Dimmi che ti ricorderai... di me

di ONLYKORINE
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pieno di altro ***
Capitolo 2: *** Ultima ***
Capitolo 3: *** Stanotte siamo solo io e te ***
Capitolo 4: *** La lettera di nonna Augusta ***
Capitolo 5: *** L'ultima notte la passo con te ***
Capitolo 6: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Pieno di altro ***


Pieno di altro
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prompt: Niente
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Neville si sentiva vibrare come se mille coltelli bollenti lo stessero trafiggendo. Il suo corpo era inerme e scosso dalla bacchetta di Goyle, lui non riusciva neanche a muoversi o a ribellarsi. La risata del Serpeverde gli arrivò ovattata come se avesse dovuto attraversare un lago ghiacciato e l'interno di un vulcano, gli riempì la mente e lo stordì tanto quanto la maledizione che gli aveva scagliato.
Fu solo quando il ragazzo abbassò la bacchetta che Neville ebbe un po' di pace, ma era stremato e cadde per terra, appoggiandosi sulle mani.
"Paciock, sei una schiappa!" lo prese in giro Tyger, seduto su uno dei banchi nell'aula di Difesa contro le arti oscure, mentre mangiava qualcosa da un sacchetto.

 

Hannah Abbott corse subito accanto a lui e gli chiese come stesse sottovoce, allungando le dita verso il suo viso e accarezzandogli la guancia in un gesto delicato e confortevole. "Lasciami stare" mormorò, spostandole la mano con un gesto stizzito.
Neville si alzò e guardò Carrow, in una muta richiesta. Il professore annuì distrattamente e gli fece cenno di riprendersi la bacchetta, lì sul banco dove l'aveva posata quando gliela aveva ritirata.
"Mi sembra scontato che i punti vadano ai Serpeverde, comunque. Non hai resistito neanche dieci minuti…"

 

Lo sguardo che gli lanciò Neville avrebbe potuto uccidere tanto quanto l'Anatema che uccide, ma prese la bacchetta e si diresse verso l'uscita senza dire niente.

 

*

 

"Non ci riesco, è impossibile!" esclamò Neville, mentre dava un calcio allo sgabello vicino alla vasca dove riposavano le mandragole, facendolo cadere.
"Devi vuotare la mente, Neville, è l'unica. Non devi pensare a niente."
La voce di Ginny era bassa, ma forte, mentre gli medicava un taglio sulla fronte.
"Non si può non pensare a niente. È impossibile: si pensa sempre a qualcosa" ribatté lui, borbottando.
Odiava la Maledizione Cruciatus, odiava quando Carrow ordinava di colpirlo, odiava quando sentiva il dolore premergli la pelle, i polmoni, le ossa. Odiava quando iniziava a tremare così tanto da aver paura di non smettere più. Odiava pensare che la sua mente avrebbe potuto fondersi e lui sarebbe finito come i suoi genitori. E loro non avrebbero più avuto nessuno che li avrebbe vendicati. E lui sarebbe stato un inetto, inutile più di quanto si sentiva in quel momento. E odiava il fatto di pensare che non voleva finire come loro.
Ci provava, a non pensare a niente, ma non ci riusciva. L'immagine dei suoi genitori, l'ultima volta che li aveva visti, si presentava sempre nella sua mente: sua madre si dondolava su una sedia a dondolo, cantando una ninnananna e cullando una palla di stracci fra le mani, mentre suo padre, dietro di lei, le teneva una mano sulla spalla. Nonna Augusta aveva detto che intonava la stessa canzone che gli cantava per farlo addormentare quando era piccolo e lui si era sentito stringere il petto a vedere la madre in quello stato.
Non voleva che succedesse anche a lui. E più lo pensava, più si sentiva in colpa. Come se non accettarli per quello che erano fosse un peccato criminale. Come se desiderare che fossero diversi, che potessero essere persone normali, lo rendesse una persona spregevole.
E più lo pensava più si sentiva vulnerabile.
Sospirò pesantemente mentre Ginny gli applicava un cerotto.

 

"Sai, Neville, forse vedi le cose nel modo sbagliato…" Luna, con i suoi occhiali, la sua collana di tappi e la sua aria stralunata, stava parlando a lui, ma guardava una delle piante adagiate per terra, in fondo alla serra. "Non è che non devi pensare a niente. Devi pensare al Niente".
Cosa stava dicendo Luna? Neville era stanco, fisicamente e mentalmente, e non aveva nessuna voglia di stare ad ascoltarla, ma aveva ancora un animo gentile e non disse niente, così guardò Ginny.
La Grifondoro alzò le spalle, nella muta risposta alla sua domanda, facendogli capire che forse valeva la pena ascoltarla.
"Che intendi?" chiese allora.

 

Luna sorrise mentre tornava verso di loro. "Niente non vuol dire 'vuoto', anche se lo pensano tutti. In verità, 'Niente', vuol dire pieno di altro".
Come? "Ma che sta dicendo?" sussurrò il ragazzo verso la rossa.
"Sai, potresti provare a vederla a modo suo" gli rispose lei, sempre sottovoce. Poi alzò la voce e domandò, direttamente alla Corvonero. "Luna, intendi che dovrebbe pensare a qualcosa di specifico?"
La bionda annuì, convinta come quando spiegava come un Gorgosprizzo si infilasse nelle orecchie per raggiungere il cervello. "Quando si pensa a Niente, in verità si pensa a qualcosa che riguarda solo noi, che nessun altro può pensare, qualcosa di unico e magico. Questo è l'unico modo per pensarci. E per salvarci. Devi pensare al tuo Niente. Quello che ti aiuta in momenti come quello in cui ti lanciano una cruciatus".

 

Ginny alzò tutte e due le sopracciglia. "Qualcosa tipo i pensieri felici del patronus? Sono diversi per tutti, ognuno pensa a un ricordo che genera sensazioni uniche e incomparabili".

 

Neville sospirò: era stato l'ultimo a generare il patronus quando si esercitavano nella stanza delle necessità, il suo cervello avrebbe fatto una brutta fine prima di riuscire anche solamente a pensare a qualsiasi cosa.
"Non ci riuscirò mai…"

 

"Certo che ci riuscirai, Neville. Sei un Grifondoro. Sei coraggioso e sei un amico d'oro."
Ginny si sporse verso di lui e gli baciò una guancia: non provò niente, niente di più che un leggero affetto per la ragazza. E sì che pensava di essere di cotto di lei. Le sorrise e guardò Luna: sapeva che le sue amiche stavano solo cercando di proteggerlo, ma era complicato.

 

*

 

"Sei pronto Paciock?" Goyle sghignazzò, facendo dondolare la bacchetta come fosse un bastone e facendola roteare fra le dita. Neville alzò un sopracciglio quando gli cadde per terra e lui si dovette chinare per raccoglierla.
Guardò Carrow che gli lanciò un'occhiata divertita e lo obbligò a posare la bacchetta. Si avvicinò al professore, ma prima che potesse appoggiarla, Goyle gli lanciò un incantesimo e Neville, istintivamente, si girò verso di lui, attaccandolo a sua volta.
La sua mossa, così fulminea, fece infuriare Goyle, e Neville sorrise sotto i baffi perché sapeva che duellare con qualcuno disarmato era l'unico modo per il Serpeverde per vincere un duello.

 

Neville posò la bacchetta e si preparò a ricevere la maledizione. "Non pensare a niente!" gli sussurrò Seamus, cercando di aiutarlo, ma il ragazzo preferì, quella volta, seguire un altro consiglio, quello di Luna. Così, invece di 'non pensare a niente' provò a pensare a qualcos'altro, qualcosa che lo facesse sentire bene.
Fu il viso di Hannah che gli comparve nella mente quando chiuse gli occhi mentre l'incantesimo lo colpiva in pieno, fu la sua mano ad accarezzargli il viso che rese sopportabile il dolore sulla pelle e fu sempre il calore che aveva sentito la lezione precedente a dargli la forza quando sentì il corpo iniziare a cedere.

 

Neville aprì gli occhi, alla fine della tortura, e capì ciò che il suo cuore e la sua mente sapevano e che lui aveva fatto fatica a realizzare: Hannah era il suo Niente, esattamente come lo intendeva Luna.  Sotto lo sguardo infuriato di Goyle, che puntò la bacchetta ancora, nonostante Carrow avesse dichiarato finito l'esercizio, recuperò la bacchetta e lo disarmò, lasciandolo impotente.
Sentì ridere e un piccolo applauso alle sue spalle e, quando si girò, vide il volto dei pochi compagni di classe mentre gli sorridevano, come se avesse vinto la prova contro i draghi alla Coppa Tremaghi.

 

Il suo sguardo corse a cercare Hannah, che lo guardava con gli occhi spalancati e pieni di meraviglia.
Si avvicinò a lei.
"Sei stato bravissimo!" esclamò, sincera e genuina.
"Come hai fatto?" gli chiese Ernie Macmilliam, che si era avvicinato in quel momento, dandogli una pacca sulla spalla. Subito fu circondato anche da Micheal Corner e Terry Steval che si complimentarono con lui. Neville si fece distrarre e perse di vista Hannah.
"Non lo so" rispose, allora, quando si rese conto che lei si era allontanata e non lo stava più guardando.

 

Avrebbe tanto voluto raggiungerla e confidarle: 'Ho pensato a te', ma rimase lì, fra le risate dei compagni e le pacche di incoraggiamento. Peccato che per Neville parlare con una ragazza fosse più difficile che affrontare una Cruciatus disarmato.

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***Eccomi! Allora la storia spero che sia almeno carina, ma non assicuro niente... Come il prompt di questo capitolo. 'Niente' e non 'mente', come avevo letto la prima volta (qualche forma di dislessia non correttamente diagnosticata? O una distrazione cronica? E chi lo sa...) quindi mi scuso per il capitolo, ma ormai lo avevo pensato così e non sono riuscita a farlo diversamente... Però ho cercato anche tutte le etimologie della parola e qualcosa è venuto fuori, senza infamia e senza lode.

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Capitolo 2
*** Ultima ***


ultima
Ultima
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Hannah si era sempre sentita ultima. A volte sapeva di farlo di proposito, a volte no.
'Sono l'ultima di tre sorelle'
'Vado per ultima, a chiudere la fila dei piccoli'
'Perché mi sembra sempre di essere l'ultima a capire le cose?'
Era frustante, ma c'era abituata.

 

Erano tornati da poco a Hogwarts dopo le vacanze natalizie e la scuola era sempre meno frequentata e più spaventosa, ma anche a casa non si stava bene: sua madre mancava a tutti loro e la tristezza regnava sovrana, per non parlare di quel Natale così tetro.
Quella mattina si era svegliata con una sensazione strana: nella notte aveva sognato sua madre e il dolore era stato così forte da impedirle di riaddormentarsi. Così, le sembrava di vagare imbambolata per il castello. Non aveva fatto una buona colazione perché le era venuta la nausea dopo aver bevuto il tè e si era rintanata in bagno, subito dopo aver aiutato alcuni dei primini che facevano ancora fatica a orientarsi nella scuola.
Purtroppo non aveva prestato attenzione all'orario e quando aveva sentito la prima campanella era corsa fuori dal bagno per raggiungere le serre.

 

Fu così che entrò un po' trafelata e con il fiatone, probabilmente aveva anche gli occhi rossi e gonfi, mentre la Professoressa Sprite le lanciava un'occhiata di rimprovero.
"Signorina Abbott, è arrivata per ultima e ho già diviso i suoi compagni. È rimasto solo Paciock, là all'ultimo tavolo, vada vicino a lui."
Hannah si voltò verso la direzione indicata dalla professoressa e annuì, contenta: poteva andarle male, molto male, e invece era andata bene, pensò passando accanto al tavolo dove Malfoy ridacchiava con il suo compagno di banco. "Merlino li fa ultimi e poi li accoppia insieme…"

 

Hannah vide lo sguardo di Neville indurirsi e fulminare il biondo Serpeverde. "Non dargli peso, Neville. Lascialo stare" gli suggerì, sedendosi accanto a lui.
"Sì Paciock, lascia stare, tanto sarai sempre dopo di me, lì, l'ultimo degli ultimi…" Malfoy ghignò ancora e la sua voce si fece sprezzante.

 

"Veramente Neville è il migliore, qui a Erbologia. Se la Sprite mi avesse messo con gli ultimi della classe, sarei seduta al tuo tavolo, Malfoy!" Hannah aveva sussurrato per non farsi scoprire dalla professoressa, ma gli altri ragazzi l'avevano sentita benissimo e qualcuno non era riuscito a nascondere una risatina.

 

"Brutta…" Malfoy si era alzato in piedi impugnando la bacchetta e puntandola verso di lei, che era rimasta troppo sorpresa dalla cosa per reagire, e aveva soltanto spalancato gli occhi.

 

"Sedetevi tutti e due". La voce ferma e dura della professoressa Sprite, le aveva tolto l'attenzione dal Serpeverde, facendola girare verso di lei. Perché aveva parlato al plurale? Hannah stava quasi per chiederlo quando vide, alla sua sinistra, Neville in piedi e con la bacchetta puntata contro il biondo.
Ma cosa…
Ancora più stranita, e preoccupata che lui potesse essere sgridato, gli appoggiò una mano sul braccio per farlo sedere, ma Neville continuò a guardare Malfoy e si sedette solamente quando anche lui lo fece.

 

"Non dovevi…"
"Da quando non c'è Harry a metterlo in riga, Malfoy sta diventando sempre peggio…" disse Neville, lanciando occhiate oblique al tavolo dei Serpeverde, che lo ricambiavano con gestacci e smorfie.
"Grazie, comunque" disse ancora Hannah, sentendo le guance prendere colore.
Neville si voltò verso di lei e fece un piccolo sorriso. "Hai detto delle cose carine su di me…"
Hannah sorrise sincera. "Ho detto la verità, Neville: sei il più bravo a erbologia".
Stranamente lui disse più niente e la ragazza pensò che lui l'avesse difesa solo per quello che aveva detto. Un po' ci rimase male, ma sapeva che lui non era uno che si metteva in mostra per niente. Ed era gentile. Forse lo avrebbe fatto con chiunque.

 

Per tutta la lezione Neville parlò più di quello che era appena successo, rivolgendole la parola solo per quanto riguardava i compiti e le istruzioni che dava la professoressa. Hannah pensò di aver fatto qualcosa di sbagliato e, alla fine della lezione, tentò di fermare il ragazzo, per chiarire la situazione e, eventualmente, scusarsi. Forse lui pensava che lei avesse detto quelle parole per prenderlo in giro o chissà che.

 

"Neville…" lo chiamò, mentre radunava le sue cose e raccoglieva il mantello dall'attaccapanni. "Io…"
"Scusami, Hannah, ma devo andare... devo fare una cosa importante…"
"Oh, certo, scusami…" gli rispose, guardandolo scappare via.

 

Si incamminò verso il castello, ma il suo umore non era migliorato da quella mattina. Quando entrò dal portone vide il Grifondoro parlare fitto con Ginny Weasley in un angolo nascosto e il suo petto si strinse in una morsa: Ginny Weasley era bellissima e coraggiosa, e di sicuro non piagnucolava in bagno perché le mancava la mamma. E sapeva cosa dire a un ragazzo per far sì che si accorgesse del suo interesse per lui, non era imbranata come Hannah.

 

"Mi sa che sei arrivata di nuovo ultima, eh, Abbott?" La risata di Malfoy, che le passava accanto insieme a Tiger, le spezzò il cuore, non perché l'aveva detta lui, ma perché purtroppo era la verità e questa volta faceva male.

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Capitolo 3
*** Stanotte siamo solo io e te ***


Stanotte siamo solo io e te
(Prompt: notte)
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Neville sospirò e si chiuse alle spalle la porta della torre di Astronomia. C'era freddissimo ma la notte era serena e il cielo limpido.
Sapeva che difficilmente i Carrow lo avrebbero cercato lì. Anche se avevano iniziato a essere sempre più difficile. Si massaggiò il braccio dove era stato colpito proprio quel pomeriggio e pensò che presto avrebbero passato il limite. Lui e Ginny erano rimasti soli dopo Natale, perché Luna era stata rapita e non era tornata.

 

Sospirò guardando il cielo: quando era piccolo aveva paura della notte, sua nonna brontolava ma acconsentiva a lasciargli una piccola lampada sulla mensola per raschiare la notte e impedire che qualsiasi mostro potesse nascondersi nel buio, mentre ora lo andava a cercare per nascondersi lui stesso.

 

"Neville…" lo chiamò una voce, sussurrando.
Il ragazzo tirò fuori la bacchetta praticamente senza pensarci in un gesto istintivo e protettivo, ma la abbassò subito quando si trovò di fronte Hannah. "Scusa, non volevo spaventarti…" Per fortuna c'era buio e Neville poteva sfruttarlo per nascondere l'imbarazzo che gli era salito al viso.

 

"Hannah, scusa tu, non ti avevo visto" replicò, mettendo via la bacchetta.
"Mi stavo nascondendo" ammise lei e Neville inclinò la testa di lato: si nascondeva? Da chi? E perché?
"Ma stai bene?" le chiese, avvicinandosi. Alla luce della Luna vide che i suoi occhi erano lucidi e un po' gonfi: aveva pianto? "I Carrow ti hanno…"

 

Hannah scosse il capo. "No, no, niente del genere… Solo un po' di… ma niente…"  Si portò una mano al viso e asciugò una lacrima.
"Hannah…" Improvvisamente coraggioso come quando aveva chiesto ad Alecto quanto sangue babbano avesse nelle vene solo per provocarlo, Neville si avvicinò a lei.
La ragazza fece due passi verso di lui e nascose il viso contro il suo petto, continuando a piangere.
Neville rimase impietrito: non sapeva cosa fare, visto che per lui le ragazze erano un enigma senza soluzione. Riusciva a ribattere ai Carrow e a difendere i piccoli più facilmente che rispondere quando una ragazza gli rivolgeva la parola. Soprattutto con Hannah. Come era successo qualche settimana prima, quando si erano trovati insieme a fare erbologia e lei era stata così carina con lui, chiacchierando e sorridendogli per tutto il tempo; e lui era andato in tilt, non capendo più niente. Quando alla fine era scappato via, poi, Ginny gli aveva detto di aver scoperto che Luna era stata rapita e lui non era riuscito più a fare niente.

 

"Scusami, Neville, non…" La voce della Tassorosso era triste e al ragazzo sembrò che il cuore gli si spezzasse in più pezzi, mentre si spostava da lui. Forse era giunto il momento di essere coraggioso, di essere la persona che voleva diventare.

 

"Non scusarti. Non dire niente" la tranquillizzò e ricambiando l'abbraccio la strinse di nuovo a sé, mentre la cullava.

 

Fu solo dopo tantissimo tempo, una manciata di secondi, qualche mese, pochi istanti e qualche vita dopo, che Hannah riuscì a smettere di singhiozzare. "Ti ho bagnato il mantello…"

 

"È lo stesso. Stai meglio?" le chiese, preoccupato ma anche sollevato perché il suo viso sembrava più rilassato di prima.

 

La ragazza annuì e guardò il cielo scuro. "Avevo voglia di vedere le stelle, stanotte" spiegò, allontanandosi da lui. "Da quando mia madre non c'è più mi sembra di riuscire a trovare conforto solo nelle stelle…" disse ancora. Poi si voltò verso di lui. "Ti devo sembrare proprio stupida, vero?"

 

Neville spalancò gli occhi: mai avrebbe potuto pensarlo! "Assolutamente. Capisco quello che provi" spiegò, guardando anche lui quello stesso cielo.
Si voltò verso la ragazza quando sentì la piccola mano calda scivolare nella sua. "Questo dolore passerà mai?" gli chiese, senza aspettarsi una risposta.
"No" confidò lui, stringendo le sue dita. "Ma imparerai a sopportarlo" promise.

 

"Mi sembra di dover sopportare troppe cose. A volte ho paura di non farcela…" Hannah sospirò, per poi voltare il viso verso di lui. "Fossimo tutti come te, che sei così…"

 

Neville, pensando che lo stesse prendendo in giro, scivolò via dalla sua stretta e fece un passo indietro: Hannah si voltò a guardarlo. "Non so perché pensi queste cose di me. Anche l'altro giorno nella serra… Io…" Il ragazzo abbassò lo sguardo e forse lei dovette capire ciò che stava provando, perché gli disse: "Io so vedere tante cose. So che i tuoi gesti non sono eclatanti, ma io so riconoscere quando una persona è forte e nobile. Quando aiuta qualcun altro senza un tornaconto o quando affronta una paura senza che nessuno lo sappia".
Sconvolto da quello che lei pensava di sapere su di lui, delle bugie che pensava si fosse costruita, Neville scosse la testa e fece altri passi indietro, finché non sbatté contro il muro della torre. "Ti sbagli. Non capisco perché pensi queste cose di me" mormorò. Si stava sbagliando: lui non era come lo stava descrivendo, lui non era coraggioso o in gamba… Avrebbe voluto esserlo, essere come Harry o Ron, o Seamus, ma lui non lo era. Si accasciò in terra, sedendosi, come se quei pensieri gli avessero risucchiato tutte le energie.

 

Hannah gli andò vicino e si sedette accanto a lui, incurante del freddo e del gelo della notte. "Neville, tutti noi ti vediamo, vediamo chi sei. Io ti ascolto quando incoraggi gli altri, quando dici loro che Harry Potter è vicino e arriverà a salvarci. Che siamo l'esercito di Silente e dobbiamo continuare a sostenerci. Neville, sei tu che ci aiuti, che ci dai forza, non vedo perché non dovrei pensare bene di te…"
La ragazza gli prese la mano e lui la guardò mentre, con gli occhi sgranati, elencava tutte le qualità che pensava che avesse, ma di cui lui non era sicuro di meritarsi i complimenti.

 

"Se ti confido un segreto, prometti di non dirlo a nessuno?"
Hannah annuì, sorpresa. "Certo".

 

"Il più delle volte sento di non farcela. Da quando Luna è stata rapita, poi, la mia mente non riesce più a trovare pace. A volte ho paura che tutto quello che sto facendo non servirà a niente, che non riusciremo mai a sconfiggerlo o che…"

 

"No!" esclamò Hannah, con gli occhi sbarrati. "Non devi dubitare di quello che stai facendo. Sei così importante per tutti che…"

 

"Tu non capisci: e se tutto questo finirà come il fumo di una pozione venuta male? E se tutto il nostro resistere, la nostra forza, il nostro voler credere, alla fine ci si rivoltasse contro? E se Harry non…"

 

Hannah gli posò una mano sulle labbra. "Non dirlo. Se anche dovesse succedere che qualcuno non dovesse farcela, o se verremo qualche volta sconfitti, quello che stai facendo, quello che stiamo facendo, tutti insieme, deve servire a qualcosa".
"E a cosa?" sussurrò Neville, prendendole la mano e stringendo le dita fra le sue.
"A sapere che non saremo mai soli, finché lotteremo tutti dalla stessa parte. Così Tu-sai-chi non potrà mai vincere su di noi. I Carrow possono anche vincere sui nostri corpi…" disse, toccandosi inconsapevolmente un fianco e Neville capì che era dove era stata colpita il giorno prima da Goyle a difesa delle Arti Oscure. "Ma non potranno mai vincere sui nostri pensieri, le nostre azioni, il nostro essere l'Esercito di Silente. Non devono. Perché altrimenti avranno vinto davvero. E non dobbiamo permetterlo".

 

Neville continuò a tenere la mano della ragazza e annuì: sapeva che aveva ragione, ma a volte era difficile. Guardò di nuovo il cielo. "Ti va di passare la notte con me?"

 

Quando le gote di Hannah assunsero il colore del succo di melograno, capì che aveva frainteso. "No, intendevo… Probabilmente eri venuta qui per stare da sola e io ti sto disturbando…" Neville lasciò la sua mano e si passò le dita fra i capelli, nervoso e agitato per l'imbarazzo.

 

"Neville, non vorrei essere con nessun altro. In nessun altro posto, se non qui, con te. Passiamo la notte insieme. Io e te."
Hannah alzò le loro mani unite e baciò le sue dita, prima di strofinare la guancia sulla sua pelle.

 

Quella fu la prima di tantissime notti.

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 ***Eccomi con un altro minicapitolo! Ormai dovreste anche aver capito qual è la canzone, vero? 😏🤭😊💜

Spero di riuscire a mantenerne anche il significato il più possibile... Grazie di aver letto, spero che vi sia piaciuta.

Un abbraccio.

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Capitolo 4
*** La lettera di nonna Augusta ***


La lettera di nonna Augusta

Prompt: Bere

 

Era già una settimana che si erano rifugiati nella stanza delle necessità senza più uscirne. Hannah aveva accompagnato personalmente i ragazzini dei primi anni da Neville per farli curare dalle maledizioni che i Serpeverde avevano lanciato loro e aveva notato i cambiamenti: la stanza si era allargata man mano che erano aumentati gli occupanti e apparivano amache appese ai pali di legno ogni volta che arrivava la sera.

 

Ma stare in tanti chiusi dentro una stanza, per quanto grande, era devastante per tutti: si erano creati malumori e dissapori e il malcontento si sentiva un po' ovunque.

 

Hannah si alzò da terra, dove si era accovacciata a consolare Janine, una ragazzina Corvonero che piangeva disperata, guardandosi intorno per capire se ci fosse bisogno del suo intervento da qualche parte.

Vide Neville entrare dal passaggio con il pub 'Il piede di porco', portando dei grossi vassoi, e gli sorrise: si era creata una bella amicizia fra di loro e avevano passato parecchie notti a parlare insieme.

 

Molti ragazzini si avventurarono velocemente verso la parte della stanza che serviva da refettorio: era ora di cena e tutti sapevano che Abeforth tentava di tener su loro il morale cucinando manicaretti. Beh, manicaretti con quello che riusciva a trovare in giro; ma i pasti erano sempre puntuali e servivano da svago per tutti.

 

Dopo pochi minuti, altri ragazzi dell'ultimo anno varcarono la porta del passaggio segreto e quando Ernie tirò fuori, da sotto il maglione, una bottiglia di liquore, si sollevarono gridolini eccitati intorno a lui. Subito l'attenzione di tutti fu catturata dal gruppetto di ragazzi: dopo il Tassorosso, anche gli altri avevano scoperto i loro tesori, ed erano tutti alcolici.

 

Hannah guardò subito verso Neville, per capire se anche lui avesse rubato ad Abeforth qualcosa dalla cantina, ma dall'espressione sul suo viso, capì che ne era all'oscuro. Lui scosse la testa, ma non disse niente, mentre la stanza delle necessità faceva apparire tavoli puliti e posate per tutti.

 

Durante la cena, molto più chiassosa del solito, perché tutti avevano da dire la loro su chi potesse assaggiare o meno i liquori, Neville fu stranamente silenzioso; molto più del solito.
"Tutto bene?" gli chiese Hannah, in un sussurro, mentre gli posava la mano sul braccio.
Il ragazzo scosse le spalle e annuì distrattamente: lei si fece bastare quel gesto e non disse più niente, cercando di tenere sotto controllo i ragazzi più piccoli che erano stati presi da una strana agitazione, mentre gli studenti dell'ultimo anno si esaltavano vivacemente.

 

"Ti va di uscire da qui?" le chiese Neville dopo cena, sussurrando la sua proposta come se stesse formulando un voto infrangibile.
"E dove andiamo? Se usciamo, i Carrow…" Ma il ragazzo non la fece finire di parlare.
"Ho scoperto che la stanza ti fa uscire in un punto in cui non c'è nessuno. Se siamo fortunati potremmo riuscire ad arrivare alla stanza di divinazione o alla torre di Astronomia…" propose ancora lui.
A Hannah, a dir la verità, non è che interessasse tanto dove sarebbero andati: per lei stare  con Neville era la cosa più importante e se lui voleva andare da qualche parte con lei, lci sarebbe andata.
"Va bene" acconsentì.

 

Passarono in mezzo alle amache e ai ragazzini già addormentati, mentre il gruppetto che si era dato all'alcol, era in un angolo del salone, che ridacchiava e diceva stramberie.
Hannah li guardò mentre passavano loro davanti. "Dici che staranno bene?"
"Sì. Anzi, sono convinto che questa distrazione porterà un po' di scompiglio, ma tirerà su il morale. Domani saranno…"
"Domani avranno un gran mal di testa!" sussurrò Hannah, però lo disse ridendo con la mano davanti alla bocca.
"Eh, così non esagereranno più". Neville le regalò un sorriso bellissimo e la ragazza provò un tuffo al cuore.

 

La porta della stanza delle necessità si aprì in uno scivolo che sbucò esattamente sotto alla botola della stanza della Cooman.
"Avevi ragione!" mormorò, sorpresa.
Neville non disse niente, ma fece scorrere la scala che portava all'attico e poi, lasciandola andare per prima, per controllare il corridoio, la seguì subito dopo.
"Si sta bene. C'è anche il camino acceso…" notò la ragazza.

 

Neville si sistemò sul tappeto davanti al camino proprio nel momento in cui lo fece lei, in un gesto coordinato, ma senza bisogno di dirsi niente e quando se ne accorsero, a tutti e due si colorarono le guance di rosso.
"Hanno cercato di rapire di mia nonna" disse il ragazzo, dopo un po' di silenzio. Come? Hannah si voltò di scatto verso di lui.
"Cosa?"
Neville si toccò il maglione della divisa, che nonostante non ci fosse più bisogno di indossare lui non aveva ancora abbandonato, proprio all'altezza del cuore e Hannah capì che stava toccando qualcosa nel taschino della camicia, che portava sotto al pullover.
Tirò fuori una pergamena piegata che sembrava aver visto momenti migliori e la distese, con un luccichio negli occhi che a Hannah ricordò perché aveva scelto di fidarsi di lui.
Lo ascoltò mentre leggeva la lettera che sua nonna era riuscita a spedirgli, dove gli raccontava che alcuni ghermidori si erano presentati a casa sua, convinti che fosse una vecchina indifesa e che non avrebbe opposto resistenza. Ma non avevano fatto i conti con Augusta Paciock, che a Hogwarts era stata una Grifondoro coraggiosa e non si era mai fatta mettere i piedi in testa da nessuno, così non erano preparati alla sua resistenza.
Per fortuna nonna Augusta ora stava bene, anche se preferiva non rivelare a Neville dove si trovasse, nel caso che il suo gufo venisse intercettato, ma si complimentava con lui perché quello che aveva scoperto dai delinquenti era che volevano rapirla per far desistere il nipote nella sua lotta contro il potere dei Carrow e di Piton.
Finiva la lettera con una frase che emozionò Neville a tal punto che la sua voce si fermò più volte e si ruppe in gola, ma lui continuò a leggere perché ne era orgoglioso.

 

"…Sei cresciuto, mio piccolo Neville, stai diventando un mago coraggioso e valoroso, vorrei vederti ora, ma aspetterò il momento giusto e quando sarà, ti abbraccerò forte perché porterò con me anche l'amore di Frank e Alice, i tuoi genitori, che sarebbero così orgogliosi di te. Non mollare, sii audace e temerario e ricorda che sono fiera di quello che stai facendo…"

 

Hannah aveva le lacrime agli occhi e guardava il ragazzo con uno sguardo adorante. Lei lo sapeva che lui era coraggioso, lo aveva sempre saputo. Ora, lo sapeva anche lui.

"È una lettera bellissima, Neville."

 

"Non volevo bere, stasera. Mi sarei scordato di questo momento."
"Questo momento?" chiese, stranita, la ragazza.
"Condividere questa cosa con te…"
Hannah sentì le guance andare a fuoco, mentre il calore le riempiva il petto.
"Grazie, Neville. Mi hai fatto un regalo bellissimo."
"Vantarmi di quello che mi ha scritto mia nonna?"
La ragazza sorrise e si voltò verso di lui.
"Mi hai concesso la tua fiducia."

 

E così dicendo si sporse verso di lui, gli prese il viso fra le mani e posò le labbra sulle sue.

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Capitolo 5
*** L'ultima notte la passo con te ***


L'ultima notte la passo con te

Prompt: stelle

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Era una serata come le altre, quel primo di Maggio; tutte uguali, interminabili, lunghe e difficili. I ragazzi erano confinati nella stanza delle necessità da così tanto tempo che sembravano passati anni.

 

All'ennesimo pianto isterico e litigio, Neville si alzò da terra e iniziò a camminare avanti e indietro: non poteva essere così. Non aveva senso. Dovevano solo aspettare? Quando sarebbe finito tutto? Quand'è che Voldemort si sarebbe presentato? Quell'attesa era snervante, lo stare chiusi in quell'enorme stanzone metteva a dura prova tutti e ormai anche Hogsmeade era pattugliata da Ghermidori e Mangiamorte.
"Non ce la faccio più…" Si lagnò, come un ragazzino del primo anno, continuando a camminare nonostante zoppicasse come una vecchia col bastone.
Subito una mano si infilò fra le sue dita e lui sentì il nervosismo scivolargli giù dalle spalle. "Hannah" mormorò, senza neanche voltarsi, stringendo le sua dita e rallentando il passo.
"Vuoi andare fuori?" gli chiese lei, avvicinandosi al suo orecchio per non farsi sentire dagli altri: Neville non permetteva a nessuno di uscire, se non a qualcuno del settimo anno, perché era troppo pericoloso, ma a volte anche lui aveva bisogno di un po' di pace, per poter reggere tutto.
"Potremmo andare nell'aula di divinazione" propose ancora la ragazza e lui finalmente si voltò verso di lei, che gli sorrise dolcemente.
"È pericoloso. Se ci dovessero beccare…" Neville aveva bisogno di quei momenti solo con Hannah, ma il problema era sempre quando dovevano tornare nella stanza delle necessità: la porta d'entrata era lontana e lui aveva il terrore che qualcuno si accorgesse di loro e potesse far del male alla ragazza.
Lei sorrise senza dire niente e si strinse a lui. Però… in fin dei conti avrebbero potuto provare. La stanza di divinazione non era così lontana dal settimo piano… Le portò una mano sulle spalle e si mosse con cautela verso il muro: forse così non si sarebbero fatti notare…

 

*

 

Hannah strinse forte la mano di Neville quando lui l'aiutò a salire dalla botola: alla fine erano usciti dalla stanza delle necessità anche se per il Grifondoro era molto pericoloso perché i Carrow ormai erano diventati spietati e gli ultimi incantesimi che avevano lanciato loro erano stati tremendi: sapeva che un anatema che uccide non era da escludere.
Neville si stese sul tappeto davanti al camino e Hannah si sedette accanto a lui, sfiorandogli il viso e le sue ferite che, anche dopo una settimana, non erano guarite del tutto. "Ti fa male?" gli chiese e lui scosse le spalle: era così coraggioso. Buono, leale e coraggioso; erano così fortunati ad averlo come guida. Si chinò a baciargli il taglio che aveva sulla guancia e una lacrima le scivolò oltre le ciglia.
Neville le fece una carezza. "Finirà presto" disse e lei annuì; sapeva che era vero anche se a volte sembrava veramente impossibile. "Te lo prometto".
Hannah sorrise tristemente. "Non dovresti fare promesse che non puoi mantenere, Neville".
"Vorrei farti ben altre promesse, Hannah. E quelle le manterrei."
Lei non disse altro e continuò ad accarezzargli i capelli. Poi, senza preavviso, Neville si tirò su a sedere e si avvicinò a lei per baciarla: non era diventato coraggioso solo con gli incantesimi difensivi e la protezione degli studenti, ora lo era anche con lei e Hannah, con lui, si sentiva al sicuro.
Ricambiò il suo bacio e gli portò una mano al viso quando dal fondo dell'aula sentirono il rumore di uno sgabello spostato. Neville scattò in piedi con la bacchetta spianata. "Chi va là?" chiese, con un tono basso e roco. Hannah era riuscita solamente a voltarsi: lui, invece, era stato velocissimo.
La professoressa Cooman uscì da quello che sembrava un nascondiglio dietro a una poltrona e barcollò verso di loro. Hannah vide Neville abbassare leggermente la bacchetta, ma non del tutto.
"Professoressa Cooman?" la chiamò, ma lei non sembrava lucida. "È ubriaca, secondo te?" le chiese il ragazzo quando la strega non gli rispose. Hannah alzò le spalle.
"È stanotte. È stanotte. Sarà una notte di stelle…" incominciò a parlare, con una cadenza strana.
"Che succede? Cosa dice?"
Neville strabuzzò gli occhi. "Penso… Penso sia una profezia…"
Hannah spalancò gli occhi, tornando a posare lo sguardo sulla donna che ora sembrava guardare un punto fisso, ma senza vederlo veramente.

 

"Stanotte precipiteranno molte stelle. E altre saliranno al cielo.
Stanotte è la notte in cui ombre e luci si scontreranno; segreti celati verranno allo scoperto e chi si credeva un nemico sarà rivalutato.
Sarà l'unione di più mani a sconfiggere colui che alla morte una volta è già scampato.
Notte di luna crescente, notte di cambiamenti.
Molti cadranno e solo uno si rialzerà;
il mondo magico stanotte gioirà."

 

Hannah sbarrò gli occhi, sentendo quelle parole e si girò verso Neville. "Hai… hai sentito?"
Neville abbassò la mano che reggeva la bacchetta e voltò il viso verso di lei. "Sì" rispose solamente. Nessuno dei due si mosse. Poi, la Cooman sbatté gli occhi dietro agli spessi occhiali e li guardò come se li vedesse per la prima volta. "E voi cosa fate qui?"
"Ci siamo nascosti" spiegò Neville e, stranamente, la strega annuì senza dire nient'altro.
"Sta bene, professoressa?" La donna la guardò, ma non mosse un altro muscolo.
"Lui stanotte morirà."
"Chi? Voldemort? O…" Neville non continuò, ma lei sapeva benissimo di chi parlava.
"Harry Potter" disse ancora la strega e Hannah vide benissimo Neville sbiancare.
La ragazza lo prese per mano e lo trascinò quasi di peso verso la botola.
"Buonanotte, professoressa" salutò, ma la donna non fece cenno di averla sentita.
Appena si richiusero la botola alle spalle, Sibilla Cooman guardò fisso verso il camino.
"Morirà, ma poi si rialzerà" mormorò ancora, guardando le fiamme.

 

*

"È pericoloso stare fuori…"
"Era pericoloso anche là dentro, Neville."
Il ragazzo annuì e poi guardò in basso: sapeva che la Cooman aveva predetto milioni di morti differenti per Harry, ma questa volta, sembrava una cosa più seria. Sembrava quasi che…
"Neville, guardami" disse lei e Neville ubbidì. "Ti ricordi quando la Cooman aveva detto che Harry sarebbe morto al terzo anno? O al quarto?" Lui annuì senza dire niente. "Ecco: non è successo. Non è mai successo. Questa è una di quelle volte" continuò, decisa.
Neville, stranamente, non riusciva a crederci. Cos'altro aveva detto? L'unione delle mani, il nemico rivalutato… Cosa intendeva? Chi era il nemico? "Com'era la profezia?"
"Neville!" Hannah ora sembrava la McGranitt quando sgridava qualcuno. "Ha detto che il mondo magico gioirà: concentrati su questo" gli ordinò.
"Ha detto anche che…"

 

"Stanotte si combatterà, dobbiamo avvisare gli altri" rimarcò Hannah, prendendogli la mano e trascinandolo via: era pericoloso rimanere fuori nei corridoi, soprattutto se Neville era così scosso.
Quando tornarono alla stanza delle necessità, notarono un gruppetto di ragazzi verso il fondo del locale, quello da cui Neville e gli altri ragazzi del settimo anno raggiungevano Aberforth per i pasti e le notizie dall'esterno.
"Cosa sta succedendo?" chiese la voce del ragazzo al suo fianco. Sentì la sua stanchezza come se potesse sfiorarla con le dita.
Un ragazzino che portava ancora i colori dei Corvonero arrivò verso di loro correndo e chiamando Neville a gran voce.
"Vieni, Neville! Lei è molto spaventata!"
Neville guardò Hannah che ricambiò il suo sguardo con la stessa curiosità; gli fece cenno con la testa di seguire il ragazzino e questi lo prese per mano per portarlo in mezzo alla folla.

 

Neville vide i ragazzi allargarsi al suo passaggio fino a quando non si trovò di fronte la figura di una ragazzina sottile e bassa per l'età che sapeva che aveva.
"Ariana" la salutò, riconoscendola. Lei non disse una parola, non lo aveva mai fatto, ma il suo viso si colorì di un sorriso quando lo vide. Senza dire niente si girò per tornare verso il tunnel da dove era entrata e Neville capì che doveva seguirla.
"Perché è venuta a cercarmi?" mormorò fra sé e sé, mentre gli altri osservavano la piccola figura camminare lentamente.
"Seguila, Neville. Sarà qualcosa di importante". La voce di Hannah, al suo fianco, lo svegliò dai suoi pensieri.
"Pensi che sia arrivato il momento di…"
"Non lo so. Ma noi siamo pronti. E se la profezia è giusta, sarà stanotte" rimarcò lei. Neville annuì, per poi voltarsi verso il tunnel. "E se lui…"
"Se troverai Harry, cosa che spero, non dirgli della profezia, Neville". Gli occhi di Hannah si allargarono proporzionalmente a quanto la sua voce si abbassò.
"Ma lui non dovrebbe sapere?"

 

Hannah scosse il capo. Non sempre sapere quello che succederà è utile. E nel caso di quella profezia, così strana e che non avevano avuto tempo di analizzare, non sembrava il caso di riferirla a chicchessia. E poi chi lo sa, magari non sarebbe stato Harry a perire quella notte. E nel dubbio, lo erano già. Sicuramente anche lui aveva messo in conto quel rischio, per quanto doloroso potesse essere, perché Harry Potter era coraggioso. Ma era pur sempre un ragazzo di diciassette anni e renderlo ancora più insicuro non lo avrebbe aiutato di certo.
"Sappiamo solo che questa notte il mondo magico gioirà, Neville. Se vedrai Harry, vorrà dire che, in un modo o nell'altro, tutto finirà."

 

Neville annuì ancora e, quando Hannah fece per girarsi per tornare dagli altri, la prese per le spalle e la baciò davanti a tutti. "Resta con me, stanotte" sussurrò, appena si staccò da lei e poco prima di correre zoppicando dietro alla ragazza del ritratto, troppo imbarazzato per aspettare la sua risposta.

 

"Starei sempre con te, Neville" sussurrò Hannah, alla sua schiena.

 

*

 

Harry Potter fece l'ingresso nella stanza delle necessità e venne accolto come l'eroe che tutti si aspettavano di trovare. Hannah non riuscì quasi più a parlare con Neville, ma non ce ne fu bisogno: ogni volta che lui incrociava lo sguardo con il suo lo vedeva carico e pronto ad aiutare, così come era stato negli ultimi tempi, ma Harry riusciva a trasmettergli tutta la fiducia di cui aveva bisogno e lo aveva fatto riprendere dagli ultimi dubbi che lo avevano dilaniato. Alla spicciolata arrivarono anche tutti gli altri: studenti diplomati negli anni precedenti, Dean Thomas e Luna Lovegood e anche Ginny Weasley con i suoi fratelli. Hannah si fece da parte e lasciò che Neville e gli altri parlassero di quello che sarebbe successo quella notte.
Quella notte sarebbe finito tutto, probabilmente. Quella notte il mondo magico sarebbe stato salvo. Lanciò a Neville un sorriso di incoraggiamento, ma non fu sicura che lui lo avesse visto, così tornò a guardare verso Harry che usciva dalla stanza delle necessità con Luna.

 

*

 

Neville notò Hannah correre in uno dei momenti della battaglia: era stanco, affamato e aveva già contato troppi morti perché potesse davvero essere una notte di svolta.
Non la vedeva da quando la battaglia era iniziata veramente e le loro bacchette avevano lanciato più incantesimi che in tutti quegli anni, ma vederla gli diede, per un attimo, solo per un attimo, un senso di pace. Fino a quando non inciampò in un pezzo di marmo che si era staccato dalle scale; esausto, si sedette su uno dei gradini, prendendosi la testa fra le mani. Lei dovette sentire la sua presenza o qualcosa del genere, perché si voltò in tempo e lo vide.

 

Hannah stava correndo lungo uno dei corridoi che davano sull'entrata quando notò Neville accasciarsi su un gradino. Senza pensarci, colpì la ringhiera di pietra di una scalinata e scavalcò i rottami per raggiungerlo.
"Neville…" lo chiamò, avvicinandosi.
"Hannah, Hannah…" sembrava l'ombra del ragazzo degli ultimi mesi.
"Ho visto tua nonna" disse, cercando di sollevargli il morale prima di sedersi accanto a lui: erano circondati da rottami, persone che correvano e, rabbrividì notandolo, cadaveri.
Quella frase fece tornare il sorriso sul volto di Neville. "La vecchia strega è ancora in gamba".
Hannah gli fece una carezza. "Devi avere preso il tuo coraggio da lei".

 

Neville scosse il capo: cercava di rimanere ottimista, stava combattendo e stava finalmente succedendo qualcosa. Ma quando aveva visto il corpo senza vita di Canon, aveva dovuto togliere lo sguardo, per riprendersi.
"Harry mi ha chiesto di fare una cosa, Hannah".
"Qualsiasi cosa sia, te l'ha chiesta perché si fida di te e sa che puoi farcela. E tu la farai: stiamo tutti facendo la cosa giusta" rispose lei, prendendogli il viso fra le mani e spingendolo a guardarla. Sì, Neville lo sapeva, ma a volte riuscire a rimanere in piedi in mezzo alla tormenta era difficile. "Ricordati: siamo l'ES, l'esercito di Silente, combatteremo fino alla fine. Come ci ha insegnato Harry." Neville annuì e la ragazza si sentì chiamare dalla balaustra. "Devo andare. Ci vediamo dopo" gli disse, alzandosi.
"Hannah…" la chiamò, alzandosi anche lui: aveva ragione, piangersi addosso non sarebbe servito a vincere quella battaglia. Lei si girò. "In qualunque modo finirà… Promettimi che ti ricorderai di me". Non bisognava mai dare per scontato niente.

 

Hannah si bloccò, come se non fosse stata in mezzo a una battaglia, come se essere lì non avrebbe potuto ferirla o peggio, ma si fermò a guardare quel bellissimo ragazzo che, nonostante gli abiti logori e stracciati, i tagli sul viso, la stanchezza che gli artigliava le ossa, non aveva smesso di combattere. "Non mi scorderò mai di te, Neville" replicò, per poi scappare via.

 

*

 

Hannah non era in prima fila quando Tu-sai-chi era arrivato e aveva gridato al mondo che Harry Potter era morto. Quelle parole le avevano gelato il cuore. Sentì dei borbottii intorno a sé, ma non ci fece troppo caso. Forse aveva sbagliato? Forse Harry andava avvisato? E cosa poteva succedere di diverso? Calde lacrime iniziarono a solcarle il viso, consapevole che quella notte era davvero una notte di stelle: stelle cadute che sarebbero salite al cielo.
Una mano le strinse le dita e si voltò alla sua sinistra: Neville era al suo fianco, il viso terreo e, forse, il suo stesso senso di colpa. Non parlò ma la sua mano la strinse ancora e lei ricambiò la stretta. C'erano anche stelle terrene. Stelle che si vedevano solo nel buio più scuro, però. Stelle che brillavano tantissimo.
Fu solo quando Ron gridò qualcosa, che Neville sembrò riprendersi: la sua schiena tornò dritta e il suo viso tornò a guardare verso la figura del ragazzo che, steso a terra, era tornato a Hogwarts per morire, per poi spostarsi sull'enorme serpente che affiancava il Signore Oscuro. Anche Hannah riconobbe, nella voce dell'amico, il tentativo di smuovere la situazione e tutti e due gridarono, come se si fossero svegliati da un incubo.

 

"Siamo l'esercito di Silente!" disse la ragazza al suo fianco, alzando le loro mani unite e Neville capì quello che doveva fare. Lasciò la mano di Hannah e si lanciò su Voldermort, deciso a chiamarlo con il suo vero nome, anche se solo nella mente, con la bacchetta spianata e la voglia di fare del male, a lui e alla sua bestia.
Purtroppo non successe niente, si ritrovò inerme e disarmato accasciato per terra. Ma non aveva ancora finito di combattere. Non avrebbe mai smesso: Harry gli aveva detto di uccidere il serpente e lui, anche a costo di morire, lo avrebbe fatto.

 

Hannah, nella confusione che seguì il gesto eroico di Neville vide soltanto il ragazzo che l'aveva salvata quegli ultimi mesi, l'eroe del suo cuore e seguì le sue gesta come se si stesse raccontando una fiaba di Beda il Bardo. E lì vide davvero tutto il coraggio di Neville: lo vide urlare, tenere testa al Signore Oscuro, non piegarsi e, alla fine, tagliare la testa del serpente.
Tutto quello che successe dopo, Harry che si alzava e puntava la sua bacchetta, il duello finale fra i due, la sconfitta di Tu-sai-chi… furono per attimi solo fotografie sbiadite e fatte scorrere troppo velocemente, mentre tutti riprendevano a combattere.
I momenti che seguirono la battaglia furono frenetici e senza sosta: c'era sempre qualcuno da consolare per una perdita, tagli da suturare, ferite da curare, Hannah non ebbe un momento di respiro.
E quando finì tutto, non vide più Neville.
Suo padre e le sue sorelle decisero di tornare a casa e lei era così stanca che non oppose resistenza, ma poi, quella sera nel suo letto, si pentì di non aver più parlato con Neville.
'Non dimenticarti di me' le aveva detto, ma lei aveva paura che potesse succedere proprio il contrario: dopo l'uccisione di Nagini, Neville era stato portato in trionfo e lo aveva perso di vista, non riuscendo neanche a complimentarsi con lui. E adesso, cosa sarebbe successo?
Valevano ancora tutte le parole che si erano scambiati in quei mesi o erano solo il frutto di un'angoscia e un male comune da combattere? Lui si sarebbe veramente ricordato di lei? Hannah non ne era così sicura.

 

Ma almeno era finito tutto, pensò, girandosi nel letto esausta ma incapace di dormire. Quell'ultima notte aveva sancito la fine della guerra magica e della ascesa di Voldemort. Basta Carrow, Piton e tutte le maledizioni dolorose subite e da curare, basta terrore nel girare per i corridoi della scuola più bella del mondo. Basta… Basta tutto.
Ma non era stato solo brutto quell'anno: ora non ci sarebbero più state notti passate al buio a parlare. Niente più confessioni, segreti raccontati a mezza voce a notte fonda. Niente più baci e carezze leggere.
Niente più Neville Paciock.

 

Mentre chiudeva gli occhi, una lacrima scese sulla sua guancia; calda, triste, solitaria, proprio come si sentiva lei in quel momento.

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***Eccomi, scusate per il ritardo, ma quest'ultimo prompt è stato impegnativo, per quello che volevo fare, e infatti il capitolo è venuto molto lungo, nonostante abbia saltato molte descrizioni della battaglia (ma comunque lo ha fatto magnificamente la Rowling, perché ripeterle tutte? Eh Eh…😅J ). Sarò costretta a fare un epilogo, ma ancora devo strolgare come. Però poi metterò la frase della canzone e mi direte se (anche se non totalmente) la storia avrà rispecchiato il significato della strofa.

Grazie a tutti per aver letto fino a qui. Besos

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Capitolo 6
*** Epilogo ***


Epilogo

 

La piccola Lilibeth pigolava come un pulcino bagnato. Hannah la prese in braccio dalla culla e la porse alla madre, sul grande letto.
Sentì il finto galeone scaldarsi nella tasca destra dei jeans e lo tirò fuori per guardarlo: li stavano chiamando. La settimana prima Ernie le aveva scritto dicendo che l’ES aveva fatto una breve riunione, ma senza grandi motivi. Questa era la seconda volta che chiamavano e Hannah non poteva muoversi senza essere sicura che ci fosse un'emergenza.
"Dovresti andare…" Hope, la sorella di Hannah, si tirò sul cuscino per mettersi seduta e attaccare la bambina al seno.
Hannah scosse il capo: sua sorella aveva partorito in anticipo di due mesi proprio il giorno che erano tornati a casa da Hogwarts, ma il parto non era andato benissimo, così lei era rimasta ad accudire lei e la bambina che, troppo piccola per grandi sforzi come una poppata completa o un bel pianto fragoroso, aveva bisogno di costanti cure.
"Mi dispiace così tanto…" Hope iniziò a piangere, mentre la bambina perdeva il seno. "Se solo Steve fosse qui, tu non saresti costretta…" La ragazza cercò, con non poca difficoltà, di riattaccare la piccola, ma era stremata e pianse ancora.
Steve, suo marito, era in Francia al momento della battaglia di Hogwarts e ora non riusciva a tornare nel Regno Unito perché il Ministero era sottosopra e non poteva abilitare tutte le richieste per le passaporte. Lui stava tornando con il sistema di trasporto babbano ma ci stava mettendo tantissimo tempo.
"Non preoccuparti, Hope. Non è una cosa importante". Con un gesto veloce, e quasi di nascosto, si asciugò una lacrima prima che scivolasse sulla pelle.
Si alzò e andò verso la finestra: non avrebbe lasciato la stanza di Hope finché lei non avesse finito di allattare. Girò il capo per guardarla con la coda dell'occhio: il suo parto era stato difficile e lei si addormentava spesso, a volte anche con la bambina in braccio. Non poteva lasciarla da sola e Hannah non sarebbe mai riuscita a smaterializzare tutti e tre insieme.
Quindi era bloccata lì. Fino a quando non sarebbe arrivato suo cognato o fossero venuti suo padre e sua sorella.
Quando vide la testa di Hope ciondolare, tornò vicino al letto.

 

Non stava rinunciando a niente di importante.
Niente di importante, a parte Neville.

 

***

 

"Non è venuta!" Neville sospirò mentre aiutava Ginny e Luna a sistemare la stanza dopo l'incontro con l'ES.
Ginny, che era l'amica più in gamba di tutte, si guardò intorno e, ancora con la bacchetta alzata mentre faceva levitare una sedia, gridò: "Ernie, vieni qui!"
Il ragazzo, che stava uscendo dalla porta, si girò e tornò sui suoi passi, avvicinandosi ai ragazzi. "Ginny, tutto ok? Vedervi, ogni volta…"
"Ernie, hai notizie di Hannah?" Ginny sparò la domanda come se lui non avesse chiesto niente.
Il ragazzo corrugò la fronte e si riprese subito, dopo essersi guardato intorno: anche lui doveva essersi accorto che la sua compagna di casa non c'era.
"So che è da sua sorella". Ernie si strinse nelle spalle. "È rimasta là per via di un parto prematuro o qualcosa del genere…"
Ginny si voltò verso Neville e Luna, ma poi si rigirò verso il ragazzo. "Sai dov'è? È vicino? La metropolvere dà ancora problemi nelle province lontane…”
Lui scosse le spalle. "Non so dove sia di preciso, in Scozia mi sembra, ma immagino sia lontano: il suo gufo ci mette molti giorni per arrivare…"
Ginny imprecò sottovoce e ringraziò Ernie che aveva guardato l'orologio, anche se non sembrava che avesse fretta. "Dobbiamo fare qualcosa".
Neville annuì. Ma cosa?
"Ci si potrà materializzare?" chiese Ginny, a nessuno in particolare.
"Dove?" Ernie non se ne era ancora andato, e li guardava confuso.
Ginny sbuffò. "Ernie, pensi che là dove è lei, ci si possa materializzare?"
Ernie alzò una spalla e rispose con tono incerto, come se fosse ancora a Hogwarts e lo stesse interrogando la McGranitt. "Beh, so che suo padre e l'altra sua sorella a volte la raggiungono, quindi sì, immagino che ci si possa materializzare…"
Ginny batté le mani e sorrise verso Neville, che non aveva ancora capito. "Ma non sappiamo dov'è, Ginny…"
"Ma lei sa dove siamo noi! Basterà che tu le scriva e le dici di raggiungerci e…"
"Ginny, non è venuta per le due riunioni dell’ES, pensi che verrà per me?"
"Neville, questo lo sapremo soltanto se glielo chiederai". Tutti si girarono verso Luna che non aveva detto niente da quando la riunione era finita.
Neville scosse il capo. Era già denigrante così, non le avrebbe scritto di venire da lui per poi aspettarla invano.
"Non penso che non sia venuta per colpa sua, Neville". Ernie lo guardò con uno sguardo quasi duro. "Sta aiutando sua sorella. Probabilmente non se la sente di abbandonarla".
Neville osservò Ernie giustificare la ragazza con la qualità più importante che rappresentava la sua casa: la lealtà. Annuì. Poteva essere.
"O forse non può…"
"Però, se a scriverle fosse qualcosa di più… ufficiale…" Ginny si prese il mento fra due dita e iniziò a camminare per la stanza. "Diciamo: se la facessimo venire a Londra per qualcosa di importante… Non intendo che tu non lo sia, Neville…"
Neville scosse il capo e la liquidò con la mano: se fosse riuscita a trovare il modo per fargli incontrare Hannah, poteva anche insultarlo come faceva Piton.
"Ci vuole un gufo veloce, però. Ernie ha detto che è lontano." Luna li osservava sorridendo e Neville ricambiò.
"Io non ho gufi. Quello di mia nonna è…"
"Una urgentlettera del ministero! Arriva in tre ore dappertutto! C'è un gufo speciale per spedirle!" Ginny spalancò gli occhi e quasi saltò sul posto. Ma cosa stava dicendo? Il ministero mandava quel tipo di missiva solo in casi rari, quando si apriva un processo o cose del genere.
"Ma… E come farebbe il ministero a scriverle? E poi che…"
"Non deve scriverle per forza il Ministero, Neville! Possiamo andare in guferia e usare il gufo per…"
"Però se fosse una lettera del Ministero, effettivamente, sarebbe più… ufficiale!" Anche Ernie si stava agitando, mentre ognuno iniziava a dare indicazioni su cosa pensava fosse meglio fare.

 

*

“Ma siamo sicuri che…” Neville guardò ancora il timbro del Ministero prima di intingerlo nell’inchiostro.
“Sì, Neville, siamo sicuri che sia l’unico modo. Dai qua!” Ginny gli strappò di mano il timbro e lasciò il marchio ministeriale sulla pergamena prima che chiunque potesse dirle che farlo non era corretto.
“E se…”
“Non ci beccheranno. E se succedesse… Per le scarpe sporche di Merlino, Neville, hai distrutto un Horcrux, hai affrontato Voldemort in persona quando nessuno voleva più farlo… Non puoi fartela sotto proprio adesso!”

Neville guardò l’amica negli occhi e abbassò la voce. “E se lei non volesse vedermi?”
Ginny prese il volto del ragazzo fra le mani. “Lei ti vuole. Te lo dico io. È che siete dei timidoni…”
Neville scosse le spalle e lei sorrise, per poi lasciarlo andare e prendere in mano la pergamena, continuando a spiegargli perché, secondo lei, quello fosse il modo migliore per arrivare al loro fine.

 

Neville guardava ipnotizzato la mano di Ginny che sventolava la pergamena con la convocazione di Hanna al Ministero, per farla asciugare prima.
Avrebbe funzionato? E se lei…
“Smettila di pensarlo”. Ginny lo guardò come gli avesse letto in faccia tutti i suoi dubbi. “Dai, vieni a farlo tu, così ti distrai…”
Gli allungò la pergamena e, una volta asciutta, Neville la piegò, l’inserì in una busta con l’intestazione del ministero, che avevano rubato insieme al timbro in uno degli uffici,, e ci scrisse sopra il nome di Hannah.
Quando l’affidò al gufo, quello veloce di cui parlavano le ragazze poco prima, sospirò, pregando al tempo stesso che andasse tutto bene.
Osservò il gufo volare via dalla finestra e rimase a guardare il cielo anche dopo averlo perso di vista. Non aveva senso aver vinto la guerra e sentirsi comunque un perdente.
Sentì la mano di Ginny posarsi sulla sua spalla e si voltò verso di lei.
“Verrà, vedrai.”
Neville annuì perché aveva bisogno di crederci.

 

***

 

 

Hannah prese la polvere dalla mensola sopra il camino e la buttò nel focolare, facendo un salto e nominando il Ministero. Chissà cos’era successo.
Quando suo padre e Harley, sua sorella, avevano visto la lettera, le avevano subito detto che doveva essere una cosa importante, visto che richiedevano la sua presenza con la massima urgenza. Così, in quel tardo pomeriggio, si era preparata ed era partita.

 

Neville stava aspettando da parecchie ore. Guardò ancora l’orologio, pensando di nuovo che lei non si sarebbe fatta vedere. Ma se non si fosse presentata neanche se era stato il Ministero a convocarla voleva dire che era successo qualcosa di grave che le impediva di muoversi da dov’era. Iniziò a camminare avanti e indietro. Aveva salutato gli addetti da più di mezz’ora e ora erano rimasti solo gli ultimi impiegati che sfruttavano gli straordinari. Camminò fino alla fine dell’atrio e poi tornò indietro, passando davanti alla parete dove i camini sfilavano, tristi e muti, contro il muro.
Fu solo quando ebbe raggiunto l’ultimo camino, ma prima di girarsi per rifare la strada, che sentì una voce inequivocabile alle sue spalle.
“Oh, Santissima Tosca sulla scopa!”

 

Hannah, nella fretta di uscire dal camino, non aveva visto un gradino ed era inciampata: si trovò sdraiata per terra, ma alzò lo sguardo e vide il ragazzo a cui aveva pensato per tutto il tempo da quando era tornata da Hogwarts. Spalancò gli occhi, sorpresa ma felice.
“Neville!” Il ragazzo si avvicinò a lei. “Hanno chiamato anche te? Cosa è successo?”

 

Neville fece qualche passo verso Hannah, sorridendo come non aveva mai fatto e più felice di quando era stato portato in braccio dai ragazzi, subito dopo la fine della  guerra.
“Stai bene?” Le porse la mano per aiutarla e lei la prese senza esitazione: era così piccola e calda… Le strinse le dita e Hannah sorrise timidamente.
“Sì, sì sto bene. Sono una pasticciona…”
Lui sospirò teneramente: se lei fosse stata una pasticciona lui cos’era, allora?
‘Sei perfetta…’ pensò senza dirlo ad alta voce.

 

Hannah si guardò intorno e poi prese dalla tasca posteriore dei jeans la pergamena che aveva ricevuto. “Mi hanno scritto di venire il prima possibile, anche se fosse stata sera, ma non è indicato in quale ufficio…”
“Ti abbiamo chiamato noi. Non il Ministero…”
La ragazza alzò lo sguardo su Neville che, imbarazzato, si era girato e aveva portato la mano alla nuca.
“Voi? Che vuol dire?”

 

Neville tentò di non balbettare. “Non sei venuta alle riunioni dell’ ES, e…”
“Hope, mia sorella maggiore, ha avuto un parto difficile, sono rimasta ad aiutarla. Mio cognato non è ancora riuscito a tornare e l’altra mia sorella e mio padre sono riusciti a darmi il cambio solo stasera…”
Neville annuì, come se sapesse già tutto.
“Non ce l’ho fatta a venire. Erano molto importanti? Ernie diceva che…”
Neville le prese velocemente la mano. “Volevo vederti e non sapevo cosa inventarmi. Scusami. Spero di non averti messo nei guai con la tua famiglia”.
“Mi hai chiamato tu?” Il viso di Hannah era sorpreso e vagamente sereno, così Neville annuì in risposta.

 

Hannah non sapeva cosa pensare: era stato lui? E come mai? Sentì un lieve calore salirle al viso: forse stava arrossendo. “Perché?”
“Avevo bisogno di vederti.”
La ragazza sorrise, improvvisamente più leggera e contenta. “Davvero?”
“Sì” rispose lui e Hannah non riuscì a resistere a portargli una mano al viso, in una carezza.
“Mi hai mandato un gufo facendo finta che fosse il Ministero solo per vedere… me?”

 

 

“Ho anche rubato il timbro e il gufo veloce. Beh, l’idea è stata di Ginny, ma…”
Hannah rise, di una risata fresca e genuina. “Neville, quanto mi sei mancato!” E così dicendo gli portò le braccia al collo e lo abbracciò, sentendosi finalmente completa.

 

*

“In veritò non ho fatto progetti… non so veramente dove andare o cosa fare…” Neville sospirò al pensiero di non aver pensato a tutto, mentre teneva la porticina aperta. Quell’uscita secondaria del Ministero dava su un brutto vicolo della Londra babbana; al ragazzo non interessava molto, ma forse avrebbe dovuto crearsi un piano migliore.
“Va tutto bene, Neville, siamo insieme e questo è l’importante.”
Hanna fece scivolare la mano nella sua e Neville non si preoccupò più di niente, incamminandosi insieme verso le luci notturne della città.

 

*

 

Avevano camminato per tantissimo tempo, senza neanche accorgersi di tutte le parole che si erano detti, delle risate più o meno a voce alta che aveva fatto, dello sfioramento delle loro mani, dei loro cuori e delle loro menti. Stava andando bene, ma presto sarebbe stata mattina. Neville prese la ragazza per mano e la fece girare verso di lui. “Quando devi tornare a casa?”
Lei scosse le spalle. “Domani sera mia sorella inizia il turno al San Mungo e devo darle il cambio.”
Lui la interruppe. “Abbiamo solo questa notte, allora.”
Ma quella notte poteva bastare? Lui non voleva che finisse. Voleva vedere Hannah ancora. E ancora. Ma se glielo avesse detto, cosa sarebbe successo? E lei, cosa pensava?

 

Hannah annuì, poi si guardò intorno e quando capì che erano a pochi passi da Diagn Alley, lo trascinò, dicendo di seguirla: nella Londra Magica c’erano ancora festeggiamenti per la vittoria di Hogwarts e molti negozi rimanevano aperti tutta la notte. Glielo aveva detto sua sorella, ma lei non c’era ancora stata.
Fecero un giro proprio sulla via principale di Diagon Alley, ma poi si addentrarono per i vicoli e, a un certo punto, ritrovarono in una strada secondaria dove una strega con una vistosa capigliatura che usciva da sotto il cappello a punta, li chiamò.
“Benvenuti al Second-Hand Shop, ragazzi! Volete fare un giro?”
Loro si guardarono. “Non sono mai stato qui…” Neville sbirciava dentro la porta lasciata aperta dalla strega.
Hannah gli strinse la mano e si strinse nelle spalle. “Andiamo, potrebbe essere divertente”.

 

Il negozio era stracolmo di roba: Neville si immaginava così, dai racconti di Harry, la camera delle cose nascoste. Vecchie divise scolastiche di Hogwarts, ma anche di altre scuole, erano appese, una dietro l’altra, su stecche da guardaroba lunghe quanto gli scaffali di una bibilioteca, mentre intorno gli scaffali erano stracolmi di cianfrusaglie, vestiti piegati e spiegazzati, quadri con persone che gridavano, camicie che sfrecciavano in alto, cercando di andarsi a sistemare da sole, mentre centinaia di cappelli volteggiavano saltellando da uno scaffale all’altro.
“Certo che c’è gente che vende tutto…” Hannah prese da uno scaffale una confezione aperta di caramelle, per poi metterla giù e prendere altre cose con meraviglia.
“Guarda! C’è un pensatoio!” esclamò Neville, indicando un bacino di pietra in fondo a una scaffalatura. In quel posto c’era veramente ogni cosa! “Ma chi è che darebbe via un pensatoio?”
Hannah alzò una spalla mentre insieme accarezzarono la pietra di quella piccola vasca piena di liquido. “Forse qualcuno l’ha ereditata e non gli interessava tenerla. O forse voleva farci dei soldi invece che seppellirlo con il proprietario…” La ragazza guardò il prezzo indicato sul cartellino e lo mostrò a Neville. “Chissà di chi era… Ma secondo te prima di venderlo l’hanno resettato magicamente?”
“Non saprei. Dici che potrebbero esserci ancora dei ricordi?” Neville alzò tutte e due le sopracciglia, da tanto era sorpreso.
“Proviamo?” A Hannah brillarono gli occhi e lui pensò che fosse sempre più bella.

 

In quel momento, una strega dalla veste colorata si avvicinò a loro e li guardò male, dicendo che qualsiasi cosa avessero rotto, avrebbero dovuto comprarla. Ridendo, Hannah prese la mano del ragazzo e lo trascinò oltre un altro scaffale.
Quando si fermarono scoppiò a ridere anche Neville. “Pensavo che volesse farcelo pagare!” Ancora ridendo, fecero altri passi e Neville allungò la mano su un ripiano stracolmo di cose. “Una ricordella! Se avessi venduto tutte quelle che ho perso, sarei ricco!”

 

Neville prese la piccola sfera di cristallo, che era stata appoggiata sopra a un posacenere, scuotendola. Il fumo che conteneva da bianco divenne rosso acceso e lui sentì le guance accalorarsi. “Mi sono scordato qualcosa, di nuovo… E di nuovo non so cosa sia…”
Hannah tornò vicino a lui e gliela prese di mano. “È facile: ti sei scordato di baciarmi, Neville…”
Il ragazzo vide la ricordella tornare chiara.
Decise di scherzare e sorrise. “E se poi non era quello?”

 

Hannah sentì, nel tono della sua voce, un misto di scherzoso divertimento e ne fu contenta: lui si stava rilassando ed era passato il momento in cui si era sentito imbarazzato. “Dovremmo provare e vedere se diventa ancora rossa…”
“Hai perfettamente ragione.”

 

Neville le accarezzò la guancia con il palmo della mano, mentre lei gli portava il braccio libero dietro al collo. Nel momento in cui le loro labbra si sfiorarono, lui perse la capacità di pensiero e lasciò che il ritmo del suo cuore guidasse i suoi gesti. Sfiorò con la lingua la bocca di Hannah e quando lei lo lasciò entrare, seppe che il loro non era solamente un bacio. era una promessa.
La strega che li aveva guardati male, passò accanto a loro, tossicchiando, e loro si staccarono all’improvviso, ma quando si guardarono negli occhi, scoppiarono a ridere.
La ricordella in mano a Hannah si riempì di fumo rosso e lui rise. “Ora ti sei scordata qualcosa anche tu!”

 

Hannah osservò la sferetta colorata nella sua mano e poi tornò a posare gli occhi su di lui.
“Mi sono scordata di dirti che voglio altre notti per noi, Neville. Non voglio che sia l’ultima. E voglio altri giorni. Altri…”
Lui le prese di nuovo il viso fra le mani calde. “Anche per me è così, Hannah. Altri giorni per noi, e altri baci, perché mi piacciono tantissimo i nostri baci… Ecco cosa mi ero scordato di dirti…” Allungò la mano a toccare la ricordella e chinò su di lei, baciandola con amore e scordandosi della strega brontolona, dell’altra gente nel negozio, e della ricordella, il cui fumo tornò chiaro, perché tutto ciò che c’era da dire, era stato finalmente detto.

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***Eccomi qui! Scusate, scusate il ritardo con cui pubblico l'epilogo, ma è stato difficile, volevo fare delle cose particolari e poi alla fine non mi è venuto niente.

Loro avrebbero meritato di più, ma almeno adesso sono insieme e non si stanno più aspettando.

Sper che un po' la storia vi sia comunque piaciuta, nonostante i prompt e nonostante quello che volevo fare e non ci sono riuscita.

Grazie a tutti voi che avete letto. Grazie davvero.

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