Inazuma Eleven New Dream One-shot

di AlysSilver
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ella inizia a parlare e Mark rischia la vita ***
Capitolo 2: *** Proposta ***
Capitolo 3: *** Una nuova fiamma divampa ***
Capitolo 4: *** Sirius alla scoperta dell'America ***



Capitolo 1
*** Ella inizia a parlare e Mark rischia la vita ***


 

Era un pomeriggio d'estate del 2024 e il centro di Tokyo era affollato di turisti venuti da tutto il mondo per ammirare la cultura del sollevante. La fine della pandemia finalmente aveva riportato alla normalità la vita delle persone e le strade erano tornate a riempirsi di persone. Nel quartiere della Città di Inazuma però la situazione era molto diversa, essendo pressoché residenziale l'ambiente era calmo e sereno, adatto alle famiglie. Tra di esse c'era la Evans, che cercava di godersi al massimo quelle settimane in cui finalmente il padrone di casa era in vacanza. Non c'era nulla che il ventottenne Mark amasse di più al mondo di quelle giornate. In più, da quando aveva letto su un libro che dopo circa un anno si iniziava a parlare, si era fissato che avrebbe aiutato Gabriella a riuscirci. Stava seduto perciò su un tappeto per bambini da quasi un'ora a cercare in ogni modo possibile di convincere sua figlia a dire le sue prime parole e conoscendolo non avrebbe mollato finché non avesse raggiunto il suo obiettivo, anche se ci fossero voluti secoli. Il giorno precedente era successa la stessa cosa e la piccola oramai sfinita aveva deciso di tirargli il suo peluche in faccia per farlo stare zitto. Oramai era chiaro, se avesse voluto qualcosa avrebbe saputo come farsi capire anche rimanendo in silenzio.

-Andiamo tesoro di papà, forza! Pa-pà. Non puoi farti battere da quel nanerottolo di Sirius che è più piccolo di te, Jude me lo rinfaccerebbe a vita. In più se lo fai entro questo agosto ci avrai impiegato un mese meno di Ethan e sarai stata quella che ci ha messo meno tempo.- La piccola inclinò la testa a lato quasi confusa. Imperterrita continuava a ciucciare il suo pallone da calcio giocattolo e non sembrava minimamente interessata ad assecondarlo. In realtà il ragionamento del leggendario portiere aveva senso, il piccolo Blaze aveva iniziato a parlare solo a giugno alla veneranda età di un anno e sei mesi. Avere tre figli così vicini aveva fatto scattare nel trio una specie di competizione, che inevitabilmente aveva coinvolto quei poveri ragazzini indifesi e forse annoiati dal comportamento dei padri. Se né Luna né Alyxia a causa del lavoro se ne erano rese conto, la casalinga Nelly, le cui giornate erano incentrate sulla figlia, ovviamente aveva fiutato la cosa a chilometri di distanza. In più se c'era qualcosa in cui era brava, era tenere quell'impulsivo del marito sotto controllo. Stava in silenzio a sciacquare i piatti rimasti dal pranzo, osservando i due giocare. -Niente eh? Ti insegno a usare questo pallone nel modo giusto? Potrei finalmente iniziarti al calcio. Diventerai la calciatrice più brava al mondo, lo so!- Un rumore sordo riempì l'open space e costrinse l'uomo a girarsi verso la zona dedicata alla cucina.

-MARK EVANS!- Un brivido gli percorse tutto il corpo e un'espressione spaventata gli comparse sul volto. Persino il mondo in pericolo lo terrorizzava meno di sua moglie arrabbiata.

-Che ho fatto ora?

-Ha cominciato a camminare da poco e tu vuoi insegnarle a giocare a calcio?- Domandò sconvolta. Prima o poi lo avrebbe ucciso ne era certa. La sua fissazione per quello sport era una cosa, ma trasmetterla a lei era un'altra. Quella era una battaglia che non avrebbe perso nemmeno morta, era in ballo il futuro del suo angioletto.

-Non vedo quale sia il problema.- Rispose con il suo solito tono angelico e un po' da finto tonto, quando in realtà sapeva perfettamente dove voleva andare a parare.

-Prima di tutto è troppo piccola, secondo è una femmina! Non ti permetterò di trasformare la mia principessa in un maschiaccio!

-Ma quale maschiaccio e maschiaccio, sarà una giocatrice di livello mondiale!

-No, lei farà danza o ginnastica artistica e si metterà sempre vestiti. Sarà una ragazza molto elegante, proprio come me. Già la vedo andare in giro per la Raimon attirando l'attenzione di tutti i maschi e diventando la reginetta del ballo.

-Sei impazzita? Nessun moccioso si avvicinerà a lei finché io sarò in vita!- Lo scambio di battute durò ore, mentre entrambi sembravano non voler cedere di un millimetro. Nel frattempo, molto confusa e stanca di sentirli, una mini-Ella decise di prendere la situazione in mano.

-Calcio.- A quanto pareva aveva già scelto il suo destino da sola. Si voltarono immediatamente verso di lei sbigottiti. Ci vollero solo pochi istanti perché il portiere afferrasse Gabriella e iniziasse a saltellare per il soggiorno allegro. Non curante della furia crescente della donna che aveva sposato.

-Bravissima, si vede che sei mia figlia! Diventerei una fuoriclasse lo so!

-EVANS! Ti avevo detto di piantarla. Ora per colpa tua la sua prima parola è stata questa!

-Tesoro non te la prendere, era la cosa migliore che potesse dire! Devo dirlo agli altri.- Afferrò il cellulare dalla tasca e attivò una ripresa. -Forza ripetilo!

-Calcio ... calcio!- Urlò lei entusiasta. Se la somiglianza fisica non fosse bastata, non c'era impronta migliore che potesse far riconoscere i suoi geni. Solo una Evans avrebbe potuto uscirsene con una prima parola del genere. Un'ombra sempre più scura comparve intorno a Nelly, la cui collera sembrava incapace di diminuire. I due ci misero alcuni minuti prima di accorgersene. Si congelarono sul posto e la piccola si aggrappò al collo del padre.

-Va tutto bene?

-Tu oggi dormi sul divano.- Sconvolto gli si formarono delle finte lacrime vicino agli occhi, quasi cercasse di creare lo sguardo da cucciolo migliore che fosse in grado di fare.

-Ma perché?

-Perché è colpa tua come al solito!

-Non è giusto!

-Zitto non voglio più sentire un fiato da te.- Afferrò la bambina staccandola dall'uomo. -Andiamo amore mio, allontaniamoci da questo tizio che ha una brutta influenza su di te.- Lei però non sembrava molto d'accordo con questa affermazione e immediatamente scoppiò a piangere disperata. Con le sue braccine tentava di arrivare al padre, mentre la madre con passo svelto lasciava la stanza.

-GABRIELLA!- Gridò l'uomo disperato.

E questa è la storia di quando Gabriella Evans iniziò a parlare e Mark rischiò di venire ucciso da sua moglie per questo.

 

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Capitolo 2
*** Proposta ***


 

-Finalmente è finita, andiamo subito ad allenarci!- Mark Evans era sempre lo stesso. Essere arrivato all'ultimo anno di scuola media non lo aveva cambiato di una virgola e nemmeno l'essere diventato un campione di livello mondiale. C'era solo una cosa che gli interessava: giocare a calcio. Era già pronto a correre in corridoio e poi dritto fino alla sede del club, quando Jude Sharp comparve sulla soglia dell'aula. Axel guardò leggermente confuso il suo capitano, la classe del regista era decisamente più vicina all'uscita, perché tornare indietro?

-È successo qualcosa?- Chiese allora avvicinandosi a lui.

-Nelly mi ha detto che il preside vuole vederci.

-Vederci chi?

-Noi tre.

-Ti ha detto per quale motivo?

-No.- Si girarono entrambi verso il portiere che li ascoltava in silenzio dondolandosi su una sedia. -Cosa hai combinato?- Lo sguardo del rasta era coperto dagli occhialini, ma era facile intuire che fosse indagatore.

-Io? Nulla, non so niente di questa storia.- Il ragazzo alzò le mani, quasi volesse proteggersi dall'altro.

-Sarà meglio muoverci.- Salutarono velocemente Silvia, che era rimasta sentire in silenzio tutta la conversazione, e si avviarono verso l'ufficio del dirigente. Erano stati lì solo poche volte nel corso degli anni, principalmente convocati dal signor Raimon più che altro per congratularsi per i loro risultati nei vari tornei. Si fermarono davanti alla porta irrequieti. Il biondo si rivolse nuovamente verso il moro dalla fascia arancione.

-Sei proprio sicuro di non averne fatta una delle tue?

-Ma la finite? Ho detto di no, sono sicuro al 100%.- Preso da una spinta di entusiasmo bussò alla porta senza riflettere, beccandosi di conseguenza un'occhiataccia da entrambi gli amici. Una voce dall'interno li richiamò all'ordine.

-Avanti.- Si disposero in fila difronte all'uomo seduto dietro alla scrivania. Quasi in simultanea eseguirono un inchino in segno di saluto. Sharp prese la parola dopo alcuni attimi di silenzio.

-Ci è stato comunicato che voleva vederci.

-Esatto.- Si accorsero solo in quel momento della presenza anche dell'allenatore Travis in quella stanza.

-Mister perché c'è anche lei?- Chiese Mark spontaneamente.

-Lo scoprirete tra poco.- Rispose avvicinandosi all'uomo, che prontamente riprese la parola.

-È arrivata ieri una proposta che vi riguarda.- L'attaccante alzò un sopracciglio in un'espressione tra il curioso e il confuso. -Il liceo Kouseneien vi vorrebbe come studenti dal prossimo anno.- Notando probabilmente che il portiere era pronto ad intervenire si affrettò a precisare. -Con una borsa di studio completa, ovviamente a patto che entriate nel club di calcio della scuola.

-Scusi un attimo, quindi il miglior istituto superiore del Giappone ci vuole come studenti?- Domandò stranamente entusiasta il regista.

-Esattamente. Ha ammirato le vostre gesta sportive degli ultimi anni e ha deciso di offrirvi questa opportunità. Devo però informarvi che dovrete comunque prendere almeno una media di voti superiore al novanta agli esami dell'ultimo trimestre per potervi iscrivere e che è una proposta tutti o nessuno.- Il ragazzo dalla fascia arancione deglutì, lo studio non era mai stato il suo punto forte.

-Immagino che avremo una scadenza per fargli sapere la nostra intenzione almeno nel breve termine.

-Se lo faceste entro e non oltre il prossimo lunedì sarebbe meglio.- Solo a quel punto il mister intervenne:

-Vi invito però a riflettere attentamente e ponderare la decisione attentamente anche in vista del vostro futuro. Lì si formano le élite del paese, ma dovrete impegnarvi molto nello studio oltre che nello sport.- I tre annuirono e, fatto un inchino in segno di saluto, si congedarono.

Era oramai sera quando si buttarono tutti e tre sul letto di Jude. Non era difficile capire quali fossero stati i pensieri ad accompagnarli per la durata degli allenamenti pomeridiani. Avevano scelto di evitare l'argomento con gli altri, accampando scuse se qualcuno faceva domande. Ad essere sinceri, nessuno di loro aveva mai riflettuto veramente sul futuro prima di allora.

-Quindi?- Evans inarcò la testa indietro così da avere una visuale perfetta dei suoi amici, i quali prontamente si girarono a loro volta verso il centro.

-Sarebbe un'opportunità grandiosa. Ad essere sincero mio padre aveva sempre pensato di mandarmi lì una volta diplomato alla Royal, però come possiamo vedere la vita ha preso una strada del tutto inaspettata. Inoltre, accedere gratuitamente ad un liceo del genere è quasi un miracolo.- Confutò il rasta.

-È vero, io non potrei mai permettermelo altrimenti. Noi siamo una famiglia media.

-Ho saputo che Nelly ha intenzione di iscriversi lì l'anno prossimo.- S'intromise Axel.

-Ci credo, lei, oltre ad essere ricca, è anche una delle migliori allieve del nostro anno. Non mi dispiacerebbe averla ancora in classe.

-Buoni un attimo. Secondo me però ci stiamo dimenticando una cosa fondamentale. Mettiamo conto di accettare, io come li passo gli esami finali con quella media. Il mio massimo è stato settanta.

-Questo perché non ti sei mai preparato con me. Posso crearti un programma ad hoc, ovviamente con la mia minuziosa sorveglianza. Non sarà complicato.- Constatò Sharp con un sorriso malefico sulle labbra.

-Sì, però io così al liceo non arrivo, muoio sicuramente prima. Per le cause del decesso sono in dubbio ad ogni modo, penso possano andare dalla fame alla testa spaccata per tutte le librate che avrò ricevuto.

-Sei serio?

-Aspetta, ho anche una terza opzione, la peggiore, astinenza da calcio.- Un brivido gli percorse la schiena e gli altri due si scambiarono un'occhiata.

-Esattamente, perché siamo amici di questo qui?

-Me lo sto chiedendo dalle fasi finali dei regionali dell'anno scorso. A quest'ora potevo stare con Joe e David.

-Ti ricordo che avresti avuto Caleb vicino 24h su 24.- Persino da dietro quegli occhialini così spessi poteva vedersi l'espressione mista tra disgusto e terrore che gli si era formata.

-Grazie agli dei mi hai convinto a venire qui. Ci mancava quello.

-Ma non eravate diventati amici?- Chiese il portiere.

-Compagni di squadra, per il resto non esageriamo grazie.

-Penso lui abbia la stessa opinione di te se può consolarti. C'è da dire però che infondo è un bravo ragazzo, nonostante si sforzi di sembrare un duro.

-Stiamo andando fuori tema, che facciamo con la scuola?

-Guastafeste.- Rispose sbuffando il bruno.

-La loro squadra di calcio so che sta avendo una crescita importante negli ultimi anni, non mi sembrano male. Ad essere totalmente sincero non mi dispiacerebbe uno spogliatoio vero rispetto ai nostri armadietti.- Questa frase fece guadagnare ad Axel un'occhiataccia dal capitano. -Per me comunque va bene, alla fine una scuola vale l'altra e perché non puntare alla migliore se ne abbiamo l'occasione.

-Sono d'accordo con te. Mark tu te la sentiresti di impegnarti nello studio per i prossimi mesi? Intendo seriamente come fai con il calcio.- Parve rifletterci un attimo. Si mise a sedere incrociando le gambe e le braccia, chiuse gli occhi e crucciò la fronte. I rumori di chi si stava sforzando a pensare fecero scoppiare a ridere sotto i baffi i due osservatori. Alla fine con un sospiro del diretto interessato la scena si concluse.

-Va bene. Farò del mio meglio, ma non vi prometto nulla.

-Tranquillo, ci saremo noi qui ad aiutarti.

-Quindi forza Kouseneien!- Urlò il numero uno con il suo solito entusiasmo.

-FORZA KOUSENEIEN!

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Capitolo 3
*** Una nuova fiamma divampa ***


 

Poche cose erano in grado di far cadere Axel Blaze in uno stato d'ansia e sicuramente che la moglie avesse passato già da qualche giorno la data del parto era una di quelle. Quel 31 dicembre del 2022 la neve scendeva in grandi quantità e il paesaggio di Tokyo era totalmente imbiancato. In tutti i suoi ventisei anni di vita non ricordava un inverno così freddo. Già sentiva la mancanza delle temperature di Miami, dove aveva trascorso gli ultimi mesi per un lavoro di collaborazione tra le due federazioni giovanili. Eppure, non poteva fare a meno di rimanere incantato mentre guardava, attraverso l’apertura lasciata apposta dal soji, il giardino oramai bianco, perso nei suoi pensieri.

Pov. Axel

Chissà se anche mio figlio avrebbe amato il calcio come me, oppure se avesse voluto diventare un medico o un imprenditore, in ogni caso lo avrei amato più della mia stessa vita. Osservai Luna acconciarsi i capelli scuri seduta alla toletta. Era bellissima con il pancione, nascosto in quel momento sotto il vestito rosso che aveva scelto accuratamente per la festa di quella sera. Avevo provato in tutti i modi a convincerla a restare a casa, ma non mi aveva dato minimamente retta. L'unica risposta che avevo ricevuto era che se Nelly Evans e Alyxia Sharp sarebbero venute anche se incinte, lei non sarebbe stata da meno. Naturalmente mi aveva volutamente ignorato mentre provavo a farle notare che lei era l'unica prossima al parto. Alla prima mancavano ancora tre mesi circa, mentre all'altra addirittura sei. Mi accostai a lei e le diedi un veloce bacio sulla guancia.

-Axel cosa fai mi togli tutto il trucco.- Sospirai, era fatta così. Le apparenze erano molto più importanti delle manifestazioni d'affetto, non era una novità e infondo l'amavo persino per quello.

-Te lo domanderò un'ultima volta, sei completamente certa di non voler restare qui e magari vederci un film aspettando la mezzanotte?

-Assolutamente sì. Andremo alla festa degli Schiller e a Capodanno brinderemo con i tuoi amici. Non sarò mai da meno di nessun chirurgo e tanto meno di una casalinga.- Prima o poi avrei dovuto raccontarle del talento di Nelly negli affari e che era praticamente lei a gestire tutto il patrimonio di famiglia. Loro due non si erano mai prese molto in simpatia, neanche con Alyxia aveva questo grande rapporto a dir la verità, forse perché nelle discussioni patteggiava sempre per l'altra, però non si lanciavano frecciatine in continuazione come con la mia vecchia amica. Mi dispiaceva dirlo, che le nostre mogli andassero d'accordo era un sogno che avevamo noi tre sin da ragazzi, e dovevo ammettere che spesso era Lu che si cercava l'ironia nelle risposte con le sue frasi.

-Se è quello che vuoi allora dobbiamo andare.

Raggiungemmo la villa quasi mezz'ora più tardi. Era stata addobbata sin nei minimi dettagli, creando un'atmosfera quasi magica. I padroni di casa erano ai piedi della grande scala situata nell'imponente atrio ad accogliere gli ospiti, radiosi come non mai. Da quando avevamo scoperto che uscissero insieme, molti anni prima, avevo incominciato a domandarmi come i loro colori così particolari si sarebbero mischiati in un ipotetico bambino, magari prima o poi lo avrei visto con i miei occhi. Bellatrix ci sorrise non appena ci notò.

-Ragazzi che bello che siate venuti, spero non sia stato troppo faticoso lo spostamento.

-No, tranquilla...

-In ogni caso lo abbiamo fatto volentieri, non ci saremmo persi la festa per nulla al mondo.- S'intromise mia moglie, mentre sulle sue labbra spuntava un sorriso smagliante.

-Ne sono felice. In salone se volete ci sono già sia Mark che Jude.- Ci congedammo con un leggero saluto, pronti ad avanzare verso la sala indicataci. Scorsi su un antico orologio a pendolo che fossero già le nove di sera, non mancava molto alla mezzanotte.

-Ehi Axel!- Il saluto esuberante del portiere attirò immediatamente la mia attenzione. Trattenni una risata non appena notai il suo abbigliamento, era l'unico capace di abbinare un abito da sera e la sua fascia arancione. Guardando l'espressione del regista, ero abbastanza convinto che avesse avuto la mia stessa impressione. Mi rivolsi a quel punto alle donne a loro fianco.

-Signore siete meravigliose come sempre.

-Apprezzo il complimento, anche se a dir la verità mi sento solo tremendamente ingombrante.- Negli anni avevo imparato una cosa, le femmine potevano avere due rapporti con le gravidanze, ma esse stesse potevano avere due effetti su di loro. C'era a chi donava e chi no. Nelly rientrava sicuramente nella prima categoria. Era sempre stata una ragazza bellissima, però così sembrava risplendere ancora di più.

-Non è assolutamente vero. Stai benissimo.- Sperai vivamente di essere stato l'unico a percepire lo sguardo omicida che mia moglie mi aveva lanciato. Avrei avuto bisogno di tutta la pazienza a mia disposizione quella sera, ne ero certo.

Mancavano oramai pochi istanti al cambio dell'anno e l'euforia era generale nell'aria. Chi con lo champagne e chi con il succo di frutta a causa dei figli in arrivo, eravamo pronti con un bicchiere a brindare. Presi la mano di Luna e le rivolsi un leggero sorriso.

-10 ... 9 ... 8

-Sono felice di essere qui con te...

-7 ... 6 ... 5

-Ti amo lo sai, vero? Io ...

-4 ... 3 ... 2 ... 1 ... AUGURI!

-AH!

-LU CHE SUCCEDE?- Si voltarono tutti nella nostra direzione ed entrambi i miei migliori amici e Aly corsero verso di noi. In preda al panico cercavo di capire cosa fosse successo.

-Mi ... mi si sono rotte ... mi si sono rotte le acque.- Ingoiai la saliva rumorosamente. C'eravamo finalmente.

-Vado a prendere la macchina!- Urlò Mark correndo fuori, il piano di emergenza era appena cominciato. Il primo ci avrebbe fatto da autista e l'americana sarebbe venuta con noi in quanto unico medico del gruppo, mentre il rasta starebbe andato a casa nostra a prendere la borsa pronta per quell'occasione.

-Il mio ospedale è il più vicino, andiamo lì.- Durante tutto il tragitto mi domandai se i respiri insegnati al corso preparto fossero stati più utili a me o lei, ero certo di aver rischiato l'iperventilazione almeno una decina di volte.

-Andrà tutto bene tesoro, puoi stare tranquilla.

-Sei tu quello agitato qui. Io sono calma teoricamente, ma non è facile rimanere serena con delle contrazioni del genere. Ringrazia di essere nato maschio e non avere un utero. Ah!- Correndo, nemmeno fossimo in mezzo alla finale del mondiale, il bruno ci precedette all'interno fermando la prima infermiera entrata nella sua visuale. Per fortuna però la bionda prese la parola prima che potesse farlo lui.

-Ciao Charlotte, la mia amica è in travaglio. Ha le contrazioni in tempi inferiori ai cinque minuti da quando siamo entrati nel territorio ospedaliero. Chiamate ostetricia e portiamola in sala parto.

-Certo dottoressa Sharp. Dovrebbe essere di turno la dottoressa Martin.- Si avvicinò a noi mentre Luna veniva fatta accomodare sulla sedia a rotelle. Forse consapevole della nostra paura vista l'assenza di quella che l'aveva seguita nei mesi precedenti, ci confortò asserendo:

-Non vi preoccupate, la conosco bene. Mi è già capitato molte volte di lavorare con lei ed è la migliore del suo reparto. Siete in buone mani con lei.- Annuimmo entrambi e la donna di prima ci accompagnò velocemente nel luogo prestabilito. Forse grazie all'assenza di traffico o alla sua guida da mancato pilota di Formula 1, Jude entrò nella stanza poco dopo con la borsa che da giorni avevamo pronta in casa. Un'altra forte contrazione raggiunse mia moglie e mi strinse la mano così forte che avrei giurato di non sentirla più.

-Oramai ci siamo. È giunto il momento di spingere.- Il regista e il portiere uscirono subito per non essere d'intralcio, al contrario di Aly a cui era stato chiesto da Lu di rimanere. Sentirla stare così male mi distruggeva. Come se non bastasse cominciavo a vedere tutto nero e mi sentivo pronto a cadere a terra, mai in vita mia mi ero sentito così. Improvvisamente una mano mi afferrò il colletto della camicia.

-BLAZE PROVA A SVENIRE E SARÀ L'ULTIMA COSA CHE FARAI NELLA TUA VITA!

-Chiaro.

-Respiri, ci siamo forza!- Un urlo di Luna e un pianto riempì la stanza. Un maschietto dai capelli biondo chiaro uguali ai miei agitava le minuscole braccine in aria quasi volesse dire al mondo che lui c'era, era arrivato e pronto a bruciare come se fosse la fiamma più intensa mai esistita. Sentivo la felicità scorrermi per tutto il corpo e forse per quello non notai il gesto che avrebbe dovuto presagirmi le azioni che sarebbero avvenute in seguito e il nostro futuro. Quando le porsero il bambino non lo guardò neppure ed io così preso dal momento non me ne accorsi. Al contrario l'infermiera lo fece immediatamente e lo porse a me. Continuava ad agitarsi piangendo, eppure non mi dava fastidio. Era bellissimo.

-Ciao Ethan, sono il tuo papà. Benvenuto al mondo, ti stavo aspettando e sono davvero felice di conoscerti. Sappi che se avrai bisogno di aiuto potrai sempre contare su di me.

Pov. Mark

-Quel bambino è già una prima donna proprio come lui è?- Una leggera risata si levò da Jude.

-Già. Solo il figlio di Axel poteva decidere di nascere nemmeno un'ora dopo Capodanno, facendo iniziare le doglie a mezzanotte precisa e agitandosi in quel modo per attirare l'attenzione.

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Capitolo 4
*** Sirius alla scoperta dell'America ***


Pov. Sirius

-Sei sicuro di aver preso tutto?

-Si mamma, anche se sono ancora dell'idea di annullare il viaggio.

-Sirius lo sai che i tuoi nonni ci tengono che tu vada a trovarli in America ogni tanto. Ti vogliono molto bene e tu non li vedi mai.

-Ti rendi conto che vuoi spedirmi nella terra dei selvaggi, dove la gente va ancora in giro a cavallo molto spesso e ci sono le fattorie e i cowboy?

-Farò finta di non prendermela per un momento. Sei consapevole di essere per metà texano, sì? Proprio per commenti come questo tuo nonno vuole che passi più tempo con loro. So che sei cresciuto qui e ti senti giapponese al cento per cento, ma a livello pratico, o teorico se preferisci, non lo sei. È il mio paese e la mia cultura, per me è importante che tu impari a conoscerli. Per favore fai il bravo.- Sbuffai non avevo molta scelta.

-D'accordo, però non ti prometto nulla.

-È già un passo avanti. E comunque solo nelle piccole città si monta per andare in giro.

-Per fortuna avete risolto, siamo appena arrivati all'aeroporto internazionale.- Mi ero quasi dimenticato che fossimo in macchina e mio padre stesse guidando, aveva lasciato a me e la mamma tutta la conversazione. Arrivati all'ingresso della zona partenze salutai entrambi, sorridendo a mia madre, mentre l'altro con un gesto. Lo osservai un istante. Una parte di me avrebbe voluto pregarlo a quel punto di non farmi salire su quell'aereo, però non mi sarei mai abbassato a tanto.

-Ci rivediamo tra un mese.

-Fai attenzione e ascolta i miei genitori.

-Sì!

*Superato uno scalo a Dallas e quasi quindici ore di volo arrivai finalmente al Lubbock Preston Smith International Airport. Essere lì non era il mio piano ideale di vacanze ad essere sincero, ma avrei fatto del mio meglio per non perdere immediatamente la pazienza. Naturalmente il fato aveva idee completamente diverse. Ritrovai i nonni ad aspettarmi con un cartello tutto decorato con scritto il mio nome in caratteri latini, l'alfabeto Romaji era meno comune per noi dei Kanji. Avrei dovuto farmi entrare in testa che lì si scriveva diversamente. Il problema, però, arrivò non appena mi avvicinai, la nonna, Evelyn, mi abbracciò.

-Tesoro sono così felice che tu sia qui.

-Sono contento anch'io di vedervi.- Perché mi stava toccando. Attesi qualche istante, nella speranza che si staccasse. Ovviamente questo non accadde. -Potresti lasciarmi per favore? Non sono molto abituato a queste cose.

-Certo scusami, non ho pensato al fatto che in Giappone siete meno espansivi di noi.

-Tranquilla, è solo una cosa culturale che non potevi sapere.- Il nonno parve cogliere il mio commento al balzo per incominciare la sua solita crociata personale.

-Solo che tu sei anche americano. Proprio per questo motivo dovresti venire qui più spesso, non conosci le tue stesse tradizioni.- Stavo per ribattere, quando la donna si mise in mezzo.

-Daniel ne abbiamo già parlato, non voglio che l'unica volta in cui nostro nipote viene a trovarci sia tutto un litigio. Ora andiamo a cena e poi a casa, Sirius sarà stanco morto e domani bisogna alzarsi presto.

-Perché?

-Dobbiamo svolgere le attività mattutine al ranch prima della messa. È domenica, con il fuso orario è normale tu abbia perso la cognizione dei giorni.-

-In realtà non sono mai andato in chiesa, sono shintoista come mio padre.- Speravo di non averle fatto venire un infarto, pensavo lo sapesse. Dovevo inventarmi qualcosa. -Ma se ti fa piacere vi accompagno volentieri, sono pur sempre in America per fare nuove esperienze.

-Sei proprio un tesoro, grazie.- Si decise a riprendere il discorso una volta sul Pick-Up. -Sai sono tutti entusiasti di conoscerti, gli abbiamo parlato così tanto di te.

-Tutti chi?- Perché avevo l'impressione che la situazione non potesse che peggiorare?

-La nostra comunità, i nostri vicini, gli amici ecc... nella nostra zona siamo tutti una grande famiglia.

-Sir sei in prima media oramai, vero?- S'intromise l'uomo al suo fianco.

-No, sono in sesta elementare. Da noi si fa un anno in più di scuola primaria, però facciamo solo tre anni di liceo rispetto ai vostri quattro.

-Che cosa strana. Sei contento di dover iniziare l'ultimo anno tra poco?

-L'ho già fatto in realtà. Incominciamo le lezioni ad aprile e le finiamo a marzo.

-Perché non seguite il sistema del resto del pianeta.- Sospirò. -Hai già deciso che medie frequentare? Andrai da tuo padre alla Loyal Academy?

-Royal Academy. Comunque, no. Frequenterò la Raimon Junior High insieme ai miei amici.

-E perché?

-Papà ha completato lì il suo percorso scolastico e dice che è uno dei posti che lo hanno reso la persona che è adesso. Senza contare poi che ci sarebbe una vecchia promessa fatta con i suoi amici di mandare tutti i loro figli in quell'istituto; inoltre mio cugino Derek studia già lì e mia zia ci insegna. Volendo potremmo poi aggiungere che zio Mark allena la squadra di calcio.

-Mi sembrano ottime ragioni. Per quanto credo che una scuola militare possa essere utile, non mi dispiace che ti distacchi un po' da Jude. Quell’Evans poi è uno dei pochi conoscenti di tuo padre che ricordo con piacere.

-Già, proprio un ragazzo gentile. Dimmi, come sta sua figlia?

-Bene. Ella è pazzesca, con lei in porta non si deve temere nessuna squadra. Non solo però, è anche intelligente, gentile, coraggiosa, bella ... scusate sono partito in quarta.

-Tranquillo, anzi è meraviglioso sentirti parlare così di una persona. Lei deve essere davvero speciale per te.

-Sì, infatti è la mia migliore amica insieme naturalmente all'indimenticabile Ethan, il quale se venisse a sapere che non l'ho nominato potrebbe attentare alla mia vita.

-Lui è il figlio di Blaze, giusto? Quello che lavora nella federazione.- Domandò il nonno.

-Esatto, oltre ad essere il capocannoniere della nostra nazionale.

-Sì, ora che me lo dici lo ricordo perfettamente.- Il tono non era molto allegro e ciò mi fece improvvisamente ricordare che gli Stati Uniti erano stati eliminati proprio da noi all'ultimo mondiale grazie ad una tripletta di zio Axel. A quanto pareva lì a qualcuno non era ancora scesa.

-Oltre a giocare a pallone, come passi il resto del tempo?- Chiese gentilmente la donna. Erano davvero gli antipodi quei due, non che i miei lo fossero di meno in effetti.

-Studio, sono il primo del mio corso, faccio delle riprese in giro con la mia videocamera e se ho tempo vedo uno o più film la sera, dipende tutto da quanto ho da fare con la scuola e le attività sportive che sono una priorità necessaria. A volte vado anche a casa di Eth o di Gabriella, Nelly spesso si prende la briga di venirci a prendere dopo gli allenamenti. Poverina, un po' mi dispiace che debba disturbarsi anche con noi, ma ad essere sincero preferisco lei alla tata.

-I tuoi genitori devono essere sempre molto impegnati per il loro lavoro. Non ti pesa non vederli spesso?

-No, alla fine sono abituato.- Un velo di tristezza o forse di rassegnazione contagiò la mia voce, ma speravo che non si fosse notato. La pietà non era un sentimento che mi piaceva o volevo intorno, c'erano persone che avevano problemi molto più grandi dei miei e io non avevo alcun diritto di lamentarmi.

Arrivammo a destinazione una ventina di minuti più tardi. Non ero sicuro di come fossi riuscito a superare quello strano interrogatorio, misto alle costanti frecciatine del nonno. Speravo non avesse intenzione di continuare su quella strada per tutta la mia permanenza, ero consapevole delle mie origini, ma ero anche fiero del modo in cui mi avevano cresciuto. Non avrei scambiato ciò che ero per nulla al mondo. Sbadigliai, in volo avevo dormito pochissimo e le quindici ore di fuso non aiutavano per nulla. Lì erano appena le sei** del pomeriggio, ma a casa erano le nove del mattino del giorno successivo. Scesi dal nostro veicolo velocemente, ricuperando il mio bagaglio dal cassone. Mi guardai un attimo intorno, facilitato dal sole ancora alto. Per un istante mi domandai se non fossi finito in un vecchio film western, circondato da praterie e campi, davanti ad una casa che avrebbe potuto rappresentare il più stereotipato dei ranch americani. Dubitavo che sarei sopravvissuto a lungo in quell'ambiente, dovevo svignarmela al più presto.

-Allora ti piace? So che tu sei abituato a vivere in una villa gigantesca piena di comodità, però personalmente non scambierei questo gioiellino per nulla al mondo.

-È carina, molto carina.- Nonna dovevi perdonarmi per la bugia, ma dovevi sapere che l'avevo fatto per non ferirti.

-Speravo ti sarebbe piaciuta.- Accennai il sorriso finto più convincente che potessi fare.

-Non vorrei sembrare maleducato, però potreste indicarmi la mia stanza? Sono molto stanco per il viaggio e vorrei andare a riposare.

-Certo vieni.- Li seguii a passo svelto, perdendomi però per la stanchezza un dettaglio essenziale, le luci all'intero erano accese e quando lo realizzai era troppo tardi per scappare.

-Perché ...

-BENVENUTO!- Una marea di gente sconosciuta spuntò all'improvviso non appena varcammo la soglia d'ingresso. Il salone era addobbato a festa e loro sembravano straripanti di gioia. Avrei dovuto essere felice, ma in quel momento avrei solo voluto tornare il più velocemente possibile in Giappone. Qualcuno doveva venirmi a salvare!

 

To be continued... se a voi interessa
 

*Da questo momento in poi, nonostante il testo rimanga in italiano per noi, i dialoghi e in parte i pensieri di Sirius diventano in inglese. Questo spiega la sua incertezza a volte o il dubbio su certi termini

**In Giappone e negli USA si cena molto presto, nel primo dalle sei in poi, anche se i ragazzi per via degli allenamenti nel tempo presente lo fanno più tardi, mentre negli Stati Uniti dalle cinque in poi

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