L'homRick qui aimait les femMorty di mortifero (/viewuser.php?uid=1147483)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte I ***
Capitolo 2: *** Parte II ***
Capitolo 3: *** Parte III ***
Capitolo 1 *** Parte I ***
L'homRick
qui aimait les femMorty
«Era
decisamente impossibile provare del piacere senza far soffrire
qualcuno»
Parte
I
Morty
guarda l'orario riportato sul suo computer: sono le dieci di sera di
sabato, ed è nel suo appartamento a terminare il saggio di
antropologia generale che avrebbe dovuto consegnare venerdì.
Si
lascia andare a un lungo sospiro, rimpiangendo per la millesima volta
in quell'ora le sue scelte di vita. Cosa lo ha spinto a studiare
Scienze del Servizio Sociale? Ride amaramente a sé stesso,
perché
ne sa abbastanza di psicologia generale per capire che il suo
è un
fastidioso trascinarsi dietro la sua sindrome da crocerossina; vede
qualcuno con un problema che gli ricorda il proprio e proietta,
proietta all'impazzata. Ha l'insaziabile bisogno di dover salvare le
persone da qualcosa dove a nessuno è mai importato
abbastanza da
salvare lui: è questo il motivo che ha fatto sì
che condannasse se
stesso nel voler diventare assistente sociale. Si stropiccia gli
occhi, sentendosi un relitto, le lettere sullo schermo che appaiono
incorporee, ancorate in qualche universo metafisico che gli
farà
venire solo un gigantesco mal di testa.
È
ora di cena, ha gli avanzi della pizza di ieri sera che lo aspettano
nel frigo, pronti ad essere riscaldati. Mangia davanti la TV, la
riproduzione di The Office appena arrivata alla quarta stagione, e si
gode il tempo con se stesso. In casa sua non c’è
nessun altro
rumore, tranne il suo masticare, e tra il mobilio in stile moderno,
dove spiccano solo il bianco e il legno chiaro, e lo spruzzo di
colore delle varie piante, non c’è da sorprendersi
che Summer,
l’unica volta in cui è andata a trovarlo, lo abbia
definito
asettico. Ma a Morty piace così: pulito, ordinato,
minimalista.
Senza quel maledetto caos che ha insudiciato la sua vita per anni, ma
con le sue piante, perché è come se fosse
fisiologicamente portato
a prendersi cura di ogni essere vivente. Per lui esistono due
famiglie: la propria, quella dei legami di sangue, e quella del
mondo, dove tutti son fratelli, ma molto spesso se ne scordano.
La
California la sera è bellissima, e si ritrova ad asciugare i
piatti
con aria sospirante alla vista del cielo illuminato di stelle dalla
finestra della cucina. Riconosce le costellazioni, i pianeti
visibili, come Venere, ricordi della sua prima adolescenza si
scaldano all'attraente immagine dell'infinito — di una vita
che
sembra essere durata cento anni e per sempre, di una spensieratezza
che non ha mai tenuto conto che ogni cosa, dopotutto, è
precaria.
Niente è davvero eterno. Niente dura cento anni e per
sempre, le
promesse sono solo aria che esce dalla bocca.
Sente
la nostalgia della sua famiglia, perché il Michigan
è molto
lontano. Non sente per fortuna la nostalgia degli amici,
perché non
ne ha mai avuti. C'è stato Rick, però, questo lo
deve ammettere, ma
tutto è cambiato quando…
Un
tonfo proveniente da infondo la strada fa scattare le orecchie di
Morty, come un cane che sente il suono di un fischio, perché
è così
familiare e inaspettato che quasi non salta un battito del suo
giovane cuore, e non parte a sbavare, da brava cavia comportamentista
quale potrebbe benissimo essere.
Quando
si parla del diavolo…
Morty
fa spallucce e continua a pulire le stoviglie, imperturbato dai
rumori che sente provenire dall'ingresso. Se non sapesse di chi si
tratta, penserebbe che qualcuno stia cercando di scassinare la porta
di casa.
«È
aperto!», grida al suo visitatore. Morty sente poi i passi
per il
corridoio e canticchia contento, non ha bisogno di saluti o altro per
capire chi è.
«Ma
guardati, chiuso in casa di sabato sera, che sorpresa», Rick
commenta spocchioso, appena entrato in cucina. Morty appoggia un
piatto sul lavabo e si gira verso suo nonno. Non risponde, ma Rick
non ha finito: «Ancora nessun amico, eh?».
«Non
fingere che ti importi», Morty decide di chiudere l'argomento
in
fretta. Rick sa che ha toccato un nervo scoperto, sogghigna ma non
aggiunge altro. Morty invece sì, lui sì che ha
altro da aggiungere.
«Tu, piuttosto, come facevi a sapere che ero a
casa?».
Rick
si stringe nelle spalle. «Te l'ho detto, sei prevedibile,
Morty»,
appoggia il bacino al tavolo e incrocia le braccia, strafottente.
«E
ho controllato la tua agenda. Sai, dovresti cambiare password. Hai la
stessa da otto anni».
Morty
non riesce a trovare nulla per smentirlo, metterlo in una situazione
in cui sia in errore. Rick sbaglia sempre, Rick non sbaglia mai.
Usare
la ripetizione del nome di Jessica per tre volte non è mai
stata una
genialata, tutto sommato. Rispecchia però quella parte di
sé che lo
rende incapace a lasciarsi le cose alle spalle (lo avrà
preso da
qualcuno in famiglia, pensa, ma non ci dà tanto adito), come
una
parte impetuosa di lui venga sempre investita dalle passioni, e non
riesce a scagionarsene, finché qualcos'altro non attira il
centro
delle sue attenzioni. E Morty è pigro come la maggior parte
delle
persone, per questo non pensa che cambiare password sia così
urgente
— è uguale a tutti, non è unico,
né speciale. Rick gliel'ha
insegnato molto bene, ripetendoglielo per anni.
Eppure
credeva di essere diverso, almeno per qualcuno, quando…
Morty
non si lascia terminare il pensiero, si impedisce di trovare una
scappatoia tra i ricordi, che pronuncia subito: «Che ci fai
qui?».
La sua voce sembra estranea alle proprie orecchie, perché la
sua
mente è ancora persa in un ricordo che per ore, giorni, mesi
non ha
fatto altro che risucchiare ogni briciolo della sua sanità
mentale,
come lo abbia ingabbiato in interrogativi come "e se?", "e
ma?", "è sempre stato così?", "oppure
è
cambiato qualcosa?".
«La
sparaporte», Rick risponde schietto. Si riferisce a quella
che gli
ha regalato prima di partire con i corvi, e poi è ritornato,
perché
Rick non sa stare da solo.
Non
è una visita di cortesia, mai stata, e Rick non ci tiene a
mascherare le sue intenzioni. Eppure Morty fino a cinque secondi
prima ci avrebbe creduto, che fosse solo una scusa stupida per
vederlo, ma a Rick questo genere di cerimonie non sono mai piaciute,
ed è vero che non si è fatto sentire da tempo.
Non gli interessa di
lui. Morty invece non l'ha mai chiamato perché è
stanco di dare
attenzioni a chi non se le merita, di diventare approvvigionamento
per i narcisisti patologici. E lui per anni è stato lo snack
preferito di Rick, da mangiare appena gli stuzzicava un po'
l'appetito di rovinare vite, per questo Morty ha amato ogni singola
briciola del potere che si illudeva di avere ogni volta che resisteva
alla tentazione di chiamarlo e chiedergli come stesse, di
raccontargli la sua giornata. Si è sempre sentito solo,
però,
perché senza Rick nella sua vita, chi c'era a criticarlo
costantemente? Morty ha costruito la sua identità su
ciò che non è
— intelligente, carismatico, affascinante. Ma
cos'è, in realtà?
China lo sguardo, le nere ciglia si fondono con i pozzi scuri nei
suoi occhi, e ripensa che non ha fatto altro che ignorare Rick da
quando si sono detti un arrivederci che ha sempre avuto il sapore
agrodolce di una bugia, da quando…
La
voce di Rick rioccupa spazio nel campo sonoro, e Morty gli è
quasi
grato, perché così è costretto a non
pensare. «Devo controllare
alcune coordinate, delle-delle coordinate molto importanti, Morty.
Non-non capiresti».
Il
moro annuisce placidamente. «È in camera
mia». Non fa altre
domande, tanto è come ha detto Rick, no? Non potrebbe mai
capire, è
fin troppo stupido per farlo. Alza gli occhi al cielo all'ipocrisia
di suo nonno, perché nulla conta davvero, tranne tutto
ciò che
riguarda quell'ego smisurato che si ritrova, e ogni cosa diventa
subito questione di Stato.
Si
dirige verso la propria stanza, sentendo incanalare in ogni suo
muscolo tutta la sua spossatezza. Antropologia non è tra le
materie
che gli riescono meglio, e Rick sta risucchiando ogni altra energia
che gli è rimasta. Morty sente dei passi dietro di
sé; il vecchio
lo sta seguendo, senza invito.
Ma
Rick non ha mai bisogno di chiedere permesso, vive sempre e solo
secondo le proprie regole, le proprie condizioni, che in
realtà
regole non sono mai, ma solo un edonistico e cieco seguire le proprie
pulsioni. Rick fa ciò che vuole, perché non gli
importa di niente —
delle buone maniere —, o di nessuno — di Morty.
Rick è una
pericolosa mina vagante che può decidere di distruggere,
corrompere,
schiavizzare intere galassie, soltanto perché gli va. La
ragionevole
paura di Morty nel venire costretto ad abbracciare la morte si
è
scontrata un miliardo e più di volte con la certezza che,
nonostante
tutto, Rick lo avrebbe sempre salvato. È questo che gli ha
reso Rick
così bello.
Sono stati i rari momenti di genuino affetto a rendere Morty incapace
di dirgli davvero addio, perché prima che una navicella
spaziale si
schiantasse sopra casa sua, non ha mai avuto la possibilità
di
capire come ci si sentisse ad essere amati, amati per davvero,
così
tanto che qualcuno fosse capace di rischiare la propria vita per lui
— anche solo per un secondo.
Alla
fine è stato Rick a tagliare i rapporti, e forse
è meglio così.
Almeno
fino ad adesso.
La
fitta agenda di Morty sembra non aver lasciato completamente
indifferente Rick, che gongola dentro di sé, leccandosi le
labbra
alla prospettiva di poter punzecchiare il caro nipote. Non
può
esimersi, dal dargli fastidio. E perché privarsi di qualcosa
che
garantisce ottimi risultati con minimi sforzi? Facile, veloce per
giunta, rendere le gote e le punte delle orecchie del moro di un
profondo vinaccia. Basta davvero poco, come un "Hai ripreso a
fare corsi di cucina esotica, eh, nonna papera? Non riesci a fare a
meno di ricchi bianchi che interpretano male conoscenze orientali che
hanno a che fare con loro come il mio buco del culo ha a che fare con
il cesso di casa tua?" o un "Studio dalle tre alle sette?
Vuoi davvero buttare la tua vita per rimanere chiuso in un ufficio
squallido dove nessuno ti rispetterà mai? Sei proprio la
copia di
tuo padre. Chissà come fate a sostenere la vostra vita
patetica.
S-sei coraggioso Morty, devo ammetterlo, nessuno andrebbe mai
così
fiero di una merdata simile".
Morty
rimane in silenzio ad ascoltare, perché non ha mai voglia di
litigare, di
passare del tempo con Rick,
finché non sbuffa e il suo viso inizia a colorarsi.
Sánchez no, non
può proprio trattenere una risata canzonatoria. Ben
gli sta.
Morty
è davvero infastidito. «S-sei un
tormento!».
«Sì
sì, è bello vedere pure te, testa di
cazzo».
È
bello vedere pure te.
Morty
non riesce a concentrarsi su altro e ama come la consistenza delle
cose intorno a lui per un secondo cambi, come sia bello fluttuare
nella voce di una persona che non sente da tempo. Sarebbe ancora
più
bello poter avere un contatto, confondersi in un abbraccio, ma con
Rick le parole bastano e avanzano, saranno l'unica carezza che mai
gli arriverà, e Morty si stringe al petto, ma arriccia le
labbra.
È
il primo sorriso che si scambiano da mesi,
una complicità di pensiero che è
sembrata
persa, forse solo e addirittura immaginata, perché è
passato troppo tempo, e il moro ha
sprecato troppe ore a chiedersi cosa sia
stato davvero vero, sincero, con Rick. È sempre
un'incognita. Morty
vorrebbe capire suo nonno, abbastanza da non farsi mille domande ogni
volta. O capirlo del tutto, così almeno non avrà
mai più brutte
sorprese, non
si farà più del male, perché ha
già prevenuto la pugnalata alle
spalle.
Rick
è davvero complicato da decifrare e Morty si sente al
confronto
troppo facile, da leggere e manovrare. Forse è per questo
che suo
nonno ha sempre fatto scacco matto nella sua vita. Forse è
per
questo che di Rick non se ne riesce a fare a meno, e di Morty non si
sente mai l'assenza. Rick è capace di stregare le persone
con la sua
divina presenza e il carisma spudorato, Morty rimane indietro e non
parla davvero, come la comparsa in un film, senza lasciare nessun
segno.
Al
moro di certo non sarebbe dispiaciuto qualche messaggio da parte suo
nonno, una notifica improvvisa e inopportuna, qualche testo
indecifrabile scritto da ubriaco.
Smettono
di sorridere, perché si sono ricordati che si vogliono bene,
ma
purtroppo l'amore non sempre basta per far funzionare un rapporto.
«Ho
letto il tuo saggio sulla devianza nelle varie culture,
sai?»,
incomincia Rick, cambia argomento, e Morty si chiede dove abbia
trovato il tempo per farlo. «Il tema è
cosi-così b-banale,
davvero, e devi-dovresti farti una bella ripassata di genetica prima
di avventurarti in argomenti che non conosci. Non distingui nemmeno
fenotipo e genotipo, e ci riuscirebbe anche un neonato».
«Sei
ubriaco?», chiede. È un'accusa, un "stai zitto,
stai solo
delirando".
«Non
lo sono da cinque mesi».
Summer
e i suoi genitori glielo hanno raccontato, che per chissà
quale
intervento divino Rick ha deciso di smettere con l'alcol, e Morty ha
riso. Forte, sguaiato, come se non riuscisse a credere alle proprie
orecchie. L'universo ha raccontato la battuta più bella mai
sentita,
e Morty non ha potuto che agire di conseguenza, divertito — irato,
perché per anni si è dovuto subire il lato
peggiore di suo nonno, e
ora chissà chi si starà godendo gli aspetti
più genuini e meno
violenti di Rick.
L'universo
è proprio una grande testa di cazzo, e Morty vorrebbe
spalancare le
fauci e scoppiare in un ghigno canzonatorio, bastardo, perché
Rick Sánchez non è e non potrà mai
essere una persona sana,
ma dentro di sé non ne trova l'energia. È solo
infastidito. Non
sopporta più Rick, non vede l'ora che se ne vada.
Il
cervello di Morty mastica ancora le sue parole, quei "cinque
mesi" che proprio non gli vanno giù, come carne stopposa in
bocca; un insulto ben assestato, colpo preciso in pieno petto,
perché
cinque mesi è la stessa quantità di tempo da
quando è successo…
Morty
si accorge di essere davanti alla porta della sua stanza quando per
poco non ci va a sbattere. Fra un brevissimo lasso di tempo Rick se
ne andrà, e decide così di lanciargli uno sguardo
cupo, un invito a
sbrigarsi a prendere quella maledetta sparaporte e partire!
C'è
della luce nelle sue orbite nere, fiamme impetuose che se solo
potessero salterebbero addosso a Rick per dargli fuoco. Lo scienziato
non è per nulla terrorizzato, tantomeno colpito. Nessun
sentimento
domina il suo volto ceruleo, niente tradisce la sua maschera di
indifferenza, e Morty comincia a pensare che forse sotto sotto non
è
più una una misera facciata. Se perfino da sobrio
è inespugnabile,
allora Morty ha un significato ben preciso nella sua mente: nulla.
Non gli importa niente se il moro è arrabbiato o triste a
causa sua,
perché tanto Morty non rientra nemmeno nella scala dei suoi
interessi. Non occupa neanche il posto più infimo fra le sue
priorità. Il moro allontana lo sguardo, perché
continuare a
guardare Rick negli occhi lo ridurrà in lacrime. Lo odia
così
tanto, suo nonno, perché nonostante tutti gli sforzi,
c'è sempre
qualcosa che rende Morty debole, fa sgorgare acqua dai rubinetti
irrequieti nei suoi occhi, rende molli le ginocchia, trucida il suo
cuore. È quello sguardo gelido nei suoi occhi cristallini?
Quelle
labbra così sottili e rigide? Portano il peccato, portano
mille
insulti, armi bombardiere contro la povera anima del più
giovane. Il
fatto che sembri ancora così alto e possente, in confronto a
lui? O
che Rick sia semplicemente uomo,
un concentrato di virilità che vive nell'odore di colonia
sui suoi
vestiti, nei piccoli manierismi che rendono Lui semplicemente Lui, le
mani in tasca e lo sguardo apparentemente distratto.
Morty
fa un grosso respiro e spera che Dio, ma chiunque altro
andrà bene
lo stesso, abbia pietà di lui. Apre la maniglia della porta,
e in
quanto ad impetuosità Rick è quello che ne ha da
vendere: per poco
non spintona via Morty, precipitandosi dentro la camera da letto del
giovane adulto. Individua la sparaporte su una mensola e si accinge a
prenderla. Morty si siede sul proprio letto, senza proferir parola,
perché più che un padrone di casa sta iniziando a
sentirsi come il
commesso di un Costco. Poco dopo anche Rick si siede sul letto, si
rilassa e beatamente inizia a farsi i fatti suoi, come se il posto
fosse di sua proprietà. Morty ogni tanto si è
chiesto quale fosse
l'identità dell'anonimo donatore che caritatevolmente gli ha
pagato
la retta per l’università privata e alloggio, ma
preferisce non
soffermarsi troppo sulla questione, e il suo sguardo indugia su suo
nonno.
Rick
domina. È questo a renderlo affascinante a milioni di donne
e non
solo. Non importa quale azione stia compiendo, dove si trovi,
perché
anche nel gesto più ridicolo, nel luogo più
angusto, Rick ha il
potere. E ogni pianeta non è poi diverso l'uno dall'altro,
vige la
stessa regola ovunque: esiste chi domina, esiste chi subisce.
Ma
Morty è veramente stanco.
Sembra
una legge dell'universo impossibile da cambiare: il moro non
è
destinato ad avere grandi amici o amori se non…
«Rick?»,
incomincia, ma non sa dove andare a parare veramente, quindi opta per
la soluzione più banale. «Quali coordinate devi
guardare?».
Rick
brontola. «Cazzo, Morty, ti ho detto
che…».
«Voglio
saperlo lo stesso», il moro si impunta.
«Perché sei a casa mia, a
quest'ora, e io dovrei dormire —».
«Dormire?
Dormire?!».
«Sì!».
«Cristo,
Morty, tu a quest'ora dovresti essere in qualche locale a divertirti,
magari a incontrare qualche bella ragazza, o ragazzo, come cazzo ti
pare, e—».
«Non
mi piace…».
«Stronzate».
«Davvero».
«Non
prendermi per il culo».
«Sono
serio!», Morty si sorprende a gridare, ma con Rick
è inevitabile
arrabbiarsi. «Sono stanco di sentirmi dire come dovrei vivere
la mia
vita! Vorrei non sentire queste voci nella testa, ma tu da sempre non
hai fatto altro che dirmi "Morty devi" e "Morty non
devi" e io sono stanco, stanco,
delle tue stronzate, di come tu voglia comandare la mia vita! Sono
anni che mi fai sentire sbagliato, e per cosa, poi? Cosa ci hai
guadagnato?».
Rick
è visibilmente teso.
«Morty…», lo chiama, e ironia della
sorte è
anche il motivo per cui non ha fatto altro che sminuire suo nipote
per anni e anni.
Umiliare
una persona di continuo, toglierla di ogni fiducia in se stesso,
farle credere che non è nulla senza di lui. Sono stati
questi gli
ingredienti magici che hanno trasformato da tempo Morty nel docile
cagnolino che è sempre stato, e il moro questo lo sa bene,
lo ha
imparato sulla propria pelle, bastoni e pietre incorporei di materia
ma tangibili nel suono, che hanno scalfito i brandelli di
ciò che è
adesso. Un giovane adulto a metà, perché non ha
ancora capito
veramente chi è.
Morty
si lascia andare a un «Ti odio, Rick Sánchez. Ti
odio con tutto me
stesso». È liberatorio, ma non privo di una certa
sofferenza. La
sua voce è tremolante, e a malincuore scopre che anche il
suo corpo
è incapace di restare fermo. Non l'ha mai provato, un
sentimento
così. Non è pronto per il rancore — non
sente di avere spazio nel
suo cuore, ma con Rick ogni volta è la stessa storia: vuole
sempre
più di quando Morty possa offrirgli.
«Se
ti dà così fastidio la mia
presenza…», incomincia Rick,
visibilmente punto sul vivo. Una parte di Morty gongola per aver
scalfito quella sua aria sempre così indifferente e
superiore,
l'altra si ritrova persa, nell'avvertimento di un bisogno di qualcuno
che colmi spazio in casa sua, al suo fianco, nella sua vita. Niente
gli è mai stato tanto caro come Rick. Non ha mai provato
così tanto
affetto, se non per Rick. Lo ama e lo odia al tempo stesso, lo
desidera e lo disprezza. Non ha mai compreso Catullo fino a quel
momento. E la Lesbia di Morty è l 'unica persona capace di
regalargli emozioni così forti da penetrargli sottopelle e
prendere
il possesso di tutto ciò che gli rimane della propria
sanità
mentale.
Morty
schiude le labbra, in gola gli nasce l'intento di fermare Rick
e…
blackout.
Le
luci si spengono. Il buio li immerge e sembra che intorno a loro ogni
cosa abbia smesso di respirare. Il silenzio li conquista, lascia
spazio a sospiri, ma ingloba ogni immagine, ogni luce riflettente di
realtà. Il suono dell'orologio, che come un cuore pulsante
segna il
suo battere, cessa di funzionare. Rick e Morty sono prigionieri in un
cadavere di mattoni e ferro. Prigionieri tra loro, di quelle parole
che non si sono ancora detti.
NdA
Hola!
Ho
finito la maturità, ma vivo ancora, quindi rieccomi qua! And
guess
what...non è un aggiornamento di LTSI! Incredibile, no?
Settimana
prossima lo riprenderò, ma adesso sono qui con quella che
doveva
essere una OS, ma è davvero troppo lunga, quindi la sto
spezzando in
più parti.
È
ispirata (prendete con le pinze questa parola) al film
«L'uomo che
amava le donne», del '77 (da cui ho tratto la cit. a inizio
storia),
ma anche l'omonima canzone di Nina Zilli ci ha messo del suo, eh.
Ormai
io fin troppo amante dei topic in cui Rick e Morty combinano qualcosa
ma il lettore deve aspettare gli ultimi capitoli per capire che cosa
diamine sia successo LMAOO.
Ho
provato a fare sempre un'indagine introspettiva sui pensieri di
Morty, ma ci ho aggiunto un pizzico di quelli di Rick, perché
so
che a voi piashe e questo non è da paraculo
(semicit).
Spero
che questa sua versione aged up piaccia, perché è
un po'
particolare con la scelta della carriera, lo stile di vita e gli
sbalzi continui d'umore (ma quelli li ha anche il nostro Morty
quattordicenne, dai! lol)
Protip:
se siete amanti del cinema francese o volete un film che vi mandi
RickMorty vibes, vi consiglio un sacco «L'homme
blessé», dove un
giovane ragazzo solitario si innamora di un criminale, che è
anche
suo aggressore, e tra i due si crea una relazione ossessiva e
contorta. Angst e nichilista, as we like it.
Con
questo è tutto, vado a creare una playlist pure su questa ff
perché
sì, e ricordatevi che su Amazon ma anche nelle librerie
potete
trovare il mio libro “Anche i pesci sanno mentire”
appena
uscito!!
Alla
prossima!
|
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Capitolo 2 *** Parte II ***
ATTENZIONE
– Nel
capitolo e nel successivo saranno presenti spoiler riferiti alla
premiere della sesta
stagione. Non ho resistito.
Parte
II
«Che
cazzo?», sbotta Rick, vedendo anche la propria sparaporte
spegnersi.
Senza elettricità, non vive neanche lei. Morty ha consumato
tutta
l'energia perché gli piace svegliarsi presto ma prendersela
comoda
prima di presentarsi a lezione. Non
brilla più nemmeno la luce verde lime.
Rick
grugnisce di rabbia non appena vede i dati delle coordinate sparire
davanti ai suoi occhi. Impreca ad alta voce e per poco non scaraventa
in aria l’invenzione che ha regalato al nipote.
Morty
si affaccia alla finestra, e in ogni palazzina la luce è
stata
risucchiata; c'è un silenzio mortifero intorno a loro, solo
la
natura sprigiona la sua potenza nella sua vitalità. Le
stelle
luminose in cielo, la luna regina. La natura sopravvivrà a
tutto,
anche all'uomo, che disgraziato ha già rinnegato la sua
stessa
Madre.
«Non
hai qualche lanterna nel tuo camice? Tu hai tutto!», Morty
esclama,
con bambinesca vivacità, le mani ancora ben salde al
davanzale della
finestra.
Come
se pensassero all'unisono, anche Rick ha frugato nel suo camice per
trovare qualche invenzione utile. «No, merdina, chi cazzo se
lo
aspettava un blackout…».
Un
breve risolino canzonatorio compare sulle labbra di Morty.
«Beh,
benvenuto in California, Rick», risponde piccato il moro, che
si
alza in piedi, attaccandosi al muro come una lucertola e tastandolo,
avanzando a passi da pinguino, finché con le mani non trova
l'interruttore della luce, che inizia a premere, in speranza di
qualche segno di vita.
«Bravo,
Morty, prova a spegnere e riaccendere. Grande idea durante un
blackout. Chissà dov'è finito il tuo invito al
MENSA».
Morty
non ha bisogno di vedere Rick per capire che lo sta guardando male.
Sputa veleno e sentenze come una vipera che fa da giudice, e
disgraziatamente per il moro non ha torto. Il ragazzo però
non è
pronto alla resa. Pronuncia: «Almeno ho provato a fare
qualcosa».
«Cagare
sul letto non è meglio di non cagare affatto».
Non
è la prima volta che Rick glielo dice. Non è la
prima volta che
Rick lo fa infuriare.
«Il
solito stronzo».
«Il
solito rincoglionito».
«Pazzo
ubriacone».
«Ho
smesso».
«Non
guarirai mai», Morty sibila, e la sua voce non è
mai stata così
cattiva. Si rende conto che forse sarebbe un pessimo assistente
sociale, ma scaccia via il pensiero. «Non riesci nemmeno a
mantenere
le promesse più banali». Rick e Morty, cento anni
per sempre
insieme, dove erano finiti?
È
l'ultima goccia.
«Me
ne vado!».
Morty
si ritrova con una sensazione di sfuggevolezza nell'aria, sta
perdendo una parte di sé, ma quale? Non riesce a trattenerne
la
materia, a capire qual è la sua perdita.
È
davanti ai suoi occhi, però: Rick se ne sta andando, e
quando il
moro se ne accorge è troppo tardi. Uno spago sembra
stritolargli gli
organi interni del suo addome, la morsa del suo senso di colpa lo fa
vittima e prigioniero. Ha aperto bocca, permettendo a parole
sfortunate di uscire. Ha permesso che il suo rancore parlasse e lo
trasformasse in un demone rabbioso tra fiamme e insulti, che se
n'è
andato appena è giunto il momento di affrontare le
conseguenze delle
proprie azioni.
Ora
Morty è solo Morty, non è più mostro,
non è più invincibile, e
con gli occhi acquosi osserva suo nonno andarsene. Si chiede se Rick
si sia mai sentito così in colpa, con dei ripensamenti. Se
abbia
guardato il viso giovane e fanciullino del moro, pronto a scoppiare a
piangere, e sia arrivato a pensare Ho
parlato troppo, sono stato uno stronzo. Mi dispiace.
Qualcos'altro
in lui prende il controllo. Non è rancore, ma un istinto
più
primitivo, un sentimento che si è sedimentato talmente al
disotto
della sua pelle da assumerne l'aspetto.
Rick
non può andarsene. Quando varcherà
definitivamente la porta di
casa, cosa succederà? Rick lo chiamerà mai? Gli
invierà qualche
messaggio? Ritorneranno le loro avventure?
L’ovvia
risposta lo spezza in due.
Morty
non riesce a credere, accettare, come una persona talmente
significativa nella sua vita, talmente essenziale, possa diventare
solo una scheggia tra le dita, un'ombra sfuggente, la mosca che
allontani e non ci pensi più. Cosa succederà, tra
loro? Rick
diventerà quel parente che vedrà solo per qualche
sprazzo di tempo
durante le feste in famiglia? "Ciao, buon Natale, ci vediamo
l'anno prossimo"? Non può, non può, non
può!
Forse
c'è stato un periodo in cui non ha più voluto
saperne di Rick,
forse anche adesso una parte di lui è stufa di tutto quanto,
ma lui
è suo nonno, checché ne dicano la biologia e
l'esistenza di
dimensioni alternative, e il moro vuole stare soltanto con lui.
«No!»
replica Morty, non senza affanni, gettandosi all'inseguimento di
Rick. Riconosce suo nonno attraverso il ticchettare delle suole delle
sue scarpe, il rumore di passi che per anni lo hanno accompagnato
nella sua vita: inseguimenti da criminali, brusche svegliate al cuore
della notte, rilassate ma gioiose camminate dentro il grande Blips
and Chitz.
Vede
poco e nulla, allarga le braccia per capire con le mani se sta
andando addosso un muro oppure no.
Conosce
casa propria meglio di chiunque altro, pensa il moro, non
sarà
difficile riuscire a tenergli il passo. Sbaglia di grosso,
perché è
come se suo nonno avesse sviluppato anche l'abilità di
riuscire a
guardare nel buio. È sempre uno scontro impari. Morty
assottiglia le
labbra: non è giusto, ma il concetto di correttezza ha
incominciato
a sgretolarsi man mano che ha perseguito la sua relazione con Rick, e
questa sera non fa eccezioni.
«Smettila
di seguirmi, stai andando a sbattere contro tutti i muri».
«Non
è ver- Ahia!».
Morty prende con la fronte lo spigolo del muro.
«Stai
diventando ridicolo». Rick sta trovando tutto ciò
estenuante e
imbarazzante, ma non sembra fermare il moro dalle sue convinzioni.
«Aspettami!»,
Morty grida, cercando di afferrarlo, ma trova l'aria. Riesce lo
stesso ad avvertire che è vicino, e un'idea attiva gli
ingranaggi
nella sua mente.
Ancora
qualche passo, e attirerà l'attenzione di suo nonno. Deve
chiedergli
scusa, ripagarlo, fare quello che dovrebbe già aver fatto
cinque
mesi prima.
«Bast-».
Rick si sente afferrato per il colletto del camice e del maglione. Ha
fatto in modo che il tessuto sia in grado di ustionare i nemici al
primo contatto, ma Morty non è un nemico, nemmeno quando gli
urla
addosso così tanti insulti. Il giovane adulto riesce a
strattonarlo
per un po', finché Rick non si libera dalla stretta,
riuscendoci con
scioltezza. «Che cazzo pensi di fare?».
Blackout.
Morty
stringe il suo viso tra le sue mani, e alla cieca le sue labbra si
fiondano su di lui; si ritrova così a baciare il mento di
Rick, ma
la sua bocca fa dei piccoli passettini fino a chiudere quella
dell'altro, alla ricerca di calore, divorandone la pelle e il buon
senso. Il loro cervello è in blackout out. Lo scienziato non
fa
altro che non sia restituire il bacio. È più
esperto fra i due, si
sente, e Morty si chiede quanti, quante, siano stati prima di lui.
Chi è stato o stata solo uno svago, per poca
sobrietà, per non
pensare, per dimenticare. Chi forse ha avuto un ruolo più
spesso,
dove non è contata solo l'attrazione fisica. Morty non
può fare a
meno di domandarsi a quale dei due gruppi fa parte, ma si risponde
che non è importante, perché finché ha
Rick, riesce finalmente a
sentirsi a casa, e tutto va bene. Indugia nel contatto, accarezza il
suo viso, si lascia andare alla speranza che tutto si
concluderà
così facilmente; ha risposto dopo cinque mesi, ma l'ha
fatto, e ora
che i loro intenti sono chiari, possono entrambi macchiarsi dello
stesso crimine. Amore (codipendeza,
ossessione)
è come si chiama la peggiore malattia infettiva che entrambi
conoscono.
Morty
all'improvviso viene spinto a terra, atterrando sul coccige e con una
gamba dietro. Posizione più scomoda non esiste: il dolore
infiamma
il muscolo e sembra propagarsi in tutto il suo arto posteriore
sinistro. È inevitabile quando la forza impressa
è maggiore
rispetto alla resistenza. Rick conosce abbastanza nozioni di fisica
per capire cosa avesse appena fatto al corpo del più
giovane. Ma ne
sa pochissimo di intelligenza emotiva, che gli rende difficoltoso
anticipare la reazione del nipote. Furia, immagina, ed è
meglio
così. Morty non può amarlo, non dopo ogni
cosa.
«Rick!».
«Che
cazzo pensi di fare?!», Rick urla, rafforza il suo gesto, e
ogni
cosa è oscurata dall'alone del rifiuto negli occhi di Morty.
Il
giovane si sente piccolo, anche perché non riesce ad alzarsi
da
terra, e davanti a lui si proietta un gigantesco mostro dagli angoli
appuntiti. La sua voce tenebrosa rimbomba nelle orecchie del
più
giovane, lo perseguita nei meandri di un antro buio, una battaglia
persa in partenza. E ora Morty è prigioniero tra le sue
grinfie.
Vergogna
e imbarazzo simulano rabbia ruggente nei polmoni di Morty, riscaldano
l'aria con cui escono le parole: «Mi hai baciato anche tu,
cinque
mesi fa, prima di dirmi addio!».
Prova
ad appoggiare la testa da qualche parte parte, ma sbatte il capo su
un mobile, e qualcosa cade per terra.
Morty
riconosce il rumore. Un cubo di Rubik.
La
sua mente naviga nel passato, il giorno prima di partire per il
college.
«Sapevo
di trovarti qua», la voce di Rick è come un'onda
nei suoi pensieri,
e Morty si sente teletrasportare in quella fatidica sera. Sul tetto,
mentre guarda il cielo nero illuminato di stelle. Il cubo di Rubik
tra le mani ma con cui non sta giocando davvero.«D-davvero
b-banale, Morty, lasciatelo dire».
È
concentrato sulle stelle che ha già visto da vicino, enormi,
e ora
sono piccolissime. Tutto può essere così gigantesco
o insignificante a seconda della prospettiva. Morty ogni tanto si
chiede con che lenti lo guardano gli altri. Appare come una minuscola
formica? Una possente torre?
Forse entrambi, o forse non lo guardano proprio. Talmente privo di
significato da essere invisibile. Trattiene un sospiro, aria esce
dalle sue narici. Ha bisogno di cambiare vita.
Di allontanarsi dalla sua famiglia. Anche da Rick. Vuole capire
com'è
vivere in un posto diverso da dove le persone lo
sminuiscono,
che sia intenzionale o meno.
Vuole
capire com'è essere, non solo esistere.
Magari
l'aria universitaria risponderà a qualche sua domanda.
Magari
estirperà certi desideri che lo fanno sentire un parassita,
essere
infido e viscido intorno alla sua famiglia.
«Morty?»,
Rick lo richiama. Questa è la prima volta che Morty lo sente
davvero. Sussulta, tutto intorno a lui trema, scuotono le stelle, ma
forse è solo lui a essersi agitato per nulla. Per poco non
gli cade
per terra il cubo di Rubik, ma Rick riesce a prenderlo al volo, e
glielo porge. Morty se lo riprende con un sorriso timido, mentre
pensa a cosa dire, iniziando finalmente a osservare con attenzione le
facce del suo cubo. Nessuna giusta, nemmeno due colori vicini.
Potrebbe iniziare a barare come fanno tutti: staccare gli adesivi e
rimetterli vicini a quelli dello stesso colore. Non è il
tipo. Non
ama mentire, soprattutto ingannare gli dà i conati di
vomito. "Ma
non è quello che hai fatto per tutto il tempo?", fa una
vocina
nella sua stessa, affilata nella sua mente, un ago contro un
palloncino, ma Morty si risponde solo che non è colpa sua.
«S-scusa»,
balbetta, come ha sempre fatto a quattordici anni, ma con Rick si
sente sempre farsi piccolino.
«P-pensavo…». Non sa cosa dire, se
non una debole confessione. «Non riesco a dormire».
Anche
Rick sembra attirato dal cielo, come se non avesse mai visto una
notte stellata. Non guarda suo nipote negli occhi, ma gli risponde:
"Posso capire".
Morty
gli sorride sornione, ma scuote dolcemente il capo. Rick, nonostante
la sua ritrovata empatia, non può avere idea di cosa passi
per la
mente del più giovane. E va bene. Meno suo nonno ne sa,
meglio è.
Rick
pensa che sia agitato per il college, non è del tutto in
errore. Si
allontanerà dalla famiglia, dallo Stato del Michigan.
Cambierà
scuola, luoghi, persone. Vivrà un'altra
normalità, un'altra vita.
Più normale, più noiosa, ma seria.
Avrà il suo futuro tra le mani,
e non potrà permettersi di farselo sfuggire.
Rick
nel frattempo fruga nel suo camice del laboratorio, e quello che
sorprende Morty non è il fatto che ne tiri fuori la sua
fiaschetta,
ma che gliela offri. «Vuoi?».
È
puntata proprio sotto il suo naso. Sembra quasi una minaccia. Le
parole "Ma Rick, è illegale! Non ho ventun'anni!" muoiono
sulle sue labbra. Sai cosa gliene importa, a suo nonno, se fa
qualcosa di illegale? Niente.
Morty
però non è mai stato un grande fan del bere
alcolici.
Principalmente per sua madre e Rick, perché ha visto gli
effetti su
di loro. Nonostante ne veda l'attrattiva, crogiolarsi nell'oblio di
qualche minuto od ora, capisce che non è così che
vuole affrontare
i suoi problemi. Punto numero due: vuole evitare di rivelare quel
piccolo segreto che vive imprigionato solo nel suo cuore e nei suoi
pensieri più sporchi, guai se troverà una via di
fuga tra le sue
labbra. Nessuno deve saperlo. Nessuno. Soprattutto Rick.
Punto
numero tre, se vale: suo nonno ha sempre cercato di farlo stare
lontano dall'alcol. Al contrario di ogni bravo adolescente, che lo
avvertirebbe come un limitare la propria libertà, il moro ha
sempre
apprezzato che qualcuno si preoccupasse della sua salute. Questo
succedeva anche perché Morty era più piccolo,
probabilmente, e ora
è diventato un giovane adulto pronto ad affrontare la vita.
O almeno
a provarci.
Morty
annusa il contenuto della fiaschetta, la prende in mano, il cubo di
Rubik nell'altra. Si ritrova ad arricciare il naso appena viene
colpito dalla sbanfa dell' odore acre e pungente di alcol.
«Ha la
stessa puzza del solvente per unghie di Summer».
Rick
gli sorride. «E lo è».
Le
palpebre di Morty si spalancano, sorprese e incredule.
«Cosa?!»,
squittisce, quasi pronto a gridare allo scandalo.
Suo
nonno scoppia a ridere, rumoroso, incontrollabile. Si porta una mano
alla pancia, sentendosi il fiato mancare, tanto si sta sbellicando
dalle risate. Morty teme che continuando così sveglieranno
il resto
della famiglia, forse anche i vicini, addirittura tutto il quartiere.
È
stato preso in giro, e c'è cascato con tutte le scarpe, come
una
pera cotta.
«Sei
sempre il solito», Morty sbuffa, incrocia le braccia, la
breve
rabbia lo possiede, ma sa già scemerà subito.
È un po' permaloso.
Se ne accorge solo ripercorrendo i suoi ricordi.
«Avresti
dovuto vedere la tua faccia».
Rick con una mano si asciuga gli occhi umidi, con l’altra
continua
tenergli la fiaschetta. «Bevi?».
Guarda
di nuovo la fiaschetta. Poi Rick. Ritorna alla fiaschetta. Ancora
Rick. Deve prendere una decisione, ma non sa che fare.
«Sbrigati
prima che cambi idea», comanda suo nonno, e Morty inizia a
pensare
che uno strappo alla regola non fa mai male. Solo una volta. Forse
l'ultima.
Ma
ha delle riserve.
«Che
succede se bevo troppo e cado dal tetto?». Tipico scenario
per chi
soffre d’ansia incontrollata.
«N-nonno
è qui, Morty». Rick risponde sicuro, genuino.
Morty sorride, sente
scorrere dentro di sé un certo calore, e non è
l'alcol, perché non
ha ancora intenzione di bere. Forse. «Anche se non nego che
sarebbe
uno spasso vederlo».
«Rick!».
«Cosa?
Ho solo detto la verità!».
Morty
si fa coraggio e decide di prendere un sorso. Uno piccolo, ma non
troppo. Rick sorride felice come un bambino che ti regala una delle
sue macchinine, vedendoti pronto a giocare con lui.
Mille
tratti del suo viso si piegano in una smorfia e anche con gli occhi
chiusi Morty sa che il sorriso di Rick sta diventando sempre
più
grande, tanto da scoprire i denti. Almeno qualcuno si sta divertendo.
Non
ha ancora ingoiato il distillato, ma appena lo fa, il suo viso si
lascia andare a uno spasmo schifato, e a stento riesce a trattenere
un lamento stridulo. Tira fuori la lingua, sentendola secca. Rick
scoppia a ridere ancora.
«Cos'era?»,
domanda Morty, ancora disgustato. Dà indietro la fiaschetta,
il più
velocemente possibile, come se potesse più facilmente passar
via
l'amaro che gli ha anestetizzato la bocca.
«Scotch
Whisky».
«Ci
vai leggero», il moro commenta sarcastico, bramando
più di ogni
altra cosa un sorso d'acqua.
«N-non
si giudica un uomo per il contenuto della sua fiaschetta,
Morty»,
dice Rick, e ne prende un sorso. Lo fa come se fosse il gesto
più
semplice dell'universo, e il moro rimane quasi incantato dalla sua
scioltezza.
«Ho
il palato tutto amaro», fa Morty, impastando la saliva, senza
curarsi se la frase abbia un senso compiuto o meno.
«Beh,
goditi questo momento, perché domani non verrò a
salutarti». Rick
non sta più guardando in faccia Morty, ma il moro si ritrova
attratto dalla sua figura come un'ape al miele. Non riesce a
staccargli gli occhi di dosso mentre una fitta al petto lo colpisce.
Quasi quasi chiederebbe ancora da Rick un sorso di whisky.
«Hai
salutato Summer», dice Morty, e ha tutta l'aria di un'accusa,
perché
infondo lo è. Il moro sa che sua sorella è
speciale, sa che a Rick
lei ricorda Diane. Ogni tanto ha dei dubbi, su chi sia il preferito
del nonno. Non è mai stato competitivo, ma l'idea che Rick
preferisca, ami, qualcun altro gli accende qualcosa di infiammante
nelle viscere. Brucia e ribolle nelle vene come catrame. E inizia a
sentire sempre più vicina la fiamma della competizione. Lo
soffocheranno questi sentimenti, si dice, ma non è mai
riuscito a
fermarli.
«Con
lei è diverso».
Morty
non regge lo sguardo, gioca con il cubo di Rubik che non è
mai
riuscito a finire. «Lo so». Annuisce debolmente.
Vorrebbe essere
tanto compressivo quanto dà a vedere, ma la gelosia
ostruisce ogni
altro pensiero, e si morde il labbro inferiore, teso.
«Con
te...», inizia Rick, ma le parole si inceppano in bocca.
Tossisce,
schiarendosi la gola, e fa: «Ci sentiremo, quando andrai
via?».
Morty
sbatte le palpebre colpito dalla domanda, sorpreso. Per lui la
risposta è così ovvia. «Sei mio
nonno», asserisce, parchè è
basilare.
In
qualche modo la risposta non soddisfa Rick. Sembra addirittura
offenderlo. «Sì, certo, quindi sarai costretto a
vedermi a Natale,
Ringraziamento, il possibile funerale di tuo padre, ma…
». L'uomo
diventa sempre più riluttante a qualsiasi contatto visivo.
«Mi
chiedo se… mi chiamerai mai?» Non vuole ci sia un
silenzio
imbarazzato, quindi continua. «Immagino sarai circondato da
mille
altri te, anche con la sindrome da crocerossina, per non farsi
mancare nulla».
«Hey!».
«E…».
Nonostante cerchi ancora di essere più aperto, raramente
l'opzione
più difficile sarà quella di immagazzinare tutte
le sue emozioni in
un pacco e tirargli un calcio. È sempre più arduo
invece
spacchettare la sua psiche, analizzarla da vicino, capendone i
perché, indagando sulle incognite. Rick sa di essere una
persona
pigra e volubile. La sua domanda non detta è “ci
sarà spazio per
me ancora nella tua vita?”.
Morty
ha imparato ormai a leggere nella mente di suo nonno, qualche volta.
Riesce a tirargli fuori le parole dalla bocca, o meglio: fa sembrare
detti i non detti. Capisce la tristezza di Rick, perché
è quella
che prova lui, lo stesso dubbio. «Ah, immaginati una stanza
piena di
Morty», fa, e si sforza di ridere.
Rick
viene brevemente contagiato, increspando le labbra sottili.
«Insopportabile».
«Vero,
no?», Morty gli dà corda. «E quando
sarà così…», si avvicina
piano piano a Rick, arrivando a toccarlo con la spalla. Si sorridono.
Le tensioni e le paure di entrambi diluiscono. «Chi meglio di
un
Rick per gestire un Morty?» Con la mano, arriva a sfiorare
quella
dell’altro, in un gesto così intimo che anni prima
sarebbe andato
in panico alla sola idea, ma adesso non sembra esserci cosa
più
naturale. Forse Rick lo scaccerà, lo liquiderà
accusandolo di
essere un molliccio sentimentale, ma non accade nulla di tutto
ciò.
I suoi occhi azzurri si concentrano su quelli marroni, e Morty sente
tutta l'aria del mondo mancargli quando percepisce il calore nella
mano di Rick. Mani che lo hanno ferito, minaccia che si è
tramutata
in salvezza, cura, raro affetto.
Rick,
il suo angelo della vita e della morte. O forse demone, sì,
un
demone dissoluto che gli vuole bene. Non che le definizioni siano
più
importanti di loro due, insieme, con ancora le dita delle mani
intrecciate.
Perché
c'è dell'elettricità che non può
negare. Un effetto collaterale di
ogni tocco, pelle contro pelle, pelle contro tessuto. Ad ogni
abbraccio, ad ogni manica tirata, ad spalla sfiorata, tutte insieme
causano un fremito, un'energia che si insinua al di sotto della
pelle. Ed entrambi sanno che succede anche all'altro, perché
ogni
volta si guardano come a dirsi "L'hai sentita anche tu?".
Si
vogliono bene, nonostante le maniere brusche e le frequenti litigate.
È l'unica cosa a cui vuole pensare, e scaccia via tutto il
resto.
«Non
vorrei mai dirti addio», sussurra piano Rick, talmente
leggero che
Morty deve avvicinarsi con il viso al suo. La sua voce è
vellutata,
come mai.
Morty
schiude le labbra, sinceramente colto da sorpresa, e sente gli occhi
inumidirsi. È scosso dentro, ma è una sensazione
piacevole, muove
dalle sua fibre qualcosa che da troppo tempo aveva bisogno d'aria.
Non vorrebbe scoppiare a piangere in quel momento, per una semplice
frase, ma commuoversi facilmente è una caratteristica che lo
ha
sempre distinto dal resto della famiglia. Dentro di sé sente
rimbombare tutte le emozioni nascoste in quelle cinque parole.
La
sensazione di star facendo qualcosa di proibito galleggia nell'aria,
insieme agli imminenti sensi di colpa. Ma stasera Morty decide di
essere un po' più come Rick, non importano le conseguenze, e
poi
quando gli capiterà più?
Le
labbra di Rick sono ruvide, come la sua pelle, e si avvicinano alla
bocca del moro con lentezza, ma non prive di voglia. Morty accarezza
con entrambe le mani le guance dell'uomo, il cubo di Rubik cade nel
giardino, ma a nessuno importa. Il moro è troppo catturato
dall'ennesima scossa di elettricità, dall'essenza di Rick,
che ora è
anche un po' dentro di lui. È un bacio casto, dolce e
tenero. Ma ci
vuole poco per trasformarlo in qualcosa di più appassionato
e
travolgente. Non vogliono staccarsi l'uno dall'altro, ma essere forma
unica, due pezzi che si sono finalmente ritrovati.
Rick
non se ne sarebbe mai andato, lo seguiva come un’ombra. Morty
ha
sperato di poter scampare alla sua presenza semplicemente spegnendo
ogni
luce nella
sua vita,
ma col sole sa chi è realmente, sa dove andrà
sempre a finire,
cos’è insolubile e imprescindibile tra i suoi
legami.
La
memoria ricrea Rick che gli sussurra qualcosa,
languido, un segreto che solo loro due possono custodire.
«Ti
amo, Morty».
Adesso
sembra surreale alle sue stesse orecchie.
Morty
che per la prima volta si ritrova a pasticciare con la propria voce a
parlare di sentimenti. Non gli è mai stato difficoltoso dire
"ti
voglio bene" o "sei importante per me". Non sono
parole regalate, perché lui le pesa, dando importanza a
tutto - dal
minimo granello di polvere che dà vita a una stella fino
all'intera
via lattea. Vorrebbe vomitare parole, emozioni: felicità,
amore,
paura, la vergogna perché ciò che prova non
è giusto (l'ha fatto
sentire un bugiardo per anni, un disgustoso essere che recita male la
parte del figlio, del fratello, del nipote, rovinato dai sui stessi
desideri), la rabbia, perché se è
così, è solo colpa di Rick. Ma
Rick non gli ha mai impedito del tutto di avere storie romantiche.
Basta a scagionarlo? Di chi è veramente la colpa?
L'incertezza
predomina in lui, mentre le labbra finalmente sembrano capaci di
schiudersi, e finalmente esce uno strozzato:
«G-grazie».
Il
più fatale degli errori. Rick lo guarda come se gli avesse
appena
tirato un ceffone in pieno viso. E forse è proprio quella la
sensazione.
La
mattina dopo Rick non si è presentato a dirgli addio, come
da
parola. Solo il cubo di Rubik per terra a ricordargli della sera
prima.
Morty
vorrebbe prendersi a schiaffi.
Capisce
perché Rick l'abbia colpito, perché l'abbia
ignorato per tutto quel
tempo. Deve essersi sentito rifiutato quella sera, e adesso preso in
giro. Ma Morty non gli farebbe mai una cosa del genere.
O
sì?
NdA
Ciao
a tutti! Come state?
Io sono super in hype per
la sesta stagione (che mi sta facendo dimenticare che fra un po' inizio
l'università, grazie al cielo). La sua premiere è
stata
la più bella di tutta la serie, AAA. E Rick Prime
è così figo,
non ce la faccio. Rick e Morty che decidono di
“morire”
abbracciati made my day and cleared my skin. Ogni momento in cui si
sono sfiorati è stato poesia, POESIA. Che poi chi fosse il
vero Rick
di Morty lo sospettavo già, ma accidenti, è così
soddisfacente vederlo
confermato.
Ora non riesco ad immaginarmi nuovi
scenari, chissà se ritornerà evil morty, e
nuove ship: Evil Morty x Prime Rick avrà il mio cuore, mi sa
lol.
Parlando
della ff, speravo di concluderla qui, ma stava diventando fin troppo
lunga. E adesso ho un po’ il timore dell’aver
sfiorato l’OOC,
ma questa versione di S6 Rick più
“aperta” con Morty mi ispira
un sacco di fluff.
Btw,
vi faccio notare che sul mio profilo ho aggiunto il link al mio
twitter (basta cliccare sull’icona browser). Seguitemi pure!
Il
canale telegram l’ho perso, aiut.
Alla
prossima!! <3
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Capitolo 3 *** Parte III ***
Parte
III
Prima
che suo nonno entrasse nella sua vita, Morty si è sempre
dipinto
come una brava persona. Ha ritratto così anche la sua
famiglia.
Forse un po' fredda, un po' soffocante per certi aspetti, ma buona.
È sempre stato il suo unico modello e punto di riferimento,
tanto da
trovare strane quelle famiglie dai mille sorrisi nelle
pubblicità,
accompagnate da un altrettanto bizzarro senso di attorcigliamento
allo stomaco che ha sempre cercato di ignorare: invidia.
Come
poter curare questa sensazione? Come tacere
dell'aggressività sempre
più nascente che lo turba? Perché
gli altri sì e io no?
L'ammissione rabbiosa di chi è stato negato, di privazione,
di
sconfitta. Come può occultare tutto ciò? Con la cecità.
Ha
vissuto (cercato di vivere) in un mondo dove ogni spigolo
può essere
smussato, dove ogni difetto è capace di mutare in pregio,
ogni
falsità è verità. Il vero è
mascherato, cosicché possa diventare
buono. E tutto può essere assemblato in un'unica armonia
artificiosa.
Tutto
è cambiato con l'arrivo di Rick.
È
lì che i concetti di male e bene hanno cominciato a prendere
delle
pieghe diverse, a diventare così variabili, relativi. Il
perseguimento di un obiettivo che Morty considerava buono lasciava
nella sua scia una miriade di pessime azioni. Nietzsche a colazione,
pillole di Feuerbach a pranzo, un po 'di Sartre a cena. Pezzo dopo
pezzo, la realtà è cominciata a cambiare. E il
mondo di Morty non è
più stato lo stesso, in un universo dove niente conta
davvero,
tranne se riguarda Rick, e il tutto ricomincia a diventare
importante.
Rick
è stato luce. Ha aperto i suoi occhi e gli ha finalmente
permesso di
piangere, odiare se stesso e la vita che lo circonda.
Non
è mai stato cinico come il nonno, cercando sempre di trovare
il
positivo in tutto, l'importanza in tutto, ma a volte è
difficile
anche per lui. Ha fin troppe domande nella testa. Soffocanti perché?
lo
inchiodano nel cuore della notte. Scenari immaginari lo distaccano
dalla realtà ogni giorno, e ci vuole sempre uno stimolo
sempre
maggiore per farlo ritornare con i piedi per terra. Il tonfo di un
telefono nascosto che cade, il brusio dei suoi compagni di
università
che si alzano per cambiare aula. Morty si ritrova ad osservare il
mondo reale e a trovarlo insoddisfacente contro il potere del ricordo
e dell’immaginazione.
Rick
entra all’improvviso e lo salva, lo porta con sé
nello spazio, gli
farà rischiare la vita così non avrà
troppo tempo per pensare a
come tutto sta andando. Non
succede niente, nessuno lo nota. Morty sa che se fosse rimasto a
casa, qualcuno avrebbe sempre posato il suo sguardo su di lui. E le
domande, le ipotesi, ricominciano.
Non
sarebbe la prima volta in cui Morty non sa che pesci pigliare. Molla
la lenza, e il bottino lo lascerà sempre in dubbio. Buono?
Cattivo?
C'è differenza?
Perché
la sua famiglia è così buona e cattiva allo
stesso tempo? Rick?
Perché anche lui è così? E Morty
può definire ancora se stesso
come buono?
È
umano. La sua famiglia è composta da esseri umani. Rick,
nonostante
lo neghi, è umano anche lui.
Un
sillogismo di base non sembra chiudere tutte le domande, ma
è
rassicurante come qualche parola gentile dopo una figuraccia. Morty
sa che non è tutto apposto, ma per il momento può
andare bene così.
Nessuno
ha mai detto che essere umani è facile.
E
questo lo riporta a considerare le proprie azioni. Tiene sempre a
mente la dinamicità del pensiero umano, dell'incognita delle
emozioni.
Perché
quel “grazie”? Una risposta peggiore era
impossibile che
esistesse. Morty l’ha saputo nel momento esatto che quelle
sillabe
sono uscite dalla sua bocca e il suono si è propagato
nell’aria.
Lo sa anche adesso con Rick davanti a sé, furente e
umiliato, perché
il moro non ne combina mai una giusta. Sbaglia sempre. Non esiste
situazione in cui non è in errore.
Ha
voluto davvero difendere Rick da sé stesso? O proteggersi
dal
disgusto che suo nonno avrebbe provato nei suoi confronti?
Perché
non si è rilassato quando Rick gli ha confessato gli stessi
sentimenti che pure lui prova? Paura
poteva
corrispondere a una piccola percentuale di tutte le ragioni. Se Rick
avesse saputo che anche Morty lo amava, lo avrebbe lasciato partire
così facilmente per il college? E Rick cos'altro sarebbe
stato
capace di fargli, con quell'informazione in suo possesso?
Suo
nonno non metteva mai in mezzo i sentimenti, a meno che non potessero
diventare strumenti in suo possesso verso un determinato fine. Morty
lo conosce fin troppo bene. Ha congelato per anni la figura di Rick
come divina o bastarda. L'ha resa immutabile nella sua mente,
incapace di cambiare per propria volontà, e quando suo nonno
è
diventato umano e sensibile, il moro si è sentito tradito da
ciò,
da Rick, dal suo stesso pensiero che ha fatto i conti con la
realtà.
Rick
così aperto, vulnerabile, è sembrato una bugia.
Una pessima presa
in giro. Perché se è arrivato a pronunciare
quelle parole,
significa che ha sempre potuto dirle, ma ha taciuto finché
non fosse
arrivato il momento più propizio, dove il vantaggio sarebbe
stato
maggiore. Morty non riesce a negare che dopo quel "ti amo"
il suo istinto sia stato quello di mollare tutto e cambiare vita: in
qualche pianeta lontano, solo loro due, tra mille avventure e,
chissà, se deve essere smielato e sognatore, si immagina
appuntamenti galanti in quei resort di lusso che solo Rick
può
permettersi, parole sussurrate solo per lui mentre i cieli diventano
blu, poi, magenta, poi viola, in una sinfonia di colori suggestiva e
dolce.
Abbandonare
il proprio futuro, la propria vita, solo per Rick. Ecco che cosa suo
nonno avrebbe voluto - cosa avrebbero voluto entrambi, ma Morty non
ha ceduto. Perché ha riconosciuto il gioco, gli schemi che
hanno
portato Rick a dire quelle parole, i possibili risultati.
Perché è
arrabbiato con suo nonno e capisce che se non riesce a staccarsi da
lui, allora deve farlo, il prima possibile. L’attaccamento
ansioso
dipendente deve pur trovare una fine, giustifica se stesso. Allora
perché si sente un mostro? Ha solo saziato un suo bisogno.
O
no? Morty non lo sa più. Con Rick intorno, non sa
più nulla.
Il
bisogno istintivo di cancellare quella dinamica scomposta e impari
che ha sempre relegato il moro al ruolo di secondo al comando - ma
quando è mai stato al comando?
Perché?
La
risposta non tarda ad arrivare.
Avidità.
Incubo che sembra diventare realtà. Morty sta diventando
proprio
come suo nonno.
Morty
si è ritrovato ad essere improvvisamente affamato di potere,
come se
non ne avesse mai assaggiato un pezzetto in vita sua, e in quel
momento davanti gli si era presentato un banchetto. Morty si
è
ritrovato a volere tante cose da Rick. Primis, la libertà
che gli ha
ceduto in cambio della sua presenza nella sua vita. Poi il suo amore,
poter strappargli il potere dalle mani, distruggergli il cuore e
calpestarlo, come mille volte quello del moro è stato fatto
a
brandelli. Poteva davvero essere incolpato? L’amore lo aveva
fatto
impazzire, lo aveva trascinato negli angoli più bui della
propria
psiche, schiacciato come fosse gommapiuma tra le sue mani, e Morty
è
stato così coinvolto da non riuscire a pensare ad altro che
fosse
Rick. E ha voluto uscirne, respirare aria vera, solo per un
po’.
Un
infimo gioco di cuori e potere.
Morty
è stato cattivo. O meglio, egoista e avido. Ama Rick, ma ama
di
più se stesso,
nonostante nella propria persona non riesca a vedere altro che
difetti. Questo non significa che il suo amore per Rick sia
direttamente proporzionale alla circonferenza di una briciola. Niente
affatto.
Magari.
Autodifesa,
la chiamerebbero alcuni. Istinto di sopravvivenza, potrebbero
avverarsi altri. Qualunque cosa sia, a suo nonno non è
piaciuta.
Forse è per questo che Rick gli ha fatto il trattamento del
silenzio
per tutti questi mesi, e Morty capisce che non è del tutto
immeritato. Il
piccolo stronzetto del nonno, ecco
chi è.
Nessuno
pare essere immune alla cattiveria.
È
colpa di Rick, se è così. È colpa di
Morty, se è diventato
importante nella vita di suo nonno.
Morty
si chiede se sia stato l'unico a ritrovarsi ad osservare, quasi con
attenzione ossessiva, lo schermo del telefono, chiedendosi se
chiamare, o non chiamare affatto. Chiedendosi se l'altro avrebbe mai
fatto il primo passo. Che anche Rick si sia ritrovato ad aspettare il
suono di qualche notifica, cinque lettere sopra la scritta "ti
sta chiamando"?
Perché
ha smesso di bere? Perché adesso si è presentato
alla sua porta per
delle coordinate? Quali
coordinate?
A che gli servono? Non poteva farlo da solo, e risparmiare a Morty
questo supplizio? Perché ora Morty è costretto ad
affrontare questo
fantasma dei suoi vecchi Natali? L'ennesimo ricordo che nella sua
vita quel vuoto può essere colmato solo da una persona? A
ricordargli che gli era mancato?
Rick,
Rick, Rick.
Quanto
ama quelle quattro lettere! Quanto è bello farle uscire
dalla
propria bocca! Che sia con rabbia, tristezza, o entusiasmo, non
importa. Basta dirlo. E quante notti in solitaria passate a gemere
quel nome e piangere! Morty ora ha voglia di strapparsi il cuore dal
petto, intossicato dalle emozioni che prova. Si
odia così tanto.
Cosa
sono cinque minuti di potere in confronto a cinque mesi d'inferno?
Morty si sente uno schifo.
Ma
c'è qualcosa, nelle parole di Rick, che lo riscuote dai suoi
pensieri, facendolo andare a sbattere contro un nuovo aspetto della
realtà. «Ero ubriaco, scemo!».
Lo
sguardo di Morty si spalanca, ingrandisce i suoi bei occhi da cervo,
e proprio come tale sembra che stia guardando i fari di un auto
pronto a investirlo. Catturato dallo scontro improvviso, sente il suo
petto fargli male a ogni respiro.
Che
Rick, per tutto quel tempo, stesse solo delirando ubriaco,
ingigantendo le cose, come ha sempre fatto?
Una
lacrima scende solitaria sulla sua guancia. Qualcosa in lui si
è
appena rotto.
Morty
dovrebbe imparare a capire quando Rick mente, quando bluffa, ma sa
anche che tende troppo a illudersi, ad idealizzare le persone, e ogni
tanto deve ritornare alla realtà, anche se in cuor suo
appare
assurda. I suoi occhi si fanno molli. «Quindi non era stato
niente
per te?». Singhiozza, e l’odio per se stesso
aumenta ancor di più.
L’unica cosa per cui è grato è
l’assenza di luce, così non può
essere visto piangere, ma Rick lo sa sempre quando sta male, come se
avesse un radar impiantato nel suo cervello, e forse
c’è l’ha
davvero. Forse è solo empatia, ma ne dubita. Morty
è grato di non
poter far contatto visivo con Rick, perché quei suoi occhi
chiari
pieni di disappunto lo farebbero morire sul posto.
Rick
non risponde, e Morty può sentire ogni parte del proprio
viso
crollare a pezzi, distruggersi per rivelare nel suo sottosuolo
un'enorme distesa d'acqua. «Tutti i mesi a credere che
potessimo…
sperare… a te non frega un cazzo di me, vero?»,
l'ultima domanda è
un sussurro, una debole rassegnazione che non ha smesso del tutto di
essere affamata di speranza. Non
ha fatto altro che fantasticare l’impossibile, vero?
Rick
non si degna di proferir parola, si volta e basta, con l'intenzione
di andarsene. Morty si sente consumare da quella che presagisce come
una conferma, la realizzazione che magari la verità
è sempre stata
davanti ai suoi occhi, "Ai Rick non importa nulla dei Morty",
e che lui, il solito cretino, avesse sperato che il suo, che non
è
proprio suo ma è come se lo fosse, (è suo,
se lo ripete sempre) sarebbe stato capace di essere diverso.
«Rick,
per favore!», implora, non riuscendo ad alzarsi a terra. Un
ginocchio gli fa veramente male, non è sicuro di rimanere in
equilibrio. «Nonno Rick!», urla e si dispera.
L'emozione non può
essere vista attraverso lo sguardo, ma è potente nella sua
voce. C'è
un bisogno viscerale che non può essere ignorato, un grido
d'aiuto
per ritrovare se stesso, che non può e non riesce a esistere
da
solo. Morty si sente come quando aveva quattordici anni — si
sente
ancora succube, ma sembra che nella sua vita i fili siano stati
intessuti e intrecciati in maniera che, non importa quale avvenimento
accada, ha bisogno di Rick, sempre e comunque.
Una
leggenda in Giappone parla di un filo rosso, un filo del destino, e
gli indiani parlano di Anahata, il chakra del cuore, della
tranquillità. Morty sa di essere destinato a inciampare nel
suo
stesso filo del destino, la cui prima estremità parte dal
proprio
quarto chakra, e finisce con Rick, che ha irrimediabilmente controllo
sul centro del perdono del ragazzo; è il suo prana, la sua
essenza,
incarnata e alienata.
Non
potrà mai dirgli veramente addio.
Rick
odia la disperazione, la disprezza con tutto se stesso; ha
impossessato per anni il suo corpo e l'ha reso debole oltre ogni
limite.
Ma
ama Morty, e per lui ogni tanto chiude un occhio.
Non
si volta verso suo nipote, ma si ferma. E le lacrime del moro pian
piano diluiscono, perché tanto gli basta come consolazione.
«Se
pensi di poter prendermi per il culo - ».
«Morirei
piuttosto». La risposta di Morty è secca, sincera,
sanguigna.
«Cazzo,
capisci perché non può funzionare?». Il
vecchio spalanca le
braccia, esasperato, e stringe le dita, come a voler soffocare
l'aria. Come se volesse strozzare Morty, ma non può.
C'è stato un
periodo in cui ha voluto farlo, un periodo in cui l'ha odiato
—
lui, il nipote di quel
Rick,
il suo peggior nemico. Ha odiato tutta la famiglia di quel
Rick,
e l'avrebbe uccisa, solo per ricevere un segno, il minimo cedimento
di quell'aurea indifferente, ma niente. L'altro Rick non prova
emozioni, e lui ne sente fin troppe.
Soprattutto
per Morty.
Sta
provando a fare l’azione giusta, ma Morty, il classico
stupido,
vuole rendergli le cose difficili. Si sta trattenendo, lo fa davvero,
ed è nervoso perché sente brulicare dentro di
sé la voglia di
possedere Morty in ogni maniera immaginabile, nell'opzione
più
contorta e sadica, ma non può. Ha deciso di essere una
persona
migliore. Gli fa schifo e riderebbe di sé, perché
ironia della
sorte è proprio Morty il motivo per cui fa tutto
ciò. Sì, Morty,
insieme a un certo ritrovato spirito di autoconservazione.
Non
può permettere al moro di abbattere un altro muro, di
entrare in
qualcosa di così intimo, privato, sensibile. Morty avrebbe
trovato
di meglio alla fine, perché c'è sempre di meglio;
lo farà
soffrire, proprio come ha fatto Birdperson, proprio come ha fatto la
morte di Diane.
Ma
l'egoismo lo sta divorando, manca poco che Rick ceda. Suo nipote come
al solito si rivela un aiutante pessimo.
Morty
stritola un singhiozzo, reprimendosi, vergognandosi. Prova ad
azzardare una risposta alla domanda di Rick.
«Perché vuoi starmi
lontano?».
Finalmente
Rick si gira verso di lui, e lo sguardo sul suo viso fa subito
pensare a Morty che quella sarà la volta buona in cui lo
ucciderà.
«Io non voglio starti lontano! Questo è il
problema!», grida, a
pieni polmoni, e l'aria che trasporta le sue parole rende la
situazione statica, la fa calare in un silenzio usato per comprendere
a pieno la sua dichiarazione d'intenti. È nel minuscolo
dettaglio
che si nota l'essenza, l'articolazione di una frase che rende ben
chiaro il significato.
«Rick..»,
Morty respira piano, l'aria che entra ed esce dal suo petto, ma
capisce che deve fare attenzione, perché basta un
millisecondo e il
vecchio ritornerà ad essere irraggiungibile come prima.
«È per
questo che non bevi? Perché non riesci a starmi
lontano?».
«Diventi
intelligente nei momenti peggiori», Rick è stanco,
tanto quanto
Morty se non di più, e si siede accanto a lui. Quel moccioso
gli dà
fastidio, perché nessun altro è come lui
— con nessun altro c'è
quell'intesa, quell'intossicante bisogno. Nessun altro lo capisce al
volo come fa lui. «Non mi hai sentito entrare la prima volta
in cui
hai dormito da solo in questa casa?».
«Pensavo
fossero entrati i ladri…».
«Tu
pensi ci siano dei ladri in casa e rimani beatamente nel tuo
letto?».
«È
colpa mia se sono così deficienti da entrare in una casa
dove non ci
sono soldi?».
Scoppiano
entrambi a ridere. Sono gioiosi, i suoni delle loro voci volano
leggiadri nell'aria intorno a loro. Si crea una nuova luce, e Rick si
inginocchia verso suo nipote. Sono alla stessa altezza, è
uno
scontro tra pari. Morty è finalmente felice da
chissà quanto tempo
— da cinque mesi — e ha bisogno di rendere vero
quel momento, di
renderlo concreto. Non vuole essere l'unico a rinascere sotto quel
nuovo sole, non vuole che la propria pelle sia anestetizzata al nuovo
calore — il suo spirito così alienato al concetto
di affetto
fisico.
Con
le braccia e il busto si sporge verso suo nonno, che indietreggia a
velocità fulminea. Morty si ritrova deluso dal rifiuto, ma
può
capirlo. Ci prova, almeno. Non sa che un altro bacio manderebbe in
cortocircuito il cervello di Rick.
«Voglio
solo abbracciarti», fa, e suo nonno si rilassa. All'inizio
Rick è
gelido come il ghiaccio, come i suoi occhi, ma lascia che Morty
appoggi le sue braccia sulla sua schiena, chini la testa sulla sua
spalla, affondi nel suo corpo. È un calore ritrovato e per
tanto
tempo agognato. «A me piaceva quando dopo le avventure mi
curavi
quando mi facevo male… era - era come un
abbraccio», mormora
Morty. La loro relazione forse sarebbe stata molto più
facile se si
fossero abbracciati più spesso.
«Dici
un sacco di stronzate», Rick indugia e annusa i capelli di
suo
nipote. Un po’ di sudore miste al profumo al pino e al
sandalo
comprato in qualche negozio fast fashion.*Lo stesso che Morty ha
sempre emanato dopo ogni avventura. Bizzarramente, è
confortante.
«Era strano non sentirle in giro per casa».
Morty
sorride, si gusta quel mi
manchi
implicito.
«E ti toccherà curarmi dopo, perché mi
hai fatto veramente male»,
sussurra, ancora accoccolato all’uomo.
Suo
nonno trasale, un suono addolorato e così innaturale esce
dalle
profondità della sua gola. «Non posso prometterti
che non accadrà
di nuovo in futuro. Io—è per questo che non
può funzionare». E
mille altre ragioni.
Rick è così sincero da far male. Non ha mai detto
la verità, non
fino in fondo, e la sua nudità non carnale ferisce Morty
distruggendo ancora le sue macerie di certezze. Non è
abituato a
questo tipo di Rick, sobrio e sincero. Fa paura quanto sia
vulnerabile, quanto sia umano anche lui.
Casa
loro in Michigan non è stata altro che un tempio per la
divinità
che Rick ha amato fingere di essere, ma senza più fedeli,
che senso
hanno i culti? Gli dei muoiono insieme alla fede. E Morty ha smesso
di averne da un bel pezzo.
«Mi
va bene lo stesso», gli fa, il cuore sulle labbra, sincero e
buono.
«Quando accadrà, io
risponderò». Perdonerà.
«Morty…»,
è un suono asciutto e pregno di preoccupazione. Rick lo sta
avvertendo, che è pericoloso, e che sta pian piano perdendo
la
pazienza.
«Rick,
ti prego…», sussurra il moro, e a tradimento gli
stampa un bacio
sul collo. «Puoi scoparmi e abbandonarmi come fai con le
prostitute.
Mi hai trattato anche di peggio, e va bene se…»,
Morty arriva a
volere così tanto Rick da dimenticare se stesso. Ha sentito
di
pazienti così, durante i tirocini indiretti. Talmente
innamorate
(dipendenti) da non riuscire a mettere al primo posto i propri
bisogni e la propria sicurezza. Capisce la realtà ma al contempo
ne si sente distaccato, l’eccezione alla regola. Con
Rick non succederà nulla di quello che ha studiato. Bugia
e verità.
«No,
Morty». Rick è determinato su quel punto, e suo
nipote non è come
una sgualdrina trovata dietro un vicolo, o qualche bordello
interplanetario. È molto di più, ha molto di
più da dare, da
essere.
È questo che fa imbestialire Rick: per Morty è
necessario essere, e
nient'altro serve per riaccendere il suo vecchio cuore consumato
dalla ruggine e dalla risoluzione pratica dell'esistenza. «Non
potrei mai».
In realtà potrebbe, ma non vuole. Rick si ritrova a non
sapere quale
delle due cose è peggiore da ammettere. Lasciare suo nipote
a tarda
notte in un disastro di lenzuola sporche, non esiste cosa
più
facile. Ma se può ricevere l’amore incondizionato
di Morty, perché
privarsene?
La
maggior parte dei suoi migliori ricordi sono con Morty e, per quanto
ci abbia provato, niente li sostituisce, né sconfigge quella
loro
sacra importanza. Può parlarsi fino allo sfinimento di nomi
e
tessiture tutte uguali, perché esistono miliardi di Morty,
ma
nessuno è lui — il suo
Morty,
vaffanculo a Weird Rick. «Ti
distruggerò», dice serio, e non ha
bisogno di guardare Morty negli occhi per sapere che brillano, per
sentire la sua devozione affettata.
«Mi
distruggerai», Morty accetta piano, stringendosi di
più all'uomo.
«Ci distruggeremo. Ti amo, Rick». Una parte
dell'accordo che Rick
fatica ad accettare. Perché Rick ha giurato a sé
stesso di morire
d'amore solo una volta in vita sua, ma il cuore è sempre
facile da
prendere in giro e spolpare.
A
proposito… «Grazie»,
fa Rick, e quasi gode nel sussulto di Morty. «Brutto quando
sei tu a
riceverlo, eh?», gongola.
«Perché?».
Morty
toglie la faccia dalla spalla di suo nonno, e prova a guardarlo negli
occhi. Erano a quel punto della conversazione. Doveva pur arrivare,
ma Morty sperava che Rick decidesse di fare come al solito e
nascondere lo sporco sotto il tappeto. Come al solito, Rick
è grande
fonte di disappunto. «Perché tu fai sempre
così». Il moro perde
quel suo dolce tono innamorato e diventa più serio.
Il
tono di Rick si riempie di sfida: «Che cosa
faccio?».
«Non
credo esista persona più felice di me nel sapere che mi ami
— un
piccolo tremolio nella voce, i nervi impazziscono sulla sua pelle e
lo rendono un disastro fremente — o mi amavi»,
la bocca di Morty diventa improvvisamente secca, e ha bisogno di
deglutire per proseguire. Dio solo sa dove ha trovato il coraggio per
farlo, per fronteggiare Rick. «Ma me l'hai detto quando stavo
per
partire, per allontanarmi da te.» Rick è
impassibile. Lo sta
guardando negli occhi, ma sembra distante, perso in qualche pensiero,
e deluso - da Morty? Da se stesso?
Morty
deglutisce di nuovo, il suo stomaco si chiude, pensa che
vomiterà da
lì a breve, e cosa gli sta gocciolando dalla fronte? Sudore?
«Perché?», chiede, ma nel suo cuore
palpitante e impazzito sa già
la risposta. Chiede perché vuole una conferma, che Rick sia
lo
stronzo manipolatore che conosce. La rassicurazione che suo nonno non
è veramente cambiato, non l'ha mai tradito.
«Conosco già la
risposta, ma…».
«Sì»,
Rick ammette tutto. «Volevo che tu non te ne
andassi». Volevo
che tu restassi con me.
Rick
dice sempre le cose a metà. Ma non ho mentito. E niente
è
cambiato».
«Lo
sapevo». Morty è felice, si sente dal suo tono che
è sollevato.
Forse è da rinchiudere, pensa, ma riconosce in lui una parte
che non
avrebbe mai amato un Rick sobrio, un Rick sano, sobrio, che sa quando
sta ferendo una persona e così decide di smetterla.
Riconosce anche
che non disprezzerebbe del tutto suo nonno se fosse più
capace di
esprimere i suoi sentimenti senza paura, senza troppi secondi fini. E
forse è proprio il miscuglio di pregi e difetti di Rick a
renderlo
la droga perfetta, di cui Morty non rinuncerebbe mai, nemmeno per un
giorno.
«Baciami
almeno per un'ultima volta», Morty pigola, un sussurro nel
suo
orecchio che è sempre stato un pensiero frequente, indecente.
Rick
è a pezzi. «Non posso trattenermi più
di così». Sta combattendo
contro tutto se stesso, perché farà ancora del
male a Morty e non
può permetterselo. Tiene il suo viso tra le mani,
però. Le guance
sono ancora morbide, immagina che pure le labbra siano così
vellutate e dolci. Schiude le proprie, e non riesce a fermarsi. Vuole
Morty. Se lo prenderà. Niente e nessuno potrà
fermarlo.
Non
che Morty abbia intenzione di porgli qualche limite. «Non
farlo»,
sussurra, sentendo l’odore di Rick sempre più
vicino. Grasso di
automobile, menta,
dopobarba al pino.
Finalmente
le loro labbra si toccano.
E
la luce si riaccende.
Finito
il blackout, Rick si decide a prendere in braccio Morty e lo riporta
nella sua stanza. Ora deve prendersi cura del suo ginocchio. Quel
maldestro
di
suo nipote è riuscito a sbucciarselo ed è mancato
poco che si sia
preso una storta da qualche parte.
Morty
guarda Rick, gioioso e pieno di gratitudine, come se non fosse stato
lui a spingerlo via e a farlo cadere. Il moro pensa sia tutto un
riflesso delle sue azioni sconsiderate.
«Ho
il kit del pronto soccorso nel cassetto più basso
dell'armadio»,
dice Morty appena suo nonno lo fa sdraiare sul letto.
Rick
trattiene uno sbuffo divertito, trovandolo bizzarro. Suo nipote
è
tutto
bizzarro.
Si avvicina alla gamba ferita e ne valuta la lesione. Non è
niente
di profondo. Tira fuori dal suo camice quello che agli occhi Morty
appare una crema corpo, ma dalle scritte che non comprende, e inarca
le sopracciglia arruffate.
Rick
pare leggerlo nel pensiero quando spiega: «L'ho presa nel
pianeta
Galactis nella stessa dimensione dei ragni giganti e del film di Ball
Fondlers.
S-sono dei grandi, hanno tutte le fortune del cazzo. Ti basta un po'
di questa ragazzaccia e, tiki
taki,
passa ogni dolore, fidati di me!».
La
crema è come un sostanzioso gel e, dopo che Rick ha ripulito
un po'
del sangue che era uscito, ne viene spalmata in leggera
quantità. È
fredda al contatto e Morty sussulta, ma è grato che non
bruci come
l'alcool etilico. Ha un effetto anche rilassante, come I farmaci alla
cannabis sativa.
«S-sto
da Dio, come un riccio appena nato! Grazie, Rick!». Il moro
sospira
sollevato, sentendo la sua gamba come nuova.
Rick
si siede sul letto con Morty, e lo guarda, come se dovesse trovare le
parole giuste. Forse è “mi dispiace”
ciò che sta cercando? Ma
Morty non lo vuole sentire, perché non è colpa di
Rick — perché
dovrebbe fare i conti con la realtà dei fatti e ricordare a
sé
stesso che sì, è proprio colpa di Rick.
Porta
invece una mano a stringere quella dell'uomo. È molto
più grande
della propria, molto più dura (Morty ricorda bene quanto un
ceffone
o un pugno facciano male) e fredda. Forse è un impianto
cyborg,
sicuramente lo è, e Morty si chiede quanto di umano sia
rimasto in
suo nonno. È vero quel cuore che batte? È sincero
quel cervello che
invia impulsi al suo sistema parasimpatico appena vede suo nipote?
Troppi
dubbi, troppe domande, troppi spazi vuoti da colmare.
«Non
mi hai chiamato». Morty ha ancora qualche sassolino nella
scarpa. È
risentito, ma stringe ancora la mano di suo nonno. «Per
cinque mesi,
non ti sei fatto sentire». Lo
avevi promesso. Rick e Morty per sempre insieme.
«Potrei
dirti lo stesso». Rick risponde, piccato. Neanche lui lascia
andare
la mano di suo nipote.
«Avevo
paura». Morty pigola, e abbassa lo sguardo. Forse non
è risentito
solo verso suo nonno. Avrebbe dovuto avere più coraggio,
perché un
cuore spezzato non uccide, e quello di essere il più
vulnerabile
sentimentalmente è il suo
ruolo.
Rick
tace per un po' prima di rispondere: «Anche io».
Toglie la sua mano
da quella di Morty, indugiando in una piccola carezza sul dorso con
il pollice. Appena fa per alzarsi, suo nipote lo strattona per il
camice. Richiama la sua attenzione e appena Rick si volta a
guardarlo, nota nel suo sguardo una richiesta di restare, e a fare
anche qualcosa di più.
Ha
bisogno di recuperare ciò che sarebbe dovuto succedere in
quei
cinque mesi. Entrambi ne hanno bisogno.
Rick
non è dolce e nemmeno amorevole, ma Morty non gli ha mai
chiesto di
esserlo. Non in quel momento. Rick si rifarà pagare
più tardi,
quando Morty protesterà per qualche bacio sulla fronte o
sulla
guancia, per qualche abbraccio in più. E suo nonno
sbufferà, perché
lui sbuffa sempre davanti ai sentimenti, scocciato e strafottente
dell'ingordigia di Morty. Come se non fosse bastato il sesso, come se
non si fossero sentite le parole. Come se non fosse abbastanza
accarezzare quei cespugliosi ricci scuri appena quelle giovani
palpebre calano; amare Morty nel suo insieme, nella segretezza di un
cuore subdolo e sofferente.
«Sei
una piccola canaglia, lo sai?», Rick fa mentre con le labbra
traccia
una scia che va dalla bocca di Morty al collo per poi ritornare al
viso. Il moro ha le unghie conficcate come artigli sulla schiena nuda
di Rick, suda in ogni parte del suo corpo, il pene eretto e bagnato.
La sua felpa e il maglione di Rick sono stati lanciati da qualche
parte sul pavimento, mentre i pantaloni di entrambi sono abbassati
fino alle loro caviglie. Morty stringe le dita dei piedi mentre le
spinte di Rick dentro di lui si fanno più frequenti. Inviano
una
sensazione elettrica lungo la sua spina dorsale e Morty non crede
esista qualcosa di più paradisiaco.
Il
riccioluto sorride. «Ma sono la tua piccola canaglia,
no?». Geme un
suono umido appena Rick con una mano gli stimola il capezzolo e con
la lingua gli solletica il lobo.
L’uomo
respira caldo vicino al suo orecchio. Morty pensa che potrà
venire
da un momento all’altro - è tutto troppo
per
lui. «Abbiamo imparato a fare gli sfacciati qui,
eh?». Rick gli
afferra i capelli e si lascia andare a un sussurro ancora
più
sfacciato. «Mio.
Sei solo mio».
Il
moro ridacchia, in estasi. «Ho imparato dal
migliore». E Rick
risponde iniziando a baciargli la parte del corpo che gli fa
più
solletico.
Morty
non sa se si pentirà del sesso. Forse ripenserà a
sua madre, la
donna che gli ha dato la vita, la figlia dell'uomo che ora lo tiene
tra le braccia, e vomiterà, facendosi schifo da solo.
Chissà come
potrebbe reagire. Cena di Natale, tutti insieme, Space Beth e
conquista annuale di Summer inclusi.
Sua
madre uscirà fuori di testa, perché Rick e Morty
hanno davvero
superato il limite questa volta. Oppure, peggio
ancora,
si scrollerà le spalle come fosse cosa da poco. Magari
ripenserà
agli strani rumori che ha sentito e dirà «Ah, e io
che pensavo
fossero tornati i procioni in amore in soffitta».
Quando
finiscono, Rick è il primo a pulirsi, rivestirsi e ad uscire
dalla
stanza. Morty non trova il tempo per esserne ferito perché
finalmente riesce a respirare. Emette un suono affannoso e continuo.
Gli sembra di essere stato in apnea per tutto il tempo, imprigionato
in chissà quale sogno ad occhi aperti. In cuor suo non
riesce a
credere che tutto sia accaduto per davvero. Rick che lo ama ancora e
che lo fa suo, solo nel modo in cui è capace di fare.
Paonazzo in
viso e sconvolto, Morty cerca di asciugare quel che può del
suo
sudore. Andrà a reclamare i bacini sulla guancia che non ha
ancora
ricevuto, ma non è il tempo. È stanco e vuole
riposare.
Morty
si rende conto di essersi appisolato solo quando un rumore metallico
lo sveglia di punto in bianco. Rick ha appoggiato sul comodino una
borraccia piena d'acqua. «Bevi», gli fa,
«Hai sudato più tu che i
pazzoidi in giacca e cravatta che si fanno New York sui mezzi tutti i
cazzo di giorni». Gli lancia addosso anche un asciugamano,
per
ripulire tutto quel pasticcio appiccicoso nelle sue aree genitali.
Morty
gli sorride grato, arrossendo alla peculiare dolcezza di suo nonno.
Sa che non deve abituarcisi troppo, ma ama sentirsi così
speciale
almeno per qualcuno che non riesce a fare a meno di crogiolarsi in
quelle cure. Come se Rick gli avesse fatto mille carezze e dato
altrettanti baci.
Dopo
essersi ripulito, prende un sorso d’acqua e chiede a suo
nonno: «Ho
sonno. Vuoi dormire con me?».
Rick
sembra ponderare l’idea ed esordisce con:
«È troppo presto». Da
quando in qua lui ha mai dormito?
Suo
nipote non è pronto a dirgli addio, o arrivederci, quindi
cerca un
punto d’incontro. «Che ne dici di restare
finché non mi
addormento?». Gesticola sul letto per fargli segno che
c’è posto
anche per lui.
Rick
scuote il capo, ma la sua espressione facciale sembra tutto tranne
che contrariata. «Cominci ad essere già
più appiccicoso di quella
turylliana che mi scopai qualche anno fa mentre aveva le
mestruazioni», osserva, e gongola all’espressione
accigliata che
assume Morty. Adorerà rendere geloso suo nipote, ma come
dire addio
a quel faccino? «Fammi spazio!». Rick spintona via
Morty senza
troppe cerimonie mentre si sdraia sul letto. Suo nipote si accoccola
vicino a lui, e appoggia la testa sul suo petto.
Morty
si fa spazio oltre Rick e va a spegnere il lume a forma di elefante
sul suo comodino. Il buio cala di nuovo su di loro. Il moro crede
però che ci debba essere meno tensione di prima, quando
l’oscurità
era coatta, ma dentro di sé brulica un formicolio. Si sta
agitando e
non sa nemmeno perché: forse non riesce ancora a credere che
tutto
ciò non sia un sogno, che qualcuno lo
ami, lo ami davvero.
Forse perché parecchie domande non hanno ancora risposta.
Si
sposta per riaccendere il lume. «Quali erano le coordinate
che stavi
cercando?».
Rick
sospira e schiocca la lingua prima di rispondere, come se farlo gli
costasse troppo. «Dimensione 35-C», dice, e Morty
aggrotta le
sopracciglia perché non capisce tutta questa riluttanza nel
rispondere. Notando la confusione del nipote, Rick continua:
«Ci
siamo stati».
«N-non
me lo ricordo».
«Il
pianeta dei Mega-semi».
Morty
sembra aver avuto un’epifania. «Oh», fa,
e si sente uno stupido.
«Perché proprio quello? Ti serviva
qualcosa?».
Questa
risposta sembra costare ancor di più a Rick, che a fatica
dice:
«No». Non aggiunge altro, ma l’imminente
realizzazione gli
riscalda il cuore e addolcisce il pensiero, quando assapora il vago
senso di nostalgia. Non può dire che pure lui ne
è stato privo.
«Mi
sei mancato», ammette Morty, di nuovo, e ad accoglierlo
è solo il
respiro di suo nonno, misto al battito cardiaco. Nessuna parola ad
attenderlo. Aspetta un po’, finché con tono teso
non dice:
«Rick?».
Suo
nonno si ritrova a borbottare: «Non volevi
dormire?».
«Rick!».
«Vaffanculo!»,
Rick si altera come se fosse lui quello che vuole dormire e che viene
disturbato, «Mi sei mancato anche tu, non te lo
ripeterò una
seconda volta. Ora dormi.»
Il
lume viene spento. Poi riacceso. «È
così che andrà, da ora in
poi? Ti devo sempre strappare le parole di bocca?».
«Per
l'amor del cielo, Morty!», Rick si sta esaurendo.
«Si prende quel
che passa il convento, piccolo».
Morty
non è soddisfatto. «Puoi migliorare».
«Non
è una tua responsabilità, crocerossina».
Il
dubbio passa nella mente del moro: «Ho fatto la scelta
sbagliata?».
«Quella
di starmi lontano? Sbagliatissima, Morty».
«Sul
serio!», Morty scoppia a ridere, ma il buio ha un suo
difetto: gli
sembra di star parlando con un essere incorporeo, per questo si
allunga verso il suo viso alla ricerca di un bacio, nel tentativo di
sentirlo davvero, pelle contro pelle. «Cinque
mesi…», sussurra
poi, e non riesce a completare il pensiero, perché
sopraffatto da
tutto ciò che ne consegue. Non riesce a credere sia passato
così
tanto tempo.
«Cinque
mesi», ripete Rick, e non c'è bisogno di altro per
comprendersi.
Come
hanno fatto a star lontani per così tanto tempo?
Cos'è stata
quell'eresia?
Morty
spegne il lume. «Verrai a trovarmi domani?», lascia
che la domanda
cada nel buio della notte, perché è ancora
terrorizzato che la
risposta possa essere un “no” secco, o peggio
qualche bugia,
quindi meno suo nonno lo sente, meglio è.
Ovviamente
niente va come i piani. Rick annuisce, il mento appoggiato sulla sua
testa. «Casa è diventata un incubo. Tua madre, la
sua versione
Battlerstar Galactica e quel citrullo di tuo padre continuano
a…»
Morty
si agita, disgustato. «Ho capito! Ho capito! Non ho bisogno
di
sapere dettagli che non mi faranno dormire mai
più!». Si stropiccia
gli occhi come a voler allontanare quell'immagine dalla sua mente.
Un
sorriso spontaneo solca le labbra di Rick mentre fa «Pensa
com’è
viverci».
«S-sai
cosa? Potremmo fare sesso mentre loro pranzano, o-o qualcosa del
genere. Sarebbe una bella vendetta», Morty è
illuminato dalla sua
idea, gustandosi quanto sarebbe esilarante quello scherzo, ma si
ritrova a fare i conti con le implicazioni delle sue parole, e
diventa particolarmente insicuro. «Se-se ovviamente tu vuoi
…
magari noi-».
Rick
interrompe suo nipote con un bacio sulle labbra.
«Succederà ancora.
E sarà esclusiva».
Morty
non riesce a crederci. «V-vuoi dire
c-che…».
«Ah-ah,
sì. Ora dormi». Questo è il massimo che
Morty riceverà per quella
sera, e gli va bene così. Gli andrà sempre bene
così, finché
potrà avere Rick al suo fianco. Si accoccola all'uomo e gli
stampa
un bacio sul mento, prima di rannicchiarsi sul suo petto.
Niente
nella sua vita gli sembrerà mai così disastrosa e
perfetta allo
stesso tempo.
NdA
*Il
profumo di Morty esiste. L’ho beccato all’OVS ma
non ricordo il
nome. Lol.
Buongiorno\Buonasera
a tutte le mie care primule!! Come state? Spero bene!
Lo so,
ci ho messo tanto ad
aggiornare, ma la vita da universitaria fuori sede è davvero
molto
impegnativa + vari svaghi a parte, perché dai, ci vogliono
anche
quelli u.u. Settimane faticose, ma davvero stupende.
Alla
fine anche questa
mini-long è arrivata alla sua conclusione. Ben diciotto
pagine di
capitolo finale, spero ne valgano la pena, davvero. Che ne dite?
I
nostri sci-fi husbands hanno
avuto il loro happy ending, ma sarà davvero così?
Chissà. Per
adesso sto seguendo la sesta stagione e, a parte che tutti questi
incest jokes stanno capitando con tutti i personaggi della serie
tranne QUEI DUE, sto amando questa versione di Rick più
soft. Adoro
e odio al tempo stesso la sua tossicità, ma
finché mi tratta bene
Morty, allora ok u.u
Piccola
nota per chi seguiva
LTSI: mi sa che non arriverà presto una sua conclusione. Ma
non
voglio lasciarvi a secco, perciò sto già
lavorando a una nuova ff
su quei due. Spoiler: Hogwarts. Non dirò
nient’altro.
Ovviamente
per questa
mini-long ho creato pure qui una playlist (che fai? Te ne privi? No
che non te ne privi) ed
eccola qui!
Statemi
bene. A presto!
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