The Last of Us - Dispersi

di Davide Albertazzi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il sangue degli innocenti ***
Capitolo 2: *** I peccati del padre ***
Capitolo 3: *** Un tuffo all'Inferno ***
Capitolo 4: *** Un fiume di morte ***
Capitolo 5: *** Una diga di speranza ***



Capitolo 1
*** Il sangue degli innocenti ***


L’uomo avanzò correndo lungo la strada buia.
La luce di una flebile mezzaluna rischiarava leggermente la via mentre l’asfalto ed il cemento dei muri emettevano un’aura di bollore, vomitandogli contro il calore assorbito durante la giornata.
Lui correva e ad ogni passo sentiva il dolore della ferita al fianco aumentargli, il sangue inzuppargli sempre di più la maglietta bianca e le gambe farsi sempre meno solide.
Ma non si poteva fermare.
Loro erano dietro di lui.
Sentiva le loro voci, vedeva i riflessi delle loro torce in lontananza e sentiva il loro fiato sul collo.
Ma si doveva fermare.
Svoltò a destra e zoppicando si avvicinò alla porta di un edificio.
Con la mano che gli tremava afferrò la maniglia e la girò.
Era aperta.
Con un gemito spinse l’anta facendola ruotare sui cardini arrugginiti e spezzando le edere che negli ultimi anni le erano cresciute sopra.
Tutta la città stava venendo divorata dalla natura ormai.
Una volta entrato richiuse la porta alle sue spalle e bloccò la maniglia con una sedia.
Con passo malfermo, avanzò nell’appartamento per alcuni metri inspirando l’aria calda e mefitica mescolata alla polvere che si era accumulata sui vecchi mobili negli ultimi decenni.
Emettendo un rantolio si appoggiò con la schiena ad una parete, sollevò la maglietta ed osservò la ferita.
Un foro di ingresso e uno di uscita, poteva andare peggio! Quel che doveva fare era solo fermare l’emorragia, fermare l’emorragia così da sopravvivere abbastanza a lungo da raggiungere Jackson e riferire a tutti gli abitanti della minaccia che incombeva su di loro!
Estrasse dalla tasca un accendino ed un coltello a serramanico.
Con le mani che gli tremavano aprì la lama e la arroventò poi con un gesto rapido se la premette su entrambi i fori producendo uno sfrigolio sinistro accompagnato da odore di carne bruciata.
Le lacrime gli colarono sulla corta barba spettinata mentre, stringendo i denti fino a farli scricchiolare, conteneva le urla di dolore che gli risalivano lungo la gola.
Sentiva i suoi inseguitori sempre più vicini, non poteva fermarsi né farsi sentire.
Abbassò la maglietta zuppa ed avanzò nella stanza successiva dirigendosi verso una larga finestra nel fondo di quella che un tempo doveva essere stata la sala da pranzo.
Click-click-click
Il suono flebile raggiunse il suo orecchio destro gelandogli il sangue nelle vene.
Stringendo il coltello tra le dita si voltò e lo vide.
Illuminato dalla flebile luce lunare che filtrava dai vetri lerci un cliker di stadio avanzato, con le escrescenze di Cordyceps che ormai gli avevano spaccato la fronte accecandolo e aprendosi sul volto come un sinistro fiore fungino si muoveva a tentoni, guidato dai sottili ultrasuoni emessi dalla sua gola.
L’uomo si immobilizzò, trattenendo quasi il respiro nel tentativo di non produrre il più flebile dei rumori.
Centimetro dopo centimetro, con il sudore che la colava lungo il corpo scosso dai brividi nonostante il calore, si avvicinò alla finestra.
L’aveva quasi raggiunta quando un’asse del pavimento si incrinò sotto la sua scarpa producendo un leggerissimo scricchiolio.
L’infetto emettendo un verso gracchiante si voltò di scatto e prese ad avanzare verso la fonte del rumore facendo scattare le mascelle.
L’uomo trattenne il respiro e sollevò il coltello con la mano tremante... si sentiva debole.
D’improvviso la sedia si ruppe e la porta si spaccò in due colpita con violenza da uno stivale mentre le luci e le voci degli inseguitori irrompevano violente nell’edificio.
Come li sentì, il clicker girò di scatto poi, furente, con le mascelle spalancate ed emettendo un’orribile serie di schiocchi lacerati si scagliò contro di loro.
L’uomo fulmineo afferrò una sedia, la usò per frantumare il vetro della finestra davanti a sé poi, tagliandosi le mani con le schegge affilate, scavalcò il davanzale.
Appena toccò terra si ritrovò a ruzzolare lungo una discesa ghiaiosa mentre alle sue spalle poteva udire le urla dei suoi inseguitori mescolati agli spari e ai versi dell’infetto.
Quado finalmente raggiunse il fondo della scarpata si alzò in piedi tremante e si guardò attorno scrollandosi di dosso la polvere.
Una luce di gioia gli attraversò il cuore.
La caduta lo aveva portato nel bel mezzo del fiume secco! Una decina di metri di corsa allo scoperto poi sarebbe stato in salvo nel fitto canneto lungo la riva opposta.
Con un rantolio scattò in avanti in un’ultima e disperata corsa, facendo schizzare in aria quel piccolissimo strato di acqua stagnante che ancora copriva il fono del rivo.
Mancavano pochi metri quado la luce di varie torce esplose intorno a lui illuminandogli la schiena.
Un istante dopo gli spari rimbombano nella notte accompagnati da uno sciame di proiettili.
Svelto, gemendo per lo sforzo ed il dolore l’uomo scartò di lato iniziando una disperata corsa a zig-zag.
Ormai era praticamente arrivato, sentiva l’odore delle canne appassite entrargli nelle narici, l’odore della salvezza, quando un colpo più forte e distinto, di calibro più pesante, risuonò nelle tenebre.
L’uomo riuscì a fare ancora un passo, poi attraversato da parte a parte dal proiettile del tiratore precipitò nel canneto.
Morto.
 
 
 
Il sole splendeva nel cielo azzurro gettando i suoi raggi arroventati sul mondo sottostante.
Stretta tra gli alti picchi delle montagne innevate la valle si estendeva in ogni direzione con una placida tranquillità, così placida da ricordare quasi la morte.
Accanto al letto di un largo fiume praticamente asciutto e circondato da un fitto bosco di abeti che piano piano ne divorava le periferie, il cadavere di una cittadina giaceva scomposto, paralizzato nell’istante in cui l’apocalisse se l’era preso.
Alti edifici consumati dal tempo ed assediati dalla vegetazione si raggrumavano attorno alle vie principali incombendo sull’asfalto spaccato mentre, abbarbicato lungo le rive,un orribile palazzo squadrato ancora in costruzione si innalzava fiero affiancato da una mastodontica gru graffiata di ruggine.
In quella landa desolata, una colonna di cavalieri procedeva cauta lungo la strada maestra, districandosi con attenzione tra vecchie auto abbandonate e punti in cui l’asfalto era collassato.
Ellie fece un sospiro e si passò il dorso della mano sulla fronte madida di sudore scostando i capelli umidi.
Nonostante fossero appena le nove della mattina il caldo si era già fatto asfissiante.
Quella era sicuramente l’estate più bollente che avesse mai visto nei suoi sedici anni di vita, così torrida da rendere l’aria arroventata dopo poche ore dall’alba e da aver addirittura costretto gli abitanti di Jackson a chiudere quasi del tutto la diga, rinunciando a parte della corrente elettrica e seccando il fiume pur di mantenere abbastanza acqua per irrigare i capi di mais.
Sistemandosi con la mano la tracolla del fucile si guardò attorno.
Al suo fianco, Joel, con le maniche arrotolate e la camicia madida di sudore, sembrava soffrire il caldo almeno quanto lei.
Davanti a loro, insensibile ad ogni cosa, barricato dietro un cappellino da baseball rosso premuto sulla zazzera bionda ed un paio di occhiali dell’Air Force dalle lenti crepate, cavalcava Barry Lawson, l’uomo a cui Maria aveva affidato la guida della pattuglia.
L’ex militare scrutava gli alti edifici che li circondavano con aria arcigna tenendo una mano sulle briglie ed un’altra sul calcio della doppietta appesa al fianco del cavallo mentre tra i denti stringeva una sigaretta accesa.
Alle sue spalle, dietro Ellie e Joel avanzava chiacchierando sommessamente il resto dei cavalieri, i due coniugi Anne e Frank Jhonson, lui grosso, calvo e con una lunga barba da boscaiolo fino a metà del petto, lei minuta, con i capelli neri raccolti in una treccia ed un fucile da caccia grossa appeso alla spalla ed i fratelli Smith, due ragazzi poco più grandi di Ellie il cui generico cognome ne rispecchiava l’aspetto ordinario.
Ellie con un gesto leggero tirò le redini del cavallo avvicinandosi a quello di Joel.
“Che afa insopportabile!” borbottò la ragazza “Penso che sia l’estate più secca… boh, di sempre!”
“Un tempo, prima dell’apocalisse ce n’erano molte di estati così!” rispose Joel passandosi una mano sulla barba ormai grigiastra “Colpa di una cosa chiamata riscaldamento globale!” fece un mezzo sorriso “Ricordo che dicevano che avrebbe causato la fine del mondo prima o poi… ma il Cordyceps l’ha battuto sul tempo...”
“Beh come si dice, chiodo scaccia chiodo…” rispose Ellie accarezzando il collo del cavallo.
“Smettetela di chiacchierare la dietro!” esclamò Barry senza voltarsi “La famigliola, gli sposini ed i fratellini…” si tolse la sigaretta dalla bocca ed espirò una nuvoletta di fumo nell’aria bollente “Mi sembrate una banda di escursionisti, non soldati!”
“Dai Barry dacci tregua “disse Frank ridacchiando “Dici così solo perché siamo dispari e tu sei l’unico a cavalcare da solo… se ci tenevi tanto ad aver compagnia potevi portare anche tu la tua famiglia…”
“Come no…” rispose Barry “Una contadina ed un neonato sono gli elementi tattici che mancavano proprio a questa squadra… Qual è il tuo prossimo consiglio Frank? Sparare al cavallo per farlo correre più veloce?”
Ellie ridacchiò coprendosi la bocca con una mano.
“Barry ha ragione!” disse Joel con tono deciso voltandosi verso i compagni “Sono sparite due pattuglie in questa città! Gente di Jackson! E noi dobbiamo ritrovarli e riportarli a casa!”
“Vorrai dire riportare le loro salme!” disse Frank amaro “Nessuno dura più di un paio di giorni qua fuori senza…”
Due cassonetti in fiamme spuntarono all’improvviso da una via laterale ed eruttando una coltre di fumo nero e arroventato andarono a schiantarsi contro le auto parcheggiate bloccando completamente la strada davanti al drappello.
Smith giovane fiutando la trappola tirò le briglie nel tentativo di far voltare il cavallo, ma altri due cassonetti apparsi dal nulla alle loro spalle gli bloccarono la ritirata.
“IMBOSCATA!” gridò Barry prima che un proiettile partito dall’edificio difronte lo colpisse al petto.
Fulmineo, con l’aria che fuoriusciva con un soffio sinistro dal polmone perforato ed una chiazza rossa che si allargava sulla camicia blu l’ex militare sollevò la doppietta, puntò verso il lampo dello sparo e fece fuoco.
Uno spruzzo di sangue si alzò nell’aria, mentre il cadavere del tiratore si accasciava contro il davanzale della finestra dove era accucciato.
Barry fece un sorrisetto poi secondo un proiettile lo colpì in testa facendogli schizzare il cervello sulla criniera dal cavallo.
Subito dopo un muro di piombo si abbatté sulla pattuglia dagli edifici circostanti.
Smith giovane si accasciò sul cavallo grondando sangue da almeno tre buchi nel ventre, Anne volò a terra colpita al fianco mentre Frank rispondendo al fuoco con la pistola si lanciò dal destriero nel tentativo di sfuggire ai proiettili.
Con le pallottole che le fischiavano attorno Ellie tentò di sfilarsi il fucile dalla spalla, ma un colpo abbatté il suo cavallo ed in pochi secondi il mondo finì sottosopra mentre la ragazza urtava violentemente contro l’asfalto.
Joel, balzato a terra come Frank tentò di raggiungerla, ma un nugolo di pallottole lo obbligò a rifugiarsi dietro ad una vecchia auto arrugginita, da dove rispose al fuoco con la cadenza ritmica del suo revolver.
Intontita dal colpo Ellie si trascinò dietro al corpo del cavallo.
I proiettili colpivano la carcassa dell’animale facendolo sussultare e sollevando piccole nuvolette di sangue nell’aria.
Con la coda dell’occhio vide un uomo armato di doppietta emergere dalla vetrina sfondata di un negozio e puntare verso di lei.
Rapida finì di sfilare il fucile, mirò e premette il grilletto un attimo prima dell’avversario che, sospinto dall’inerzia del proiettile sparò contro il soffitto e volò all’indietro in una nuvola di sangue e cemento.
Non fece in tempo a respirare che un secondo uomo, con una grossa ascia antincendio tra le dita apparve dal nulla e corse contro di lei urlando.
Ellie mirò nuovamente e premette il grilletto, ma non successe nulla.
Nella foga aveva dimenticato di far scattare l’otturatore.
Il bandito le fu addosso in un attimo e colpì con un fendente dell’ascia.
Fulminea la ragazza afferrò la canna del fucile e lo sollevò davanti a sé, bloccando la lama a pochi centimetri dal suo viso, poi con un calcio colpì l’avversario allo stomaco facendolo barcollare all’indietro, solo un istante, ma quanto le bastò per estrarre la pistola dalla tasca e piazzargli tre pallottole nel petto.
Stupita notò che il rumore dei colpi attorno a lei era cessato all’improvviso e solo l’odore mefitico di immondizia in fiamme continuava ad aleggiare nell’aria.
Stringendo l’arma tra le dita si sporse oltre la carcassa del cavallo.
Una smorfia le attraversò il viso.
Barry, Smith giovane e vecchio giacevano a terra morti in tre pozze di sangue e morti erano anche tutti i loro cavalli, tranne uno che, colpito al ventre, si agitava sull’asfalto nitrendo in modo atroce.
Pochi metri più avanti Joel e Frank, con i lineamenti deformati dalla collera ed almeno dieci canne puntate su di loro tenevano le mani alzate.
“Butta l’arma ragazzina! Ora!” le intimò una voce mentre tre banditi si voltavano mirando verso di lei.
Stringendo i denti fino a farli scricchiolare Ellie lasciò cadere a terra la pistola ed alzò leggermente le mani.
“Beh devo dire che questa volta avete lottato con più valore voi bifolchi di Jackson…” esclamò uno dei banditi, un afroamericano dai capelli brizzolati vestito con una camicia militare strappata che dal tono pareva essere il capo, avvicinandosi ai prigionieri “Anche se la seconda pattuglia…”
Come vide il volto di Joel le parole gli morirono in gola e le gambe gli cedettero per un istante costringendolo ad appoggiarsi alla spalla del compagno più vicino.
“Tu…” mormorò con la voce di chi ha appena visto un fantasma “Tu qui… non ci posso credere… questo è… un dono del signore!”
Questa fu l’ultima cosa che Ellie udì, poi il calcio di un fucile la colpì nella nuca e tutto si fece buio.

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Capitolo 2
*** I peccati del padre ***


Ellie rinvenne di colpo.
La testa le pulsava di un dolore sordo mentre un sottile bruciore ai polsi la informò che aveva le mani legate dietro la schiena.
Aprì a fatica le palpebre e si guardò attorno.
Era seduta a terra accanto a Frank, anche lui legato come lei, mentre due guardie dall’aria arcigna si ergevano in piedi davanti a loro tenendoli sotto tiro con le canne dei fucili automatici.
Una nuvola di polvere e calcinacci le entrò in gola facendola tossire.
Si trovavano in quello che a prima vista pareva un piano incompleto di un palazzo in costruzione e anche uno molto in alto considerando che dalla sua posizione riusciva a vedere la cima di una vecchia gru arrugginita dal lato opposto dell’edificio il cui braccio ormai mezzo collassato si incastrava con la trama delle impalcature.
Lo stanzone grigio, senza pareti e sostenuto solamente dalle colonne portanti, era privo di qualsiasi arredamento, fatta eccezione per una serie di scacchi a pelo posizionati nella zona più protetta ed alcune casse sparse qua e là, mentre tutta la metà a destra era occupata da una traballante impalcatura sulla quale erano impilate decine di sacchi di cemento così consunti che il vento bollente ogni volta che li attraversava sollevava una nuvola di polvere grigia.
A parte le guardie davanti a loro gli altri uomini erano sparpagliati un po' ovunque, chi in piedi e chi seduto, tutti prostrati dal caldo.
Tossicchiando leggermente si voltò a sinistra e ciò che vide le fece mordere il labbro dalla collera.
Accanto ad un soldato che lo controllava a vista con la pistola in pugno Joel era in piedi, legato con le braccia da un tubo di metallo sopra la sua testa.
Sul volto un paio di lividi violacei gli coprivano la guancia sinistra, mentre la camicia strappata lasciava vedere una serie di tagli sul petto.
“…quindi proprio non ti ricordi di me?” stava domandando il capo dei banditi giocherellando con un coltello dalla lama sporca di sangue “Sei proprio sicuro Joel Miller?”
Joel come tutta risposta gli sputò in faccia.
“Beh devo dire che…”
“Signore!” lo interruppe un criminale seduto su una delle impalcature che circondavano tutto l’edificio “Sono arrivati!”
Un sorriso arcigno si dipinse sul volto dell’afroamericano.
“Chi sarebbe arrivato?” borbottò Frank con voce incollerita “Altri di voi cani?”
Il sodato più vicino gli tirò un calcio nel fianco strappandogli un gemito.
“Ma certo che no!” esclamò il capo dei banditi “Sono arrivati loro” e con la punta del coltello insanguinato indicò un punto molto in basso oltre il bordo del palazzo.
Ellie e Frank si voltarono verso lo strapiombo e ciò che videro gli fece sgranare gli occhi per l’orrore.
Un’ immensa orda di infatti, centinaia, migliaia tra runner, clicker e bloater avanzava con passo sostenuto nel letto del fiume secco incuranti del sole cocente, talmente tanti da sembrare essi stessi l’acqua del rivo.
“Oh Cristo!” esclamò Ellie sbiancando.
“Bella vero?” domandò l’afroamericano “Non avete idea che fatica sia stata deviare tutti questi bastardi verso Jackson ed eliminare le vostre pattuglie perché non ve ne accorgeste! Certo, il fiume secco ci ha aiutato un bel po’!”
“Ma… perché?” domandò Frank con aria confusa.
“Ma per distruggere la città mi pare ovvio!” esclamò il capo dei banditi “Quando l’orda avrà sfondato il muro e massacrato tutti, sarà uno scherzo per noi saccheggiarla di tutte le sue ricchezze!”
“Maledetti psicopatici io vi…” sibilò Ellie, ma un calcio la raggiunse al fianco stroncandole le parole.
“Tornando a noi…” disse l’afroamericano voltandosi nuovamente verso Joel “Mi pare di capire che proprio non ti ricordi di me… e in effetti come potresti?” strinse gli occhi e con un gesto secco conficcò il coltello sul pianale di una cassa abbandonata lì accanto “Quanta gente hai ammazzato all’ospedale di Salt Lake City? Trenta innocenti? Quaranta? È normale che un uomo non ricordi il viso di tutte le persone a cui ha strappato la vita…” alzò l’indice “Ma un uomo non dimentica mai il viso di chi lo ha ucciso! Io ero lì! IO ERO UNO DI LORO” gridò il vecchio soldato delle Luci con le vene del collo che gli pulsavano “E tu quella maledetta notte di quattro anni fa mi hai piantato due pallottole nel petto e mentre mi contorcevo sul pavimento mi hai scavalcato come niente fosse, come si fa con un cane randagio!”
“Non so minimamente di cosa stai parlando…” sibilò Joel stringendo gli occhi “Io non sono mai stato a Salt Lake City”
“Certo come no…” abbaiò il vecchio afroamericano “Beh lascia che ti dia un consiglio da amico…” si sollevò la camicia scoprendo due piccole cicatrici sul petto “…Il cuore è piccolo, infame e bastardo Joel Miller! Se vuoi uccidere veramente un uomo devi fare come con gli infetti” si picchetto con l’indice sulla tempia “Gli devi sparare in testa!” si voltò ed abbassò lo sguardo su Ellie “È lei la ragazzina per cui hai fatto tutto vero? Per la quale ci hai condannato tutti…”
“Ti ripeto, non siamo mai stati a Sal Lake City!” sibilò nuovamente Joel.
L’ex-Luce fece un gesto ed una delle due guardie afferrò Ellie, la trascinò fin da lui e la sbattè sul pianale della cassa lì accanto.
“Lo vedremo subito chi ha ragione!” esclamò l’afroamericano chinandosi e raccogliendo un vecchio martello arrugginito dal pavimento “Se quando le spaccherò la testa schizzerà Cordyceps da tutte le parti… vorrà dire che non mi sbaglio!” e così dicendo si avvicinò alla ragazza e sollevò il martello in aria.
Ellie si agitò tentando di sfuggire alla presa d’acciaio del bandito che la bloccava.
“Fermo…” sussurrò Joel “La cura…”
“Non c’è più alcuna cura Joel Miller…” esclamò l’ex Luce contraendo i muscoli per colpire “…c’è solo la vendetta ormai!”
Calò il colpo.
Uno sparo rimbombò nell’aria.
Il martello cadde a terra con un tonfo pesante, mentre accanto ad esso, con gli occhi sgranati ed una mano tremante poggiata sul nuovo buco apertosi improvvisamente nel suo petto il vecchio si accasciò sul pavimento emettendo un gorgoglio strozzato.
Come un fiammifero gettato in una tanica di benzina, una fiammata di caos esplose in tutto l’edificio.
I banditi scattarono in piedi e afferrarono le armi in modo convulso, mentre freneticamente tentavano di localizzare il cecchino e scrollarsi di dosso il torpore che il caldo di mezzogiorno gli aveva conficcato nelle ossa.
Un secondo colpo risuonò nell’aria.
Con un rumore sinistro i vecchi sostegni arrugginiti dell’impalcatura, tranciati da un proiettile di grosso calibro, cedettero di schianto, facendo cadere sul pavimento tutti i consunti sacchi di cemento che esplosero in una immensa nuvola di polvere.
Sospinto da un vento alleato il polverone avanzò rapido, inghiottendo l’intero piano del palazzo in costruzione.
Un attimo prima che la nuvola raggiungesse Joel, una terza pallottola saettò nell’aria facendo saltare con un suono metallico i fermi del tubo al quale l’uomo era legato.
Libero d’improvviso Jole si lanciò sulla guardia accanto a lui ed entrambi caddero a terra lottando furiosamente.
Ellie approfittando della distrazione del bandito che la immobilizzava, stordito dal cemento che gli era entrato in gola provocandogli una scarica di tosse, si divincolò dalla sua presa e scattò all’indietro, colpendolo sul volto con la nuca.
Con un muggito di dolore ed il gracchiante rumore di naso fratturato l’uomo incespicò malfermo.
Fulminea la ragazza si voltò e con le mani legate afferrò il coltello conficcato nella cassa accanto a lei poi, roteando su sé stessa, si girò di nuovo piantandolo nello stomaco del nemico.
L’uomo con un gorgogliante grido di dolore si accasciò a terra tenendosi il ventre mentre Ellie estraeva la lama grondante di sangue e la usava per liberarsi i polsi dalla corda.
In quel momento la seconda guardia, quella rimasta vicino a Frank, sollevò di scatto il fucile d’assalto, lo puntò contro la ragazza e premette il grilletto.
Una scarica di proiettili 7.62 disegnò una linea irregolare sul muro di cemento armato, mentre il bandito, colpito da Frank con una poderosa spallata, cadeva a terra insieme al suo aggressore.
Fulminea Ellie scattò in avanti e sgozzò la guardia con un taglio netto, liberando subito dopo i polsi dell’amico con altrettanta rapidità.
L’uomo la ringraziò con un cenno del capo, poi si gettò sul cadavere del nemico, appropriandosi del fucile automatico e lanciando alla ragazza la pistola.
Gli spari del cecchino si erano momentaneamente calmati.
I banditi rimasti infatti, ripresisi dal polverone e dall’imboscata si erano ritirati verso il lato opposto del piano in costruzione dove avevano trovato riparo dai colpi del tiratore tra i rottami dell’impalcatura caduta, e da lì aprirono un pesante fuoco di soppressione.
Con i proiettili che cominciavano a fischiare sopra le loro teste Ellie e Frank si gettarono dietro ad una grossa betoniera arrugginita mentre alle loro spalle Joel, che finalmente aveva avuto la meglio sull’avversario si rannicchiava dietro alla cassa di legno.
Frank si sporse dal riparo e sparò un paio di colpi, per poi abbassarsi subito dopo mentre una scarica di pallottole faceva saltare la ruggine della betoniera.
“Così non va!” esclamò l’uomo stringendo l’arma tra le dita “Quanti colpi abbiamo? Quattro caricatori in tre? Ci distruggeranno!”
“La polvere è ancora densa! Possiamo provare ad aggirarli” esclamò Joel alzando un braccio verso destra “Di là, attraverso l’impalcatura esterna!”
“Ci penso io” esclamò Ellie.
“Cosa?” rispose Jole alzando le sopracciglia “No, è troppo pericoloso lo farò io e…”
“Datemi fuoco di copertura! “esclamò la ragazza ignorandolo, poi fulminea schizzò fuori dal riparo.
Frank sollevò la canna del fucile iniziando un fuoco molto più sostenuto di quanto le riserve di munizioni gli avrebbero permesso mentre Joel sibilando un’imprecazione tra i denti si univa a lui pochi secondi di dopo.
Con un tonfo Ellie atterrò sull’impalcatura esterna, si abbassò e stringendo convulsamente la pistola in pungo prese ad avanzare abbassata tentando di ignorare i sinistri scricchiolii che le assi di legno vecchie di decenni producevano ad ogni passo...
Dopo aver superato con un balzo una sezione collassata chissà quanto tempo prima si appiattì contro la parete di cemento, sentendo sopra di sé il vociare concitato dei banditi.
Con fare circospetto si sporse oltre il pavimento.
Cinque uomini, premuti contro cataste mal assortite di tubi ed assi sparavano verso il lato opposto dell’edificio nel tentativo di stanare i nemici.
Nessuno guardava dalla sua parte.
Silenziosa come un gatto sollevò la pistola oltre il bordo del pavimento, mirò con cura e fece fuoco.
Due banditi caddero a terra senza un gemito, il terzo ricevette un proiettile in pieno petto sorpreso nell’inutile tentativo di voltarsi, mentre il quarto, spostatosi dalla copertura dopo i primi spari venne falciato da una raffica congiunta di Frank e Joel.
Rapida Ellie spostò la mira verso il quinto, ma un colpo del misterioso cecchino sparato nel bel mezzo della nuvola ormai diradata lo aveva già abbattuto.
La ragazza fece un sospiro di sollievo, poi si issò sul pavimento di cemento, lasciando finalmente alle spalle l’incertezza dell’impalcatura.
Con la pistola in pungo avanzò tra i cadaveri semi stordita dal rimbombo degli spari, tossicchiando per il fumo e la polvere che le erano ormai entrati nelle narici.
Oltre ciò che rimaneva del polverone vide Joel avvicinarsi al capo dei banditi che ancora si contorceva sul pavimento gemendo leggermente.
“Com’è che dicevi?” lo udì sibilare “Se vuoi uccidere un uomo gli devi sparare in testa vero?” premette il grilletto piantandogli un proiettile dritto in fronte “Eccoti accontentato…” mormorò, poi si voltò verso Ellie
“Si può sapere cosa ti è preso?” esclamò adirato “Potevano ammazzarti!”
“Potevano ammazzare anche te…” rispose la ragazza passandosi una mano sul viso sporco di cemento e sangue “Poi ha funzionato no?”
“Sì ma…” fece per ribatter Joel.
“A proposito” si intromise Frank interrompendolo “Mi potresti spiegare questi deliri che faceva il nostro amico su Salt Lake City ed Ellie?” con un gesto indicò il cadavere dell’ex-Luce “Se non sbaglio ho sentito anche la parola cura e…”
“Quello che hai detto tu Frank” rispose Joel scuro in volto “I deliri di un pazzo…”
L’uomo annuì con un sospiro.
“Ehi state tutti bene?” gridò la voce di una donna “Siete feriti?”
Udendola i tre si voltarono in contemporanea e la cercarono con lo sguardo.
Oltre lo strapiombo, in piedi accanto alla cabina di pilotaggio della vecchia gru arrugginita, con il fucile dalla canna ancora fumante in mano e la treccia nera mossa dal vento bollente Anne muoveva le braccia nella loro direzione.
“Tutto ok! Hanno solo affettato un po’ Joel!” rispose Frank ad alta voce “Ma niente di grave!”
“Bene! Aspettate che vi raggiungo!” disse la donna, poi infilatosi il fucile in spalla prese a scendere con cautela verso il palazzo lungo il traballante braccio collassato della gru.
Pochi minuti dopo apparve davanti a loro avanzando come uno spettro tra i cadaveri dei banditi.
Vista da vicino aveva un colorito pallido ed emaciato come quello di chi ha perso molto sangue, cosa testimoniata anche dalle colate rosse che le imbrattavano la benda di fortuna avvolta attorno alla spalla sinistra.
Come la vide Frank le andò in contro con un sorriso che gli illuminava il voto sotto la barba scura.
Quando la raggiunse la abbracciò con dolcezza.
“Amore… quando ci hanno catturato… quando ho visto che nella strada il tuo corpo non c’era…” mormorò accarezzandole il viso con il dorso della mano “…non ero mai stato così felice!”
“Oh che romantico che sei!” rispose lei sfiorandogli la barba con le dita “Ed eri felice anche perché sapevi che poi sarei venuta a salvarvi il culo a tutti eh?” fece un mezzo sorrisetto ed alzò gli occhi “A parte le stronzate, sono contenta che anche tu sei ancora in questo mondo…” sussurrò con dolcezza, poi si sollevò sulla punta dei piedi dandogli un tenero bacio sulle labbra.
“Ehm non per interrompere il quadretto romantico…” disse Ellie sistemando con un ultimo nodo le bende imbevute di alcool che aveva avvolto attorno al petto martoriato di Joel “Mi hai salvato la vita, Anne, grazie davvero…” si voltò ed indicò verso il fiume secco con un gesto della mano “…ma temo ci sia un altro problema che dobbiamo risolvere ora...”
“Ti riferisci all’orda?” domandò Anne staccandosi dal marito e risistemandosi nervosamente la tracolla del fucile.
“Esatto…” si intromise Joel alzandosi in piedi “Se quegli infetti raggiungono Jackson...” si abbottonò la camicia con una smorfia di dolore sul viso “…Cristo sono talmente tanti che abbatteranno il muro come fosse di carta e spazzeranno via la città in meno di un’ora!”
“Dobbiamo impedirlo!” esclamò Frank “Forse potremmo deviarli, attirarli da un’altra parte come i banditi dicevano di aver fatto per indirizzarli contro Jackson…”
“E come amore?” gli rispose Anne giocherellando nervosamente con la treccia “Siamo solo in quattro! Forse…”
“Ah, niente forse!” si intromise Joel con una smorfia “La valle è troppo stretta in questo punto! Anche fossimo in grado, non c’è un posto nel quale li potremmo attirare…non così tanti almeno…”
“Un momento! Cristo ma certo!” esclamò Ellie indicando verso il basso “L’orda si muove sul fondo del fiume secco no? Beh, ci basta raggiugere Jackson e dire a Tommy di aprire la diga! Sarà… beh come tirare lo sciacquone!”
“Potrebbe funzionare…” disse Frank passandosi una mano sul cranio liscio “Ma Jackson è lontana, e non arriveremo mai in tempo andando a piedi!”
“Ci vorrebbe una radio!” disse Joel “Peccato che l’avamposto in questa schifosa cittadina non ce l’abbia…”
“L’avamposto no…”si intromise Anne alzandole sopracciglia “Ma i vecchi compagni di Barry… loro una radio l’avevano!”
“Quali compagni di Barry?” domandò Ellie voltandosi.
“Ah, risale a prima che voi arrivaste…” rispose Anne “Barry faceva parte di un gruppo di Fedra disertori giunti da queste parti dopo la caduta di Seattle… brava gente anche se dei solitari… si erano stabiliti in un vecchio capannone nella zona industriale e ogni tanto venivano a Jackson per commerciare! Barry poi si è innamorato ed è rimasto… però i suoi compagni di tanto in tanto continuavano a farsi sentire via radio, fino a che qualche anno fa non sono spariti nel nulla!”
“In che senso spariti?” domandò Joel alzando un sopracciglio.
“Nel senso di spariti!” rispose Anne stizzita “Non rispondevano alla radio, non si facevano vedere…”
“…Barry li andò a cercare un giorno” continuò Frank “quando tornò sembrava molto turbato, ma non raccontò mai a nessuno cos’era successo…”
“Beh temo che lo scopriremo tra poco!” disse Joel con un sospiro “Recuperiamo zaini, armi e munizioni e andiamo… sperando che la radio sia ancora lì!”

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Capitolo 3
*** Un tuffo all'Inferno ***


Ellie fece un sospiro e si passò una mano sulla fronte asciugandosi il sudore che le grondava dai capelli umidi.
L’impietoso sole di mezzogiorno le martellava nel cranio mentre il bollore irradiato dall’asfalto sotto ai suoi piedi rendeva l’aria asfissiante.
Con un gesto nervoso si sistemò la tracolla dell’AK47 che le correva attorno alla spalla.
Le era dispiaciuto dover abbandonare il suo fidato fucile a leva, ma Anne tirava molto meglio di lei,quindi, si era accaparrata tutti i pochi proiettili di grosso calibro rimasti, lasciando agli altri solamente i tanti 7.62 offerti dagli zaini dei banditi assieme ad i relativi fucili di fabbricazione sovietica.
“Siamo arrivati!” disse Frank raddrizzando la tesa del cappellino da baseball militare che aveva sottratto ad uno dei cadaveri “Questo è il posto!”
Emettendo un leggero colpo di tosse dovuto ai postumi della nuvola di cemento Ellie alzò lo sguardo.
Davanti a loro, al centro di uno squallido spiazzo di cemento, protetto da una vecchia rete arrugginita strappata in più punti, un grosso capannone industriale costruito in lamiera scura si innalzava con una sorta di nostalgica imponenza.
Su tutti i lati una serie di impalcature collegate da un sistema di scale, probabilmente trafugate da qualche cantiere, lo circondavano creando una sorta di camminamento, facendolo assomigliare alla versione postmoderna di un fortino medioevale.
Strisciando in uno degli squarci irregolari nella recinzione i quattro compagni entrarono nel cortile.
Sparsi qua e là, incastrati tra le maglie della rete metallica, abbandonati sul terreno ed alcuni persino incastrati tra i tubi delle impalcature, una miriade di scheletri palesemente vecchi di anni sbiancava sotto il sole cocente.
Le secche masse fungine che spuntavano dai crani frantumati non lasciavano dubbi.
“Infetti!” esclamò Joel passandosi una mano sulla barba “Veramente tanti infetti! Devono aver subito un assedio davvero pesante!”
“Già…” rispose Anne poi seguita dagli altri avanzò verso il capannone “E penso anche di aver capito che è successo…” indicò due scheletri, una donna ed una ragazzina di non più di tredici anni con i capelli biondo slavato, che giacevano aggrappate alla saracinesca che tappava l’ingresso dell’edificio “Questi non sono infetti!” si voltò e con un gesto indicò un terzo scheletro alcuni metri più indietro “E nemmeno quello! Secondo me dei profughi braccati da un’orda hanno cercato rifugio da queste parti… gli amici di Barry devono aver tenuto a bada i cliker ed aperto la saracinesca per farli entrare…”
“Ma poi hanno chiuso fuori gli ultimi del gruppo per evitare che l’orda entrasse nel capannone…” si intromise Frank “Potresti avere ragione!”
“E allora perché sono spariti?” domandò Ellie alzando un sopracciglio “Mi sembra che l’attacco lo abbiano respinto…”
“Beh penso che lo scopriremo subito…” disse Anne afferrando la base della saracinesca ed iniziando a tirare per sollevarla aiutata dal marito.
La vecchia serranda cigolò ma non si mosse.
“Merda, è chiusa dall’interno…” esclamò Frank mollando la presa e voltandosi “Ehi Joel tutto bene?” domandò poi posando gli occhi sull’amico “Sei con noi?”
Immobile con lo sguardo perso nel vuoto l’uomo fissava lo scheletro della ragazzina.
“Joel...” sussurrò Ellie appoggiandogli teneramente una mano sulla spalla “Riprenditi… quella non è Sarah…”
“Sì, certo…” rispose lui scuotendosi di dosso il torpore “Ma ha gli stessi capelli e me l’ha ricordata… Povera bambina… morire così, divorata dagli infetti ad un passo dalla salvezza…”
Ellie gli stinse un braccio introno alle spalle, poi alzò lo sguardo “Potremmo passare dal di là, magari c’è un ingresso!”  disse indicando con la mano libera le impalcature traballanti che rasentavano gli alti finestroni del capannone.
I compagni annuirono e dopo aver stretto le fibbie degli zaini si diedro alla scalata raggiungendo in pochi secondi gli scricchiolanti soppalchi di legno.
Con cautela si avvicinarono alle finestre e guardarono dentro.
L’interno dell’edificio era immerso nella penombra, mentre una nebbia granulosa fluttuava nell’aria.
“Merda, spore!” esclamò Joel “Ecco perché questo posto è abbandonato! Indossate le maschere”
Meccanicamente i quattro estrassero le maschere antigas dagli zaini, ne controllarono i filtri poi se le calarono sul volto.
Mentre stringeva le cinghie dietro la testa Ellie fece un sospiro.
Detestava la maschera, detestava i filtri e detestava quel teatrino inutile, ma doveva pur sempre mantenere l’apparenza davanti a Frank ed Anne.
Con cautela Joel estrasse la pistola, poi tenendola per la canna la usò per frantumare il vetro.
Strani schiocchi risuonarono all’interno.
Con un sospiro la squadra scivolò attraverso l’apertura dentro al capannone mettendo i piedi l’uno dopo l’altro su un fragile soppalco d’acciaio.
Se fuori era caldo, l’aria all’interno del vecchio edificio in lamiera sembra uscita direttamente da una fornace, appestata da un odore pungente e nauseabondo che riusciva in qualche modo a superare ogni filtro mentre le spore svolazzavano qua e là impigliandosi nei vestiti.
Oltre la ringhiera del soppalco la coltre di spore era talmente densa da celare totalmente alla vista il pavimento del capannone.
Click click click
I compagni si voltarono di scatto.
Camminando scomposto sul pavimento metallico un cliker attirato dal rumore del vetro avanzava verso di loro lanciando piccole scariche di ultrasuoni ad intervalli regolari.
Ellie fulminea estrasse il coltello ma Frank la fermò.
Silenzioso come un gatto l’omaccione afferrò un grosso cavo elettrico abbandonato lì accanto, aggirò l’infetto e con un gesto unico gli passò il filo attorno al collo iniziando a stringere.
Senza emettere il minimo suono il cliker iniziò a contorcersi soffocando in silenzio.
Lo aveva quasi ucciso quando d’improvviso il corpo in anossia ebbe un pesante sussulto e con una gamba colpì uno dei consunti sostegni del soppalco.
Con uno scricchiolio sinistro l’intera struttura venne giù di schianto alzando una nuvola di spore e ruggine.
Agitando le braccia nel tentativo di trovare un appiglio nel vuoto i quattro precipitarono.
L’impatto con il suolo tolse il fiato ad Ellie mentre scariche di dolore le si irradiavano lungo tutta la schiena.
Stordita si raddrizzò la maschera e dopo aver costatato di non avere niente di rotto si mise a sedere incespicando e si guardò attorno.
La gioia nel vedere i tre compagi alzarsi illesi si tramutò in orrore nel momento in cui si rese conto di ciò che li circondava.
In una parola Cordyceps, Cordyceps ovunque.
Orride escrescenze fungine ricoprivano ogni cosa, dal soffitto alle travi del soppalco, dai pochi mobili ad ampi tratti del pavimento mentre una densa nebbia di spore riempiva l’aria neanche fossero caduti nel ventre infernale dell’infezione.
Uno scricchiolio raggiunse il suo orecchio.
Di scatto si voltò, appena in tempo per vedere una figura umanoide, con il cranio spaccato da una escrescenza fungina e la pelle ricoperta da orrida mucillagine secca staccarsi dalla massa di Cordyceps più vicina ed avventarsi su di lei con le fauci spalancate.
“STALKER!!!!!!” fece appena in tempo ad urlare attraverso il vetro della maschera, poi la creatura le precipitò addosso sbattendola con violenza a terra.
Senza riuscire ad afferrare il fucile premuto sotto la sua schiena Ellie sollevò le braccia, tentando di allontanare le fauci grondanti di bava dell’infetto dal suo viso mentre il fiato fetido della creatura le appannava il vetro della maschera.
Uno sparo risuonò secco nell’aria ed il cranio dello stalker le esplose in faccia.
Tremando la ragazza si passò una mano sulla maschera ripulendola dai pezzi di cervello appena in tempo per vedere Joel, che aveva perso il fucile nella caduta, abbassare il revolver dalla canna fumante.
Un attimo dopo l’intero capannone esplose nel caos.
Una serie di agghiaccianti latrati strozzati risuonò tra le lamiere dell’edificio mentre le masse fungine purulente che incrostavano ogni anglo iniziavano a creparsi.
Staccandosi dalle pareti, strisciando da sotto i mobili, alcuni persino precipitando dal soffitto gli Stalker apparvero da ogni lato, emergendo come spettri dalla nebbia di spore.
Con le mani che le tremavano Ellie riuscì a sfilare dalla spalla il fucile e fece fuoco in modo convulso, abbattendo con due raffiche ravvicinate un paio di infetti che rapidi come scimmie scendevano dal soppalco collassato.
Con uno strappo simile a quello di un cerotto uno Stalker si staccò dal pavimento e balzò con le fauci spalancate verso Anne.
La donna fulminea imbracciò il fucile e fece fuoco ma nella fretta mancò il veloce bersaglio che in un attimo le fu addosso.
Con un balzo indietro evitò di misura l’assalto della creatura, poi fece scattare l’otturatore, espulse il bossolo e mirò di nuovo, solo per vedere Frank che con le sue mani grosse come prosciutti afferrava lo Stalker e gli spezzava il collo con uno strattone deciso.
Ellie si alzò in piedi incespicando e, appoggiatasi ad un tavolo coperto di mucillagine per lenire le fitte di dolore che le attraversavano gamba destra, riprese a sparare alle ombre ringhianti che si muovevano nella nebbia.
Due infetti emersero dalla coltre di spore lanciandosi contro Joel.
L’uomo sollevò il revolver ed abbatté il prima con un proiettile nel cranio, poi evitando le unghie del secondo balzò all’indietro andando a sbattere con la schiena contro il muro di cartongesso di quello che doveva essere stato l’ufficio del complesso.
Lo stalker con un sibilo scattò verso di lui scoprendo i denti ma Joel più rapido lo colpì al volto con il calcio della pistola e gli piazzò una pallottola nello stomaco.
Fece un sospiro mentre la creatura davanti a lui si contorceva sul pavimento in un lago di sangue micotico.
D’improvviso con un sussulto il muro alle sue spalle si sbriciolò e due braccia grosse e putride lo afferrarono trascinandolo all’interno.
In un istante Joel si ritrovò in un piccolo e fetido ufficio ancora più infestato dal Cordyceps del resto dell’edificio mentre una forza spaventosa lo scagliava contro la parete opposta.
L’impatto gli fece uscire l’aria dai polmoni mentre la pistola rimbalzava lontano.
Inspirando convulsamente attraverso i filtri l’uomo si rialzò e sollevò lo sguardo.
Davanti a lui un infetto grosso, dalle dimensioni ciclopiche, con il corpo ricoperto da mucillagine secca tra le cui pieghe spuntavano sacche di spore purulente ed il cranio squarciato da immense escrescenze fungine sibilava verso di lui.
“Bloater…” sibilò tra i denti.
Con un gemito di dolore fece per scattare verso la pistola, ma la creatura incredibilmente veloce per la stazza, gli fu addosso in un attimo ed emettendo un gorgoglio gutturale lo afferrò e lo sbattè contro il pianale della scrivania alla sua destra.
Lottando disperatamente Joel premette un braccio contro il collo della creatura, tentando di tenere le fauci il più possibile lontane dalla sua gola mentre con la mano libera setacciava convulsamente la scrivania.
Le sue dita si strinsero attorno a qualcosa.
Duro, squadrato metallico.
Senza pesarci due volte l’uomo afferrò l’oggetto e lo usò per colpire il cranio del Bloater con tutta la forza che aveva.
Il rumore di metallo piegato e componenti elettrici sbriciolati si unirono ad uno scricchiolio sordo.
Con un muggito di dolore il Bloater arretrò portandosi le mani alla testa, dalla quale una delle escrescenze era saltata via assieme al relativo frammento di scatola cranica, scoprendo un palmo del cervello infetto.
Fulmineo Joel si lanciò sul pavimento, afferrò la pistola, mirò alla breccia e fece fuoco compulsivamente.
Il cervello del Bloater scoppiò e la creatura crollò a terra inerte.
Quando Frank sfondò la porta dell’ufficio con una spallata ed irruppe all’interno seguito a ruota da Ellie con il fucile in pungo, Joel stava ancora premendo ripetutamente il grilletto del revolver con il cane che producendo uno scatto metallico colpiva il tamburo ormai vuoto.
“Porca puttana!” esclamò Frank come vide il cadavere dell’infetto “Joel! Hai davvero ucciso un dannato Bloater con una pistola?”
“Cristo poteva ammazzarti…” esclamò Ellie abbassando il fucile e correndo verso di lui “Tutto bene? Non ti ha morso vero?” domandò preoccupata chinandosi accanto a lui e controllandogli le braccia.
Joel scosse la testa, poi emettendo un sottile gemito per il dolore alla schiena si alzò in piedi aiutato dalla ragazza.
“Gli Stalker sono tutti morti…” disse Anne entrando nell’ufficio con il fucile in spalla “…il che è fantastico ed è fantastico anche che nessuno di noi sia stato morso...” abbassò lo sguardo verso il cadavere del Bloater” quindi ora non ci resta che trovare la radio e… oh merda no!” esclamò non appena i suoi occhi si posarono sul pavimento.
“Che c’è amore?” domandò Frank alzando un sopracciglio “è solo un Bloater che…”
“Non quello cretino!” esclamò la donna indicando la scatola di metallo con cui Joel aveva colpito l’infetto, ormai ridotta ad un ammasso di lamiera contorta e circuiti elettrici “La radio! Cazzo Joel HAI DISTRUTTO LA RADIO!”
“Oh, merda!” esclamò Ellie mollando il fucile che le ricadde appeso alla tracolla e portandosi le mani ai capelli “Ora come cazzo facciamo ad avvertire quelli di Jackson? Non ce ne sono altre in città?”
“Probabile…” disse Frank” Ma se non sappiamo dove cercare ci serve a poco!”
“Merda… Merda” mormorò Joel voltandosi e tirando un pungo contro al muro di cartongesso accanto al buco creato dal Bloater.
Un pezzo si staccò e volò attraverso la stanza, rimbalzando su un telone lì accanto mezzo coperto dal Cordyceps e producendo un sordo tonfo metallico.
“Aspettate un momento…” mormorò Joel passandosi una mano sul vetro della maschera ed osservando le forme che trasparivano sotto al telo “Forse… c’è ancora un modo di salvare tutti!”
Svelto uscì dall’ufficio passando in mezzo a Frank ed Anne che lo fissavano con sguardo interrogativo e raggiunse il telone di plastica.
Rapido lo afferrò e, con uno sforzo che gli fece dolere la schiena ed ansimare attraverso i filtri della maschera, lo tirò via strappando con un rumore secco le escrescenze fungine che ne rintaccavano la base.
Davanti a loro, vecchio, mezzo arrugginito, ma ancora funzionale un pick-up fece la sua comparsa.
“SI... lo sapevo!” mormorò Joel “Con questo possiamo raggiungere Jackson in tempo!” esclamò voltandosi verso i compagni.
“Sempre se funziona ancora…” disse Frank avvicinandosi, poi si abbassò e aprì la portiera con uno strattone “Addirittura le chiavi appoggiate sul cruscotto… hai il fiuto di un segugio Joel” si piegò all’interno e con un gesto secco tolse il freno a mano e spostò la marcia in folle “Forza portiamolo fuori!”
Veloci i compagni si misero all’opera.
Mentre Anne, Frank e Joel si posizionavano dietro al veicolo pronti a spingere, Ellie si diresse verso la grossa saracinesca che poco più avanti chiudeva l’ingresso del capannone, fece saltare il lucchetto che la bloccava con un colpo di AK47 poi mollò il fucile ed afferrò la catena che pendeva lì accanto iniziando a trarla con decisione.
Con uno stridore metallico e l’inquietante scricchiolio di Cordyceps sbriciolato la vecchia serranda iniziò ad alzarsi lentamente spezzando in due gli scheletri rinsecchiti che vi erano incastrati all’esterno ed inondando il buio e mefitico capannone con l’intensa luce del giorno.
Mentre la ragazza, con i piedi ben puntati a terra, teneva bloccata la catena, gli altri tre spinsero lentamente il vecchio pickup verso il cortile di cemento inondato dal sole.
Come vide che erano passati Ellie mollò la presa e corse in avanti uscendo anche lei dal capannone mentre con uno schianto la saracinesca si richiudeva alle sue spalle, sigillando quell’inferno di Cordyceps.
Finalmente poté abbandonare la farsa e sfilarsi la maschera.
Dopo tutto il tempo passato a sparare in quella putrida fornace di un magazzino l’aria esterna le sembrava quasi fresca e la brezza bollente che le sfiorava il viso sudato un soffio piacevole.
Chiuse gli occhi, assaporando il momento per un istante.
“Ellie, Anne!”
La voce di Frank la riportò alla realtà.
L’uomo aveva sollevato il cofano del veicolo e ne stava esaminando l’interno.
“Il serbatoio è secco, quindi vuoi due andate a recuperare un po’ di carburante! Mi pare di aver visto una cisterna di benzina sul lato del magazzino quando siamo arrivati… speriamo sia ancora piena!” si raddrizzò il cappellino da baseball “Intanto io e Joel vediamo di far funzionare questo vecchio catorcio!”
Anne annuì poi fece gesto ad Ellie di seguirla.
Le due donne procedettero per alcuni metri lungo il largo cortile di cemento, poi svoltarono a sinistra verso la cisterna di benzina, lasciandosi sfuggire un sospiro di sollievo nel momento in cui l’ombra proiettata dal capannone le avvolse teneramente.
Anne si avvicinò alla cisterna e vi picchiettò contro con le nocche.
Fece una smorfia di delusione e provò a colpire più in basso.
Sorrise, suonava di pieno.
“Forza Ellie” disse afferrando una delle varie taniche di plastica consunta abbandonate lì accanto “Aiutami a cercarne una intera così la riempiamo e torniamo dagli altri!” e lanciò via quella che aveva tra le dita, afflitta da una grossa crepa polverosa sul fondo.
Ellie annuì, poi si mise all’opera, dirigendosi verso una catasta di taniche e fusti a sinistra della cisterna.
Si era appena chinata per esaminare la prima quando qualcosa attirò la sua attenzione.
Lì accanto ad appena un metro di altezza da una grata sfondata sottili nuvolette di spore fuoriuscivano ad intervalli regolari disperdendosi nell’aria.
Incuriosita si avvicinò e guardò dentro.
Nella penombra il teschio di un infetto morto da tempo, mezzo inglobato dalla grande massa fungina che era cresciuta nutrendosi del suo corpo, ricambiò lo sguardo.
La ragazza alzò le sopracciglia stupita e fece un passo indietro.
“Lascia perdere Ellie!” esclamò Anne intenta a riempire una tanica nera dal sottile rubinetto della cisterna “Ho già trovato io una tanica integra… torniamo dagli altri”
La ragazza lanciò un ultimo sguardo all’infetto passandosi dubbiosa una mano tra i capelli umidi, poi si voltò e con calma si incamminò dietro Anne.
“Grazie dell’aiuto a proposito!” esclamò la donna, già inginocchiata accanto al veicolo, quando Ellie la raggiunse “Il muro era molto più interessante delle mie noiose taniche?” svitò il tappo del serbatoio ed iniziò a versarvi dentro la benzina.
Lì accanto Frank ancora rovistava dentro al cofano, mentre Joel, sdraiato sulla schiena, si era infilato sotto al pickup per controllare che non vi fossero perdite.
“C’era una grata sfondata…” disse la ragazza appoggiandosi con la spalla da una portiera aperta “Tipo quelle dei condotti di areazione… e dentro c’era lo scheletro di uno Stalker immerso nel Cordyceps e circondato da una nuvola di spore…”
“Spore?” esclamò Anne sgranando gli occhi ed alzando lo sguardo verso di lei “Tu non le hai respirate vero?”
“Ti sembra che stia tossendo?” domandò la ragazza alzando un sopracciglio “Mi è solo sembrato strano…”
“Qua sotto tutto a posto!” esclamò Joel emergendo da sotto il pickup rosso in volto ed alzandosi in piedi “E da quel che dice Ellie penso di aver capito che è successo nel capannone…” si sistemò la camicia che gli grattava sulle bende avvolte attorno al petto. “Quando gli amici di Barry hanno salvato i profughi e respinto gli infetti…probabilmente uno Stalker agonizzante si deve essere rifugiato nel condotto di areazione! Quando è morto ha liberato le spore di Cordyceps che aveva in corpo e…”
“…e siccome il capannone ha i vetri fissi nel momento in cui gli amici di Barry hanno acceso l’impianto di ventilazione per arieggiare il complesso pieno di gente hanno fatto tutti una bella doccia di spore…” Concluse Anne alzandosi in piedi e lanciando via la tanica vuota “…poveri bastardi…”
“Cristo….”mormorò Ellie voltandosi con lo sguardo triste verso gli scheletri spaccati della donna e la ragazzina “Quindi in pratica loro sono stati quelli fortunati del gruppo…”
“Se avete finito di fare deprimenti congetture…” disse Frank chiudendo con un tonfo il cofano del Pickup “…qui è tutto funzionante… a parte la batteria ovviamente che è più vuota della testa di un runner, ma con una spintarella possiamo rimediare” si voltò verso Joel “Te la senti di guidare vecchio?” domandò “Io sono un buon meccanico, ma come pilota non amo il cambio manuale…”
Joel annuì “Temo che sarà un viaggetto avventuroso…” disse grattandosi la barba “…la strada per Jackson è troppo dissestata per percorrerla con un veicolo, quindi la nostra unica opzione è passare dal letto del fiume secco!”
“Cristo Joel!” esclamò Ellie “In mezzo all’orda?”
“Nah” rispose l’uomo sedendosi al posto del guidatore ed infilando le chiavi nel cruscotto “Basterà costeggiarla…”
“Ah allora…” mormorò la ragazza afferrando il telaio del veicolo accanto alla portiera mentre Anne e Frank si sistemavano dietro.
All’unisono tutti e tre cominciarono a spingere il vecchio pickup fino a che, alcuni metri più avanti quando Joel girò la chiave, il motore non si accese con un borbottio gracchiante.
Subito, con il veicolo che iniziava ad accelerare, Ellie si infilò sul sedile accanto a Joel e richiuse la portiera mentre dietro di loro Frank e Anne si issavano sul pianale.
Con un colpo deciso, il pickup, ormai lanciato ad una velocità accettabile colpì il vecchio cancello di rete che chiudeva l’ingresso del cortile spezzandone il lucchetto e spalancandolo di colpo, per poi immettersi rombando nella larga strada asfaltata della zona industriale.

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Capitolo 4
*** Un fiume di morte ***


Il pickup avanzava veloce lungo la strada dissestata, sobbalzando in un coro di scricchiolii sinistri ogni volta che le ruote colpivano una buca nell’asfalto sgretolato.
Dopo dieci snervanti minuti di zig-zag tra le viuzze della cittadina tentando di non rallentare mai per ricaricare un minimo la batteria Joel guidava con la mascella contratta, tenendo le mani stette attorno al volante e lo sguardo concentrato davanti a sé, sfrecciando lungo la via che costeggiava il greto del fiume mentre l’AK47 appeso al sedile rimbalzava ritmicamente contro l’imbottitura di pelle.
Seduta accanto a lui, con il viso sudato rivolto verso il finestrino aperto, Ellie si godeva con occhi persi la brezza fresca che le scompigliava i capelli castani.
Tam-tam
Un rumore ritmico la strappò dai suoi pensieri.
Presa alla sprovvista si guardò attorno con aria confusa.
“Ehi Joel!” esclamò Frank in piedi sul pianale battendo di nuovo contro il tettuccio con il palmo della mano “Tra cento metri la strada è tappata da un ingorgo di auto abbandonate!” sospirò “mi dispiace vecchio ma è giunto il momento…” indicò verso sinistra con il braccio “Qui la riva è pulita e senza sterpaglie… dobbiamo scendere, ora o mai più!”
“Come dici tu meccanico…” rispose Joel con una smorfia “Tenetevi forte!”
Rapido allungò la mano ed afferrò la leva del cambio, poi, rallentando con un leggero colpo di freno, ingranò la seconda e ruotò il volante di 180 grandi.
Con un colpo di tosse il vecchio pickup scattò fuori dal selciato gettandosi verso il greto del fiume secco mentre Anne e Frank si accucciavano sul pianale.
Per un istante, come a rallentatore, Ellie vide l’orda di infetti avanzare placida al centro del rivo, con l’acqua tiepida e stagnate al livello delle caviglie, li vide sollevare la testa e li vide voltarsi di scatto verso di loro come il rombo del motore raggiungeva le loro orecchie.
Meccanicamente si allacciò la cintura di sicurezza.
Un attimo dopo l’immagine scomparve ed il vecchio pickup discese sobbalzando l’argine ghiaioso sollevando una nuvola di polvere e sabbia.
Con un tonfo sinistro atterrò sul fondo del fiume.
Come ebbe toccato terra, fulmineo Joel ruotò di nuovo il volante e premette sull’acceleratore.
Il veicolo con un rumore grattante voltò a destra ed iniziò ad avanzare sobbalzando sul terreno sconnesso.
Un coro di grida ferali attraversò l’aria, poi un nugolo di Runner e Cliker si staccò dall’orda, lanciandosi inferociti verso il pickup in corsa.
“Arrivano! Tenetevi pronti!” esclamò Anne sollevandosi ed imbracciando il fucile imitata da Frank.
Stringendo i denti Joel premette ancora più a fondo sull’acceleratore facendo scorrere convulsamente le marce tra le dita.
Il veicolo scattò in avanti, veloce, forse abbastanza veloce da tenere a distanza la massa inferocita che li inseguiva assetata di sangue.
Mordendosi il labbro Ellie alzò gli occhi e scrutò lo specchietto retrovisore mentre con la mano stringeva al petto il fucile d’assalto.
Un’ombra l’investì, mentre il veicolo sfrecciava sotto quel che restava di un vecchio ponte ormai in rovina.
Stavano per tornare alla luce quando un grido lacerò l’aria seguito da uno strappo secco.
Con un tonfo violento uno stalker precipitò dal groviglio di lamiere arrugginite atterrando pesantemente contro al parabrezza del pickup.
Ellie si lasciò scappare una nota acuta per lo spavento mentre Joel preso alla sprovvista fece sbandare leggermente il veicolo.
Il sole li inondò di nuovo.
Lo stalker sibilò infastidito, poi con le masse fungine sul cranio che vibravano mosse dal vento iniziò a colpire furioso il parabrezza.
Il veicolo sbandò ancora di più.
Un runner ed un cliker colsero l’occasione al volo e balzarono in avanti atterrando scomposti sul pianale del pickup a pochi centimetri dai due coniugi.
Fulmineo il primo scattò in avanti scagliandosi contro Anne, ma la donna più svelta mirò e fece fuoco.
Una nuvola di sangue fungino schizzò nell’aria, mentre l’infetto colpito al petto volava giù dal veicolo sospinto dall’inerzia del proiettile rovinando nel terreno fangoso.
Con uno scricchiolio ferale il cliker emise una scarica di ultrasuoni poi si lanciò in avanti spalancando le fauci.
Anne si voltò e tirò l’otturatore per caricare un nuovo proiettile, ma il sudore glielo fece scivolare via dalle dita.
Con uno scatto Frank si mise in mezzo e sollevò il fucile automatico premendo il grilletto.
Lo stalker colpì nuovamente il parabrezza ed il veicolo sbandò pesantemente a sinistra.
Preso alla sprovvista Frank perse l’equilibrio candendo addosso alla moglie, mentre la scarica di pallottole si disperdeva lontano dal bersaglio.
Il cliker avanzò verso di loro.
Lo stalker sibilando colpì ancora una volta il vetro anteriore che scricchiolò ricoprendosi di crepe.
“Ellie, Cristo, fa qualcosa!” esclamò Joel dandole una spinta mentre con l’altra mano stringeva convulsamente il volante nel tentativo di mantenere il catorcio in strada.
Riprendendosi dallo shock, la ragazza sollevò l’AK47e fece fuoco.
In un istante odore di polvere da sparo e schegge di vetroresina saturarono l’abitacolo mentre una raffica di 7.62 frantumava il parabrezza.
Lo stalker crivellato si accasciò agonizzante e scivolò giù dal cofano.
Il cliker ad un passo dai coniugi si fermò per un momento confuso dal rumore improvviso.
“Dannazione Ellie… bastava un proiettile solo…” esclamò Joel con le orecchie che gli fischiavano per il rimbombo degli spari, poi con un gesto secco raddrizzò il veicolo e affondò il piede sull’acceleratore.
Con un colpo di tosse il vecchio pickup fece un balzo in avanti.
Sorpreso dall’accelerazione improvvisa il cliker perse l’equilibrio sbilanciandosi all’indietro.
Approfittando del momento Frank si alzò di scatto e lo colpì con un gancio alla mascella, facendogli saltare via diverse placche fungine dal volto deforme, poi prima che potesse riprendersi lo afferrò per i fianchi e la gola e lo scagliò giù dal veicolo.
L’infetto rotolò nel terreno fangoso colpendo in pieno due runner lanciati in corsa che precipitarono assieme ea lui in un groviglio scomposto di braccia e grida.
“Due a zero bastardi!” gridò l’uomo ansante alzando il dito medio verso la massa di infetti che li inseguiva, ora sempre più lontana “Non si scherza con me e mia moglie”
Anne, messasi a sedere, scosse la testa ridacchiando, poi si asciugò le dita sulla maglietta e fece scattare l’otturatore del fucile espellendo finalmente il bossolo
Con il pickup che sfrecciava rapido sul terreno sconnesso il grosso dell’orda fu presto alle loro spalle mentre solo un nugolo di runner ancora perseverava nell’inseguimento, anche se ormai indietro di oltre un centinaio di metri.
“È fatta” esclamò Frank sedendosi sul pianale e passando un braccio attorno alle spalle della moglie “Ora dritti verso Jackson!”
Lei sorrise accarezzandogli la barba con la punta delle dita poi lo baciò con dolcezza.
Joel tirò un colpetto ad Ellie che con una smorfia staccò lo sguardo dallo specchietto retrovisore.
Uno schizzo d’acqua si sollevò in aria intorno a loro, mentre il pickup attraversava una grigiastra pozza di acqua stagnante.
Con un sospiro la ragazza si rilassò sul sedile guardando il panorama davanti a sé.
Le montagne dalle bianche cime innevate oltre la valle unite al vento che le sferzava il viso dal parabrezza sfondato le trasmettevano una sensazione di fresca pace mentre il resto del mondo ridotto a macchie di colore le scorreva accanto.
Le scorreva accanto… certo… ma sempre più lentamente!
Con un sussulto si raddrizzò.
“Joel!” esclamò voltandosi di scatto “Ma noi stiamo rallentando”
“Me ne sono accorto anche io…” rispose Joel a denti stretti premendo convulsamente l’acceleratore mentre con la mano faceva scorrere le marce.
Tutto inutile.
Il pickup sempre più lento percorse ancora un paio di metri poi con un risucchio sinistro si fermò.
“No, no, no, dai su bello…” sibilò Joel ingranando la retromarcia.
Per un istante sembrò che si stessero muovendo, ma subito dopo le ruote ripresero a girare a vuoto schizzando fanghiglia in tutte le direzioni.
“Oh, merda!” esclamò Anne staccandosi dal marito e guardandosi attorno “Mi sembrava che stessimo rallentando! Joel non dirmi che ci siamo impantanati ti prego…”
“Così pare…” rispose l’uomo tra i denti
“Ed abbiamo anche un altro problema…” aggiunse Frank parandosi gli occhi dal sole con la mano sudata “I runner ci stanno ancora inseguendo… due minuti e ci saranno addosso!”
“Dobbiamo scendere a spingere!” esclamò Joel mettendo la marcia in folle con un colpo deciso prima di uscire dall’abitacolo imitato di Ellie “Spingere e pregare di fare più in fretta dell’orda…”
Frank ed Anne afferrarono le armi e balzarono a terra schizzando melma in tutte le direzioni.
“Cristo Joel non ce la faremo mai!” esclamò Ellie voltandosi verso la massa infetta che si faceva sempre più vicina “Ho un’idea migliore! Tu e Frank che siete i più forti spingete…” strinse il fucile d’assalto “…mentre io ed Anne li teniamo lontani!”
“Ottima idea!” esclamò Frank, poi si sfilò dalla spalla l’Ak47 e lo porse alla moglie assieme ad un paio di caricatori “Ma usa questo amore… non credo che il fucile da caccia ti servirà molto in questa situazione…”
La donna annuì, gettò il bolt-action sul pianale ed afferrò l’arma che le porgeva il marito.
Un attimo dopo Joel e Frank, con le maniche arrotolate ed il sole che gli spremeva il sudore dalla carne spingevano il vecchio veicolo arrugginito mentre alle loro spalle, inginocchiate nell’acqua stagnante le due donne si preparavano al combattimento.
Ellie fece un sospiro, si scostò i capelli sudati dal viso con un gesto meccanico, poi sollevò il fucile d’assalto e mirò imitata da Anne.
L’orda di runner avanzava furiosa verso di loro, sollevando nell’aria un polverone di acqua nerastra.
Inspirò.
Ancora un momento.
Portò il dito sul grilletto.
Ancora un momento.
Il pickup si mosse di qualche centimetro.
“Ora sono a tiro!” esclamò Anne “Fuoco!”
Con una scarica di adrenalina Ellie affondò il dito nel grilletto mentre l’arma prendeva vita sobbalzando tra le sue mani.
I 7.62 presero a volare nell’aria come piccole e letali zanzare di metallo.
Sparando brevi raffiche Ellie abbatté uno, due, quattro, otto runner spandendo nell’aria bollente odore di sangue e bruciato.
Il pickup si mosse di qualche centimetro ancora.
Frank e Joel con un grugnito spinsero con il doppio della forza.
Ellie mirò l’ennesimo runner e premette il grilletto.
Il cane scattò a vuoto.
La ragazza sgranò gli occhi e imprecò tra sé.
Aveva sbagliato a contare i colpi.
Il runner era sempre più vicino.
“Anne! A secco! “gridò mentre convulsamente, con le dita rese goffe dalla fretta e dal sudore staccava il vecchio caricatore e ne inseriva uno nuovo.
Il runner le era quasi addosso quando la sua testa esplose come un palloncino ad una festa schizzandole gocce di cervello tra i capelli.
Altri due infetti crollarono a terra morti, poi senza dire una parola Anne si voltò tonando a coprire il lato destro.
Con la mano che le tremava dall’ansia Ellie riprese il fuoco di sbarramento.
“Ancora uno… spingi…” gridò Joel rosso in volto puntando i piedi a terra e contrasse i muscoli imitato da Frank.
Il fango emise un gorgoglio sinistro, poi con un colpo di tosse vomitò le ruote del pickup.
“Ce l’abbiamo fatta!” esclamò Frank sorridendo sotto la folta barba scura.
Si voltò ed avanzò verso le due donne.
“Via le armi ragazze!” gridò per sovrastare gli spari “Ce ne andiam…”
Il canneto accanto a lui esplose d’improvviso ed un runner sfuggito al fuoco di sbarramento gli si gettò addosso con le fauci spalancate.
L’uomo si spostò per evitarlo.
Troppo lento.
Con un sibilo l’infetto gli affondò i denti nel polso sinistro strappandogli un urlo grottesco.
Sentendo le grida del marito Anne si voltò di scatto e come vide la scena, contrasse le labbra, mirò e premette il grilletto.
Con il polso stretto tra i denti il runner volò all’indietro rotolando nel fango, mentre Frank lanciando un urlo atroce, si accasciava contro il retro del pickup con un selvaggio fiotto di sangue scarlatto che gli colava dal braccio che la scarica di 7.62 gli aveva mozzato all’altezza della spalla.
Con un gorgoglio il runner sputò il braccio mozzato e fece per balzare in avanti ma Joel più rapido si mise in mezzo, estrasse il revolver e lo fulminò con una raffica di tre colpi, poi si voltò verso l’amico.
Pallido come un cencio Frank si reggeva a stento sulle ginocchia tremanti mentre con la mano tentava di fermare il sangue che copioso gli grondava dalla spalla.
“Merda Anne che cosa ti è saltato in mente!” esclamò Joel sfilandosi la camicia e premendola contro il moncherino del compagno nel tentativo di tamponare l’emorragia.
“O questo o si sarebbe trasformato!” rispose la donna raggiungendolo di corsa “Lascia, faccio io…” disse sfilandogli la camicia dalle mani ed iniziando a premere al suo posto “…tu va e metti in moto quest’affare!”
“Va bene! “rispose Joel “Tu ed Ellie caricatelo, io metto in moto… Ellie aiutala!” gridò, poi di corsa raggiunse l’abitacolo del pickup e si infilò dentro.
Ellie, che non aveva visto niente, ma sentito tutto fece saltare la testa ad ancora un paio di runner troppo vicini, poi si voltò e fulminea raggiunse Anne.
Con uno sforzo che le fece dolere la schiena aiutò la donna già a bordo del pickup a caricare il marito, poi con uno strattone si issò anche lei sul pianale.
Un verso scricchiolante e una vampata di alito caldo sulla schiena le fecero voltare di scatto appena in tempo per vedere che gli infetti li avevano raggiunti.
Con un’imprecazione la ragazza imbracciò il fucile.
Un rombo grattante attraversò l’aria e con uno scatto il pickup balzò in avanti, investendo i runner con una valanga di acqua e fanghiglia.
Ellie fece un sospiro ed abbassò l’arma, poi si voltò verso i compagni per controllare la situazione.
Che non era buona.
Anne aveva fatto stendere il marito sul pianale e gli aveva avvolto la cintura attorno al moncherino, tentando di creare un rudimentale laccio emostatico.
Ma non bastava.
Il sangue scarlatto continuava a fluire sul pavimento di lamiera.
“Sta perdendo troppo sangue…” esclamò la donna con una nota di disperazione nella voce tirando ancora di più la cintura.
Frank emise un rantolo.
“Ellie!” esclamò Joel senza staccare gli occhi dalla strada “Guarda nel vano del pickup dietro alla cabina… magari i compagni di Barry avevano un kit del pronto soccorso o qualcosa di simile…”
La ragazza annuì, mollò l’AK47, scavalcò Frank e con un gesto secco sollevò il coperchio del vano iniziando a frugarvi dentro febbrilmente.
“Fa in fretta Ellie!” esclamò Anne “Non so per quanto ancora resisterà!” abbassò gli occhi sul volto del marito “Oh ti prego Frank resta con me…” mormorò sfiorandogli la barba con la punta delle dita “…ti prego non mi lasciare...” una lacrima le scelse lungo la guancia.
Ellie sollevò la testa e si voltò.
“Non c’ è nessun kit del pronto soccorso…” mormorò “Però… ho trovato questa” disse sollevando una piccola fiamma ossidrica.
Fece un respiro profondo .
“Anne mettigli qualcosa fra i denti, Joel …Cristo tieni dritto questo catorcio…”
Anne spalancò gli occhi, poi annuendo si scostò di lato.
Ellie si inginocchiò accanto a Frank.
Anne veloce afferrò il fucile, rimosse la tracolla e dopo averla piegata la infilò delicatamente in bocca al marito poi gli prese teneramente la mano.
Ellie fece un sospiro, accese la fiamma bluastra e con un gesto secco la appoggiò al moncherino di Frank.
La carne sfrigolò emettendo un denso e rivoltante odore di bruciato.
L’uomo sputò la tracolla ed emise un grido disumano, poi girò gli occhi all’indietro e svenne.
L’emorragia era ormai ferma.
Anne trattenne il respiro e gli poggiò due dita sul collo, tronando a respirare solo quando sentì il suo cuore battere.
Con un gemito Ellie posò la fiamma ossidrica, poi si buttò all’indietro appoggiandosi con la schiena all’abitacolo mentre sempre più rapido il pickup sfrecciava sul fiume secco.

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Capitolo 5
*** Una diga di speranza ***


Tommy fece un sospiro e bevve un sorso di birra.
Calda.
Il sole del primo pomeriggio inondava spietato la sala di controllo della diga, trasformando quello stanzone pieno di pulsanti e bottoni in una specie di sauna che puzzava di polvere e catrame.
Davanti a lui, oltre una parete di vetro incrinata in vari punti, lo strapiombo cadeva verticale per centinaia di metri come un’immensa cascata di cemento armato, finendo poi per conficcarsi nel terreno ghiaioso.
Alzò gli occhi.
Oltre la voragine, in lontananza la valle si estendeva placida in tutte le direzioni, pennellata dal giallo intenso dei campi di mais quasi maturi, mentre al centro, come una macchia scura arroccata accanto al letto del fiume secco, la città di Jackson si ergeva fiera, circondata dalla sua alta muraglia di legno.
Bevve un altro sorso.
Era preoccupato.
Due pattuglie erano sparite nelle rovine della città a sud, e nemmeno la terza squadra che aveva inviato, quella con suoi uomini migliori, tra cui persino suo fratello dava segni di vita.
Sarebbe voluto andare con loro, oh se ci sarebbe voluto andare… ma Maria gli aveva ordinato di proteggere quella dannata diga, e quello che Maria diceva a Jackson era la legge.
Scosse la testa.
Ma cosa andava a pensare… dopotutto Joel e gli altri erano partiti all’alba di quello stesso giorno, era OVVIO che non fossero ancora tornati anche se….
La porta si spalancò di colpo e un uomo con i capelli brizzolati ed un paio di baffoni spioventi irruppe di colpo con un fucile in mano.
“Tommy” gridò trafelato “le sentinelle hanno avvistato un …veicolo a motore non identificato che procede a tutta velocità lungo la strada per la diga!”
“Un’automobile funzionante nel bel mezzo dell’apocalisse?” esclamò Tommy voltandosi di scatto e sollevando le sopracciglia “Porca puttana… lo sapevo che c’era qualcosa che non andava…” poggiò la birra sul tavolo lì accanto ed afferrò il fucile da caccia appoggiato su uno dei quadri di controllo “Suona l’allarme e manda gli uomini alle postazioni… vediamo cosa vogliono questi stranieri” e tirò indietro l’otturatore caricando il proiettile.
Il baffuto annuì, poi corse fuori dalla sala di controllo.
Un attimo dopo il suono tagliente di una sirena sferzava l’aria.
Tommy scosse la testa.
Se prima era preoccupato per Joel ed Ellie, ora temeva davvero il peggio.
Fece un respiro ed uscì dalla stanza.
In quello che gli sembrò un istante si ritrovò sui camminamenti di metallo che, protetti da nugoli di filo spinato arrugginito, circondavano la vecchia fortificazione che la Fedra aveva prima di dover evacuare per chissà quale motivo.
Il baffuto lo raggiunse.
“Laggiù!” disse indicando con il dito grassoccio un punto lungo la strada  serpeggiante che risaliva la montagna.
Tommy stinse gli occhi.
Un polverone avanzava rapido lungo la via sterrata e ad ogni secondo si faceva sempre più vicino.
“Ho provato a guardare con il binocolo…” disse il baffuto “Ma quella dannata nuvola di terra secca mi impedisce di vedere chi c’è a bordo. Anche se mi sono sembrate minimo quattro persone…”
“Dannata siccità…” sibilò Tommy lanciando uno sguardo di sbieco agli abeti che anche a quella quota davano segni di sofferenza.
Il polverone si faceva sempre più vicino, e dalla nuvola emergeva sempre di più la figura di un vecchio pickup, accompagnato dal sordo e grattante rombo del motore.
“EHI VOI INTRUSI!” gridò Tommy a pieni polmoni “FERMATEVI ED IDENTIFICATEVI!”
Ignorandolo il veicolo immerso nella sua aura di gracchianti borbottii proseguì imperterrito la sua corsa.
“Non si fermano e non si identificano… forse vogliono… sfondare il portone?” domandò il baffuto aggrottando la fronte
“Oh ora mi ascolteranno!” esclamò Tommy imbracciando il fucile.
Rapido mirò e sparò, colpendo il terreno a pochi centimetri dal muso del pickup.
Una nuvoletta di polvere si sollevò all’unisono con il rimbombo dello sparo mentre il veicolo inchiodava precipitosamente.
 
 
“Ma che cazzo di problemi ha Tommy?” gridò Ellie sollevandosi dopo che la frenata improvvisa l’aveva mandata a sbattere contro il fianco del pianale.
“Ah dannato paranoico…” Mormorò Joel “È stata Maria a renderlo così…”si sporse dal finestrino “Tommy Cristo santo ma ti sembra questo il modo di accogliere tuo fratello?” gridò a pieni i polmoni.
“Joel? Ma che diavolo…” rispose di rimando una voce molto simile alla sua “Scusa io… ah cazzo aprite il portone!”
Pochi secondi dopo il vecchio cancello di acciaio ruotò sui cardini e Joel rimesso in moto il veicolo con una leggera imprecazione entrò all’interno del cortile fortificato.
Mentre gli uomini si assiepavano attorno a loro, con un gesto secco spense il motore, tirò il freno a mano e scese.
“Io… mi dispiace” biascicò Tommy venendogli incontro “Erano sparite due pattuglie... poi un veicolo… voi eravate a cavallo quando…”
“Non ora Tommy!” rispose Joel “Abbiamo un ferito, gli servono cure mediche, ora!” e con un gesto della mano indicò Anne ed Ellie che, aiutate dal baffuto e da un altro paio di uomini accorsi subito in loro soccorso, stavano scaricando  delicatamente Frank dal pianale.
“Oh, merda!” esclamò Tommy vedendo il braccio amputato “Ma che gli è successo? E dove sono Barry e gli Smith?”
“Lo ha morso un runner, ma la mogliettina gli ha staccato il braccio prima che i Cordyceps entrasse in circolo! Quanto agli altri…” abbassò gli occhi “Non ce l’hanno fatta…”
“Oh cazzo…” mormorò Tommy “Sono stati gli infetti?”
Joel scosse la testa “No, banditi, un’imboscata!”
“Ah fottuti bastardi!” esclamò Tommy “Quando la smetteranno di attaccarci?”
“Non è tutto fratello” sussurrò Joel avvicinandosi a pochi centimetri dal suo viso “A guidarli… era una Luce”
“Una… Luce?” rispose Tommy aggrottando la fronte “Pensavo fossero morti tutti…”
“Beh questo puoi considerarlo una specie di zombie…” si indicò il petto fasciato “Uno zombie con una memoria di ferro visto che si ricordava perfettamente di me… comunque né lui né i suoi ci daranno più problemi ma…”
“Joel allora? Gli hai detto dell’orda?” esclamò Ellie materializzandosi improvvisamente alle sue spalle
“Orda?” domandò Tommy aggrottando la fronte.
“Sì orda…” disse Joel “Quei bastardi prima di morire avevano dirottato una gigantesca orda, ti parlo di migliaia di infetti lungo il fiume secco per… beh per distruggere Jackson e saccheggiare poi le rovine…”
“Migliaia di infetti, in marcia verso la città?” mormorò Tommy sbiancando “Il muro… non reggerà mai”
“No, per questo dobbiamo aprire la diga!” esclamò Ellie “Sarà come tirare lo sciacquone!”
“Sì, sì mi sembra un’idea sensata…” rispose Tommy, poi si voltò “EARL!” gridò a pieni i polmoni “Chiama i tuoi, c’è un’orda lungo il fiume e dobbiamo aprire la diga per affogarli!”
“Che cosa?” domandò con aria stralunata un uomo sulla cinquantina con in testa un caschetto giallo da cantiere che lo identificava come capo tecnico della diga “Tommy… non è possibile! Noi stavamo approfittando del fatto che la centrale fosse quasi ferma per fare dei lavori di manutenzione… se apriamo le paratie ora potremmo danneggiare i sistemi in maniera irreparabile… o peggio non riuscire più a chiuderle e spazzare via Jackson assieme all’orda…”
“Dannazione!” esclamò Tommy “Quanto vi serve per tornare operativi?”
“Un’ora, un’ora ed un quarto penso” rispose Earl grattandosi la testa.
“Potrebbe bastare…” disse Joel “Ma saremmo davvero sul filo del rasoio…”
“Potrebbe bastare…” rispose Tommy “Earl, prendi i tuoi uomini, prendi tutti quelli che ti servono e rendete questa cazzo di diga operativa… Joel, Ellie andiamo alla radio, dobbiamo avvertire Jackson di prepararsi a combattere!” e così dicendo di avviò seguito dagli altri due.
 
 
I raggi obliqui del sole inondavano la sala di controllo della diga, facendola ribollire come una pentola a pressione.
Ellie, seduta su una poltrona girevole, tamburellava nervosamente con le dita su uno dei braccioli mentre Joel sistemato accanto a lei con indosso la tuta di un tecnico per rimpiazzare la camicia ormai inservibile, si grattava le bende pulite che gli fasciavano il petto.
Quell’attesa era sfinente.
Un piccolo tavolino di metallo con poggiata sopra una radio portatile era stato sistemato a fianco dei pannelli di controllo, pannelli attorno ai quali Earl grondante di sudore si stava dando da fare con l’impegno di sei uomini, fermandosi di tanto in tanto solo per sbraitare qualche istruzione nell’interfono peri suoi uomini nella sala macchine.
“Diga qui Jackson mi ricevete?” gracchiò la radio con una voce femminile.
Tommy in piedi lì accanto si gettò come un falco sul microfono, lo afferrò e rispose.
“Qui diga, ti sento forte e chiaro Maria! Come procede?”
“I tuoi uomini sono arrivati Tommy” rispose la donna “E ho fatto sistemare sulle mura chiunque fosse in grado di usare un’arma… ma sono arrivati anche loro! Le sentinelle hanno avvistato l’orda entrare nella gola due minuti fa”
“Merda…” mormorò Tommy
Come sentì le parole di Maria Ellie si alzò di scatto, afferrò il binocolo che si era fatta dare dal baffuto prima che se ne andasse e corse alla vetrata.
Rapida lo inforcò e scrutò la valle.
Ciò che vide le diede i brividi.
Una marea senza fine di infetti avanzava lungo il letto del fiume nella direzione di Jackson mentre le avanguardie dell’orda, composte da decine di runner inferociti avevano già risalito il grato del fiume e correvano verso le mura dalle quali iniziavano ad esplodere i primi spari.
“Per ora riusciamo a tenerli a bada…” gracchiò Maria nella radio “…a voi quanto manca?”
“Quanto ci manca Earl?” domandò Tommy voltandosi di scatto “Tra quanto possiamo aprire le paratie?”
“Un momento” disse l’uomo raddrizzandosi il casco, poi si piegò verso l’interfono “Ragazzi rapporto!”
“Ci siamo quasi capo!” rispose una voce dall’altra parte “Manca poco”
“Che cazzo vuol dire poco?” abbaiò Earl “Dammi una percentuale cazzo...”
Ci fu un istante di pausa.
“Ottanta percento direri” rispose in fine la voce.
“Ottanta percento” ripeté Tommy nella radio “Resisti ancora un po’ Maria! Ce la potete fare”
“Certo che ce la possiamo fare” rispose la donna con un sottofondo di spari “ma fate presto, chiudo”
Ellie continuò a scrutare la valle attraverso le lenti del binocolo.
Nonostante la sicurezza nella voce di Maria la situazione si faceva peggiore ogni attimo che passava.
Come formiche i runner si assiepavano contro la muraglia di tronchi tentando furiosamente di arrampicarsi sul legno secco incuranti dei proiettili e delle molotov che gli piovevano addosso da ogni direzione, mentre più indietro il grosso dell’orda stava iniziando lentamente a risalire il greto.
Joel nervoso si alzò in piedi si scatto e raggiunse Ellie che senza dire una parola gli passò il binocolo.
L’uomo scrutò nelle lenti con aria corrucciata.
“Novanta percento” gracchiò la voce dell’interfono.
La porta della sala di controllo si spalancò con un cigolio.
Frank ed Anne entrarono con passo veloce.
“Come procede con la diga?” domandò la donna guardandosi attorno “Avete affogato i bastardi?”
“Manca poco…spero” rispose Ellie voltandosi di scatto “Come va il braccio Frank? Cristo abbiamo davvero avuto paura di perderti stavolta!”
L’uomo pallido in volto fece un sorriso un po’ da ebete e si indicò il moncherino avvolto in un ammasso di bende bianche che odorava di disinfettante “Tutto bene…” disse sollevando il pollice del braccio sano “…molta… morfina…”
“Tommy, Tommy rispondi…” gracchiò la radio
Rapido l’uomo afferrò il microfono e premette il pulsante di comunicazione.
“Maria ti ricevo che succede?”
“Il portone sud si sta crepando… ed una parte dell’orda ha risalito il greto” disse parlando ad alta voce per superare il rumore degli spari mescolato alle grida degli infetti “Dovete sbrigarvi… non so per quanto resisteremo ancora…”
“Ricevuto…” rispose Tommy poi con un balzo scattò di lato tendendo il filo della radio e scansando Earl “Quanto manca ancora DANNAZIONE?” gridò direttamente nell’interfono.
“Direi novantacinque percento!” rispose la voce dall’altro lato “i sistemi non vanno più veloci se urli Tommy!”
“Novantacinque…” mormorò Earl “Posso iniziare la sequenza di rilascio… Tommy scostati”
L’uomo sollevò le mani e si allontanò tornando alla sua postazione.
Rapido Earl fece scrocchiare le nocche, poi con la fronte che grondava di sudore si abbassò sul pannello di controllo.
Tre file di interruttori luminosi lampeggiavano davanti ai suoi occhi.
Muovendo rapido le dita abbassò la prima serie.
“Protocolli di sicurezza esclusi” mormorò.
Abbassò la seconda serie.
“Circuiti dei motori delle paratoie …chiusi”
Appoggiò le dita sull’ultima serie.
“Ragazzi?” urlò nell’interfono.
“Cento percento capo semaforo verde!”
“Era ora!” esclamò Ellie.
“Ricevuto, apertura paratoie!” esclamò Earl, poi abbassò l’ultima fila di interruttori.
Un istante dopo un leggero rumore iniziò ad udirsi, rumore in pochi secondi si trasformò in rombo che scosse tutto l’edificio facendo tremare sedie e quadri di controllo.
Fulminea Ellie si voltò appoggiandosi alla grande vetrata crepata.
Alcuni metri sotto di lei, dalle paratie aperte un muro di acqua precipitava verso terra come fosse una sostanza solida.
Rapida la cascata urtò il terreno trasformandosi in un’onda che violenta scivolò lungo il letto del fiume secco gettandosi senza pietà sull’orda di infetti.
In un attimo le acque si riempirono di corpi agonizzanti che la corrente violenta trascinava lontano.
“Qui Jackson…” gracchiò la radio “ce l’avete fatta che il cielo vi benedica! L’onda ha spazzato via il grosso dell’orda che ancora si trovava nel fiume… ne è rimasto qualche centinaio sotto al muro ma ora la situazione è sotto controllo!” fece una pausa “Grazie Tommy…”
“Ah io non ho fatto niente…” rispose l’uomo “…qui diga chiudo…”
Con un grido di gioia Frank e Anne si abbracciarono e si diedero un bacio.
Joel con un sorriso paterno passò un braccio sulle spalle di Ellie e lei sorridendo gli si appoggiò al petto, strappandogli un grido di dolore per le ferite appena medicate.
Earl con il caschetto ancora calato sul capo ripeté rapido a ritroso la procedura richiudendo le paratie della diga.
Pochi secondo dopo l’acqua smise di fluire.
“Non ci credo che ce l’abbiamo fatta…” esclamò Tommy buttando sul tavolo il microfono della radio “Mi viene voglia di festeggiare… ci vorrebbe un brindisi”
“Penso di poterti accontentare…” rispose Earl sollevandosi dal pannello di controllo.
Sotto lo sguardo contrariato di Tommy l’uomo si voltò, raggiunse uno degli armadietti che coprivano la parete alle sue spalle, lo apri e ne estrasse una bottiglia di whisky ed un pacco di bicchieri di plastica usa e getta che avevano l’aria di essere stati usati molte volte, ma mai gettati.
“Non ci posso credere…” Ridacchiò Anne “Non avete molto da fare qui alla diga vero?”
“Ogni lavoro ha i suoi tempi morti…” rispose laconico Earl riempiendo i bicchieri e distribuendoli ai presenti
“A cosa vogliamo brindare?” domandò Tommy afferrando il suo
“Io dire di brindare ai nostri eroi” disse Earl alzando il bicchiere verso Ellie, Joel Frank e Anne “I salvatori di Jackson!”
“Io direi a quelli che non ce l’hanno fatta…” lo corresse Joel alzando il suo bicchiere.
“Giusto! A Barry e gli Smith” gli fece eco Ellie.
“Io invece…” disse Frank sollevando il braccio sano “Voglio brindare a tre persone in particolare! Alla mia dolce mogliettina che oggi mi ha staccato un braccio salvandomi la vita, alla nostra cara Ellie che mi ha dimostrato che una fiamma ossidrica è un ottimo strumento di pronto soccorso e a quel fottuto runner…”
Anne lo guardò alzando un sopracciglio.
“…a quel fottuto runner che almeno ha auto la decenza di mordermi il braccio sinistro e non il destro”
“Cretino…” ridacchiò Anne dandogli un colpetto.
Tutti bevvero.
Ellie fece una smorfia.
Wisky di qualità terribile a quella temperatura era più una tortura che un piacere, ma a nessuno sembrava importare.
Stringendo il bicchiere si voltò verso Joel.
Una domanda la tormentava.
“Joel...” mormorò.
“Sì Ellie?” domandò l’uomo abbassando gli occhi su di lei.
“Ti volevo chiedere… al cantiere… il capo dei banditi, quello delle Luci… lui nei suoi deliri… l’ho sentito parlare di una cura e… anche tu l’hai nominata quando stava per uccidermi… ma…” fece un sospiro “…tu mi avevi detto che le Luci avevano stabilito che era impossibile …usarmi per crearne una…”
“Ellie…” rispose Joel con tono paterno “…erano solo i deliri di un pazzo, e io direi o farei qualsiasi stronzata per salvarti la vita… non c’era nulla di vero nei… deliri di oggi!” si sporse e strappò la bottiglia di mano ad Earl “Bevi un altro goccetto dai!”disse con un’improvvisa vampata di gioia “E non pensare più a quel pazzo!”
“Sì ma…”
La porta si spalancò di colpo ed una quindicina di tecnici della diga irruppero nella cabina di comando.
“E così avete iniziato a festeggiare senza di noi eh?” esclamò il più vicino “Bel capo sei Earl!” si voltò “Dai Joel versa qualcosa anche a noi!”esclamò facendo un gesto con il braccio.
“Con piacere!” rispose l’uomo, poi afferrò il pacco di bicchieri che Earl aveva abbandonato sulla radio e si diresse verso di loro.
Ellie lo guardò allontanarsi.
Lo conosceva troppo bene per non accorgersi di quando mentiva.
Aveva sempre nutrito dei sospetti su quanto fosse accaduto sul serio con le Luci ed i discorsi del pazzo erano un’ulteriore conferma.
Ma c’era solo un modo per saperlo con certezza.
Vuotò il bicchiere in un colpo.
Doveva andare a Salt Lake city, e ci doveva andare da sola!

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