Lost in AU: ci risiamo!

di sissi149
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Gambe, code e uncini ***
Capitolo 2: *** Quando il maggiordomo non è l'assassino ***
Capitolo 3: *** Il tatuaggio non fa il monaco ***
Capitolo 4: *** Assistenza tecnica per la ricerca dell'anima gemella ***
Capitolo 5: *** Attenzione! Sala operatoria occupata ***
Capitolo 6: *** Eventi privati di alto profilo ***
Capitolo 7: *** Un consumo eccessivo di caffeina provoca tachicardia ***
Capitolo 8: *** Zie impiccione e dove trovarle ***
Capitolo 9: *** Pallottole vaganti e spaventi non richiesti ***
Capitolo 10: *** Tutù, calzamaglie e polvere di stelle ***
Capitolo 11: *** Regola numero uno: utilizzare un'attrezzatura adeguata ***
Capitolo 12: *** La stagione di caccia è aperta ***
Capitolo 13: *** Regole per una sana convivenza civile ***
Capitolo 14: *** Regola numero due: muoversi furtivamente ***
Capitolo 15: *** Non avrai altro dio all'infuori del pallone ***
Capitolo 16: *** Non giocare col fuoco, né con l'acqua ***
Capitolo 17: *** Dare precedenza all'incrocio ***
Capitolo 18: *** In affari e in guerra tutto è concesso ***
Capitolo 19: *** Ricordati di onorare la pausa caffè ***
Capitolo 20: *** Panico da ricerca regalo ***
Capitolo 21: *** Fila subito dal preside! ***
Capitolo 22: *** Quando la manager ci mette lo zampino ***
Capitolo 23: *** Di verdure decisamente fuori taglia ***
Capitolo 24: *** Scompensi e perturbazioni non atmosferiche ***
Capitolo 25: *** Il tuo canale preferito ha caricato un nuovo video ***
Capitolo 26: *** Il calcio non è uno sport per signorine ***
Capitolo 27: *** Regola numero tre: mantenere l'equilibrio ***
Capitolo 28: *** Il concerto è sold out! ***
Capitolo 29: *** Tempo di space football ***
Capitolo 30: *** Che vinca il migliore ***
Capitolo 31: *** A Lazarus short story ***



Capitolo 1
*** Gambe, code e uncini ***


Writober, giorno 1, AU Pirate
 
Gambe, code e uncini
 
I falò brillavano sulla spiaggia, alle loro spalle si stagliavano le costruzioni di Borgo Oculto, il peggior covo di pirati dei sette mari. Quella sera si festeggiava in maniera sfrenata, il Rhum correva a fiumi: due delle navi più temute, la Terrore dei Mari di Takeshi Mano di Ferro e la Artiglio di Tigre di Kojiro il Folle, erano giunte all’isola cariche di bottino.
“Oh, com’è ben pagata,
la vita del pirata!”
“Izawa, vuoi chiudere quella boccaccia?” Urabe sbraitò in direzione del compagno di ciurma, possibile che dopo anni non avesse ancora imparato a cantare decentemente?
Mano di Ferro bevve un ultimo sorso da una bottiglia, prima di lasciarla nelle mani di Morisaki. Si alzò e si stiracchiò per bene.
“Capitano, te ne vai già?” Gli domandò Yuzo.
“Ho questioni da sistemare. E voi – lanciò un’occhiata truce, squadrandoli tutti – vedete di non finire in qualche rissa con gli uomini del Folle.”
Takeshi si avviò, passeggiando sulla riva, finché il rumore e le luci di Borgo Oculto non si ridussero ad un puntino sfocato sullo sfondo. Davanti a lui si stagliava una parete di roccia. Il pirata si avvicinò e si infilò in uno stretto pertugio, quasi impossibile da trovare a chi non conoscesse la sua collocazione. Sbucò in una grotta al cui interno l’acqua del mare riempiva uno spazio circolare.
Si sedette su una roccia ed attese, giocherellando nervosamente con l’uncino.
Dopo diversi minuti l’acqua si increspò e Kumi fece la sua comparsa.
“Sei in ritardo!” Borbottò Takeshi, cercando di apparire risentito.
La sirena scosse i capelli e li strizzò prima di issarsi sulla sponda.
“Questioni sottomarine, non sono riuscita ad allontanarmi prima dal consiglio.”
“Problemi?”
Scrollò le spalle.
“Nulla che non si possa risolvere. Passami la tunica.”
Takeshi prese la veste di lino che si trovava piegata in un angolo, ma esitò qualche istante prima di consegnarla a Kumi.
“Ne sei sicura? È l’ultima fiala che ti resta, poi dovremo tornare dalla vecchia.”
“Non ho paura di lei e stanotte voglio stare con te.”
Il pirata si lasciò scappare un sorriso, poi l’aiutò ad infilare la veste dalla testa.
Kumi afferrò la bottiglietta che teneva legata al collo e bevve la pozione senza esitare: dopo qualche istante la sua coda di scaglie venne circondata da fili di luce e sparì, lasciando il posto a due gambe.
Mano di Ferro rimaneva affascinato ogni volta dalla trasformazione. Deglutì a vuoto.
Kumi si alzò in piedi e tentò qualche passo barcollando, perdendo l’equilibrio e ritrovandosi tra le braccia del pirata.
“Dovrei aver imparato a camminare, a questo punto.”
“Sai che è solo questione di abituarsi un po’.”
La sirena gli passò le braccia attorno al collo.
“Mi sei mancato.”
Takeshi la baciò sulle labbra e poi sul collo: adorava sentire il sapore del sale sulla sua pelle.
“Se non fossi arrivata stasera, avrei potuto impazzire. – Le confessò – Non posso stare troppo a lungo senza te.”
La prese in braccio e la portò in una zona ancora più appartata all’interno della grotta.




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Ed eccoci col lascia o raddoppia di Ewan: volevate che non ci gettassimo a pesce sulla lista AU appena vista? Non saremmo stati noi, per cui eccoci qui con questo secondo progetto Writoberino.
Per il primo giorno, ritorna in campo la coppia Takeshi Khisida/Kumi in versione pirata e sirena che già avevo utilizzato nella Writing Week (sempre di fanwriter.it) del 2020. E lo so che avevo mezzo promesso pure una long su questi due, ma per ora accontentamoci di questo.
Al prossimo AU!

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Capitolo 2
*** Quando il maggiordomo non è l'assassino ***


Writober, giorno 2, AU Crime

 
Quando l’assassino non è il maggiordomo

 
 
Il risveglio a Villa Wakabayashi fu traumatico: l’urlo agghiacciante della signora Matsuyama fece accorrere tutti fuori dalle camere e rimanere orripilati alla vista di Tatsuo Mikami, il maggiordomo della villa, riverso ai piedi delle scale in un lago di sangue, con un coltello piantato nella schiena. Hikaru riuscì ad afferrare la moglie, sul punto di perdere i sensi, prima che cadesse a terra.
L’arrivo della polizia, una volta chiamata, era stato istantaneo ed il commissariato aveva inviato il suo miglior investigatore, il commissario Misaki.
Gli ospiti della villa erano radunati in salotto, con l’ordine preciso di non lasciarlo per alcun motivo, mentre gli agenti della scientifica procedevano con le loro tute bianche ai rilievi del caso.
“Fortuna che dicevi che Nankatsu era un posto tranquillo!” Ringhiò Matsuyama, preoccupato per Yoshiko a cui il medico aveva prescritto di evitare qualsiasi forma di stress.
Genzo non reagì, troppo sconvolto per la perdita di colui che a tutti gli effetti era stato un secondo padre per lui.
Il commissario entrò nella stanza, seguito dal suo assistente Ozora.
“A seguito delle prime verifiche – esordì – abbiamo stabilito che non c’è stato alcun tipo di effrazione, per cui l’assassino era già all’interno della villa.”
Schneider, il socio d’affari tedesco di Wakabayashi, si alzò di scatto da un divano:
“Sta insinuando che è stato uno di noi? Come si permette.”
“Le prove portano a questo.” Gli tenne testa il commissario.
“Perché non qualcuno dei domestici? Interroghi loro, prima di noi!” Protestò Naoko Hyuga.
Misaki scosse la testa:
“Il fatto è avvenuto di notte e nessuno dei domestici alloggia qui, tranne Mikami e la vecchia Satoshi.”
Genzo parve riscuotersi e si rivolse al commissario:
“Non dubiterà dell’integrità dei miei ospiti, non faccio certo entrare i primi che passano in casa mia.”
“Si sa come vanno le feste dell’alta società – disse Ozora – si beve qualche bicchiere di troppo e si commette un omicidio, sperando di passarla liscia grazie ai soldi.”
“Come osa?” Tuonarono in coro Schneider e Wakabayashi.
“Ozora, lasciaci. Te lo ordino.” Misaki avrebbe voluto strozzare l’assistente per aver complicato la situazione.
“Comprendo le sue perplessità, Wakabayshi San, ma vorrei interrogare uno alla volta i suoi ospiti, sua moglie e lei, in modo da ricostruire cosa può essere successo stanotte. Immagino che lei voglia trovare quanto me l’assassino del suo maggiordomo.”
L’uomo borbottò.
“Faccia quello che deve.”
Al commissario non sfuggì il sottile stringersi delle labbra di Marie Wakabayashi.
“Vuole cominciare lei, signora Wakabayshi?”
“Perché mai io?”
“Perché è la padrona di casa e conosce meglio degli altri gli ambienti e perché – Misaki mostrò una busta trasparente – sul cadavere abbiamo trovato un lungo capello biondo.”
Marie sembrò colpita da un fulmine e si voltò implorante verso il marito:
“Non è come sembra!”
“Marie, che cosa hai fatto?” Sussurrò Genzo.
“È quello che scopriremo. Venga.” Misaki l’afferrò per un braccio e la condusse in un’altra stanza, ignorando le vive proteste del fratello di lei. Era deciso ad ottenere la verità e nessuno l’avrebbe fermato.




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Povero Mikami. ç___ç
Cambio di universo e cambio di personaggi, con un assassinio in stile Agatha Christie e un po' cluedo che non poteva essere ambientato in altro luogo che Villa Wakabayashi.
 

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Capitolo 3
*** Il tatuaggio non fa il monaco ***


Writober, giorno 3, AU Tattoo

 
Il tatuaggio non fa il monaco


 
Hiroshi Jito era il tatuatore più richiesto di Sendai, nonostante per realizzare il suo sogno avesse dovuto combattere contro tutta la sua famiglia e trasferirsi a svariate decine di chilometri di distanza.
All’inizio la sua clientela non era stata di certo tutta raccomandabile ed aveva eseguito vari lavori che non esitava a definire tamarri, ma col passare del tempo la voce si era sparsa ed aveva cominciato a conquistare anche clienti più raffinati, che richiedevano disegni più piccoli e discreti, ma con elevata cura dei dettagli.
“Jito, l’appuntamento delle 17 è in anticipo, posso farla passare?” La sua segretaria si affacciò.
Hiroshi sbuffò, non apprezzava i clienti che si presentavano fuori dall’orario pattuito. Posò lo strumento nella sterilizzatrice ed avviò il ciclo di pulizia.
“La Faccia venire.”
La donna entrò nello studio.
“Hiroshi.”
Il tatuatore si voltò di scatto, tra tutte le persone non immaginava si sarebbe trovato proprio lei nella stanza.
“Cugina, cosa ci fai qui? Sei venuta a prenderti gioco della pecora nera di famiglia?”
Yukari raddrizzò la gonna del tailleur, poi si sedette su una sedia, accavallando le gambe.
“Ho bisogno della tua arte.”
Jito la squadrò con sguardo torvo:
“Mi stai prendendo per il culo?”
La donna tamburellò con le dita prima di rispondere.
“In realtà ti ho sempre ammirato: hai fatto ciò che sognavi indipendentemente dalla famiglia. Io mi sono fidata di loro, per gettare una base nel mio futuro e tutto ciò che mi hanno permesso di diventare è stato la segretaria di zio Tomei. Non mi permetteranno mai di fare carriera.”
Hiroshi rimase colpito, non aveva mai pensato che a qualcun altro potessero stare strette le imposizioni della famiglia.
“Quindi hai deciso di sfidarli con un tatuaggio?”
Yukari scosse la testa.
“Loro non dovranno sapere. Voglio una cosa piccola, sulla schiena. Un simbolo di libertà che solo io e te dovremo conoscere.”
“E come la metti col tuo fidanzato perbenista?”
“Lui non sarà un problema, visto che non concluderemo mai.”
Il silenzio si allargò tra i due, finché il tatuatore si alzò e recuperò un paio di album, gettandoli aperti davanti alla cugina.
“Scegli quello che più ti piace, poi fisseremo un appuntamento per settimana prossima, se sei intenzionata a fare sul serio.”
Nishimoto sfogliò i cataloghi distrattamente, aveva un’idea precisa in mente, non aveva bisogno di ispirazione o simili.
“Voglio questo.” Puntò col dito un’immagine formata dalla silhouette di tre piccoli uccelli in volo.
“Ne sei certa?”
“Mai stata più sicura.”
“Ottima scelta.”





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In ritardo, a causa di alcuni imprevisti, ma ci sono anche oggi col raddoppio.
Due personaggi solitamente non protagonisti qui si prendono la scena tutta per loro.

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Capitolo 4
*** Assistenza tecnica per la ricerca dell'anima gemella ***


Writober, giorno 4, AU Soulmate


 
Assistenza tecnica per la ricerca dell’anima gemella
 
 
 
Kumi chiuse il computer portatile e lo infilò nella borsa a tracolla, decidendosi a lasciare l’ufficio della sua agenzia, non aveva senso restare più a lungo.
Salutò cortesemente l’addetta alle pulizie e si diresse verso casa. Non abitava molto lontano e passeggiare le era sempre piaciuto.
Per strada si fermò a comprare una bottiglia di vino da accompagnare alla cena.
Dopo essersi rilassata con un bagno caldo, ricominciò a consultare i file sul computer, in attesa del rientro del compagno. Faceva scorrere le cartelle personali di diverse donne, lambiccandosi su quale potesse essere la scelta giusta per il suo cliente. La sua agenzia “Soulmate” era molto apprezzata da una vasta platea di clientela vip che chiedeva la sua consulenza per trovare la persona con cu passare i resto della propria vita. Solitamente non faticava a trovare persone compatibili per trascorrere insieme una serata, ma quel cliente era particolarmente complesso, forse perché era la sua famiglia ad aver inoltrato la richiesta.
La porta si aprì ed entrò Tsubasa con un sacchetto di cibo da asporto.
“Sono tornato.”
Le depositò un bacio tra il collo e la spalla, dove il largo scollo del maglione lasciava scoperti diversi centimetri di pelle.
“Ancora alla ricerca dell’anima gemella di Kazuki Sorimachi?”
La donna annuì.
“È più difficile di quanto avessi preventivato. Eppure se sapessero che c’è lui in lizza, tutte le mie iscritte farebbero carte false.”
Kazuki Sorimachi era lo scapolo d’oro più ambito del Giappone, erede di un patrimonio da far impallidire anche qualche testa coronata, ed era terribilmente difficile trovargli una moglie. Per questo la sua famiglia si era rivolta a lei, nella speranza che trovasse qualcuna che gli facesse mettere la testa a posto.
Tsubasa si sedette sul divano accanto a lei.
“Potresti organizzargli un appuntamento cumulativo.”
“Certo, così scappa prima ancora di cominciare e io perderò il lavoro.”
“Tu non perderai il lavoro, troverai la persona giusta per lui. Ti conosco.”
Delicatamente le allontanò il portatile, appoggiandolo sul basso tavolino.
“Basta per stasera, o la cena si raffredderà.”
“Cosa hai portato di buono?”
“Pollo al curry!”
“Lo adoro.”
Di slancio Kumi gettò le braccia al collo di Tsubasa e lo baciò appassionatamente.
“Tu mi vizi.”
Tsubasa rispose sussurrandole sulle labbra:
“È un piacere esaudire ogni tuo desiderio.”
Kumi ridacchiò prima di alzarsi e dirigersi in cucina per aprire le confezioni di pollo ed apparecchiare.
Mentre frugava nel sacchetto, notò una scatola più piccola e diversa dai soliti cartoni del loro locale preferito.
“Hai deciso di provare qualche nuovo manicaretto?” Domandò allegra.
Tsubasa la osservava appoggiato allo stipite della porta.
“Può essere.” Rispose sibillino.
La curiosità di Kumi era stata allertata al punto giusto: con l’acquolina in bocca aprì la confezione e trovò un anello con un piccolo rubino rosso.
“Tsubasa…” Riuscì appena a sussurrare, bloccandosi nel rendersi conto che il compagno si era inginocchiato davanti a lei.
“Kumi Sugimoto, vuoi sposarmi?”





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Se il multiverso esiste, esisterà pure un universo dove Tsubasa ha detto sì a Kumi? Io dico di sì, magari lui non fa il calciatore, ma dettagli.
Un grazie particolare a Sacchan che nei nostri brainstorming ha suggerito l'idea per la coppia di questo AU.

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Capitolo 5
*** Attenzione! Sala operatoria occupata ***


Writober, giorno 5, AU Hospital

 


Attenzione! Sala operatoria occupata
 
 
 
 
Genzo aveva appena terminato di eseguire un complicato intervento, di quelli che potevano far accrescere la sua fama di neurochirurgo.
“È stato un piacere assisterla, dottore.”
“Spero tu abbia imparato qualcosa di utile, dottoressa Yamaoka.” Rispose togliendosi la cuffietta colorata e facendole un piccolo occhiolino.
La tirocinante se ne andò con un principio di rossore sul volto.
Un discreto colpo con una cartellina si abbatté sul suo braccio destro.
“Non ti basta avere tutte le infermiere del reparto che rischiano uno svenimento ogni volta che appari? Adesso devi flirtare pure con le tirocinanti?” Lo redarguì l’anestesista che aveva affiancato l’intervento.
“Non è certo colpa mia se sono irresistibile, Sanae.” Ribatté il neurochirurgo.
“Cosa ci troveranno mai in te!” La dottoressa si allontanò con fare melodrammatico, lasciando Genzo ad aggiornare la cartella del paziente. In seguito sarebbe passato velocemente dalla terapia intensiva per un ultimo controllo, poi si sarebbe diretto a ragguagliare la famiglia.
Una porta si spalancò di colpo e la caposala arrivò correndo:
“Dottor Wakabayashi! È in arrivo un aneurisma cerebrale dal pronto soccorso!”
Genzo rizzò la schiena è mollò i documenti.
“In che sala lo portano?”
“Nella tre. Stanno già allestendo il tavolo operatorio.”
Il neurochirurgo si avviò, ma all’ultimo si voltò indietro:
“Mandi la dottoressa Yamaoka ad avvisare la famiglia di Gamo-San che l’intervento è terminato e che appena potrò sarò da loro.”
Si disinfettò e lavò secondo la procedura, poi raggiunse il resto dello staff dietro la testa della donna che giaceva in sala operatoria.
“Che disastro! Sarà un lungo lavoro.”
 
L’intervento era durato ore ed in un paio di occasioni avevano temuto di perdere la donna, ma alla fine la maestria di tutto lo staff aveva fatto in modo di recuperare la situazione.
Wakabayashi sedeva sfinito in spogliatoio, con la schiena contro il suo armadietto. Non aveva nemmeno la forza per rivolgere sguardi languidi alle colleghe.
“Giornata dura Genzo?” Gli chiese Yuzo sedendosi accanto a lui.
“Da cosa lo capisci?” Ribatté il neurochirurgo duro.
“Alla fine sei riuscito a salvarli tutti, è questo che conta.”
Wakabayashi riaprì gli occhi e si voltò verso il collega.
“Hai perso qualcuno oggi?”
Morisaki annuì:
“Un ragazzo, vittima di un incidente stradale. Era arrivato qui in condizioni così gravi che solo un miracolo l’avrebbe salvato. Eppure mi sembra di non aver fatto abbastanza.”
Genzo irrigidì le spalle e strinse i pugni.
“Smettila di dire sciocchezze, Yuzo. Anche i muri sanno che se qui dentro c’è qualcuno che le prova tutte prima di arrendersi, sei tu. Se non hai trovato un modo per salvare quel giovane, vuol dire che non c’era possibilità.”
La caposala si affacciò:
“Dottor Morisaki, serve un consulto ortopedico.”
Yuzo si alzò.
“Arrivo subito. Ci si vede Genzo e grazie.”
Wakabayashi salutò il collega con un cenno del capo.
Lentamente si alzò e si cambiò, il suo turno era concluso. Anche l’infermiera Takiko staccava a quell’ora, avrebbe potuto raggiungerla e portarla a fare un giro sulla sua BMW.



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Appena ho aperto la scheda delle AU e visto questo prompt, Genzo si è annunciato al suono di "voglio fare il neurochirurgo"!
Usare Misugi sarebbe stato troppo facile e visto che siamo in regime di AU, largo agli altri. XD

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Capitolo 6
*** Eventi privati di alto profilo ***


Writober, giorno 6, AU Royalty


 
Eventi privati di alto profilo
 
 
 
 
 
Il sole splendeva sul Giardino Esotico, uno dei tesori del Principato di Monaco. La giornata si preannunciava perfetta per ospitare l’evento di beneficienza organizzato dalla principessa ereditaria.
“Altezza, va bene come abbiamo sistemato qui?”
“È perfetto. Tra poco cominceranno ad arrivare gli ospiti.” La principessa Amy era radiosa nel suo abito da cocktail dal taglio vintage: aveva investito molto in quella raccolta fondi ed i suoi sforzi stavano per essere ripagati.
“Louis.”
Il suo assistente personale fu subito al suo fianco.
“Sì, Altezza?”
“Hai saputo se lui riuscirà a venire?”
Napoleon scrutò i suoi appunti.
“Ha dato conferma un paio d’ore fa.”
La principessa sorrise.
“Benissimo, era la notizia che aspettavo.”
 
 
Jun Misugi sbuffò sonoramente davanti ai cancelli chiusi del Giardino Esotico: era in vacanza poco lontano dal Principato insieme all’amico Sanada ed aveva deciso, da ottimo studente di botanica, di approfittare dell’occasione per visitare una delle più affascinanti collezioni di piante grasse.
“Mi dispiace, ma oggi al Giardino si svolge un evento privato, sono ammessi solo gli invitati della principessa.” Spiegò loro uno dei custodi.
Il malumore di Misugi aumentò:
“Guarda se devono tenere chiusa una meraviglia come questa per i capricci di una principessa viziata!”
“Jun, non ti sembra di esagerare?” Lo ammonì Sanada, non disposto a farsi rovinare la gita per un piccolo incidente di percorso, in fondo c’erano altri luoghi da visitare.
Misugi non sembrava disposto a scendere a più miti consigli.
“Cosa avrà mai da fare? Passeggiare e sentirsi ripetere com’è brava?”
“Non la conosci nemmeno, si può sapere che hai contro di lei?”
“Volevo vedere il giardino e non sopporto chi nel mondo contemporaneo porta ancora titoli nobiliari.”
Mentre Jun era intento a borbottare, arrivò un altro visitatore a cui fu permesso l’accesso.
“Ma quello non è il pilota di Formula 1?” Sussurrò Sanada.
Jun si voltò di scatto e per poco non imprecò per essersi fatto sfuggire l’occasione di chiedergli un autografo. Non era decisamente la sua giornata fortunata.
Fecero attendere il campione non molto lontano dai cancelli, finché non arrivò una donna in abito elegante e lunghi capelli rossi.
Jun rimase folgorato a quella vista, era veramente bellissima.
Capì chi fosse solo quando vide il pilota farle un inchino.
La principessa si voltò casualmente verso il cancello ed incrociò lo sguardo con Misugi: entrambi restarono in sospeso per qualche secondo, finché la donna decise di avvicinarsi.
“Siete venuti in visita ai giardini?” Domandò.
I due annuirono, increduli per quello che stava accadendo.
“Oggi è in corso una raccolta fondi per il reparto di pediatria dell’ospedale. Da domani sarà di nuovo aperto al pubblico.”
Jun abbassò il capo, vergognandosi per i suoi commenti di poco prima.
“Purtroppo siamo solo di passaggio in giornata.” Esalò Sanada.
“Capisco.”
La Principessa si voltò per tornare dagli invitati ed introdurre l’ospite d’onore.
“Louis – disse – inserisci questi due ragazzi nell’elenco degli invitati.”
“Altezza, non è appropriato.”
“Louis, per favore.”
L’assistente non poté far altro che obbedire e comunicare al custode di far entrare al ricevimento i due sconosciuti.




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Per certi versi questo prompt cadeva a fagiolo su Misugi, ma avendolo già reso principe, in una, duca, in un'altra storia, ho preferito ribaltare la situazione e per una volta dare a Yayoi il ruolo regale ed a lui quello di "cenerentolo". Mi sa che il ragazzo dovrà ricredersi sul portare titoli nobiliari. *ride*

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Capitolo 7
*** Un consumo eccessivo di caffeina provoca tachicardia ***


Writober, giorno 7, AU Coffeeshop



Un consumo eccessivo di caffeina provoca tachicardia
 
 
 
La caffetteria Misaki’s, nonostante fosse aperta da poco, stava conquistando una cerchia di clienti affezionati ed una discreta fama nell’elegante quartiere Musashi. L’arredamento fine e delicato, la cortesia del titolare, il fatto che fosse l’unico a saper realizzare un vero espresso all’italiana, erano il mix che stava portando al successo il locale.
Seduto a uno degli alti sgabelli del bancone, Misugi stava facendo colazione con un succo di frutta ed una brioche, uno dei pochi sgarri che si concedeva.
“Taro, mi faresti anche un espresso? Oggi si prospetta una giornata tutt’altro che semplice.”
Misaki inarcò un sopracciglio.
“Sei sicuro? – si sporse verso l’amico, abbassando la voce, nonostante gli altri avventori fossero ai tavolini più lontani. – Sbaglio o il dottore ti ha detto di non esagerare con la caffeina?”
Jun sbuffò contrariato:
“Non esagerare è la parola chiave. Un caffè non mi ucciderà di certo.”
“Come vuoi.”
Dopo qualche minuto posò la tazzina fumante davanti a Misugi, che l’afferrò ed iniziò a respirarne l’aroma inebriante.
“Stasera riesci a venire a cena da noi, vero?” Domandò il barista.
“Senz’altro. Dovranno incollarmi alla sedia dell’ufficio per impedirmi di gustare i manicaretti francesi della tua fidanzata.”
I due amici si scambiarono un’occhiata complice e una piccola risata.
Jun bevve il suo caffè prima che si raffreddasse troppo.
“Ci voleva proprio.”
La campanella dell’ingresso tintinnò, impedendo a Taro di replicare: entrò una giovane donna.
“Misaki, potrei avere un sacchetto della mia solita miscela e un cappuccino da portare via? Sono così di fretta.”
“Subito!”
La donna si accomodò sullo sgabello accanto a Jun.
L’uomo sbatté gli occhi un paio di volte, prima di riuscire a parlare:
“Aoba?” Domandò.
La donna si voltò verso di lui, illuminandosi di sorpresa.
“Misugi! Quanto tempo!”
“Non sapevo fossi tornata in città.”
“Sono qui da un paio di mesi.”
Taro depose un sacchetto chiuso da un nastro e un bicchiere di carta sul bancone.
“Ecco a te Yayoi. Vi conoscete?” Chiese curioso.
“Eravamo compagni di classe tanto tempo fa. - Rispose Aoba, mentre porgeva al barista una banconota. – Ora devo proprio scappare. Misugi, è stato un piacere rivederti. Magari ci incrociamo ancora qui.”
Appoggiò velocemente una mano sull’avambraccio dell’uomo, poi sparì in strada.
Jun rimase bloccato qualche istante, tanto che Misaki si preoccupò.
“È tutto a posto?”
“Tachicardia.” Disse in un soffio.
Taro incrociò le braccia al petto.
“Io ti avevo detto di non bere quell’espresso.”
Misugi scosse la testa:
“Ti posso assicurare, caro Misaki, che il tuo caffè non c’entra per nulla!”
Voltò la testa in direzione della porta a vetri: era dal momento in cui aveva riconosciuto Yayoi che il cuore aveva iniziato a martellargli nel petto, poi quando lei l’aveva sfiorato sul braccio, aveva accelerato ancora di più.
Taro seguì il suo sguardo e sorrise.
“Ne vuoi parlare?”
“Mi dispiace, ma il caffè è finito. Mi psicanalizzerai un’altra volta.”





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Per uno strano giro di prompt, questi due sono finiti ad avere due flashfic dedicate in due giorni vicini, ma non vi preoccupate, da domani si cambia! ;)

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Capitolo 8
*** Zie impiccione e dove trovarle ***


Writober, giorno 8, AU Fake dating


 
Zie impiccione e dove trovarle
 
 
 
 
“Ancora non ho capito cosa dovrei fare…”
Yoshiko trattenne a malapena uno sbuffo davanti alla cornetta del telefono: quando ci si metteva Tsubasa sapeva essere veramente duro.
“Devi fingere di essere il mio ragazzo. Non ho voglia di sorbirmi l’ennesimo interrogatorio di tutte le zie Misaki su fidanzati ed affini.”
“Ma perché proprio io?”
La ragazza alzò gli occhi al cielo.
“Perché sei il migliore amico di mio fratello e l’unico che Taro chan approverebbe per una cosa del genere.”
“Fammi capire, Taro è d’accordo che mentiamo a tutta la vostra famiglia?”
“Esagerato! Si tratta solo di un pomeriggio.”
 
 
 
Domenica pomeriggio Tsubasa accompagnò Yoshiko alla riunione della famiglia Misaki, nella casa padronale di Tokyo, tra genitori, zie, zii e cugine, non faticando troppo a capire perché l’amica avesse a tutti i costi insistito per presentarsi accompagnata: ogni cugino era sposato e, con Taro in viaggio di lavoro, sarebbe risultata un bersaglio troppo facile alla curiosità inopportuna del parentado.
“Che progetti avete per il futuro?” Gli domandò una zia, quella che aveva messo il naso nell’organizzazione di ogni matrimonio.
“Non ci frequentiamo da molto, stiamo ancora capendo se la cosa possa diventare seria.” Rispose, seguendo la versione che aveva concordato con la ragazza, il più semplice possibile per non rischiare di tradirsi.
“Con permesso, credo che Yoshiko abbia sete.” Afferrò due bicchieri di succo dal buffet e si defilò, raggiungendo la sorella di Taro.
“Le tue zie sanno essere veramente insistenti.”
“Te l’avevo detto! – rispose, afferrando il bicchiere che le veniva porto – Grazie.”
Si incamminarono lungo uno dei vialetti, verso il roseto, nella speranza di poter parlare privatamente e di avere un attimo di tregua.
“Non potrò mai esprimerti la mia gratitudine per aver accettato di interpretare questa farsa.”
Tsubasa la guardò e si intenerì.
“L’ho fatto per aiutare due amici: Taro mi avrebbe mangiato vivo se ti avessi lasciato in difficoltà.”
“Certo, ovvio.”
La ragazza bevve un paio di sorsi dal bicchiere, voltandosi di tre quarti.
Una folata di vento le scompigliò i capelli che aveva tenuto sciolti.
“Ci mancava solo questo. Ora, come minimo, mi faranno una predica su come avrei dovuto evitare questo disastro.”
Dispiaciuto di vederla così affranta, Tsubasa le afferrò una ciocca di capelli e gliela mise dietro l’orecchio.
“Non sei un disastro.” Le sussurrò.
Rendendosi conto di ciò che aveva appena fatto, portò una mano dietro la nuca, in imbarazzo.
“Vado a recuperare anche qualcosa da mangiare.” Le disse, usando la prima scusa che gli era venuta in mente per defilarsi momentaneamente.
Cosa gli era venuto in mente di fare con i capelli di Yoshiko? Era la sorellina di Taro ed era assolutamente off limits, mannaggia a lui.
Si disse che si era solo calato un po’ troppo nella parte che stava interpretando.
Sperò con tutto sé stesso che la giornata terminasse prima che si verificassero altri incidenti.




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Arrivo lunghissima, quasi allo scadere del giorno, ma questo prompt proprio non si voleva scrivere.....
Qui ho immaginato un AU in cui i genitori di Taro non si siano lasciati, quindi Yoshiko è sorella di Taro non solo per parte di madre, e la famiglia Misaki sia particolarmente numerosa ed impicciona.

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Capitolo 9
*** Pallottole vaganti e spaventi non richiesti ***


Writober, giorno 9, AU Bodyguard

 
Pallottole vaganti e spaventi non richiesti
 



 
Kazuki Sorimachi strinse il giubbotto antiproiettile ed infilò la pistola nella fondina, pronto a prendere servizio. Era il suo primo giorno di lavoro in quell’unità di alto livello che si occupava di salvaguardare i più alti profili della nazione e le loro famiglie. Era stato assegnato alla protezione del figlio del primo ministro Sawada, un compito considerato tutto sommato di routine. Ma non significava poter tenere bassa la guardia.
Davanti alla villa dei Sawada, un giovane uomo salì sull’auto scura.
“Buongiorno, signore. Sono l’agente Sorimachi.”
Il giovane sorrise gentile.
“Per cortesia, signore lo dica a mio padre, io sono Takeshi.”
“Non potrei mai chiamarla per nome.” Rispose Kazuki, avviando il veicolo ed infilandosi nel traffico cittadino di Tokyo, verso il quartiere universitario.
In centro trovarono il traffico imbottigliato a causa di un incidente.
“Mi dispiace, ma credo che arriveremo in ritardo per la sua lezione.”
“Oh – Takeshi si rabbuiò – Forse possiamo prendere la strada che passa per lo stadio, è più lunga, ma meno trafficata.”
Kazuki scosse la testa.
“Non sono autorizzato a cambiare percorso. Potrei farlo solo per gravi motivi di sicurezza.”
“Come una sparatoria per esempio? – Il giovane ridacchiò – Chi potrebbe mai fare una cosa del genere in centro a Tokyo?”
La guardia del corpo voleva obiettare che molte persone, per diversi motivi, avrebbero potuto commettere un gesto del genere, ma si fermò, non voleva attirare su di sé qualche evento sfortunato proprio il primo giorno, durante il primo viaggio.
“Sa, dovrebbe rilassarsi un po’, agente Sorimachi.”
All’improvviso sentirono un colpo sbattere sul vetro antiproiettile dell’automobile.
Subito i sensi di Kazuki si allertarono, perlustrando con lo sguardo il quartiere: dalla banca erano in fuga quattro uomini con i volti coperti da dei passamontagna, inseguiti da una coppia di agenti che erano intervenuti per il precedente incidente. Si era aperto un conflitto a fuoco.
“Si abbassi dietro il mio sedile, mentre cerco di allontanarmi.” Ordinò.
Takeshi si appallottolò, con le mani sopra la testa, tremando come una foglia.
“Cosa vogliono da noi?”
“Posto sbagliato al momento sbagliato.”
Con un paio di manovre azzardate Sorimachi riuscì ad infilare l’auto in uno stretto vicolo secondario e ad allontanarla dalla scena del crimine. Raggiunse il parco qualche quartiere più in là.
“Siamo sufficientemente lontani. Può tirarsi su. Ora faccio rapporto, poi la riporto a casa.”
Di colpo Takeshi aprì la portiera e si mise a correre.
“Merda.” Imprecò Kazuki, mollando la radiotrasmittente ed inseguendolo. Lo trovò dietro ad un cespuglio, piegato e scosso dai conati di vomito.
“Non faccia mai più una cosa del genere!” Gli urlò contro.
“Ho avuto paura!” Rispose il giovane Sawada, sull’orlo delle lacrime.
La guardia del corpo si avvicinò e gli diede dei piccoli colpi sulla schiena.
“Coraggio, è tutto finito. Non cercavano lei, glielo assicuro.”
Poco alla volta Takeshi si calmò e si raddrizzò.
“Non so cosa mi sia preso.”
“Non volevo essere brusco, ma se lei si allontana da me, non posso proteggerla. Resti vicino a me e sarà sempre al sicuro, glielo prometto.”



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Questo è uno di quei prompt per cui ho litigato con Genzo, che lo voleva tutto per sé: si è presentato con la lista e ovviamente voleva tutti i ruoli in cui doveva salvare il mondo o essere molto figo (secondo i suoi standard). XD Alla fine l'ho spuntata ed ecco a voi Sorimachi versione guardia del corpo.

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Capitolo 10
*** Tutù, calzamaglie e polvere di stelle ***


Writober, giorno 10, AU Dancer


 
Tutù, calzamaglie e polvere di stelle
 



 
Genzo stava terminando di riscaldarsi alla sbarra: tra pochi minuti si sarebbe consumato il suo debutto su uno dei più importanti palcoscenici del mondo, il Teatro alla Scala di Milano. Non avrebbe interpretato un ruolo qualsiasi, ma il ruolo del principe Siegfried, il protagonista del balletto più conosciuto, Il lago dei cigni.
C’era di che farsi venire la pelle d’oca al solo pensiero, figurarsi a doverlo fare.
“Il Principe Siegfried è atteso nella quinta sinistra.”
L’interfono interno diffuse la voce di Salvatore Gentile, il direttore di scena, che lo chiamava per il suo imminente ingresso sul palco.
Tra le quinte le ballerine di fila facevano gli ultimissimi esercizi di stretching.
“Wakabayashi!”
Il ballerino si voltò verso la voce.
“Hernandez, non credevo di trovarti qua, pensavo fossi a goderti lo spettacolo con le autorità.”
L’italiano strinse leggermente le spalle.
“Tra poco vado, volevo solo vedere come stavi.”
“Alla grande, come sempre.” Rispose secco Genzo, non capendo l’improvviso interesse del coreografo, dopo che lo aveva spremuto in tutti i modi possibili durante le prove.
“Molto bene, fai vedere loro chi sei e che meriti questo palcoscenico. Ho fatto carte false per averti in questa produzione, non mi deludere. Soprattutto, non deludere te stesso, sei nato per stare tra i grandi.”
Con quelle parole il coreografo sparì nell’oscurità.
Gentile chiamò Genzo con un cenno.
L’ouverture era terminata, il sipario si stava aprendo sulla scena del primo atto.
Un’indicazione decisa del braccio di Gentile diede a Wakabayashi il tempo giusto per presentarsi al pubblico e cominciare ad eseguire i passi richiesti. La musica lo guidava e mano a mano che proseguiva acquistava sempre più morbidezza ed eleganza nel passo a due con Odette, passione nella danza con Odile, rabbia nel duello finale con Rothbart. Genzo si sentiva nel suo ambiente naturale, non avrebbe mai voluto smettere di danzare.
L’ultimo accordo dell’orchestra risuonò proprio quando Siegfried ed Odette si riabbracciarono, coronando finalmente il loro sogno d’amore.
Fu un trionfo, il pubblico milanese non smetteva più di tributare il suo apprezzamento alla coppia di ballerini protagonisti.
Genzo guardò la platea e scorse Hernandez che si sbellicava in applausi al pari degli altri. In quel momento si riempì di gratitudine per il burbero coreografo italiano che aveva avuto fiducia in lui e gli aveva permesso di realizzare un sogno che coltivava fin da bambino. Ora comprendeva che la sua severità durante la preparazione del balletto era stata tesa a portarlo a quel momento, quando la stella di Genzo Wakabayashi si era levata nel cielo della danza internazionale e vi sarebbe rimasta per molto tempo.
Sul palco del Teatro alla Scala di Milano era appena nata una stella.

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Siccome Genzo si era fissato con i ruoli da "macho",io e Ewan abbiamo deciso di spedirlo a fare il ballerino di danza classica. XD
Due appunti su Il lago dei cigni: in quanto a popolarità se la gioca con Lo schiaccianoci, mentre per il finale esistono varie versioni in cui molto spesso uno o tutti e due i protagonisti muoiono, e una versione in cui cìè il lieto fine più fiabesco che è quella che ho scelto di mostrarvi velocemente qui.

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Capitolo 11
*** Regola numero uno: utilizzare un'attrezzatura adeguata ***


Writober, giorno 11, AU Fantasy




 
Regola numero uno: utilizzare un’attrezzatura adeguata
 
 


 
 
Sir Schneider tolse l’elmo per prendere fiato durante quella caccia che sembrava infinita: la strana creatura che terrorizzava le campagne di Allemania aveva nuovamente fatto sparire le sue tracce nella Foresta Oscura. Erano giorni che il cavaliere cercava di catturarla, disperava di poter porre fine a quell’inseguimento. Tuttavia non poteva arrendersi, ne andava della sicurezza e del benessere di tutto il regno. Per non parlare del suo onore: non era forse il più grande combattente di tutta Allemania? Venire fregato così da un animale non era contemplabile.
Raggiunse il fiume che attraversava la foresta per far abbeverare il cavallo. Ne approfittò per sciacquarsi la faccia.
Un’improvvisa increspatura delle acque lo fece allontanare di scatto.
Nel fiume si formarono dei piccoli mulinelli, le onde si sollevarono fin sopra la sua testa.
Il cavallo nitrì di spavento e scappò tra le fronde.
Sir Schneider represse un’imprecazione.
Il muro d’acqua si infranse, rivelando una fanciulla dalla carnagione azzurra e lunghi capelli blu.
“Cosa cerchi cavaliere?” Domandò con voce carica di riverbero.
L’uomo non era intenzionato a farsi spaventare.
“Chi sei tu?”
“Sono la ninfa che protegge queste acque. Solo i puri di cuore e gli eletti possono avvicinarvisi. Cosa cerchi cavaliere?”
La fanciulla non demorse e continuò a porre la sua domanda, con un tono che possedeva qualcosa di arcano, costringendo Sir Schneider a rispondere contro la sua stessa volontà.
“Sto inseguendo una creatura che sta spargendo terrore nel regno che servo.”
“Non la fermerai mai, mortale. Non se ce continui ad utilizzare quelle sciocche armi che ti porti appresso.”
“Sono le migliori armi del regno.” Ribatté seccato.
La ninfa piegò la testa prima verso la spalle destra, poi verso quella sinistra.
“Le tue armi sono impotenti contro quel genere di minaccia.”
Fece scorrere una mano sui flutti che si ritirarono e lasciarono affiorare tre frecce completamente dorate.
“Ti serviranno armi in grado di infliggere colpi mortali a qualsiasi creatura, persino ai cuccioli di drago.”
Sir Schneider sbatté le palpebre un paio di volte.
“Quella cosa sarebbe un cucciolo di drago?”
“Molto pericoloso, poiché non è più sotto il controllo della madre. Prendi queste frecce: bada bene, hai solo tre colpi a disposizione, uno per ogni freccia. Se fallirai nessun altro potrà salvare l’Allemania.”
Sir Schneider indurì lo sguardo mentre afferrava le tre frecce e le poneva al sicuro nella sua faretra. Avrebbe trovato ed ucciso la creatura, per il bene di tutti.
“Promettilo cavaliere!”
“Lo prometto.”
Così come era apparsa, la ninfa sparì tra i flutti ed il fiume riprese a scorrere tranquillo.
Dagli alberi, il cavallo di Sir Schneider ritornò dal suo padrone.
L’uomo montò in sella.
“È ora di sistemare una volta per tutte questa faccenda.”
Strinse con i talloni il fianco dell’animale e ripartì all’inseguimento. Con l’aiuto delle frecce magiche non avrebbe fallito.



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Ecco un protagonista che probabilmente non vi aspettavate, ma anche lui ha reclamato la sua parte di gloria.

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Capitolo 12
*** La stagione di caccia è aperta ***


Writober, giorno 12, AU Demon hunter


 
La stagione di caccia è aperta
 
 
 
 
“Kazuki, mi raccomando, attieniti al piano. – sibilò Kojiro – Niente colpi di testa.”
Il cacciatore sbuffò risentito, per l’atteggiamento di controllo del capo del loro gruppo.
“E che vuoi che sia, è un demone di primo livello. Una passeggiata.”
“Se non rispetti le regole, Sorimachi, sei fuori. L’altra volta ti sei quasi fatto ammazzare.”
“Era un terzo livello!”
“Limitati a portare il demone fino al cerchio. Questione chiusa.”
L’uomo sistemò la giacca di pelle nera e sfoderò il pugnale d’argento istoriato, l’arma che serviva per estirpare dal mondo la presenza dei demoni.
“Il cerchio è pronto.” Annunciò Takeshi, il più piccolo del gruppo.
Kojiro annuì.
“Tutti in posizione.” Ordinò.
Iniziò l’attesa: a volte serviva parecchio tempo prima che Sorimachi riuscisse a farsi notare e seguire dal demone, non doveva essere troppo sfacciato nel lanciare la sua esca.
Wakashimazu cominciava a intorpidirsi nel suo nascondiglio, quando un rumore allertò i suoi sensi.
“Mi sa che ci siamo.” Sussurrò, ricevendo un cenno di assenso da Hyuga.
“Takeshi, sei pronto?”
Sawada sollevò un pollice, poi fissò lo sguardo al punto dove aveva nascosto il cerchio di contenimento.
Kazuki arrivò, inseguito da un grosso demone verde con gli occhi rossi. Aveva anche un paio di corna marroni decisamente acuminate.
“Emergo!”
Takeshi attivò il cerchio nell’esatto momento in cui il demone si trovava al suo centro e Sorimachi ben distante. La creatura restò intrappolata, cominciando ad agitarsi e tirare pugni contro la barriera invisibile.
“Presto Ken, il cerchio non terrà a lungo.” Chiamò Sawada.
Wakashimazu non vedeva l’ora di poter entrare in azione: estrasse dalla manica una pergamena fitta di ideogrammi.
“Pergamena di Honshu, libera il tuo potere di protezione!”
Con un agile salto ed una capriola in volo, il cacciatore puntò la pergamena sulle spalle del demone, facendolo immobilizzare di colpo.
Quando Kojiro avanzò, il pugnale in mano, il demone capì di essere in trappola e negli occhi esplose una furia che rischiò di far vacillare l’incantesimo di Ken.
Hyuga non si fece impressionare ed affondò deciso il pugnale nel ventre del mostro.
“Sparisci da questa terra!” Urlò.
Il demone si accasciò. Nella sua pancia si aprì una ferita luminosa che in pochi secondi lo portò all’esplosione.
Tutto era finito.
Sorimachi si riunì ai compagni.
“Visto, è stata una passeggiata. Non ci sarebbe neanche stato bisogno di mettere in piedi tutto il rituale, potevi colpirlo col tuo pugnale e basta ” Commentò gongolante.
Kojiro, impegnato a pulire la lama del pugnale in una pezza, ringhiò contro di lui:
“Solo perché era un demone di primo livello, ma questo non vuol dire che dobbiamo abbassare la guardia.”
Kazuki sollevò le spalle.
“Quando smetterai di essere così pesante?”
“E tu quando ti deciderai a crescere?”
Gli animi si stavano scaldando, Wakashimazu intervenne a fare da paciere.
“Basta così. Il demone è eliminato, abbiamo fatto il nostro lavoro. È ora di rientrare.”
“Andate tutti a riposare – ordinò Hyuga – presto dovremo tornare a caccia.”




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Ecco l'AU di ieri che volevo caricare stamattina presto (ieri sera mi è sfuggito di mente), ma il sito non collaborava. In giornata arriveranno i brani odierni.

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Capitolo 13
*** Regole per una sana convivenza civile ***


Writober, giorno 13, AU Roommates



 
Regole per una sana convivenza civile
 
 


 
 
“Yoshiko, ti vuoi muovere ad uscire da quel bagno?” Era un minuto che Sanae sbatteva impaziente i pugni contro la porta, in attesa di poter utilizzare i servizi.
“Due secondi ed ho finito!”
“Hai detto così anche due minuti fa!” Replicò la ragazza.
La porta del bagno si aprì e Fujisawa ne uscì vestita e truccata di tutto punto, impeccabile come sempre.
“Alla buon’ora!”
Sanae la spinse di lato e si gettò all’interno della stanza, chiudendo a chiave.
“Non siamo mica tutte come te che al mattino ti metti addosso la prima cosa che capita.” Yoshiko non ci stava a far passare liscio alla coinquilina il suo comportamento scortese.
In cucina Yukari alzò gli occhi al cielo, mentre imburrava una fetta di pane.
“Ogni mattina la stessa storia. Finirà mai?”
“Potrebbero fare un po’ meno rumore.” Bofonchiò Yayoi, ancora mezza addormentata, la testa appoggiata alle braccia incrociate sul tavolo.
“Sei uno straccio, si può sapere che hai combinato ieri sera?” Le chiese Yoshiko che le aveva raggiunte in cucina.
“Niente di che. Dopo lo spettacolo a teatro ci siamo fermati un poco fuori.”
Nishimoto la squadrò come se volesse farle una radiografia.
“Un po’? Erano almeno le due di notte quando sei rientrata.”
“Yukari, per cortesia, non farmi la predica: sembri mia madre.”
Sanae arrivò in quel momento e si versò un’abbondante dose di caffè.
“Meno di cinque minuti in bagno e sono qui.” Punzecchiò Yoshiko, la quale finse di non aver colto la provocazione.
Nishimoto invece sembrava decisa a non mollare l’osso con Aoba.
“Si può sapere come hai intenzione di venire in università stamattina?”
Yayoi gemette, sollevandosi lentamente.
“Tanto non ho lezione.”
“Sciocchezze, il mercoledì usciamo sempre tutte insieme.”
“E dai, ho inglese di prima mattina, potrò saltare una volta?”
Yukari stava per ribattere per l’ennesima volta, ma venne preceduta da Sanae.
“Contando che parli meglio tu l’inglese del professore, direi di sì.”
“Vantaggi dell’essere per metà madrelingua.”
“Sanae! Non approverai questo comportamento?” Yukari spalancò gli occhi scandalizzata.
Yoshiko accorse in difesa di entrambe le amiche:
“È adulta e vaccinata, può fare come le pare. Ora, se non ci sbrighiamo, rischiamo di arrivare in tutte ritardo a lezione.”
“Se qualcuno non avesse occupato per delle ore il bagno…”
“Basta! – ordinò Aoba – Andate e lasciatemi riposare in pace.”
Le tre amiche chinarono la testa e si diressero nelle rispettive camere a recuperare borse, quaderni degli appunti e libri.
“Ciao Yayoi, ci vediamo più tardi.”
Uscirono insieme dirette verso il campus, pronte per iniziare la nuova giornata.
Yayoi sospirò, godendo per qualche istante il silenzio che improvvisamente era calato nell’appartamento, portando un immediato sollievo al suo mal di testa.
Si alzò in piedi e raggiunse la propria camera, tuffandosi sul letto: un altro paio d’ore di sonno e avrebbe ricaricato le batterie. Chiuse gli occhi e si addormentò all’istante.




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Per quest'oggi abbiamo una scena di vita tutta al femminile, con quattro amiche che dividono un appartamento nei loro anni universitari. Non temete, i ragazzi torneranno presto.

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Capitolo 14
*** Regola numero due: muoversi furtivamente ***


Writober, giorno 14, AU Spy



 
Regola numero due: muoversi furtivamente
 
 
 
 
 
Mamoru si calò con un’esile fune dal condotto dell’aria condizionata nella sala che custodiva i server della Takasugi Enterprise, raggiungendo con passo furtivo il terminale principale.
“Ci sono, Yuzo. Ora cosa devo fare?” Sussurrò in maniera appena percettibile al microfono ch portava addosso.
La risposta all’auricolare non si fece attendere.
“Inserisci il supporto usb che ti ho dato, poi avvia il processo di accesso e lascia lavorare il supporto: è il più avanzato decrittatore di password e chiavi di accesso, se non riesce a violare lui le difese del server, sarà quasi impossibile ottenere i dati che ci servono.”
Izawa eseguì quanto gli venne detto. Sullo schermo del terminale cominciarono ad apparire codici di programmazione, scritti in un linguaggio a lui incomprensibile.
“Ma quanto ci mette?” Sbuffò dopo vari minuti di attesa.
“Pazienza Mamoru, ci vuole tempo per queste cose.” Cercò di calmarlo Morisaki.
“Non possiamo stare qui tutta notte! Ogni minuto che passa aumentano le possibilità di essere scoperti.”
Dopo un’attesa che parve infinita, il terminale si sbloccò.
“Ci siamo.”
“Bene ora seleziona la barra di ricerca ed inserisci la chiave che hai memorizzato, poi copia tutti i risultati della ricerca nell’hard disk esterno.”
Mamoru si concentro, digitando uno alla volta tutti i caratteri del difficile codice per recuperare i file che provavano gli agganci della Takasugi Enterprise con note organizzazioni terroristiche internazionali. Avevano avuto la soffiata da un informatore e non era il caso di perdere l’occasione di fare un balzo in avanti colossale nell’indagine che portavano avanti da anni. Rilesse il codice e premette invio.
Il sistema recuperò i dati richiesti.
“Bingo.”
“Ora chiudi tutto, rimettilo come l’hai trovato e sbrigati ad uscire da lì.”
Mamoru aveva appena terminato di recuperare la sua attrezzatura, quando sentì dei passi nel corridoio.
Imprecò mentalmente, non poteva nemmeno permettersi di avvisare Yuzo, il rischio di essere scoperto era troppo alto.
Si diresse il più velocemente possibile alla fune, cercando di non emettere alcun suono. La agganciò ed attivò il sistema per il sollevamento automatico. Perfino il leggero sibilo del piccolo motore gli sembrava un rumore violentissimo.
Si infilò nel condotto e richiuse la grata, scivolò un poco lontano e si appiattì sulla superficie di metallo.
Sentì la porta aprirsi e i passi di un uomo, probabilmente una guardia, percorsero la stanza.
Izawa non osava nemmeno respirare, figurarsi affacciarsi alla grata per controllare i movimenti dell’uomo.
Dopo un tempo infinito, la guardia lasciò la stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
Mamoru riprese a respirare.
“Che succede?” La voce di Yuzo continuava a martellargli nell’orecchio.
“Ho avuto visite.”
“Tutto a posto?”
“Sì, ma per un pelo. Ora esco. Mi ci vorrà un po’, non voglio farmi scoprire ora che è tutto fatto.”
“Ti aspetto alla base.”
Le comunicazioni si chiusero.





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Eccomi al recupro sulle AU dei giorni scorsi. Ce la faremo a rimetterci in pari!

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Capitolo 15
*** Non avrai altro dio all'infuori del pallone ***


Writober, giorno 15, AU Deity


 
Non avrai altro dio all’infuori del pallone
 
 
 
 


 
Sul pavimento di soffici nuvolette i Protettori, gli assistenti della Divinità, se ne stavano accomodati a sorseggiare nettare ed a chiacchierare, come se volessero procrastinare il momento della riunione.
Tsubasa cominciava a spazientirsi: li aveva convocati per discutere di questioni importanti, non per una allegra rimpatriata.
“Allora, ragazzi, vogliamo cominciare i lavori?” Chiese per l’ennesima volta.
“Sì, sì, ancora cinque minuti.” Genzo liquidò la faccenda con una mano, impegnato a gustare un grappolo ricolmo d’uva.
Tsubasa fece scorrere lo sguardo sugli altri in cerca di appoggio, finché notò Jun, il protettore della medicina, impegnato a giocare con i capelli rossi di Yayoi.
Non riuscì a trattenersi e sbottò:
“Non posso tollerare oltre questi atteggiamenti!”
“Datti una calmata! – sbraitò Kojiro. Attorno alle sue mani stavano cominciando a formarsi piccoli fulmini – Tu non sei più importante di noi e non puoi comandarci!”
“Lui mi ha scelto.” Ribatté Tsubasa.
“Per fare in modo che le nostre riunioni si svolgano con ordine, non per dirci cosa fare.” Il protettore del fulmine era sempre stato il più restio a sottostare ad un’autorità diversa da quella della Divinità.
Tsubasa non si diede per vinto e continuò.
“Io parlo in sue nome. Non posso restare in silenzio quando vedo che le sue leggi di comportamento non vengono rispettate.”
Genzo si rizzò sulla schiena e cominciò a ridere:
“Mi sembra un po’ tardi per decidere di intervenire.”
Tsubasa arretrò di un passo, non capendo a cosa alludesse il protettore delle ricchezze.
Guardò di nuovo verso Jun e Yayoi che ora sedevano separati e per la prima volta si accorse che la veste a pieghe della protettrice dell’amore non riusciva a celare del tutto un ventre più gonfio del consueto.
“Che cosa avete fatto? – urlò in preda alla rabbia – Avete tradito la Divinità!”
“Tsubasa, non ti sembra di esagerare?” Gli domandò la protettrice del focolare domestico.
“Sanae, sono venuti meno ai loro doveri!”
Il protettore della medicina si alzò per fronteggiare Tsubasa:
“Sono pronto a pagare le conseguenze davanti alla Divinità. Non rinnego ciò che ho fatto.”
“E dai Tsubasa, devi sempre fare il bacchettone moralista.” Lo rimproverò Genzo.
“Hanno violato la legge!”
“Legge che tu interpreti a quella maniera! Se tu vuoi darti alla castità perpetua, non puoi imporla a tutti noi.”
“Noi dovremmo essere devoti solo alla Divinità, senza distrazioni!”
Un lampo di luce attraversò l’aria, seguito da una voce profonda ed imperiosa.
“Adesso basta! Non posso tollerare questi litigi tra i miei assistenti.”
Tutti i Protettori chinarono il capo e si inginocchiarono al cospetto della Divinità: in mezzo ad un’accecante luce gialla, apparve una sfera bianca e nera.
“Mio signore – esordì Tsubasa – perdona la confusione, ma la tua legge è stata infranta.”
“Silenzio! Tu la interpreti troppo duramente: pretendere che la protettrice dell’amore trascorra i secoli in solitudine va contro ogni logica. Ora smettete di litigare e concentratevi su ciò che è veramente importante.”
Così come era apparsa, la Divinità se ne andò, lasciando i Protettori a riflettere.





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Scusate, ma non ho resistito a rendere Tsubasa semidivinità al servizio del Supremo Pallone. XD

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Capitolo 16
*** Non giocare col fuoco, né con l'acqua ***


Writober, giorno 16, prompt Magic school





 
Non giocare col fuoco, né con l’acqua
 
 
 

 
 
Nel cortile della scuola la professoressa Matsumoto aveva fatto crescere dei grandissimi cespugli di erbe morbide, da utilizzare come cuscini per le lezioni di volo per gli alunni del dormitorio del fuoco.
“Oggi ti sei superata, Kaori.” Commentò il professor Gamo, ringraziando la collega del dormitorio della terra.
“È stato un piacere. Speriamo imparino presto ad atterrare.” Se ne andò salutando con un cenno della mano.
Gamo scosse la testa, scocciato: gli allievi del terzo anno, quando il dormitorio del fuoco iniziava la pratica di volo, erano veramente pessimi, avrebbe impiegato tutto l’anno a fargli imparare come tornare a terra senza sfracassarsi qualcosa. Del resto il fuoco, nel suo movimento naturale, andava sempre verso l’alto, tornare verso il basso non era contemplato. Aveva rinunciato a capire perché Mikami ed il dormitorio dell’aria potessero iniziare col volo già al secondo anno.
Gli alunni arrivarono con il loro consueto vociare, facendogli subito perdere la pazienza.
“Invece di chiacchierare, andate subito in posizione.”
“Cominciamo bene! – sbuffò Ishizaki – Ha mangiato il rospo della Matsumoto a colazione?”
“Ishizaki, cos’hai da blaterare? Comincerai per primo!”
Lo studente si arrampicò sul cespuglio più vicino e si diede una spinta con le gambe: subito si librò in aria a qualche metro dal suolo, il mantello rosso del dormitorio che gli svolazzava attorno.
Con più fatica si fermò e si stabilizzò in aria.
“Bene così Ishizaki. Ora  scendi.”
Lo studente cominciò ad avvicinarsi al suolo, percorrendo i primi centimetri in maniera controllata. Di colpo, come se si fosse spezzato un filo, precipitò senza riuscire a fermarsi e sprofondò nel morbido cespuglio.
“Ishizaki, non ci siamo! Questo è peggio della scorsa lezione. Riprova. Pure voi, che spettate?” Sbraitò rivolto al resto della classe.
Poco più in là, un gruppo di studenti del dormitorio dell’aria ridacchiavano divertiti alla vista dei compagni che ogni volta cadevano a peso morto.
“Sono proprio delle schiappe. – Sussurrò Kishida al vicino – Non vorrei mai averli a coprirmi le spalle in caso di necessità.”
“Parli come dovesse accadere chissà quale grave problema. Rilassati un po’.”
La discussione venne interrotta dall’arrivo del professor Mikami.
“Coraggio ragazzi, oggi ci alleneremo nel percorso ad ostacoli aereo. Kishida tocca a te!”
Il ragazzo annuì e si staccò dal suolo, cominciando a superare elegantemente tutti gli ostacoli che trovava sul suo cammino, volteggiando e zigzagando. Alla fine con un movimento delicato tornò a mettere i piedi a terra.
“Molto bene, Kishida.”
Takeshi si voltò compiaciuto verso la classe del dormitorio del fuoco per verificare se qualcuno lo avesse guardato, nella speranza di apprendere qualche trucco, ma rimase deluso.
Improvvisamente si udì un grande boato ed una colonna d’acqua si alzò dal lago, riversandosi sull’edificio scolastico.
“Credo proprio che quelli del dormitorio dell’acqua l’abbiano fatta grossa stavolta.
“Il direttore non ne sarà affatto felice!”
Mikami portò una mano alla tempia: prevedeva una riunione piuttosto burrascosa, addio pomeriggio libero.






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E quest'oggi i nostri calciatori tornano tra i banchi di scuola e quale miglior occasione per rivedere anche gli allenatori, questa volta in veste di professori?

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Capitolo 17
*** Dare precedenza all'incrocio ***


Writober, giorno 17, AU Enemies




 
Dare precedenza all’incrocio
 


 
 
Sir Hikaru Matsuyama stava percorrendo sul suo cavallo la strada verso la capitale, era richiesto a corte e non voleva tardare. L’acqua del fiume che scorreva accanto a lui era una piacevole compagna di viaggio, era quasi un peccato dover attraversare il ponte ed allontanarsi nel giro di poche miglia.
Ben presto giunse in vista del punto di attraversamento, mentre dalla parte opposta rispetto alla sua direzione di provenienza, arrivava un altro cavaliere: a giudicare dalla velocità, sarebbero giunti a poco di distanza uno dall’altro.
Il ponte era stretto, potevano attraversarlo solo uno dietro l’altro.
Hikaru fece leggermente accelerare la sua cavalcatura, in modo da essere certo di giungere per primo e poter iniziare l’attraversamento, ma l’altro cavaliere non era dello stesso avviso.
“Matsuyama, non osare attraversare quel ponte prima di me.” Gli gridò.
Solo nel sentire la voce, il cavaliere riconobbe Sir Taro Misaki, rabbuiandosi di colpo.
“Scordatelo, Misaki. Sono più vicino rispetto a te, la precedenza è mia.”
Per tutta risposta  Sir Misaki diede di speroni al cavallo e raggiunse il ponte in pochi secondi.
“Ti ho detto che non puoi passare. Non lascerò mai che un Matsuyama mi offenda in tal modo.”
“Smettila di dire sciocchezze, voi Misaki parlate per dare aria alla bocca.”
“Come osi?”
Taro sguainò la spada per replicare all’offesa con il ferro.
Hikaru inarcò un sopracciglio e lo guardò scettico.
“Seriamente?”
“Ti sfido a duello, chi vincerà passera per primo sul ponte.”
Sir Matsuyama avrebbe fatto volentieri a meno di quella seccatura, ma era consapevole che Misaki non l’avrebbe mai lasciato passare senza essersi scontrati, il rancore ed i dissapori tra le loro famiglie erano troppo radicati in profondità per essere messi da parte.
Scese da cavallo ed estrasse a sua volta la spada, spostandosi nel prato accanto alla strada.
Sir Misaki si liberò del mantello da viaggio e lo raggiunse.
“In posizione. Via!”
Le lame si incrociarono con un secco rumore metallico.
Entrambi erano ottimi spadaccini, si muovevano rapidi e veloci sul prato.
“Sei proprio un testone, Misaki! – ansimò Hikaru nella foga – Possibile che ogni volta tu debba trascinare le cose fino a questo punto?”
Taro affondò un colpo che venne parato da Matsuyama.
“Ti ricordo che è stata la tua famiglia a cominciare a comportarsi in maniera scorretta nei nostri confronti!”
Sir Matsuyama scosse la testa: era inutile cercare di ragionare con chi manteneva in vita torti vecchi di generazioni.
Approfittando di un momento di sbilanciamento dell’avversario riuscì a penetrare la sua difesa ed a colpirlo sul braccio che reggeva la spada.
Misaki non riuscì a trattenere un gemito di dolore, mentre lasciava cadere a terra l’arma.
Hikaru ripose la spada nel fodero.
“Direi che la sfida è terminata. Buona giornata Misaki.”
Il cavaliere montò in sella al cavallo e superò rapido il ponte della discordia, riprendendo il suo viaggio verso la corte.




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Non ho abbandonato questo progetto, solo in questo periodo è stato un po' più complicato da gestire rispetto alle drabble, ma prometto che vedrà certamente la fine.
Per questi protagonisti ringrazio May per avermi dato l'idea di Taro e Matsuyama, solitamente grandi amici: io ero più orientata verso un Tsubasa contro Taro, decisamente prevedibile, oppure un Tsubasa acerrimo nemico del calcio, ma visto che un paio di flashfic fà Tsuabasa è stato redarguito dal pallone, ho preferito soprassedere.


Attenzione: questo non sarà l'unico aggiornamento della giornata.

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Capitolo 18
*** In affari e in guerra tutto è concesso ***


Writober, giorno 18, AU Mafia


 
In affari e in guerra tutto è concesso
 
 
 
 
Teppei parcheggiò l’auto nel garage della grande villa e spense il motore. Si apprestò ad aiutare Hajime a scaricare dal bagagliaio l’uomo incappucciato: aveva opposto parecchia resistenza ed erano stati costretti ad utilizzare metodi non proprio gentili per condurlo dal capo.
“Coraggio, cammina.”
Ringhiò Hajime, una volta rimesso in piedi il loro ospite.
“Si può sapere dove mi state portando?” Nonostante il viaggio scomodo, non aveva perso il suo spirito battagliero.
“Lo saprai quando sarà il momento.”
I due lo fecero proseguire per una scala, poi per dei lunghi corridoi, poi ancora una scala ed altri corridoi.
Teppei si fermò davanti ad una porta sorvegliata da un uomo di statura parecchio imponente.
“Abbiamo portato al capo il suo pacco.”
La guardia rispose con un sorrisetto:
“Vi stava aspettando.”
Aprì la porta e permise loro di entrare.
Genzo Wakabayashi, il leader della più grossa associazione malavitosa della prefettura di Shizuoka, era accomodato ad una scrivania riccamente decorata, impeccabile nel suo completo gessato.
“Toglietegli il cappuccio.” Ordinò.
Taki eseguì senza perdere tempo, rivelando finalmente l’identità dell’ospite.
Yuzo Morisaki sbatté più volte le palpebre in attesa che i suoi occhi si riabituassero alla luce e mettessero a fuoco il luogo in cui era stato condotto.
“Wakabayashi.” Trasalì non appena riconobbe il suo interlocutore.
Il boss fece uno dei suoi ghigni.
“Morisaki, ho una proposta che non puoi rifiutare.”
Yuzo scosse la testa.
“Non ho alcun interesse a intrattenere affari con lei, Wakabayashi-san.”
Genzo intrecciò le mani sotto al mento.
“Io credo invece che lo farai.”
“Non mi importa per quante volte i suoi uomini possono distruggere il mio negozio, io non cederò mai ai suoi ricatti, a costo di finire in bancarotta.”
Genzo non sembrava infastidito da quella spavalderia, al contrario, appariva divertito. Lentamente si versò del liquore nel bicchiere di vetro intarsiato che teneva sulla scrivania.
“Questo tuo atteggiamento cocciuto mi ha sempre divertito: all’inizio volevo vedere fino a dove ti saresti spinto, ma ora è arrivato il momento di darci un taglio, i miei affari non possono più attendere.”
Fece una pausa teatrale, bevendo un sorso di liquore e girandosi di profilo.
“Morisaki, conosci quell’anziana signora che tutte le mattine alle 8:55 si reca al cimitero di Nankatsu? Quella con il foulard in testa e la borsa marrone.”
Yuzo fece mezzo passo indietro, colto alla sprovvista.
“Se non collaborerai con me, l’anziana signora potrebbe ricevere la visita di Taki e Kisugi e ti posso assicurare che si comporteranno molto peggio di come si sono comportati con te.”
“Non oserà prendersela con mia madre! – Urlò Yuzo, stringendo i pugni con rabbia – Che razza di uomo è lei?”
“Uno a cui non piace che i suoi affari vengano intralciati da un negoziante di paese. Quello che succederà a tua madre dipende solo da te: o accetti di tenere parte della mia merce nel tuo magazzino, o accetti che tua madre possa avere un incidente.”
“Pezzo di merda.” Esalò Morisaki, chinando il capo consapevole che accontentare Wakabayashi fosse l’unico modo per proteggere la madre.




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Ed eccoci con il secondo aggiornamento del recuperone, riuscirranno i nostri roi a terminare il Writober puntuali? XD
Qui abbiamo un Genzo in versione cattivissima, che l'ha spuntata ancora una volta nel voler avere un ruolo da protagonista...

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Capitolo 19
*** Ricordati di onorare la pausa caffè ***


Writober, giorno 19, AU Office


 
Ricordati di onorare la pausa caffè
 
 
 
 
Carlos passò una mano sopra gli occhi a strizzarli: la vista cominciava ad incrociare le cifre che comparivano sullo schermo in colonne ordinate. Sperava di finire a breve, ma in quella maniera il lavoro si sarebbe inevitabilmente protratto.
Un leggero bussare sul vetro della parete anteriore dell’ufficio gli fece alzare lo sguardo.
“Pausa?” Domandò con piglio allegro Natureza.
Santana ci pensò per un attimo, poi si risolse ad alzarsi e lasciare la scrivania.
“Forse è meglio che mi stacchi da questo preventivo per qualche minuto.”
“Vedrai che dopo ripartirai con più sprint.”
Il collega gli fece l’occhiolino mentre si dirigevano insieme nella saletta ristoro, allestita di tutto punto per potersi concedere una pausa. Oltre alle bevande, c’era sempre qualche genere di consumo disponibile: quel giorno avevano una crostata dall’aria decisamente invitante. Carlos ne prese una fetta e si accomodò su uno dei divanetti, mentre Natureza si preparava un the col bollitore.
“Non vedo l’ora di chiudere quel maledetto calcolo – brontolò Carlos – è la terza volta che il capo me lo fa rifare, perché il cliente fornisce informazioni parziali.”
Natureza si sedette accanto a lui.
“Brutto affare.”
“Vorrei godermi il fine settimana in pace, l’unico week end che prenoto per stare fuori.”
“Fuga romantica?”
“Sì, ma se non finisco, diventerà una fuga da incubo.”
Restarono qualche secondo in silenzio, a godersi la tranquillità di quello spazio separato dal resto dell’ufficio.
“A te come sta andando?” Chiese infine Carlos.
“Molto bene. Le mie fonti alle risorse umane mi hanno spoilerato che la dirigenza sembra intenzionata ad assumermi a tempo pieno dopo il periodo di prova.”
“Congratulazioni!”
Santana era sinceramente contento per il vecchio amico: quando qualche mese prima era stato assunto in prova nel suo stesso posto di lavoro, aveva sperato di poter riallacciare un legame che si era un poco affievolito negli anni e così era stato.
“Quando sarà ufficiale dobbiamo uscire a festeggiare e ubriacarci.”
“Contaci.”
La porta si aprì di scatto ed una donna entrò trafelata, fiondandosi sulle cialde per preparare il caffè.
“Che succede Machiko?” Si interessò subito Carlos.
“Roberto oggi mi sta facendo impazzire! – rispose l’assistente personale del direttore – Senza un caffè non arriverò di certo a fine giornata.”
Santana annuì comprensivo, quando era in giornata storta, il capo sapeva rendere quasi impossibile il lavoro ai propri dipendenti.
Natureza si alzò e sciacquò la sua tazza nel lavello.
“Sarà meglio tornare alle scrivanie, prima che gli venga in mente di farci fare qualche straordinario.”
Santana lo seguì ed i due uomini si diressero ai rispettivi uffici.
Carlos riprese a lavorare al preventivo con nuova lena: non aveva nessuna intenzione di farsi rovinare l’imminente fine settimana dal cattivo umore di Roberto.





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In questo AU trova spazio parte della compagine brasiliana (più una guest star) che in un passato non rcente avevo un poco maltrattato. Un riscatto anche per loro.

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Capitolo 20
*** Panico da ricerca regalo ***


Writober, giorno 20, AU Flower shop
 
Panico da ricerca regalo
 
 
 
Tsubasa si guardava attorno spaesato, colto da mille dubbi di cui non aveva mai avuto sentore. In fin dei conti si trattava di fare qualcosa di semplice, o così aveva creduto fino a pochi minuti prima, entrare nel negozio, scegliere un mazzo di fiori, pagare ed andarsene. Semplice, no? Invece si era rivelato tutto molto più complesso, forse perché non aveva mai prestato attenzione a quelle cose e non si era mai reso conto di quante varietà diverse di piante e fiori potessero esistere ed essere raccolte nei pochi metri quadrati della bottega. Non aveva la più pallida idea di dove cominciare.
Kumi arrivò svolazzando in una nuvola di molti strati di tulle azzurro.
“Posso esserle utile?”
Tsubasa sospirò mentalmente di sollievo, non sarebbe riuscito a cavarsela da solo, ne era certo.
“Vorrei un mazzo di fiori per mia moglie.”
La donna sorrise raggiante.
“allora dobbiamo cambiare corsia, qui ci sono solo piante in vaso. Mi segua.”
Senza attendere risposta si avviò verso la sua metà. Tsubasa non poté fare altro che seguirla, nemmeno il reparto giusto era riuscito a trovare!
“Deve farsi perdonare qualcosa?”
“Come, scusi?” Tsubasa era sbalordito dalla domanda invadente.
“Beh, non mi sembra molto avvezzo a frequentare negozi di fiori, probabilmente ha combinato qualcosa di grosso.”
Tsubasa pensò che quella donna fosse un’impertinente ed una parte di lui desiderò lasciare immediatamente quel luogo, non doveva rendere conto a nessun estraneo della sua vita, men che meno ad una commessa. Senza rendersene conto, si ritrovò a rispondere:
“Solo dei miei orari prolungati di lavoro: il cantiere navale è in fermento in questo periodo.”
Kumi si voltò, una “o” di sorpresa impressa sulla bocca.
“Quindi lei lavora alla costruzione di quella grande nave!”
“Io l’ho progettata.”
Lo stupore si allargò a tutto il volto di Kumi.
“Eccoci qui! Cosa preferisce?”
La donna indicò una grande quantità di vasi contenenti diversi fiori recisi, mandando nuovamente Tsubasa nel pallone per la troppa scelta a sua disposizione.
“Ecco… io…”
“Rose rosse? Sono un grande classico. – suggerì Kumi – Con quelle non può sbagliare.”
“Se solo Sanae fosse stata la classica moglie.” Fu il rapido pensiero che attraversò la mente dell’uomo, facendolo dubitare di aver preso la decisione giusta nell’entrare in quel negozio.
“Mia moglie ha gusti diversi da solito.” Balbettò.
Kumi lo fissò per qualche secondo poi scoppiò a ridere.
“Sta cercando di dirmi che non ha mai regalato dei fiori a sua moglie? Nemmeno quando eravate fidanzati? Nemmeno quando la corteggiava?”
Tsubasa abbassò lo sguardo a fissarsi la punta delle scarpe. Era proprio un caso disperato.
“Forse dovrei rinunciare. È stata gentile a cercare di aiutarmi, mi dispiace di averle fatto perdere tempo.”
“Rose blu. – Dichiarò Kumi, non appena si fu ricomposta – Con quelle farà sicuramente colpo, mi creda. Devo ancora conoscere qualcuno che non ne resti colpito. Quante ne vuole?”
“Quante dovrei prenderne?”
“Facciamo che mi lascia carta bianca?”
Tsubasa annuì, era la soluzione migliore. Promise a sé stesso che non sarebbe mai più entrato in un negozio di fiori.





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Avevo detto che non sarebbe rimasto in sospeso il progetto! Purtroppo novembre è stato un mese pieno ed è slittato. Ora ne approfitto per iniziare l'anno con onda.
PS: gli aggiornamenti potrebbero anche essere più di uno nel corso delle giornate.

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Capitolo 21
*** Fila subito dal preside! ***


Writober, giorno 21, AU Parent

 
Fila subito dal preside!
 
 
 
“Signori, credo che dobbiamo discutere di alcune questioni!”
Il preside Mikami incrociò le braccia sulla scrivania, scrutando il gruppo di genitori che aveva convocato dopo l’ennesimo bisticcio scoppiato tra i bambini.
“La situazione sta diventando di difficile gestione, sono stanco di ricevere telefonate di genitori allarmati perché i loro figli tornano a casa raccontando di compagni che bisticciano continuamente tra loro.”
“Sono d’accordo con lei, mio figlio torna sempre molto agitato, più di quanto dovrebbe.” Concordò Hanji Urabe, ben consapevole del fatto che suo figlio non fosse il più tranquillo dei bambini, ma neppure così ingestibile.
Kojiro Hyuga e Makoto Soda si strinsero nelle spalle, non vedevano l’utilità di quella riunione e ritenevano tutto lo strepito attorno a quella faccenda colpa di qualche madre eccessivamente sensibile.
Jun Misugi accavallò le gambe con eleganza.
“Preside Mikami, condivido la sua linea, ma non capisco perché abbia convocato anche me: dubito che Sumiko si faccia coinvolgere in queste faccende.”
Mikami lo guardò attraverso gli occhiali, scegliendo con cura le parole:
“Al contrario, dottor Misugi, sua figlia è spesso al centro di questi spiacevoli accadimenti, provocando i compagni.”
“Come si permette? Come può paragonare la mia bambina a quei due attaccabrighe  dei figli di Hyuga e Soda.”
Makoto si alzò di scatto ed afferrò Misugi per il colletto.
“Come ti permetti tu, damerino!”
“Lo vede signor Preside? Cosa tali genitori, tali figli.”
Soda strinse di più la presa.
“Adesso basta! – intervenne Mikami – Come pretendiamo di insegnare qualcosa ai bambini se voi adulti vi accapigliate al primo contenzioso.”
Makoto mollò la presa e tornò a sedersi, lasciando spazio alla frecciata di Hyuga.
“Beh, non mi sorprende affatto che la figlia di un tale arrogante non faccia altro che offendere il modo in cui mio figlio si veste solo perché non compriamo abiti nei negozi di alta moda!”
“Non è vero!” Misugi cominciava a scaldarsi.
“Oh sì – intervenne la signora Hyuga – E le assicuro che non lo fa solo con nostro figlio, ma con diversi bambini.”
“Mi è stato confermato anche dalle insegnanti.” Rincarò il preside.
Per Misugi fu come ricevere una doccia gelata, non credeva che Sumiko avrebbe mai potuto trattare in malo modo qualcuno, non era questo che le era stato insegnato. Si ritirò sulla poltroncina, cercando di farsi il più piccolo possibile.
“Mi dispiace, non ne avevo idea.”
“Era piuttosto evidente.” Commentò Urabe, con un’occhiata rassicurante.
“non credere che me ne faccia qualcosa del tuo dispiacere.” Tuonò Soda.
“Signori – Mikami alzò la voce – In questo modo non si risolve nulla. Non siamo qui per accusare nessuno, siamo qui per cercare una soluzione e per fare in modo che tutti i bambini imparino a relazionarsi meglio tra loro. O collaborate tra di voi, o questo incontro sarà perfettamente inutile.”
Tutti i genitori chinarono la testa di fronte all’autorità del preside.




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Chi altri poteva trovarsi a fare il preside e gestire i pargoli dei nostri beniamini, se non Mikami? E se potevamo aspettarci che i figli di Kojiro, Makoto e Hanji potessero essere un po' troppo vivaci, chi se lo aspettava da Mini-Misugi? XD

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Capitolo 22
*** Quando la manager ci mette lo zampino ***


Writober, giorno 22, AU Poledancer


 
Quando la manager ci mette lo zampino
 
 

La musica fuoriusciva a tutto volume dalle casse e inondava l’intera pista da ballo. Le luci colorate vorticavano e creavano effetti sugli avventori e sui ballerini impegnati sulle piattaforme sopraelevate al centro della sala.
Yuzo avrebbe dovuto terminare di asciugare i bicchieri appena estratti dalla lavastoviglie del bancone del bar, ma era rimasto sospeso a metà, strofinaccio in una mano e bicchiere nell’altra, non riuscendo a staccare gli occhi da Mamoru Izawa e dal palo su cui stava avvinghiato.
Il ballerino si muoveva sinuoso, nonostante il ritmo disco della musica, con i lunghi capelli che brillavano sotto le luci e fendevano l’aria assecondando i suoi movimenti, quasi che avesse il potere di dominarli e farli spostare a suo piacimento. La canottiera bianca semitrasparente lasciava poco spazio all’immaginazione sui pettorali scolpiti. Era un piacere per gli occhi vederlo.
“Vuoi un tovagliolo per asciugare il rivolo di bava?”
Yuzo distolse di colpo lo sguardo, dirigendolo verso la manager del locale che si si era appena accomodata davanti a lui.
“Sanae!” Ringhiò scandalizzato.
La donna fece spallucce.
“Dovresti contenerti, non ti pago per sbavare sui miei ballerini.”
“Io non sbavo come una ragazzina alla prima cotta!”
“La prossima volta ti farò una foto come prova!” Rispose, incrociando le braccia, sostenendo una finta rigidezza.
Yuzo strinse nervosamente il bicchiere per qualche secondo, rischiando quasi di romperlo, poi si lasciò andare ad un sospiro.
“Si nota così tanto?”
Sanae si distese a sua volta.
“Se lo mangi con gli occhi come poco fa, è difficile non vederlo.”
“Giuro che ci provo a non guardarlo, ma quando balla così è impossibile. Capisco perché l’hai voluto a tutti i costi qui al locale.”
Il barista si chinò per estrarre altri bicchieri dalla lavastoviglie, lieto di avere qualcosa che schermasse il leggero rossore che gli aveva causato l’ammissione.
Quando riemerse si ritrovò davanti l’oggetto della discussione con la manager. Poco ci mancò che facesse cadere qualcosa.
“Oh, Izawa. Stasera stai dando il meglio di te!” Sanae attirò su di sé l’attenzione, per dare il tempo a Yuzo di ricomporsi.
“Grazie capo. Mi sento davvero in forma. – si voltò verso il bancone – Morisaki, potrei avere una bottiglietta d’acqua? Mettila sul conto, passo a fine serata.”
Velocemente Yuzo procurò quanto richiesto.
“Ecco a te, Izawa.”
“Grazie Morisaki. Ti suggerisco di guardare bene il prossimo ballo, credo che ti piacerà.” Il ballerino fece l’occhiolino prima di tornare ad avvinghiarsi al palo.
Yuzo restò paralizzato per alcuni secondi.
“Dimmi che non me lo sono sognato, ti prego.” Supplicò.
“Direi che qui ci sarà da divertirsi nelle prossime settimane.”
Sanae si allontanò ridacchiando.



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Dite poledancer e subito appare il lungo capello di Izawa! O canta stonato, o balla sui pali. XD

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Capitolo 23
*** Di verdure decisamente fuori taglia ***


Writober, giorno 23, AU Farm

 
Di verdure decisamente fuori taglia
 
 


 
Yoshiko, due trecce nere e un foulard a pois sulla testa, uscì dal pollaio con un cestino pieno di uova appena raccolte. A passo svelto attraversò l’aia e raggiunse la stalla, dove Machiko era intenta a mungere una delle loro mucche.
“Buongiorno Machiko!” La salutò allegramente.
“Buongiorno a te Yoshiko. – Rispose cordiale l’amica – Com’è andata?”
“Benissimo, oggi le galline si sono superate! Ti incarto per bene le uova così saranno pronte da portare al mercato, quando avrai finito.”
Machiko si alzò dallo sgabello, spostando il secchio di latta ricolmo di latte fresco.
“Tu non vieni?”
Il volto di Fujisawa si rabbuiò per un istante:
“Vorrei tanto, ma devo aiutare Hikaru nell’orto. Ha bisogno di qualcuno che sostituisca Kazumasa ammalato.”
L’amica annuì, sistemando con cura gli occhiali.
“Capisco. Sappi però che mi devi un favore per lasciarmi sola a contrattare i prezzi con il vecchio Tomoka!”
“Torta con le mele del frutteto?”
“Andata!”
Ridacchiando Yoshiko si diresse in casa per sistemare le uova, poi raggiunse il compagno nell’orto.
Hikaru sbuffava e raccoglieva zucchine: ne aveva già raccolte un’intera carriola.
“Non avrai esagerato con la semina quest’anno?” Domandò Yoshiko ridacchiando.
Matsuyama si sollevò, massaggiandosi la parte inferiore della schiena con entrambe le mani.
“Macché, solo che sono cresciute un po’ più del previsto.”
“Solo un po’? Sono diventate…. Mastodontiche!”
L’intera superficie dell’orto era ricoperta da una distesa di zucchine gigantesche, una sola di esse sarebbe stata sufficiente a saziare il contadino per un pasto. Si prospettava una dura giornata di lavoro per terminare la raccolta e poi decidere cosa farne: una parte l’avrebbero tenuta e preparata per essere conservata, una parte l’avrebbero portata ai fruttivendoli della zona.
“Cosa vuoi che ti dica – riprese Hikaru – io ho fatto come tutte le stagioni, eppure quest’anno il risultato è stato questo.”
“Vorrà dire che mangeremo e cucineremo zucchine fin quando non ne avremo la nausea.” Ribatté la donna, avvicinandosi e lasciandogli un bacio sulla guancia.
“Io comincio da là in fondo, d’accordo?” Gli chiese.
L’uomo annuì e si prese qualche secondo per osservare Yoshiko che attraversava l’orto fino all’estremità opposta, dove aveva già preparato alcune cassette per contenere gli ortaggi.
Fujisawa lavorava con lena, canticchiando qualche canzone per accompagnarsi e far passare più velocemente il tempo mentre recideva con il coltello le verdure.
Il sole saliva alto nel cielo e diventava sempre più caldo, rendendo il lavoro più arduo.
Matsuyama le si avvicinò con una borraccia piena d’acqua.
“Tieni, ne hai bisogno.”
Yoshiko si asciugò il sudore e bevve un lungo sorso.
“Grazie. Comincio anche ad avere fame.”
“Penso sia meglio fare una pausa, riprenderemo quando farà più fresco. Ormai il grosso del lavoro è fatto.”
Entrambi si voltarono ad osservare l’orto ed il raccolto: circa due terzi delle zucchine avevano trovato posto nei loro contenitori e dovevano solo essere trasportate sotto l’ombra del portico.
Si sedettero sul tavolo esterno per consumare il pranzo.
“Scusa se oggi ti ho costretta a questa faticaccia.”
“Non ci pensare: adoro condividere tutto questo con te.”


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E chi altro poteva stare in una fattoria/azienda agricola se non il nostro caro Matsuyama, che fin'ora non aveva avuto un ruolo da protagonista? Se poi ci aggiungiamo tutta la compagnia di Furano, siamo a posto.

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Capitolo 24
*** Scompensi e perturbazioni non atmosferiche ***


Writober, giorno 24, AU Supernatural



 
Scompensi e perturbazioni non atmosferiche
 





 
La villa era avvolta da una nebbiolina leggera, che rendeva ancora più misterioso il suo abitante, quello che tutti in città chiamavano di spregiativamente Stregone. Come se la magia potesse far parte del mondo.
Nonostante le sue ferme convinzioni, Kumi deglutì prima di allungare la mano e suonare al campanello. Quasi subito il cancello si aprì, senza che alcuno rispondesse.
La ragazza entrò e percorse il vialetto, con un senso di ansia crescente, arrivando davanti alla porta a doppio battente quasi di corsa. Subito si spalancò e Genzo Wakabayashi apparve glaciale.
“Buongiorno Wakabayashi-san, sono Sugimoto, la nuova cameriera.”
“So chi è lei.”
L’uomo si voltò e proseguì nell’ingresso, senza una parola di saluto.
“Immagino sia stata istruita sui suoi compiti. Voglio che il lavoro venga svolto con cura, ma silenziosamente: niente musica, né canti per accompagnarsi. Soprattutto, non desidero essere disturbato per nessun motivo quando sono nel mio ufficio. Troverà tutto l’occorrente in quello sgabuzzino.”
Wakabayashi imboccò le scale e sparì alla vista di Sugimoto, lasciandola sola in quella casa che diventava sempre più sinistra.
 
Non appena si fu chiuso la porta dell’ufficio alle spalle, Genzo schioccò le dita della mano destra ed un mantello volò per la stanza, posandosi sulle sue spalle, mentre accanto alla scrivania apparve una forma fluorescente e fluttuante.
“Certo che avresti potuto comportarti in maniera più civile con quella ragazza, in fondo è qui per aiutarti.”
Genzo sbuffò:
“Non mi andava di perdere tempo, sai che abbiamo degli strani fenomeni da indagare.”
“Poi non lamentarti se in città ti chiamano Stregone.”
“Beh, sono più vicini alla realtà di quello che immaginano.”
Lo Stregone di Nankatsu si sedette sulla scrivania, con indice e medio della mano destra tracciò iun circolo nell’aria: subito apparvero degli strani simboli rossi.
“Coraggio John, dobbiamo scoprire cosa sta accadendo prima che si scateni il panico tra i ben pensanti cittadini di Nankatsu.”
La forma si produsse in un cenno di assenso.
All’interno del cerchio comparvero dei filamenti di magia che scorrevano e che Genzo osservò con grande attenzione.
“Ci sono strane interferenze nella zona del belvedere.”
“Un fantasma che rifiuta di trapassare?” Domandò John sporgendosi da sopra la spalla del padrone.
Wakabayshi scosse la testa, senza perdere il contatto visivo con la magia che stava gestendo.
“No, qualcosa di peggio: per quanto fastidioso un fantasma di pochi giorni non genererebbe mai un’alterazione di questa gravità.”
“Temi un fuoriuscito?”
La domanda si John fu un sussurro.
Un fuoriuscito era uno spirito che aveva già trovato requie, ma che in qualche modo era stato disturbato nella sua dissoluzione eterna e riportato in questo piano dell’esistenza. Era quanto di più pericoloso potesse esistere, poiché riportare indietro qualunque cosa fosse stata dissolta definitivamente, richiedeva magia oscura e profonde alterazioni nella natura dell’universo.
“Devo andare là, per esserne certo. Anche se i dubbi sono ormai pochi.”
Lo Stregone di Nankatsu dissolse il cerchio di energia e si alzò.
“Fai la guardia alla casa, John.”
“Sii prudente, Genzo.”
“Sempre.” Rispose un istante prima di attraversare un portale.





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E Genzo si appropria di un altro ruolo di quelli che ritiene suoi e noi glielo lasciamo fare. Al Belvedere ci sarà realmente un fuoriuscito, o sarà solo Tsubasa che fa casino con il pallone e disturba le onde magiche? Ai posteri l'ardua sentenza. XD

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Capitolo 25
*** Il tuo canale preferito ha caricato un nuovo video ***


Writober, giorno 25, AU Youtuber



 
Il tuo canale preferito ha caricato un nuovo video
 




 
“Buongiorno a tutti miei piccoli Nerd e benvenuti in un nuovo video de vostro Ryo1400best. Quest’oggi recensiremo un anime che ha generato un milione di reboot nel corso del tempo. Praticamente ci sono in giro più reboot di quest’anime che miei fan, il che è tutto dire!”
Yukari interruppe bruscamente la registrazione del video.
“Ryo, vuoi comportarti da persona seria per una volta?”
“Ma lo sai che questo è lo stile che amano i miei followers!”
“Sì, certo.” La donna alzò gli occhi al cielo e fece ripartire la telecamera.
“Allora, curiosi di sapere di che anime si tratta? Ebbene, sto parlando di Captain Tsubasa, tratto dal manga che porta lo stesso nome, scritto da Yoichi Takahashi. Di cosa parla questa storia? Parla di calcio. Siamo quindi di fronte ad un anime di tipo sportivo, condito con tutte le caratteristiche del genere: avversari sempre più forti, sfide da cui potrebbe dipendere la sopravvivenza dell’intero pianeta, nonostante siano disputate da bambini della scuola elementare e via dicendo.
Ma andiamo con ordine, secondo voi come si chiamerà il protagonista di questa storia?
Non sento bene.
Vi arrendete?
Ebbene, il protagonista è Tsubasa (non l’avrei mai detto) Ozora.
Come tutti i protagonisti degli spokon, Tsubasa è fissato con il calcio, tanto che tutti i suoi neuroni sono proiettati 24 ore al giorno su questo sport, da non accorgersi delle fanciulle che nel corso della serie gli cadono ai piedi. Cosa troveranno mai in uno così?
Questo suo non interessarsi al gentil sesso ha fatto nascere varie fazioni tra i fan del personaggio, per cui c’è il partito che sostiene la coppia Sanae/Tsubasa, c’è chi invece propende per un maggior feeling con il compagno Misaki e chi ritiene che in realtà Tsubasa sia pallonesessuale. Ma questa è un’altra storia.
Torniamo alle vicende.
Il caro Tsubasa costringe la sua famiglia a fare bagagli e burattini perché lui deve andare in una scuola in cui possa giocare a calcio e mostrare al mondo il suo enorme talento. Quindi arrivano in questa sperduta città di Nankatsu, che non troverete su nessuna cartina del Giappone.
Qui, il nostro baldo eroe incontra subito il suo primo avversario, tale Genzo Wakabayashi, un portiere talmente figlio di papà che abita in una villa così grande che se vuoi presentarti al cancello principale devi uscire dalla tangenziale a Nankatsu centro, mentre se vuoi arrivare dal retro, devi prendere l’uscita di Nankatsu zona industriale.
Ma come avviene l’incontro tra questi due carismatici calciatori? Tramite quello che è il mio personaggio preferito in assoluto della storia, la vera spalla di Tusbasa durante tutta la serie, pallone a parte, Ryo Ishizaki. Che si chiami come me è solo un piccolo dettaglio.
Il nostro Tsubaldo riesce a lanciare una sfida a Wakabayashi, intento ad allenarsi insieme al suo schiavo personale.
Ovviamente Tsubasa vince.
Wakabayashi la prende talmente bene che dichiara nullo il risultato, rimandando tutto ad una partita ufficiale.
Ci vediamo al prossimo video per scoprire come proseguirà la vicenda!
Un saluto dal vostro Ryo1400best!”



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E chi altri poteva prendersi l'universo Youtuber se non Ryo?
L'idea di fargli commentare la serie è nata non appena ho visto i prompt, quindi questo era pronto da po'.

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Capitolo 26
*** Il calcio non è uno sport per signorine ***


Writober, giorno 26, AU Opposto



 
Il calcio non è uno sport per signorine
 

 
 
 
“Ragazzi, non crederete mai a quello che sta succedendo! Dovete venire subito al campo sportivo!” Ryo arrivò di corsa, seminando il panico tra le bambine del primo anno che ancora erano a scuola in attesa che i genitori venissero a riprenderle.
Manabu chiuse la cartella con uno scatto, alzando un sopracciglio:
“Le ragazze stanno forse perdendo dieci a zero? Sai che novità!”
“No! – Sbraitò Ishizaki – Stanno vincendo!”
Tsubasa per poco non si strozzò con l’acqua che stava bevendo dalla borraccia.
“Ryo, per una volta, fai la persona seria e smettila di dire assurdità!”
“Non sto scherzando! Sono avanti uno a zero! È tutto merito della ragazza nuova!”
“Chi, quella che va in giro con il pallone per i corridoi della scuola?” Tsubasa l’aveva incrociata un paio di volte e non aveva potuto fare a meno di pensare che avesse qualche rotella fuori posto.
Ryo annuì convinto:
“Lei e quel suo strano amico brasiliano che ha deciso di fare da allenatore alla squadra. Ma non capite, rischiamo di vincere il torneo delle scuole! Sono almeno cinque anni che non battiamo la Shutetsu!”
Tsubasa sistemò la divisa e si apprestò a lasciare l’edificio scolastico, verso casa.
“Modera l’entusiasmo, Ryo: stiamo sempre parlando della squadra di calcio. Sarà solo un fuoco di paglia, vedrai.”
Ishizaki sbuffò contrariato.
“Sempre ottimista, tu! Io me ne torno allo stadio, non voglio proprio perdermi la partita. Voi che fate?”
Manabu era pensieroso.
“In effetti potrebbe valere la pena andare fino al campo.”
“Non contate su di me, ho di meglio da fare!”
“Eddai, Tsubasa. Non ti sciupi mica se vieni a fare il tifo per la squadra una volta.”
Di malavoglia Tsubasa seguì gli amici al campo sportivo, dove il secondo tempo era iniziato da poco. Che il calcio non lo entusiasmasse era un eufemismo, per cui non si diede da fare più di tanto per sgomitare e cercare un posto per vedere bene ciò che accadeva.
A suo dispetto, Ryo era riuscito a farsi strada ed a condurre sia lui che Manabu nei pressi del terreno di gioco.
Era in corso un’azione d’attacco della Nankatsu: la palla era portata avanti dalla ragazza che indossava la maglia numero dieci. Si muoveva con parecchia agilità ed uno dietro l’altro superò i tre difensori e si ritrovò sola davanti al portiere. Colpì la palla con forza, facendola insaccare nell’angolo tra la traversa ed il palo.
Ora la Nankatsu conduceva l’incontro per due a zero.
Tutti i tifosi della scuola pubblica inneggiavano a Nakazawa.
Tsubasa restò allibito dallo spettacolo, come se fosse stato pietrificato da un incantesimo: la ragazzina era una forza della natura con il pallone tra i piedi ed era pure molto carina. Decise che da quel momento non si sarebbe perso una sola partita e sarebbe stato il primo tifoso di Nakazawa.




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E forse ce la facciamo a finire questa raccolta prima che inizi il prossimo Writober! Scherzi a parte, la pubblicazione di queste ultime storie dovrebbe filare liscia fino alla conclusione.
In tutta onestà, l'AU proposto per il giorno 26 era l'omegaverse, ma io, limite mio sicuramente, non ce la faccio con quel tipo di universo, per cui ho inserito un universo di mia scelta in cui ragazze e ragazzi si scambiano i ruoli. Questa flashfic può considerarsi collegata alle due one-shot Notte prima del mondiale e Notte dopo la finale che avevo pubblicato in occasione dei mondiali femminili del 2019. Contando che anche questa è estate di mondiali femminili, può essere un ulteriore omaggio alle calciatrici.

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Capitolo 27
*** Regola numero tre: mantenere l'equilibrio ***


Writober, giorno 27, AU Library



 
 
Regola numero tre: mantenere l’equilibrio
 
 
 



 
 
Takeshi stava attraversando la sala carico di libri da riporre sullo scaffale della narrativa europea contemporanea: ultimamente andava di gran moda tra i frequentatori della piccola biblioteca del quartiere Meiwa. Appoggiò la voluminosa pila su un tavolo ed iniziò a disporre i volumi in ordine.
Un rumore proveniente da oltre lo scaffale, nella sezione della narrativa americana, lo distrasse e gli fece tirare le orecchie. Non riuscendo bene a capire cosa stesse succedendo decise di andare a controllare.
Oltrepassò lo scaffale e si trovò davanti una ragazzina in piedi sulla piccola scaletta che cercava di raggiungere un libro sull’ultimo scaffale. Non era molto alta e per questo faceva molta fatica ad arrivare in cima, nonostante il supporto.
Takeshi si avvicinò per offrirle aiuto, ma temeva di spaventarla se l’avesse chiamata.
Ad un certo punto la ragazzina mise un piede in fallo, si sbilanciò e rischiò di cadere rovinosamente.
Sawada scattò in avanti e riuscì a prenderla tra le braccia.
“Attenta!”
Naoko si ritrovò a balbettare un ringraziamento confuso.
“Gra… Grazie.”
“Dovresti fare più attenzione: la prossima volta chiedi a me o a un mio collega.” Le suggerì Takeshi.
La giovane Hyuga annuì leggermente al bibliotecario.
“Ora però dovresti lasciarmi andare.”
Fu la volta di Sawada di trovarsi in imbarazzo e di allontanarsi abbastanza bruscamente, una volta poggiata bene a terra la ragazza. Non sapeva che gli fosse preso, di solito non si comportava così.
Per cambiare discorso salì sulla scaletta, cercando di apparire disinvolto:
“Che libro stavi cercando?”
“Il primo dello scaffale.”
Il bibliotecario recuperò velocemente quanto richiesto.
“Eccolo! Leggi qui o prendi in prestito?”
“Vorrei prenderlo in prestito.”
“Vieni, andiamo a registrarlo.”
Con passo sicuro la guidò alla sua scrivania, dove aveva il terminale per annotare tutti i prestiti che avvenivano. Era davanti a lei, le dava la schiena, sperando che non si accorgesse del suo turbamento: doveva riprendersi, non poteva andare in ansia solo per aver aiutato una bella ragazza, quante ne passavano ogni giorno in biblioteca? Non poteva fare così.
“Ecco a te. – Si voltò verso Naoko, restituendole il libro che aveva scelto – Hai tempo un mese per leggerlo, altrimenti devi passare a richiedere il prolungamento del prestito.”
La ragazza afferrò il volume, ringraziando con un sorriso:
“Sicuramente tornerò prima dei trenta giorni. A presto!”
Leggera sparì oltre l’ingresso della biblioteca.
Takeshi restò imbambolato a fissare il punto dove era sparita.
Si riscosse e si diede un leggero colpo sulla fronte: cosa stava combinando?
Lentamente tornò al suo lavoro, ma senza volerlo aveva iniziato nella sua testa il conto alla rovescia dei prossimi trenta giorni, in attesa del momento in cui Naoko sarebbe tornata per restituire il libro.





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In realtà avevo già una storia mezza AU con uno dei protagonisti che lavorava in biblioteca, ma siccome li ho già usati in altre flashfic ed appariranno ancora in questa raccolta, ho cercato di variare e di dare in questo modo spazio anche alla sorella di Kojiro. ;)
 

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Capitolo 28
*** Il concerto è sold out! ***


Writober, giorno 28, AU Band



 
Il concerto è sold out!
 
 
 
 



 
Il palazzetto era gremito, le luci si muovevano sugli spettatori in attesa che la band facesse il suo ingresso sul palcoscenico ed iniziasse il concerto. I Novantesimo Minuto erano il gruppo rivelazione dell’anno ed erano sulla cresta dell’onda: in cima alle classifiche, stavano registrando il sold out nel loro primo tour nazionale.
Sanae, Yoshiko e Yayoi non stavano più nella pelle per l’attesa. Bardate di Hakimaki e volto truccato, aspettavano che i loro idoli comparissero per cantare tutte le loro canzoni preferite.
Il palco si riempì di luce gialla e i tre componenti della band apparvero con i loro abiti di scena: Tsubasa Ozora al centro, guidava il gruppo come vocalist principale, alla sua destra Hikaru Matsuyama, autore di molte delle coreografie, alla sua sinistra Jun Misugi che spesso si esibiva anche al pianoforte, accompagnando le ballad più lente.
L’intero palazzetto esplose in un boato.
“Buonasera Tokyo Arena! – salutò Tsubasa – Siete pronti a cantare?”
Un altro urlo rispose alla chiamata del cantante.
“Allora diamoci dentro!” Incitò Matsuyama.
Il primo brano che eseguirono fu la loro prima canzone scritta insieme, quella che li aveva lanciati sul panorama nazionale. Le note si diffondevano nel palazzetto, insieme alla voce dei tre cantanti.
Dopo la strofa, il pubblico si unì a loro cantando il ritornello a squarciagola.
Sanae, Yoshiko e Yayoi saltavano e cantavano assieme alla band.
“Tsubasa, ti amo!” Urlò Sanae, al termine della canzone.
“Ma cosa dici?” La guardò stupefatta Yayoi.
“Oh, non fare la finta santarellina. Come si fa a resistere ad uno così!” Rispose Nakazawa.
Ozora si esibì in un grande sorriso a favore di pubblico, poi si abbassò a dare il cinque ai fortunati spettatori della prima fila, quasi attaccata al palco.
“Che invidia!” Sanae incrociò le braccia al petto.
La seconda canzone in scaletta proponeva una coreografia abbastanza complicata.
“Guardate come si muove Matsuyama! È fantastico!” Commentò Yoshiko, senza staccare gli occhi dall’assolo della star.
Gli altri due membri de I Novantesimo Minuto si unirono ad Hikaru per chiudere il brano ed attaccare subito con il successivo, un pezzo dal ritmo vivace che fece scaldare ancora di più l’atmosfera nel palazzetto.
Le ragazze erano quasi senza fiato nel seguire ed accompagnare i loro idoli.
“Direi che per ora abbiamo ballato a sufficienza! – Misugi si rivolse alla folla con un po’ di fiatone – Che ne dite di qualcosa di più tranquillo?”
Un faro si accese sopra un pianoforte a coda, provocando un nuovo urlo di gioia nel pubblico.
Jun agganciò il suo microfono al supporto del pianoforte e si sedette, cominciando a far scorrere elegantemente le mani sui tasti e intonando una lenta canzone d’amore.
Yayoi era rimasta a bocca spalancata, letteralmente rapita dalla sua voce dolce.
Ozora e Matsuyama si unirono a lui con un strofa a testa: tutti i brani del gruppo prevedevano la collaborazione di ognuno, era una loro regola.
Terminato il lento Tsubasa richiamò la folla:
“E adesso tutti insieme!”
Il concerto proseguì in crescendo di emozioni: le ragazze avrebbero ricordato a lungo la serata.




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Ed eccoci a questa nuova versione dei nostri eroi, portando alla ribalta le coppie canon ance se qui coppie ancora non sono. XD
Ognuna delle tre fan, pur amando al band pare abbia una predilezione per uno in particolare dei componenti...

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Capitolo 29
*** Tempo di space football ***


Writober, giorno 29, AU Future



 
Tempo di space football
 
 

 
 
 
La partita di space football che vedeva contrapposte Nankatsu e Toho era ancora in parità: entrambe le squadre avevano dimostrato, pur con stili diversi, un eccellente controllo dei loro ologrammi, senza che nessuna delle due riuscisse a prevalere nettamente sull’altra. Più spettacolare e acrobatico il gioco della Nankatsu, più veloce e potente quello della Toho.
Dal server centrale arrivò il segnale di fine primo tempo e tutti i visori vennero disconnessi in contemporanea.
Nella stanza riservata ai giocatori della Nankatsu, Tsubasa sfilò il visore ed i guanti speciali. Batté le mani e dal soffitto venne calato un asciugamano che utilizzò per asciugarsi la fronte.
“Coraggio ragazzi, possiamo ancora farcela! Abbiamo tutto il secondo tempo.”
“Se quel maledetto Hyuga smettesse di provocare sarebbe molto meglio!” Wakabayshi si era strappato rabbiosamente il visore e si stava lamentando dello storico rivale, come suo solito.
“Genzo, smettila. Sai che si diverte a vederti perdere la pazienza.” Commentò Ryo, prima di ingurgitare una pillola azzurra per reintegrare i sali minerali persi nella partita.
Le porte scorrevoli della stanza si aprirono ed entrò mister Furoya:
“Bel lavoro ragazzi. Per il secondo tempo dovremo modificare alcune cose: il server centrale ha appena mandato le informazioni sul nuovo scenario.”
L’uomo fece scorrere la mano destra davanti a sé, facendo apparire un sottile schermo visibile da entrambi i lati.
“Questo sarà il nuovo campo di gioco.”
Apparve una radura in un bosco, con alberi dal tronco spesso, un fiume che attraversava la zona e perfino una cascata su un lato. Le due porte si trovavano invece in prossimità di due zone particolarmente sassose.
Lo space football era stato battezzato così perché nella sua prima versione sperimentale, conteneva un unico scenario che permetteva di far giocare i propri ologrammi nello spazio, con tutte le regole di gravità stravolte. L’idea aveva avuto talmente tanto successo che gli scenari si erano moltiplicati fino ai più impensabili, mescolando paesaggi reali, alcuni che riproducevano squarci di natura non più rintracciabili sulla terra, a regole fisiche stravolte, oppure paesaggi immaginari o inesplorati con ferree regole fisiche. Ogni partita era un’insidia nuova anche solo per il terreno di gioco.
L’allenatore richiamò l’attenzione dei suoi giocatori:
“Genzo, rinforza le protezioni della tua divisa. Taro, modifica alcuni parametri di resistenza del tuo ologramma.”
Misaki annuì, iniziando a digitare sulla tastiera che aveva attorno al braccio sinistro: modificare le capacità del proprio ologramma, mantenendosi comunque in una fascia basata sulla propria struttura fisica di base, era una delle altre caratteristiche esclusive del nuovo sport.
“Fate attenzione, in questo nuovo scenario il peso del pallone è aumentato del 25%, mentre l’atmosfera è stata resa più densa.”
Wakabayshi sbuffò sonoramente:
“Il server sta giocando a favore della Toho!”
“Genzo lo sai che lo scenario viene scelto in modo casuale.”
Il portiere non era del tutto convinto, ma la sua replica venne fermata dal segnale acustico che avvisava di rindossare i visori per l’inizio del secondo tempo.
Tsubasa fece un ultimo cenno verso i compagni e si riconnesse all’incontro.




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In un ipotetico futuro in salsa CT non poteva certo mancare una versione futuristica ed iper tecnologica del calcio. Chissà quale preferirebbe Tsubasa.

ATTENZIONE: in giornata potrei caricare anche le ultime due flash fic che terminano la raccolta.

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Capitolo 30
*** Che vinca il migliore ***


Writober, giorno 30, AU Artist




 
Che vinca il migliore
 
 
 


 
 
Taro era impegnato a incidere la lastra di vetro colorato con la massima cura e precisione: voleva vincere la competizione per essere nominato realizzatore delle vetrate a Notre Dame. Avrebbe dato parecchio lustro alla sua bottega occuparsi della nuova cattedrale di Parigi.
Tuttavia il vetraio sapeva che non sarebbe stato facile: anche Pierre Le Blanc partecipava alla sfida ed era considerato il miglior artista di Francia in quel campo. Per quel motivo stava lavorando giorno e notte per presentare alla commissione qualcosa che li lasciasse a bocca aperta.
“Mastro Misaki, a che punto siete? Tra poco dovremmo recarci al palazzo del governo per il giudizio.”
Gli ricordò uno dei suoi garzoni.
“Grazie mille Jean. Devo solo finire quest’ultimo dettaglio, preparate il metallo fuso.”
Taro posizionò il pezzo di vetro rosso esattamente al centro della piccola vetrata dimostrativa che aveva realizzato, poi lo saldò al resto con il metallo fuso.
“Ora dobbiamo solo attendere che si raffreddi.”
Taro si allontanò con Jean ed iniziarono a sistemare delle coperte di lana con cui avrebbero avvolto il loro prototipo per non danneggiarlo durante il percorso.
 
L’atmosfera al palazzo del governo era elettrica: Mastro Le Blanc aveva appena mostrato la sua creazione, ottenendo un grande successo. Tutti ritenevano che avrebbe facilmente ottenuto l’incarico.
L’artista si inchinò di fronte alla commissione con fare molto elegante e si scostò.
Mancava un solo candidato all’appello.
“Misaki, faresti meglio a ritirarti. – Apostrofò Louis, il garzone di Pierre – Non hai nessuna speranza di competere. Anzi, non so perché ci siamo sottoposti a questa buffonata: era scontato fin dall’inizio chi è il migliore.”
Jean strinse i pugni.
“Ma sentite questo sbruffone!”
“Hai qualcosa da ridire piccoletto?” Provocò Louis.
La voce vellutata di Mastro Le Blanc giunse dalle loro spalle:
“Louis, lascia stare e comportati in maniera civile: tutti hanno diritto ad avere una possibilità.”
La commissione chiamò il nome di Mastro Misaki.
Taro deglutì, prima di avanzare al centro della sala.
Con cura scoprì il suo lavoro.
Non appena la vetrata fu visibile, un mormorio di stupore percorse tutti i presenti: non avevano mai visto nulla di così bello. La maestria tecnica nella lavorazione dei materiali era pari a quella di Mastro Le Blanc, ciò che convinceva maggiormente era l’accostamento dei colori, diverso da quello abituale eppure di indubbio gusto e grande effetto.
“Mastro Misaki – disse uno dei giudici – questa vetrata è incredibile. Credo di parlare a nome di tutti quando affermo che simili lavori renderebbero la cattedrale di Notre Dame un vero tributo alla maestà divina.”
Gli altri membri del gruppo annuivano convinti.
“Mastro Misaki – proseguì l’uomo – sarete voi ad occuparvi della realizzazione delle vetrate di Notre Dame. Dovete solo dirci quello che vi serve e ve lo forniremo.”
Taro era commosso: aveva partecipato, ma non aveva mai sperato fino in fondo di ottenere l’incarico, non se ne sentiva all’altezza.
“Sarà un grande onore per me.” Rispose.
Con la coda dell’occhio vide Mastro Le Blanc allontanare il suo inviperito garzone dalla sala.




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Per questo AU mi sono ispirata ad un fatto della storia italiana: la sfida del 1401 per trovare l'artista che avrebbe dovuto scolpire le formelle per la nuova porta del battistero di Firenze, uno degli episodi che hanno segnato l'inizio del Rinascimento.
Chi altro poteva essere coinvolto se non i due artisti del manga?

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Capitolo 31
*** A Lazarus short story ***


Writober, giorno 31, AU Zombie



 
A Lazarus short story
 
 
 
 
 
 
 
Il lazzaro si muoveva lento nel vicolo, con lo sguardo vitreo, rovistando nella spazzatura alla ricerca di qualcosa con cui nutrirsi.
“Ancora qualche passo, coraggio.” Pensò la donna che lo teneva sotto tiro.
Una folata di vento alle sue spalle portò il suo odore fino allo zombie. Il non morto alzò di scattò la testa e con velocità inaspettata si spostò verso di lei.
La donna fece scoccare la freccia che si piantò precisa nell’occhio destro del Lazzaro.
La creatura cadde a terra, contorcendosi per alcuni minuti, prima di rimanere immobile e morire definitivamente.
La donna uscì dal suo nascondiglio ed osservò il cadavere con odio, prima di estrarre la freccia e ripulirla: avrebbe potuto riutilizzarla. Per quella notte la caccia era conclusa ed era abbastanza tardi da riuscire a evitare di incontrare qualcuno mentre rientrava nella sua stanza alla Mayrabi, la ex clinica privata in cui da una decina di mesi aveva trovato rifugio il suo gruppo. Era certa che gli altri non avessero capito il modo in cui riusciva a sgattaiolare dentro e fuori senza passare per l’ingresso principale.
Percorse il corridoio con passo delicato.
“Sei uscita di nuovo da sola.”
La voce di Sanada la fece sobbalzare, cogliendola di sorpresa.
“Che vuoi Shinji?” Non aveva voglia di sorbirsi una predica.
“Yayoi, così ti autodistruggerai. Lui non vorrebbe questo.”
“Non osare nominarlo! E ora lasciami in pace!”
Aoba entrò nella sua stanza e chiuse violentemente la porta dietro di sé. Si sfilò la faretra e gettò l’arco. Solo allora si accasciò a terra e si permise di lasciar cadere un paio di lacrime sulle guance.
Non ne poteva più di tutti quelli che tentavano di farla desistere dalle sue battute di caccia tirando in ballo Misugi, pretendendo di sapere come lui vorrebbe che si comportassero. Nessuno poteva più saperlo, perché Misugi non era più con loro ed era solo colpa sua: se non fosse inciampata e caduta mentre scappavano durante la Grande Transumanza di Tokyo, Jun non sarebbe mai dovuto tornare indietro a prenderla. Quando era arrivato, l’aveva strappata per un soffio al morso di un lazzaro, ma la sua caviglia si era gonfiata e non le aveva permesso di correre abbastanza velocemente per non essere raggiunti. Jun allora se l’era caricata sulla schiena, lei era stata troppo codarda per opporsi. Erano riusciti ad arrivare al rifugio predisposto, ma, quando credevano di essere in salvo, Misugi si era accasciato al suolo stringendosi il petto: lo sforzo era stato troppo per il suo cuore. Avevano tentato di rianimarlo con tutti i mezzi che avevano a disposizione. Quando si erano rassegnati all’inevitabile, suo fratello l’aveva trascinata via urlante, perché non assistesse a quello che doveva essere fatto, sentì solo il colpo della pistola del signor Misugi.
Si era ripromessa che non sarebbe più stata debole, che nessuno sarebbe più morto per colpa sua. Per questo si era fatta addestrare ed avrebbe eliminato uno a uno quei lazzari e chiunque avesse dato il via a quella follia. Per vendetta, per Jun.





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Premessa: non mi piacciono gli zombie e non avevo assolutamente idee per questo AU, finché non mi è venuta in mente la serie Lazarus scritta qualche anno fa da Melanto. Dopo aver ottenuto da lei il permesso di ambientare una flashfic nel suo universo, le cose sono andate molto meglio.
Nella sua serie Melanto non tratta di questi personaggi e di questa zona, quindi questa flashfic non aggiunge e non toglie niente al suo lavoro. E' solo un mio piccolo omaggio.
La Grande Transumanza di Tokyo qui citata, avviene più o meno nello stesso periodo della Grande Transumanza o Day Two di Nankatsu, sarà che quando gli zombie si muovono devono muoversi in branco per tutta la nazione. XD La flash fic è ambientata circa un anno dopo la Grande Transumanza e Yayoi sta ancora pagando le conseguenze psicologiche di quanto avvenuto quel giorno. Chissà se riuscirà a riprendersi e tornare più simile a quella di un tempo. Per quanto riguarda Jun, obiettivamente, in un mondo del genere difficilmente avrebbe potuto sopravvivere a lungo...
Ecco il link della serie di Melanto che vi consiglio caldamente di leggere: clicca qui

E finalmente anche questa raccolta è finita! Ringrazio tutti quelli che hanno seguito, soprattutto per la pazienza di aspettare fino ad ora per vedere la conclusione.

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