The Importance of Being Black

di dirkfelpy89
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Zucchero ***
Capitolo 2: *** Respiro ***
Capitolo 3: *** Sacro ***
Capitolo 4: *** This is where the magic happens ***
Capitolo 5: *** Sedia ***
Capitolo 6: *** Morte ***
Capitolo 7: *** Rubino ***
Capitolo 8: *** Carne ***
Capitolo 9: *** It's not me, it's you ***
Capitolo 10: *** Rabbia ***
Capitolo 11: *** Verde ***
Capitolo 12: *** Orgoglio ***
Capitolo 13: *** You are exactly where you need to be ***
Capitolo 14: *** Diverso ***
Capitolo 15: *** Con Te ***
Capitolo 16: *** Perso ***
Capitolo 17: *** Sbagliato ***
Capitolo 18: *** Stelle ***
Capitolo 19: *** Polvere ***
Capitolo 20: *** Confessione ***
Capitolo 21: *** Ladro ***
Capitolo 22: *** Culla ***
Capitolo 23: *** Tempo ***
Capitolo 24: *** Late Night, Early Morning ***
Capitolo 25: *** Sangue ***
Capitolo 26: *** Fratello ***
Capitolo 27: *** Linea ***
Capitolo 28: *** Penombra ***
Capitolo 29: *** Unleash Your Demons ***
Capitolo 30: *** "Per Favore" ***
Capitolo 31: *** Paura ***



Capitolo 1
*** Zucchero ***


Capitolo 1, Zucchero

 



"Uno dei momenti più delicati e importanti, durante un tè in alta società, è quello dell'aggiunta dello zucchero."
Erano le cinque del pomeriggio in punto e, all'interno di uno dei tanti salotti di Black Manor, Druella Black era intenta a spiegare alle sue tre giovani figlie le regole non dette per un buon tè di successo.

La natura non aveva donato alla donna un figlio maschio, un erede che avrebbe potuto portare avanti il nome di famiglia nelle generazioni future, e questo a lungo l’aveva crucciata enormemente.
Sentir crescere per tre volte la vita nel suo ventre e per tre volte rimanere delusa, perché non era stata in grado di generare un erede di sesso maschile, aveva distrutto l'animo di Druella Rosier. Ci erano voluti degli anni di silenzioso dolore ma poi, lentamente, era riuscita a riprendersi e a trovare un nuovo obiettivo nella sua vita da moglie e madre: avrebbe fatto di tutto per far contrarre alle sue figlie i matrimoni più belli, regali, sfarzosi e solo con i Purosangue più rispettabili, puri e potenti.
Avrebbe fatto morire d'invidia e gelosia le stesse donne che l'avevano criticata alle sue spalle, si sarebbe vendicata di tutte le lacrime versate.
Per portare a termine il suo piano era quindi necessario che Bellatrix, Andromeda e Narcissa conoscessero tutte le regole non scritte dell'alta società magica e che diventassero delle vere e proprie maestre in quel campo, distinguendosi dalla massa.

E il campo del tè delle cinque del pomeriggio era quello nel quale Druella eccelleva, forse solo l’odiata cognata, Walburga, riusciva a rimanere al suo passo.
Ma ovviamente non l'avrebbe mai ammesso ad alta voce.

"Ma, madre, perché dobbiamo imparare queste cose… non potremmo andare fuori a giocare?" chiese Bellatrix, sbuffando impaziente.
"Bella, l'anno prossimo andrai a Hogwarts e incontrerai i giovani rampolli Purosangue della tua età. Entro pochi anni vostro padre troverà un pretendente che visiterà Black Manor in via ufficiale per un tè del pomeriggio," rispose Druella. "Un giovane pretendente viene invitato alle cinque con i genitori, intrattenerli a cena sarebbe una cosa troppo formale per un primo incontro. La prima cosa che farai sarà quindi offrire un tè al tuo futuro marito, e ai suoi genitori, ed è su questo che si baserà la loro prima impressione!"
"Su come servo un tè?"
"Esatto, Andromeda," rispose la donna, versando la bevanda calda nelle tazze. "Dovrete essere delicate, moderate senza allo stesso tempo sembrare deboli oppure insicure. Del resto è la prima impressione quella che conta."

Riempite tutte le tazze, Druella prese la zuccheriera.
"È importante sempre chiedere prima la quantità di zucchero desiderata. E altresì ovviamente è importante che il cucchiaio sia riempito nel modo giusto: né troppo poco né troppo, con il rischio che lo zucchero cada sulla tavola," continuò Druella, mostrando alle figlie la giusta quantità, "è un errore che in molte commettono e che può rovinare un tè altrimenti perfetto…"
Andromeda annuì, si avvicinò alla tavola, prese la zuccheriera e versò due cucchiaini di zucchero nel suo tè.
"Oh, Andromeda ci è riuscita al primo colpo! Vedrai che, se farai così anche durante il primo incontro con il tuo futuro marito, riuscirai a stupire tutti senza dubbio," commentò Druella, raggiante.

/ / / / / / /

"Sono rovinata, domani ho un appuntamento con Wilkins da Madama Piediburro… sicuramente prenderemo il tè e sono un disastro… rovinerò tutto!"
La ragazza iniziò a singhiozzare, coprendosi il volto con le mani. Andromeda alzò gli occhi al cielo della Sala Grande, sfinita. Era sempre così: ogni volta che una delle sue amiche aveva un appuntamento galante, di pomeriggio, inevitabilmente si rivolgevano a lei.
"Samantha, Wilkins non ti odierà perché non riesci a servire bene il tè..." borbottò, cercando di riportare l'amica sul sentiero della ragione.
"Forse lui no, ma non appena finirà la scuola ci fidanzeremo, incontrerò i suoi, e sarò un disastro!" Singhiozzò l'altra, inconsolabile. "Non so servire quel maledetto tè!"
Andromeda alzò nuovamente gli occhi al cielo e, sbuffando, disse: "Va bene, ti faccio vedere come si fa."

Immediatamente l'amica riprese colorito e tolse le mani dal volto.
"Andromeda sei davvero la migliore, se c'è qualcosa che posso fare per ricambiare il…"
"Mi correggerai tutti i compiti di Pozioni ed Erbologia per almeno… una settimana!" Esclamò la giovane Black, pronta. Samantha rimase per qualche secondo in silenzio, soppesando la richiesta, e poi annuì.
"Sì, certo, basta che l'appuntamento vada bene. Fammi vedere dai!"

Andromeda prese una tazzina e il bricco contenente il tè caldo e diede il via alla sua spiegazione.
Ben presto si accorse che altre ragazze Purosangue erano tutte orecchie ascoltando la sua lezione sul tè: un ripasso su quell'argomento così delicato non avrebbe fatto certamente male nemmeno a loro.
Prendendo spunto dalle parole della madre, la giovane Black spiegò a quale temperatura servire la bevanda calda, come farlo senza schizzare, quando e come aggiungere latte.
"Alla fine dovrete chiedere al vostro ospite se vuole lo zucchero e, in caso di risposta affermativa, stare bene attente alla giusta quantità. Non vogliamo che il nostro cucchiaio sia troppo pieno di zucchero, perché cadrà sulla tovaglia e rovinerà il tutto."

Andromeda prese la zuccheriera, affondò il cucchiaio per prendere la giusta quantità ma, proprio in quel momento, la sua attenzione andò altrove.
Un giovane Tassorosso era appena entrato nella Sala Grande, un giovane che posò il suo sguardo su di lei e che le fece inevitabilmente torcere lo stomaco. Ted.
Si distrasse completamente e al momento di aggiungere lo zucchero ne buttò metà sulla tovaglia.

Per fortuna, in quell'esatto momento suonò la campanella che annunciava l'inizio delle lezioni e tutti balzarono in piedi, pronti per iniziare l'ennesima noiosa giornata.
"E quello sarebbe stato un servizio da tè impeccabile?" il sibilo di Narcissa raggiunse le orecchie di Andromeda, che nel frattempo si era attardata per cercare di ripulire lo zucchero caduto. "Se avessi fatto questo errore madornale di fronte ai Lestrange…non oso immaginare che cosa avrebbero pensato!"

Ma ad Andromeda non importava quello che la sorella aveva da dire, non la stava nemmeno ascoltando. Che cosa le importava, dopotutto, di servizi da tè per impressionare futuri suoceri o pretendenti?
Ancora una volta Ted la osservò e la giovane Black si sentì ribollire.
Lei, la sua anima gemella, la persona con la quale condividere una vita intera di tè bollenti, l'aveva già trovata.

/ / / / / / /

L'anno scorso mi sono fatto da parte perché ero appena tornato nel mondo delle Fanfiction e non mi sentivo pronto ma quest'anno voglio provarci, voglio tentare di scrivere e pubblicare un capitolo di questa raccolta sui miei adorati Black ogni giorno per tutto ottobre. So, da chi ci è già passato, che non è facile… però dopo tutto perché non farlo, perché non provarci, perché non uscire dalla zona di conforto ogni tanto?
Un bel po’ di capitoli sono già pronti, spero di arrivare vivo alla fine :D In bocca al lupo a tutte/i!

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Capitolo 2
*** Respiro ***


Capitolo 2, Respiro

 



Inspiro.
"Tu lo ami? Che cosa ne sai dell'amore, Andromeda? Sei solo una ragazzina viziata!" Sua madre urla, sputando saliva e rancore.
"Accetterei lezioni sul significato dell'amore da molte persone… ma non da te, madre," la tua risposta non si fa attendere. "Nemmeno tu sai che cos'è l'amore, hai sposato papà a diciassette anni, senza nemmeno averlo mai visto primo, solo perché sei stata costretta!"
Lo schiaffo risuona per la sala da pranzo di Black Manor ma non ti ferisce, quella donna non può farti più di nulla.

Espiro.
"Quel Sanguesporco si divertirà con te, violerà la tua carne pura e poi, quando si sarà stancato, ti lascerà perché è ovvio che non può reggere il tuo confronto!" Sua nonna cerca di avvisarla.
“Cara, i Sanguesporco non sono come noi, è per questo che non ci sposiamo con quella feccia!"

Inspiro.
"Sei la vergogna di questa famiglia, esci da quella porta e per noi sarai morta!"
Suo padre ulula.
"Non mi farò coprire di ridicolo, non lascerò che i Black vengano derisi!" "Come puoi preferire il tuo orgoglio, il nome della famiglia, alla felicità di tua figlia?"
È una domanda stupida, lui non risponde nemmeno. Non serve.

Espiro.
"Se sposerai quel Babbano compirai una scelta, e anch'io prenderò la mia. Non potrò tollerare l'esistenza di quell'essere!"
Bellatrix parla e non la guarda nemmeno.
"Bella…"
"Non chiamarmi Bella," sibila, secca e gelida, "non sono più Bella per te. Tu non sei niente, niente!"

Inspiro.
Espiro.
Inspiro.
Espiro.


Mi sveglio.
Mi sveglio e ci metto qualche secondo per riconoscere dove mi trovo.
La luce filtra dalle tende della camera da letto. Allungo il braccio ma non sento Ted, deve essersi svegliato per recarsi al lavoro.

Sospiro.
Quell'incubo torna a tormentarmi quasi ogni sera. Ogni notte la stessa storia, ogni volta le stesse immagini tornano nella testa per tormentarmi.
Volto la testa e vedo la bianca culla di Ninfadora.

Respiro.
Non mi sembra possibile, contro tutto e tutti ho una famiglia e una figlia. Adesso che sono sveglia, e che la luce entra in camera, le ombre del passato e della notte si fanno via, via meno cupe e opprimenti.

Respiro.
Sono viva e le velate minacce di Bellatrix non mi fanno paura.
Respiro.
Ninfadora sta bene e fino a quando avrò aria nei polmoni lotterò per questo.
Lotterò per lei.



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Prima di tutto grazie per le recensioni al primo capitolo, ho scritto quasi più della metà dei capitoli già adesso, i ritmi saranno serrati quindi cercherò di evitarlo ma se qua e là trovate un errore di battitura… fatemelo notare, che lo correggo, ma perdonatemi perché sono molto di fretta
Anche questo suo Andromeda, Ma per chi non è proprio un fan del personaggio prometto che non saranno tutti concentrati solo su Andromeda, per chi invece ama questo personaggio ci saranno altri riferimenti alla vita della donna. A domani, piccolo spoiler questa volta parleremo di Bellatrix!

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Capitolo 3
*** Sacro ***


Capitolo 3, Sacro

 



L'atmosfera a Black Manor, quella sera, poteva essere definita come particolarmente vibrante.
La notte prima delle nozze rivestiva da sempre un particolare significato, nel mondo magico Purosangue. Se si trattava poi dell'unione tra due delle famiglie più potenti (i Black e i Lestrange) a quel significato si aggiungeva tutta una serie di complicazioni, aspettative e nervosismo.

In quella sera, particolare e nervosa, nel grande bagno al terzo piano stava avendo luogo uno dei rituali magici più importanti e antichi.

Bellatrix Black, ancora per poche ore una Black a tutti gli effetti, era immersa fino al collo nella vasca da bagno; l'acqua era terribilmente fredda ma, da quello che la tradizione diceva, possedeva un forte potere curativo e rinvigorente particolarmente datto alle giovani spose.
Quel liquido, all'apparenza così normale, era stato trasportato a Black Manor direttamente raccolto da un lago poco distante dove, secondo la leggenda, uno stregone particolarmente forte e potente era annegato secoli prima. Come per osmosi, pareva che le acque avessero preso un po' del potere del mago annegato e da allora era tradizione che, la notte prima delle nozze, i due futuri sposi si immergessero in quelle acque fertili e potenti.
Questo avrebbe donato alla coppia più fertilità e salute… almeno secondo la leggenda.
Per buona misura, comunque, le altre donne della famiglia stavano preparando delle pozioni ricostituenti, accanto alla vasca da bagno, che poi avrebbero fatto bere alla futura sposa.

Bellatrix posò lo sguardo annoiato su sua zia Walburga, seduta in disparte, mentre Madame Lestrange, insieme a Druella e le altre due figlie, erano chine su un paiolo che stava sobbollendo lentamente.
Noia.

Era immersa in quelle acque terribilmente fredde da più di un'ora e ancora non aveva provato, o sentito, alcun cambiamento nel suo corpo. Avrebbe potuto passare quelle ore organizzando piani di battaglia, allenandosi con le maledizioni e invece no, doveva sorbirsi le ciance di quelle matrone, immersa nel freddo.
"Bellatrix, concentrati," la rimbeccò sua madre, porgendole un calice pieno di pozione ambrata, "è un momento molto sacro e importante! È necessario liberare la mente da ogni pensiero affinché le acque abbiano effetto!"
"In pratica la vita di una madre Purosangue," sussurrò, appena percettibilmente, prima di appoggiare il calice alle labbra.

Sua madre e i suoi parenti erano ancora convinti che, dopo il matrimonio, lei si sarebbe trasformata, magicamente, nella perfetta moglie e madre Purosangue, sempre in silenzio, sempre un passo dietro al marito, con l'unico obiettivo nella vita di sfornare figli e badare alla casa. Ma quel che non sapevano era che sarebbe morta piuttosto che accettare quel compito; non avrebbe fatto la fine di sua madre.
Lei glielo aveva lasciato credere, aveva presto capito che era l'unica cosa da fare… una volta che sarebbe andata a Lestrange Manor, con il controllo di sua madre decisamente più allentato, avrebbe potuto finalmente fare le cose a suo modo.
Certo, sempre portando avanti la facciata di brava matrona di casa, in realtà aspirando a dominare il mondo magico a fianco di Voldemort, il suo padrone, la nuova e unica ragione che la faceva alzare ogni giorno dal letto e affrontare le vuote giornate.

Al solo pensiero sorrise, se ne accorse troppo tardi perché evidentemente le donne presenti nella stanza scambiarono quel sorriso come una prova che la pozione stesse effettivamente funzionando.
"Sapevo che questa pozione avrebbe fatto il proprio dovere, fidati, servirà la prima notte di nozze," sussurrò madame Lestrange, facendo immediatamente arrossire Druella.
"Dopotutto è una pozione così potente… e un momento così sacro che si tramanda da secoli a secoli. Un motivo ci sarà!"

Sacro. Un momento così sacro.
No, non c'era niente di sacro in quella congrega di donne sottomesse e annoiate, in quelle acque fredde e in quelle pozioni annacquate e amare come le loro esistenze.
Sacro era il suo padrone e il suo volere. Sacra era la sua ambizione e la voglia di mettersi alla prova… di sacrificarsi, persino.

Sacro sarebbe stato il mondo che lei e il suo padrone, fianco a fianco, avrebbero costruito e dominato.

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Come promesso un capitolo sul Bellatrix. Non lo so ma l'ho sempre vista molto poco convenzionale, insomma immagino che a ricevimenti e feste eleganti preferirebbe andare a caccia di Babbani insomma, decisamente non quello che una brava donna Purosangue dovrebbe fare, perlomeno secondo sua madre!

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Capitolo 4
*** This is where the magic happens ***


Capitolo 4, This is where the magic happens

 



La porta della catapecchia si aprì di schianto, lasciando entrare il freddo della notte insieme ai corpi di due persone intente a baciarsi con una passione quasi divoratrice.
Quella che, con molta fatica, la gente chiamava casa era tutto tranne che affascinante o bella: il tetto pericolante, il mobilio sciatto e rotto, le pareti umide e ammuffite, ma i due non si curarono dell'aspetto di quella catapecchia o del suo odore a stento sopportabile.
La passione annullava tutto il resto, i baci si fecero sempre più famelici, i vestiti volarono in aria aggiungendo ancor più confusione al caos che regnava in quella stanza.

"No, Marius, fermati…" la ragazza sussurrò, staccandosi dalle labbra dell'uomo.
"Che cosa c'è, Bella? Pensavo che tu fossi d'accordo…" borbottò Marius Black.
“Sì… lo sono, sì. Però, ecco, potresti essere mio padre e ci conosciamo da poco…” rispose la ragazza, cercando di trovare le parole più adatte per non offendere l’altro.
“Sembro tuo padre… puah, avrò una decina d’anni in più di te,” ribatté l’uomo. “Le privazioni, la rabbia, il sapere di appartenere a una delle famiglie magiche più potenti, i Black, e allo stesso tempo non avere neanche una singola goccia di sangue puro mi hanno reso quello che sono…”
“So cosa provi, anche la mia famiglia non mi ha mai capito, mi hanno cacciato anche loro,” Arabella cercò di prendere le mani dell’uomo tra le sue, come per consolarlo, “so cosa si prova ad essere soli contro il mondo. Soli, persino con la famiglia contro.”
“Lo so, Bella,” rispose Black, cupo. “Ma i Figg non sono nessuno, non nel nostro mondo.”

“É vero. Eppure guardaci, insomma, veniamo da due mondi sociali diversi eppure siamo due reietti della società e io…" la ragazza venne interrotta da un bacio dell'altro.
“Hai ragione, Bella. Alla mancanza di magia ci si abitua… ma alle cattiverie del mondo, quello no,” sussurrò Marius, baciando ancora Arabella con foga rinnovata.
“Io a volte non ci riesco," sussurrò la ragazza, lasciandosi assaporare sempre più, avvicinandosi alla camera da letto. “Non riesco a credere che… che non saprò mai cosa si provi a usare la magia.”

"È vero, siamo due reietti, due poveracci senza magia nelle vene, diseredati dalle nostre famiglie ma non mi importa niente! Non stasera." Brontolò Marius. "Non siamo dei maghi… ma tranquilla, qui," disse, indicando la spoglia e sudicia camera da letto, in un tono che sarebbe dovuto essere suadente, "qui è dove avviene la magia."

Arabella, dopo quella che parvero ore, sorrise e tornò a baciare le labbra dell'uomo, dirigendosi verso la camera da letto.
Sapevano entrambi che quella storia non avrebbe potuto avere un futuro, che erano entrambi reietti senza soldi ma per quella notte, solo per quella notte, tornarono a sentirsi normali, con un cuore e con delle emozioni che per anni avevano cercato di nascondere.

/ / / / / / /

Ho scritto i primi capitoli tutti di getto ma questo è stato il primo prompt che ha avuto bisogno di una dormita per essere realizzato. Quando ho trovato questa frase sulla magia ho subito pensato al contrario, e cioè a un Magonò, un Magonò Black… quindi ho pensato a Marius Black (lontano parente di Sirius, diseredato perché Magonò) e ho pensato anche ad Arabella Figg e una storia tra di loro. Sì, adoro le crack!
Per chi è nuovo delle mie letture, ho scritto già su Marius Black in alcune delle mie storie… in futuro mi piacerebbe realizzare una long su di lui… anche se immagino la leggerei solo io :D

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Capitolo 5
*** Sedia ***


Capitolo 5, Sedia

 



Quell'estate si stava rivelando particolarmente calda, quasi insopportabile. Praticamente in tutte le case del Regno Unito si boccheggiava da mattina a sera, ogni raro refolo d'aria fresca preso come un miracolo di qualche divinità superiore e solo raramente magnanima, in tutte tranne che in una.
A Grimmauld Place infatti sembrava fosse calata sulla casa un'atmosfera gelida, quasi inappropriata al sole che colpiva senza pietà le facciate di quella piazza londinese.
Un contrappasso un po' ironico e un po' sadico.

Era l'ora di pranzo ma Walburga, seduta rigidamente e pronta per mangiare, non riusciva a sentire i morsi della fame, non boccheggiava nemmeno; in effetti, dalla giornata precedente non riusciva a provare altro che rabbia e indignazione.
Suo figlio se ne era andato di casa, Sirius, il maggiore, il futuro erede, aveva gettato il futuro dei Black nel fango.

Orion, suo marito, seduto accanto a lei, era intento a leggere l'edizione domenicale della Gazzetta del Profeta. Oramai non faceva altro: si trascinava dallo studio, alla sala da pranzo, alla camera da letto sempre più simile a un Molliccio. Stessa forza vitale.
Dell'uomo forte e vigoroso che era stato non c'era più traccia da tempo e forse la fuga di Sirius era stato il colpo di grazia.

Per fortuna, al suo fianco aveva ancora Regulus, il figlio minore e migliore.
Sedeva accanto a lei, alla sua destra, anche lui rigido, piuttosto bianco in volto e con la testa rivolta di soppiatto verso la sedia vuota, proprio davanti a Walburga.

Quella sedia vuota pesava come un macigno e le ricordava costantemente e con insistenza il suo fallimento come madre, come donna.
In realtà la fuga di Sirius non l'aveva stupita più di tanto, più volte il ragazzo aveva accennato alla sua voglia di presunta libertà, ancora più volte aveva fatto partecipi i suoi genitori della volontà di andarsene di casa, non appena avrebbe terminato Hogwarts, ma la donna aveva sempre sottovalutato o sottostimato le parole del figlio.
Era un adolescente complicato, da sempre allergico alle regole, certo non era stato un figlio o un Purosangue modello ma c'era sempre tempo per cambiare.
Anche suo fratello, Alphard, era stato piuttosto allergico alle regole di famiglia ma erano riusciti a trovare un compromesso e lentamente, con il passare degli anni, era tornato nei ranghi.
La stessa cosa poteva accadere con Sirius, c'era tempo e modo per cambiare. Ma si era sbagliata: Sirius non era come suo zio, le sue parole alla fine si dimostrarono più che semplici lamentele da adolescente.

Il giorno precedente se ne era andato via, lasciandosi dietro quell'atmosfera carica di tensione e gelo e quella sedia, quella sedia che sarebbe rimasta vuota… come un monito perpetuo alla sua famiglia, come un ricordo duraturo nel tempo del loro fallimento.

L'arrivo di Kreacher, con tre vassoi carichi di costine e broccoli, fece tornare la donna alla realtà.
"Regulus… che cos'hai? Non hai fame?" Orion chiese, rivolto al figlio, mentre mise da parte il giornale.
Idiota, era ovvio che cosa stesse passando nella testa del povero Regulus: suo fratello se ne era appena andato, lasciandolo solo!
Ma certamente, suo marito era troppo preso dal giornale o dai suoi antichi libri per preoccuparsi di cosa suo figlio stesse provando.

Regulus sbuffò e finalmente distolse lo sguardo dalla sedia. Osservandolo, Walburga sentì un nuovo sentimento farsi spazio tra la rabbia e l'indignazione: l'orgoglio.
L'orgoglio per quel figlio minore che era cresciuto perfettamente, come un vero Purosangue e un degno Black, lui non l'avrebbe tradita.
Sì, su Regulus avrebbero potuto fare affidamento perché era certo, era ovvio, quella sedia, la sua, non sarebbe mai rimasta vuota.

/ / / / / / /

E invece…
Non odiatemi perché fino a questo momento non ci sono stati momenti molto angst ma non prometto nulla per il continuo :D

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Capitolo 6
*** Morte ***


Capitolo 6, Morte

 



Il giorno in cui Regulus non tornò a casa, e vide Kreacher piangere disperato, un pezzo del cuore di Orion morì.

Quando Barty Crouch jr. e Bellatrix arrivarono, la mattina successiva, annunciando che il ragazzo era sparito nel nulla, un altro pezzo, questa volta più grosso, svanì nel centro esatto del petto dell’uomo.

Via via che i giorni passavano, arrivavano sempre meno notizie del figlio ma continue illazioni: secondo Barty e altri amici di scuola, Regulus era stato ucciso in una missione segreta mentre, secondo Bellatrix, il giovane Black aveva avuto un ripensamento sui suoi valori e sulla sua appartenenza ai Mangiamorte e per questo era stato fatto sparire.
Walburga si beveva ogni minima notizia, ogni sussurro, ogni illazione.
Partiva la mattina, recandosi in tutte le case dei Purosangue più importanti, per chiedere un aiuto nella sua ricerca della verità, ma a Orion la cosa non interessava, ormai non esistevano più speranze, non aveva più nulla… nemmeno un cuore.
A un certo comparve la data di morte, sull'arazzo, ma anche questo non bastava alla moglie come prova definitiva. Forse voleva soltanto un corpo su cui piangere la sua disperazione.

Due settimane dopo la sparizione di Regulus, dovettero organizzare un funerale, una cerimonia senza senso dato che non c'era nessun corpo dentro la bara vuota che venne fatta calare nei giardini di Black Manor.
Solo allora Walburga si placò, solo in quel momento, tornando a casa dalla cerimonia, si accorse di come la salute del marito fosse ormai peggiorata. Il cuore malandato di Orion non aveva retto.

Il giorno dopo il funerale le condizioni dell'uomo erano così gravi che non riuscì nemmeno ad alzarsi dal letto, vittima di febbri sempre più alte.
I Guaritori chiamati da Walburga provarono di tutto ma era impossibile fare qualsiasi cosa: Orion aveva semplicemente perso ogni stimolo per continuare a vivere.

L'agonia, per fortuna, non durò molto dato che già dopo tre giorni dal funerale l'uomo passava più tempo nel sonno, che nella veglia.
E Walburga rimaneva accanto al marito, mano nella mano, incapace di rendersi conto di come la sua vita in neanche dieci giorni fosse stata capovolta. Osservava Orion come se fosse uno sconosciuto, chiusa in un bozzolo di disperazione e rabbia.

"Sai, si dice che ci sia un 30% di possibilità che un Balck maschio non arrivi a superare i sessant'anni," sussurrò l'uomo, in uno dei rari momenti di lucidità. "Non so se ci sia del vero, o sia solo una leggenda, ma a quanto pare io sono ricaduto in quella percentuale…"
"È solo colpa di Sirius se tutto questo è accaduto," rispose Walburga, gelida, "se Sirius si fosse comportato come un figlio modello, se fosse rimasto al suo posto, Regulus non si sarebbe sentito in dovere di entrare nel Mangiamorte, lui sarebbe ancora vita e sono sicuro che anche tu…" non poteva andare avanti, al solo pensiero tremava.
L'uomo rimase in silenzio, soppesando le parole della moglie.
"Non voglio che tu rimanga sola a Grimmauld Place," sussurrò infine.
"Non sarò sola, c'è Kreacher e tutti i parenti…"
"Lo sai cosa intendo," lo interruppe Orion, una nota di urgenza nella voce. "Una volta che non ci sarò più, rimarrai qui in preda alla rabbia e a cupi pensieri e ricordi. Promettimi che non lo farai."

Walburga annui ma lo fece con ben poca convinzione.
Certo che sarebbe rimasta da sola, cosa avrebbe potuto fare, chiedere a suo figlio di tornare con lei? Perdonarlo per i dolori che aveva causato, nel corso degli anni, alla sua famiglia?
No, non l'avrebbe fatto, preferiva una vita intera di solitudine e silenzio piuttosto che posare il suo sguardo ancora una volta sulla causa della morte di suo figlio minore e suo marito.

Orion morì il giorno successivo, nel sonno. Morì lasciando la moglie sola, come aveva sospettato, preda di rabbia e tristezza e con un'ulteriore peso nella sua coscienza.
Dopo una vita passata a credere nella lealtà e nella verità, l'ultima cosa che aveva detto al marito era una bugia, una promessa che non poteva mantenere.
E un'ulteriore, ennesima morte da piangere.

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Capitolo 7
*** Rubino ***


Capitolo 7, Rubino

 



La prima cosa che notasti in lei, in Marlene, furono i capelli. Gli amici ti prendevano sempre in giro: era una ragazza così carina e con così tante cose da notare… era curioso come la prima cosa che avesse acceso la tua fantasia fossero stati i capelli.

Erano rossi, ma non rosso fuoco, il fuoco non aveva niente in comune con lei, così preziosa così… era un rosso diverso, un rosso color rubino acceso, ecco.
E lei era lentamente diventata, a sua volta il tuo rubino.
Ti spaventava, Sirius, essere innamorato per la prima volta, così profondamente, di una ragazza? Ti terrorizzava l'idea di non essere in grado di controllare le tue emozioni?
Di non poter fare a meno di lei?

Quando terminaste la scuola, però, il rubino ti scappò di mano. Era così terribilmente difficile portare avanti la vostra storia con la guerra di mezzo.
Qualsiasi cosa bella era terribilmente difficile in quella guerra.

I suoi anziani genitori si erano ammalati, il fratello di Marlene era un Auror, rischiava la vita tutti i giorni, come voi… l'unica soluzione sarebbe stata il matrimonio ma no, tu sei sempre stato allergico a quella soluzione.
Come avresti potuto essere in grado di essere un marito, o un padre, anche solo accettabile quando eri cresciuto per sedici anni in mezzo a una famiglia così disfunzionale?
Da chi avresti preso ispirazione, da tua madre, così disperatamente ossessionata dall'apparenza? Oppure da tuo padre, un Molliccio capace solo di rimproveri?
Forse ci sarebbe stato tempo per riflettere, dopo la guerra.
Forse.

Ma il tuo rubino non ha fatto in tempo, la tua gemma preziosa giace a terra, nella casa dei suoi genitori, spezzata, in mille piccole crepe.
Riversa sul pianerottolo del primo piano, ti osserva… ma i suoi occhi spalancati non possono vederti. Le mani stringono ancora la bacchetta, ma non potranno più accarezzarti, le sue labbra sono chiuse ma non riusciranno più a baciarti.
I capelli color rubino incoronano la sua faccia, bagnata dalle tue lacrime.

Piangi, cercando di proteggere il tuo rubino che hai involontariamente distrutto, mandandola via.
Piangi perché è colpa tua.

/ / / / / / /

E via un po' di sano angst .-.
Il prossimo capitolo, lo prometto, sarà un po' più leggero però spero che questo vi sia piaciuto!
Grazie come sempre delle bellissime recensioni che mi lasciate e alla prossima^^

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Capitolo 8
*** Carne ***


Capitolo 8, Carne

 



Cygnus e Regulus avanzarono nella folla di quel mercato magico senza degnare gli altri acquirenti di uno sguardo.
Notturn Alley, il ragazzo aveva solo sentito nominare quella parte oscura di Diagon Alley, per lui quella rappresentava il primo contatto con la parte più oscura del mondo magico inglese.

Ormai adolescente, Regulus era sempre più curioso del mondo dove viveva, aveva bisogno di ampliare i suoi orizzonti ma non avrebbe mai avuto il coraggio di proporre una visita in quel luogo così misterioso e affascinante ai suoi genitori. Alphard si teneva a debita distanza da quel posto, così l'unica scelta che aveva avuto, per soddisfare la sua curiosità da quattordicenne, era stato chiedere all'altro zio, Cygnus.

Da quello che sapeva, l'uomo era un frequentatore piuttosto assiduo di quella parte oscura di Diagon Alley e perciò aveva accettato senza battere ciglio la proposta del nipote.
"É cosa buona e giusta conoscere tutte le branche della magia," Cygnus aveva commentato. "Alphard a riguardo si comporta come una femminuccia e i tuoi genitori non ti darebbero mai il permesso, anche se Orion spesso fa visita da queste parti."
La notizia sorprese molto il ragazzo che comunque rimase in silenzio e accettò la guida dello zio.

Rimanendo rigorosamente accanto all'uomo, il giovane Black rimase colpito da Notturn Alley.
Per certi versi non era come se l'era immaginato: si aspettava una versione alternativa di Diagon Alley, con negozi altrettanto belli ma traboccanti di magia oscura. Un luogo grandioso e magari imponente…ma non c'era nulla di questo in quella zona.
I vicoli erano sporchi, i negozi malconci e sulle prime il giovane rimase deluso… eppure si respirava una certa carica nell'aria, un'atmosfera che, con i minuti che passavano, non poteva non affascinare il giovane Regulus.

Cygnus camminava tranquillo, salutando di tanto in tanto qualche conoscente: era evidente che conoscesse quella zona come le sue tasche. Man mano che avanzavano all'interno, le botteghe si facevano sempre più fatiscenti, le magie e gli orrori più oscuri.
"Qui si può trovare davvero di tutto," disse Cygnus, "assassini su commissione, le pozioni e i veleni più oscuri possibili… ma c'è anche qualcosa di bello in tutto ciò."
Arrivati in una piccola piazza, l'uomo indicò quello che aveva tutta l'aria di essere una specie di ristorante. All'esterno era stato affisso un listino prezzi e posizionati alcuni tavoli davvero ridotti male.
Un uomo particolarmente grasso notò i due Black e subito sorrise, dirigendosi verso di loro.

"Ecco qua il mio cliente preferito… e questo deve essere tuo nipote, non è così?" disse, la voce untuosa.
"Esatto, esatto," borbottò Cygnus, "che cosa hai di buono per me, oggi?"
"Uh, mi è appena arrivato un carico di carne di drago pregiatissimo… e rarissimo, vedrai che ti piacerà! Ovviamente il prezzo sarà un po' più elevato del solito," esclamò l'uomo, battendo le mani e indicando ai due un tavolo. "Vi porto due bistecche?"
Cygnus annuì e l'altro scomparve dentro la locanda.

"Carne di drago? Ma non è illegale mangiarlo?"chiese Regulus, piuttosto insicuro, prendendo posto accanto allo zio.
Lo zio per tutta risposta rise.
"Ma certo che è illegale, perché accidenti pensi che sia venuto fin qui per mangiarne una bistecca?" Chiese, bevendo un sorso di vino. "La poca carne di drago che trovi in commercio è di allevamento, roba di bassissima qualità dal sapore praticamente acquoso. Questa, invece, è pura la carne di drago selvatico e vale ogni singolo Galeone speso!"

Qualche minuto più tardi l'oste uscì con due piatti contenenti delle enormi bistecche dalla carne grigio-verde.
Non appena i piatti furono serviti, con enorme stupore di Regulus, lo zio si avventò letteralmente sulla sua bistecca, divorandola in grossi bocconi.
La cosa lo stupì perché non aveva mai visto suo zio comportarsi in quel modo: normalmente mangiava pochissimo e, quando lo faceva, si comportava sempre in maniera misurata, come un buon Black deve fare.

"Mangiala… è buonissima!" Esclamò l'uomo, il sangue verdastro che colava dalle labbra, e solo allora il giovane Black osservò la sua porzione.
Era decisamente grande e altrettanto poco invitante, sia dall'aspetto che dall'odore. Con il coltello tagliò una piccola porzione che mangiò, esitante.
Per poco Regulus non vomitò: era letteralmente immangiabile!

"Che c'è, non ti piace?" Chiese Cygnus ripulendo il suo piatto.
Il nipote scosse la testa e per buona misura lo zio si chinò in avanti sul tavolo, prese la bistecca di Regulus, e iniziò a mangiarla, avidamente.
"Non va sprecata…"

In una manciata di minuti l'uomo spazzolò anche la seconda bistecca.
"Ah che mangiata!" Esalò infine, appoggiandosi allo schienale della sedia, una mano sullo stomaco pronunciato.
"Che c'è, Regulus, perché mi osservi con quella faccia perplessa?" esclamò l'uomo, terminando di bere il suo calice di vino.
"Niente, mi ha solo stupito come sei riuscito a mangiare due bistecche di drago in così poco tempo, quando normalmente mangi così poco," osservò il ragazzo.
"Questo è quello che l'etichetta mi chiede di fare, ma fuori dai miei impegni ho i miei piccoli segreti," rispose l'uomo, sorridendo e indicando i resti della sua bistecca. "Oggi hai scoperto uno dei miei e cioè l'amore incondizionato per la carne di drago, una carne vietata e per molti disgustosa."
"Sì ma non capisco perché mantenere questa cosa segreta, perché venire fino a qui per mangiarla," chiese Regulus.

"Qui a Notturn Alley nessuno ti giudica e io ho necessità di mantenere questo vizio segreto perché mangiare carne di drago è illegale e perché molta gente mi prenderebbe per pazzo," spiegò Cygnus, lasciando vagare lo sguardo per la piazza. "E nel nostro ambiente l'aspetto è tutto. Puoi giurarci che non sono il solo ad avere qualche segreto nascosto ma se venisse fuori…"
"Davvero tutti hanno dei segreti nascosti?" chiese Regulus, stupito.
Ancora una volta lo zio rise, una cosa che odiava di lui: suo zio Alphard non lo avrebbe mai deriso, cercava sempre di dare una risposta seria persino alle domande più stupide.
"Sei ancora piccolo ma presto capirai che è così. Il tuo caro zio Alphard ha una biblioteca piena di tomi Babbani, oltre ad aver avuto qualche storia in gioventù con gente poco raccomandabile; tuo padre è appassionato di draghi, anche se in maniera diversa a me, e spesso durante i suoi famosi viaggi di lavoro si reca a contrabbandare uova," disse Cygnus, abbassando la voce. "Forse l'unica a non avere segreti nascosti è tua madre ma questo perché a lei non interessa nulla nel mondo esterno, a lei importa solo dei Black e del loro sangue."

Era una cosa ovvia, le persone che aveva intorno non erano certo delle persone senza difetti, ma la rivelazione colpì in maniera particolare il ragazzo.
Sua madre più e più volte rammentava quanto fossero superiori i Purosangue… dopo la chiacchierata con suo zio non sembrava le cose stessero esattamente così.

"Vedo gli ingranaggi del tuo cervellino ragionare dietro gli occhi ma non è necessario. Vedrai, arriverai anche tu alla mia età con qualche segretino alle spalle, è normale, naturale, siamo persone e come tali commettiamo errori," esclamò Cygnus, alzandosi e lasciando sul tavolo dieci Galeoni.
"L'importante, per questa società, è saperli sempre camuffare."

/ / / / / / /

Ho sempre considerato la società dei Purosangue come una società molto attenta alla forma ma che in realtà poi dietro nasconde molti segreti e con questo piccolo capitolo un pochino più lungo rispetto agli altri ho cercato di portare avanti questa mia personale convinzione.
Tra l'altro non mi sono mai molto interessato del rapporto tra Reg e lo zio, spero che l'interazione sia risultata plausibile e che vi sia piaciuto!

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Capitolo 9
*** It's not me, it's you ***


Capitolo 9, It's not me. It's you

 



Gli occhi di Rachel lampeggiavano, il suo sguardo lasciava trapelare solo disgusto misto a incomprensione. Alphard per un momento ebbe paura perché sì, lui e la ragazza avevano litigato spesso nel corso della loro storia travagliata, ma mai l'altra aveva rivolto uno sguardo di quel tipo, uno sguardo che lasciava trapelare cosa stesse pensando di lui.
E non gli piaceva minimamente.

Pioveva quel giorno nel grande spiazzo davanti a Black Manor, una pioggia che però sembrava non turbare minimamente l'animo dei due ragazzi, in piedi, a poca distanza fuori dal cancello.
Quel silenzio calato tra di loro faceva letteralmente tremare il ragazzo, mai Rachel era rimasta così tanto in silenzio da quando l'aveva conosciuta. Meglio parlare, molto meglio che affrontare quella tensione che percepiva nell'aria.

"Ci ho provato, li ho implorati, ma non mi hanno lasciato altre scelte. O tu o il lavoro dei miei sogni," disse, la voce che faceva fatica ad uscire, le parole che inciampavano le une con le altre.
"Ho scelto il Quidditch, e la famiglia, ho preferito la via più sicura… più codarda, forse, ma diventare giocatore professionista era sempre stato il mio sogno. E poi questo non vuol dire che dovremmo per forza smettere di uscire insieme…"

Il ragazzo si accorse da solo di quanto fossero fiacche le sue parole, eppure Rachel rimaneva in silenzio, le braccia incrociate, l'espressione schifata. Doveva parlare, doveva concentrarsi su qualsiasi altra cosa che su di lei e su quel viso pieno di rabbia.
"Una volta che sarò diventato un giocatore professionista, infatti, avrò molte più libertà e potremmo continuare a vederci lontano dai miei. Poi, i miei genitori hanno detto no al matrimonio ma potremmo continuare a frequentarci in via ufficiosa e non appena terminerò la mia carriera agonistica, insieme, convolare a nozze!"
Silenzio. Puro, semplice, terrificante silenzio.
"Parlami, Rachel, so che questa cosa ti fa arrabbiare però non capisci, io…"

"Non capisco? No, Alphard, sei tu che non mi capisci e forse non l'hai mai fatto," disse infine la ragazza, faticando a mantenere il tono controllato.
"Ma perché…"
"Perché solo una persona che non mi conosce potrebbe farmi questa offerta!" Esclamò Rachel, ogni parola un pugnale nel petto di Alphard. "Che cosa mi stai proponendo, di diventare la tua amante? Di rinunciare a una vita felice per correrti dietro e aspettare che, un giorno, tu finisca la tua carriera per poterti dedicare a me? La tua scelta l'hai fatta; hai preferito il Quidditch a me."
"Rachel, tu non capisci, la tua famiglia è Mezzosangue e, certo, negli ultimi anni avete avuto solo degli ottimi Serpeverde, ma ai miei genitori non basta. Avrei potuto farti passare per una Purosangue ma, alla domanda di mia madre, hai subito detto che eri una Mezzosangue…" il ragazzo cercò di protestare ma si accorse subito di aver detto ancora una volta la cosa sbagliata.
"Quindi la colpa sarebbe mia perché non ho nascosto ciò che sono?" Chiese Rachel.
"No, è… complicato, non puoi capire," Alphard abbassò le spalle, desolato.
"Noi Black abbiamo un percorso ben preciso davanti a noi e possiamo deviare, ma solo fino a un certo punto," disse, infine, "già di per sé decidere di non seguire le orme di famiglia, e provare a ottenere una carriera da giocatore di Quidditch professionista, è una cosa che è stata accettata con molta difficoltà. Sposare una Mezzosangue è praticamente impossibile." Ancora una volta il silenzio cadde nello spiazzo.
"Perciò, i miei genitori sono stati molto chiari. Posso sposarti, certo, ma verrei diseredato dalla famiglia e, per quanto io ti ami, non mi sento pronto a questo passo."

Rachel annuì.
"Non ti sto chiedendo, non l'ho mai fatto, di abbandonare la tua famiglia, non sono così egoista," sussurrò, "ma se le cose stanno così, non avresti mai dovuto metterti con me."
"Io, io speravo che loro potessero cambiare, che ti accettassero…" il ragazzo cercò di spiegare.
"No, in fondo al tuo cuore sapevi come sarebbero andate le cose, eppure hai continuato a vedermi, eppure hai continuato a illudermi," rispose la ragazza. "È questo che mi fa male, non il fatto che tu abbia scelto la tua famiglia ma che mi abbia illuso per tutti questi mesi."
Alphard fece per parlare ma si accorse che, giunto a quel punto, non c'era molto da dire.
"Non sono io il problema, sei tu," Rachel esclamò, le lacrime che lottavano per uscire ma era evidente che la ragazza non gli avrebbe dato quella soddisfazione.
"Rachel…" sussurrò il giovane Black ma l'altra aveva già estratto la bacchetta e si era smaterializzata con un’ultimo singulto.

E solo allora Alphard, rimasto da solo, diede libero sfogo alle lacrime che aveva cercato, anche lui, di trattenere per tutta la giornata. Si gettò a terra, sapeva che era la cosa giusta da fare ma, nel suo cuore, si rendeva conto che aveva ragione, l'aveva davvero illusa.
Più volte avevano parlato e immaginato un futuro insieme, quando Alphard sapeva bene che ciò non era possibile…forse si era illuso a sua volta.
Non avrebbe mai più amato un'altra donna come Rachel, non avrebbe commesso un'altra volta quell'errore.
Ma se non poteva avere Rachel… non avrebbe più avuto nessuna.

/ / / / / / /

È necessaria una piccola spiegazione. Alphard è l'unico dei Black a non avere una moglie e mi sono sempre costruito nella mente questa idea, cioè che lui abbia avuto questa storia giovanile che però, per colpa sua, non si è mai concretizzata lasciandolo distrutto emotivamente e da allora abbia scelto di passare una vita fondamentalmente da solo, non impegnandosi più in storie serie.
Qui, guidato dalla frase scelta, ho pensato a un litigio e ho pensato subito a quello tra alphard e la sua ragazza.
Spero vi sia piaciuto ^^

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Capitolo 10
*** Rabbia ***


Capitolo 10, Rabbia

 



"Andromeda se n'è andata. Ha preferito l'amore di uno sporco Babbano a quello nei confronti della sua famiglia e del suo sangue."

Le parole di sua madre vorticavano furiosamente nella testa del giovane Regulus, seduto imbambolato sul suo letto mentre osservava, come in trance, le pareti vorticare nella sua mente.
Andromeda era scappata via. Sua cugina non c'era più.
Aveva preferito un Nato-Babbano alla sua famiglia e ai suoi cari. Ai valori che i suoi genitori le avevano insegnato.

Il rapporto con Andromeda era sempre stato piuttosto strano e ondivago.
Da una parte era l'unica cugina, a differenza di Bellatrix e Narcissa, che ancora non si era montata la testa e che amava giocare con lui, dall'altra sapeva che il suo preferito era Sirius e, ogni volta che lui e Regulus la incontravano, il più giovane fratello Black veniva completamente messo in disparte. E ne soffriva.
Aveva perso l'ultima compagna di giochi, la persona con la quale poteva confidarsi con facilità.
In effetti, negli ultimi mesi l'aveva vista strana, seria e pensierosa, ma mai avrebbe potuto immaginare quel gesto.
Solo adesso aveva capito il comportamento strano che Andromeda aveva avuto nel corso dell'ultimo anno, solo adesso capiva.

Ma in fondo non ce l'aveva con lei, si ritrovò a pensare, non approvava quello che Andromeda aveva fatto ma non poteva odiare una persona che fino a qualche giorno prima amava.
Come fai a passare automaticamente da affetto a odio?
No, se Regulus ce l'aveva con qualcuno, quello era il Babbano che aveva portato via Andromeda.

In quel momento, ripensando con tristezza alla nuova bruciatura sull'arazzo, Regulus ripensò alle parole di quel Voldemort che i suoi parenti avevano incontrato al matrimonio di Bellatrix, pensò ai discorsi che i suoi genitori e zii facevano sui Babbani e quanto avessero preso piede nel mondo magico. Era vero, era tutto vero.
Chi si credevano di essere questi Babbani?

Ladri, rovinafamiglie, mentecatti. Andromeda era sempre stata buona con lui, poi era arrivato quel Babbano e lei era sparita. Chissà se l’aveva rapita…
Non biasimava la cugina ma quel Babbano si era infiltrato nella felicità di casa sua e le aveva tolto Andromeda.

Era tutto vero e lui sentì un nuovo sentimento nascere, dentro le sue viscere, un sentimento che mai aveva provato prima.
Rabbia.
Rabbia e odio.

/ / / / / / /

Ho sempre immaginato il rapporto tra Andromeda e Regulus particolare, nella mente di un bambino la fuga della cugina, sentendo anche le parole dei familiari, deve aver lasciato un segno.
Le parole dei genitori e dei parenti, uniti alla fuga di Andromeda, possono aver spinto il piccolo a provare i primi vagiti di, non so, rabbia verso i Babbani che le hanno portato via la cugina.
Grazie come a sempre a tutte/i, a domani!

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Capitolo 11
*** Verde ***


Capitolo 11, Verde

 



È verde la luce che quello strano lago riflette nell'aria. Sembra quasi impossibile, però, in un certo senso, Regulus non ne rimane sconvolto o sorpreso.
Ormai niente puoi impaurirlo.
Non può tirarsi indietro, lo deve fare, deve affrontare quel verde che sembra così minaccioso e invitante allo stesso tempo.

Di un colorito simile al verdastro è la pozione che Regulus beve.
È disgustosa, imbevibile, e ad ogni sorso un dolore atroce lo pervade, lasciandolo in preda ad alcune visioni raccapriccianti.
Vorrebbe morire, un sentimento mai provato prima e che sicuramente porrebbe fine alle sue sofferenze, ma Kreacher avanza ancora con un altro bicchiere di pozione e allora china la testa e apre la bocca.
Lo deve fare, deve affrontare quel verde.

È verde anche l'acqua che il ragazzo beve quasi voracemente, l'acqua che puzza di morto ma che può donare la vita. Eppure sente immediatamente delle mani che lo colpiscono e lo afferrano.
Alza la testa dall'acqua e fa in tempo ad urlare a Kreacher di scappare.

Verdi sono i volti di quelle creature che lo affogano.
Viene trascinato in giù, nell'acqua profonda. Vorrebbe lottare ma non ce la fa.
In qualche modo, deve affrontare quel verde, per l'ultima volta.

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Capitolo 12
*** Orgoglio ***


Capitolo 12 Orgoglio

 



Il trambusto nella camera di Sirius non rappresentava certo una novità per Regulus.
Eppure, quel giorno, il più giovane dei fratelli Black, sentendo quei rumori, venne pervaso da una nuova sensazione di terrore e ansia che non riusciva a tenere sotto controllo.
Sirius e i suoi genitori avevano litigato per l'ennesima volta, anche questa non rappresentava una novità, eppure c'era stato qualcosa di diverso… una rabbia, una furia cieca che il giovane Black mai aveva visto nel fratello maggiore. E adesso tutto quel trambusto.

Regulus cercò di sopprimere quella paura mista a curiosità ma era impossibile: doveva sapere cosa stesse combinando suo fratello perché quel litigio lo aveva lasciato molto scombussolato.
Per questo motivo si alzò dal letto nel quale era sprofondato, uscì sul pianerottolo e bussò freneticamente alla porta chiusa di Sirius.
Dopo qualche secondo di silenzio e attesa, sentì finalmente il fratello abbassare la maniglia dall'altro lato.

"Cosa c'è?"
Il tono asciutto e un po' strafottente che ormai usava con tutti, in famiglia. I capelli in disordine, raccolti in una coda, e gli occhi grigi puntati direttamente su di lui misero Regulus un po’ in soggezzione.
"Niente io… che cosa stai facendo?"
Con sommo orrore, Regulus vide, alle spalle del fratello, il baule scolastico aperto e pieno di indumenti.
Se ne stava andando?
"Che cosa ti sembra, me ne sto andando, non è ovvio?" Chiese, sarcasticamente, Sirius, indicando alle sue spalle.
"Come… io…"
Se l'era aspettato, l'aveva temuto, ma in fondo sperava che ci ripensasse.
"Ho detto a quei due che me ne sarei andato e così ho intenzione di fare, non ne posso più," ringhiò suo fratello. “Sono uno che mantiene le promesse, lo sai.”

"Non puoi farlo," suo malgrado, Regulus sussurrò. Ma cosa stava facendo, piagnucolava davanti a suo fratello? Non era così che un Black si comportava, non era così che un Black mostrava il suo orgoglio.
Raddrizzò le spalle, in un debole tentativo di ricomporsi, e disse: "non puoi farlo, spezzerai il cuore ai nostri genitori e… e che cosa ne penseranno le altre famiglie, non ci hai pensato? Non hai pensato alla situazione dei nostri genitori?"
Sirius sorrise, amaro.
"I nostri genitori non hanno un cuore, Reg. Quando lo capirai vivrai molto meglio perché a loro interessa solo il sangue puro… ma per questo ci sei tu. Io li ho delusi per l’ultima volta."
Sirius chiuse il baule che fece levitare con un colpo di bacchetta.
"Ora togliti, ho un appuntamento con Ramoso tra mezz’ora."
"E a me non ci pensi?"

Era chiaro che suo fratello aveva detto qualcosa di troppo perché arrossì e iniziò a borbottare.
Sirius chiuse gli occhi e scosse la testa.
Amava e odiava quel fratello minore in ugual misura, una delle poche cose che lo aveva convinto a non andarsene da Grimmauld Place, fino a quel momento, era stato proprio suo fratello perché non poteva permettere che i suoi genitori lo traviassero.
Ma più passavano gli anni, e suo fratello prendeva una direzione contraria alla sua, più le sue speranze si erano fatte vane. Ormai non era più recuperabile, la sua permanenza a Grimmauld Place inutile e solo dannosa.
- Vieni via con me, lascia questi idioti!- avrebbe voluto urlargli.
Poteva prenderlo per mano e correre via ma sapeva che non l'avrebbe fatto, il suo orgoglio glielo impediva e poi era conscio del fatto che Regulus non avrebbe accettato, che sarebbe morto lontano dalle sottane di sua madre.
E allora perché perdere la faccia inutilmente? Perché rinunciare al suo orgoglio, sprecarlo con qualcuno che non vuole ascoltare?
"Un giorno capirai, un giorno, spero non molto lontano, vedrai quanto le convinzioni della nostra famiglia siano vuote e sbagliate e allora verrai a cercarmi. E non ti dirò ‘te l'avevo detto',” sussurrò, il tono basso e deluso. “Ora fammi passare."

Regulus lottò contro la rabbia che stava montando dentro e si fece da parte, borbottando: "io non ti verrò mai più a cercare, Sirius. Se ora te ne vai da questa casa te ne vai anche dalla mia vita. Anzi, forse sarai tu a venirmi a cercare, quando ti sarai reso conto che senza delle radici, senza una famiglia, non andrai da nessuna parte!"
Sirius per tutta risposta si mise a ridere. Quella risata sguaiata che sua madre odiava tanto.
"Sei stato talmente traviato da nostra madre che non ti rendi nemmeno conto di come stai usando le sue stesse identiche parole. Ti sbagli, a Hogwarts ho conosciuto un'altra famiglia, una che non mi tradirà mai e che mi accetta per quello che sono."

Detto questo, sempre facendo levitare il baule come un direttore d'orchestra, scese le scale lasciando Regulus solo, impotente.
Avrebbe voluto correre dietro Sirius, picchiarlo, affatturarlo, fare in modo che non se ne andasse perché non poteva essere così stupido, perché, nonostante tutto, gli voleva bene.
Ma non poteva farlo, suo fratello avrebbe riso di lui e della sua debolezza, ormai la sua scelta l'aveva fatta. Tornò in camera, si sdraiò sul letto, in silenzio.
Sentì le urla di suo fratello, di sua madre, di suo padre… poi una porta sbattuta e ancora silenzio.
Regulus era solo, solo con il suo orgoglio macchiato dalle lacrime che faceva fatica a trattenere.

/ / / / / / /

Mi sono sempre immaginato il momento della fuga di Sirius dal punto di vista del fratello. Spero di aver reso onore ai personaggi e al loro terribile orgoglio.

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Capitolo 13
*** You are exactly where you need to be ***


Capitolo 13, You are exactly where you need to be

 



Ted era sempre stato un ragazzo semplice, avvezzo ai lavori faticosi, visto che i suoi genitori erano nati in campagna e fin da piccolo aveva dato loro una mano con i campi.
Per quel motivo rimase particolarmente colpito da Eastsea Manor, casa dello zio di Andromeda, la quale, pur essendo una dimora considerata dagli altri Black tutto sommato misera, era comunque agli occhi del ragazzo una vera e propria reggia, rispetto alla casa dove era nato e vissuto

E sempre per questo motivo, quando Alphard Black chiese al ragazzo una mano per aiutarlo a ripulire una parte del suo allevamento di Crup, Ted non si fece problemi, rimboccò le maniche della giacca ed entrò nello steccato.
"Normalmente Jacob mi da una mano… ma oggi è malato e io sto diventando troppo vecchio per occuparmene da solo," disse l'uomo, reggendosi al bastone da passeggio, accanto ad Andromeda che osservava sorridendo il ragazzo alle prese con quegli animaletti simili a Jack Russell.

"È in gamba, gli altri damerini che tua madre mi ha presentato non si sarebbero certo sporcati i pantaloni per aiutarmi. Come hai detto che si chiama?"
"Tonks… non è di queste parti…" borbottò Andromeda, arrossendo. "Ma, guarda, mi sa che ha finito!" Si affrettò ad aggiungere, sviando l'attenzione dello zio da quell’argomento molto difficile.
In effetti, Ted era ricomparso con l'orlo dei pantaloni decisamente sporco di fango.
"Dirò all'elfo di preparare una delle sue merende speciali, se l'è proprio meritato," sussurrò l'uomo, sorridendo alla nipote mentre il ragazzo aveva estratto la bacchetta e stava cercando di eliminare le tracce di fango. "Avrete dieci minuti da passare da soli… non un secondo di più!"
Sorridendo a Ted, l'uomo si smaterializzò lasciando i due giovani da soli.

"Scusami, non sarei dovuto venire qui," sussurrò il ragazzo, avvicinandosi ad Andromeda e abbracciandola forte. "Ti ho messo nei guai."
"No, gli ho detto che sei un mio compagno di studi Purosangue… ma non credo che ci abbia creduto fino in fondo. L'importante è che non dica nulla a mia madre ma non credo, non si sopportano!" Esclamò la ragazza, contraccambiando l'abbraccio, felice.

"Certo, se gli avessi detto che i miei sono Babbani non mi avrebbe fatto nemmeno entrare…" commentò Ted, amaro, sciogliendo l'abbraccio e osservando torvo il maniero.
"Sapevo che eravamo terribilmente diversi, ma venire qua fa tutto un'altro effetto. Io ti amo, ma non so…i tuoi genitori hanno castelli e territori immensi, i miei sono dei poveri agricoltori, gente semplice e completamente diversa. Non c'è solo lo stato di sangue a dividerci ma tante cose…"
Ancora una volta Andromeda colmò la distanza tra di loro e questa volta posò le labbra su quelle del ragazzo.
"E se tuo zio ci vedesse?" Esclamò Ted, colpito
"È vero che ci sono molte differenze tra di noi ma a unirci c'è l'amore, l’unica cosa che conta, e quello che non hai capito è che a me questa differenza non spaventa," sussurrò Andromeda. "Hai fatto bene a venire qui oggi, ti sbagli quando dici che è stato un errore, perché sei esattamente nel luogo dove è naturale e giusto che tu stia: accanto a me."

I due si abbracciarono ancora una volta ma subito dovettero staccarsi di nuovo perché avevano intravisto avvicinarsi l'elfa domestica di Alphard, pronta a chiamarli per la pausa tè.
E fu con la morte nel cuore che Ted alla fine di quella giornata, salutò l'amata perché quel giorno come mai, fino a quel momento, aveva capito che, oltre le differenze che separavano i due, c'era un sentimento, l'amore, che gli accomunava e li avrebbe uniti per sempre. Nonostante tutto. Nonostante tutti

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Capitolo 14
*** Diverso ***


Capitolo 14, Diverso

 



Il sole era appena tramontato e un po' di fresco finalmente aveva attenuato quella calura opprimente.
Alphard si versò una dose abbondante di whisky nel suo calice preferito e si diresse verso una delle tante vetrate che davano direttamente sul mare.
Adorava quel breve momento dove il sole tramontava e la luna non aveva ancora preso pieno possesso della notte: lo strano gioco di luci e ombre creava un affresco incredibile su quel mare mosso.
Eppure, quella giornata, l'uomo non riusciva a godersi quello spettacolo della natura. In effetti, i suoi pensieri erano rivolti a suo nipote, Sirius.

Meno di un'ora prima era apparso nel suo focolare, rabbioso e agitato. Aveva appena commesso un gesto che in realtà in molti si aspettavano, ma nessuno avrebbe davvero creduto: era scappato di casa.
Non solo era scappato di casa, ma aveva subito la massima punizione dei suoi genitori e cioè era stato diseredato dai Black. In realtà, Alphard non avrebbe nemmeno dovuto riceverlo ma non poteva farlo, non poteva non parlare per l'ultima volta con il suo nipote preferito e cercare di capire le sue ragioni.
Anche se, a pensarci bene, le capiva molto bene e del resto l'uomo aveva subodorato qualcosa dalle parole e dall'atteggiamento di Sirius.

Quel ragazzo era sempre stato diverso da tutti gli altri membri della sua famiglia, forse proprio per quel motivo lo aveva preso così a cuore.
Anche lui, ai suoi tempi, era stato allergico all'etichetta della famiglia: Alphard fu il primo Black da generazioni a non seguire le orme paterne e prendersi un comodo lavoro al Ministero.
Aveva vissuto una vita intensa, viaggiato, amato e sognato in maniera diversa dai Black eppure era sempre stato bene attento a non tagliare completamente i ponti, a non inimicarsi i suoi parenti.
C'era voluto del tempo, e sacrifici, ma alla fine aveva capito fin dove potersi spingere e lentamente, con l'andare avanti degli anni, si era creato una piccola bolla lontano dalla famiglia e dalle sue regole: non si era sposato, abitava da solo e portava avanti degli hobby che molti consideravano strani… eppure mai si era sognato di andarsene via di casa.

Anche Sirius era un diverso: non tollerava le regole dei suoi genitori, più volte aveva disobbedito e sembrava non preoccupato delle possibili reazioni.
Era stato molte volte Alphard a salvare il piccolo Sirius da punizioni ancor più gravi e, man mano che si avvicinava la fine di Hogwarts, aveva proposto un piano tutto sommato accettato da Walburga e Orion.
Sirius se ne sarebbe andato da Grimmauld Place e, pur rimanendo legato ai Black, si sarebbe trasferito da lui, Alphard, e a Eastsea Manor avrebbero davvero potuto portare avanti un'esistenza sicuramente più gratificante. Loro che erano così simili di carattere.
E invece no, anche loro due, così allergici alle regole dei Black, si erano rivelati a loro volta diversi tra di loro.

Sirius infatti non era riuscito ad aspettare, non aveva voluto, o potuto, fare con me lui, Alphard, e cioè crearsi uno spazio di libertà con il passare degli anni. Sirius aveva voluto tutto e subito… per questo motivo se n'era andato.
Aveva fatto quello che il suo vecchio zio non era stato in grado di portare avanti. E, se da una parte era terribilmente arrabbiato con lui, dall'altra non poteva non invidiarlo, non poteva non essere in qualche modo contento… non poté non includerlo nel suo testamento.

Era abbastanza esperto per capire che non gli sarebbero rimasti molti altri anni di vita e allo stesso tempo era a conoscenza che quando avrebbe aperto il suo testamento, gli altri Black lo avrebbero bruciato all'arazzo.
Ma non se ne curava.
Perché allora sì che sarebbe stato finalmente uguale a Sirius: due buchi neri in un arazzo vecchio e logoro.

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Capitolo 15
*** Con Te ***


Capitolo 15, Con Te

 



Le spinte di Rodolphus si fanno più veloci, più potenti, mentre affonda dentro Bellatrix; una mano a stringere il seno sinistro della ragazza, l'altra a sorreggersi contro il materasso.
Bellatrix osserva il marito sopra di lei: con la fronte madida di sudore, i capelli lunghi che le solleticano il viso, la bocca contratta intenta a grugnire, conserva ben poca della solita classe e raffinatezza che normalmente mostra al mondo.

Poverino, sta provando con tutte le forze a generare un figlio che possa portare avanti il nome dei Lestrange; peccato che, nonostante siano sposati da più di tre anni, non ci sia ancora traccia di un erede.
Bellatrix ha già capito perché ma non ha il coraggio di dirlo a suo marito, è solo un sospetto: lei che ormai si è addentrata con così tanta forza e volontà nelle arti oscure, non potrebbe mai portare avanti un atto così puro, disinteressato, come una gravidanza.
Dovrebbe allontanarsene, smettere di utilizzare le Maledizioni Senza Perdono su base giornaliera, terminare le letture sulle arti oscure ma le è impossibile… non potrebbe mai fare questo al suo padrone.

Al solo pensarlo, il corpo di Bellatrix si contorce e geme dal piacere per la prima volta in quell'ennesimo rapporto sessuale privo di significato.
C'era stato un tempo, quando era ancora una ragazzina che frequentava Hogwarts, dove avrebbe pagato oro per poter scopare quasi tutti i giorni con Rodolphus Lestrange: all'epoca i loro intermezzi amorosi erano pochi, inesperti e turbati dalla continua presenza di Prefetti e Caposcuola che pattugliavano i corridoi.
E adesso che l'aveva tutto per sé, paradossalmente, non le interessava più, non da quando quel ragazzo così ingenuo le aveva presentato il padrone e aveva capito che cosa fare nella sua vita… e aveva capito come Rod rappresentasse ormai un amico, un confidente e potente alleato. Ma non la persona che amava.

"Immagino che non è così che si debba comportare una nobile Purosangue…"
Voldemort e Bellatrix erano entrambi sdraiati sul letto dell'uomo, nudi ed ebbri di piacere dopo un rapporto sessuale particolarmente vigoroso.
"No, in effetti solo con te…"
Si era bloccata… ma troppo tardi, aveva osato dare del tu al suo padrone? Aveva appena violato una delle più importanti regole non scritte?
Voldemort si voltò verso di lei, una mano sulla sua coscia.
"Mi perdoni maestro non avrei dovuto osare…"
"Mi hai dato del tu e non permetto a nessuno di farlo," l'uomo sibilò, lasciando che la mano andasse verso l'intimità della ragazza. "Ma del resto… con loro non faccio questo…"
Infilò delicatamente l'indice nell'intimità di Bellatrix che trattenne il respiro, non credendo ai suoi occhi.
"Padrone…" esalò la ragazza mentre l'uomo iniziò a muovere il dito avanti e indietro.
"Stai rovinando tutto, Bellatrix," disse Voldemort, sorridendo, "mi piace quando mi dai del tu. E quindi… con chi lasci tutti i freni inibitori?"
"Con lei… con te…" rispose Bellatrix, correggendosi.
"E con chi vorresti passare i tuoi giorni a scopare?"
"Con… te…" la ragazza chiuse gli occhi, beandosi di quel contatto. Ma voleva di più. "Continua…" sussurrò.
"Adesso osi anche darmi degli ordini… che Mangiamorte disonorevole," rispose Voldemort. "La grande Bellatrix, che così tante vittime ha fatto nel corso delle sue avventure, mi implora di scoparla. E, sentiamo, con chi vorresti scopare, adesso?"
"Con te."
Voldemort sorrise, e con un gesto fulmineo, il suo membro nuovamente eretto prese il posto del dito nell'intimità di Bellatrix.
I gemiti di piacere di Bellatrix, secondo le leggende, echeggiarono per tutta Lestrange Manor, gremita di Mangiamorte in attesa della consueta riunione.
Normalmente la cosa l'avrebbe dovuto intimorire… ma al contrario, era orgogliosa di far sapere a tutti che Voldemort la possedeva e che tra i due ci fosse un rapporto che nessun'altro Mangiamorte avrebbe mai avuto.

Al solo pensiero, Bellatrix venne, prendendo quasi di sorpresa il marito che per qualche secondo la osservò, prima di riprendere le consuete spinte, come se sospettasse qualcosa.

"Con chi vorresti essere, tutte le volte che scopi con tuo marito?"
"Con te."

/ / / / / / /

Ho un rapporto piuttosto strano con questi due e con il loro rapporto. Non so perché ma di tutti i personaggi che mi potevano venire in mente… leggendo il prompt mi è subito venuto in mente Bella. Spero abbiate apprezzato, non scrivo quasi mai tematiche erotiche .-.
Also, ieri ho avuto qualche problemino di salute quindi oggi posterò due cap!
Grazie come sempre a tutti!

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Capitolo 16
*** Perso ***


Capitolo 16, Perso

 



La prima volta che ti sei perso nei suoi occhi, Alphard, è stato il primo anno di Hogwarts, subito dopo la cerimonia dello smistamento, quando te la sei trovata davanti al tavolo di Serpeverde.

Da allora ti sei perso nei suoi occhi molte volte nel corso della tua vita: quando il Basilisco l'ha attaccata, lasciandola pietrificata per quasi mezzo semestre; quando, dopo ogni vittoria di Quidditch, la trovavi in sala comune, pronta a commentare la partita.

Ti sei perso nei suoi occhi quando la baciasti alla fine del quinto anno di Hogwarts, negli spogliatoi del Quidditch di Serpeverde. Certo, non il luogo più romantico per un primo bacio ma quello forse più adatto alla vostra storia.

Ti sei perso nei suoi occhi tristi e arrabbiati quando hai dovuto rompere la vostra relazione perché i tuoi genitori ti avevano chiesto una scelta: o loro, e il sogno di giocare a Quidditch in nazionale, o la donna che amavi, una Mezzosangue.
Scegliesti la famiglia, il Quidditch, e la lasciasti andare. Quante volte ti sei immaginato una vita diversa… senza la famiglia, certo, ma con accanto la donna che amavi!

E infine ti perso nei suoi occhi l'ultima volta che l'hai incontrato, dopo anni di lontananza. A Diagon Alley, lei, moglie e madre, tu, zio scapolo intento ad accompagnare i tuoi nipoti per dello shopping pre-Hogwarts.
Non vi siete parlati, non saresti stato in grado, lei ha abbassato lo sguardo, forse ancora troppo ferita per poterti parlare.
Ma è bastato un solo sguardo per farti perdere di nuovo.
Perso nei suoi occhi e nei tuoi rimorsi.

/ / / / / / /

Protagonista anche di questo cap è il rapporto tra Alphard e Rachel, riassunto in poche linee perché anche in questo caso avrei capitoli e capitoli da scrivere su questi due xD

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Capitolo 17
*** Sbagliato ***


Capitolo 17, Sbagliato

 



"Vedrete, pivellini, vi divertirete! La prima caccia al Babbano non si dimentica mai."

La voce suadente di Bellatrix guidava Regulus, Barty ed Evan per quelle strade malfamate di Londra: erano le dieci di sera, la scuola era finita e i marchi neri reclamavano il loro contributo di sangue.
Un inedito mix di sensazioni albergava nel giovane Regulus perché, da una parte, c'era l'eccitazione per la loro prima missione come Mangiamorte ma, dall'altra parte, la paura, la paura di non essere in grado, il timore che la guerra fosse un'esperienza molto diversa da quella idealizzata dalla cugina.

Che cosa sarebbe successo se non fosse stato in grado di uccidere, se non gli fosse piaciuto?
Questi dubbi però furono immediatamente repressi, fugati dalle voci allegre dei tre compagni: Evan era stato un loro punto di riferimento a scuola, visto che era più grande di loro di qualche anno, ma anche per lui, dopo anni di apprendistato e missioni di secondo piano, quello avrebbe rappresentato il battesimo del fuoco. Tutti osservavano Bellatrix con ammirazione, il suo avanzare per quelle vie sudicie, senza speranza, come se fossero una seconda casa per lei.
Era una guerriera rispettata e micidiale, un sogno poter partecipare a una missione insieme a lei.

Dopo una decina di minuti finalmente i quattro si fermarono. Erano arrivati in una piccola piazza, davanti a loro una decina di Babbani dormivano per terra, alcuni bidoni producevano delle fiamme che illuminavano i paraggi.
"Questi poveracci vengono considerati dai Babbani stessi della feccia. Noi a nostra volta pensiamo che i Babbani siano feccia quindi questa è la feccia della feccia." Spiegò Bellatrix, osservando i senzatetto con odio.
"Uccideteli."

Evan e Barty non se lo fecero ripetere una seconda volta.
Estrassero le bacchette e si avvicinarono, seguiti a breve distanza da un Regulus con il cuore in gola.

"Avada Kedavra!"
Due bagliori verdi scintillarono nella notte, mentre due senzatetto rimasero a terra senza vita.
Svegliati dal fracasso, gli altri Babbani si mossero… ma troppo lentamente: prima che potessero capire che cosa stesse succedendo, altri due morirono.
"Che cosa state…"
"Crucio!"
"Avada Kedavra!"

Un Babbano provò a colpire Barty ma fu ucciso ancora prima che potesse muovere il pugno verso la sua faccia, un'altra si gettò a terra, chiedendo pietà, clemenza, ma questi sentimenti non potevano albergare in un Mangiamorte e per tutta risposta Evan colpì più e più volte la donna, per poi finirla con una Maledizione senza Perdono.

"Stanno scappando…" sibilò Bellatrix, indicando un paio di Babbani. Regulus, che fino a quel momento era rimasto immobile, imbambolato nel vedere la mutazione dei suoi amici in feroci assassini, si riscosse.
Estrasse la bacchetta, la puntò verso i due in fuga e urlò "Incarceramus!" per due volte. Due spesse funi si attorcigliarono intorno ai fuggiaschi che caddero perciò pesantemente a terra.

"Uccidili, Reg!" Bellatrix sibilò ma il ragazzo non poteva udirla.
Osservando quei due Babbani a terra, e gli altri che giacevano morti, il giovane Black non riuscì a provare nessun tipo di gioia. Mentre Barty ed Evan si divertivano a torturare quelli rimasti in vita, Regulus non riuscì a vedere la gloria che Bellatrix aveva loro raccontato.
Non c'era onore o gloria in quella mattanza.

La bacchetta giaceva molle tra le sue dita… sembrava così pesante…
"Avada Kedavra!"
Due lampi di luce verde abbagliarono per un attimo la vista del ragazzo, mentre i Babbani smisero di lottare.
"Idioti, era il suo turno!" sbraitò Bellatrix.
"Crucio!" ed Evan e Barty crollarono per terra, in preda al dolore. Ma di questo Regulus non si interessava.

Si sentiva sporco e sbagliato.
Sbagliato perché non ce l'aveva fatta, aveva fatto la sicura della pappamolle; sbagliato perché, d'altra parte, non aveva provato nessun tipo di giovamento da quella caccia al Babbano. No, decisamente quella vita non sembrava potesse fare per lui…

"Reggino piccino, te la sei fatta sotto, per caso?" Bellatrix l'aveva preso sotto braccio e sussurrava divertita e allo stesso tempo, però, evidentemente delusa.
"La prima volta succede a molte persone, anche se i tuoi amici mi sono molto piaciuti!"
"Scusa, Bella, io…"
Cosa poteva dire?
Aveva idealizzato la guerra in una serie di duelli leali tra duellanti ma quel massacro aveva aperto gli occhi al ragazzo, quel giorno aveva avuto la prova di come stessero davvero le cose.

"Sei fortunato," continuò Bellatrix, "era la prima volta… perciò dirò al padrone che ti sei comportato degnamente. Ma fai un altro passo falso e non potrò essere così… generosa…"

Regulus annuì, la mente ormai lontana.
Perché era diverso dagli altri, perché non poteva fare come i suoi amici ed ammazzare la gente senza avere ripensamenti o rimorsi di coscienza.
Perché si sentiva così sbagliato?

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Capitolo 18
*** Stelle ***


Capitolo 18, Stelle

 



Quella notte estiva si stava rivelando un po' più fresca del previsto e perciò Alphard, in compagnia delle tre nipotine, aveva deciso di stendersi su dei teli in giardino per ammirare la volta celeste.
L'uomo sapeva che quella particolare posizione non avrebbe aiutato la sua cervicale ma non poteva dire di no a quelle tre faccine felici.

"Guardate come è luminosa l'Orsa Maggiore," sussurrò, alzando un dito al cielo, "e qui riuscirete a vedere Sirio, la stella più luminosa."
Non era mai stato un granché in astronomia ma comunque quelle conoscenze basilari bastavano per sorprendere le tre bambine.
"Sapete, secondo una leggenda i nostri antenati, e le persone care che non ci sono più, ci osservano," indicò il cielo, "da quelle stelle luminose e da lassù ci giudicano, ci danno coraggio e guidano. Anche se non lo possiamo percepire, loro ci sono."

Non erano solo parole fatte, Alphard ci credeva davvero: ogni volta che si era trovato in difficoltà, aveva rivolto lo sguardo al cielo stellato e sempre, in qualche modo, aveva percepito di non essere da solo.
"Le persone che abbiamo amato e che non sono più, in realtà, non ci hanno mai abbandonato."

/ / / / / / /

"Che cos'hai, Teddy? A malapena hai finito la tua zuppa di cipolle, normalmente ti piace," disse Andromeda, notando come fosse strano suo nipote da quando era tornato a casa quel pomeriggio.
Il bambino alzò alle spalle, i capelli improvvisamente grigi.
"Su, andiamo, lo sai che non mi piace vederti con quel colore," esclamò la donna, "che cosa è successo, hai litigato con qualcuno dei ragazzi?"
"Niente, nonna, è che oggi siamo andati a Diagon Alley per fare compere per la scuola, insieme con Harry, Ron e gli altri. C'erano tantissime persone… tutti con una famiglia…" borbottò Teddy, il capo chino.
Ecco, i sospetti di Andromeda ebbero conferma: normalmente Teddy era un bambino adorabile, sempre sorridente, pronto a cacciarsi in qualche guaio. Diventava triste e pensieroso solo quando pensava ai suoi genitori.

"Mi sono immaginato… come sarebbe stato… con loro," disse Ted il viso rosso e gli occhi gonfi di lacrime. Andromeda si alzò dalla sedia e abbracciò forte il nipote che solo allora dette sfogo alle lacrime.
Erano passati quasi undici anni però ancora la donna non riusciva a parlare di loro, a consolarlo come avrebbe dovuto. Harry ce la faceva perfettamente, lui, che aveva avuto così poco tempo per conoscerli, trovava sempre le parole giuste. Lei no
Anche solo a pensarci, anche solo a sentir nominare sua figlia, si bloccava. Piangeva e si chiudeva in sé stessa.
Ma ormai mancava poco alla sua partenza per Hogwarts e sentiva di dover fare uno sforzo in più, quella sera.

"Teddy, per favore, vai in lavanderia e prendi un grosso telo, voglio farti vedere una cosa, là fuori," disse, indicando il giardino. Il bambino annuì e dopo qualche minuto tornò con un telo giallo.

La temperatura all'esterno era semplicemente perfetta, Andromeda e il nipote si sdraiarono per terra sopra il telo, osservando la volta stellata senza dire una parola.
"Tra poco partirai per Hogwarts e non posso lasciarti andare via senza prima averti insegnato una cosa, un piccolo trucco che mi ha aiutato spesso nella vita," disse infine la donna.
"Se ti sentirai solo, se penserai ai tuoi genitori e non ci sarà nessuno a consolarti, allora voglio che tu, di nascosto, vada nella Torre di Astronomia. Sdraiati per terra e osserva il cielo."
"Perché, nonna?"
"Quando avevo più o meno la tua età, mio zio Alphard mi insegnò una cosa," disse Andromeda, reprimendo a fatica un attacco di nostalgia al solo pensare a quell'uomo che tanto le aveva insegnato e che era morto, diseredato e dimenticato, perché aveva deciso di aiutare il suo nipote preferito.

"Le persone care, che non sono più tra di noi, non se ne sono mai davvero andate e ci osservano, da lassù," sussurrò la donna, indicando le stelle nel cielo. "Da quelle stelle, ci guardano, proteggono e guidano."
"Da quelle stelle?" chiese Teddy.
"Sì. Le persone che ci hanno amato lasciano un segno profondo e di notte, in silenzio, da soli di fronte al cielo stellato, puoi sentire la loro presenza, accanto a te!" Aggiunse Andromeda.
"Tu… tu riesci a sentire la mamma?" chiese il nipote.
Osservando le stelle, la donna riuscì a scorgere Il volto della figlia, del marito, del genero e persino del povero zio Alphard.
"Sì, osservando le stelle riesco a scorgere i loro volti," disse infine. "Vedrai, con il tempo ci riuscirai anche tu. Voglio che tu sappia che non sei mai da solo, loro ci vedono, sono accanto a noi costantemente e solo di notte, davanti alle stelle, riusciamo a percepirne la presenza."

"Ti voglio bene, nonna," sussurrò infine il nipote, stringendo il braccio della donna.
"Anche io, Teddy, anche io."

/ / / / / / /

Ecco un po’ di angst non guasta, vero? -.- Adoro Andromeda e Teddy, spero di aver trasmesso il mio affetto per loro

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Capitolo 19
*** Polvere ***


Capitolo 19, Polvere

 



Polvere, gran confusione, un grigio salone
In quale direzione io caccerò la
Polvere dai miei pensieri?
E quanti misteri coi pochi poteri
Che la mia condizione mi dà.

Polvere, Enrico Ruggeri

La prima cosa che colpisce Sirius è la polvere: nei suoi sedici anni da incubo passati a Grimmauld Place mai aveva visto quella prigione in condizioni così deprecabili.

Un manto uniforme di polvere copre, come una sorta di neve sporca, il pavimento e i mobili nell'ingresso di quella casa, un segno evidente del fatto che il vecchio Kreacher non ci fosse più con la testa… ma del resto in quell'ambiente tutti prima o poi perdevano la ragione. Quello sarebbe stato anche il suo destino?
Sente Remus muoversi in cucina, probabilmente cercando qualche cosa di commestibile.

Si trova in quella casa da pochi minuti e già si sente in trappola, quella polvere spessa di diversi centimetri ammanta tutto, persino la sua anima.
No, non importa che cosa ha da dire quel vecchio matto di Silente, Grimmauld Place non è affatto la soluzione migliore. Forse è solo la più comoda per l'anziano.
Può avere un ottimo quartiere generale al solo prezzo della sacrificabile felicità e salute mentale di Sirius.

Troppi ricordi lo assaliscono, le facce di Regulus e dei suoi genitori impresse a forza nella sua mente ancora turbata e colpita dal ritorno di Voldemort.

Non importa quello che ha da dire Remus, lui non farà il bravo bambino e se Harry avrà bisogno di lui correrà incontro il pericolo. Tutto, ogni cosa, pur di non rimanere solo con quella polvere che ormai si sta depositando anche nella sua mente.

/ / / / / / /

Polvere lo lego alla bellissima canzone di Ruggeri e mi è venuto naturale usare il testo di questa canzone come spunto!

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Capitolo 20
*** Confessione ***


Capitolo 20, Confessione

 



Un altro. Un altro figlio. Un altro figlio maschio.
Un altro chiodo nella felicità di Druella.

La lettera che ha le mani, e che la sua elfa ha appena consegnato, è incontrovertibile: Regulus Black, secondogenito di Orion e Walburga, è nato e sembra sano. Sano e maschio.
Accartoccia la lettera e la getta nel camino, urlando la sua rabbia, la frustrazione che la pervade. Ce l'ha fatta, quella megera è infine riuscita a superarla, a metterla in ombra davanti alla famiglia.
Due figli maschi, due eredi del nome Black… aveva fallito.

Con fatica si rialza, afferra una manciata di polvere volante da un mobiletto sul camino e la getta tra le fiamme che diventano immediatamente verdi. Le sue figlie sono con un istitutore privato, il marito è in visita, ha bisogno di parlare, di sfogarsi e lo può fare solo con una persona.
"Rosier Manor!"
Urla e immediatamente la polvere la porta via, lontana da Black Manor.

Dopo qualche secondo finalmente arriva alla sua destinazione finale.
Normalmente avrebbe usato la materializzazione ma in quel momento è sconvolta e il rischio di spezzarsi troppo elevato.
Si trova in un salotto signorile, davanti al camino c'è un grosso tavolo e all'estremità, seduto, il padrone di casa, Henry Rosier, che la osserva con un'espressione di stupore.

"Druella, a cosa devo…" si blocca, vedendo le lacrime rigare le guance della donna. "Che cosa è successo?"
"Un altro figlio. Un altro figlio maschio," sussurra. L'uomo evidentemente capisce al volo, perché si alza e immediatamente abbraccia quella lontana cugina francese. Henry Rosier è un uomo che raramente si lascia andare a gesti simili ma è innegabile come provi una innata simpatia per Druella, venuta appena diciassettenne in una nazione straniera a sposare un uomo che non aveva mai visto prima.

"Mettiti a sedere, vuoi qualcosa?"
"No, no, mi posso trattenere solo per pochi minuti," risponde Druella, asciugandosi gli occhi.
"Un secondo figlio eh?" Henry, dopo qualche secondo in silenzio, finalmente parla.
"Lo sai che la odio. Lei, convinta che sia l'unica ad avere il sangue puro, convinta che tutte le altre donne siano delle nullità al suo confronto. Mi ha sempre guardato dall'alto in basso, non ha mai cercato di capirmi o di accettarmi," sibila Druella. "Anche lei mi odia, del resto sperava di essere lei a prendersi Black Manor ma poi suo fratello si è sposato, con una francese, per giunta!"
"Sì, lo so, non è mai corso buon sangue tra voi," Henry commenta, laconico.
"Ma l'avrei potuta sopportare, perché fino a un paio d'anni fa, io ero l'unica ad aver messo al mondo degli eredi, anche se femmine. E lei cosa fa? Mette al mondo due pargoli maschi!"

C'è una vena di follia negli occhi della donna, Henry se rende conto solo ora, è evidente come stia dando voce a dei pensieri che cova da anni.

"Quanto ho pregato di avere un figlio maschio, quanto ho pianto, quanto mi sono sentita inutile ma almeno avevo questo, la sensazione di essere l'unica ad aver assicurato un futuro alla famiglia. Adesso non ho nulla," sibila Druella. "Quanto ho sperato che Walburga non portasse avanti la gravidanza, che morisse persino, nei momenti di più buia disperazione," sussurra. Poi scuotendo la testa, come riprendendosi, osserva il cugino con terrore negli occhi.
"Mi odierai, non è vero? Penserai che sia una pazza, che sia una donna detestabile. Chi mai augurerebbe a una donna di perdere un figlio?"

Henry rimane in silenzio per qualche secondo, osservando con pietà Druella.
"No, non penso che tu sia pazza, ti dirò la verità, so cosa provi perché anche mia moglie ci è passata," infine parla e lo fa con un tono quasi paterno. "Vedi, all'inizio non riuscivamo ad avere un figlio, mentre tutte le amiche di mia moglie sfornavano marmocchi!"
"Non posso fare nemmeno questo, lo sai che mio marito è diventato sterile dopo una malattia contratta un paio d'anni fa!" La risposta di Druella è amara ma Rosier non se ne cruccia.
"No, quello che voglio dirti è che devi concentrarti su un nuovo obiettivo. Non puoi avere un figlio maschio, ok, punta sulle figlie che hai già, anche se sono delle femmine," risponde Henry, pragmatico. "Trova loro uno scopo, falle sposare con le persone più potenti, lascia che gli altri ti osservino con deferenza e un po' di invidia perché l'invidia è la migliore arma che abbiamo."

È il turno della donna di tacere.
Passano quasi dieci minuti di silenzio carico di una certa tensione e alla fine, all'apparenza convinta, la donna annuisce lentamente, prima di alzarsi. "Hai ragione, non è facile ma proverò a lasciarmi alle spalle questa delusione."
"Sei ancora giovane, hai delle figlie bellissime. Lascia alle spalle l'invidia per tua cognata e fai che sia lei a provare lo stesso sentimento per te."
Finalmente convinta, e all'apparenza più serena, Druella estrae la bacchetta, pronta per materializzarsi.
"Grazie… ne avevo bisogno," sussurra.
"Una confessione ogni tanto non può far male e la tua mi ha davvero colpito, Druella," esclama l'altro. "Coraggio, prendi questa confessione, e quello che ti ho detto, e rielabora il tutto. Vedrai che in futuro troverai una ragione nelle mie parole."

/ / / / / / /

Quando Cygnus torna a casa, quella sera, trova la moglie diversa: una moglie che ha ragionato a lungo sulle parole di quel lontano cugino, che si è confessata e tolta un peso dalle spalle ed ora è pronta per ripartire.

"Come sta Walburga?"
Il tono di voce è limpido, cosa che sorprende parecchio il marito. La donna è seduta sul divano, un foglio di pergamena tra le mani.
"Bene, anche il bambino," risponde, gettando il soprabito addosso a un piccolo elfo.
L'uomo si versa una dose generosa di whisky e si siede sul suo divano preferito, accanto a quello della moglie.

"Davvero ti interessano le condizioni di mia sorella?"
-Ovviamente no- vorrebbe rispondere ma si trattiene, è una donna nuova. Estrae la bacchetta e con un piccolo tocco fa volare il foglio che ha tra le mani tra quelle del marito.
"Che cos'è?"
"Il nome di alcune tutrici magiche molto conosciute. Quella che abbiamo adesso non mi piace, queste sono quelle più referenziate d'Inghilterra," risponde la donna, "voglio che le nostre figlie studino anche quando sono a casa da Hogwarts. Desidero che sviluppino un linguaggio più forbito, adatto ai nostri livelli sociali, e che si differenzino dalle altre ragazze!"

Cygnus rimase a bocca aperta di fronte alle parole della moglie. Sì, era evidentemente cambiata: nei suoi occhi poteva trovare di nuovo la luce che mancava ormai da anni. Sarebbe costato molto, ma avrebbe fatto di tutto pur di riavere la sua Druella.

"Voglio solo il massimo per le mie figlie, anche se sono delle femmine," conclude la donna. "Sono nostre figlie… e delle Black. Se è il massimo che chiedi, il massimo avrai!"

/ / / / / / /

Ecco qui ho inserito un po' di Headcanon che avevo in mente: che tra le due cognate non passi buon sangue e che in qualche modo Druella si senta privata del suo ruolo quando la cognata finalmente da una continuità maschile alla famiglia.
Henry Rosier è un mio personaggio, padre di Evan, che potete trovare nell'altra mia Long, Le cronache della Fine.

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Capitolo 21
*** Ladro ***


Capitolo 21, Ladro

 



Grimmauld Place era decisamente cambiata dall'ultima volta che Narcissa ci aveva messo piede, ormai troppo tempo indietro.
La prima cosa che notò fu che dalle pareti dell'ingresso erano state tolte molte delle cose che i suoi parenti avevano appeso nel corso dei secoli, ad esempio vide che era stato rimosso il ritratto di sua zia Walburga.

"Signora Malfoy, se vuole seguirmi parleremo meglio nel salotto al primo piano," propose Harry Potter, indicandole le scale. Era stata sua sorella, Andromeda, a mettere i due in contatto.
Non avrebbe mai pensato di poter, o voler, ricucire il rapporto con sua sorella però la guerra le aveva fatto aprire gli occhi e capire quanto in fondo non valesse la pena portare rancore.
Un'altra cosa che non si sarebbe mai aspettata era ricevere un invito da parte di Harry Potter. Un invito a Grimmauld Place, la vecchia casa dei suoi zii.
Sulle prime aveva deciso di non accettare, la legavano ancora troppo ricordi a quell'abitazione, però poi era arrivato il processo alla sua famiglia e, contro ogni aspettativa, Harry Potter si era impegnato in prima persona affinché lei e suo figlio non finissero in carcere.

"Se Bella mi vedesse…" pensò, salendo le scale tirate a lucido. Era evidente come Kreacher avesse riconosciuto Potter come suo nuovo padrone e che lo rispettasse, visto che era da anni che non vedeva quella casa così pulita.
Sorrise al pensiero perché, qualche minuto prima, il povero elfo era andato pericolosamente vicino a un infarto dalla contentezza, vedendola entrare in casa.

Anche il salotto del primo piano era quasi irriconoscibile: la tetre carta da parati era stata sostituita da muri color tortora e il mobilio era stato ridipinto in modo da far sembrare la stanza più luminosa e ariosa.
L'arazzo, notò, era l'unica cosa che sembrava essere rimasta intatto.

I due si sedettero, Potter offrì alla donna una Burrobirra ma Narcissa rifiutò: se l'aveva invitata c'era un motivo e voleva sapere subito quale fosse.
"Ecco, l'ho invitata perché, come avrà capito, ho intenzione di trasferirmi qui a Grimmauld Place," disse il ragazzo palesemente a disagio, "così com'è purtroppo non è vivibile e quindi io, Kreacher, e i miei amici stiamo iniziando una vera e propria opera di rifacimento."
"Lo vedo," notò la donna, osservando il salotto. Non male. "Non riesco a capire come tu abbia potuto convincere l'elfo, però."
"Questo è il motivo per il quale l'ho invitata, questo pomeriggio," rispose Harry. "L'ultima volta, Sirius ha mosso una vera e propria guerra, nei confronti della casa, buttando tantissime cose appartenente ai Black e ho visto come Kreacher ne ha sofferto."
"Dalla sofferenza di Kreacher è nata la morte di Sirius," concluse Narcissa. Doveva aver toccato un nervo ancora scoperto, perché vide l'espressione di Potter irrigidirsi, per qualche secondo.

"Quello che conta è che, quando ho iniziato a pensare a come cambiare questa casa, mi sono sentito come un ladro, un ladro che entra nella casa di un'altra famiglia senza permesso."
-E lo sei- pensò la donna. Un ladro, come Sirius. Sirius che aveva gettato tutto senza chiedere il permesso, senza pensare al dispiacere che avrebbe causato alle sue cugine. Un ladro.
Seppur diseredato, non aveva avuto nessun dubbio a rintanarsi in quella casa come un topo, distruggendo proprietà che i Black avevano costruito nel corso dei secoli.
"Per questo motivo ho chiamato Bill Weasley che ha fornito una squadra di Spezzaincantesimi i quali, nel corso di una settimana, hanno rivoltato questa casa come un calzino," spiegò il ragazzo, "togliendo tutti gli incantesimi di adesione permanente, tranne per l'arazzo, portando tutto quello che sono riusciti a recuperare su in soffitta. Non ho buttato niente, se vuole può venire con me e scegliere cosa portare a casa… ho anche una piccola sorpresa che forse le farà piacere."

Possibile, pensò Narcissa, mentre Harry si alzava e indicava la porta alla donna, possibile che quel ragazzo avesse fatto tanto?
Possibile che avesse portato rispetto per i Black, un rispetto che quel ladro del suo padrino mai aveva mostrato?

/ / / / / / /

Il soffitto di Grimmauld Place era come se lo ricordava: un luogo polveroso, pieno di misteri e ombre che le facevano paura da piccola.
Mentre Potter si faceva da parte, Narcissa ebbe subito la prova che le parole del ragazzo non erano solo vuote ciance: davanti a sé c'erano una decina di scatoloni pieni di oggetti appartenuti alla sua famiglia.

Si chinò, facendo attenzione a non sporcare il vestito di polvere, e subito tornò indietro nel tempo: vide foto antiche, oggetti preziosi e libri impolverati. Una vita di ricordi preziosi e perduti.
"Quel traditore dopotutto non è riuscito a disfarsi di tutto. Kreacher aveva costruito tutta una serie di nascondigli!"
Il basso borbottio di Kreacher arrivò da dietro le spalle della donna. L'elfo domestico era in piedi vicino a un oggetto coperto da un lenzuolo, l'aria orgogliosa e felice.
"Kreacher ha deciso di darmi tutti gli oggetti che erano in suo possesso con la promessa che avrei affidato il tutto a lei," spiegò Potter.

"Perché? perché tutta questa gentilezza, perché questi doni?" Chiese Narcissa, a bassa voce, indicando gli scatoloni.
"Narcissa, io le devo la vita. Quella notte nella foresta… non dimenticherò mai quello che ha fatto," rispose il ragazzo dopo qualche secondo di silenzio.
"L'ho fatto perché mio figlio…"
"Non importa il motivo," Potter la interruppe, "quello che importa è che lei lo ha fatto, ha mentito al suo padrone. Ho testimoniato in vostro favore al processo perché ci credevo davvero, questo," indicò gli scatoloni, "è un piccolissimo gesto per sdebitarmi."

La donna rimase in silenzio, ancora stupita, mentre Potter si posizionò accanto a Kreacher, di fronte all'oggetto ancora coperto.
"E questo più che un dono, lo ammetto, è una piccola liberazione. È stata la prima cosa che ho chiesto venisse tolta e, all'inizio,non sapevo cosa farne però poi ho pensato che potesse farle piacere."
Detto questo i due alzarono il telo e rivelarono un quadro.

"TRADITORI DEL SANGUE! ABOMINI! COME OSATE RINCHIUDERMI IN SOFFITTA??"
La figura nel quadro, una vecchia donna vestita di nero, stava urlando impazzita, gli occhi fuori dalle orbite.
"Z… zia?" Narcissa sussurrò, incredula. A quelle parole la figura si bloccò, posò i suoi pazzi occhi sulla donna e la sua espressione cambiò improvvisamente.
"Cissy?" Chiese il quadro di Walburga Black. "Sei davvero tu? Non vedi che cosa mi hanno fatto? Ti prego salvami da questi traditori!"
Narcissa annuì distrattamente e qualcosa simile a lacrime spuntarono dagli occhi della vecchia dipinta che per la prima volta si ammutolì.

/ / / / / / /

Non c'era poi molto altro da fare.
I due uscirono dalla soffitta lasciando Kreacher a parlare un po' con la vecchia padrona.
Arrivati di fronte alla porta, Narcissa sentì che era il momento di rompere quel silenzio pesante che era calato nella casa.
"Manderò qualche Elfo domestico a prendere la roba in soffitta, tra qualche giorno," disse infine. "La vecchia casa dei miei genitori al momento è disabitata, anche se sta ospitando in via temporanea qualche amica che ha perso tutto durante la guerra. Metterò il vecchio ritratto di mia zia insieme a quelli dei miei genitori."
"Bene!" Esclamò Potter. "Sono contento che questo gesto le abbia fatto piacere, signora Malfoy."

No, non se ne poteva andare via così, sentiva che c'era qualcos'altro che voleva dire, un peso da togliersi dalla coscienza.
"Sai, ho pensato davvero che tu fossi un ladro. Un ladro che è venuto in possesso delle proprietà della mia famiglia, della casa che ha cresciuto generazioni dei miei zii e cugini," disse infine, suo malgrado. Vide Potter stringere gli occhi, pronto per replicare, ma non fece in tempo perché Narcissa continuò.
"Ho pensato che tu fossi un ladro fino a pochi secondi prima di entrare qui dentro. Poi ho visto quello che hai fatto e ho cambiato idea, nemmeno il tuo padrino, un Black, ha mostrato così rispetto per i beni di famiglia," disse e vide la sorpresa dipingersi sugli occhi del ragazzo.
"Sirius era intrappolato a Grimmauld Place e, non potendosela prendere con le persone che avevano causato la sua prigionia, lui ha…"
"Sì, ora un po' lo capisco perché, credimi, quando ero, non trovo altri termini, prigioniera di Malfoy Manor, negli ultimi due anni, avrei voluto distruggere tutto…" ammise Narcissa, sorridendo debolmente.

I due si osservarono per qualche secondo in silenzio e infine Potter le porse la mano.
Narcissa avrebbe voluto dire molte altre cose, avrebbe voluto far capire al ragazzo che non tutto era sistemato con quel dono, che non poteva facilmente dimenticare anni di rancore, ma non ci riuscì. Pace era quello di cui la donna, e la sua famiglia, aveva bisogno, pace era quello che il ragazzo stava offrendo.
Strinse quella mano.

/ / / / / / /

Pubblico ora perché stasera non ci sono ^^
Un capitolo non propriamente incentrato sui Black ma comunque con uno di loro protagonista. Mi sono sempre immaginato questo momento nel post guerra e alla fine, nell'epilogo del settimo libro, vediamo Draco in rapporti per lo meno civili con Harry. Mi farebbe piacere che questi stessi rapporti li avesse anche con sua madre!

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Capitolo 22
*** Culla ***


Capitolo 22, Culla

 



La stanza padronale di Grimmauld Place è in condizioni disastrose, condizioni che normalmente farebbero accapponare la pelle alla padrona di casa.
Padrona di casa che però, in quel momento è distesa nel letto, coperta da numerose coperte; accanto al letto c'è una culla, una culla nera, e all'interno un bambino piccolissimo.
Alphard osserva con una punta di curiosità: aveva scelto una vita votata al lavoro e al celibato, per lo meno ufficialmente, non aveva mai saputo che cosa si provasse ad avere un figlio. Se si fosse sposato avrebbe già un erede, ma molto probabilmente sarebbe stato diseredato.
Il bambino apre gli occhi, occhi grigi che punta sulla sua faccia. Qualcosa simile a un sorriso compare sulla sua piccola bocca.

"Che c'è, piccolino, ti piaccio? Riconosci lo zio?"
È il turno di Alphard sorridere.
"È nato da poche ore, dubito che riconoscerebbe persino il seno di Walburga!" Irma, sua madre, era comparsa sulla soglia, osservando brevemente la figlia e il nipote. Accanto a lui c'è Orion, evidentemente molto provato.
"Guarda come sei ridotto, cognato. Ti conviene andare a letto, sai che le emozioni forti non ti fanno bene al cuore!" Commenta Alphard, dando una pacca sulle spalle dell'uomo che sorride, soddisfatto.

"Un maschio, tutti credevano che sarebbe stato suo fratello a portare avanti la discendenza maschile… invece ce l'abbiamo fatta noi!"
È un Orion evidentemente su di giri, certamente non aiutato dalla bottiglia mezza vuota di vino elfico che tiene nella mano destra.

"Sono contento, davvero!"
"Ti va di fargli da padrino?" Orion chiede.
"Dici davvero?" Chiede Alphard, un po’ stupito da quella offerta.
Lui come il padrino? Lui come figura di riferimento di quel nuovo Black?
Osservando nuovamente la culla sente un trasporto mai provato prima. Un calore al centro del petto.
Ma sì.

"Sarebbe un enorme onore, Orion!" la risposta non si fa attendere.

/ / / / / / /

Il piccolo Harry dorme nella sua culla bianca, incurante del mondo in cui è nato e dei suoi pericoli.
Sirius lo osserva come ipnotizzato, solo la voce di James lo distoglie da quello spettacolo della natura.
"Felpato, sei abbastanza inquietante, lo sai?"
"Zitto, o lo sveglierai!" Lo rimbecca Sirius.
"No, normalmente dorme quasi tutto il giorno, ha il sonno pesante!"
James si avvicina e a sua volta osserva il figlio.

"Insomma, non penso che serva farti la domanda ma Lily insiste. Ti va di fargli da padrino?"
La domanda di James non coglie di sorpresa l'amico.
La sua mente improvvisamente va al suo, di padrino, a zio Alphard.
Il più figo della famiglia, quello che gli aveva lasciato tutto il suo denaro, che aveva insegnato i primi approcci alle ragazze, a come portare avanti degli scherzi senza essere sorpreso.
Non ci pensa spesso perché, in generale, tende a dimenticare quegli anni oscuri, ma suo zio era forse una delle poche, tenue, luci.

Osservando la culla, Sirius annuisce. Sarebbe stato il padrino figo e avrebbe insegnato a Harry tutto quello che i suoi genitori non avrebbero mai potuto fare.
Sarebbe stato il suo confidente, la spalla dove poter piangere senza timori.
Sì, ci sarebbe stato per il piccolo Harry, come suo zio era stato presente per lui.

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Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, forse un po’ banale (culla=neonato) ma non mi sono venute in mente molte altre alternative!

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Capitolo 23
*** Tempo ***


Capitolo 23, Tempo

 



Hogwarts è finita, il baule della scuola ormai gettato in cantina.
"È tempo che tu la smetta di stare dietro ai libri e ti trovi un marito!" era ormai praticamente l'unica frase che tua madre ti rivolgeva.
Ti osservi nello specchio del salone di Black Manor: sei giovane, sul viso alberga tutta l'eleganza della tua famiglia, eppure non hai mai attratto gli interessi di qualche giovane rampollo.
A scuola, in effetti, qualcuno si era fatto avanti ma, Walburga, non avevi ceduto, sapevi che molti andavano in cerca di qualche storiella, in attesa di sposarsi, ma tu non ti saresti concessa così facilmente, non saresti stata il sollazzo di nessuno.

Passa il tempo, gli anni, ti rivedi nello specchio e sei cambiata.
Il tuo sguardo si è fatto più duro, più altero. I tuoi genitori stanno perdendo lentamente le speranze di trovarti un marito: li trovi tutti così maledettamente noiosi.
Lestrange, Rosier, Parkinson… idioti pieni di sé, incapaci di portare avanti una qualsiasi conversazione che non vertesse sul denaro o sulla politica. E tu avresti dovuto passare la tua vita con qualcuno di così noioso? Meglio sola.
Sola e pura.

Il tempo passa ancora e ormai lo specchio riproduce un'immagine di una donna adulta, sempre sola e quasi inarrivabile.
Hai dovuto costruirti questa armatura perché i pretendenti si sono fatti via via più di basso lignaggio, i tuoi genitori ormai hanno perso le speranze, ti accaserebbero persino con qualche Purosangue che non fa parte nemmeno delle Sacre 28.
Ma tu no, meglio sola che concederti a qualcuno dal sangue slavato.

Il tempo avanza e tu non riesci a fermarlo. Ormai nessuno delle grandi famiglie Purosangue ti considera più, non sei abbastanza giovane, abbastanza malleabile.

Ti volti e davanti a te vedi tuo cugino, Orion, venuto a trovarti ormai sempre più insistentemente in questi ultimi mesi. Ha in mano un mazzo di bellissimi fiori, l'espressione tesa.
Capisci ancora prima che emetta una sola parola.

È tempo di capitolare, è tempo di concedere il tuo sangue puro, finalmente, all'unica persona che forse può capirti. Un altro Black.

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Capitolo 24
*** Late Night, Early Morning ***


Capitolo 24, Late Night, Early Morning

 



Malfoy Manor, ore 23.

Una delle zone più importanti all'interno di un Maniero magico era la biblioteca.
Per la maggior parte si trattava di volumi ereditati da centinaia di anni ma ciò nonostante era importante che una famiglia possedesse una biblioteca e che fosse ben fornita.
Quello rappresentava un valore meramente formale, erano ben pochi i padroni di casa che avevano letto anche solo la metà dei libri che possedevano, ma era importante ostentare saggezza ai visitatori.

In particolar modo quella dei Malfoy, a detta di tutti, era la più fornita per quanto riguardava la magia oscura.
Regulus aveva letto ogni singolo volume della biblioteca di suo padre ma non aveva trovato quello che cercava e così l'unica soluzione era stata rivolgersi a Narcissa, per avere la possibilità di usufruire della ricca biblioteca di suo marito. Lucius non c'era, tanto meglio, così il ragazzo avrebbe avuto tutto il pomeriggio per trovare quello che faceva al caso suo: i libri contenenti la magia più oscura e più nera.

Le candele ormai erano quasi tutte consumate ma gli occhi del giovane Black si erano a quel punto abituati all'oscurità e scorreva con fare febbrile alcuni volumi particolarmente polverosi e inquietanti.
Aveva trovato un vecchio tomo particolarmente interessante anche se ormai le palpebre pesavano terribilmente e le forze scemavano… ma non poteva dormire, doveva continuare la sua strenua ricerca.
Aveva poco tempo… poche speranze… poche…

La porta si aprì e vide con sommo orrore Lucius in compagnia di Voldemort.
Regulus cercò di nascondere i libri, di inventarsi una scusa, ma non fece in tempo perché Lucius lo indicò e sibilò: "Ecco, quello è il traditore."
"No… io, non…" il giovane Black balbettò.
"Vuole distruggere il suo Horcrux!" Sussurrò Malfoy.
Voldemort estrasse la bacchetta, lo sguardo glaciale rivolto verso di lui.
Regulus si alzò, cercando di trovare un modo per scappare via, ma le gambe erano pesantissime.
"Avada Kedavra!"

/ / / / / / /

"Regulus, svegliati, Regulus!"

Il ragazzo annaspò e si tirò su, ansimando.
Ma cosa stava…
Aprì gli occhi e vide che si trovava ancora nella biblioteca dei Malfoy. La guancia gli doleva particolarmente mentre Narcissa lo osservava con lo sguardo sorpreso.
"Non mi dire se ti sei addormentato qui dentro?"
"Che… che ore sono?" bofonchiò Regulus, massaggiandosi il collo.
"Sono le sei di mattina… vuoi fare colazione con me, cugino?"

Il giovane Black vide che effettivamente dalle finestre filtrava la luce solare e tirò un sospiro di sollievo, mentre si rese conto che cosa era successo: aveva avuto solo un brutto sogno… o forse era una premonizione?
Hor… com'era? Horcrux!
Il ragazzo ignorò la cugina e prese il libro aperto sul quale si era addormentato. Era arrivato proprio a quello strano termine, lesse la definizione e sbiancò.
"Reg… tutto bene?"
Non poteva certo prendere in prestito quel libro, così Regulus lesse altre due volte la definizione, cercando di impararla a memoria.
"Sì, mai stato meglio," disse infine, chiudendo il libro. "Scusami ma sto facendo una ricerca per una missione per il padrone, argomento top secret, non posso parlartene, scusa."
"Figurati, dirò all'elfo di mettere a posto," rispose Narcissa, sorridendo. "Sicuro di non voler rimanere per colazione?"

Avrebbe tanto voluto farlo, dimenticarsi di quello che aveva sentito e visto ma non poteva, giunto a quel punto era impossibile. Osservò sua cugina e solo allora si rese conto di quanto fosse bella, di quante possibilità ci fossero che non la vedesse più.
Sospirando, le prese la mano.
"Grazie di tutto, Narcissa, ti voglio bene," sussurrò.
Regulus cercò di infondere in quella stretta di mano tutto quello che provava, tutta l'ammirazione e l'affetto che forse non aveva mai mostrato davvero e poi, prima di pentirsene, uscì dalla stanza lasciandosi dietro una Narcissa decisamente stupita dal comportamento del cugino.

Quando, cinque giorni più tardi, Lucius tornò a casa, e le disse che Regulus era sparito, solo allora Narcissa capì.
Solo allora, dopo essersi disperata, sentì un forte senso di colpa che non l'abbandonò mai più per non essere riuscita a capire.
A capirlo, Regulus.

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Capitolo 25
*** Sangue ***


Capitolo 25, Sangue

 



“Dai, facciamolo!” La voce di Bellatrix è già imperiosa.
“Ma farà male?” sussurra Narcissa.
“Smettila di fare la piagniucolona!”

Le tre sorelle Black si sono radunate in un vecchio salone di Black Manor. Fuori diluvia, tuoni e lampi tingono l’orizzonte altrimenti buio e nebbioso.
Come sempre, ogni 31 Agosto, Bellatrix, Andromeda e Narcissa prendevano la serata solo per loro, lontano da noiose cene e dai rimbrotti della loro madre.
Quel particolare anno sarebbe stato speciale: Bellatrix e Andromeda avrebbero frequentato Hogwarts, lasciando sola la loro sorella più piccola. Per questo motivo le tre ragazze avevano deciso di prendersi tutta la giornata, notte compresa, per loro e per suggellarla, Andromeda aveva proposto un patto.

“Qualunque cosa accadrà, niente ci dividerà!” Aveva esclamato, abbracciando le altre.
In quel momento Bellatrix aveva tirato fuori da una tasca una spilla. “Diamo valore a questo patto con il sangue, che ne dite?”
“Smettila di fare la piagnucolona e fallo!” ancora una volta Bellatrix cerca di convincere la sorella, mentre Andromeda prende lo spillo e si punge sulla punta dell’indice destro.
Sospirando, Narcissa accetta e a turno tutte si pungono.
A questo punto le tre uniscono i pollici e Bellatrix sussurra, in tono mistico: “che la vita non sciolga ciò che il sangue ha unito!"

/ / / / / / /

Bellatrix osserva con un sorriso soddisfatto il cadavere di Ted Tonks che giace ai suoi piedi. Il posto naturale per un Babbano: per terra, ai suoi piedi.
In lontananza sente le grida del ragazzo e di quello strano Goblin, avrebbe voluto tanto uccidere anche loro ma forse potranno avere una loro utilità.
I Goblin sanno, e conoscono, molte cose e quel ragazzo era compagno di classe di Harry Potter, forse avrebbe rivelato qualcosa.

Il suo sguardo si posa di nuovo su Ted e poi, quasi in automatico, sulla piccola cicatrice sulla punta dell'indice destro.
Andromeda, povera sciocca, pensavi davvero di poter tradire la tua famiglia, di coprirla di ridicolo e uscirne senza conseguenze? Aveva agognato quel momento fin da quando era scappata di casa con quel Babbano ma, adesso che Tonks giace, morto, ai suoi piedi, non prova quella eccitazione che si era aspettata.

Forse perché il suo compito non è ancora terminato. C'è ancora la sua cara nipote e il suo ibrido.
Al solo pensiero Bellatrix soffoca un conato di vomito.
"Lo vedi che cosa mi hai costretto a fare Andromeda? Per colpa tua devo potare i rami secchi della famiglia, non hai prestato fede al giuramento e ne pagherai le conseguenze."

/ / / / / / /

Il cielo è cupo, i Dissennatori ormai hanno campo libero in tutto il paese. Forse è per questo motivo che Narcissa non prova alcun tipo di gioia alla notizia che suo marito ha appena riferito.
Bellatrix aveva ucciso Ted Tonks.

Il primo pensiero era stato appunto di gioia eppure fino a un certo punto riuscì a rallegrarsi di quella notizia.
Osserva Lucius, pallido e dimagrito, e si immagina per un attimo che cosa sarebbe successo se a morire fosse stato suo marito. Per un attimo si immagina il dolore della sorella ma poi scuote subito la testa, allontanando quel pensiero.
Era una traditrice, Bellatrix aveva fatto la cosa giusta.

Il suo sguardo inevitabilmente cade sulla cicatrice dell'indice. Sembrano trascorsi dei secoli, adesso della loro unione non rimane più niente.
Andromeda è una traditrice, Bellatrix un'invasata che ha messo a rischio Draco pur di portare avanti le sue mire.
E lei una donna in una gabbia dorata che ha persino paura di rivolgere un pensiero alla sorella, per timore che qualcuno le legga la mente.
Alla fine la vita aveva diviso ciò che il sangue aveva unito… evidentemente era stata un'unione non molto solida.

/ / / / / / /

La bara di Bellatrix è molto semplice, quasi ridicola a confronto di quelle degli eroi morti nella battaglia di Hogwarts.
Era stato il nuovo ministro ad avere quel minimo tatto per ricomporre i corpi dei Mangiamorte caduti, e non ancora reclamati dalle famiglie, in delle bare semplici per poi posizionarle in una piccola radura, lontano dal funerale.

Andromeda non ne può più di quella giornata. Ha pianto a lungo, inconsolabile, la morte del genero e della figlia.
Ma non è l'unica persona che ha perso e perciò, mentre il funerale ufficiale si avvia alla conclusione, la donna ne ha approfittato per dare il piccolo Teddy a Harry e sgattaiolare in quella radura più piccola.

Davanti alla bara di Bellatrix, Andromeda piange di nuovo, odia farlo e non piange certo per compassione verso la sorella, che così tanto le ha tolto, ma piange per il passato, piange per quella cicatrice sull'indice, ormai appena visibile. Piange perché davvero la vita ha separato ciò che il sangue aveva unito.
Ma davvero il sangue era dopotutto così importante, davvero doveva prevalere sulla loro felicità?

"Andromeda."
La donna si volta, non curandosi di asciugare le lacrime. È Narcissa.
Anche lei sembra essere invecchiata di anni, della sua area altera e fredda non rimane quasi nulla.
Dovrebbe provare dell'odio, ma Andromeda non ci riesce, sa cosa la sorella ha dovuto passare nel corso di quei due anni, in fondo capisce che anche lei è una vittima.

Narcissa le si affianca e le due rimangono in silenzio di fronte alla bara di Bellatrix. Non è un silenzio carico di tensione, ma di dolore e stanchezza.

Forse il legame non è del tutto spezzato.

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Capitolo 26
*** Fratello ***


Capitolo 26, Fratello

 



Quando Phineas Nigellus era solo un bambino, adorava il suo fratellino maggiore, Sirius, l'unica cosa che invidiava di lui erano gli occhi, splendidi e nobili occhi grigi che Phineas non ebbe la fortuna di ereditare da suo padre.
Vivevano letteralmente in simbiosi, Phineas e Sirius, e quando suo fratello morì, a soli otto anni, il futuro preside sentì di aver perso una parte di sé.

Giaceva immobile in quella piccola bara e lui non capiva, vedeva solo il dolore devastare sua madre, e suo padre, immobile, una maschera di cera.
"Non devi mai piangere Phineas," furono le uniche parole che gli rivolse quella giornata, parole che scavarono un profondo solco nell'anima del bambino. "Siamo Black, siamo Purosangue e non possiamo permettere che il mondo ci veda crollare. Dobbiamo costruire una barriera con gli altri perché solo così, davanti alla morte che accomuna tutti, possiamo distinguerci."

E fu quella promessa, insieme alle tante disgrazie e sfortune nella sua vita, a guidarlo, in Phineas rimase però un piccolo buco nel cuore che non riuscì mai a colmare.
La perdita del fratello tanto amato.

Quando, anni dopo, strinse tra le mani il suo primogenito, che aveva quegli stessi occhi grigi del povero Sirius, fu naturale chiamarlo in onore dello zio morto così giovane.
Anche quando, ormai decenni più tardi, lui ridotto a un quadro, una piccola imitazione del Phineas che era stato, il suo bisnipote annunciò che era nato un maschietto e che era stato chiamato Sirius, Phineas Nigellus provò una gioia che fece fatica a dissimulare.
Una difficoltà a seguire quel giuramento fatto ormai quasi un secolo prima.
Un altro Sirius dagli occhi grigi, un altro piccolo rimando a quel fratello perso anni prima.

Per tutta la sua vita, anche da quadro, Phineas riuscì a mantenere fede a quella promessa fatta al padre, sempre, anche nei momenti più duri.
Ma quando Silente gli comunicò che Sirius, l'ultimo dei Black, era morto, fallì.
Odiava quel ragazzo, lo detestava con ogni fibra del suo essere, eppure era sempre un Black, era sempre un Sirius dagli occhi grigi.
Corse disperato per tutti i quadri di Grimmauld Place, chiamò il nome, suo fratello, e non lo trovò.
Solo allora ruppe la promessa e pianse lacrime amare perché la linea maschile della sua famiglia si era estinta e perché non avrebbe mai più rivisto quella, sì, pallida, ma comunque imitazione del suo mai dimenticato fratello.
Mai più avrebbe potuto posare il suo sguardo su quegli occhi grigi e pensare al piccolo fratello.

/ / / / / / /

Ho sempre apprezzato il personaggio di Phineas, la sua storia mi ha colpito. Sapere che ha perso un fratello quando era molto piccolo e che ha chiamato il suo primogenito col nome del fratello e che, quando il Sirius che conosciamo è morto, è rimasto così sorpreso e costernato tanto da "correre" a Grimmauld Place mi ha stupito e un pochino anche commosso.

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Capitolo 27
*** Linea ***


Capitolo 27, Linea

 



La permanenza di Phineas jr. alla famiglia di nascita era appesa costantemente a un filo. Fin da quando il secondogenito del preside meno amato della storia di Hogwarts iniziò i suoi studi, entrò infatti in contatto con quello che secondo i suoi genitori avrebbe rappresentato la sua rovina e cioè Albus Silente. Phineas jr. era rimasto letteralmente ammaliato, per certi versi soggiogato, da quello strano Grifondoro e dalla sua banda di idolatranti amici.
Lui e le sue idee sulla parità, sulla necessità di eliminare le cacce ai Babbani e di rispettare la loro esistenza.

Suo padre aveva fin da subito messo in chiaro che non avrebbe tollerato questa amicizia innaturale ma Phineas jr. era sempre stato un ragazzo molto allergico alle strette regole di famiglia e, bisognava ammetterlo, Phineas Nigellus non aveva il carisma di Albus Silente. Certo, suo padre ordinò ai vari quadri di origliare le sue conversazioni con i Grifondoro, ma alla fine era sempre stato abbastanza furbo e intelligente da non farsi beccare.
Ciò nonostante, suo padre dubitava e quella linea sottile che univa padre e figlio andava indebolendosi sempre più.

Ma alla fine, terminata la scuola, non poté nascondersi ulteriormente.
Il primo giorno di vacanze annunciò a tutti i parenti che aveva intenzione di imbarcarsi in un gran tour con i suoi amici Grifondoro in giro per l'Europa.
Sua madre pianse, i fratelli lo osservarono con disgusto, Phineas Nigellus urlò e strepitò come mai in vita sua, minacciando di diseredarlo perché era impossibile che un Black appoggiasse quelli schifosi Babbanofili, e se lui appoggiava quelle idee sui diritti dei Babbani non era certo degno di far parte della famiglia.

Ma Phineas jr. non era disposto a barattare i suoi ideali per l'appartenenza alla famiglia; li amava, certo, ma non poteva rinunciare ai suoi principi per nulla al mondo.
Si alzò da tavolo e, senza dire una parola, uscì dalla sala da pranzo, da Grimmauld Place, dalla loro vita.
Aveva reciso anche quell'ultima, sottilissima, quasi impalpabile ormai, ultima linea.

/ / / / / / /

Un’altra cosa che mi ha stupito è questo Phineas diseredato perché appoggia la lotta per i diritti dei Babbani. Ecco quindi una piccola storia su di lui (ha frequentato Hogwarts molto probabilmente negli anni di Silente e quindi ho fatto 1+1)

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Capitolo 28
*** Penombra ***


Capitolo 28, Penombra

 



Sirius odiava moltissime cose di Grimmauld Place, ma una di quelle che più lo facevano intristire era il fatto che, anche nelle giornate più assolate e luminose, all'interno di quella casa trionfava sempre l'oscurità e la penombra.

Aveva appena terminato una ennesima cena in solitaria, Remus sarebbe tornato il giorno dopo… per lo meno non sarebbe più rimasto solo con Kreacher. Grugnendo, si alzò dal tavolo e salì lentamente le scale che portavano al secondo piano.
Il vecchio studio di suo padre era stato un luogo off limits per lui, da ragazzo, in effetti Orion ci passava la maggior parte dei suoi ultimi anni di triste vita.
Anche quella stanza era impregnata di una oscurità tetra e pericolosa ma per lo meno aveva il divano più comodo della casa e, soprattutto, una decisamente ben fornita vetrinetta con decine di whisky vecchi di cent'anni.
Afferrò una bottiglia già avviata e si mise a sedere sul divano, davanti al camino spento. No, non ce la faceva a tollerare quel buio, con un colpo della bacchetta alcune piccole fiamme iniziarono a guizzare, rischiando la stanza… ma negli angoli la penombra continuava a esistere.

Non sarebbe riuscito a tollerare quella casa un altro anno. Aveva già deciso, il primo giorno utile si sarebbe smaterializzato via da lì, sarebbe comparso da Harry e i due se ne sarebbero andati per una bella vacanza in giro per il mondo. E 'fanculo Silente.
Sarebbe tornato a essere quello figo dell'Ordine. Sarebbe tornato a respirare.

"Oh, se il povero padron Orion vedesse la fine della sua collezione di whisky ne morirebbe di crepacuore… cosa che ha già fatto, per colpa del suo figlio degenere!"
Kreacher era entrato nello studio e lo osservava con disprezzo.
"A mio padre il whisky neanche piaceva, lo collezionava semplicemente per poterlo offrire ai suoi ospiti. Dovresti essere contento, sto effettivamente usando al meglio le proprietà di Orion Phineas Black!" Esclamò Sirius, bevendo una generosa dose di liquido ambrato.
"Padron Orion…"
"Sì, non me ne frega niente di cosa avrebbe detto o fatto mio padre, togliti di mezzo," borbottò Sirius, indicando la porta.
Kreacher si inchinò, borbottando qualche maledizione, e poi effettivamente se ne andò, lasciandolo da solo.
'Fanculo anche a te.
Se i ragazzi fossero con lui, avrebbe avuto qualche possibilità di distrarsi… invece, a quanto pareva, Harry avrebbe passato le sue vacanze invernali dai Weasley e forse sarebbe capitato per il giorno di Natale. E lui da solo, a marcire. Bel piano, Silente, davvero bel piano. Se solo Harry non avesse vinto quell'udienza disciplinare…

"Ehi, amico, ma ti rendi conto delle cose che stai dicendo?" James, seduto accanto a lui, lo osservava con una nota di amarezza nella voce che mai aveva usato prima davanti al suo Sirius.
"Sì, bella scelta che hai fatto, James, avremmo dovuto nominare Remus come suo padrino," sibilò Lily, in piedi di fronte al camino.
Ma cosa stava succedendo? Non era possibile…

"Peccato che non abbia potuto fargli da madrina, altrimenti sarebbe potuto venire con me!" Marlene, un rivolo di sangue che scendeva dalla fronte, lo osservava, seduta alla scrivania di Orion.
"Pensavamo che ti unisse un forte rapporto con il ragazzo, come puoi pensare una cosa del genere?" Edgar Bones, un occhio tumefatto e il naso sporco di sangue, appoggiato alla libreria, lo scrutava con quel suo sguardo saggio e torvo.
"Starà molto meglio con nostra sorella!" Gideon e Fabian erano apparsi sullo stipite della porta, le felpe arancioni macchiate di rosso.
"Non hai niente da dire, Sirius?"
"Eh, Sirius?"
La stanza iniziò a girare. No, perché stava accadendo proprio a lui una cosa del genere?
"No, io… mi dispiace, mi dispiace! Cambierò… C’è ancora tempo… io…” Sussurrò, la testa tra le mani.
"Sirius?"
"Sirius?"
"Sirius, svegliati per Merlino!"

L'uomo si riscosse. Tirò immediatamente un sospiro di sollievo: aveva avuto solamente un incubo, si trovava disteso sul divano dello studio di suo padre e, da un piccolo quadro sulla parete, Phineas Nigellus lo stava chiamando a tutta la voce.
"Buonasera, ubriaco come sempre, vedo," gracchiò il vecchio ritratto.
"Ho già mandato a quel paese Silente e Kreacher, se vuoi c'è posto anche per te," bofonchiò Sirius, rialzandosi con fatica.
"Per una volta ci troviamo d'accordo su una cosa, ma non sono qui per commentare il mio disprezzo per Albus Silente, purtroppo," commentò il ritratto.
"Cosa c'è… che ore sono?" Bofonchiò Sirius, alzandosi in piedi.
"Non ho capito bene i dettagli perché stavo dormendo e poi sono arrivati quei marmocchi, hanno fatto casino e Dippet stava dicendo che…"
"I marmocchi?" Esclamò Sirius, di colpo vigile, avvicinandosi al ritratto. "È successo qualcosa a Harry?"
"Ci stavo arrivando, e gradirei che tu usassi un tono diverso con me," commentò Phineas.
"Se non mi dici subito che cos'è successo giuro che ti butto nel camino," ringhiò Black.

Era evidente che l'altro morisse dalla voglia di rispondere però, dopo aver sbuffato, disse: "Potter ha avuto, non ho capito bene, mi sembra una specie di visione. Ha visto Arthur Weasley ferito mentre si trovava… da qualche parte. Silente chiede se saresti disponibile a ospitare i ragazzi, per lo meno fino a quando non riprenderanno la scuola."

Quelle parole ammutolirono Sirius. Era successo qualcosa ad Arthur Weasley ed Harry aveva avuto una visione?
"S… sì, certo, di' a Silente che posso ospitare tutti!" Esclamò, infine.
"Non condivido, o capisco, il tuo entusiasmo per avere quei marmocchi in casa… ma riferirò," disse il vecchio preside, sparendo dalla cornice.

Che cosa sarebbe accaduto ad Arthur? I Weasley lo sapevano già? Che cosa significava che Harry aveva avuto una visione, non era mica un veggente!
L'uomo scatto in piedi, in preda a una qualche forma di eccitazione che non provava da mesi.
Oltre a questi pensieri, però, lentamente se ne fece strada un altro: non sarebbe rimasto solo per Natale.
Ma subito scosse la testa ripensando a quell'incubo.

Avrebbe sperato e fatto di tutto per allontanare quella penombra che stava divorando le sue giornate e la sua anima. Ma a quale prezzo?
Stava forse diventando un mostro, rinchiuso in quella prigione di ombre e ricordi?

/ / / / / / /

Ecco, il periodo di Sirius a Grimmauld Place mi da tantissime vibes angst, spero di essere riuscito a farle trasparire da questo cap xD

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Capitolo 29
*** Unleash Your Demons ***


Capitolo 29, Unleash Your Demons

 



La piccola sala dalle pareti nere era occupata solo da due persone: Bellatrix e Voldemort.
La giovane Black però era ancora solo un lontano eco di quella che poi divenne nel corso della guerra, allora era solo una ragazzina di diciassette anni appena uscita da Hogwarts.
"Provaci ancora Bellatrix, con più convinzione questa volta," disse l'uomo, osservando con disgusto la cavia di quell'esperimento: un Babbano moribondo riverso per terra.
La ragazza strinse l'impugnatura della bacchetta, cercando di canalizzarci tutto il suo odio. Puntò la bacchetta verso il Babbano e disse: "Crucio"

La maledizione ebbe un certo effetto perché la sua vittima si contorse… ma solo per qualche secondo.
Voldemort scosse la testa e si mosse per raggiungere la sua allieva.
"Vi ho deluso, maestro."
"La maledizione Cruciatus è sicuramente una delle più difficili ma, te lo assicuro, gratificante," sussurrò l'uomo. "Pensa, Bellatrix, quali sono le tue paure più recondite? I tuoi ricordi più spiacevoli? I tuoi demoni?"

La giovane Black rimase per qualche secondo stupita da quella domanda. Non dubitava delle tecniche del maestro ma…
"Per evocare un incanto Patronus è necessario pensare ai nostri ricordi più belli," spiegò Voldemort, " la maledizione Cruciatus funziona l'esatto contrario: affinché sia efficace dobbiamo incamerare tutto l'odio per la vittima… ma se non la conosciamo, se non sussistono forti legami emotivi, almeno all'inizio, è utile pensare alle cose che ci turbano, che ci spaventano o che detestiamo."
Bellatrix annuì, la mente già distante.
"Pensa che al posto di quel Babbano sudicio ci sia ciò che davvero ti spaventa o disgusta e vedrai che la maledizione funzionerà."
La voce dell'uomo era ridotta a un sibilo serpentino.

La ragazza chiuse gli occhi e scandagliò mente e cuore.
Aprì gli occhi e al posto del Babbano vide Ted Tonks, il rovina famiglie, il Sanguesporco.
E, accanto, Andromeda con in braccio un bambino.
"Tu non sei niente per me, Bellatrix. Ho fatto la mia scelta e ho preferito lui a te."
La sua voce era fredda, innaturale.

Chiuse nuovamente gli occhi e quando li riaprì vide i suoi genitori.
Avevano delle manette dorate per lei. "Adesso basta sogni di gloria, Bella," diceva sua madre, "devi smettere di girare con il tuo padrone ma sposarti, come ho fatto io, e mettere al mondo dei marmocchi!"
Suo padre tirò fuori un lungo contratto e una penna.
"Una firma qui e poi scordarti la conquista del mondo. Sei una donna, il tuo posto è a casa tua!"

"Crucio!"
L'incantesimo questa volta aveva funzionato, Bellatrix l'aveva lanciato quando ancora aveva gli occhi chiusi. Il Babbano si contorse sul serio, le sue urla di terrore e dolore riempirono la stanza.
"Adesso basta, Bellatrix," sussurrò Voldemort, dopo qualche secondo, deliziato.
La ragazza obbedì, anche se con un po' di difficoltà perché si stava letteralmente inebriando di quel dolore.

"Ce l'ho fatta?" esalò la Black.
"Non voglio chiederti a cosa hai pensato ma devo dire che ha avuto successo," rispose Voldemort.
"Posso riprovarci?" Chiese l'altra, speranzosa.
"Meglio di no," le disse l'uomo, "la cavia non sopporterà un'altra maledizione di questo genere e al momento non ne abbiamo altre."

I due si avviarono verso l'uscita.
"Continua così, ragazza. Scatena i tuoi demoni e il mondo si inginocchierà ai miei piedi."

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Capitolo 30
*** "Per Favore" ***


Capitolo 30, “Per Favore”

 



Era tardi, dannatamente troppo tardi. Una pallida luna piena, ancora a stento riconoscibile, aveva preso il posto del sole pallido che aveva illuminato quella giornata di dicembre.
Barty e Regulus uscirono quasi di corsa dalla Testa di Porco.
Quel pomeriggio era stato molto importante perché avevano partecipato a una prima riunione clandestina di giovani Mangiamorte, incontro che però era durato decisamente troppo per i due studenti.
Avevano bevuto del whisky e si erano addormentati per poi risvegliarsi con le urla dell'oste, e il belato della sua capra, nelle orecchie e il terrore negli occhi: erano le nove di sera e ancora si trovavano a Hogsmeade.

"E adesso cosa facciamo, Gazza non ci farà rientrare!"
Si stava lamentando Barty mentre Regulus, in silenzio, rifletteva sul da farsi.
"Ok, senti, mi pare che ci sia un passaggio segreto all'interno di Mielandia, una volta ho sentito Si…" si interruppe perché stava pronunciando il nome del fratello. Un tabù, ormai, da quando era stato diseredato. "Perché mio fratello una volta ne parlava con i suoi amici," concluse.
"Splendido, a quest'ora però Mielandia sarà chiusa!" Fece notare Barty.
"Basterà aprire la porta con un'Alohomora, chiuderla e infilarci in cantina. Se siamo abbastanza capaci non ci sentiranno mai e potremmo arrivare a Hogwarts senza essere beccati!" spiegò Regulus.

Erano arrivati in una delle tante piccole piazze di quella cittadina quando improvvisamente Bartemius si bloccò.
Di fronte a loro, a neanche un centinaio di metri, c'era un enorme lupo nero.

"Cosa ci fa un lupo qui?" Chiese Regulus, stupefatto.
"Non lo so, eppure mi fa una paura fottuta, lo sai che odio i lupi e i cani in generale," esalò Barty, indietreggiando.
Non fu una buona mossa, il lupo voltò la testa e posò lo sguardo su di loro.
Subito digrignò i denti, alzò il muso e ululò alla luna.

I due ragazzi indietreggiarono ancor di più, paralizzati dalla paura. Che cosa fare?
"Per favore, lupo, non farci del male!" Squittì Crouch, la voce acutissima, "per favore…"
Ma il lupo, incurante delle suppliche di Crouch, iniziò ad avanzare lentamente, passo dopo passo, verso di loro, i lunghi e feroci denti visibili e terrificanti.

"Dobbiamo cercare di lanciare qualche maledizione," propose Regulus, ma la sua mente era come ferma e il tremore di Barty non aiutava.
Non aveva mai davvero usato una maledizione prima di quel momento.

Il lupo era ormai a pochi metri da loro, pronto per il balzo finale, quando ecco che, quasi dal nulla, comparve un grosso cane che si piazzò davanti ai due, ringhiando alla bestia.
"Bravo cane, per favore…"
Ma quel cane non era da solo perché, dopo qualche secondo, anche un immenso cervo si parò davanti ai due Serpeverde, con le corna puntate verso il lupo che a quel punto si trovò in minoranza e iniziò a indietreggiare lentamente.
Ma cosa diavolo stava succedendo? Un cervo e un cane che viaggiano insieme e affrontano un lupo? Regulus giurò a se stesso che non avrebbe mai più bevuto.

Dopo qualche altro secondo di stallo, finalmente, il lupo si voltò e corse via, seguito immediatamente dal cervo.
I due ragazzi tirarono un sospiro di sollievo mentre il cane rimase ancora qualche secondo, osservandoli come ad essere certi che non fossero rimasti feriti.
"Grazie," sussurrò Regulus, grattando il cane dietro le orecchie.
Aveva dei bellissimi occhi grigi e sembrava stranamente familiare. No, decisamente doveva smetterla di bere alcolici.

Il cane si scosse e poi, dopo un'ultima occhiata al giovane Black, scappò via anche lui nella notte.

/ / / / / / /

Anche questo è il mio Headcanon e cioè che i malandrini Nel corso delle loro avventure abbiano salvato regulus E che essi riuscì ormai desiderato abbia potuto in qualche modo anche se solo per un attimo ricongiungersi con il fratello.
Spero vi sia piaciuto!

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Capitolo 31
*** Paura ***


Capitolo 31, Paura

 



Il funerale è appena terminato, Walburga si è ritirata al piano di sopra per sfogare il suo dolore.
Lui non ci riesce.
Orion si sente male da diversi giorni, un dolore sordo al centro del petto che però non può permettersi di far controllare. Non ora.

Bellatrix era stata molto chiara: c'erano prove di un eventuale tradimento di Regulus.
No, Orion non può crederci, Regulus non era un traditore, non avrebbe potuto tradire la causa… ma comunque Voldemort avrebbe indagato.
E cosa sarebbe successo?

Orion si torce le mani mentre si sente mancare.
Paura, un sentimento che quasi mai aveva provato nella sua vita: era un Black, nulla poteva spaventarlo.
Ma adesso sì, adesso è preda di una paura che non riesce a nascondere o controllare.

E se i Mangiamorte fossero spuntati per punirli, magari ritenendoli responsabili di un'eventuale tradimento di Regulus?
Se se la fossero presi con sua moglie o con la sua dimora centenaria?
No, non poteva permetterlo.

Afferra la bacchetta, cercando di recuperare un minimo di forze.
Grimmauld Place aveva tutta una serie di protezioni contro i Babbani già da diversi decenni. Era giunta l'ora di estenderle anche contro i suoi simili.

L'ultimo atto di Orion Black sarebbe stato guidato dalla paura.
Con le poche forze rimaste, lancia tutta una serie di incantesimi difensivi per poi accasciarsi per terra, privo di sensi.

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Finisce con questo capitolo un'avventura durata un mese, un'esperienza certamente stancante ma che comunque mi è piaciuta e ha permesso di sfoltire molti appunti e capitoli che avevo da parte ormai da anni. E di leggere alcune storie davvero belle<3
Adesso posso continuare a portare avanti gli altri progetti che ho messo in pausa ma ci tengo davvero a ringraziare tutti quelli che hanno lasciato una recensione, che hanno messo questa storia tra seguite o le preferite, perché siete stati la forza che mi ha permesso di concludere questo progetto. <3

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