Il fuggitivo

di FrancyT
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 9 Novembre 1938 ***
Capitolo 2: *** 10 Novembre 1938 ***
Capitolo 3: *** 7 Dicembre 1938 ***
Capitolo 4: *** Febbraio 1939 ***
Capitolo 5: *** Febbraio 1939 - Parte 2 ***
Capitolo 6: *** Aprile 1939 ***
Capitolo 7: *** Maggio 1939 ***
Capitolo 8: *** Maggio 1939 - Parte 2 ***
Capitolo 9: *** Maggio 1939 - parte 3 ***



Capitolo 1
*** 9 Novembre 1938 ***


Il fuggitivo 

Germania, 9 Novembre 1938 

Ore 23:00 

All’interno di una piccola locanda posta proprio nella via principale di Berlino, un giovane mezzo demone spazzava con impegno la sala principale. Piccolino ma ben disposto, quel locale era il più illustre della città, tappa fondamentale per chiunque fosse di passaggio. Quella sera però un odore sgradevole sembrava far svanire nel nulla la fama di cui godeva quel piccolo rifugio. La puzza di alcool e sigarette pareva rendere l’ambiente inospitale tanto che il ragazzo non poté far a meno di aprire le finestre, nella speranza che quel tanfo riuscisse ad uscire il prima possibile.  Con ancora in mano il manico di scopa, si ritrovò dunque ad osservare fuori dalla finestra che dava sulla strada principale. Quella sera pareva stranamente tranquilla, l’agitazione dei giorni precedenti, scatenata in seguito all’attentato a vom Rath, sembrava essere svanita nel nulla.  

Il suddetto diplomatico, fu infatti ferito gravemente da un mezzo demone che si era fatto sopraffare dal sangue demoniaco. Dopo due giorni le sue condizioni parevano non migliorare.  

Resosi conto di star solo perdendo tempo, il giovane ragazzo abbandonò quei pensieri, tornando stancamente al suo lavoro. Iniziò a spazzare fra i tavoli portando via con sé residui di cibo di ogni tipo. Quando però giunse in fondo al locale, proprio dove fino a poche ore prima stavano seduti una coppia di demoni, si ritrovò a storcere il naso con aria infastidita. Osservò con disgusto un mucchietto di mozziconi di sigaretta lasciati sul pavimento e si ripromise che avrebbe preso dei seri provvedimenti 

Quante volte aveva espressamente detto a quei demoni di utilizzare un posacenere? Quante volete li aveva invitati a fumare all'esterno della sala? Quella gli parve l'ennesima azione vandalica all'interno del suo locale, l'ennesimo insulto verso il suo lavoro. 

Sospirò afflitto. Per quanto ancora sarebbe andata avanti quella situazione? Era già da qualche mese che demoni d'ogni tipo parevano voler smantellare, pezzo dopo pezzo, il lustro del suo locale. Frustrato da quell'assurda situazione finì velocemente di sistemare l'ambiente per la mattina successiva, indirizzandosi subito dopo verso le scale che lo avrebbero portato al piano superiore.  

Il primo piano di quella locanda ospitava ben quattro camere da letto disponibili per l'affitto, mentre altre due erano riservate ai dipendenti. Il giovane percorse a passo stanco quel corridoio vuoto, udendo distintamente schiamazzi e sussurri provenienti dalle stanze occupate dai clienti. Sospirò nuovamente e, sperando che quella tortura finisse presto, giunse finalmente alla sua stanza. 

La camera in questione non era poi molto diversa da quelle destinate ai suoi clienti, arredate con massicci mobili in legno. Una volta all'interno di essa, il ragazzo si guardò allo specchio, affiancato alla porta.  

Poggiò i palmi sul mobile sottostante e iniziò a scrutarsi attentamente il volto. Quel gesto, tanto strano, era divenuto un'abitudine in quegli ultimi mesi. Sperava che osservandosi avrebbe finalmente scoperto cosa non andasse in sé stesso. Era un giovane uomo sulla ventina, proprietario di una locanda i cui affari andavano discretamente. La sua vita tutto sommato era tranquilla, eppure da un po' di tempo sembrava che il suo essere ibrido lo stesse condannando ad una vita solitaria.  

Con ancora in mente quegli strani pensieri iniziò a sbottonarsi la camicia che era solito indossare per lavorare, facendola scivolare distrattamente sul pavimento. Dopo aver riservato lo stesso trattamento ai pantaloni, decise di farsi un bel bagno. Si diresse allora verso la toilette di cui era provvista quella camera e si concesse un meritato bagno caldo. Rimase all'interno della vasca per lungo tempo sperando che, l'acqua calda nella quale era immerso, portasse via con sé ogni forma di turbamento.  

Dopo essere uscito dalla tinozza, iniziò a tamponare il corpo e i lunghi capelli nel tentativo di rimuovere l'eccesso d'acqua ed ancora in asciugamano tornò nella camera da letto. Si affacciò alla finestra, e quando venne colto dall'aria pungente della sera ispirò a pieni polmoni; finalmente poteva rilassarsi e godersi quella splendida serata. Osservò la luna risplendere alta nel cielo, un piccolo spicchio bianco che illuminava la notte e constatò a malincuore che a breve sarebbe giunto il novilunio.  

Rabbrividì al solo pensiero. 

Non amava molto mostrarsi in pubblico durante quelle notti ma con un lavoro come il suo era necessario, di certo non si sarebbe guadagnato da vivere vietando l'accesso al suo locale per l'intera durata della trasformazione. Accantonando quei pensieri si allontanò dalla finestra, dirigendosi verso il centro della stanza occupato da un letto a due piazze. Ancora con i capelli umidi e l'asciugamano stretto in vita, si gettò a peso morto sul materasso finendo con l'addormentarsi pochi istanti dopo. 

Intanto, all’hotel Rheinischer Hof, due individui si accingevano a discutere di argomenti di notevole importanza.  

Il primo dei due uomini pareva assumere un'importante carica politica. Il suo aspetto, non era poi così particolare, per le strade di Berlino era possibile notare individui dall'aspetto ben più insolito del suo, ma qualcosa in quell'insieme pareva stonare.  

Il volto pallido, color porcellana, era incorniciato da dei lunghi capelli neri lasciati ricadere liberamente sulle spalle. Quel viso, così diafano, ospitava due spietati occhi rossi, accompagnati dai chiari segni demoniaci. Quello sguardo, così duro e severo, incuteva terrore alla maggior parte degli individui che osavano incrociarlo. 

Il suo interlocutore invece, era un militare ben conosciuto all’interno dell’esercito. Bankotsu Banryu, conosciuto anche come il leader della squadra dei sette, era un uomo dalla straordinaria forza, capace di tenere testa ad un essere demoniaco. Spietato e brutale, insieme ai suoi compagni, si distinse particolarmente durante l’ascesa al potere del paese, guadagnandosi così il rispetto e la stima dei suoi superiori.  

Seduti all'interno di una delle stanze di quell'hotel i due uomini discussero a lungo, arrivando a prendere un'importante decisione. Quel loro incontro stabilì una direttiva che non ammetteva obiezioni e quella sera, dopo essersi consultato con Bankotsu, il Führer Naraku inviò un messaggio a tutte le truppe tedesche. 

Quel telegramma scaturì l’inizio di questa storia. 

- Lasciate libero sfogo alle manifestazioni. Richiamate la polizia. Che una volta tanto i mezzo demoni sappiano cosa sia la rabbia popolare. Azioni contro gli ibridi, e in particolare contro i loro locali, si scateneranno a brevissimo in tutto il paese. Esse non devono essere interrotte. Preparare l'arresto di 30.000 mezzo demoni sul territorio nazionale, prediligendo in particolar modo quelli abbienti. - 

Un paio d'ore dopo, all'interno della piccola locanda descritta in precedenza, un violento rumore di vetri rotti fece sobbalzare il giovane locandiere. Alzatosi a sedere sul letto, si guardò in torno per accertarsi che tutto nella sua camera fosse apposto. Cosa poteva essere successo? Ogni elemento presente all'interno di quelle quattro mura pareva stare dove l'aveva lasciato, quindi dedusse che qualsiasi cosa si fosse rotta non riguardava la sua stanza. L'ennesimo frastuono proveniente dalla strada lo costrinse però ad alzarsi controvoglia. Sbuffando, si indirizzò alla finestra con l'obbiettivo di chiuderla. Sentiva la necessità di riposare e sperava che gli infissi potessero attutire quel fastidioso frastuono. Lo spettacolo che però gli si parò dinanzi lo lasciò senza parole. Da quella piccola finestra, che dava su una via laterale rispetto all'ingresso del locale, era possibile ammirare in maniera inosservata il violento caos sviluppatosi nella via principale. Così come preannunciato dal Führer, folle di persone mandavano in frantumi le vetrine di alcuni locali, introducendosi in essi per saccheggiarli. Improvvisamente la preoccupazione iniziò ad attanagliarsi dentro di lui.  

Possibile che quel rumore che lo aveva fatto svegliare di soprassalto provenisse dal piano inferiore del suo locale?  

In fetta, ripescò dal pavimento i vestiti che si era tolto dopodiché, con l'animo in subbuglio, si rigettò nel corridoio incontrando proprio sulle scale il suo unico dipendente, il suo miglior amico 

Miroku Kazaana, era un attraente uomo di venticinque anni dall'atteggiamento un po' donnaiolo. Il suo amico aveva già da tempo smesso di contare le donne alla quale aveva chiesto in maniera persuasiva di "donargli il piacere di divenire padre". Eppure, dietro a questo suo aspetto libertino, il mezzo demone sapeva benissimo che l'amico nascondeva un animo nobile, che avrebbe messo l'amicizia sempre al primo posto. Proprio perché conosceva così bene il ragazzo, il giovane locandiere comprese la gravità della situazione dall'espressione sul suo volto. Miroku infatti lo guardava con sgomento, sconvolto da ciò che aveva appena visto. Quella notte infatti, neanche la piccola locanda posta nella strada principale di Berlino fu risparmiata da quell'orrenda violenza. 

- Inuyasha! Giù è un casino! Hanno distrutto tutto. -  

A quelle parole, ad Inuyasha parve crollare il mondo addosso.  

Com'era potuto succedere? Perché non si era accorto di quella intrusione? Possibile che i suoi poteri si fossero già indeboliti, condizionati dalla situazione astrale? Non riuscì a darsi una risposta. 

Come un automa, scese con lentezza la scalinata in legno che portava alla sala principale. Con orrore costatò lo stato del suo locale; il bancone in legno posto di fronte la porta d'ingresso era stato duramente sfregiato, colpi d'ascia avevano frantumato quel mobile dietro al quale ogni giorno serviva con impegno i suoi clienti.  

Spostò lo sguardo su gli scaffali posti dietro ad esso. Gli intrusi avevano portato via tutto, lasciando solo frammenti di vetro e pozzanghere di vino cosparsi per il pavimento sottostante. 

Continuò con orrore a indagare quel luogo, soffermandosi sulla zona opposta al bancone, quell’aria che poche ore prima aveva accuratamente ripulito. Il pavimento, che aveva lasciato limpido, adesso era cosparso di schegge e polvere. I tavoli erano distrutti, come se qualcuno li avesse scagliati con violenza contro il muro. I furfanti, non avevano risparmiato nulla.  

D’improvviso il suo sguardo venne calamitato in un punto ben preciso. Il camino, posto in fondo a quella sala, ardeva con gioia alimentato da qualcosa. Con paura, Inuyasha si avvicinò a quel focolare che nei freddi giorni d’inverno riscaldava l’intera locanda.  
Una volta giunto in prossimità di esso, venne gelato sul posto. Tra le ardenti fiamme, stavano bruciando le foto della sua famiglia, le foto di sua madre. Osservò quel fuoco scoppiettante ridurre in cenere quei documenti, rendendosi conto che una piccola fotografia era riuscita in qualche modo a sfuggire dalle vivaci lingue di fuoco.  
Deciso, a salvare quell’unico scatto, si avvicinò alla fiamma con mano tremante. 

- Inuyasha ma cosa fai! Finirai per scottarti! -  

Miroku, che in tutto quel tempo aveva seguito silenziosamente Inuyasha, cercò di fermare l’amico dal compiere quel gesto azzardato. Nonostante ciò, incurante delle conseguenze, Inuyasha continuò spedito nella sua missione, riuscendo ad affare quel piccolo pezzo di carta. Non badando alla leggera bruciatura che quel suo gesto gli aveva provocato, portò la foto vicino al suo viso. La scrutò con attenzione, soffermandosi sul sorriso radioso di sua madre. Quella foto era la sua preferita, quella era la foto che la donna aveva collocato dietro il bancone, nascosta agli occhi dei clienti.  

I ricordi parvero sopraffare il giovane locandiere, ricordò quando da bambino la madre gli raccontava gli aneddoti legati a quella fotografia. Quel piccolo frammento, certificava la nascita della locanda e dell’amore dei suoi genitori. In essa infatti, la madre del ragazzo era posta dinanzi la porta d’ingresso della locanda e sorrideva felice all’uomo posto al di là della macchina fotografica. Quello stesso uomo che aveva deciso di sposarla. Quel piccolo pezzo di carta era tutto ciò che gli rimaneva di lei.  

- Amico… Non possiamo rimanere qui. Anche se ripartissimo da zero, tornerebbero a distruggere nuovamente tutto. - 

Miroku poggiò una mano sopra la spalla dell’amico per dargli conforto. Sapeva quanto quel locale significasse per Inuyasha, sapeva quanto fosse legato ad esso.  
La locanda non era solo il suo posto di lavoro. La locanda era da sempre stata la sua casa, il luogo che i suoi genitori avevano costruito con tanta fatica. Purtroppo però, sapevano entrambi che rimanendo in quella città, non sarebbero sopravvissuti a lungo.  

Allo stesso tempo, proprio come richiesto dal Führer Naraku, decine e decine di soldati iniziarono a riversarsi in quelle strade invase dal caos. I militari iniziarono a fermare ed arrestare ogni creatura di sangue misto che incontravano per la strada, migliaia di mezzo demoni si ritrovarono vittime di quell’assurdo gioco di potere. Proprio in quel momento, mentre i due ragazzi cercavano di decidere quale fosse la scelta migliore da intraprendere, una coppia di mezzo demoni in fuga passò dinanzi le finestre rotte del locale. I due ibridi, osservarono con rammarico le condizioni in cui era ridotta quella piccola locanda. Stanchi di quelle ingiustizie, avevano deciso di fuggire via e sentirono il bisogno di avvisare i due locandieri dell’imminente minaccia. Uno di essi allora, cercò di richiamare l’attenzione dei due su di sé, sperando che avrebbero seguito il suo suggerimento. 

- I soldati sono scesi in piazza. Stanno arrestando tutti i mezzo demoni che cercano di recuperare quel poco che rimane dei loro negozi. Noi stiamo fuggendo via da questa città, spero che facciate lo stesso. - Detto ciò, la figura si dileguò silenziosamente.  

- Inuyasha hai sentito? Fuggivamo via! Andiamo verso un posto tranquillo. Potremo riaprire là la locanda e vivere una vita migliore. - 

Inuyasha intanto, aveva già preso la sua decisione. Ripose la foto in tasca e chiese scusa alla madre. Si considerava un codardo, eppure si ritrovava a non avere scelta. Doveva abbandonare la sua casa, la sua locanda. Doveva dire addio a tutto. Ai suoi ricordi più belli, al suo lavoro. Era consapevole che quella sua decisione avrebbe comportato conseguenze significative. 

- Prendo i risparmi di sopra, aspettami qui. - 

Dopo aver pronunciato quelle parole, ripercorse i suoi passi a ritroso. Salì un’ultima volta quella massiccia scalinata in legno, percorrendo con gli artigli quel corrimano sulla quale da bambino si divertiva a scivolare. Percorse nuovamente il vuoto corridoio che portava alla sua camera, notando con disinteresse che le uniche due stanze che quella sera aveva affittato, erano ormai vuote. Si convinse che i due affittuari, svegliati dal frastuono creato al piano inferiore, fossero fuggiti via terrorizzati.  

Purtroppo però, Inuyasha non sapeva quanto si sbagliasse. Quei due demoni che quella sera avevano affittato due camere da letto, erano in realtà i responsabili di quell’azione violenta. Infatti, mentre uno dei due creava una barriera al primo piano, in maniera tale da attutire il rumore, l’altro faceva entrare i suoi alleati, distruggendo tutto. Quando infatti il mezzo demone si svegliò di soprassalto, i due stavano proprio fuggendo via dalla locanda, orgogliosi del trattamento che avevano riservato a quell’essere orrendo.  

Tornando ad Inuyasha, il giovane raggiunse presto la sua camera. Come d’abitudine si guardò allo specchio, scrutando un’ultima volta il suo riflesso.  
Colto da un moto d’ira, colpì con un pugno quella superficie riflettente, mandandola in frantumi.  
Non si curò delle schegge di vetro rimaste attaccate alla sua mano sanguinante e decise di proseguire nella sua missione, le ferite si sarebbero in ogni caso rimarginate a breve. 

 A passo svelto, si avvicino alla scrivania sotto la quale era riposta la sua cassaforte.  
Inserì meccanicamente la combinazione e prelevò dal suo interno tutti suoi risparmi. Una volta inserite quelle banconote all'interno di una borsa prese fra le mani l'unico gioiello che madre gli aveva lasciato. 

Si rigirò la scatolina fra le mani, dopodiché infilò anch’essa in borsa. Diede un’ultima occhiata all’interno della cassaforte e sospirò poggiando lo sguardo su quell’unico oggetto che non aveva avuto il coraggio di sfiorare.  
Rendendosi conto dell'utilità dell'oggetto, afferrò con decisione quel cinturone in cuoio. Contemplò con cura le rifiniture in cui erano incise le sue iniziali, poi si assicurò dello stato dell'arma che il cinturone portava con sé. Prese la pistola fra le mani e controllò se fosse carica, dopodiché si accertò della quantità di pallottole contenute nelle tasche del cinturone.  

Quell’arma, all’apparenza comune, era in realtà un oggetto estremamente raro.  
Progettato appositamente dal padre per Inuyasha, quella pistola era in grado di ferire con un sol colpo qualsiasi essere demoniaco. Ricordando le parole di suo padre, si issò in piedi per indossare il cinturone. Proprio mentre stava per allacciarlo, la porta di camera sua si aprì violentemente rivelando un Miroku agitato. 

- Inuyasha! I militari stanno arrivando. Dobbiamo andarcene adesso. -  

Proprio mentre ascoltava quelle parole, un odore ben preciso arrivò alle sue narici. Sorrise amareggiato. 

- Perfetto, avremo Sesshomaru alle calcagna. -  

Prese in fretta la borsa che aveva preparato e si diresse verso la finestra gettandosi subito dopo da essa. Atterrò in piedi e alzò lo sguardo attendendo che il suo amico facesse lo stesso.  

- Tu sei pazzo! Credi davvero che mi butterò da qua sopra? - 

- Non abbiamo tempo Miroku. Sesshomaru è già sulle nostre tracce, arriverà fra una manciata di minuti. Ti afferro io, sta tranquillo. - 

Fu allora che, ancora titubante, Miroku si decise a seguire la richiesta dell’amico, gettandosi anche lui fuori dalla finestra. Come previsto dal mezzo demone, il ragazzo fu afferrato al volo da Inuyasha.  

Dopo essersi assicurato che l’umano fosse nelle condizioni di sostenere la fuga, Inuyasha iniziò ad annusare l’aria cercando di individuare la via più sicura. A passo felpato, iniziarono a percorrere le viuzze della città, evitando il più possibile la vicinanza con i demoni soldato.  

Intanto, proprio come un segugio, Sesshomaru seguiva la scia lasciata da Inuyasha, con in mente lo scopo di distruggere il mezzo demone.  

- Generale, dovremmo seguire le direttive del Führer. - 

Il colonnello Jacken, piccolo demone kappa che seguiva il suo superiore in qualunque missione, cercò di richiamare l’attenzione di Sesshomaru. Quella sua interruzione però, non fece altro che infastidire il generale che, in tutta risposta, si alzò in volo proseguendo nella sua ricerca.  

Sesshomaru No Taisho, era un imponente demone maggiore che, seguendo le orme del padre, a soli quindici anni decise di arruolarsi nell'esercito tedesco con lo scopo di risaldare l'onore del suo clan, infangato alla nascita del suo fratellastro.  
In pochi anni era riuscito ad assumere la nomina di generale cane appartenuta fino a qualche anno prima allo stesso padre.  
Con un pensiero affine a quello del Führer Naraku, decise dunque di partecipare attivamente alla caccia, nonostante quegli inetti dei suoi sottoposti. 

Spesso infatti, proprio come in quella sera, il demone abbandonava al proprio destino i suoi commilitoni decidendo di svolgere da solo la missione per il quale erano stati assegnati.  
Volando alto nel cielo nella sua forma umanoide, cercò di localizzare quella figura che tanto detestava. 

Riuscì immediatamente a captare l’orrendo fetore che il fratellastro emanava e così partì all’inseguimento.  

Due figure incappucciate intanto, si aggiravano furtivamente cercando di allontanarsi il più possibile dalle vie principali.  
Con i sensi all’erta, cercavano di captare il minimo rumore, sperando di riuscire ad arginare ogni ostacolo posto dinanzi a loro. Erano già riusciti ad allontanarsi parecchio dal loro punto di partenza ma la loro meta era ancora lontana. Continuando a camminare a passo regolato, si avvicinarono alla fine di quel vicolo che stavano percorrendo. La stradina che gli si parava dinanzi sembrava sgombera di pericoli, peccato che per raggiungerla avrebbero dovuto attraversare una delle strade principali della città.  
Proprio lì infatti, cinque soldati umani, si aggiravano armati, pronti ad arrestare chiunque osasse avvicinarsi.  

A quel punto, Inuyasha cerò di concentrarsi. Poggiò le spalle al muro e chiuse gli occhi provando ad ascoltare il rumore dei passi. Attese per una manciata di minuti, dopodiché fece un gesto a Miroku ed, accovacciati, attraversarono quella via. Arrivati dall’altro lato della strada, continuarono silenziosamente il loro percorso fin quando Miroku non fu gelato sul posto. 

- Miroku ti vuoi muovere? Sesshomaru si sta avvicinando. - 

- Inuyasha, vieni un attimo qua. -  

Decisamente contrariato, il mezzo demone si avvicinò all’amico per osservare con i suoi occhi ciò che aveva frenato il suo passo. Proprio in un vicolo laterale a quello che stavano percorrendo, giacevano due corpi privi di vita.  
Inuyasha scrutò con attenzione i due cadaveri, riconoscendo in quei volti, i due mezzo demoni che neanche un’ora prima gli avevano suggerito di fuggire. 

- Non dovevano solo arrestare i mezzo demoni? Questa è una crudeltà. Cos’hanno fatto di male? -  

- Miroku, andiamo. Non possiamo fare più nulla per loro. –  

- Però non è giusto. –  

- Lo so amico, lo so. -  

Quella notte infatti, sebbene l’omicidio non figurasse nelle direttive principali, costò la vita a ben novantuno mezzo demoni.  
In quella che noi oggi ricordiamo come “Notte dei cristalli”, le principali città tedesche iniziarono a macchiarsi del sangue di numerosi mezzo demoni.  

Intanto, un potente demone maggiore, si aggirava indisturbato fra i tetti della città.  

Sesshomaru, che già da tempo aveva localizzato il fratello, decise di godersi a pieno quello spettacolo.  

Proprio come un predatore fa con la sua preda, osservò con indifferenza quel maldestro tentativo di fuga, pregustandosi già l’espressione sconvolta di suo fratello.  
Ben presto però, il suo desiderio di attendere il momento giusto gli si ritorse contro. Poco dopo una manciata di minuti infatti, una folata di vento portò con sé una presenza ben particolare.  

- Generale No Taisho, il Führer Naraku richiede la vostra presenza. -  

Sesshomaru ascoltò quelle parole in silenzio. Non amava particolarmente interrompere i suoi piani, né tantomeno essere obbligato a seguire gli ordini di qualcuno ma, fin quando i suoi piani sarebbero stati affini a quelli di Naraku, era disposto a eseguire quegli ordini. Senza dir nulla cambiò allora direzione, dirigendosi verso l’hotel Rheinischer Hof.  

La donna che gli aveva portato l’annuncio lo osservò allontanarsi, contemplando la sua figura farsi sempre più piccola. Kagura Kaze, conosciuta anche come la signora del vento, era una delle persone in cui il Führer poneva la propria fiducia.  

Era la sua portavoce, una delle pedine fondamentali presenti sul tavolo da gioco di Naraku. Il Führer intanto, posto comodamente all’interno di una delle camere di quell’hotel, godeva soddisfatto della situazione creata.  
Tutto proseguiva secondo i suoi piani, non rimaneva altro che attendere l’arrivo dei tre generali che aveva mandato a chiamare. Dopo qualche minuto infatti, tre figure entrarono contemporaneamente nella sua stanza.  

- Perfetto, vedo con piacere che siete giunti puntuali. - 

Naraku poggiò lo sguardo sui tre piazzati dinanzi alla sua figura, dopodiché si alzò in piedi e iniziò a camminare dinanzi a loro con le mani giunte dietro la schiena.  

- Vi ho mandati a chiamare per un motivo ben preciso. Siete stati scelti per salvaguardare il futuro del paese. Ho intenzione di espandere i territori tedeschi. Sappiamo che la Germania è un popolo di demoni e in quanto tali necessitiamo di grandi spazi. Ci espanderemo verso l’Europa Orientale e trasformeremo questi paesi in mere provincie del Terzo Reich. Per riuscirci, dobbiamo avere un totale controllo degli individui. Noi demoni, in quanto razza superiore, abbiamo il diritto biologico di decidere del destino degli esseri inferiori. Sarà proprio per questo che elimineremo dalla faccia della terra tutti i mezzo demoni e coloro che proveranno a fermarci. Ovviamente, voi tre verrete premiati a dovere una volta raggiunto questo obiettivo. - 

Mentre Naraku esponeva i suoi obiettivi, Sesshomaru osservava il Führer con un particolare interesse.  
Quell’essere aveva qualcosa di strano, ne era sempre stato convinto. Il suo odore non somigliava affatto a quello di un demone maggiore, così come la sua aura. Sentiva dentro di sé che quell’individuo posto a capo del paese stesse nascondendo qualcosa ma non riusciva proprio a cogliere quel particolare. Accantonò momentaneamente quei pensieri e tornò a prestare attenzione alle parole del suo superiore. Naraku infatti aveva fermato la sua marcia, fissando in volto l’uomo posto più vicino alla finestra. Era pronto a dividere i compiti a quei tre generali, sicuro così di colpire il suo reale obbiettivo. 

- Generale Bankotsu Banryu. Per salvaguardare il futuro del paese, lei e la sua squadra dovrete reclutare più gente possibile da formare. Siete liberi di utilizzare qualsiasi metodo preferiate, mi aspetto molto da questa vostra missione. - 

Bankotsu accettò di conseguenza quell’ordine, pregustandosi già l’odore di sangue che avrebbe impregnato l’aria. 

- Generale No Taisho, la sua divisione sarà specializzata nel rintracciare i mezzo demoni in fuga, il vostro unico obbiettivo sarà eliminare ad ogni costo la feccia della società. - 

Non attendendo risposta da Sesshomaru, Naraku passò al terzo individuo presente in quella sala. Il generale lupo era il demone perfetto per quell’ultimo compito.  

- Generale Koga Yoro. Lei e la sua divisione avrete il compito di scovare e sterminare le famiglie che nascondono o aiutano a fuggire gli ibridi. - 

Dopo quell’assegnazione dei compiti, il Führer congedò i suoi sottoposti e tornò a godersi quella serata. Si sedette nuovamente sulla comoda poltrona posta dinanzi il camino. Osservò quelle lingue di fuoco danzanti e si cullò con il crepitio del fuoco. Tutto stava proseguendo secondo i suoi piani, i pezzi che aveva collocato sulla scacchiera avevano iniziato a muoversi, non rimaneva altro che aspettare. 

- Infimi mezzo demoni. Vi farò pentire di essere venuti al mondo. - 

Durante quel lasso di tempo, Inuyasha e Miroku riuscirono a raggiungere la cinta esterna della città. 

- Non riesco ancora a credere che abbiamo seminato Sesshomaru. - 

- Inuyasha, smettila di ripeterlo. - 

Il mezzo demone infatti, era piuttosto incredulo. All’improvviso, l’odore del fratellastro era svanito e con esso anche la sua potente aura demoniaca.  

- Tsk. -  

- Cammina idiota, non possiamo ancora cantare vittoria. - 

Sotto quel suggerimento di Miroku, i due iniziarono a correre, cercando di allontanarsi il più possibile dai centri abitati. Erano consapevoli che quella loro fuga non sarebbe stata semplice, ma quanto meno, speravano che ne sarebbe valsa la pena.  
 


 

FrancyT: 

Salve! 
Che dire... Ero molto incerta sulle sorti di questa fanfiction. L’idea mi girava per la mente già da un anno e ho iniziato a scriverla circa sette mesi fa ma credevo che non avrei mai trovato il coraggio per postarla. Eppure eccomi qua, a mettermi alla prova, a rischiare di essere derisa per quello che la mia mente folle ha immaginato. Ho trovato il coraggio grazie a tre persone che mi hanno supportato durante questa esperienza. Uno di essi è il mio ragazzo, che con pazienza tollera tutti i miei scleri e mi aiuta a schiarire le idee. L’altra persona che invece ringrazio di cuore è mia cugina, se non fosse stato per lei l’idea non mi sarebbe mai giunta in mente. 

In “Il fuggitivo” ho messo tutta me stessa. Ho cercato di creare una trama interessante, dove gli eventi che si susseguono portano a un notevole cambiamento nei personaggi. In essa ho introdotto anche personaggi inventati dalla sottoscritta e già nel prossimo aggiornamento farete la presenza di tre di loro. Spero di essere riuscita nella mia piccola impresa, portandovi una storia interessante. :3 

Prima di salutarvi vorrei  precisare alcune cosette: 
1. Non sono una scrittrice nata. Commetto spesso errori osceni in quello che scrivo e spero che questi miei errori non vi disturbino l’esperienza della lettura. Inoltre il tema che ho deciso di affrontare non è molto allegro e ho paura che a lungo andare risulti molto pesante. 
2. Nonostante abbia fatto evidenti riferimenti alla seconda guerra mondiale, la parte storica è mischiata molto alla mia fantasia. Spesso ho modificato gli eventi accaduti per fini di trama o per mancanza di materiali, pertanto non linciatemi se trovate qualcosa di storicamente scorretto >.> (Sto cercando comunque di documentarmi il più possibile sull’evento e arricchire le mie vecchie conoscenze scolastiche) 

Bhe! Ho terminato di rompervi per oggi! Spero in un vostro piccolo commento e perché no, anche in qualche critica costruttiva. Sono consapevole di aver ancora molto da imparare u.u 
Fatemi sapere ciò che pensate e nulla, alla prossima! :3 

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Capitolo 2
*** 10 Novembre 1938 ***


Germania, 10 Novembre 1938 
Ore 05:00 

Con la Notte dei cristalli i tedeschi chiarirono in modo definitivo una questione che era già sotto gli occhi di tutti: in Germania non c'era più posto per i mezzo demoni e per liberarsene i nazisti aspiravano allo spargimento di sangue e alla violenza fisica. Dopo quell’evento, nessun umano o demone poteva più ignorare la persecuzione e nessun mezzo demone poteva più illudersi che Naraku si sarebbe accontentato di qualcosa di meno di una Germania judenrein1. 

In quella fredda notte di novembre, fuggiti via dalla loro casa, Inuyasha e Miroku corsero ininterrottamente per ore. Avevano visto la propria vita andare a rotoli. Non confidavano più in nessun miglioramento. Delusi e affranti, arrivarono nei pressi della Forst Grunewald, quando le prime luci dell’alba iniziarono a schiarire il cielo. 

- Inuyasha ti prego. Fermiamoci a riposare, non mi sento più le gambe. - 

Stremato da quel viaggio, Miroku sentiva le forze abbandonarlo.  

- Arriviamo alla foresta, lì proveremo a riposarci un po’. - 

Una volta raggiunto il margine della selva, iniziarono allora a farsi largo fra i fitti sentieri. Gli alberi di pino, con il loro colore verde scuro, fiancheggiavano il viale che stavano percorrendo filtrando la luce solare. Proseguendo lentamente, arrivarono ad un primo bivio e, mantenendo la destra, proseguirono un breve tratto in salita al termine del quale trovarono un piccolo laghetto. Situato ad una ventina di metri dai numerosi alberi, quello specchio d’acqua dolce pareva fare proprio al caso loro. 

 -Fermiamoci qua. –  

Inuyasha osservò l’amico preoccupato.  
Miroku era molto provato, sia fisicamente che psicologicamente. Respirava affannosamente e aveva le gambe tremanti. In quel momento il mezzo demone iniziò a chiedersi se davvero l’amico fosse pronto a rischiare la sua vita per lui. In fondo, Miroku non era un ibrido.

- Miroku senti… Forse è meglio che tu torni in città. Sei umano, troverai presto un nuovo impiego e potrai condurre una vita serena. –  

- Non dire idiozie Inuyasha. –  

Dopo aver riservato un’occhiata truce al mezzo demone, Miroku poggiò la schiena contro uno degli imponenti alberi che abitavano la foresta. Lentamente scivolò contro di esso, si sedette al suolo e chiuse gli occhi.  
Inuyasha, rimasto in piedi a fissare il ragazzo, si sentiva l’unico responsabile delle condizioni pietose dell’amico. Sperava che Miroku fosse saggio e che, ripercorrendo i passi a ritroso, sarebbe tornato a Berlino.  
In quello stesso momento, nella sua mente si formulò uno strano pensiero: se si fosse allontanato da quella foresta lasciando indietro Miroku, forse quest’ultimo sarebbe davvero tornato in città. 

- Miroku, controllo la zona. Non vorrei che ci fossero militari nelle vicinanze, non mi stupirei della cosa. - 

Lentamente, iniziò ad allontanarsi dall’albero dove riposava l’amico, con lo scopo di addentrarsi nel cuore della foresta. Voleva allontanarsi il più possibile da quel laghetto. Pensava che solo così Miroku si sarebbe salvato. 

- Inuyasha? –  

- Si? –  

- Se provi a lasciarmi qui sappi che sarò io a darti la caccia. –  

- Tsk. - 

Abbandonando così il suo piano, Inuyasha iniziò seriamente a sorvegliare il perimetro del laghetto. 
Intanto, lontano dal luogo in cui Miroku e Inuyasha si erano accampati, due figure incappucciate si facevano largo fra l’erba alta in cerca di un posto dove poter recuperare le energie. 
I loro nomi erano Muller e Fisher, due mezzo demoni cinghiale scappati durante la notte dalla città di Berlino. I due fratelli, in quella notte di violenza, avevano valutato attentamente quale fosse la scelta più saggia da prendere e così, armati di coraggio, decisero di darsi alla fuga. Entrambi di costituzione massiccia, erano dotati di una particolare resistenza fisica e questa loro caratteristica li aiutò molto durante quella notte tanto che, dopo ore di viaggio, raggiunsero la fitta foresta quasi contemporaneamente ai due ex locandieri. 

- Muller, ho fame. Quando ci fermiamo? - 

Fisher, il minore dei due fratelli, era un giovane ibrido sulla ventina. Portava i capelli neri lasciati ricadere liberamente sulle spalle, un paio di occhiali da vista poggiati sul naso tozzo e due piccole zanne riverse verso l’alto fuoriuscenti dal labbro inferiore. Sempre attento al suo aspetto e dal carattere un po’ fanciullesco, molto spesso stressava il fratello maggiore con le sue lamentele infantili. 

In risposta, il fratello riservò al ragazzo un’occhiata truce. 
Muller non riusciva proprio a comprendere l’atteggiamento del giovane. Dopo la morte della madre, era stato proprio lui ad occuparsi della sua formazione eppure, nonostante i suoi insegnamenti, Fisher continuava ad avere quel fare bambinesco. 

- Fratellone, ho detto di aver fame. -  

Proprio come un bambino capriccioso, Fisher frenò la sua marcia e incrociò le braccia al petto. 
Passandosi stancamente una mano sul volto, Muller si sedette per terra. 

Il più grande dei fratelli era un ibrido sulla trentina che fin da giovane si era occupato personalmente della situazione economica della propria famiglia.  
Al contrario di Fisher, si curava poco del suo aspetto esteriore. Non trovava necessario doversi mettere in tiro per andare al lavoro ed inoltre l’essere appariscente non lo faceva sentire a suo agio.  
Muller infatti, portava i capelli corti, le folte basette lunghe fino al mento e le grosse zanne fuoriuscenti dal labbro inferiore, chiaro segno della sua natura demoniaca, erano ormai ingiallite e sfregiate.  

- Fisher, perché ti comporti in questo modo? Non riesci davvero a comprendere la gravità della situazione? -  

Alzando lo sguardo verso il fratello minore però, Muller si rese conto che l’espressione infantile che fino ad un attimo prima era dipinta sul volto del giovane era svanita. 

- C’è qualcuno Muller. Ho sentito dei rumori e uno strano odore. - 

Dopo essersi issato in piedi, Muller poggiò le spalle contro quelle del fratello e insieme cercarono di affinare l’udito e l’olfatto. Erano pronti ad attaccare il nemico. 

- Mi raccomando Fisher. Come ci siamo sempre allenati. -  

Non molto distante da loro, Inuyasha saltava fra i rami degli imponenti alberi della foresta. Continuava a stare in pensiero per Miroku, sperava che si sarebbe rimesso in sesto. Così, con lo scopo di provare ad aiutare l’amico, decise di racimolare qualche provvista. Per aumentare la sua concentrazione chiuse gli occhi e, affinando i sensi, provò a captare la presenza di qualche animale da poter cacciare. Un leggero odore arrivò ben presto alle sue narici e così, saltando fra i rami, iniziò ad avventurarsi nuovamente nel cuore della foresta. 

Accorciando però la distanza dalla sua preda, Inuyasha iniziò a percepire una forte aura demoniaca. Infastidito da quella piega inaspettata, cercò di avvicinarsi a passo felpato verso il fulcro di quel potere. Inconsciamente, portò una mano al cinturone in cuoio che portava legato alla vita. Voleva proteggere Miroku e il suo istinto agiva prima della sua mente. Resosi conto del gesto, ritirò sconvolto la mano indietro e iniziò ad osservare i due uomini posti poco distanti da lui. 

Quello che Inuyasha identificò come il più robusto, stava seduto al suolo con una mano sul viso. Sembrava abbattuto, sfinito. Lo studiò con attenzione. La sua aura demoniaca non era forte come quella di un demone maggiore, sembrava più simile alla sua. L’aura di un mezzo demone. 
Scrutò allora l’altro uomo, il più esile. Provò a trovare dei tratti distintivi, ma la figura era di spalle e non riusciva a osservarlo in viso. Nonostante ciò percepì che anche la sua aura demoniaca era macchiata dall’animo umano. 
Non considerando i due individui una minaccia, il giovane ibrido decise allora di tornare per la sua strada. Ma quando improvvisamente vide l’uomo seduto per terra alzarsi e poggiare la schiena contro il suo compare, Inuyasha capì di essere stato individuato.  

Muller e Fischer intanto, si sentivano sotto attacco. I nevi a fior di pelle, i sensi allerta. Individuato il loro nemico appollaiato su un albero, Fischer alzò un dito verso l’alto e subito dopo violenti fulmini illuminarono il cielo.  
Un sorriso soddisfatto si dipinse sul suo viso, il loro avversario avrebbe avuto una giusta lezione.  

Inuyasha infatti, non ebbe il tempo di indietreggiare che fu investito da un violento tornado scaturito da quella forte energia. Il violento impatto gli fece perdere l’equilibrio ed improvvisamente si ritrovò steso al suolo. 
Quando quel vortice si fu dissipato, il mezzo demone si rialzò da terra innervosito. Un ringhio basso iniziò a propagarsi nell’aria. Il suo corpo era teso, pronto a contrattaccare. 

- Ehi voi! Siete scemi per caso? - 

Sorpresi da quell’affermazione, Muller e Fisher osservarono meglio Inuyasha. Mantenendo la loro posizione d’attacco, cercarono di identificare l’aura del loro nemico e improvvisamente capirono.  

- Non sei un soldato, sei un mezzo demone. -  

Costatò a voce alta Muller allontanandosi dal fratello. Dopo essersi avvicinato a passo lento ad Inuyasha, iniziò a girargli intorno annusandolo meglio. Identificati gli odori tipici della città, rivolse nuovamente la parola al mezzo demone. 

- Sei fuggito anche tu da Berlino. -  

Infastidito da quel trattamento Inuyasha non riuscì a trattenere un altro ringhio prolungato.  

- E non sei solo. Porti con te un umano, hai il suo odore addosso. -  

Effettuando un balzo indietro, Inuyasha provò a sottrarsi all’analisi dei due sconosciuti.  

- Adesso basta. Che modi! -  

I due fratelli si guardarono perplessi, come se nel loro comportamento non ci fosse stato nulla di errato.  

- Hai anche un caratteraccio eh! -  

Borbottò Fisher, già annoiato dall’intera situazione.  

Inuyasha, stanco di essere deriso dai due fratelli, scattò verso Fisher con l’intento di ferirlo con i suoi artigli. 
Prevedendo il suo attacco, Fisher alzò nuovamente un dito al cielo, generando un nuovo tornado. Finito per la seconda volta al suolo, Inuyasha non poté far altro che imprecare contro il suo interlocutore.  

- Dannato maiale. -  

Un ulteriore tornado colpì il povero Inuyasha, decisamente fuori allenamento. 

- Ritenta, sarai più fortunato. -  

Lo sfidò Fisher, divertito dai maldiresti tentativi di attacco da parte di Inuyasha. 

Intanto, un Miroku innervosito, vagava senza meta per la foresta. Il suo animo era in subbuglio, il rumore dei tuoni in lontananza preannunciava un violento temporale e la prospettiva non era affatto allettante. 
Il ragazzo aveva riposato e aspettato Inuyasha per ben venti minuti, tempo dopo il quale iniziò a pensare che l’amico l’avesse seriamente abbandonato. Nonostante non avesse recuperato a pieno le forze, decise allora di issarsi su e andare a cercare quel testone di un mezzo demone che si ritrovava come amico. Camminando a passo arrancato percorse il perimetro del laghetto, chiamando e maledicendo allo stesso tempo Inuyasha.  

- Inuyasha, se scopro che mi hai lasciato indietro di proposito giuro che sarò io ad ucciderti. -  

Quella minaccia, pronunciata con voce preoccupata, riuscì a raggiungere il fino udito di Inuyasha. Quelle parole così lontane e ovattate, fecero trasalire il mezzo demone. La preoccupazione trasparì dagli occhi dotati del ragazzo.  

Miroku era andato a cercarlo e si sarebbe messo nei guai.  

Alzatosi per l’ennesima volta da terra, Inuyasha decise che avrebbe dato tutto sé stesso per proteggere l’amico. Con l’intento di raggiungere Miroku, iniziò allora ad incanalare la forza demoniaca negli artigli e, evitando i tornado generati da Fisher, si avventò contro il ragazzo. 

Non riuscendo ad evitare l’attacco, Fisher provò a difendersi rafforzando la sua pelle, sperando che ciò bastasse a rimanere incolume. Proteggendosi viso e petto con le braccia, attese il contatto con il nemico. 
L’attacco di Inuyasha però, risultò essere più potente di quanto immaginasse. Quando il mezzo demone infatti percorse con gli artigli il braccio sinistro di Fisher, lasciò una sanguinosa ferita. 
Tenendosi il braccio insanguinato, il giovane mezzo demone cinghiale osservò con odio Inuyasha. Il suo nuovo giocattolo lo aveva deturpato e adesso sentiva il bisogno di vendicarsi. Con la rabbia che si alimentava dentro di lui, Fisher alzò nuovamente il braccio sano verso l’alto ma, prima che potesse scagliare l’ennesimo attacco, Muller si frappose fra il suo corpo e quello di Inuyasha. 

- Adesso basta. Avete giocato abbastanza. Siamo tutti dei mezzo demoni. Dovremo aiutarci e non farci la guerra. Capisco che la situazione sia pesante per tutti, siamo stanchi e affamati, ma proprio per questo dovremmo unire le forze. Quindi Fisher smettila di comportarti come un bambino. - 

Dopo aver riservato uno sguardo da rimprovero al fratello, Muller si voltò verso Inuyasha. La notte precedente era stata dura per tutti ma sfogare la frustrazione fra di loro non avrebbe giovato a loro vantaggio. Stare in quella foresta non li avrebbe protetti dai generali tedeschi. 

La foresta è considerata parte dell'anima dei demoni. Un luogo da negare ai mezzo demoni. Già da tempo il Führer aveva vietato loro di entrare in quei luoghi, punendo tutti coloro che osavano infrangere quella regola. 

-  E tu… Dovresti raggiungere il tuo amico umano prima che si metta ne guai. -  

Annuendo alle parole di Muller, Inuyasha decise di raggiungere nuovamente Miroku. Cercò allora di ripulire la mano sporca del sangue di Fisher sui pantaloni, dopodiché annusò l’aria per provare a localizzare l’amico. 

- Quindi viaggiamo insieme o no? -  

Come se nulla fosse successo, Fisher affiancò il fratello con in volto la sua solita espressione infantile. 
Il braccio che Inuyasha aveva ferito si era quasi completamente rimarginato, il dolore scomparso del tutto. 

Il mezzo demone osservò ancora una volta i due fratelli, incerto sul da farsi. Fisher aveva ben dimostrato la sua abilità nel combattimento e Muller sembrava non essere da meno. I loro corpi, così come le loro aure demoniache sembravano trasmettere forza. 
Dopo aver valutato attentamente la situazione, Inuyasha prese la sua decisione. 

- Quattro braccia in più non fanno di certo male. - 

Quella era la scelta più saggia da prendere. Lui da solo non avrebbe mai potuto eliminare una divisione militare ricca di demoni. Lui da solo non avrebbe potuto proteggere Miroku da eventuali attacchi nemici. Quando vide i due fratelli annuire alle sue parole, puntò lo sguardo in quello di Fisher. 

- Sappi che il nostro scontro non si conclude di certo qua. -  

Leggendo in quello sguardo un lampo di sfida, Fisher sorrise soddisfatto. Non vedeva l’ora di avere la sua rivincita. Prima che il mezzo demone lo ferisse si stava proprio divertendo, se il fratello non fosse intervenuto avrebbe mostrato al suo avversario la sua vera forza. 
Il gruppo si mise ben presto sulle tracce di Miroku, sperando che non si fosse invischiato in qualche scomoda situazione. 

Proprio Miroku, in quell’esatto momento, si era convinto che Inuyasha lo avesse abbandonato. Non riusciva proprio a crede quanto fosse stato vile e codardo il suo amico. Era stato lui a proporgli di fuggire via, di aprire una nuova locanda insieme e quella era la sua ricompensa.  

- Inuyasha, giuro che me la pagherai. -  

Impegnato ad imprecare contro l’amico però, l’ex locandiere non si rese conto di essersi allontanato molto dal suo punto di partenza. Tutto attorno a lui sembrava sempre identico, ogni sentiero percorso era fiancheggiato da un interminabile filare di pini. Convinto di star girando attorno decise allora di provare a fronteggiare la foresta, abbandonando la strada più sicura. 
Una volta addentratosi nella fitta vegetazione iniziò a guardarsi attorno nella speranza scorgere la figura dell’amico ma di Inuyasha neanche l’ombra. Quasi scoraggiato continuò a camminare fin quando, fra gli alberi, non trovò uno strano cartello. Lo osservò per bene: realizzato in legno, aveva incise le lettere che formavano la scritta “Zum Friedhof”. 

- Un cimitero? Proprio qui? - 

Incuriosito, pensò di percorrere quella piccola stradina in discesa. Però, prima ancora che riuscisse a muore un passo, una voce lo gelò sul posto. Un enorme ombra si estese dinanzi a lui.  
In quel momento Miroku pensò di essersi cacciato in un brutto guaio. 

- Questo è un terreno sacro. Non dovresti essere qui. - 

Intanto Inuyasha, seguito a ruota da Muller e Fisher, si ritrovò a girovagare senza alcuna meta fra i fitti sentieri della foresta. L’odore di Miroku era improvvisamente scomparso, mettendo in stato di allerta il povero Inuyasha. 

- Non ci credo che l’hai perso. Non sei un mezzo demone cane? Il tuo fiuto mi sembra abbastanza difettoso. - 

Trattenendo a stento un ringhio, Inuyasha provò ad ignorare la provocazione di Fisher. Quel ragazzino stava seriamente mettendo a dura prova la sua pazienza. Il mezzo demone sapeva di non poter perdere altro tempo. Il suo istinto lo spingeva a credere che fosse successo qualcosa di brutto a Miroku.  

- Fisher, smettila di fare il bambino. -  

Dopo aver ringraziato con un cenno della testa Muller, Inuyasha effettuò un balzo raggiungendo così il ramo più alto di un albero. Una volta in cima, provò ad osservare il sentiero vicino ma, ancora una volta, nessuna traccia di Miroku. Sconsolato, Inuyasha sperò che l’amico fosse ritornato alla capitale, peccato che le speranze del mezzo demone fossero vane.  
Poco dopo infatti, il fino naso del ragazzo percepì l’odore tipico che emanava l’amico mischiato ad un altro, molto più forte e pungente. Richiamati a sé Muller e Fisher, Inuyasha guidò i due fratelli fra la natura, seguendo quell’unica traccia che aveva a disposizione.  

Al diminuire della distanza però quel forte odore che impregnava e sovrastava l’intero ambiente rese impossibile individuare Miroku. Quel profumo indistinguibile, sembrava mandare in confusione i tre mezzo demoni eppure, nonostante lo scarso senso di orientamento, decisero di seguirlo. 

Dopo aver proseguito per svariati minuti, i tre fuggiaschi si ritrovarono dinanzi una scena surreale. 
Seduto all’interno di un cerchio formato da una colonia di funghi, Miroku prendeva il the e discuteva tranquillamente con un militare. Il ragazzo raccontava al generale come lui e il mezzo demone erano riusciti, quella stessa notte, a fuggire dalla città.  
Pietrificati sul posto, i tre ibridi si guardarono in viso disorientati. La figura che conversava con l’umano era senza ombra di dubbio un demone maggiore. Il suo portamento, fine ed elegante, avrebbe fatto invidia anche ad un essere regale. 

Inuyasha guardava la scena sconvolto. Non riusciva a credere che il suo amico parlasse di lui ad un militare. Non riusciva a credere che la fiducia che aveva riposto in Miroku fosse stata tradita così. Nella sua mente rimbombarono nuovamente le parole che aveva udito durante lo scontro con Fisher. Miroku aveva creduto che lui, un suo amico, l’avesse abbandonato e aveva preso la decisione di denunciarlo al primo militare incontrato.   

Intanto, mentre Inuyasha cercava di assimilare il duro colpo, Muller e Fisher si scambiarono uno sguardo d’intesa. La situazione non era delle migliori e, in un modo o in un altro, dovevano provare a uscirne vivi. Dopo quel muto accordo iniziarono ad indietreggiare, pronti a lanciarsi in offensiva.  
La strategia adottata dai due mezzo demoni si basava sulla combinazione dei loro attacchi, ma essa non avrebbe mai funzionato in uno scontro corpo a corpo. Al terzo passo indietro però, i due furono fermati dalla fredda voce del militare. 

- Avvicinatevi. -  

Con lo sguardo puntato verso i tre ibridi, il demone li esortò a fare come richiesto. 
I tre rimasero ancora una volta bloccati, incapaci di comprendere quale fosse la giusta scelta da prendere.  

- Forse ho capito, vi inibisce questa divisa? Nessun problema. -  

Rimuovendo una fogliolina nascosta dietro l’orecchio, l’aspetto del demone mutò lievemente. 
La divisa militare era sparita, sostituita da un pensante mantello marrone lungo fino ai piedi. Quest’ultimi, non più fasciati dagli stivali militari, somigliavano tanto alle zampe di una volpe.  
Osservando meglio quel corpo così strano, i tre giovani notarono che dal pesante mantello, attualmente adagiato sul terreno, sbucavano dei ciuffetti in costante movimento. Quel pesante indumento infatti, nascondeva le code che il demone volpe possedeva. 

- Il mio nome è Aaron, abitante della foresta e oppositore del regime. Avvicinatevi pure, così illustrerò anche a voi l’obbiettivo che mi sono prefissato. - 

Un ringhio basso iniziò a propagarsi nell’ambiente circostante.  

- Credi davvero che mi fidi della tua parola?! -  

Inuyasha, ferito dal comportamento di Miroku, non riusciva a fidarsi di quelle parole. Credeva che fosse tutta una menzogna, certo che di lì a poco sarebbero stati accerchiati.  
Incanalando allora la forza demoniaca nei suoi artigli, si preparò all’attacco. 

- Inuyasha, non attaccarlo. Aaron ha intenzione di aiutarci. - 

Miroku, intuendo le intenzioni dell’amico, provò a farlo ragionare. Quelle sue parole però, provocarono solo altro dolore al giovane mezzo demone. Inuyasha infatti, riservò a l’amico uno sguardo carico di delusione. 

- Muller, Fisher, siete con me giusto? -  

I due fratelli guardarono la schiena di Inuyasha indecisi sul da farsi. Erano curiosi di sentire le parole di Aaron ma non erano sicuri di potersi fidare. Nell’aria non avevano sentito puzza di bugie ma quella divisa che fino a pochi attimi prima il demone volpe indossava li aveva insospettiti. 

Non ricevendo nessun segno di approvazione, Inuyasha si scagliò all’attacco da solo. Voleva sfogare la sua frustrazione, distruggere quel demone e farla pagare a Miroku. 
Il giovane ibrido però, non ebbe fatto i conti con i poteri di Aaron. Il demone volpe infatti, dopo aver schivato il tentativo di attacco da parte di Inuyasha, colpì con un pugno allo stomaco il ragazzo. Per il forte impatto il corpo di Inuyasha finì con lo scagliarsi contro il tronco di un albero e Aaron non perse tempo ad immobilizzarlo. Dopo aver poggiato le mani al terreno, il demone sprigionò il suo potere demoniaco e il corpo di Inuyasha fu immediatamente avvolto dalla vegetazione.  

Il potere di Aaron andava oltre l’illusione. Il demone volpe era in grado di accelerare e modificare i processi di crescita della flora e ciò gli permetteva di porre rimedio ai danni che l’uomo stava procurando alla foresta. 

- Ti consiglio caldamente di mantenere la calma. Non ho cattive intenzioni. - 

Dopo aver assunto nuovamente una posizione eretta, il demone volpe si avvicinò con cautela al corpo di Inuyasha. Giunto a pochi centimetri di distanza, prese con entrambe le mani i lembi del mantello che gli coprivano il capo e lentamente rimosse il cappuccio.  

Aaron era un demone maggiore, i segni rossi sul suo volto certificavano la purezza della razza. 
Il viso infatti era segnato da una piccola goccia sulla fronte e due piccole striature sulle guance che spiccavano sulla pelle color porcellana. I suoi occhi neri, dal taglio affilato, sembravano far cadere nell’oblio chiunque osasse incrociarli, mentre i lunghi capelli bianchi erano raccolti in una coda bassa, elegante ed ordinata. 

Eppure quello era uno dei tanti aspetti che il demone era capace di assumere. Uno dei tanti abiti che Aaron si divertiva ad indossare. Nessuno conosceva la vera forma del demone, nessuno conosceva la sua vera identità. 

- Menzogne! -  

Inuyasha iniziò a guardare con disgusto quel volto perfetto.  
Non riusciva proprio a credere alle parole di Aaron, non riusciva a fidarsi di un maestro dell’illusione. Deciso a non arrendersi, il mezzo demone provò a liberarsi dalla morsa in cui era imprigionato. Alzò con fatica il braccio destro e provò ad afferrare una parte di quel tronco che pareva avvolgergli il corpo. Strinse forte la corteccia e la strappò via da sé con un colpo secco. Così facendo riuscì a liberare il braccio sinistro, in precedenza immobilizzato. Sorridendo soddisfatto, rivolse uno sguardo carico d’odio ad Aaron. 

- Ti ho detto di mantenere la calma. - 

Poggiando una mano al tronco dell’albero, Aaron spigionò nuovamente il suo potere. La stretta attorno al corpo di Inuyasha si fece sempre più forte, fino ad avvolgere completamente la sua figura.  

- Dannazione! - 

Un'imprecazione uscì dalle labbra del mezzo demone. 
Aaron ne aveva abbastanza di quel comportamento infantile, voleva solo informare i tre ragazzi del suo piano e raggiungere la sua casa. Fu allora che, stancamente raccolse uno dei funghi della colonia che formava il cerchio dentro il quale era seduto Miroku. Dopo di ciò, prese dalla sua borsa una ciotola dentro la quale ripose il fungo, accelerò il processo di essiccazione del micete e iniziò a pestarlo con cura.  

Incuriosito da quel gesto, Fisher si avvicinò con cautela al corpo del demone.  
Osservò con interesse i movimenti lenti e precisi della mano di Aaron, assistendo alla lenta macinazione del fungo. 

- Ti consiglio di fare qualche passo indietro. - 

Non distogliendo lo sguardo dalla ciotola che teneva fra le mani, Aaron consigliò al giovane di indietreggiare. Non riteneva sicuro che un ragazzino si avvicinasse così tanto durante la preparazione di quella polvere. Però, ignorando quell’avvertimento, Fisher iniziò a porre domande al demone, voglioso di soddisfare la sua curiosità. 

- Cosa prepari? - 

Scocciato da quella presenza, Aaron provò a rispondere a quella domanda in maniera pacata. Non era da lui porsi in maniera poco garbata. 

- Sto cercando di ricavare da questo fungo una particolare polvere per far calmare il tuo amico. - 

- Oh, un tranquillante? -  

- Direi più un paralizzante. Questi funghi sono caratterizzati da un odore molto pungente percepibile anche a metri di distanza. Questo odore sgradevole, emanato dalla parte superiore del fungo, ha degli effetti negativi verso coloro che possiedono un olfatto molto sviluppato. Infatti, l’esposizione prolungata a questo odore, porta a dei disturbi di concentrazione e molto spesso chi ne è vittima tende a sentirsi disorientato. Quando però, ad essere inspirata è la polvere generata dalla macinazione del fungo, gli effetti collaterali diventano più aggressivi. Una volta che questa polvere viene inalata, il cervello non riesce più a trasmettere gli stimoli al corpo, mandando l’individuo in uno stato di paralisi temporanea. -  

Sconcertato da quella spiegazione, Fisher indietreggiò lentamente, fermandosi dopo circa tre passi. Si tappò per precauzione il suo naso tozzo e continuò a guardare incuriosito il demone volpe al lavoro. 

Intanto, Miroku guardava sconvolto la scena. Tutto sembrava così surreale. Inuyasha aveva attaccato Aaron che si era ritrovato costretto a fermalo. Conosceva il mezzo demone da diversi anni ma mai aveva visto l’amico agire con così tanta rabbia. Il giovane posò un ultimo sguardo alla figura di Aaron, intento a preparare uno strano miscuglio, dopodiché, non ascoltando lo scambio di parole fra il demone e Fisher, decise di tirarsi su. Una volta in piedi, si avvicinò lentamente all’albero nel quale era stato bloccato Inuyasha, gli si parò dinanzi e parlò all’amico.  

Il ragazzo si dimenava, nel disperato tentativo di riuscire a liberarsi. 

- Inuyasha, che ti è preso? -  

In risposta, Inuyasha voltò il capo dal lato opposto. Non aveva nessuna intenzione di dare spiegazioni a Miroku, non voleva più vederlo. 

- Mi spieghi perché sei così furioso? -  

- Tsk. Sei solo un bastardo traditore. -  

Confuso, Miroku non riuscì a controbattere. 
Davvero Inuyasha credeva che l’avesse tradito? 
Inuyasha era davvero convinto che gli avesse voltato le spalle vendendolo al nemico? 

- Inuyasha ma cosa dici? Aaron vuole davvero aiutarci. -  

- Menzogne! -  

In preda alla rabbia, Inuyasha si ritrovò a ringhiare contro il suo amico. 
Perché Miroku non lo stava aiutando? 
Perché Fisher e Muller rimanevano lì impalati, quasi in attesa di un gesto da parte di quel demone volpe? 

Intanto, mentre Inuyasha si tormentava con quelle domande senza risposta, Aaron aveva terminato di macinare quel fungo dagli effetti particolari. Una volta ricavata quella polvere paralizzante, il demone si avvicinò nuovamente all’albero in cui era stato immobilizzato Inuyasha. Giunto di fronte al viso del ragazzo, versò un po’ di quella polverina nel palmo della sua mano dopodiché soffiò su di essa facendo volare il miscuglio proprio sul volto del mezzo demone. 

Quando la polvere fu inalata dal giovane, Inuyasha sentì il naso bruciare e la gola farsi secca. Istintivamente iniziò a tossire, sperando che ciò riuscisse a farlo sentire meglio. Inuyasha era perplesso. Non si aspettava che quel demone volpe gli gettasse della polvere addosso. Cercò allora di parlare, di liberarsi da quella stretta e improvvisamente capì. 
Il suo corpo non rispondeva più agli stimoli. Era paralizzato. 

- Aaron cosa gli hai gettato addosso? - 

Miroku guardò il mezzo demone preoccupato. 
Dopo aver inalato quello strano miscuglio, Inuyasha aveva iniziato a tossire, per poi fermarsi di colpo. Il suo corpo appariva irrigidito, come se i suoi muscoli fossero rimasti tutti contratti. 

- Sta bene, non preoccuparti. Adesso però dobbiamo andare. Una divisione pattuglierà la zona fra qualche ora. Dobbiamo muoverci. -  

A questo punto, Aaron poggiò nuovamente il palmo della mano contro la corteccia dell’albero e, attivando i suoi poteri, liberò il corpo di Inuyasha dalla vegetazione che lo avvolgeva. Miroku si avvicinò al corpo dell’amico e, cercando di sostenerlo con un braccio attorno alla vita, lo accompagnò fino al suolo. 
Dopo aver osservato quella scena, Aaron si voltò verso Muller.  

- Tu, portalo in spalla. -  

Il mezzo demone, fino ad allora rimasto in disparte, acconsentì a quella richiesta. A passo deciso si avvicinò al corpo inerme di Inuyasha e se lo caricò in spalla sotto gli occhi sbigottiti di Miroku. 

- Proseguendo da questa parte arriveremo alla mia abitazione in pochi minuti. -  

Detto ciò, Aaron iniziò ad incamminarsi fra la fitta vegetazione. 

Come preannunciato dal demone volpe, il tragitto si rivelò piuttosto breve.  
Durante quel lasso di tempo, tutti sembravano avvolti nei propri pensieri, intenti a metabolizzare e riflettere sugli avvenimenti da poco accaduti. 

Miroku si sentiva disorientato. Il suo unico amico lo aveva accusato di tradimento e adesso stava paralizzato proprio a causa sua. Il giovane poggiò per qualche istante lo sguardo sulle spalle larghe di Aaron, quel demone che lo aveva sorpreso a curiosare nella foresta. Aaron sembrava sapere il fatto suo. Era molto colto, furbo e scaltro.  
Il loro incontro non era stato dei migliori. Il demone lo aveva accusato di essersi introdotto in un terreno sacro, una zona di proprietà del clan dei demoni volpe. Quando Miroku si era visto sovrastare da un imponente ombra, pensò di essersi cacciato in seri guai. Eppure quella grande figura fasciata in abiti militari lo aveva aiutato. Vedendo il suo sguardo smarrito e sfinito, Aaron lo aveva scortato con cura in una zona più tranquilla, lontano da quel terreno sacro. Dopo svariati minuti di viaggio, lo aveva fatto accomodare all’interno di uno strano cerchio formato da una stramba colonia di funghi e gli offrì del thè. Quell’infuso aveva rilassato i suoi muscoli provati e calmato il suo spirito. Incuriosito da quella figura, Miroku avrebbe voluto porgli molte domande ma non ne ebbe il tempo. Mentre era intento a sorseggiare il suo thè, Aaron rivelò a Miroku di non essere un militare. Gli rivelò quanto in realtà lui disprezzasse la guerra e la violenza, gli confessò di essere uno degli oppositori del regime nazista. Miroku non era certo di potersi fidare ma comprendeva di poter far affidamento solo su quell’unica via. Pertanto, quando Aaron si propose di aiutare lui e Inuyasha a raggiungere il confine, Miroku decise di credergli. 

Anche Fisher e Muller erano avvolti nei propri pensieri ma, se il primo continuava a pensare a come quella polvere avesse messo fuorigioco Inuyasha in pochi secondi, il secondo cercava di mettere ordine nella sua mente. 

Muller camminava più arretrato rispetto al resto del gruppo. Con in spalla Inuyasha, osservava le restanti tre figure poste dinanzi a lui: Miroku era chiaramente turbato dalla situazione, Fisher camminava allegro come al solito mentre Aaron pareva impassibile. Studiò meglio la sua figura, non riuscendo a cogliere nessun indizio. Il mezzo demone era titubante, non sapeva se fidarsi o meno di quel demone. 
Aaron sembrava sincero, nell’aria non c’era puzza di menzogna eppure si sentiva insicuro. Una parte di sé, la più codarda, continuava a ripetergli di allontanarsi da quella figura perché seguendola non avrebbe mai lasciato in vita quel bosco. 

- Siamo quasi arrivati. L’abitazione è collocata più in fondo. -  

La voce pacata di Aaron, strappò i tre dai propri pensieri.  

- Fate attenzione a non calpestare i funghi. -  

Istintivamente, i presenti si ritrovarono a fissare il terreno. Un lungo filare di funghi, sembrava estendersi per diversi metri.  Fisher si ritrovò ad osservarli per bene. Sembravano essere gli stessi funghi che avevano paralizzato Inuyasha. Annusò per bene l’aria, accertandosi che emanassero lo stesso odore cadaverico ma rimase sorpreso nel costatare che essi sembravano non emanare nessun odore. In preda alla curiosità, accelerò il passo, oltrepassò i funghi e affiancò la figura di Aaron. 

- Aaron giusto? Avrei una domanda. Come mai anche qua ci sono dei funghi? E come mai questi funghi non sono puzzolenti? - 

Aaron si fece sfuggire un leggero sospiro. Fisher era più curioso di un bambino. 

- Hai posto più di una domanda. - 

- La prego signore! Ho bisogno di saperlo! - 

Il demone si lasciò sfuggire un sorriso divertito. In fondo, prima o poi avrebbe dovuto spiegare anche a loro il segreto della sua casa.  

- Quando arriveremo all’abitazione risponderò a tutte le tue domande. Adesso muoviamoci però. -  

Non contento di quella risposta, Fisher incrociò le braccia al petto mettendo su il broncio. Detestava dover aspettare ma quella volta si limitò a non insistere e percorse imbronciato quei metri che lo separavano dall’abitazione. 

Il gruppo raggiunse la casa del demone volpe dopo circa dieci minuti. Costruita interamente in legno di pino, quell’abitazione era collocata in una piccola radura a sud della foresta. La costruzione era composta da due livelli sovrastati da un tetto spiovente. Per accedere all’interno bisognava attraversare un accogliente portico.  
Oltrepassata la porta d’ingresso, si accedeva alla prima stanza di quell’abitazione: un piccolo ingresso che termina con uno scalino che portava al piano leggermente rialzato della casa. Quel primo livello conteneva il corpo scala, la cucina e gli ambienti di servizio, mentre il secondo era diviso in diverse stanze adibite a camera da letto. 

- Prego, sedetevi pure. Preparo del thè così dopo discutiamo della situazione. -  

Giunti all’interno dell’abitazione, Aaron fece accomodare i suoi ospiti in un’ampia stanza dall’arredamento molto semplice, dopodiché la sua figura sparì dietro una porta scorrevole. 

In attesa del ritorno di Aaron, i presenti si guardarono intorno.  
A Miroku sfuggì un sorriso. Non vedeva una casa in stile giapponese da quando, ancora bambino, aveva lasciato l’arcipelago insieme ai suoi genitori. Rimembrando il passato, si sedette sopra uno dei cuscini posti vicino un tavolino e incoraggiò i due mezzo demoni a fare lo stesso. Dopo essersi scambiati uno sguardo incerto, i due fratelli fecero come richiesto ma non prima di riporre il corpo di Inuyasha sul pavimento. 

Intanto il mezzo demone, rimasto paralizzato per l’intera durata del viaggio, si era ormai rassegnato. Più volte aveva provato a riprendere il controllo del suo corpo, ma ogni prova si era conclusa con un insuccesso. Impotente, decise allora di prestare attenzione a ciò che Aaron aveva intenzione di rivelare ai presenti. 

Proprio Aaron, in quell’istante fece il suo ingresso con in mano una classica teiera giapponese e delle tazze. Dopo aver poggiato gli oggetti sul tavolino, si sedette e iniziò a servire la calda bevanda. Successivamente, osservò i suoi ospiti prendere in mano la tazzina e iniziare a sorseggiare il thè.  
In quel momento Aaron comprese di avere la loro completa fiducia. 

- Il mio nome è Aaron Schmidt. Come ho provato a dirvi nella foresta, sono uno degli oppositori del regime nazista. Da come avrete compreso, il mio clan non condivide affatto le idee del Führer. Troviamo il suo modo di operare ingiusto e l’attacco di questa notte conferma le nostre paure. È stato proprio Naraku a dare l’ordine di non fermare le rivolte e di arrestare un gran numero di mezzo demoni. É proprio per questo che vorrei aiutarvi. Questa notte ho incontrato i miei compagni e abbiamo deciso di infiltrarci nel suo esercito per provare a liberare e far fuggire un gran numero di mezzo demoni. - 

I presenti scrutarono con attenzione il viso del demone. Aaron aveva in volto un'espressione seria, il suo tono di voce era pacato ma il suo corpo leggermente contratto sembrava tradiva quella fermezza. 

Inuyasha, steso al suolo, ascoltava le parole di Aaron senza poter intervenire. Avrebbe voluto porgli tante domande, avrebbe voluto poter essere padrone del suo corpo. Ancora una volta provò a mandare uno stimolo al suo braccio e, finalmente, riuscì a far muovere leggermente un dito. 
Provò allora a parlare, ma nessun suono uscì dalle sue labbra. 

- Quindi indossavi la divisa proprio per infiltrarti nell’esercito? -  

Fisher osservava curioso Aaron, in attesa di una sua risposta. Voleva sapere di più da quel demone, pertanto non perse l’occasione di porre a quell’individuo i suoi dubbi. 

- Non esattamente. Utilizzo quel travestimento in giro per la foresta per via delle ronde diurne. Molto spesso piccoli gruppi di militari pattugliano la zona in cerca di eventuali oppositori. - 

Aaron osservò i volti dei presenti. 
Muller e Miroku sembravano assorti nei loro pensieri, come se assimilare quelle parole richiedesse una grande forza di volontà. Fisher invece era il più recettivo. Ogni sua affermazione, infatti, era seguita una domanda da parte del giovane. 

- Come mai ci hai portato qua? Per via di queste ronde diurne? Non credi che i militari possano giungere fino a questa casa? -  

Il demone volpe bevve un ulteriore sorso del suo thè e, dopo aver riposto la tazzina sul tavolino, rispose alle ulteriori domande da parte del mezzo demone. 

- É impossibile che trovino questa casa. L’intera zona è circondata da un grande “cerchio delle streghe”. I funghi che avete visto mentre giungevamo qua sono gli stessi dentro al quale eravamo comodamente seduti io e Miroku. Come ti ho già spiegato, il loro odore pungente riesce a nascondere l’odore di chiunque stia all’interno del cerchio. Pertanto anche i demoni più forti non riusciranno a trovarci senza essere prima storditi dal forte tanfo. -  

- Ma quei funghi non puzzavano! -  

Contrariato, Fisher batté le mani sul tavolino, non del tutto convinto delle parole del demone. 
I presenti si voltarono a fissarlo, sorpresi da quella sua reazione. Con calma Aaron provò allora a dissipare tutti i dubbi del ragazzo. 

- Il cattivo odore è sprigionato dalla parte superiore del fungo, zona nella quale si sviluppano le spore. Per evitare di mandarvi tutti in stato confusionario ho volontariamente bloccato temporaneamente la produzione di queste spore. Come avrete già compreso i miei poteri non si fermano alla semplice illusione. -  

Soddisfatto della spiegazione, Fisher tonò a sedersi composto. 
Un silenzio imbarazzante piombò nella stanza.  

Cosa avrebbero dovuto dire adesso? 
Miroku osservava incerto la figura di Aaron. 
Muller si sentiva in trappola. 
Fisher non aveva più interesse per la questione. 

- Come hai intenzione di muoverti? -  

I presenti sobbalzarono a quella domanda. Lentamente si voltarono verso la fonte di quella voce, rimanendo stupefatti. 

Inuyasha stava ancora steso per terra. Con le mani dietro la nuca, osservava serio il soffitto. L’effetto paralizzante del fungo si era finalmente esaurito, permettendo al giovane di muoversi liberamente. 

- Ho diverse conoscenze in giro per il paese. Partirò questa notte stessa per mettermi d’accordo con queste persone. Dovete solo fidarvi di me. -  

In quel momento Inuyasha piegò una gamba, accertandosi di aver recuperato anche la sensibilità dell’arto inferiore. 

- Hai intenzione di partire da solo? Chi ci dà la certezza che non ci tradirai? - 

- Sono la vostra unica speranza. Siete liberi di andare ma sapete già il rischio che correte, non è necessario ribadirlo. Proprio per questo motivo sarebbe rischioso viaggiare con uno di voi. - 

Dopo essersi voltato verso il tavolino, Inuyasha sorresse con la mano destra il capo e puntò lo sguardo su quello di Aaron. 

- E noi che ruolo abbiamo nel tuo piano? - 

- Dovete rimanere in questa foresta. I miei compagni indirizzeranno qui tutti i mezzo demoni che riusciranno a salvare. Il vostro compito è quello di guidarli fino a questa abitazione. Solo qui saranno davvero al sicuro. -  

Proprio come in una partita di tennis, Miroku, Muller e Fisher voltavano il capo per osservare in volto i protagonisti di quel botta e risposta. Ad ogni domanda da parte di Inuyasha, Aaron rispondeva con tono pacato. 

- In tua assenza abbiamo completo controllo dell’abitazione? - 

- Si. - 

- Dobbiamo sapere nulla sulla foresta? -  

- Siete liberi di cercare provviste in tutto il territorio circostante ma vi è negato l’accesso alla zona posta più a nord. É un terreno sacro e in quanto non membri del clan dei demoni volpe vi è proibito entrarci. Quella zona è protetta da una particolare barriera, quindi è anche inutile provare a superarla. -  

Quelle parole scaturirono la curiosità dei presenti. Fisher era già pronto a porre delle nuove domande, Muller affinò l’udito per non perdersi nessun dettaglio mentre Inuyasha si era già messo in testa di intrufolarsi in quella zona proibita della foresta. 
Miroku invece era l’unico perplesso. Si chiedeva come fosse stato possibile che lui, un semplice umano, fosse riuscito a oltrepassare la barriera protettiva. Non riusciva a comprendere come quel terreno sacro avesse accettato la sua presenza. 

- Se non avete altre domande, vi conduco alle vostre stanze. - 

Fu così che, lentamente, tutti i presenti si alzarono in piedi e, in silenzio, seguirono Aaron fuori dalla sala del Thè. Dopo essere passati per un’ulteriore stanza, anch’essa arredata al minimo, arrivarono dinanzi una massiccia scala di legno di pino. Lentamente salirono gli alti gradini che li avrebbero portati al piano superiore. Giunti in un lungo corridoio con porte scorrevoli, Aaron indicò a Muller e Fisher la prima camera alla sua destra. 

- Quella sarà la vostra stanza. Potete anche andare a riposarvi un po’. Se invece avete bisogno del bagno, è collocato in fondo al corridoio. - 

Dopo aver congedato i due fratelli, che seguendo il consiglio del demone volpe si ritirarono nella loro stanza, Aaron indicò a Inuyasha e Miroku la stanza successiva. 

Come degli automi, i due ragazzi oltrepassarono la porta scorrevole. Finalmente potevano distendere i muscoli. Erano convinti che grazie all’aiuto di Aaron avrebbero lasciato il paese, lasciandosi alle spalle gli eventi degli ultimi giorni. 

Quel pomeriggio, seduto alla scrivania della propria camera, Aaron studiava con dedizione la cartina geografica della Nazione. Con in mano una penna stilografica, tracciava con cura la strada che avrebbe percorso quella notte. Nulla andava lasciato al caso e organizzare le tappe del suo imminente viaggio lo faceva sentire più sicuro. 
Alzò per qualche istante lo sguardo dalla cartina e ripose la sua attenzione ad una fotografia incorniciata posta sulla sua scrivania. La tristezza avvolse per qualche attimo il suo animo. Promise a sé stesso che avrebbe salvato le vite di quei giovani. Si ripeté che avrebbe percorso l’intera Germania da nord a sud, stringendo accordi con le famiglie che negli anni aveva aiutato. Avrebbe guidato con precisione quei flussi migratori, cercando di restituire ai mezzo demoni il rispetto che il regime gli aveva rubato. 

 


Note:

1.  Il termine judenrein ha una connotazione forte, implica che qualsiasi traccia di sangue ebraico era stata rimossa come presunta impurità.


 

FrancyT:

Salve!
Stranamente sono riuscita ad aggiornare dopo solo una settimana, chi l'avrebbe mai detto! Purtroppo non posso assicurarvi di essere puntuale per la terza parte :c Mi spiace!

Bhe, che dire di questo secondo capitolo?
Inizio con il dirvi che è un capitolo di transizione, secondo lo schema iniziale della storia non era proprio pianificato. Scrivendo però ho ritenuto necessario inserirlo. Spero vi sia comunque piaciuto >.>
In esso vengono introdotti i primi tre OC che interaggiscono con il nostro gruppo (anche se in questo momento è più un duo). Muller, Fisher e Aaron sono tre personaggi che mi sono divertita molto ad immaginare. Con il tempo mi sono anche affezionata a loro, hanno tre caratteri differenti e provare a descrivere le loro azioni non è affatto stato semplice! (Pertanto mi scuso se alle volte le loro azioni o frasi sembrano banali o mal trattate) Ho anche provato a realizzare dei disegni che in qualche modo li raffigurassero ma non sono molto brava a disegnare (nonostante abbia un mio stile) e ho finito con il copiare un disegno già esistente per realizzare Fisher e fondere tre diversi personaggi per disegnare Muller! (qui il disegno se siete curiosi) Per Aaron ci sto ancora lavorando ma se vi fa piacere una volta realizzato caricherò anche il suo disegno.

Cos'altro aggiungere?
Mi scuso per l'imprecisione storica. Purtroppo mi sono resa conto troppo tardi che la foresta dove Inuyasha e Miroku vanno a rifuggiarsi fa ancora parte dei confini di Berlino. Perdonatemi! T^T
In ogni caso ho cercato di far emergere altri aspetti che caratterizzavano il periodo. Documentandomi ho trovato che le foreste sono(ed erano) considerata sacre per i tedeschi, tanto che nel conflitto mondiale vi era negato l'ingresso agli Ebrei. Approfondendo le mie ricerche ho trovato anche che è esistito un gruppo della resistenza che si occupava di procurare dei rifugi sicuri per gli Ebrei (in particolare le donne, i bambini e gli anziani) che erano riusciti a scappare nei boschi.
Se ritenete necessario dalla prossima volta aggiungo uno schemino con tutti i riferimenti che mi hanno ispirato per il capitolo!

Rigrazio in particolar modo Jeremymarsh e Lady__94. Mi ha fatto molto piacere trovare una vostra recensione! Grazie al vostro parere mi avete spinto a rivedere il capitolo per definire determinati particolari e correggere gli errori che erano presenti (almeno quelli che ho personalmente notato).

Termino questo mio lungo discorso scusandomi per gli eventuali errori, purtroppo ho qualche problema con la grammatica (me ne vergogno molto) ma spero ugualmente che non abbiano guastato la lettuta.

Spero tanto che tutto sommato il capitolo vi sia piacito, ringrazio tutti coloro che sono giunti fino a questo punto! Spero tanto di leggere un vostro parere!
Alla prossima!

 

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Capitolo 3
*** 7 Dicembre 1938 ***


Germania, 7 Dicembre 1938 

Ore 07:30 

Era una fredda mattina di inizio dicembre. Piccoli fiocchi di neve avevano già iniziato a ricoprire di bianco le strade delle città, regalando un clima di meraviglia. Quella mattina, a bordo di un treno diretto alla capitale, una figura minuta guardava il paesaggio innevato sfrecciare al di là del finestrino. 

Il giovane non dimostrava più di vent’anni. Aveva un volto delicato che dava alla figura un’aria fanciullesca. Su quel viso dai lineamenti fini, spiccavano due grandi occhi verdi che trasmettevano a chiunque li incrociasse una strana malinconia. 

Il ragazzo osservò tristemente la sua figura riflessa nel vetro. Lo sguardo spento, i lunghi capelli rossi tutti spettinati. Deciso a rimettere in ordine il suo aspetto, prese dalla tasca un piccolo pezzo di stoffa e raccolse i capelli in una coda di cavallo. Dopo quel gesto, osservò nuovamente il suo riflesso per poi distogliere lo sguardo. 

Il giovane viaggiava in un umile vagone ferroviario di terza classe. L’ambiente era stretto, occupato da due file di panche di legno separate da un corridoio di transito centrale. Le figure attorno a lui sembravano avere lo sguardo perso nel vuoto. Se da un lato gli umani presenti sembravano aver in volto un’espressione rassegnata, i demoni in quel vagone trasmettevano solo una grande arroganza. 

Ignorando quel clima, il ragazzo si sistemò sul suo sedile di legno e iniziò a ticchettare nervosamente con l’indice della mano destra sopra le gambe accavallate, come a voler scandire il tempo. 

- Giovanotto, questo posto è libero? - 

Sorpreso da quella domanda, spostò lo sguardo verso l’anziana donna che gli stava di fianco. 
Su quel viso segnato dalle profonde rughe, il giovane vi lesse tanta stanchezza. Intenerito annuì alla donna, invitandola a prendere posto. 

L’anziana signora non perse tempo e, con fatica, si apprestò a sedersi sulla dura panca di legno. Il giovane osservò ogni suo movimento, rimanendo stupito da come una donna di quell’età viaggiasse ancora in treno. L’anziana signora non si fece intimorire da quello sguardo curioso, lentamente si portò le mani ossute sul cappuccio che gli copriva il capo e con calma lo rimosse. 

- Come mai su questo treno, giovanotto? - 

Nuovamente sorpreso da quella donna, il ragazzo perse un po’ di tempo a rispondere. 

- Sono stato convocato dall’esercito. - 

- Brutta faccenda la guerra. - L’anziana chinò il capo a osservarsi le mani, dopodiché continuò a parlare. 

- Ho perso un figlio in trincea. - 

Al giovane parve mancare un battito. 

- Giovanotto, lo hai un nome? -  

- Shippo. – Per l’ennesima volta, durante quel suo viaggio, il giovane si ritrovò a mentire sulla sua identità. 

- Pregherò per te Shippo, che tu possa vivere una vita lontano dalla guerra. - 

Il giovane sentì un forte dolore al petto, non riuscì più a controbattere. Dopo aver annuito alle parole della donna, si sistemò nuovamente sul sedile gettando lo sguardo al suo riflesso. 

Non vedeva quei lineamenti da ben ventiquattro anni. Non vedeva il volto di suo figlio dal giorno del suo funerale. 

Il ragazzo portò una mano dietro l’orecchio, indeciso se rimuovere o meno quella dannata fogliolina. 
Odiava la guerra. Era contrario al regime nazista perché il Führer aspirava a metodi vili. Detestava Naraku perché a causa delle sue manie espansionistiche avrebbe tolto la vita ad altri innumerevoli giovani. 
Il ragazzo fece un respiro profondo. Recuperata la lucidità, diede priorità al piano che aveva organizzato e lentamente allontanò la mano dall’orecchio.  

Erano passati ventotto giorni da quando aveva lasciato la sua casa. Aveva percorso l’intero paese da nord a sud per stringere alleanze. Il suo viaggio stava per giungere al termine, non poteva vanificare le sue azioni. Lo doveva ai ragazzi che lo aspettavano nella sua abitazione. 
Con quei pensieri per la mente, osservò un’ultima volta il suo riflesso sul vetro per poi posare lo sguardo sul il sedile in legno posto dinanzi al suo. 

Da quando aveva iniziato il suo viaggio, Aaron aveva assunto varie identità, vari aspetti e, per quanto detestasse ammetterlo, le sue illusioni avevano un limite. Poteva assumere la fisionomia di persone che aveva osservato, di volti che aveva impressi della mente e quello di suo figlio era l’unico aspetto che fino a quel momento non aveva assunto. 

Il demone volpe rimase in silenzio per il resto del viaggio, non ricambiando neanche il saluto gentile dell’anziana donna posta di fianco a lui. Quelle parole lo avevano scosso e voleva solo riacquistare la calma per poter organizzare, nel migliore dei modi, il primo flusso migratorio che sarebbe avvenuto quella notte. 

Quella stessa mattina...  
Una giovane donna si nascondeva fra i fitti sentieri della Forst Grunewald. 
Con estrema cautela, si incamminava verso quello che era conosciuto come il “cimitero dei senza nome”. 
Quella meta, territorio sacro dei demoni volpe, non era di facile accesso. Protetto dallo spirito della foresta, in quella zona potevano accedervi solo chi egli decideva di far passare. 

La donna giunse al sentiero che portava al Zum Friedhof dopo circa dieci minuti di viaggio. Senza essere ostacolata dalla barriera protettiva, si inoltrò nel territorio dei demoni volpe, giungendo dinanzi l’ingresso del cimitero dopo pochi minuti. Giunta lì davanti, ammirò il massiccio portone in legno, ricordando la prima volta che era giunta fino a quel luogo suggestivo. 

Oltre quel portone, un dedalo di arbusti selvatici quasi soffocava il cimitero nel verde. Croci di legno si alternavano a lapidi interrate, molte delle quali avvolte dai rampicanti.  

In quel luogo, dove la natura è rigogliosa e si impone con prepotenza, riposano i corpi e le anime di quei defunti senza identità. 

Con una tranquillità disarmante, la giovane donna iniziò a porre un piccolo fiore su ognuna di quelle tombe. Quel gesto quotidiano la rendeva felice. Lei si sarebbe presa cura di quel cimitero e avrebbe salvato le anime di quelle persone. Dopo aver terminato il suo giro, lasciò una preghiera per quelle anime dopodiché tornò fra i fitti sentieri della foresta, pronta ad osservare colui che, da ventotto giorni, provava a sfidare il volere del protettore. 

Durante quel lasso di tempo infatti, il gruppo che Aaron aveva lasciato nella sua abitazione si era posto come obbiettivo quello di introdursi nel territorio sacro dei demoni volpe. 
Ma se da un lato Muller e Miroku si erano subito tirati indietro, per far cedere Fisher ci volle circa una settimana. 

Inuyasha invece era l’unico che, intestardito, voleva a tutti i costi oltrepassare quella barriera. 
Ogni giorno, dopo aver pattugliato l’intera foresta in cerca di altri mezzo demoni, si recava in quella zona proibita e osservava con sfida gli arbusti al di là della barriera. Dopo pochi minuti, con grande velocità, sfrecciava verso essa e puntualmente il suo corpo veniva brutalmente respinto via. 

Quel giorno però, Inuyasha non aveva reagito come al solito. 
Giunto in prossimità della barriera, si era accovacciato al terreno e fissava in silenzio gli alberi dinanzi a lui. 

La giovane donna lo osservò per bene nascosta dietro un albero. Curiosa di scoprire di più, provò a sporgersi maggiormente. 

Perché anche quel giorno non si scagliava con violenza contro la barriera?  
Perché stava lì fermo, a fissare un punto indefinito? 

- Fino a quando hai intenzione di nasconderti? - 

Rimasto fermo nella sua posizione, Inuyasha le aveva rivolto la parola. 
Presa alla sprovvista, la giovane donna indietreggiò, cercando nuovamente di nascondersi dietro l’albero. 
Poggiata la schiena contro il tronco, rimase in silenzio e serrò le palpebre. 

- Chiudere gli occhi non ti farà sparire. - 

La donna sospirò e lentamente riaprì gli occhi. Inuyasha era ormai dinanzi la sua figura e la osservava curioso, in cerca di risposte. 

- Sei interessata anche tu al territorio dei demoni volpe? - 

La giovane scosse la testa. Non poteva rivelare a quel mezzo demone che lei riusciva a oltrepassare quella barriera senza alcuna difficoltà. 

- Raccoglievo delle erbe medicinali. La mia famiglia ha un piccolo emporio. - 

Rivelò la donna, certa che il mezzo demone non avrebbe indagato oltre. 

- Faresti meglio a tornare a casa. A breve arriverà un gruppo militare a pattugliare la zona, non vorrei che ti trovassi nei guai. - 

Così dicendo, Inuyasha si scostò di lato, lasciando spazio di movimento alla giovane. 
La ragazza non perse tempo e, con calma, imboccò la sua strada. Dopo appena tre passi però si fermò di colpo e rivolse un'ultima frase al mezzo demone. Quelle parole mandarono in confusione il ragazzo.  

- Non dovresti sfidare il volere dello spirito della foresta. - 

Dopo aver lanciato quell’avvertimento, la giovane fanciulla riprese il suo cammino e sparì fra la fitta vegetazione. 

Inuyasha la osservò andar via perplesso. Non riusciva a comprendere a cosa alludesse la donna, tanto che si ritrovò a borbottare, cercando di analizzare meglio quelle parole. 

Quella della giovane era una minaccia? 
Avrebbe dovuto temere lo spirito della foresta? 
Ma cosa ancora più importante, esisteva davvero lo spirito della foresta E cosa aveva a che fare con il clan dei demoni volpe? 

E mentre Inuyasha si tormentava con quelle domande, una piccola fiammella bluastra lo osservava dall’interno della barriera, timorosa che quel mezzo demone avrebbe portato il caos all’interno del territorio sacro. 

Intanto, in casa di Aaron, Miroku e Muller cercavano di sistemare gli ultimi mezzo demoni giunti al rifugio. 
Dopo aver guidato su per le scale il piccolo gruppo formato da tre donne e due bambini, i due uomini indicarono ai cinque la stanza in cui avrebbero alloggiato. 

- Riposatevi pure. Avete affrontato un lungo viaggio. Quando vi sarete rimessi in sesto scendete al piano di sotto che vi riferiremo le ultime notizie che ci sono giunte da Aaron. - 

Dopo aver cordialmente congedato le tre donne, i due scesero nuovamente al piano inferiore. 

- Miroku, pensi che lasceremo mai questa casa? - 

Muller era insicuro. Il suo istinto continuava a fargli credere che non avrebbe mai lasciato quella foresta e più i giorni passavano, più quel pensiero diventava fisso. 

- Non lo so Muller. Dobbiamo solo fidarci di Aaron e sperare che torni presto. Sono trascorsi ventotto giorni dalla sua partenza e non abbiamo sue notizie da una settimana. Penso che sia già di ritorno. Nell’ultima notifica ci ha avvertiti che doveva incontrare l’ultima famiglia. - 

Al contrario di Muller, Miroku voleva essere fiducioso. Era convinto che avrebbero lasciato quel rifugio, era sicuro di potersi fidare di Aaron. Così, ogni volta che un brutto pensiero iniziava ad invadergli la mente, era pronto a cacciarlo via in tutta fretta. 
Muller si ritrovò ad annuire alle parole di Miroku e in silenzio giunsero alla stanza del thè. 

Proprio in quella stanza, seduto su uno di quei cuscini posti vicino il basso tavolino, Fisher sorseggiava del thè in attesa di essere raggiunto dai due. 
Quella mattina era andato a fare un giro di ronda insieme ad Inuyasha ed erano riusciti a portare al sicuro ben cinque persone. Era soddisfatto. Non vedeva l’ora di vantarsi con il fratello e l’amico di come era riuscito ad individuare tutto da solo il piccolo gruppo.  

I quattro ragazzi, infatti, avevano preso l’abitudine di radunarsi in quella stanza dopo ogni ronda, in maniera tale da essere sempre aggiornati su ciò che accadeva all’interno e all’esterno del rifugio. 

Dopo aver preso posto, Miroku si guardò in torno, per poi puntare lo sguardo verso Fisher. 

- Dov’è Inuyasha? -  

Scocciato da quella domanda, Fisher si lasciò sfuggire un profondo sbuffo. 
Anche quella mattina Inuyasha non si era presentato alla riunione. Il mezzo demone cane, infatti, aveva abbandonato Fisher e i fuggiaschi al margine del cerchio delle streghe, affidando al ragazzo il compito di scortare il gruppo fino all’abitazione. 

- É andato ancora una volta al territorio proibito? -  

Il più giovane del gruppo si ritrovò a fare spallucce. Non gli importava dove fosse andato Inuyasha, voleva solo che i due si complimentassero con lui per il lavoro svolto. 

- É una testa di cazzo. - 

Miroku era stufo di quel comportamento. Erano ventotto giorni che continuava a sopportare l’atteggiamento infantile di Inuyasha, non ne poteva più. Aaron si era raccomandato con loro più di una volta, prima di lasciare l’abitazione, eppure Inuyasha sembrava non tener conto delle sue parole. Come poteva, Inuyasha, tradire la fiducia di quell’unica persona che stava cercando di aiutarli?  

Miroku non riusciva a capacitarsene. Ogni volta che provava ad affrontare l’argomento, Inuyasha sembrava indispettirsi. Il suo sguardo si induriva e serrava i pugni, come se stesse provando a tenere a freno la rabbia. Il mezzo demone lo osservava con sguardo accusatorio e, dopo avergli voltando le spalle, andava via. Lontano da lui. Miroku sapeva che Inuyasha fosse testardo, ma non credeva così tanto. 

Scocciato da quella situazione, il ragazzo si alzò in piedi e uscì fuori dalla stanza. 

I due fratelli osservarono in silenzio l’umano andar via. 

- Questa volta l’ha combinata grossa il nostro cagnolino. - 

Ridacchiò Fisher, non riuscendo più a trattenersi. Muller lo guardò rassegnato, consapevole che suo fratello non sarebbe cambiato mai. 

Intanto, Inuyasha aveva appena oltrepassato la colonia di funghi che separava il resto della foresta dall’abitazione di Aaron. Continuava a pensare a quella stramba ragazza incontrata nel bosco. Avrebbe voluto porle molte domande, ma probabilmente non l’avrebbe più incontrata.  

Giunto in prossimità della radura dove era collocata l’abitazione, il giovane mezzo demone fu investito da due bambine di circa due anni. I loro nomi erano Kirsten e Gretel, erano giunte da Potsdam insieme al fratello maggiore, che in quel momento cercava disperatamente di raggiungerle. 
Le due gemelle, infatti, avevano iniziato ad arrampicarsi sulle gambe di Inuyasha, con l’unico scopo di giocare con le sue orecchie. Il giovane mezzo demone si piegò sulle ginocchia per prenderle in braccio. 

- Inuyasha mi spiace, non sono riuscito a fermarle. - 

Meyer, il fratello maggiore delle due bambine, aveva circa dodici anni. Sotto suggerimento dalla madre, aveva lasciato la sua città natia, insieme alle sorelle, in cerca di un posto più sicuro in cui vivere. 
Inuyasha osservò le gemelle, per poi poggiare lo sguardo su Meyer. In quel momento promise a sé stesso che avrebbe fatto tutto ciò che era in suo possesso per tenerli al sicuro. 

- Non preoccuparti. - 

Dopo aver lasciato le bambine sotto la custodia di Meyer, il mezzo demone entrò deciso in casa dove trovò Miroku ad aspettarlo. L’amico teneva le braccia conserte e batteva nervosamente un piede sul pavimento. 

- Dove sei stato? Hai lasciato Fisher da solo. Se lo avessero attaccato? Come avrebbe potuto proteggere il gruppo da solo? - 

- Miroku, non farmi la paternale. Non hanno attaccato Fisher e non ho combinato casini all’interno del territorio del clan dei demoni volpe. - 

Scocciato da quel trattamento, Inuyasha proseguì oltre la figura dell’amico. 

- Inuyasha! Sei un irresponsabile! - 

Ignorando quelle parole, Inuyasha proseguì fino alle massicce scale in legno che lo avrebbero portato al piano superiore. Sfortunatamente per lui, Miroku sembrava non voler proprio mollare la presa. Quel giorno era proprio incazzato. Si era stufato di quell’atteggiamento poco maturo.  

- Così facendo tradirai la fiducia di Aaron! Ti devo ricordare che è l’unico che ci sta aiutando? – 

A quelle parole il mezzo demone strinse i pugni infastidito. Non aveva ancora perdonato l’amico. Sapeva che le intenzioni di Miroku non fossero malvagie, ma come poteva fidarsi così ciecamente di Aaron?  

Il demone volpe non sembrava avere intenti malvagi ma, dopo ventotto giorni, Inuyasha stentava a credere nelle sue buone intenzioni. Una parte di se credeva che quel demone volpe li stesse radunano in unico punto per poi avvertire l’esercito. Quella stessa parte che lo faceva infuriare ogni volta che Miroku provava a difendere il demone volpe.  

Deciso ad ignorare Miroku, il mezzo demone aprì la porta scorrevole della propria camera e vi entrò, lasciando l’umano sulla soglia. 

- Sei proprio una testa di cazzo. -  

Rosso dalla rabbia, Miroku chiuse di scatto la porta scorrevole e scese di fretta le scale in legno. 
Aveva bisogno di calmarsi. Fu proprio per questo che andò in cucina e iniziò a preparare la zuppa che avrebbero mangiato per pranzo. 

Quel pomeriggio... 
Alla stazione ferroviaria di Berlino, il clima era piuttosto teso. Gruppi di soldati controllavano ogni singolo passeggiero dei treni, prelevando e portando in una stanza privata eventuali mezzo demoni. 
Quella procedura andava avanti dagli eventi della notte dei cristalli. Da quando il Führer aveva dato l’ordine di arrestare 30.000 mezzo demoni e trasferirli nei campi di Dachau, Buchenwald e Sachsenhausen. 

Quando il treno di Aaron arrivò al capolinea, la tensione all’interno della carrozza ferroviaria era palpabile. Molti degli umani presenti non riuscivano a mascherare la propria agitazione, mentre i demoni sbuffavano per quella procedura decisamente invadente. 
In poco tempo, i militari iniziarono a marciare lungo il corridoio di transito centrale. Ancora seduto al suo posto, Aaron osservò con attenzione il militare che controllava il loro vagone. Era un demone cane dalla corporatura massiccia. La sua pelle era ambrata, mentre i suoi occhi, neri come la pece, erano contornati dai marchi demoniaci. 

Quella figura avvolta da abiti militari scrutò con attenzione i volti dei presenti, per poi iniziare ad annusare intensamente l’aria. Quel suo gesto serviva ad individuare la presenza di mezzo demoni a bordo delle carrozze passeggeri. I demoni cane avevano un olfatto decisamente sviluppato, in grado di percepire anche una minima presenza di sangue umano. Pertanto, ogni tentativo di camuffamento sarebbe stato inutile. Anche se l’individuo in questione avesse azzerato la propria aura demoniaca, il suo sangue non avrebbe mentito. 

Accertatosi dell’assenza di mezzo demoni, il militare passò ad un altro vagone, permettendo ai presenti di lasciare il proprio posto. Ottenuto quel consenso, in breve tempo il vagone ferroviario si svuotò. Rimasto solo, il demone volpe si alzò dallo scomodo sedile che lo aveva accolto per parecchie ore e si diresse verso la porta della carrozza. Lontano da occhi indiscreti, portò una mano dietro l’orecchio, toccò la fogliolina e cambiò aspetto. Il suo volto aveva abbandonato quei tratti delicati che appartenevano al figlio, assumendo un aspetto più duro. 
Nei panni di un militare, scese lentamente i tre gradini e, una volta a contatto con il suolo, si guardò intorno. Nessuno sembrava essersi accorto della sua presenza. Approfittando della confusione, Aaron si confuse fra la mischia e lasciò indisturbato la stazione. 

O almeno credeva. 
Una figura posta in cima alla torre della stazione ferroviaria, infatti, aveva osservato per bene quella figura estranea alla sua divisione, militare che nessuno pareva aver notato. Soddisfatto di quella scoperta, quel demone memorizzò l’odore e l’aura emanata da Aaron, con in mente l’obbiettivo di distruggere lui e il gruppo di oppositori di cui faceva parte. 

Intanto, nella foresta... 
Inuyasha camminava fra gli arbusti con i sensi all’erta. Aveva lasciato il rifugio nelle mani di Miroku, Muller e Fisher andando ad esplorare la foresta da solo.  
Miroku non ne voleva proprio sapere di rivolgergli la parola e i due fratelli erano occupati in uno dei loro allenamenti. 

Muller e Fisher infatti lavoravano giorno dopo giorno alle loro abilità, cercando di migliorare sempre più la loro affinità in combattimento. La loro tecnica si basava sul gioco di squadra, infatti, mentre Fisher distraeva i loro nemici con gli attacchi a distanza, Muller si avvicinava ad essi, finendoli con un colpo ravvicinato. 

Ricordando il loro primo incontro, Inuyasha ringraziò mentalmente Muller per non averlo visto come una minaccia. Se solo avessero voluto, i due fratelli lo avrebbero ucciso in pochi minuti.  
In quei ventotto giorni ne aveva avuto la conferma. Si era allenato con entrambi, apprendendo dai due fratelli delle lezioni fondamentali.  

Nonostante fosse figlio di un grande demone cane, infatti, Inuyasha non aveva mai ritenuto necessario apprendere delle particolari tecniche di combattimento. Era il proprietario di un illustre locanda, non aveva tempo per allenarsi o prendere parte agli incontri di lotta clandestini. Nel corso dei suoi venticinque anni, le uniche volte che fu costretto a usare le maniere forti fu per dividere degli ubriachi all’interno della sua locanda, nulla che potesse metterlo seriamente in difficoltà. Adesso, però, la situazione era molto differente. Per aver salva la vita avrebbe dovuto sfruttare al meglio la sua forza demoniaca.  

Mentre ripensava nostalgicamente alle vicende accadute all’interno della sua locanda, il mezzo demone si ritrovò nuovamente al confine con il territorio sacro. Osservò ancora una volta al di là della barriera, notando di sfuggita una piccola lucina blu svanire dietro un albero. Si avvicinò maggiormente alla barriera per osservare meglio, ma finì solo con l’essere nuovamente respinto.  

- Non ti avvertirò una terza volta mezzo demone. Non dovresti sfidare il volere dello spirito della foresta. - 

Sentendo quelle parole, Inuyasha si issò a sedere massaggiandosi il naso. Osservò quella figura femminile, cercando di imprimere nella mente quell’immagine. 

La donna in questione era molto bella. La sua pelle era chiara, portava i lunghi capelli neri legati in una bassa coda di cavallo e aveva gli occhi castani. Il suo volto, contatto in un'espressione seria, non ammetteva repliche. 

- Tsk. Mi chiamo Inuyasha e non ho sfidato il volere di nessuno! Tu piuttosto, non eri tornata a casa? - 

La giovane ignorò le insinuazioni del mezzo demone e si sedette al fianco del ragazzo.  

- Inuyasha, dunque dimmi, perché vuoi oltrepassare quella barriera? - 

Il giovane fece spallucce. 

- Semplice curiosità. - 

- Lo spirito della foresta non ti lascerà camminare su quel terreno sacro per semplice curiosità. Lo sai questo vero? - 

Inuyasha la osservò perplesso. 

- Ma chi è questo spirito della foresta? E cosa dovrei fare per oltrepassare quella barriera? - 

- Lo spirito si prende cura della foresta e dei bisognosi. Accoglie nella sua terra tutti coloro che si sentono persi o smarriti. I tuoi tentativi saranno tutti vani, sarai sempre respinto dalla barriera. -  

Quella risposta parve non soddisfare la curiosità del mezzo demone. 

- Come la mettiamo con i demoni volpe allora? - 

- Lo spirito è riconoscente al clan dei demoni volpe. Loro l’hanno accolto nel loro territorio e si aiutano a vicenda per proteggere la foresta. - 

- Stronzate. Come puoi credere a tutto ciò? - 

- Ti sbagli a pensarla così. Lo spirito della foresta esiste davvero e no ha intenti malvagi. Quando ero piccola mi sono persa in questa foresta. Vagavo senza meta e lo spirito mi ha aiutato. Mi ha accolto nella sua dimora e da allora mostro la mia riconoscenza. - La giovane sospirò, poi riprese a raccontare. 
- Oltre quella barriera i demoni volpe hanno costruito un piccolo cimitero in cui seppelliscono i corpi di coloro che chiamano “defunti senza nome”. Per dimostrare la mia gratitudine, vengo qui tutti i giorni per porre i miei omaggi ai defunti. Per non far sentire sole e dimenticate le loro anime. - 

Inuyasha osservò la fanciulla raccontargli quella storia e iniziò a sentirsi in difetto. Lui voleva entrare a tutti i costi in quel territorio solo per sfidare Aaron, solo per scoprire cosa il demone volpe nascondesse. Il suo non era un pensiero puro. 

- Un gesto nobile il tuo. - 

La ragazza annuì. 
La giovane non sapeva perché stesse raccontando quelle cose. Era la prima volta che parlava del suo passato con qualcuno. Pensierosa lo osservò per un po’. In fondo non erano poi così diversi lui e lei ma, in fondo, questo era irrilevante.  

- Ora scusami, ma adesso devo tornare a casa. Mi aspettano per la cena. - 

La ragazza si issò in piedi e iniziò ad incamminarsi. 

- Ehi tu! Ti andrebbe di vederci nuovamente domani? -  

La giovane si voltò un’ultima volta incrociando lo sguardo con quello di Inuyasha. Non avrebbe dovuto, doveva rifiutare. Sapeva che non poteva farsi vedere in sua compagnia. 

Non rispondendo alla domanda del giovane, la ragazza proseguì per la sua strada.  

Inuyasha osservò la sua figura andare via, dopodiché tornò all’accampamento. 
Quella figura aveva attirato il suo interesse, avrebbe tanto voluto conoscerla un po’ meglio. Riflettendo sulle parole dette dalla giovane, il mezzo demone prese la decisione di non sfidare più il volere del protettore. 

Inuyasha raggiunse il rifugio quando ormai il sole aveva lasciato posto al cielo blu della sera. Un clima di festa attirò fin da subito l’attenzione del mezzo demone e, prestando la giusta attenzione, captò immediatamente una presenza particolare. A passo deciso oltrepassò dunque la porta d’ingresso e si diresse alla stanza del thè. 

- Aaron! - 

Il demone volpe non si scompose a quell’entrata poco aggraziata. Inuyasha aveva, infatti, spalancato la porta scorrevole che separava il corridoio dalla stanza del thè, creando un forte trambusto. Aaron osservò il mezzo demone, rimasto sulla soglia, e lo invitò educatamente ad accomodarsi.  

- Inuyasha! É un piacere rivederti, accomodati forza. Adesso che siamo tutti possiamo anche iniziare la nostra riunione. -  

Il mezzo demone, stranamente in silenzio, si sedette al fianco di Miroku e prese fra le mani la tazzina di thè che prontamente Aaron gli aveva passato. Inuyasha era molto incredulo. Aaron, contro le sue aspettative, era davvero tornato. Il demone volpe aveva mantenuto la sua parola, quindi li avrebbe davvero aiutati a lasciare il paese? 

- Allora Aaron, com’è andato il viaggio?  - 

Chiese Muller, cercando di dar inizio a quella conversazione. 

- Tutto è filato liscio. Ho stretto accordi con parecchie famiglie, in maniera tale da cambiare itinerario ogni settimana. - 

Aaron bevve un sorso del liquido caldo all’interno della sua tazzina, dopodiché proseguì con il suo discorso. 

- Penso che sia meglio far partire un piccolo gruppo alla settimana. Inizieremo questa sera stessa se per voi va bene. - 

I presenti annuirono e attesero un ulteriore cenno da parte di Aaron. 
In quel momento la piccola Kirsten fece il suo ingresso nella stanza, arrampicandosi sulle spalle di Inuyasha. 

- Cagnolino. - 

La bambina toccava con le manine un orecchio del mezzo demone, accarezzandolo con delicatezza.  
In quell’esatto momento, la voce di Meyer si udì dalla stanza a fianco, preannunciando l’ingresso del fratello maggiore. 

- Mi spiace aver disturbato la vostra riunione signor Aaron. Prendo mia sorella e tolgo il disturbo. - 

Con il volto paonazzo, il ragazzino staccò a fatica la sorella da Inuyasha e uscì in fretta dalla stanza. 

- Noto che avete ospitato parecchi mezzo demoni, come da me richiesto. Quanti sono in totale? Una ventina? -  

Chiese Aaron. Il demone volpe era già stato avvertito, dai membri del suo clan, del numero effettivo di salvataggi avvenuti, ma voleva ugualmente accertarsi che tutti avessero raggiunto il rifugio. 

- Per l’esattezza ventuno. Quindici adulti e sei bambini. -  

Precisò Muller, intuendo i pensieri del demone. 

- Abbiamo cercato di tenerli al sicuro dentro al cerchio delle streghe. Gli unici ad aver lasciato il rifugio per recuperare le provviste ed effettuare ronde di controllo siamo solo noi quattro. - 

Continuò il più grande dei mezzo demoni cinghiale. 

- Avete fatto molto per questi ragazzi, pertanto credo sia giusto che siate voi i primi a lasciare il paese. Vi ho già tenuti qua abbastanza. Preparate pure le vostre cose, partirete questa notte. - 

Aaron aveva ponderato molto prima di prendere quella decisione. Il piccolo gruppo lo aveva aiutato molto, pertanto credeva fosse saggio ringraziarli in quella maniera.  
Quelle parole avrebbero dovuto far sentire più sollevato il gruppo, eppure, i quattro sentivano un forte peso al cuore. 

- Non posso. Non posso andarmene con il pensiero che persone come Meyer e le sue sorelline stiano ancora qua ad aspettare il loro turno. Cedo volentieri il mio posto. Hai ancora bisogno di me qui. Non puoi organizzare la fuga e pattugliare la zona per recuperare altri mezzo demoni tutto da solo. Io rimango. -  

Inuyasha aveva preso la sua decisione, offrendo al demone il suo aiuto. Continuava ancora a nutrire qualche dubbio, ma Aaron era sincero. Non sentendo puzza di bugie, provò a fidarsi del demone volpe.  

- Sono d’accordo con Inuyasha. Preferisco che vadano prima donne e bambini, io posso aspettare. - 

Miroku appoggiò la decisione dell’amico, in parte sollevato dalla risposta dell’amico.  
A quelle parole, Muller e Fisher si scambiarono uno sguardo d’intesa. 

- Anche noi rimaniamo. Andremo via per ultimi. - 

Affermò deciso Muller, ignorando la paura che albergava dentro di lui. 

- Bene, se questa è la vostra decisione, faremo così. Scegliete un gruppo di cinque persone e comunicatemi la vostra decisione. Vi lascio discutere tranquillamente. -  

Aaron si issò in piedi e uscì da quella stanza. Era fiero di quei ragazzi. Avevano messo a primo posto il bene degli altri. 

- Kirsten! Dove ti sei cacciata? Torniamo in stanza dai! -  

La voce disperata di Meyer chiamava la sorella. 
Aaron sentì qualcuno ridacchiare. Abbassò lo sguardo verso il pavimento e trovò una bambina accovacciata, intenta a nascondersi dietro un grande vaso in porcellana. Il demone volpe si avvicinò alla bimba e, piegandosi sulle ginocchia, si abbassò al suo livello. 

- Sei Kirsten eh? -  

Aaron la osservò per qualche minuto. 
Era la stessa bambina che una decina di minuti prima era piombata in sala riunioni, assalendo Inuyasha. 
La piccola era un mezzo demone furetto, portava i capelli castani corti fino alle spalle e aveva due grandi occhi nocciola. 

Sentendo chiamare il suo nome, la piccolina si voltò a guardarlo. Dopo qualche secondo annuì alla domanda di Aaron, dopodiché portò un dito sulla bocca chiedendo al demone di fare silenzio. 

Kirsten era una bambina allegra e giocherellona. Amava molto nascondersi e si divertiva tanto quando il fratello non riusciva a trovarla. Amava inoltre giocare con le orecchie di Inuyasha e non perdeva occasione per arrampicarsi sul corpo del mezzo demone. 

Intenerito da quel gesto, il demone prese la bambina in braccio, fece leva sulle gambe e si issò in piedi. 
La piccola lo guardava imbronciata, arrabbiata per via di quel gesto inaspettato. Quel volto corrucciato fece sorridere Aaron. 

- Dimmi Kirsten, ti piacciono le storie? - 

Gli occhi della bimba parvero illuminarsi. 

- Ti va di ascoltarne una? - 

La piccola annuì decisa e abbracciò il demone. 

- Oddio... - 

Meyer arrivò proprio in quel momento e si avvicinò incerto ai due. 
Aaron osservò quel ragazzino, Mayer aveva il volto rosso dall’imbarazzo. 

- S-signor Aaron mi spiace. Mia sorella l’ha infastidita in qualche modo? - 

Il silenzio di Aaron metteva in agitazione il giovane. Temeva che la sorella lo avesse infastidito e che presto avrebbe visto l’ira del demone volpe scatenarsi su di sé. 

- Dai Kirsten, torniamo in camera adesso. Saluta il signor Aaron. - 

Meyer porgeva le mani in avanti, incoraggiando così la piccola ad andare fra le sue braccia. Contro le sue aspettative però, Kirsten si strinse nuovamente al corpo di Aaron.  
Il giovane iniziò a sudare freddo. 

- Ragazzo, qual è il tuo nome? - 

Incerto, il ragazzo rispose alla domanda del demone. 

- Meyer signore! - 

- Meyer, raduna tutti i bambini e raggiungimi in soggiorno. Ho intenzione di raccontare loro una storia. - 

- D- D’accordo signore! - 

Come richiesto da Aaron, Meyer iniziò a fare il giro delle stanze per radunare tutti i bambini.  

Intanto all’interno della stanza del thè 
I quattro ragazzi discutevano su chi far partire per quella prima spedizione. 
Ognuno di loro aveva esposto la sua preferenza, giustificando la proposta che avevano messo in gioco. Inuyasha però sembrava essere quello più irremovibile. Aveva comunicato ai ragazzi tre nomi e non ammetteva repliche. 

- Non possono partire insieme. Lo vuoi capire Inuyasha? -  

Vani furono i tentativi di Miroku di persuaderlo.  
Inuyasha aveva proposto al gruppo di far lasciare il paese a Meyer e le sue sorelline. I tre fratelli erano arrivati al rifugio pochi giorni dopo la partenza di Aaron e il mezzo demone aveva preso a cuore la loro situazione. Con il tempo si era molto affezionato ai tre e sperava che al più presto fossero al sicuro, lontano dai territori tedeschi. 

I presenti però, si opposero a quella scelta cercando di far ragionare lucidamente il mezzo demone. Erano consapevoli che il viaggio non sarebbe stato facile e la scelta di far partire i tre fratelli insieme era una follia. 

- Perché no? Meyer non si separerà mai dalle sue sorelle! -  

Il mezzo demone strinse forte i pugni. 
Inuyasha sapeva quanto Meyer fosse legato alle sorelle, il ragazzino non avrebbe mai permesso a qualcuno di portarle via da sé. Aveva promesso alla madre che le avrebbe sempre protette. 

- Inuyasha, ragiona. Dobbiamo mandare un gruppo di sole cinque persone e Meyer non è in grado di proteggere le sue sorelle, è ancora un ragazzino! Quella di dividerli in più gruppi è la scelta più saggia. - 

Le parole di Miroku fecero ammutolire il mezzo demone. 

- Inuyasha, non possiamo far partire tre bambini con due adulti. Il viaggio sarà duro e con tre marmocchi diventa impossibile. Se vuoi davvero aiutarli a lasciare il paese, falli partire separati. - 

Muller si ritrovò ad appoggiare le parole di Miroku e, con calma, provò a spiegare al mezzo demone i motivi per i quali Meyer non avrebbe potuto lasciare il rifugio insieme alle sorelle.  
Quelle parole parvero far rinsanire Inuyasha. 

- Va bene, ma lasciate che sia io a comunicare a Meyer la scelta. Datemi solo un po’ di tempo. Questa notte, fate lasciare il rifugio a chi più vi aggrada. - 

Dopo quelle parole, il mezzo demone si alzò dal suo posto e si ritirò nella sua stanza. Doveva trovare le parole giuste per comunicare a Meyer la decisione che avevano preso. 

Mentre i tre rimasti nella sala del thè continuavano la loro riunione 
Nel salone collocato nella parte opposta della casa, Aaron sedeva su una poltrona con in braccio la piccola Kirsten e attendeva in silenzio l’arrivo dei restanti bambini. Dopo pochi minuti di attesa però, la piccola iniziò ad annoiarsi. In cerca di qualcosa di divertente da fare, scese dalle braccia del demone e iniziò ad esplorare la stanza. 

Il salone era arredato in maniera differente rispetto al resto della casa. Era l’unica stanza in stile occidentale, arredata con credenze, vetrine, tavolini e poltrone. 
La piccola esplorò con cura l’intero spazio, per poi tornare in braccio al demone una volta udita la voce del fratello provenire al di là della porta. 

Poco dopo infatti, Meyer fece il suo ingresso insieme ad un piccolo gruppo di bambini.  
Oltrepassata la porta, la piccola Gretel corse verso la poltrona che ospitava Aaron. Alzando le braccia verso il demone, fece capire di voler sedere anche lei sulle sue gambe. Presa in braccio anche la seconda gemellina, Aaron invitò i nuovi arrivati a prendere posto sul pesante tappeto posto dinanzi la poltrona. 

- Sono felice che siate tutti qua bambini. Avete mai sentito la storia dello spirito della foresta? -  

- No signor Aaron. -  

Un bimbo di circa cinque anni rispose alla domanda del demone dando voce al gruppo. 

- Allora ascoltatemi bene. Quella che sto per raccontarvi è una leggenda che si tramanda da generazioni all’interno del mio clan. Si racconta infatti che molto tempo fa, ai margini della foresta, esisteva un piccolo villaggio abitato da poco più di dieci persone. 

Le giornate all’epoca trascorrevano tranquillamente, dove ognuno era impegnato nel tentare di portare avanti le proprie attività. Quando però il sole tramontava e calava la sera, le strade di quel piccolo villaggio si facevano deserte. 
Il numero ristretto di abitanti credeva infatti che la foresta, con cui confinavano le loro case, fosse abitata da creature demoniache e che durante la notte si aggirassero fra le abitazioni in cerca di cibo. Fra quelle persone però, una ragazza in particolare sembrava non temere quelle dicerie tanto che, molto spesso, si avventurava fra la fitta vegetazione per raccogliere delle erbe medicinali, indispensabili per l’emporio di famiglia. 

La giovane in questione aveva circa sedici anni. Possedeva una pelle molto chiara, portava i lunghi capelli neri legati in una bassa coda di cavallo e aveva due occhi castani dentro ai quali era facile leggerci tanta solitudine. La ragazza infatti, per via delle sue azioni veniva isolata dal resto dei suoi compaesani che la vedevano più come un mostro e non come un semplice essere umano. 

Un giorno però, dopo essersi avventurata fra i fitti sentieri della Forst Grunwald, la giovane donna si imbatté in un piccolo cimitero. Un po’ titubante oltrepassò il massiccio portone in legno, che le rivelò un paesaggio suggestivo: quel cimitero era completamente avvolto dalla vegetazione. 

Improvvisamente la giovane parve sentirsi al sicuro. Lontano da parsone cariche di pregiudizi. Avvolta da quella tranquillità, decise dunque di frequentare giornalmente quel luogo, ponendo di volta in volta un piccolo fiore su quelle sepolture.  

Più il tempo passava, più la ragazza sembrava affezionarsi a quel luogo, a quelle anime. Lentamente riuscì ad instaurare un profondo legame di fiducia con gli spiriti che abitavano quelle tombe, parlando con loro proprio come si fa con un amico. -  

Aaron interruppe per qualche secondo la narrazione e osservò quei piccoli mezzo demoni. I bambini stavano seduti sul pesante tappeto con le gambe incrociate. Insieme a loro, Meyer ascoltava interessato la storia narrata. In quel momento, una piccola manina picchiettò contro il suo petto. Chinò il capo e vide la piccola Kirsten che, a modo suo, lo incoraggiava a proseguire il racconto. Dopo aver sorriso alla bambina, il demone volpe riprese la narrazione. 

- L’atteggiamento della giovane parve però far aumentare le cattive voci nei suoi riguardi.  
Per provare a porvi rimedio, i genitori della ragazza decisero allora di darla in moglie al figlio di un amico. Con il futuro matrimonio la giovane avrebbe dovuto abbandonare il suo luogo di nascita, avrebbe dovuto dire addio al piccolo cimitero immerso nella foresta. 

Appresa questa notizia e resasi conto che non avrebbe potuto fare niente per scampare a quel destino, la giovane uscì di casa durante la notte. In cerca di conforto si inoltrò nella foresta, recandosi ancora una volta al piccolo cimitero. Oltrepassato il massiccio portone in legno però, la giovane non vi trovò solo le lapidi interrate. Ai suoi occhi apparvero piccole fiammelle azzurrognole fluttuare poco al di sopra del suolo. 

Quel luogo che la giovane aveva tanto a cuore è conosciuto come il cimitero dei senza nome. Luogo nella quale riposano i corpi e le anime dei demoni volpe. 
Quella parte di foresta è considerata sacra per il mio clan. Le anime dei corpi sepolti in quella terra possono manifestarsi dal tramonto all’alba e incontrare così i propri cari. 

La giovane, nonostante fosse sorpresa da quell’emanazione, non si lasciò scoraggiare. Come di consuetudine, si sedette di fronte quel tappeto di lapidi e iniziò ad invocare il loro aiuto. 

Chiedeva alle anime dei demoni volpe come poter uscire da quella situazione. Come poter rimanere per sempre a proteggere quel luogo. 

A questo punto una fiammella più grande delle altre le si avvicinò e le sussurrò in un orecchio la soluzione a quel problema. Dopo aver ascoltato quelle parole, la giovane si allontanò dal cimitero camminando a passo lento verso il fiume Havel. 

Il mattino seguente, i genitori della giovane sfidarono la foresta in cerca della figlia, ma l’unica cosa che trovarono furono le scarpe della giovane, riposte con cura ai margini del fiume Havel. 

Con il suo sacrificio la ragazza aveva sugellato il patto con le anime di quel cimitero. Quella notte la giovane offrì la sua vita alla foresta per divenirne lo spirito protettore. -  

Terminato il racconto, Aaron attese una reazione da parte dei bambini. 
Una mano tremante picchiettò nuovamente contro il suo petto. La piccola Kirsten lo osservava con in volto una strana espressione. 

- Ma quindi lo spirito della foresta è buono o cattivo? - 

Aaron sorrise alla bambina, poi cercò di rassicurarla. 

- Lo spirito della foresta è uno spirito buono. Si prende cura della foresta e dei suoi abitanti. Accoglie nella sua terra tutti coloro che si sentono persi o smarriti. Finché sarete qua, lei farà di tutto per proteggervi. Ha dato la sua vita per questo luogo e noi le saremo sempre riconoscenti. - 

Intanto, mentre Aaron provava a rassicurare e spiegare ai bambini che non avrebbero dovuto temere lo spirito della foresta, Inuyasha aveva finalmente trovato le giuste parole per comunicare a Meyer che non avrebbe potuto viaggiare insieme alle sorelle. 

Deciso che avrebbe comunicato la notizia al ragazzo quella sera stessa, uscì dalla sua camera e seguì le tracce lasciate da Meyer che lo portarono fino al soggiorno. Arrivato a destinazione, il mezzo demone aprì di scatto la porta, facendo sobbalzare i bambini all’interno della stanza. Ignorando di proposito la figura di Aaron, Inuyasha puntò lo sguardo su Meyer. 

- Meyer, ho bisogno di parlarti. Potresti venire con me? - 

A quella richiesta il ragazzo annuì seguendo il mezzo demone fuori dall’abitazione. 
La foresta di notte sembrava divenire un ambiente diverso. La luce della luna piena rendeva quel paesaggio più suggestivo, più magico. 

I due camminarono per qualche minuto in silenzio. Quella sera, il fruscio del vento suonava come una melodia malinconica, facendo sprofondare l’animo di Inuyasha nella tristezza. 
Ormai lontani da quel rifugio che da qualche tempo era diventato la loro casa, il più piccolo dei due ragazzi provò a chiedere spiegazioni. 

- Inuyasha, di cosa volevi parlarmi? - 

Il giovane Meyer non riusciva a comprendere il comportamento del suo amico. Temeva che le sue sorelline lo avessero infastidito più del solito e che lo avrebbe rimproverato per non essere stato in grado di tenerle a bada. Meyer non avrebbe mai immaginato che in quel momento, Inuyasha era in pena per lui. 
Con lo sguardo puntato sulla fitta vegetazione che segnava la fine della radura, Inuyasha iniziò il suo discorso. 

- Meyer, con il ritorno di Aaron inizieranno le prime spedizioni verso territori più sicuri. Questa notte partirà il primo gruppo. -  

Quella notizia risollevò l’animo di Meyer. Il ragazzo era entusiasta. Avrebbe presto lasciato il paese insieme alle sue sorelle, esaudendo così il desiderio della madre.  

- Ma è una notizia fantastica! Sai già quando partiremo io e le mie sorelle? Hai chiesto di potermi parlare per questo no? -  

Meyer osservò il volto di Inuyasha.  
Il ragazzo guardava ancora dinanzi a sé con un’espressione seria.  
Meyer si piazzò di fronte il mezzo demone e cercò di incrociare il suo sguardo nonostante l’evidente differenza di altezza.  

- No? -  

Inuyasha osservò in silenzio il corpo minuto dinanzi il suo.  

Meyer era un ragazzino piuttosto esile, l’agilità era il suo più grande pregio, ma essa non sarebbe bastata per proteggere Gretel e Kirsten.  

- Meyer, tu e le tue sorelle dovrete partire separatamente. Tu sei ancora piccolo e non possiamo affidarvi a due persone. Il viaggio non sarà semplice. - 

Inuyasha osservò il volto di Meyer deformarsi. 
Al ragazzo parve crollare il castello di certezze che pian piano stava ricostruendo: avrebbe dovuto dire addio a quello che rimaneva della sua famiglia. 

- Non potete farmi questo… Non potete allentarmi dalle mie sorelle… - 

Calde lacrime iniziarono a rigare il volto del giovane mezzo demone. 
Inuyasha non riuscì a tollerare quella visione e, d’istinto, abbassò lo sguardo verso il suolo. 

- Mi dispiace Meyer. - 

Quelle parole, uscite come un sussurro dalle labbra di Inuyasha, fecero pensare il peggio al ragazzino, tanto che un piccolo tarlo iniziò ad insinuarsi nella sua testa fino a prenderne il controllo. 

- No… Partiranno questa sera. Mi hai portato qua per farle andare via. M-mi fidavo di te Inuyasha! - 

In lacrime, Meyer scattò spedito verso l’abitazione in legno posta al centro della radura.  
Doveva a tutti i costi fermare quella spedizione. Doveva salvare le sue sorelle. 

- Meyer fermati! - 

Quando vide il ragazzino correre verso il rifugio, Inuyasha non poté far altro che inseguirlo. In pochi passi riuscì ad afferrare il braccio destro del ragazzino e bloccare così la sua corsa. 
Meyer sembrava piuttosto scosso. Piangeva e si dimenava cercando di liberarsi dalla morsa di Inuyasha. Il mezzo demone lo osservò dispiaciuto. 

Inuyasha avrebbe voluto trovare un’altra soluzione, ma quella suggerita dai suoi amici era la più sensata. 
Dopo aver preso un bel respiro profondo, il mezzo demone afferrò Meyer per le spalle e puntò lo sguardo nel suo. 

- Meyer, calmati adesso! Non partiranno questa sera, tranquillo. Avrai tutto il tempo per salutarle. - 

A quelle parole il ragazzino cessò di dimenarsi. 
Il mezzo demone lo scrutò con attenzione: Meyer aveva il capo chino e le spalle mosse dai singhiozzi. 
Inuyasha si trovò nuovamente in difficolta. Prima ancora che riuscisse a pensare qualcosa, Meyer affondò il viso nel suo petto, stringendo le braccia attorno al suo addome. 

- Inuyasha… Sob...  
Non posso separarmi da loro, ho promesso che me ne sarei preso cura. Parti con noi. Tu riuscirai a proteggerci. - 

Dopo un primo momento di incertezza, Inuyasha poggiò una mano sul capo di Meyer e gli lasciò una carezza fra i capelli. Cosa avrebbe dovuto fare? 

- Meyer, io non andrò via a breve. Devo aiutare Aaron con il rifugio. - 

Il ragazzino si strinse maggiormente al corpo del mezzo demone. Le braccia di Inuyasha lo facevano sentire protetto. Era certo che con lui la sua famiglia sarebbe stata al sicuro. 

- Ti aspetteremo. Darò anch’io una mano al rifugio. Mi allenerò. Riuscirò a tenere al sicuro le mie sorelle, ma non farmi separare da loro. - 

Messo alle strette, Inuyasha non trovò il coraggio di opporsi a quella richiesta. Con un cenno del capo accettò dunque quelle condizioni, certo che Miroku non avrebbe appoggiato quella sua decisione. 

Intanto, alla capitale 
Seduto sul tetto di una piccola locanda posta su una delle strade principali della città, un demone maggiore pianificava la sua prossima mossa. Quel pomeriggio aveva ben impresso nella sua mente l’odore di un demone volpe e avrebbe fatto di tutto per distruggere lui e il gruppo di mezzo demoni che il clan delle volpi si ostinava a proteggere. 

Doveva solo portare pazienza e muovere le giuste pedine. 
Era certo, che in poche mosse, avrebbe vinto la partita riscattando così l’onore del suo clan. 

 


FrancyT:

Salve! Sono riuscita a postare con un solo giorno di ritardo! Mi sento orgogliosa di me stessa u.u

Sono già passate tre settimane da quando ho preso la decisione di iniziare a postare, non mi sembra vero XD
Ma adesso torniamo al capitolo!

Questo mio terzo aggiornamento ci da qualche informazione in più sul personaggio di Aaron. Quando mia cugina ha letto il capitolo mi ha dato della crudele. Secondo lei, la mia scelta di far morire il personaggio di Shippo e lasciar in vita il padre (quindi in questo caso Aaron) è una scelta orrenda. Chissà cosa pensate voi! In fondo potrebbe anche essere che il figlio di Aaron in realtà non sia Shippo, ma un demone volpe che gli somigli molto, no? Chiudiamo però questa parentesi dai!

Probabilmente a molti di voi non andrà a genio il fatto che non ho scritto nulla sul viaggio di Aaron o sul mese trascorso al rifugio. Però posso dirvi che è stato necessario, ci sarebbero stati troppi spoiler. Ogni capitolo aggiungerà qualche piccolo dettaglio sulla figura del demone volpe, quindi non mi andava di spiattellarvi tutto già dal terzo capitolo! In ogni caso, finita la storia pubblicherò una raccolata di storielle che vanno inserite in determinate parti della storia. Sono delle aggiunte, nulla di necessario per lo sviluppo della trama principale, delle precisazioni ecco.

Cos'altro dire? Andiamo per punti dai!
1. Inuyasha e Miroku continuano a litigare e Inuyasha decide volontariamente di ignorare Miroku. Il suo si può definire un gesto maturo o infantile? Non saprei :v
2. Avevo qualche dubbio per quanto riguarda la presenza dello spirito della foresta. Ha la sua importanza all'interno della storia, non inserisco personaggi a caso, ma bhu. Ammetto di aver paura, una parte di me teme che considierate il suo personaggio inutile .-.
3. Anche questo capitolo inizialmente non era programmato :) É stata quasi una conseguenza al capitolo precedente! (Anche se in realtà inizialmente avevo previsto solo 4 lunghe parti... Adesso i piani sono molto cambiati. Ho scritto fino al capitolo 6 e non sono neanche a metà storia!)
4. Penso sia un po' inutile fare lo specchietto dei rifermenti storici per questo capitolo. Sono molto basilari e temo pure di aver franteso qualcosa, motivo per cui sono stata un po' vaga, spero mi perdoniate al riguardo!
5. Chi sarà mai la figura posta sul tetto di una piccola locanda posta su una delle strade principali di berlino? Avete qualche idea? XD (Penso sia abbastanza palese .-.) Chissà come agirà questo potente demone!

Concludo con il ringraziare tutti coloro che hanno letto il capitolo e in particolar modo Jeremymarsh e Lady__94 che hanno espresso il loro parere e mi hanno fatto notare alcuni dettagli. Sto ancora imparando, ma provo ugualmente a fare del mio meglio. Spero di migliorare con i prossimi capitoli ed evitare errori grammaticali o di punteggiatura.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto!
Alla prossima! (Spero non troppo tardi!)

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Capitolo 4
*** Febbraio 1939 ***


Germania, Febbraio 1939  

Ore 04:30 

In una piccola casa nelle campagne del sud del paese, una giovane fanciulla apparecchiava con cura il discreto tavolo in legno posizionato al centro della stanza in cui si trovava. Quella cucina costituiva l’intero piano inferiore della casina, arredata con degli antichi mobili in legno, palese dono dei nonni alla madre.  

La ragazza, soddisfatta del dolce che aveva preparato per la colazione, si diresse al piano superiore con in mente un obbiettivo ben preciso. In quel giorno così speciale, nulla doveva andar storto.  
Percorse la scalinata in legno con calma, pregustandosi già l’espressione sorpresa del fratello. Arrivata al piano superiore, si ritrovò in un piccolo disimpegno che dava su tre porte. Bussò a quella alla sua destra, in maniera tale da avvertire i suoi genitori del suo imminente ingresso, dopodiché entrò e chiese ai due di scendere al piano inferiore. Non attese molto prima di uscire da quella camera matrimoniale, entrando subito dopo nella stanza opposta. Varcò la soglia in punta di piedi, socchiudendo lentamente la porta. Con passo felino si avvicinò al letto del fratello e, con un sorriso ad ornargli il volto, cercò di svegliarlo.  

La giovane era consapevole di quanto quel suo gesto potesse risultare inopportuno. Il fratello quel giorno avrebbe compiuto sedici anni, stava divenendo un uomo e quel bambino, a cui era tanto legata, già da tempo pareva scomparso.  

- Kohaku, svegliati fratello. –  

Dolcemente scosse il braccio del ragazzo, ottenendo in risposta un borbottio. Dal canto suo, il giovane cercava di ignorare il più possibile la sorella. Era a conoscenza del piano della ragazza, ma in cuor suo sperava solo che quel giorno trascorresse il più velocemente possibile.  

- Kohaku, forza, svegliati. –  

Vista l’insistenza della giovane, Kohaku decise dì accontentarla. Aprì lentamente gli occhi e la guardò in viso. I suoi occhi castani trasmettevano gioia e quel sorriso che le ornava il volto non faceva altro che accentuare il suo stato d’animo. 

- Buon compleanno Kohaku! -  

Il ragazzo si ritrovò stordito dalla voce entusiasta di Sango, ma non riuscì a trattenere un sorriso. Fu allora che promise a sé stesso di essere forte e di non cedere alla paura. In quell’istante, abbracciò di getto la sorella e le sussurrò una frase all’orecchio.  

- Fammi indovinare, hai preparato una torta tutta per me? -  

Sorrise all’espressione scocciata della ragazza e decise allora di liberare la sorella dal suo abbraccio.  

- Inizia a scendere di sotto, mi vesto e arrivo. -  

Annuendo, Sango uscì dalla stanza lasciando da solo il fratello.  

Intanto, non molto lontano da quella casina, Bankotsu e la sua squadra si preparavano per entrare in azione. Durante quei tre mesi trascorsi dall’assegnazione del suo compito, il generale era riuscito a reclutare un discreto numero di giovani. Soddisfatto del suo metodo persuasivo, richiamò a sé i suoi commilitoni, marciando subito dopo verso la loro meta. Giunti nei pressi della casina, il generale ordinò ai suoi compagni di stare allerta, dopodiché bussò con violenza alla massiccia porta in legno che separava lo spazio interno da quello esterno.  

Qualche attimo prima, all’interno dell’abitazione, il giovane Kohaku non riusciva proprio a godersi a pieno la festicciola che la sorella gli aveva organizzato. Il suo animo era in subbuglio e quando qualcuno bussò con violenza alla porta, il suo cuore parve smettere di battere.  

Era consapevole che fossero lì per lui.  

Il ragazzo, infatti, il giorno precedente aveva assistito ad una scena simile. In una casina, posta a pochi isolati dalla loro, un gruppo di soldati aveva portato via con sé tutti i figli maschi di due allevatori di pecore, lasciando i poveri genitori farsi carico dell’intera fattoria.  

Al di là della porta, Bankotsu attese per qualche secondo, dopodiché la soglia finalmente si aprì, rivelando un uomo dalla corporatura massiccia. Il generale lo osservò dall’alto in basso: portava i capelli neri raccolti in un codino e aveva il corpo fasciato con abiti comodi. A questo punto, posò il suo sguardo indagatore sulle braccia e sulle mani dell’uomo al di là della porta, intuendo ben presto che lavorasse a lungo nei campi.  

Inquadrato il soggetto, il generale sorrise sicuro di sé, certo di contare sul suo celebre metodo persuasivo.  

- Salve signori. Possiamo entrare? -  

Domandò con un tono gentile, nota che di certo non gli apparteneva.  

- Oh, dei militari. Prego entrate. -  

Dal canto suo, l’uomo osservò sorpreso l’imponente figura di Bankotsu. Mettendosi però da parte, fece accomodare il generale che fu seguito, subito dopo, da altri due uomini. L’uomo si sedette al tavolo, suggerendo al militare di fare lo stesso, dopodiché aprì nuovamente bocca.  

- Cosa vi porta qui da noi? –  

Domandò, non nascondendo la sua sorpresa. Non riusciva proprio a comprendere il perché di quella visita. 
Intanto, al lato opposto della stanza, messe in disparte, le due donne di casa cercavano di origliare quella conversazione. A loro non era permesso introdursi in quella faccenda. 

- Siamo stati inviati con l’obbiettivo di reclutare giovani per l’esercito tedesco. -  

Bankotsu stava seduto di fronte il padre dei ragazzi. Portava una gamba accavallata e le mani congiunte poggiate sul tavolo. Cercando di mantenere un atteggiamento saldo, osservò con interesse il volto dell’uomo, corrucciarsi a quella sua richiesta, e sorrise interiormente.  

- Signor generale, io comprendo il vostro compito, ma mio figlio non può arruolarsi. Ha appena compiuto sedici anni ed inoltre ho bisogno di lui nei campi. -  

Kohaku, che in tutto quel tempo era rimasto seduto al fianco del padre, guardava il genitore con sguardo colpevole. Sapeva che il giorno precedente avrebbe dovuto avvisare il genitore, ma la paura l’aveva bloccato.  

- Il volere del Führer non va contraddetto. Il ragazzo verrà con noi, che voi lo vogliate o meno. -  

A quelle parole tutta la famiglia rabbrividì. 
Kohaku faceva già parte dell’organizzazione paramilitare, progettata dal Führer Naraku, il cui scopo era quello di addestrare i ragazzi come futuri combattenti e soldati per la causa nazista. Grazie a quell’organizzazione i ragazzi svolgevano esercitazioni militari e imparavano a maneggiare le armi, preparandosi così a servire il paese.  
Dunque, se quello era davvero il volere del Führer, stava a significare che la guerra sarebbe stata alle porte. Perché altrimenti far arruolare un ragazzo di sedici anni? 

- Generale, non potete farlo o quanto meno, lasciate che sia mio figlio a scegliere. -  

Il padre dei ragazzi, cercò un’ultima volta di convincere il generale a passare sopra la questione. Sperava che Bankotsu fosse comprensivo e che, ascoltando il volere del figlio, avrebbe evitato di fare rapporto al suo superiore.  

- Tu, giovanotto. Decidi. -  

Bankotsu puntò il suo sguardo sul ragazzo. I suoi occhi azzurri andarono a scontrarsi contro quelli color nocciola di Kohaku. Il giovane parve pietrificato da quello sguardo inquisitore.  

- Io in realtà… -  

Kohaku non concluse mai quella frase. Già stufo di quelle lamentele, Bankotsu estrasse l’arma puntandola alla testa del padre del giovane. Imitando il suo gesto, gli altri due soldati entrati nella casina presero come ostaggio le due donne presenti nella stanza. Il terrore si dipinse sul volto dei presenti.  

La povera Sango guardava impotente la scena. Avrebbe voluto aiutare il fratello, ma in quella situazione poteva fare ben poco. Mentre la madre dei due giovani piangeva, incapace di far altro, il padre guardava con occhi stralunati il generale.  

- Cos’ha intenzione di fare? Non vorrà mica… -  

Nuovamente le parole vennero fermate, questa volta da un rumore assordante. Dopo pochi attimi, il corpo dell’uomo cadde pesantemente sul tavolo e una chiazza di sangue iniziò a espandersi sotto di esso. In gelo calò nella stanza. Kohaku si ritrovò paralizzato, al suo fianco il corpo inerme del padre.  

- Scegli bene ragazzo. La vita dei tuoi cari dipende solo da te. -  

Lo esortò Bankotsu.  

Ancora sconvolto, il ragazzo provò a pronunciare qualcosa, ma fu interrotto nuovamente. In quell’istante, la madre dei ragazzi cercò di raggiungere il corpo esamine del marito, ma quel suo gesto così azzardato le provocò la stessa fine. Proprio come il marito, infatti, una pallottola gli perforò il cranio, facendola ricadere al suolo priva di vita.  

- Ragazzo mio, questa tua indecisione sta portando all’estinzione della tua famiglia. Attendo ancora una risposta. Se tieni alla vita di tua sorella, ti consiglio di seguirci senza opporti. -  

Sango, che fino a quel momento era rimasta immobile, non riuscì più a trattenersi. Le lacrime iniziarono a riempirli gli occhi, ma non cedette. Raccogliendo tutto il coraggio di cui disponeva, puntò lo sguardo verso il fratello con in mente un unico obbiettivo. 

- Kohaku non accettare. Non preoccuparti per me, sono disposta a morire pur di non farti divenire come loro! - 

Le parole della ragazza non piacquero però ai tre militari presenti in stanza, bastò infatti un unico schiocco di dita da parte di Bankotsu per far stendere la ragazza al suolo. Inseguito al suo segnale, infatti, l’uomo che teneva in ostaggio Sango la colpì violentemente alla testa con il calcio dell’arma, facendole perdere i sensi. 

- Kohaku giusto? Ho perso la pazienza. -  

Il generale si alzò dalla sedia, sporgendosi verso il ragazzo.  

- Se tieni davvero a quella piantagrane, ti conviene alzarti immediatamente da quella sedia o non sarò affatto gentile. -  

Ritornando ad una posizione eretta, il militare si avvicinò al corpo della fanciulla, accovacciandosi al suo fianco. Avvicinò la mano al viso della giovane, ormai imbrattato di sangue, e con un dito le percorse il profilo del volto. Un'espressione perversa si dipinse sul suo viso e non ci pensò due volte prima di comunicare a Kohaku le sue prossime intenzioni.  

- Volendo, prima di ucciderla potrei divertirmi un po’ con lei. - 

Udendo quelle parole, Kohaku scattò in piedi e, con un'espressione a metà fra l’iroso e il dispiaciuto, comunicò al generale la sua scelta. 

-  Vi seguirò senza opporre resistenza. Mi arruolerò nell’esercito, ma non toccate mia sorella. - 

A questo punto, Bankotsu si issò in piedi e richiamò a sé i due uomini presenti nella stanza. Dopodiché, ordinò agli stessi di prelevare Kohaku e portarlo fuori dall’abitazione. 

-  Addio sorella, spero che un giorno ci rivedremo. – sussurrò a testa china Kohaku.  

Osservando il giovane non opporre resistenza, Bankotsu sorrise compiaciuto dell’esito della missione. Tutto proseguiva secondo i piani di Naraku e il generale ne era soddisfatto. Con un'espressione di pura goduria dipinta in volto, uscì fuori dall’abitazione e, richiamando la sua squadra, partì in direzione della capitale.  

Contemporaneamente 

In una zona molto più a nord, Inuyasha e Miroku girovagavano per la Forst Grunewald in cerca di provviste. Erano passati ben tre mesi dalla loro fuga da Berlino, eppure, si ritrovavano ancora in terra nemica, a pochi chilometri dalla città. 

- Inuyasha, è quasi l’alba dovremo tornare al rifugio. -  

Sbracciandosi, Miroku provò a richiamare l'amico, appollaiato sul ramo di un albero intento ad annusare l’aria e captare il minimo rumore.  

- Ho una brutta sensazione Miroku. -  

Dopo essere saltato giù dal ramo, Inuyasha iniziò a raccogliere dal terreno gli zaini che avevano riempito di provviste, pronto a tornare al loro attuale rifugio.  
Non era affatto tranquillo, sentiva nell’aria una strana tensione e il suo pensiero volò automaticamente a quella abitazione dove loro e gli altri mezzo demoni si riparavano a sud della foresta.  

- Sta tranquillo su. Abbiamo lasciato Muller e Fischer a pattugliare la zona attorno alla casa. -  

Non del tutto convinto dalle parole dell’amico, Inuyasha iniziò a camminare tenendo i sensi all’erta.  
Sapeva di potersi fidare dei due mezzo demoni, ma il suo sesto senso non lo faceva sentire tranquillo. Per la prima volta in quei tre mesi, temeva che quel rifugio, che li aveva accolti con tanto calore, fosse in pericolo. Miroku invece, sembrava piuttosto sereno, sicuro che la casa fosse in buone mani. In quei tre mesi di permanenza infatti, Muller e Fisher avevano dimostrato la loro potenza fisica e sembrava un’impresa ardua riuscire a batterli. 

- Inuyasha. Smettila di essere nervoso. -  

Sbuffando alle parole del giovane, il mezzo demone accelerò il passo, lasciando di proposito l’amico qualche metro in dietro. Dopo venti minuti di viaggio, proprio quando le prime luci dell’alba iniziarono a penetrare fra gli alberi, un particolare odore pungente arrivò al fino naso di Inuyasha.  
Quel misto di polvere da sparo, sangue e carne bruciata gli diede il voltastomaco. Si voltò verso Miroku con un’espressione preoccupata dipinta in volto e, al cenno dell’amico, iniziarono a correre verso il fulcro di quel tanfo.  

Pochi chilometri più lontano, ormai al confine della foresta, un piccolo gruppo della divisione capitanata dal generale Yoro si ritirava dalla loro missione. In testa alla squadra, due giovani demoni lupo ghignavano orgogliosi dell’esito che la loro missione aveva generato.  

Ginta e Hakkakun, questi erano i loro nomi, erano infatti stati scelti dal generale per attaccare, durante la notte, un piccolo rifugio di mezzo demoni posto a sud della Forst Grunewald. Con un piano studiato fino ai particolari, quella notte, i due demoni guidarono la squadra d’azione per i fitti sentieri e, grazie ad una particolare barriera che nascondeva la loro aura e li proteggeva dal forte tanfo provocato dalle spore dei funghi, riuscirono ad avvicinarsi di soppiatto al piccolo rifugio. 

Erano appena le quattro del mattino quando Ginta e Hakkakun diedero il segnale ai demoni Manten e Hiten. I due fratelli, potenti demoni del tuono, colpirono con i loro attacchi più potenti i due mezzo demoni a guardia del rifugio.  

Quella notte, sorpresi dall’attacco nemico, Muller e Fischer non riuscirono a contrastare l’offensiva. 

- Il capo sarà soddisfatto di noi. Abbiamo portato a termine la missione senza complicazioni. -  

Annuendo alle parole di Ginta, Hakkakun proseguì in silenzio la sua marcia. A breve avrebbero fatto rapporto al generale, ma l’istinto gli suggeriva che il loro capo non sarebbe stato soddisfatto della loro prestazione. 

Intanto, in cima ad una roccia, Koga Yoro osservava con una certa agitazione l’ingresso della foresta. Tenendo i sensi all’erta, provava a captare la presenza di un pericolo.  
Per quanto cercasse di tenerlo a bada, il suo istinto protettivo verso i suoi compagni lo lasciava in un leggero stato di agitazione. In tutta la sua carriera militare, quella era la prima volta che faceva affidamento ad un piano strategico, non partecipando attivamente alla missione. 

- Generale, Ginta e Hakkakun ci hanno appena comunicato che la missione è andata a buon fine. A breve faranno ritorno. - 

Rimanendo nella sua posizione di avvistamento, fece un cenno annoiato al suo sottoposto, dopodiché iniziò a ripensare al suo incarico.  
Era stato scelto dal Führer in persona per una missione speciale, avrebbe dovuto eliminare chiunque osasse ribellarsi al regime, adoperando qualsiasi mezzo avesse a disposizione. Naraku gli aveva dato campo libero, poteva finalmente agire seguendo il suo istinto animale, poteva finalmente dar sfogo alla sua indole selvaggia. Eppure, quel giorno, era stato obbligato a seguire una strategia, una tattica così vile che non aveva nulla a che fare con la natura dei lupi. 

- Generale, i fuggiaschi sono stati eliminati. -  

Riscosso dalle parole di Hakkakun, il generale si voltò verso i suoi compagni. Scrutò con attenzione il loro stato, avendo conferma dei suoi sospetti: per una strategia così vile, anche due inetti come Ginta e Hakkakun potevano guidare un gruppo di soldati. 

- Vi siete assicurati che non ci siano superstiti? -  

Incrociando le mani dietro la schiena, Koga iniziò a marciare dinanzi i due demoni lupo.  

- Certamente! Abbiamo setacciato l’intera area, non abbiamo fiutato o percepito nessun sopravvissuto. - 

Questa volta fu Ginta a rispondere.  
Udendo quelle parole, il generale proseguì la sua marcia oltre i due demoni. 

- Proprio come immaginavo. Siete congedati. -  

Pronunciando queste parole, il generale lasciò indietro i suoi sottoposti, dirigendosi a grande velocità verso sud.  

In quello stesso momento, a smentire il rapporto di Ginta e Hakkakun 
Inuyasha e Miroku, correvano per raggiungere il centro in cui si generava quell’orrendo fetore. Ad ogni passo, quel miscuglio di odori si faceva sempre più intenso, la temperatura sempre più calda e l’aria sempre più rarefatta. Con il cuore tamburellante nel petto, arrivarono alla radura nella quale si trovava il rifugio, venendo spiazzati sul posto. Ai loro occhi, si presentò un violento rogo che stava distruggendo quell’abitazione che li aveva accolti durante quei mesi. 

- Non può essere successo davvero... -  

Incredulo, Miroku si ritrovo a borbottare come una straziante cantilena i suoi pensieri. Esterrefatto, non riusciva a far muovere il suo corpo, lo sguardo rapito dall’ipnotica danza delle fiamme.  
Al suo fianco, Inuyasha cercava di affinare i sensi nella speranza di cogliere anche un flebile battito, ma purtroppo la ricerca non ebbe esito positivo.  

L’emissione di fumo che il rogo aveva generato, non permetteva al mezzo demone di captare nessun’odore familiare e il violento crepitio del fuoco sovrastava tutti gli altri rumori. Deciso a non lasciare indietro nessuno, Inuyasha legò i suoi lunghi capelli in un'alta coda, coprì naso e bocca con un pezzo di stoffa, dopodiché iniziò ad avvicinarsi alla casa in fiamme.  

- Inuyasha! Dove vai? Non possiamo fare più niente per loro. - 

Miroku, ripresosi dallo stupore iniziale, cercò di richiamare l’attenzione dell’amico, provando a far ragionare il mezzo demone. All'interno dell’abitazione le violenti fiamme si stavano propagando violentemente e, a breve, le temperature avrebbero raggiunto valori elevatissimi. 

- Inuyasha, dobbiamo andar via. Le fiamme si stanno espandendo, finiremo per rimanere coinvolti anche noi. - 

Miroku era convinto che quella fosse la scelta più saggia da intraprendere. Si sentiva un codardo, un traditore, ma era consapevole che entrambi non avrebbero resistito alle ardenti fiamme. 

- Tu aspettami qua. L’abitazione è circondata dalla neve, le fiamme non dovrebbero raggiungerti.  
Se non torno va via dalla foresta, io devo prima assicurarmi di non lasciare indietro nessuno. - 

Non aspettando risposta, il mezzo demone si incamminò verso la casa, proseguendo per quel viale che da mesi percorreva al rientro delle ronde.  
Quel giorno però nessun bambino gli corse in contro felice del suo ritorno. 

Miroku, invece, seguì le parole dell’amico e, sedendosi sul suolo innevato, osservò l’abitazione in fiamme, nella speranza che almeno Inuyasha ne sarebbe uscito vivo. Mentre osservava l’amico avvicinarsi al rogo, uno strano mormorio attirò la sua attenzione e, carico di speranza, provò a seguirlo. 

Giunto a pochi metri dall’abitazione, Inuyasha ritrovò per terra due corpi ormai carbonizzati.  
Si accovacciò per provare ad identificarli e, se non fosse stato per le caratteristiche zanne inferiori sporgenti, riuscire a distinguere di chi fossero i due cadaveri sarebbe stato impossibile. 

Sovrastato da un moto d’ira, il mezzo demone colpì violentemente con un pugno il terreno innevato. 
Non riusciva a credere che tutto fosse svanito in pochi attimi. 

Scosso dalla visione dei corpi dei due fratelli, Inuyasha si issò sulle sue gambe tornando ad una posizione eretta. Osservò sconvolto il portico della casa e la delusione parve avvolgere il suo animo.  

Sperava che il suo viaggio non fosse stato vano, sperava di riuscir a salvare almeno una persona. 

- Non posso arrendermi così. Anche uno, devo salvarne anche uno solo... - 

Non volendo accettare quella cruda realtà, Inuyasha oltrepassò la porta d’ingresso dell’abitazione. 
Al suo interno, l’emissione dei gas nocivi, generati dalla combustione, gli rendeva difficile respirare. La possibilità di trovare qualcuno ancora in vita era infima. 

A passo lento, il giovane iniziò ad ispezionare le stanze inferiori e ricordi vari iniziarono ad invadergli la mente. Ricordò la prima volta che era stato portato a forza in quella casa, il ritorno dalla sua prima ronda, i volti di Meyer e delle sue sorelline corrergli incontro. 

Sperò che i tre fratelli avessero fatto in tempo a fuggire. Sperò che la morte di Muller e Fisher fosse avvenuta dopo aver portato tutti in salvo. 
Purtroppo le sue speranze crollarono quando, all’interno della stanza del Thè, trovò un primo cadavere. 
Si avvicinò con passo incerto al corpo.  

Ada, questo era il nome della ragazza, era un mezzo demone gatto che aveva raggiunto il rifugio solo il giorno precedente. La giovane aveva appena tredici anni, era fuggita via dalla sua abitazione qualche minuto prima che i militari venissero a prelevarla per portarla nei campi di lavoro forzato, raggiungendo il rifugio allo stremo delle forze. 

Inuyasha osservò per bene quel corpo senza vita. Ada aveva la camicia da notte strappata, il corpo posizionato in modo insolito, il volto sfregiato da un colpo d’arma da fuoco. 
Il mezzo demone cercò di non pensare a quello che quei bastardi le avevano fatto prima di ucciderla. 

Il giovane fu sconvolto da quella immagine, sentì la testa farsi pesante, la vista offuscarsi, il cuore battere all’impazzata. In quel momento anche la mancanza di ossigeno nel corpo iniziò a farsi sentire. La temperatura attorno a sé era diventata impossibile da tollerare, sentiva la pelle bruciare, le forze abbandonarlo. Nella speranza di riuscire a trovare un minimo di sollievo, provò ad accovacciarsi proseguendo a passo lento nella sua ricerca.  

I secondi scandivano violentemente il tempo che scorreva e, ad ogni rintocco, le fiamme parevano farsi sempre più imponenti. 

Inuyasha iniziò a perdere la speranza. Passo dopo passo ritrovava sul pavimento i cadaveri di quei giovani che, come lui, desideravano solo essere riconosciuti come esseri viventi. 
Gli aggressori non avevano risparmiato nessuno. Avevano fatto irruzione di notte, prendendo tutti di sorpresa. 

Fermo dinanzi la stanza di Meyer, il mezzo demone non riusciva a trovare il coraggio di entrare. 
Si sentiva già responsabile della sua morte. Sapeva che se avesse trovato i corpi dei tre fratelli, non avrebbe retto. 

Aveva promesso a Meyer che li avrebbe protetti. Si era preso carico di loro. 

Il giovane si sentiva allo stremo, se fosse rimasto ancora a contemplare l’ingresso di quella camera non sarebbe uscito vivo da quell’abitazione. Dopo essersi dato coraggio, rimosse quello che rimaneva della porta scorrevole ed entrò in quella stanza. 

La scena che gli si parò dinanzi fece crollare il suo animo. 
Stesi per terra, i corpi inermi di Kirsten e Gretel erano parzialmente coperti dal cadavere di Meyer. 
Con una lentezza straziante, Inuyasha si avvicinò ai tre e si sedette di fianco quei corpi. Provò con delicatezza a scuoterli, sperò di sentire il battito di quei tre cuoricini. 

- Non è possibile! Non può essere vero. Io mi rifiuto di credere che sia vero. - 

Inuyasha sapeva di essere il responsabile della loro morte. 
Sapeva che, se avesse seguito le parole di Miroku e li avesse fatti partire separatamente, avrebbero già raggiunto il confine del paese. Se non fosse stato così debole, avrebbe potuto salvarli. 

Prendendo quei piccoli corpi fra le braccia, Inuyasha uscì fuori da quell’edificio in fiamme. 

All’interno di quell’abitazione sembrava non essere rimasto più nulla di quei mezzo demoni pieni di sogni e speranze.  
Muller, Fischer, Meyer, Ada... 
Nessuno di loro avrebbe mai raggiunto il confine vivendo una vita tranquilla. 

Intanto, nascosta fra gli alberi, una piccola figura dall’aspetto evanescente osservava l’abitazione di Aaron avvolta fra le fiamme. Aveva visto un ragazzo entrare in quell’edificio e uscirne dopo svariati minuti con dei corpi inermi tra le braccia. A quella vista, prese un importante decisione. Chiuse gli occhi, sparì nel nulla. 

Uscito dall’edificio, Inuyasha ripose i corpi già lievemente irrigiditi dei tre fratelli di fianco ai corpi carbonizzati di Muller e Fisher. Avrebbe dato loro una sepoltura vicino l’abitazione, portando sempre con sé il loro ricordo. 

Osservando in giro provò a cercare Miroku, con scarsi risultati. Preoccupato per l’amico affinò ancora una volta l’udito. Attese per qualche secondo. Cercò di identificare i vari rumori, cercò di ignorare il crepitio del fuoco e, infine, sentì un flebile battito nelle vicinanze. Seguendo quel lieve richiamo, lasciò la radura proseguendo fra i fitti sentieri. 

Ad una ventina di metri una figura stava stesa per terra. Inginocchiato al suo fianco, Miroku cercava di dargli assistenza nel migliore dei modi. Il giovane, infatti, cercava di sopprimere le fiamme che si sollevavano da quel corpo disteso con un pezzo di stoffa, proveniente dai propri indumenti. 
Il mezzo demone si avvicinò ai due incredulo, riuscendo a distinguere la figura dolorante solo una volta vicino. Il suo odore era completamente diverso da come lo ricordava, il suo corpo deturpato dalle fiamme, ma il suo cuore continuava a battere.  

- Aaron! - 

- Inuyasha? Sei tu? - 

Il mezzo demone faticò a percepire quel sussurro uscito dalle labbra del demone volpe. Aaron era debole e, nonostante la sua natura demoniaca, sapeva che non avrebbe resistito molto. Inuyasha si accovacciò al suo fianco e cercò di pensare velocemente come poter dare una mano al demone. 

- Si Aaron. Sono io. Sta tranquillo, ora io e Miroku ti portiamo in ospedale. - 

Ricordando gli insegnamenti della madre, il mezzo demone provò a rimuovere gli abiti che l’amico portava ancora addosso, evitando di toccare quelle parti dove il tessuto era già entrato a contatto con la pelle ustionata. 

- Inuyasha fermati... Andate via da qui. -  

Aaron, steso al suolo e dolorante, provò a fermare Inuyasha. Il demone volpe sapeva di non aver speranza di salvezza. Il suo corpo e il suo animo erano ormai distrutti e, nonostante il suo corpo avesse la capacità di rigenerarsi, il suo animo sarebbe rimasto tormentato. Si sentiva l’unico responsabile dell’accaduto. In fondo sapeva di aver condotto lui i militari fino al rifugio, ma non si sarebbe mai aspettato che riuscissero a oltrepassare il cerchio delle streghe. 

Quella notte, sorpreso dall’attacco nemico, Aaron non riuscì a portare fuori dall’abitazione nessuno dei ragazzi che si era ripromesso di aiutare e proteggere. Il suo unico desiderio in quel momento, era quello di spegnersi e rincontrare i volti sorridenti di quei giovani. 

- Ma Aaron... Non posso lasciarti indietro. No dopo tutto quello che hai fatto per i miei simili. In questo mondo ricco di odio verso noi mezzo demoni, tu sei uno dei pochi che si è fatto carico di noi provando ad aiutarci. Te lo devo. -  

Inuyasha non riusciva proprio a comprendere il perché Aaron non volesse essere aiutato. Il demone volpe aveva una notevole aritmia cardiaca, probabilmente un'emorragia cerebrale, danni ai polmoni e ustioni notevoli. Non potevano perdere altro tempo. 

Preoccupato delle condizioni del demone, Miroku guardava i due in silenzio, non affatto sorpreso dalla reazione di Inuyasha. Già da tempo, infatti, il mezzo demone aveva smesso di provocare o insinuare cattiverie nei confronti di Aaron. In quei mesi, il giovane aveva rivalutato molto la sua figura, trasformando quella mancanza di fiducia iniziale in profonda gratitudine.  
Dopo quella prima spedizione, Aaron non smise di organizzare quei viaggi. Non smise di combattere per tentare di aiutare quanti più mezzo demoni possibile. Non li lasciò soli, al loro triste destino. 

Il demone volpe aveva fatto il possibile per loro. 

- Inuyasha, i militari ci hanno attaccato questa notte. Non sono riuscito a proteggervi, quindi ti prego, lasciami qui. Non riuscirei a sopportare il peso delle vostre vite sulla coscienza. - 

Inuyasha non riuscì a controbattere.  
Credeva che il rifugio fosse collocato in una zona sicura. Lui stesso era stato vittima dei funghi che costituivano il cerchio delle streghe. Grazie al potere di Aaron, nessuno, a parte loro, avrebbe potuto avvicinarsi al rifugio senza essere stordito. 

Come aveva fatto l’esercito a trovarli? 

Non riuscendo a darsi una risposta, strinse i pugni per la rabbia. 

- Inuyasha, Miroku, ascoltatemi. - 

Un colpo di tosse interruppe il discorso di Aaron. Inuyasha provò a sollevarlo per permettergli di recuperare fiato, ottenendo solo l’effetto opposto. Sentendo il doloroso lamento uscire dalle labbra di Aaron, il giovane mezzo demone stese nuovamente il corpo per terra. 

- Per me è già troppo tardi, ma voi potete ancora salvarvi.  
Andate a Kemberg, lì vi aspetterà la famiglia Bayer. Il capofamiglia è un mio caro amico, vive ai margini della città con la sua famiglia. Potete trovare la loro casa nel bosco che circonda la cittadina. Loro vi indicheranno la strada da seguire. -  

Un ulteriore colpo di tosse, fece contorcere il povero Aaron dal dolore.  

Ancora una volta Inuyasha si sentì impotente. Sapeva che il Führer Naraku aveva dato l’ordine di eliminare tutti coloro che si sarebbero opposti al regime, ma non avrebbe mai immaginato che riuscissero a trovare il rifugio. Sentendosi ancora una volta un codardo, chiuse gli occhi e, lentamente, si issò in piedi.  

-Addio Aaron… Grazie per tutto quello che hai fatto per noi. Miroku, ora andiamo.- 

Mentre si allontanava dal corpo di Aaron, il mezzo demone sentì il suo sangue demoniaco agitarsi. Si osservò le mani e notò che tremavano leggermente. Era dura lasciare un amico in quelle condizioni. Era difficile pensare di aver fatto la cosa giusta. Era complicato non essere furioso. Per cercare di calmarsi inspirò profondamente e osservò Miroku. L’amico camminava al suo fianco, decisamente scosso, e sembrava non essersi accorto di nulla. In quel momento, Inuyasha promise a sé stesso che non avrebbe più perso nessun’altro. Avrebbe protetto Miroku anche a costo della propria vita. 

Intanto, ancora steso al suolo, Aaron non riusciva più a resistere. La presenza di ossigeno nel suo corpo si era ridotta di molto, a breve avrebbe lasciato definitivamente il mondo dei vivi. Una smorfia deformò il suo viso già sfregiato, l’ombra dell’ultimo sorriso. Aveva salvato almeno uno di quei ragazzi bisognosi di aiuto, adesso poteva anche andarsene. Socchiuse stancamente gli occhi e, prima che il suo cuore pompasse l’ultimo battito, intravide una piccola fiammella azzurra porsi dinanzi a lui.  

Fu allora che formulò il suo ultimo pensiero.  

-Venerabile Kikyo, vegliate sulle quelle anime che non ho potuto proteggere. - 

In quello stesso momento, dai corpi dei mezzo demoni caduti quella notte emersero delle piccole fiammelle, l’emanazione delle loro anime. Il piccolo spirito invocato da Aaron aveva espresso l’ultimo desiderio del demone volpe, portando con sé le anime di quelle piccole creature.  
La venerabile Kikyo invocata da Aaron in punto di morte, non era altro che lo spirito protettore della foresta. Quello spirito che si prendeva cura degli abitanti della foresta e che avrebbe protetto per sempre le loro anime. 

Quando Inuyasha e Miroku tornarono al rifugio per dare una sepoltura a Meyer e gli altri, trovarono ad attenderli una giovane donna. 

- Tu che ci fai qua? Dove sono i corpi?! -  

Inuyasha, aveva ben riconosciuto la figura femminile che gli si ergeva dinanzi, eppure non riusciva a spiegarsi cosa ci facesse in quel luogo e dove avesse nascosto i cadaveri dei suoi amici. 

- Da questo momento mi prenderò io cura di loro. Proteggerò le loro anime, te lo prometto. Adesso va Inuyasha, e non lasciarti uccidere. - 

Detto ciò, la venerabile Kikyo svanì nel nulla. 

- Inuyasha, hai visto anche tu? - 

Incredulo, Miroku indicava il punto in cui la fanciulla era scomparsa. 
Inuyasha non rispose. Se la storia raccontata da quella donna fosse stata vera, le anime di quelle persone avrebbero continuato a vivere nella foresta. Quella donna dall’animo nobile si sarebbe presa cura di loro. 

Doveva fidarsi di quelle parole? 

Qualsiasi fosse stata la risposta, ormai era troppo tardi. Kikyo era già svanita nel nulla, portando via con sé i corpi senza vita. Decisamente provato, ignorò la domanda di Miroku e iniziò ad incamminarsi verso sud, con lo scopo di raggiungere il perimetro della foresta. 

Era giunto il loro momento. Stavano lasciando la forst Grunewald con il cuore carico di tristezza. 

Intanto, lungo le sponde del lago Nikolassee 
Il generale Yoro aveva finalmente raggiunto il luogo prestabilito. In attesa del suo interlocutore, si ritrovò a fissare il sottile strato di ghiaccio formatosi sulla superficie del lago. 

Giorni prima, il generale No Taisho aveva richiesto un colloquio con il generale lupo sottolineando la massima urgenza. Durante quel loro incontro, il generale cane aveva dato al generale Yoro delle importanti informazioni riguardanti la collocazione di un demone volpe oppositore del regime. 

Il suo nome era Aaron Schmidt, conosciuto come il capo del clan dei demoni volpe risedente all’interno della forst Grunewald. Da mesi il Führer Naraku reclamava la sua testa, eppure tutte le perlustrazioni effettuate all’interno della foresta risultavano vane. 

Nel corso di quel colloquio, Sesshomaru No Taisho aveva posto al giovane generale lupo un accordo al quale non avrebbe potuto rifiutare. In cambio di quella soffiata, Koga avrebbe dovuto seguire una strategia ideata da Sesshomaru. Accettando in maniera riluttante l’accordo, il generale Yoro aveva portato a termine la sua missione e adesso avrebbe dovuto far rapporto al suo collega. 

Il piano di Sesshomaru non aveva falle. 
Il generale aveva studiato alla perfezione ogni singola mossa. I suoi sottoposti si sarebbero dovuti addentrare tra la fitta vegetazione da sud. In testa al gruppo avrebbe dovuto esserci un certo Hakudoshi che con la sua barriera avrebbe scortato la divisione fino al rifugio. 

Un lieve spostamento d’aria fece tornare Koga al presente. 
Sesshomaru gli stava di fianco, come lui, osservava con il solito sguardo gelido la distesa di ghiaccio. 
Attendeva in silenzio il suo rapporto. 

- La missione è stata completata. Tutto è andato secondo i tuoi piani, sia il demone volpe che i mezzo demoni coinvolti sono stati eliminati. - 

Al suono di quelle parole Sesshomaru fece per issarsi nuovamente in volo quando ad un tratto, un odore ben conosciuto arrivò alle sue narici. Il generale Yoro aveva fallito nella missione che gli aveva affidato. Non tutti i mezzo demoni erano stati eliminati. 

- Direi quasi tutti. - 

Detto ciò, il generale No Taisho si ritirò nel suo accampamento. 
Colui che aveva portato disonore nella sua famiglia era ancora in vita e lui avrebbe dovuto studiare un piano per eliminarlo prima che fosse troppo tardi.

 


 

FrancyT:

Salve!
Eccomi con questo mio quarto aggiornamento u.u
Durante la settimana scorsa ho dato una lettura veloce al capitolo, aggiustando qualcosina. Purtroppo non ho potuto approfondire troppo quindi mi scuso per eventuali incomprensioni. Darò ugualmente una rilettura una volta uscita dalla sessione u.u

Adesso passiamo al capitolo!
Sono passati altri due mesi, siamo giunti al mese di Febbraio. Storicamente sono accadute diverse faccende, ma ne parlerò successivamente. (per alcune almeno) In ogni caso, in questo capitolo abbiamo visto come operano i nostri tre generali scelti da Naraku (anche se Koga attualmente ha soltanto eseguito gli ordini di Sesshomaru). Che dire... Una parte di me li ha immaginati abbastanza spietati, ma magari a voi risultano solo tanti scemi! Ma andiamo per gradi.

Generale Bankotsu: Lui l'ho sempre immaginato piuttosto spietato. Ammetto che non vedo l'anime da un bel po' e non ricordo molto di lui, quindi spero che apprezziate questa mia scelta .-. 
Chiudendo questa parentesi, torniamo al suo atteggiamento. Vorrei ricordare che Bankotsu è l'unico generale umano all'interno della mia storia. L'unico che possiede una sua squadra d'azione (la squadra dei 7 appunto), un umano che si è disdinto per la sua forza durante l'ascesa al paese, attirando l'interesse di Naraku. Mi sono divertita molto a scrivere la sua parte e personalmente mi pice molto :v Ovviamente Bankotsu non va ad uccidere tutti i familiari dei ragazzi che è andato a prelevare eh. Nella mia mente, il padre di Kohaku e Sango era una persona sacrificabile, meglio prendere con sè un giovane di sedici anni da addestrare e plasmare a proprio volere che un contadino di mezza età con già qualche acciacco no?

Generale Koga: Di lui ancora dobbiamo vedere molto. Attualmente ha semplicemente eseguito gli ordini di Sesshomaru. Vedremo il loro incontro nelle storie extra che pubblicherò al termine della storia. Inizialmente ero tentata di inserire un ulteriore capitolo, precedente a questo, ma poi ho preferito lasciare il mondo per come avevo programmato in precedenza. Spero mi perdoniate.

Generale Sesshomaru: Lui lo adoro. Ho tante difficoltà a scrivere il suo persoanggio, più di molti altri, spero solo di non rovinarlo troppo.

Mh... cos'altro dire? Andiamo nuovamente per punti!
1. Finalmente ho introdotto altri due personaggi della storia originale! Chissà quali piani avrò per loro XD
2. La situazione fra Inuyasha e Miroku sembra essersi attualmente cambiata. In fondo Inuyaha ha iniziato seriamente a fidarsi di Aaron, qunidi perchè dover tenere ancora il broncio a Miroku?
3. Piangevo mentre scrivevo della morte di Fisher, Muller, Meyer e le gemelline... Erano i miei bimbi... In ogni casi, ci sarà anche un capitolo extra con la descrizione dettagliata dell'attacco!
4. Aaron non ha avuto una fine migliore. Ma fino alla fine ha provato ad aiutare i giovani nel suo rifugio. Ha compreso il suo errore e ha chiesto allo spirito della foresta di prendersi cura di quelle anime. Carina come scelta quella di usare Kikyo? Io la trovavo carina >.<
5. L'animo di Inuyasha sta per caso iniziando a vacillare? Che evoluzione avrà il suo personaggio? Continuate a leggere per scoprirlo u.u
6. Sesshomaru riuscirà a fermar eil fratello? Che accadra? Di sicuro un casino .-.

Ringrazio tutti di aver letto fino a questio punto!
In caso abbiate dubbu, non esitate a chiedere! Alle volte nella mia mente è tutto chiaro ma non riesco a descrivere nella maniera migliore le situazioni, quindi non esitate a chiedere!

A presto<3

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Capitolo 5
*** Febbraio 1939 - Parte 2 ***


Avviso: All'interno del testo sono presenti scene "violente"

 

Germania, Febbraio 1939 

Ore 20:15 

Non molto lontano dalle rive del lago Nikolassee, la divisione specializzata nel rintracciare i mezzo demoni in fuga, si preparava per la caccia. Nell’accampamento, nel quale i soldati si erano stanziati, si respirava un clima di impazienza. Demoni di diverse età, ripulivano con precisione le proprie armi da fuoco, pregustando già il momento durante il quale avrebbero premuto l’invitante leva di scatto. 

Fra quella marmaglia di gente, un piccolo demone kappa si aggirava indisturbato fra le tende disposte su file parallele. Dopo aver supervisionato attentamente tutti i suoi sottoposti, il piccolo demone si diresse nella piazza centrale dell’accampamento. Proprio lì, il generale attendeva il suo rapporto. 
Mentre i suoi sottoposti smontavano le tende e si attrezzavano per la battaglia, infatti, il generale No Taisho studiava con dedizione la mappa stesa sul tavolo sottostante. Aveva passato ore ad elaborare la strategia migliore per attaccare il fratello e, finalmente, sembrava aver trovato la tattica giusta. 

- Generale No Taisho, i suoi sottoposti sono pronti. - 

Il colonnello Jaken, piccolo demone kappa devoto al grande generale cane, avvisò il suo signore che tutto stava procedendo come da lui richiesto. 
Jaken era l’unico al corrente dei reali obbiettivi del generale. Il piccolo demone rappresentava la pedina principale all’interno del tavolo da gioco di Sesshomaru. Il demone kappa, infatti, aveva il compito di far quadrare tutti i piani del suo superiore: avrebbe dovuto sorvegliare quell’ammasso di demoni inferiori che formavano la divisione, impedendogli di intralciare il lavoro del loro superiore. 

Se avesse fallito, sapeva già che il suo signore l’avrebbe fatto retrocedere di grado militare. 

- Jaken, seguite il piano e tutto andrà come previsto. - 

Dopo aver liquidato il suo sottoposto, Sesshomaru si alzò in volo localizzando in breve tempo il fratello. 
Finalmente, dopo anni, avrebbe potuto riscattare l’onore del suo clan, mettendo fine alla vita di Inuyasha. 

Mentre il generale andava via, il colonnello Jaken schiarì la sua voce gracchiante, con l’intento di richiamare l’attenzione dei suoi compagni d’armi. Adesso il comando della divisione era nelle sue mani, avrebbe guidato lui i suoi commilitoni per la strada indicata da Sesshomaru. 

- Il generale ha appena lasciato l’accampamento. Ha lasciato a me delle chiare direttive che dobbiamo seguire. Un mezzo demone, accompagnato da un umano, è in fuga da stamani. Sta tentando inutilmente di raggiungere il confine. Il generale No Taisho è riuscito a localizzare il luogo in cui attualmente quell’essere inferiore si trova. Il nostro compito sarà quello di avvicinarci con cautela e accerchiare i due fuggiaschi. Ma ricordate, sarà il nostro capo a porre fine alla vita del mezzo demone. Per l’umano, invece, non abbiamo nessuna direttiva, siete liberi di divertirvi. - 

Allo stesso tempo 
Inuyasha e Miroku camminavano stancamente verso Kemberg. 
Stretti nei loro abiti fradici, marciavano da ore senza essersi fermati un attimo. Dopo l’attacco al rifugio avevano deciso di comune accordo di arrivare dritti alla meta senza fermate, eppure, la stanchezza stava iniziando a farsi sentire. 

Fra i due, Miroku era quello che raggiunse prima il limite delle sue energie. Sentiva il corpo gelato e i muscoli doloranti. Non mangiava dalla sera precedente e non dormiva da più di ventiquattr’ore. Sapeva che se non si fosse fermato a riposare, probabilmente, il suo corpo avrebbe ceduto. 
Appresa quella consapevolezza, il ragazzo si sentì un peso per il mezzo demone. Per la seconda volta durante quella loro fuga, stava rallentando il passo di Inuyasha. Sapeva che, se non avesse intrapreso questo viaggio con lui, il mezzo demone avrebbe già da tempo raggiunto il confine del paese. 

- Inuyasha. - 

Quel flebile tono di voce fece voltare il mezzo demone verso l’amico.  
Ancora una volta, Inuyasha, si rese conto di quanta differenza ci fosse tra la resistenza di un essere umano e quella di un mezzo demone. Miroku era evidentemente stremato, mentre lui avrebbe potuto continuare a tenere quel passo ancora per parecchio tempo. 

- Miroku, accampiamoci per qualche ora. La strada è ancora lunga e tu non puoi continuare in quelle condizioni. -  

Un sorriso stanco deformò il volto stremato di Miroku. 

- Inuyasha tu prosegui pure. Devi raggiungere al più presto la famiglia Beyer. Io me la caverò. - 

Il mezzo demone lo fissò con un sopracciglio alzato, dopodiché prese l’amico sotto braccio. 

- Non dire stronzate. Non ti lascio indietro. - 

Sorreggendo l’amico, Inuyasha si avviò verso un piccolo boschetto nelle vicinanze.  
In quel momento, il mezzo demone ricordò la promessa che, solo pochi mesi prima, aveva fatto a Meyer. 

Non poteva succedere nuovamente. Non poteva nuovamente abbandonare qualcuno che aveva giurato di proteggere. Miroku era l’unico amico che gli era rimasto. 

- Inuyasha, tu dovresti davvero andare. Non sappiamo quanto sia lontana la divisione che ha attaccato il rifugio, possono raggiungerci da un momento all’altro. -  

Ancora una volta, Inuyasha osservò l’amico scocciato. 

- Miroku, risparmia il fiato. - 

Arrivati in prossimità di una piccola radura, i due ex locandieri presero posto ai piedi di un imponente albero. Riscaldato da una piccola fiammella che il mezzo demone aveva acceso, il corpo di Miroku parve rilassarsi. Attorno a quel focolare, il giovane si godette in silenzio quell’attimo di tranquillità, finendo per addormentarsi. 
Al contrario dell’amico, Inuyasha non riusciva a riposarsi. Il suo istinto di protezione lo spingeva a restare vigile. Appollaiato sul ramo di un albero, iniziò allora ad affinare i sensi alla ricerca di un pericolo e in quelle condizioni attese che Miroku si svegliasse.  

Inuyasha, però, non sapeva di essere finito esattamente nel luogo in cui la divisione di Sesshomaru si stava dirigendo e, ancor più importante, non era a conoscenza delle proprietà che possedeva la potente barriera di Hakudoshi. 

Era da poco scoccata la mezzanotte quando il gruppo di soldati, guidati da Jaken, giunse in prossimità del boschetto nel quale riposavano Inuyasha e Miroku. Come pianificato da Sesshomaru, i suoi sottoposti iniziarono lentamente ad avvicinarsi al piccolo focolare, accerchiando ben presto i due fuggiaschi. 

Un'improvvisa folata di vento fece rizzare le orecchie di Inuyasha. L'aura di una presenza malvagia iniziò a giungere al mezzo demone. Senza pensarci due volte saltò giù dall’albero e iniziò a scuotere il braccio dell’amico, con l’obbiettivo di svegliarlo.  

- Inuyasha, ma cosa? - 

- Non fare domande, dobbiamo andare. Adesso. - 

Ancora intontito dal sonno, Miroku si issò in piedi. Portando lo sguardo dinanzi a sé però, notò qualcuno che non si sarebbe mai aspettato di rivedere. 

- Inuyasha... É Aaron! Guarda! - 

Poco distante dai due infatti, la figura del demone volpe si ergeva dinanzi a loro.  
Miroku non riusciva a credere ai suoi occhi, Aaron era in vita e li aveva raggiunti in quel boschetto. Era convinto che grazie al suo aiuto e alle sue strategie avrebbero lasciato facilmente il paese. Spinto dalla sorpresa, il giovane cercò allora di raggiungere il demone, ma venne fermato per un braccio. Perplesso, osservò il volto di Inuyasha. 

Il mezzo demone aveva in viso un'espressione seria. Quella figura non poteva essere reale. 

- É una trappola. Non andare. -  

Incredulo Miroku tornò ad osservare la figura di Aaron che purtroppo sparì, lasciando il posto ad un'intera divisione militare.  

Ormai erano accerchiati. 
Il mezzo demone non riusciva a comprendere il perché non avesse avvertito quell’agguato. Si chiese chi fosse quel generale che lo aveva fregato con così tanta facilità. 

- N-non può essere. - Balbettò Miroku, ancora incredulo. 

Inuyasha si guardò intorno, non avevano vie di fuga. Ormai era troppo tardi.  
Un odore specifico arrivò in quel momento alle sue narici, confermando tutti i suoi dubbi. Si voltò di scatto verso l’imponente albero sul quale stava appollaiato una manciata di minuti prima e, finalmente, lo intravide nell’oscurità. 

- Sei tu, Sesshomaru? - 

Con braccia conserte e sguardo beffardo, Sesshomaru scherniva il fratello dall’alto dei rami. 

- Già, dopo tutti questi anni ricordi ancora il volto di tuo fratello? - 

Inuyasha si ritrovò inconsciamente a digrignare i denti.  
Il suo rapporto con il fratello maggiore non era mai stato dei migliori. Fin da bambini, quando il padre portava alla locanda il primo genito, quest’ultimo semplicemente ignorava la sua presenza. Non erano mai stati affiatati, né si erano mai supportati. Inseguito alla morte del padre le loro strade si erano definitivamente divise. Inuyasha continuò ad aiutare la madre alla locanda, prendendone successivamente la gestione, mentre Sesshomaru, in giovane età, si arruolò nell’esercito.  
Fin da cucciolo, il demone cane provava forte orgoglio per il padre. Toga No Taisho era un generale che, durante la grande guerra, si era distinto per i suoi interventi militari. Era un potente demone, rispettato e temuto da molti. Proprio per questa ragione, Sesshomaru, disprezzava Inuyasha. Era convinto che il fratello, con il suo sangue misto, avesse contaminato il nome del proprio clan. Credeva che Inuyasha avesse reso il grande generale cane lo zimbello dell’esercito. Il demone non poteva accettare quest’oltraggio. Pertanto, con lo scopo di risaldare l’onore del proprio nome, seguì le orme del padre, intraprendendo la carriera militare. 

- Quello che vedo con te è un umano? É davvero da te. Non mi meraviglia affatto che tu abbia a che fare con uno stupido essere umano. Infondo anche tu sei nato da un inutile essere inferiore chiamato donna. Sei la vergogna della nostra famiglia. -  

Inuyahsa cercò di analizzare la situazione, sembrava impossibile riuscire a fuggire via. Erano in trappola e l’unica possibilità di salvezza risiedeva nell’uccidere tutti i demoni presenti. 

- Sesshomaru, sei venuto fin qua solo per prendenti gioco di me? - 

Cercando di prendere tempo, Inuyasha provò a pensare ad un piano. Battere in strategia Sesshomaru era quasi impossibile, ma doveva provarci. Doveva farlo per Miroku.  

- Sei uno stupido. Io non ho così tanto tempo da perdere. Sono venuto a liberare il paese da un altro inutile mezzo demone. - 

A quelle parole, Inuyasha portò lentamente una mano al cinturone in cuoio. Pensò che, se fosse riuscito a prendere alla sprovvista il fratello, forse avrebbe avuto una possibilità di salvezza. 
Quel suo gesto così banale, però, non sfuggì all’occhio attento di Sesshomaru. Il demone maggiore infatti, osservò con disinteresse il mezzo demone. 

- Credi davvero di riuscire a battermi con quella? Sei solo uno stolto Inuyasha. - 

Calandosi delicatamente dall’albero, i piedi di Sesshomaru toccarono il terreno innevato. Tutto stava proseguendo secondo il suo impeccabile piano. Quasi sorrise compiaciuto, finalmente avrebbe visto perire il fratello. 

Quando però lo sguardo di Sesshomaru cadde sull’arma, posta all’interno del fodero che possedeva Inuyasha, le sue priorità mutarono. Con una velocità sorprendente, riuscì ad afferrare con una mano la gola del fratello ed issarlo in alto.  

- Non avrei mai immaginato che nostro padre potesse affidarla a te. - 

Inuyasha provò a liberarsi dalla morsa del fratello, ma tutto fu inutile. 

- Brutto bastardo. - riuscì solo a pronunciare. 

Con l’altra mano libera, Sesshomaru sfilò dal cinturone l’arma di Inuyasha e si alzò in volo, portando via con sé il fratello. A quel suo gesto, i suoi commilitoni ruppero la loro posizione di accerchiamento e iniziarono ad attaccare il povero Miroku. 

Giunti lontani da quel bosco, Sesshomaru lasciò la presa dal collo di Inuyasha, che cadde violentemente verso il suolo. Dopo aver raggiunto il mezzo demone, il generale No Taisho iniziò a rigirarsi fra le mani l’arma che aveva sottratto al fratello. 

- Ecco la magica arma che fece costruire mio padre. La leggendaria pistola capace di uccidere un demone maggiore con una sola pallottola, Tessaiga.  
Davvero sciocco nostro padre. Affidare un'arma di tale calibro a te, un essere inferiore. - 

Dopo averla contemplata, Sesshomaru puntò la pistola verso il fratello, che intanto si era issato a sedere sul suolo innevato. Inuyasha lo vide tirare indietro il cane dell’arma e una serie di domande iniziarono a formarsi nella sua mente. 

Quindi sarebbe stata davvero quella la sua fine? Sarebbe davvero morto per mano di Sesshomaru? 

- Di pure addio questo mondo, fratellino. - 

Senza alcun tentennamento, Sesshomaru premette la leva di scatto dell’arma e attese, con ardore, l’attimo in cui la pallottola avrebbe perforato il cranio del fratello. Eppure, nonostante il grande generale cane avesse premuto il grilletto, nessun proiettile uscì dalla canna dell’arma. Sorpreso dalla questione, Sesshomaru premette per altre tre volte il trigger, ma il risultato rimase invariato. 

Dopo un primo momento di smarrimento, Inuyasha decise di approfittare di quell’attimo per strappare dalle mani del fratello l’arma ed effettuare un grande balzo indietro. In quel momento il pensiero di Inuyasha andò a Miroku. Doveva tornare indietro e portarlo in salvo.  
Il mezzo demone iniziò, allora, a correre verso la direzione nella quale era collocato il boschetto, ma ogni suo intento fu fermato da Sesshomaru. 

Il demone, infatti, non aveva alcuna intenzione di far fuggire via il fratello. Grazie alle sue abilità, notevolmente superiori rispetto a quelle di Inuyasha, il generale No Taisho afferrò nuovamente per il collo il mezzo demone, scaraventandolo contro il tronco di un albero. Inuyasha si rimise a fatica in piedi e provò a colpire Sesshomaru con i suoi artigli, colpo che prontamente il demone maggiore riuscì a schivare. 

- Con il tuo sangue immondo, non potrai mai sfiorarmi. - 

Nuovamente in piedi, Inuyasha fu subito costretto ad effettuare un balzo per evitare gli artigli velenosi del suo avversario. Continuarono così per un po', fin quando Sesshomaru non riuscì a ferire con i propri artigli il petto del fratello. Grazie alla sua velocità, infatti, il demone riuscì a sopraffare per un attimo Inuyasha, che non riuscì a evitare in tempo l’ennesimo attacco. 

La ferita inferta non era molto profonda, ma gli artigli velenosi di Sesshomaru non erano da sottovalutare. Inuyasha sapeva che, se non fosse stato per il suo sangue demoniaco, il suo corpo si sarebbe già sciolto. Nonostante la capacità di resistere a quell’attacco, sentiva ugualmente la ferita sul suo petto bruciare e il proprio sangue imbrattare quello che rimaneva della camicia che indossava. Strinse i denti per il dolore e, non scollando lo sguardo da Sesshomaru, scansò un ulteriore attacco del fratello, balzando indietro. 

Più il tempo passava, più il bruciore al petto iniziava ad espandersi. Il veleno stava iniziando ad avanzare all’interno del suo corpo e se non avesse fatto qualcosa, continuare a tener testa a Sesshomaru sarebbe diventato davvero difficile. Dopo aver schivato l’ennesimo attacco del fratello, osservò l’arma che giaceva al suolo, proprio vicino al tronco dove in precedenza era stato scagliato. Quella pistola era la sua unica speranza di salvezza. 
Armato di coraggio, il giovane riuscì a raggiungere l’arma, puntarla verso il fratello e premette il grilletto. Questa volta, con enorme sorpresa da entrambi i presenti, un proiettile uscì a grande velocità dalla canna della pistola, purtroppo anche quel tentativo non ebbe esito positivo. Sesshomaru era abilmente riuscito ad anticipare la traiettoria del colpo, schivando con un minimo spostamento quella pallottola. 

- La tua tecnica è talmente immatura. - 

Inuyasha non si fece scoraggiare da quelle parole e provò nuovamente a colpire il fratello, fallendo miseramente. Sesshomaru, infatti, questa volta rimase fermo, a diversi metri dal corpo stremato di Inuyasha. Con in volto un'espressione divertita, osservava quegli inutili e maldestri tentativi da parte del fratello. 

- Adesso basta giocare. L’umano con cui viaggiavi a quest’ora sarà già nel regno dei morti. Adesso tocca a te raggiungerlo, caro il mio fratellino. - 

Inuyasha non voleva credere a quelle parole. Avvolto da sentimenti quali la rabbia e l’impotenza, per altre due volte il mezzo demone aveva premuto la leva di scatto dell’arma, sparando letteralmente al vuoto. Su quattro colpi totali, una sola volta Sesshomaru aveva ritenuto necessario effettuare un piccolo passo alla sua destra. 

- Mi hai stufato. Adesso muori Inuyasha. - 

Un'improvvisa folata di vento avvolse il corpo di Sesshomaru. Gli occhi del generale iniziarono a tingersi di rosso, il suo volto iniziò a deformarsi. Ben presto, Sesshomaru abbandonò la sua forma umanoide, liberando il suo potere demoniaco.  

Inuyasha si ritrovò ad osservare quella gigantesca bestia che, con lentezza, si avvicinava verso di lui. Di conseguenza il ragazzo iniziò ad indietreggiare, cercando di sfuggire dalle sue fauci. Proprio come un cane rabbioso, infatti, Sesshomaru si avvicinava ringhiando al corpo del fratello, con l’intento di azzannarlo.  

Nei minuti successivi a quella trasformazione, Inuyasha schivò a fatica i violenti attacchi di Sesshomaru. Ormai il mezzo demone aveva il fiato corto e i muscoli doloranti, si sentiva al limite delle sue forze.  

Per la quinta volta, il ragazzo provò a utilizzare l’arma lasciata dal padre. Impugnandola con entrambe le mani, Inuyasha mirò all’enorme cane argentato che si ergeva dinanzi la sua figura e, finalmente, riuscì a centrare il bersaglio. Dopo svariati tentativi, era finalmente riuscito a colpire il corpo di Sesshomaru, verificando la vera potenza di quell’arma magica. 

Il colpo di Inuyasha aveva centrato la grande zampa sinistra del fratello che, lentamente, stava iniziando a corrodersi. La particolarità di quell’arma, infatti, era quella di disintegrare il corpo della persona colpita, a partire dal foro creato dalla pallottola.  

Per evitare che il suo corpo venisse totalmente distrutto, Sesshomaru afferrò fra le sue zanne la zampa ferita e, con colpo netto, la staccò dal suo busto. Ferito, il generale cane ritornò nella sua forma umanoide, volando via da quel posto. 

In quel frangente, Inuyasha osservava ancora incredulo la scena. Aveva costatato la potenza di quell’arma e finalmente riuscì a capire le parole che il genitore gli ripeteva sempre da bambino. Grazie a quell’occasione, comprese che avrebbe dovuto proteggere quell’arma ed evitare che finisse in mani sbagliate. 

Finalmente solo, il mezzo demone affinò i sensi per provare a percepire la presenza di Miroku. Non riusciva a credere che l’avessero ucciso, non voleva crederci. Proprio in quel momento, un forte botto, proveniente dal boschetto in cui si erano riparati quella notte, fece tremare il mezzo demone. Quel suono apparteneva sicuramente ad un'arma da fuoco e l’odore del sangue che giunse poco dopo alle narici di Inuyasha era senza dubbio quello di Miroku.  

In quel momento Inuyasha si lasciò ricadere sul suolo innevato. Aveva la mente confusa, non aveva la più pallida idea di quale fosse la scelta più saggia da prendere. Aveva paura. Temeva che andare in quel boschetto l’avrebbe distrutto totalmente. Non voleva rivivere gli eventi del rifugio. Non voleva vedere il corpo inerme del suo migliore amico, non voleva vederlo morire fra le sue braccia. Con l’animo tormentato, decise dunque di lasciarsi quella questione alle spalle e riprendere la strada verso Kemberg. 

Il mattino successivo 
Ormai lontani da quella radura nella quale i due fratelli si erano scontrati, il generale No Taisho meditava poggiato ad un albero. La sua ferita sanguinava ormai da ore, macchiando di rosso la bianca neve sulla quale era seduto. Ancora incredulo, Sesshomaru si osservò per l’ennesima volta la spalla ferita. In quel momento, il disprezzo che già provava verso il fratello parve accentuarsi. Quell’essere immondo era riuscito a sopravvivere, di nuovo, mentre lui adesso giaceva in quelle condizioni pietose.  

Un improvviso fruscio di foglie fece rizzare le orecchie al demone cane, distraendolo da quei pensieri. D’istinto si voltò verso la fonte di quel rumore. I suoi occhi si tinsero nuovamente di rosso e mostrò minacciosamente le zanne al suo avversario. Da quel cespuglio, però, non emerse uno spietato nemico, bensì una piccola bambina che osservava con sguardo curioso il militare. Decisa a non lasciarsi intimorire da quel generale, la piccola porse al demone quelle poche provviste che aveva portato con sé e si dileguò poco dopo. 

Sesshomaru osservò disinteressato quel piccolo fagotto con all’interno un frutto, dopodiché tornò ad immergersi nella sua meditazione. Sperava che, così facendo, le ferite si cicatrizzassero al più presto. Doveva riorganizzare la sua squadra e uccidere, una volta per tutte, il fratello. 

Il generale però non sapeva che la bimba che con tanto affetto gli aveva donato la propria merenda, era tornata nella propria abitazione per prendere il materiale necessario per curare le ferite del demone. Quando infatti la piccolina tornò, con in mano l’unguento disinfettante e le garze, Sesshomaru ne rimase stupito. 

- Non perdere tempo in cose inutili. Le medicazioni non mi servono. Non le voglio. -  

Nonostante le parole del generale, la bambina lasciò al suo fianco gli oggetti che aveva prelevato dalla sua abitazione e, nuovamente, sparì fra la vegetazione.  

Ancora una volta Sesshomaru osservò quella piccola creatura andar via e si chiese perché si ostinasse così tanto ad offrirgli il suo aiuto. Era un generale dell’esercito tedesco e, ancor più importante, era un potente demone. Perché dunque quel piccolo essere non aveva timore di lui? 
Non curandosi di trovare una risposta a quel dilemma, Sesshomaru riprese la sua meditazione.  

Finalmente, dopo altre due ore, il suo braccio smise di sanguinare e la ferita iniziò a cicatrizzarsi. A breve avrebbe lasciato quella foresta, pronto a recuperare l’arma del padre e riscattare l’onore del suo clan. Formulato quel pensiero, Sesshomaru portò inconsciamente lo sguardo verso l’arma che teneva al suo cinturone. Quell’arma così inutile, osservarla lo faceva imbestialire. Non riusciva a credere che il padre avesse affidato Tessaiga a quell’inetto di suo fratello mentre a lui, che aveva deciso di seguire le sue orme, aveva donato un’arma incapace di uccidere. Tenseiga, la pistola che avrebbe colpito solo gli esseri del regno dei morti. 

Sesshomaru si ritrovò a sospirare. Ricordava ancora la prima volta che aveva provato ad usarla, non comprendendo le parole del padre. Era giovane, aveva da poco ottenuto il grado di capitano, si sentiva fiero di sé stesso. Quel giorno si era deciso a sfidare quelle parole, non riusciva a credere che un’arma da fuoco fosse incapace di uccidere. Convinto di smentire il padre, il giovane Sesshomaru aveva puntato l’arma verso Jaken, all’ora sottotenente, e premuto il grilletto. Eppure, nonostante la traiettoria del proiettile fosse esatta, quella pallottola si disintegrò una volta venuta in contatto con il corpo del demone kappa.  

Un delicato odore riscosse il demone dai ricordi, avvisandolo dell’arrivo della piccola che si ostinava a volersi prendere cura di lui. Questa volta la bambina gli aveva portato una piccola pagnotta di pane. 

- Ti ho già detto che non voglio nulla da te. - 

Notando che la piccola continuava a rimanergli affianco, con in mano quel pezzo di pane, Sesshomaru la osservò di sottocchio. Aveva il corpo ricoperto di terra e graffi. Cosa poteva esserle successo?  

- Come ti sei procurata quei graffi? - 

Senza neanche rendersene conto, il generale diede voce ai suoi pensieri.  

- Se non vuoi dirlo non sei obbligata a farlo. -  

La bimba in risposta gli regalò un sorriso. Il demone la osservò perplesso.  

-Perché questa espressione di gioia? Ti ho solo chiesto come te li sei fatti. - 

Ancora una volta, la bambina non gli rispose. 
Quello che la piccola mai confessò al demone è che quel pomeriggio, mentre si recava da lui a donargli quella piccola pagnotta che aveva trafugato dalla cucina, aveva per sbaglio urtato un soldato semplice. Quel militare però, non si era solo limitato a intimare alla piccola di stare più attenta. Con rabbia, aveva spinto via con un calcio la bambina che si ritrovò a rotolare nel terreno. A dispetto di ciò che si possa pensare, il soldato che l’aveva spintonata non era neanche un demone. Era un semplice umano che, infastidito della disattenzione della piccola, aveva deciso di punirla. 

Purtroppo nella piccola città in cui abitava la bambina, quelle erano scene quotidiane. Le strade erano pattugliate da gruppi di soldati semplici che sfogavano la loro frustrazione sui poveri abitanti di quella città. Gli umani arruolati nell’esercito non erano destinati a grandi cose, sapevano che il Führer li avrebbe usati come carne da macello. Mandati in prima linea, sarebbero stati i primi a cadere durante il conflitto. 

Intanto, lungo i confini di Kemberg 
Inuyasha osservava l’ingresso della cittadina farsi sempre più vicino. La ferita sul suo petto ancora bruciava lievemente, nonostante il suo sangue demoniaco avesse già contrastato il veleno. Era esausto. 
Dopo aver affrontato il fratello, aveva camminato per ore senza mai fermarsi. Durante il viaggio, più volte era stato tentato di tornare indietro ad assicurarsi delle condizioni di Miroku, ma la paura lo spingeva a non voltarsi. Si sentiva un codardo, un mostro.  
Il ragazzo si chiese inconsciamente come facesse il fratello a non affezionarsi ai suoi compagni d’armi. Sesshomaru sembrava sempre così distaccato, avrebbe messo fine alla vita di un suo sottoposto con le sue stesse mani se ciò avesse giovato a suo favore. Una parte di Inuyasha si ritrovò ad invidiare il fratello.  

- Odio il mio lato umano, mi fa sentire un vigliacco. - 

Ormai giunto vicino la zona boschiva che circondava la città, Inuyasha salì con un balzo sul ramo di un albero. Era quasi giunto a destinazione e forse avrebbe presto potuto riposare. 
Stancamente percorse il perimetro della città saltando fra i rami, raggiungendo ben presto quell’abitazione che Aaron aveva indicato a lui e Miroku. 

Saltando giù dall’albero, Inuyasha si avvicinò a quella casa in pietra con tetto spiovente. Un po’ titubante, bussò alla massiccia porta in legno e attese l’attimo in cui si fosse aperta. Non ci volle molto prima che il padrone di casa adempisse al suo dovere.  
Il signor Beyer dimostrava quaranta o quaranta due anni, era alto di statura ed esile di corporatura. Il suo viso, dai lineamenti marcati, possedeva un colorito pallido e portava, sul naso aquilino, un pesante paio di occhiali da vista che rendeva i suoi occhi castani molto piccoli. Sulla fronte ampia ricadeva qualche ciocca castana di quei capelli dalla pettinatura ribelle.  

Ad Inuyasha non sfuggì lo sguardo confuso dell’umano, quindi portò le mani artigliate al pesante mantello che gli copriva il capo e lo tolse lentamente. 

- Signor Beyer, il mio nome è Inuyasha. Sono stato mandato qui da Aaron. - 

A quel nome, l’umano si spostò di lato permettendo al mezzo demone di entrare all’interno dell’abitazione. Una volta dentro, il signor Beyer lo fece accomodare su una poltrona posta dinanzi il camino e gli chiese di attendere un attimo. 
Inuyasha approfittò di quell’attesa per osservarsi intorno. La piccola casina era abbastanza accogliente. Si sviluppava tutta interamente su un piano e sembrava avere altre tre stanze oltre quella in cui adesso risedeva. Inuyasha sospirò, gli mancava la sua locanda. Gli mancava stare dietro il suo bancone in legno a servire i clienti. Gli mancava possedere un luogo tutto suo. 

- Inuyasha rieccomi. Ti ho preparato una bevanda calda, grazie ad essa ti sentirai meglio. - 

Il signor Aaron passò una tazza fumante al mezzo demone, poi si accomodò sulla seconda poltrona e gli rivolse nuovamente la parola. 

- Il viaggio è stato lungo vero? Potrai stare qua il tempo di recuperare le forze. - 

Il mezzo demone annuì, sorseggiando quella bevanda. Quel liquido caldo parve stendere i suoi nervi e far affievolire il fastidioso bruciore al petto. Inuyasha si chiese se l’uomo al suo fianco avesse aggiunto delle strane erbe all’interno della bevanda, ma non osò porre quella domanda. 

-  Adesso dimmi, come sta Aaron? É strano che non mi abbia avvertito del tuo arrivo. Gli è successo qualcosa, non è forse vero? - 

Il mezzo demone bloccò ogni suo movimento. Con sguardo vuoto osservò il contenuto all’interno della tazza che teneva fra le mani. I ricordi di pochi giorni prima apparvero come flashback nella mente di Inuyasha e, con una calma disarmante, raccontò gli ultimi avvenimenti al suo interlocutore. 

- Prima di morire Aaron mi ha dato il vostro nome. Era certo che voi e la vostra famiglia mi avreste accolto e aiutato a lasciare il confine. - 

Il signor Beyer ascoltava esterrefatto quel racconto. Sapeva quanto le scelte di Aaron condizionassero la sua vita, ma era certo che il demone volpe se la sarebbe sempre cavata.  

- Farò tutto ciò che è in mio possesso per aiutarti Inuyasha. Solo un’ultima cosa... Aaron ha avuto una giusta sepoltura? -  

Il mezzo demone annuì. 
L’immagine dello spirito della foresta si manifestò nei ricordi di Inuyasha. Aveva davvero fatto bene ad affidare i loro corpi a quella fanciulla? Lo sperava tanto. Almeno le loro anime, a discapito di quella di Miroku, avrebbero continuato a vivere nella foresta, senza essere dimenticate. 
L’uomo parve voler parlare nuovamente, ma il cigolio di una porta che si aprì, richiudendosi subito dopo, attirò la sua attenzione. 

- Rin! Bambina mia, cosa ti è successo? - 

L’uomo si era alzato dalla poltrona sulla quale era seduto andando in contro ad una bambina di circa otto anni. Inuyasha vide il signor Beyer abbassarsi all’altezza della bambina e carezzarle il viso. La bimba aveva dei lunghi capelli castani, portava un piccolo codino laterale e indossava un grazioso vestitino color salmone. 

- Sono stati i soldati? - 

La voce dell’uomo si fece d’un tratto dura. La bambina aveva il volto e il corpo ricoperti di graffi e il grazioso vestino che indossava era tutto sporco di terra. La piccola annuì al padre e gli regalò un sorriso, come se volesse rassicurarlo. Il genitore prese la figlia fra le braccia e la fece sedere sulla poltrona, sulla quale stava comodamente seduto fino a qualche attimo prima, dopodiché sparì dietro una delle tre porte. 

Inuyasha osservò curioso quella bambina. Credeva che i bambini piangessero in condizioni come quelle, Rin invece era piuttosto tranquilla. Faceva oscillare le gambe e osservava curiosa l’ospite del genitore. Quest’ultimo rientrò in stanza pochi attimi dopo, con in mano del disinfettante e delle garze. Il signor Beyer si accovacciò ai piedi della poltrona e iniziò con calma a pulire le ferite della piccola. 

- Scusami Inuyasha. Non era programmato tutto ciò. - 

Inuyasha vide l’uomo sospirare. 

- Purtroppo, qui in città, i soldati se la prendono con chiunque incroci il loro cammino. Anche con dei poveri bambini. - 

- Immagino che non possiate far nulla per evitarlo. - 

Beyer non rispose, semplicemente terminò di pulire le ferite della piccola e si issò nuovamente in piedi. Dopo un lungo sospiro, l’umano si voltò verso Inuyasha e riprese il discorso che stavano affrontando. 

- Inuyasha, farò di tutto per terminare ciò che Aaron ha iniziato. Hai la mia parola. Adeso, se vuoi seguirmi, ti mostro la soffitta. Potrai rimanere lì fin quando non ti sarai ripreso. - 

Quella notte 
Nascosto all’interno di una polverosa soffitta, Inuyasha si rigirava fra le mani l’arma che il padre gli aveva donato. Durante lo scontro con Sesshomaru aveva appreso che Tessaiga era una pistola molto potente, desiderata sia da forti demoni che da deboli umani. Aveva finalmente compreso che la sua unicità non risedeva solo nel meccanismo, quell’arma infatti poteva essere usata solo con delle specifiche munizioni. Grazie ad esse, quell’utensile così speciale, permetteva con un sol colpo di uccidere un essere demoniaco. 

Il mezzo demone si ritrovò a controllare le munizioni che ancora aveva a disposizione. La notte precedente, prima di riuscire a colpire il braccio di Sesshomaru, aveva sparato al vuoto ben quattro volte. A quel pensiero il giovane si ritrovò a sospirare. Forse suo fratello non aveva tutti i torti. Inuyasha era consapevole di quanto la sua mira fosse pietosa e il pensiero di impugnare una pistola, ancora lo faceva tremare. Era consapevole di non essere degno di possedere un’arma di tale calibro. 
Eppure, una parte di sé continuava a ripetergli che se fosse finita in mani sbagliate, quell’arma avrebbe causato dei seri problemi. Sapeva di doverla tenere al sicuro. Si chiedeva solo perché il padre avesse deciso di affidare a lui questo compito. Si chiedeva perché, il potente generale cane dell’esercito tedesco, l’avesse donata a lui, un infimo mezzo demone, e non al primo genito.  

Stufo di quei pensieri, il mezzo demone ripose l’arma all’interno del cinturone, che di conseguenza posò con cura affianco agli abiti strappati che quel pomeriggio aveva rimosso. Poco dopo il suo arrivo infatti, il signor Bayer salì in soffitta portandogli un cambio e un pasto caldo.  Bayer era stato gentile con lui, forse anche troppo. Lo aveva accolto in casa sua, nonostante fosse inseguito dall’esercito, gli aveva offerto un pasto caldo e un giaciglio sul quale riposare. Non avrebbe mai potuto far abbastanza per ringraziare quella famiglia. 

Stancamente Inuyasha si trascinò verso quello che per quella notte sarebbe stato il suo letto. L’ultima volta che aveva chiuso gli occhi per riposare era dentro la sua stanza, nell’abitazione di Aaron. 
- Aaron...- il mezzo demone sospirò a quel nome. Il demone volpe doveva fidarsi molto del signor Bayer per averlo coinvolto nei suoi piani. Sperava solo di non causare problemi a quella famiglia gentile. 

Il mezzo demone ripensò alla scena osservata quel pomeriggio. Il signor Bayer sembrava essere un bravo papà. Era premuroso e sembrava sapeva il fatto suo riguardo le medicazioni, la tecnica dell’umano non era infatti sfuggita all’occhio attento del mezzo demone.  

Una fitta alla testa fece tornare Inuyasha alla realtà. Stancamente si stese su quel materasso e, portando le mani dietro la testa, osservò il soffitto. Non dormiva da settantadue ore, eppure non riusciva a riposare. I pensieri che gli aggrovigliavano la mente non volevano dargli tregua. 

Era rimasto solo, aveva perso tutti coloro che considerava amici. 
Prima Muller e Fisher, successivamente Meyer e le gemelline. Poco dopo si era trovato costretto ad abbandonare Aaron nel bosco e, la notte successiva, non aveva avuto il coraggio di tornare da Miroku. Era stato così tanto debole da non riuscire a proteggere nessuna delle persone a cui teneva.  
Il ragazzo si ritrovò a stringere forte i pugni, sentendo le sue unghie conficcarsi lentamente nella carne. 

Quante altre persone sarebbero morte per colpa sua? 
Quante altre vite avrebbe avuto sulla coscienza? 

Inuyasha si sentiva stremato. Calde lacrime iniziarono ad inumidirgli gli occhi e d’istinto serrò le palpebre. Sperava di riuscire ad addormentarsi e recuperare le forze. Desiderava che quella notte di luna nuova passasse in fretta, permettendo al suo animo umano di essere affiancato dal potere demoniaco. Solo grazie ad esso avrebbe potuto tollerare quelle perdite. 
Purtroppo, nonostante i suoi desideri, quella notte senza luna per Inuyasha fu maledettamente lunga. In quella fredda e polverosa soffitta, le emozioni del mezzo demone riuscirono a sovrastare il suo lato razionale, venendo frenate solo al sorgere del sole. 

Quella mattina la soffitta aveva assunto tutt’altro aspetto. La luce proveniente da un piccolo lucernario sul soffitto rendeva l’ambiente meno malinconico. Le ombre si erano andate pian piano schiarendo e quel clima di oppressione era stato spazzato via. Quando un timido raggio di luce illuminò il profilo del volto di Inuyasha, il ragazzo decise di issarsi a sedere. Anche quella notte non aveva chiuso occhio, ma in compenso, quando il suo potere demoniaco era tornato, aveva recuperato buona parte delle sue forze. 

Dopo essersi alzato dal materasso sul quale aveva riposato, il giovane iniziò ad ispezionare con curiosità quel luogo. La soffitta della famiglia Beyer era occupata da antichi mobili in legno, bauli e scatole di varie dimensioni. Curiosando fra di essi, il giovane mezzo demone trovò poggiate su un mobile alcune vecchie fotografie. Ne prese una in mano e la osservò, riconoscendo immediatamente un giovane signor Bayer che stringeva con affetto il ventre di una giovane donna. Inuyasha girò la fotografia in cerca di una didascalia, ma ai suoi occhi si presentò solo una data risalente a nove anni prima. Dopo aver dedotto che, probabilmente, la donna in questione fosse la mamma di Rin, ripose la fotografia dopo qualche minuto. 

Inuyasha si allontanò da quel mobile e riprese ad esplorare quel luogo. Ad un tratto, il fastidioso scricchiolio delle tavole del pavimento venne sostituito da quello di vetro in frantumi. Il mezzo demone osservò il pavimento e si rese conto di aver appena calpestato alcuni frammenti di uno specchio. Dopo un attimo di indecisione, con un profondo sospiro, decise di prenderne uno fra le mani artigliate e specchiarsi. Non scrutava con attenzione il suo riflesso dalla notte dei cristalli, da quando, in preda all’ira, aveva frantumato con un pugno la superficie riflettente all’interno della sua stanza. Durante la sua permanenza nell’abitazione di Aaron, più volte si era specchiato per lavarsi il volto, ma mai si era soffermato più di tanto. Dopo mesi, dunque, si era ritrovato a osservare con sguardo indagatore la sua figura. Finalmente aveva compreso cosa non andasse in sé, nel suo aspetto, nella sua persona. Ad averlo condannato, era solo la sua natura ibrida. 

- Inuyasha, mia figlia ha preparato la colazione. Vorresti scendere e mangiare con noi? - 

Il giovane si voltò verso il proprietario di quella voce. Il signor Beyer stava ancora sulla scala in legno che portava alla soffitta. Il mezzo demone lo scrutò con attenzione, non voleva causargli ulteriori problemi. 

- Signor Bayer, io la ringrazio, ma non sarebbe troppo rischioso? - 

- Sta tranquillo Inuyasha. L’abitazione dista abbastanza dalla città. Se sentirai la presenza di qualcuno nelle vicinanze potrai ritirarti nuovamente in soffitta. Qui dentro la tua presenza sarà occultata. - 

Un po’ titubante il giovane decise di seguire il padrone di casa al piano inferiore. Con attenzione, scese la ripida scala in legno che portava direttamente nella sala centrale della casa dove, seduta al tavolo, la figlia del signor Bayer attendeva i due uomini. Dopo essersi accomodati, i tre iniziarono a mangiare con gusto quelle pietanze che la bimba aveva preparato. 

- Rin, oggi potresti andare nel bosco per raccogliere dei funghi? Le scorte stanno terminando. - 

La piccola annuì alla richiesta del padre. Grazie a quella scusa avrebbe potuto rivedere quel demone che il giorno precedente aveva provato ad aiutare. Era curiosa. Sapeva che il suo papà si sarebbe arrabbiato molto se lo avesse scoperto, ma una parte di lei credeva che ne sarebbe stato orgoglioso. Il signor Bayer ripeteva sempre alla figlia che avrebbe dovuto aiutare chiunque fosse in difficoltà, a prescindere dalla razza. Bayer sperava che, così facendo, la sua bambina sarebbe cresciuta buona e gentile, per nulla plasmata secondo il volere del Führer. 

Finita la colazione, Inuyasha osservò la piccola Rin uscire spedita dall’abitazione e decise che era giunta l’ora di ritornare su in soffitta. Intuite le intenzioni del giovane, il signor Bayer lo fermò sul posto. 

- Aspetta un attimo Inuyasha. Vorrei prima darti una cosa. - 

Il padrone di casa sparì dietro una delle tre porte che davano sulla sala principale, lasciando un Inuyasha piuttosto perplesso ancora seduto al tavolo. Il signor Bayer fece il suo ritorno pochi minuti dopo, con in mano mortaio e pestello. Dopo essersi accomodato al suo posto, il padrone di casa estrasse dalla ciotola in legno un fungo essiccato e quello che sembrava uno stano bastoncino. Il mezzo demone riconobbe subito la particolare forma del fungo e rabbrividì quando il signor Bayer iniziò a pestarlo.  

Istintivamente Inuyasha iniziò ad allontanarsi da quel tavolo per paura di essere nuovamente paralizzato, ma ancora una volta fu fermato dalle parole dell’uomo. 

- Inuyasha dove vai? Aiutami con questa radice di liquirizia. Quando avrai finito di macinarla la uniremo alla polvere del fungo. Grazie a questo miscuglio il tuo odore e la tua aura saranno nascosti ai demoni. - 

- Mi scusi Bayer, ma preferisco tenermi a distanza da quella polvere. Già una volta ne sono stato vittima. - 

L’umano non riuscì a trattenere una fragorosa risata che indispettì un po’ il mezzo demone. 

- C’era da aspettarselo da Aaron! Inuyasha non temere, vedrai che questo miscuglio gioverà a tuo favore. Siediti dal lato opposto al mio e occupati della radice. Io cercherò di non far alzare troppa polvere. - 

Ancora titubante, il giovane fece come richiesto. Si sedette il più lontano possibile da quella ciotola e iniziò a sminuzzare la radice di liquirizia essiccata. 

- Sai Inuyasha, è stato Aaron a chiedermi di sperimentare questo miscuglio. Quando, mesi fa, è giunto da noi per stringere un accordo, mi ha chiesto di trovare una soluzione a questo vostro problema. Aaron sapeva che una volta fuori dal cerchio delle streghe sarebbe stato molto più facile individuarvi e voleva far il possibile per tenervi al sicuro. - 

Inuyasha ascoltava in silenzio quelle parole, Bayer sembrava conoscere bene il demone volpe. 

- Prima di ripartire per il suo viaggio, ha usato il suo potere nel bosco nel quale io e mia figlia abitiamo. Da allora questo tipo di funghi ha iniziato a germogliare e, grazie a questo suo gesto, ho potuto studiarli. Ho eseguito molte prove prima di giungere ad un risultato discreto, ma per fortuna la radice di liquirizia sembra essere il supplemento ideale per la polvere di questi funghi. - 

Il mezzo demone, intanto, continuava a pestare con cura quella radice essiccata che ben presto divenne polvere. Il signor Bayer osservò soddisfatto il lavoro del mezzo demone, dopodiché chiese al ragazzo di passargli ciò che rimaneva della radice. Dopo aver preso in mano un po’ di quella polvere, l’uomo l’aggiunse alla sua ciotola e con calma iniziò a mescolare per bene. 

- Aaron aveva preso a cuore la vostra storia. Quando è giunto qua aveva uno strano luccichio negli occhi. Si sentiva orgoglioso delle sue scelte. Era la prima volta, dopo anni, che lo vedevo in questa maniera. Dopo la morte del figlio, avvenuta durante la grande guerra, era molto cambiato. Era diventato molto cupo e solitario. Cedo che aiutarvi gli sia stato di grande aiuto, sai? - 

Inuyasha rimase stupito da quelle parole, non sapeva che Aaron avesse un figlio. Avrebbe voluto porre innumerevoli domande sul demone volpe, ma pensava di essere fin troppo invadente. Un sorriso amaro si dipinse sulle sue labbra. Se al suo fianco ci fosse stato Fisher, il mezzo demone cinghiale non si sarebbe posto tali problemi. 

- Ed ecco fatto. Inuyasha, ti dispiacerebbe prendermi una boccetta da quel ripiano? -  

Dopo aver seguito con lo sguardo il punto indicato da Bayer, Inuyasha si alzò in piedi e prelevò una piccola boccetta con il tappo in sughero. Confuso passò il recipiente all’uomo che versò al suo interno quel miscuglio di polveri. Chiusa l’apertura con il tappo in sughero, l’umano prese dalla tasca un piccolo gomitolo di spago che avvolse attorno al collo della boccetta. Terminato il lavoro, passò al mezzo demone il risultato finale. 

- Se terrai questa al collo, nessuno potrà individuarti per l’odore o l’aura demoniaca, ma ricorda, il miscuglio funzionerà solo se lo terrai legato al collo. Per qualche ragione, a me sconosciuta, se tieni la boccettina in mano o in tasca la polvere non nasconderà la tua presenza. Fanne buon uso Inuyasha. - 

Dopo aver preso quella boccettina dalle mani dell’umano, Inuyasha legò al collo le due estremità dello spago. 

- Bayer, posso chiederle come lei e Aaron vi siete conosciuti? - 

L’ombra di un sorriso si dipinse su quel volto dai lineamenti marcati. 

- Può sembrare assurdo, ma Aaron era un mio professore dell’università. Insegnava biologia vegetale e botanica, la sua conoscenza al riguardo era invidiabile. É grazie a lui che adesso sono quello che vedi. - 

Il mezzo demone ricordò le spiegazioni che il demone volpe diede a Fisher durante il loro primo incontro. La natura sembrava non nascondere segreti ad Aaron. 

- Com’era come professore? - 

- Le sue lezioni erano le più interessanti del corso. Adorava insegnare, ma purtroppo dopo la grande guerra e la perdita del figlio decise di ritirarsi nella Forst Grunewald e vivere la sua vita in solitario. Con l’ascesa del regime nazista, prese la decisione di radunare il suo clan divenendo il capo del gruppo di oppositori di cui faceva parte. Voleva fermare il Führer per evitare che altri innumerevoli giovani morissero al fronte. Il resto della storia la conosci. - 

Inuyasha decise di non indagare oltre e ritirarsi nuovamente su in soffitta. Era passato già diverso tempo  dalla colazione e la paura di mettere nei casini quella famiglia, lo stava pian piano prendendo. 

- Signor Bayer, io la ringrazio per tutto ciò che ha fatto per me. Penso che questa notte lascerò la vostra casa, vi ho già recato tanto disturbo. - 

- Non preoccuparti Inuyasha davvero. Sappi comunque che il viaggio verso la prossima famiglia non sarà affatto semplice. La tua prossima tappa sono le Alpi Bavaresi, lì troverai una famiglia di origini giapponesi, saranno loro ad aiutarti a raggiungere la Svizzera. - 

Annuendo a quelle parole, Inuyasha si alzò dalla sedia sulla quale era seduto e si diresse verso le scale che portavano alla soffitta. 

- Inuyasha, un’ultima cosa. Prima di sta sera ti preparerò dei miscugli di polveri che possono aiutarti con i militari. -  

Il giovane ringraziò nuovamente l’umano, dopodiché sparì dalla vista del signor Bayer. 

Intanto, per le strade di Kemberg 
Un gruppo di demoni lupo, soldati della divisione capitanata dal generale Yoro, racimolava informazioni riguardo la famiglia Bayer. Koga era giunto in quella cittadina per chiarire con la famiglia delle questioni. Gli giunse voce che, mesi prima, il demone volpe che avevano ucciso, Aaron Schmidt, aveva avuto contatti con un certo Bayer e adesso doveva solo appurarsi della sua lealtà al regime. 

- Generale, la famiglia risiede in una casa ai margini della città. I soldati umani che pattugliano le strade hanno affermato di non aver visto nessun movimento sospetto verso l’abitazione, ma non credo siano affidabili. - 

Dopo aver ascoltato il rapporto del suo sottoposto, il generale Yoro marciò verso la direzione indicata. Con cinque dei suoi più fedeli soldati, si indirizzò verso quella casa nel bosco, pronto ad eseguire il compito per quale erano stati assegnati. 

Arrivati dinanzi la modesta abitazione in pietra, collocata fra gli alberi che circondavano Kemberg, il generale non poté far altro che bussare, con una certa irruenza, alla pesante porta in legno che divideva lo spazio esterno da quello interno. Koga non attese molto, dopo pochissimi minuti un uomo aveva aperto l’uscio di casa invitando ad entrare i sei militari. 

Il generale scrutò con una minuziosa attenzione quell’ambiente. La stanza era modesta, occupata per lo più da una cucina in muratura, un piccolo tavolo rettangolare e un discreto camino in pietra davanti il quale erano collocate due comode poltrone.  

- Generale, è un onore avervi in casa mia. Cosa vi porta qui? Volevate parlarmi? - 

Sentendosi chiamare, il demone lupo si voltò ad osservare il suo interlocutore. L’umano che gli aveva rivolto la parola dimostrava circa quaranta o quaranta due anni. Aveva un viso dai lineamenti duri, un naso aquilino e portava un pesante paio di occhiali da vista che gli rendevano gli occhi molto piccoli. 

- Salve signor Bayer. Avrei delle domande per lei, possiamo accomodarci? - 

L’uomo acconsentì alla richiesta del generale e, con un semplice gesto, invitò il militare a prende posto su una delle due poltrone collocate dinanzi il camino. Koga non si fece pregare, dopo pochi attimi era già seduto su una delle due poltrone, pronto ad interrogare il povero signor Bayer. 

- La ringrazio per la disponibilità, ma adesso arriviamo al dunque. 
Sappiamo che due mesi fa ha avuto dei contatti con il capo degli oppositori. Cosa è venuto a farci qui, a casa vostra, Aaron Schmidt? Devo forse dubitare della vostra lealtà al regime signor Bayer? - 

L’umano non si scompose affatto, rivolgendo al generale un piccolo sorriso. 

- Non mi aspettavo che la visita di un amico potesse generare così tanti problemi. - 

Con le mani giunte poggiate sopra le gambe accavallate, Koga osservava il signor Bayer con un sopracciglio alzato. 

- Non faccia lo spiritoso con me signor Bayer. Sappiamo entrambi che Aaron Schmidt è un individuo pericoloso e instabile. Vi conviene parlare prima che esaurisca la pazienza. - 

Con uno gesto distratto della mano, il generale ordinò al suo sottoposto di puntare l’arma alla testa dell’uomo. Koga era certo che, così facendo, l’umano avrebbe parlato. 

Nonostante l’arma puntata addosso, il signor Bayer rimase impassibile. 

- Mi spiace generale, ma non credo di essere in grado di darvi le risposte che cercate. - 

Corrucciato, il generale Yoro si alzò in piedi e iniziò a camminare per l’abitazione. 

- Quindi non le dispiace se i miei sottoposti ispezionino l’ambiente. - 

Il signor Bayer questa volta non emesse suono. Con in volto un’espressione seria, osservava quei demoni lupo fiutare e mettere a soqquadro la sua casa. L’uomo sperava solo che non si accorgessero della piccola apertura che portava alla soffitta. La botola sul soffitto era nascosta fra le travi, era davvero difficile riuscire ad individuarla se non si fosse prestata la giusta attenzione.  

Il mezzo demone, intanto, si sentiva irrequieto. Aveva fiutato il gruppo di demoni ancor prima che bussassero alla porta e, in preda alla paura, aveva lasciato l’abitazione dal lucernario presente in soffitta. Appollaiato sul ramo di un albero, non molto lontano dalla casa di Bayer, attendeva l’attimo durante il quale quel gruppo di soltati avesse lasciato l’abitazione. 

All’interno della casa, il clima non era affatto tranquillo. Koga osservava i suoi compagni d’armi brancolare nel buio, nessuno sembrava riuscire a trovare traccia della corruzione di quella famiglia. 
Proprio quando il generale stava per dare l’ordine ai suoi sottoposti di ritirarsi, un piccolo particolare attirò l’attenzione del demone lupo. Con gli occhi puntati alle travi del soffitto, parlò nuovamente al signor Bayer.  

- Quella botola porta ad una soffitta? -  

Colto di sorpresa, Bayer perse del tempo prima di annuire a quella domanda. 

- Ispezionatela. - 

Una volta aperta la botola, i demoni lupo salirono su per la ripida scala in legno e iniziarono ad ispezionare la soffitta. Dopo pochi minuti, uno dei sottoposti di Koga ritornò nella sala principale con in mano alcuni stracci ricoperti di polvere e sangue. In quel momento un odore diverso da quello dei presenti investì le narici del generale: odore di mezzo demone. Un sorriso beffardo deformò il volto del demone lupo. Ora si che avrebbe potuto divertirsi. 

- Bene bene. Abbiamo un traditore qui. E io che credevo nella vostra buona fede. - 

Bayer, ormai alle strette, strinse forte i braccioli della sua comoda poltrona. Stava per morire, stava per ricongiungersi a sua moglie e il suo amico Aaron. Non temeva la morte, ma istintivamente il pensiero arrivò alla figlia. Sperava che la sua Rin non vedesse quella scena, confidava nel fatto che Inuyasha non l’avrebbe abbandonata. Chiudendo gli occhi, il signor Bayer attese di morire. 

Con un gesto repentino, il generale Yoro afferrò il collo del signor Bayer e lo issò di peso dalla poltrona, finalmente poteva liberare il suo istinto animale. Le zanne in mostra, gli occhi rossi. Con sguardo affamato, Koga osservò per qualche istante il volto sofferente dell’umano per poi affondare le zanne nella sua gola. Il sangue iniziò a colare dal collo dell’umano, macchiando di rosso il tappeto sottostante. Quando Bayer smise di dimenarsi, ormai privo di vita, il generale gettò via il cadavere, decisamente soddisfatto. 

In quel momento, i suoi sottoposti si avvicinarono al corpo inerme del signor Bayer e, dopo aver strappato la camicia dell’umano, iniziarono a cibarsi delle sue interiora, proprio come dei lupi affamati. 

In quel frangente, la piccola Rin era giunta dinanzi la casa. Ferma sull’uscio della porta d’ingresso, vide il generale lupo uccidere il suo dolce papà. Pietrificata da quella scena crudele, la bambina non riusciva a pensare cosa fare. Sapeva che avrebbe dovuto correre lontano da quel luogo, ma ancora rimaneva lì, a fissare il corpo ormai inerme del genitore che stava venendo sbranato dai lupi.  

Quel suo gesto così avventato, permise ad uno dei sottoposti di Koga di accorgersi della sua presenza. Alzando gli occhi dalla sua preda, Ginta osservò la piccola Rin e si rivolse al suo generale. 

- Capo, c’è una bambina alla porta. - 

Il generale si ripulì la bocca sporca di sangue con la manica della divisa e si avvicinò con calma alla piccola. Giunto dinanzi la bambina, si abbassò alla sua altezza e, con delicatezza, le spostò una ciocca ribelle dietro l’orecchio. 

- Scappa via bimba. - 

Quelle parole fecero sbloccare la piccola Rin che meccanicamente eseguì l’ordine del demone lupo. In preda alla paura, la bambina si avventurò nuovamente nel bosco cercando di raggiungere quell’unica figura che, oltre il suo papà, pensava l’avrebbe protetta. 

Koga osservò quella bambina andar via.  
Presto sul suo volto si dipinse un ghigno malvagio e, camminando nella direzione opposta alla piccola, parlò ai suoi sottoposti.  

- Uccidetela. - 

Intanto, nel bosco attorno alla casa 
Inuyasha stava ancora appollaiato sul ramo di un albero. Il suo animo era inquieto, un pungente odore di sangue era arrivato alle sue narici e ciò non prometteva nulla di buono. Preoccupato, il giovane saltò giù dall’albero e, assicuratosi dell’assenza dei militari, iniziò far strada verso l’abitazione dalla quale era fuggito. 

Quando finalmente raggiunse la casa, non riuscì a credere ai suoi occhi, la massiccia porta in legno che segnava l’ingresso della casa del signor Bayer era spalancata, regalando al mezzo demone uno scenario raccapricciante. La stanza principale era stata completamente messa a soqquadro: i mobili erano stati svuotati dai loro utensili, ora riversati sul pavimento. Le boccette che stavano riposte sulla mensola erano andate distrutte per il violento contatto con il pavimento. Nella parte destra della stanza, occupata dal camino in pietra e le due poltrone, stava steso per terra il corpo senza vita di Bayer. 

Con gambe tremanti il giovane mezzo demone varcò la porta di ingresso. La puzza di sangue e lupo impregnava l’aria, sapeva già che ciò che avrebbe visto non gli sarebbe piaciuto. Quando infatti raggiunse il corpo dell’uomo, Inuyasha represse un conato di vomito. 

Il corpo di Bayer era stato sviscerato. Il suo addome era stato aperto a morsi e privato delle sue interiora. Sul collo dell’uomo era possibile notare gli evidenti segni di una presa salda e di un morso profondo. 

Inuyasha strinse forte i pugni, conficcandosi gli artigli nelle carne. Gocce del suo stesso sangue iniziarono a macchiargli le mani. Sapeva che era tutta colpa sua. L’ennesima persona aveva perso la vita a causa sua. 

I suoi occhi si tinsero di rosso. Inspirò forte l’aria e impresse nella sua mente il fetore che emanava quel corpo. Promise a sé stesso che avrebbe trovato il bastardo che aveva ridotto in quelle condizioni il povero Bayer e gli avrebbe riservato lo stesso trattamento. 

Un urlo straziante lo fece tornare al presente. Quella voce... 

- Rin.... -  

Una lacrima ribelle riuscì ad uscire da quegli occhi che in quei mesi avevano visto fin troppe atrocità. 
Non poteva continuare a mettere in pericolo tutti coloro che cercavano di aiutarlo. Non poteva raggiungere le Alpi Bavaresi e mettere a rischio un’ulteriore famiglia. 

Presa la sua decisione, il mezzo demone recuperò dall’abitazione le cose che potevano tornargli utili e le ripose all’interno della sacca che portava con sé dall’inizio di quel viaggio. Avrebbe vendicato tutti coloro che avevano perso la vita. Avrebbe ucciso Sesshomaru e quel generale lupo che aveva sbranato il signor Bayer e la piccola Rin. 

Mentre il generale lupo rimetteva ordine a Kemberg 
Il colonnello Jaken cercava disperatamente il suo generale. Dopo l’attacco ad Inuyasha, il demone kappa e i suoi compagni d’armi non avevano avuto più notizie riguardo il loro superiore. Poche ore dopo la sparizione del generale, Jaken decise di prendere la situazione in mano. Dopo aver ordinato ai suoi compagni darmi di ergere un piccolo accampamento, partì alla ricerca del generale No Taisho in groppa ad un demone drago. 

- Generale No Taisho... Sesshomaru, mio signore per favore rispondete! Dove siete? - 

Non udendo nessuna risposta, Jaken iniziò a pensare il peggio. Durante lo scontro, il piccolo demone kappa aveva riconosciuto l’arma che il suo generale aveva estratto dal fodero di Inuyasha e non poté far altro di pensare che Sesshomaru fosse stato ucciso da una pallottola di Tessaiga. 
Incerto sulla salute del suo superiore, il demone kappa si apprestò ad atterrare in una piccola radura. Proprio lì, mentre i suoi pensieri logoravano ogni sua speranza, il generale No Taisho fece il suo ritorno.  

- Generale No Taisho! State bene?! Ma, cosa è successo al vostro braccio? - 

Quelle parole infastidirono il generale tanto che, con il braccio sano, raccolse da terra un sassolino e lo lanciò sulla testa del colonnello che di conseguenza perse l’equilibrio. 

- Sta zitto Jaken. - 

In quel momento una folata di vento portò con sé odore di sangue e di lupi. Il pensiero di Sesshomaru volò immediatamente alla piccola bambina che fino a quella mattina era andata a trovarlo. Incuriosito, decise dunque di seguire quell’odore di morte. 

Jaken osservava Sesshomaru perplesso, ma in silenzio, decise di seguire il suo signore. I due, a passo lento, si addentrarono fra la vegetazione bloccando il passo solo una volta raggiunta la loro meta.  

Privo di vita, il corpo della piccola Rin giaceva sul suolo innevato.  

Sesshomaru osservò per bene quella piccola creatura, la sua vista e il suo olfatto non potevano ingannarlo. Sul fragile corpo della bambina erano visibili chiari segni di zanne e l’odore di demone lupo ricopriva la dolce fragranza emanata dalla piccola. 

- Che cosa sarà successo? - 

Incuriosito dalla scena, il colonnello Jaken si avvicinò al corpo della bambina. 

- Sembra proprio che questa ragazzina sia stata uccisa a morsi. Generale Sesshomaru, voi conoscete questo essere umano? - 

Quelle parole, emesse dalla voce gracchiante del colonnello, fecero scuotere il demone cane e strane domande iniziarono a girargli per la mente. Perché la divisione di Koga aveva attaccato una bambina umana? Perché quella fragile creatura non aveva provato a chiedere aiuto in città? Perché stava correndo nella direzione del luogo in cui lui, fino a qualche ora prima, stava riposando? 

Improvvisamente sentì Tenseiga pulsare all’interno del suo cinturone. Spinto da una strana curiosità, prese in mano la sua arma e, finalmente, comprese il significato delle parole del padre. Sorpreso da quello che il potere della pistola gli stava mostrando, osservò i tre spettri dell’aldilà che giravano attorno al corpo inerme di Rin. 

- Perché non sperimentare ora il potere di Tenseiga? - 

Tirato indietro il cane dell’arma e presa la mira, Shessomaru premette la leva di scatto. A quel suo gesto, la pallottola uscì a gran velocità dalla canna dell’arma colpendo in pieno uno degli spiritelli. Il generale ripeté quel gesto tante volte quanto il numero delle creature dell’aldilà che, al contatto con il proiettile, si dissolsero nel nulla. 

Eliminati gli spiriti dell’aldilà, Sesshomaru si avvicinò al corpo di Rin. Dopo essersi inginocchiato, con delicatezza sollevò la bambina dal terreno e rimase stupito quando udì chiaramente il cuore della piccola riprendere a battere. 

- É tornata in vita? -  

Perplesso Jaken osservava quella scena.  
Perché il suo signore aveva salvato la vita di un debole essere umano? 
Non riusciva a darsi una risposta. 

Intanto, lentamente la bambina aprì gli occhi e si ritrovò dinanzi al suo salvatore. 
La piccola Rin sorrise a quella vista, sapeva che poteva fidarsi di quel demone, sapeva che in un modo o in un altro l’avrebbe salvata. 

Dopo aver aiutato la bambina a rimettersi in piedi, Sesshomaru assunse nuovamente una posizione eretta. 
Cosa ne avrebbe fatto di quella bambina adesso?  

Se Koga o la sua divisione avessero scoperto del suo gesto, avrebbe avuto delle seccanti questioni da risolvere con il Führer. Di contro, se avesse lasciato da sola quella bambina, probabilmente sarebbe stata nuovamente picchiata e, sicuramente, avrebbe sprecato quella seconda possibilità che lui stesso gli stava offrendo.  

L’immagine di pochi attimi prima apparve nuovamente nella sua mente e parlò prima ancora di riflettere. 

- Jaken, occupati di lei. Quando torneremo all’accampamento devi assicurarti che non si cacci nei guai, dovrà rimanere nascosta. - 

Jaken osservò sconvolto il suo superiore.  
Il suo signore si stava preoccupando delle sorti di quella bambina? Perché voleva portarla con sé? 

- Ma mio giovane generale, non possiamo portarla con noi. I demoni ne percepirebbero l’odore. - 

La piccola, fino ad allora rimasta in disparte ad osservare i due, sorrise a quelle parole, lei aveva un asso nella manica. Restando in silenzio, controlla la tasca del suo vestitino color salmone, o almeno di ciò che ne rimaneva, ed estrasse una piccola boccettina. Prendendo tra le mani le estremità dello spago avvolto nella boccetta, se lo portò al collo e lo legò forte. Quel piccolo miscuglio preparato dal suo papà l’avrebbe protetta, ne era certa. 

Sentendosi osservata, Rin alzò lo sguardo verso il grande demone che aveva davanti. Sesshomaru la scrutava attentamente.  

- Cosa porti al collo? - 

La piccola gli sorrise, dopodiché gli rivolse per la prima volta la parola. 

- É un dono del mio papà. Se il mio odore è un problema per voi, questo amuleto lo nasconderà. - 

Il generale osservò per qualche altro secondo la bambina, dopodiché iniziò ad incamminarsi.  
Portare la piccola Rin con sé, nel suo accampamento, non era una scelta saggia, ma quella piccola aveva attirato il suo interesse. Voleva osservarla, studiarla e, forse, avrebbe potuto anche dargli una mano. Quello strano miscuglio che la bambina portava al collo era abbastanza ingegnoso. Era certo che Inuyasha fosse diretto a Kemberg. Avrebbe scommesso sulla sua stessa vita che il fratello avesse raggiunto la città proprio per quel particolare oggetto. Era certo che la bambina fosse entrata in contatto con il mezzo demone. Quasi sorrise soddisfatto. Avrebbe guadagnato la fiducia di Rin, l’avrebbe protetta per poi, al momento giusto, sfruttare la sua presenza a suo favore. Quella bambina sarebbe stata l’esca perfetta per attirare il mezzo demone dritto fra le sue fauci. 

 


 

FrancyT: 

Ciau! Eccomi tornata con un nuovo aggiornamento, che dire... 
Sono già pronta a sentirmi dire quanto io sia stata, nuovamente, crudele ^^” 
In ogni caso, prima di parlare del capitolo, vorrei ringraziare Jeremymarsh. Il tuo ultimo commento mi ha ricordato una cosa fondamentale: quando si scrive lo si fa innanzitutto per noi stessi. Queste semplici parole mi hanno tirato fuori dalle paranoie. In fondo la storia è mia e se non piace alla gente, me ne farò una ragione. Scrivo per divertimento alla fine .-. 
Grazie davvero, mi serviva sentirmi dire ciò. 

Ora però torniamo alle cose serie! 
Questo capitolo è il più lungo che io abbia scritto. Inizialmente volevo dividerlo, per la precisione dopo lo scontro tra i due fratelli, ma alla fine ho ritenuto più corretto lasciarlo per intero. 
Come ogni mio aggiornamento, adesso procediamo per punti! 

1. Scrivere di un personaggio come Sesshomaru non è stato semplice. Per quanto lo adori, non credo affatto di essere riuscita a renderlo simile all’anime. Ma va beh! Penso inoltre che sia palese il riferimento agli episodi dell’anime da cui ho scopiazzato qualche battuta e qualche evento. Lo scontro tra Sesshomaru e Inuyasha è ripreso dai primi episodi (Per intenderci, quando Sesshomaru cerca il fratello per ottenere Tessaiga). Mentre l’incontro con Rin, beh... C’è bisogno di dirlo? Ho praticamente copiato paro paro l’episodio, cambiando qualcosina .-. Spero comunque apprezziate la mia scelta di lasciare Rin bambina all’interno della mia storiella. Ammetto che nell’anime ho molto apprezzato la crescita del personaggio di Sesshomaru, di cui Rin ha avuto un suo ruolo, quindi mi piaceva provare a trattare ciò. Vedremo poi insieme se riuscirò a scrivere qualcosa di decente dai.
2. Ammetto che non credo affatto che Inuyasha avrebbe mai lasciato Miroku indietro, senza neanche accertarsi delle sue condizioni. Però una parte di me mi ha ricordato che, nella mia storiella, Inuyasha ha vissuto una vita più tranquilla rispetto all’anime (almeno, fino a prima della notte dei cristalli .-.) quindi penso che le morti avvenute in precedenza l’abbiano turbato molto. Di conseguenza, una persona già turbata, tornerebbe davvero indietro per accertarsi delle condizioni di qualcun’altro? Per quanto risulti una scelta da “codardo”, penso che quando si va letteralmente nel panico, quella di scappare è la scelta in cui ci rifuggiamo in molti, ma magari sarà solo un mio pensiero. A proposito di animo tormentato... Abbiamo, finalmente, la prima notte di luna nuova(beh.. La descrizione ovviamente). Che dire ragazzi miei. A questo punto credo che ci stia il crollo emotivo di Inuyasha, no? Come potrebbe non sentirsi in colpa?
3. Vi ricordo che Inuyasha non ha mai seriamente combattuto nella mia storiella, quindi credo che il fatto che Sesshomaru sia riuscito a ferirlo sia una cosa un po’ logica (poi va beh, alla fine grazie al suo sangue demoniaco è riuscito a guarire velocemente). Sesshomaru è abituato a combattere, Inuyasha no. Eppure il mezzo demone ha provato a tenergli testa, principalmente scappando. Cos’altro dire al riguardo? Si, proprio per questo stesso motivo credo che Inuyasha abbia paura nel tenere in mano una pistola. A lui non è mai importato nulla di questo genere di argomento ed inoltre, immagino che Toga non insegni ad un bambino di cinque anni a maneggiare una pistola, no? Inoltre, diciamolo chiaramente, Inuyasha è riuscito a colpire Sesshomaru solo perché quest’ultimo, trasformandosi, ha praticamente agevolato il fratello a centrare l’obbiettivo. 
4. Per quanto riguarda la parte con Sesshomaru ferito... Scommetto che in molti si saranno chiesti: “Ma se Sesshomaru era vicino a Kemberg, come ha fatto a non rendersi conto della presenza di Inuyasha?”. Bhe! La mia mente ha pensato che attualmente Sesshomaru si stia concentrando principalmente per aumentare il processo di guarigione. Ingenuamente, penso che non ci faccia molto caso proprio per questo motivo. Inoltre nell’abitazione, nella soffitta in particolare, il signor Bayer ricorda a Inuyasha che lì la sua presenza sarà occultata. In breve, così come nell’abitazione di Aaron, la soffitta del signor Bayer ha uno strambo meccanismo che nasconde l’odore e la presenza di un determinato individuo. Ho dovuto giocare di fantasia, mi spiace. 
5. Rin... La piccola Rin mi ha molto confuso. Trovavo il suo atteggiamento forzato, però poi ho pensato... Se il signor Bayer aiuta i mezzo demoni, è perché li considera semplicemente come esseri viventi e non come “razza inferiore”, no? Quindi, un uomo che fa queste azioni, non insegna alla propria figlia che bisogna aiutare tutti coloro che ne hanno bisogno, a prescindere dalla loro razza di appartenenza? Di conseguenza, una bambina cresciuta con questi insegnamenti, farà di tutto per aiutare un demone in difficoltà, no?  
6. Approfitto di questo spazio anche per dire due parole sulla questione “soldati umani”. Visto le evidenti differenze tra umani e demoni, penso che sia un po’ palese quale sia la fine che faranno i militari umani durante il conflitto mondiale. Inoltre non considero gli umani stupidi. Sono consapevoli della fine che faranno, quindi, visto che non possono sfogare la propria frustrazione contro i propri superiori, perché non prendersela con dei poveri cittadini che non possono neanche ribellarsi?  
7. Bhe... Arriviamo a Koga... Avevo un po’ di paura a presentarvelo così. Ma ammetto, almeno per questa parte, di aver preso come riferimento la prima apparizione di Koga, prima che lui incontrasse Kagome per intenderci. Chissà se il mio Koga rimarrà così crudele o se magari si rivelerà una persona diversa. Vedremo! 
8. Una parte di me non ha mai compreso a pieno perché, nell’anime, Sesshomaru abbia salvato Rin. Ho rivisto l’episodio proprio per scrivere la scena, ma continuo ad avere sempre qualche dubbio. In ogni caso, anche nella mia storiella la salva. Mh.. Una parte di lui considera anche “ingiusto” che la divisione di Koga l’abbia uccisa, non ne trova il motivo ecco. Ma va bhe! Sesshomaru, dunque, sperimenta finalmente Tenseiga, quell’arma che tanto detesta (ma che tiene al suo fianco perché è un regalo del suo adorato papà XD) e decide di sfruttare la piccola Rin per provare a catturare il fratello. Bhe... Sfrutterà davvero la piccola Rin per uccidere Inuyasha? 

Concludo questo mio monologo con il ringraziare sempre tutti coloro che leggono e commentano questa mia storiella. Mi scuso sempre per eventuali errori sparsi qua e là nel capitolo e vi dico già da adesso che per il prossimo aggiornamento dovrete aspettare quasi due settimane! 
Alla prossima! 

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Capitolo 6
*** Aprile 1939 ***


Germania, Aprile 1939 

Ore 22:00 

Immerso nella semi oscurità di una delle stanze all’interno del centro di alto comando delle forze armate tedesche, una figura osservava con sguardo assorto il paesaggio fuori dalla finestra. 

Nel silenzio della stanza, rifletteva sugli ultimi accordi che aveva stipulato con l’Italia. Sei mesi prima aveva mandato Kagura, sua più fedele compagna, nel territorio italiano per proporre a Benito Mussolini un accordo. Durante il colloquio Kagura cercò di convincere il Duce dell’importanza di quella loro proposta, argomentando che, forse nel giro di tre o quattro anni, un confronto armato contro Francia e Regno Unito sarebbe stato inevitabile.  
Ovviamente la demone del vento non aveva deluso le sue aspettative. Con poche e semplici parole era riuscita a raggirare l’uomo italiano che, nel Gennaio 1939, accettò di aderire al patto italo-germanico. 

Un sorriso malvagio si dipinse sul volto del demone. Un’altra pedina era stata abilmente mossa all’interno del suo tavolo da gioco. Gli uomini e i demoni erano così facili da manipolare.  
Proseguendo in questa maniera avrebbe conquistato l’Europa in poco tempo e successivamente avrebbe mirato al resto del mondo.  

Il Führer era convinto che presto l’intero globo sarebbe caduto sotto il suo potere. 

Stanco di osservare il paesaggio oltre quella finestra, Naraku si accomodò su una delle due grandi poltrone poste dinanzi il camino. In silenzio osservò il fuoco scoppiettante dinanzi ai suoi occhi e rifletté su tutto ciò che aveva affrontato per giungere a quel punto. Con fatica e dedizione era riuscito ad ottenere il potere necessario, adesso doveva solo attendere il momento giusto prima di avere il controllo sull’intera popolazione. Per far ciò però, doveva eliminare a tutti i costi i mezzo demoni.  

Quegli esseri... 

Il viso pallido del Führer si corrucciò, i suoi occhi rossi assunsero una tonalità più intensa, intrisi di rabbia. La sua aura parve macchiarsi di quel sentimento negativo. Naraku avrebbe fatto di tutto per eliminare quegli esseri immondi, l’unico ostacolo che gli si piazzava sulla strada spianata. 

La presenza di qualcuno dietro la porta di ingresso della sua stanza, gli fece recuperare la concentrazione di cui aveva bisogno. Non poteva far cedere la sua copertura, non poteva permettere ai suoi sottoposti di vederlo in quello stato. 

- Entri pure generale Banryu, mi aggiorni sulle ultime novità. - 

Bankotsu fece presto il suo ingresso in stanza, non affatto sorpreso della perspicacia del suo superiore. Dopo il consueto saluto, si posizionò dinanzi il camino e attese un gesto del Führer per poter parlare. 

Naraku osservò il suo sottoposto. Il generale Banryu si era rivelato un'ottima pedina. Aveva adempito al compito da lui assegnato durante la notte dei cristalli in maniera impeccabile. Nell’arco di pochi mesi era riuscito a reclutare un discreto numero di umani da addestrare e, nei mesi a seguire, non aveva mai deluso le sue aspettative. Eppure, quel giorno non era giunto al suo cospetto per aggiornarlo dei risultati della sua ultima missione, lo sapeva. 

Il Führer fissò il generale negli occhi. Bankotsu stava per rivelargli qualcosa che non gli avrebbe fatto piacere. Già da giorni giravano strane voci all’interno dell’alto comando delle forze armate e, quella presenza nella sua stanza, testimoniava il fatto che non fossero semplici voci. 

Con un gesto della mano, Naraku concesse all’unico generale umano presente nel suo esercito di proferire parola. 

- Führer, mi spiace disturbarla a quest’ora ma è una questione urgente. L’assassino ha colpito nuovamente. - 

La questione sembrava essere più seria di quanto avesse immaginato.  
Quando il mese precedente gli era giunta voce di uno strano individuo che stava assassinando i suoi soldati, Naraku non si era minimamente preoccupato della cosa. Il capo del gruppo di oppositori del regime era stato eliminato e, in assenza di Aaron Schmidt, era certo che il gruppo non avrebbe potuto organizzare, in così poco tempo, una tattica per colpirlo. Pertanto, all’epoca dedusse che, con ogni probabilità, si trattasse di un singolo individuo con strane manie di giustizia, nulla che i suoi sottoposti non avrebbero potuto eliminare.  

Adesso, però, si ritrovava a pensare che, forse, la questione fosse più seria di quanto avesse pensato. A quel primo attacco, avvenuto a febbraio inoltrato, ne erano susseguiti altri, tutti svolti nella medesima maniera. 

- Capisco. - 

Il demone poggiò i gomiti sopra le gambe e congiunse le mani. Il suo indice destro picchiettava ritmicamente contro quello sinistro. Era stranamente preoccupato, quella situazione gli stava sfuggendo di mano. 

- Come si è presentata la scena del crimine questa volta? - 

Bankotsu osservò il Führer per qualche secondo, consapevole che la sua risposta non avrebbe fatto piacere al suo superiore. 

- Stesse dinamiche mio signore. Il nostro assassino colpisce le sue vittime alle spalle, squarciando i loro corpi con gli artigli. Nessuno è mai sopravvissuto per fornirci ulteriori dettagli. L’unica cosa che diamo per certa è la presenza di sangue demoniaco nel suo corpo. Non possiamo però confermare se sia un demone o un mezzo demone. - 

Infastidito da quelle insinuazioni, Naraku interruppe bruscamente il rapporto del generale. 

- Sciocchezze! Un mezzo demone non farebbe mai qualcosa di così avventato. Quegli esseri inutili pensano solo a salvarsi la pelle. Qualche altro dettaglio? - 

Bankotsu annuì. 

- Sembra che nessuno si accorga della sua presenza. Le sue vittime non sono solo umane, numerosi demoni sono stati eliminati nella medesima maniera. - 

Naraku fermò il gesto ritmico delle sue dita e portò una mano ad accarezzarsi il mento. 
Forse la cattura di quell’individuo avrebbe portato delle piacevoli scoperte. 

- Interessante... - 

Bankotsu poté giurare di aver visto uno strano luccichio prendere possesso degli occhi del demone. 

- Führer, come pensa che dovremmo agire? - 

Naraku parve pensarci un po’ su e, con un sorriso malvagio, si rivolse al suo sottoposto. 

-  Va dal generale No Taisho e avvisalo che la sua missione è cambiata. Il suo compito adesso sarà quello di fermare questa nuova minaccia per il paese. Una volta trovato, dovrà portarlo vivo al mio cospetto. - 

Bankotsu osservò il demone interdetto. Pensava che quel compito sarebbe stato affidato a lui e, senza rendersene conto, diede voce ai suoi pensieri. 

- Perché proprio No Taisho? - 

Naraku, mantenendo un'espressione impassibile, diede al generale la sua tanto attesa spiegazione. 

- Lui è l’unico che, quando si mette sulle tracce di qualcuno, non molla finché non cattura la sua preda. - 

Ancora indispettito, il generale accettò l’ordine e, in silenzio, raggiunse l’uscio della porta. Prima di poterla varcare, il Führer si rivolse nuovamente a lui. 

- Bankotsu, un’ultima cosa. Come va con i cadetti? - 

Un ghigno deformò le labbra del militare. Voltatosi nella direzione del demone, osservò la sua figura avvolta nella penombra.  

- Oggi il primo gruppo ha finito i due mesi di addestramento. Domani alcuni di loro verranno mandati ai campi, mentre altri affiancheranno le squadre di pattuglia nelle città. - 

Il Führer era soddisfatto di quella risposta, aveva scelto bene le proprie pedine. 

- Il secondo gruppo è già pronto? - 

Il generale riuscì a leggere il significato nascosto dietro quelle parole e rispose con tono sicuro al demone. 

- Certo mio signore. Quando sarà giunto il momento, avrà il giusto numero di soldati semplici, non si preoccupi. - 

Naraku osservò un’ultima volta la figura del giovane, dopodiché spostò lo sguardo su quella piccola fiammella che continuava ad ardere nel suo camino. I suoi piani erano lievemente cambiati ma, forse, ciò avrebbe giovato a suo favore. Se davvero l’assassino aveva il potere di nascondere la sua presenza, avrebbe potuto sfruttare quella caratteristica a suo vantaggio. Doveva solo aspettare che il generale No Taisho portasse al suo cospetto quell’essere dalla caratteristica così particolare. 

Quella stessa sera 
All’interno dell’accampamento del generale No Taisho, una piccola bambina dai lunghi capelli castani si aggirava silenziosamente fra le tende disposte su file parallele. La piccola Rin era sgattaiolata fuori dalla tenda del generale, nonostante le raccomandazioni che il vecchio colonnello Jaken le aveva rivolto. 

Un sorrisetto divertito sfuggì dalle labbra di Rin. 
Quante volte aveva fatto infuriare il piccolo demone kappa a causa della sua curiosità? 
Non sapeva dirlo con certezza, eppure, la piccola considerava l’atteggiamento di Jaken decisamente esagerato.  

Rin non era mai stata scoperta. Ogni volta che si avventurava per le sezioni dell’accampamento, nessun demone pareva notarla; alcuni troppo ubriachi per dar retta al loro udito, altri stranamente ignari della sua presenza. 
L’obbiettivo delle sue perlustrazioni non era malvagio. Rin non voleva di certo mettersi nei guai, né tantomeno tradire la fiducia che il signor Sesshomaru stava riponendo in lei. La piccola voleva solo curiosare un po’ in giro e ripagare il debito che aveva con il suo salvatore. 

Già da tempo, infatti, la piccola aveva notato il malcontento generale della divisione di Sesshomaru e temeva che questo clima potesse causare problemi al militare. Anche quella notte, infatti, la piccola Rin era nascosta dietro delle grandi casse e osservava con curiosità due demoni cane che, seduti per terra, sorseggiavano dell’alcol ed esponevano il loro malcontento.  

La piccola non sapeva dire con precisione che età potessero dimostrare i due, né tantomeno riusciva a decifrare il loro grado militare, però, se fosse stato necessario, avrebbe potuto offrire al Signor Sesshomaru la loro descrizione fisica. 

- Non mi aspettavo che stare nella divisione di No Taisho comportasse questo trattamento. Da quanto siamo bloccati in questo accampamento? Due mesi? Sono stufo di aspettare. - 

A parlare era stato il più alto dei due demoni. Aveva una corporatura massiccia, dei lineamenti marcati e un'espressione rassegnata sul volto. La sua pelle era ambrata mentre i suoi occhi, neri come la pece, erano contornati dai marchi demoniaci. 

- Di cosa ti sorprendi Eike? Il generale ci considera meno di zero. Siamo delle semplici pedine per lui, non importa se gli siamo fedeli o meno, ci sfrutta tutti alla stessa maniera. - 

Seduto di fianco ad Eike, il secondo demone cane degnò di una risposta il suo compagno d’armi.  
Rispetto ad Eike, lui possedeva dei lineamenti quasi femminili. La sua pelle color latte risaltava ancor di più messa a contrasto con i lunghi capelli neri che il demone portava legati in una bassa coda di cavallo. I suoi occhi stanchi, color del cielo, osservavano distrattamente il bicchiere vuoto che teneva fra le mani. 

- Sai Dolf, ho sentito che i più anziani rimpiangono Toga. Si dice che lui fosse un vero generale, che organizzasse in maniera impeccabile le sue truppe e che facesse di tutto per evitare perdite inutili. Tutto il contrario di suo figlio che preferisce svolgere il lavoro sa solo. - 

Un sonoro sbuffo uscì dalle labbra di Eike. Non si era di certo arruolato nell’esercito per passare le sue giornate da sbronzo all’interno dell’accampamento. Il demone cane voleva combattere per gli scopi del Führer, voleva aiutare il grande Naraku ad espandere i territori tedeschi così da permettere ai demoni maggiori spazi. Stancamente si portò nuovamente il bicchiere alle labbra e bevve tutto d’un sorso il contenuto rimanente. La gola parve bruciargli per qualche secondo, poi riprese a parlare. 

- E se facessimo richiesta di trasferimento? Tanto a No Taisho non importa di noi. Ho sentito che il generale Yoro considera i suoi commilitoni come parte del branco. Più volte ha messo a rischio la sua stessa vita per salvare i suoi sottoposti da morte certa. - 

Dolf arricciò il naso in una smorfia disgustata. Non riusciva proprio a tollerare la puzza che i demoni lupo emanavano. Indignato e sconcertato da quella proposta, cercò di comunicare al suo compagno d’armi tutto il suo dissenso.  

- Abbandonare No Taisho per un demone lupo? Giammai! -  

Eike decise saggiamente di far cadere l’argomento “trasferimento” e, sbuffando, si versò un altro po’ di alcol nel suo bicchiere, che svuotò poco dopo. Con sguardo perso per via dell’alcol in circolo, Eike si rivolse nuovamente a Dolf. 

- Credi che dovremmo far rapporto al Führer? -  

Quelle parole fecero rizzare le orecchie della piccola Rin. Se quei militari avessero fatto rapporto al Führer molto probabilmente il signor Sesshomaru sarebbe finito nei guai. 
Con coraggio, la piccola si sporse un po’di più verso i due demoni e ascoltò la risposta di Dolf che arrivò poco dopo. 

- Il Führer Naraku ripone la sua massima fiducia nel generale, No Taisho ha sempre portato avanti con successo le sue missioni. Piuttosto che declassarlo, il Führer finirebbe con il condannare noi come nemici dello stato. - 

Tirato un sospiro di sollievo, la piccola Rin tornò sui suoi passi ma, non prestando la dovuta attenzione, finì con l’urtare una delle casse dietro le quali si nascondeva. 

I due demoni si scambiarono uno sguardo d’intesa, a nessuno dei due era sfuggito quello strano rumore. Qualcuno li stava ascoltando e non potevano permettere che le loro lamentele arrivassero al generale. A passo lento si avvicinarono allora alle due casse, poste a pochi metri di distanza da loro, e accerchiarono il ficcanaso di turno. 

- C-colonnello Jaken! -  

Esclamarono i due, colti di sorpresa. Non si aspettavano di trovare, nascosto dietro quelle casse, il braccio destro del loro superiore. 
Il demone kappa osservava i due demoni cane con sguardo severo. 

- Quello che hanno appena udito le mie orecchie è corretto? Avete intenzione di tradire il vostro generale? Come osate anche solo pensare di tradire il grande generale No Taisho per questi infimi motivi! - 

Mentre i due cercavano di giustificarsi con il colonnello, la piccola Rin corse a nascondersi nella tenda di Sesshomaru. Era stata sciocca, lo sapeva. Aveva rischiato di farsi scoprire da quei demoni. Aveva rischiato di far arrabbiare il signor Sesshomaru. Aveva rischiato di morire un’altra volta. 

Un brivido scosse la piccola. I ricordi di pochi mesi prima arrivarono prepotenti nella sua mente. L’immagine del suo papà sbranato dai demoni lupo, la corsa verso il bosco, poi il buio. In fretta, la piccola si accucciò nel suo sacco a pelo e chiuse forte gli occhi. Presto il signor Sesshomaru avrebbe fatto il suo ritorno, l’avrebbe protetta, e lei sarebbe tornata l’allegra bambina degli ultimi giorni. 

Per fortuna della piccola, anche il demone kappa in quei mesi si era molto affezionata a lei, nonostante la considerasse una pasticciona e una combina guai. Proprio per questa sua caratterista, Jaken non la perdeva di vista per un secondo e, anche quella sera, in silenzio aveva seguito la piccola Rin girovagare per l’accampamento, salvandola così dalle grinfie dei due demoni cane.  

Jaken sospirò, mentre ascoltava distrattamente le scuse da parte dei due militari. 
Il demone kappa era seriamente preoccupato per il suo signore. Non riusciva a comprendere perché avesse chiesto a lui di nascondere la ragazzina. Rin non sarebbe mai stata al sicuro nel loro accampamento, pieno zeppo di demoni dai pensieri poco casti. 

Il colonnello rabbrividì al pensiero di ciò che quei demoni avrebbero potuto fare a quella bambina. La divisione era già stufa del comportamento di Sesshomaru e se avessero scoperto la presenza di Rin, per il generale non sarebbe stato facile. Il Führer non gli avrebbe mai perdonato questo oltraggio. 

Alle prime luci dell’alba 
Il generale Sesshomaru fece il suo ritorno nell’accampamento. Non curandosi delle condizioni pietose dei suoi sottoposti, si diresse direttamente nella sua tenda. All’interno, la piccola Rin dormiva serenamente nel suo sacco a pelo, mentre Jaken le sedeva affianco con in volto un'espressione seria.  

Quando il demone kappa si accorse della presenza del suo generale all’interno della tenda, tirò un sospiro di sollievo. Adesso la piccola Rin sarebbe davvero stata al sicuro. 

- Jaken, puoi andare adesso. - 

Il piccolo demone osservò il suo superiore in viso. Doveva avvertirlo di ciò che aveva udito la sera precedente. 

- Mio generale, prima di congedarmi devo parlarle di una questione importante. - 

Il demone cane fece segno al colonnello di proseguire il suo discorso. Sapeva già che se avesse negato la parola al colonnello, quest’ultimo gli avrebbe esposto ugualmente la questione. Tanto valeva comportarsi in maniera civile. 

- I suoi commilitoni iniziano a tramare alle sue spalle generale. Sono stanchi di rimanere nell’insediamento, vorrebbero entrare in azione come voi. La loro ultima azione militare risale a due mesi fa e non ha portato a grandi risultati. - 

Sesshomaru non mutò espressione. Non gli importava di cosa i suoi commilitoni pensassero, se si fossero opposti al suo comando, avrebbe dato loro una giusta lezione. 

- Non temo quei demoni Jaken, puoi andare ora. - 

Jaken posò lo sguardo sulla bambina, poi si rivolse nuovamente al demone. Doveva avvertirlo del rischio che Rin aveva corso quella notte. 

- Generale, mi spiace dissentire, ma temo che Rin sia in pericolo. -  

Sesshomaru esortò, con lo sguardo, il demone kappa a parlare.  

- Ieri sera è stata quasi scoperta da Eike e Dolf. Se non fossi stato con lei, i due demoni l’avrebbero di certo uccisa. Mi permetta di dire generale che se vuole davvero tenerla al sicuro, credo sia più saggio portare la maggior parte dei suoi commilitoni con lei, nelle sue missioni. O affidare la bambina a qualche famiglia umana. -  

Sesshomaru riservò al colonnello un'occhiata truce. 

- Non dovevi impedirle di cacciarsi nei guai? Meglio che tu vada via Jaken. -  

Il piccolo demone kappa annuì e silenziosamente tolse il disturbo. 
Il suo tentativo di aiutare il suo signore sembrava essere fallito. Un sospiro sfuggì al colonnello. Sperava solo di aver mosso qualcosa nel suo superiore. 

Intanto, una volta rimasto solo nella sua tenda, Sesshomaru si avvicinò silenziosamente alla bambina, si accovacciò al suo fianco e le spostò una ciocca ribelle dalla fronte. Osservò quel volto infantile corrucciarsi al suo tocco e vide gli occhi della piccola Rin aprirsi poco dopo. Un sorriso si formò sulle labbra della bambina. 

- Signor Sesshomaru. Siete tornato! -  

Sesshomaru picchiettò con un dito la fronte della piccola. 

- Torna a dormire Rin. - 

Dopo aver osservato un’ultima volta la bambina, si issò in piedi e uscì dalla sua tenda. Mentre guardava un punto indefinito dinanzi a sé, ripensò alle parole di Jaken. Avrebbe davvero dovuto lasciare Rin ad una famiglia di umani? 

Molto probabilmente, così facendo Rin avrebbe sprecato la seconda opportunità di vita che lui stesso le aveva offerto. Inoltre, se avesse lasciato la bambina ad una famiglia umana, non avrebbe avuto occasione di poterla usare per attirare nella sua trappola il fratello. In quei giorni, Rin gli aveva infatti raccontato del breve soggiorno del mezzo demone nella sua abitazione, confermando al generale l’efficacia della sua strategia.  

Cosa avrebbe davvero dovuto fare con la bambina? 

Mentre cercava di trovare una soluzione a quei problemi, un odore specifico arrivò alle sue narici: il generale Banryu era giunto al suo accampamento. Deciso a non farlo avvicinare alla bambina, lo aspettò all’esterno della sua tenda. 

Bankotsu non lo fece attendere molto. Dopo una manciata di minuti lui e la sua squadra erano piazzati dinanzi la sua figura e pretendevano di essere ricevuti. 

- Generale No Taisho, vengo per conto del Führer. I suoi piani per lei sono cambiati. - 

Sesshomaru ascoltò in silenzio quelle parole e aspettò che il militare proseguisse il suo discorso. 

- Non crede sia meglio accomodarci nella sua tenda per discutere dell’argomento? -  

Sesshomaru rimase fermo nella sua posizione di ascolto. Non avrebbe permesso a quell’umano di entrare nella sua tenda personale. 

- Come preferisce generale. -  

Bankotsu scrutò il suo interlocutore. Ancora non riusciva ad ingoiare il fatto che il Führer avesse deciso di affidare quell’incarico al generale No Taisho. 

- Penso lei sia già a conoscenza della nuova minaccia del regime. Qualcuno sta decimando i nostri commilitoni. Questo essere attacca alle spalle, proprio come solo un codardo sa fare. Il Führer ha affidato a voi il compito di catturare e portare al suo cospetto questo individuo. - 

Se solo avesse potuto, Sesshomaru avrebbe volentieri rifiutato quell’incarico. Non gli importava nulla del regime, del Führer e dei suoi ideali. Il suo unico scopo in quel momento era trovare il fratello, ucciderlo e prendersi con la forza Tessaiga. 

Con calma disarmante chiese comunque al suo collega qualche informazione in più. 

- Cosa sappiamo di lui? - 

Bankostu sorrise malvagio. Forse poteva divertirsi un po' con il generale e nascondergli qualche dettaglio della missione. 

- Sappiamo che possiede del sangue demoniaco in quanto attacca le sue vittime con gli artigli. Con un solo colpo riesce a squarciare le loro carni. - 

Sesshomaru guardava Bankotsu con sospetto. Il Führer non avrebbe richiesto il suo aiuto solo per un codardo che stava uccidendo alcuni dei suoi soldatini. Sospettava ci fosse qualcosa sotto e non perse tempo a chiedere maggiori dettagli. 

- Devo sapere altro? Non penso che il Führer lo voglia al suo cospetto solo per vedere il volto di colui che sta decimando il suo esercito. - 

L’umano osservò sorpreso il demone. Non si aspettava che si appigliasse su quell’inutile dettaglio, credeva che Sesshomaru avrebbe accettato l’incarico senza obbiettare. Abbandonando l’idea di ingannare e mettere in cattiva luce il generale No Taisho, Bankotsu rivelò il vero motivo per cui era fondamentale portare quell’individuo al cospetto del Führer. 

- Perspicace, lo devo ammettere.  
Generale, questo individuo riesce in qualche modo a nascondere la sua presenza e il Führer intende appropriarsi di questa abilità. - 

A quelle parole, Sesshomaru comprese. L’individuo che il Führer cercava possedeva sicuramente il miscuglio magico che Rin portava legato al collo. Con ogni probabilità, il soggetto che il capo del regime voleva al suo cospetto era proprio suo fratello Inuyasha. 
Una nuova consapevolezza fece indurire impercettibilmente lo sguardo del demone cane. Se il Führer cercava Inuyasha per via di quel miscuglio, significava che anche Rin era in pericolo. 

A Bankotsu non sfuggi il lieve cambio di espressione del demone. Un sorriso beffardo gli deformò il volto. Il grande generale No Taisho aveva qualcosa da nascondere e lui avrebbe a tutti i costi scoperto cosa. Lo doveva per il Führer e, ancor più importante, per sé stesso. 

- Mi raccomando generale, il Führer Naraku conta su di lei. Non deluda le sue aspettative. - 

Sesshomaru osservò il generale lasciare con passo sicuro il suo accampamento.  
Non avrebbe permesso a nessuno di mettere la vita di Rin in pericolo. Doveva trovare Inuyasha e sbarazzarsi di lui una volta per tutte. Solo così il Führer avrebbe rinunciato al potere di quel miscuglio, solo così poteva proteggere quella bambina. 

- Jaken! - 

Il demone kappa si presentò immediatamente al suo cospetto. 

- Avvisa tutti di smontare l’accampamento. Tra due ore partiremo, il Führer ci ha affidato una nuova missione. - 

Il demone annuì poi, a voce bassa, parlò al suo capo. 

- Mio generale, come viaggerà Rin? -  

Jaken era davvero preoccupato. Se considerava pericoloso rimanere con Rin all’interno di un accampamento ricco di demoni, trovava ancor più insidiosa l’idea di dover marciare insieme alla bambina. 

- Voi due seguirete una strada parallela. Ora avvisa tutti. Io preparo i percorsi da seguire. -  

Liquidando il suo sottoposto, Sesshomaru si ritirò nella sua tenda. Avrebbe dovuto avvertire Rin e assicurarsi che la piccola avrebbe eseguito alla lettera i suoi ordini. 

Contemporaneamente  
Al campo Dachau, un gruppo di soldati semplici fu trasferito per occuparsi della sicurezza del campo. Il gruppo era formato interamente da giovani umani che, in quel momento, attendevano di essere affidati ad un collega più anziano. Per i primi tempi, infatti, avrebbero seguito un percorso di addestramento, affiancando un demone nelle mansioni di sicurezza, per poi essere assegnati definitivamente alla sezione in cui si sarebbero distinti maggiormente. Fra di essi, un giovane umano di poco più di sedici anni, si guardava intorno con un po’ di timore. Quelli che nella sede centrale definivano “campi di lavoro forzato” sembravano un vero e proprio luogo di massacro. 

Circondato da un reticolato di filo spinato elettrificato, un fossato e un muro con sette torrette di guardia, il campo era suddiviso in due sezioni: l'area che ospitava il campo di concentramento vero e proprio e l'area destinata ai militari. La zona centrale del campo era composta da trentadue baracche, inclusa una destinata agli oppositori del regime nazista. L'amministrazione del campo era invece situata nell'edificio del corpo di guardia, vicino all'entrata principale. In quella parte del campo c'era anche un certo numero di edifici di supporto che ospitavano le cucine, la lavanderia, le docce, i laboratori e una prigione. Un cortile tra la prigione e la cucina era usato per le esecuzioni sommarie dei prigionieri.  

- Soldato semplice Kuhn, in queste settimane affiancherà il tenente Wolf. - 

Il giovane scattò sull’attenti quando il suo nome uscì dalle labbra del colonello di turno e presto si ritrovò a seguire il demone alla quale era stato assegnato. 
Il tenente Wolf, vecchio demone lupo che serviva il paese già dalla grande guerra, camminava silenziosamente al suo fianco. Con passo regolato, il demone guidò l’umano verso la parte del campo destinata ai prigionieri. Arrivati lì, il ragazzo si ritrovò dinanzi numerosi mezzo demoni e umani etichettati come “pericolosi per la nazione”. 

Il soldato Kuhn li osservò per bene. I carcerati avevano un aspetto terrificante. Molti di essi sembravano malconci, denutriti e privi di forze. Coloro che avrebbero dovuto essere dei forti mezzo demoni, il cui sangue demoniaco scorreva nelle proprie vene, sembravano essere stati prosciugati della loro linfa vitale. 

A quei tempi, alcuni dei detenuti di Dachau venivano utilizzati per alcuni esperimenti medici, mentre altri erano destinati al lavoro forzato. Le condizioni nelle quali tali lavori venivano effettuati erano brutali e disumane. I lavori forzati erano spesso insensati e umilianti, effettuati senza le attrezzature, gli indumenti e il nutrimento che sarebbero stati necessari. Alcuni di questi lavori consistevano anche in attività necessarie al funzionamento del campo, così come in vari progetti di costruzione e in piccole industrie artigiane create all'interno del campo stesso. 

- Ragazzo, il tuo compito per questo periodo sarà quello di assistermi durante i miei turni di lavoro. Ti insegnerò come trattare con i prigionieri e come spronarli quando proveranno a battere la fiacca. - 

Il giovane soldato osservò preoccupato il suo superiore, poi annuì. Non si sentiva affatto tranquillo. La vista di quei corpi allo stremo delle forze lo aveva turbato parecchio e il tenente Wolf sembrò intuire il suo tentennamento. 

- Non temere ragazzo. Quando inizierai a lavorare tutto ti sembrerà più semplice da tollerare. Stare in questi campi è un privilegio per voi umani, quindi tieniti stretto questo posto soldato. -  

Il tenente Wolf mise una mano sopra la spalla del più giovane e gli sorrise.  
Il ragazzo osservò per qualche secondo l’espressione serena sul volto del tenente. Gli occhi scuri del suo superiore parevano volergli trasmettere forza e coraggio. Il giovane ringraziò mentalmente il demone. 

- Soldato semplice Kuhn, lo ha un nome? Devo fidarmi di colui che mi assisterà in questi mesi, quindi meglio partire dalle giuste presentazioni. - 

Il soldato Kuhn scrutò nuovamente il tenente. In quei mesi di addestramento aveva imparato a diffidare delle persone, demoni o umani che fossero, eppure Wolf sembrava un demone abbastanza affabile. La sua corporatura era piuttosto slanciata e longilinea. Aveva un volto squadrato, due occhi scuri e i capelli grigi. I segni demoniaci presenti sui suoi zigomi e sulla sua fonte raffiguravano particolari simboli di cui l’umano non conosceva il significato. Il tenente sembrava un tipo tranquillo e alla mano. Non sembrava detestare gli umani e ciò gli fece tirare un sospiro di sollievo. 

- Kohaku signore. Il mio nome è Kohaku. - 

Il demone lupo strinse affettuosamente la presa sulla spalla del giovane. 

- É un piacere per me assisterti in questo periodo di addestramento, soldato semplice Kohaku Kuhn. - 

Dopo questo primo tentennamento, il resto della giornata per i due militari trascorse tranquillamente. Il tenente Wolf si dimostrò un ottimo insegnante. Con calma mostrò al suo allievo le zone che giornalmente avrebbero pattugliato, lo informò degli orari di lavoro dei detenuti e spiegò, al nuovo arrivato, come avrebbe dovuto mostrarsi con i prigionieri. 

Kohaku doveva sembrare irremovibile. Non avrebbe dovuto cedere alle richieste dei detenuti, spronandoli anzi a continuare nel lavoro che stavano eseguendo. 

Quando fu sera, il tenente Wolf mostrò al suo allievo l’ultimo edificio che giornalmente avrebbero visitato: la prigione collocata fra la cucina e il cortile esterno.  
Oltrepassata la grata in ferro, i due iniziarono a scendere le ripide scale che portavano a quella zona di reclusione. L’aria che si respirava all’interno di quel cunicolo era viziata, le pareti molto strette. La luce era fioca e Kohaku dovette aspettare qualche minuto prima che i suoi occhi si adattassero a quella semi oscurità. 

- L'ultimo luogo che probabilmente ti troverai a frequentare spesso è il Bunker. Sulla carta è il luogo in cui dobbiamo portare tutti coloro che hanno fatto parte di un gruppo di oppositori. In esso i prigionieri sono costretti ad affrontare un periodo di isolamento che può variare da individuo a individuo, tutto dipende da quanto tempo impiegano a rivelarci informazioni. - 

Una volta raggiunto lo stretto corridoio nel quale erano collocate cinque porte in ferro, alcuni lamenti soffocati arrivarono alle orecchie di Kohaku. Istintivamente il giovane si irrigidì, ma continuò a seguire il suo superiore. Il tenente Wolf guidò il giovane soldato verso quello stretto corridoio, cercando di scortare il suo allievo verso la cella posta in fondo a quel vicolo buio.  

Posto dietro le spalle del suo mentore, Kohaku camminava in silenzio. Non si sentiva affatto tranquillo: rumori molesti e strazianti lamenti rendevano quel luogo estremamente inquietante. D’un tratto, la sua attenzione venne catturata da una cella aperta, collocata alla sua destra. Istintivamente sbirciò all'interno e rimase pietrificato da quello che vide.  

Tre militari, due demoni e un umano, stavano molestando sessualmente una giovane mezzo demone. A prima vista, la ragazza sembrava avere appena la sua età ed era palese che non fosse consenziente. In quel momento, la giovane puntò i sui occhi terrorizzati in quelli di Kohaku, in una silenziosa richiesta d’aiuto. 

Una presa salda sulla spalla spinse il ragazzo a voltarsi. Il tenente Wolf lo osservava un po’ preoccupato. Kohaku non era un ragazzo adatto per il lavoro al campo, il demone lupo lo aveva capito fin da subito. Proprio per questo lo aveva portato nel Bunker. Doveva mostrare a quel ragazzo cosa lo aspettava. Doveva aprirgli gli occhi sulla realtà che si viveva all’interno del campo e fargli comprendere come comportarsi. Se davvero il giovane avesse voluto avere una possibilità per aver salva vita, doveva imparare a sopportare la vista di quelle scene. 

- Per alcuni il Bunker è considerato un luogo di... come dire... “svago”.  
Quando avrai una giornata storta e vorrai sfogare le tue frustrazioni, potrai venire in questo luogo. Troverai sicuramente altre guardie già impegnate in qualche attività, quindi potrai in caso unirti a loro. - 

Quelle parole fecero riflettere il giovane. Non era uno stupido, né uno sciocco. Aveva già compreso che il tenente Wolf gli stava mostrando la realtà che si celava dietro i campi di lavoro forzato e gli era grato. Kohaku sapeva che avrebbe dovuto rafforzare il suo spirito dunque, cercò di dimenticare gli occhi rosa di quella ragazza e proseguì per la sua strada. 

- La ringrazio per l’informazione tenente Wolf, lo terrò a mente. -  

Wolf osservò il viso del giovane. I suoi occhi erano spenti, rassegnati. Il tenente sapeva che il giovane non avrebbe mai utilizzato il Bunker per “divertirsi”, ma notò con piacere il suo tentativo di resistere a quella situazione. Compiaciuto di quel piccolo risultato, il demone riprese il passo verso la loro meta. Giunti dinanzi la porta, il vecchio lupo si voltò nuovamente verso il suo allievo. 

- Al momento, nel Bunker abbiamo un unico prigioniero. É arrivato poco più di un mese fa, lo ha portato qui da noi uno dei tre generali più vicini al Führer. Il suddetto generale ci ha ordinato di mantenere la massima segretezza della sua presenza. Pare abbia avuto dei contatti con il capo del gruppo di oppositori ucciso qualche mese fa, Aaron Schmidt. Diciamo che ci ha chiesto di farlo parlare. - 

Kohaku osservò la porta in ferro dietro il suo superiore. Riusciva a distinguere senza problemi lo schiocco di una frusta al di là di quel varco. 

- Deduco che per essere ancora in isolamento non ha rivelato nessun'informazione. - 

Il demone annuì, dopodiché aprì la pesante porta della cella. Varcata la soglia, ai due si presentò uno scenario raccapricciante: un gruppo di tre soldati frustava senza ritegno un giovane prigioniero. 

La cella in cui stava rinchiuso il malcapitato era avvolta dalla semi oscurità. L’unico punto luce risedeva in una piccola finestrella sbarrata, posta in alto alla parete opposta alla porta d’ingresso. L’ambiente non era particolarmente spazioso ma, vista la scarsa presenza di arredo, permetteva di ospitare tranquillamente i cinque militari. 

Kohaku osservò il giovane che stava inginocchiato con le mani incatenate al muro. La pelle della sua schiena era stata lacerata e il sangue che colava da quelle ferite andava a riversarsi sul freddo pavimento in pietra. 
Uno dei militari, intenti a malmenare il povero prigioniero, si avvicinò a loro con la frusta ancora in mano. 

- Tenente Wolf, noto con piacere che ha portato compagnia. -  

Kohaku osservò quel demone per bene. Non sapeva dire a quale clan appartenesse, ma ai suoi occhi apparse come un essere viscido, privo di tatto. I suoi capelli neri sembravano unti e sporchi, gli occhi gialli si illuminavano nell’oscurità della cella. 

Senza attendere risposta da parte del tenente, il demone si avvicinò al giovane porgendogli quella frusta con la quale aveva deturpato il corpo del povero prigioniero. 

- Novellino, vuoi provare? - 

Kohaku rimase sorpreso da quella richiesta ma, dopo aver incrociato lo sguardo del tenente Wolf, prese senza esitazione l’oggetto che il demone gli stava offrendo. 
Il giovane soldato osservò per bene quell’arma e si ripeté mentalmente che se davvero avesse voluto aver salva la vita, doveva giocare allo stesso sporco gioco a cui si divertivano quei vigliacchi. Fu allora che, senza alcun tentennamento, Kohaku si avvicinò al corpo del detenuto e strinse saldamente il manico della frusta. Con decisione sollevò il braccio verso l’alto, per poi riabbassarlo bruscamente dinanzi a sé. Continuò così per svariati minuti, aumentando sempre più l’intensità del colpo.  

Ad ogni schiocco contro la pelle del prigioniero, Kohaku sentiva la rabbia espandersi sempre più nel suo animo. Era furioso per quel sistema, odiava il Führer per quello a cui stava sottoponendo quei poveri individui e detestava sé stesso per quell’azione tanto vile. Inconsciamente il giovane pensò che, in fondo, sopravvivere a quella realtà era più dura di combattere al fronte. 

Il tenente Wolf osservava il suo allievo un po’ preoccupato. Non credeva ai suoi occhi, era certo che il ragazzo avrebbe declinato quell’invito. Eppure, contro le sue aspettative, Kohaku stava sfogando su quel povero corpo già martoriato tutta la sua frustrazione. 

- Noto con piacere che il novellino si è ambientato bene. - 

Il demone che li aveva accolti al loro arrivo sembrava godere di quella vista, sorrideva soddisfatto e sembrava gioire ad ogni sussulto del giovane prigioniero. 

- Tenente Wolf, ricordi al suo cucciolo che il prigioniero deve restare in vita e si assicuri che quando avrà finito ripulisca tutto. - 

Wolf annuì a quelle parole e, dopo aver visto i tre militari congedarsi, raggiunse il suo ragazzo. Per l’ennesima volta in quella giornata, poggiò la sua mano artigliata sulla spalla sinistra del giovane che, a quel tocco, sembrò recuperare lucidità. 

Kohaku guardava sconvolto la frusta fra le sue mani e con sgomento osservò il tenente. Non voleva abbassarsi a quel livello. Non voleva sfogare tutta la sua rabbia contro qualcuno incapace di difendersi. Si sentì un codardo e sentì di aver deluso sua sorella, colei che temeva diventasse un mostro. 

Il tenente prese la frusta dalle mani del giovane allievo, poi puntò lo sguardo su quello sconvolto di Kohaku. 

- Ragazzo mio, hai dato prova di te stesso. Hai dimostrato di essere in grado di rimanere all’interno del campo. Non sarà facile, ma dovrai mantenere questo atteggiamento. - 

Il soldato annuì, non riuscendo a pronunciare parola. Era ancora turbato, Wolf lo sapeva. 
Dopo un sospiro, il tenente prese un secchio collocato in fondo alla cella e lo passò al suo sottoposto. 

- Adesso però dovrai ripulire questa cella e curare le ferite del nostro prigioniero. Ci serve vivo fin quando non ci rivelerà le informazioni che vogliamo. Io ti aspetterò fuori, fa pure con calma. - 

Kohaku prese il secchio tra le mani del demone lupo e ne osservò il contenuto. Quel recipiente sporco conteneva alcune garze, uno strano unguento e una pezza. Adesso doveva solo trovare il coraggio di vedere la conseguenza di quel suo gesto sconsiderato.  
Il giovane inspirò profondamente e, finalmente, poggiò lo sguardo su quella schiena contro la quale aveva fatto schioccare la frusta. Con calma si inginocchiò anche lui, macchiando i pantaloni della divisa con il sangue del detenuto. In silenzio prese dal secchio le garze e l’unguento, con l’intento di ripulire quelle ferite profonde. 

Il contatto tra le ferite e la garza fece sussultare lievemente il prigioniero. 

- Mi spiace di essere stato così vile. - 

Kohaku continuò a ripulire delicatamente quelle ferite, cercando di evitare di provocargli ulteriore dolore. 
Nonostante ciò, il prigioniero continuava a rimanere in silenzio. 

- Non avrei dovuto recarti altro dolore. - 

Uno sbuffo uscì dalle labbra del detenuto. Dopodiché voltò la testa per tentare di scrutare quella figura che stava ancora ripulendo la sua schiena.  

Quel militare pensava davvero che avrebbe creduto alle sue parole? Da quanto era in quel luogo?  

Oramai aveva perso la cognizione del tempo, ma sapeva che nessuno, di coloro che lo avevano torturato, si era mai pentito di averlo martoriato. Ogni giorno che trascorreva era identico al precedente. Con il tempo si era pure abituato a quel supplizio giornaliero, ma mai avrebbe perdonato coloro che continuavano a sottoporlo a quel rituale. Durante quel periodo di detenzione il suo corpo aveva subito una notevole trasformazione. Era molto smagrito, tanto che era possibile intravedere la sua struttura ossea sotto la pelle. Quest’ultima era sfigurata, cicatrici ed ematomi ricoprivano buona parte del suo corpo. Il giovane sapeva che, se avessero continuato con quel ritmo, non avrebbe retto ancora per molto. 

L’ombra di quello che avrebbe dovuto sembrare un sorriso sarcastico deformò le labbra del giovane prigioniero. Kohaku lo osservò confuso. 

- É il tuo lavoro no? Ti hanno ordinato di punire uno dei tanti che il tuo caro Führer ama definire nemici del regime. Che colpa dovresti avere tu? La colpa ricadrebbe su chi ti ha ordinato di farlo, no?  - 

La voce che uscì da quelle labbra secche era molto stanca e rauca. Da quanto non proferiva parola? Non lo sapeva. Non osava neanche più urlare per il dolore inflittogli. Non gli importava più di nulla. 

Il giovane soldato si sentì disarmato. Osservò un'ultima volta la schiena del prigioniero, poi si allontanò dal suo corpo, sedendosi per terra con le spalle poggiate al muro. La sua sanità mentale era stata messa a dura prova quel giorno. 

- Ti sbagli se pensi questo di me. Sei in errore se credi davvero che stare dall’altra parte sia così semplice. Non avrei neanche voluto essere qui. - 

Una risata sarcastica uscì dalle labbra dell’uomo, ancora incatenato alla parete. Probabilmente alla fine di quel meraviglioso teatrino avrebbe subito una lezione che si sarebbe ricordato, ma ormai era pronto ad affrontare anche la morte. Era stanco di reprimere il disprezzo che provava. 

- Ho capito, sei uno di quelli che preferisce provare l’adrenalina della guerra. Andare a combattere in prima linea per gli ideali del tuo caro Führer. - 

Il militare portò le gambe al petto e le abbracciò. Stremato da quella situazione, iniziò a sussurrare delle frasi. 

- Come se potesse importarmi qualcosa di quello che pensa il Führer. -  

Il prigioniero rizzò le orecchie a quella frase quasi impercettibile. Era la prima volta, da quando era stato catturato, che un soldato si lasciasse sfuggire una frase del genere. 

- Mi hanno prelevato a forza dalla mia abitazione, uccidendo la mia famiglia davanti i miei occhi. Hanno minacciato di approfittare del corpo di mia sorella se non mi fossi arruolato. Come vedi, neanche la vita di noi “umani volontari” è poi così spensierata. - 

Il prigioniero provò a voltarsi verso il ragazzo. Kohaku stava ancora con le gambe al petto, ma lo fissava intensamente. Il detenuto si stupì della giovane età che dimostrava quel militare, ma non si lasciò condizionare. Puntò i suoi occhi azzurri su quelli nocciola del soldato, leggendovi solo tanto dolore.  

Sospirò, poi parlò nuovamente, con più calma. 

- Ho visto i militari distruggere, senza batter ciglio, un’abitazione nel cuore della notte. Una casa in cui donne e bambini vivevano in attesa di una vita migliore. Non mi stupisco che abbiano minacciato la tua famiglia, però mi viene davvero difficile provare a crederti visto la divisa che indossi. - 

Kohaku alzò lo sguardo verso il suo interlocutore. Il dolore della perdita della sua famiglia era ancora vivido, quello stesso dolore che lo faceva sentire impotente. In quei mesi aveva provato rabbia verso sé stesso, verso il sistema e quel giorno era arrivata al limite.  

Le parole della sorella gli rimbombarono prepotenti nella mente. “Non voglio che tu diventi come loro”, aveva pronunciato, ma l’aver torturato un giovane prigioniero non faceva di lui un essere orrendo? 

- Non sono un mostro. Non sono come loro, te lo dimostrerò. -  

Il detenuto lo osservò perplesso. 

- I lividi sulla mia schiena affermano il contrario. -  

Il giovane soldato si issò in piedi e tornò vicino al suo interlocutore. Si inginocchiò nuovamente al suo livello e riprese a pulirgli le ferite. 

- Ti farò ricredere. Prometto che riuscirò a farti fuggire da questo luogo. - 

Un’altra risata sarcastica uscì dalle labbra del prigioniero. 

- Ragazzo, hai visto lì fuori? É un obiettivo che non potrai raggiungere. -  

Kohaku non rispose. Avrebbe trovato un modo, ne era certo. 

- Il mio nome è Kohaku comunque. Il tuo? - 

Il prigioniero sbuffò. Mille domande vorticarono nella sua testa. 

Doveva davvero fidarsi di un militare? Il suo nome non era un mistero, se Kohaku avesse consultato il registro dei prigionieri lo avrebbe sicuramente trovato, ma parlare con lui non poteva rivelarsi rischioso? E se avessero mandato quel giovane per farlo fingere suo amico così da farlo parlare? 

L’attimo dopo aver formulato quel pensiero, il giovane prese la sua decisione. Avrebbe finto di fidarsi, forse così facendo avrebbero allentato il supplizio alla quale lo sottoponevano ogni giorno. 

- Puoi chiamarmi Miroku. - 

Una volta terminato di pulire la schiena del prigioniero, Kohaku liberò il detenuto dalle catene ai polsi che lo tenevano legato alla parete. 
Mentre si massaggiava i polsi ossuti, Miroku ringraziò mentalmente il giovane militare. Spesso per punizione lo lasciavano tutta la notte in quelle condizioni, sperando così che il giorno seguente avrebbe rivelato loro nuove informazioni utili. Strategia del tutto inutile. Non avrebbe mai dato loro i nomi delle famiglie che, nei mesi passati, avevano aiutato decine di mezzo demoni. 

- Miroku, come hanno fatto a catturarti? - 

Miroku assunse una posizione più comoda ed osservò il giovane. Kohaku si era messo ad asciugare con uno straccio il freddo pavimento in pietra. Il più grande dei due sorrise per l’ingenuità del ragazzo, aveva decisamente frainteso le parole “ripulire questa cella”. Però, quando lo sguardo del giovane militare incrociò nuovamente quello di Miroku, il giovane non poté far altro che sospirare. 

- É una storia lunga. - 

Non aveva molta voglia di ricordare gli eventi dei mesi precedenti, inoltre, se si fosse lasciato sfuggire più del dovuto, avrebbe messo in pericolo la famiglia Bayer. In fondo, lui e Inuyasha erano diretti a Kemberg proprio per cercare ospitalità in quella famiglia tanto amica di Aaron. 

- Racconta dai. - 

Kohaku aveva interrotto il suo lavoro. Si era seduto di fronte a lui e lo fissava in viso, in attesa del suo racconto. Miroku non poté far altro di pensare quanto fosse infantile quell’atteggiamento. Kohaku sembrava proprio un bambino che attendeva con impazienza che il genitore gli raccontasse una storia. Il volto del giovane Mayer si sovrappose per un istante a quello del soldato. 

Quel ragazzino aveva lo stesso sguardo che il giovane mezzo demone assumeva ogni volta che, nel rifugio, qualcuno raccontava una storia ai bambini. Un sorriso amareggiato prese spazio sul volto di Miroku, forse avrebbe potuto raccontare a quel ragazzino una mezza verità. 

- Ero in fuga con un amico...  
Eravamo distrutti e, per cercare di recuperare le energie, ci siamo accampati in un piccolo bosco. Non so dirti con certezza che ora fosse quando la divisione del generale No Taisho ci ha accerchiati, ma posso assicurarti che in brevissimo tempo il generale è riuscito ad afferrare il mio amico per la gola e portarlo lontano. Ero rimasto solo, in balia dei demoni di Sesshomaru.  
Quando il loro generale si è alzato in volo, hanno iniziato ad attaccarmi. Non è stato facile per me schivare i loro colpi, ne sono uscito vivo per miracolo. - 

Miroku ritornò con i ricordi a quella notte di due mesi prima. Un brivido gli percorse la schiena. 
Quella notte pensò di morire. I demoni inizialmente si divertirono con lui. Lo spintonavano, gli procuravano dei tagli superficiali con i loro artigli e lo riempivano di pugni e calci. Ad un tratto, però, uno di loro sembrò perdere la pazienza. Con un gesto repentino estrasse la sua pistola dal fodero e la puntò nella direzione di Miroku. 

Prima che il demone riuscisse a premere la leva di scatto, il colonello Jaken aveva richiamato i suoi sottoposti. Il piccolo demone kappa aveva ordinato ai militari di non uccidere il giovane umano e di attendere l’arrivo del loro generale. In preda alla rabbia, il demone che era stato fermato premette il grilletto della sua arma, ferendo di striscio la gamba di Miroku. 

- Poi cosa è successo? -  

Il prigioniero osservò il ragazzo. La sua non sarebbe stata una fiaba a lieto fine, lo sapevano entrambi, ma forse parlarne avrebbe alleggerito il suo animo. D'altronde, non stava rivelando a quel militare qualcosa che gli altri non sapessero già. 

- Ho trascorso due giorni legato ad un albero. Ero ferito e al limite delle mie forze, ma per qualche assurda ragione non volevano uccidermi, ciò ovviamente non gli impedì di giocare con il mio corpo. - 

Miroku sospirò. Avrebbe di gran lunga preferito morire quel giorno. 

- Al termine del terzo giorno, il generale ha fatto il suo ritorno. Era stato ferito al braccio dal mio amico e tornò dalla sua divisione solo dopo aver recuperato le forze. Quella stessa sera mi portò in questo campo, chiedendo ai militari di farmi parlare. - 

- Il tuo amico invece? - 

Miroku guardò torvo il ragazzo. Ecco che provavano nuovamente ad estorcergli informazioni. 
Quella domanda, però, gli fece pensare ad Inuyasha. Era certo che fosse vivo, altrimenti Sesshomaru non lo avrebbe portato in quel campo per spingerlo a parlare. Sperava, con tutto sé stesso, che il mezzo demone avesse finalmente raggiunto la Svizzera, ma una parte di sé non riusciva ad essere pianamente felice per il ragazzo. 

- Boh, probabilmente avrà già raggiunto il confine. - 

Kohaku lo osservò perplesso. Non gli era sfuggito il tono duro del ragazzo, né tantomeno lo sguardo torvo che gli aveva riservato. Si chiese cosa avesse detto di sbagliato. 

- Non intendevo questo. Mi chiedevo se fosse tornato indietro per provare a salvarti. - 

Miroku non rispose. In quei mesi di reclusione aveva pensato molto al comportamento del suo amico. Se davvero fosse sopravvissuto allo scontro con il fratello, perché allora non era andato a cercarlo? Perché non si era assicurato delle sue condizioni? 

Quella stessa mattina, quella della loro separazione, si era inoltrato in una casa in fiamme senza pensarci due volte, perché allora non era andato a salvare anche lui? 

Sperava tanto che Inuyasha avesse avuto un motivo valido per quel comportamento. Sapeva quanto il ragazzo fosse provato per via degli eventi precedenti, ma non riusciva a non provare del risentimento nei suoi confronti. 

Mentre il silenzio calava in quella cella, nello stretto corridoio che portava all’uscita del Bunker, il tenente Wolf sorrideva soddisfatto. Il cucciolo d’uomo che gli avevano affidato si stava rivelando più utile del previsto. Forse con quel suo atteggiamento avrebbe finalmente dato una svolta a quella questione. 

Quella notte 
Una piccola pattuglia, formata da tre demoni gatto, girovagava tra i fitti sentieri della selva di Turingia. Erano stati mandati lì per accertarsi delle condizioni di un altro gruppo, mandato in quelle terre solo la mattina precedente. 

- Che noia avere il turno di notte. - 

A parlare era stato il più giovane del gruppo. Il suo viso era ovale, quasi paffuto, la corporatura piuttosto minuta e longilinea. I capelli, lucidi e soffici, erano di un nero intenso, mentre i suoi occhi assumevano nell’oscurità uno strano luccichio. 

Il demone alla sua destra prese sotto braccio il più giovane, per poi strofinargli affettuosamente la testa. 

- Felix, quante altre volte devo ripetertelo? Siamo dei demoni gatto e, in quanto tali, tendono sempre ad affidarci il turno di notte. -  

Max, questo era il nome dell’altro militare, era il fratello maggiore di Felix. Al contrario del vent’enne, lui era molto alto e massiccio. Come il più giovane, i suoi capelli erano di un nero intenso, mentre gli occhi verdi sembravano brillare al buio. 

- Non è giusto! Solo perché la nostra vista è superiore a quella di molti altri demoni, non vuol dire che non possiamo lamentarci! - 

Il più grande rise di gusto a quella affermazione. Il suo fratellino alle volte poteva sembrare un vero e proprio piantagrane. 

A richiamare l’attenzione dei due fratelli ci pensò il più anziano del gruppo. Il tenente Ben Jung aveva da poco raggiunto i quarant’anni, ma il suo fisico sembrava essere rimasto quello di un vent’enne. Dotato di un corpo agile, flessibile e massiccio, il tenente Jung era capace di camminare in modo silenziosissimo e di spiccare grandi salti, anche più ampi delle due giovani reclute.  

- Voi due avete finito questo teatrino? Ho sentito del movimento, state all’erta. - 

Al tenente, infatti, non era sfuggito uno strano fruscio di foglie. I suoi peli iniziarono a rizzarsi e ciò non preannunciava nulla di positivo. L’aria era carica di tensione ed era certo che qualcosa, di lì a poco, sarebbe accaduto. 

Dopo l’avvertimento del tenente, i due fratelli abbandonarono ogni sfumatura di ilarità e assunsero un atteggiamento serio. Cercando di non lasciare scoperte le spalle dei propri compagni, i tre iniziarono ad ispezionare l’ambiente circostante. 

Ban guardava con interesse dinanzi a sé, ma non notò nulla di strano. Prima di abbassare la guardia però, parlo ai suoi compagni. 

- Ragazzi, avete notato qualcosa? - 

Nessuna risposta arrivò dalle sue spalle, ma un tonfo sordo di qualcosa che cadeva al suolo gli fece sgranare gli occhi. Preoccupato, il tenente si voltò di scatto, trovando dinanzi il suo sguardo i corpi inermi dei suoi compagni.  

Il tenente si apprestò a raggiungere i due, ma prima che potesse raggiungerli, una mano artigliata lo colpì violentemente alla schiena. Il demone gatto cadde al suolo ma, ancor prima di poter anche solo pensare di rialzarsi, una mano artigliata gli strinse la gola e lo sollevò dal pavimento. 

Un ringhio basso e profondo si diffuse in quel momento nell’aria. Il tenente Ban sapeva di non aver più via di scampo. In breve tempo quella figura, che aveva sorpreso lui e i suoi uomini, gli azzannò la gola e mollò la presa solo dopo che il cuore di Ban smise di battere. 

Il corpo del militare crollò nuovamente sul terreno. Uno strano gorgoglio, proveniente dallo stomaco della creatura, spinse quest’ultima ad inginocchiarsi vicino al corpo. Senza pensarci due volte, ridusse a brandelli i vestiti del demone gatto e iniziò a strappare via la pelle del malcapitato. 

La creatura masticò per bene quel pezzo di carne, cercando di assaporarne il gusto. Dopo aver macinato per bene la carne del demone, mandò giù la poltiglia che aveva generato. Ancora affamato, quell’essere si chinò nuovamente sul cadavere del tenente ma, in quel momento, la sensazione di un rigurgito lo costrinse ad allontanarsi immediatamente. 

Ormai lontano da quel corpo deturpato, quella creatura si ritrovò a rigettare il pezzo di carne che aveva in precedenza ingurgitato. Il suo corpo si rifiutava di assumere quella sostanza. 

Una forte fitta alla testa gli fece stringere i capelli fra le mani, fin quando non cadde a terra, vittima di un dolore atroce. 

Strane voci iniziarono ad accavallarsi nella sua mente. Poteva sentire chiaramente una parte di sé spingerlo a tornare sui suoi passi e terminare il suo pasto. Aveva fame ed era inutile negarlo. Di contro, una seconda voce stava cercando di sovrastare la prima. Essa all’inizio sembrava quasi uno straziante lamento ma, quando aveva ingurgitato la carne di quel demone gatto, si era fatta sempre più forte. 

Un guaito uscì dalle sue labbra. La testa sembrava che stesse per scoppiargli, voleva solo trovare un po’ di pace. 

Improvvisamente, sentì una strana sensazione sul fianco destro. Sentiva qualcosa pulsare contro la sua pelle e, inconsciamente, portò la mano sopra quell’oggetto. Lo strinse forte in mano e, improvvisamente, il dolore sembrò attenuarsi. 

Gli occhi della creatura iniziarono a perdere il colore cremisi, tornando color dell’oro. Le zanne e gli artigli si fecero più corti e i segni viola sulle sue guance sparirono definitivamente. 
Recuperato il controllo, la caratura si alzò a sedere e si osservò sconvolto le mani, sporche del sangue di innumerevoli militari. In quel momento deglutì e si rese conto di avere il sapore del sangue in bocca. 

- Che cosa ho fatto...? Cosa è successo...? - 

In quel momento, immagini frammentate apparvero dinanzi gli occhi di quella creatura sconvolta. Ricordò della morte del signor Bayer, delle urla di Rin. Ricordò di aver frugato nell’abitazione del signor Bayer e di aver totalmente perso il controllo quando vide per la seconda volta il corpo sviscerato del povero uomo. I ricordi successivi sembravano essere quelli di un’altra persona. 

Dopo quell’evento la parte umana di Inuyasha era sprofondata nel buio più totale, venendo sopraffatta dal suo sangue demoniaco. Il suo animo era stato sopraffatto dalla rabbia incontrollata e la sua parte demoniaca ne aveva approfittato. Con quella trasformazione, tutte le sue caratteristiche fisiche erano cresciute a dismisura e non provava più alcun dolore fisico. In quello stato aveva ucciso tutti i militari che incrociavano la sua strada, colpendoli alle spalle proprio come un codardo. Durante quel lasso di tempo non era stato vittima della luna nuova e non aveva mangiato, almeno fino a quella notte. 
Ancora poteva sentire lo stomaco reclamare qualcosa, ma il mezzo demone ignorò quel suo bisogno primario. Il sapore della carne di demone gatto risiedeva ancora nella sua bocca e, a quel pensiero, un nuovo conato di vomito lo prese. 

Dopo aver rigettato i succhi gastrici, Inuyasha si asciugò la bocca con la manica della giacca che indossava. Si sentiva sporco, senza forze e affamato.  

- Ho ucciso senza pietà... Ho provato a mangiare una persona... - 

Il suo sguardo venne calamitato alla pistola posta nel suo cinturone. Quando aveva ripreso conoscenza stringeva forte il calcio di quell’arma. La prese fra le mani e la osservò. Tessaiga pulsò nuovamente fra le sue mani, come a volergli dare nuovamente il benvenuto. Quell’arma lasciata dal padre aveva fatto sì che Inuyasha recuperasse il controllo della sua mente, frenando così il suo sangue demoniaco. 

Mentre si rigirava l’arma fra le mani uno strano pensiero prese forma nella sua mente. Senza ulteriori preamboli aprì la bocca e infilò la canna dell’arma in essa. Con un sol colpo, avrebbe messo fine a tutte le sue sofferenze.  

Il contatto del freddo metallo contro le pareti della sua bocca lo fece sussultare. Istintivamente deglutì. Doveva solo premere la leva di scatto e il proiettile avrebbe disintegrato il suo corpo. Poggiò il suo indice sul grilletto ed esitò un attimo prima di premerlo. 

Stava davvero mettendo fine alla sua vita con l’arma che il padre gli aveva lasciato in eredità? 

Inuyasha deglutì nuovamente. I volti delle persone che avevano perso la vita a causa sua gli apparvero chiaramente nella sua testa. Tutte quelle persone si erano sacrificate per permettergli di raggiungere il confine Svizzero. Aveva portato loro solo sciagure e adesso stava mandando a benedire il loro sacrificio. Stancamente Inuyasha estrasse l’arma dalla sua bocca e fece ricadere il braccio al suo fianco. 

- Non ci riesco. Non posso rendere vano l’aiuto che mi hanno offerto. - 

Dopo aver rifoderato l’arma, Inuyasha prese tra le mani la sacca che ancora portava a tracolla. Non credeva di trovarla ancora con sé e non pensava di trovarci dentro ancora i risparmi che durante la notte dei cristalli aveva riposto in essa. Recuperata la calma, il mezzo demone prese la sua decisione e si issò in piedi. Avrebbe raggiunto da solo la Svizzera e avrebbe aperto in quel territorio la sua nuova locanda. 

 


FrancyT:

Emh... Ciao?
Eccomi tornata, dopo ben otto mesi, con un nuovo e orrendo aggiornamento! XD
Okey, sono consapevole delle forzature presenti in questo capitolo, davvero forse avre fatto meglio a lasciare la storia sospesa o eliminarla totalmente, ma non me la sono sentita.
Nonostante tanti dubbi e incertezze, adoro scrivere questa storia e, in fondo, tengo molto a questa idea. Dopo una lunga riflessione infatti, ho deciso di continuare a pubblicare la storia così com'è, nonostante le forzature e le "esigenze di trama". Sono sicura che più avanti la riscriverò, provando ad aggiustare quelle parti che mi fanno storcere il naso, ma per adesso preferisco lasciarla così.

Dopo questa piccola ed inutile parentesi, torniamo alla storia.
Al mio solito vi scrivo i miei pensieri su quello che ho scritto. Potete anche ignorare, tranquilli XD

1. Bhe, descrivere le scene con Naraku mi diverte tanto. Ho pensato molto al suo retroscena e mescolare la figura storica con questo personaggio di fantasia ha avuto dei pro e dei contro durante la stesura del testo. Ho in mente varie cosine per lui, spero solo di trattarle decentemente.

2. Avanti, aspetto il vostro: "Ma sei scema o cosa? Come fanno i demoni a non accorgersi di Rin?"
Emh... stanno sempre ubriachi? Non lo so gente, quando inizialmente avevo scritto il capitolo la cosa non mi pesava. Pensavo di aver scritto qualcosa di sensato, ma so già di essermi scavata la fossa da sola cercado di trattare la relazione "Sesshomaru-Rin", specialmente inserita in questa maniera. Spero solo che perdoniate questa povera stupida per le scelte idiote che ha fatto.

3. In questo capitolo appare nuovamente il piccolo Kohaku :3 
Anche qua, trattare l'argomento dei campi non è stato facile. Non volevo far diventare la storia troppo pesante, ma non mi sembrava neanche corretto saltare l'argomento. Ovviamente vi ricordo che nonostante il palese riferimento alla storia, sto mischiando ad essa moolta immaginazione.
Dicevo, in questa parte della storiella incontriamo anche un nuovo personaggio (l'ennesimo si, e non sarà di certo l'ultimo), che vedremo qualche altra volta all'interno della storia. Anche qua... Non nego che ho storto il naso per diverse cosine scritte, però posso dire cge personalmente non mi dispiace molto questa parte.

4. Finalmente vediamo Miroku :3
Gente, io davvero volevo farlo morire sto poveraccio. Poi mia cugina ha insistito così tanto che ho deciso di farlo rimanere in vita solo per farlo torturare .-. Sono cattiva lo so... 
La sua interazione con Kohaku... Bhe, esigenze di trama? XD
No davvero, sinceramente, nonostante tutto il loro incontro e la loro discussione non mi dispiace. Se avessi davvero disprezzato l'intero capitolo non avrebbe avuto senzo pubblicarlo.

5. Bhe .-.
So che probabilmente la scelta di descrivere un Inuyasha in "forma demoniaca" farà storcere il naso a molti. Specialmente visto quello che combina, però bhu bhu... Nella mia testolina era una conseguenza sensata visto quello che ha passato. Ho seriamente cercato di immedesimarmi nel suo personaggio per comprendere quanto le varie vicende potessero turbarlo e cambiarlo. Ma va bhee, dettagli?

Concludo con i classici ringraziamenti a tutti coloro che leggono e lasciano un proprio commentino alla storiella. Mi scuso sempre per gli errori grammaticali che saranno sparsi nel testo e spero solo non vi rendano difficile la lettura.

Un bacino,
FrancyT

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Capitolo 7
*** Maggio 1939 ***


Germania, Maggio 1939 
Ore 17:25 

Nei pressi delle Alpi bavaresi, un piccolo gruppo di pattuglia perlustrava una fitta foresta di conifere. Il loro compito non era complesso, dovevano semplicemente osservare in giro e avvertire i loro superiori di eventuali tracce lasciate dai mezzo demoni. Lungo il percorso da loro esplorato, infatti, erano stati avvistati più volte individui sospetti, ma ogni traccia da loro lasciata sembrava solo depistarli. 

Il gruppo di pattuglia era formato da tre giovani reclute umane, supervisionate da un demone salamandra. I soldati semplici avevano tutti da poco superato l’esame finale dell’addestramento guidato dal generale Baryu ed erano stati affidati al gruppo di pattuglia di Monaco di Baviera da poco più di due settimane. 

- Ragazzi, mi sento osservato... E se l’assassino fosse tornato? - 

A parlare fu il più giovane del gruppo.  
Durante l’addestramento aveva dato prova della sua prestanza fisica, ma adesso, mentre si ritrovava sul campo, sembrava avvolto da una strana ansia. Sentiva addosso uno sguardo, ma ogni volta che si voltava verso la direzione dalla quale si sentiva osservato, non riusciva a scorgere nulla di sospetto. 

Intuito il turbamento della giovane recluta, il demone salamandra si avvicinò al soldato e gli poggiò una mano sulla spalla, stringendola in segno di conforto. 

- Smettila di preoccuparti. Dopo il ritrovamento del tenente Ben Jung e dei suoi sottoposti non sono giunte voci di altri attentati. - 

Il soldato sorrise al giovane, dopodiché riprese ad osservare l’ambiente circostante e continuò a parlare. 

- Chi ha ucciso il tenente non si è solo limitato a squarciargli la schiena, quindi, probabilmente sarà stato un animale ad attaccare la squadra. Non preoccupiamoci troppo, sono solo strane coincidenze. - 

L’intera squadra si ritrovò ad annuire a quelle parole. Se il loro supervisore affermava che non avrebbero dovuto preoccuparsi, avevano il dovere di credergli. Rassicurati, continuarono a perlustrare la zona in silenzio, con la massima concentrazione. 

Quel silenzio però, non durò molto. Uno spostamento d’aria, seguito da un sospetto fruscio di foglie insospettì il demone salamandra che richiamò a sé i suoi allievi. 

- Ho sentito qualcosa. Guardatevi in torno. - 

Le giovani reclute fecero come richiesto e fu allora che uno dei suoi allievi indicò con un dito la cima di un albero. Proprio lì, una figura li osservava nella penombra. 

- Lì, in alto! - 

Una volta individuata, la figura appollaiata sulla cima dell’alberò cercò di sfuggire dall’attenzione dei militari. Il demone salamandra, con l’intenzione di fermare la sua fuga, puntò il dito verso quella figura e rilasciò una palla di fuoco che l’individuo respinse con facilità. Con una folata di vento, indirizzò infatti quella palla di fuoco verso le tre giovani reclute. Sorpreso, la salamandra cercò di proteggere i suoi allievi dal suo stesso attacco, ma così facendo perse di vista l’individuo sospetto che, approfittando della situazione, fuggì proprio come era arrivato. 

Ristabilita la quiete, i quattro militari cercarono segni e tracce lasciate dall’individuo. Perlustrarono la zona per diversi minuti, ma l’unica cosa che riuscirono a trovare fu una grande piuma nera. 

Improvvisamente un forte tuono squarciò l’aria e fu allora che il demone salamandra comprese la gravità della situazione. 

- Dobbiamo immediatamente avvertire i generali Yoro e No Taisho, prima che inizi a piovere. - 

Un’ora dopo 
La divisione di Sesshomaru giunse nei pressi di quella foresta. Numerosi demoni cane iniziarono ad annusare l’aria alla ricerca di una pista da poter seguire, ma tutto si rivelò vano. La pioggia battente aveva già alterato ogni possibile traccia lasciata dall’individuo sospetto tanto che anche la piuma, trovata sul sentiero qualche ora prima, sembrava non portare a nessun punto di svolta. 

L’odore di pioggia e terra bagnata infatti sovrastava ormai ogni altro odore, generando un forte spaesamento nei demoni cane.  

- Generale, stiamo solo perdendo tempo. La pioggia ha cancellato ogni possibile traccia. Dovremmo tornare in caserma e ascoltare le testimonianze del gruppo di pattuglia. - 

Colto dalla frustrazione, il generale No Taisho congedò allora i suoi commilitoni, permettendo loro di tornare alla caserma militare di Monaco di Baviera. Prima di andare, però, richiamò a sé uno dei suoi sottoposti. 

Dolf si avvicinò allora al suo generale e attese gli ordini. 

- Dolf, sarai tu ad occuparti dei testimoni. - 

- Signorsì. - 

Dopo che il suo commilitone si unì nuovamente al resto del gruppo, Sesshomaru si alzò in volo, fin sopra le grigie nuvole, e fece strada verso il sentiero che Jaken e Rin stavano percorrendo.  

Era passato poco meno di un mese da quando il Führer gli aveva affidato il nuovo incarico, eppure Sesshomaru continuava ad essere ad un punto fermo. Trovare Inuyasha si svelò un'impresa più complessa di quanto immaginasse. Ogni avvistamento, ogni pista seguita, si rivelava un buco nell’acqua. Il mezzo demone sembrava sparito nell’ombra, sembrava proprio che fosse riuscito a uscire indenne dal paese. 

Eppure, questa volta, Sesshomaru non sapeva quanto il fratello fosse in realtà vicino. 
Infatti, dopo aver deciso di raggiungere la Svizzera in maniera autonoma, Inuyasha aveva iniziato a incamminarsi verso il sud del paese. Aveva percorso tanta strada, cercando di attirare quanta meno attenzione sulla propria figura. 
Viaggiare da solo si era rivelato più facile di quanto immaginasse, grazie anche al miscuglio preparato dal signor Bayer. Inconsciamente il mezzo demone strinse con una mano la boccettina che portava sotto la camicia. Quel miscuglio aveva fatto sì che la sua aura e il suo odore venissero occultati.  

Sapeva che se non fosse stato per quella polvere che portava addosso, la divisione di Sesshomaru l’avrebbe già trovato da parecchio tempo. 

Riparato all’interno di una piccola grotta, nei pressi delle alpi bavaresi, Inuyasha cercò di scaldarsi con il fuoco che aveva acceso. L’ambiente era umido e il ticchettio della pioggia, proveniente dall’esterno, sembrava rimbombare fra le alte pareti. Sul soffitto, nascosti fra le stalattiti, gruppi di pipistrelli disposti in file ordinate e fitte sembravano non aver intenzione di risvegliarsi dal loro sonno profondo. Altri di loro, invece, svolazzavano infastiditi fra le pareti della grotta, non molto contenti della presenza del mezzo demone. 

Un sospirò uscì dalle labbra di Inuyasha mentre osservava il coniglio che aveva catturato finire di cuocersi sul fuoco scoppiettante. L’odore della carne cotta fece sì che il suo stomaco si agitasse, reclamando del cibo. Non mangiava bene da diversi giorni. Da quando il suo sangue demoniaco si era placato, il suo stomaco non faceva altro che ringhiare, ma quando provava a ingurgitare qualcosa, il senso di nausea lo pervadeva, portandolo a rigettare quello che aveva appena ingoiato. 

Anche quella sera, quell’orrenda sensazione si fece presente. Aveva appena terminato di mangiare quel povero coniglio quando la sensazione del cibo che risaliva nel suo esofago lo colse. Resistendo allo stimolo di rigettare tutto, serrò la bocca e si sforzò di rimandare giù. Una forte sensazione di bruciore gli attraversò la gola, mentre un altro conato stava per coglierlo.  

Stanco e disgustato da sé stesso, il mezzo demone si accucciò vicino il focolare. Sperava che così facendo la sensazione di nausea si calmasse e che nessun altro conato lo colpisse.  

Quella stessa notte 
All’esterno di una locanda molto chiassosa, dove soldati d’ogni ordine e grado trascorrevano il loro tempo bevendo alcool e divertendosi, due figure in divisa si scambiavano delle informazioni. Uno dei due apparteneva alla divisione giunta quel pomeriggio a Monaco di Baviera, mentre l’altro era giunto lì proprio per ottenere quelle informazioni che tanto desiderava. 

- Hai fatto un ottimo lavoro, devo ammetterlo. - 

All’interno di quel vicolo stretto e buio, l’uomo con la carica militare più alta sorrise soddisfatto. I mesi di attesa avevano dato i suoi frutti. Finalmente aveva in mano qualcosa di utile alla sua causa. 

- Tutto merito della pioggia di oggi. Se non fosse stato per essa, non avrei mai potuto avvicinarmi senza farmi scoprire. - 

L’uomo annuì a quelle parole e appuntò mentalmente quella debolezza. Se davvero la pioggia indeboliva tutti i demoni con il naso fine, avrebbe potuto sfruttare l’occasione nel migliore dei modi. 

- La mia ricompensa? - 

Il militare prese una busta dalla sua giacca e la passò al demone cane, che la prese senza preamboli. Osservò il suo contenuto, dopodiché ripose in tasca il denaro che l’uomo gli aveva consegnato. 

- Adesso che succederà? - 

Il suo interlocutore si allontanò dalla parete, alzando gli occhi al cielo ancora nuvoloso. Aveva smesso di piovere da qualche ora, ma presto avrebbe ricominciato.  

- Da tempo al tempo Eike. Come prima cosa avvertirò il Führer del tradimento del nostro caro generale. - 

Dopo quella risposta, l’uomo iniziò ad allontanarsi dalla figura del demone cane. Fu in quel momento che una sincera curiosità prese strada nei pensieri di Eike.  

Che fine avrebbe fatto la sua divisione senza un generale? 

- E dopo? - 

L’uomo sorrise a quella domanda e arrestò il suo passo. Per assicurarsi della lealtà del demone cane, avrebbe dovuto fare una promessa che avrebbe fatto rimanere Eike sulla retta via. 

- Dopo raccomanderò al nostro Führer il tuo nome. Non temere, il prossimo generale cane sarai tu, Eike. - 

Alzando una mano in segno di saluto, il militare continuò per la sua strada, arrivando ben presto ai margini della città. Proprio lì, all’interno di un piccolo e sporco appartamento, la sua squadra speciale lo aspettava in compagnia di un altro individuo. 

Girato di spalle, il loro ospite osservava al di fuori della finestra con le braccia conserte. 

- Generale Yoro, grazie per aver accolto la mia richiesta di incontrarci. - 

Udendo il suo nome, Koga si voltò verso il suo interlocutore. Le braccia rimaste incrociate, l’espressione seria. 

- A cosa devo questo invito generale Baryu? - 

Bankotsu sorrise al suo ospite e lo invitò ad accomodarsi ad una delle sedie disposte attorno al tavolo in legno collocato al centro della stanza. Rifiutando l’invito, Koga rimase al suo posto, con lo sguardo fisso negli occhi del generale umano. 

- Ho bisogno delle sue gambe generale Yoro, della sua velocità. Ho scoperto delle informazioni importanti da riferire al Führer. - 

Bankotsu estrasse dalla sua giacca una busta e la passò al demone lupo. 

- Faccia avere questa lettera al Führer al più presto. Devo incontrarlo domattina per discutere di una questione fondamentale. Riferitegli che troverà tutti i dettagli al suo interno. - 

In quel piccolo appartamento, posto nella periferia di Monaco di Baviera, la tensione divenne palpabile. Bankotsu e i suoi uomini scrutavano con attenzione ogni minimo cambiamento del demone lupo.  
Proprio quest’ultimo sembrò non scomporsi affatto. Dopo le parole del suo collega abbassò lo sguardo verso la busta che l’uomo teneva ancora in mano, senza accennare alcun movimento per afferrarla. 

- Bankotsu, quello che mi stai chiedendo non è una cosa da poco. Dovrei lasciare la mia divisione e il mio compito per svolgere un tuo favore? - 

Koga riportò lo sguardo verso l’altro generale. Il suo volto continuava a mantenere quell’espressione seria, ma all’occhio attento di Bankotsu non sfuggì la lieve contrattura delle sopracciglia del demone lupo.  
Koga, infatti, era al quanto perplesso. Non riusciva a comprendere perché il suo collega avesse chiamato proprio lui. Per quanto fosse il demone più veloce presente alla caserma di Monaco di Baviera, egli rimaneva pur sempre un generale e non un portalettere. Poi ancora... 

Perché era così importante recapitare quella lettera al Führer? 

Uno strano pensiero iniziò ad insinuarsi nella mente del demone lupo e fu ridestato da esso solo quando la voce del suo interlocutore raggiunse le sue orecchie. 

- Caro Koga, queste informazioni sono fondamentali per il nostro Führer. Se non mi aiuti temo che debba riferire a Naraku che si ritrova nell’esercito un altro traditore. - 

Infastidito e preoccupato dalla situazione, a Koga non restò che afferrare la lettera dalle mani di Bankotsu. Una strana sensazione iniziò ad invadergli l’animo e sperò che tutto andasse per il verso giusto. 

- Considera la lettera già consegnata. - 

Dopo il consueto saluto militare, il generale lupo uscì da quel piccolo appartamento, lasciandosi alle spalle la squadra speciale di Bankotsu. Giunto al livello della strada, il demone prese un bel respiro e gettò uno sguardo nella direzione nella quale si trovavano le alpi bavaresi. Sapeva che avrebbe dovuto consegnare quella lettera nel più breve tempo possibile, per poi tornare immediatamente alla sua divisione. 

Intanto, dalla finestra del salone, Bankotsu osservava il demone lupo iniziare ad incamminarsi verso le mura esterne della città e un sorriso soddisfatto si formò sulle sue labbra.  

Il mattino successivo 
All’interno della caserma militare di Monaco di Baviera, Dolf attendeva l’arrivo del proprio superiore.  
Il demone cane era finalmente soddisfatto. Da quando il Führer aveva assegnato alla sua divisione di appartenenza un nuovo incarico, il suo generale aveva iniziato ad affidare a lui e i suoi commilitoni delle mansioni da svolgere e finalmente non si sentiva più inutile. Il giorno precedente, infatti, aveva sottoposto ad un interrogatorio i quattro militari che avevano avvistato un individuo sospetto e adesso non restava che far rapporto a Sesshomaru.  

Il suddetto demone arrivò alla caserma militare di prima mattina. Senza degnare di uno sguardo l’anziano demone procione posto di guardia all’ingresso della caserma, entrò nell’edificio e seguì l’odore del suo sottoposto. Percorse uno stretto e lungo corridoio, fiancheggiato da un lato da grandi finestre e dall’altro da una serie di porte che conducevano ai vari uffici amministrativi. Camminò per un’altra manciata di secondi e, quando giunse dinanzi la porta dietro la quale attendeva il suo commilitone, entrò nella stanza. 

- Salve generale No Taisho, ben arrivato. - 

Dolf accolse il suo superiore con il consueto saluto militare. Percepito l’odore del suo generale, era scattato sull’attenti e non si era fatto sorprendere dall’ingresso poco annunciato di Sesshomaru. 

Il militare di grado maggiore osservò con sufficienza il suo sottoposto, dopodiché gettò uno sguardo alla stanza che gli avevano assegnato. L’ufficio temporaneo di Sesshomaru era abbastanza semplice. Una massiccia scrivania era posta di fronte la porta d’ingresso, mentre numerose cassettiere, contenenti i documenti relativi agli avvistamenti dei mezzo demoni lungo le alpi bavaresi, erano addossate alle pareti. 

Terminata la sua supervisione, Sesshomaru mandò a riposo il suo militare e andò a sedersi alla sua scrivania. Il suo sguardo si soffermò su quello del suo sottotenente e lo esortò a parlare. 

- Dolf, aggiornami su gli interrogatori di ieri. - 

Il demone non perse tempo e rispose all’ordine del suo superiore. 

- Nulla di nuovo signore. I testimoni ribadiscono di non aver visto bene la figura. - 

Quella risposta infastidì il demone, che non poté non pensare quanto fosse incompetente quel gruppo di pattuglia. 

- Chi era di pattuglia ieri? - 

Ancora una volta, Dolf rispose immediatamente alla domanda del suo generale. 

- Tre giovani reclute accompagnate dal tenente Berger. - 

Sesshomaru iniziò a ticchettare ritmicamente i suoi artigli sopra la superficie in legno di quercia. 

- Chiamami il tenente. Voglio parlare con lui. - 

- Sarà fatto signore! - 

Dopo essere stato congedato, Dolf uscì dall’ufficio del suo superiore e corse a chiamare il demone salamandra. 

Il tenente varcò la porta dell’ufficio di Sesshomaru una decina di minuti dopo. Il demone cane iniziò a scrutare bene l’individuo che gli si piazzò dinanzi. 

Berger era un demone piuttosto minuto. Era basso di statura e di corporatura piuttosto esile. La sua pelle, liscia e lucente, era cosparsa di piccole ghiandole dalla quale era in grado di sprigionare a comando delle sostanze tossiche. Aveva un viso affilato, con un’apia fronte accentuata dalla profonda stempiatura. I suoi occhi, neri come il carbone, non sembravano trasmettere alcun segno di timore. 

Sicuro di sé, infatti, il demone salamandra percorse a passo fermo la distanza che lo separava dal generale. 

- Generale No Taisho, mi avete mandato a chiamare? - 

Sesshomaru non perse tempo, fece accomodare il suo ospite e iniziò il suo interrogatorio. 

- Tenente Berger, mi racconti dell’incontro che lei e le sue reclute avete avuto. - 

Il demone salamandra non riuscì a trattenere il proprio stupore. Seduto al di là della scrivania, portava le mani poggiate sulle gambe e a Sesshomaru non sfuggì la leggera contrattura delle sue dita. 

- Come ho già riferito ieri ai suoi uomini, stavamo pattugliando l’area in cerca di tracce lasciate da eventuali mezzo demoni, quando ho sentito un rumore sospetto. - 

Lo sguardo freddo di Sesshomaru continuò a posarsi su quella figura, mentre le dita della sua mano ripresero a tamburellare ritmicamente sopra la scrivania. In soggezione, il demone salamandra si ritrovò a deglutire prima di proseguire con il suo rapporto. 

- Una volta compreso dove si nascondesse l’individuo l’ho attaccato, ma è riuscito a scappare. - 

Interessato alla dinamica dell’incontro, Sesshomaru porse un’ulteriore domanda al demone. 

- Tenente mi dica, come mai lo ha perso di vista? - 

Berger sussultò a quella domanda. Aveva già fatto rapporto ad uno dei sottoufficiali del generale cane, dunque perché quel supplizio sembrava continuare? 
Il tenente pensava di non aver commesso particolari errori, se non magari quello di non aver avvertito immediatamente le divisioni specializzate nel seguire le tracce, ma di certo non poteva prevedere l’arrivo della pioggia. 

- L’individuo ha respinto il mio attacco, indirizzandolo verso i giovani che erano con me. Ho pensato che fosse mio dovere proteggerli. - 

Sesshomaru interruppe bruscamente movimento con le dita e riservò al demone salamandra uno sguardo di sufficienza. 

- Il suo dovere era fermare quell’individuo. - 

A quelle parole il tenente Berger aggrottò le sopracciglia, decisamente contrariato dalle parole del generale. 
Come poteva Sesshomaru affermare che il suo dovere fosse quello di fermare l’individuo? In quanto mentore delle giovani reclute il suo dovere era in primo luogo quello di preservare le loro vite.  
Come avrebbe potuto lasciare che venissero ferite dal suo stesso attacco? 

Istintivamente il demone salamandra si alzò dalla sua sedia battendo le mani sulla scrivania alla quale stava seduto il generale No Taisho. 

- Mi faccia comprendere generale, vorrebbe farmi processare per aver salvato la vita a tre reclute? - 

Al gesto istintivo del tenente, Sesshomaru rispose con una semplice occhiata fredda. Congelato sul posto e intimorito dall’aura minacciosa che si diffondeva dal generale, il demone salamandra ritornò sui suoi passi, sedendosi nuovamente. 

Proprio in quel momento, il suono di qualcuno che bussava frettolosamente alla porta preannunciò l’ingresso di Dolf nella stanza. Il demone cane aveva in volto un'espressione seria e puntò il suo sguardo proprio in quello freddo di Sesshomaru. 

- Generale, mi dispiace disturbarla mentre lavora, ma è importante. - 

Con un gesto della mano, il demone maggiore invitò suo sottotenente a proseguire il rapporto. 

- La squadra di pattuglia ha trovato delle nuove tracce. Sembrano appartenere allo stesso individuo. - 

A quelle parole Sesshomaru si alzò in piedi e, dopo aver riservato un ulteriore sguardo di sufficienza al demone salamandra, si diresse verso l’uscio del suo ufficio. 

- Dolf, avverti tutti. Ci vediamo lì. - 

Intanto 

Appollaiata sul ramo di un albero, una figura incappucciata osservava un gruppo di militari esultare per ogni piuma trovata sul terreno. Trovava davvero divertente osservare quei piccoli soldati umani esaltarsi per qualcosa di così infimo. 

- Ne ho trovata un’altra! - 

 La figura accovacciata sul ramo si avvicinò un po’ al gruppo, cercando di captare meglio la loro discussione. 
Uno dei tre uomini teneva in mano una delle piume trovate sul terreno e la sventolava in faccia al suo compagno d’armi. 

- Questa è la volta buona che ci promuovono! - 

Colui che sembrava il più grande del gruppo, prese la piuma dalle mani del soldato e la ripose dentro un sacco. 

- Il generale No Taisho e la sua squadra stanno per arrivare, comportati come si deve. -  

Il gruppo di pattuglia di quella mattina, infatti, era riuscito a trovare sul terreno altre quattro piume nere, con ogni probabilità appartenenti allo strano individuo del giorno precedente e, questa volta, non avevano tardato ad avvertire la divisione di Sesshomaru. 

I demoni cane non si fecero attendere per molto. Nell’arco di pochi minuti erano arrivati nel luogo del ritrovamento e, come il giorno precedente, iniziarono ad annusare l’aria. 

Mentre i suoi uomini perlustravano la zona, Sesshomaru, seguito a ruota da Dolf ed Eike, si avvicinò al piccolo gruppo di pattuglia. Ritrovatosi dinanzi i tre, il militare che guidava il gruppo porse ai demoni il sacco contenente le piume che avevano trovato. Sesshomaru afferrò il sacco, lo aprì e, successivamente, lo passò a Dolf con fare disinteressato. 

Il sottotenente prese fra le mani una di quelle piume ed iniziò ad annusarla. 

- Ma è uno scherzo?! - 

La voce alterata di Dolf attirò l’attenzione dei presenti su di sé. 
Incuriosito dalla reazione del compagno d’armi, Eike prese il sacco contenenti le restanti piume e avvicinò la sua apertura al viso, annusando il contenuto presente al suo interno. 

- Queste piume non hanno odore! Non è possibile seguire nessuna traccia! -  

Questa volta toccò ad Eike sbottare, che si ritrovò a lanciare verso il povero soldato di pattuglia il sacco con le piume. 

Sempre nascosta nelle vicinanze, la figura incappucciata riuscì a stento a trattenere una risata a quella reazione. Vedere quelle espressioni perplesse e confuse era più soddisfacente di un bel pasto caldo. 

Lo sguardo della figura si spostò su Sesshomaru. Il generale No Taisho sembrava impassibile. Non aveva avuto alcuna reazione al suo piccolo scherzo e ciò non lo trovava affatto divertente. 

Proprio Sesshomaru era decisamente stufo della situazione. Quando quel soldato umano gli aveva passato quel sacco, era tentato di abbandonare nuovamente i suoi commilitoni e cercare da sé la pista da seguire, ma una strana sensazione di occhi puntati addosso gli fece cambiare idea. Le piume si erano rivelate una perdita di tempo, ma nessuno poteva negare che fossero al quanto sospette. 

Con questi pensieri per la mente, il generale No Taisho marciò fra i suoi sottoposti anche lui in cerca di nuovi indizi. Così, proprio come i suoi commilitoni, Sesshomaru accentuò i suoi sensi e inspirò una discreta quantità d’aria. Ripeté quel gesto una manciata di volte, nella speranza di trovare fra i vari odori qualche indizio che potesse appartenere al fratello. 

Al demone sembrava così sciocco pensare che Inuyasha potesse divertirsi a giocare con la sua divisione, ma nonostante trovasse quell’idea così irragionevole, non riusciva a smettere di rifletterci. Erano già due giorni che sentiva una strana presenza osservarlo. Pensava che il fratello avesse scoperto di Rin e stesse cercando un modo per farlo allontanare dalla bambina così da poterla “salvare” dalle sue grinfie.  
Eppure, nonostante quello sguardo continuava ad essere poggiato su di sé, non riusciva a identificarne la posizione. Il generale represse un ringhio frustrato.  

Il giorno precedente il rumore e l’odore della pioggia avevano confuso i suoi sensi, ma adesso? 

Credeva che Inuyasha, una volta vista Rin, sarebbe corso da lei così da permettere a Sesshomaru di catturarlo, ma non era ancora successo. Il giorno precedente, una volta giunto alla radura dove stavano accampati Rin e Jaken, il presunto Inuyasha aveva osservato i tre per qualche minuto prima di sparire nell’ombra. Mentre adesso, invece di correre verso il luogo in cui stava la bambina, si divertiva ad osservare lui e la sua divisione brancolare nel buio. 

Era decisamente impossibile che quella figura fosse suo fratello. 

- Generale, qui non c’è alcuna traccia di questo presunto individuo. Forse dovremmo tornare alla caserma e studiare meglio i rapporti che ci hanno affidato. - 

Dolf richiamò l’attenzione del suo generale. Il sottotenente, affiancato da Eike, in questi ultimi tempi aveva iniziato a dar voce ai pensieri dei suoi compagni d’armi, ma questa volta il suo gesto non fu affatto apprezzato dal suo generale. 

Sesshomaru, infatti, riservò al militare uno sguardo di sufficienza. Non riusciva a credere che nessuno della sua divisione si fosse accorto di questa figura sospetta nascosta da qualche parte. Senza degnare di una risposta il sottotenente, Sesshomaru continuò la sua supervisione. Alzò lo sguardo verso le fronde degli alberi e provò a notare qualcosa di sospetto. 

Intanto, la figura appollaiata sul ramo di un albero, non molto lontano dal luogo ispezionato dal generale, sentì le sue penne arruffarsi. L’aura e l’atteggiamento del generale No Taisho erano lievemente cambiati. Se prima sembrava indifferente all’intera situazione, adesso sembrava determinato a porvi fine.  

La figura fissò con attenzione il demone maggiore. Sesshomaru scrutava con meticolosità i rami sopra la sua testa, poi si alzo in volo, poggiandosi su uno di essi. A quel gesto la figura incappucciata deglutì, non togliendo gli occhi di dosso dal corpo del generale. 

D’improvviso, Sesshomaru sembrò osservare nella sua direzione e la figura si fece prendere dal panico. Osservò nervosamente l’area circostante, alla ricerca di una via di fuga. Individuata la strada da seguire, scagliò una forte raffica di vento che destabilizzò i militari e si dileguò lasciando dietro di sé un’altra grande piuma nera.  

Quel pomeriggio 
Nella foresta di conifere non molto lontana dalla città, il colonnello Jaken, seduto su un grande masso, osservava la piccola Rin giocare con il drago a due teste che viaggiava con loro. Avevano percorso molta strada da quando Sesshomaru aveva dato alla sua divisione il compito di spostarsi ma, a dispetto di ogni aspettativa, il piccolo cucciolo d’uomo sembrava reggere il loro ritmo.  

- Colonnello Jaken! Pensa che il signor Sesshomaru tornerà presto? - 

Il piccolo demone kappa si ritrovò ad osservare quella bambina correre verso di sé. Con in viso un’espressione speranzosa, Rin poggiò i gomiti sulla grossa pietra sulla quale stava seduto il colonnello, mentre le piccole manine le sorreggevano il volto.  

- Rin, ti ricordo che il signor Sesshomaru è un grande generale. Ha dei compiti da svolgere per il paese. - 

Non contenta della risposta, la bambina incrociò le braccia al petto e mise il broncio. Comprendeva quanto il generale fosse impegnato e quanto importante fosse il suo ruolo, ma si era abituata a quella presenza nella sua vita e temeva che gli venisse strappata via così come era accaduto con il suo papà. 

Al pensiero del suo dolce papà l’espressione della piccola mutò nuovamente, adesso decisamente rattristata. Jaken osservò quel mutamento impotente. Avrebbe tanto voluto aiutare quella piccola, ma non sapeva esattamente come. A salvare il piccolo demone kappa da quella scomoda situazione, ci pensò il grande drago a tue teste che viaggiava con loro. Ah-Uh, si era infatti avvicinato nuovamente alla bambina e, attirata la sua attenzione, i due ripresero a giocare insieme. 

Osservandoli, Jaken si ritrovò a sospirare. Continuava a non comprendere perché il suo generale non si convincesse a lasciare la piccola Rin ad una famiglia umana. Percorrere due strade differenti non escludeva la possibilità di incontrare dei pericoli, ma la posizione di Sesshomaru sembrava irremovibile. Il demone sottolineava quanto la figura di Rin fosse fondamentale per la cattura del fratello, ma il colonnello sospettava che, in fondo, il suo generale si fosse semplicemente affezionato alla bambina e non volesse abbandonarla. 

Assorto nei suoi pensieri, Jaken si accorse troppo tardi della figura alle sue spalle. 
Non riuscì ad afferrare in tempo la sua arma, prima che il calcio di una pistola lo colpisse fortemente alla tempia. Il corpo del colonnello cadde al suolo con un tonfo, che richiamò immediatamente l’attenzione della piccola Rin. La bambina si voltò verso il suo compagno di viaggio e rimase paralizzata. 

Un uomo, in divisa militare, stava di fianco il grande masso sulla quale era seduto il demone kappa. Ai suoi piedi, il corpo del povero Jaken privo di sensi. 

Soddisfatto della reazione della piccola, l’uomo iniziò ad avvicinarsi alla bambina osservandola attentamente. Dalle informazioni rivelate da Eike, quella mocciosa sembrava non emanare nessun odore. Il demone cane aveva espressamente dichiarato che l’odore della piccola non sembrava coperto dalla pioggia, anche dopo che essa smise di cadere sembrava proprio che la bambina non ne emanasse alcuno.  

Ottenuta quell’informazione l’uomo pensò di avere Sesshomaru in pugno. Sembrava proprio che il caro generale No Taisho nascondesse nella sua divisione una bambina che possedeva lo stesso strano potere che il loro Führer tanto desiderava. 

- Ehi piccola. Il mio nome è Bankotsu, sono un generale dell’esercito, proprio come il generale No Taisho. Sai, credo che tu abbia una cosa che il nostro Führer desidera tanto. - 

Sotto quello sguardo indagatore, la piccola Rin si sentì in trappola. Istintivamente strinse fra le mani la boccetta che teneva legata al collo, in cerca di conforto. Quel gesto però, non sfuggì all’occhio attento del militare, che sorrise soddisfatto. 

- Cosa stringi fra le mani? Mi permetti di vederlo? -  

Bankotsu continuò ad avvicinarsi alla bambina con la mano tesa. 

- Se mi permetti di portarlo con me, ti prometto che non farò nulla al tuo amico laggiù. - 

Il generale indicò con il pollice dietro le sue spalle, facendo riferimento al corpo del colonello Jaken, ora sveglio e sorvegliato da due degli uomini del generale. A discapito di quello che Bankotsu si aspettava però, la piccola Rin strinse più forte la boccetta nelle sue mani e iniziò a correre verso Ah-Uh.  Purtroppo, prima che potesse raggiungere il drago a due teste, il generale l’aveva afferrata per il vestitino che portava e la trascinò con sé raggiungendo i pressi di uno strapiombo. Avvertendo il pericolo, demone drago provò allora ad attaccare il generale, ma fu distratto da altri due uomini della squadra di Bankotsu. 

- Sei proprio una bambina cattiva. - 

La piccola Rin fu presto scaraventata al suolo e d’istinto si rannicchiò su sé stessa. Sembrava tutto un brutto incubo. Sembrava tornata ai tempi in cui veniva picchiata senza alcun motivo dai militari che pattugliavano Kemberg. Trattenne le lacrime e iniziò chiamare il nome di Sesshomaru in una straziante cantilena. 

- Stai seriamente invocando il generale No Taisho? -  

Una risata uscì dalle labbra di Bankotsu. 

- Bene. - 

Bankotsu sollevò la piccola dai capelli con una sola mano. Rin urlava e si contorceva, mentre Bankotsu le strappava la boccetta dal collo e gettava la bambina giù dal burrone. 

- Generale No Taisho, si presenti al nido dell’aquila il prima possibile. Il Führer vorrà sentire cosa dichiara in sua difesa. - 

Certo che il generale No Taisho lo stesse ascoltando, Bankotsu richiamò i suoi uomini e ritornò sui suoi passi, per nulla preoccupato dell’aura minacciosa che arrivava dal fondo del dirupo. 

Intanto 
Non molto lontano da quella zona, Inuyasha storse il naso all’odore pungente appartenente a suo fratello. Con ogni intenzione di evitare di incontrarlo, il mezzo demone invertì nuovamente il senso di marcia, ma ad un tratto si fermò. Oltre all’odore di Sesshomaru, riusciva a sentire un’altra fragranza molto più delicata. Un odore che non sentiva da mesi, l’odore della piccola Rin. Sorpreso e preoccupato dall’aura minacciosa di Sesshomaru, fin troppo vicina a quella bambina, si fece coraggio e corse verso la direzione nella quale si trovava suo fratello. 

Se quell’odore fosse appartenuto davvero a Rin, sarebbe stato suo dovere andare a salvarla. Lo doveva al signor Bayer. 

Però, quando arrivò ai margini di un precipizio, si ritrovò dinanzi un’immagine che non si sarebbe aspettato. Sesshomaru teneva fra le braccia la piccola Rin, che si aggrappava saldamente alle spalle del generale. 

Un ringhio mal trattenuto uscì dalle sue labbra. 

- Sesshomaru, lascia stare Rin. - 

Il generale, però, parve ignorare quelle parole. Per nulla preoccupato dalla presenza del fratello, diede le spalle a Inuyasha e raggiunse il colonnello Jaken. Il piccolo demone kappa, finalmente libero, prese a scusarsi con il suo superiore. L’aura di Sesshomaru era decisamente minacciosa e temeva che si sarebbe riversata nei suoi confronti. 

- Sesshomaru mi hai sentito? Lascia andare Rin! -  

Anche questa volta il generale ignorò il mezzo demone, che strinse i denti, decisamente frustrato. 
Inuyasha iniziò a scrutare intorno. Sesshomaru era solo, a parte Jaken, sembrava non aver portato con sé il resto della sua divisione. La probabilità che riuscisse a battere Sesshomaru e salvare Rin non era molto alta, ma non sembrava impossibile. 

Cercando di cogliere di sorpresa il fratello, Inuyasha rafforzò i suoi artigli e provò a colpire Sesshomaru alle spalle. Il generale però, non si fece cogliere impreparato. Percependo lo spostamento d’aria schivò l’attacco del fratello. Fu in quel momento che Sesshomaru degnò di uno sguardo il mezzo demone. 

Osservando gli occhi di Sesshomaru divenuti rossi, come se fosse in procinto di trasformarsi nella sua forma demoniaca, Inuyasha si congelò sul posto. 

- Che intenzioni hai? É solo una bambina Sesshomaru. Non puoi farle del male. - 

In quel frangente, la piccola Rin allentò la presa dal corpo del generale e si rivolse al mezzo demone. 

- Inuyasha! Va tutto bene, il signor Sesshomaru è buono con Rin. - 

Inuyasha osservò sconcertato il sorriso affettuoso sul volto della bambina. Era al quando incredulo. Sesshomaru non poteva prendersi cura di Rin, l’avrebbe sfruttata per qualche assurda situazione.  
Con quella convinzione, Inuyasha provò ad attaccare nuovamente Sesshomaru, ma questa volta fu respinto da una barriera protettiva eretta dall’arma posta al fianco del generale.  

Il mezzo demone fu allora respinto via e non riuscì a fermare gli eventi successivi. 
Infatti, proprio mentre Inuyasha veniva allontanato dalle tre figure, Sesshomaru poggiò la piccola Rin su Ah-Uh e si rivolse a Jaken. 

- Portala lontano. In un posto sicuro. - 

Rialzatosi da terra, Inuyasha vide Ah-Uh alzarsi in volo e diede il meglio di sé per raggiungere il demone drago che, purtroppo, si stava già nascondendo fra alte nuvole. 
Frustrato, Inuyasha si voltò nuovamente verso la figura del fratello e provò ad attaccarlo alle spalle una terza volta. 

Sesshomaru, che aveva iniziato ad incamminarsi nella direzione della residenza privata del Führer, questa volta parò l’attacco del fratello. 

- Puoi cogliere di sorpresa i gruppi di pattuglia, ma non me. Nascondere il tuo odore e la tua aura non funzione. Anche ad occhi chiusi riuscirei a parare i tuoi colpi. - 

Per nulla scoraggiato da quelle parole, Inuyasha continuò ad attaccare il fratello. Era determinato a scoprire dove stesse portando la bambina. In molti avevano perso la vita a causa sua, solo Rin rimaneva ancora in vita e lui non poteva permettere che morisse per mano di suo fratello. 

- Dimmi dove stanno portando Rin. - 

Sesshomaru respinse senza problemi ogni attacco del mezzo demone, contrattaccando con i suoi artigli velenosi. 
I due fratelli si scontrarono per diverso tempo, senza che l’uno prevalesse nettamente sull’altro. Con il trascorrere del tempo, però, lnuyasha iniziò a sentire le sue forze pian piano abbandonarlo e morsi della fame farsi sempre più forti. Fu in quell’attimo che il mezzo demone comprese la situazione.  

Quella notte ci sarebbe stata la luna nuova. 

Fu così che pian piano i capelli argentati di Inuyasha divennero neri e i suoi occhi persero il loro tipico color dell’oro. Riuscire a parare gli attacchi di Sesshomaru fu ben presto impossibile e il mezzo demone si ritrovò in poco tempo steso al suolo. 

Avvicinandosi al suo avversario, Sesshomaru osservò il corpo del fratello ridotto al limite. Lo issò su per i capelli e lo scrutò per bene. Luna nuova a parte, sembrava molto diverso rispetto a qualche mese prima. Aveva subito notato la debolezza nei suoi colpi, come se non avesse la giusta energia per riuscire ad attaccare come si deve. Notò anche come in realtà fosse molto smagrito dal loro ultimo incontro, nonostante fosse un mezzo demone. 

Pensò un attimo il da farsi. 

Poteva sempre portare il corpo di suo fratello al cospetto di Naraku, smentendo dunque tutte le accuse di Bankotsu, ma in fondo non gli importava seriamente di quello che il Führer pensasse di lui. Il suo obbiettivo era stato raggiunto. Aveva finalmente preso suo fratello e aveva la possibilità di prendere Tessaiga con sé, ma non sembrava affatto appagato. 

Incerto, Sesshomaru continuò ad osservare Inuyasha. Se uccidere il fratello e prendere Tessaiga non lo stava appagando, cosa voleva veramente? Aveva vissuto la sua intera vita con l’unico scopo di riscattare l’onore del suo clan ma, adesso che ne aveva l’opportunità, non si sentiva soddisfatto. 
Scocciato dai suoi stessi pensieri, gettò malamente Inuyasha al suolo e gli diede le spalle. 

- Sta lontano da Rin e, se sopravvivrai a questa notte, non farti più vedere. - 

Inuyasha non riusciva più a muoversi. La testa pulsava violentemente e la sua vista era annebbiata. Non capiva esattamente cosa stesse dicendo suo fratello, ma vide la sua figura farsi sempre più lontana. 
Le palpebre gli si fecero pesanti. Nonostante si trovasse in uno stato confusionario, provò a tenersi sveglio. Sapeva che se avesse ceduto al sonno, il giorno dopo non avrebbe visto l’alba. 

Fu durante quello stato di spaesamento che Inuyasha vide una figura calarsi dall’alto. Sembrava un uccello, o forse un angelo dalle grandi ali nere. A quella vista, pensò seriamente di essere morto. 

- Ehi amico, resisti. Ti porterò al sicuro. - 

 


 

FrancyT:

Ciau ciau!
Sono riuscita ad aggiornare solo dopo (quasi) due mesi, sono orgogliosa di me stessa! XD
Okey, chiudiamo questa piccola parentesi e affrontiamo insieme quello che ho scritto.

Inutile sottolineare che anche in questo capitolo ci sono evidenti forzature per ragioni di trama, ma come detto al mio ritorno, attualmente lascio tutto così, nella speranza un domani di riprendere la storia in mano e miglirare quei punti deboli sparsi un po' ovunque.

Al mio solito vi scrivo i miei pensieri su quello che ho scritto. Come al solito, potete anche ignorare :3

1. Sono entrata tanto in paranoia all'inizio di questo capitolo. Non scrivevo da mesi e non riuscivo a dare un inizio decente. Comunque.... Vediamo questo piccolo gruppo di pattuglia che si "scontra" con una figura misteriosa. Chi sarà mai questa volta? Bhe, mi piace mantenere queste figure "anonime" per un po' di tempo si XD

2. Dopo il aver visto la squadra di Sesshomaru in "azione", torniamo finalmente al nostro protagonista, ultimamente messo un po' da parte. Inuyasha è seriamente provato dagli ultimi eventi e ho pensato che ciò che ha fatto al demone gatto lo abbia turbato molto. Pertanto ho pensato: Inuyasha sarebbe così sciocco da non mangiare più o si sforzerebbe a ingurgitare del cibo che dovrebbe metterlo in forze? Ricordiamoci che è stato tipo un mese senza mangiare, quindi nulla, avete letto il capitolo, quindi la mia scelta alla fine l'avete letta ^^"

3. Bhe! Il nostro Eike (per chi non se lo ricorda è il demone cane che insieme a Dolf si lamentava di Sesshomaru nel capitolo precedente) si è letteralmente venduto il suo generale. Qua avevo qualche dubbio su come potesse "inganare" Sesshomaru. Non è stato semplice, e l'espediente della pioggia utilizzata in precedenza per nascondere le tracce pensavo fosse carina come scelta.

4. In molti si chiederanno: Perchè Koga cede facilmente al "ricatto" di Bankotsu? Bhe, lo scoprirete, giuro che questa volta non è per esigenze di trama XD

5. Quando sono nel bosco, dopo l'interrogatorio (che mi sono divertita a scrivere, per quanto breve), vorrei specificare che la figura incappucciata non viene vista da Sesshomaru. É molto nascosta, anche se magari non l'ho descritto bene.

6. Anche qua, durante l'incontro fra Bankotsu e Rin, e successivamente fra Sesshomaru e Inuyasha, sono palesi le forzature, ma va bhe, scusate ^^"

7. Bene, posso dirvi che, dal prossimo capitolo, inizierete a intravedere l'idea di fondo che mi ha spinto a iniziare a scrivere "Il fuggitivo". Che mi crediate o meno, ho ideato questa storiella solo perchè volevo leggere un racconto che avesse un finale simile. Non vi anticipo nulla, su questo punto ci ritorneremo all'ultimo capitolo.

Concludo con i classici ringraziamenti a tutti coloro che leggono e lasciano un proprio commentino alla storiella. Mi scuso sempre per gli errori grammaticali che saranno sparsi nel testo e spero solo non vi rendano difficile la lettura.

Un bacino,
FrancyT

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Capitolo 8
*** Maggio 1939 - Parte 2 ***


Germania, Maggio 1939 

Ore: 22:00 

All’interno dell’ascensore rivestito di ottone, che lo avrebbe portato in cima al Nido dell’aquila, il generale Banryu si rigirava quella stramba boccettina fra le mani.  
Se le sue supposizioni fossero state corrette, quel piccolo recipiente conterrebbe un particolare miscuglio dalla capacità di occultare l’odore di un individuo. Di conseguenza, se la bambina che Sesshomaru portava con sé possedeva un oggetto del genere, colui che stava decimando l’esercito tedesco poteva essere il generale stesso? 

Il suo sembrava un pensiero al quanto assurdo. Viste le dinamiche degli assassini, i cadaveri rinvenuti avrebbero dovuto avere il corpo intriso del veleno di Sesshomaru, ma gli squarci sulla schiena sembravano privi del tipico veleno sprigionato dal demone. In ogni caso, per quanto inadatta potesse essere quella supposizione, la posizione del demone cane rimaneva al quanto ambigua e in quanto autorità militare, avrebbe dovuto denunciare al Führer l’accaduto. 
Arrivato al piano dell’edificio realizzato in legname e materiale roccioso, il generale si fece strada fra gli interni in stile rustico, arrivando ben presto in una delle due grandi sale ottagonali sovrapposte.   
Proprio lì, Naraku attendeva il suo ingresso. 

Il suddetto demone era al quanto infastidito da questo incontro fuori programma. Sole ventiquattr’ore prima gli era stata recapitata una lettera da parte del generale Baryu e al mattino seguente si era recato segretamente alla sua residenza di montagna accompagnato da Byakuya per risolvere la questione. 

La sua assenza da Berlino in quei giorni cruciali non era affatto un’azione che poteva permettersi. Proprio in quelle ore Kagura avrebbe nuovamente incontrato il ministro degli esteri italiano, cercando di rassicurarlo sul fatto che la Germania non avesse nessun’intenzione di iniziare a breve una nuova guerra europea e che le divergenze con la Polonia per il controllo del Corridoio di Danzica sarebbero state appianate su una strada di conciliazione. Se tutto fosse andato come pianificato, Mussolini avrebbe presto dato il suo assenso definitivo per la firma dell’alleanza. L’accordo avrebbe fatto sì che entrambi gli stati fossero obbligati a fornirsi reciproco aiuto in caso di situazioni internazionali che mettessero a rischio i propri interessi vitali, aiuto che si sarebbe esteso anche al piano militare qualora si fosse scatenata una guerra.  

Grazie a questo accordo, Naraku avrebbe potuto muovere la sua prossima pedina, avvicinandosi sempre più al suo obbiettivo ultimo. 

- Mein Führer, mi dispiace averla fatta aspettare. - 

Il Führer osservò freddamente il suo sottoposto. Sebbene ritenesse inadatto abbandonare la capitale in quel preciso momento, la questione sollecitata da Bankotsu necessitava una discreta attenzione. 

- Non perdere altro tempo, fa rapporto. - 

Bankotsu rimase perplesso a quel tono irritato, ma cercò di non darlo a vedere. Naraku si era sempre comportato in maniera cinica e razionale durante i loro incontri, ma ultimamente sembrava far trasparire maggiormente le proprie emozioni. 

- Mio signore, mi rammarica darle questa notizia, ma come anticipato nella mia lettera, temo che uno dei generali più vicini alla sua persona abbia intenzione di tradirla. Il mio ritardo a questo incontro è dovuto proprio a questo individuo. - 

Bankotsu fece una pausa, aspettando che Naraku lo esortasse a continuare. Al gesto della mano del demone, il generale proseguì. 

- Temo che il generale Sesshomaru No Taisho stia tramando alle sue spalle. -  

Quelle parole fecero rimanere il Führer interdetto. Aveva scelto personalmente le pedine da muovere nella sua scacchiera e fra di essi nessuno avrebbe avuto motivo di allearsi con la resistenza per far cadere il suo regime. 

- Ha raccolto delle prove prima di aver accusato un suo collega? - 

Bankotsu non riuscì a trattenere un’espressione contrariata. Pensava che la lettera precedentemente inviata avesse allarmato il suo superiore e che fosse pronto a prendere dei provvedimenti a quanto descritto in essa. Non si aspettava di certo che le sue parole fossero messe in dubbio. 

- Certo signore. Il generale cane nasconde una strana bambina che possedeva il potere che tanto desideravate. Vi avevo già accennato della situazione nella lettera che avete ricevuto. - 

Il generale prese dalla sua tasca la boccettina e la mostrò al Führer. 

- Vedete questa boccettina? La bambina la portava al collo e, un demone dal naso fine, mi ha confermato che l’effetto del suo contenuto fa sì che venga occultata la presenza della persona che lo indossi. Non è un po’ sospetto? -  

Naraku prese la boccettina dalle mani del sottoposto e se la rigirò fra le mani. 

- Interessante. -  

Se quello che Bankotsu affermava fosse stato il vero, quel particolare miscuglio avrebbe potuto fare al caso suo. Se davvero quella polvere avesse posseduto quelle capacità, ogni suo problema sarebbe stato risolto. 

- Generale Banryu, porti immediatamente questa boccettina al laboratorio più vicino e convochi qui Sesshomaru. - 

Con un sorrisetto soddisfatto, il Generale prese nuovamente con sé quella boccettina e si congedò. Il suo obbiettivo era stato raggiunto. - Sarà fatto Führer. - 

Naraku attese che il suo generale lasciasse la sala, dopodiché si sedette alla poltrona dinanzi il camino di marmo rosso per rilassare il suo corpo. Poggiò la testa all’indietro e chiuse gli occhi. Sentiva la tensione accumulata per lo sforzo iniziare ad alleggerirsi e, dopo un profondo respiro, percepì la sua aura demoniaca diminuirsi drasticamente.  

Detestava rifugiarsi in quel luogo. 

Il Nido dell’aquila, situato nell'Obersalzberg, era stato completato l’anno precedente, eppure il Führer lo utilizzava seriamente poco, se non per alcuni incontri particolari. Tutti i suoi brevi soggiorni in quel luogo risultavano veramente sofferti. La concentrazione di cui aveva bisogno per non far cadere la sua copertura triplicava, ma non poteva permettere che lo vedessero in quello stato. 

Dopo un ulteriore sospiro, il Führer prese dalla tasca della sua divisa un piccolo cofanetto. Atteso qualche istante lo aprì e osservò pensieroso il suo contenuto: una piccola boccetta contenente del liquido rossastro era affiancata ad una siringa. 

Quel fluido viscoso era l’ultimo frutto degli esperimenti che avvenivano nei laboratori collocati nei campi di lavoro forzato. Purtroppo, nonostante fosse il risultato migliore ottenuto, esso non era perfetto: il suo effetto rimaneva infatti limitato. 

Frustrato dalla situazione, Naraku prese la siringa fra le mani e aspirò il liquido rosa. Successivamente, rimosse velocemente la cintura dai pantaloni della divisa, la strinse attorno al braccio e senza perdere altro tempo perforò la pelle con l’ago e iniettò il farmaco all’interno del suo corpo. Cercando di non badare alla sensazione provata, Naraku sperò che quella particolare polverina che sarebbe giunta ai laboratori avrebbe risolto una volta per tutte il suo fastidiosissimo problema. 

Il mattino seguente,  
all’interno di una stanza buia ma confortevole, una figura stesa su di un letto riprendeva pian piano conoscenza. Aprì lentamente gli occhi e, ancora lievemente frastornato, osservò il soffitto per qualche secondo. 

- Non riesco a credere che ne hai portato un altro! - 

Una fitta alla testa lo colpì al suono di quella voce proveniente dall’esterno e, per il forte dolore, non riuscì a trattenere un guaito. Infastidito da questo suono improvviso, il ragazzo cercò di portarsi le mani alle orecchie, per provare a trovare un po’ di pace. Il suo tentativo, però, gli provocò altre fitte, questa volta all’addome. Incredulo, il giovane si chiese cosa avesse mai fatto per ritrovarsi in quelle condizioni. 

- Era in fin di vita, che avrei dovuto fare? Lasciarlo morire? Era anche nella sua notte più debole. - 

Improvvisamente, frammenti di ricordi degli ultimi mesi iniziarono a formarsi nella sua mente. Proprio come un lungo flashback ripercorse gli eventi principali del suo viaggio, fino a giungere alla sera precedente. Ricordò che, dopo aver perso i suoi poteri demoniaci a causa della luna nuova, il suo corpo aveva ceduto. Tentò di recuperare dalla sua memoria degli elementi che potessero permettergli di identificare il luogo in cui si trovava, ma tutto fu inutile. 

- Proprio perché era nella sua notte più debole dovevi lasciarlo dov’era! Portarlo qua in quelle condizioni è pericoloso, ha bisogno di costanti cure. Inoltre, come potresti nasconderlo in caso di un’ispezione? Non potrà muoversi dal letto per un po'! - 

Quella voce sgradevole, ricca di fastidio, fece nuovamente pulsare la sua testa. Sembrava appartenere ad un uomo e di certo non condivideva il parere del suo interlocutore. 

Cerando di comprendere meglio la situazione, Inuyasha provò ad ispirare profondamente. La prima fragranza che sentì fu senza dubbio quella pungente del disinfettante, mista all’odore del sangue. Nonostante fosse ancora sdraiato sul comodo materasso, non ci volle molto per il mezzo demone comprendere che, da qualche parte nella stanza, ci fossero delle garze sporche del suo sangue. 

- Non puoi dirmi cosa posso fare! - 

Il mezzo demone prese un altro respiro e questa volta cercò di andar oltre il forte odore che impregnava la stanza. Ci volle qualche istante, ma finalmente riuscì ad ottenere il risultato che sperava. 

Quell’odore... 

- Non posso continuare a proteggerti per sempre. Ti prego, Kagome, promettimi che questa è l’ultima volta. - 

Nonostante il forte dolore sparso in tutto il corpo, Inuyasha si issò a sedere e lentamente scese giù dal letto. Dopo un primo capogiro, il mezzo demone iniziò ad incamminarsi verso la porta della stanza, cercando di sostenersi poggiandosi alla parete alla destra del letto. Strinse i denti alla forte sensazione di dolore e continuò a trascinarsi. 

Avrebbe riconosciuto quell’odore anche a miglia di distanza. Non poteva lasciarselo sfuggire. 

- Non posso farti promesse che so già che non manterrò, mi dispiace Koga. - 

Arrivato dinanzi la porta, Inuyasha la spalancò e, poggiandosi al telaio, osservò in cagnesco il volto di colui che aveva azzannato alla gola il povero signor Bayer. 

- Ehi, tu che ci fai in piedi? - 

Frastornato dal dolore e dalla rabbia, il mezzo demone non si accorse della seconda figura che, preoccupata, gli circondò la vita con un braccio cercando di sostenerlo. 

- Devi tornare a letto, non hai recuperato del tutto le forze. - 

Non ottenendo risposta da parte di Inuyasha, la donna di nome Kagome provò allora a riportarlo dentro la stanza, ma il mezzo demone non si mosse. Con espressione seria, Inuyasha continuò a mantenere lo sguardo in quello di Koga. 

Perplessa, la donna iniziò a spostare lo sguardo dal demone lupo all’uomo che sosteneva. 

- Vi conoscete? - 

Decisamente scocciato dall’interruzione, il generale Yoro osservò di sbieco il mezzo demone. Koga era certo di non aver mai visto l’individuo, ma il suo odore aveva un che di familiare. Gli suggeriva qualcosa, ma nessun ricordo si materializzò nella sua mente. 

- Mai visto in vita mia. - 

Inuyasha strinse i denti. Sentiva la rabbia crescere dentro di lui e il suo lato demoniaco premere per uscire. La testa continuava a pulsare e il dolore all’addome e alle spalle non voleva dargli tregua. Prese un respiro profondo per provare a calmarsi, ma la puzza di lupo sembrava solo far ribollire il suo sangue. 

- Il cognome Bayer ti dice qualcosa? - 

Fu a quel nome che il generale comprese. Quell’essere era il mezzo demone che il caro vecchio signor Bayer si ostinava a proteggere. Colui per il quale lui e la sua amata bambina avevano perso la vita. Se non fosse stato per quel mezzo demone, lui e la sua squadra non si sarebbero macchiati di quell’omicidio. 

Con sguardo freddo osservò allora il mezzo demone e rispose con voce pacata. - Nulla. - 

A quella parola, un basso ringhio si propagò nell’ambiente. - Tu bastardo. - 
Ogni tentativo di Inuyasha di mantenere la calma fu dimenticato e la sua parte demoniaca prese il sopravvento. Non riuscendo più a percepire alcun dolore, il mezzo demone spintonò in malo modo la donna che lo sosteneva e si avvicinò con fare minaccioso al demone lupo. 

Fuori di sé, Inuyasha era pronto per attaccare il generale, ma proprio in quel momento, la donna al suo fianco mise fine ad ogni suo tentativo. Approfittando della distrazione del mezzo demone, prese dalla cassetta del primo soccorso al suo fianco una siringa contenente del tranquillante e la somministrò al mezzo demone che, in pochi attimi, perse i sensi. 

Sorreggendo il corpo del giovane, Kagome lo trascinò nuovamente dentro la stanza. Con cura lo fece stendere sul materasso e lo coprì con la pesante coperta. 

Nel frangente, Koga rimase ad osservarla dall’esterno della camera. Non condivideva affatto la sua scelta di volersi prendere cura di quegli esseri e non l’avrebbe aiutata per puro principio. Doveva rendersi conto da sola che non poteva continuare così. 

- Koga, cos’è successo a Bayer? - 

A quella domanda il demone lupo si ridestò dai suoi pensieri. Osservò il volto corrucciato della donna, oramai a pochi passi da lui, e non poté far altro che sbuffare e deviare lo sguardo.  

- Dimmi che non è quello che penso. - 

Ancora una volta Koga evitò di risponderle, confermando tutti i sospetti della donna. Sentì le lacrime di frustrazione iniziare a riempirle gli occhi, ma cercò di reprimerle. Trovava ingiusto che persone oneste e buone come Aaron e Bayer avessero perso la vita per colpa di un individuo spregevole come Naraku. Quello che più la feriva, però, era che a capo di quella squadra ci fosse proprio Koga. Quello stesso demone che trovava sempre un modo per avvertirla in anticipo di un’ispezione a “sorpresa”. 

- Abbi almeno il coraggio di guardarmi in faccia e confermare quello che penso. - 

Stanco di quella discussione, Koga decise di cambiare argomento. Seriamente preoccupato, poggiò una mano sulla spalla di Kagome e la guardò negli occhi. 

- Kagome, ho solo eseguito gli ordini. Sai che non condivido quello che faceva, né tanto meno quello che fai tu. Non ti avviso delle ispezioni per aiutarti a salvare quei mezzo demoni. Lo faccio per salvare te. Quindi per favore, non provare a nascondere più nessuno. - 

Kagome non riuscì a trattenere la delusione e d’istinto alzò un braccio per colpire Koga dritto al viso. Grazie ai suoi riflessi, il demone fermò in tempo l’azione della donna, bloccando il suo braccio con la mano sinistra. 

- Va via. Non hai nient'altro da fare qua. - Dichiarò la donna. 

Con un sospiro, il demone lupo lascio la presa e si allontanò di qualche passo. - Kagome, ripensa a quello che ti ho detto. - Dopo quell’ultima frase, Koga si congedò. Uscendo dalla porta d’ingresso dell’abitazione, il generale sentì un violento spostamento d’aria. Con un sorriso divertito alzò lo sguardo verso i rami di un albero vicino. 

- Giochi ancora a nascondino? Non sei un po’ cresciuto? -  

Nessuno rispose però alla sua domanda. Deciso a non arrendersi, Koga si avvicinò all’albero e, alzando lo sguardo verso le fronde, cercò di individuare la sagoma di colui che si nascondeva fra di esse.  

Non ci volle molto prima che il militare individuasse la figura incappucciata e sorridesse soddisfatto. Involontariamente nella sua mente si formarono le immagini di un marmocchio che, nascondendosi fra gli alti rami degli alberi del giardino, cercava di coglierlo di sorpresa.  

- Lo hai portato tu qua, non è vero? –  

Ignorando ancora una volta la domanda, la figura cambiò silenziosamente ramo, cercando di sfuggire dallo sguardo del generale.  

Quest’ultimo, per nulla turbato, decise di poggiarsi con le spalle alla corteccia dell’albero. Incrociò le braccia e iniziò ad osservare la casa dinanzi a lui. Quell’abitazione ospitava un discreto numero di mezzo demoni, era un rifugio importante, un luogo che gli avrebbe permesso di recuperare le forze e le energie prima dell’ultimo viaggio verso una terra più sicura.  

Se solo avesse voluto, sarebbe stato così semplice marciare qui con la sua divisione e ucciderli tutti. Eppure, nonostante il rischio di essere dichiarato “nemico del regime” e condannato a morte, il generale si ostinava a proteggere quel luogo. 

- Lo sai che così facendo la stai mettendo in serio pericolo? - Lo sguardo di Koga rimase fermo su quella casina. Non poteva permettere che quel ragazzino, per puro egoismo, mettesse a rischio la vita di Kagome. Si chiese perché quel moccioso si ostinasse a non ascoltarlo. In tempi passati seguiva sempre i suoi consigli e ragionava molto prima di prendere le decisioni, mentre adesso sembrava solo uno sciocco che non voleva comprendere la serietà della situazione. 

- Sta zitto. - 

Quella risposta mormorata fece sorridere Koga. Erano mesi che quel ragazzetto non gli rivolgeva la parola. Da quando aveva scoperto che il generale non si sarebbe opposto al volere del Führer e che al contrario avrebbe seguito alla lettera i suoi ordini, quella era la prima volta che si degnava di rispondere. 

- Se le avessi davvero voluto bene, non le avresti proposto questa stupida idea. -  

Con un battito d’ali, il giovane incappucciato generò una folata di vento e fuggì via da quel posto. Sospirando, il militare rimase a guardare quella figura volare via. Era sicuro di averlo colpito nel profondo, bisognava solo pazientare un altro po’ e forse il ragazzo avrebbe finalmente fatto ragionare Kagome. 

Con questi pensieri per la mente, il demone lupo tornò sui suoi passi e, con la massima tranquillità, rientrò a Monaco di Baviera, dove la sua divisione lo attendeva per iniziare la prossima ispezione. 

Quasi un’ora dopo 
La donna di nome Kagome visitava le diverse stanze della sua abitazione portando con sé la sua inseparabile borsa del primo soccorso e un caldo piatto di zuppa precedentemente preparato. Terminato il suo consueto giro di visite mattutine, alla giovane donna non le restava che dare un’occhiata all’individuo giunto nel suo rifugio solo la sera precedente. 

Con delicatezza aprì la pesante porta in legno che la separava dall’ambiente nel quale riposava il mezzo demone e, a passo felpato, entrò nella stanza. Dopo aver richiuso silenziosamente la porta, si avvicinò al letto sul quale stava steso il giovane e poggiò la zuppa sul comodino in legno posto al suo fianco. Prima di andarsene, la donna diede un’ultima occhiata alla figura distesa.  

Inuyasha sembrava riposare tranquillo, ma quello che preoccupava la giovane era tutt’altro. Era passata quasi un’ora da quando aveva somministrato al giovane il tranquillante, ma ancora sembrava non voler rinvenire. Fu proprio durante la sua ispezione che Inuyasha prese nuovamente conoscenza, facendo sobbalzare la giovane. 

- Oh, finalmente ti sei svegliato! Giusto in tempo, ti ho portato la colazione. - 

Decisamente sollevata, la giovane donna tirò un sospiro di sollievo, ma non perse occasione per accertarsi delle condizioni del suo nuovo paziente. Aperta la sua borsa medica, estrasse gli strumenti che le necessitavano e con scrupolosità iniziò a controllare i parametri del nuovo arrivato.  

- Ricordi il tuo nome? La tua età? -  

Inuyasha, ancora intontito, non comprendeva costa stesse accadendo, ma decise comunque di collaborare. - Inuyasha, venticinque anni. - Spaesato, il mezzo demone cercò di guardarsi intorno, alla ricerca di un qualcosa di familiare, ma non riuscì identificare il luogo nel quale si trovava. - Dove sono?  -  

A quella domanda la giovane smise per un attimo di visitare il mezzo demone e, sedendosi sul materasso, cercò di indagare su quello che il giovane ricordava della notte precedente. - Ci troviamo nella mia abitazione, sei giunto qui ieri sera. Ricordi cosa ti è successo? - 

Grazie a quelle parole Inuyasha riprese un po’ di lucidità. Ricordava chiaramente di essersi scontrato con Sesshomaru, fin quando non era spuntata la luna nuova e aveva perso i sensi. 

- Ricordo di aver perso i miei poteri demoniaci, poi più nulla. - 

Per osservare meglio la donna che si ritrovava davanti, il mezzo demone cercò di tirarsi a sedere, ma un forte dolore all’addome e alle spalle lo paralizzò. Un guaito uscì dalle sue labbra e la giovane non poté far altro che scuotere la testa preoccupata. 

Decisa a non lasciar che il suo paziente peggiorasse la situazione, Kagome lo aiutò ad alzarsi nel modo corretto, sperando che le ferite non si fossero già riaperte. Purtroppo, le sue speranze furono vane. Fra lo sforzo di prima e quello di adesso, le ferite alle spalle ripresero a sanguinare, imbrattando con il liquido scarlatto le bende che gli circondavano la parte superiore del busto. 

- Aspetta, perdi nuovamente sangue. - 

Il mezzo demone aggrottò le sopracciglia. - Sangue? - Non ricordava di essersi procurato delle ferite così profonde durante lo scontro con Sesshomaru. Cos’era davvero successo dopo che aveva perso i sensi? 

- Emh... Si. - La giovane donna rispose frettolosamente mentre toglieva con cura le bende sporche. Una volta tolte, prese a pulire nuovamente la ferita in vista della nuova fasciatura. Mentre Kagome eseguiva il suo lavoro, Inuyasha cercò di osservare queste presunte ferite. Aveva il petto e le spalle ricoperti di graffi  superficiali ma, con molta probabilità, se li avesse visti prima si sarebbero rivelati più profondi. Quello che più lo sorprese però, fu ritrovarsi dei profondi buchi distribuiti su clavicola e spalle. 

- É stato uno dei miei collaboratori più giovani a trovarti. Era la prima volta che salvava qualcuno da solo e ha avuto delle difficoltà per portarti qua. Queste ferite te le sei procurato durante il viaggio, ma non preoccuparti. Nonostante siano abbastanza profonde dovrebbero rimarginarsi entro qualche giorno, tra le mie cure e il tuo sangue demoniaco non dovrebbe esserci neanche rischio di infezione. -  

Finito il suo lavoro, la giovane uscì dalla stanza portandosi con sé le bende sporche e poggiandole in un luogo più adatto. Dopo questa operazione, tornò nuovamente nella camera, notando che il giovane non aveva ancora mangiato la sua zuppa. Perplessa, Kagome si sedette nuovamente sul materasso e osservò il giovane. 

- Dovresti mangiarla. Scommetto che non fai un pasto decente da troppo tempo. - 

A quelle parole lo sguardo di Inuyasha si spostò da Kagome alla zuppa sul comodino, per poi tornare alla giovane. Quella donna non aveva tutti i torti. Non mangiava bene da molto tempo e ultimamente quello che ingurgitava tendeva a rigettarlo. Dopo un sospiro profondo decise di farsi coraggio e prese in mano quella ciotola. Una volta fra le mani, non poté far a meno di annusare il suo contenuto. - Cosa c’è al suo interno? - 

Non sapeva neanche lui cosa in realtà cercasse di capire. Forse la sua diffidenza era dovuta al lungo tempo passato a fuggire da solo, o forse perché temeva che all’interno vi fosse della carne sospetta, eppure quella zuppa possedeva un buon odore e non sembrava affatto essere avvelenata. Ancora titubante, il giovane alzò lo sguardo nuovamente verso la donna. 

- Temi ti voglia avvelenare? - Kagome non nascose un’espressione perplessa e, fingendosi offesa, indicò il corpo ricoperto di bende che si ritrovava davanti. - Dopo che ti ho curato quelle brutte ferite? - 

- Tsk. - Punto sul vivo, Inuyasha non riuscii a trattenere un suono di frustrazione. Ancora titubante portò allora il cucchiaio alla bocca e assaggiò quella zuppa. Quel sapore delicato lo sorprese a tal punto che, affamato, si ritrovò a mangiare quella minestra con foga. 

- Piano piano. Devi prendere piccoli sorsi, non fa bene mangiare con fervore. - 

Nonostante temesse seriamente per la salute di Inuyasha, Kagome non trattenne un sorriso. Osservare quel mezzo demone titubante mangiare con gusto la sua zuppa, la riempiva di tenerezza. Quello che non si aspettava, però, era vedere quello stesso ragazzo fermarsi di botto e portare una mano alla bocca per tapparla. 

- Ehi. Tutto bene? Che ti prende? - 

Proprio come temeva, anche quella volta Inuyasha fu colto da un improvviso conato di vomito. Cercando di mantenere la calma, il mezzo demone iniziò ad inspirare ed espirare, cercando di convincersi che fosse tutto un brutto scherzo della sua mente. 

- Ti avevo detto di mangiare lentamente. -  

Osservando il ragazzo in difficoltà, Kagome gli tolse tempestivamente la scodella dalle mani e, dopo averla poggiata nuovamente sul mobile di fianco al letto, frugò nella sua borsa da medico. Rovistando fra le medicine, Kagome iniziò a uscire dalla sacca diversi flaconi, nella speranza di trovare al più presto ciò che le serviva.  

Trovata finalmente la boccetta che cercava, Kagome l’aprì e la portò vicino il naso di Inuyasha.  - Annusa, ti aiuterà. - 

Ascoltando il suggerimento della donna, Inuyasha annusò il contenuto della boccetta e nel giro di pochi minuti riuscì a sentirsi meglio. Una volta che il respiro di Inuyasha tornò regolare, un silenzio imbarazzante calò fra i due. 

Il mezzo demone sapeva che avrebbe dovuto ringraziare la donna. Se non fosse stato per lei e chi l’aiutava, sarebbe morto quella notte e anche adesso, se non fosse intervenuta tempestivamente, avrebbe nuovamente rigettato il cibo. Però, prima che potesse proferir parola, la giovane lo sorprese intavolando una nuova conversazione. 

- Inuyasha posso chiederti una cosa? - Il mezzo demone si ritrovò ad annuire e, incuriosito, iniziò ad osservare la donna. Il suo volto, fino a qualche attimo prima preoccupato, sembrava adesso lievemente turbato. 

- Puoi raccontarmi esattamente cosa è accaduto al signor Bayer? - 

Dopo quella domanda, fra i due cadde nuovamente il silenzio. Come uno schiaffo in pieno volto, l’incontro di poco tempo prima tornò alla mente di Inuyasha e il giovane non riuscì a trattenere un basso ringhio. Quello che al mezzo demone sembrava essere solo uno strano sogno, era in realtà accaduto.  

- Tu! Maledetta, cosa mi hai somministrato prima? -  

Dispiaciuta, la donna prese fra le sue una mano del mezzo demone e la strinse con forza. 

- Perdonami per averti iniettato quel farmaco, ma il tuo sangue demoniaco ti stava facendo perdere la lucidità e non posso permettere che qui dentro qualcuno perda il controllo. Qualsiasi essa sia la ragione. Ti assicuro che non era nulla di pericoloso, è solo un tranquillante per mente e corpo. - 

Infastidito da quel contatto, Inuyasha tirò di scatto la mano, ma quel gesto avventato gli portò una fitta alla spalla. Trattenendo un guaito, osservò la donna con rabbia e non riuscì a trattenere lo sdegno provato. 

- Perché non lo chiedi a quel lupastro cosa è accaduto a quel pover’uomo? Piuttosto, fossi in te non mi fiderei tanto di quello là. Sempre se in realtà non sei in combutta con lui. Magari fingi di salvare quelli come me per poi avvertire il tuo amico militare che... - 

Quella frase intrisa di rabbia non ebbe conclusione. Ferita dalle parole di Inuyasha, Kagome aveva infatti colpito al viso il mezzo demone, cogliendolo di sorpresa. 

- Non osare dire tali assurdità. Non potrei mai fare una cosa del genere. - La donna sospirò, poi proseguì il suo discorso. - Hai ragione, Koga è un militare ma, nonostante si sia schiarato a favore di Naraku, non è una cattiva persona. É grazie alle sue informazioni che questo rifugio è ancora in piedi. - 

Inuyasha strinse forte i pugni. Sentì i suoi artigli pungergli la pelle, ma non allentò la stretta. 

- Affermi che non sia una brutta persona, ma ho visto con i miei occhi come lui e i suoi commilitoni hanno ridotto il corpo di Bayer. Il tuo bel soldatino ha azzannato alla gola quel pover’uomo solo perché mi stava aiutando a lasciare il paese! - 

Nella sua mente iniziarono a scontrarsi pareri contrastanti. Se da un lato una parte di sé accusava il generale per la morte dell’uomo, dall’altro il suo io interiore gli ricordava che se non avesse cercato rifugio presso quella famiglia forse il signor Bayer non avrebbe fatto quella brutta fine. Proprio come quel padre tanto affettuoso, altre persone avevano perso la vita a causa sua, e tutto questo solo perché era un ibrido. 

Il suo repentino cambio di umore non passò inosservato alla donna. 

- Non fare quella faccia, so quello che pensi e no. Non è colpa tua. Io, Bayer, così come tante altre famiglie, abbiamo tutti deciso di aiutare i mezzo demoni per nostra volontà, siamo tutti consapevoli del rischio che corriamo. - Inuyasha si rese conto solo in quell’istante di aver deviato lo sguardo da quello di Kagome. 

Doveva fidarsi o no di quella donna? 
Era innegabile l’aiuto che gli stava offrendo e, dai frammenti di conversazione origliata un po’ di tempo prima, sembrava che Kagome non stesse mentendo sulla sua posizione. 

- Forse potrei anche crederti, ma non puoi farmi cambiar idea su quel demone. - 

- Inuyasha, io non ti sto chiedendo di farti piacere Koga, so che non lo farai mai. Capisco il disprezzo che provi nei suoi confronti, così come per tutti coloro che si sono lasciati abbindolare dalle parole di quel folle, ma loro non sono altro che burattini nelle mani di Naraku. Eseguono i suoi ordini, ma non vuol dire mica che amino compiere quello che gli è stato detto di fare. -  

Ancora una volta Inuyasha non riuscì a nascondere il suo sdegno. - Credi davvero che non provano piacere nell’eseguire gli ordini? - Una risata sarcastica uscì involontariamente dalle labbra del mezzo demone. - Lui e la sua squadra hanno mangiato le sue interiora. - 

L’espressione di Kagome gli fece pentire di aver pronunciato quella frase. La giovane aveva gli occhi sgranati, le sopracciglia incurvate e la bocca semi aperta. La sorpresa però, lascio ben presto spazio al disgusto e alla paura. Istintivamente Kagome portò una mano alla bocca e guardò con sgomento Inuyasha. 

- Koga non può averlo fatto. Lo hai visto con i tuoi occhi fare una cosa del genere? - 

Inuyasha scosse di malavoglia la testa. Purtroppo, non era presente in quella stanza quando quei demoni martoriavano il corpo del signor Bayer. Non poteva provare un bel niente. Quando si era avvicinato al corpo senza vita dell’uomo aveva sentito un forte tanfo di lupo e fra tutti essi, l’odore di Koga era percepibile solo all’altezza del morso sul collo. 

- Ma ciò non toglie che sia stato lui ad azzannarlo. - 

In silenzio, la giovane si issò in piedi. Una volta in posizione eretta, prese la ciotola quasi vuota dal comodino e si indirizzò verso la porta.  

- Inuyasha, grazie per avermi rivelato l’accaduto. Se hai bisogno di qualcosa non esitare a chiamarmi. - Osservando le spalle della donna, Inuyasha si chiese se fosse davvero il caso soggiornare ancora in quel luogo. - Se volessi andarmene da questo posto? - 

- Ti consiglio di rimanere a letto per un paio di giorni prima di prendere qualsiasi decisione. Le tue ferite non guariranno in fretta solo con del sangue demoniaco. - 

Dopo quell’ultima frase, Kagome uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle. 
Rimasto solo, Inuyasha cercò di stendersi sul materasso con la massima attenzione. Continuare a soggiornare in quel luogo significava coinvolgere nuovamente delle persone. Avrebbe potuto metterle in pericolo e non solo a causa delle ispezioni. Se quel demone lupo si sarebbe ripresentato al rifugio, Inuyasha non era certo che sarebbe stato in grado di frenare il suo sangue demoniaco. Se esso avesse preso nuovamente il sopravvento, lui cosa avrebbe fatto alle persone presenti in quell’abitazione? 

A quel pensiero il volto intimorito e disgustato di Kagome si materializzò nella sua mente. Sembrava così turbata da quella rivelazione. Un sorriso amareggiato si formò sulle sue labbra. Non aveva le prove che quel demone lupo avesse contribuito a sbranare il corpo di Bayer, ma a differenza di quel Koga, lui aveva seriamente deturpato il corpo di qualcuno in quel modo spregevole. 

Se quella verità fosse giunta a galla, che avrebbe pensato Kagome di lui?  

Intanto, al Nido dell’aquila 
All’interno di una delle due sale ottagonali del complesso, Sesshomaru osservava il capo di stato in attesa che il suo interrogatorio iniziasse. Il Führer sembrava infastidito, ma riuscir a comprendere la causa di questo suo turbamento non era affatto semplice. Pensare che Naraku potesse seriamente considerarlo un nemico, per Sesshomaru era da escludere; quindi, l’opzione più plausibile era che il Führer fosse semplicemente scocciato dall’intera situazione. Eppure, anche questa ipotesi non faceva combaciare l’espressione e il comportamento del capo di stato. Il viso di Naraku era infatti corrucciato e la postura sembrava suggerire un particolare malessere fisico, turbamento che non era possibile percepire ad una veloce analisi dell’aura demoniaca. 

- Generale No Taisho, mi può gentilmente spiegare perché il suo collega qui presente lo accusa di tradimento? - 

Solo a quella domanda Sesshomaru smise di scrutare con attenzione il suo superiore per degnare di uno sguardo Bankotsu. Il generale Banryu aveva in viso un'espressione compiaciuta, certo di aver messo il demone nei guai, ma incrociare l’occhiata di sufficienza che gli aveva lanciato Sesshomaru gli fece perdere la ragione. - Il Führer attende una tua risposta. - dichiarò, senza pensare alle conseguenze. Il suo tono aspro e saccente, infatti, invece che irritare Sesshomaru, fece soltanto spazientire maggiormente il Führer. 

- Generale Banryu, stia al suo posto. -  

Dopo quell’ordine, all’interno della sala ottagonale calò il silenzio. Durante quegli attimi in cui l’assenza di rumore sembrava prevalere, l’orecchio fine di Sesshomaru non riuscì a non percepire il respiro lievemente alterato di Naraku, altro segnale che suggeriva un certo malessere fisico. A confermare ulteriormente l’ipotesi del demone maggiore, il Führer si portò due dita alle tempie e iniziò a massaggiarle delicatamente. 

Quello che Sesshomaru non poteva sapere è che il malessere provato dal capo di stato, era dovuto ad un effetto collaterale del farmaco che aveva iniettato all’interno del suo corpo. 

- Generale No Taisho, sono stanco dei suoi silenzi. Mi dica immediatamente perché portava con sé quella bambina. - 

Valutando velocemente la situazione e le parole da usare, Sesshomaru obbedì all’ordine del suo superiore. 
- Era fondamentale per la riuscita del mio piano. Quella bambina conosceva l’individuo che cerchiamo e grazie a lei avrei potuto avvicinare colui che ha ucciso i nostri soldati con più facilità. - 

Il demone maggiore era certo di aver agito nel migliore dei modi, grazie a Rin aveva davvero trovato il fratello. Forse portare il suo corpo in fin di vita al cospetto di Naraku avrebbe migliorato la sua situazione attuale, ma una volta scoperto cosa portava con sé Rin, trascinare Inuyasha fino al nido dell’aquila era solo una scocciatura.  

- Non mi sembra che il tuo piano abbia funzionato. - Ancora una volta Sesshomaru fu costretto a interrompere le sue riflessioni a causa di Bankotsu. Il generale umano, infatti, sembrava non aver ben compreso il suo ruolo in questa situazione, intromettendosi nuovamente nella discussione fra il Führer e il militare. Questo suo comportamento poco professionale arrecò del fastidio al capo di stato, che si sentì scavalcato dal generale. Per nulla di buon umore, Naraku estrasse la sua arma dalla fondina e la batté sul tavolo in segno di avvertimento. Dopo aver lanciato una lunga occhiata all’umano lì presente, il Führer tornò a rivolgersi a Sesshomaru. - Generale, sa cosa portava con sé quella bambina? - 

Scrutando nuovamente il suo superiore, il generale rispose a quella domanda con la semplice verità. - Un particolare intruglio creato dal padre della bambina. Mi è stato riferito che grazie a quella polvere nessuno avrebbe potuto percepire l’odore di chi lo indossi. - 

Senza perdere il contatto visivo con Sesshomaru, Naraku passò alla domanda successiva. - Quindi sapeva del potenziale di quell’oggetto; mi dica dunque, perché non l’ha portato a me? - Per nulla intimorito, il demone mantenne lo sguardo del Führer. Sesshomaru era certo di non aver commesso azioni che andavano contro l’interesse del paese. Il suo compito era quello di catturare l’individuo che stava decimando l’esercito tedesco e lui stava semplicemente seguendo gli ordini. - Ritenevo la cattura dell’individuo più importante. -  

Quella semplice dichiarazione fece scattare sul posto Bankotsu che, contrariato, si rivolse al Führer con un tono aspro. - Mein Führer questa giustificazione non ha né capo né coda. Il generale qui presente sapeva che il compito era cercare quell’individuo per la particolare abilità che possiede. Nascondere di aver con sé un miscuglio che permette di occultare la propria presenza equivale a tramare contro il regime. É impossibile negare la probabilità che sia stato proprio il generale No Taisho a uccid-! - 

Il suono di un colpo di pistola si propagò nell’aria, interrompendo il discorso di Bankotsu. Il generale rimase immobile mentre una ferita al braccio iniziava a sanguinare, macchiando la divisa ormai stappata che indossava.  

Il silenzio che seguì lo sparo venne rotto dal suono di un bossolo che cadde sul pavimento, rimbalzando per ben tre volte su di esso. La tensione all’interno della sala si accentuò. Il Führer stava con il braccio teso in direzione del generale umano, con ancora in mano la pistola dalla quale era fuoriuscito quel proiettile. Decisamente frustrato, Naraku aveva sparato un colpo che aveva ferito di striscio Bankotsu. 

- Non voglio ripetermi. - pronunciò con tono aspro e deciso. 

Naraku era decisamente stufo di quei continui interventi. Il Generale Banryu aveva il bisogno di ricordarsi che lì dentro non possedeva nessuna autorità. Era una semplice pedina nelle sue mani e avrebbe potuto sbarazzarsi di lui in qualsiasi momento lo avrebbe ritenuto opportuno. 

Recuperata la calma, il capo di stato si schiarì la gola e riprese a parlare con tono più pacato. - Viste le dinamiche degli assassini, è impossibile che sia stato il generale No Taisho in persona ad attaccare i nostri soldati, dovrebbe saperlo anche lei. - Eppure, nonostante lo snervassero così tanto, quei due, così come il generale Yoro erano stati scelti per un motivo ben preciso: non lo avrebbero mai tradito. 

- Sono stanco di questa discussione. - 

Dopo aver rifoderato l’arma, Naraku portò le mani dietro la schiena e si voltò verso il generale alla sua destra. - Generale Baryu, la prossima volta presti molta più attenzione su chi nutre dei sospetti. Indaghi meglio e agisca di conseguenza. Adesso però dovrebbe tornare con me a Berlino, le nuove reclute attendono di essere addestrate come si deve. -  

- Sarà fatto signore. - rispose Bankotsu a denti stretti.  
- Adesso vada a farsi medicare. - Recepito l’ordine il generale iniziò a dirigersi verso l’uscio della porta, mentre dei pensieri intrusivi iniziavano a manifestarsi prepotentemente nella sua testa. Bankotsu credeva di aver agito nel modo giusto denunciando l’azione di Sesshomaru, allora perché era lui quello con un braccio ferito e l’orgoglio calpestato? Proprio lui, che era sempre stato fedele al regime, lui che avrebbe voluto solo un po’ di riconoscenza dal Führer. C’era voluto un colpo di pistola per comprendere che per il capo di stato lui sarebbe rimasto sempre un semplice e debole umano, e ne aveva abbastanza.  

Dopo che Bankotsu varcò la porta in legno, Naraku si voltò nuovamente verso Sesshomaru. - Mentre lei, generale No Taisho, continui pure ad indagare su quest’individuo con l’obbiettivo di eliminarlo. - Il Führer scrutò con attenzione il militare. Il generale era rimasto impassibile per tutta la durata della discussione, esattamente come si aspettava. Il demone gli era fedele, per il suo tornaconto personale gli conveniva sottostargli. Naraku sapeva che per Sesshomaru, ribellarsi al regime avrebbe fatto infangare il nome della sua famiglia, quello stesso nome che lo ha portato ad arruolarsi in giovane età e raggiungere presto il grado di generale cane. Era decisamente fuori discussione che una delle sue pedine più importanti potesse tradirlo. 

Eppure, uno strano pensiero gli frullava per la mente da quando era stata nominata quella bambina. Sesshomaru non aveva mai provato affetto per nessuno, ma se per puro caso si fosse affezionato alla bambina, essa avrebbe rappresentato un ostacolo per il suo piano? Questa marmocchia avrebbe fatto sì che Sesshomaru se ne fregasse del suo orgoglio? A causa sua avrebbe perso il controllo che aveva sul militare? 

- Sappia però che non le ho perdonato la sua mancanza. Mi aspetto che uccida quella mocciosa appena non le sarà più utile. - 

Quella frase arrivò chiara alle orecchie di Sesshomaru, provocando nel demone una nota di fastidio. Reprimendo ogni reazione, Sesshomaru prese la sua decisione e annuì all’ordine. - Si signore. -  

 


 

FrancyT:

Ciau ciau!
Dovevo postare l'aggiornamento a Febbraio e invece eccomi qui adesso, con un capitolo più corto di quello che doveva essere inizialmente e con due mesi di ritardo, spero mi perdoniate :')

Come ad ogni capitolo, sottolineo che alcune cosine posono sembrare evidenti forzature a fine di trama, ma ho promesso a me stessa che in un secondo momento, magari a storia finita e mente più tranquilla, rivedrò il tutto e cercherò di raddrizzare quelle scelte che non si sono rivelate carine.

Adesso vi beccate i miei commenti alle varie parti XD
Ovviamente siete liberi di saltare. Per dubbi o chiarimenti potete anche scrivermi u.u

1. Aprire il capitolo con l'incontro fra Bankotsu e Naraku mi sembrava l'idea più logica. In questa parte mi sembrava giusto dare un commento generale riguardo cosa accade a livello storico, anche se è solo un accenno. Parlare di Naraku senza inserire qualche rifermento non mi sembrava corretto. Inoltre, in questa prima parte capiamo qualcosina di Naraku. L'immagine di lui che si inietta il farmaco prodotto nei campi in seguito a vari esperimenti è sempre stata presente nella mia mente, e l'adoro. Vi ricordo infatti che anche nella mia storiella Naraku è un mezzodemone (così come nell'opera originale) solo che invece che potenziarsi con la sfera dei quattro spiriti, qui si inietta qualcosa di cui parleremo più avanti.

2. Il risveglio di Inuyasha è un'altra immagine che avevo impressa nella mente fin da quando ho concepito la storiella. Mi piaceva l'idea che ascoltava la conversazione fra Koga e Kagome. A proposito di Kagome, finalmente è saltata fuori. Dopo ben 8 capitoli e 100 pagine word! XD Il suo personaggio ancora è tutto da scoprire, adesso si sa pochissimo di lei e quel "Non potrei mai fare una cosa del genere" è un'affermazione importante u.u Riguardo lei, e il suo rapporto con Koga, verrà approfondito un pochino successivamente, così come ben presto conoscerete meglio il ragazzino con le ali.

3. Eccoci nuovamente al nido dell'aquila, luogo dove si terrà l'interrogatorio di Sesshomaru. Bhe, qua ci sono diversi elementi interessanti. Primo fra tutti, l'effetto collaterale del farmaco che si è iniettato Naraku. Il mezzodemone oltre ad un mal di testa atroce, ha l'umore sotto i piedi, anche peggio rispetto a quando sforza il suo corpo a mantenere un'aura più forte di quella che in realtà possiede. Bankotsu invece è insopportabile .-. Per farsi spendido davanti al Führer, il suo atteggiamento ha contrubuito ad aumentare il mal di testa di Naraku, non a caso si è beccato una pallottola .-. Tornando seri, qua apprendiamo che per Naraku i tre generali, oltre ad essere delle pedine fondamentali, sono anche coloro che non lo tradiranno per una serie di motivi che, a parte quello di Sesshomaru, non vi ho ancora espressamente dichiarato. Avete supposizioni? Ma la cosa fondamentale di questo pezzetto è che: Bankotsu si è rotto di essere considerato inferiore, nonostante mantenga la stessa carica degli altri due, e Sesshomaru ha preso una decisione di cui non siamo ancora a conoscenza. Ucciderà davvero Rin?

E con questi commenti idioti, vi lascio. Grazie a tutti coloro che continuano a seguire questa mia stronzate <3
Al prossimo aggiornamento, spero presto ma come al solito non assicuro nulla, un bacino
FrancyT

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Capitolo 9
*** Maggio 1939 - parte 3 ***



Germania, Maggio 1939
Ore: 23:00

La luna era alta nel cielo ormai da qualche ora, apparendo come un sorriso beffardo in quella fredda notte. Infreddoliti, centinaia di mezzo demoni dormivano all’interno delle baracche, senza neanche una coperta con la quale potersi riparare. Probabilmente qualcuno di loro non avrebbe retto la notte, troppo stremato per il duro lavoro o perché si ritrovava nella sua notte più debole. E poi c’erano loro: un gruppo di soldati semplici che avvolti dal tepore del fuoco chiacchieravano delle rispettive giornate di lavoro.

Erano passate ormai settimane da quando il giovane soldato Kuhn aveva raggiunto il campo di Dachau per terminare il suo addestramento. Ogni giorno svolgeva le sue mansioni affiancato dal tenente Wolf senza batter ciglio. Il suo giro iniziava all’alba, quando insieme al suo responsabile irrompeva nelle baracche a loro assegnate. Con un’espressione severa in volto ispezionavano i letti dei mezzo demoni, accurandosi che non nascondessero nulla nel loro giaciglio di paglia. Successivamente supervisionava il lavoro dei carcerati, li intimoriva schioccando la frusta verso il terreno e, quando non ne poteva far a meno, li colpiva con essa in piena schiena.

La sua ultima mansione si svolgeva nel Bunker. Dopo la sua prima discesa in quel luogo, Wolf gli disse che avrebbero fatto regolarmente visita al detenuto dell’ultima cella, per un qualche motivo gli avevano affidato il compito di ripulire le ferite del debole uomo. Quando udì quell’ordine, si sentì più sollevato. Quel semplice gesto lo spronava a non cedere, come se prendersi cura di quelle ferite potesse in qualche modo alleggerire il fardello che si portava addosso.

Durante quelle notti aveva iniziato a parlare con Miroku della sua famiglia ormai morta. Delle sue speranze di ritrovare la sorella in vita una volta che tutto questo fosse finito. Raccontò aneddoti divertenti di quand’era bambino ed espose in maniera più dettagliata il giorno del suo reclutamento.

Solo dopo diversi incontri Miroku gli rivolse nuovamente la parola, anche se solo per chiedergli di stare zitto e lasciarlo riposare. Più i giorni passavano, più le ferite che trovava sull’uomo erano profonde. Sembrava che non importasse più che quel debole umano rimanesse in vita per “parlare”, come se fosse lì per il semplice divertimento dei militari e quel giorno ne ebbe la conferma.

Mentre osservava fuori dalla finestra del dormitorio, ascoltava distrattamente le conversazioni fra i suoi compagni di addestramento. Quella sera in particolare il gruppo si era diviso in due diverse fazioni: da una parte c’erano coloro che affermavano di essere fortunati ad essere stati affidati al campo, mentre dall’altra si trovava chi sosteneva che sarebbe stato più sicuro essere affidati alle pattuglie della città.

In ogni caso, Kohaku pensava che se i piani alti avessero avuto bisogno di carne da macello, avrebbero comunque richiamato dei semplici soldati umani. Perché tanta fretta di formarli altrimenti?

“Invece di discutere ancora di queste scemenze, devo dirvi cosa ho sentito oggi durante il mio turno di sorveglianza.” Quell’affermazione fece zittire tutti, pronti ad ascoltare la notizia interessante. Alle volte facevano anche questo: raccontare conversazioni o eventi accaduti durante i loro turni di lavoro. Ciò che fece rizzare le orecchie a tutti, però, fu un fondamentale dettaglio. Il soldato che aveva richiamato l’attenzione di tutti era stato affidato ad un sottotenente che si occupava della sorveglianza dei laboratori.

“Pare che due giorni fa sia venuto qua il generale Banryu e abbia portato ad analizzare un particolare oggetto.”
Al nome del generale, un brivido corse lungo la schiena di Kohaku. Quello che aveva fatto alla sua famiglia rimaneva inaccettabile e seguire l’addestramento sotto la sua direzione non era affatto un gioco divertente.

“A quanto ne so, hanno sospeso ogni tipo di esperimento per analizzare questo oggetto e poco prima che il mio turno terminasse hanno chiesto che due mezzo demoni fossero portati giù nei laboratori per degli accertamenti. Secondo me hanno trovato quello che gli serviva e vogliono testarlo su quella feccia.”
Una risata divertita uscì da un giovane demone topo. Il suo nome era Simon Böhm ed era stato annesso alla sezione dei soldati umani per via della sua debolezza fisica.
“Le tue sono solo supposizioni. Volete sentire una storia vera?”
Il gruppetto si avvicinò allora al demone e lo accerchiò in attesa che iniziasse il suo racconto.
“Sapete che mi hanno affidato ai piani alti, no? Bene, questo pomeriggio al mio colonnello è arrivata una comunicazione da parte del generale No Taisho. Avete presente l’umano che ha portato qua? Questa notte, verso le due, verrà giustiziato.”

Kohaku sussultò a quella frase. La sua attenzione si spostò al demone topo, sperando di leggere nel suo viso un qualche segno di menzogna. Contro le sue speranze, Böhm sembrava sincero e questo avrebbe portato ad una sola conseguenza: avrebbe dovuto far fuggire Miroku quella sera stessa.

“Sentite questa invece: girano voci che alcuni membri della resistenza si stiano infiltrando nell’esercito.”
Resosi conto del tempo che stringeva, Kohaku si issò in piedi e osservò ancora una volta il gruppo di colleghi, tutti intenti a dire la loro su quell’ulteriore notizia.
“Pensate che anche qui al campo ci sia qualcuno? Böhm tu che ne pensi?”
“Fin ora nessuno ha denunciato al colonnello comportamenti sospetti.”
“Quindi pensi siano frottole?”

Tornando ad ignorare quella conversazione, il giovane soldato Kuhn fece strada verso la porta del dormitorio. Proprio mentre era arrivato in prossimità di essa, la voce del soldato Böhm lo fece arrestare.
“Vai nel Bunker? Sei fortunato Kuhn, per via delle mansioni del tuo tutore puoi andare a divertirti quasi ogni sera.”

Kohaku borbottò una risposta, dopodiché varcò la pesante porta in legno. Con calma e discrezione scese le scale dell’edificio arrivando al piano inferiore. In silenzio oltrepassò la sala da pranzo, dove i militari con il grado maggiore si riunivano ogni sera per bere alcolici e vantarsi del loro operato giornaliero. Mentre faceva strada per la cucina, le voci dei demoni rimbombavano forti fra le pareti. Ma due in particolare attirarono la sua attenzione. Non era in grado di associarle ad un volto, ma quel breve scambio di battute non fece altro che confermare il racconto di Böhm.

“Ho sentito che questa notte ci sarà festa.”
“Ci sbarazzeremo finalmente di quel peso.”
“Sai a chi hanno affidato l’incarico?”
“Al tenente Wolf.” Quella risposta generò una brutta sensazione nel petto di Kohaku.

Superata anche la cucina, il giovane uscì nel cortile che lo separava dal bunker e, senza attendere com’era solito fare l’arrivo di Wolf, oltrepassò la grata in ferro e scese le ripide scale. Nonostante l’assenza di luce, Kohaku proseguì spedito verso la sua destinazione. Passò dinanzi le quattro porte in ferro, mantenendo lo sguardo verso la cella posta in fondo al corridoio. Anche quella sera era possibile udire lamenti e pianti soffocati, accompagnati dal rumore di schiaffi e frustate. Tutto sembrava come al solito e il giovane soldato si rese conto di quanto si fosse pian piano abituato nell’udire quei suoni.

Giunto dinanzi la cella di Miroku, Kohaku prese da uno sgabello posto al fianco della porta il secchio con dentro le garze e l’unguento, dopodiché entrò nella stanza. La scena che gli si parò davanti era molto simile al loro primo incontro.


Miroku aveva entrambi i polsi incatenati alla parete e il viso rivolto verso il pavimento. Stava inginocchiato per terra, impossibilitato a muoversi per via delle catene alle caviglie. La sua schiena era ricoperta del suo stesso sangue, nascondendo i grossi ematomi che Kohaku aveva visto il giorno prima. Sospirando, il soldato si avvicinò all’uomo, notando con immenso dispiacere che le ferite questa volta non si limitavano solo alla schiena. Quel pomeriggio lo avevano frustato anche sul petto e sulle braccia, e non avevano esitato a riempire di pugni il suo viso.

“Mi dispiace ragazzo, ma avevo ragione io.” La sua voce uscì debole e stanca. Miroku non aveva più le forze di resistere. Voleva solo morire e far terminare quello strazio.

“Non è ancora finita.” Deciso a non arrendersi, Kohaku iniziò a ripulire per l’ennesima volta le ferite di Miroku, fasciando come meglio poteva i segni più profondi. Dopodiché prese le chiavi delle manette e liberò l’uomo da quella scomoda posizione. Sostenendolo per la vita lo aiutò ad alzarsi e provò a rassicurarlo.
“Questa sera riuscirò a farti fuggire.”

Proprio mentre pronunciava quella frase, lo stridio della porta in ferro che si apriva fece sobbalzare Kohaku. Con occhi sgranati, il giovane soldato osservò l'alta figura richiudere la porta e farsi strada nella semi oscurità.
“Chi dovresti far fuggire, ragazzo?”
Riconosciuta la voce, Kohaku provò a sembrare fermo e risoluto, ma la sua voce iniziò a tremare e si ritrovò incerto sul come giustificarsi. “T-Tenente W-wolf.... Io...”
Wolf lo osservava con sguardo severo. Aveva gli occhi ridotte a due fessure e le sopracciglia contratte. “Sull’attenti soldato.”
Sobbalzando a quell’ordine dal tono duro, Kohaku portò di scatto una mano alla fronte e rispose con voce incerta. “Si signore.”
A quella scena il tenente Wolf non resistette e iniziò a ridere. “Fattelo dire, sei proprio patetico.”
Sconvolto, Kohaku osservò il tenente. Certo di essere finito in guai seri, non poté far altro che ammettere la sua colpa. “Mi dispiace signore.”

Dopo quella frase cadde il silenzio. Kohaku stava ancora sull’attenti, in attesa di un qualche ordine da parte di Wolf. Miroku, allo stremo delle forze, si era poggiato alla parete nella speranza di riuscire a reggersi in piedi. Il tenente osservava quella scena consapevole della tensione del giovane soldato. Dopo una veloce analisi si avvicinò con passo lento e, come era solito fare quando voleva rassicurarlo, gli strinse leggermente una spalla. “Devi affinare la tua tecnica, fattelo dire. Per essere uno che vuole opporsi al regime lasci in giro troppe tracce. Sai quanto mi hai fatto faticare per nascondere le tue dimenticanze.” Come a voler sottolineare la questione, Wolf picchiettò la fronte di Kohaku. “Devi ricordarti che questo posto pullula di demoni dai sensi molto più sviluppati di voi umani.”

Kohaku rimase interdetto, trovava tutta la questione così surreale. Era appena stato beccato dal suo superiore e quest’ultimo gli consigliava di fare più attenzione invece che denunciarlo?

“Scusate l’interruzione. Posso richiedere che almeno la mia morte sia rapida? Dopo mesi di torture vorrei finalmente un po’ di pace.” Spezzante e sarcastico, Miroku si intromise in quella conversazione. L’uomo non riusciva più a tollerare quello stupido teatrino. Pensava fosse logico che Wolf fosse arrivato per giustiziarlo. Una parte di lui era anche dispiaciuta che quel giovane soldato fosse stato beccato nel pronunciare quella frase tanto assurda. Era logico che non sarebbe riuscito a farlo fuggire e, onestamente, non ci aveva neanche sperato.

“Non avete ancora capito che questa notte non morirà nessuno?” I due uomini guardarono il demone sconvolti. Il viso di Wolf aveva perso ogni sfumatura di ilarità.
“Tenente, non capisco.”
“A voi umani bisogna spiegare tutto eh?” Mente pronunciava quella frase, Wolf schioccò le dita e il suo aspetto cambiò rapidamente forma. I suoi occhi dapprima scuri divennero verdi, mentre i capelli grigi assunsero un colore rossiccio. Il cambiamento più radicale avvenne nella coda, che da singola divennero sette.

Miroku sgranò gli occhi e, anche se dolorante, fece qualche passo verso quel demone. “Fai parte della squadra di Aaron?” Questa volta, sorpreso dalla situazione, Miroku non riuscì a tenere a freno la lingua. Avrebbe potuto essere un’ultima tattica per farlo parlare prima di ucciderlo, ma non avrebbe detto nient’altro.
“Esatto. Ora, prima che arrivi qualcuno e ci veda, che ne dite di proseguire con il piano di fuga?” Mentre poneva quella domanda, il demone volpe iniziò a frugare nelle tasche della sua divisa alla ricerca di una particolare boccettina.
“Perché proprio io? Ci sono così tante persone qui dentro.” Quella domanda da parte di Miroku lo sorprese. Pensava che avrebbe accettato l’offerta senza fiatare.
“Non posso salvare tutti, purtroppo. Il mio compito non è far fuggire i prigionieri. Mi sono infiltrato per cercare di capire come fermare Naraku. Nei laboratori hanno trovato qualcosa di interessante che potrebbe ribaltare le sorti di questo paese. Devo far in modo di impossessarmi dei risultati di queste ricerche.”
Ancora perplesso, Miroku fece un ulteriore passo verso il demone. “Perché salvare me allora? Non mi reggo più in piedi. Salva qualcun’altro.”
Il “tenente Wolf” sospirò e poggiò delicatamente una mano sopra la spalla ferita di Miroku. Lo guardò dritto negli occhi e in quello sguardo stanco vi lesse un piccolo barlume di speranza. Anche se molto in fondo, Miroku voleva ancora vivere. Se avesse voluto morire, non avrebbe lottato nel tenersi in vita.
“Aaron non ti avrebbe lasciato morire. Potevi dire al tuo amico di fuggire e rimanere a Berlino a gestire la tua locanda, ma non l’hai fatto. Avresti potuto rivelare i nomi delle famiglie con cui ha collaborato Aaron e aver salva la vita, ma hai preferito farti martoriare piuttosto che parlare. Avresti potuto lasciare il paese molto tempo fa, ma hai preferito rimanere in Germania per aiutare noi a scortare altri mezzo demoni fino al confine. Adesso è il tuo turno di fuggire.”

Rimasto senza parole, a Miroku non rimase altro che annuire. Sentì la stanchezza avvolgerlo totalmente. Stava per finire. Quello strazio stava per terminare una volta per tutte. Certo, avrebbe portato con sé innumerevoli cicatrici, molte delle quali invisibili, ma avrebbe avuta salva la vita. Si sentì improvvisamente egoista. Quante persone che aveva conosciuto avevano perso la vita in quei mesi? Innumerevoli. Però, per una volta, voleva pensare a sé stesso e si sentì grato verso quel demone volpe che decise di salvare proprio lui.
“Quando il teletrasporto sarà terminato dovrai subito incamminarti. Segui il fuoco fatuo, ti condurrà in un luogo sicuro. Intanto prendi questa, è una pozione che ti aiuterà a sentire meno dolore.”
Wolf passò la boccettina a Miroku che, prendendola fra le mani l’aprì e ingoiò il contenuto. Intanto, il demone prese dalla tasca un ulteriore oggetto. Aveva la forma di un poliedro con 20 facce, sulle quali erano incisi dei segni demoniaci. Dopo aver toccato alcuni di essi, che assunsero un colore bluastro, si voltò nuovamente verso Miroku allungando la mano verso l’uomo. “Adesso è ora. Non possiamo perdere altro tempo.”
Miroku annuì nuovamente ma, prima di afferrare la mano del demone, osservò un’ultima volta Kohaku e lo ringraziò con lo sguardo. Il ragazzo, fino ad allora rimasto sbalordito ad osservare la situazione, annuì a quello sguardo. “Se durante la fuga incontri mia sorella, dille che sto bene e che presto ci rivedremo.” Miroku non ebbe il tempo di rispondere. Wolf gli afferrò velocemente la mano e tutto divenne improvvisamente bianco.

Quando con fatica riaprì gli occhi, Miroku si ritrovò ad osservare le fronde degli alberi sotto la quale stava disteso. Rimase così per qualche secondo, ispirando l’aria pulita e fredda della notte. Tutto in torno a lui taceva, l’unico rumore che riusciva a percepire era il fruscio delle foglie.
Finalmente era libero.

Quella stessa mattina
In una casa sperduta fra le montagne, Inuyasha combatteva contro l’accumulo di pensieri. Erano trascorsi ormai tre giorni da quando lo avevano portato in quell’abitazione e le sue ferite stavano pian piano rimarginandosi. Fermo, in posizione supina sul letto, aveva trascorso quelle giornate ispezionando con lo sguardo la stanza, annusando l’aria per provare a distinguere il numero di persone che occupavano la casa e ascoltando conversazioni che avrebbe fatto a meno di sentire.

In quei lunghi mesi di fuga era stato costretto a rimanere vigile per evitare brutte sorprese, ma in quel preciso momento gli mancava possedere la capacità di isolarsi dal mondo e non badare a ciò che lo circondava. Gestire e vivere in una locanda lo aveva portato a controllare i suoi sensi sviluppati in maniera tale da non impazzire, ma adesso sembrava non esserne più capace.

Ovviamente, in quei giorni non mancarono i suoi colpi di testa. Erano trascorse almeno dodici ore dal suo arrivo quando si ricordò effettivamente il motivo per il quale aveva lottato con Sesshomaru. Suo fratello aveva preso con sé la piccola Rin e la stava portando in un posto sperduto. Istintivamente si issò in piedi, stringendo i denti alla forte fitta alla spalla, e si avviò verso la finestra. La spalancò e fece per uscire, ma prima che potesse anche solo provare a saltare giù da essa, Kagome sbucò in stanza e lo fece desistere da quel tentativo. Ancora una volta gli cambiò le fasciature, nuovamente sporche di sangue, e lo costrinse a rimettersi a letto. Frustrato, Inuyasha sperò che il suo sangue demoniaco si desse una mossa e che, come gli aveva comunicato la piccola Rin, Sesshomaru fosse davvero buono con lei.

Di certo, durante quel soggiorno non mancarono i pensieri intrusivi e l’ora dei pasti si rivelava sempre la più drammatica. Nonostante Kagome gli portasse zuppe dall’odore appetitoso, lui non riusciva a mangiare senza che la nausea lo colpisse. Ogni volta che la donna entrava in quella stanza per medicarlo e portargli del cibo, non poteva far altro che ripensare al gesto disumano che aveva compiuto. In momenti come quello si ritrovava schiacciato dalla paura. Terrore che si accentuava ogni qual volta ripensava al militare che aiutava Kagome. Inuyasha non aveva la certezza che riuscisse a mantenere la calma in sua presenza e questo lo portava a temere una nuova perdita di umanità.

La notte si rivelava invece il momento durante il quale ripensava al passato. Quando tutti nel rifugio andavano a dormire e non poteva distrarsi commentando fra sé e sé quelle strambe conversazioni origliate, ricordava la sua vita a Berlino. La sua locanda che con tanto impegno aveva gestito in memoria dei suoi genitori ora era solo un mucchio di vetri rotti e schegge di legno. Di quel luogo che aveva chiamato casa, non rimanevano altro che vecchi ricordi, ma di certo la locanda non era l’unica cosa che aveva perso.

Ritornando a quella mattina, Inuyasha si destò dal sonno quando Kagome entrò a portargli la colazione. Dopo aver posato la ciotola sul comodino, la donna controllò lo stato delle sue ferite. Mentre fasciava nuovamente le spalle del mezzo demone, Kagome lo aggiornò sul suo stato. I buchi sulle spalle si erano quasi del tutto rimarginati e, finalmente, Inuyasha ebbe la certezza di potersi alzare dal letto senza provare un dolore lancinante. Appresa quella dichiarazione, il mezzo demone era certo che il giorno dopo le ferite sarebbero sparite del tutto e avrebbe finalmente proseguito per la sua strada.
Quello che più lo sorprese in quella mattinata e che lo portò a combattere contro l’accumulo di pensieri, fu il suggerimento di Kagome. La donna, infatti, aveva portato con sé dei vestiti puliti e, dopo averli poggiati sopra una consolle in legno, suggerì al mezzo demone di farsi un giro dell’abitazione.

Rimasto nuovamente solo, Inuyasha si mise a sedere sul letto e fissò il cambio accuratamente piegato che era stato lasciato nella sua camera. Titubante, si alzò dal letto e si avvicinò al mobile in legno posto di fianco la porta. Giunto in prossimità di esso, Inuyasha non riusciva a credere ai suoi occhi.
Lo specchio, posto sopra la consolle in legno, rifletteva una figura con la quale Inuyasha non riusciva proprio a identificarsi. Si avvicinò ulteriormente alla superficie riflettente e si portò una mano al viso. Cominciò allora a voltarsi leggermente a destra e sinistra, scrutando attentamente quel volto.
Era decisamente diverso dall’ultima volta che si era osservato. Il viso scarno, eccessivamente magro, appariva stanco e svuotato mentre i suoi occhi, ora incavati, trasmettevano tristezza. I suoi capelli avevano perso lucentezza, apprendo ora sporchi e di qualche tono più scuri. Fra di essi spiccavano le sue orecchie che, per via dei capelli appiattiti, sembravano ancor più grandi. Istintivamente le portò indietro, appiattendole più che poteva, cercando di farle risultare meno appariscenti.
Con un sospiro, Inuyasha fece un passo indietro e diede un'occhiata al resto del suo corpo. Nonostante le fasce che ricoprivano la parte superiore del suo busto, era possibile notare quanto effettivamente avesse perso peso. Aveva sempre avuto un fisico asciutto, ma la situazione in cui si era ritrovato sembrava averlo stravolto. Nonostante il suo sangue demoniaco, infatti, lo stress e la mal nutrizione a cui si era sottoposto in quegli ultimi mesi si notava: il suo addome ora era talmente magro che era possibile vedere ad occhio nudo la parte finale del costato. “Non mangiare ha effettivamente portato dei cambiamenti” borbottò, mentre prese i vestiti dalla consolle e andò a cambiarsi.

Finalmente in abiti puliti, Inuyasha uscì dalla stanza che lo ospitava e si ritrovò in un lungo corridoio. Osservò a destra e sinistra, prendendo mentalmente nota del numero di camere che occupavano quel piano, dopodiché girò a sinistra, superò la porta del bagno e si diresse verso le scale che avrebbero portato al piano di sotto. Scese con calma i gradini, affinando i sensi per cercare di percepire la presenza di qualcuno. Un brusio proveniva dal piano di sotto, voci che aveva imparato a conoscere ma alla quale non aveva ancora collegato un volto.

Arrivato al piano, Inuyasha si ritrovò in una spaziosa stanza adibita a salotto. Al centro di essa era presente un grande tavolo da pranzo che poteva ospitare ben diciotto persone. Dietro di esso un grande divano marrone ospitava tre bambini che giocavano con delle bambole, mentre alla loro destra una donna stava seduta su una poltrona, intenta a controllarli. Alla sinistra del divano, invece, stava una grande finestra che dava sul giardino.
Incerto sulla strada da prendere, Inuyasha si guardò ancora intorno, notando due differenti porte. Quella alla parete alla sua sinistra era chiusa e sembrava portare verso lo spazio esterno. La porta alla destra delle scale, invece, era semi aperta e sbirciando in essa il mezzo demone riuscì a scorgere un tratto di cucina. Ancora insicuro inspirò l’aria e, individuato l’odore di Kagome, decise di entrare nella stanza alla sua destra.

Quando Kagome lo vide lo salutò con un sorriso e lo prese per il braccio trascinandolo verso un gruppo di tre persone. Uno di loro era piuttosto anziano, sull’ottantina se avesse dovuto ipotizzare. La seconda era una donna piuttosto giovane, dimostrava l’età di Kagome e portava i capelli legati in una coda di cavallo. La terza persona era in realtà un mezzo demone cervo, le corna sulla sua testa non potevano mentire riguardo la specie di appartenenza. Kagome indicò con le mani le tre persone e si rivolese al mezzo demone. “Allora Inuyasha, loro sono mio nonno, Sango e Eitan! Se avrai bisogno di qualcosa, potrai chiedere a noi quattro.” Il mezzo demone annuì, rimanendo fermo sul posto.

“Per essere qui, deduco che le tue ferite si sono rimarginate. Eravamo tutti molto preoccupati quando ti abbiamo visto in quelle condizioni. Devi assolutamente ringraziare Eivor per essere intervenuto tempestivamente.” Questa volta a parlare fu il mezzo demone. Eitan dimostrava circa trent’anni, aveva una corporatura snella e un viso dai bei lineamenti. La particolarità di quel mezzo demone però risedeva nella sua gamba destra leggermente più corta dell’altra che lo portava a zoppicare.
“Eitan non elogiarlo così tanto. Sai che Eivor ha sbagliato ad agire da solo, doveva prima avvertirci.” Kagome aveva in volto un cipiglio e osservava severa il mezzo demone cervo.
“Non essere così protettiva Kagome! Non è più un ragazzino!” Alla risposta di Eitan, l’uomo anziano si fece sfuggire un sospiro afflitto. Deciso a rimanere fuori da quella discussione, oltrepassò i due e uscì dalla cucina. Nonostante il vecchio gli avesse suggerito di seguirlo, proprio mentre gli passava di fianco, Inuyasha decise di rimanere in quella stanza. Osservava il gruppetto leggermente incuriosito. Questo individuo di nome Eivor sembrava essere colui che lo aveva trovato dopo lo scontro con Sesshomaru.

Intanto, battendo nervosamente un piede sul pavimento, Kagome ribadiva il suo punto di vista: “Eivor è un ragazzino.”
“Devo forse ricordarti che i ragazzi alla sua età vengono richiamati per l’addestramento militare?”
Fu dopo quella domanda che seguirono attimi di silenzio imbarazzante. Eitan sembrava essersi accorto di quella frase solo dopo averla pronunciata. Kagome era su tutte le furie, mentre la donna con la coda di cavallo sembrava essersi improvvisamente rabbuiata. A spezzare quel silenzio ci pensò Eitan stesso: “Scusami Sango.” La ragazza annuì e dopo qualche istante, durante il quale Kagome insultava Eitan, uscì in fretta dalla stanza.
Confuso, Inuyasha guardò interrogativo Kagome. Sperava che la donna potesse dargli una qualche spiegazione riguardo ciò alla quale aveva assistito. Perché si era passati da parlare del ragazzo che lo aveva salvato a “quello”? Kagome però non soddisfò la sua curiosità. Dopo aver dato un’ulteriore occhiataccia a Eitan, dedicò qualche secondo a Inuyasha. “Ti ribadisco, sei libero di girovagare in casa. Per qualsiasi domanda chiedi a lui o aspettami più tardi, adesso devo risolvere questa situazione.” Detto ciò, anche lei uscì fuori dalla stanza.

“Inuyasha, giusto? Scusa per quello a cui hai assistito.” Il mezzo demone tornò a posare lo sguardo su Eitan, che sembrava davvero dispiaciuto. Incerto su come rispondere, annuì solamente. Intanto, Eitan si sedette su una delle quattro sedie che circondavano il piccolo tavolo in legno, dopodiché riprese a parlare. “E che spesso Kagome si dimentica che Eivor non è più un bambino e che il suo aiuto ci sarebbe molto utile.” Il mezzo demone cervo si passò stancamente una mano sul volto. “In ogni caso. Hai bisogno di qualcosa? Vuoi che ti mostri la casa?”
Inuyasha scosse la testa in risposta. In quel momento solo una cosa gli interessava sapere. “Posso chiederti dove posso trovare questo Eivor?”
Eitan si portò due dita sotto il mento con fare pensieroso. “Questa è una bella domanda, puoi provare in giardino.”

Borbottando un ringraziamento, anche Inuyasha lasciò la cucina, facendosi strada verso il giardino. Oltrepassata la porta d’ingresso, la luce del sole lo colpì in pieno. Istintivamente si portò una mano agli occhi, cercando di proteggerli dalla luce accecante. Una volta fuori ebbe conferma dei suoi sospetti.

La casa era immersa nel verde e circondata da ghiaia ed alberi. La caratteristica principale del giardino, che sorprese non poco Inuyasha, fu l’ordine e l’armonia delle forme e degli elementi naturali. Quella quiete suggerita era però rotta da piccoli mezzo demoni che scorrazzavano fra gli alberi, intenti a dar voce alla loro immaginazione. Proseguendo sul viale in ghiaia, Inuyasha scorse un orto dalle discrete dimensioni nel quale poteva scorgere alcune delle verdure e degli ortaggi che in quei giorni aveva mangiato. Curioso, Inuyasha continuò a seguire il percorso, giungendo sul retro della casa, proprio lì si trovava un piccolo pozzo attorno al quale crescevano diverse piante medicinali. Questa disposizione a spirale risultava molto efficiente e permetteva di sfruttare al meglio gli spazi e l’acqua di irrigazione. Affascinato da quella disposizione, Inuyasha si avvicinò alla piccola recinsione che proteggeva le piantine e si appoggiò ad essa. Istintivamente annusò l’aria, riuscendo a identificare dall’odore buona parte di quelle coltivazioni.

Improvvisamente si sentì osservato e uno spostamento d’aria sospetto attirò la sua attenzione. Scattato sull’attenti, Inuyasha cercò di identificare la direzione dal quale proveniva. Un ulteriore spostamento d’aria, questa volta più intenso, lo sorprese alle spalle. Si girò di scatto pronto a parare un qualche attacco ma quando si voltò le sue orecchie furono travolte da una voce allegra.
“Ehi! Ciao! Vedo che stai bene!” Il proprietario di quella voce lo sorprese: era un giovane che dimostrava all’incirca diciassette anni. “Scusa per quello che è successo l'altra notte. Non volevo farti del male, ma è stato il mio primo salvataggio.” Il sorriso spensierato sul volto del giovane divenne leggermente tirato, sembrava seriamente dispiaciuto dell’accaduto. Fu in quel momento che Inuyasha finalmente capì: il ragazzo che si ritrovava davanti era Eivor. Appresa quell’informazione, il mezzo demone iniziò a scrutarlo da capo a piedi, incerto sulle reali dinamiche di quel fortuito incontro.
"Oh, quindi i graffi e i buchi alle mie spalle...”
“Si perdonami! Eri privo di sensi quando ti ho trovato e con queste...” Imbarazzato, Eivor dispiegò le sue grandi ali nere. “...non potevo trasportarti e volare contemporaneamente.” Negli occhi bicromatici di Eivor, Inuyasha lesse lo stesso imbarazzo che nasceva in lui ogni qual volta gli osservavano le orecchie. Però, se per Inuyasha l’essere mezzo demone gli aveva donato due orecchie canine sulla testa, il fato non era stato molto clemente con Eivor. L'essere nato da una coppia mista aveva dato al giovane evidenti deformità: nonostante avesse il volto umano, molto nel suo aspetto somigliava ad un corvo. Al posto delle braccia possedeva due grandi ali, mentre le sue gambe sembrano le zampe di un uccello. Molta della superficie del suo corpo era inoltre ricoperta di piume, lasciando scoperto solo il viso e parte dell’addome.
"Quindi ho provato ad afferrarti con, beh si, le mie zampe. Non volevo ferirti davvero. Ho provato a non stringere forte ma scivolavi e ho solo finito con il farti cadere.”
Quelle parole interruppero l’analisi Inuyasha, che si ritrovò a fissare negli occhi il giovane mezzo demone. "Mi hai fatto cadere?"
Il volto di Eivor si imbronciò leggermente: “Ma ti ho afferrato al volo! Dopo un paio di tentativi non andati esattamente a buon fine.” Commentò, abbassando di molto il tono della voce nella parte finale della frase.
Inuyasha si chiese se quel giovane avesse ben compreso da quale razza di demone discendesse. Anche se avesse sussurrato quella frase dentro casa, lui l’avrebbe ugualmente percepita. Con un cipiglio in volto, Inuyasha collegò i vari elementi e continuò la frase di Eivor con la sua deduzione. “E quindi hai deciso di infilzarmi i tuoi artigli per non farmi cadere nuovamente."
“Esatto! Sono stato bravo vero?" Lo sguardo di Eivor sembrava voler elemosinare complimenti. Il giovane si aspettava davvero che lo ringraziasse per aver peggiorato la situazione in cui si trovava?
“Mentre ero in fin di vita... Nella mia forma umana...” Il tono di voce di Inuyasha si abbassò di molto mentre pronunciava quelle frasi. Kagome gli aveva preannunciato che quelle ferite se le fosse procurate durante il viaggio, ma non aveva specificato che fosse stato proprio il suo collaboratore più giovane a procurargliele. Volontariamente.
Intanto, Eivor lo fissava curioso con la testa leggermente inclinata sulla destra. “Amico tutto bene?”
Decisamente turbato, Inuyasha rincasò come una furia, lasciando il povero Eivor perplesso.
“Dove cazzo sono finito...?”

Qualche ora dopo
Il giovane mezzo demone, convinto di aver fatto la cosa giusta, raccontò a Kagome il suo incontro con Inuyasha. Contro le sue aspettative, però, Kagome non sembrava affatto soddisfatta.

“Sei andato a parlarci? Che ti avevo detto?” Con braccia incrociate e tono da ramanzina, la donna osservava il giovane con un cipiglio in volto. Quell’atteggiamento nei suoi confronti gli fece deviare lo sguardo. “Che avrei dovuto aspettare te.” Con gli occhi puntati verso il pavimento, Eivor iniziò a giocare con i ciottoli di ghiaia, spostandoli leggermente con la zampa sinistra.
"Quindi perché non mi hai ascoltato?”
Eivor non rispose. Continuava spostare quei ciottoli senza dar segno di ascolto. Indispettita, Kagome fece per avvicinarsi al giovane, ma Eitan l’afferrò per un braccio fermandola. “Dai Kagome, lasc-”
“Non intrometterti Eitan, è una discussione fra me e mio figlio.”

Le piume di Eivor si rizzarono e infastidito si rivolse a Kagome: “Non sono più un bambino mamma! Sono in grado di assumermi le mie responsabilità!” Lo sguardo della donna si posò su quello del ragazzo. Sapeva che Eivor voleva soltanto aiutare, ma non era ancora pronto ad agire da solo. “Eivor ti rendi conto che la tua decisione di fare da solo gli ha fatto perdere una quantità di sangue incredibile? Per non parlare della forte botta in testa che ha preso quando ti è scivolato precipitando al suolo.”
“Ma mamma, dovevo agire in fretta! Se quel generale fosse tornato per-” Eivor provò a dare una spiegazione alle sue scelte. Non era di certo impazzito! Aveva calcolato i rischi, conosceva benissimo quei boschi e i turni di ronda, sapeva che avrebbe potuto farcela. Eppure, Kagome sembrava non voler riconoscere i suoi meriti. Piuttosto, gli parlava con tono autoritario e non voleva star a sentire le sue spiegazioni. “No Eivor. Non hai scuse. Quante volte ti ho detto di non fare di testa tua?” Il mezzo demone non rispose, infastidito dalle parole della madre spiegò le sue grandi ali nere.

“Eivor, dove stai andando. Eivor non ti azzardare a volare via.” Ignorando quelle parole, il giovane si alzò in volo, indirizzando volontariamente una leggera folata di vento verso le due figure che gli stavano di fronte. Quando lo spostamento d’aria terminò, Eivor era già parecchi metri sopra le loro teste. Kagome gli urlò di tornare indietro, ma oramai il mezzo demone corvo era troppo lontano per udire quelle parole.

Su tutte le furie, la donna tornò dentro l’abitazione, seguita a ruota da Eitan. “Kagome, lascialo stare. Sai che vuole tanto aiutarci, sei troppo severa con lui.” La donna sospirò e, voltandosi verso il suo compagno, ammise le sue preoccupazioni. “So che è capace, ma deve capire che non può fare come vuole. Se avesse beccato una ronda notturna? Se lo avessero visto portare qua Inuyasha? Hai visto com’è entrato nel panico l’altro giorno. É tornato a casa tutto agitato e con le piume rizzate solo perché un militare aveva intuito il luogo dove si nascondeva.” Kagome si passò stancamente una mano sul volto. Eivor aveva un grande cuore. Voleva davvero aiutare tutti coloro che si trovavano nella sua stessa situazione, aveva deciso di creare questo rifugio proprio per il suo volere. Non poteva permettere che per una scelta non ponderata accadesse qualcosa a lui o al rifugio. Eivor doveva capire che non poteva salvare tutti.
“Hai ragione, scusami.” Dopo aver annuito alle parole di Eitan, Kagome ritornò sulla sua strada.
“Dove vai ora?”
“Vado a parlare con Inuyasha. Sai, non penso sia stato tanto carino apprendere che chi ha provato a salvarti ti ha procurato quelle belle ferite volontariamente.”

Quando Kagome entrò nella camera che aveva affidato a Inuyasha, lo trovò seduto vicino la finestra, intento a guardare il giardino sottostante con sguardo pensieroso. Si avvicinò a lui con passo regolato, colpevole di avergli nascosto le reali dinamiche del suo salvataggio. “Ti devo delle scuse” disse la donna, fermandosi a pochi passi dal suo interlocutore.

Percepita la presenza di Kagome, Inuyasha distolse lo sguardo dal giardino per guardarla prima di proferire parola. “Non devi scusarti. Mi hai nascosto la verità per paura che perdessi nuovamente il controllo, lo capisco. La nostra prima interazione non è stata fra le più tranquille.”
Era consapevole che la sua reazione a quella scoperta era stata piuttosto istintiva, ma era certo che non avrebbe perso il controllo per una cosa del genere. Ovviamente Kagome non poteva certo saperlo, solo poche ore prima era stata costretta a somministrargli del tranquillante per evitare che il suo sangue demoniaco lo dominasse.

Piuttosto avrebbe dovuto ringraziare quel ragazzino. Effettivamente, Eivor gli aveva salvato la vita mettendo a rischio la propria. Volare trasportandolo con sé avrebbe potuto attirare l’attenzione di qualche gruppo di ronda, eppure il mezzo demone aveva deciso di rischiare. “Ammiro il coraggio di quel ragazzo. Avrebbe potuto lasciarmi lì a marcire.” confessò con rimorso Inuyasha. Quell’esperienza gli aveva ricordato quanto fosse stato codardo in passato.

“É solo uno sciocco ragazzino che vorrebbe salvare tutti.” Kagome pronunciò quelle parole con voce stanca.
“Perché dovrebbe essere sciocco? Temi possa mettere a rischio questo luogo?” Inuyasha osservò Kagome stropicciandosi il volto, prima di sedersi sul bordo del letto. Sembrava che la donna autoritaria e sicura di sé che in quei giorni gli aveva impedito di fare pazzie fosse sparita nel nulla. L’ombreggiatura scura sotto i suoi occhi indicava quando effettivamente riposasse poco quella donna, quanta responsabilità gravasse sulle sue deboli spalle.

“Il punto non è questo. Eivor deve capire quando è il caso di agire e quando è meglio lasciar perdere. Mi dispiace dirti queste cose, ma è la realtà dei fatti. Alle volte per salvare una manciata di persone, è il caso non soccorrerne la metà.”
Quelle parole, dette con sincerità, lo aiutarono a comprendere lo stato d’animo di Kagome. Anche lei aveva delle morti sulla coscienza, così come lui, così come quel generale che ha ammazzato il signor Bayer ma che protegge questo rifugio nascosto fra le montagne. “Un po’ come quel demone lupo.” Nonostante tutto, non riuscì a trattenere il tono sprezzante.

“Ho provato a spiegartelo l’altro giorno. Koga non odia la tua gente, adora Eivor come se fosse suo figlio. Vuole soltanto poterci tenere al sicuro, quindi non giudicarlo per il modo in cui ha deciso di agire.”
Dopo qualche attimo di silenzio, Kagome si issò in piedi e, dopo essersi lisciata la gonna, si avvicinò nuovamente ad Inuyasha poggiando una mano sulla sua spalla. “Fra due giorni partirà una spedizione per l’America. Grazie alla soffiata di Koga e una serie di accordi che abbiamo, possiamo far fuggire tutti coloro che sono in grado di muoversi. Va con loro, approfitta di questa opportunità, è la via più sicura che posso offrirti.” Detto ciò, Kagome si ritirò, lasciando che Inuyasha riflettesse su quella proposta.

Quella notte
Tutto al rifugio sembrava tranquillo, un leggero chiacchiericcio si propagava dalla cucina, dove Eivor sembrava raccontare ad Eitan come avesse giocato con alcuni militari durante quei giorni. Il mezzo demone corvo sembrava molto divertito mentre descriveva le espressioni allibite di due demoni dal naso fine che non riuscivano a non capacitarsi come fosse possibile che le sue piume non emanassero alcun odore. Effettivamente questo particolare risultava parecchio interessante.
Eivor, nonostante fosse un mezzo demone, sembrava non emanare il tipico odore di sangue misto. Perfino ad un essere dal naso fine come Inuyasha risultava difficile riuscire ad identificarlo. Era un'abilità piuttosto particolare, che suscitò la curiosità del mezzo demone cane.

Fu proprio per soddisfare quest’ultima che Inuyasha iniziò ad annusare profondamente l’aria che lo circondava. Grazie al suo olfatto riusciva chiaramente ad identificare la posizione di ogni singolo individuo presente in quella casa, eppure, se non fosse che sentiva chiaramente la voce di Eivor provenire dalla cucina, avrebbe affermato che non fosse in casa. Non nel tutto contento del risultato ottenuto, Inuyasha chiuse gli occhi e provò a concentrarsi. Annusò ancora una volta l’aria e cercò di accantonare tutti i vari odori che lo circondavano. Improvvisamente l’odore del sangue misto ad un altro che ben conosceva attirò la sua attenzione.
Come una furia uscì dalla sua camera e corse in fondo alle scale. Aprì la porta e non riuscì a credere ai suoi occhi.
“Miroku!”

 


 

FrancyT:

Ciau personcine!
Non sono sparita, sono ancora viva quindi oggi vi beccate il mio aggiornamento.
Come ogni volta vi sorbirete la mia analisi per punti! Ma prima vorrei ringraziare chiunque legge e commenta questa storia.

Ora torniamo all'analisi:
1) Finalmente vediamo un po' di cose all'interno del campo. Nulla di eccezionale, ma quello che bastava per andar abanti con la trama 😂 Sappiamo che Bankotsu ha portato ad analizzare la boccetta rubata a Rin ma effettivamente non sappiamo ancora se è servita per gli scopi di Naraku. Nella prima parte vediamo anche un "nuovo" personaggio. Chi si aspettava che in realtà Wolf fosse un demone volpe infiltrato? In ogni caso, è riuscito a far scappare Miroku, chissà dove andrà 😂
2) Di questa seconda parte voglio commentarvi solo il mio bellissimo Eivor. Amo questo personaggio, di cui vi mostrerò anche un disegno probabilmente più avanti! Ah si, vi aspettavate che Kagome avesse già un figlio?
3) Bhe non ci è ancora dato sapere come andrà l'incontro fra Miroku e Inuyasha, però vi anticipo che nel prossimo capitolo approfondiremo la questione delle piume di Eivor ❤️

Per oggi è tutto, adesso scappo!
Aspetto un vostro commento❤️

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