossi stato meno immaturo e arrogante avrei capito molto tempo fa quello che ho capito solo ieri nonostante abbia sempre avuto la verità davanti gli occhi. Azaele, tu sei uno stupido demonietto, fastidioso, irritante e casinista, ma questo stemma appartiene a te ed è giusto che lo tenga tu!»

Azaele sorrise mestamente. «Temo che nonostante tutto non riusciremo a diventare amici, non è così?»

Ariel lo fissò serio. «No, temo di no. Siamo troppo diversi. Però possiamo almeno essere dei buoni alleati in questa storia. Qualunque cosa ne penserà Ysrafael quando verrà a saperlo, perché prima o poi verrà a saperlo, non vi tradirò. Sei un demone infernale, ma dopotutto sei anche il figlio di Gabriel e Galadriel, qualcosa di buono l'avrai pure ereditato da loro e poi sono convinto che tu e Alba non abbiate alcuna intenzione di allevare l'Alfiere del male, ma che desideriate soltanto avere una famiglia tutta vostra!»

Ariel si alzò in piedi. «Ora devo andare. Scusa se ho rotto uno dei tuoi bicchieri preferiti, ora te lo riparo!»

«Lascia stare, non ho bicchieri preferiti. Volevo solo irritarti!» Replicò Azaele sorridendo.

Ariel scosse la testa e ridacchiò. «Sei proprio uno stronzetto, eh?»

«È nella mia natura, non riesco a farne a meno!» Rispose il demone porgendo la mano ad Ariel.

L'angelo la osservò un momento e poi gliela strinse. «Ci vediamo presto. Ciao!»

«Ciao!» Rispose Azaele.

Ariel uscì sulla terrazza e volò via.

«Che voleva Ariel?» Domandò Michele entrando in cucina.

Azaele gli porse lo stemma di Galadriel.

«Mi ha portato questo in segno di pace. Apparteneva a mia madre, è lo stemma dell'armata sotto il suo comando!»

Michele prese lo stemma lo girò e si accorse dell'incisione.

«Come faceva ad averlo lui?» Domandò stupito.

«Era tornato nel campo dove è caduta mia madre per renderle un ultimo saluto e l'ha trovato. Ariel ai tempi della Grande Guerra combatteva nella sua armata e a quanto pare era un po' innamorato di lei. Lo ha tenuto per avere un suo ricordo, ma ieri quando ha capito che sono il figlio di Galadriel ha deciso che era giusto che lo tenessi io!»

Michele era sbalordito. «È stato capace di un gesto così gentile nei tuoi confronti?»

«Già, però ha anche sottolineato che nonostante tutto non saremo mai amici!»

«Bè, questo è probabile, siete troppo diversi!»

«Anche io e te!»

Michele sorrise. "No, io e te non siamo affatto così diversi. A parte per l'altezza!»

Azaele sbuffò. «Devi sempre sottolinearlo, vero?»

Michele rise e gli passò affettuosamente una mano tra i riccioli neri. «Non hai ancora finito di scontare il periodo in cui stavi dentro Molinesi, demonietto!»


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Adel si trovava nel salottino dell'appartamento di Alba, era in piedi di fronte a Safet e Gabriel che le stavano facendo domande sul suo curriculum comodamente seduti sul divano. La piccola demone rispondeva intimidita. Era a disagio soprattutto rispetto a Gabriel. Trovarsi di fronte all'Arcangelo che riferiva al creato i messaggi del Padre era abbastanza imbarazzante, per non parlare del fatto che indossava una meravigliosa armatura argentata e la fissava con due bellissimi occhi dorati che fortunatamente ogni tanto tendevano a vagare distrattamente per la stanza, mentre Safet esaminava il suo curriculum.

Il Supervisore posò i fogli sul tavolo di fronte a sé e formulò la domanda che Adel temeva di più. «Quindi recentemente sei stata la segretaria di Akenet!»

Adel arrossì e abbassò gli occhi. «Si, Signore, ma temo di non averlo soddisfatto. Mi ha sostituito dopo pochissimo tempo!»

Safet alzò un sopracciglio. «Nonostante questo sei stata assegnata ai "ritiri esterni", un avanzamento rispetto al ruolo di segretaria. Come mai, visto che non risulta abbia esperienza in questa mansione e ritieni di non aver soddisfatto un tuo superiore?»

Gabriel riportò la sua attenzione su Adel osservandola con quegli occhi dorati penetranti e indagatori.

Adel impallidì rendendosi conto che né lei, né Akenet avevano tenuto conto di questo aspetto, esitò e poi rispose balbettando. «No… Non lo so Signore. Non ci ho mai pensato!»

Safet e Gabriel si scambiarono uno sguardo.

Adel cominciò a tremare e gli occhi le diventarono lucidi.

Gabriel si intenerì un po' nel vederla così spaventata e le venne in aiuto. «Magari c'era necessità di personale?»

Aveva una voce profonda e rassicurante, Adel si sentì leggermente confortata, trovò il coraggio di guardare Safet e rispose. «Non lo so, Signore, davvero. Lei sa che casino c'è giù da noi. Magari come dice Lord Gabriel avevano bisogno di personale e mi hanno assegnato senza neanche leggere il curriculum!»

«Va bene, tutto sommato hai ragione, giù da noi tutto è possibile. Per ora puoi restare. Ma devi impegnarti a non raccontare a nessuno quello che succede in questa casa. È chiaro? Altrimenti te la vedrai con me e soprattutto con Gabriel».

Adel annuì. Gabriel si alzò in piedi e dall'alto del suo metro e novantotto si rivolse alla piccola demone.

«Tanto per mettere le cose in chiaro, Azaele è mio figlio». Adel spalancò la bocca sbigottita. Gabriel continuò.

«Per cui mettere in pericolo lui o la sua famiglia significa farmi incazzare. Hai idea di come possa essere un Arcangelo incazzato, Adel?»

«Po… posso immaginarlo, Signore!» rispose la demonietta pallida in volto.

«Bene. Puoi andare a recuperare i tuoi bagagli!» Concluse Safet.

Adel tirò un sospiro di sollievo, salutò e scappò fuori dalla stanza.

Gabriel aspettò di sentire il rumore della porta d'ingresso che si chiudeva, fece un giro dell'appartamento e dopo essersi assicurato che Adel fosse davvero andata via tornò da Safet.

«Se tu fossi Akenet e volessi mandare qualcuno a spiare Azaele e Alba, sceglieresti la tua segretaria timidina e insospettabile o un guerriero scaltro e scafato?» Domandò sorridendo.

Safet sogghignò.

«Non pensi sia pericoloso tenerla qui?» Domandò ancora Gabriel.

«Faremo sapere ad Akenet solo quello che vorremo che sappia. Lei non sa che abbiamo capito e finché non se ne renderà conto, saremo in vantaggio!» Rispose Safet.

«Credi che Eowynziel sia sua complice?»

«No. È solo molto ingenua e svampita. Al contrario di Adel che è molto timida ma altrettanto sveglia, hai visto come si è ripresa appena le hai offerto un piccolo aiuto?»

«Già! In ogni modo, penso che sia meglio che Eowynziel e Sakmeel non siano del tutto a conoscenza dei nostri piani, non credi?»

«Non ne sono sicuro Gabriel, temo che potrebbero sentirsi messi da parte e ritenere di non avere più alcun impegno nei nostri confronti. Forse è meglio dare fiducia a Eowynziel, spiegandole i nostri timori e che per ora Adel deve sapere solo quello che decidiamo io e te, magari evitando di dirle apertamente che la riteniamo una spia di Akenet»

Gabriel sospirò. «Peccato, Adel è una ragazzetta carina, magari sarebbe potuta essere una buona amica per Alba!»

Safet si alzò e poggiò una mano sulla spalla dell'amico. «A volte sei troppo tenero, Gabriel. Però chissà, in fondo credo che quella ragazzina si sia ritrovata invischiata suo malgrado in questa situazione, può darsi che le cose cambino quando si ritroverà a dover scegliere tra noi e Akenet!»

«Quel ragazzo è sempre stato molto in gamba! Sarebbe potuto diventare un Arcangelo eccezionale se non avesse scelto di stare con Lucifero!» Commentò rabbiosamente Gabriel.

Safet sospirò. «Temo che la sua scelta sia stata colpa nostra Gabriel. È l'ennesima conseguenza disastrosa di una decisione presa con troppa superficialità!»

«Già!»

«Convochiamo i ragazzi, dobbiamo informarli di quanto abbiamo deciso in merito ad Adel!»

«Anche Ariel?»

«Si, anche Ariel. Ritengo che possiamo fidarci di lui».

Gabriel sorrise, amava la totale mancanza di pregiudizi e la capacità di valutare obiettivamente le persone che caratterizzavano il suo migliore amico. Aveva perso molte cose importanti nella sua vita, ma almeno l'amicizia con Safael non era mai stata messa in discussione.


#


Jesebel, la nuova segretaria di Akenet, una demone dall'aspetto professionale, alta, slanciata, decisamente bella e elegantissima nel suo tailleur Pierre Cardin, osservò senza scomporsi Adel da dietro l'ampia scrivania di legno di mogano che impediva l'accesso all'entrata del Nono Girone, uno stretto e freddo cunicolo. L'idea di scegliere una scrivania così imponente era stata sua e ne era molto fiera malgrado Akenet, quando gliel'aveva mostrata spiegando che avrebbe aiutato a limitare l'accesso di eventuali seccatori, avesse fatto spallucce e risposto con un sogghigno che non erano in molti ad avere il coraggio di disturbarlo.

«Ti ripeto che Lord Akenet al momento è impegnato e non può ricevere nessuno!»

Adel sbuffò nervosamente. «E io ti ripeto che ho necessità di parlargli urgentemente! Fammi passare!»

La segretaria sfogliò con studiata lentezza l'agenda aperta sulla scrivania e rispose. «Qualunque possa essere la tua urgenza, sono certa che potrà aspettare almeno fino a… dicembre!»

«Ma sei fuori? Dicembre è tra nove mesi! Sarà troppo tardi»

«E tre anni!» Specificò con un sorrisetto irritante la segretaria. «Nove mesi e tre anni!»

«Cosa?» domandò Adel esterrefatta.

«Mi dispiace ma non vedo buchi nell'agenda di Lord Akenet prima di tre anni e nove mesi» rispose Jesebel con un sorriso tanto beffardo quanto irritante.

Adel perse la pazienza. «Non ho intenzione di perdere altro tempo con te! I casi sono due o chiami Akenet e gli dici che ho bisogno di parlargli o ti scavalco metaforicamente e praticamente e vado direttamente da lui!»

Jesebel si sporse verso di lei. «Non oserai!»

Adel aprì le ali, spiccò un balzo e si infilò nello stretto cunicolo che portava al Nono Girone.

Jesebel dopo un primo momento di sconcerto si gettò al suo inseguimento.

Adel, grazie alla sua corporatura minuta, riuscì a mantenere il vantaggio finché rimase nel cunicolo, ma non appena le due demoni si ritrovarono all'aperto Jesebel, molto più alta e di conseguenza dotata di ali più ampie non ci mise molto a raggiungerla e spintonarla.

«Piantala, idiota, mi farai precipitare!» Si lamentò Adel.

Ma Jesebel non aveva alcuna intenzione di permettere alla piccola demone di raggiungere Akenet, ne andava del suo amor proprio.

Riuscì ad afferrarle un'ala e torcerla fino a farle perdere l'assetto di volo, mandandola in stallo. Adel precipitò rovinosamente sulle rocce, rotolando poi sul lago ghiacciato che occupava l'intero Nono Girone. Si alzò dolorante e provò immediatamente a riprendere il volo, ma Jesebel la raggiunse e l'afferrò per i capelli.

«Se credi che ti permetterò di disturbare il mio capo ti sbagli, nanerottola sovrappeso!» Urlò nelle orecchie di Adel.

«Mollami stangona, o giuro che te la vedrai con Akenet!» replicò la demonietta affondando gli artigli nella mano con cui Jesebel le tirava i capelli.

Per tutta risposta la segreteria le assestò un ceffone con la mano libera spaccandole il labbro superiore. «Tu sei completamente matta!» Urlò Adel sferrando un pugno sul naso di Jesebel che gridò di dolore e le lascio andare i capelli portandosi entrambe le mani sul naso sanguinante.

«Piccola puttanella, se mi hai rotto il naso giuro che me la pagherai cara!» ringhiò Jesebel furente sguainando gli artigli e guardando Adel con due occhi rossi colmi di odio.

La voce di Akenet interruppe lo scontro tra le due demoni. «Potrei stare a guardarvi lottare per ore, peccato che non abbia tutto questo tempo da perdere!»

«Signore, stavo tentando di bloccare questa piccola puttanella che ha osato scavalcare la mia scrivania nel tentativo di venire a disturbarla!»

«La conosci così bene?» domandò freddamente Akenet. Era poggiato contro una roccia con le braccia conserte e l'aria irritata.

Jesebel non capì l'ironia e rispose. «No, signore! Perché?»

Akenet si sporse leggermente verso la Segretaria e sibilò. «Allora come fai a sapere che è una puttanella?»

Jesebel si rese conto che la situazione stava prendendo una piega inaspettata e corse ai ripari. «Chiedo scusa per la scarsa professionalità della mia reazione Signore. Volevo evitare che venisse importunato nell'espletamento delle sue funzioni di Responsabile del Nono Girone!»

«Mi sembrava di averti detto che se fosse venuta a cercarmi la mia collaboratrice esterna avresti dovuto darle priorità assoluta su qualsiasi mio impegno!» Rispose l'Arcidiavolo con gli occhi rossi.

«Le chiedo ancora scusa, non immaginavo che la sua collaboratrice esterna fosse… questa!» rispose Jesebel indicando tremante Adel.

Gli occhi di Akenet si strinsero fino a diventare due linee rosse. Adel si rese conto che stava per superare il limite e per quanto Jesebel fosse stata arrogante e aggressiva non desiderava vederla carbonizzata.

«È stata anche colpa mia, Signore. Ero così presa dalla fretta che non mi sono presentata adeguatamente!»

Akenet si girò verso di lei, osservò il labbro spaccato, i capelli arruffati e il vestito spiegazzato. Con due passi si avvicinò alla piccola demone, le prese il mento tra le dita della mano sinistra e le passò delicatamente il pollice sulle labbra.

Adel fu attraversata da un brivido, si toccò il labbro superiore e si rese conto che Akenet le aveva appena guarito il taglio provocato dallo schiaffo d Jesebel. L'Arcidiavolo la lasciò andare e si rivolse a Jesebel. «Torna al tuo posto!»

«Si, Signore!» rispose la demone sospirando di sollievo è volando via.

Akenet tornò a rivolgere l'attenzione su Adel che si stava passando distrattamente la lingua sulle labbra nel tentativo di eliminare le ultime tracce di sangue rimaste dallo scontro con Jesebel. L'Arcidiavolo dovette ricorrere a tutto il suo autocontrollo per non lasciarsi sopraffare dal desiderio di afferrarla, sbatterla contro le rocce e provvedere lui stesso a leccarle via il sangue dalle labbra. Non che non potesse farlo, volendo. Gli Arcidiavoli potevano fare tutto quello che pareva loro, dopotutto comandavano l'Inferno mica il Paradiso. Ma per qualche motivo che lui stesso faticava a comprendere, non gli sembrava opportuno approfittare della sua forza per prendersi quello che voleva dalla piccola segretaria.

«Fai con calma, Palletta, tanto non ho un cazzo da fare!» disse con voce bassa e leggermente roca.

Adel si mise immediatamente sull'attenti. «Mi, scusi. Vuole che le faccia subito la mia relazione?»

«Esatto, muoviti!» rispose l'Arcidiavolo più sgarbatamente di quanto avrebbe voluto.

«Volevo confermarle che andrò ad abitare con Azaele e Alba e informarla che ho dovuto superare un colloquio con Safet e Gabriel!»

«Gabriel? Ho sempre saputo che si tratta del migliore amico di Safet, ma che cosa c'entra in questa storia?» domandò l'Arcidiavolo perplesso.

«Azaele è suo figlio Signore, me lo ha detto lo stesso Gabriel!»

Akenet la guardò sbalordito. «Merda, questa è davvero una pessima notizia! Sapevo che Gabriel e Galadriel avevano avuto un piccolo, ma non immaginavo che fosse proprio Azaele. Per quanto in effetti…!»

L'Arcidiavolo ridacchiò, poi tornò serio. «La presenza di Gabriel crea un problema imprevisto, dovrò riflettere su come aggirarlo!»

«Ha ordini per me signore?»

«Per ora tieni un profilo basso e le orecchie aperte. Non è escluso che Safet sospetti di te, è un demone molto acuto, quindi sta bene attenta a non commettere passi falsi. Safet non è crudele ma qui c'è in gioco il nipote del suo migliore amico, capisci cosa significa vero?»

«Si, signore. Perfettamente!»

«Bene, torna sulla terra e continua a tenermi informato!» Adel aprì le ali.

«Adel!»

«Si, Signore?»

«Non fare cazzate, chiaro?»

«Non si preoccupi, Signore. So badare a me stessa!» rispose Adel sorridendo.

«Non mi stavo preoccupando per te, ma per la tua missione!» rispose lui freddamente.

«Oh, certo Signore!» rispose Adel arrossendo e volando via senza voltarsi indietro.

Akenet capì di averla ferita. Si strinse nelle spalle e si diresse verso i suoi impegni infernali fingendo di non sentirsi uno stronzo ingrato.




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Capitolo 14
*** Qualche mese dopo ***


Capitolo 14

Qualche mese dopo


Azaele e Michele erano seduti uno a fianco all'altro su un grosso masso di granito. Si stavano godendo la piacevole brezza mattutina di una domenica di fine settembre gustandosi un appetitoso panino ripieno di mozzarella di bufala.

Poco lontano, Alba si stava allenando a lanciare palle di fuoco di varie misure contro dei bersagli preparati da Elena che ogni tanto la interrompeva per correggerla o darle consigli.

«Alba, è molto migliorata, vero?» Domandò Azaele con la bocca piena. «Mi sembra che abbia un controllo maggiore della mira e soprattutto della potenza di fuoco.»

«Si, direi di sì!» Rispose Michele osservando il panorama sovrappensiero. «Sai che questo posto mi sembra di conoscerlo. È come se avessi un déjà vu!»

«Non è un déjà vu, Miky. È che ci siamo già stati quattrocento anni fa. Parte del vecchio fienile dell'agriturismo risale proprio al 1600» rispose Azaele continuando a masticare.

«Davvero?»

«Non ti ricordi? Qui c'era la casa del contadino che denunciò agli inquisitori sua moglie, Aurora e Alba.»

L'angelo si guardò intorno esterrefatto e leggermente imbarazzato, non si era reso conto per niente di essere tornato nella casa di quel contadino bigotto che, tra parentesi, era pure finito all'Inferno nel girone dei traditori. «Seriamente? Ma… aspetta un attimo, questo significa che Renzo Galletti potrebbe essere un discendente di quel contadino?»

«Non è detto. Chissà quante volte sarà passata di mano, la proprietà, in questi quattrocento anni» rispose Azaele.

«Ma se invece fosse un discendente, ti rendi conto che Aurora e Renzo sarebbero parenti, in un certo senso? Per non parlare dell'incredibile coincidenza!»

«Non credo granché alle coincidenze!» ribatté il demone.

«Che vuoi dire?»

«Ho il sospetto che ci sia un motivo ben preciso se siamo tornati qua, Miky. Come se si stesse chiudendo il cerchio!»

«Aza, ci siamo trasferiti venerdì pomeriggio e tu non mi avevi ancora detto nulla? Se non ne avessi parlato io per primo, probabilmente avresti continuato a tenerti tutto dentro!» si lamentò l'angelo.

«Scusa. È che avevo bisogno di rifletterci da solo»

Michele scosse la testa contrariato.

«Pensi che anche Safet se ne sia reso conto?»

«Ne sono sicuro. È stato proprio qui che l'Aurora bambina di quattrocento anni fa, lo ha visto. A causa di quell'incidente Alba e Aurora sono morte. Come potrebbe aver dimenticato?»

Michele addentò rabbiosamente il suo panino. «Ma perché anche lui non ha detto niente? Per la miseria Aza, voi demoni siete campioni nel tenere segreti inutili che finiscono solo per incasinare le cose!»

«Mi dispiace! Temo che millenni all'Inferno abbiano influito sulla nostra capacità di gestire le emozioni» si scusò Azaele un po' mortificato.

Michele inghiottì il boccone e domandò «In che senso?»

«Nel senso che all'Inferno le emozioni prevalenti sono rabbia, dolore e sconforto e non è facile conviverci per l'eternità. Se ci lasciassimo andare non potremo sopravvivere!»

«Si, però mi sembra che ci marciate un po' su questa storia. Insomma, tu, Sael, Safet e pure Razel, vi siete trovati tutti qualcuno, per cui quando volete, sapete esprimere benissimo le vostre emozioni!» Replicò Michele irritato.

Quasi nello stesso istante un boato squarciò il silenzio della campagna e uno spostamento d'aria calda fece vibrare le chiome degli alberi.

Azaele fece appena in tempo a lanciarsi su Michele e coprirlo con le sue ali prima che un'enorme palla di fuoco investisse entrambi per poi rotolare in mezzo al bosco, nel quale divampò un incendio le cui conseguenze sarebbero potute essere catastrofiche, senza il repentino intervento di Elena che spense le fiamme e risanò il bosco.

Azaele, leggermente bruciacchiato, lasciò andare Michele che domandò. «Tutto bene?»

«Tutto bene, tranquillo, si tratta solo di qualche fiammella infernale, niente di che» rispose Azaele dandosi delle pacchette sulle braccia e sulle gambe per spegnere le ultime scintille.

Alba li raggiunse imbarazzata. Sotto la lunga e morbida maglia di cotone bianco che indossava sopra un paio di comodi leggins neri, la pancia del settimo mese era ormai evidente.

«Scusate, sono mortificata, Michele stai bene?»

«Si, non preoccuparti. Il demonietto mi ha protetto» rispose l'angelo sorridendo rassicurante.

Alba si guardò intorno avvilita. «Ho rischiato di trasformare in cenere il bosco!»

«Ma no, dai, che esagerata!» mentì Azaele abbracciandola.

«Si, infatti. E poi hai spento subito il principio di incendio!» aggiunse Michele cercando di nascondere i resti dei panini, ormai carbonizzati.

«Veramente è stata Elena!» disse Alba con aria depressa.

«Coraggio, non ti buttare giù!» La incoraggiò la strega raggiungendola. «Io ho fatto ben di peggio durante i miei primi allenamenti con Razel!»

«Davvero?»

«Certo, una volta per poco ho dato fuoco alla residenza estiva del Papa!» Rise l’anziana strega. «Non hai idea della faccia di Razel!»

«Azaele!» Chiamò Galletti sbucando dallo stesso sentiero da cui erano arrivate Alba e Elena.

Tutti si girarono verso di lui.

«Si?»

«Sono appena arrivati dei clienti che dicono di conoscere te e Michele, venite a salutarli?»

«Come dei Clienti? Non avevi detto che in questo periodo non avevate prenotazioni?» Domandò Alba sciogliendosi dall'abbraccio di Azaele. Era talmente preoccupata all'idea di altri ospiti che non si soffermò a riflettere sul fatto che Galletti aveva appena detto che i nuovi clienti conoscevano sia Azaele che Michele.

«Infatti non ci aspettavamo nessuno oltre a voi, ma questi due ragazzi stanno festeggiando il primo anniversario di matrimonio e ci hanno trovato per caso mentre cercavano un posto carino, tranquillo e non troppo lontano da Roma. L'agriturismo gli è piaciuto così tanto che ci hanno chiesto se si potevano fermare qualche giorno. Mia sorella non è riuscita a dire di no!» Si interruppe un attimo e guardandosi intorno perplesso, domandò «Ma è stata una mia impressione o prima c'è stato un boato abbastanza forte?».

Tutti quanti assunsero una fintissima aria stupita.

«Un boato?» domandò Azaele.

Galletti lasciò perdere, non gli andava di passare per uno che aveva le visioni. «Comunque, come dicevo, a quanto pare questi ragazzi pur vivendo a Firenze conoscono Azaele e Michele, per cui abbiamo pensato che, a parte l'incredibile coincidenza, per voi non sarebbe stato un problema. Mi dispiace spero di non avervi messo in imbarazzo!»

«Scusa ma per caso stai parlando di un ragazzo alto e nero e di una ragazza molto carina dai capelli rossi e gli occhi verdi?» domandò Michele esterrefatto.

«Si, esatto!» rispose Galletti iniziando ad avviarsi verso l'agriturismo.

Azaele e Michele si scambiarono uno sguardo allibito.

«Comincio a pensare che tu abbia ragione a non credere alle coincidenze!» Mormorò l'angelo.


#


Il demone idraulico, Kafresh, era decisamente irritato. Per una volta che Akenet e la sua segretaria stronza erano fuori dai piedi, bloccati in una mega riunione di avanzamento lavori, e lui se ne sarebbe potuto stare in pace a godersi una birra nel Daemon Bar del Nono girone, ecco che erano arrivati quei due rompiballe di Carryel e Aluarel a fargli una richiesta che non aveva alcuna voglia di esaudire. Si guardò intorno preoccupato, ma fortunatamente tra il rumore di fondo e il fatto che la maggior parte dei colleghi erano già ubriachi, nessuno sembrava fare a caso a loro tre.

«Vi rendete conto vero, di cosa mi state chiedendo?» domandò a bassa voce.

Aluarel, una demone dai lineamenti così anonimi da poter essere facilmente confusa con la metà delle sue colleghe, sbuffò. «Non mi sembra così difficile, butti un po' d'acqua calda dove è imprigionato il dannato, noi due lo tiriamo fuori e amici come prima.»

«Come prima mica tanto, visto che Akenet mi carbonizzerà vivo quando scoprirà che vi ho aiutato a liberare uno dei suoi utenti!»

«Quante storie, lo sanno tutti che Akenet prima vi carbonizza e poi vi fa tornare più sani di prima, non è mica Zamesh!» obiettò Aluarel.

«Ma perché non vi arrangiate da soli?»

«Perché noi non sappiamo come fare e sicuramente finiremo per combinare un tale casino che Akenet se ne accorgerebbe immediatamente! E comunque sei sicuro che non ti riterrebbe responsabile per non essere intervenuto in tempo?» Rispose Carryel. «Se invece ci aiuti, non si accorgerà nemmeno che gli manca un dannato!»

«Guarda che Akenet controlla l'inventario utenti ogni mese, non penso proprio che possa sfuggirgli la sparizione di un dannato.»

«E quando ha controllato l’ultima volta?»

«Alla fine del mese scorso» ammise Kafresh.

Carryel e Aluariel si scambiarono uno sguardo spazientito.

«E allora perché la meni tanto? Abbiamo quasi una settimana prima di riportare il dannato al suo posto, c'è tutto il tempo di fargli fare quello che deve fare. Akenet non se ne accorgerà nemmeno!» replicò Aluarel.

«E se invece se ne accorge?»

«Senti Kafresh, io e Aluarel, rischiamo ben più di una scaldatina se deludiamo i nostri Responsabili, per cui o ci aiuti o ci arrangiamo come possiamo e poi andiamo dritti da Akenet a dirgli che ti abbiamo visto liberare il dannato, ti è chiaro?»

Kafresh poggiò la birra sul bancone e li guardò con odio. «E va bene! Ma si può almeno sapere perché avete tanto bisogno di questo dannato?»

«No!» risposero in coro Carryel e Aluariel

Il demone idraulico si arrese, finì quel che restava della birra in un sorso solo, buttò sul bancone due monete e si avviò svogliatamente verso l'uscita del Daemon Bar, seguito dai due colleghi.


I tre demoni camminarono in silenzio fino a un'ampia grotta all'interno della quale una gigantesca lavagna riportava la disposizione dei dannati del Nono girone. Ogni dannato era identificato da una lampadina led con stampato un codice alfanumerico composto dalle sue iniziali e da un numero progressivo.

«Vediamo di fare una cosa veloce, vorrei evitare di farci beccare da qualche demone guardiano. L’utente che cercate è il numero NE - 6.990.999.999» disse Kafresh accendendo la lampadina corrispondente.

«Wow, eccolo lì!» Esclamarono in coro Carryel e Aluarel.

«Andiamo!» Ordinò il demone idraulico dirigendosi verso l'uscita della grotta.

I due demoni lo seguirono nuovamente fermandosi davanti all'entrata di una grotta, un po' più piccola della precedente, nella quale il collega si era infilato velocemente.

«Allora! Avete intenzione di entrare e darmi una mano o pensate di starvene lì impalati come due idioti?» Si lamentò Kafresh dall'interno della grotta.

Carryel e Aluarel entrarono. La grotta era piena di tubi, attrezzature idrauliche e divise da lavoro adatte a ogni tipo di intervento idraulico. Kafresh indicò loro un grosso avvolgi tubo che dava l'impressione di essere piuttosto pesante. «Portate l'avvolgi tubo fino alla prigione del dannato, appena siete pronti uno di voi due torna da me srotolando il tubo e mi da l'ok all'apertura dell'acqua calda. Dobbiamo essere coordinati e veloci. Non ho nessuna intenzione di farmi beccare da Akenet o dalla sua nuova segretaria spilungona!»

I due si scambiarono uno sguardo perplessi. «E come facciamo a trovare il “nostro” dannato, scusa?»

Kafresh alzò gli occhi al cielo, ma era possibile che la maggioranza dei suoi colleghi fossero così tonti?

«Non avete vista la lucina con il numero? Date un'occhiata dall'alto e controllate dove risulta accesa la lampadina corrispondente, no?»

I due lo guardarono sbalorditi.

«Cavolo se è organizzato Akenet! Certo che a volte non sarebbe male avere un responsabile decente anziché un cialtrone incompetente come Krastet, quello lì non sarebbe capace manco di trovarsi il culo con due mani!» Sospirò Aluarel.

«Tra l'altro è pure un gran bel demone! Al contrario di quel viscido libidonoso di Krastet!» Aggiunse Carryel.

«Ve lo raccomando Akenet, soprattutto quando si incazza. Se avete finito di sospirare come due adolescenti umani davanti alla foto del loro attore preferito, potete gentilmente darvi una cazzo di mossa?» li esortò il demone idraulico.

Carryel fu il più veloce ad alzarsi in volo, lasciando alla collega l'incombenza di trasportare l'avvolgi tubo.

Aluarel sibilò un «Che razza di stronzo!» Afferrò l'attrezzatura e si alzò in volo anche lei.

Una volta individuata la luce accesa i due demoni atterrarono. Questa volta però fu più veloce Aluarel. «Srotolalo tu, io rimango qua ad aspettare che arrivi l'acqua calda!»

«E perché devo srotolarlo io?» Domandò imbronciato Carryel.

«Perché io l'ho trasportato fin qui! Muoviti, idiota!»

Il demone sbuffò ma obbedì.

Aluarel si sedette sull'avvolgi tubo guardandosi intorno ammirata. Il bianco del ghiaccio dava una sensazione di pulito e lontano i suoi colleghi lavoravano dando l'idea di sapere esattamente quale fosse il loro compito. Nessuno si scontrava in volo, come capitava nel suo girone dove non si capiva mai una mazza delle traiettorie. Notò addirittura una zona dedicata alla "pausa sigaretta" dove i colleghi si recavano ordinatamente e senza stazionare oziosamente.

Insomma, il Nono girone non sarà stato perfetto, ma rispetto al terribile casino che caratterizzava il resto dell'Inferno era indubbiamente un Paradiso dell'ordine. Certo, ogni tanto quando Akenet si sentiva annoiato cominciava a carbonizzare a caso i suoi collaboratori. Però era anche vero che era l'unica cattiveria gratuita che praticava e almeno si preoccupava di risanare i malcapitati di turno. Tra l'altro voci di corridoio dicevano che negli ultimi tempi l'Arcidiavolo aveva smesso di dedicarsi al suo passatempo, per quanto fosse ancora soggetto a scatti d'ira piuttosto devastanti. In ogni modo, forse valeva la pena di lasciare un curriculum alla spilungona stronza che aveva sostituto Adel. Sperando che l'Arcidiavolo non venisse mai a sapere né del furto dell'utente né che lei era coinvolta in prima persona.

Uno spruzzo di acqua calda la distrasse dalle sue riflessioni.

«Ok, diamo inizio all'operazione!» esclamò, afferrando il tubo e dirigendo il getto d'acqua sulla prigione di ghiaccio nella quale era sepolto il dannato NE - 6.990.999.999.

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Capitolo 15
*** Il dannato ***


Capitolo 15

Il dannato


Il dannato provava un odio profondo.

Odiava l'Inferno, il Paradiso, la vita, la morte, l'Arcidiavolo che lo aveva sepolto con la bocca piena di ghiaccio e le labbra sigillate per impedirgli di pregare, cosa inutile, perché non aveva più intenzione di dedicare un solo pensiero a Nostro Signore che, ormai era evidente, lo aveva abbandonato. Ma sopra ogni cosa odiava il demone che lo aveva trascinato all'Inferno. Quel lurido, piccolo bastardo riccioluto dall'aria soddisfatta.

Inizialmente era convinto che ci fosse stato un errore. Non era possibile che fosse finito all'Inferno proprio lui che per tutta la vita aveva agito come un buon cristiano e combattuto perché le leggi del Signore fossero rispettate.

Così aveva cercato di non arrendersi, di non perdere la fede e di pregare. Pregare e pregare. Sicuro che il Signore, sempre fosse lodato, avrebbe mandato i suoi messi a liberarlo, a dirgli che aveva superato l'ultima prova e che finalmente avrebbe potuto essere ammesso nel Regno dei cieli.

Ma passava il tempo e nulla cambiava, finché un giorno finalmente era stato trascinato fuori dalla sua prigione di ghiaccio. Aveva ringraziato il Signore per aver ascoltato le sue preghiere e si era preparato a lasciare quell'orrido luogo di sofferenza.

Ma quell'essere infernale dal corpo perfetto, dai lunghi capelli neri e setosi e gli occhi completamente neri e bui lo aveva apostrofato sgarbatamente. «Ho ricevuto delle lamentele dai tuoi vicini di dannazione e dai miei collaboratori. E francamente anche io ne ho le palle piene delle tue giaculatorie. Stiamo già scontando la nostra pena eterna, l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno è che un bigotto ipocrita, talmente marcio dentro da non aver ancora capito il motivo della sua condanna eterna, ci stracci i maroni tutto il Santo giorno con le sue nenie lamentose!»

«A quanto pare Nostro Signore lassù non è altrettanto insoddisfatto, visto che ti ha ordinato di liberarmi!» Replicò altezzosamente il dannato.

«Credo che tu non abbia inteso bene la situazione, merda umana. Non sono venuto né a liberarti né a portarti messaggi da parte del Padre, altrimenti mi chiamerei Gabriel e non Akenet. Sono venuto a dirti che se non la pianti di rompere le palle, ti riempio la bocca di ghiaccio, te la sigillo e poi ti sbatto dentro il ghiacciaio così in fondo che il freddo e il dolore che hai patito fino a oggi ti sembreranno una vacanza ai Caraibi. Sono stato chiaro?»

Il dannato lo guardò interdetto, non era sicuro di aver capito, soprattutto la parte sulla vacanza ai Caraibi.

«Ti ho chiesto se hai capito, ed è meglio per te che mi risponda di si.» Ringhiò Akenet.

«No! Non è possibile, io non capisco. Credevo di aver superato questa prova, ho pregato e pregato, senza mai lamentarmi, confidando che un giorno avrei ricevuto il mio premio per averlo servito fedelmente. Perché invece Nostro Signore si accanisce così tanto con me?»

Akenet di fronte allo sconcerto del dannato provò un moto di compassione. «Non conosci il detto, il pavimento dell'Inferno è lastricato di buone intenzioni? Forse se riflettessi di più su come ti sei comportato in vita, sul dolore che hai causato in suo nome a tanti innocenti, capiresti perché sei qui e smetteresti di illuderti.»

Il volto del dannato si contrasse in una smorfia di rabbia. «Tu, lurida bestia infernale, sporco traditore di Dio, non osare darmi lezioni di morale o io… »

Non finì la frase. Akenet mantenne fede alla sua minaccia seppellendolo nel ghiaccio, il più in fondo possibile. «Prova a parlare ora, stronzo!» Commentò soddisfatto.

Da allora era passato meno di un secolo. Il dannato ormai aveva perso ogni speranza di essere accolto in Paradiso e la sua fede aveva lasciato il posto a un odio profondo e viscerale verso il Creato e verso il suo Creatore.

Era intento a ripassare il solito elenco di tutto ciò che odiava quando accadde qualcosa. Un piacevole calore circondò il suo corpo. Un calore sempre più forte che un pò alla volta sciolse il ghiaccio che lo imprigionava.

Si sentì strattonare e tirare, qualcuno lo stava portando in superficie.

Pensando che si trattasse di nuovo di Akenet, il dannato anziché sentirsi sollevato si infuriò e si chiese cosa volesse ancora quell'essere diabolico.

Provò a ribellarsi, ma era troppo debole. La bocca era ancora sigillata, per cui non poteva neppure urlare e lamentarsi.

Si arrese e lasciò fare finché fu portato in superficie e buttato sgarbatamente sul pavimento ghiacciato.

Cadde sulle ginocchia, troppo debole anche solo per provare a reggersi in piedi.

«Alza la testa e fammi un cenno se riesci a capirmi!» ordinò una voce femminile.

Il dannato alzò la testa stupito, si aspettava di trovarsi di nuovo al cospetto del suo torturatore e invece era inginocchiato davanti a due demoni che lo osservavano con le braccia conserte. Indossavano entrambi una divisa nera con due bande rosse lungo le cuciture e alti stivali neri. Avevano gli occhi rossi, i capelli neri, le corna, orrende ali da pipistrello e due code che agitavano nervosamente. Si differenziavano solo per le fattezze, uno dei due era leggermente più minuto, aveva i capelli a caschetto e un fisico femminile. L'altro aveva i capelli rasati ai lati e corporatura maschile.

La demone fece un cenno con la mano sinistra e il dannato si rese conto che il sigillo alla bocca era sparito. Provò a parlare ma riuscì solo a tossire e vomitare ghiaccio. Quando si riprese la demone parlò di nuovo.

«Il momento della tua vendetta è arrivato, umano. Puoi approfittarne o perdere la tua unica occasione, cosa rispondi?»

«La mia vendetta contro chi, esattamente?» rantolò il dannato.

La demone sogghignò. «Contro chi ti ha portato qui, mi sembra ovvio!»

«Voi lo conoscete?»

I due demoni risero. «L'Inferno è piccolo, umano!»

«Perché mai dovreste usare un dannato per colpire uno dei vostri luridi colleghi!»

I due demoni smisero di ridere.

«Attento a come parli, umano!» sibilò il demone maschio sbattendo nervosamente la coda.

La collega gli posò una mano sulla spalla per calmarlo e si rivolse al dannato.

«Non siamo autorizzati a rivelarti nulla, ci penseranno i nostri superiori a spiegarti tutto!»

«Perché dovrei fidarmi di voi, come posso sapere che non si tratti di uno dei vostri sporchi giochi per divertirvi alle mie spalle?» domando il dannato provando ad alzarsi, ma ricadendo sulle ginocchia.

«Non puoi saperlo, ma se rinunci potresti pentirtene per il resto dell'eternità!» intervenne il demone maschio.

Il dannato esitò.

«Va bene, peggio per te. Ributtalo nella sua prigione, Carryel!» ordinò Aluarel.

Il demone si avvicinò al dannato che, terrorizzato all'idea di essere nuovamente imprigionato nel ghiaccio, allungò le braccia in un debole gesto di difesa e urlò «No, aspetta!»

Carryel lanciò uno sguardo alla sua compagna che gli fece cenno di attendere e domandò. «Allora, cosa hai deciso?»

Gli occhi del dannato emisero un bagliore carico d'odio..

«Voglio la mia vendetta!»

Lei sorrise. «Hai preso la decisione giusta, Nicolas Eymerich!»


#


Zoel osservò Eymerich dubbiosa.

Il dannato, o quel che ne restava, non aveva affatto un bell'aspetto. Con quei lunghi e radi capelli grigi, ancora bagnati e appiccicati alla testa e al collo, il corpo macilento e di un ributtante color giallino, il viso talmente magro che gli occhi iniettati di sangue sembravano voler scappare fuori dalle orbite, le ricordava il personaggio di un libro che aveva scritto un umano non molto tempo prima. Una saga infinita che parlava di anelli magici o qualcosa del genere. Tra l'altro il personaggio in questione, se non ricordava male, faceva anche una brutta fine, il che non era di grande auspicio, a pensarci bene.

«Siamo sicuri che questo rottame umano possa esserci d'aiuto?» Domandò a Krastet.

Erano riuniti a casa di Zoel, più esattamente nell'ufficio privato che l'arcidiavola utilizzava per lo più per pubblicare i suoi video hard su OnlyFans e accaparrarsi futuri utenti. L'arredamento era abbastanza sobrio, un armadio che conteneva i completini per le interpretazioni hard, una scrivania con un portatile Mac, una sedia ergonomica con pallone gonfiabile, color fuxia, che a detta di Zoel era fantastica per evitare il mal di schiena.

«Siete stai voi a ridurmi così e ora ve ne lamentate?» Sibilò Eimerich.

«In effetti Akenet ci è andato giù pesante con te. Non mi sembri in grado di aiutarci, forse non è stata una buona idea pensare di affidarti questo incarico» rispose Krastet.

Eymerich provò un brivido di terrore al pensiero di essere di nuovo sepolto nel ghiaccio e corse immediatamente ai ripari. «Vi sbagliate, mi basta un po' d'aiuto per riprendere le forze e l'incentivo di una adeguata ricompensa.»

«Non mi sembri in grado di contrattare umano!» rispose glaciale Krastet.

«A me invece sembra che siate voi a non avere molte alternative altrimenti avreste usato i vostri scagnozzi anzichè mandarli a liberare me!»

Krastet e Zoel rimasero senza parole. Il dannato aveva colto perfettamente il punto, non era ammissibile per gli Arcidiavoli, inviare dei demoni sulla terra per assassinare una donna umana e rapire il bambino che stava crescendo in lei. Non potevano in nessun modo fare a meno di lui.

«Allora?» li esortò il dannato.

Zoel si sedette sulla sedia ergonomica accavallando le gambe con aria sexy, ma rovinò completamente l'effetto perdendo l'equilibrio e scivolando a terra con le gambe all'aria.

Krastet rimase di sasso, Eymerich disgustato, Carryel e Aluarel si sforzarano di reprimere il benché minimo accenno di sorriso.

Zoel, si rialzò e cercando di mantenere una parvenza di dignità si appoggiò alla scrivania. «Molto bene. Krastet, esponi il piano all'umano.»

«Il piano è che lui e questi due vanno sulla terra e si prendono il bambino» rispose Krastet indicando Aluarel e Carryel.

«E questo voi lo chiamate piano?» domandò Eimerich sarcastico. «Mandare un dannato nel mondo dei vivi a rapire un bambino che non si sa chi sia né come e dove trovarlo?»

I due Arcidiavoli si scambiarono uno sguardo leggermente imbarazzato, l'umano aveva perfettamente ragione, in effetti non avevano mai discusso i dettagli del rapimento del figlio di Azaele.

«Krastet stava giusto per esporti i dettagli del piano» rispose Zoel cercando di fare la sostenuta e di fatto rimbalzando su Krastet l'onere di inventarsi qualcosa di minimamente sensato.

Seguì un imbarazzante silenzio.

Eymerich rimase in attesa per un minuto buono, poi decise che se voleva cogliere l'occasione per fuggire da quel luogo di pena e dolore eterni, doveva aiutare quei due imbecilli a fornirgli le informazioni necessarie per compiere la missione che volevano affidargli. In fondo quando era vivo gli interrogatori erano il suo pane quotidiano.

«Prima di tutto sarebbe utile sapere il nome del bambino»

«Ecco... a dire il vero non sappiamo se abbia già un nome!» rispose Zoel imbarazzata.

«Come sarebbe a dire?»

«Sarebbe a dire che non è ancora nato!» rispose Krastet.

L'inquisitore lo guardò senza capire. «Scusate ma se non è ancora nato, come pensate che possiamo rapirlo?»

«Devi tirarlo fuori dalla pancia della madre!» rispose Krastet come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

Per quanto Eymerich non fosse mai stato un esempio di sensibilità verso il suo prossimo, persino per lui fu troppo pensare di poter commettere un simile orrore. «Ma siete completamente pazzi, come potete pensare di chiedermi una cosa del genere? E poi un bambino strappato dal ventre della madre non potrebbe mai sopravvivere!»

«Non è un bambino comune, è il figlio di una strega e di un diavolo!» spiegò Zoel.

Eymerich rimase interdetto. «State forse dicendo che Lucifero è riuscito a generare un figlio?»

«Non esattamente!» ridacchiò Zoel.

«Ma chi altro, avrebbe potuto sfidare Dio in questo modo?» domandò l'inquisitore sconcertato.

Zoel lo guardò dritto negli occhi. «Qualcuno che conosci molto bene Nicholas Eymerich, quattrocento anni fa ha trascinato la tua anima quaggiù!»

Il viso di Eymerich si trasformò in una maschera d'odio. «Azaele!»

«Proprio lui!» intervenne Krastet. «Ricordi la sua strega? L'ha ritrovata e ci ha fatto pure un figlio!»

«Pare che insieme siano molto felici!» aggiunse Zoel sogghignando.

Al solo pensiero che il demone che lo aveva trascinato all'inferno e la sua strega maledetta potessero non solo essersi ritrovati, ma addirittura essere felici, anche l'ultima remora di Eymerich scomparve dal suo animo nero.

In fondo il bambino non era che una creatura empia e mostruosa, figlia di altrettanti mostri. Se anche fosse morto non sarebbe stato altro che un bene.

E mentre rifletteva sulla fortuna di avere un'occasione di vendetta, improvvisamente la verità gli apparve limpida come l'acqua di un ruscello di montagna. Nostro Signore lassù non lo aveva mai abbandonato, al contrario! Lo aveva inviato all'inferno, perché un giorno potesse essere chiamato per l'ultima volta a difendere la Cristianità, prima di essere accolto con tutti gli onori nel Regno dei Cieli. Crollò in ginocchio chiedendo mentalmente perdono al Signore per aver, momentaneamente, perduto la fede. Krastet allungò una mano per aiutarlo a rialzarsi, ma l'inquisitore fece cenno di no. La consapevolezza che presto avrebbe ricevuto il suo premio gli fece tornare le energie. Inspirò con forza e si alzò in piedi.

«Non lo saranno ancora per molto» sibilò con un ghigno crudele.

Krastet e Zoel osservarono la luce carica di odio negli occhi del dannato e si scambiarono uno sguardo soddisfatto.

Tutto sommato non era stata affatto una cattiva idea coinvolgere l'inquisitore.



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Capitolo 16
*** L'attacco ***


Capitolo 16

L'attacco



Mentre percorreva il sentiero che portava al Bed & breakfast di Renzo, Alba fu presa da un'improvvisa malinconia.

Il fatto che Azaele stesse per incontrare due vecchi amici umani, le aveva fatto venire in mente Adel, facendola sentire in colpa per come l'avevano abbandonata a Roma sparendo da un giorno all'altro senza darle alcuna spiegazione. Malgrado sapesse che era una spia di Akenet, aveva finito per affezionarsi alla demone che in più di un'occasione si era rivelata simpatica e gentile. Ricordava ancora la notte in cui Azaele era stato impegnato in un ritiro multiplo e lei era stata tormentata per ore da una nausea fortissima. Adel le aveva fatto compagnia tenendole la mano e cercando di distrarla con una serie di aneddoti tragicomici sulla sua vita infernale, fino a quando non si era ripresa.

Avrebbe voluto parlarle per provare a convincerla ad abbandonare Akenet, ma Safet e Gabriel erano stati irremovibili, la demone era una collaboratrice del nemico e almeno per il momento parlarle apertamente sarebbe stato troppo rischioso.

Eppure era sicura che anche Adel si fosse affezionata a loro e il pensiero che potesse essersi sentita tradita e abbandonata la turbava, perché le ricordava il dolore provato per la brusca fine dell'amicizia con Arianna. Alba aveva provato più volte a chiamarla e inviarle dei messaggi su whatsapp, ma non avendo mai ricevuto risposta alla fine si era dovuta arrendere all'evidenza, la sua antica amica non era interessata a riprendere i rapporti con lei.

E ora, rendersi conto di aver trattato Adel nello stesso modo in cui Arianna aveva trattato lei, la faceva sentire a disagio e estremamente triste.

Azaele si accorse della sua improvvisa malinconia e per cercare di distrarla le domandò «Ti ho mai raccontato di come ho salvato Catherine dal commettere il più grande errore della sua vita?»


#

Alba stava ancora ridacchiando per il racconto del matrimonio mancato di Catherine, quando varcarono la soglia del Bed & breakfast. Seduti a uno dei tavoli della sala apparecchiata per la colazione, un ragazzo alto e nero, sui ventisei anni, e una ragazza dai capelli rossi, stavano gustando cappuccino e cornetti mentre chiacchieravano con una giovane sulla trentina molto somigliante al ragazzo.

«Yetunde!» chiamò Azaele allegramente.

I tre ragazzi si voltarono.

«Azaele, sei proprio tu!» Rispose il ragazzo sorridendo. La ragazza dai capelli rossi si lanciò tra le braccia del demone. «Ciao cretino, sono tanto felice di rivederti!»

Azaele si sciolse dall'abbraccio un po' imbarazzato.

Yetunde fece un cenno all'altra ragazza che li osservava incuriosita.

«Vieni Alissa, finalmente ti posso presentare Azaele e Michele!»

Alissa si avvicinò con aria trionfante. «Quindi esistete davvero, però siete persone normali, proprio come immaginavo!»

Azaele ridacchiò «Dipende da cosa intendi».

Yetunde lanciò uno sguardo a Renzo che dietro il bancone del bar era impegnato a lavare le tazze, fingendo di non origliare la loro conversazione. «Vi va, di fare una passeggiata?» propose «Qui intorno la campagna sembra molto bella!»

«Si, è meglio!» approvò Michele.

La piccola comitiva salutò Renzo e si incamminò lungo uno dei sentieri che si dipanavano dal Bed & breakfast verso il bosco.

Azaele era elettrizzato, non vedeva l'ora di presentare Alba a Yetunde e Catherine. Appena furono abbastanza lontani per poter parlare liberamente, la prese per mano e si fermò di fronte ai due ragazzi. «Lei è Alba, la mia fidanzata!» disse orgoglioso. Alba sorrise timidamente.

Yetunde trasecolò. «Ma tu sei proprio la "famosa" Alba?»

«Quella che Aza, cercava da secoli?» domandò Cathy altrettanto stupita.

«Esatto! Ci siamo ritrovati circa un anno fa!» rispose il demone letteralmente al settimo cielo, stringendo la mano di Alba.

«Quello è … vostro figlio?» domandò Cathy.

«Nostra figlia, è una bambina!» Annunciò orgoglioso Azaele accarezzando delicatamente il pancione della fidanzata.

«Ma non è pericoloso, cioè non fraintendetemi, però… Mi sembra una cosa tipo Rosemary's baby!» commentò Yetunde perplesso.

Azaele scoppiò in una allegra risata, mentre Alba diventò rossa.

Alissa intervenne imbarazzata. «Yetunde! Ma che stupidaggini dici, sei impazzito?»

«Non ha tutti torti, in realtà» rispose Alba che dopo un primo momento di imbarazzo cominciava a vedere l'aspetto buffo della situazione. «Forse dovresti spiegare ad Alissa chi sono esattamente Azaele e Michele, non credi?»

Yetunde sbuffò. «Lo sa già, è solo che non vuole credermi!»

«Dovrei credere che Azaele è un diavolo, Michele un angelo e Alba una strega? Dai ragazzi ora basta con queste sciocchezze, siamo tutti adulti e questo non è una manga per ragazzine!» rispose Alissa ridendo.

Non aveva neanche finito la frase che di fronte a lei atterrarono un demone tarchiato e una demone dai capelli biondi e gli occhi azzurri. I due apparivano piuttosto nervosi.

Alissa, bianca in volto, si girò verso Yetunde che commentò allargando le braccia. «Appunto!»

Sakmeel diede loro un'occhiata distratta e rivolgendosi ad Azaele e Michele spiegò senza tanti giri di parole. «Krastet e Zoel hanno mandato una squadra di demoni a cercare Alba! Sono già in marcia!»

«È meglio rientrare subito», intervenne Elena, «la barriera protettiva non è ancora completa e cominciamo ad essere lontani dal Bed & breakfast!»

Azaele prese in braccio Alba e alzandosi in volo ordinò «Michele! Tu, Sakmeel e Eowynziel prendete i ragazzi. Elena, torna indietro e sbrigati a completare la barriera!»

«Azaele, che cosa succede?» domandò Yetunde. «Ti prego, non dirmi che siamo coinvolti in una specie di faida infernale!»

«Temo di sì, Yetunde, mi spiace!» Rispose Michele prendendolo in braccio e aprendo le ali. «Ma forse siete ancora in tempo per andarvene».

Un tuono squarciò il silenzio della campagna circostante. Sotto di loro si aprì una voragine dalla quale si innalzarono una decina di demoni armati di spade infuocate e protetti da armature nere.

«Santo cielo, come la vedo male…ma male, male!» Piagnucolò Yetunde.

Michele aumentò la velocità e raggiunse Azaele. «Riportiamo a terra Yetunde e gli altri. I demoni non sono interessati a loro, non li attaccheranno!»

«Ma sei matto?» Si lamentò Yetunde terrorizzato.

«Va bene!» rispose Azaele. «Alba, tu apri il fuoco, fagli vedere con chi hanno a che fare!»

«Cosa? No aspettate!» implorò Yetunde.

Ma Michele non aveva tempo di discutere. Fece un cenno a Sakmeel e Eowynziel che capirono al volo e lo seguirono a terra.

Le prime palle infuocate di Alba intanto cominciarono a colpire i demoni che presi alla sprovvista si fermarono senza sapere bene come reagire.

Fu in quel momento che un cavaliere uscì dalla squarcio sul terreno. Era vestito di nero, indossava un cappuccio che non permetteva di vederne il volto e impugnava una spada infuocata. «Non fermatevi, codardi!» ordinò ai demoni.

«Ci mancava solo il re dei Nazgul!» commentò Azaele.

Dietro il cavaliere che continuava ad inveire contro i demoni, comparve un gatto nero con una stella bianca sulla fronte. Il piccolo felino si guardò intorno e poi corse silenziosamente verso Eowynziel.

«Ci stanno circondando!» urlò Alba senza smettere di lanciare fuoco e fiamme ai demoni che pressati dagli ordini del misterioso incappucciato, erano tornati all'attacco.

«Michele!» chiamò Azaele.

«Siamo qui Aza!» rispose Michele indicando Sakmeel e respingendo un demone con un colpo di spada. «Dobbiamo atterrare subito, sono troppi per difenderci in volo!»

Azaele seguì il consiglio di Michele e atterrò ai piedi di una collina rocciosa.

Un attimo dopo fu raggiunto da Michele e Sakmeel, che almeno per il momento erano riusciti a respingere l'attacco dei nemici. Il demone porse ad Azaele la spada di Eowynziel. «È andata a cercare aiuto, a lei ora non serve e tu sei disarmato!» spiegò Sakmeel anticipandone la domanda.

«Almeno qui avremo le spalle coperte!» considerò Alba guardandosi intorno.

«Non solo!» Rispose Azaele accovacciandosi e premendo le mani a terra. Immediatamente si innalzò un muro di roccia.

«Ottima idea» approvò Sakmeel, «così saremo ancora più protetti!»

«Si, ma comunque non possiamo restare qui in eterno, abbiamo bisogno di aiuto» intervenne Michele.

«Yetunde e le ragazze sono riusciti a scappare?» domandò Alba preoccupata.

«Si, come immaginavo i demoni non li hanno considerati!» La tranquillizzò Michele. «A proposito, Aza, ma secondo te chi diavolo può essere quella specie di Nazgul?»

Azaele, nonostante la drammaticità della situazione non riuscì trattenere una risatina.

«Ti sembra il momento di ridere?» si innervosì l'amico.

«Scusa, è solo che lo abbiamo chiamato nello stesso modo!»

«Forse Merlino conosce l'identità del cavaliere nero, è saltato fuori da quella voragine subito dietro di lui, immagino lo stesse seguendo!» intervenne Sakmeel.

«Merlino?» domandò Alba guardandosi intorno preoccupata, il suo famiglio non si vedeva da nessuna parte.

«È andato a cercare aiuto insieme a Eowynziel» la rassicurò Sakmeel.

«E meglio che ci prepariamo, stanno arrivando! E sono raddoppiati» avvertì Michele fissando cupo il cielo.


#


Merlino, stretto tra le braccia di Eowynziel, miagolò con insistenza.

La demone, che sfrecciava nel cielo di Roma alla ricerca di Sael nella speranza che sapesse dove trovare Safet o Razel, diede un'occhiata al famiglio e domandò «Ne se sei sicuro?»

Il gatto miagolò ancora.

La demone sterzò di colpo cambiando direzione. «Allora dobbiamo avvertire Adel!»

Merlino le poggiò le zampine sul petto e miagolò esterrefatto.

«Bé, ovvio che lo avvertirà, è proprio per quello che voglio andare da lei!»

Il gatto nero le rispose con un miagolio poco convinto.

«Io invece sono certa che sia un'ottima idea! Akenet arriverà e si riprenderà il suo dannato».

Eowynziel raggiunse l'appartamento di Alba e atterrò sulla terrazza, una scritta infuocata apparve sui vetri della cucina. «Si, ma prima ci ammazzerà tutti per prendersi la bambina di Alba!» Merlino era saltato a terra riprendendo il suo aspetto demoniaco.

«Oh, no. Non lo farà, vedrai. Lui non è mica come Zamesh!»

«Ah, no? È un Arcidiavolo, Eowynziel!»

«Si, ma non sarebbe mai capace di uccidere Alba per rapire la bambina!» rispose lei con convinzione.

Merlino, ci penso su. In effetti Akenet era l'unico Arcidiavolo che possedesse ancora un po' di onore, probabilmente non sarebbe arrivato al punto di uccidere Alba. Forse, per una volta, la ragazza di Sakmeel non aveva avuto una pensata stupida come suo solito.

«D'accordo, allora tu parli con Adel e io continuo a cercare Sael e Lord Safet» rispose Merlino riprendendo la forma felina e saltando da un balcone all'altro.

Eowynziel entrò nell'appartamento senza accorgersi che sulla terrazza aveva fatto capolino uno dei demoni comandati dal misterioso incappucciato.


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Adel sedeva affranta sul suo letto. O meglio su quello che per anni era stato il letto di Arianna e che da qualche mese era diventato il suo. Si guardò intorno tristemente. La camera era molto cambiata da quando era stata occupata dalla nuova proprietaria. Adel con l'aiuto di Sael e Eowynziel, aveva dipinto le pareti, un tempo bianche, con tinte pastello di diversi colori. Aveva appeso fotografie di bellissimi paesaggi naturali e coperto il pavimento di marmo con un colorato tappeto intrecciato a mano, circondandosi di tutta la bellezza di cui non poteva godere all'Inferno.

Nonostante dovesse tornare regolarmente in sede per relazionare ad Akenet, aveva passato dei mesi felici in cui aveva iniziato a pensare che Alba e gli altri l'avessero accettata e inserita nel loro gruppo e sebbene, ogni tanto, avesse la sensazione che omettessero di dirle qualcosa, non si sarebbe mai aspettata che da un giorno all'altro potessero sparire tutti nel nulla. Erano passati ormai due giorni da quando era tornata a casa e notando uno strano silenzio aveva girato una stanza dopo l'altra rendendosi conto con sempre maggiore sgomento che i suoi coinquilini l'avevano abbandonata.

L'aver realizzato che in realtà non si erano mai fidati di lei e che probabilmente l'avevano addirittura usata per depistare Akenet, l'aveva gettata in uno sconforto tale che aveva passato due giorni a piangere e bere la cioccolata angelica che Michele, nella fretta di andare via, aveva scordato di portare con sé.

Alla fine aveva realizzato che la cosa che la faceva soffrire di più non era tanto aver fallito la sua missione, quanto l'aver scoperto che quelle persone a cui aveva finito per affezionarsi sinceramente, non l'avevano mai realmente accolta tra loro e questa consapevolezza l'aveva fatta sentire terribilmente sola e abbandonata. A questo dolore poi si aggiungeva l'ulteriore sconforto di dover confessare ad Akenet di aver deluso la fiducia che aveva riposto in lei, cosa che la rattristava molto più di quanto la spaventasse la punizione che gli avrebbe assegnato l'Arcidiavolo.

Era talmente immersa in questi pensieri che non si accorse dell'arrivo di Eowynziel che entrò in camera e la salutò con un sorriso felice. «Speravo tanto di trovarti!»

Adel la guardò immusonita. «Ne dubito, visto come mi avete voltato tutti le spalle da un giorno all'altro!»

Eowynziel si imbarazzò un po'. «Mi dispiace, ma anche tu potevi dirlo che lavori per Akenet!»

Adel alzò gli occhi al cielo. «Si certo, come ho fatto a non pensarci!»

«Comunque non importa più, anzi è meglio!» disse la demone bionda sedendosi accanto all'amica.

«Meglio, in che senso?»

«Bé... Che è meglio!» rispose Eowynziel.

Adel sospirò è riformulò la domanda.

«Ziel, perché prima non andava bene che lavorassi per Akenet e ora invece pensi che sia una cosa positiva?»

«Perché siamo stati attaccati da dei demoni sotto il comando di un dannato liberato da Krastet e Zoel!»

Adel si alzò dal letto sconvolta e prese l'amica per le spalle. «Cosa? Ma quando, dove?»

«Poco fa, in un Bed & breakfast dalle parti di Monterotondo. Ti prego vola da Akenet e avvertilo che il dannato è uno dei suoi!»

«Ma come hanno potuto fare una cosa del genere senza che se ne accorgesse, Ziel, sei sicura?»

«Merlino lo ha riconosciuto. È un inquisitore di nome Eymerich che quattrocento anni fa ha ucciso Alba e ora vuole strapparle la bambina dalla pancia per portarla all'Inferno!»

«Ma è orribile!» Adel non poteva credere alle sue orecchie.

«Ti prego, devi tornare da Akenet. Eymerich ci ha attaccato di sorpresa, i demoni al suo servizio sono troppi e non riusciamo a trovare né Safet, né Gabriel! Alba e Azaele possono contare solo su Michele e Sakmeel»

Adel non se lo fece ripetere, aprì le ali e volò fuori dalla finestra. Eowynziel sospirò di sollievo, tornò sulla terrazza e si gettò alla ricerca di Razel senza accorgersi del demone nero che si era lanciato all'inseguimento di Adel.


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Adel volava a perdifiato inseguita dallo scagnozzo di Eymerich che aveva inutilmente cercato di seminare dal momento in cui si era resa conto di essere inseguita.

Nonostante la paura, era fermamente decisa a raggiungere Akenet e avvertirlo di quello che stava succedendo. Era sicura che sarebbe intervenuto a fermare l'orrore che stava cercando di perpetrare l'inquisitore.

Scansò colleghi, ostacoli e qualunque altra cosa si frapponesse tra lei e il suo capo, ma raggiunto il nono girone si rese conto che Akenet non era seduto sul suo trono come era solito fare a quell'ora. L'attimo di indecisione che ne seguì permise al suo inseguitore di raggiungerla, afferrarla per le spalle e buttarla a terra.

Adel urlò e cominciò a lottare per liberarsi.

«Sta ferma, stupida mocciosa!" l'apostrofò lo scagnozzo cercando di bloccarla. Adel non si arrese, si dimenò con tutta la sua forza finché non riuscì ad assestare un calcio in mezzo alle gambe del demone che si lamentò e perse la presa permettendole di divincolarsi, approfittarne per affibbiargli un altro calcio, questa volta in piena faccia, e scappare verso la dimora di Akenet chiamandolo con tutto il fiato che aveva ancora nei polmoni.

Era ormai a pochi metri dall'abitazione dell'Arcidiavolo, quando la porta si aprì e Akenet comparve sulla soglia guardandosi intorno con aria perplessa. Era a piedi nudi e indossava solo un paio di jeans. Adel aveva preso un tale slancio che non riuscì a fermarsi in tempo finendo dritta tra le sue braccia.

«Che diavolo combini Palletta, ti sembra il caso di urlare in questo modo?» Domandò l'arcidiavolo avvolgendola in un abbraccio più o meno involontario.

Adel si ritrovò schiacciata contro il petto muscoloso di Akenet e a pochi centimetri dal suo viso, cosa che le provocò un turbamento tale che per alcuni secondi riuscì solo a pensare che il suo capo aveva un corpo perfetto, un viso bellissimo e un modo di stringerla tra le braccia che avrebbe preferito di gran lunga sperimentare in un'altra situazione che, possibilmente, comprendesse un ampio letto matrimoniale e lenzuola di seta color crema.

Il demone che la inseguiva si esibì in una perfetta inversione a U e si defilò prima che Akenet potesse accorgersi della sua presenza.

Una voce femminile, morbida e sensuale chiamò, l'arcidiavolo. Adel si girò e vide Atriel, una demone decisamente bella, dai nerissimi occhi a mandorla e lunghi e lisci capelli color ebano. Era poggiata languidamente allo stipite della porta della camera da letto, completamente nuda, e li osservava con un sorrisetto malizioso.

«È il tuo nuovo giocattolino?» Domandò, indicando Adel.

«Non sono il giocattolino di nessuno!» Rispose arrabbiata la demonietta cercando di liberarsi dalla stretta del suo capo.

«È la mia segretaria» rispose Akenet impassibile lasciandola andare.

«Credevo fosse quella spilungona con la puzza sotto il naso!» ribatté Atriel.

«Quella è “solo” una sostituta!» precisò l'arcidiavolo rientrando in casa.

«Devo parlarle signore è estremamente urgente!» Intervenne Adel svolazzandogli intorno.

Akenet con un cenno della testa invitò la sua ospite ad andare via.

La demone rientrò in camera da letto, si rivestì e salutò. «Alla prossima e… buon lavoro a entrambi!»

«Alla prossima, Atriel» rispose lui fingendo di non cogliere l'ironia.

Atriel volò via sorridendo. Lei e Akenet erano trombamici da parecchi millenni, nel corso dei quali l'Arcidiavolo si era ben guardato dall'interrompere una scopata solo per sentire cosa avesse da dire una “segretaria”.

Ma quello che trovava più divertente era che mai, decisamente mai, l'amico si era preoccupato di sottolineare che una segretaria fosse “solo” la sostituta di un'altra!


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Akenet chiuse la porta, andò a sedersi sull'ampio e comodo divano che arredava il salotto, incrociò le lunghe gambe e dopo essersi acceso una sigaretta si rivolse finalmente ad Adel. «Hai interrotto una scopata particolarmente soddisfacente, spero per te che sia davvero urgente!»

Adel si prese un attimo per trovare il giusto modo di comunicare la notizia. Si guardò intorno notando un basso elettrico e un amplificatore a lato del divano, una scaffalatura colma di vinili originali, una serie di poster tra i quali spiccavano la copertina di “Born to run” di Springsteen e di “Quadrophenia” degli Who. Davanti al divano si trovava un tavolino di cristallo sul quale erano poggiati alcuni libri di vari autori, tra cui il giapponese Murakami Aruki. Infine notò alcuni ripiani colmi di cofanetti di DVD che comprendevano la raccolta completa dei film di John Carpenter e quella dei film dei Fratelli Marx.

«Se hai finito di ficcare il naso nei miei hobby, gradirei sapere cosa sei venuta a fare a casa mia e ti avverto, non intendo ripeterlo una terza volta!»

La freddezza nel tono di Akenet la riportò immediatamente all'ordine. «Azaele e Alba sono stati attaccati Signore. Sembra che Krastet e Zoel vogliano assassinare Alba per rapire il bimbo nel suo grembo!»

L'Arcidiavolo la fissò esterrefatto, poi un sorriso diabolico apparve sul suo volto. «Mi stai veramente dicendo che per una volta quei due imbecilli hanno avuto un'idea intelligente?»

A quelle parole, Adel si sentì come se il mondo le stesse crollando addosso.

«Ma come può dire una cosa simile?» Sbottò. «Proprio lei che non molto tempo fa rimpiangeva i tempi in cui era un vero guerriero, non si vergogna di approvare un'azione così riprovevole e disgustosa? Mi sta davvero deludendo, Signore!»

Akenet, gelato dalla furia della sua segretaria rimase senza parole. Ma dopo pochi istanti si riprese e sporgendosi verso di lei replicò crudelmente «In quale degli Universi alternativi di un possibile Multiverso, ritieni che mi debba interessare il giudizio di una serva, Palletta?»

«In quello dove non si comporta come uno stronzo totale!» rispose lei con gli occhi umidi di lacrime di rabbia, infischiandosene di aver appena firmato la sua probabile condanna a morte.



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Capitolo 17
*** La Furia di Akenet ***


Capitolo 17

La furia di Akenet




Akenet osservava Adel esterrefatto. Nella sua lunga vita, nessuno aveva mai osato dargli dello stronzo e men che meno dello stronzo totale. Per non parlare del fatto che la demonietta aveva avuto il coraggio di sbattergli in faccia la pura verità senza tanti giri di parole. Perché in fondo, dentro di sé, Akenet sapeva che assassinare la compagna umana di Azaele per rapire la creatura che ancora portava in grembo, era una porcheria indicibile.

Allo stupore poi si aggiunse la scoperta di non provare alcun desiderio di incenerirla. Al contrario vederla tenergli testa con gli occhi fiammeggianti di rabbia, il labbro inferiore spinto in fuori a formare un broncio delizioso e le piccole mani strette a pugno, gli stava provocando un inconsueto sfarfallio allo stomaco e l'irresistibile desiderio di strapparsi di dosso i jeans, sdraiarla sul divano, riempirla di baci e scoparla come se non ci fosse stato un domani, abbandonando al loro destino Krastet, Zoel e l'Alfiere del male di cui in quel preciso momento non poteva fregargliene di meno.

L'orgoglio di Arcidiavolo però ebbe la meglio. «Ti consiglio di uscire da qui prima che sia troppo tardi» suggerì con una calma che spaventò Adel.

Ignara dei veri sentimenti dell'Arcidiavolo la demonietta arretrò di un passo, ma prima di arrendersi del tutto volle fare un ultimo tentativo per convincere il suo superiore ad agire. «C'è un'altra cosa che deve sapere. I demoni mandati da Krastet e Zoel sono comandati da uno dei suoi utenti, l'inquisitore di nome Eymerich!»

Se Adel avesse lanciato una bomba incendiaria sul basso elettrico di Akenet, probabilmente avrebbe provocato una reazione solo di poco più furiosa: il suo volto divenne terreo, gli occhi si strinsero fino a ridursi a due lame rosse, le mani si trasformarono in artigli neri. «Cosa. Stai. Dicendo?» Sibilò con una voce demoniaca che Adel non gli aveva mai sentito prima.

«È la verità. Eowynziel era presente all'attacco e lo ha visto!» Ribatté lei cercando di non abbassare lo sguardo, non era il momento di mostrarsi impaurita o insicura

L'Arcidiavolo si alzò dal divano, afferrò i suoi anfibi, li infilò, si diresse con una calma solo apparente alla scrivania, accese il portatile e cercò il nome dell'utente Eymerich sul gestionale che controllava i movimenti dei dannati. Ci fu un attimo di silenzio, poi emise un ringhio terrificante e con un gesto della mano spalancò la porta d'ingresso.

«Seguimi!» ruggì.

La demone non se lo fece ripetere.

Akenet volò fino alla posizione del dannato NE - 6.990.999.999, atterrò e verificò attentamente il ghiaccio che ricopriva la prigione.

«È recente… qualcuno ha sciolto il ghiaccio e richiuso dopo aver fatto uscire Eymerich, e dal momento che non sono stato io, può essere stato soltanto un altro!» Sentenziò.

Adel provò un brivido di paura, nel viso di Akenet si leggeva chiaramente il tragico destino del demone idraulico.


#


Kafresh era intento a mettere in ordine la grotta “magazzino utensili”, quando sentì Akenet chiamare il suo nome. Uscì e nel vedere l'Arcidiavolo precipitarsi su di lui, capì all'istante di essere stato scoperto. Impallidì sentendosi perduto ma non fuggì, nella speranza che non mostrarsi codardo lo avrebbe aiutato a ottenere un minimo di pietà. Ma Akenet era troppo furioso per apprezzare il moto d'orgoglio del demone idraulico, la sua rabbia devastante travolse il povero Kafresh crocifiggendolo contro il muro della grotta mentre tutte le sue attrezzature prendevano fuoco in un turbinio di fiamme e scintille.

«Tu, lurido traditore!» ringhiò l'Arcidiavolo, fuori di sé dalla rabbia, schioccando le dita e avvolgendo il demone in un fiotto di lava infernale.

Kafresh urlò di dolore e terrore mentre la lava bruciava ogni centimetro del suo corpo.

Adel terrorizzata si lanciò in mezzo al fuoco e si frappose tra il demone e Akenet. «La prego signore torturando Kafresh non otterrà nulla, a parte farci arrivare in ritardo!»

Akenet che ancora non ragionava, strinse il collo di Adel in una morsa terribile e senza rendersene conto diede fuoco anche a lei.

Le urla di Adel si unirono a quelle di Kafresh. «Mi lasci Signore, mi sta uccidendo!»

Akenet a quelle parole riprese il controllo di sé, le lasciò andare il collo e spense le fiamme che la circondavano risanandola completamente.

Adel cadde a terra priva di forze. L'arcidivolo, preoccupato, si inginocchiò davanti a lei e le poggiò una mano sulla guancia rigata di lacrime. Si sentiva terribilmente in colpa per aver perso il controllo al punto di rischiare di ucciderla.

«Stai bene?» Domandò preoccupato.

Lei annuì, poi non riuscendo più a sopportare i lamenti strazianti del collega, cercò di riportarlo del tutto alla ragione. «Kafresh era un buon guerriero. La imploro, Signore, gli permetta di riparare al suo errore portandolo con noi. Farlo soffrire così, non ci aiuterà a recuperare Eymerich!»

Forse furono le lacrime di Adel, o forse la verità contenuta nelle sue parole o magari entrambe le cose. Fatto sta che Kafresh si ritrovò improvvisamente a terra, libero dal fuoco e dal dolore.

Akenet lo afferrò per i capelli e lo tirò su avvicinando il suo volto a quello pallido e terrorizzato del demone.

«Non avrai un'altra possibilità, lo sai vero?»

«Si, Signore!»

Akenet lo lasciò andare.

«Muovetevi!» Ordinò dirigendosi verso l'uscita della grotta senza riuscire a guardare Adel negli occhi.

Kafresh le rivolse uno sguardo grato. «Come hai fatto?» Sussurrò debolmente.

«Non lo so. A volte mi ascolta!» rispose lei ancora pallida.


#


Azaele era molto preoccupato per Alba che cominciava ad essere stanca, era evidente dalle palle di fuoco che lanciava contro i demoni ormai diminuite sia di grandezza che di potenza. Anche la sua mira era peggiorata e a causa di questo era stata costretta a salire sopra le mura del fortino di roccia improvvisato da Azaele, uscendo pericolosamente allo scoperto pur di continuare a colpire i nemici che non sembravano ancora stufi di attaccarli malgrado continuassero ad essere respinti.

Anche lui era notevolmente stanco perché, oltre a difendere se stesso, più di una volta era dovuto intervenire per allontanare i demoni che cercavano di sorprendere Michele alle spalle. Quei codardi lo attaccavano sempre in due o tre contemporaneamente e l'angelo ormai iniziava a dare segni di cedimento.

Quanto a Sakmeel, era stato ferito e anche se riusciva ancora a tenere in mano la spada, non era più in grado di combattere come prima.

Azaele prese in considerazione l'idea di sorprendere il nemico tentando una sortita dal fortino di pietra e stava per comunicare la sua decisione a Michele quando la situazione precipitò di colpo. I demoni, obbedendo a un ordine dell'incappucciato, si riunirono e attaccarono Alba tutti insieme circondandola prima che Azaele, Michele e Sakmeel avessero il tempo di impedirlo.

Azaele si lanciò in difesa di Alba, ma fu spinto contro le rocce da un turbine di fuoco e fiamme che tranciò in due il piccolo esercito di demoni e raggiunse Alba in meno di un secondo.

La giovane strega scomparve tra le ali di un demone alto, nero e furibondo che Azaele riconobbe immediatamente. «Ohmmerda, quello è...».

Una mano lo trattenne stringendogli una spalla. «Non aver paura per lei, ora ci pensa Akenet» cercò di rassicurarlo Adel.

Azaele però non si sentiva affatto rassicurato dall'idea della sua ragazza stretta tra gli artigli di uno degli Arcidiavoli più forti dell'Inferno.


#


Alba non si accorse di Akenet finché non si ritrovò stretta in mezzo alle sue ali e con un artiglio nero che le copriva la pancia. Per un attimo il pensiero che le avrebbe squarciato il ventre la terrorizzò e provò a divincolarsi.

Il demone la strinse più forte, facendo attenzione a non far male né a lei né alla creatura che aveva dentro di sé. «Stai calma!» le ordinò con un tono di voce fermo e tutto sommato rassicurante, poi ruggì degli ordini in una lingua incomprensibile. I demoni interruppero l'attacco confusi e indecisi.

L'incappucciato imprecò contro di loro e frustò il cavallo con cattiveria per spingerlo ad avvicinarsi alle rocce in modo da trovarsi di fronte all'Arcidiavolo.

«Come osi proteggere la strega e il suo abominio? Lasciala andare immediatamente, ho ordini precisi da parte di Krastet e Zoel: la strega deve morire!».

Akenet si fece una risata. «Come al solito non hai capito niente, Eymerich! Io, sono l'Arcidiavolo Responsabile del Nono girone, quello più vicino a Lucifero. Questo significa che dopo di lui, sono il più alto in comando, per cui me ne sbatto altamente di quello che ti hanno ordinato quei due imbecilli. Ti è chiaro?»

I demoni neri circondarono silenziosamente Eymerich.

«Mi è chiaro il motivo per cui sei al comando del Nono girone: non solo sei un traditore di Dio, ma anche dei tuoi simili! E ora spostati e fammi portare a termine la missione!» osò replicare Eymerich per nulla impressionato.

«Fottiti, merda umana, e la prossima volta ricordati che è proibito chiamarLo in causa invano!» Rispose Akenet schioccando le dita e dandogli fuoco.

Il cavallo nero, terrorizzato malgrado il fuoco l'avesse risparmiato, si imbizzarrì disarcionando l'inquisitore che rotolò a terra. I demoni si gettarono su di lui cercando inutilmente di spegnere le fiamme che lo stavano divorando. In quel momento si aprì una voragine infernale che permise loro di fuggire portandosi dietro l'inquisitore e sparendo alla vista di Akenet.

Un istante dopo un lampo di luce angelica trafisse la spalla sinistra dell'Arcidiavolo facendolo urlare di dolore.

Akenet lasciò andare Alba e prima di riuscire a capire come fosse potuto succedere, si ritrovò inchiodato a terra da un ginocchio di Gabriel che gli premeva sullo sterno. L'arcangelo sguainò la spada e gliela puntò alla gola.

«Non fare niente di stupido, vorrei evitare di staccarti la testa, se possibile!»

Akenet era un guerriero di grande esperienza e sapeva valutare quando era il momento di arrendersi. Malgrado il dolore lancinante e l'orgoglio ferito per essersi fatto prendere di sorpresa, allargò le braccia in segno di resa .

«Sei stato scorretto a usare il fascio di luce angelica» polemizzò notando che gli occhi dorati dell'Arcangelo brillavano ancora di una luce innaturale.

Gabriel si strinse nelle spalle. «Se è per questo, tu sei stato molto più scorretto ad attaccare un'umana in attesa di un bambino».

Adel atterrò dietro Akenet e si inginocchiò di fronte a Gabriel. «La prego Signore, non lo uccida! Non volevamo fare del male ad Alba, volevamo aiutarvi a proteggerla!»

«È vero?» domandò Gabriel.

«No, volevo solo recuperare il mio dannato!» ammise Akenet.

Adel si sentì morire, possibile che il suo capo dovesse essere sempre così cocciuto e orgoglioso?

Fortunatamente Gabriel apprezzò la sincerità della risposta. «Bé, almeno sei onesto!»

L'Arcidiavolo sbuffò, la ferita gli faceva molto male e si sentiva sempre più debole. «Comunque, grazie a te e al tuo intervento a gamba tesa, quello stronzo è riuscito a scappare».

«Sai com'è, avevi un artiglio sulla pancia di mia nuora…»

«Se avessi voluto ammazzarla adesso non se ne starebbe lì a guardarci, non credi?» rispose l'Arcidiavolo indicando Alba che nel frattempo si era avvicinata ad Adel, seguita da Azaele, Michele e uno stremato Sakmeel.

«Indubbiamente. Però ti faccio notare che quando sono arrivato, i demoni mandati da Krastet e Zoel erano già spariti dentro la voragine infernale. Per questo ti ho attaccato, pensavo che stessi per lanciarti dentro anche tu per portarti via Alba».

«Stai dicendo che neanche loro ti avevano visto? Allora è peggio di quello che credevo...» mormorò Akenet perdendo i sensi.

«Oh, no! La prego non muoia, Signore!» Si disperò Adel vedendo il corpo immobile del suo responsabile.

Gabriel rinfoderò la spada e le poggiò una mano sulla testa. «Non preoccuparti, è solo svenuto per la ferita alla spalla, non mi piace ammazzare la gente a tradimento, neanche un Arcidiavolo».

Adel scoppiò in un pianto dirotto. «Mi dispiace tanto, chiedo scusa a tutti per non avervi detto la verità su di me e per avervi spiato tutti questi mesi, sono stata inqualificabile e disonesta. Però vi posso giurare che Akenet, anche se non lo ammetterà mai, voleva davvero proteggere Alba. Lui non c'entra con il piano orribile di Krastet e Zoel».

Alba si dispiacque nel vedere Adel così affranta, si avvicinò e le passò un braccio intorno alle spalle. «Non piangere, in fondo stavi solo facendo il tuo lavoro e poi è vero che Akenet mi ha protetto, avrebbe potuto uccidermi facilmente, invece è stato addirittura molto attento a non ferirmi».

La demone la abbracciò grata, ma non riuscì a smettere di singhiozzare.

Azaele si avvicinò e cercò di consolarla anche lui. «Dai, Adel, calmati. In fondo dobbiamo ringraziarti, se non avessi lavorato per Akenet, non avresti potuto avvertirlo di quello che stava succedendo, lui non sarebbe potuto intervenire e probabilmente mio padre non sarebbe arrivato in tempo per evitare il peggio!»

Gabriel lo guardò un po' offeso e avrebbe voluto fornire la sua opinione, riguardo al suo presunto ritardo, ma Azaele gli fece un cenno come dire «E dai, papà!»

L'Arcangelo alzò un sopracciglio e rispose altrettanto silenziosamente con un'espressione che significava «E va bene, sto zitto, ma solo perché sta piangendo!»

Il cellulare di Michele squillò, facendo sobbalzare un po' tutti. L'angelo rispose e subito la sua espressione si fece preoccupata. Appena chiusa la telefonata spiegò che Sael, Razel e gli altri li aspettavano al Bad & Breakfast, e che era il caso di sbrigarsi a raggiungerli perché non solo Sakmeel e Akenet avevano bisogno di cure, ma nessuno, nemmeno Aurora, era riuscito a contattare Safet che sembrava sparito nel nulla.

«Che significa sparito nel nulla?» domandò Gabriel preoccupato per il suo migliore amico.

«Non ne ho idea, so solo che il suo cellulare è muto e che Aurora è molto preoccupata. A quanto pare ieri sera Safet le ha detto che doveva tornare urgentemente all'Inferno, ma che avrebbe cercato di rientrare entro stanotte e invece da allora non lo ha più sentito!»

«Merda, non mi piace affatto!» commentò Azaele.

«Neanche a me. Michele ha ragione, muoviamoci!» Li esortò Gabriel, prendendo tra le braccia Akenet, ancora svenuto, e innalzandosi in volo seguito da tutti gli altri, compreso Kafresh che si era tenuto in disparte fin dal momento in cui aveva incrociato Michele e al primo accenno di attacco da parte dell'angelo si era limitato ad alzare le mani e arrendersi senza fiatare.


#


Renzo Galletti era stato accompagnato da misteriose visioni fin dai primi mesi di vita, quando se ne stava a fissare il nulla e poi rideva oppure piangeva a seconda di ciò che gli appariva davanti.

I suoi genitori però avevano cominciato a preoccuparsi seriamente per quello strano comportamento solo quando intorno ai cinque anni, aveva iniziato a raccontare gli eventi di una vita passata in cui un altro papà, molto cattivo, aveva venduto sua mamma e sua sorella a degli uomini crudeli e lui aveva deciso di abbandonarlo al suo destino per cercare fortuna in giro per l'Italia.

La loro preoccupazione era aumentata quando, mentre passeggiavano per Roma, aveva iniziato a fare strane domande tipo se avevano notato quei buffi mostri che sporgevano dalle chiese, prendere vita e chiacchierare tra loro.

Alla fine era stato mandato da uno psichiatra e aveva capito, a sue spese, che era meglio tenere per sé sia le visioni che i ricordi di quella vita passata estremante avventurosa. Dedicarsi allo sport lo aveva aiutato a focalizzarsi su obiettivi concreti e a relegare in un angolo della mente le sue “stranezze” riuscendo a convincere i suoi genitori di essere guarito.

Non aveva più parlato con nessuno delle sue esperienze fino a quando aveva conosciuto sua moglie, l'unica persona alla quale si era fidato di raccontare che in realtà le visioni non lo avevano mai abbandonato del tutto. Quando lei era stata sconfitta dalla malattia però, il dolore era stato così grande che ogni altra cosa era passata in secondo piano fino a quando aveva compreso che malgrado lei gli mancasse come l'aria, doveva cercare di ricostruire la sua esistenza, un pezzo alla volta. E così, esattamente come quando si era dedicato alla pallanuoto, aveva nuovamente messo da parte quel lato di se così difficile da gestire.

E c'era riuscito abbastanza bene, almeno finché non aveva iniziato a fare amicizia con Alba. Da quel momento infatti, i ricordi della vita passata erano tornati a fargli visita con la frequenza di un tempo e con essi le visioni.

Come per esempio quella in cui poco lontano dal Bad & Breakfast, delle enormi palle di fuoco si innalzavano da dietro la collina per poi scoppiare accompagnate da enormi boati.

Renzo diede un'occhiata a sua sorella, che era impegnata a pulire il pavimento della sala da pranzo e non sembrava essersi accorta di nulla.

«Senti, Chiara. Perché non vai adesso a Roma, a fare la spesa? Ci penso io ai Clienti» le propose, convinto che fosse meglio mandarla il più lontano possibile.

Lei approvò subito. «Va, bene. Mi sembra un'ottima idea. Io sono più brava a fare la spesa e tu a gestire gli ospiti!» Stava accendendo la macchina quando vide Yetunde e le altre ospiti correre a perdifiato lungo uno dei sentieri che portavano al Bed & Breakfast. «Certo che a volte i clienti sono strani, va bene fare un po' di movimento, ma mettersi a correre in quel modo subito dopo colazione non mi sembra tanto salutare» gridò a Renzo ridendo.

Lui sorrise e la salutò con finta noncuranza. Aspettò che gli amici di Azaele raggiungessero il portico e si fermassero a respirare, quindi uscì e incrociando le braccia domandò con tono deciso. «Ok, adesso spiegatemi che cazzo sta succedendo dietro quella collina, e non voglio vedere facce fintamente sorprese né sentire risposte tipo: Perché cosa sta succedendo? Chiaro?»

Yetunde scambiò una sguardo con Elena e disse ansimando come un mantice «A te l'onore».

Elena sbuffò imbarazzata. «Bè... ecco... Ma tu esattamente cosa vedi?» domandò senza accorgersi che una panda 4X4 era entrata nel parcheggio del Bed & Breakfast.

«Delle enormi palle di fuoco che esplodono dietro la collina e una signora di circa sessant'anni che è appena scesa da una Panda, accompagnata da tre demoni di cui due dai capelli rossi e uno completamente nero!» rispose lui.

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Capitolo 18
*** I figli degli Arcangeli ***


Capitolo 18

I figli degli Arcangeli


Alissa, bianca come un lenzuolo, osservava le ali e le aureole spezzate di Razel e Sael, che vista la situazione avevano reputato inutile nascondere la loro natura demoniaca.

Razel raggiunse Elena e dopo averla baciata sulla guancia domandò «Siamo arrivati prima possibile, mi spiace. So' dietro quella collina vero? Quanti so'?»

Improvvisamente si sentì un rombo e alle spalle di Razel passò una fiammata rossa.

«Che caspita era quella?» Domandò Renzo.

«Quella, cosa?» Chiesero Razel e Sael voltandosi.

«Quella specie di cometa!» rispose Renzo.

«'Na cometa come n'Arcidiavolo incazzato che fa fuoco e fiamme o come n'Arcangelo de luce? Spiegate meglio, umano!»

«Direi più come un Arcidiavolo incazzato che fa fuoco e fiamme, per quanto non abbia idea di come sia un Arcangelo di luce!»

Sael impallidì. «Doveva essere Akenet, dobbiamo andare Razel, la situazione sta diventando sempre più pericolosa e non possiamo contare né su mio padre, né su Gabriel!»

Le sue parole furono seguite da un'enorme fiammata che si innalzò dietro la collina.

«Mecojoni!» Esclamò Razel preparandosi a volare in aiuto di Alba e Azaele.

«Potremmo sapere chi siete?» domandò Yetunde.

«Amici di Alba e Aza, state tranquilli!» cercò di rassicurarlo Sael aprendo le ali anche lui.

«Ma è vero! Tu sei l'amico di Aza che abbiamo conosciuto a Roma anni fa, quello che lo aveva aiutato a rubare il pallone autografato da Gattuso!» Lo riconobbe Catherine entusiasta.

Sael sudò freddo e si allargò il colletto della camicia con l'indice della mano destra. «Non era andata esattamente così!» cercò di giustificarsi.

Razel gli poggiò una manona sulla spalla. «Sono sicuro che dopo avrai modo de spiegarmi come è andata “esattamente”» disse con un sorriso minaccioso e una voce melliflua, «adesso però sbrighiamose a raggiungere Alba e il riccioletto, sperando di non trovare solo la loro cenere. Per quanto nun creda che Akenet arrivi ad ammazzare un'umana che aspetta un bambino, quella fiammata infernale nun m'è piaciuta per niente»

Sael impallidì al pensiero di quello che avrebbero potuto trovare al di là della collina.

«Scusa, per caso quando parlavi di un Arcangelo di luce ti riferivi a quello?» Intervenne ancora Renzo indicando una sorta di cometa luminosissima che si stava avvicinando velocemente e dalla quale uscì un potentissimo fascio di luce bianca a cui seguì un silenzio irreale.

«Direi proprio di sì» annuì Razel lasciando andare la spalla di Sael che sospirò di sollievo. «Non poteva essere che Gabriel. Me sa che la battaglia è finita»

«Sael, prova a chiamare Michele. Se ti risponde, chiedigli se per caso tuo padre è già lì con loro» chiese Aurora. Un leggero tremito nella sua voce faceva intuire la preoccupazione dell'anziana professoressa.

Alissa si rivolse a Yetunde «Suo, padre?»

Yetunde allargò le braccia in un gesto perplesso mentre Sael componeva il numero di Michele sul cellulare.

Il demone attese con ansia alcuni squilli e poi rispose sollevato. «Michele, grazie al cielo, state tutti bene? Come ferito, ma è grave? Ah, ok, meno male. Noi siamo appena arrivati all'agriturismo; per caso papà è lì con voi? Merda, è sparito da ieri sera. Ha detto ad Aurora che era stato richiamato giù con urgenza, ma che sarebbe rientrato entro la notte e invece non si è più sentito. Aurora è preoccupata e anche io. Ok, vi aspettiamo».

Sael chiuse la telefonata e scambiò uno sguardo preoccupato con Aurora. La professoressa stava cercando di mantenere il controllo, ma i suoi occhi erano lucidi e il viso era teso e pallido.

Elena la abbracciò e Razel cercò di consolarla. «Qualunque cosa sia successa, ammesso che sia successo qualcosa, ricordati che Safet un tempo era un Arcangelo e pure molto forte. Sa badare a sé stesso e non è così facile metterlo al tappeto. In ogni modo appena Gabriel e gli altri arrivano, ci organizziamo pe' anna' a cercarlo e riportarlo qua. Tranquilla, al posto tuo me preoccuperei di più per chi ha organizzato la trappola. Nun so se me spiego!» Concluse intrecciando gli artigli e facendoli schioccare tra loro con uno sguardo rosso e omicida.

«Forse Akenet e Adel sanno qualcosa, possiamo chiedere a loro!» disse Sael speranzoso.

«Akenet sta venendo qui con loro?» domandò Razel.

«Bé, a dire il vero credo lo stia portando Gabriel. Lo ha abbattuto con quel raggio di luce che abbiamo visto poco fa, pare che sia svenuto».

«Francamente, nun me sembra una grande idea portarlo qui. Ha un piccolo problema di gestione della rabbia quel ragazzo e nun credo proprio che dopo essere stato abbattuto, se sveglierà con l'umore de Cenerentola de Disney!»


#


Qualche minuto dopo erano tutti riuniti nella camera dove Gabriel aveva portato Akenet, ancora privo di sensi. L'arcidiavolo era adagiato su un letto matrimoniale e Catherine era impegnata a curargli la spalla ferita.

Poggiato ad una scrivania, Yetunde osservava ammirato Gabriel che aveva ancora gli occhi dorati e indossava l'armatura di titanio. Alla fine non resistendo più domandò. «Quindi lei è davvero l'Arcangelo Gabriel, cioè proprio quello?»

«Esatto» rispose l'arcangelo distrattamente, mentre in piedi e a pochi passi dal letto era intento a scrutare le reazioni di Akenet. Era preoccupato che si potesse svegliare all'improvviso e interpretare male la situazione. O per lo meno… Peggio di quel che era, considerando che era stato sconfitto e preso prigioniero.

«Ed è anche il padre di Azaele?»

«Mh, mh!»

«Scusi ma suo padre invece chi è?» domandò Alissa a sua volta.

Gabriel si voltò leggermente e le regalò uno sguardo dorato che esprimeva chiaramente quanto trovasse idiota la domanda. Alissa arrossì d'imbarazzo. «Mi scusi, ma non è che siamo abituati a incontrare Arcangeli ogni fine settimana!»

Gabriel ridacchiò divertito; la risata gli morì in gola quando Akenet aprì gli occhi e con uno scatto felino afferrò il collo di Catherine.

«La stava aiutando signore!» Intervenne Adel, poggiandogli una mano sulla spalla sana, prima che qualcuno potesse farsi male. Seduta sul letto a gambe incrociate, anche lei si era preparata a fermare una probabile reazione violenta da parte dell’Arcidiavolo.

Akenet emise un gemito di dolore, lasciò il collo di Catherine e le disse qualcosa in una lingua a lei sconosciuta. «Mi scusi, Signor Arcidiavolo, ma non la capisco!»

Aenet si rivolse di nuovo a Catherine, questa volta in italiano. «Ti ho detto grazie, umana!»

Lei ne rimase sorpresa.

Akenet se ne accorse e mugugnò. «E allora? Sono un Arcidiavolo, mica un buzzurro!»

«Non ho detto nulla!» replicò lei sorridendo conciliante. «Ora però è meglio che si riposi, ha perso molto sangue!»

L'Arcidiavolo si guardò intorno e con rammarico constatò che sia lui che Adel erano stati presi prigionieri.

«State bene?» domandò ad Adel ricordandosi che con loro c'era anche Kafresh.

«Si, Signore!» rispose lei indicando il demone idraulico. Akenet gli lanciò un'occhiata e il demone, seduto un po' in disparte, gli fece un cenno di saluto con la mano.

L'Arcidiavolo annuì e poggiò la testa sui cuscini.

«Signore, lei per caso sa dove si trova Safet, il supervisore di Azaele?« domandò Sael preoccupato.

Akenet sbuffò. «Lo so chi è Safet e comunque perché cazzo dovrei sapere dov'è tuo padre?» Sael spalancò gli occhi per la sorpresa, non aveva idea che Akenet sapesse del suo legame di parentela con Safet.

«Non riusciamo a contattarlo da ieri sera. Kenni, sei sicuro di non aver niente a che fare con la sua sparizione?» domandò Gabriel.

Akenet lo guardò con gli occhi velati dal dolore e rispose debolmente. «Non rompere, zio Gabriel, lasciami riposare!» Dopodiché svenne di nuovo.

Adel rispose per lui. «Mi dispiace, ma ha detto la verità, qualunque cosa sia successo a Lord Safet, lui non c'entra. Credo che sia tutto frutto del piano di Krastet e Zoel!»

Gabriel sospirò preoccupato poi si accorse che gli sguardi di tutti erano rivolti verso di lui.

«Bé, che c'è?» domandò imbarazzato.

«Kenni, zio Gabriel?» Chiese Azaele perplesso.

L'Arcangelo sbatté le ali imbarazzato prendendo in pieno un tavolino del 1600 su cui era poggiato un grazioso vaso di terracotta realizzato a mano da una nota artista del luogo. Il vaso decise di approfittarne per alzarsi in volo e visitare il lato opposto della stanza. Il suo afflato di libertà però si frantumò contro il muro. I bellissimi fiori che conteneva, i cocci di terracotta e l'acqua, si sparsero per tutto il pavimento.

Renzo osservò costernato il disastro «Mia sorella mi ammazzerà»

«Chiedo scusa, metto subito tutto a posto» rispose l'Arcangelo alzando come al solito indice e medio della mano destra e rimettendo tutto in ordine.

«Papà, mi spieghi cosa intendeva Akenet con “zio Gabriel” e poi cos'era quel Kenni?» insistette Azaele.

«Ecco…» borbottò suo padre.

«Intendeva che i sette guerrieri so' nati tutti insieme da una mano del padre e quindi si considerano fratelli» rispose per lui Razel.

«Stai dicendo che praticamente siamo cugini e che oltretutto Akenet ha sempre saputo di essere un nato pure lui?» disse Azaele.

«Esattamente…» rispose Gabriel a disagio.

«E come fa a sapere di essere figlio di uno dei sette Guerrieri? Insomma perché a lui lo avete detto e a me, no?» lo incalzò nervosamente Azaele.

«Non è andata così, ranocchietto» sospirò suo padre.

«Be, e allora perché non ci racconti com'è andata?» Rispose Azaele piuttosto irritato.

Tutti si accomodarono per sentire la storia, tranne Razel, che già sapeva tutto e incrociò le braccia sospirando anche lui. «Famo 'na cosa veloce, so' preoccupato per Safet».

Gabriel gli fece un cenno di assenso e si sedette sul letto accanto a suo nipote. «Akenet è il più grande di tutti voi, Aza; vi ha visti nascere, ma non ha mai saputo a chi siete stati affidati. Ed è anche l'unico ad aver vissuto abbastanza a lungo con i suoi genitori da non aver dimenticato chi fossero».

«Ha sempre saputo chi sono i suoi genitori?» esclamò Sael esterrefatto.

Gabriel annuì rattristato.

«Papà, ma è una cosa terribile!» esclamò Azaele sconvolto.

«Credi che non lo sappia?» Rispose affranto Gabriel «Io e tua madre abbiamo cercato in tutti i modi di convincere i suoi genitori a non abbandonarlo, ma loro non vollero sentire ragioni. Dissero che non sarebbe stato corretto verso i nuovi nati e che secondo loro Akenet non ne avrebbe sofferto perché la tutrice che avevano scelto era molto in gamba e dolce. Ovviamente non fu così; Akenet non li ha mai perdonati per averlo abbandonato in quel modo. Io, Galadriel e Safet abbiamo cercato di stargli vicino e anche la sua tutrice ha cercato in tutti i modi di aiutarlo ma non è servito a nulla, è cresciuto pieno di rabbia e di rancore. Per questo si è schierato con i ribelli».

«Se poi aggiungiamo il problema della "sorellina"… » intervenne Razel.

«Aveva anche una sorellina?» Domandò sorpresa Adel.

«No, era solo la più piccola dei nati. Akenet essendo il più grande, faceva da baby sitter un po' a tutti loro, quando noi eravamo troppo impegnati con il lavoro. Alla più piccola si era legato in modo particolare e la considerava una sorellina, per quanto non avessero un vero legame di parentela. Quando fu votato di affidarvi a dei tutori, chiese di poter fare da tutore alla "sorellina", ma siccome le identità di tutti i nati dovevano rimanere segrete, gli fu negato anche queso. Lui prese quel rifiuto molto, molto male.».

«Scusate, non capisco, se tutti i nati sono stati affidati a dei tutori, non era ovvio che fossero vostri figli? Voglio dire, se solo loro sono stati “bambini” e poi sono stati affidati ad un tutore, come poteva essere possibile nascondere le loro identità?» domandò Catherine perplessa.

«Chi ha detto, che solo i nati fossero affidati a dei tutori?» Rispose un po' irritato Razel. «Ragazza, in Paradiso non c'erano genitori prima che fosse data la possibilità di avere figli a noi Arcangeli! Ogni volta che il Padre creava dei putti, li affidava a degli angeli più maturi».

Catherine stava per fare un'altra domanda, ma Gabriel la precedette. «Noi sette fratelli della mano destra e subito dopo gli altri dieci Arcangeli, tra cui Safael, siamo stati creati già adulti, per quanto giovani. Quindi i primi ad assumere il ruolo di tutori per i putti creati dal padre, siamo stati noi. Poi quando ci sono stati abbastanza angeli minori "maturi", il compito di fare i tutori dei nuovi putti è passato a loro. Successivamente il Padre ha pensato di dare a noi Arcangeli la possibilità di avere dei figli nostri!»

«E se devo dì, l'avete sprecata…» Intervenne Razel, «per cui nun è che Akenet abbia avuto tanto torto a incazzarsi, se poi ci aggiungiamo che nun gli è stato concesso nemmeno di occuparsi della “sorellina” e che alla fine chi l’ha fatto precipitare giù è stata… »

«Ora basta, Razel!» Lo fermò Gabriel, con gli occhi lucidi. «Abbiamo già detto anche troppo. Non abbiamo il diritto di raccontare il passato doloroso di Akenet senza il suo permesso» lo interruppe Gabriel.

«Lei gli vuole bene! Ecco perché prima non l'ha ammazzato malgrado avrebbe potuto farlo facilmente!» esclamò stupito Kafresh.

«È mio nipote, certo che gli voglio bene!» rispose Gabriel dando una pacchetta affettuosa su una gamba di Akenet. Poi scrutò Kafresh rendendosi conto solo in quel momento che non aveva idea di chi fosse né di come fosse arrivato tra loro, quel demone dai capelli castani con le meshes bionde naturali e gli occhi azzurro chiaro. «E tu da dove salti fuori?»

Kafresh alzò le mani «Sono arrivato con Akenet e non ho intenzioni ostili».

«Lo spero per te, come ti chiami?»

«Kafresh, Signore, sono il demone idraulico del nono Girone»

«Ma veramente all'inferno c'è bisogno dell'idraulico?» Domandò Alissa incredula.

«Il fiume Cocito, quando si riversa nel Nono girone, deve ghiacciare per poter formare il Lago Cocito che deve essere mantenuto costantemente alla temperatura di 0 C°, quindi vedi tu se serve un esperto in materia!» Rispose Kafresh con un certo orgoglio.

«Scusate, ma dove sono finiti Azaele, Yetunde e Michele?» Domandò improvvisamente Alba. Alla domanda seguì un momento di silenzio in cui tutti si guardarono intorno. Effettivamente erano spariti tutti e tre.

«Temo di immaginarlo… e la cosa non mi piace per nulla!» sospirò Gabriel preoccupato.


#


Azaele si sporse sulla voragine dentro la quale erano saltati i demoni portando con loro Eymerich. Al suo fianco Yetunde osservava perplesso il cratere.

«Non sono sicuro che sia una buona idea. E se la voragine si chiude mentre siamo laggiù?»

«Ma no, tranquillo, se non si è chiusa finora, non si chiude più»

«Ma come fai a esserne così sicuro?» domandò il ragazzo poco convinto.

«Perché sono un diavolo infernale, mi sembra ovvio!» Rispose Azaele.

«Scusa ma non potevi chiedere a Michele?»

«Assolutamente no, sarebbe troppo pericoloso per lui. Agli angeli è proibito entrare all'Inferno».

«E invece agli umani è permesso?» domandò, polemico, l’amico.

«Bé, Dante ci è entrato no?» Rispose il demone.

«Dai muoviamoci!»

«Aza, non pensarci neppure per un istante, sei impazzito?» Lo fermò Michele sbucando da dietro le rocce.

«Michele, per favore, sono preoccupato per Safet!»

«Siamo tutti preoccupati per Safet, ma agire in modo irrazionale non aiuterà a risolvere le cose. E ancora meno coinvolgere un umano nei tuoi piani demenziali!»

«Ecco, diglielo anche tu che non ha senso che io vada laggiù solo per essere sicuri che mi possa chiamare con il suo cellulare! Posso benissimo rimanere vicino alla voragine!»

Azaele alzò gli occhi al cielo. «Ti ho già spiegato che il cellulare prende pochissimo giù all’Inferno e se rimani fuori ho paura di perdere il contatto; se ho bisogno di rinforzi poi come faccio a chiamarvi?»

«E prima come facevi, scusa?»

«E che palle, Yet! Stai diventando peggio di Catherine con queste domande! Prima non mi ero mai posto il problema perché non avevo una fidanzata umana in attesa di un figlio e il supervisore nella merda fino al collo, ok?»

Yetunde si sentì in colpa. «Scusa, hai ragione, tu mi hai sempre aiutato senza pensarci nemmeo un istante!»

«Ecco, appunto!»

«Azaele, per favore, ti rendi conto di quanto sia assurdo e pericoloso questo piano? Non puoi andare da solo all’Inferno a cercare Safet!» intervenne Michele nella speranza di far ragionare l’amico.

«Perché dovrebbe essere pericoloso, scusa, ci vado tutti i giorni, non so se te lo ricordi ma io lavoro lì!»

«Santa pazienza, Aza! Ti rendi conto che da oggi è tutto cambiato? Non è più sicuro per te andare laggiù, da solo!»

«Oh, basta Michele, io vado. Yetunde tu fai come ti pare!» Tagliò corto il demone lanciandosi nella voragine.

Yetunde dopo un primo momento di esitazione si sporse e chiamò Azaele «Ma dove vai, devo scendere anche io!»

Azaele tornò indietro e gli strinse una mano per portarlo giù con sé. Michele lo afferrò e il demone sbatté le ali per liberarsi dando uno strattone così forte da far perdere l’equilibrio a entrambi e farli precipitare dentro la voragine. Yetunde, che stringeva ancora la mano di Azaele, fu trascinato con loro nella caduta. Tutti e tre rotolarono disordinatamente lungo un pendio particolarmente scosceso. La loro caduta terminò su una piccola una spianata al limite di uno burrone di cui non si vedeva il fondo.

«Santo Cielo, ci siamo fermati appena in tempo!» balbettò Yetunde osservando lo strapiombo sotto di lui.

Michele si alzò dolorante e aprì le ali per tornare in superficie. Ma proprio in quell’istante la terra tremò e sopra di loro la voragine si chiuse con un rombo assordante, lasciandoli completamente immersi nel buio.

«Ops!» commento Azaele.

«Adesso si che ci hai messo nella merda, Aza!» Si lamentò Michele sconsolato.


















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Capitolo 19
*** In cerca di Safet ***


Capitolo 19

In cerca di Safet



Un dolore lancinante al fianco svegliò Safet. Aprì gli occhi, ma per qualche istante non riuscì a vedere altro che un liquido rosso scuro che gli offuscava la vista, ci mise qualche secondo prima di capire che quel liquido non era altro che il suo sangue. Scosse la testa per liberare gli occhi e comprese la causa del dolore: un'aquila demoniaca lo stava beccando nel tentativo di raggiungere il fegato e divorarlo. Provò ad allontanarla con una mano, ma una catena gli bloccò il movimento. Il che gli ricordò com'era finito lassù: Zamesh, l'arcidiavolo più sadico tra tutti, si era alleato con Krastet e Zoel e ne aveva approfittato per sfogare tutta la sua crudeltà di psicopatico bastardo divertendosi a testare su di lui alcune nuove fantasiose torture destinate ai suoi dannati.

Alla fine gli stessi Krastet e Zoel erano intervenuti per interrompere lo scempio a cui Zamesh lo stava sottoponendo. La scusa dei due arcidiavoli era stata che non bisognava rischiare di ucciderlo perché serviva come ostaggio, ma era evidente da come erano pallidi e imbarazzati che pure loro si vergognavano per le torture inutili che gli erano state inferte, visto che lo scopo della sua cattura era solo di impedirgli di intervenire per evitare il rapimento dell'Alfiere del male.

Per non deludere troppo Zamesh e rischiare di incorrere nella sua furia, avevano comunque proposto di sottoporlo al supplizio di Tantalo e le ultime cose che ricordava con chiarezza erano che gli Arcidiavoli avevano miracolato le catene per impedire ai suoi alleati di liberarlo e Zamesh gli aveva affondato gli artigli nello stomaco ridendo divertito, poi tutto si era fatto confuso e aveva perso i sensi.

Al suo risveglio si era ritrovato incatenato a una roccia con quello stupido volatile attaccato al fianco. Suo malgrado gli sfuggì una risatina, quei tre imbecilli non erano capaci nemmeno di distinguere Tantalo da Prometeo.

Per un momento fu anche attraversato da un dubbio puramente tecnico sull'utilità di quell'ennesima tortura, non era sicuro infatti che gli angeli, o gli ex angeli, possedessero un fegato. La sua curiosità di studioso ebbe però fine non appena l'aquila lo beccò di nuovo. Stanco di sopportare quel dolore, le soffiò una fiammata dal naso e dalla bocca inducendola a lasciare immediatamente la presa e fuggire ad ali spiegate verso il lato opposto del burrone, spargendo nell'aria un odore di penne bruciate e pollo arrosto che suscitò un certo appetito in Safet che aveva dovuto rinunciare alla cena preparata da Aurora e ormai era a digiuno da diverse ore.

Se la situazione non era eccessivamente tragica, considerando che l'Aquila infernale almeno per il momento aveva rinunciato a divorare il suo fegato (ammesso di averlo), non era nemmeno rosea.

Il demone si dimenò nervosamente nel tentativo di spezzare le catene che lo imprigionavano, ottenendo solo di ricevere una terribile scarica elettrica che consumò le ultime energie che gli erano rimaste.

L'Aquila alzò la testa verso la sua direzione ma uno sguardo del supervisore la convinse a lasciar perdere e tornare ad accovacciarsi con aria offesa sullo spuntone di roccia che si ergeva dalla parte opposta del burrone infernale, dove si era appollaiata in attesa che Safet perdesse nuovamente i sensi.

Una voce femminile richiamò l'attenzione di Safet. «Prof, ma che diavolo ci fa incatenato a questa roccia?»

Alzò lo sguardo e riconobbe Atriel, una sua ex studentessa molto bella, molto intelligente e se non ricordava male anche "molto" amica di Akenet, il che non era sicuro potesse volgere la situazione a suo favore. La demone, che si teneva in volo davanti a lui sbattendo le ali con una grazia e una sensualità del tutto naturali, lo stava osservando preoccupata.

«Ciao, Atriel. Come stai?» La salutò, come se non ci fosse niente di particolarmente inusuale nell'essere ricoperto di sangue e incatenato a una parete rocciosa mentre un'aquila aspettava il momento migliore per strappargli il fegato.

«Io bene. E lei che mi sembra leggermente in difficoltà, ha bisogno di aiuto?» Chiese Atriel allungando una mano verso le catene.

«Non toccarle! Rischi di farti molto male» la fermò Safet.

«Vuole che vada a chiamare un demone fabbro?» domandò lei ritirando la mano.

«Sarebbe inutile, le catene sono bloccate da un miracolo».

«Di chi?»

Vedendo che Safet era titubante, Atriel capì. «L'hanno incatenato quei due idioti di Krastet e Zoel per la storia del figlio di Azaele, non è così?»

Safet sospirò, tanto valeva essere sincero. «Già!»

«Vado a chiamare Akenet, ci metterà un istante a sciogliere l'incantesimo».

«Atriel, non vedo motivo per cui Akenet dovrebbe darmi una mano, anche lui è interessato al figlio di Azaele e gradirei evitare di essere carbonizzato, visto che sono già stato torturato abbastanza da Zamesh!»

«Che ha a che fare Zamesh con quei due? Non mi risulta siano mai stati amici!» Domandò stupita Atriel.

«Pare che si siano alleati in vista di una possibile guerra per l'Alfiere del male»

Atriel rifletté su quello che gli aveva appena detto Safet.

«Credo che questo sia un altro buon motivo per informare Akenet, lui non è tipo da collaborare con gente come Zamesh!»

«Ti ricordo che carbonizza i suoi sottoposti per noia...»

Atriel sbattè le ali un po' a disagio. «È vero, però li cura subito e poi da quando è innamorato della sua collaboratrice carina e rotondetta non lo fa più!»

«È innamorato di Adel?» Domandò sinceramente stupito Safet.

«Si, solo che quello stupido Arcidiavolo non lo sa ancora!» Rise la demone, che subito aggiunse «La prego, non gli dica che gliel'ho detto!»

«Non preoccuparti» la rassicurò lui. «Senti, se davvero vuoi aiutarmi, perché non informi Razel, lui non è un Arcidiavolo ma credo sia abbastanza forte da riuscire ad aprire le catene prima che l'incantesimo possa fargli seriamente del male».

Atriel era indecisa, non voleva tenere Akenet all'oscuro di quello che stava succedendo, ma non voleva neppure lasciare il suo antico insegnante nei guai. Alla fine decise che avrebbe informato prima Razel e poi Akenet.

«Non posso nascondere quello che sta succedendo ad Akenet, Prof, però posso avvertire prima Razel in modo da darvi un po' di vantaggio. Cosa ne dice?»

«Dico che è meglio di niente; grazie Atriel, se esco vivo da questo casino, non mi dimenticherò che mi hai aiutato!»

La demone, che da studentessa aveva avuto una cotta non indifferente per il suo professore, sospirò. «Sono io che non dimentico che lei ha rinunciato al Paradiso per noi studenti. E non cerchi di negarlo, i miei ex compagni possono anche essere così tonti da non averlo capito, ma io lo so benissimo. Lei non è come gli altri e non dovrebbe stare quaggiù!»

Safet la guardò con orgoglio, era sempre una grande soddisfazione, incontrare un ex alunno che si dimostrava al di sopra degli errori commessi.

«Anche tu non dovresti essere quaggiù!»

Lei guardò un attimo verso l'alto e commentò tristemente «Si, sbaglia. Io me lo sono meritato, come la maggior parte di tutti quelli che sono finiti in questo luogo di dolore!»

Si avvicinò per abbracciarlo, ma poi si ricordò che non poteva toccare le catene.

«Tornerò, presto. Tenga duro!» lo salutò volando via prima che potesse accorgersi dei suoi occhi lucidi.

«A presto Atriel!» Rispose lui altrettanto commosso.


#


Michele si guardò intorno nervosamente, i suoi occhi di Angelo non si erano ancora abituati all'oscurità infernale.

«Dobbiamo trovare un modo di uscire da qua velocemente, mi è proibito entrare all'Inferno e lo stesso vale per Yetunde!»

«Tra l'altro non sono neanche vicino ad essere nel mezzo del cammin di nostra vita!» commentò Yetunde.

Azaele si guardò intorno perplesso. «Francamente non riesco a capire dove siamo, c'è un buio esagerato perfino per i miei occhi di demone. Miky, perché non accendi l'aureola almeno per un istante?»

«Sei impazzito, Aza, vuoi che mi vedano da qui all'eternità?»

«Ok, forse effettivamente non è una buona idea».

Azaele non era mai stato molto bravo a muoversi in mezzo ai gironi infernali, collegati da canyon, sentieri e cunicoli che gli parevano tutti uguali, ma Michele e Yetunde erano realmente in pericolo, per cui doveva assolutamente cercare di capire dove si trovavano e accompagnarli all'uscita più vicina. Strinse gli occhi e si concentrò fino a che non cominciò a distinguere qualcosa in mezzo a quel buio pesto.

«Oook, direi che quello sia il Flegetonte, quindi se seguiamo la corrente dovremmo arrivare all'entrata del settimo Girone e se non ricordo male, proprio lì c'è un uscita verso l'esterno!»

«Nel settimo girone non ci sono i Centauri? Quelli non è che abbiano un carattere allegro e volto alla socializzazione! Che poi l'Inferno non era diviso in Cerchi a loro volta suddivisi in gironi?» domandò Yetunde che aveva studiato la Divina commedia sia a scuola che per il corso di restauratore.

«Diciamo che non è che sia proprio tutto così preciso come lo descrive Dante, cioè magari inizialmente anche, ma poi con il tempo è diventato un po' un casino e insomma, ormai quaggiù parliamo solo di Gironi…»

«Sentite, è tutto interessantissimo, ma direi di muoverci, ho già un leggero mal di testa!» Tagliò corto Michele.

«Hai ragione, scusa. Seguitemi e state attenti alle buche, sono millenni che nessuno provvede a fare un minimo di manutenzione ai sentieri!»

I tre amici si misero in cammino lungo il ciglio del burrone. Yetunde e Michele erano concentrati nel cercare di non perdere di vista Azaele, per quel poco che riuscivano a vedere.

Stavano camminando da circa un quarto d'ora quando il demone si fermò e esclamò «Sono proprio un idiota!» Si frugò nelle tasche e tirò fuori un accendino; lo accese giusto il tempo di guardarsi intorno e incrociare gli sguardi di Yetunde e Michele accecati dalla luce improvvisa. «Onestamente vi ricordavo più belli!» Scherzò spegnendo l'accendino. «Ma soprattutto più bassi!» Aggiunse perplesso.

«Aza con chi cavolo stai parlando, noi siamo dietro di te!» rispose teso Michele.

Azaele riaccese l'accendino, questa volta abbastanza a lungo da rendersi conto che due Centauri lo stavano fissando piuttosto incazzati.

«Sa… Salve ragazzi, tutto bene? Stavo scortando un utente verso l'Acheronte e, sapete com'è mi sono confuso tra i sentieri…»

«Perché c'è un celestiale con te?» domandò quello dei due centauri che sembrava il più anziano, con una voce che pareva un misto tra il nitrito di un cavallo e il ragliare di un asino.

«Ma quale celestiale, quello è Sael camuffato per una missione speciale…»

«Non dire cazzate, Sael ha gli occhi verdi!» lo interruppe il centauro, cominciando a pestare nervosamente uno zoccolo. «E l'umano perché è vivo? È vietato far entrare umani vivi all'Inferno!»

«Ma per caso vi siete pippati cenere di lava, ragazzi? Secondo voi mi porto un celestiale e un umano vivo in giro per l'inferno? Dai, non diciamo fesserie!» cercò di bluffare Azaele.

«Secondo me è esattamente quello che hai fatto!» Nitrì il centauro più giovane, accendendo una fiaccola che illuminò perfettamente le ali candide e piumate di Michele e il volto terrorizzato di Yetunde.

«Ohmmerda! Bé ragazzi è stato un piacere, alla prossima!» Esclamò Azaele afferrando Yetunde e gettandosi nel burrone seguito da Michele.

I centauri cominciarono a inseguirli lungo il ciglio dello strapiombo nitrendo infuriati e lanciando frecce infuocate. Ben presto furono raggiunti da altri centauri. L'unico aspetto positivo fu che le decine di frecce lanciate contro i tre fuggitivi illuminarono a giorno il canyon facilitando la loro fuga.

Pochi minuti dopo i tre malcapitati atterrarono su una spianata, finalmente fuori pericolo e in una zona decisamente più illuminata.

«Porca miseria, adesso so cosa provava ogni volta John Wayne!» esclamò Yetunde tirando un sospiro di sollievo.

«Già!» ridacchiò Azaele.

«Non possiamo fermarci, siamo ben lontani dall'aver trovato Safet o una uscita e io non mi sento troppo bene» intervenne serio Michele.

Azaele lo guardò rendendosi conto che l'amico era pallido. «Hai ragione, dobbiamo muoverci subito».

«Dove siamo?» domandò Yetunde.

«A occhio e croce a tre quarti del settimo Girone, ma dalla parte opposta rispetto all'uscita che volevo raggiungere. Però, se non ricordo male, tra l'ottavo e il nono Girone c'è un posto che si chiama Daemon Bar…»

«Stai scherzando?» domandò Yetunde incredulo.

«No, perché?»

«Evitiamo di distrarci, per favore!» li esortò Michele.

«Ok, sentite… vicino al Daemon bar ci dovrebbe essere anche un'altra uscita, andiamo a cercarla, voi tornate indietro da lì e io vado a cercare informazioni su Safet!»

«È troppo pericoloso, Aza. Devi uscire con noi!» rispose Michele nervosamente.

«Ne parliamo quando siamo lì!» disse Azaele. Non voleva irritare ulteriormente l'amico il cui volto era sempre più pallido.

«Aza, secondo il tuo piano però non allunghiamo la strada? Voglio dire, per arrivare a questo Daemon Bar dobbiamo attraversare tutto l'ottavo Girone. Non è meglio tornare indietro e uscire dalla porta che dicevi prima?» Propose Yetunde.

«L'ottavo Girone è meno pericoloso del settimo ed più piccolo e più stretto, quindi se lo attraversiamo in volo dovremo metterci meno tempo che a tornare indietro» spiegò Azaele.

«Bene, allora direi di andare» propose Michele spiegando le ali.

«No, fermo! Lungo il canyon ci aspettano di sicuro i centauri, passiamo dalla grotta e usciamo dall'altra parte, dove non dovremo incontrarne altri!»

«Sei sicuro che non ci siano simpatiche sorprese in quella grotta?» domandò Yetunde.

«No, no, tranquillo; però state ben attenti a non perdermi di vista, dopo una ventina di metri inizia un labirinto. Niente di terribilmente complicato, tra l'altro ci sono già stato e ho lasciato delle indicazioni per arrivare all'uscita, ma comunque se vi perdete rischiamo di impiegare troppo tempo e tu, Michele, prima esci di qui è meglio è!»

«Si, sono d'accordo» disse l'angelo che si sentiva sempre più affaticato.


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Atriel stava cominciando a desiderare di avere il potere di Akenet di carbonizzare le persone con uno schiocco delle dita. Quella odiosissima segretaria con la puzza sotto il naso non solo si rifiutava di collaborare, ma la guardava anche con un'espressione colma di disprezzo.

«Senti, Jesebel, ho bisogno di sapere dov'è Akenet. Devo dargli un'informazione estremamente importante e francamente se fossi in te, eviterei di decidere al posto del tuo capo se vale la pena di farmi parlare con lui!»


Atriel, va detto, non era venuta meno al patto con Safet, al contrario, aveva girato tutti i ritrovi infernali frequentati da Razel, senza trovarlo. Alla fine aveva deciso di informare direttamente Akenet, sicura di convincerlo a non fare del male al Supervisore che in quelle condizioni non rappresentava certo un pericolo né un ostacolo ai suoi eventuali propositi di rapire il piccolo Alfiere del male. Inoltre contava sul fatto che l'Arcidiavolo aveva molta stima di Safet e anche se non l'avrebbe mai ammesso, era affezionato all'ex Arcangelo che gli era stato vicino fin da quando era stato “scaricato” dai genitori, come le aveva raccontato in un momento di profondo sconforto poco dopo essere stati affidati entrambi alla stessa tutrice. Atriel quindi, conosceva le vere origini dell'Arcidiavolo fin da quando era un putto ed era anche l'unica creatura angelica che lo avesse mai visto piangere, proprio per questo era riuscita a rimanere sua amica durante i millenni nonostante il suo pessimo carattere.


Jesebel, memore dello sguardo omicida che le aveva rivolto il suo Responsabile, quando aveva provato a fermare Adel, pensò che tutto sommato non glielo faceva fare nessuno di rischiare ancora, tanto più che non sapeva davvero dove fosse andato Akenet.

«Onestamente non so dove sia andato. Lui, quel barilotto con cui ho idea che se la intenda e Kafresh, sono usciti come razzi, senza neanche salutare» spiegò svogliatamente.

Atriel si infastidì nel sentire Jesebel definire Adel "barilotto". Forse perché tutto sommato era felice che Akenet avesse trovato (sempre che si decidesse ad ammetterlo) una compagna così dolce e graziosa che, tra l'altro, riusciva a tenergli testa come forse nemmeno lei stessa era mai riuscita a fare malgrado la loro millenaria “amicizia con benefici".

«Va bene» rispose freddamente voltando le spalle a Jesebel e andandosene riflettendo sul fatto che forse la sua ultima possibilità per aiutare Safet era di andare in quel covo di pettegoli che era il Daemon Bar e provare a chiedere se qualcuno sapeva dove fossero finiti Razel e Akenet.

«Un'altra che se ne va senza degnarsi di salutare! A quanto pare l'educazione non è uno dei requisiti per entrare nelle grazie di Akenet!» Sbuffò stizzita Jesebel .


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Yetunde stava aspettando pazientemente che Azaele trovasse il segno che aveva lasciato tempo prima per indicare in quale dei due cunicoli infilarsi per raggiungere l'uscita del labirinto, quando la sua attenzione fu attirata da un rumore alle sue spalle. Si guardò indietro preoccupato ma non notò nulla. Fece qualche passo indietro senza allontanarsi troppo. Per quanto i cunicoli del labirinto fosse illuminati da fiaccole dalle fiamme eterne (così almeno aveva spiegato Azaele), non voleva certo rischiare di perdersi. Sentì nuovamente il rumore, questa volta un po' più chiaramente. Sembrava provenire da una piccola apertura a lato del cunicolo. Yetunde, incuriosito si avvicinò e diede un'occhiata scoprendo così che si trattava di una stanza arredata e illuminata da alcune fiaccole. Si sporse leggermente dentro l'apertura e notò un letto sul quale era sdraiato, a pancia in giù, un giovane particolarmente peloso che sembrava singhiozzare nel sonno. «Ehy, amico, tutto bene?» domandò rendendosi immediatamente conto della terribile idiozia che aveva appena fatto. Il giovane disteso sul letto si svegliò e dopo essersi grattato la testa, si voltò stupito. O almeno Yetunde immaginò che fosse stupito visto che la testa di toro rendeva alquanto difficoltoso interpretarne l'espressione. Il Minotauro, perché era esattamente di lui che si trattava, fece un verso strano ma sicuramente minaccioso, si alzò dal letto e scomparve dalla visuale di Yetunde.

«Oh... merda. Questa non è stata per niente una buona idea!» pensò pallido il ragazzo affrettandosi a tornare da Azaele e Michele.

«I... io credo di aver appena fatto una grossa fesseria!» balbettò pallido e sudato.

«Perché che hai combinato?» domandò Azaele scrutando il muro seccato. Era sicuro di aver lasciato una freccia proprio tra i due cunicoli. «Non capisco» disse rivolto a Michele, «sono certo di aver disegnato una freccia proprio qua»

«Forse qualcuno l'ha cancellata» ipotizzò l'angelo.

«Bé, ma perché?»

«Sul serio, credo sia meglio andare» insistette Yetunde cercando di attirare di nuovo l'attenzione di Azaele.

«Un attimo, sto cercando di capire da dove dobbiamo passare!» rispose innervosito il demone.

«Azaele! Ti avevo detto di non farti rivedere prima di aver raccolto i soldi per pagare il tuo debito!» esclamò una voce taurina alle loro spalle.

«Mino... stavo proprio cercando te...» mentì il demone voltandosi e cercando di assumere un'espressione più sincera possibile.

«Oh, quindi devo immaginare che sia tornato e abbia interrotto il mio letargo per restituirmi i soldi che ho perso per colpa tua!» rispose il Minotauro sbuffando e dondolando la testa nervosamente.

«No, cioè si... li ho raccolti, ma ecco... il problema è che non mi ricordavo bene la cifra e quindi sono tornato per chiederti quanto ti devo esattamente, così poi vado a prenderli e...»

«Tuuuu, osi prendermi ancora per i fondelli?» muggì Mino contrariato.

«No, ma che prenderti per i fondelli... guarda te lo giuro sulla testa di Zamesh...»

«Piccolo pezzo di merda, questa volta ti ammazzo!» esclamò il Minotauro abbassando la testa e prendendo una breve rincorsa per caricare meglio Azaele.

«Seguitemi!» urlò Azaele gettandosi nel cunicolo a sinistra.

«Ma non avevi, detto che non ci dovevamo aspettare sorprese in questa cavolo di labirinto?» si lamentò Yetunde correndo a perdifiato.

«E infatti sarebbe stato così, se non avessi avuto la geniale idea di svegliare Mino dal suo letargo!» rispose Azaele contrariato.

«Io spero solo che alla fine di questo budello ci sia un'uscita, non ce la faccio più a stare sottoterra!» intervenne Michele affannato.

«Si. Sono abbastanza sicuro, che sia l'ultimo cunicolo» rispose Azaele senza voltarsi.

Michele però era arrivato alla fine delle sue energie. Senza quasi rendersene conto perse i sensi e crollò sul pavimento accidentato. Yetunde e Azaele continuarono la loro corsa fino all'uscita del labirinto senza accorgersi di nulla.

Una volta fuori Azaele stava per prendere Yetunde sulle spalle e volare via, quando si rese conto che l'angelo non era con loro. «Porca merda, dov'è finito Michele?» esclamò sudando freddo.

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Capitolo 20
*** Nel mezzo del cammin... ***


Capitolo 20

Nel mezzo del cammin...



Michele si sentì schiaffeggiare e una piacevole sensazione di fresco sulla fronte lo aiutò a riprendere conoscenza. Un po' gli dispiacque perché era bello il sogno che stava facendo: lui e Sael chiacchieravano sdraiati nudi sull'erba fresca del Paradiso terrestre. Sael era sereno come non lo aveva mai visto e i suoi capelli rosso scuro facevano un bel contrasto con le sue ali candide e l'erba verdissima; aveva l'aureola accesa e Michele pensò che non era mai stato così bello e così felice come lo vedeva in quel momento.

Quando aprì gli occhi però ciò che vide fu tutt'altro che paradisiaco. Il viso scuro di un toro lo fissava con due occhi neri e un'espressione corrucciata. Ma non era quello il peggio. Il peggio era che si trovava ancora sotto terra.

«Immagino tu sia il celestiale amico di quell'idiota!» disse Mino tamponandogli la fronte con un panno bagnato. «Altrimenti non si spiega come tu possa essere stato così idiota da seguirlo quaggiù!»

«È stato un incidente» mormorò debolmente Michele.

Mino sbuffò. «Mi chiedo se sia possibile che quello stupido demonietto si muova senza provocare regolarmente degli incidenti!»

Michele avrebbe voluto ridere, ma riuscì solo a tossire.

«Devi uscire prima possibile da qui, ce la fai ad alzarti?»

Michele provò ad alzarsi in piedi, ma un fortissimo capogiro gli piegò le ginocchia. Il Minotauro lo afferrò prima che si accasciasse di nuovo per terra.

«Provo a pulirti un altro po' le ali e i capelli. Questa polvere di lava infernale ti toglie le forze».

«Grazie, ma è anche stare sottoterra che mi fa male, ti prego, aiutami ad uscire da qui, non riesco a respirare»

Il Minotauro rifletté un attimo, sul da farsi. L'angelo era pallidissimo ed era evidente che non avrebbe resistito ancora molto nel labirinto, ma d'altra parte la polvere di lava infernale che gli ricopriva i capelli biondi e le ali candide, rischiava di ucciderlo ben prima del labirinto. Alla fine decise di fare una corsa verso le sue stanze con Michele in braccio. Appena arrivato, si sbrigò a spogliarlo, metterlo sotto una doccia per ripulirlo dalla polvere di lava, sbattere per bene i suoi vestiti e cercare un mantello protettivo con un cappuccio che avrebbe potuto sia proteggerlo dalla polvere che nascondere l'aureola.

L'angelo, rendendosi conto che il Minotauro stava realmente cercando di aiutarlo, lo lasciò fare e alla fine, quando si fu rivestito, dovette ammettere che si sentiva meglio. Mino si offrì di miracolargli le ali per renderle nere e meno appariscenti. Michele acconsentì, in effetti le sue ali candide all’Inferno erano decisamente fuori luogo.

«Bene, direi che sei pronto. Seguimi, ti riaccompagno verso l'uscita» propose il Minotauro guardandolo soddisfatto.

Mentre camminavano velocemente lungo il labirinto Michele domandò «Ma che ha combinato Azaele per farti incazzare in quel modo? Voglio dire, come ha fatto a farti perdere quei soldi?»

Mino scosse la testa. «Partecipavamo a un torneo di poker a squadre contro i Giganti, i Malebranche e le Furie. Eravamo arrivati all'ultima partita, giocavamo contro le Furie e stavamo vincendo parecchio, quando lui ha avuto la bella idea di bluffare con in mano una coppia di Re. Ti lascio immaginare com'è finita!»

«Avete perso molto?»

«Ovvio! Ma in realtà non me ne frega niente dei soldi!» Rise Mino.

«E allora perché ci hai aggredito in quel modo?»

Il Minotauro lo guardò divertito. «Per due motivi: il primo è che mi diverto a spaventarlo e il secondo che ho un debole per il suo bel posteriore. Non so se hai presente!»

Michele cominciò a ridere. «Seriamente lo rincorri per ammirargli il fondoschiena?»

«Esattamente! Che ci vuoi fare, ognuno ha le sue debolezze! Promettimi di non dirglielo, però!»

«Te lo, prometto, e non solo perché mi hai salvato la vita!» rispose l'angelo strizzandogli un occhio.

I due continuarono a ridere finché non raggiunsero l'entrata di un corridoio un po' più largo degli altri.

Il Minotauro si fermò. « Siamo arrivati. Durante il periodo di letargo non mi è permesso andare oltre. Continua dritto per questo cunicolo, è il più largo di tutti quelli che incrocierai quindi non puoi sbagliare. Vedrai che in un paio di minuti arriverai all'uscita del labirinto. Non togliere il mantello finché non sarai fuori dall'Inferno e se sei costretto a liberare le ali e volare, appena atterri sbattile per bene per far cadere più polvere possibile. Mi raccomando, sta attento a non abbassare il cappuccio o si accorgeranno che la tua aureola è integra. Un'ultima cosa: non sono molto bravo con i miracoli per cui non so per quanto tempo le tue ali potranno apparire nere, quindi prima trovi un uscita dall'Inferno e meglio sarà. Tutto chiaro?»

«Tutto chiaro, grazie!» Rispose Michele porgendogli la mano e non riuscendo a evitare un'ultima domanda. «Ma perché sei qui? Non capisco, sei così gentile. In fondo nessuno ti obbligava ad aiutarmi»

Mino gli strinse la mano e rispose. «Sono un caso di colpe dei genitori che ricadono sui figli. O forse, semplicemente, anche nei posti più terribili, sì può trovare qualcuno di animo gentile»

Michele sorrise e si avviò verso l'uscita del labirinto salutando il Minotauro che restituì il saluto e facendogli l'occhiolino aggiunse. «E poi sei anche una gran bel pezzo di Angelo! »


#


Merlino miagolò per attirare l'attenzione di Gabriel che lo raggiunse immediatamente.

«Hai trovato qualcosa?» domandò preoccupato. Merlino riprese la sua forma demoniaca e raccolse da terra un berretto da marinaio che porse all'Arcangelo.

«Come immaginavo, ma perché si sarà portato dietro Michele e il ragazzo umano?» Domandò a Razel e Sael che nel frattempo lo avevano raggiunto.

«Sarà stato un errore. Secondo me Azaele se voleva butta' dentro per andare a cercare Safet da solo e Michele ha cercato di trattenerlo. Ce so' sicuramente caduti dentro e nel frattempo la voragine si è chiusa!»

«Ma perché portarsi dietro anche il ragazzo umano?» si domandò pensieroso l'Arcangelo.

Razel si grattò il mento perplesso. «A questo nun te so' dare una risposta manco io!»

Merlino riprese la forma di gatto e miagolò di nuovo.

«Cosa dice?» Domandò Gabriel.

«Che all'inferno i cellulari prendono poco e male!»

«E questo che c'entra?» Chiese perplesso l'Arcangelo rivolgendosi al piccolo demone che lo fissava da un grosso masso, muovendo nervosamente la coda.

Merlino miagolò ancora e Gabriel si innervosì. «Non potresti spiegarti in modo un po' più comprensibile? Per la miseria! Non è che posso ricordarmi tutti i linguaggi dell'Universo senza prima fare un minimo di ripasso!»

Merlino si accucciò spaventato e mortificato.

«Gabriel, i famigli so' muti. O si spiegano con il linguaggio degli animali in cui si trasformano o con scritte infuocate che nun me pare s'addicano ad essere usate in campagna» spiegò Razel un po' spazientito dal comportamento dell'amico.

«Perdonami ragazzo, sono un po' teso e poi non mi capita spesso di parlare con voi famigli, non ricordavo che aveste questo problema!» Si scusò l'Arcangelo sinceramente dispiaciuto.

«In ogni modo, ha detto che probabilmente tu' figlio ha chiesto al ragazzo umano di stare vicino alla voragine in modo da riuscire a intercettare un'eventuale chiamata di aiuto e probabilmente ci sono caduti tutti e tre per sbaglio! Conoscendo Azaele è la spiegazione più probabile »

Gabriel sospirò e Razel gli poggiò una mano sulla spalla. «È meglio che vada. Azaele da solo nun credo ci avrebbe messo molto a trovare Safet, ma con Michele e l'umano da proteggere…»

«Vengo anche io con te!» propose deciso Sael.

«No, tu no!» risposero in coro Razel e Gabriel.

«Ma perché? Mio padre e il mio ragazzo sono imprigionati all'Inferno, non ho nessuno intenzione di stare qui a non fare nulla. Mi avete preso per un coglione? Guardate che so combattere anche io!»

Razel sbuffò e Gabriel rispose. «Sael, nessuno qui crede che tu sia un coglione e capisco il tuo desiderio di intervenire. Ma cerca di riflettere con calma: ormai che Safet sia tuo padre deve essere abbastanza noto all'inferno visto che né tu, né lui vi siete più preoccupati di nasconderlo. Lo stesso vale per la tua storia con Michele. Considerando che la battaglia è iniziata, se scendi anche tu, sarai sicuramente un bersaglio da proteggere e rallenterai Razel. Inoltre con Akenet e Kafresh prigionieri e Sakmeel ferito, preferisco averti qui ad aiutarmi a controllare la situazione finché non arriverà Ariel con i rinforzi. E spero che per allora Razel sia già tornato con tuo padre e gli altri»

Sael si rabbuiò. L'idea di lasciare che fossero gli altri a salvare suo padre e Michele, lo faceva sentire in colpa. D'altra parte era anche vero che Safet e Gabriel erano praticamente sempre d'accordo quando c'era da prendere decisioni difficili e sicuramente suo padre avrebbe approvato la scelta del suo migliore amico.

«E va bene!» sospirò. Gabriel gli batté una mano sulla spalla per confortarlo e ringraziarlo per avergli dato ascolto.

«Allora, io vado e speriamo di ritrovare tutti e in fretta, nun credo che Krastet e Zoel tarderanno a riorganizzarsi e mandare altri demoni ad assalirvi, sta attento Gabriel».

«Voglio provare a parlare con Kenni. Adel ha detto che non approvava le scelte di quei due e oltretutto era piuttosto incazzato per il fatto che avessero liberato un suo dannato per metterlo a capo dei demoni che ci hanno attaccato» rifletté l'Arcangelo ad alta voce.

Razel scosse la testa dubbioso. «Davvero hanno usato un suo dannato? Bè allora so' ancora più idioti di quanto me li ricordavo! Comunque nun te fida' troppo. Sarà anche tuo nipote ma è pur sempre un Arcidiavolo e fino a due ore fa aveva intenzione di rapire la tua nipotina subito dopo la nascita, nun vedo perché dovrebbe aver cambiato idea. Considera che lo hai pure messo ko davanti ai suoi sottoposti e sai bene quanto è orgoglioso il ragazzo!»

«È orgoglioso ma non è stupido e un'alleanza momentanea potrebbe tornare utile sia a lui che a noi. Ora vai Razel e torna con Safet e i ragazzi!»

Razel gli rivolse un sorrise rassicurante, aprì le ali e si alzò in volo.

Merlino saltò su un masso di fronte a Gabriel cercando di attirare la sua attenzione.

«Cosa sta dicendo?» domandò Gabriel a Sael.

«Dice che Eowynziel è andata a cercare Ariel per cui forse non dovremo aspettare molto per avere dei rinforzi».

«Speriamo!» sospirò l'Arcangelo afferrando Merlino per la collottola e abbracciandolo gentilmente.

Il famiglio, dopo un primo momento di timore nel ritrovarsi stretto tra le braccia di un Arcangelo, si accomodò godendosi le carezze e i grattini sulla nuca che l'Arcangelo gli elargì distrattamente mentre camminava verso il Bed&breakfast, perso nei suoi pensieri.


#


Azaele, si affacciò per l'ennesima volta sull'ultimo cunicolo del labirinto di Mino, senza aver capito come ritrovare la strada giusta per tornare da Michele. Furioso con se stesso, colpì il muro con un pugno, così forte da rischiare di rompersi una mano. Si piegò in due per il dolore e in quel momento notò una figura nera e incappucciata venire verso di lui. Sudò freddo per qualche istante e si preparò a combattere.

«Bravo, ci manca solo che ti rompa una mano!» Lo rimproverò la figura scura abbassando il cappuccio.

«Stai bene!» Esclamò felice il demone gettandosi tra le braccia dell'angelo. «Ero così preoccupato! Ma come hai fatto ad arrivare fin qui e chi ti ha dato quel mantello?»

«È stato Mino, ma te lo racconto dopo che saremo usciti da qui, sto meglio, ma non sto bene!» rispose l'angelo coprendosi di nuovo la testa.

Azaele, che capiva benissimo il disagio dell'amico e che sopratutto aveva notato le sue occhiaie profonde e scure non fece altre domande, si limitò a seguirlo. Una volta fuori, raggiunsero Yetunde che era rimasto tutto il tempo nascosto dietro un enorme masso.

«Oh, meno male che Azaele ti ha portato fuori di lì!»

Michele lanciò un'occhiata ironica ad Azaele che fece finta di non accorgersene e cambiò argomento. «Andiamo. Meglio non perdere altro tempo!»

«Concordo, facci strada, magari evitando di perderti!» rispose Michele con una punta di polemica.

Azaele arrossì ma evitò di replicare, Michele aveva tutte le ragioni di essere arrabbiato.

Volarono silenziosi oltrepassando l'Ottavo girone, stavolta senza problemi, a parte un paio di occhiate perplesse ricevute da Michele e Yetunde. Ma visto che all'Inferno vigeva per lo più la regola del fatti gli affari tuoi e eviterai torture inutili, nessun demone aveva fatto domande.

Una volta atterrati la situazione si fece più pericolosa perché nei pressi del Daemon Bar era facile trovare demoni ubriachi e litigiosi. Si nascosero dietro una roccia per discutere le mosse successive e Azaele propose a Michele di cercare subito l'uscita.

«No, visto che mi sento un po' meglio, prima di andare via voglio almeno sapere dov'è finito Safet. Se sta bene, deciderò cosa fare. In ogni modo prima di agire accompagneremo Yetunde all'uscita!»

«Se permettete arrivati a questo punto non ho nessuna intenzione di andarmene come un vigliacco e lasciarvi qui da soli!» protestò il giovane che tutto sommato cominciava a divertirsi.

«Non dire scemenze Yet, guarda che non è un gioco!» rispose Azaele.

Yetunde non riuscì a reprimere un sorrisetto ironico. «Detto da te, poi!»

«Guarda che non è che siccome te la sei scampata due volte, sei diventato un Avenger!» rispose sarcastico il demone.

Michele intervenne per interrompere la discussione e prendere una decisione. «Facciamo così: tu ora entri dentro e fai un po' di domande, se riesci a scoprire qualcosa torni immediatamente indietro e a seconda di quanto sarà pericoloso raggiungere Safet, decideremo come comportarci!»

«Mi sembra ragionevole!» rispose Azaele dirigendosi verso l'entrata del bar.

Yetunde e Michele si sedettero a terra all'ombra della roccia

L'angelo ne approfittò per chiudere gli occhi e cercare di riprendere un po' di forze.

Si era assopito da qualche minuto quando la voce tesa di Yetunde lo svegliò. «Qui all'inferno ci sono anche demoni femmina, vero?»

«Si, certo» rispose un po' assonnato.

«E sono aggressive?» Domandò ancora Yetunde.

«Non lo so, dipende, perché?»

«Perché ce n'è una che ci sta osservando!»

«Fa finta di nulla, vedrai che se ne andrà!» rispose Michele senza aprire gli occhi.

«Io posso anche far finta di nulla, ma quella è appena atterrata e sta venendo proprio verso di noi!»

Michele aprì gli occhi e vide una bellissima demone avvicinarsi e fermarsi a pochi passi da lui e Yetunde.

«Oh, allora avevo visto bene! Tu sei un celestiale e tu un umano!»

Michele posò la mano sull'elsa della spada. Il gesto non sfuggì alla demone che piegò la testa da un lato e lo sfidò. «Puoi anche provarci, Michele, ma nel giro di qualche secondo saresti circondato da una marea di demoni, quindi pensaci bene!»

L'angelo lasciò andare la spada stupito. «Come fai a conoscere il mio nome?»

Lei rise. «A parte che potevi anche mentire, volendo, quale altro angelico potrebbe essere così idiota da intrufolarsi quaggiù oltre all'amico fraterno di quello squinternato di Azaele? Comunque potrei anche offendermi per la tua memoria corta visto che siamo stati entrambi studenti di Safet! Vero è che sono cambiata abbastanza da quando ero un'adolescente piatta e timida, ma insomma…»

Michele finalmente riconobbe la demone. «Atriel, sei proprio tu?»

«A quanto pare!» sorrise lei.

«No, vabbè. Ma seriamente anche angeli e demoni vanno a scuola?» Commentò trasecolato Yetunde.

Atriel si voltò a osservarlo. «A dire il vero a quei tempi eravamo tutti angeli, comunque non era proprio come la vostra scuola… Ma, piuttosto, tu chi sei, che ci fai qui con Michele e Azaele…» Atriel si interruppe intuendo cosa stava succedendo «Oh, state cercando Safet, vero?»

Michele e Yetunde si scambiarono un'occhiata.

«Tu sai dov'è?»

«Si, e ha bisogno urgente di aiuto; vi accompagnerò da lui, ma sappiate che ho fatto un accordo con Safet per cui immediatamente dopo andrò a cercare Akenet»

Yetunde rise. «Mi sa che lo cercherai a lungo, Gabriel lo ha… »

Michele gli rivolse un'occhiata raggelante ma ormai era troppo tardi. Gli occhi della demone diventarono rossi e le mani si trasformarono in artigli. «Che cosa gli ha fatto, Gabriel?» sibilò.

Yetunde diventò bianco come un lenzuolo, ma Michele non si scompose. «Rilassati Atriel, lo ha solo ferito e neppure in modo grave. Ora è nostro prigioniero e una nostra amica lo sta curando. Akenet non è minimamente in pericolo. Perché dopo aver liberato Safet non vieni con noi, così potrai sincerarti delle sue condizioni.»

La demone si calmò, conosceva Michele e sapeva che non era solito mentire e poi l'idea di seguirli per incontrare Akenet non era male. Avrebbe potuto verificare come stava e magari aiutarlo a fuggire.

«Va, bene. Ma è meglio che vi sbrighiate a recuperare Azaele, Safet ha bisogno di aiuto al più presto».

«È andato in quel bar, forse è meglio se vai tu a chiamarlo» propose Yetunde sperando di farsi perdonare da Michele per l'uscita poco felice di poco prima.

«Hai ragione, ragazzo umano, è meglio che vada io» concordò Atriel avviandosi verso il Daemon Bar.

Appena entrata si trovò di fonte a una scena abbastanza curiosa: Azaele era inginocchiato sul bancone del bar, aveva in mano una grossa biglia di vetro infuocata e con aria concentratissima fissava una tortuoso percorso composto da bicchierini di whisky, ponti ottenuti dalle palette di legno per lo zucchero, tazzine e piattini da caffè posizionati lungo tutto il bancone.

«Ma che diavolo ha intenzione di fare?» domandò a un grosso demone lì accanto.

«Ha scommesso che se riesce a far tagliare il traguardo alla biglia con un solo tiro, Carryel gli rivela dove hanno imprigionato il suo Supervisore».

«Carryel è impazzito, per caso? Scusa, ma se Azaele ci riesce?»

Il demone rise sguaiatamente. «Scherzi, quell'imbranato?»

«Qualcuno ha scommesso su di lui?»

«Ma figurati!»

Atriel memore della storica scommessa delle Termopili, pensò che tutto sommato poteva anche tentare la fortuna.

«Bé, io punto su Azaele, chi sta raccogliendo le scommesse?»

«Se hai così tanta voglia di buttare i tuoi soldi puoi darli a Bukowskiel» rispose il demone indicando il barista del Daemon Bar.

Atriel si avvicinò al bancone, attirò l'attenzione del barista che si avvicinò, prese i soldi e poi poggiando lo straccio per asciugare il banco su una spalla, alzò le braccia per chiedere silenzio e annunciò. «Scommesse chiuse. Se vince Carryel, Aza gli consegna suo figlio, il nostro futuro Alfiere del Male, in caso contrario Carryel gli spiegherà dove tengono prigioniero Safet e gli concederà un'ora di tempo per liberarlo prima di informare Krastet e Zoel. Sempre che il moretto riesca ad uscire vivo dal bar visto che gli unici a non aver puntato contro di lui siamo stati io e questa bella signorina!» concluse indicando Atriel.

Azaele fece rimbalzare la sfera infuocata sul palmo della mano, chiuse gli occhi per concentrarsi qualche istante e quando li riaprì Atriel vide chiaramente una fiamma bruciare nelle sue iridi nere.

Il demone riccioluto, prese un lungo respiro e poi lanciò la biglia. Intorno si fece un silenzio carico di aspettativa.

L'unico rumore che si sentiva era quello del rotolare sommesso della sfera che superò ogni curva, ogni ponticello e ogni altro ostacolo posto tra Azaele e la salvezza di Safet, fino a quando raggiunse l'ultima curva e per un attimo sembrò quasi fermarsi.

I demoni trattennero il respiro, ma Azaele mantenne la calma, sapeva bene che in quel punto il bancone era stato leggermente sfondato da una manata di Razel (che a dire il vero mirava alla sua testa) e non a caso aveva insistito perché l'ultima curva fosse sistemata proprio lì. La biglia scivolò nell'incavo creato dal demone rosso e riprese velocità tagliando il traguardo.

Ci fu un momento di silenzio sbigottito. Atriel ne approfittò per saltare sul banco e tirare Azaele per una manica.

«Sei un pazzo furioso, usciamo da qui prima che ti ammazzino. Ti porto io da Safet. So dov'è».

Azaele si guardò intorno e notando che i demoni stavano passando velocemente dallo sbigottimento all'ira funesta, pensò bene di fidarsi di Atriel. La seguì fuori dal Daemon bar e chiuse la porta.

«Aiutami a bloccarla!» le urlò sigillando la porta con un miracolo.

La demone lanciò un miracolo di rinforzo.

«Ottimo, questo ci darà un po' di vantaggio, andiamo a recuperare i miei amici e poi voliamo da Safet prima che quel branco di assatanati sfondi la porta» propose Azaele soddisfatto.


#


«Posso chiederti chi è questo Safet a cui tu e Azale tenete tanto?» domandò Yetunde un po' per chiacchierare e un po' perché davvero curioso.

Non ottenne risposta perché furono raggiunti da Azaele e Atriel.

«Andiamo, Atriel ci accompagna da Safet» disse Azaele sbrigativo inginocchiandosi per far salire Yetunde sulle spalle.

Michele incrociò lo sguardo di Atriel e capì che era il caso di fare alla svelta.

Stavano volando spediti verso il canyon in cui era incatenato Safet quando incrociarono Razel che volava verso il Daemon Bar. Il demone fece una brusca frenata, invertì la sua direzione e li raggiunse. «Ditemi che sapete dove state andando!» domandò seguendoli.

«A liberare Safet!» rispose Azaele senza fermarsi.

«E ci stai andando co' un umano e un angelico? Complimenti, il modo migliore per nun essere notato!»

«È stato un incidente e comunque non c'era tempo per accompagnarli fuori!» replicò Azaele continuando a volare. Non aveva voglia di discutere, Yetunde cominciava a pesargli sulla schiena, volare così velocemente stava indebolendo Michele e Safet aveva bisogno di aiuto. Non c'era davvero tempo per le polemiche.

Razel, annuì. Effettivamente prima avrebbero raggiunto Safet e prima sarebbero potuti uscire da lì.

Si avvicinò ad Atriel e le domandò. «Tu da che parte stai?»

«Voglio aiutare il prof. Ma sono comunque dalla parte di Akenet» rispose lei con sicurezza.

«Buono a sapersi per noi, ma non per te!» replicò lui con le pupille rosse.

Atriel si strinse leggermente le spalle. «Non mi fai paura Razel. Comunque stai sereno, saremo dalla stessa parte fino a che Safet non sarà in salvo, poi si vedrà».

«Giusto, poi si vedrà!» approvò lui sorridendo. Apprezzava sempre la sincerità e il coraggio nei suoi avversari.

Il variegato gruppetto di alleati, raggiunse finalmente Safet, che ormai aveva quasi rinunciato a sperare.

Razel nel vedere il suo vecchio amico incatenato e sporco di sangue si inferocì. «Li ammazzo questi bastardi!»

«Prima liberiamo il prof! State attenti, c'è un miracolo sulle catene che impedisce ai demoni di aprirle»

Razel afferrò le catene senza badarle più di tanto ottenendo solo di essere respinto da una potente scossa di corrente che per poco uccise Safet il cui corpo ormai pendeva immobile stretto tra le catene.

Atriel ne rimase sconvolta. «Se, neanche Razel riesce a spezzare quelle catene come potremo salvare il prof?» domandò piangendo.

«Posso provare io che sono un angelo» propose Michele.

«No, un'altra scossa potrebbe uccidere Safet, dobbiamo trovare un'altra soluzione!» intervenne fermo Azaele.

«Ma così morirà lo stesso!» esclamò furente Razel che nel frattempo era ritornato fremente di rabbia.

Mentre angeli e demoni discutevano animatamente sul da farsi, Yetunde ebbe un'intuizione. Si sporse verso Safet e allungò timidamente una mano verso uno dei perni che chiudevano gli anelli che gli stringevano i polsi. Chiuse gli occhi e lo afferrò con il pollice e l'indice della mano destra. Non successe niente. Allora sorrise e lentamente lo sfilò liberando il polso del malcapitato Supervisore che aprì gli occhi e gli sorrise debolmente. «Sei sveglio, giovane umano»

Yetunde sorrise e attirò l'attenzione dei suoi compagni esclamando allegramente. «A quanto pare la maledizione sugli umani non funziona!»

Tutti si girano verso di lui, a parte Azaele che ovviamente aveva qualche difficoltà, visto che il ragazzo era cavalcioni sulla sua schiena.

«E bravo il regazzino umano! Ora però finisci di liberarlo!» esclamò ammirato Razel che tutto si sarebbe aspettato tranne che un umano vivo all'Inferno potesse avere una qualsivoglia utilità a parte l'essere un passatempo per il sadismo di certi suoi colleghi.

Yetunde si gonfiò d'orgoglio e senza riflettere abbandonò la schiena di Azaele per aggrapparsi alle catene che imprigionavano Safet e liberarlo più velocemente possibile. In pochi istanti sfilò tutti i perni che bloccavano le catene di Safet girandosi poi a mostrarli orgoglioso ad Angeli e Demoni. Peccato però che non avesse tenuto conto della debolezza del prigioniero che non riuscendo ad aprire le ali precipitò nel buio profondo del burrone trascinandoselo dietro.

«Dovevo aspettarmi che n'amico tuo non potesse astenersi dal fare 'na cazzata!» esclamò Razel lanciandosi a salvare Safet.

«Non gliel'ho mica detto io di saltare via dalla mia schiena!» si lamentò Azaele seguendolo.

Purtroppo superata la metà del burrone i due demoni furono circondati da un buio così profondo che non riuscirono quasi più a distinguere Safet e Yetunde che continuavano a precipitare.

«Porca merda non si vede più nulla» si lamentò disperato Azaele.

Un istante dopo il canyon fu illuminato a giorno. I due demoni riuscirono a raggiungere Safet e Yetunde prima di essere di nuovo avvolti nel buio. Ma a quel punto risalire lungo le pareti del canyon non costituì più un problema.

«Che era quella luce?» domandò Razel.

Atriel indicò Michele accasciato su uno spuntone di roccia. «È stato lui, si è tolto il mantello e ha acceso l'aureola. Credo che gli dobbiate tutti la vita, se non avesse consumato le sue forze per farvi luce, vi sareste sfracellati al suolo».

Azaele si avvicinò a Michele e gli accarezzò i capelli biondi. «Coraggio fratello, riprenditi!»

«Siete tutti vivi?» domandò l'angelo aprendo gli occhi.

«Si!» rispose il demone.

Michele si mise faticosamente a sedere e aprì le ali. «Allora vediamo di sbrigarci a trovare un'uscita, francamente ne ho le palle stracolme di questo posto di merda!»

«Concordo» intervenne debolmente Safet. «Proseguiamo dritti verso ovest per un centinaio di metri e troveremo una porta. Facciamo in fretta perché non mi sento affatto bene. Temo che Zamesh, mi abbia infilato nello stomaco qualcosa che si è risvegliato non appena il ragazzo umano mi ha liberato dalle catene».

Razel abbassò lo sguardo sul suo vecchio amico e si rese conto che sul suo corpo si stavano difondendo delle orribili venature nere. «Safet ha ragione. Diamoce 'na mossa che il nostro tempo qui ormai è quasi scaduto!» ordinò preoccupato. La salvezza di Safet era ancora lontana e cominciava a sentire il clamore di una masnada di demoni infuriati che con ogni probabilità stava venendo a cercare proprio loro.


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Capitolo 21
*** Antichi rancori ***


Capitolo 21

Antichi rancori


Zamesh finì di leggere l'ultimo aggiornamento normativo infernale, sbuffò, spense il portatile e si alzò dalla poltroncina in pelle non meglio identificata (e sulla quale nessuno osava fare domande) del suo ufficio di Responsabile dell'Ottavo Girone. Si avvicinò allo specchio che occupava l'intero sportello di una delle librerie in pregiato ciliegio del Giardino dell'Eden e grugnì soddisfatto alla sua immagine riflessa. Era bello, nonostante la cicatrice lasciata molti millenni prima da un'artigliata di Akenet. Aveva un viso ovale e delicato, folti ricci castani e due grandi occhi color miele che gli davano un aspetto dolce, se non si faceva caso allo sguardo freddo e duro.

Zamesh era crudele, terribilmente crudele, ma non da sempre, lo era diventato quando era iniziata la Grande Guerra e aveva scoperto che torturare e uccidere i suoi "fratelli" gli dava piacere, a differenza di Akenet, che faceva tanto il duro ma non era neanche capace di carbonizzare a morte i suoi sottoposti. Finiva sempre per risanarli perché in fondo non era che un debole.

Passò una mano sulla cicatrice. Anche quella non era altro che la dimostrazione della debolezza del suo avversario millenario.

Emise un ringhio sommesso, quel vigliacco non si meritava di comandare il Nono Girone. Non era abbastanza duro. Certo, era stato il guerriero più forte e quello che aveva ottenuto più vittorie, ma lui aveva ottenuto poche vittorie in meno ed era molto più crudele. Meritava molto di più il trono del Nono Girone.

Una rabbia fredda pervase Zamesh che non tollerava più di essere sempre un passo indietro ad Akenet.

Questa volta avrebbe dimostrato a Lucifero chi dei due aveva realmente la stoffa per essere il suo secondo in comando, avrebbe ottenuto il trono del Nono Girone e mostrato come si comportava un vero Responsabile infernale! La festa sarebbe finita e anche dal Nono Girone si sarebbero innalzati urla e lamenti disperati, come era giusto che fosse!

«Signore!» Lo chiamò Aluaryel rimanendo rispettosamente ferma sulla porta dell'ufficio.

Zamesh si girò, la demone era accompagnata dell'umano di nome Eymerich.

«Ho portato il dannato come da lei richiesto».

Zamesh osservò l'inquisitore; era piuttosto mal ridotto: il suo corpo era ricoperto di piaghe.

L'Arcidiavolo chiuse il pugno destro e lo riaprì di scatto. Le piaghe sul corpo del dannato sparirono. Non l'aveva fatto per pietà, ma per utilità, il dannato gli serviva ancora, era intelligente per essere un umano e crudele quanto bastava per poterlo considerare un servitore fidato. Era stato proprio lui a intuire dove avrebbero potuto trovare la compagna di Azaele dopo l'improvvisa sparizione da Roma. «Ritengo che questa storia si chiuderà dove è iniziata, li cercherei nelle campagne tra Mentana e Monterotondo». Aveva suggerito con estrema sicurezza.

E aveva avuto ragione, c'erano voluti solo due giorni perché le spie di Zamesh individuassero la fattoria dove si erano nascosti Azaele e i suoi alleati. L'arcidiavolo aveva atteso che Gabriel e Safet fossero lontani e poi aveva ordinato a Eymerich di attaccare. Ma evidentemente qualcosa era andato storto.

«Chi ti ha ridotto in questo stato?» domandò seccato..

«Quel traditore di Akenet!» rispose l'umano stizzosamente.

Gli occhi di Zamesh si infiammarono di rabbia, ancora una volta Akenet si era intromesso tra lui e il suoi obiettivi.

Ma sarebbe stata l'ultima. Ormai era arrivato il momento di scoprire chi meritava davvero il comando del Nono Girone, e non aveva dubbi a riguardo.


#


Akenet era steso sul letto, malgrado la ferita alla spalla gli facesse ancora male, stava molto meglio. L'umore invece non era dei migliori, il che era comprensibile visto che grazie all'intervento di suo zio Gabriel era caduto prigioniero di una banda di eroi sgangherati. Si liberò dalle coperte scalciando innervosito al ricordo di come l'Arcangelo l'aveva messo al tappeto.

Qualcuno bussò alla porta; allungò la mano verso i pantaloni buttati su una sedia accanto al letto ma sentì immediatamente una dolorosa fitta alla spalla.

«Fanculo, pensò, «Vuol dire che chiunque sia mi vedrà in mutande!»

«Avanti!» ruggì sdraiandosi di nuovo.

La porta si aprì e entrò Gabriel, il che mise ulteriormente di malumore l'Arcidiavolo che si aspettava di vedere Palletta.

«Cosa vuoi?» domandò sgarbatamente.

Gabriel non se la prese, non si aspettava che il nipote lo accogliesse diversamente.

«Volevo sapere come stavi» rispose calmo.

«E poi?» Ringhiò l'Arcidavolo.

«E poi, cosa?» domandò Gabriel.

«Non trattarmi da idiota, zio!» Ringhiò Akenet sedendosi sul bordo del letto.

Gabriel sospirò, stava per rispondere ma il nipote lo anticipò. «Comunque la risposta è no. Scordatelo, non ho intenzione né di aiutarvi, né di rinunciare a prendermi il figlio di Azaele».

Gabriel sospirò di nuovo, Kenni era sempre stato molto sveglio. «È una bambina»

Akenet ebbe un attimo di incertezza da cui si riprese subito. «E quindi? È anche meglio, le ragazzine sono molto più sveglie dei maschietti».

«Kenni, vuoi davvero fare una cosa del genere a tuo cugino?»

L'Arcidiavolo sorrise crudelmente. «Sopravviverà come sono sopravissuto io»

Gabriel lo guardò severamente. «Iliadel non era tua figlia! E nemmeno tua sorella, anche se la consideravi come tale»

Akenet si alzò in piedi di scatto e per quanto l'essere in mutande gli togliesse un po' di autorevolezza, riuscì a far arretrare leggermente lo zio. «Oh, quindi siccome non eravamo consanguinei, non avrei dovuto soffrire come un cane quando me l'avete portata via? Io volevo bene a quei mocciosi. Prima me li avete affidati e poi me li avete portati via. Tutti, anche Iliadel. Lei piangeva disperata quando il suo tutore se l'è presa, ma a quegli stronzi dei suoi genitori non è importato nulla né dei miei sentimenti né dei sentimenti della piccola! A nessuno di voi è importato nulla del dolore dei vostri figli, vi siete comportati come dei pezzi merda…»

Gabriel impallidì, non poteva dar torto a suo nipote, in fondo, anche se in modo un filo più diplomatico, anche lui aveva espresso il medesimo pensiero ai suoi fratelli.

«Abbiamo commesso un grave errore, non posso darti torto, ma…»

Akenet lo interruppe furioso. «Il vostro “errore” ci ha fatto finire tutti all'Inferno e mentre noi siamo stati puniti per aver sbagliato, voi siete ancora tutti lì!»

«Non siete finiti tutti all'Inferno» puntualizzò lo zio.

«Oh, scusami tanto se avevo dimenticato Yliel “la perfettina”, quella che vi ha dato tanta soddisfazione mollando il suo ragazzo da un giorno all'altro per diventare un Arcangelo, e tutti quelli di noi che si sono risparmiati la condanna eterna crepando nella Grande Guerra o sparendo nel nulla come Iliadel!»

«Anche noi Arcangeli abbiamo avuto la nostra parte di dolore!»

«Ma non siete stati gettati all'Inferno dal Padre o, peggio ancora, da vostra madre, come è successo a me! É colpa sua se i miei occhi sono così!» ruggì Akenet indicando rabbiosamente gli occhi completamente neri.

«Sei ingiusto, Kenni, sai bene che tutti i ribelli che hanno cercato di opporsi alla loro caduta sono stati inceneriti e che Medeaiel ti ha salvato la vita!»

«È stata una loro scelta e almeno si sono evitati la vita di merda che tutti noi stiamo conducendo da millenni! Lei mi ha tradito due volte, zio. La prima quando mi ha abbandonato che ero solo un ragazzino e la seconda facendomi precipitare all'Inferno dopo aver finto di tendermi la mano per aiutarmi!»

Gabriel si avvicinò a suo nipote e fissandolo negli occhi gli domandò «Quindi per vendicarti degli errori di noi padri e madri vuoi distruggere la famiglia di Azaele e causargli un ulteriore dolore oltre a quelli che ha già dovuto patire?»

«Stai parlando di lui o di te?» Rispose Akenet con un sorriso cattivo e gli occhi rossi.

L'Arcangelo impallidì leggermente e suo nipote lo incalzò. «Fammi capire, zio. Per quale motivo dopo millenni di completo disinteresse, di punto bianco ti importa di tuo figlio? Hai davvero tanta paura che la nostra schiera possa vendicarsi dei torti subiti?»

«Che mi sia disinteressato di Azaele è solo una tua convinzione e per quanto riguarda il mito dell'Alfiere del male, sappi che non credo affatto in quella stronzata e sono certo che non ci creda neanche tu, sei troppo intelligente!» ribatté Gabriel.

Akenet andò a recuperare i vestiti, se li infilò nervosamente e si voltò di nuovo verso suo zio emettendo un gemito di dolore nel chiudersi la cerniera dei pantaloni.

«Quindi vuoi farmi credere che hai deciso di intervenire perché tieni al cuginetto? Non sarà piuttosto che hai deciso che era arrivato il momento di lavarti la coscienza?»

Gabriel si irrigidì ma mantenne la calma. «Attento Kenni, ti voglio bene, ma la mia capacità di perdonare le tue offese ha un limite, e per quanto riguarda la mia coscienza, non ho nulla da rimproverarmi, io ho votato contro quella decisione».

Akenet si avvicinò allo zio. Scintille di fuoco stavano cominciando a zampillargli dall'aureola spezzata e dalle mani rivelando che stava faticando a tenere la rabbia sotto controllo. «Oh, sei davvero convinto che aver “votato contro” basti a scaricarti dalle tue responsabilità? Dimmi zio, cosa hai fatto di realmente concreto per evitare che la tua compagna e tuo figlio soffrissero?» domandò con cattiveria.

«Ho fatto tutto ciò che ho potuto!» rispose Gabriel con una calma che se Akenet non fosse stato sopraffatto dalla rabbia, avrebbe interpretato come il segno che stava per oltrepassare il limite.

«Bé, non è stato abbastanza! È colpa della tua mancanza di palle se zia Galadriel è morta!»

Quell'accusa tanto crudele quanto ingiusta fece perdere definitivamente la pazienza all'Arcangelo. «Ho ascoltato abbastanza stupidaggini, moccioso. Non ti permetto di scaricare su di me la responsabilità della morte di Galadriel. Ti sei scordato che gli angeli che hanno ucciso tua zia erano sotto il tuo comando?»

Akenet vide l'aureola di Gabriel illuminarsi, le sue grandi ali bianche aprirsi e emettere lampi azzurrini mentre una luce bianca e celestiale cominciava a sprigionarsi dal suo corpo.

«DIMMI AKENET, COSA HAI FATTO TU, PIUTTOSTO, PER EVITARE CHE LA CIRCONDASSERO IN VENTI E LA COLPISSERO A MORTE?» Tuonò l'Arcangelo nell'antico verbo, posando una mano sull'elsa della sua spada e facendo un passo avanti.

Akenet si rese conto di aver esagerato. Parzialmente accecato dalla luce celestiale emessa dallo zio, arretrò di un passo e istintivamente circondò il suo corpo di fiamme infernali.

L'Arcangelo sbatté le grandi ali dai riflessi azzurrini provocando uno spostamento d'aria che spinse l'Arcidiavolo contro il muro, quindi sguainò la spada angelica e la puntò contro il cuore di Akenet che, conscio di trovarsi per la seconda volta in una posizione di debolezza rispetto allo zio, spense le fiamme infernali.

«Hai perso la tua baldanza, Arcidiavolo?» domandò sarcastico l'Arcangelo.

Akenet si limitò a indicare con un cenno del viso la spalla sinistra che aveva ricominciato a sanguinare. Era sudato fradicio per lo sforzo che gli stava costando mantenere il controllo per evitare di reagire all'attacco dello zio e per il dolore dovuto alla riapertura della ferita.

La vista del sangue che colava sul braccio del demone calmò Gabriel che rinfoderò la spada e riacquistò il suo aspetto umano.

«Quando questa storia sarà finita potrai tornartene all'Inferno. Nel frattempo, sarai mio prigioniero. Ti sconsiglio di tentare la fuga, questa stanza è stata preparata per essere la tua prigione per cui non faresti una bella fine. E non preoccuparti, comunque vada questa storia, non vedrai più la mia faccia!»

Qualcuno bussò alla porta. Gabriel indietreggiò senza perdere di vista il nipote che lo osservava con un'espressione indecifrabile.

L'Arcangelo aprì la porta solo il tanto da permettere a Renzo Galletti di affacciarsi sulla stanza. L'uomo appariva piuttosto turbato.

«Suo figlio e gli altri sono tornati. Forse è meglio che venga di là, il suo amico Safet non sta molto bene»

Gabriel scambiò un ultimo sguardo con Akenet e poi uscì senza aggiungere una parola.

L'arcidiavolo aspettò che Gabriel chiudesse la porta dietro di sé poi si avvicinò alla porta finestra che dava sul giardino. Gli bastò un'occhiata per constatare che un incantesimo impediva di aprirla. Lo zio non aveva bluffato.

Improvvisamente gli sembrò di cogliere un movimento all'esterno. Guardò verso il giardino e vide un ragazzino dai lunghi capelli neri e mossi, gli occhi color pervinca e due ali candide.

Sorpreso, si chiese cosa ci facesse lì fuori.

Il ragazzino sorrise e volò ad abbracciare una coppia di Arcangeli: Gabriel e Galadriel. Lei era bellissima, aveva lunghi capelli neri e ricci, gli occhi nerissimi e il sorriso allegro ereditato da Azaele.

Akenet si avvicinò ai vetri esterrefatto e di colpo sparirono tutti e tre. Sospirò tristemente, ciò che aveva appena visto non era che l'immagine di un ricordo lontano.

Abbassò il capo mortificato. Si era appena reso conto di aver parlato in quel modo con suo zio solo per il gusto di farlo soffrire quando in realtà avrebbe dovuto dirgli molte altre cose.

Avrebbe dovuto dirgli, per esempio, che non pensava affatto quello che aveva detto poco prima e che sapeva benissimo che la zia era morta per colpa di un gruppo di suoi subordinati aizzati da Zamesh.

Avrebbe dovuto dirgli che anche lui era arrivato troppo tardi e che dall'alto lo aveva visto piangere per la sua compagna ferita a morte.

Avrebbe dovuto dirgli che lo aveva protetto da Zamesh per permettergli di stringere tra le braccia Galadriel e darle l'ultimo saluto e che quel vigliacco portava ancora i segni dei suoi artigli sul viso.

Avrebbe dovuto dirgli che non era riuscito a piangere la morte della zia, perché dopo essersi concesso un ultimo pianto di fronte ad Atriel, molti millenni prima, aveva deciso che dai suoi occhi non sarebbe più uscita nemmeno una lacrima e che a causa di quella decisione aveva finito perfino per dimenticarsi come si fa a piangere.

Avrebbe dovuto dirgli, infine, che se c'era qualcuno a cui voleva ancora un po' di bene, tra tutti gli Arcangeli, era proprio lui, Gabriel.

Ma non l'aveva fatto, non aveva detto nulla di tutto ciò, perché era un Arcidiavolo e doveva difendere il suo stupido, inutile orgoglio.


#


Gabriel entrò nella sala in cui Safet riposava steso su un divano. Un'occhiata tra lui e Razel gli fece capire che la situazione era molto grave. Almeno erano tornati anche Azaele, Michele e Yetunde; con loro c'era una giovane demone che Gabriel aveva l'impressione di conoscere e che non sembrava ostile, al contrario appariva molto preoccupata per Safet.

Aurora era seduta sul divano, era bianca in viso e stava trattenendo a stento le lacrime mentre carezzava delicatamente la fronte pallida e madida di sudore di Safet. Gabriel si avvicinò al suo vecchio amico e notò che era sporco di sangue, la sua pelle era bianca come quella di un cadavere e ricoperta di venature nere dall'aspetto orribile.

Alba e Elena erano chine sul demone per cercare di capire l'origine del male che lo stava uccidendo.

«Ci avete capito qualcosa ragazze? Pensate di poterlo aiutare?» Domandò Razel cupo.

Elena scosse la testa. «Qualcosa di orribile e demoniaco lo sta divorando da dentro Razel, ma chiunque gli abbia messo in corpo questa mostruosità è troppo forte per me. Alba purtroppo è ancora troppo inesperta per intervenire e non abbiamo abbastanza tempo per fare dei tentativi a vuoto che potrebbero farlo soffrire ancora più di quanto non stia già soffrendo. Temo che non ci sia modo di salvarlo!»

Gabriel, diede un pugno contro il muro, sfondando la parete. Poi scivolò sulle ginocchia.

Azaele corse da lui e lo abbracciò, senza parlare.

«È sicuramente opera di Zamesh, il professore mi ha detto che è stato lui a torturarlo» disse Atriel, in lacrime come tutti gli altri.

Adel e Kafresh, che fino a quel momento si erano limitati a osservare la scena in silenzio, si scambiarono uno sguardo d'intesa.

La piccola demone uscì silenziosamente dalla stanza, corse verso la camera dove era tenuto prigioniero Akenet e entrò senza neanche bussare.

«Come hai fatto ad aprire la porta?» Le domandò l'Arcidiavolo, era ancora accanto alla porta finestra e la stava osservando stupito.

Lei lo guardò esitante.

«Perché stai piangendo, che ti succede?» Domandò ancora Akenet notando gli occhi rossi e il viso bagnato di Adel.

«Safet sta morendo Signore. Crediamo che Zamesh gli abbia messo dentro qualcosa che lo sta divorando».

«E perché sei venuta a dirlo a me?» domandò lui freddamente.

«La prego, lo aiuti!».

«Che c'entra Zamesh?» domandò ancora l'Arcidiavolo girando intorno al letto e fermandosi di fronte ad Adel.

«Safet ha detto ad Atriel che si è alleato con Zoel e Krastet. È stato lui a ordinare di catturarlo e poi lo ha torturato personalmente per ore. La prego Signore, non abbiamo molto tempo!»

Akenet rifletté sulla richiesta di Adel. Safet, era uno dei pochi demoni che stimava e verso cui provava della simpatia, oltre a questo odiava Zamesh, sia per quello che aveva fatto a Galadriel, sia perché sapeva molto bene che pur non avendo né le sue qualità di leader né la sua forza, aspirava ad ottenere il comando del Nono Girone. Non ci voleva molto a capire che l'alleanza con Krastet e Zoel era l'ennesimo tentativo di usurpargli il trono.

«E va bene. Portami da Safet» le disse al termine di quelle riflessioni. «Poi dovrai anche spiegarmi come mai tu puoi girare dove ti pare e io no» aggiunse freddamente.

Adel fece cenno di si e poi gli fece strada fino alla sala dove riposava Safet. All'Arcidiavolo si presentò una scena abbastanza inusuale: demoni, angeli e umani erano tutti silenziosi e in lacrime intorno a Safet. Indubbiamente, pensò Akenet, il supervisore sa farsi voler bene.

Gabriel vedendolo entrare si era alzato in piedi stupito e pronto a combattere, ma Akenet allargò le braccia in segno di pace. «Sono qui per il vecchio, non ti agitare!»

«Pensi di poterlo aiutare?» Domandò Azaele speranzoso. Akenet notò la somiglianza tra lui e Gabriel e non poté fare a meno di sogghignare, si strinse nelle spalle e rispose. «Chi pensi sia più forte tra me e quella mezza sega di Zamesh, cuginetto?»

«Allora, ti prego, aiutalo prima che sia troppo tardi!» Intervenne Aurora.

Akenet si voltò verso di lei e la osservò perplesso. «Quindi saresti tu la compagna umana di Safet? È meglio che esca da qui, non sarà un bello spettacolo»

«Non ho alcuna intenzione di abbandonarlo in un momento simile!» Replicò lei decisa.

«Ottimo, mi mancava proprio di avere intorno un'umana che strilla isterica mentre cerco di concentrami!» commentò lui.

«Immagino che ti abbiano già detto che possiedi gli stessi modi cortesi di un troll?» ribatté lei passandosi una mano sul viso per asciugare le lacrime.

Una luce divertita brillò negli occhi di Akenet. «No. Chissà perché, la gente tende a evitare di dirmi cose che potrebbero irritarmi» rispose avvicinandosi al divano.

Ad Aurora sfuggì un piccolo sorriso mentre si alzava per fargli spazio.

L'Arcidiavolo si sedette al suo posto e diede uno schiaffetto a Safet che aprì gli occhi e disse debolmente. «Sarei stato torturato abbastanza per oggi, Signore. Se non le dispiace eviterei di essere anche carbonizzato!»

L'Arcidiavolo sorrise, una delle caratteristiche che apprezzava di più del Supervisore era che non perdeva mai il suo senso dell'umorismo, nemmeno nelle situazioni più difficili. «Non ho intenzione di carbonizzarti vecchio. Ora ti tiro fuori la porcheria che ti sta divorando, ma ti avverto che ti farà molto, molto male. Sei pronto?»

«No!» rispose Safet. «Ma va bene lo stesso, proceda pure».

Akenet ne osservò il corpo martoriato per qualche istante, poi le dita della sua mano sinistra si trasformarono in cinque artigli neri e acuminati, gli salì in grembo e poggiò la mano destra sul suo petto, infine si concentrò per non pensare al dolore alla spalla e gli affondò gli artigli nello stomaco.

Safet iniziò a urlare e tentare di contorcersi ma l'arcidiavolo gli bloccava i movimenti tenendolo stretto tra le ginocchia e schiacciandolo contro i cuscini mentre gli rigirava gli artigli nello stomaco. Fiotti di sangue nero schizzarono da tutte le parti, ma Akenet continuò a frugargli dentro senza badarci. Improvvisamente sul suo volto comparve un ghigno soddisfatto, si bloccò per un istante e infine cominciò a ritirare lentamente gli artigli dallo stomaco di Safet trascinando fuori un'orripilante creatura nera dotata di tentacoli ricoperti di ventose piene di aculei. La creatura si contorceva nel tentativo inutile di liberarsi dalla sua stretta emettendo versi striduli e sprizzando scintille infuocate.

Quando finalmente Akenet riuscì a estrarla del tutto dal corpo di Safet, la incenerì con una fiammata.

Safet, mormorò un debole «Grazie!» e perse i sensi. Aurora fece per avvicinarsi, ma l'Arcidiavolo le fece cenno di aspettare. Poggiò una mano sulla ferita aperta, la massaggiò per qualche istante e quando fu sicuro di aver riparato il macello interno, la richiuse.

«Adesso puoi avvicinarti» disse lasciandole il posto al fianco del supervisore. La professoressa, che non aveva emesso una sillaba per tutto il tempo che aveva visto il suo compagno urlare e contorcersi, strinse la mano di Akenet tra le sue in segno di ringraziamento e si chinò ad abbracciare Safet.

Akenet si avvicinò a Gabriel e facendo un cenno verso Aurora commentò. «È in gamba l'umana di Safet!»

«Lo so!» rispose laconicamente l'Arcangelo. Zio e nipote si guardarono imbarazzati.

«Mi dispiace che la tua ferita si sia riaperta» disse Gabriel. «Prima ho esagerato, scusa!»

L'Arcidiavolo fece spallucce e guardò lo zio dritto negli occhi «Ho ripensato alla tua proposta e ho deciso che vi darò una mano a combattere quei quattro sfigati che vogliono rapire la piccoletta»

«Davvero?» domandò stupito Gabriel.

«Si, ma sia chiaro che dopo che li avremo fatti a pezzi sarà Tana libera tutti»

«Cosa intendi?» Domandò Gabriel.

«Lo sai cosa intendo!» Rispose Akenet.

Gabriel esitò.

«Per me va bene. Tana libera tutti e poi si vedrà!» Rispose debolmente Safet dal divano.

Gabriel porse la mano al nipote che la strinse e poi si diresse fuori dal salone. Mentre usciva lanciò uno sguardo ad Atriel per invitarla a seguirlo e fece un cenno di saluto a Safet e Aurora. La Professoressa gli sorrise e non poté fare a meno di pensare che Akenet, con quel suo passo lento e sicuro di sé e quei modi bruschi ma leali, le ricordava un leone della savana africana.

Adel osservò Atriel e Akenet uscire insieme dalla sala. L'Arcidiavolo non l'aveva più degnata di uno sguardo da quando erano usciti dalla sua camera. Molto probabilmente non si fidava più di lei e comunque era abbastanza ovvio che preferisse la compagnia di Atriel alla sua.

Sospirò e cercò di trattenere le lacrime. Kafresh se ne accorse, le circondò le spalle con un braccio e le sussurrò. «Non piangere, ricordati che tu sei la sua Palletta!»

«Cosa vuoi dire?» domandò lei un po' imbarazzata.

«Ma, davvero non l'hai capito?» ridacchiò lui scompigliandole i capelli affettuosamente.

«Ehem, buonasera, voi chi sareste?» domandò Renzo Galletti dietro di loro.

Adel si voltò. Sulla soglia della sala vide Ariel e Eowynziel. Insieme a loro c'erano una guerriera dal seno più grande che Adel avesse mai visto, un'Arcangelo identica a Eowynziel ma dallo sguardo decisamente più sveglio e un angelo biondo dagli occhi azzurri e le labbra carnose con una chitarra elettrica appesa sulle spalle.

Razel sorrise. «Sò, arrivati i rinforzi, finalmente!»

Aveva appena finito di dirlo che anche un altro Arcangelo varcò la soglia della sala. Era una guerriera alta più di due metri, dagli occhi verde smeraldo e i capelli rosso scuro raccolti in una lunga treccia, una spada dall'elsa finemente decorata pendeva dal suo fianco destro.

Diede un'occhiata a Safet e commentò. «Tutto bene, marito?»

Nella sala calò un silenzio imbarazzato.





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Capitolo 22
*** Una notte piena di sorprese - Parte 1 ***


Capitolo 22



Una notte piena di sorprese – parte prima



Elendiel, prima e unica "moglie" di Safet, stava dritta come un fuso al centro della sala della colazione, sovrastando ognuno dei presenti con i suoi due metri e cinque centimetri. Indossava l'armatura angelica nella versione leggera costituita da corazza, spallacci, copri avambracci e schinieri, tutto di titanio dorato. Al centro della corazza, in corrispondenza del cuore, spiccava lo stemma della sua armata: due ali angeliche dorate su uno sfondo verde smeraldo, lo stesso colore della sua veste e degli occhi di Sael. Era stata lei stessa a crearlo, quando le avevano assegnato il grado di comandante dell'armata.

Nonostante tutti gli sguardi dei presenti fossero puntati su di lei, apparentemente non sembrava né turbata né emozionata.

Solo l'indice con cui picchiettava l'elsa della spada, che stringeva nella mano sinistra, rivelava un certo nervosismo dovuto all'attesa di risposta da parte del suo antico compagno che, ancora debole per le ferite appena rimarginate, si era preso il tempo di raccogliere le forze per poi rispondere stancamente «Onestamente ho avuto giorni migliori, moglie.»

Aurora trasalì e Elendiel la fissò un istante senza lasciar trasparire emozioni particolari. Il resto dei presenti non osò emettere una sillaba.

La guerriera si rivolse di nuovo a Safet. «Posso chiederti cosa ti è successo per ridurti in questo deplorevole stato?»

«Vuoi la spiegazione breve o quella lunga?» rispose lui.

L'Arcangelo strinse leggermente le labbra, non aveva mai apprezzato l'abitudine del marito di fare dell'ironia in situazioni che non avevano nulla di divertente. «Breve ma esaustiva» rispose secca.

Safet si mise faticosamente a sedere, incrociò le mani sulle ginocchia e riassunse le sue ultime ore all'Inferno. «Zamesh, Krastet e Zoel mi hanno teso una trappola e io ci sono caduto come un imbecille. Sono stato torturato per ore da Zamesh e liberato da Razel, Azaele e i suoi amici, prima che fosse troppo tardi. Akenet mi ha salvato la vita strappando fuori dal mio stomaco una sanguisuga infernale infilata da Zamesh per farmi divorare dall'interno.»

Elendiel si accigliò.«Akenet ti ha aiutato spontaneamente o dietro tua richiesta?»

Safet emise un piccolo grugnito di insoddisfazione. «Capisco che da una spiegazione breve non si evinca con chiarezza tutto quello che ho passato nelle ultime ventiquattr'ore, ma almeno un "mi dispiace che ti abbiano quasi ammazzato" lo avrei apprezzato!»

Gli occhi dell'Arcangelo si allargarono leggermente in quello che era il massimo di stupore che si concedeva di esprimere. «Mi sembrava ovvio, non vedevo motivo di sottolinearlo.»

Il supervisore sospirò. Da giovane era stato molto innamorato di Elendiel, ma la difficoltà di esprimere le emozioni di sua moglie abbinata a una eccessiva rigidità nell'applicare le regole angeliche, li aveva progressivamente allontanati, fino alla rottura definitiva dovuta alla decisione di abbandonare Sael. Ciononostante, Safet sapeva che Elendiel, a modo suo, lo amava ancora e amava anche suo figlio; la sua presenza in quella difficile circostanza ne era la dimostrazione.

«Si, Akenet è qui», rispose pazientemente, «lui mi ha… »

L'Arcangelo lo interruppe. «Ciò non è bene, Akenet è un Arcidiavolo, la sua presenza qui è una violazione delle regole.»

Safet osservò la moglie allibito e con un ampio gesto del braccio indicò tutti i presenti in sala. «Non so se lo hai notato, ma tutta questa situazione è contro le regole, compreso il fatto che tu ti stia mostrando a degli umani!»

Elendiel fu scossa da un impercettibile sussulto. Diede una veloce occhiata di sbieco a Yetunde, Renzo e gli altri umani presenti, quindi riportò la sua attenzione su Safet. Non prima, però, di soffermarsi un istante su Sael che la osservava con gli occhi lucidi.

«Non ero stata informata della loro presenza, avrò modo di chiarire questo aspetto» spiegò, lanciando uno sguardo di rimprovero ad Ariel che abbassò gli occhi imbarazzato.

«Posso chiederti in quale veste sei venuta?» domandò Safet.

«Cosa intendi?»

«Sei qui per aiutare o per punire?»

Lei esitò un attimo. «Al momento per comprendere la situazione. Mi riservo di valutare se e come aiutare, qualora ne ravvisi la necessità»

Safet sospirò. «Eli…»

«Non amo quel diminutivo e, cortesemente, potresti riprendere il tuo vero aspetto? Mi disturba avere di fronte una persona che ti somiglia molto ma che non sei tu!»

«Conta così tanto il mio aspetto? Non dovrebbe essere più importante la sostanza?» domandò lui amaramente.

Lei strinse le labbra in un accenno di stizza. «Non sei nella posizione di farmi lezioni di morale e sai perfettamente quanto mi infastidisca che la realtà venga modificata a proprio piacimento, per cui te lo chiedo nuovamente, potresti riprendere il tuo vero aspetto, Safael?»

Aurora intuì che per Elendiel, chiamare Safet con il suo nome di Arcangelo era stato un modo per sottolineare sia la considerazione che aveva per lui, sia la reale necessità di vederlo con il suo vero aspetto. Intuendo che Safet esitava ad esaudire la richiesta della sua antica moglie per non mettere lei a disagio, gli sussurrò. «Guarda che per me non è un problema».

Lui le prese una mano e gliela strinse per offrirle un ringraziamento silenzioso.

Ovviamente nessuna delle due cose sfuggì a Elendiel che comunque rimase impassibile.

Safet emise un lungo sospiro al termine del quale i presenti ebbero modo di ammirare un demone decisamente bello, apparentemente intorno alla quarantina, con folti capelli biondo ramati, occhi grigi e un naso ben disegnato e ricoperto da una spruzzata di minuscole lentiggini.

«Apperò, che manzo!» sfuggì ad Alissa a mezza voce.

«Suppongo di poterlo interpretare come un complimento, Signorina Alissa!» commentò Safet, scatenando l'ilarità di tutti i presenti, ad eccezione di Elendiel che comunque non riuscì a trattenere un mezzo sorrisetto.

«Si, cioè.. Certo.. Mi scusi, ma come fa a sapere come mi chiamo?» balbettò la ragazza che avrebbe voluto sprofondare per l'imbarazzo.

Yetunde alzò gli occhi al cielo. «Che domande fai, è un demone!»

Safet ridacchiò. «Io sarò anche un demone ma tu, poco fa, quando siamo entrati in sala ti sei rivolto a tua sorella chiamandola per nome. E non chiedermi come faccio a sapere che siete fratello e sorella… siete praticamente uguali!»

Yetunde arrossì vistosamente e decise che era meglio stare zitto e evitare ulteriori figure imbarazzanti.

«Sentite, visto che ormai si è fatto tardi, che ne dite di aiutarmi a preparare la cena, mia sorella stamattina ha fatto la spesa, abbiamo il frigorifero pieno di bistecche e braciole!» propose Renzo, per venire in soccorso dei due ragazzi che gli ispiravano una notevole simpatia.

«Me sembra un'ottima idea, francamente è stata 'na giornata piuttosto faticosa e due o tre bistecche de manzo ce starebbero bene 'na cifra!» commentò Razel allegramente

«Voi… mangiate carne?» gli domandò perplessa Elendiel.

«Eli...» L'Arcangelo sentendosi appellare con il diminutivo che aveva appena chiesto di non usare, lo fulminò con lo sguardo, ma lui non se ne preoccupò minimamente. «Te ricordo che qua dentro semo in maggioranza demoni e umani, che ce dovremo magnà, secondo te?»

«Io veramente sarei vegana» specificò Alissa un po' a disagio.

Razel le rivolse uno sguardo costernato. «Te sei appena guadagnata il Paradiso, regazzina, perché qualunque peccato commetterai nella vita tua, all'Inferno nun te ce voglio!»

La battuta di Razel diede il via a una seconda ondata di risate che contribuì a far scomparire del tutto la tensione accumulata nelle ultime ore.

Renzo si avvicinò ad Alissa per rassicurarla. «Non preoccuparti, abbiamo tutti i tipi di menu anche quello vegano.»


#


Atriel osservava Akenet severamente. Erano seduti entrambi sul letto, uno di fronte all'altra. Lui con la schiena poggiata al muro e lei, più piccola, contro lo schienale, piuttosto basso.

«Che hai da guardarmi così?» brontolò l'Arcidiavolo. «Mi sembrava che piangessi come una fontana davanti al tuo daddy ferito a morte. Pensavo fossi contenta che l'abbia reso di nuovo disponibile!»

«Figuriamoci se perdi un'occasione per fare l'imbecille!» ribatté lei.

Akenet fece un sorrisetto condito da un'espressione del tipo Embè, che ho detto di male?

«Safet non è mai stato il tipo da farsi storie con le studentesse e tanto meno il tipo che tradisce la sua compagna.»

«Infatti, francamente non si capisce cosa ci faccia all'Inferno!»

«Lo sai benissimo cosa ci fa! In ogni modo hai ragione, sono contenta che lo abbia aiutato, non si meritava di morire in quel modo.»

«E allora perché mi hai messo il muso? Sei contraria a questa momentanea alleanza con mio zio?»

Lei sbuffò e gli si sedette accanto. «Ma sei davvero così tonto o lo stai facendo apposta?»

Lui la guardò senza capire.

«E dai, Kenni, ma non ti sei accorto che la tua segretaria ha un enorme debole per te? Per la miseria le è crollata la faccia quando anziché chiedere a lei di seguirti in camera, lo hai chiesto a me!»

«Non dire fesserie, Etty. Palletta non è tipa da una botta e via!»

Atriel scosse la testa. «Non intendevo quello e comunque... Io invece sì?»

Ora, tu puoi anche essere uno degli Arcidiavoli più temuti dell'Inferno, il Secondo in comando di Lucifero in persona, nonché il Responsabile del Nono Girone, ma se una donna o, in questo caso specifico, una demone, con cui hai un qualsivoglia tipo di relazione intima, ti guarda con quell'espressione e ti fa una domanda con quel tono di voce, tu capisci di aver pestato una merda.

Esattamente come Akenet, che cercò di rimediare in qualche modo. «N .. no… ma che c'entra! Io e te siamo amici da tutta la vita, facciamo sesso perché ci sta bene così!»

Atriel rise e gli diede un buffetto affettuoso su una guancia. «Adoro quando riesco a farti balbettare!»

Lui la guardò con gli occhi sottili e rossi per un istante, poi sorrise, la tirò accanto a sé e le passò il braccio sano intorno alle spalle. «In ogni modo ti ho chiesto di seguirmi perché volevo chiederti cosa sai dell'alleanza tra Zamesh e quei due cretini di Zoel e Krastet.»

Lei gli strinse la mano che le penzolava sulla spalla e rispose. «Purtroppo non so niente oltre a quello che immagino ti abbia già detto Adel: Safet è stato catturato per loro ordine e torturato da Zamesh, più per il gusto di farlo che per una reale necessità.»

Akenet sbuffò. «Hanno liberato uno dei miei dannati che odia Azaele e lo hanno messo al comando di un gruppo di demoni che stamattina ha attaccato con l'obiettivo di ammazzare tutti e rapire la bambina strappandola dal ventre della sua compagna!»

Atriel inorridì. «Ma è spaventoso ed è anche una pessima notizia per te. Zamesh deve essersi alleato con loro, per tentare nuovamente di usurparti il trono del Nono Girone!»

«È quello che penso anche io. Devi andartene, Atriel, tra non molto attaccheranno di nuovo, non voglio coinvolgerti!»

«Sono già coinvolta, Kenni, e non ho intenzione di starne fuori!»

«Etty…»

«Non insistere, ho già deciso. La volta scorsa sono stata al tuo fianco, dalla parte sbagliata, ora ho l'opportunità di rimediare ai miei errori stando di nuovo al tuo fianco, ma dalla parte giusta!»

Akenet poggiò la nuca contro il muro. «Chi ti dice che stavolta siamo dalla parte giusta?»

Lei sorrise. «Gabriel, Safet e Razel che combattono insieme per proteggere Azaele e la sua famiglia.»

«Forse» commentò lui. «In ogni modo non ho intenzione di rinunciare a prendermi la figlia di Azaele. È troppo importante per noi!»

Atriel lo guardò scandalizzata. «Non puoi fare una cosa del genere a tuo cugino!»

Akenet si rabbuiò. «Sono un Arcidiavolo. Il mio dovere è cercare di liberare la nostra gente dalla schiavitù dell'Inferno!»

«Ma lo sai benissimo che è una fesseria, un mito a cui non crede nessuno!»

«Ti sbagli. La maggior parte dei demoni ci crede, sono davvero convinti che un giorno un ibrido mezzo umano e mezzo demone li libererà dalla condanna eterna!»

Atriel allontanò la schiena dal muro e si girò verso l'amico. «È solo un mito, rapire un innocente non migliorerà in alcun modo la nostra vita. Ti prego Kenni, non fare una cosa così tremenda ad Azaele. Lui non lo accetterà e finirete per combattere tra voi!»

Akenet non rispose e Atriel continuò, sempre più preoccupata. «Kenni, per favore, Azaele somiglia a suo padre: sembra uno svampito ma è un guerriero in gamba. Tu però sei molto più forte. Lui non si arrenderà mai e finirai per doverlo uccidere. Vuoi davvero aggiungere questo peso a tutti gli altri che già devi sopportare? E hai pensato a come reagirà tuo zio Gabriel? E se finiste per ammazzarvi a vicenda?»

Lui diede un pugno sul muro e commentò rabbiosamente. «Non mi interessa come reagirà zio Gabriel, te lo ripeto sono un Arcidiavolo, ho dei doveri!»

Lei si alzò dal letto irritata ma prima di andarsene fece un ultimo tentativo per far cambiare idea all'amico. «Pensi davvero di avere dei doveri o credi piuttosto che per continuare a meritare il trono di Secondo in Comando, devi dimostrare a Lucifero che puoi essere crudele quanto Zamesh?»

La domanda colpì nel segno. «Non ho bisogno di dimostrare niente a nessuno, ho avuto quel trono perché me lo sono meritato!» rispose freddamente Akenet.

«E allora non comportarti come se avessi paura di essere giudicato debole, Kenni! Comportarsi in modo onorevole è una dimostrazione di forza e non di debolezza, ricordi? Me lo ha insegnato un ragazzino dagli occhi color pervinca molti millenni fa!»

«Quel ragazzino ha smesso di esistere quando i suoi occhi sono diventati completamente neri e bui!» Rispose lui amaramente.

Lei non aggiunse altro, si limitò a scuotere la testa e uscire dalla camera chiudendosi dietro la porta.

Mentre attraversava il corridoio sentì delle voci allegre, incuriosita le seguì fino ad arrivare nella “sala da pranzo” dove angeli, demoni e umani avevano appena finito di apparecchiare tutti insieme e si stavano preparando a cenare. Cercò con lo sguardo una persona in particolare. «Forse lei riuscirà a farlo ragionare» pensò speranzosa.


#


Adel vide Atriel rientrare nella sala della colazione scura in volto e si chiese cosa potesse essere successo. Sospirò, pensando che in fondo non erano fatti suoi e che se Akenet e Atriel stavano insieme lei avrebbe dovuto farsene una ragione. Che poi era meglio così, non bisognava mischiare lavoro e sentimenti, non era… Professionale.

Si girò verso Ariel e gli chiese se poteva passargli una braciola. Ariel le sorrise e avvicinò il vassoio con la carne. Lui e Adel avevano scambiato due chiacchiere mentre apparecchiavano e l'angelo si era un po' stupito nel rendersi conto che pur essendo una demone la trovava molto simpatica e, cosa che non guastava, decisamente carina.

La piccola demone stava per apprestarsi ad assaggiare la braciole quando si sentì picchiettare su una spalla. Con sorpresa vide che si trattava di Atriel che le domandò sorridendo «Possiamo parlare un momento?»

«È urgente? Ho appena cominciato a cenare!»

«Abbastanza!»

«Ok!»

Adel si alzò e seguì Atriel in giardino preparando mentalmente il discorso in cui negava decisamente qualsiasi interesse sentimentale nei confronti di Akenet.

Quando furono lontane da orecchie indiscrete, Atriel si fermò e le domandò gentilmente «Potresti portare da mangiare ad Akenet? È ancora un po' debole e poi non credo sia dell'umore per unirsi a questa baraonda.»

Adel sospirò di sollievo, forse era riuscita a nascondere abbastanza bene i suoi sentimenti!

«Vuole mangiare subito o pensi che possa finire la mia cena?»

«Finisci pure, ma non farlo aspettare troppo. Lo conosci. Si irrita facilmente»

La piccola demone annuì timidamente.

«A proposito, quando sei lì prova a parlargli, è arrabbiato per essere stato ferito e catturato da Gabriel e sta dicendo un mucchio di sciocchezze, sono sicura che tu puoi riuscire a farlo ragionare.»

Adel arrossì senza rendersene conto. «Io?»

Atriel ridacchiò dentro di sé.

«Chi altro? Si tratta di cose di lavoro, sai tutte quelle stupidaggini sull'Alfiere del male. Si è fissato che quando nascerà, deve rapire la figlia di Azaele! Figurati, Gabriel e Safet non glielo permetteranno mai, finirà per farsi ammazzare!»

Adel sbiancò, non si era mai resa conto che il rapimento della bambina avrebbe portato inevitabilmente a un duro scontro tra Akenet e Azaele e che qualcuno sarebbe potuto morire.

Atriel si accorse del turbamento di Adel e cercò di consolarla e allo stesso tempo incoraggiarla.

«Tu sei la collaboratrice di cui si fida di più, se proverai a farlo ragionare. Ti ascolterà.»

«Lo credi davvero?»

«Ne sono sicura!» rispose Atriel sorridendo. «Dai, ora andiamo a mangiare, questo profumino di bistecche arrosto ha fatto venire fame anche a me!»

Le due demoni tornarono in sala da pranzo. Atriel cercò un posto libero e Kafresh le sorrise indicando una sedia vuota accanto a lui. Accettò volentieri l'invito. Il demone idraulico era decisamente un bel ragazzo e aveva anche uno sguardo sveglio, cosa che all’Inferno non era molto comune.

«Tutto bene tra te e Adel?» domandò Kafresh un po' preoccupato.

«Certo perché?» domandò lei sorpresa.

«Ho visto che parlavate e visto quello che c'è tra te e Akenet...»

«Cosa c'è tra me e Akenet?» domandò lei infilzando un boccone di carne con la forchetta e rigirandolo un po' prima di infilarlo in bocca.

Kafresh non si lasciò smontare. «Guarda che ce li ho, gli occhi, anche se mi faccio gli affari miei.»

Atriel iniziò a masticare il boccone e rispose con la bocca piena. «Sicuramente farsi gli affari propri è una buona abitudine. Tu e Adel siete amici?»

«Recentemente mi ha salvato la vita, e si, siamo amici. Mi dispiacerebbe se dovesse passare qualche guaio perché qualcuno è geloso di lei!»

La demone rise. «Io e Akenet siamo molto più che amanti, biondino. Siamo amici da tutta la vita.»

«E questo cosa significa?» domandò Kafresh.

«Che sarei felice se avesse finalmente la persona giusta al suo fianco!»

Il demone la guardò incerto.

«Quei due hanno bisogno di un piccolo aiutino, non credi?» suggerì lei con un sorriso malizioso.

«E tu hai deciso di dare una mano?»

«Esattamente!» rispose Atriel inghiottendo il suo boccone mentre osservava soddisfatta Adel preparare un vassoio con alcune bistecche e braciole e un bicchiere di vino.


#


Adel entrò nella camera di Akenet «Le ho portato qualcosa da mangiare, Signore!»

«Poggialo lì!» Ordinò l'Arcidiavolo indicando un comodino a lato dell'ampio letto matrimoniale.

Adel poggiò delicatamente il vassoio.

Akenet notò che sembrava stanca e un po' triste e soprattutto non riusciva a guardarlo negli occhi. Lo trovò strano, Adel nonostante la timidezza non aveva mai evitato di sostenere il suo sguardo, era una cosa che gli era sempre piaciuta di lei. Ripensò a quello che aveva detto Atriel e cercò di mostrarsi gentile.

«Che hai?» Domandò.

Adel si passò velocemente una mano sul viso sperando che il suo capo non avesse notato la lacrima furtiva che le era scivolata lungo una guancia, ma che in realtà lui aveva visto benissimo.

«È colpa mia se è stato ferito, avrei dovuto avvertirla che stava arrivando Gabriel, ma lui è stato così veloce e io…, io non ricordavo che gli Arcangeli fossero tanto veloci, la capisco se non si fida più di me» rispose avvilita.

Akenet fece spallucce. «Non è colpa tua. Gabriel è un guerriero estremamente forte. Non è detto che sarebbe andata diversamente se mi avessi avvertito e comunque è stato proprio il fatto di essere stato preso alla sprovvista che mi ha salvato. Vedermi a terra ferito lo ha trattenuto dall'ammazzarmi» ammise.

Adel si stupì, era la prima volta che sentiva il suo capo parlare di qualcuno con tanto rispetto.

«Ora si sente meglio?»

«Si, la ferita si è quasi rimarginata del tutto.»

«Ne sono felice» disse Adel e poi dopo un attimo di esitazione aggiunse «Se la sente di parlare?»

L'arcidiavolo sbuffò. «No. Sono stanco. Potrai aggiornarmi domani mattina.»

Adel non osò insistere. «Allora, se non ha bisogno di altro, io andrei.»

Akenet la osservò mentre lo guardava con quel sorriso dolce e un po' timido; il suo sguardo si soffermò sulle piccole mani che non gli sarebbe affatto dispiaciuto se lo avessero accarezzato dappertutto. Ancora meno gli sarebbe dispiaciuto sentire il corpo morbido di Adel stretto contro il suo.

Pensandoci bene si rese conto che aveva effettivamente bisogno di altro da lei, più esattamente di averla con sé sotto le lenzuola.

«Aspetta!»

Adel lo guardò in attesa.

Lui si sedette sul bordo del letto e grattandosi una guancia per nascondere un leggero imbarazzo rifletté sul modo migliore per proporle di restare. Non voleva spaventarla e nemmeno che si sentisse obbligata solo perché era il suo capo.

Alla fine optò per introdurre l'argomento con un generico «Posso farti una domanda un po' personale, Palletta?»

Adel ne rimase stupita e anche un po' lusingata. Akenet non si era mai interessato della sua vita privata. «Ma certo, Signore!»

L'Arcidiavolo fece vagare lo sguardo per la camera per qualche istante, tossichiò incerto, e infine si decise. «Ti andrebbe di scopare?»

Adel diventò paonazza e balbettò «Po… potrebbe circostanziare meglio la domanda, Signore?»

Lui si protese verso di lei, la afferrò delicatamente per i fianchi e la avvicinò a sé. «Ti andrebbe di scopare. Con me. Su questo letto. Adesso. Così è abbastanza circostanziata?»

«Decisamente si. Signore!» rispose lei ancora imbarazzata.

«E quindi…?» Domandò lui con un tono di voce che tradiva una certa aspettativa.

Adel spostò lo sguardo sul letto matrimoniale, decise che le lenzuola di seta color crema non erano fondamentali, tornò sul bellissimo viso di Akenet e rispose timidamente. «Bé… si!»

Quindi lo avvolse in un tenero abbraccio e lo sorprese con un arrapantissimo bacio alla francese.




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Capitolo 23
*** Una notte piena di sorprese - Parte 2 ***


Capitolo 23

Una notte piena di sorprese – Parte 2


La cena era quasi finita quando Sael cedette all'emozione. Per tutta la sera aveva aspettato che Elendiel dimostrasse un minimo di considerazione nei suoi confronti, ma lei non si era mai avvicinata, né gli aveva fatto capire di volergli parlare. Si era limitata ad aiutare ad apparecchiare e a mangiare, senza particolare entusiasmo, un po' di insalata.

Non riuscendo più a sopportare di essere snobbato da sua madre, si alzò in piedi di scatto e abbandonò la tavola dirigendosi in giardino.

Michele lo seguì, mentre Safet rivolse un sguardo di rimprovero alla moglie.

«Non ce la faccio più», si lamentò Sael, «Ma che razza di madre ho? Ora capisco perché tra lei e mio padre è finita. Come si fa a stare insieme a un simile pezzo di ghiaccio?»

Michele lo abbracciò e cercò di consolarlo. «Non prendertela, considera che questa situazione non è facile neanche per lei. Non ti ha più visto da quando ti ha affidato al tuo tutore, si trova in mezzo a un'alleanza di demoni, umani e angeli totalmente fuori da ogni regola celestiale o infernale e come se non bastasse, il suo antico marito ha scelto un'umana come compagna!»

Sael si sciolse dall'abbraccio e non poté fare a meno di sogghignare. «Forse le risulterebbe tutto più semplice se la piantasse di fare la principessa sul pisello!»

«Non ho idea di cosa intenda, ma posso assicurarti che l'unico utilizzo che faccio dei legumi è mangiarli!» osservò Elendiel comparendo all'improvviso al loro fianco.

Sael ammutolì mentre Michele dovette fare uno sforzo per non scoppiare a ridere. A differenza del suo ragazzo si era reso conto che quella dell'Arcangelo non era stata una battuta sarcastica ma una precisazione.

Elendiel gli si rivolse leggermente infastidita perché non aveva capito cosa lo avesse fatto sorridere. «Ti dispiacerebbe lasciarci soli?»

Michele strinse una spalla di Sael per dargli coraggio e volò sul tetto del B&B.

Elendiel e Sael rimasero in silenzio per un po'. Dal giardino si alzava il canto dei grilli e dalla sala arrivava il rumore delle chiacchiere e delle risate dei suoi amici. A un certo punto afferrò una battuta di Razel. «Ma che, vi è andato il prosciutto sugli occhi? Nun avete visto che quei due se magnavano con lo sguardo?» Gli sembrò di sentire Ariel ribattere qualcosa e si chiese di chi stessero parlando.

Elendiel interruppe i suoi pensieri. «Hai delle domande da farmi, figlio?»

Sael raccolse tutto il coraggio che poteva e domandò. «Ti è mai importato qualcosa di me?»

«Sembra che tu e tuo padre abbiate lo stesso problema riguardo ai miei sentimenti» rispose lei perplessa. «Comunque, sì. Mi sembra ovvio, sono tua madre!»

«Non è affatto ovvio, Madre! Quando mai hai dimostrato di volermi bene? Non ci sei mai stata, mai!»

Elendiel incrociò le braccia sul petto. «Prima di affidarti al tuo tutore, ci sono stata. Poi non ho potuto, avevo fatto un voto. Ma mi sono sempre tenuta informata.»

«Ti sei tenuta informata?» disse Sael rabbiosamente. «Ma ti rendi conto di quello che dici? E secondo te, tenersi informata è una dimostrazione d'affetto?»

«Te l'ho detto avevo fatto un voto, non potevo fare di più.»

Sael calciò rabbiosamente dei sassolini facendoli schizzare da tutti le parti. «E allora perché sei qui ora? Cosa è cambiato, che papà ha un'altra e questo ti ha fatto incazzare? Be sai che c'è, te lo sei meritato!»

Sua madre aggrottò leggermente le sopracciglia. «Tuo padre è libero di stare con chi vuole, inoltre ha scelto una buona compagna. Sono tornata perché…» si interruppe come se stesse cercando le parole giuste.

Sael la incalzò facendo un passo in avanti «Perché?»

«Perché le cose sono un po' cambiate negli ultimi tempi.» Sael la guardò senza capire. «Ho compreso che forse non è stata del tutto corretta la scelta di affidarvi a dei tutori.»

«Oh, e da cosa lo hai intuito?»

Elendiel non colse, o forse finse di non cogliere, l'ironia del figlio. «Ha causato troppa sofferenza perché potesse essere una decisione giusta.»

Sael non seppe cosa rispondere e sua madre continuò a spiegare. «Purtroppo non avevamo alcuna esperienza e non pensavamo che i genitori fossero così importanti. Abbiamo ritenuto che farvi crescere come il resto della comunità angelica ve ne avrebbe fatto sentire parte integrante molto più che se foste stati allevati in modo differente.»

«Non è quello che hanno detto mio padre e Gabriel!» Sbottò Sael.

«Cosa ti hanno detto?»

«Che occuparci di noi stava rubando tempo ai vostri impegni celestiali! Hanno mentito?»

Elendiel per la prima volta cedette a un minimo di emozione e i suoi occhi diventarono leggermente umidi. «No, è vero, c'era anche quel problema. Era difficile conciliare le due cose e ci sentivamo in colpa per non riuscire a dedicare le giuste attenzioni né a voi né al Padre. Col senno di poi, ho capito che non avevamo colto il suo messaggio.»

«Cioè?»

«Che i figli sono più importanti di ogni altro impegno e che i genitori devono trovare il giusto equilibrio tra impegni di lavoro e figli. Ti chiedo perdono Sael, ho commesso un grave errore e tu ne hai subito le conseguenze.»

Sael era sbigottito, non si aspettava una simile ammissione da parte di sua madre. «Che cosa ti ha portato a cambiare idea?»

«Te l'ho detto, abbiamo causato troppa sofferenza. Quasi tutti voi figli vi siete ribellati e siete finiti all'Inferno e Galadriel non c'è più.» L'arcangelo si interruppe e fissò il cielo stellato con espressione triste. «Non sarebbe successo se il dolore per aver rinunciato ad Azaele non l'avesse indebolita.»

«Eravate amiche?» domandò Sael sorpreso.

«Si. Come sono amici tuo padre e Gabriel, così eravamo amiche anche io e Galadriel. Avrei dovuto ascoltarla.» Elendiel rimase in silenzio per qualche istante, i suoi occhi erano tristi e Sael capì che sua madre stava pensando all'amica scomparsa.

Infine l'Arcangelo si girò verso la porta a vetri e indicò la tavolata permettendo alle sue labbra di distendersi in un impercettibile sorriso. «E poi mi ha fatto riflettere anche la testardaggine di Azaele nel voler difendere la sua famiglia nonostante tutto sia contro questa decisione. Il figlio di Gabriel, nonostante la sua indole indisciplinata, per la seconda volta è riuscito a impartirmi una lezione di umiltà. Ma questa volta ritengo di poter affermare che sarà l'ultima.»

Sael sorrise speranzoso. «Significa che ci aiuterai?»

«Si, figlio. Vi aiuterò» rispose Elendiel, accarezzando dolcemente una guancia di Sael che al contatto con la mano calda di sua madre non riuscì a trattenere le lacrime.

«Che succede, non sei felice della mia decisione?» domandò lei senza capire.

«È esattamente il contrario, Madre. Piango perché sono felice che tu sia tornata» rispose lui stringendola tra le sue braccia. Elendiel dopo un primo momento di imbarazzo, capì che doveva rispondere all'abbraccio e, per quanto fosse un po' impacciata, riuscì perfino a poggiare delicatamente il capo sui capelli rosso scuro di suo figlio.

«Madre, cosa intendevi quando hai detto che Azaele ti ha impartito una lezione di umiltà per la seconda volta... quando è stata la prima?»

Elendiel si sciolse dall'abbraccio del figlio. «Quando Azaele, che tutti consideravamo indisciplinato e ribelle, ha dimostrato di essere degno del Paradiso proprio perché ha scelto di andare all’Inferno»

«Non capisco, che significa: ha scelto?»

«Davvero non lo sai?»

«No, non ho idea di cosa tu stia parlando.»

Elendiel rifletté per qualche istante, chiedendosi se fosse giusto mettere suo figlio al corrente del “segreto” di Azaele. «Forse sto commettendo un errore, ma d'altra parte sei il ragazzo di Michele, quindi è giusto che conosca la verità.»


#


Michele aveva deciso di non rientrare in sala, la gita all'Inferno aveva messo a dura prova sia il suo fisico che la sua mente. Sentiva il bisogno di stare un po' da solo e godersi il silenzio della notte. Raggiunto il tetto però si accorse immediatamente di non essere stato l'unico a desiderare di appartarsi: poco più in là, due figure di cui riconobbe subito le sagome, parlavano a bassa voce. Erano talmente impegnate nella chiacchierata da non accorgersi dell'arrivo dell'angelo.

Michele non era solito farsi gli affari altrui ma avendo riconosciuto Yliel e Gabriel non riuscì a reprimere la curiosità. Cosa mai potevano avere da dirsi la sua ex e il padre di Azaele? Si nascose dietro un camino e, seppur leggermente a disagio, cominciò ad ascoltare la loro conversazione.

«È solo di un'ombra e di un pensiero che sei innamorata, Yliel. Perdonami, ma non posso darti quello che cerchi!» disse Gabriel.

«Ma sei serio?» rispose lei allibita.

«Si, perché?»

«Ma scusa io ti apro il mio cuore, rischiando di perdere il mio status di Arcangelo e confessando ciò che provo per te, e tu mi rifili la friendzonata più clamorosa di tutta la letteratura fantasy? Ma veramente pensavi che non me ne sarei accorta?»

Gabriel annaspò cercando di trovare una giustificazione.

«Lascia stare, ho sbagliato io a illudermi, d’altra parte, sei pur sempre il padre di Azaele!» disse lei chiudendo il discorso rabbiosamente e volando via furiosa.

«Yliel, ti prego, non andartene!» La richiamò lui, mortificato.

Lei ritornò giù, incrociò le braccia e attese guardandolo severamente.

«Mi dispiace, davvero. Non volevo prendermi gioco dei tuoi sentimenti, è che non so come spiegarmi.»

«Sei l'Arcangelo incaricato di parlare a nome del Padre, l'unico in grado di riferire i suoi messaggi a tutto il Creato, ma non sei in grado di spiegare ciò che pensi tu?»

Gabriel accusò il colpo e abbassò lo sguardo per qualche istante. Quando lo riportò sul viso di Yliel la sua espressione era diventata più decisa.

«Va bene, hai ragione meriti una risposta onesta anche se so che ti ferirà. Yliel, io ti sono molto affezionato, ma il sentimento che desideri che io provi per te, perdonami, ma io continuo a provarlo per Galadriel. Mi rendo conto che può sembrare assurdo, ma io la amo ancora e dentro di me sono convinto che un giorno la rivedrò!»

«Lei non c'è più e non tornerà. Vuoi davvero amare per sempre un ricordo?» domandò amaramente Yliel.

L’Arcangelo mosse impercettibilmente le ali candide e tra le sue piume Yliel potè scorgere dei bagliori azzurrini accendersi e spegnersi. «Non riesco a farne a meno. Mi dispiace.»

«Capisco. Perdonami, Gabriel. Non ti importunerò più!» concluse lei voltandogli le spalle e volando via affranta.

Gabriel la guardò allontanarsi, afflitto. Non sopportava fare del male a chi lo amava, ma sapeva di aver fatto bene a dirle la verità. Continuare a lasciarle l'illusione che un giorno i suoi sentimenti sarebbero potuti cambiare, sarebbe stato profondamente ingiusto.

Michele raggiunse Yliel, furibondo. «Mi spieghi cos’era quella confessione a Gabriel? Ma scusa, millenni fa non hai rotto con me perché gli Arcangeli hanno fatto voto di castità e tutte quelle balle lì?»

Yliel che non si aspettava di veder saltar fuori il suo ex e tanto meno che la sua conversazione privata fosse stata ascoltata, ebbe un attimo di sconcerto da cui si riprese applicando la strategia secondo cui la miglior difesa è l'attacco. «Come ti sei permesso di origliare una conversazione privata?»

La domanda posta così a bruciapelo ottenne il risultato sperato: Michele si sentì immediatamente in dovere di giustificarsi. «È stato un caso, ero volato sul tetto perché dopo quello che ho passato all'Inferno, avevo bisogno di un po’ di pace.»

Yliel notò che aveva ancora delle profonde occhiaie nere e si dispiacque di averlo aggredito in quel modo, aveva sfogato la sua frustrazione su Michele che non aveva alcuna colpa se Gabriel non corrispondeva i suoi sentimenti. Atterrò accanto a una siepe e gli fece cenno di raggiungerla. «Mi dispiace che abbia sentito la nostra conversazione. Credimi non è qualcosa che ha a che fare con te e ti assicuro che per molti millenni è stata dura andare avanti senza averti accanto perché nonostante mentre svolgevo i miei compiti di Arcangelo mi sentissi serena, non appena terminavo il mio lavoro i miei pensieri tornavano alla nostra storia e a come eravamo felici insieme. In quei momenti mi prendeva una terribile tristezza e la convinzione di non essere un buon Arcangelo, di non meritarne il grado. Gabriel era il mio mentore, il mio Maestro, è stato naturale per me rivolgermi a lui per parlargli dei miei dubbi e avere un suo consiglio e un po’ alla volta il sentimento di rispetto e di amicizia che provavo per lui si è trasformato in qualcosa di più profondo.»

Yliel si interruppe per passarsi una mano sulle guance e asciugare le lacrime che non riusciva più a trattenere. «Tra l'altro mi ha in qualche modo fatto capire che lui e Galadriel non avevano mai rinunciato ad amarsi in modo “completo” e che erano convinti che il Padre non fosse d'accordo con le scelte compiute dagli Arcangeli ma le avesse rispettate per via del libero arbitrio.»

Michele la guardò stupefatto, aveva sempre dato per scontato che gli Arcangeli fossero tutti d'accordo sul rimanere casti. «Aspetta, vuoi dire che i genitori di Aza, hanno continuato ad amarsi in modo più che platonico

Yliel non riuscì a evitare una risatina. «Sei sempre il solito ingenuo. Non credo che oltre a te, ci fossero molti altri angeli che credevano alla castità di Gabriel e Galadriel.»

Michele arrossì.

«In ogni modo, sono convinta che Gabriel e Galadriel avessero ragione. Che senso ha rinunciare all’amore, se una simile scelta ci rende tanto infelici? Possiamo essere degli ottimi Arcangeli anche avendo al nostro fianco qualcuno che amiamo. Guardati, sei un ottimo Angelo, stimato e rispettato, eppure hai scelto un demone infernale come compagno!»

«Io, sono solo un angelo comune, non ho le stesse responsabilità di un Arcangelo» ribatté Michele.

Un fruscio dentro la siepe attirò l'attenzione di entrambi. Si scambiarono uno sguardo d'intesa e si lanciarono di scatto tra i rami. Un’ombra si mosse velocemente cercando di fuggire, ma Yliel le tagliò la strada e Michele la bloccò stringendola tra le braccia.

«Lasciami!» si lamentò la prigioniera, cercando di divincolarsi. Era una demone di media statura, con un caschetto di capelli neri e una divisa altrettanto nera con una banda rossa ai lati dei pantaloni.

«E tu chi sei, come hai fatto a superare la barriera?» domandò Yliel minacciosa.

«Mi chiamo Aluarel e non so di che barriera stiate parlando, sono qui per incontrare Lord Safet!»

«Cosa vuoi da lui? Non vi è bastato che Zamesh lo abbia quasi ammazzato? Volevi finire il suo lavoro?»

«Neanche per sogno, io odio Zamesh e mi dispiace che Lord Safet abbia dovuto subire tutte quelle torture! Non voglio lavorare mai più per quel sadico pazzoide, è per questo che sono qui! Vi prego, credetemi!» rispose la demone.

«Che ne pensi?» domandò Yliel rivolgendosi a Michele.

«Che potrebbe essere sincera. Elena ha creato la barriera per tener fuori i nemici e se questa demone è riuscita ad attraversarla, forse non ha intenzioni ostili.»


Michele e Yliel entrarono in sala scortando Aluarel.

«Dov'è Safet? Questa demone chiede di lui» domandò Yliel guardandosi intorno.

«È uscito a conversa’ con Dante Alighieri!» rispose Razel sgranocchiando l'osso di una bistecca.

«Con chi?» domandò Michele senza capire.

«Con Ysrafael. Lui è la sua compagna si sono presentati alla porta pochi minuti fa» rispose Ariel che nel vedere la mascella di Michele irrigidirsi aggiunse subito «Ma ti giuro che io non gli ho detto niente!»


#


Safet era stato informato da Renzo che un certo Ysrafael e la sua compagna, Muriel, lo attendevano sul patio del B&B in quanto, nonostante il suo invito a entrare, avevano insistito per attendere fuori.

Il demone si era rabbuiato nel sentire il nome del vecchio amico e aveva risposto che non aveva alcuna voglia di parlargli e che poteva congedarlo, ma Aurora gli aveva stretto una mano con dolcezza e suggerito che forse Ysrafael voleva informarlo di qualcosa di importante.

A malincuore, il demone aveva dovuto darle ragione e le aveva domandato di stargli accanto per aiutarlo a non perdere la calma. Cosa che era puntualmente accaduta non appena, affacciatosi sul patio, aveva visto che l'angelo e la sua compagna indossavano le armature angeliche. Safet aveva preso la sua forma infernale, aveva stretto gli occhi e immediatamente dopo il suo corpo era stato ricoperto da un'armatura di titanio nera dalle bordure dorate che ricordava le armature dei Samurai. Una cresta dorata dalla forma di drago sporgeva dall'elmo completamente nero. Sul suo fianco sinistro pendeva una katana dall'elsa dorata, mentre sul fianco destro si notava la spada più corta chiamata wakizashi. Una lunga coda nera fuoriusciva dall'armatura compiendo scatti nervosi sui fianchi del demone. Aurora che non aveva mai visto il suo compagno in quella forma, ne rimase allo stesso tempo impressionata e ammirata. Per la prima volta da quando aveva conosciuto Safet, si era resa pienamente conto della sua vera natura e soprattutto di quanto fosse potente e pericoloso. In quel momento gli sembrò quasi impossibile che fosse la stessa persona pacata e razionale con cui ormai da molti mesi condivideva la sua vita, eppure nonostante tutto non ebbe timore di lui ne provò il desiderio di fuggire.

«Dunque è così che ora accogli i tuoi ospiti?» domandò Ysrafael pacatamente e tenendo le mani bene in vista.

«E tu e Muriel invece avete preso l'abitudine di presentarvi armati a casa dei vostri conoscenti?»

«Siamo diventati semplici conoscenti? Una volta eravamo amici!»

«Lo siamo stati fino a quando non hai cercato di rovinare la vita di mio figlio! Per favore andatevene, non voglio scontrarmi con te e ancora meno coinvolgere le nostre compagne» rispose Safet con tono basso e minaccioso, accarezzando l'elsa della katana.

Ysrafael osservò Aurora e sul suo volto apparve un espressione sorpresa.

Muriel, un’angelo dai capelli castani mossi e gli occhi color miele, diede una leggera gomitata al suo compagno che col capo le fece cenno di aver capito e si rivolse di nuovo a Safet. «So di dovere delle scuse sia a te che a Sael, ma voglio che sappia che ero convinto di essere nel giusto, e sopratutto che tu fossi del mio stesso avviso riguardo alla sua storia d’amore con Michele.»

«Avresti dovuto chiedermelo!» rispose il demone, gelido.

«Ti assicuro che mi dispiace molto averti ferito. Ti chiedo scusa e ti assicuro che tengo molto alla tua amicizia!»

«Per quale motivo dovrei fidarmi? Sono passati mesi da quando tu e Sael vi siete incontrati, e tu ti presenti solo adesso che la situazione sta precipitando e armato fino ai denti. Come avete saputo che mi avreste trovato proprio qui? Ve lo ha detto Ariel che come immaginavo ha finto di allearsi con noi solo per tradirci al momento giusto?»

Muriel notando che gli occhi di Safet erano completamente rossi e il suo artiglio sinistro stringeva l'elsa della katana come se volesse stritolarla, decise di intervenire per provare a calmarlo. «No, Safet, ti sbagli, Ariel non ci ha mai detto di essersi alleato con voi!»

«Quindi chi è stato?»

«Semplicemente, non siamo stupidi. Certe voci ormai erano arrivate fin lassù e Ariel ultimamente era diventato sfuggente, mi sono limitata a controllarlo con discrezione!»

«Bene, adesso che abbiamo chiarito che Ariel sa essere ben più maldestro di Azaele, veniamo al punto: cosa siete venuti a fare?»

«Siamo venuti per offrirvi il nostro aiuto!» rispose Ysrafael.

«No, grazie!» rispose secco il demone.

«Ti prego, Safet. La nostra amicizia è riuscita a superare anche le barriere infernali, vuoi davvero distruggerla solo per un malinteso?» domandò Muriel.

«Umiliare mio figlio e riempirgli la testa di idiozie fino a farlo sentire così in colpa da lasciare il ragazzo che ama, facendolo soffrire come un cane, io non lo definisco tanto un malinteso, quanto piuttosto una pugnalata alle mie spalle!» ringhiò Safet.

«Non intendevo, tradire la nostra amicizia e non volevo certo ferire i tuoi sentimenti cosi profondamente. Sono venuto per scusarmi e offrirti il mio aiuto sincero e disinteressato, ma se ritieni davvero di non poterti più fidare di me, non credo abbiamo altro da dirci! Addio Safet e, per favore, qualunque cosa accada, cerca di sopravvivere» concluse Ysrafael amaramente preparandosi a lasciare il patio del B&B.

Muriel attese che il suo compagno si alzasse in volo e poi si avvicinò a Safet. «Ti prego, permettigli di aiutarti, la tua amicizia gli manca moltissimo. Prova a pensare che tutti possono sbagliare, ma non tutti sono capaci di ammettere i propri errori e chiedere scusa come ha appena fatto lui!»

Le parole di Muriel ammorbidirono il demone. «Siete venuti davvero per aiutarci?»

«Si!» rispose lei senza esitare.

Safet sospirò, posò un artiglio sulla spalla di Aurora e le domandò. «Tu cosa ne pensi?»

«Come sai, mi è già capitato di incontrare Ysrafael e in quell'occasione ho avuto l'impressione di un persona un po' rigida...»

«Di' pure un bacchettone!» ridacchiò Safet incontrando lo sguardo imbarazzato di Muriel.

«Anche... ma fondamentalmente onesto. Sono certa che non fingerebbe mai di volerti aiutare per poi tradirti.»

Il demone lasciò la spalla di Aurora, si concesse qualche istante per prendere una decisione e poi si alzò in volo raggiungendo Ysrafael tra le nuvole.

«Che intenzioni hai?» domandò l'angelo.

«Tranquillizzati, Muriel e Aurora mi hanno convinto a dare una seconda possibilità alla nostra amicizia!»

«Davvero?»

Safet gli tese un artiglio nero, Ysrafael lo strinse senza esitare. «A volte la troppa sicurezza nel sentirci dalla parte giusta finisce per farci commettere gravi errori. Perdonami amico mio, mi dispiace averti deluso!»

«Come dicono gli umani: la strada dell'Inferno è lastricata di buone intenzioni!» rispose Safet con un sogghigno.

Ysrafael incassò la battuta e ammise. «A volte gli umani sanno essere decisamente più profondi di noi!»









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Capitolo 24
*** L'esercito della strega ***


Capitolo 24

L'esercito della strega


Alba sentì sussurrare il suo nome. Emerse dal sonno controvoglia e per un attimo non capì dove si trovava né chi la stesse chiamando, poi si rese conto che era nel letto dell'agriturismo e la stava chiamando Azaele. Non lo aveva riconosciuto perché il demone era nella sua forma infernale, che gli abbassava parecchio il tono di voce.

«Cosa fai conciato così?» sussurrò.

«Ti ho preparato una sorpresa. Seguimi» rispose lui porgendole un paio di leggins, una maglia di cotone e un maglioncino di lana.

«E ti serve l'aspetto demoniaco per mostrarmi questa sorpresa?» domandò lei perplessa «Se ti vede qualcuno?»

Azaele sorrise mettendo in mostra i canini da lupo. «Non preoccuparti, sono in modalità visibile solo alla mia fidanzata strega!»

«Quindi in pratica ti può vedere “soltanto” il novantasette per cento degli ospiti del B&B!» lo schernì bonariamente la fidanzata.

«Uff, non non fare la sofista e poi sono un demone, che c'è di strano?» rispose imbarazzato Azaele rendendosi conto che effettivamente gli unici a non poterlo vedere nella forma demoniaca erano Yetunde, Catherine e Larissa.

«Potrebbero essere colti dal dubbio che tu stia per combinarne una delle tue, per esempio» rispose lei stiracchiandosi e prendendogli i vestiti dalle mani. Lui sbuffò imbronciato e lei, intenerita, gli diede un bacio di consolazione sulla guancia prima di vestirsi. Una volta lasciata la camera del B&B, Azaele la prese per mano e la portò nel bosco. Le alte e gonfie fronde degli alberi coprivano la luce delle stelle e della luna ma la sua vista demoniaca gli permetteva di avanzare spedito come se fosse giorno. Alba, che ancora non aveva acquisito la stessa capacità ed era spaventata dai rumori della notte, gli stringeva forte la mano. La bambina, percependo il suo nervosismo cominciò a rigirarsi nella pancia. Alba si fermò e domandò. «Siamo ancora sotto la barriera, vero?»

Azaele le passò un braccio intorno alle spalle e la rassicurò. «Sta tranquilla, per oggi abbiamo già rischiato abbastanza!»

Alba si rilassò e sentì che anche la piccola si calmava. Sorrise. «Tu e lei, avete un legame incredibile già da ora!»

«Le bambine hanno sempre un legame speciale con il padre, non è così?» le soffiò lui in un orecchio.

«Anche le mamme!» mormorò lei porgendogli le labbra. Si baciarono a lungo e poi lui si staccò gentilmente e ricominciò a camminare. «Alba, tra non molto affronteremo una delle peggiori battaglie della nostra vita, non credi che sia arrivato il momento di dare un nome a nostra figlia? Hai deciso, come chiamarla?» domandò pensoso.

«Vorrei chiamarla Gaia, è un nome ottimista che potrà aiutarla ad affrontare la vita con gioia! Ti piace?» propose lei un po’ incerta.

«È un nome bellissimo!» approvò Azaele. «Non vedo l'ora che nasca e papà possa conoscerla, sono sicura che sarà un nonno fantastico!» aggiunse entusiasta, ma subito, ricordandosi che Alba aveva perso entrambi i genitori pochi anni prima le chiese scusa mortificato.

«Non preoccuparti, non è colpa tua se i miei genitori se ne sono andati presto!» lo consolò lei. «E poi almeno io me li sono potuti godere finché ci sono stati, tu sei stato più sfortunato di me!»

Lui non disse nulla ma si arrestò con un'espressione strana che Alba riuscì a intuire nonostante il buio. «Ho detto qualcosa che ti ha offeso?» domandò preoccupata.

«No. Siamo solo arrivati!» rispose lui.«Ti ricordi questo posto?»

Alba si guardò intorno, indicò un'enorme quercia tra le cui fronde i raggi di luna erano riusciti a farsi strada ed esclamò incredula. «Ma questo è l'albero sotto il quale ci siamo conosciuti!» Non aveva finito di dirlo che fu colta da un terribile capogiro e la piccola iniziò a scalciare dentro di lei. Cadde in ginocchio tenendosi la testa tra le mani mentre voci indistinte e minacciose si innalzavano dai cespugli.

«Eccola è lei, non può più sfuggirci!» urlò un giovane dalla barba bionda balzando fuori da un cespuglio. Alba lo riconobbe, era il contandino che nei sogni guidava i suoi inseguitori. Cercò di fuggire ma una ferita alla caviglia la fece inciampare. I contandini la raggiunsero e cominciarono a riempirla di calci e pugni, terrorizzata implorò pietà inutilmente; era ormai sul punto di svenire quando si sentì avvolgere in un abbraccio protettivo e una voce calda e conosciuta mise fine a quell'incubo. «Basta così, hai visto abbastanza!» le urla dei contadini si fecero più lontane e indistinte così come le loro figure che sbiadirono fino a sparire. Alba si ritrovò seduta in grembo ad Azaele, sul ramo della grande quercia.

«Aza, perché ho visto i contandini massacrarmi in quel modo? Nel mio sogno le cose vanno diversamente, loro non riescono a raggiungermi perché tu mi salvi!» esclamò stupita.

Azaele sospirò. «Quello che hai visto, amore mio, era il tuo vero destino!»

«Non capisco, cosa significa che quello era il mio vero destino?»

«Significa che quel giorno dopo essere stata catturata da quei selvaggi, saresti dovuta morire insieme a Elena per poi raggiungere il Paradiso accompagnata da Michele. Con il mio intervento ti ho salvato la vita ma ti ho anche trasformato in una strega e condannato a reincarnarti all'infinito! Non mi perdonerò mai per averti fatto questo.»

«Perché hai voluto farmi vedere cosa sarebbe potuto succedere? È stato orribile!» mormorò lei piangendo.

Azaele le passò una mano sulle guance per asciugarle le lacrime. «Perché era giusto che sapessi come sono andate realmente le cose Alba, che avessi tutte le informazioni che ti servono per poter prendere una decisione ben ponderata sul tuo futuro e sul futuro di nostra figlia.»

«Ma che cosa stai dicendo? Abbiamo già deciso, noi tre formeremo una famiglia! Credevo che volessi proteggere me e la bambina e invece mi sembra che stia cercando di dirmi che vuoi tirarti indietro» rispose Alba allarmata.

«No, neanche per sogno! Ma cosa ti vieni in mente? Io vi amo e non voglio abbandonarvi, ma ci ho pensato tanto e sono arrivato alla conclusione che se a quei tempi non ti hanno condannato a seguirmi all'Inferno, forse puoi ancora salvarti!»

Alba si scostò da Azaele. «Non capisco, cosa vuoi dire?»

«Che forse puoi ancora tornare indietro. O meglio, fuggire dalla battaglia, da qui e soprattutto da me!» Azaele strinse le spalle di Alba. «Se vai via ora, prima che nasca nostra figlia. Se la porti lontano dai demoni che vogliono farne la loro salvatrice e da me, forse crescerà come una bambina normale e tu e lei sarete salve e libere di essere accolte in Paradiso! Se invece scegli me…»

Le iridi di Alba si colorarono di rosso. «Basta cosi!» esclamò saltando giù dal ramo.

Azaele la seguì a terra. «Ti prego ascoltami, l'ho già detto a Michele quattrocento anni fa e ora lo ripeto a te: preferisco rinunciare a te per sempre, piuttosto che condannarti all'Inferno»

«Ti ho detto di smetterla di parlare cosi!» gridò Alba pestando un piede per terra.

«Alba…» disse lui cercando di abbracciarla, ma lei lo respinse. «No, ora basta! Non sopporto quando le persone si arrendono senza combattere! Tu dici che se io e Gaia scappassimo lontano da te saremo salve, ma che ne sai? E se invece lo scopo di tutto ciò che stiamo affrontando fosse dimostrare che dobbiamo lottare per ciò che amiamo, sfidando luoghi comuni e convenzioni?»

«Tesoro, uh, che io sia un demone infernale non è propriamente un luogo comune…»

Alba si rese conto che Azaele aveva ancora il suo aspetto infernale e nonostante la gravità del momento le sfuggì una risatina. «Oh, insomma hai capito cosa intendo!»

Il demone si sedette ai piedi della quercia, poggiò la nuca contro la corteccia e chiuse gli occhi per riflettere meglio. Quando li riaprì, Alba vi scorse dentro le fiamme del fuoco infernale. «E va bene, allora visto che siamo in ballo, balliamo e facciamolo fino in fondo. Di tutto il resto ci occuperamo quando e se arriverà il momento!» disse alzandosi in piedi. «È ora che tu faccia un salto di qualità amore mio! Vieni a scoprire la tua sorpresa!»

Azaele guidò Alba fino a una piccola radura al centro della quale si trovava un mucchio di legna e paglia. Il demone si inginocchiò e soffiò una fiammata accendendo un falò le cui fiamme si innalzarono verso il cielo crepitando e spargendo scintille tutto intorno.

«Aza, ma che fai, sei impazzito, brucerai il bosco!» esclamò lei, indietreggiando spaventata. Lui si voltò e la guardo con gli occhi rossi e il sorriso che metteva in mostra i candidi denti da lupo. «Sei una strega, comportati da strega! Smettila di aver paura e concentrati, ascolta il fuoco, ascolta il suo canto!» Alba scosse la testa impaurita «Ti prego, smettila di comportarti in questo modo, non ti riconosco!»

Lui allora allungò gli artigli neri e le prese delicatamente le mani. «Fidati di me, chiudi gli occhi e ascolta il canto del fuoco, abbandonati alla sua melodia e finalmente conoscerai la tua sorpresa!»

Alba annuì stringendo gli artigli di Azaele, chiuse gli occhi e si concentrò sul crepitio delle fiamme. Un po' alla volta si rese conto che quei suoni, che inizialmente le erano sembrati casuali e disordinati, si intrecciavano componendo delicate sequenze melodiche che si ripetevano e si inseguivano gioiosamente. Aprì gli occhi stupita. «Lo sento, Aza. Sento il fuoco cantare!»

«Non perdere la concentrazione, torna a chiudere gli occhi e non aprirli finché non sarai sicura di cio che senti!»

Lei non capì cosa volesse dire esattamente Azaele, ma chiuse di nuovo gli occhi e ascoltò il canto del fuoco rallentare un poco alla volta fino a cessare completamente con l'esaurirsi delle fiamme. Quando la melodia si fermò del tutto, accadde qualcosa di inaspettato e meraviglioso: ogni fruscio, ogni tonfo soffocato, ogni verso che fino a pochi istanti prima Alba aveva considerato indecifrabile e inquietante, ora assumeva un significato ben preciso come il passaggio furtivo di una volpe o il movimento delle chiome di una quercia o il battito d'ali di una civetta. Il Bosco le parlava attraverso mille suoni fra i quali Alba iniziò a individuarne alcuni che si distinguevano da tutti gli altri. Si concentrò ancora di più fino a che si rese conto che si trattava di sussurri.

«È lei?»

«Mi sembra di si!»

«Pensate che sia davvero tornata per noi

«Potrebbe

«Quello che l’accompagna chi è? Dite che possiamo fidarci?»

«Tranquilli, è un casinista ma è innamorato della nostra strega, di lui possiamo fidarci!»

«Merlino, sei tu!» esclamò Alba aprendo gli occhi e guardandosi intorno.

Il famiglio balzò fuori da un cespuglio e sorrise. «Sono io. E tu, finalmente, puoi sentirmi!»

Alba si rese conto che Merlino non aveva emesso alcun suono, si voltò verso Azaele che intuendo la sua domanda rispose. «Solo una vera strega può sentire la voce del suo famiglio!»

Merlino sbuffò «Di tutti i famigli, imbranato!»

Alba ridacchiò.

«Che ha detto?» domandò Azaele alzando un sopracciglio.

«Che posso sentirli tutti

«E allora chiamali!» esclamò il demone spazientito aprendo le braccia e rivolgendosi a Merlino che alzò gli occhi al cielo. «Sono già qui, possibile che non te ne sia accorto, razza di svampito?» poi si girò verso i cespugli e invitò i suoi compagni a mostrarsi.

Uno alla volta, i famigli uscirono allo scoperto; Alba si ritrovò circondata da volpi, civette, lupi, gatti, scoiattoli, topini di campagna e topi di città che la osservavano incuriositi e speranzosi.

«Ci siamo tutti?» domandò Merlino.

«Si, Myrddhinx, siamo arrivati tutti.»

«Allora mostrate il vostro vero aspetto alla nostra Signora

Davanti agli occhi stupefatti di Alba, i demoni famigli assunsero le loro sembianze infernali, ognuno di loro aveva un segno di riconoscimento che lo collegava alla sua forma animale: le volpi un ciuffo di capelli arancione o rosso, le civette delle piume candide al posto delle sopracciglia, i topi una lunga coda appuntita al posto della classica coda “a punta di freccia”, gli scoiattoli delle orecchie triangolari che svettavano sulla testa e così via.

«Merlino, ma chi sono questi famigli e perché mi considerate la vostra Signora?»

«Sono famigli rimasti orfani delle loro streghe, assassinate nei secoli da chi non tollerava che le femmine umane potesse avere un potere così grande da poter contrastare lo stesso Lucifero”

«Non capisco, che c'entra Lucifero?»

«Conosci la storia di Lilith, la prima moglie di Adamo?» intervenne Azaele.

«A grandi linee: fuggì dal Paradiso perché stufa di obbedire ad Adamo e generò dei demoni che furono sterminati»

«Decisamente a grandi linee. Siediti, ti racconterò la sua vera storia.»

#

Alba si accomodò su un ciocco di legno, seguita dai famigli. Azaele attese di avere l'attenzione di tutti e iniziò il racconto di Lilith, la prima compagna di Adamo, creata insieme a lui e fuggita dal Paradiso perché rifiutava di obbedirgli.

Costretta a vagare in solitudine per millenni, dopo la caduta degli Angeli ribelli si era unita a loro nella speranza di trovare finalmente un luogo dove fermarsi. Lucifero, che ne aveva compreso le potenzialità, decise di accettarla all'Inferno e proporle di creare con lui i demoni famigli il cui ruolo doveva essere quello di supportare gli Arcidiavoli nei loro compiti infernali, in attesa di far parte dell'esercito dell'Alfiere del Male.

Ma un giorno Lilith, che non accettava di essere solo la “madre dei famigli” e che non riusciva più a sopportare che i suoi figli fossero dei semplici servi, propose di farne i compagni silenziosi delle giovani femmine umane che avessero ceduto al corteggiamento di un demone, così da assicurare la loro devozione a Lucifero.

In realtà, l'obiettivo di Lilith era quello di rendere le “sorelle” umane più forti dei loro compagni e degli stessi demoni affinché fossero finalmente libere di regnare sulla terra.

Quando Lucifero si rese conto del vero scopo di Lilith la sua punizione fu terribile. Istruì i suoi demoni più fidati affinché suggerissero agli umani di creare i tribunali dell'Inquisizione per eliminare tutte le streghe, catturò e imprigionò Lilith di cui non si seppe più nulla e sterminò tutti i famigli che avevano instillato nelle loro streghe umane la convinzione di poter dominare la terra. Ai pochi rimasti tolse l'uso della parola e li riportò alla condizione di servi degli Arcidiavoli e compagni silenziosi delle future streghe, con il mero compito di assicurarle all'Inferno.

Ma nel giro di un paio di secoli gli umani smisero di credere alle streghe e ai famigli non rimase altro che accettare di essere poco più che degli schiavi infernali.

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«È un storia tristissima, mi dispiace tanto Merlino» commentò Alba rattristata al termine del racconto di Azaele. I famigli sospirarono in coro.

«Ma quindi, noi streghe attualmente in quante siamo rimaste?»

Azaele e Merlino si scambiarono uno sguardo. «Se escludiamo Elena, che è un caso piuttosto anomalo, sei rimasta solo tu.»

«Soltanto io, in tutta la terra?» esclamò Alba allibita.

«Temo di si. ecco perché i ragazzi si sono riuniti tutti qui, volevano conoscere l’ultima strega e proteggerla da Lucifero e dagli Arcidivioli.»

Alba osservò commossa i famigli che la circondavano «Davvero volete proteggermi?» I demoni annuirono silenziosamente e invitarono Merlino a parlare per tutti. «Si, Alba, siamo venuti per proteggere te e la tua bambina, non permetteremo a nessuno di farvi del male, né a Zamesh, né ad Akenet e nemmeno a Lucifero in persona! Noi siamo l'esercito dell'ultima strega e combatteremo per te fino alla morte!»

A quelle parole tutti i famigli si alzarono in piedi alzando i pugni e lanciando grida di incitamento che poteva sentire solo Alba. Azaele sorrise e soffiò sulle braci del falò per farlo riaccendere poi si avvicinò ad Alba e la invitò a ballare. Subito i famigli li seguirono e dopo poco la strega e il suo esercito danzavano tutti insieme intorno al fuoco.


#


Razel borbottò nel sonno, si rigirò infastidito e infine si svegliò, allungò una mano sul materasso e con disappunto si rese conto che Elena non era a letto. Si guardò intorno e notò la porta finestra aperta. Si vestì velocemente e uscì per cercarla, ma lei era solo a pochi metri dalla veranda, intenta a osservare il bosco.

«Se po' sapé che stai a fa' qua fuori?»

Lei si girò sorridente. «C'è una festa nel bosco, non la senti?»

Razel seguì lo sguardo di Elena e un largo sorriso soddisfatto illuminò il suo viso. «A quanto pare, finalmente la streghetta de Azale s'é svegliata!»






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Capitolo 25
*** L'alba di Adel e Akenet ***


Capitolo 25

L'Alba di Adel e Akenet



Akenet si svegliò infastidito, qualcosa di ingombrante schiacciato contro il suo fianco gli faceva caldo, si rigirò tra le lenzuola senza aprire gli occhi, cercando di allontanarsi ma l'ingombro rotolò e si adagiò di nuovo contro di lui. Assalito dal timore di un pericolo incombente sguainò gli artigli e fortunatamente si fermò un attimo prima di affondarli nel corpo di Adel, che dormiva placidamente. Akenet sbuffò, ma non riuscì a evitare di ritirare gli artigli e allungarle una carezza su una guancia.

Si tirò su a sedere sul letto e diede un'occhiata fuori dalla finestra, una lama di luce rossastra all'orizzonte indicava che stava per sorgere l'alba. Ne rimase stupito, erano millenni che non dormiva un'intera notte di fila. Ridacchiò lanciando un'occhiata ad Adel «Bè, non proprio di fila!»

Decise che aveva voglia di uscire in giardino e godersi lo spettacolo dell'alba di cui, nonostante i numerosi millenni all’Inferno, ricordava ancora, i colori meravigliosi, il silenzio rotto solo dal rilassante cinguettio degli uccelli e la sensazione di pace trasmessa dalla natura che si prepara a iniziare un nuovo giorno.

Si alzò, si infilò i pantaloni mimetici e si diresse verso la porta veranda. Passando davanti allo specchio appeso accanto alla finestra, si arrestò incredulo «Ma cosa diavolo..?» pensò di fronte all'immagine riflessa del suo viso: le iridi blu pervinca spiccavano sul bianco della sclera degli occhi, fino alla sera prima completamente neri e bui.

«Ma com’è possibile?» domandò perplesso allo specchio che ovviamente non rispose. Gli specchi d'altronde, differentemente da quanto si racconta, tendono per lo più a evitare di esprimere giudizi personali preferendo mostrare le cose in modo oggettivo e distaccato.

Alle sue spalle Adel si rotolò di nuovo nel letto e in quell'esatto momento l’Arcidiavolo ebbe la risposta alla sua domanda.

«Sei riuscita a fregarmi, Palletta!» esclamò divertito.

Adel si svegliò e rispose assonnata. «Ha detto qualcosa, Signore?»

Akenet ridacchiò. «Si, ti ho chiesto se ti va di vedere l'alba»

«Molto volentieri, Signore» rispose lei strofinandosi gli occhi.

«Adel, ti ricordi, vero, quanto abbiamo scopato, stanotte?»

Le guance di Adel si imporporano e un sorriso malizioso le comparve sul viso mentre rovistava tra le lenzuola, cercando la sua veste. «Oh, si! Certo, Signore»

«E allora piantala di chiamarmi "Signore", il mio nome è Akenet.»

La demone si fermò a guardarlo stupita. «Davvero non le sembrebbe fuori luogo?»

«Mi sembra fuori luogo che la mia ragazza mi dia del "lei". Sbrigati, non voglio perdermi la prima alba dopo millenni all'Inferno!"» replicò lui aprendo la portafinestra e uscendo in giardino.

Adel lo guardò esterrefatta. «Akenet l'aveva davvero appena definita la sua ragazza? E cosa era successo ai suoi occhi?»

Quando uscì, lo vide seduto su un tavolo da giardino, intento ad ammirare l’aurora. La leggera brezza mattutina muoveva delicatamente i suoi lunghi capelli neri e un'inconsueta espressione rilassata lo faceva sembrare più giovane. Si girò e accennò un sorriso, un sorriso vero, non il solito sogghigno che lo caratterizzava. Adel si rese conto che da quando lavorava con lui era la prima volta che lo vedeva sorridere.

Lo raggiunse, poggiò le piccole mani sul tavolo e, aiutandosi con un battito d’ali, sedette al suo fianco. «Sei proprio una palletta!» Scherzò lui passandole un braccio intorno ai fianchi e portandola a sedere sulle sue ginocchia.

Avrebbe voluto dirle qualcosa di più importante e di più bello, ma non era ancora in grado di esprimere un certo tipo di sentimenti. Così la strinse tra le braccia e la baciò sulla nuca sperando che lei capisse. Quando la senti stringergli le mani e adagiarsi contro il suo petto, pensò che si, forse Adel aveva capito.

Mentre il sole faceva capolino tra le colline, illuminando la campagna con i suoi primi, pallidi raggi, Akenet si domandò perché diavolo gli umani, che potevano svegliarsi ogni mattina abbracciati a chi amavano e circondati da tanta bellezza, non riuscissero a essere felici.


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«Facciamo i guardoni?»

Ariel, che era appoggiato a uno dei camini sul tetto del B&B, sobbalzò imbarazzato. Al suo fianco era comparsa Aleniel, ex fidanzata di Michele nota in tutto il Paradiso per due doti naturali piuttosto evidenti, sulle quali l’angelo cercò in tutti modi di non posare lo sguardo. «Non stavo spiando nessuno! Ero già quassù da un po' quando sono usciti a guardare sorgere il sole. Safet ieri mi ha chiesto di fare un turno di guardia.»

Aleniel ridacchiò. «Il prode Ariel, senza macchia né paura, che prende ordini da un Supervisore infernale…»

«Non vedo il problema, siamo alleati e Safet è degno del massimo rispetto!» ringhiò l’angelo.

«Calma, scherzavo» rispose lei sulla difensiva per poi cambiare discorso. «Avresti mai detto che a un tipo come Akenet, potesse piacere una come Adel?»

«Non vedo perché no. Lei ha un carattere dolce e rassicurante, adatto ad un tipo nervoso come Akenet e poi è molto carina» ribatté lui osservando Akenet e Adel abbracciati.

«Oh, oh… qualcuno, qui ha un debole per la demonietta di Akenet?» lo punzecchiò maliziosamente Aleniel.

«Punto primo, da che pulpito viene l'ironia, visto che ti sei portata a letto un demone che oltretutto è il migliore amico del tuo ex. Punto secondo, se mi hai raggiunto quassù solo per provocarmi puoi andartene, sto benissimo anche da solo.»

Aleniel, colpita dalla risposta così aggressiva di Ariel, arretrò leggermente. «Ho agito in quel modo solo per ripicca, ero arrabbiata con Michele perché c'eravamo appena lasciati definitivamente. La storia con lui non ha mai funzionato perché lui era ancora innamorato di Yliel, anche se non credo ne fosse del tutto consapevole. Ammetto di aver avuto un comportamento immaturo, ma in fondo non me ne pento, Azaele è simpatico e sa essere molto affettuoso.»

Ariel si rese conto di essere stato eccessivamente duro. «Non sei tenuta a giustificarti. Soprattutto con me che di recente ho avuto un comportamento talmente immaturo da rischiare di perdere l’aureola, sono davvero l'ultima persona che può permettersi di giudicarti!»

Aleniel rimase positivamente colpita dalle scuse di Ariel, lo aveva sempre giudicato un insopportabile borioso e invece stava scoprendo un angelo, certamente ancora un po' rigido, ma migliore di quello che pensava e che oltretutto riusciva a guardarla negli occhi, il che accadeva di raro quando parlava con qualcuno. Indicò di nuovo Akenet e Adel che stavano rientrando in camera, l’Arcidiavolo circondava le spalle di Adel con un braccio. «Sono davvero carini, non trovi?»

«Sinceramente, carino, non mi sembra un aggettivo che si addica ad Akenet!» commentò Ariel perplesso.

Aleniel, gli diede una gomitata con aria complice «Non li invidi almeno un po'?»

Ariel si fece di nuovo sospettoso «Per quale motivo dovrei invidiarli?»

Lei sospirò. «Perché sembrano molto innamorati. Sai, anche io avrei voglia di innamorarmi di qualcuno che mi ricambi davvero! E tu? Non sei stanco di essere single?»

Ariel ripensò agli errori commessi con Arianna. «Si, un po'» rispose malinconico. Dalla cucina salì un delizioso profumo di torte e Aleniel lo invitò a rientrare, lanciò uno sguardo all'orizzonte, non notò nulla di preoccupante e decise di seguirla.


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Alba e Azaele avevano appena varcato il cancello del B&B quando videro Gabriel che li aspettava sotto il portico con le braccia incrociate.

«Secondo te è arrabbiato?» domandò Alba, era molto legata a Gabriel e non le piaceva l'idea di discutere con lui.

«Più, preoccupato… direi» rispose Azaele sudando leggermente freddo nel vedere il padre avanzare a grandi passi verso di loro. Indossava l'armatura di titanio e aveva le ali aperte sulla schiena, come se fosse pronto a combattere.

La sua avanzata fu interrotta da un branco eterogeneo di animali del bosco che gli saltarono addosso da tutte le parti. Gabriel si ritrovò suo malgrado a difendersi dall’attacco di scoiattoli, volpi, gatti, civette e gazze che tentavano, chi di morderlo nonostante l'armatura, chi di scalarlo per graffiargli il viso, chi di beccarlo in testa svolazzando intorno alla sua aureola. Saltellando e distribuendo pacche di qua e di là, cercò di liberarsi di tutti i piccoli aggressori, senza fare del male a nessuno, esibendosi in un buffissimo balletto che poco si addiceva a un prode guerriero angelico.

Alba, imbarazzata da morire, stava per richiamare i famigli ma Azaele la fermò «No dai, è troppo spassoso, aspetta ancora qualche secondo!»

«Per una volta sono d'accordo con Azaele!» sghignazzò Merlino.

Alba rivolse a entrambi uno sguardo severo e richiamò i famigli che si fermarono, ma rimasero intorno a Gabriel lanciandogli sguardi minacciosi.

L'Arcangelo invitò Alba e Azaele a seguirlo fino alla sua camera. Una volta entrati chiuse la porta lasciando fuori tutti i famigli compreso Merlino che incrociò le braccia e poggiò la schiena contro la porta con aria estremamente offesa.

Alba provò a scusarsi ma Gabriel la bloccò con un gesto della mano e un'aria truce che durò lo spazio di pochi secondi per fare posto a un'allegra risata. «Non devi scusarti, tesoro, in effetti è stato piuttosto divertente!»

«Sul serio?» domandò Alba stupita.

«Ma, certo. E poi mi sono un po' commosso nel vedere che quei piccoli animali ti sono tanto affezionati da rischiare la loro vita attaccando un Arcangelo. Sono tutti famigli, vero?»

«Si!»

«Scusa se li ho lasciati fuori, ma ho preso una decisione importante che riguarda Azaele e ho bisogno che siamo soli.»

Azaele impallidì leggermente, suo padre se ne accorse e lo tranquillizzò. «Sta tranquillo ranocchietto, è una cosa bella, almeno credo!»

Azaele sospirò di sollievo, ma subito si rabbuiò. «Senti papà, ecco... non prenderla male, so che non lo fai apposta, però... insomma... ormai sono adulto e sto anche per diventare padre, non è che potresti smetterla di chiamarmi “ranocchietto”? È piuttosto imbarazzante, sopratutto quando lo fai davanti a tutti!»

Alba gli mollò una gomitata nel fianco cosi forte da strappargli un gemito di dolore e Gabriel rimase interdetto. L'Arcangelo osservò il figlio come se lo vedesse di nuovo per la prima volta, si soffermò sulla barba, sull'espressione da adulto e sul fisico che per quanto minuto, non era certo quello di un putto e si vergognò un po'. «Hai ragione, scusa ragazzo, non volevo metterti a disagio con i tuoi amici e solo che... per me sei sarai sempre il mio ranocchietto!» Azaele alzò il sopraciglio destro. «Ma ti prometto che almeno di fronte ad altri non ti chiamerò più così, ok?»

Il figlio annuì soddisfatto e Gabriel si avvicinò al suo letto e si inginocchiò davanti ad un baule di ferro; rovistò dentro qualche istante poi le sue spalle si abbassarono e Alba e Azaele lo sentirono lasciar andare un sospiro tanto profondo quando triste.

«Papà, tutto bene?» lo chiamò Azaele.

Lui si alzò, sorrise, e dispose sul letto le parti di una bellissima armatura bianca dalle finiture color oro e verde oliva. Tornò al baule e ne trasse un pugnale e una spada angelica che poggiò accanto all'armatura.

Azaele provò una stretta al cuore e domandò. «È quello che penso?»

«Si, ranoc... figlio, è l'armatura di tua madre, è tempo di esaudire il suo desiderio di affidarla a te!»

«Ma papà, sono un demone infernale, come posso indossare l'armatura della mamma!»

Gabriel sorrise. «Sei comunque figlio di due Arcangeli!» Schioccò le dita e il demone si ritrovò a guardarsi allo specchio con indosso un'armatura di un paio di taglie più grande del necessario che gli dava un aspetto più comico che marziale.

«Uh, tua madre non era neanche lontanamente alta come Elendiel, ma era comunque un Arcangelo!» riflettè Gabriel davanti al figlio imbarazzatissimo per il risolino divertito che Alba non era riuscita a nascondere del tutto. «Non preoccuparti, ora rimedio!» disse, chiudendo la mano destra e alzando indice e medio. Immediatamente l'armatura si adattò al fisico di Azaele che commentò soddisfatto «Oh, così va bene!»

«Sei bellissimo!» esclamò Alba orgogliosa, facendolo arrossire.

«Concordo!» approvò Gabriel.

Azaele si guardò di nuovo allo specchio e rimase a bocca aperte nel rendersi conto che, nonostante le ali nere e l'aureola spezzata, l'armatura candida ed elegante di sua madre lo faceva somigliare più a un angelo che a un demone infernale. Ancora una volta ricordò le parole di Aurora a proposito della possibilità di essere riammesso in Paradiso: «Io non so se tu hai davvero questa possibilità e non so se è un obiettivo che puoi raggiungere presto o se hai ancora tanto cammino davanti a te, però credo che sia una cosa sulla quale dovresti riflettere!»

Sorrise e rivolgendosi a suo padre e alla sua fidanzata disse soltanto «Prima o poi...»

Loro capirono e sorrisero con lui.


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Akenet e Adel si stavano dirigendo verso la “Sala della colazione” quando Akenet intravvide in cucina Aurora che insieme ad Alissa e Yetunde, stava raccogliendo i piatti da distribuire sui tavoli. «Vai, Palletta, io ti raggiungo subito» suggerì ad Adel che annuì e continuò verso la sala.

«Ma ti sembra il modo di rivolgerti a quella ragazza?» domandò seccata Alissa.

Akenet la guardò senza capire.

«Come ti permetti di chiamarla "palletta", non ti rendi conto che le stai facendo body shaming?»

Akenet ringhiò, varcò la soglia della cucina, si avvicinò ad Alissa, aprì le ali e prima che Aurora riuscisse a intervenire, la afferrò per il collo con una mano artigliata. «Sono un Arcidiavolo, bella figheira, faccio quello che voglio e chiamo la mia ragazza come mi pare. Ti è chiaro?»

Alissa, annuì terrorizzata. «Non ti ho sentito dire si!» continuò l'Arcidiavolo avvicinando il viso della ragazza al suo.

Yetunde provò a intervenire per aiutare la sorella, rimediando una manata sul petto che gli tolse il respiro e lo fece volare contro la dispensa. Akenet riportò la sua attenzione su Alissa; Aurora decise di intervenire, ma fu anticipata da Azaele che era appena apparso sulla soglia della cucina e ordinò deciso. «Piantala di fare il testa di cazzo!»

Akenet lasciò andare Alissa e si piazzò davanti al demone sovrastandolo. «Cosa hai detto, moccioso?» domandò gelido. Gli occhi completamente rossi.

«Ho detto di piantarla di fare il testa di cazzo con chi non si può difendere. E comunque ho solo un paio di millenni meno di te, quindi vola basso.»

Nella stanza si fece un silenzio pesante.

L'Arcidiavolo allungò un artiglio, afferrò Azaele per il collo e lo tirò su per portarlo all'altezza del suo viso. Il demone non si scompose, era abituato a essere trattato in quel modo, per cui si limitò a guardare il cugino dritto negli occhi.

Akenet sentì qualcosa di appuntito premere sullo stomaco. Abbassò lo sguardo e vide che Azaele stringeva un pugnale angelico nella mano sinistra.

Aurora decise che era arrivato il momento di riportare tutti alla calma, prima che le cose si spingessero troppo oltre. «Giovani! Ho preparato una torta al cioccolato e una alle more. Magari quando avete finito di sfogare il testosterone ci raggiungete in sala, ok?»

Azaele e Akenet la guardarono basiti.

Azaele cominciò a ridacchiare. «Non so a te, ma a me piace la torta di more».

Stranamente, Akenet, anziché infuriarsi si calmò completamente.

Riportò a terra Azaele e gli domandò «Questi umani sono tuoi amici, cuginetto?»

«Già!»

«Allora vedi di spiegargli che non devono far incazzare un Arcidiavolo.»

«Ti incazzi con troppa facilità Akenet» replicò Azaele.

L'Arcidiavolo ridacchiò. «Appunto!»

Azaele scosse la testa con aria di disapprovazione, rinfoderò il pugnale e fece cenno ad Alissa e Yetunde di seguirlo fuori dalla cucina.

Aurora e Akenet rimasero soli. «Comunque io odio le more e sono allergico al cioccolato»

«Oh, ecco perché sei così nervoso, caspita, il cioccolato è uno dei piaceri della vita!»

«Preferisco il sesso!» sentenzio lui guardandola negli occhi.

«Infatti ho detto "uno", dei piaceri della vita» rispose Aurora per nulla scandalizzata.

I due si guardarono misurandosi vicendevolmente. «Sei stata brava a intervenire in quel modo» disse lui.

«Insegno agli adolescenti umani da quarant'anni» rispose Aurora.

«Cosa vorresti dire?» domandò l'Arcidiavolo stringendo leggermente gli occhi.

«Hai capito benissimo, e piantala di stringere gli occhi, tanto lo so che non oseresti mai fare del male a un umano vivo, è contro le regole!»

L'Arcidiavolo sogghignò. «Safet si è scelto una compagna piuttosto sveglia!»

«Safet è un demone in gamba!» rispose lei.

«Non posso negarlo. A proposito come sta?»

«Molto meglio, nonostante l'arrivo di suo moglie!» scherzò Aurora.

«Lady “Palo nel Culo”, è qui? E cosa è venuta a fare?» domandò stupito Akenet.

«Credo che fosse preoccupata per Safet e Sael e poi immagino voglia tenere sotto controllo la situazione!»

«Si, suppongo tu abbia ragione».

Akenet si perse qualche istante a riflettere. La situazione si stava facendo sempre più complicata, cominciavano ad esserci troppi angeli e Arcangeli per i suoi gusti. Portare avanti il proposito di rapire la nipotina non sarebbe stato così semplice. Atriel aveva ragione, qualcuno avrebbe finito per farsi molto male. Infilò le mani in tasca e si rivolse di nuovo ad Aurora. «Allora, andiamo ad assaggiare questa torta al cioccolato?»

«Ma non eri allergico?»

«Ho mentito, umana!» rispose il demone avviandosi fuori dalla cucina. Aurora ridacchiò e mentre lo osservava camminare, ancora una volta si stupì di quanto le ricordasse i leoni della savana africana.

«So che non ti piacerà sentirmelo dire, ma credo proprio che dovresti chiedere scusa ad Alissa e soprattutto smettere di chiamare Adel, “palletta”»

Akenet si fermò, ma prima che potesse ribattere Aurora gli domandò «Ti piacerebbe, se lei si rivolgesse a te chiamandoti “scarface”?»

Akenet fu molto colpito da quella domanda, osservò pensieroso le vistose cicatrici sulle sue braccia e poi rispose «No, penso proprio di no.»


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Azaele aveva appena poggiato il piatto ricolmo di torta alle more sul tavolo, quando Akenet gli poggiò una mano sulla spalla. «Ehy, cuginetto!»

«Che c'è adesso?» sbuffò.

«Quel pugnale é della zia Gala, vero? Posso vederlo?»

Azaele sfoderò di nuovo il pugnale e glielo mostrò.

«Posso tenerlo un attimo?» chiese ancora Akenet allungando una mano.

«Certo!» rispose Azaele porgendoglielo e rischiando di provocare un mezzo infarto a Yetunde e Alissa che si erano seduti allo stesso tavolo.

Akenet prese il pugnale, lo osservò con attenzione e ci giocherellò qualche istante, mostrando una notevole abilità e ottenendo uno sguardo di ammirazione dal cugino. «É stata tua madre a insegnarmi a usarlo. Nonostante odiasse la violenza con tutto il cuore, era la migliore nel combattimento ravvicinato!» spiegò tristemente.

«Eravate legati tu e lei?» domandò Azaele.

«Molto più che con quella stronza di mia madre!» ribattè l'Arcidiavolo rendendogli il pugnale.

«Capisco! Mi dispiace.»

Akenet strinse le spalle e diede un'occhiata in giro per cercare Adel, così facendo lo sguardo gli cadde su un angelo dai lunghi capelli biondi e gli occhi azzurri che riconobbe immediatamente.

L'angelo, forse sentendosi osservato si girò, lo riconobbe e rivolgendogli un cenno di saluto indicò una chitarra elettrica poggiata sul suo supporto.

Akenet sogghignò e fece un cenno di assenso, erano millenni che non suonava insieme a qualcuno che ne valesse la pena, e David'el, non si poteva certo negarlo, era uno dei migliori chitarristi esistenti sia in Cielo che in terra!.











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