Il fantasma dell'era dei pirati

di Miky_D_Senpai
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Dal passato alla nuova era ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - Tra fine e inizio ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2.1 - Il passato dei prodigi ***
Capitolo 4: *** Capitolo 2.2 - Il passato dei prodigi ***
Capitolo 5: *** Capitolo 3.1 - L'incontro tra cugini ***



Capitolo 1
*** Prologo - Dal passato alla nuova era ***


La debole luce della candela illuminava poco e niente dentro il lungo corridoio. Un marine portava il lume avanzando lentamente. La giacca bianca degli ufficiali della marina ondeggiò, sotto di essa si poteva vedere l’abito scuro utilizzato per le grandi cerimonie.
«Garp!» i passi si arrestarono. Anche se non era illuminato, il marine sapeva bene chi l’aveva chiamato. Si posò la lanterna ai piedi ed incrociò le braccia. La voce proveniva da una delle celle dei sotterranei del QG della marina, il cui unico ospite era lui.
«Garp, riesci a crederci? Molto presto avrò un figlio... ma purtroppo... quando lui nascerà, io non ci sarò più, quindi non lo vedrò mai» Ha ragione, pensò il marine. La notizia della sua condanna aveva fatto così tanto scalpore da far quasi paura.
«E che cosa vuoi da me? Io faccio parte della marina e poi non pensi alla madre? Qualsiasi persona sia stata legata a te verrà sicuramente giustiziata» il tono sprezzante di Garp venne ignorato dal prigioniero che assunse un’aria rassegnata. Abbassò lo sguardo, verso il lume. La luce si rifletteva nei suoi occhi e lo illuminava a malapena. Si potevano notare parzialmente i suoi lineamenti, i lunghi baffi e i capelli neri. Rialzò lo sguardo puntandolo dritto verso il marine.
«È proprio per questo che ne parlo con te...» quella frase lo lasciò a bocca aperta, del sudore cominciava a bagnargli il volto. Guardava sbalordito quell’uomo, il “Re dei pirati” che ora si stava alzando facendo tintinnare le catene. Gol D Roger ora si stava avvicinando a lui a passo lento e sicuro.
«Il governo ricostruirà tutto ciò che ho fatto negli ultimi tempi, quindi ben presto la troveranno e non avranno alcuna pietà. Ma il bambino che deve nascere non ha alcuna colpa» mentre si avvicinava la luce della candela diminuì d’intensità. Ormai era arrivato vicino alle sbarre e i due potevano guardarsi in volto.
«Garp! Tu e io ci siamo battuti non ricordo più quante volte ed è per questo che so di potermi fidare di te come se fossi un mio compagno» lo guardava sorridendo, anche se sapeva che la sua fine era vicina. Quando finì la frase, la candela si spense. Garp in un primo momento distolse lo sguardo, quando tornò a guardarlo la lanterna si riaccese rivelando un sorriso ancora più ampio sul volto del pirata che sospirò soddisfatto.
«Proteggi mio figlio» non aveva un tono di supplica, sembrava certo che la sua richiesta venisse accettata. Il suo atteggiamento irritò Garp che si avventò sulle sbarre urlando. «Tu non puoi chiedermi una cosa simile!»
Il volto di Roger si oscurò.
«Sì invece e so che lo farai» sembrava quasi un ordine. Garp lasciò le sbarre e indietreggiò.
«Affido a te mio figlio»
 
In un primo momento Garp non era ancora del tutto convinto. La marina si era mobilitata alla ricerca di tutte le possibili persone legate al defunto Re dei pirati. Fu trovata solo una debole pista che conduceva ad un’isola nel Mare Meridionale. Decise di andare personalmente, prese la sua nave e partì, non c’era nessuno da avvertire, nessuno a cui richiedere l’autorizzazione quasi tutte le truppe erano state mobilitate per quella ricerca.
La lunga traversata lo portò a Baterilla. L’isola si presentava devastata, ogni giovane donna, ogni bambino che era possibilmente legato al Re dei pirati era stato portato al QG della marina. La gente ormai ci disprezza qui, pensò amaramente Garp.
Inviò un marine a chiamare il medico di quella zona e si accomodò su un barile a braccia conserte. Un leggero vento spazzava la polvere in strada, le porte e le finestre delle case erano chiuse in previsione dell’arrivo dei marine e tutto calò in un profondo silenzio. Quando il marine tornò seguito da un altro uomo, Garp stava schiacciando un pisolino. Nessuno l’avrebbe svegliato, sapevano quanto fosse rischioso.
Passarono altri cinque minuti di silenzio assoluto, il dottore si stava spazientendo. La situazione stava leggermente degenerando, quando arrivarono altri cittadini il viceammiraglio si svegliò. Anche se con non poche difficoltà, la folla fu dispersa.
«Venga con me, parliamo in privato. Commodoro, ordini a tutti di tornare alla nave attendete finché non tornerò» detto questo si avviò per la strada principale con il medico che lo seguiva titubante.
«Se vuole possiamo andare a casa mia, è proprio qui dietro l’angolo» dal tono della voce Garp intuì che qualcosa non andava.
«Certamente» entrarono in una grande abitazione di legno che all’esterno dava tutta l’aria di un’abitazione lussuosa, decorata con cura, ma all’interno era spoglia e decadente.
«Mi perdoni per il disordine, non ho più tempo di pensarci da quando…» Garp notò la nota amara in quelle parole. Osservò la stanza dove erano seduti, la polvere aveva incominciato a occupare le superfici lisce dei mobili. Su di un mobile alla sua destra, notò una divisa della marina piegata accuratamente, vicino c'era la foto di un giovane marine. I conti ora tornavano, l'uomo che gli stava davanti non l'avrebbe aiutato molto volentieri. Si alzò e si diresse verso quel mobile.
«Questo era suo figlio?» utilizzò il passato di proposito, si voltò verso il dottore e notò che il volto si era oscurato.
«Si era arruolato in marina a diciotto anni...» cominciò l'altro mantenendo un tono molto basso «già a venti era caporale. Viaggiava molto, si spostava da una base all'altra della marina per trovare quella giusta per uno come lui, ma era un tipo strano e non trovò subito quello che cercava. Stava tornando qui nel Mare Meridionale, ma lungo la rotta furono colpiti da un'immensa tempesta. Due anni fa. Io me ne stavo seduto sotto il portico quando in questo porto approdò una nave pirata. Non ricordo bene tutta la ciurma, ma ricordo un uomo che portava in braccio mio figlio» il volto del dottore si cominciò a rigare di lacrime. Garp si era rimesso a sedere, voleva sapere dove sarebbe andato a parare l'uomo.
«Li scortarono fino a casa mia. Mia moglie appena lo vide non trattenne le lacrime, si addolorò a tal punto da ammalarsi il giorno dopo e quei pirati rimasero vicino alla mia famiglia per quattro mesi ancora. Mia moglie ci lasciò il giorno dopo, rimasi solo con mia figlia e mia nipote, che veniva a farci visita ogni giorno. Portuguese D. Rouge, una giovane ragazza dai capelli rosa ornati da un fiore rosso. Lei era stata molto vicina al capitano di quella ciurma, quello che tutti riconosciamo con il nome di Roger» quel nome, detto con tale leggerezza, fece trasalire Garp. "Come può parlarne in questo modo? Soprattutto dopo aver passato quattro mesi con il Re dei pirati, potrebbe essere giustiziato solo per questo" pensò. Ma dalla sua parte, non aveva scelta: doveva raccogliere un'informazione che ancora non era uscita fuori. Il dottore sembrò accorgersi di quello stato e continuò «Se la vuole trovare, o vuole suo figlio non posso aiutarvi, ho fatto un giuramento» stavolta fu il volto di Garp ad oscurarsi, la situazione richiedeva un atto drastico, sarebbe stata la prima persona a saperlo, non c'erano altre vie d'uscita.
«Anch'io ho giurato una cosa... tempo fa, ad un pirata che è stato ormai giustiziato. Mi affidò il figlio che sarebbe nato per proteggerlo dalla Marina. Quel pirata era Gol D. Roger ed ora sono qui per mantenere la mia promessa» il dottore impallidì sentendo quella confessione, nessuno se lo sarebbe mai aspettato, per questo non c’erano marine insieme a loro. Sarebbe stato impossibile accettare che l’Eroe della Marina avesse fatto una promessa del genere al Re dei pirati e infatti nemmeno lui era ancora certo di questo.
«Se può aiutare a convincerti, ho una persona che vorrebbe vederti» urlò un ordine agli uomini rimasti fuori dalla casa. Ci fu un attimo di silenzio in cui Garp si voltò verso il dottore che guardava in attesa la porta. Sulla soglia comparve, vestita con gli abiti in dotazione ai cadetti della marina, una ragazza sui venti anni con il volto rigato da lacrime che ancora scendevano e la mano davanti la bocca per trattenere i singhiozzi. Il dottore scattò in piedi, in un attimo le lacrime gli bagnarono la maglietta, si abbracciarono tanto forte da farsi quasi male.
«Papà!» fu l'unica cosa che riuscì a dire lei tra i rumorosi mugugni. Garp attese la fine di quella commovente rimpatriata, anche se faceva parte solo del suo piano per recuperare delle informazioni.
«Quando ho saputo di quest’isola era troppo tardi e lei ti era già stata portata via» mormorò il marine che restava in disparte. «Ma ho deciso di non distruggere altre famiglie per l’egoismo di una persona ormai morta» si alzò, forte dell’autorità che rappresentava e un po’ scocciato dall’attesa aggiunse «Dove si trova Portuguese D. Rouge?»
«Papà, il bimbo sta bene, ma lo tengono loro» sussurrò la ragazza, tentando di smuovere anche lei la coscienza del padre, il quale le rispose con un’occhiata colma di paura.
«Non posso tradire così tua cugina» rispose dopo qualche secondo, prima di venir interrotto ancora una volta dall’ufficiale. «Portuguese D. Frederick» sentendo pronunciare il nome completo del figlio, il medico sembrava sull’orlo di un mancamento «la marina non si è fatta carico della sua morte, è stato un pirata e ora in nome della marina sono venuto a risarcirla per la sua perdita. Ma se non mi aiuta a trovare Rouge, sarà lei a doversi fare carico di due vite»




 
NdA: Il primo capitolo verrà pubblicato subito dopo il prologo, per leggerlo di seguito basta aggiornare la pagina.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 - Tra fine e inizio ***


Un lumacofono stava squillando a vuoto, avrebbe dovuto trasmettere una notizia urgente, ma dall’altra parte non rispondeva nessuno.
«Viceammiraglio Garp!» un marine era entrato spalancando la porta. Si era bloccato sull’attenti appena dopo l’uscio, tentando di nascondere il fiatone per la corsa che l’aveva portato da una parte all’altra della fortezza. Il silenzio nella stanza era rotto solo dal lieve vento che spostava le tende bianche e dal russare dell’eroe della marina.
Erano giorni bui nel QG: dopo la cattura di Portuguese D Ace, si aspettava con preoccupazione l’imminente reazione di uno dei quattro imperatori nonché capitano di pugno di fuoco. Per affrontare questa minaccia, la marina aveva richiamato moltissimi ufficiali da tutte le isole, Marineford non sarebbe più stato sicuro per le semplici reclute.
La notizia si era diffusa a macchia d’olio e giornalisti erano giunti a seguire l’evento, facendo interviste e sistemando le telecamere che ne avrebbero trasmesso la diretta. I sottufficiali si mostravano in parte indignati, in parte euforici per la "Guerra del secolo" alla quale stavano per partecipare, alcuni di loro con precedenti esperienze in situazioni particolari come quella, ma gli ufficiali erano riluttanti al lasciare commenti, come Smoker che si era limitato a mandare a quel paese i giornalisti.
I viceammiragli lavoravano da giorni all'organizzazione strategica della battaglia, ma c'era una strana tranquillità nel QG della marina. Gli ammiragli erano stati richiamati, ma tardavano ad arrivare per altre questioni che riguardavano la protezione personale dei draghi celesti.
Garp era uno di quelli a cui il lavoro non era mancato e si concedeva lunghi pisolini appena ne aveva tempo.
Il marine, ormai sull' attenti da cinque minuti, stentava ancora a muoversi nonostante il dolore al braccio destro.
Finalmente, stiracchiandosi rumorosamente, Garp si svegliò. Non notò subito il marine e posò lo sguardo sul mucchio di fogli sulla scrivania, diverse copie dei vari giornali contornavano i piani per contrastare uno dei quattro imperatori in tutta la sua potenza.
La candela, ormai spenta, era quasi completamente consumata dopo una serata a discutere su quanto la forza più brutale non potesse competere contro l’uomo più forte del mondo e la sua ciurma. Una strategia creata appositamente per bloccare e contenere il potere che si sarebbe scatenato per salvare quell’unica vita. Quella contro la quale era costretto a complottare, condannando suo nipote a essere separato da chi lo voleva soltanto salvare.
Il volto di Ace lo circondava, come fosse il santino di un demone che doveva scacciarsi dalla testa e, ostentandolo con quell’ossessività, tentava di contrastare il suo rimorso. O almeno così avrebbe dovuto pensare chiunque fosse entrato.
«Cosa c’è?» chiese, dando a quel pover’uomo l’ordine di abbassare il braccio ormai in cancrena. «Signore, lo Shichibukai Orso Bartholomew è appena approdato sull’isola»
Quella notizia, che per molti sarebbe stato soltanto un altro nome da aggiungere agli alleati della marina, sembrò soddisfare Garp a tal punto da smuoverlo dalla sedia. «Seguimi» ordinò.
 
Il marine lo accompagnò fino alla baia, non sembrava abituato alla presenza di una figura autoritaria come la sua, ma era estremamente tranquillo. «Sai per caso se dal G-2 sono stati convocati dei cadetti?» gli domandò camminando, costringendo il cadetto a rovistare tra i fogli senza fermarsi.
«Sissignore, abbiamo ricevuto la conferma che, oltre al Viceammiraglio Comir e al suo braccio destro, sono stati anche convocati i due pupilli della base»
Garp si voltò verso il soldato e ordinò con fermezza «Voglio subito che tu spedisca un ordine da parte mia: che vengano solo il Viceammiraglio e il suo sottoposto e che spediscano i ragazzi sull’arcipelago Organ con la nave più veloce che hanno»
Il marine corse via, senza domandarsi il perché di quell’ordine, né la causa di una richiesta così specifica. In fondo, era suo dovere riferire la volontà dell’Eroe della marina. Quest’ultimo lo guardò finché non svanì nel dedalo di corridoi. Soddisfatto dell’ubbidienza che aveva dimostrato e allo stesso tempo sollevato di essersi liberato della sua presenza così proficuamente, scese fino alla costa.
La strada verso il molo era lunga e piena di soldati che seguivano gli ordini provenienti dai vari reparti per prepararsi ad ogni evenienza. I cannoni venivano lucidati e trasportati dalle navi da guerra alle postazioni sulla baia e i fuochi delle cucine erano accesi costantemente per riuscire a soddisfare l’enorme richiesta che proveniva da un’armata simile e chiunque lo incrociasse lasciava semplicemente passare quell’austera figura.
Il molo al quale era diretto era invece deserto. Situato in un’insenatura nascosta ai più, era dove si attendevano gli arrivi più importanti e in quel momento c’era soltanto l’alto cyborg.
 
«Voleva parlarmi?» Per ingannare l’attesa stava leggendo la sua Bibbia e, al contrario dei suoi sottoposto che aveva incontrato arrivando lì, guardava l’anziano marine negli occhi, dall’alto della sua statura. Non vi furono saluti o convenevoli, solo una richiesta da parte di Garp, una richiesta che, per quello che poteva, fece rabbrividire il cyborg.
Nemmeno i suoi circuiti avrebbero potuto calcolare una possibilità simile.
«Quindi vuole che io spedisca il prigioniero a queste coordinate?» il volto di Kuma si muoveva meccanicamente e l’assenza di espressività era quasi rassicurante, soprattutto dopo una domanda del genere. Aveva dato una rapida occhiata al foglietto che gli aveva appena consegnato la Leggenda della marina, non riconoscendo subito la destinazione, ma sapendo i rischi avrebbero comportato un gesto simile.
«So che hai già i tuoi ordini e il programma non cambia, Gekko Moria va eliminato e poi dovrai tornare a Karakuri per scontare la tua pena» il vecchio si grattò la fronte, riconsiderando la disponibilità del Tiranno e rivalutando la situazione. «Se invece mi stai chiedendo chiarimenti sulla mia richiesta…» fece una pausa, rischiando di cadere nel rimorso, ma ormai aveva esposto le sue intenzioni e non sarebbe più tornato indietro.
«Sì, devi spedire mio nipote lontano dal patibolo» il tempo attorno a loro sembrò fermarsi, lo Shichibukai lo superò e, una volta dietro di lui, avanzò la sua richiesta: «Deve promettermi che potrò comunicare al dottor Vegapunk un ultimo desiderio» Il vecchio acconsentì, consapevole del destino a cui il Tiranno sarebbe andato incontro.
«Donerò un’altra occasione a Portuguese D. Ace» concluse.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2.1 - Il passato dei prodigi ***


Passarono cinque anni a Baterilla prima dell’arrivo di qualche notizia dal marine Garp, la maggior parte degli abitanti non si aspettava, però, che fosse lui in persona a portarla.
L’accoglienza dell’isola verso i soldati della marina non fu calda, il ricordo della rappresaglia verso le loro donne era ancora nitidamente impresso nella loro mente, ma la ferita si era lentamente cicatrizzata da quando all’isola era stata promessa la protezione di uno dei quattro imperatori. Da qualche tempo la bandiera decorata da quei lunghi baffi bianchi sventolava libera seguendo la direzione del vento. Aveva donato, nonostante i colori cupi che la segnavano come fuorilegge e nemica del governo, tra quelle poche case erano motivo di vanto e una rassicurazione per possibili altri problemi.
In quell’occasione, per mascherare il coinvolgimento con criminali di un così grosso calibro, appena la nave da guerra fu avvistata, la bandiera venne rimossa con cura, lasciando il piedistallo nel quale era inserita l’asta al centro della piazza senza una giustificazione.
In quello scenario coperto da una leggera nebbiolina che non si era mai diradata del tutto da quelle notti di terrore, le maglie bianche della marina sembravano tagliare l’aria grigiastra di quella giornata, come fossero l’incarnazione della luce che si faceva strada tra le tenebre. La processione era più numerosa degli abitanti del villaggio e accompagnava il suo eroe in un silenzio cadenzato dal solo passo della sua marcia.
Garp, che era lì per motivazioni personali, non necessitava di tutta quella scorta, ma le cose funzionavano in maniere controintuitive per gli ufficiali del più alto rango. Infatti, prima di partire per quell’isola, aveva rifiutato per l'ennesima volta la carica di ammiraglio che l’avrebbe avvicinato fin troppo alle chiappe del governo mondiale, come le aveva definite a Sengoku in confidenza.
«Qualcuno vada a chiamare il medico di questo paese» la sua voce era severa, ma con una nota cupa che lasciava leggere la chiara amarezza che provava trovandosi di nuovo lì.
Si guardava attorno, notando le piccole differenze che quel luogo mostrava dopo così tanto tempo, sembrava solo invecchiato veramente male. Un po’ aveva paura di finire come quel luogo, ma sperava di non rispecchiare l’immagine che risiedeva nella memoria di quelle persone. Anche se già rammentava la terribile violenza psicologica che loro avevano subito da parte di altri uomini come lui.
«Riparate quello che trovate, fornite assistenza a chi ne ha bisogno, non mi interessa quale bandiera sventolasse su quel piedistallo, non fate in modo di essere più in debito con loro di quanto la Marina già è» Diede poi le disposizioni per svuotare i viveri e i materiali dalla stiva della nave. Divise i suoi uomini per ottimizzare il tempo e, quando il medico arrivò, anche lui era al lavoro per riparare il tetto di una casa dal quale filtrava l’acqua piovana.
Il vecchio guardò la scena sentendo un peso nel petto. Avvicinandosi, sentì crescere in sé il mix di sentimenti che si bloccò nella sua gola impedendogli di parlare una volta attraversata la piazza. Sentiva il fardello di non essere riusciti, come comunità e come paese, a fare quello che era stato organizzato ed eseguito in un battito di ciglia. Le strade erano ricoperte della polvere che si era creata nel via vai di uomini e materiali, ma la calce bianca che si stava depositando lungo tutta la via principale donava un tono meno cupo all’ambiente che avevano trascurato così a lungo. Se ne stava lì, appoggiato sulla gamba buona, tenendo la mano di uno dei bambini che lo stavano accompagnando.
Garp, notandoli, si riuscì finalmente a rincuorare sul fatto che la vita in quell’isola stesse andando avanti, anche se sotto una diversa ala protettrice. «Ci servirebbe una mano a bordo, abbiamo strani casi di influenza tra i nostri uomini e abbiamo approfittato della vicinanza dell’isola»
Era una mera scusa per mascherare quella visita, ma non sentendolo aggiungere altro, il medico si avviò zoppicando verso il pontile. I bambini, che non avevano più di sei anni, rimasero a curiosare attorno ai marine. Il viceammiraglio decise che fosse il momento di lasciare i lavori manuali ai suoi sottoposti per allontanarsi e dare la notizia alla famiglia.
Spostandosi verso la piazza si imbatté nei bimbi che correvano giocando a qualcosa di simile ad acchiapparella, ma qualcosa gli sfuggiva: prima non erano quattro. Era distratto dal suo obbiettivo e lo sguardo che gli dedicò fu necessario per studiarli, ma, oltre al ragazzino dai capelli neri e una dai lunghi capelli verdastri, c’erano due gemelle identiche. Garp ricordava di aver visto solo una delle due precedentemente.
Le stranezze continuarono quando una delle travi di legno che era stata poggiata sul terreno durante i lavori, cominciò a fluttuare senza che qualcuno la stesse toccando. Il viceammiraglio nella sua carriera aveva già visto dimostrazioni di poteri particolari, ma finché non avesse avuto la mente completamente concentrata, non si sarebbe fatto ulteriori domande.
Si diresse, quindi, dove ricordava fosse la casa del medico che ora si trovava a bordo del galeone. Anche lì, i suoi uomini stavano lavorando per restaurare le porzioni più vecchie della struttura. Lui si mise ad aspettare sotto il portico, finendo per addormentarsi appena trovò un posto per sedersi.
 
«Ora mi può parlare liberamente» gli disse il medico, una volta finito di versare il tè.
Fuori dalla finestra si potevano vedere i tre bambini giocare nel cortile della casa, un altro dettaglio di come le cose fossero cambiate dall’ultima volta che era stato lì, ma la foto del ragazzo che quella famiglia aveva perso era ancora lì. Lucidata e perfettamente tenuta, a monito di quello che era successo, evidentemente la ferita stessa veniva mantenuta aperta per non lasciare che la memoria venisse limata dal tempo.
«Sembra strano parlarne finalmente, ma Ace sta bene e sta crescendo convinto a non entrare nella Marina» Effettivamente, pensò, parlare di quel bambino in quel posto, mentre gli altri che erano stati perseguitati prima di essere messi al mondo giocavano ignari di tutto, donava quella scena uno strano senso tragicomico.
«Come dovrebbe essere» rispose il medico, con un peso che gravava su quell’affermazione così aspra.
«La Marina lo terrebbe al sicuro, la sua identità non trapelerebbe e nemmeno quello che potrebbe diventare»
«Gli garantirebbe il potenziale di essere un signor nessuno, di morire come tale? Cos’hanno fatto per ricordare mio figlio quando nessuno poteva salvarlo?» Gli sguardi tra i due non davano spazio alla possibilità di trovare un punto d’incontro su quell’argomento.
«Meglio un pirata con un cuore che un cane del governo» continuò il medico, guardando fuori dalla finestra.
Il marine non rispose alla provocazione, bensì fece la domanda che più avrebbe messo in difficoltà l’uomo che aveva davanti a sé. «Chi di quei bambini ha problemi a nuotare in mare?»
L’anziano si girò, come se fosse stato appena beccato a rubare e fosse in procinto di essere derubato lui stesso del suo bottino.
«E dove si trova sua figlia?» Il colpo di grazia, la chiave che avrebbe aperto il vaso di Pandora e che avrebbe portato fuori, con un po’ di insistenza, la verità.
Quella sera, nonostante le disposizioni dello stesso viceammiraglio, il medico venne arrestato, riportando di nuovo alla luce quei giorni passati dai quali avevano tentato di discostarsi. Su quell’isola, di lui e dei tre bambini non ebbero più notizie.

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Capitolo 4
*** Capitolo 2.2 - Il passato dei prodigi ***


Garp aveva, durante il viaggio di ritorno, scoperto una delle più grandi macchinazioni che era mai stata organizzata sotto il naso della marina e dei pirati, nonostante quest’ultimi avessero in mano il territorio in cui era stata architettata. Di tutti i grandi piani che erano partiti da singoli uomini facevano molto più rumore quelli con l’esclusiva matrice fuorilegge, ma quel caso non aveva nulla a che fare con la pirateria. Pensò un secondo a suo figlio, che agiva per un bene più grande e quelle persone che aveva davanti glielo fecero tornare in mente. Lavorare per promuovere e portare avanti un’etica più alta delle persone stesse era una cosa che non aveva mai capito.
In quei cinque anni il medico aveva lavorato, insieme a sua figlia per sbilanciare un ordine sottile che si era creato tra governo e pirati. Lui non aveva partecipato attivamente al suo stesso piano, ma l’attuazione era passata per le mani della ragazza dopo che aveva messo alla luce i due gemelli, Michinaga e Ayako.
Garp riuscì, quando l’anziano era costretto a letto nella nave, a fargli confessare le sue colpe e come questo piano aveva portato alla scomparsa della figlia dopo che, due anni prima, era tornata dal suo viaggio nel covo di Vegapunk per sottrarre due frutti del diavolo. Si sapeva soltanto che Kaido si era messo sulle sue tracce e che Baterilla aveva rischiato di essere attaccata da uno dei pirati più pericolosi. Anche se, questa confessione rimetteva l’isola sotto il mirino di qualcosa di ben peggiore.
Da viceammiraglio, sapeva benissimo quale sarebbe stato il trattamento che il governo mondiale avrebbe riservato a tutti coloro che erano collegati a quegli avvenimenti, per cui si promise che avrebbe aggiunto questo segreto alla sua lista, insieme alla promessa di protezione per quei tre bambini.
La traversata che li avrebbe dovuti riportare da Dadan, che già si prendeva cura dei suoi due nipoti da quando era partito, l’aveva fatto riflettere a un modo per venire incontro all’aumento di ragazzini speciali che aveva incontrato nel suo percorso. Uno era suo diretto nipote, ma lui e il figlio del re dei pirati già gli davano abbastanza gatte da pelare, ora aveva tra le mani anche i cugini di quest’ultimo, ai quali un dottore senza scrupoli aveva fatto ingerire due frutti del diavolo dalla stranissima natura. Poi c’era la terza ragazza, che non aveva dimostrato alcun potere particolare, ma era legata a entrambi e poteva aver nascosto meglio le sue potenzialità.
Avevano fatto una deviazione quando, inaspettatamente, il medico che trasportavano da Baterilla si era ammalato. Lo avevano portato sull’isola dove la Marina aveva appena stanziato una nuova base.
Non era ancora pronta a ospitare il seguito che aveva Garp, ma dovettero attraccare per tranquillizzare almeno i loro ospiti più giovani. E loro che venivano da quel lungo viaggio non avevano più le risorse per aiutare a finire i lavori e dovettero fare una scelta difficile, soprattutto lui. Finirono per doverli lasciare con il vecchio che loro sembravano voler proteggere e questo aveva generato un compromesso per il quale avrebbe potuto nasconderli a occhi indiscreti, ma comunque in condizione di conoscere ed essere sicuro della loro condizione.
 
«Tsuky, aspettaci!» le correvano dietro in coppia, vestiti entrambi con l’uniforme del grado più basso da cui cominciava la carriera del marine, ma non erano della loro taglia dato che la Marina non aveva mai accettato reclute sotto i dieci anni.
I tre si erano ambientati al meglio nella vita della base. Avevano avuto un ruolo fondamentale durante la costruzione delle parti esterne della struttura. Aiutarono il morale, perché ogni soldato li aveva presi a cuore come fossero dei figli, e i poteri dei due gemelli vennero sfruttati per i lavori più complessi. Erano ancora ignari, però, del fatto che venissero studiati per valutare le loro potenzialità.
Ogni loro progresso, ogni loro traguardo e l’espressione dei frutti del diavolo, venivano catalogati in un archivio che cresceva di mese in mese, ma che non era stato ancora mandato a chi avrebbe pagato una fortuna per quelle informazioni. Nonostante quello, più passava il tempo e più i fogli diventavano lavagne cancellabili sulle quali venivano inseriti e sovrascritti più volte i dati. Gli obiettivi venivano cambiati non più per un allenamento specifico, ma a seconda di giochi che stavano organizzando e nessuno avrebbe più avuto modo o voglia di condividerne i risultati.
Tutti i marine sapevano che un giorno qualcuno si sarebbe interessato di nuovo a loro, ma in quel caso avrebbero potuto mentire sull’età alla quale erano stati reclutati, o così avevano sperato in quei due anni.
«Correte!» Tsukyiama era la prima ad aver sentito la campana, come al solito era rimasta ad allenarsi senza di loro e ora correva verso l’area esterna dopo esserli andati a chiamare. Il campo di addestramento dove stavano entrando aveva una forma ellittica che lo rendeva perfetto per mantenere una velocità costante, anche usando i loro poteri.
Michinaga correva dietro le due ragazze giocando con delle sfere luminose che fluttuavano attorno a lui, il suo frutto: lo Kyu Kyu no Mi, gli consentiva di creare quei corpuscoli che respingevano ogni cosa, soprattutto la luce che dava il brillio. I piccoli campi gravitazionali che generavano erano fondamentalmente stabili e avevano aiutato nelle fasi più delicate della costruzione del tetto. In quell’occasione si era anche guadagnato il merito di aver salvato due uomini dal crollo dell’argano che trasportava i carichi tra un’impalcatura e l’altra. Nonostante questo, era sempre stata Ayako quella sotto i riflettori.
La sorella, infatti, era straordinariamente capace di utilizzare un potere dalla natura ancora ignota, ma che aveva incuriosito tutti poiché sfruttava l’elemento che più si discostava dalla natura stessa dei frutti del diavolo: l’acqua. Tra i marine che occupavano la base nessuno era esperto in materia, quindi studiare un caso così particolare per loro sarebbe stato impossibile. Lei non aiutava, sfruttando il suo clone per saltare allenamenti e restare a riposare nella sua stanza e manipolandolo in modo da essere perfettamente identiche, ma le caratteristiche fisiche del clone andavano a ridursi più la distanza dal corpo originale.
Tra tutti, Tsukyiama era quella abituata a capire prima degli altri se Ayako fosse veramente lì. Si capiva principalmente dall’ombra che il corpo fatto di acqua non riusciva a riprodurre in maniera esatta, ma aveva anche iniziato a lanciare oggetti che la attraversavano da parte a parte.
Tsuki-chan, come veniva chiamata dall’altra, era quella più appariscente nel suo aspetto fisico, con i suoi lunghi capelli azzurri e gli occhi che tendevano a un giallo acceso. Si impegnava leggermente di più dei due gemelli, poiché, non avendo un potere da cui partire, si impegnava nell’arte che più la faceva sentire vicina alla loro forza: la spada. Erano molte le occasioni in cui si chiudeva in uno dei dojo con il bokken1 per imparare sempre nuovi kata2 e migliorare le sue abilità. Questo allenamento l’aveva portata ad essere una recluta interessante e, dopo qualche tempo, anche al merito di aver fermato un fuggitivo durante uno dei suoi allenamenti notturni.
Questo aveva in qualche modo rovinato gli equilibri. La dedizione all’allenarsi più degli altri e il senso di giustizia che aveva dimostrato verso chi agiva nell’ombra, era una notizia che si era diffusa in fretta, dato che era il caso unico di una persona così giovane che aveva vinto uno scontro con un recidivo. Dopo che avevano trascorso quasi due anni da sorvegliati speciali nascosti al mondo intero, si trovarono ad affrontare di nuovo il destino dei ricercati.
Quello, insieme all’annuncio dell’arrivo di un altro viceammiraglio aveva scosso gli animi nella base, si aspettavano una mossa del governo e avevano ricevuto una chiamata che li avvertiva che Sakazuki avrebbe fatto il suo arrivo nel fine settimana. Al lumacofono erano stati chiari, avrebbe avuto il compito di valutare la nuova recluta e portarla sotto la sua ala, cosa che durante la sua carriera non aveva mai dichiarato di voler fare per qualcuno. Come ci si aspettava, la mattina successiva a quella telefonata, la campana del campo stava suonando come se la base fosse sotto attacco.
Nessuno si immaginava una sorpresa del genere, infatti, quando i tre ragazzini arrivarono al campo, quello che trovarono era anche peggiore della stessa presenza di un marine così spietato.
Alcuni, tra i soldati di rango più alto, si erano soffermati a raccontare ai giovani cadetti dell’esistenza di gruppi controllati in maniera diretta dal governo, non come i marine, i quali ordini venivano sì dal governo, ma erano filtrati dalla lunga lista di ufficiali da cui passavano. Veniva chiamata Cipher Pol e sotto i piedi dei loro membri, arrivati in anticipo in quella base, giacevano i corpi dei soldati che loro consideravano quasi una famiglia.



1: "bokken" = spada da allenamento di legno, presenta la stessa forma della katana, da non confondere con lo shinai che è in bambù (utilizzata da Zoro durante la sua infanzia)
2: "kata" = serie di tecniche e movimenti in un combattimento simulato, di solito senza avversario

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Capitolo 5
*** Capitolo 3.1 - L'incontro tra cugini ***


Arcipelago Organ, città di Orange (tempo presente)
 
«Sergente! I preparativi per la partenza sono stati ultimati, in questo modo dovremmo arrivare a Marineford in tempo per l’esecuzione» il biondo non lo stava ascoltando, troppo occupato a controllare alcune carte. «Sergente Hermeppo!» la seconda chiamata fece sussultare il ragazzo, che nascose in fretta il progetto dietro alle sue spalle.
«Ho capito, che diamine!» tentò di ricomporsi facendo valere quel briciolo di autorità che gli era stata concessa. Solo il fatto di aver ricevuto l’ordine di coordinare una missione segreta aveva riacceso una grande fiducia nella sua rincorsa all’aumento di grado. Aveva iniziato a percepirne l’urgenza quando si ritrovò a essere pari del suo amico Coby, malgrado fosse più grande e avesse più esperienza nella marina.
Nonostante questo, gli era stato concesso il coinvolgimento sul campo, lontano dal quartier generale, senza però avere modo di ottenere informazioni fondamentali, come conoscere tutti i dettagli di questa missione, le motivazioni per tanta premura da parte di Garp e, per quello che aveva capito, la causa dell’impiego di due singole persone per la fase successiva. Ma lui si doveva dimostrare l’uomo adatto, pronto a eseguire un ordine senza fare troppe domande, prendersi il suo premio e scordarsi di quanto accaduto, anche di chi era coinvolto, in particolare dei due ragazzi che stavano riposando ora che il lavoro era finito.
«Non preoccupatevi di svegliarli, devono comunque restare qui» ordinò Hermeppo, sarebbero salpati da lì a poco e quasi non ricordava il nome di quei due che si lasciava alle spalle. Sospettava qualcosa, ma la mente era troppo occupata a pensare alla grande guerra che si avvicinava per prestare attenzione anche solo alla cosa più ovvia: il cognome.
 
Portuguese D Michinaga si svegliò dopo qualche ora. Avevano attraversato un numero sconfinato di miglia e quel viaggio l’aveva stremato, in più aveva dovuto sottostare agli ordini di un marine che non aveva nemmeno controllato il suo grado prima di pavoneggiarsi per il suo ruolo in questa “missione segreta”. Non gliene avrebbe dato completamente la colpa, dato che lui era stato costretto a indossare una divisa molto più simile a quella di un nitōhei3.
Avevano preparato una piccola base operativa nel corso delle poche ore, allestendone una che potevano definire preconfezionata. Era molto umile per essere definita utile, non aveva nemmeno due piani ed era costruita attorno a una gabbia di agalmatolite marina che era ancora vuota. Lui e la sorella avrebbero avuto due alloggi ai lati della gabbia e avevano ricevuto ordini di fare da guardie carcerarie. Erano su un’isola così lontana dall’azione e dalla loro vecchia base che si sarebbero sentiti abbandonati se non fosse stata abitata.
Il luogo dove avevano posizionato la gabbia aveva preso il posto delle macerie di un edificio commerciale che aveva preso fuoco chissà quanto tempo prima. Non avevano avuto pochi problemi nello stabilirsi, soprattutto con un cane che sembrava fare la guardia a quel terreno e che, nonostante la differenza di forza, era riuscito a mordere il sergente Hermeppo più volte. Solo l’arrivo di Ayako sembrò porre un freno al suo malumore. Erano riusciti a tranquillizzare il sindaco con meno difficoltà, rassicurandolo di come la difesa della città sarebbe stata una loro priorità, trascurando completamente i dettagli della loro missione.
Sarebbe stata una convivenza forzata e più di un civile aveva espresso i propri dubbi in merito all’utilità di lasciare solo due marine per proteggere un intero arcipelago, ma anche Hermeppo, un po’ esagerando la sua sicurezza, aveva ammesso che erano stati scelti da Garp in persona per quel lavoro e avevano la loro piena fiducia. Si atteggiò un po’, dando anche la sua parola, senza sapere di stare parlando di suoi superiori, d’altronde non si erano nemmeno presentati.
L’atteggiamento sfacciato dei due giovani era l’unica cosa che si era fatta notare fino al momento in cui la ragazza si svegliò. Ayako portava con sé ancora il trauma della sera in cui furono svegliati da Tsukyiama, la stessa in cui la base era stata smantellata e i loro destini si erano separati. Nella sua mente, le maschere della Cipher Pol avevano lasciato un’impronta indelebile, ma il dolore più grande era stato l’arrivo di Sakazuki. Il marine non si era fatto scrupolo a “testare” la resistenza di due ragazzini che osavano mettersi tra lui e la missione che gli era stata assegnata, nonostante questa coinvolgesse anche loro direttamente, e in nessun modo questo comprendeva i loro cadaveri.
Il suo risveglio fu brusco, probabilmente era arrivata al punto peggiore del suo solito incubo, ma quello non la fermò da essere subito reattiva a una minaccia che le risultava in avvicinamento. Il suo potere le consentiva di sfruttare anche l’acqua marina, ma non direttamente, era una forma passiva di utilizzo che aveva perfezionato con il tempo e la sfruttava per capire correnti e gli oggetti in movimento sopra e sotto la superficie dell’acqua. La precisione andava perdendosi con la distanza dall’acqua, ma riusciva a mantenere il contatto sfruttando il manichino di acqua che plasmava a sua immagine.
Forse era stata la presenza di una nave che si avvicinava al piccolo porto della città a metterla in allerta, ma almeno aveva modo di mettere a tacere le voci su come solo due marine non sarebbero bastati a proteggere l’arcipelago. Voci che, per quanto potesse fare finta di non ascoltare, era decisa di mettere a tacere.
 
La nave, come seguendo un copione visto e rivisto, attraccò riversando il proprio equipaggio nel villaggio. La bandiera con il teschio sventolava fiera, anche se il viaggio di quegli uomini era appena iniziato, sembravano essere riusciti a procurarsi un vascello ben fornito, avrebbero potuto assediare il villaggio per giorni consecutivi con le giuste scorte, ma erano scesi a terra perché probabilmente non ne avevano.
I civili si erano rifugiati in tempo per evitare il passaggio della ciurma e, prima che questi arrivassero alla taverna, si trovarono davanti la piccola base con gli stendardi della marina. La loro sicurezza sembrò vacillare, probabilmente non pensavano di trovarsela davanti, nonostante avessero visto passare il galeone, attendendo con cautela per fare la loro mossa. Il capitano della ciurma, che sembrava il più attento, notò subito la gabbia e l’assenza sia di militari che di prigionieri.
La situazione sembrava abbastanza tranquilla per loro, avrebbero potuto saccheggiare in tranquillità senza lasciare alcuna traccia, ma qualcosa nella tranquillità di quelle strade li turbava. Troppo occupati a guardare gli edifici, non si accorsero che qualcosa stava oscurando il cielo. Quando finalmente l’ombra raggiunse le loro teste si girarono per scoprire che la nave con la quale erano salpati giorni prima, si trovava a mezz’aria, circondata da quella che sembrava una collana di perle luccicante.
Senza nemmeno avere avuto il tempo di formulare una risposta a quella situazione, attorno a loro, nella penombra creata dalla nave, iniziarono a comparire tante copie della stessa marine. In quello scenario apocalittico, i pirati si arresero, tentando di patteggiare avendo capito che la pirateria non era la loro strada. I civili furono felici di vedere quella situazione risolta senza spargimenti di sangue per il villaggio. La velocità con cui furono deposte le armi era stata, invece, sorprendente.
Nessuno di quei pirati fu arrestato, poiché la maggior parte aveva disertato, tranne il loro capitano, che in qualche modo venne imprigionato come capro espiatorio, a seguito soprattutto della richiesta dei civili, i quali chiedevano giustizia almeno per il disturbo causato. I due marine non avrebbero assecondato una tale richiesta, ma, oltre a eseguire gli ordini, dovevano anche trasmettere la sicurezza alla quale quelle persone li associavano.
La base aveva quindi già un prigioniero quando Ace arrivò sull’isola.



3: "nitōhei" = secondo ufficiale, nella Marina è il grado successivo alla semplice recluta
(Le note del capitolo precedente sono state aggiornate)

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