Dimmi che ti ricorderai... di me di ONLYKORINE (/viewuser.php?uid=1040879)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pieno di altro ***
Capitolo 2: *** Ultima ***
Capitolo 3: *** Stanotte siamo solo io e te ***
Capitolo 4: *** La lettera di nonna Augusta ***
Capitolo 5: *** L'ultima notte la passo con te ***
Capitolo 6: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Pieno di altro ***
Pieno
di altro
-
prompt: Niente
-
Neville si
sentiva vibrare come se mille coltelli
bollenti lo stessero trafiggendo. Il suo corpo era inerme e scosso
dalla
bacchetta di Goyle, lui non riusciva neanche a muoversi o a ribellarsi.
La
risata del Serpeverde gli arrivò ovattata come se avesse
dovuto attraversare un
lago ghiacciato e l'interno di un vulcano, gli riempì la
mente e lo stordì
tanto quanto la maledizione che gli aveva scagliato.
Fu solo quando il ragazzo abbassò la bacchetta che
Neville ebbe un po' di pace, ma era stremato e cadde per terra,
appoggiandosi
sulle mani.
"Paciock, sei una schiappa!" lo prese in
giro Tyger, seduto su uno dei banchi nell'aula di Difesa contro le arti
oscure,
mentre mangiava qualcosa da un sacchetto.
Hannah Abbott
corse subito accanto a lui e gli chiese
come stesse sottovoce, allungando le dita verso il suo viso e
accarezzandogli
la guancia in un gesto delicato e confortevole. "Lasciami stare"
mormorò, spostandole la mano con un gesto stizzito.
Neville si alzò e guardò Carrow, in una muta
richiesta. Il professore annuì distrattamente e gli fece
cenno di riprendersi
la bacchetta, lì sul banco dove l'aveva posata quando gliela
aveva ritirata.
"Mi sembra scontato che i punti vadano ai
Serpeverde, comunque. Non hai resistito neanche dieci
minuti…"
Lo sguardo che
gli lanciò Neville avrebbe potuto uccidere
tanto quanto l'Anatema che uccide, ma prese la bacchetta e si diresse
verso
l'uscita senza dire niente.
*
"Non ci riesco,
è impossibile!" esclamò
Neville, mentre dava un calcio allo sgabello vicino alla vasca dove
riposavano
le mandragole, facendolo cadere.
"Devi vuotare la mente, Neville, è l'unica. Non
devi pensare a niente."
La voce di Ginny era bassa, ma forte, mentre gli
medicava un taglio sulla fronte.
"Non si può non pensare a niente. È impossibile:
si pensa sempre a qualcosa" ribatté lui, borbottando.
Odiava la Maledizione Cruciatus, odiava quando Carrow
ordinava di colpirlo, odiava quando sentiva il dolore premergli la
pelle, i
polmoni, le ossa. Odiava quando iniziava a tremare così
tanto da aver paura di
non smettere più. Odiava pensare che la sua mente avrebbe
potuto fondersi e lui
sarebbe finito come i suoi genitori. E loro non avrebbero
più avuto nessuno che
li avrebbe vendicati. E lui sarebbe stato un inetto, inutile
più di quanto si
sentiva in quel momento. E odiava il fatto di pensare che non voleva
finire
come loro.
Ci provava, a non pensare a niente, ma non ci
riusciva. L'immagine dei suoi genitori, l'ultima volta che li aveva
visti, si
presentava sempre nella sua mente: sua madre si dondolava su una sedia
a
dondolo, cantando una ninnananna e cullando una palla di stracci fra le
mani,
mentre suo padre, dietro di lei, le teneva una mano sulla spalla. Nonna
Augusta
aveva detto che intonava la stessa canzone che gli cantava per farlo
addormentare quando era piccolo e lui si era sentito stringere il petto
a
vedere la madre in quello stato.
Non voleva che succedesse anche a lui. E più lo
pensava, più si sentiva in colpa. Come se non accettarli per
quello che erano
fosse un peccato criminale. Come se desiderare che fossero diversi, che
potessero essere persone normali, lo rendesse una persona spregevole.
E più lo pensava più si sentiva vulnerabile.
Sospirò pesantemente mentre Ginny gli applicava un
cerotto.
"Sai, Neville,
forse vedi le cose nel modo
sbagliato…" Luna, con i suoi occhiali, la sua collana di
tappi e la sua
aria stralunata, stava parlando a lui, ma guardava una delle piante
adagiate
per terra, in fondo alla serra. "Non è che non devi pensare
a niente. Devi
pensare al Niente".
Cosa stava
dicendo
Luna? Neville era
stanco, fisicamente e mentalmente, e non aveva nessuna voglia di stare
ad
ascoltarla, ma aveva ancora un animo gentile e non disse niente, così
guardò
Ginny.
La Grifondoro alzò le spalle, nella muta risposta alla
sua domanda, facendogli capire che forse valeva la pena ascoltarla.
"Che intendi?" chiese allora.
Luna sorrise
mentre tornava verso di loro.
"Niente non vuol dire 'vuoto', anche se lo pensano tutti. In
verità, 'Niente', vuol
dire pieno di altro".
Come? "Ma che sta
dicendo?"
sussurrò il ragazzo verso la rossa.
"Sai, potresti provare a vederla a modo suo"
gli rispose lei, sempre sottovoce. Poi alzò la voce e
domandò, direttamente
alla Corvonero. "Luna, intendi che dovrebbe pensare a qualcosa di
specifico?"
La bionda annuì, convinta come quando spiegava come un
Gorgosprizzo si infilasse nelle orecchie per raggiungere il cervello.
"Quando si pensa a Niente, in
verità si pensa a qualcosa che riguarda solo noi, che nessun
altro può pensare,
qualcosa di unico e magico. Questo è l'unico modo per
pensarci. E per salvarci.
Devi pensare al tuo Niente. Quello
che ti aiuta in momenti come quello in cui ti lanciano una cruciatus".
Ginny
alzò tutte e due le sopracciglia. "Qualcosa
tipo i pensieri felici del patronus? Sono diversi per tutti, ognuno
pensa a un
ricordo che genera sensazioni uniche e incomparabili".
Neville
sospirò: era stato l'ultimo a generare il
patronus quando si esercitavano nella stanza delle
necessità, il suo cervello
avrebbe fatto una brutta fine prima di riuscire anche solamente a
pensare a qualsiasi
cosa.
"Non ci riuscirò mai…"
"Certo che ci
riuscirai, Neville. Sei un
Grifondoro. Sei coraggioso e sei un amico d'oro."
Ginny si sporse verso di lui e gli baciò una guancia:
non provò niente, niente di più che un leggero
affetto per la ragazza. E sì che
pensava di essere di cotto di lei. Le sorrise e guardò Luna:
sapeva che le sue
amiche stavano solo cercando di proteggerlo, ma era complicato.
*
"Sei pronto
Paciock?" Goyle sghignazzò, facendo
dondolare la bacchetta come fosse un bastone e facendola roteare fra le
dita.
Neville alzò un sopracciglio quando gli cadde per terra e
lui si dovette
chinare per raccoglierla.
Guardò Carrow che gli lanciò un'occhiata
divertita e
lo obbligò a posare la bacchetta. Si avvicinò al
professore, ma prima che
potesse appoggiarla, Goyle gli lanciò un incantesimo e
Neville, istintivamente,
si girò verso di lui, attaccandolo a sua volta.
La sua mossa, così fulminea, fece infuriare Goyle, e
Neville sorrise sotto i baffi perché sapeva che duellare con
qualcuno disarmato
era l'unico modo per il Serpeverde per vincere un duello.
Neville
posò la bacchetta e si preparò a ricevere la
maledizione. "Non pensare a niente!" gli sussurrò Seamus,
cercando di
aiutarlo, ma il ragazzo preferì, quella volta, seguire un
altro consiglio,
quello di Luna. Così, invece di 'non pensare a niente'
provò a pensare a
qualcos'altro, qualcosa che lo facesse sentire bene.
Fu il viso di Hannah che gli comparve nella mente
quando chiuse gli occhi mentre l'incantesimo lo colpiva in pieno, fu la
sua
mano ad accarezzargli il viso che rese sopportabile il dolore sulla
pelle e fu
sempre il calore che aveva sentito la lezione precedente a dargli la
forza
quando sentì il corpo iniziare a cedere.
Neville
aprì gli occhi, alla fine della tortura, e
capì ciò che il suo cuore e la sua mente sapevano
e che lui aveva fatto fatica
a realizzare: Hannah era il suo Niente,
esattamente come lo intendeva Luna.
Sotto
lo sguardo infuriato di Goyle, che puntò la bacchetta
ancora, nonostante Carrow
avesse dichiarato finito l'esercizio, recuperò la bacchetta
e lo disarmò,
lasciandolo impotente.
Sentì ridere e un piccolo applauso alle sue spalle e,
quando si girò, vide il volto dei pochi compagni di classe
mentre gli sorridevano,
come se avesse vinto la prova contro i draghi alla Coppa Tremaghi.
Il suo sguardo
corse a cercare Hannah, che lo guardava
con gli occhi spalancati e pieni di meraviglia.
Si avvicinò a lei.
"Sei stato bravissimo!" esclamò, sincera e
genuina.
"Come hai fatto?" gli chiese Ernie
Macmilliam, che si era avvicinato in quel momento, dandogli una pacca
sulla
spalla. Subito fu circondato anche da Micheal Corner e Terry Steval che
si
complimentarono con lui. Neville si fece distrarre e perse di vista
Hannah.
"Non lo so" rispose, allora, quando si rese
conto che lei si era allontanata e non lo stava più
guardando.
Avrebbe tanto
voluto raggiungerla e confidarle: 'Ho
pensato a te', ma rimase lì, fra le risate dei compagni e le
pacche di
incoraggiamento. Peccato che per Neville parlare con una ragazza fosse
più difficile
che affrontare una Cruciatus disarmato.
-
-
-
-
***Eccomi!
Allora la storia spero che sia almeno carina, ma non assicuro niente...
Come il prompt di questo capitolo. 'Niente' e non 'mente', come avevo
letto la prima volta (qualche forma di dislessia non correttamente
diagnosticata? O una distrazione cronica? E chi lo sa...) quindi mi
scuso per il capitolo, ma ormai lo avevo pensato così e non
sono riuscita a farlo diversamente... Però ho cercato anche
tutte le etimologie della parola e qualcosa è venuto fuori,
senza infamia e senza lode.
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Capitolo 2 *** Ultima ***
ultima
Ultima
-
-
Hannah si era
sempre sentita ultima. A volte sapeva di
farlo di proposito, a volte no.
'Sono l'ultima di tre sorelle'
'Vado per ultima, a chiudere la fila dei piccoli'
'Perché mi sembra sempre di essere l'ultima a capire
le cose?'
Era frustante, ma c'era abituata.
Erano tornati da
poco a Hogwarts dopo le vacanze natalizie
e la scuola era sempre meno frequentata e più spaventosa, ma
anche a casa non
si stava bene: sua madre mancava a tutti loro e la tristezza regnava
sovrana, per
non parlare di quel Natale così tetro.
Quella mattina si era svegliata con una sensazione
strana: nella notte aveva sognato sua madre e il dolore era stato
così forte da
impedirle di riaddormentarsi. Così, le sembrava di vagare
imbambolata per il
castello. Non aveva fatto una buona colazione perché le era
venuta la nausea
dopo aver bevuto il tè e si era rintanata in bagno, subito
dopo aver aiutato
alcuni dei primini che facevano ancora fatica a orientarsi nella scuola.
Purtroppo non aveva prestato attenzione all'orario e
quando aveva sentito la prima campanella era corsa fuori dal bagno per
raggiungere le serre.
Fu
così che entrò un po' trafelata e con il fiatone,
probabilmente aveva anche gli occhi rossi e gonfi, mentre la
Professoressa
Sprite le lanciava un'occhiata di rimprovero.
"Signorina Abbott, è arrivata per ultima e ho già
diviso i suoi compagni. È rimasto solo Paciock,
là all'ultimo tavolo, vada
vicino a lui."
Hannah si voltò verso la direzione indicata dalla
professoressa e annuì, contenta: poteva andarle male, molto
male, e invece era
andata bene, pensò passando accanto al tavolo dove Malfoy
ridacchiava con il
suo compagno di banco. "Merlino li fa ultimi e poi li accoppia
insieme…"
Hannah vide lo
sguardo di Neville indurirsi e
fulminare il biondo Serpeverde. "Non dargli peso, Neville. Lascialo
stare" gli suggerì, sedendosi accanto a lui.
"Sì Paciock, lascia stare, tanto sarai sempre
dopo di me, lì, l'ultimo degli ultimi…" Malfoy
ghignò ancora e la sua voce
si fece sprezzante.
"Veramente
Neville è il migliore, qui a Erbologia.
Se la Sprite mi avesse messo con gli ultimi della classe, sarei seduta
al tuo
tavolo, Malfoy!" Hannah aveva sussurrato per non farsi scoprire dalla
professoressa, ma gli altri ragazzi l'avevano sentita benissimo e
qualcuno non
era riuscito a nascondere una risatina.
"Brutta…"
Malfoy si era alzato in piedi
impugnando la bacchetta e puntandola verso di lei, che era rimasta
troppo
sorpresa dalla cosa per reagire, e aveva soltanto spalancato gli occhi.
"Sedetevi tutti
e due". La voce ferma e dura
della professoressa Sprite, le aveva tolto l'attenzione dal Serpeverde,
facendola girare verso di lei. Perché aveva parlato al
plurale? Hannah stava
quasi per chiederlo quando vide, alla sua sinistra, Neville in piedi e
con la
bacchetta puntata contro il biondo.
Ma cosa…
Ancora più stranita, e preoccupata che lui potesse
essere sgridato, gli appoggiò una mano sul braccio per farlo
sedere, ma Neville
continuò a guardare Malfoy e si sedette solamente quando
anche lui lo fece.
"Non
dovevi…"
"Da quando non c'è Harry a metterlo in riga,
Malfoy sta diventando sempre peggio…" disse Neville,
lanciando occhiate
oblique al tavolo dei Serpeverde, che lo ricambiavano con gestacci e
smorfie.
"Grazie, comunque" disse ancora Hannah,
sentendo le guance prendere colore.
Neville si voltò verso di lei e fece un piccolo
sorriso. "Hai detto delle cose carine su di me…"
Hannah sorrise sincera. "Ho detto la verità,
Neville: sei il più bravo a erbologia".
Stranamente lui disse più niente e la ragazza
pensò
che lui l'avesse difesa solo per quello che aveva detto. Un po' ci
rimase male,
ma sapeva che lui non era uno che si metteva in mostra per niente. Ed
era
gentile. Forse lo avrebbe fatto con chiunque.
Per tutta la
lezione Neville parlò più di quello che
era appena successo, rivolgendole la parola solo per quanto riguardava
i
compiti e le istruzioni che dava la professoressa. Hannah
pensò di aver fatto
qualcosa di sbagliato e, alla fine della lezione, tentò di
fermare il ragazzo,
per chiarire la situazione e, eventualmente, scusarsi. Forse lui
pensava che
lei avesse detto quelle parole per prenderlo in giro o
chissà che.
"Neville…"
lo chiamò, mentre radunava le sue
cose e raccoglieva il mantello dall'attaccapanni. "Io…"
"Scusami, Hannah, ma devo andare... devo fare una cosa
importante…"
"Oh, certo, scusami…" gli rispose,
guardandolo scappare via.
Si
incamminò verso il castello, ma il suo umore non
era migliorato da quella mattina. Quando entrò dal portone
vide il Grifondoro
parlare fitto con Ginny Weasley in un angolo nascosto e il suo petto si
strinse
in una morsa: Ginny Weasley era bellissima e coraggiosa, e di sicuro
non
piagnucolava in bagno perché le mancava la mamma. E sapeva
cosa dire a un
ragazzo per far sì che si accorgesse del suo interesse per
lui, non era imbranata come
Hannah.
"Mi sa che sei
arrivata di nuovo ultima, eh,
Abbott?" La risata di Malfoy, che le passava accanto insieme a Tiger,
le
spezzò il cuore, non perché l'aveva detta lui, ma
perché purtroppo era la
verità e questa volta faceva male.
-
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Capitolo 3 *** Stanotte siamo solo io e te ***
Stanotte
siamo solo io e te
(Prompt: notte)
-
-
Neville
sospirò e si chiuse alle spalle la porta della
torre di Astronomia. C'era freddissimo ma la notte era serena e il
cielo
limpido.
Sapeva che difficilmente i Carrow lo avrebbero cercato
lì. Anche se avevano iniziato a essere sempre più
difficile. Si massaggiò il braccio
dove era stato colpito proprio quel pomeriggio e pensò che
presto avrebbero
passato il limite. Lui e Ginny erano rimasti soli dopo Natale,
perché Luna era
stata rapita e non era tornata.
Sospirò
guardando il cielo: quando era piccolo aveva
paura della notte, sua nonna brontolava ma acconsentiva a lasciargli
una
piccola lampada sulla mensola per raschiare la notte e impedire che
qualsiasi
mostro potesse nascondersi nel buio, mentre ora lo andava a cercare per
nascondersi lui stesso.
"Neville…"
lo chiamò una voce, sussurrando.
Il ragazzo tirò fuori la bacchetta praticamente senza
pensarci in un gesto istintivo e protettivo, ma la abbassò
subito quando si
trovò di fronte Hannah. "Scusa, non volevo
spaventarti…" Per fortuna
c'era buio e Neville poteva sfruttarlo per nascondere l'imbarazzo che
gli era
salito al viso.
"Hannah, scusa
tu, non ti avevo visto"
replicò, mettendo via la bacchetta.
"Mi stavo nascondendo" ammise lei e Neville
inclinò la testa di lato: si nascondeva? Da chi? E
perché?
"Ma stai bene?" le chiese, avvicinandosi.
Alla luce della Luna vide che i suoi occhi erano lucidi e un po' gonfi:
aveva pianto?
"I Carrow ti hanno…"
Hannah scosse il
capo. "No, no, niente del
genere… Solo un po' di… ma niente…"
Si portò una mano al viso e asciugò
una lacrima.
"Hannah…" Improvvisamente coraggioso come
quando aveva chiesto ad Alecto quanto sangue babbano avesse nelle vene
solo per
provocarlo, Neville si avvicinò a lei.
La ragazza fece due passi verso di lui e nascose il
viso contro il suo petto, continuando a piangere.
Neville rimase impietrito: non sapeva cosa fare, visto
che per lui le ragazze erano un enigma senza soluzione. Riusciva a
ribattere ai
Carrow e a difendere i piccoli più facilmente che rispondere
quando una ragazza
gli rivolgeva la parola. Soprattutto con Hannah. Come era successo
qualche
settimana prima, quando si erano trovati insieme a fare erbologia e lei
era
stata così carina con lui, chiacchierando e sorridendogli
per tutto il tempo; e
lui era andato in tilt, non capendo più niente. Quando alla
fine era scappato
via, poi, Ginny gli aveva detto di aver scoperto che Luna era stata
rapita e
lui non era riuscito più a fare niente.
"Scusami,
Neville, non…" La voce della
Tassorosso era triste e al ragazzo sembrò che il cuore gli
si spezzasse in più
pezzi, mentre si spostava da lui. Forse era giunto il momento di essere
coraggioso, di essere la persona che voleva diventare.
"Non scusarti.
Non dire niente" la
tranquillizzò e ricambiando l'abbraccio la strinse di nuovo
a sé, mentre la
cullava.
Fu solo dopo
tantissimo tempo, una manciata di
secondi, qualche mese, pochi istanti e qualche vita dopo, che Hannah
riuscì a
smettere di singhiozzare. "Ti ho bagnato il mantello…"
"È lo
stesso. Stai meglio?" le chiese,
preoccupato ma anche sollevato perché il suo viso sembrava
più rilassato di
prima.
La ragazza
annuì e guardò il cielo scuro. "Avevo
voglia di vedere le stelle, stanotte" spiegò, allontanandosi
da lui.
"Da quando mia madre non c'è più mi sembra di
riuscire a trovare conforto
solo nelle stelle…" disse ancora. Poi si voltò
verso di lui. "Ti devo
sembrare proprio stupida, vero?"
Neville
spalancò gli occhi: mai avrebbe potuto
pensarlo! "Assolutamente. Capisco quello che provi" spiegò,
guardando
anche lui quello stesso cielo.
Si voltò verso la ragazza quando sentì la piccola
mano
calda scivolare nella sua. "Questo dolore passerà mai?" gli
chiese,
senza aspettarsi una risposta.
"No" confidò lui, stringendo le sue dita.
"Ma imparerai a sopportarlo" promise.
"Mi sembra di
dover sopportare troppe cose. A
volte ho paura di non farcela…" Hannah sospirò,
per poi voltare il viso
verso di lui. "Fossimo tutti come te, che sei
così…"
Neville,
pensando che lo stesse prendendo in giro,
scivolò via dalla sua stretta e fece un passo indietro:
Hannah si voltò a
guardarlo. "Non so perché pensi queste cose di me. Anche
l'altro giorno
nella serra… Io…" Il ragazzo abbassò
lo sguardo e forse lei dovette capire
ciò che stava provando, perché gli disse: "Io so
vedere tante cose. So che
i tuoi gesti non sono eclatanti, ma io so riconoscere quando una
persona è
forte e nobile. Quando aiuta qualcun altro senza un tornaconto o quando
affronta una paura senza che nessuno lo sappia".
Sconvolto da quello che lei pensava di sapere su di
lui, delle bugie che pensava si fosse costruita, Neville scosse la
testa e fece
altri passi indietro, finché non sbatté contro il
muro della torre. "Ti
sbagli. Non capisco perché pensi queste cose di me"
mormorò. Si stava
sbagliando: lui non era come lo stava descrivendo, lui non era
coraggioso o in
gamba… Avrebbe voluto esserlo, essere come Harry o Ron, o
Seamus, ma lui non lo
era. Si accasciò in terra, sedendosi, come se quei pensieri
gli avessero
risucchiato tutte le energie.
Hannah gli
andò vicino e si sedette accanto a lui,
incurante del freddo e del gelo della notte. "Neville, tutti noi ti
vediamo, vediamo chi sei. Io ti ascolto quando incoraggi gli altri,
quando dici
loro che Harry Potter è vicino e arriverà a
salvarci. Che siamo l'esercito di
Silente e dobbiamo continuare a sostenerci. Neville, sei tu che ci
aiuti, che
ci dai forza, non vedo perché non dovrei pensare bene di
te…"
La ragazza gli prese la mano e lui la guardò mentre,
con gli occhi sgranati, elencava tutte le qualità che
pensava che avesse, ma di
cui lui non era sicuro di meritarsi i complimenti.
"Se ti confido
un segreto, prometti di non dirlo
a nessuno?"
Hannah annuì, sorpresa. "Certo".
"Il
più delle volte sento di non farcela. Da
quando Luna è stata rapita, poi, la mia mente non riesce
più a trovare pace. A
volte ho paura che tutto quello che sto facendo non servirà
a niente, che non
riusciremo mai a sconfiggerlo o che…"
"No!"
esclamò Hannah, con gli occhi
sbarrati. "Non devi dubitare di quello che stai facendo. Sei
così
importante per tutti che…"
"Tu non capisci:
e se tutto questo finirà come il
fumo di una pozione venuta male? E se tutto il nostro resistere, la
nostra
forza, il nostro voler credere, alla fine ci si rivoltasse contro? E se
Harry
non…"
Hannah gli
posò una mano sulle labbra. "Non
dirlo. Se anche dovesse succedere che qualcuno non dovesse farcela, o
se
verremo qualche volta sconfitti, quello che stai facendo, quello che stiamo facendo, tutti insieme, deve
servire a qualcosa".
"E a cosa?" sussurrò Neville, prendendole la
mano e stringendo le dita fra le sue.
"A sapere che non saremo mai soli, finché
lotteremo tutti dalla stessa parte. Così Tu-sai-chi non
potrà mai vincere su di
noi. I Carrow possono anche vincere sui nostri corpi…"
disse, toccandosi
inconsapevolmente un fianco e Neville capì che era dove era
stata colpita il
giorno prima da Goyle a difesa delle Arti Oscure. "Ma non potranno mai
vincere sui nostri pensieri, le nostre azioni, il nostro essere
l'Esercito di
Silente. Non devono. Perché altrimenti avranno vinto
davvero. E non dobbiamo
permetterlo".
Neville
continuò a tenere la mano della ragazza e
annuì: sapeva che aveva ragione, ma a volte era difficile.
Guardò di nuovo il
cielo. "Ti va di passare la notte con me?"
Quando le gote
di Hannah assunsero il colore del succo
di melograno, capì che aveva frainteso. "No,
intendevo… Probabilmente eri
venuta qui per stare da sola e io ti sto disturbando…"
Neville lasciò la
sua mano e si passò le dita fra i capelli, nervoso e agitato
per l'imbarazzo.
"Neville, non
vorrei essere con nessun altro. In
nessun altro posto, se non qui, con te. Passiamo la notte insieme. Io e
te."
Hannah alzò le loro mani unite e
baciò le sue dita,
prima di strofinare la guancia sulla sua pelle.
Quella fu la
prima di tantissime notti.
-
-
***Eccomi
con un altro minicapitolo! Ormai dovreste anche aver capito qual
è la canzone, vero? 😏🤭😊💜
Spero
di riuscire a mantenerne anche il significato il più
possibile... Grazie di aver letto, spero che vi sia piaciuta.
Un
abbraccio.
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Capitolo 4 *** La lettera di nonna Augusta ***
La
lettera di nonna Augusta
Prompt:
Bere
Era
già una settimana che
si erano rifugiati nella stanza delle necessità senza
più uscirne. Hannah aveva
accompagnato personalmente i ragazzini dei primi anni da Neville per
farli
curare dalle maledizioni che i Serpeverde avevano lanciato loro e aveva
notato
i cambiamenti: la stanza si era allargata man mano che erano aumentati
gli
occupanti e apparivano amache appese ai pali di legno ogni volta che
arrivava
la sera.
Ma stare in
tanti chiusi
dentro una stanza, per quanto grande, era devastante per tutti: si
erano creati
malumori e dissapori e il malcontento si sentiva un po' ovunque.
Hannah si
alzò da terra,
dove si era accovacciata a consolare Janine, una ragazzina Corvonero
che
piangeva disperata, guardandosi intorno per capire se ci fosse bisogno
del suo
intervento da qualche parte.
Vide Neville
entrare dal
passaggio con il pub 'Il piede di porco', portando dei grossi vassoi, e
gli
sorrise: si era creata una bella amicizia fra di loro e avevano passato
parecchie notti a parlare insieme.
Molti ragazzini
si
avventurarono velocemente verso la parte della stanza che serviva da
refettorio: era ora di cena e tutti sapevano che Abeforth tentava di
tener su
loro il morale cucinando manicaretti. Beh, manicaretti con quello che
riusciva
a trovare in giro; ma i pasti erano sempre puntuali e servivano da
svago per
tutti.
Dopo pochi
minuti, altri
ragazzi dell'ultimo anno varcarono la porta del passaggio segreto e
quando
Ernie tirò fuori, da sotto il maglione, una bottiglia di
liquore, si
sollevarono gridolini eccitati intorno a lui. Subito l'attenzione di
tutti fu
catturata dal gruppetto di ragazzi: dopo il Tassorosso, anche gli altri
avevano
scoperto i loro tesori, ed erano tutti alcolici.
Hannah
guardò subito verso
Neville, per capire se anche lui avesse rubato ad Abeforth qualcosa
dalla
cantina, ma dall'espressione sul suo viso, capì che ne era
all'oscuro. Lui
scosse la testa, ma non disse niente, mentre la stanza delle
necessità faceva
apparire tavoli puliti e posate per tutti.
Durante la cena,
molto più
chiassosa del solito, perché tutti avevano da dire la loro
su chi potesse
assaggiare o meno i liquori, Neville fu stranamente silenzioso; molto
più del
solito.
"Tutto bene?"
gli chiese Hannah, in un sussurro, mentre gli posava la mano sul
braccio.
Il ragazzo scosse le
spalle e annuì distrattamente: lei si fece bastare quel
gesto e non disse più
niente, cercando di tenere sotto controllo i ragazzi più
piccoli che erano
stati presi da una strana agitazione, mentre gli studenti dell'ultimo
anno si
esaltavano vivacemente.
"Ti va di uscire
da
qui?" le chiese Neville dopo cena, sussurrando la sua proposta come se
stesse formulando un voto infrangibile.
"E dove andiamo? Se usciamo,
i Carrow…" Ma il ragazzo non la fece finire di parlare.
"Ho scoperto che la
stanza ti fa uscire in un punto in cui non c'è nessuno. Se
siamo fortunati
potremmo riuscire ad arrivare alla stanza di divinazione o alla torre
di
Astronomia…" propose ancora lui.
A Hannah, a dir la verità,
non è che interessasse tanto dove sarebbero andati: per lei
stare con Neville
era la cosa più importante e se
lui voleva andare da qualche parte con lei, lci sarebbe andata.
"Va bene"
acconsentì.
Passarono in
mezzo alle
amache e ai ragazzini già addormentati, mentre il gruppetto
che si era dato
all'alcol, era in un angolo del salone, che ridacchiava e diceva
stramberie.
Hannah li guardò mentre
passavano loro davanti. "Dici che staranno bene?"
"Sì. Anzi, sono convinto
che questa distrazione porterà un po' di scompiglio, ma
tirerà su il morale.
Domani saranno…"
"Domani avranno un
gran mal di testa!" sussurrò Hannah, però lo
disse ridendo con la mano
davanti alla bocca.
"Eh, così non
esagereranno più". Neville le regalò un sorriso
bellissimo e la ragazza
provò un tuffo al cuore.
La porta della
stanza
delle necessità si aprì in uno scivolo che
sbucò esattamente sotto alla botola
della stanza della Cooman.
"Avevi ragione!"
mormorò, sorpresa.
Neville non disse niente,
ma fece scorrere la scala che portava all'attico e poi, lasciandola
andare per
prima, per controllare il corridoio, la seguì subito dopo.
"Si sta bene. C'è
anche il camino acceso…" notò la ragazza.
Neville si
sistemò sul
tappeto davanti al camino proprio nel momento in cui lo fece lei, in un
gesto
coordinato, ma senza bisogno di dirsi niente e quando se ne accorsero,
a tutti
e due si colorarono le guance di rosso.
"Hanno cercato di
rapire di mia nonna" disse il ragazzo, dopo un po' di silenzio. Come?
Hannah si voltò di scatto verso di lui.
"Cosa?"
Neville si toccò il
maglione della divisa, che nonostante non ci fosse più
bisogno di indossare lui
non aveva ancora abbandonato, proprio all'altezza del cuore e Hannah
capì che stava
toccando qualcosa nel taschino della camicia, che portava sotto al
pullover.
Tirò fuori una pergamena
piegata che sembrava aver visto momenti migliori e la distese, con un
luccichio
negli occhi che a Hannah ricordò perché aveva
scelto di fidarsi di lui.
Lo ascoltò mentre leggeva
la lettera che sua nonna era riuscita a spedirgli, dove gli raccontava
che
alcuni ghermidori si erano presentati a casa sua, convinti che fosse
una
vecchina indifesa e che non avrebbe opposto resistenza. Ma non avevano
fatto i
conti con Augusta Paciock, che a Hogwarts era stata una Grifondoro
coraggiosa e
non si era mai fatta mettere i piedi in testa da nessuno,
così non erano
preparati alla sua resistenza.
Per fortuna nonna Augusta
ora stava bene, anche se preferiva non rivelare a Neville dove si
trovasse, nel
caso che il suo gufo venisse intercettato, ma si complimentava con lui
perché
quello che aveva scoperto dai delinquenti era che volevano rapirla per
far
desistere il nipote nella sua lotta contro il potere dei Carrow e di
Piton.
Finiva la lettera con una
frase che emozionò Neville a tal punto che la sua voce si
fermò più volte e si
ruppe in gola, ma lui continuò a leggere perché
ne era orgoglioso.
"…Sei
cresciuto, mio
piccolo Neville, stai diventando un mago coraggioso e valoroso, vorrei
vederti
ora, ma aspetterò il momento giusto e quando
sarà, ti abbraccerò forte
perché porterò con me anche l'amore di Frank e
Alice, i tuoi genitori, che
sarebbero così orgogliosi di te. Non mollare, sii audace e
temerario e ricorda
che sono fiera di quello che stai facendo…"
Hannah aveva le
lacrime
agli occhi e guardava il ragazzo con uno sguardo adorante. Lei lo
sapeva che
lui era coraggioso, lo aveva sempre saputo. Ora, lo sapeva anche lui.
"È
una lettera
bellissima, Neville."
"Non volevo
bere,
stasera. Mi sarei scordato di questo momento."
"Questo
momento?" chiese, stranita, la ragazza.
"Condividere questa
cosa con te…"
Hannah sentì le guance
andare a fuoco, mentre il calore le riempiva il petto.
"Grazie, Neville. Mi
hai fatto un regalo bellissimo."
"Vantarmi di quello
che mi ha scritto mia nonna?"
La ragazza sorrise e si voltò verso di lui.
"Mi hai concesso la
tua fiducia."
E
così dicendo si sporse
verso di lui, gli prese il viso fra le mani e posò le labbra
sulle sue.
|
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Capitolo 5 *** L'ultima notte la passo con te ***
L'ultima
notte la passo con te
Prompt:
stelle
-
-
Era una
serata come le altre, quel primo di Maggio; tutte
uguali, interminabili, lunghe e difficili. I ragazzi erano confinati
nella
stanza delle necessità da così tanto tempo che
sembravano passati anni.
All'ennesimo
pianto isterico e litigio, Neville si alzò da
terra e iniziò a camminare avanti e indietro: non poteva
essere così. Non aveva
senso. Dovevano solo aspettare? Quando sarebbe finito tutto?
Quand'è che
Voldemort si sarebbe presentato? Quell'attesa era snervante, lo stare
chiusi in
quell'enorme stanzone metteva a dura prova tutti e ormai anche
Hogsmeade era
pattugliata da Ghermidori e Mangiamorte.
"Non ce la faccio più…" Si lagnò, come
un ragazzino
del primo anno, continuando a camminare nonostante zoppicasse come una
vecchia
col bastone.
Subito una mano si infilò fra le sue dita e lui
sentì il
nervosismo scivolargli giù dalle spalle. "Hannah"
mormorò, senza
neanche voltarsi, stringendo le sua dita e rallentando il passo.
"Vuoi andare fuori?" gli chiese lei, avvicinandosi
al suo orecchio per non farsi sentire dagli altri: Neville non
permetteva a
nessuno di uscire, se non a qualcuno del settimo anno,
perché era troppo
pericoloso, ma a volte anche lui aveva bisogno di un po' di pace, per
poter
reggere tutto.
"Potremmo andare nell'aula di divinazione" propose
ancora la ragazza e lui finalmente si voltò verso di lei,
che gli sorrise
dolcemente.
"È pericoloso. Se ci dovessero beccare…" Neville
aveva bisogno di quei momenti solo con Hannah, ma il problema era
sempre quando
dovevano tornare nella stanza delle necessità: la porta
d'entrata era lontana e
lui aveva il terrore che qualcuno si accorgesse di loro e potesse far
del male
alla ragazza.
Lei sorrise senza dire niente e si strinse a lui.
Però… in fin
dei conti avrebbero potuto provare. La stanza di divinazione non era
così
lontana dal settimo piano… Le portò una mano
sulle spalle e si mosse con
cautela verso il muro: forse così non si sarebbero fatti
notare…
*
Hannah
strinse forte la mano di Neville quando lui l'aiutò a
salire dalla botola: alla fine erano usciti dalla stanza delle
necessità anche
se per il Grifondoro era molto pericoloso perché i Carrow
ormai erano diventati
spietati e gli ultimi incantesimi che avevano lanciato loro erano stati
tremendi: sapeva che un anatema che uccide non era da escludere.
Neville si stese sul tappeto davanti al camino e Hannah si
sedette accanto a lui, sfiorandogli il viso e le sue ferite che, anche
dopo una
settimana, non erano guarite del tutto. "Ti fa male?" gli chiese e
lui scosse le spalle: era così coraggioso. Buono, leale e
coraggioso; erano
così fortunati ad averlo come guida. Si chinò a
baciargli il taglio che aveva
sulla guancia e una lacrima le scivolò oltre le ciglia.
Neville le fece una carezza. "Finirà presto" disse e
lei annuì; sapeva che era vero anche se a volte sembrava
veramente impossibile.
"Te lo prometto".
Hannah sorrise tristemente. "Non dovresti fare promesse
che non puoi mantenere, Neville".
"Vorrei farti ben altre promesse, Hannah. E quelle le
manterrei."
Lei non disse altro e continuò ad accarezzargli i capelli.
Poi, senza preavviso, Neville si tirò su a sedere e si
avvicinò a lei per
baciarla: non era diventato coraggioso solo con gli incantesimi
difensivi e la
protezione degli studenti, ora lo era anche con lei e Hannah, con lui,
si sentiva
al sicuro.
Ricambiò il suo bacio e gli portò una mano al
viso quando dal
fondo dell'aula sentirono il rumore di uno sgabello spostato. Neville
scattò in
piedi con la bacchetta spianata. "Chi va là?" chiese, con un
tono
basso e roco. Hannah era riuscita solamente a voltarsi: lui, invece,
era stato
velocissimo.
La professoressa Cooman uscì da quello che sembrava un
nascondiglio dietro a una poltrona e barcollò verso di loro.
Hannah vide Neville
abbassare leggermente la bacchetta, ma non del tutto.
"Professoressa Cooman?" la chiamò, ma lei non
sembrava lucida. "È ubriaca, secondo te?" le chiese il
ragazzo quando
la strega non gli rispose. Hannah alzò le spalle.
"È stanotte. È stanotte. Sarà una
notte di stelle…"
incominciò a parlare, con una cadenza strana.
"Che succede? Cosa dice?"
Neville strabuzzò gli occhi. "Penso… Penso sia
una
profezia…"
Hannah spalancò gli occhi, tornando a posare lo sguardo
sulla donna
che ora sembrava guardare un punto fisso, ma senza vederlo veramente.
"Stanotte
precipiteranno molte stelle.
E altre saliranno al cielo.
Stanotte è la notte in cui ombre e luci si
scontreranno; segreti celati verranno allo scoperto e chi si credeva un
nemico
sarà rivalutato.
Sarà l'unione di più mani a sconfiggere
colui che alla morte una volta è già scampato.
Notte di luna crescente, notte di cambiamenti.
Molti cadranno e solo uno si rialzerà;
il mondo magico stanotte gioirà."
Hannah
sbarrò gli occhi, sentendo quelle parole e si
girò
verso Neville. "Hai… hai sentito?"
Neville abbassò la mano che reggeva la bacchetta e
voltò il
viso verso di lei. "Sì" rispose solamente. Nessuno dei due
si mosse.
Poi, la Cooman sbatté gli occhi dietro agli spessi occhiali
e li guardò come se
li vedesse per la prima volta. "E voi cosa fate qui?"
"Ci siamo nascosti" spiegò Neville e, stranamente,
la strega annuì senza dire nient'altro.
"Sta bene, professoressa?" La donna la guardò, ma
non mosse un altro muscolo.
"Lui stanotte morirà."
"Chi? Voldemort? O…" Neville non continuò, ma lei
sapeva benissimo di chi parlava.
"Harry Potter" disse ancora la strega e Hannah vide
benissimo Neville sbiancare.
La ragazza lo prese per mano e lo trascinò quasi di peso
verso
la botola.
"Buonanotte, professoressa" salutò, ma la donna non
fece cenno di averla sentita.
Appena si richiusero la botola alle spalle, Sibilla Cooman
guardò fisso verso il camino.
"Morirà, ma poi si rialzerà" mormorò
ancora,
guardando le fiamme.
*
"È
pericoloso stare fuori…"
"Era pericoloso anche là dentro, Neville."
Il ragazzo annuì e poi guardò in basso: sapeva
che la Cooman
aveva predetto milioni di morti differenti per Harry, ma questa volta,
sembrava
una cosa più seria. Sembrava quasi che…
"Neville, guardami" disse lei e Neville ubbidì.
"Ti ricordi quando la Cooman aveva detto che Harry sarebbe morto al
terzo
anno? O al quarto?" Lui annuì senza dire niente. "Ecco: non
è
successo. Non è mai successo. Questa è una di
quelle volte" continuò,
decisa.
Neville, stranamente, non riusciva a crederci. Cos'altro aveva
detto? L'unione delle mani, il nemico rivalutato… Cosa
intendeva? Chi era il
nemico? "Com'era la profezia?"
"Neville!" Hannah ora sembrava la McGranitt quando
sgridava qualcuno. "Ha detto che il mondo magico gioirà:
concentrati su
questo" gli ordinò.
"Ha detto anche che…"
"Stanotte
si combatterà, dobbiamo avvisare gli
altri" rimarcò Hannah, prendendogli la mano e trascinandolo
via: era
pericoloso rimanere fuori nei corridoi, soprattutto se Neville era
così scosso.
Quando tornarono alla stanza delle necessità, notarono un
gruppetto di ragazzi verso il fondo del locale, quello da cui Neville e
gli
altri ragazzi del settimo anno raggiungevano Aberforth per i pasti e le
notizie
dall'esterno.
"Cosa sta succedendo?" chiese la voce del ragazzo al
suo fianco. Sentì la sua stanchezza come se potesse
sfiorarla con le dita.
Un ragazzino che portava ancora i colori dei Corvonero
arrivò
verso di loro correndo e chiamando Neville a gran voce.
"Vieni, Neville! Lei è molto spaventata!"
Neville guardò Hannah che ricambiò il suo sguardo
con la
stessa curiosità; gli fece cenno con la testa di seguire il
ragazzino e questi
lo prese per mano per portarlo in mezzo alla folla.
Neville
vide i ragazzi allargarsi al suo passaggio fino a
quando non si trovò di fronte la figura di una ragazzina
sottile e bassa per
l'età che sapeva che aveva.
"Ariana" la salutò, riconoscendola. Lei non disse
una parola, non lo aveva mai fatto, ma il suo viso si colorì
di un sorriso
quando lo vide. Senza dire niente si girò per tornare verso
il tunnel da dove
era entrata e Neville capì che doveva seguirla.
"Perché è venuta a cercarmi?" mormorò
fra sé e sé,
mentre gli altri osservavano la piccola figura camminare lentamente.
"Seguila, Neville. Sarà qualcosa di importante". La
voce di Hannah, al suo fianco, lo svegliò dai suoi pensieri.
"Pensi che sia arrivato il momento di…"
"Non lo so. Ma noi siamo pronti. E se la profezia è
giusta, sarà stanotte" rimarcò lei. Neville
annuì, per poi voltarsi verso
il tunnel. "E se lui…"
"Se troverai Harry, cosa che spero, non dirgli della
profezia, Neville". Gli occhi di Hannah si allargarono
proporzionalmente a
quanto la sua voce si abbassò.
"Ma lui non dovrebbe sapere?"
Hannah
scosse il capo. Non sempre sapere quello che succederà
è utile. E nel caso di quella profezia, così
strana e che non avevano avuto
tempo di analizzare, non sembrava il caso di riferirla a chicchessia. E
poi chi
lo sa, magari non sarebbe stato Harry a perire quella notte. E nel
dubbio, lo
erano già. Sicuramente anche lui aveva messo in conto quel
rischio, per quanto
doloroso potesse essere, perché Harry Potter era coraggioso.
Ma era pur sempre
un ragazzo di diciassette anni e renderlo ancora più
insicuro non lo avrebbe
aiutato di certo.
"Sappiamo solo che questa notte il mondo magico gioirà,
Neville. Se vedrai Harry, vorrà dire che, in un modo o
nell'altro, tutto
finirà."
Neville
annuì ancora e, quando Hannah fece per girarsi per
tornare dagli altri, la prese per le spalle e la baciò
davanti a tutti.
"Resta con me, stanotte" sussurrò, appena si
staccò da lei e poco
prima di correre zoppicando dietro alla ragazza del ritratto, troppo
imbarazzato per aspettare la sua risposta.
"Starei
sempre con te, Neville" sussurrò Hannah,
alla sua schiena.
*
Harry
Potter fece l'ingresso nella stanza delle necessità e
venne accolto come l'eroe che tutti si aspettavano di trovare. Hannah
non
riuscì quasi più a parlare con Neville, ma non ce
ne fu bisogno: ogni volta che
lui incrociava lo sguardo con il suo lo vedeva carico e pronto ad
aiutare, così
come era stato negli ultimi tempi, ma Harry riusciva a trasmettergli
tutta la
fiducia di cui aveva bisogno e lo aveva fatto riprendere dagli ultimi
dubbi che
lo avevano dilaniato. Alla spicciolata arrivarono anche tutti gli
altri:
studenti diplomati negli anni precedenti, Dean Thomas e Luna Lovegood e
anche
Ginny Weasley con i suoi fratelli. Hannah si fece da parte e
lasciò che Neville
e gli altri parlassero di quello che sarebbe successo quella notte.
Quella notte sarebbe finito tutto, probabilmente. Quella notte
il mondo magico sarebbe stato salvo. Lanciò a Neville un
sorriso di
incoraggiamento, ma non fu sicura che lui lo avesse visto,
così tornò a
guardare verso Harry che usciva dalla stanza delle necessità
con Luna.
*
Neville
notò Hannah correre in uno dei momenti della
battaglia: era stanco, affamato e aveva già contato troppi
morti perché potesse
davvero essere una notte di svolta.
Non la vedeva da quando la battaglia era iniziata veramente e
le loro bacchette avevano lanciato più incantesimi che in
tutti quegli anni, ma
vederla gli diede, per un attimo, solo per un attimo, un senso di pace.
Fino a
quando non inciampò in un pezzo di marmo che si era staccato
dalle scale;
esausto, si sedette su uno dei gradini, prendendosi la testa fra le
mani. Lei
dovette sentire la sua presenza o qualcosa del genere,
perché si voltò in tempo
e lo vide.
Hannah
stava correndo lungo uno dei corridoi che davano
sull'entrata quando notò Neville accasciarsi su un gradino.
Senza pensarci,
colpì la ringhiera di pietra di una scalinata e
scavalcò i rottami per
raggiungerlo.
"Neville…" lo chiamò, avvicinandosi.
"Hannah, Hannah…" sembrava l'ombra del ragazzo degli
ultimi mesi.
"Ho visto tua nonna" disse, cercando di sollevargli
il morale prima di sedersi accanto a lui: erano circondati da rottami,
persone
che correvano e, rabbrividì notandolo, cadaveri.
Quella frase fece tornare il sorriso sul volto di Neville.
"La vecchia strega è ancora in gamba".
Hannah gli fece una carezza. "Devi avere preso il tuo
coraggio da lei".
Neville
scosse il capo: cercava di rimanere ottimista, stava
combattendo e stava finalmente succedendo qualcosa. Ma quando aveva
visto il
corpo senza vita di Canon, aveva dovuto togliere lo sguardo, per
riprendersi.
"Harry mi ha chiesto di fare una cosa, Hannah".
"Qualsiasi cosa sia, te l'ha chiesta perché si fida di te
e sa che puoi farcela. E tu la farai: stiamo tutti facendo la cosa
giusta"
rispose lei, prendendogli il viso fra le mani e spingendolo a
guardarla. Sì,
Neville lo sapeva, ma a volte riuscire a rimanere in piedi in mezzo
alla
tormenta era difficile. "Ricordati: siamo l'ES, l'esercito di Silente,
combatteremo fino alla fine. Come ci ha insegnato Harry." Neville
annuì e
la ragazza si sentì chiamare dalla balaustra. "Devo andare.
Ci vediamo
dopo" gli disse, alzandosi.
"Hannah…" la chiamò, alzandosi anche lui: aveva
ragione, piangersi addosso non sarebbe servito a vincere quella
battaglia. Lei
si girò. "In qualunque modo finirà…
Promettimi che ti ricorderai di
me". Non bisognava mai dare per scontato niente.
Hannah si
bloccò, come se non fosse stata in mezzo a una
battaglia, come se essere lì non avrebbe potuto ferirla o
peggio, ma si fermò a
guardare quel bellissimo ragazzo che, nonostante gli abiti logori e
stracciati,
i tagli sul viso, la stanchezza che gli artigliava le ossa, non aveva
smesso di
combattere. "Non mi scorderò mai di te, Neville"
replicò, per poi
scappare via.
*
Hannah
non era in prima fila quando Tu-sai-chi era arrivato e
aveva gridato al mondo che Harry Potter era morto. Quelle parole le
avevano
gelato il cuore. Sentì dei borbottii intorno a
sé, ma non ci fece troppo caso.
Forse aveva sbagliato? Forse Harry andava avvisato? E cosa poteva
succedere di
diverso? Calde lacrime iniziarono a solcarle il viso, consapevole che
quella
notte era davvero una notte di stelle: stelle cadute che sarebbero
salite al
cielo.
Una mano le strinse le dita e si voltò alla sua sinistra:
Neville era al suo fianco, il viso terreo e, forse, il suo stesso senso
di
colpa. Non parlò ma la sua mano la strinse ancora e lei
ricambiò la stretta.
C'erano anche stelle terrene. Stelle che si vedevano solo nel buio
più scuro,
però. Stelle che brillavano tantissimo.
Fu solo quando Ron gridò qualcosa, che Neville
sembrò
riprendersi: la sua schiena tornò dritta e il suo viso
tornò a guardare verso
la figura del ragazzo che, steso a terra, era tornato a Hogwarts per
morire,
per poi spostarsi sull'enorme serpente che affiancava il Signore
Oscuro. Anche
Hannah riconobbe, nella voce dell'amico, il tentativo di smuovere la
situazione
e tutti e due gridarono, come se si fossero svegliati da un incubo.
"Siamo
l'esercito di Silente!" disse la ragazza al
suo fianco, alzando le loro mani unite e Neville capì quello
che doveva fare.
Lasciò la mano di Hannah e si lanciò su
Voldermort, deciso a chiamarlo con il
suo vero nome, anche se solo nella mente, con la bacchetta spianata e
la voglia
di fare del male, a lui e alla sua bestia.
Purtroppo non successe niente, si ritrovò inerme e disarmato
accasciato per terra. Ma non aveva ancora finito di combattere. Non
avrebbe mai
smesso: Harry gli aveva detto di uccidere il serpente e lui, anche a
costo di
morire, lo avrebbe fatto.
Hannah,
nella confusione che seguì il gesto eroico di Neville
vide soltanto il ragazzo che l'aveva salvata quegli ultimi mesi, l'eroe
del suo
cuore e seguì le sue gesta come se si stesse raccontando una
fiaba di Beda il
Bardo. E lì vide davvero tutto il coraggio di Neville: lo
vide urlare, tenere
testa al Signore Oscuro, non piegarsi e, alla fine, tagliare la testa
del
serpente.
Tutto quello che successe dopo, Harry che si alzava e puntava
la sua bacchetta, il duello finale fra i due, la sconfitta di
Tu-sai-chi…
furono per attimi solo fotografie sbiadite e fatte scorrere troppo
velocemente,
mentre tutti riprendevano a combattere.
I momenti che seguirono la battaglia furono frenetici e senza
sosta: c'era sempre qualcuno da consolare per una perdita, tagli da
suturare,
ferite da curare, Hannah non ebbe un momento di respiro.
E quando finì tutto, non vide più Neville.
Suo padre e le sue sorelle decisero di tornare a casa e lei
era così stanca che non oppose resistenza, ma poi, quella
sera nel suo letto,
si pentì di non aver più parlato con Neville.
'Non dimenticarti di me' le aveva detto, ma lei aveva paura
che potesse succedere proprio il contrario: dopo l'uccisione di Nagini,
Neville
era stato portato in trionfo e lo aveva perso di vista, non riuscendo
neanche a
complimentarsi con lui. E adesso, cosa sarebbe successo?
Valevano ancora tutte le parole che si erano scambiati in quei
mesi o erano solo il frutto di un'angoscia e un male comune da
combattere? Lui
si sarebbe veramente ricordato di lei? Hannah non ne era
così sicura.
Ma almeno
era finito tutto, pensò, girandosi nel letto esausta
ma incapace di dormire. Quell'ultima notte aveva sancito la fine della
guerra
magica e della ascesa di Voldemort. Basta Carrow, Piton e tutte le
maledizioni
dolorose subite e da curare, basta terrore nel girare per i corridoi
della
scuola più bella del mondo. Basta… Basta tutto.
Ma non era stato solo brutto quell'anno: ora non ci sarebbero
più state notti passate al buio a parlare. Niente
più confessioni, segreti
raccontati a mezza voce a notte fonda. Niente più baci e
carezze leggere.
Niente più Neville Paciock.
Mentre
chiudeva gli occhi, una lacrima scese sulla sua guancia;
calda, triste, solitaria, proprio come si sentiva lei in quel momento.
-
-
***Eccomi,
scusate per il ritardo, ma quest'ultimo prompt è
stato impegnativo, per quello che volevo fare, e infatti il capitolo
è venuto
molto lungo, nonostante abbia saltato molte descrizioni della battaglia
(ma
comunque lo ha fatto magnificamente la Rowling, perché
ripeterle tutte? Eh Eh…😅J
). Sarò costretta a fare un epilogo, ma
ancora devo strolgare come. Però poi metterò la
frase della canzone e mi direte
se (anche se non totalmente) la storia avrà rispecchiato il
significato della
strofa.
Grazie a
tutti per aver letto fino a qui. Besos
|
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Capitolo 6 *** Epilogo ***
Epilogo
La piccola
Lilibeth
pigolava come un pulcino bagnato. Hannah la prese in braccio dalla
culla e la
porse alla madre, sul grande letto.
Sentì il finto galeone
scaldarsi nella tasca destra dei jeans e lo tirò fuori per
guardarlo: li
stavano chiamando. La settimana prima Ernie le aveva scritto dicendo
che l’ES aveva
fatto una breve riunione, ma senza grandi motivi. Questa era la seconda
volta
che chiamavano e Hannah non poteva muoversi senza essere sicura che ci
fosse
un'emergenza.
"Dovresti
andare…" Hope, la sorella di Hannah, si tirò sul
cuscino per mettersi
seduta e attaccare la bambina al seno.
Hannah scosse il capo: sua
sorella aveva partorito in anticipo di due mesi proprio il giorno che
erano
tornati a casa da Hogwarts, ma il parto non era andato benissimo,
così lei era
rimasta ad accudire lei e la bambina che, troppo piccola per grandi
sforzi come
una poppata completa o un bel pianto fragoroso, aveva bisogno di
costanti cure.
"Mi dispiace così
tanto…" Hope iniziò a piangere, mentre la bambina
perdeva il seno.
"Se solo Steve fosse qui, tu non saresti costretta…" La
ragazza
cercò, con non poca difficoltà, di riattaccare la
piccola, ma era stremata e
pianse ancora.
Steve, suo marito, era in
Francia al momento della battaglia di Hogwarts e ora non riusciva a
tornare nel
Regno Unito perché il Ministero era sottosopra e non poteva
abilitare tutte le
richieste per le passaporte. Lui stava tornando con il sistema di
trasporto
babbano ma ci stava mettendo tantissimo tempo.
"Non preoccuparti,
Hope. Non è una cosa importante". Con un gesto veloce, e
quasi di
nascosto, si asciugò una lacrima prima che scivolasse sulla
pelle.
Si alzò e andò verso la
finestra: non avrebbe lasciato la stanza di Hope finché lei
non avesse finito
di allattare. Girò il capo per guardarla con la coda
dell'occhio: il suo parto
era stato difficile e lei si addormentava spesso, a volte anche con la
bambina
in braccio. Non poteva lasciarla da sola e Hannah non sarebbe mai
riuscita a
smaterializzare tutti e tre insieme.
Quindi era bloccata lì.
Fino a quando non sarebbe arrivato suo cognato o fossero venuti suo
padre e sua
sorella.
Quando vide la testa di
Hope ciondolare, tornò vicino al letto.
Non stava
rinunciando a niente
di importante.
Niente di importante, a
parte Neville.
***
"Non
è venuta!"
Neville sospirò mentre aiutava Ginny e Luna a sistemare la
stanza dopo
l'incontro con l'ES.
Ginny, che era l'amica più
in gamba di tutte, si guardò intorno e, ancora con la
bacchetta alzata mentre
faceva levitare una sedia, gridò: "Ernie, vieni qui!"
Il ragazzo, che stava uscendo
dalla porta, si girò e tornò sui suoi passi,
avvicinandosi ai ragazzi.
"Ginny, tutto ok? Vedervi, ogni volta…"
"Ernie, hai notizie
di Hannah?" Ginny sparò la domanda come se lui non avesse
chiesto niente.
Il ragazzo corrugò la
fronte e si riprese subito, dopo essersi guardato intorno: anche lui
doveva
essersi accorto che la sua compagna di casa non c'era.
"So che è da sua
sorella". Ernie si strinse nelle spalle. "È rimasta
là per via di un
parto prematuro o qualcosa del genere…"
Ginny si voltò verso Neville
e Luna, ma poi si rigirò verso il ragazzo. "Sai
dov'è? È vicino? La
metropolvere dà ancora problemi nelle province
lontane…”
Lui scosse le spalle.
"Non so dove sia di preciso, in Scozia mi sembra, ma immagino sia
lontano:
il suo gufo ci mette molti giorni per arrivare…"
Ginny imprecò sottovoce e
ringraziò Ernie che aveva guardato l'orologio, anche se non
sembrava che avesse
fretta. "Dobbiamo fare qualcosa".
Neville annuì. Ma cosa?
"Ci si potrà
materializzare?" chiese Ginny, a nessuno in particolare.
"Dove?" Ernie
non se ne era ancora andato, e li guardava confuso.
Ginny sbuffò. "Ernie,
pensi che là dove è lei, ci si possa
materializzare?"
Ernie alzò una spalla e
rispose con tono incerto, come se fosse ancora a Hogwarts e lo stesse
interrogando la McGranitt. "Beh, so che suo padre e l'altra sua sorella
a
volte la raggiungono, quindi sì, immagino che ci si possa
materializzare…"
Ginny batté le mani e
sorrise verso Neville, che non aveva ancora capito. "Ma non sappiamo
dov'è, Ginny…"
"Ma lei sa dove siamo
noi! Basterà che tu le scriva e le dici di raggiungerci
e…"
"Ginny, non è venuta
per le due riunioni dell’ES, pensi che verrà per
me?"
"Neville, questo lo sapremo
soltanto se glielo chiederai". Tutti si girarono verso Luna che non
aveva
detto niente da quando la riunione era finita.
Neville scosse il capo.
Era già denigrante così, non le avrebbe scritto
di venire da lui per poi
aspettarla invano.
"Non penso che non
sia venuta per colpa sua, Neville". Ernie lo guardò con uno
sguardo quasi
duro. "Sta aiutando sua sorella. Probabilmente non se la sente di
abbandonarla".
Neville osservò Ernie
giustificare la ragazza con la qualità più
importante che rappresentava la sua
casa: la lealtà. Annuì. Poteva essere.
"O forse non
può…"
"Però, se a scriverle
fosse qualcosa di più… ufficiale…"
Ginny si prese il mento fra due dita e
iniziò a camminare per la stanza. "Diciamo: se la facessimo
venire a
Londra per qualcosa di importante… Non intendo che tu non lo
sia,
Neville…"
Neville scosse il capo e
la liquidò con la mano: se fosse riuscita a trovare il modo
per fargli
incontrare Hannah, poteva anche insultarlo come faceva Piton.
"Ci vuole un gufo
veloce, però. Ernie ha detto che è lontano." Luna
li osservava sorridendo
e Neville ricambiò.
"Io non ho gufi.
Quello di mia nonna è…"
"Una urgentlettera del ministero!
Arriva in
tre ore dappertutto! C'è un gufo speciale per spedirle!"
Ginny spalancò
gli occhi e quasi saltò sul posto. Ma cosa stava dicendo? Il
ministero mandava
quel tipo di missiva solo in casi rari, quando si apriva un processo o
cose del
genere.
"Ma… E come farebbe
il ministero a scriverle? E poi che…"
"Non deve scriverle
per forza il Ministero, Neville! Possiamo andare in guferia e usare il
gufo
per…"
"Però se fosse una
lettera del Ministero, effettivamente, sarebbe
più… ufficiale!" Anche
Ernie si stava agitando, mentre ognuno iniziava a dare indicazioni su
cosa
pensava fosse meglio fare.
*
“Ma
siamo sicuri che…”
Neville guardò ancora il timbro del Ministero prima di
intingerlo
nell’inchiostro.
“Sì, Neville, siamo sicuri
che sia l’unico modo. Dai qua!” Ginny gli
strappò di mano il timbro e lasciò il
marchio ministeriale sulla pergamena prima che chiunque potesse dirle
che farlo
non era corretto.
“E se…”
“Non ci beccheranno. E se
succedesse… Per le scarpe sporche di Merlino, Neville, hai
distrutto un
Horcrux, hai affrontato Voldemort in persona quando nessuno voleva
più farlo…
Non puoi fartela sotto proprio adesso!”
Neville
guardò l’amica
negli occhi e abbassò la voce. “E se lei non
volesse vedermi?”
Ginny prese il volto del
ragazzo fra le mani. “Lei ti vuole. Te lo dico io.
È che siete dei timidoni…”
Neville scosse le spalle e
lei sorrise, per poi lasciarlo andare e prendere in mano la pergamena,
continuando a spiegargli perché, secondo lei, quello fosse
il modo migliore per
arrivare al loro fine.
Neville guardava
ipnotizzato la mano di Ginny che sventolava la pergamena con la
convocazione di
Hanna al Ministero, per farla asciugare prima.
Avrebbe funzionato? E se
lei…
“Smettila di pensarlo”.
Ginny lo guardò come gli avesse letto in faccia tutti i suoi
dubbi. “Dai, vieni
a farlo tu, così ti distrai…”
Gli allungò la pergamena
e, una volta asciutta, Neville la piegò,
l’inserì in una busta con
l’intestazione del ministero, che avevano rubato insieme al
timbro in uno degli
uffici,, e ci scrisse sopra il nome di Hannah.
Quando l’affidò al gufo,
quello veloce di cui parlavano le ragazze poco prima,
sospirò, pregando al
tempo stesso che andasse tutto bene.
Osservò il gufo volare via
dalla finestra e rimase a guardare il cielo anche dopo averlo perso di
vista.
Non aveva senso aver vinto la guerra e sentirsi comunque un perdente.
Sentì la mano di Ginny
posarsi sulla sua spalla e si voltò verso di lei.
“Verrà, vedrai.”
Neville annuì perché aveva
bisogno di crederci.
***
Hannah prese la
polvere
dalla mensola sopra il camino e la buttò nel focolare,
facendo un salto e
nominando il Ministero. Chissà cos’era successo.
Quando suo padre e Harley,
sua sorella, avevano visto la lettera, le avevano subito detto che
doveva essere
una cosa importante, visto che richiedevano la sua presenza con la
massima
urgenza. Così, in quel tardo pomeriggio, si era preparata ed
era partita.
Neville stava
aspettando
da parecchie ore. Guardò ancora l’orologio,
pensando di nuovo che lei non si sarebbe
fatta vedere. Ma se non si fosse presentata neanche se era stato il
Ministero a
convocarla voleva dire che era successo qualcosa di grave che le
impediva di
muoversi da dov’era. Iniziò a camminare avanti e
indietro. Aveva salutato gli
addetti da più di mezz’ora e ora erano rimasti
solo gli ultimi impiegati che
sfruttavano gli straordinari. Camminò fino alla fine
dell’atrio e poi tornò
indietro, passando davanti alla parete dove i camini sfilavano, tristi
e muti,
contro il muro.
Fu solo quando ebbe raggiunto
l’ultimo camino, ma prima di girarsi per rifare la strada,
che sentì una voce
inequivocabile alle sue spalle.
“Oh, Santissima Tosca
sulla scopa!”
Hannah, nella
fretta di
uscire dal camino, non aveva visto un gradino ed era inciampata: si
trovò sdraiata
per terra, ma alzò lo sguardo e vide il ragazzo a cui aveva
pensato per tutto
il tempo da quando era tornata da Hogwarts. Spalancò gli
occhi, sorpresa ma
felice.
“Neville!” Il ragazzo si
avvicinò a lei. “Hanno chiamato anche te? Cosa
è successo?”
Neville fece
qualche passo
verso Hannah, sorridendo come non aveva mai fatto e più
felice di quando era
stato portato in braccio dai ragazzi, subito dopo la fine della guerra.
“Stai bene?” Le porse la
mano per aiutarla e lei la prese senza esitazione: era così
piccola e calda… Le
strinse le dita e Hannah sorrise timidamente.
“Sì, sì sto bene. Sono una
pasticciona…”
Lui sospirò teneramente:
se lei fosse stata una pasticciona lui cos’era, allora?
‘Sei perfetta…’ pensò
senza dirlo ad alta voce.
Hannah si
guardò intorno e
poi prese dalla tasca posteriore dei jeans la pergamena che aveva
ricevuto. “Mi
hanno scritto di venire il prima possibile, anche se fosse stata sera,
ma non è
indicato in quale ufficio…”
“Ti abbiamo chiamato noi.
Non il Ministero…”
La ragazza alzò lo sguardo
su Neville che, imbarazzato, si era girato e aveva portato la mano alla
nuca.
“Voi? Che vuol dire?”
Neville
tentò di non
balbettare. “Non sei venuta alle riunioni dell’ ES,
e…”
“Hope, mia sorella
maggiore, ha avuto un parto difficile, sono rimasta ad aiutarla. Mio
cognato
non è ancora riuscito a tornare e l’altra mia
sorella e mio padre sono riusciti
a darmi il cambio solo stasera…”
Neville annuì, come se
sapesse già tutto.
“Non ce l’ho fatta a
venire. Erano molto importanti? Ernie diceva che…”
Neville le prese
velocemente la mano. “Volevo vederti e non sapevo cosa
inventarmi. Scusami.
Spero di non averti messo nei guai con la tua famiglia”.
“Mi hai chiamato tu?” Il
viso di Hannah era sorpreso e vagamente sereno, così Neville
annuì in risposta.
Hannah non
sapeva cosa
pensare: era stato lui? E come mai? Sentì un lieve calore
salirle al viso:
forse stava arrossendo. “Perché?”
“Avevo bisogno di
vederti.”
La ragazza sorrise,
improvvisamente più leggera e contenta.
“Davvero?”
“Sì” rispose lui e Hannah
non riuscì a resistere a portargli una mano al viso, in una
carezza.
“Mi hai mandato un gufo
facendo finta che fosse il Ministero solo per vedere…
me?”
“Ho
anche rubato il timbro
e il gufo veloce. Beh, l’idea è stata di Ginny,
ma…”
Hannah rise, di una risata
fresca e genuina. “Neville, quanto mi sei mancato!”
E così dicendo gli portò le
braccia al collo e lo abbracciò, sentendosi finalmente
completa.
*
“In
veritò non ho fatto
progetti… non so veramente dove andare o cosa
fare…” Neville sospirò al pensiero
di non aver pensato a tutto, mentre teneva la porticina aperta.
Quell’uscita
secondaria del Ministero dava su un brutto vicolo della Londra babbana;
al
ragazzo non interessava molto, ma forse avrebbe dovuto crearsi un piano
migliore.
“Va tutto bene, Neville,
siamo insieme e questo è l’importante.”
Hanna fece scivolare la
mano nella sua e Neville non si preoccupò più di
niente, incamminandosi insieme
verso le luci notturne della città.
*
Avevano
camminato per
tantissimo tempo, senza neanche accorgersi di tutte le parole che si
erano
detti, delle risate più o meno a voce alta che aveva fatto,
dello sfioramento
delle loro mani, dei loro cuori e delle loro menti. Stava andando bene,
ma
presto sarebbe stata mattina. Neville prese la ragazza per mano e la
fece
girare verso di lui. “Quando devi tornare a casa?”
Lei scosse le spalle. “Domani
sera mia sorella inizia il turno al San Mungo e devo darle il
cambio.”
Lui la interruppe.
“Abbiamo solo questa notte, allora.”
Ma quella notte poteva
bastare? Lui non voleva che finisse. Voleva vedere Hannah ancora. E
ancora. Ma
se glielo avesse detto, cosa sarebbe successo? E lei, cosa pensava?
Hannah
annuì, poi si
guardò intorno e quando capì che erano a pochi
passi da Diagn Alley, lo
trascinò, dicendo di seguirla: nella Londra Magica
c’erano ancora
festeggiamenti per la vittoria di Hogwarts e molti negozi rimanevano
aperti
tutta la notte. Glielo aveva detto sua sorella, ma lei non
c’era ancora stata.
Fecero un giro proprio
sulla via principale di Diagon Alley, ma poi si addentrarono per i
vicoli e, a
un certo punto, ritrovarono in una strada secondaria dove una strega
con una
vistosa capigliatura che usciva da sotto il cappello a punta, li
chiamò.
“Benvenuti al Second-Hand
Shop, ragazzi! Volete fare un giro?”
Loro si guardarono. “Non
sono mai stato qui…” Neville sbirciava dentro la
porta lasciata aperta dalla
strega.
Hannah gli strinse la mano
e si strinse nelle spalle. “Andiamo, potrebbe essere
divertente”.
Il negozio era
stracolmo
di roba: Neville si immaginava così, dai racconti di Harry,
la camera delle
cose nascoste. Vecchie divise scolastiche di Hogwarts, ma anche di
altre
scuole, erano appese, una dietro l’altra, su stecche da
guardaroba lunghe
quanto gli scaffali di una bibilioteca, mentre intorno gli scaffali
erano
stracolmi di cianfrusaglie, vestiti piegati e spiegazzati, quadri con
persone
che gridavano, camicie che sfrecciavano in alto, cercando di andarsi a
sistemare da sole, mentre centinaia di cappelli volteggiavano
saltellando da
uno scaffale all’altro.
“Certo che c’è gente che
vende tutto…” Hannah prese da uno scaffale una
confezione aperta di caramelle,
per poi metterla giù e prendere altre cose con meraviglia.
“Guarda! C’è un
pensatoio!” esclamò Neville, indicando un bacino
di pietra in fondo a una
scaffalatura. In quel posto c’era veramente ogni cosa!
“Ma chi è che darebbe
via un pensatoio?”
Hannah alzò una spalla
mentre insieme accarezzarono la pietra di quella piccola vasca piena di
liquido. “Forse qualcuno l’ha ereditata e non gli
interessava tenerla. O forse
voleva farci dei soldi invece che seppellirlo con il
proprietario…” La ragazza
guardò il prezzo indicato sul cartellino e lo
mostrò a Neville. “Chissà di chi
era… Ma secondo te prima di venderlo l’hanno
resettato magicamente?”
“Non saprei. Dici che
potrebbero esserci ancora dei ricordi?” Neville
alzò tutte e due le
sopracciglia, da tanto era sorpreso.
“Proviamo?” A Hannah
brillarono gli occhi e lui pensò che fosse sempre
più bella.
In quel momento,
una
strega dalla veste colorata si avvicinò a loro e li
guardò male, dicendo che
qualsiasi cosa avessero rotto, avrebbero dovuto comprarla. Ridendo,
Hannah
prese la mano del ragazzo e lo trascinò oltre un altro
scaffale.
Quando si fermarono
scoppiò a ridere anche Neville. “Pensavo che
volesse farcelo pagare!” Ancora
ridendo, fecero altri passi e Neville allungò la mano su un
ripiano stracolmo
di cose. “Una ricordella! Se avessi venduto tutte quelle che
ho perso, sarei
ricco!”
Neville prese la
piccola
sfera di cristallo, che era stata appoggiata sopra a un posacenere,
scuotendola. Il fumo che conteneva da bianco divenne rosso acceso e lui
sentì
le guance accalorarsi. “Mi sono scordato qualcosa, di
nuovo… E di nuovo non so cosa
sia…”
Hannah tornò vicino a lui
e gliela prese di mano. “È facile: ti sei scordato
di baciarmi, Neville…”
Il ragazzo vide la
ricordella tornare chiara.
Decise di scherzare e
sorrise. “E se poi non era quello?”
Hannah
sentì, nel tono
della sua voce, un misto di scherzoso divertimento e ne fu contenta:
lui si
stava rilassando ed era passato il momento in cui si era sentito
imbarazzato.
“Dovremmo provare e vedere se diventa ancora
rossa…”
“Hai perfettamente
ragione.”
Neville le
accarezzò la
guancia con il palmo della mano, mentre lei gli portava il braccio
libero
dietro al collo. Nel momento in cui le loro labbra si sfiorarono, lui
perse la
capacità di pensiero e lasciò che il ritmo del
suo cuore guidasse i suoi gesti.
Sfiorò con la lingua la bocca di Hannah e quando lei lo
lasciò entrare, seppe
che il loro non era solamente un bacio. era una promessa.
La strega che li aveva
guardati male, passò accanto a loro, tossicchiando, e loro
si staccarono
all’improvviso, ma quando si guardarono negli occhi,
scoppiarono a ridere.
La ricordella in mano a
Hannah si riempì di fumo rosso e lui rise. “Ora ti
sei scordata qualcosa anche
tu!”
Hannah
osservò la sferetta
colorata nella sua mano e poi tornò a posare gli occhi su di
lui.
“Mi sono scordata di dirti
che voglio altre notti per noi, Neville. Non voglio che sia
l’ultima. E voglio
altri giorni. Altri…”
Lui le prese di nuovo il
viso fra le mani calde. “Anche per me è
così, Hannah. Altri giorni per noi, e
altri baci, perché mi piacciono tantissimo i nostri
baci… Ecco cosa mi ero
scordato di dirti…” Allungò la mano a
toccare la ricordella e chinò su di lei,
baciandola con amore e scordandosi della strega brontolona,
dell’altra gente
nel negozio, e della ricordella, il cui fumo tornò chiaro,
perché tutto ciò che
c’era da dire, era stato finalmente detto.
-
-
-
***Eccomi
qui! Scusate, scusate il ritardo con cui pubblico l'epilogo, ma
è stato difficile, volevo fare delle cose particolari e poi
alla fine non mi è venuto niente.
Loro
avrebbero meritato di più, ma almeno adesso sono insieme e
non si stanno più aspettando.
Sper che
un po' la storia vi sia comunque piaciuta, nonostante i prompt e
nonostante quello che volevo fare e non ci sono riuscita.
Grazie a
tutti voi che avete letto. Grazie davvero.
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