Il Sussurro della Farfalla

di Milly_Sunshine
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** [Selena] ***
Capitolo 2: *** [Oliver] ***
Capitolo 3: *** [Selena] ***
Capitolo 4: *** [Oliver] ***
Capitolo 5: *** [Edward] ***
Capitolo 6: *** [Selena] ***
Capitolo 7: *** [Oliver] ***
Capitolo 8: *** [Selena] ***
Capitolo 9: *** [Oliver] ***
Capitolo 10: *** [Edward] ***
Capitolo 11: *** [Selena] ***
Capitolo 12: *** [Oliver] ***
Capitolo 13: *** [Selena] ***
Capitolo 14: *** [Oliver] ***
Capitolo 15: *** [Edward] ***
Capitolo 16: *** [Selena] ***
Capitolo 17: *** [Oliver] ***
Capitolo 18: *** [Edward] ***
Capitolo 19: *** [Selena] ***
Capitolo 20: *** [Oliver] ***
Capitolo 21: *** Extra // sette anni dopo ***



Capitolo 1
*** [Selena] ***


Lionel Vincent aspirò l'ultima boccata di fumo, poi spense il mozzicone sul posacenere. Scostò la sedia, attendendo qualche istante prima di alzarsi. A quel punto si diresse verso la finestra, per guardare la strada al di sotto dello studio. Appena in tempo: la persona che aspettava stava già arrivando.
Slanciata, nel suo soprabito beige dal quale usciva l'orlo di un abito a fiori e con il rigoroso tacco dodici, oppure qualcosa che gli somigliava molto, aveva quasi la grazia di una farfalla. Il sole che filtrava tra le nubi faceva risaltare i riflessi dorati dei suoi capelli, impeccabili con i loro riccioli artificiali.
Vincent era consapevole di quanto fosse banale un simile pensiero, ma non riuscì ad astenersi: se Selena Bernard non fosse stata un'ottima arredatrice e designer d'interni, avrebbe potuto reinventarsi come modella di lingerie. Non che Vincent avesse idea di come fosse la Bernard in lingerie, ma su di lei sarebbe sembrato elegante perfino un sacchetto della spazzatura.
Era stata un'ottima collaboratrice, nel corso degli anni, quindi non sarebbe stato difficile giustificare l'attaccamento nei suoi confronti, ma Vincent sapeva di non potere giocare pulito, con lei. Era troppo tardi: Selena aveva già deciso e non sarebbe tornata indietro, nonostante ci fosse ancora un po' di tempo a disposizione. Vincent sospirò.
"Credimi, cara, non avrei mai voluto arrivare a questo punto, ma non ho scelta."
Si allontanò dalla finestra e tornò alla scrivania, davanti al computer. Di lì a poco sarebbe arrivata la segretaria ad avvertirlo dell'arrivo della designer.
Andò tutto come previsto. La nuova ragazza, una stagista di cui Vincent non ricordava nemmeno il nome, bussò alla porta. Si faceva riconoscere anche in quei momenti, non bussava mai in maniera decisa, come se avesse paura di disturbare.
«Avanti» disse Vincent.
L'uscio si aprì. Si trattava proprio della tirocinante.
«Scusi il disturbo, signor Vincent...»
Vincent non alzò nemmeno gli occhi verso di lei, gli era del tutto insignificante. L'aveva assunta soltanto perché la segretaria precedente aveva trovato un nuovo posto di lavoro ed era necessario qualcuno che la sostituisse.
«Dimmi, Anne.»
«Anna.»
«Non farmi perdere tempo, Anna.» nel pronunciare quelle parole, Vincent scandì con chiarezza il nome della ragazza. «Cosa vuoi?»
«È arrivata la signora Bernard.»
«Bene. Falla entrare subito, ho una certa urgenza di vederla.»
«Vado a chiamarla.»
Vincent udì i suoi passi che si allontanavano, poi voci lontane, in corridoio. Subito dopo iniziò ad avvertire con chiarezza il ticchettio dei tacchi di Selena Bernard.
La accolse con un sorriso, per farla sentire a proprio agio, poi la invitò a sedersi di fronte a lui. La Bernard non se lo fece ripetere due volte. Era palese che, nello studio, si sentisse ancora come a casa.
«Ho cercato di venire il prima possibile...»
Vincent annuì, accondiscendente.
«Le chiedo scusa per il disturbo, Selena. Ovviamente avrà molte cose di cui occuparsi, in questo periodo...»
«Più o meno» ammise Selena Bernard. «Diciamo che tutto procede secondo i piani.»
«Se le dicessi che mi fa piacere, mentirei» ribatté Vincent. «È stata un'aiutante preziosa, in questi anni, e non sarò mai in grado di sostituirla con una persona che possa occupare degnamente il suo ruolo.»
Selena abbassò lo sguardo.
«Così mi lusinga, signor Vincent.»
«Sto solo dicendo la verità» puntualizzò Vincent, e in quel momento, in effetti, non mentiva affatto. «Mi farebbe molto piacere, ovviamente, se fosse venuta qui per dirmi che ha cambiato idea.»
Selena alzò gli occhi e Vincent prese a fissarla con una certa insistenza, come a esortarla.
"Avanti, cara, dimmi che ci hai ripensato e che vuoi rimanere qui, a lavorare con me. È la soluzione migliore per tutti. Dimmelo e nessuno si farà male."
Era una speranza irrazionale, alla quale Vincent non si sarebbe aggrappato, se non si fosse trattato di una come lei. Nonostante tutto, non solo aveva lavorato davvero bene con lei, ma tra di loro non c'erano mai stati contrasti. Vincent non era solito farsi un certo genere di scrupoli, ma sentiva di non avere ragioni per agire contro la Bernard, come invece era costretto a fare.
La designer gli confermò di non avere intenzione di fare un passo indietro.
«Mi dispiace, signor Vincent, ma non ho cambiato idea. Lo sa, ho sempre desiderato avere uno studio tutto mio... ed è arrivato il mio momento.»
«Quindi saremo concorrenti.»
Selena Bernard accennò un sorriso.
«Sì, saremo concorrenti. Non si preoccupi, non le ruberò deliberatamente i clienti.»
Vincent rise.
«Ci mancherebbe.»
«Mi conosce, signor Vincent. Sa che ho una grande ammirazione nei suoi confronti. Lei è il migliore professionista con cui abbia mai lavorato e...»
Era arrivato il momento di interromperla: «È proprio sicura di non volere continuare a lavorare con me? Potrebbe essere la soluzione migliore per entrambi.»
«Per lei di sicuro» ribatté Selena. «Sbaglio o, in certi momenti, si sentiva perso quando non c'ero io?»
«Non si sbaglia, Selena, ma non sono qui per scherzare. Se l'ho chiamata qui è per farle una proposta molto seria.»
Selena Bernard aggrottò la fronte.
«Che tipo di proposta seria? Guardi, ho già preso la mia decisione, e se...»
«Scusi se la interrompo un'altra volta, ma credo sia giunto il momento di venire al dunque. Io non intendo rinunciare a lei e, se dovesse andarsene, ne pagherà le conseguenze. Mi dispiace, Selena», Vincent la guardò dritto negli occhi, «Ma mi ha messo con le spalle al muro. Non avrei voluto spingermi a tanto, ma non mi ha lasciato altra scelta.»
«Vuole dire che sarà lei a boicottare me?» azzardò Selena. «Dopo così tanti anni di sana collaborazione non mi sembra il caso di...»
Ancora una volta, Vincent non la lasciò terminare.
«Mi stia a sentire, Selena. Io voglio che lei rimanga a lavorare con me e, se se ne andrà, sarà costretta ad affrontare qualche conseguenza negativa. Non intendo distruggerla dal punto di vista professionale. Lei è una fantastica designer, dopotutto, non sarebbe giusto metterle i bastoni tra le ruote. Tuttavia, chiunque ha un lato vulnerabile, nel quale può essere colpito.»
Si aspettava che la Bernard abbassasse lo sguardo o che cercasse in qualche modo di sfuggirgli, ma Selena non lo fece. In quel momento, per la prima volta, gli balenò in testa l'idea che fosse più determinata di quanto avesse sempre pensato.
«Sì, forse ha ragione» disse Selena, «Tutti possiamo avere dei punti deboli nei quali possiamo essere colpiti facilmente... lei, però, non conosce i miei punti deboli, sempre ammesso che io ne abbia.»
«Ha ragione. Non ricordo persone riservate tanto quanto lei. Non ha mai raccontato niente della sua vita privata. Ha solo accennato, qualche volta, all'esistenza di suo figlio. Dalle informazioni che ho raccolto dovrebbe avere tredici anni, forse quattordici.»
«Thomas non è un segreto.»
«Certo che no. Io, però, credo di avere scoperto di chi è figlio.»
Per un attimo a Vincent parve che Selena sussultasse. «Come ha detto?»
«Credo di avere scoperto di chi è figlio» ribadì Vincent. «Non ha mai parlato del padre di Thomas, se non sbaglio, ma penso di sapere chi sia.»
La Bernard parve di colpo più rilassata.
«Crede davvero che l'identità del padre di mio figlio sia importante?»
«Lei è una donna perbene, è sempre stata lontana dagli scandali. Cosa potrebbe succedere se si scoprisse che cosa c'è dietro al concepimento e alla nascita del ragazzino?»
Selena fece un sospiro.
«Signor Vincent, pensa davvero che ci sia qualcosa di sconvolgente dietro la nascita di mio figlio? Che a qualcuno possa importare di chi fosse il mio ragazzo quando avevo vent'anni e del perché non abbia riconosciuto Thomas? Mi dispiace deluderla, ma non ha in mano niente di compromettente su di me. Se vuole ricattarmi per convincermi a rimanere qui, nel suo studio con lei, deve lavorare meglio.»
«Lei non si arrende mai, vero, Selena?»
«Non quando non è opportuno farlo.»
«Eppure da lei mi sarei aspettato un comportamento diverso. Voglio dire, dalla Selena Bernard ventenne, quella che ha messo al mondo un figlio senza riuscire a tenersi stretto il fidanzato.»
«Ho detto che non mi arrendo mai» puntualizzò Selena, «Ma intendevo dire, in realtà, che non mi arrendo quando c'è qualcosa per cui vale la pena di lottare.»
«E il suo fidanzato di quei tempi non valeva un simile sforzo?» le domandò Vincent.
«Diciamo di no.»
«O forse si è trovata semplicemente in una situazione sfavorevole.»
«In qualunque situazione mi sia trovata, non sono affari suoi. Se pensa che io rimanga a lavorare qui solo perché lei sa che sono una ragazza madre, si sbaglia di grosso. Non è mai stato un segreto.»
«Su questo ha ragione.»
«Allora» suggerì Selena, «Le faccio una proposta. Adesso esco di qui e facciamo finta che questi ultimi cinque minuti non siano mai esistiti. Lei mi ha semplicemente proposto di rimanere e io le ho detto di no, perché ho altri piani per il mio futuro.»
«E dopo che avremo cancellato questa nostra conversazione?»
«La stima e il rispetto reciproco resteranno invariati.»
Vincent fece una breve pausa. Certo, ciò che proponeva la Bernard poteva essere la soluzione migliore per entrambi, ma a volte la logica doveva essere messa da parte per l'interesse. Dopotutto Selena non era né un'amica né una parente, ma soltanto una dipendente, o per meglio dire, un'ex dipendente. Un simile legame, se poteva definirsi tale, poteva essere sacrificato.
«No, Selena, non posso dimenticare. Il suo rispetto non mi interessa. Si tratta di un valore sopravvalutato, non trova?»
Selena scosse la testa.
«No, per niente.»
«Come vuole, l'importante è non perdere tempo. Se le dico Diamond Formula, cosa le viene in mente?»
Selena Bernard spalancò gli occhi.
«In che senso?»
«Le ho solo fatto una domanda. Conosce la Diamond Formula?»
«Certamente. È la più importante serie di automobilismo al mondo, avendo superato nell'ultimo decennio la popolarità di Formula 1, Indycar e Champ Car prima di...»
Per l'ennesima volta, Vincent la interruppe: «Questa spiegazione non mi interessa. Non c'è nulla di male nell'essere al corrente di queste informazioni.»
«Appunto. Non capisco che cosa voglia da me, signor Vincent.»
«Invece, secondo me, lo capisce benissimo. Vogliamo parlare del fatto che lei stessa abbia un legame con la Diamond Formula?»
«Sono amica di un paio di piloti e di una team principal, ma dubito che questo sia un segreto scottante. Penso di essere comparsa, almeno di sfuggita, sui profili social di qualcuno di loro. Non vedo nulla di imbarazzante in tutto ciò.»
Era arrivato il momento di sganciare la bomba, quindi Vincent venne al dunque: «Non esistono solo i social network, esistono anche le foto private scattate all'incirca quindici anni fa. E le assicuro di avere in mano delle foto private che le converrebbe restassero tali.»
«Ne dubito.»
«Non ne dubiti, Selena. So tutto di lei, di Patrick Herrmann e della signora Alexandra.»
Selena Bernard spinse indietro la sedia e si alzò di scatto.
«Lei non sa niente, signor Vincent. Patrick Herrmann è morto da anni e la signora Alexandra si è ritirata da moltissimo tempo dalla vita pubblica. Qualche pettegolezzo non distruggerà nessuno di noi.»
Non aggiunse altro. Accompagnata dal ticchettio dei suoi tacchi alti, la Bernard se ne andò.
Il piano era fallito.
Vincent si accese una sigaretta, riflettendo sul da farsi. Optò per un messaggio vocale: "Mi dispiace, Veronica, ma non c'è stato niente da fare. L'elegantona se n'è andata, ed era anche incazzata nera. Se vuoi tenerla sotto controllo, ti conviene puntare su qualcun altro. Comunque secondo me non ha brutte intenzioni. D'altronde non è certo colpa sua se quel giornalista del cazzo si è trasferito di fronte a lei. Non hai nemmeno le prove che si conoscano..."
Lo spedì e fu necessario attendere soltanto pochi minuti, prima di avere una risposta. Arrivò anch'essa tramite messaggio vocale e fu piuttosto diretta: "Sei sempre stato un inetto, Lionel, ma non fa niente. Lo sai che ti voglio bene lo stesso. Starò comunque dalla tua parte, ti aiuterò anche stavolta a pagare i tuoi debiti. Però non tirare troppo la corda: si tratta soltanto di mia bontà d'animo, l'unica ragione per cui avrai quei soldi è che non mi piacciono i gioielli e che le pellicce sono un crimine contro la natura." A Vincent sfuggì un sorriso. La cara Veronica amava e rispettava gli animali a pelo lungo. Era un primo passo per diventare una brava persona: forse un giorno avrebbe dato lo stesso peso anche alla vita degli esseri umani. In attesa di quel momento, tuttavia, era opportuno tenersela buona e fare ciò che chiedeva, anche se, in realtà, a Vincent non importava un accidente di cosa fosse accaduto tra Selena Bernard e quel Patrick Herrmann che giaceva ormai da tanti anni sotto quattro metri di terra.

******

Selena salì le scale di corsa. Era in ritardo e sua madre le aveva raccomandato di essere puntuale. Non che l'evento al quale avrebbe dovuto partecipare fosse particolarmente interessante, ma la sua presenza era stata confermata senza chiedere il suo consenso. Quando aveva appreso tutto ciò, non aveva osato replicare. Trascorreva poco tempo insieme alla madre, che dal giorno del suo arrivo non si era mai mostrata troppo felice della sua presenza, e preferiva evitare l'insorgere di contrasti. Avrebbe dovuto passare nella sua casa di Montecarlo troppe settimane per potersi prendere il lusso di non andare d'accordo con la donna che l'aveva messa al mondo.
Le mancava appena una rampa di scale quando perse l'equilibrio. Non appena ne realizzò la ragione, non rimase affatto stupita: i maledetti lacci di quelle maledette scarpe si slegavano in continuazione ed era stato quello della scarpa destra a farla inciampare.
Imprecò tra i denti, senza esagerare. Il linguaggio volgare non le era mai appartenuto.
"E poi non è successo niente di grave. Nessuno mi ha vista, altrimenti sì che sarebbe stata una brutta figura."
Si alzò, aggrappandosi alla ringhiera. Solo a quel punto realizzò di essersi sbagliata.
«Va tutto bene, signorina?»
Nell'udire quella voce, Selena alzò gli occhi. Aveva di fronte l'uomo più attraente che avesse incontrato negli ultimi giorni; d'altronde aveva avuto a che fare soltanto con imprenditori di mezza età che avevano affari in corso con sua madre.
«Sì, sì, tutto bene» lo rassicurò, sperando che lui le togliesse gli occhi di dosso.
Non accadde.
«Ne è proprio sicura?» insisté lo sconosciuto. «Ha fatto un brutto volo.»
Selena scosse la testa.
«No, non esageri. Se avessi fatto davvero un brutto volo, a quest'ora avrei la testa rotta in due.»
Avrebbe dovuto riprendere a salire le scale, ma non lo fece. Essere contemplata dall'uomo che aveva di fronte non le dispiaceva affatto, né le dispiaceva la sua presenza. L'abbinamento capelli scuri e occhi azzurri l'aveva sempre fatta impazzire, così come il vestiario che oscillava tra il casual e l'elegante.
«Beh, la sua testa mi pare aggiustata. O quantomeno è sopra al collo, quindi è tutto regolare.»
«Già.»
Selena mosse qualche passo e l'uomo si scostò per farla passare.
«Deve salire ancora molto? Per caso l'ascensore dava problemi?»
«Oh, no, sono quasi arrivata» puntualizzò Selena. «Sì, lo so, salire fino al quarto piano a piedi potrebbe non sembrare una cosa tanto normale, ma sono abituata a fare le scale.»
«Al quarto piano?»
«Sì. Non è il quarto piano, questo?»
«Sì, certo. Stavo solo riflettendo ad alta voce. Non la conosco, quindi non sta venendo a casa mia...»
Selena spalancò gli occhi.
«No, certo che no.»
«Quindi rimane una sola soluzione. Sta andando da Ale-...» Si interruppe all'improvviso, per poi riprendere subito dopo. «Dalla signora Alexandra.»
Selena fece un mezzo sorriso.
«La conosce?»
«Sì, certo, abito di fronte a lei... e non è la sola ragione per cui la conosco. Sono Patrick Herrmann, probabile che le abbia parlato di me.»
«Oh, no, affatto» obiettò Selena. «Voglio dire, mia madre non mi parla molto del suo lavoro, ma il suo nome l'ho sentito...»
«Sua... madre?! Vuole dire che è la figlia della signora Alexandra?»
«E lei vuole dire che "la signora Alexandra" oltre a non parlare di lavoro con la propria figlia non ha mai parlato di sua figlia con la gente con cui ha a che fare per lavoro?»
«Io e la signora Alexandra abbiamo solo un rapporto professionale. Mi aveva detto di avere due figli, che studiano lontano da qua, ma non pensavo che sua figlia potesse essere lei. La signora Alexandra mi sembra un po' troppo giovane per avere una figlia della sua età.»
«Mi sta dicendo che sembro vecchia?»
«No. Quanti anni ha, se non sono troppo indiscreto?»
«Venti.»
«Immagino che la signora Alexandra sia stata giovanissima, quando l'ha messa al mondo.»
«Non c'è bisogno che lusinghi mia madre in mia presenza. Piuttosto, se me lo concede, mi presento: non sono solo la figlia della "signora Alexandra", dopotutto. Mi chiamo Selena.»
Gli tese una mano, che Patrick Herrmann prontamente le strinse.
«Piacere di conoscerla, Selena.» Diede un'occhiata all'orologio che portava al polso. «Mi scusi, ma adesso si sta facendo tardi, devo proprio andare. Avremo senz'altro occasione di rivederci, a meno che lei non stia per partire.»
«No, affatto» rispose Selena. «Sono arrivata da pochi giorni, mi fermerò per un po'. Sono certa anch'io che ci rivedremo... e magari, se potessimo darci del tu...»
«Mi sembra una buona idea... e, mhm... sì, ci rivedremo presto.»
Selena non ne era affatto sicura, in realtà, ma lo sperava: non le capitava tanto spesso di incontrare qualcuno che la affascinasse e avrebbe pagato qualunque prezzo per rivedere Herrmann e approfondire la loro conoscenza. Lo salutò e, seppure a malincuore, salì i gradini che ancora la separavano dalla porta dell'appartamento della madre. Ascoltò i passi di Herrmann che scendeva le scale: a quanto pareva anche lui sembrava non essere tanto amante degli ascensori.
Inserì la chiave nella toppa e la girò. Nonostante l'appartamento fosse grande e la possibilità di evitare sua madre esistesse, se la ritrovò di fronte dopo pochi istanti.
«Sei in ritardo, Selena.»
Selena sospirò.
«Buonasera anche a te.»
«Preparati, che tra mezz'ora dobbiamo andare alla cena. E mettiti qualcosa di decente, non vorrai farmi fare brutta figura.»
«No, certo.»
«Mi raccomando. C'è in ballo un affare da qualche milione.»
«Qualche milione di che valuta?»
Sua madre le scoccò un'occhiataccia.
«Preparati.»
«Va bene, ma era solo semplice curiosità. E ti assicuro che non hai niente di cui preoccuparti. So essere più elegante di quanto pensi. Comunque cercherò di sembrare più giovane che posso.»
«E perché mai?»
«Per farti fare bella figura. Patrick Herrmann dice che sembro troppo grande per essere tua figlia.»
«Ne deduco che tu conosca Patrick Herrmann... dico bene?»
«Dire che lo conosco è una parola grossa. L'ho incrociato prima, mentre salivo le scale, e ho scoperto che abita di fronte a noi.»
«Lascia perdere qualunque cosa ti abbia detto, è un cretino e starlo a sentire è tempo sprecato.»
«Allora perché lo sponsorizzi?»
«Perché è uno dei piloti più forti della storia recente della Diamond Formula e le possibilità che il marchio della mia azienda venga esibito in mondovisione sono molto alte. Cosa credevi, che sborsassi milioni per lui perché è un uomo attraente? Tu non capisci proprio niente di affari.»
Selena fece un mezzo sorriso.
«Grazie per la considerazione, mamma. Ora, comunque, corro a prepararmi. Non vorrei fare saltare qualcuno dei tuoi affari perché sono in ritardo, oltre che per la mia ingenuità.»

******

"So tutti di lei, di Patrick Herrmann e della signora Alexandra."
Selena richiuse violentemente la portiera dell'automobile, facendo scattare la sicura con il telecomando. Le parole del signor Vincent le rimbombavano ancora in testa e non riusciva a spiegarsi un simile atteggiamento. Il suo ormai ex datore di lavoro l'aveva sempre stimata e non si era mai intromesso nei suoi affari privati, né l'aveva mai minacciata di rivelare aspetti imbarazzanti del suo passato.
"Chissà cosa potrebbe spingersi a fare se solo conoscesse la verità... quella vera."
Ovviamente il signor Vincent, se era al corrente di qualcosa, era in possesso di informazioni su quella realtà filtrata, fatta apposta per non essere troppo scottante per nessuno, che Selena aveva suo malgrado contribuito a costruire. Si infilò in tasca le chiavi dell'auto, attraversò il cortile e si diresse verso l'entrata. Il portone era aperto, ma grazie al cielo il portiere non era presente in guardiola: in quel momento Selena non aveva alcuna voglia di perdere tempo ad ascoltare le sue inevitabili chiacchiere.
Come d'abitudine snobbò l'ascensore, preparandosi a salire a piedi le rampe di scale che la separavano dal quarto piano. Era una vecchia abitudine: aveva sempre fatto così durante l'adolescenza quando veniva a trovare la madre e aveva continuato a fare la stessa cosa anche dopo essersi trasferita in quella che era stata la casa di Alexandra Bernard.
Il suo piano di rientrare il prima possibile venne messo in seria discussione da una voce che arrivava dall'atrio.
«Signora Bernard!»
Era il portiere, che era stata tanto soddisfatta di avere schivato. Doveva avere udito i suoi tacchi sui gradini. Non se ne curò, finse di non sentire. Di solito non si sottraeva mai dall'ascoltare i discorsi senza né capo né coda di quell'uomo, seppure cercasse di non farli durare troppo a lungo nel tempo, ma quel giorno era tutto diverso. Voleva dimenticare l'esistenza di un mondo circostante e superare le rampe di scale che conducevano al primo piano la aiutò a mettere spazio tra sé e ogni ostacolo. Proseguì, superando il secondo piano così come aveva passato il primo, poi venne il turno del terzo. Ormai soltanto le ultime due rampe la separavano dal proprio appartamento. Un gradino dopo l'altro la distanza si dimezzò ancora una volta. Poi, nella foga, a pochi metri dalla propria destinazione, finì per scivolare.
Cercò di mantenere l'equilibrio, ma fu un'impresa impossibile. Tentò di salvare il salvabile anche aggrappandosi alla ringhiera, ma sbatté le ginocchia sui gradini proprio mentre udiva una porta che si chiudeva. Alzò gli occhi e si rese conto di non essere passata inosservata a uno sconosciuto. Quel tizio, sulla trentina, forse un po' meno, con i capelli biondi e un abbigliamento casual, doveva essere il suo nuovo vicino di casa. Il portiere le aveva accennato alla sua esistenza, specificando che si trattava di un giornalista e che doveva essere uno importante, se poteva permettersi di abitare in un palazzo così elegante. Selena avrebbe fatto volentieri a meno di cadere davanti ai suoi occhi, ma ormai il danno era fatto e tutto ciò che poteva fare per rimediare era alzarsi in piedi. Mentre si tirava su, il presunto giornalista le domandò: «Tutto bene, signora Bernard?»
Selena aggrottò la fronte.
«Ci conosciamo?»
«No, perché?»
«Mi ha appena chiamata per nome. Come sa chi sono?»
«L'ho immaginato. C'è chi mi ha narrato per filo e per segno di ogni singolo abitante di questo palazzo.»
Selena fece un mezzo sorriso.
«Posso immaginare chi sia stato a parlarle di me.»
«Credo che immagini bene.» Il suo nuovo vicino di casa si avvicinò. «A proposito, lasci che mi presenti. Mi chiamo Oliver Fischer.»
Un vago ricordo riecheggiò nella memoria di Selena.
«Sì, può darsi che quella persona abbia fatto il suo nome. Lei è il giornalista che si è appena trasferito?»
«Esatto, sono io. Abito proprio di fronte a lei, sullo stesso pianerottolo, signora Bernard.»
«Selena. Non è necessario essere così formali.»
«Mi fa piacere sentirglielo dire.»
Selena lo corresse: «Sentirtelo.»
Oliver Fischer annuì.
«Mi fa piacere sentirtelo dire. Da quello che ho potuto vedere, qui ci abita soltanto gente noiosa.»
Selena ridacchiò.
«In effetti la maggior parte dei vicini non sono il massimo, ma non ha importanza. Ti consiglio di evitare solo tu-sai-chi, specie se hai qualcosa da nascondere. Ha la pessima abitudine di impicciarsi negli affari di chiunque.»
Oliver Fischer le strizzò un occhio.
«Allora dovrò fare molta attenzione, perché di cose da nascondere ne ho tante. Sai, ho la cantina piena di cadaveri. E ora, con il tuo permesso, vado a iniziare a seppellirne qualcuno. A lungo andare, qualcuno potrebbe insospettirsi per l'odore.»
Si salutarono e Selena si diresse verso il proprio appartamento. Rovistò nella borsa alla ricerca delle chiavi e, quando le ebbe trovate, entrò in casa.
Per qualche istante, grazie all'incontro con Oliver Fischer, aveva messo da parte i pensieri a proposito del signor Vincent, che l'avevano tormentata per tutto il tragitto e che non la facevano stare tranquilla.
"Chiunque tu sia, sei stato una benedizione."
Rientrata, chiuse la porta alle proprie spalle e guardò l'orologio. Era ormai ora di pranzo e, come spesso accadeva, non aveva voglia né di cucinare né di mangiare, anche se sapeva di dovere fare almeno un piccolo sforzo almeno da quell'ultimo punto di vista.
Aprì la dispensa e prese fuori un pacchetto di crackers, poi aprì una lattina di Coca Cola e si sedette a tavola. Ormai lontana da Oliver Fischer, l'effetto di quei pochi istanti di svago iniziava a svanire.

******

Selena entrò nel ristorante e si guardò intorno, alla ricerca di colui che l'aveva invitata a pranzo. Dal fondo della sala, Patrick Herrmann le fece un cenno di saluto.
Selena si avvicinò e si sedette di fronte a lui.
«Eccomi qua. Ho fatto molto tardi?»
«No, solo cinque minuti.»
«Scusami. Mia madre voleva sapere a tutti i costi dove stessi andando.»
Patrick abbassò lo sguardo.
«E tu, ovviamente, non le hai detto che stavi uscendo con me.»
«Ovviamente» borbottò Selena. «A proposito, mi vuoi spiegare la ragione di tutti questi segreti?»
«Sai benissimo che la signora Alexandra è la mia impresaria.»
«E quindi?»
«Quindi non bisogna mescolare la vita privata e il lavoro. O almeno, io la penso così.»
Selena sospirò.
«È solo un pranzo. E poi non sono io che lavoro con te.»
Finalmente Patrick smise di contemplare il tavolo e alzò la testa.
«Lo so, ma conosco la signora Alexandra bene abbastanza da pensare che non sarebbe contenta, se sapesse che ti ho chiesto di uscire con me.»
«Ho vent'anni» precisò Selena. «Posso frequentare chi mi pare, senza che mia madre si intrometta.»
«E vorresti assolutamente dirle la verità.»
«In realtà non mi importa. Le ho detto che uscivo con un amico e, in un certo senso, è vero.»
«E allora» insisté Patrick, «Qual è il problema?»
«Non te lo nascondo, non ho l'abitudine di raccontare i fatti miei a mia madre» gli spiegò Selena. «Io e mia madre non ci parliamo quasi, nemmeno di cose banali. Lei fa la sua vita e io faccio la mia. È sempre stato così. Quando ero ragazzina preferiva che vivessi con mio padre, oppure che frequentassi prestigiosi collegi svizzeri. Insomma, tutto pur di non avermi intorno. Non sento il desiderio di riferire a mia madre quello che faccio, di metterla al corrente di chi frequento. Non mi sembra di mentirle se non lo faccio. Non sa nemmeno che film mi piacciono o che musica ascolto, non penso che le importerebbe nemmeno con chi esco. Solo, non vedo la necessità di avere dei segreti. Se tu, però, preferisci che non sappia che sono qui con te, per me non c'è problema.»
Patrick fece finalmente un radioso sorriso.
«Grazie per essere così comprensiva. Purtroppo ho commesso degli errori, in passato, e non vorrei che la signora Alexandra si facesse un'idea sbagliata di me.»
«Errori?»
«Diciamo che in certi momenti ho... mhm... invitato a pranzo le donne sbagliate.»
«E a mia madre cosa importa?»
«Non le importerebbe niente, se non fosse che la mia vita privata ha condizionato, per certi versi, la mia carriera.»
«Poi mi racconterai.»
«Mhm... meglio di no.»
Selena rise.
«Fantastico. Vedo che hai delle cose da nascondere.»
«No, figurati, non ho niente da nascondere. La mia vita, adesso, è perfettamente libera da segreti scottanti.»
«Bene. Mi...»
Selena si interruppe. Un cameriere si stava avvicinando, per portare loro il menù. Quando si fu allontanato, Selena aprì la lista e iniziò a sfogliarla, senza tuttavia prestare molta attenzione a ciò che leggeva. La sua mente viaggiava troppo in fretta, facendosi domande sul conto di Patrick Herrmann.
Pochi minuti dopo ordinò distrattamente: non era una grande cultrice del cibo e scegliere una pietanza piuttosto che un'altra non le cambiava la vita. Da bere chiesero semplice acqua frizzante, dal momento che Patrick era astemio.
Selena sorrise, mentre il cameriere si allontanava.
«Allora lo vedi?»
«Cosa?»
«Dei segreti imbarazzanti li hai.»
«Non c'è nulla di imbarazzante» replicò Patrick. «L'alcool mi fa girare la testa. Preferisco rimanere lucido. E poi non ho bisogno di bere per prendere decisioni errate o fare cazzate.»
«Fare cazzate, fare cazzate... perché deve essere tutto una cazzata?» obiettò Selena. «Se ti riferisci alle donne sbagliate di prima, credo si tenda a dare troppa importanza al passato. Quelle donne hanno ancora influenza su di te?»
«No» ammise Patrick. «Temo che la maggior parte non ne abbiano mai avuta.»
«E questo sarebbe sbagliato?»
«Non lo so.»
«Non pensi che sia limitante etichettare come "persona seria" solo chi riesce ad avere una stabilità sentimentale, oppure una vita sentimentale in generale? Insomma, che per essere seri sia fondamentale non fare sesso con troppe persone, ma allo stesso tempo non vada bene nemmeno non farlo con nessuno?»
«Mhm... penso che questo non sia un discorso da fare così, a stomaco vuoto. Non sono sicuro di riuscire a seguirti abbastanza.»
Selena avvampò, rendendosi conto di dov'era andata a parare.
«Scusami, avrei dovuto evitarmi di chiedertelo.»
«No, figurati. Non è un problema. Solo, non so darti una risposta.»
Selena fece un sospiro di sollievo. Per un attimo si era preoccupata di potere fare cattiva impressione e non ci teneva affatto. Patrick Herrmann le piaceva molto e non intendeva lasciarselo scappare, anche a rischio di diventare una delle sue avventure passeggere.
Decise, per sicurezza, di non spingersi troppo oltre. In attesa che il cameriere fosse di ritorno portando loro le pietanze che avevano ordinato, mantenne la conversazione su argomenti banali. Gli parlò dei propri studi e gli pose domande superficiali sulla Diamond Formula, le cui risposte ascoltò comunque volentieri, facendosi un minimo di cultura in proposito: nato negli anni '90, quello in cui Herrmann gareggiava era uno dei campionati automobilistici a ruote scoperte in maggiore ascesa, nonostante l'assenza di marchi automobilistici di primo livello. Nonostante mancassero nomi di spessore, si stimava che in pochi anni la Diamond Formula potesse diventare la classe regina del motorsport, dal momento che la Formula 1 e le serie americane iniziavano a diventare troppo costose per i piccoli team, causandone la defezione o la messa in vendita. Il format era di semplice comprensione: gli eventi, nella maggior parte dei casi disputati su circuiti cittadini, prevedevano due sessioni di prove libere, una qualifica cronometrata, poi una sprint race che serviva a determinare la griglia di partenza dell'evento principale, ovvero la gara che assegnava il punteggio pieno, al termine del fine settimana.
Il ritorno del cameriere mise fine a quella spiegazione. Anche durante il pranzo Selena continuò a non esagerare, notando tuttavia una nota stonata. Una donna arrivata dopo di loro, seduta a un tavolo non troppo lontano, si girava spesso a fissarli. Anche Patrick aveva avuto la stessa reazione, ma non aveva detto niente, pertanto Selena preferì non chiedergli della sconosciuta. Era di bell'aspetto, sulla trentina, con i capelli scuri ondulati e un abito blu elettrico. Non si sarebbe sorpresa troppo se fosse stata una delle "donne sbagliate" di Patrick.
A poco a poco smise di fare caso a lei, almeno finché non fu la stessa sconosciuta in blu a dirigersi verso di loro, mentre erano ormai pronti per andarsene.
«Patrick, che piacere!» esclamò, con una voce subdola.
«Il piacere è tutto mio» borbottò Patrick, ben poco convinto. «Cosa ci fai qui, Veronica?»
«Un pranzo con degli amici di mio fratello.» Indicò Selena. «Tu, invece, vedo che sei in dolce compagnia.»
Patrick annuì.
«Sì, un'amica.»
Veronica diede un'occhiata a Selena.
«Sei sicuro che sia maggiorenne?»
«Sì, sono maggiorenne, e non da ieri» intervenne la stessa Selena. «In più non abbiamo fatto nulla che richieda la maggiore età, almeno fino a questo momento.»
«Non volevo essere offensiva» puntualizzò Veronica. «Era solo una battuta.»
«Sì, esatto, non è successo niente di male» convenne Patrick. «Ti saluto, Veronica. Io e la mia amica ce ne stavamo andando.»

******

Selena schiacciò la lattina vuota. Fece per alzarsi per andare a gettarla nel secchio nel quale teneva divisi i rifiuti in alluminio, ma fu fermata in quell'intento dal telefono che squillava.
Guardò l'orologio. Doveva essere Thomas, che spesso le telefonava quando terminava le lezioni del mattino.
Alzò il ricevitore e azzardò: «Tommy, sei tu?»
«Sì, mamma, come stai?» le domandò il ragazzino. «Tutto a posto?»
C'era una sola risposta possibile, quindi Selena confermò: «Sì, va tutto bene.»
«Ti ho disturbata? Stavi lavorando?»
«No, nessun disturbo. Avevo alcune commissioni da sbrigare, oggi, ma penso che rimanderò a domani.»
«Perché? È successo qualcosa?»
«No, figurati. Ho solo un po' di cose da sistemare per questo fine settimana.»
«Wow, vero, devi andare a Valencia. Beata te, io questo weekend credo che dovrò passarlo a studiare.»
Selena ridacchiò.
«Sì, certo, ne sono proprio convinta: tu e i tuoi compagni trascorrete l'intero fine settimana a studiare.»
«Non ho parlato per gli altri, ma solo per me» rispose Thomas. «Io studierò con Eveline. È un genio, ha dei voti altissimi in tutte le materie...»
«E ci scommetto che è anche carina.»
«Beh, sì, ti ho mandato le foto...»
«Ecco spiegata la ragione per cui studierai insieme a lei.»
«Mamma, smettila, lo sai che io ed Eveline siamo solo amici, te l'ho detto mille volte. Tu, piuttosto, perché non ti decidi a trovarti un fidanzato? Vuoi morire single?»
«Sono troppo giovane per morire» ribatté Selena. «Ti ricordo che non ho ancora compiuto trentacinque anni.»
«A trentacinque anni si è vecchi.»
«Non scherzare. Quando arriverai alla mia età, ti sentirai ancora giovanissimo.»
«Non farmi pensare a quei secoli bui che dovranno venire...»
«Credo che, arrivati a questo punto, sia meglio se vai a studiare con Eveline.»
«Mi piacerebbe, ma ho altre tre ore di lezione. Eveline dovrà aspettare ancora un po'.»
«Allora è meglio se ci salutiamo, non voglio farti perdere tempo. Hai fatto i compiti? E hai preparato i libri?»
«Sì, mamma, ho fatto i compiti, ho preparato tutto, in più mi sono anche già lavato i denti e dato una sistemata ai capelli. Sei contenta?»
«Contentissima. Buon proseguimento di giornata.»
«Anche a te. E preparati degli abiti eleganti per Valencia.»
«Prego?»
«Devi assolutamente fare colpo su...»
Selena lo interruppe: «Non devo fare colpo su nessuno. Comunque non preoccuparti, so benissimo come devo vestirmi.»
«Lo spero. Finora non sembra che lui se ne sia accorto.»
«Piantala, Tommy!» tagliò corto Selena. «Sai benissimo che siamo solo amici. Ora è meglio se ci salutiamo. Non voglio farti arrivare in ritardo.»
«Okay. Ci sentiamo.»
Selena riattaccò, con un sospiro. I ragazzini avevano una strana idea della vita sentimentale degli adulti, oltre che una strana idea della vita degli adulti in generale. Avrebbero fatto meglio a focalizzarsi sulla propria esistenza, piuttosto che volere a tutti i costi esprimere un'opinione su quella delle loro madri.
"Ero anch'io come lui, quando avevo la sua età?"
La risposta non tardò ad arrivare: se anche la giovane Selena avesse avuto il desiderio di intromettersi nella vita privata dei propri genitori, non sarebbe stata presa in considerazione. Non si era mai comportata come Thomas, perché aveva sempre percepito una netta separazione tra sé e i suoi familiari. Erano sempre stati estranei legati da un vincolo di parentela, cosa che Selena si era ripromessa, fin dal primo momento, non sarebbe mai avvenuta tra lei e Thomas. Seppure trascorressero molto tempo lontani, si sentivano ogni giorno e Selena cercava di mostrare interesse per ciò che il ragazzino decideva di condividere con lei. In più lo metteva al corrente di quanto accadeva a lei: Thomas sapeva della sua decisione di aprire uno studio proprio e dei preparativi ormai ultimati, così come della sua imminente partenza per la Spagna. Alexandra Bernard non aveva mai messo Selena al corrente delle proprie scelte professionali, figurarsi dei propri viaggi, specie quelli non strettamente collegati alla sua vita professionale. In più l'aveva spinta ad andare a studiare lontana da casa per non averla intorno, mentre la scelta relativa all'istruzione di Thomas era avvenuta, in accordo con il figlio, affinché potesse frequentare le migliori scuole possibili in vista del suo futuro.
Con quei pensieri in testa, Selena buttò finalmente la lattina nell'apposito contenitore, dopodiché valutò come trascorrere il resto della giornata, vista la decisione di lasciare in sospeso le commissioni che aveva programmato per quel pomeriggio.
Venti minuti più tardi, senza avere ancora maturato una vera e propria decisione che non fosse quella di andare a fare una passeggiata, vista la temperatura primaverile di quel pomeriggio di marzo, si chiese se fosse il caso di fermarsi un attimo a cercare qualche informazione sul conto di Oliver Fischer. Aveva già preso in mano lo smartphone e stava per controllare i suoi profili social, quando decise di desistere. Fischer era soltanto un nuovo vicino di casa, con il quale non avrebbe dovuto avere a che fare.
"È molto meglio andare a fare una passeggiata sulla spiaggia, piuttosto che pensare a lui."
Uscita di casa, fu molto fortunata, riuscendo per la seconda volta in quella giornata a eludere il portiere. Doveva essere da qualche parte, pronto a saltarle addosso con i suoi pettegolezzi, ma le scarpe sportive erano più silenziose di quelle con i tacchi alti, quindi la presenza di Selena passò inosservata.
Solo quando tornò, finì per incontrarlo. Rassegnata, lasciò che il portiere le venisse incontro esclamandò: «Signora Bernard, che piacere vederla!»
Selena si sforzò di sorridere.
«Buonasera.»
«Buonasera a lei.»
Selena fece per avviarsi verso le scale, ma venne ben presto interrotta.
«Oggi, verso l'ora di pranzo, mi è sembrato di sentirla parlare con il signor Fischer, quel giornalista che si è trasferito qui da poco...»
«Sì, esatto» confermò Selena. «L'ho incrociato per le scale, era la prima volta che lo vedevo.»
«E che impressione le ha fatto?»
«Nessuna.»
«Come nessuna?»
«Abbiamo scambiato solo qualche parola, tutto qui.»
Il portiere sospirò.
«Sarà, ma a me quel tizio non convince. È una persona strana. Speravo l'avesse notato anche lei.»
«Mi dispiace» ribatté Selena, «Cercherò di fare più attenzione, se dovessi rivederlo.»
Con quelle parole riuscì a fare felice il portiere, quel tanto che bastava per potersene andare. Rientrata in casa, rivalutò l'idea di fare ricerche sul nuovo vicino di casa. Dai suoi profili social fu facile scoprire qualche informazione: Fischer era nato ventotto anni prima a Graz, era un giornalista sportivo, lavorava per un'emittente televisiva di Montecarlo ed era uno degli inviati che seguivano la Diamond Formula. Era curioso: forse quel fine settimana si sarebbero incontrati a Valencia... e altre informazioni che Selena reperì poco dopo le fecero formulare un pensiero ben preciso: "sarebbe interessante approfondire la nostra conoscenza".

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Capitolo 2
*** [Oliver] ***


Patrick conosceva Veronica a sufficienza da non essersi mai fatto illusioni: la team manager, prima o poi, sarebbe riuscita a trovarlo da solo e a porgli domande a proposito della ragazza con cui l'aveva visto. Ciò che non si aspettava era che potesse accadere così in fretta e soprattutto che Veronica si scomodasse di presentarsi a casa sua.
Non c'era da stupirsi che il portiere l'avesse lasciata passare senza nemmeno avvertirlo: quell'uomo subiva facilmente il fascino femminile e non c'era dubbio che a Veronica il fascino non mancasse. Patrick se la ritrovò così sul pianerottolo, che bussava alla sua porta, e l'idea di lasciarla fuori era ben più pericolosa di quella di farla entrare.
Non fu comunque particolarmente accomodante nei suoi confronti.
«Che cosa ci fai qui?» le domandò, con freddezza, richiudendo la porta alle loro spalle. «Non mi pare di averti invitata.»
«Se avessi dovuto attendere un tuo invito» ribatté Veronica, «Non sarei mai riuscita a vedere il tuo appartamento.»
«Perché sentivi questa necessità?»
«Semplice curiosità.»
«Non essere ridicola» sbottò Patrick. «Tu non fai niente per curiosità. Tutte le tue azioni seguono un piano ben preciso.»
«Mi sopravvaluti.»
«Forse, ma è meglio andarci cauti, quando si ha a che fare con te.»
«Lo ribadisco, tu mi sopravvaluti.»
«Sempre meglio che sottovalutarti. Quello potrebbe essere pericoloso.»
Veronica ridacchiò, sprezzante.
«Hai una pessima opinione di me.»
Patrick le strizzò un occhio.
«Hai mai fatto qualcosa per farmi avere un'opinione migliore?»
«No... e non lo farò nemmeno adesso. Credo di dovermi lamentare dell'accoglienza che mi hai riservato, sempre se accoglienza si può chiamare. Perché non mi inviti a sedermi nel tuo soggiorno e non mi offri da bere?»
«Se proprio ti vuoi sedere, ti puoi accomodare lì al tavolo della cucina.» Patrick le indicò la stanza. «L'idea che tu possa andartene in giro a tuo piacimento per casa mia non mi convince molto.»
Veronica sbuffò.
«Vada per la cucina. Cos'hai da offrirmi?»
«Niente. Non bevo alcolici, quindi non ne tengo in casa.»
«Non bevi neanche cose tipo tè freddo?» obiettò Veronica. «Non ho detto che voglio necessariamente dell'alcool.» Mentre pronunciava quelle parole, andò ad accomodarsi. «Se non hai quello, va bene anche un'aranciata o qualcosa del genere.»
Patrick aprì il frigo e prese fuori la prima lattina che gli capitò tra le mani.
«Va bene questa?»
«Sì.»
Gliela sbatté sul tavolo.
«Allora bevi e dimmi che cosa sei venuta a fare.»
Veronica scosse la testa.
«Sei proprio un cafone. Neanche un bicchiere mi dai?»
Patrick alzò gli occhi al cielo.
«Vada per il bicchiere, a condizione che dopo mi dici cosa vuoi, senza giri di parole e senza farmi perdere altro tempo.»
Veronica attese che Patrick le porgesse il tanto agognato bicchiere, prima di parlare di nuovo.
«Vai di fretta? Devi incontrarti con quella biondina che sembra appena uscita dalle scuole superiori?»
Patrick si sedesse di fronte a lei.
«Lo sapevo. Sapevo che la mia amica ti era rimasta impressa. Solo, non pensavo avessi bisogno di presentarti a casa mia per intrometterti nella mia vita privata.»
«Sei esagerato» obiettò Veronica, aprendo la lattina e versandosi da bere. «L'hai portata in un ristorante, in un luogo pubblico, quindi significa che non era un appuntamento segreto. Non hai bisogno di nasconderti.»
«Infatti non ho bisogno di nascondermi» precisò Patrick. «Solo, quello che faccio nella mia vita personale non ti riguarda.»
«Ma infatti non mi riguarderebbe, se quella ragazzina non mi avesse colpita per un motivo particolare.»
«Quella "ragazzina" ha vent'anni. Non è una bambina. Potrebbe uscire con me perfino se fossimo negli Stati Uniti, nonostante là non sarebbe ritenuta ancora matura abbastanza per comprarsi una bottiglia di vino o una lattina di birra.»
«È pur sempre giovane per te. Non hai trent'anni?»
«No, veramente ne ho solo ventotto.»
«Sempre giovane rimane.»
«Non troppo giovane da non potere esprimere il proprio consenso. E poi siamo solo stati a pranzo insieme, è inutile che tu ti faccia così tante fantasie.»
«Vai tranquillo, non mi faccio fantasie su te che ti porti a letto quella sfigatella da quattro soldi. Non mi importerebbe niente di lei, se non mi fosse venuto il dubbio che sia la figlia di Alexandra Bernard.»
Patrick si aspettava una simile considerazione, pertanto cercò di non mostrare alcuna emozione.
«La figlia della signora Alexandra? Come ti viene in mente?»
«Ha una figlia di quell'età e l'ho vista di sfuggita, una volta o due.»
«Magari somiglia alla mia amica. Non lo so, io non l'ho mai vista.»
«Mi sembra improbabile. È ospite dalla madre, che abita qui di fronte a te.»
«Non vado a casa della signora Alexandra.»
«Anche su questo ho i miei dubbi.»
«E comunque non vedo come faccia, proprio tu, a sapere dove sia la figlia della signora Alexandra in questo periodo.»
«Ho fatto gli occhi dolci al portinaio e mi ha detto molto di più di quanto gli avessi chiesto.»
Patrick scosse la testa.
«Quell'uomo non cambierà mai.»
«Meglio così. Almeno ho saputo subito quello che volevo sapere, senza fargli perdere il suo tempo prezioso. Sono certo che ha molte cose di cui occuparsi, oltre che spettegolare sul vicinato.»
«Spettegolare sul vicinato, in realtà, non rientra nei compiti per cui viene pagato.»
«Sono certa, in ogni caso, che se gli mostrassi una foto di te e della tua amica insieme, potrebbe riconoscerla senza ombra di dubbio come Selena Bernard.»
«Sai anche il suo nome?»
«Io so tutto, Patrick. Penso di essere al corrente di tutte le donne che ti sei fatto e di quelle che avresti voluto farti.»
«Addirittura?»
«Ho mille occhi e mille orecchie. So tutto ciò che mi conviene sapere.»
«Se tuo padre non fosse riuscito a vendere la squadra a Scott Young, o se Young non avesse deciso di tenerti a lavorare con lui, saresti stata una perfetta portiera.»
«E tu sei un perfetto stronzo.» Veronica portò il bicchiere alla bocca e bevve una sorsata della bibita. «Uno stronzo con un certo senso dell'ironia, però. Inizio a capire come mai così tante donne siano entrate nel tuo letto.»
«Spesso ero io a entrare nel loro, tranne quando era matematicamente impossibile.»
«Dove scopavate tu e la moglie di Keith Harrison?»
«Questi non sono affari tuoi.»
«Allora, forse, dovrei chiederti dove scopavi con la moglie del team principal, nel tuo vecchio team.»
Patrick la guardò negli occhi.
«Veronica, adesso mi sto davvero rompendo le palle. Se non vuoi che ti prenda per i capelli e ti butti fuori da casa mia, smettila di parlare di questi argomenti.»
Veronica non si scompose e, con un sorriso, gli chiese: «Davvero trovi questi argomenti troppo scottanti?»
«Sono argomenti di cui non mi va di parlare e soprattutto non mi va di parlarne con te.»
«A Selena Bernard hai parlato di queste cose? O aspetti che le venga a sapere dalla madre?»
«Veronica, per cortesia, quello di cui parlo con...»
Veronica lo interruppe: «Quindi non neghi che si tratti di Selena Bernard. Bene, mi fa piacere, almeno un obiettivo l'ho raggiunto.»
«La sua identità non ti riguarda.»
«Comunque, se anche non lo dovesse venire a sapere da Alexandra Bernard, in un modo o nell'altro lo scoprirebbe. L'hanno scritto perfino i giornali che sei stato cacciato non solo perché eri uno stronzo, ma anche perché andavi a letto con la moglie del team principal.» Veronica si alzò in piedi e si avvicinò a lui. «Ad ogni modo, è meglio che sia andata così. Se non fosse successo, forse non avresti perso il volante e non saresti mai passato alla Dynasty.»
«L'hai detto tu stessa, sono sempre stato uno stronzo. Magari, per un motivo o per un altro, mi avrebbero mandato via comunque.»
«In effetti davo per scontato che tu riuscissi a giocare bene le tue carte. Non ci sei mai riuscito. Sei sempre riuscito a farti detestare da chiunque. Perfino la moglie di Harrison pensa che tu sia stato l'errore più grande della sua vita.»
«Non mi dire che adesso Emma Dupont viene a confidarsi con te.»
«No, non si confida con me. Anzi, di solito mi evita, quando mi vede, nei limiti del possibile.»
«Non penso sia la sola persona a farlo.»
«No, ma non importa. Preferisco avere intorno le persone che valgono davvero qualcosa. Non me ne frega niente di non essere simpatica a certi inetti.»
«Quindi, se Emma non si è confidata con te, da cosa deduci che mi consideri un errore?»
«Gli indizi portano tutti in quella direzione. Se non sbaglio, fino a poco tempo fa sembrava disposta a lasciare suo marito per te. Ora, invece, tra lei e Keith va tutto a gonfie vele. Da quando si sono rimessi insieme, sembrano la coppia più affiatata del mondo, perfino più di te e della piccola Bernard.»
«La "piccola Bernard", che non si chiama Bernard, non è la mia fidanzata.»
«Va bene» si arrese Veronica, «Facciamo che ti credo. Selena Bernard non è la tua fidanzata. Come puoi capire, credo solo a una parte di quello che mi hai raccontato, e solo perché non sei un tipo da fidanzate fisse.»
«Le persone cambiano» replicò Patrick. «Un giorno potrei incontrare anch'io una donna capace di farmi dimenticare la mia... mhm... carriera di playboy, se così la vogliamo chiamare.»
«Ne deduco che quella donna non sarà Alexandra Bernard.»
Patrick sussultò.
«Cosa intendi dire?»
«Quella donna ha un debole per te.»
«Non scherzare. La signora Alexandra...» Si sforzò di ridere. «Che idea assurda, come ti vengono in mente certi pensieri?»
«Sono un'acuta osservatrice della realtà» rispose Veronica, «E la realtà dice che quella donna ti spoglia con gli occhi. Chissà come la prenderebbe, se sapesse che esci con sua figlia. Forse è proprio questa la ragione per cui neghi così sfacciatametne che si tratti di lei.»
«Non sai quello che dici.»
«Invece lo so benissimo e ti consiglio di non tirare troppo la corda. Conosco Alexandra Bernard abbastanza bene da pensare che la tua vita sarebbe stata molto più semplice, se Emma avesse scelto te, invece di Keith.»
 
******
 
Oliver lasciò che Emma gli strappasse di mano il foglio con gli appunti. La Dupont, seduta accanto a lui, lesse con attenzione le sue note, prima di obiettare: «Non vorrai davvero rivolgerti ad Edward Roberts in questi termini.»
«Non proprio in questi termini» la rassicurò Oliver, «Però credo che non sia opportuno nascondersi sempre. Certe cose vanno dette: Roberts ha quasi trentanove anni, non ha mai vinto un titolo e molto probabilmente non vincerà nulla di importante in tutto il resto della sua carriera. Mi sembra doveroso chiedergli se sta pensando di ritirarsi dalle competizioni. È esattamente ciò che viene chiesto costantemente a qualsiasi pilota abbia superato i... diciamo trentacinque anni. Quell'età Roberts l'ha avuta molto tempo fa. Non si spiega proprio perché la Dynasty abbia ingaggiato un "vecchio".»
Emma gli tirò una gomitata, quindi Oliver dedusse di avere parlato troppo forte, secondo gli standard della sua collega. Naturalmente esagerava come al solito: la sala stampa era piena di voci di giornalisti in attesa e nessuno prestava attenzione a lui.
Di lì a poco avrebbe avuto inizio la conferenza stampa dei piloti che precedeva il fine settimana del Gran Premio di Valencia, il primo dei quattro appuntamenti europei che avrebbero condotto la Diamond Formula verso la fine della stagione, prevista per la fine di maggio a Montecarlo.
Come al solito erano stati scelti i piloti considerati più rappresentativi: due spagnoli, per soddisfare la stampa locale, e due piloti di alta fascia per venire incontro alle esigenze di quella internazionale. Come spesso accadeva, tra i piloti di alta fascia erano stati selezionati Edward Roberts e Christine Strauss, entrambi veterani, entrambi sotto contratto con squadre di un certo spessore.
Furono i primi a entrare e a sedersi, seguiti dai due piloti "di casa". Oliver iniziò a sentirsi a proprio agio: prima o poi Roberts si sarebbe pentito di avere accettato l'ingaggio della Dynasty, ne era certo.
 
******
 
Patrick si guardò intorno. Non c'era nessuno nei paraggi, ma quella fortuna non sarebbe durata molto a lungo.
«Devo dirti una cosa importante» dichiarò, guardando Edward negli occhi. «So che adesso non mi capirai, e forse nemmeno in futuro, ma ho bisogno che tu mi faccia una promessa.»
L'altro aggrottò la fronte.
«Tutto bene, Pat?»
«Sì, più o meno.»
«Mi sembri un po' strano. In che senso dovrei farti una promessa? Non sono nemmeno riuscito a promettere a Sharon di sposarla prima della fine dell'anno.»
Da quelle parole apparve chiaro che Edward non avesse la più pallida idea di quanto fosse contorta la situazione. Era convinto che fosse un giorno come tanti... e probabilmente lo era davvero. Scott Young aveva senz'altro qualcosa in mente, ma Patrick non aveva idea né di come né di quando avrebbe agito.
«Lascia perdere Sharon» tagliò corto. «Avete tutta la vita davanti per sposarti. Sei giovane, non dovresti avere tutta questa fretta.»
Edward sorrise.
«Non come te, quindi?»
Patrick alzò gli occhi al cielo.
«Per cortesia, Edward, non è il momento di parlare di fidanzamenti e di matrimoni. Voglio solo che tu mi prometta che, se dovesse accadermi qualcosa, ti terrai alla larga dalla Dynasty. Non devi fidarti né di Young né di Veronica.»
«Perché mi dici questo? Non ci sono molte possibilità che io abbia a che fare con la Dynasty...»
«Sì, so cosa stai per dirmi: che hai già un volante e che non cambierai mai team per tutto il resto della tua carriera. Sono tanti i piloti che l'hanno detto e tutti quanti hanno cambiato idea.»
«Io non cambierò idea. Non penso né ad altre squadre né ad altre categorie. Un giorno la Diamond Formula diventerà il campionato più importante al mondo... e penso che non dovremmo nemmeno aspettare più di tanto. Ormai è chiaro in che direzione vanno le cose.»
«Sì, ma questo non ha niente a che vedere con il tuo futuro.»
«Sì, invece» insisté Edward. «Non sono qui per fare numero, sono qui per vincere. Stare dove sono ora mi garantisce la possibilità di diventare, un giorno, campione del mondo.»
Patrick annuì.
«Sì, lo so, hanno in mente un progetto a lungo termine, di cui tu fai parte, lo dicono anche loro. Ma se le cose andassero male? Lo sai, vero, che in pochi saranno disposti a chiudere un occhio se perderai il tuo status? Devi assolutamente essere il pilota di punta del team, per non rischiare conseguenze negative, tu più di chiunque altro.»
«Non pensi sia ora di mettere da parte un certo tipo di pregiudizi?»
Patrick sospirò.
«Certo che sì, il problema è che, finché tutti non li mettono da parte, toccherà a tutti affrontarne le conseguenze.»
«Ma non è giusto trattare Claudia come un fenomeno da baraccone!»
«Lo so, Edward, ma non è a me che devi spiegarlo. Una volta che i team principal, gli addetti ai lavori e la stampa l'avranno capito, forse faremo qualche progresso. Fino ad allora, però, Claudia sarà additata come un fenomeno da baraccone, appunto, e tu sarai considerato un fallito se ti farai battere da una donna. Non sono io che faccio le regole e non sei nemmeno tu. Basta solo pensare a quello che si dice di Veronica.»
«Da quando tutto questo interesse per Veronica?» obiettò Edward. «Pensavo ti fosse antipatica.»
«Infatti è insopportabile» convenne Patrick, «Ma riceve critiche infondate. Dicono che ha svenduto la squadra perché non era capace di gestirla, ma a fare i debiti è stato suo padre, non certo lei. Quando il padre le ha lasciato la patata bollente tra le mani si è arrangiata come poteva. Si è fidanzata con Scott Young per interesse. Anche lui, però, si è fidanzato con lei per interesse. Young ha potuto rilevare il team senza troppe difficoltà e Veronica ha potuto rimanere in carica come team principal. Solo, Scott Young viene considerato un affarista, lei viene derisa o criticata indistintamente sia dagli uomini sia dalle altre donne.»
«Ma tutto questo cosa c'entra con il fatto che non mi devo fidare della Dynasty?»
«Niente. Non so nemmeno dirti perché siamo arrivati a parlarne. So solo che tu non mi hai ancora promesso di stare alla larga da loro.»
«Va bene, come vuoi.»
«Perfetto. Mi fido di te. Ora, però, vai. Veronica sta sempre a controllare quello che faccio, potrebbe saltare fuori da un momento all'altro.»
Edward si allontanò senza obiettare. Patrick lo guardò andare via, sapendo di non essere stato preso davvero sul serio. Per fortuna, almeno, non aveva messo il suo collega e amico in allarme. Nel peggiore dei casi si sarebbe dimenticato di quella conversazione, oppure avrebbe pensato non avesse alcuna importanza.
 
******
 
La conferenza stampa proseguì come previsto. Dopo le domande da copione venne data la parola ai giornalisti presenti nella sala. A parte qualche esponente della stampa locale, la maggior parte dei reporter ignorarono i due spagnoli. Christine Strauss, invece, fu presa d'assalto come avveniva fin dal giorno in cui la sorella Claudia aveva appeso il casco al chiodo per dedicarsi a un ruolo manageriale.
Le domandarono, a più riprese, se puntasse al titolo mondiale, come aveva fatto molti anni prima la sua illustre sorella maggiore, e come si sentisse nell'essere finalmente sulle tracce di Claudia, dopo tanti anni di delusioni.
Oliver ascoltò la Strauss mentre rispondeva, preso da un vivo interesse. Ad ogni parola cresceva sempre più la sua ammirazione per quella donna: sapeva mettere a tacere perfino chi la accusava di avere avuto troppi risultati deludenti per essere considerata una top driver. Che fosse la verità o meno, riuscì a giustificare, e non certo per la prima volta, certe sue prestazioni del passato.
Inoltre chiarì un concetto fin troppo spesso sottovalutato: «Sempre più spesso mi capita che mi venga chiesto com'è essere la sorella di Claudia Strauss. Quello che nessuno mi chiede quasi mai, invece, è come sia essere Christine Strauss. Io, quando mi guardo allo specchio, non vedo la sorella di Claudia, vedo semplicemente Christine.»
Emma attirò l'attenzione di Oliver con un cenno.
«A me non pare» borbottò.
«Cosa?» domandò Oliver. Vide un paio di giornalisti girarsi verso di lui, quindi abbassò la voce. «Di cosa parli?»
«Di Christine. Vive nell'ombra di Claudia, non fa altro che sfruttarne la popolarità... corre anche per il team diretto dalla sorella...»
«Questo non significa» obiettò Oliver, «Che non sia una persona indipendente, con una propria identità.»
«Tutte chiacchiere. Non ha mai dimostrato nulla.»
«Ce l'hai con lei perché è l'avversaria di Roberts?»
«No, sei tu che ce l'hai con Roberts per ragioni che conosci solo tu, quindi tendi a sopravvalutare la sua rivale.»
«Ti sbagli.»
«Dimostramelo.»
«Non posso dimostrarti di non avercela con Roberts. Quello che penso di lui come pilota non cambierà tanto facilmente.»
Qualcuno, alle loro spalle, diede un calcio alla sedia di Oliver.
«Volete tacere?» sibilò tra i denti una voce maschile.
Oliver si girò. A parlare era stato un giornalista sulla cinquantina.
«Scusi il disturbo» replicò, senza perdersi d'animo. Qualunque cosa accadesse quel giorno, non si sarebbe scomposto. Era quasi arrivato il suo momento, finalmente.
Attese con pazienza l'istante per il quale si era preparato a lungo. Quando poté finalmente prendere la parola, fu piuttosto diretto, nonostante la contrarietà di Emma.
«Una domanda per Edward Roberts. Dopo tanti anni, ormai a fine carriera, sei ancora all'inseguimento di un titolo mondiale che potrebbe non arrivare mai. Quest'anno, nonostante tu sia al volante di un team di primo piano come la Dynasty, non stai avendo la strada spianata come tanti avevano ipotizzato. Quali sono le tue sensazioni nel realizzare sempre più che i tuoi giorni in Diamond Formula sono quasi finiti e che la tua carriera potrebbe rimanere incompiuta?»
Emma abbassò gli occhi, un po' come se non volesse correre il rischio di incrociare lo sguardo del pilota.
Edward Roberts, da parte sua, si limitò a replicare: «La mia carriera non può essere considerata incompiuta. Ho ottenuto anch'io i miei successi e penso di potermi ritenere soddisfatto dei miei anni nella Diamond Formula, che tra parentesi non sono ancora finiti. Non sempre noi piloti valutiamo i nostri risultati nello stesso modo in cui li valutate voi che vi limitate a scrivere o a fare servizi televisivi sul campionato. Da parte mia, penso di non avere niente da rimpiangere.»
Le sue parole, dirette e taglienti, lasciavano intuire che la domanda ricevuta lo avesse scosso più di quanto ci tenesse a dimostrare.
«Grazie» rispose Oliver. «Buona fortuna per il resto della stagione.»
Si guadagnò un'altra gomitata da parte di Emma, che evidentemente continuava a non condividere il suo modo di agire, ma la ignorò. Non voleva far indignare nuovamente il tizio seduto dietro di lui: far indignare Edward Roberts era stato di gran lunga più divertente.
 
******
 
«Ehi, Pat!»
Patrick sussultò. Non si aspettava che ci fosse qualcuno alle sue spalle. Si girò poi verso Edward, del quale aveva riconosciuto la voce.
«Non ti avevo sentito arrivare.»
«Me ne sono accorto.» Edward ridacchiò. «Scusa, non volevo spaventarti, spero che per colpa mia non ti vengano i capelli bianchi in anticipo.»
«Non preoccuparti, i miei capelli non corrono rischi» lo rassicurò Patrick. «E poi lo sai anche tu cosa si dice.»
«Cosa?»
«Che gli uomini brizzolati hanno fascino. Se mi dovesse spuntare qualche capello bianco, non oso immaginare quante donne cadrebbero ai miei piedi.»
«Non mi pare che tu ne abbia bisogno.»
Patrick annuì.
«Direi proprio di no. Ormai la mia... mhm... carriera di playboy è finita.»
«Ne sei proprio sicuro? Tante volte hai detto che avevi trovato la donna giusta, non è che anche con questa Selena andrà a finire come con le altre?»
«Mi auguro vivamente di no, dato che con lei mi sembra tutto diverso. Voglio passare il resto della mia vita con lei. Devo sistemare un paio di cose, poi...»
Patrick si interruppe. Era meglio non parlare a Edward in quel momento, c'era il rischio che si lasciasse inavvertitamente scappare qualcosa. Non era opportuno che la signora Alexandra venisse a sapere che intendeva chiedere a sua figlia di sposarlo. Una simile eventualità era da scongiurare, anche se, era inevitabile, prima o poi avrebbe dovuto esserne informata.
Edward non insisté nel parlare delle sue vicissitudini sentimentali. Anzi, tornò al loro discorso del giorno precedente.
«Cosa dicevi ieri sulla Dynasty? Ci ho ripensato e non ci ho capito nulla.»
Nemmeno quello era un argomento che Patrick intendesse trattare quel giorno.
«Niente di importante» mentì. «Solo, spero di non vederti mai gareggiare con i loro colori.»
«Proprio tu dici questo?» obiettò Edward. «Eppure tu...»
Patrick lo interruppe: «Sì, lo so, quello che ti ho detto ieri ti sarà sembrato strano. Lascia perdere, non potrei spiegarti meglio.»
«Quindi eviti direttamente di provare a spiegarmelo?»
«Sì, te l'ho detto, non ha tutta questa importanza. Semplicemente Scott Young e Veronica sono diversi da come sembrano, se li conosci molto da vicino.»
Edward azzardò: «Young è meno stronzo di quanto sembra?»
«Non era proprio quello che intendevo, ma non importa» ribadì Patrick. «Ti consiglio di stare lontano da lui e dalla sua donna, tutto qui.»
 
******
 
Era ormai trascorso un giorno dalla conferenza stampa, ma Emma Dupont era implacabile. Ogni volta in cui rimanevano soli continuava a sollevare obiezioni sulle parole che Oliver aveva rivolto a Edward Roberts.
Per l'ennesima volta, Oliver cercò di evitare di sorbirsi un'ulteriore predica.
«Ne abbiamo già parlato» ricordò a Emma quando la collega attaccò con la solita solfa. «Nemmeno la gente sui social si è scandalizzata così tanto... e dire che di solito si indignano per qualsiasi cosa sollevando polveroni inutili.»
«Invece ce ne sono parecchi che si sono indignati, si vede che non hai controllato abbastanza bene» replicò Emma. «C'è chi ha detto che non avresti dovuto permetterti di dare del vecchio a Roberts e che dovresti essere bandito a vita dal paddock.»
«Immagino che si tratti di qualche tredicenne che invece pensa di potere dire peste e corna dei propri professori senza per questo essere "bandito" dalla scuola» ribatté Oliver. «Quei ragazzini mi hanno stufato, perché non possono limitarsi a fare videogiochi come facevamo noi alla loro età? E poi non ho mai dato del vecchio a Edward Roberts, gli solo fatto notare che è più vicino alla fine della sua carriera, piuttosto che all'esordio.»
«Non sono tutti tredicenni» puntualizzò Emma. «Ce ne sono anche di...»
«Di quattordici anni?» azzardò Oliver. «Va beh, stavo solo facendo una media, sono sicuro che qualcuno ne ha solo dodici, se non di meno. Purtroppo i social non fanno una buona scrematura: ci vorrebbe la versione per adulti e quella per bambini. Non abbiamo tutto questo tempo da perdere con...» Oliver si fermò, dopo avere posato accidentalmente gli occhi su una donna poco lontana. «Oh, caspita! Che cosa ci fa qua?»
Emma si girò a guardare nella sua stessa direzione.
«Chi?»
«Aspettami un attimo» la pregò Oliver.
Senza attendere risposta, si allontanò dalla collega, dirigendosi verso la persona che ai suoi occhi appariva come un'intrusa, che non si era accorta di lui.
Arrivò a pochi passi da lei, ancora inosservato.
«Buongiorno.»
Selena Bernard si girò verso di lui.
«Buongiorno.»
Dalla sua voce non trapelava alcuna sorpresa, un po' come se si aspettasse di vederlo lì a Valencia.
«Siamo vicini di casa, noi due, o sbaglio?» le domandò Oliver. Era convintissimo di non avere preso un abbaglio, a condizioni che la Bernard non avesse delle sosia, ma era meglio non rivelarsi troppo sicuro di sé.
«Esatto» confermò Selena. «Sono proprio io. Immagino che tu voglia chiedermi cosa ci faccio qui.»
Oliver rise.
«Non saprei, sono in dubbio se chiederti questo oppure se chiederti se ti va di vederci stasera per fare quattro chiacchiere.»
Era una battuta, ma Selena lo prese sul serio.
«Perché no? Possiamo andare a mangiarci una paella insieme. Che ne dici?»
Oliver non si scompose prese la palla al balzo.
«Va benissimo. Così, magari, mi racconterai cosa ci fai qui.»
Quando Oliver tornò a raggiungere Emma, quest'ultima iniziò a tempestarlo di domande, segno evidente che la discrezione non era il suo pregio principale.
«Che cosa stavi facendo?»
«Parlavo con una persona che conosco. O meglio, parlavo con una persona che non conosco.»
«La conosci o non la conosci?»
«Una via di mezzo: è stata la seconda volta in cui ho parlato con lei.»
«Eppure sembrava una cosa abbastanza urgente.»
«Volevo solo salutarla.»
«E ci hai messo tutto quel tempo, per salutarla?»
Oliver alzò gli occhi al cielo.
«Mi ha invitato a cena. Sei contenta, adesso che lo sai?»
«Fammi capire, le sconosciute ti invitano a cena?» ribatté Emma. «No, Oliver, tu non me la racconti giusta.»
«Credo sia Selena a non raccontarmela giusta. Ammetto che non mi aspettavo un simile invito...»
«Avrai fatto colpo su di lei. Dopotutto anche gli impiccioni hanno il loro fascino.»
«No, aspetta, questo non lo accetto» replicò Oliver. «È da quando sono tornato che non fai altro che tartassarmi di domande sui miei fatti privati, non puoi accusare me di essere un impiccione.»
Emma ridacchiò.
«E va bene, faccio un passo indietro, almeno per stavolta.»
«Sul fatto che sono impiccione o sulle domande?»
«Non puoi avere tutto nella vita. Che cosa ne sai di quella donna? È single?»
«Penso di sì.»
«Ti sei già informato, a quanto pare.»
Oliver scosse la testa.
«No, Selena abita vicino a me. Non mi sono informato io, i suoi fatti privati mi sono stati esposti con una cura maniacale dal portiere del palazzo.»
«A proposito, quando mi fai vedere casa tua?»
«Dal momento che siamo in uno stato straniero, mi è difficile fartela vedere in questo momento.»
«Torniamo alla tua amica, allora: dove andrete stasera?»
«Mi ha detto che ci pensa lei a trovare un posto.»
«E come hai intenzione di comportarti?»
«In nessun modo particolare. Non sono qui per rimorchiare, ma per lavorare.»
«Eppure hai accettato l'invito a cena di quella donna.»
«Va bene, sarò chiaro: l'invito a cena mi sorprende e non poco. Se avessi rifiutato, non avrei mai scoperto che cosa vuole Selena da me. Accettando, invece, ho qualche possibilità di scoprirlo.»
«Mi piaci in formato detective.»
«Non ho alcun formato detective. Piuttosto, dobbiamo andare a registrare il servizio sulla qualifica di oggi.»
«Qualifica di oggi in cui Edward Roberts potrebbe essere il favorito per la pole position della sprint race, visti i tempi fatti nella prima sessione di prove libere.»
«Mhm... sì, può darsi.»
«Questo pensiero non ti dà fastidio nemmeno un po'?»
«No, te l'ho già detto, lo scopo della mia vita non è gufare Edward Roberts. Semplicemente non penso sia più all'altezza del Roberts che abbiamo visto nelle scorse stagioni e che, alla sua età, potrebbe iniziare seriamente a prendere in considerazione l'idea di ritirarsi.»
«Il fatto che tu glielo suggerisca implicitamente non lo aiuterà a schiarirsi le idee.»
«Lo so.»
«Allora dovresti smetterla di cercare di fare notizia in questo modo.»
Oliver sbuffò: «Dai, Emma, piantala. Ti preferivo quando mi parlavi di Selena.»
Emma si arrese: «Hai ragione, la smetto. Però lo faccio solo perché si sta facendo tardi e abbiamo da fare... e alla fine della giornata mi dirai che avevo ragione.»
«Su cosa?»
«Su Roberts.»
«Va bene, adesso, però, basta con questo Roberts. Incrocia le dita per lui e andiamo a fare qualcosa di utile.»
«Okay. A proposito di quella Selena, invece...»
«Oh, no, basta!»
«Solo una domanda. Sai per caso come fa di cognome? Perché penso di avere capito di chi si tratta.»
 
******
 
«Patrick, chi era quella ragazza?»
La domanda di Selena era talmente diretta da non potere essere sviata.
«Una mia ex.»
«Perché ti stava insultando?»
«Te l'ho detto, è una mia ex e...»
«Va bene, è una tua ex» replicò Selena, «Ma questo non giustifica, di per sé, tutti quegli insulti. Cosa le hai fatto?»
«Niente che Emma non volesse, ai tempi» puntualizzò Patrick. «Non è certo colpa mia se, a un certo punto, si era messa in testa di lasciare suo marito perché sosteneva di essersi innamorata di me.»
«Sapevi che era sposata?»
«Sì.»
«E lei sapeva che non ricambiavi il suo amore?»
Patrick strabuzzò gli occhi.
«Tu cosa ne sai?»
«Me l'hai detto tu, più di una volta: credi di non avere mai amato davvero nessuna delle tue ex.»
«Lo so, te l'ho detto, ma quando stavo con Emma era diverso, credevo davvero di tenerci a lei.»
«Com'è finita tra di voi?»
«Non ero affidabile abbastanza per i suoi standard. O quantomeno ero meno affidabile di suo marito, quindi ha deciso di tornare insieme a lui.»
«Mi dispiace.»
«No, figurati. Emma e Keith sono una bella coppia, dopotutto. E poi io non voglio stare con Emma, voglio stare con te.»
Selena gli regalò un sorriso.
Con lei era tutto così facile: aveva frequentato tante partner nel corso degli anni, la maggior parte delle quali terrorizzate dal confronto con quelle che l'avevano preceduta, mentre con la figlia della signora Alexandra non c'erano problemi.
Mentre Selena sorrideva, Patrick la guardò negli occhi sperando che ciò che aveva durasse per tutto il resto della sua vita.
 
******
 
La sessione di qualifiche del venerdì pomeriggio terminò, con il suo inequivocabile verdetto: Christine Strauss aveva fatto registrare il miglior tempo e il giorno seguente sarebbe partita davanti a tutti nella sprint race. Su un circuito che non favoriva i sorpassi, le probabilità di tagliare il traguardo davanti a tutti erano piuttosto elevate e ciò era proprio il risultato al quale la Strauss auspicava. La vittoria nella sprint race faceva gola sia perché assegnava cinque preziosi punti, sia perché garantiva la pole position nella gara più importante del fine settimana.
Edward Roberts, al contrario, aveva deluso le aspettative che Emma Dupont riponeva nei suoi confronti. All'inizio della sessione si era messo in mostra in positivo, girando su tempi degni di nota, seppure non riuscendo a stare al passo della Strauss. Non era durata, tuttavia, a lungo abbastanza da permettergli una buona posizione sulla griglia di partenza: era finito fuori pista, schiantandosi contro una delle barriere del circuito cittadino di Valencia. Non solo aveva terminato la propria sessione con un incidente, ma ciò era accaduto quando c'erano ancora venti minuti di qualifica davanti. Erano stati in molti a battere il tempo fatto registrare in precedenza dal pilota della Dynasty, che così era scivolato in ventiduesima posizione, un risultato non certo positivo. Considerato che le vetture erano in totale ventiquattro, l'unica soddisfazione per lui poteva essere quella di essersi salvato dall'onta dell'ultima fila.
Oliver si era posto come obiettivo quello di non essere troppo crudele nei suoi confronti, quando avrebbe raccolto le sue parole, ma qualcosa non aveva funzionato. Certo, non aveva avuto occasione di comportarsi in maniera che Emma avrebbe definito inappropriata, ma la ragione principale era stata il rifiuto di Roberts di rilasciare interviste. O meglio, si era rifiutato di rilasciare un'intervista a lui, ma non ad altri.
Oliver se ne lamentò con Emma.
«Hai ragione, non ho motivi per avercela con Edward Roberts, ma si è comportato in modo davvero scortese.»
«Non puoi certo sperare che fosse contento, dopo una qualifica come quella di oggi.»
«No, ma l'ho sentito ridere e scherzare così come se niente fosse durante un'intervista per la televisione italiana, il tutto mentre con me si era rifiutato anche solo di proferire parola.»
«Evidentemente lavori per la televisione sbagliata.»
Oliver scosse la testa.
«No, è solo che non ci sono più i piloti di una volta. Quelli di un tempo non si comportavano così. Patrick Herrmann, ad esempio, non si sarebbe mai permesso di...»
Emma lo interruppe: «Non parlare di cose che non sai. Io facevo già la reporter ai tempi di Herrmann e ti assicuro che a volte si è comportato esattamente come Roberts.»
 
******
 
Patrick notò subito lo sguardo di disapprovazione di Selena. Poteva immaginare quale fosse la ragione e, in quel momento, avrebbe preferito di gran lunga se fosse stata spaventata da Emma al punto tale da approvare il suo comportamento.
«Ho sentito la tua intervista» lo informò. «Sempre ammesso che così si possa chiamare. Perché sei stato così scortese con quella ragazza?»
«Perché quella ragazza voleva soltanto mettermi in imbarazzo davanti alle telecamere. Non ho fatto niente di male, ho solo tutelato la mia immagine.»
«Hai una strana idea di che cosa significhi tutelare la tua immagine.»
«No, sei tu che non hai idea di chi sia davvero Emma Dupont. Te l'ho detto che siamo stati insieme...»
«Sì, sarete anche stati insieme» replicò Selena, «Ma in quel momento era in veste professionale. Anche se hai avuto una relazione con qualcuno, questo non dovrebbe intaccare le questioni di lavoro.»
«Il lavoro, secondo Emma, è dimostrare al mondo che io sono un incapace mentre suo marito è un figo» replicò Patrick, «Anche se non la pensava esattamente così, quando andavamo a letto insieme.»
Selena obiettò: «Da quel poco che ho visto, non mi sembra vero quello che dici. Forse ha ragione mia madre quando dice che lavoro e vita privata devono rimanere separati.»
 
******
 
La giornata era ormai terminata e Oliver si era liberato di Emma. Non avrebbe più dovuto avere a che fare con lei almeno fino alla mattina seguente, il che era positivo. Per quanto si trovasse bene insieme alla collega, in certi momenti era troppo pesante, specie quando si trattava di Edward Roberts.
Fu proprio Roberts che Oliver vide, prima di lasciare il circuito. Stava parlando al telefono ed era solo. La scelta migliore sarebbe stata andare via, ma dopo quanto accaduto qualche ora prima preferì non ascoltare la voce della ragione.
Attese che il pilota della Dynasty terminasse la telefonata, poi si avvicinò a lui.
«Oggi hai dimostrato quello che sai ancora fare» gli disse. «Forse non sei mai stato un vero fenomeno, ma senza dubbio ti stai migliorando.»
Edward si girò a guardarlo.
«Come, prego?»
«Hai sentito benissimo quello che ho detto» puntualizzò Oliver. «Oggi hai fatto vedere ai rookie come non si guida. E per di più ti sei pure comportato da cafone, rifiutandoti di commentare la tua performance.»
Edward obiettò: «Non ho l'obbligo di parlare con te o con i tuoi colleghi.»
«Però con certi giornalisti di altre testate hai parlato.»
«Non devo rendere conto a te di quello che faccio. A maggior ragione, non devo farlo dopo che non hai mostrato alcun rispetto né per me né a volte per altri piloti.»
«No, ti sbagli» ribatté Oliver. «Io i piloti li rispetto, tu sei il primo che afferma il contrario.»
«Si vede che con gli altri non sei così stronzo, allora.»
Edward gli voltò le spalle e fece per andarsene, ma Oliver lo trattenne.
«Sai, non avresti mai dovuto passare alla Dynasty. Patrick Herrmann aveva ragione, ma non perché la Dynasty non fosse adeguata a te, quanto piuttosto perché tu non vali abbastanza per la Dynasty.»
Edward si girò di nuovo.
«Cosa sai di Patrick Herrmann?»
«Tante cose. Sai, ai tempi io ero ancora un ragazzino, ma ciò non toglie che sia informato su quello che accadeva in passato.»
«Patrick Herrmann si rivolterebbe nella tomba, se sapesse che ci sono "giornalisti" come te che conoscono le sue imprese.»
«O forse si rivolterebbe nella tomba se sapesse che tu, che lo consideravi il tuo mentore, sei diventato un pilota incompiuto. Herrmann ti considerava una promessa dell'automobilismo... e invece si sbagliava di grosso.»
«Perché non te ne vai, invece di criticare i miei risultati? Faresti meglio ad attaccarti al culo di quella tua collega che segui sempre. Magari potresti dedicarti alle donne, piuttosto che a cose che non capisci.»
Oliver ridacchiò.
«Magari sei tu quello che dovrebbe dedicarsi alle donne. Se scopi meglio di come guidi, forse hai qualche speranza.»
Edward gli scoccò un'occhiataccia.
«La mia vita privata non ti riguarda.»
«Hai ragione, non avrei dovuto essere invadente. Forse hai deciso di rimanere fedele a tua moglie per tutta la vita, anche se ormai lei è morta.»
Edward borbottò tra i denti qualcosa di incomprensibile, prima di avventarsi su di lui: era evidente che quella era una ferita ancora aperta.
 

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Capitolo 3
*** [Selena] ***


Selena stava aspettando davanti all'ingresso, sulla strada poco illuminata, stringendosi nella giacca sportiva che aveva abbinato al maglione e ai leggings - un abito elegante le sembrava troppo esagerato per l'occasione. Iniziava a fare freddo, a quell'ora della sera, e forse si era recata all'appuntamento con troppo anticipo.
Oliver Fischer arrivò a sorpresa, anticipato dalla voce alle spalle di Selena.
«Ehi, sei proprio sicura che vuoi cenare qui?»
Non c'erano dubbi su quale fosse la ragione di quella domanda.
«Il portiere ti ha detto che sono un'elegantona snob e che frequento solo ristoranti e locali in cui spendi un intero stipendio, vero?» Si girò verso di lui. «Sì, può darsi che abbia dato quell'impressione, ma non sono davvero così.»
Oliver sorrise.
«No, è solo che questo mi sembra un posto troppo... mhm... da poveri, se così lo posso definire.»
Selena rise.
«Non c'è alcuna regola per cui i posti da poveri debbano per forza essere snobbati. Non credi?»
«Non importa quello che credo io. Il posto l'hai deciso tu e deve andare bene a te.»
«Bene, ti assicuro che a me va benissimo» concluse Selena. «Dobbiamo essere noi a decidere cosa vogliamo fare, non possiamo permettere ai portieri impiccioni di imporsi così tanto sulle nostre scelte.»
«Allora entriamo» suggerì Oliver. «Sarà senz'altro una bella serata.»
Selena non condivideva la stessa certezza, ma era disposta a correre il rischio di annoiarsi oppure di un flop, così come di sopportare tutto ciò che sarebbe venuto prima del momento decisivo: dovevano prendere posto, magari anche ordinare, e soltanto in un secondo tempo sarebbe stato possibile venire al dunque.
Per fortuna Oliver le facilitò le cose.
«Siccome siamo pressoché due sconosciuti» disse, non appena si sedettero l'uno di fronte all'altra, «Che cosa ne dici di parlare un po' di noi?»
«Potrebbe essere un'idea» ammise Selena, «Ma non saprei cosa raccontarti.»
«Fammi delle domande e io ne farò a te.»
Selena lo squadrò con attenzione, poi gli domandò: «Perché hai un labbro gonfio, cos'hai fatto?»
«Lascia stare» ribatté Oliver. «Uno stronzo non ha gradito una mia domanda, durante un'intervista, e mi ha tirato un cazzotto.»
«Allora intervisti proprio della gente di merda, lasciatelo dire.»
«Magari lo conosci, è un pilota della Diamond Formula, ma non faccio nomi» rispose Oliver. «A proposito, che cosa ci fai qui a Valencia e perché eri nel paddock con un pass da ospite? Mi sembra una domanda legittima.»
«Il pass l'ho avuto tramite Claudia Strauss» gli spiegò Selena. «La conosco da molti anni, così come conosco tante altre persone della Diamond Formula. Mia madre è stata una famosa imprenditrice e la sua azienda ha sponsorizzato team e piloti in passato.»
«Come mai proprio Valencia, se posso chiedertelo?»
«Fino a poco tempo fa lavoravo in uno studio di design, come dipendente. Mi sto mettendo in proprio, adesso, quindi significa che posso gestire come preferisco i miei tempi e che, quando voglio prendermi una breve vacanza, posso farlo senza dovere rendere conto a nessuno. Tu, invece, come ti sei ritrovato a seguire la Diamond Formula per lavoro?»
Oliver abbassò lo sguardo un attimo, prima di rispondere.
«È una storia strana.»
«Non mi spaventano le storie strane.»
«Fino a un paio d'anni fa mi occupavo di altri sport. Ho avuto un'occasione quasi per caso. All'inizio il mio obiettivo era cambiare strada, poi mi sono accorto che la strada giusta aveva appena trovato me. Prima non seguivo con grande attenzione i campionati di automobilismo, poi ho iniziato a interessarmene in maniera quasi maniacale. Potrei dire, e non mentirei, di conoscere alla perfezione la storia della Diamond Formula, anche quella dei tempi in cui era ancora considerata una sorta di campionato minore. Quello che faccio è una sorta di vocazione, per me. Ho iniziato a sentire che c'è qualcosa, in me, che mi lega alla Diamond Formula, qualcosa di cui non mi ero mai accorto prima di venirne a contatto.»
«Quindi non ne sapevi niente prima?»
«Non è esatto: ne avevo una conoscenza abbastanza superficiale. Mi capitava di vedere qualche gara in televisione, ogni tanto, ma solo se non avevo nient'altro da fare. Mi capitava di sentire le notizie al telegiornale, di tanto in tanto, al punto da sapere in linea di massima quali fossero le squadre e i piloti di punta, ma se tu mi avessi chiesto a bruciapelo chi avesse vinto, per esempio, il Gran Premio di Montecarlo del 2007 - o per meglio dire, la gara di Diamond Formula che faceva da contorno al Gran Premio di Formula 1 - ti avrei guardato come se tu fossi pazza. Al giorno d'oggi, magari, oltre al vincitore ti saprei elencare l'intero podio.»
«Qual era il podio della gara di Diamond Formula che si svolse a Montecarlo nel 2007?»
«Quella gara venne vinta da un ex campione di Formula 1 piuttosto celebre, che partecipava a quell'evento in qualità di guest driver, nel tentativo di promuovere la categoria. Dio solo sa come avessero fatto a convincerlo. Secondo arrivò Edward Roberts e al terzo posto si classificò Claudia Strauss. Se non ti fidi di me puoi chiedere a lei, domani.»
«Mi fido.»
Quelle furono le ultime parole che si scambiarono prima che venisse una cameriera a prendere le ordinazioni. La donna portò da bere pochi minuti dopo, minuti nel corso dei quali non si aggiunse nulla di significativo alla conversazione. Solo dopo essersi versata un bicchiere d'acqua, Selena chiese a Oliver: «Sei un fan di Patrick Herrmann?»
Oliver annuì.
«Sì, lo stimo moltissimo come pilota. Al momento della sua morte avevo solo tredici anni, quindi non ho molti ricordi di lui, se non che lo sentivo nominare ogni tanto quando ero bambino, ma dopo ho avuto modo di rivedere le sue imprese.»
«Questo spiega, dunque, perché tu stia scrivendo un libro su di lui, almeno stando a quanto racconti sui tuoi profili social.»
«Diciamo che sto cercando di scriverlo. E che diventerà un libro soltanto se qualcuno vorrà pubblicarlo. Altrimenti la storia di Herrmann sarà pubblicata sul mio blog, tutto qui. Non sarebbe comunque male, potrei raggiungere una buona fetta di pubblico. Non mi interessa guadagnarci, mi basta che Patrick Herrmann venga conosciuto meglio da chi ignora i suoi risultati o la sua storia.»
«Posso chiederti che cosa lo renda così speciale ai tuoi occhi?»
Oliver sospirò.
«Ti avverto, è un'altra storia strana. Anzi, è più strano di tutto quello che ti ho raccontato finora.»
«Non è un problema. Penso di potere affrontare una storia strana.»
«Quando avevo tredici anni andai a Montecarlo con mia madre, pochi giorni prima del Gran Premio. Mi portò con sé durante un viaggio di lavoro.»
«Lavorava nel settore dell'automobilismo?»
«Oh, no, faceva tutt'altro. Fu solo un caso, se ci recammo nel Principato di Monaco proprio alla vigilia del Gran Premio.»
«E Patrick Herrmann che ruolo ha in tutto ciò?»
«Non ha ruolo, se non nella mia mente. Ebbi un incidente, in quei giorni, un incidente banale a raccontarlo, ma che ebbe conseguenze gravi. Inciampai lungo le scale, battendo la testa. Persi conoscenza e fui ricoverato in ospedale. I medici non nutrivano molta fiducia. Subii un intervento che, a conti fatti, mi salvò la vita. Mi risvegliai qualche giorno dopo e, per qualche ragione, la prima volta che parlai fu per chiedere a un'infermiera se Patrick Herrmann stava bene. Non c'erano ragioni logiche per cui dovessi porle quella domanda, né per cui dovessi pensare a un pilota della Diamond Formula. Quando mi ripresi, scoprii che Herrmann aveva avuto un grave incidente nella gara di Montecarlo, morendo dopo un paio di giorni di coma nello stesso ospedale in cui io ero ricoverato. Il momento della sua morte coincise più o meno con quello del mio risveglio. Questa è, di fatto, la ragione per cui la figura di Patrick Herrmann mi affascina così tanto: per ragioni inspiegabili è entrato a far parte di un evento che ha cambiato radicalmente la mia vita.»
Selena aggrottò le sopracciglia.
«Cambiato radicalmente la tua vita? Hai avuto conseguenze permanenti?»
«Non ricordo niente né dell'incidente né della mia vita precedente. O meglio, qualcosa di chi ero prima ho finito per ricordarlo, ma perché me l'hanno raccontato. Diciamo pure che forse mi sono convinto io di avere ricordato qualcosa. È un po' come se il primo Oliver Fischer fosse morto e poi fossi arrivato io.»
Selena rabbrividì.
«È terribile.»
«La cosa terribile è che io non l'ho mai trovato terribile» le confidò Oliver. «Non ho mai rimpianto quello che ero prima, un po' come se davvero non fossi mai esistito.»
«Davvero ti viene il dubbio di non ricordare niente?»
«Già. Mia madre diceva che le sembra di avere avuto due figli e di averne perso uno. Ormai ci ha fatto l'abitudine anche lei e io, da parte mia, ho cercato di fare credere ai miei familiari di ricordare qualcosa. Penso sia questo che mi ha confuso: arrivato a un certo punto, non sono più riuscito a distinguere fino in fondo che cosa fosse reale e che cosa non lo fosse.» Oliver fece una breve pausa, poi azzardò: «Adesso potremmo parlare di te? Il portiere ha detto che hai un figlio...»
«Sì, ha quattordici anni e studia all'estero.»
«Come si chiama?»
«Thomas.»
«Thomas era anche il secondo nome di Patrick Herrmann.»
«Wow, sei proprio un vero fanboy, sai tutto di lui.»
«Questa non è un'informazione così scottante. Nella maggior parte delle sue biografie è riportato il suo nome completo.»
«È comunque curioso che un fanboy di Herrmann come te sia andato ad abitare in quello che una volta era il suo appartamento.»
Oliver annuì.
«Sì, è curioso, ma è stato un caso. Cercavo un appartamento in affitto e mi sono ritrovato ad abitare là.»
«E questo ha avuto effetti sulla tua sensazione di vicinanza?»
«Preferirei non parlare degli effetti.»
«Hai ragione, scusa se sono stata indiscreta.»
«No, figurati. Non...» Oliver fu interrotto da un cellulare che squillava. «Scusa, è il mio.» Lo prese fuori dalla tasca della giacca. «Temo di dovere rispondere. Per te è un problema?»
«No, affatto.»
Oliver si alzò in piedi e uscì dal locale, scelta condivisibile, non solo per questioni di privacy, ma anche per il brusio delle voci dei presenti.
Rientrò parecchi minuti più tardi.
Selena si informò: «Qualche problema?»
«Era il mio capo, per una questione di lavoro» le spiegò Oliver. «Comunque, per rispondere alla tua domanda, no, non c'è nessun problema, solo una faccenda, per così dire, di routine.»
Oliver aveva appena terminato di pronunciare quelle parole quando la cameriera fu di ritorno portando loro i piatti che avevano ordinato per cena.
Selena decise di rimandare a un secondo momento le questioni serie. Durante la consumazione si limitarono a conversare occasionalmente, sempre senza toccare questioni di particolare importanza. Selena ne approfittò per raccontargli un po' del proprio lavoro: non c'era nulla di privato in ciò che faceva, anzi, farsi conoscere professionalmente era esattamente quello che le serviva vista la decisione di lasciare lo studio di Lionel Vincent per aprirne uno proprio.
Soltanto più tardi, mentre attendevano che la cameriera portasse loro il conto, l'argomento Patrick Herrmann tornò ad affacciarsi sui loro discorsi.
«Mi farebbe piacere, un giorno, leggere il tuo libro» azzardò Selena. «Qualora tu dovessi riuscire a pubblicarlo, oppure lo facessi autonomamente sul tuo blog, vorrei che mi informassi.»
Oliver le strizzò un occhio.
«Anche tu appassionata della Diamond Formula?»
«Abbastanza da essere venuta a Valencia per vederla da vicino.»
«Lo so, avrei dovuto capirlo da questo, ma non è così scontato: capita spesso di trovare nel paddock dei vip che non sanno niente di motori, solo perché hanno amicizie con team principal o piloti, oppure perché gli organizzatori dei gran premi hanno deciso di invitarli per farsi pubblicità.»
«Io, però, non sono una vip.»
«Giusta considerazione.»
Selena sospirò.
«Ad ogni modo non sono qui soltanto per passione. Ho conosciuto molto bene il tuo idolo, in passato. Diciamo che eravamo molto legati.»
«Avevo sentito dire qualcosa del genere» ammise Oliver, «Ma non ho dato credito a questi... mhm... pettegolezzi da portineria.»
«Non mi sorprende scoprire chi sia stato fonte di questi pettegolezzi.»
Per fortuna Patrick non le pose domande invadenti. Si limitò a proporle: «Visto il tuo legame con Patrick Herrmann, penso di poterti fare leggere qualche frammento. Ho qualche stralcio in back-up sulla mia casella di posta, mi basta il tuo indirizzo e-mail per mandarti qualcosa. Posso farlo anche subito, così magari inizi a leggere qualche pezzo prima di andare a dormire.»
«Dici sul serio?!»
Era evidente che Oliver non scherzasse: aveva già preso fuori lo smartphone dalla tasca e le chiese, prontamente: «Mi dai il tuo indirizzo e-mail?»
«Mandami tutto su selenabernard_design@***.com, è quella che leggo sul telefono.»
 
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[...] "Seppure al giorno d'oggi nessuno metta più in discussione lo status della Diamond Formula come classe regina del motorsport a ruote scoperte, sono ancora in tanti a chiedersi come sia stato possibile, per quella che un tempo era una serie 'di nicchia', conquistare così tanto spazio e così tanta popolarità.
I fattori sono stati tanti e il primo decennio degli anni 2000 è stato determinante per far diventare la Diamond Formula quella che è attualmente. Da un lato si possono ricercare questioni tecniche e burocratiche: fin dai tardi anni '90 era apparsa sempre più simile a una sorta di Formula 1 per 'garagisti', con costi più contenuti e nessun team detentore di potere. Le squadre non potevano condizionare a loro piacimento i regolamenti futuri e l'unico modo per svettare era lavorare meglio, avere tecnici migliori e piloti migliori delle altre scuderie. Ciò avrebbe permesso, dieci anni più tardi, di sopravvivere molto meglio alla crisi economica, e non solo: mentre in Formula 1 costruttori e motoristi decidevano di chiudere i battenti, in Diamond Formula il numero delle squadre aumentava. La categoria aveva avuto il via con otto squadre, per poi salire a nove, nonché di lì a pochi anni a dieci e poi a dodici, tanto da dovere inserire un tetto massimo di iscritti.
Il lato più economico e pratico della serie, tuttavia, non sarebbe bastato per fare affezionare il pubblico. Si può affermare che la promozione fu azzeccata fin da subito e che, mentre i campionati maggiori optavano per trasmettere le proprie competizioni sulle Pay TV, la Diamond Formula non ha mai intrapreso questa strada: il modo migliore per raggiungere la maggiore fetta di pubblico è appunto avere un pubblico il più ampio possibile. Non tutti sono disposti a firmare costosi abbonamenti per seguire il motorsport, ma soprattutto la quantità di persone disposte a farlo per una categoria poco conosciuta è ancora minore. Contratti televisivi azzeccati, buon utilizzo delle piattaforme web, prima il sito ufficiale con l'annesso forum disponibile in varie lingue, dopodiché i social network con l'esplosione di questi ultimi.
Al senso di vicinanza con il pubblico si sono mescolati altri dettagli, capaci di sopperire alla mancanza di nomi considerati di alto livello tra le squadre. Albatros, Dynasty Racing e Whisper Motorsport non significavano niente per l'appassionato medio, eppure la competizione intensa e brillante ha permesso loro di attirarsi numerosi fan, mentre lottavano per il titolo mondiale. Le loro vetture dai colori sgargianti, in un'epoca in cui i tifosi si lamentavano della pacatezza delle livree nei campionati tradizionali, sono entrate nell'immaginario collettivo, il tutto a fare da contorno a storie suggestive, quelle che ogni squadra e ogni pilota portava con sé come bagaglio.
Certo, quando si parla di piloti della Diamond Formula non si può negare che le partecipazioni occasionali di piloti di alto livello provenienti da altre categorie, comprese Formula 1 e Indycar, abbiano contribuito ad aprire gli occhi del grande pubblico e a focalizzarli sulla serie stessa, ma alla fine, a scrivere la storia, erano i piloti presenti al via dell'intera stagione, quelli che lottavano per il titolo e non per infiammare il pubblico soltanto nelle occasioni speciali.
Patrick Herrmann era uno di loro. Incondizionatamente amato o incondizionatamente odiato, senza alcuna via di mezzo, da parte di tifosi, team principal, altri piloti, addetti ai lavori e stampa, il pilota dalla doppia cittadinanza tedesca e svizzera è stato senza ombra di dubbio un nome di primo livello, fin dai brillanti esordi, per passare poi a un'inevitabile ascesa. Riusciva a spingere al massimo vetture anche meno competitive della concorrenza e strappava sempre ottime prestazioni in qualifica. In gara raramente sbagliava, ritrovandosi sempre tra i protagonisti sia delle sprint race sia delle gare principali di ogni evento.
Mentre nella gara breve la maggior parte dei piloti cercavano di non rischiare troppo per garantirsi una buona posizione sulla griglia di partenza all'indomani, Herrmann riusciva sempre a trovare quell'estro che lo portava a rendere appassionanti anche le sprint race, in un primo momento snobbate da parte degli appassionati. Aveva qualcosa in più ed erano in tanti ad esserne consapevoli." [...]
 
******
 
«Fanculo, chi cazzo crede di essere, Patrick Herrmann?!»
L'urlo di Claudia Strauss riecheggiò nel box del team Albatros, dopo il grave errore commesso dalla sorella Christine.
Non era nuovo che il nome di Patrick venisse citato più o meno a caso, nel paddock, per cui Selena non vi diede peso. Conosceva la reputazione del suo defunto fidanzato ed erano in molti a condividere il pensiero di Oliver Fischer in proposito: quando c'era da correre qualche rischio non si tirava mai indietro, ma i successi arrivavano in quantità di molto superiore rispetto agli insuccessi. I piloti che tentavano di fare come lui, con maldestre imitazioni, spesso facevano la fine di Christine Strauss, costretta al rientro in pitlane dopo un incontro ravvicinato con le barriere del circuito.
Qualcuno si era messo le mani tra i capelli, mentre i meccanici addetti al pit-stop correvano fuori ad accoglierla per tentare di salvare il salvabile. Da salvare, tuttavia, c'era ben poco, l'indomani Christine avrebbe dovuto partire dalle retrovie, vanificando gli sforzi del giorno precedente. Era veloce, Christine Strauss, ma erano molte le ragioni per cui non aveva mai eguagliato i successi della sorella.
Quest'ultima, dopo le esternazioni contro Christine, tornò in fretta alla calma. Scene come quella appena avvenuta erano all'ordine del giorno, ma Claudia Strauss era dotata di un'innata capacità di guardare avanti.
Quando tutto fu finito scambiò qualche parola con Selena, non disdegnando di fare previsioni per l'indomani.
«Con la strategia giusta, tutto può succedere. In fondo basta un ingresso della safety car per stravolgere un gran premio.»
Selena non replicò. Trovare qualcosa da dire era complicato: nonostante il rapporto di amicizia con la team principal non avrebbe saputo come commentare una simile affermazione, né era sicura di parteggiare per Christine Strauss.
Per fortuna Claudia cambiò argomento molto in fretta.
«Ieri sera, allora, sei uscita con il tuo amico giornalista?»
«Amico è una parola grossa» replicò Selena. «L'ho appena conosciuto.»
Claudia ridacchiò.
«Puoi sempre metterci una buona parola. Fa sempre comodo avere amici che lavorano per la stampa o per la televisione.»
«Credo che Oliver sia molto fissato con il vintage, più che con le competizioni di oggi» le confidò Selena. «Mi ha anche menzionato, in modo casuale, il tuo podio a Montecarlo nel 2007.»
Gli occhi di Claudia si illuminarono.
«Meravigliosa gara, quella del 2007. Avrei potuto vincere, se non avessi passato troppo tempo a lottare con Edward. Purtroppo permettemmo a un outsider di avvicinarsi e poi di raggiungerci.» La Strauss fece un sospiro. «Visto chi era quell'outsider, mi sarebbe piaciuto tanto riuscire a batterlo, per dimostrare che noi della Diamond Formula potevamo lottare alla pari con dei pluricampioni di Formula 1, per quanto quel pilota avesse un'età piuttosto avanzata.»
«Sei sicura che fosse così vecchio? Si era appena ritirato dalla Formula 1...»
«Giusto, aveva trentotto anni, ma veniva considerato alla stregua di un vecchio decrepito. La Diamond Formula, quantomeno, ha contribuito a cambiare un po' le cose. L'età è solo un numero, per noi.»
 
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[...] "Fu il suo estro a condurre Herrmann verso la Whisper Motorsport, ufficialmente in qualità di 'terzo pilota'. Ai tempi, con soli otto team, ciascuno schierava tre monoposto, di cui tendenzialmente soltanto due affidate a piloti ritenuti davvero competitivi, dal momento che soltanto i due piloti meglio classificati contribuivano a fare punti anche per la classifica delle scuderie. La squadra britannica fu la prima a invertire questo trend, affiancando Patrick Herrmann ad altri due piloti di alta fascia: l'argentino Emiliano Diaz e l'inglese Keith Harrison.
Patrick Herrmann vinse il suo primo titolo ad appena ventidue anni, ripetendosi anche l'anno seguente, arrivando in certe occasioni ad annientare completamente la concorrenza, su quella vettura viola brillante che faceva tanto sognare una nuova generazione di appassionati di motori. Sembrava inarrestabile, ma la crescita costante di Dynasty Racing rischiò di essere fatale alla Whisper. La squadra monegasca, dopo l'acquisizione da parte di Scott Young, ritrovò la competitività andata perduta nelle ultime stagioni, mettendo in difficoltà anche lo stesso Herrmann.
Il pilota iniziò a ricevere le prime critiche e anche il suo status privilegiato all'interno della squadra iniziò a vacillare, negli anni seguenti. Anche i vertici del team sembravano essersi stancati di lui. Il trattamento, a detta di alcuni privilegiato, che aveva ricevuto fino a quel momento divenne in seguito solo un vecchio ricordo e spesso Patrick si ritrovò relegato dietro ai suoi stessi compagni di squadra, ancora ugualmente legati al team.
Ormai considerati un binomio che non funzionava più, Patrick Herrmann e il team Whisper erano destinati a un'ormai preannunciata separazione, ma un destino avverso si frappose tra loro e l'inevitabile split. Vittima di quel fato crudele fu Emiliano Diaz. La sua morte cambiò tutto e prolungò la permanenza di Herrmann presso la squadra con la quale aveva conosciuto il grande successo qualche anno prima. La causa dell'incidente nel quale il sudamericano aveva perso la vita venne attribuita a un errore di guida del pilota stesso, spiegazione che tuttavia non convinse Patrick. La già poca fiducia che nutriva nei confronti della squadra venne meno, mentre più si intensificava in lui il sospetto che a contribuire alla triste fine di Diaz fosse stato invece un guasto meccanico. Più di una volta si lasciò andare con la stampa a dichiarazioni 'compromettenti', mettendo in dubbio l'operato dei meccanici della Whisper Motorsport, venendo criticato non soltanto dalla dirigenza della squadra, ma anche all'esterno di essa. Il suo comportamento fu prevalentemente disprezzato ai tempi, salvo poi essere riconsiderato in un momento successivo. Specie dopo i vari cambi di proprietà, la Whisper Motorsport stessa si è dissociata dalla sua gestione dei primi anni 2000, arrivando a tagliare definitivamente i ponti con un passato ritenuto da dimenticare.
Patrick Herrmann, tuttavia, non ha mai potuto assistere a questo radicale cambio di mentalità, così come non ha mai visto la trasformazione subita dal motorsport che noi abbiamo potuto ammirare. La sua rottura con la Whisper, giunta a seguito di alcuni "scandali" legati alla sua sfera privata, stravolse il suo futuro, ma non nel modo in cui poteva apparire in un primo momento. Ormai fuori dai giochi, Herrmann sembrava avere chiuso con la Diamond Formula, all'età di soli ventisette anni e senza un team di prima fascia disposto a prenderlo in considerazione.
Fu solo poche settimane prima dell'inizio del suo ultimo campionato che iniziarono a girare voci su un potenziale ingaggio. Si parlava di team di medio livello, o addirittura di squadre da fondo griglia, invece la Dynasty Motorsport sorprese tutti: grazie alla sponsorizzazione di Alexandra Bernard, nome piuttosto noto nel motorsport di fine e inizio millennio, Herrmann avrebbe guidato una delle monoposto verdi e turchesi della squadra del Principato di Monaco, con grande soddisfazione da parte di Scott e Veronica Young, convinti di avere fatto il colpo del secolo.
Se negli ultimi tempi presso la Whisper Racing Herrmann era sembrato soltanto l'ombra di se stesso, alla Dynasty sembrò avere recuperato del tutto lo smalto di un tempo, rivelandosi fin da subito il più veloce tra i piloti del terzetto verde-turchese e il principale contendente al titolo, nonostante una ritrovata Whisper e un Keith Harrison che finalmente si stava mettendo in luce. Non a caso in tanti si chiedono cosa sarebbe accaduto, se a Monaco le cose fossero andate diversamente. Quello che in pochi si chiedono, però, ancora al giorno d'oggi, è chi fosse davvero Patrick Herrmann e se fosse davvero come veniva descritto dai media d'epoca." [...]
 
******
 
Selena non aveva programmato di intrattenersi a conversare con Oliver, quel pomeriggio, ma lo ritenne doveroso. Gli aveva già mandato due righe via e-mail, ma ci teneva a sdebitarsi con lui per avere avuto in anteprima la possibilità di leggere la bozza dell'introduzione del libro.
Lo vide in compagnia di una donna con i capelli biondi tempestati di striature più scure, che riconobbe facilmente come la giornalista Emma Dupont. Colei che un tempo aveva avuto una breve relazione con Patrick non era cambiata molto, negli ultimi quindici anni, anche in termini di vestiario e acconciature, che si conformavano prevalentemente ai canoni di inizio millennio.
Selena attese con pazienza che i due si allontanassero, per andare a raggiungere Fischer. Oliver non parve molto sorpreso di vederla e le sue parole lo confermarono: «Sapevo che saresti venuta a dirmi cosa ne pensi.»
Selena annuì.
«Sì, è stata una lettura interessante.»
Oliver alzò le spalle.
«Era solo un'introduzione, nulla di scottante.»
«Nella vita non ci sono solo le cose scottanti» replicò Selena. «Non sono sicura che Patrick nascondesse qualcosa di scabroso.»
Oliver abbassò lo sguardo.
«Beh, un po'...»
Selena raggelò.
«Intendi scrivere anche della sua vita privata?»
Oliver si affrettò ad alzare gli occhi e a rassicurarla: «Non c'è niente di cui tu debba preoccuparti.»
Selena gli ricordò: «Anch'io ho fatto parte della vita privata di Patrick Herrmann.»
«Te l'ho detto, non c'è niente di cui tu debba preoccuparti» ribadì Oliver. «Gli unici aspetti della sua vita privata che intendo toccare nella mia ricostruzione sono quelli che hanno influenzato in qualche modo la sua carriera... compreso il rapporto che aveva con la sua impresaria.»
Alexandra Bernard aveva avuto una relazione con Patrick Herrmann, per tale ragione aveva deciso di sponsorizzarlo e di evitare che la sua carriera naufragasse: era questo, a quanto pareva, ciò che Oliver Fischer intendeva scrivere nel suo libro.
Selena maledisse il momento in cui gli aveva chiesto di andare a cena insieme, ma al contempo la situazione non sarebbe migliorata, se non l'avesse fatto: il giornalista sarebbe andato avanti con i suoi piani come da programma, ma senza metterla al corrente.
«L'impresaria di Patrick era mia madre» lo informò.
«Lo so» rispose Oliver, senza scomporsi, «Ma il tuo nome non sarà fatto. Tu non hai nulla a che vedere con la storia di Herrmann come pilota.»
«Tra lui e mia madre c'era solo un rapporto professionale» dichiarò Selena. «Non c'è alcun bisogno di inventare cose che non stanno né in cielo né in terra solo per suscitare clamore mediatico. Non è giusto sfruttare falsi gossip per diventare popolari. Mia madre non merita di...»
Oliver la interruppe: «Non intendo scrivere niente di infamante su nessuno. E poi, da quando ti interessa di tua madre? Secondo il portiere, non avete contatti. Solo, ogni tanto tua madre manda dei regali a tuo figlio, in occasione delle festività o del suo compleanno.»
Selena spalancò gli occhi.
«Il portiere ti ha raccontato anche questo?!»
«Quell'uomo ha la lingua piuttosto sciolta. A volte esagera.»
«Me ne sono resa conto, ma non è il solo a esagerare. Come ti permetti di chiedermi cosa succede tra me e mia madre?»
Oliver precisò: «Non ti ho chiesto che cosa succede o che cosa sia successo in passato tra te e lei.»
«Sei stato comunque invadente.»
«A volte devo esserlo.»
«Quello che fai nel tuo lavoro non mi riguarda. Mi interessa solo che tu non ti intrometta nella mia vita.»
«Ti ho già detto che tu non sei l'oggetto del mio lavoro. Purtroppo non è colpa mia se la donna che ti ha messa al mondo ha sponsorizzato Patrick Herrmann e se lo portava a letto.»
«E se anche fosse? Mia madre ha sempre detto che sponsorizzava Patrick perché lo riteneva uno dei piloti più talentuosi della Diamond Formula. Tu stesso hai scritto che lo era. Chiunque lo pensava, anche se in tanti ce l'avevano con lui, quando era in vita. Ti è così difficile pensare che una donna ragioni con la testa e non con la vagina?»
Oliver sospirò.
«Mi stai mettendo in bocca parole che non ho mai detto, Selena. Il fatto che quei due avessero una relazione non è così segreto, in questo ambiente. Chi aveva a che fare con la Diamond Series all'inizio del millennio sa tutto.»
Selena scosse la testa.
«No, non è vero, non sanno tutto... e se tu fossi un vero fan di Patrick Herrmann, sono certa che non vorresti vedere venire alla luce la verità.»
Oliver fece un mezzo sorriso.
«Non neghi più la loro relazione, adesso?»
«Sono una persona pragmatica. Non posso negare qualcosa che, comunque, intendi scrivere lo stesso.»
«Stai dicendo che è vero?»
«Sto solo constatando che sei disposto a tutti pur di fare carriera o pur di guadagnare, nonostante le tue belle parole. Non è un problema: forse posso aiutarti a ottenere quello che desideri anche senza dovere compromettere mia madre.»
«Non capisco cosa intendi.»
«Significa che sono una donna ricca e posso pagare il tuo silenzio.»
Oliver scosse la testa.
«No, tu non sei così, Selena. O meglio, non voglio farti i conti in tasca, sicuramente non te la passi male, ma non è da te pagare per far tacere le persone.»
Selena obiettò: «Non mi conosci. Non puoi sapere che cosa sia da me e che cosa non lo sia.»
Oliver ignorò quelle parole.
«Non voglio soldi.»
«Vuoi affermarti come giornalista, allora? Va bene, sarà un po' più difficile, ma non c'è problema, posso aiutarti anche in questo.»
«E come intendi fare? Sentiamo, sono curioso.»
«Conosco un sacco di gente» gli spiegò Selena. «Non è mia abitudine, ma non mi costa niente raccomandarti alle persone giuste. Tu avresti quello che vuoi e io potrei avere ancora una vita tranquilla.»
«È un'idea molto suggestiva» ribatté Oliver, «Ma sono costretto a rifiutare. Credo che tu non mi abbia capito, e non ti biasimo, dato che non sai niente di me, ma ti assicuro che tutto ciò che mi interessa è l'emergere della verità. Voglio che si sappia cos'ha portato Patrick Herrmann ad accettare l'ingaggio della Dynasty e, di conseguenza, la sua successiva morte.»
«Ti sembra così assurdo che la Dynasty potesse essere interessata a Patrick Herrmann?»
«Per niente.»
«Allora perché non ti concentri su questo, invece di preoccuparti di chi si portasse a letto?»
«Lo vorrei, Selena. Lo vorrei con tutto me stesso, ma Patrick Herrmann non mi ha lasciato scelta. Le sue frequentazioni l'hanno condotto verso la fine che ha fatto e questo è un dettaglio innegabile.»
«Invece lo si può negare» lo contraddisse Selena. «Va bene, se Patrick non fosse stato appiedato dalla Whisper Motorsport forse la sua carriera sarebbe proseguita in modo diverso, ma prima o poi se ne sarebbe andato comunque. L'hai scritto anche tu, nella tua introduzione: i rapporti tra lui e la squadra erano ormai compromessi. Dopo la morte di Diaz, era convinto che il team avesse cercato di coprire le proprie responsabilità, che l'incidente non fosse stato solo colpa del pilota... anzi, che non fosse per niente imputabile a Diaz, oppure che lo fosse soltanto in parte minore. Non si fidava più della squadra con cui aveva gareggiato per anni. Non poteva andare diversamente, anche se non avesse incontrato mia madre. In un modo o nell'altro sarebbe riuscito comunque ad avere quel volante alla Dynasty. Il suo modo di guidare non sarebbe cambiato. Avrebbe dato il tutto per tutto lo stesso, a Montecarlo, alla fine della stagione... e sarebbe morto lo stesso. Se è la verità che ti interessa, concentrati su questo. Concentrati sul fatto che il suo obiettivo fosse vincere un altro titolo e soprattutto che non fosse disposto ad accontentarsi del secondo posto quando si trovava a lottare proprio con la Whisper.»
«Sei una persona meravigliosa, Selena.»
«Come, prego?»
«Sei una persona meravigliosa. Ti ostini a vedere il lato positivo di chiunque...»
Selena non lo lasciò finire.
«No, non è così. Non è vero che cerco di vedere il lato positivo di chiunque. Cerco solo di non focalizzarmi su quelli negativi, specie quando ormai non c'è più niente da fare.»
 
******
 
Tutto suggeriva che Alexandra non fosse affatto felice di avere Selena intorno. La stanza nella quale la ospitava era poco più di una semplice camera degli ospiti e ciò che era rimasto dai suoi precedenti soggiorni presso la madre era stato spostato altrove. Non c'era dubbio che i vecchi abiti lasciati negli anni precedenti fossero stati chiusi in uno scatolone e piazzati su uno degli scaffali della cantina.
Selena sapeva di non essere nessuno, ma sperava almeno che la madre non avesse buttato via tutto. Fu animata dall'intenzione di recuperare indumenti che le appartenevano, se uscì dall'appartamento e scese le scale, diretta verso la cantina.
Tutto ciò che aveva in mente era un vestito che le piaceva molto e che aveva portato tanto un paio di anni prima, era curiosa di scoprire se le stesse ancora bene. Quei quattro piani di scale avrebbero dovuto separarla soltanto da quell'obiettivo.
Non entrò mai in cantina.
Dall'interno udì provenire delle voci chiaramente riconoscibili.
«Non puoi fingere che quello che c'è stato tra di noi non esista» stava dichiarando Alexandra, nel momento in cui Selena iniziò ad ascoltare. «Io mi sono esposta per te, ho fatto tanto per te...»
«Per favore, Alex» la supplicò Patrick, interrompendola, «Cerca di capirmi. La mia vita non può ruotare tutta intorno a te. Mi sono stancato di essere una marionetta tra le tue mani.»
«Però non ti sei stancato di essere tornato a vincere. Non ti sei stancato di essere ancora nella Diamond Formula, di contare ancora qualcosa. Non saresti mi arrivato dove sei senza di me.»
«Mi stai sottovalutando, Alex. Mi hai sempre sottovalutato.»
Alex.
Nascosti da tutto e da tutti - o almeno così credevano - la "signora Alexandra" diventava semplicemente Alex. La prima volta Selena aveva pensato di avere capito male, ma non c'erano più dubbi.
Era palese, ormai, che i due le avevano nascosto qualcosa, sia sua madre, quando sosteneva che Patrick fosse soltanto lavoro per lei, sia Patrick, quando parlava della sua vita sentimentale passata. Su una cosa, comunque, aveva detto la verità: aveva spesso avuto a che fare con le donne sbagliate e non c'era dubbio che Alexandra Bernard fosse una di queste.
Alexandra, da parte sua, sembrava ferma sulla propria posizione.
«Tu eri una nullità. Hai deciso tu stesso di diventarlo, quando non hai più fatto niente per emergere. Ti sei messo contro chiunque... e adesso ti stai mettendo contro anche me. Avevamo un accordo...»
«Mi sono rotto le palle di essere il tuo toyboy» replicò Patrick. «Hai sempre saputo che cosa c'era davvero tra di noi. Hai sempre saputo che...»
«Sì, l'ho sempre saputo» lo interruppe Alexandra. «Ho quarantadue anni, non sono giovane come tutte le fighe senza cervello che ti girano intorno. Però valgo mille volte di più di tutte loro e non ti ho mai impedito di scoparti chi volevi. Non voglio esclusive su di te, voglio solo non contare meno delle altre.»
«È troppo tardi.»
«No, affatto. Io sono disposta a passare sopra ai tuoi errori.»
«Non è un errore. Io sono innamorato di un'altra persona.»
Alexandra rise.
«Innamorato? Tu?! Ma non scherzare! Tu non sai nemmeno cosa significhi.»
«Vuoi insegnarmelo tu?» ribatté Patrick, sprezzante. «Tutto ciò che hai fatto è stato cercare di comprarmi e adesso mi tieni legato a te con i tuoi ricatti.»
«Ti ho dato la possibilità di avere al tuo fianco una donna di classe. Tu, invece, vuoi buttare via tutto per una di quelle puttane da quattro soldi...»
«Le "puttane da quattro soldi" con cui sono stato erano tutte donne migliori di te. E comunque no, la ragazza che amo non è chi pensi tu.»
«Non importa che cosa penso io. Quello che conta è cosa pensa lei... e vedrai, non hai scampo: anche lei tornerà dal marito o dal fidanzato che adesso sostiene di volere lasciare per stare con te.»
«Questa ragazza non ha un fidanzato o un marito. Ha solo me e io voglio stare solo con lei.»
«Chi è?»
«Non posso dirtelo.»
«Tanto prima o poi lo scoprirò lo stesso e ti conviene stare attento a quello che fai. Posso distruggere sia te sia lei prima ancora che tu abbia il tempo di difenderti.»
«No, non ce la farai, Alex. Non riuscirai a metterti tra me e Se-...»
Se-...
Selena rabbrividì.
Patrick stava parlando di lei.
Le aveva nascosto un aspetto fondamentale della propria vita, ma voleva mettere fine a tutto per lei.
Alexandra lo esortò a completare quel nome: «Se...?»
«Sandy. Si chiama Sandy.»
«Segno del destino, allora. Per caso il suo nome completo è Alexandra? Magari è un segno e presto capirai che l'unica Alexandra della tua vita sono io.»
 
******
 
Selena strinse i denti, fece un profondo respiro, poi tentò l'unica altra soluzione possibile.
«Se non sei disposto a tacere, né in cambio di soldi né di una raccomandazione, possiamo almeno parlarne con tranquillità, in un altro momento, per cercare di trovare una soluzione che vada bene per entrambi?»
Si aspettava un altro rifiuto, ma Oliver accettò.
Selena fece un sospiro di sollievo.
«Grazie. Non sai quanto sia bello sentirti dire che per te va bene.»
Oliver accennò un sorriso.
«Penso che ti convenga aspettare, prima di pensare di avere scampato ogni pericolo. Ho detto che sono disposto a parlarne per metterci d'accordo, non che intendo fare tutto quello che mi chiedi.»
«È comunque un punto di partenza.»
«Su questo posso darti ragione. Ora, però, scusami, ma devo andare. Possiamo incontrarci la prossima settimana? Mi va bene sia a casa mia sia a casa tua.»
«Va bene» concesse Selena. «Sono disposta ad aspettare fino a lunedì.»
Sarebbe stata dura, ma ce l'avrebbe fatta, sforzandosi di provare ancora un po' di interesse per il Gran Premio previsto per il giorno seguente. Non voleva deludere Claudia Strauss, che era stata così gentile a invitarla, nonostante fosse una cara amica di uno dei principali rivali di sua sorella e di tutto il team Albatros. A volte glielo chiedeva espressamente, se parteggiasse per Edward Roberts. Selena aveva sempre negato, ma solo perché dopo quindici anni di menzogne era diventata una professionista quando si trattava di inventarsi una realtà fittizia. Mentire sul tifo e sulle simpatie sportive, quantomeno, era innocuo, un lusso che in altri ambiti non poteva permettersi.
 

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Capitolo 4
*** [Oliver] ***


Oliver camminava da solo sulla spiaggia, incurante del vento che gli gettava la sabbia addosso. Il cielo era nuvoloso e l'ora del crepuscolo sempre più vicina. Le condizioni meteo gli suggerivano di tornare a casa, ma non poteva permettersi di comportarsi nella maniera più ovvia.
Per quanto non avesse idea della sua precisa identità, Oliver sapeva di aspettare una persona, qualcuno che avrebbe potuto incontrare soltanto lì, su quella spiaggia, e non da altre parti.
Lo vide arrivare da lontano e solo allora, tutto d'un tratto, ebbe chiaro chi fosse. Quel giorno, mentre scendeva la sera, Oliver avrebbe incontrato Keith Harrison. Non aveva idea di che cosa volesse esattamente da lui, ma sapeva di dovergli parlare, non poteva fare altrimenti.
Non sapeva come accoglierlo, che cosa dire: era un perfetto sconosciuto per l'ex pilota della Diamond Formula, o almeno così pensava. L'altro, tuttavia, si comportò come se sapesse esattamente chi fosse e se non ci fosse bisogno di presentazioni.
Si limitò ad affermare: «Ci hai messo tanto tempo. Ho dovuto aspettarti a lungo.»
Per quanto Oliver avrebbe potuto sostenere il contrario, gli parve che le parole di Harrison avessero perfettamente senso.
«Sono desolato» mormorò. «Non era mia intenzione.»
Keith Harrison ridacchiò.
«Non fa niente. Mi posso permettere di attendere, da quando i giorni hanno smesso di avere un significato.»
Oliver annuì.
«Va bene. Perché siamo qui?»
«Sei sempre andato di fretta, anche una volta. Raccontami un po', come sta Emma?»
«Emma?!»
«Sì, Emma, so che lavorate insieme.»
«Sta bene» gli riferì Oliver. «A volte rompe un po' troppo le palle, ma potevano capitarmi colleghi peggiori. Ne ho avuti, negli scorsi anni.»
«Cara, carissima Emma...» borbottò Keith Harrison. «Meno male che non ha mai sospettato niente, era convinta fossero solo mie fantasie. Questo le ha permesso di non subire ritorsioni e di non mettersi in pericolo.»
«Ti assicuro che Emma non è affatto in pericolo» replicò Oliver. «Non hai niente di cui preoccuparti, se la cava benissimo anche senza di te, Harrison.»
«Keith» lo corresse l'altro.
«Scusa, non mi viene spontaneo chiamare per nome gli sconosciuti.»
«Sì, ma noi non siamo sconosciuti. Per quanto tu possa rifiutarti di accettare la realtà, almeno io so chi sei.»
Oliver alzò gli occhi al cielo.
«Non ho idea di che cosa tu stia parlando, ma va bene lo stesso. C'è qualcos'altro che vuoi sapere?»
«Mi sono giunte voci poco rassicuranti.»
«Come fanno queste voci ad arrivarti?»
«Diciamo che non ho molto da fare e mi tengo impegnato cercando di scoprire che cosa stia succedendo a certe persone con cui abbiamo avuto a che fare in passato.»
«Bene. Che voci ti sono arrivate?»
«Un certo Oliver Fischer vuole scrivere un libro su Patrick Herrmann.»
Oliver riferì: «Fischer sono io e ti confermo che sto lavorando a quel progetto.»
«Quell'Oliver Fischer si è anche trasferito nell'appartamento accanto a quello di Selena Bernard e ha avuto a che fare con lei.»
«Sì, ti posso confermare che quell'Oliver Fischer ha conosciuto Selena Bernard circa due settimane fa e che da allora ha fatto di tutto per approfondire la conoscenza.»
«Cosa ti sei messo in testa?»
«Niente di cui tu debba preoccuparti.»
«Mi preoccupo eccome, invece. Perché l'hai messa in mezzo?»
Oliver sospirò.
«Stammi a sentire, Harrison. Selena Bernard mi sta aiutando a scremare gli eventi del passato per la biografia di Patrick Herrmann. Avevo intenzione di scrivere cose scottanti, che però potrebbero turbarla, se divenissero di dominio pubblico. Siccome Selena mi piace e mi trovo bene con lei, intendo essere il più possibile rispettoso del suo punto di vista relativamente a certe faccende.»
«Cosa c'è tra te e lei?»
«Non vedo in che modo la cosa possa riguardarti.»
«Hai ragione, non mi riguarda» ribatté Keith, «Dato che non sono io quello che rischia la vita.»
«Come sei esagerato» sbottò Oliver. «Guarda in faccia la realtà, nessuno sta rischiando la vita.»
«Come la fai facile. Davvero sei convinto di non sapere fino a che punto possano spingersi?»
«Sì, lo so fino a che punto si sono già spinti, chiunque siano i responsabili, ma non possono fare niente contro di me. Un conto è un sabotaggio, un altro dovere eliminare una persona di punto in bianco, senza avere un modo per farlo senza destare sospetti.»
Keith insisté: «Io rimango del parere che non avresti dovuto coinvolgere Selena Bernard.»
«Selena Bernard è già coinvolta, da sempre» puntualizzò Oliver. «Io, da parte mia, non sto facendo niente per buttarla in mezzo a una situazione con cui non deve avere a che fare. Quella donna mi piace, tutto qui. Mi sembra che si stia aprendo con me e che questo le faccia bene. Il portiere del palazzo dice che gli è sempre sembrata un po' chiusa, come se volesse sfuggire ai legami...»
Keith non lo lasciò finire.
«Guarda, di quello che pensa il portiere del palazzo me ne frega proprio meno di zero. Quello che conta è che tu non faccia casini e che la verità venga alla luce. Pensi di potercela fare?»
«Cercherò di fare del mio meglio» lo rassicurò Oliver, «Ma mi sembra difficile riuscire a dimostrare qualcosa. Posso magari far nascere qualche sospetto e far sorgere qualche ombra, ma non posso fare molto. Purtroppo quella gente è considerata piuttosto rispettabile e non ci sono molti modi per convincere gli altri del contrario. Perfino Edward Roberts, che ho sempre considerato una persona saggia, dimostra di non essere capace di capire di chi sia giusto fidarsi e di chi no.»
«A proposito, tra le varie voci che mi sono giunte ce n'è una anche su Edward Roberts. Sbaglio o quell'Oliver Fischer di cui stavamo parlando prima sta cercando di avviare una campagna mediatica contro di lui?»
«Ti sbagli, e anche di grosso. Va bene, a volte sono stato poco... mhm... poco elegante, se così possiamo dire, nei suoi confronti, ma non ho mai fatto niente di inappropriato né ho cercato di mettere la gente contro di lui. Ho solo messo in chiaro che secondo me è un pilota finito.»
«E questo, ovviamente, non ha niente a che vedere con le sue frequentazioni o con i suoi legami di lavoro.»
«Ovviamente.»
«Come no. Raccontalo a qualcun altro. Quando vuoi qualcosa te lo prendi, annientando chiunque si metta sulla tua strada.»
«Come sei melodrammatico, Harrison.»
«Keith, prego.»
«Harrison, Keith... qualunque sia il modo in cui vuoi essere chiamato, rimani sempre troppo melodrammatico. Non sto annientando nessuno, né mi sto mettendo contro nessuno. Sono solo un giornalista e voglio fare il mio lavoro. Anzi, nello specifico sono un giornalista affascinato da Selena Bernard e oltre a volere fare il mio lavoro voglio anche uscire con Selena Bernard.»
«Siete già arrivati a quel punto, quindi.»
«Siamo usciti insieme, punto e basta. Siamo andati in un locale a bere qualcosa insieme e siamo venuti a fare qualche passeggiata sulla spiaggia. Non c'è stato altro tra di noi, anche se confesso di essermi dovuto trattenere per non farmi avanti.»
«E ora cos'hai in mente?»
«Con Selena niente. Domani devo partire per Roma, per la copertura del Gran Premio cittadino dell'Eur. Non la vedrò fino al mio ritorno.»
«Mi raccomando, non tormentare Edward.»
«Roberts è in una botte di ferro. Non posso neanche dire niente contro di lui, visto che a Valencia è arrivato sul podio quando nessuno avrebbe scommesso più un solo centesimo su di lui. Ti dirò, mi ha sorpreso. Non guiderà mai come Patrick Herrmann, ma ci sono le sue buone ragioni se è rimasto nella Diamond Formula per così tanti anni.»
Keith gli strizzò un occhio.
«Edward guida molto meglio di Patrick.»
«Dici così solo perché non l'hai mai potuto sopportare.»
«Ti sbagli. Io e Herrmann andavamo d'accordo, prima che si portasse a letto mia moglie. Poi, alla fine, stavamo entrambi dalla stessa parte e credevamo in un obiettivo comune. Ma non c'è bisogno di spiegarti queste cose. Sei davvero sicuro di non ricordare, Oliver Fischer?»
Oliver scosse la testa.
«Davvero, non capisco di che cosa tu stia parlando.»
«Prima o poi lo capirai, ne sono certo» replicò Keith. «Spero solo che non sia troppo tardi.»
 
******
 
Lontana dal paddock, Veronica Young poteva sembrare una qualsiasi quarantenne elegante. Nel bar nel quale era seduta nessuno sembrava fare caso a lei, se non per lanciare qualche occhiata chiaramente dettata dalla sua bellezza. Veronica, da parte sua, sorseggiava il suo tè senza curarsi del mondo circostante, nemmeno di Oliver che la teneva d'occhio già da un po'. Riuscire a trovarla non era stato affatto semplice ed era servita la collaborazione di Emma, alla quale aveva dovuto rifilare innumerevoli scuse.
Oliver decise di non indugiare ulteriormente - aveva già sprecato abbastanza tempo, cercando di rievocare qualcosa di indefinibile come un incontro puramente onirico - e si avvicinò alla team principal, che si rese conto della sua presenza soltanto quando le domandò: «Posso sedermi?»
Veronica mise da parte la tazza, alzò gli occhi e lo riconobbe subito.
«Fischer?»
Oliver si accomodò di fronte a lei, pur senza averne ancora avuto l'autorizzazione.
«Esatto, sono proprio io. Vedo che il mio nome non passa inosservato.»
«Tu dovresti essere il fan di Christine Strauss, che non fa altro che smontare gli altri piloti con allusioni trash alla loro presunta incapacità.» Veronica accennò un sorriso. «Che cosa ti porta a pensare che la Strauss sia invece così fenomenale?»
«Ammiro Christine Strauss, come pilota e come mia connazionale» puntualizzò Oliver, «Ma non ho mai fatto niente per mettere in cattiva luce gli altri piloti. Spesso ci pensano già da soli.»
«Spero che tu non sia qui per dirmi che hai da ridire anche sul mio lavoro di team principal.»
«Oh, no, per niente. Ammiro chiunque riesca a gestire un team da tanti anni.»
«Meglio non ricordare quanti. Seppure fossi giovanissima all'epoca, non mi piace che la gente pensi troppo alla mia età.»
«Un'età portata benissimo.»
«Grazie, ma non c'era bisogno che tu me lo dicessi, Fischer» ribatté Veronica. «Me ne rendo conto da sola ogni volta in cui mi guardo allo specchio. Se sei venuto qui solo per ricordarmi che sono una bella donna, hai fatto un viaggio a vuoto.»
«Non sono qui per questo» puntualizzò Oliver. «Volevo parlare di una persona con cui hai avuto a che fare molto tempo fa.»
«Ovvero?»
«Ovvero Patrick Herrmann.»
Veronica alzò le spalle.
«Herrmann è morto e sepolto. Io guardo avanti, non indietro.»
«Herrmann sarà anche morto, ma è stato un grandissimo pilota.»
«Esatto, e molti hanno iniziato a definirlo un grandissimo soltanto dopo la sua morte.»
«È un grande classico.»
«Esatto, e per tale ragione preferirei non essere ipocrita come tutti gli altri.»
«Patrick Herrmann è stato campione del mondo due volte e avrebbe potuto vincere addirittura un terzo titolo» le ricordò Oliver. «In molti lo stimavano come pilota, durante la sua carriera, anche se non era proprio formidabile quando si trattava di farsi apprezzare come persona.»
«Te lo concedo, Herrmann è stato davvero un grandissimo pilota, ma non capisco perché dovrei perdere tempo a parlare di lui con un giornalista. Che cosa vuoi sapere su Patrick? Perché non ti preoccupi di quello che succede al giorno d'oggi in Diamond Formula? Il tuo lavoro è questo, dopotutto.»
«Non mi pongo limiti, quando si tratta di lavoro. Patrick Herrmann è una figura che mi ha sempre affascinato.»
«Buon per te, ma io cosa posso farci?»
«Potresti rispondere a una mia domanda.»
«Non mi hai fatto domande.»
«Per forza, non hai fatto altro che replicare che Herrmann non ti interessa e che non dovrebbe interessare nemmeno a me. Io, però, ho intenzione di scrivere un libro su di lui, che l'idea ti piaccia o no.»
Veronica, che fino a quel momento era apparsa comunque piuttosto rilassata, si fece più rigida.
«Come sarebbe a dire che vuoi scrivere un libro su Herrmann?»
Oliver azzardò: «L'idea ti turba?»
«No, affatto, perché dovrebbe?»
«Già, perché dovrebbe?»
Veronica tagliò corto: «Cosa vuoi chiedermi, Fischer? Si sta facendo tardi e domani sarà una lunga giornata di lavoro, almeno per me. Gradirei andare via e andarmene a letto, se per te non è un problema.»
«Nessun problema, non ti impedirei mai di dormire nella serenità più totale, è quello che ti meriti.»
«Smettila di parlare in modo improponobile e vieni al dunque: cosa vuoi?»
Era arrivato il momento, Oliver sapeva di non potere più rimandare. I suoi minuti con Veronica si erano ormai esaurito, almeno per quella sera, e doveva fare presto. Le domandò, quindi, a bruciapelo: «La Dynasty avrebbe ingaggiato Herrmann, ai tempi, anche se non fosse intervenuta Alexandra Bernard?»
Veronica spalancò gli occhi.
«Alexandra Bernard?! La madre della tua amica?»
Oliver sussultò.
«Di che amica parli?»
«Frequenti Selena Bernard o sbaglio?»
«Come lo sai?»
«Non importa come lo so. Potresti chiedere a Selena di farti parlare direttamente con sua madre, se proprio ti interessa così tanto questa faccenda.»
«Invece ne parlo con te.»
Veronica scosse la testa con fermezza.
«No, mio caro Fischer, non ne parli con me perché me ne sto andando. Per me Herrmann era semplice lavoro, e il lavoro di quindici anni fa non ha importanza, al giorno d'oggi. Non ricordo con chiarezza i dettagli contrattuali a distanza di così tanti anni, né ha alcuna utilità per me andare a ripescare vecchie storie che non portano da nessuna parte. Buona notte, giornalista.»
 
******
 
Il cielo si stava nuovamente riempendo di nubi, ma ancora una volta non importava. Oliver non era in grado di spiegarsi perfettamente come e quando avesse lasciato l'Italia, ma era tornato al punto di partenza, dove Keith Harrison lo attendeva ancora da una volta.
L'altro lo salutò con un cenno della mano, sorridendo impassibile alla sabbia portata in aria dal vento.
«Temevo che non saresti riuscito a venire, stanotte.»
Oliver aggrottò la fronte.
«Notte?»
Era a malapena l'ora del tramonto, una giornata serena a quell'orario sarebbe stata ancora piena di luce.
Keith ignorò il suo commento. Volle piuttosto sapere: «È successo qualcosa di nuovo a Roma?»
Non vi erano ragioni per cui Oliver dovesse riferirgli la sua conversazione con Veronica, ma si ritrovò comunque a farne menzione.
«Ho parlato con la Young.»
«Quando?»
«In un bar, stasera.»
Solo dopo avere pronunciato quell'ultima parola si rese conto del paradosso che stava vivendo: la sera era già passata, eppure era ancora giorno.
Doveva avere l'aria smarrita, dal momento che Keith Harrison ci tenne a rassicurarlo: «Può sembrarti strano, ma non lo è. Quando ti sveglierai, ti sembrerà di avere sognato.»
Dunque quello era un sogno, così come lo era il loro incontro precedente.
«Perché ti sto sognando?»
«Non mi stai sognando, è tutto vero. Noi non siamo qui, nel posto che vedi. Sei tu che te lo immagini così, perché ti è difficile calarti in un'altra atmosfera. Deve essere stato per lo scambio, forse vedi il posto in cui la tua strada si è incrociata con quella del ragazzino.»
«Non ti seguo. Di cosa stai parlando, di quale ragazzino?»
«Non mi dire che sei ancora in piena fase negazionista.»
Oliver alzò gli occhi al cielo.
«Ma negazionista di cosa?! Non so nemmeno di cosa stai parlando, come potrei negarlo?»
«Stai calmo, Oliver Fischer» ribatté Keith. «È così che ti chiami adesso, giusto?»
«È così che mi sono sempre chiamato.»
«Sì, come no...»
«Perché mi hai convocato qui?»
«Non sono io che ti ho convocato. Sei tu che sei venuto, di tua spontanea volontà. È un po' come quella volta in cui hai chiesto disperatamente il mio aiuto, perché sapevi di non potertela cavare da solo.»
«Smettila di parlare per enigmi» lo supplicò Oliver. «È la seconda volta in cui ti vedo, non ti ho mai chiesto niente. Temo che tu mi abbia scambiato per qualcun altro, deve essere questo il motivo per cui sono qui.»
Keith rise.
«È fantastico vederti così smarrito. Se non fosse una situazione seria, sarebbe bello poterlo raccontare in giro.»
«Non mi sembra che tu sia in grado di raccontarlo in giro» replicò Oliver. «Perché non ti limiti a fare quello che fanno tutti quelli nelle tue condizioni?»
«Quelli che sono nelle mie stesse condizioni si potrebbero comportare esattamente come me, per quanto ne sai tu. Smettila di fare il saccente e, se proprio non ricordi nulla del tuo passato, raccontami almeno com'è andata a finire con Veronica.»
«Ehi, aspetta, come fai a sapere del mio passato?» replicò Oliver. «Come sai del mio incidente e della mia amnesia?»
«Che tu sia vittima di un'amnesia, e anche bella pesante, non è certo un mistero» rispose Keith, «Però non sono la tua balia, non è affare mio. Parlami di Veronica, cosa vi siete detti?»
«Niente di che» ammise Oliver, abbandonando per il momento i propri dubbi su come Keith Harrison fosse venuto a conoscenza del suo incidente passato, nonché il senso che non riusciva ad afferrare di molte affermazioni dell'ex pilota. «Ho provato a chiederle di Patrick Herrmann e lei ha iniziato a vaneggiare sul fatto che sia stato glorificato dopo la morte.»
«Tutti veniamo glorificati dopo la morte, non c'è niente di nuovo. Perfino Diaz veniva considerato un pluricampione del mondo, dopo il suo incidente.»
Oliver non commentò i risultati di Diaz, in quanto non di suo interesse in quel contesto - e in realtà nemmeno in altri.
«Si capiva che non aveva voglia di parlare di lui, ha cercato di girarci intorno finché ha potuto e quando l'ho messa alle strette mi ha suggerito di parlarne con Alexandra Bernard, dato che sono amico di sua figlia. Ecco, c'è una cosa che non mi spiego, come faccia Veronica a sapere chi frequento.»
«A volte, invece di cercare spiegazioni, sarebbe meglio prendere precauzioni» gli consigliò Keith. «Se Veronica è venuta a sapere che tu e Selena Bernard siete amici, può venirlo a sapere anche chiunque altro, tra cui persone poco raccomandabili.»
«Perché, Veronica è raccomandabile?»
«Non lo so, non l'ho mai capito fino in fondo. Sei tu quello che l'ha conosciuta meglio.»
«Io?!»
«Va beh, lasciamo stare, che tanto sei un po' troppo rintronato per capire certe cose. Cerca di fare mente locale e di ricordare chi sei davvero, se proprio non vuoi concentrarti su un'altra cosa fondamentale: toglierti dalla testa Selena Bernard.»
«No, su questo non mi convinci. Io non smetto di frequentare chi voglio solo perché c'è gente che si impiccia.»
«Poi, quando inizieranno i veri problemi, non dirmi che non ti avevo avvertito. Hai sempre fatto di testa tua e non è mai andata bene, neanche una volta!»
Oliver sbuffò.
«Sei peggio di mia madre!»
«A proposito di tua madre, provo compassione per quella poveretta. Immagino che tu stia parlando della signora Fischer...»
«Esatto, di madre ne ho solo una.»
«Deve avere pensato di avere un figlio completamente pazzo.»
«No, ti sbagli. È sempre stata molto soddisfatta di me, nonostante tutto.»
«Mi fa piacere. Almeno nella tua vita quotidiana sei riuscito a trovare il tuo posto.»
«Qualcosa del genere.»
«A maggior ragione, non ti resta altro da fare che trovarlo anche qui. Cerca di non chiudere gli occhi. Se tu fossi chi credi di essere, non potresti essere al corrente di certi fatti. Chieditelo: come sai cosa successe a quei tempi? Non hai doti di chiaroveggenza, sei semplicemente...»
«No» lo interruppe Oliver. «Non sono nessuno. Sono quello che vedi, niente di più, e preferirei che i nostri incontri terminassero qui.»
«Non è me che devi convincere, ma il tuo subconscio» ribatté Keith. «Temo sarà molto difficile. Quando Oliver Fischer chiude gli occhi e si addormenta, entri in gioco tu.»
«Da come parli, sembra che Oliver Fischer sia posseduto.»
«No, Oliver Fischer non è posseduto. Semplicemente il ragazzino che era un tempo non è più qui. Non c'è mai stato, da quando hai memoria. Il suo spirito è libero, ha varcato il confine che avresti dovuto varcare tu.»
 
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Per quanto Emma Dupont avesse imparato a memoria il discorso da fare per la registrazione del servizio che sarebbe stato trasmesso l'indomani prima della sprint race, Oliver non poté fare a meno di notare quanto apparisse spontanea. Qualcuno, di tanto in tanto, aveva insinuato che non sarebbe finita a lavorare alla televisione, se non fosse stata la moglie di Keith Harrison, ma la gente, a quanto pareva, preferiva andare in giro con il paraocchi.
Oltre ad avere un viso che bucava lo schermo, Emma Dupont era molto di più e la sua voce lo confermava, mentre narrava, senza mai essere pesante, i fatti significativi della stagione.
«Appena due settimane prima del Gran Premio di Singapore, che lo scorso autunno ha aperto il campionato, era stata avanzata dai team la proposta di rivedere il punteggio della sprint race, in quanto ritenuto sproporzionato, con soltanto cinque punti per il vincitore e rispettivamente due e un punto per i piloti che si classificano sui gradini più bassi del podio. Il sistema, in effetti, pare in contrapposizione con il punteggio della gara, che dà punti a tutta la top-ten, con quindici punti al vincitore, dieci al secondo classificato, otto al terzo e poi, via a scalare, da sette a un punto ai piloti che si classificano dalla quarta alla decima posizione. Nessuna revisione, tuttavia, è stata attuata, ma non sembrava un problema di Edward Roberts, che ha dominato l'evento di Marina Bay. Partito dalla pole position nella sprint race, ha conquistato i cinque punti della vittoria, salendo a venti l'indomani, quando ha vinto la main race davanti a Shinji Nakamura e Christine Strauss. I piloti del team Albatros erano partiti rispettivamente dalla quarta e dalla quinta posizione e si sono confermati come i suoi avversari più accaniti. Il giapponese e l'austriaca hanno conquistato le prime due posizioni nella sprint race del successivo Gran Premio, quello di Hong Kong, mentre Roberts ha dovuto accontentarsi di un terzo posto. Il giorno seguente era in lotta per la vittoria con Nakamura, quando i due sono stati protagonisti di un contatto, che ha aperto le porte a Christine Strauss. Roberts ha rimontato in seguito fino alla nona posizione guadagnando almeno due punti, mentre il giapponese è stato costretto al ritiro.»
Preso com'era dall'ascoltare la narrazione di Emma, per poco Oliver non dimenticò che era arrivato il momento del suo intervento.
«Christine Strauss si è portata in testa alla classifica, con quella vittoria nel secondo evento della stagione» riferì, «Due lunghezze in più di Edward Roberts. Nakamura, invece, era terzo in classifica con quindici punti, ma avrebbe avuto occasione di rimontare con la vittoria sia nella sprint race sia nella gara principale del successivo Gran Premio di Macao.»
La parola tornò a Emma: «Il prestigioso evento un tempo riservato alle vetture di Formula 3 ha visto sia la Strauss sia Roberts in netta difficoltà, con i due costretti a partire dalle retrovie nella sprint race. Sarebbero risaliti rispettivamente al nono e al decimo posto, rimediando tuttavia un gap consistente in termini di punteggio da Shinji. La fortuna, però, non era dalla parte di Nakamura, che in sprint race al Gran Premio di Hanoi, l'ultimo dei quattro disputati nel continente asiatico, si è reso protagonista di un brutto incidente, nel quale ha riportato una frattura alla gamba sinistra, infortunio che l'avrebbe costretto a saltare anche il successivo Gran Premio di Adelaide, disputato in Australia un mese più tardi.»
Dopo la sintesi di Emma, Oliver continuò: «Era fermo a quota trentacinque punti, mentre quelli di Edward e Christine continuavano ad aumentare: per Roberts un secondo e un terzo posto a Hanoi, poi un terzo posto e una vittoria ad Adelaide, per la Strauss due vittorie a Hanoi, seguite da una sprint race non all'altezza in Australia, poi da un ottavo posto nella gara principale. A quel punto i due erano appaiati in classifica a cinquanta punti, entrambi con tre vittorie, per Edwards due in main race, per la Strauss una sola, con due vittorie in sprint race. Nakamura, sotto di quindici punti, era richiamato a una grande rimonta al suo ritorno.»
«Ciò, tuttavia, non è accaduto. L'evento successivo era il Gran Premio di Sao Paulo, sul circuito cittadino sul quale ha gareggiato in passato anche il campionato di Indycar. Il giapponese, ricevuta l'autorizzazione dei medici a scendere in pista, è stato tuttavia costretto a un forfait dopo le prove libere. Da parte loro, Christine Strauss ed Edward Roberts, non hanno tuttavia approfittato più di tanto della situazione.»
A quel punto Oliver dimenticò totalmente di riprendere la parola, non perché fosse affascinato dalle parole di Emma, ma perché, in lontananza, gli era parso di intravedere Veronica Young.
Qualcun altro, al posto della Dupont, non si sarebbe comportato come fosse stata una diretta. Emma, invece, decise di proseguire al posto di Oliver, con un'improvvisazione tanto spontanea quanto accurata: «La vittoria della sprint race è andata a Marco De Rossi, il pilota italiano compagno di squadra di Roberts, finalmente autore di una prestazione all'antezza, mentre la Strauss ha portato a casa almeno il punto del terzo posto. L'indomani, invece, il team Whisper ha conquistato la prima vittoria della stagione. La squadra, che per tradizione affida, per eventi selezionati, le proprie vetture a piloti one-off di alto profilo, è stata ricompensata per la propria decisione: davanti al pubblico brasiliano, la vittoria è andata a un pilota di casa, in passato nome di spessore della Formula 1, per la gioia degli spettatori in giubilio, oltre che per la sua stessa gioia, dato che non aveva mai vinto il suo gran premio di casa in un campionato internazionale. Edward Roberts, da parte sua, ne ha approfittato per battere Christine Strauss: giungendo terzo, è salito a cinquantotto punti in classifica, uno in più della rivale, che ha tagliato il traguardo al quinto posto.»
Il resto del servizio fu tutto in calare, per Oliver. Ormai distratto da ciò che aveva visto - nulla di che, in realtà, semplicemente Veronica Young nel paddock - si limitò a cercare di non fare sfigurare la collega, aiutandola a rievocare gli eventi di Città del Messico, nel quale la Strauss aveva vinto ambedue le gare davanti a Edwards, secondo in entrambe le occasioni, e Buenos Aires, dove Nakamura era tornato alla vittoria in sprint race, quando ormai era troppo tardi per la classifica generale, e i due principali avversari, a secco di punti al sabato, si erano ripresi alla domenica, Roberts vincendo dalla quarta casella della griglia di partenza, salendo così a settantacinque punti, e la Strauss cogliendo un misero settimo posto, che tuttavia le aveva permesso di rimanere in vetta, con ottantuno punti, situazione che si era ribaltata a Valencia, quando giungendo secondo nella gara principale era salito a ottantacinque.
«Come tutti ricorderete» concluse Oliver, «La vittoria della sprint race è andata, a sorpresa, a un celebre veterano dei campionati di motociclismo che nel corso degli anni non ha disdegnato di mostrare le proprie prodezze anche su mezzi a quattro ruote. Il successo è giunto al volante di una delle vetture del team Whisper e per giunta, l'indomani, pur non ripetendosi, è arrivato nuovamente a podio, al terzo posto, dietro a Nakamura e a Roberts.»
Per fortuna poco dopo le telecamere si spensero e quel servizio, ormai divenuto uno strazio, giunse finalmente al termine. Oliver decise di andare da Veronica Young, per tentare di chiederle nuovamente delucidazioni a proposito dell'ingaggio di Patrick Herrmann.
Non riuscì a raggiungerla e gli venne da chiedersi quale sarebbe stata la reazione di Keith Harrison nell'apprendere che non aveva concretizzato il proprio intento. Quel pensiero lo fece rabbrividire subito dopo, dato che Keith Harrison era morto quindici anni prima.
 
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Le nubi formavano striature macchiate di rosso, nel cielo al tramonto. Il vento si era placato, come se l'imminente maltempo avesse cambiato idea e deciso di dare tregua. Il meteo, tuttavia, non aveva alcun significato per Oliver, che camminava ancora una volta lungo la spiaggia, con addosso la spiacevole sensazione che qualcuno lo stesse tenendo d'occhio. Si aspettava di vedere comparire Keith Harrison da un momento all'altro, ma l'ex pilota decise di non apparire al suo cospetto.
Continuò a camminare lungo la spiaggia, consapevole di essere alla ricerca di qualcuno. Non aveva idea di chi lo stesse aspettando e quando vide due persone che discutevano tra di loro comprese che in realtà né lo attendevano né potevano vederlo, come se tra di loro ci fosse un muro, un muro che per Oliver era trasparente, mentre non lo era per chi stava dall'altra parte.
A conversare sulla spiaggia erano una donna minuta dai vaporosi capelli ramati e una ragazza bionda vestita in maniera poco appariscente, una giovanissima Selena Bernard ben lontana dalla donna elegante che sarebbe diventata e che Oliver avrebbe conosciuto in un'altra vita. Era insieme alla madre, Alexandra Bernard, e non vi erano dubbi chi, tra le due, avesse in quel momento il coltello dalla parte del manico.
Selena scuoteva la testa, nell'udire le parole della madre. Alexandra, da parte sua, non sembrava affatto turbata dalla reazione della figlia e insisteva: «Dobbiamo fare come ti dico, non ci sono alternative.»
«Invece credo che di alternative ce ne siano» replicò Selena. «Quello che hai in mente non ha alcun senso.»
«Invece ne ha eccome» insisté Alexandra. «Rifletti, Selena, hai vent'anni e non hai niente in mano. Perfino il tuo ragazzo è in punto di morte e non ha possibilità di sopravvivenza... sembra quasi un segno del destino, non credi? Un giorno finirai per essere contenta che Patrick si sia levato di torno, rendendo tutto questo possibile.»
Selena spalancò gli occhi.
«Che cosa stai dicendo?»
«La verità.»
Selena riprese a scuotere la testa.
«No, non sai quello che dici.»
Alexandra sospirò.
«Va bene, va bene, non sei ancora pronta per accettare la verità, ma non importa. Un giorno capirai che la morte di Patrick - che speriamo arrivi il prima possibile - è stata una liberazione per entrambe.»
«Patrick non è ancora morto» puntualizzò Selena. «Non puoi dire che...»
Alexandra non la lasciò finire.
«Invece posso dire tutto quello che è opportuno. Sii realista: le ferite che ha riportato non gli possono lasciare scampo, i miracoli non esistono. E se anche dovessero esistere, sarà meglio che non ne capiti uno stavolta. Lo capisci che sarebbe un problema non da poco?»
«E tu ti rendi conto che stai parlando di Patrick come se la sua stessa esistenza fosse un problema?»
«Lo è, lo è sempre stata. Mi dispiace per te, so che ci tenevi a lui, ma la tua vita potrebbe essere migliore senza di lui.»
«Talmente migliore che hai già deciso che vuoi sconvolgerla definitivamente.»
«Avrai tutti i comfort che ti servono. Ti darò soldi, molti soldi. Più di quanti tu possa immaginare. Ti lascerò casa mia, quando non saremo più costrette a nasconderci.»
«Nasconderci?!»
«È inevitabile, dovremo nasconderci per un periodo e trovare una persona disposta ad aiutarci. A questo, comunque, ci ho già pensato.»
«Ti stai comportando come se io ti avessi già detto di sì.»
«Perché mi dirai di sì.»
«Tu sei pazza.»
«No, Selena, sei tu che saresti pazza a rifiutare. Lo sai, vero, che non puoi dirmi di no?»
«E, sentiamo, perché non posso?»
«Perché hai già rovinato la mia vita una volta e non ti permetterò di farlo di nuovo. Non puoi rifiutarti, non dopo quello che hai fatto.»
Selena obiettò: «Non ho fatto nulla e lo sai bene.»
Alexandra rise, sprezzante.
«Ti sei presa tutto quello che volevi, quindi adesso è giusto che sia io a prendere quello che voglio. E sai benissimo cosa voglio. Non sarei mai libera, se facessimo in un altro modo.»
«Ci sono altre alternative.»
«Sì, ci sono, ma ho deciso di fare di testa mia» precisò Alexandra, «E tu non mi metterai i bastoni tra le ruote. Non sei nella posizione di poterlo fare. Non sarà un grosso fardello per te. Metterò a tua disposizione persone che possano aiutarti, se non vuoi trovarle da sola. Un giorno mi ringrazierai per quello che ho fatto per te.»
«Ne dubito.»
«Sì, invece, perché se non accetterai troverò un modo per rovinarti una volta per tutte. Non mi sarà difficile, sai che conosco tanta gente che conta e che posso influire sulla vita delle persone.»
«Mi stai dicendo che...»
Alexandra la interruppe: «Sto dicendo che nella vita bisogna affrontare le conseguenze delle proprie azioni. Sei liberissima di dirmi di no, ma se rifiuterai sarò pronta a distruggere tutto ciò che cercherai di costruire nella tua vita. Non hai alternative. Hai voluto intrometterti in faccende che non ti riguardavano e adesso devi pagare per quello che hai fatto. Dopotutto ti sto comunque concedendo di vivere una vita più che agiata, di potere continuare i tuoi studi e di abitare in un appartamento meraviglioso. I lati positivi superano di gran lunga quelli negativi, non credi?»
Selena abbassò lo sguardo.
«Non so cosa dire.»
«Non importa che tu non sappia cosa dire adesso» rispose Alexandra. «So già cosa dirai, quando sarà il momento giusto. Dopotutto tra poco rimarrà solo una cosa di Patrick Herrmann... e sarà suo figlio.»
Oliver rabbrividì.
Non c'erano dubbi, aveva capito bene, Alexandra Bernard aveva nominato il figlio di Patrick Herrmann... ed era abbastanza chiaro quale fosse la sua identità.
«Non è possibile» replicò tuttavia Selena. «Non è possibile che sia il figlio di Patrick.»
In effetti, dai calcoli che Oliver aveva fatto, Thomas Bernard doveva essere stato concepito poco prima del giorno in cui Selena e Patrick si erano conosciuti, ma in tal caso di chi poteva essere figlio? Era nel bel mezzo di quella riflessione, quando una voce alle sue spalle richiamò la sua attenzione.
«A quanto pare non puoi fare a meno di venire da me.»
Oliver si voltò di scatto.
«Harrison, che cosa ci fai qui?»
«La vera domanda non è cosa ci faccio io, ma cosa ci fai tu» ribatté Keith, «Ma ormai è inutile cercare di spiegartelo. Cosa vuoi da me?»
«Non voglio niente da te. Stavo ascoltando loro...» Girò la testa in direzione delle due Bernard, ma non vide nessuno. «Non ci sono più.»
«Chi?»
«Selena e sua madre.»
«Capisco. Era un ricordo, immagino.»
«Un... cosa?»
«Forse Selena e Alexandra Bernard erano qui, quando avvenne lo scambio. Devi avere visto o sentito qualcosa che poi hai rimosso, come tutto il resto.»
«Non ti capisco. Ti costa così tanto parlare chiaro?»
«Non penso spetti a me parlare chiaro. Non so cosa potrebbe succedere se i tuoi ricordi passati fossero risvegliati all'improvviso. In fondo hai la vita di Oliver Fischer da vivere, potrebbe essere un grande casino.»
Oliver allargò le braccia.
«La vita di Oliver Fischer è già un grande casino.»
«È successo qualche imprevisto?»
«Non ancora.»
«Pensi possa accadere qualcosa?»
«Non lo so. So solo che non sono più concentrato come dovrei, ormai ho in mente solo Patrick Herrmann e quello che lo riguarda. Mi sembra quasi di essere ossessionato da lui. Forse dovrei mettere in stand-by il mio libro.»
«Temo sia troppo tardi.»
«Troppo tardi per cosa?»
La risposta di Keith fu alquanto sibillina: «Per tornare indietro. Se continui a venire qui e a pensare al passato, non penso che tu possa avere scampo. Forse tutto ciò che devi fare è ricordare. Ti lascio andare. Vai a cercare la tua verità.»
Per un attimo, Oliver rimase senza parole. Infine domandò: «Cosa intendi?»
Era troppo tardi: Keith Harrison non c'era più, come se si fosse volatilizzato. Era scomparso allo stesso modo in cui erano svanite nel nulla Selena e Alexandra poco prima.
Oliver riprese a camminare, mentre il vento riprendeva a soffiare e si faceva progressivamente più buio. Infine un lampo squarciò in due il cielo. Fu allora, quando i suoi occhi incrociarono il bagliore di quella saetta, che Oliver Fischer, giornalista sportivo ossessionato da Patrick Herrmann, rammentò come tutto era iniziato, con addosso la certezza che avrebbe ricordato anche dopo il proprio risveglio.
 
******
 
Quando Oliver bussò alla porta, dall'interno giunse la voce di Emma: «Avanti, non è chiuso a chiave.»
Oliver aprì e varcò la soglia della camera della collega. La Dupont era seduta sul letto e indossava una t-shirt bianca abbinata a un paio di pantaloncini da pigiama. Evidentemente aveva scelto di non cambiarsi in attesa del suo arrivo.
«Allora?» gli domandò. «Perché avevi tutta questa fretta di vedermi?»
Oliver chiuse la porta alle proprie spalle e si appoggiò alla parete.
«Ho bisogno di parlare con te di qualcosa di urgente.»
Emma sospirò.
«Vorrei sperarlo. Sono le due e un quarto di notte. Mi auguro vivamente che il motivo per cui mi hai chiamato sia così importante da non potere aspettare almeno fino alle sette o alle otto di domani mattina, o per meglio dire, di stamattina.»
«Sì, certo, non ti avrei disturbata in piena notte, se non fosse stato per una buona ragione» la rassicurò Oliver. «Ti devo fare alcune domande su quello che ricordi di... mhm... di quei tempi.»
Emma borbottò: «Di... quei tempi?! E, sentiamo, quali sarebbero quei tempi e perché hai deciso, alle due di stanotte, che improvvisamente erano importanti?»
«Non riesco a togliermi dalla testa che sia partito tutto da Emiliano Diaz.»
«Tutto... cosa?! E perché sei venuto qui per parlarmi di Diaz? Ti rendi conto di quanti anni sono passati dalla sua morte?»
La reazione di Emma Dupont era più che lecita, ma Oliver non era disposto ad arrendersi all'evidenza e ad andarsene. Doveva approfondire più che poteva e doveva farlo subito.
«Patrick Herrmann era convinto che il team avesse commesso dei gravi errori e che la morte di Diaz dipendesse da quegli errori. Te ne ha mai parlato?»
«Perché avrebbe dovuto parlarmene?»
«Tu e Patrick avete avuto una relazione...»
Emma si prese la testa tra le mani.
«Una delle cose più stupide che io abbia mai fatto nella mia vita. Non avrei dovuto mettermi con lui nemmeno se fossi stata single, figurarsi rischiare di mandare a monte il mio matrimonio per un tipo del genere.»
«Perché? Era così terribile?»
«No, affatto. Solo, non eravamo compatibili come coppia, quindi era meglio evitare.»
«Ad ogni modo» realizzò Oliver, «Non hai risposto alla mia domanda. Ti ricordi che cosa ti abbia detto Patrick a proposito di Emiliano Diaz?»
«Non ti ho mai detto che Patrick me ne abbia parlato» puntualizzò Emma.
«Ma l'avrà sicuramente fatto.»
«Sì, ogni tanto mi ha accennato all'argomento, però non gli ho mai prestato troppa attenzione. Volevo restarne fuori.»
«In che senso?»
«Lavoravo già per la Formula Diamond ai tempi e, conoscendo Patrick, avevo la sensazione che volesse trascinarmi dalla sua parte e convincermi a scrivere qualcosa che avrebbe potuto compromettere la mia carriera. Io non sarei stata d'accordo. Ero giovane e appena agli inizi, non potevo permettermi di farmi dei nemici... soprattutto senza avere le prove che quanto affermava Herrmann fosse vero.»
Oliver le si avvicinò.
«Ti ringrazio per avermelo riferito. Adesso, però, ho un'altra domanda. A quei tempi avevi sicuramente paura che Patrick Herrmann cercasse di manipolarti, se ti parlava di Emiliano Diaz. Però non avresti avuto la stessa paura, immagino, se a riferirti qualcosa su Diaz fosse stato il tuo amato marito perfetto. Quindi quello che ti chiedo, adesso, è se anche Keith Harrison ti abbia mai parlato di Diaz.»
Emma annuì.
«Keith ha sempre avuto gli stessi sospetti di Patrick, però ha preferito tenere un profilo più basso. Il suo obiettivo non era quello di infangare il nome della squadra per cui gareggiava.»
Oliver obiettò: «Patrick voleva portare alla luce la verità, non infangare il nome di qualcuno.»
«Permettimi di dubitarne» replicò Emma. «Ho conosciuto Patrick bene abbastanza da rendermi conto che non faceva niente per niente.»
«Tutto ciò è ridicolo!» sbottò Oliver. «Patrick non avrebbe mai finto di essere davvero interessato alla sorte di Diaz solo per spargere merda sul team!»
«Non ho detto questo» obiettò Emma. «Solo, non l'avrebbe fatto se non avesse già avuto buone ragioni per volersi allontanare dal team. Keith è rimasto dalla loro parte fino all'ultimo, finché non ha avuto la certezza che avevano qualcosa da nascondere. Patrick, invece, li ha abbandonati al primo sospetto.»
«Insomma, mi stai dicendo che Keith Harrison era l'uomo perfetto che Patrick Herrmann non sarebbe mai potuto diventare.»
Emma sbuffò.
«Non sono una persona portata per pensare male, quindi non voglio pensare che tu mi abbia svegliata alle due di notte per lamentarti del fatto che ho amato mio marito più di quanto abbia amato il tuo pilota preferito.»
Oliver ignorò quel commento, anche perché era giunto il momento di passare a un altro aspetto piuttosto rilevante.
«Ho bisogno di chiederti un'altra cosa e mi serve che tu faccia uno sforzo per ricordare, anche se la domanda ti sembrerà un po' strana.» Attese una reazione da parte di Emma, ma la sua collega non parlò. Oliver si ritenne quindi autorizzato a proseguire. «Dopo la morte di Patrick Herrmann, cos'hanno fatto Alexandra Bernard e sua figlia? Che tu sappia, sono rimaste in contatto con qualcuno della Dynasty? O con qualcun altro che possa sapere cos'abbiano fatto e dove siano state nei mesi successivi?»
Emma si alzò in piedi di scatto.
«C'è una cosa che ti sfugge, Oliver.»
«Ovvero?»
«Ovvero che sono una giornalista sportiva, non l'addetta alla posta del cuore della Diamond Formula. Perché mai avrei dovuto preoccuparmi di Alexandra Bernard una volta che non era più l'impresaria di un pilota? E soprattutto perché avrei dovuto preoccuparmi di quello che accadeva a sua figlia?»
«Non mi interessa perché avresti dovuto farlo. Di sicuro, però, sai qualcosa più di me, che all'epoca ero solo un ragazzino e non avevo mai avuto a che fare con la Diamond Formula. Per me è fondamentale sapere.»
Emma gli ricordò: «Non sono la persona giusta a cui chiedere, se vuoi sapere i loro fatti privati. Selena è una tua amica, dopotutto, mi pare di capire. Puoi parlarne direttamente con lei, non credi?»
Oliver si affrettò a replicare: «No, non posso chiedere direttamente a Selena, perché penso che abbia dei segreti e che non me li rivelerebbe. Anzi, mi caccerebbe via a calci, se le facessi certe domande, e non è quello che voglio.»
«E va bene» si arrese Emma. «Dopo la morte di Patrick, Alexandra Bernard non si è mai più fatta vedere. Selena, invece, anche negli anni immediatamente successivi è riapparsa occasionalmente nel paddock. Era molto amica della moglie di Edward Roberts. Se c'è qualcuno che poteva essere al corrente dei suoi segreti, doveva essere quella donna, Sharon, mi sembra si chiamasse.»
«Esatto, si chiamava Sharon» convenne Oliver, «Ed è morta cinque anni fa a causa di una malformazione cardiaca congenita, quindi non fa al caso mio.»
«Allora c'è Edward Roberts» ribatté Emma, «Ma temo tu ti sia bruciato ogni possibilità di interagire civilmente con lui, dopo le tue sparate di Valencia.»
 

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Capitolo 5
*** [Edward] ***


Le interviste di Emma Dupont al termine delle sessioni di qualifica non erano il momento preferito dell'esistenza di Edward Roberts, ma quel giorno essere intervistato da Emma Dupont al termine della qualifica non gli sembrava affatto negativo. In primo luogo la Dupont lavorava per la stessa rete televisiva di Oliver Fischer, il che significava che non avrebbe dovuto avere a che fare con lui. In più, nella sessione di quel giorno, Edward aveva ottenuto il miglior tempo davanti alle due vetture del team Albatros, guidate da Nakamura e dalla Strauss, quindi era in condizione tale da potere mettere a tacere chiunque si fosse spinto troppo oltre, magari facendogli notare che quattro punti di vantaggio in classifica nei confronti di Christine non avrebbero dovuto farlo sentire tranquillo. Edward non si sentiva tale e sapeva che la sua avversaria era agguerrita tanto quanto lui, se non di più, ma quel fine settimana era iniziato in maniera piuttosto incoraggiante, tanto che perfino Veronica Young distribuiva sorrisi come se non ci fosse un domani.
La team principal, che di solito era piuttosto fredda, per non dire pungente nei suoi confronti, ritagliò perfino qualche minuto per parlare di qualcosa che non fosse il lavoro.
«L'altra volta mi pare di avere notato la tua amica Selena insieme alle sorelle Strauss» lo informò. «Che cosa succede tra di voi? Per caso c'è qualche problema?»
Edward cercò di non mostrarsi troppo sorpreso. Era la prima volta in cui Veronica gli poneva una domanda a proposito di Selena Bernard.
«Non è successo niente» si affrettò a rispondere. «Selena conosce molte persone ed evidentemente Claudia Strauss l'aveva invitata nel box, l'altra volta a Valencia.»
«Non è bello che una tua amica stia così a stretto contatto con i tuoi avversari. L'hai detto a Selena?»
«No, non ne ho parlato con Selena» ammise Edward. «Non mi dà fastidio che sia amica anche di Claudia Strauss. Ha tutto il diritto di frequentare chi vuole, non credi?»
«Oh, sì, certo che lo credo» ribatté Veronica, «Ma in certi momenti mi era sembrato di capire che tra voi ci fosse qualcosa di più di una semplice amicizia.»
Edward scosse la testa.
«Ti sbagli.»
«Scusami, non voglio intromettermi, ma avevo avuto la netta impressione che quella donna ti piacesse. E come darti torto, dopotutto. È bella, elegante, aggraziata, non...»
Edward la interruppe: «Nella mia vita ho amato una sola donna e le cose non sono destinate a cambiare.»
«Quella donna, però, non c'è più» obiettò Veronica. «Credo che tu abbia il diritto di essere felice.»
«Io sono già felice.»
«E solo.»
«Non è necessario avere una partner per essere felici, non trovi?» Edward la guardò negli occhi. «Tu stessa hai lasciato intendere più di una volta che anche per te l'amore non è fondamentale.»
Veronica replicò: «Io sono sposata e non da poco.»
«Lo so, ma tu e tuo marito, in prevalenza, vi limitate a lavorare insieme. Si può dire che siate una coppia più di nome che di fatto.»
«A noi sta bene così. Da parte mia ho cose più importanti a cui pensare, l'amore non è mai stato la mia grande priorità.»
«Nemmeno la mia.»
«Eppure tu e Sharon stavate molto bene insieme, vi ricordo piuttosto affiatati.»
Edward annuì.
«Io e Sharon eravamo affiatati, sì. Il fatto che la amassi così tanto, però, non significa che per me fosse fondamentale amare una persona per essere felice. Stavo con Sharon perché era Sharon, non perché volevo a tutti i costi una donna.»
«Hai ragione, scusa, devo sembrarti un'inguaribile romantica.» Veronica rise. «Che idea assurda, non lo sono mai stata.»
«Infatti, un tempo non te ne sarebbe fregato niente della mia vita privata, a condizione che fossi veloce. Come vedi, te l'ho dimostrato.»
«Se tu fossi veloce a letto tanto quanto al volante, capirei perché non hai una partner.»
Edward strabuzzò gli occhi.
«Veronica, cosa sono questi discorsi? Non sarai un po' stanca? Di solito ti comporti in modo molto più fine, invece adesso sei stata grezza come tuo marito.»
«Hai ragione, per quanto abbiamo poco da condividere, Scott ha una pessima influenza su di me.»
«Non esagerare, di solito non arrivi ai suoi livelli.»
«E farò del mio meglio per non raggiungerli» affermò Veronica. «Ho una reputazione da difendere, dopotutto.»
La Young aveva appena finito di pronunciare quelle parole, quando Edward sentì il cellulare che gli vibrava in tasca.
«Scusa un attimo.»
Lo prese fuori, pensando si trattasse di una telefonata, invece era solo un messaggio. Ironia della sorte, a spedirglielo era stata proprio Selena Bernard.
"Giro fantastico, ma domani ti voglio sul gradino più alto del podio."
Non poté trattenere un sorriso, che evidentemente non sfuggì alla team principal. Veronica, infatti, gli domandò: «Hai ricevuto una buona notizia?»
«Sì. Una mia certa amica, a quanto pare, non tifa per Christine Strauss.»
«Quell'amica di cui parlavamo prima?»
«Proprio lei.»
«Non lasciartela scappare, anche se è solo un'amica. Invitala a venire con te a Imola. Sarà utile per destabilizzare le Strauss.»
«Mi sembra un'idea un po' campata in aria.»
«Quella di destabilizzare le Strauss? Sì, lo ammetto, potrebbe non avere alcun effetto su di loro. Però a Imola devi invitarla, anche per fare vedere che non sei completamente solo e c'è chi ci tiene a te.»
Edward rifletté.
«In effetti, adesso che mi ci fai pensare, non mi sembra una brutta idea. Gliene parlerò appena la vedrò.»
«Perché, progetti di vederla?» si informò Veronica. «Non me l'avevi detto.»
«Non avevo motivi per dirtelo» ribatté Edward, «Soprattutto dopo che hai iniziato a farti delle fantasie su di noi come coppia. Comunque non c'è ancora niente di sicuro, ma Selena mi dice sempre che posso andare a trovarla quando voglio. Mi sta venendo voglia di chiederle se pensa anche lei che sia arrivato il momento giusto. Anche mia figlia sarebbe contenta di vedere Selena, è sempre stata molto affezionata a lei.»
Veronica lo invitò: «Rispondi al suo messaggio. Sono certa che le farà piacere.»
«Oggi ti stai proprio impegnando a dimostrarmi che, sotto la tua maschera di ghiaccio, c'è una persona vera e non un robot.»
«Non sono mai stata un robot, anche se qualcuno mi descrive come tale. Ma del resto i giornalisti dicono e scrivono quello che vogliono. Per esempio quel tizio che lavora con Emma Dupont pensa che tu sia un pilota finito.»
Edward strinse i denti, pensando a quel maledetto Oliver Fischer.
«Lasciamo stare, quello non è un giornalista, è uno stronzo.»
Edward decise che non gli avrebbe permesso, nemmeno indirettamente, di rovinargli quella giornata. Si affrettò quindi a cogliere il suggerimento di Veronica e compose una risposta al messaggio di Selena.
"Spero di avverare i tuoi desideri domani, ma so che, se non succedesse, continueresti comunque a volermi bene."
Lo lesse ad alta voce, poi chiese a Veronica: «Come suona?»
«Benissimo» rispose la team principal, senza giri di parole e con convinzione. «Mandaglielo subito.»
Edward non se lo fece ripetere due volte, seppure fino a pochi minuti prima non si aspettasse di trovarsi in una situazione simile.
«Gli occhi ti si illuminano, quando pensi a lei o parli di lei» osservò la Young, a quel punto. «Se per te non c'è una donna che possa sostituire Sharon, non è in mia intenzione mancare di rispetto alla tua scelta. Però mi è davvero molto difficile credere che Selena Bernard sia solo un'amica, per te. Sono convinta che, in fondo, ti piacerebbe davvero se tra di voi ci fosse qualcosa di più.»
Mentire non sarebbe servito a molto, quindi Edward si limitò a replicare: «Preferirei non parlare di questo, almeno non in questo momento. Ti prego di non offenderti, ma non sarebbe un discorso facile per me.»
Veronica fece un sorriso.
«Figurati, perché dovrei offendermi? Hai tutto il diritto di non informarmi di quello che fai nella tua vita privata... o di quello che vorresti fare. Voglio solo che tu sappia che avresti la mia benedizione, se ti mettessi insieme a Selena.»
«Grazie, ma sono abbastanza certo che non succederà mai.» Siccome non poteva dire la verità, ma non voleva lasciare il discorso in sospeso e aperto a nuove intromissioni, Edward precisò: «Sia io sia lei abbiamo perso prematuramente le persone che amavamo. Non è facile né per me né per lei voltare pagina. Sarebbe un peso troppo grande da sopportare, per tutti e due.»
Veronica non diede segno di non avergli creduto, proprio come lui aveva finto di credere a Selena, quando l'amica aveva affermato di non avere mai dimenticato Patrick Herrmann.
 
******
 
Quando Margaret aveva posto l'inconsueta domanda dettata dall'innocenza dei suoi sette anni, Edward era avvampato.
«Selena, perché non ti sposi con papà? Così potrei avere di nuovo una mamma.»
Per fortuna era andato tutto bene e avevano riso insieme di quella proposta. Quando erano rimasti soli, dopo che Margaret era andata a letto, non ne avevano più parlato ed Edward era ben felice che Selena non tirasse fuori nuovamente il discorso.
Percepiva tra di loro, quella sera, una vicinanza che non aveva mai avvertito prima di allora, ma che aveva sempre sperato, chiedendosi spesso se anche Selena condividesse quella sensazione.
Sembrava finito il tempo delle domande, forse era stata proprio Margaret con le sue parole a scatenare una reazione che nessuno dei due aveva pianificato. Un altro punto di svolta, poi, fu dato dalla stessa Selena, mentre erano seduti l'uno accanto all'altra sul balcone di casa Roberts.
«Posso confidarti una cosa che non ti ho mai detto?»
«Certo.»
«Quando ti ho conosciuto, non mi piacevi molto. Ti trovavo noioso e non capivo perché Patrick avesse una considerazione così alta di te.»
Edward ridacchiò.
«Ora hai cambiato idea, spero.»
«Ho cambiato idea molto tempo fa» ammise Selena. «Quando ho conosciuto Sharon, ho capito che eravate perfetti, sia insieme, sia presi uno per volta.»
«Come mai questo improvviso ripensamento?»
«Perché, appunto, sentivo che Sharon era una ragazza speciale e doveva avere visto in te qualcosa che a me era sfuggito. Non poteva sbagliare.»
Edward adorava il modo in cui Selena rispettava il suo passato. Dopo la morte della consorte si era avvicinato occasionalmente ad altre donne, ciascuna delle quali avrebbe avuto la pretesa che Sharon fosse totalmente dimenticata. Selena non gli avrebbe mai chiesto di mettere da parte sua moglie una volta per tutte, nonostante anche lei dimostrasse di temere di non esserne all'altezza.
Dopo la rivelazione di Selena, toccò a Edward.
«Tu, invece, mi sei piaciuta fin dalla prima volta che ti ho vista. Mi sembravi diversa dalle altre ragazze di Patrick.»
«Ciascuno è diverso a modo suo. Non ero migliore delle altre.»
«Per Patrick lo eri. Lo sai, te l'ho detto mille volte, voleva sposarti.»
«Era una pazzia.»
«Perché? Stavate bene insieme, in fondo.»
«Siamo stati insieme per appena un mese e mezzo e in quel mese e mezzo abbiamo potuto incontrarci poche volte, perché mia madre si opponeva alla nostra relazione.»
A quel proposito, Selena aveva sempre affermato che Alexandra Bernard non ritenesse Patrick l'uomo adeguato per lei, ma Edward non ne era convinto. Aveva sempre avuto l'impressione dell'esistenza di un legame, forse morboso, tra Patrick e la sua impresaria. Si era fatto l'idea, condivisa anche da altre persone che avevano conosciuto entrambi, che Alexandra cercasse semplicemente di tenere Patrick legato a sé. Selena, tuttavia, non aveva mai dimostrato di essere al corrente di una loro ipotetica relazione, per cui Edward aveva sempre evitato di esprimere quel parere in presenza dell'amica.
Per sviare l'argomento anche quella sera, osservò: «Se Patrick non fosse morto, sareste stati senz'altro felici insieme. Si capiva che stavate bene insieme. Patrick stesso mi faceva un'impressione diversa, sembrava più maturo e meno egoista, da quando c'eri tu.»
«Chi può dirlo» replicò Selena, «Chissà come sarebbe finita. La mia vita è stata talmente diversa da quella che pensavo quando avevo vent'anni da non poterlo immaginare. Diciamo che mi sono sempre accontentata di quello che avevo. Tutto sommato non è andata male, anche se sarebbe potuta andare meglio.»
«So che quello che dico può sembrare banale, ma posso capirti. Da quando ho perso Sharon, mi è stato più chiaro quello che devi avere passato.»
Selena lo spiazzò, quando rispose: «Non mi riferivo solo a Patrick, ma anche a quello che è successo dopo. Ormai mi sono messa il cuore in pace su di lui, non c'è più, da tanto tempo, e devo andare avanti. Quello che è successo allora, però, a volte ha condizionato la mia vita. A volte non ho fatto quello che avrei desiderato, mi sono trattenuta.»
A Edward venne spontaneo chiederle: «Cos'avresti voluto fare? Quando hai dovuto trattenerti?»
Si aspettava una risposta dettagliata, nello stile di Selena, ma non arrivò. La sua amica gli si avvicinò di colpo e lo baciò.
Quando le loro labbra si separarono, Selena finalmente parlò.
«Troppe volte non ho seguito l'istinto, perché pensavo ci fosse qualcosa di sbagliato. Una parte di me è sempre stata confinata dentro i limiti che io stessa mi ero imposta.»
«Non c'è niente di sbagliato né in te né in quello che hai fatto» la rassicurò Edward. «Solo, non me lo aspettavo.»
Selena si alzò in piedi.
«Scusa, non avrei dovuto.»
Rientrò in casa ed Edward la seguì.
Q«Non c'è niente di cui tu debba scusarti. Anzi, mi ha fatto piacere.»
Selena accennò un sorriso, ma senza allegria.
«Purtroppo non possiamo fare sempre quello che vorremmo.»
«Invece sì» replicò Edward. «In fondo chi ce lo impedisce?»
Scattò verso di lei e si baciarono di nuovo, mentre Edward si illudeva che tutto potesse cambiare.
 
******
 
Era tardi, ma Veronica doveva dedicarsi a un ultimo dovere prima di andare a letto: una videochiamata con Scott, per discutere di alcune questioni pratiche che nemmeno suo marito poteva continuare a ignorare. Separati dallo schermo del tablet, ma uniti da una vicinanza che in pochi potevano comprendere, dovevano prepararsi ad affrontare la situazione.
Scott la accolse con un mezzo sorriso, che senz'altro avrebbe abbandonato presto.
«Ti ho chiamato per Selena Bernard» lo informò subito Veronica. «Non possiamo permetterci di lasciare che Fischer le ronzi intorno. Quel tipo ha intenzioni che potrebbero nuocere a tutti e temo seriamente che la Bernard potrebbe dargli una mano.»
«Sei sicura che sia davvero così pericolosa?» obiettò Scott. «Era solo una ragazzina, a quei tempi.»
«Ragazzina un corno. Aveva vent'anni e poteva già impicciarsi in fatti che non la riguardavano. Non che abbia mai dato segno di volere mettere i bastoni tra le ruote a qualcuno, ma Oliver Fischer non è uno che si arrende facilmente. Se vuole qualcosa da Selena, la otterrà.»
«Pensi sia capace di estorcerle una collaborazione, quindi.»
«No, penso che Selena Bernard sia umana e come tale abbia pulsioni umane. Oliver Fischer è un po' troppo giovane, per lei, ma è un bel ragazzo e ha il suo fascino. La Bernard è single da una vita e potrebbe non resistere facilmente a certe tentazioni. Non possiamo permetterci che questo mandi in vacca tutto il nostro lavoro.»
«Avevi detto che l'avresti fatta tenere sotto stretta osservazione da tuo fratello» le ricordò Scott. «Perché non cerchi di convincerlo a...»
Veronica non lo lasciò finire.
«Ti ho già detto che mio fratello non ha più la possibilità di tenere sotto controllo la Bernard. È un vero peccato, perché almeno avremmo avuto la possibilità di prevedere, seppure solo in parte, le sue mosse. Così, invece, non possiamo fare molto, solo sperare che quello che ho in mente vada bene.»
«Cos'hai in mente?»
«Edward Roberts: nessuno può aiutarci, se non lui.»
«E come?»
«Edward e Selena sono amici.»
«Appunto, se sono amici non accetterà mai di tenerla sotto controllo per nostro conto.»
«Non ce n'è bisogno» puntualizzò Veronica. «A Edward piace Selena, ne sono certa. Oggi ha ricevuto un suo messaggio e sembrava ancora più felice di quando ha ottenuto la pole position per la sprint race. Devo spingere affinché si mettano insieme.»
«E poi? Cosa pensi che succeda?»
«Poi, se tutto andrà come penso, Selena si allontanerà una volta per tutte da Oliver Fischer, che non avrà più la possibilità di giocare le sue carte.»
«E questo dovrebbe bastare?»
«Direi di sì. Va bene, Selena magari ha sentito delle cose che non avrebbe dovuto sentire e potrebbe ricordarsele e farsi un'idea sbagliata, ma non è un pericolo pubblico. Non andrebbe a riferire cose infondate a un giornalista soli per sfizio. Non dobbiamo preoccuparci seriamente di lei, specie considerato che io e te non abbiamo fatto niente di male.»
Scott rise, con amarezza.
«Ne sei proprio sicura?»
«Va bene, non siamo stati proprio cristallini, ma non abbiamo come obiettivo la santità» ribatté Veronica. «Dovevamo sopravvivere e abbiamo preso delle decisioni avventate. Avremmo potuto evitarle, forse, ma sarebbe finita molto male. Abbiamo cercato di cavarcela subendo il minore danno possibile e purtroppo non è andata come speravamo. Non possiamo permettere che una tizia che ai tempi aveva vent'anni e non capiva niente di motori si metta contro di noi a caso perché istigata da un giornalista che ama i sensazionalismi.»
«Sei sicura che Oliver Fischer sia amante dei sensazionalismi?»
«Certo, non vedo altre ragioni per cui dovrebbe interessarsi così maniacalmente a Patrick Herrmann.»
«Ho parlato con lui, qualche volta, e mi sembrava una persona competente» obiettò Scott. «Mi ha dato l'impressione di nutrire un profondo interesse per il passato delle competizioni automobilistiche e di essere piuttosto affascinato dalla figura di Patrick Herrmann, sia come pilota, sia come uomo.»
«Ancora peggio» replicò Veronica. «Se fosse un semplice ciarlatano, avrebbe meno probabilità di fare colpo su Selena Bernard. Invece, se andiamo avanti così ed Edward non si dà una mossa, ho l'impressione che potrebbe davvero accadere qualcosa di spiacevole.»
«Quindi? Come procediamo?»
«Innanzi tutto a Imola ci sarai anche tu.»
«Perché la mia presenza è così necessaria?»
«Perché in quell'occasione Edward inviterà Selena, o almeno è quello che spero. Io, da parte mia, potrò fargli notare quanto lui e quella donna facciano una bella coppia. Tu, da parte tua, cercherai di fare altrettanto.»
«Guarda te cosa mi tocca fare» borbottò Scott. «Come punizione per avere accettato di collaborare con degli invasati, a suo tempo, mi tocca travestirmi da Cupido.»
«Non esagerare, Scott, non ti sto chiedendo niente di difficile. Dopotutto sei tu il titolare del team, qualcosa dovrai pur fare.» Veronica ridacchiò. «Lo sai che siamo sempre stati una squadra vincente. Vedrai, in un modo o nell'altro ce la caveremo anche stavolta, ma dobbiamo andare entrambi nella stessa direzione.»
«Direzione che, ovviamente, hai scelto tu.»
«Chi è, tra di noi, quello che sa gestire un team?»
Scott sbuffò.
«Tu.»
«Ecco, esatto. Tu hai i soldi, io ho il potere. Mi sembra uno scambio equo.»
«Io ho i soldi, tu il potere, ed entrambi dobbiamo stare attaccati al culo di Edward Roberts per convincerlo a mettersi insieme alla sua migliore amica. Sembra di stare in una fan fiction sulla Diamond Formula scritta da una quindicenne e condivisa sui social network.»
«Quel mondo non mi interessa. Se ci sono delle somiglianze, pazienza. Dopotutto sono loro che si ispirano alla realtà.»
«Ho qualche dubbio, ma se lo dici tu...»
«No, io non dico niente, quelle fan fiction non le leggo e non dovresti leggerle nemmeno tu.»
«Infatti non leggo quella robaccia. Non...»
Veronica tagliò corto: «Se fosse un racconto di fantasia, sarebbe tutto molto più facile. Edward e Selena si sarebbero fidanzati più o meno nel secondo capitolo e Oliver Fischer sarebbe soltanto un ricordo lontano. Siccome ha insultato più o meno pesantemente il fidanzato di Selena, lei non vorrebbe avere niente a che fare con lui e quel giornalista da quattro soldi dovrebbe attingere ad altre fonti per scrivere il suo ciarpame su Patrick Herrmann. La realtà è un po' più complessa, ma ce la caveremo.»
«Mi fa piacere che tu ne sia convinta» concluse Scott. «Cerca di non dimenticarti, però, che c'è anche altro di cui dobbiamo occuparci. Abbiamo un campionato da vincere.»
«E lo vinceremo» dichiarò Veronica. «In un modo o nell'altro lo vinceremo. Edward diventerà campione del mondo e finalmente troverà una donna con cui rimpiazzare la sua defunta moglie. Sarebbe un finale da fiaba, altro che fan fiction!»
 
******
 
Non solo l'incanto era finito, ma Selena se n'era andata, lasciandogli un biglietto sul tavolo. "Abbiamo sbagliato, non avremmo dovuto spingerci così oltre" lesse Edward, per l'ennesima volta. "Tu amavi Sharon e io amavo Patrick, non possiamo fingere che non fosse così".
Eppure, nonostante Selena lo scrivesse, non si erano spinti "troppo oltre", non era accaduto niente di irreparabile tra di loro. Avrebbero potuto fingere che nulla fosse mai accaduto, che Sharon e Patrick li avessero fermati in tempo, sempre ammesso che ci fosse una ragione valida per fermarli.
Non c'erano motivi per cui il passato dovesse condizionare ogni istante del presente ed Edward era convinto che l'avesse pensato anche Selena, quando aveva abbassato le spalline del'abito che indossava e l'aveva gettato a terra.
Era stato un attimo prima che tutto finisse, senza che Selena menzionasse né Patrick né Sharon. Edward aveva la certezza che in quel momento non stesse pensando a loro, ma non poteva soffermarsi troppo su quelle riflessioni. Prima o poi Margaret gli avrebbe chiesto dove fosse andata Selena e doveva inventare una scusa credibile per giustificare la sua assenza.
 
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Se dopo l'infortunio Nakamura sembrava avere perso irreparabilmente qualcosa, in compenso la Strauss si era risvegliata da quel sonno in cui era stata immersa per anni. Veronica non l'avrebbe mai immaginata, prima di quella stagione, capace di lottare per un titolo mondiale. Christine era sempre stata la sorella di Claudia Strauss, non era mai stata presa troppo sul serio, ma sembrava che quell'anno intendesse consumare la propria vendetta. Per fortuna Edward fu capace di contenere i suoi attacchi e tagliò il traguardo della sprint race davanti a lei, seppure con un gap minore di un secondo.
Veronica ricordò la conversazione con Scott avuta la sera precedente. Aveva presentato l'immagine fiabesca di Edward Roberts campione, alla fine della stagione, e un ennesimo tassello capace di avvicinare il pilota e il team all'obiettivo era stato scritto. Il vantaggio era ancora minimo, ma l'importante era essere in vantaggio.
"Almeno questa è andata" si disse Veronica, consapevole di non potersi limitare ad apprezzare le performance sportive. "Devo trovare una scusa per tornare a parlare di Selena con Edward."
Passarono ore, prima che arrivasse il momento opportuno, ma Veronica sapeva essere paziente. Ne approfittò, nei ritagli di tempo, per figurarsi l'intera situazione e cercare di non apparire troppo invadente.
Tutto funzionò proprio come sperava e quando si limitò a chiedere a Edward se avesse deciso di andare a trovare l'amica dopo il fine settimana del Gran Premio di Roma, il pilota le riferì ben di più di quanto Veronica avesse sperato.
«L'ho sentita ieri sera. Mi ha proposto di andare da lei tra una decina di giorni, quando mia figlia avrà le vacanze a scuola.»
«È così bello che Margaret sia legata a Selena» osservò Veronica. «Si chiama Margaret, vero?»
«Sì, come ti ho già detto, Margaret è molto legata a Selena.» Edward rise. «Pensa che, di tanto in tanto, mi chiede perché non la sposo. Dice che sarebbe felice, se io e Selena ci sposassimo.»
«I bambini hanno sempre ragione.»
«I bambini hanno una visione molto semplicistica della vita.»
«Però hanno molti meno problemi nell'accettare situazioni che a noi sembrano inaccettabili.»
«Se ti riferisci all'ipotesi di rifarmi una vita con un'altra donna» replicò Edward, «Preferirei non parlarne.»
«Hai ragione, scusami se mi sono lasciata prendere dall'entusiasmo» si affrettò a rispondere Veronica. «Non voglio dare l'idea di essere un'impicciona.»
«Figurati, non hai detto niente di male. Comunque, per la proposta che mi avevi fatto, penso di poterla accettare.»
«Di che proposta parli?»
«Di portare Selena con noi a Imola. Le ho accennato la cosa, ieri sera, e mi ha detto che per lei non sarebbe difficile prendersi un fine settimana di vacanza.»
«Mi sembra una buona idea.»
«Anche a me.»
«E...» Veronica si finse perplessa, prima di pronunciare le parole che avrebbero potuto stravolgere la situazione. «Senti, Edward, mi prenderai davvero per un'impicciona, ma c'è una cosa che ti devo dire.»
Si interruppe, sperando che Edward la esortasse a continuare. Fu esattamente ciò che il pilota fece.
A quel punto, Veronica azzardò: «Non è che hai paura dei pettegolezzi che potrebbero nascere se tu ti mettessi insieme a Selena?»
«Quali pettegolezzi?»
«Selena ha un figlio.»
«E allora?»
«Il figlio di... Patrick Herrmann.»
Edward spalancò gli occhi, restando in silenzio.
Veronica fece un sospiro.
«Scusa, non avrei dovuto chiedertelo.»
Edward scosse la testa.
«No, non fa niente. Solo, ti sbagli. Patrick non ha mai avuto figli.»
«Non ufficialmente.»
«Il figlio di Selena non è figlio di Patrick» insisté Edward, e l'incredibile era che sembrava sincero.
 
******
 
Edward prese il cellulare che Sharon gli porgeva e guardò la foto appena inviata da Selena, che la ritraeva insieme al piccolo Thomas.
«Quel bambino è proprio carino» osservò Edward, «Anche se non riesco a capire a chi somigli.»
Sharon rise.
«Non pensi sia un po' troppo piccolo per vedere delle somiglianze con delle persone adulte?»
Edward ignorò quel commento.
«Mi ricorda un po' Patrick.»
Si aspettava una replica da parte della moglie, anche di essere smentito, eventualmente, ma ottenne solo silenzio.
Fissò Sharon, chiedendosi cosa le passasse per la testa, ma fu questione di poco tempo. Quando riprese a parlare, sua moglie gli confidò, con convinzione: «Credo che questo sia impossibile.»
«Perché dovrebbe?»
«Perché... non ne sono sicura, ma penso che Thomas non sia figlio di Patrick.»
Era un'idea che Edward non aveva mai preso in considerazione.
«Di chi sarebbe figlio, quindi?»
«Non lo so, ma non penso sia figlio di Patrick, da quello che Selena mi aveva raccontato. Ti prego assolutamente di non farne parola con lei, né di chiederle mai di chi sia figlio Thomas...»
Edward la interruppe: «Certo, non mi permetterei mai di fare certe domande.»
«Meglio così» convenne Sharon, «Ma te lo devo dire. Selena e Patrick potevano vedersi soltanto quando Selena accompagnava la madre, davanti ad altre persone, oppure vedersi quando avevano qualche minuto disponibile, per evitare che la signora Bernard si insospettisse, dato che non voleva che Selena e Patrick si frequentassero.»
«E quindi?»
«Due giorni prima che Patrick morisse, Selena mi confidò che dopo la fine del campionato sarebbe partita con Patrick, qualunque cosa ne pensasse sua madre. Disse che era assurdo non potere essere libera di vedere il suo fidanzato e di rimanere da sola con lui.»
«E...?»
Sharon alzò gli occhi al cielo.
«Ti devo fare un disegno per fartelo capire? Selena e Patrick hanno potuto amarsi solo platonicamente.»
 
******
 
Nakamura tagliò il traguardo della main race davanti a tutti, inseguito da De Rossi, ma senza che l'italiano si dimostrasse mai un serio candidato alla vittoria. Il compagno di squadra di Edward, per di più, commise uno dei suoi soliti errori quando mancava soltanto mezzo giro alla conclusione del Gran Premio di Roma: si fece strappare il secondo posto da Christine Strauss, consentendo all'austriaca di salire a novantacinque punti in classifica, riducendo il proprio svantaggio. Con i sette punti della quarta posizione, Edward arrivava a novantasette, appena due lunghezze in più rispetto alla rivale.
Ironia della sorte, fino al completamento dei due terzi della gara ne era stato il leader incontrastato, arrivando ad acculumare un vantaggio di undici secondi sul pilota giapponese del team Albatros, per giunta dopo una brutta partenza di Christine che l'aveva fatta precipitare nelle zone basse della top-ten. Mentre viaggiava verso la possibilità di allungare in classifica, tuttavia, una foratura improvvisa aveva scombussolato i suoi piani, ed era stato anche relativamente fortunato, riuscendo a rientrare ai box senza perdere troppo tempo. L'obiettivo avrebbe dovuto essere cercare di terminare la gara davanti alla Strauss, ma a quel punto era già risalita fino al terzo posto, facendo sì che Edward potesse contare soltanto sulla "collaborazione" del suo compagno di squadra. Purtroppo De Rossi era al livello dei top-driver soltanto in poche occazioni e il Gran Premio di Roma, evidentemente, non era stata una di quelle.
Sul podio risuonava l'inno giapponese, con probabile grande soddisfazione dei nipponici rimasti alzati fino a tardi per assistere all'evento alla televisione. In patria, Nakamura era quasi un'istituzione, nonostante la Diamond Formula avesse già avuto un campione del mondo giapponese e Shinji non fosse il loro compatriota di maggiore successo.
Era uno di quei giorni che avrebbero dovuto finire il prima possibile, per il bene di tutti, ma per Edward sarebbe stata ancora una lunga giornata. Per qualche minuto, però, voleva concedersi il lusso di non pensare, andare a farsi una doccia e cambiarsi, dimenticandosi di tutto il resto.
Poco più tardi, con indosso la t-shirt con i colori team, il verde e il turchese, attese qualche istante prima di andare al consueto incontro con i media. Prese il cellulare e controllò se Selena si fosse fatta viva. Il giorno precedente gli aveva scritto per complimentarsi per la vittoria e, con una certa soddisfazione, Edward notò che anche quel giorno gli aveva inviato un messaggio.
"Che sfortuna. Se non fosse stato per quella gomma maledetta, sarebbe stata un'altra vittoria!"
Quelle parole lo fecero sorridere. Per fortuna la sua vita privata non somigliava alla gara disputata quel pomeriggio, altrimenti la sua amicizia con Selena avrebbe potuto finire male, dopo gli eventi dell'autunno precedente. Si erano sentiti poco, da quando Selena se n'era andata via da casa sua lasciandogli un misero biglietto, sei mesi prima, ma i messaggi che si erano scambiati quel fine settimana avevano avuto l'effetto di una molla, che scattando aveva stravolto la situazione. Seppure Edward non sapesse come comportarsi con Selena, una volta che si fossero incontrati dal vivo, sentiva di potere trovare un modo per relazionarsi con lei. Da parte sua, avrebbe evitato di parlare dei fatti che li avevano allontanati, con la speranza che Selena decidesse di fare la stessa cosa.
Per il momento, tuttavia, aveva qualcosa di ben più semplice di cui occuparsi, ovvero rispondere al messaggio che la Bernard gli aveva spedito.
"Già, proprio sfiga nera" le scrisse. "Me la sono vista brutta, per fortuna sono riuscito a finire la gara, anche se non è andata come doveva."
Si mise il telefono in tasca, anche se difficilmente avrebbe potuto dargli un'occhiata prima della fine delle interviste, ma da lì lo tolse subito: lo smartphone vibrò. Evidentemente Selena gli aveva già scritto.
Ebbero una breve chat, nei cinque minuti che seguirono:
"A Imola ti rifarai. Sei un pilota migliore di Christine, però non dirlo né a lei né a sua sorella!"
"Hai paura che Claudia ti cacci via a calci, invece di invitarti nel box come l'altra volta?"
"Penso che sappia che sei tu il mio preferito, anche se cerco di non espormi troppo. Meglio non farsi dei nemici."
"Sono io quello che rischia di farsi dei nemici, se divento troppo popolare. Chris ci sta prendendo gusto a stare al centro dell'attenzione."
"Se sua sorella non si fosse ritirata, non avrebbe mai avuto questa chance."
"È inutile pensare a cosa sarebbe successo se questo o quell'altro pilota non si fosse ritirato. La carriera di ciascuno di noi è frutto di opportunità e talento, ma anche di eventi casuali."
"Deve essere dura non potere avere tutto sotto controllo."
"Quando sfiori i muri alle nostre velocità, non puoi dare tutto per scontato. Se avessi voluto avere tutto sotto controllo, avrei cambiato mestiere molto tempo fa."
"Non riesco a immaginarti fare un altro lavoro."
"Nemmeno io."
"Scusa, non avrei dovuto parlartene adesso. La gara è finita da poco, avrai bisogno di rilassarti un po'."
"Figurati se posso rilassarmi. Mi aspetta un incontro con un branco di lupi inferociti."
"Giornalisti?"
"Esatto, proprio loro. Vedrai che qualcuno riuscirà a dire che, se una gomma ha deciso di abbandonarmi nel momento meno opportuno, la colpa è solo mia. Tieni d'occhio il collega di Emma Dupont."
"Chi, Fischer?"
"Proprio lui. Vedo che lo conosci di fama."
"Veramente non lo conosco solo di fama, ma è una lunga storia."
"Okay, me la racconterai un'altra volta. Adesso non ho voglia di pensare a Fischer, anche se presto dovrò vederlo, e si sta facendo tardi. La Young si starà chiedendo che fine ho fatto e magari sui social qualcuno starà già sparlando di me perché non mi comporto bene con la stampa arrivando in ritardo all'incontro con i media."
"Ci sentiamo stasera, allora."
"Sì, ti chiamo io. A presto."
Per rimanere lontano dalle tentazioni, Edward spense addirittura il telefono: rimanere a chattare con Selena era un'alternativa molto allettante, ma non praticabile.
Se la gara era stata molto sfortunata, non poté dire lo stesso delle interviste che la seguirono: quando arrivò il turno della famigerata rete televisiva per la quale lavorava Fischer, invece di ritrovarsi di fronte lui, fu accolto dalla presenza rassicurante di Emma Dupont, una persona sempre controllata, se non in gioventù, quando Patrick si lamentava di come la moglie di Keith Harrison avesse avviato una sorta di crociata contro di lui, dettata dai loro contrasti.
Al termine delle formalità di rito, Edward si sentiva molto meglio di come si fosse sentito in attesa della peggiore parte di un weekend di gara. Era convinto di avere ormai scampato ogni incontro con Oliver Fischer e di potersi finalmente mettere alle spalle tutto - Veronica Young non avrebbe certo infierito, in una giornata simile - quando una voce, dietro di lui, lo chiamò.
«Ehi, Roberts.»
Edward si girò lentamente. Gli sembrava di avere riconosciuto colui che aveva parlato, ma sperava di sbagliarsi. Non era un errore, scoprì, si trattava proprio di Oliver Fischer. Non restava altro da fare che scoprire cosa volesse da lui, ma del resto non ci sarebbe voluto molto tempo.
Il giornalista lo fissava allo stesso modo in cui Edward avrebbe potuto fissare un trofeo stando sul gradino più alto del podio. Per fortuna non c'erano telecamere, quindi non era necessario prepararsi al peggio. Anche le parole di Fischer, realizzò Edward, sembravano piuttosto accomodanti: «Hai fatto una buona gara, oggi. Peccato per la sfortuna, eri nettamente più competitivo di Nakamura.»
Edward replicò: «Grazie per la considerazione, ma non è la prima volta in cui sono più competitivo di Nakamura.»
«Va beh, questa è stata una stagione travagliata per lui» puntualizzò Oliver Fischer. «Sembra che non si sia ancora ripreso al cento per cento dall'incidente.»
Edward alzò le spalle.
«Shinji non è mai stato al cento per cento, nonostante la stampa l'abbia sempre incensato e in Giappone la gente si strappi le vesti per lui.»
«È normale che sostengano il loro pilota di casa.»
«Sarà anche normale, ma in Inghilterra non vedo lo stesso entusiasmo per me.»
«Gli inglesi sono dei puristi del motorsport tradizionale. Hanno avuto dei campioni del mondo di Formula 1, in tempi non troppo lontani, e vanno fuori di testa per loro. Tu, in fondo, sarai anche nella Diamond Formula da tanti anni, ma non hai...»
Edward lo interruppe, ipotizzando dove volesse andare a parare: «Non ho mai vinto un titolo, lo so. L'affetto dei tifosi, però, non dovrebbe dipendere solo dal numero di titoli che vinci. Anche perché, se così fosse, Nakamura non dovrebbe avere tifosi.»
«Giusta osservazione» si arrese il giornalista. «Comunque non sono venuto da te per parlare di Nakamura.»
«Non sono sicuro di avere tempo da perdere» mise in chiaro Edward, «Né sento l'impellente desiderio di parlare con te.»
«Non mi interessa che tu voglia parlare con me o no» ribatté Oliver Fischer. «Sei qui, quindi mi ascolterai, dato che intendo rubarti solo un minuto.»
«Io misuro il tempo in millesimi di secondo, un minuto è un'infinità.»
«Eppure ne sprechi vari con questi giri di parole. Volevo solo scusarmi per quello che ho detto l'altra volta. Non avrei dovuto mettere in mezzo la tua signora.»
«Non preoccuparti. Mi sei sempre sembrato una persona squallida, fin dalla prima volta che mi hai fatto una domanda durante una conferenza stampa. Con quell'uscita su mia moglie ti sei solo limitato a confermare quanto vali davvero.»
«Credo che tu stia confondendo due situazioni completamente diverse» obiettò Fischer. «In conferenza stampa facevo solo il mio lavoro. Non sono pagato per metterti su un piedistallo allo stesso modo in cui i tifosi giapponesi mettono su un piedistanno Shinji Nakamura. Ho espresso considerazioni piuttosto condivise tra me e molti miei colleghi...»
«Sì, può darsi, ma quando hai messo in mezzo mia moglie ti sei comportato da stronzo» tagliò corto Edward.
«Se tu mi avessi lasciato finire, avrei detto la stessa cosa.»
«Mi fa piacere che tu lo ammetta, ma questo non cambia le cose. Non ho tempo da perdere con te, qualunque cosa tu abbia da dirmi.»
Fischer precisò: «Era solo questo che volevo dirti. Non so che idea tu ti sia fatto di noi, ma noi giornalisti non siamo un branco di iene affamate pronte a inseguirvi di continuo per rendervi la vita impossibile.»
Edward obiettò: «In molti casi ci andate vicini.»
«Quelli come te, però, non fanno niente per facilitare il nostro lavoro.»
«Veramente mi sembra di essere sempre stato fin troppo accomodante, nelle occasioni ufficiali. Sai quante volte avrei voluto mandarti a quel paese in diretta?»
«Lo posso immaginare, ma posso immaginare anche che tu non possa fare esattamente quello che vuoi. Hai una squadra a cui rendere conto delle tue azioni.»
«Non lasciarti ingannare dalla compostezza di Veronica Young. Se mandassi a cagare chi se lo merita, non avrebbe niente da ridire. Dietro la donna di classe che sei abituato a vedere c'è molto di più.»
Oliver Fischer fece una mezza risata.
«Non sono certo di considerare Veronica Young una vera donna di classe.»
Edward alzò gli occhi al cielo.
«Avrei dovuto aspettarmelo. Immagino che non ci siano persone di cui hai un'idea positiva, a parte forse Christine Strauss.»
Oliver gli strizzò un occhio.
«Allora dillo che rosichi perché pensi che io preferisca la tua avversaria.»
«Sicuramente» borbottò Edward, sprezzante. «La notte non riesco a prendere sonno, sapendo che non sei un mio sostenitore.»
«Io, invece, quando non prendo sonno, ripenso al passato e a quanto certi piloti abbiano sprecato le loro occasioni migliori. Se posso darti un consiglio, non sottovalutare Christine Strauss. Sulla carta puoi batterla e lo sai, ma sarà proprio questa tua convinzione a fregarti.»
«Stai cercando di psicanalizzare i miei risultati?»
«No, sto cercando di aprirti gli occhi.»
«Non ce n'è bisogno, gli occhi li ho già aperti da solo.»
Oliver Fischer sospirò.
«Hai ragione, sono l'ultima persona al mondo che potrebbe dirti di fare attenzione a Christine Strauss, ma...»
Edward lo interruppe: «Esatto, hai detto bene, sei l'ultima persona al mondo che può farlo. Perché non te ne torni a occuparti degli affari tuoi? Se non ho capito male, stai scrivendo un libro sul passato della Diamond Formula. Perché non ti occupi di passato, appunto, lasciando in pace chi vuole vivere nel presente?»
«Quel libro parla di Patrick Herrmann.»
«L'avevo sentito dire.»
«So che era un tuo caro amico.»
«Esattamente.»
«Allora non dovresti screditare così tanto il passato» puntualizzò Oliver Fischer. «So che ammiri Patrick Herrmann e che lui ammirava te.»
«Figurati, non mi permetterei mai di screditare il passato» rispose Edward. «Mi limito a screditare il tuo lavoro, perché sarà sicuramente lo specchio di come sei tu.»
«E poi siamo noi giornalisti che screditiamo il lavoro degli altri...»
«Allora vorrà dire che tu continuerai a screditare me e io continuerò a screditare te.»
Fischer sorrise.
«Ci sto. Mi sembra la soluzione ideale per entrambi. Sarai libero di criticare il mio libro su Patrick Herrmann, se e quando uscirà.»
«Cosa ti dice che io intenda leggere quello che scrivi tu?»
«Sono convinto che si debba giudicare un'opera per quella che è e non per chi l'ha scritta. In fondo sono convinto che anche tu voglia saperne di più, a proposito della vita di Herrmann e di quello che gli è successo.»
«Ha avuto un incidente rovinoso ed è morto, tutto qui. Che cos'altro c'è da dire?»
Oliver Fischer lo guardò negli occhi.
«Facile ripetere quello che hanno sempre detto anche gli altri, pur senza mai esserne convinti davvero? Tanto lo so che non credi nemmeno tu alla versione ufficiale, anche se adesso corri per la Dynasty così come se niente fosse.»
Edward abbassò lo sguardo. Che senso aveva negare l'evidenza solo per i contrasti avuti con quel giornalista?
«No, non ci credo» ammise, infine. «In quell'incidente c'è sempre stato qualcosa di oscuro, anche se non credo affatto che la colpa sia di Veronica e Scott Young.»
«Difficile a dirsi, erano la team principal e il titolare della Dynasty Racing.»
«Sai una cosa, Fischer? Dovresti imparare a guardare oltre a quello che hai davanti al naso. Può darsi che tu da ragazzino fossi un fanboy di Patrick e che, di conseguenza, ti sia convinto che gli Young l'abbiano mandato deliberatamente a morire, ma la realtà è più complessa delle convinzioni che ci mettiamo in testa da ragazzini. Forse, quando inizierai a pensare da adulto, smetterai di essere un giornalista di merda.»
 

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Capitolo 6
*** [Selena] ***


Mentre Selena posava il bicchiere sul tavolo, il ragazzo del bar le fece scivolare una mano sul ciuffo rosso che le cadeva davanti agli occhi. La fece rabbrividire al pensiero che la parrucca non rimanesse a posto al cento per cento, rivelandosi per quello che era. Quel caschetto dal colore vistoso, abbinato agli occhiali da hipster con lenti purtroppo graduate - gli unici che era riuscita a procurarsi - che le rendevano la vista sfuocata, dovevano servire a nascondere la sua identità e, in effetti, sarebbe stato difficile, a chi la conosceva solo superficialmente, riconoscerla come Selena Bernard.
Cos'avrebbe pensato il ragazzo del bar se avesse scoperto che quelli rossi tagliati corti non erano i suoi veri capelli? Di certo non doveva importargli molto il suo aspetto, ma si sarebbe senz'altro posto delle domande, avrebbe voluto sapere perché quella sera indossasse una parrucca.
Selena fece un profondo respiro, cercando di togliersi dalla testa quelle paranoie. Perché la parrucca avrebbe dovuto muoversi? E soprattutto perché il ragazzo del bar avrebbe dovuto prestare così tanta attenzione ai suoi capelli? Non dovevano essere quelli la ragione per cui l'aveva invitata a casa sua dopo la serata al bar.
Si chiamava Alex e Selena gli aveva fatto credere di chiamarsi a sua volta Alex, un amaro tributo alla madre che due anni prima aveva sconvolto la sua vita, trascinandola in un vortice di menzogne dal quale non avrebbe mai potuto uscire.
Per un attimo aveva avuto il timore che il ragazzo del bar non le credesse e pretendesse la sua vera identità, poi si era resa conto che non c'erano possibilità che Alex scoprisse l'inganno. Se un giorno avesse incontrato Selena Bernard per strada, avrebbe stentato a riconoscerla, e dopotutto Selena avrebbe pur sempre potuto negare. Inoltre aveva scelto bene il luogo, si era allontanata da casa a sufficienza da non rendere molto probabile un futuro incontro occasionale. Il ragazzo del bar si sarebbe ritrovato davanti due opzioni, quella di dimenticarla per sempre, oppure di porsi delle domande a cui non avrebbe saputo dare risposta. Qualunque strada scegliesse, non sarebbe stato più affare di Selena. Quella serata, per lei, doveva servire soltanto a rendere un po' più credibile la verità che Alexandra Bernard, sua madre, aveva costruito per lei.
Dopo essersi allontanato da lei e accomodato sulla sedia più vicina, il ragazzo del bar le chiese: «Vuoi bere qualcos'altro?»
Selena scosse la testa.
«No, sono a posto così.»
Quelle parole, che nella sua immaginazione avrebbero dovuto convincere il ragazzo del bar a passare oltre, non ebbero l'effetto desiderato. Alex allungò una mano e prese il telecomando appoggiato su un ripiano del mobile vicino al tavolo, poi accese la televisione.
«Ti va di guardarci un film, se troviamo qualcosa di bello?»
Selena aveva voglia di mettersi le mani tra i capelli della parrucca, ma si trattenne appena in tempo. Aveva seguito il ragazzo del bar a casa sua per andare a letto con lui, non certo per guardare un vecchio film selezionato dai palinsesti televisivi per chi alle due di notte inoltrate né dormiva né aveva di meglio da fare.
Alex non attese una sua risposta - Selena non sapeva come dirgli di no senza apparire scortese - e si mise a fare zapping, fermandosi un attimo ad ascoltare un servizio trasmesso da un telegiornale notturno. Si parlava di un nuovo disco appena pubblicato da una band rock che Selena non aveva mai sentito nominare e le parve assurdo che il ragazzo del bar pensasse a un gruppo musicale in quel momento. La situazione, tuttavia, era destinata a peggiorare. Quando il servizio dedicato agli spettacoli terminò, seguì la pagina sportiva. Si parlava del gran premio dell'indomani, argomento che avrebbe potuto suscitare l'interesse di Selena, almeno quando ad essere presente era la vera Selena e non una sua alter-ego dai capelli rosso fiammante.
Il ragazzo del bar non condivideva il suo stesso interesse, dal momento che spense addirittura il televisore, borbottando: «Al telegiornale non dovrebbero dare spazio a quel ciarpame.»
«Ne deduco» ribatté Selena, «Che non tu non sia un appassionato di automobilismo.»
Il ragazzo del bar rise.
«Vuoi scherzare? Secondo te dovrei perdere il mio tempo a guardare venti idioti che girano in tondo ai trecento all'ora rischiando di ammazzarsi contro un muro? No, grazie, non fa per me. Nessuno dovrebbe guardare quella roba, per come la penso, ma a quanto pare esistono tante teste di cazzo che perdono tempo dietro a quelle scemenze.»
Selena raggelò. Aveva scelto la persona sbagliata. Non aveva bisogno di feeling con il ragazzo scelto per raggiungere il proprio scopo e avrebbe potuto tollerare da lui l'espressione, entro i limiti dell'accettabilità, di qualsiasi pensiero politico, sociale o religioso... ma quello che aveva affermato andava troppo oltre e l'idea di scappare a gambe levate iniziava a farsi largo dentro di lei.
Il ragazzo del bar peggiorò addirittura la situazione, aggiungendo: «Quando andavo al liceo, il mio compagno di banco era un grande appassionato di motori. Aveva perfino un poster di Keith Harrison appeso alla parete della sua stanza... una roba veramente da sfigati. Non sai quanto ho goduto quando Harrison è morto, pensando al dispiacere del mio ex compagno di banco.» Ricominciò a ridere, nonostante avesse appena accennato alla morte di una persona. «Ti pare, quell'idiota ci sarà sicuramente rimasto male, mentre Harrison ha fatto esattamente la fine che si era scelto, un po' come quell'altro che correva contro di lui. Come si chiamava, Patrick Herrmann? Tutta gente che al giorno d'oggi si trova sotto quattro metri di terra, esattamente dove dovrebbe essere.»
Selena si morse la lingua per non parlare e, quando lo fece, riuscì a non dare alcun segno di turbamento.
«Dammi un bicchiere d'acqua.»
«Come hai detto?»
«Ti ho detto di darmi un bicchiere d'acqua.»
Il ragazzo del bar ridacchiò, accantonando definitivamente Patrick Herrmann e Keith Harrison.
«Sei sicura che vuoi dell'acqua?»
«Sì, frizzante se ce l'hai.»
«Ho qualcosa di molto meglio da offrirti.»
«Beh, io voglio dell'acqua» sbottò Selena. «Di alcool ne ho già bevuto abbastanza per stasera. Mi gira la testa.»
«Vuoi sdraiarti un po'? La mia stanza è...»
Selena lo interruppe: «No, grazie, non voglio sdraiarmi.»
Avrebbe voluto aggiungere che avrebbe dovuto portarla in camera da letto molto prima, invece di compiacersi di disgrazie accadute in Diamond Formula, ma iniziava a sentirsi felice che non l'avesse fatto.
«Okay, allora cosa facciamo, cerchiamo un film?»
Selena scosse la testa.
«No, scusami, è meglio se vado a casa.»
«Ti accompagno?»
«No, prendo un taxi.»
«Ti accompagno io» insisté il ragazzo del bar. «Se hai bevuto troppo, non voglio lasciarti sola.»
«Me la posso cavare, ti ringrazio» replicò Selena, con freddezza. «Grazie per la bella serata.»
Il ragazzo del bar prese fuori dalla tasca dei jeans il cellulare.
«Mi salvo il tuo numero.»
«Quale numero?»
«Quello che non mi hai ancora dato. Te n'eri dimenticata?»
«No, non me ne sono dimenticata» chiarì Selena. «Non intendo darti il mio numero. Preferisco lasciare tutto al caso: se vuole che ci rivediamo, allora sono certa che ci rivedremo.»
«Non dovresti credere così ciecamente nel destino. Cosa succederà se il destino decide che non dobbiamo rivederci?»
«Tu incontrerai un'altra ragazza e io incontrerò un altro ragazzo.»
Il ragazzo del bar fece per replicare, ma Selena si alzò in piedi, già pronta per uscire dalla stanza.
«Ci vediamo, Alex.»
Il ragazzo del bar sorrise.
«Speriamo.»
Selena non aggiunse altro. Gli voltò le spalle, aggiunse la porta e uscì dall'appartamento di Alex, un luogo in cui non sarebbe entrata mai più. Nessuno dei suoi problemi era stato risolto, ma l'alternativa sarebbe stata di gran lunga peggiore.
Camminò a lungo, dopo essere scesa dal taxi, quasi senza preoccuparsi della direzione. Si trovò quasi per caso là dove tutto era iniziato, la spiaggia, dove sua madre le aveva fatto la proposta che aveva stravolto tutto.
Nell'oscurità quasi totale, si sedette a terra. Si sfilò finalmente la parrucca rossa, mentre gli occhiali se li era già infilati in tasca dopo essere scesa dall'auto. Perse la cognizione del tempo. Non avrebbe saputo dire quanto tempo fosse rimasta sola, quando si accorse di non esserlo più.
Erano poco più di due ombre, ma Selena riuscì a riconoscere chiaramente uno di loro, seppure facesse parte di un'altra vita: era Oliver Fischer, il giornalista che intendeva scrivere un libro sulla storia di Patrick Herrmann, convinto ci fosse qualcosa di rimasto ancora oscuro in quella ufficiale.
In un primo momento non fece caso a chi fosse con lui, né diede peso alle loro parole. Poi, quando i due furono talmente vicini da renderle impossibile non ascoltare, si arrese all'evidenza.
«La vedi, no? Ormai sai cosa nasconde.»
Erano fermi, a pochi passi da lei, ma non sembravano preoccuparsi della sua presenza.
L'uomo che era con Oliver lo rassicurò: «Non preoccuparti, siamo su due dimensioni parallele, non può sentirci.»
«Invece vi sento» replicò Selena, a denti stretti.
Né Oliver né l'altro diedero segno di averla udita. Forse erano davvero in una dimensione parallela, ma avevano valutato male le regole di quelle presunte dimensioni.
Oliver osservò: «Non so come abbia fatto Alexandra a incastrarla, quello che è successo ha dell'assurdo. E soprattutto, come è riuscita a mettere in piedi un piano del genere?»
«Alexandra Bernard ha sempre avuto gli agganci giusti» replicò l'uomo che si trovava con lui. «È riuscita a fare cose ben più difficili, per lei deve davvero essersi trattato solo di firmare un paio di assegni.»
«Quello che non capisco è come abbia fatto a portare Selena dalla sua parte.»
«Non le ha lasciato scelta.»
«Conosco Selena. Non si sarebbe fatta incantare tanto facilmente.»
L'uomo che si trovava con Oliver gliela indicò.
«È lei la Selena che ha accettato la volontà della madre senza opporsi. È poco più di una ragazzina e se ne andava in giro travestita per non farsi riconoscere. Dimenticati di chi è diventata. Pensa a chi era e a chi sia stato a farla diventare tale.»
Oliver abbassò lo sguardo.
«Certo, Alexandra. L'ha girata e rigirata come voleva lei, impedendole di prendere in prima persona le decisioni, un po' come se volesse costringerla a vivere la vita di un'altra persona.»
«E l'ha fatto. Solo una cosa non aveva considerato: Selena Bernard, al giorno d'oggi, è diventata comunque una donna realizzata.»
Doveva riferirsi alla Selena Bernard dell'altra vita, quella di cui Oliver Fischer faceva parte. Selena, tuttavia, non si pose domande in merito, perché l'aveva finalmente riconosciuto: si trattava di Keith Harrison.
Si alzò in piedi, cercando di attirare l'attenzione sua e di Oliver.
«Mi sentite?»
Non ricevette risposta, quindi comprese da sé che non c'era modo di mettersi in contatto con loro.
Oliver, da parte sua, continuò a parlare con Harrison.
«Va bene, è una donna realizzata, ma non potrà mai raccontare a nessuno chi è davvero. Ci sarà sempre un muro di menzogne a separarla dagli altri.»
«Credo abbia imparato a conviverci» replicò Keith. «Non c'è niente a cui non si possa adattarsi, quando non ci sono alternative. Ormai non può più tornare indietro. Non ha mai potuto farlo.»
Oliver insisté: «Seppure la vita che sta vivendo ora non le dispiaccia, Alexandra ha comunque rovinato tutto. È per questo che voglio convincerla a permettermi di raccontare una certa parte della storia: è giusto che non sia solo io a sapere chi era davvero Alexandra Bernard.»
Keith puntualizzò: «Ricordati che è sempre sua madre.»
Oliver alzò le spalle.
«Una madre che la odia.»
«Non riesco a credere che Alexandra Bernard potesse davvero odiare sua figlia.»
«Pensi che quella donna potesse provare altri sentimenti?» obiettò Oliver. «Ha solo distrutto tutto ciò che aveva intorno... e l'ha fatto perché le piaceva distruggere. Non dimenticare che è stata lei la prima a proporre quel dannato accordo tra Whisper e Dynasty. Se non l'avesse fatto, tutto sarebbe andato molto diversamente. Però sono certo che Alexandra non se ne sia mai dispiaciuta o pentita.»
 
******
 
Selena si svegliò di soprassalto, impiegando qualche istante prima di realizzare dove fosse. Aveva trascorso la serata con Oliver Fischer e, seduti davanti alla TV, che avevano acceso dopo avere discusso a lungo di Patrick Herrmann, si erano addormentati entrambi.
Cercò di non urtarlo nel muoversi per non svegliarlo, prese il telecomando e abbassò il volume al minimo. Era meglio andare via, cercando di togliersi dalla testa il sogno assurdo che aveva fatto.
Tutto era iniziato con un episodio davvero accaduto nel suo passato, quando aveva tentato di rendere più realistica la verità che Alexandra le aveva imposto, poi la situazione era radicalmente cambiata. Una notte di tredici anni prima Selena si era davvero rifugiata sulla spiaggia dopo essere scesa da un taxi che doveva riportarla a casa, senza però incontrare nessuno.
Oliver Fischer a quei tempi doveva avere all'incirca quindici anni e, ovviamente, Keith Harrison non avrebbe potuto essere in quel luogo, né vi erano ragioni per cui dovesse essere al corrente di certi eventi, peraltro accaduti dopo la sua morte. Era stato tutto frutto della mente di Selena, anche se il sogno le appariva piuttosto vivido, come le accadeva soltanto di rado.
Si sforzò di tornare alla realtà, rievocando gli eventi della sera precedente. Purtroppo anche da quel fronte non c'era molto di positivo: ricordava chiaramente il momento in cui Oliver aveva cercato di baciarla, e soprattutto sapeva di non essersi tirata indietro. Era duro da accettare, ma Oliver Fischer le piaceva, anche se avrebbe fatto meglio a toglierselo dalla testa, come aveva sempre dovuto fare.
"La nostra vicinanza è pericolosa" si disse, con amarezza.
Era meglio andare via e sperare che Oliver non le parlasse mai di quello che era capitato tra di loro. Da parte sua, Selena non l'avrebbe fatto, se non fosse stato necessario o se non fosse stato il giornalista a tirare fuori l'argomento.
Si sfilò le scarpe, per non fare rumore a causa dei tacchi, si alzò e uscì dal soggiorno. Così come si era allontanata da quella stanza se ne andò anche dall'appartamento, cercando di non fare rumore nell'aprire e chiudere la porta. Attraversò il pianerottolo, sempre con le scarpe in mano, prese le chiavi che teneva in tasca ed entrò a casa propria, sempre nella maniera più silenziosa possibile: se il portiere avesse sofferto d'insonnia, avrebbe potuto venire a conoscenza dei suoi movimenti e Selena preferiva evitarlo nel modo più assoluto.
Lontana da Oliver, il sogno che aveva fatto non smise di tormentarla, ma almeno il loro bacio le parve qualcosa di meno grave. Aveva rischiato di più con Edward, l'autunno precedente, e l'importante era non esporsi più a simili livelli di pericolo.
 
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Selena controllò per l'ultima volta di non avere dimenticato niente, poi uscì in strada. Era ancora molto presto, ma aveva temuto che Edward potesse sentirla e svegliarsi. Una volta all'esterno fece un sospiro di sollievo: era andato tutto bene, anche se forse qualcosa rischiava di spezzarsi per sempre.
Edward Roberts e sua moglie erano stati, per molti anni, i suoi migliori amici. Dopo la morte di Sharon, Selena era sempre stata accanto a Edward e non le era mai pesato. Il loro legame non era stato mai messo in discussione, da nessuno dei due, e per molto tempo non era accaduto niente che portasse in una direzione rischiosa.
Selena non avrebbe saputo dire con certezza quando la situazione avesse iniziato a mutare, quando la sua amicizia con Edward avesse iniziato a trasformarsi in qualcosa di più. Dopo la morte di Patrick e la decisione di non ribellarsi alla volontà della madre, non aveva mai seriamente pensato all'eventualità che un uomo entrasse a far parte della sua vita. Nei primi anni aveva pensato che, se fosse riuscita a mascherare parte della verità, forse avrebbe potuto avere un fidanzato al proprio fianco, ma aveva intrapreso un'altra direzione. Non aveva nascosto nulla e aveva realizzato che, se anche ci fosse riuscita, non sarebbe riuscita a costruire un rapporto basato sulla fiducia, se fosse stata lei la prima a dovere tacere sul proprio passato.
Fintanto che Edward restava soltanto un amico, non si sentiva in dovere di rendergli conto delle proprie azioni, ma sarebbe stato diverso se tra loro si fosse instaurato un rapporto romantico. Con quale coraggio avrebbe potuto riferire a Edward che tutto quello che credeva di sapere su di lei era falso? Con quale coraggio avrebbe potuto rivelargli che Thomas non era frutto del suo amore con Patrick, dopo avergli fatto credere che fosse nato proprio da quella relazione?
Tirarsi indietro le era costato, la sera precedente, e ancora di più le costava andare via, allontanandosi da Edward. Nonostante ciò non aveva mai maledetto la propria scelta, anzi, era contenta di avere accettato l'imposizione di Alexandra e costruito la vita che aveva vissuto negli ultimi quattordici anni. Non era stato un errore, anzi, era stata la soluzione migliore per Thomas.
Non pensava quasi mai ai giorni in cui si era isolata dal mondo insieme alla madre, seppure mentendo a se stessa fingeva di avere rimosso il giorno in cui il dottor Parker si era installato a casa loro, facendo prepotentemente irruzione nelle loro esistenze fatte di segreti.
Il dottor Parker era stato pagato profumatamente, nell'eterna convinzione di Alexandra Bernard che chiunque potesse essere comprato. Alla fine, tuttavia, era cambiato qualcosa anche tra di loro: Selena era certa che, seppure in un primo momento il medico avesse accettato l'incarico soltanto attirato dal compenso economico, in seguito si fosse sinceramente affezionato ad Alexandra. Non c'era da sorprendersi che, diversi anni dopo, avessero iniziato una relazione. Per fortuna, non incontrando quasi mai la madre, Selena si era sempre risparmiata di vedere anche lui. Stare lontana da chi conosceva la vera realtà l'aveva aiutata ad accettare meglio la falsa veridicità di quella ufficiale. Finché era sola con se stessa, Selena non aveva bisogno di nascondersi.
Mentre si dirigeva alla fermata dell'autobus più vicina cercò di scacciare i dirompenti ricordi del passato, quelli che non avrebbe mai potuto condividere con Edward. Quando salì sul mezzo si sentì più lontana, non solo fisicamente, dall'amico al quale forse avrebbe dovuto rinunciare.
Si sedette e tirò fuori il cellulare. Rilesse gli ultimi messaggi che si erano scambiati, rivivendo la gioia che aveva provato - gioia probabilmente condivisa - nell'avvicinarsi del suo soggiorno a casa sua.
"È tutto finto, Selena" si disse, "e ti devi rassegnare, come hai sempre fatto."
 
******
 
«Signora Bernard, signora Bernard!»
Selena fece un sospiro. A volte riusciva a schivare il portiere, ma non era uno di quei giorni. Salutò l'uomo con un sorriso, sperando che bastasse, ma non fu fortunata.
«Signora Bernard, posso farle una domanda?» le domandò il portiere, quasi sbarrandole la strada per impedirle di attraversare l'atrio e giungere al portone. «Lo so, dovrei comportarmi in maniera più discreta, ma non posso fare a meno di...»
Siccome non intendeva ascoltare un monologo, Selena lo esortò: «Mi dica.»
Il portiere si sentì autorizzato a invadere la sua sfera privata, il che non era esattamente una novità.
«Stanotte non riuscivo a dormire, quindi sono venuto a fare un giro giù nel cortile...»
Si interruppe, forse per non apparire troppo precipitoso, ma Selena ipotizzò dove volesse andare a parare.
Cercò di sviarlo: «Ha visto qualcosa di interessante, in cortile?»
«No, ma ho sentito qualcosa di interessante mentre rientravo» ammise il portiere. «Ho sentito una porta che si chiudeva e un'altra che si apriva. Non era uno dei primi piani, quindi ho pensato potesse essere il suo. Mi è capitato di vederla uscire con Oliver Fischer, alcune volte...»
«Esatto, sono uscita con Oliver Fischer, alcune volte» precisò Selena, «Ma non l'ho visto, stamattina. Non gli ho chiesto se nel corso della notte abbia aperto la porta.»
«Finge di non capire, signora Bernard?»
«E lei finge che questi siano affari suoi?»
Il portiere, senza distogliere lo sguardo, le suggerì: «Se lo è possibile, stia lontana dal signor Fischer, lo dico per il suo bene.»
«Non mi sembra che il signor Fischer sia una persona pericolosa.»
«Pericoloso non credo che lo sia, ma mi sembra abbia molte cose da nascondere. Chi è, da dove proviene? Perché si è trasferito proprio qui?»
«Si pone le stesse domande anche sugli altri abitanti del palazzo?»
Il portiere scosse la testa.
«No, certo che no, ma mi sono informato, il signor Fischer sta scrivendo un libro sul povero Patrick Herrmann. Perché si è trasferito proprio a casa sua? E poi... non voglio fare i conti in tasca a nessuno, ma questo è un palazzo signorile. Come può un giornalista quasi alle prime armi permettersi di pagare l'affitto?»
«Oliver Fischer lavora per la televisione» precisò Selena. «Non ho idea di quanto possa guadagnare, né gliel'ho mai chiesto, ma è un personaggio conosciuto, probabilmente ha un ottimo stipendio.»
«Rimane il fatto che il suo comportamento non mi convince.»
«Lei ha dato un consiglio a me, io vorrei dare un consiglio a lei. Cerchi di non preoccuparsi troppo del comportamento di Fischer. Non credo possa dare problemi a qualcuno, qui nel palazzo.»
Il portiere ammise: «Non penso nemmeno io che voglia dare problemi a qualcun altro, ma sono preoccupato per lei. Potrebbe dare dei problemi a lei, signora Bernard. In fondo, scusi per la sfacciataggine, Patrick Herrmann era il suo fidanzato.»
Selena annuì.
«Sì, lo era, ma è stato una vita fa.»
«Non si fidi di quel giornalista. Non mi stupirebbe se volesse convincerla a condividere con lui i suoi drammi per guadagnare o per farsi pubblicità. Signora Bernard, ho paura che Fischer la stia sfruttando e questo non sarebbe giusto nei suoi confronti. Lei è una persona così perbene, così gentile...»
«Grazie per la considerazione» ribatté Selena, «Ma posso cavarmela. Non c'è bisogno che si metta delle preoccupazioni per me.»
«Va bene, cercherò di non farlo. Mi scusi se le sono sembrato poco discreto, ma non era assolutamente mia intenzione.»
«E lei mi scusi se la lascio solo, ma devo andare a incontrare una cliente e non voglio correre il rischio di fare tardi.»
«Buon lavoro, allora.»
Finalmente il portiere si fece da parte e Selena poté dirigersi verso il portone. Uscita all'esterno fece per avviarsi verso la propria auto, ma vi trovò proprio Oliver accanto.
«Ehi, me lo dai un passaggio?» le domandò il giornalista.
«Potresti chiamare un taxi» replicò Selena, «O deciderti a comprarti una macchina. Comunque, che io sappia, è ancora educazione salutare.»
«Hai ragione, scusami» ribatté Oliver. «Ciao Selena, è un piacere vederti.»
«È un piacere anche per me, ma ho un appuntamento di lavoro» precisò Selena. «Non ho tempo per darti un passaggio.»
«Invece ce l'hai» rispose Oliver. «Forse te ne sei dimenticata, ma mi ieri hai detto esattamente dove devi andare. Sono di strada, quindi puoi tranquillamente accompagnarmi.»
Selena alzò gli occhi al cielo.
«Tu sei abituato a ottenere tutto quello che vuoi, vero?»
«Non sempre, ma in molti casi ci riesco.» Oliver fece un sorriso. «Ieri, per esempio, sono riuscito a baciarti.»
Selena fu scossa da un brivido.
«Sali in macchina.»
«Grazie... ma non dici niente sul bacio? Sono certo che è piaciuto anche a te.»
«Ho detto sali in macchina» ribadì Selena, «Altrimenti sarai costretto ad andare a piedi.»
Salirono a bordo e Selena avviò il motore.
Mentre usciva dal cortile, Oliver le chiese: «Ti è piaciuto, vero? Non mi hai ancora risposto.»
«Non ti ho ancora risposto, né lo farò» mise in chiaro Selena. «Ieri sera ci siamo lasciati un po' andare, ma preferirei che facessimo finta di niente.»
«Il portiere dice che secondo lui hai una storia con Edward Roberts» osservò Oliver. «Mi viene il dubbio che sia per lui che ti metti tutti questi problemi.»
«No, non ho una storia con Edward Roberts» replicò Selena. «È uno dei miei più cari amici, però.»
«Temo di non potere dire la stessa cosa. Credo di non essergli molto simpatico.»
«Immagino che siano parecchie le persone a cui non stai simpatico, conoscendo il tuo carattere.»
«È un modo come un altro per dire che per apprezzarmi bisogna essere superiori? Beh, tu lo sei, sei meglio di chiunque abbia mai incontrato.»
«Piantala di adularmi.»
«E tu non startene imbambolata. Non so se te ne sei accorta, ma non sta passando nessuno sulla strada principale. Devo pensare che tu sia troppo distratta da me?»
Selena si immise sulla via.
«Devi pensare per prima cosa a tapparti quella bocca, perché sono abituata a guidare in silenzio.»
«Okay, ma prima devo dirti una cosa.»
«Ovvero?»
«Ovvero che stanotte ti ho sognata.»
Selena si sforzò di rimanere impassibile.
«Davvero? E cosa facevamo in quel sogno?»
«Non facevamo niente. Eravamo sulla spiaggia, ti vedevo, ma non riuscivamo a parlarci. Tu portavi una parrucca.»
Selena frenò bruscamente.
«Cos'hai sognato?!»
«Ehi, tutto bene?» le chiese Oliver, girandosi a guardarla. «Sei sicura che te la senti di guidare? Ti vedo un po' sconvolta.»
Selena si sforzò di riprendere un'andatura normale.
«Va tutto bene, ma potresti ripetermi quello che hai sognato?»
«Ti vedevo in spiaggia. Tu eri più giovane di adesso e portavi una parrucca con i capelli rossi. Poi te la toglievi. Eri bionda, ma avevi i capelli lisci.»
Selena valutò quanto appena udito, ricordando l'avvertimento del portiere. Era possibile che Oliver sapesse qualcosa sul suo passato? E se anche così fosse stato, come poteva essere al corrente di un fatto talmente insignificante? E soprattutto, come poteva sapere cos'avesse sognato lei stessa quella notte?
Selena decise di continuare a indagare.
«Eri da solo su quella spiaggia?»
«No.»
«Chi c'era con te?»
«Non ha importanza.»
«Sì, invece, ce l'ha» replicò Selena. «Chi c'era con te?»
«Un amico.»
«Quale amico?»
«Va bene, c'era Keith Harrison» le confidò Oliver, «Ma che importanza ha?»
Selena gli confidò: «Anch'io ho sognato te e Keith Harrison, sulla spiaggia. Vi vedevo, ma non riuscivo a parlarvi.»
Oliver non parve molto stupito.
«Abbiamo passato la serata a parlare della Diamond Formula dei suoi tempi e l'abbiamo menzionato più di una volta. Non è così sconvolgente averlo sognato.»
«E la parrucca?»
«Quale parrucca?»
«Quella che indossavo. Come te la spieghi?»
«Non sento il bisogno di spiegarmela. Nei sogni succedono tante cose strane, dopotutto.»
«Sì, ma questa mi pare più strana di altre.»
«Va beh, può capitare. Abbiamo parlato di Keith Harrison e l'abbiamo sognato. La parrucca era solo un elemento inspiegabile.»
Appariva chiaro che Oliver non conoscesse quell'episodio passato, pertanto Selena decise di non insistere. Smise di parlare del sogno in comune e proseguì il tragitto diretta verso la casa della cliente con la quale doveva incontrarsi.
Oliver parve comprendere la sua volontà di restare in silenzio e, per lungo tempo, non proferì parola. Con la coda dell'occhio, Selena notò che digitava qualcosa sullo smartphone.
Poco dopo Oliver le confidò: «Il mio impegno è saltato all'ultimo.»
«Quindi dove dovrei portarti adesso?» chiese Selena.
«A casa, ma ovviamente con le tue tempistiche. Posso aspettarti in macchina, mentre sei dalla cliente.»
«E se non volessi lasciarti da solo nella mia macchina?»
Oliver ridacchiò.
«Hai paura di non trovarla più?»
Selena gli propose: «Vieni con me.»
«Dove?»
«Dalla cliente. Le dirò che sei il mio assistente o qualcosa del genere.»
«Ti avverto che non ne so niente di design» ribatté Oliver. «Non potrò esserti molto utile.»
«Non devi fare niente per essermi utile» puntualizzò Selena. «Devi solo stare zitto e lasciarmi fare il mio lavoro.»
«Va bene. Da chi andiamo? Come si chiama la cliente? Vive qui o ha case in tutto il mondo di cui una è casualmente nelle vicinanze?»
«La seconda che hai detto. È una signora sui cinquanta, sicuramente piena di soldi. Si chiama Kathy Yves.»
«Kathy Yves?!» esclamò Oliver. «Oh, cazzo! Sì, vengo con te, subito.»
«La conosci?»
«Era la moglie di Gigi Di Francesco. È un caso davvero curioso che abbia contattato proprio te. Dubito che non sappia chi sei.»
 
******
 
«Sally?»
Selena si girò. A rivolgersi a lei, con un nome errato, era stata Kathy Di Francesco, presente per oscure ragioni nell'area hospitality della squadra. Sui trentacinque anni, molto elegante nel suo tailleur beige, con lunghi capelli biondo cenere, non aveva avuto molte interazioni con gli altri presenti.
Non c'era da sorprendersi che non sapesse il suo nome, ma ci tenne a correggerla: «Mi chiamo Selena.»
«Scusa, avevo capito male.»
«Non fa niente.»
«Ti chiederai, forse, perché ti sto parlando...»
Selena annuì.
«Sì, in effetti me lo chiedo.»
«Non so se ne sei informata, ma in passato sono stata sposata con il team principal di una squadra avversaria.»
«Whisper, mi ha detto mia madre.»
«Esatto. Ciò nonostante, ho sempre avuto un certo rapporto di amicizia con Veronica Young e con suo marito Scott.»
A Selena non era sembrato che le due fossero particolarmente affiatate, ma non fece domande. Le venne da pensare che, nonostante le parole di facciata, anche Kathy faticasse a sopportare la presunta amica. Veronica non brillava certo per simpatia, anche se, per fortuna, nei weekend di gara era spesso troppo impegnata per prendersi il lusso di intromettersi negli affari privati delle altre persone.
«E io cosa c'entro?» chiese Selena.
«Hai ragione, tu cosa c'entri?» Kathy accennò una risatina. «Sai, Selena, Veronica mi ha detto chi sei.»
«Sono la figlia di Alexandra Bernard, che sponsorizza Patrick Herrmann» si affrettò a confermare Selena.
«Sì, esatto, ma non sei solo la figlia della signora Alexandra, secondo quanto afferma Veronica.»
«Non so cosa affermi Veronica, ma non sa molte cose di me.»
Kathy riprese a ridere.
«Sei giovane e ingenua, Selena. Veronica sa molte più cose di quante tu possa immaginare. Sa che tra te e Herrmann c'è qualcosa.»
Selena valutò la possibilità di negare, ma decise che non ne valeva la pena. Presto la sua relazione con Patrick sarebbe venuta alla luce: Imola era il penultumo appuntamento della stagione e il suo amato le aveva assicurato di potersi prendere il lusso di smettere di nascondersi, dopo la fine del campionato.
Kathy attese qualche istante, prima di riprendere: «Naturalmente a Veronica non interessa la vostra relazione e non interessa nemmeno a me...»
Selena non riuscì a trattenersi.
«Ci mancherebbe altro.»
«Hai ragione, devo esserti sembrata un'impicciona.»
«Non mi permetterei mai di dire una cosa del genere.»
«Ma sicuramente l'avrai pensato.» Kathy la guardò negli occhi. «Se fosse per me, ti direi solo una cosa.»
«Ovvero?»
«Ovvero sii felice. Hai un fidanzato ricco, famoso e attraente, probabilmente il sogno della maggior parte delle ragazze della tua età.»
«Ma...?» la esortò Selena, dato che Kathy non sembrava molto rapida, quando si trattava di venire al dunque.
«Ho avuto una relazione con Patrick Herrmann, in passato» le confidò l'altra, a quel punto. «È stato l'errore più grande della mia vita. Per lui ho mandato a monte il mio matrimonio... e poi è finita.»
«Io non sono sposata» ribatté Selena. «Ho vent'anni compiuti appena un mese fa e posso permettermi di correre certi rischi.»
«Sicuramente, ma se fossi al posto tuo starei lontana da quel tipo. Quando stava con me, non è mai stato sincero sui suoi sentimenti.»
«Non capisco il nesso tra quello che è successo tra di voi e quello che potrebbe succedere tra me e lui.»
«Intendo dire che probabilmente non conosci tutto di Patrick. Se sapessi chi è e che cos'ha fatto davvero, forse saresti la prima a scappare a gambe levate.»
«E se Patrick mi avesse parlato del suo passato e io avessi deciso di accettarlo?»
Kathy scosse la testa.
«No, non può averti raccontato proprio tutto.»
«So che è stato con delle donne sposate, che la maggior parte delle sue storie sono finite male e...» Selena si interruppe. C'era altro che aveva scoperto, ma non si sarebbe lasciata scappare niente. «Non vedo ragioni per preoccuparsi per me. In fondo è solo Veronica ad essere convinta che Patrick sia il grande amore della mia vita.»
«Certo, hai ragione, solo perché sei giovane ho dato per scontato che tu fossi anche ingenua al punto tale da convincerti che Patrick Herrmann potesse davvero innamorarsi di te» replicò Kathy. «Mi spiego meglio, con questo non voglio dire che sia tu il problema. È proprio lui, non è capace di provare dei sentimenti genuini, che sia tu o che sia qualcun'altra. Se per te è solo una storiella e non ti importa più di tanto di lui, allora non ho più niente da dire, anche se, secondo me, potresti puntare a qualcosa di meglio.»
«Grazie per il consiglio, Katia» rispose Selena, sbagliando il suo nome di proposito - in fondo la Di Francesco l'aveva chiamata Sally, meritava di essere ripagata con la stessa moneta. «Penso di essere grande abbastanza per essere in grado di gestire da sola la mia vita privata, ma apprezzo comunque l'interessamento. Me la caverò, in ogni caso.»
 
******
 
Kathy Yves dimostrava molti anni in meno della sua età anagrafica: doveva essere vicina ai cinquanta, se ancora non li aveva raggiunti o addirittura superati. Elegantissima proprio come un tempo, sarebbe stato impossibile non riconoscerla. Come asserito da Oliver, era molto improbabile che il nome Selena Bernard non le dicesse niente, ma si comportò come se non l'avesse ricollegata alla ragazza alla quale aveva dato suggerimenti di dubbio valore quindici anni prima.
Selena decise di fare lo stesso, nell'affermare: «È un piacere conoscerla, signora Yves. Come avrà intuito, io sono la signora Bernard, mentre lui è il mio assistente, il signor Fischer.»
La signora Yves riservò un sorriso a Oliver.
«Piacere di conoscerla, signor Fischer. Pensavo che la signora Bernard sarebbe venuta da sola, ma mi ha fatto una piacevole sorpresa.»
«Il piacere è tutto mio» ribatté Oliver, «Specie considerato che il mio fascino proverbiale a colpito ancora.»
Selena gli scoccò un'occhiata di fuoco.
«Mi scusi, signora Yves. Purtroppo non ha ancora imparato a tacere nei momenti più opportuni.»
«Si figuri, il suo aiutante mi sembra un ragazzo simpatico.»
«Se fosse per me» intervenne Oliver, «La ringrazierei, ma dubito che la signora Bernard me lo consentirebbe senza licenziarmi. Quindi da questo momento in poi mi atteggerò a pianta ornamentale e mi limiterò a fare ciò che la mia titolare mi ordinerà di fare.»
La signora Yves domandò: «Posso offrirvi qualcosa prima di iniziare? Un caffè?»
«No, grazie» si affrettò a rispondere Selena. «Non vogliamo essere di disturbo.»
«Allora possiamo andare nel mio studio a discutere di lavoro» dichiarò la signora Yves. «Vi faccio strada.»
Selena la seguì, accompagnata dal suo "assistente", che per fortuna rimase in religioso silenzio mentre Yves esponeva i propri progetti, chiedendo fino a che punto fossero realizzabili.
Quaranta minuti più tardi uscirono dalla casa della donna e finalmente Selena poté mettere in chiaro ciò che pensava.
«Se avessi potuto, ti avrei cacciato fuori io stessa a calci nel fondoschiena. Come ti è venuto in mente di fare quelle battute assurde?»
«Dai, non prendertela, Kathy si è sicuramente divertita» replicò Oliver. «Scusami, ho cercato di trattenermi, ma non ci sono riuscito, l'idea di prenderla un po' in giro era troppo bella per essere messa da parte senza fare neanche un piccolo tentativo.»
Selena lo fissò con fermezza.
«Perché?»
«Mi è venuto spontaneo.»
«Perché ti è venuto spontaneo, è questo che voglio sapere» chiarì Selena. «Conosci quella donna? Hai mai avuto a che fare con lei?»
«No, non la conosco personalmente» ammise Oliver, «Ma era la moglie di Gigi Di Francesco, come ti ho detto, e...»
Selena lo interruppe: «Inizio a pensare che la tua sia un po' un'ossessione. Va bene, quella donna è stata l'amante di Patrick Herrmann, ma non ti sembra esagerato questo accanimento nei suoi confronti?»
«Mhm... a me non pare accanimento.»
«Hai ragione, forse non è la parola giusta, ma mi sembra che tu ti sia lasciato prendere un po' troppo la mano.»
«Hai ragione, scusa, spero che questo non abbia ripercussioni sul tuo lavoro.»
«Penso di no.»
«Meglio così. Andiamo a casa, ora?»
«Sì, è il caso che andiamo.»
«Oppure...» Oliver parve riflettere. «Mi è venuta un'idea ancora migliore. Andiamo a pranzo insieme da qualche parte, prima di tornare a casa?»
«A pranzo insieme, io e te?»
«Perché no? Per caso hai paura che Edward Roberts sia geloso?»
«Ti stai prendendo troppe libertà, assistente» puntualizzò Selena. «Io ed Edward siamo solo amici. Se vuoi possiamo organizzare anche un pranzo o una cena insieme a lui, nei prossimi giorni.»
«Un pranzo o una cena con Edward Roberts? E perché mai?»
«Verrà a trovarmi insieme a sua figlia. Ci sarà anche mio figlio, domani torna a casa per le vacanze di Pasqua.»
«Allora vedi che faccio bene a pensare che ci sia qualcosa tra di voi?»
«C'è qualcosa: una profonda amicizia. Di conseguenza non devo rendergli conto di quello che faccio, così come lui non deve rendere conto a me.»
«Meglio così, non mi piace l'idea di fare il terzo incomodo. Non sono come Patrick Herrmann, dopotutto.»
Selena spalancò gli occhi.
«Cos'hai detto?»
«Niente, lascia stare, scherzavo.»
«Non scherzare su Patrick, per favore. Ma soprattutto non scherzare su me e te insieme.»
«Perché no?» obiettò Oliver. «Dopotutto ci siamo baciati... ed è già qualcosa.»
Selena sospirò.
«Penso sia meglio se andiamo a pranzo, come hai proposto tu. Hai qualche idea sul posto?»
«Mi va bene qualcosa di semplice, anche un bar.»
«Anche a me.»
«Credo ce ne sia uno qua vicino. Andiamo?»
Si avviarono a piedi e Selena seguì Oliver senza replicare. Doveva essere un giorno favorevole alle coincidenze: Selena era già stata in quel posto, molti anni prima.
 
******
 
Selena attraversò la strada in fretta, per raggiungere Patrick che la aspettava in macchina. Per depistare Alexandra, Herrmann aveva dovuto attenderla lungo la via, nonostante il luogo di partenza fosse lo stesso per entrambi.
Salì a bordo e Patrick parve sollevato della sua presenza.
«Meno male che sei arrivata. Ho temuto che potessi fare tardi.»
«Non è colpa mia.»
«Lo so, avrai dovuto inventarti una scusa con tua madre.»
«Sì, e ti avverto che inizio a non poterne più» puntualizzò Selena. «Non possiamo semplicemente dirle come stanno le cose? Sarebbe molto più facile per entrambi e dopo potremmo finalmente essere liberi.»
«Ancora un po' di pazienza, Selena. È già mercoledì. Domenica sarò campione del mondo e non avrò più bisogno del supporto della signora Alexandra.»
«E se non vincessi il titolo?»
«Sarò comunque stato convincente abbastanza da rimanere in squadra, anche senza la sponsorizzazione di tua madre.»
Si immise sulla strada e, mentre si dirigevano a destinazione, diede a Selena le spiegazioni che non aveva potuto darle poche ore prima al telefono.
«Ho scelto bene il posto e non dovrebbe esserci nessuno che si impiccia, però non si sa mai. Per questo motivo è importante che facciamo finta che il nostro incontro con Harrison e sua moglie sia casuale.»
«E, dimmi, per quale motivo, se incontrassimo casualmente Harrison e sua moglie dovremmo metterci a parlare con loro, dato che tutti e due ce l'hanno a morte con te?»
«Questa è una meravigliosa domanda, in effetti, ma non dovrebbe esserci gente che si impiccia, dove stiamo andando, e poi devo parlare solo con Keith, non con Emma. In fondo siamo liberi di parlare con chi ci pare, non credi?»
«Credo di sì, ma mi hai parlato di un incontro segreto. Quello che sta per succedere potrebbe essere ben diverso da un incontro segreto.»
Patrick precisò: «Dici sempre che non ti piacciono i segreti. Dovresti essere contenta.»
«Non mi piace nemmeno questa situazione, però» replicò Selena. «Cosa vogliono Harrison e sua moglie da te? E perché devo esserci anch'io?»
Patrick la rassicurò: «Non devi fare niente, solo farti vedere insieme a me. Devo parlare con Keith privatamente, di una faccenda di lavoro, tutto qui.»
«Non potevate parlarne al telefono? Nessuno avrebbe visto niente e...»
Patrick la interruppe: «No, non potevamo parlarne al telefono. È una faccenda un po' complicata. Quando la stagione sarà finita, ti spiegherò tutto. Sempre ammesso che, quando partiremo insieme, ti interessi ancora di questa storia.»
Selena decise di non fare altre domande, si limitò a sperare che non accadesse niente di spiacevole. Un quarto d'ora più tardi seguì Patrick all'interno di un bar piuttosto piccolo, con una sola persona addetta al servizio. Non c'erano clienti, a parte una coppia seduta a un tavolo. Non fu difficile riconoscerli: erano i coniugi Harrison.
Patrick si limitò a salutarli con un cenno della mano, che i due ricambiarono, poi invitò Selena a sedersi con lui a un altro tavolo. Ordinarono due spremute d'arancia, senza degnare di uno sguardo Keith ed Emma. Pochi minuti più tardi, i due pagarono la loro consumazione e uscirono dal bar.
«E adesso?» chiese Selena, a bassa voce.
«Adesso aspettiamo qualche istante, poi esco e raggiungo Keith dietro al bar. Tu resti qui al tavolo, io cercherò di fare presto.»
Selena accettò, con una sola variazione. Una volta che Patrick fu uscito, chiese al barista dove fosse la toilette. Quando le venne indicata, vi si recò. Fu molto fortunata: il bagno si affacciava proprio sul piccolo cortile sul retro verso il quale Patrick si era diretto. Dalla finestra semichiusa, Selena poteva udire la sua voce e quella di Harrison.
«Non dire idiozie, ho capito che l'hai fatto apposta» stava affermando Keith. «Era un errore da rookie, non avresti mai fatto una cazzata del genere.»
«Vogliamo parlare di te, allora?» replicò Patrick. «È inutile che fai tanto il santo, so benissimo che cos'hai fatto.»
«Di Francesco ha detto che avevate pronto un ricorso contro di noi e che se avessimo vinto la gara sareste stati in grado di farci squalificare per irregolarità...»
«Cazzate. Di Francesco sta cercando di vendere il mondiale.»
«Gigi non lo farebbe mai. Vincere significa tutto per lui.»
«Fidati, è così. Di Francesco ha cercato di accordarsi con Veronica. La vostra squadra è disposta a perdere il titolo di proposito, a condizione che io faccia una dichiarazione pubblica a vostro favore. Vogliono che confermi che è stato Diaz a sbagliare, non la squadra. Di Francesco è disposto a farmi vincere il mondiale, in cambio. Avrei potuto vincere facilmente, a Imola. Hai ragione, quel testacoda l'ho fatto apposta. Era un segnale. Volevo dimostrare a Di Francesco e a Veronica che non ci sto. Vi batterò lo stesso e lo farò con merito. Poi racconterò al mondo la mia verità.»
 

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Capitolo 7
*** [Oliver] ***


«Racconterò al mondo la mia verità» affermò Patrick, «Perché penso che sia quello che dobbiamo a Emiliano. Il team ha detto troppe cose false su di lui, ha infangato il suo nome...»
Keith lo interruppe: «Non è proprio così. È vero, forse non tutte le responsabilità sono di Emiliano, ma non mi sembra che abbiano mai cercato di metterlo in cattiva luce. Hanno detto che ha commesso un errore e che l'ha pagato troppo caro, tutto qui.»
Patrick replicò: «Il problema è proprio questo, perché non è andata davvero così. Va bene, nessuno si è fatto una brutta idea su Diaz, a causa delle affermazioni di Di Francesco e di tutti gli altri, ma penso che la verità gli sia dovuta. Per te non è così?»
«Se davvero hanno coperto le loro responsabilità...»
«Certo che le hanno coperte. Perché credi che Di Francesco sia disposto a vendere il campionato, pur di comprarsi il mio silenzio? Perché ha qualcosa da nascondere, altrimenti mi avrebbe già ridicolizzato pubblicamente.»
«Come pensi di comportarti, quindi?»
«Penso di avere tenuto la lingua fin troppo a freno, in quest'ultimo anno. Da quando non sono più con la Whisper, sto rivalutando tutti... in negativo.»
«Strano, mi sembrava che tu avessi già un'opinione abbastanza negativa di loro.»
«Non pensavo si potessero spingere fino a questo punto» ammise Patrick. «Non credevo che Di Francesco fosse disposto a buttare al vento le speranze di vincere il titolo, non pensavo si sentisse colpevole fino a questo punto. Perché mi sembra chiaro, ormai: il tuo caro team principal ha molti scheletri nell'armadio e, dopo avermi buttato fuori dalla squadra, pensava di potere stare tranquillo. Purtroppo per lui non è così. Per quanto lui stesso possa raccontare cose spiacevoli su di me, non mi sono mai compromesso tanto quanto hanno fatto lui e il team.»
Keith azzardò: «Quindi, secondo te, Di Francesco ti ha fatto fuori dal team perché avevi dei sospetti sulla morte di Diaz?»
«Certo. Perché avrebbe dovuto farlo?»
«Innanzi tutto ti sei portato a letto sua moglie...»
Patrick obiettò: «Conosco Di Francesco abbastanza da pensare che, se fossi stato in grado di garantirgli di vincere il titolo e di non dargli problemi, avrebbe esitato a liberarsi di me così facilmente per questioni private. Il business viene prima di tutto, per lui, ti assicuro che la mia storia con Kathy era solo una scusa.»
«Ne dubito.»
«Dubitane finché vuoi, ma è stata Kathy a insistere finché non mi sono lasciato sedurre...»
Keith obiettò: «Non sono sicuro di essere interessato ai dettagli intimi.»
«Non voglio sbatterti in faccia dettagli intimi» puntualizzò Patrick, «Ma solo spiegarti com'è andata. Dopo quello che è successo con Kathy, la versione ufficiale è che Gigi le abbia chiesto il divorzio impegnandosi a passarle un assegno di mantenimento notevole. Prima, però, girava voce che fossero in crisi e che Di Francesco cercasse un modo per separarsi da lei senza doverle dare così tanti soldi.»
«E tutto questo cosa c'entra con te?»
«Sono convinto che Di Francesco abbia pagato la sua ex moglie per sedurmi, poi abbia finto di scoprire la nostra relazione per avere un motivo per cacciarmi via.»
«Quindi si tratterebbe di un complotto contro di te?»
«Qualcosa del genere.»
Keith rise.
«Dai, non dire cazzate. Lo sappiamo tutti che nella vita privata non hai fatto altro che combinare casini. Anche adesso, tra tutte le donne che c'erano al mondo, ti sei messo proprio con la figlia della signora Bernard...»
«E tu cosa ne sai?»
«Te la sei portata appresso anche oggi stesso. A proposito, sei sicuro che non si insospettisca, se rimaniamo qui a parlare così a lungo? Potrebbe riferire qualcosa alla madre... e magari Alexandra Bernard non sarebbe soddisfatta di sapere cos'hai fatto a Imola.»
«Selena non sa che quel testacoda è stato un errore fatto di proposito» ribatté Patrick, «E se anche lo sapesse non avrebbe motivo di andare a spiattellare la verità alla madre.»
«Sarà, ma rimango del parere che tu ti stia prendendo troppi rischi.»
«Selena e Alexandra non sono un problema tuo né lo diventeranno. Me la vedrò io con loro, se dovesse esserci qualche complicazione... ma ti assicuro che, se ci saranno problemi, la responsabile non sarà certo Selena. Per quanto riguarda Kathy Di Francesco, invece...»
«Vuoi ripetermelo un'altra volta?» replicò Keith, sprezzante. «Non essere ridicolo, ti stai solo giustificando.»
«Perché dovrei giustificarmi con te di quello che ho fatto con Kathy?» obiettò Patrick. «Comunque va bene, hai ragione, non ho prove, ma tutti gli indizi portano in quella direzione. E, stando agli indizi che abbiamo, qualcosa deve succedere.»
«Qualcosa di che tipo?»
«Non lo so, ma di sicuro Di Francesco non se ne starà a guardare, adesso che ha capito che non intendo sottostare alle sue assurde richieste, nemmeno in cambio del terzo titolo che inseguo ormai da anni.»
«Come pensi che possa agire?»
«Non lo so, ma mi aspetto di vedere di nuovo Kathy andarsene in giro insieme a Veronica. L'hai vista a Imola, vero? Era un'ospite della Dynasty.»
«Questo, in effetti, è un dettaglio da non sottovalutare» fu costretto ad ammettere Keith. «Certo, non prova l'esistenza di complotti vari, ma perché l'ex moglie di Gigi dovrebbe essere invitata da Veronica Young o da suo marito come ospite della Dynasty?»
«Penso che il ruolo di Kathy non si sia esaurito con il mio licenziamento» gli confidò Patrick. «Immagino che l'assegno di mantenimento che riceve le sia corrisposto in cambio di qualche servizio. Di Francesco ha cercato di vendere il titolo alla Dynasty e per avvicinarsi a Veronica deve essersi servito della sua ex moglie. Kathy, da parte sua, non si è certo tirata indietro, quei soldi le permettono di fare la stessa vita che faceva quando stava con Gigi. In alternativa, dovrebbe trovarsi un altro pollo da spennare. Non solo: dovrebbe trovare uno che sia anche disposto a sposarsela.»
«Ammesso che quello che dici sia vero» volle sapere Keith, «Noi come dobbiamo comportarci? Non possiamo prevedere quello che succederà...»
«Non possiamo prevedere quello che succederà, è vero» convenne Patrick, «Ma possiamo fare in modo che nessuno scopra che ne abbiamo parlato.»
«Nessuno lo scoprirà, se Selena non parla.»
«E se non parla Emma.»
«Perché Emma dovrebbe riferire a qualcuno i fatti nostri?»
«E perché dovrebbe farlo Selena?»
«Va bene, va bene, la figlia della Bernard non è pericolosa» si arrese Keith, «Quindi nessuno verrà a sapere niente. Siamo a posto, no?»
«Non proprio. Dobbiamo anche comportarci in modo da non insospettire nessuno. Quindi non dobbiamo mai farci vedere insieme, altrimenti qualcuno potrebbe sospettare che stiamo complottando qualcosa.»
«In realtà sono altri a complottare, noi siamo solo vittime del loro sistema.»
«Questo è vero, ma non è così importante.»
«Okay, va bene. Se nel team dovesse accadere qualcosa di cui devo avvertirti, come faccio?»
«Mhm... mi verrebbe da dirti di mandarmi un SMS, ma qualcuno potrebbe leggerlo. Quindi c'è una sola cosa da fare: manda Emma ad avvertire Selena.»
 
******
 
Il compito che Oliver si era prefissato - convincere Emma a confidarsi con lui sui giorni che avevano preceduto la famigerata gara di Montecarlo - non era dei più semplici, ma poteva ritenersi soddisfatto: era stato in grado di convincere la sua collega ad aprirsi con lui e, seppure di fatto non gli stesse riferendo nulla di completamente nuovo, Emma stava collaborando.
Per non destare sospetti, Oliver aveva scelto un posto isolato per parlare con lei e avevano deciso di rimanere a bordo dell'automobile della Dupont, che gli stava raccontando: «Qualche giorno prima del gran premio, Keith incontrò Patrick per discutere di un presunto complotto tra le due squadre per cui correvano. Pare che il team principal della Whisper stesse cercando di accordarsi con Veronica Young per combinare il risultato del mondiale. Keith non ne sapeva niente, o meglio, si era accorto di qualcosa di strano, ma Di Francesco era riuscito a tenerlo buono con delle scuse. Sosteneva che ci fossero dei problemi con il regolamento e che, se Keith avesse battuto i piloti della Dynasty, la Dynasty avrebbe potuto portare la Whisper davanti a un tribunale sportivo. Non ricordo bene i dettagli, ma la situazione che gli era stata presentata era una di questo tipo. Patrick, che secondo i loro affari avrebbe dovuto vincere il mondiale, ne era stato informato dalla Young, eppure aveva deciso di non cogliere l'occasione. Forse voleva vincere senza barare, oppure era convinto di potercela fare comunque. Sta di fatto che, a Imola, la gara che venne immediatamente prima di Montecarlo, era stato a lungo in testa, ma aveva perso terreno commettendo un errore stupido. Keith era convinto che non si trattasse di un errore, era una cosa troppo banale per un pilota esperto come Herrmann. Per questo gli chiese di vedersi, prima dell'evento successivo, per vederci chiaro. All'epoca Keith non sapeva ancora niente di quella storia, quindi gli sembrò strano che Patrick avesse compromesso un risultato facile.»
«E poi?» volle sapere Oliver.
«Keith non mi riferì molto, solo che aveva ragione e che Patrick aveva sbagliato di proposito, a Imola, anche se per una giusta causa» rispose Emma. «Mi disse che Patrick era preoccupato per quello che i team principal di entrambe le squadre potevano avere in mente. In più era convinto che Di Francesco non agisse da solo, ma che avesse degli agganci. Secondo lui Kathy Di Francesco, la sua ex amante, faceva da tramite il team Whisper e Veronica Young. Ovviamente non aveva prove, ma era convinto che avessero in mente di continuare in qualche modo i loro intrighi, anche senza la sua complicità.»
«E Keith cosa ne pensava?»
«Niente di che. Era preoccupato anche lui, ma più che altro per quello che aveva scoperto sulla Whisper. Temeva che alla gara finale della stagione potesse capitargli qualcosa, magari un problema tecnico che lo mettesse fuori gioco, impedendogli di vincere il titolo. Aveva pochissimi punti in più di Herrmann, non poteva permettersi un ritiro in un momento così cruciale.»
«Keith non ha mai pensato che la sua vita fosse in pericolo?»
«No, certo che no. Perché avrebbe dovuto?»
«Correva per la stessa squadra di Diaz e si stava convincendo che il team avesse responsabilità nella morte del suo ex compagno di squadra.»
Emma annuì.
«Sì, ovvio, ma tra questo e l'essere in pericolo c'è una bella differenza. La squadra aveva commesso degli errori madornali, ai tempi di Diaz, e quel poveretto era morto anche per quella ragione... ma appunto, la Whisper non poteva permettersi un altro scandalo, avrebbero lavorato nel miglior modo possibile per non mettere nessuno a rischio più del dovuto. Keith temeva potesse accadere qualcosa di banale. Non so, un pitstop andato storto, con una ruota non imbullonata durante la sosta o qualcosa del genere, che gli impedisse di finire la gara oppure di arrivare in una buona posizione. Non temeva certo che Gigi Di Francesco lo sabotasse al punto tale da mettere deliberatamente in pericolo la sua vita.»
Oliver azzardò: «Se le due squadre si erano accordate per far vincere il titolo a Herrmann nella speranza che la smettesse di parlare pubblicamente dei suoi sospetti a proposito della gestione del caso Diaz, perché avrebbero dovuto sabotare Harrison? Patrick, con il suo errore di Imola, doveva avere chiarito quale fosse la sua posizione in proposito, che "regalargli" il campionato non sarebbe servito.»
Emma si girò verso di lui e lo fissò con la fronte aggrottata.
«Era questa la ragione per cui la Whisper voleva vendere il titolo, quindi? E tu come fai a saperlo?»
Oliver sussultò. Si era spinto troppo oltre, non avrebbe dovuto rivelare a Emma ciò che sapeva. Per tale ragione, cercò di rimediare, osservando: «Mi sembra la soluzione più probabile. Non vedo altri motivi per cui Di Francesco dovesse servire il titolo su un piatto d'argento a un pilota in polemica con la sua squadra e che per giunta si era perfino scopato sua moglie. Mi pare logico che dovesse esserci una ragione importante per prendere una simile iniziativa e l'unica che mi viene in mente è questa: far vincere il mondiale a Herrmann come contentino, se si fosse deciso a tacere una volta per tutte. Patrick, però, non si è fatto comprare.»
«Adesso che mi ci fai pensare è un'alternativa plausibile» ammise Emma. «Patrick era molto convinto di quello che diceva contro Whisper Motorsport e il team principal, ovviamente, non sopportava più molto quella situazione. Per sua fortuna Patrick non era molto amato, ai tempi, quindi erano in pochi a pendere dalle sue labbra, ma...» Emma abbassò lo sguardo. «Alla fine, però, non importava più quello che la gente pensasse di lui, ormai era troppo tardi. Nonostante i loro contrasti, Keith stava passando dalla sua stessa parte... e a Keith ne sarebbero seguiti molti altri.»
«Verrebbe quasi da pensare» azzardò Oliver, «Che sia stata una fortuna, per Gigi Di Francesco, quello che successe durante il gran premio.»
«Già, in tutti i sensi» convenne Emma. «Niente più accusatori e per giunta qualcosa di molto più grosso della morte di Diaz, che attirasse l'attenzione collettiva, distogliendola dagli eventi del passato. Sembra quasi fatto apposta.»
Oliver convenne: «Già, peccato sia impossibile.»
Emma allargò le braccia.
«Cosa vuoi che ti dica. Mi sono messa il cuore in pace molto tempo fa e non ho mai pensato sul serio che ci fosse qualcosa di oscuro, perché appunto sarebbe assurdo... anche se Keith, un'ora prima della gara, sembrava molto agitato, come se avesse scoperto qualcosa di grosso. Mi chiese di andare a cercare con urgenza Selena Bernard, di accertarmi che fosse da sola e di riferirle che aveva bisogno di parlare urgentemente con Patrick.»
«E tu?»
«Andai a cercare Selena, ma la trovai insieme a sua madre. Alexandra Bernard non la lasciò sola un attimo. Mi sono sempre chiesta cosa sarebbe accaduto se Keith fosse riuscito a vedere Patrick prima del gran premio, ma temo che non lo scoprirò mai.»
Oliver avrebbe voluto rassicurarla, spiegarle che un giorno l'avrebbe scoperto, ma non se la sentiva di darle false speranze, né era sicuro che per Emma fosse la cosa migliore venire a conoscenza di una scomoda verità. La ringraziò, per il momento, le disse che la loro conversazione gli era stata molto utile e si fece accompagnare a casa.
Invece di essere accolto dal solito portiere pronto a sommergerlo di chiacchiere sul vicinato e in particolare su Selena Bernard, entrando per poco non si scontrò con Edward Roberts che usciva dal portone.
Il pilota indietreggiò e lo fissò con gli occhi strabuzzati.
«Ancora tu?!»
Oliver fece un mezzo sorriso.
«Già, ancora io. Sorpreso di vedermi?»
«Tutto questo è inaccettabile!» sbottò Edward. «Come ti permetti, testa di cazzo, di violare la mia privacy e di seguirmi fino qui?! Sono a casa di un'amica insieme a mia figlia, come ti permetti di intrometterti nella mia vita fino a questo punto?!»
Oliver non lo interruppe. Continuò a sorridere e, quando Roberts ebbe terminato, gli chiese, sprezzante: «Hai altro da aggiungere?»
«Sì, che quella puttana di tua madre avrebbe dovuto abortire, invece di metterti al mondo!»
«Molto elegante da parte tua. Però ti sfugge una cosa: non sono qui per occuparmi di quello che fai tu, ma perché abito in questo palazzo. Puoi chiedere alla tua amica, se non credi a me. E già che ci sei, chiedile anche se sarà disposta a stare dalla tua parte quando racconterò pubblicamente che io e la mia famiglia siamo stati insultati pesantemente da un rispettabile pilota della Diamond Formula.»
Edward avvampò. Era palesemente imbarazzato, mentre affermava: «Non sapevo che abitassi qui. Scusa, pensavo fossi venuto qui per me.»
«Beh, no, non sei così importante» obiettò Oliver.
Edward lo supplicò: «Ti prego, non spargere merda su di me in questo momento.»
«Perché non dovrei?»
«Non so cosa mi abbia preso, ma...»
Oliver lo interruppe: «Va bene, posso fingere che non sia successo nulla. Tu, però, saresti disposto a fare qualcosa per me?»
«Dipende di cosa si tratta.»
«Niente di che. Vorrei che io e te ci incontrassimo per parlare di Patrick Herrmann. Ti assicuro che non scriverò nulla che tu non voglia né ti attribuirò alcuna citazione senza il tuo consenso. Ci stai?»
Oliver non si sorprese, quando Edward accettò. L'idea di una campagna mediatica contro di lui non doveva allettarlo molto, seppure le probabilità di successo fossero decisamente minori di quelle alle quali aveva alluso.
«Grazie» concluse Oliver. «Quando sei libero? Non hai molta strada da fare per raggiungermi.»
«Domani pomeriggio?»
«Va bene domani pomeriggio. Abito di fronte alla tua amica.»
«Devo dirle che vengo da te?»
«Come vuoi. La tua vita privata non è affare mio. Con te non voglio parlare delle nostre amicizie comuni, ma solo dell'incidente di Patrick Herrmann.»
 
******
 
Era un altro tardo pomeriggio pieno di nuvole, o forse sempre lo stesso. Il vento era forte, ma il cielo, con le nubi striate di rosa, era uno spettacolo, che tuttavia Oliver non poteva concedersi il lusso di stare a osservare. Aveva da fare, doveva incontrare una persona con una certa urgenza e quella persona era sempre il solito Keith Harrison.
Non aveva niente da dirgli, ma sentiva che Keith aveva bisogno di lui.
"O forse" realizzò, "sono io ad avere bisogno di Keith."
Si mise a camminare lungo la spiaggia, sempre verso la stessa direzione. Non aveva idea del perché cercare Harrison proprio là, ma non c'era bisogno di conoscerne la ragione, gli bastava fidarsi di un istinto che, quando andava alla ricerca di Keith, non l'aveva mai tradito.
Nemmeno quel tardo pomeriggio l'istinto gli voltò le spalle: Keith Harrison era seduto a terra e sembrava aspettarlo. Lo vide subito e lo salutò con un cenno della mano, che Oliver ricambiò.
Keith si alzò in piedi, lo fissò per qualche istante in silenzio, infine osservò: «Alla fine ti sei deciso.»
Se il senso dell'orientamento innato non aveva bisogno di una spiegazione, non era lo stesso per le affermazioni dell'ex pilota.
«Mi sono deciso a fare cosa?»
«A venire da me. Ti aspettavo.»
«Eppure credevo di avere preso spontaneamente la decisione di venire da te, senza aspettare una tua "chiamata".»
Keith ridacchiò.
«Siamo noi che possiamo condizionare i vostri sogni, non il contrario. Ho cercato di mettermi in contatto con te, negli ultimi tempi, ma c'era sempre un muro tra di noi.»
«E ora quel muro non c'è più?»
«Non è spesso abbastanza da impedirti di raggiungermi. Non so, però, fino a che punto tu possa capire.»
Oliver obiettò: «Non c'è sempre bisogno di capire.»
Keith replicò: «Invece sì... e a me piacerebbe comprendere che cosa sta succedendo con Edward Roberts.»
«Niente.»
«Devi vederlo, però.»
«Sì. Tu come lo sai?»
«So molte cose. Però non so leggerti nella mente. Cosa vuoi da Edward?»
«Voglio parlargli di Patrick Herrmann, tutto qui.»
«Non sono convinto che sia una buona idea. Ti ricordi per che team gareggia, vero?»
«Sì, lo so benissimo.»
«Ha contatti con Veronica e Scott Young. Fino a che punto puoi fidarti di lui?»
«Edward corre per il loro team, tutto qui. Non lo rende automaticamente una persona da evitare come la peste.»
«Capisco cosa intendi» convenne Keith, «Ma resta comunque pericoloso, non trovi? Basta che si lasci scappare qualche parola di troppo e potresti ritrovarti contro Veronica.»
«Non ho paura di Veronica» puntualizzò Oliver. «Sono del parere che abbia molte cose da nascondere e che non sia la santa che si mostra all'occorrenza, ma non va certo in giro a uccidere poveri giornalisti indifesi.»
«Questo non puoi saperlo. Potresti scoprire che non è così, ma solo quando sarà troppo tardi.»
«Non deve essere così terribile essere morto. Tu non fai altro che intrometterti negli affari dei vivi... Essere morto è un po' come essere un giornalista.»
Keith alzò gli occhi al cielo, poi scosse la testa.
«Piantala, non ti ho chiamato per stare a sentire le tue idiozie.»
«Idiozie... adesso non esagerare. Era solo una constatazione.»
Senza commentare, Keith gli ordinò: «Girati.»
Oliver si guardò intorno.
«Da che parte?»
«Dietro di te.»
Oliver fece ciò che Keith gli aveva detto. Come per incanto, vide davanti ai suoi occhi una sorta di schermo televisivo, sospeso a mezz'aria.
«Harrison, che cazzo sta succedendo?»
«Effetti speciali.»
«Non pensavo fossimo al cinema.»
«Infatti non siamo in un cinema. Siamo nella tua mente.»
«Tutto questo è assurdo» obiettò Oliver. «Non...»
Si interruppe. La trasmissione stava iniziando e non servì molto per capire di che cosa si trattasse.
Le vetture procedevano ad alta velocità lungo le strette stradine di Montecarlo. Davanti a tutti, una monoposto verde, sulla cui fiancata era rappresentata una farfalla il cui colore sfumava dall'azzurro al verde acqua, "omaggio" di uno sponsor, che aveva reso la Dynasty la vettura reputata la più bella della Diamond Formula nelle apposite classifiche che occasionalmente comparivano sul web tra quegli appassionati di motori che si lasciavano coinvolgere anche dagli aspetti più leggeri e meno legati alla competizione.
In seconda posizione, non troppo distante dal leader, seguiva un pilota a bordo di un'auto di colore blu elettrico. Non c'erano dubbi su quale fosse la sua identità, così come non ce n'erano a proposito di chi fosse in testa al gran premio.
Oliver conosceva quelle immagini, le aveva viste tante volte, da quando aveva deciso di scrivere il suo libro su Herrmann, tanto che quello che sarebbe accaduto di lì a poco non gli era più di disturbo, come se ci avesse fatto l'abitudine.
Un telecronista, frattanto, criticava Keith Harrison: secondo lui emergeva dalla sua guida una tensione che non gli apparteneva, così come era apparso piuttosto agitato nelle inquadrature prima della gara. La seconda voce della telecronaca, un ex pilota che spesso si lasciava andare a commenti acidi contro chi, diversamente da lui, stava ancora in pista, fece una risatina, prima di affermare che l'atteggiamento di Harrison dimostrava che non fosse all'altezza della situazione in cui si trovava e che, anche se avesse vinto il mondiale, non se lo sarebbe meritato.
Oliver si girò verso Keith.
«Cosa ne pensi?»
L'altro alzò le spalle, con indifferenza.
«Tanto qualche ora più tardi sarebbe stato pronto ad affermare che ero il pilota più forte di tutti i tempi.»
Oliver sospirò.
«Questa cosa che i morti devono essere idolatrati fino allo sfinimento mi è sempre sembrata assurda.»
«Io non ci ho mai pensato, quando ero vivo» ammise Keith. «Dopo avere varcato il confine non ha più avuto senso. I vivi si comportano in modo assurdo, di tanto in tanto... e lo faremmo anche noi, se le nostre azioni potessero ancora avere un effetto.»
«Beh, potete comunicare con noi tramite i sogni...»
«Non sempre e non con tutti. Possiamo farlo solo quando abbiamo qualcosa di importante da dirti.»
«Wow, lo considero un onore.»
«Taci, cretino» sbottò Keith. «Non distrarti, guarda la TV e dimmi cosa vedi.»
Oliver tornò a concentrarsi sullo schermo.
«Vedo Harrison che si avvicina a Herrmann e che, pur di riuscirci, sta guidando in modo strano. Sta tagliando...» Si fermò, per correggersi. «Stai tagliando delle chicane, alla direzione gara non piace di sicuro il modo in cui guidi. Non so cosa ti passasse per la testa in quel momento, ma avresti potuto rischiare una penalità e giocarti definitivamente la possibilità di vincere il titolo.»
Keith obiettò: «In quel momento non mi interessava il titolo. Avevo appena scoperto una cosa terribile e non ero riuscito a fare nulla, prima della gara. Quindi avevo solo una cosa da fare...»
«Tagliare chicane a caso?»
«No, avvicinarmi a Patrick Herrmann. Raggiungerlo. Essere certo di averlo alla mia portata.»
Keith Harrison, in effetti, in quel tratto di gara sembrava leggermente più veloce di Patrick Herrmann. Su un circuito come Montecarlo, che non facilitava i sorpassi, il pilota della Dynasty avrebbe avuto molte chanche di tenerlo dietro di sé, ma lo vedeva già negli specchietti. Solo la convinzione che Harrison non potesse tentare manovre azzardate in un momento come quello era dalla sua parte. Poi Harrison commise l'azione inspiegabile che era stata il punto di partenza di tutto.
Accanto a Oliver, Keith abbassò lo sguardo. Non doveva avere l'abitudine di rivedere spesso quei momenti, era chiaro che ne fosse ancora disturbato.
«Perché l'hai fatto?» volle sapere Oliver.
Keith comprese subito cosa intendesse.
«Mi sono buttato addosso a Herrmann perché non avevo altra scelta.»
«Cosa vuoi dire?»
«Quello che ho detto: non avevo scelta. O meglio, credevo di non avere scelta. Forse, se mi fossi comportato in modo diverso prima, anche tutto il resto sarebbe andato in modo diverso.»
«Nonostante non capisca perché sostieni di non avere avuto scelta, non puoi ritenerti colpevole di quello che è successo dopo» replicò Oliver. «Non potevi certo immaginare che la vettura di Patrick Herrmann sarebbe esplosa dopo l'impatto e che anche tu saresti rimasto coinvolto.»
«Sì che sapevo che la vettura di Herrmann sarebbe esplosa» lo smentì Keith. «Sapevo che sarebbe esplosa comunque, a un certo punto della gara, perché c'era qualcuno che voleva tappargli la bocca per sempre, qualcuno che pensava che si fosse esposto troppo sulla questione di Diaz.»
Oliver spalancò gli occhi.
«Herrmann è stato sabotato?!»
«Sì.»
«E tu lo sapevi?»
«L'ho scoperto poco prima della gara. Di Francesco stava parlando al telefono con qualcuno, non ho capito con chi. Chiedeva se fosse andato tutto per il verso giusto e a che punto della gara sarebbe accaduto il fatto. Mi chiederai come facessi a prendere sul serio una simile affermazione... ma avevo parlato con Patrick, qualche giorno prima, e pensava che qualcuno volesse agire contro di lui, e forse anche contro di me, per la faccenda della morte di Emiliano.»
«E poi?»
«Io e Patrick eravamo d'accordo che, se fosse successo qualcosa, non avremmo avuto contatti diretti, per non destare sospetti in chi ce l'aveva con noi, ma che avremmo chiesto a mia moglie e alla sua fidanzata di fare da tramiti. Così ho mandato Emma a cercare Selena, per dirle che avevo un messaggio urgente per Patrick. Emma è sparita, ma non ha trovato Selena e ha continuato a cercarla. Allora ho provato a chiamare Patrick al cellulare, volevo dirgli che dovevo vederlo con urgenza, anche se avevamo i minuti contati.»
«Hai... chiamato Patrick?»
«Sì, nonostante tutto gli ho telefonato, perché era davvero una questione di vita e di morte. Al telefono, però, ha risposto una donna. Non ero sicuro che fosse Selena, quindi ho deciso di riattaccare senza dire niente. Avevo il telefono impostato con il numero anonimo, chiunque fosse non avrebbe capito che ero io. A quel punto, ormai, era troppo tardi per fare qualcosa. Mi era rimasta un'unica soluzione, se non volevo che accadesse un disastro che non solo avrebbe causato la morte di Patrick, ma avrebbe messo in pericolo anche la vita degli altri piloti, dei commissari di percorso e forse addirittura degli spettatori: dovevo buttare fuori Patrick Herrmann il prima possibile... e, semplicemente, l'ho fatto.»
 
******
 
Era strano essere seduto di fronte a Edward Roberts, ma soprattutto era difficile non pensare al sogno di quella notte, che Oliver percepiva ancora come fin troppo reale. Doveva comunque sforzarsi, per non mandare a monte il suo incontro con Roberts a causa della propria distrazione.
«Sono contento che tu sia qui» fu costretto ad ammettere, nel tentativo di tornare in sé. «Ti dirò, non pensavo, quando te l'ho proposto, che avresti accettato.»
Edward fece un sospiro.
«Cosa vuoi che ti dica, ci tengo alla mia reputazione.»
«Non sono poi così credibile. Eri davvero preoccupato che ti sputtanassi pubblicamente?»
«Non si può mai sapere. Basta un cretino che riferisce qualcosa e in tanti gli vanno dietro, anche senza prove, quando si tratta di spargere merda addosso a qualcuno. E non c'è dubbio che io abbia della gente che vuole spargere merda su di me, dato che tu sei uno di questi.»
Oliver lo guardò negli occhi.
«E va bene, hai ragione tu, a volte non mi sono comportato nel migliore dei modi con te.»
«Finalmente lo ammetti» ribatté Edward. «Mi sembra un notevole passo avanti. Per caso sei diventato improvvisamente adulto negli ultimi giorni?»
Oliver lo ignorò.
«Mi sono lasciato condizionare, in passato, da certe mie idee che poi ho rivalutato.»
«Mi fa piacere. Comunque anch'io devo scusarmi con te, non sono sempre stato corretto nei tuoi confronti.»
«Direi che possiamo dimenticare il passato, allora» concluse Oliver. «Dopotutto abbiamo amicizie comuni, potrebbe essere imbarazzante per Selena trovarsi in mezzo alle nostre polemiche.»
«Non vedo perché Selena dovrebbe trovarsi in mezzo alle nostre polemiche, se non siamo noi a coinvolgerla» obiettò Edward, «Ma hai ragione tu. La cosa migliore è mettere fine, una volta per tutte, alle vecchie polemiche.»
«Perfetto. Il fatto che tu sia qui mi sembra un buon inizio.»
«Per quanto tu possa non esserne convinto, avevo davvero una grande ammirazione per Patrick Herrmann» dichiarò Edward. «Vorrei tanto che, se c'è qualcosa che non torna in quello che gli è accaduto, la verità possa venire alla luce. Sono ancora convinto che tu sia un suo fanboy, ma a volte anche partendo dal basso si può arrivare in alto, se capisci cosa intendo.»
Oliver inspirò profondamente, prima di annunciargli: «Devo farti una domanda... una domanda che non ho mai fatto a nessuno.»
«Ti ascolto.»
«Vorrei che mi rispondessi nella maniera più sincera possibile, dalla prospettiva di un pilota.»
«Farò quello che posso.»
«Si parla spesso di cosa sia successo dopo che Patrick è stato speronato da Keith Harrison, dopo che è finito a muro... ma prima? Cos'è successo davvero, secondo te? Era l'ultima gara della stagione e Harrison era in testa al mondiale. Non avrebbe vinto se fosse rimasto dietro a Herrmann, ma non poteva prendere un rischio simile. Che cosa pensi che l'abbia portato a fare una manovra del genere?»
Edward abbassò lo sguardo e rimase in silenzio piuttosto a lungo. Infine alzò gli occhi e osservò: «Questa è una di quelle domande che tutti si sono posti, senza mai avere il coraggio di pronunciarla ad alta voce. Certe cose non vanno chieste, o almeno sono in molti a pensarlo.»
Oliver azzardò: «È un modo come un altro per dire che non intendi darmi una risposta?»
Edward scosse la testa con fermezza.
«No, affatto, significa che a volte bisognerebbe esporsi in prima persona, ma che in pochi lo fanno. Non so che cosa ti spinga a volere fare luce su quell'incidente, ma mi sembra palese che tu voglia arrivarci in fondo.»
«Allora, prima di spiegarmi che cosa ne pensi della manovra di Keith Harrison, spiegami perché, secondo te, nessuno parla di questo aspetto.»
«Mi sembra ovvio, Keith Harrison e Patrick Herrmann sono entrambi morti» spiegò Edward. «Quello che passava per la testa a Keith quando ha speronato Patrick non importa più. Le conseguenze sono state impensabili ed è giusto che i morti possano riposare in pace. Chiedersi perché Keith avesse fatto quello che ha fatto avrebbe potuto essere considerato sgradevole, anche perché non avrebbe mai più potuto difendersi da nessuna accusa.»
«Mi stai dicendo che pensi sia stata colpa di Keith, ma che non è bello dirlo ad alta voce, di fatto?» volle sapere Oliver. «Che la responsabilità dell'incidente è da attribuirsi a lui?»
«No, affatto. Contatti di quel tipo ne capitano in quasi tutte le gare, anche se in genere i protagonisti sono pivelli con meno di una stagione di Diamond Formula alle spalle e non certo aspiranti campioni del mondo. Questo, però, non significa che a ogni gara il pippone di turno che combina casini muoia o provochi la morte di qualcuno. Penso che il contatto tra Keith e Patrick e lo schianto di Patrick contro le barriere siano da considerare come due momenti distinti dello stesso incidente. Non so cosa sia successo all'auto di Patrick, ma non mi permetterei mai di attribuire la responsabilità a Keith. Però addosso a Patrick c'è andato lui, questo è innegabile.»
«Quindi torniamo al punto di partenza» realizzò Oliver. «Appurato che Keith Harrison è andato addosso a Patrick Herrmann, perché pensi abbia fatto un errore così clamoroso, in un momento in cui non doveva commettere errori?»
«Non riesco a spiegarmelo. Certo, se entrambi si fossero ritirati Keith avrebbe vinto il mondiale, ma l'ho conosciuto bene abbastanza da escludere questa possibilità. Innescare volontariamente una situazione di pericolo non era da lui. Ai briefing dei piloti non faceva altro che lamentarsi della guida sguaiata di alcuni dei piloti delle retrovie, sostenendo che prima o poi avrebbero combinato dei danni grossi.»
«Patrick Herrmann era il suo nemico giurato, così come lo era della Whisper. Pensi che non sarebbe andato addosso di proposito nemmeno a lui?»
«Certo che no. Te l'ho detto, Keith non avrebbe mai innescato una situazione di pericolo di proposito, per nessuna ragione al mondo. Per di più ci ha sempre tenuto a mostrarsi al mondo come un pilota e una persona migliore rispetto a Patrick. Non sarebbe mai caduto così in basso di proposito.»
«Eppure ha speronato Patrick Herrmann, quel giorno.»
«Sì, l'ha fatto. Un pilota della sua esperienza non avrebbe mai commesso un errore simile senza volerlo...»
«Ma allo stesso tempo non ci sono spiegazioni alternative che ti convincono, giusto?»
«Esatto.»
«Mi viene da pensare che siano molti a condividere il tuo parere» azzardò Oliver. «Veri e propri attacchi nei confronti di Harrison non ne ho mai visti o sentiti, ma resta il fatto che nessuno ci ha mai tenuto a dare una spiegazione all'accaduto.»
Edward fu d'accordo con lui.
«Proprio questo intendevo. La scintilla che ha innescato il tutto è una sorta di tabù, qualcosa di cui tutti preferiscono evitare di parlare.»
«Io, però, ti avevo fatto una domanda diversa» puntualizzò Oliver. «Quello che voglio sapere è: al netto della sua esperienza e del suo atteggiamento in pista, qualcosa ti lascia pensare che, in una situazione come quella, Harrison potesse commettere quel tipo di errore? Dopotutto non importa quanto siate esperti, prima o poi qualche cazzata la fate tutti. Anche tu, in questa stagione, hai...»
Edward interruppe quella considerazione sul nascere: «Esatto, tutti sbagliamo, almeno di tanto in tanto, e Keith Harrison di certo non faceva eccezione. L'unica spiegazione plausibile, a mio parere, è che in quel fine settimana non fosse nella sua migliore forma. Penso che, se fosse stato male fisicamente o mentalmente, avrebbe potuto commettere uno sbaglio in un momento in cui sbagliare era vietato.»
«Pensi che ci fosse qualcosa che potesse farlo stare male mentalmente?»
«Non ne ho idea.»
«Qual era il clima, alla vigilia del gran premio?»
«Era tutto normale, almeno in apparenza. Sarebbe stato assegnato il mondiale, certo, ma è una cosa che succede ogni anno. Non c'era niente di diverso dal solito, o almeno niente che io ricordi.»
«Sai se ci fossero dissapori tra Harrison e la squadra?»
«No.»
«Non ce n'erano o non lo sai?»
«Non lo so. Non posso escludere niente, ma Keith era un tipo tranquillo. Andava abbastanza d'accordo con tutti. Per intenderci, era un po' il contrario di Patrick.»
«Non sembra che tu abbia un'idea molto positiva di Patrick Herrmann.»
«Ti sbagli. Ti sbagli di grosso. Io e Patrick eravamo amici. Si è sempre comportato bene con me. Solo, non si comportava esattamente allo stesso modo con gli altri. A volte glielo dicevo esplicitamente, che doveva smettere di fare il coglione, ma non mi stava a sentire. Diceva che ero un ragazzino e che in quanto tale non avevo voce in capitolo.»
Oliver ridacchiò.
«Non mi sorprende che un tipo del genere non stesse simpatico proprio a tutti.»
«Gli altri non sapevano come prenderlo e Patrick si è sempre divertito a istigarli. Non c'è da sorprendersi se, fino a poco prima dell'inizio di quella stagione, rischiasse di non trovare un volante.»
«Di quello ne parleremo tra un po'» disse Oliver, «Mentre adesso c'è un'altra cosa che vorrei chiederti, stavolta sui fatti di Imola.»
«Il gran premio precedente?»
«Sì, quello in cui Herrmann era in testa, prima di finire in testacoda da solo.»
Edward annuì, come a rievocare quel fatto.
«Ne parlavamo prima, appunto. Anche i piloti più esperti a volte commettono errori inspiegabili. Patrick, a Imola, avrebbe potuto vincere senza problemi, se non avesse fatto uno sbaglio così grossolano.»
«Gli hai mai chiesto cosa gli fosse successo?»
«No.»
«Come mai?»
«Te l'ho detto, io e Patrick eravamo amici. Tu, quando sei con i tuoi amici, parli sempre di lavoro?»
«Beh, no...»
«Ecco, nemmeno io e Patrick ne parlavamo» spiegò Edward. «In più, in pista eravamo avversari e gareggiavamo per squadre diverse. È ovvio che non ci facessimo confidenze su quello che succedeva durante le gare. E poi, se avessi chiesto a Patrick come mai fosse finito in testacoda, di sicuro non mi avrebbe detto la verità. Si sarebbe inventato una scusa, avrebbe dato la colpa alla macchina, forse, o a qualcos'altro, ma di certo non mi avrebbe ammesso di avere fatto un errore.»
«Non ti ha mai stupito, comunque, quell'errore?»
«Certo che mi ha stupito, ma mi stupisco ugualmente delle cazzate che faccio io. In quasi ogni gran premio accadono cose strane, di cui poi la gente comune ride nei bar o sui social network, ma si va avanti.»
«Va bene, ti ringrazio per la tua cortesia nel parlarmi di queste faccende. Adesso, però, veniamo all'altro punto che ti avevo anticipato.» Oliver fece una breve pausa, prima di venire al dunque, poi riprese: «Prima dell'inizio della stagione, Herrmann sembrava destinato a rimanere a piedi. Dopo il suo addio alla Whisper non aveva esattamente un'ottima reputazione e non sembrava potesse interessare nemmeno alle squadre dei bassifondi, figurarsi ai team di prima fascia. Ti stupisce il fatto che, da un giorno all'altro, Patrick sia stato ingaggiato dalla Dynasty?»
«Sì e no» rispose Edward. «Da un lato le cose che sembrano accadere da un giorno all'altro non sono davvero accadute da un giorno all'altro. Dall'altro, però, credo che Patrick non sarebbe stato ingaggiato da quella squadra se non fosse stato per il fondamentale intervento di una persona.»
«La madre di Selena Bernard?»
«Sì. La signora Alexandra è stata essenziale.»
«Eppure la Dynasty non aveva il disperato bisogno di sponsor.»
«No, ma la signora Alexandra era una persona piuttosto stimata e rispettata. Averla come partner garantiva valore aggiunto... e in più non si sarebbe portata dietro il primo sfigato che passava per la strada, ma nientemeno che un ex campione del mondo. Non mi stupisce che Veronica Young e suo marito abbiano pensato si trattasse di una buona idea.»
«Eppure...?»
Edward rise.
«Mi leggi nella mente?»
«Certo che no.»
«Eppure sei riuscito a capire che c'era comunque qualcosa che mi lasciava perplesso.»
«Pensi di potermi dire di cosa si tratta?»
«Sì, ma a una condizione.»
«Sentiamo la tua condizione, allora.»
«Siccome è coinvolta la madre di Selena, preferirei che tu non ne parlassi nel tuo libro, né che toccassi in qualche modo l'argomento con Selena.»
«Va bene, si può fare. Dopotutto ho già assicurato a Selena che avrei narrato di sua madre solo il tanto necessario.»
«Patrick ha sempre negato, ma ho avuto l'impressione che la signora Alexandra avesse una cotta per lui. Anzi, secondo me hanno proprio avuto una relazione. In un primo momento erano molto affiatati. Questo, prima che Patrick si mettesse insieme a Selena. Da quel momento in poi la signora Alexandra ha iniziato a trattarlo con maggiore freddezza, tanto che Patrick era convinto che, dopo la fine della stagione, le loro strade si sarebbero separate.»
Oliver non era affatto stupito di quella rivelazione.
«Quanto tempo pensi sia durata la relazione tra Patrick e Alexandra Bernard?»
«Non lo so con esattezza, ma di certo Patrick ha chiuso con lei almeno quando ha conosciuto Selena. Era molto preso dalla sua nuova ragazza, non l'avevo mai visto legarsi così tanto a una delle sue partner. Per questa ragione ritengo impossibile che stesse contemporaneamente con la madre e con la figlia. Sarebbe stato un vero stronzo se l'avesse fatto... e per quanto si sia occasionalmente comportato da stronzo, ha sempre dimostrato di non essere affatto stronzo con le persone a cui teneva.»
«Hai mai pensato che stesse insieme alla signora Alexandra per paura che lei lo abbandonasse dal punto di vista professionale?»
«Preferisco non rispondere a questa domanda.»
«Okay. Ti capisco e ti ringrazio per essermi comunque stato molto d'aiuto.»
Edward obiettò: «Non penso di esserti stato poi così tanto d'aiuto, ma alla fine questa conversazione non è stata così terribile come temevo.»
Oliver fece una risatina.
«Sono io che non sono così terribile?»
«Anche.» Edward si alzò in piedi. «È meglio che me ne vada adesso.»
«Allora ti accompagno alla porta.»
Vi si diressero restando in un silenzio che fu rotto dalla voce di Edward, al momento di uscire.
«Posso chiederti una cosa io, adesso?»
«Non posso dirti di no, sei stato così disponibile.»
«Perché hai preso in affitto l'appartamento di Patrick?»
Oliver sorrise.
«Perché è un meraviglioso appartamento. Poi ci sono vicini di casa meravigliosi. O meglio, ci sono vicine di casa meravigliose. Sei un uomo fortunato, Roberts.»
Edward obiettò: «Fortunato? E perché? Io non abito qui.»
«Però sei fidanzato con Selena.»
«No, hai frainteso. Selena ha amato un solo uomo nella sua vita e quell'uomo è Patrick Herrmann.»
L'affermazione di Edward era talmente diretta e chiara da apparire inconfutabile, eppure Oliver sentiva di dovere replicare.
«Credevo che...»
«Credevi male. Sono venuto a trovarla in qualità di amico.»
«No, mi riferivo al figlio di Selena. Forse non ricordo bene la sua età. Pensavo fosse troppo giovane per essere figlio di Herrmann.»
Edward spalancò gli occhi, senza dire una parola.
Oliver si affrettò a precisare: «Non avrei dovuto essere così invadente. Ti chiedo scusa per la mia scortesia.»
«No, figurati. Non ricordo con esattezza l'età di Thomas. Nel periodo in cui è nato, io e Selena non ci frequentavamo.»
Non era sincero, d'altronde era difficile non sapesse l'età del figlio di una sua carissima amica, ma stavolta Oliver non aggiunse altro. Salutò Edward, chiedendogli scusa ancora una volta per la propria intromissione, poi lo guardò andare via.
 
******
 
Quando Oliver arrivò, Keith era in piedi e sembrava aspettarlo. Non attese che Harrison lo salutasse, né che facesse qualcuna delle sue solite osservazioni.
«Ho parlato con Edward Roberts» gli comunicò all'istante, «E ho capito tutto.»
«Cos'hai capito?» replicò Keith. «Edward non può sapere che l'ho fatto apposta.»
«No, non sto parlando dell'incidente» mise in chiaro Oliver. «Parlo di Thomas Bernard.»
«Il figlio di Selena? E, dimmi, perché mai un ragazzino dovrebbe avere qualche rilevanza? Ti ricordo che doveva ancora nascere, al momento della morte mia e di Patrick.»
«Quel ragazzino è figlio di Patrick.»
«Non eri tu che dicevi che non lo era?»
Oliver annuì.
«Sì, lo pensavo, ma mi sbagliavo di grosso. Thomas Bernard è figlio di Patrick.»
«Sostenevi che fosse impossibile» gli ricordò Keith. «Dicevi che dalle informazioni di cui sei in possesso, Selena non è mai stata a letto con Patrick.»
«Infatti è proprio così» precisò Oliver.
«Non ti seguo.»
«È impossibile che Thomas sia figlio sia di Selena sia di Patrick. Quando dicevo che non era figlio di Patrick, partivo dal presupposto che fosse figlio di Selena. Invece mi sbagliavo: Thomas è davvero figlio di Patrick, solo che la donna che l'ha partorito è Alexandra Bernard.»
 

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Capitolo 8
*** [Selena] ***


«Domani partiamo.»
Selena alzò lo sguardo. Non si era accorta dell'ingresso di sua madre nel soggiorno. Abbassò il volume del televisore e domandò, nonostante avesse capito perfettamente: «Cos'hai detto?»
«Ho detto che domani partiamo» ripeté Alexandra.
«E me lo dici adesso?»
«Sì, te lo dico adesso. Mi sembra di averti lasciato abbastanza tempo per raccogliere tutte le tue cose.»
«Come vuoi. Dopo vado a preparare lo zaino.»
«Non hai sentito nessuno, vero?»
«No.»
«Ti ho comprato una sim nuova. Per tutto il tempo in cui staremo via, voglio che tu tenga spento il tuo numero attuale.»
«Perché?» obiettò Selena. «Non ti fidi di me? Pensi che non possa recuperare una copia dei miei contatti?»
«Sì che mi fido di te» rispose Alexandra, ed era la prima osservazione positiva sul proprio conto che Selena sentiva uscire dalla sua bocca da molto tempo. «So che non chiamerai nessuno. Qualcuno, però, potrebbe chiamare te. Non dobbiamo correre rischi. Ti rendi conto, vero, che è fondamentale vivere nella riservatezza più assoluta, nei prossimi mesi?»
«Sì, me ne rendo conto.»
«Meglio così. Non avrei potuto sopportare l'idea che tu non stessi dalla mia parte.»
Selena puntualizzò: «Ho accettato di fare quello che faremo per senso del dovere, non per farti un favore. Dal momento che tu non hai voluto abortire né vuoi dare il bambino in adozione, non c'erano alternative. In fondo è mio fratello.»
Alexandra le scoccò un'occhiata di fuoco.
«Non osare mai più ripetere una cosa simile.»
«Ma è la verità.»
«No, non lo è. Non lo è mai stata. Quel bambino diventerà tuo figlio e devi abituarti a pensarlo come tale. Sarà una tragedia se ti lascerai scappare la verità con qualcuno. Ti rendi conto del pericolo a cui stai esponendo entrambe e il bambino stesso?»
«Ehi, calmati» sbottò Selena. «Ci siamo solo io e te. Nessuno può sentirci.»
«Non importa se ci siamo solo io e te o se qualcuno può sentirci. Pretendo che ti abitui a chiamare le persone con il loro nome. E quel bambino è figlio tuo, sono stata chiara?»
«Chiarissima.»
«Non voglio problemi da parte tua.»
«Me l'hai già detto.»
«È meglio ribadirlo un'altra volta. Sei solo una ragazzina, Selena. Non hai capito niente di come vanno le cose, nella vita. Quindi la mia raccomandazione è sempre la stessa: continua a non capire, limitati a eseguire gli ordini. È questo che devono fare le ragazze della tua età, eseguire gli ordini di chi ha davvero importanza e non intralciare le altre persone con le loro cazzate. Ripetilo, Selena. Ripeti: "sono una nullità, non sono capace di badare a me stessa e mi rendo conto di dovere fare tutto quello che mi chiedi".»
Selena spalancò gli occhi.
«Mamma, tutto bene?»
«No, non va tutto bene. E sai perché? Perché esisti. Perché ti ho tenuta nonostante tu fossi un problema molto più grande del bambino che nascerà tra sei mesi. È stato l'errore più grande della mia vita. Non hai mai fatto nulla di utile o di costruttivo, hai solo rovinato la vita a me e a chi ti stava intorno. Perfino quel poveretto che sostenevi di amare è morto... ed è stata una liberazione, per lui, ne sono certa.»
«Patrick aveva molti altri modi per liberarsi di me.»
«Non cambiare discorso. Mi hai rovinato la vita quando sei nata, me l'hai rovinata tante altre volte nel corso di questi vent'anni... Dovresti solo ringraziarmi se ti offro la possibilità di riscattarti.»
Selena sospirò.
«Va bene, mamma, come vuoi tu.»
Sperava che quella risposta bastasse per convincere sua madre a lasciarle un po' di respiro, ma aveva sopravvalutato la propria capacità di persuadere Alexandra Bernard.
«Selena, hai parlato con qualcuno di Patrick?»
«Con chi?»
«Non so, amici dell'università?»
«No.»
«Questo rischia di essere un problema. Hai delle amicizie così strette da far insospettire qualcuno, se scopriranno che hai avuto un figlio senza avere mai sentito parlare di un fidanzato?»
«Non c'è nessuno con cui ho un'amicizia profonda. Se vuoi che sia più chiara in proposito: no, non c'è nessuno che sappia con certezza se ho avuto un fidanzato, in questi ultimi tempi. Se e quando li rivedrò o li sentirò di nuovo e scopriranno che ho un figlio, non credo che faranno domande. Se dovessero farmele, mi limiterò a rispondere che non voglio parlare del padre del bambino, dal momento che non farà parte né della sua vita né della mia.»
Alexandra fece un sospiro di sollievo.
«Oh, meno male. Temevo fossi una di quelle idiote che raccontano alle loro amiche ogni dettaglio della propria vita intima.»
«Beh, io non sono così.»
«Almeno una cosa decente sei riuscita a farla, nella tua esistenza. Brava, Selena. Resti sempre una nullità, ma c'è qualche speranza che un giorno tu possa diventare una donna con la testa sulle spalle.»
 
******
 
Thomas era già partito e presto sarebbe stato il turno di Edward e Margaret. La bambina stava guardando i cartoni animati alla televisione, mentre Selena si stava concedendo con Edward un'ultima conversazione prima dei saluti.
«Thomas già mi manca» confidò Selena all'amico. «Non penso che, quando me ne andavo per tornare a scuola, mia madre o mio padre abbiano mai sentito la mia mancanza, né che sentissero quella di mio fratello. Non ci hanno mai fatto mancare nulla dal punto di vista materiale, ma di affetto non ce ne hanno mai dato molto.»
«Non pensare al passato» le suggerì Edward. «Pensa al presente e al futuro. Tu sei una madre migliore di quello che è stata la signora Alexandra per te. Hai un buon legame con tuo figlio e sono certo che tra vent'anni non interromperà i contatti con te, come hai fatto tu con tua madre.»
Da parte di qualcun altro, Selena non sarebbe stata molto felice di una simile intromissione, ma Edward era al corrente, almeno in linea di massima, di quali fossero i suoi rapporti con la donna che l'aveva messa al mondo.
Ci tenne a fare una sola precisazione: «Non sono io che ho voluto chiudere i contatti con mia madre. La decisione è stata sua, mi sono limitata ad accettarla.»
«Non hai mai fatto niente per farle cambiare idea?»
«Non cambierà idea, ma credo sia meglio così. Quelle poche volte in cui ci siamo riviste, si sono riaperte per entrambe delle ferite che sarebbe meglio chiudere.»
Edward rimase in silenzio per qualche istante, poi le chiese, a bruciapelo: «Tua madre era innamorata di Patrick, vero?»
Selena sussultò.
«Cosa te lo fa pensare?»
In quel momento non aveva il coraggio di guardare negli occhi Edward che, da parte sua, era carico a molla.
«Conoscevo bene Patrick, lo sai. Ho sempre avuto il sospetto che la sua impresaria nutrisse un certo attaccamento nei suoi confronti.»
Selena sbuffò.
«Sì, un attaccamento abbastanza morboso.» Tanto valeva dire la verità, o almeno una parte di verità difficile da negare. Di certo Edward non avrebbe sospettato tutto il resto. «Si era messa in testa non so cosa e, quando le è stato chiaro che Patrick era innamorato di me, non l'ha presa molto bene.»
«Patrick temeva che lo abbandonasse?»
«In un certo senso sì, ma era convinto di potere vincere il mondiale. Nessuno avrebbe avuto il coraggio di voltare le spalle al campione del mondo in carica, nemmeno se avesse perso uno sponsor importante.»
«Credo che, se le cose fossero andate diversamente, Patrick avrebbe vinto davvero quel campionato.»
Selena alzò le spalle.
«Cosa importa, ormai.»
«Avrebbe proseguito la sua carriera nel migliore dei modi, anche senza la sponsorizzazione di tua madre.»
«Non c'è bisogno che mi rassicuri» ribatté Selena. «Patrick voleva aspettare la fine del campionato - era abbastanza certo di potere rimanere in Diamond Formula anche se avesse vinto Harrison, visto quello che aveva dimostrato durante tutta la stagione - per confessare a mia madre quello che lei sapeva già. Non ha fatto in tempo, e non saprei se dire purtroppo o per fortuna.»
«È davvero squallido che tua madre non voglia più vederti per quello che è successo tra te e Patrick. Mi pare di capire che sia questa la ragione.»
Selena annuì.
«Diciamo di sì.» Si girò a guardare Edward. «Comunque non devi preoccuparti. Ho già trentacinque anni, ormai, me la cavo senza mia madre da molto tempo e sono capace di badare a me stessa.» Sorrise. «Non ci sono problemi per me. Mia madre ha la sua vita e io ho la mia. Evidentemente era destino che le cose andassero a questo modo.»
«Ho conosciuto poco tua madre» ammise Edward, «Ma una convinzione ce l'ho: se Patrick si è innamorato di te, non è solo perché eri molto più giovane di tua madre. Alexandra Bernard era una persona difficile da compiacere, in tutti i sensi... e non so come avesse fatto, in un primo momento, Patrick a fare colpo su di lei.»
«Oh, è molto semplice. È andato a letto con lei, che è quello che mia madre desiderava.» Per non destare sospetti sulle tempistiche del concepimento di Thomas, Selena mentì: «Naturalmente è successo solo ed esclusivamente all'inizio della loro collaborazione, poco dopo Patrick ha messo in chiaro che non poteva esserci un futuro. Mia madre ha deciso di non tirarsi indietro, probabilmente convinta che un giorno avrebbe cambiato idea.»
«Patrick ti aveva parlato della loro relazione?»
«No, era già terminata da molto tempo e, quando era accaduto qualcosa tra di loro, non era nemmeno al corrente della mia esistenza. L'ho scoperto io, da sola... in ogni caso, ci avrebbe pensato mia madre a sbattermi tutto in faccia, prima o poi.»
«Non vorrei essere scortese, ma posso chiederti come l'hai presa?»
«Il passato era passato, per me è sempre contato solo il presente» disse Selena, cercando di apparire convincente. «Per me e Patrick contavamo solo noi due. Quello che era successo prima, sia nella sua vita sia nella mia», aggiunse sapendo che Edward aveva il sospetto che Thomas fosse il frutto di una sua relazione precedente, terminata poco prima del suo incontro con Herrmann, «Non aveva più importanza, per noi.»
«Eppure sapevi di Kathy Di Francesco e di Emma Dupont.»
«Quello lo sapevano tutti. Sono le prime cose che Patrick mi ha raccontato di sé, quando non stavamo ancora insieme. Ci teneva che non scoprissi i suoi scheletri nell'armadio da altri. La faccenda di mia madre era diversa, non era una storia risaputa. Ma come mai tutto questo interesse per mia madre, oggi?»
Edward rise.
«Lascia stare. Qualche giorno fa ho parlato di Alexandra Bernard con una persona e, dato che tu l'hai citata, mi è venuto spontaneo farti tutte queste domande. Spero di non essere stato invadente.»
«No, figurati, ma mi piacerebbe sapere chi è la persona con cui hai parlato di mia madre» replicò Selena. «Per caso è stato il portiere che ti ha fatto delle domande?»
«Oh, no, è stato il giornalista della porta accanto.»
«Hai parlato con Oliver Fischer?!»
«Sì.»
«Pensavo non lo sopportassi.»
«L'ho rivalutato» confessò Edward. «È seriamente interessato a Patrick e al passato della Diamond Formula. Sta scrivendo un libro in proposito.»
«Lo so.»
«Ne ha parlato anche con te, immagino. No del libro, di Patrick, intendo.»
«Sì. Anche con me ha parlato di mia madre. Non scriverà molto su di lei, però. Gli ho detto che non mi farebbe piacere. Spero che tu non gli abbia raccontato dei dettagli che sarebbe meglio mantenere riservati.»
Edward puntualizzò: «Non ho mai conosciuto esplicitamente dettagli riservati. So solo quello che mi hai detto tu, ma me l'hai detto oggi. Quando ho parlato con Fischer non avevo la certezza che Patrick fosse stato a letto con la signora Alexandra, in qualche momento passato. Gli ho raccontato solo che quella donna aveva un legame che non mi piaceva particolarmente con Patrick. Dopotutto è vero, sono sempre stato convinto che Alexandra Bernard avesse una pessima influenza su di lui o che in qualche modo lo condizionasse. Pur avendolo aiutato molto, ho sempre pensato che per Patrick sarebbe stato meglio non avere a che fare con lei.»
«Vedo che mia madre si è data molto da fare per farsi apprezzare» borbottò Selena. «Non riesco a capacitarmi di come non sia mai riuscita, nella sua vita, ad attirarsi le simpatie di nessuno, Parker escluso.»
«Magari nemmeno lui è un santo» azzardò Edward.
Era l'esatta verità, ma Selena non poteva dirlo ad alta voce.
Si affrettò a cambiare discorso: «A che ora devi partire?»
Edward guardò l'orologio.
«Adesso, purtroppo.»
Per quanto a Selena dispiacesse vederlo andare via, provò almeno un po' di sollievo a quella notizia. Qualche minuto più tardi accompagnò l'amico e sua figlia fino al pianoterra.
«Ci vediamo presto, allora» la salutò Edward.
«Già, a Imola» confermò Selena. «Ci sentiamo, nel frattempo, per accordarci meglio.»
Lo guardò allontanarsi, poi salì le scale. Incontrò Oliver per caso - oppure per un caso dettato dalla volontà del giornalista stesso - che usciva di casa.
«Complimenti» gli disse. «Sei riuscito a parlare con Edward senza farti prendere a calci nel culo.»
Oliver sorrise.
«Prima o poi inizio a piacere a tutti.»
«Non sono sicura che Edward sia disposto a dire che gli piaci, ma è già un passo avanti. A proposito, spero non abbiate parlato di me.»
«Gli ho detto che è un uomo fortunato» le riferì Oliver, «Perché sta insieme a una come te. Edward, però, ha smentito. Quindi, dato che non sei impegnata con lui, posso permettermi di chiederti quando vuoi uscire di nuovo con me?»
Selena gli strizzò un occhio.
«Se ti dicessi mai?»
Oliver puntualizzò: «Non ti ho chiesto se vuoi uscire con me, ma quando. Ho dato per scontato che la risposta all'altra domanda sarebbe stata sì.»
 
******
 
Solo dopo essere giunta presso la casa nella quale dovevano nascondersi, Selena realizzò che non avrebbe potuto mai più avere una vita davvero normale. Sua madre, nel suo tentativo di convincimento, si era focalizzata soltanto sugli aspetti più materiali, come la necessità di qualcuno che si occupasse del nascituro, rassicurandola a più riprese. Il futuro che si prospettava, tuttavia, era fatto di qualcosa di più: i soldi di Alexandra Bernard avrebbero potuto pagare qualsiasi bambinaia o governante, ma non avrebbero mai reso Selena libera dal peso che portava sul proprio cuore.
Aveva sempre cercato di avere buoni rapporti con tutti, ma non aveva mai avuto amicizie profonde, né si era mai innamorata di nessuno prima di conoscere Patrick. Era sempre stata una persona indipendente e lontana dai legami forti, ma era accaduto più per circostanze che per scelta. Non si era mai preclusa la possibilità di avere amicizie strette, un giorno, ma sarebbe stato molto difficile. La prospettiva di dovere mentire a persone che per lei significavano poco era accettabile, ma come avrebbe potuto fingere costantemente con gente alla quale era seriamente affezionata?
Non aveva mai provato a parlarne con la madre, perché sapeva che non sarebbe stata compresa. Il dottor Parker, conosciuto da pochi giorni, non l'aveva ancora inquadrato bene. Sembrava più disponibile al dialogo di Alexandra, ma d'altronde quale sconosciuto si sarebbe permesso di deridere e ridicolizzare la figlia di una donna che lo riempiva di soldi?
Il medico dal quale Alexandra intendeva farsi assistere durante la gravidanza e durante il parto trascorreva parecchio tempo a casa loro, tanto da essere invitato a stabilirsi lì in pianta stabile. Selena non sapeva se fosse un bene o un male, ma presto l'avrebbe scoperto.
Il dottore si avvicinò a lei, da solo, un pomeriggio durante il quale Selena stava guardando distrattamente dalla finestra, chiedendosi come sarebbe stato potere scendere in strada anche solo per fare due passi. Ovviamente era vietato, anche se da quelle parti nessuno conosceva né lei né sua madre.
«A cosa pensi?»
Selena sussultò. Non l'aveva sentito arrivare, né si aspettava che il dottore volesse fare conversazione con lei.
«Scusami» disse Parker, «Non volevo spaventarti.»
«Non fa niente, è tutto a posto.»
«Ho visto che eri qui tutta sola e ho pensato che avessi bisogno di un po' di compagnia» chiarì il dottore. «Tua madre non ti parla quasi e ho avuto l'impressione che ti farebbe bene scambiare qualche parola con qualcuno.»
Selena scosse la testa.
«No, a me va bene così. Preferisco il silenzio.»
«È triste sentire una ragazza della tua età dire qualcosa di così pessimista.»
«Non sempre il silenzio è male. Non sono pessimista.»
«Beh, tanto ottimista non lo sembri...»
«Non è necessario scegliere se essere ottimisti o pessimisti» precisò Selena. «Non mi pongo limiti di questo genere, anzi, vivo la vita per come viene.»
«A me sembra che tu la viva come vuole tua madre» replicò il dottor Parker. «Ti ammiro per quello che hai deciso di fare per lei, ma posso chiederti il perché di questa scelta?»
«A volte» rispose Selena, «Gli altri non possono capire le nostre scelte. Non le capiamo nemmeno noi, fino in fondo. Ho cercato di fare il bene mio, di mia madre e del bambino, tutto qui.»
«Pensi di potere essere una buona madre?»
«Non lo so.»
«Pensi che tua madre non lo sarebbe?»
«Mia madre non vuole crescere quel bambino come suo figlio» gli ricordò Selena. «Non sono sicura che sarebbe in grado di amarlo come merita.»
«Avresti potuto persuaderla a cambiare idea.»
«No, non avrei potuto. Tra di noi c'è solo una persona capace di persuadere gli altri a fare qualsiasi cosa... e quella è mia madre, non sono io.»
«In pratica mi stai dicendo che ti sei trovata in questa situazione e non sei stata capace di opporti.»
«Una cosa del genere.»
«Mi dispiace per te.»
«Non deve essere dispiaciuto, dottor Parker. In fondo non avevo ancora deciso fino in fondo cosa fare del mio futuro. Mia madre ha deciso per me e ho accettato la sua decisione.»
«Continuerai a studiare, quando il bambino sarà nato?»
«Sto continuando a studiare. Dopo la nascita del bambino, vorrei riprendere a frequentare i corsi.»
«A tuo padre cos'hai detto? E a tuo fratello?»
Selena sospirò.
«Niente. Non li ho chiamati e loro non hanno contattato me.»
«Un giorno, però, dovrai spiegare a entrambi che hai avuto un figlio.»
«Ci inventeremo qualcosa.»
Il dottor Parker le posò una mano su una spalla.
«Sappi che, qualunque cosa accada, io sarò dalla tua parte.»
Selena si voltò verso di lui.
«Credevo fosse dalla parte di mia madre.»
«Siete dalla stessa parte, in fondo, anche se non ve ne siete ancora accorte.»
«Forse se ne sarà reso conto, mia madre non ha una grande stima di me.»
«Sì, invece, tua madre ti stima tantissimo. Hai vent'anni e ti ritiene in grado di occuparti di suo figlio.»
«Un figlio che non le interessa.»
«Credi davvero che non le interessi?» obiettò il dottor Parker. «Se non ci tenesse a quel bambino, se ne sarebbe liberata quando era ancora in tempo. Ti sei mai chiesta perché abbia deciso di non abortire?»
«Non mi chiedo che cosa passi per la testa a mia madre» replicò Selena. «Sarebbe uno sforzo troppo grande e non arriverei comunque a una spiegazione. Prendo per buono quello che viene, senza andare a cercarne le cause.»
«Dovresti farlo, invece. Dovresti sforzarti di comprenderla.»
«Se avessi dei buoni motivi, lo farei.»
«Sai chi è il padre del bambino?»
«Mia madre non me l'ha mai detto.»
«Però lo sai.»
Selena scosse la testa con fermezza.
«No, non parlo con mia madre della sua vita privata. Non so se avesse un compagno, quando il bambino è stato concepito, o se sia frutto di una relazione occasionale. Non lo so e non lo voglio sapere. Non voglio sapere niente della sua vita, come lei non ha mai voluto sapere niente della mia.»
«Quanta amarezza, Selena. Non ti stupire se tua madre non vuole avere un vero e proprio rapporto con te, se ti comporti così. Non hai mai cercato di venirle incontro.»
Selena alzò le spalle.
«Allora siamo almeno in due.»
«Sono sicuro» ribatté il dottor Parker, «Che tua madre abbia fatto tantissimo per te.»
«Sì, mi ha fatto vivere una vita molto agiata, frequentare scuole di primo livello e presentato occasionalmente gente famosa, specie imprenditori o amministratori delegati di grandi aziende» rispose Selena. «Per il resto, non posso dire di avere ricevuto molto altro da lei. Mi è capitato più di una volta di chiedermi come sarebbe stato nascere in una famiglia che poteva offrirmi il minimo indispensabile ma essere amata.»
«L'amore è un concetto astratto» puntualizzò il dottor Parker. «Tua madre ha risposto con fatti concreti.»
«Sì, certo, ha risposto con fatti concreti» sbottò Selena. «Mi ha dato in mano delle carte di credito perché potessi comprarmi tutto quello che volevo.»
Il dottor Parker le chiese: «Non ti sembra di essere egoista a pretendere di più?»
Selena gli spiegò: «Sono iscritta a un'università pubblica. Molti dei miei compagni di corso non sono ricchi. Quando erano ragazzini dovevano chiedere i soldi ai loro genitori ogni volta che volevano comprarsi uno zaino o un paio di jeans. Però hanno avuto genitori che li accompagnavano a comprarsi quello zaino o quei jeans. È questo che mi è mancato nella vita e, finché ho frequentato scuole private, circondata da ragazzini con il mio stesso status sociale, non mi sono mai accorta che mi stavo perdendo qualcosa.»
«Sono certo che un giorno capirai che tua madre aveva ragione.»
«Io, invece, sono certa del contrario. Giorno dopo giorno finirò per allontanarmi sempre di più da lei.»
«Puoi ancora tornare indietro. Se ti senti rifiutata da tua madre, dovresti provare a farti un esame di coscienza. Nessuno viene rifiutato senza ragione.»
«Sono certa che le ragioni ci siano. Si accumulano continuamente. Ne nascono sempre delle nuove.»
«So che a tua madre non piaceva l'idea che tu frequentassi Patrick Herrmann. Potresti provare a parlarle, a dirle che ti sei pentita di quello che hai fatto, che aveva ragione lei.»
Selena spalancò gli occhi.
«Perché mi sta dicendo questo?»
«Perché il tuo rapporto con Herrmann era comunque qualcosa di malato» rispose il dottor Parker. «Patrick era un uomo adulto, tu una ragazzina.»
«Ho vent'anni» chiarì Selena. «Patrick ne aveva ventotto.»
«Secondo tua madre, era una differenza d'età troppo grande.»
«Strano, perché la differenza d'età tra me e Patrick è esattamente la stessa che c'è tra i miei genitori. Mia madre e mio padre avevano più o meno l'età mia e di Patrick, quando si sono messi insieme. Non ci vedo niente di scandaloso.»
«Comunque tra di loro non ha funzionato, hanno divorziato dopo pochi anni di matrimonio. Forse anche tu e Patrick vi sareste lasciati.»
«Chiunque può essere lasciato dal proprio partner. In base a questo presupposto, nessuno dovrebbe fidanzarsi.»
«Credo che tua madre ti stia rifiutando perché non vuoi capire» concluse il dottor Parker. «Non approvo il suo comportamento, ora che Patrick Herrmann non è più un problema, ma avresti dovuto ascoltarla. Avresti dovuto lasciarlo, invece di compromettere per sempre il vostro rapporto.»
Selena puntualizzò: «Mia madre non mi ha mai impedito di frequentare Patrick Herrmann.»
«Per forza» ribatté il dottor Parker. «Sapeva che non l'avresti fatto. Sei troppo egoista per pensare alle esigenze degli altri, Selena. Su questo non puoi dare torto ad Alexandra.»
«Ho diritto a vivere la mia vita come voglio. O almeno ce l'avevo prima.»
«Anche tua madre aveva il diritto di vivere la propria vita come voleva. Hai mai pensato che ci fossero ragioni valide per cui voleva che tu stessi lontana da Patrick?»
«Di cosa sta parlando, dottor Parker?»
«Resti tra noi, ma tua madre amava quell'uomo.»
«E lei cosa ne sa?»
«So molte più cose di quanto tu possa immaginare, Selena. Non avresti dovuto metterti tra di loro. Sei una bella ragazza, avresti potuto avere qualsiasi ragazzo avessi voluto. Invece no, desideravi proprio lui.»
«Mia madre non mi ha mai parlato di una sua relazione con Patrick Herrmann» precisò Selena. Dopotutto almeno quello era vero. «Perché avrei dovuto intuire da me che dovevo tirarmi indietro? Non le sembra di pretendere troppo da me?»
Il dottor Parker ridacchiò.
«Hai ragione, e comunque non ha molto senso parlarne adesso. Per fortuna Patrick Herrmann è morto e sepolto.»
«Per... fortuna?»
«La sua presenza avrebbe potuto farvi solo del male, sia a te sia a tua madre. È andato tutto come doveva andare, non trovi?»
Selena scosse la testa.
«Trovo che un medico dovrebbe difendere la vita umana, non compiacersi della morte altrui.»
Il dottor Parker sentenziò: «Patrick Herrmann metteva deliberatamente la propria vita in pericolo. Non ho ragioni per pensare che la sua morte sia stata una grande perdita. Tu eri accecata dall'amore, ma un giorno troverai l'uomo giusto per te e Patrick ti sembrerà il nulla.»
Selena abbassò lo sguardo.
«Non credo sia possibile, per me.»
«Cosa?»
«Trovare un altro fidanzato.»
«Non essere ridicola. Tante madri single riescono a trovare un uomo.»
Selena annuì.
«Sì, lo so, ma non è il mio caso. Io non potrò farlo.»
 
******
 
Era stata una serata tranquilla. A cena con Oliver, Selena non si era mai sentita a disagio, né il giornalista aveva detto o fatto nulla che la infastidisse. Non avevano parlato di nulla di importante, lasciando da parte almeno per un'ora o due il libro su Patrick Herrmann e le faccende relative alla Diamond Formula di quindici anni prima.
Oliver non si era nemmeno esposto più di tanto con un certo tipo di allusioni, ma Selena non si illudeva che continuasse così molto a lungo. Infatti, poco dopo avere terminato il dessert, il suo amico osservò: «È strano come a volte tu mi sembri così inarrivabile, anche se adesso sei qui con me e chiunque potrebbe scambiarci per una coppia.»
Nonostante tutto, a Selena sfuggì un sorriso.
«Non sono inarrivabile.»
«Invece devi esserlo, se sei stata sola per così tanti anni.»
«Hai mai pensato che potrebbe essere stata una scelta mia?»
«Certo, appunto per questo ti ho definita inarrivabile» rispose Oliver. «Patrick Herrmann non era solo un grande pilota, ma anche un uomo molto fortunato. Avere conosciuto te deve essere stato il momento più bello della sua vita.»
«Non ne sono sicura» obiettò Selena. «Patrick aveva una vita piena, della quale era soddisfatto. L'amore era solo una parte del tutto. L'idea che per lui tutto potesse dipendere da me non mi alletta. Credo che le persone debbano avere comunque una propria indipendenza, non focalizzarsi solo ed esclusivamente sulla persona che amano.»
Oliver ridacchiò.
«La penso esattamente come te. È un ulteriore segno.»
«Un segno di cosa?»
«Saresti la mia donna ideale. Spero che tu te ne renda conto prima che sia troppo tardi.»
«Sì, può essere che io sia la tua donna ideale» ribatté Selena, «Ma questo non implica che tu sia l'uomo ideale per me.»
Oliver le strizzò un occhio.
«Potresti aggiungere anche "ti vedo solo come un amico", già che ci sei.»
«No, non mi piacciono questi cliché» rispose Selena. «E poi non sono convinta che tu sia solo un amico. In un'altra vita, in un'altra situazione, magari le cose sarebbero state diverse.»
«Perché, che cosa c'è che non va in questa vita?»
«Ci sono tante cose che non vanno. Comunque non ti sto sbattendo la porta in faccia. Se tu volessi venire con me a fare shopping o portarmi a ballare, non avrei niente in contrario.»
Oliver rise.
«Davvero verresti a ballare con me? Chiedo perché lo shopping mi annoia.»
Selena propose: «Domani sera?»
Oliver confermò: «Domani sera.»
 
******
 
Stava scendendo la sera, in Europa, e mancavano appena venti minuti all'inizio del gran premio degli Stati Uniti di Diamond Formula. Selena accese la TV giusto in tempo per vedere comparire sul teleschermo Emma Dupont, che narrava di come l'Indianapolis Road Course fosse la sede sia di un evento di Diamond Formula sia di uno di Formula 1, che si svolgevano a una settimana di distanza l'uno dall'altro, e di come per la Diamond Formula potesse considerarsi un progresso avere avuto finalmente una propria data, invece di fare da gara di contorno a quella che era ancora considerata la massima serie automobilistica.
«Sebbene il pubblico americano conosca relativamente poco le competizioni a ruote scoperte con una base prevalentemente europea» continuò a spiegare la Dupont, «la Diamond Formula sta ricevendo anche da queste parti una grande attenzione, dimostrando che non sono i marchi storici ad attirare i tifosi, ma la passione che emerge da questo campionato, che non fa altro che offrire competizione di alto livello e piena di colpi di scena.»
Selena non poté fare a meno di chiedersi come dovesse sentirsi Emma a recitare quel copione. La Diamond Formula e la sua imprevedibilità, pochi mesi prima, le avevano portato via il marito e non c'era dubbio che fosse stato l'incidente nel quale avevano perso la vita sia Patrick sia Keith ad accendere i riflettori sulla Diamond Formula, facendola conoscere e - con una certa dose di sadismo - apprezzare anche da chi l'aveva snobbata fino a quel momento.
Era impossibile che la Dupont non fosse giunta alle stesse conclusioni, ma si comportò con grande professionalità, continuando a parlare in tono neutro fino alla fine del servizio, nel quale fece i nomi dei piloti favoriti per il campionato, affermando implicitamente che avrebbero raccolto il testimone di Herrmann e Harrison, ora che i due non c'erano più. Era ammirevole che riuscisse a comportarsi così, e chi sosteneva fosse lì dov'era solo grazie al matrimonio con Keith Harrison o perché il suo volto bucava lo schermo si sbagliava di grosso.
Il servizio terminò e a seguire trasmesse inquadrature direttamente dalla griglia di partenza, sulla quale le vetture si erano già posizionate. Selena intravide Edward Roberts e le sfuggì un sorriso. Chissà come stavano lui e Sharon. Le dispiaceva avere interrotto i contatti con loro, ma chissà, un giorno, dopo la nascita del bambino, avrebbe potuto fare qualcosa per rivederli.
Stava ancora sorridendo quando il dottor Parker entrò in soggiorno.
«Tua madre sta riposando» la informò.
«Bene» mormorò Selena, senza troppo entusiasmo.
«Non si sentiva al cento per cento, oggi» proseguì il dottore, «E immagino che non ti senta troppo bene neanche tu, se stai ancora a guardare quella robaccia.» Indicò il televisore. «Patrick non tornerà più, è inutile guardare la Diamond Formula, non credi?»
«So benissimo che Patrick non tornerà più» puntualizzò Selena. «Non c'è bisogno di ricordarmelo ogni giorno. Ho deciso di guardare il gran premio perché ho voglia di vedere il gran premio, tutto qui.»
«Ci sono sicuramente cose più costruttive alle quali potresti dedicarti.»
«Sì, lo so, dovrei andare a fare una passeggiata fuori... ma non posso.»
«Smettila di rinfacciare a me e a tua madre quello che stai facendo» replicò il dottor Parker, che più il tempo passava e più pendeva dalle labbra di Alexandra, ormai abbandonato il suo atteggiamento iniziale di benevolenza nei confronti di Selena. «Sei stata tu a volerlo, ora non puoi lamentarti. E, per cortesia, spegni quel televisore. Se tua madre scoprisse che guardi la gara, come ci rimarrebbe?»
«Non mi sono posta il problema.»
«Malissimo. Quello che è successo al tuo pseudo-fidanzato potrebbe essere rovinoso per la reputazione del marchio di sua proprietà. Adesso viene associato alla morte. Herrmann era proprio un uomo inutile, solo capace di distruggere qualsiasi cosa. Ha rovinato la vita di tua madre... e il peggio è che non lo sa nemmeno. È stato tutto facile, per lui, ormai è morto, non ha più problemi. Tua madre, invece, è condannata a un orribile sofferenza e tu, invece di sentirti colpevole perché te la intendevi con quell'uomo di merda, fai di tutto per renderle le cose ancora più difficili. Sei un'egoista insensibile, Selena. Spegni quella televisione prima che sia troppo tardi.»
«Mia madre è a letto» obiettò Selena. «Non sa cosa sto facendo.»
Il dottor Parker obiettò: «Una ragazza responsabile non dovrebbe compiacersi di nascondere quello che fa alla propria famiglia... ma credo sia inutile spiegartelo. In questi mesi ti ho conosciuta, non sei in grado di renderti conto del periodo che tua madre sta vivendo.»
«Mia madre, mia madre, mia madre...» sbottò Selena. «La smetta, dottor Parker. Sappiamo benissimo entrambi che ho fatto più di quanto dovessi, per mia madre, e che continuerò a farlo. Non sto rinfacciando niente a nessuno, sto solo mettendo in chiaro che questa situazione sta diventando insostenibile anche per me e che mi toccherà viverla ancora per mesi. In più le sue accuse sono ridicole. Che cosa starei nascondendo a mia madre? L'intenzione di guardare una corsa automobilistica alla televisione? Le sembra un segreto di grande portata?»
«Sei solo una bambina, Selena. Purtroppo non ti limiti a fare quello che dovrebbero fare le brave bambine, ovvero tacere e obbedire. Mi ritengo fortunato a non avere mai avuto figli. Figli come te rovinerebbero la vita a chiunque. Avresti dovuto imbottirti di droga come fanno tutti gli sfaccendati della tua età.»
«La maggior parte dei miei coetanei non sono tossicodipendenti.»
«Nel tuo caso è un vero peccato. Se tu fossi stata stroncata da un'overdose molto tempo fa, Alexandra sarebbe stata una donna felice.»
Selena spense il televisore, si alzò in piedi e annunciò: «Vado a vedere la Diamond Formula nella mia stanza.»
Fece per uscire dal soggiorno, ma il dottor Parker la afferrò per un braccio.
«Tu non vai da nessuna parte.»
«Il problema era che mia madre poteva entrare da un momento all'altro, giusto?» replicò Selena. «Se guardo la gara nella mia stanza, i suoi occhi innocenti non si sottoporranno di certo a uno spettacolo così raccapricciante come la Diamond Formula. Non ne uscirà turbata. È la soluzione migliore per tutti, non trova?»
Il dottor Parker rise.
«Non hai capito proprio niente, dolcezza. Tu non puoi fare quello che vuoi. Sei un oggetto nelle mani di tua madre ed è così che ti devi comportare. È la giusta punizione per ciò che hai fatto.»
«Cos'avrei fatto?»
Il dottor Parker la strattonò, sbattendola contro al muro.
«Hai reso infelice tua madre. Hai reso infelice Alexandra.»
«Credo che mia madre le abbia fatto il lavaggio del cervello. Sono i soldi a farla apparire come una santa?»
«Alexandra è una donna determinata, pronta a fare tutto quello che è necessario fare. Tu, invece, non sai fare nulla. L'unica cosa che tu abbia mai fatto? Fare gli occhi dolci a quell'inutile pilota e permettergli di spezzare il cuore di tua madre. Non so come abbia fatto una donna sicura di sé come Alexandra a prendersi una sbandata per uno come Patrick Herrmann, ma quello stronzo l'ha lasciata per te solo per denigrarla. Tu, povera ingenua, ti sei fatta usare, solo perché aveva un bel paio di occhi azzurri ed era ricco e famoso.»
Selena gli ricordò: «I soldi non c'entrano niente, non ho mai pensato di avere la necessità di trovare un uomo ricco.»
Il dottor Parker la ignorò.
«Più ti guardo e più mi chiedo che cos'abbia trovato Patrick Herrmann in te. Voglio dire, come uomo non valeva niente, però si è ritrovato pur sempre a dover scegliere tra te e Alexandra... e non c'è il minimo paragone. Si vede che hai delle doti nascoste.» Le lasciò andare il braccio e alzò la mano fino ad accarezzarle i capelli. «Perché non mostri anche a me chi sei veramente? Magari potrò capire meglio sia Patrick Herrmann sia te e il tuo spirito di ragazzina che non vuole stare alle regole.»
Selena indietreggiò.
«Mi lasci in pace.»
Il dottor Parker ridacchiò.
«Altrimenti cosa fai?»
«Altrimenti vi abbandono.»
«Da sola e senza soldi, dopo essere stata abituata a vivere nel lusso... Certo, come no. Cosa pensi di potere fare?»
«Di genitori che mi hanno riempita di soldi ne ho sempre avuti due. Per quanto il rapporto con mio padre non sia mai stato particolarmente stretto, rimane pur sempre migliore di quello che ho con mia madre. Per male che vada, se proprio non dovessi riuscire a cavarmela da sola, avrei comunque una scappatoia.»
«Quindi stai dicendo che non intendi mostrarmi le tue abilità, perché puoi permetterti di non farlo?»
«Sto dicendo proprio questo.»
«Peccato. Sono convinto, comunque, che prima o poi cambierai idea. Io sarò qui ad aspettarti.»
«Rimango sempre ferma sulle mie idee e la mia attuale idea è che lei sia un uomo disgustoso.»
Il dottor Parker ribatté: «Sono certo che, quando Patrick Herrmann ti faceva questo genere di avance, non lo consideravi un uomo disgustoso.»
«Patrick Herrmann mi ha sempre trattata con rispetto» rispose Selena, «Ma è inutile che perda tempo a spiegarglielo. Sa benissimo cosa voglio dire, fa solo finta di non capirmi, perché le conviene. E ora, per cortesia, si levi di mezzo e mi lasci andare nella mia stanza a guardare il gran premio.»
«Vai, ragazzina» la schernì il dottor Parker. «Vai a guardare venti cretini che girano in tondo rischiando di ammazzarsi e a pensare al tuo cretino personale, che ormai si trova già sotto quattro metri di terra, ovvero esattamente dove merita di stare.»
«E lei vada a vegliare su mia madre» gli suggerì Selena. «Dicono che Dio li fa e poi li accoppia. Voi siete senz'altro la coppia ideale.»
Il dottor Parker non replicò. Per il momento doveva essersi arreso, ma Selena sapeva che, prima o poi, sarebbe tornato alla carica. Mancava ancora troppo tempo al parto e, nonostante la sua minaccia, non sarebbe riuscita ad andare via. In fondo al cuore le dispiaceva che la vita sentimentale di sua madre fosse andata a rotoli per causa sua. In un modo o nell'altro, Alexandra e quel maledetto dottor Parker erano davvero riusciti a farla sentire colpevole.
Entrò nella propria camera e chiuse la porta a chiave, chiedendosi se un giorno o l'altro sarebbe riuscita a superare quell'assurdo senso di colpa. Nel frattempo accese il televisore, sul canale che trasmetteva la gara della Diamond Formula.
Si sedette sul letto e, mentre aspettava il giro di formazione, prese il cellulare. Nonostante il cambio di sim, con quella originale confiscata da sua madre per impedirle di avere contatti con gli amici di un tempo, era riuscita a conservare i numeri che aveva nella rubrica copiandoli nella memoria del telefono all'insaputa di Alexandra.
Scorse la rubrica, fino al numero di Sharon, la fidanzata di Edward Roberts.
"Sono Selena Bernard" le scrisse. "Questo è il mio nuovo numero. Spero che Edward faccia una buona gara, oggi".
Per il momento non ricevette risposta, ma si sentì comunque più sollevata. Ovviamente non avrebbe potuto raccontare a Sharon nulla di quello che stava succedendo, ma percepire un minimo di vicinanza era tutto ciò di cui aveva bisogno in quel momento.
Dopo avere scritto quel SMS appoggiò il cellulare sul comodino e si concentrò sulla Diamond Formula. O meglio, ci provò, perché le riusciva difficile non pensare al futuro, un futuro in cui sarebbe stata madre di un bambino che non era suo, ma in cui avrebbe potuto allontanarsi una volta per tutte da sua madre e dal dottor Parker. Doveva resistere. Il figlio rifiutato di Alexandra meritava una vita migliore di quella che la sua madre naturale avrebbe potuto offrirgli.
 
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Era stata una serata meravigliosa, l'unico dispiacere di Selena era che fosse terminata, ma ormai era tardissimo e né lei né Oliver erano abituati a quegli orari.
Mentre Selena parcheggiava nel proprio posto auto, seduto al suo fianco, il suo accompagnatore osservò: «Domani mi sentirò un cadavere ambulante. Le discoteche dovrebbero aprire prima e chiudere prima.»
«Non dirlo a me» ribatté Selena. «Non sono più giovane come una volta.»
«Non dire queste cose davanti a tuo figlio» le suggerì Oliver. «I ragazzini di quell'età potrebbero capire male e Thomas finirebbe per pensare che a trentacinque anni si è già vecchi.»
Selena fece una risata.
«Hai ragione, è proprio il tipo di ragionamento che Thomas potrebbe fare.»
Si slacciò la cintura di sicurezza e, proprio nel momento in cui faceva per aprire la portiera, Oliver la trattenne.
«Aspetta, c'è una cosa di cui dobbiamo parlare.»
«Se mi devi fare una dichiarazione, rimanda a domani» ribatté Selena. «Anzi, per meglio dire, oggi.»
«No, non devo farti una dichiarazione» ribatté Oliver. «È una faccenda seria. È da tempo che te lo vorrei chiedere, ma mi mordo sempre la lingua e mi trattengo. Adesso sono troppo stanco per fare questo sforzo. Poi sì, penserai che sono uno sfacciato... ma dopotutto è vero. Thomas l'hai adottato, giusto?»
Selena sussultò.
«Cosa?!»
«Hai adottato Thomas, vero?» insisté Oliver. «Non è tuo figlio. O meglio, lo è, ma non biologicamente.»
«Non so come ti venga in mente un'idea così assurda» sibilò Selena. «Sono le tre di notte passate e...»
«Sono le tre di notte passate» replicò Oliver, «Ma mi sembri fin troppo indispettita da questa domanda.»
«Lo sono.»
«Eppure l'adozione è una bella cosa, no?»
«Certo che lo è. Permette di dare una famiglia ai bambini che non l'hanno.»
«Eppure hai reagito come se ti avessi chiesto qualcosa di improponibile» le fece notare Oliver. «Ti sei sentita colta sul fatto, o qualcosa del genere.»
Selena cercò di metterlo a tacere.
«Tu hai problemi seri.»
Oliver la smentì: «No, sei tu che hai problemi seri. Sei tu che ti stai nascondendo da anni.»
Selena si girò di scatto verso di lui.
«Tu non sai niente di me. Non permetterti mai più di farmi domande del genere su mio figlio.»
«Sì, ti senti colta sul fatto» confermò Oliver. «Hai un grosso segreto e ti senti come se fosse stato violato.»
«Adesso mi hai stancato. Avanti, scendiamo dalla macchina e andiamocene a casa. Ciascuno a casa propria, intendo.»
«Non c'era bisogno che tu lo specificassi. Immagino che non mi inviterai a trascorrere la notte con te, così come posso immaginare che tu ed Edward dormivate in camere separate, quando è stato da te.»
«Esatto. Tra me ed Edward c'è solo una profonda amicizia.»
«Posso immaginarne la ragione.»
«No, non puoi immaginare niente... e, te lo chiedo per cortesia, smettila di farti fantasie assurde sulla mia vita.»
«Non sono fantasie» insisté Oliver. «Credo di avere ricostruito come sono andate le cose: Thomas è figlio della signora Alexandra, che con la complicità del medico al quale sta insieme l'ha fatto risultare figlio tuo, forse perché il padre era Patrick Herrmann, l'uomo che aveva "osato" rifiutarla. Tu hai accettato e l'hai sempre considerato come un figlio, anche se, di fatto, non lo è. Questo, però, ti ha costretta a vivere con questo grosso segreto.»
Selena abbassò lo sguardo. Non se la sentiva più di mentire, non dopo che Oliver aveva intuito tutta la verità, o quasi.
Fece un sospiro e si arrese.
«Come lo sai? E cosa vuoi per non raccontarlo in giro?»
«Non preoccuparti, ho solo un grosso intuito. Il tuo segreto non è in pericolo. Io, da parte mia, sarò muto come una tomba. Thomas è figlio tuo, ormai, non di Alexandra.»
Selena scosse la testa.
«Ma quale intuito, tu sei una maledizione, Oliver. Sembri l'ennesima maledizione che mia madre mi ha gettato addosso.»
«Sì, può darsi che io sia una maledizione, ma forse sei tu che sei la maledizione di te stessa» ribatté Oliver. «Posso immaginare tutto il resto: tu e Patrick costretti a vedervi solo in mezzo alla gente...»
Selena cercò di interromperlo.
«Questo non c'entra.»
«C'entra eccome, invece.»
«Mi pareva stessimo parlando di Thomas.»
«Appunto. Tutti credono sia figlio tuo e di Patrick, ma tu e lui, posso immaginare, non siete mai riusciti ad andare a letto insieme.»
«Avevamo già appurato la verità sul suo concepimento, mi pare.»
Oliver annuì.
«Sì, ma adesso mi stavo focalizzando sull'altro pezzo di verità. Tu non sei stata né con Patrick né con nessun altro dopo di lui, giusto?»
«Cosa stai insinuando?»
«Scusa per l'invadenza, di solito non mi permetterei mai, ma sto insinuando che tu sia vergine e che per nascondere questo non proprio piccolo dettaglio a Edward tu abbia deciso di rinunciare a lui. Dopotutto sarebbe difficile spiegargli la verità su Thomas.»
Selena rimase in silenzio.
Oliver attese per un tempo che le parve infinito prima di riprendere: «Non hai niente da dire?»
«Una domanda ce l'avrei» ammise Selena. «Conosci alla perfezione solo il passato o hai anche la possibilità di prevedere il futuro?»
«Prevedo il futuro. Un giorno ti renderai conto che per liberarti della tua verginità in contrasto con il tuo status familiare ti basta solo trovare qualcuno con cui fare sesso.»
«Ci avevo pensato, molti anni fa. Ho rimorchiato un tizio in un bar.»
«E poi?»
«Poi ha detto cose orribili contro la Diamond Formula e i piloti, quindi ho cambiato idea.»
Oliver aprì la portiera, apprestandosi a scendere dall'auto.
«Beh, se basi le tue decisioni su questi, sappi che io i piloti della Diamond Formula li ammiro tutti, perfino i più scarsi.»
 
 
«Domani partiamo.»
Selena alzò lo sguardo. Non si era accorta dell'ingresso di sua madre nel soggiorno. Abbassò il volume del televisore e domandò, nonostante avesse capito perfettamente: «Cos'hai detto?»
«Ho detto che domani partiamo» ripeté Alexandra.
«E me lo dici adesso?»
«Sì, te lo dico adesso. Mi sembra di averti lasciato abbastanza tempo per raccogliere tutte le tue cose.»
«Come vuoi. Dopo vado a preparare lo zaino.»
«Non hai sentito nessuno, vero?»
«No.»
«Ti ho comprato una sim nuova. Per tutto il tempo in cui staremo via, voglio che tu tenga spento il tuo numero attuale.»
«Perché?» obiettò Selena. «Non ti fidi di me? Pensi che non possa recuperare una copia dei miei contatti?»
«Sì che mi fido di te» rispose Alexandra, ed era la prima osservazione positiva sul proprio conto che Selena sentiva uscire dalla sua bocca da molto tempo. «So che non chiamerai nessuno. Qualcuno, però, potrebbe chiamare te. Non dobbiamo correre rischi. Ti rendi conto, vero, che è fondamentale vivere nella riservatezza più assoluta, nei prossimi mesi?»
«Sì, me ne rendo conto.»
«Meglio così. Non avrei potuto sopportare l'idea che tu non stessi dalla mia parte.»
Selena puntualizzò: «Ho accettato di fare quello che faremo per senso del dovere, non per farti un favore. Dal momento che tu non hai voluto abortire né vuoi dare il bambino in adozione, non c'erano alternative. In fondo è mio fratello.»
Alexandra le scoccò un'occhiata di fuoco.
«Non osare mai più ripetere una cosa simile.»
«Ma è la verità.»
«No, non lo è. Non lo è mai stata. Quel bambino diventerà tuo figlio e devi abituarti a pensarlo come tale. Sarà una tragedia se ti lascerai scappare la verità con qualcuno. Ti rendi conto del pericolo a cui stai esponendo entrambe e il bambino stesso?»
«Ehi, calmati» sbottò Selena. «Ci siamo solo io e te. Nessuno può sentirci.»
«Non importa se ci siamo solo io e te o se qualcuno può sentirci. Pretendo che ti abitui a chiamare le persone con il loro nome. E quel bambino è figlio tuo, sono stata chiara?»
«Chiarissima.»
«Non voglio problemi da parte tua.»
«Me l'hai già detto.»
«È meglio ribadirlo un'altra volta. Sei solo una ragazzina, Selena. Non hai capito niente di come vanno le cose, nella vita. Quindi la mia raccomandazione è sempre la stessa: continua a non capire, limitati a eseguire gli ordini. È questo che devono fare le ragazze della tua età, eseguire gli ordini di chi ha davvero importanza e non intralciare le altre persone con le loro cazzate. Ripetilo, Selena. Ripeti: "sono una nullità, non sono capace di badare a me stessa e mi rendo conto di dovere fare tutto quello che mi chiedi".»
Selena spalancò gli occhi.
«Mamma, tutto bene?»
«No, non va tutto bene. E sai perché? Perché esisti. Perché ti ho tenuta nonostante tu fossi un problema molto più grande del bambino che nascerà tra sei mesi. È stato l'errore più grande della mia vita. Non hai mai fatto nulla di utile o di costruttivo, hai solo rovinato la vita a me e a chi ti stava intorno. Perfino quel poveretto che sostenevi di amare è morto... ed è stata una liberazione, per lui, ne sono certa.»
«Patrick aveva molti altri modi per liberarsi di me.»
«Non cambiare discorso. Mi hai rovinato la vita quando sei nata, me l'hai rovinata tante altre volte nel corso di questi vent'anni... Dovresti solo ringraziarmi se ti offro la possibilità di riscattarti.»
Selena sospirò.
«Va bene, mamma, come vuoi tu.»
Sperava che quella risposta bastasse per convincere sua madre a lasciarle un po' di respiro, ma aveva sopravvalutato la propria capacità di persuadere Alexandra Bernard.
«Selena, hai parlato con qualcuno di Patrick?»
«Con chi?»
«Non so, amici dell'università?»
«No.»
«Questo rischia di essere un problema. Hai delle amicizie così strette da far insospettire qualcuno, se scopriranno che hai avuto un figlio senza avere mai sentito parlare di un fidanzato?»
«Non c'è nessuno con cui ho un'amicizia profonda. Se vuoi che sia più chiara in proposito: no, non c'è nessuno che sappia con certezza se ho avuto un fidanzato, in questi ultimi tempi. Se e quando li rivedrò o li sentirò di nuovo e scopriranno che ho un figlio, non credo che faranno domande. Se dovessero farmele, mi limiterò a rispondere che non voglio parlare del padre del bambino, dal momento che non farà parte né della sua vita né della mia.»
Alexandra fece un sospiro di sollievo.
«Oh, meno male. Temevo fossi una di quelle idiote che raccontano alle loro amiche ogni dettaglio della propria vita intima.»
«Beh, io non sono così.»
«Almeno una cosa decente sei riuscita a farla, nella tua esistenza. Brava, Selena. Resti sempre una nullità, ma c'è qualche speranza che un giorno tu possa diventare una donna con la testa sulle spalle.»
 
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Thomas era già partito e presto sarebbe stato il turno di Edward e Margaret. La bambina stava guardando i cartoni animati alla televisione, mentre Selena si stava concedendo con Edward un'ultima conversazione prima dei saluti.
«Thomas già mi manca» confidò Selena all'amico. «Non penso che, quando me ne andavo per tornare a scuola, mia madre o mio padre abbiano mai sentito la mia mancanza, né che sentissero quella di mio fratello. Non ci hanno mai fatto mancare nulla dal punto di vista materiale, ma di affetto non ce ne hanno mai dato molto.»
«Non pensare al passato» le suggerì Edward. «Pensa al presente e al futuro. Tu sei una madre migliore di quello che è stata la signora Alexandra per te. Hai un buon legame con tuo figlio e sono certo che tra vent'anni non interromperà i contatti con te, come hai fatto tu con tua madre.»
Da parte di qualcun altro, Selena non sarebbe stata molto felice di una simile intromissione, ma Edward era al corrente, almeno in linea di massima, di quali fossero i suoi rapporti con la donna che l'aveva messa al mondo.
Ci tenne a fare una sola precisazione: «Non sono io che ho voluto chiudere i contatti con mia madre. La decisione è stata sua, mi sono limitata ad accettarla.»
«Non hai mai fatto niente per farle cambiare idea?»
«Non cambierà idea, ma credo sia meglio così. Quelle poche volte in cui ci siamo riviste, si sono riaperte per entrambe delle ferite che sarebbe meglio chiudere.»
Edward rimase in silenzio per qualche istante, poi le chiese, a bruciapelo: «Tua madre era innamorata di Patrick, vero?»
Selena sussultò.
«Cosa te lo fa pensare?»
In quel momento non aveva il coraggio di guardare negli occhi Edward che, da parte sua, era carico a molla.
«Conoscevo bene Patrick, lo sai. Ho sempre avuto il sospetto che la sua impresaria nutrisse un certo attaccamento nei suoi confronti.»
Selena sbuffò.
«Sì, un attaccamento abbastanza morboso.» Tanto valeva dire la verità, o almeno una parte di verità difficile da negare. Di certo Edward non avrebbe sospettato tutto il resto. «Si era messa in testa non so cosa e, quando le è stato chiaro che Patrick era innamorato di me, non l'ha presa molto bene.»
«Patrick temeva che lo abbandonasse?»
«In un certo senso sì, ma era convinto di potere vincere il mondiale. Nessuno avrebbe avuto il coraggio di voltare le spalle al campione del mondo in carica, nemmeno se avesse perso uno sponsor importante.»
«Credo che, se le cose fossero andate diversamente, Patrick avrebbe vinto davvero quel campionato.»
Selena alzò le spalle.
«Cosa importa, ormai.»
«Avrebbe proseguito la sua carriera nel migliore dei modi, anche senza la sponsorizzazione di tua madre.»
«Non c'è bisogno che mi rassicuri» ribatté Selena. «Patrick voleva aspettare la fine del campionato - era abbastanza certo di potere rimanere in Diamond Formula anche se avesse vinto Harrison, visto quello che aveva dimostrato durante tutta la stagione - per confessare a mia madre quello che lei sapeva già. Non ha fatto in tempo, e non saprei se dire purtroppo o per fortuna.»
«È davvero squallido che tua madre non voglia più vederti per quello che è successo tra te e Patrick. Mi pare di capire che sia questa la ragione.»
Selena annuì.
«Diciamo di sì.» Si girò a guardare Edward. «Comunque non devi preoccuparti. Ho già trentacinque anni, ormai, me la cavo senza mia madre da molto tempo e sono capace di badare a me stessa.» Sorrise. «Non ci sono problemi per me. Mia madre ha la sua vita e io ho la mia. Evidentemente era destino che le cose andassero a questo modo.»
«Ho conosciuto poco tua madre» ammise Edward, «Ma una convinzione ce l'ho: se Patrick si è innamorato di te, non è solo perché eri molto più giovane di tua madre. Alexandra Bernard era una persona difficile da compiacere, in tutti i sensi... e non so come avesse fatto, in un primo momento, Patrick a fare colpo su di lei.»
«Oh, è molto semplice. È andato a letto con lei, che è quello che mia madre desiderava.» Per non destare sospetti sulle tempistiche del concepimento di Thomas, Selena mentì: «Naturalmente è successo solo ed esclusivamente all'inizio della loro collaborazione, poco dopo Patrick ha messo in chiaro che non poteva esserci un futuro. Mia madre ha deciso di non tirarsi indietro, probabilmente convinta che un giorno avrebbe cambiato idea.»
«Patrick ti aveva parlato della loro relazione?»
«No, era già terminata da molto tempo e, quando era accaduto qualcosa tra di loro, non era nemmeno al corrente della mia esistenza. L'ho scoperto io, da sola... in ogni caso, ci avrebbe pensato mia madre a sbattermi tutto in faccia, prima o poi.»
«Non vorrei essere scortese, ma posso chiederti come l'hai presa?»
«Il passato era passato, per me è sempre contato solo il presente» disse Selena, cercando di apparire convincente. «Per me e Patrick contavamo solo noi due. Quello che era successo prima, sia nella sua vita sia nella mia», aggiunse sapendo che Edward aveva il sospetto che Thomas fosse il frutto di una sua relazione precedente, terminata poco prima del suo incontro con Herrmann, «Non aveva più importanza, per noi.»
«Eppure sapevi di Kathy Di Francesco e di Emma Dupont.»
«Quello lo sapevano tutti. Sono le prime cose che Patrick mi ha raccontato di sé, quando non stavamo ancora insieme. Ci teneva che non scoprissi i suoi scheletri nell'armadio da altri. La faccenda di mia madre era diversa, non era una storia risaputa. Ma come mai tutto questo interesse per mia madre, oggi?»
Edward rise.
«Lascia stare. Qualche giorno fa ho parlato di Alexandra Bernard con una persona e, dato che tu l'hai citata, mi è venuto spontaneo farti tutte queste domande. Spero di non essere stato invadente.»
«No, figurati, ma mi piacerebbe sapere chi è la persona con cui hai parlato di mia madre» replicò Selena. «Per caso è stato il portiere che ti ha fatto delle domande?»
«Oh, no, è stato il giornalista della porta accanto.»
«Hai parlato con Oliver Fischer?!»
«Sì.»
«Pensavo non lo sopportassi.»
«L'ho rivalutato» confessò Edward. «È seriamente interessato a Patrick e al passato della Diamond Formula. Sta scrivendo un libro in proposito.»
«Lo so.»
«Ne ha parlato anche con te, immagino. No del libro, di Patrick, intendo.»
«Sì. Anche con me ha parlato di mia madre. Non scriverà molto su di lei, però. Gli ho detto che non mi farebbe piacere. Spero che tu non gli abbia raccontato dei dettagli che sarebbe meglio mantenere riservati.»
Edward puntualizzò: «Non ho mai conosciuto esplicitamente dettagli riservati. So solo quello che mi hai detto tu, ma me l'hai detto oggi. Quando ho parlato con Fischer non avevo la certezza che Patrick fosse stato a letto con la signora Alexandra, in qualche momento passato. Gli ho raccontato solo che quella donna aveva un legame che non mi piaceva particolarmente con Patrick. Dopotutto è vero, sono sempre stato convinto che Alexandra Bernard avesse una pessima influenza su di lui o che in qualche modo lo condizionasse. Pur avendolo aiutato molto, ho sempre pensato che per Patrick sarebbe stato meglio non avere a che fare con lei.»
«Vedo che mia madre si è data molto da fare per farsi apprezzare» borbottò Selena. «Non riesco a capacitarmi di come non sia mai riuscita, nella sua vita, ad attirarsi le simpatie di nessuno, Parker escluso.»
«Magari nemmeno lui è un santo» azzardò Edward.
Era l'esatta verità, ma Selena non poteva dirlo ad alta voce.
Si affrettò a cambiare discorso: «A che ora devi partire?»
Edward guardò l'orologio.
«Adesso, purtroppo.»
Per quanto a Selena dispiacesse vederlo andare via, provò almeno un po' di sollievo a quella notizia. Qualche minuto più tardi accompagnò l'amico e sua figlia fino al pianoterra.
«Ci vediamo presto, allora» la salutò Edward.
«Già, a Imola» confermò Selena. «Ci sentiamo, nel frattempo, per accordarci meglio.»
Lo guardò allontanarsi, poi salì le scale. Incontrò Oliver per caso - oppure per un caso dettato dalla volontà del giornalista stesso - che usciva di casa.
«Complimenti» gli disse. «Sei riuscito a parlare con Edward senza farti prendere a calci nel culo.»
Oliver sorrise.
«Prima o poi inizio a piacere a tutti.»
«Non sono sicura che Edward sia disposto a dire che gli piaci, ma è già un passo avanti. A proposito, spero non abbiate parlato di me.»
«Gli ho detto che è un uomo fortunato» le riferì Oliver, «Perché sta insieme a una come te. Edward, però, ha smentito. Quindi, dato che non sei impegnata con lui, posso permettermi di chiederti quando vuoi uscire di nuovo con me?»
Selena gli strizzò un occhio.
«Se ti dicessi mai?»
Oliver puntualizzò: «Non ti ho chiesto se vuoi uscire con me, ma quando. Ho dato per scontato che la risposta all'altra domanda sarebbe stata sì.»
 
******
 
Solo dopo essere giunta presso la casa nella quale dovevano nascondersi, Selena realizzò che non avrebbe potuto mai più avere una vita davvero normale. Sua madre, nel suo tentativo di convincimento, si era focalizzata soltanto sugli aspetti più materiali, come la necessità di qualcuno che si occupasse del nascituro, rassicurandola a più riprese. Il futuro che si prospettava, tuttavia, era fatto di qualcosa di più: i soldi di Alexandra Bernard avrebbero potuto pagare qualsiasi bambinaia o governante, ma non avrebbero mai reso Selena libera dal peso che portava sul proprio cuore.
Aveva sempre cercato di avere buoni rapporti con tutti, ma non aveva mai avuto amicizie profonde, né si era mai innamorata di nessuno prima di conoscere Patrick. Era sempre stata una persona indipendente e lontana dai legami forti, ma era accaduto più per circostanze che per scelta. Non si era mai preclusa la possibilità di avere amicizie strette, un giorno, ma sarebbe stato molto difficile. La prospettiva di dovere mentire a persone che per lei significavano poco era accettabile, ma come avrebbe potuto fingere costantemente con gente alla quale era seriamente affezionata?
Non aveva mai provato a parlarne con la madre, perché sapeva che non sarebbe stata compresa. Il dottor Parker, conosciuto da pochi giorni, non l'aveva ancora inquadrato bene. Sembrava più disponibile al dialogo di Alexandra, ma d'altronde quale sconosciuto si sarebbe permesso di deridere e ridicolizzare la figlia di una donna che lo riempiva di soldi?
Il medico dal quale Alexandra intendeva farsi assistere durante la gravidanza e durante il parto trascorreva parecchio tempo a casa loro, tanto da essere invitato a stabilirsi lì in pianta stabile. Selena non sapeva se fosse un bene o un male, ma presto l'avrebbe scoperto.
Il dottore si avvicinò a lei, da solo, un pomeriggio durante il quale Selena stava guardando distrattamente dalla finestra, chiedendosi come sarebbe stato potere scendere in strada anche solo per fare due passi. Ovviamente era vietato, anche se da quelle parti nessuno conosceva né lei né sua madre.
«A cosa pensi?»
Selena sussultò. Non l'aveva sentito arrivare, né si aspettava che il dottore volesse fare conversazione con lei.
«Scusami» disse Parker, «Non volevo spaventarti.»
«Non fa niente, è tutto a posto.»
«Ho visto che eri qui tutta sola e ho pensato che avessi bisogno di un po' di compagnia» chiarì il dottore. «Tua madre non ti parla quasi e ho avuto l'impressione che ti farebbe bene scambiare qualche parola con qualcuno.»
Selena scosse la testa.
«No, a me va bene così. Preferisco il silenzio.»
«È triste sentire una ragazza della tua età dire qualcosa di così pessimista.»
«Non sempre il silenzio è male. Non sono pessimista.»
«Beh, tanto ottimista non lo sembri...»
«Non è necessario scegliere se essere ottimisti o pessimisti» precisò Selena. «Non mi pongo limiti di questo genere, anzi, vivo la vita per come viene.»
«A me sembra che tu la viva come vuole tua madre» replicò il dottor Parker. «Ti ammiro per quello che hai deciso di fare per lei, ma posso chiederti il perché di questa scelta?»
«A volte» rispose Selena, «Gli altri non possono capire le nostre scelte. Non le capiamo nemmeno noi, fino in fondo. Ho cercato di fare il bene mio, di mia madre e del bambino, tutto qui.»
«Pensi di potere essere una buona madre?»
«Non lo so.»
«Pensi che tua madre non lo sarebbe?»
«Mia madre non vuole crescere quel bambino come suo figlio» gli ricordò Selena. «Non sono sicura che sarebbe in grado di amarlo come merita.»
«Avresti potuto persuaderla a cambiare idea.»
«No, non avrei potuto. Tra di noi c'è solo una persona capace di persuadere gli altri a fare qualsiasi cosa... e quella è mia madre, non sono io.»
«In pratica mi stai dicendo che ti sei trovata in questa situazione e non sei stata capace di opporti.»
«Una cosa del genere.»
«Mi dispiace per te.»
«Non deve essere dispiaciuto, dottor Parker. In fondo non avevo ancora deciso fino in fondo cosa fare del mio futuro. Mia madre ha deciso per me e ho accettato la sua decisione.»
«Continuerai a studiare, quando il bambino sarà nato?»
«Sto continuando a studiare. Dopo la nascita del bambino, vorrei riprendere a frequentare i corsi.»
«A tuo padre cos'hai detto? E a tuo fratello?»
Selena sospirò.
«Niente. Non li ho chiamati e loro non hanno contattato me.»
«Un giorno, però, dovrai spiegare a entrambi che hai avuto un figlio.»
«Ci inventeremo qualcosa.»
Il dottor Parker le posò una mano su una spalla.
«Sappi che, qualunque cosa accada, io sarò dalla tua parte.»
Selena si voltò verso di lui.
«Credevo fosse dalla parte di mia madre.»
«Siete dalla stessa parte, in fondo, anche se non ve ne siete ancora accorte.»
«Forse se ne sarà reso conto, mia madre non ha una grande stima di me.»
«Sì, invece, tua madre ti stima tantissimo. Hai vent'anni e ti ritiene in grado di occuparti di suo figlio.»
«Un figlio che non le interessa.»
«Credi davvero che non le interessi?» obiettò il dottor Parker. «Se non ci tenesse a quel bambino, se ne sarebbe liberata quando era ancora in tempo. Ti sei mai chiesta perché abbia deciso di non abortire?»
«Non mi chiedo che cosa passi per la testa a mia madre» replicò Selena. «Sarebbe uno sforzo troppo grande e non arriverei comunque a una spiegazione. Prendo per buono quello che viene, senza andare a cercarne le cause.»
«Dovresti farlo, invece. Dovresti sforzarti di comprenderla.»
«Se avessi dei buoni motivi, lo farei.»
«Sai chi è il padre del bambino?»
«Mia madre non me l'ha mai detto.»
«Però lo sai.»
Selena scosse la testa con fermezza.
«No, non parlo con mia madre della sua vita privata. Non so se avesse un compagno, quando il bambino è stato concepito, o se sia frutto di una relazione occasionale. Non lo so e non lo voglio sapere. Non voglio sapere niente della sua vita, come lei non ha mai voluto sapere niente della mia.»
«Quanta amarezza, Selena. Non ti stupire se tua madre non vuole avere un vero e proprio rapporto con te, se ti comporti così. Non hai mai cercato di venirle incontro.»
Selena alzò le spalle.
«Allora siamo almeno in due.»
«Sono sicuro» ribatté il dottor Parker, «Che tua madre abbia fatto tantissimo per te.»
«Sì, mi ha fatto vivere una vita molto agiata, frequentare scuole di primo livello e presentato occasionalmente gente famosa, specie imprenditori o amministratori delegati di grandi aziende» rispose Selena. «Per il resto, non posso dire di avere ricevuto molto altro da lei. Mi è capitato più di una volta di chiedermi come sarebbe stato nascere in una famiglia che poteva offrirmi il minimo indispensabile ma essere amata.»
«L'amore è un concetto astratto» puntualizzò il dottor Parker. «Tua madre ha risposto con fatti concreti.»
«Sì, certo, ha risposto con fatti concreti» sbottò Selena. «Mi ha dato in mano delle carte di credito perché potessi comprarmi tutto quello che volevo.»
Il dottor Parker le chiese: «Non ti sembra di essere egoista a pretendere di più?»
Selena gli spiegò: «Sono iscritta a un'università pubblica. Molti dei miei compagni di corso non sono ricchi. Quando erano ragazzini dovevano chiedere i soldi ai loro genitori ogni volta che volevano comprarsi uno zaino o un paio di jeans. Però hanno avuto genitori che li accompagnavano a comprarsi quello zaino o quei jeans. È questo che mi è mancato nella vita e, finché ho frequentato scuole private, circondata da ragazzini con il mio stesso status sociale, non mi sono mai accorta che mi stavo perdendo qualcosa.»
«Sono certo che un giorno capirai che tua madre aveva ragione.»
«Io, invece, sono certa del contrario. Giorno dopo giorno finirò per allontanarmi sempre di più da lei.»
«Puoi ancora tornare indietro. Se ti senti rifiutata da tua madre, dovresti provare a farti un esame di coscienza. Nessuno viene rifiutato senza ragione.»
«Sono certa che le ragioni ci siano. Si accumulano continuamente. Ne nascono sempre delle nuove.»
«So che a tua madre non piaceva l'idea che tu frequentassi Patrick Herrmann. Potresti provare a parlarle, a dirle che ti sei pentita di quello che hai fatto, che aveva ragione lei.»
Selena spalancò gli occhi.
«Perché mi sta dicendo questo?»
«Perché il tuo rapporto con Herrmann era comunque qualcosa di malato» rispose il dottor Parker. «Patrick era un uomo adulto, tu una ragazzina.»
«Ho vent'anni» chiarì Selena. «Patrick ne aveva ventotto.»
«Secondo tua madre, era una differenza d'età troppo grande.»
«Strano, perché la differenza d'età tra me e Patrick è esattamente la stessa che c'è tra i miei genitori. Mia madre e mio padre avevano più o meno l'età mia e di Patrick, quando si sono messi insieme. Non ci vedo niente di scandaloso.»
«Comunque tra di loro non ha funzionato, hanno divorziato dopo pochi anni di matrimonio. Forse anche tu e Patrick vi sareste lasciati.»
«Chiunque può essere lasciato dal proprio partner. In base a questo presupposto, nessuno dovrebbe fidanzarsi.»
«Credo che tua madre ti stia rifiutando perché non vuoi capire» concluse il dottor Parker. «Non approvo il suo comportamento, ora che Patrick Herrmann non è più un problema, ma avresti dovuto ascoltarla. Avresti dovuto lasciarlo, invece di compromettere per sempre il vostro rapporto.»
Selena puntualizzò: «Mia madre non mi ha mai impedito di frequentare Patrick Herrmann.»
«Per forza» ribatté il dottor Parker. «Sapeva che non l'avresti fatto. Sei troppo egoista per pensare alle esigenze degli altri, Selena. Su questo non puoi dare torto ad Alexandra.»
«Ho diritto a vivere la mia vita come voglio. O almeno ce l'avevo prima.»
«Anche tua madre aveva il diritto di vivere la propria vita come voleva. Hai mai pensato che ci fossero ragioni valide per cui voleva che tu stessi lontana da Patrick?»
«Di cosa sta parlando, dottor Parker?»
«Resti tra noi, ma tua madre amava quell'uomo.»
«E lei cosa ne sa?»
«So molte più cose di quanto tu possa immaginare, Selena. Non avresti dovuto metterti tra di loro. Sei una bella ragazza, avresti potuto avere qualsiasi ragazzo avessi voluto. Invece no, desideravi proprio lui.»
«Mia madre non mi ha mai parlato di una sua relazione con Patrick Herrmann» precisò Selena. Dopotutto almeno quello era vero. «Perché avrei dovuto intuire da me che dovevo tirarmi indietro? Non le sembra di pretendere troppo da me?»
Il dottor Parker ridacchiò.
«Hai ragione, e comunque non ha molto senso parlarne adesso. Per fortuna Patrick Herrmann è morto e sepolto.»
«Per... fortuna?»
«La sua presenza avrebbe potuto farvi solo del male, sia a te sia a tua madre. È andato tutto come doveva andare, non trovi?»
Selena scosse la testa.
«Trovo che un medico dovrebbe difendere la vita umana, non compiacersi della morte altrui.»
Il dottor Parker sentenziò: «Patrick Herrmann metteva deliberatamente la propria vita in pericolo. Non ho ragioni per pensare che la sua morte sia stata una grande perdita. Tu eri accecata dall'amore, ma un giorno troverai l'uomo giusto per te e Patrick ti sembrerà il nulla.»
Selena abbassò lo sguardo.
«Non credo sia possibile, per me.»
«Cosa?»
«Trovare un altro fidanzato.»
«Non essere ridicola. Tante madri single riescono a trovare un uomo.»
Selena annuì.
«Sì, lo so, ma non è il mio caso. Io non potrò farlo.»
 
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Era stata una serata tranquilla. A cena con Oliver, Selena non si era mai sentita a disagio, né il giornalista aveva detto o fatto nulla che la infastidisse. Non avevano parlato di nulla di importante, lasciando da parte almeno per un'ora o due il libro su Patrick Herrmann e le faccende relative alla Diamond Formula di quindici anni prima.
Oliver non si era nemmeno esposto più di tanto con un certo tipo di allusioni, ma Selena non si illudeva che continuasse così molto a lungo. Infatti, poco dopo avere terminato il dessert, il suo amico osservò: «È strano come a volte tu mi sembri così inarrivabile, anche se adesso sei qui con me e chiunque potrebbe scambiarci per una coppia.»
Nonostante tutto, a Selena sfuggì un sorriso.
«Non sono inarrivabile.»
«Invece devi esserlo, se sei stata sola per così tanti anni.»
«Hai mai pensato che potrebbe essere stata una scelta mia?»
«Certo, appunto per questo ti ho definita inarrivabile» rispose Oliver. «Patrick Herrmann non era solo un grande pilota, ma anche un uomo molto fortunato. Avere conosciuto te deve essere stato il momento più bello della sua vita.»
«Non ne sono sicura» obiettò Selena. «Patrick aveva una vita piena, della quale era soddisfatto. L'amore era solo una parte del tutto. L'idea che per lui tutto potesse dipendere da me non mi alletta. Credo che le persone debbano avere comunque una propria indipendenza, non focalizzarsi solo ed esclusivamente sulla persona che amano.»
Oliver ridacchiò.
«La penso esattamente come te. È un ulteriore segno.»
«Un segno di cosa?»
«Saresti la mia donna ideale. Spero che tu te ne renda conto prima che sia troppo tardi.»
«Sì, può essere che io sia la tua donna ideale» ribatté Selena, «Ma questo non implica che tu sia l'uomo ideale per me.»
Oliver le strizzò un occhio.
«Potresti aggiungere anche "ti vedo solo come un amico", già che ci sei.»
«No, non mi piacciono questi cliché» rispose Selena. «E poi non sono convinta che tu sia solo un amico. In un'altra vita, in un'altra situazione, magari le cose sarebbero state diverse.»
«Perché, che cosa c'è che non va in questa vita?»
«Ci sono tante cose che non vanno. Comunque non ti sto sbattendo la porta in faccia. Se tu volessi venire con me a fare shopping o portarmi a ballare, non avrei niente in contrario.»
Oliver rise.
«Davvero verresti a ballare con me? Chiedo perché lo shopping mi annoia.»
Selena propose: «Domani sera?»
Oliver confermò: «Domani sera.»
 
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Stava scendendo la sera, in Europa, e mancavano appena venti minuti all'inizio del gran premio degli Stati Uniti di Diamond Formula. Selena accese la TV giusto in tempo per vedere comparire sul teleschermo Emma Dupont, che narrava di come l'Indianapolis Road Course fosse la sede sia di un evento di Diamond Formula sia di uno di Formula 1, che si svolgevano a una settimana di distanza l'uno dall'altro, e di come per la Diamond Formula potesse considerarsi un progresso avere avuto finalmente una propria data, invece di fare da gara di contorno a quella che era ancora considerata la massima serie automobilistica.
«Sebbene il pubblico americano conosca relativamente poco le competizioni a ruote scoperte con una base prevalentemente europea» continuò a spiegare la Dupont, «la Diamond Formula sta ricevendo anche da queste parti una grande attenzione, dimostrando che non sono i marchi storici ad attirare i tifosi, ma la passione che emerge da questo campionato, che non fa altro che offrire competizione di alto livello e piena di colpi di scena.»
Selena non poté fare a meno di chiedersi come dovesse sentirsi Emma a recitare quel copione. La Diamond Formula e la sua imprevedibilità, pochi mesi prima, le avevano portato via il marito e non c'era dubbio che fosse stato l'incidente nel quale avevano perso la vita sia Patrick sia Keith ad accendere i riflettori sulla Diamond Formula, facendola conoscere e - con una certa dose di sadismo - apprezzare anche da chi l'aveva snobbata fino a quel momento.
Era impossibile che la Dupont non fosse giunta alle stesse conclusioni, ma si comportò con grande professionalità, continuando a parlare in tono neutro fino alla fine del servizio, nel quale fece i nomi dei piloti favoriti per il campionato, affermando implicitamente che avrebbero raccolto il testimone di Herrmann e Harrison, ora che i due non c'erano più. Era ammirevole che riuscisse a comportarsi così, e chi sosteneva fosse lì dov'era solo grazie al matrimonio con Keith Harrison o perché il suo volto bucava lo schermo si sbagliava di grosso.
Il servizio terminò e a seguire trasmesse inquadrature direttamente dalla griglia di partenza, sulla quale le vetture si erano già posizionate. Selena intravide Edward Roberts e le sfuggì un sorriso. Chissà come stavano lui e Sharon. Le dispiaceva avere interrotto i contatti con loro, ma chissà, un giorno, dopo la nascita del bambino, avrebbe potuto fare qualcosa per rivederli.
Stava ancora sorridendo quando il dottor Parker entrò in soggiorno.
«Tua madre sta riposando» la informò.
«Bene» mormorò Selena, senza troppo entusiasmo.
«Non si sentiva al cento per cento, oggi» proseguì il dottore, «E immagino che non ti senta troppo bene neanche tu, se stai ancora a guardare quella robaccia.» Indicò il televisore. «Patrick non tornerà più, è inutile guardare la Diamond Formula, non credi?»
«So benissimo che Patrick non tornerà più» puntualizzò Selena. «Non c'è bisogno di ricordarmelo ogni giorno. Ho deciso di guardare il gran premio perché ho voglia di vedere il gran premio, tutto qui.»
«Ci sono sicuramente cose più costruttive alle quali potresti dedicarti.»
«Sì, lo so, dovrei andare a fare una passeggiata fuori... ma non posso.»
«Smettila di rinfacciare a me e a tua madre quello che stai facendo» replicò il dottor Parker, che più il tempo passava e più pendeva dalle labbra di Alexandra, ormai abbandonato il suo atteggiamento iniziale di benevolenza nei confronti di Selena. «Sei stata tu a volerlo, ora non puoi lamentarti. E, per cortesia, spegni quel televisore. Se tua madre scoprisse che guardi la gara, come ci rimarrebbe?»
«Non mi sono posta il problema.»
«Malissimo. Quello che è successo al tuo pseudo-fidanzato potrebbe essere rovinoso per la reputazione del marchio di sua proprietà. Adesso viene associato alla morte. Herrmann era proprio un uomo inutile, solo capace di distruggere qualsiasi cosa. Ha rovinato la vita di tua madre... e il peggio è che non lo sa nemmeno. È stato tutto facile, per lui, ormai è morto, non ha più problemi. Tua madre, invece, è condannata a un orribile sofferenza e tu, invece di sentirti colpevole perché te la intendevi con quell'uomo di merda, fai di tutto per renderle le cose ancora più difficili. Sei un'egoista insensibile, Selena. Spegni quella televisione prima che sia troppo tardi.»
«Mia madre è a letto» obiettò Selena. «Non sa cosa sto facendo.»
Il dottor Parker obiettò: «Una ragazza responsabile non dovrebbe compiacersi di nascondere quello che fa alla propria famiglia... ma credo sia inutile spiegartelo. In questi mesi ti ho conosciuta, non sei in grado di renderti conto del periodo che tua madre sta vivendo.»
«Mia madre, mia madre, mia madre...» sbottò Selena. «La smetta, dottor Parker. Sappiamo benissimo entrambi che ho fatto più di quanto dovessi, per mia madre, e che continuerò a farlo. Non sto rinfacciando niente a nessuno, sto solo mettendo in chiaro che questa situazione sta diventando insostenibile anche per me e che mi toccherà viverla ancora per mesi. In più le sue accuse sono ridicole. Che cosa starei nascondendo a mia madre? L'intenzione di guardare una corsa automobilistica alla televisione? Le sembra un segreto di grande portata?»
«Sei solo una bambina, Selena. Purtroppo non ti limiti a fare quello che dovrebbero fare le brave bambine, ovvero tacere e obbedire. Mi ritengo fortunato a non avere mai avuto figli. Figli come te rovinerebbero la vita a chiunque. Avresti dovuto imbottirti di droga come fanno tutti gli sfaccendati della tua età.»
«La maggior parte dei miei coetanei non sono tossicodipendenti.»
«Nel tuo caso è un vero peccato. Se tu fossi stata stroncata da un'overdose molto tempo fa, Alexandra sarebbe stata una donna felice.»
Selena spense il televisore, si alzò in piedi e annunciò: «Vado a vedere la Diamond Formula nella mia stanza.»
Fece per uscire dal soggiorno, ma il dottor Parker la afferrò per un braccio.
«Tu non vai da nessuna parte.»
«Il problema era che mia madre poteva entrare da un momento all'altro, giusto?» replicò Selena. «Se guardo la gara nella mia stanza, i suoi occhi innocenti non si sottoporranno di certo a uno spettacolo così raccapricciante come la Diamond Formula. Non ne uscirà turbata. È la soluzione migliore per tutti, non trova?»
Il dottor Parker rise.
«Non hai capito proprio niente, dolcezza. Tu non puoi fare quello che vuoi. Sei un oggetto nelle mani di tua madre ed è così che ti devi comportare. È la giusta punizione per ciò che hai fatto.»
«Cos'avrei fatto?»
Il dottor Parker la strattonò, sbattendola contro al muro.
«Hai reso infelice tua madre. Hai reso infelice Alexandra.»
«Credo che mia madre le abbia fatto il lavaggio del cervello. Sono i soldi a farla apparire come una santa?»
«Alexandra è una donna determinata, pronta a fare tutto quello che è necessario fare. Tu, invece, non sai fare nulla. L'unica cosa che tu abbia mai fatto? Fare gli occhi dolci a quell'inutile pilota e permettergli di spezzare il cuore di tua madre. Non so come abbia fatto una donna sicura di sé come Alexandra a prendersi una sbandata per uno come Patrick Herrmann, ma quello stronzo l'ha lasciata per te solo per denigrarla. Tu, povera ingenua, ti sei fatta usare, solo perché aveva un bel paio di occhi azzurri ed era ricco e famoso.»
Selena gli ricordò: «I soldi non c'entrano niente, non ho mai pensato di avere la necessità di trovare un uomo ricco.»
Il dottor Parker la ignorò.
«Più ti guardo e più mi chiedo che cos'abbia trovato Patrick Herrmann in te. Voglio dire, come uomo non valeva niente, però si è ritrovato pur sempre a dover scegliere tra te e Alexandra... e non c'è il minimo paragone. Si vede che hai delle doti nascoste.» Le lasciò andare il braccio e alzò la mano fino ad accarezzarle i capelli. «Perché non mostri anche a me chi sei veramente? Magari potrò capire meglio sia Patrick Herrmann sia te e il tuo spirito di ragazzina che non vuole stare alle regole.»
Selena indietreggiò.
«Mi lasci in pace.»
Il dottor Parker ridacchiò.
«Altrimenti cosa fai?»
«Altrimenti vi abbandono.»
«Da sola e senza soldi, dopo essere stata abituata a vivere nel lusso... Certo, come no. Cosa pensi di potere fare?»
«Di genitori che mi hanno riempita di soldi ne ho sempre avuti due. Per quanto il rapporto con mio padre non sia mai stato particolarmente stretto, rimane pur sempre migliore di quello che ho con mia madre. Per male che vada, se proprio non dovessi riuscire a cavarmela da sola, avrei comunque una scappatoia.»
«Quindi stai dicendo che non intendi mostrarmi le tue abilità, perché puoi permetterti di non farlo?»
«Sto dicendo proprio questo.»
«Peccato. Sono convinto, comunque, che prima o poi cambierai idea. Io sarò qui ad aspettarti.»
«Rimango sempre ferma sulle mie idee e la mia attuale idea è che lei sia un uomo disgustoso.»
Il dottor Parker ribatté: «Sono certo che, quando Patrick Herrmann ti faceva questo genere di avance, non lo consideravi un uomo disgustoso.»
«Patrick Herrmann mi ha sempre trattata con rispetto» rispose Selena, «Ma è inutile che perda tempo a spiegarglielo. Sa benissimo cosa voglio dire, fa solo finta di non capirmi, perché le conviene. E ora, per cortesia, si levi di mezzo e mi lasci andare nella mia stanza a guardare il gran premio.»
«Vai, ragazzina» la schernì il dottor Parker. «Vai a guardare venti cretini che girano in tondo rischiando di ammazzarsi e a pensare al tuo cretino personale, che ormai si trova già sotto quattro metri di terra, ovvero esattamente dove merita di stare.»
«E lei vada a vegliare su mia madre» gli suggerì Selena. «Dicono che Dio li fa e poi li accoppia. Voi siete senz'altro la coppia ideale.»
Il dottor Parker non replicò. Per il momento doveva essersi arreso, ma Selena sapeva che, prima o poi, sarebbe tornato alla carica. Mancava ancora troppo tempo al parto e, nonostante la sua minaccia, non sarebbe riuscita ad andare via. In fondo al cuore le dispiaceva che la vita sentimentale di sua madre fosse andata a rotoli per causa sua. In un modo o nell'altro, Alexandra e quel maledetto dottor Parker erano davvero riusciti a farla sentire colpevole.
Entrò nella propria camera e chiuse la porta a chiave, chiedendosi se un giorno o l'altro sarebbe riuscita a superare quell'assurdo senso di colpa. Nel frattempo accese il televisore, sul canale che trasmetteva la gara della Diamond Formula.
Si sedette sul letto e, mentre aspettava il giro di formazione, prese il cellulare. Nonostante il cambio di sim, con quella originale confiscata da sua madre per impedirle di avere contatti con gli amici di un tempo, era riuscita a conservare i numeri che aveva nella rubrica copiandoli nella memoria del telefono all'insaputa di Alexandra.
Scorse la rubrica, fino al numero di Sharon, la fidanzata di Edward Roberts.
"Sono Selena Bernard" le scrisse. "Questo è il mio nuovo numero. Spero che Edward faccia una buona gara, oggi".
Per il momento non ricevette risposta, ma si sentì comunque più sollevata. Ovviamente non avrebbe potuto raccontare a Sharon nulla di quello che stava succedendo, ma percepire un minimo di vicinanza era tutto ciò di cui aveva bisogno in quel momento.
Dopo avere scritto quel SMS appoggiò il cellulare sul comodino e si concentrò sulla Diamond Formula. O meglio, ci provò, perché le riusciva difficile non pensare al futuro, un futuro in cui sarebbe stata madre di un bambino che non era suo, ma in cui avrebbe potuto allontanarsi una volta per tutte da sua madre e dal dottor Parker. Doveva resistere. Il figlio rifiutato di Alexandra meritava una vita migliore di quella che la sua madre naturale avrebbe potuto offrirgli.
 
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Era stata una serata meravigliosa, l'unico dispiacere di Selena era che fosse terminata, ma ormai era tardissimo e né lei né Oliver erano abituati a quegli orari.
Mentre Selena parcheggiava nel proprio posto auto, seduto al suo fianco, il suo accompagnatore osservò: «Domani mi sentirò un cadavere ambulante. Le discoteche dovrebbero aprire prima e chiudere prima.»
«Non dirlo a me» ribatté Selena. «Non sono più giovane come una volta.»
«Non dire queste cose davanti a tuo figlio» le suggerì Oliver. «I ragazzini di quell'età potrebbero capire male e Thomas finirebbe per pensare che a trentacinque anni si è già vecchi.»
Selena fece una risata.
«Hai ragione, è proprio il tipo di ragionamento che Thomas potrebbe fare.»
Si slacciò la cintura di sicurezza e, proprio nel momento in cui faceva per aprire la portiera, Oliver la trattenne.
«Aspetta, c'è una cosa di cui dobbiamo parlare.»
«Se mi devi fare una dichiarazione, rimanda a domani» ribatté Selena. «Anzi, per meglio dire, oggi.»
«No, non devo farti una dichiarazione» ribatté Oliver. «È una faccenda seria. È da tempo che te lo vorrei chiedere, ma mi mordo sempre la lingua e mi trattengo. Adesso sono troppo stanco per fare questo sforzo. Poi sì, penserai che sono uno sfacciato... ma dopotutto è vero. Thomas l'hai adottato, giusto?»
Selena sussultò.
«Cosa?!»
«Hai adottato Thomas, vero?» insisté Oliver. «Non è tuo figlio. O meglio, lo è, ma non biologicamente.»
«Non so come ti venga in mente un'idea così assurda» sibilò Selena. «Sono le tre di notte passate e...»
«Sono le tre di notte passate» replicò Oliver, «Ma mi sembri fin troppo indispettita da questa domanda.»
«Lo sono.»
«Eppure l'adozione è una bella cosa, no?»
«Certo che lo è. Permette di dare una famiglia ai bambini che non l'hanno.»
«Eppure hai reagito come se ti avessi chiesto qualcosa di improponibile» le fece notare Oliver. «Ti sei sentita colta sul fatto, o qualcosa del genere.»
Selena cercò di metterlo a tacere.
«Tu hai problemi seri.»
Oliver la smentì: «No, sei tu che hai problemi seri. Sei tu che ti stai nascondendo da anni.»
Selena si girò di scatto verso di lui.
«Tu non sai niente di me. Non permetterti mai più di farmi domande del genere su mio figlio.»
«Sì, ti senti colta sul fatto» confermò Oliver. «Hai un grosso segreto e ti senti come se fosse stato violato.»
«Adesso mi hai stancato. Avanti, scendiamo dalla macchina e andiamocene a casa. Ciascuno a casa propria, intendo.»
«Non c'era bisogno che tu lo specificassi. Immagino che non mi inviterai a trascorrere la notte con te, così come posso immaginare che tu ed Edward dormivate in camere separate, quando è stato da te.»
«Esatto. Tra me ed Edward c'è solo una profonda amicizia.»
«Posso immaginarne la ragione.»
«No, non puoi immaginare niente... e, te lo chiedo per cortesia, smettila di farti fantasie assurde sulla mia vita.»
«Non sono fantasie» insisté Oliver. «Credo di avere ricostruito come sono andate le cose: Thomas è figlio della signora Alexandra, che con la complicità del medico al quale sta insieme l'ha fatto risultare figlio tuo, forse perché il padre era Patrick Herrmann, l'uomo che aveva "osato" rifiutarla. Tu hai accettato e l'hai sempre considerato come un figlio, anche se, di fatto, non lo è. Questo, però, ti ha costretta a vivere con questo grosso segreto.»
Selena abbassò lo sguardo. Non se la sentiva più di mentire, non dopo che Oliver aveva intuito tutta la verità, o quasi.
Fece un sospiro e si arrese.
«Come lo sai? E cosa vuoi per non raccontarlo in giro?»
«Non preoccuparti, ho solo un grosso intuito. Il tuo segreto non è in pericolo. Io, da parte mia, sarò muto come una tomba. Thomas è figlio tuo, ormai, non di Alexandra.»
Selena scosse la testa.
«Ma quale intuito, tu sei una maledizione, Oliver. Sembri l'ennesima maledizione che mia madre mi ha gettato addosso.»
«Sì, può darsi che io sia una maledizione, ma forse sei tu che sei la maledizione di te stessa» ribatté Oliver. «Posso immaginare tutto il resto: tu e Patrick costretti a vedervi solo in mezzo alla gente...»
Selena cercò di interromperlo.
«Questo non c'entra.»
«C'entra eccome, invece.»
«Mi pareva stessimo parlando di Thomas.»
«Appunto. Tutti credono sia figlio tuo e di Patrick, ma tu e lui, posso immaginare, non siete mai riusciti ad andare a letto insieme.»
«Avevamo già appurato la verità sul suo concepimento, mi pare.»
Oliver annuì.
«Sì, ma adesso mi stavo focalizzando sull'altro pezzo di verità. Tu non sei stata né con Patrick né con nessun altro dopo di lui, giusto?»
«Cosa stai insinuando?»
«Scusa per l'invadenza, di solito non mi permetterei mai, ma sto insinuando che tu sia vergine e che per nascondere questo non proprio piccolo dettaglio a Edward tu abbia deciso di rinunciare a lui. Dopotutto sarebbe difficile spiegargli la verità su Thomas.»
Selena rimase in silenzio.
Oliver attese per un tempo che le parve infinito prima di riprendere: «Non hai niente da dire?»
«Una domanda ce l'avrei» ammise Selena. «Conosci alla perfezione solo il passato o hai anche la possibilità di prevedere il futuro?»
«Prevedo il futuro. Un giorno ti renderai conto che per liberarti della tua verginità in contrasto con il tuo status familiare ti basta solo trovare qualcuno con cui fare sesso.»
«Ci avevo pensato, molti anni fa. Ho rimorchiato un tizio in un bar.»
«E poi?»
«Poi ha detto cose orribili contro la Diamond Formula e i piloti, quindi ho cambiato idea.»
Oliver aprì la portiera, apprestandosi a scendere dall'auto.
«Beh, se basi le tue decisioni su questi, sappi che io i piloti della Diamond Formula li ammiro tutti, perfino i più scarsi.»
 
 

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Capitolo 9
*** [Oliver] ***


Nonostante il proprio stato metafisico, Keith Harrison sembrava provare una passione smodata per le questioni umane. All'ennesima domanda sulla sua vita privata, Oliver alzò gli occhi al cielo e si arrese: «Sì, le cose sono cambiate, rispetto a qualche tempo fa, e sono felice che lo siano.»
Keith scosse la testa.
«Non riesco a credere che tu sia tale e quale a Patrick Herrmann.»
Oliver non condivideva quel pensiero.
«Non c'entro proprio niente, io, con Patrick Herrmann.»
Keith obiettò: «Su questo avrei qualche dubbio...»
«Non nel senso che intendi tu» puntualizzò Oliver. «Mi sento molto diverso da Patrick, è questo che intendevo dire. Certo, qualcosa in comune ce l'ho, ma non è colpa mia se Selena ha così tanto fascino. Anzi, se devo essere sincero la Selena di un tempo non era nemmeno lontanamente paragonabile a quella di oggi. Non oso immaginare fino a che punto Patrick avrebbe potuto essere coinvolto da quella di oggi, se avesse avuto modo di conoscerla.»
«Quindi, in sintesi, nel periodo in cui sei stato lontano sei riuscito a fidanzarti con Selena Bernard» concluse Keith. «Di fatto ti sei concentrato soltanto su quello.»
«Non è andata affatto così» ribatté Oliver. «Per prima cosa, non oserei affermare che io e Selena ci siamo fidanzati. È una parola troppo grossa. Stiamo insieme, sì, e informarla che ero al corrente di tutto, una decina di giorni fa, è stato ciò che ha fatto scattare la molla...»
Keith lo interruppe: «Aspetta, mi stai dicendo che hai spiattellato in faccia a Selena i tuoi sospetti e che lei, per evitare che tu parlassi, ha deciso di...»
Oliver non lo lasciò terminare.
«Ma che cazzo dici?!»
«Sei tu che l'hai detto...»
«Come ti viene in mente di pensare che possa minacciare Selena di raccontare i fatti suoi se lei non ci sta?! Ovvio che non ho fatto niente del genere, nemmeno a Patrick Herrmann nei suoi momenti peggiori sarebbe venuta in testa un'idea così malata! Le ho solo detto che sapevo come stavano le cose, tutto qui. Ha cercato di evitare legami per evitare di dovere raccontare la verità a qualcuno, ma ormai io la sapevo già, quindi non aveva più bisogno di nascondermi niente. Non l'ho né minacciata né ricattata, e nemmeno mi è mai passato per la testa l'idea di farlo. Devi avere una pessima opinione di me.»
«Ti eri spiegato male, tutto qui.»
«Selena invece si è spiegata benissimo. Era palese che le piacessi e finalmente me l'ha confermato. Sto bene con lei e sono certo che lei stia bene con me, anche se non so fino a che punto potrà durare.»
«E come pensi di comportarti, per ora?»
«In modo normale.»
«Ovvero?»
«Ovvero frequentarla, uscire con lei, andarci a letto insieme... insomma, esattamente quello che abbiamo fatto negli ultimi giorni. Siamo una coppia normale.»
«Edward Roberts cosa ne pensa?»
«Non ne ho idea e non è affare mio. La prossima volta in cui lo vedrò, non gli parlerò di certo di Selena, visto che non programmo di incontrarlo se non per motivi professionali.»
«Sa che state insieme?»
Oliver sbuffò.
«Che cosa vuoi che ne sappia?! Non chiedo a Selena di rendermi conto per filo e per segno dei contatti che ha con Edward. Non sono così ossessivo.»
«Ricordati che Edward è un pilota della Dynasty.»
«Sì, lo so, ovviamente. Non mi sono dimenticato di tutto il resto, nonostante tu sia convinto che ho pensato solo a sistemare la mia vita privata. So che Edward Roberts ha a che fare con Veronica e Scott Young. E allora?»
«Potrebbe sapere qualcosa in più degli altri e tacere di proposito.»
«E questo che rilevanza avrebbe?»
«Selena è sua amica» gli ricordò Keith. «Non puoi essere certo al cento per cento che stia dalla tua parte invece che da quella di Veronica e Scott Young.»
Oliver spalancò gli occhi.
«Stai diventando paranoico, Harrison.»
«No, non sono affatto paranoico» replicò Keith. «Te lo ricordi, vero, cos'è successo?»
«Sì, perfettamente.»
«E siamo d'accordo entrambi sul fatto che ci sia qualcosa di ancora oscuro...»
«Sì, Keith, sono d'accordo, non c'è bisogno che me lo chiedi di nuovo. Solo, se anche gli Young hanno nascosto qualcosa, dubito fortemente che Edward ne sappia qualcosa. Sono passati così tanti anni, in fondo... Ma soprattutto, se anche Edward avesse scoperto qualcosa di importante, cosa ti fa pensare che ne abbia parlato con Selena... e che Selena abbia pensato che insabbiare tutto sia una buona cosa?»
«Non conosco bene Selena» ribatté Keith, «Ma c'è una cosa, di lei, che so per certo: è figlia di Alexandra Bernard... e di solito le mele marce non cadono tanto lontano dall'albero.»
«Alexandra Bernard non è una mela marcia, è sempre stata soltanto una donna dal comportamento abbastanza anormale in campo sentimentale» replicò Oliver. «È ovvio che non abbia mai complottato contro nessuno e che si sia ritrovata soltanto vittima delle circostanze, in certi momenti. Voleva Patrick come toyboy, questo sì, ma mi sembra abbastanza scortese definirla come una mela marcia.»
«Io ho poca fiducia nei suoi confronti.»
«Anch'io.»
«Allora vedi che siamo d'accordo anche su questo?»
«No, non siamo affatto d'accordo, perché io distinguo la madre dalla figlia, mentre tu fai di tutta l'erba un fascio. Sono io quello che conosce Selena, non tu. Non puoi pretendere di giudicarla. Tutto quello che ha cercato di fare in tutti questi anni è stato vivere una vita normale.»
«Crescendo il figlio di sua madre.»
«Si chiama adozione. È un concetto così oscuro, secondo i tuoi standard?»
«Mi pare ovvio che non abbia adottato legalmente quel bambino.»
«La signora Alexandra l'ha condizionata molto pesantemente.»
«Allora lo vedi? Stiamo parlando di una mela marcia, non ci sono molti dubbi.»
«Va bene, Alexandra Bernard ha degli scheletri nell'armadio e anche parecchi» si arrese Oliver, «Ma questo armadio pieno di scheletri non c'entra un fico secco con la Diamond Formula. Vogliamo fare luce su quello che è successo a te e a Herrmann oppure dobbiamo preoccuparci di quello che ha fatto la signora Alexandra nella sua vita privata? Non mi sembra che quest'ultimo aspetto ci riguardi in qualche modo.»
«Se lo dici tu.»
«Ovvio, Keith. Se ho raccontato a Selena che sapevo tutto è stato solo perché sentivo che aveva bisogno di parlare con qualcuno dei suoi segreti.»
«E ti ha chiesto come facevi a sapere?»
«Il mio intuito si è preso dei meriti che non ha.»
«Insomma, non le hai detto chi sei veramente.»
Oliver rise.
«Ma dai, se anche avessi formulato quel pensiero, così mi sarei giocato ogni possibilità di avere un futuro con lei. Ti rendi conto che a noi che stiamo di là una storia del genere sembrerebbe assurda? Io stesso faccio fatica a credere a quel fatto. Fintanto che sono qui, in questa dimensione, riesco a capacitarmene, ma quando torno di là non sono per niente sicuro di esserne consapevole. E, se lo sono, mi dico "smettila di sognare di essere il tuo idolo e torna con i piedi per terra".»
«Non ti succede niente, quando sei di là, che ti porti a pensare che questa "storia", come la chiami tu, non sia del tutto una fantasia?»
Oliver sospirò, poi si sedette a terra.
«Ne succedono eccome, di cose. Prima di tutto, perché avrei dovuto sapere che Edward, a suo tempo, aveva promesso a Patrick che non avrebbe mai accettato un ingaggio da parte della Dynasty? Perché, a suo tempo, ce l'avevo con lui perché non aveva tenuto fede al proprio impegno? Sarebbe del tutto inspiegabile. Roberts mi ha accusato di essere un fanboy incallito di Herrmann e questo spiegherebbe perché non mi è andata giù la sua decisione di passare al team degli Young... ma come avrei potuto essere al corrente di che cosa Patrick gli avesse chiesto?»
Keith si accomodò alla sua sinistra.
«Lo vedi, quindi, che anche l'Oliver Fischer che si muove nella dimensione della realtà dei vivi ha in mano gli elementi sufficienti per fare due più due?»
«Non essere ridicolo» ribatté Oliver. «Magari ci sono stati momenti in cui ci ha pensato, ma è abbastanza scontato finire per darsi una spiegazione più logica, in quelle circostanze.»
«Una spiegazione di che tipo?»
«Potrebbe pensare che sia proprio Roberts ad avere accennato a quella promessa, in qualche momento, oppure di avere sentito una voce in proposito e di non ricordarsi dove o quando. Di certo non penserebbe di possedere effettivamente i veri ricordi di Patrick Herrmann.»
«Io non lo chiamo proprio possedere i suoi ricordi...»
«Va bene, non c'è bisogno di approfondire questo fatto.»
«Invece secondo me ci sarebbe bisogno. Un giorno dovrai accettarlo. Vi ho visti, tu e quel ragazzino, su questa spiaggia. Cercavi di inseguirlo, di convincerlo a riprendersi la sua vita.»
«Tutto ciò è assurdo.»
«Lo dici perché ti hanno messo in testa l'idea che tu fossi davvero quel ragazzino.»
Oliver annuì.
«Me l'hai già spiegato più di una volta. Il vero Oliver Fischer ormai riposa in pace, nel vero senso della parola: non ha nemmeno bisogno di entrare nei sogni altrui e può godersi la serenità dell'altra dimensione. Ma allora, se lui è morto e io sono vivo, perché vivo nel suo corpo?»
«Probabilmente non eri pronto per andartene, ma il tuo corpo originale non poteva permetterti di sopravvivere. Non lo so, questo non te lo so spiegare. So solo che ne sono certo, tu non sei Oliver Fischer, sei Patrick Herrmann. Quando mi sei davanti, non vedo Oliver, vedo Patrick.»
Oliver si prese la testa tra le mani.
«Che cosa?!»
«Nello specifico, le vostre immagini si sovrappongono.»
«Tutto ciò è orribile!»
«Non così orribile. Non fraintendermi, sono convinto che il fascino di Patrick Herrmann fosse molto sopravvalutato, ma tutto sommato nella tua vita precedente eri un bell'uomo.»
«Keith, cazzo, non scherzare su queste cose!»
«Non sto scherzando. Perché credi che cadessero tutte ai tuoi piedi? Tante altre qualità, a parte l'aspetto fisico, non mi risulta che ne avessi.»
«Non sto parlando del suo aspetto, sto parlando del fatto che, a quanto pare, vedi lui in me.» Oliver si mise le mani tra i capelli. «È terribile. Ho vissuto per quindici anni la rispettabile vita di Oliver Fischer e questo non è bastato a cancellare il passato? Che altro devo fare?»
«Non penso ci sia qualcosa che devi fare» obiettò Keith. «Non capisco perché tu sia così disturbato dalla prospettiva di essere stato un altro in una vita precedente.»
«È facile per te pensarla così» replicò Oliver. «Non sei tu quello che sta vivendo una vita normale, che però non è la sua.»
«La vita di Oliver Fischer è diventata la tua. Se tu non avessi cercato così morbosamente la verità su Patrick Herrmann, probabilmente non avresti mai scoperto di essere lui.»
«Non l'avrei mai scoperto nemmeno se tu non mi avessi convocato al tuo cospetto in questi "sogni" assurdi» puntualizzò Oliver. «Perché l'hai fatto? Non potevi badare ai fatti tuoi come hai fatto per quasi quindici anni? Stavo così bene quando non avevo a che fare con te...»
«Dal primo momento in cui hai deciso di scoprire cosa ti fosse successo nella tua vita precedente» rispose Keith, «Mi è stato chiaro che avevi bisogno d'aiuto e non potevi cavartela da solo.»
«Invece me la cavo benissimo. Tu sei morto, in fondo, non puoi fare niente per aiutarmi concretamente. Tutto ciò che fai è lamentarti delle mie azioni e contestare le mie impressioni sulle persone.»
Keith ridacchiò.
«Beh, nella tua vita precedente eri una testa di cazzo, non puoi pretendere che tutto quello che fai adesso abbia senso. In ogni caso, se non mi fossi messo in contatto con te, tu non sapresti che sei stato Patrick Herrmann in passato e...»
Oliver lo interruppe: «E vivrei benissimo lo stesso.»
Keith precisò: «Avendo dentro di te i ricordi di Patrick ed essendone consapevole puoi arrivare più facilmente alla verità.»
«Patrick Herrmann non ha mai saputo che cosa gli fosse accaduto davvero, quindi non penso possa essermi tanto utile.»
«E, va beh, magari c'è altro della vita di Herrmann che può venirti in aiuto, anche in altre circostanze» azzardò Keith. «Per caso ti ricordi di avere nascosto dei soldi o degli oggetti preziosi da qualche parte, nella tua vita precedente? Magari potresti migliorare lo status economico di Oliver Fischer.»
«Patrick Herrmann non nascondeva soldi in giro» ribatté Oliver. «Non nascondeva oggetti preziosi in generale. A parte, forse...» Rise. «Beh, sì, qualcosa di prezioso, a un certo punto, l'ha nascosto, ma solo perché sperava di eludere la signora Alexandra.»
«Di cosa si tratta?»
«Di un anello di fidanzamento.»
«Per Alexandra Bernard?»
«No, idiota, per Selena!»
«E dove l'avrebbe nascosto?»
«Nella sua cantina, insomma, la cantina dell'appartamento dove abito ora. C'era un mattone che si spostava nel muro e gliel'ha messo dietro, trovandosi in difficoltà, dato che Alexandra l'aveva inseguito là dentro, se ben ricordo, proprio quando era tornato a casa con l'anello.»
«Qualcuno potrebbe averlo trovato?»
«Non saprei, magari gli inquilini che hanno abitato là in questi anni. Però non credo avessero dei motivi per mettersi a controllare se i mattoni del muro della cantina si spostassero, quindi magari l'anello è ancora là.»
«Potresti approfittarne.»
«Stai dicendo che dovrei regalarlo io a Selena?! Tutto ciò è assurdo.»
«Ti sto dicendo che potresti recuperarlo e venderlo.»
«Perché dovrei?»
«Per soldi, prima di tutto. Poi, magari, inizieresti anche a sentirti un po' più vicino a Patrick.»
«Mi sento già abbastanza vicino a lui, anche più del dovuto.»
Keith gli spiegò, con calma: «Quando io me ne vado e ti ritrovi di nuovo nel mondo dei vivi, sei convinto che la tua vicinanza con Herrmann dipenda dall'essere un suo fanboy sfegatato. Non accetti l'idea di essere lui. Magari, se tu cercassi di non rimuovere la faccenda dell'anello una volta in cui torni in quella dimensione, potresti scoprire che c'è ancora, venderlo... e allora, forse inizieresti davvero a comprendere chi sei. Dopotutto perché un fanboy di Herrmann dovrebbe essere al corrente dell'esistenza di un anello che Herrmann voleva regalare alla sua fidanzata?»
Oliver precisò: «Non posso controllare, quando sono qui, le azioni che svolgo nella vita reale.»
«Il tuo problema è solo che non lo accetti» insisté Keith. «Cerca di entrare nell'idea che oltre a Fischer c'è di più. Considerala una prova. Quello che vuoi, riesci a ricordarlo. Sei tu l'ostacolo a quello che non vuoi. Non penso sia così terribile, per te, accettare di essere una sorta di reincarnazione di Patrick Herrmann.»
«Patrick Herrmann era uno stronzo! Il mio idolo, questo sì, ma pur sempre uno stronzo.»
«Sì, Herrmann, eri uno stronzo.»
Oliver abbassò lo sguardo. Era la prima volta che Keith si rivolgeva a lui chiamandolo con il suo altro nome.
L'altro, nel frattempo, riprese: «Eri uno stronzo, ma non eri un criminale. Vivere la tua nuova vita da ragazzo modello non servirà a cancellare il passato. Io e te siamo morti perché qualcuno l'ha voluto, o meglio, perché qualcuno ha voluto che tu morissi. Gigi Di Francesco senz'altro, ma non è stato il solo. Scopri chi ha causato la nostra morte, me lo devi e lo devi a te stesso.»
 
******
 
Erano passate ormai alcune ore da quando Oliver si era svegliato dopo l'ennesimo sogno bizzarro nel quale si trovava insieme a Keith Harrison su una spiaggia all'ora del tramonto. La differenza principale rispetto alle altre occasioni stava nel fatto che stavolta non solo ricordava alla perfezione tutto, ma era anche poco convinto che si trattasse di un'assurdità. Per quanto essere una sorta di reincarnazione di Patrick Herrmann fosse un concetto a lui estraneo, avrebbe potuto in qualche modo spiegare dettagli altrimenti inspiegabili della sua esistenza.
Era stato tentato, quella mattina, di andare per prima cosa a verificare se il mattone non fissato alla parete di cui aveva parlato con Harrison in sogno - un probabile ricordo di Herrmann - corrispondesse all'effettiva verità, ma aveva rimandato fino a quel momento. Non se l'era sentita: se ciò che aveva riferito a Keith fosse esistito davvero, avrebbe avuto la conferma che anche tutto il resto poteva essere vero.
Aveva rimandato, ma non voleva rimandare più. Uscì, quindi, e iniziò a scendere le scale: se il portiere avesse sentito l'ascensore, si sarebbe sicuramente diretto nell'atrio per controllare chi stesse passando. Andò giù nella maniera più silenziosa possibile, sperando di eludere la sorveglianza di quell'impiccione. Ebbe fortuna: giunto nell'atrio si diresse in gran fretta verso il corridoio delle cantine, per non vanificare i propri sforzi.
La sua era l'ultima in fondo. Gli cadde la chiave e trattenne a stento un'imprecazione. La raccolse e aprì la porta in fretta, con il cuore che gli rimbalzava nel petto.
Era pronto. Avrebbe cercato l'anello di Patrick. Se l'avesse trovato, avrebbe senz'altro finito per immaginarlo al dito di Selena, ma sarebbe stato ridicolo. Oliver non era Patrick Herrmann, qualunque fosse la verità.
Scacciò quel pensiero e iniziò la ricerca, disturbato da un ricordo fin troppo vivido.
Patrick entrava nell'atrio. Sentiva due voci in lontananza: una era quella del portiere, l'altra quella di Alexandra.
Infilando una mano nella tasca della giacca si chiedeva come avrebbe reagito Alexandra se l'avesse sorpreso con quell'anello.
Presto avrebbe chiesto a Selena di sposarlo, allora la sua impresaria avrebbe dovuto mettersi il cuore in pace, ma non voleva anticipare i tempi.
«Devo andare, ho da fare, è urgente» si giustificava Alexandra, con il portiere.
Patrick sapeva che presto se la sarebbe trovata di fronte.
Doveva evitarla, eludere la sua sorveglianza morbosa. Era con quel pensiero in testa che si infilava nel corridoio delle cantine, ma sapeva che non sarebbe bastato. Alexandra doveva averlo visto, quindi l'avrebbe seguito anche lì. L'unica alternativa possibile era proseguire, raggiungere la sua cantina, nascondersi là dentro e sperare che quella donna diabolica decidesse di desistere.
Appena entrato all'interno della cantina, Patrick udiva il ticchettio dei tacchi di Alexandra Bernard. Aveva notato un mattone non ben fissato, qualche tempo prima. Qualcuno, in passato, doveva avere utilizzato un incavo del muro per nascondere qualcosa. Poteva fare lo stesso con l'anello che intendeva regalare a Selena.
Pensando che fosse una buona idea, spostava il mattone incriminato e metteva in quell'improbabile "cassaforte" il gioiello acquistato per la fidanzata, all'interno di un piccolo astuccio anonimo che contrastava molto con il valore dell'anello stesso.
Aveva appena sistemato tutto nel momento in cui Alexandra si infilava all'interno della cantina senza prima chiedere il permesso di entrare.
«Patrick, cosa ci fai qui?»
«Niente.»
«Come niente? Ti ho visto entrare qui di soppiatto.»
Scuotendo la testa, Patrick rideva di quell'accusa.
«Alex, questa è la mia cantina. Sono venuto qui a controllare una cosa, tutto qui.»
«Non mentire» insisteva Alexandra. «Tu mi nascondi qualcosa.»
«Ti pare? Sono solo entrato in cantina, perché devi vedere dei misteri dappertutto?»
«Perché fai di tutto per sfuggirmi.» Alexandra si avvicinava a lui. «Lo vuoi capire che io e te siamo fatti per stare insieme?»
«Alex, ti prego...»
«So che hai perso la testa per un'altra, ma tornerai da me, come è sempre successo. Io e te siamo una cosa sola.»
«Non ho mai sentito di essere una cosa sola con nessuna, tu non sei diversa dalle altre.»
«La sciacquetta per cui ti sei preso una cotta sì, invece?»
«Non voglio parlarne, Alex» tagliava corto Patrick, messo alle strette. «Stiamo perdendo tempo per nulla. Devo tornare su.»
«Vengo con te.»
«Io a casa mia e tu a casa tua.»
«No, devo parlarti di lavoro.»
«Le conosco, le tue questioni di lavoro.»
«Se capita l'occasione di un diversivo perché lasciarsela scappare? Tanto so che provi per me la stessa cosa che io provo per te.»
Oliver poteva quasi vederla, Alexandra che seguiva Patrick fuori dalla cantina, diretta verso l'appartamento dell'uomo dal quale era ossessionata.
Patrick non aveva più recuperato l'anello, con il probabile intento di farlo una volta che fosse venuto il momento di chiedere a Selena di diventare sua moglie, progetto stroncato dalla sua stessa morte, avvenuta poco tempo più tardi.
Il mattone non era mai stato sistemato, nel corso di quei quindici anni. Forse gli inquilini che si erano succeduti durante quei tre lustri non si erano mai accorti di nulla.
L'astuccio anonimo c'era ancora. Era sporco e se qualcuno l'avesse trovato non avrebbe certo ipotizzato, fino al momento di aprirlo, che potesse contenere qualcosa di prezioso. C'era anche l'anello, che Oliver fissò con gli occhi spalancati.
Doveva valere un sacco di soldi, l'unico grande dubbio era se potesse considerarlo una sua proprietà. L'aveva comprato Patrick Herrmann e, secondo le logiche di Keith Harrison, lui e Patrick Herrmann erano la stessa persona. Secondo le logiche della vita umana, tuttavia, erano due perfetti sconosciuti che non si erano mai incontrati.
"Questo non importa" decise Oliver.
Nessuno aveva mai cercato quell'anello, nei precedenti quindici anni, pertanto avrebbe potuto disporne nella maniera che riteneva più opportuna. Aveva anche un'idea su come procedere.
Si infilò tutto in tasca e uscì dalla cantina, sperando di potere tornare al quarto piano senza intromissioni. Il viaggio di ritorno fu meno fortunato di quello di andata: non appena uscì dal corridoio e si infilò nell'atrio, si ritrovò faccia a faccia con il portiere.
«Signor Fischer!»
«Buongiorno, tutto a posto?»
«Sì, certo.» Il portiere lo guardò con disapprovazione. «Perché me lo chiede?»
«Cercavo solo di essere gentile.»
«Evidentemente sa che ammiro molto la signora Bernard e cerca di fare bella figura.»
«Come, prego?»
«Crede che abbia gli occhi foderati di prosciutto, signor Fischer?»
«No, ma mi piacerebbe molto se li avesse.»
«Non mi prenda in giro, signor Fischer» replicò il portiere, con freddezza. «Mi sono accorto che sta succedendo qualcosa tra lei e la signora Bernard e non approvo affatto il modo in cui si è infilato nella sua vita senza una ragione.»
«Il fatto che lei non abbia una donna» ribatté Oliver, «Non implica che chiunque sia fatto per il celibato.»
«Non ho mai insinuato che lei sia fatto per il celibato, solo che non è fatto per stare con la signora Bernard.»
«Che cosa glielo fa pensare?»
«È troppo giovane, troppo inconcludente e di estrazione sociale troppo bassa per una donna come lei.»
«Perché non lo dice direttamente alla signora Bernard, invece di parlarne con me?»
«Non si preoccupi, ogni volta in cui la vedo cerco di metterla in guardia.»
Oliver sospirò.
«Avrei dovuto capirlo. Mi sorprende che lei abbia ancora un lavoro, se si comporta così con tutti i condomini.»
«Non mi comporto così con tutti. Mi limito a prendere a cuore i casi delle persone che hanno bisogno del mio aiuto.»
Oliver scosse la testa.
«Mi faccia il piacere! Selena non è un caso umano che ha il disperato bisogno di essere guidata... e anche se fosse, non avrebbe certo bisogno della guida di un portiere impiccione e invadente.»
«Lei mi offende, signor Fischer.»
«Se la verità la infastidisce, non so cosa farci. E ora, mi scusi, ma ho da fare.»
«Deve inventarsi qualche altra diavoleria per sedurre la signora Bernard?»
«No, devo guadagnarmi da vivere.»
«Ovvero lavorare?»
«No, uccidere dietro lauto compenso. Comunque non si preoccupi, non ho bisogno di inventarmi nulla per sedurre Selena. Le piaccio così come sono.»
«Povera donna. Evidentemente non ha mai superato il trauma della perdita del povero signor Herrmann.»
Oliver azzardò: «Patrick Herrmann era di suo gradimento, come partner di Selena?»
«Sì, era una brava persona» rispose il portiere. «Mi salutava sempre con educazione, quando mi vedeva, e...»
Oliver lo interruppe: «Anch'io l'ho salutata e tutto quello che ho ricevuto in cambio è stato l'accusa di averlo fatto per entrare nelle sue grazie. Herrmann doveva proprio essere nato sotto una buona stella, per avere la grazia della sua approvazione.»
Il portiere non colse l'ironia nelle sue parole - o finse di non coglierla.
«Ho sempre ammirato Patrick Herrmann e sono convinto che lui e la signora Selena Bernard sarebbero stati una coppia meravigliosa. La signora Alexandra Bernard, invece, non mi piaceva affatto. Non faceva altro che ronzare intorno al signor Herrmann e pareva evidente che avesse un debole per lui. L'idea che il signor Herrmann le preferisse la signora Bernard - la signorina Selena - la urtava parecchio.»
«Grazie per avermi illuminato sul suo passato, in cui era ovviamente un portiere discreto tanto quanto ora. Mi scusi se adesso sarò io a comportarmi in modo discreto, ma mi deve togliere una curiosità: aveva l'audacia di discutere di fatti privati con la signora Alexandra? Le ha mai detto esplicitamente che non era la donna giusta per Patrick Herrmann? Oppure ha suggerito a Herrmann di fare attenzione alla signora Bernard?»
«Non mi sarei mai permesso di parlare di certi argomenti con la signora Alexandra Bernard. Non l'avrebbe presa bene.»
«Lo immaginavo.» Oliver sorrise. «Adesso che mi ha illuminato, credo di potermene andare. Come le dicevo, diversamente da altri, non mi guadagno da vivere facendo chiacchiere. Devo salutarla, se non si sente offeso dal mio saluto.»
 
******
 
«L'ho fatto, Keith.»
Oliver non specificò cosa, ma l'altro comprese a cosa si riferisse.
«Hai trovato l'anello?»
«Non solo. L'ho anche venduto.»
«Di già?»
«Sì, non volevo lasciarmi scappare l'occasione» gli spiegò Oliver. «Patrick era pazzo. Non hai idea di quanto valesse quell'anello. Non avrò problemi economici per un bel po' di tempo, quindi potrò rimanere ad abitare nell'appartamento di Patrick Herrmann, nonostante l'affitto sia piuttosto caro.»
Keith volle sapere: «Non hai fatto uno dei tuoi soliti casini, per venderlo?»
Oliver alzò gli occhi al cielo.
«Per chi mi hai preso?»
«Per Patrick Herrmann.»
«Ti sarei grato se non me lo ricordassi ogni cinque minuti. E comunque non credo che Patrick vendesse gioielli a ricettatori o che si cacciasse in casini di questo tipo.»
«Come sei riuscito a vendere l'anello?»
«Mi sono ricordato che Emma ha un'amica sposata con un gioielliere. Le ho chiesto di fare da tramite. L'affare è andato in porto nel giro di poche ore.»
«Vedo che Emma è una donna dalle mille risorse.»
«Un po' rompipalle, dal punto di vista professionale, ma sa rendersi utile, quando è necessario.»
«Ora che hai recuperato l'anello e l'hai venduto, ti senti più Patrick Herrmann di prima oppure continui a sentirti Oliver Fischer?»
«Mi sento Oliver Fischer e sono ben felice di sentirmi Oliver Fischer. Comunque, anche quando sono dall'altra parte, mi sento consapevole del mio passato.»
«Dunque abbiamo fatto un passo avanti» concluse Keith. «Mi sembra positivo. Adesso è giunto il momento di guardare oltre.»
«Cosa suggerisci?»
«È arrivato il momento di occuparsi di Kathy Di Francesco.»
«Adesso» puntualizzò Oliver, «Si chiama Kathy Yves.»
«Ha commissionato un lavoro a Selena, giusto?»
«No, l'ha chiamata per dirle che ci ha ripensato e che per il momento non intende proprio farlo fare a nessuno, quel lavoro.»
«Interessante.»
«Io non ci vedo niente di interessante.»
«Sei stato a casa sua» gli ricordò Keith. «Potrebbe averti riconosciuto.»
«Non essere ridicolo» ribatté Oliver. «Non può certo avermi riconosciuto come Patrick Herrmann.»
«Ma infatti non ipotizzavo che abbia riconosciuto Patrick Herrmann» rispose Keith. «Potrebbe averti riconosciuto come il tizio che sta scrivendo un libro su di lui. Mi sembra un'informazione abbastanza risaputa. Inoltre lavori per la televisione. Non mi sembra così assurdo che l'ex moglie di un ex team principal abbia visto la Diamond Formula alla TV, di recente. Magari si è insospettita. Potresti andare a farle visita.»
«A quale titolo?»
«In qualità di giornalista.»
«E poi?»
«Potresti chiederle se vuole dare il proprio contributo alla ricostruzione del passato di Patrick Herrmann.»
Oliver obiettò, con decisione: «Non credo proprio che lo farà.»
«Sarà comunque utile studiare la sua reazione» suggerì Keith. «Non dovresti lasciarti sfuggire una simile occasione.»
«Ci penserò.»
«Non pensarci troppo. Ci sono buone probabilità che quella donna sappia più cose di chiunque altro. Mi risulta che sia impossibile risalire a Di Francesco...»
«A meno che» lo interruppe Oliver, «Non ci pensi tu. È morto sei anni fa.»
«So che è morto, ma non siamo tutti qui come spiriti erranti» replicò Keith. «Ritengo molto probabile che Gigi Di Francesco sia stato destinato alla reincarnazione per dimostrare di essere una persona migliore.»
«Stai dicendo che mi sono reincarnato in Oliver Fischer per...» Oliver si interruppe. «Ero davvero una persona così di merda?»
«Le persone di merda, come le chiami tu, si reincarnano da zero, di solito, per quanto ne so» rispose Keith. «Tu sei finito nel corpo di quel ragazzino per caso, forse per risolvere il mistero della tua morte.»
«Non sono sicuro di sentirmi sollevato. Almeno Gigi Di Francesco potrebbe essersi reincarnato in qualcuno che non ha idea di essere Gigi Di Francesco.»
«Sicuramente è così. Tornando a noi, appurato che non c'è modo di parlare con Di Francesco, non ci resta che puntare alla sua ex moglie. Dopotutto non deve esserti così difficile avvicinarti a lei. In fondo una volta te la portavi a letto.»
«Era Patrick Herrmann a portarsela a letto» puntualizzò Oliver.
Keith obiettò: «Non dovresti essere così fiscale, su questa faccenda.»
«Proverò a non esserlo, così come proverò ad andare dalla signora Yves» si arrese Oliver. «Non posso prometterti risultati concreti, però.»
«Quello che conta non è il risultato finale, sono i tentativi fatti.»
«Riflessione molto da filosofo, stona un po' sentirla da te.»
Keith lo ignorò.
«Non coinvolgere Emma nella faccenda di Kathy Di Francesco.»
«Non vedo perché dovrei coinvolgerla» ammise Oliver. «Se non fosse stato necessario, non avrei chiesto il suo aiuto nemmeno per la vendita dell'anello.»
 
******
 
Ad aprire la porta fu una cameriera sulla trentina, che lo guardò con aria interrogativa, senza dire niente. Oliver comprese quindi che doveva essere lui il primo a parlare e le domandò: «Kathy Yves è in casa?»
«Sì, la signora c'è» confermò la cameriera, «Ma non aspetta nessuno.»
Oliver chiese, di conseguenza: «Può dirle che ho un urgente bisogno di vederla?»
«La signora è impegnata» ribadì la domestica. «Mi ha detto che non aspettava visite, pertanto nessuno ha bisogno di vederla con urgenza.»
Oliver accennò un sorriso.
«Forse, se lei provasse a dire alla signora chi sono, cambierebbe idea.»
«Ne dubito. Le suggerisco di telefonarle e di fissare un appuntamento.»
«La signora Yves è così gentile da rispondere di persona, oppure quell'appuntamento dovrò fissarlo con la sua segretaria?»
«La prego di andarsene» lo supplicò la cameriera. «Non posso perdere tutta la giornata a causa della sua insistenza. La signora...»
Oliver la interruppe: «Sì, la signora non può ricevermi, ma sono sicuro che cambierebbe idea, se le riferisse che mi ha conosciuto come l'assistente di Selena Bernard.»
«Selena Bernard la designer?»
«Esatto.»
«Credevo che la signora avesse deciso di non affidarle più alcun lavoro.»
«Adesso è lei che perde tempo, facendo supposizioni» ribatté Oliver. «Forza, vada a comunicarle che sono qui.»
La cameriera si arrese: «Farò un tentativo, ma non le assicuro niente.»
«Bene. Rimango qui ad aspettare.»
«Tornerò tra pochi minuti, ma non si faccia illusioni: molto probabilmente verrò a dirle di andarsene.»
La ragazza richiuse la porta, invece di farlo entrare e di farlo accomodare da qualche parte. La signora Yves doveva averla addestrata bene, il che era un vero peccato: a Oliver non sarebbe affatto dispiaciuto guardarsi un po' intorno, dentro casa Yves.
La domenstica tornò poco più tardi e, dopo avere aperto, gli disse proprio ciò che voleva sentirsi dire: «La signora la sta aspettando.»
Oliver entrò in casa la seguì, venendo accompagnato nello studio di Kathy Yves. L'ex moglie di Gigi Di Francesco era seduta alla propria scrivania e alzò a malapena lo sguardo.
«Ci lasci sola, Marianne» ordinò alla cameriera.
Quest'ultima se ne andò senza aggiungere una parola, chiudendo la porta della stanza alle proprie spalle.
Finalmente Kathy Yves alzò gli occhi.
«Dunque lei è l'assistente di Selena Bernard?»
Oliver sorrise.
«Più o meno.»
Kathy gli indicò una sedia di fronte alla scrivania.
«Si accomodi.»
Oliver fece ciò che gli veniva chiesto.
«Forse si chiederà cosa ci faccio qui.»
«Esatto, mi chiedo che cosa ci fa qui... e le converrà trovare una buona spiegazione, se non vuole che la faccia cacciare a calci nel fondoschiena.»
Oliver ridacchiò.
«Suvvia, signora Yves, le sue minacce non sono credibili. Non credo che la signorina Marianne riservi questo trattamento agli ospiti indesiderati.»
Kathy replicò, gelida: «La signorina Marianne non è l'unica persona alle mie dipendenze.»
«A questo, lo ammetto, non ci avevo pensato. Comunque le assicuro che non avrà alcuna ragione per farmi buttare fuori a calci.»
«Me lo auguro per lei. Cosa vuole? Mi sembrava di essere stata chiara con la signora Bernard, ho deciso di rimandare certi lavori, pertanto non mi servirò né di lei né di qualche suo concorrente. Se vuole rassicurarla, non ho affidato l'incarico che le avevo promesso al signor Vincent, il suo ex datore di lavoro, nonostante lo conosca personalmente.»
Era arrivato il momento di scoprire le carte e di svelarsi.
«Non sono qui per il lavoro che aveva sostenuto di voler commissionare a Selena Bernard» le confessò Oliver. «Se devo essere sincero, non sono nemmeno il suo assistente. Mi trovavo con lei, quel giorno. Ho insistito per accompagnarla e abbiamo inventato la scusa dell'assistente.»
«Invece» dedusse Kathy, «È semplicemente un amico o il fidanzato.»
«Qualcosa del genere.»
«Il che rende tutto ancora più strano» osservò Kathy. «Se è un amico o il fidanzato della signora Bernard, non ha ragione per precipitarsi a casa mia e insistere con la mia cameriera per farsi ricevere.»
«Invece ho tante buone ragioni. Mi chiamo Oliver Fischer, il mio nome le dice niente?»
«Ho sentito un nome simile da qualche parte, ma non ricordo dove.»
«Probabilmente alla televisione. Sono un giornalista e lavoro per la rete di...»
Kathy lo interruppe: «Non mi interessa per quale rete lavora. Non ho avuto l'onore di vederla presentare un telegiornale.»
«Non presento il telegiornale.»
«Se avessi un minimo interesse per il suo lavoro, le chiederei di cosa si occupa. Tuttavia l'unico mio interesse è la sua presenza non autorizzata a casa mia. Glielo chiedo di nuovo e la prego di rispondermi: cosa ci fa qui?»
Oliver puntualizzò: «La mia presenza è stata autorizzata da lei in persona. Le ricordo che la signorina Marianne mi ha accompagnato qui nel suo studio e l'ha fatto su sua richiesta.»
Kathy gli scoccò un'occhiata di fuoco.
«Cosa. Vuole. Da. Me?»
Oliver fece un sospiro.
«Bene, come desidera. Non la costringerò a schioccare le dita e a chiamare i suoi bodyguard per sbattermi fuori. È il mio lavoro la ragione per cui sono qui. Sono un inviato al seguito del mondiale di Formula Diamond.»
«Il mio interesse per le corse automobilistiche oscilla tra il nullo e l'inesistente» lo informò Kathy. «Anche qualora il suo ruolo giustificasse la sua intromissione a casa mia, non credo proprio di avere niente da dirle.»
«Un tempo, però, era sposata con un team principal» osservò Oliver. «Deve probabilmente al signor Di Francesco la sua fortuna e la possibilità di abitare in questa casa... che immagino non sia l'unica casa di sua proprietà.»
«Mi sta accusando di essere una mantenuta, per caso? Per quel poco che conosco il suo ambiente, un commento sessista potrebbe costarle molto caro.»
«Non ho fatto commenti sessisti. Ho solo osservato che la principale ragione della sua ricchezza è avere sposato un uomo molto ricco. Non penso questo di qualsiasi donna. La signora Alexandra Bernard, per esempio, che immagino abbia conosciuto, in passato, non diventò ricca per matrimonio.»
«Va bene, non mi faccia perdere tempo» replicò Kathy. «Sono stata sposata con Gigi Di Francesco, che aveva molti soldi e che ha contribuito alla mia fortuna. È forse un crimine non essere stata fin dalla nascita abbiente come la signora Alexandra Bernard, oppure come sua figlia, la designer Selena Bernard?»
Udendola pronunciare i nomi di Alexandra e di Selena, Oliver osservò: «Vedo che iniziamo a capirci, signora Yves.»
Kathy non fu d'accordo con la sua considerazione.
«A me, invece, non sembra affatto di capirla, e la assicuro che non la capiranno nemmeno i miei "bodyguard", se dovessi chiedere il loro intervento. Se vuole tornarsene a casa con tutte le ossa intatte, la prego di venire al dunque.»
«Va bene, non le farò perdere altro tempo» le concesse Oliver. «Ho un grande interesse per la Diamond Formula di inizio millennio. Sto scrivendo un libro in proposito e sto cercando di ottenere informazioni da parte di chi ha conosciuto i personaggi di cui intendo narrare la storia.»
«Quindi intende scrivere di mio marito?»
«In piccola parte. Il mio principale oggetto d'interesse è il pilota Patrick Herrmann.»
«Gareggiò per il team gestito da mio marito. Non fu facile per il povero Gigi lavorare con lui.»
«Già, Herrmann era convinto che la Whisper si fosse macchiata di negligenze che avevano condotto Emiliano Diaz alla morte. Immagino che il signor Di Francesco non apprezzasse affatto questo genere di insinuazioni.»
«Ci può scommettere.»
«In più, se non sbaglio, lei ebbe una relazione con Herrmann, ragione per cui suo marito le chiese il divorzio.»
Kathy scosse la testa.
«Non le permetto di infamarmi.»
«Suvvia, signora Yves, la sua relazione con Patrick Herrmann è di dominio pubblico, non è il momento di nascondersi.»
«Sarà anche di dominio pubblico» replicò Kathy, con freddezza, «Ma non le permetto di insinuare che sia stata quella la ragione della mia rottura con mio marito. Io e Gigi eravamo già separati, quando ebbi quella famosa relazione - di breve durata e di poche soddisfazioni - con Patrick Herrmann. Non ho molto da dire su di lui, non posso esserle d'aiuto. Inoltre, se permette un consiglio, il precipitarsi a casa della gente fingendo di essere chi non è non è un buon biglietto da visita. Eviti di comportarsi alla stessa maniera con altri potenziali "informatori", altrimenti dubito che riuscirà mai a scrivere il suo libro.»
«Le chiedo ancora scusa per il modo in cui mi sono comportato, ma sapevo che avrei suscitato la sua curiosità, se avessi fatto il nome di Selena Bernard.»
«Solo perché pensavo avesse a che vedere con quell'incarico.»
«A proposito, ha detto di conoscere il signor Vincent, il titolare dello studio per il quale lavorava Selena in passato. Come mai non si è rivolta a lui?»
«Non credo di doverle rendere conto dei miei contatti con i designer.»
«Certo che no, ma è curioso che, tra tante opzioni, abbia scelto proprio Selena Bernard. Ha ammesso lei stessa di sapere chi fosse, poco fa.»
«Non la seguo. La signora Bernard è una designer ammirata e rispettata. È questo che so di lei.»
«Ha accennato al fatto che sia figlia di Alexandra Bernard.»
«E quindi?»
«Quindi, se permette un mio giudizio in proposito, trovo molto strano che, avendo la presunta nececessità di un designer - dico presunta perché, fino a prova contraria, certi lavori di restyling ha deciso di non farli più, per sua stessa ammissione - si sia rivolta proprio a Selena Bernard, la figlia dell'ex impresaria di Patrick Herrmann, nonché ex fidanzata di Patrick Herrmann.»
«Evidentemente Patrick Herrmann conosceva le persone giuste.»
«È una spiegazione interessante, eppure non mi convince.»
«Non ho ragioni particolari per rivolgermi a persone che abbiano conosciuto, a suo tempo, Herrmann. Di conseguenza, siccome di Patrick non mi interessa più nulla, e già da molto tempo, non ho nemmeno intenzione di parlare di lui con un giornalista che vuole scrivere un libro sulla Diamond Formula di inizio millennio. Direi che possiamo salutarci, signor Fischer.»
«Io invece direi di no» insisté Oliver. «Signora, io non so in quali rapporti fosse con il suo ex marito...»
Kathy non lo lasciò finire.
«Non le permetto di fare altre insinuazioni sulla mia vita privata.»
Oliver non si arrese.
«Signora Yves, non ho fatto insinuazioni. Ho anzi ammesso la mia ignoranza in materia.»
«Se ne vada!»
«No, aspetti. La prego di concedermi soltanto un altro minuto. Vedrà che non sto per chiederle nulla che le sia di disturbo.»
Kathy non parve molto soddisfatta da quella prospettiva.
«La avverto, signor Fischer, è a un passo dal farsi sbattere fuori a calci nel culo.»
«E io la avverto che nella mia vita ho preso talmente tanti calci nel culo da non farmi spaventare da questa prospettiva» ribatté Oliver. «Voglio solo sapere qual è la sua idea - professionale, è ovvio - sull'operato del suo ex marito Gigi Di Francesco. Per essere più preciso, mi aspetto che lei possa dirmi qualcosa del tipo: "Patrick Herrmann era un megalomane e, sulla faccenda Diaz, era convinto dell'esistenza di negligenze che, in realtà, esistevano soltanto nella sua testa". Non le sto chiedendo di parlare male del suo ex marito. Non mi importa se ha un'opinione positiva o negativa di lui relativamente alla sfera privata. Le sto chiedendo un parere strettamente motoristico.»
«Le ho già detto di non provare alcun interesse per la Diamond Formula» ribadì Kathy. «Quando stavo con Gigi, la cosa non era molto diversa. L'aspetto più bello delle corse erano gli ospiti vip. Ho avuto modo di incontrare almeno un paio dei miei cantanti preferiti e ho visto da vicino un'attrice che ammiro moltissimo, anche se non sono riuscita né a parlarne né a chiederle una foto. Questo rappresentava per me la Diamond Formula. Non posso darle un parere motoristico, ma solo un parere umano: nonostante il mio matrimonio con Gigi sia naufragato, l'ho sempre ritenuto una persona a modo. Non sono sicura di potere dire lo stesso di Patrick Herrmann. Non posso dirle per certo che nella squadra nessuno sbagliò, con Diaz. Non mi stupirebbe se Gigi fosse stato al corrente di responsabilità di un numero ristretto di meccanici o di un singolo, ma avesse cercato di proteggere il loro operato. I meccanici della Diamond Formula sono umani. Fanno una vita massacrante, per mesi in giro per il mondo e lontani dalle loro famiglie, rimanendo sempre nell'ombra e non venendo mai considerati da nessuno, al di fuori del team. Purtroppo, a seconda del mestiere che facciamo, un errore può essere più o meno grave e ci sono più o meno possibilità di rimedio. Gigi non ha mai buttato fango su nessuno. È chiaro che era tormentato da quello che era accaduto a Diaz, ma non era da lui puntare il dito contro qualcuno. Patrick Herrmann, invece, con quella storia era entrato in fissa. Voleva un responsabile a tutti i costi, anche se si fosse trattato di rovinare la vita a uno dei meccanici che, quando vinceva, portava su un piedistallo, salvo poi dimenticarsene dopo cinque minuti, sminuendo il ruolo della scuderia nel suo successo. Non ho dubbi che Herrmann fosse più attratto dalla possibilità di rovinare la reputazione alla squadra, con cui ormai era in rotta, piuttosto che di vendicare in qualche modo la morte del suo ex compagno di squadra. Può scrivere questo, se vuole, nel suo libro: che Patrick Herrmann è sempre stato un menefreghista egocentrico e non faceva niente per niente. Era capace di rovinare la vita di chiunque gli stesse intorno e l'unica ragione per cui sono caduta tra le sue braccia era il mio terribile stato d'animo a seguito della separazione da mio marito. E ora, se non le dispiace, chiamo Marianne per accompagnarla alla porta.»
Oliver annuì.
«Va bene, adesso sono davvero pronto per andarmene. La ringrazio per avere accettato, a suo modo, di parlare con me, e per avermi concesso il lusso di essere scortato fuori dalla sua cameriera e non dai suoi presunti bodyguard.»
 
******
 
Kathy aprì il primo cassetto della scrivania, scostò un paio di agende e ne prese fuori una di cui faceva utilizzo di rado, quella dedicata ai numeri per le situazioni di emergenza. Trovò quello che le interessava, alzò il ricevitore e compose le cifre in sequenza, sperando di riuscire a in contatto con la persona che necessitava di sentire.
Fu fortunata: la persona con la quale doveva parlare rispose appena al quarto squillo. Non avendo tempo per i convenevoli, andò dritta al punto: «Sono Kathy Di Francesco. Ho appena ricevuto una visita da parte del giornalista Oliver Fischer. Lo conosci, Veronica?»
«Lo conosco» rispose la Young. «Solo, non capisco cosa volesse da te e soprattutto che cosa voglia tu da me.»
«Mi ha fatto un sacco di domande su Gigi e su Patrick Herrmann» chiarì Kathy. «Si è accontentato delle risposte che gli ho dato, ma la sua invadenza non mi è piaciuta affatto. Voglio che sistemi le cose.»
Veronica obiettò: «Non c'è molto che io possa fare. Eri tu la moglie di Gigi Di Francesco, no? È logico che si rivolga a te, se vuole ricostruire qualcosa che lo riguarda»
«Ricordati di quello che hai fatto, Veronica. Trova un modo per convincere quel giornalista del cazzo a badare ai fatti suoi, perché altrimenti è un casino per tutti. E indovina chi sarà la prima ad affondare?»
Veronica sbuffò talmente forte da essere udibile attraverso il telefono.
«Stai tranquilla, Kathy, con Oliver Fischer ci parlo io. Tu, nel frattempo, non preoccuparti: sei in una botte di ferro. Tu non hai mai avuto ruoli né in un team né nell'altro, ti limitavi a chiedere di posare insieme a te a celebrità varie a cui non importava niente delle gare che venivano invitati ad assistere. Sorridevi davanti alle macchine fotografiche e basta. Ero io ad avere la responsabilità di un team. Me la vedo io con Fischer.»
Kathy fece un sospiro di sollievo.
«Meno male. Grazie, Veronica. Se non ci fossi tu, non saprei cosa fare. Per fortuna che, quando ti chiamo, ti dai sempre da fare. D'altronde lo sai bene: o stai dalla mia parte, o trascino nella merda te, tuo marito e la vostra squadra. Dopotutto io cosa facevo? Niente, a parte chiacchierare con personaggi famosi e sorridere. Non ho niente di cui preoccuparmi, l'hai detto tu stessa.»
Riattaccò, senza aspettare una replica da parte di Veronica. Non voleva sentire la sua voce, quello che contava erano i fatti.
 

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Capitolo 10
*** [Edward] ***


Veronica stava controllando l'orologio per l'ennesima volta, quando Kathy Di Francesco entrò. La vide guardarsi intorno, prima di raggiungere lei e Scott al tavolo. Non si stupì, quindi, quando nel sedersi domandò, per prima cosa: «Possiamo stare tranquilli qui?»
Veronica annuì.
«Sì, abbiamo prenotato tutta la sala e nessuno ci disturberà finché non saremo noi a chiedere di potere ordinare da bere.»
Kathy si girò verso Scott.
«Immagino sia tu ad avere pagato il conto.»
Prima che Scott potesse parlare, Veronica chiarì: «Non sono venuta qui per ascoltare battute insulse di questo genere. Non sei qui per parlare delle difficoltà economiche avute dalla mia famiglia, mi auguro.»
«Certo che no» rispose Kathy, «Anche se è un vero peccato che tu sia stata costretta a svendere il team di famiglia.»
Scott intervenne: «Il titolare del team adesso sono io. In qualità di marito di Veronica, appartengo anch'io alla famiglia di Albert Vincent, anche se da poco. Ora, per cortesia, potresti smetterla con queste chiacchiere? Abbiamo prenotato questa sala non per fare conversazione, ma per parlare di lavoro.»
Kathy annuì.
«Sì, certo. Prima di tutto, vorrei chiarire che io sono soltanto il tramite di mio marito. Se ci fosse qualcosa che non vi convince, vi prego quindi di rivolgervi a Gigi. Io non sono responsabile delle sue azioni e delle sue decisioni.»
«Non preoccuparti» ribatté Veronica, «Non è la prima volta che mi capita di incontrare una donna che non occupa una posizione di prestigio. Compatisco quelle come te, ma ciò non mi impedisce di fare affari con i vostri mariti.»
Kathy avvampò.
«Sono felice della mia vita.»
«Sì, immagino, la tua più grande preoccupazione è spendere i soldi con cui tuo marito ha caricato le tue carte di credito.»
«E c'è qualcosa di male?»
«No, ma non c'è niente di male nemmeno nell'essere figlia dell'ex titolare di una scuderia costretto a venderla a causa delle difficoltà economiche.»
«Ragazze, per cortesia, possiamo venire al dunque?» si intromise Scott. «Stare a rinfacciarvi il fatto di vivere vite diverse non servirà a molto. Kathy, puoi riferirci qual è il piano preciso di Di Francesco?»
«Come potrete facilmente intuire» li informò Kathy, «Gigi non è affatto soddisfatto del comportamento di Patrick Herrmann. Le sue accuse nei confronti della Whisper sono di giorno in giorno sempre più infamanti e più debilitanti per l'immagine della squadra. Tutto ciò è ingiusto. Tutti siamo dispiaciuti per quello che è accaduto a Diaz, ma purtroppo il motorsport non potrà mai essere sicuro al cento per cento. Se Herrmann non è più in grado di accettare il rischio, credo farebbe bene ad appendere il casco al chiodo, invece di mostrare finta indignazione per la morte accidentale di un suo collega.»
«Sappiamo benissimo qual è la posizione di Patrick in merito» replicò Veronica. «Mi dispiace smentirti, ma non è affatto incapace di accettare il rischio. Piuttosto è convinto che il semplice fattore rischio non debba essere sempre chiamato in causa. Pensa che Diaz sia morto perché qualcuno ha avuto delle responsabilità e che le responsabilità siano da attribuire a chi ha cercato di scaricare tutte le colpe sul pilota. Secondo Patrick, Emiliano non è morto perché ha commesso un errore, ma è morto perché la squadra ha commesso un errore. Pensa che tuo marito abbia cercato di insabbiare la verità per pararsi il culo, se mi permetti la schiettezza.»
«Tuttavia» ribatté Kathy, «Conosciamo tutti Patrick Herrmann e sappiamo bene quali siano i suoi principi etici.»
Veronica scosse la testa.
«No, non lo sappiamo bene. Non so a che cosa tu ti riferisca. Tu, Scott, hai capito le allusioni della nostra collega Kathy?»
«Invito la nostra "collega" a darci qualche delucidazione» rispose Scott, «Perché nemmeno io ho capito a cosa si riferisca.»
Kathy sbuffò.
«Suvvia, sapete bene quanto me che Patrick Herrmann non è un santo.»
«No, non lo è per niente» ammise Veronica, «Ma questo che rilevanza ha? Bisogna essere santi per pretendere la verità sulla morte di un pilota?»
«Patrick si dimenticherebbe in un secondo di Diaz, se gli venissero offerti i giusti incentivi» obiettò Kathy. «Se qualcuno gli chiedesse se preferirebbe tornare a diventare campione del mondo o avere la verità sulla morte di Emiliano Diaz servita su un piatto d'argento, direbbe di scegliere la seconda opzione. Però mentirebbe. È questo che Gigi intende sfruttare. Vuole solo che Patrick lasci in pace la squadra: ci sono persone serie, che fanno bene il loro lavoro. È ingiusto che paghino in termini di reputazione solo perché Herrmann ha deciso che le cose devono andare così.»
Veronica precisò: «Mi sembra che finora tu abbia parlato di aria fritta. Va bene, probabilmente Patrick preferirebbe un altro campionato, piuttosto che la verità sulla morte di un suo ex collega. Non è bello da dire, ma non lo ritengo improbabile. Tuttavia questo non ha alcuna importanza.»
«Invece ne ha molta» replicò Kathy. «Se è vero che si può fare poco per vincere di proposito, è altrettanto vero che perdere di proposito è molto più facile. Gigi è disposto a questo sacrificio per il bene della squadra. A voi il titolo, a condizione che Patrick si levi dalla testa la storia di Emiliano Diaz una volta per tutte.»
Veronica sussultò.
«Gigi Di Francesco mi sta offrendo il mondiale a condizione che il mio pilota smetta di tirarlo in mezzo per Diaz?»
«Esatto.»
«Tutto ciò è assurdo.»
«Alexandra Bernard non ne è affatto convinta.»
Veronica spalancò gli occhi.
«Patrick è al corrente di questa proposta?!»
«No. C'è bisogno di qualcuno che lo convinca. Alexandra Bernard ce la farà.»
«Tuo marito ne ha già parlato con Alexandra, dunque.»
«Sì, certo. Anche lei è convinta che Patrick Herrmann stia esagerando. Dato che è Alexandra a sponsorizzare sia lui sia tutta la squadra, credo che Patrick non abbia molta scelta... e nemmeno voi, miei cari coniugi Young.»
 
******
 
La giornata degli incontri con i media era terminata, sia per i piloti sia per i team principal, quindi per Edward era finalmente arrivato il momento di indagare su una conversazione, da lui udita accidentamente, avvenuta quella mattina tra i coniugi Young.
In un primo momento non aveva fatto molto caso a ciò che si stavano dicendo, le loro parole gli erano apparse qualcosa di totalmente scollegato alla sua personale realtà.
«Scott, i nostri programmi non possono funzionare. Dobbiamo fare qualcosa di più.»
«Se fossi al posto tuo, non la vedrei così in negativo.»
«Tra quei due c'è qualcosa. Ormai quel giornalista rappresenta davvero un intoppo per noi.»
L'affermazione di Veronica non gli era sembrata molto diversa da tante altre sentite in passato: gli esponenti della stampa e della televisione avevano la pessima abitudine di credere di conoscere il mondo delle corse bene tanto quanto chi vi lavorava all'interno in maniera diretta, non c'era da stupirsi che qualcuno di loro intendesse mettere in cattiva luce un team, una team principal o un team owner. I giornalisti spesso seguivano una linea editoriale imposta dai loro datori di lavoro, specie in presenza di rappresentanti illustri della loro nazione. Nei giorni di gloria della Formula 1, la stampa italiana non avrebbe mai parlato male della Ferrari o bene delle scuderie sue avversarie e la stessa situazione si applicava anche alla Diamond Formula.
Quello che Edward aveva sentito dopo, tuttavia, pronunciato da Scott Young, aveva fatto scattare una molla.
«L'ho sempre detto che la tua idea di cercare un modo per separare Fischer dalla figlia di Alexandra Bernard non aveva molto senso.»
Edward non aveva dimenticato le allusioni fatte da Veronica a proposito di Selena nel corso del weekend del Gran Premio di Roma, ma non ci aveva più pensato. Quelle parole avevano risvegliato in lui i dubbi che aveva messo da parte: perché a Veronica Young avrebbe dovuto importare qualcosa dell'esistenza di una presunta relazione tra Selena e Oliver?
Il suo successivo scambio di battute con Scott non era stato molto illuminante, ma Edward si era reso conto di essere coinvolto in prima persona, a propria insaputa.
«Convincere Edward a insistere con lei non avrà più alcun effetto, ormai. Dobbiamo fare qualcosa in prima persona per separare quei due.»
«Io dico che sei esagerata, Veronica. Va bene, quel tipo rappresenta un pericolo soltanto ipotetico. In più, che stia insieme a Selena o no, non mi sembra abbia molta importanza. Potrebbe comunque trovare un modo per convincerla a parlare. Parlare poi di cosa? Selena aveva vent'anni o poco più ai tempi, non sapeva niente, quindi non c'è niente che possa riferire a un giornalista impiccione.»
«Hai ragione, potrebbero comunque venire a contatto. Dobbiamo fare qualcosa che convinca Selena a non volere più avere niente a che fare con Fischer. Dobbiamo scoprire che cosa infastidirebbe Selena di più al mondo e fare in modo che Fischer commetta un errore imperdonabile.»
Con le parole dei coniugi Young che ancora gli rimbombavano in testa, Edward si mise alla ricerca della team principal ed ebbe la fortuna di trovarla da sola.
Si avvicinò a lei, senza che Veronica se ne accorgesse.
«Possiamo parlare?»
La vide sussultare, prima di girarsi verso di lui.
«Edward, mi hai fatto prendere un colpo.»
«Dobbiamo parlare» insisté Edward. «Mi devi spiegare una cosa.»
Veronica sospirò.
«Il fine settimana non è ancora iniziato. Non cominciare con le polemiche, Roberts. Quando nella conferenza stampa dei team manager ho detto che possiamo giocarcela alla pari con il team Albatros non ho detto né più né meno di quello che mi aspetto. Non posso affermare con certezza che siamo i favoriti, ma...»
Edward la interruppe: «No, Veronica, non hai capito. Non mi interessa niente del team Albatros... o meglio, non mi interessa adesso. Dobbiamo parlare di Oliver Fischer e di Selena.»
«Oliver Fischer? Cos'altro ha fatto quello stronzo?»
«Niente.»
«A parte fare quello che tu non hai fatto in questi ultimi anni.»
«Ovvero?»
«Ovvero provarci con Selena, immagino. Avresti dovuto darti da fare, ma non è detto che sia troppo tardi. Sono certa che prima o poi verrà il tuo momento.»
«È proprio di questo che voglio parlarti.»
Veronica accennò una risata.
«Sei serio, Edward? Sei venuto a confidarti con me dopo esserti accorto che tra Selena e quel giornalista c'è di più di quanto pensassi?»
«No, non voglio confidarmi con te» mise in chiaro Edward. «Voglio chiederti spiegazioni. Che cos'avete in mente tu e Scott?»
Veronica lo guardò con aria innocente.
«Cos'abbiamo in mente io e Scott? Non lo so, non so a cosa ti riferisci.»
«Invece lo sai benissimo. Vi ho sentiti parlarne, stamattina.»
«Hai l'abitudine di origliare i discorsi che faccio con mio marito?»
«Tanto parlate solo di lavoro. Non vi ho mai sentiti discutere di affari privati.»
«Di quelli ne parliamo in altre occasioni.»
«Occasioni che, comunque, non mi interessano. Vi ho sentiti, parlavate del fatto che fosse necessario separare Selena e quel giornalista e che io non potevo più farci niente. A cosa ti riferivi?»
«Mi riferivo al fatto che sembra che Selena stia insieme a quel tizio» gli spiegò Veronica. «Non sono cieca, Edward, mi sono accorta che quella donna ti piace. Ormai ti conosco abbastanza bene.»
«Anch'io ti conosco bene» puntualizzò Edward, «E per quanto mi sforzi di trovare una ragione logica per cui tu debba prendere a cuore la mia vita privata fino a questo punto, non riesco a trovarla. L'altra volta hai insistito tanto perché mi facessi avanti con Selena, adesso per te sembra essere un grande problema il fatto che ci sia del tenero tra Selena e Oliver Fischer, al punto da volere fare in modo che Selena chiuda ogni rapporto con lui. Perché? Di certo non perché vuoi che io abbia una possibilità con la donna che mi piace.»
«Quindi Selena ti piace.»
«Non siamo qui per parlare di questo. Ormai è chiaro che ritieni un pericolo la vicinanza tra Fischer e Selena. Di cos'hai paura? Cosa pensi che Selena possa raccontare a Fischer? Deve essere qualcosa di grosso, se temi che Oliver renda tutto di dominio pubblico. Cosa nascondi?»
«Niente.»
«Non mentire, Veronica. Cosa nascondi? Si tratta di qualcosa che ha a che vedere con Patrick, vero?»
«Non nascondo niente» ribadì Veronica. «Lo conosci Fischer, dopotutto. Sai com'è fatto? Dice o scrive qualunque cosa gli passi per la testa, specie quando si tratta di mettere in cattiva luce qualcuno. Te ne ha dette dietro di tutti i colori, facendoti passare per un vecchio rimbambito non più capace di guidare una monoposto come si deve...»
Edward rispose: «Sì, so com'è fatto Fischer, ma l'ho incontrato, qualche settimana fa a Montecarlo, e gli ho parlato. Abbiamo discusso di Patrick e mi sono accorto che prova un vero interesse per l'automobilismo di quei tempi e per Patrick in particolare. Non so se fosse il suo idolo d'infanzia o cosa, ma sta scrivendo un libro su di lui e...»
Veronica confermò: «So bene quale sia il suo proposito. Nutrirà anche un interesse sincero nei confronti di Patrick Herrmann, ma appunto, si comporta come un fanboy per cui è tutto bianco o tutto nero. Un soggetto del genere non è affidabile, qualunque cosa si metta in testa, per lui corrisponde a verità. Se gli venisse in mente di scrivere che io e Scott siamo responsabili della morte di Herrmann, lo scriverebbe senza troppi complimenti e lo affermerebbe davanti a mezzo mondo. Magari non è la sua intenzione, ma potrebbe sfruttare una disgrazia per farsi pubblicità.»
«Questo potrebbe farlo indipendentemente da Selena.»
«Lo so, ma il fatto che quei due si vedano non mi fa stare tranquilla. Però possiamo cercare una soluzione insieme. Scott non mi ha presa molto sul serio, ma tu, magari, hai la motivazione giusta.»
«La motivazione giusta per cosa?»
«Voglio che tieni d'occhio Fischer, in questo fine settimana, che cerchi di guadagnarti la sua fiducia. Dopotutto sei tu che hai invitato Selena qui a Imola, sei libero di vederla nel tempo libero.»
«Non ho tempo libero.»
«Trovalo. Non è necessario che tu vada a letto alle nove di sera.»
«Di solito vado a letto un po' più tardi delle nove.»
«Sì, alle dieci meno un quarto. Però vale la pena di deprivarti di un'ora o due di sonno. Invita Selena a bere qualcosa e convincila a portare anche Fischer con lei. Poi cerca di mostrarti interessato ai progetti di Fischer, cerca di spingerlo a parlare, anche di me e di Scott.»
«No, aspetta... Mi stai sguinzagliando dietro al ragazzo della mia migliore amica perché sospetti abbia una brutta opinione di te e di tuo marito?»
Veronica fece un sorriso.
«Ricorda, Edward, è per una giusta causa. Dobbiamo levarci di torno quel tipo. Abbiamo tutti da guadagnarci.»
«Posso tenerlo d'occhio, chiedergli il suo parere su certe questioni motoristiche, ma non posso fare di più» le ricordò Edward. «Se hai in mente qualcos'altro, dovrai pensarci da sola.»
«Non preoccuparti» ribatté Veronica. «Sono sempre stata abituata a cavarmela da sola. Lo farò anche stavolta, in un modo o nell'altro, anche se ti sarò sempre grata del tuo aiuto. Siamo una squadra vincente, insieme.»
«Speriamo di esserlo soprattutto in questo finale di stagione» borbottò Edward. «Ti ricordo che avrei altro su cui concentrarmi, invece di impicciarmi nel lavoro di Oliver Fischer.»
«Sei più forte di Christine Strauss» replicò Veronica. «Vincerebbe il titolo solo se al suo posto guidasse Claudia... il che servirebbe a pareggiare i conti, dato che una volta Claudia ha gareggiato al posto suo.»
Edward aggrottò la fronte.
«Aspetta, di cosa parli?»
Veronica alzò le spalle.
«Niente, lascia stare, vecchi pettegolezzi. Sai, Edward, un po' di scheletri nell'armadio ce li abbiamo tutti. Solo, c'è chi bada ai fatti propri, come me, e chi non lo fa, come Oliver Fischer.»
 
******
 
La vettura di Claudia Strauss era abbandonata, ridotta a un rottame, in una via di fuga. L'impatto contro le barriere doveva essere stato piuttosto violento, ma Claudia doveva stare bene, a giudicare dal fatto che aveva già abbandonato quello che rimaneva della monoposto.
Edward scavalcò un muretto, per dirigersi verso la pitlane. Non aveva capito quale fosse stata la dinamica del loro incidente: un attimo prima era affiancato alla sua compagna di squadra, poi le auto si erano agganciate. La gara di entrambi era finita, ma Claudia doveva avere anche centrato il muro, in seguito, quindi si poteva dire che la sua gara fosse terminata anche peggio di quella di Edward.
La vide, in lontananza, mentre correva verso il box. C'era qualcosa di anomalo nel suo modo di muoversi, i suoi passi lievemente diversi da come Edward aveva imparato a conoscerli. Anche Claudia, di per sé, era diversa. La spiegazione più semplice era che non fosse ancora del tutto in sé. Aveva avuto un incidente terribile, nelle prove libere di due giorni prima, e le sue performance ne avevano risentito per tutte le sessioni seguenti. Anche per quella ragione avrebbe tanto desiderato raggiungerla, per accertarsi che fosse davvero tutto a posto.
Non fu possibile: la Strauss era ormai troppo lontana, tanto valeva aspettare, tanto prima o poi avrebbero dovuto rivedersi. Certo, non si aspettava di dovere attendere così tanto tempo: Claudia rimase rintanata nel proprio motorhome per tutto il resto della gara, proprio lei che, quando si ritirava, di solito rimaneva insieme ai meccanici a seguire la gara dei propri compagni di squadra - Edward era fuori dai giochi, ma la terza vettura era ancora in pista, in quel momento, e destinata a rimanervi fino alla bandiera a scacchi, seppure in una posizione di poco spessore.
Quando Edward finalmente la vide, la gara era terminata da pochi minuti. Claudia, piuttosto pallida, era seguita dalla sorella Christine, pilota di Formula 3 che aveva disputato alcuni test con il team Albatros, tra le critiche generali, in quanto veniva ritenuta ancora troppo poco esperta per ottenere una simile opportunità. Edward non era del tutto d'accordo con quei pareri, Christine non si era mai mostrata brillante tanto quanti altri piloti delle serie minori, ma i suoi risultati erano comunque di livello medio-alto. Non doveva essere una futura campionessa, ma era senz'altro migliore di come veniva dipinta.
Per qualche strana ragione la minore delle sorelle Strauss scoccò a Edward un'occhiata di fuoco. Gli venne da pensare che ce l'avesse con lui per l'incidente di cui era stato protagonista insieme a Claudia, ma l'altra, direttamente interessata nel fatto, non sembrava condividere lo stesso stato d'animo.
Edward si avvicinò a Claudia.
«Tutto bene?»
Prima che Claudia potesse rispondere, Christine confermò i suoi sospetti, intervenendo al posto della sorella: «Lasciala in pace, non ti basta il casino che hai fatto?»
«Chris, lascia perdere» la supplicò Claudia. «Lasciaci soli un attimo.»
Christine non era molto convinta.
«Ma...»
«Lasciaci soli» insisté Claudia. «Devo parlare con Roberts.»
Christine annuì e, finalmente, si allontanò in silenzio.
Edward si rivolse quindi a Claudia: «Mi dispiace per quello che è successo.»
Claudia alzò le spalle.
«Non fa niente, l'importante è che stiamo bene entrambi. Anch'io non ho visto che eri così vicino.»
«Ma sono stato io a venirti addosso» obiettò Edward, consapevole della propria responsabilità dopo avere visionato il video dell'incidente. «Mi dispiace, sia per te sia per il team.»
Claudia accennò un lieve sorriso.
«Andrà meglio la prossima volta.»
Anche a Edward venne da sorridere.
«Speriamo.»
«Scusa per come si è comportata mia sorella» aggiunse Claudia. «Era piuttosto indignata, un po' come se l'incidente l'avesse avuto lei. Ha sempre avuto un po' troppa partecipazione emotiva, quando si tratta di me.»
«Devi ritenerti fortunata di avere una sorella pronta a difenderti» ribatté Edward. «Non sono sicuro che sarà sempre così. Prima o poi anche Christine farà il grande salto e allora sarete avversarie dirette.»
Claudia avvampò.
«Oh, dici che...»
«Sì, certo» la interruppe Edward. «Quando arriverà anche lei in Diamond Formula, non ti farà sconti.»
«Non mi riferivo a questo» obiettò Claudia. «So benissimo che mi tratterebbe come tutti gli altri piloti. Solo, mi sembri piuttosto sicuro che Christine debutterà in Diamond Formula, prima o poi. Posso chiederti cosa te lo fa pensare?»
C'era qualcosa di strano nel tono di Claudia, qualcosa che Edward non avrebbe saputo definire, ma che non poteva sfuggirgli. Perché la sua compagna di squadra gli chiedeva spiegazioni dopo una semplice constatazione, per giunta positiva?
Edward affermò: «Christine sta avendo buoni risultati, mi pare. Non vedo perché non dovrebbe avere una chance.»
«Ho capito cosa vuoi dire» replicò Claudia. «Essendo donna e mia sorella va bene per il marketing. Sono questi i "buoni risultati" di cui parli, vero?»
«Veramente no.»
«So cosa si dice, Edward. So cosa si dice di lei e anche di me. C'è chi mi mette in discussione a ogni gara.»
«Tifosi da bar» chiarì Edward. «Chiunque segua la Diamond Formula con serietà conosce i tuoi risultati e i tuoi meriti. Sa che non sei qui soltanto per marketing.»
«Se lo vai a chiedere a Di Francesco del team Whisper, non sono sicura che ti direbbe la stessa cosa» rispose Claudia. «Purtroppo non si tratta solo di tifosi da bar e, se io sono riuscita a cavarmela, non credo accadrà lo stesso a mia sorella. Per questo spero non ci arrivi, in Diamond Formula. Ci sono altri campionati in cui avrebbe più possibilità di essere trattata come merita.»
«Magari la stai sottovalutando» obiettò Edward. «Sono riuscito a seguire alcune gare delle serie in cui ha gareggiato in questi ultimi due anni. Mi sembra che vada forte. Sbaglia un po' troppo spesso, in confronto ai piloti di primissima fascia, ma quando non fa errori non ha niente da invidiare alla maggior parte di loro.»
«Appunto, Christine fa troppi errori» mise in chiaro Claudia. «Io, al posto suo, non...» Si interruppe. «Voglio dire, se fossi stata al posto suo in certe circostanze, sarei riuscita a cavarmela molto meglio. Mi sarei evitata di dovere sentire certe battute sulle donne al volante o sul fatto che, siccome non abbiamo un pene, siamo valide solo per il marketing. Christine, purtroppo, non l'ha fatto, e temo che i suoi risultati possano mettere in cattiva luce anche me. Non sarei più considerata per quella che sono io, sarei anche la sorella di Christine Strauss.»
Edward scosse la testa.
«No, non saresti la sorella di Christine Struass, ma Christine sarebbe considerata come sorella di Claudia Strauss.»
«Può darsi, ma non ne sono certa.»
«Ti ripeto che, secondo me, non devi preoccuparti per tua sorella. Non devi per forza cercare di difenderla. È lei che difende te e oggi l'ha dimostrato.»
Claudia sussultò. Edward aspettò che dicesse qualcosa, ma la sua compagna di squadra rimase in silenzio. Si fece più vicino e la abbracciò.
«Senza quell'incidente, oggi potevamo arrivare entrambi in top-five» borbottò. «Mi dispiace davvero tanto.»
«No, la top-five non era alla nostra portata» replicò Claudia. «In ogni caso, ti ringrazio per il pensiero.»
 
******
 
Era stato tutto molto facile: convincere Selena a vedersi era stato scontato, fare sì che portasse anche Oliver Fischer un po' meno, ma non era stato troppo complicato estendere l'invito anche a lui. Il giornalista, da parte sua, sembrava non vedere l'ora di potere parlare a lingua sciolta di Patrick Herrmann, della Diamond Formula dei suoi tempi e di tutto ciò che poteva collegarsi a quei due argomenti. Doveva essere davvero un fanboy incallito, oppure un nerd del motorsport allo stato più assoluto.
A Edward non sarebbe dispiaciuto sfidarlo a mostrare la sua conoscenza anche relativamente all'automobilismo contemporaneo, ma non era quello il momento più opportuno. Era certo, comunque, che se Fischer avesse continuato a frequentare Selena, prima o poi avrebbe trovato il modo per metterlo alla prova.
Per quanto riguardava le vicende di quindici o vent'anni prima, in ogni caso, era difficile trovare qualcuno che potesse batterlo. Sembrava conoscere a memoria perfino i risultati delle singole corse e le classifiche di fine stagione: non solo i vincitori dei campionati o i secondi e i terzi classificati, ma anche piloti di cui il tifoso medio si era già dimenticato da una buona decina d'anni, se non di più.
In più sembrava ricordare anche dettagli poco conosciuti, che i puristi avrebbero etichettato come puro gossip, ma che a Edward parevano comunque di un certo rilievo. Per esempio, Oliver Fischer era al corrente di un legame di cui non si era quasi mai sentito parlare. L'argomento uscì quando venne menzionata Claudia Strauss.
«Stava insieme a Emiliano Diaz, giusto? O quantomeno, a un certo punto, se non sbaglio erano stati insieme.»
Nell'udire quelle parole, Edward spalancò gli occhi.
«E tu come fai a saperlo?»
Oliver alzò le spalle, con aria indifferente.
«Certe voci girano.»
«Magari giravano ai tempi in cui Emiliano era ancora vivo» obiettò Edward, «Ma non se ne è mai parlato più di tanto. Claudia ha sempre negato.»
Oliver annuì.
«Sì, la Strauss ha sempre negato, ma non mi sorprende che l'abbia fatto. È sempre stata un po' un'osservata speciale, era ovvio che non ci tenesse a far parlare di sé per faccende private.»
«Osservata speciale?» intervenne Selena. «Perché? Mi sembra che sia sempre stata rispettata e considerata all'altezza dei risultati che otteneva.»
«Dopo che l'hai conosciuta tu sicuramente» le spiegò Edward, «Ma prima che iniziasse a dimostrarsi competitiva e a fregarsene di quello che veniva detto su di lei le cose erano diverse. C'era gente che non era pronta per vedere una donna sulla griglia di partenza della Diamond Formula e, in un primo momento, il fatto che non fosse una semplice backmarker rese le cose peggiori. Non era ben vista proprio perché non faceva da tappezzeria... e per giunta non era la prima volta che succedeva, aveva già dovuto affrontare più volte quella situazione ai tempi in cui gareggiava nelle serie minori. In un vecchio campionato, che al giorno d'oggi non esiste più, i team principal delle altre squadre fecero addirittura pressione sugli organizzatori della serie per farla cacciare. Non ci riuscirono, quindi cambiarono strategia. Si susseguirono di continuo delle proteste contro le presunte irregolarità tecniche della squadra per cui Claudia correva e molti addetti ai lavori sparsero la voce che il campionato era pilotato per questioni pubblicitarie. La cosa assurda è che Claudia non era nemmeno tra i contendenti al titolo, seppure avesse ottenuto un paio di vittorie. Una volta, quando eravamo compagni di squadra, mi confidò che, a quel punto della carriera, per poco non maturò la decisione di ritirarsi dalle competizioni.»
«Tutto ciò è assurdo» sbottò Selena. «Claudia è sempre stata competitiva.»
«Appunto» confermò Edward. «Ho già visto più di una volta la tendenza ad accettare molto più di buon grado le ragazze che ottengono pochi risultati di spessore o che stanno nelle retrovie. Servono per "decorare" la griglia e attrarre maggiori quote di pubblico femminile. Il problema sono quelle che vincono, perché non stanno "al loro posto". Purtroppo il problema è che questo pensiero è molto marcato anche nella mente di chi, essendo favorevole alle backmarker, pensa di non essere davvero contro alla presenza di donne nei campionati di automobilismo.»
Oliver si rivolse a Selena: «Edward ti ha sintetizzato perfettamente ciò con cui ha avuto a che fare Claudia Strauss a suo tempo. È ovvio che, se si fosse scoperto che aveva una storia con Emiliano Diaz, se ne sarebbero dette di tutti i colori su di lei, sarebbe stata accusata di fingere per avere maggiore visibilità, insomma, stronzate di questo tipo. È ovvio che non volesse nulla di tutto questo e che Diaz abbia cercato di non metterla in difficoltà. Senza contare che uno dei più grandi detrattori di Claudia Strauss era Gigi Di Francesco.»
Era l'occasione perfetta per spostare l'argomento su qualcosa che a Edward premeva particolarmente, più per costrizione che per scelta.
«A Di Francesco infastidiva che ci fossero donne nel paddock?»
«Dipende che tipo di donne. Le ospiti vip non dovevano fargli né caldo né freddo, le giornaliste nemmeno.»
«Non parlo di ospiti, wag o giornaliste. Mi riferisco alle sorelle Strauss, oppure a Veronica Young. Non mi ricordo di averlo mai sentito criticare la presenza di una team principal donna.»
«Effettivamente Veronica Young ha sempre goduto di un certo rispetto anche da parte sua» ammise Oliver. «La cosa non mi stupisce molto: è la figlia di Albert Vincent, il vecchio titolare della scuderia. Si è sposata con il nuovo titolare... insomma, se sei figlia o moglie di qualcuno ti rispettano un po' di più, perché rispettano tuo padre o tuo marito. E poi immagino che Di Francesco credesse fosse Scott Young a dirigere la scuderia. Non penso abbia mai avuto molti contatti diretti con Veronica.»
Era l'occasione perfetta per abbandonare Gigi Di Francesco al proprio destino, dopotutto era morto da anni e, già al momento della morte, non faceva più parte della Diamond Formula.
«Hai parlato con Veronica?»
«Di cosa?»
«Di Patrick, per il tuo libro.»
Oliver fece una mezza risata.
«Diciamo che ci ho provato.»
«E lei?»
«Veronica Young ha cose più importanti di cui occuparsi che parlare con un giornalista» rispose Oliver. «Diciamo che non mi è sembrata molto simpatica, ma capisco perché abbia deciso di non volerne sapere.»
Selena intervenne: «Per quel poco che l'ho conosciuta, Veronica Young non è molto brava ad attirarsi le simpatie delle persone.»
Edward ricordò: «Si impicciava anche nella tua vita, quando stavi insieme a Patrick.»
«Già» confermò Selena. «Sembrava che non le piacesse il fatto che io e lui stessimo insieme.»
«A Veronica non piace mai nulla» ribatté Edward. «Sono certo che non lo faccia con cattiveria, ma proprio per abitudine.»
«Veronica Young deve avere tante pessime abitudini» concluse Oliver, «E anche noi, temo. Credo sia meglio smetterla di annoiare Selena con questi discorsi.»
 
******
 
Veronica non aveva sentito nessuno dietro di lei, quindi sussultò quando qualcuno la afferrò per un braccio, con poca delicatezza. Poi udì la voce di Gigi Di Francesco.
«Signorina Vincent.»
«Signora Young» lo corresse Veronica, girandosi verso di lui.
Di Francesco le lasciò andare il braccio.
«Vi siete sposati, quindi, tu e Young?»
«Così pare.»
«Dov'è adesso?»
«Non è qua.»
«Lo vedo anch'io. Dimmi dov'è, ho bisogno di parlare con lui e di farlo subito.»
«Mi dispiace, ma mio marito è già partito» gli spiegò Veronica. «Puoi dire a me, se vuoi.»
Di Francesco rise, sprezzante.
«Voglio parlare con tuo marito o con qualcuno che gestisce la vostra squadra.»
«Quindi con me» azzardò Veronica.
«Non dire cazzate» ribatté Di Francesco. «Tu sei brava a sorridere... anzi, neanche questo, dato che non sorridi mai, ma di certo non dirigi una squadra.»
«Sono la team principal della Dynasty» gli ricordò Veronica. «Tu stesso sei un team principal, dovresti avere un'idea di quale sia il mio ruolo.»
«Evidentemente a te e a tuo marito piace fingere che sia così.»
«Non avremmo ragione di fingere.»
«Allora chiariamo un concetto: io non faccio affari con le donne, o quantomeno, non faccio affari con quelle che non hanno capacità.»
«Per questo hai mandato tua moglie a fare da tramite? Per non avere a che fare con me?»
«Ex moglie.»
«Moglie, ex moglie... non mi interessa cosa sia esattamente» precisò Veronica. «Immagino che tu voglia parlare con me della gara di oggi, quindi non credo sia opportuno continuare a perdere tempo.»
«Parlare con te equivale comunque a perdere tempo» ribadì Di Francesco, «Ma siccome ti piace recitare la parte della team manager, vorrà dire che ti lascerò vivere la tua illusione. Cos'è successo a quel coglione di Herrmann? Ha fatto un errore del cazzo, che ha mandato tutto a puttane.»
Veronica annuì.
«Esatto, è successo proprio questo a Herrmann: ha fatto un errore del cazzo.»
«Un errore che non doveva fare.»
«Non prendertela. Ci hai guadagnato tu, alla fine.»
«Abbiamo un accordo. Devo pensare che Herrmann stia facendo di tutto pur di non rispettarlo? Sarebbe disposto perfino a perdere il titolo di proposito?»
Veronica chiarì: «Non ho ordinato io a Herrmann di commettere un errore. Anzi, mi sono anche incazzata parecchio per quello che ha fatto. Si è girato come un pollo, cosa che non mi sarei mai aspettata da un pilota della sua esperienza.»
«Patrick Herrmann sta cercando di fregare tutti e due» sbottò Di Francesco. «Non avresti dovuto permettergli di...»
Veronica lo interruppe: «Non avrei dovuto permettergli di finire in testacoda? Stai facendo polemica sul nulla. Occupati degli errori dei tuoi piloti, che io mi occupo degli errori dei miei.»
Veronica fece per voltargli le spalle, ma Di Francesco la trattenne.
«Non pensare di andartene.»
«Perché non dovrei?»
«Perché io e te non abbiamo ancora finito di parlare.»
Veronica alzò le spalle.
«Per quanto mi riguarda, io ho finito eccome.»
«Sono io e che decido quando abbiamo finito di parlare» puntualizzò Di Francesco. «Avrai anche la pretesa di gestire un team, ma rimani pur sempre una donna. Non credo che tu faccia tutto da sola, prendi sicuramente ordini da tuo marito.»
«Se anche fosse, ti ricordo che mio marito non sei tu» ribatté Veronica, «Quindi di sicuro non prendo ordini da te. Ci vediamo, Gigi, stammi bene.»
«Ci vediamo un cazzo!» replicò Di Francesco. «Metti nella testa di quel coglione di Herrmann che deve attenersi ai patti, altrimenti accadrà qualcosa di brutto a tutti, a te compresa. Posso trascinare tutti nella merda.»
«Purtroppo non posso dire di potere fare altrettanto, in una situazione di normalità» rispose Veronica, calma, «Ma sarò sicuramente in grado di inventarmi qualcosa. In fondo l'hai detto tu, sono una donna, e noi donne dovremmo occuparci di cose melense e strappalacrime... cose tipo il mancato erede di Emiliano Diaz.»
«Il... mancato erede? Non ti seguo.»
«Diaz stava con una ragazza» lo informò Veronica. «Quella ragazza aspettava un bambino, ma l'ha perso poco dopo la sua morte, in circostanze che non ti sto a spiegare. Ne sono certa. Se dovessi raccontare questa vicenda, riaccenderei i riflettori su quella faccenda da cui tu stai facendo di tutto per toglierli.»
«Fantasie.»
«No, non sono fantasie. Quella ragazza era Claudia Strauss.»
Di Francesco spalancò gli occhi.
«Che cosa?!»
«Non fare finta di cadere dalle nuvole» lo invitò Veronica. «Va bene, magari non sapevi della sua gravidanza, ma ti assicuro che era incinta e che ha perso il bambino. È accaduto quando cercava di nascondere la gravidanza, perché temeva che qualcuno potesse scoprire chi fosse il padre.»
«Se Claudia Strauss aveva paura che qualcuno scoprisse la verità» obiettò Di Francesco, «Credo proprio che non ti permetterà di metterla in mezzo.»
«Non è detto che io chieda il suo parere, prima di farlo.»
«Però non hai prove per dimostrare quello che dici, ne sono sicuro.»
«Hai ragione, non ho prove, e non voglio nemmeno danneggiare volontariamente la Strauss.»
Di Francesco rise.
«Solidarietà femminile, che grande cazzata.»
«No, non si tratta di solidarietà femminile» replicò Veronica. «Non mi interessa che Claudia sia una donna, semplicemente non merita di essere trascinata nella nostra merda senza motivo. Il fatto che ci sia chi invece voleva trascinarla nella merda solo perché è donna mi infastidisce, ma da parte mia combatto questi atteggiamenti solo cercando di essere il più possibile equa. Ovviamente potrei convincere Claudia a parlare, senza fare un torto a nessuno.»
«Non vedo come. Se vuole che quel suo segreto rimanga tale...»
«Tutti abbiamo un prezzo. Quello della Strauss potrebbe essere molto alto, ma sono pronta a correre certi rischi. Qualora dovessi chiederle di raccontare quella parte di verità, per far commuovere tutti gli ammiratori di Diaz e per scaricarti addosso tonnellate di sterco, le offrirei una lauta ricompensa.»
«Del tipo?»
«Un volante nella mia scuderia, per esempio.»
Di Francesco riprese a ridere.
«Tu sei fuori di testa. Credi davvero che tuo marito ti permetterebbe di ingaggiare una donna come pilota? Siete una squadra seria.»
«Sì, siamo una squadra seria» ammise Veronica, «Ed è proprio per questo che non possiamo escludere un futuro ingaggio di Claudia Strauss. È ancora molto giovane, ma ha un grande potenziale, che non è ancora riuscita a dimostrare a pieno per l'inferiorità mostrata dal team Albatros in questi ultimi anni.»
«Uno scopatore seriale come Patrick Herrmann se la farebbe dopo cinque minuti.»
«La cosa non mi farebbe né caldo né freddo. Anzi, almeno si leverebbe dalla testa la sua ragazza attuale. Comunque tutto ciò non ti riguarda. Sei ancora convinto di volermi trascinare nella merda? Se vai a raccontare a qualcuno del nostro accordo, metto in azione il piano Strauss.»
«La gente che parla di Diaz non mi spaventa più.»
«Però, quando poi dirò che l'accordo me l'hai proposto tu per fare in modo che almeno Herrmann smettesse di parlarne, sarà come gettare benzina sul fuoco. Hai ragione: non posso infangarti se non sei tu a fare il primo passo, ma posso reagire alle tue azioni. Vuoi trascinarmi nella merda? Va bene, fallo, ma sappi che finirai nella merda insieme a me... e che io ho solo cercato di falsare un mondiale, mentre tu hai la vita di Diaz sulla coscienza.»
Nonostante fino a quel momento si fosse dimostrato sprezzante, la prospettiva di dovere affrontare una potenziale campagna mediatica contro di lui doveva avere colpito nel segno, dato che Di Francesco si fece molto più accomodante.
«Parla con Herrmann, spiegagli bene che cosa deve fare al prossimo evento a Montecarlo.»
«Gliene parlerò» gli assicurò Veronica. «Gli farò notare che, se vuole vincere il mondiale, non deve più commettere errori. Quello che è successo oggi è inaccettabile, non mi aspetterei un errore così stupido nemmeno da un debuttante.»
«Sì, concordo, sembrava un'azione degna di Christine Strauss. Su di lei, immagino, non avrai dubbi. Claudia potrà anche avere del potenziale ed essere un'eccezione alla regola secondo cui le donne non dovrebbero entrare nel paddock se non come giornaliste o come mogli e fidanzate di qualcuno, ma Christine conferma una realtà che un giorno anche tu stessa dovrai accettare. Non preoccuparti per il tuo futuro, comunque: hai sposato l'uomo giusto, un ruolo di facciata te lo assegnerà di sicuro, anche quando avrà capito che presentarti come team manager non dà alla Dynasty un'immagine seria. Se almeno tu fossi brutta e vecchia, potresti sembrare un minimo credibile, ma così finirà che saranno tanti a ridervi dietro. Young dovrebbe essere più realista.»
Veronica non perse tempo a contestare le sue affermazioni. Si limitò a chiedergli: «Hai finito la tua invettiva? Perché, in tal caso, me ne andrei.»
«Non mi oppongo» rispose Di Francesco. «Puoi andare adesso. Lo vedi che, alla fine, hai ceduto e hai preso ordini anche da me?»
«Mi sottovaluti. Avrei potuto andarmene anche senza il tuo permesso.»
«Non saresti andata lontano. Sono io che ho il coltello dalla parte del manico.»
«Non ho paura delle lame. So cosa aspettarmi da loro. Sono i manici a cui bisogna fare attenzione: non ti aspetti che siano taglienti, ma potrebbero nascondere al loro interno una lama ben più pericolosa di quella che credi di avere sotto controllo.»
«Grazie per la tua lezione di filosofia. È proprio di questo che dovreste occuparvi voi donne: filosofia.»
«Non di cucina o di ricamo? Strano, mi aspettavo di sentirti dire questo, visto le tue idee particolarmente progressiste in fatto di emancipazione femminile.»
«Hai un marito ricco» ribatté Di Francesco. «Può sicuramente permettersi di pagare qualcuno che cucini o ricami al posto tuo. Cerca piuttosto di tenertelo stretto, perché senza Scott Young saresti finita.»
«Non preoccuparti per me» lo rassicurò Veronica. «So perché ho sposato Scott e perché Scott ha sposato me. E comunque faresti meglio a occuparti del tuo matrimonio, piuttosto che del mio: se non sbaglio era tua moglie quella che andava a letto con Patrick Herrmann. Ti dirò, per quanto Herrmann sia un individuo occasionalmente irritante e il più delle volte mi piacerebbe sbatterlo contro uno spigolo piuttosto che su un letto, non c'è proprio paragone tra voi due. Non mi stupisce che Kathy se lo sia scopato.»
«Non stavo a guardare. Io stesso mi portavo a letto donne più giovani, più belle e più sexy di Kathy.»
«Buon per te. Immagino fossero anche meno costose. A quelle hai dovuto pagare qualche cena o qualche vacanza, Kathy invece penso dovrai mantenerla a vita.»
 
******
 
Edward bussò alla porta e attese. Poco dopo Veronica lo invitò a entrare, per il loro appuntamento fissato di prima mattina. Si infilò nella stanza, dove trovò la team manager, da sola, ad attenderlo.
Non lo fece sedere, né perse tempo in convenevoli. Venne subito al punto: «Hai parlato con Oliver Fischer?»
Edward annuì.
«Ho parlato con Oliver Fischer.»
«E cos'hai scoperto?»
«Niente.»
«Come niente?!» esclamò Veronica. «Ti avevo chiesto espressamente di...»
Edward non la lasciò finire.
«Mi dispiace, Veronica, ci ho provato, ma non potevo insistere più di tanto. Stavamo parlando proprio di te quando ha voluto cambiare argomento perché, a suo dire, Selena avrebbe potuto annoiarsi. In effetti non aveva tutti i torti.»
«Quindi non ti ha detto» dedusse Veronica, «Cosa pensa di me.»
«Mi ha fatto capire che non gli stai molto simpatica.»
«Sono tante le persone a cui non sto simpatica. Vorrei solo essere certa che non si sia messo in testa cose poco sensate su di me, su mio marito e sulla Dynasty.»
«In caso si sia messo in testa cose strane su di voi e sulla squadra» le assicurò Edward, «Ha fatto sicuramente molta attenzione a non esporsi.»
«Magari potresti provare a chiedere a Selena. Sono certa che, se tu usassi gli elementi giusti, riusciresti a estorcerle qualche informazione.»
«Dubito fortemente che Fischer l'abbia messa al corrente di eventuali sospetti su di te. E poi, vorresti essere più esplicita? Cosa ti spaventa esattamente?»
«Niente» rispose Veronica, con freddezza. «Non mi spaventa niente.»
«Temi che Oliver Fischer voglia scaricare su te e Scott la responsabilità dell'incidente di Patrick, vero?» azzardò Edward. «Non mi sembra che ne abbia intenzione. È letteralmente ossessionato da Patrick Herrmann, che deve essere stato il suo idolo d'infanzia o qualcosa del genere: se pensasse che la colpa della sua morte sia vostra, avrebbe già fatto tanti proclami, non credi?»
Veronica osservò: «Sì, può darsi, ma il fatto che giri intorno a Selena Bernard non mi fa stare tranquilla. Potrebbe non dico plagiarla, ma trascinarla dalla sua parte. La gente conosce Selena, ma soprattutto conosce Alexandra Bernard. Considerano Alexandra un po' come una figura mistica, che ha contribuito a salvare la carriera di Herrmann proprio nel suo momento di maggiore difficoltà. Non oso immaginare cosa potrebbe accadere se Oliver dovesse trovare il modo di coinvolgere Alexandra.»
«Non lo farà.»
«Come puoi saperlo?»
«Ne abbiamo parlato, della signora Alexandra.»
«Ieri sera?»
«No, l'altra volta, quando Selena non c'era. È convinto che la signora Alexandra abbia avuto una pessima influenza su Patrick e mi sono ritrovato a dovere confermare tutto.»
Veronica sospirò.
«In effetti, senza Alexandra Bernard, sarebbe stato tutto molto più semplice.»
«Il problema non è mai stata Selena» convenne Edward, «Il problema è sempre stata lei.»
«Selena? Perché Selena avrebbe dovuto essere un problema?»
«Non approvavi la sua relazione con Patrick, ai tempi, se non sbaglio.»
«Non approvavo nulla di quello che faceva Patrick, quindi probabilmente avrò dato quell'impressione. Ai tempi ero un po' troppo sfacciata. Con l'età sono diventata molto più discreta. Ad ogni modo c'era una ragione per cui non approvavo quella relazione, ma non aveva a che vedere con Selena stessa. Certo, ai tempi aveva molto l'aria della ragazzina, ma non mi sarei preoccupata per questo. Dopotutto aveva vent'anni, era maggiorenne già da un pezzo e la differenza di età tra lei e Patrick non era così esagerata come la dipingevo io ai tempi. C'è più differenza di età tra me e Scott, tanto per fare un esempio.»
«E allora perché disapprovavi la relazione?» volle sapere Edward.
«Per via di Alexandra Bernard, ovviamente» rispose Veronica, senza nascondersi. «Sapevo che quella donna l'avrebbe presa male e, quando Alexandra Bernard prendeva male qualcosa, erano sempre dolori. Quando si trattava di Patrick voleva essere lei a dettare legge. Era una donna terribile. So che ne era follemente innamorata, l'ho sempre saputo, ma era un amore ai limiti dello stalking, destinato a portare solo distruzione.»
 

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Capitolo 11
*** [Selena] ***


Erano soli, finalmente soli, ma Alexandra sapeva di non potere perdere tempo a cercare di convincere Patrick che erano anime gemelle. Era ormai troppo tardi, alla fine aveva dovuto arrendersi, anche se era certa che prima o poi Patrick si sarebbe pentito di essersi innamorato di una ragazza inutile e insulsa come Selena.
«Non spaventarti» lo pregò. «Se sono venuta da te, è per parlare di una questione abbastanza importante.»
Patrick abbassò lo sguardo.
«Conosco le tue questioni importanti.»
«No, davvero, non vale la pena insistere.» Alexandra non aveva l'abitudine di mostrarsi così arrendevole, di solito, e iniziava a chiedersi se il problema fosse stato quello. Essere troppo sicura di sé doveva avere rovinato la sua relazione con Patrick. «Tra pochi giorni il mondiale finirà e...»
Patrick la interruppe: «So che dopo dovremo occuparci della nostra relazione professionale, ma ti prego, appunto, di rimandare tutto a quando il campionato sarà finito.»
«Per favore, Patrick, quello che devo dirti è importante» insisté Alexandra. «Sediamoci. Non possiamo restare tutto il tempo qui davanti alla porta.»
«Sarà una cosa lunga?»
«Ci metteremo il tempo che serve.»
Seduta accanto a lui, pochi istanti più tardi, Alexandra si chiese per un attimo se la decisione che aveva preso fosse sbagliata, ma realizzò che non lo era. Non aveva senso inseguire l'impossibile, né cercare di cambiare la situazione a tutti i costi.
Cercò di non mettere Patrick a disagio, di mostrargli che non intendeva attirarlo nelle solite trappole.
«Cos'è successo a Imola?» gli domandò.
«Mhm...» borbottò Patrick. «Non è successo niente.»
«Non mentire» lo supplicò Alexandra. «Stava andando tutto bene, eppure, da un momento all'altro, sei finito in testacoda, rovinando tutto.»
Patrick annuì.
«Ho perso il posteriore della macchina.»
«Non è da te.»
«Lo so. Infatti penso di essere stato un cretino.»
«Stai mentendo.»
«No, non sto mentendo. È andata così. Mi sento davvero un cretino.»
Alexandra fece un sospiro.
«Non prendermi in giro, Pat. Ti conosco, so che non avresti mai commesso un errore così stupido.»
«A volte anche i migliori sbagliano» ribatté Patrick. «Io non faccio eccezione, sempre ammesso che si possa considerarmi uno dei migliori.»
«Questo puoi raccontarlo a Veronica Vincent» replicò Alexandra, con freddezza.
«Veronica Young. Preferisce farsi chiamare con il cognome del marito.»
Alexandra ignorò quell'aspetto: non le importava.
«Puoi prendere in giro la team principal o il titolare della Dynasty, ma di certo non puoi prendere in giro me. L'hai fatto apposta, vero?»
«No.»
«Patrick, dimmi come stanno le cose. Siamo dalla stessa parte.»
«Lo so che siamo dalla stessa parte, ma non posso raccontarti un'altra verità: ce n'è una sola.»
«Va bene, allora non raccontarmi altre verità» concluse Alexandra. «Ci provo io a raccontarti come sono andate le cose. Mentre io sono riuscita ad accordarmi con i Di Francesco per fare in modo che il mondiale venga assegnato a te - cosa che Veronica Vincent non sarebbe stata certo in grado di fare, senza il mio intervento - tu hai deciso di fare di testa tua, di dimostrarci che non hai bisogno del nostro aiuto. Sei disposto a rischiare di perdere, pur di non accettare l'idea che devi il tuo successo a me.»
«Sei fuori strada, Alex» replicò Patrick. «Lo sai, ti sono immensamente grato per quello che hai fatto per me. Senza il tuo aiuto non sarei mai riuscito a disputare questa stagione, né a lottare per il mondiale. Però il clima che si è venuto a creare dopo il vostro "accordo" mi ha mandato in crisi. Non ho bisogno di questi sotterfugi per dimostrare chi sono e che posso vincere il titolo.»
«Non vincerai mai quel titolo. Keith Harrison cercherà di fare di tutto per impedirtelo, adesso che può.»
«È giusto così.»
«No, Patrick, non è giusto così. Ci sono degli accordi ben precisi tra noi e Gigi Di Francesco. Non possiamo venire meno ai nostri impegni.»
«Io non ho preso impegni» dichiarò Patrick, con fermezza. «Non so per chi mi hai preso, ma una convinzione l'ho sempre avuta: le gare e i mondiali non si comprano e non si vendono.»
«Vincere il titolo per te viene prima di tutto, non hai fatto altro che ripeterlo, in questi ultimi mesi.»
«Vincere il titolo viene prima di tutto, è vero, ma devo essere io a conquistare il titolo. Non voglio che me lo offrano su un piatto d'argento per costringermi a tenere la bocca chiusa.»
«Ormai hai detto tutto quello che dovevi dire» gli ricordò Alexandra. «Cos'altro c'è di cui non si è ancora parlato?»
«Hai ragione, credo di avere detto tutto quello che sapevo o quello che sospettavo» convenne Patrick, «Ma per me non è finita. Hai idea di cosa significhi, per me, la morte di Diaz?»
«So che per te non è stato facile, ma dobbiamo vincere questo mondiale. Quindi, se il tuo problema è solo il "clima", cerca di farti passare la tua crisi interiore e di non fare cazzate anche stavolta. Tra pochi giorni si decide tutto.»
Patrick scosse la testa.
«No, non è vero, non si decide tutto. Si decide un mondiale, mentre rimangono ancora tante cose da decidere. Ti prego, Alex, dì a Di Francesco che non se ne fa più niente. Mi prendo io la responsabilità di tutto con Veronica e Scott Young. Anche loro non erano molto soddisfatti, si sono ritrovati trascinati con la forza in questo casino...»
Alexandra lo interruppe: «Tu sei pazzo. Hai sempre calpestato tutti, fregandone di cosa fosse etico e di cosa non lo fosse, e adesso ti fai tutti questi scrupoli...»
«No, non è vero, non ho mai calpestato nessuno» si difese Patrick. «È vero, molte volte mi sono comportato da stronzo, sia dentro sia fuori dalla pista, ma ho sempre cercato di non spingermi troppo oltre.»
«Non dipingerti come un santo. Non lo sei.»
«Non aspiro a diventarlo né spacciarmi per tale, ma quello che mi stai chiedendo è troppo. Come puoi pretendere di prendere accordi con Gigi Di Francesco? Sai benissimo che cosa penso di lui.»
«E tu sai altrettanto bene che cosa pensa lui di te» puntualizzò Alexandra. «Credi che abbia preso questa decisione a cuore leggero? Sa che vuoi distruggerlo e ha deciso di proporti uno scambio equo, per il bene di tutti.»
«Io non voglio distruggere nessuno» replicò Patrick. «Anzi, sono sicuro che questo fantomatico accordo abbia una logica ben precisa, con cui alla fine Di Francesco intende fregarmi.»
«Non vedere complotti dove non ce ne sono.»
«Voi vi accordate a proposito di chi deve vincere il mondiale e vieni anche a dirmi che non ci sono complotti...»
Alexandra sbuffò.
«Per favore, Pat, non ingigantire le cose. Di Francesco non vuole fare niente contro di te. Gli basta che tu stia zitto. Sa di non potere influenzare in alcun modo il resto della sua carriera. Se avesse voluto, avrebbe fatto in modo che Veronica e Scott Young ti mettessero alla porta.»
«Ti ricordo che potrebbe ancora accadere, dato che per ora non ho un contratto per la prossima stagione.»
«Presto l'avrai.»
«Forse, ma non parliamone adesso, ti prego. Te l'ho già detto, prima voglio che questo mondiale finisca.»
«A proposito della fine di questo mondiale, quello che dovevo dirti te l'ho già detto» mise in chiaro Alexandra. «Puoi pensarla come ti pare sul presunto "complotto", ma alla fine farai quello che dico io. Sono stata chiara?»
Patrick si girò a guardarla.
«Che cosa ci guadagno?»
«Non hai bisogno di guadagnarci qualcosa.»
«Sì, invece» replicò Patrick. «Non so se avrò un volante per il prossimo mondiale, non so se sarai ancora la mia impresaria... non so niente. Non ho più molte ragioni per fare quello che dici tu.»
Alexandra rise.
«Pensi che non sappia che sei innamorato di Selena?»
Patrick sussultò.
«Cos'hai detto?»
Alexandra ripeté: «Ho detto che so che sei innamorato di mia figlia. Va bene, lo accetto, anche se avresti potuto scegliere di meglio.»
Patrick obiettò: «Non voglio parlare della mia vita privata con te.»
«Sono pur sempre la madre della tua nuova ragazza» insisté Alexandra. «Non ti conviene metterti contro di me. Sai benissimo che so influenzare le persone. Sono certa che, se pregassi Selena di chiudere con te una volta per tutte, in un primo momento cercherebbe di opporsi, poi, però, si renderebbe conto che ho ragione. Hai tanto scheletri nell'armadio, Patrick, e Selena è una ragazza giovane e innocente. Non sono così sicura che sia disposta a passare sopra a tutto, specie se le raccontassi di quello che c'è stato tra noi.»
«Se non ho capito male» dedusse Patrick, «Mi stai chiedendo di fare quello che mi ordinate tu, Di Francesco e non so chi altro, altrimenti cercherai di mettermi i bastoni tra le ruote con lei.»
«Esatto.»
«Sai una cosa, Alex?»
«Dimmi, ti ascolto.»
«Non riesco a spiegarmi come una ragazza come Selena possa essere tua figlia. Non ti somiglia per niente, per fortuna. Deve essere questa la ragione per cui mi sono innamorato di lei.»
Era un'ammissione, finalmente. In un altro momento Alexandra gli avrebbe sputato addosso tutto il proprio disprezzo, ma sapeva di non poterlo fare.
"È troppo tardi" si ripeté, per convincersene sempre di più.
Era giusto mettere al corrente anche lui della propria rinuncia, perciò lo informò: «Il fatto che tu stia insieme a mia figlia non mi fa piacere, questo l'avrai capito, ma voglio che tu sappia che, se rispetterai i nostri accordi, non farò niente per allontanarti da lei. È vero, c'è stato un momento in cui ho creduto in noi, ma mi sono fatta troppe illusioni. Mi piaceva l'idea di non essere più sola, quindi sono entrata in fissa con te.»
«Mi stai dicendo, quindi, che non ero io che ti interessavo così tanto, ma la possibilità di avere una relazione duratura dopo tanti anni da single?»
«Esatto.»
«Spero che tu possa trovare quello che desideri, Alex. Vorrei però che fosse chiaro che quella relazione duratura che vuoi non potrai averla con me.»
Alexandra annuì.
«Lo so, volevo solo che ci parlassimo chiaro una volta per tutte. Ad ogni modo non preoccuparti: le relazioni stabili spesso sono fonte di problemi. Dopotutto non è così male dovere rendere conto solo a sé stessi della propria vita. Anzi, mi dispiace un po' che tu abbia optato per intraprendere una strada che non ti appartiene.»
«Anch'io ho sempre pensato di non essere fatto per le relazioni serie» precisò Patrick. «Quello che mi sta succedendo adesso, tuttavia, mi ha aperto gli occhi. A volte non sappiamo cosa vogliamo davvero.»
«E ora lo sai, cosa vuoi?»
«Dire che lo so forse è avventato, ma una cosa è certa: voglio scoprirlo. Voglio scoprire se la mia nuova strada è proprio quella che fa per me.»
«Se fossi una madre con la testa sulle spalle, a questo punto dovrei minacciarti di castrarti se tu osassi fare soffrire mia figlia, o qualcosa del genere.»
Patrick capì il messaggio sottinteso e la istigò: «Invece...?»
«Invece ammetto che non me ne frega molto dei sentimenti di Selena» disse Alexandra, con schiettezza. «Ciascuno è responsabile delle proprie azioni. Quando Selena ha deciso di mettersi insieme a te sapeva quello che faceva. Solo, c'è una cosa che devi sapere.»
«Qualcosa che vuoi dirmi per spaventarmi?»
«Non proprio, ma è giusto che tu sappia che a Selena non importa niente del motorsport. Quindi, anche se e quando vincerai il tuo terzo mondiale, tu per lei rimarrai soltanto un uomo come tutti gli altri. Non sta con te perché sei una celebrità o perché sei il suo idolo.»
Patrick ridacchiò.
«Non mi interessa essere il suo idolo, Alex. Anzi, sono ben felice di non esserlo. Non sopporto l'idolatria, lo sai. Voglio essere considerato per quello che sono.»
«Ovvero uno stronzo?»
«Anche. Non ho mai mentito a Selena su chi sono veramente. Sa che ho fatto cose di cui non vado esattamente fiero e che la mia vita sentimentale è stata un casino. Però mi accetta per quello che sono. Per me è tutto quello che conta.»
«Allora sai cosa devi fare, se non vuoi che tutto finisca bruscamente» gli rammentò Alexandra. «Levati dalla testa Emiliano Diaz e non opporti a chi cerca di farti vincere il titolo.»
 
******
 
«Ehi, Selena!»
Una voce, alle sue spalle, la convinse a girarsi. Aveva riconosciuto la persona che aveva parlato e, nonostante la situazione, non provò alcun imbarazzo.
«Ciao Claudia, è un piacere vederti.»
La Strauss ridacchiò.
«Vorrei potere dire la stessa cosa, ma non ne sono del tutto certa. Immagino che tu sia qui al seguito del tuo caro amico Edward Roberts.»
Selena annuì.
«Immagini bene.»
«Guarda che potrei considerarlo un tradimento» scherzò Claudia. «Pensavo tu fossi la nostra tifosa numero uno.»
«Sono certa che tu e tua sorella abbiate dei tifosi molto più affezionati di me, anche se sono destinati a rimanere nell'ombra» ammise Selena. «A parte gli scherzi, Edward è un amico. Mi ha invitata e ho accettato l'invito, ora che posso organizzarmi io come voglio per il mio lavoro.»
«Guarda che stavo scherzando» puntualizzò Claudia. «So che tu e Roberts siete amici e che, di conseguenza, non posso pretendere di averti in esclusiva. Solo, temo che, se tifi segretamente per lui, potresti rimanere molto delusa in termini di risultati. O almeno lo spero.»
Selena rise.
«Va bene, credo sia arrivato il momento di dire le cose come stanno. Non mi interessa chi vincerà, alla fine. Edward è uno dei miei più cari amici, ma non posso negare di essere molto affezionata anche a te e a tua sorella. Siete sempre state così gentili con me, tu soprattutto... A volte mi chiedo come facessi a non considerarmi solo una ragazzina rompiscatole.»
Claudia abbassò lo sguardo.
«Non sei mai stata una ragazzina rompiscatole. Anzi, a volte avrei tanto desiderato essere come te.»
«Sul serio?» si sorprese Selena. «Eppure credo che la tua vita sia stata più movimentata della mia.»
Claudia alzò gli occhi al cielo.
«A volte la felicità sta nelle piccole cose. O in qualcosa di immenso, ma difficile da quantificare perché non c'è più.»
 
******
 
Non accadeva tanto spesso, ma talvolta Claudia era in grado di accogliere la sorella Christine con un radioso sorriso, dopo la fine delle qualifiche. In occasioni veramente speciali, come quel giorno, il sorriso diveniva perenne: non solo Christine aveva ottenuto la pole position per la sprint race, ma aveva messo un gap abissale tra sé e il suo avversario più vicino, Edward Roberts. Certo, la sessione cronometrata non attribuiva punteggio, quindi era poco più di un semplice inizio, ma la situazione stava andando a delinearsi a favore del team Albatros, nonostante prima del fine settimana nessuno, in squadra, avesse la presunzione di potere dominare.
Claudia si era già complimentata con Christine subito dopo il termine della sessione e, di solito, alla fine di una giornata di lavoro, accantonavano per un attimo quello che succedeva in pista, ma in certi casi era doveroso ribadire quanto già detto in precedenza.
«Hai fatto una qualifica mostruosa, Chris, sembrava che avessi un peperoncino piccante infilato su per il culo.»
«Non avevo peperoncini piccati nel culo» la rassicurò Christine, non particolarmente divertita dalla sua battuta. «Diciamo che è andata bene e che, con un po' di fortuna, magari andrà così bene anche domani.»
«Beh, il vantaggio nei confronti di Roberts è innegabile.»
«Sarà anche innegabile, ma era solo una qualifica. Ho fatto un giro perfetto, Edward no. Questo, tuttavia, non significa che non possa fare una gara perfetta domani. Il gap di oggi non significa niente. Sarà comunque accanto a me in griglia e sono certa che ce l'avrò attaccato al retrotreno fino alla bandiera a scacchi.»
«L'importante è che stia dietro.»
«Sì, ma averlo un po' più lontano renderebbe le cose più facili, lo sai anche tu.»
Claudia annuì.
«Sì, sarà dura, sono la prima ad ammetterlo, ma stiamo lavorando bene. In questa stagione stai guidando come...»
Si interruppe, non sapendo esattamente con quali parole completare la frase.
Christine azzardò: «Come te?»
Claudia scosse la testa.
«No, non volevo dire questo.»
«Risparmiati la commedia, è proprio questo che volevi dire» replicò Christine, con freddezza. «Se pensavi che io non fossi in grado, perché hai deciso di ritirarti? Avresti potuto continuare, per dimostrare che tra le due Strauss ce n'è solo una veloce e competitiva.»
«Non ho detto questo» ribadì Claudia. «Ho solo l'impressione che questa sia stata, finora, la tua migliore stagione di sempre. Vorrei che ti confermassi su questo trend.»
«Per vincere il titolo o per non farti fare figure di merda?»
Claudia sbuffò.
«Stai facendo polemica per niente, Chris.»
«No, non sto facendo polemica per niente» ribatté Christine. «Non c'è problema, per me, se mi ritieni inferiore a te o non all'altezza. Vorrei solo che, per una volta, avessi il coraggio di dire quello che pensi. Hai sempre recitato una parte, hai sempre finto di pensare che io e te fossimo allo stesso livello. Non lo siamo mai state, fin dal giorno in cui tutti mi hanno scambiata per te, a parte tu stessa, che avresti saputo riconoscerti lontano un miglio.»
«Ovvio che sapevo di non essere io.»
«Hai capito cosa intendo.»
«Quella è una storia vecchia, Chris» le ricordò Claudia. «Sono passati tanti anni. Forse, al giorno d'oggi, io te e il team principal di allora ci comporteremmo tutti in modo diverso.»
«Oggi racconteresti a tutti cosa successe a causa di quel cappottamento nelle prove libere? Racconteresti che...»
Claudia interruppe Christine.
«Basta, ti prego, smettila. Ti ricordi, vero, quanto tempo è passato?»
«Sì, me lo ricordo, e ricordo il tuo terrore di fronte alla prospettiva che qualcuno scoprisse la verità. Pur di mantenere il riserbo più totale eri disposta a chiedermi di prendere il tuo posto, anche se non ero competitiva abbastanza per essere considerata alla tua altezza.»
«Non sono stata io ad avere l'idea» replicò Claudia. «Sono stata costretta anch'io ad accettare. Sarebbe stato molto meno pericoloso, alla fine, inventare un infortunio e usare quello come scusa per la mia assenza.»
«Tanto qualche simpaticone ti avrebbe comunque chiesto se avevi deciso di non gareggiare perché eri incinta.»
«Avrei detto di no. Tecnicamente sarebbe stata la verità.»
«Perché non l'hai mai raccontato nemmeno dopo?»
Claudia strabuzzò gli occhi.
«Che avevi disputato un gran premio al posto mio? Ti rendi conto che avremmo potuto essere radiate entrambe dalla Diamond Formula e che il team avrebbe potuto subire delle conseguenze?»
«No, non mi riferivo a questo» rispose Christine. «Potresti raccontare della tua gravidanza, ormai. Anzi, potresti addirittura raccontare di averla tenuta nascosta alla squadra, finché ti è stato possibile, e di avere avuto un aborto dopo quel cappottamento. Faresti la parte dell'eroina badass e al giorno d'oggi il pubblico vuole soggetti di questo tipo. Magari potresti addirittura raccontare di non avere avuto dubbi, quando si è trattato di scendere in pista per gareggiare, inventare che i medici volevano fermarti, ma che tu ti sei imposta e hai scelto di scendere in pista lo stesso...»
«Tu sei pazza» replicò Claudia, scuotendo la testa. «Non racconterei mai questa storia solo per rendermi più interessante agli occhi del pubblico.»
Christine la guardò con aria di sfida.
«Dovresti.»
Claudia cercò di non perdere la calma.
«Ho scelto espressamente di non farlo, perché avevo le mie buone ragioni.»
«Cosa pensi che succederebbe, adesso, se qualcuno facesse due più due e sospettasse che quel bambino era figlio di Emiliano?» obiettò Christine. «Ormai Gigi Di Francesco è morto. Era quello stronzo che ti spaventava, no? Era Di Francesco che in effetti sospettava davvero che io avessi preso parte al resto del weekend al tuo posto.»
«Potrebbe averne parlato con qualcuno, prima di morire» puntualizzò Claudia. «Certe vecchie storie è meglio dimenticarle, tanto più che non ci sono ragioni per espormi.»
Christine doveva essere convinta del contrario, dal tono in cui affermò: «Potremmo guadagnarci tutti.»
Claudia le scoccò un'occhiata di fuoco.
«Aspetta... tu vorresti che io raccontassi di quando ho perso il bambino, perché così sembreremmo più interessanti entrambe?!»
«Tu, io, la squadra...» azzardò Christine. «In fondo anche gli altri vanno avanti con questi sotterfugi. Edward Roberts, per far parlare di sé, ha portato con sé Selena Bernard, che due gran premi fa era ospite nel nostro box.»
«Stai mettendo quello che è successo a me sullo stesso piano della presenza di Selena?»
«No, ovvio che non sono fatti da mettere sullo stesso piano, però ormai sono passati tanti anni. Non riesco proprio a immaginarti con un figlio adolescente. Alla fine è andata meglio così, non trovi?»
Claudia abbassò lo sguardo.
«Può darsi che la mia vita sia stata più semplice così. Non sono sicura che, se avessi avuto quel bambino, la mia carriera sarebbe potuta proseguire. Però non puoi fingere che sia stata una cosa da niente. Il fatto che io ed Emiliano non avessimo in programma di avere figli e che ormai Emiliano non l'avrebbe mai potuto conoscere non significa che io volessi perderlo.»
«Te lo dico io cosa sarebbe successo: la tua carriera sarebbe finita subito dopo quella stagione, se non prima ancora del campionato stesso. Non avresti più trovato un ingaggio e non saresti mai diventata quello che sei ora. Abbiamo in mano una storia che potrebbe aiutarci ad avere il favore del pubblico e questo potrebbe essere il momento giusto per rivelarla.»
«No, non ci sarà mai un momento giusto, Chris» insisté Claudia. «Capisco che tu sia così insensibile da pensare che la mia sofferenza possa essere gettata in pasto al pubblico, ma non capisco cosa speri di guadagnarci. Penseranno che sono riuscita a superare delle avversità che avrebbero potuto fermarmi, forse... ma in pratica cosa ci verrebbe in mano? Niente. Non è con il favore del pubblico che si vincono titoli, ma lavorando come abbiamo lavorato finora in questo fine settimana. Non dobbiamo spianarci la strada per evitare che, se vinceremo il titolo, qualcuno ci accusi di non essercelo meritato. I tifosi dicono un sacco di cazzate. Non abbiamo il dovere di compiacerli. Non sanno niente di noi, di quello che facciamo, di quanto impegno e quanta determinazione serve per andare avanti, per non arrendersi mai. Dobbiamo essere noi stesse, non gli idoli di qualcuno. Tanto, alla fine, anche chi è pronto a idolatrare squadre o piloti, prima o poi finisce per voltare le spalle a chi, a parole, amava così tanto. Non possiamo essere marionette manovrate da un branco di idioti che hanno come hobby quello di giudicare ogni singola cosa noi facciamo o diciamo. Dobbiamo essere superiori a loro, come lo siamo sempre state.»
«E se dovessimo fallire?»
«Cosa intendi?»
«Intendo dire che, se non vinciamo il mondiale, li avremo tutti addosso. L'hai detto tu stessa, prima o poi ti voltano le spalle e in genere lo fanno alla prima difficoltà. Non possiamo permetterci una campagna mediatica contro di noi. Tu stessa non puoi permettertelo.»
«E raccontando che un tempo sono rimasta incinta e che ho avuto un aborto spontaneo dopo un incidente, finiremmo per tutelarci da questa possibilità, secondo te?»
«Sarebbe comunque qualche punto a tuo favore, quindi a favore nostro: le persone che vogliono figli penseranno che hai avuto una grande sfortuna, quelle che non ne vogliono che hai avuto una grande fortuna. Prenderanno, in un modo o nell'altro, a cuore la tua storia.»
«Prenderebbero» la corresse Claudia.
Christine aggrottò la fronte.
«Come dici?»
Claudia ribadì: «Prenderebbero, non prenderanno. Una volta che sarò morta potrai raccontare questa storia a chi vuoi, ma finché sarò ancora in vita non succederà.»
«Pensi davvero che nessuno la sappia?» ribatté Christine. «Di Francesco non ti ha mai sputtanata con la stampa, ma certe voci sono sempre girate.»
«So che Gigi Di Francesco era uno stronzo» chiarì Claudia. «So che gli piaceva tenere le persone assoggettate al suo potere. Con me c'è riuscito, anche se, di fatto, non ha mai ottenuto niente in cambio.»
«Non ti sei mai esposta. Anche tu eri convinta che Diaz fosse morto per colpa sua e della squadra, però non l'hai mai detto. Herrmann ne parlava esplicitamente e come lui anche altri.»
«Hai ragione, non mi sono mai esposta, ma Di Francesco non avrebbe avuto bisogno di ricorrere a ricatti o minacce. Ero convinta che fosse colpa loro, se Emiliano era morto, ma prove non ne avevo... e in realtà neanche il più misero indizio. Dovevo quantomeno concedergli il beneficio del dubbio e non potevo permettermi di affermare qualcosa senza sapere se fosse possibile, per lui, provare il contrario. Hai idea di che polverone si sarebbe sollevato, se fosse venuto fuori che Herrmann si sbagliava? Chiunque l'avesse appoggiato sarebbe stato ridicolizzato pubblicamente e, mentre Herrmann si poteva prendere il lusso di rischiare di essere ridicolizzato, io ero appena riuscita a guadagnarmi un po' di rispetto. Non sono contraria a espormi a un certo grado di rischio, ma deve essere un rischio ponderato. Appoggiare Herrmann senza avere la certezza matematica che avesse ragione sarebbe stata una follia.»
Christine la guardò negli occhi a lungo, restando in silenzio. Infine le domandò: «E adesso cosa pensi?»
Claudia alzò le spalle.
«Non ha importanza.»
«Eccome se ne ha» replicò Christine. «Va bene, sono passati secoli e ormai non si può più tornare indietro. La gente che lavorava nel team di Di Francesco non merita di essere tirata in mezzo, ma cosa ne pensi? Credi che Herrmann avesse ragione? Che fosse davvero colpa della Whisper, se Diaz era morto?»
Claudia asserì: «Sì, era colpa loro, e non si sono limitati a questo.»
«Cosa vuoi dire?»
«Voglio dire che anche quello che è successo a Herrmann e Harrison è quantomeno sospetto.»
«Patrick Herrmann correva per la Dynasty, al momento dell'incidente suo e di Keith Harrison» puntualizzò Christine. «Di Francesco non poteva farci niente.»
«Lo so, infatti ancora una volta ho preferito rimanere zitta» rispose Claudia. «Mi sono detta tante volte che erano soltanto mie fantasie e che facevo meglio a togliermele dalla testa. Però ne sono convinta, non erano solo miei viaggi mentali: non ho idea di come Di Francesco sia riuscito a far fuori Herrmann, ma sono certa che la morte di Herrmann rientrasse esattamente nelle sue intenzioni.»
«E Harrison?»
«Probabilmente anche la sua.»
«È assurdo» replicò Christine. «Sembra una di quelle teorie del complotto dei tifosi sui social network, quelli convinti che si possa pianificare interamente una gara a tavolino. Era impossibile farlo apposta, almeno questo è poco ma sicuro. Hai fatto bene a non accennare mai a queste ipotesi. Ti avrebbero distrutta, avrebbero detto che ti facevi delle fantasie assurde, magari qualcuno ne avrebbe approfittato per mettere in cattiva luce anche tutte le altre donne... perché purtroppo è così che funziona.»
Claudia lo sapeva bene, ma preferì non concentrarsi su quell'aspetto. Andò a cercare lo sguardo della sorella e rimase ferma sulla propria posizione: «Chris, lo so che era poco fattibile, per non dire che non lo era per niente, però stava succedendo qualcosa di strano, in quel periodo. Sia Herrmann sia Harrison hanno gareggiato in modo anomalo, nel gran premio precedente. Harrison ha reso meno del potenziale della vettura e ha inventato una scusa a proposito di qualche problema tecnico mai accertato. Herrmann, invece, ha commesso un errore del tutto inspiegabile. Mi sono rivista il video del suo testacoda, di recente. Me lo sono guardata un sacco di volte, chiedendomi come un pilota della sua esperienza abbia potuto sbagliare così.»
«Tutti commettiamo degli errori» azzardò Christine, «Anche dopo tanti anni di esperienza.»
«Se fosse stato solo quello, avrei accettato quella possibilità» precisò Claudia, «Il problema è che le cose inspiegabili si sono moltiplicate tantissimo, in quel periodo, quindi mi viene spontaneo vederci del marcio. Tutto quello che è successo in quei giorni, in linea teorica, poteva accadere. Il fatto che sia accaduto tutto di seguito, però, non mi sembra per niente normale. Credo davvero che Gigi Di Francesco avesse in mente di sbarazzarsi di Patrick Herrmann, in un modo o nell'altro, e anche di Keith Harrison, che iniziava a dargli contro. Di certo non può avere fatto tutto da solo. Resti tra noi, ma non sono sicura che, la notte, Veronica Young riesca a dormire sonni molto tranquilli. Dietro alla morte di Patrick e Keith deve esserci anche lei.»
 
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Selena stava scorrendo la galleria del proprio smartphone, soffermandosi occasionalmente su alcune delle fotografie scattate quel giorno nel paddock, quando il cellulare iniziò a squillare. Non conosceva il numero da cui proveniva la telefonata. Per un attimo pensò si trattasse di pubblicità, ma era troppo tardi perché fosse un call center.
Decise di rispondere e, subito dopo, udì una voce maschile che, in un primo momento, non riuscì a identificare.
«Selena?»
«Sì, sono io.»
«Dove sei?»
«Chi parla? Perché dovrei dirle dove sono?»
Dall'altro capo del telefono, le sembrò di udire una mezza risata.
«Selena, sei sempre la stessa, non cambierai mai.»
«Chi parla?» ripeté Selena.
«Ti ho vista alla televisione» la informò la voce. «Ti hanno inquadrata per qualche istante in un servizio sulla Diamond Formula, al telegiornale. Ti ha vista anche tua madre.»
Quell'allusione mise fine a ogni dubbio.
«Cosa vuole, dottor Parker?»
«Non ce la fai proprio a darmi del tu e a chiamarmi per nome?»
«Non ci tengo» mise in chiaro Selena. «Cosa vuole?»
«Ti ho vista alla TV, te l'ho appena detto» ripeté il dottor Parker. «Voglio solo sapere cos'hai in mente, cosa ci facevi come ospite nel box della Dynasty Racing?»
«Mi faccia capire, mi ha telefonato solo per questo?»
«Mi sembra una ragione più che valida.»
«Beh, per me non lo è. La saluto, dottor Parker.»
Selena stava per riattaccare, ma il dottore riuscì a trattenerla.
«Aspetta un attimo. Lo sai, tua madre è molto sensibile, quando si tratta di certe cose...»
«Mi dispiace se ho urtato la sensibilità di mia madre» rispose Selena, con fermezza, «Ma non posso scegliere cosa fare e cosa non fare in base a quello che potrebbe pensare lei se lo sapesse.»
«Lo capisco. Vederti inquadrata come ospite nel box di quelli che considera come dei traditori, tuttavia, è stato molto duro per lei, c'è rimasta molto male. Non si spiega come tu possa avere accettato di avere a che fare con Veronica e Scott Young, nonostante la loro responsabilità nella morte di Patrick Herrmann.»
«Veronica e Scott Young non sono mai stati accusati di nulla da nessuno» puntualizzò Selena. «In ogni caso, non ero là per loro. Sono stata invitata da Edward Roberts, che era uno dei più cari amici di Patrick e, oltre a questo, è anche uno dei miei amici più cari. Per il resto, i coniugi Young non mi interessano.»
«Mi fa piacere sentirtelo dire, anche se, da parte mia, ti consiglierei di tornartene a casa il prima possibile. Non vorrei che tua madre fosse sottoposta ad altre visioni di te nel box di quella scuderia.»
«Ho trentacinque anni e non ho bisogno che mia madre mi dica cosa devo o cosa non devo fare. Se glielo vuole riferire...»
Il dottor Parker la interruppe: «No, non lo farei mai. Alexandra è una donna molto infelice, lo sai. Non voglio fare niente che possa turbarla. Sapere che non fai nulla che possa esserle d'aiuto, mai, nemmeno per sbaglio, finirebbe per darle più fastidio di quanto vorrei.»
«Mi dispiace. Se mia madre ha questo genere di problemi, dovrebbe farsi curare. Glielo dica lei.»
«Gliel'ho detto centinaia di volte, ma Alexandra preferisce fare di testa propria.»
«Allora che non si lamenti e che non cerchi di controllare la mia vita.»
«Sei sempre la solita ragazzina egoista» borbottò il dottor Parker. «Peraltro ho fatto delle ricerche su di te, sui social network, e ho visto qualcosa che mi ha molto deluso sul tuo conto.»
«Mi sembra molto strano, a meno che non sia deluso dal fatto che non li utilizzo per postare qualunque cavolata mi passi per la testa o per condividere ogni aspetto della mia vita.»
«Non parlo dei tuoi profili, ho visto che li usi solo per questioni professionali, almeno quelli che portano il tuo nome. Non so se tu abbia altri canali privati e la cosa non mi riguarda.»
«Allora qual è il problema?»
«Ho visto delle foto. Eri in compagnia di un ragazzo biondo che lavora per la televisione, un reporter che segue la Diamond Formula.»
«Penso di avere capito a chi si riferisce.»
«È il tuo fidanzato?»
«Quello che c'è tra me e Oliver non la riguarda.»
«Giusto, Oliver, Oliver Fischer. Ho fatto ricerche anche su quel tizio e...»
Selena non lo lasciò finire.
«Ha deciso di passare al setaccio non solo quello che faccio io, ma anche quello che fanno le persone che mi stanno intorno, per caso?»
Il dottor Parker osservò: «Quel tizio è molto più giovane di te.»
«Oliver ha solo qualche anno in meno di me» lo corresse Selena, «Ma non vedo perché la cosa dovrebbe riguardarla. Sono io che decido chi frequentare.»
«Certo, se solo tu riuscissi a frequentare qualcuno che non desse problemi a tua madre...»
«Non mi risulta che mia madre conosca Oliver Fischer.»
«Ho dovuto metterla al corrente di chi è e di quello che fa» chiarì il dottor Parker. «Alexandra sa di che cosa si occupa il tuo amico e non è per niente soddisfatta che tu frequenti certe persone.»
«Non sento mia madre da talmente tanto tempo che ricordo a malapena quale sia la sua voce» gli ricordò Selena. «A quale titolo adesso si sta impicciando di quello che faccio?»
«Alexandra non lo farebbe mai, se tu non ti mescolassi a certa feccia» replicò il dottor Parker. «Quel Fischer sta scrivendo, oppure vuole scrivere, un libro su Patrick Herrmann. Non capisci che il tuo "grande amore" deve essere dimenticato, per il bene di Alexandra?»
«Oliver Fischer non ha il dovere di compiacere Alexandra» ribatté Selena. «Non sa nemmeno chi sia e le assicuro che, nel suo futuro libro, non si parlerà di mia madre, se non nel limite dello stretto necessario. Di fatto verrà menzionata una volta o due, ma non ci saranno approfondimenti su di lei.»
«Ciò mi fa molto piacere, ma non cambia le cose. Alexandra non intende certo leggere quel libro maledetto, se e quando uscirà, quindi finirà per avere comunque delle ripercussioni sul suo equilibrio. È vero che Oliver Fischer non ha alcun dovere nei suoi confronti, ma tu sei sua figlia e ne hai, anche se preferisci fare finta che non sia così. Non dovresti avere a che fare con persone che possano turbarla. Devi chiudere una volta per tutte con questo Oliver Fischer, quindi fammi il piacere di non vederlo più, o quantomeno di avere la decenza di incontrarlo soltanto di nascosto. Allo stesso modo ti chiedo di non permetterti più di farti vedere in un'area dedicata al team di Veronica e Scott Young.»
«Io, invece, le chiedo di non contattarmi più.»
«Mi dispiace, ma non posso accettare. Per me la serenità di Alexandra viene prima di tutto e farò di tutto per impedirle di farle del male. Anche fare qualcosa che possa fare del male a te.»
«Mi sta forse minacciando, dottor Parker?»
«Ti sto avvertendo, Selena. Tua madre ha sempre avuto fin troppa pazienza con te e ti ha messo tra le mani una fortuna, fregandosene di cosa pensasse tuo fratello. Quel ragazzo avrebbe avuto diritto alle tue stesse opportunità.»
«Se sta parlando di soldi» replicò Selena, «le ricordo che mio fratello non doveva essere tanto affezionato ai beni materiali, vista la vita che ha scelto. Non sono stata io a costringerlo a rifugiarsi in un monastero sperduto e a diventare frate. Ad ogni modo ho fatto numerose donazioni al convento in cui vive, nel corso degli anni, e...»
Il dottor Parker la fermò: «Tuo fratello non mi riguarda. Stavo solo facendo una mia considerazione, dettata dal fatto che non mi spiego come un ragazzo così giovane com'era ai tempi possa scegliere di fare una vita così triste e fatta di niente. Credo comunque che sia più opportuno occuparci di noi. Hai capito quello che ti ho detto, vero? Hai capito che non puoi continuare a fare quello che vuoi, come hai fatto durante tutti questi anni? Ti abbiamo lasciata libera di vivere la tua vita, finché l'hai fatto in modo discreto, ma non possiamo concederti tutto. Hai rovinato la vita di tua madre già una volta, non ti permetterò di rovinargliela una seconda solo perché non ti preoccupi di lei e dei suoi sentimenti.»
Selena stava per replicare, ma sentì bussare alla porta. Fu ben contenta di quel diversivo, quindi decise di congedare il dottor Parker.
«Mi dispiace, ma adesso devo andare. È stato un piacere parlare con lei. Saluti tanto mia madre.»
Prima che il dottore potesse replicare, Selena riattaccò. Guardò l'orario sul display del telefono: alla porta doveva esserci Oliver, lo aspettava. Andò ad aprire e fu molto soddisfatta di vederlo.
«Finalmente, meno male che sei qui! Avresti potuto arrivare anche un po' prima.»
Oliver ridacchiò.
«Noto con piacere che ormai vorresti avermi intorno a ogni ora del giorno e della notte.»
«Non ho detto niente di tutto ciò, in realtà» ribatté Selena. «Solo, ero al telefono e mi stavo annoiando a morte.»
«Chi era?»
«Il degno compagno di mia madre.»
«Il dottor Parker?»
«Esatto, proprio lui.»
«Cosa voleva da te?»
Selena alzò le spalle.
«Non lo so, non l'ho capito. Mia madre vorrebbe che me ne tornassi a Montecarlo nel bel mezzo del fine settimana, stando a quello che dice il dottor Parker, solo perché non sopporta che io stia vicina a Veronica e Scott Young. In più hanno visto delle mie foto insieme a te e secondo Parker mia madre non approva la nostra relazione.»
«Mi avevi dipinto tua madre come una donna che ci stava poco con la testa» obiettò Oliver. «Di solito le madri delle mie ex, se avevano la testa sulle spalle, non volevano che frequentassi le loro figlie. È molto strano che la signora Alexandra si comporti come loro.»
Selena rise.
«Pensavano davvero che tu fossi un tipo da evitare?»
«Certo. Le madri delle mie ex sarebbero andate molto d'accordo con il nostro caro amico portiere: tutte convinte che avessi dei cadaveri sepolti in cantina.»
«Non sono mai entrata nella tua cantina» ribatté Selena. «Magari i cadaveri ci sono davvero.»
«La mia cantina è molto lontana» replicò Oliver. «Cosa ne dici di dimenticarcela e di dimenticarci anche di tutto il resto? Possiamo andare a fare un giro. Si sta così bene fuori, stasera.»
Selena azzardò: «Credo si stia molto bene anche sotto le coperte, stasera.»
«Sì, certo, ma è ancora presto» rispose Oliver. «Ho voglia di prendere una boccata d'aria, prima, e di raccontarti anche un po' di sviluppi sul mio libro.»
«Non puoi raccontarmeli qui?»
«No, voglio stare il più lontano possibile dalle tentazioni.»
Oliver aveva ragione, fuori si stava bene, nonostante un po' di umidità. Mentre passeggiavano, raccontò a Selena le proprie decisioni relative alla struttura da dare al proprio libro.
«Finora avevo scritto soltanto pezzi un po' scollegati, senza sapere bene come ordinarli e da dove iniziare, ma negli ultimi giorni il mio lavoro ha iniziato a prendere forma sempre di più. Ti sono molto grato per quello che hai fatto per me.»
«Veramente non mi sembra di avere fatto molto di utile» ammise Selena. «È vero, ti ho confidato qualche aneddoto, ti ho detto un po' di cose su Patrick, ma mi sembrava che sapessi già tutto. A volte mi viene da pensare che, in qualche modo, i suoi ricordi stiano vivendo dentro di te.»
«Se non fosse totalmente impossibile, anche a me, di tanto in tanto, verrebbe quel sospetto» fu la risposta di Oliver.
Selena andò a cercare il suo sguardo, ma il giornalista abbassò gli occhi, come a nascondersi. Se solo non fosse stato davvero impossibile, come aveva detto lui stesso, le sarebbe venuto il dubbio che mentisse.
Poco dopo, senza rialzare la testa, Oliver ricominciò: «Non so se dipenda dal mio passato. Forse, non avendo i ricordi di una parte della mia vita, non ho le idee molto chiare su che cosa significhi ricordare il proprio passato.»
«Vuoi dire che, di conseguenza» azzardò Selena, «Ti sembra di avere i ricordi di Patrick perché certi momenti della tua vita passata ti sembrano vaghi tanto quanto quella degli altri?»
«Mhm... credo di sì, che sia qualcosa del genere.»
«Inoltre credo che tu conosca la vita di Patrick in modo abbastanza approfondito. Da questo potrebbe derivare la tua suggestione.»
«Già. In più ho altre cose in comune con Patrick Herrmann.»
«Del tipo?»
«Tipo il mio buon gusto in fatto di donne.»
«Veramente non sono sicura che Patrick avesse dei gusti così buoni, in quell'ambito» ribatté Selena. «Va bene, sono molto migliorati quando ha incontrato me, ma vogliamo parlare di com'era messo prima? Mia madre, Kathy Di Francesco...»
Oliver aggiunse: «Emma Dupont.»
«La tua collega mi sembra un po' meglio delle altre che ho appena citato» puntualizzò Selena.
«Sì, in un certo senso sì» convenne Oliver, «Ma avendo a che fare con lei, mi capita spesso di chiedermi di che sostanze avesse abusato Patrick quando si è preso una cotta per lei. Non lo dico per adularti, ma tra voi due c'è un abisso. Credo che tu abbia fatto tornare Patrick Herrmann con i piedi per terra.»
«Non penso di essere stata davvero così speciale.»
«Io, invece, penso che ti considerasse tale.»
«Può darsi, ma non lo ero» insisté Selena. «Se ripenso a quella che ero a quei tempi, non vedo la migliore Selena Bernard di sempre. Penso che Patrick mi avesse almeno un po' idealizzata.»
«Sono d'accordo» confermò Oliver. «Patrick ti ha idealizzata e tu hai deciso di diventare quella che credeva che tu fossi. Ci sei riuscita.»
 

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Capitolo 12
*** [Oliver] ***


Era un tardo pomeriggio come tanti, uno di quelli in cui dal mare si alzava un vento forte e il cielo si riempiva di nubi. Oliver si fermò e iniziò a guardarsi intorno. Avvertiva una presenza, vicino a lui, e sapeva che, prima o poi, avrebbe visto Keith Harrison.
L'attesa durò più del solito, tanto da fargli quasi perdere le speranze, ma l'ex pilota si palesò alle sue spalle.
«Bentornato, Patrick.»
Oliver sussultò, girandosi.
«Per favore, puoi smetterla di chiamarmi con quel nome?»
Keith fece un mezzo sorriso.
«Bentornato, Oliver, se preferisci. Come mai sei qui?»
«Non lo so» ammise Oliver. «È successa un'altra cosa strana. C'è un tassello che non entra nel puzzle.»
«Fosse solo uno.»
«No, questo è più importante di tutti gli altri. Hai mai sentito parlare di un certo dottor Parker?»
«No. Chi dovrebbe essere?»
«Sta insieme ad Alexandra Bernard e, da quel poco che sono riuscito a farmi raccontare da Selena, approva il comportamento insensato di quella donna.»
«E cosa c'entra con te?»
«Per ora niente, ma ha contattato Selena. Era irritata, ma quando sono riuscito a farla parlare un po', mi ha rivelato di non sapere perché Parker si sia messo in contatto con lei proprio adesso.»
Keith azzardò: «Forse dovresti chiedere informazioni su Parker alla stessa Selena. Ne sa di sicuro più di me.»
Oliver scosse la testa.
«No, sa solo che si chiama Thomas Parker.»
«Thomas, come suo figlio?»
«Sì, ma non l'ha chiamato Thomas in onore suo, se è quello a cui pensi.»
«Mi sarebbe sembrato strano, in effetti» convenne Keith. «Per il resto, davvero non sa altro?»
«Selena dice che dovrebbe essere un po' più vecchio della signora Alexandra, ma non saprebbe quantificare, con esattezza, quanti anni ci siano di differenza tra di loro. Dice cinque o poco più, il che vorrebbe dire che è sulla sessantina.»
«Nazionalità? Professione?»
«È sicuramente un medico, anche se sembra avere smesso di lavorare da molto tempo. Dopotutto la signora Alexandra non ha certo bisogno di soldi. Sulla nazionalità, Selena sa che Parker ha vissuto in Inghilterra, in passato, quindi ha sempre dato per scontato che sia inglese, come il nome può suggerire. Dice che non ha un accento molto marcato, un po' come se non fosse particolarmente radicato in un certo territorio. Abbiamo provato a fare un po' di ricerche, ma non siamo riusciti a trovare informazioni su alcun dottor Thomas Parker. Questo mi ha insospettito un po', al giorno d'oggi chi non ha profili vari sul web? Almeno a livello professionale, avremmo dovuto trovare qualche traccia.»
«Forse lo chiamano Thomas o si fa chiamare così, ma non è il suo vero nome.»
Oliver annuì.
«Ci ho pensato anch'io, ma mi è venuto il sospetto che anche Parker possa non essere il suo vero cognome.»
«Perché Selena dovrebbe conoscerlo con un nome falso?»
«È un tizio che ha fatto parte degli intrighi di Alexandra, prima che Alexandra decidesse di estromettere Selena dalla propria vita. Perché quell'uomo avrebbe dovuto utilizzare il suo vero nome, dopotutto? Sarebbe stato molto più sicuro presentarsi a Selena con un'altra identità.»
«E Alexandra Bernard, in tutto questo, che ruolo avrebbe?»
«Alexandra Bernard avrà sicuramente pensato che, non potendo fidarsi al cento per cento della figlia, era meglio assecondare questa scelta del "dottor Parker". Non l'avrà fatto con cattive intenzioni, immagino, ma dopotutto quante sono le cose che la signora Bernard ha fatto senza avere cattive intenzioni, ma si sono rivelate negative per qualcuno?»
«Troppe, sarebbe impossibile quantificarle.»
«Appunto. Quello che non capisco, tuttavia, è perché tutto questo interesse per questo fantomatico dottor Parker. Ha contattato Selena, hai detto, ma tu cosa c'entri in tutto questo?»
«Secondo questo Parker, Alexandra Bernard non sarebbe soddisfatta dal fatto che la figlia abbia a che fare proprio con me. Deve essere fissata con l'idea di rimuovere Patrick Herrmann dalla sua vita, al punto da pensare che chiunque dovrebbe dimenticarlo, anche dal punto di vista sportivo.»
«Quindi Alexandra Bernard ha chiesto al dottor Parker, o chiunque sia, di chiamare Selena e di pregarla di fare maggiore attenzione alle persone che frequenta» riassunse Keith. «È andata così?»
«Più o meno.»
Keith ridacchiò.
«Vedo che ti stai facendo apprezzare molto anche come Oliver Fischer.»
«Stavolta non ho fatto niente» precisò Oliver. «Non so nemmeno chi sia quel tipo, non l'ho mai incontrato in vita mia.»
«Sì, lo devo ammettere, stavolta non hai responsabilità» confermò Keith. «Rimane comunque molto strano che...»
Si interruppe all'improvviso.
«Che...?» lo esortò Oliver.
Keith non rispose. Stava fissando un punto alle spalle di Oliver.
Quest'ultimo, da parte sua, insisté: «Cosa sta succedendo?»
Keith finalmente parlò, ma non fu molto chiaro.
«C'è Selena nel tuo letto? Oppure tu sei nel suo?»
Oliver spalancò gli occhi.
«Come, prego?»
«Parlo dell'altra dimensione» gli spiegò Keith. «State dormendo nello stesso letto?»
«Beh, sì...»
«E non vi era mai capitato, ultimamente.»
«No, di solito quando siamo nello stesso letto non dormiamo. Poi Selena se ne va, o me ne vado io.»
«L'altra volta in cui l'abbiamo vista si era addormentata accanto a te, a casa tua» ricordò Keith. «Penso sia questo il problema, se così lo si può chiamare: la vostra vicinanza la porta a sua volta nella nostra dimensione.»
«Non capisco. Cosa vuoi dire?»
«C'è Selena, laggiù. Sta venendo verso di noi.»
«Non capisco, davvero.»
«Nemmeno io, ma quella è indubbiamente Selena.»
Oliver si girò a guardare nella direzione che gli indicava Keith.
«Cosa facciamo?» domandò, rivolto a Harrison.
«Non lo so» rispose l'altro. «Se è qui, ci sarà una ragione. Proviamo a metterci in contatto con lei.»
«No, sei pazzo?!»
«Non succederà niente di grave. Quando si sveglierà, crederà di avere sognato.»
«Però si ricorderà il sogno...»
«Forse.»
«Faremmo meglio ad andarcene» replicò Oliver.
«Dove?»
«Non lo so, non sarà così difficile nasconderci, fare in modo che non ci veda.»
«Invece temo che lo sia. L'unico modo in cui Selena può non vederci è non essere ancora pronta per vederci. Ormai è vicina. Dobbiamo solo aspettare.»
Oliver non poté fare a meno di fissarla, mentre camminava, diretta nella loro direzione. Stavolta non era la Selena Bernard di quindici anni prima, era proprio quella che, nell'altra dimensione, si era addormentata nel suo stesso letto.
Selena si fermò.
Oliver realizzò che i suoi occhi erano puntati proprio su di lui.
«Patrick?» Il tono di voce di Selena sembrava esitante. «Patrick, sei tu?»
Per Oliver venne naturale smentirla.
«No, non sono io. Sono Oliver Fischer.»
«Oliver Fischer» ripeté Selena. «No, tu non sei Oliver Fischer, tu sei Patrick. Hai i suoi stessi occhi.»
«I miei occhi saranno anche simili a quelli di Patrick, ma non sono lui» replicò Oliver, guadagnandosi una gomitata da parte di Keith Harrison. «E tu cosa vuoi?» sibilò, rivolto a quest'ultimo. «Solo perché sei fortunato e Selena non può vederti...»
Fu interrotto proprio da Selena, che lo smentì: «Lo vedo. Quello che non capisco è che cosa ci facciate voi qui... né chi sia tu in realtà.»
Era già un passo avanti e Oliver non intendeva lasciarselo sfuggire.
«Sono Oliver Fischer» insisté. «Mi vedi?»
«Sì che ti vedo.»
«Ma mi riconosci?»
Selena scosse la testa.
«In te c'è qualcosa di familiare, ma non riesco a collegarti a una persona ben precisa. Mi sembri Patrick e, sì, forse in te c'è qualcosa anche di Oliver Fischer. Cosa ci fai qui? Cosa ci fai su questa spiaggia con...» Si interruppe, probabilmente non sapendo con quale nome appellare Harrison. «Con lui?»
Oliver non aveva idea di cosa rispondere.
«Selena, comprendo quanto tu possa essere spaesata» si intromise Keith. «Non deve essere facile, per te, questa visita al mio mondo, ma ti assicuro che va tutto bene. Quando tornerai dall'altra parte, nella peggiore delle ipotesi, ti sembrerà di avere fatto un sogno strano. Non c'è niente di pericoloso. Non sono stato io a chiamarti qua. Deve essere colpa del tuo legame con Pat-... ehm, volevo dire, con Oliver.»
«Patrick?» ripeté Selena. «Oliver mi ha detto di avere i ricordi di Patrick, dentro di sé. Sono forse la stessa persona?»
Keith non rispose.
Oliver non ne fu molto sollevato: restare in silenzio non era troppo diverso dall'acconsentire, in quella situazione.
Selena si rivolse a Oliver: «Chi sei? Intendo davvero. Sei stato tu a portarmi qui con te?»
«No, non ho questo potere.»
«Per fortuna. Credo mi spaventerebbe sapere che puoi controllarmi.»
«Io non posso e non voglio controllarti» chiarì Oliver. «Anzi, vorrei che tu non fossi qui. Non è in questa dimensione che devi stare.»
«E tu?» volle sapere Selena. «Perché, invece, tu devi stare qui? Tu e...» Esitò, come se non volesse chiamare Keith per nome. «Tu e lui?»
«Ci sono ragioni ben precise per cui Oliver Fischer deve stare qui» rispose Keith. «Non devi preoccuparti. Te lo restituirò tutto intero, quando sarà ora.»
Selena prese a fissarlo, in silenzio. Infine, dopo quello che a Oliver parve un tempo interminabile, affermò: «Somigli a Keith Harrison.»
«Lo sono.»
Selena indietreggiò.
Keith la rassicurò: «Non sei all'interno di un film horror. Non posso farti del male e, anche se potessi, non avrei alcun motivo per fartene.»
«Tu sei... dovresti essere morto.»
«Sì, anche se preferisco non utilizzare quel termine.»
«Perché sei qui? Cosa vuoi da Oliver?»
«Lo sto aiutando.»
«Con il suo libro?»
«In un certo senso.»
«Mi aveva detto che pensava di avere dentro di sé i ricordi di Patrick, non che poteva mettersi in comunicazione con te» osservò Selena. «Perché mi ha mentito?»
«Non ti ha mentito» le assicurò Keith. «Anche lui ha poca consapevolezza di quello che fa quando è qui.»
Quella conversazione stava diventando sempre più assurda e insostenibile. Oliver cercò qualcosa di sensato da dire, ma non vi riuscì. Poi, di colpo, Selena scomparve.
Il non vederla più lo fece raggelare.
«Dov'è?!» esclamò. «Keith, che cazzo è successo?»
«Non è successo niente di grave» replicò Keith, calmo. «Penso si sia svegliata. Per lei il sogno è finito.»
«E per me? Quando finirà?»
«È meglio che non finisca. Stavamo parlando di quel fantomatico dottor Parker o sbaglio?»
«Sì, ma adesso non importa più» ribatté Oliver. «Cosa devo fare? Devo parlarle di quello che è successo?»
«No, a meno che tu non abbia l'abitudine di chiederle cosa sogna. Ti consiglio di non fare niente. Comportati come se nulla fosse accaduto... perché di fatto, è proprio così: nell'altra dimensione non è successo esattamente nulla.»
 
******
 
Oliver si svegliò di soprassalto, impiegando qualche istante per realizzare dove fosse. Si trovava nella stanza d'albergo dove alloggiava durante la sua trasferta lavorativa a Imola. Era la camera nella quale si era rifugiato insieme a Selena la sera precedente, dopo la loro passeggiata.
Aveva un ricordo abbastanza piacevole dei momenti che avevano trascorso insieme, ma non ricordava di averla salutata quando se ne andava. Selena non doveva essersene andata, o almeno, non mentre Oliver era sveglio. Non c'era più, nel letto accanto a lui non c'era nessuno.
Le memorie del sogno che aveva fatto - sempre se poteva definirlo sogno - riaffiorarono a poco a poco. Aveva incontrato Keith Harrison sulla spiaggia, per l'ennesima volta, ma Selena li aveva raggiunti e aveva parlato con loro.
Era andata davvero così? Selena era soltanto un'immagine onirica, oppure la sua presenza era stata reale? Purtroppo non avrebbe avuto modo di scoprirlo.
Accese la luce e guardò l'orologio da polso che aveva lasciato sul comodino. Erano passate da pochi minuti le quattro e mezza del mattino e, accanto all'orologio, c'era un biglietto. Oliver riconobbe subito la grafia chiara ed elegante di Selena.
"Grazie per la bella serata. Spero di vederti, domani, ma prima di incontrarti di nuovo allo stesso modo di ieri sera devo risolvere alcune questioni personali. Mi capita ancora troppo spesso di vivere nel passato e credo sia giusto chiudere con il passato, prima di vivere nel presente. Perché di questo ne sono certa: voglio vivere nel presente."
Oliver rabbrividì, non avrebbe saputo dire se a causa dell'umidità che penetrava nella stanza o per via di quelle parole. Alla luce della "disavventura" accaduta in sogno potevano avere un significato inquietante. Selena ricordava forse di averlo scambiato per Patrick Herrmann? Aveva il sospetto che fossero qualcosa di più di due persone diverse?
"No, è impossibile" cercò di rassicurarsi Oliver. "Se anche se ne ricordasse, non potrebbe cerco credere che sia vero. Nemmeno io riesco a convincermene fino in fondo."
Spense la luce e cercò di rimettersi a dormire. Non fu facile. Passò molto tempo a girarsi e rigirarsi nel letto, con il desiderio di prendere lo smartphone e fare una telefonata a Selena, nonostante l'orario. Riuscì a resistere, a non comportarsi in maniera improbabile o sospetta.
Quando tornò a svegliarsi, era molto più ottimista. Lo aspettava una nuova giornata, in cui sarebbe stato molto impegnato e non avrebbe avuto molto tempo per farsi dei film mentali a proposito di Selena, Keith Harrison e la spiaggia al tramonto. Di lì a un paio d'ore sarebbe addirittura arrivato a ritenere che gli stessi ricordi di Herrmann fossero qualcosa di molto lontano, per poi essere smentito subito dopo.
 
******
 
Il discorso che Patrick aveva udito qualche tempo prima gli risuonava ancora in testa, mentre aspettava che la moglie del team principal si presentasse al loro appuntamento. Seppure il lieve gap di natura linguistica - il dialogo tra Gigi Di Francesco e Kathy si era svolto quasi interamente in italiano, lingua che Patrick comprendeva, ma non alla perfezione - era abbastanza convinto di quello che aveva sentito.
«Sai benissimo anche tu che dobbiamo agire in qualche modo. Herrmann ormai sa troppe cose.»
«Cosa vorresti fare? Sabotare pure lui?»
«Parla piano, Kathy! Vuoi che qualcuno ti senta?»
«Non c'è nessuno qui, e poi possiamo stare tranquilli, per ora. Hai fatto solo ciò che dovevi fare.»
«Lo so, lo so perfettamente e non avrei dovuto coinvolgerti. Ora che ci sei dentro, però, devi fare qualcosa anche tu.»
«Non sono portata per queste cose, Gigi. Non vorrai che inviti Herrmann a prendere un tè e che glielo corregga con l'arsenico. Certe cose succedono solo nei romanzi.»
«Che cazzo hai capito, Kathy? Non lo voglio certo ammazzare, voglio solo tenerlo sotto controllo. Non gli devi offrire un tè con l'arsenico. Però, magari, qualcosa glielo puoi offrire.»
«Di cosa parli?»
«È logico, no? C'è una cosa a cui Patrick Herrmann non può resistere e quella cosa è la figa. Sono sicuro che una donna potrebbe essere in grado di carpirgli quello che sa o quello che sospetta.»
«Mi stai chiedendo se ho un'amica da presentare a Herrmann? Una che sia disposta a portarselo a letto?»
«No. Te lo devi portare a letto tu.»
«Tu sei fuori di testa!»
«Non fare tanto la puritana, Kathy. Io e te non stiamo più insieme, ormai, va bene così.»
«No, non va affatto bene. Mi stai chiedendo di scopare uno dei tuoi piloti e di chiedergli se ha dei sospetti... non so se te ne rendi conto, non posso farlo.»
«Se Herrmann sospetta qualcosa che non deve sapere, sono nella merda. Se sono nella merda io, sei nella merda anche tu. Va bene, non hai fatto niente, tu, ma chi pensi che ti possa dare i soldi per fare la bella vita che conduci ora, se io cado in disgrazia? Non hai mai saputo fare niente, se non sorridere davanti alle telecamere e alle macchine fotografiche...»
«Hai sempre detto che, se era la vita che volevo fare, potevo contare su di te.»
«E potrai sempre contare su di me. Tra di noi le cose non hanno funzionato, ma lo sai che ti voglio bene. Sei la mia migliore amica e mi fido di te. In fondo non ti sto chiedendo di scopare con un cesso. Patrick Herrmann è un bell'uomo, perfino la moglie di Harrison non ha saputo resistergli.»
«Appunto, pensi che possa interessargli io quando può avere una come la moglie di Harrison?»
«Stai tranquillo, cercherò di fare qualcosa io per allontanarlo dalla moglie di Harrison. A quel punto devi intervenire tu. Non te lo chiederei, se non fosse necessario, ma c'è di mezzo il nostro futuro. Qualora Herrmann dovesse riuscire a trascinarmi nella merda, non penso che chi mi ha commissionato quel lavoro farebbe alcunché per difendermi. È così che funzionano le cose, purtroppo. Finché sei utile, tutti ti mettono su un piedistallo. Quando non lo sei più, ti lasciano affondare da solo. Il CEO non farà certo eccezione.»
Qualunque cosa Gigi Di Francesco avesse in testa, per il momento aveva funzionato. Qualche giorno prima, in modo del tutto inspiegabile, Emma aveva annunciato a Patrick di volersi prendere una pausa di riflessione, perché non era convinta di volere mettere definitivamente fine al proprio matrimonio.
Se non avesse mai udito in modo del tutto accidentale quella conversazione tra i coniugi Di Francesco, Patrick avrebbe tentato di riconquistarla, se non altro perché non gli piaceva l'idea di essere messo da parte, ma c'era una situazione ben più importante di cui occuparsi ed era quella che riguardava la signora Kathy.
Aveva qualche anno in più di lui, ma era una signora piacente. Le sue attenzioni lo lusingavano, seppure fossero frutto di una precisa strategia di suo marito o, a quanto pareva, del suo ex marito. Gigi e Kathy interpretavano ancora la parte della coppia felice, il che non doveva essere molto difficile se Gigi comunque la definiva la sua migliore amica, tanto che Patrick a volte si era chiesto se avesse male interpretato quel loro dialogo, ma gli eventi degli ultimi giorni avevano smentito la sua ipotesi.
Quando il campanello suonò, Patrick andò ad aprire la porta. Accolse Kathy Di Francesco con un sorriso.
«Finalmente sei arrivata.»
«Già, finalmente» ribatté Kathy. «Morivo dalla voglia di vedere casa tua.»
«Non c'è problema. Te la posso mostrare subito.»
«Grazie... magari cercando di non metterci troppo tempo.»
Patrick ridacchiò.
«Sei una donna che va subito al dunque, a quanto vedo.»
«In questo ci somigliamo» rispose Kathy. «Mi sembra che anche a te piaccia andare subito al dunque.»
«Diciamo che non mi piace perdere tempo. So che non sei venuta qui per vedere casa mia.»
Kathy rise.
«Sono così scontata?»
«No, le altre donne non fingono di essere interessate a vedere il mio appartamento, in questo sei unica.» Patrick la guardò negli occhi. «Perché sei qui? Voglio dire, mi pare evidente, ma perché in questo momento? Mi hai sempre ignorato, in questi anni...»
«In questi anni ho sempre voluto essere fedele a Gigi, seppure sospettando che mi tradisse» gli raccontò Kathy. «Ora i sospetti sono diventati prove. Non mi sento più in obbligo nei suoi confronti. Spero che anche per te sia così, che tu non ti senta obbligato nei confronti di Emma. Non fa altro che flirtare con Harrison, si capisce che vorrebbe tornarci insieme.»
Patrick alzò le spalle.
«Mhm... ti dirò, non mi importa molto di Emma.»
Si rese conto in quell'istante di quanto fosse vero. Era molto più sincera la sua affermazione sulla Dupont che quella di Kathy sul rapporto con Di Francesco. Che Gigi l'avesse tradita o meno, erano una coppia soltanto ufficialmente, ormai.
L'argomento Emma doveva interessarle, oppure far parte di un copione già preparato, dal momento che Kathy insisté: «Quella giornalista da quattro soldi non ha buon gusto in fatto di uomini. Non so come faccia a piacerle Keith. Già ha fatto la pazzia di sposarselo, adesso vuole farne anche un'altra non divorziando.»
Patrick sbuffò.
«Sei venuta qui per parlare di Keith e di Emma?»
«No, certo.»
«E allora non parliamone. Se anche non esistessero, nessuno sentirebbe la loro mancanza, o quantomeno non la sentirei io. E adesso, vogliamo vedere casa mia oppure restare qui a fare delle chiacchiere?»
«Guardiamoci casa tua» rispose Kathy, «Magari iniziando dalla stanza da letto.»
Tutto sommato fare sesso con Kathy non fu così male. Se non avesse scoperto nulla di utile, quantomeno gli sarebbe rimasto un buon ricordo di quella serata. Dopo ascoltò i suoi discorsi senza né capo né coda, sperando che la Di Francesco decidesse di esporsi.
Si era ormai convinto che non sarebbe accaduto, quando Kathy lo smentì. A quel punto si erano già rivestiti e la moglie del team principal sembrava sul punto di andarsene, quando di colpo si sedette sul bordo del letto.
«Posso chiederti una cosa, Patrick?» gli domandò.
Patrick annuì.
Kathy abbassò lo sguardo.
«C'è un pensiero che mi tormenta, a proposito di mio marito.»
«Temi che possa scoprire che sei qui?»
«No, figurati. Quello che pensa mio marito di me non mi interessa più... tanto, se anche dovesse decidere di lasciarmi, dovrebbe comunque versarmi un assegno di mantenimento molto allettante.»
«È successo qualcos'altro, tra di voi, che non mi hai detto? Qualcosa di spiacevole, oltre i suoi tradimenti?»
Kathy scosse la testa.
«No, parlo del suo lavoro.»
«Che cosa potrebbe mai turbarti, nel suo lavoro?»
«Quello che è successo a Diaz.»
«Non è qualcosa di cui debba preoccuparti tu» la rassicurò Patrick. «Purtroppo è accaduta una disgrazia e...»
Kathy alzò gli occhi di scatto.
«Una disgrazia, la chiami? Eppure sei tu il primo a dire che c'è del marcio.»
«Non ho mai detto esattamente questo» chiarì Patrick. «Sono certo che quello che è successo sia stata una disgrazia. Nessuno aveva interesse che accadesse qualcosa del genere. C'è stata di sicuro una negligenza da parte della squadra, ma non perché, volutamente, si siano esposti a un rischio maggiore del dovuto.»
«Pensi che Gigi stia nascondendo qualcosa?»
«Sì, certo. Per lui la squadra viene prima di tutto, o almeno quella parte della squadra che è ancora in vita. Piuttosto che mettere in cattiva luce certe persone che occupano posizioni di un certo rilievo preferisce fingere che sia stata tutta colpa di Emiliano.»
«Per te è così importante affermare che la colpa non sia del pilota?»
«Emiliano non merita di prendersi responsabilità che non ha» disse Patrick, con schiettezza. «Non mi piace l'idea che ci sia chi si sta parando il culo additandolo come la causa della sua stessa morte. Non posso fare a meno di chiedermelo: Di Francesco farebbe lo stesso anche con me?»
Kathy obiettò: «Sei il suo migliore pilota. Mio marito non farebbe mai nulla che possa metterti in pericolo. Dopo quello che è successo a Diaz, inoltre, la squadra sa di non potersi più permettere certe leggerezze.»
«Leggerezze, dici» ripeté Patrick. «Quindi lo sai anche tu?»
«Cosa?»
«Che qualcuno non ha lavorato bene, o quantomeno non bene abbastanza per evitare che accadesse una disgrazia.»
«No, io non so niente» si difese Kathy. «Io e Gigi non parliamo mai del suo lavoro. Non mi è mai interessato il suo lavoro.»
Patrick osservò: «Ecco finalmente la Kathy che ho sempre conosciuto.»
La moglie di Gigi Di Francesco lo ignorò.
«Gigi mi è sembrato molto teso, ultimamente. Quello che è successo a Diaz l'ha segnato profondamente, anche se tu credi non sia così.»
«Se davvero l'ha segnato così profondamente» replicò Patrick, «Potrebbe risparmiarsi la sua commedia.»
«Sai qual è il tuo problema, Patrick? Che vuoi vedere per forza le cose da una prospettiva peggiore di quella reale. Che senso avrebbe adesso puntare il dito contro questo o contro quell'altro? Si è una squadra sempre, anche nei momenti negativi. Bisogna andare avanti. So che è brutto a dirsi, ma il tuo non è il modo giusto di ricordare Emiliano Diaz. La tua insistenza potrebbe addirittura arrivare a infangare la sua reputazione.»
«Non vedo come.»
«In ogni caso non ti porterà molto lontano. Ti servirà solo a farti dei nemici.»
«Di nemici ne ho già abbastanza da potere sopportare l'idea di farmene degli altri.»
«Anche arrivando al punto di essere tu stesso quello che rema contro la squadra?»
«Io non remo contro nessuno. Non voglio infangare nessuno, voglio solo che Emiliano non venga infangato, tutto qui.»
Kathy fece un sospiro.
«Sarà difficile andare d'accordo con te.»
«Per chi?»
«Per me. Naturalmente spero di ricevere altri inviti, da te. È stata una bella serata, nonostante tutto, non vorrei che fosse l'unica.»
Si alzò in piedi e uscì dalla stanza. Patrick la seguì, seppure realizzando che Kathy non aveva bisogno di essere accompagnata alla porta. La guardò andare via, già sicuro che non sarebbe stato il loro unico incontro clandestino. Se Gigi Di Francesco si era scomodato di organizzare tutto quel teatrino, probabilmente garantendole in cambio un assegno di mantenimento molto più alto di quello a cui Kathy avrebbe avuto diritto, doveva esserci una ragione ben precisa. Fino a poco tempo prima Patrick avrebbe affermato con certezza che il team manager voleva soltanto coprire un errore del team, ma doveva esserci qualcosa di più: Di Francesco era sempre stato in grado di difendersi dalle accuse che Patrick gli aveva rivolto, non avrebbe avuto bisogno di fare altro.
Si incontrarono più volte, nelle settimane che vennero. Kathy si spinse più di una volta a parlare della morte di Emiliano Diaz, cercando di mettere a freno i sentimenti negativi di Patrick per quella vicenda. Non si espose, tuttavia, mai al punto di destare qualche sospetto concreto. Qualunque fosse il timore di Gigi Di Francesco, aveva istruito la sua consorte bene abbastanza da non far trapelare nulla.
Con il tempo, Patrick smise di considerare quella relazione come una necessità. Iniziò a convincersi che Kathy stesse diventando sincera nei suoi confronti. Quando Emma gli annunciò ufficialmente di essere tornata insieme a Keith Harrison, le riferì a cuore leggero di averla rimpiazzata.
«Non mi importa, ormai ho un'altra donna.»
«Ah, sì? E chi sarebbe?»
«Non posso dirtelo.»
«Tu che non ti vanti di una tua conquista? Non è possibile.»
Patrick azzardò: «Forse ti sei fatta un'idea sbagliata di me.»
«O forse pensi che io sia scema» ribatté Emma. «Credi davvero che non mi sia accorta che stai combinando qualcosa con la Di Francesco?»
Patrick mise in chiaro: «Non sono affari che ti riguardano.»
«Lo so bene che non sono affari miei» convenne Emma, «E non voglio nemmeno che lo diventino. Voglio solo chiederti se sei consapevole del casino che potrebbe uscirne fuori, se la vostra storia venisse alla luce.»
«So quello che faccio.»
«Permettimi di dubitarne.»
«Se la cosa ti infastidisce, avresti dovuto pensarci prima, invece di andare a riprenderti tuo marito.»
«Sono felice di essermi ripresa mio marito, non preoccuparti per me. Piuttosto, cerca di metterti delle preoccupazioni per te stesso. Farai una brutta fine, quando Di Francesco scoprirà che ti scopi sua moglie.»
 
******
 
La sprint race dell'evento di Imola vide Nakamura beffare i due contendenti al titolo, tagliando per primo il traguardo. Christine Strauss ed Edward Roberts si classificarono in seconda e terza posizione, guadagnando rispettivamente due e un punto, che abbassò ulteriormente il gap in classifica: l'austriaca, infatti, saliva a quota novantasette, una sola lunghezza di distacco dai novantotto del pilota inglese. Se anche il giorno successivo avessero occupato posizioni ravvicinate, c'era la possibilità di avere un finale piuttosto scoppiettante al Gran Premio di Montecarlo che avrebbe chiuso la stagione.
In altri momenti Oliver si sarebbe lasciato trascinare dall'entusiasmo, ma aveva questioni più importanti che gli passavano per la testa, durante quella giornata trascorsa ad attendere pazientemente che arrivasse la sera. Doveva parlare con Emma Dupont di una faccenda molto seria, ma non poteva farlo prima del termine dei loro impegni lavorativi. Conosceva la collega abbastanza da sospettare che non lo sarebbe stato a sentire. Sarebbe stato già abbastanza difficile tenere una certa conversazione con lei nel corso della serata, Oliver non voleva complicarsi ulteriormente la vita, anche se quell'attesa gli pesava.
Fortunatamente Emma non si oppose a incontrarsi dopo cena, a condizione che lo facessero all'aperto e non nella stanza d'albergo in cui l'aveva invitata. Così si trovarono all'esterno e Oliver era talmente preso dai propri pensieri che quasi non si accorse dell'arrivo della Dupont, costretta ad agitargli una mano davanti agli occhi con insistenza per attirare la sua attenzione.
«Sei ancora tra noi?»
«Sì, più o meno.»
«Perché mi hai fatta venire qui? Non fa molto caldo stasera.»
«Non ti ho chiesto io di raggiungermi qui» puntualizzò Oliver. «L'hai voluto tu. Per quanto mi riguarda, avremmo potuto vederci in camera.»
«No, grazie. Non ho l'abitudine di trovarmi da sola in una stanza d'albergo insieme a quelli della tua età.»
«Sei fuori strada, Emma. Ti sei fatta un'idea sbagliata.»
«Non mi sono fatta idee, in realtà. Ho preferito evitare che te ne facessi tu. Sbaglio o è successo qualcosa con la tua amica? Mi sembra che oggi abbia cercato di evitarti.»
Oliver sbuffò.
«Meno male che non ti sei fatta idee! Credi davvero che, se le cose tra me e Selena dovessero andare male, cercherei di consolarmi con te? Ti sbagli di grosso, ti devo parlare di tutt'altro.»
Emma alzò gli occhi al cielo.
«Oh, no!»
Oliver le scoccò un'occhiata di fuoco.
«Per caso ti dispiace?»
«No, figurati, ma mi ero illusa che non volessi vedermi per discutere di Patrick Herrmann» replicò Emma. «Avrei dovuto aspettarmelo, sei letteralmente ossessionato da lui, ormai.»
«Sei libera di pensare che la mia sia un'ossessione» ribatté Oliver, «Ma voglio solo fare luce su quello che gli è accaduto, o meglio, su quello che è accaduto a lui e a tuo marito.»
«È stato un incidente, solo un terribile incidente.»
«Questa almeno è la versione ufficiale.»
«La versione ufficiale spesso è quella più vicina alla verità» puntualizzò Emma. «Se qualcuno avesse avuto davvero qualcosa da nascondere, sarebbe stato smascherato molto tempo fa, o quantomeno additato da qualcuno come responsabile di quella tragedia. Ti sei mai chiesto perché non sia successo?»
«Non è successo perché chi aveva il controllo della situazione ha giocato molto bene le proprie carte» rispose Oliver. «Comunque non importa quale sia il tuo pensiero in proposito. Non voglio farti delle domande sull'incidente o sul tuo rapporto con Patrick... o meglio, in un certo senso sì, c'è una cosa che devo chiederti, su come sia finita la vostra relazione...»
«Che palle, Oliver!» sbottò Emma. «Come te lo devo spiegare? Ho capito di amare ancora Keith, che non volevo buttare via tutto per una ridicola sbandata. Ho chiuso con Patrick e sono tornata insieme a mio marito. Non c'è niente di più di questo.»
«Eppure io conosco un'altra versione dei fatti» azzardò Oliver, sebbene fosse un modo esagerato di descrivere ciò che aveva ricordato.
«Chi ti ha parlato di me e di Patrick?»
«Questo non ha importanza.»
«Oh, sì che ne ha. Non mi piace per niente l'idea che ci sia gente che spettegola su di me, per giunta insieme ai miei colleghi. O hai letto delle cazzate in qualche gruppo social dove si parla delle wag del motorsport? Non fidarti delle scemenze che scrivono in quegli spazi.»
«Non seguo i profili delle fangirl innamorate delle mogli e delle fidanzate dei piloti» la rassicurò Oliver. «Non importa se e con chi abbia parlato di te, non è una cosa che ti riguardi.»
«Questo, se permetti, spetta a me deciderlo.»
«Hai ragione, ma mi sono solo espresso molto male. Non è esattamente che qualcuno mi abbia parlato di te.»
«Oliver, sto iniziando a rompermi le scatole» lo avvertì Emma. «Ho accettato di incontrarti perché pensavo dovessi dirmi qualcosa di importante, non per sentirti fare mezze allusioni al mio passato. Ti è così difficile accettare l'idea che io abbia avuto una storia con Patrick Herrmann e poi ci abbia ripensato?»
«È questo il punto» mise in chiaro Oliver. «Ci hai ripensato e mi hai detto che l'hai fatto perché amavi tuo marito. Ci sta. Però fino a poco tempo prima eri pronta a chiudere con lui, pur di stare con Patrick, quindi non ti doveva essere così tanto indifferente come lo descrivi adesso.»
«No, non mi era indifferente, ma a volte capita di commettere degli errori.»
«C'è stato qualcosa che ti ha convinta che si trattasse di un errore?»
Emma abbassò lo sguardo.
«Sì.»
«Puoi dirmi che cosa?»
«Non vedo perché dovrei.»
«Lo so, al momento ti può sembrare una cosa da niente, ma sono certo che non lo sia» insisté Oliver. «Penso che Gigi Di Francesco sia in qualche modo coinvolto nella tua rottura con Patrick.»
Emma scosse la testa.
«Oh, no, non è per niente così. Non ho mai parlato con Gigi Di Francesco della mia vita privata. A un certo punto Keith mi ha chiesto di riprovarci e io ho accettato, tutto qui.»
«Com'erano i tuoi rapporti con Keith prima di quel giorno?»
«Non c'erano rapporti. Da quando aveva scoperto che stavo con Patrick ci parlavamo a malapena.»
«Ritieni possibile che Gigi Di Francesco abbia in qualche modo cercato di convincere Keith a chiederti di tornare insieme?»
«Potrebbe essere, ma perché lo vuoi sapere? Che importanza ha?»
«Ha importanza. Ne ha tantissima. È l'ennesimo indizio sull'esistenza di un complotto. Considerato che quel complotto si è concluso con la morte sia di Patrick sia di Keith, è fondamentale per me raccogliere ogni indizio possibile.»
«È per questo che sei in crisi con Selena?»
«Non la chiamerei una vera e propria crisi. Ci frequentiamo da poco, dopotutto. Non c'è mai stato niente di davvero serio tra di noi.»
«Sì, me l'hai già detto, ma non ne sembravi molto convinto. Si capisce che ti piace molto e l'impressione che ho avuto è che per lei sia la stessa cosa.»
«Comunque no» ribadì Oliver, «Non è questa la ragione per cui ci sono stati dei problemi tra me e Selena. Anzi, se devo essere sincero, non posso nemmeno dire di avere dei problemi con lei. È una situazione strana, tutto qui.»
«Con te non c'è niente che non sia strano» replicò Emma. «A volte mi chiedo chi sei veramente.»
«Sono quello che vedi.»
«No, sento che c'è di più.»
«Un'altra fissata con l'idea che io abbia degli scheletri in cantina?»
Emma rise.
«No, non penso che tu abbia degli scheletri in cantina. Non mi sembri il tipo. Però qualcosa da nascondere ce l'hai di sicuro.»
Oliver alzò le spalle.
«Tutti abbiamo qualcosa da nascondere.»
«Tu un po' più degli altri, ma non è un male. L'essere così misterioso ti rende più affascinante.»
«Ci stai provando con me?»
«No, figurati, sei troppo giovane. Diciamo solo che mi ricordi qualcuno con cui sono stata insieme in passato.»
Oliver ridacchiò.
«Mi stai paragonando a Patrick Herrmann?»
Emma indietreggiò.
«Come hai fatto a capirlo?»
«Veramente scherzavo.»
«Io no. C'è qualcosa, in te, che mi ricorda lui, anche se non riesco a capire cosa. Dopotutto ti comporti in modo molto diverso e sei molto meno stronzo. Eppure, quando penso a te, mi torna sempre in mente Patrick.»
«L'idea di essere paragonato a un pilota per cui ho sempre nutrito molta stima mi lusinga, ma credo di non avere tante cose in comune con lui.»
«Lascia stare, era solo una riflessione. Dimenticala.»
«Okay, la dimenticherò, non preoccuparti.»
 
******
 
Qualcosa era cambiato, il vento non c'era più e doveva avere appena smesso di piovere. Dentro di sé, però, Oliver era sempre lo stesso di sempre e cercava le stesse risposte di sempre, pur senza la certezza che Keith Harrison potesse fornirgliele.
L'altro si guardò intorno, quando lo vide arrivare.
«Oggi Selena non dorme con te?»
«No.»
«Ne sei sicuro? Non apparirà di nuovo, come l'altra volta?»
«Selena se n'è andata nel corso della scorsa notte lasciandomi un biglietto» spiegò Oliver. «Mi è sembrato di capire che non se la senta di stare vicina a me in questo momento. Avrei voluto chiederle conferma, ma non sono riuscito a parlarle di persona oggi. Quindi stai tranquillo, Selena non ci sarà.»
«Per me non è un problema» chiarì Keith. «È una situazione che posso affrontare. Eri tu quello un po' sconvolto.»
Oliver tagliò corto: «Non voglio parlare di Selena.»
«Non so se esserne sollevato o se preoccuparmi.»
«Non sei obbligato a prendere una posizione. Ti devo chiedere una cosa su Emma.»
«Come sta?»
«Bene, ma ti ho detto che devo chiederti una cosa su Emma, non che potevi farmi delle domande su di lei. È una fortuna che io sia qui, perché parlarne con lei non è servito a molto.»
«Parlarle di cosa?»
«Di quando siete tornati insieme, dopo che lei aveva deciso di lasciare Patrick.»
«Perché gliel'hai chiesto?»
«Perché ho ricordato qualcosa. C'entra Kathy Di Francesco.»
«Con me ed Emma?»
«Non proprio. Ti racconterò io quello che è successo, tu mi confermerai solo se è vero: dopo avere scoperto che Emma ti aveva tradito con Patrick, non ne volevi più sapere di lei. Hai cercato in tutti i modi di non averci a che fare, se non quando eri costretto durante le interviste...»
Keith interruppe quella ricostruzione: «Diciamo pure che alcune sono riuscito a evitarle.»
Oliver lo ignorò.
«A un certo punto, tuttavia, hai deciso di fare un passo indietro. Hai capito che, se volevi avere la speranza di tornare insieme a lei, dovevi comportarti in un altro modo. Hai cercato di venirle incontro, le hai chiesto di vedervi e le hai espresso il desiderio di tornare insieme. Però non te ne sei convinto da solo. È stato Gigi Di Francesco a convincerti che la cosa giusta per te era tornare insieme a tua moglie.»
«Sì, obiettivamente parlando, almeno quella volta ha fatto una cosa utile» confermò Keith. «Mi ha fatto piacere che si preoccupasse così tanto per me.»
«Non si preoccupava per te.»
«Sì, invece. Lo so, in molte occasioni si è comportato da stronzo, ma in quella...»
Oliver lo interruppe: «Te lo ripeto, Harrison, a Gigi Di Francesco non importava un fico secco dei tuoi sentimenti. Gli serviva solo un modo per allontanare Emma e Patrick e ne avrebbe trovato un altro, se tu non avessi collaborato.»
«Tutto ciò non ha senso» obiettò Keith. «Perché Di Francesco avrebbe dovuto preoccuparsi di quello che faceva Emma nella sua vita privata?»
«Non gli importava niente né di Emma né di te, infatti» precisò Oliver. «Gigi Di Francesco aveva bisogno che la sua ex moglie Kathy, con la quale ai tempi fingeva ancora di stare insieme, diventasse l'amante di Patrick. Ora, sicuramente Patrick era abbastanza sensibile al fascino femminile, ma Di Francesco voleva essere sicuro che non la snobbasse. Quindi ha deciso di togliere di mezzo Emma, perché Kathy potesse avere campo libero e potesse instaurare una relazione clandestina con Patrick. Non bastava che andassero a letto insieme solo una volta o due.»
«Perché non bastava? Se lo scopo di Di Francesco era solo quello di trovare un pretesto per cacciarti... ehm, per cacciare Patrick dalla squadra, a cosa gli serviva che ci fosse una relazione duratura tra lui e Kathy?»
«Ho ricordato una cosa, Keith» gli confidò Oliver. «Ho ricordato che Patrick sapeva tutto. Sapeva perfettamente che Kathy e Di Francesco erano d'accordo. Ha deciso di spontanea volontà di infilarsi in quella situazione e l'ha fatto per uno scopo, che non era certo quello di dare a Di Francesco un pretesto per buttarlo fuori dalla squadra.»
«Questo, però, non cambia il punto di partenza» replicò Keith. «Che importanza ha che Patrick lo sapesse? Lo scopo di Gigi doveva essere quello.»
Oliver scosse la testa.
«No, lo scopo di Gigi Di Francesco era che Kathy potesse scoprire se Patrick sapeva qualcosa di preciso sulla faccenda di Diaz. Finora siamo sempre partiti dal presupposto che quella che Patrick sbandierava ai quattro venti sull'incidente - una negligenza del team - fosse la verità. Di Francesco, però, era davvero preoccupato, se ha deciso che doveva essere tenuto sotto controllo. Patrick ha accettato quel controllo proprio per scoprire cosa ci fosse sotto.»
«E l'ha scoperto?»
«Se l'avesse scoperto, lo saprei anch'io. Ricordo solo che Kathy non sembrava molto tranquilla, quando parlava delle faccende che riguardavano suo marito, un po' come se sapesse a sua volta che c'era qualcosa di più. Quando Patrick ha perso il volante, deve essersi convinto che era meglio lasciare stare e non indagare più a fondo, concentrandosi su ciò che poteva essere facilmente sospettabile. Dopo l'ingaggio da parte della Dynasty, infatti, ha ripreso a parlare degli errori della Whisper che erano costati la vita a Diaz. Però credo che, arrivati a questo punto, sia meglio chiedercelo: siamo sicuri che si trattasse di un tragico errore? Che Emiliano Diaz sia morto perché qualcuno ha sbagliato e non perché qualcuno l'ha mandato deliberatamente a morire?»
Keith spalancò gli occhi.
«Che cazzo stai dicendo, Patrick?!»
«Ti ho già detto che preferisco essere chiamato Oliver.»
«Non me ne importa un cazzo di quale nome preferisci! Cos'è questa nuova storia? Se c'era una certezza, era che almeno l'incidente di Emiliano non fosse avvenuto in malafede.»
«Solo perché qualcosa viene considerato una certezza, non significa che sia esatto» sentenziò Oliver. «Abbiamo dato per scontato qualcosa che non lo era. Siamo partiti dalla... mhm... dalla nostra morte, se così la vogliamo chiamare. Pur essendo convinti che il punto di partenza fosse Diaz, abbiamo pensato che fosse solo una parte del tutto. Invece no, Emiliano era il fulcro di questa storia. Siamo stati fatti fuori perché qualcuno temeva fossimo al corrente di fatti che in realtà non sospettavamo nemmeno.»
«E Emiliano, perché sarebbe stato eliminato?»
«Ho un sospetto, ma è un'idea disgustosa. Preferisco non parlartene, per il momento.»
 
 

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Capitolo 13
*** [Selena] ***


Keira Roberts aveva sette anni in meno del fratello - anche se sembrava molto più giovane della sua età anagrafica - e condivideva la sua passione per i motori. Si occupava di comunicazione per una squadra motoristica italiana ed era stata invitata a Imola da Veronica Young, all'insaputa del fratello, per assistere alle due gare dell'evento.
Selena l'aveva incontrata soltanto un paio di volte, in precedenza, ma se la ricordava bene. Parlava molto e il novanta per cento delle sue conversazioni vertevano sull'argomento motori. Pur lavorando per una serie vista come diretta concorrente della Diamond Formula, anche quel campionato la appassionava molto ed era al corrente di molti dettagli e aneddoti anche di un passato piuttosto lontano.
Era stata piuttosto estasiata nello scoprire da Edward, quando finalmente si erano visti, della conoscenza tra Selena e Oliver Fischer. Le aveva riferito di stimarlo molto e di provare un grande interesse per il potenziale libro che intendeva scrivere. Aveva insistito per farselo presentare e, quando Selena aveva cercato di rifiutare, Edward era intervenuto per convincerla. Sebbene l'idea di rivederlo non la facesse impazzire di gioia, si era quindi rassegnata e gli aveva dato appuntamento nel luogo stabilito da Edward e Keira per quello che era stato ribattezzato da quest'ultima "incontro per un drink analcolico a base di motorsport vintage".
Selena stava controllando l'orologio quando Oliver arrivò, in leggero ritardo. Salutò Selena ed Edward con un cenno, poi si sedette al loro tavolo, rivolgendosi alla sorella del pilota.
«Tu dovresti essere Keira.»
«Esatto, sono Keira, e sono contentissima di conoscerti.»
«Selena ti ha parlato molto di me?»
«Veramente no.»
Oliver ridacchiò.
«Spero che non l'abbia fatto nemmeno tuo fratello.»
«Se le avessi parlato molto di te» ribatté Edward, «Non sono sicuro che sarebbe stata così felice all'idea di conoscerti.»
«Nessuno mi ha parlato di te, mi sono informata da sola e ti ho menzionato per caso mentre parlavo con Edward» lo informò Keira. «Volere scrivere un libro su Patrick Herrmann è un punto a tuo favore. Anzi, sono almeno dieci o venti punti.»
Oliver azzardò: «Era il tuo idolo, quando eri una ragazzina?» Si rivolse a Edward: «Quando tu non eri ancora famoso abbastanza da farla diventare una tua tifosa, intendo.»
Keira scosse la testa.
«No, affatto, non tifavo Herrmann. Il mio idolo d'infanzia era Keith Harrison. Quindi, se ci fossimo incontrati da ragazzini, molto probabilmente io e te non saremmo andati d'accordo.»
«Da ragazzino» chiarì Oliver, «Non ero un grande appassionato di motori. Diciamo che ho scoperto Patrick Herrmann dopo la sua morte e ne sono rimasto affascinato.»
«Come tanti.»
«No, non proprio.»
«Non fraintendermi» puntualizzò Keira. «Non intendevo dire che tu sia diventato un suo tifoso postumo, o quantomeno, non in senso negativo. Ci sono molti che erano suoi detrattori quando era in vita che poi l'hanno definito il loro idolo o hanno sostenuto di avere sempre tifato per lui. Non ti stavo accusando di questo. Stavo semplicemente dicendo che quell'incidente ha contribuito a farlo conoscere maggiormente e che tanti che non l'hanno visto correre si sono affezionati in seguito alle sue imprese.»
Oliver annuì.
«Sì, è stato qualcosa del genere anche per me.»
«E di Keith Harrison che cosa ne pensi?»
«Penso che sia stato un grande pilota.»
«Quindi intendi parlare bene di lui?»
Selena ritenne fosse opportuno intervenire.
«Scusami l'intrusione, Keira, ma non mi sembra opportuno chiedere a Oliver cosa intenda scrivere nel suo libro.»
«E perché no?» obiettò Oliver. «Mi fa piacere condividere qualche indiscrezione. Siamo tra amici, dopotutto.»
«Ecco, se per te non è un problema» insisté Keira, «Posso chiederti come intendi parlare di Harrison? Lo screditerai come fanno certi sostenitori di Herrmann ancora al giorno d'oggi, oppure ne farai un ritratto positivo?»
«Io non parlo mai male di chi non ha fatto niente per meritarselo» precisò Oliver. «Il fatto che sia stato uno degli avversari più accaniti di Patrick Herrmann non significa niente per me. Provo rispetto per qualunque pilota e non potrei certo fare un'eccezione per uno che ha un curriculum come quello di Harrison.»
Edward si intromise: «Non preoccuparti, Keira, Oliver non è uno di quei giornalisti che cercano di attirare l'attenzione a tutti i costi. Non si inventerà nulla.»
Oliver azzardò: «Stai dicendo che mi stimi come giornalista?»
Edward ridacchiò.
«Non allargarti troppo. Ho detto solo che tutto sommato c'è di peggio.»
Oliver disse qualcosa che a Selena sfuggì: aveva percepito una vibrazione provenire dalla propria borsa.
La aprì e prese fuori lo smartphone. Aveva ricevuto un messaggio: "Ho bisogno di parlarti subito". Proveniva da un numero che non aveva memorizzato in rubrica, ma che riconobbe subito come quello del dottor Parker.
La soluzione più semplice sarebbe stata quella di bloccarlo, ma in tal caso non avrebbe mai scoperto cosa desiderasse. La conversazione telefonica che avevano avuto le sembrava ormai solo un cumulo di scuse.
Gli scrisse: "Di cosa dovrebbe parlarmi?"
Non fu necessario attendere molto.
"Chiamami subito."
Non era una richiesta, era un ordine, e Selena sentiva che era meglio non ignorarlo.
Si alzò.
«Vado un attimo in bagno.»
Edward e Oliver diedero segno di averla sentita, mentre Keira continuava a parlare di Patrick Herrmann e Keith Harrison senza fare caso a lei.
Meglio così, si disse Selena. Sarebbe stato peggio se avesse avvertito a sua volta l'impellente bisogno di recarsi alla toilette, impedendole di telefonare al dottor Parker in completa solitudine.
Giunta in bagno fu tentata per un attimo di cancellare il numero dell'uomo che si era messo in contatto con lei e di fingere che sia la loro telefonata sia i messaggi ricevuti non fossero mai esistiti, ma non era la soluzione migliore e lo sapeva. Il dottor Parker era come sua madre, non faceva niente per niente. Ignorarlo avrebbe potuto avere effetti ben peggiori che assecondarlo.
Fece partire la telefonata e attese. Sapeva che non sarebbe servito tanto tempo.
Andò proprio così. Il dottor Parker doveva avere il telefono in mano, dato che rispose dopo appena uno squillo.
«Buonasera Selena.»
«Buonasera, dottor Parker. A cosa devo l'onore?»
«Lo sai bene.»
«Oh, no, affatto. Non so se sono stata inquadrata di nuovo da qualche telegiornale.»
«Non servono tante inquadrature. Una è bastata per scatenare l'effetto che sai bene.»
«No, non conosco gli effetti» replicò Selena. «Non sono sicura che lei mi stia dicendo la verità. Se mia madre ha qualcosa da dirmi, potrebbe essere lei a mettersi in contatto con me.»
«Non scherzare, Selena, Alexandra non perde tempo a parlare con te» replicò il dottor Parker. «E poi, alla fine, anch'io so prendere le mie decisioni.»
«Cosa intende dire?»
«Che quello che pensa Alexandra mi interessa, ma solo relativamente. Io non prendo ordini da nessuno, nemmeno da tua madre.»
«Invece si aspetta che io obbedisca alle sue assurde richieste, immagino.»
«No, mi aspetto che tu obbedisca alle mie richieste sensate, Selena» mise in chiaro il dottor Parker. «Dimenticati di Alexandra. Te l'ho detto, non c'è al cento per cento con la testa. Tocca a me decidere che cosa sia giusto che tu faccia. Mi sento in dovere di tutelarla. Il fatto che tu abbia delle frequentazioni poco rispettabili, con gente pericolosa, non è di mio gradimento. Ti conviene chiudere con Oliver Fischer, prima che succeda qualcosa di spiacevole.»
Selena puntualizzò: «Oliver Fischer non è una persona pericolosa.»
«Se fosse pericoloso per te» replicò il dottor Parker, «La cosa non mi riguarderebbe. Non è la tua tutela che mi preme. Li conosco, quelli della specie di Fischer. Sono pronti a inventarsi qualsiasi cosa, pur di guadagnare.»
«Devo ricordarle cos'ha fatto lei, per soldi?»
«Non cambiare discorso, Selena. Tu stessa hai fatto la stessa cosa, per soldi.»
«Non l'ho fatto per soldi, l'ho fatto perché pensavo fosse la cosa migliore per...» Selena esitò. «Per mio figlio. Non mi sbagliavo. Sarebbe stato terribile per lui crescere con gente come voi.»
«Non divagare, Selena» la avvertì il dottor Parker. «Stavamo parlando del tuo amico Fischer.»
«Non mi sembra avessimo molto da dire sul mio amico Fischer.»
«Invece sì, Selena. Te l'ho detto, quel tipo può rivelarsi un pericolo. Le possibilità sono due: o smetti di vederlo, oppure ne affronterai le conseguenze. O per meglio dire, sarà il tuo amico a doverne affrontare le conseguenze.»
«Cosa vuole dire?»
«Voglio dire che potrebbe accadergli qualcosa di molto spiacevole... e prima che tu mi dica che non Oliver non ha niente da temere, sappi che ho contatti con qualcuno che sta molto vicino a voi anche in questo momento. O smetti di frequentare Fischer e di dargli corda a proposito di quel suo maledetto libro, oppure ne pagherà le conseguenze.»
Selena cercò di non perdere la calma.
«Sta bluffando.»
«No, affatto. Tu non sai chi sono io.»
«No, non lo so, ma dubito che abbia contatti con qualcuno che possa fare del male a me o a Oliver.»
«Te lo ripeto, non voglio che qualcuno faccia del male a te. Per questo motivo ti ho vivamente suggerito di chiudere con Fischer. Sto cercando di tutelarti, Selena, anche se non è quello che tua madre vorrebbe. Sono certo che a lei non importerebbe se qualcuno facesse del male anche a te.»
Selena fece per replicare, ma non fu possibile: il dottor Parker aveva già riattaccato.
 
******
 
«Anche la prima gara di Nakamura ce l'ho ancora in mente, fu piuttosto scatenato fin da subito e...»
Keira si fermò dopo avere ricevuto un calcio sotto al tavolo.
Scoccò a Edward un'occhiata di fuoco, senza dire niente.
Suo fratello osservò: «Si sta facendo tardi. Credo che farei meglio ad andare a dormire. Domani sarà una giornata lunga e intensa per me.»
Keira sospirò.
«Di già?»
«Sì, dolcezza, e il fatto che tu sia logorroica ha contribuito a farmi stancare ancora più in fretta» ribatté Edward. «Mi dispiace, Oliver, non te l'avevo detto, ma mia sorella a volte quando inizia a parlare non finisce più. E poi, a volte... diciamo sempre, in realtà.»
Oliver intervenne in sua difesa: «Non ci sono problemi. Mi ha fatto molto piacere parlare con lei. Non capita tutti i giorni di avere a che fare con qualcuno che conosca così bene la storia della Diamond Formula.»
«Ti avverto, non conosce solo quella» ribatté Edward. «Se resti qui ancora un po', c'è caso che si metta a parlarti anche della storia della scissione tra IRL e CART o del tentativo dell'associazione dei team di Formula 1 di avviare un campionato alternativo, lo scorso decennio.»
«Sarebbero tutti argomenti di mio interesse» lo informò Oliver.
Keira gli lanciò un'occhiata riconoscente.
«Vedi, Edward? Tu sei l'unico che si rompe le scatole quando parlo... anzi, uno dei due, dato che, a quanto pare, Selena ha deciso di trasferirsi definitivamente in bagno.»
«Potresti andare a vedere come sta» suggerì Edward. «Non vorrei che non si sentisse bene.»
«Non sarà così sensibile, mi auguro. Va bene, so che Patrick Herrmann era il suo fidanzato, ma si tratta di un sacco di tempo fa. Ormai si sarà messa il cuore in pace. Si sarà trovata un altro uomo, immagino.»
«Sì, esatto, quello che hai tartassato a proposito di Herrmann, Harrison, le sorelle Strauss, Nakamura...»
«Oh, non l'avevo capito» replicò Keira. «Mi avevi detto che erano amici, tutto qui. Allora non c'è bisogno che vada io a cercare Selena, può andarci Oliver, tanto l'ingresso del bagno degli uomini e delle donne è lo stesso, nessuno avrà niente di cui lamentarsi.»
Le parve che Fischer esitasse, ma alla fine si alzò e si diresse verso la toilette.
Keira borbottò: «Adesso lo capisci perché sono single?»
«Veramente no» ammise Edward. «Anzi, non capisco che cosa c'entri con Selena e con Oliver.»
«Quelli interessanti sono già tutti quanti impegnati.»
Edward sbuffò.
«Oh, no, non mi dire che anche secondo te Fischer è un tipo interessante!»
«Sì, perché?»
«Non riesco proprio a capire che cosa ci trovi Selena in lui. Non fraintendermi, è un tipo a posto, anche se all'inizio mi aveva fatto una pessima impressione, ma ci sono decine di uomini più interessanti di quel giornalista. Non capisco perché Selena si sia presa una cotta proprio per lui.»
«Decine di uomini più interessanti, di cui uno saresti tu?» ipotizzò Keira.
«Anche.»
«Ti auguro di coronare i tuoi sogni, allora, prima o poi.»
Edward le strizzò un occhio.
«Sono certo che succederà, prima o poi.»
«Ti vedo molto ottimista, in proposito.»
«Più ottimista di quanto dovrei sembrare ora che Oliver le sta intorno? Sì, può darsi, ma sono fiducioso. In passato Selena mi ha rifiutato perché sosteneva di sentirsi ancora troppo legata a Patrick. Il fatto che ora stia insieme a Oliver cambia le cose.»
«Giusto» convenne Keira. «Non puoi competere contro il grande amore della sua giovinezza, ma sicuramente puoi avere una chance contro un tizio uscito dal nulla. Prima o poi Selena si stancherà di lui come stasera si è stancata di starmi a sentire.»
«Diciamo che è quello che spero» confermò Edward. «Quando Selena aprirà gli occhi e si accorgerà che cosa provo per lei, magari le cose cambieranno.»
 
******
 
«Ehi, va tutto bene?»
Selena sussultò.
«Oliver, perché sei qui?»
«Non arrivavi mai, quindi ci chiedevamo che fine avessi fatto.»
«Oh, capisco.» La risposta, in effetti, era molto più semplice di quanto Selena avesse immaginato. «Scusa, ero al telefono.»
«Non c'è problema, per me» replicò Oliver. «Solo, Edward se ne stava andando...»
«Di già?»
«Ha detto che per lui è ormai troppo tardi. Voleva salutarti.»
«Ho capito. Scusa, scusatemi tutti. Mi dispiace per essermi allontanata. Non volevo dare l'impressione di non trovarmi bene con voi. Certo, Keira è un po' un vulcano, quando inizia a parlare, ma mi sono trovata bene con voi.»
«Dal tuo tono non si direbbe» ribatté Oliver, «Ma ormai credo di conoscerti abbastanza per intuire che il problema non è Keira. Ero io, forse?»
«No.»
«Mi dispiace se ho fatto qualcosa di sbagliato, non stasera, intendo, ma...»
Selena lo interruppe: «Non hai fatto niente di sbagliato, né stasera né in altri momenti. È vero, me ne sono andata lasciandoti quel biglietto, ma non hai fatto niente di male. Solo, mi sono sentita un po' a disagio e non sono sicura di quello che voglio. Hai ragione, è successo qualcosa, stasera, ma non c'entri tu.»
«Allora» dedusse Oliver, «Era colpa di quella telefonata. Chi era, ancora il dottor Parker?»
«Come hai fatto a capirlo?»
«L'altra volta mi sembravi più preoccupata di quanto volessi far credere. Cosa pensi che possa succedere? Cosa vuole quell'uomo da te?»
Selena sospirò.
«Da me niente, invece vuole qualcosa da te.»
«Me l'hai detto, tua madre non approva la nostra relazione e quel tizio ci ha tenuto a riferirtelo, ma perché dovremmo metterci dei problemi per questo? Cos'altro c'è? Ti ha minacciata di rivelare il tuo segreto?»
Selena scosse la testa.
«Non lo farebbe mai, lui e mia madre sarebbero i primi a ritrovarsi coinvolti. E poi cosa c'entri tu con il mio passato?»
«Già, cosa c'entro?» ammise Oliver. «C'è da dire, comunque, che è tutto abbastanza strano, se è come lo racconti.»
«Puoi dirlo forte. Non so nemmeno fino a che punto mia madre l'abbia incaricato di chiamarmi la prima volta. Va bene, mia madre non approva che io abbia contatti con la Diamond Formula o con gente che ci lavora, figuriamoci tu, che stai scrivendo un libro su Patrick, che lei vorrebbe cancellare definitivamente dalla storia del motorsport e non solo da quella, ma perché dovrebbe essere un problema del dottor Parker? Stasera mi ha detto esplicitamente che l'iniziativa è stata sua.»
«Eppure quel tale non dovrebbe essere turbato da un libro su Patrick Herrmann, giusto?»
«Giusto. Dubito che l'abbia mai incontrato in vita sua.»
«Quindi perché dovrebbe mettersi questi problemi per il libro?»
«Esatto, è proprio questo il punto» convenne Selena. «Mia madre potrà avere le sue ossessioni, ma un libro su Patrick in cui viene citata solo di sfuggita e per questioni puramente professionali non dovrebbe dare problemi al dottor Parker. Eppure mi ha fatto capire che, se continuo a frequentarti, potrebbe accaderti qualcosa di spiacevole, perché ha dei contatti vicino a te.»
«Contatti molto tranquilli, se potrebbe succedermi qualcosa grazie a loro» borbottò Oliver. «Ti dirò, non è la prima volta che ricevo minacce o che qualcuno vuole mettermi a tacere, ma è la prima volta che a farlo è un perfetto sconosciuto. Credo che questa situazione vada approfondita.»
«Non saprei come.»
«Dove vivono tua madre e questo dottor Parker?»
«Lontano abbastanza da non essere normale, per Parker, avere degli agganci da queste parti, in caso si presenti la necessità di costringere qualcuno a stare zitto.»
«Confermo, questa storia va approfondita. Se al dottor Parker interessa così tanto silenziare uno sprovveduto giornalista televisivo che intende scrivere un libro sulla vita e sulla carriera di Patrick Herrmann significa una cosa sola: a un certo punto, in un modo o nell'altro, la sua strada deve essersi incrociata con quella di Patrick Herrmann. È possibile che si siano incontrati grazie a tua madre?»
«Come ho già detto, mi sembra molto improbabile che si siano mai conosciuti, tuttavia non posso escluderlo completamente» ammise Selena. «Non so in quali rapporti fosse mia madre con il dottore prima del concepimento di Thomas, ma se l'ha trascinato in quella storia vuole dire che si fidava di lui abbastanza da metterlo in mezzo. Questo lascerebbe intuire che si conoscessero piuttosto bene anche prima.»
«Eppure non ti viene in mente alcun motivo per cui Parker dovrebbe avere conosciuto Herrmann» ipotizzò Oliver. «Dopotutto tra Patrick e la signora Alexandra c'era un rapporto puramente professionale, o almeno era quanto tua madre ci teneva a far credere. Di conseguenza, se Parker ha conosciuto Herrmann, deve essersi trattato di una conoscenza superficiale, dettata più da un incontro casuale che da altro. Giusto?»
«Giusto.»
«A meno che» azzardò Oliver, «La mia ipotesi sul fatto che il dottor Parker menta sulla propria identità non fosse corretta.»
Selena spalancò gli occhi.
«Mi stai dicendo che la ragione di ipotetici contatti avvenuti a suo tempo tra il dottor Parker e Patrick potrebbe avere a che fare con una sua ipotetica identità fasulla?»
«Non proprio» rispose Oliver, «Però in un certo senso potrebbe spiegare molte cose. Non so se mi segui: così come lo conosci tu, il dottor Parker non avrebbe avuto motivi per avere a che fare con Patrick Herrmann, tanto da non volere che tu ti veda con me che sto scrivendo un libro su di lui. Se però non fosse il "dottor Parker", ma un'altra persona, potrebbe avere le sue buone ragioni per avere avuto a che fare con Herrmann in passato. Solo, non sapendo chi è veramente, non abbiamo idea di quale possa essere il motivo. Il fatto che Parker abbia in qualche modo conosciuto Herrmann, inoltre, potrebbe spiegare come mai sostenga di avere dei contatti con qualcuno che potrebbe mettermi a tacere. Avendo avuto a che fare con Patrick Herrmann, potrebbe avere conosciuto qualcuno del mio ambiente.»
«E mia madre?» obiettò Selena. «Mia madre non sa niente?»
«In effetti è molto improbabile che abbia potuto mentirle per almeno quindici anni. Peraltro non abbiamo nemmeno prove che, se la sua identità di dottor Parker è falsa, utilizzi documenti falsi e si spacci effettivamente per quello che non è. Sappiamo che mente a te e che potrebbe avere mentito o mentire alla signora Alexandra...»
Selena lo interruppe: «Sospettiamo, non sappiamo.»
Oliver annuì.
«Hai ragione, mi sono lasciato trascinare un po' troppo. Sospettiamo questo, dicevo, ma non abbiamo prove che abbia mentito ad altri se non a te. Dopotutto tu stessa hai detto che, quando vivevi con lui durante la gravidanza di tua madre, non avevate mai contatti con altre persone. Quindi mi pare di capire che tu non abbia mai visto il dottor Parker interagire con persone che non fossero tua madre.»
«Proprio così.»
«E lei come lo chiamava?»
«Thomas o Tom. Non si è mai rivolta a lui chiamandolo per cognome. Erano abbastanza in confidenza già allora.»
«Questo non è molto d'aiuto.»
«In ogni caso non vedo come sia possibile che menta a mia madre da quindici anni.»
«Infatti i casi sono due: o l'ha plagiata, oppure la signora Alexandra ha accettato di reggergli il gioco. Dopotutto si tratterebbe solo di mentire a te e non credo che questo le pesi molto.»
«Però, se il dottor Parker avesse avuto a che fare con Patrick, le ragioni per mentire sulla sua identità potrebbero essere diverse da quelle che avevamo ipotizzato finora» suggerì Selena. «Magari, per qualche ragione, temeva che io potessi riconoscerlo o ricollegarlo a qualcuno.»
«Anche questo è vero, ma a una condizione» rispose Oliver.
«Ovvero?»
«Ovvero che ci sia qualcosa di torbido. Altrimenti perché fingere di essere un'altra persona? Solo perché aveva conosciuto il tuo fidanzato?»
«Esatto... ma appunto, perché dovrebbe avere qualcosa in contrario al fatto che tu stia scrivendo un libro in proposito, se non avesse niente di torbido da nascondere? Il fatto che Patrick fosse il mio fidanzato, di per sé, non è sufficiente a giustificare un simile comportamento.»
Oliver concluse: «Questo dottor Parker deve avere degli scheletri nell'armadio piuttosto grossi e difficili da nascondere, se si è scomodato di contattarti dopo tanti anni nella speranza di allontanarti da me. Questo suggerisce che sia proprio la nostra vicinanza ad apparirgli come un pericolo. Altrimenti, se anche conoscesse persone capaci di convincermi con qualsiasi mezzo che scrivere un libro su Herrmann non è una buona idea, avrebbe evitato di coinvolgerti.»
«Questa mi sembra un'ottima considerazione» convenne Selena. «Il vero obiettivo di Parker doveva essere quello di spaventare me, perché ha paura che possa rivelarti qualcosa che potresti scrivere nel tuo libro.»
«Già, ma cosa? Che cosa sai che potrebbe fare luce su quanto accaduto a Herrmann?»
«Non ne ho idea. È proprio questo il punto, non ne ho la più pallida idea.»
«Credo che sia doveroso farti una domanda. Non vorrei, ma devo.»
«Quale?»
«Cosa sai, effettivamente, della morte di Emiliano Diaz?»
Selena spalancò gli occhi.
«Emiliano Diaz? Cosa c'entra...»
Oliver non la lasciò finire.
«Non preoccuparti adesso di cosa c'entra. Dimmi solo cosa sai di Emiliano Diaz.»
«Solo ed esclusivamente quello che sanno gli altri. Patrick non mi parlava molto di faccende legate alle gare. Sapevo che era in costante polemica con la Whisper Motorsport per certe sue dichiarazioni e che il team principal di quella squadra ce l'aveva con lui, ma non credo di potere aggiungere altro.»
«Però sai che Patrick, poco prima di morire, aveva incontrato Keith Harrison per parlargli di una questione legata a un fatto avvenuto nel Gran Premio di Imola, immagino.»
Finalmente una domanda a cui Selena potesse rispondere con certezza: «Sì, c'ero anch'io e ho ascoltato parte della loro conversazione. La squadra per cui correva Patrick e quella per cui correva Keith volevano accordarsi su come far finire il mondiale, ma Patrick non era d'accordo. Quello che era successo l'aveva scosso, al punto tale da convincerlo a confidarsi con il suo nemico giurato. Patrick era convinto che ci fosse qualcosa di ancora più losco di quello che gli era stato spiegato e non voleva piegarsi alle volontà di chi riteneva corrotto. Oltre a questo, purtroppo, non so dirti molto. A un certo punto mi ha riferito che, per evitare di destare sospetti, non avrebbe parlato direttamente con Keith nel weekend imminente, ma che, se ci fosse stata la necessità impellente di qualche comunicazione, Keith avrebbe mandato Emma ad avvertirmi.»
«Lo so.»
«Te l'ha detto Emma?»
«Sì, mi ha raccontato la sua versione dei fatti.»
«Volevi accertarti che coincidesse con la mia?»
«Non proprio, in realtà. Mi fido sia di te sia di Emma. A proposito di Emma, immagino che non si sia mai messa in contatto con te.»
«No.»
«Ricordi di averla vista, il giorno di quella gara fatale?»
Selena rifletté un attimo.
«Sì, mi pare di sì. Mi era anche sembrato che venisse verso di me, a un certo punto, nel pre-gara, ma a ripensarci ne dubito. Ero con mia madre, forse voleva strapparle qualche parola per la TV. Deve avere rinunciato perché c'ero io.»
«No» replicò Oliver. «Non è andata proprio così. Emma voleva venire a parlare con te, ma la presenza della signora Alexandra le ha fatto cambiare idea.»
«Sai anche cosa dovesse dirmi Emma?»
«In un certo senso sì. Voleva informarti che Keith doveva parlare con urgenza con Patrick e che era una questione di vita o di morte. Purtroppo ha preferito aspettare di trovarti da sola. Non si rendeva conto di quanto fosse urgente avvertirvi.»
«Avvertirci di cosa?»
Oliver fece un profondo sospiro.
«Credo che tu sia pronta per affrontare la mia ricostruzione.»
«Di cosa parli?»
«Parlo dell'incidente di Patrick Herrmann... che non è stato un incidente.»
Selena sussultò.
«Come non è stato un incidente? Allora chi è stato a...»
Oliver la interruppe: «Parla piano. Non so chi è stato. O meglio, tutto è partito da Gigi Di Francesco, ma non so chi l'abbia aiutato. Keith l'aveva scoperto, aveva scoperto che la monoposto di Patrick era stata sabotata. Per quello voleva metterlo in guardia, prima di quella gara.»
Selena dedusse: «Eppure non ha potuto farlo, perché io non ero sola. È questo che vuoi dire?»
Oliver replicò: «Diciamo che Emma non pensava che la situazione fosse così drammatica, altrimenti avrebbe trovato un altro modo per mettersi in contatto con Patrick. Non c'era niente che tu potessi fare. Lo stesso Keith si è reso conto... mhm... deve essersi reso conto che non c'erano molte possibilità di evitare una catastrofe. Per quella ragione ha fatto quello che ha fatto.»
«Di cosa parli? Non capisco.»
«Keith sperava che per evitare la catastrofe bastasse far sì che Patrick rimanesse al volante di quella vettura il meno a lungo possibile. Appena ha avuto un'occasione per farlo, l'ha speronato, per metterlo fuori gioco. Il suo unico obiettivo era quello di impedire che qualcuno finisse per farsi troppo male.»
Selena scosse la testa.
«No, non è possibile.»
«Sì, invece» insisté Oliver. «Non potrò mai scriverlo nel mio libro, ma deve essere andata proprio così.»
«Non lo metto in discussione, tutto è possibile» obiettò Selena, «Ma se anche fosse, come puoi saperlo? Nessuno sapeva. Nessuno poteva sapere. Se anche Keith avesse avuto quelle intenzioni, non le aveva certo confidate a qualcuno. Si è portato il segreto nella tomba.»
Oliver ribadì: «Si tratta di una mia ricostruzione, infatti. Non volevo sconvolgerti, non...»
«No, non mi hai sconvolto» mise in chiaro Selena. «Quell'incidente è stato molto strano, di tanto in tanto mi è capitato di sentire qualcuno che azzardava l'ipotesi che non si fosse trattato di un normale incidente. Però nessuno può avere delle certezze come le tue. Chi sei davvero?»
«Di sicuro non sono la persona dietro all'incidente» ribatté Oliver. «Ai tempi ero troppo giovane.»
«Non sospetto di te, idiota. Solo, mi viene il sospetto che tu sappia più cose di quelle che è umanamente possibile sapere. Hai detto che senti di avere una parte dei ricordi di Patrick, ma se anche così fosse, com'è possibile che tu sappia cosa passava per la testa di Keith?»
«Non lo so, infatti» puntualizzò Oliver, pur dandole l'impressione di mentire. «Faccio ipotesi, che potrebbero un giorno trovare almeno una parte di conferme, tutto qui.»
 
******
 
Keira era seduta da sola da parecchio tempo quando Selena e Oliver tornarono finalmente al tavolo.
«Pensavo di dovere denunciare la vostra scomparsa» furono le parole con cui li accolse. «Ormai Edward se n'è andato.»
«Mi dispiace» disse Selena, con freddezza. «Mi sarebbe piaciuto salutarlo.»
«Se ti sarebbe piaciuto salutarlo» ribatté Keira, «Avresti potuto tornare prima. A questo punto dovrai accontentarti di rivederlo domani.»
Selena annuì.
«Sì, hai ragione. Scusa, devo essere sembrata scortese, sia a te sia a Edward. Mi dispiace per essere sparita così a lungo. Purtroppo avevo una faccenda da sbrigare e...»
Oliver la interruppe: «Non ti devi giustificare. È in parte colpa mia, sono stato io che ti ho fatto perdere tempo. Scusami, Keira, anch'io devo esserti sembrato piuttosto maleducato.»
Keira fece un mezzo sorriso.
«No, figurati. Sei l'unico che mi è stato a sentire con interesse, stasera.»
Selena non diede segno di essere infastidita da quella considerazione.
Oliver, da parte sua, replicò: «Hai una conoscenza enorme della Diamond Formula, ci può stare che altri si perdano un po', quando ti stanno a sentire.»
Keira ridacchiò.
«Alcuni non ci provano neanche.»
«Non preoccuparti, funziona così anche con me.»
«A proposito, tu sei esperto solo della Diamond Formula o ti intendi anche di altre serie?»
«Un po' di cultura generale c'è. La Diamond Formula, comunque, rimane il mio focus, anche perché ci lavoro.»
C'era un dubbio che balenava nella testa di Keira già da quel pomeriggio, pertanto decise di fare un tentativo.
«Ti ricordi Vanessa Molinari?»
«Mhm... Formula 3 italiana, metà anni '90, con qualche partecipazione in Formula 3000. Giusto?»
Keira sentì di provare una certa ammirazione per Oliver.
«Complimenti, in tanti l'hanno dimenticata.»
«Intorno al 2000 o giù di lì si è ritirata anonimamente dalle competizioni, se non sbaglio» rievocò Oliver. «Era considerata una dei più grandi talenti del motorsport al femminile. In molti erano convinti che sarebbe arrivata in alto e i suoi risultati lo dimostravano. Aveva avuto dei contatti con alcune squadre di Diamond Formula e perfino Gigi Di Francesco, che aveva sempre espresso posizioni piuttosto sessiste, si era detto impressionato dai suoi risultati, a un certo punto. Qualcuno aveva addirittura ipotizzato che potesse esserle offerto un ruolo come pilota titolare alla Whisper Motorsport, poco prima del suo improvviso ritiro.»
«Pare effettivamente che abbia guidato una vettura del team Whisper in alcuni test privati tenuti segreti, avvenuti nella sua ultima stagione agonistica» aggiunse Keira, «Ma non era di questo che volevo parlare. Credo di averla vista tra gli ospiti della Whisper, oggi pomeriggio. Anche se la proprietà del team è cambiata, così come la sua dirigenza, qualcuno deve avere ancora un occhio di riguardo per lei.»
«Come hai fatto a riconoscerla?» obiettò Oliver. «Le sue foto che conosciamo risalgono a quasi vent'anni fa.»
«Non è cambiata molto, se non nell'età» puntualizzò Keira. «Sono abbastanza sicura si trattasse di lei.»
«Se fosse lei, sarebbe molto interessante.»
«In che senso?»
«Mi piacerebbe scambiare qualche parola con lei, se fosse d'accordo. Domani riusciresti a indicarmela? Magari, con un po' di fortuna...»
Keira azzardò: «Non c'entra niente con il tuo libro su Herrmann, comunque.»
«No, non c'entra nulla, ma chi può dirlo» ribatté Oliver. «Se ha fatto dei test segreti per la Whisper, può comunque illuminarmi a proposito di Gigi Di Francesco.»
«Credo non ci sia bisogno di illuminare molto, su di lui» obiettò Keira. «Pare sia stato una figura controversa, ma è sempre stato rispettato per i suoi meriti nella gestione del team. A quei tempi la Whisper era davvero un'altra cosa. Chissà come sarebbe stato per Vanessa Molinari avere un'opportunità. Magari sarebbe stata lei, e non Claudia Strauss, la prima donna vincente della storia della Diamond Formula.»
Oliver azzardò: «Di Francesco non ne sarebbe stato molto soddisfatto. Probabilmente aveva pensato per lei, se davvero voleva offrirle un posto nel team, a un ruolo di secondo piano. D'altronde ai tempi dovevano esserci ancora Harrison, Herrmann...»
«Harrison, Herrmann e Diaz» lo corresse Keira. «Diaz era ancora vivo, ai tempi. Anche per questo temo che la Molinari possa essere poco utile alle tue ricerche per il libro.»
«Lascia decidere a me che cosa è utile e che cosa non lo è» ribatté Oliver. «Ovviamente, se non si tratta di lei oppure non desidera collaborare, non farò nulla per forzarla. Non preoccuparti, Keira, non sono così assillante come tuo fratello mi descrive.»
«Veramente Edward non ti ha mai descritto in termini così negativi» lo rassicurò Keira. «Al massimo pensa che tu sia un po'... come dire, sopravvalutato.»
Oliver non fece in tempo a dire nulla, in quanto Selena intervenne: «Sta iniziando a fare tardi anche per me.»
Si alzò in piedi, ormai pronta per andare via.
«Ti accompagno» si offrì Oliver.
Selena scosse la testa e affermò, in tono categorico: «No, non ce n'è bisogno. Vado da sola.»
Oliver fece per replicare, ma Keira si intromise per impedirglielo: «Hai ragione, tanto vale fare un tentativo.»
Oliver aggrottò la fronte.
«Di cosa parli?»
«Di Vanessa Molinari.»
«Ah, capisco.»
Selena li salutò, pronta ad allontanarsi. Keira ricambiò il suo saluto e Oliver fece la stessa cosa.
Rimasta da sola con il giornalista, Keira osservò: «La tua ragazza è una donna di poche parole. Me la immaginavo molto diversa.»
«La mia... mhm... ragazza?»
«Edward mi ha detto che state insieme. Sinceramente non l'avrei capito da sola: Selena è molto fredda nei tuoi confronti.»
«Selena mi piace esattamente com'è» chiarì Oliver, sulla difensiva.
Keira replicò: «Non stavo cercando di farti cambiare idea. Ciascuno ha i suoi gusti, dopotutto.»
«Preferirei non parlare della mia vita privata» mise in chiaro Oliver. «Io e Selena ci frequentiamo da poco e non c'è molto da dire.»
Keira azzardò: «Vi frequentate da poco e lei sta già iniziando a pentirsene?»
Oliver ribadì: «Ho detto che preferisco non parlarne.»
«Va bene, come vuoi» si arrese Keira. «Parliamo d'altro. Ti ho già detto che cosa penso del tuo lavoro, ora tu dimmi cosa ne pensi di quello che faccio io.»
«Prima dovresti spiegarmi in cosa consiste il tuo lavoro.»
«Non mi riferivo alle mie mansioni, quanto piuttosto al fatto che lavoro per una squadra di un certo campionato che un tempo era molto celebre.»
Oliver precisò: «Non ho niente contro i campionati che un tempo sono stati gloriosi e attualmente sembrano avere perso un po' del loro smalto. Dopotutto è una ruota che gira: oggi come oggi nulla sembra interessare al grande pubblico, ma un giorno o l'altro potrebbe accadere qualcosa che attiri di nuovo i tifosi.»
«Si dice che in quella categoria ormai possa vincere chiunque.»
«Non direi, gli ultimi campionati sono stati di fatto dominati dalla stessa scuderia. Non è proprio che vincano cani e porci. Neanche cavalli e tori, in realtà, al giorno d'oggi, se capisci cosa intendo.»
Keira ridacchiò.
«Mi piacciono le tue metafore, Fischer.»
«Non si tratta esattamente di una metafora.»
«Lo so, ma rimane comunque una considerazione molto poetica.»
«Come la vedi per cavalli e tori, quest'anno?»
«Meno tragica che nelle scorse stagioni, ma non è affare mio. Io, dopotutto, mi occupo solo di marketing e lo faccio per una squadra che poco ha a che vedere con questi individui.»
«Ne sei proprio sicura? La squadra per cui lavori sembra il frutto dell'amore tra quelle due scuderie. Certo, un frutto rimasto sempre un po' acerbo, ma...»
Keira lo interruppe: «Sono certa che prima o poi faremo di nuovo qualcosa che possa sorprendervi.»
«Non mi sembra che la squadra per cui lavori abbia mai sorpreso.»
«Infatti tu lavori per la Diamond Formula.» Keira gli strizzò un occhio. «Senza offesa, credo sia il posto giusto per quelli come te, incapaci di comprendere la bellezza delle piccole cose.»
Oliver sospirò.
«Cosa ci vuoi fare, sono finito lì e ho scoperto di sentirmi bene nella mia posizione. Immagino che per te sia stato lo stesso. Credo che non dovremmo demonizzare le categorie motoristiche tanto per hobby. Non ce n'è una che rasenta la perfezione assoluta mentre le altre fanno schifo. Mi sembra un discorso troppo da bar, quello.»
Keira annuì.
«È proprio così, infatti, però tutti, nel nostro piccolo, ogni tanto ci comportiamo come tifosi da bar, magari anche solo quando commentiamo cose che nulla hanno niente a che vedere con i motori. Io, per esempio, ho giudicato male il tuo rapporto con Selena senza motivo, basandomi sulla prima impressione, un po' come la gente che non se ne intende giudica i piloti alla prima prestazione negativa...»
Oliver sbuffò.
«Dobbiamo per forza parlare di me e Selena?»
«Sì» ribatté Keira, «Perché non posso fare a meno di pormi una domanda. Chissà come deve essere mettersi insieme a colei che è stata la fidanzata del nostro idolo. Perché Patrick Herrmann è il tuo idolo, mi è parso di capire.»
«Evidentemente io e Patrick Herrmann abbiamo lo stesso gusto in fatto di donne» si limitò ad affermare Oliver.
«Rimane comunque qualcosa di strano e improbabile.»
«Sì, è vero, è strano e improbabile, ma preferirei non mettermi problemi per questo. Non possiamo continuare a parlare di Diamond Formula, di ragazze che correvano in Formula 3 negli anni '90, di cavalli e di tori come abbiamo fatto fino a questo momento? È stata una bella serata, dopotutto, possiamo prolungare ancora un po' la bellezza di questo momento, non credi?»
«Sì, lo credo anch'io» convenne Keira. «Dopotutto immagino tu ne abbia abbastanza di quella musona di Selena quando ce l'hai intorno, forse quando sei in compagnia di donne allegre e brillanti non hai bisogno di sentirtela nominare di continuo.»
Oliver le scoccò un'occhiata di fuoco.
«Non sei divertente, Keira.»
«Stavo cercando di scherzare, ma lo ammetto, non è il mio forte» concordò Keira. «Meglio continuare a dibattere delle più nascoste sfaccettature dei campionati di automobilismo, dopotutto.»
 
******
 
Durante una piccola deviazione dettata dall'esigenza di prendere una boccata d'aria prima di dirigersi in albergo, Selena controllò il cellulare, che aveva totalmente lasciato da parte durante la conversazione avuta con Oliver alla toilette. C'era un messaggio e per un attimo si chiese se fosse ancora il dottor Parker.
Non era il dottor Parker, era Edward, e le aveva scritto appena dieci minuti prima.
"Scusa se sono andato via, ti auguro una buona notte."
Leggere quelle parole le strappò un lieve sorriso.
Gli rispose: "Scusami tu, ho avuto un contrattempo. Ci vediamo domani."
Non si aspettava che Edward avesse ancora il telefono a portata di mano o che stesse ancora pensando a lei, ma il suo amico la smentì con prontezza.
"Spero niente di serio. Qualche problema con Fischer, per caso?"
Selena alzò gli occhi al cielo. Qualunque cosa fosse accaduta, Edward sarebbe sempre stato almeno un po' prevenuto nei confronti di Oliver.
"No, figurati, solo una telefonata che avrei preferito non dovere fare, per noiose questioni di famiglia. Non preoccuparti per me."
Sapeva essere convincente, con Edward, e infatti il suo amico smise di scriverle, evidentemente rassicurato.
"Meglio così" pensò. Non voleva coinvolgerlo in affari strani, non dopo avergli taciuto per tanti anni ciò che era accaduto quindici anni prima. Non meritava di esserne travolto e Selena avrebbe fatto il possibile per evitare di metterlo in mezzo. In più Edward non aveva tempo da perdere per stare dietro al dottor Parker, aveva un campionato da vincere e, con un po' di fortuna, sarebbe stato più vicino all'obiettivo se il giorno dopo fosse riuscito a tagliare il traguardo della main race davanti a tutti.
I quindici punti della vittoria l'avrebbero portato a salire da novantotto a centotredici punti in classifica, garantendogli un distacco minimo da Christine Strauss di almeno sei punti: se anche fosse arrivata seconda, sarebbe arrivata a centosette, un gap che rendeva il campionato ancora molto aperto, ma che avrebbe portato Roberts a venire considerato una volta per tutte come il favorito.
Certo, Nakamura sarebbe partito dalla pole position e non dava segno di volere fare sconti a nessuno, ma spesso si era reso protagonista di prestazioni occasionalmente non all'altezza ed era doveroso non perdere le speranze.
Selena si scoprì a sognare a occhi aperti l'outcome della gara del giorno successivo, salvo poi tornare alla realtà quando urtò un passante.
«Mi scusi» mormorò, in italiano.
Fece un passo indietro, assicurandosi che l'uomo non perdesse l'equilibrio. Teneva una bottiglia di vetro in mano, magari non era propriamente sobrio...
Il volto del presunto ubriaco le apparve rischiarato dalla luce, seppure fioca, di uno dei lampioni che costeggiavano quella strada isolata. Lo fissò, sentendosi fissata a propria volta, non da occhi annebbiati dall'alcool, ma dallo sguardo di una persona perfettamente lucida.
Lo riconobbe all'istante, seppure fossero passati tanti anni dall'ultima volta in cui l'aveva visto dal vivo e parecchio tempo anche dall'epoca in cui gli era stata scattata la foto più recente che Selena avesse visto.
Sperò di non essere stata identificata, ma fu un pensiero che poté durare soltanto per un attimo.
«Sorpresa di vedermi, signorina Bernard?»
Selena raggelò e a quel punto calò il silenzio, ma il suo interlocutore decise di romperlo.
«Sì, lo so, non si aspettava di incontrarmi, ma sono felice di averle fatto questa sorpresa.»
Selena trovò la forza di balbettare: «C-cosa vuole?»
«Domanda interessante» ammise l'uomo che aveva di fronte. «Mi aspettavo che mi chiedesse come fosse possibile, per me, essere qui. Tanto meglio, se non vuole spiegazioni. Sono solo una perdita di tempo, non crede?»
Selena fece un altro passo indietro, seppure certa che fosse inutile. L'uomo alzò la bottiglia e colpì.
A quel punto Selena sprofondò nelle tenebre. Il giorno dopo, grazie a una splendida partenza, Edward avrebbe vinto il Gran Premio di Imola rimanendo in testa dall'inizio alla fine e staccando di sei punti Christine Struass, seconda classificata proprio come si era immaginata prima, ma non sarebbe stata nel box della Dynasty ad assistere a quegli eventi. Si sarebbe risvegliata in una camera di ospedale, con qualche ricordo frammentato dell'aggressione. Avrebbe trovato ad assisterla sua madre Alexandra e il dottor Thomas Parker, giunti in Italia dopo avere appreso la notizia, e sarebbe stata costretta ad accettare un'amara realtà: la sua vita, almeno per un po', sarebbe stata nelle loro mani.
 

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Capitolo 14
*** [Oliver] ***


Oliver era seduto allo stesso tavolo della sera precedente, ma non doveva incontrare Selena, Edward e Keira. Anzi, per quanto ne sapeva, Selena non si era sentita bene e aveva lasciato Imola in anticipo, seppure le dinamiche di quel fatto non gli fossero molto chiare e gli fosse difficile spiegarsi come mai il cellulare della Bernard fosse spento fin dal mattino, quando aveva cercato di contattarla.
La persona che Oliver attendeva era in ritardo e una cameriera non faceva altro che ronzargli intorno nella speranza che ordinasse qualcosa da bere. La accontentò, chiedendole un tè freddo, che gli era appena stato portato quando la porta si aprì e ne entrò Vanessa Molinari.
Aveva i capelli scuri tagliati a caschetto e indossava una camicia larga abbinata a un paio di leggins neri. Nel complesso l'impressione di Keira era corretta, era molto simile a come appariva nelle foto di vent'anni prima.
La Molinari si guardò intorno, alla ricerca di Oliver. Poi lo vide e andò a sedersi di fronte a lui.
«Buonasera.»
«Buonasera, Vanessa. La ringrazio per avere accettato di incontrarmi.»
La Molinari accennò un mezzo sorriso.
«Sono passati tanti anni da quando qualcuno mi ha parlato dei miei giorni di gloria in Formula 3. Poi lei è così giovane, all'epoca doveva essere un bambino...»
Oliver annuì.
«Sì, ai tempi ero un bambino e la mia passione per i motori è arrivata in un secondo momento. Allora non avevo idea delle sue imprese, ma è stato un piacere venirle a scoprire.»
Nonostante l'apparente entusiasmo di poco prima, Vanessa Molinari rispose in tono piuttosto piatto: «È stato una vita fa.»
«Eppure lei è rimasta nel cuore degli appassionati.»
«Al massimo nel cuore dei nerd del motorsport. Gli altri non sanno nemmeno chi fossi. È per questo che sono stata molto incuriosita dalla sua richiesta di incontrarci. La avverto, però, che preferirei che la nostra conversazione rimanesse privata. Non voglio rilasciare interviste.»
«Posso chiederle come mai? Molte vecchie glorie dell'automobilismo amano stare al centro della scena.»
Vanessa Molinari sospirò.
«A volte, per rimanere al centro della scena, bisogna anche avere qualcosa di interessante da dire.»
«Sta insinuando» azzardò Oliver, «Che molti piloti del passato stiano semplicemente cercando di rubare la scena e chi se la meriterebbe molto più di loro?»
La Molinari scosse la testa con fermezza.
«No, la maggior parte di loro hanno davvero cose interessanti da raccontare. Io no. Ho gareggiato in Formula 3, tanti anni fa, e ho fatto anche qualche gara di Formula 3000, ma non c'è altro. Ho abbandonato le corse molto tempo fa e non fanno più parte della mia vita. Guardo i gran premi alla televisione, nella maggior parte dei casi, ma in modo totalmente esterno. Al massimo posso commentare quello che vedo in TV e dire la mia su Edward Roberts e Christine Strauss, ma perché dovrei?»
«Il suo ritiro è avvenuto molto a sorpresa» osservò Oliver. «Nemmeno dietro a quello c'è una storia interessante?»
La Molinari abbassò lo sguardo.
«Il mondo è pieno di ragazzi e di ragazze che abbandonano quello che fanno. Lasciano la scuola, l'università, oppure il lavoro per andare a fare tutt'altro. Io non ero diversa da tutti gli altri ragazzi e ragazze. Ero pilota, ma questo non implica che non potessi cambiare vita.»
«La differenza sta nel fatto che quelli che lasciano la scuola, l'università o un lavoro che non ritengono abbastanza appagante lo fanno per uscire da una condizione nella quale non si sentono realizzati» replicò Oliver. «Lei aveva tutto. Poteva diventare un'icona per le donne nel motorsport, stava avendo successo nel fare quello che aveva scelto e si parlava addirittura di un suo potenziale approdo nella Diamond Formula. Non stiamo parlando, con tutto il rispetto, di una cassiera del supermercato che da un giorno all'altro decide di candidarsi per andare a lavorare su una nave da crociera, nella speranza di vedere il mondo.»
«Ha mai pensato che essere eletta a icona per le donne nel motorsport possa essere più complicato che fare la cassiera al supermercato? Così come quella cassiera ha deciso di andare a lavorare su una nave da crociera, anch'io potevo averne abbastanza di essere considerata qualcuno che non ero.»
«Non era un'icona?»
«Ero pilota di Formula 3 e questo mi bastava. Non volevo essere un'icona e non volevo che il destino delle altre ragazze passasse per le mie mani. Era troppo per me. Il mio unico desiderio era essere valutata per quello che ero, non per il mio genere, né che altre persone fossero valutate sulla base di quello che facevo io solo perché condividevano con me il fatto di essere ragazze.»
Oliver azzardò: «Mi sta dicendo di avere avuto paura di non essere all'altezza?»
«Non proprio» obiettò la Molinari. «Le sto dicendo che, arrivata a un certo punto, ho capito che non potevo più reggere quella vita.»
«L'ha capito o gliel'hanno fatto capire?»
«Cosa intende?»
«Intendo dire che ha avuto dei contatti con la Whisper Motorsport» le spiegò Oliver, «E il team principal di allora non sembrava molto propenso ad accettare la presenza di donne sulla griglia di partenza.»
«Lo so, Gigi Di Francesco pensava che, se le donne volevano lavorare nel mondo del motorsport, dovevano fare altro. Non necessariamente fare la donna immagine, intendo, anche le giornaliste avevano il loro senso, secondo i suoi standard.»
«Eppure lei era comunque disponibile a occupare un ruolo in quella squadra.»
Vanessa Molinari lo guardò negli occhi.
«Diciamo le cose come stanno: è vero, ci piacerebbe vivere in un mondo in cui tutti ci rispettano, ma bisogna anche accettare dei compromessi. Non avrei rinunciato a diventare pilota di Diamond Formula, se ne avessi avuto la possibilità, solo perché il team principal della squadra che voleva offrirmi un volante non aveva avuto belle parole per le mie colleghe e, in un certo senso, anche per me.»
«Dice che non avrebbe rinunciato, eppure ha rinunciato alla sua carriera» le ricordò Oliver. «Per questo le ho chiesto se ha lasciato perdere a causa di Gigi Di Francesco. Quell'uomo ha per caso condizionato in qualche modo il suo futuro?»
«Gigi Di Francesco mi ha concesso un'opportunità» ripeté la Molinari, sviando la domanda. «All'epoca non si sapeva, oggi qualcuno ne parla, quindi non mi nasconderò: ho fatto due test con la Whisper. Il CEO della Diamond Formula credeva moltissimo in me. Sperava potessi essere valore aggiunto per la serie. Insomma, sperava che quelli che snobbavano la Diamond Formula potessero improvvisamente interessarsene se ci fossi stata io. Di Francesco aveva le sue idee e non faceva nulla per nasconderle. Se il CEO non l'avesse convinto che poteva essere un'idea redditizia anche per lui, non solo non mi avrebbe mai presa in considerazione, ma magari mi avrebbe perfino derisa pubblicamente, se ne avesse avuto la possibilità.»
«E poi cos'è successo?»
«Nulla.»
«I test...»
«Sì, ho partecipato a due test. In uno di questi ho girato su tempi non troppo lontani da quelli di Keith Harrison, ricevendo i suoi complimenti.»
«Oh...»
«Era un tipo a posto, Harrison. In realtà anche Diaz e Herrmann non erano male, per quel poco che ho avuto a che fare con loro, ma Harrison è sempre stato fantastico. Mi ha sempre trattata come una collega, non come una donna, se capisce cosa voglio dire. Mi ha fatto sentire come se fosse quello che facevo e non il mio genere a definirmi. Purtroppo non succedeva tanto spesso.»
«Dunque, se ho seguito bene, aveva la possibilità di avere un volante in una delle massime serie automobilistiche del mondo, il CEO del campionato era dalla sua parte e disposto a favorire il suo ingaggio, il team principal non era tanto convinto ma avrebbe comunque desistito dall'opporsi, era ammirata dal suo ipotetico futuro compagno di squadra... e se n'è andata?»
«Esatto. Me ne sono andata. È libero di pensare che abbia buttato via la mia grande occasione, ma sappia che non ne sono pentita. Ho fatto la cosa giusta.»
«Mi perdoni, non voglio criticare la sua scelta, solo, mi sembra un po' strano che abbia preso una simile decisione in quel momento, se non ha subito grandi pressioni esterne.»
«È andata così» ribadì Vanessa Molinari, con fermezza. «Non mi sono mai pentita di essermi allontanata dall'automobilismo e dalla Diamond Formula. Se avessi gareggiato in quella serie, non credo sarei una persona più felice di quella che sono adesso.»
«La capisco, o quantomeno posso sforzarmi di farlo» rispose Oliver. «Non voglio essere io a farle pressioni o a costringerla a condividere qualcosa che desidera tenere per sé. Sto solo cercando di capire chi fosse davvero Gigi Di Francesco e sentirmelo dire da persone che l'hanno conosciuto.»
«Allora» concluse Vanessa Molinari, «Temo di non potere aggiungere molto.»
«Ma l'ha conosciuto bene.»
«Sì, certo, ma non posso dirle molto di più di quanto le possa dire chiunque altro. Di Francesco aveva i suoi lati negativi, molti a dire la verità, ma era ammirato per come gestiva la squadra. In molti sono pronti ad affermare che le cose, per la Whisper, erano molto meglio quando c'era lui. Dal punto di vista puramente legato ai risultati, senza ombra di dubbio hanno ragione. Purtroppo se non eri nella lista delle persone che era disposto a tollerare le cose per te non andavano molto bene, ma questo è un altro discorso. In sintesi, quello che sto dicendo è che magari potrei raccontarle la mia impressione su Di Francesco, ma sarebbe più o meno analoga a quella che chiunque altro l'abbia conosciuto ha avuto di lui. D'altronde i commenti sprezzanti li ha sempre fatti alla luce del sole, non è che fosse peggio, quando non era sotto i riflettori.»
«In sintesi» ribatté Oliver, «Quello che sta dicendo in realtà è: "potrei dirle cosa penso di lui, ma mi faccia il piacere di chiederlo a qualcun altro perché io non voglio espormi".»
«Le ho già detto che il mio nome non deve uscire» replicò la Molinari, «E che ho le mie buone ragioni per volere rimanere nell'anonimato. Ha idea di cosa significhi potersene andare in giro per strada senza essere riconosciuta? Non voglio che la mia vita si trasformi nel sentirmi chiedere ogni giorno di parlare della mia esperienza in Formula 3, né sentire costantemente domande su perché mi sono ritirata.»
«Spero vorrà scusarmi per la mia impertinenza, ma mi dà l'impressione di avere paura di doversi ritrovare, prima o poi, a raccontare la vera storia del suo ritiro dalle competizioni» insisté Oliver. «C'entra con il suo genere, vero? Qualcuno le ha fatto capire che le donne non erano bene accette e che doveva appendere il casco al chiodo, vero? Ma allora, in tal caso, perché rimanere in silenzio? Potrebbe essere proprio facendo sentire la sua voce che potrebbe cambiare le cose.»
«Non c'è niente da cambiare» replicò la Molinari. «O meglio, nel mondo ci sono tante cose da cambiare, ma non nella mia storia personale. Di Francesco non mi ha costretta a rinunciare alla Diamond Formula né vi ho rinunciato in quanto donna.»
«Mi sta dicendo di non essere mai stata vittima di sessismo?»
«No, mentirei se lo dicessi, ma credo sia opportuno fare una distinzione. Ci sono atteggiamenti sessisti che derivano dall'educazione che riceviamo da bambini, frutto di un problema culturale. Non so se mi spiego. Quelli che sostenevano che avrei dovuto dedicarmi a sport tipo la danza ritmica, piuttosto che guidare monoposto, ragionavano per stereotipi. Lo facevano semplicemente perché era più facile aderire a degli standard che pensare con la propria testa. Non è una bella cosa, ma la maggior parte di loro non lo faceva con cattiveria. Invece ci sono atteggiamenti sessisti che derivano da un'effettiva volontà di sfruttare gli stereotipi sociali per prevaricare altre persone. Se qualcuno mi avesse offerto un ruolo in un team in cambio di sesso o se mi avesse ripresa a mia insaputa mentre mi spogliavo, diffondendo le foto, sarebbe rientrato in questa categoria. Quindi sì, sono stata vittima di sessismo, ma fortunatamente soltanto di sessismo dettato da un'educazione sbagliata e dalla scarsa volontà di apliare i propri orizzonti. Sono stata presa in giro, mi è stato detto che dovevo pensare a imparare a cucinare piuttosto che guidare, questo sì, ma non era niente a cui non potessi ribattere. Se vuole tornare al nostro punto di partenza, probabilmente Di Francesco pensava che il mio posto sarebbe stato un altro, ma non si sarebbe mai permesso di pensare che, se volevo gareggiare in Diamond Formula, dovevo posare nuda contro la mia volontà, oppure andare a letto con lui. Era molto retrogrado sulle questioni di genere, ma non ha mai commesso abusi né nei miei confronti né per quanto ne so di altre donne.» La Molinari fece per alzarsi. «Spero di essere stata abbastanza esaustiva, perché non credo di avere altro da aggiungere.»
«Va già via?» cercò di trattenerla Oliver. «Non beve qualcosa? Nemmeno un caffè?»
«Preferisco di no. Devo partire per tornare a casa.»
«Posso lasciarle la mia e-mail qualora decidesse di raccontarmi qualcos'altro, prima o poi?»
«Non le racconterò altro, ma la sua e-mail me la segno comunque. Ha una penna?»
«Non serve. Le posso lasciare un biglietto da visita.»
Ne aveva uno nella tasca della giacca, in caso si fosse presentata l'evenienza, quindi lo prese fuori e lo passò a Vanessa.
«Mi ha fatto molto piacere conversare con lei.»
«Anche a me» ammise Vanessa Molinari. «Mi dispiace non averle potuto dire di più.»
Sembrava sincera, più di quanto suggerisse la reticenza mostrata in alcune occasioni. Oliver la guardò andare via certo che ci fosse dell'altro, ma convinto la Molinari avesse delle ragioni serie per non parlare.
Si mise a riflettere, sorseggiando il tè freddo che aveva lasciato da parte dopo l'arrivo dell'ex pilota di Formula 3, poi prese fuori lo smartphone, al quale aveva tolto la suoneria, per accertarsi di non essere stato cercato.
C'era un messaggio di Selena, ricevuto poco meno di un quarto d'ora prima.
"Scusami se me ne sono andata senza dirti niente, ma mi sono sentita male. Non sono a casa e per un po' ci vedremo. Scusami se ti scrivo invece di parlartene di persona o almeno al telefono, ma non me la sento di parlare. Quando sarò pronta, ti contatterò io. Ti prego di rispettare la mia decisione."
Oliver decise di fare un tentativo e di provare a telefonarle. La sua "sparizione" aveva dei contorni molto strani e molto poco definiti. Non riuscì a mettersi in contatto con lei, come se il suo telefono fosse occupato, o come se Selena avesse bloccato il suo numero.
Si chiese se valesse la pena di rispondere al messaggio, oppure se fosse meglio mandarle un'e-mail, ma rinunciò: qualunque cosa fosse accaduta, Selena lo pregava di non contattarla e di rispettare la sua scelta. Fare l'esatto opposto non sarebbe stato molto elegante, specie se Selena davvero non stava bene.
Mentre finiva il tè, si mise a cercare su un motore di ricerca informazioni a proposito di Vanessa Molinari. Fu un buco nell'acqua: trovò moltissimi risultati interessanti, ma nessuno di essi che fornisse nuovi spunti.
 
******
 
Era più tardi del solito, stava quasi facendo buio, ma l'obiettivo non era cambiato. Oliver aveva sperato a lungo nell'arrivo di quel momento, ma per troppi giorni non era stato fortunato.
Avvertiva la presenza di Keith Harrison, sebbene non lo vedesse. Si guardò intorno a lungo, chiedendosi dove fosse, quanto ancora dovesse attendere per poterlo incontrare.
Come accadeva di solito, Keith fece la propria comparsa all'improvviso. Arrivò alle sue spalle e attirò la sua attenzione chiamandolo per nome.
«Ehi, Oliver Fischer.»
Lo pronunciò con enfasi, un po' come a rimarcare che per lui non era quella l'identità di Oliver, che da parte sua preferì non fare commenti.
Si girò e, senza nemmeno salutarlo, lo informò: «È tutto un casino, un immenso casino, ben più grande di quanto potessimo pensare prima.»
«Non esagerare» replicò Keith, in tono calmo. «Sono sicuro che te la caverai, come hai sempre fatto.»
«Per te è facile avere delle sicurezze» ribatté Oliver. «Tanto, cos'è che devi fare?»
«Ascoltare le tue confidenze e le tue lamentele ogni volta in cui vieni a farmi visita... e ti assicuro che è la parte meno gradevole.»
«Nessuno ti obbliga a starmi a sentire. Te ne puoi anche andare, se preferisci.»
«Non dopo che sei venuto a cercarmi.»
«Perché ti sei fatto trovare solo ora?»
«Forse mi cercavi nel posto sbagliato. Non avevi la mente libera abbastanza per capire dove fossi.»
«Va beh, lasciamo perdere» tagliò corto Oliver. «Da dove devo iniziare? Siamo di fronte a un gioco d'incastri in cui non è chiaro dove incastrare i vari pezzi.»
«Cosa ti aspettavi?» replicò Keith. «Sono passati quindici anni e tutto è rimasto sepolto, non puoi pretendere che...»
Oliver lo interruppe: «Non sto parlando di quello che è successo quindici anni fa, o almeno non solo. È successo qualcosa a Selena, non più tardi di una settimana fa. Mi è stato riferito che si fosse sentita male, poi è venuto fuori che ha avuto un incidente. Non solo, quell'incidente si è trasformato in un'aggressione di cui è stata vittima, ufficialmente durante un tentativo di rapina, ma sembra che non le sia stato rubato nulla.»
«Mi dispiace per Selena, ma questo che rilevanza dovrebbe avere?»
«È tutto collegato.»
«Stai lavorando un po' troppo di fantasia, temo. Non tutto quello che succede riguarda la nostra storia.»
«Lo so, infatti la spiegazione più semplice sarebbe un'altra» ammise Oliver, «Ma è tutto troppo strano. Prima il compagno della madre di Selena la contatta per chiederle di stare lontana da me, arrivando a suggerire che potrebbe capitarmi qualcosa di spiacevole qualora io e lei continuassimo a frequentarci, poi qualcosa di spiacevole accade... ma a Selena.»
«Pensi che ci sia dietro il compagno di sua madre?» azzardò Keith. «Non ti sembra una congettura un po' esagerata? Va bene, Alexandra Bernard non era particolarmente legata a sua figlia...»
«Diciamo pure che la detestava per la storia di Patrick.»
«Ma si tratta di fatti accaduti tanti anni fa.»
«Lo so, ma non hanno quasi contatti.»
«Quindi pensi che Alexandra Bernard sia coinvolta in questa storia?»
«Certo che no» si affrettò a chiarire Oliver. «È chiaro che è a sua volta una vittima, anche se non ha mai fatto niente per cercare di starne fuori. È stata lei la prima, quindici anni fa, a lasciar intendere a Gigi Di Francesco che Patrick poteva accettare di non fare più allusioni alla morte di Emiliano Diaz, se si fossero accordati in qualche modo. Certo, non ipotizzava che andasse tutto a rotoli a quel modo, perché su una cosa non ho dubbi: la signora Alexandra non ha mai fatto nulla per fare del male di proposito a qualcuno. Non saprei dirti se ci si possa fidare o meno del dottor Parker, da quel punto di vista, ma se davvero è affezionato alla donna con cui sta insieme, non penso che darebbe a qualcuno l'incarico di aggredirne la figlia.»
«Quindi come pensi che sia andata?»
«Penso che Selena si sia ritrovata semplicemente dove non doveva essere. Io ero poco lontano, insieme alla sorella di Edward Roberts. È molto probabile che chi l'ha aggredita avesse intenzione di venire da me.»
«E in quale modo Selena ci sarebbe finita in mezzo, se non era nemmeno lì con te?»
«Mi sta venendo il dubbio che conoscesse la persona che l'ha aggredita, qualcuno che le ha fatto del male nel tentativo di metterla a tacere.»
Keith scosse la testa.
«No, è assurdo, non può essere andata così.»
«Cosa te lo fa pensare?»
«Se quel tipo voleva aggredire te l'avrebbe fatto, oppure avrebbe desistito. Non ha alcun senso che abbia fatto del male a Selena perché l'aveva visto: a quel punto non aveva ancora niente da nascondere e, a quanto ci risulta, non avrebbe fatto nulla da nascondere dopo. Quindi deve esserci un'altra soluzione. Mi viene da pensare che Selena abbia visto qualcuno che non doveva essere lì... ma anche questo ha poco senso. Chi avrebbe interesse a volere tenere celata a tutti i costi la propria presenza in un luogo, se poi in quel luogo non deve fare niente di male?»
«Forse chi l'ha aggredita voleva fare del male a me, ma non ha avuto l'occasione. Non ha desistito dopo essersi trovato faccia a faccia con Selena, ma per qualche altro motivo.»
«Mi viene difficile pensare che né quella sera né il giorno successivo abbia trovato un'occasione.»
«Anche questo è vero, ma non mi vengono in mente altre spiegazioni.»
«Allora, forse, dovresti concentrarti su altro. Se non trovi un motivo per cui quello che è successo a Selena abbia un senso, probabilmente non va inserito nel contesto in cui lo vuoi inserire.»
Oliver rifletté qualche istante, ma rimase fermo sulla propria posizione.
«Ti ripeto che l'aggressione a Selena ha qualcosa a che vedere con i fatti di quindici anni fa. Se non riesco ad arrivarci in fondo è solo perché mi sta ancora sfuggendo qualcosa. In ogni caso, la questione di Selena non si esaurisce qui.»
«Cos'altro è successo?»
«È letteralmente sparita nel nulla, o almeno così doveva sembrare.»
«Invece com'è andata?»
«Invece un giorno qualcuno dovrà fare santo il portiere del palazzo in cui abitiamo» riferì Oliver. «Dopo giorni in cui non avevo sue notizie ho provato a chiedere a lui se sapesse qualcosa.»
«E cosa ti ha detto?»
«Che Selena ha ricevuto una botta in testa, forse con una bottiglia, che è stata ricoverata in un ospedale di Bologna, dove si è ripresa, rivelandosi meno grave di quanto sembrasse inizialmente, e a quel punto sua madre, arrivata in Italia allertata da qualcuno - immagino da Edward Roberts, l'ha fatta trasferire in una clinica privata di Milano.»
«Adesso come sta?»
«Non lo so. Ho provato a contattarla, ma non mi ha risposto. Mi ha mandato un messaggio all'indomani dell'aggressione, presumo quando ero ancora a Bologna, per dirmi che non dovevamo sentirci per un po' e pregandomi di non chiamarla...»
«Aspetta, cos'è questa novità?» lo interruppe Keith. «Perché Selena avrebbe dovuto dirti che non voleva più sentirti? Cos'era successo tra di voi?»
«Niente di che. O meglio, non era sicura di volere continuare a stare con me, questo l'ho capito, ma non aveva intenzione di escludermi totalmente dalla sua vita.»
«Non è che si è convinta che tu abbia avuto a che fare con quello che le è successo a Imola?»
«Non penso che sia così folle.»
«Qualcuno potrebbe averla convinta. Dopotutto hai detto che si è messa in mezzo sua madre...»
Oliver annuì.
«Sì, è una possibilità, ma Selena doveva essere proprio fuori per starla a sentire.»
«Hai detto che è stata colpita alla testa» puntualizzò Keith. «Magari è l'effetto della botta che ha preso.»
«Non lo so.»
«Ricorda quello che è successo?»
«Non so nemmeno questo.»
«Quindi cosa pensi di fare?»
«Di questo, se permetti, ne parliamo dopo» replicò Oliver. «Prima c'è un'altra questione che vorrei sottoporti.»
Keith alzò gli occhi al cielo.
«Sapevo che c'era una fregatura.»
«No, nessuna fregatura» gli assicurò Oliver. «Anzi, a Imola ho incontrato Vanessa Molinari.»
«Vanessa Molinari...» ripeté Keith, quasi distrattamente, come a cercare di ricordare dove avesse già udito quel nome. Gli tornò subito in mente, dato che esclamò: «Vanessa Molinari, da quanto tempo! Cosa ci faceva a Imola?»
«Deve avere qualche amicizia nell'attuale dirigenza della Whisper Motorsport. Era loro ospite.»
«Mi fa piacere. Mi sono chiesto tante volte che fine avesse fatto. Intendo dire allora, quando ero ancora dall'altra parte.»
«Le ho parlato. So che ha fatto dei test e che c'eri anche tu.»
«Sì.»
«Era veloce, vero?»
«Per essere una che veniva dalla Formula 3 e con poca esperienza in Formula 3000, Di Francesco non avrebbe dovuto farsela scappare per nessuna ragione al mondo.»
«Eppure se l'è fatta scappare.»
«Già.»
«Ho cercato di scoprirne il motivo, ma non ci sono arrivato in fondo.»
«Forse non l'hai cercato bene.»
«Tu sai perché si sia ritirata dalle competizioni di punto in bianco sul momento più bello? Per caso c'entra il fatto che sia una donna e che Di Francesco pensasse che le donne non dovrebbero stare al volante di una monoposto?»
Keith rimase in silenzio per qualche istante, prima di rispondere.
«Non penso che sia questa la ragione» disse, infine. «Certo, Gigi Di Francesco non era molto aperto di vedute, quando si trattava di donne al volante, ma l'aveva già messa al volante di una monoposto, appunto, e sembrava ci fosse la concreta possibilità di un futuro nel team, per lei, prima come tester e poi come titolare.»
«Però nessuno lo sapeva, al momento» obiettò Oliver.
«Di Francesco aveva sicuramente in mente di appiedare uno di noi, per mettere Vanessa come titolare il prima possibile. Il CEO della Diamond Formula spingeva in quella direzione e ormai il fatto che Di Francesco non apprezzasse le donne non aveva più alcuna importanza per lui.»
«Sai anche quale pilota nello specifico sarebbe stato appiedato?»
«No.»
«Posso chiederti come facevi a sapere cosa avesse in mente Di Francesco?»
«Emma stava facendo un tirocinio nell'ufficio stampa della Whisper, ai tempi. Avevo già un certo ascendente su di lei e mi riferiva i rumour che sentiva. Di Francesco aveva molta considerazione per lei, quindi a volte si dimenticava della riservatezza.»
«In che senso Di Francesco aveva molta considerazione per Emma?»
«Gli era simpatica e la stimava per la sua efficienza, tutto qui.»
«Per caso ci provava con lei?»
«Diversamente da quanto ha fatto Patrick in un secondo momento, no.»
Oliver sbuffò.
«Peccato. Speravo si potesse dimostrare che Di Francesco, in qualche momento, si fosse macchiato di qualche comportamento poco apprezzabile con qualche donna che lavorava per lui.»
«Questo spiegherebbe perché Vanessa sia scappata a gambe levate, so dove vuoi arrivare» confermò Keith, «Ma mi dispiace dirti che non penso sia andata così. Di Francesco aveva tantissimi difetti ed era un uomo di merda, ma i casi sono due: o non era né un molestatore né un approfittatore oppure è sempre stato bravissimo a nascondersi. In quest'ultimo caso, dubito che avrebbe scelto come vittima proprio Vanessa Molinari.»
«Eppure deve essere accaduto qualcosa di grave, tanto da convincerla a mollare del tutto l'automobilismo proprio quando per lei stava per arrivare il punto di svolta.»
«Non so se hai presente gli sportivi che sostengono di volersi ritirare quando sono ancora all'apice della loro carriera...»
«Il fatto è che la Molinari all'apice non c'era ancora arrivata... e aveva la concreta possibilità di arrivarci. Purtroppo di episodi di sessismo contro le Strauss ce ne sono stati parecchi e forse anche contro di lei. Di Francesco sappiamo benissimo come la pensava in proposito. Non...»
Keith non permise a Oliver di finire la frase.
«Ti dico che sono ragionevolmente sicuro che non sia andata così. Ci ho parlato, a volte, con Vanessa. Sapeva benissimo dei commenti sessisti di Di Francesco e lo prendeva in giro alle spalle. "Pensa che io non valga niente eppure mi vuole in squadra perché gli sponsor sono disposti a riempirlo di soldi" diceva. Trovava quel pensiero quasi comico e sosteneva che anche le persone più retrograde sono disposte ad aprire la mente, quando aprire la mente è redditizio. Certi commenti non le facevano piacere, sia chiaro, ma sapeva conviverci e, quando serviva, magari anche sfruttarli a proprio vantaggio. Mentalmente era molto più forte di tanti altri piloti con cui ho avuto a che fare e soprattutto lo era molto di più degli altri rookie, nonostante la poca esperienza. Ti assicuro che, pur non potendo escludere al cento per cento che sia stata molestata da qualcuno che stava molto in alto o che abbia ricevuto delle proposte indecenti, lo ritengo estremamente improbabile. Il CEO la considerava una sorta di gallina dalle uova d'oro e Di Francesco aveva ceduto alle sue pressioni. Era un uomo ricco e famoso e, a differenza di altri uomini ricchi e famosi, era ancora relativamente giovane. Poteva portarsi a letto chi voleva, senza dovere importunare Vanessa. Oserei dire che nei confronti delle donne aveva una sua forma personale di rispetto, almeno dal punto di vista della sfera privata e sessuale. Non lo si può accusare di qualcosa che al novantanove per cento non ha fatto solo perché vogliamo a tutti i costi vedere il male in lui. Ci sono già abbastanza cose terribili che si possono dire su Gigi Di Francesco senza bisogno di inventarne delle altre.»
«Lo so» convenne Oliver. «Volevo solo che tu mi confermassi che questa spiegazione non era possibile, perché mi sono fatto un'altra idea e, prima di sottoportela, volevo escludere quest'altra strada.»
«Che idea ti sei fatto?» volle sapere Keith. «Ti ascolto.»
«Ricordi quando ti ho detto che pensavo che l'incidente di Emiliano fosse avvenuto di proposito?»
«Certo che me lo ricordo.»
«Avevo pensato a quanto sia squallido il grande pubblico. Che cosa c'era che potesse attirare l'attenzione di grandi quantità di tifosi sulla Diamond Formula più di un incidente grave, se non addirittura mortale? Diaz correva per una squadra importante, aveva un certo successo e la sua "eliminazione" sarebbe finita su tutti i giornali e su tutte le reti televisive. Sarebbe stato un passo molto importante nel rendere ancora più popolare una serie che era già in crescita.»
Keith spalancò gli occhi.
«Che idea squallida! Come ti vengono certi pensieri?»
«No, non si tratta di un'idea squallida mia, ma di un'idea squallida da parte di chi l'ha partorita» obiettò Oliver. «A non convincermi era il fatto che fosse troppo campato in aria, come pensiero, almeno in apparenza. Invece non era campato in aria, semplicemente mi mancavano degli elementi che ora ci sono.»
Keith replicò: «Non sono sicuro di volere sentire gli altri presunti elementi.»
«Invece dovrai ascoltarli, perché il discorso fila» concluse Oliver. «C'era solo una cosa che poteva attirare ancora più attenzione di un incidente mortale. Era un incidente mortale che portasse, come conseguenza indiretta, l'approdo nel team di qualcuno che attirasse ulteriormente l'attenzione dei tifosi. Emiliano Diaz è stato fatto fuori per promuovere Vanessa Molinari. La Molinari non ne aveva la certezza, ma è probabile che abbia avuto dei forti sospetti in proposito. Sarebbe una ragione abbastanza valida per volere chiudere con il motorsport per sempre, non credi?»
«Sì, ma sarebbe troppo disgustoso per essere vero. Quello che avrebbe fatto Di Francesco, non la scelta di Vanessa di cambiare vita.»
«Ti ricordo che sei morto per un sabotaggio su una vettura che non stavi nemmeno guidando. Non dovresti stupirti dell'esistenza di fatti disgustosi.»
«E Selena?» chiese Keith, evidentemente desideroso di cambiare argomento. «Chi l'ha aggredita e perché? Tutto questo ha a che vedere con noi, con Diaz, con la Molinari e con il fatto che la Molinari fosse a Imola?»
«Intendo scoprire dov'è esattamente Selena e andare a farle visita» lo informò Oliver. «Chiederò a lei se si ricorda cos'è successo. Solo allora potrò spingermi a fare delle ipotesi serie.»
 
******
 
Quando sentì il cellulare squillare, mentre era affacciato alla finestra, Oliver alzò gli occhi al cielo. Aveva idea di chi si trattasse e non ne era per niente soddisfatto. Rispose comunque, anche se non troppo gentilmente.
«Emma, cosa vuoi?»
«L'altro giorno, quando ti ho chiesto dove dovevi andare, non hai voluto rispondermi.»
«Non vedo perché avresti dovuto chiedermi spiegazioni sulla mia vita privata» replicò Oliver, «Né capisco perché tu stia insistendo adesso.»
«Mi è giunta voce che ieri sera tu sia partito per Milano.»
«E se anche fosse?»
«C'è la figlia di Alexandra Bernard lì, non è vero?»
Oliver sbuffò.
«Emma, si può sapere perché lo vuoi sapere? Che cosa te ne viene in cambio?»
«Temo che tu stia giocando con il fuoco, Oliver» rispose Emma, in tono piuttosto pacato. «È meglio che la lasci perdere.»
«Perché dovrei? Dammi una spiegazione.»
«Mi sembra di capire che tu abbia parlato con lei del tuo libro. Poi, all'improvviso, ecco che le è successo qualcosa di poco chiaro...»
Oliver realizzò che Emma stava facendo due più due e di non sapere se fosse un bene o un male.
«Emma, sto solo scrivendo un libro sul motorsport, non mi sto occupando di chissà quale scandalo internazionale. Non c'è bisogno che ti preoccupi per me. Nessuno mi tirerà in testa una bottiglia di vetro.»
«Faresti meglio a preoccuparti tu per te stesso» ribatté Emma, stavolta sprezzante. «Patrick Herrmann distrugge tutto ciò che ha intorno, anche da morto. Non dovresti continuare il tuo progetto. Si è già detto tutto quello che si doveva dire di lui, ha già rovinato la vita ad abbastanza persone.»
«Patrick Herrmann non ha rovinato la vita a nessuno» obiettò Oliver. «Se vogliamo parlare della sua vita, poi...»
Emma lo interruppe: «Ti prego, Oliver, lascia perdere. Herrmann ha fatto abbastanza danni da vivo, non c'è bisogno di continuare.»
«Di cosa parli?»
«Le sue convinzioni su Diaz hanno esasperato tutti, per questo è finita così male.»
Oliver le ricordò: «Le sue convinzioni su Diaz avevano un fondamento di verità. Anzi, forse c'era addirittura dell'altro.»
La sua collega mise in chiaro: «Non voglio sapere cosa fosse questo "altro". Ne ho già avuto abbastanza.»
«Sembri molto preoccupata, Emma» osservò Oliver. «Non riesco a credere che tu stia così solo per me. Cos'è successo?»
Dall'altro capo del telefono parve provenire un sospiro.
«È successa una cosa strana, che mi ha fatto cambiare idea su molte cose.»
«Mi fa piacere sentirtelo ammettere. In effetti non sembri nemmeno tu, con questi discorsi.»
«Beh, non dovrebbe farti piacere.»
«Non ho detto che mi fa piacere, ma che mi fa piacere che tu lo riconosca. Comunque, di cosa si tratta?»
«Non mi sembra il caso di parlartene al telefono. Ne discutiamo di persona quando torni. Tu, però, cerca di tornare prima che puoi. Lascia perdere Selena e parti per tornare a casa, è meglio così, credimi.»
Oliver spalancò gli occhi.
«Cosa?!»
«Hai capito benissimo.»
«Non prendo ordini da te, Emma» replicò Oliver, «E soprattutto non lo faccio così, sulla base di nulla. Non so cosa tu ti sia messa in testa, ma...»
Emma mise fine alle sue proteste.
«Va bene, va bene, non ne parliamo di persona, ne parliamo adesso. Non posso entrare molto nel dettaglio, ma una persona è venuta a farmi una visita inaspettata.»
«Una persona. Mi pare un po' generico.»
«Tommaso Di Francesco.»
«E chi sarebbe?»
«Tommaso Di Francesco.»
«Ho capito, non sono sordo. Immagino sia un parente di Gigi Di Francesco.»
«Sì, suo fratello.»
«Non sapevo che Gigi Di Francesco avesse un fratello.»
Emma sbottò: «Evidentemente non ti ha mai illustrato il suo albero genealogico, ma non c'erano ragioni per cui dovesse farlo.»
Oliver volle sapere: «Tu eri al corrente della sua esistenza?»
«Sì, l'ho incontrato, una volta, molti anni fa, quando Keith era ancora vivo» lo informò Emma. «Mi ero completamente dimenticata di lui, ormai, eppure quando me lo sono ritrovata davanti l'ho riconosciuto subito.»
«Cosa voleva da te?»
«Mi ha parlato di te e del fatto che lavoriamo insieme.»
«Inizio a capire.»
«No, non credo.»
«Hai ragione, non capisco perché il fratello di Di Francesco debba mettersi in mezzo o volerti parlare di me, venendo appositamente a cercarti, ma inizio a sospettare che abbia paura che io possa infangare il nome del santissimo ex team principal della Whisper Motorsport.»
«È preoccupato dai potenziali contenuti del tuo libro» confermò Emma, «Anche se ho avuto l'impressione che sia andata molto diversamente da come credi tu. Il fratello di Di Francesco sostiene che Patrick Herrmann, negli anni della Whisper, sia sempre stato dipinto come migliore di quello che era realmente, che sfruttasse la morte di Diaz proprio per cercare di distruggere l'equilibrio della squadra.»
«È quello che hai sempre pensato anche tu o sbaglio?» azzardò Oliver.
«Esatto, lo penso anch'io, quindi anche per questo dovresti prendere in considerazione l'idea di lasciar perdere.»
«Fammi capire: sei convinta che Herrmann fosse uno stronzo e il fratello di Di Francesco ti conferma che anche lui la pensa così, quindi io non posso dipingerlo in modo diverso da come lo vorresti vedere descritto tu? A che gioco stai giocando, Emma? Per te è più importante la verità o il fatto che tu ce l'abbia ancora con lui perché ha rischiato di mandare a monte il tuo matrimonio? Che poi, sii realista: Patrick non ti ha certo costretto a diventare la sua amante, sei stata tu che hai accettato. Volevi perfino lasciare tuo marito per lui. Patrick se n'è fregato della tua vita coniugale, è vero, ma non era un affare suo.»
«Posso chiederti perché continui a difenderlo sempre e comunque? Chi sei veramente? Per caso sei un suo parente? Qualcuno vicino a lui?»
«No.»
«Mi è difficile crederlo.»
«E a me è difficile credere che tu abbia dentro così tanto risentimento da volerti comportare proprio come secondo te si comportava Patrick: vuoi che, se deve uscire alla luce qualche verità, escano solo le verità che ti fanno comodo.»
Emma lo ignorò.
«Sbaglio o stavamo parlando di Tommaso Di Francesco?»
Oliver sbuffò.
«Cos'altro devi dirmi?»
«È venuto a cercarmi a casa mia...»
«Me l'hai già detto. È venuto a cercarti e tu hai deciso di pendere ciecamente dalle sue labbra senza una ragione precisa. Evidentemente deve avere molto ascendente su di te.»
«No, in realtà non mi ha fatto per niente piacere doverlo incontrare, dovere parlare con lui.»
«Non ti seguo.»
«La sua visita è stata inquietante.»
«Eppure hai deciso di stare a sentire quello che voleva da te.»
«Temo di essermi spiegata male» chiarì Emma. «Sono convinta che Patrick Herrmann si sia comportato da stronzo in molteplici occasioni e che abbia cercato di distruggere tutto ciò che aveva intorno per i suoi obiettivi personali, questo sì. Non è, tuttavia, la ragione per cui penso che dovresti lasciar perdere con il tuo libro. Ti ho aiutato, finché ho potuto. Purtroppo non avevo molte cose da dirti. Hai tutto il diritto di pensare che la sua morte e quella di Diaz non debbano cadere nel dimenticatoio.»
Oliver ci tenne a ricordarle: «Eppure mi hai chiesto di smettere, di non incontrare Selena e di tornarmene a casa.»
«L'ho fatto perché credo sia la cosa migliore per te» puntualizzò Emma. «Penso che sarebbe una bella idea far conoscere la storia che ha portato Herrmann a morire, se non ci fossero rischi, ma che non valga la pena di correre pericoli per uno come lui.»
«Tommaso Di Francesco ti ha minacciata?»
«No. Come ti viene in mente un'idea così assurda?»
«Non c'è più niente di assurdo» mise in chiaro Oliver. «Anzi, lo è tutto, compresa la tua richiesta.»
«Non vuoi proprio capirmi, allora» ribatté Emma. «Il fratello di Di Francesco non approva tutto ciò che ha fatto Gigi in passato. Però quello che ha fatto, non l'ha certo fatto completamente da solo. Aveva comunque il supporto di qualcuno che, al giorno d'oggi, potrebbe volere che certe verità scomode rimangano sepolte. Secondo Tommaso Di Francesco può essere pericoloso andare a scavare dove non si dovrebbe. Mi ha fatto notare che la figlia di Alexandra Bernard è stata aggredita e non in un posto qualunque... no, è successo a Imola, dove era andata per la Diamond Formula. Non può essere un caso.»
«Nella vita esistono anche i casi.»
«Non in questa situazione... e la cosa peggiore è che sei stato tu a trascinare Selena in questa storia.»
«No, qui ti sbagli» replicò Oliver, con fermezza. «Io ho parlato con Selena del libro, questo sì, ma non ho mai reso di dominio pubblico un'eventuale collaborazione con lei. In più non sono stato io a chiederle di andare a Imola. C'è andata per sua scelta personale, invitata da un suo amico.»
Emma confermò: «Edward Roberts, che corre per la squadra di Veronica e Scott Young, appunto.»
«E con ciò?»
«È la squadra con cui Di Francesco stava complottando e per cui Patrick correva quando è morto. Tommaso Di Francesco non ha fatto nomi, ma non ti sembra che possano essere loro le persone che vogliono insabbiare la verità? Dopotutto Gigi è morto, mentre loro sono vivi e hanno ancora una scuderia. Sono loro quelli in pericolo, non certo Di Francesco che riposa in pace sotto quattro metri di terra ormai da anni.»
«Hai ragione, Veronica e Scott Young hanno davvero qualcosa da perdere, però non ce li vedo a commissionare a qualcuno un'aggressione a Selena.»
«Li sottovaluti.»
«Forse, ma...»
Emma lo interruppe: «Sei sempre partito dal presupposto sbagliato, ti sei preoccupato di Di Francesco e di Diaz quando avresti dovuto preoccuparti di loro, da sempre. Prima hanno cercato di comprare il mondiale, poi magari si sono sbarazzati di Patrick quando non ha voluto sottostare alle loro condizioni. Non so quali fossero le loro pretese, ma Patrick era sicuramente d'accordo, all'inizio.»
Oliver scosse la testa. Quell'idea di Emma era una completa novità.
«Patrick non era d'accordo.»
«E tu che cosa ne sai? Te l'ha detto Selena, per caso?» ipotizzò Emma. «In tal caso, non sono sicura che Patrick le abbia raccontato per filo e per segno cosa intendesse fare.»
«Lascia perdere come faccio a saperlo» tagliò corto Oliver, «Lo so e basta.»
«Io invece sono sicura che Patrick abbia fatto il doppio gioco con Keith» fu l'improbabile ricostruzione di Emma. «Gli ha fatto credere che ci fosse un complotto a cui lui non voleva prendere parte, ma in realtà era d'accordo con Veronica e Scott Young. Ho provato addirittura a mettere in guardia Keith, ma non mi ha voluto stare a sentire. Di Francesco era l'unico che si fidava di me, anche se non era una persona così innocente come fingeva di essere.»
Oliver sussultò.
«Tu parlavi con Di Francesco del complotto per vendere il mondiale alla Dynasty?»
«Gli ho solo detto, a suo tempo, che non doveva fidarsi di Patrick Herrmann.»
«Di Francesco non si fidava di Patrick Herrmann.»
«Però si era convinto che non volesse accettare la sua "offerta". Se Keith continuava a credere ciecamente a Patrick, dovevo pur fare qualcosa, non credi?»
Oliver rimase in silenzio per un tempo che parve a lui stesso interminabile, prima di concludere: «Ne parliamo in un altro momento, Emma. Adesso devo andare.»
La sua collega, intuendo il suo stato d'animo, lo supplicò: «Aspetta. Spiegami perché sei così tanto sconvolto.»
Oliver mentì: «Non sono sconvolto.»
«Invece lo sei eccome» replicò Emma. «Dì un po', ti dà fastidio scoprire chi era veramente il tuo idolo?»
«Stai dicendo tutto da sola.»
«E allora lascia che ti dica una cosa: mi dispiace molto per quello che è successo a Patrick, ma la sua morte non deve renderlo qualcuno che non era. Ha calpestato tante persone e ha usato il nome di Emiliano Diaz solo per raggiungere i propri scopi. Voleva infamare Gigi Di Francesco a tutti i costi ed è riuscito a farlo, a quanto pare, se tu sei arrivato a concepire l'idea di scrivere quel maledetto libro. Ma la verità sai qual è? Che è morto perché ha deciso di prendere parte a quel dannato complotto, e ha pure trascinato Keith con sé. Veronica Young ha usato Patrick finché le faceva comodo e poi, non appena lei e suo marito sono stati in disaccordo con lui, devono essere riusciti a sabotare la sua macchina. Magari a Patrick il mondiale non bastava, forse voleva anche un rinnovo più lungo di quello che gli proponevano, o più conveniente dal punto di vista economico. Quando fai un patto con il diavolo, rischi di fare una brutta fine.»
Era troppo. Oliver riattaccò e, siccome non voleva proseguire in alcun modo quella conversazione, almeno non nell'immediato, spense il telefono. Non riusciva ancora a capacitarsi di ciò che aveva appena ascoltato. Da un lato ciò che Emma Dupont affermava a proposito di Patrick Herrmann era assurdo. Nessuno poteva sapere meglio di Oliver quale fosse la sua posizione a proposito dell'accordo tra le due squadre. Era stato contrario, fin dal primo momento, e aveva fatto il possibile per impedire che lo scenario prospettato accadesse. Dall'altro, il fatto che, prima dell'incidente, Emma avesse confidato le proprie errate impressioni su quegli eventi a nientemeno che Gigi Di Francesco poteva cambiare non di poco le carte in tavola, seppure Oliver non aveva idea di quanto estesi potessero essere i mutamenti.
Fece un profondo respiro, prima di prendere fuori il biglietto sul quale si era segnato l'indirizzo della clinica nella quale era ricoverata Selena, non tanto lontana dall'albergo in cui si era sistemato la sera prima. Aveva il forte desiderio di rivederla, incrementato dall'opposizione che Emma aveva espresso prima di passare alle proprie ipotesi di complotti e controcomplotti.
 
 

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Capitolo 15
*** [Edward] ***


Veronica Young seguì la cameriera che la accompagnò nello studio di Kathy Yves, un tempo nota come Kathy Di Francesco. Dopo averla fatta entrare, si allontanò chiudendo discretamente la porta alle proprie spalle e lasciandola sola con l'ex moglie dell'ormai defunto ex team principal della Whisper Motorsport.
Kathy, seduta alla scrivania, alzò gli occhi, restando in silenzio.
«Allora?» le chiese Veronica. «Perché hai insistito per vedermi? Cosa vuoi?»
Kathy le indicò la sedia di fronte a sé.
«Siediti, Veronica.»
Veronica ignorò quella richiesta.
«Perché mi hai fatta venire qua?»
Kathy tornò a indicarle la sedia.
«Siediti, Veronica, mettiti comoda. Ho un po' di cose da dirti, non vorrai rimanertene in piedi tutto il tempo.»
Veronica sbuffò, accontentandola.
«Allora? Adesso sono seduta.»
«Abbiamo molte cose di cui discutere, Veronica» mise in chiaro Kathy. «Io non voglio avere niente a che fare con i tuoi affari, lo sai questo, vero?»
«Tu non hai a che fare con i miei affari» puntualizzò Veronica. «Sei stata tu a cercarmi e l'hai fatto più di una volta. Io non ho mai fatto alcunché per contattarti e non ne ho mai sentito il desiderio. Appartenevi al passato, per me, e non mi dispiacerebbe se tu fossi ancora solo una parte di passato.»
«Penso che siamo d'accordo entrambe almeno su un punto di partenza» replicò Kathy, «E il punto di partenza è stato Oliver Fischer. Quel giornalista aveva l'innocente proposito di scrivere un libro su Patrick Herrmann, proposito divenuto molto meno innocente quando si è trasferito di fronte alla figlia di Alexandra Bernard.»
«Non credere che non mi sia mai messa dei problemi per questo» obiettò Veronica. «Come ben saprai, un tempo Selena lavorava per mio fratello, nel suo studio di design. Ho chiesto a Lionel di tenerla sotto controllo, di cercare di capire fino a che punto la situazione potesse compromettersi, ma proprio in quel periodo Selena si è licenziata per aprire uno studio proprio. Lionel ha cercato addirittura di ricattarla, adducendo alla possibilità di rivelare che il figlio di Selena potesse essere figlio anche di Patrick, ma ciò non ha avuto alcun effetto. A pensarci a posteriori è stata un'idea abbastanza stupida: il fatto che Selena non abbia mai avuto alcun contatto apparente con i familiari di Patrick Herrmann non significa necessariamente che per lei sarebbe un problema se qualcuno insinuasse che quel figlio sia stato concepito insieme a Herrmann. È molto probabile che almeno la gente con cui ha rapporti di amicizia lo sappia già. Ciò non significa, comunque, che io abbia lasciato perdere. Cercare di monitorare la situazione tra Fischer e la Bernard era importante, lo sapevo.»
«Cos'hai fatto?»
«Ho chiesto aiuto a Edward Roberts.»
«Edward Roberts? E che cosa potrebbe mai fare Edward Roberts?»
«Edward e Selena sono amici da molti anni.»
«Hai chiesto, quindi, a Edward di tenere la sua amica sotto continua sorveglianza, proprio come volevi che facesse tuo fratello?»
«No, certo che no, Edward non avrebbe mai accettato.»
«Guarda caso, lo sospettavo.»
Veronica si accorse che Kathy la fissava con durezza, ma sostenne il suo sguardo.
«Edward è innamorato di Selena. Ho solo cercato di convincerlo, e mio marito ha fatto la stessa cosa, a farsi avanti con la sua amica, anche se, fino a quel momento, quell'idea gli era sembrata forse inappropriata.»
«Fammi capire, hai deciso di metterti a combinare fidanzamenti così come se niente fosse?» ribatté Kathy, sprezzante. «Pensavo fossi una persona seria.»
«Seria abbastanza da capire che, se Selena si fosse messa insieme a Edward Roberts, molto probabilmente Oliver Fischer si sarebbe levato di mezzo» precisò Veronica. «Purtroppo non sono riuscita a fare molto, evidentemente Selena non ha dimostrato un gran gusto in fatto di uomini. Anche quando Edward l'ha invitata nel nostro box, c'era sempre quel giornalista maledetto che le ronzava intorno. Stavano insieme, credo, anche se adesso le cose dovrebbero essere cambiate. Esiste la possibilità che, almeno per un po', Selena non abbia più a che fare con Oliver Fischer. Spero che la situazione possa durare a lungo, ma non mi faccio troppe illusioni.»
«Dov'è Selena Bernard adesso?» volle sapere Kathy. «C'è la possibilità che lei e Fischer si vedano o si sentano?»
«Stando alle informazioni in mio possesso, Selena Bernard è ricoverata in una clinica di lusso, per riprendersi a pieno dall'aggressione che ha subito a Imola.»
«Come sta?»
«Bene, ma i suoi familiari hanno cercato di convincerla che il meglio per lei sia prendersi un periodo di pausa per riprendersi bene anche dal punto di vista psicologico.»
«E Fischer? Dove si inserisce in tutto questo?»
«Fischer non è un problema» rispose Veronica, con fermezza. «Fischer è a casa, Selena è in Italia. Edward l'ha incontrata più di una volta, i rapporti tra di loro si stanno facendo sempre più stretti. Ancora un po' di tempo e Oliver Fischer sarà ufficialmente archiviato.»
«Ne sei proprio sicura?» obiettò Kathy. «Se a Selena non fosse interessato, non l'avrebbe mai preso in considerazione. Chi ci dice che, quando tornerà a casa, Selena non cadrà di nuovo tra le sue braccia? Bisogna fare di più. Devi fare di più.»
«Non posso fare di più.»
«Sì che puoi, basta solo che ci metti un po' di impegno. Non devo ricordarti che rischiamo tutti, ma tu rischi molto di più? Anzi, tu rischi, io no.»
Veronica scosse la testa.
«No, non rischiamo niente, Kathy. Fischer può affermare quello che vuole, ma non può dimostrare nulla. Non ha elementi contro di noi. Nessuno ha elementi contro di noi. Quello che abbiamo fatto - o per meglio dire, quello che non abbiamo fatto - è andato ormai perduto.»
«Quello che... non abbiamo fatto?»
«Avevamo previsto di accordarci per stabilire il risultato del mondiale, ma non abbiamo messo in pratica il nostro intento. Non c'è altro, mi pare.»
«Non puoi fare sul serio, Veronica.»
«Sì, invece, non sono mai stata così seria in vita mia.»
«Non essere ridicola. Sappiamo bene entrambe che, a un certo punto, deve esserci stato qualche intoppo. Niente succede per niente.»
«Di cosa mi stai accusando, Kathy?»
«Patrick Herrmann è morto, no? E non mi sembra che tu possa definirti addolorata dalla sua morte.»
«Sono passati quindici anni. Ho imparato ad andare avanti.»
«Anche allora, però, non deve essere stato un grosso trauma per te.»
«Adesso sei tu quella che si sta coprendo di ridicolo» replicò Veronica, guardando Kathy negli occhi. «Avevo venticinque anni, avevo la responsabilità di una squadra e mi era appena piovuto addosso un fatto così grave. Pensi davvero che io abbia reagito con indifferenza? Che per me fosse uguale se i miei piloti erano vivi o morti? Ti assicuro che non è stato facile come può sembrarti dall'esterno. Dopotutto cosa facevi tu? Sorridevi e ti facevi fotografare.»
Kathy ribatté, in tono pacato: «Sorridere e farsi fotografare è pur sempre più rispettabile che provocare la morte di qualcuno.»
«È stato un incidente, solo un dannatissimo incidente.»
«Gigi diceva di no.»
«Beh, a quanto mi risulta tuo marito è morto, portandosi le sue convinzioni errate nella tomba. Non pensi sia ora di guardare avanti, per tutti?»
«Gigi ha sempre detto che eri sporca dentro.»
«Gigi Di Francesco era l'ultima persona al mondo che potesse parlare di sporcizia.»
«Sosteneva che era stato il tuo team a proporgli un accordo.»
«Ero giovane e desiderosa di affermarmi. Questo mi ha portata a commettere degli errori gravi, dei quali mi sono amaramente pentita. Fare affari con tuo marito è stato uno di questi.»
«Far morire Herrmann no, invece.»
«Combatti tanto contro Fischer, ma hai lo stesso problema suo. Non sono una santa, ho commesso azioni evitabili, ma questo non significa che io debba essere accusata anche di cose che non ho fatto. A cosa mi serve cercare di tenere monitorati i contatti tra Fischer e Selena Bernard, se poi anche tu hai la sua stessa mentalità? Dovresti decidere una volta per tutte da che parte vuoi stare.»
«Io sto dalla parte che più di ogni altra mi dà la possibilità di uscirne senza macchie» mise in chiaro Kathy. «Sorridevo e mi facevo fotografare insieme ai vip, niente di più. Chiunque sia pronto ad affermare tutto ciò è un mio alleato.»
Veronica si alzò in piedi.
«Bene, allora cerca degli alleati e lasciami in pace.»
«Dove stai andando, Veronica?» la trattenne Kathy. «Non ho finito.»
«Io sì» rispose Veronica. «Non abbiamo più niente da dirci, né qui, né con le tue continue telefonate. Smettila di contattarmi.»
«Non puoi darmi ordini, Veronica» replicò Kathy. «Sono io ad avere il coltello dalla parte del manico.»
Veronica le voltò le spalle.
«Buona serata, Kathy. Non importa che chiami la tua domestica. Penso di ricordarmi la strada.»
Senza attendere una replica da parte dell'ex moglie di Di Francesco, Veronica uscì dallo studio.
La cameriera era comunque poco lontana, nel corridoio dal quale l'aveva condotta al momento del suo arrivo.
«La accompagno alla porta, signora.»
Veronica sorrise, dopotutto non aveva alcuna ragione per essere scortese con quella ragazza.
«Grazie.»
Si fece portare fuori casa e, quando finalmente fu in strada, si sentì molto meglio. Kathy Yves era una persona molto irritante e, in più, sembrava mettersi preoccupazioni per questioni che la toccavano solo da lontano. Un giornalista si era messo in testa che una squadra che non aveva mai gestito di persona avesse agito in modo scorretto. Kathy aveva perfettamente ragione, quando si dichiarava convinta di non rischiare nulla. Perfino la sua reputazione sarebbe rimasta immutata, dopo le eventuali insinuazioni di Fischer. Non aveva alcun motivo valido per mettersi in mezzo, almeno in apparenza.
"Deve esserci qualcosa di più."
Veronica archiviò solo momentaneamente quel pensiero, perché le premeva di trovare un posto tranquillo dal quale contattare Edward Roberts. Per fortuna, fingendo che il suo interesse fosse dettato unicamente dalle condizioni di salute di Selena Bernard, in quegli ultimi tempi, era riuscita a fare sì che il pilota non destasse sospetti.
Dieci minuti più tardi era seduta su una panchina, senza troppe persone nei paraggi, e faceva partire l'ennesima telefonata.
Edward le rispose subito, in tono cordiale, dimostrando ancora una volta di non essere convinto che Veronica avesse doppi fini.
«Ti disturbo?»
«No, mi stavo prendendo una pausa.»
«Spero di non essere stata inopportuna.»
«No, certo che no» la rassicurò Edward. «Questa pausa, nello specifico, consisteva nel guardare un video abbastanza di cattivo gusto.»
Veronica obiettò: «Se era di cattivo gusto, perché l'hai guardato?»
«Per scoprire contro chi dobbiamo combattere, come campionato» le spiegò Edward. «Era un video in cui vari piloti di Formula 1 venivano intervistati a proposito della Diamond Formula e del fatto che il loro campione del mondo disputerà il gran premio di Montecarlo con la Whisper. Anche quelli convinti che la Diamond Formula sia il campionato più importante al mondo mi sono sembrati comunque un po' troppo altezzosi. Uno ha perfino detto che la Diamond Formula non sarà mai più importante della Formula 1, perché non ci corrono i marchi storici. Ha detto che nulla può superare il fascino e l'eleganza della Ferrari... che poi, uno che sembra uno stalliere ha il diritto di parlare di eleganza? Che pensi piuttosto al fatto che altri guidano vetture che raffigurano bovini tamarri... e magari potrebbe non pensare solo ad altri.»
A Veronica quelle polemiche sterili non erano mai interessate e le importavano ancora meno in quella situazione.
«Selena come sta?» domandò. «C'è qualche novità?»
«Selena sta bene.»
«Quando uscirà dalla clinica?»
«Non lo so. Vorrebbe tornare a casa, ma la signora Bernard e il suo compagno hanno insistito perché rimanesse ancora per qualche tempo. Dicono di vederla ancora molto turbata e preferiscono aspettare che si riprenda completamente.»
«Tu quando la vedrai?»
«Domani mattina.»
«Bene. Non è la prima volta che vai a trovarla, da quando è ricoverata.»
«No.»
«Nemmeno la seconda, temo.»
«Dopotutto sono già passate oltre due settimane dall'aggressione...»
«E vai a fare visita a una semplice amica così spesso?» azzardò Veronica. «Per caso le cose sono cambiate, tra di voi?»
«In un certo senso» ammise Edward. «Non saprei definire la nostra situazione attuale, ma siamo sicuramente più vicini di un tempo.»
«E quel giornalista? Fischer? Che fine ha fatto? Non stava insieme a Selena?»
«Non so cosa sia successo. La signora Bernard mi ha detto che Selena non vuole più vederlo e che il personale della clinica ha disposizioni di non farlo andare da lei. Ciò nonostante, ci ha già provato due volte, anche se è stato mandato via.»
«Selena ti ha detto niente?»
«La signora Bernard mi ha pregato di non chiedere a Selena nulla a proposito di Fischer, per non sconvolgerla.»
«Mhm...»
«Ti sento perplessa, Veronica.»
Lo era, ma preferì negare.
«No, figurati, non mi interessa niente di Fischer e dei suoi tentativi di fare visita a Selena. Mi fa piacere che, alla fine, sia tu quello che le sta accanto in questo momento.»
«Anche a me fa piacere» ribatté Edward. «Fintanto che ciò non ha impatto negativo sulla vita di Selena, non mi interessa quale sia la ragione del suo allontanamento da Fischer. Dove sia e che intenzioni abbia non è un problema. Non riuscirà a raggiungere Selena ed è tutto quello che conta.»
 
******
 
A volte, anche quando non c'erano più certezze, almeno Keith Harrison restava una certezza. Oliver riuscì a intravederlo nonostante l'oscurità e, sebbene l'altro non si fosse accorto, per una volta, della sua presenza, si diresse verso di lui.
Si fissarono per un istante in silenzio, poi Keith domandò: «Perché sei qui?»
Oliver spalancò gli occhi.
«Perché me lo chiedi?»
«Non ti aspettavo, credevo potessi cavartela anche senza di me, ormai.»
«Forse» azzardò Oliver, «Avevi paura di quello che sto per dirti.»
«Non c'è niente che possa spaventarmi» replicò Keith. «So quello che volevi fare. Hai detto che avresti cercato di raggiungere Selena. Devono essere passati giorni e giorni, per te, ormai avrai raggiunto il tuo obiettivo.»
«No, non sono ancora riuscito ad andare da lei» lo informò Oliver. «Mi viene impedito.»
«Da chi?»
«Dal personale della clinica in cui è ricoverata.»
«Perché?»
«È stato dato ordine di non farmi entrare, non so se da Selena stessa o da sua madre. Alexandra non deve essere tanto lontana, anche se non mi è mai capitato di incontrarla.»
«Mi dispiace. Cosa pensi di fare?»
«Non lo so, vorrei provarci di nuovo. Possibile che non ci sia nessuno capace di rendersi conto che non voglio fare niente di male, ma solo incontrare una persona a cui tengo?»
«Era questa la notizia traumatica che dovevi darmi?»
«No, di notizia traumatica ce n'è un'altra: ricordi l'accordo tra la Whisper e la Dynasty?»
Keith alzò gli occhi al cielo.
«Come farei a non ricordarmene? È stato l'inizio della fine, per tutti e due.»
«La tua cara consorte era convinta che Patrick facesse il doppio gioco» riferì Oliver. «Pensava che il suo obiettivo fosse quello di fingere di non stare ai patti, forse nella speranza di ottenere qualche altra concessione.»
«Ed era vero?»
«Certo che no.»
«Non mi stupisce, tuttavia, che Emma ne fosse convinta» replicò Keith. «Aveva una pessima opinione di te, in quel periodo.»
«Di Patrick, vorrai dire.»
«Non capisco che senso abbia negare, ma...»
Oliver non lasciò che Keith finisse la frase.
«Emma era convinta che Patrick volesse fregare tutti e ha avuto la brillante idea di confidarsi con Gigi Di Francesco.»
«No, non è possibile» ribatté Keith. «Te lo stai inventando.»
«Per niente» lo smentì Oliver. «È stata Emma stessa a confermarmi di averlo fatto.»
«Quando?»
«Poco tempo fa.»
«Magari l'ha fatto perché l'hai messa sotto pressione, le tue insinuazioni dovevano infastidirla.»
«Non ho fatto insinuazioni. È stata una sua iniziativa raccontarmelo. Lo considera un comportamento del tutto normale.»
Keith puntualizzò: «Comunque sia andata, forse Emma non si rendeva conto che anche Di Francesco potesse essere pericoloso.»
«Non lo so, ma avere Emma dalla sua parte deve avergli facilitato le cose.»
«Non vedo in che modo.»
«Era pur sempre meglio che averla contro, dopotutto ai tempi era una delle voci emergenti più considerate.»
«In ogni caso Emma non ha fatto niente di male.»
«Non intenzionalmente, questo no. Però rimane pur sempre un comportamento discutibile, il suo. Avrebbe dovuto fare da tramite tra te e Patrick, non tra le sue stesse fantasie e Gigi Di Francesco.»
Keith replicò, con fermezza: «Non siamo morti per colpa di Emma. Per me non cambia niente, scoprire che non si fidava di Patrick Herrmann.» Mise una certa enfasi su quel nome. «Non dovrebbe importare nemmeno a te. Dopotutto tu sei Oliver Fischer, non fai altro che ripeterlo. Perché ti senti disturbato da qualcosa che, di fatto, non ti tocca in prima persona?»
«Non mi offende quello che Emma pensava di Patrick Herrmann» puntualizzò Oliver. «Mi disturba solo il fatto che stesse dalla parte di chi complottava contro di lui e che questo discorso sia uscito per caso. Quando mi ha raccontato quello che sapeva dell'accordo, ha taciuto su questo punto.»
«Probabilmente non lo riteneva importante.»
«Non avrebbe dovuto essere lei a decidere cosa fosse importante e cosa no.»
«Fischer, concentrati su Selena e lascia in pace mia moglie» gli suggerì Keith. «Non ha senso, ormai, prendersela con lei. Ha fatto quello che riteneva più opportuno. Forse è stata colpa mia, a suo tempo non sono stato capace di metterla in guardia da certe persone.»
«O forse l'hai messa in guardia dalle persone sbagliate.»
«Questo è ridicolo. Mi fidavo di Herrmann... mi fidavo di te. Sapevo che non volevi solo distruggere Di Francesco, ma che eri convinto di quello che dicevi contro di lui. Sapevo che non saresti mai sceso a compromessi. Non...»
Il cielo fu squarciato in due da un lampo, all'improvviso. Gli occhi di Oliver seguirono la traiettoria della saetta. Quando tornò ad abbassare lo sguardo su Harrison, scoprì che Keith non c'era più.
«Ehi, aspetta, non andare via!» cercò di chiamarlo.
Non ci fu nulla da fare. Sulla spiaggia non vi era più alcuna traccia di Keith Harrison. Sebbene avesse ancora qualcosa da riferirgli, Oliver comprese di doversi mettere il cuore in pace. Almeno per il momento avrebbe dovuto cavarsela da solo. Doveva uscire dalla dimensione onirica e tornare alla realtà, poi cercare di mettersi in contatto con Selena, in un modo o nell'altro.
 
******
 
Edward entrò nel bar e si guardò intorno. Alexandra Bernard era una persona puntuale, quindi doveva essere già arrivata. A giudicare dal fatto che stava sorseggiando una tazza di tè, doveva essere giunta al loro appuntamento non da poco, quindi in largo anticipo.
La raggiunse e le domandò: «Posso sedermi?»
La signora Alexandra fece un sorriso.
«Certo, signor Roberts, la stavo aspettando.»
Edward si accomodò di fronte a lei.
La madre di Selena gli domandò: «Posso offrirle qualcosa?»
«Magari dopo» rispose Edward. «Prima volevo parlare con lei di una cosa strana accaduta oggi.»
«La ascolto.»
«Mi ha telefonato Thomas, suo nipote. Sosteneva di non essere riuscito a mettersi in contatto con Selena, che il suo telefono non è raggiungibile.»
«E con ciò? Non credo ci sia da preoccuparsi se Selena tiene il telefono spento per mezza giornata. Gliel'ho suggerito io. Mi è sembrato che avesse ricevuto una telefonata strana.»
«Che tipo di telefonata strana?»
«Temo che quel giornalista che le ronza intorno sia riuscito a trovare un modo per contattarla, nonostante tutta la fatica che io e Tom abbiamo fatto per tenerlo lontano da lei. Immagino che comprenda quanto ciò sia un problema, signor Roberts.»
«Vagamente.»
«Allora sarò più chiara: mia figlia è stata assalita brutalmente proprio a causa della presenza di Oliver Fischer nella sua vita. Non voglio che le succeda qualcosa di brutto solo perché, per un breve periodo, si è ostinata a tenersi intorno quel buono a nulla il cui unico scopo è quello di guadagnare soldi usando il nome di Patrick Herrmann. Nel suo libro intende scrivere le porcherie più assurde, mettendo in mezzo anche mia figlia. So che una donna di trentacinque anni dovrebbe essere in grado di comprendere da sola quali frequentazioni lasciare da parte, ma Selena è stata molto debole, da questo punto di vista. Ho dovuto impegnarmi non poco per farla tornare alla realtà. Rivedere quel tale potrebbe farla precipitare nuovamente in una spirale di autodistruzione. Finché sarà chiusa in clinica ci sarà qualche speranza di tenere tutto sotto controllo, ma ho paura che, quando sarà dimessa, possa accadere ancora qualcosa di terribile. Deve aiutarmi. Dobbiamo trovare un modo per fare sì che Selena e Oliver Fischer non si vedano mai più. D'altronde anche lei avrà qualcosa da guadagnarci, signor Roberts. Si vede che mia figlia non le è indifferente. Pensi a quanto sarebbe bello sbarazzarsi di Fischer per sempre.»
«Sì, lo ammetto, è una bella prospettiva.»
«Se solo chi ha aggredito mia figlia avesse aggredito lui e fosse riuscito a portare a termine il proprio intento...»
Edward rabbrividì.
«Signora Alexandra, non sono venuto qui per parlare dell'ipotetica morte violenta di qualcuno.»
«Sarebbe stato comunque lo scenario migliore per tutti.»
«Lo scenario migliore sarebbe se nessuno venisse preso a bottigliate in testa, non le pare?»
La signora Alexandra alzò le spalle, sospirando.
«Tanto prima o poi dobbiamo morire tutti. Che problema c'è se qualcuno muore prima del tempo? Non tutti, al mondo, hanno la stessa utilità.»
«Non si preoccupi, conosco Selena abbastanza bene da sapere che è una persona lucida e capace di allontanare chi ha effetti negativi su di lei» disse Edward, desideroso di cambiare discorso. «Oliver Fischer non le farà del male nemmeno da vivo, Selena sarà in grado di tenerlo a distanza, se ha un'aura così negativa su di lei.»
«Non è questione di aura» replicò la signora Alexandra. «Fischer ha un'idea romanzata della Diamond Formula e vende la sua versione fasulla dei fatti.»
«E con ciò?»
«Con ciò, se non si rende conto di quanto sia dannoso, anche lei è parte del problema, signor Roberts. Sbaglio o era amico di Herrmann?»
«Sì, lo ero.»
«Vuole che Herrmann venga descritto come qualcuno che non era da parte di un ragazzo desideroso di farsi un nome e di guadagnare soldi? E vuole che questo accada anche a spese di Selena?»
«La vede troppo buia.»
«No, sono realista. Sono capace di riconoscere il male, quando lo vedo, e le assicuro che Oliver Fischer è il male. Se solo un'anima pia ci avesse fatto il favore di ammazzarlo, adesso vivremmo in un mondo migliore. Selena stessa vivrebbe in un mondo migliore. Purtroppo non sempre le cose vanno come devono andare. Fischer è ancora là fuori, da qualche parte, pronto a distruggere mia figlia. La prego, signor Roberts, mi aiuti a impedirglielo, a ogni costo.»
Edward annuì.
«La aiuterò. Farò il possibile per tenerlo lontano da Selena. Lei, però, si tolga dalla testa quei pensieri macabri. Deve pensare al suo equilibrio mentale. Sono certo che Selena non vorrebbe vederla così turbata.»
«Selena non mi vedrà turbata» lo rassicurò la signora Alexandra. «Ho imparato a fingere molto tempo fa.»
 
******
 
Non pioveva, ma c'era qualche lampo in lontananza. Oliver non nutriva molte speranze di ritrovare Keith, ma doveva essere la sua sera fortunata.
Attirò la sua attenzione da lontano, facendogli un cenno con la mano.
Lo vide avvicinarsi e non limitarsi solo ad accorciare le distanze fisiche.
«Hai visto Selena?» volle sapere. «Come sta?»
«Non ho visto Selena. Ho visto Alexandra Bernard.»
«Le hai parlato?»
«No, mi sono nascosto in un bagno perché non mi vedesse.»
Keith gli ricordò: «Non ti avrebbe riconosciuto.»
«No, non mi avrebbe riconosciuto come Patrick Herrmann» convenne Oliver, «Ma sicuramente avrebbe capito che sono Fischer, il giornalista che deve stare lontano da sua figlia a tutti i costi.»
«Che effetto ti ha fatto rivederla?»
«Nessuno.»
«Non ti credo. Era la tua amante, un tempo.»
«Era l'amante di Patrick Herrmann, un tempo» chiarì Oliver. «Non tutte le donne del suo passato mi fanno lo stesso effetto. Anzi, diciamo che Selena è l'unica che mi affascina. Piuttosto, mi ha fatto uno strano effetto vedere la madre di Selena in clinica insieme a Edward Roberts. Che cosa ci faceva là?»
«È un amico di Selena, a quanto mi risulta.»
«Sì, ma il fatto che fosse là con Alexandra significa che ha contatti con lei, che si sentono, magari che si vedono addirittura fuori dalla clinica...»
«Lo trovi grave?»
«Non lo so. Mi sta venendo una strana idea, ultimamente.»
«Di cosa si tratta?»
Oliver chiese, andando dritto al punto: «Conoscevi il fratello di Gigi Di Francesco, vero?»
«Sì, l'ho conosciuto» confermò Keith. «Perché?»
«È stata Emma a parlarmi di lui. Mi è venuto in mente che Di Francesco, da ragazzino, ha vissuto in Inghilterra per molti anni.»
«Quindi?»
«Quindi, tecnicamente, avrebbe potuto parlare la lingua bene come un madrelingua... e lo stesso vale anche per suo fratello.»
«Non ti seguo» ammise Keith. «Comunque sì, Gigi parlava l'inglese bene tanto quanto me se non meglio. Dove vuoi arrivare?»
«Ne parliamo tra poco» gli assicurò Oliver, «Ma solo se ne vale la pena. Dimmi cosa sai del fratello di Di Francesco o cosa ti ricordi di lui. Quanti anni ha?»
«Non saprei. Al giorno d'oggi qualcosa come sessanta, forse sessantacinque.»
«Che lavoro faceva?»
«Mi pare fosse un medico. Perché lo vuoi sapere?»
«Lo volevo sapere proprio per questo» ribatté Oliver. «Medico, sulla sessantina, Alexandra si rivolge a lui chiamandolo Tom, ha vissuto in Inghilterra abbastanza da essere credibile se si presenta con un nome inglese... Tommaso Di Francesco è Thomas Parker, ci metterei la mano sul fuoco.»
Keith strabuzzò gli occhi.
«E questa che cazzo di storia sarebbe?»
«Non so che storia sia» fu costretto ad ammettere Oliver, «Ma inizia a piacermi sempre meno, anche se è una soddisfazione, per certi versi, vedere i pezzi che si incastrano.»
«Io non vedo incastri.»
«Rifletti: il dottor Parker è preoccupato dal fatto che Selena mi frequenti e la minaccia di passare ai fatti qualora non dovesse accettare di chiudere con me, informandola di potersi avvalere della collaborazione di qualcuno che mi sta vicino a mia insaputa. Non troppo tempo dopo qualcuno assale Selena colpendola alla testa, mentre non è tanto lontana da me. Questo significa che il dottor Parker aveva davvero degli agganci e mi ha sguinzagliato dietro qualcuno.»
«Chi sarebbe il suo aggancio?»
«Se fossimo in un romanzo, si tratterebbe sicuramente di Edward Roberts: l'amico che si vende al migliore offerente è un ottimo cliché. Nella realtà, però, credo sia soltanto innamorato di Selena. Inoltre credo che Selena sia stata aggredita perché ha visto qualcuno che non doveva vedere. Edward aveva trascorso la serata con noi e io ero ancora al bar insieme a sua sorella. Se anche avesse voluto farmi del male, avrebbe potuto avvicinarsi a me in qualsiasi momento senza destare alcun sospetto in Selena. Rimango del mio parere: Selena ha visto qualcuno che, in nessun modo, avrebbe dovuto essere là quella sera.»
«Ovvero?»
«Ovvero non lo so, ma prima o poi sarò in grado di chiederlo a Selena stessa.»
«Come pensi di fare?»
«Rivolgendomi all'unica persona che può portarmi da lei: Edward.»
«Edward?!»
«Tra quelli che stanno intorno a Selena in questo momento, penso sia il più degno di fiducia, anche se c'è il pericolo che il "dottor Parker" riesca a portarlo sulla cattiva strada. Per questo devo sbrigarmi. Cercherò di incontrarlo domani stesso.»
«Buona fortuna.»
«Non penso sarà questione di fortuna, ma ti ringrazio per il pensiero.»
 
******
 
Quando sentì il cellulare squillare, Edward sperò si trattasse di Selena. Non fu così e realizzò che avrebbe dovuto capirlo: a cercarlo era Veronica Young, ancora una volta, forse per chiedergli notizie dell'amica.
Augurandosi che non fosse così, Edward le rispose. Bastò un istante per fargli capire che le sue speranze erano sul punto di infrangersi.
«Sei ancora a Milano?»
«Sì.»
«Fino a quando pensi di rimanere?»
«Hai ragione, sto dedicando troppo tempo a Selena...» iniziò Edward, venendo presto interrotto.
«No, non è un problema. Sono certa che Selena non riuscirà a distoglierti dai tuoi veri obiettivi. Fai bene a rimanerle accanto.»
«Selena ha meno bisogno di me di quanto possa sembrare» replicò Edward. «Sta bene, tutto sommato.»
«Ha ricordato qualcosa? Ti ha parlato di chi l'ha aggredita?»
«Perché lo vuoi sapere?»
«Era così, per farti capire che sono interessata a lei...»
Edward avrebbe preferito non esporsi, ma il fatto che Veronica fosse così schietta lo spinse a comportarsi allo stesso modo.
«Mi sono accorto che Selena ti interessa, più di quanto dovrebbe.»
«Cosa vuoi dire?»
«Voglio dire che, da un po' di tempo a questa parte, non fai altro che pensare a Selena.»
«No, figurati» ribatté Veronica, «Lo sai, la conosco poco, ma...»
Edward non la lasciò finire.
«Veronica, parliamoci chiaro. Prima hai insistito tanto perché cercassi di riavvicinarmi a Selena, con la scusa che invitarla con noi avrebbe fatto capire alle Strauss che non tutte le persone che hanno intorno le sostengono quanto potrebbero pensare. Poi, quando ho riallacciato i rapporti con Selena nel vero senso della parola, hai continuato a starmi addosso, insistendo ancora sul fatto che avrei dovuto farle capire che non la considero solo un'amica. Infine, dopo l'aggressione che ha subito, mi cerchi continuamente e vuoi sempre parlare di lei. Non dirmi che ti stai interessando a lei perché fa parte della mia vita. Non ti credo più, se mai ti ho creduto. Ti prego di spiegarmi cosa vuoi da Selena e come pensi di ottenerlo attraverso di me.»
Veronica rise, con amarezza.
«Non ti si può proprio nascondere niente, eh?»
«Mi si possono nascondere tante cose, invece, a condizione di non tirare troppo la corda. Temo che tu l'abbia fatto, ormai non riesci più a renderti credibile.»
«Mi dispiace. Mi dispiace che tu abbia creduto che ho qualcosa da nascondere.»
Edward azzardò: «È questo, in realtà, che ti dispiace, vero? Sei stata smascherata. Il resto non ti fa né caldo né freddo.»
«No, mi dispiace essermi dovuta intromettere negli affari di Selena» ammise Veronica. «Avrei preferito che non accadesse. Lo puoi tranquillamente immaginare, di per sé non me ne frega proprio un fico secco di Selena.»
«Lavorava nello studio di tuo fratello, giusto?»
«Esatto.»
«Ed è per questo che ti importa di lei? So che tuo fratello ha spesso avuto problemi economici. Devi aiutare lui?»
«Lionel ha spesso problemi di soldi, ma l'unico modo per aiutarlo è compilare qualche assegno. Il vero problema è...»
Prima che Veronica potesse pronunciare un nome, Edward tentò di indovinare: «Oliver Fischer? Guarda caso, il tuo interesse per Selena era inesistente, prima che quei due si conoscessero.»
«Lo sai, considero Fischer un impiccione.»
«Un impiccione che, tuttavia, non ti faceva né caldo né freddo quando criticava i miei risultati ogni tre per due, ma non aveva a che fare con Selena.»
«Sì, hai ragione, un tempo Fischer mi era del tutto indifferente.»
«Quindi cos'è cambiato?»
«È cambiato che non mi piacciono le idee che potrebbe mettersi in testa frequentando Selena.»
«Si tratta» dedusse Edward, «del libro di Fischer. Hai paura che possa farsi delle idee sbagliate a partire da potenziali rivelazioni di Selena, qualcosa che possa denigrare te e la squadra.»
«Inizialmente sì, era questo che mi preoccupava.»
«E adesso?»
«Adesso le cose sono peggiorate» replicò Veronica, «Perché mi sta venendo il dubbio che quel tizio non abbia deciso di fare ricerce su Herrmann di sua iniziativa.»
«Non ti seguo» obiettò Edward. «Ho conosciuto Oliver Fischer, credo che il modo migliore di definirlo sia fanboy. Ha una sorta di ossessione per Patrick, crede sia stato uno dei piloti migliori di sempre o qualcosa del genere.»
«Insomma, mi stai dicendo che, da un giorno all'altro, potrebbe svegliarsi una mattina e decidere accusarmi pubblicamente di essere l'unica responsabile della morte di Herrmann, senza preoccuparsi minimamente del fatto che io stessa e tutta la squadra abbiamo avuto delle ripercussioni dalla sua morte.»
«Non penso che lo farebbe, ma solo perché oltre che un fanboy è anche un giornalista e deve continuare ad avere un posto di lavoro.»
«Vedo che hai inquadrato anche tu il soggetto, Fischer ha dato anche a me un'idea del genere, nei primi tempi. Poi, però, hanno iniziato a venirmi dei dubbi.»
«Dubbi di che genere?»
«Il suo comportamento appare un po' strano, la sua ossessione per Patrick Herrmann non è molto giustificabile. Per questo ho iniziato a chiedermi se qualcuno lo stia manovrando e chi. Mi viene il dubbio che non stia facendo delle genuine ricerche su Herrmann, quanto piuttosto che il suo obiettivo finale sia quello di screditare la Dynasty Racing, su incarico di qualcuno che vuole trascinarci nella merda.»
L'idea di Veronica appariva interessante, ma secondo Edward era poco credibile, così come era posta.
«Non ti sarai convinta che sia opera del team Albatros?»
«No, non ho mai pensato a loro. Tra noi, Claudia Strauss e tutta la squadra c'è solo una sana rivalità, sportiva e corretta. Commettiamo troppo spesso l'errore di guardarci le spalle dai nostri avversari. Va a finire che perdiamo d'occhio quelli che potrebbero davvero farci del male.»
«Di chi parli, Veronica?»
«Sento puzza di Whisper.»
Edward spalancò gli occhi.
«E perché mai quelli della Whisper dovrebbero sguinzagliare Fischer dietro alla Dynasty? Non ha alcun senso.»
«Non quelli della Whisper di oggi» chiarì Veronica. «Quelli hanno solo in mente di fare i fighi schierando su una delle loro vetture il campione del mondo in carica del "campionato concorrente" e, con un po' di fortuna, mettere sull'altra vettura anche quello da cui l'ha preso in quel posto per anni tranne che nella scorsa stagione. Parlo piuttosto di altre persone, che avevano a che fare con la Whisper molto tempo fa.»
«Ai tempi della vecchia proprietà e della gestione di Di Francesco?»
«Esattamente.»
«Che vantaggio avrebbero? Nessuno dei vecchi collaboratori di Di Francesco ha avuto a che fare con la Diamond Formula da almeno un decennio.»
Veronica rimase in silenzio a lungo, tanto che Edward pensò per un attimo che la linea fosse disturbata o sul punto di cadere. La team principal, tuttavia, riprese a parlare poco dopo.
«Non so se faccio bene a dirtelo, ma temo che c'entri qualcosa Kathy Di Francesco, l'ex moglie di Gigi.»
«A quella donna non è mai importato niente della Diamond Formula, che io ricordi» replicò Edward. «Non faceva assolutamente nulla, stava solo in giro per il paddock.»
Veronica precisò: «Lo so che non faceva nulla, ma ho i miei buoni motivi per credere che Oliver Fischer lavori per Kathy Di Francesco, pur fingendo che non sia così.»
«Fingendo che non sia così» ripeté Edward. «Cosa vuoi dire? Per caso hai parlato con Kathy Di Francesco di Fischer?»
«Diciamo che me ne ha parlato lei, più di una volta. Sostiene che sia uno scocciatore che ha cercato di estorcerle delle informazioni, tempo fa, ma se non fosse così? Se invece me l'avesse fatto credere per potere complottare insieme a lui? Me lo sono chiesta e mi sono detta che questa è la cosa più verosimile.»
«E Selena? Cos'ha a che vedere con tutto questo?»
«Mi è venuto addirittura da pensare che Fischer fosse seriamente attratto da lei...»
«Lo è.»
«Ne dubito.»
«Te lo ripeto, il suo interesse per Selena mi pare genuino. E poi, che motivo avrebbe per fingere con lei?»
«Penso che Selena serva per "legittimare" in qualche modo le accuse che Fischer rivolgerà, prima o poi, alla Dynasty.»
«Selena non si inventerebbe accuse false contro di voi, nemmeno se fosse Oliver a chiederglielo.»
«Lo posso immaginare, però, appunto, temo che Oliver Fischer serva per plagiarla. A maggior ragione devi aiutarmi, Edward. Tieni quel tipo lontano da lei.»
«Non posso fare miracoli.»
«Sii più esplicito con Selena. Dille che la ami o qualcosa del genere. Vedrai che si leverà dalla testa quel coglione una volta per tutte.»
Edward sbuffò.
«Possibile che non facciate altro che dirmi tutti la stessa cosa?»
«Perché?» volle sapere Veronica. «Chi altro ha cercato di spingerti in questa direzione?»
«La signora Alexandra.»
«Wow... Alexandra Bernard si è scomodata di dare la sua benedizione a una tua ipotetica relazione con la figlia. Interessante, molto interessante.»
«Non vedo cosa ci sia di interessante.»
«Non molto, a questo proposito, in realtà. Trovo comunque strano che, di punto in bianco, Alexandra Bernard abbia deciso di riallacciare i rapporti con la figlia. Sbaglio o si sentivano a malapena?»
«Non sbagli.»
«Cos'è cambiato?»
«Mi sono sentito in dovere di avvertire la signora Alexandra dell'aggressione subita da Selena, quando il fattaccio è accaduto. Non pensavo si precipitasse subito in Italia insieme al suo compagno, ma l'ha fatto. Per una volta mi ha sorpreso in positivo.»
«Il suo comportamento non ti è mai sembrato strano?»
«No.»
«Se ci teneva così tanto alla figlia, non sarebbe uscita dalla sua vita per così tanti anni.»
«Magari il fatto che sua figlia abbia rischiato grosso l'ha fatta tornare sui propri passi.»
«Mhm... sì, può essere.» Veronica non parve particolarmente convinta da quell'ipotesi. «Che tu sappia, Alexandra ha contatti con Kathy Di Francesco?»
«Direi proprio di no» ribatté Edward. «Non ti sembra di essere un po' ossessionata dalla moglie di Di Francesco, oggi?»
«No, non sono affatto ossessionata. Il fatto che la Bernard e la Di Francesco non si sentano e non si vedano conferma la mia teoria su Fischer.»
«Non ne vedo il nesso.»
«Kathy Di Francesco avrebbe potuto tranquillamente avvalersi della collaborazione di Alexandra Bernard, se avesse voluto screditarmi. Era una delle persone più vicine a Patrick Herrmann, dal punto di vista professionale, e non ha mai apprezzato molto né me né mio marito. Solo, Kathy non doveva avere la possibilità di entrare in contatto con lei, oppure era abbastanza certa che Alexandra non avrebbe collaborato. Questo spiegherebbe perché Oliver Fischer abbia fatto da tramite anche con Selena: c'era bisogno proprio di lei.»
«Rimango del parere che tu stia lavorando un po' troppo di fantasia.»
«Credimi, Edward, mi piacerebbe che il mio fosse solo un lavoro di fantasia, ma ho il forte sospetto che non sia così. Ti prego, quindi, di tenere gli occhi aperti. Se non vuoi farlo per me, fallo almeno per la squadra. Ci sono tante persone che finirebbero per rimetterci, se qualcuno tentasse di metterci in cattiva luce, e non se lo meritano. Lo sai come vanno le cose: basta che un giornalista affermi qualcosa di campato in aria e subito un branco di pecore gli danno credito, anche se magari è tutto falso.»
«Va bene» concesse Edward, «Cercherò di fare tutto quello che è in mio potere, ma non ti prometto niente.»
«Non importa» lo rassicurò Veronica, «Non mi interessano le promesse, specie quando non vengono mantenute. Quello che conta è che so di potermi fidare di te.»
Edward non era così certo che essere degno di fiducia fosse positivo e continuò a non esserne sicuro anche dopo la fine della telefonata con la team principal.
Guardò l'orologio: era ormai ora di andare a fare visita a Selena, quindi cercò di togliersi dalla testa ogni altro pensiero, almeno per un po', ma l'impresa si rivelò difficile. Gli tornarono in mente gli avvertimenti di Patrick, risalenti a molti anni prima, a proposito del fatto che Veronica Young non fosse esattamente come appariva. Cosa voleva dire? E soprattutto, fino a che punto il pensiero di Patrick corrispondeva a verità? Si era sbagliato su tante cose e su tante persone nella vita, perché la sua opinione di quindici anni prima su Veronica doveva essere presa per oro colato? Non si poteva dire che la team manager fosse molto simpatica, anche se negli ultimi tempi era molto migliorata dal punto di vista umano, ma l'antipatia non doveva essere considerata ragione di sospetto. Aveva sempre combattuto per salvare il team di famiglia e ce l'aveva fatta. Era probabile che esagerasse, nel vedere minacce anche laddove non c'erano, ma Edward era certo della sua buona fede, dopotutto Oliver Fischer non si era sempre dimostrato affidabile ed era plausibile che avesse qualcosa da nascondere.
Fu proprio Oliver Fischer la prima persona che incontrò, all'interno della clinica. Era da solo, in un angolo di un corridoio, cercava senz'altro di non dare nell'occhio, forse nella speranza di potere andare a far visita a Selena senza essere bloccato.
Guardava verso di lui, quindi Edward era certo di essere stato visto. Si sorprese che Fischer non cercasse di nascondersi, come se non temesse di essere smascherato, ma evidentemente doveva avere qualcosa in mente, visto che si stava avviando verso di lui.
«Proprio te stavo aspettando, Roberts» gli comunicò, quando lo raggiunse. «Temevo te ne fossi andato.»
«No, non me ne sono andato» replicò Edward. «Forse, però, faresti meglio ad andartene tu. Selena non vuole vederti, mi pare sia stata abbastanza chiara in proposito.»
«Sarebbe molto più chiara se me lo dicesse di persona» ribatté Oliver, «Ma in ogni caso sono qui per parlare con te.»
Edward scosse la testa.
«No, mi dispiace, vado di fretta e non ho niente di cui parlare.»
«Io invece di cose da dirti ne ho più di una e ti converrebbe ascoltarmi. Immagino che tu ci tenga a Selena.»
«Ci ho sempre tenuto a Selena.»
«Eppure la lasci in balia di sua madre e del "dottor Parker".»
«Sua madre e il dottor Parker sono la sua famiglia.»
«Un buon esempio di famiglia, non c'è che dire...»
«Non possiamo sceglierci i nostri parenti» replicò Edward. «Sia la signora Alexandra sia il suo compagno sono stati piuttosto premurosi nei confronti di Selena e questo mi basta.»
«A me no» mise in chiaro Oliver. «Non voglio dire niente sulla signora Alexandra, ma ho il forte sospetto che il dottor Parker non sia chi dice di essere. Selena ha il diritto di essere messa in guardia.»
«Tu, invece, non hai il diritto di decidere che cosa sia bene per Selena» puntualizzò Edward. «Non vuole vederti, devi andartene.»
«Non mi interessa se non vuole vedermi, Selena deve sapere» insisté Oliver. «Il dottor Parker l'ha minacciata, in passato, e...»
«Inventatene una migliore. È assurdo infangare il nome di una brava persona solo perché vuoi trovare una scusa per vedere una donna che non ne vuole più sapere di te. La vita va avanti, Fischer.»
«Non mi sto inventando niente. Ti prego di riferirle che devo parlarle con urgenza di un fatto importante. Selena stessa si è confidata con me a proposito del dottor Parker, prima dell'aggressione.»
Memore delle richieste di Alexandra Bernard e di Veronica, Edward rimase fermo sulla propria posizione.
«No, non riferisco niente a Selena.»
«E va bene, io ci ho provato» rispose Oliver, «Ma a quanto pare non ha funzionato. Avevo preso una grande cantonata su di te: credevo fossi un uomo perbene ma un pilota di merda, invece era l'esatto contrario. Sei un ottimo pilota, ma sei un uomo di merda.»
«Me ne farò una ragione» ribatté Edward, calmo. «Quello che conta, per me, non è quello che la gente insignificante pensa di me. È realizzare i miei obiettivi... e ti assicuro che ci sto riuscendo.»
«Anch'io realizzerò i miei, in un modo o nell'altro» gli assicurò Oliver. «Temo che alla fine ti ritroverai con niente in mano, ma non è affare mio. Ognuno ottiene quello che merita.»
 
 

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Capitolo 16
*** [Selena] ***


Selena sussultò, quando la porta si spalancò all'improvviso. Il personale della clinica era piuttosto discreto, capitava raramente che qualcuno si precipitasse nella sua stanza senza preannunciare il proprio arrivo.
Le sorprese, comunque, non erano ancora finite: davanti a lei si palesò Oliver Fischer, che indossava un camice da infermiere.
«Buonasera» lo accolse Selena. «Si può sapere cosa ci fai qui vestito a quella maniera?»
«Sono qui, vestito a questa maniera, perché rubare un camice era l'unico modo che avevo per andarmene in giro per la clinica e venire da te» rispose Oliver, a bassa voce, richiudendo la porta alle proprie spalle. «Siamo sicuri qui? Oppure qualcuno potrebbe entrare da un momento all'altro, a quest'ora?»
«Nessuno entrerà» lo rassicurò Selena. «Non sono tutti come te.» Lo invitò a sedersi accanto a lei al tavolino presente in un angolo della camera. «Allora, mi spieghi perché sei venuto? Hai detto tu stesso che hai dovuto trovare un escamotage per entrare. Pensavo che la situazione ti fosse abbastanza chiara.»
«No, non mi è chiara per niente» replicò Oliver. «Non mi vuoi più vedere? Ti sei fidanzata con Edward Roberts? Accetto tutto, ma sarebbe carino, da parte tua, dirmelo guardandomi negli occhi.»
«Non hai capito proprio niente.»
«Grazie al cazzo, se non ti spieghi, come faccio a capire cosa ti passi per la testa? Ho solo quel tuo biglietto... e anche dopo averlo scritto mi hai comunque incontrato, mi hai parlato, ti sei comportata come se fossi indecisa su di noi come coppia, ma non mi hai mai dato l'impressione di volere chiudere definitivamente con me senza darmi nemmeno una spiegazione.»
«Ci tengo a te, Oliver» mise in chiaro Selena, «E se non ci siamo visti, di recente, non è per la faccenda del biglietto.»
«Dovrai spiegarmi anche quella, però.»
«Sì, può darsi, ma adesso devo spiegarti altro, dato che hai deciso di non accettare l'idea di rimanerne fuori.»
Oliver aggrottò la fronte.
«Rimanere fuori da cosa? Non riesco proprio a capirti.»
«Non volevo che tu capissi» ribatté Selena. «Non volevo che qualcuno capisse.»
«Cosa ti è successo a Imola?» volle sapere Oliver. «Chi è stato ad aggredirti?»
«Non posso dirtelo.»
«Questo significa che lo sai? Che lo sai, te lo ricordi perfettamente, eppure non hai detto niente? Chi stai coprendo?»
«Non sto coprendo nessuno» mise in chiaro Selena. «Se raccontassi la verità, nessuno mi crederebbe.»
«Perché?»
«Perché chi mi ha aggredito, in teoria, non avrebbe potuto farlo, nel modo più assoluto. Fingere di non ricordare è stato più facile. Almeno nessuno potrà insinuare che, essendo stata colpita alla testa, mi sia partito qualche neurone.»
Oliver obiettò: «Niente è impossibile. Perfino una persona al di sopra di ogni sospetto può macchiarsi di azioni criminali.»
«Quando ci sarò arrivata in fondo» gli assicurò Selena, «Capirai anche tu.»
«Arrivare in fondo a cosa? Continuo a non seguirti.»
Selena fece un sospiro.
«Va bene, iniziamo dall'inizio, così vediamo se riesci a starmi dietro. Poco più di due settimane fa, in una via buia, una persona mi ha colpita alla testa con una bottiglia. Ho perso i sensi e sono stata soccorsa più tardi da dei passanti. Le mie condizioni apparivano più gravi di quanto fossero davvero. Quando Edward l'ha scoperto, ha avvertito mia madre, che l'indomani è arrivata in Italia insieme al dottor Parker.»
«Penso di sapere chi...» iniziò Oliver.
«Me lo dirai dopo, quello che pensi di sapere» lo interruppe Selena, «Adesso lasciami finire. Mia madre o il dottor Parker ti hanno scritto un messaggio dal mio cellulare. Brutta idea quella di non avere mai messo una password per bloccarlo, ma ormai è andata così. Ti hanno scritto che non volevo più vederti o qualcosa del genere, adesso non ricordo bene. Quando l'ho scoperto, mi sono chiesta a che gioco stessero giocando, se avesse qualcosa a che vedere con le richieste che mi aveva fatto il dottor Parker al telefono. Tuttavia ho ritenuto più opportuno non indagare e fingere a mia volta di non volere più avere a che fare con te.»
Oliver sbuffò.
«Non sapevo di essere una damigella in pericolo da proteggere a ogni costo!»
«Taci e stammi a sentire» gli intimò Selena. «Quando sono stata dimessa dall'ospedale, mia madre ha insistito perché mi facessi ricoverare in questa clinica, adducendo al fatto che avessi bisogno di riprendermi a pieno dall'aggressione. Ho accettato di nuovo, pensando che fosse più opportuno stare lontana da te o da altre persone che potrei mettere in pericolo senza volerlo.»
«Tra queste persone non è incluso Edward Roberts, mi pare di capire.»
«Penso che non corra pericoli, per il momento. Prende molto sul serio mia madre e il dottor Parker.»
«Lo so. Gli ho parlato. Ho chiesto il suo aiuto per venire da te e ha rifiutato. Non so se ha paura che tu possa preferirmi a lui o se semplicemente gli hanno fatto il lavaggio del cervello.»
«Edward non ha idea di cosa mi sia successo» puntualizzò Selena. «Ho preferito che non sapesse. Crede anche lui che io non ricordi nulla. Tutti credono che io non ricordi nulla.»
«Dunque, se ho ben capito, sai chi ti ha aggredito, pensi di non poterlo raccontare a nessuno, hai accettato di farti rinchiudere qui dentro...»
«Non mi sono fatta rinchiudere. Sto per andarmene.»
«Tua madre te lo lascerà fare?»
«Mia madre non sa che domani andrò via, così come non lo sa Edward.»
«Domani?!»
Selena annuì.
«Devo incontrare una persona, domani sera.»
«Chi?»
«Quando ho ricordato chi mi aveva aggredita, in un primo momento ho pensato si trattasse di un sogno o di suggestione. Poi, a poco a poco, mi sono convinta che era successo davvero, che era proprio quella la realtà, per quanto apparisse surreale. Così, mentre ero qui, ho deciso di contattare qualcuno che avrebbe potuto aiutarmi, in qualche modo, a fare due più due.»
«Quindi» dedusse Oliver, «Hai effettivamente avuto contatti con qualcuno.»
«Non potevo farcela da sola» gli spiegò Selena. «Temevo che mia madre riuscisse, in qualche modo, a controllare le mie chiamate e i miei messaggi, quindi ho scritto a Claudia Strauss da un indirizzo e-mail che mia madre non conosce.»
«Claudia Strauss» ripeté Oliver. «Questo è un bel colpo di scena. Però mi porta ad avere la certezza che chi ti ha aggredito abbia a che fare con la Diamond Formula.»
Selena non lo smentì, anche perché non c'era motivo di farlo.
«Ho pensato e ripensato a Patrick e ai suoi ultimi giorni di vita, prima di scriverle. Mi sono detta che, se tutto davvero era partito da Emiliano Diaz, cone Patrick pensava, Claudia era la persona che poteva aiutarmi di più. Aveva avuto una relazione con Diaz, prima della sua morte, forse ci teneva anche più di Patrick a far luce sulla verità, eppure ha sempre mantenuto un profilo molto basso. Mi è venuto il dubbio che temesse ritorsioni o che comunque per lei fosse molto più saggio restarne fuori.»
«In effetti il passato di Claudia non è sempre stato tranquillo. C'è stato chi ha cercato a tutti i costi di metterle i bastoni tra le ruote.»
«E, guarda caso, Gigi Di Francesco era uno di questi.»
«Quello che pensava delle donne nel motorsport è abbastanza chiaro.»
«Non penso sia solo questione di donne nel motorsport. Claudia mi ha confermato che Gigi Di Francesco proprio ce l'aveva con lei, che voleva vederla fuori dalla Diamond Formula. Convinta che comunque la morte di Diaz fosse avvenuta in modo accidentale, ha lasciato perdere, convinta che tanto, ormai, non ci fosse più nulla da fare. Poi, dopo la morte di Patrick e Keith, l'interesse collettivo per l'incidente di Diaz è passato in secondo piano, quindi ha scelto di vivere e lasciare vivere, se così si può dire.»
Oliver obiettò: «Temo non sia stata la scelta migliore, ma capisco perché, per lei, possa essere stata una scelta obbligata.»
«A proposito di scelte obbligate» gli rivelò Selena, «Quando ho iniziato a farle domande su Gigi Di Francesco, mi ha detto che c'era una persona che avrei potuto contattare per farmi raccontare qualcosa su di lui.»
«Interessante, ma cosa c'entra con le scelte obbligate?»
«Si tratta di una donna che da ragazza ha gareggiato in Formula 3 e Formula 3000, più o meno coetanea di Claudia Strauss. Pare che la Whisper le avesse offerto un ruolo nella squadra e che, di punto in bianco, sia stata in qualche modo costretta a rifiutare.»
«Penso di sapere di chi stai parlando.»
«Si chiama Vanessa Molinari.»
«L'ho conosciuta.»
«Quando?»
«A Imola, poche settimane fa.»
«Avete parlato della sua carriera?»
«Sì, ma non era molto intenzionata ad aprirsi, con me. Mi ha raccontato qualcosa, ma non tanto. Non ha voluto spiegarmi come mai abbia rinunciato alla Diamond Formula proprio quando poteva addirittura ottenere un volante come titolare, anche se credo di averlo capito.»
«Se sia io sia tu siamo arrivati a lei, vuole dire che siamo entrambi sulla strada giusta» osservò Selena. «Spero almeno che, quando sarò io a parlarle, accetti di aprirsi di più. Devo vederla domani pomeriggio.»
«Vanessa Molinari è da queste parti?»
«No. Valessa Molinari vive in provincia di Parma. Ci siamo date appuntamento da lei.»
«È stata Claudia Strauss a convincerla ad accettare di vederti?»
«È stata Claudia a darmi il suo recapito, una volta avuta l'approvazione di Vanessa.»
«Fantastico, evidentemente essere amica delle persone giuste apre tante porte.»
Selena gli strizzò un occhio.
«Non lamentarti. Tu stesso sei riuscito a parlare con lei.»
«Hai ragione, ma non ho ottenuto molto» ribatté Oliver, «Tranne farmi delle brutte idee in proposito.»
Selena gli ricordò: «Anch'io potrei non cavare un ragno dal buco. Un conto è accettare di incontrarmi, un altro è raccontarmi ciò che finora si è sempre tenuta dentro.»
Oliver azzardò: «Hai pianificato di andartene per incontrarla, quindi?»
«Sì.»
«Pensi che ci saranno dei problemi?»
Selena realizzò che quello scenario non era così improbabile, ma c'era un modo per facilitare tutto.
«No. Non ho niente. Posso essere dimessa quando voglio, mi basta solo volerlo.»
Oliver le chiese conferma a quanto aveva già affermato in precedenza.
«Quindi pensi di andartene domani mattina?»
Selena scosse la testa.
«Mi era venuta questa idea, ma grazie a te me ne è venuta una migliore.»
«Ovvero?»
«Ovvero andarmene in un momento in cui a mia madre non passa neanche lontanamente per la testa di venire a impicciarsi di cosa sto facendo.»
«Cioè quando?»
«Adesso.»
Oliver spalancò gli occhi.
«Come adesso?»
«Il tempo di risolvere le questioni burocratiche, ovviamente» puntualizzò Selena. «Diciamo che in un'ora o poco più potrei riuscire a lasciare questa clinica una volta per tutte. Hai un posto dove posso dormire stanotte? Possibilmente in un letto.»
«Ci sarebbe una camera d'albergo che ti aspetta, ma non voglio correre il rischio di sembrare troppo esplicito, facendoti un simile invito.»
Selena sbuffò.
«Non ho tempo di scambiare l'invito a dormire nella tua stanza per un invito a fare sesso con te. Dammi l'indirizzo e vattene senza farti vedere. Arriverò da te il prima possibile.»
«Prima, però, vorrei dirti una cosa» aggiunse Oliver. «Volevo dirtelo prima, si tratta del dottor Parker...»
«Mente sulla propria identità, è questo che volevi dirmi, vero?» azzardò Selena. «Ho anch'io questa impressione.»
Oliver le confidò: «Temo di sapere chi è.»
«Non dirmelo adesso» lo supplicò Selena. «Non sono pronta per i tuoi sospetti.»
«Va bene, come vuoi» concesse Oliver, «Anche se non ne capisco il motivo.»
«Non sono sicura di volere trascorrere il resto della serata a fare congetture. Sarà già abbastanza duro il pensiero di dormire accanto a te, stanotte.»
«È così terribile?»
«Non sei tu che sei terribile, è che temo un altro dei nostri sogni sincronizzati. Perché ne sono certa, quella notte, a Imola, abbiamo fatto lo stesso sogno. È per questo che ho voluto allontanarmi da te. Ho avuto paura di una verità che non sono pronta ad affrontare.»
«Di quale verità parli?»
«Lo sai perfettamente. E, se non lo sai, magari lo capirai stanotte.»

******

Il sole non era ancora spuntato, ma già si intravedeva la sua luce e il cielo si tingeva di rosa. L'aria era ancora fredda, a segnalare un temporale risalente a pohe ore prima, ma il vento dava segno di essersi placato.
Selena camminava accanto a Oliver, consapevole di chi il suo accompagnatore stesse cercando, ma convinta che non avesse più bisogno di lui.
«Perché vuoi incontrare Keith?» gli domandò. «Ormai te la puoi cavare da solo.»
Oliver scosse la testa.
«No, senza l'aiuto di Keith mi sentirei perso. E poi glielo devo, devo scoprire come sono andate le cose, anche per lui.»
«Keith non può aiutare né te né me» replicò Selena. «Dobbiamo smetterla di cercarlo, dobbiamo sforzarci di rimanere nella nostra dimensione.»
«La tua dimensione potrebbe non essere la stessa dimensione mia» obiettò Oliver. «Non posso lasciare il mondo di cui faccio parte.»
«Vuoi dire che, seppure tu sia Oliver Fischer, adesso, non puoi fare a meno, almeno in parte, di continuare a essere Patrick Herrmann?»
«Non dovresti saperlo. O almeno, non dovresti saperlo quando sei nell'altra dimensione, nella tua dimensione.»
«Non lo so, quando sono nell'altra dimensione, o almeno non ne sono pienamente consapevole» ammise Selena, «Ma mi piacerebbe saperlo anche nella mia vera vita. Mi sei mancato, in questi anni. Mi sono sempre chiesta come sarebbe andata, se tu non fossi...»
«Se non fossi morto? Puoi dirlo.»
«Non sarebbe il termine giusto. Non si può considerarla morte, se c'è un dopo così vero e percettibile. Oliver Fischer non è morto.»
«Il vero problema è che non so più dove finisca Patrick e dove inizi Oliver, ma questo non credo tu possa capirlo.»
«Non c'è bisogno di capirlo. Tu sei tu, cosa importa se sei Oliver o se sei Patrick?»
«Per me cambia, e non poco.»
«Per te cambia solo perché hai deciso che vuoi darvi importanza» insisté Selena. «Pensaci. Stai facendo esattamente la vita che desideri, fai il lavoro dei tuoi sogni e stai contribuendo a fare luce su un mistero rimasto sepolto in un angolo di storia della Diamond Formula...»
Oliver annuì.
«Sì, sotto questo punto di vista non mi posso lamentare. Tu, però, cosa faresti? Come ti comporteresti se scoprissi che non sei davvero chi hai sempre pensato di essere? Cosa faresti se sentissi che nel corpo di Selena Bernard vive l'anima di un'altra persona? Come ti sentiresti se avessi dentro di te i ricordi di chi hai sempre pensato fosse qualcun altro?»
«Non lo so» fu costretta ad ammettere Selena, «Ma non sono sicura che rimanere ancorata alla mia identità passata sarebbe la soluzione migliore.»
«Non lo è nemmeno per me» replicò Oliver, «Ma non sempre, nella vita, prendiamo le decisioni migliori. Sono disposto a sbagliare, se è l'unico modo per sentirmi meglio con me stesso.»
«E Keith come si inserisce in tutto questo?»
«Eccolo là Keith.» Oliver glielo indicò, ancora in lontananza, che si dirigeva verso di loro. «È stato Keith a farmi ricordare chi fossi e, per quanto non mi abbia fatto un favore, gliene sarò sempre grato. Scoprire di essere Patrick Herrmann ha dato una spiegazione alle mie ossessioni e a tutto quello di cui non ero mai riuscito a capacitarmi.»
«E tu?» osservò Selena. «Tu cosa rappresenti per lui? Perché non sei solo tu a cercare Keith, mi pare che anche Keith stia cercando te.»
«Io solo colui che un giorno gli spiegherà perché è morto» rispose Oliver, con amarezza. «Tra poco arriverà qui e fingerà che sia io ad avere bisogno di lui, ma temo che in realtà sia Keith ad avere bisogno di me.»
Keith si fermò a qualche metro di distanza.
«Sei certo» chiese Selena, «Che voglia venire da noi?»
«Sì» rispose Oliver, ostentando sicurezza. «Forse è solo spiazzato. Non si aspettava di trovarti qui. Non sa come comportarsi con te.»
Selena alzò un braccio, agitandolo in segno di saluto, in direzione di Harrison. Solo a quel punto l'ex pilota si avvicinò.
Quando giunse di fronte a loro rimase in silenzio per qualche istante, infine domandò: «A cosa devo l'onore di questa visita?»
«Non lo so» ammise Selena. «Penso semplicemente di essermi addormentata e di essermi ritrovata qui.»
«È un piacere vederti» ribatté Keith, «Ma ho l'impressione che questa situazione ci stia un po' sfuggendo di mano.» Si rivolse a Oliver: «Sei stato tu, vero, sei riuscito a trovarla?»
«Sì, ci sono riuscito» confermò Oliver, «E ti assicuro di non averla costretta in alcun modo.»
«Esatto, sono io che ho accettato» ammise Selena. «O meglio, ho accettato di andarmene insieme a lui, non ero sicura che sarebbe capitato anche questo.»
«Quante cose sai, esattamente, Selena?» volle sapere Keith.
«Adesso, in questo momento, so tutto quello che c'è da sapere, credo. Non so se, quando torneremo dall'altra parte, ricorderò qualcosa. Adesso, però, mi è tutto chiaro.»
«Posso chiederti che cosa ti sia chiaro, esattamente?»
«So chi è Oliver e so qual è il suo obiettivo. So che anche tu vuoi che scopra la verità e che per questo continuate a incontrarvi. Voglio che tu sappia che sono dalla vostra parte. Qualche tempo fa sono stata aggredita da qualcuno che ha a che fare con voi.»
«Ricordi qualcosa?»
«Sì.»
«Selena mi ha confidato di ricordare tutto» intervenne Oliver, «Ma ritiene inopportuno, per il momento, lanciare delle accuse. Diglielo anche tu, che di me può fidarsi.»
Selena si girò di scatto verso Oliver.
«No, non mi freghi. Sai già che non intendo dirti niente e non lo farò, nemmeno qui.»
«Hai detto che preferivi tacere, per il momento, perché ti sembrava un'idea impensabile.»
«E con ciò?»
«Sei qui, di fronte a Keith, sapendo chi ero io. Cosa ti può sembrare meno concepibile di questo?»
Selena rimase ferma sulla propria posizione.
«Ho detto di no, Oliver. Non è il momento.»
«Vuoi aspettare che ci riprovi?»
«Le possibilità che ci riprovi rimangono tali e quali, anche se ti dico chi è stato. Anzi, lo stesso credere che io abbia dimenticato tutto o che abbia pensato si trattasse di mie fantasie è proprio la ragione per cui, molto probabilmente, non ci riproverà.»
Oliver fece per obiettare, ma Selena lo fissò con fermezza.
«Ho detto di no» ripeté, preparandosi ad aggiungere qualcosa per cui Oliver non doveva essere pronto. «Ho detto di no, Patrick.»
Lo vide indietreggiare.
«Non sono più Patrick, Selena.»
«Per me lo sarai sempre.»
«No, non è vero» replicò Oliver. «Quando mi hai conosciuto, per te ero solo Oliver Fischer. Lo ero quando mi hai confidato la verità sul tuo passato, lo ero quando è successo tutto quello che è successo tra di noi...»
Selena annuì.
«Sì, per me eri Oliver Fischer, ma non sono sicura di essere ancora in grado di guardarti con gli stessi occhi con cui ti guardavo prima.»
«Questo non è un elemento a tuo favore, Selena» si intromise Keith. «Posso comprendere che tu abbia provato attrazione per Oliver Fischer... ma l'idea che tu possa esserti innamorata di Patrick una seconda volta mi pare assurda.»
«Non mi sono innamorata di Patrick» ribatté Selena, «Né tantomeno di Oliver. Non so cosa ti abbia raccontato in mia assenza, ma farebbe meglio a evitare di fingere di sapere quali siano i miei sentimenti nei suoi confronti.»
«Non sono sicuro» replicò Oliver, «Che a Keith interessi questo aspetto. Delle faccende private credo sia meglio discuterne in un altro momento. E poi, se ti può consolare, nemmeno io ti guardo più con gli stessi occhi di prima, da quando hai deciso di avere dei segreti.»
«Ho sempre avuto dei segreti.»
«Scusa la schiettezza, ma i segreti legati al tuo passato mi riguardavano poco. Il fatto che tu non voglia dirmi chi è stato a colpirti con quella bottiglia, quando quella stessa persona molto probabilmente ce l'ha con me, invece, mi riguarda eccome. Hai idea, almeno, del fatto che potresti mettermi in pericolo?»
Selena scosse la testa.
«Non sei in pericolo, Oliver. L'importante è che tu faccia attenzione.»
«Adesso, quindi, sono Oliver. Bene, vedo che, a seconda di cosa ti convenga affermare, per te passo dall'essere Patrick all'essere Oliver in modo totalmente casuale.»
«Piantala di fare polemica» ribatté Keith. «Non è così che la convincerai.» Si rivolse a Selena. «Se non vuoi parlare, posso comprendere le tue ragioni, però non sono convinto che si tratti della scelta migliore. Va bene, può anche essere stato qualcuno al di sopra di ogni sospetto, ma perché non dovremmo crederti almeno noi? Sappiamo da che parte stai.»
Selena negò con fermezza.
«Mi dispiace, Keith, non posso, e non è perché ho paura di non essere creduta.»
«Oh, capisco» mormorò Keith, abbassando lo sguardo. «Scusami, non ci ho pensato prima, avrei dovuto capirlo.»
«Capire cosa?» volle sapere Oliver.
«Si tratta di qualcuno della Dynasty» ipotizzò Keith. «Selena non vuole dirci niente perché ha paura di mettere in pericolo Edward Roberts.»
«Veronica» borbottò Oliver. «Ho sempre saputo che c'era del marcio in lei.»
«Io, invece, non credo sia stata un'iniziativa di Veronica» replicò Keith. «Mi sembra più probabile che ci sia di mezzo Scott Young.»
«Quei due sono d'accordo, lo sono sempre stati.»
«Eppure si è sempre detto che non fossero così affiatati.»
«Non saranno affiatati come coppia, probabilmente perché nessuno dei due si sarebbe messo insieme all'altro se non fosse stata la strada più conveniente per entrambi, ma dal punto di vista lavorativo hanno sempre collaborato molto bene. Si completano a vicenda. Evidentemente non devono avere molto interesse per la sfera romantica, altrimenti sarebbero davvero la coppia perfetta.»
«Fate pure come se io non ci fossi!» sbottò Selena. «Continuate con le vostre congetture, tacciando gente varia di avermi aggredita senza avere la certezza che siano loro i veri colpevoli.»
«Vuoi dire che non sono stati Veronica e Scott Young?» azzardò Keith. «Interessante, molto interessante. Mi chiedo, allora, chi altro possa essere stato. Qualcuno che ha a che fare con la Dynasty di sicuro...»
«Basta, Keith» lo supplicò Selena. «Se e quando sarà il momento, scoprirete chi mi ha assalita a Imola. Prima ci sono alcune cose di cui io stessa mi devo accertare.»

******

Selena guardò l'orologio e Oliver senz'altro notò quel movimento, dato che subito le chiese: «A che ora devi incontrare la Molinari?»
«È ancora presto» lo rassicurò Selena. Nonostante fossero appena scesi dal treno e dovessero ancora scoprire dove si trovasse la fermata dell'autobus che li avrebbe condotti al paese nel quale abitava Vanessa Molinari, non avevano di che preoccuparsi. «Puoi stare sicuro, non arriveremo in ritardo.»
«Speriamo. Vanessa Molinari è disponibile, ma ho dovuto insistere un po', nel mio caso, per vederla.»
«Ti ho già detto che le cose, tra noi, sono andate diversamente. È stata Claudia a mettermi in contatto con Vanessa, di certo ne terrà conto.»
Oliver annuì.
«Sì, hai ragione, scusami. A volte ho la tendenza al pessimismo.»
«Sii ottimista, almeno ogni tanto» ribatté Selena. «In fondo, per ora, è andato tutto meglio del previsto.»
«Di cosa parli?»
«Non ci ha più ritrovato.»
«Chi?»
«La persona che mi ha aggredita a Imola. Penso che abbia saputo per tutto questo tempo dove trovarmi... e forse sapeva anche dove trovare te. Perché siamo d'accordo, no? Il suo obiettivo, molto probabilmente, eri tu.»
«Perché dobbiamo parlarne adesso?» obiettò Oliver. «Non mi sembra il momento.»
«Eppure ne abbiamo già parlato, di recente...» Selena aveva un ricordo solo vago e confuso, ma aveva l'assoluta certezza di avere discusso di quell'argomento con Oliver. «C'entrava qualcosa anche Keith Harrison o sbaglio?»
Oliver sussultò.
«Keith Harrison? Quando abbiamo parlato di Keith Harrison?»
Selena rifletté.
«In effetti è una bella domanda, ma sono sicura che...» Si interruppe. «No, in realtà non ne sono così sicura. Non so cosa mi stia succedendo, Oliver. Forse la botta in testa che ho preso ha davvero lasciato qualche segno, anche se in ospedale hanno detto che sono perfettamente guarita.»
Oliver sviò il discorso.
«Dai, andiamo a prendere l'autobus.»
Selena decise di non opporsi né tantomeno di porsi ulteriori domande. Avevano qualcosa di importante di cui occuparsi, almeno per il momento, ed era opportuno approfondire bene come si fosse svolto il precedente colloquio tra Oliver e Vanessa Molinari. Sebbene avesse la "raccomandazione" di Claudia Strauss, Selena sapeva di essere pur sempre una perfetta sconosciuta che porgeva domande a cui l'ex pilota di Formula 3 probabilmente avrebbe preferito non dovere rispondere.
Una volta trovata la fermata, non fu necessario attendere molto prima dell'arrivo del mezzo. Per fortuna c'erano pochi passeggeri a bordo, quindi non fu necessario prendere eccessive precauzioni, se non quella di parlare a bassa voce.
Dopo averle riferito per filo e per segno come fosse andato l'incontro con la Molinari, Oliver osservò: «Chissà quanto resterà sorpresa, quando oggi mi vedrà insieme a te.»
Selena spalancò gli occhi.
«Cosa?! Toglitelo dalla testa!»
«Perché no?» obiettò Oliver. «A me sembra un'ottima idea.»
«A me, invece, non lo pare per niente» tagliò corto Selena. «Sono io che devo incontrare Vanessa Molinari e ci andrò da sola.»
«Però, come io ti ho messo al corrente di tutto quello che ci siamo detti, anche tu farai la stessa cosa» ribatté Oliver. «Non devono esserci segreti, almeno su di lei.»
Selena accettò. Non intendeva nascondere a Oliver alcunché fosse destinato a venire fuori dal suo incontro con la Molinari.
Avevano appuntamento in un bar poco lontano dall'abitazione di Vanessa, dove si accomodarono a un tavolo all'esterno. Claudia doveva avere passato parecchie informazioni all'ex collega, dal momento che questa sembrava essere perfettamente al corrente dell'identità di Selena.
«Così tu eri la fidanzata di Patrick Herrmann. Ho visto qualche tua foto di quell'epoca, ma non ti avrei riconosciuta.»
«Ero molto giovane, ai tempi. È passata una vita, ormai.»
«Sarà anche passata una vita, ma a quanto pare, per te, non è passato abbastanza da volere stare lontana dalla sporcizia della Diamond Formula.»
Era una palese ammissione, parte della precisa volontà di aprirsi, ciò che a Vanessa era mancato quando aveva parlato con Oliver.
Selena cercò di non essere troppo precipitosa e la invitò a raccontarle della sua esperienza nel mondo dell'automobilismo. La ascoltò con piacere, anche se molti dettagli non avevano alcuna utilità, per lei. Solo in un secondo momento passarono a parlare del suo passaggio dalle categorie minori a quella che si voleva innalzare a massima serie.
«Ero immensamente grata a Gigi Di Francesco dell'opportunità che mi stava dando, anche se non era stata un'idea sua» le riferì Vanessa. «Non mi importava quale fosse la sua opinione su di me o sulle donne nell'automobilismo in generale. Anzi, mi faceva quasi piacere che ci fosse chi gli aveva imposto la mia presenza. Seppure sapessi di essere considerata alla stregua di un elemento di marketing, ero decisa più che mai a sfruttare quella situazione a mio vantaggio. I pregiudizi sono una brutta cosa, ma a volte, lavorando nel modo giusto, si possono trasformare in un'opportunità, senza che gli altri se ne rendano nemmeno conto. Gigi Di Francesco avrebbe avuto un vantaggio temporaneo, dalla mia presenza, mentre io ne avrei approfittato per lanciare definitivamente la mia carriera. I miei benefici sarebbero stati, nel lungo periodo, di gran lunga superiori a quelli di cui avrebbe goduto il team principal della Whisper. Almeno era quello che pensavo prima di rendermi conto di quanto fosse sporco il mondo in cui stavo per entrare.»
Memore di ciò che Vanessa aveva già rivelato a Oliver, Selena azzardò: «Di Francesco voleva fregarsene dei contratti esistenti appiedando uno dei suoi piloti senza ragione, pur di metterti al suo posto?»
Vanessa Molinari abbassò lo sguardo, rimanendo a fissare il tavolino in silenzio molto a lungo. Infine, scuotendo la testa, rispose: «No, non sarebbe stato così terribile, se fosse andata così. I contratti sono fatti per non essere rispettati. Basta tirare fuori molti soldi. Sono certa che Diaz avrebbe accettato di andarsene senza problemi, se la squadra avesse pagato regolarmente la penale. Solo, Di Francesco e il CEO dei tempi hanno deciso che ci voleva qualcosa di più, non bastavo io. Una ragazza alla Whisper avrebbe fatto notizia, ma ci voleva dell'altro. So che ti sembrerà assurdo, ma hanno voluto che Emiliano morisse. Questo perché io potevo anche essere la ragazza che abbatteva gli stereotipi di genere, ma non era sufficiente: i tifosi hanno un senso del macabro piuttosto preoccupante, quindi bisognava sfruttare anche quello, in nome della popolarità, Diaz doveva morire e io dovevo gareggiare al posto suo.»
«Lo sapevi?»
«No.»
«Come l'hai scoperto?»
«Non era tanto difficile da capire, subito dopo l'incidente.»
«Cos'hai provato, quando hai realizzato cosa fosse accaduto?»
Vanessa alzò gli occhi.
«Disgusto, il disgusto più totale, anche per quello che io stessa facevo. Diaz era appena morto e Di Francesco voleva mettermi al volante al posto suo. Ho rifiutato. Ho rinunciato al mio sogno, perché era diventato un incubo.»
«Hai mai parlato con qualcuno di quello che sapevi?»
«Non sapevo. Erano solo sospetti. Va bene, sospetti molto marcati, certezze, per me, ma non potevo dimostrarlo. Speravo che Patrick Herrmann sapesse qualcosa e potesse incastrare Di Francesco, ma mi sono resa conto che non era così. Credeva che si fosse trattato di un errore, un errore abbastanza grave da provocare la morte di un pilota, ma pur sempre un errore. Solo quando anche Keith Harrison ha iniziato a esprimersi contro la Whisper, mi sono detta che dovevo fare qualcosa. Volevo mettermi in contatto con lui, parlargli di come pensavo fosse andata. Sapevo che mi sarebbe stato a sentire, che non mi avrebbe presa per una visionaria.»
«E poi?» volle sapere Selena. «Perché non l'hai fatto?»
«Perché non c'è stato il tempo» rispose Vanessa, tornando ad abbassare lo sguardo. «Quando è morto anche lui, ho capito che non ci sarebbe più stato nessuno disposto ad ascoltarmi. Potevo solo sforzarmi di dimenticare... ed è quello che ho fatto finché non sei arrivata tu. Mi dispiace che Patrick non sia mai riuscito a concludere nulla di concreto. A volte mi sono chiesta se potesse cambiare qualcosa, se avessi detto pubblicamente quello che sospettavo.»
«Ne dubito» la rassicurò Selena. «Tu stessa hai detto che non avevi prove, né potevi dimostrare nulla. Non sarebbe servito a niente. Gigi Di Francesco avrebbe trovato comunque un modo per cavarsela.»
«Sembra che tu sappia bene che tipo fosse. L'hai conosciuto?»
«In un certo senso... e, da quel poco che ho avuto a che fare con lui, ho capito che, se avesse voluto, sarebbe comunque riuscito a uscirne vincente, anche se qualcuno avesse avuto delle prove concrete contro di lui.»

******

Il sole era già sorto, ma sulla spiaggia non c'era comunque nessuno, tranne colui che Selena stava cercando. Keith Harrison stavolta le venne incontro senza esitazione e parve compiaciuto di vederla.
«Buongiorno Selena, mi fa piacere che tu sia qui.» Si guardò intorno. «Sei sola, vero?»
Selena annuì.
«Non capisco il motivo, ma Patrick non c'è.»
«Patrick...» Keith sorrise. «Non sono sicuro che Fischer sarebbe lieto di sentirti mentre lo chiami a quel modo.»
«Patrick non è qui» ribatté Selena, «Quindi non avrà niente da ridire.»
Keith si sedette a terra.
«Speravo di riuscire a parlare con te, io e te da soli.»
Selena si accomodò accanto a lui, senza avere timore di sporcarsi.
«Sei stato tu a farmi venire qui?»
«No, non ho controllo su di te. Devi essere riuscita tu a raggiungermi, eludendo in qualche modo il nostro amico Fischer. Io, da parte mia, mi sono limitato a cercare di allontanarlo.»
«Come puoi immaginare, non riesco a comprendere molto bene queste dinamiche.»
«Non c'è bisogno che tu ti sforzi di capire, Selena» puntualizzò Keith. «Non corri alcun pericolo. Forse, quando tornerai dall'altra parte, ti ricorderai almeno in parte di questa conversazione, forse no. Dipende da te, temo. Non so se sei pronta per affrontare la verità.»
«Sono qui per parlare di questo?» chiese Selena. «Del fatto che Patrick stia vivendo nel corpo di Oliver Fischer?»
«No» rispose Keith. «Sei qui perché penso tu abbia qualcosa da riferirmi.»
Per Selena non fu difficile immaginare che cosa potesse interessarlo.
«Ho incontrato Vanessa Molinari.»
«Vanessa, cara Vanessa... una carriera promettente che qualcuno, dall'alto, è riuscito comunque a stroncare. Era anche una ragazza simpatica.»
«La conoscevi bene?»
«Non benissimo.»
«Sai perché ha lasciato le corse?»
«Vanessa se n'è andata, sostenendo di volere cambiare vita» ricostruì Keith. «È tutto quello che ho sempre saputo di lei con certezza. Oliver, ovviamente, ha fatto delle ipotesi, dopo averla vista...»
Selena lo interruppe: «Vanessa Molinari mi ha confermato i sospetti di Oliver. Aveva capito che Di Francesco aveva fatto eliminare Emiliano Diaz di proposito e ha deciso non solo di non volere fare parte della squadra, ma anche di volersi allontanare del tutto dalle competizioni.»
Keith sospirò.
«Alla fine Di Francesco ce l'ha fatta, anche se non di proposito.»
«A fare cosa?»
«Ad allontanare Vanessa dalle corse. Immagino tu sappia cosa pensava delle donne che facevano lo stesso mestiere di Vanessa.»
«Beh, sì, ma so anche che era disposto a passarci sopra, se gli conveniva.»
«Questo sì, ma sono convinto che, alla fine, abbia pensato che era andata meglio così, senza che nessuno potesse più imporgli la presenza della Molinari.»
«Vanessa mi ha anche detto che, se tu non avessi avuto l'incidente a Montecarlo, ti avrebbe confidato quello che sospettava... o meglio, quello di cui era sicura, pur non avendo alcuna prova concreta.»
«Peccato che non ne abbia avuto il tempo, allora. All'epoca non mi sarebbe mai venuta l'idea che Di Francesco potesse arrivare a tanto, ma penso che sarei stato a sentire Vanessa, se mi avesse parlato. Non so cosa sarebbe cambiato, ma avrei tentato di fare qualcosa.»
«Forse» azzardò Selena, «Tu e Patrick non sareste morti.»
«Forse no, ma non me la sentirei di colpevolizzare Vanessa Molinari per non essersi rivolta a me prima» replicò Keith. «Cercare di attribuire pezzi di responsabilità a chi non c'entra niente non cambia la realtà.»
«Nemmeno io voglio colpevolizzare Vanessa» mise in chiaro Selena, «E l'ho spiegato anche a lei.»
«È un bene che tu e lei vi siate viste e che ti abbia raccontato com'è andata.»
«Lo penso anch'io.»
«Questo, però, lascia aperte ancora molte domande.»
«Sarà difficile rispondere a tutto.»
Keith confermò di essere dello stesso parere, poi aggiunse: «Tuttavia c'è una domanda a cui dobbiamo dare risposta prima ancora che a tutto il resto. Fino a poco tempo fa, sia io sia il tuo amico Fischer eravamo convinti di dovere fare luce su un mistero vecchio quindici anni. Di recente, però, è cambiato qualcosa e lo sappiamo tutti: il fatto che qualcuno ti abbia tirato una bottigliata in testa significa che il mistero passato ha ancora effetti sul presente.»
«Questo, però, non è sorprendente» obiettò Selena. «Per ogni mistero aperto che si prolunga nel tempo c'è qualcuno che vuole mettere a tacere chiunque possa avvicinarsi alla soluzione.»
«Il problema è che il nostro mistero l'ha aperto Gigi Di Francesco con la sua proposta di combinare il risultato del mondiale» puntualizzò Keith. «Per quanto anche Veronica e Scott Young abbiano fatto la loro parte, la mente pensante è stata comunque quella di Di Francesco. Era Di Francesco che aveva qualcosa da nascondere, che aveva interesse a mettere a tacere chi gli si metteva contro... Sia chiaro, la vettura di Patrick è stata chiaramente sabotata da qualcun altro, ma a dare ordini era comunque Di Francesco. Nessuno ha mai dimostrato che l'auto di Patrick sia stata sabotata, anzi, direi che nessuno l'ha anche quasi mai sospettato. Chiunque altro sia stato coinvolto, era ed è destinato a rimanere al di sopra di ogni sospetto, a meno che non parli spontaneamente. È molto più facile che, se un giorno verrà puntato il dito contro qualcuno, quel qualcuno sia Di Francesco.»
«Sarebbe comunque difficile rivolgergli accuse concrete.»
«Lo so, ma non dubito che ci sia qualche possibilità. Magari qualcuno sosterrà che mi ha istigato a innescare l'incidente, o qualcosa del genere...»
«Rimarrebbero chiacchiere.»
«Già...»
«Di conseguenza, non capisco dove vuoi arrivare.»
«Invece credo che tu capisca bene, Selena» replicò Keith, con fermezza. «Il nostro punto di partenza è questo: Gigi Di Francesco sarebbe la persona che, più verosimilmente, avrebbe interesse a insabbiare quello che è successo quindici anni fa. Su questo siamo d'accordo entrambi, vero?»
«Direi di sì» ammise Selena. «Però non credo proprio che sia il solo.»
«Esatto, non è il solo» convenne Keith. «Dal momento che, essendo morto, non può esserci lui dietro agli sviluppi di Imola, quindi, ad agire è qualcuno degli altri soggetti interessati.»
Selena confermò: «Per forza, non ci sono alternative.»
Keith azzardò: «Quindi, se tu volessi mettermi a conoscenza di quello che sai...»
Selena rise, con amarezza.
«Somigli a Oliver, sai?»
«Non lo prendo come un complimento.»
«Complimento o no, non avrai quello che desideri.»
«Lo sospettavo» si arrese Keith. «Vorrei, però, almeno, che mi spiegassi cosa ti sei messa in testa. Hai qualche idea su come comportarti da adesso in poi?»
Selena annuì.
«Domani mattina partirò per tornare a casa.»
«Con Oliver?»
«No, da sola.»
«E Oliver cosa farà?»
«Non lo so con esattezza.»
«Come l'ha presa?»
«Sono una persona indipendente e senziente. Non devo chiedere il suo permesso per tornarmene a casa. Peraltro, prima le nostre strade si separano, meglio è.»
Keith azzardò: «Non parli solo della vita privata, vero?»
Selena scosse la testa.
«Non ci ho pensato molto, alla vita privata.»
«Credo che sia innamorato dell'idea di essere ancora innamorato di te.»
«Può darsi.»
«E che anche tu sia innamorata della stessa idea. Intendo dire, credo che tu abbia avvertito qualcosa di Patrick in lui e che sia questo ad affascinarti.»
«Preferirei non parlare di questo» obiettò Selena. «Non so cosa succederà tra me e Oliver in futuro e per ora non ho avuto tempo di chiedermelo. Intendevo dire che potrebbe essere non troppo sicuro né per me né per Oliver rimanere l'uno accanto all'altra in questo momento. Sai già com'è finita a Imola... e lo stavo già evitando.»
«Oliver è convinto che il compagno di tua madre sia il fratello di Gigi Di Francesco.»
«Lo so, me l'ha detto mentre da Parma rientravamo a Milano.»
«Lo è davvero?»
«Non sapevo nemmeno che Di Francesco avesse un fratello, fino a poco tempo fa, ma ho sempre pensato che il dottor Parker non fosse del tutto sincero.»
Keith osservò: «Se il dottor Parker è Tommaso Di Francesco, tua madre deve saperlo e deve sapere anche della sua parentela con Gigi.»
«Proprio così» confermò Selena, «Ma non mi stupirebbe. Mia madre è succube di lui tanto quanto lo è delle proprie fissazioni. L'idea che quell'uomo la stesse plagiando mi è passata per la testa tante volte, solo, credevo lo facesse per i soldi. Da quando ha incontrato mia madre, ha smesso di lavorare.»
«E se invece fosse il fratello di Di Francesco?» volle sapere Keith. «Pensi possa usare tua madre per altre ragioni?»
«Il fatto che mia madre sia molto ricca deve c'entrare comunque» precisò Selena, «Dato che stanno insieme ormai da quindici anni. Però inizio a pensare che ne stia approfittando anche per tenerla sotto controllo.»
«Pensi che tua madre sappia qualcosa che farebbe meglio a non sapere?»
«Non lo so. Mia madre è un autentico enigma. Se ha scoperto qualcosa, se lo porterà nella tomba.»
«Ma tu, saresti sorpresa se tua madre sapesse qualcosa e preferisse non parlare?»
Selena rifletté qualche istante, prima di rispondere.
«Dopo la morte di Patrick, mia madre ha fatto un cambiamento enorme. Non sono sicura che la sua morte, di per sé, bastasse per trasformarla in una persona diversa. Credo non fosse sufficiente nemmeno il fatto che Patrick si fosse innamorato di me. Avere scoperto un segreto importante, qualcosa che avesse a che vedere con quello che gli è successo, è un motivo molto più plausibile per giustificare quello che le è successo dopo.»
Keith suggerì: «Parlale.»
Selena spalancò gli occhi.
«Parlarle?! E di cosa?»
«Di quello che è successo, di quello che sa. Cerca di metterla in guardia, di farle capire che il dottor Parker potrebbe diventare pericoloso.»
«Non credo che il dottor Parker sia pericoloso per lei.»
«Come fai a pensarlo nonostante tutti?»
«Dopo tutti questi anni, dopotutto...»
«Sì, hai ragione, non le ha fatto niente di male per quindici anni, che tu sappia» ammise Keith, «Ma non pensi che possa comunque essere dannoso lasciarla in balia di quell'uomo?»
«Mia madre se la sa cavare molto meglio di quanto tu creda» rispose Selena. «Ti assicuro che non corre alcun pericolo. Se c'è una persona che può resistere in una situazione simile senza cacciarsi nei guai, quella è proprio lei.»
«Va bene, mi arrendo, come vuoi tu» accettò Keith. «Torniamo a noi. Hai detto che domani tornerai a casa e che Oliver non verrà con te. Il modo in cui ti stai comportando mi suggerisce che, con o senza Oliver, tu voglia comunque fare luce su quello che è accaduto.»
«Certo che lo voglio. La bottiglia in testa me la sono presa io, dopotutto.»
«Come pensi di agire?»
«Torniamo al dottor Parker: Oliver mi ha spiegato come sia maturata in lui la convinzione che sia il fratello di Gigi Di Francesco. Beh, io intendo andare a parlare con la persona che l'ha incontrato come Tommaso Di Francesco poco tempo fa. Intendo mostrarle le foto di Parker, per avere una conferma definitiva.»
Keith comprese subito di chi si trattasse e l'idea non doveva fargli molto piacere, da come sbottò: «Emma?!»
«Sì, proprio lei» confermò Selena. «Intendo parlare con tua moglie, chiederle se...»
«No, ti prego» la interruppe Keith. «Lascia Emma fuori da questa storia.»
«Non posso» replicò Selena. «Penso proprio che Emma possa darci una mano. Credo che sappia di più di quanto lei stessa pensa di sapere.»

******

Emma si allacciò le sneakers e si legò i capelli in una coda. Era ormai pronta per uscire quando sentì suonare il campanello. Di solito non apriva eventuali ospiti in tuta da ginnastica, ma quella mattina avrebbe fatto un'eccezione. Dopotutto, se usciva vestita a quel modo e senza trucco per andare a fare jogging, non c'era nulla che non potesse essere visto anche da un eventuale visitatore.
Aprì la porta soprappensiero, senza nemmeno preoccuparsi di chi ci fosse dall'altra parte. Quando lo vide fece un salto all'indietro.
«Non è possibile!» esclamò. «Lei... qui?!»
L'uomo che aveva di fronte ne approfittò per entrare e richiudere l'uscio alle proprie spalle.
«Scusami se mi sono precipitato qui senza avvertirti, Dupont, ma ti devo parlare. Sei l'unica persona che può aiutarmi.»
Emma scosse la testa.
«N-no... Non posso fare niente. Mi dispiace.»
Il suo interlocutore fece un mezzo sorriso.
«Non mi dire che hai paura, Dupont.»
«N-no.»
«Non sei molto credibile.»
Emma fece un profondo respiro, sforzandosi di restare calma seppure la situazione fosse così surreale.
«Com'è possibile? La prego, me lo spieghi. Mi dica com'è possibile.»
«Ho dovuto farlo, Dupont» fu la risposta dell'uomo che aveva di fronte. «Non avevo alternative.»
«Sono sicura che ne avesse tante, invece» replicò Emma. «Perché ha finto di...» Non ebbe nemmeno la forza di finire la frase. «Tutto questo non ha senso.»
«Fidati di me, Dupont. Ho avuto a che fare con persone che volevano incastrarmi, persone che hanno causato la morte anche di tuo marito...»
«Cos'è successo a Keith? La prego, me lo dica.»
«Calmati, Dupont. So tutto. Fidati di me e ti racconterò ogni cosa.»
«Va bene. Però voglio sapere tutto, dall'inizio alla fine.»
Era confusa. Era profondamente confusa, non aveva idea di chi fosse degno della sua fiducia e di chi no. Si fidò del suo ospite perché sentiva che non le avrebbe mai fatto del male. L'aveva sempre apprezzata e stimata. Non era un santo, ma erano dalla stessa parte, vittime di una situazione che li aveva travolti senza lasciare loro scampo. O almeno fu quello che Emma pensò finché non fu talmente ingenua da voltargli le spalle. Le restò appena un istante, comunque sufficiente a farle comprendere, quando era ormai troppo tardi, la gravità dell'errore appena commesso.

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Capitolo 17
*** [Oliver] ***


Emma si sedette al posto di guida, chiuse la portiera e fece per allacciarsi la cintura di sicurezza. Ci ripensò: era giunto il momento di fare un altro tentativo, perciò decise di rifare a Keith la domanda alla quale suo marito non aveva voluto rispondere poco prima.
«Adesso potresti spiegarmi, per filo e per segno, cosa sta succedendo? Cosa vuole Patrick Herrmann da te?»
Si aspettava un altro rifiuto, ma Keith la sorprese in positivo.
«Mi dispiace se prima sono stato così brusco, quando ti ho detto che non volevo parlarne. Temevo che qualcuno potesse sentirci.»
Emma replicò: «Non c'era nessuno, non sarebbe successo.»
«Non si sa mai» insisté Keith. «Preferisco non correre rischi.»
«Ne stai già correndo» puntualizzò Emma. «Conosco bene Patrick. Non devi fidarti di lui, per nessuna ragione al mondo.»
«Non è stato Patrick a chiedermi di vederci, sono stato io a contattare lui.»
«Lo so, ma questo non c'entra. Te l'avevo detto, non avresti dovuto farlo. Non...»
Keith non la lasciò finire.
«Ho iniziato ad avere, negli ultimi tempi, il sospetto che Patrick avesse ragione sull'incidente di Emiliano. Ho provato anche a parlarne con Di Francesco...»
«Non avresti dovuto» obiettò Emma. «Di Francesco ti ha sempre messo su un piedistallo, non dovresti rischiare di incrinare i tuoi rapporti con lui.»
«Ho il diritto di chiedergli cosa sia successo.»
«Sì, certo, ma cerca di non metterlo troppo sotto pressione. Potrebbe essere controproducente anche per te. Ricordati che il signor Di Francesco è sempre stato dalla tua parte.»
Keith sospirò.
«Un giorno dovrai spiegarmi come mai hai un debole per lui.»
«Non ho un debole per il signor Di Francesco. Diciamo che è una delle poche persone che hanno sempre riconosciuto i miei meriti. Non ha mai osato affermare che io mi sia messa con te per fare carriera.»
«Questo basta per renderlo degno della tua ammirazione, nonostante tutto?»
«Questo basta per sapere che c'è almeno qualcuno che mi apprezza per le mie qualità e non per quale sia il mio cognome da sposata. Non è una cosa che succede tutti i giorni. Non sai quanto sia difficile essere considerata da tutti solo come tua moglie.»
«Mi dispiace che te lo facciano pesare» ammise Keith, con sincerità, «Ma non possiamo fare ruotare il mondo intero sul fatto che Di Francesco non sia come gli altri. Purtroppo credo che, con Diaz, la squadra abbia fatto un errore madornale... e la squadra la dirigeva e la dirige lui.»
«Capisco cosa vuoi dire, ma non è una buona ragione per riporre fiducia in uno come Patrick Herrmann» precisò Emma. «Perché ci tenevi così tanto a chiedergli spiegazioni a proposito di quello che è successo a Imola? Ritieni di potergli credere?»
«Sì.»
«Sei un illuso, Keith.»
«No, Emma, non sono un illuso. Quello che mi ha raccontato Patrick è plausibile... e soprattutto, in questo, siamo entrambi dalla stessa parte.»
Emma sbuffò.
«Patrick Herrmann non è affidabile! È uno stronzo!»
«Lo so benissimo che è uno stronzo e che non ci si può fidare di lui» ribatté Keith, «Ma stavolta devo farlo. A volte non importa chi siano le persone coinvolte, bisogna prendere una posizione comunque.»
«E, sentiamo, tu che posizione vorresti prendere?»
«Non lo so, questa storia mi è piovuta addosso da un giorno all'altro, ma qualcosa devo farlo...»
«Allearti con Patrick non è la scelta migliore.»
«Ti prego, Emma, se proprio non vuoi sostenermi, almeno stanne fuori.»
«Prima mi chiedi di fare da intermediaria con la ragazza di Patrick, poi di restarne fuori... Prendi una cavolo di decisione, Keith, non posso stare dietro ai tuoi sbalzi d'umore.»
«Sono io che ho chiesto a te di decidere cosa vuoi fare. Se non ti va bene passare a Selena Bernard eventuali messaggi, fai pure, ma dimmelo chiaramente.»
«Vorrei soltanto che non ci fossero messaggi» chiarì Emma. «Voltare le spalle a Di Francesco per stare a sentire Patrick non mi sembra una buona idea.»
«Di Francesco ha già voltato le spalle a me» precisò Keith. «Ti rendi conto che ha deciso di vendere il mondiale a mia insaputa?»
«Non parlerei propriamente di vendita.»
«Si tratta comunque di uno scambio, dal quale finirei per rimetterci.»
«Sei sicuro che, dando ascolto a Patrick Herrmann, le cose potrebbero davvero andare diversamente? Finora ha recitato la parte del santo, evitando di proposito di vincere a Imola, ma continuerà così?»
«Non so cosa farà Patrick, ma so cosa posso fare io.»
«No, non lo sai. Non c'è niente che tu possa fare.»
«Hai ragione, sembra non ci siano speranze... ma non intendo lasciare perdere. Voglio andarci a fondo, prima o poi. Tra pochi giorni sarà tutto finito. Allora, quando il mondiale sarà terminato, non avrò più niente da perdere. Potrò cercare di capire, potrò fare a Di Francesco le domande che mi passano per la testa adesso...»
Emma si prese la testa tra le mani.
«Insomma, sei proprio deciso a farti cacciare dalla Whisper, anche tu.»
«Io non mi sono scopato Kathy Di Francesco.»
«Herrmann sarebbe stato cacciato lo stesso.»
«È quello che pensa anche lui. È convinto che tutto sia partito dalle sue insinuazioni su Diaz, che Kathy sia stata solo una scusa.»
«Va bene, sarebbe stato cacciato via comunque, questo non lo nego, Patrick Herrmann non sa proprio più cosa inventarsi per dare alla sua vita sentimentale una connotazione meno negativa di quella che è.»
«Se pensi che ci sappia fare così poco con le donne, perché in passato sostenevi che fosse il grande amore della tua vita?»
«Perché ero un'idiota. Mi aveva plagiata, un po' come sta plagiando anche te, adesso.»
«No, ti sbagli, io non intendo affatto andarci a letto.»
«Non parlavo di questo, cretino. Ti sta comunque plagiando. Ti sta apparendo degno di fiducia, quando in realtà non lo è.»
Keith sospirò.
«L'ho capito, Emma, Patrick ti sta sulle palle. Non preoccuparti, sta sulle palle anche a me, ma nella vita non si può basare tutto sulle simpatie personali, ti pare?»
Emma annuì.
«Sì, lo so, ma non riesco a fare a meno di pensare che l'unico scopo di Patrick sia quello di fregare sia te sia il signor Di Francesco.»
«È un rischio che bisogna correre» rispose Keith, ostentando sicurezza. «Non sempre possiamo fare ciò che l'istinto ci suggerisce. Dobbiamo essere razionali, se non vogliamo andare incontro a fregature.»
«Il modo migliore per non andare incontro a fregature» replicò Emma, «è avere le idee ben chiare su chi ci rispetti abbastanza da mettersi a fare affari con noi.»
«Il rispetto è importante, ma rimane relativo» ribatté Keith. «Magari un giorno o l'altro capiterà anche a te: chi ti ha sempre screditata starà al tuo fianco, mentre chi ti portava su un piedistallo ti pugnalerà alle spalle.»
Emma fece un mezzo sorriso.
«Spero di no.»
«Anch'io lo spero» la rassicurò Keith, «Ma non si può mai essere davvero sicuri al cento per cento di niente.»
 
******
 
Oliver non avrebbe saputo quantificare il tempo trascorso seduto sul letto, con il telefono ancora in mano. Selena lo sorprese in quella posa, quando rientrò in camera con l'intento di prendere i propri effetti personali per poi andarsene.
Si accorse subito che qualcosa non andava e gli domandò: «Cos'è successo?»
Oliver alzò gli occhi.
«Ti prego, non tornare a casa» la supplicò. «È meglio che tu rimanga qui.»
Selena scosse la testa.
«Ne abbiamo già parlato. Tu stesso avevi detto che separarci, per il momento, era la soluzione migliore, che avevi delle cose da fare.»
«Sì, avevo molte idee, ma è cambiato tutto» replicò Oliver, con amarezza. «Dobbiamo ripensare completamente alla nostra strategia.»
«Perché, avevamo una strategia?»
«Dobbiamo ripensarci comunque.»
Selena lo guardò negli occhi.
«Si può sapere cos'è capitato? È cambiato qualcosa? E in che modo mi riguarda?»
«Emma Dupont è morta» le riferì Oliver. «La mia collega, quella di...»
«Sì, ho capito di chi si tratta» lo interruppe Selena. «Com'è accaduto?»
«Ero al telefono con il nostro capo, poco fa. Mi ha riferito che è stata uccisa stamattina. Stava uscendo di casa per andare a correre. Non è chiaro se l'assassino l'abbia sorpresa sulla porta di casa o se sia stata lei a farlo entrare.»
Selena spalancò gli occhi.
«Emma?! Uccisa?! E da chi?»
«Chi l'ha uccisa si è guardato bene dal lasciare un bigliettino con la firma» rispose Oliver. «Se il dottor Parker è Tommaso Di Francesco, ci sono buone probabilità che non sia stato Tommaso Di Francesco a farla fuori, dato che si trova qui a Milano. O almeno, è molto probabile che si trovi ancora qui a Milano.»
Selena lo ignorò.
«Il tuo capo ti ha detto qualcos'altro?»
«Solo che cercava di raccogliere informazioni, o più verosimilmente pettegolezzi. Al momento non si sa ancora molto.»
«È possibile, comunque, che Emma sia stata uccisa durante una rapina?»
«Tutto è possibile, ma ho la vaga impressione che non sia andata così. Emma sapeva troppe cose, a proposito della faccenda di Patrick e Keith.»
«Cosa sapeva esattamente?»
«Niente di pericoloso, in realtà. Solo, per un certo periodo, anni prima, aveva lavorato per Gigi Di Francesco e aveva un buon rapporto con lui. Diciamo che il team principal della Whisper la ammirava... e non era tanto frequente che ammirasse qualcuno. È molto probabile che a suo tempo si sia lasciato scappare qualche parola, con lei. Emma, però, non deve essersene mai resa conto. Ritengo molto probabile che non si rendesse nemmeno conto di sapere troppo.»
Selena abbassò lo sguardo.
«Oh, merda.»
Oliver osservò: «È la prima volta che ti sento esprimerti così.»
«Scusami.»
«Non ti devi scusare. Immagino che tu sia molto sconvolta.»
«Diciamo di sì.»
«Se vuoi tornare a casa, ovviamente...» iniziò Oliver, per essere bruscamente interrotto.
«Hai ragione tu, è meglio non tornare a casa, per il momento.»
«Non vorrei che ti sentissi forzata da quello che ho detto, però.»
«No, figurati, non mi sento affatto forzata» replicò Selena, alzando gli occhi. «Penso sia più sicuro andare da qualche altra parte, anche se non so dove. Chi ha ucciso Emma potrebbe sapere che sono qui. Al giorno d'oggi è facilissimo venire a sapere dove sono le persone.»
«C'è qualcuno di cui pensi di poterti fidare ciecamente?»
«Di me stessa e di te.»
Oliver fece un sorriso.
«Mi fa piacere che tu mi includa nella lista.»
«So chi sei» borbottò Selena. «Temo di averlo sempre saputo.»
«Sì, sono un gran rompiscatole» azzardò Oliver, «Ma sono affidabile. È questo che vuoi dire, giusto?»
Selena negò.
«Voglio dire che sei Patrick, o qualcosa del genere. La sua reincarnazione, qualcosa di simile...»
«Immagino che, arrivato a questo punto, non abbia senso negare.»
«No, non ha senso. C'ero, nei tuoi sogni, e non erano davvero sogni.»
«Mi stai dicendo che ricordi tutto?»
«Sto dicendo che ricordo abbastanza da sapere quello che basta.»
Oliver le confidò: «Mi dispiace. Non avrei mai voluto che andasse così.»
«Non è un problema, per me» ribatté Selena. «Anzi, il fatto che tu sia Patrick dà un senso all'attrazione che ho sempre provato nei tuoi confronti, fin dal primo momento in cui ti ho visto.»
«Così mi lusinghi.»
«No, è la verità.»
Oliver obiettò: «Non sono sicuro che Patrick meriti tutta questa considerazione. Penso di essere diventato una persona molto migliore, in questa mia seconda vita. Non rimpiango nulla di chi ero. Vorrei tanto non essere mai stato Patrick Herrmann, o quantomeno non avere mai ricordato il mio passato.»
Selena puntualizzò: «Il passato non conta così tanto, anche se non facciamo altro che attribuirgli importanza. Guarda avanti, Oliver. Guarda avanti, non guardare indietro. Dobbiamo sforzarci di farlo entrambi.»
«Mi stai dicendo» dedusse Oliver, «Che la tua attrazione nei miei confronti è superata, che dobbiamo superare entrambi quello che abbiamo pensato di provare l'uno per l'altra?»
«Non sto dicendo niente di tutto ciò» replicò Selena. «La gente prende le relazioni sentimentali troppo sul serio, per quanto mi riguarda. Credo sia meglio vivere tutto come viene, invece di fare programmi in ogni singolo momento. Non lo so cosa ne sarà di noi tra una settimana, tra un mese, tra un anno... Non lo so ed è giusto così. Adesso abbiamo altro di cui occuparci. Pensi che Emma sia con Keith adesso?»
«Non lo so. Spero per loro di sì.»
«Quindi Keith potrebbe sapere chi ha ucciso Emma.»
«Già» confermò Oliver. «Keith potrebbe sapere chi ha ucciso Emma, in caso lei l'abbia raggiunto. Però non ha importanza. Anche in questa stanza c'è chi sa chi ha ucciso Emma.»
Selena aggrottò la fronte.
«Tu sai chi ha ucciso Emma?»
«No, ma è molto probabile che sia tu a saperlo» dichiarò Oliver. «Deve essere stata la stessa persona che ha tentato di fare del male a te.»
«Non puoi essenre certo. Quella persona, dopotutto, mi ha aggredito a Imola. Per quanto ne sappiamo potrebbe essere ancora là.»
«Coprirlo non migliorerà certo la situazione.»
«Non lo sto coprendo.»
«Emma è morta» le ricordò Oliver. «Quella persona potrebbe averla uccisa e tu preferisci tacere. Va bene che per te avere dei segreti è lo standard, ma non ti pare di avere oltrepassato il limite, stavolta?»
«Non sto oltrepassando alcun limite» replicò Selena, con fermezza. «La persona che ha aggredito me non aveva alcun bisogno di uccidere Emma Dupont.»
«Come fai a saperlo?»
«Sono stata aggredita perché a Imola ho visto qualcuno che non dovevo vedere. A quel qualcuno, per non farsi vedere da Emma, sarebbe bastato evitare di andare a casa sua.»
 
******
 
Quando sentì bussare alla porta, Alexandra uscì e la richiuse alle proprie spalle. Aveva appuntamento con Edward Roberts, ma non intendeva farlo entrare in camera. L'amico di sua figlia la salutò con un sorriso: un sorriso che Alexandra avrebbe tanto desiderato far sparire dal suo volto.
Sapeva perché Roberts le aveva chiesto di vedersi e non si sorprese affatto quando glielo sentì dire esplicitamente.
«Sono venuto a salutarla. Stasera me ne vado. Non ha più senso che io stia qui.»
Alexandra gli scoccò un'occhiata di fuoco.
«Invece ne ha eccome. Non so se si rende conto di quello che è successo.»
«Sì, Selena è andata via» rispose Edward, «Me ne rendo conto perfettamente. Non abbiamo ragione di preoccuparci. Nonostante per tutta la giornata di ieri non abbia risposto al telefono, ieri sera si è fatta viva, spiegandoci perché ha lasciato la clinica.»
«E non ha senso che lei rimanga?» sbottò Alexandra. «Non capisce che è l'unico che, in qualche modo, può risolvere questa situazione?»
«Non c'è niente che io possa fare» insisté Edward. «Mi dispiace, signora Alexandra, ma la mia vita non può ruotare intorno alle decisioni di Selena. Ha lasciato la clinica perché non aveva più senso per lei rimanervi, tutto qui.»
«Mia figlia è da qualche parte insieme a Oliver Fischer» gli ricordò Alexandra. «Mi sta davvero dicendo che vuole andarsene senza fare niente per separarli? Mi sta davvero dicendo che ci sono cose più importanti nella sua vita?!»
«Non sto negando l'importanza che Selena ha e ha sempre avuto per me» precisò Edward. «Solo, se ha fatto quella scelta, io non sono nessuno per farla tornare indietro.»
«La supplico, si inventi qualcosa.»
«Non c'è niente che io possa inventare.»
«Possibile che non riesca a inventarsi una sola buona ragione per convincere Selena a lasciare perdere quel giornalista?» obiettò Alexandra. «Dovrebbe essere la sua priorità, a costo di ammazzare entrambi.»
Edward fece un sospiro.
«Signora, le ricordo che sta parlando di sua figlia.»
«Ha ragione, lo so, non voglio che accada niente di male a Selena e non dovrebbe volerlo nemmeno lei» rispose Alexandra, «Ma Oliver Fischer? Se quel tizio morisse, nessuno al mondo lo rimpiangerebbe.»
«Può darsi, ma credo che Fischer vivrà ancora a lungo. Le conviene rassegnarsi, non crede, signora Alexandra?»
Alexandra avvampò.
«Mai.»
«Cerchi di capire...»
Alexandra scosse la testa.
«No, cerchi di capire lei. Nessun altro può aiutarmi. Si inventi qualcosa. Metta in cattiva luce Oliver Fischer. Al giorno d'oggi è così semplice rovinare la vita di qualcuno, basta solo inventarsi qualcosa di credibile, anche senza poterlo provare. Racconti che ha commesso qualche grave scorrettezza professionale e lo faccia in tono credibile. Selena ha una dignità, non starebbe mai accanto a un uomo che tutti detestano.»
«Sua figlia meno influenzabile di quanto creda.»
«Ci provi comunque.»
«No, non è corretto, appunto perché c'è gente disposta a credere a qualsiasi cosa.»
Alexandra rise, sprezzante.
«Fischer in questo momento si trova in una stanza d'albergo insieme a Selena e lei si preoccupa di correttezza? Forse è per questo che non è mai riuscito a conquistare mia figlia. Non ha mai fatto niente per cercare di conquistarla.»
Edward replicò, con calma: «Non ho bisogno di fare nulla. So di averla già conquistata.»
«Allora perché Selena sta con Fischer, se lei l'ha conquistata? Me lo dica.»
«Tra me e Selena c'è sempre stato feeling, anche prima che Oliver Fischer entrasse nella sua vita.»
«Le pare una buona ragione per non fare niente?»
Edward annuì.
«C'è una sola persona che può stancarsi di Fischer e quella persona è Selena. Forzare le cose non servirà a niente. Almeno, quando sarà Selena a decidere di chiudere con Fischer, sarò sicuro che non tornerà indietro.»
Alexandra scosse la testa.
«Tutto ciò è assurdo.»
«No, non lo è per niente» ribatté Edward. «Quello che conta è il risultato finale. È un po' come durante la stagione: quello che conta, alla fine, è diventare campione del mondo. Riuscirci vincendo dieci gare o vincendone due non ha tutta questa differenza, una volta che la stagione finisce. Ha un valore puramente statistico.»
«Forse non capisce» replicò Alexandra. «Non possiamo permettere che Selena passi un giorno di più insieme a Oliver Fischer. Non mi interessa quanto sia orientato al lungo periodo, la costringa a lasciarlo, in un modo o nell'altro.»
«Signora Alexandra, forse non si rende conto che Selena non è una nostra proprietà» puntualizzò Edward. «È libera di fare quello che vuole, non possiamo costringerla a...»
Alexandra sbuffò, prima di interromperlo.
«Va bene. va bene, come vuole lei! Pensavo sarebbe stato l'uomo ideale per mia figlia, invece non vale niente, al pari di Fischer.»
«Quindi cosa farà, adesso?» ribatté Edward. «Si assicurerà di trovare qualcuno che possa separare Selena da me?»
«Non ce ne sarà bisogno: si sta già impegnando abbastanza anche da solo.»
Edward rimase fermo sulla propria posizione.
«Un giorno si accorgerà che avevo ragione.»
«Quel giorno sarà troppo tardi.»
«Non è mai troppo tardi.»
«Ogni secondo in cui Oliver Fischer continua a respirare la nostra stessa aria è troppo tardi» dichiarò Alexandra, in un ultimo disperato tentativo di portare Edward dalla propria parte. «Possibile che non si renda conto che dobbiamo fermarlo, a qualsiasi costo? Ci distruggerà tutti, uno dopo l'altro, se glielo permettiamo.»
Edward Roberts non la prese sul serio.
«Posso dirle una cosa, senza che si offenda, signora Alexandra?»
«Mi dica.»
«Sta sopravvalutando Oliver Fischer, e non di poco. È solo un giornalista e neanche troppo conosciuto. Lo sta considerando come se avesse il potere di fare qualsiasi cosa.»
«Mi creda, quell'uomo è pericoloso» replicò Alexandra. «L'ho avvertito fin dal primo momento, ho capito che allontanarlo da Selena era la cosa più importante da fare.»
«Mi stupisce che la vita privata di Selena la riguardi così tanto. Per quanti anni ha ignorato sua figlia?»
«Selena mi ignorava a sua volta.»
«Non voglio entrare nel merito delle responsabilità, non mi interessa stabilire di chi sia colpa» mise in chiaro Edward, «Ma mi sembra che adesso stia prendendo come un'ossessione quello che succede a Selena.»
«Selena è stata aggredita da un tizio che l'ha colpita alla testa con una bottiglia di vetro» gli ricordò Alexandra. «Non le pare una ragione sufficiente per interessarmi di quello che le succede?»
«Sì, certo...»
«E allora lo vede, che la pensiamo allo stesso modo?»
«Di cosa parla?»
«Parlo del fatto che per Selena andava tutto bene, prima che arrivasse Fischer. Non lo posso negare e non lo può negare nemmeno lei. Da quando quel tizio ha iniziato ad avere a che fare con lei, sono accaduti soltanto dei disastri... e potrebbe accadere qualcosa di addirittura peggiore. Dobbiamo fermarlo, in un modo o nell'altro.»
«Allora ingaggi un sicario che lo ammazzi» borbottò Edward, dando un'occhiata all'orologio. «Mi scusi, ma si sta facendo tardi. Credo di dovermene andare. Mi dispiace non esserle stato d'aiuto.»
«Oh, sì» ribatté Alexandra. «Lo è stato.»
Edward le fece un cenno di saluto e le voltò le spalle. Alexandra era pronta per guardarlo andare via, ma dopo pochi passi si fermò.
"Ha cambiato idea" si disse.
In realtà Edward Roberts non aveva affatti cambiato idea.
«Signora Alexandra, devo dirle un'altra cosa.»
«La ascolto.»
«Quando le ho suggerito di fare ammazzare Oliver Fischer, non parlavo sul serio.»
Alexandra rimase spiazzata per un attimo, ma riuscì a non dire né fare nulla di imbarazzante.
«Certo, non c'era bisogno di specificarlo.»
«Mi fa piacere. L'idea di essere in qualche modo complice di un delitto non mi alletta più di tanto.»
«È un vero peccato, però» ribatté Alexandra, in tono scherzoso. «La morte di Fischer risolverebbe davvero tutti i nostri problemi, sia i miei sia i suoi. Anzi, soprattutto i miei: dopotutto lei stesso ha detto di essere disposto ad aspettare che Selena si stanchi di lui.»
«Infatti è proprio così» confermò Edward. «Se in questo momento Selena si trova in un hotel insieme a Fischer, sarà senz'altro perché la ritiene la cosa giusta da fare in questo momento.»
 
******
 
Oliver si era accorto che Selena faceva il possibile per evitarlo, ma non glielo fece pesare né cercò di forzarla a parlare con lui. Doveva esserci una ragione ben precisa alla base della decisione di mantenere il riserbo più totale sui fatti di Imola, ragione che Oliver non riusciva a comprendere ma che doveva avere una grande importanza per Selena.
"Se non vuole dirmelo lei, scoprirò da solo cos'è successo."
Non sarebbe stato facile, senza avere alcun punto di partenza, ma Oliver aveva ancora qualche carta da giocare.
Prese il telefono e scrisse un messaggio, nella speranza che la persona che poteva aiutarlo gli rispondesse.
"Sono in Italia e ho bisogno di parlarti di persona. Quando possiamo vederci?"
Fu fortunato, la risposta non tardò ad arrivare.
"Dove sei?"
"A Milano, per motivi personali. Tu dove abiti esattamente?"
"Non troppo lontano da Faenza."
"Quando hai tempo per vedermi? Posso venire da te quando vuoi, orari dei treni permettendo."
"Anche domani."
"Okay, ti faccio sapere."
A quel punto non gli restava che chiedere un piccolo contributo a Selena: le domandò, infatti, se avesse una fotografia del dottor Parker.
Non le diede spiegazioni, che Selena chiese con prontezza.
«Cosa devi farci?»
«Mostrarla a una persona.»
«A chi?»
«A Keira Roberts. Se il dottor Parker quella sera era là, Keira potrebbe averlo visto. Non doveva essere tanto lontano da noi.»
«Non dire cazzate» replicò Selena. «Il dottor Parker non era a Imola, né è stato lui ad aggredirmi.»
«Ti credo sul fatto che non ti abbia aggredita, ma perché non avrebbe potuto essere là?»
«Perché, anche se ci fosse lui dietro all'aggressione, non avrebbe avuto bisogno di essere là.»
«Okay, ma una foto ce l'hai?»
«Una sola, ma si vede male. L'ha scattata mia madre insieme a me e a lui, quando ero in clinica, e me l'ha inviata. Non so nemmeno io perché l'ho tenuta.»
«Ti ringrazio per averlo fatto.»
Selena scosse la testa con noncuranza.
«Keira ti dirà che non ha mai visto Parker, ne sono certa.»
Oliver si fece mandare la foto, poi la inviò a Keira via e-mail. La sorella di Edward gli confermò quanto già pronosticato da Selena, ma lo informò di avere qualcosa da riferirgli, che poteva essere importante.
Si incontrarono l'indomani all'ora di pranzo. Keira si presentò all'appuntamento a bordo della propria automobile e invitò Oliver a salire.
«Non si sa mai» aggiunse. «Non vorrei che qualcuno sentisse qualche parola di troppo.»
Era un'idea saggia, quindi Oliver non se lo fece ripetere due volte.
«Non hai riconosciuto l'uomo della foto che ti ho mandato, ma hai detto di avermi qualcosa da dirmi» osservò, chiudendo la portiera. «Devo sospettare che quella foto sia la causa scatenante di questa tua decisione?»
«Sì e no» ammise Keira. «Molto probabilmente quello che sto per dirti non ha tutta questa importanza e non c'entra niente con quella fotografia, ma quella sera, in effetti, una cosa un po' strana è capitata.»
«Cosa?»
«Quando te ne sei andato, ho deciso di farmi un giro.»
«Questo non me l'avevi detto.»
«Ho deciso dopo... e poi, comunque, non c'era motivo di informarti. Sapevo che, in ogni caso, non mi avresti invitata a salire nella tua stanza.»
Oliver fece finta di non cogliere l'allusione.
«Hai incontrato qualcuno?»
«Sì, un uomo che avrà avuto sui sessant'anni. Era seduto su una panchina per strada. Non l'avevo nemmeno notato. Non so se gli sia caduta a terra una lattina vuota oppure se l'abbia gettata a terra lui stesso. Gli stavo passando accanto e mi sono accorta della sua presenza. Devo averlo guardato male, dato che si è alzato per raccoglierla e gettarla in un cestino, borbottando qualcosa sullo smaltimento della spazzatura. Non ricordo cosa gli ho detto, ma ha notato il mio accento. Mi ha chiesto se ero straniera e se ero lì per il gran premio. Quell'idea sembrava divertirlo, per qualche motivo. Sarà uno di quelli che non hanno idea del fatto che ci siano donne appassionate di automobilismo.»
«E tu cosa gli hai detto?»
«Gli ho risposto che ero lì per il gran premio, appunto, ma che comunque vivo in Italia e lavoro per una squadra motoristica di un altro campionato. Ha fatto un'ipotesi che si è rivelata esatta su quale fosse quel team, dopodiché si è messo a parlare di come sia positivo che la Diamond Formula sia riuscita a diventare la massima serie di automobilismo a ruote scoperte. Non doveva essere un grande fan della Formula 1, si è lamentato del fatto che non ci sono "veri piloti" e che non è più rischiosa come un tempo, quindi ha perso parte del proprio fascino. Ha detto che sarebbe una serie molto più interessante se tutti i gran premi venissero disputati sotto al diluvio universale, e magari i team fossero obbligati a scendere in pista con assetto da asciutto. Sosteneva che solo così si vedrebbe la differenza tra i piloti.»
«Sì, la differenza tra i morti e i sopravvissuti» scappò detto a Oliver, che se ne pentì immediatamente. «Scusa, Keira, ma stavo pensando a una cosa accaduta in passato.»
«Qualcosa di importante?» azzardò Keira.
«Non per noi e non adesso» la rassicurò Oliver. «Solo, la mia prima intervista a un pilota di Diamond Formula, che vi gareggiava cinque anni fa, fu a uno che non concorderebbe con quanto affermato dal tizio che getta i rifiuti a terra. A proposito, cos'altro volevi dirmi?»
«Niente, in realtà» ammise Keira. «Non so perché, quando mi hai mostrato la foto di quel tizio, mi è venuto da pensare all'uomo che ho incontrato quella sera. Forse perché, comunque, non si è comportato in modo tanto normale. Di solito non ci si intrattiene in tarda serata per strada a parlare con una perfetta sconosciuta di quanto fosse bello il motorsport quando era più pericoloso di quello attuale. Sembrava convintissimo che la ragione per cui la gente di oggi sembra meno appassionata di quella di un tempo sia la mancanza di incidenti mortali.»
Oliver replicò: «Pensiero macabro, ma purtroppo quel tipo non ha tutti i torti, sugli appassionati di motori.»
«Già» convenne Keira. «Sai cos'è che mi ha portata a dargli importanza? Il fatto che Patrick Herrmann sia morto proprio nel modo da lui tanto glorificato e che quella sera stessa Selena sia stata assalita in un vicolo. Sono due fatti sicuramente scollegati, ma vi ho visto comunque una linea di fondo.»
Oliver rifletté.
«Sto iniziando a pensare a una cosa assurda, Keira.»
«Ovvero?»
«Ovvero che sia stato proprio quell'uomo a colpire Selena con la bottiglia.»
«Non è molto probabile, ma è pur sempre plausibile» confermò Keira, «Anche se non vedo per quale ragione avrebbe dovuto farlo.»
«Sto iniziando a vederla io» ribatté Oliver, «E ti assicuro che è un'idea talmente assurda da arrivare non solo a convincermi, ma anche a capire perché Selena sostenga di non potere lanciare accuse contro il colpevole. Fammi indovinare: il nostro amico della glorificazione del pericolo era completamente rasato, oppure per caso aveva la barba folta?»
Keira annuì.
«Sì, era calvo, con una barba grigia piuttosto marcata. Anche i baffi. Per caso lo conosci?»
«No» rispose Oliver. «Stavo pensando che, ad aggredire Selena, potrebbe essere stato un uomo con i capelli folti, che non ha mai portato la barba in vita sua. Però, da qualche tempo a questa parte, quest'uomo potrebbe vivere sotto falsa identità, quindi deve avere modificato il proprio aspetto quel tanto che basta per non essere riconosciuto a primo impatto, specie da chi non l'ha mai incontrato di persona.»
Keira si girò verso di lui.
«Non capisco.»
«Nemmeno io» ammise Oliver, «Ma presto tutti i pezzi andranno al posto giusto, ne sono sicuro.»
 
******
 
Alexandra rientrò nella stanza, consapevole di essere ancora allo stesso punto di partenza. Scosse la testa, guardando Tom, e lo informò: «Niente, Edward Roberts non vuole più fare niente per noi.»
Tom alzò le spalle, sprezzante.
«Roberts non è mai stato capace di fare nulla per aiutarci. Meglio così, almeno non ci sarà bisogno di dargli spiegazioni.»
Alexandra replicò: «Dovresti smetterla di comportarti come se avessimo qualcosa da nascondere. Dopotutto vogliamo solo allontanare Oliver Fischer da mia figlia, non mi sembra ci sia niente di male in tutto questo. Selena è troppo superiore a quel tizio, se non se ne rende conto da sola è bene che qualcuno le apra gli occhi.»
Tom fece una mezza risata.
«Dai, Alex, non ci credi nemmeno tu.»
Alexandra rimase in silenzio, spiazzata, per qualche istante. Infine di unì all'ilarità del compagno, facendo a sua volta una risatina.
«Sì, hai ragione, il fatto che non stiamo facendo niente di male è vero, ma non lo è la questione della superiorità di Selena. Mia figlia non valeva niente quando era una ragazzina e continua a non valere niente anche adesso che ha trentacinque anni. Se non fosse mia figlia e non potesse condividere delle informazioni infamanti con quel giornalista da quattro soldi, sarebbe proprio il tipo adatto per una come lei.»
«Vedo che la pensiamo allo stesso modo» ribatté Tom. «Hai ragione, tua figlia non vale nemmeno la metà di te... neanche un quarto, se vogliamo essere più precisi. Mi sorprende piuttosto che Fischer sia interessato a lei. Mi rendo conto che anche lui sia una nullità, ma è una nullità che ha comunque a che fare con tante donne più interessanti di Selena.»
Alexandra sbuffò.
«Evidentemente Selena fa il lavaggio del cervello a tutti gli uomini che incontra, altrimenti non si spiega che anche Edward sia cotto di lei.»
«Cotto ma non abbastanza da fare qualcosa per conquistarla.»
«Quell'uomo è troppo sicuro di sé. È talmente convinto che un giorno Selena si metterà insieme a lui, da fregarsene di quello che succede ora davanti ai suoi occhi.»
«Questo Roberts mi sembra una nullità al pari di Selena e di Fischer» azzardò Tom. «Avremmo dovuto lasciarlo fuori fin da subito, dato che non è stato utile nemmeno per un attimo.»
Alexandra sospirò.
«Quello che è fatto è fatto. Non possiamo sprecare il nostro tempo a chiederci cosa sarebbe stato se ci fossimo comportati diversamente. Quello che conta è continuare a fare qualcosa in futuro. Dobbiamo trovare un modo per far tornare Selena sui propri passi, per impedirle di compromettersi e di compromettermi.»
Tom osservò: «Non sono così sicuro che Selena voglia comprometterti.»
«Non la conosci fino in fondo.»
«Sì, invece, l'ho conosciuta. Si ritiene superiore a te, ma non oserebbe mai mettersi contro di te. Non l'ha fatto finora e non lo farà nemmeno in futuro. Non si inventerà con Fischer qualcosa che possa ledere la tua reputazione.»
Alexandra annuì.
«Sì, da questo punto di vista hai ragione, abbiamo ancora Selena tra le nostre mani, come è sempre stato nel corso di tutti questi anni, ma a poco a poco mi sembra stia iniziando a sentirsi più sicura. Non credo ci sia mai stato qualcuno con cui ha avuto un legame tanto stretto quanto con Fischer, dalla nascita di Thomas in poi. Cos'è cambiato? Cosa rappresenta Fischer per lei?»
«Attrazione, tutto qui.»
«Può darsi, ma non penso ci sia solo questo.»
«Comunque sia, levarci di torno Fischer facendo in modo che Selena si metta insieme a Edward Roberts non sarebbe un'idea così geniale, alla fine.»
«Perché dici questo, Tom?»
«Perché anche Edward Roberts sa qualcosa del tuo passato e Selena avrebbe potuto riferirgli dettagli che sarebbe meglio tenere segreti.»
Alexandra scosse la testa.
«Non è la stessa cosa.»
«Ne sei così sicura?»
«Sì, certo. Non ci sono ragioni per cui Roberts dovrebbe andare a riferire al grande pubblico fatti che riguardano me o Patrick Herrmann. Non ha niente da guadagnarci. Oliver Fischer, invece, pensa di sfruttare la storia di Herrmann per diventare una stella del giornalismo motoristico.»
«Su questo hai ragione» convenne Tom, «Ma in ogni caso non dovremmo stare così tranquilli, se Selena si mettesse insieme a Roberts. Che sia il caso di cercare di allontanarla anche da lui, una volta che l'avremo allontanata da Fischer?»
«Ti ricordo che non abbiamo un potere infinito su Selena» replicò Alexandra. «Anzi, per ora non abbiamo nemmeno il potere che ci basterebbe, su di lei. Siamo in una situazione da cui non sarà facile uscire...»
Tom la interruppe: «Lascia fare a me. Penso di potere convincere Fischer a uscire dalla sua vita.»
«Dubito che ce la farai.»
«Fidati. So giocare bene le mie carte.»
«Non sono sicura di volere sapere che carte intendi giocare in questa situazione.»
«Le migliori carte a mia disposizione.»
«No, non farlo» lo supplicò Alexandra. «Ci sono già stati abbastanza problemi.»
Tom ridacchiò.
«Suvvia, Alex, non smontare le mie idee sul nascere. Non sai nemmeno cos'ho in mente di fare.»
«Conosco i tuoi metodi» gli ricordò Alexandra, «E spesso non li trovo molto condivisibili.»
«Non dovresti fare la puritana proprio tu» obiettò Tom, «Ma, in ogni caso, ti assicuro che nessuno si farà male. O meglio, che nessuno se ne farà troppo.»
«Non mi fido.»
«Dovresti.»
«Ma se sei la persona più inaffidabile che io conosca, quando si tratta di questo!»
«Però ti sono stato accanto per tutti questi anni, senza mai cambiare idea. Qualcun altro l'ha mai fatto?»
Alexandra fece un sospiro.
«Sei stato accanto a me per tutti questi anni, ricordandomi ogni volta in cui ne avevi la possibilità che qualcun altro mi ha lasciata per quella nullità di mia figlia.»
«È per il tuo bene, se te lo ricordo, Alex. Ogni tanto ti lasci troppo andare, inizi ad avere una visione troppo rosea della vita. Invece devi ricordare quanto male ti hanno fatto Patrick Herrmann e Selena, devi ricordare che, se ti avvicini troppo a tua figlia, le tue ferite si riapriranno. Selena è il male, non dimenticarlo mai.»
Alexandra abbassò lo sguardo.
«Selena è il male, lo so.»
Tom la esortò: «Non inseguire il male, insegui ciò che può davvero farti bene, Alex. Insegui la felicità, come hai già fatto una volta. Non puoi dirmi che ti sei pentita di quello che hai fatto, Alex. Ti ha resa più viva.»
Alexandra sentì le lacrime che le pizzicavano gli occhi. Non erano né lacrime di dolore né di amarezza, rappresentavano l'emozione più forte e pura della sua vita.
«Prima mi sentivo il nulla» fu costretta ad ammettere, «Dopo è cambiato tutto. Ho riscoperto quella che ero. Mi sono finalmente sentita una donna migliore.»
 
******
 
Oliver strizzò gli occhi. Il sole di quel giorno era troppo abbagliante e la temperatura iniziava a farsi decisamente più elevata che in occasione degli incontri precedenti. Solo una cosa non era cambiata, c'era ancora Keith Harrison ad aspettarlo.
Harrison gli corse incontro e gli rivelò, senza aggiungere null'altro: «Ho visto Emma. Le ho parlato, ma non mi ha sentito. Non può vedermi.»
Era chiaro che fosse al corrente della morte di sua moglie, quindi Oliver preferì non riferirgli alcun dettaglio. Rimase in silenzio, attendendo che Keith riprendesse a parlare, ma l'ex pilota non lo fece.
Fu Oliver, quindi, a domandargli: «Dov'è adesso?»
Keith abbassò lo sguardo.
«Non lo so. L'ho vista poco lontana, a un certo punto, poi è sparita.»
«Forse tornerà.»
«No, non tornerà, finché non sarà fatta luce su quello che le è successo.»
«Come puoi esserne certo?»
«Lo sento. Devi scoprire cosa le è accaduto.»
Oliver sospirò.
«Forse ti sfugge una cosa: le autorità competenti stanno indagando sul delitto. Io non posso fare niente.»
«Puoi fare molto, invece» replicò Keith. «Sono sicuro che sia stata uccisa perché sapeva qualcosa di troppo su di noi.»
«Da questo punto di vista si è fidata delle persone sbagliate.»
«Sì, ma è stato quindici anni fa.»
«Gli errori prima o poi si pagano.»
«Stai dicendo che mia moglie se l'è cercata?»
«No, sto solo dicendo che, se stava dalla parte di Gigi Di Francesco, correva pur sempre più pericoli che stando lontana da lui.»
«Gigi Di Francesco è morto da anni» puntualizzò Keith. «Non può più nuocere a nessuno.»
«Lo so, non c'è bisogno che me lo ricordi» ribatté Oliver. «Lo sappiamo bene: se ci sembra che chi sta agendo voglia tutelare gli affari di Di Francesco, deve avere una ragione ben precisa per tutelare gli affari di Di Francesco. Deve essere qualcuno che stava vicino a lui oppure che pensa come lui. Anche se...» Si interruppe. «Mi sembra palese, ormai, che bisogna cercare in quella direzione.»
«Appunto, chi si occupa delle indagini immagino non stia nemmeno lontanamente pensando a un incidente avvenuto in Diamond Formula quindici anni fa» precisò Keith. «Mi sembra abbastanza chiaro che seguiranno altre piste. Solo tu e Selena sapete che cosa può esserci dietro alla morte di Emma.»
Oliver mise in chiaro: «Non voglio che Selena corra dei rischi. Si è ritrovata in questa situazione per causa mia e ha già subito un'aggressione. Abbiamo deciso che si prenderà una vacanza da qualche parte, per qualche giorno, mentre io tornerò a casa. Non era questo che pensavamo inizialmente, ma ci abbiamo ragionato e abbiamo pensato di fare così.»
«Come hai fatto a convincerla?»
«Non le ho detto che penso di avere capito cosa nasconde.»
«Come hai fatto a capire cosa nasconde?»
«Ho parlato con Keira Roberts. Sono andato a trovarla a Faenza.»
«La sorella di Edward sa cos'è successo quella sera?»
«No, eppure mi ha raccontato qualcosa di molto utile.»
Keith volle sapere: «Di cosa si tratta? Chi ha aggredito Selena? Perché questa persona ha così a cuore che nessuno scopra chi è veramente Gigi Di Francesco?»
Oliver alzò gli occhi al cielo.
«Pensi davvero te lo possa riferire qui e adesso?»
Keith obiettò: «Perché non dovresti?»
Oliver chiarì: «Perché Selena ha perfettamente ragione, è una faccenda da "visionari". Nemmeno io credo fino in fondo a quello che sospetto, figuriamoci se puoi crederci tu.»
Keith gli ricordò: «Sono abituato ad accettare realtà che dall'altra parte non sapete affrontare. Non c'è niente che può apparirmi assurdo al punto tale da non crederti. Si tratta di chi ha ucciso Emma, ho il diritto di sapere.»
«Per il momento non c'è niente da sapere» insisté Oliver. «Selena non ha voluto dirmi nulla e tutto ciò che posso provare è che Keira Roberts ha parlato di motorsport con un uomo calvo con la barba, la sera in cui Selena è stata aggredita.»
«Hai detto che hai dei sospetti» ribatté Keith. «Per caso è stato quell'uomo calvo con la barba ad assalire Selena?»
«Può darsi.»
«Chi è? In che modo ha a che fare con noi?»
Oliver fece un sospiro.
«Te lo ripeto, Keith. Non so se quell'uomo c'entri qualcosa con l'aggressione, né se l'idea che mi sono fatto possa essere confermata. Lo ritengo, anzi, piuttosto improbabile, anche se spiegherebbe tutto quello che, in alternativa, è ancora inspiegabile.»
«In pratica» azzardò Keith, «Mi stai dicendo che in realtà non sai un cazzo, ma una storia improbabile a proposito di un uomo calvo con la barba potrebbe dare una spiegazione completamente assurda di per sé, ma che potrebbe dare una risposta logica alle domande che ci facciamo da tempo.»
Oliver glielo lasciò credere.
«Qualcosa del genere.»
«Quindi» ribadì Keith, «Non sai nulla e pensi di non potere fare nulla.»
«Non ho detto niente di tutto ciò» replicò Oliver. «È vero, non so nulla di certo, ma...»
«Ma hai deciso che non farai niente per indagare sulla morte di Emma» lo interruppe Keith, «Nonostante tu possa dare il tuo contributo.»
«Guarda che non gira tutto intorno a Emma. C'eravamo noi, prima di lei. C'è stata l'aggressione a Selena, sempre prima di Emma. Non è vero che non me ne frega niente di lei, ma chi l'ha ammazzata non stava agendo per la prima volta. Voglio arrivarci in fondo tanto quanto te - e ti ricordo che, diversamente da te che non fai altro che sparare sentenze, io corro ancora qualche rischio - ma non posso dimenticare tutto per lei, quando la sua stessa morte parte da quello che è successo prima.»
«Quindi vuoi andare a scavare fino ai tempi di Diaz? Non capisci che, finché non sarà fatta luce su questa storia, Emma non riuscirà a raggiungermi?»
«E tu non capisci che dall'altra parte c'è tanta gente a cui non importa un fico secco del tuo ricongiungimento con quella piattola di tua moglie?»
«Ti ricordo che lavoravi insieme a quella "piattola" e che, se non fosse stato per te, molto probabilmente nessuno si sarebbe messo in testa che sapeva troppe cose e che non poteva continuare a vivere.»
«Quindi» realizzò Oliver, «Secondo i tuoi standard Emma è morta per colpa mia, dopo che tu stesso non hai fatto altro che rompermi le palle perché dovevo ricordare e perché dovevo cercare di scoprire cos'era successo a noi.»
«Non ho detto questo» obiettò Keith, «Ma è innegabile che, se Emma fosse rimasta fuori da questa storia, difficilmente sarebbe stata ammazzata.»
«Ti ricordo che, se tu avessi avvertito Patrick Herrmann che la sua macchina era stata sabotata invece di cercare di salvare il mondo speronandolo, le cose sarebbero andate molto diversamente.»
«Non potevo. Non avevo la possibilità di...»
«Cazzate. Potevi farlo. Solo, non hai voluto farlo, perché non volevi esporti troppo. Innescando un incidente, Di Francesco avrebbe pensato, al massimo, che ti eri bevuto il cervello e che non valevi poi così tanto come pilota. Hai fatto quello che era più facile per te.»
«Ho chiesto a Emma di avvertire Selena.»
«Piantala di mettere in mezzo Emma. Sai benissimo quanto sia stata poco affidabile, eppure continui a nasconderti dietro di lei.»
Keith sbuffò.
«Va bene, hai ragione, abbiamo commesso degli errori, ma dovremmo guardare avanti... e davanti a noi c'è qualcuno che se ne va in giro ad ammazzare la gente così come se niente fosse. Pensaci. Vuoi davvero fare finta di niente?»
«Non ho mai detto di volere fare finta di niente» concluse Oliver. «Vorrei solo che tu non interferissi continuamente. Devo riflettere sulla mia idea, capire se davvero è solo una fantasia.»
«Mi sembrava avessi detto...» iniziò Keith.
Oliver non lo lasciò finire.
«È un'idea folle, lo ammetto, ma non posso non prenderla in considerazione. Se è vera, il nostro "uomo calvo" potrebbe avere in mente anche qualcos'altro, essere ancora pericoloso nell'immediato. Non posso fare finta di niente solo perché, per te, Emma deve essere la mia priorità. Un giorno la rivedrai, ne sono certo, ma devi avere pazienza. Ti assicuro che, da parte mia, farò tutto il possibile.»
 

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Capitolo 18
*** [Edward] ***


«Arrivederci, signore care» disse Gigi Di Francesco, con cordialità, nonostante la conversazione appena avuta con una delle donne in questione avesse avuto tutt'altro tono. «È stato un piacere, come sempre.»
Alexandra sapeva cosa doveva fare, quindi uscì dalla stanza in compagnia di Veronica. La team principal della Dynasty salutò Di Francesco con appena un cenno e Alexandra la imitò. Era fondamentale farle percepire la loro sintonia su tutto, nonostante le difficoltà.
Si allontanarono e solo allora Alexandra parlò.
«Mi dispiace.»
Veronica si fermò e si girò a guardarla.
«Che cosa?»
«Che Patrick si sia tirato indietro, ovviamente.»
«Avresti dovuto pensarci prima» obiettò Veronica. «Sei stata tu la prima a prendere accordi con Di Francesco e l'hai fatto a mia insaputa, facendomi poi convocare da sua moglie.»
«A proposito» osservò Alexandra, «Meno male che Kathy non c'era, oggi. Per fortuna siamo riusciti a discutere molto meglio di questioni lavorative.»
Veronica spalancò gli occhi.
«Discutere meglio?!»
«Beh, sì...»
«A me non pare. Gigi Di Francesco è un individuo squallido.»
Alexandra alzò gli occhi al cielo.
«Non fare la santa, Veronica. Sai bene anche tu che, a volte, bisogna scendere a compromessi, accettare di lavorare con persone che non ci piacciono.»
«Nel nostro caso, è stato totalmente inutile» obiettò Veronica. «Anzi, visto che Herrmann non ne vuole sapere, abbiamo rischiato di comprometterci per niente. In più adesso Di Francesco insiste per darci qualcosa che non possiamo più permetterci.»
«Se pensavi fosse un'idea così sbagliata» obiettò Alexandra, «Avresti dovuto bloccare tutto sul nascere. Invece no, non mi sembra che tu abbia mandato Kathy Di Francesco a quel paese, quando sei stata contattata.»
«Un grave errore, da parte mia.»
«Evidentemente non sei brava abbastanza per la posizione che occupi.»
Veronica la ignorò.
«Abbiamo sbagliato tutti. Forse Patrick è l'unico ad avere fatto la cosa giusta.»
«Non scherzare. Ha rinunciato a vincere il titolo per continuare a farsi delle fantasie a proposito di Emiliano Diaz e della Whisper.»
«Non ha rinunciato a vincere il titolo. Ha rinunciato a farselo regalare. Sono due cose diverse. Per una volta, ha dimostrato di avere un minimo di integrità.»
Alexandra ridacchiò.
«Non mi dire che hai cambiato idea su di lui.»
«Quale idea?»
«Pensavi fosse un buono a nulla.»
«Un buono a nulla non sarebbe sul punto di portarsi a casa il titolo.»
«Sai benissimo che il merito non è suo, ma della squadra.»
«Non direi che Patrick non abbia meriti. Mi sembra che sia l'unico pilota della squadra vicino al titolo...»
«Ci sono piloti molto migliori di lui.»
«Sei stata tu» le ricordò Veronica, «A imporlo alla squadra in cambio della sponsorizzazione. Non sarai tu ad avere cambiato idea?»
«No, non ho cambiato idea» la rassicurò Alexandra, facendo un sorriso per apparire più convincente. «Non so se continueremo a lavorare insieme, dopo la fine del campionato, ma non mi sono pentita di niente. Non mi pento mai di quello che faccio.»
«Mi fa piacere per te. Hai altro da dirmi?»
«Beh, sì, ma non è il momento.»
«A me pare che lo sia.»
«No, Veronica, mi sono dimenticata la borsa da Di Francesco» la informò Alexandra. «Non so dove avessi la testa, ma devo andare subito a recuperarla.»
«Va bene, allora ti lascio andare» confermò Veronica. «Evidentemente non hai niente di davvero prioritario da dirmi. Lo capisco, è normale che sia così.»
Alexandra tornò indietro con un sospiro di sollievo. Veronica non trovava nulla di strano nel sentire una perfezionista come lei che sosteneva di avere dimenticato i propri effetti personali.
"Non mi conosce per niente ed è meglio così."
Arrivata alla porta, si affrettò a bussare. Non ci fu bisogno di attendere molto, Gigi la stava aspettando.
«Scusami se ci ho messo tanto.»
«Figurati, Alex. Mi rendo conto che hai una parte da recitare, con Veronica.»
«Veronica, invece, non se ne renderà conto, te lo garantisco.»
«È più ingenua di quanto si creda, me ne sono accorto anch'io.»
Alexandra fece un sorriso.
«Meno male. A proposito, mi fai sedere o dobbiamo rimanere qui sulla porta ancora a lungo?»
Gigi annuì.
«Hai ragione, Alex, scusami. Entra pure.»
Richiuse la porta e la accompagnò al tavolo al quale erano stati seduti fino a poco prima insieme alla team principal della Dynasty.
Si accomodarono e Alexandra osservò: «È davvero incredibile come la legge del caso permetta il verificarsi degli avvenimenti più giusti.»
Gigi la guardò aggrottando la fronte.
«Cosa vuoi dire?»
«Voglio dire che, se non avessi conosciuto tuo fratello e non si fosse preso una sbandata per me, adesso non saremmo qui a delineare il nostro piano d'azione.»
«Tommy si è preso molto più di una sbandata per te» ribatté Gigi. «Non l'ho mai visto così preso da una donna. Potrebbe fare qualunque cosa tu gli chieda... e lo sta già facendo, a dire la verità. Un tempo non si sarebbe compromesso con certe situazioni.»
«Non c'è nulla di compromettente» obiettò Alexandra. «Stiamo solo sistemando una situazione che perdura da troppo tempo senza arrivare mai a una soluzione.»
Gigi sospirò.
«Sei fantastica, Alexandra. Per te quello che stiamo facendo è solo una faccenda di routine.»
«Anche per te» gli ricordò Alexandra. «Tu ci sei già passato per una situazione del genere o sbaglio?»
Gigi abbassò lo sguardo.
«Non voglio sentire parlare di Emiliano Diaz. Ormai ne ho avuto abbastanza di lui. Maledetto il momento in cui è morto.»
«Invece stavolta la morte di qualcuno sarà una benedizione per tutti» replicò Alexandra, con calma. «Tra pochi giorni Patrick Herrmann sarà solo un ricordo lontano, per tutti.»
«Non sarà un ricordo lontano... e in realtà non potrà essere solo un ricordo.»
«Hai ragione, mi sono lasciata influenzare dalla mia situazione personale, non dalla tua. A volte dimentico che per te si tratta di un'esigenza, non della semplice volontà di vederlo morire.»
Gigi alzò gli occhi.
«A volte, invece, tu mi spaventi, Alex.»
«Hai paura che possa ammazzare anche tuo fratello, un giorno o l'altro?»
«No, Tommy non ti darà mai motivo di essere fatto fuori.»
«Vedo che su questo hai capito chi sono» osservò Alexandra. «Meglio così. Avevo paura che potessi travisare. Non voglio vedere morire Patrick Herrmann perché in qualche modo la morte altrui mi emoziona. Voglio vederlo morto perché lo odio.»
«Avrai quelo che vuoi, Alex. Dipende tutto da te. Io stesso sono nelle tue mani.»
 
******
 
Edward bussò alla porta e udì subito la voce di Veronica provenire dall'interno: «Sei tu, Roberts?»
«Sì, sono io» confermò Edward. «Mi fai entrare?»
La maniglia si abbassò e la porta si aprì.
«Vieni dentro.»
Edward seguì Veronica e andò a sedersi a un tavolo di fronte a lei. La guardò con attenzione. Il volto della team manager era cupo, ben più cupo che d'abitudine.
«È successo qualcosa?» chiese Edward.
«Non lo so» ammise Veronica. «Dimmelo tu. Dimmi cosa sta succedendo.»
Edward sospirò.
«Non lo so. Non so cosa stia succedendo.»
«Non sei riuscito a fare quello che ti ho chiesto, vero?»
«No.»
Veronica abbassò lo sguardo.
«Siamo nella merda, allora.»
«Non so se tu sia nella merda o meno» replicò Edward, «Ma inizio ad avere sempre più l'impressione che non dipenda da Oliver Fischer. Ci siamo fatti ingannare, Veronica. Anzi, ti sei fatta ingannare.»
Veronica scosse la testa.
«No, quel tizio è d'accordo con Kathy Yves, ne sono sicura.»
«Potrei fare crollare le tue certezze in pochi istanti, ma non sono sicuro che mi staresti a sentire» ribatté Edward, «Quindi credo sia meglio fare un piccolo passo indietro. Non posso aiutarti, se non mi spieghi per filo e per segno certi fatti risalenti al passato. Cos'è successo esattamente quindici anni fa?»
Veronica alzò le spalle.
«Non ha importanza.»
«Invece ne ha» insisté Edward. «Ti prego, Veronica, guardami negli occhi e dimmi cos'hai fatto... oppure cos'ha fatto tuo marito.»
Veronica tirò su la testa, ma continuò a eludere lo sguardo di Edward, mentre gli raccontava: «Ho dato ascolto alle persone sbagliate, a un certo punto. Che cosa sia successo dopo non lo so.»
«Chi erano quelle persone sbagliate?» volle sapere Edward. «Per caso c'entra qualcosa Alexandra Bernard in tutto questo?»
«Perché stiamo parlando di Alexandra Bernard?»
«Rispondimi, Veronica. Cos'avete fatto, prima di quel gran premio?»
«Alexandra Bernard ha proposto a Gigi Di Francesco il silenzio di Patrick a proposito di Diaz, a condizione di lasciargli vincere il mondiale. Questo è successo varie settimane prima della fine del campionato e Di Francesco era d'accordo.»
«Quindi» dedusse Edward, «A Imola ha fatto in modo che Keith Harrison arrivasse il più indietro possibile. Se Patrick fosse riuscito a vincere quella gara, avrebbe avuto un vantaggio non indifferente in classifica.»
«Esatto, Alexandra Bernard e Di Francesco si erano messi d'accordo bene... e Di Francesco, tramite la sua ex moglie Kathy, era riuscito a tirarmi in mezzo. Ormai non potevo più oppormi, né poteva farlo Scott. Quello che è successo a Imola, però, dimostra che qualcuno che si opponeva c'era.»
«Patrick, vero? L'ha fatto apposta a sbagliare, quella volta.»
«Sì, l'ha fatto apposta» confermò Veronica. «Non voleva né che il campionato fosse deciso a tavolino, né sentirsi costretto a tacere su Diaz.»
«E tu cos'hai fatto, a quel punto?»
«Mi sono infuriata per quello che aveva fatto e gli ho detto quello che pensavo di lui, ovvero che apprezzavo la sua onestà, ma che il suo comportamento poteva nuocere all'intera Dynasty. E poi... niente, non è accaduto altro. L'ho pregato di non fare altre cazzate al gran premio finale e di fare il possibile per battere Harrison fin dalle qualifiche. Se fosse stato sempre davanti, Keith non avrebbe avuto speranze a ogni modo. Avremmo vinto il mondiale, ma allo stesso tempo Di Francesco non avrebbe potuto sostenere di averci aiutati. Per fortuna Patrick ha dato il meglio di sé e ha battuto Harrison in qualifica. Su una pista come Montecarlo partire davanti era già gran parte dell'opera.»
«Poi, però, in gara hanno continuato a succedere cose strane» azzardò Edward. «Perché Keith è andato addosso a Patrick? Cosa voleva fare? Di sicuro non doveva finire così. È stato Di Francesco a ordinarglielo?»
«Solo Harrison potrebbe rispondere alla tua domanda, ma non lo farà mai» replicò Veronica. «Non so cosa intendesse fare, ma so che, dopo che l'ha fatto, è accaduto qualcosa di totalmente imprevisto.»
«La macchina di Patrick era stata sabotata, vero?»
«Mi stai chiedendo cosa so, oppure cosa penso?»
«Ti sto chiedendo se si è trattato di un sabotaggio.»
Finalmente Veronica guardò Edward negli occhi.
«No, non è stato un sabotaggio, o almeno, non ci sono io dietro.»
«Però è possibile che la monoposto di Patrick sia stata sabotata a tua insaputa?»
«In una situazione normale non lo riterrei possibile, però quella si è rivelata una situazione tutt'altro che normale. Se mi stai chiedendo se una persona di fiducia avrebbe potuto fare qualcosa a quell'auto senza essere né fermata né colta sul fatto, temo di sì.»
«Allora perché questo discorso esce adesso e non quindici anni fa?»
Veronica strabuzzò gli occhi.
«Mi stai davvero chiedendo perché quindici anni, nel momento peggiore della mia carriera, fa non ho lanciato accuse senza prove che mi avrebbero portata ad essere ridicolizzata?»
«Hai ragione, non c'è molto che tu potessi fare, senza sapere cosa fosse accaduto» fu costretto ad ammettere Edward, «Ma non mi spiego la ragione per cui tu non abbia mai detto niente nemmeno dopo.»
«Parlo quando è il caso di farlo» mise in chiaro Veronica. «Purtroppo non sono sempre stata legittimata a dire qualunque cosa mi passasse per la testa: a volte, per continuare ad avere il rispetto delle persone che mi stanno intorno, ho dovuto fingere di non avere dei sospetti.»
«Pensi che la persona che ha, per ipotesi, sabotato la macchina di Patrick» volle sapere Edward, «Possa essere Alexandra Bernard?»
Veronica impallidì.
«Cosa?!»
«Hai capito benissimo. Può essere stata Alexandra Bernard a sabotare Patrick?»
«Mi sembra che tu stia lavorando molto di fantasia, Edward» lo ammonì Veronica, «E questo non va bene.»
«Me ne sbatto di quello che non va bene» replicò Edward. «Ho avuto modo di parlare con quella donna e ha detto cose che mi hanno fatto agghiacciare. Il fatto che abbia avuto comunque qualche collaborazione sottobanco con Gigi Di Francesco mi lascia pensare che quei due potrebbero essersi davvero messi d'accordo per eliminare Patrick.»
«Non aveva motivo di farlo.»
«Le persone normali, di solito, non hanno motivo per uccidere qualcuno. Alexandra Bernard, però, non è una persona come le altre. Non saprei come spiegartelo, non...»
Veronica lo interruppe: «Ti sei spiegato benissimo, Edward. Quello che non capisco, però, è perché tu ti sia concentrato sulla madre di Selena, piuttosto che sul suo fidanzato. Mi pare che sia lui il nostro problema.»
«No, Veronica, non è Fischer il problema» la smentì Edward. «Il fatto che Alexandra Bernard volesse allontanare a tutti i costi Selena da lui mi lascia pensare che ci sia una ragione per cui quel giornalista la infastidisce... e deve essere il suo libro, un libro dal quale potrebbe emergere qualche verità scomoda anche su di lei.»
 
******
 
Tom imprecò, gettando il cordless sul tavolo. Per Alexandra non fu difficile comprendere cosa fosse accaduto.
«Il tuo piano è fallito, vero?»
Tom annuì.
«Sì, non ci sono possibilità di sbarazzarci di Fischer in modo "democratico".»
«Cos'hai fatto esattamente?» chiese Alexandra. «Voglio saperlo. Raccontami tutto per filo e per segno.»
«Ho degli agganci, lo sai. Kathy conosce un po' tutti, anche se non sta molto simpatica a nessuno. Le ho chiesto se poteva fare pressioni sul capo di Fischer, affinché quel giornalista da quattro soldi fosse licenziato. Non c'è stato verso, però.»
«Il suo licenziamento non ci sarebbe stato molto utile» obiettò Alexandra. «Va bene, non sarebbe più andato in TV e avrebbe avuto meno possibilità di andarsene liberamente in giro per il paddock, ma tutto ciò non gli serve per continuare la stesura del suo libro maledetto.»
«Avevo pensato che, senza un'entrata economica, fosse costretto a lasciare l'appartamento dove abita e trasferirsi in un posto meno costoso. In questo modo si sarebbe allontanato fisicamente da Selena.»
«E avrebbe continuato comunque a scrivere le sue porcherie.»
Tom sospirò.
«Alex, ti ricordo che eri tu quella che non voleva che qualcuno morisse. Allontanare Fischer dalla Diamond Formula era il modo migliore per far sì che non fosse necessario agire in un altro modo. Ti ricordo che là fuori c'è una persona che ha deciso di abbandonare ogni precauzione. Potrebbe fare qualsiasi cosa e noi non possiamo fare niente affinché si dia una controllata.»
Alexandra azzardò: «Forse, se tu non fossi andato a fare visita a Emma Dupont, non sarebbe accaduto nulla.»
«Se sono andato a trovare Emma Dupont» puntualizzò Tom, «Era proprio perché temevo che questa storia finisse nel sangue.»
«Beh, hai istigato il cane che dormiva.»
«Il "cane" non ha mai dormito fino in fondo.»
«Sì, ma non era mai arrivato a uccidere qualcuno, in questi anni, mi pare.»
«Purtroppo, a quanto pare, ha iniziato dalla persona sbagliata. Se si fosse sbarazzato proprio di Fischer non ci saremmo mai ritrovati in mezzo a questo caos... che poi, alla fine, caos... noi non ci finiremo, in mezzo al caos.»
Alexandra precisò: «Non ho bisogno di sentire queste rassicurazioni, da parte tua. So benissimo di non avere commesso niente di illegale... e non l'hai fatto nemmeno tu. Anche se qualcuno dovesse tirarci in mezzo - cosa che non accadrà, ne sono sicura - tutto quello che hai fatto è stato chiedere a Kathy di fare pressioni su un privato affinché licenziasse un suo dipendente, cosa che non si è nemmeno concretizzata. Se solo non ci fosse la possibilità che quel tizio scriva qualcosa di assurdo e che lo pubblichi, potremmo dormire sonni tranquilli.»
«Ti ammiro per quanto sai essere pragmatica, Alex» ammise Tom. «Altre persone, al posto tuo, non sarebbero in grado di dormire sonni tranquilli.»
«Lo so, ma è questo che ha sempre contribuito al mio successo» replicò Alexandra. «Se mi fossi lasciata trascinare dalle difficoltà, non sarei mai arrivata così in alto. Ho avuto il coraggio di osare, sempre. Credo che questa sia la caratteristica di tutti i vincenti.»
«In questo caso, non penso ci siano persone più vincenti di te» le assicurò Tom. «Hai sempre saputo gestire tutto nel migliore dei modi. Se tu avessi fatto tutto da sola, a suo tempo, sarebbe stato molto meglio. Eliminare Patrick Herrmann sarebbe stato soltanto un successo, invece che una fonte di preoccupazioni.»
«Arrivati a questo punto» azzardò Alexandra, «La soluzione migliore potrebbe essere levarci da ogni impiccio. Kathy non può fare niente per noi. Lasciamo che se la sbrighi lei con tu-sai-chi.»
Tom rise, con amarezza.
«Non riuscirà mai a convincerlo a starsene buono. Non adesso, che si è risvegliato dai suoi anni di sonno.»
Alexandra andò a cercare lo sguardo del proprio compagno.
«Dimmi una cosa, Tom.»
«Ti ascolto.»
«Ti sei mai pentito di avere firmato quel certificato?»
Tom lasciò trascorrere parecchio tempo, prima di darle una risposta. Infine le disse, in tono sincero: «No. Quella firma ci ha permesso di liberarci di lui, in un certo senso. Ce ne siamo allontanati e per noi è stato soltanto un bene.»
 
******
 
Veronica stava passando in rassegna tutti i momenti che ricordava di avere trascorso, quindici anni prima, insieme ad Alexandra Bernard. Non aveva mai pensato che potesse esserci lei dietro alla morte di Patrick Herrmann, avendo sempre creduto che fosse innamorata oppure ossessionata da lui, ma Edward era riuscito a convincerla a non scartare quell'ipotesi.
Era immersa in quelle riflessioni quando sentì il proprio cellulare che squillava. Ce l'aveva sul tavolo, quindi le bastò allungare una mano per notare che a chiamarla era un numero mai visto prima.
Era tentata di rifiutare la chiamata, ma decise di rispondere e portò il telefono all'orecchio.
«Sì?»
«Parlo con Veronica Young?»
«Sì, esatto, sono io. Lei, invece, chi è?»
«Sono Oliver Fischer.»
Veronica sussultò.
«Oliver Fischer, che piacere. Si può sapere cosa vuoi da me e chi ti ha dato il mio numero?»
«Il tuo numero me lo sono preso da solo tempo fa, sfogliando l'agenda del mio capo a sua insaputa» la informò Fischer. «So che non è il massimo della professionalità, ma ho pensato potesse servirmi.»
«Spero che un giorno il tuo capo capisca che persona sei e che ti sbatta in mezzo a una strada» replicò Veronica. «Non avevi il diritto di...»
Oliver Fischer la interruppe: «So benissimo che non ne avevo il diritto, ma non ho tempo per ascoltare prediche. Ho bisogno di parlarti con una certa urgenza.»
«Parlarmi?! Tu sei fuori di testa.»
«No, non sono fuori di testa, è una cosa molto importante. Si tratta dei fatti di quindici anni fa...»
«I fatti di quindici anni fa» ribatté Veronica, «Sono morti e sepolti. Esattamente come sarai tu prima o poi, se continui a stare sulla strada delle persone sbagliate.»
«Ecco, appunto, il rischio esiste ed è concreto.»
«Che qualcuno ti ammazzi? E perché vieni a dirlo a me?»
«Non sono solo io a correre dei rischi» puntualizzò Fischer. «Potremmo essere tutti nella merda, Veronica, e tu potresti contribuire a impedire che accada qualcosa di brutto.»
«Cose brutte ne sono già accadute, mi pare» replicò Veronica. «Ho sentito cos'è successo alla tua collega, la moglie di Keith Harrison. Se ne vanno sempre le persone migliori.»
«Già, le persone migliori se ne vanno e la probabilità che se ne vadano è direttamente proporzionale agli errori che hanno commesso in passato» insisté Fischer. «Dobbiamo incontrarci, Veronica. So che anche tu hai commesso degli errori, ma puoi ancora fare qualcosa, prima che sia troppo tardi.»
«Bada ai cazzi tuoi, Fischer.»
«Se no cosa fai, chiedi ai tuoi bodyguard di picchiarmi, come ha minacciato di fare Kathy Di Francesco?»
«Non ho bodyguard addetti a tale scopo, ma posso chiedere comunque a mio marito. Gli stai abbastanza sulle palle, non sono sicura che mi direbbe di no. Comunque, che cosa c'entra Kathy Di Francesco? Questo discorso mi interessa.»
«Bene, allora, credo di avere raggiunto il mio scopo» concluse Fischer. «Dimmi tu il posto e l'ora in cui possiamo vederci.»
«Mai» rispose Veronica, secca. «Ne ho abbastanza di te, Fischer.»
«Io, invece, ne ho abbastanza dei tuoi sotterfugi. So benissimo che a suo tempo hai cercato di comprare il mondiale, convincendo in cambio Patrick Herrmann a smetterla di cercare la verità su Emiliano Diaz.»
Veronica si irrigidì.
«Cazzate!»
«No, Veronica, non sono cazzate.»
«Tu non sai un cazzo di quello che è successo, andavi ancora alle elementari a quei tempi.»
«So molte più cose di quanto vorresti e temo di sapere chi ha ucciso Emma Dupont. Se è andata come credo, anche tu potresti essere in pericolo.»
«Dimmi il nome.»
«Va bene, però prima siediti.»
«Sono già seduta, e non penso che le illazioni di un buono a nulla potrebbero sconvolgermi fino a farmi cadere per lo shock.»
«Se ne sei convinta...»
«Avanti, tira fuori il nome.»
Quando Oliver rispose, l'unica reazione di Veronica fu scoppiare in una risata fragorosa.
«Buono a nulla e completamente fuori di testa» borbottò. «Piantala di drogarti, Fischer.»
«Non mi drogo» la rassicurò il giornalista, «E penso di sapere chi l'ha aiutato a fare quello che ha fatto.»
Veronica ribatté: «Scommetto che anche i suoi aiutanti saranno altrettanto improbabili.»
«Non saprei, giudica tu. Credo che il suo complice sia il compagno di Alexandra Bernard. È un medico ritirato dall'attività e si chiama Tommaso Di Francesco, anche se mente sulla propria identità con la figlia di Alexandra.»
Quelle parole furono spiazzanti.
«Interessante» fu costretta ad ammettere Veronica. «Ho cambiato idea, ti voglio incontrare il prima possibile. Dove abiti? Posso venire io da te.»
 
******
 
Il vecchio cellulare di Kathy squillò. Dentro c'era una carta sim intestata alla sua cameriera, attivata a sua insaputa utilizzando i suoi documenti. Solo una persona aveva quel numero, l'unica persona alla quale Kathy non permetteva di contattarla ai propri effettivi recapiti.
Non aveva la certezza che si trattasse del responsabile dell'assassinio di Emma Dupont, ma aveva forti sospetti in tal senso. L'idea di mandarlo a quel paese le balenò nella testa, ma non poteva. Gli doveva il proprio aiuto, non poteva abbandonarlo. Certo, sarebbe stato meglio non avere nulla a che fare con la Dupont - che pericolo poteva rappresentare, dopotutto? - ma ormai non si poteva tornare indietro.
Kathy portò il cellulare all'orecchio.
«Sei tu?»
«Sì, come stai?»
«Starò meglio quando sarà tutto finito.»
«Non finirà mai» obiettò il suo interlocutore. «Potrei riuscire a distruggere la Dynasty e, se dovessi uscirne ancora in piedi, potrei tentare di fare lo stesso con l'Albatros, ma non riuscirò mai a distruggere la Diamond Formula. Quel maledetto Fischer ha scombinato le carte in tavola. Senza di lui, sarebbe stato tutto molto più facile.»
«Eppure, se ci pensi, l'obiettivo di Fischer dovrebbe essere infangare il nome di Veronica e Scott Young. Avresti potuto lasciare fare a lui, sarebbe riuscito da solo, con un po' di fortuna, a fare crollare loro e tutta la loro squadra.»
«No, Fischer vuole scoprire solo ed esclusivamente cosa sia successo a Patrick Herrmann. Non gli interessa distruggere Veronica e Scott, né tantomeno distruggere un'intera categoria. Anzi, deve essere un fan incallito della Diamond Formula, immagino che il suo obiettivo sia, almeno idealmente, quello di rendere la Diamond Formula migliore, o almeno di farla apparire come tale.»
«Penso sia l'esatto pensiero di tanti appassionati.»
«Infatti. Gli appassionati non si rendono conto che è tutto business, per chi c'è dentro. Credono che chiunque sia ispirato dalla passione...»
«Beh, in parte è davvero così, proprio come la vedono loro.»
«Idealisti, stupidi idealisti. Non sanno quanto sia complicato soddisfarli per lasciare credere loro tutto quello che vogliono. Non sanno quanto sia stato difficile cercare di attrarre pubblico, almeno all'inizio. Non sanno quanto io stesso abbia dato il mio contributo, per poi essere messo alla porta quando non c'è stato più bisogno di me. Non sanno quanto tempo ho aspettato prima che arrivasse questo momento e quanto io abbia dovuto fare cose impensabili per potere portare a termine il piano che mi sono prefissato.»
Kathy fece un profondo respiro, prima di porgli la domanda fatale: «Sei stato tu a fare quello che hanno fatto a quella giornalista?»
Le giunse una risposta solo indiretta: «Quella giornalista non avrebbe dovuto dare ascolto a Oliver Fischer, né qualcun altro avrebbe dovuto mettersi in contatto con lei. Purtroppo collaborare con persone che non condividono i miei stessi interessi ha avuto i suoi effetti negativi, ma presto sarà tutto sistemato, da questo punto di vista.»
«Cosa vuoi fare?»
«Non sei riuscita a convincere il suo datore di lavoro a licenziarlo, come ti aveva chiesto Tommaso, il che non sarebbe servito a fermarlo, ma io ho intenzione di fare qualcosa che lo fermi davvero.»
«Ti prego, niente di troppo drastico. Non so fino a che punto tu possa permetterti un altro cadavere.»
«Nessun cadavere, te lo assicuro. Solo, deve incontrarsi con Veronica Young tra poco. Se succedesse qualcosa a Veronica e Fischer venisse accusato di averle fatto del male...»
Kathy lo interruppe: «Mi stai dicendo che Veronica deve morire? Avevi appena detto nessun cadavere.»
«No, niente di tutto ciò» la rassicurò il suo interlocutore. «Veronica Young deve vivere, per assistere alla distruzione della serie nella quale ha creduto insieme alla sua squadra.»
«A volte mi chiedo come sarebbero andate le cose se tu fossi stato meno ambizioso.»
«Ti dirò, me lo chiedo anch'io.»
«Un po' ti ammiro. Da parte mia, non sono mai riuscita a mettere dedizione in niente.»
«Mi fa piacere sentirmi dire che mi ammiri, ma sono convinto che non sia così. Sono certo che, in fondo al cuore, non ti spieghi perché io stia facendo tutto questo.»
Quelle parole erano piene di verità, ma Kathy non se la sentì di confermare.
«A volte non c'è bisogno di cercare spiegazioni» disse, invece. «Sai tu cosa sia giusto per te. Se il tuo obiettivo è far crollare la Diamond Formula, è giusto che tu dia tutto te stesso per quello in cui credi.»
Si salutarono poco dopo, come se nulla fosse accaduto, come se non avessero discusso anche di azioni criminali nella loro telefonata segreta.
Kathy spense il vecchio cellulare e lo infilò in un cassetto, chiedendosi come fossero arrivati fino a quel punto. Cercò di ricordare la Diamond Formula del passato, quella a cui non aveva mai prestato troppa attenzione perché più attratta da tutto ciò che le stava intorno.
Rievocò mentalmente i bei vecchi tempi, quelli in cui l'ormai defunto Gigi Di Francesco era stato il team manager della Whisper Motorsport, portato su un piedistallo dalla proprietà della scuderia, che lasciava nelle sue mani il potere decisionale più assoluto. Era cambiato tutto all'improvviso, pochi anni dopo la morte di Harrison e Herrmann. La proprietà aveva messo da parte Di Francesco e, nel giro di poco tempo, aveva messo da parte anche la squadra. Un team di successo era stato trasformato in una macchietta e, a distanza di anni e con un'ulteriore nuova proprietà, al volante delle sue monoposto si alternavano piloti di altre categorie che secondo l'opinione pubblica valevano qualcosa, anche se non appartenevano al mondo della Diamond Formula. Di lì a poco il mondo sarebbe impazzito nel vedere due campioni del mondo di Formula 1 al volante di due Whisper rosa confetto nel Gran Premio di Montecarlo.
Kathy scosse la testa, provando ammirazione per coloro che sui social network avrebbero scritto commenti riassumibili in "povero Gigi Di Francesco, si rivolterebbe nella tomba, se potesse vedere tutto questo".
 
******
 
Il portone d'ingresso era solo accostato, quindi Edward si infilò all'interno dello stabile senza esitare. Si guardò intorno, aspettandosi di essere bloccato, ma non fu così: il portiere non c'era, il che era una circostanza favorevole, altrimenti avrebbe dovuto spiegargli come mai si trovasse lì nonostante Selena Bernard non fosse a casa.
Si diresse verso l'ascensore, ma lo trovò occupato. Si spostò quindi in direzione delle scale e iniziò a salirle fino al quarto piano. Una rampa dopo l'altra si sentì ancora più fortunato nel non incontrare nessuno, ma l'imprevisto era dietro l'angolo. Era già arrivato in corrispondenza del terzo piano quando udì con chiarezza il ticchettio di un paio di tacchi.
Incrociò una donna che scendeva le scale e non era una donna qualsiasi. Si trattava di Veronica Young.
«Tu, qui?!» esclamarono entrambi, quasi all'unisono.
A Veronica sfuggì un mezzo sorriso, poi tornò seria e gli chiese: «Perché sei qui? Ho sentito dire che Selena è in vacanza.»
Edward annuì.
«Esatto, Selena non c'è. Ma tu, invece? Perché sei qui? Cercavi Selena?»
«No, sono venuta per parlare con Oliver Fischer.»
«Wow, interessante. Non pensavo avessi qualcosa di cui discutere con lui.»
«Tu, invece, non mi hai ancora detto cosa ci fai qui, Edward» puntualizzò Veronica. «Selena non c'è, stai andando anche tu da Fischer?»
«Già, a volte le cose sono esattamente come sembrano» confermò Edward. «Sto andando da Oliver.»
«Non sapevo ti stesse aspettando.»
«Infatti non sa che sono qui.»
«La faccenda si fa interessante. Posso chiederti cosa sei venuto a fare?»
«Gli devo parlare, con una certa urgenza. Quindi, se per te non è un problema, credo sia meglio salutarci qui.»
Veronica azzardò: «Non sono sicura che sia una buona idea.»
«Non ne sono sicuro nemmeno io» ammise Edward, «Ma temo di non potere fare diversamente.»
Veronica insisté: «Fischer sa troppe cose che non dovrebbe sapere. Credo faresti meglio a stargli lontano, per il tuo bene.»
Edward replicò: «Fischer saprà anche troppe cose, ma c'è qualcosa di cui non è al corrente. È di questo che devo parlargli e ti chiedo, per cortesia, di non trattenermi.»
Veronica sospirò.
«Va bene, io non ti trattengo, tu però cerca di fare attenzione.»
«Non penso che Fischer sia pericoloso.»
«Fischer no, ma una volta che gli avrai parlato, la tua vita potrebbe ritrovarsi improvvisamente in pericolo.»
«Ci penserò a tempo debito, allora. Ti saluto, Veronica.»
«Ti saluto anch'io, sperando di rivederti presto.»
«Ci rivedremo presto, stai tranquilla. Ho ancora tante cose da fare, tipo vincere un mondiale tra meno di una settimana.»
Veronica abbassò lo sguardo.
«Bei tempi, quando pensavo che il mondiale fosse tutto ciò che importava.»
Edward non le chiese delucidazioni a proposito di quelle parole borbottate a mezza voce, passò oltre e continuò a salire verso il quarto piano.
Si fermò un attimo di fronte alla porta di Oliver Fischer e si chiese se stesse facendo la cosa giusta, arrivando alla medesima conclusione che l'aveva portato all'interno di quel palazzo.
Bussò alla porta, sperando che il giornalista non fece storie. La sua fortuna, per quel giorno, non si era ancora esaurita.
«Cos'hai dimenticato di dirmi, Veronica?» chiese la voce di Oliver, dall'interno. Senza appurare chi ci fosse sul pianerottolo, aprì la porta di casa. Spalancò gli occhi, nel vedere Edward. «E tu che cazzo ci fai qui?»
«Mi fai entrare?»
«Solo se mi dai una buona ragione per farlo.»
«Ti devo parlare.»
«Un po' tardi per volere finalmente parlare con me, non trovi?»
«Credimi, hai fatto bene ad andartene quel giorno, alla clinica» puntualizzò Edward. «Non sarebbe stato saggio, per te, farti cogliere sul fatto dalla signora Alexandra o dal suo compagno.»
«Me ne sbatto di quello che pensa la signora Alexandra» replicò Oliver. «Vedi, alla fine sono riuscito a convincere Selena ad andarsene.»
«Non sono qui per parlare di quello che doveva o non doveva fare Selena» mise in chiaro Edward. «Mi fai entrare?»
Oliver si fece da parte.
«Vieni dentro.»
Richiuse la porta alle proprie spalle e condusse Edward nella stessa stanza in cui tempo prima avevano discusso dell'incidente di quindici anni prima.
«Posso sedermi?»
«Sì, certo.»
Edward si accomodò, riflettendo su quali parole utilizzare per introdurre l'argomento con Oliver.
L'altro doveva avere fretta di capire, dal momento che lo esortò: «Dimmi, ti ascolto. Sei venuto qui per questo, no?»
«Si tratta di Alexandra...» iniziò Edward.
«Il suo compagno non è chi dice di esserlo» azzardò Oliver, sedendosi a sua volta. «È questo che vuoi dirmi, vero?»
«No.»
«Strano, perché la sua presunta identità è comunque molto interessante.»
«Lo so, ne hai parlato con mia sorella.»
«Te l'ha detto lei?»
«Già.»
«Ed è per questo che sei qui?» volle sapere Oliver. «Perché Keira ti ha riferito qualcosa e vuoi saperne di più?»
«Keira mi ha riferito poco e niente, solo che sei stato da lei» rispose Edward, «Ma ti pregherei di non soffermarti su questo. Non sono qui né per Keira né per il dottor Parker. Come ti ho detto, sono qui per Alexandra Bernard. Sono convinto che sia stata lei a sabotare la vettura di Patrick.»
Oliver spalancò gli occhi.
«E come mai me lo dici adesso? Quando ne abbiamo parlato, tempo fa...»
«Quando ne abbiamo parlato, tempo fa, non avevo ancora avuto a che fare con la signora Alexandra» lo interruppe Edward. «Mi sono fatto questa idea in questi giorni, ripensando al modo in cui si è espressa quando ha cercato di convincermi che dovevo fare qualcosa per separare te e Selena.»
«Grazie per l'informazione» mormorò Oliver, a denti stretti. «Alexandra Bernard mi apprezza proprio tanto.»
«Quella donna si è messa a parlare di morti e ha lasciato intendere che sarebbe lieta di vedere morire la persona amata, se questa dovesse deluderla, in qualche modo... e sappiamo entrambi fino a che punto fosse delusa da Patrick.»
«Mi stai dicendo che Patrick sarebbe morto perché la sua impresaria ha deciso di sabotare la sua auto? Che il caso Diaz non c'entra niente?»
Edward scosse la testa.
«Non sto dicendo niente di tutto ciò. Quelle due storie si intrecciano, in qualche modo... dopotutto Alexandra Bernard aveva contatti con Gigi Di Francesco.»
Oliver abbassò lo sguardo.
«Questioni professionali.»
«Credimi, Oliver, quella donna avrebbe tranquillamente potuto ammazzarlo.»
«È assurdo.»
«No, non lo è» insisté Edward. «Non capisco. Perché ti sembra così impossibile? Dopotutto non conosci quella donna, non sai di cosa sia capace.»
«Hai ragione» ammise Oliver, in tono ben poco convinto. «Non so niente di lei, tutto è possibile.»
«A questo proposito, ti consiglio di stare attento» lo mise in guardia Edward. «Ho avuto l'impressione che Alexandra Bernard e il dottor Parker ce l'avessero con te perché stai scavando in quello che è successo veramente quindici anni fa. Cerca di non abbassare la guardia, perché potrebbero fare qualcosa per ostacolarti.»
«Lo so, devo stare attento» ribatté Oliver. «Lo so fin dal primo momento in cui qualcuno ha aggredito Selena. La conferma definitiva è arrivata quando Emma è stata assassinata barbaramente nella propria casa.»
«Che idea ti sei fatto?»
«È meglio che tu non lo sappia.»
Edward azzardò: «Hai parlato di questo con Veronica?»
«Posso chiederti cosa te lo fa pensare?» domandò Oliver. «Secondo te è questo di cui discutono un giornalista di motorsport e la team manager di una scuderia della Diamond Formula?»
«Di solito no» rispose Edward, «Ma Veronica ha fatto strane allusioni, quando l'ho incrociata per le scale.»
«Tu sei venuto qui per dirmi che devo fare attenzione ad Alexandra Bernard e al suo compagno» precisò Oliver, «Mentre Veronica è venuta da me perché io potessi dirle a chi deve fare attenzione lei. Non penso che tu sia direttamente coinvolto. Restane fuori, è meglio per te.»
«Stessa cosa che mi ha detto Veronica.»
«E non ti pare una buona ragione per starci a sentire?»
«No.»
Oliver rise.
«Vuoi proprio scavarti la fossa da solo, allora?»
«Non voglio scavare fosse, ma...» Edward si interruppe. «Cos'è stato?» Gli era parso di udire un urlo, provenire da qualche piano più sotto. «Hai sentito anche tu?»
Oliver non fece in tempo a rispondergli: un altro urlo lacerò la tranquillità di quel pomeriggio.
Oliver scattò in piedi.
«Vado a vedere cosa sta succedendo. Aspettami qui.»
Senza aggiungere altro, prese un mazzo di chiavi dal tavolino sul quale erano posate, poi si diresse verso la porta. Edward lo seguì senza esitare.
Le grida provenivano dal basso, verosimilmente dal pianoterra. Edward continuò a seguire Oliver fino all'atrio, poi lo vide imboccare un corridoio che verosimilmente conduceva ai garage o alle cantine.
«Cosa succede?!» esclamò qualcuno, alle spalle di Edward, facendolo voltare. Era il portiere, che subito balbettò, imbarazzato: «B-buonasera signor Roberts. Scusi se non l'ho salutata.»
«Non si preoccupi» rispose Edward. «Non so cosa sia successo, qualcuno stava urlando, si sentiva fin dal piano di sopra.»
«Da dove...» Il portiere si interruppe, evidentemente realizzando che non era il momento giusto per impicciarsi negli affari altrui. «Qualcuno sta ancora urlando.»
Edward si diresse verso il corridoio delle cantine, da cui continuavano a provenire le grida. Qualcuno, evidentemente chiuso all'interno, stava bussando freneticamente a una delle porte.
«Arrivo, apro subito» disse Oliver, trafficando con una chiave.
«Non ha cadaveri in cantina, forse» osservò il portiere, alle spalle di Edward, «Ma nella sua cantina ha di sicuro qualcosa da nascondere.»
Oliver si girò di scatto.
«Ho sentito quello che ha detto. Non mi faccia perdere tempo.»
Fece scattare la chiave nella serratura e la porta si aprì. A sorpresa ne uscì Veronica Young.
«Nasconde donne in cantina» osservò il portiere, «Donne palesemente non consenzienti. Povera signora Bernard, si è lasciata circuire da uno stupratore.»
«Vada a fare il suo lavoro» sbottò Oliver, «E la pianti di accusarmi di crimini che non ho commesso, se non vuole essere querelato.»
Il portiere si rivolse a Edward.
«Signor Roberts, ha visto anche lei, ha visto che Fischer ha rinchiuso una donna nella sua cantina.»
«Le assicuro che ciò non è possibile» replicò Edward. «Ho visto la suddetta donna scendere le scale e Oliver non può averla rinchiusa in cantina dopo quel momento, dato che c'ero io con lui.»
«Signor Roberts, la prego, non si lasci ingannare anche lei.»
«Nessuno sta ingannando nessuno» intervenne Veronica. «La smetta di fare insinuazioni, per favore. La persona che mi ha rinchiusa qui dentro voleva proprio questo.»
«La persona che l'ha rinchiusa lì dentro avrebbe dovuto avere le chiavi» puntualizzò il portiere.
«Chiavi di cui lei possiede una copia» precisò Oliver. «Siccome non ho l'abitudine di accusare le persone di crimini vari, non insinuerò che sia stato lei a rinchiudere la signora Young nella mia cantina, ma senz'altro ne deduco che abbia lasciato in giro le mie chiavi.» Si rivolse poi a Veronica: «Stai bene?»
La team manager della Dynasty annuì.
«Sì, tutto bene.»
«Vuoi salire un attimo da me?»
«Sì, grazie.»
«La prego, signora, non lo faccia» si intromise il portiere. «Quest'uomo è pericoloso.»
«Ci sarò io a vegliare sulla signora» ribatté Edward, sprezzante. «Non si preoccupi, non accadrà nulla di male.»
Tornarono nell'atrio e presero l'ascensore, finalmente libero, con palese delusione del portiere, che senz'altro sperava di riuscire a trattenerli.
Nessuno parlò finché non giunsero al quarto piano. Oliver aprì la porta e li fece entrare di nuovo in casa sua.
Richiudendo la porta alle proprie spalle, volle sapere da Veronica: «Cos'è successo?»
«Niente di che» rispose la team principal. «Scusate se vi ho fatto spaventare.»
«Ma tu stai bene?» le chiese Oliver.
«Sì, più o meno» rispose Veronica. «Sono stata colpita alla testa, ma...»
Oliver la interruppe: «Sei sicura di non avere bisogno di un medico?»
«Sicurissima, la botta non è stata molto forte» rispose Veronica, con fermezza. «Quando mi ha colpita mi sono gettata a terra, sperando che credesse che fossi svenuta. È andata proprio così.»
«Chi?» chiese Oliver.
«Chi...» ripeté Veronica. «Bellissima domanda, ma purtroppo non posso darti una risposta ben precisa. Quello che è certo è che ci teneva a chiudermi proprio dentro quella cantina.»
«Cantina che, casualmente, è la mia» osservò Oliver. «Sembra quasi che, chiunque ti abbia aggredita e sequestrata, volesse far cadere i sospetti su di me.»
«Forse ce l'avrebbe anche fatta, se tu non fossi stato in casa con Edward, visto che c'era qualcuno pronto a puntare il dito contro di te.»
«Già, il portiere è convinto che io sia un criminale e non penso cambierà mai idea» ammise Oliver. «Non fa niente, ormai ci sono abituato.» Fece un cenno a Veronica. «Vieni, siediti. Vuoi qualcosa da bere?»
Veronica lo seguì e andò a sedersi, ma rifiutò l'offerta.
«Quello che mi è successo oggi» dichiarò, «Mi fa pensiare che siamo tutti nella merda, chi più e chi meno.»
«Se tu fossi stata in grado di riconoscere il tuo aggressore...» iniziò Oliver.
Veronica lo interruppe: «Non ho detto che non l'ho riconosciuto, o almeno, non è andata propriamente così. Ho sentito la sua voce. Mi ha ricordato vagamente qualcuno... solo, quel qualcuno, in linea teorica, non poteva essere qui.»
Oliver annuì.
«Tutto regolare, allora.»
Edward guardò a turno prima Oliver e poi Veronica.
«Mi spiegate cosa sta succedendo?»
«Oliver, dato che sei tu il padrone di casa, potresti cortesemente accompagnare Edward alla porta?» suggerì Veronica. «È meglio non coinvolgerlo.»
«Peccato che io sia già coinvolto» puntualizzò Edward. «Per favore, spiegatemi cosa sta succedendo.»
Oliver si sedette accanto alla team principal.
«Obiettivamente Veronica non ha tutti i torti. Non so fino a che punto ti convenga essere messo al corrente di quello che sospettiamo... o che ormai sappiamo, se Veronica si decide e accetta l'idea di essere stata aggredita da quella persona.»
«Non mi interessa se sapere non è quello che mi conviene» insisté Edward. «Ogni cosa che faccio, finisco per avere a che fare con questa storia. Mi sarei anche un po' stancato di fare la parte della marionetta mentre tutti tirano i fili.»
«La responsabilità è tua» replicò Oliver. «Sei stato tu a fidarti di Alexandra Bernard e del suo compagno, prima di ravvederti all'improvviso e renderti conto che si tratta di gente pericolosa.»
«Ah, adesso ti sei convinto anche tu che Alexandra Bernard sia pericolosa?»
«No, parlo dell'uomo che le sta accanto.»
«Beh, ti assicuro che, tra i due, era lei quella che faceva discorsi da far accapponare la pelle.»
«Però non credo che...»
La protesta di Oliver venne stroncata sul nascere da Veronica.
«Temo che Alexandra Bernard abbia fatto qualcosa di terribile e che quello che sta succedendo adesso sia strettamente correlato a quello che ha fatto Alexandra, anche se forse adesso non c'entra più niente, lei.»
«Dubito che c'entri qualcosa, adesso» confermò Edward. «Tutto quello che ha in mente è allontanare Oliver da Selena... un po' come te.»
Oliver si rivolse a Veronica: «Di cosa sta parlando?»
«Di niente» rispose Veronica, a denti stretti. «Tanto prima o poi Selena ti pianterà in asso per mettersi insieme a Edward, questo è sicuro come la morte.»
«È molto probabile» fu costretto ad ammettere Oliver, «Però mi sembra poco elegante che ogni mio singolo conoscente si sia posto come obiettivo di vita quello di convincere Selena a lasciarmi per lui.»
«Volevo che Selena ti stesse lontana per non confidarti cose imbarazzanti sulla Dynasty» lo informò Veronica. «Ormai, comunque, è troppo tardi. Ci sono troppo dentro, per nascondermi. In un modo o nell'altro sai già dell'accordo tra la Whisper e la Dynasty. Alexandra lo chiamava, ispirata dalla nostra livrea dell'epoca, il sussurro della farfalla. E da quella farfalla che sussurrava, tutto è iniziato.»
«Era iniziato tutto prima» la smentì Oliver. «Anzi, se permetti, ti esporrei la mia ricostruzione dei fatti.»
«Ti ascolto.»
«Ti avverto, anzi, vi avverto, che ci sono cose che potreste non sapere e che potrebbero disturbarvi.»
Edward lo esortò: «Nessun disturbo.»
Oliver, allora, narrò: «Tutto iniziò quando la Diamond Formula non era ancora riconosciuta come la più importante serie a ruote scoperte al mondo. Il CEO di quei tempi, però, voleva renderla tale, facendo accadere qualcosa che colpisse l'immaginario collettivo al punto da far appassionare tanta gente alla serie. Così nacque un'idea: far ingaggiare una donna di successo in un team il cui direttore sportivo aveva espresso spesso posizioni misogine, la Whisper Motorsport. Ma non bastava, ci voleva più dramma: così si decise di sabotare la vettura di Emiliano Diaz, di provocare la sua morte. Solo una cosa non funzionò: Vanessa Molinari, intuendo la verità, decise di allontanarsi dalla Whisper e da Gigi Di Francesco.»
Veronica aggrottò la fronte.
«Non capisco. Vanessa Molinari? Diaz eliminato di proposito?»
Oliver la ignorò, proseguendo la propria ricostruzione: «Patrick Herrmann non aveva idea di questa storia, ma era convinto ci fosse qualcosa che non andava, nel suo incidente. Convinto che in realtà Herrmann sapesse, Di Francesco chiese alla sua ex moglie, con la quale era rimasto in rapporti di amicizia, di conquistarsi la sua fiducia, per tenerlo sotto controllo. Siccome Patrick non sapeva niente, Kathy non riuscì a scoprire niente. Di Francesco si rasserenò, almeno finché Herrmann sembrò destinato a non trovare un volante. Quando se lo ritrovò di nuovo in Diamond Formula, con le sue idee su Diaz prese in considerazione anche da gente che lo detestava, Di Francesco decise di fare qualcosa. Così - stando a quanto mi ha suggerito Edward, anche se io ho i miei dubbi, pur essendo convinto che Herrmann sia stato sabotato da qualcuno in combutta con Di Francesco - si alleò con Alexandra Bernard, il cui obiettivo era vendicarsi, dopo essere stata lasciata da Patrick. Di Francesco non voleva venderti il mondiale, Veronica. Voleva che tu ti fidassi di lui... e tu l'hai fatto, gli hai creduto, come tutti abbiamo creduto in lui quando, qualche anno fa, dopo essere uscito ormai da tempo dalla Diamond Formula, ha deciso di rimettersi in gioco.»
Edward fu scosso da un brivido.
«Di cosa parli?»
«Gigi Di Francesco è vivo» gli riferì Oliver. «Vive in Italia sotto falsa identità e con un look molto diverso da quello di un tempo, dopo che - posso immaginare - suo fratello, un medico, ha firmato il suo certificato di morte. Non so per certo quale sia il suo scopo, ma penso sia stato lui a tirare una bottigliata in testa a Selena, a uccidere Emma Dupont e, infine, a tentare di fare del male a Veronica.»
La team manager abbassò lo sguardo.
«Sì, sono convinta sia stato lui.»
«Ma... perché?!» domandò Edward, spalancando gli occhi. «Perché fingersi morto? Era un uomo non dico amato e apprezzato, ma quantomeno rispettato. Non c'erano accuse contro di lui...»
«Evidentemente tramava qualcosa» rispose Veronica, «Qualcosa che poteva fare solo in incognito. Di qualunque cosa si trattasse, deve essere arrivato il suo momento. Così, a intuito, mi viene il dubbio che ce l'abbia con me. Altrimenti non si spiega perché voglia silenziare a tutti i costi chi può sapere come sono andate le cose, ai tempi di Herrmann. Gigi Di Francesco vuole far ricadere tutte le responsabilità sulla Dynasty. In un modo o nell'altro vuole dipingermi come la colpevole dell'incidente in cui morirono Herrmann e Harrison quindici anni fa.»

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Capitolo 19
*** [Selena] ***


Tenendo in mano uno scatolone di cartone, Gigi Di Francesco si fece accompagnare dalla cameriera nello studio della sua ex moglie Kathy. Sapeva di non essere gradito all'interno di quella casa, e soprattutto di non avere ragioni ritenute valide dalla aua ex signora per presentarsi in quel luogo, ma era stanco di doversi adeguare alle richieste altrui. Aveva quindi fatto credere alla domestica di essere un corriere che aveva avuto l'incarico di consegnare un pacco alla signora Yves in persona, motivo per cui gli era stato concesso di entrare.
Prima di palesarsi attese che la cameriera si allontanasse. Solo a quel punto si rivolse a Kathy.
«Buon pomeriggio, cara.»
Seduta alla scrivania, la sua ex moglie sussultò, nell'udire la sua voce.
«Si può sapere cosa ci fai qui? Chi ti ha fatto entrare?»
«Quell'oca svampita che mi ha aperto la porta, a cui tu hai detto di mandarmi qui.»
«Chiudi, la cameriera potrebbe sentirti» lo mise in guardia Kathy. «Serve discrezione, se proprio devi stare qui.»
Gigi fece ciò che gli era stato ordinato.
«Posso sedermi?»
«Gradirei che tu te ne andassi.»
«Non hai motivo per mandarmi via» replicò Gigi, rimanendo comunque in piedi. «Non sarei venuto qui, se tu non avessi spento il telefono.»
«Quando avevamo contatti regolari» gli ricordò Kathy, «Non avevi ancora fatto dei casini.»
«Non ho fatto casini» obiettò Gigi. «Ho solo fatto ciò che dovevo fare.»
«Ma Emma Dupont...»
«Emma Dupont sarebbe ancora viva e vegeta, se Tommaso avesse badato ai fatti suoi. Non so cosa si siano messi in testa lui e Alexandra, ma avrebbero dovuto rimanerne fuori.»
Kathy annuì.
«Sì, hai ragione, avrebbero dovuto restarne fuori, o almeno non avvicinarsi a Emma. Non ce n'era bisogno. L'unico problema era quel cazzone di Fischer.»
«L'ho ascoltato, alla televisione, prima di venire da te» la informò Gigi. «Inizio a comprendere come mai una nullità come lui abbia fatto successo.»
«In che modo?»
«Per come parla.»
«Perché, come parla?»
«Sa coinvolgere.»
«Non ci ho mai fatto caso» ammise Kathy. «Quando lo sento parlare in TV, di solito cambio canale.»
«Fai male. Non capisco come mai tu abbia sempre provato così poco interesse per la Diamond Formula.»
«Trovo abbastanza irritante il suono dei motori. Anche le auto da corsa, di per sé, le trovo irritanti. Quel mondo mi segue da sempre, anche se non ho mai fatto niente per farne parte.»
«Non avresti dovuto sposare me.»
Kathy rise, sprezzante.
«Hai ragione, non avrei dovuto sposare te, ma per ben altre ragioni.»
«Credimi, Kathy, ho fatto quello che dovevo fare. Anzi, purtroppo non sono riuscito a fare di più. Con Veronica è andata male.»
«Cos'hai fatto a Veronica?»
«Lascia stare, è andato tutto storto. Il piano è saltato. Oliver Fischer non è stato accusato di averla aggredita e rinchiusa nella propria cantina, né tantomeno Veronica sembra avere denunciato di avere subito un'aggressione e un tentativo di rapimento.»
Kathy azzardò: «Alla fine potrebbe essere una buona notizia.»
«Sì e no» replicò Gigi. «Sarebbe stato molto facile, se tutto fosse andato bene, sbarazzarsi di Fischer almeno per un po'. Purtroppo dobbiamo sorbircelo ancora... o per fortuna, come potrebbero pensare gli appassionati di motori.»
Kathy domandò: «Come sono andate le qualifiche?»
Gigi aggrottò la fronte.
«Mi stai dicendo che non lo sai?»
«No, non lo so» ribatté Kathy. «Te lo ripeto, non me ne frega un fico secco della Diamond Formula.»
«Sia Roberts sia la Strauss hanno fatto dei giri poco promettenti, fin dal primo momento in cui sono scesi in pista. Roberts è undicesimo in griglia, Christine addirittura tredicesima.»
«Questo favorisce Roberts, è davanti in classifica, giusto?»
«Esatto, Roberts è davanti in classifica... e penso ci resterà. Anche se non sono sicuro che ci stia provando fino in fondo, sarò capace di sistemare le cose.»
Kathy sbuffò.
«Quando parli così, mi spaventi. Non avrai in mente qualcos'altro...»
«Anche se non mi mettessi in mezzo, Roberts avrebbe buone possibilità di rimanere davanti in classifica.»
«Eppure vuoi metterti in mezzo, ci avevo visto giusto.»
«Devo, serve al piano finale. In ogni caso ho già iniziato a mettermi in mezzo, devo solo espormi un po' di più.»
«Avresti dovuto rimanere in Italia a fare la bella vita.»
Gigi scosse la testa.
«Non facevo la bella vita. Aspettavo, aspettavo e aspettavo... adesso l'attesa è finita. Stasera incontrerò Claudia Strauss, in un modo o nell'altro, qualunque cosa accada.»
«Pensi di tentare di rapirla, in caso non vada come speri?»
«Ti prego, Kathy, non trattarmi come un delinquente di quart'ordine. So ancora usare un telefono e cercare di essere convincente, se voglio vedere qualcuno.»
«Non vuoi essere trattato come un criminale? Dimmi tu come devo trattarti, allora.»
Gigi rifletté.
«Temo di essere solo un idealista.»
«Un idealista che se ne sta imbambolato nel mio studio, travestito da corriere, con una scatola di cartone in mano, raccontandomi di dovere incontrare Claudia Strauss, che non sa ancora dell'appuntamento.»
La descrizione di Kathy era piuttosto azzeccata, ma Gigi preferì non soffermarsi su quell'aspetto.
«Ho bisogno della certezza che la Dynasty vincerà il mondiale. Devo fare in modo che anche Claudia si convinca di dovere lasciare la vittoria a loro, in ogni caso.»
«Questa storia è iniziata con il tentativo di vendere un mondiale» borbottò Kathy, «Ma vedo che non ci siamo allontanati molto dalle prime fasi. Solo, si tratta di un altro mondiale.»
«Si tratta di un mondiale che la Dynasty deve vincere. Più sei in alto, più ti fai male quando cadi. È quello che desidero per Veronica... e dovresti desiderarlo anche tu.»
Kathy alzò le spalle, con indifferenza.
«Chi vince il titolo non mi importa.»
«Comunque non lo vincerà Christine Strauss.»
«Come avresti voluto una volta, viste le tue continue invettive contro le Strauss e contro le donne al volante.»
«Come se me ne importasse qualcosa.» Gigi ridacchiò. «A volte sapere recitare è quello che conta, per fare esattamente quello che gli altri si aspettano da te. A quell'epoca ha funzionato.»
«Sei mai stato davvero te stesso almeno un giorno della tua vita?» domandò Kathy. «A cosa ti è servito fingere sempre di essere qualcuno che non eri?»
«Mi è servito per rendere la Diamond Formula quello che è diventata, insieme al vecchio CEO» rispose Gigi, con sincerità. «Adesso spero possa servirmi per distruggere il campionato, anche se solo in termini metaforici.»
«Avresti potuto cercare di rientrarci, senza fingerti morto, molti anni fa.»
«Sì, avrei potuto, ma rientrare sarebbe servito soltanto a farmi apprezzare di nuovo qualcosa che ho preso a detestare. Non avrei avuto il coraggio di danneggiare la serie e le squadre che ne fanno parte, se ne avessi potuto fare parte.»
«E che male ci sarebbe nel non danneggiarla?»
«Il male sta nel fatto che ho lavorato per qualcuno che mi ha voltato le spalle. Lo sai bene, fino al giorno prima mi portavano tutti su un piedistallo, poi, all'improvviso, sono caduto in disgrazia. Come posso accettare che tutto vada avanti senza di me? Come avrei potuto accettarlo durante tutti questi anni? Ho fatto tutto quello che potevo per rendere la Diamond Formula popolare... e sono stato ripagato così, venendo tagliato fuori, dopo avere fatto il lavoro sporco per tutti. Non solo, la squadra che gestivo è diventata praticamente un fenomeno da baraccone...»
Kathy annuì.
«Sì, lo so bene, con le sue vetture rosa...»
«Esatto.»
«I veri uomini si rifiuterebbero di guidarle.»
Gigi scosse la testa.
«Dai, Kathy, va bene recitare frasi fatte quando c'è da guadagnarci qualcosa, ma non qui, nel tuo studio, a casa tua. Nessun pilota si rifiuterebbe di guidare una vettura per i colori della vettura stessa.»
«Quei due, però, correvano per una squadra seria, in quell'altro campionato, e uno dei due, se non sbaglio, ci corre ancora.»
«Non sono i colori a renderti più o meno serio. E poi quei due sembrano dei principi Disney, figurati se li spaventa un po' di rosa. Anzi, potrebbero esserne addirittura felici, sentirsi a proprio agio. Il problema è che quella gente lì si possa confondere con i piloti della Diamond Formula, che la Whisper, al giorno d'oggi, cerchi di far parlare di sé ingaggiando piloti di altre categorie, invece di cercare di ricostruire se stessa, di tornare ai fasti del passato. Senza di me sono precipitati, permettendo a Veronica Young di spopolare, di diventare la team manager del secolo...»
Kathy volle sapere: «Di Veronica cosa ne pensi? Intendo, del fatto che sia donna e che gestisca una squadra. Intendo, cosa ne pensi davvero?»
«Penso che Veronica non dovrebbe gestire una squadra» ammise Gigi, «Ma non me ne frega un cazzo del fatto che sia donna. La detesto perché è Veronica Young, non per quello che ha tra le gambe. La Dynasty si è sporcata le mani tanto quanto la Whisper, con la faccenda di Herrmann e Harrison, anzi, se le è sporcata molto più di noi... e niente, Veronica da quindici anni a questa parte non è mai stata messa in discussione.»
«C'è anche da dire che Veronica non ha fatto nulla di quello che hai fatto tu» ribatté Kathy. «Non mi sembra che avesse come obiettivo la morte di qualcuno.»
«Se ce l'avesse avuto, sarebbe stato molto più facile collaborare con lei.»
«Lo credi davvero?»
«Certo, Herrmann era ormai inutile, la cosa più semplice sarebbe stata sacrificarlo in nome dello spettacolo.»
«Ecco, Gigi, la Diamond Formula è un campionato in cui più di una volta è stata provocata di proposito la morte di un pilota... e ti stupisce che non mi piaccia?»
«Il business è business.»
«E passa sopra la vita delle persone?»
«I piloti hanno scelto deliberatamente che professione intraprendere. Avrebbero potuto fare un passo indietro, come Vanessa Molinari.»
«Vanessa Molinari?»
«Sì, non te la ricordi?»
«Vagamente.»
«Se solo avesse preso il posto di Diaz...»
«Pensi sarebbe bastato per non far sospettare niente a Patrick Herrmann?»
«Quel figlio di puttana ha sempre saputo meno di quanto pensassimo.»
«Ma con la Molinari sarebbe cambiato qualcosa?»
«Penso di sì: sarebbero stati tutti con gli occhi puntati sulla Molinari, nessuno avrebbe ascoltato Herrmann, perché avrebbe comunque fatto meno notizia di lei.»
«Della Molinari cosa mi dici? Non ti è mai venuto voglia di vendircarti di lei?»
Gigi abbassò lo sguardo.
«Vanessa Molinari non ha fatto nulla di male. Solo, non era pronta per la Diamond Formula e per quello che significava.»
Kathy dedusse: «Quindi le donne non valgono, ne è stata la conferma.»
Gigi la smentì: «No, non ha confermato niente. Vanessa Molinari è Vanessa Molinari, non è tutte le donne. Ironicamente, se lavorassi nella Diamond Formula al giorno d'oggi, potrei essere acclamato dicendo semplicemente quello che penso. Un po' mi dispiace per lei, addirittura. Pensa, se non avessimo dovuto combinare quell'affare di Diaz in quella maniera, la Molinari sarebbe diventata pilota della Whisper, magari avrebbe avuto una carriera importante...»
«E forse» ipotizzò Kathy, «Ti sarebbe servito per rimanere al tuo posto.»
«Già.»
«Se non hai mai odiato le donne nel motorsport, dovresti iniziare a detestarle proprio per questo.»
«No, Kathy, l'unica donna che potrei iniziare a odiare, prima o poi, è Selena Bernard. A quanto pare è tornata a casa... e non solo: ha anche sfruttato le sue millemila conoscenze per assistere al gran premio direttamente da un balcone con vista sulla Rascasse, la curva preferita di Oliver Fischer, a quanto pare.»
«Perché è la curva preferita di Oliver Fischer?»
«Perché è riuscito a parlarne a caso per cinque minuti buoni nella sintesi delle qualifiche. Ha raccontato di quando quel giapponese vinse il titolo, pochi anni fa, con un sorpasso decisivo sul pilota di casa proprio in quella curva.»
«Dovrei ricordare?»
«No, non penso tu vi abbia mai prestato attenzione, anche perché quei due sono ormai un ricordo lontano della Diamond Formula... uno dei due è anche un ricordo lontano in generale.»
Kathy parve riflettere per qualche istante. Infine azzardò: «Aspetta, sono quei due che poi sono passati a quell'altra serie, dove sono andati a guidare delle carrette?»
Gigi confermò: «Esatto, sono proprio loro, e il pilota di casa si è vendicato superando il giapponese alla Rascasse l'anno dopo, mentre erano al volante di quelle carrette in Formula 1, ottenendo un risultato che pii, a fine anno, ha salvato il team, anche se questo lui non l'ha mai saputo. Non so chi gliel'abbia fatto fare, a quei due, di lasciare la Diamond Formula.»
«Non avevano a che vedere con quella squadra portata su un piedistallo da tutti solo perché ha una storia intrigante e vetture dai bei colori?»
«Uno ha portato quei colori in un altro campionato, in effetti, mentre l'altro sognava di guidarla per quella scuderia in quella che doveva vedere come la "massima serie". Devono essere gli idoli di Fischer, quei due, da come ne ha parlato. Ha anche aggiunto che quel pilota di casa è stato il primo pilota della Diamond Formula che ha intervistato, cinque anni fa.»
«E Selena Bernard?» obiettò Kathy, interrompendo quel revival motoristico. «Stavamo parlando di lei o sbaglio?»
«Proprio così» confermò Gigi. «Non so se trattarla come un semplice elemento di tappezzeria o se considerarla un problema. Frequenta troppe persone da cui dovrebbe stare lontana, per il mio bene. Credo che quel balcone da cui guarderà il gran premio sia stato preso in affitto da Veronica Young.»
«Quindi Selena avrebbe qualcosa a che vedere proprio con Veronica?»
«Non lo so, ma questa cosa non mi piace.»
«Magari Veronica sospetta di sua madre, questo potrebbe giocare contro Selena.»
«No, non credo proprio. Selena e sua madre, di fatto, non si frequentano nemmeno.»
«Non c'era Alexandra accanto a lei, dopo quello che le è successo a Imola?»
«Sì, ma non è stata Selena a convocarla. Anzi, ha cercato di allontanarsene non appena ha potuto. Il grosso problema è: Selena ricorda qualcosa di quello che le è successo a Imola? Sono certo che mi abbia riconosciuto.»
Kathy osservò: «Se Selena ti avesse riconosciuto, avrebbe parlato. Non lo pensi anche tu?»
Gigi scosse la testa, gettando finalmente a terra il pacco vuoto che teneva in mano.
«Non dimenticarti che per il mondo intero Gigi Di Francesco è morto e che Selena fa parte di quel mondo. Non avrebbe molte possibilità di essere presa sul serio, se lo dicesse. Ma Veronica? Forse potrebbe crederle, e se le credesse, si scatenerebbe il caos.»
 
******
 
Selena guardò negli occhi Veronica Young, seduta di fronte a lei.
«In realtà non c'è molto da dire» ammise. «L'ho visto e l'ho riconosciuto subito. Per quanto avesse i capelli rasati e la barba, non avuto dubbi nemmeno per un attimo. Era Di Francesco, l'avrei riconosciuto lontano un miglio. Sono rimasta spiazzata, non avevo idea di come fosse possibile... e poi mi ha colpita con una bottiglia. Non ero io il suo bersaglio, quella sera, ne sono certa: ci siamo incontrati per caso, non mi stava seguendo. Ho maturato la convinzione che il suo obiettivo fosse Oliver e che non abbia fatto nulla perché temeva io potessi ricordarmi di lui.»
Era inevitabile, a quel punto, che Veronica le ponesse la domanda dalla quale si era astenuta fino a quel momento.
«Perché sei stata zitta?»
«Perché non avevo alternative.»
«Volevi proteggere tua madre, vero?» la accusò Veronica. «Sospettavi ci fosse anche lei, dietro a Di Francesco, quindi hai deciso di...»
Scuotendo la testa, Selena la interruppe: «No, non credo che mia madre abbia mai saputo in anticipo cosa intendesse fare Gigi Di Francesco. Non sono nemmeno certa che sappia che è ancora in vita.»
«Tua madre» puntualizzò Veronica, «è fidanzata con il fratello di Di Francesco. Non può non sapere.»
«Comunque mia madre non c'entra con la mia scelta» mise in chiaro Selena. «Mi dispiace avere dato questa impressione, così come mi dispiace che Di Francesco abbia fatto altri danni, ma...»
Stavolta fu Veronica a non permetterle di finire la frase.
«Quell'uomo potrebbe avere ucciso Emma Dupont.»
«Questo andava oltre il mio controllo.»
«Perché non l'hai denunciato?»
«Perché Gigi Di Francesco è morto, almeno ufficialmente. Come potevo affermare che un morto mi aveva tirato una bottigliata in testa? Nessuno avrebbe creduto alla mia versione dei fatti. Al massimo potevo far cadere i sospetti su un uomo che somigliava a Gigi Di Francesco, ma nessuno mi avrebbe presa sul serio. Anzi, sarebbe stato anche peggio, a quel punto: mia madre e il dottor Park-... ehm, il suo compagno, avrebbero potuto fare qualcosa di peggio. Mi hanno convinta a farmi ricoverare in una clinica e...»
Veronica annuì.
«Lo so, lo so cos'hanno fatto. Credo che, proprio alla luce di quello che ti è successo, faresti bene a rivalutare tua madre.»
«Ho rivalutato mia madre molto tempo fa» chiarì Selena, «E non ho rapporti stretti con lei da ormai molto tempo.»
Veronica sospirò.
«Non mi importa dei rapporti tra te e tua madre.»
«Eppure è di lei che mi stai parlando.»
«Sì, ma perché sono profondamente convinta, ormai, che abbia avuto a che vedere con la morte di Herrmann. Anche Edward la pensa come me.»
Selena abbassò lo sguardo.
«Edward non mi ha mai detto niente di tutto ciò.»
«E non te lo dirà mai, finché tu stessa non ammetterai questa possibilità» ribatté Veronica. «Edward non farebbe niente che possa ferirti. Sei la donna della sua vita, dopotutto, anche se tu ti ostini a preferirgli Fischer. A proposito, l'ho rivalutato: non è così male come credevo, ma penso che meriti di più.»
Selena le ricordò: «Oliver sarà qui a momenti. Credo sia meglio cambiare discorso.»
«In realtà dovremmo parlare di cose molto più importanti» convenne Veronica, «Ma lascia che te lo dica: posso capire che Oliver ti piaccia, ma dovresti superare l'attrazione che provi per lui. In fondo sappiamo entrambe che cosa ti ha colpito di lui.»
Selena aggrottò le sopracciglia.
«Cosa, sentiamo...»
«Per quanto siano due persone diametralmente opposte, c'è molto in lui che mi ricorda Patrick Herrmann. Immagino che sia lo stesso anche per te.»
Se Selena non avesse saputo chi fosse veramente Oliver, quel pensiero l'avrebbe fatta sorridere.
«Credimi, Veronica, so distinguere perfettamente Patrick da Oliver.»
«Non lo metto in dubbio» rispose Veronica, «Ma sono convinta che in lui ci sia qualcosa di Herrmann che ti ha colpita e che ti ha allontanata da ciò che volevi davvero.»
Selena sbuffò.
«Me lo ricordo bene, ai tempi in cui stavo insieme a Patrick, tu non eri favorevole alla nostra relazione. Evidentemente ce l'hai per abitudine, quella di disapprovare tutto quello che faccio in ambito sentimentale.»
«Oh, no, figurati. Anzi, mi dispiace per quello che è successo quindici anni fa. Non fraintendermi, penso ancora che la storia tra te e Patrick fosse un po' fuori luogo, visto soprattutto il suo rapporto un po' ambiguo con tua madre, ma non eri tu quella che mi interessava. Non volevo problemi ed ero convinta che il vostro amore ne avrebbe provocati parecchi. Devo esserti sembrata piuttosto antipatica, ai tempi...»
Selena confermò: «Lo eri.»
«Spero di non fare la stessa figura adesso, almeno» ribatté Veronica. «Anzi, mi dispiace intromettermi di nuovo nella tua vita, ma conosco bene Edward e so cosa vuole. Ecco, quello che vuole Edward, mi hai dato l'impressione di desiderarlo anche tu. Dovevo dirtelo, a costo di essere scortese.»
Il trillo del campanello salvò Selena dal proseguire quella conversazione. Sapeva bene di essere stata attratta da Oliver perché le ricordava Patrick e che, per il bene di entrambi, avrebbero dovuto chiudere definitivamente quella relazione che non li avrebbe condotti da nessuna parte, ma non era un argomento che riguardasse Veronica.
Andò ad aprire, dopo essersi accertata dell'identità del visitatore. Si trattava proprio di Oliver.
Lo condusse all'interno, portandolo nella stanza dove Veronica era ancora seduta.
«Abbiamo appena visto un tuo servizio in TV» lo accolse la Young. «Mi fa piacere che tu abbia dedicato più tempo a piloti del passato recente che alla sessione di oggi.»
Oliver si sedette: «Per quanto la cosa possa sembrarti improbabile, non l'ho fatto per te.»
«Lo so che non lavori per me e che non sarai mai sul mio libro paga» ribatté Veronica. «Rilassati, Fischer, nemmeno io ci tengo.»
«Se siamo d'accordo su questo, allora, è un buon punto di partenza.»
Selena tornò ad accomodarsi al proprio posto.
«Ci sono novità?» chiese al giornalista.
Oliver scosse la testa.
«Nessuna.»
«Proprio nulla di nuovo?»
«No» ribadì Oliver. «Non so, magari può sembrarti strano, ma la gente non mi viene a confidare cose tipo "ho sempre pensato che Di Francesco fosse vivo". Nessuno sa che è vivo, nessuno sa cosa vuole fare. Possiamo solo cercare di prevedere le sue mosse... e non mi sembra molto facile.»
«Quando potrò tornare a casa?» volle sapere Selena. «L'idea di essere qui, a pochi chilometri di distanza, ma di non potere tornare a...»
Veronica la interruppe: «Sei libera di tornare a casa tua anche subito, per quanto mi riguarda. Se ti abbiamo chiesto di non tornarci è solo perché siamo preoccupati che tu possa essere tirata in mezzo a una storia in cui non c'entri nulla.»
«C'entro, invece» obiettò Selena. «Quello che è successo a Imola...»
«Abbiamo stabilito che il bersaglio non eri tu, mi pare» le ricordò Veronica. «Se tu non avessi riconosciuto Di Francesco, non ti sarebbe successo niente. Vogliamo solo impedire che tu possa incontrarlo di nuovo per caso.»
«Non potrò nascondermi per sempre.»
«Non ce ne sarà bisogno. Conosco quell'uomo. Se ha deciso di uscire allo scoperto significa che per lui è arrivato il momento di passare in azione.»
«E cosa intende fare, secondo te?» volle sapere Selena. «Ho bisogno di capire.»
«Anch'io avrei bisogno di capire» replicò Veronica, «Ma tutto ciò che posso fare è usare la mia immaginazione.»
Oliver la esortò: «Cosa ci dice la tua immaginazione?»
«La mia immaginazione dice che, in un modo o nell'altro, cercherà di artefare il risultato del mondiale.»
«Per questo hai preferito dire a Edward di non spingere?»
«Non ho detto a Roberts di non spingere.»
«Eppure sia Edward sia la Strauss hanno fatto una qualifica decisamente al di sotto delle loro aspettative.»
«Non ho potere sulla Strauss. Stai forse insinuando che Di Francesco abbia influenza su di loro?»
«Non lo so. C'è qualche modo in cui potrebbe avere influenza su di loro?»
Veronica annuì, senza esitare.
«C'è un segreto che riguarda le Strauss, risalente a parecchio tempo fa, che potrebbe usare contro di loro.»
«Di cosa si tratta?» chiese Selena.
Veronica si alzò in piedi e distolse lo sguardo.
«È una vecchia storia, non c'è bisogno che tu la sappia.»
 
******
 
Claudia cercò di allontanarsi di soppiatto, ma non funzionò. Si accorse subito che Christine l'aveva seguita, e non c'era da sorprendersi: sua sorella voleva tutte le spiegazioni del caso.
«Eccoti qui» disse Christine.
Le si avvicinò, al punto da cercare di afferrarla per un braccio.
Claudia la schivò.
«Cosa vuoi?»
«Lo sai benissimo cosa voglio» replicò Christine. «Ho fatto quello che mi hai chiesto, ma non pensare che mi vada bene così, senza sapere il perché.»
Claudia alzò gli occhi al cielo.
«Era tutto quello che potevamo fare. Non c'erano altre soluzioni.»
«Ci sono sempre altre soluzioni» sbottò Christine. «Ti rendi conto che mi hai chiesto di rinunciare alla qualifica? Edward è andato male, avremmo potuto essere là davanti, e invece...»
«Invece, se fossimo state là davanti, qualcuno avrebbe potuto tirare fuori quella vecchia storia, di quando mi hai sostituito. È un rischio che non possiamo permetterci di correre, non importa se il prezzo da pagare è perdere il mondiale.»
«Qualcuno» ripeté Christine. «Chi?»
«Non lo so» ammise Claudia. «Ho ricevuto delle telefonate anonime, nei giorni scorsi. È un uomo, non riesco a identificare l'accento. Non sembra Scott Young, ma devono esserci dietro lui e Veronica.»
«Mi stai dicendo che Veronica è disposta a barare a questo modo pur di portarsi a casa il titolo?»
«Veronica ha già fatto di peggio, lo sai. Non...» Claudia si interruppe. «Scusa, è il mio cellulare che suona.»
Era la stessa persona con cui aveva già parlato altre volte. Non appena udì quella voce, Claudia fece un cenno a Christine, invitandola ad allontanarsi. Sua sorella, seppure palesemente riluttante, accontentò il suo desiderio.
«Sono qui» disse Claudia, «E adesso sono da sola.»
«Vediamoci» le propose il suo interlocutore. «Il mondiale non è ancora finito. Per ora sta andando bene, ma dobbiamo delineare il piano d'azione per i prossimi giorni.»
 
******
 
Ormai era tardi, non c'era più nessuno, né nessuno si sarebbe presentato da lei a quell'ora, Selena ne era certa. Per quella ragione decise che era abbastanza sicuro cercare di contattare Edward.
Il telefono squillò piuttosto a lungo, prima di ricevere risposta.
«Selena, perché mi chiami adesso?» furono le prime parole che Edward pronunciò.
«Ho bisogno di parlarti» rispose Selena, «E ho bisogno di farlo subito.»
«Stavo per andare a dormire» puntualizzò Edward. «Che cosa c'è?»
«Sai bene di cosa si tratta.»
«No, non lo so.»
«Non negare.»
Dall'altro capo del telefono, Edward sbuffò.
«Va bene, lo ammetto, abbiamo tante cose di cui parlare, ma non adesso.»
«Sì, adesso» insisté Selena. «Non preoccuparti, non è per la questione di mia madre.»
«Tua madre?!»
«Veronica mi ha detto molte cose.»
«Cose che forse avrebbe fatto meglio a non dirti.»
«Non voglio parlare di mia madre» ribadì Selena. «Si tratta delle qualifiche. Cos'è successo?»
«Niente.»
«Non prendermi in giro, Edward.»
«È andata male, tutto lì, non sono riuscito a fare un giro pulito.»
«Non è da te.»
«E tu cosa ne sai?»
«Hai ragione, non lo posso sapere» ammise Selena, «E può sembrare che stia commettendo lo stesso errore di quelli che commentano le gare al bar pensando di sapere tutto, ma quello che è accaduto mi ricorda molto quel testacoda di Patrick.»
«Beh, la macchina non l'ho persa» ribatté Edward, «Quindi non vedo che somiglianze tu possa trovarci.»
«Hai capito benissimo» lo ammonì Selena. «Quella volta c'era qualcosa sotto... e sono sicura che ci sia qualcosa sotto anche adesso.»
«Te l'ha detto Veronica?»
«No, ma Veronica non avrebbe motivo per dirmelo.»
«Va bene, su questo hai ragione, di certo non lo verrebbe a dire a te» fu costretto ad ammettere Edward, «Ma ti assicuro che non sta succedendo niente di strano.»
«Non mi fido» insisté Selena. «Non so cosa stia capitando esattamente, ma sono certa che stiate cercando tutti di condizionare il risultato del campionato, come volevano fare quindici anni fa. Visto com'è finita, ho le mie buone ragioni per essere preoccupata.»
«Non devi esserlo» la rassicurò Edward. «Non moriremo, né io né Christine. Nessuno vuole eliminarci.»
 
******
 
Claudia lasciò la cabina dei commissari seguita dalla sorella, consapevole di doversi contenere ancora: l'argomento di cui dovevano discutere non poteva essere trattato laddove qualcuno avrebbe potuto sentirle.
Servì parecchio tempo per arrivare all'obiettivo di non avere nessuno intorno: a quel punto Claudia fu certa che quella discussione non potesse più essere rimandata.
«Come ti è venuto in mente?» domandò a Christine. «Avevamo accordi ben precisi e non mi sembra che tu li abbia rispettati.»
«Dovevo innescare un incidente» le ricordò Christine. «Dovevo mettere fuori gioco sia me stessa sia Robert Edwards. È esattamente quello che ho fatto.»
«Sì, l'ho visto, e in un altro momento avrei anche potuto apprezzare la tua tenacia nell'infilarti tra lui e le barriere della Rascasse» replicò Claudia, «Ma ti ripeto che non doveva finire così. Non so come tu ci sia riuscita, ma dalle immagini si vede Edward che cerca di chiuderti. Anche i commissari non hanno avuti dubbi, nell'attribuire a lui la responsabilità del contatto. Questo, però, non va bene, in questa situazione.»
«Dì al tuo amico che non è colpa mia se Edward ha cercato di venirmi addosso.»
«Non è mio amico.»
«Però ti sei messa a fare affari con lui» obiettò Christine, scuotendo la testa. «Hai messo me e la squadra nelle mani di un uomo che si finge morto da anni, come se fosse qualcuno di cui puoi avere paura. Pensi davvero che Gigi Di Francesco andrà a sbandierare ai quattro venti quello che abbiamo fatto così tanti anni fa? È assurdo, Claudia, non puoi crederci veramente. Ti rendi conto che, per prima cosa, dovrebbe raccontare di essere vivo e di come ha fatto a nasconderlo per tanto tempo? Qualunque sia il motivo per cui si è costruito un'altra identità, non lo getterà al vento per spargere merda su di noi.»
«Gigi Di Francesco è una persona alla quale bisogna fare attenzione» puntualizzò Claudia. «Non bisogna mai darlo per spacciato. Ha sicuramente i suoi agganci... e penso che il suo aggancio siano i coniugi Young.»
«Perché mai Di Francesco dovrebbe allearsi con i suoi nemici storici? E con Veronica, poi... Sai benissimo cosa pensa delle donne che fanno un lavoro "non da donna".»
«No, per niente» ribatté Claudia. «Penso di non sapere più niente su di lui. Mi ha perfino fatto i complimenti per come gestisco il team. Ti assicuro che non vuole farci perdere perché siamo entrambe donne. Non avrebbe alcun senso. Inoltre mi ha dato chiaramente l'impressione di non avere niente contro le donne al volante o team principal.»
Christine le ricordò: «L'impressione che ti ha dato ieri sera non cambia le cose. Gigi Di Francesco resterà sempre quello che è stato in passato.»
«Appunto, non sono sicura di chi fosse davvero in passato» le spiegò Claudia. «Mi ha dato la netta impressione di essere sempre stato un'onda che seguiva la corrente. Non detestava davvero le donne, ma riteneva opportuno farlo pensare. Era il trend dei suoi tempi e l'ha sfruttato.»
«Quindi» dedusse Christine, «Ti metti a fare affari con lui, perché dopotutto non era un sessista estremista, ma fingeva soltanto di esserlo. Ti sembra più rispettabile? Almeno, se il suo odio fosse stato sincero, avrei potuto comprenderlo più facilmente, dare la colpa all'educazione che aveva ricevuto... Invece no, non si comportava da stronzo con noi perché era convinto che comportarsi da stronzo fosse la cosa giusta, ma perché era la sua strategia d'azione. Complimenti, Claudia, prendere accordi con lui è stato sicuramente l'apice della tua carriera come team principal. Quando saremo tutti nella merda, magari, inizierai a cambiare idea.»
Claudia sbuffò.
«Pensi davvero che abbia preso accordi con lui a cuore leggero?»
«Sì.»
«Allora non mi conosci proprio.»
«Ti conosco bene, invece, e so che hai sempre avuto degli ideali... ideali che hai deciso di mandare a puttane solo perché te l'ha chiesto Gigi Di Francesco. Ti rendi conto che mi hai letteralmente costretta non solo a non fare un giro decente in qualifica, ma addirittura a provocare un incidente? Eppure fino a pochi anni fa c'eri tu al mio posto, dovresti sapere che non sempre gli incidenti hanno un lieto fine.»
«Non è successo niente, tu e Roberts state bene, stai facendo polemica per nulla.»
«No, non sto facendo polemica per nulla. Sto facendo polemica perché la tua bella idea mi ha costretta a partire dalle retrovie domani, senza speranze di potere conquistare quei punti che mi servono per vincere il titolo. È finita, Claudia, è già finita... ed è finita perché Gigi Di Francesco ha deciso che doveva finire.»
«Veronica Young non l'avrà sempre vinta» replicò Claudia. «Sono sicura che, prima o poi, sarà costretta a togliersi la maschera. Allora vedremo se riesce ancora ad avere l'immagine che ha.»
«Tutto questo è assurdo» obiettò Christine. «Non avresti dovuto stare a sentire Di Francesco, specie dopo avere scoperto che si trattava proprio di lui. Anzi, avresti dovuto minacciarlo tu, di raccontare a tutti che hai scoperto che è vivo. Pensi che non avrebbe avuto paura di vedere i suoi piani andare in fumo? Rifletti, Claudia, quante volte i tuoi errori hanno influenzato tutti quanti?»
Claudia sbuffò.
«Vogliamo parlare dei tuoi?»
«Io non gestisco un team.»
«Però stai al volante. Se non avessi fatto cazzate durante tutto il campionato, il titolo l'avresti già vinto da tempo.»
«Quindi, siccome io non sono brava abbastanza per vincere il titolo in anticipo, se tu fai affari con Di Francesco è colpa mia. Perfetto, Claudia, inizio a capire perché ti sei messa a collaborare con quell'uomo.»
«Non sto collaborando con Di Francesco.»
«Beh, comunque gli somigli. E questo, forse, è peggio che collaborare attivamente con lui, non credi?»
«Non sai quello che dici.»
«Invece lo so anche fin troppo bene. E sai cosa ti dico? Che non avresti dovuto fidarti così tanto di Selena Bernard.»
Claudia spalancò gli occhi.
«Come sarebbe a dire che non avrei dovuto fidarmi di Selena Bernard?»
«L'hai invitata da noi, tempo fa, sei rimasta in contatto con lei...»
«E quindi?»
«Quindi» puntualizzò Christine, «la Bernard adesso se ne sta sempre attaccata al culo di Edward Roberts e, di conseguenza, di Veronica Young. Anzi, sta più attaccata al culo della Young che di quello di Roberts. Ti sembra una persona di cui ci si può fidare?»
«Selena è una nostra amica» le ricordò Claudia, «E non ha niente a che vedere con la Diamond Formula. Fa la designer.»
«Lavora nello studio di Lionel Vincent, il fratello di Veronica.»
«Non più. E comunque, se ti può consolare, nemmeno Vincent ha a che fare con la Diamond Formula. Non è questione di fidarsi o no. Anche se Veronica ha contatti con Gigi Di Francesco, di sicuro Selena non ne sa niente. Anzi, dubito si ricordi dell'esistenza di Gigi Di Francesco.»
«Io non credo proprio, invece» replicò Christine. «Ti ricordo che Selena era fidanzata con Herrmann e, di conseguenza, ha conosciuto un sacco di gente della Diamond Formula di quei tempi. Era anche figlia della sua impresaria.»
«So benissimo che Selena stava insieme a Patrick» ribatté Claudia, «Quindi, a maggior ragione, dubito che, se anche si ricorda di Di Francesco, possa provare una particolare stima nei suoi confronti.»
«Nel business conta poco la stima, ti pare? Quello che conta sono i soldi.»
«Selena di soldi ne ha in abbondanza. Non ha bisogno di intromettersi in faccende che non la riguardano.»
«Se lo dici tu...»
«Certo che lo dico io, ma adesso basta distogliere l'attenzione dal nostro discorso. Stavamo parlando della penalità che i commissari hanno comminato a Edward.»
Christine annuì.
«Giusto, la penalità per Edward. Dobbiamo metterci dei problemi noi? Partirà dalla pitlane per la gara di domani... e allora? Cosa cambia, per noi?»
«Non so, per Di Francesco potrebbe cambiare qualcosa» precisò Claudia. «Mi ha detto che doveva essere considerato un incidente di gara, o al massimo che la responsabilità doveva cadere su di te.»
«In pratica voleva Edward fuori, ma non voleva che la colpa sembrasse sua?»
«Qualcosa del genere.»
«Evidentemente Di Francesco non si ricorda bene come sono le corse, non sa che i commissari possono decidere anche a seconda del colore del gatto che hanno appena visto passare per la strada. Anzi, deve essere proprio quello il loro principale parametro, spiegherebbe bene perché non arrivino mai alle stesse conclusioni.»
«Senti, Christine, non so cosa Di Francesco si ricordi delle corse, ma non è questo il problema» tagliò corto Claudia. «Ti ricordo come stanno le cose: Di Francesco vuole che la Dynasty vinca il titolo e che Edward Roberts ne esca senza macchia. Quello che è successo nella sprint race è un imprevisto, e anche bello grosso. Sai bene anche tu che potrebbero esserci polemiche contro di lui, qualcuno potrebbe insinuare che l'abbia fatto apposta, perché un doppio ritiro conveniva più a lui che a te.»
«Sono polemiche che lasciano il tempo che trovano» rispose Christine, con fermezza. «Va bene, ho fatto degli errori, in questa stagione, ma non sono stata l'unica. Edward Roberts non è uno di quei piloti perfetti che non sbagliano mai. Qualcuno farà polemica, magari, ma ci saranno tantissimi altri pronti ad affermare che Edward non l'ha fatto apposta, ma che semplicemente questo è il massimo che può dare. Diranno che finora non ha mai vinto un titolo proprio perché fa sbagli di questo tipo, non penseranno certo che mi abbia buttata fuori di proposito, quelli che contano davvero. Lo stesso Edward si è mostrato molto dispiaciuto, con la stampa... Gigi Di Francesco può dormire sonni tranquilli, sempre ammesso che ci riesca. E anche tu. Sempre se ci riesci, anche nel tuo caso.»
«Ci riuscirò non appena Di Francesco mi lascerà in pace.»
«Beata te. Se io fossi stata innamorata di Emiliano Diaz, non mi sentirei a mio agio con me stessa, dopo avere preso accordi con colui che ne ha provocato la morte. Hai sempre tacciato me di essere insensibile, ma mi pare che tu mi abbia battuta anche in questo campo. Dopotutto essere più performante di me è sempre stato tutto quello che contava, per te. Forse è per questo che sei pronta a rinunciare al nostro titolo: perché sarebbe un titolo con il mio nome. L'idea di non essere più l'unica vincente tra le sorelle Strauss non ti alletta per niente.»
Claudia alzò gli occhi al cielo.
«Non sai quello che dici.»
«Lo so benissimo, invece» ribatté Christine, «E da adesso in poi farò di testa mia. Gigi Di Francesco è libero di accusarci di quello che vuole, per quanto mi riguarda. A che punto potrà mai essere preso sul serio uno che si è spacciato per morto per anni e che ha sempre parlato male di noi? Prove non ne ha, nessuno sarà disposto a starlo a sentire. Diranno che ci odia e che vuole metterci in cattiva luce. Se dovessi vincere il mondiale, avrebbe una buona ragione per farlo. E ti assicuro che, da adesso in poi, farò tutto quello che è in mio potere per vincerlo, questo mondiale.»
Claudia voleva ribadire che Gigi Di Francesco era senz'altro in combutta con la Dynasty, ma lasciò perdere: senza prove, Christine non le avrebbe creduto, e per il momento non esistevano nemmeno degli indizi concreti.
 
******
 
Selena si tirò su di soprassalto, coprendosi gli occhi con le mani. Era abbagliata dalla luce del giorno e confusa. Le servì qualche istante per rendersi conto di che giorno fosse. Era il giorno della gara finale, del Gran Premio di Montecarlo, dell'assegnazione del titolo mondiale.
Non era riuscita a parlare con Edward, né il pomeriggio né la sera precedente, aveva cercato di contattarlo ma non aveva risposto alle sue chiamate... e lo capiva. Non era un momento facile per lui, che si era ritrovato al centro dell'attenzione anche più del previsto.
Non aveva parlato nemmeno con Veronica: la team manager non era passata da lei, perché troppo impegnata, ma l'aveva pregata di chiamarla, qualora accadesse qualcosa di strano. Nulla di strano, ovviamente, era accaduto. Selena si sentiva lontana dal pericolo. Non c'era ragione per cui Gigi Di Francesco dovesse mettersi a cercare proprio lei, visto ciò che doveva passargli per la testa.
L'incidente tra Christine Strauss ed Edward Roberts non doveva essere accaduto per caso. Doveva esserci Di Francesco dietro agli accadimenti della sprint race, anche se Selena non comprendeva per quale ragione quell'uomo dovesse preoccuparsi del destino dei team Dynasty e Albatros. Avrebbe dovuto detestare entrambi allo stesso modo, non c'era ragione per far avvicinare sempre più la Dynasty al mondiale.
Con quei pensieri in testa Selena si recò in bagno a fare una doccia e a prepararsi per la giornata. L'idea di assistere al gran premio dal balcone, quel pomeriggio, non le dispiaceva affatto, anche se non era certa potesse trattarsi di una gara normale. Il giorno precedente aveva vinto Nakamura, che sarebbe quindi partito dalla pole position, ma gli occhi non sarebbero stati certo concentrati su di lui, qualunque cosa fosse accaduta.
Selena aveva appena finito di vestirsi quando il suo cellulare squillò. Era Oliver, quindi gli rispose subito.
«Dimmi.»
«Non mi saluti più?»
«Ciao. Sei contento ora?»
Oliver ridacchiò.
«Avresti potuto fare di meglio, ma non mi lamento. Come stai?»
Selena rifletté. Voleva dargli una risposta sincera.
«Potrebbe andare meglio, ma anche peggio.»
Oliver ribatté: «Speriamo che non vada peggio, allora.»
Selena ridacchiò.
«Già, speriamo. Tu come stai?»
«Sto bene» le confidò Oliver. «Ho parlato con Veronica Young stamattina, mi ha raccontato un po' di cose che potrebbero andare ad arricchire il mio libro.»
Selena spalancò gli occhi.
«Veronica è d'accordo che tu scriva dell'accordo tra la Dynasty e la Whisper?»
«No, ovviamente non lo scriverò, o quantomeno il ruolo della Dynasty sarà molto ridimensionato» le spiegò Oliver. «Però siamo d'accordo su una cosa: Gigi Di Francesco merita di essere raccontato per quello che è stato.»
«E che è tuttora.»
«Già, che è tuttora, ma speriamo entrambi che non sia più un problema, una volta che il mio libro sarà ultimato.»
«Avete idea di cos'abbia in mente?» si informò Selena. «Per caso Veronica ha avuto qualche intuizione?»
«Non che io sappia.»
«E l'incidente di Edward?»
«Ho parlato anche con lui. Dice che Christine Strauss non gli ha lasciato spazio, che secondo lui la sua rivale cercava l'incidente.»
«Eppure la colpa se l'è presa lui.»
«Edward afferma di essere d'accordo con i commissari» chiarì Oliver, «Ma solo perché non è riuscito a capire cosa volesse fare Christine Strauss. Dice che non ha saputo evitarla e che era proprio quello che, secondo lui, la Strauss voleva.»
«Però questo è assurdo» obiettò Selena. «L'incidente ha condannato entrambi a partire dalle retrovie, ma Edward è davanti a Christine in classifica. Di fatto, mi stai dicendo che Chris si è data la zappa sui piedi da sola?»
«È la stessa cosa che ho fatto notare a Edward» precisò Oliver. «Prima la qualifica in cui la Strauss non ha spinto, poi il doppio incidente... L'unica spiegazione possibile è che Di Francesco stia cercando di ostacolare le sorelle Strauss. È un po' come si stesse preparando per far vincere il mondiale alla Dynasty. Li sta portando in alto, perché poi vuole avere la soddisfazione di farli precipitare sempre più in basso.»
«Come agirà?»
«Non lo so, te l'ho detto, nemmeno la Young riesce a immaginarselo, come ti ho detto. Tutto quello che posso pensare è che voglia parlare pubblicamente del sabotaggio di quindici anni fa e tacciare Veronica di esserne la responsabile.»
 

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Capitolo 20
*** [Oliver] ***


Oliver aveva ben radicata in sé la certezza che in quel momento Edward Roberts né stesse facendo caso a lui né desiderasse essere disturbato, ma si sentiva in dovere di riferire al pilota gli ultimi sviluppi.
Gli si avvicinò e, ancora ignorato, si fece notare agitandogli una mano davanti agli occhi. Finalmente Edward si girò a guardarlo.
«Fischer, cosa vuoi, non ho tempo da perdere?»
«Ho appena parlato con Claudia Strauss» lo informò. «O almeno, ci ho provato.»
«Strano, mi sembrava di averti intravisto mentre parlavi con un ragazzino biondo con l'aria da principe delle fiabe, laggiù da qualche parte.» Edward indicò una direzione, che non era quella da cui proveniva Oliver. «Quando avresti visto la Strauss?»
«Dopo» rispose Oliver. «A proposito, quel ragazzino è il figlio di quello storico vincitore del Gran Premio di Montecarlo di Diamond Formula del 2007. È diventato pilota anche lui.»
«La cosa dovrebbe per caso interessarmi?»
«No, comunque corre in Formula 3.»
Edward ribadì: «Ti ho detto che non mi interessa. Anche perché, se mai dovesse arrivare in Diamond Formula, probabilmente a quei tempi mi sarei già ritirato.»
Oliver si sentì in dovere di comunicargli: «Ha detto che la Diamond Formula non lo affascina e che ci sono categorie motoristiche a suo parere più snobbate, ma molto più interessanti. Ha citato quella da cui proveniva suo padre, a titolo di esempio...»
«Oh, no, non sarà un purista della Formula 1... o peggio, un amico dello stalliere che ci snobba?»
«Chi sarebbe questo stalliere che ci snobba?»
«Uno che ha iniziato a rivalutarci di recente, solo perché due suoi colleghi hanno deciso di correre questo gran premio con la Whisper. Fino a poco tempo fa, ogni volta in cui veniva interpellato, affermava senza mezzi termini che la Diamond Formula non è affascinante perché non ci sono vetture rosse, come quella che guida lui. Non mi stupirebbe se il ragazzino con cui hai parlato fosse un suo ammiratore.»
«Probabilmente lo è.»
«E allora che continui pure a snobbare il vero motorsport. Quando tra qualche anno guiderà una carretta con i colori della bandiera americana, poi, che non si lamenti...»
Oliver aggrottò la fronte.
«Mhm... per caso ci sono vetture con la bandiera americana, nell'altro campionato? Una squadra americana c'è, ma non mi risulta che abbia quel tipo di livrea.»
«Infatti non ha quei colori, ma mai dire mai. Se non ti va bene la bandiera americana, allora quella russa. Sì, mi piace questa idea. Vederlo annaspare nelle retrovie su una vettura americana con i colori della bandiera russa - perché no? sarebbe strano, ma epico, a suo modo - sarà un vero piacere... ma, aspetta, perché parliamo di quel tizio? Cosa ti ha detto Claudia Strauss? Se si è trattato di un'intervista ufficiale, deve essere qualcosa di dominio pubblico.»
«Non mi ha detto molto, in realtà. Non voleva essere disturbata.»
Edward azzardò: «Qualcosa del tipo "se non ti levi di torno ti caccio via io a calci nel culo?" Strano, Claudia Strauss è molto più elegante, di solito.»
Oliver annuì.
«Sì, infatti, sia Claudia sia Christine di solito sono sempre molto disponibili con noi esponenti della stampa.»
Edward ribatté: «Probabilmente hanno capito anche loro con chi hanno a che fare. Non è una cosa tanto sorprendente, alla fine, che si siano rotte un po' le palle.»
«Christine non si è fatta vedere in giro, per ora» riferì Oliver. «Anche questo è strano, da parte sua.»
«E Claudia? Cosa ti ha detto, alla fine? Quello che penso io?»
«Non mi ha minacciato di prendermi a calci nel culo.»
«Allora non ha perso la sua storica eleganza né il suo contegno. Avere a che fare con te è una gran rottura di coglioni, spero che questo ti sia chiaro.»
«Posso immaginarlo, ma cerco solo di fare il mio lavoro.»
«Ormai non capisco più in che cosa consista il tuo lavoro. Fino a qualche mese fa avevi l'abitudine di farmi domande imbarazzanti durante la conferenza stampa del giovedì, quando toccava a me, oppure di inseguirmi per il paddock per chiedermi di commentare le mie performance negative. Sei sicuro che non fosse quello, il tuo lavoro?»
Oliver alzò gli occhi al cielo.
«Non mi bastava. Dovevo capire.»
«Capire cosa?» obiettò Edward. «Non c'era niente da capire, per te.»
«Invece, che tu ci creda o no, c'era tanto che dovevo capire.»
«E adesso a che punto sei?»
«Vuoi sentirmi dire che sono allo stesso punto di partenza? Beh, non è così. Non sono per niente allo stesso punto di partenza. Solo su una cosa ci avevo visto giusto.»
«Ovvero?»
«Ovvero che Patrick aveva ragione, quando ti disse di non passare mai alla Dynasty.»
«Va tutto bene, alla Dynasty.»
«Patrick non si fidava di Veronica e Scott Young.»
«Lo so bene» puntualizzò Edward. «So che Patrick non era molto convinto di nessuno dei due e che, secondo lui, era meglio che io rimanessi lontano da questa squadra. Però si sbagliava, Veronica non è mai stata il massimo della simpatia, ma si è sempre dimostrata una persona corretta.»
«Una persona corretta alla quale non sarebbe dispiaciuto più di tanto comprarsi un mondiale, se Patrick avesse accettato di rimanere in silenzio sulla faccenda di Diaz» obiettò Oliver. «Complimenti a Veronica Young, team principal del secolo.»
«Veronica è stata trascinata in quella situazione da Gigi Di Francesco, anche a causa di Alexandra Bernard. Perché non prendi mai in considerazione la madre di Selena, ma solo Veronica? Non ti sei nemmeno convinto che sia stata Alexandra a sabotare la macchina di Patrick, a quanto ricordo.»
«Non ci sono prove che Alexandra abbia sabotato la macchina di Patrick, ecco perché non ne sono convinto.»
«Ti assicuro che quella donna dice cose preoccupanti, che fanno raggelare.»
«Tante persone dicono cose preoccupanti.»
«Ha detto che avrei dovuto uccidere te e Selena, o qualcosa del genere. Ti pare un discorso normale?»
«No, ma tante persone, quando parlano, vaneggiano a proposito dell'idea di ammazzare qualcuno. Sono tutti potenziali assassini? Ne dubito. La stragrande maggioranza è riluttante perfino quando si tratta di uccidere una zanzara.»
Edward insisté: «Alexandra Bernard voleva vendicarsi del fatto che Patrick l'avesse lasciata per mettersi insieme a Selena. Penso che avesse le conoscenze tecniche necessarie per fare qualcosa, o che comunque avesse chi poteva assisterla.»
«Gigi Di Francesco?» azzardò Oliver. «A proposito di Di Francesco, se tu avessi dato ascolto a Herrmann e fossi rimasto lontano dalla Dynasty, adesso non avresti a che fare con lui.»
Edward precisò: «Non ho ancora avuto l'onore di avere a che fare con lui. E poi non sono sicuro che tu sia la persona più adatta a dirmi di fare attezione a Di Francesco. Sbaglio o abbiamo dedotto che, la sera in cui ha aggredito Selena con la bottiglia, ce l'avesse in realtà con te? Forse sei tu che devi preoccuparti, qualora ti capiti di avere a che fare con lui.»
«Hai ragione, devo preoccuparmi di quell'uomo e non poco» fu costretto ad ammettere Oliver, «Ma non penso potrà fare niente oggi, finché sono qui. Tu, invece, sei sicuro che tutto possa andare bene?»
Edward azzardò: «Dubito che la mia vettura sia stata sabotata.»
«Non ho mai insinuato che fosse così» mise in chiaro Oliver. «Solo, la tua gara sarà molto difficile, partendo dalla pitlane.»
Edward alzò le spalle.
«Andrà come andrà.»
«Non hai paura che qualcosa vada storto e che Christine Strauss, in un modo o nell'altro, riesca a fregarti?»
«Christine partirà dall'ultima fila.»
«Potrebbe comunque arrivare alla top-ten. Le basta fare qualche punto in più di te per...»
Edward interruppe quel discorso sul nascere.
«Se Christine dovesse ottenere i punti che le servono per vincere il titolo, pur partendo dal fondo, allora vorrà dire che se l'è meritato. Posso accettare l'idea di chiudere un'altra stagione in seconda posizione. Non è la prima volta... e forse non sarà nemmeno l'ultima, dato che non intendo ritirarmi nell'immediato, nonostante qualcuno, in passato, abbia spinto in quella direzione.»
Oliver ribatté: «Se questa dovesse essere l'ultima volta in cui lotti per il mondiale, mi dispiacerebbe vederti perdere.»
«Allora cerca di rientrare in possesso della tua vecchia mentalità» replicò Edward. «Fino a qualche tempo fa, ti sarebbe piaciuto vedermi arrivare sempre ultimo.»
«Avevo sbagliato le mie considerazioni su di te come pilota» ammise Oliver. «Te l'ho già detto, mi pare.»
«Sì, quella volta a Milano, quando hai affermato che sono un uomo di merda.»
«Te la sei cercata. Ti sei fatto fregare come un pollo dalle chiacchiere di Alexandra Bernard e dal dottor Parker... o Tommaso Di Francesco, o come si chiama.»
«Se Alexandra Bernard si fosse messa a fare quei discorsi strani un po' prima, mi sarei accorto con chi avevo a che fare. Allora credevo in lei... e tu non sei nella posizione di criticarmi. Io e Veronica l'abbiamo conosciuta, sappiamo cosa può fare. Tu, invece, che non hai mai avuto a che fare con lei, la difendi, come se avessi qualcosa da guadagnarci. Perché l'idea che possa essere stata lei a sabotare la macchina di Patrick non ti va giù? Anche stamattina, quando Veronica ha accennato al fatto, hai reagito come se quell'idea, per te, fosse inaccettabile.»
Oliver sospirò.
«Ti hanno mai detto che non devi sempre cercare una ragione per tutto?»
«Stavolta la cerco, invece» lo contraddisse Edward. «Cosa rappresenta per te Alexandra Bernard? Hai qualche motivo per sentirti, per qualche verso, affascinato da lei?»
«No, certo che no.»
«È per il libro? È per qualcosa che ti ha raccontato Selena?»
«Avevi detto che non avevi tempo da perdere» concluse Oliver. «Credo sia meglio lasciarti da solo. Non pensare più alla signora Alexandra, hai un gran premio su cui concentrarti.»
Gli voltò le spalle, ma Edward lo trattenne.
«Aspetta, Fischer, non te la cavi così.»
Oliver si girò lentamente.
Precedendo qualsiasi domanda, affermò: «Non ci sono ragioni per cui non posso credere a quello che Alexandra Bernard potrebbe avere fatto. Semplicemente conosco Selena e non riesco a credere che possa essere la figlia di una persona pericolosa.»
Non era la verità, ma non poteva certo rivelare a Edward che nel suo corpo viveva l'anima di Patrick Herrmann e che Patrick Herrmann non avrebbe mai accettato l'idea che la sua vita fosse terminata a causa di una donna che in passato aveva affermato di amarlo.
Non era la verità, ma Edward parve convinto, mentre obiettava: «Selena non somiglia a sua madre. Non c'è niente in comune, tra di loro.»
Oliver annuì.
«Sto iniziando a immaginarlo.» Quella conversazione doveva terminare lì ed era in suo potere mettervi fine, quindi si congedò. «Buona fortuna per oggi, Edward. Chissà, la prossima volta in cui parleremo, magari sarai campione del mondo.»
Di lì a poche ore avrebbe scoperto di avere ragione: nonostante un ottimo recupero di una Christine Strauss più perfetta del solito, il titolo andò a Edward Roberts, nonostante una misera dodicesima posizione finale. Rimasto fermo a quota centotredici punti, vinse comunque per due lunghezze di vantaggio sulla rivale del Team Albatros, salita a centoundici punti dopo avere chiuso la gara in settima posizione.
Non era chiaro se Gigi Di Francesco si ritenesse soddisfatto dell'outcome del campionato. Veronica era chiaramente in attesa di una sua mossa, che tuttavia sembrava non arrivare. Ne parlarono, prima di salutarsi, mentre il pomeriggio si apprestava a terminare.
«Fischer, forse mi dirai che sono pazza, ma non riesco a stare tranquilla.»
«Sei proprio convinta che abbia cercato di condizionare il campionato?»
«Sì. I segnali sono lampanti. Christine Strauss ha fatto apposta a non fare un buon giro nella sessione cronometrata, così come ha deliberatamente cercato l'incidente nella sprint race, su questo non ci sono dubbi.»
«Eppure oggi ha gareggiato come se avesse il fondoschiena appoggiato sui carboni ardenti. Ha fatto una delle gare migliori della sua carriera.»
«Avrà avuto i suoi buoni motivi per cambiare idea.»
«Oppure siamo noi che abbiamo travisato tutto...»
Veronica scosse la testa.
«No, Fischer, non abbiamo travisato niente. Sono sicura che Di Francesco sia da qualche parte, dietro l'angolo, pronto a mettere in atto i suoi piani. Per questa ragione vorrei che venissi anche tu, stasera.»
«Dove?»
«Alla festa del team.»
Oliver cercò di declinare la proposta sul nascere.
«Non mi pare il caso. Non vedo perché...»
«Ci sarà anche Selena» lo interruppe Veronica. «Se non vuoi farlo per me, vieni almeno a vegliare su di lei.»
Oliver sbuffò.
«Non avresti dovuto coinvolgerla.»
«Se non l'avessi fatto io» ribatté Veronica, «L'avrebbe comunque fatto Edward.»
Oliver le strizzò un occhio.
«Lo vedi? Alla fine il tuo desiderio di fare avvicinare quei due si è rivelato dannoso anche per te.»
Veronica lo ignorò.
«Non ho tempo da perdere, Fischer. Fatti dire da qualcuno dove devi venire a che ora e cerca di non addormentarti. Ti voglio presente.»

******

Era di nuovo sera e soffiava un po' di vento. Oliver era solo, ma sapeva che non lo sarebbe rimasto a lungo. Nonostante ciò, l'udire una voce alle proprie spalle lo fece sussultare.
«Non dovresti essere qui, Patrick.»
Si girò, sbottando: «Piantala di chiamarmi Patrick.»
Keith obiettò: «Non sarai più la stessa persona di un tempo, ma stai completando quello che voleva fare Patrick. Hai scoperto cos'è successo a Diaz e hai quasi scoperto cos'è successo a noi.»
«No» obiettò Oliver. «Non sono davvero sicuro di volere scoprire cosa sia successo a noi. Veronica ed Edward sono convinti che sia stata Alexandra a sabotare Patrick...» Abbassò lo sguardo. «Non posso accettarlo, è più forte di me.»
«Non hai niente da accettare» ribatté Keith. «Comunque sia andata, non ci saranno mai prove contro Alexandra Bernard.»
«Questo è poco ma sicuro.»
«Dimmi di Edward, invece. Alla fine ce l'ha fatta. Cosa ne pensi?»
Oliver alzò lo sguardo.
«Sono contento per lui.»
«È tutto quello che hai da dire?»
«Purtroppo sì, non posso certo affermare che abbia fatto una gara memorabile. Non appena si sarà placato l'entusiasmo per la doppietta della Whisper, verrà sicuramente criticato per oggi.»
Keith azzardò: «Ho l'impressione che i piloti delle altre serie, tanto criticati da quelli della Diamond Formula, non siano poi così male. In fondo il tipo che ha vinto il gran premio è il campione del mondo di Formula 1 in carica.»
«Ha comunque voluto chiudere definitivamente la sua carriera di pilota in Diamond Formula» puntualizzò Oliver, «Quindi la Diamond Formula ha sicuramente il suo traino. Inoltre il suo duello con il compagno di squadra è stato meraviglioso, ricorda un po' i loro scontri - non quelli materiali - quando erano compagni di squadra in Formula 1. Non so come abbia fatto quell'altro a farsi fregare, ma evidentemente è destino che a Monaco ci sia un solo principe. Comunque, anche se oggi è arrivato secondo, l'altro avrà molte occasioni per rifarsi, ne sono certo.»
Keith non doveva essere molto interessato alle dinamiche del gran premio, dato che cambiò discorso di punto in bianco.
«Ho rivisto Emma. Non sono riuscito a parlarle, ma le ho fatto un cenno di saluto e l'ho vista sorridere. Secondo me è un buon segno.»
«Un segno di cosa?»
«Siamo vicini alla fine, me lo sento.»
«Per te è facile sentire le cose.»
«Non voglio essere scortese nei tuoi confronti, né nei confronti degli altri che stanno al di là del confine, anche se a volte ti ho dato questa impressione. Anzi, ti chiedo scusa per come mi sono comportato dopo quello che è successo a Emma. So bene che alcuni di voi corrono dei rischi e quello che è capitato a lei lo dimostra. Però voglio essere ottimista. Le cose si sistemeranno per tutti.»
Oliver sospirò.
«Me lo auguro, non ti immagini nemmeno quanto.»
«Ora, però, vattene» lo pregò Keith. «Non puoi restare qui. Hai qualcosa di importante da fare dall'altra parte, ne sono sicuro.»

******

Oliver si guardò intorno. Il locale era pieno e non c'era una sola ragione che giustificasse la sua presenza. Qualunque cosa Gigi Di Francesco avesse in mente, difficilmente avrebbe fatto irruzione alla festa della Dynasty Racing e, anche se l'avesse fatto, non c'era nulla che Oliver potesse fare per impedirglielo.
Era immerso in quella riflessione quando sentì qualcuno che lo afferrava per un braccio. Si voltò e vide Veronica Young.
«Finalmente sei arrivato» lo accolse la team manager in tono freddo, lasciando la presa. «Si può sapere che fine avevi fatto?»
Oliver alzò le spalle, con noncuranza.
«Mi ero addormentato.»
«Perfetto. Io ti affido un incarico e tu ti addormenti.»
«Dai, Veronica, non fare storie» ribatté Oliver. «Sai benissimo che non lavoro per te. Tu stessa la ritieni una fortuna.»
«Su questo non ci sono dubbi» sbottò Veronica. «Stavolta, però, è un po' diverso. Sai benissimo chi c'è in giro e cosa potrebbe fare.»
«No, Veramente no» replicò Oliver. «Non abbiamo prove che quel tizio sia in giro, né tantomeno che abbiamo idea di che cosa voglia fare.»
Veronica gli confidò: «Ho parlato con Claudia Strauss, oggi pomeriggio. Ho cercato di farle confessare eventuali accordi con Di Francesco, ma è stata piuttosto riluttante.»
«Cosa pensavi, che venisse a spiattellare tutto a te?»
«No.»
«Eppure sei sorpresa che non ti abbia detto niente?»
«No, non è così» rispose Veronica. «Mi aspettavo, piuttosto, che smentisse seccamente e che mi mandasse a quel paese. Non l'ha fatto. Per un attimo mi è sembrato che si sentisse scoperta.»
«Non sempre quello che sembra a te corrisponde a realtà» puntualizzò Oliver. «Ti converrebbe non dare qualcosa per scontato solo perché tu ti sei messa in testa che lo è.»
«Claudia Strauss, però, si è comportata in modo sospetto, in questo weekend, l'hai detto anche tu, più di una volta.»
«Lo so, Claudia Strauss si è comportata in modo un po' strano, così come Christine... però ti ricordo che Christine ha fatto una rimonta clamorosa in gara, facendo dei sorpassi da urlo, un po' come se tutto ciò che contava, per lei, fosse non solo raggiungere la zona punti, ma anche portare a casa il titolo. Se il Gran Premio di Montecarlo durasse ancora cento giri, come alle origini, ci sarebbe riuscita.»
«Le gare hanno un numero di giri prestabilito e non deve essere usato a favore o contro qualcuno» obiettò Veronica. «Il gran premio di oggi non è durato cento giri e Christine Strauss doveva farsi bastare quelli che aveva a disposizione.»
«Non ho detto che sia la vincitrice morale o qualcosa del genere» mise in chiaro Oliver, «Ma solo che, se la gara fosse durata un po' di più, forse ce l'avrebbe fatta. Non era molto lontana, ormai.»
«No, non era lontana» convenne Veronica, «Ma in questo momento mi preoccupa il fatto che sia qualcun altro a non essere lontano. Ormai in pista è andata, quello che dobbiamo temere è quello che può succedere fuori pista. Sempre ammesso che ti interessi e che tu non abbia null'altro che distolga la tua attenzione.» Gli indicò un tavolo, dall'altra parte del locale. «Selena Bernard è seduta là in fondo insieme a Edward, da almeno mezz'ora se non di più. Temo che per te sia giunto il momento di rinunciare ai tuoi sogni d'amore.»
«La cosa ti turba?»
«No, per niente.»
«Allora fammi il piacere di badare ai cavoli tuoi.»
«Mi piacerebbe, ma la situazione è un po' comica.»
«Non ci vedo niente di comico.»
«No, davvero?» Veronica accennò un sorriso. «Eppure, almeno in parte, sono state anche le tue azioni ad avvicinare Edward a Selena.»
Oliver obiettò: «Non mi pare. A Selena interessava Edward già prima che entrassi nella sua vita. Alla fine sta andando come doveva andare. Non capisco, però, perché la cosa ti interessi così tanto.»
«Hai ragione» ammise Veronica, «Non dovrei ridere delle disgrazie altrui, nemmeno se si tratta delle tue.»
«Non è una disgrazia. Selena non è l'unica donna al mondo. E poi, come dici sempre tu, non è necessario avere una relazione per vivere.»
«Hai ragione.»
«Ora, per cortesia, puoi lasciarmi da solo?» chiese Oliver. «Mi hai chiamato qui per vegliare sulla situazione, ma in questo momento non sta succedendo niente. Gradirei respirare in santa pace.»
Veronica lo accontentò.
«Va bene, ti lascio respirare in pace. Approfittane adesso, perché non è detto che respirerai molto a lungo.»
Oliver la guardò allontanarsi, chiedendosi quanto ci fosse di vero nelle sue parole. Sapeva di essere stato, a Imola, il probabile bersaglio dell'ex team manager della Whisper.
Stava per sedersi a un tavolo quando sentì il cellulare che gli vibrava in tasca.
Era un messaggio di Selena: "Ho bisogno di parlare con te subito, dove sei?"
Non doveva averlo visto, ma era sicura della sua presenza nel locale. Non doveva essersi accorta del suo ritardo, né averlo cercato.
Oliver le scrisse: "Sono qui alla festa, di cosa dobbiamo parlare?"
"Preferisco discuterne a voce" ribadì Selena, quando gli scrisse pochi istanti più tardi. "Possiamo vederci davanti all'ingresso?"
Oliver si arrese.
"Okay, quando?"
"Subito."
"Va bene. Ti aspetto là."
Si diresse verso la porta e attese a malapena un minuto. Selena arrivò subito. Da un po' di tempo Oliver era abituato a vederla con i capelli lisci, al naturale, ma per la serata si era fatta la messa in piega e i boccoli dorati le ricadevano ai lati del viso. Portava un abito a tubino nero e il solito tacco dodici, che la qualificavano verosimilmente come una delle donne più eleganti tra le presenti.
Oliver la salutò con un sorriso, che Selena ricambiò a stento.
Gli si avvicinò, chiedendogli: «Possiamo uscire un attimo?»
Oliver annuì.
«Va bene, come vuoi.»
La seguì all'esterno.
«Allora?» le chiese, una volta fuori. «Di cosa devi parlarmi? È capitato qualcosa?»
«Non qui» lo pregò Selena. «Preferirei un posto dove non possono vederci o sentirci. Spostiamoci.»
Oliver accettò.
«Come vuoi.»
La seguì, allontanandosi insieme a lei. Quando si fermò, rimasero per qualche istante a guardarsi negli occhi, senza dire niente.
Fu Oliver a esortarla: «Cosa devi dirmi?»
Selena abbassò lo sguardo.
«Non so da dove iniziare.»
«Allora» azzardò Oliver, «Proverò ad aiutarti. Per caso vuoi dirmi che Edward Roberts è l'uomo della tua vita e che io devo levarmi di torno?»
«N-no» balbettò Selena. «Non...»
Si interruppe.
Oliver attese qualche istante, nella speranza che riprendesse a parlare, ma non accadde.
«Non preoccuparti» la rassicurò. «Ho sempre saputo che tra noi non poteva funzionare.»
«Non è così. Stavamo bene, insieme.»
«Stavamo bene, lo so, ma per te ero solo un ripiego.»
Selena lo guardò negli occhi.
«No, Oliver, non è mai stato così. Non eri un ripiego per me.»
«Comunque sia andata, il concetto di fondo è lo stesso. Vuoi dirmi che dobbiamo finirla definitivamente, qualunque cosa sia quella che c'è stata tra noi.»
«Beh, più o meno.»
«Va bene, mi sta bene così. Buona fortuna, Selena. È stato tutto stupendo, ma è finito. Non credo tu debba darmi delle spiegazioni.»
Selena non gli parve convinta.
«No, invece...»
«Non complicarti la vita» la pregò Oliver. «Non c'è sempre bisogno di darsi delle spiegazioni.»
«Quindi non vuoi sapere perché stavo con te?»
Oliver obiettò: «Non sono nemmeno sicuro della ragione per cui io stavo con te, se ti può consolare. Come posso pretendere delle spiegazioni da te quando non so nemmeno spiegarmi le mie stesse azioni?»
Selena insisté: «È giusto che te lo dica. Quando ti ho conosciuto, ho avuto fin da subito l'illusione di riavere Patrick con me.»
«Lo immaginavo» ribatté Oliver, «Ma purtroppo non sempre le cose sono come le vorremmo.»
«Insomma, non sapevo chi eri, ma...»
«Perché, chi ero? Sono Oliver Fischer, giornalista sportivo e tuo vicino di casa, tutto qui.»
«No, non sei solo Oliver Fischer» obiettò Selena. «Ne abbiamo già parlato, so perfettamente chi sei.»
«No, sai chi ero e hai desiderato che fossi anche nel presente chi ero in passato. Però non funziona così. Per quanto io abbia i ricordi di Patrick dentro di me, non mi sento lui.»
«Non è tutto facile come lo vorremmo.»
«Già, e ti assicuro che, per me, sarebbe stato molto più semplice non ricordare nulla.»
Selena doveva tenerci molto a chiarire bene cosa provasse per lui, dato che proseguì con le giustificazioni.
«Mi sono lasciata trascinare. Tu eri l'unico che potesse comprendere il mio passato e me l'hai fatto capire. Sapevo che non sarei stata giudicata. Questo mi ha avvicinata a te, facendomi perdere di vista il presente. Volevo rivivere un passato che mi era stato negato, pensando che sarei stata felice...»
«E invece» dedusse Oliver, «Hai capito che non era questo che volevi. Comprendo bene, meglio di quanto tu creda. Anch'io sentivo di avere qualcosa in sospeso, da finire una volta per tutte... e questo mi ha spinto verso di te.»
«A volte mi chiedo cosa sarebbe successo, se Patrick non fosse morto. A me e a lui, intendo.»
«Nessuno può saperlo, nemmeno noi. È questo a rendere speciale quello che viviamo. Non possiamo sapere come sarebbe andata se fosse cambiato qualcosa. Possiamo farci dei film mentali, poi arrivare alla conclusione che sono sempre e comunque solo film mentali.»
«E adesso cosa succede?»
«Non lo so. Probabilmente tu torni dentro e le nostre strade si separano.»
«Le nostre strade non si separeranno tanto facilmente, abitiamo l'uno di fronte all'altra.»
Oliver ridacchiò.
«Se la cosa ti dà dei problemi, puoi sempre trasferirti.»
«No, non mi dà nessun problema» ribatté Selena. «Volevo solo essere sicura che fossimo pronti entrambi per guardare avanti.»
«Io non aspetto altro che di guardare avanti» chiarì Oliver. «Ti voglio bene e te ne vorrò sempre, Selena, ma non possiamo trascinare nel tempo qualcosa che non esiste. Quando avrai voglia di parlare con me, se ne avrai voglia, sappi che per te ci sarò sempre.»
«Anch'io ci sarò sempre per te» rispose Selena, prima di voltargli le spalle e rientrare nel locale.
Non era stato difficile. Almeno la situazione sentimentale era risolta.
"Lo riferirò senz'altro a Veronica."
Quel pensiero gli strappò un sorriso, che tuttavia non poté durare molto a lungo. Un uomo stava venendo verso di lui e non servì molto tempo prima di riconoscerlo.
Gigi Di Francesco aveva la testa completamente rasata e portava la barba, ma Oliver non ebbe dubbi.
«Fischer» lo interpellò l'ex team manager, quando furono a tu per tu, «Finalmente è arrivato il momento di conoscerci.»
Era sorprendentemente calmo, quindi doveva avere un piano.
«È un piacere conoscerla» ribatté Oliver. «Non avrei mai pensato di potere avere un simile onore.»
«Sai chi sono? A proposito, ti do del tu perché sembri così giovane che potresti essere mio figlio... non è un problema per te?»
«Si può rivolgere a me in qualunque modo desideri, purché mi dica cosa vuole, questo non è un problema. Il vero problema, per me, sarebbe se fossi veramente suo figlio.»
«Bene, te lo spiego subito, cosa voglio» rispose Di Francesco, ignorando il suo commento. «Ho vissuto per anni nell'ombra, in attesa che arrivasse il momento di raccontare al mondo chi sono davvero certe figure tanto rispettate del mondo della Diamond Formula. Quel momento è arrivato. Solo, ho bisogno di qualcuno che mi aiuti a far sentire la mia voce. Chi meglio di un giornalista televisivo che si occupa di Diamond Formula può farlo?»
«Non so. Perché dovrei farlo io?»
«Perché ti stimo.»
«Davvero?»
«Hai fatto bene il tuo lavoro, negli ultimi tempi. Inoltre sono certo che Veronica e Scott Young non piacciano nemmeno a te.»
«Se mi piacciono o no non è una questione che la riguarda» precisò Oliver. «Il mio lavoro è informare, non attaccare le persone per le quali non nutro grandi simpatie.»
«Eppure è esattamente quello che facevi nei confronti di Edward Roberts, fino a poco tempo fa.»
«Vedo con piacere che si è informato nel dettaglio sulla mia carriera, ma ha sicuramente travisato. Ho espresso critiche argomentate nei confronti di Roberts, in passato, non l'ho mai attaccato gratuitamente.»
«Va bene, Fischer, come vuoi, non è una questione molto importante, questa. Voglio che tu sappia che ho già mandato un video alla redazione della televisione per cui lavori e che probabilmente il tuo capo in persona autorizzerà la pubblicazione del video stesso. Se anche non accetti di aiutarmi, una buona parte di quello che ho da dire verrà comunque alla luce. Quello che sto proponendo a te è di fare di più. Ti permetterò di raccontare la verità completa.»
«Mi farà scrivere che ha provocato di proposito la morte di Emiliano Diaz e quella di Patrick Herrmann, finendo per uccidere anche Keith Harrison? Mi farà scrivere che è stato lei a pugnalare a morte Emma Dupont, dopo avere ferito la figlia di Alexandra Bernard? Perché la verità è questa...»
«Stai delirando, Fischer.»
«No, non sto affatto delirando. Rifiuto la sua offerta, senza avere alcun dubbio. Non fa parte della mia etica professionale coprire i misfatti di una persona come lei. Se vuole il mio aiuto, deve accettare che io racconti tutto.»
«Sono tutte tue fantasie, Fischer.»
«No, non sono fantasie, e farò di tutto per provarlo.»
Oliver voltò le spalle a Di Francesco, pronto ad allontanarsi e a rientrare alla festa, ma fu un grave errore. Gigi lo bloccò afferrandolo per un braccio.
«Non avresti dovuto metterti contro di me, Fischer.»
«Perché, chi si mette contro di lei fa la stessa fine di Emma? È venuto qui armato? Vuole uccidermi nel bel mezzo di una strada? E soprattutto, Emma si era davvero messa contro di lei? Che io sappia, la portava su un piedistallo.»

******

Era tornato il sole sulla spiaggia e Keith Harrison non era solo. Per la prima volta, Oliver lo vide in compagnia di Emma Dupont, da lui tanto cercata negli ultimi tempi. Fece per voltare le spalle a tutti e due e andarsene, incerto sulla necessità della sua presenza accanto a loro.
Non gli riuscì. Fu raggiunto proprio da Emma, apparentemente desiderosa di giustificare con lui il proprio comportamento.
«Aspetta, Oliver, dobbiamo parlare di Gigi Di Francesco, di quello che è successo.»
Con un sospiro, Oliver si voltò verso di lei.
«Non c'è più niente da dire, questa stora è finita, ormai.»
«È tuo dovere spiegarmi come sia finita» replicò Emma. «Non ho potuto capire.»
«Certe cose, a quanto pare, non hai potuto capirle nemmeno prima» obiettò Oliver. «Ti fidavi di Gigi Di Francesco, colui che ha contribuito alla morte di tuo marito... e alla tua.»
Emma abbassò lo sguardo.
«Non potevo certo immaginare fino a che punto fosse disposto a spingersi.»
«Nemmeno io, ma non è il tipo di persona a cui è bene dare confidenza.»
«Lo so, anche se, purtroppo, l'ho scoperto troppo tardi.»
«Immagino, quindi, che l'ipotesi secondo la quale sarebbe stato lui ad assassinarti, sia da considerarsi esatta.»
«Beh, sì...»
«Allora» osservò Oliver, «Non ho niente di cui pentirmi. Ho fatto bene a fare esattamente quello che ho fatto.»
«Cos'hai fatto, esattamente?» chiese Keith, che ormai li aveva raggiunti. «Ci sei tu dietro la fine di tutto?»
Oliver alzò le spalle, con noncuranza.
«Difficile dire che sia la fine di tutto. Una parte della verità non potrà mai venire alla luce, specie adesso che Di Francesco non c'è più.»
«Ad ogni modo, Di Francesco ha smesso di essere un pericolo» insisté Keith. «Cos'è successo? Ce lo puoi spiegare? Io ed Emma siamo semplicemente riusciti a ritrovarci, è tutto quello che abbiamo visto noi.»
«Va bene, vi racconto come sono andate le cose» si arrese Oliver. «Ero alla festa della Dynasty, alla quale Veronica Young mi aveva praticamente costretto a partecipare, quando Di Francesco, all'esterno del locale, è uscito allo scoperto ed è venuto a parlarmi. Voleva il mio aiuto, voleva farmi delle rivelazioni per mettere in cattiva luce i coniugi Young. Gli ho detto che avrei accettato soltanto se mi avesse concesso di raccontare tutta la verità, ovvero che ammettesse le proprie responsabilità, anche quelle relative ai fatti attuali.»
«Wow» esclamò Emma. «È stata una mossa abbastanza audace da parte tua, considerato chi avevi di fronte.»
«Già. Neanche dieci secondi più tardi ero a terra con il naso rotto, ma mi è andata bene: Di Francesco non era armato, altrimenti a quest'ora non sarei qui. O meglio, sarei qui, ma in modo diverso.»
«E poi?» volle sapere Keith. «Cos'è successo dopo?»
«È successo che Di Francesco si è spinto troppo oltre, venendo davanti al locale. Il suo obiettivo era non essere riconosciuto, almeno per il momento. Quando un gruppo di persone è uscito, di lì a poco, non ha trovato altre strade che darsi alla fuga. Il finale è stato molto trash, degno di un film di serie B: mentre scappava è stato investito da un'auto e ha battuto la testa. È morto sul colpo. Sembra un finale scritto da chi non sapeva come fare finire la storia, oppure da chi pensava che il modo migliore per focalizzarsi sulle vicende motoristiche fosse quello di far cadere nel dimenticatoio tutto il resto.»
Keith ridacchiò.
«L'importante è che Gigi Di Francesco non sia più un problema, no?»
Oliver annuì.
«Questo è positivo, anche se nessuno voleva che finisse così.»
«Invece credo sia proprio il finale migliore» ribatté Emma. «Vi siete liberati tutti di lui senza ulteriori spargimenti di sangue. Ce l'hai fatta. Sei riuscito a realizzare il tuo obiettivo.»
«Quale obiettivo?»
«Beh, fare luce su quello che è successo in passato a te e...»
Oliver la interruppe, scoccando un'occhiataccia a Keith.
«Non mi è capitato niente. Nei primi anni 2000 ero solo un ragazzino, mi è capitato un incidente e ho rischiato di morire, tutto qui. La mia vita non si è mai incrociata davvero con quella di Patrick Herrmann.»
Keith precisò: «Le ho detto chi sei.»
«L'avevo capito, ma hai fatto male» replicò Oliver. «Le hai detto che sono qualcuno che non sono più e che non dovrei nemmeno sapere di essere stato.»
Emma obiettò: «Chi eri in passato, però, spiega tutto: perché volevi a tutti i costi scoprire cosa fosse successo in passato, perché ti sei innamorato di Selena Bernard... A proposito, come va con Selena? L'ultima volta che abbiamo parlato di lei, mi sembrava che non andasse proprio molto bene...»
«Perché tutto questo interesse morboso per Selena?» replicò Oliver. «Perfino Veronica, quando è uscita dal locale, ha sentito il dovere di farsi mille film. Mi ha detto che le faceva una strana impressione vedermi a terra, mentre Edward era in piedi accanto a Selena. Ha detto che le sembrava una perfetta metafora della mia storia con la figlia di Alexandra Bernard.»
«Ti chiedo come va con Selena perché spero che tu possa essere felice» rispose Emma. «Non ho più bisogno di avere dei secondi fini, ti pare?»
«A volte bisogna chiudere con il passato, ma avere il coraggio di farlo davvero» precisò Oliver. «Io e Selena siamo due estranei che si sono incontrati, nulla di più. Certo, il legame tra noi è e resterà forte, ma non siamo fatti per stare insieme.»
Keith obiettò: «Ne sei proprio sicuro? Ti vedevo così convinto...»
«La mia ricerca su quello che è accaduto quindici anni fa è stato un susseguirsi di convinzioni errate. Prima credevo che Alexandra Bernard non fosse coinvolta in alcun modo, poi sono arrivato a pensare che l'intera verità potesse venire alla luce...»
Emma precisò: «Non hai prove contro Alexandra Bernard, mi pare.»
«Hai ragione» convenne Oliver, «Non ho prove, ma era esattamente qualcosa che quella donna avrebbe potuto fare. Purtroppo, con Gigi Di Francesco morto, nessuno potrà mai confermare quello che in tanti hanno sempre sospettato. Anzi, che in pochi hanno sospettato, quasi nessuno, fino a poco tempo fa. In più ci sono altre convinzioni errate da aggiungere.»
«Del tipo?» chiese Keith. «Sei sicuro che non stai cercando di complicarti la vita di proposito?»
«No, non mi sto complicando la vita di proposito, purtroppo» fu costretto ad ammettere Oliver. «Credimi, non vorrei dirlo, ma ho l'impressione che Di Francesco sia riuscito, almeno in parte, a realizzare il proprio scopo. Il suo video in cui narra alcuni "retroscena scottanti" della Diamond Formula sta già facendo il giro del mondo. Sai come vanno queste cose. La stessa Diamond Formula finirà per rimetterci e, senza ombra di dubbio, la Dynasty non ne uscirà con la reputazione molto pulita. Chissà, forse un giorno dovrò scrivere qualcosa anche per riabilitare il nome di persone che finiranno inevitabilmente per perdere la stima e il rispetto di cui hanno goduto finora.»
Keith ribatté: «Questo fa di te l'uomo perfetto, quello che Selena Bernard non dovrebbe lasciarsi scappare per nessun motivo al mondo, anche se sei giovane, mentre lei ha già trentacinque anni e ha anche ub figlio.»
Oliver alzò gli occhi al cielo.
«Io e Selena ci siamo lasciati scappare a vicenda, tutto qui. Era la soluzione migliore per entrambi.»
«Va bene, non insisto, nessuno può saperlo meglio di te» si arrese Keith. «Adesso, però, cosa pensi di fare?»
«Il mio capo mi vuole parlare, per propormi una nuova opportunità di lavoro, a suo dire» gli confidò Oliver. «Vedremo come va, vedremo dove mi porterà questa proposta.»
«E il libro?»
«Non lo so. Credo che il libro vada ripensato, almeno in gran parte, ma ogni cosa verrà a suo tempo.»
«Anche tu, qui, tra due dimensioni, hai fatto il tuo tempo, temo.»
«Vuoi dire che non cercherai più di chiamarmi qui?»
Keith distolse lo sguardo.
«Avevi ragione tu, sei Oliver Fischer, ormai. Appartieni a una dimensione diversa dalla mia. Non è giusto che tu chiuda del tutto con il passato, ma devi superare l'attaccamento morboso che vi hai avuto finora. Devi andare avanti, Fischer. L'hai detto tu stesso ed è quello che anch'io mi aspetto da te.»

******

In una domenica sera di giugno Oliver entrò in un bar di Faenza e si guardò intorno, alla ricerca della persona che doveva incontrare. Keira Roberts era arrivata in anticipo ed era già seduta a un tavolo. Stava leggendo qualcosa sullo smartphone, ma alzò gli occhi e lo guardò, facendogli un cenno di saluto.
Oliver andò subito a raggiungerla, sedendosi di fronte a lei. Alla sua sinistra il televisore era acceso su un canale che trasmetteva una gara automobilistica. I colori delle due vetture di testa, una argentata e l'altra rossa fiammante, lasciavano poco spazio ai dubbi su quale fosse la categoria motoristica in questione.
Oliver si stupì.
«Non doveva essere oggi pomeriggio la gara di Formula 1?»
Keira annuì.
«Già, ma la televisione italiana non ha comprato le dirette, quindi molta gente se la starà guardando ora. Comunque buonasera, Oliver.»
«Buonasera a te.» Oliver ridacchiò. «Scusa se non ti ho salutata.»
«Non fa niente» ribatté Keira. «Sarà sempre meglio del nostro primo incontro, quando eri in compagnia di un'elegantona che ha l'abitudine di non sorridere mai, di saltare i pasti e che, a quanto ho capito, ti ha piantato in asso per mettersi insieme a mio fratello.»
«Non è andata proprio così» ci tenne a precisare Oliver. «Io e Selena ci siamo lasciati di comune accordo e siamo rimasti amici.»
«Insomma, il classico caso di friendzone.»
«No, non direi. Quando stavo con Selena non mi rendevo conto di quello che rischiavo di perdermi.»
Keira gli strizzò un occhio.
«No, hai ragione, non te ne rendevi conto, per niente, però credo sia presto per tirare fuori questo discorso, anche se è allettante. Raccontami piuttosto cosa ci fai in Italia.»
«Sono stato sguinzagliato al seguito delle serie minori del posto. Per questioni di comodità, mi sono trasferito da queste parti.»
«Bene.»
«Già, ne ho proprio bisogno, di staccare dalla Diamond Formula» convenne Oliver. «Non mi piace molto la piega che hanno preso gli eventi, dopo la diffusione del video di Gigi Di Francesco.»
«Non me ne parlare» ribatté Keira. «Solo ieri leggevo che una ragazzina irlandese di nome Veronica Young, tartassata per errore sui social di minacce di morte dirette alla sua omonima, ha tentato il suicidio. Alcune persone hanno commentato che, se erano riusciti a far sentire la loro voce fino a questo punto, erano sulla buona strada, bisognava soltanto indirizzare i messaggi alla persona corretta.»
Oliver sbuffò.
«La grande sensibilità della gente della nostra epoca.»
«Già, che tristezza.»
«I social sono il cassonetto della spazzatura del mondo. Pensa che l'altro ieri ho dovuto scrivere un post in cui difendevo Selena ed Edward dalle accuse di alcuni fan che sostenevano che Selena mi avesse tradito con lui e che ciò fosse inaccettabile, al punto da invocare che Edward venisse radiato dalle competizioni per lo scandalo. Quando ho spiegato che stavano esagerando e che peraltro quello che sospettavano non era vero, qualcuno ha scritto che non ero una fonte attendibile, come se io stesso non sapessi i fatti della mia vita privata. Quando ho aggiunto che non era bello, peraltro, mettere in mezzo Selena, che non è una personalità pubblica, mi è stato risposto che Selena meritava di essere dipinta pubblicamente per quella che è e che il suo datore di lavoro dovrebbe licenziarla per quello che "ha fatto". Ho dovuto anche segnalare una persona che aveva pubblicato i suoi dati personali, compreso l'indirizzo di casa. Per fortuna quei contenuti sono stati rimossi... e visto che parlavano ancora del suo datore di lavoro, non sono riusciti a trovare l'unica informazione su di lei presente in rete, ovvero che è una libera professionista.»
Keira azzardò: «Ho l'impressione che il boicottaggio della Diamond Formula proposto da più parti perché "bisogna dare il buon esempio ai bambini" abbia buone probabilità di avere effetto.»
«Lo penso anch'io» confermò Oliver, «Ma non perché la voce dei social sia così potente, piuttosto perché può convincere chi è indeciso. Sono già tanti ad avere parlato male della Diamond Formula dopo le rivelazioni di Di Francesco e l'accusa postuma di omicidio volontario di Emma Dupont. In più ci si aggiunge tutto il polverone che si è sollevato nei confronti di Veronica Young e di suo marito...»
Keira volle sapere: «Come pensi che finirà?»
Oliver ammise: «Penso sia arrivato il momento, per le serie che puntano a ruoli di primo piano, di sfoderare l'attacco fatale, quello che può portarle di nuovo sul tetto del mondo.»
Keira fece un mezzo sorriso, indicando il televisore.
«Dici che loro potrebbero riuscirci?»
«Non so. Com'è andata la gara? Non ho potuto seguirla, oggi pomeriggio.»
«Io stavo lavorando. Tutto quello che so con certezza riguarda un unico team... e puoi tranquillamente immaginare quale.»
«Sì, lo immagino. Va beh, magari guardiamo cosa succede, sperando che si sblocchi qualcosa.»
«Giusto, che si sblocchi qualcosa, parole sante. Ci scommetto che la gente che l'ha vista in diretta non ha fatto altro che lamentarsi di quanto sarebbe opportuno abolire i circuiti cittadini, perché le gare sono noiose.»
Oliver rise.
«Giustamente, perché se la Diamond Formula passasse accanto a un castello, durante le sue gare, darebbe stile all'evento, se lo fa la Formula 1, invece, non ci sono più i circuiti come il vecchio Nürburgring e ciò è il male assoluto.»
Keira ribatté: «Anche gli ingressi della safety car non vengono accolti nella stessa maniera, in Diamond Series magari generano spettacolo anche quelli.»
Proprio in quel momento si scatenò il caos, sul circuito cittadino che ospitava l'evento di quella domenica di giugno.
Oliver osservò: «L'hai chiamata, a quanto pare.»
«Non è colpa mia» si difese Keira. «Non volevo certo gufare. E poi è già successo tutto da ore e ore.»
Le vetture si accodarono dietro la vettura di sicurezza.
«Chissà se il nostro uomo in rosso può fare qualcosa.»
«Quale uomo in rosso?»
«Quello lì che se ne sta in seconda posizione. Ha la vettura del colore giusto. Se vincesse, potrebbe essere considerato artefice dello spettacolo.»
«No, Oliver, ti sbagli. Non sarà mai un santo come il suo predecessore.»
«Quale predecessore?»
«Quelli che sta in McLaren e che viene acclamato anche se guida una carretta.»
Oliver rifletté qualche istante.
«In effetti sono stato troppo focalizzato sul fanbase della Diamond Formula, per prendere in considerazione quelli delle altre categorie. Tutto ciò, comunque, è molto interessante. Se i tifosi hanno il potere di aumentare l'importanza di una serie, questi hanno la possibilità di far fare alla Formula 1 molta strada.»
Keira sorrise.
«Speriamo. È quello che spero da tanti anni, ormai, anche se non sono più molto convinta che le mie speranze possano concretizzarsi.»
«Prendiamo le cose come vengono» suggerì Oliver. «Aspettiamo che la safety car si levi di torno, poi vediamo se succede qualcosa che possa catalizzare alti livelli di attenzione.»
Non fu necessario attendere così tanto: le stelle dovevano essere bene allineate, quella domenica. Le monoposto erano ancora in coda dietro alla safety car quando, per motivi di cui si sarebbe potuto dibattere molto a lungo nelle settimane e nei mesi a venire, il pilota della vettura rossa, fino a quel momento celebre per avere criticato le squadre "poco importanti" della Diamond Formula, affiancò quello della vettura color argento, famoso invece per essere arrivato secondo il mese precedente al Gran Premio di Montecarlo, tirandogli una ruotata. Nonostante Gigi Di Francesco, Alexandra Bernard e il libro su Patrick Herrmann destinato a rimanere a lungo in fase di stallo, il presente del motorsport a ruote scoperte era salvo e forse lo era anche il suo futuro. Oliver e Keira si guardarono sorridendo: entrambi dedussero al volo di essere sulla stessa lunghezza d'onda. Era buon punto di partenza, per ciò che andava oltre i campionati di automobilismo. L'amore tra Patrick Herrmann e Selena Bernard aveva avuto la sua importanza, ma Oliver aveva chiaro cosa significasse andare avanti.






NOTE DELL'AUTRICE: credo sia opportuno raccontarvi come sia venuto alla luce questo progetto ormai di vecchia data. Da grande appassionata di Formula 1 quale sono, già molti anni fa mi allettava l'idea di scrivere uno pseudo-romanzo che avesse le corse automobilistiche come fondo. Mi sembrava tuttavia che potesse allontanare i lettori, se avessero trovato la parte motoristica troppo lontana dai loro interessi. Quindi ridussi il più possibile questa parte. Era il 7 dicembre 2011 quando scrissi il primo racconto breve che aveva per protagonisti Patrick e Alexandra. Iniziai poi verso la fine del mese una prima versione, che scrissi in circa un anno. La terminai dieci anni fa, il 29 dicembre 2012 e la revisionai grazie all'aiuto di una ragazza conosciuta su un forum di scrittura. Un paio d'anni più tardi, ne feci un'ulteriore revisione.
Gli anni passarono e a volte mi era venuta l'idea di scrivere completamente da nuovo la storia di Selena, Oliver, Edward, Patrick, ecc..., e alla fine mi decisi. Questa versione fu scritta in cento giorni esatti tra febbraio e maggio 2021. Decisi di ampliare di molto la parte motoristica inventando la Diamond Formula e dandole un format dei fine settimana in realtà simile a quello dei gran premi con sprint qualifying (una novità introdotta in Formula 1 nel 2021 per alcuni eventi specifici), che in Formula 1 non mi piace per niente, ma che mi sembrava adatto alla Diamond Formula, serie ispirata in parte a Formula E (campionato per monoposto elettriche che gareggia su circuiti temporanei ricavati dentro le città ospitanti) e Champs Car (campionato americano parallelo a quello di Indycar fino al 2008, che si svolgeva in prevalenza su circuiti cittadini).
Non è mai esplicitato con chiarezza, ma le vicende si svolgono nel 2017 (e quindi Patrick Herrmann è morto nel 2002), come si può intuire nel finale, in cui Oliver e Keira stanno guardando il GP dell'Azerbaijan di quell'anno e commentando un incidente tra Sebastian Vettel e Lewis Hamilton avvenuto in quell'evento. Oltre a loro altri piloti erano stati velatamente menzionati (mai per nome) nel corso della trama. Tra gli ex piloti occasionali, oppure correnti, di Diamond Formula sono citati un pluricampione di Formula 1, un pilota di motociclismo con anche esperienze a quattro ruote, un pilota che non ha mai vinto il gran premio di casa in Formula 1 e il campione del mondo in carica ritirato dalla Formula 1, vincitori rispettivamente a Montecarlo nel 2007 e nei gran premi 2017 di Valencia, Sao Paulo e di nuovo Montecarlo. Questi piloti sono ispirati a Michael Schumacher, Valentino Rossi, Rubens Barrichello e Nico Rosberg. Quest'ultimo batte Hamilton nella gara di Montecarlo e anche Vettel viene citato tra le righe come pilota che invece critica la Diamond Formula.
Ci sono inoltre menzioni a Kamui Kobayashi e Jules Bianchi, descritti come un campione di Diamond Formula e il suo sfidante, infine a Mick Schumacher che appare come pilota di Formula 3. Di quest'ultimo viene immaginato che un giorno debutterà in Formula 1 con una squadra americana o russa, riferimento al team con il quale ha effettivamente gareggiato in Formula 1, debuttando nel 2021, la Haas, scuderia statunitense che all'epoca aveva un main sponsor russo. Altro team mai menzionato ma citato in altro modo è la Toro Rosso, per la quale lavora Keira.

Se "Il Sussurro della Farfalla" vi ha appassionato e vi piacerebbe rileggerlo in futuro, è presente anche su Archive of Our Own a questo link:

https://archiveofourown.org/works/43394526/chapters/109086162

dove è possibile scaricarlo in PDF (o altri formati messi a disposizione dalla piattaforma), basta andare su Download e selezionare il formato che preferite.

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Capitolo 21
*** Extra // sette anni dopo ***


[...] Oliver stava facendo roteare distrattamente il bicchiere su se stesso, quando l'atmosfera cambiò all'improvviso, lasciandolo spiazzato. In seguito Dalila avrebbe detto di no, che non era stata colta di sorpresa e che non vi aveva nemmeno fatto caso, all'inizio, ma proprio in quel momento stava aprendo la pochette e, con un'espressione spiazzata sul volto, finì per rovesciarla e spargere il contenuto sul tavolino. Rimase immobile per qualche istante, con lo stupore stampato in viso, finché Oliver non le domandò: «Va tutto bene?»
La fotografa annuì con un cenno, con poca convinzione, alzando lo sguardo verso di lui e raccattando al contempo un borsellino per le monete, un mascara e un portachiavi fucsia con il logo della Pink Venus appeso al quale non vi era alcuna chiave.
«Sì, sì, va tutto bene» confermò, accennando ad alzarsi. «Andiamo a ballare?»
«Prima devo finire la mia bibita» osservò Oliver, indicando il bicchiere con l'acqua tonica. Non prendere niente gli era sembrato fuori luogo, mentre Dalila beveva, ma più avesse rimandato e meno tempo sarebbe passato tra il momento in cui la bocca gli si sarebbe riempita di zucchero e quello in cui, una volta a casa, avrebbe potuto lavarsi i denti per togliersene il sapore. «E poi», gli sfuggì una risatina, «Proprio con questa canzone di merda?»
Dalila si lasciò andare, appoggiandosi allo schienale della sedia.
«Oh, scusa, non ci avevo fatto caso.»
«A me, invece» ribatté Oliver, «Pare proprio di sì.»
Fino a poco prima l'atmosfera della sala era resa vivibile da un brano vintage che a suo tempo aveva scalato le classifiche, rimanendovi per mesi e mesi, nonostante si trattasse di una semplice canzone da discoteca. Non era stato l'unico, di quel periodo a dir poco ottimo per quel genere musicale, ma era arrivato dopo una lunga serie di brani dello stesso decennio. La melodia travolgente dell'eurodance, tuttavia, aveva dovuto lasciare spazio a qualcosa che non solo vi si avvicinava minimamente, ma che l'unica classifica di cui poteva essere degna era quella del cassonetto dei rifiuti indifferenziati - neanche per la raccolta porta a porta, andava bene, poteva solo rimanere a ristagnare per ore e ore, forse giorni, all'interno dei vecchi bidoni.
Era una sorta di gracchiare e, dal fatto che quella parte di clientela composta da ragazzini si fosse diretta a passo spedito verso la pista, se non già lì presente, doveva esserci chi la identificava come un dignitoso esempio di canto. Di per sé, la musica di sottofondo, probabilmente scopiazzata da qualche parte, avrebbe addirittura potuto essere orecchiabile, ma le parole avevano un che di indecente.
Dalila osservò: «Ai bimbiminchia piace, vedo.»
Oliver sospirò.
«Non vedo l'ora che arrivi settembre, così almeno i bimbiminchia torneranno a scuola e non potranno più andare in discoteca il venerdì sera.»
«Ci andranno al sabato» puntualizzò Dalila.
Oliver alzò le spalle.
«L'idea di saperli a scuola per sei giorni su sette, comunque, è molto rilassante. Sì, lo confermo, spero che settembre arrivi presto.»
Dalila gli strizzò un occhio.
«Devono succedere ancora tante cose, prima che arrivi settembre. Non mi hai ancora detto se accetti la mia proposta o, per meglio dire, la proposta di Mirko.»
Oliver le ricordò: «Me l'hai appena fatta.»
«Te l'avrei fatta molto tempo fa» chiarì Dalila, «Se tu non mi avessi bloccata dappertutto e non avessi dovuto presentarmi sotto casa tua per essere presa in considerazione.»
«Non ti avrei bloccata se non fosse capitato quel casino. Comunque devo pensarci, te l'ho già detto. L'idea di tornare a lavorare con te e con Mirko non mi fa impazzire.»
«Fare il freelance, invece, sì?»
Oliver abbassò lo sguardo.
«Credimi, Dalila, ti darei una risposta subito, se ce l'avessi pronta, ma non ce l'ho... l'atmosfera non è delle migliori. Sai, sono concentrato ad ascoltare il testo, bro.»
Dalila rise.
«Sis.»
«Bro, sis, è uguale» ribatté Oliver, alzando lo sguardo, per poi essere subito costretto a darle ragione, quando quell'appellativo riecheggiò tra i versi. «Giusto, sis.»
Le casse diffondevano ancora la stessa voce femminile contraffatta dall'Autotune, che come una scheggia impazzita si lasciava andare a un lungo monologo trap. [...]




Se avete amato "Il Sussurro della Farfalla", potete leggere (dicembre 2023/ gennaio 2024) "Miss Vegas", in cui ritroverete Oliver come protagonista e, come personaggi secondari, Veronica, Edward e Selena.

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