Jack Frost: 1

di NicoJack
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** C'era una volta lo spirito dell'inverno ***
Capitolo 2: *** La nascita di una fastidiosa amicizia ***
Capitolo 3: *** Calma Interrotta ***
Capitolo 4: *** Il regno perfetto ***
Capitolo 5: *** L'arrivo del campione ***
Capitolo 6: *** Superare la paura ***
Capitolo 7: *** Al salvataggio della principessa ***
Capitolo 8: *** Fuga dal castello ***
Capitolo 9: *** Fastidio ***
Capitolo 10: *** È il mondo che ha un problema con me ***
Capitolo 11: *** Miglioramenti ***
Capitolo 12: *** Non ti voglio lasciare andare ***
Capitolo 13: *** Capire cosa fare ***
Capitolo 14: *** Spiegoni e malintesi ***
Capitolo 15: *** Dolore e tradimento ***
Capitolo 16: *** Alleluia ***
Capitolo 17: *** Perchè gli amici fanno questo ***
Capitolo 18: *** Come rovinare un matrimonio ***
Capitolo 19: *** E vissero per sempre felici e contenti... per ora ***
Capitolo 20: *** Saluti finali ***



Capitolo 1
*** C'era una volta lo spirito dell'inverno ***


Jack Frost
Capitolo 1: C’era una volta lo spirito dell’inverno
C’era una volta un incantevole principessa. Vittima però di un tremendo incantesimo, che poteva essere spezzato solo dal primo bacio d’amore. Era rinchiusa in un castello, sorvegliato da un terribile drago sputafuoco. Molti cavalieri coraggiosi avevano provato a liberarla da quella prigione, ma senza successo. Ella attendeva nella fortezza del dragone, nella stanza più remota della torre più alta, il suo vero amore e il primo bacio di vero amore.
“Si certo aspetta e spera” disse una voce maschile che strappo l’ultima pagina del libro di favole che stava leggendo.
Dentro una latrina nel bel mezzo del glaciale polo sud, un certo essere si stava pulendo il sedere dalla merda che aveva appena cagato, usando come carta per pulirsi proprio la pagina che aveva appena strappato.
Poi dopo un breve autocompiacimento per lo stronzo che il suo stomaco aveva prodotto, con un calcio apri la porta della latrina guardando fiero la sua casa in mezzo al ghiaccio.
L’essere mostrava diciotto anni, ma in realtà ne aveva mille, aveva capelli di media lunghezza di bianco colore, la pelle pallida come quella di un cadavere, ma liscia e perfetta come la neve appena caduta, gli occhi invece erano blu come il puro ghiaccio.
Era vestito con un maglione blu con cappuccio, con brina che si accumulava attorno all’anello del colletto, aveva pantaloni marroni quasi a pezzi che si mantenevano insieme solo col ghiaccio che faceva da legaccio e i piedi erano completamente nudi in mezzo alla neve, ma non sembrava soffrirne.
Era alto due metri, ma dal fisico mingherlino, anche se nessuno avrebbe mai dovuto sottovalutare la potenza dei muscoli delle sue braccia e delle sue gambe.
Portava nella mano destra un lungo bastone fatto in legno di salice, la qui una delle estremità terminava con un arco a forma di G, che portava come un giovane pastorello, anche se non aveva pecore.
Il suo nome era Jack Frost, ed era lo spirito dell’inverno, che portava gelo, ghiaccio e neve nel mondo, venerato dai bambini come un amico e aiutante nei loro giochi, odiato dagli adulti come la rovina dei raccolti e creatore di vari scherzi e marachelle.
Il polo sud era la sua casa, ovviamente essendo il punto più freddo del mondo, il posto a qui tornava sempre dopo una lunga giornata a diffondere neve e caos nel mondo.
La casa che si era costruito grazie ai suoi poteri, era fatta completamente di ghiaccio, ma non poteva nemmeno essere definita una casa, era solo ghiaccio scavato dall’interno dove dentro c’era una piccola sala da pranzo e una ancora più piccola camera da letto in cui c’era spazio solo per il letto un vecchio materasso, mezzo distrutto e anche mezzo congelato a causa di Jack che ci dormiva sopra.
Jack comunque l’aveva usata per quasi settecento anni e non l’avrebbe cambiata per nulla al mondo, comunque prima di dirigersi nel mondo esterno per diffondere caos e giocare con i bambini doveva prepararsi.
Quindi si spoglio dei vestiti e si immerse nelle gelide acque del Polo Sud, ma un essere come lui non sentiva la freddezza di esse e comincio a lavarsi il corpo per togliersi la puzza di tre giorni senza un bagno, per poi acchiappare un pesce con un rapido scatto della mano per procurarsi la colazione, che si mangiò ancora cruda e viva strappando la carne coi denti.
Poi dopo essersi saziato, pulito e rivestito Jack riafferro il suo fidato bastone e con esso che era il catalizzatore dei suoi poteri richiamo il vento che lo alzo da terra e lo fece volare nel cielo pronto a fare divertire i bambini.
Di città in città, di villaggio in villaggio in cui andava, sorvolando oceani e continenti, i bambini accoglievano la neve con sorrisi e uscendo di casa pronti a giocare, mentre gli adulti con volgarità e cercando di salvare il salvabile.
Jack passò un’intera giornata con venti gruppi diversi di bambini a costruire pupazzi di neve, fare piste con il ghiaccio per farli andare sullo slittino, ghiacciare l’acqua degli stagni per farli pattinare e la sua attività preferita organizzare mega battaglie di palle di neve.
Ogni volta che un adulto si avvicinava per chiamare i bambini o scacciare Jack, lo spiritello ricavalcava il vento e andava da un'altra parte del mondo a divertirsi.
Questa routine continuo fino a fine giornata, quando Jack al calare delle tenebre se ne ritorno a casa sua al polo sud, ma volando vicino alla superficie dell’acqua del mare si accorse che c’era una nave con a bordo degli uomini armati di spade, lance, torce e altri vari armamenti, che si stava dirigendo verso casa sua.
Jack a quella vista scosse la testa con un leggero sorriso, nonostante la sua immortalità alla vecchiaia e alle malattie poteva morire per cause violente e questo dava abbastanza coraggio a certi gruppi di deficienti che credevano di essere quelli che avrebbero posto fine all’esistenza del sovrano dell’inverno.
Almeno si sarebbe divertito prima di andare a letto.
Quando la nave attracco alla riva del polo e gli uomini scesero con le torce per orientarsi nel buio e per riscaldarsi, si diressero verso l’entroterra, non rendendosi conto che il loro bersaglio era proprio sopra di loro, che camminava silenziosamente sull’aria con un sorriso dispettoso sul volto.
Dopo qualche centinaio di metri il gruppo di venti persone, trovo la casa di Jack Frost e si mise dietro un cumulo di neve per nascondersi, credendolo in casa e per formulare un piano d'azione, il più impulsivo di loro chiese: “Che cosa aspettiamo? Lui è lì ammazziamolo.”
Voleva dirigersi armato di spada e torcia verso la casa di ghiaccio, ma quello che doveva essere il leader lo blocco con il braccio e gli disse: “Fermo, non stiamo avendo a che fare con un semplice mostro, quello è Jack Frost un essere che controlla neve e ghiaccio.”
Un altro dal volto già molto più spaventato si avvicinò a loro per unirsi alla conversazione dicendo: “Dicono che gli intrusi li trasformi in statue di ghiaccio.”
“In realtà faccio molto di peggio “disse Jack Frost che era sceso a terra proprio dietro di loro, la compagnia di uomini se prima era piena di coraggio, all’improvviso erano divennero pieni di paura, vedendo l’antico spirito dell’inverno davanti a loro cominciarono ad arretrare come farebbero dei bambini davanti a un mostro, mentre Jack si avvicinava a loro sbattendo il puntale del bastone per terra ad ogni passo e continuando a parlare.
“Vedete io dopo avervi fatto diventare stato di ghiaccio, vi stacco dita dei piedi e delle mani, vi scavo dentro lo stomaco e raccolgo le vostre viscere, per creare con esse e le dita addobbi di natale” Jack doveva ammettere che si stava divertendo un sacco a vedere questi poveretti spaventarsi alle sue fandonie, tanto che mentre le diceva sorrideva, ma questo sembrava accrescere il loro terrore verso di lui credendolo un segno di sadismo.
Uno di loro forse più coraggioso o semplicemente terribilmente terrorizzato comincio ad agitare la torcia davanti al volto di Jack intimandoli di stare indietro, ma Jack completamente impassibile allungo la mano che non teneva il bastone verso la fiamma e la tocco con un dito e la fiamma si spense completamente davanti ai loro occhi.
Gli uomini smisero di indietreggiare, stringevano le loro armi tra i loro pugni, ma non sembravano volerle usare tanto erano disperati, Jack dopo un ultimo beffardo sorriso, sbatte con violenza il puntale al suolo e intorno a loro si genero una violenta tempesta di neve che quasi copriva le urla di quei poveri uomini.
Dopo venti secondi, da come era arrivata quella tempesta di neve e nevischio svani, Jack era rimasto lo stesso di sempre, mentre la truppa di poveri scalmanati era piena fino all’orlo di neve e nevischio che gli coprivano le vesti e la faccia, cosi tanto che in mezzo a tutta quella neve quasi non si intravedevano i loro occhi.
Jack disse a bassa voce, come se stesse per rivelare loro più desiderato dei segreti: “Questa è la parte in cui scappate.”
Non se lo fecero ripetere due volte, gli uomini superarono Jack girandoli intorno e corsero verso la nave che avevano usato per arrivare al polo, come lepri inseguiti dai cani, mentre Jack osservava l’intera scena ridendo come un pazzo.
Quando vide finalmente la nave levare l’ancora e invertire la rotta, fece dalla riva su cui erano attraccati un infantile danza della vittoria, per poi urlare ad alta voce: “ALLA LARGA!”
Ritornando verso casa camminando, il suo piede destro calpesto un foglio di carta, Jack lo raccolse intuendo che dovesse essere qualcosa che era caduto da uno di quelli idioti e lo lesse: “Ricompensa 10000 corone d’oro per la morte di Jack Frost.”
Jack a leggere il suo manifesto da ricercato disse ridendo: “Soltanto 10000 corone? Mi sento leggermente insultato, ma credo che ormai non si impegnino più.”
Si stava dirigendo verso casa per appendere la taglia insieme alle altre che aveva accumulato nel corso del millennio, da altri idioti che avevano provato a ucciderlo, ma si accorse che in realtà stava tenendo in mano due fogli, uno sopra l’altro e guardo ciò che c’era scritto nel secondo: “Ricercate creature delle favole: per ricompensa affidarsi all’ ufficio di gendarmeria dei soldati del Duca di Weselton.”
Jack conosceva il Ducato di Weselton, l’ultima volta che aveva portato la neve li era un piccolo ducato in rapida espansione commerciale e militare, ma Jack di queste cose politiche e territoriali si preoccupava poco, aveva visto letteralmente imperi nascere e crollare, gli interessavano cose più divertenti.
Comunque, il Ducato di Weselton non era lontano era il luogo più vicino al polo sud, così tanto vicino che Jack creava un immenso ponte di ghiaccio sull’acqua per andarci passeggiando, in fondo erano poco meno di cinquanta chilometri di camminata.
La mattina dopo Jack sarebbe andato a controllare per ora si sarebbe goduta una lunga notte di sonno ristoratore.

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Capitolo 2
*** La nascita di una fastidiosa amicizia ***


Capitolo 2: La nascita di una fastidiosa amicizia
Il giorno dopo che Jack aveva fatto quella scoperta, nel punto più meridionale del continente del sempre in espansione Ducato di Weseton si trovava proprio uno di quelli uffici di gendarmeria in mezzo a una radura nella foresta, che stava svolgendo il terribile lavoro di accogliere chi voleva vendere qualche creatura magica, valutare il valore delle creature, per poi rinchiuderle e pagare coloro che gliel’avevano portata.
In mezzo a quelle creature c’erano sette guerrieri nani, un unicorno, una strana strega dalle vesti bianche, dalla pelle blu e con quattro braccia, che stava venendo venduta da un cacciatore di streghe per 200 corone (lo stronzo si lamentava perfino che erano poche), poi una strana scimmia anche essa blu, con sei zampe, quattro occhi e una lunga coda.
Però la creatura che ci interessa, era un’anatra dal fisico antropomorfo, che sfiorava di poco il metro d’altezza, dalle piume nere, il becco arancione, al posto delle ali aveva due braccia, provviste di dita e si guardava intorno nervosamente, vedendo il suo probabile destino essere venduto per delle corone, messo in una gabbia ed essere caricato su una di quelle carrozze per essere spedito chissà dove.
Parlo a bassa voce alla sua rapitrice, una vecchia signora che lo aveva trovato due sere fa a sguazzare nello stagno vicino a casa sua e che visti i manifesti per le creature magiche che tappezzavano l’intera città di quei tempi aveva ben pensato di catturare quella strana anatra parlante.
“Ti prego, lasciami andare, prometto che non mi farò più rivedere” disse l’anatra alla sua rapitrice, ma lei li intimo di stare zitto con un semplice movimento della mano che mimava uno schiaffo.
Intanto il cacciatore, che aveva catturato la scimmia con fin troppe braccia, che teneva rinchiusa in una piccola gabbia, stava avendo il suo turno con il capitano del plotone per poter vendere la sua preda, il capitano chiese da protocollo: “Cosa abbiamo qui?”
Il cacciatore servilmente presento la creatura che stava vendendo: “Questa scimmia dalla pelliccia blu signore, ha sei zampe e quattro occhi, ma non solo è anche capace di spruzzare una sorta di ragnatela dalla coda e dalla bocca.”
Il capitano dubbioso chiese: “Mostracelo e decideremo la tua paga.”
Il cacciatore a quella richiesta tiro fuori una specie di attizzatoio (per fortuna non arroventato) e premette la parte appuntita contro il didietro della scimmia, questa non volendo sentire il dolore che questo gli avrebbe provocato sparo sia dalla coda che dalla bocca, un grumo di ragnatele che si attacco alla scrivania del capitano dei soldati, che era chiaramente impressionato.
Alla fine dopo qualche secondo i capitano decise il prezzo di quella creatura: “Vale 80 corone.”
Il cacciatore che a quanto pare voleva di più, prima che il soldato al fianco del capitano potesse tirare fuori i soldi disse: “E non solo, riesce anche a parlare?”
Allungo ancora l’attrezzo verso la guardia per pungere la creatura, ma essa prima che il ferro toccasse la sua carne, parlo con una voce stridula (quella che ti aspetteresti da una scimmia) con un misto di frustrazione e disperazione: “Parlo, parlo, allontana quella cosa da me.”
Il capitano ammiro quest’altra abilità della creatura davanti a lui, ma poi disse: “Una creatura che parla sono dieci corone in più in tutto novanta corone.”
Il soldato accanto al capitano consegno le novanta corone al cacciatore che se ne andò sbuffando, mentre un secondo soldato caricava la gabbia contenente la strana scimmia su un carro, sotto gli occhi spaventati del papero, che non si accorse che era arrivato il loro turno.
La vecchia si presentò davanti al capitano trascinando il papero per la corda che gli aveva avvolto attorno alle mani, il capitano chiese: “Che cosa abbiamo qui?”
La vecchia presento la sua preda tirando con violenza la corda per avvicinarla davanti agli occhi dell’ufficiale e presentandolo: “Ecco signore io ho questo specie di papero antropomorfo, cammina come un uomo, ha al posto delle ali, mani e dita e sa parlare.”
Il capitano diede una rapida occhiata all’ennesima strana creatura davanti a lui e disse: “Vale venti corone, trenta se riesce a provare che parla.”
La vecchia signora a quella promessa di soldi in più, disse all’essere minacciandolo di violenza con la mano: “Parla zuccone ignorante.”
L’anatra si allontanò dalla mano della vecchietta, ma allungo le mani verso di lei e a quanto pare questo attiro l’attenzione dello sguardo della sua rapitrice, la vecchia lo guardò per un attimo e gli chiese: “Se ti libero le mani, tu parli?”
Per una volta nella sua vita l’essere uso il cervello e annui con la testa, ma mentre la neve cominciava a cadere attorno a loro, la vecchietta guardo il capitano e gli chiese: “Mi concede due dei suoi ragazzi per aiutarmi a fare in modo che questo papero non scappi?”
A quanto pare il capitano doveva essere di umore disponibile o semplicemente voleva che tutto questo potesse finire il prima possibile; quindi, con un assenso della testa ordino ai suoi soldati di fare ciò che la signora aveva chiesto.
Due soldati circondarono l’anatra e la signora, mentre essa rimuoveva dalle sue mani la corda di canapa e quando la vecchia finalmente disfo il legaccio, la creatura si massaggio le mani, per poi accontentare la vecchia e dire con una voce con un livido laterale (strusciava la s): “Grazie, signora.”
Per poi precipitarsi in mezzo alle sue gonne e uscire dall’altra parte ora non essendo più circondato da soldati, che insieme al capitano lo guardavano sbigottiti, il capitano allora urlo ai suoi uomini: “PRENDETELO.”
L’anatra non volendo finire catturato si precipitò verso la foresta che circondava la radura urlando: “Ci vediamo, idioti.”
Corse verso la libertà, inseguito a breve distanza però dai due soldati che precedentemente l’avevano circondato, che anche se appesantiti dall’armatura erano comunque, giovani, prestanti e con gambe più lunghe delle sue; quindi, lo stavano per raggiungere senza poche difficoltà.
Comunque, il papero che di nome faceva Daffy Duck, aveva già trovato la sua via di salvezza, davanti a lui c’era il tronco di un albero caduto, che non toccava il terreno perché era sostenuto alle estremità da due grandi sassi, Daffy con uno scatto riuscì a passare sotto di esso grazie alla sua bassa altezza e continuò a correre, mentre i soldati per evitare di sbatterci contro si fermarono, concedendoli qualche prezioso secondo di vantaggio.
L’anatra dal piumaggio nero correva a perdi fiato nella foresta nella speranza di sfuggire ai suoi inseguitori, dirigendosi verso sud, a volte osava voltare lo sguardo per capire quanto fossero vicini i soldati dal prenderlo, non li vedeva in mezzo agli alberi, ma poteva sentire il rumore dei loro passi di metallo e il suono ovattato delle loro grida.
Però il papero aveva guardato dietro di sé per troppo tempo, perché nella sua folle corsa andò a sbattere contro qualcosa di alto e cade con la coda terra, scosse la testa per riprendersi dalla brutta botta e guardò (quello che credeva) l’albero su cui aveva sbattuto, ma non era un albero.
Era un giovane uomo, molto magro e alto, con capelli bianchi, occhi blu, felpa con cappuccio blu, pantaloni stracciati marroni e stringeva nella mano destra un bastone da pastorello, che formava una G all’estremità.
Jack era arrivato in quella foresta quella mattina, per scoprire di più riguardo a quel manifesto su cui c’era scritto ““Ricercate creature magiche: per ricompensa affidarsi all’ ufficio di gendarmeria dei soldati del Duca di Weselton” e aveva trovato molti alberi su cui appesi c’erano quellinavvisi oppure fogli su cui scritto vi era “Per ufficio di gendarmeria locale di qua.”
Jack stava osservando un altro avviso sulle creature magiche, inchiodato su una quercia, quando qualcosa di piccolo si scontro con il suo basso ventre da dietro, facendolo quasi cadere contro l’albero, meno male che aveva avuto una presa salda sul suo bastone.
Si girò per vedere chi o cosa si era scontrato contro di lui e osservo una strana anatra, con le braccia al posto delle ali, il piumaggio nero come il carbone, becco largo e di color arancio ed era seduta sulle sue chiappe come un umano.
I due si squadrarono per un po' di secondi, Daffy era a tanto così dall' urlarli adosso, ma senti i passi dei soldati che erano diventati più nitidi e sempre più vicini e per istinto si alzo di scatto e si mise dietro al ragazzo su cui aveva appena sbattuto come se fosse il muro che lo avrebbe difeso.
Jack osservo per un momento la creatura magica alzarsi e dirigersi dietro di lui, non li ci volle molto per capire il perché quando davanti ai suoi occhi arrivo un’intera guarnigione di soldati tutti in armatura, che si fermarono immediatamente quando si resero conto con quale creatura stavano avendo a che fare.
Molti di quei soldati avevano incontrato quello spirito nella loro vita, molto probabilmente durante l’infanzia e molti di loro da bambini lo consideravano un compagno di giochi, ma adesso entrati nell’età adulta sapevano che l’inverno non portava solo neve, ghiaccio e divertimento, ma anche tempeste, carestie e malattie.
L’anatra a bassa voce (ma comunque Jack poté notare il suo difetto di pronuncia), disse allo spirito: “Ti prego, fa che non mi prendano.”
Intanto il capitano della guarnigione, che si era messo anche lui ad accompagnare i suoi soldati all’inseguimento della creatura magica, ma ritrovarsi davanti Jack Frost non era qualcosa che si sarebbe aspettato quel giorno, comunque la sua dedizione al lavoro gli fece fare un timido passo in avanti e balbetto con voce umile: “T-ttu ehm Jack Frost.”
Jack era chiaramente poco impressionato dal balbettio del capitano e rispose con un semplice: “Si, sono io.”
Il capitano raccolse con movimento meccanico dalla sua bisaccia, una pergamena con il marchio di Weselton e se la porto verso il viso e comincio a leggere tentando di trovare coraggio e sicurezza nella procedura: “Per ordine del Duca di Weselton, sono autorizzato a trarvi e entrambi in arresto…”
Però mentre continuava a parlare Jack si avvicinò a lui con fare sempre più minaccioso, con vento e gelo che si accumulavano nella punta del suo bastone, mostrando quanto il capitano fosse più basso di lui e facendoli perdere il controllo sulla voce costringendolo al balbettio: “e trasportarvi in una strut-tura di colonizzazi-one adeguata.”
Jack fece la faccia di chi stava effettivamente prendendo in considerazione la cosa e disse con voce mielosa: “Oh ma davvero? Tu e quale esercito?”
In effetti il capitano controllo dietro di sé e vide che tutti i suoi soldati erano scappati abbandonandolo li, alcuni di loro lasciando perfino le loro armi a terra, comico come fossero scappati mentre Jack si avvicinava a lui, mentre pronunciava il suo discorso per mantenere l’autorità, come poteva ben dimostrare il papero che se la stava ridendo sotto il becco per la scena.
Dopo qualche secondo, che servi al capitano per farsi prendere dal terrore, l’uomo se andò correndo tentando di raggiungere i suoi sottoposti e allontanarsi il più possibile dal padrone del gelo.
Mentre Daffy Duck rideva di gioia per la sua ritrovata libertà, lo spirito dell’inverno scosse la testa tra l’annoiato e lo scocciato, per poi ricominciare a camminare verso sud, pronto a tornare a casa, avendo visto ciò che voleva vedere, ma purtroppo per lui il papero voleva far sapere la sua gratitudine al suo salvatore.
Daffy li disse: “Sei stato veramente grandioso.” Jack si girò verso l’anatra, ma quando il suo sguardo si sposto alle sue spalle, dell’essere che aveva appena salvato non c’era traccia, lo spirito credendo che se ne fosse andato, comincio a parlare da solo (anche se solo non era): “Ma stava dicendo a me?”
Invece però non se né era andato, quando riportò il capo davanti se lo vide li in mezzo ai piedi che lo guardava intensamente, spaventandolo anche un po' a causa di questa agilità che non si aspettava dallo strano uccello, che comunque continuava imperterrito a parlare.
“Certo che dico a te, al contrario di te io non mi metto a parlare da solo. Comunque, posso dirti che sei stato fantastico, quelle guardie inciampavano dalla paura, mi ha fatto un gran piacere vederlo” ma mentre parlava era di intralcio al cammino di Jack, che li face un rapido segno di mettersi di lato, cosa che almeno l’anatra fu felice di fare.
Daffy, intanto, si muoveva a fianco del suo nuovo salvatore tutto felice e pimpante, respirando la fresca aria del bosco pieno di neve e disse: “Che bello essere liberi.”
Jack capendo il fastidio futuro che sarebbe stato la cosa che aveva appena salvato si fermo di colpo, si giro verso Duffy e disse: “Allora perché non vai a celebrare la tua ritrovata libertà con i tuoi amici” lasciando il papero parlante sbigottito li mentre lu si allontanava a passo spedito.
Però Daffy si riprese dopo pochi secondi e disse con tono imbarazzato: “Di amici sono a corto in questo periodo e non mi sogno nemmeno di tornare da solo” ma poi disse con voce entusiasta “senti che idea resterò con te.”
Recupero in breve la distanza che avevano, rimettendosi al fianco del suo salvatore, con gran disperazione di Jack dicendo: “In fondo tu sei Jack Frost nessuno si mette in mezzo alla tua strada, grazie al tuo potere.”
Jack a quel punto ne ebbe abbastanza, se avesse voluto liberarsi di quel fastidioso pollo troppo cresciuto avrebbe dovuto usare le maniere forti e quindi proietto di nuovo una mini-tempesta di neve, stavolta al contrario dell’altra sera, solo attorno al suo bersaglio e quando dopo cinque secondi la tempesta svani al posto dell’anatra c’era una piccola collinetta di neve.
Jack aspetto per un po', ma dopo trenta secondi, ebbe paura di averlo ucciso o ferito seriamente, quando il suo obiettivo era semplicemente spaventarlo e farsi lasciare in pace, ma dal cumulo di neve usci la testa del papero e poi tutto il corpo, piume ricoperte così tanto di neve che sembrava essere nato con il piumaggio a chiazze.
Daffy si spolvero via la neve di dosso, ma prendendo la cosa con sportività: “Si proprio questo intendevo, etciù, ma comunque non c’era bisogno di farmelo vedere così da vicino.”
Jack per un attimo fu seriamente impressionato dalla temperanza dello strano essere, per poi rendersi conto che era tanto duro quanto fastidioso e scocciato comincio ad allontanarsi a grandi falcate, ma non riuscì a sfuggire a Daffy Duck.
Daffy continuava a seguire il suo salvatore nella speranza che standogli accanto avrebbe potuto migliorare la sua situazione, ma lo stava solo facendo innervosire nel suo chiacchierare del più e del meno, al che all’improvviso Jack si giro di scatto verso di lui con un’espressione veramente truce, che spavento perfino lo sciocco (non) volatile e con un ringhio chiese: “Perché continui a seguirmi?”
Daffy da un’espressione visibilmente spaventata passò a un allegro sorriso, rispondendo: “Te lo spiego io” e si mise a cantare con quella sua voce stonata data dal suo difetto di pronuncia “Perché son tutto solo, e non ho nessuno accanto, i guai hanno preso il volo, mi sfottono soltanto. Ma ci sono gli amici…”
Prima però che potesse continuare quella infantile e stonata melodia, Jack lo afferro per il collo, avendo quasi la malata idea di romperglielo e mentre il papero soffocava per la mancanza d’aria Jack gli ringhio: “Smettila di cantare. Non mi meraviglia che tu non abbia amici.”
Poi lo sposto il più lontano possibile da lui e stava anche per ricominciare a camminare, quando Daffy ripreso il fiato a tempo di record e come se nulla fosse (e ignorando il fatto che Jack lo avesse afferrato per il suo fragile collo) disse: “Caspita solo un vero amico sarebbe così sincero.”
A quel punto Jack avrebbe seriamente voluto urlare, ma mantenne una parvenza di auto controllo si giro verso l’anatra (che si stava pentendo di avere salvato) e chiese: “Ascolta, fastidio ambulante, io chi sono?”
Daffy lo osservo e poi disse: “Jack Frost?”
“Si Jack Frost, il tipo che sta simpatico solo ai bambini, ma per il resto sono l’essere braccato da contadini, mercanti e soldati per molti secoli. Questo non ti disturba” chiese Jack alla creatura, ma Duffy scosse la testa meravigliando lo spirito che chiese: “Davvero?”
Duffy rispose vittorioso: “Davvero.”
Jack a quel punto non sapeva che fare, era la prima volta da secoli che un essere adulto mostrava nei suoi confronti così tanta benevolenza e non fastidio o rabbia, se ne sto li per un minuto buono a pensare a ciò che avrebbe dovuto fare, finché Daffy non li scosse la manica del maglione e chiese: “Ti sei incantato?”
Jack emise un lungo sospiro e chiese (con quello che a Daffy sembrava un mezzo sorriso): “Qual è il tuo nome?”
Daffy si presentò e Jack con un altro lungo sospiro (di chi sa già che se ne sarebbe pentito) disse: “Seguimi Daffy, ma stai in silenzio a meno che non sia necessario parlare.”
L’anatra non se lo fece ripetere due volte e comincio a seguire lo spirito dell’inverno, l’essere che l’aveva salvato da un terribile destino.

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Capitolo 3
*** Calma Interrotta ***


Capitolo 3: Calma interrotta
Erano passate due settimane da quando Daffy era venuto a vivere da lui, anche se Jack gli ripeteva che era una cosa temporanea e che non appena le cose per le creature magiche sarebbero migliorate Daffy avrebbe preso la sua strada e chi si è visto si è visto.
Quando arrivarono sul ponte di ghiaccio costruito dall’acqua congelata dallo spiritello, Daffy gli chiese, perché semplicemente non gli portasse in volo cavalcando i venti, Jack dovette spiegarli che il vento trasportava solo lui, quando Jack afferrava una creatura troppo legata alla terra non li permetteva di volare e quindi per tornare al polo sud dovettero farsi tre ore di camminata sul ghiaccio, con Daffy che dovette usare tutta la sua forza di volontà per non lamentarsi.
Arrivati sulla terra ferma, il papero entro automaticamente in casa di Jack e si stravaccò sulla sua poltrona di ghiaccio (ovviamente) e si comportava come se fosse lui il padrone di casa.
Jack era a tanto fai dallo strangolarlo, ma il papero fece la domanda fatidica su dove avrebbe dormito e Jack con poco contegno gli urlo che avrebbe dormito FUORI.
Nonostante lo sconforto che colse Daffy nel sapere che avrebbe dormito fuori, all’aperto, in mezzo al polo sud come un cane, alla fine le cose andarono meglio di come ci si poteva aspettare, Jack partiva ogni mattina per andare in giro per il mondo a portare l’inverno e tornava la sera per riposare.
A volte portando con sé un po' di cibo per Daffy (andava pazzo per le cialde), ma anche se non gli avesse portato niente Daffy a quanto pare si sarebbe procurato da mangiare in uno stagnetto scavato nel ghiaccio dove pescava con il suo becco del pesce.
Almeno quando gli portava da mangiare, erano occasioni per chiacchierare tra loro, Daffy era un decente conversatore, se tu dirigevi la conversazione e lo riprendevi prima che si mettese a parlare di tutt’altro solo per il gusto di sentire la sua stessa voce.
Comunque, quella sera era proprio una bella serata e Jack voleva concedersi un piccolo premio per aver fatto tutti e sette i continenti in una sola giornata di lavoro.
Quindi afferro il suo bastone e diede un rapido colpetto al muro di ghiaccio della sua casa, che si sciolse abbastanza per liberare il contenuto al suo interno, una bottiglia di vino congelata.
Jack la afferro prima che cadesse, mentre si ricordava i bei vecchi tempi quando rubo il vecchio vino di Touissant dalle stanze della stessa duchessa di Touissant, dicevano che il vino di Touissant e specialmente questa marca erano tra i migliori vini del mondo, stasera Jack avrebbe provato se erano vanterie prime di fondamento oppure no.
Mentre si accertava che Daffy non avesse visto, dalle finestre, per paura che il papero li chiedesse un sorso, Jack si sedette sul tavolo, con la sua cena davanti a lui, un salmone appena pescato da mangiare e gustoso vino da bere.
Comunque, non riuscì nemmeno a infilzare il salmone con la sua forchetta di ghiaccio, che senti un leggero rumorino proveniente da dietro di lui e credeva che Daffy fosse entrato in casa e quindi si alzo pronto a scacciarlo.
Jack grido col bastone in mano: “Mi sembra di averti detto di startene là fuori?”
Ma dalla finestra si affaccio leggermente il papero nero che disse: “Io sono fuori.”
Quando rivide il muso del papero scomparire dall’uscio della finestra, Jack guardo di nuovo sul tavolo e li trovo l’intruso o meglio gli intrusi dei piccoli esserini dalla pelle blu, vestiti con pantaloni e berretti bianchi, sul loro didietro vi era una piccola coda rotonda anch’essa blu.
Gli esserini lo fissavano chiaramente spaventati accorgendosi che quello che per loro era un pallido gigante si era accorto della loro presenza, loro che volevano solo puffare (mangiare) un po' di quel delizioso salmone, ma adesso erano stati puffati (beccati).
Jack osservo per un singolo momento quei piccoli esseri blu, per poi con uno scatto della mano afferrarli tutti e tre per tenerli stretti per le gambe nel suo pugno, se li porto vicino al viso per guardarli e chiese sorpreso per la presenza di questi esseri al polo sud: “Cosa ci fate a casa mia?”
Ma gli esserini non ebbero nemmeno il tempo di parlare che sulla tavola venne depositato qualcosa di ingombrante, che per acquisire spazio fece cadere il salmone e la bottiglia di vino per terra, quest’ultima ovviamente andò in mille schegge di vetro, per la disperazione di Jack che senza accorgersi lascio andare i suoi primi invasori, che non appena caduti scordarono il dolore e andarono a nascondersi in qualche anfratto dal padrone di casa.
Jack osservo la cosa strana che si trovava sul suo tavolo, una specie di mummia, formata solo da bende che componevano un corpo antropomorfo, che sembrava quasi morta o in coma, mentre dall’ altra parte del tavolo si trovavano sette guerrieri nanici, armati e bardati di tutto punto, poco più alti di un metro e venti che lo fissavano come se fosse lui l’intruso di casa loro.
Non appena capi che erano stati loro a mettere la mummia (morta?) sul suo tavolo (e rovinato la sua cena), Jack afferro quell’ essere fatto di bende e lo lancio al nano più vicino, che lo prese al volo, ma inciampando quasi all’indietro non per il peso quasi assente della mummia, ma a causa della violenza del lancio di Jack, che disse loro: “Niente cadaveri sul mio tavolo.”
Uno di loro, accanto a quello che teneva la mummia disse con la classica voce profonda da nano: “E allora dove lo mettiamo il letto è occupato?”
Jack era a un passo da scacciarli fuori da casa sua a calci in culo, ma sentendo “il letto è occupato”, senti un brivido percorrergli la spina dorsale e corse immediatamente verso la sua camera da letto, con la faccia che apparteneva all’essere più preoccupato del mondo.
Quello che trovo in camera sua confermo le parole del nano, un enorme essere dal pelo scuro, il muso di lupo, alto più di due metri e mezzo, se ne stava stravacato sul materasso ghiacciato di Jack, l’essere alzo lo sguardo verso Jack che si mise col bastone in posizione difensiva leggermente intimorito dalle dimensioni di chi si era preso camera sua, che gli chiese con una voce stranamente gioviale e amichevole: “Che succede?”
Che succede? Che succede? CHE SUCCEDE?!
A quel punto di quella serata quel “che succede?” era la goccia che aveva fatto traboccare il vaso; quindi, Jack afferro il collo del gigantesco uomo-lupo con l’estremità ricurva del suo bastone e poi se lo trascino dietro come un cavallerizzo avrebbe usato le briglie per far muovere un cavallo, mentre l’essere gigantesco tentava di disvincolarsi dalla presa del suo bastone con tutte le sue forze.
Tra i due parti una gara di forza, nonostante l’uomo-lupo di nome Blaidd fosse molto più imponente e muscoloso di Jack, lo spirito dell’Inverno, nonostante il suo fisico asciutto possedeva una forza straordinaria, ma quando Blaidd per liberarsi del fastidioso collare che era il bastone, provo a spezzarlo afferrandolo con le sue immense mani, Jack le congelo non appena toccarono il legno e Blaidd si ritrovo ancora più intrappolato di prima.
Jack lo trascino fuori dalla sua camera da letto, tirandolo cosi forte da far guarire l’enorme uomo-lupo come un cane ferito, mentre passava in mezzo alla sua sala da pranzo e si dirigeva a grandi falcate verso la porta di casa sua, i nani osservavano la scena schiacciati contro il muro, forse in altre occasioni il loro coraggio di guerrieri gli avrebbe fatto andare alla carica contro il padrone di casa, ma vedendo il ghiaccio che teneva intrappolate le mani dell’enorme essere preso al bastone, capirono con quale forza della natura stavano avendo a che fare.
Jack aveva l’espressione più truce di sempre sul suo volto, in questo momento niente lo avrebbe fermato, ne demoni ne dei, voleva solo una serata in completo isolamento e c’erano tutti questi strani intrusi che gliel’avevano rovinata e uno di loro si era perfino messo a dormire nel suo letto, ora era tempo di essere lo spirito dell’inverno arrabbiato.
Mentre continuava a trascinarsi dietro il lupacchiotto disse: “Io sono Jack Frost, lo spirito dell’inverno, il pastore del gelo, il portatore di neve. Sono venuto qui al polo sud, per starmene da solo in mezzo ai ghiacci dopo una dura giornata di lavoro…”
Intanto era arrivato alla porta d’entrata, che aveva spalancato con una corrente d’ aria originata dalla sua rabbia, per poi lanciare l’uomo-lupo fuori da essa spingendolo fuori con l’uso del bastone (e facendo si che il ghiaccio che li congelava le mani si staccasse dalla sua arma), mentre gridava: “CHE DEVO FARE PER AVERE UN PO’ DI INTIMITA?!”
Non appena concluse il suo sproloquio si accorse però che il problema era più grande di quanto potesse immaginare, davanti a lui c’era un’intera folla di altri esseri che sembravano volersi accampare davanti a casa sua.
Jack poteva contare tra i vari tipi di creature: fatine, streghe, giganti, nani, elfi, folletti, driadi, animali senzienti, chimere e altri esseri dalla dubbia provenienza.
Il polo sud non era mai stato così pieno di vita come in quel momento.
Una strana donna dai capelli azzurri e che portava quella che sembrava una strana arpa, si era messa vicina a un fuocherello a suonare una ipnotizzante melodia per tranquillizzare coloro che erano attorno al fuoco con lei.
Fatine grandi come colibrì volavano sopra di lui, forse tentando di riscaldarsi restando in movimento, mentre una strega dalle quattro braccia, le vesti bianche e la pelle blu aiutava l’uomo-lupo a sollevarsi da terra e dandogli carezze sul muso, sussurrando il suo nome.
Jack non ce la face più e con un urlo di primordiale rabbia disse: “CHE CI FATE A CASA MIA?”
Le sue emozioni alteravano il meteo stesso, infatti dopo il suo grido si levò un grande vento che spense i piccoli fuochi da campo e tutti i presenti rivolsero lo sguardo verso l’essere armato di bastone e che si trovava davanti alla porta di quella misera casupola di ghiaccio.
Tutti lo riconobbero e tutti ne erano terrorizzati, i giganti sapevano che non lo avrebbero sovrastato con la loro forza, i guerrieri elfici e nanici sapevano che nonostante il legno di qui era fatto il suo bastone avrebbe resistito al colpo più forte delle loro armi, le streghe avrebbero potuto contenerlo per poco con la loro magia, anche i bambini tra loro non si avvicinarono a lui per giocare, vedendolo così arrabbiato.
Jack vedendo che aveva tutta la loro attenzione comincio ad agitare il bastone verso la folla (che indietreggio) dicendo: “Ok, adesso sloggiate.”
Per scacciarli con il bastone si era avvicinato un po' troppo concedendo un angolo libero a un gruppo di folletti e fate che schizzarono di lato allo spirito e corsero verso quello che per la loro mente spaventata era un rifugio sicuro e cioè la stessa abitazione dello spirito di cui avevano tanta paura.
Dalla sua destra Jack vide un gruppo composto da cinque fate e tre folletti che corsero verso la sua porta, tenuta aperta da uno di quei guerrieri nani (quello che gli aveva detto che il letto era occupato) e che faceva loro segno di entrare, Jack comincio a correre verso di loro gridando: “No, non entrate.”
Però fu troppo tardi e quando le creature di piccole dimensioni furono entrate il nano sbatte praticamente la porta in faccia a Jack (che per poco non ci andò a sbattere sul serio) e nonostante Jack provasse a spingerla per aprirla, i nani avevano messo davanti a essa il pesante tavolo di ghiaccio per bloccarla, come se fossero poveretti che si difendevano da un invasore, quando erano loro gli invasori.
Jack colpi con un pugno la porta di ghiaccio, urlando: “CAZZO” per la rabbia e la frustrazione, si volto di nuovo verso la folla di persone, che lo guardavano con meno paura e urlo il nome di chi pensava fosse il responsabile di tutto questo: “DAFFYYY!”
Il papero si fece avanti e disse: “Ehi non incolpare me non gli ho invitati io.”
Incredibile ma vero, qualcuno in mezzo a quel serraglio di creature bizzarre si fece coraggio e si fece avanti per parlare, era una scimmia dalla pelliccia blu, sei zampe, quattro occhi e una lunga coda, che poco prima stava parlando proprio con Daffy (riconoscendolo come il papero che era scappato due settimane prima dai soldati di Weselton) e che disse: “Non ci ha invitati nessuno, siamo stati portati qui con le navi?”
Jack osservo la scimmia-ragno (anche se il termine corretto era scimparagno) e quando seppe che furono portati, si avvicinò a lei che si ritrasse di qualche passo per lo spavento e chiese: “Portati da chi?”
Questa volta fu un altro a parlare, un maiale antropomorfo, accanto a lui c’erano altri due maiali (forse fratelli suoi) che disse: “Il duca di Weselton, ci ha presi da tutti i suoi territori perché secondo lui non facevamo parte del suo “regno perfetto” e poi ci ha scaricati qui.”
Jack pianto il bastone a terra, si mise una mano sul viso come per togliersi la stanchezza di dosso, per poi guardare il suo pubblico non richiesto, in effetti tutti loro erano solo delle sfortunate vittime, loro vivevano le loro vite più o meno con tranquillità, ma poi qualche nobile umano aveva deciso che la loro felicità non gli andava più bene e la loro situazione si è ribaltata nel giro di pochi giorni.
Comunque, anche se sapeva che non doveva avercela con nessuno di loro, di sicuro non gli voleva vicino a casa sua, apprezzava la sua solitudine e quindi chiese: “C’è nessuno che sa dove vive precisamente questo duca di Weselton?”
Nessuno oso fare un cennò, una mano alzata, un passo in avanti, un si; piombo un silenzio assoluto era come se tutti volessero nascondersi in bella vista (Jack assistete allo spettacolo umiliante di un uomo-lupo alto più di due metri e mezzo, che si faceva scudo dietro una strega di un metro e sessanta).
Poi però la fastidiosa voce del fastidioso papero, con cui aveva condiviso il suo polo per due settimane, si levò urlando con fin troppo entusiasmo: “Io lo so, io.”
Jack piuttosto che condividere un viaggio con il papero nero, avrebbe preferito cambiare casa, ma aveva passato centinaia di anni al polo sud, così tanto tempo che ci si era affezionato a quella landa di ghiaccio e neve, quindi richiese con occhi supplicanti: “Non è che qualcun altro sa dove si trova?”
Ancora una volta nessuno si degno, di alzare una mano, fare un passo in avanti o accennare a un si, ma un papero iperattivo continuava a saltare dicendo: “Io, io, scegli me, lo so io.”
Jack con un enorme sospiro si porto una mano alla testa, massaggiandosi la fronte per poi dire: “Okay Daffy tu vieni con me.”
Il papero comincio a vantarsi con tutti i presenti, come se avesse vinto una grande gara, mentre Jack stava provando a trovare la calma e il senno, per poi cercare di fare un discorso a tutte quelle persone li presenti.
“Okay ascoltate, ehm, creature magiche, non mettetevi comode il vostro soggiorno al polo sud è finito; infatti, andrò a trovare questo duca di Weselton all’istante, vi farò sloggiare da casa mia e tornare da dove siete venuti” non doveva essere un discorso incoraggiante o rassicurante, ma in qualche modo per gli esseri che circondavano Jack lo divenne e cominciarono ad applaudire e a urlare cose tipo “Bravo” o “Eroe”.
Ovviamente lo facevano perché nessuno di loro voleva rimanere li a gelare nel polo sud e avere come vicino di casa il pastore del gelo, inoltre molti di loro volevano tornare ai loro veri luoghi di provenienza, ma i più intelligenti di loro sapevano che quello che avrebbe fatto lo spirito dell’inverno sarebbe stato semplicemente andare dal duca e dirli (con le buone o con le cattive) di farli sloggiare tutti, poi il loro destino sarebbe stato di nuovo in mano dello stesso uomo che li aveva perseguitati, ma non ebbero il coraggio di dirlo.
Intanto Jack reagì a quelli applausi e complimenti con assoluta sorpresa, di solito gli unici che lo acclamavano erano i bambini con cui giocava e di solito perché portava loro solo una piccola giornata di divertimento, mentre i loro acclami erano perché secondo la loro idea lui gli avrebbe ricondotti a casa.
Senza accorgersene alcune driadi dei boschi avevano intessuto con la loro magia floreale, una ghirlanda di fiori che misero intorno al collo di un Jack sotto shock, come per benedire un eroe in partenza, Jack ripresosi la strappo con un movimento della mano, mentre una driade bambina si avvicinava a Daffy dandogli la sua ghirlanda di fiori, che il papero si mise sul capo con un sorriso sul becco.
Jack si avvicinò a Daffy e disse: “Partiamo.”
Daffy sorpreso disse: “Sul serio? Adesso nel cuore della notte?”
Jack disse irritato: “Prima partiamo, prima finiamo.”
Daffy avrebbe voluto crogiolarsi nelle lodi e poi in un dolce riposo, per poi partire belli riposati al mattino, ma Jack voleva partire a quell’ora della notte in mezzo al buio e quindi il papero lo segui per farli da guida fino al duca.
Jack avrebbe potuto volare e trovarlo da solo questo duca, ma ci avrebbe messo fin troppo tempo, perché nonostante si ricordasse la geografia di tutto il mondo, non prestava molta attenzione alle cose effimere come stati, città e questioni politiche, la sua natura da immortale e il suo carattere burlesco e giocoso non aiutavano poi il suo caso; quindi, era meglio avere l’aiuto di una guida.
Anche se quella guida era un papero fin troppo chiacchierone.
Lui e Daffy vennero seguiti fino alla riva, dove Jack ricongelo l’acqua del mare per ricreare il ponte di ghiaccio che collegava il polo al continente, fu a quel punto che smisero di seguirli, ma continuarono a salutarli e a far loro i loro auguri da lontano.
Quando il suono delle voci scomparve del tutto, a causa della distanza, Daffy afferro la ghirlanda di fiori che gli avevano fatto come portafortuna e la butto nel mare, nonostante apprezzasse il regalo e le intenzioni dietro di esso, gli dava fastidio alle piume indossarlo (non aveva mai capito le driadi e il loro legame con la flora).
A quel punto si avvicinò a Jack, attento che le sue zampe palmate non scivolassero sul ghiaccio e disse: “Beh amico mio, mi sembra l’inizio di una grande avventura.”
Jack emise un sonoro gemito di disperazione verso la luna alta nel cielo notturno.

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Capitolo 4
*** Il regno perfetto ***


Capitolo 4: Il regno perfetto
Il Duca di Weselton si stava dirigendo verso la sala torture del suo castello, per poter interrogare il prigioniero sulla super arma, di cui stava nascondendo la posizione.
Mancava così poco, aveva espanso il suo piccolo ducato di famiglia facendo guerre e mandando in banca rotta i regni vicini per tutta la sua vita e finalmente all’età di quasi sessant’anni era riuscito a riunire l’intero continente sotto il suo governo.
Ora si stava occupando di quelle sudicie creature magiche che inzozzavano con la loro sola presenza i suoi territori e la nascita del suo futuro regno perfetto, mancava così poco per lui per diventare da duca a re.
Il duca era vestito con un uniforme dignitaria composta da capotto blu scuro, con fodera dorata, con moduli dorati sul coletto, con sotto una camicia rossa, medaglie sul lato destro del vestito, una fascia rossa che pende diagonalmente dalla sua spalla sinistra, spalline con nappe, polsini rossi all’estremità delle maniche del capotto, guanti bianchi, pantaloni grigi e stivali neri.
Era un uomo snello, dalla pelle di un sano colorito rossa, un grande naso appuntito, occhi azzurri, su cui davanti si trovavano piccoli occhiali circolari (a causa di una leggera miopia), baffi grigi sopra le labbra, capelli grigi ai lati e dietro la testa e un parrucchino grigio sulla sommità del capo.
Però era un uomo molto basso, solo un metro e quarantacinque di altezza e molto spesso veniva preso in giro dagli altri bambini nobili per la sua bassezza (e per il nome della sua famiglia) ciò gli aveva portato gravi problemi di gestione della rabbia quando sentiva la voce di qualcuno che derideva la sua altezza (l’ultimo che l’aveva fatto si era beccato 99 frustate).
Comunque, adesso arrivato al grande portone della sala torture vide con grande contentezza personale che i suoi cavalieri si misero immediatamente in posizione alla sua sola presenza.
Quando apri il portone vide il torturatore che lavorava per lui (un uomo di cui si era francamente dimenticato il nome) che teneva per la sua piccola gamba una di quelle rivoltanti creature magiche e la immergeva lentamente in un bicchiere pieno di latte, come per annegarla.
Il duca di Weselton chiese: “Il nostro prigioniero è pronto a parlare?”
Il torturatore come per rispondere al suo signore alzo l’esserino per la sua gamba spezzata e lo mostro al duca, un piccolo omino di pan di zenzero, con occhi, mani e vita bianchi (probabilmente vaniglia), bocca rossa (creata con della liquirizia) e quelli che dovevano essere due bottoni gommosi come a mimare quelli di una giacca sul petto.
L’essere alto poco più di 10 centimetri tossiva, come se avesse dei veri polmoni che doveva prendere aria e sputava latte su tutto il tavolo di ferro.
Il torturatore lo mise su di esso, proprio accanto alle sue gambe spezzate, per poi girarsi verso il suo signore, che gli disse: “Lasciaci soli.”
L’uomo non discusse e se ne andò dal grande portone di legno rinforzato e lo chiuse dietro di sé lasciando da soli il duca e l’omino di pan di zenzero.
Il duca si avvicinò al tavolo e disse: “Ora mi dirai dove si trova?”
L’omino a quanto pare aveva ancora un po' di voglia di lottare e disse un sonoro: “Fottiti” prima di sputare (quello che doveva essere impasto bagnato) nell’occhio del duca (che per sua fortuna aveva gli occhiali che li protessero la pupilla).
Il duca si pulì con disgusto gli occhiali utilizzando un fazzoletto ricamato, per poi rimetterseli sul suo grande naso appuntito e dicendo con un tono minaccioso molto basso: “Ho cercato di essere gentile, con te e tutte le altre creature magiche che inzozzano il mio regno perfetto.”
Poi minaccioso avvicino le sue dita ai bottoni sul petto dell’omino, come per strapparglieli, a quel punto il piccoletto si preoccupò veramente e disse quasi piangendo: “No, tutto tranne i miei bottoni gommosi, che sono il mio orgoglio.”
Il duca vedeva sul suo viso (una primitiva rappresentazione di un viso umano) il cedimento e quindi incalzo: “Allora dimmi dove si trova il gigante di ferro?”
L’omino emise un rumore simile al tirare su col naso, per poi alla fine confessare con vergogna verso sé stesso: “D’accordo. Un fornaio…”
Il duca stava sognando di come avrebbe avuto un essere come il gigante di ferro dalla sua parte, lo avrebbe reso ancora più potente militarmente e con lui dalla sua parte nessuno avrebbe pensato minimamente di ribellarsi a lui.
Ora mancava solo trovare la sua posizione, ed era per questo che quel piccolo mostro non era stato come tutti gli altri deportato al polo sud, ma era qui nelle sale del suo castello perché potessero ottenere da lui informazioni sul leggendario gigante di ferro, visto che era uno dei pochi esseri che conoscevano il suo nascondiglio.
Però stava cominciando a dire cose senza senso, che diavolo centrava un gigante di ferro, con un fornaio?
Quindi il duca riavvicino le sue dita guantate ai bottoni dell’omino lui preso dalla paura urlo: “STO DICENDO IL VERO.”
Il duca a quel punto si spazientì e chiese con tono di sfida: “Spiegami, come è possibile che un misero fornaio potrebbe nascondere qualcosa come il gigante di ferro?”
L’omino si trattene, ma un'altra minaccia ai suoi bottoni gommosi alla fine lo fecero cantare come un canarino: “Beh, questo fornaio vive sulla costa proprio accanto a un gigantesco anfratto, abbastanza grande da ospitare il gigante di ferro.”
Il duca dovette trattenersi dal gemere, adesso avrebbe dovuto inviare i suoi plotoni a cercare una spiaggia che contenesse una grotta abbastanza grande da contenere un bestione di 15 metri, adesso però che ci pensava meglio in fondo non sarebbe stato un compito così difficile, il continente era grande vero, ma di antri così grandi scavati nella roccia ce ne sarebbero stati pochi.
Inoltre, se l’omino stava dicendo solo bugie, li avrebbero staccato anche le braccia e altri pezzi finché non avrebbe detto la verità.
Poi però senti qualcuno bussare al portone di legno dicendo: “Ehm, mio signore?”
Dalla voce doveva essere il suo generale e quindi disse a voce alta per farsi sentire: “Entrate, ma spero che sia importante.”
Il generale entro ancora vestito con l’armatura, ma con il volto senza elmo e disse: “Mio signore l’abbiamo finalmente trovata.”
Il duca di Weselton sapeva di ciò che stava parlando e quindi fece segno con la testa al suo torturatore di rinchiudere il loro prigioniero (che intanto si lodava mentalmente per non aver rivelato il fatto che il gigante non si trovasse più nel continente) nella sua minuscola gabbetta, per poi rivolgersi al capitano e dirli: “Portatela nelle mie stanze.”
Ciò a qui si riferivano era il motivo per qui anche le streghe e le maghe venivano perseguitate nel ducato di Weselton: i loro potentissimi artefatti magici.
Il duca aveva di mira uno specifico artefatto, una sfera di cristallo in cui contenuta c’era la coscienza di un antico essere che conosceva qualsiasi dettaglio del mondo e che poteva mostrarlo.
Con quella sfera e il gigante di ferro sarebbe stato veramente un sovrano imbattibile.
Nelle sue camere si trovavano, lui, il suo generale e due semplici soldati che portavano l’artefatto magico, coperto sotto un velo viola e sopra un cuscino rosso, con la massima cura e sicurezza possibile, come se avessero a che fare con una sacra reliquia (erano ordini diretti del duca).
Quando la misero sulla scrivania del duca, fu esso stesso a rimuovere il velo e vide la perfetta sfera di cristallo lucida, ma dentro di essa c’era un’oscurità che pulsava come un cuore umano e dal quale si affaccio una maschera bianca, che ricordava una maschera del teatro classico.
Il duca vedendo che era quella giusta disse ai suoi uomini: “Lasciateci soli.”
Il generale e i due soldati semplici obbedirono, lasciando le stanze private del duca, che rimase solo con il potentissimo oggetto magico e chiese: “Sfera, che tutto sai, non è questo forse un regno destinato a essere chiamato tale?”
La sfera parlo con la tonalità di mille voci diverse e disse: “Tecnicamente non sei un re.”
A quanto pare l’artefatto tocco un nervo scoperto della psiche del duca, perché come se fosse posseduto da mille diavoli afferro la sfera di cristallo con entrambe le mani e la sollevo oltre la sua testa e disse con la voce di un signore assoluto: “Io farei attenzione alle parole che dirai spirito, potrebbero essere le tue ultime.”
Lo spirito nella sfera sapeva che la sua gabbia era molto fragile e se lei si fosse rotta, lui non sarebbe stato libero, ma morto e quindi disse immediatamente con le sue mille voci cariche di paura: “Quello che volevo dire, era che non sei re ancora. Dopotutto che ne penseranno gli altri regni di questo duca minore che ha fatto uccidere o esiliare i loro vecchi amici solo per la sua ambizione personale? Credi davvero che accetteranno tutto questo senza battere ciglio?”
Il duca dopo un attimo (di paura per lo spirito nella sfera) appoggio di nuovo la sfera sul soffice cuscinetto rosso, ben sapendo che nessuno degli altri regni degli altri continenti apprezzava la nascita del suo nuovo regno che lui stava creando e avrebbero potuto in futuro attaccarlo, quando lui avrebbe voluto piantare le fondamenta del suo potere in tempi di pace.
Quindi disse: “Continua.”
Lo spirito ricomincio a parlare con tono calmo: “Per evitare future guerre, dovrebbe sviluppare alleanze durature e cosa sviluppa alleanze più di un matrimonio?”
Il duca si guardo le mani guantate con molto dubbio, non sarebbe mai riuscito a inviare una lettera a un qualsiasi nobile maggiore degli altri continenti per poter chiedere loro la mano di una loro figlia e un’alleanza matrimoniale.
Poi a quale paese avrebbe dovuto chiedere la mano? Quale nobile o re si sarebbe potuto fidare di concederli un matrimonio proprio a lui che aveva appena conquistato il continente e rotto l’equilibrio mondiale?
Lo spirito vedendo il duca titubante disse: “In realtà vostra grazia potrebbe esserci una soluzione più semplice anche nel vostro stesso continente.”
All’improvviso quella maschera bianca scomparve di nuovo nell’oscurità contenuta nella sfera e il duca avvicino quel suo grande naso a essa per vedere meglio e li vide dei colori mischiarsi ad alta velocità come per comporre un’immagine.
L’immagine era quella di una giovane donna dalla postura regale, un’espressione molto cupa sul viso, indossava un abito verde acqua con un corpetto a cuore con rifiniture in bronzo di colore verde acqua scuro, viola sulla gonna e sul corpetto, una camicia a maniche lunghe con stampe a forma di cristalli rossi e verde acqua, su di essa, un lungo mantello magenta e indossava guanti azzurro cielo sulle mani.
Aveva una corporatura alta e snella, occhi marroni con un po' di trucco sopra, guance rossastre, labbra sottili rosa, naso piccolo, capelli rossi perfettamente intrecciati e una pelle pallida ma sana, ed era chiaramente bellissima.
Mentre il duca ammirava questa immagine, la voce dello spirito parlava come per spiegare al duca: “Questa graziosa fanciulla di appena ventun anni è la figlia dei sovrani di Arendelle, è stata rinchiusa in gran segreto, nella torre più alta, di un castello, costruito sopra un vulcano inattivo, con a guardia un terribile drago sputafuoco.”
La magia dello spirito fece cambiare l’immagine in quella di un’alta torre sotto cui base si trovava un drago sonnecchiante dalle scaglie principalmente azzurre (ma anche rosse, viola e marroni), gli arti anteriori erano ali azzurre con macchie dorate, sul muso proprio davanti agli occhi aveva un corno nasale ricurvo e aculei sulla coda e sulla corona della testa.
Il duca tremo solo alla vista di quell’enorme bestia che, come tutti i draghi, irradiava potenza e paura anche solo dalla propria immagine, ma intanto lo spirito dirado l’immagine e fece ricomparire quella precedente e disse: “A parte questo dettaglio, la principessa Elsa è di una famiglia importante e non appena sapranno che qualcuno ha salvato e sposato la loro bambina diverrà automaticamente parte della loro famiglia e quindi un loro alleato. Basterà semplicemente tirarla fuori da quella torre e portarla all’altare.”
In effetti il duca di Weselton si stava entusiasmando fin troppo di questa strategia, con una moglie di quella bellezza e soprattutto di quello status avrebbe guadagnato maggior potere politico interno, ma soprattutto esterno, con lei come regina sarebbe finalmente diventato il Re di Weselton e del continente.
Il duca era così entusiasta che si dimentico completamente della seconda domanda che voleva fare alla sfera e cioè: dove si trovasse il gigante di ferro.
Intanto la sfera stessa provava però ad avvertire il suo nuovo proprietario (che intanto stava bofonchiando a bassa voce tra sé e sé) con un filo di voce: “Ehm, mio signore, avrei dovuto informarla che dal tramonto all’alba, la principessa Elsa è vitti…”
Purtroppo, venne zittito dal duca che così preso nel suo trovare una soluzione per far uscire la sua futura sposa da quella torre, che per lui le mille voci dello spirito erano diventate solo fonte di fastidio e distrazione e quindi rimise di nuovo il velo viola sopra di esso, cosa che non sarebbe servita a niente par farlo tacere, ma visto che lo spirito voleva evitare di morire capi che era meglio che stesse zitto.
Dopo un ora di assiduo ragionamento, il duca chiamo il suo consigliere nelle sue stanze e diede ‘ordine: “Dai l’annuncio che qui a Weselton, tra tre giorni ci sarà un torneo d’armi, sono invitati i migliori cavalieri del regno.”
Il consigliere annui con la testa, ma titubante domando: “Mio signore, posso chiederle per quale motivo dovremmo imbastire un torneo in così poco tempo?”
Il duca doveva essere di buon umore, perché di solito avrebbe urlato e sbraitato per il solo chiedere spiegazioni delle sue decisioni e rispose con un sorriso: “Perché dobbiamo scegliere un campione.”

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Capitolo 5
*** L'arrivo del campione ***


Capitolo 5: L’arrivo del campione
Tre giorni, tre fottutisimi giorni di camminata con un papero fin troppo chiacchierone come guida.
Jack era sul punto di impazzire, non che Daffy stesse tanto meglio, avevano camminato quasi instancabilmente (tranne quando dormivano un po' per recuperare le forze), Jack non poteva volare e portarli alla metá visto che se avesse afferrato Daffy il vento non li avrebbe trasportati entrambi e inoltre dove andava Jack lo seguiva sempre il freddo e la neve (anche se avrebbe dovuto abituarsi ormai da tutto quel tempo che aveva trascorso al polo sud).
Però finalmente, dopo aver salito una collina videro la loro metà, oltre un campo di girasoli e di pannocchie a poche centinaia di metri di distanza si ergeva minaccioso un enome castello, più simile a un gigantesco forte militare che a un castello vero e proprio, mura che si vedevanl anche da quella distanza che erano veramente spesse e con poche finestre.
Sotto di esso vi era una piccola cittadina, che era messa in ombra (letteralmente) dall’altezza monumentale del gigantesco castello, ma con la sua vista acuta Jack vide il portone delle mura cittadine completamente spalancato e molte persone all'interno di esse che si stavano dirigendo verso il castello stesso.
Daffy stava riprendendo fiato con grandi respiri (secondo Jack esagerati) e indicava il castello dicendo: “Siamo pfiù arrivati.”
Jack che non voleva perdere altro tempo, afferro il papero per il collo, piego le gambe e spicco un lunghissimo balzo verso il cielo, Daffy voleva gridare per lo spavento, ma la mano di Jack intorno al collo non li lasciava prendere abbastanza fiato per farlo.
Il salto fece superare loro quei due campi e atterrarono proprio davanti al portone delle mura esterne, in mezzo a una fila di carrozze parcheggiate, li cui cavalli si spaventarono a morte al rumoroso atterraggio dello spirito dell’inverno e cominciarono a nitrire selvaggiamente, ma un solo sguardo glaciale da parte di Jack basto per riportarli al silenzio.
Intanto la sua mano lascio il collo di Duffy che cade a terra di sedere, mentre si massaggiava il collo e riprendeva il fiato con grandi respiri, per poi urlare allo spirito che intanto stava per entrare in città: “AVEVI DETTO CHE NON POTEVI VOLARE.”
A quanto pare non aveva capito che Jack non aveva volato (non era da biasimare visto la grande distanza che avevano percorso) e credeva che gli avesse mentito per tutto quel tempo, Jack rispose: “E infatti ho saltato.”
Duffy si massaggiava ancora il collo e accetto (incredibilmente) la risposta dello spirito, dicendo: “Beh avvertimi la prossima volta che lo fai, perché io ci stavo rimettendo l’osso del collo.”
Il papero si rimise al passo con lo spirito e insieme entrarono in città, era una città nonostante tutto messa bene, le case almeno non erano delle baracche costruite in legno e fango, ma erano edifici di due piani, costruiti in solido legno e su solide fondamenta, con finestre in vetro.
O a questo duca almeno importava un po’ dei suoi sudditi o era un maniaco dell’ordine.
Visto che i nobili del primo tipo morivano subito, era molto più probabile la seconda opzione.
Comunque sia dentro le case, che in mezzo alle strade regnava la quasi totale calma, la maggior parte dei cittadini si erano diretti verso il castello come aveva già constato e tutte le imprese come locande, fabbri, mercati, barbieri e altre erano completamente chiuse.
Gli unici che erano a piede libero erano i ladri che uscivano e entravano dalle abitazioni, vista la totale assenza dei cittadini e la quasi totale assenza delle guardie facevano i loro porci comodi, ma quando videro Jack Frost in mezzo alla strada, molti di loro lo riconobbero e si frenarono di colpo presi dalla paura.
Jack ne stava contando cinque che erano già fuori, mentre altri due erano appena usciti fuori da due abitazioni diverse, uno di loro da una piccola casetta comune e l’altro invece usci da un orfanotrofio, entrambi si fermarono quando riconobbero l’essere armato di bastone in mezzo alla strada, ma Jack aveva la propria attenzione concentrata sull’ultimo dei due.
Ora si derubavano anche gli orfani? Non c’era il minimo di dignità nei ladri e quindi puntò il bastone contro colui che aveva derubato dei poveri bambini in quel momento assenti, da esso venne sparato un raggio di ghiaccio blu, che non appena entrato in contatto con il ladro lo congelo sul posto, trasformandolo in una statua di ghiaccio.
Gli altri farabutti osservarono la scena atterriti, mentre Jack spostava lo sguardo verso di loro come per sfidarli, tutti loro buttarono a terra i sacchi pieni delle loro refurtive e corsero a nascondersi in qualsiasi anfratto abbastanza oscuro da tenerli nascosti dalla luce del sole.
Jack continuo la sua strada verso il castello, mentre Daffy si avvicinò all’uomo congelato colpendoli la gamba con un calcio dicendo: “Duro, ma giusto” per poi tornare al passo con Jack non volendo essere lasciato da solo in mezzo a un territorio non proprio amico.
Alla fine, arrivarono ai piedi dell’immenso castello, dove era stata allestita un’immensa arena, con le tribune che stavano ospitando l’intera popolazione della cittadina tra uomini, donne, vecchi e bambini che erano venuti lì a vedere, un gruppo di cavalieri in mezzo al campo (quindi Jack intuì che doveva essere una sorta di torneo).
Mentre si trovavano sotto l’entrata per il campo da gioco, Jack osservo ciò che avevano davanti, un gruppo di circa una ventina di cavalieri, tutti pesantemente armati e corazzati, mentre poco alla loro sinistra si trovava un piccolo recinto che conteneva due stalloni da guerra tutti imbrigliati e pronti alla giostra, mentre un po' più vicino all’entrata e alla loro destra si trovavano enormi botti e vicino ad esse un tavolo di legno pieno di boccali (molto probabilmente per i cavalieri stessi dopo il torneo).
Intanto Jack vide cosa osservavano i cavalieri, a un’altezza considerevole di 20 metri si trovava un balcone sulle mura del castello, dove da esso si affacciava un piccolo uomo, vestito elegantemente, con un paio di piccoli occhiali montati su un grosso naso.
Jack penso con malizia "Ecco cosa stava cercando di compensare costruendo un castello così grande".
Il duca intanto stava facendo un discorso ai suoi cavalieri con tono maestoso: “Questo campione avrà il previlegio, di salvare la bellissima principessa Elsa dalla fortezza del drago. Se per qualche motivo il vincitore non avrà successo, il secondo arrivato prenderà il suo posto e così via discorrendo. Alcuni potranno morire ma è un sacrificio che sono disposto a fare.”
Poi come se non avesse appena detto che non gli importava della vita dei suoi sottoposti, la folla applaudi, forse per la paura di ciò che il loro signore avrebbe fatto loro se non lo avessero fatto oppure semplicemente volevano finalmente che il torneo iniziasse.
Quando il duca annuncio che il torneo avesse inizio, la folla aumento l’intensità degli applausi, perché niente divertiva il popolino più di due tizi in armatura che si prendevano a botte, ma Jack decise di farsi vedere proprio in quel momento per rovinare il divertimento.
Jack fece qualche passo avanti per mettersi proprio al centro dell’arena, mentre ignorava il povero Daffy che lo tirava dalla manica della sua felpa dicendoli: “Sei impazzito? Che fai?”
Il popolo rimase stupito dell’entrata in scena di quell’alto figuro, ma ci misero ben poco a rendersi conto di chi fosse, quel bastone ricurvo, quel maglione blu ricoperto di brina, i capelli bianchi e l’andarsene in giro completamente scalzo lo rendevano già molto riconoscibile, ma la sua sola presenza aveva abbassato di tanto la temperatura di quella che doveva essere una bella giornata di sole.
Mentre gli adulti lo guardavano con spavento i bambini erano di tutt’altra pasta, cominciarono a gridare il suo nome per attirare l’attenzione del giocoso spirito della neve, ma Jack non era in quel posto per giocare, ma per riavere casa sua.
Quando il suono di “Jack Frost Jack Frost” arrivo alle orecchie dei cavalieri coperte dai loro pesanti elmi, essi si girarono e videro l’essere che portava l’inverno che era comparso alle loro spalle, cominciarono a indietreggiare, credendo subito nella sua identità perché non solo stava cominciando a fare freddo, ma anche a nevicare.
Il duca di Weselton intanto aveva osservato tutta la scena dal suo bancone e se all’inizio credeva che quello sporco pastorello spilungone fosse un uomo di mente semplice che non aveva capito cosa stesse accadendo, quando vide quel papero antropomorfo che tentava di tirarli la manica comincio a preoccuparsi, per poi sentire il nome pronunciato da cosi tanti bambini e vide i fiocchi di neve che scendevano in una calda giornata di primavera grido: “COSA CI FAI QUI, MOSTRO?”
Jack riuscì a sentire quella vocetta stridula (che li diede fastidio alle orecchie) e parlo ad alta voce per farsi sentire dicendo: “Non siete molto gentile, sapete?” per poi dire con un sorriso: “In fondo è solo un papero.”
Daffy capendo la battuta che Jack aveva fatto a sue spese disse: “Ah, ah sei molto divertente Jack lo sai?”
Il duca a sentire quella risposta di spirito da quell’essere voleva trovare immediatamente un modo per sbarazzarsene e li venne in mente un’idea, ormai era da un millennio che generazioni di persone cercavano di uccidere Jack Frost l’inverno in persona (con scarsi risultati) e se uno dei suoi cavalieri ci fosse finalmente riuscito avrebbe guadagnato ancora più rispetto e potere, oltre a essere considerato l’eroe che aveva messo fine all’inverno.
Inoltre, avrebbe potuto liberarsi di due odiose creature magiche, che per la sua logica era sempre un bene e così avrebbe potuto scegliere in poco tempo il suo campione per la sua missione di salvataggio.
Quindi diede l’ordine: “Cavalieri, chiunque di voi ucciderà Jack Frost verrà nominato campione.”
Per un attimo sia a Jack che a Daffy si spalancarono gli occhi, al primo per lo stupore di quell’ordine, cioè era abituato da tempo a persone che lo volevano morto, ma che arrivassero cosi al sodo era molto raro, mentre il secondo per la preoccupazione per il suo amico, ma soprattutto per se stesso.
I cavalieri incoraggiati dall’ordine del loro signore e dalla maggioranza di numero nei loro ranghi, impugnarono le loro armi per poi avvicinarsi minacciosamente allo spirito, che indietreggiava lentamente verso le botti di birra, mentre il papero antropomorfo ignorato da tutti si avvicinava a glì spalti per nascondere la sua presenza ai bruti in armatura.
Intanto sugli spalti il popolo applaudiva, in molti chiedevano la morte di Jack Frost e che finalmente la giostra iniziasse, li unici che erano preoccupati per lo spirito del ghiaccio e della neve erano i bambini, che non volevano veder morire un loro amico, ma alcuni di loro stavano cominciando a tifare per Jack credendolo parte dello spettacolo.
Jack intanto tentava di calmare i cavalieri, con un falso sorriso tirato e diceva: “Signori, calmiamoci, perché deve tutto finire con la violenza?”
Intanto il suo didietro aveva colpito il tavolo su cui si trovavano i boccali e Jack non appena li vide ne afferrò uno e lo portò verso la cannella di una botte e lo riempi di birra fresca e lo fece osservare dai cavalieri quasi in segno di pace, sempre con quel suo sorriso tirato: “Possiamo discuterne con una bevuta?”
Però i cavalieri non gradirono l’offerta (tanto avrebbero potuto bere anche dopo averlo ammazzato), ma a quel punto il sorriso tirato di Jack scomparve dal suo viso, per farne spazio a uno più subdolo e disse: “No? D’accordo.”
Prese un enorme sorso di birra dal boccale, si pulì le labbra con la manica del maglione, per poi lanciare dietro di sé il boccale e strinse con grande forza il suo bastone, ma con sorpresa dei cavalieri non carico dritto su di loro, ma si mise a fianco alla cannella della botte dal quale aveva appena bevuto e con il bastone alzato sopra la testa disse: “Allora cominciamo.”
Poi colpendo dall’alto verso il basso distrusse non solo la cannella, ma il colpo fu così devastante che distrusse la spina e un grande gettò di birra si scaraventò su due cavalieri che si erano avvicinati un po' troppo.
In una circostanza normale sarebbero caduti per la pressione del getto, ma Jack immediatamente dopo aver distrutto quel pezzo di botte, ribasso il bastone, in modo che toccasse il liquido e lo congelasse, la birra si congelò proprio mentre toccava i cavalieri e questo li fece congelare a loro volta e li fece diventare sculture di ghiaccio.
I cavalieri cominciarono a spaventarsi, mentre sotto i loro stivali corazzati si stava formando un’immensa pozzanghera di birra, che Jack congelo istantaneamente toccando il liquido per terra con il pollice del suo piede sinistro e creando una pista fatta di ghiaccio in mezzo allo stadio.
Mentre i cavalieri scivolavano sul ghiaccio e cadevano come pere cotte, Jack libero di qualsiasi armatura e nel suo elemento naturale, pattinava sul ghiaccio stesso usando i suoi stessi piedi con agilità e grazia, facendo ridere i piccoli spettatori sugli spalti.
Il pastore dell’inverno vedendo un cavaliere che si stava mantenendo in equilibrio con estrema difficoltà sul ghiaccio si diresse verso di lui e mirando alla sua gamba destra con un colpo di bastone, fece cadere il cavaliere a terra, per poi emettere una sonora risata, accompagnata da quella dei bambini.
Incredibile, ma vero alcuni adulti nel pubblico cominciarono a tifare per lui, forse per la comicità surreale di quella scena, forse per una sorta di giustizia sociale nel vedere i nobili e arroganti cavalieri venire umiliati da un ragazzo armato di bastone (dettagli il fatto che quel ragazzo armato di bastone fosse una forza della natura incarnata) o forse era il semplice entusiasmo nell’assistere a uno dei tornei più spettacolari di sempre.
Anche Daffy, che fino a quel momento si era appiccicato al muro degli spalti come un animale in trappola, vedendo il suo amico devastare completamente i cavalieri, comincio a riavvicinarsi al centro dell’arena e comincio anche la sua voce a mischiarsi a quelle degli altri tifosi.
Jack sempre con il suo largo sorriso sul volto, si diresse verso il piccolo recinto con i due stalloni da guerra e dopo aver superato le transenne con un salto atletico, con qualche grido e agitando il suo bastone in aria in modo minaccioso fece scappare i due cavalli da esso, ma non solo, tanto fu il loro spavento nel vedere davanti loro lo spirito dell’inverno che scapparono dallo stadio.
Intanto i cavalieri che riuscirono ad alzarsi senza scivolare di nuovo sul ghiaccio, sentivano le risate di derisione della folla nei loro confronti e videro lo spirito dell’inverno che si era posizionato nel recinto dei cavalli, come un campione sul ring che aspettava i suoi avversari e che con un sorriso arrogante faceva loro segno con l’indice di venirlo a prendere.
Alimentati dalla rabbia generata dal loro orgoglio ferito, molti di quei cavalieri alzarono le armi e caricarono verso lo spirito dell’inverno, anche loro scavalcarono le transenne (con meno agilità del suddetto spirito o dei cavalli) e parti il vero scontro.
I primi due che corsero verso Jack con la spada alzata, Jack li mise schiena a terra, usando le corde della transenna come trampolino, per poi passare in mezzo ai due con il bastone teso in orizzontale, in modo da investirli a entrambi senza nemmeno toccarli con il proprio corpo.
Un terzo cavaliere provò a colpirlo con la sua spada, ma Jack schivo il colpo con un salto che faceva invidia a gatti e cavallette, mettendosi in perfetto equilibrio in piedi sulle transenne stesse, per poi con perfetta velocità e grazia, mettersi dietro il suo avversario e saltarli sulle spalle (come un bambino col genitore) e farlo a cadere a terra di faccia, a causa del suo peso aggiunto a quello dell’armatura.
All’improvviso l’urlo di Daffy venne sentito da Jack, un urlo che diceva: “JACK, DIETRO DI TE.”
Lo spirito dell’inverno segui l’avvertimento e vide un alto cavaliere, che voleva colpirlo alle spalle con la sua mazza ferrata, ma grazie all’avvertimento di Daffy, Jack paro il colpo con il suo bastone, rendendolo più duro con la magia del ghiaccio dentro di esso, per non farlo spezzare contro un’arma di ferro.
Per poi con incredibile velocità rimettersi completamente in piedi, andare alle spalle di questo ennesimo nemico, per poi passare il bastone sotto il suo braccio, afferrò le due estremità del bastone con le sue mani e premendo la sua arma contro il collo di quello sventurato cavaliere che aveva osato attaccarlo alle spalle.
In quella posizione riusciva a vedere Daffy che si era messo sulle transenne a osservare lo scontro, il suo corpo era fuori dal recinto mentre il collo era completamente dentro a esso e sorrideva a Jack, per il divertente spettacolo e gli urlava: “DALLO A ME, DALLO A ME.”
Jack accontento il suo amico e obbligo a muoversi il cavaliere che aveva intrappolato, premendo ancora di più il bastone contro la gola, il soldato comincio ad avanzare insieme a Jack e quando fu proprio davanti al becco di quel papero antropomorfo, ricevette un’intensa testata sull’elmo, per poi vedere il buio.
Lo spirito dell’inverno non aveva mai visto una mossa così stupida, ma allo stesso tempo così grandiosa (in effetti ci voleva un certo coraggio e stupidità per dare una testata a uno che indossava un elmo), poi quando vide il corpo del cavaliere cadergli tra le braccia svenuto rimase ancora più stupito.
Con una risata si rivolse al suo compagno di viaggio e disse: “Sei stato grandioso” poi però vide che Daffy era mezzo stordito e che si teneva a malapena attaccato alla transenna e chiese preoccupato “stai bene?”
Daffy scosse violentemente la testa e mentre si teneva attaccato alle transenne con la mano destra si teneva il becco con la sinistra, dopo un enorme sospiro di dolore disse: “Si, ricordami che è una pessima idea, dare una testata a qualcuno che indossa un elmo.”
Jack emise un piccolo risolino per poi tornare alla battaglia contro i cavalieri, alla fine per il pastore del gelo divenne semplicemente un gioco, in cui lui prendeva a calci gli avversari che si avvicinavano troppo e schivava i loro colpi con la sua incredibile agilità, oppure con un colpo di bastone ben assestato li congelava in un istante.
Però non era questa lotta che lo rendeva contento, ma per il fatto che un’intera folla stava facendo il tifo per lui, qualcosa che non gli era mai accaduta in tutta la sua vita, ovviamente si stavano divertendo solo perché Jack stava malmenando dei cavalieri, ma Jack voleva godersi quella momentanea gloria.
In fondo quando mai era successo che lo spirito dell’inverno venisse amato, non dai bambini, ma da tutti? Meno che dai cavalieri, intendiamoci.
E dallo stesso duca di Weselton, che osservo con umiliazione, come quello spiritello stesse senza alcuna difficoltà sconfiggendo i suoi cavalieri e rovinando il suo torneo, ma oltre il danno la beffa perché i suoi stessi sudditi stavano tifando non per i suoi cavalieri, ma per il mostro portatore di ghiaccio.
Intanto Jack aveva afferrato con l’arco a forma di G del suo bastone, il suo ultimo avversario per il collo e li stava facendo fare giro-giro tondo, dentro quel recinto che ormai era diventato quasi ufficialmente il ring dello spirito dell’inverno, per poi lanciarlo contro le transenne facendolo cadere di faccia fuori da esse.
Poi afferrò il suo bastone, con una mano e lo scaglio verso il cielo, come se fosse un giavellotto, con grande spavento dei presenti, che credevano che adesso che aveva finito con i cavalieri cominciasse ad attaccare loro.
Però niente di brutto accade, il bastone cadde di punta proprio al centro dell’arena, tenendosi in perfetto equilibrio grazie al ghiaccio che lo circondava e che feneva il puntale di esso attaccato al suolo, mentre Jack con un lungo balzo si portò verso di esso e con grazia e leggiadria atterro sull’arco a G della sua arma e fece un profondo ed esagerato inchino al suo pubblico mentre si teneva in perfetto equilibrio su di essa.
La folla era in visibilio e da essa provenne un’immensa valanga di applausi verso uno degli esseri più odiati dell’essere umano, ma che in quel momento era diventato il loro campione, Jack se li godeva perché sapeva che sarebbero durati poco.
Intanto Daffy si avvicinò al suo amico in piedi sul suo stesso bastone, con un sorriso sul becco (mentre lungo la strada calpesto il povero cavaliere che Jack aveva fatto volare fuori dal ring), per congratularsi con lui e allo stesso tempo per ricevere anche lui un po' di quelli applausi.
Intanto Jack non perdeva mai il suo senso dell’umorismo, perché continuava a dire: “Grazie, grazie, gli autografi però sono domani.”
Il duca non apprezzo affatto tutta quella contentezza, specialmente data dal fatto che il suo popolo gioiva della disfatta dei suoi cavalieri e stava acclamando la vittoria di un mostro, anzi non quella di un comune mostro, ma del portatore di neve, ghiaccio, freddo, malattie e morte; quindi, con un gesto della mano diede l’ordine ai suoi balestrieri di puntare.
Sulla cima dello stadio e sui bastioni del castello si trovavano numerosi balestrieri, che il duca di Weselton aveva chiesto al suo generale come sicurezza e avevano osservato insieme al pubblico l’intera scena, ma erano rimasti fermi, inflessibili e non stavano ridendo du quello patetico spettacolo (solo ridacchiando sotto i baffi) e non appena videro il segnale di puntare afferrarono le balestre e le puntarono contro lo spirito dell’inverno.
Lo stadio passo dal chiasso, a un silenzio quasi mortale, la folla non applaudiva e non acclamava più, Jack si accorse dei balestrieri che puntavano le loro armi contro di lui e scese dal bastone, per poi afferrarlo con entrambe e portarsi in una posizione difensiva, mentre il potere magico scorreva nel legno della sua arma, creando energia azzurro ghiaccio intorno ad essa.
Mentre Daffy vedendo che nessuno applaudiva più adesso che c’era anche lui, stava per sbraitare contro la folla, ma quando vide Jack afferrare il suo bastone in modo così minaccioso (non verso di lui grazie al cielo) segui il suo sguardo per vedere un’infinità di balestrieri puntare contro di loro, spaventato si nascose dietro la schiena di Jack cercando protezione.
Intanto il duca si compiaceva del fatto che i soldati che componevano il suo esercito fossero così professionali, ma stava anche pensando su cosa farne dello spirito dell’inverno, avrebbe potuto ucciderlo per poter finalmente concludere il molesto inverno, ma doveva fare conti con il popolino, che di sicuro ne avrebbe giovato a lungo termine, ma visto che pensavano solo al qui e ora, si sarebbero ribellati se avesse ucciso il loro campione. Un momento campione?
Il generale del suo esercito, intanto, vedendo il suo signore che non dava ancora l’ordine di aprire il fuoco, chiese preoccupato: “Signore do io l’ordine?”
Il duca fece un gesto negativo con la mano e poi disse: “No, so esattamente cosa fare.”
Poi alzando la voce per parlare al suo popolo disse: “Gente, abbiamo davanti a noi il nostro campione: Jack Frost.”
Quella esclamazione fece dire agli stupiti Jack e Daffy in perfetta sincronia dei: “Cosa?” però non sentiti a causa del pubblico, che dopo quei dieci secondi di tensione, all’annuncio del duca esplose in un sonoro applauso per il vincitore, credendolo parte di uno spettacolo ben organizzato fatto dal duca.
Jack era senza parole, il portatore di neve rimase sbigottito per tutto ciò che stava accadendo, prima dei balestrieri minacciavano la sua vita, poi il duca lo nominava campione e infine tutti quelli applausi a cui non era abituato in una singola giornata.
Intanto il duca gli comunico: “Congratulazioni spirito, hai vinto l’onore di imbarcarti in una grande e nobile impresa.”
Prima però che potesse continuare, ben capendo che il vecchio voleva farli fare il suo lavoro sporco Jack disse: “Io sto già affrontando un’impresa. L’impresa di riavere il mio polo.”
Il duca leggermente stupito chiese: “Il tuo polo?”
Jack sputando sarcasmo disse: “Sai no? Il polo sud? Il luogo in cui vive Jack Frost? Dove tu hai scaricato tutte le creature magiche?”
Il duca ribolliva di rabbia verso quel mostro che non li mostrava il dovuto rispetto, ma dovette trattenersi per non perdere una risorsa così potente, in fondo meglio mandare Jack Frost uno spirito potente e antico piuttosto che un semplice cavaliere contro un drago, poi adesso sapeva quale sarebbe stata la sua moneta di scambio per comprarsi i servizi dello spirito dell’inverno.
Quindi il duca disse: “D’accordo spirito facciamo un patto: tu affronti questa impresa per me e io ti restituisco il tuo polo.”
Jack chiese interessato: “Esattamente com’era?”
Il duca rispose: “Fino all’ultimo fiocco di neve.”
“E gli abusivi?”
“Dissolti nel nulla.”
Jack non era totalmente d’accordo di fare il lavoro sporco per un nobile, ma doveva farlo se voleva riavverte il polo sud nel modo più semplice, certo avrebbe potuto prendere d’assalto il castello e obbligare il duca a portare via le creature magiche che li aveva scaricato in casa, ma aveva già una pessima reputazione e guardando i balestrieri che continuavano a puntarli le balestre contro sapeva che non sarebbe stato un assalto facile.
Intanto il duca stava pensando su ciò che avrebbe fatto con le creature magiche, se Jack Frost avesse avuto successo, aveva cercato di essere misericordioso con loro, ma visto che il polo sud era casa del suo “campione”, avrebbe dovuto usare provvedimenti più drastici nei loro confronti.
Jack alla fine decise di accettare malvolentieri e chiese: “Che genere di impresa?”

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Capitolo 6
*** Superare la paura ***


Capitolo 6: Superare la paura
Dopo una breve spiegazione sul tipo di impresa su cui lui e Daffy avrebbero dovuto cimentarsi, aver sciolto quei cavalieri che aveva trasformato in statue di ghiaccio (che corsero via come topi spaventati) e alcuni altri dettagli di poco conto come la strada da percorrere, provviste per il viaggio, il fatto che stavano per affrontare un FOTTUTISIMO DRAGO; dopo tutto questo Jack e Duffy si misero in cammino con il primo che si stava sgranocchiando una mela che aveva preso al mercato.
Il papero era dietro a Jack chiedendogli: “Fammi capire bene, lotterai contro un drago e salverai una principessa solo per farti ridare dal duca di Weselton il tuo polo, dove non vivi da solo perché lui te l’ha riempito di fenomeni da baraccone è così?”
Jack si chiedeva: perché non avesse lasciato Daffy a Weselton?
Non lo aveva fatto perché sapeva che il duca visto il suo odio per le creature magiche avrebbe fatto ammazzare il papero non appena Jack se né fosse andato (certo avrebbe potuto lasciarlo come ostaggio come assicurazione che Jack tornasse con la principessa) e Jack aveva fatto una promessa al papero: sarebbe stato con lui finché le cose a Weselton non fossero migliorate.
Inoltre, incredibile ma vero, Jack si era affezionato a quella fastidiosa creatura, avrebbe potuto mandarlo sulla sua strada, indicarli una palude dove nascondersi dai soldati del duca, ma preferiva la certezza che fosse al sicuro al suo fianco.
Inoltre, avrebbe dato una mano con il drago facendo da esca, dopotutto cosa non attirava l’attenzione di un drago più di un papero parlante?
Non che questo togliesse il fastidio che li proccurava, ma a cui Jack sapeva rispondere con sarcasmo: “Wow, sai Daffy sei proprio bravo a chiedere cose che sappiamo già?”
Daffy ignoro il commento sarcastico del suo amico e andò dritto al sodo: “Quello che mi chiedo è perché non hai congelato i deretani dei suoi soldati, per poi minacciarlo con i tuoi poteri e nel caso non cedesse trasformarlo in una scultura di ghiaccio, per poi obbligare il suo esercito a fare ciò che vuoi con la minaccia di un inverno eterno?”
Ok, Jack era quasi spaventato dal modo così rilassato in cui Duffy li aveva espresso il piano.
Certo avrebbe potuto farlo, ma nonostante il suo carattere malizioso e alcune volte scorbutico Jack si considerava una brava persona e quindi rispose alla domanda di Duffy con un'altra risposta sarcastica: “Sai avrei potuto anche prendere d’assalto l’intero castello, uccidere tutti i soldati e i lavoratori all’interno, trasformare l’intero ducato di Weselton, nel mio regno di ghiaccio e neve obbligando l’intera popolazione a emigrare o morire. Oh, aspetta, avrei già potuto farlo al polo, ma non l’ho fatto, perché magari ho una coscienza?”
Daffy rimase zitto per almeno cinque minuti, cosa che fece molto piacere a Jack mentre percorrevano quei campi di girasoli e pannocchie (oltre che a cipolle come scopri con disgusto Jack), poi salirono su un'altra collina dove si trovava un vecchio mulino abbandonato e fu a quel punto che Daffy chiese: “Si, ma hai il potere di fare questo e mille altre cose Jack, in fondo perché non usarlo?”
Jack si fermo di colpo, per poi girarsi verso di lui dicendogli: “Perché magari non voglio essere odiato più di quanto lo sono già?”
Per poi continuare il viaggio verso est in relativa tranquillità. Camminarono per tutto il pomeriggio e anche la sera, a parte una breve pausa pipi richiesta di Daffy, per poi continuare anche per metà della notte, poi si fermarono a dormire perché Daffy era stremato dopo tutto quel camminare (e perché Jack non riusciva più a sopportare i suoi lamenti).
Quindi come ogni volta che si fermavano per dormire nei tre giorni precedenti, Daffy andò a cercare dei rametti e sterpaglie abbastanza asciutti per accendere il fuoco, visto che se li avesse raccolti Jack li avrebbe congelati e la sua sola presenza faceva nevicare nella zona circostante; quindi, Daffy ci mise ben trenta minuti a trovarli e quasi un’ora per accendere un fuocherello per sé stesso (visto che Jack non ne aveva bisogno).
La mattina dopo Daffy provo a spegnere le braci del fuoco pestandolo con la zampa, ma non aveva capito che gli umani lo spegnevano usando le zampe posteriori perché avevano le scarpe e si scotto le sue zampe palmate, Jack dopo una leggera risata spense il fuoco con un raggio di ghiaccio emanato dal suo bastone.
Dopo un piccolo accertamento che Daffy non avesse subito danni seri, ripartirono, arrivati a mezzo giorno, Jack prese le razioni che si era tenuto nella tasca della sua felpa blu (per evitare che Daffy le rubasse e le mangiasse tutte), vedendo che si trattavano di panini imbottiti con un po' di salame dentro, li condivise con il suo pennuto compagno di viaggio.
I due alla fine scorsero da una florida collina, quello che doveva essere il loro vulcano inattivo, un monte alto qualche centinaio di metri e dal quale usciva un minaccioso fumo nero.
Jack lo riconobbe e in effetti era inattivo anche prima che lui nascesse da quanto era vecchio, ma come prova della sua precedente potenza era l’enorme deserto di sterile polvere grigia che lo circondava e che lui e Daffy avrebbero dovuto superare.
Visto che la metà era vicina e Jack voleva risparmiare strada disse a Daffy: “Credo che per risparmiare strada saltero.”
Lo spirito senti solo uno sbrigativo: “Perfetto” prima che Daffy gli saltasse sulla schiena, mettendogli le braccia attorno al collo e le gambe intorno alla pancia e quasi facendo inciampare il povero spirito dell’inverno, che non appena riprese il perfetto equilibrio disse arrabbiato: “Che diavolo Daffy?”
Daffy si giustificò con un: “Cosa? Non mi farò afferrare di nuovo dal collo.”
Jack emise un leggero grugnito, per poi spiccare un immenso salto prova della sua agilità e costituzione e con tre dei suoi lunghi balzi Jack e Daffy scesero dalla collina, superarono il deserto di polvere e arrivarono ai piedi del vulcano.
Quando furono ai suoi piedi Daffy (che si era tenuto stretto a Jack come un cucciolo di koala al dorso della madre) diede un colpo al cappuccio del suo maglione come se fossero le redini di un cavallo e disse: “Su un altro salto e siamo in cima.”
Però come lui non voleva essere afferrato per il collo, Jack non voleva essere il cavallo di nessuno e con un violento movimento d’anca fece cadere Daffy a terra, per poi dire serio: “Adesso saliamo.”
I due avanzarono sempre più vicini al loro bersaglio, per fortuna il vulcano era molto accessibile e la strada per il cratere era abbastanza percorribile, ma a pochi passi dall’entrata per esso, Daffy annuso l’aria e senti una terribile puzza ed esclamo: “Jack avvertimi la prossima volta che né sganci una, io sarei dietro di te.”
Jack annuso anche lui l’aria per poi dire: “Non sono io, questo è zolfo.”
Daffy non credendo al suo amico disse sottovoce: “Certo zolfo, è quello che dicono tutti.”
Intanto Jack saltava di pietra in pietra con l’agilità di uno stambecco fino alla bocca del vulcano, mentre Daffy l’ultimo pezzo di strada per percorrerlo dovette arrampicarsi per una parete di circa 6 metri, con lo stesso atletismo di un cadavere in decomposizione.
Sul serio faceva così pena che quando fu abbastanza vicino alla sporgenza del cratere Jack lo afferro per il collo tirandolo su e nonostante la tanta voglia di Daffy di urlargli addosso per averlo afferrato per il collo di nuovo, lo spettacolo che li si parò davanti era così terrificante da farlo tacere.
La bocca del vulcano era un grande lago di lava e magma e al centro di quel lago, spuntava un’immensa roccia che faceva da isola, sul quale era costruito un immenso castello in rovina, con alcune pareti e statue distrutte, il punto più alto di esso era un’alta torre nera a punta, dal quale finestra si poteva vedere una leggera luce.
Più in generale ciò che faceva paura a Daffy era che ciò che collegava il castello a loro era un vecchio ponte costruito con legno marcio e funi, che sembrava dondolare al minimo sbuffo di vento.
Poi il papero noto una cosa che gli ricordò ciò che lui e Jack stavano andando ad affrontare, dall’altra parte del ponte, vicino al portone per entrare nel castello c’erano i resti scheletrici di quelli che dovevano essere un cavaliere e il suo cavallo, molto probabilmente la carne era stata divorata dal drago che faceva guardia al luogo.
Per Daffy fu il panico totale, mentre Jack fece una battuta di spirito completamente divertito dalla faccia spaventata del suo amico: “Bello, ma non ci vivrei.”
Daffy non rideva affatto anzi si rivolse a Jack visibilmente spaventato e disse: “Beh Jack in fondo tu sai volare, hai poteri di ghiaccio io ti aspetto qui vai tu a salvare la principessa."
Jack avrebbe potuto farlo, ma se una principessa avrebbe visto lo spirito dell’inverno volare alla finestra, prenderla e portarla la via la poveretta sarebbe morta d’infarto.
Chi vogliamo prendere in giro Jack voleva divertirsi alle spese del povero Daffy e avere un piccolo aiuto nello scontro con il drago (che significava usarlo come esca) e quindi chiese: “Che c’è di cosa hai paura?”
Daffy non sopportava il sorriso che fece Jack e quindi rispose con sarcasmo: “Sai com’è non sono entusiasta di attraversare un ponte traballante sopra un lago bollente di lava.”
Jack si divertiva sempre di più e disse trattenendo a stento le risate: “Solo questo? Avanti ti aiuto io.”
Lo sguardo di Daffy divenne speranzoso e chiese: “Quindi arriviamo al castello con un tuo balzo?”
Jack rispose con un: “Ehm, no. Semplicemente ti aiuterò a superare la tua paura delle altezze, stando accanto a te per tutto il tuo precorrimento del ponte.”
Daffy chiese spaventato: “Davvero?”
Jack rispose con un: “Davvero, davvero. Tu semplicemente non guardare giù”, consiglio lo spirito dell’inverno, mentre si metteva a fianco al ponte, passeggiando sull’aria come se fosse niente.
Daffy deglutì dalla paura, ma si fece coraggio e avanzo verso il ponte, dove si attacco alle funi laterali di esso e dopo un lungo respiro e un’occhiata per assicurarsi che Jack fosse ancora al suo fianco e cominciò a camminare.
Il papero avanzava con un passo lento, ma almeno costante, come se volesse accertarsi che ogni asse che componesse il ponte reggesse bene il suo peso e con uno sguardo dritto davanti a sé continuava a ripetersi: “Non guardare giù, non guardare giù” con grande fastidio di Jack.
Comunque, anche Jack doveva ammettere che il ponte dondolava in modo preoccupante e il suono del legno che scricchiolava non era di sicuro un buon segno.
Arrivati a metà percorso però Daffy poggio il piede destro sull’ennesima asse, solo che questa cedette e cadde giù verso il lago di lava, per fortuna Daffy non corse il rischio di inciampare e cadere visto quanto fosse aggrappato alle funi del ponte, ma stava guardando giù e solo la vista di una possibile morte lo porto al panico. “JACK STO GUARDANDO GIÙ!” Urlo il papero in preda alla paura, per poi girarsi e tentare di tornare indietro correndo, ma si ritrovo davanti lo spirito dell’inverno che gli bloccava la strada, perché non appena aveva visto ciò che stava per fare Jack si era messo davanti a lui per bloccargli il passaggio.
Al che Daffy gli urlo in preda al panico: “JACK FAMMI PASSARE.”
Ormai per Jack era diventata quasi una questione di principio che Daffy oltrepassasse il ponte e sconfiggesse la sua paura quindi li fece notare che: “Ma sei a metà strada.”
Daffy ancora nel panico e tentando di farsi spazio per superare Jack e andare dall’altra parte, disse: “Si, ma so che quella metà è sicura.”
Jack perse la pazienza e comincio lui ad avanzare, volendo spingere il papero all’indietro, anche se era pronto ad afferrarlo nel caso fosse caduto dal buco nel ponte dietro di lui, ma per fortuna Daffy salto così indietro dallo spavento di vedersi caricare addosso Jack che lo superò.
Al che il papero, vedendo che sarebbe potuto cadere anche lui come quell’asse accuso Jack: “MA MI VUOI UCCIDERE?!”
Jack scosse la testa completamente serio e disse: “Se ti avessi voluto morto ti avrei ucciso molto tempo fa.”
Però lo spirito dell’inverno notò come la paura avesse fatto fare a Daffy grandi passi in avanti (anche se camminava all’indietro) e quindi stringendo il bastone nella mano destra, superò anche lui il punto dell’asse mancante e con un’oscillazione da destra verso sinistra con il suo bastone lo spirito evocò una violenta raffica di vento che fece dondolare pericolosamente il ponte, ma facendo indietreggiare il papero dalla paura.
Daffy tenendosi saldamente sulle corde, comincio a indietreggiare domandando spaventatissimo: “CHE STAI FACENDO?”
Jack rispose con un: “Questa è terapia d’urto, Daffy” e questa volta mosse il bastone da sinistra verso destra originando una potente raffica di vento da quella direzione e continuò per tutto il tempo, da destra a sinistra a sinistra a destra il portatore dell’inverno creò potenti raffiche di vento che fecero oscillare violentemente il ponte da una parte all’altra, facendo indietreggiare sempre più velocemente Daffy.
Che continuava a gridare a Jack di smetterla, sempre più spaventato, ma lo spiritello non la smetteva di oscillare il bastone e creare violenti venti, tanta paura aveva il papero di ciò che stava assistendo che, come un bambino, chiuse fortissimo gli occhi, ma dopo un'altra violenta scossa e un altro passo indietro, Daffy cadde in ginocchio e comincio a piangere ripetendo: “Morirò, morirò.”
Poi però senti Jack tossire e aprendo gli occhi vide che era inginocchio dall’altra parte del ponte e dietro di lui adesso si stagliava il portone del gigantesco castello: aveva superato il ponte.
Jack si avvicinò a lui con un sorriso saccente e dandogli una pacca sulla testa disse: “Molto bravo Daffy, molto bravo” per poi andare avanti per entrare finalmente nel castello.
Daffy si stupì di sé stesso e da spaventato e sconsolato passo immediatamente ad allegro e orgoglioso dicendosi alzandosi da terra: “Beh non è stato così difficile.”
Il papero con uno scatto dato dall’entusiasmo superò Jack e chiese spavaldo: “Dové questa rottura di scatole dall’alito di fuoco?”
Jack, non perdendo mai il suo senso dell’umorismo rispose: “Dentro aspetta che noi la salviamo.”
All’inizio Daffy lo guardò male, ma poi esplosero insieme in una sonora risata e il papero disse: “Lo ammetto, non era male.”

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Capitolo 7
*** Al salvataggio della principessa ***


Capitolo 7: Al salvataggio della principessa
Il coraggio di Daffy svani non appena fu dentro al castello, muri distrutti o semi tali, statue di draghi su soglie e guglie che sembravano quasi fissarli minacciosamente, cadaveri di cavalieri e dei loro destrieri di cui erano rimaste solo le ossa e il luogo era praticamente una sauna, la pietra del castello assorbiva il calore, ed era solo la presenza di Jack che rendeva il luogo un po' più fresco.
Il luogo era di per sé oscuro c’erano veramente pochi spiragli di luce, dati da quei pochi buchi del tetto mezzo distrutto, che superavano anche il fumo prodotto dal vulcano, per fortuna Jack era abituato a muoversi nell’oscurità; invece, Daffy no e molto spesso inciampava o andava a sbattere contro una colonna, aumentando sempre di più il suo senso disagio e panico.
Jack anche se non era spaventato come il suo amico pennuto, teneva stretto il bastone a sè e si osservava intorno cercando con lo sguardo il drago che doveva essere in quel castello.
Dopo aver superato una grande scalinata, Jack e il papero trovarono un sacco di casse distrutte, piene di pezzi di carne, Daffy pensò in preda al panico che erano finiti in mezzo alla mangiatoia del drago e voleva correre verso l’uscita, ma venne bloccato da Jack che gli spiego che molto probabilmente qualcuno ogni tanto portava del cibo al drago per non correre il rischio che mangiasse la principessa che avrebbe dovuto sorvegliare.
Al che Daffy chiese: “Si, ok, ma perché quello che porta il cibo al drago, non dovrebbe, visto che a quanto pare sa come affrontarlo, prendersi la principessa e sposarsela lui?”
Jack fu sorpreso della domanda intelligente di Daffy e dopo un breve momento in cui cerco di trovare una risposta disse: “Non lo so Daffy, andiamo avanti.”
E così fecero, ma più andavano avanti più il castello sembrava essere più grande visto da dentro e Daffy tornava a essere spaventato sempre di più e si teneva sempre vicino a Jack, chiedendogli: “Tu hai paura?”
Jack rispose alla domanda con un seccato: “No, ora taci.”
Daffy si finse coraggioso per cercare di essere come il suo amico, ma tentando di giustificare implicitamente il suo terrore: “Beh, neanche io ho paura, ma anche se la avessi in fondo sarebbe normale, in fondo la paura è una reazione per quando ci si trova in una situazione pericolosa e o mortale.”
Però mentre parlava non prestava attenzione dove metteva le zampe e inciampo su uno scheletro in armatura, dell’ennesimo cavaliere che aveva tentato l’impresa di salvare la principessa Elsa e creando un casino infernale all’interno del castello.
Dopo qualche secondo di silenzio da parte di entrambi, per essere sicuri che il drago non li avesse sentiti, Jack si rivolse a Daffy e stizzito sussurro: “Non ti avevo detto di tacere?”
Poi osservo lo scheletro in armatura su cui Daffy era inciampato e caduto e gli venne un’idea.
Sposto il papero rimettendolo in piedi, per poi cominciare a togliere allo scheletro alcuni pezzi di equipaggiamento, più precisamente i guanti, le ginocchiere e l’elmo.
Daffy non si sarebbe mai immaginato che il suo amico si mettese a saccheggiare un cadavere e chiese: “Che stai facendo?”
Jack spiegò, mentre si infilava l’elmo coprendosi il viso: “Beh la principessa avrebbe molta paura se il suo salvatore fosse Jack Frost, quindi perché non farle credere che sta venendo salvata da un cavaliere? Poi a lui non servono più.”
Mentre indossava il resto dell’equipaggiamento, Daffy voleva quasi dirli che nessuno avrebbe mai creduto che un tipo che indossava elmo, maglione, guanti di ferro, pantaloni marroni mezzi distrutti, ginocchiere, che se ne andava in giro scalzo e armato di bastone di legno fosse un cavaliere, ma segui l’ordine di Jack e se né stette zitto.
Intanto Jack messo l’ultima ginocchiera, riafferro il bastone che aveva messo a terra per usare entrambe le mani e disse: “Ora dividiamoci…” prima che Daffy potesse dire di no per la paura Jack continuo: “tu vai a cercare le scale, io vado dal drago.”
Daffy chiese non capendo: “Scale? Non dovevamo cercare la principessa?”
Jack rispose: “La principessa sarà in cima alle scale della stanza più remota della torre più alta.”
Sospetto Daffy chiese: “E tu come fai a saperlo?”
Jack scocciato rispose: “Per due motivi mio fastidioso amico: uno l’ho letto una volta in un libro, due è sempre così.”
Dopo questa risposta (non proprio illuminante), Jack andò avanti seguendo il percorso di destra, lasciando da solo Daffy, che per un attimo torno ad essere spaventato e voleva correre dietro a Jack pregandolo di non lasciarlo solo, ma poi pensò al compito che Jack gli aveva assegnato e cioè cercare le scale.
Un compito semplice e che avrebbe dovuto (relativamente), mantenerlo al sicuro.
Rincuorato da quel pensiero il papero, prese la direzione opposta a quella di Jack e tutto tronfio parlo da solo come se parlasse con Jack dicendosi: “Non ti preoccupare te le trovo io le scale.”
Svoltato un angolo trovo un enorme portone di legno, il suo primo ostacolo; quindi, Daffy comincio a spingere per aprirlo e per accertarsi che non fosse chiuso a chiave, ma dopo alcune faticose spinte riuscì ad aprire una delle porte che componevano l’immenso portone e ad accedere a una stanza del castello.
Daffy fierissimo di aver superato quel primo ostacolo, avanzo sempre più incauto dentro la stanza e continuando a parlare da solo si diceva: “Si, sa la vita è fatta a scale c’è chi scende è c’è chi sale e io le ho sempre salite. Oh, vorrei un gradino proprio qui mi ci siederei sopra.”
Il papero parlava, mentre saliva su un piccolo cumulo di mattoni distrutti, per mettersi in una posa fiera, non sapendo che tutto il suo continuo chiacchierare aveva risvegliato il drago che stava sonnecchiando e che in quel momento aveva riaperto gli occhi e vedeva in uno di essi un appetitoso spuntino.
Intanto Jack in tutto questo continuava ad avanzare nella sua direzione, ancora stretto nella mano destra aveva in mano il suo fidato bastone e si guardava intorno cercando i segni del drago, ma l’elmo li limitava la visuale, oltre ai guanti e ginocchiere che li limitavano i movimenti di mani e gambe, si stava chiedendo come i cavalieri riuscissero a muoversi con tutte quelle limitazioni.
Stava seriamente considerando di togliersi tutta quella ferraglia, chi se ne fregava se la principessa si fosse spaventata vedendolo, ma prima che potesse fermarsi per farlo, vide un grande arco che portava all’esterno e andò verso di esso, con il bastone stretto tra le sue due mani.
Andato oltre ad esso, vide davanti a lui una piccola scalinata di pietra, che conduceva a una porta di legno, attaccata a un’alta, ma sottile torre a punta composta di mattoni neri e sulla cima di essi una finestrella dal quale proveniva una luce giallognola: quella era la torre della principessa.
Jack urlò per avvertire Daffy che aveva trovato il bersaglio che doveva trovare il papero: “DAFFY HO TROVATO LA SCALE.”
Però qui rimaneva la domanda più importante che Jack si fece: “Ma dov’è il…”
“DRAGOOOOOO” senti Daffy urlare dall’altra parte del castello in preda al panico.
Perché non appena sentí il grido di Jack che lo avvertiva di aver trovato le scale, Daffy si girò e vide l’enorme occhio dall’ iride gialla e la pupilla nera che lo stava fissando, da un buco nella parete e identificò immediatamente la minaccia, dopo il suo urlo di paura comincio a scappare e per fortuna perché un millesimo di secondo troppo tardi e il papero sarebbe stato investito da una violenta fiammata e sarebbe diventato un succulento arrosto.
Mentre il papero correva verso il suo amico, la parete dove dietro c’era il drago che aveva osservato quello che aveva deciso che sarebbe stato il suo pranzo venne sfondata dall’enorme bestia, che non aspetto nemmeno che l’enorme nuvola di polvere che si era appena alzata a causa dello spaccarsi di un muro di mattoni si dissipasse e insegui con furia la sua preda.
Era veramente un drago enorme, alla spalla arrivava ai nove metri di altezza, le ali azzurre con macchie dorate erano i suoi arti superiori dall’apertura di dodici metri, era un drago bipede che si teneva sulle zampe posteriori, dalle scaglie principalmente blu (ma anche rosse, viola e marroni), davanti ai suoi occhi c’era un corno nasale ricurvo, mentre la coda e la corona dietro il muso erano disseminate di spine, con il corpo ricoperto di cicatrici.
La bestia emise un possente ruggito, che fece correre il papero ancora più veloce e seguendo il percorso di Jack arrivò al guardiano dell’inverno e quando lo vide dietro quell’arco (incredibile ma vero) accelero ancora di più.
Quando Jack senti l’urlo di Daffy sul drago, sapeva già che le cose sarebbero peggiorate ben presto e come conferma senti il distante rumore di un muro crollare, per poi pochi secondi dopo vedere un Daffy svoltare l’angolo correndogli incontro a una velocità che Jack non credeva potesse avere, mentre poco dopo dallo stesso angolo arrivo un possente drago bipede dalle scaglie azzurre, che osservava Daffy come se fosse un succulento bocconcino.
Poi il drago dopo aver buttato per un attimo il capo all’indietro, apri la bocca e da essa usci del fuoco ardente che stava per venire loro addosso, ma Daffy non sembrava essersene accorto e si stava dirigendo verso Jack per saltarli tra le braccia in preda alla paura, ma se si fosse precipitato contro di lui a quella velocità sarebbero morti entrambi.
Quindi Jack prima che Daffy potesse afferrargli il maglione con le sue mani in cerca di salvezza, si porto agilmente a lato del papero schivando la sua massa in movimento e con uno scatto fulmineo colpi il fondoschiena del papero con una violenta bastonata per farlo volare oltre il raggio del fiato infuocato del drago.
Poi toccò a lui proteggersi dal fuoco di drago, ma quando guardò verso la sua direzione vide alla fiammata mancava solo mezzo metro prima di investirlo, era impossibile da evitare, ma lo spirito dell’inverno attivo la magia del suo bastone e mettendoselo davanti come uno scudo, da esso si creò un immenso strato di ghiaccio che assorbì la maggior parte del colpo riuscendo a proteggere il portatore dell’inverno.
Daffy, intanto, dopo un volo di due metri in avanti, si stava rialzando dopo un duro impatto con un pavimento in pietra e vide dietro di sé non le forme di Jack e il drago, ma un’immensa nuvola formata da vapore e fumo a coprire il grande arco e vedendolo il papero si rese conto che Jack lo aveva appena salvato.
Daffy spaventato si rimise in piedi e si preoccupò per Jack chiedendogli ad alta voce: “Jack? Sei vivo?”
Però dall’enorme nube non provenni risposta alla sua domanda, ma una serie di grandi occhi gialli si aprirono in mezzo a essa e fissavano il piccolo essere nero, con fame.
Con un solo sbattere delle sue ali il drago disperse la nube di fumo, il colpo di vento generato dalla loro potenza fece mettere a terra, il papero che si ritrovo seduto sulle sue chiappe sul pavimento di pietra da qui si era appena alzato.
Il drago fissava quel papero dal piumaggio nero, certo era meno in carne dei cavalieri e cavalli che era abituato a uccidere, ma era pur sempre un uccello, quindi, bastava cuocerlo un po' con il suo fuoco e avrebbe avuto un sapore simile all’arrosto.
Daffy invece era completamente congelato dal terrore, non riusciva più a muovere un muscolo per provare a scappare, ormai l’unico modo in cui sembrava volersi difendere era semplicemente mettendosi le mani davanti agli occhi.
Quando il drago provo a fare del papero il suo pranzo con un morso, qalcosa lo trattenè, facendo in modo che la sua mandibola aperta mancasse Daffy di mezzo metro, che stupito di essere ancora intero, si tolse le mani dagli occhi vide come il drago provasse a morderlo, ma qualcosa sembrava impedirli di farlo.
Il drago stizzito per quell’impedimento alla consumazione del suo pranzo guardò dietro di sé per vedere cosa lo trattenesse nell’andare avanti e poté ammirare come la sua coda spinata fosse completamente congelata al suolo, ricoperta di uno spesso strato di ghiaccio che sembrava impedire alle sue zampe posteriori di avanzare non importa quanta forza ci mettesse in esse.
Sopra la coda della bestia si trovava il responsabile dell’accaduto, Jack infatti utilizzo la copertura provvista della nube si era messo sotto il ventre del drago e mentre esso avanzava verso Daffy si era spostato furtivamente dietro di esso per congelarli la coda impedendogli l’avanzata e quindi di divorare Daffy.
Poi Jack urlo al papero ancora stupito: “DAFFY SCAPPA.”
Daffy non se lo fece ripetere due volte, si rimise immediatamente in piedi e prese le scale per la torre, ma in tutto questo il drago non se ne stette fermo, non poteva sciogliere il ghiaccio sulla sua coda altrimenti l’avrebbe bruciata (nonostante l’enorme resistenza di un drago al fuoco) e quindi comincio a fare enormi movimenti di anca volendo spezzare il ghiaccio con la forza della sua coda.
Dopo qualche colpo d’anca ce la face, il ghiaccio si spezzò sotto il movimento dell’immensa coda del drago, che con un potente colpo di frusta oltre a spezzare il ghiaccio la coda lancio il leggero spirito dell’inverno verso la torre della principessa.
Per un attimo Jack ebbe paura di schiantarsi contro un muro di mattoni, ma poi si ricordo della sua capacità di volare e (per fortuna) aveva ancora il bastone in mano, quindi con un enorme folata di vento volo fino al tetto della torre, nascondendosi su di essa.
Il drago non appena vide la sua coda libera, cerco con lo sguardo l’essere che gliel’aveva congelata, ma non lo trovava da nessuna parte, non avendo notato che l avesse lanciato via con il colpo di frusta della sua coda.
Quindi torno a concentrarsi sulla sua preda e anche lei era sparita dalla sua precedente posizione, ma basto buttare lo sguardo un po' più avanti per trovarla, il papero stava provando a sfondare la porta della torre e percependo lo sguardo del drago su di lui triplico i suoi sforzi, finché dopo una violenta spallata la porta non venne completamente buttata giù.
Il papero comincio a salire le scale a chiocciola della torre per mettersi al sicuro, ma il drago per stanare il papero comincio a sputare fuoco dall’entrata che lui aveva preso, incendiando l’interno della torre, Daffy vide che da sotto di lui il fuoco di drago stava salendo a grande velocità e quindi sapendo che se avesse continuato a salire per sfuggire alle fiamme sarebbe finito arrosto, Daffy vide la porta accanto a lui e prese quella.
Era una porta che conduceva a un ponticello di pietra, che era collegato alla torre, composto da tre colonne, anche se lo conduceva verso l’esterno (e quindi più vulnerabile agli attacchi del drago) Daffy lo percorse correndo in preda alla paura e scappando dal fuoco di drago.
Il papero vide alla fine del ponte, un androne con un enorme portone, se fosse arrivato a esso sarebbe stato al sicuro dal fuoco di drago e quindi comincio a correre ancora più velocemente.
Però il drago aveva ottenuto un buon risultato e cioè far uscire il papero dalla torre, il prossimo passo sarebbe stato bloccarli le vie di fuga e quindi con un colpo di coda abbate la colonna che sosteneva la parte del ponte vicino all’androne.
Daffy si vide la sua speranza di salvezza crollare letteralmente, dovette frenare di colpo la sua corsa per non cadere nel vuoto insieme a quella parte di ponte caduta a pezzi, fece un’inversione di 180 gradi e cerco di tornare verso la torre adesso che il drago non ci soffiava più il fuoco dentro, ma esso abbate con un altro colpo di coda, la colonna che sorreggeva la parte vicino ad essa, privandolo anche di un'altra via di fuga.
In quel momento Daffy era sulla parte centrale del ponte, l’unica a non essere crollata, completamente in trappola, mentre il drago con lo sbattere delle sue ali si levò in volo, quasi per mettere in mostra al papero il corpo di quello che sarebbe stato il suo assassino e emise un tremendo ruggito.
Intanto Jack osservo la scena, puntando il bastone contro il drago e pronto a spararli addosso un raggio di gelo al minimo movimento, ma ciò che accade dopo sorprese perfino lui uno spirito millenario.
Daffy era in preda al panico, ormai credeva che il suo capolinea fosse arrivato, ma era come un bambino spaventato quindi al posto di dire qualcosa di epico o solenne, lui disse qualcosa di completamente ovvio: “Ccche denti luuunghi che hai.”
Il drago emise un altro ruggito, stavolta molto meno assordante, anzi sembrava quasi essersi calmato un po', quasi non credendoci Daffy continuo a parlare, volendo imbonirsi la bestia: “Volevo dire che denti abbaglianti. Lo so che te lo diranno tutti quelli che ti mangi, ma per tutti gli dèi se tu non hai un sorriso sfavillante…”
Purtroppo, le parole al papero cominciarono a mancare, ma intanto ciò che aveva detto aveva attirato l’attenzione del drago che sembrava meno famelico e più incuriosito, anche il suo modo di avvicinarsi era meno aggressivo (tanto che fu l’unica ragione per cui non venne congelato all’istante da Jack) e avvicinando il corpo al pezzo di ponte in cui si trovava Duffy, il papero constato una cosa: “Tu sei, sei… Un drago femmina.”
Sia lo spirto che il papero a questa rivelazione pronunciarono allo stesso tempo un frustrato: “Oh cielo” sapendo dove la situazione stava andando a parare, ma Duffy dovette subito correggersi per evitare le ire femminili della dragona: “ma certo che sei un drago femmina, perché tu trasudi bellezza femminile e…”
La dragonessa, intanto, a tutti quei complimenti, chiaramente apprezzati, aveva cominciato a sbattere le palpebre verso il papero, ma esso non ancora capendo (o auto illudendosi) chiese innocentemente: “Che c’è hai qualcosa in un occhio?”
A quella domanda, la dragonessa mise il muso sulla spalla del papero (per poco Jack non andò nel panico credendo avesse appena attaccato Daffy) e comincio a fare un verso molto simile alle fusa di un gatto e Daffy vedendo il suo occhio giallo guardandolo in modo così languido, capi dove volesse andare a parare e disse tentando di allontanarla: “Bella sei dolce e tutto il resto, ma non credo di essere pronto a una relazione di tale portata.”
Poi emise un grido pieno di tutta la sua disperazione e paura urlando: “JACKKK SALVAMI.”
La dragonessa a quanto pare non voleva aspettare oltre e quindi prese con sorprendente delicatezza il papero per la coda con i suoi denti e volo via da dove era venuta, portandosi con sé il povero Daffy spaventato e che gridava per il soccorso di Jack che aveva assistito a tutta la scena non sapendo se ridere di essa o gemere per la disperazione.
Stava per levarsi in volo al salvataggio del suo amico, ma poi si rese conto di dove si trovava e cioè sul tetto della torre della principessa e quindi molto vicino al loro obiettivo; quindi, era meglio se prima la liberava e poi andava a salvare Daffy.
Dopo un: “Scusa Daffy verrò a prenderti presto” Jack aggancio l’arco a G del suo bastone al limite del tetto, per poi con un movimento che li fu possibile grazie alla sua enorme agilità entrare dalla finestra nelle stanze private della principessa.
La principessa Elsa per tutto questo tempo aveva ascoltato lo svolgersi degli eventi che stavano accadendo all’esterno, senza nemmeno osare affacciarsi alla finestra della sua prigione, ma ciò che aveva capito era che Tempestosa aveva incontrato delle altre povere anime sfortunate che provavano a liberarla e avesse combattuto con esse.
Aveva sentito una di quei suoi possibili soccorritori essere lanciato sul tetto e dal continuo scricchiolare delle tegole capii che fosse miracolosamente vivo, mentre il secondo a quanto pare in preda alla disperazione si era messo a parlare con il drago pregando di aver salva la vita (anche se Elsa non aveva sentito del tutto ciò che si erano detti), ma dalle urla di lui poi seguite dal silenzio e l’andarsene via della bestia le fecero capire che la dragona lo aveva ucciso.
Però c’era ancora speranza, in quel momento con un agile movimento il cavaliere che si trovava sul tetto era entrato nella sua torre dalla finestra, finalmente dopo 13 anni vedeva un essere umano in carne e ossa così da vicino.
Però non gli sembrava affatto uno di quei cavalieri con cui aveva avuto a che fare da bambina alla corte del padre, certo aveva elmo, guanti e ginocchiere, ma il resto dell’equipaggiamento era veramente di scarsa qualità, vestito di un semplice maglione con cappuccio blu, pantaloni marroni che sembravano fatti di stracci, non aveva nemmeno stivali o scarpe e se ne andava in girò a piedi nudi.
Poi che razza di cavaliere usa un bastone al posto di una spada o una lancia?
Il suo fisico però era quello di un guerriero, forse un po' troppo magro, ma comunque alto e dalle spalle larghe, finché l’avrebbe portata fuori dalla sua torre lei non si sarebbe lamentata.
SI guardava intorno non avendo ancora notato il letto su cui lei era seduta, stava guardando la sua libreria appoggiata al muro e il portone che la separava dal mondo esterno, ma che la teneva al sicuro dal drago.
Il più silenziosamente possibile Elsa si sdraiò sul letto, proprio come quelle principesse nei libri di fiabe che leggeva da piccola con… beh molto tempo fa e chiuse gli occhi sperando che al suo salvatore apprezzasse gli scenari fiabeschi.
Jack intanto appena entrato cerco con lo sguardo la principessa, ma era veramente difficile orientarsi con l’elmo di un cavaliere ricoperto dalla fuliggine originata dal fuoco di drago, quindi prima di vedere la principessa, vide una grande libreria contenente molti libri di buona fattura, un tavolino ben apparecchiato e con un piatto contenente poche briciole di pane e il portone per entrare nella stanza.
Finché non sposto lo sguardo alle sue spalle, dove vide un grande letto e sdraiata su di esso quella che doveva essere la principessa Elsa che sembrava quasi una vittima di un incantesimo che la teneva addormentata, altrimenti non si spiegava come potesse non essersi svegliata visto tutto il casino fatto dal drago.
“Avrà il sonno pesante” sì disse Jack, mentre guardava la principessa per accertarsi veramente lei, aveva i capelli rossi, pelle pallida ma sana, naso piccolo e l’abito era abbastanza elegante per una prigioniera, era molto simile alla descrizione datagli dal duca di Weselton e quindi avvicinandosi al letto, chinandosi su di lei e mettendole la mano destra sulla spalla sinistra comincio a scuoterla violentemente al grido di: “SVEGLIATI!”
Elsa non si sarebbe mai aspettata che il suo salvatore fosse un uomo dai modi così rozzi e per non essere scossa ancora così violentemente, riapri gli occhi e tolse la sua mano dalla spalla dicendo: “Ok sono sveglia.”
Dalla fessura del suo elmo potte vedere che il suo soccorritore aveva due bellissimi occhi blu, però circondati dalla fuliggine, dandogli quasi un aspetto inquietante, comunque adesso doveva concentrarsi sulla domanda che lui le aveva fatto: “Sei tu la principessa Elsa?”
Elsa rispose semplicemente con un: “Si, sono io.”
Jack senza tante cerimonie la fece alzare in piedi e disse: “Va bene andiamo.”
Prendendola rudemente per il braccio, Jack se la trascino dietro, mentre Elsa tentava di liberarsi dalla sua presa non perché volesse fuggire da lui, ma perché era troppo forte le faceva molto male al polso, ma nonostante tutto il suo cercare di liberarsi dalla presa di quello che non sapeva fosse lo spirito dell’inverno non ci riusciva e quindi esprimeva tutto il suo non essere d’ accordo a questo trattamento alla sua persona con un: “Ma che modi.”
A Jack non importava (anche se c’è da dire che non si rendeva conto che le stesse facendo male) e si diresse verso la porta per poi provare a spingerla e a tirarla per aprirla, ma senza successo, sembrava essere incollata al muro; quindi, si rivolse a Elsa e chiese: “Hai una chiave?”
Elsa scosse la testa e disse: “No quella porta non si può aprire.”
Jack disse con un ringhio aggressivo: “Stronzate, altrimenti come ricevevi il tuo cibo?”
Elsa lo guardo stupita (e anche un po' spaventata) e chiese: “Come fai a saperlo?”
Jack rispose (più calmo): “Non è stato difficile intuirlo, io e Daffy abbiamo trovato le scorte del drago poco fa, inoltre anche una principessa deve mangiare. Chi porta quel cibo?”
Elsa rispose alla domanda del suo salvatore: “Un cavaliere leale a mio padre, Sir Kai, riesce a entrare nel castello perché Tempestosa è stato addestrata a provare dolore ogni volta che sente un campanello, lascia il cibo sia a lei che a me, ogni mese, io lo recupero con una carrucola che monto sulla finestra.”
Elsa non aveva rivelato al suo salvatore che Sir Kai si fermava a parlare con lei per tenerle compagnia, i due parlavano per un ora del più e del meno separati solo da quella maledetta porta, dopotutto Ser Kai era uno degli uomini più leali che Elsa avesse mai conosciuto e non avrebbe mai osato fare un dispetto a suo padre salvandola lui stesso nonostante avesse tutto l’equipaggiamento necessario.
Jack intanto aveva quasi pietà per il drago alla luce di queste informazioni, ma intanto conosceva il suo punto debole, peccato che non aveva campanelli da fare suonare. Aspetta il drago si chiamava Tempestosa?
Jack stava già perdendo tempo, Daffy a quell’ora poteva essere morto o peggio e quindi giratosi di nuovo verso la porta la sfondo con un calcio per poi trascinarsi la principessa dietro di sé.
Nonostante i suoi modi bruschi, Elsa era veramente eccitata.
Finalmente era libera, finalmente tutto ciò che le era successo poteva essere sistemato.

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Capitolo 8
*** Fuga dal castello ***


Capitolo 8: Fuga dal castello
La coppia scese la scala a chiocciola, nonostante molti degli scalini di pietra fossero stati fusi dal fuoco di drago (e nonostante l’enorme dolore provato dai piedi nudi di Jack nel toccare roccia bollente), i due oltrepassarono la porta sfondata da Daffy poco prima, percorsero le scalinate e trascinandosi la principessa dietro, Jack comincio a correre dietro la polvere tirata su dal drago.
Ovviamente Elsa non riusciva a rimanere allo stesso passo del suo rozzo cavaliere, le sue calzature non erano adatte alla corsa, più il fatto che avendo passato tredici anni rinchiusa in una torre non era riuscita a fare movimento non la rendevano di certo la donna più atletica, inoltre stava continuando a tirarle in modo rude il braccio destro al che lei comincio a gridare: “Ahia, mi state facendo male!”
Jack sentendo quelle parole, si accorse che stava tirando il braccio della principessa cosi forte da danneggiarla, quindi si fermo, le lascio immediatamente il braccio e mentre lei se lo massaggiava, lui quasi imbarazzato le disse: “Mi dispiace, scusami.”
Nel vederlo con il capo abbassato per la vergogna e nel sentire quelle scuse sincere, la principessa Elsa sorrise sperando che dopotutto il suo salvatore fosse veramente un uomo onesto e retto; quindi, dopo un altro massaggio per togliersi il dolore al braccio destro chiese la domanda che avrebbe dovuto fare all’uomo che le aveva salvato, come da rituale: “Posso chiedere il nome del mio salvatore?”
Jack rispose leggermente impaziente, ma con cortesia per averle fatto del male: “Ehm, Jack.”
Elsa credendo che il suo salvatore fosse un cavaliere continuò a seguire l’etichetta di corte per quanto riguarda situazioni di quel genere: “Sir Jack, vi prego di accettare questo omaggio in segno della mia gratitudine” disse la principessa mentre tirava fuori dalla sua manica sinistra un fazzoletto ben ricamato in tessuto bianco e lo allungo verso il suo "cavaliere" volendo che lui lo prendesse.
Lo spirito in realtà lo prese con grande gioia, ma non per il motivo che la principessa poteva aspettarsi, infatti dopo un: “Mi serviva proprio” comincio a passarsi quell’ elegante fazzoletto ricamato su tutto il viso, pulendoselo da un po' di fuliggine, sotto lo sguardo esterrefatto di Elsa, per poi appena finito ripassarglielo senza tanti complimenti.
Elsa riprese l’omaggio, che aveva ricamato con tanto impegno per diversi giorni e diversi notti, vedendo come adesso da essere bianco come la nev… come il latte, avesse una grande serie di macchie di fuliggine che lo ricoprivano, che sporcavano il prezioso tessuto.
Poi la sua mano destra venne di nuovo riafferrata, dalla mano sinistra del cavaliere, che riprese a correre stavolta però guidandola e non trascinandosela con forza, ma proprio in quel momento Elsa senti un brivido di paura percorrerle la spina dorsale nel rendersi conto che aveva dimenticato i guanti nella torre.
I guanti che erano stati l’ultimo regalo di suo padre prima di essere rinchiusa in quella torre, i guanti che avrebbero dovuto trattenerla, adesso non erano lì per aiutarla.
E se il cavaliere scoprendo il suo segreto l’avesse uccisa?
Jack intanto avanzava, ignaro dei turbamenti d’animo della principessa che aveva appena salvato, in mezzo alle sale scarsamente illuminate cercava segnali su dove il drago fosse andato a finire e alla fine tornarono alla zona in cui lui e Daffy si divisero poco prima e li Jack decise di seguire la strada che aveva indicato a Daffy quando gli aveva dato il compito di cercare le scale.
Però venne fermato dalla principessa Elsa, che afferrandogli la manica del maglione gli chiese spaventata: “Che stai facendo? L’ uscita è dall’altra parte” indicando la strada che lui e Daffy avevano percorso per arrivare li.
Jack con un violento movimento del braccio si scrollo di dosso la mano della principessa e disse: “Si tu vai pure verso l’uscita, io vado dal drago.”
Elsa nonostante il modo molto maleducato in cui il cavaliere aveva scacciato il suo tocco, era preoccupata per la sua sicurezza (e anche per la sicurezza di se stessa), credeva che volesse affrontare Tempestosa per orgoglio cavalleresco e/o vendetta per il compagno ucciso dalla bestia, quindi disse: “Non rischiate la vita per orgoglio o per vendetta.”
Jack rispose a questa affermazione: “Orgoglio o vendetta? Che me ne faccio? Io devo salvare il mio papero.”
Elsa rimase stupita da quella affermazione, credeva quasi che Sir Jack avesse appena fatto una battuta per tranquillizzarla, ma la serietà del suo tono le fecero cambiare idea, al che chiese con un tono di voce che ben faceva trapelare la sua ignoranza su tutta quella situazione: “Scusi, cosa?”
Jack comincio a dire impaziente, ma completamente serio, come un uomo che sta parlando della lista della spesa: “Si Daffy, un fastidioso papero parlante, dal piumaggio nero e che cammina come un uomo, è stato rapito dalla tua Tempestosa” (all’ultimo dettaglio Jack stava quasi per scoppiare a ridere).
Elsa a questa spiegazione, quasi svenne, non volendo credere che colui che credeva fosse morto divorato da Tempestosa, fosse un papero che pareva sapesse parlare e camminare come un essere umano e che a quanto pare a detta di questo cavaliere armato di bastone e vestito in modo cosi leggero era ancora vivo.
Era così stupita e persa nei suoi pensieri, che quasi non si accorse che Jack si stava dirigendo verso la direzione nella quale Daffy aveva trovato il drago, al che Elsa voleva chiedergli cosa avrebbe dovuto fare nel caso non fosse tornato, ma invece dalle sue labbra usci la domanda: “Che genere di cavaliere siete voi?”
Jack cominciò a correre per salvare il suo amico pennuto, ma rispose alla domanda della principessa urlando: “UNICO NEL SUO GENERE TESORO!”
Elsa non sapeva se arrossire per la rabbia o per l’impudenza del suo salvatore.
Intanto Jack superati i detriti di legno di quello che doveva essere stato un enorme portone, entrò in una grande stanza, in cui c’erano i resti di un enorme muro sfondato e Jack prese quella direzione, trovando un sentiero che scendeva scavato rudemente nella roccia, era abbastanza largo per essere percorso da un drago delle dimensioni di Tempestosa.
Jack cominciò a scendere, la temperatura intorno a lui si faceva sempre più cocente, ma per lo spirito del ghiaccio e della neve bastava richiamare gli elementi sulla punta del suo bastone, per impedire bruciature ai piedi e rendendo l’ambiente leggermente più fresco.
Adesso che non doveva badare per forza alla principessa, avrebbe potuto usare i suoi poteri al massimo delle sue capacità senza preoccuparsi.
Arrivato alla fine di quel sentiero scavato nella roccia, vide che l’entrata per la tana del drago era un portone rettangolare a due ante, che Jack apri delicatamente e lascio socchiuso dicendo a bassa voce: “Beh, Tempestosa a quanto pare ha il senso della privacy.”
Jack vide come la tana del drago era stata fatta chiaramente dagli umani e non da esso, perché la stanza era ben decorata e ben arredata, Jack si trovava a un piano superiore e per accedere al piano inferiore gli umani prendevano uno scivolo circolare di circa otto metri.
Sotto di lui, intanto, si presentava la vista della dragona sdraiata nel suo “letto” composto da oro, monete, pietre preziosi, vasi di bronzo e altre ricchezze (Jack non aveva mai capito l’avidità dei draghi, erano bestie che se né facevano dell’oro?) e intrappolato nella sua coda spinata, ma per fortuna senza danni c’era uno spaventatissimo Daffy prigioniero della dragonessa.
Il papero cercava di mettersi in salvo usando la parola, visto che questa era anche la cosa che gli aveva impedito di essere divorato fino a adesso, dicendo alla dragonessa cos’è de tipo: “Senti parliamoci molto chiaro bella, io non sono pronto a tuffarmi in un rapporto di tale ehm rilevanza è questa la parola che cercavo rilevanza.”
Intanto la dragonessa ascoltava le parole di Daffy come se il papero stesse sputando da quel becco i fatti più importanti al mondo e mosse delicatamente il muso verso di lui, per poi premerlo contro il muso del papero cominciando a strofinarsi contro di esso, mentre Daffy tentava di allontanarla inutilmente spingendola con le mani e dicendo: “Ehi, questo è contatto fisico non desiderato.”
Jack scosse la testa per la pateticità di quella scena e si mise a cercare un modo per salvare Daffy, senza che nessuno dei due finisse per diventare cenere e quindi vide che appeso al soffitto c’era un lampadario, sorretto tramite quella che era una lunga catena, legata a uno di quelli aggeggi che gli umani usavano per aprire e chiudere portoni o ponti nei loro castelli.
Jack ebbe un piano, sperava solo che Daffy fosse abbastanza veloce di pensiero e di reazione per poter eseguirlo (e conoscendo il papero probabilmente non lo era), quindi punto il bastone verso l’aggeggio che teneva la catena che reggeva il lampadario e poi sposto lo sguardo verso Tempestosa aspettando il momento giusto.
Che non tardo ad arrivare, Tempestosa infatti alzo il muso verso l’alto in verticale come se si volesse stiracchiare ed emise un profondo sbadiglio, allargando la sua enorme mandibola e mostrando le sue appuntite zanne (che spaventarono a morte Daffy) e non appena la mandibola si stava per chiudere Jack attuo il suo piano.
Dal suo bastone venne sparato un dardo fatto di ghiaccio, che colpì l’aggeggio sul soffitto che teneva il lampadario senza tagliare la catena, ma distruggendo il meccanismo lasciando cadere il lampadario al momento giusto, proprio sopra la testa del drago.
Quel lampadario in legno e ferro, aveva una forma ad anello, mentre le candele che servivano a illuminare la stanza erano sui suoi contorni e questo permise di calzare sulla testa di Tempestosa come un guanto e nel colpire il corpo della dragona la fece perfino cascare a terra.
A quel punto la dragonessa era stordita a terra, mentre con le zampe posteriori cercava di liberarsi dal lampadario che era diventato il suo nuovo collare, Daffy era invece completamente stupito per ciò che era appena successo, ma poi senti la voce di Jack che gli urlava: “SCAPPA BRUTTO IDIOTA!”
Il papero non se lo fece ripetere due volte e con un balzo incredibile supero la coda che gli faceva da gabbia e comincio a correre risalendo lo scivolo circolare più velocemente possibile.
Jack però sapeva che non sarebbe stato abbastanza veloce da evitare un attacco del drago; quindi, comincio a volare trascinato dal vento e si porto alle spalle del papero, poi volo proprio in mezzo alle sue gambe che stavano correndo e con un rapido movimento se lo portò sulla schiena, proprio mentre i suoi nudi piedi toccavano il terreno di pietra e poi comincio a correre sfruttando la sua maggiore velocità nonostante il peso del papero sulla schiena.
Per fortuna fece quella manovra, perché Tempestosa accorgendosi della fuga di quello che doveva essere il suo compagno, girò il muso verso di lui e aprendo la bocca sparo un getto di fuoco contro di esso, ma il papero fu salvato proprio da questa mossa di Jack che nonostante il suo peso sulla schiena era sicuramente più veloce di un papero antropomorfo che raggiungeva a malapena il metro di altezza.
Daffy si ritrovo sulla schiena di Jack e si attacco su di essa, continuando a urlare al suo salvatore: “GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE” per poi però girare lo sguardo e vedere il punto in cui si trovava poco prima inondato dal fuoco di drago, e quindi comincio a urlare: “CORRI, CORRI, CORRI” spronando il suo amico spirito ad andare più veloce.
Come se ce ne fosse bisogno di dirlo, Jack aumento ancora di più la velocità con cui muoveva le gambe, sentendo il calore del fuoco dietro di lui, non volto mai il capò e continuo dritto per dritto, finché non arrivo al portone per la tana della creatura e si ringraziò mentalmente per averlo lasciato socchiuso, passando agilmente in mezzo alle due ante, cominciò a correre per risalire il largo sentiero scavato nella roccia.
Nonostante la fatica di correre in salita, lo spirito dell’inverno riuscì a mantenere la sua velocità costante, ma sia lui che Daffy sentirono il suono di un portone di legno spaccarsi e il ruggito di Tempestosa provenire da dietro di loro e quando il papero girò lo sguardo vide che la dragonessa stava risalendo il tunnel ed era al loro inseguimento, rallentata solo dal lampadario/collare e per il fatto che doveva ritirare le ali per farsi abbastanza spazio per poter passare.
Al che il papero comincio a gridare di nuovo a Jack: “CORRI, CORRI, CORRI”.
Jack aumento ancora di più la velocità della sua corsa, mentre sentiva le urla di Daffy, i pesanti passi di Tempestosa e il tintinnare di una catena, ma ormai erano quasi usciti dal tunnel, ma proprio alla loro uscita Jack vide qualcuno che non doveva essere li ad aspettarli.
La principessa Elsa poco dopo che il suo cavaliere se n’era andato per salvare il suo “papero”, per la paura di rimanere da sola proprio nel momento in cui aveva appena visto un’anima viva in tredici anni, si era messa a seguire i suoi passi.
Aveva superato da poco il muro distrutto e si era appena affacciata per quel sentiero scavato nella roccia, quando senti il ruggito di Tempestosa e questa volta provo sincera paura, perché non aveva le mura della torre e le provviste lasciate da Sir Kai a proteggerla, ma vide risalire da essa Sir Jack, con il suo caratteristico bastone nella mano sinistra, correndo come un dannato e portando qualcosa di nero sulla schiena che non capiva da quella distanza cosa fosse.
Jack nel vedere la principessa davanti a sé e non all’uscita (magari che avesse già attraversato il ponticello) voleva quasi maledirla, adesso avrebbe dovuto preoccuparsi di salvare due persone dal drago e con un rapido scatto si portò verso di lei a tale velocità, che Elsa credette che la stesse per investire, ma non ebbe nemmeno il tempo di reagire, che Jack se la caricò sulla spalla destra con il braccio libero e poi cominciò di nuovo a correre, nonostante la stanchezza nelle sue gambe.
Intanto Elsa da quella posizione, con la pancia premuta contro la spalla del suo salvatore, poté ben vedere cosa esso trasportasse sulla schiena, un papero nero, dal becco arancione, che al posto delle ali aveva braccia, con mani che si tenevano al maglione blu di Sir Jack e lunghe gambe che terminavano con zampe palmate dello stesso colore del becco, che circondavano la vita del cavaliere.
Daffy come se non stessero rischiando la vita a causa di un drago alle loro costole saluto la principessa (facilmente identificabile) con un educato: “Salve principessa.”
Elsa alle parole di quella creatura urlo: “LUI PARLA?” (Nonostante Jack le avesse spiegato poco prima che era capace di farlo).
Lo spirito urlo come risposta: “SI, IL DIFFICILE È FARLO TACERE.”
Intanto sia Elsa che Daffy videro come alle spalle di Jack, Tempestosa fosse uscita dal tunnel e si era gettata al loro inseguimento al che insieme urlarono a colui che stava portando loro in salvo: “CORRI, CORRI, CORRI!”
Jack sapeva che sarebbe uscito in due modi da quel castello: morto o sordo.
Il portatore di neve corse il più veloce che poteva, nonostante i due pesi morti che aveva addosso, uno di essi se l’era issato sulla spalla destra e con il braccio intorno alla sua vita stretta, se la premeva contro l’orecchio destra per non farla cadere, mentre il secondo se l’era issato sulla schiena e si teneva attaccato a lui con le sue mani e premeva le sue zampe palmate contro il suo stomaco come a spronarlo ad andare più veloce.
Elsa cercava di non muoversi per non cadere o far inciampare o rallentare il suo cavaliere, mentre Daffy fissava la strada davanti a lui dando indicazioni a Jack per l’uscita urlandogli cose tipo: “SALTA, SINISTRA, ANCORA SINISTRA, DESTRA SCENDI LE SCALE, SINISTRA!”
Almeno si era rivelato utile, perché Jack aveva già la visuale limitata dall’elmo che ancora indossava, più il fatto che gli era impossibile vedere alla sua destra a causa delle larghe gonne del vestito della principessa che gli coprivano la visuale.
In tutto questo Tempestosa continuava a inseguirli, avvantaggiata dalle possenti gambe di un drago, ma scopri ben presto che quello strano cavaliere che le aveva congelato la coda era incredibilmente veloce e scattante e non importava quanto lei guadagnasse velocità, a una curva lei avrebbe dovuto rallentare per non investire i muri del castello, mentre lui avrebbe guadagnato preziosi metri di vantaggio.
Alla fine, i nostri protagonisti videro davanti a loro l’uscita per quel luogo infernale e Jack con un ultimo sforzo sovraumano guadagno ancora più velocità facendo appello a tutte le sue energie rimaste (diventando in pratica un ghepardo per quanto stesse correndo veloce).
Superarono l’enorme portone di entrata e quando i piedi di Jack toccarono le assi di legno che componevano il ponte traballante sia lo spirito, che il papero, che la principessa sentirono la speranza crescere nei loro cuori, ma questo non fece rallentare minimamente il portatore di ghiaccio.
Tempestosa però in quel momento stava guardando la sua prigioniera e l’essere di cui si era innamorata esserli portati via da quello strano cavaliere e questo la dragona non poteva acetarlo e comincio a sputare una violenta fiammata verso il ponte, che fatto di legno marcio e funi di canapa era facilmente infiammabile.
La prima che assistete a quella cosa fu Elsa, che comincio a urlare in preda al panico: “IL PONTE VA A FUOCO! CROLLERA!”
Jack non doveva essere un genio per capire ciò che era successo e con un ultimo disperato sforzo percorse altri dieci metri, ma gli mancavano ancora altri trenta per arrivare al sicuro dall’altra parte; quindi, il suo braccio sinistro lancio il suo bastone dall’altra parte, per poi con il braccio destro lanciare la principessa dallo stomaco di essa, che attero dall’altra parte anche se l’atterraggio fu sicuramente doloroso.
Poi Jack con entrambe le mani libere prese Daffy da dietro la sua schiena e con un lancio mise al sicuro anche lui (anche sé il povero papero attero di becco sulla roccia vulcanica), ma nonostante l’essersi liberato dei pesi che aveva addosso Jack non riuscì a compiere un passo in più e il ponte crollo sotto i suoi piedi.
Il fuoco di drago aveva bruciato la metà del ponte vicina al castello, mentre l’altra metà era crollata per la mancanza del supporto, ma non era andato a pezzi, per questo Jack riuscì ad afferrare una fune e si tenne aggrappato ad essa, anche quando il suo corpo sbatte con le pareti della bocca del vulcano e nonostante il dolore provato lo spirito dell’inverno comincio ad arrampicarsi fuori da esso usando assi e funi come appigli.
Intanto sulla sporgenza del cratere, né Elsa né Daffy poterono riprendersi dal dolore per il brusco atterraggio, quando videro il ponte crollare con Jack sopra, entrambi temettero il peggio, ma quando si sporsero per guardare nella bocca del vulcano videro Jack che stava risalendo i resti del ponte per raggiungerli.
Elsa con un sorriso allungo la mano per aiutarlo a salire quando l’avrebbe raggiunta, mentre Daffy andò a cercare dove fosse caduto il bastone per darlo al suo amico, ma quando a Jack mancavano solo pochi metri per raggiungere la mano di Elsa, Tempestosa ruggì e con un enorme balzo usci dal portone di entrata del castello, spiego le ali e prese il volo.
Per un attimo Jack ed Elsa credettero che quella fosse la fine.
Beati loro che la catena era finita.
Come per un collare per il cane, la catena ancora legata al lampadario si tese, strozzando il sottile collo di Tempestosa e impedendole di avanzare in alcun modo, la dragonessa dovette fare dietro front e atterrare dove prima c’erano le basi del ponte che aveva bruciato.
Sia lo spirito che la principessa emisero un enorme sospiro di sollievo, per poi darsi la mano e lei aiuto Jack ad alzarsi in piedi al sicuro.
Quasi voleva abbracciarlo, se non fosse che arrivo Daffy con il bastone ricurvo del suo cavaliere, passandoglielo in silenzio e con un sorriso (cosa che Jack da sotto l’elmo ricambio).
E mentre i tre scendevano giù verso i piedi del vulcano, la dragona emise un altro ruggito, stavolta non di furia e rabbia, ma di sconforto e tristezza.

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Capitolo 9
*** Fastidio ***


Capitolo 9: Fastidio
Elsa non ci poteva credere, non era un sogno o un’illusione, ma la pura realtà: era finalmente libera.
Mentre scendevano il sentiero che conduceva ai piedi del vulcano, la principessa era in preda all’euforia per la libertà ritrovata e avanzava avanti a passo spedito, oltre a Sir Jack e alla strana creatura di nome Daffy.
Respirava l’aria come se in essa ci fosse l’odore più raffinato del mondo e non puzzo di zolfo e ammirava il paesaggio come se fosse il più bel tramonto mai visto, tranne per il fatto che il paesaggio era un desolato e grigio deserto di polvere, ma a lei non importava era così felice che le sembrava di volare.
Ed espresse quella sua felicità incontenibile con un: “Ce l’avete fatta, mi avete salvata. Siete incredibile, siete meraviglioso, siete…”
Poi si giro verso l’uomo a cui stava facendo così tanti complimenti e come se avesse voluto ucciderle tutto l’entusiasmo, lo vide che si stava stiracchiando senza il minimo senso del pudore o della cortesia.
Però con un dolce scuotere della testa Elsa decise che in fondo valeva la pena perdonarlo per la sua mancanza di educazione e disse: “Certo siete un po' rozzo e dallo scarso equipaggiamento, ma il vostro gesto è grande e il vostro cuore è puro. Vi sarò eternamente riconoscente” per poi fare un inchino al cavaliere che l’aveva liberata dalla sua prigionia.
Jack stava per dire un timido grazie, non abituato a tutti quei complimenti da una persona adulta, ma Daffy si mise accanto ad Elsa e facendo finta di tossire, portò l’attenzione della principessa su di lui, chiaramente in cerca di complimenti, cosa che Elsa non tardo a dare insieme a qualche carezza sul capo del papero: “E dove andrebbe un audace cavaliere senza il suo, ehm, nobile destriero?”
Daffy ignorò palesemente l’attimo di pausa che la principessa si prese per trovare le parole giuste e cominciò a vantarsi con il suo amico dicendo: “Hai sentito? Mi ha chiamato nobile destriero.”
La principessa cominciò a ridacchiare e ad accarezzare il becco di quella creatura animale, ma dalle fattezze umane, mentre Jack alzò gli occhi al cielo come per dire “pietà”.
Elsa riporto la sua piena attenzione, al suo salvatore e disse: “Bene, adesso potreste togliervi l’elmo cortesemente?”
Jack normalmente si sarebbe tolto quel soffocante elmo (insieme al resto dell’equipaggiamento che si era preso) senza nemmeno preoccuparsi di chiedere permesso a nessuno, ma aveva paura di come avrebbe reagito la principessa, cosa che preoccupo anche Daffy da come il papero si tese.
Jack provo a negare la richiesta della principessa con un gentile: “No.”
Elsa chiese stupita: “Perché no?”
Jack non sapeva quale scusa trovare e quindi disse la prima che aveva in mente: “Ho i capelli tutti schiacciati.”
Daffy lo guardò come per dirli “bugie più plausibili non né hai trovate”, ma ad Elsa sembrava non importare e disse: “Ve né prego vorrei guardare il volto del mio salvatore.”
Jack continuava a negare la richiesta della principessa dicendo: “Non mi pare proprio il caso principessa.”
A quel punto Elsa fece la domanda fatidica, nonostante l’imbarazzo che le provocava: “Ma allora come farete a baciarmi?”
“COSA?!” Jack quasi spaventato, tento di indietreggiare il più lontano possibile da Elsa, ma la sua schiena andò a sbattere contro la parete del vulcano, al che con Elsa davanti e il vulcano dietro, aveva tutte le possibili via di fuga (senza usare i suoi poteri) completamente chiuse e quindi rivolse il suo sguardo a Daffy, come a cercare aiuto, ma il papero con un sorriso sul becco disse: “Forse è una gratifica?”
Senza volerlo Daffy aiuto il suo amico, perché Elsa si rivolse al papero e disse: “No è il destino…” per poi aggiungere in tono più triste: “… il mio destino.”
Poi con aria più sognante, recitò quelle parole che aveva imparato a memoria: “Una principessa rinchiusa in una torre, tenuta prigioniera da un drago, viene salvata da un audace cavaliere e poi si scambiano il primo bacio di vero amore.”
Per un attimo ad Elsa parve di essere diventata… sua sorella.
Però mentre stava recitando le parole della storia che descrivevano sé stessa, si era allontanata da Jack come rapita dalle sue stesse parole e lo spirito e il papero si guardavano stupefatti e non sapendo che fare in una situazione del genere, ma alle parole “bacio di vero amore” entrambi si tesserò e si rivolsero alla principessa.
Daffy a quelle parole stava per ridere, capendo la direzione in cui Elsa stava andando a parare e quindi trattenendo le risate disse: “Ferma, ferma un istante. Per te Jack è il vero amore?”
Elsa rispose alla domanda con un timido, ma allo stesso tempo convinto: “Beh si.”
Jack e Daffy si guardarono per un attimo negli occhi e per cinque secondi ci fu un profondo silenzio, che venne interrotto da una fragorosa risata di entrambi sia spirito che papero, che trovavano le aspettative della principessa veramente divertenti.
Daffy rise così forte che cadde da terra e si teneva lo stomaco come se stesse per esplodere, mentre dal suo becco insieme alle risate uscivano striduli versi da anatra e continuava a dire: “JACK IL VERO AMORE HAHAHAHA!”
Jack invece nel suo ridere si piegò in due e rise così tanto che i suoi occhi cominciarono a lacrimare.
Elsa si senti offesa dal modo in cui sia l’umano (credici) che il papero stessero deridendo le sue convinzioni e con un po' troppo di astio nella voce chiese: “Cosa c’è di tanto buffo?”
Jack si stava asciugando le lacrime dal viso, ancora sporco di fuliggine e reprimendo le risate rispose con un: “Diciamo solo che non sono il tuo tipo, principessa.”
Elsa tento di recuperare un portamento e un comportamento rispettabile e visto che anche Daffy stava cominciando a smettere di ridere, chiese con più calma: “Certo che lo siete, voi siete quello che mi ha salvata sir. Non vi hanno raccontato la storia?”
Jack voleva quasi dirle, che non era lui quello che doveva amare, ma l’uomo per il quale stava lavorando e cioè il duca di Weselton, ma prima che potesse dirle la verità la principessa lei chiese con più insistenza: “Ora rimuovete il vostro elmo.”
Jack rifiuto di nuovo dicendo: “Non credo sia una buona idea.”
Elsa provò a capire quale fosse il motivo per cui Sir Jack non volesse togliersi l’elmo, forse era per qualche cicatrice di guerra di cui si vergognava oppure era semplicemente nato con il volto deforme e quindi per rincuorarlo disse: “Se vi credete di brutto aspetto, non vi preoccupate, io non vi giudicherò, dopotutto vi sono debitrice.”
Jack disse: “Fidati principessa non è il brutto aspetto il mio problema.”
Elsa comincio a discutere più animatamente: “Toglietevi quell’elmo.”
“No, non lo farò.”
“Toglietevelo.”
“No.”
“ADESSO” urlo Elsa in preda alla rabbia, non capendo perché il cavaliere non volesse togliersi l’elmo per baciarla e vista l’importanza che quel bacio avrebbe avuto per lei.
“D’accordo. Calma. Ai tuoi ordini, altezza” disse Jack stizzito per l’insistenza di Elsa e con la mano libera obbedì finalmente al comando della principessa, rimuovendo l’elmo e prendendo un profondo respiro.
Elsa avrebbe preferito un volto deforme, era come se il destino la prendesse in giro dandole come salvatore Jack Frost.
Avrebbe dovuto capirlo non appena aveva visto il bastone la cui un’estremità terminava con un arco a forma di G, il maglione blu, i pantaloni marroni formati da stracci, i piedi nudi, la perfetta descrizione che aveva sentito più volte quando era una bambina.
Poi adesso che vedeva bene il suo viso, vide che esso era ricoperto ancora di fuliggine, ma in mezzo a essa si vedevano i due occhi blu ghiaccio che aveva intravisto nella sua torre e vide i corti e selvaggi capelli bianchi come la neve sulla sua testa.
Era chiaramente Jack Frost, quando era bambina sua madre le raccontava molte storie su di lui e lei voleva conoscerlo perché… beh diciamo solo che erano molto simili e quindi quando scendeva la neve Elsa si affacciava dalla finestra del castello, cercandolo con lo sguardo, volendolo vedere, ma non importa se lo cercava nel cielo per vederlo volare, o tra gli alberi per vederlo saltarci sopra o sulla terra a camminare come un uomo, non lo vedeva mai.
I figli della servitù lo conoscevano e ogni giorno che Jack portava la neve da loro, andavano a giocare con lui, quando lei chiese loro che tipo fosse, loro le fecero la descrizione perfetta, descrivendolo come un amico di tutti i bambini, creatore di giochi e portatore di divertimento.
Invece la maggior parte degli adulti lo calunniavano descrivendolo come un dispettoso spiritello, portatore di sventura e creatore dei loro mali, molti giovani cavalieri nella corte di suo padre si vantavano di come l’avrebbero ucciso.
All’epoca Elsa si chiedeva come mai si volesse uccidere un amico dei bambini, ma crescendo nelle sue determinate condizioni si imparava ben presto che il ghiaccio era una maledizione, capace solo di ferire o peggio uccidere.
Come per prenderla in giro e confermare sempre di più la sua identità, Jack mostrò il suo sorriso più largo e alzo il suo bastone verso il cielo, facendogli emettere un raggio di luce azzurra che colpì le nuvole esplodendo, facendo cominciare una delicata nevicata.
Elsa con lo sguardo abbassato per la vergogna di aver chiesto un bacio a Jack Frost, disse a bassa voce come se non ci volesse credere: “Sei Jack Frost.”
Jack con il suo sorriso arrogante sul viso, chiese: “Oh che ti aspettavi, il principe azzurro?”
Secondo quello che le avevano detto i suoi genitori poco prima di farla rinchiudere in quella torre, colui che l’avrebbe salvata sarebbe stato la cosa più vicina ad esso ed Elsa da brava bambina di otto anni all’epoca ci aveva creduto, ma crescendo si era disillusa da questa visione, voleva solo qualcuno che l’avesse liberata e avesse rimosso la sua… condizione.
Elsa comunque rispose alla domanda retorica di Jack con un: “Si, in realtà.”
Per poi cominciare a farsi prendere dalla disperazione, sembrava che il respiro cominciasse a mancarle al petto, sembrava che più tempo passasse a guardare Jack più non sarebbe riuscita a trattenere le lacrime che minacciavano di scorrerle e quindi diede alla schiena allo spiritello del ghiaccio e disse con voce delusa: “Tu non dovresti essere Jack Frost.”
Le parole pronunciate dalla principessa che si stava allontanando da lui, li fecero più male di quanto Jack credeva fosse possibile (e lui credeva ci avesse fatto il callo da secoli a questo genere di trattamento nei suoi confronti), ma mantenendo in mente che il suo obiettivo finale era la proprietà del suo polo comincio a seguire la principessa, mentre si sfilava anche i guanti di metallo di dosso.
Jack le disse: “Principessa, io sono stato mandato a salvarvi dal Duca di Weselton chiaro. È lui quello che vuole sposarti.”
Elsa abbastanza stizzita della cosa chiese: “E perché non è venuto lui a salvarmi?”
Jack al posto di trovare una risposta arguta, disse ironico come non mai: “Ottima domanda, dovresti chiederglielo quando arriviamo li.”
Per poi iniziare a togliersi anche le ginocchiere, dando lui le spalle a Elsa questa volta, che frustrata comincio a lamentarsi di come: “Io devo essere salvata dal mio vero amore” per fortuna non vide come Jack stesse scimmiottando le sue lamentele muovendo la bocca come una bambina smorfiosa, ma senza dire niente “e non da Jack Frost e dal suo animaletto.”
A quell’ “animaletto” Daffy abbastanza offeso disse: “Tanti saluti al nobile destriero, vero?”
Jack tolto anche l’ultimo pezzo di equipaggiamento, che aveva sottratto a quel cadavere dentro il castello, cominciava a perdere sempre di più la pazienza e cominciando ad alterarsi disse: “Senti principessa mi stai complicando il lavoro.”
Elsa con un’arroganza, che di solito non le apparteneva, disse: “Mi rincresce, ma il tuo lavoro non è un mio problema.”
Jack cercava di trattenere la rabbia, ma le successive parole della principessa gliela fecero esplodere: “Puoi dire al duca di Weselton, che se egli vuole salvarmi come si deve attenderò il suo arrivo seduta qui” disse la principessa mettendosi seduta su una roccia.
“Brutta mocciosa arrogante, pensa perfino di darmi ordini” penso Jack mentre si avvicinava a grandi passi alla principessa seduta su un masso, con uno sguardo truce sul suo viso ricoperto di fuliggine (spaventando Daffy che vedendolo così arrabbiato credeva potesse farle del male), si mise davanti a lei e ringhio: “Ehi, io non porto i messaggi a nessuno capito? Io faccio le consegne e basta.”
Le due coppie di occhi si fisarono intensamente, come per sfidarsi, blu contro marrone e Jack dovette ammettere che quelli occhi non mostravano il minimo segno di paura; Elsa disse scandendo bene ogni parola: “Non oseresti.”
Inutile dire che Jack oso e con un rapido movimento mise il suo braccio destro intorno alla vita della principessa e se la issò una seconda volta sulla spalla destra, mentre lei strillo per la sorpresa e comincio a picchiare con i suoi pugni la schiena dello spirito dell’inverno (che non sentiva nemmeno i pugnetti delicati della principessa) urlando: “LASCIAMI.”
Jack non la ascolto minimamente e comincio a seguire di nuovo il sentiero per scendere il vulcano chiedendo al suo amico pennuto: “Vieni?”
Il papero che aveva assistito alla scena, accumulando sempre più tensione, rispose con un filo di voce: “Si” e si mise a seguire il suo amico, mentre osservava la principessa Elsa continuare a colpirli con quelle mani delicate la schiena e le spalle continuando a dire: “Mettimi subito giù. Non è dignitoso.”
La cosa continuo per cinque minuti, finché la principessa persa le speranze smise di aggredire Jack e si ritiro in un offeso silenzio (con grande piacere di quest’ultimo), anche Daffy se ne stette zitto a disagio con l’intera situazione (e forse ancora metabolizzando il fatto che era sopravvissuto a un drago).
Il viaggio per attraversare il deserto di polvere duro un ora e per tutto il tempo che ci volle per attraversare quelle lande desolate tutti e tre i viaggiatori provarono un enorme senso di disagio, come se il luogo che stavano percorrendo non li volesse li, come se il deserto rifiutasse la vita stessa.
Daffy chiese più volte a Jack di portarli sopra alla collina, con uno dei suoi salti, ma lo spirito rifiuto sempre (non sarebbe stato un deserto grigiastro a farli paura) e alla fine con calma e passo costante riuscirono ad arrivare alla collina dalla quale avevano visto il vulcano.
Mentre risalivano la collina innevata, a causa della presenza di Jack poche ore prima (che portava sempre neve e ghiaccio), Jack penso di come la strada del ritorno sarebbe stata sicuramente più facile dell’andata visto che dovevano seguire la scia di neve che lui si era lasciato alle spalle.
Intanto toltosi il disagio provocatogli dal deserto di polvere, Daffy aveva cercato di chiacchierare con Elsa, che ignoro i suoi tentativi di fare conversazione per almeno tre volte, ma alla fine cedette e i due cominciarono a chiacchierare del più e del meno, con Elsa che stava trovando la compagnia del papero parlante superiore a quella dello spirito.
Jack non era infastidito dalle loro chiacchere, finché non lo disturbavano ed Elsa non si dimenava troppo dalla sua presa non poteva lamentarsi, anzi a volte si univa ad esse quando voleva fare un commento irriverente, con grande fastidio di Elsa e gioia di Daffy.
Intanto Daffy si era messo a parlare di un fatto che gli era molto personale, mascherandolo da domanda comune (facendo sorridere Jack): “Allora tu piaci a una femmina, ma lei non ti piace in quel modo, come la rifiuti senza finire croccante e papato?”
Elsa trovava il modo in qui era formulata quella domanda strano, non sapendo dell’esperienza amorosa (indesiderata) che Daffy aveva avuto con Tempestosa e credeva fosse una semplice domanda su come un maschio dovrebbe gestire il dover rifiutare una femmina senza ferirla emotivamente e quindi disse: “Basta che tu le dica che non è la persona che tu stai cercando in quel momento.”
Daffy si mise zitto a pensare alla risposta che gli aveva dato la principessa (non del tutto soddisfatto), mentre Jack si fermo di colpo, quasi facendo sbattere il becco del papero contro il suo fondoschiena e disse: “Bene principessa, io ti metto giù, tu proverai scappare?”
Elsa sentendo un leggero dolore allo stomaco per tutte le volte che la sua pancia aveva colpito la spalla dello spirito del gelo e sapendo che la fuga non era possibile se non voleva rimanere da sola in un bosco disse sconfitta: “Anche se ci provassi, dove andrei?”
A Jack piacque quella risposta e mise giù la principessa (più o meno) delicatamente, mentre Elsa riabituava i suoi piedi quasi addormentati al contatto con il suolo, Jack andò verso il vero motivo per cui si erano fermati, un piccolo stagnetto in cui avrebbe potuto raccogliere un po' d’acqua per togliersi finalmente completamente la fuliggine dal viso.
Elsa, intanto, si appoggio con la schiena a un albero vicino, come per riprendersi da tutto ciò che era successo in quella frenetica giornata e disse guardando le foglie ricoperte di neve: “Prima arriviamo a Weselton e meglio sarà.”
Daffy si avvicinò a lei e disse per farle coraggio: “Si ti piacerà principessa, è una cittadina bellissima.”
Rincuorata dalla descrizione di Daffy sulla sua futura casa, Elsa chiese altri dettagli: “E il mio sposo, il duca di Weselton, com’è?”
Prima che Daffy potesse risponderle, lo fece Jack, che aveva sentito tutto: “Beh mettiamola così principessa, di uomini della statura del duca si è… a corto oramai.”
Sia Jack che Daffy ridacchiarono per questa battuta sulla bassezza del duca, mentre lo spirito dovette prendere e buttarsi l’acqua al viso con estrema velocità (per non congelarla con il suo semplice tocco), Daffy si senti in dovere di dire la sua: “Non lo so Jack, c’è chi di lui ha una… bassa opinione.”
Mentre Jack si lavava via la fuliggine finalmente dalla faccia, a sentire la battuta di Daffy scoppio a ridere insieme al suo amico, mentre venivano osservati dalla principessa Elsa, completamente all’oscuro del motivo per così tanta ilarità nei confronti del suo futuro sposo.
Del quale si senti in dovere di prendere le difese e disse: “Smettetela tutti e due, siete solo invidiosi, non potrete mai misurarvi con un grande condottiero come il duca di Weselton.”
Jack e Daffy smisero di ridere, ma dovevano trattenere le risate che minacciavano di scappare dalle loro bocche, lo spirito disse: “Già forse hai ragione principessa. Ma prenderai tu le misure quando lo vedrai, domani.”
Mentre Jack ridacchiava per un'altra battuta alle spese del duca, non si accorse di come Elsa si spavento per l’ultima parola che lo spirito aveva detto e comincio a cercare con lo sguardo il sole e lo vide che era a ovest in pieno tramonto.
Si guardò le mani in preda al panico, nessuno avrebbe dovuto sapere ciò che le accadeva quando il sole tramontava e quindi si rivolse a Jack e a Daffy che stavano continuando ad andare avanti e disse: “Non dovremmo accamparci? Sta per fare buio.”
Jack rispose con un: “No, ci impiegheremmo di più ad arrivare a Weselton.”
Elsa cercava un motivo, per cui avrebbero dovuto accamparsi, in modo da nascondere ciò che aveva e quindi disse: “Ma ci sono i banditi nel bosco.”
Con questa frase riuscì a far guadagnare al suo piano un sostenitore, perché Daffy sentendo di banditi nel bosco, afferro immediatamente la manica del maglione di Jack e disse: “Frena un attimo Jack, l’idea di accamparci non mi sembra poi così male.”
Però Jack sembrava determinato a continuare a camminare e disse a Daffy: “Sono Jack Frost, faccio più paura io di qualsiasi cosa tu possa trovare in questa foresta.”
Però lo spirito, che aveva girato il capo per comunicare con il papero, non appena portò lo sguardo davanti a sé vide la principessa, che si era spostata davanti a lui, che lo guardava in preda al terrore e disse con voce completamente disperata: “VOGLIO TROVARE UN POSTO DOVE ACCAMPARCI ADESSO!”
Sia Jack che Daffy non se la sentirono di discutere e cominciarono a cercare qualcosa che facesse da tetto per la principessa, in modo da proteggerla dalle nevicate notturne.
Dopo quindici minuti di ricerca trovarono una pila di enormi massi, sopra un dirupo, che componevano una piccola caverna, che avrebbe fatto da tenda per la principessa, al che Jack rimosse il masso che proibiva l’ingresso con enorme sforzo e presentò il futuro alloggio per la notte alla principessa (che stranamente continuava a fissare il sole).
Si lamento Daffy della qualità dell’alloggio al posto di Elsa: “Jack possiamo fare di meglio, non mi sembra proprio adatto a una principessa.”
Jack stava per dire che avrebbe dovuto accontentarsi, ma Elsa che vide come il sole stava per sparire dall’orizzonte, disse: “No, no, no è perfetta, manca solo un ultimo ritocco.”
Jack si chiese che altro volesse la principessa, che si stava avvicinando a lui a grandi passi, finché non li fu proprio davanti e guardandolo chiese il suo “ultimo ritocco”: “Potresti farmi una porta?”
Jack chiese stupito: “Cosa?”
Lei si spiegò: “Potresti farmi una porta di ghiaccio? Per favore.”
Glielo disse con quei grandi occhi marroni da cerbiatta, che lo fissavano speranzosi e Jack non oso rifiutare (almeno gli aveva chiesto per favore).
Quindi con la magia del ghiaccio prodotta dal suo bastone, creò una lastra di ghiaccio, molto simile a quella che fungeva da porta per casa sua e la adatto per essere dell’altezza e larghezza giusta per l’entrata della piccola caverna.
Elsa lo ringrazio e lo aiuto a incastrarla, lui da fuori, lei da dentro e quando la lastra fu in perfetto, equilibrio la principessa disse volendo allontanarli: “Grazie di tutto, adesso buonanotte.”
Daffy chiese volendo rendersi utile: “Vuoi che ti racconti una favola per aiutarti a dormire?”
Però Elsa rispose agitata: “Ho detto buonanotte.”
Sia spirito che papero si guardarono, ma poi alzarono entrambi le spalle non spiegandosi il perché di quell’atteggiamento brusco e mentre Jack si sedeva sull’orlo del precipizio a osservare il tramonto, Daffy andava a cercare dei legnetti per accendersi un fuocherello.

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Capitolo 10
*** È il mondo che ha un problema con me ***


Capitolo 10: È il mondo che ha un problema con me
Dopo un’ora, con l’oscurità appena caduta nella foresta, Daffy tornò con legna e foglie e riuscì ad accenderle, sbattendo due sassi l’uno contro l’altro finché non produssero una scintilla anche in tutto quel freddo e il papero festeggio chiedendo alla principessa se non volesse sedersi accanto al falò vicino a lui, ma Elsa rifiuto gentilmente da dietro la porta di ghiaccio.
Al che Daffy chiese preoccupato: “Sicura principessa? Fuori nevica e non vorrei che prendessi freddo.”
Elsa disse (mentendo): “Non ti preoccupare Daffy le pietre mi isolano dal freddo.”
Daffy si arrese, diede alla principessa la buonanotte, per poi tornare al suo fuocherello per riscaldare un po' le sue stanche membra e osservò Jack che sdraiato con la schiena sulla roccia coperta dalle neve osservava il nuvoloso cielo e la neve che scendeva lentamente, ma con costanza.
Daffy dopo qualche minuto si stanco di tutto quel silenzio e si avvicinò al suo migliore (nonché unico) amico e chiese: “Che stai guardando?”
Jack sbuffo (chiaramente apprezzando più del papero quel silenzio), ma diede una risposta laconica: “Le stelle.”
Daffy osservo il cielo notturno, coperto da nuvole cariche di neve, che impedivano a qualsiasi luce degli astri di illuminare la terra e chiese: “Mi stai prendendo in giro?”
Jack spiego: “Io riesco a vederle, perché ho una vista più acuta del normale.”
Daffy però non era soddisfatto, di quella spiegazione chiese: “Si, ma non potresti spostare quelle nuvole, così che anche un umile papero possa vedere le stelle?”
Jack con un enorme soffio di fastidio, afferro il suo bastone, che aveva appoggiato al suo fianco a pochi centimetri da lui e con un rapido movimento da sinistra a destra del suo braccio sinistro che teneva stretto il bastone evoco una raffica di vento che sposto i cumuli di nubi cariche di neve e dando spazio alla volta stellata.
Daffy lo ringrazio e anche lui si mise sdraiato sulla schiena toccando la roccia bagnata dalla neve, becco puntato verso l’alto, ad osservare quel cielo carico di stelle e con la luna piena, che poco prima erano coperte dalle nuvole, nate dalla presenza del suo amico e scacciate da una solo azione dell’essere che aveva la fortuna di avere dalla sua parte.
Però dopo altri cinque minuti di silenzio, Daffy chiese: “Ma tu riesci a leggere il mio futuro nelle stelle?”
Jack stupito disse: “No, nelle stelle non leggi il futuro, Daffy.”
Daffy lo guardò negli occhi come se cercasse segni che stesse mentendo, ma non ne trovo e quindi torno a guardare le stelle dicendo: “Quindi gli astrologi mi hanno sempre mentito?”
Jack rise un po' dell’ignoranza del papero e per evitare lo sguardo truce che questi li stava mandando disse: “Beh le stelle non ti sveleranno il futuro, ma ti raccontano storie.”
Poi lo spirito dell’inverno, indico con l’indice, una coppia di stelle, una di esse era la stella più splendente e grande del cielo, mentre quella accanto era molto più piccola e meno splendente, quasi nascosta per quanto fosse splendente la prima.
Jack si mise a spiegare la storia dietro quelle due stelle: “Quelle ad esempio sono Evangeline, la più grande e Ray la più piccola, una strana coppia se devo dire la mia.”
Daffy cerco con lo sguardo di seguire la direzione indicatagli da Jack, ma quando trovo le due stelle quasi dubito del fatto che dietro quei puntini luminosi nel cielo vi fosse una coppia di nome Ray ed Evangeline, ma comunque voleva fare conversazione e quindi chiese: “Mi racconti la loro storia?”
Jack ritiro il braccio destro, con cui aveva indicato la coppia di stelle e rispose semplicemente: “No.”
Daffy non discusse, anche se internamente malediceva Jack per averlo fatto diventare curioso, al che cambio argomento della chiacchierata che stava cercando di intraprendere: “Cosa faremo quando torneremo nel nostro polo?”
Jack alle parole “nostro” si giro immediatamente verso il papero e chiese: “In che senso il nostro polo?”
Daffy disse (non capendo bene dove fosse il problema): “Sai quando noi avremo finito con la principessa e tutto il resto?”
Jack a “noi” seppe che doveva mettere alcune cose in chiaro: “Daffy non c’è nessun noi, nessun nostro. Tu vivi al polo perché io ti ho permesso di viverci, finché le cose a Weselton non si sistemano, ma visto l’andare ti trovero casa in un altro continente il prima possibile.”
Daffy sentendo quelle parole rimase ferito nel profondo, il polo sud non era un luogo in cui avrebbe mai pensato di vivere in tutta la sua vita, era freddo e inospitale; eppure, lo sopportava perché ci viveva colui che gli aveva salvato la vita, quando nessuno prima gli era mai importato del benessere del papero.
Daffy sapeva che non era facile andare d’accordo con lui e che molto spesso era più un fastidio che altro, ma credeva che con Jack nonostante tutto fosse nato un bel rapporto di amicizia dopo due settimane al polo e quattro giorni di viaggio insieme, ma sembrava che per Jack non fosse così.
E mentre Daffy stava esaminando mentalmente il rapporto che aveva con Jack, quest’ultimo continuò a parlare: “E quando verrò lasciato finalmente solo, la prima cosa che farò è costruire un enorme muro di ghiaccio che copra tutte le coste del polo in modo da non avere più ospiti indesiderati.”
Poi lo spirito si girò dall’altro lato come per concludere la conversazione e mettersi a dormire, ma Daffy gli fece sapere che lo aveva ferito dicendo: “Questa è una pugnalata, Jack. Una pugnalata dritta al cuore” per poi alzarsi e mettersi proprio davanti al volto dello spirito.
“Sai cosa credo io? Io credo che questa cosa del muro sia solo per tenere qualcuno fuori” disse Daffy non capendo che nel cercare di dire qualcosa di profondo aveva appena detto qualcosa di veramente banale.
Al che Jack con il suo solito sarcasmo rispose: “No, tu credi” per poi rigirarsi per non vedere le zampe palmate di Daffy davanti alla sua faccia, ma il papero non avrebbe ceduto così facilmente.
“Mi nascondi qualcosa” chiese Daffy mettendosi di nuovo di fronte a Jack.
Jack stava cominciando a perdere la pazienza, quindi disse: “Non ci provare Daffy” per poi mettersi a guardare le stelle, ma Daffy mise il suo muso da papero a coprirli la visuale e per guardarlo dritto nelle palle degli occhi chiedendogli: “Non è che per caso è come quella cosa dell’odio di cui avevamo parlato ieri vero?”
Jack rispose con un ringhio: “No, neanche per sogno e ora smettila di sfinirmi.”
“Perché non ne vuoi parlare?”
“E perché tu ne vuoi parlare ad ogni costo” chiese Jack con un volto sempre più disperato.
Al che Daffy incalzo la dose: “Perché hai questo blocco?”
“Io non ho un blocco” disse Jack alzando sempre di più la voce.
“Oh, invece si.”
Jack furibondo si alzo da terra, mettendosi in piedi, afferrando il suo bastone e guardando trucemente il papero, ringhiandogli addosso: “Ti avverto Daffy non tirare troppo la corda.”
Ma Daffy dopo essere sopravvissuto a un drago aveva ben più coraggio del solito e cercava risposte per la ricerca di Jack della solitudine: “Chi vuoi allontanare, chi?”
“TUTTI QUANTI È CHIARO” urlo Jack, mentre la neve ricomincio a cadere molto più velocemente e violenti venti cominciarono a soffiare, come se l’ambiente si mutasse insieme alle emozioni dello spirito dell’inverno.
Per un attimo a tutto quello Daffy sembrava voler cedere, spaventato, ma elaborando la risposta disse quasi contento: “Adesso stiamo arrivando da qualche parte.”
Jack in preda alla rabbia e alla frustrazione, per essere stato giocato così da Daffy urlo: “MA PORCO IL CALENDARIO!”
Per poi dirigersi verso il burrone per calmarsi, seguito da Daffy che comunque voleva ottenere tutte le sue risposte, ma nessuno dei due noto di come le loro urla stessero impedendo a Elsa di dormire e la principessa si affaccio dalla lastra che faceva da porta per la sua caverna, per vedere che cosa stava accadendo, con i suoi occhi azzurri.
Daffy chiese: “Ma qual è il tuo problema Jack? Perché ce l’hai con il mondo intero?”
Jack fece una risata furiosamente sarcastica, mentre si sedeva sull’orlo del precipizio, ma rispose trascinato dalle sue emozioni con completa onesta: “Non sono io ad avere un problema con il mondo è il mondo ad avere un problema con me.”
“Ovunque vada, i bambini mi amano perché per loro rappresento risate, divertimento e una bella giornata a giocare con la neve; mentre gli adulti mi scacciano perché per loro sono il pericoloso, portatore di gelo, malattie e morte. Distruttore di raccolti. Burlone perditempo. Colui che Ride dei Loro Mali. Mille altri titoli infami mi hanno dato, solo per essere me stesso.”
Continuo il suo discorso con le lacrime che minacciavano di scorrerli sul viso: “E non importa quanto io cerchi di essere il più benevolo possibile, alla fine qualcuno si fa del male o muore per qualcosa che io non posso nemmeno controllare. E alla fine non importa quanto mi abbiano amato quando erano bambini, anche loro cresceranno e diverranno adulti, arrivando a vedermi come il mostro che vedevano in me i loro genitori.”
“Ma la cosa peggiore alla fine è che se mi affeziono a qualcuno, non importa quanto detesti avermi intorno e di quanto tenti di scacciarmi via, io ignorerò queste cattiverie nei miei confronti, ma alla fine lui morirà e io resterò in questo mondo a causa della mia immortalità. Per questo preferisco rimanere solo.”
Sia la principessa che il papero sentirono il discorso fatto dal re dell’inverno, ed entrambi vennero a conoscenza del fatto che preferiva restare da solo, per non trovare solitudine in mezzo alle persone e che l’unica cosa che gli fosse rimasta dopo così tanti secoli di vita che gli donasse un minimo di felicità fosse andare in mezzo ai bambini e giocare con loro, perché erano gli unici che lo accettavano a causa della loro ignoranza sui pericoli del freddo.
Elsa non potte che provare empatia per lui, con sua grande vergogna, essere rifiutati solo per essere nati in un certo modo era qualcosa di veramente orribile, il sentirsi in colpa per qualcosa che non hai voluto causare ancora di più e lei… lei…
Torno a mettersi in quell’angoletto della caverna e appoggiare la guancia per terra in modo che il sonno potesse prenderla, sperando in un sonno senza incubi, senza ricordi.
Daffy invece quando scopri quanto dolore aveva provato il suo amico in tutti quei secoli e sapendo che volendo ottenere risposte da lui aveva risvegliato quel dolore sopito, si senti in colpa per la prima volta nella sua vita.
La creatura dalle sembianze antropomorfe si avvicinò allo spirito dell’inverno, che teneva stretto il suo bastone, come se quando lo avrebbe lasciato avrebbe perso qualcosa a lui caro e si era messo a fissare la luna con tale intensità come se cercasse risposte in essa.
Daffy era titubante per ciò che stava per fare, ma alla fine lo fece e mise una mano sulla spalla di Jack stringendola abbastanza forte da attirare la sua attenzione, Jack lo guardò con lo sguardo di una vittima che chiedeva al carnefice “che altro vuoi da me”, ma Daffy disse: “Sai una cosa, la gente non capisce proprio un cazzo.”
Jack sapeva che Daffy stava cercando di consolarlo, ma questo non lo consolava minimamente, in fondo gli altri facevano bene a odiarlo, in fondo lui era Jack Frost ovunque lui andava seguiva l’inverno.
Però Daffy non aveva finito: “Non capiscono, perché anche durante l’infanzia, ti hanno conosciuto solo come un portatore di gioia, non come una persona e quando si ritrovano in mezzo all’età adulta insieme a tutte responsabilità di essa, cominciano a vederti non come un dispensatore di doni, ma un portatore di problemi.”
Jack girò lo sguardo verso il papero, stupito che stesse dicendo qualcosa di intelligente, mentre la creatura magica continuava il suo ragionamento: “In un certo senso, non ti hanno mai considerato una persona, ma solo qualcuno che porta cose, non molto diverso da un albero. Quando l’albero produce frutta lo si ama, quando alla fine invecchia e non la produce più lo si abbate.”
Avrebbe potuto scegliere una metafora migliore, ma Daffy non era un grande “ragioniere” (già era un miracolo che avesse sviluppato un pensiero così profondo) e si mise seduto anche lui sull’orlo del precipizio accanto al suo amico e gli disse: “Forse c’è stato un tempo in cui anche io ti ho considerato un albero, ma ora non più.”
Jack capi la metafora e fece una breve risata nell’immaginarsi un albero, per poi dire un po' rincuorato: “Grazie, Daffy.”
I due si bearono del silenzio per un intero minuto, osservando la grande luna nel cielo, che li illuminava con i suoi bianchi raggi, al che Daffy chiese: “Ma la luna ce l’ha una storia?”
Jack voleva cambiare argomento, ma non voleva ancora raccontare dell’Uomo sulla Luna a Daffy, l’essere che gli aveva donato la vita e quindi racconto una storia umana: “Beh si racconta, che sulla luna siano custoditi tutte le cose perse, un giorno un cavaliere di grande valore perse il senno e per aiutarlo un cavaliere suo amico, volo sulla luna a cavallo di un ippogrifo per recuperare il senno di questo cavaliere impazzito.”
Daffy ascoltando la storia, annui con la testa, come se sapesse di cosa si stesse parlando e poi chiese: “Perché è impazzito quel cavaliere?”
Jack rispose: “Per una squinzia.”
I due si guardarono negli occhi e poi scoppiarono a ridere, per la stupidità degli uomini.
Poco dopo Daffy andò a dormire, lasciando Jack a pensare su ciò che avrebbe dovuto fare la mattina dopo e alla fine decise che la mattina presto sarebbe volato fino a Weselton per dire al duca, che stavano tornando con la principessa Elsa e avrebbe chiesto di venir loro incontro in modo da fare prima.
Così tutta quella storia sarebbe finita il prima possibile.

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Capitolo 11
*** Miglioramenti ***


Capitolo 11: Miglioramenti
La mattina dopo, quando il sole era appena sorto, la prima a svegliarsi fu Elsa, che per una volta si era goduta un nottata di sonno senza incubi (forse a causa del fatto che era finalmente libera dalla sua torre), dopo aver spinto delicatamente la lastra di ghiaccio per poter uscire dalla caverna e aver emesso un leggero sbadiglio vide un paesaggio scioccante.
Neve, tutto era ricoperto da uno spesso strato di neve, che nascondeva completamente tutto il verde, che poche ore prima almeno si intravedeva e per un attimo Elsa andò completamente nel panico, credendo di aver fatto un macello e comincio a fissare con paura le sue pallide mani, come se in esse ci fosse tutto il male del mondo.
Poi si ricordo chi era il suo salvatore e dopo aver emesso un respiro di sollievo, capi che tutta quella neve era dovuta alla presenza prolungata di Jack Frost in quel luogo.
Vide quest’ultimo che dormiva per terra, coperto da così tanta neve che Elsa non lo avrebbe nemmeno notato se non fosse stato per i profondi respiri che faceva mentre dormiva e per il suo russare.
Elsa si avvicinò per vedere meglio come stesse lo spirito del ghiaccio e della neve, vedendo un’immagine molto tenera, Jack teneva il bastone stretto a sé come un bambino tiene a sé un pupazzo e sbavava leggermente a causa della sua bocca aperta, mentre dormiva.
Elsa ridacchio a bassa voce a quella scena, lo spirito sembrava quasi un giovane rispettabile mentre dormiva (e anche leggermente carino ora che la fuliggine non ricopriva più il suo volto), invece di avere sulla faccia o cipiglio truce o un sorriso arrogante e la neve che lo ricopriva non sembrava portarli disagio, ma piuttosto sembrava farli da coperta.
Poi lo sguardo di Elsa si sposto alla ricerca di Daffy e trovo il papero che stava dormendo, con la schiena appoggiata contro un albero e le zampe palmate ricoperte di neve, vicino a lui c’erano i resti di quello che doveva essere stato il fuoco da campo, ormai spento da tempo a causa del freddo, non emetteva più nemmeno uno sbuffo di fumo.
Il papero tremava leggermente dal freddo, al contrario del suo compagno di viaggio ed Elsa, il più furtivamente possibile la principessa li tolse un po' di neve dalle zampe per farlo stare meglio, il papero aveva il sonno pesante e non si sveglio, ma sentendo almeno leggermente meno freddo comincio a tremare più leggermente (Elsa in quel momento avrebbe voluto avere il suo mantello viola, così avrebbe potuto fare da coperta al papero, ma l’aveva dimenticato nella torre insieme ai guanti).
La principessa torno a guardare la forma dormiente dello spirito, mentre Daffy cominciava a blaterare cose incomprensibili nel sonno e per un attimo comincio a riflettere su ciò che gli aveva sentito dire a Jack la notte prima, su come tutti gli adulti lo disprezzassero, nonostante lui cercasse di non fare del male a nessuno e si rese conto che ieri lei lo aveva trattato allo stesso identico modo.
Si vergognò di come li avesse parlato in modo così sprezzante e arrogante, aveva rifiutato il suo aiuto, nonostante lui l’avesse salvata, solo perché lui rappresentava per lei qualcosa di negativo.
Certo non era educato e aveva un comportamento che definire rozzo era dire poco, ma quando lei gli aveva fatto notare che a forza di tirarle il braccio le stava facendo male lui si era fermato e si scusò con lei e nonostante dovette urlarli addosso per convincerlo a trovare un luogo dove accamparsi, quando gli chiese una porta per la caverna lui gliela costruì senza insistere.
Nonostante non fosse un esempio di cavalleria, per Elsa meritava una ricompensa per averla salvata e delle scuse per il suo comportamento tanto increscioso nei suoi confronti.
Quindi si allontanò silenziosamente dall’accampamento, per andare a passeggiare in mezzo al bosco, sperando che quella camminata le avrebbe fatto venire in mente un modo per ricompensare il suo salvatore.
Non si allontanò di molto, non volendo rischiare di perdersi, nonostante fosse difficile camminare con la neve così alta e la sua gonna non la aiutasse in una situazione simile, almeno i suoi stivali non adatti alla corsa affondavano bene nella neve e lei sembrava quasi a suo agio in mezzo ad essa.
Il bosco era estremamente calmo, come se la vita lo avesse abbandonato, ma nonostante tutto la neve che era scesa in mezzo ad esso creava un bellissimo paesaggio bianco, che mise a suo agio la principessa, che si mise a canticchiare una dolce canzoncina.
Poi però la giovane donna vide sui rami di un albero il nido di un usignolo e incuriosita, si avvicinò al suddetto albero per vedere che cosa fosse contenuto in esso.
Facendo delle sue scalate infantili la sua guida, riuscì a salire sull’albero, con grande fatica e goffaggine, ma si porto abbastanza avanti per vedere cosa conteneva il nido e vide che dentro c’erano cinque uova di usignolo, ma nessuna mamma o papà usignolo a proteggerle.
Elsa a quella vista provo un’immensa tristezza, molto probabilmente le uova erano morte a causa del freddo portato in quel bosco da Jack, ed erano state abbandonate dai genitori.
Però sembrava che non tutti i mali venivano per nuocere, perché Elsa aveva appena trovato il modo per ricompensare il suo salvatore, afferro le cinque uova e le esamino per vedere se non fossero abbastanza marcite e se potessero essere cucinate.
Quando fu leggermente sicura della commestibilità delle uova, scese con un balzo dall’albero e risegui il sentiero che aveva lasciato nella neve per tornare da Jack e Daffy pronta a prepara una colazione per i due.
Quando torno li vide che stavano ancora dormendo di gusto (questo molto probabilmente perché avevano fatto tardi la notte prima) e si avvicinò, sempre facendo il meno rumore possibile, ai resti del fuoco che aveva acceso Daffy la notte prima.
Meno male che non c’era una sola nuvola in cielo e la neve aveva smesso di scendere (anche se continuava a fare freddo), quindi niente impediva al sole per quanto distante di riscaldare la terra e quindi Elsa strappo alcuni rametti dall’albero che Daffy stava usando come cuscino (incredibile come il papero non si fosse svegliato per il rumore) e dopo averli fatti una catasta sopra le ceneri del vecchio focolare, torno dentro la grotta per prendere gli ultimi pezzi che le servivano per accendere un nuovo fuoco.
Torno con due sassi, che aveva trovato dentro la caverna (e che la notte prima aveva spostato mettendoli in un angolino insieme agli altri per poter dormire indisturbata) e visto che su di loro non era caduto nemmeno un fiocco di neve erano completamente asciutti e adatti ad accendere un fuoco.
Quindi la principessa comincio rapidamente a sbatterli tra di loro cercando di produrre una scintilla, che desse fuoco ai rametti (meravigliandosi del fatto di come fosse così vicina a Daffy e stesse facendo molto rumore, ma che comunque il papero continuasse a dormire indisturbato) e alla fine i suoi sforzi vennero premiati e una scintilla si deposito sui rametti ed Elsa comincio a soffiarci leggermente sopra per alimentare il fuoco.
Quando vide la fiamma cominciare a bruciare seriamente, Elsa prese una pietra dalla forma piatta e la mise sopra il fuoco, usando altri sassi come colonne portanti.
Poi la principessa spacco le uova e riverso il contenuto sulla pietra piatta, che le avrebbe fatto da pentola e anche da piatto, mentre usava un bastone come posata per spostare il tuorlo dall’albume e per preparare un’ottima (anche se magra) frittata e seguendo le ricette dei libri di cucina che aveva letto nella torre (insieme a quelli di narrativa, di fiabe, di politica, di etichetta e altri… aveva molto tempo per leggere in quella torre).
Jack mentre dormiva cominciò a sentire il suono di cose che sbattevano tra di loro, ma lo ignoro sperando che sarebbe finito e così accade, ma dopo pochi minuti il suo naso venne investito dal delizioso odore di uovo cucinato e lo spirito dell’inverno comincio lentamente ad aprire gli occhi.
Vide il sole già alto, anche se era mattina presto e si maledisse mentalmente di non essersi svegliato presto, ma poi sposto lo sguardo dietro di lui dove vide Daffy appoggiato a un albero che continuava a dormire, mentre Elsa stava vicino al fuoco, con un bastone in mano a preparare quella che sembrava essere la colazione.
Fu l’ultima parte a stupirlo, ma spiegava il perché dei rumori che sentiva nel sonno e quell’odore di uovo, ma Elsa non aveva ancora notato che si fosse svegliato e Daffy dormiva ancora profondamente.
Al che Jack raccolse un cumulo di neve da terra e con esso creo una palla di neve, che lancio proprio in faccia al papero addormentato, risvegliandolo in modo traumatico e spaventando Elsa per l’azione improvvisa, la principessa si giro per vedere lo spirito dell’inverno in piedi che la stava osservando.
Daffy intanto sputava la neve che gli era finita in bocca e si toglieva quella che gli era finita negli occhi, per poi guardare colui che gli aveva tirato la palla di neve addosso e gli urlo contro: “MA CHE CAZZO JACK?!”
Jack semplicemente gli fece con la testa il segno di guardare di lato e il papero noto la principessa accovacciata vicino al fuoco (che sembrava stare cucinando qualcosa?) e che lo fissava quasi come se non sapesse come reagire a quella situazione, al che il papero la saluto in modo educato: “Buongiorno, principessa.”
Al che Elsa lo saluto con un movimento della mano, leggermente imbarazzata, mentre sentiva Jack avvicinarsi dietro di lei, per poi chiederle: “Che stai facendo?”
La principessa, coperta dall’ombra dell’alto spirito, disse in completa onesta: “Beh volevo ringraziarti.”
Jack stupito per la gentilezza che la principessa, non gli aveva mai mostrato (tranne quando credeva che fosse un cavaliere) chiese: “Per cosa?”
Elsa guardo la frittata che stava cucinando e noto che stava venendo bene, ma si spiegò con lo spirito dicendoli: “In fondo tu mi hai salvata e io ti ho trattato in un modo veramente irrispettoso, cosa che non avrei dovuto fare e per questo ti chiedo scusa.”
Jack, che a malapena sapeva gestire i complimenti dagli adulti, figuriamoci le scuse da parte di uno di essi, che l'avevano sempre considerato un problema, si porto la mano sinistra dietro il collo e se lo gratto imbarazzatissimo per poi chiedere: “Ma perché la colazione?”
Elsa guardò la frittata, ora finalmente pronta e rispose con un: “Beh, è l’unica ricompensa che posso darti quindi…”
Allungo le mani per afferrare la piatta pietra, la frittata era finalmente pronta, emanava anche un odorino niente male, ma Jack la blocco prima che la potesse toccare e prima che lei potesse chiedergli perché lui si spiegò: “Volevi seriamente correre il rischio di bruciarti?”
Elsa si rese conto che stava per toccare una pietra riscaldata dal fuoco e ciò le avrebbe ustionato le mani, era ancora troppo abituata ad agire come se avesse i suoi guanti ancora con sé, ma comunque apprezzo il gesto fatto dallo spirito riguardo la sua sicurezza.
Jack lascio andare le mani di Elsa, per poi afferrare la pietra su cui erano le due frittate, prima di questo però fece diventare i palmi delle sue mani completamente ghiacciati, in modo da non bruciarsi e deposito il sasso piatto ai loro piedi in modo che potessero mangiare.
Sia spirito che principessa si sedettero sulle ginocchia e afferrarono le frittate ben cotte, ma mentre Jack stava divorando la sua frittata con voracità (e notando che Elsa era veramente una brava cuoca), la principessa si giro verso il papero e gli chiese gentilmente: “Vuoi un pezzo della mia Daffy?”
Daffy aveva fissato le due frittele, come se avesse davanti a sé l’inferno stesso, non aveva nemmeno sentito la conversazione tra Elsa e Jack per quanto era disgustato dalla loro vista, quando fisso la frittella della principessa come se lei li stesse puntando una spada contro.
Al che Daffy dopo aver deglutito (per non correre il rischio di vomitare), disse tentando di spiegarsi con Elsa: “Sai che sono un uccello vero?”
Elsa non aveva capito a cosa Daffy volesse arrivare, chiese con un tono stranito: “Si e quindi?”
Daffy dopo un enorme sospiro e avendo finalmente distolto lo sguardo dalla frittata disse (volendo quasi che Elsa ci arrivasse da sola): “Da dove nascono gli uccelli Elsa?”
Elsa per un attimo stranita, da questa domanda che Daffy le aveva dato come risposta, ma poi si rispose mentalmente: gli uccelli nascevano dalle uova e quindi arrivò anche la risposta sul perché Daffy stesse fissando la frittata con tale disgusto e terrore negli occhi.
Era come se a un mammifero gli si offrisse da mangiare un grembo materno.
La principessa disperatamente dispiaciuta, si avvicinò al papero tentando di scusarsi al grido di: “SCUSA! MI DISPIACE! PERDONAMI! IO NON LO SAPEVO” ma fece l’errore di avvicinarsi con la frittata in mano e Daffy comincio a indietreggiare, come per scappare da lei e mettendosi le mani avanti quasi per respingerla.
“Grazie mille principessa, ma non avvicinarti. Io... vado a cercare di togliermi dalla testa questa situazione” disse Daffy allontanandosi dall’accampamento a passi spediti, osservato da una dispiaciuta e sconfortata Elsa, mentre Jack quasi insensibilmente disse: “Non allontanarti troppo mi raccomando, tra poco partiamo.”
Quando Daffy fu fuori dalla vista di Elsa, andatosi a infrattare tra gli alberi, la principessa rapita dal dispiacere per ciò che aveva fatto al papero, comincio a dire in una sorta di trance: “Mi dispiace, io non volevo…”
Jack vedendo la principessa così abbattuta, smise di mangiare la sua frittata (che aveva quasi finito) e quasi per consolarla le premette la mano contro la spalla dicendo: “Ehi non ti abbattere, a Daffy passerà.”
Elsa giro lo sguardo verso lo spirito, quasi stupita che stesse tentando di consolarla in modo così gentile, ma era comunque in preda allo sconforto per aver ferito involontariamente Daffy, quindi disse: “Tu non capisci… io ho sbagliato e non volevo farli del male… farlo sentire a disagio.”
Jack sospiro e poi disse tentando di sconsolarla: “A volte… a volte, anche quando cerchi di fare del bene a una persona, ti capiterà di ferirla involontariamente e se quella persona è intelligente lo comprenderà e accetterà le tue scuse, altrimenti sono idioti.”
“Si, ma che succede se la tua azione involontaria mette a rischio la vita di una persona? Esistono scuse in quel caso?”
Penso Elsa totalmente sconfortata a quei ricordi che riaffioravano, vedendo il viso della principessa in un’espressione così contorta da un dolore che non voleva esprimere, Jack stava per riallungare la mano e scuoterla un attimo per vedere se stava bene, ma dopo che lei fece due respiri profondi riapri gli occhi castani, ma il suo sguardo era quasi vuoto, mentre cominciava a mangiare la sua frittata, non nè sentiva nemmeno il sapore.
I due mangiarono in un teso silenzio la loro colazione, poi Jack con un raggio di gelo del suo bastone spense il fuocherello e dopo che lo spirito richiamo Daffy, i tre ripartirono verso Weselton.
In tutto questo Jack aveva dimenticato il piano della sera prima, di volare fino a Weselton per chiedere al duca di incontrarli a metà strada.
Per un’ora intera di viaggio i tre camminarono fianco a fianco, in un imbarazzato silenzio, seguendo il sentiero nel bosco e la neve che Jack si era lasciato dietro durante il viaggio di andata verso il castello.
Jack vedeva come sia Elsa che Daffy evitavano di guardarsi, più per auto vergogna che per cattiveria e questo creava una situazione disagiante per lo spirito del gelo (incredibile ma vero, per una volta voleva che Daffy si mettesse a parlare).
Jack voleva quasi complimentarsi con Elsa per la colazione, pur di far cessare quel silenzio, ma aveva paura di come avrebbe reagito Daffy a un'altra menzione delle uova e quindi se ne stette zitto.
Però a quanto pare lo stomaco di Jack, aveva particolarmente apprezzato la frittata ed espresse il suo apprezzamento facendo salire una grande quantità d’aria, che porto a un sonoro rutto da parte del re dell’inverno.
Quando principessa e papero sentirono l’indistinguibile suono di un rutto, si girarono verso lo spirito che camminava al loro fianco, ma che aveva un sorriso molto rilassato lungo il volto, come se non fosse successo niente.
Al che Daffy disse leggermente scandalizzato dalla maleducazione del suo amico (e volendo fare bella figura con Elsa) disse: “Jack!”
Jack disse sempre con il suo sorriso sul viso: “Cosa? In molti paesi ruttare dopo mangiato è un complimento al cuoco.”
Daffy ignoro il fatto che Jack si stesse complimentando per il sapore delle uova e disse: “Si, ma non davanti a una principessa.”
Prima che Elsa potesse unirsi a Daffy nel rimproverare lo spirito per la sua mancanza di galateo, anche il suo stomaco volle esprimere il suo apprezzamento per la frittata e quindi dalla leggiadra principessa sfuggi un possente rutto, che non potte nemmeno bloccare portandosi le mani alla bocca, da quanto fosse inaspettato.
Le guance della principessa diventarono rosse come un pomodoro per l’imbarazzo, mentre Jack e Daffy scoppiarono a ridere per quello che era appena accaduto, furono proprie grasse risate.
Le due creature magiche ridevano così forte, che sembrava che la loro risata avesse scacciato la tensione che aveva regnato pochi istanti prima, Daffy si premeva le mani sullo stomaco e in mezzo alle sue risate starnazzate diceva: “LA PRINCIPESSA BATTEREBBE LO SPIRITO IN UNA GARA DI RUTTI HAHAHAHHA!”
Elsa in preda all’imbarazzo più puro, voleva ordinare a entrambi di smettere di ridere, ma più le risate continuavano più alla principessa sembravano meno denigratorie e sempre più contagiose, Elsa ormai stava tentando di trattenersi nell’unirsi ad esse.
Però falli e anche la principessa si uni a loro due, rendendosi conto di quanto fosse demenziale la situazione che era appena accaduta e di cui i tre stavano ridendo in comune allegria, non si ricordava nemmeno quando fosse stata l’ultima volta che aveva riso.
Jack mentre smetteva di ridere e riprendeva fiato, senti Elsa che rideva insieme a loro e sorpreso si mise a guardarla: aveva la mano sinistra che le copriva la bocca, la testa tesa verso il basso per il ridere, gli occhi semichiusi ma che esprimevano felicità e la sua risata era più melodiosa di un’orchestra.
Jack voleva sentirla ridere ancora.
Alla fine, l’ultimo a smettere di ridere fu Daffy e dopo quelle risate così necessarie, i tre ricominciarono a camminare in silenzio, ma questa volta era un silenzio rilassato e non teso.
Però tutto questo duro per altri cento metri, perché dopo qualche passo Jack si fermo di colpo e fece segno sia a Daffy che Elsa di fermarsi distendendo il bastone davanti al loro percorso, al che Elsa comincio a preoccuparsi e chiese: “Va tutto bene?”
Jack aveva sentito mentre camminavano una serie di passi davanti a loro, passi che affondavano nella neve, passi che seguivano i loro movimenti, qualcuno gli stava osservando e molto probabilmente non avevano buone intenzioni.
Lo spirito che poco prima aveva il bastone appoggiato sulle spalle e premuto contro il collo, tenendoselo con le pieghe del braccio, in una posizione rilassata, adesso teneva il bastone con entrambe le mani in una posizione difensiva e guardando in mezzo agli alberi che li circondavano, cercando chiunque li seguisse.
Elsa e Daffy cominciarono seriamente a spaventarsi per il comportamento di Jack, ma quando sentirono anche loro il suono di passi, Elsa si mise dietro la schiena di Jack cercando protezione, mentre Daffy si metteva dietro la schiena di Elsa per cercare doppia protezione ("proprio un nobile destriero" penso Jack riguardo al comportamento del suo amico).
Dopo qualche secondo, dagli alberi e dai cespugli davanti a loro spuntarono sei banditi, vestiti leggeri nonostante il freddo, armati di spade, pugnali, lance e martelli e che guardavano Jack con sguardo truce.
Quello che doveva essere il capo del gruppo, un uomo dalla barba corta ben rasata e poco più alto di Elsa vedendo Jack disse in tono arrogante: “Guardate chi se ne va a zonzo da solo nel nostro bosco, ragazzi. Mamma non ti ha detto che i boschi sono pieni di banditi?”
Jack da questi insulti poté intuire, che il capo non lo avesse ancora riconosciuto, probabilmente pensava che fosse un comune giovane uomo (un po' troppo alto), però intanto l’arciere del gruppo aveva notato che Jack non era solo e di questo informo il loro capo: “Boss, non è da solo, insieme a lui ci sono una specie di grande pollo nero… e una ragazza.”
Il modo in cui disse “una ragazza” non piacque né a Elsa né a Jack, ma Daffy si lamento di un altro dettaglio che l’arciere aveva detto: “Ehi, chi chiami pollo? Io sono un papero.”
Il capo dei banditi ridacchio, non sorpreso dell’uccello che parlava e disse: “Parla pure.”
I banditi cominciarono a spostare le loro attenzioni verso ciò che era alle spalle di quel ragazzo allampanato e armato di bastone ricurvo, uno era il suddetto papero che camminava come un essere umano, parlava come un essere umano e aveva braccia al posto delle ali come quelle di un essere umano e per molti di loro che non avevano mangiato a causa dei due giorni di magra causati da quella strana nevicata primaverile, era come avere davanti il loro futuro pasto.
Invece la ragazza era una vera e propria bellezza, dagli occhi castani da cerbiatta, i capelli rossicci, una pelle pallida ma sana, una corporatura femminile e snella e dalle vesti eleganti che indossava era chiaramente un simbolo di nobiltà.
Uno di loro, un tizio largo come un armadio e alto qualche centimetro più di Jack disse: “Ragazzi, stasera c’è la carne” facendo ridere gli altri cinque banditi per il doppio significato di quella frase.
Jack strinse ancora più forte il bastone, pronto a sparare un raggio di gelo al primo che avrebbe osato fare un passo avanti e trasformarlo in una statua di ghiaccio, poi avrebbero visto se gli altri banditi non sarebbero scappati rendendosi conto chi avevano davanti.
Elsa tento di trovare una via pacifica, in modo che nessuno si facesse del male e provo a negoziare con i banditi da dietro la schiena di Jack: “Ascoltate signori, noi vogliamo solo avanzare, se ci lasciate passare nessuno si farà del male e ognuno di noi potrà andare sulla propria strada come se niente fosse accaduto.”
Il capo mise i suoi occhi su Elsa (che si ritrasse per la paura) e a questa offerta della principessa rispose con un sorriso arrogante in volto: “Scusa tesorino, ma non siete voi ad avere il coltello dalla parte del manico, in fondo siamo sei contro tre e questi tre sono un pastorello, una ragazza e un papero parlante.”
Alla parola pastorello Jack comincio a sorridere e questo venne notato dal lanciere del gruppo, che al contrario dei suoi compagni era stato l’unico a non distogliere lo sguardo dallo strano ragazzo dai capelli bianchi, poi però noto l’arco a forma di G all’estremità del suo bastone e capi il perché in quei giorni di primavera aveva nevicato nel bosco: Jack Frost camminava in mezzo a loro.
Immediatamente disse al suo capo: “Boss stai attento. Quello è Jack Frost.”
Il capobanda all’inizio voleva ridere di ciò che aveva detto il suo sottoposto, ma spostando la sua concentrazione sul ragazzo armato di bastone, dovette ammettere che il giovane corrispondeva alle descrizioni che gli facevano i suoi genitori quando era un bambino: capelli bianchi, occhi azzurri, pelle pallida, maglione blu leggermente ricoperto di brina, pantaloni marroni, nella mano stringeva il bastone di legno che terminava in un arco a forma G e poi quelle improvvise nevicate.
Non c’erano dubbi era proprio Jack Frost, lo spirito dell’inverno stava sorridendo a loro, intuendo ciò che stava pensando nella capoccia del capo dei banditi, che passo da un’espressione altezzosa a una preoccupata e così anche i suoi uomini che sentendo anche loro ciò che aveva detto il lanciare, fecero l’associazione bastone/neve e cominciarono a indietreggiare intimoriti.
Il capo del gruppo però non poteva permettersi che i suoi uomini si arrendessero, avevano appena finito le provviste, era da due settimane che non avevano ancora derubato qualcuno e inoltre la ragazza era un bottino troppo bello per lasciarselo scappare, doveva trovare un modo per uccidere la paura dei suoi uomini e la cosa che uccide la paura è la risata.
Quindi riacquistando il suo sorrisetto, con grande stupore di Jack ed Elsa che credevano che adesso che sapevano l’identità del primo si sarebbero ritirati, disse: “Guardate lo spiritello si è procurato una puttana.”
Gli altri cinque banditi a sentire quella battuta grondata da quell’umorismo così volgare (il tipo di umorismo che amavano), scoppiarono a ridere a spese di Jack, ma soprattutto di Elsa, che mai si sarebbe aspettata di essere chiamata con un titolo così denigratorio (si sarebbe potuta aspettare strega, mostro, ma mai puttana).
Jack che già odiava quella parola (anche se non era esente a usarla in diverse occasioni, ma mai verso il genere femminile), non potte sopportare come avessero dato ad Elsa della puttana e ancor di meno poteva accettare di come la cosa le stesse facendo abbassare lo sguardo per la vergogna.
Non lo avrebbe permesso e quindi mise su il sorriso più rassicurante di sempre, diede la spalla sinistra ai loro aggressori e poi rivolgendosi a Elsa le passo il bastone con la mano destra chiedendole: “Tienilo Elsa, ho una faccenda di cui devo occuparmi.”
Elsa non voleva afferrare il bastone, da quello che dicevano le storie Jack riusciva a controllare ed evocare il gelo solo con il suo bastone in mano, che non era la fonte del suo potere, ma il modo in cui lo spirito dell’inverno lo incanalava e scioccata chiese a bassa voce in modo da essere sentita solo da lui: “Cosa stai facendo?”
Jack rispose a bassa voce: “Fidati di me.”
Le allungo ancora la mano col bastone in modo che lei potesse prenderlo e alla fine Elsa titubante afferro il bastone piena di dubbi, stringendoselo contro come se le potesse fare da scudo, mentre Daffy si aggrappava alle sue gonne come un bambino spaventato e fissava Jack andare contro i banditi disarmato e comincio a chiederle a bassa voce: “Che cosa ha intenzione di fare?”
Elsa rispose a bassa voce: “Non ne ho idea.”
Jack si avvicinò ai banditi a braccia spalancate come per sfidarli tutti, ed essi vedendo lo spirito dell’inverno senza il suo famigerato bastone credevano che ciò ribaltasse la situazione in loro favore (poveri illusi).
Il capo sempre con quel sorriso arrogante sul volto, porto la mano destra all’elsa della spada che teneva sul fodero al suo fianco, pronto ad estrarla e dicendo ai suoi uomini: “Guardate ragazzi, come ucciderò il…”
Non riuscì a finire la frase perché Jack con uno scatto li fu davanti e con un rapido movimento della gamba destra li diede un calcio in viso così forte da farlo volare indietro di un metro, quando il corpo tocco il suolo l’uomo aveva già perso i sensi.
La cosa sorprese tutti gli altri setti presenti, che avevano la bocca spalancata (becco nel caso di Daffy) e fissavano lo spirito che avevano appena visto abbattere il capo dei banditi con un solo calcio.
Al che Jack guardo i banditi con un sorriso predatorio sul volto, cosa che li fece indietreggiare e disse: “Ora tocca a voi.”
Il bandito armato di arco incocco velocemente la freccia al suo arco, la punto verso Jack e poi scocco, ma i riflessi di Jack erano più veloci perfino di una freccia che viaggiava a 55 metri al secondo e lo spirito schivo la freccia spostandosi di lato, il proiettile fini per rimbalzare sul ramo di un frassino.
Lo spirito non appena la freccia lo aveva superato, scatto con incredibile velocità verso l’arciere, che non potte raccogliere dalla sua faretra un'altra freccia perché Jack con pochi passi mangio la distanza che c’era tra di loro, con un pugno ruppe l’arco e con un altro pugno colpi la gola del bandito, sfondandoli il pomo d’Adamo.
Il bandito si accasciò a terra tenendosi la gola, Jack non potte assicurarsi se il colpo lo stesse uccidendo o li avesse semplicemente fatto troppo male, perché senti le voci di Elsa e Daffy, insieme al suono di passi, che li urlavano: “DIETRO DI TE.”
Infatti, uno dei banditi aveva afferrato il suo pugnale e corse verso lo spirito tenendolo con entrambe le mani, pronto ad accoltellarlo alla schiena, ma Jack con un altro agile movimento schivo la lama e questo colpo mancato fece perdere l’equilibrio al bandito, cosa che venne sfruttata dallo spirito che si giro di scatto e sferro un potente destro alla sua mascella facendoli perdere i sensi e spedendolo a terra.
Ora ne rimanevano tre, due di loro, uno armato di due coltelli da lancio, l’altro il lanciere che lo aveva riconosciuto lo circondarono mettendosi ai fianchi dello spirito, quasi come due cacciatori che tentavano di mettere in trappola un lupo.
Jack aspettava solo il momento giusto e spostando lo sguardo tra i due avversari, calcolava quando sarebbe arrivato il momento in cui avrebbero attaccato e quando lui avrebbe dovuto schivare i loro colpi.
A quanto pare la bilancia della fortuna pendeva di forza verso Jack, perché i due attaccarono allo stesso tempo, il lanciere cerco di colpire Jack al fianco sinistro con la punta nella lancia, mentre il secondo bandito lancio uno dei suoi coltelli da lancio mirando alla testa dello spirito.
Jack schivo entrambi i colpi semplicemente facendo un salto all’indietro, ma questo causo il classico massimo risultato, con il minimo sforzo, perché il coltello affondo nell’occhio del lanciere, mentre la lancia affondo nel cuore del lanciatore di coltelli.
I due banditi morirono per le mani l’uno dell’altro.
Jack ridacchio alla scena e alla sua fortuna, ma la battaglia non era ancora finita, perché rimaneva ancora un bandito, cosa che l’ultimo bandito rimasto ricordo allo spirito del ghiaccio con un violento ruggito di rabbia.
L’ultimo era proprio il gigantesco bandito, che era armato di due martelli da guerra e non apprezzava affatto la sconfitta dei suoi amici e si avvicinò minacciosamente a quello spirito così mingherlino pronto a ridurlo in poltiglia con le sue due armi.
Jack vedendosi venire incontro quell’armadio umano, armato di martelli e che lo guardava con una tale rabbia, comincio a indietreggiare verso un grande albero, ma nella sua mente non era di certo sconfitto o in ritirata, oh no si stava solo spostando in una posizione più strategica.
Però Elsa e Daffy si preoccuparono nel vedere Jack indietreggiare proprio in quel momento, mentre poco prima sembrava un essere intoccabile e invincibile, tanto che Daffy dopo che Jack aveva steso il bandito che aveva provato a colpirlo alle spalle aveva cominciato a fare il tifo per il suo amico, come al torneo di Weselton, mentre Elsa aveva guardato l’intero combattimento con rapito stupore (anche se aveva trasalito dal disgusto, quando i due banditi si erano uccisi a vicenda).
Non poteva lasciare però che Jack venisse ucciso e quindi visto che il gigantesco bandito si stava concentrando su Jack, aveva l’intenzione di dirigersi verso di lui e sbattergli il bastone in testa da dietro in modo da aiutare il suo salvatore e amico.
Però non potte fare un passo avanti, che Daffy si attacco alle sue gambe coperte dalle gonne, per impedirle di avanzare dicendole: “Cosa hai intenzione di fare?”
Elsa rispose: “Salvare Jack, mi avvicino da dietro quel bandito e gli do una botta in testa col bastone.”
Al che Daffy propose (volendo anche lui aiutare Jack): “Perché non glielo passi il bastone, semplicemente?”
Elsa non ci aveva pensato (con sua grande vergogna), ma prima che potesse lanciare a Jack la sua arma lo spirito aveva già risolto la situazione.
Perché continuando a indietreggiare la sua schiena tocco l’albero e vedendolo con le spalle al muro (più precisamente al tronco) il bandito oscillo i suoi martelli e tento di colpire Jack con un doppio colpo, ma lo spirito evito i colpi con un balzo di tre metri verso l’alto, aggrappandosi a un grande ramo con le sue mani, per poi darsi con esse una rapida spinta verso il basso per cadere proprio in testa al suo aggressore.
L’energumeno nel vedersi vedere lo spirito sfuggire, proprio ora che era all’angolo, alzo lo sguardo per seguire gli spostamenti di quella sottospecie di cavalletta dal maglione blu, ma ciò che vide furono i piedi nudi di Jack Frost sbatterli violentemente in faccia e questa fu l’ultima cosa che vide prima di cadere nell’incoscienza.
Atterrato agilmente sulla faccia del bandito, Jack si accertò che fosse svenuto e poi si mise a guardare tutti gli altri che aveva steso accertandosi che nessuno di loro si sarebbe rialzato in breve tempo (fregandosene se fossero morti o stessero per morire), per poi riavvicinarsi a Elsa e Daffy con un sorriso trionfante in viso.
I due erano ritornati entrambi con le loro cavità orali spalancate a causa dell’ultima impresa combattiva di Jack a cui avevano assistito, quest’ultimo si avvicinò a loro come un eroe che aveva sconfitto un mostro o un soldato che ritornava vivo da una guerra e con il suo malizioso sorriso chiese alla principessa con esagerata cortesia: “Mia cara principessa Elsa, mi restituiresti il mio bastone?”
Elsa allungo il bastone verso lo spirito non dicendo niente, perché stava cercando di trovare le parole giuste da dire, così come Daffy, la quale parte inferiore del suo becco sembrava volesse toccare terra, ma come se la mancata presenza del bastone tra le sue mani la sbloccasse adesso Elsa ricomincio a parlare dicendo: “Come hai fatto?”
Jack rispose: “Ah quello? Ho solo sfruttato la mia grande agilità e calcolavo quando era il momento giusto per schivare i loro attacchi. Se avessi voluto vedere qualcosa di veramente forte, avresti dovuto vedermi con il mio bastone.”
Sì, perché anche senza usare i suoi poteri di ghiaccio Jack era un combattente provetto con il suo bastone, visto che seicento anni fa quando andò nelle terre orientali copio il metodo di combattimento di quei guerrieri armati di spada: il Kendo.
Elsa non volle mettere in discussione ciò che Jack le aveva detto; quindi, assunse un comportamento educato e disse: “Grazie mille per averci protetti.”
Jack sorrise ai ringraziamenti di Elsa e disse: “Figurati, su forza rimettiamoci in cammino.”
Prima che Elsa potesse annuire, Jack si era girato e aveva fatto qualche passo in avanti, mentre Elsa e Daffy erano rimasti lì fermi, perché stavano guardando il didietro di Jack dove nella sua chiappa destra si trovava una freccia.
Al che Elsa avverti lo spirito urlando: “HAI UNA FRECCIA NEL SEDERE.”
Jack si giro verso i suoi amici al grido di Elsa, credendo che stessero per essere attaccati da un settimo bandito, ma quando non vide nessun pericolo e capi cosa Elsa gli avesse detto con il suo grido, vide lei e Daffy indicare il suo sedere, Jack si guardo in basso oltre le spalle e noto una freccia che spuntava dalla sua chiappa destra.
Durante lo scontro la freccia del bandito doveva essere rimbalzata dal ramo del frassino, ma a quanto pare la sorte ha voluto che non smesse di rimbalzare finché non avesse penetrato la carne e in mezzo alla colluttazione la freccia colpi la chiappa di Jack Frost, che non senti dolore a causa della foga del momento e dell’adrenalina che li scorreva nel suo gelido sangue.
Jack guardò la freccia che aveva nella chiappa, ma all’improvviso Daffy si mise a strillare e a correre in giro come se fosse la fine del mondo al grido di: “JACK È FERITO! JACK È FERITO! NON PUOI MORIRE, SONO TROPPO GIOVANE PER RIMANERE DA SOLO! PROVA AD ACCUCIARTI E A TOSSIRE…”
Ormai nel panico per la salute di Jack era quasi infermabile, Elsa cercava di frenare il papero e farlo tacere, continuando a far sentire il suo nome sopra quelli strilli per richiamarlo all’ordine, ma inutilmente, mentre Jack per il fastidio era sul punto di dare una botta in testa con il bastone a Daffy, questo o lo avrebbe messo a tacere o gli avrebbe dato qualcosa di serio di cui lamentarsi.
Alla fine, anche Elsa perse la pazienza e con uno scatto afferro Daffy per il braccio sinistro e con uno strattone se lo porto verso di lei, poi prese entrambe le sue spalle per tenerlo fermo e li disse: “Daffy se vuoi essere d’aiuto, vai nel bosco e trova dei fiori blu con spine rosse e portameli.”
Dopo aver dato questa direttiva e averlo lasciato Daffy si diresse verso il bosco continuando a ripetersi: “Fiori blu, spine rosse, fiori blu, spine rosse…”
Poi si giro verso Jack tentando di rassicurarlo (anche se Jack palesemente non ne aveva bisogno) : “Resisti Jack io tornerò e se vedi un lungo tunnel, non andare verso la luce.”
Sia Elsa che Jack frustrati ringhiarono: “Daffy.”
Al che il papero spari in mezzo agli alberi, continuando a ripetersi ad alta voce ciò che doveva cercare come un mantra, Jack sorridente chiese ad Elsa che si avvicinava a lui: “E i fiori a che servono?”
Lei rispose con un mezzo sorriso: “A liberarsi di Daffy, ovviamente.”
Jack commento la cosa dicendo: “Intelligente.”
Elsa si mise alle spalle dello spirito del ghiaccio e del gelo e quando vide la freccia che era penetrata nella chiappa destra provo ad allungare la mano per estrarla, ma quando le sue dita toccarono il legno Jack provo dolore e si ritrasse dalla principessa chiedendo: “Che stai facendo?”
Elsa guardo lo spirito che si era spostato per evitare il dolore e tento di spiegarsi: “So che fa male, ma dobbiamo rimuovere quella freccia. Ci vorrà solo un attimo, basta che mi aiuti.”
La principessa prova a riallungare la mano verso la chiappa di Jack per estrarre la freccia da essa, ma lo spirito non appena senti il suo dito sfiorare la freccia senti di nuovo dolore e comincio a correre come un bambino che cercava di scappare dal dolore, mentre Elsa come una madre, si metteva a inseguirlo per provare a risolvere la situazione.
Alla fine, Jack vedendo che Elsa stava per toccare la freccia di nuovo, si giro per portare il suo culo fuori dalla portata della principessa e fermo quell’inseguimento afferrando la principessa per la faccia (non volendo intendiamoci) e dicendole: “Fermati e ascolta la mia proposta.”
Elsa si tolse la mano dello spirito (che quasi le copriva la visuale) dalla faccia e dopo uno sbuffo per recuperare il respiro chiese: “Okay, cosa proponi?”
Intanto Daffy stava cercando quei fiori blu con spine rosse per salvare il suo amico, ma era cento volte più difficile vista la neve che copriva tutta la flora di quel bosco.
Per fortuna riuscì a trovare una serie di cespugli e togliendo la neve da essi scopri che erano pieni di vari tipi di fiori (primule, tulipani, narcisi e altri), ma Daffy continuava a cercare in mezzo a loro i fiori blu con le spine rosse, con scarsi risultati.
Dalla lontananza venivano le grida ovattate di Jack che dicevano: “Ahi, ahi, ahi.”
Il papero preoccupato per la salute del suo amico spirito, urlo (sperando che lo sentisse): “RESISTI JACK” e afferro la prima manciata di fiori blu che vide, sperando di aver preso i fiori giusti comincio a correre per portarli più presto possibile.
La proposta di Jack era di darli del tempo per prepararsi, poi lo spirito con disagio della principessa si mise a quattro zampe, tenendo il bastone per terra, stretto tra entrambe le mani e presentandole il didietro dicendole: “Su forza levami la freccia, io ringhierò e urlerò, ma tu ignorami.”
La principessa prese un bel respiro, poi afferro la freccia con entrambe le mani e comincio a tirarla, era più in profondità di quello che sembrava e la principessa non è che facesse così tanti progressi con quelle braccia magroline, mentre Jack soffriva, stringeva il bastone e rendeva fin troppo esplicita la sua sofferenza continuando a esclamare: “Ahi, ahia, si un po' più delicata.”
Elsa tento di incoraggiare informandolo che: “Tranquillo, si vede la punta.”
Questo però, incoraggio Jack a finire il tutto da solo e voleva rialzarsi in piedi per rimuoversela, ma il suo movimento delle sue gambe gli fece urtare con i piedi le gambe di Elsa facendola inciampare e facendola cadere proprio sullo spirito che era in procinto di girarsi.
Dopo uno strillo da parte di lei e un gemito di mancanza d’aria da parte di lui (perché Elsa era caduta proprio sullo stomaco dello spirito togliendoli il respiro), Jack riuscì ad afferrarla per la vita appena in tempo, in modo da impedire che la testa della principessa non battesse contro il terreno.
I due si guardarono e Jack disse con un risolino leggermente imbarazzato: “Scusa. Stai bene?”
Elsa dopo un respiro leggermente affannato a causa dello spavento rispose con un: “Si, grazie.”
I due erano in una posizione, che dire fraintendibile era dire poco, la principessa era sopra lo spirito, gli occhi castani e gli occhi blu si incontravano rapiti ma anche imbarazzati, i visi erano pochi centimetri l’uno dall’altro, Jack continuava a tenerla per la vita, mentre Elsa aveva le mani sul petto di lui, le gonne della principessa si intrecciavano con quei pantaloni a pezzi e entrambi stavano iniziando ad arrossire.
Però nessuno dei due non distolse mai lo sguardo, era come se in quel momento si fossero accorti della bellezza l’uno dell’altro, Jack osservava come le guance di Elsa mentre arrossivano erano della stessa sfumatura dei suoi capelli, mentre lei noto come i due occhi blu di Jack sembrassero due zaffiri.
I due non si accorsero che qualcuno li stava osservando.
Daffy fece sentire la sua presenza con un: “Ehm, ehm”, attirando lo sguardo di Jack e Elsa su di lui, per poi lasciar cadere i fiori blu (che ormai aveva capito fossero un diversivo), incrociò le braccia e lì guardo come un adulto che guarda dei bambini che erano stati beccati con le mani nella marmellata.
Prima che il papero potesse proferire parola, Jack si tolse Elsa di dosso con uno spintone, per interrompere quella situazione imbarazzante, per poi mettersi in modo agitato in piedi tentando di spiegare la cosa: “Daffy… noi stavamo soltanto…”
Il papero doveva ammettere che non aveva mai visto Jack Frost così imbarazzato, mortificato e voleva divertirsi un po' quindi disse: “Se tu è la principessa volevate stare da soli, dovevate solo chiederlo.”
Jack agitatamente tentava di spiegarsi, mentre Daffy lo guardava con un sorriso sul becco ed Elsa cercava di rimettersi seduta dopo che Jack l’aveva spintonata via e si mise a guardare male lo spirito dell’inverno: “Oh, ma dai è l’ultima cosa che mi verrebbe in mente… Elsa qui stava solo…”
Non riuscì a finire la frase, perché Elsa vide un’opportunità e con un veloce scatto della mano afferro la freccia e con uno strattone la tiro fuori finalmente dalla chiappa di Jack Frost, che emise un leggero ringhio di dolore per poi girare lo sguardo verso la principessa che li mostrava la freccia fieramente, al che Jack mormoro un leggero: “Ahia.”
Daffy però noto che sulla punta della freccia si trovava una goccia del sangue di Jack ed essendo un papero molto sensibile (nei confronti del sangue suo e dei suoi amici) svenne accasciandosi al suolo.
Elsa lascio la freccia e si avvicinò a Daffy per vedere se stesse bene, mentre Jack si massaggiava la chiappa e si controllò lo strappo nei pantaloni causato da quella maledetta freccia vagante in modo che non mostrasse troppo pelle (per fortuna era un leggero buco), poi dopo aver recuperato il suo bastone da terra, si avvicinò anche lui al suo amico privo di sensi, che veniva coccolato dalla principessa.
Lo spirito in completo silenzio raccolse il papero e se lo isso in braccio, con il muso di lui che premeva sulla sua spalla destra e poi insieme alla principessa riprese il viaggio di ritorno in silenzio, ma entrambi avevano un sorriso sereno sulle loro facce.

PS: Non so se le uova di usignolo sono commestibili o meno, non fidatevi, considerate quelle uova: uova di uccello selvatico commestibili.

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Capitolo 12
*** Non ti voglio lasciare andare ***


Capitolo 12: Non ti voglio lasciare andare
Jack cammino portando in braccio Daffy accanto alla principessa per un paio di chilometri, finché Elsa non li fece la domanda che gente che stava troppo tempo accanto a lui sembrava farli: “Ma perché non ci porti in volo?”
Jack stava per rispondere, ma venne preceduto da Daffy (a cui aveva già dato la risposta) e che a quanto pare si era ripreso, anche se Jack sospettava che il papero avesse ripreso i sensi ben prima, ma aveva interpretato la parte del bell’addormentato per farsi trasportare come un bambino.
Adesso che però si era fatto sgamare volendo fare il saputello, Jack lo rimise a terra (più delicatamente del solito) per farlo camminare insieme a loro (niente pesi morti).
Il viaggio continuo in quasi totale tranquillità, verso mezzo giorno arrivarono a un fiume che Jack e Daffy non avevano incontrato durante l’andata, ma che adesso era tra loro e la strada per Weselton.
Le rive erano molto distanti l’una dall’altra (circa 21 metri), ma Jack sapeva benissimo che prendendo Elsa in braccio e Daffy sulla schiena con un salto avrebbe superato il fiume senza troppe difficoltà.
Poi però senti Daffy cominciare a tirarli la manica, al che si giro verso il papero infastidito che questi li interrompesse il flusso di pensieri, ma vide che li stava indicando ritmicamente Elsa che era salita su un tronco di un enorme quercia abbattuta che faceva da ponte tra le due rive.
A quanto pare la principessa aveva deciso di prendere la situazione nelle sue mani e mentre vedeva Jack e Daffy guardare il fiume presi dai loro pensieri, cerco con lo sguardo qualcosa che gli aiutasse a superare quell’ostacolo e in preda all’entusiasmo, la giovane donna noto un tronco di una grande quercia che qualcuno aveva abbattuto in passato per usare usata come ponte; quindi, la principessa sali sopra il tronco e comincio ad avanzare.
Doveva tenersi in equilibrio il più possibile per evitare di cadere in acqua e essere trascinata via dalla violenta corrente del fiume, ma la quercia era piena di muschio che non dava una buona presa sulla sua superficie e gli stivali della principessa non la aiutavano.
Jack e Daffy osservavano la principessa fare in maniera goffa l’equilibrista sopra il tronco e per ogni passo che faceva, agitava violentemente le braccia per rimettersi in equilibrio e non cascare in acqua, al che allo spirito dell’inverno non poté che sfuggirli una risatina e per questo venne guardato male da Daffy (che si immedesimava in Elsa e nel suo provarci, ma fare male).
Jack sapeva che se fosse stato lui sopra quel tronco avrebbe attraversato il fiume letteralmente correndo su di esso, senza possibilità che cadesse (a meno che non lo volesse), ma per Elsa e Daffy (se ci avesse provato) c’erano troppi rischi di finire in acqua, cosa che Jack non voleva rischiare per non perdere tempo e quindi si porto a lato del tronco e alzando il suo bastone e puntandolo verso l’acqua evoco il potere del gelo.
Elsa non si accorse di niente, perché era concentrata a non cadere e ad andare avanti un passo alla volta (senza accorgersi che era avanzata solo di sei metri), ma poi vide come Jack stesse camminando accanto a lei, solo che il suo viso le arrivava alla vita e abbassando lo sguardo Elsa vide come stesse camminando su un piccolo ponte fatto con acqua congelata del fiume e con dietro di lui Daffy.
Jack si rivolse verso di lei con il suo solito sorriso malizioso come per prenderla in giro, ma dopo un’occhiataccia di Elsa, Jack fece un sorriso sincero e allungo una mano verso la principessa (in un gesto quasi galante) e gliela offri per farla salire sul suo ponte di ghiaccio.
Elsa non poté negare che l’offerta la stuzzicava e (incredibilmente) quel ponte fatto di acqua congelata le sembrava cento volte più stabile della quercia (poi Jack Frost se costruiva un ponte di ghiaccio avrebbe dovuto farlo bello resistente no?) quindi la principessa afferro la mano dello spirito e scese dalla superficie di legno.
Quando fu su quel ponte di ghiaccio, Elsa però ringrazio Jack Frost dell’atto cavalleresco dandogli con la mano sinistra un affettuosa carezza alla guancia destra, cosa che per un attimo blocco lo spiritello del ghiaccio, che la guardo sorpresa, al che fu la principessa ad avere un sorriso malizioso in volto, per poi dare le spalle allo spirito e dirigersi verso l’altra riva e per nascondere anche il leggero rossore che le sue guance stavano assumendo.
Non erano solo le guance della principessa ad arrossire, ma anche quelle di Jack Frost, non era abituato a questi atti di intimo tocco fisico, era più abituato ad abbracci, dare il cinque o il pugno ai bambini quando lo chiedevano dopo una giornata di giochi sulla neve, non a un tocco così dolce da parte di un adulto, si chiedeva cosa diavolo potesse essere passato in mente alla principessa.
Però stava fissando quella stessa principessa davanti a lui, che si stava allontanando percorrendo il suo sentiero di ghiaccio e detto volgarmente Jack aveva un sorrisetto leggermente ebete sulla faccia, come se stesse guardando qualcosa di cui aveva scoperto la bellezza da poco tempo.
Daffy vedendo il suo amico che non andava avanti e che guardava Elsa andarsene verso la riva, gli diede una pacca sul fianco per farlo ritornare con i piedi per terra, cosa che avvenne perché Jack guardo male il papero, che però gli fece segno di avanzare con la mano, silenziosamente.
Mentre cominciava a stare al passo con la principessa, Jack comincio a pensare che doveva assolutamente passare più tempo con lei (non sapeva neanche lui perché, ma era una cosa che voleva assolutamente) e quindi doveva cominciare a fare conversazione con lei, non un compito difficile visto che Elsa non sembrava disdegnare la cosa (poi era stata imprigionata in una torre troppo tempo, quindi più parlava con un'altra persona più lei sarebbe stata felice), ma il problema era Daffy che visto il suo essere un fastidio ambulante avrebbe sicuramente fatto da terzo in comodo.
Come liberarsi dell’attenzione del papero, per un po' di tempo?
Jack ebbe la sua risposta guardando l’acqua del fiume scorrere alla sua destra e dentro di essa vide giovani salmoni che seguivano la corrente del fiume per andare verso il mare, al che Jack si ricordo di come Daffy non avesse fatto la colazione e quindi aveva trovato la merce per la distrazione di Daffy.
Con un rapido colpo di bastone, tiro fuori dall’acqua un salmone bello grosso e lo prese rapidamente tra le sue mani, tenendolo stretto in modo che non scivolasse via, finché non smise di dimenarsi per poi morire a causa dell’assenza di acqua, sotto lo sguardo di Daffy, che si chiedeva cosa stesse facendo il suo amico.
Poi Jack si rivolse a Daffy e gli passò il salmone, dicendogli che lo aveva preso perché lui potesse mangiare qualcosa, Daffy non sapendo le vere intenzioni del suo amico, si sorprese del gesto altruistico fattogli e accetto il dono con grande gioia ringraziando Jack.
Arrivati alla riva Jack venne avvicinato da Elsa, che mettendosi a camminare al suo fianco, li disse che ciò che aveva fatto per Daffy era stato un bel gesto (non capendo che l’aveva fatto per far stare zitto il papero per qualche minuto e per passare un po' di tempo con lei) al che la conversazione tra principessa e spirito inizio, con i due seguiti da Daffy che si mangiava quel succulento salmone.
Parlarono molto, soprattutto Jack, che racconto alla principessa di tutti i luoghi che aveva visitato volando trasportato dal vento e tutti gli scherzi che aveva fatto grazie ai suoi poteri, la principessa ai primi lo ascoltava come rapita e i suoi occhi marroni si illuminavano di eccitazione nel sentire di questi luoghi di cui aveva solo letto nei suoi libri, ai secondi invece Elsa o ridacchiava se erano scherzetti innocenti, se invece erano cose serie si limitava a rimproverare leggermente lo spirito del ghiaccio.
Jack non poteva trovarla non trovarla carina, ogni volta che i suoi grandi occhi marroni lo guardavano chiedendo più dettagli dei suoi viaggi o quando le sue labbra mettevano su un leggero broncio per poi cominciare a sgridarlo per una delle sue burle passate.
Elsa raccontava del tempo passato nella torre, passato per lo più a leggere nel corso degli anni tutti i libri portatele da Sir Kai, da quando aveva otto anni i libri furono i suoi unici compagni, a parte Tempestosa.
Si, perché con sorpresa di Jack, si scopri che se la dragonessa era bella nutrita, la lucertolona era quasi docile e quando Elsa leggeva ad alta voce uno dei suoi libri vicino alla finestra, la principessa vedeva la dragona avvicinarsi alla torre per poi sdraiarsi ai piedi di essa come per ascoltarla.
Daffy in tutto questo, finito il suo colazione/pranzo, si limitava a seguirli da dietro e osservarli a chiacchierare in modo così rapito l’un dall’altro e il papero non poté che esserne contento visto come i due erano partiti il giorno prima, cosi contento che non entro nella conversazione con le sue chiacchere.
Superato il mezzogiorno all’improvviso Elsa afferro Jack per la manica e timidamente ammise che le scappava la numero uno, al che Jack le indico un cespuglio abbastanza largo per coprirla mentre evacuava e poi assicuro che lui e Daffy avrebbero aspettato (dopotutto che senso aveva lasciarla solo nel bosco e tornare a Weselton a mani vuote?).
Dopo che la principessa andò dietro il cespuglio per fare la pipi, Jack e Daffy si appoggiarono a un albero per aspettarla, ma poco dopo sentirono uno strillo della donna e credendo che fosse in pericolo i due corsero per andare ad aiutarla.
Quello che trovarono era Elsa con il sedere a terra, che indietreggiava con le braccia e scalciando la terra con le gambe, per allontanarsi il più possibile dal cespuglio, sul suo volto un’espressione di puro terrore.
Quando vide Jack e Daffy, in cerca di sicurezza, la principessa gattono verso il più vicino di loro due, che era Daffy in quel caso e si aggrappò alla vita del papero, come se dentro quel cespuglio ci fosse la cosa più orribile e malvagia di sempre.
Al che Jack si preoccupò seriamente e si avvicinò al cespuglio velocemente e pronto ad attaccare, ma quando vide la creatura dentro il cespuglio, che aveva spaventato Elsa, si blocco, ma non per la paura, ma per la sorpresa: era una tarantola.
Un ragno grande come una mano, marrone, ricoperto di peletti e dalle grandi zanne dal quale sgorgava veleno e che era di pochi centimetri poco fuori dal cespuglio, che doveva essere la sua tana.
Jack non poté fare a meno di ridere a spese di Elsa per essersi spaventata per una singola tarantola, al che la principessa che osservava lo spirito ridere vicino al cespuglio di quella bestiaccia, capi di cosa Jack stesse ridendo e arrossendo per l’umiliazione, ancora aggrappata alla vita di Daffy ricordo allo spirito che la tarantola era un ragno pericoloso e dal morso incredibilmente velenoso.
Jack comunque continuava a ridere, perché si immaginava la scena: Elsa che aveva appena finito di pisciare e che poi dopo essersi rimessa tutte le gonne, notava che dietro di lei per tutto il tempo c’era una maledetta tarantola.
Comunque, anche nel suo continuare a ridere, Jack noto il viscido aracnide avvicinarsi a lui con intenzioni poco amichevoli, di solito questo tipo di ragni evitavano il più possibile creature troppo più grandi di loro e le attaccavano solo nei casi di estrema difesa, ma a quanto pare la nevicata primaverile di Jack aveva reso quel ragno estremamente aggressivo e vedendo altri esseri troppo vicini alla sua tana lo fecero entrare in modalità attacco.
Purtroppo per lui aveva scelto l’avversario sbagliato, perché non appena Jack noto la tarantola zampettare verso di lui, sparo verso di essa, dal suo bastone, un raggio congelante, che la blocco sul posto riducendola a una piccola scultura di ghiaccio.
Elsa sentendo il suono di qualcosa che si congelava, lascio Daffy e rimettendosi in piedi comincio a riavvicinarsi al cespuglio e anche a Jack, per vedere la piccola tarantola ai piedi di quest’ultimo completamente congelata, al che la principessa emise un profondo sospiro di rassicurazione.
Jack guardando la principessa e poi la tarantola ebbe una bella idea, per farsi perdonare della sua precedente risata nei confronti di Elsa, al che raccolse la tarantola da terra e mettendosela nel palmo della mano destra, comincio con la mano sinistra a esercitare la magia del gelo su di essa.
Elsa vedendo Jack prendere in mano la tarantola ebbe un attimo paura che gliel’avrebbe lanciata contro per farle uno scherzo, ma poi lo spirito le diede le spalle come per coprirle ciò che stava facendo e continuava a muovere il braccio sinistro, come se stesse modificando qualcosa, al che la principessa volendo sapere cosa stesse combinando provo a guardare oltre le sue ampie spalle, ma Jack la manteneva a distanza agilmente con il suo solo piede destro.
Quando Jack fini il suo lavoretto si giro verso la principessa per presentarle ciò che aveva realizzato con il corpo congelato dell’aracnide: una rossa di puro ghiaccio blu, che Jack diede alla principessa che la guardava quasi rapita da essa.
Quello che doveva essere il sottile stello, aveva in mezzo al bianco e all’azzurro del ghiaccio sfumature marroni dovute alla pelle del ragno, mentre quelli che dovevano essere i petali erano curati fino al minimo dettaglio per essere il più realistici possibili (a parte che questi erano blu, invece che il classico rosso).
Elsa teneva quella rosa di ghiaccio come se fosse la cosa più fragile e preziosa di sempre, poggiandosela al seno e ringraziando lo spirito per il dono così bello, fatto con qualcosa che prima le provocava disgusto.
Jack, incredibilmente felice e fiero di sé stesso, si rimise a fianco della principessa, mentre da dietro di loro Daffy scuoteva la testa, ma sorrideva alla copia, chiedendosi perché gli umani avessero processi di corteggiamento cosi complicati.
La giornata sembro solamente migliorare da quel punto in avanti Jack e Elsa camminavano fianco a fianco, continuando a raccontarsi aneddoti divertenti e a ridacchiare tra di loro, mentre Daffy li seguiva in silenzio scuotendo ritmicamente la testa.
Jack doveva ammettere che Elsa aveva una delle risate più belle che aveva mai sentito e non sapeva il perché, ma avrebbe voluto continuare a sentirla ridere per tutto il tempo in cui sarebbero stati insieme.
Però alla fine il viaggio sarebbe finito e Jack sarebbe tornato al suo polo completamente disabitato e si sarebbe sbarazzato di Daffy trovandoli una nuova casa in un altro continente, mentre Elsa sarebbe andata in sposa al duca di Weselton per qualsiasi diavoleria politica stesse architettando il vecchio.
Però Jack a ripensare al suo piano originale non ne era più sicuro di ciò che avrebbe dovuto fare per riottenere casa sua.
A metà pomeriggio mentre i tre camminavano sul sentiero, si trovarono l’ennesimo ostacolo davanti alla loro strada.
Un lupo di medie dimensioni, dal pelo irsuto nero come la notte, gli occhi gialli predatori, zanne affilate dalle quali uscivano rivoli di saliva provocati dalla fame, il naso continuava ad annusare l’aria, le quattro zampe divaricate come per occupare più spazio possibile, coda all’insù in segno di aggressività e dal suo muso uscivano selvaggi ringhi.
A quella vista Daffy si mise di nuovo dietro alla principessa aggrappandosi alle sue gonne, mentre Jack si metteva davanti a lei per proteggerla, puntando il suo bastone al canide selvaggio, che guardava i tre viaggiatori cercando un’apertura da dove attaccare.
Prima però che il lupo attaccasse Jack o Jack attaccasse il lupo, la principessa noto un dettaglio che non era stato notato né dallo spirito (troppo occupato a difendere se stesso e i suoi due amici) né dal papero (troppo occupato a cercare vanamente di nascondersi dietro una signora): tra le zampe del lupo c’erano quattro cuccioli, che continuavano a strusciarsi contro le gambe di quella che doveva essere la loro madre.
Elsa intuì che questa lupa non si sarebbe mostrata a loro in circostanze normali, ma a causa della fame sua e dei suoi cuccioli, si stava prendendo il rischio di attaccare prede più numerose in modo da poter proccurare un pasto a sé stessa e alla cucciolata.
Però Elsa noto anche come la lupa continuasse ad annusare, nonostante la presenza di altri tre esseri davanti a lei, come se nell’aria ci fosse un odore, che essa non riusciva del tutto ad afferrare e il suo naso (cosi come il suo muso) puntava dritto al maglione di Jack.
Allora la principessa chiese allo spirito, se avesse qualcosa che avrebbe attirato l’attenzione del lupo, al che Jack si ricordo del secondo paio di panini che il duca aveva fatto preparare per il viaggio di ritorno e che teneva ancora nella tasca frontale del suo maglione, doveva essere stato l’odore del salame ad aver attirato l’affamata mamma lupa.
Lo spirito, sempre tenendo puntato il bastone al predatore con la mano destra, prese con l’altra mano dalla tasca del suo maglione i panini imbottiti, senza fare movimenti bruschi per non allertare la lupa, per poi tirarli fuori lentamente.
Quando vide che gli occhi della bestia, insieme a quelli dei cuccioli (che lo spirito aveva appena notato) seguivano i panini racchiusi nel suo pugno sinistro, Jack ebbe la conferma che la lupa cercava cibo non per forza prede e quindi la situazione poteva essere risolta senza nessuno che si facesse male, come sperava Elsa.
Al che, dopo un incoraggiamento da parte di Elsa, lo spirito dell’inverno lancio i due panini fuori dal sentiero in modo che lupa e lupetti potessero seguirlo, ma per qualche secondo la lupa non si mosse e continuava a fissarli, al che Jack e Elsa temettero che li avrebbe attaccati, ma poco dopo uno dei cuccioli si allontano dal corpo della madre per andare a seguire quell’invitante odore di carne.
Mamma lupo ringhio al cucciolo impulsivo e se lo riporto sotto il ventre in mezzo alle sue gambe, insieme ai suoi fratelli, ma alla fine comincio ad allontanarsi insieme ai suoi figli e accettare quel magro pasto che li aveva attirati verso quelli esseri cosi gentili.
Sempre con circospezione e tenendo i cuccioli sotto di lei, la lupa si mosse verso la direzione in cui Jack aveva lanciato i panini imbottiti e non spostando mai lo sguardo dal bastone che le veniva puntato contro, solo quando ci fu una distanza di ben trenta metri, tra lei e loro la lupa si permise di dare le spalle ai tre viaggiatori, per poi andare a cercare con i suoi cuccioli il cibo che si erano appena procurati.
Jack, Elsa e Daffy fissarono la famigliola di lupi allontanarsi e solo quando le loro forme si persero tra gli alberi, i tre poterono tirare un sospiro di sollievo e Jack potte smettere di puntare il bastone contro la lupa, erano riusciti ad evitare il peggio.
Sia Jack che Elsa si guardarono negli occhi e entrambi si fecero dei silenziosi complimenti a vicenda per come avevano gestito la situazione, purtroppo il momento magico venne rovinato da Daffy che resosi conto di ciò che Jack aveva sacrificato comincio a urlare a Jack di come avesse dato ai lupi la loro futura cena.
Jack e Daffy continuarono a litigare e discutere su cosa fosse più importante tra conservare la pellaccia o salvare la cena, con Jack che ricordava a Daffy che lui essendo un papero era quasi una preda più appetitosa per i lupi di due umani (circa), al che Daffy smise di discutere, ma si mise a bofonchiare su quanto Jack non capisse niente, con grande divertimento della principessa che aveva osservato la discussione in preda alle risate (con grande soddisfazione di Jack).
I tre continuarono a parlare per tutta la durata del viaggio e insieme risero, per tutto il tempo, mentre ognuno di loro stringeva qualcosa durante il loro camminare: Jack il suo fidato bastone magico, Elsa la rossa di ghiaccio regalatale dal primo e Daffy il suo stomaco che sentiva già la mancanza di quei panini buttati via.
Alla fine Jack offri il braccio destro alla principessa, come farebbe un cavaliere con una dama, cosa che Elsa accetto ben volentieri dandogli il suo braccio destro e i due percorsero gli ultimi due chilometri del viaggio a braccetto.
Arrivarono sopra la collina con il vecchio mulino a vento abbandonato e davanti loro, dopo qualche centinaio di metri di campi di girasole, si ergeva il castello di Weselton con la sua cittadina: erano ormai giunti alla metà.
Jack prese un lungo sospiro di sconforto (non sapendo bene il perché, visto che aveva realizzato ciò che si era prefissato) e disse alla principessa ancora a braccetto con lui: “Quella è Weselton principessa Elsa, la tua futura casa.”
Elsa guardo il castello in cui si sarebbe sposata e sarebbe vissuta, con emozioni contrastanti all’interno del suo cuore, il castello sembrava più un gigantesco forte, che un luogo ospitale, la cittadina messa in ombra da esso sembrava almeno ben ordinata e abbastanza ospitale come gliel’aveva descritta Daffy.
Elsa disse cercando le parole giuste senza sembrare né troppo entusiasta, né troppo delusa: “Carina.”
Daffy al sentire i complimenti della principessa verso la cittadina disse: “Si, non è niente male il problema è il duca.”
Elsa lascio il braccio di Jack (con grande dispiacere di quest’ultimo) per avvicinarsi al papero, per sapere di cosa stesse confabulando riguardo al suo futuro marito, arrivata a fidarsi del suo giudizio (incredibilmente) chiese: “In che senso Daffy?”
Daffy, come sempre, non ebbe pelli sulla lingua e disse: “Beh il duca di Weselton è stato particolarmente infame con tutte le creature magiche del continente, ha messo una taglia sulle nostre teste perché la popolazione ci catturasse, per essere portati dai suoi soldati, che poi ci avrebbero sfrattati tutti al…”
Daffy non riuscì a finire la frase, perché Jack sapendo che Daffy stava per parlare di come il duca di Weselton gli avesse scaricati tutti al polo, avrebbe probabilmente fatto capire ad Elsa che Jack era andato a salvarla solo per riavere il suo polo e liberarsi dei suoi non voluti ospiti, Jack con sua enorme sorpresa non voleva fare brutta figura davanti ad Elsa.
Quindi in meno di un secondo, raccolse della neve da terra, creò con essa una palla e la lancio proprio sul muso del papero parlante, l’impatto fu così forte che fece cadere il corpo del papero a terra e quasi spavento Elsa che poco prima con il suddetto papero ci stava parlando.
La principessa, non dovette fare due più due per sapere chi fosse stato e guardo Jack sguardo severo, pronta ad avvicinarsi a lui per sgridarlo severamente per aver tirato una palla di neve addosso a Daffy e aver interrotto la loro chiacchierata.
Jack vedendo Elsa avvicinarsi a lui, come se fosse sul sentiero di guerra, comincio a ridacchiare, era troppo carina perché qualcuno potesse temerla, ma questo fece solo indispettire di più la principessa che aumentando la velocità dei suoi passi per avvicinarsi allo spirito gli chiese: “Che ti prende?”
Per poi la sua vista diventare completamente bianca, a causa della palla di neve lanciatale in viso da Jack, il lancio fu cosi veloce che Elsa non ebbe proprio la possibilità di schivare o bloccare il colpo e la principessa fini per la seconda volta nel corso di una giornata col sedere a terra.
Jack comincio a ridere trionfante, guardando Elsa togliersi la neve dal viso e sputando quella che le era finita in bocca, ma all’improvviso una palla di neve colpi la spalla sinistra del pastore del gelo.
Era stato Daffy, che appena ripresosi dal colpo di palla di neve di Jack, raccolse della neve da terra, formo anche lui una palla che poi lancio verso lo spirito di ghiaccio (forse mirando un po' male, perché voleva colpirli la faccia).
Jack fu un pochino sorpreso della cosa, ma in un secondo lo spirito raccolse altra neve e lancio l’ennesima palla di neve colpendo il papero al petto e a quanto pare lo spirito dell’inverno aveva la mano molto pesante, perché Daffy fini una seconda volta a terra.
Jack indico il papero e si mise a denigrarlo con una gracchiante risata, ma poi della neve fini contro la faccia di Jack, lo spirito levandosela dal muso, vide che gliel’aveva lanciata era stata Elsa, che aveva afferrato due cumuli di neve (uno in ogni mano) e con essi aveva fatto due palle di neve.
La prima l’aveva lanciata a Jack in volto, colpendolo, mentre la seconda la stava facendo rimbalzare sulla sua mano, guardando Jack con un sorriso diabolico in volto, per poi lanciarcela mirando ancora alla faccia.
Jack però toltosi la neve dal viso e identificata la minaccia, schivo la palla di neve volante, grazie ai suoi riflessi sopraffini e si allontanò dai suoi due (amichevoli) avversari.
Al che lo spirito, batte il puntale del bastone a terra, facendo in modo che dalla neve sulla collina si creassero centinaia di palle di neve, in modo che tutti avessero munizioni e con un urlo Jack confermo l’inizio di quella battaglia a palla di neve: “DUE CONTRO UNO!”
Poi raccolse una palla di neve lanciandola alla principessa, colpendole il braccio sinistro e poi schivo una palla di neve lanciatoli da Daffy e per un’intera ora della giornata i tre giocarono sulla neve come bambini.
Lo scontro poteva essere riassunto come due bambini contro un gigante, nonostante si scopri che Elsa era un abile lanciatrice, era Daffy il più bravo a raccogliere o formare palla di neve, causa la sua bassa altezza, nessuno di loro era all’altezza di un essere che aveva passato un millennio a fare battaglie di palla di neve.
Però tutti loro si stavano divertendo come pazzi, Jack nonostante fosse solo contro due considero quella battaglia di neve già tra le sue prime cinque battaglie di neve preferite, Elsa nonostante la neve che le bagnava l’abito e rovinasse la sua acconciatura (lasciando i suoi capelli rossi ricadere oltre le sue spalle) si stava sentendo veramente viva come non mai e Daffy era veramente felice di fare qualcosa del genere con i suoi due amici.
Alla fine la battaglia fini con nessun vincitore, ma con Jack che si lanciava addosso alla principessa facendo cadere entrambi a terra, non facendosi del male a causa della soffice alta neve che ricopriva la collina, mentre Jack era sopra Elsa i due si guardarono negli occhi trovando l’uno nell’altro vera bellezza.
Però il momento venne interrotto da Daffy (di nuovo), che salto sulla schiena di Jack continuando a ridere, ma venne disarcionato dallo spirito con un movimento del bacino.
Mentre guardava Elsa e Daffy sdraiati a terra che riprendevano il fiato di un ora di gioco, non poté che osservare la bella principessa e vedendola con i capelli rossi che le ricadevano sul viso, gli occhi castani che esprimevano pura felicità e gioia, il vestito e le gonne scurite dalla neve sciolta su di essi, Jack ebbe un solo pensiero: “Non ti voglio lasciare andare… ma dovrò farlo.”

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Capitolo 13
*** Capire cosa fare ***


Capitolo 13: Capire cosa fare
Il tempo dei giochi ormai era finito e dopo tutto quel movimento Elsa e Daffy si riscoprirono improvvisamente affamati, prima che il papero potesse rimproverare lo spirito per i panini lanciati ai lupi Elsa suggerì che Jack andasse a prendere del cibo per tutti loro volando mentre lei e Daffy lo avrebbero aspettato li (tanto per arrivare a Weselton mancava poco).
L'idea piacque a Jack che chiese ai due cosa volessero, Daffy rispose pronto che desiderava delle cialde (ovviamente), mentre Elsa non sapeva cosa scegliere, al che Jack suggerì lui alla principessa cosa avrebbero mangiato lui e lei: gelato.
Elsa disse che non conosceva il cibo di cui Jack stava parlando, al che sia Jack e Daffy si chiesero quante altre cose belle si era persa stando rinchiusa tutto quel tempo in quella torre, ma lo spirito si mise a elencarle i gusti possibili del gelato in modo che lei potesse scegliere uno di questi, ed Elsa non appena senti che esisteva il gusto cioccolato scelse quello (con grande entusiasmo).
Jack si fece trasportare dal vento fino a un continente diverso da quello del (futuro) regno di Weselton e arrivo in una piccola cittadina abbastanza ben messa, alla ricerca di qualche cialda per Daffy e una gelateria per i gelati per lui ed Elsa.
Lo spirito prese le cialde da una calda e rosea pasticceria, entro in essa seguito da forti e implacabili venti, che misero a soqquadro il posto, facendo volare o cadere in giro qualsiasi cosa non pesasse più di cinque chili e facendo volare i copricapi di tutti i presenti all’interno di quel luogo.
Usando il caos da lui stesso creato come vantaggio, grazie alla sua agilità Jack supero qualsiasi tavolino, isoletta e persona che gli si parasse davanti a lui e con grazia felina arrivo al suo obiettivo cioè due cialde semifredde, che stavano per essere vendute, che Jack si mise senza troppi complimenti dentro il tascone del suo maglione, per poi tornarsene all’uscita.
Niente poterono fare i garzoni della pasticceria, che rientrati dal retrobottega videro l’intera pasticceria in subbuglio, con i clienti che rincorrevano i loro copricapi o cercavano di raccogliere da terra le loro borse e/o i loro acquisti, molti dei loro beni che cadevano a terra completamente rovinati e un ladro vestito con un maglione blu e armato di bastone che rubava due cialde, quindi provarono ad acciuffare il manigoldo.
Jack però era trenta volte più agile e veloce di tutti i presenti messi insieme e mentre i garzoni tentavano di fare i primi passi verso di lui, Jack era già uscito dalla porta d’entrata e riprese immediatamente il volo con i venti che si era trascinato indietro (e facendo capire ai presenti qual era l’identità del ladro di cialde.)
Ora gli mancava solo il gelato suo e di Elsa, lo spirito trovo in meno di dieci secondi la gelateria in quella piccola cittadina e fece la stessa cosa che aveva fatto poco prima in pasticceria e cioè entro dentro a tutta forza e facendo entrare il vento con se.
Il posto era sicuramente più spoglio della pasticceria e quindi il vento causo danni minimi all’interno, ma fece andare in confusione per abbastanza tempo il povero gelataio, in modo che Jack, saltato dietro il bancone e rubasse ciò che voleva.
Con movimenti delle mani così veloci da essere quasi impercettibili da un occhio poco allenato, Jack afferro due coppette di cartone, poi afferro il porzionatore del gelato e con esso riempi entrambe le coppette ognuna con il suo gusto: una col cioccolato (per Elsa) e una col fiordilatte (per Jack), per poi scappare con un balzo fuori dalla struttura prima che il gelataio potesse afferrarlo.
Jack prese il volo mettendo i piedi sopra il suo bastone e lasciando che il vento lo riportasse da Elsa e Daffy, mentre con le mani libere teneva le due coppette in modo che non cadessero.
Comunque, era stato in quella cittadina per così poco tempo, che lo spirito dubitava seriamente che in essa sarebbe caduta la neve.
Per andare e tornare Jack ci mise solo cinque minuti (e dovette ammettere che dopo giorni di lunghe e stancanti camminate ritornare a volare era veramente liberatorio), quando riscese sulla collina con il vecchio mulino a vento, sia Daffy che Elsa lo guardavano stupiti, quasi non credendo che ci avesse messo così poco tempo.
Poi Jack diede a Daffy le cialde che gli aveva promesso, ma i dolciumi stando per troppo tempo nella tasca di Jack e quindi troppo a stretto contatto con lo spirito del ghiaccio e del gelo, si erano abbastanza congelati, ma prima che Jack potesse scusarsi con il papero, esso disse che le avrebbe scongelate con un fuocherello che si sarebbe acceso (ormai diventato esperto).
E mentre Daffy andava ad accendersi il fuoco per riscaldarsi la cena, Jack e Elsa afferrarono ognuno la propria coppetta e a quel punto Jack si rese conto che aveva dimenticato i cucchiaini, al che con grande imbarazzo della principessa dovettero mangiare portandosi il gelato alla bocca.
I due si sedettero ai piedi di un albero, premendoci le schiene contro e portandosi le loro coppette alla bocca, Elsa non appena assaggio il gelato al cioccolato se ne innamoro completamente e comincio a mangiarlo il più rapidamente e disordinatamente possibile, con grande divertimento di Jack.
La principessa sentendo Jack ridere del suo modo di mangiare, indispettita si mise a guardare male lo spirito, che si mise a ridere ancora di più vedendola con le labbra imbronciate sporche di cioccolata, al che la principessa sempre più indispettita, sfrutto la distrazione di Jack per acchiappare un pezzo di gelato al fiordilatte di Jack e se lo mangio lei: insomma la principessa fece un dispetto infantile allo spirito del gelo.
Jack accorgendosi di ciò che lei gli aveva fatto, la guardo facendo finta di essere ferito, ma Elsa per non essere da meno, mise su un sorriso a trentadue denti come per sbeffeggiarlo, al che Jack (quasi fiero di lei) le sorrise a sua volta e i due finirono in pace i loro gelati.
Poi Jack per passare il tempo, comincio a raccontare alcune delle sue avventure più arcane: come quando alcuni secoli prima si fermo in alcune isole del nord e li incontro una strana dea di nome Artio che proteggeva la fauna selvatica specialmente gli orsi e gli uomini che la pregavano diventavano Warger (cioè persone che riuscivano a trasferire la loro coscienza dentro gli animali).
Poi racconto di certi esseri in oriente chiamate Yuki-Onna, che erano delle donne che morte nel freddo tornavano sottoforma di spiriti del ghiaccio e nonostante dovessero spaventare i poveri viaggiatori nelle bufere di neve, metà di loro finiva per sposarseli perché li seguivano sottoforma di donna umana (alla domanda di Elsa su cosa mangiassero Jack non oso darle la risposta).
Poi però Jack nel pensare all’oriente, fece ritornare alla luce un brutto ricordo, di almeno quattrocento anni prima e che era una delle cose di cui Jack si vergognava di più, ancora dopo tanto tempo.
Stava portando una bufera di neve, in una fredda giornata invernale orientale, senza badare troppo alle conseguenze, finché non arrivando a una piccola casetta non vide una giovane donna sdraiata su un futon (i loro letti), imbottita di coperte per tenersi al caldo, ed era palesemente alle ultime fasi della gravidanza.
Il giovane marito di questa donna tentava di tenerla al caldo, di aiutarla a partorire la loro creatura e di farle calare la febbre, perché a quanto pare da quello che dicevano era come se la donna fosse molto sensibile al freddo e vista la violenta bufera provocata da Jack, era come se perdesse vitalità ogni secondo.
E per aggiungere danno al danno, da ciò che stava dicendo il marito alla moglie, Jack scopri che la bufera impediva alla levatrice di raggiungerli per aiutare la futura madre a partorire, al che nello scoprire Jack cerco di fermare la tempesta da lui stessa creata.
Però quando Jack riuscì a far smettere completamente di nevicare e torno indietro alla casa per vedere se era riuscito ad aiutare, vide che non era servito a niente: la madre era morta per dare la vita alla figlia.
Mentre il marito piangeva e urlava sopra il cadavere della moglie, che a quanto pare si chiamava Nagisa, Jack si allontanò prendendo il volo e con la tristezza e il senso di colpa che gli attanagliavano il cuore.
L’anno dopo se ne stette lontano dal luogo dove era accaduto tutto quel macello, ma due anni dopo la nascita di quella povera creatura Jack torno a portare neve e gelo anche in quella zona, ma sempre per poco tempo e li potte vedere come il padre Tomoya, si era distanziato completamente dalla figlia Ushio buttandosi nel lavoro e nell’alcool lasciandola crescere dai nonni materni.
Jack odiava questo fatto, sua moglie era morta, ma la cosa non li dava il diritto di ignorare sua figlia, nonostante il dolore che provava nel rivedere in lei la compagnia morta e ogni volta che arrivava l’inverno (in quei tre anni di neve leggera) Jack si metteva sopra a un ramo pieno di neve e quando lo vedeva passare sotto di esso, li faceva cadere la neve addosso.
Però nel dirigersi in oriente, cinque anni dopo la tragica morte di quella donna, Jack incontro una fanciulla dei venti che gli racconto la storia di un uomo che dalla descrizione sembrava proprio Tomoya, che negli ultimi tempi stava tentando di recuperare il rapporto perso per anni con la figlia.
Nel sentire quella buona notizia, Jack voleva andare subito da loro, per poter donarli un bell’ inverno pieno di neve (contenuta) e di giochi invernali (in fondo cosa c’era di meglio di un padre e una figlia che costruivano un pupazzo di neve insieme?).
Non lo avesse mai fatto.
Mentre gli altri bambini giocavano coperti di pesanti vestiti con la neve portata da Jack Frost, la piccola Ushio si indeboliva ogni giorno sempre di più come la madre e nel giorno più freddo era chiaro che la bambina non ce l’avrebbe fatta.
Quel giorno Jack osservava quella scena dalla finestra, mentre cercava di alzare il più possibile la temperatura in modo da aiutare la piccolina, che continuava a dire al padre che voleva andare al campo dei girasoli, cosa alla quale lui rispondeva giustamente, che c’era la neve, che faceva troppo freddo e che ci sarebbero andati la prossima volta.
Alla fine, Tomoya capi ciò che la figlia stava cercando di dirli: che una prossima volta non ci sarebbe stata e che lei avrebbe voluto passare gli ultimi momenti con suo padre in un bel posto (solo anni dopo Jack venne a sapere che quel luogo era molto importante per loro due), quindi Tomoya vesti se stesso e sua figlia in modo pesante e si diressero verso il campo di girasoli.
Però lungo la strada nella foresta per il campo, la bambina non ce la fece più e alla fine con tutte le forze mancate al suo piccolo corpicino, la piccola spiro tra le braccia di suo padre, credendo che ormai fossero arrivati al campo e confermando al padre con un fil di voce e per l’ultima volta che li voleva bene.
Jack aveva osservato il padre urlare il nome della figlia, tentando di svegliarla inutilmente, per poi cominciare a chiamare il nome della moglie chiedendole di aiutare la figlia, ma fu tutto inutile, il padre stette li inginocchiato in mezzo alla neve e stringendo il cadavere della figlia, finché dopo un ora di gelo anche il suo cuore cedette.
“I cinque anni di eterna estate” così le persone chiamarono i cinque anni successivi, in cui da nessuna parte sulla terra, a parte il polo sud, non cadde il benché minimo fiocco di neve, perché Jack se ne stette per cinque anni in un auto esilio, in cui lo spirito dell’inverno voleva solo morire (fu cosi che imparo che non poteva morire di fame).
Però dopo cinque anni venne richiamato all’ordine da Madre Natura in persona e Jack torno a portare neve, ghiaccio e inverno in tutto il mondo.
Jack si accorse che aveva narrato la storia per tutto il tempo, quando Elsa li strinse la mano destra con entrambe le mani, Jack vide che lo guardava con apprensione e chiara tristezza in volto, al che il pastore del gelo strinse le mani della principessa per rassicurarla che stava bene (e per trovare la forza di trattenere le lacrime che minacciavano di bagnarli il volto).
Dopo qualche minuto passato in silenzio, ad osservare Daffy che accendeva un fuocherello per cucinarsi le cialde e per stemperare la tensione appena vissuta, Jack chiese alla principessa: “Allora piaciuto il gelato?”
Mentre Elsa prendeva dalla manica l’omaggio ricamato, per pulirsi la bocca dal cioccolato (usando la parte non sporca di fuliggine), rispose con un: “Si, molto buono e mi ha fatto venir voglia di provare gli altri gusti.”
Jack mentre si puliva la bocca con la manica chiese: “Davvero?”
Elsa giro la testa verso di lui e disse: “Si” ma nel girare il volto entro nella sua visuale il castello di Weselton, quasi a ricordarle a cosa stesse andando incontro, a quello che sarebbe stato il suo destino, a poche centinaia di metri da lei, al che la principessa presa un po' dallo sconforto disse: “però, credo proprio che tra poco mangerò in modo diverso.”
Jack nel vederla guardare il castello di Weselton con un volto cosi incupito, tento di farle tornare il sorriso sul viso dicendole: “Ehi, ti verro a fare visita e ti porterò tutto il gelato che vorrai, se il duca ti proibirà di mangiarlo.”
Elsa riporto lo sguardo verso Jack e rimettendo un sorriso sulla faccia per ciò che stava sentendo chiese: “Davvero?”
Ottenuto l’effetto desiderato Jack continuo il suo discorso: “Davvero, dopotutto sono Jack Frost, nessuno potrà fermarmi, basta soltanto che tu lasci aperta una finestra e io entrerò.”
Elsa rise della cosa e afferro la spalla destra di Jack con la mano sinistra per scuoterlo dolcemente e dicendo allo spirito: “Mi faresti un grande piacere, lo sai?”
Jack annui, per poi osservare meglio la principessa, che con i capelli rossicci completamente liberi da qualsiasi tipo di acconciatura e dimenati al vento grazie alla sua risata, sembrava veramente una visione celestiale e ancora più bella di come non lo fosse già.
Elsa dopo che smise di ridere, noto come Jack la stava osservando, al che credendo di essere ancora sporca di gelato al cioccolato chiese: “Ho qualcosa sulla faccia?”
Jack però scosse le mani e la testa dicendo: “No, no è solo che, stai benissimo con i capelli sciolti.”
A quel complimento Elsa arrosi cosi tanto, che la sua faccia sembrava essere diventata un pomodoro e per evitarsi ulteriore imbarazzo la principessa distolse lo sguardo dallo spirito, per celarli il volto.
Jack vedendola allontanarsi da lui, dopo il complimento che le aveva fatto, cerco la sua mano per chiederle cosa avesse fatto di sbagliato, ma quando la mano destra dello spirito incontro quella sinistra della principessa i due si guardarono negli occhi e rimasero cosi rapiti l’uno dall’altro che non riuscivano più a distogliere lo sguardo.
I loro volti sembravano avvicinarsi, con conseguenze molto intuibili e nonostante entrambi si stessero rimproverando mentalmente per ciò che stavano per fare, i loro volti non volevano proprio allontanarsi, finché non furono così vicini da….
Intanto Daffy era riuscito ad accendere un fuoco, a riscaldare le sue cialde e a mangiarsele, quindi sazio e soddisfatto si avvicino ai suoi due amici (non accorgendosi di quanto stranamente erano vicini i loro volti) e commento il bel panorama di quella sera nel cielo: “Guardate che bel tramonto, non è romantico?”
Sia Jack che Elsa, vedendo che Daffy era cosi vicino a loro, ed era un miracolo che non gli avesse beccati in una posizione compromettente, sfruttarono la cosa per allontanare con uno scatto i volti l’uno dall’altro e cercare di fare finta che niente stava accadendo.
Però Elsa nel sentire Daffy dire la parola “tramonto”, guardo verso il cielo che era di sfumature rosse e arancioni, per poi guardare verso ovest proprio verso il castello di Weselton, dove il sole stava proprio per sparire all’orizzonte, per dare spazio alla notte e alle tenebre.
Elsa si maledisse mentalmente per non essersi accorta di un dettaglio così importante e così basilare, a sua difesa c’era da dire che Jack la stava continuando a distrarre tutto il tempo e pensare che stava per baciarlo “brutta idiota” si disse mentalmente Elsa.
La principessa sapeva che non sarebbero mai arrivati al castello in tempo, senza che la sua condizione venisse scoperta da Daffy e Jack (cosa che lei non avrebbe mai permesso), ma anche se fossero riusciti arrivare prima del tramonto a Weselton, poi l’avrebbero comunque scoperta gli abitanti, i soldati, i cavalieri e il suo futuro marito (quindi ancora peggio).
Per fortuna che Elsa aveva la soluzione temporanea dei suoi problemi proprio dietro di lei: il vecchio mulino a vento diroccato.
Da ciò che poteva vedere, la struttura si manteneva in piedi solo per miracolo, la neve entrava dai buchi nelle pareti di legno oramai mezze distrutte e di sicuro l’interno sarebbe stato pieno di cumuli di neve e detriti di legno della peggior specie, in parole povere un posto orribile in cui passare la notte, ma Elsa si sarebbe accontentata.
La principessa si avvicino al mulino, allontanandosi da Jack e Daffy, dicendo ai suoi due compagni di viaggio: “Adesso vorrei andare a dormire, visto che sta per scendere la notte.”
Jack stava per insistere che tanto mancavano pochi metri al castello del duca, ma Daffy gli impedì di parlare dicendo alla principessa: “Altolà, adesso so perché continui a cercare un rifugio ogni volta che il sole sta tramontando...”
Elsa che era alla porta di legno del mulino e stava per entrarci dentro, ma per la seconda volta in una giornata Daffy riusciva con poche parole a farle venire brividi lungo la spina dorsale, la principessa si giro verso il papero tentando (malamente) di nascondere la preoccupazione dal suo sguardo chiese: “Davvero?”
Daffy con un sorriso di chi la sapeva lunga rispose: “Certo: tu hai paura del buio.”
Elsa ringrazio mentalmente tutti gli dei esistenti che Daffy avesse sbagliato (anche se lei stava palesemente sopravalutando l’intelligenza della creatura) e sfrutto la cosa per dare una scusa al suo comportamento dicendo: “Si, certo. Ho veramente una terribile paura del buio, ed è meglio che io vada dentro..”
E mentre la principessa tornava verso la porta per sfuggire alla vista di qualsiasi persona, prima della completa calata del sole, Daffy fiero di aver indovinato quale fosse il problema (lui pensava) diceva: “Non ci pensare principessa, anche io avevo paura del buio, finché… Ehi un secondo io ho ancora del buio.”
Jack emise uno sbuffo per le buffonate del suo amico pennuto, ma senti il soave suono della voce della principessa che gli diede una dolce ultimo saluto: “Buonanotte Jack” e lo spirito alzando lo sguardo verso di lei la vide all’uscio dell’entrata del mulino, che li sorrideva dolcemente, quasi seducentemente e non potte che ricambiare: “Buonanotte, principessa.”
Quando la forma di Elsa si ritiro all’interno della struttura abbandonata, Jack senti come se le spalle fossero diventate più pesanti, perché aveva realizzato qualcosa di veramente spaventoso: si era innamorato di Elsa.
A quanto pare non era l’unico ad averlo capito, perché Daffy aveva osservato l’ultima interazione tra i due e vedendoci dei (chiarissimi) sottotesti romantici, disse come a voler prendere per i fondelli Jack: “Ah, ora capisco com’è la questione.”
Jack cerco di difendersi dicendo: “Non so di cosa stai parlando” mentre si allontanava dal mulino, guardandosi i piedi e pensando a tutto ciò che li passava per la mente, in particolare ad Elsa.
Daffy però voleva continuare a parlare della cosa dicendo: “Bello, ho visto voi due per tutta la giornata continuare a lanciarvi sguardi languidi. A fare il gioco del leone e la leonessa, lo stallone e la giumenta, il papero e la papera.”
All’ultimo paragone Jack storse un po' il naso e leggermente indispettito che Daffy paragonasse lui e Elsa a degli animali in calore, comincio a prendere in giro il caso della “strana” compagna di Daffy: “Si, nel tuo caso però sarebbe un papero e una dragonessa.”
A quella battuta Daffy fece una risata sarcastica, per far capire all’amico che non l’aveva trovata divertente, per poi dire: “Beh in fondo tu ed Elsa sareste una bella coppia. E lei si merita sicuramente di meglio del duca di Weselton.”
Jack a quel punto giro lo sguardo verso Daffy, come se avesse detto lui la battuta poco divertente e chiese in modo sarcastico: “E il meglio per lei sarei io?”
Daffy, come se non vedesse il problema chiese: “Perché no?”
Jack alla domanda di Daffy non riuscì a trovare risposta e si limito a balbettare: “I-iooo non non… lei è… non che io…”
Venne interrotto da Daffy, che vedendo il suo amico ridotto a balbettare come un bambino di pochi anni alla presa con le sue prime parole e nonostante il divertimento che provava nel vederlo in quelle condizioni, il papero gli disse: “Jack, non si capisce niente di quello che dici. Prendi un bel respiro e poi parla.”
Jack fece come aveva detto il suo amico pennuto e dopo un profondo respiro per calmare i suoi nervi disse: “Lei… lei è una principessa e io sono…”
Lo spirito non riusciva a concludere la frase, quindi la concluse Daffy per lui, che aveva intuito la risposta: “Jack Frost.”
Jack ringhio il suo stesso nome, come se li facesse schifo solo sentirlo e a pensarci bene in questi ultimi giorni Jack stava provando emozioni negative più del necessario, quindi era arrivato il momento per lui di allontanarsi da tutti e rimanere da solo con i suoi pensieri.
Daffy vedendo Jack allontanarsi gli chiese: “E adesso dove vai?”
Jack si fermo di scatto e rispose con un onesto ringhio: “A pensare, ecco dove vado” per poi riprendere a camminare verso la direzione della cittadina di Weselton e verso il sole che stava tramontando.
Daffy lo lascio andare, non volendo discutere con Jack e vedendo che doveva sbollire un bel po' di rabbia repressa; quindi, il nero papero torno al suo fuocherello per riscaldarsi le membra, in vista di una fredda notte da trascorrere all’aperto.
Jack arrivato a pochi metri dal campo di girasoli, appoggio il bastone contro un albero vicino, che non si congelo al contatto con l’oggetto magico, perché esso non era più collegato a Jack, la fonte del suo potere e quindi in quel momento era solo un comune bastone in legno di salice.
Questa volta quando Jack lascio il suo bastone, si senti quasi indifeso e non potte che chiedersi cosa fosse cambiato dall’attacco dei banditi? Perché anche li aveva lasciato il suo bastone, ma non si era sentito affatto indifeso (anzi tutt’altro). Forse era perché all’epoca non era pieno di dubbi come in quel momento? O era perché aveva lasciato il bastone a Elsa?
“Elsa. La causa di tutto è sempre Elsa” si disse Jack, mentre si sedeva a pochi passi dall’albero su cui aveva appoggiato il bastone e mettendosi a fissare il castello di Weselton.
Perché doveva innamorarsi non solo di una principessa, ma anche di quella che avrebbe dovuto consegnare a Weselton per la proprietà del suo polo? Perché adesso esitava nel compiere ciò che si era prefissato di fare? Perché continuava a pensare a quella sua bellissima risata?
Jack si fece queste e altre mille domande per ben tre ore, senza rendersi conto che ormai il sole era completamente tramontato e la luna piena regnava incontrastata sul cielo.

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Capitolo 14
*** Spiegoni e malintesi ***


Capitolo 14: Spiegoni e malintesi
Mentre Jack se ne stava seduto per tutto quel tempo, cercando di trovare risposte su ciò che avrebbe dovuto fare, Daffy si preoccupo di tenere acceso il suo fuoco per tenersi al caldo e non rischiare di morire di ipotermia nel sonno quella notte.
Quindi era andato una seconda volta nel bosco per prendere altra legna per tenere il falò accesso, cosa che fece in meno di un’ora, mise altri rametti nel fuoco, poi si accerto che bruciassero e infine si mise vicino al fuoco per riscaldarsi le stanche ossa.
Il tempo passava e Jack non tornava, ormai erano in piena notte e quindi Daffy leggermente preoccupato andò per ben due volte a vedere cosa Jack stesse facendo e per due volte lo trovò li seduto vicino al campo di girasoli a guardare la luna, si muoveva cosi poco che poteva sembrare una statua.
Daffy non volendo disturbare il suo amico spirito decise di lasciarlo in pace e la seconda volta che torno al falò non potte che notare l’immenso freddo che la presenza di Jack portava in quel luogo, al che li venne in mente che Elsa nel mulino diroccato molto probabilmente stava congelando.
La caverna era diversa, la roccia avrebbe potuto isolarla dal freddo, ma un vecchio mulino che cadeva a pezzi non lo avrebbe fatto, anzi sarebbe stato pieno di neve.
Al che Daffy preoccupato per la salute della principessa, a mezzanotte si diresse verso il mulino e quando fu alla porta di entrata per esso comincio a bussare per farsi sentire da Elsa e starnazzo un: “Principessa, state bene? Volete del fuoco?”
Nessuna risposta, al che Daffy penso che stesse dormendo, ma poi la paranoia si insinuo nel cervello del papero e temette che fosse congelata e quindi spinse la porta ed entro nel diroccato mulino a vento.
L’interno era letteralmente tutto ricoperto di neve, dalle assi di legno che formavano il pavimento, alle travi che sorreggevano la struttura (miracolosamente), cosi come i vecchi ingranaggi arrugginiti, l’asta di sostegno che sorreggeva le pale del mulino mezza distrutta e anche il piano superiore ad esso era ricoperto di neve, tutto a causa dell’enorme buco che c’era al posto del soffitto, che rendeva il posto pesantemente soggetto alle intemperie esterne.
Daffy trovava il posto molto inquietante, ma dopo essersi preso un po' di coraggio, comincio ad avanzare e a chiamare il nome della principessa: “Elsa, principessa Elsa, dove sei? Sono entrato solo per vedere se stai bene e se vuoi un po' di fuoco?”
La principessa non diede risposta al papero, perché era troppo impegnata a celarsi ad esso, premendo la schiena contro la parete in legno come se volesse essere inghiottita da essa, camminando lentamente cercando di evitare il più possibile che i suoi stivali a contatto con le assi di legno le facessero scricchiolare e trattenendo il respiro per evitare che Daffy potesse percepirla con esso e in quel momento si trovava sopra la testa del papero, perché si trovava proprio sopra l’impalcatura superiore.
Daffy sempre più a disagio si diresse verso il centro del mulino a vento, verso gli ingranaggi che erano serviti alla setacciatura del macinato e sempre più preoccupato e spaventato comincio a dire più ad alta voce: “Elsa, per favore dimmi dove sei, mi sto seriamente preoccupando.”
Non era nelle intenzioni della principessa far preoccupare il suo amico, ma non voleva nemmeno che lui scoprisse la sua condizione, nessuno avrebbe dovuto sapere ciò che le accadeva ogni volta che il sole tramontava, nemmeno Daffy o ancora peggio Jack nonostante aveva imparato ad affidare ai due (soprattutto allo spirito) la sua stessa vita.
La principessa comincio a spostarsi lentamente di lato, per evitare il possibile sguardo di Daffy se il papero avesse guardato in alto verso l’impalcatura, ma nel mettere il suo piede destro sull’asse accade qualcosa di veramente strano: l’asse si congelo.
Purtroppo, questo fatto rese l’asse più fragile di quanto non fosse già e quindi sotto il peso della principessa, una parte del soppalco crollo facendo cascare anche Elsa con uno strillo e spaventando a morte Daffy.
Per fortuna, la caduta della principessa venne attutita dalla neve che era caduta dentro il mulino (più quella creata durante la sua trasformazione non appena il sole era tramontato) e Elsa si fece solo del male al fianco destro e un mezzo infarto per lo spavento.
Quando Daffy smise di indietreggiare dalla paura riconobbe quello strillo come quello di Elsa e vista la caduta si avvicino per controllare la saluta della sua amica dicendo: “Elsa, stai bene?”
Elsa nel suo cercare di rimettersi in piedi, vide il papero avvicinarsi a lei per controllare il suo stato di salute e voleva allontanarlo per evitare che lui la vedesse in quello stato, ma non oso fare movimenti con le braccia per la paura di ferire con i suoi poteri un suo amico, come era successo tanto tempo fa con… Anna, quindi si limito a dire con un filo di voce dovuto alla vergogna: “Ti prego non avvicinarti.”
Fu inutile, perché Daffy non la senti e si avvicino a lei e quando la vide da più vicino, senza che venisse oscurata dal buio, vide che molto era cambiato in lei: i suoi capelli al posto di essere rossi, erano diventati di un biondo chiaro, gli occhi non erano più castani, ma di un profondo azzurro ghiaccio, l’abito e le gonne in alcuni punti avevano brina a dosso (come il maglione di Jack) e anche l’avvicinarsi a lei sembrava come avvicinarsi a Jack, come se si fosse avvicinato all’origine del freddo stesso.
Daffy stupito di tutti questi cambiamenti chiese alla sua amica: “Principessa, cosa ti è successo?”
Tra lo sconforto più totale Elsa non nascose più niente e con un movimento attento delle sue mani, creo dalle sue dita piccoli fiocchi di neve, che sotto gli occhi completamente stupefatti Daffy caddero sul pavimento innevato del vecchio mulino.
Daffy non riusciva a trovare le parole giuste e quindi continuava a ripetere: “Io… tu… cosa?”
Elsa per far trovare al papero le parole giuste disse: “Adesso capisci Daffy perché insistevo tanto per un rifugio dopo il tramonto? E perché questa sera, non siamo andati fino a Weselton? Perché non volevo che nessuno venisse a sapere dei miei poteri.”
Daffy era ancora in trance e chiese avvicinandosi a lei: “Ma come...”
Daffy non potte finire la domanda, perché Elsa vedendo il papero avvicinarsi a lei, si ritrasse per evitare il più possibile qualsiasi possibilità di contatto fisico e urlando: “NOOO.”
Il papero spaventato dal grido della principessa non solo si fermo sui suoi passi, ma anzi comincio ad indietreggiare, Elsa ripreso un po' di fiato, cerco di spiegarsi: “Non avvicinarti e non toccarmi, io… io non sono come Jack. Non riesco a controllare i miei poteri, quindi allontanati non voglio farti del male.”
Daffy annui leggermente spaventato e fece la domanda che stava per fare prima: “Ma come mai hai questi poteri?”
Elsa si rialzo in piedi e tolse un po' di neve dalle sue gonne e (sempre stando più lontano possibile da Dafffy) la principessa andò verso i vecchi ingranaggi al centro del mulino e si sedette su uno di essi e dopo un enorme sospiro per tranquillizzarsi, Elsa ripete una frase che ormai conosceva a memoria: “Di notte in un modo, di giorno in un altro, questa sarà la norma, finché non riceverà il primo bacio d’amore, allora dell’amore avrà forma.”
Daffy non capi e quindi chiese spiegazioni: “Ok ho capito, scrivi poesie, ma che c’entra questo con il fatto che sei un Jack Frost al femminile?”
Elsa leggermente spazientita disse: “Non è una poesia è un incantesimo. È una cosa che ho fin dalla nascita, fin da quando sono venuta al mondo dopo che il sole è tramontato ho avuto questi poteri, poi quando il sole sorge loro scompaiono e io torno una persona normale.”
Poi Elsa comincio a spiegare la frase che aveva detto poco prima: “Quella frase è quella che disse una strega quando mi esamino, perché mio padre e mia madre scoprirono i miei poteri, all’epoca avevo solo tre mesi. A quanto pare l’incantesimo che mi è stato fatto, funziona con questa legge. Di notte in un modo, di giorno in un altro, questa sarà la norma, finché non riceverà il primo bacio d’amore, allora dell’amore avrai la forma.”
Poi la principessa comincio a raccontare la sua storia a Daffy, quando era piccola non aveva paura di questi poteri, anzi lei aspettava impazientemente la notte per poter giocare con essi e quando nacque la sua sorellina Anna tre anni dopo Elsa trovo in poco tempo una nuova compagna di giochi con la neve.
E mentre le due principessine giocavano giorno e notte spensieratamente, i genitori, il re e la regina, si preoccupavano di tenere la cosa altamente segreta, rivelandola solo al personale del castello e ai loro consiglieri più fidati.
Finché una notte fatidica, una Anna di cinque anni non sveglio una Elsa di otto, per giocare insieme, le due andarono nella sala del trono e da li Elsa con i suoi poteri fece nevicare all’interno della sala e congelo il pavimento per creare una pista di pattinaggio, le due costruirono un pupazzo di neve che Elsa chiamo Olaf (a cui piacevano i caldi abbracci) e insieme giocarono per tutta la sera allegramente.
Finché non accade la tragedia, Anna si stava divertendo a saltare sugli enormi cumuli di neve creati da Elsa con la sua magia del ghiaccio e a ogni salto nel vuoto che la bambina di cinque anni compiva, Elsa creava un altro alto cumulo di neve per non farla cadere.
Però i salti della bambina diventavano sempre più alti e sempre più veloci, tanto che Elsa non riusciva a tenere il passo e la principessa per stare dietro all’entusiasmo della sorellina, scivolo sul pavimento ghiacciato e cadde a terra, Anna non si accorse della cosa e credendo che Elsa fosse sempre li a proteggerla fece un enorme balzo nel vuoto, Elsa nell’agitazione e nel provare a salvare la sorellina dalla brutta caduta sparo un raggio di ghiaccio, ma prese per sbaglio Anna sulla fronte.
La principessina cadde a terra svenuta e con il ghiaccio che si diffondeva sul suo capo e Elsa sempre più preoccupata si alzo in piedi e andò verso Anna, la prese tra le braccia e continuo a scuoterla tentando disperatamente di svegliarla, ma senza alcun risultato, alla fine in preda alle lacrime urlo perché i genitori venissero ad aiutarla.
Il re Agnarr e la regina Iduna vennero svegliati dal loro sonno dalle grida della figlia maggiore provenienti dalla sala del trono e i due reali corsero verso di essa e quando entrarono videro che la sala era totalmente ricoperta di ghiaccio e neve e al centro di essa vi era Elsa che piangeva mentre teneva tra le braccia il corpo di Anna.
Quando il re e la regina videro ciò che era successo ad Anna, il re prese immediatamente la figlia in braccio, ordino a Iduna di portare Elsa in camera e chiamo immediatamente i medici reali perché salvassero la vita di Anna.
Mentre Elsa era segregata per giorni nella sua camera l’unica sua fonte della salute di sua sorella era Gerda la serva, che ogni volta che le portava mangiare riferiva alla principessa su cosa stava accadendo ad Anna, all’inizio i medici riuscirono a stabilizzarla, ma non sapevano come fare per svegliarla e rimuovere il ghiaccio dal suo capo.
Dopo due giorni, re Agnarr disperato chiamo l’aiuto di una “specie di fata” (o almeno cosi le aveva raccontato Gerda), che riuscì a guarire Anna da ciò che le aveva fatto Elsa: a quel punto rimaneva solo da decidere cosa bisognava fare a riguardo ad Elsa e dei suoi poteri.
Per un mese Elsa venne tenuta rinchiusa nella sua stanza, con solo Gerda che la visitava per portarle i pasti, ma una mattina suo padre andò da lei e la informo che lei sarebbe stata rinchiusa in una torre, finché il suo amore non l’avrebbe salvata (spiegandole per la prima volta l’incantesimo).
Elsa non voleva andare, ma suo padre insistette che era per il suo bene, ed era già stato deciso, grazie al suo legame con una famiglia nobile straniera era riuscito a impadronirsi di una torre costruita sopra a un vulcano inattivo, circondato da un deserto di polvere e protetto da una dragonessa, la spedizione era stata già organizzata per la settimana prossima.
Gli ultimi regali che Elsa ricevette furono da sua madre un mantello viola cucito dalla stessa regina Ingrid, mentre da suo padre ricevette un intera collezione di libri per continuare a mantenersi istruita e per passare il tempo fino a che non sarebbe stata salvata e dei guanti magici che suo padre disse sarebbero riusciti a contenere i suoi poteri.
La piccola Elsa volevo solo una cosa, incontrare sua sorella per un ultima volta, accertarsi delle sua buona salute, per poi dirle addio (e possibilmente scusarsi), ma il re Agnarr no glielo concesse, la rassicuro la figlia che Anna stava bene, ma era meglio che non la incontrasse per evitare possibili traumi del ricordo dell’incidente.
Dopo una settimana la scorta di cinquanta uomini, guidati da Sir Kai parti segretamente da un castello di Arendelle per arrivare al porto e prendere una nave segreta nel bel mezzo della notte, che avrebbe portato loro e la principessa in un altro continente.
Quando la nave tocco la terra di un continente diverso la principessa venne portata vestita da servetta nel castello di quei nobili che avevano concesso il castello sul vulcano a re Agnarr che diedero ospitalità alla scorta che suo padre le aveva dato e la ospitarono per una singola notte.
Poi la mattina dopo, poco dopo che il sole fu sorto, Sir Kai la sveglio e partirono con una scorta ridotta a soli dieci uomini (i più leali) che caricandola in una carrozza partirono verso la fortezza del drago.
Arrivati ad essa Sir Kai, comincio ad agitare violentemente campanelli per tutto il tempo che ai dieci soldati servi per scaricare tutto il materiale per rendere la torre più alta (la cella di Elsa) un luogo ospitale, un tavolo, un letto, una libreria, le centinaia di libri che la riempirono, arnesi da cucina e cibo per un mese, sia per lei che per il drago.
Poi quando tutto venne scaricato Sir Kai rassicuro la piccola Elsa che lui sarebbe arrivato ogni mese per portare del cibo a lei e a Tempestosa, in modo che non la mangiasse e le facesse sempre la guardia, poi quando anche lui usci dalla sua stanza, lui e gli altri uomini cominciarono a saldare la porta di essa rinchiudendola dentro.
Quando Elsa senti il suono dei campanelli farsi sempre più distante, fino a svanire, comincio a piangere e a pregare qualsiasi divinità del cielo per far finire quel tormento.
Il tempo passo la principessa crebbe, da bambina si ritrovo ben presto a essere una giovane donna, gli unici compagni che aveva erano i libri, che lesse tutti più e più volte tanto erano limitate le cose che poteva fare in quella torre, Tempestosa di cui da bambina era profondamente terrorizzata, ma che aveva imparato a considerare una parte stessa del castello e alla quale raccontava molto spesso fiabe come faceva con Anna e Sir Kai che una volta ogni mese (puntuale come un orologio) tornava anticipato dal suono di campanelli, per portare da mangiare a lei e a Tempestosa.
Quando compi undici anni Elsa prego il cavaliere di suo padre di restare un po' di più per raccontarle cosa accadeva a Arendelle in sua assenza, per fortuna che Sir Kai acconsenti altrimenti Elsa credeva che sarebbe impazzita per la mancanza di contatti con altre persone e ogni volta che tornava il cavaliere si fermava sulla porta della stanza per raccontare alla principessa riguardo a suo padre, sua madre e (soprattutto) sua sorella Anna e prima di andarsene incoraggiava la principessa a resistere dicendole che tutto quella prigionia un giorno sarebbe finita.
Elsa resistette per anni e anni nella speranza che finalmente qualcuno venisse a salvarla in modo che lei potesse essere libera di tornare a casa e quella maledizione le fosse rimossa in modo che non danneggiasse più nessuno.
Poi dopo tredici anni Jack e Daffy erano arrivati a salvarla e tutto il resto della storia Daffy la conosceva…
Nel raccontare tutto questo Elsa comincio a piangere, come per sfogare la tristezza e lo sconforto che aveva provato per la maggior parte della sua vita, portandosi le mani sugli occhi per coprirsi le lacrime.
Daffy vedendola piangere in pieno sconforto si avvicinò a lei e fregandosene del fatto che la principessa stessa gli aveva detto di non avvicinarsi a lei per la sua sicurezza, sali in piedi sull’ingranaggio su qui lei era seduta e l’abbraccio, come se dovesse rassicurare una bambina.
Elsa nel sentire le braccia piumate del suo amico pennuto, ebbe paura per lui, se i suoi poteri fossero andati fuori controllo Daffy sarebbe diventato una statua di ghiaccio, cosa che lei non si sarebbe mai perdonata, ma prima che potessero respingerlo in qualsiasi modo, la principessa di ghiaccio senti qualcosa che non aveva mai sentito per tutta la sua vita: calore.
Fin da quando era piccola la pelle di Elsa non percepiva né calore né freddo, sia di giorno che di notte, come se fosse un potere intrinseco, ma quando Daffy la abbraccio senti come se l’affetto che il papero volesse trasmetterle si tramutasse in un calore veramente confortante, come si sentivano una volta gli abbracci di Anna.
La principessa premette il viso contro il petto sottile del papero e si lascio andare, pianse tutte quelle lacrime che non aveva ancora pianto in tredici anni, imbrattando le piume nere del papero di cloruro di sodio, mentre esso nonostante il disagio che provava per essere ricoperto dalle lacrime della principessa, la teneva stretta a se abbracciandola per le spalle.
In tutto questo né Elsa né Daffy notarono come dopo questo abbraccio parte della neve all’interno del mulino stava cominciando lentamente a sciogliersi, nonostante la temperatura esterna fosse -2 gradi Celsius.
Quando finalmente Elsa smise di piangere, si allontano da Daffy e asciugandosi con le mani le ultime lacrime in volto (non congelandole) disse al papero: “Grazie Daffy, di tutto.”
Daffy mentre cercava (in qualche modo) di asciugarsi le piume frontali dalle lacrime della principessa disse: “Si, prego, ma mi raccomando non dirlo in giro, altrimenti perderei la mia reputazione da duro.”
Elsa ridacchio per la (palese) falsa preoccupazione del papero, ma promise che non l’avrebbe mai detto a nessuno, tanto per stare al gioco del suo amico.
Dopo qualche secondo di silenzio tra i due, Daffy disse tentando di consolarla: “Beh guarda il lato positivo principessa, sei cosi solo dopo il tramonto e fino all’alba, Jack ha questi poteri ventiquattro ore al giorno.”
Peccato, perché il papero era partito bene nel consolarla, ma come sempre persone troppo chiacchierone finiscono per dire la cosa sbagliata al momento sbagliato, come aveva fatto lui in quel momento.
Elsa guardo il papero nero con un certo astio, come si guarderebbe qualcuno che ha fatto una pessima battuta e disse: “Si, ma io non sono Jack, lui sa controllare i suoi poteri e lui non ha mai…” ma la principessa non poté concludere la frase perché avrebbe mentito, Jack, come lei aveva fatto del male a persone che non voleva affatto danneggiare, un’intera famiglia era stata spazzata da Jack solo perché non riusciva a liberarsi del ghiaccio che sempre l’avrebbe seguito.
Jack Frost avrebbe potuto controllare il ritmo con cui la neve scendeva e la potenza dei venti, ma non poteva impedire al freddo dell’inverno di seguirlo in qualsiasi angolo del mondo in qui lui sarebbe andato.
Lui però sapeva controllarlo, sapeva tenerlo a freno, il suo bastone li permetteva di incanalare i suoi poteri come voleva; non al contrario di lei che perdeva sempre più il controllo di giorno in giorno e che negli ultimi anni aveva preso l’abitudine di non togliersi mai i guanti anche durante il giorno (la sua solita fortuna che proprio il giorno in cui qualcuno la salvo non li indossasse).
Quindi Elsa disse a Daffy: “… lui non è come me. Io sono una principessa e dovrò sposare il duca di Weselton domani prima del prossimo tramonto, in modo da liberarmi finalmente di questa maledizione.”
Daffy poteva capire il perché della fretta nello sposarsi cosi presto, non voleva rivelare i suoi poteri al futuro marito e voleva tornare dopo tanto tempo a casa, conoscendo il duca di Weselton se il vecchio avesse scoperto dei poteri della principessa l’avrebbe accusata di essere una strega e l’avrebbe uccisa (visto il suo odio per tutte le creature magiche), ma anche se non avesse scoperto il tutto Daffy pensava che Elsa meritasse di meglio del duca.
Quindi il papero decise di dare una mano indiretta ai suoi due amici riguardante i loro sentimenti reciproci, nella speranza che i due si mettessero insieme Daffy disse alla principessa: “Quindi fammi capire bene, per rimuoverti l’incantesimo devi baciare qualcuno che ami, giusto?”
Elsa rispose: “Si, questo è il riassunto.”
Daffy, con un leggero sorriso sul becco, espresse timidamente un’idea alla principessa: “Beh, tu e Jack vi siete molto avvicinati durante il viaggio… e tu controlli il ghiaccio lui controlla il ghiaccio e nonostante a volte si comporti da arrogante pallone gonfiato, in realtà è un adorabile sciocco e secondo me voi due sareste una bellissima coppia.”
Elsa per un attimo pensò alle parole appena pronunciate dal papero, in effetti una parte di lei non poteva negare che durante il viaggio lei e Jack avevano passato un sacco di tempo insieme e una parte di lei non poteva negare di essersi innamorata dell’altruismo e della simpatia dello spirito del ghiaccio e anche se si vergognava a dirlo avrebbe voluto che quella giornata non finisse mai.
Da piccola avrebbe voluto incontrare Jack Frost per chiederli aiuto riguardo ai suoi poteri, ma il destino a quanto pare volle che lo incontrasse in età adulta, ma forse Jack le avrebbe insegnato a controllarli, forse lei avrebbe potuto portare felicità al solo pastore dell’inverno… forse lei…
No, i suoi poteri erano una maledizione e Jack meritava una persona che portasse ordine e serenità nella sua vita, non lei un parassita che riusciva solo a fare del male a coloro che la circondavano.
E poi Jack non era venuto a conoscenza dei suoi poteri, conoscendo solo la perfetta e normalissima principessa Elsa e non la distruttiva principessa delle nevi che aveva quasi ucciso la sorella, se l’avesse vista con quei poteri sarebbe stato spaventato da essi come tutti gli altri oppure vedendo la mancanza di controllo di Elsa su di essi avrebbe rivisto ciò che era accaduto a Tomoya e alla sua famiglia, l'avrebbe abbandonata.
Più di ogni altra cosa Elsa sapeva di non essere capace di reggere un possibile rifiuto, da una persona di cui realmente le importava.
Quindi si mise a spiegare al papero i vari motivi per cui lei e Jack non sarebbero mai potuti finire insieme.
Intanto al di fuori: dopo così tanto tempo sepolto nei suoi ragionamenti, Jack si accorse che ormai era tardissimo e che tutto quel ragionare non era servito a un bel niente.
Poi però gli occhi dello spirito si poggiarono sul campo di girasoli davanti a lui e decise che almeno ci avrebbe provato, avrebbe confessato a Elsa ciò che provava per lei e tutto il resto sarebbe stata una scelta di Elsa.
Se la principessa avesse accettato i suoi sentimenti per lei e li avesse ricambiati, lui l’avrebbe portata insieme a Daffy al polo sud e le avrebbe reso la sua casa sua più accogliente per lei e avrebbe cercato di renderla il più felice possibile e se il duca di Weselton avesse considerato la cosa un rapimento della sua futura sposa, Jack avrebbe accolto lui e i suoi soldati con la tempesta di neve più forte e gelida di sempre.
Se invece Elsa lo rifiutasse, Jack lo avrebbe accettato (sperando che la cosa non lo ferisse pesantemente) e poi le avrebbe chiesto dove volesse veramente andare e non importa se dall’altra parte del mondo lui l’avrebbe portata li, perché Daffy aveva ragione Elsa meritava di meglio del duca di Weselton.
Quindi Jack afferro un girasole, congelandolo con il suo semplice tocco, dallo stello ai petali, ma non si preoccupo della cosa perché Elsa aveva accettato la sua rosa di ghiaccio quando gliel’aveva donata, riprese il suo bastone e ricomincio a salire la collina dirigendosi verso il vecchio mulino.
Quando arrivo al falò che Daffy aveva acceso durante il tramonto, vide che il papero non era presente e che il fuoco anche se bello scoppiettante stava comunque per spegnersi a causa della mancanza di qualcuno che lo sorvegliava.
Lo spirito cerco con lo sguardo dove fosse andato il suo amico pennuto, ma guardandosi intorno non vide la forma di un papero antropomorfo alto un metro tra gli alberi, al che Jack penso che probabilmente era andato a cercare legna abbastanza asciutta per fornire carburante al falò.
Poi Jack si diede una rapida occhiata in giro come per confermare la sua sola presenza e come un ragazzino innamorato comincio a fare le prove del discorso che avrebbe fatto a Elsa: “Ehm... salve Elsa… ecco io avrei visto questo fiore ed è bello… qq-questo non significa che tu non sia bella... iii-o proviamo qualcos’altro… ehi Elsa come stai… ma che diavolo Jack… principessa io quello che volevo dirti era…”
Dopo un enorme sospiro a causa della sua incapacità di formulare un discorso appropriato per Elsa, Jack si disse da solo: “Sono una frana.”
Abbassando il capo per la stanchezza mentale, Jack però noto che sulla neve ai suoi piedi c’erano le orme palmate di Daffy sulla neve che si dirigevano verso il mulino, al che Jack incuriosito (e leggermente preoccupato), comincio a dirigersi verso il mulino.
Più si avvicinava al mulino più comincio a sentire uno strano suono, come un mormorio e pochi altri passi il mormorio si fece sempre più chiaro finché Jack non riconobbe le due voci di Elsa e Daffy che stavano parlando animatamente tra di loro.
Incuriosito di ciò di cui stavano parlando i suoi due amici, Jack premette l’orecchio contro la parete in legno dalla struttura in modo da poterli sentire.
“In fondo Daffy chi amerebbe mai un mostro portatore di ghiaccio e di morte? La mia vita non potrà mai essere perfetta, se sto con Jack. L’unica opportunità che ho di essere felice è di sposare il mio vero amore. Lo capisci vero Daffy?”
Mille pugnali al cuore, ecco la sensazione che provo Jack mentre lasciava cadere il girasole a terra, Elsa non solo non l’amava, ma lo considerava un mostro e non voleva avere niente a che fare con lui.
Quel rifiuto detto alle sue spalle li fece più male di quanto si aspettava e quel che era peggio era che lei e Daffy ne stavano parlando insieme, come due complici.
La tristezza e lo sconforto però fecero spazio alla rabbia e all’odio e Jack ferito nei sentimenti, si disse: “Già in fondo tutta questa storia doveva finire giorni fa. Che fottuta perdita di tempo.”
Il pastore dell’inverno si stava maledicendo per aver creduto che con Elsa le cose sarebbero state diverse, che Daffy fosse un suo vero amico, che da tutta quella storia poteva uscirne veramente qualcosa di buono.
No, l’unica ragione per cui Jack aveva fatto tutta questa strada era solo una, riavere casa sua.
Quindi lo spirito con un espressione furiosa si giro verso la cittadina di Weselton e con il potere datoli dal suo bastone richiamo i venti, che alzarono il suo corpo e lo condussero a riscuotere la sua ricompensa, mentre la neve come a imitare il tumulto interiore del suo padrone, cadeva sempre più fitta e sempre più velocemente.
Peccato per Jack che non era riuscito a sentire l’intero discorso altrimenti avrebbe capito che Elsa non stava parlando di lui, ma di sé stessa.

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Capitolo 15
*** Dolore e tradimento ***


Capitolo 15: Dolore e tradimento
“E’ il solo modo per rompere l’incantesimo” disse Elsa a Daffy finendo la sua spiegazione sul perché non avrebbe mai potuto mettersi insieme a Jack.
Il papero non sapeva cosa fare, quella situazione era veramente fottutamente complessa e il papero sapeva che ormai rimaneva una sola cosa da fare, in modo che venisse fuori uno straccio di soluzione a tutto questo (e per allontanare Elsa il più possibile dalle grinfie di Weselton): dirlo a Jack.
Quindi glielo disse a Elsa, scendendo dall’ingranaggio e dirigendosi verso la porta del mulino: “Devi dire la verità a Jack.”
Elsa completamente terrorizzata all’idea che Jack venisse a sapere del suo segreto si alzo in piedi di scatto e disse al papero: “NO! Non devi dirgli niente. “
Daffy disse abbastanza seccato: “A che serve essere in grado di parlare se devi mantenere i segreti?”
Elsa sempre più preoccupata che Daffy dicesse a Jack dei suoi poteri disse al papero: “Promettimi che non glielo dirai.”
Daffy sapeva che se glielo avesse detto a Jack tutta questa storia sarebbe finita il prima possibile (e forse per il meglio sul lungo termine), ma sapeva che in un certo senso non era suo dovere dirli la verità, ma di Elsa quindi disse seriamente: “D’accordo non glielo dirò, ma tu dovresti. Jack si merita la verità.”
Questa risposta fece tacere Elsa, mentre osservava Daffy uscire dal mulino e seguendolo con lo sguardo fino fuori, mentre il papero bofonchiava tra sé e sé qualcosa che non capiva, per poi vederlo mettersi sdraiato accanto al falò che aveva acceso per dormire.
Solo a quel punto la principessa noto che la sua testa e metà del suo corpo erano al di fuori del mulino e si rimprovero mentalmente perché Jack avrebbe potuto vederla in qualsiasi momento e scoprire la sua maledizione, ma guardandosi intorno la principessa non vide la presenza dello spirito dell’inverno.
Quindi stava per rientrare nel mulino, ma mentre stava per girarsi entro nella sua visuale qualcosa di giallo che si trovava per terra e quindi Elsa guardo a sinistra della porta e vide che in mezzo all’erba si trovava un girasole mezzo congelato.
La principessa si chiese cosa ci facesse li lontano dal campo dei girasoli, ma non riuscì a pensarci troppo, semplicemente raccolse il fiore già colto da terra e rientro dentro il mulino chiudendosi la porta alle spalle.
Per un ora intera la principessa fece avanti e indietro in preda ai dubbi, non sapeva che fare e questo si rifletteva sul ghiaccio e la neve da lei creata che comincio a illuminarsi di un rosso minaccioso.
Elsa sapeva che Daffy aveva ragione e che avrebbe dovuto dirlo a Jack, lui avrebbe trovato (o almeno cercato) una soluzione al suo problema e fin ora l’aveva sempre trattata con decenza e come un vero essere umano, ma aveva paura di quel sentimento di amore nei suoi confronti che in lei ribolliva.
Più di ogni altra cosa però aveva paura di un possibile rifiuto, aveva paura che lui l’avrebbe guardata come suo padre la guardava ogni volta che il sole tramontava da bambina, aveva paura che lui l’avrebbe abbandonata e lasciata da sola, aveva paura di perdere tutti quei bei momenti che avevano passato insieme in quella bellissima giornata di risate e allegria.
La principessa si teneva il capo con entrambe le mani, non sapendo cosa scegliere, poi però guardo il misterioso girasole congelato che aveva raccolto da fuori la porta del mulino e decise che se lei non si sarebbe decisa allora avrebbe scelto la sorte per lei.
Afferro il fiore per il suo gambale e strappo da esso un petalo congelato sussurrando: “Glielo dico.”
Poi per qualche minuto si blocco come spaventata nell’andare avanti nella cosa e osservando il girasole come se la pianta potesse darle la risposta giusta, per poi dopo un sospiro di sconfitta strappare un altro petalo e dire: “Non glielo dico.”
Questo rituale andò avanti per ore, perché ogni volta che la principessa rimuoveva un petalo, passava dieci minuti a pensare a cosa sarebbe successo se glielo avesse detto a Jack oppure no, o altrimenti si limitava a fissare il vuoto troppo spaventata per andare avanti.
Il tempo passo e si arrivo all’ultimo petalo il trentasettesimo ed Elsa sapeva già che cosa avrebbe dovuto fare se lo avesse strappato: dire tutto a Jack.
Per un altro minuto Elsa non strappo il petalo, ma lo fisso spaventata di quella decisione, spaventata dei rischi di dire a Jack la verità sui suoi poteri, ma poi si ricordo le parole di Daffy sul fatto che Jack meritasse la verità e in effetti la principessa non poté che dare ragione al papero, dopotutto Jack le aveva donato la libertà era giusto che Elsa ricambiasse con qualcosa di uguale valore.
Quindi, senza neanche strappare l’ultimo petalo del girasole e con un sorriso sconfitto in volto Elsa sussurro come per confermarlo: “Glielo dico.”
La principessa si diresse verso la porta del mulino per poterne uscire, mentre sentiva come se un grande peso le fosse stato levato dalle spalle, forse stava facendo veramente la cosa giusta a dirlo a Jack.
Elsa apri la porta del mulino senza la minima esitazione, incurante del fatto che qualsiasi persona avrebbe potuto vedere cosi diversa rispetto a come era di solito e chiamo a gran voce il nome dell’uomo con cui voleva parlare: “Jack, Jack.”
Jack però non c’era, non importa dove lo sguardo della principessa si spostasse per cercarlo, non si trovava in mezzo agli alberi che li circondavano, né nemmeno vicino al campo dei girasoli, né vicino ai resti di quello che era stato il falò spento da poco insieme al sonnecchiante Daffy e nemmeno sopra le loro teste forse seduto su una delle pale del mulino.
Spostando però lo sguardo verso l’alto e quindi verso il cielo, la principessa si accorse per la prima volta che non erano passate poche ore come lei credeva, ma che ormai la mattina era arrivata e il sole stava per sorgere e spostandosi in modo che il mulino non le coprisse la visuale Elsa guardò verso da dove erano venuti, verso est.
Il sole fece capolino da oltre l’orizzonte portando con sé l’aurora e la principessa si copri gli occhi con le mani per non rimanere accecata dai raggi del sole, ma ben sapendo che cosa comportasse tutto questo.
I suoi capelli ritornarono riacquistarono il loro colore rossiccio, mentre i suoi occhi in un battito di palpebre tornarono a essere castani e non più azzurro ghiaccio, la brina che si era intessuta nel suo vestito scomparve come se non fosse mai esistita e la principessa non aveva bisogno di controllare per sapere che aveva perso i suoi poteri fino alla prossima notte.
Mentre il cielo si stava schiarendo per fare spazio alla luce del sole, Elsa andò di nuovo verso la porta del mulino per vedere se come tutte le mattine il ghiaccio che lei creava alla sera scompariva e anche quella mattina tutto rimase uguale per quanto riguardava i suoi poteri.
“Però rimane ancora una domanda” si disse la principessa tra sé e sé mettendosi le mani sui fianchi “dove diavolo è Jack?”
Poi però Elsa lo vide avvicinarsi dal campo di pannocchie, con il suo caratteristico bastone in mano e il suo maglione blu congelato che veniva illuminato dai raggi del sole e Elsa incrociando le braccia decise di aspettarlo li con un leggero sorriso sul volto.
Però quando superò il campo di pannocchie, per entrare in quello dei girasoli Elsa si rese conto che qualcosa non andava, il suo passo era sia molto rapido che molto pesante e camminava come dovrebbe camminare un soldato, non la sua solita camminata infantilmente ondeggiante e agile.
Poi quando superò anche il campo di girasoli completamente ricoperti dalla neve da lui portata, Elsa poté mettere a fuoco il suo viso e vide un emozione che non aveva mai visto sul volto di Jack, aveva visto il fastidio (causato da lei o da Daffy), la rabbia (causata dal suo comportamento quando scopri chi fosse il suo salvatore e dai banditi di un giorno fa), ma non aveva mai visto uno sguardo cosi carico di odio.
E la cosa che la spaventava di più è che era diretto verso di lei.
Il sorriso sulle labbra della principessa scomparve e mentre Jack risaliva la collina, Elsa si avvicinò allo spirito che l’aveva liberata dalla sua prigione e preoccupata si mise al suo fianco sinistro per afferrarli il braccio libero dal bastone e li chiese: “Jack, va tutto bene?”
Jack però libero il suo braccio dalla presa di Elsa con un gesto cosi brusco, che non poteva essere negata questa strana aggressività che stava provando nei suoi confronti e rispose alla domanda di Elsa quasi con un ringhio: “Mai stato meglio” e continuo ad avanzare verso il mulino.
Elsa comincio a seguirlo, volendo chiederli che cosa li fosse accaduto per trattarla cosi male, ma poi si ricordo di come avrebbe dovuto parlarli dei suoi poteri e vedere se si poteva trovare una soluzione a tutto quello e quindi disse: “Jack… io dovrei dirti una cosa.”
Jack arrivato al mulino si appoggio alla parete di esso (proprio nello stesso punto in cui aveva ascoltato Daffy e Elsa parlare) con la schiena e il piede sinistro, mentre si teneva in piedi solo con la gamba destra, disse ad Elsa: “Non c’è bisogno che tu mi dica niente principessa. Ho sentito abbastanza ieri notte.”
Il fatto che Jack aveva sentito lei e Daffy parlare preoccupo immensamente Elsa e la riempi d’ansia, perché voleva sapere come Jack avrebbe reagito alla scoperta dei suoi poteri quindi chiese con apprensione: “Hai sentito quello che ho detto?”
Jack rispose: “Ogni parola.”
Dal suo solo sguardo di rabbia e delusione che le rivolgeva Elsa capi (o almeno credette di capire), come aveva reagito alla scoperta della sua maledizione e cioè come avrebbero reagito tutti gli altri, ma comunque questo non placo il dolore che provava, anzi lo rese solamente più forte e senti quasi come se il suo cuore si fosse spezzato in tanti piccoli cocci di vetro.
Elsa in preda alla sconsolazione più totale disse: “Pensavo che avresti capito.”
Jack a quel punto guardò Elsa come se gli avesse appena sputato in un occhio e disse: “Certo che ho capito” poi aggiunse con evidente sarcasmo: “come hai detto tu: chi amerebbe mai un mostro portatore di ghiaccio e di morte?
Ferita non era il modo adatto di descrivere Elsa in quel momento, forse spezzata era l’aggettivo migliore per come si sentiva, Jack aveva sentito il suo segreto e come lei aveva temuto la considerava solo un mostro di ghiaccio che riusciva solo a ferire con i suoi poteri.
Con voce totalmente spezzata Elsa disse: “Io… pensavo che per te non contasse.”
Jack disse con una voce che Elsa trovava quasi ferita: “Si invece e tanto.”
La principessa stava quasi per far scorrere le lacrime e scoppiare a piangere, ma poi senti da dietro di lei il suono di un nitrito e passo di una serie di zoccoli che battevano il terreno che si avvicinavano e mentre la principessa si girava Jack disse con sarcasmo: “Ah, giusto, principessa Elsa il tuo futuro sposo.”
Jack ripenso a come quando, dopo aver saputo cosa Elsa provava nei suoi confronti, avesse volato fino al castello di Weselton e chiese alle guardie del duca di vedere quest’ultimo, uno degli uomini parti mentre li altri facevano da guardia allo spirito del ghiaccio (tremando come bambini non a causa del freddo, ma per la paura del campione del torneo che aveva sconfitto molti dei migliori cavalieri del regno senza alcuna difficoltà).
Quando il duca arrivo dopo mezz’ora vestito con la sua uniforme dignitaria e lamentandosi con Jack del fatto che lui lo avesse svegliato in quell’ora cosi tarda, ma Jack non voleva perdere tempo in cazzatte e quindi disse al duca che aveva salvato la sua principessa e che in quel momento era al sicuro, ma quando il duca chiese dove l’avesse lasciata Jack li disse che prima voleva due cose: uno che il duca mandasse subito delle navi per recuperare tutti quei fenomeni da baraccone che si trovavano al polo sud e due che il duca scrivesse un edito speciale in modo che gli venisse riconosciuta ufficialmente la proprietà del polo sud esclusivamente a lui (poi avrebbe pensato da solo a come difendersi dai futuri intrusi).
Il duca allora disse che lui non aveva diritto di chiederli anche il diritto della proprietà polo, lui gli aveva promesso solamente di liberarla dai mostri che ci aveva scaricato dentro, ma Jack disse che se non avesse fatto tutto questo lui avrebbe riportato Elsa nella fortezza del drago, al che il duca ricordo a Jack che lui era in una stanza circondato da dieci dei suoi soldati che a un suo solo comando lo avrebbero attaccato.
Però Jack ricordo al duca che lui era Jack Frost, colui che comandava il freddo e il ghiaccio e che al solo minimo movimento ostile di uno dei suoi soldati avrebbe ucciso tutti nella stanza trasformandoli in sculture di ghiaccio per poi farli a pezzi, inutile dire che metà dei soldati allontanano immeritamente le mani dall’elsa delle loro spade.
Il duca bofonchiando e maledicendo il suo nome, sveglio i suoi più fidati consiglieri e servitori, per prima mandare via corvo, un messaggio alla sua flotta per dirigersi immeritamente al polo sud e caricare sulle navi i mostri di cui si erano appena liberati.
Per poi editare e firmare insieme al suo mastro delle leggi, un documento in qui veniva riconosciuta a Jack Frost la legittima proprietà del polo sud e che Weselton non avrebbe in alcun modo invaso la proprietà privata di Jack Frost.
Finito l’editto, poi il mastro delle leggi compilo un atto di proprietà del polo sud, ma prima che lo spirito potesse finalmente entrare in possesso (in modo legittimo) del polo, il duca afferro il documento e disse a Jack che se avrebbe voluto anche il documento avrebbe dovuto portare loro dalla principessa o la principessa da loro.
Jack scelse la prima scelta, più per dispetto verso il duca, che per altro, che dovette organizzare una truppa alle quattro di notte (all’inizio voleva trenta uomini, ma poi si accorse che ci avrebbero messo troppo tempo e si accontentò di sei), farsi lucidare l’armatura e sellare il cavallo.
Partirono alle cinque del mattino, il duca sopra il suo stallone dal bianco manto, accompagnato da sei soldati in armatura completa e dal suo generale, mentre Jack faceva da apristrada e li conduceva verso Elsa.
La principessa vedendo quel gruppetto esiguo di cavalieri in armatura, quasi venne travolta dai ricordi di casa, ma in quel momento voleva guardare che cavalcava su quel bellissimo destriero bianco e che Jack indicava come il suo futuro marito, ma la luce del sole proveniente da lei illuminava cosi tanto quella lucida armatura da renderle impossibile metterlo a fuoco a quella distanza.
Intanto uno dei cavalieri del duca prese una trombetta per ufficializzare la presenza del suo signore, ma il suono dello strumento sveglio Daffy dal suo sonno che si sollevò da terra e togliendosi la neve dalle piume chiese non rendendosi conto della presenza di altri individui oltre a Jack e Elsa: “Mi sono perso qualcosa?”
Poi però noto i cavalieri che marciarono a pochi metri da lui, accompagnando un cavallo e quello che si trovava più vicino a lui, li lancio uno sguardo di disgusto e visto che la maggior parte dei soldati del duca condividevano l’odio verso le creature magiche con il loro signore, la cosa non stupì il papero che abbastanza impaurito (e anche stranito) su ciò che stava accadendo indietreggio lentamente verso gli alberi in modo che la sua presenza non venisse notata.
Solo quando il cavallo fu così vicino che Elsa poté sentire il calore del suo fiato finalmente potte scorgere l’uomo che sarebbe stato suo marito e le avrebbe tolta la maledizione: era vecchio molto più vecchio di lei (probabilmente sulla sessantina), aveva dei folti baffi grigi sopra la sua bocca, occhiali rotondi sopra un naso appuntito, capelli grigi ai lati e un parrucchino dello stesso colore sul capo per nascondere la calvizie.
Nonostante tutto però il portamento con la quale si portava sul cavallo ricordava ad Elsa i quadri dei vecchi Re di Arendelle che si trovavano nella sua casa d’infanzia, ma tutto questo veniva rovinato dall’armatura, che nonostante la sua bellezza non nascondeva affatto che quell’uomo non era affatto un guerriero, spalle troppo strette e braccia troppo sottili.
Inutile dire che Elsa stava trovando la prospettiva di sposarsi con lui meno attraente ogni secondo che passava, ma si fece coraggio e disse che questo l’avrebbe finalmente liberata dalla maledizione e ricondotta a casa sua.
“E poi le cose non potrebbero andare peggio” si disse mentalmente la principessa nel cercare di trovare il bicchiere mezzo pieno (come si sbagliava).
Il duca finalmente parlo e disse: “Principessa Elsa è un vero piacere…”
L’uomo venne interrotto da Jack, che staccatosi dal muro disse: “Si, si, ci penserai dopo a lei, ora consegnami ciò che mi devi.”
Il duca guardo Jack con un leggero ringhio, sia per averlo interrotto davanti alla sua futura sposa, sia per pretendere qualcosa da lui, ma in effetti adesso aveva la principessa Elsa davanti a lui e lui si considerava un uomo che manteneva sempre la sua parola (anche verso una disgustosa creatura magica), quindi fece cenno al suo generale di consegnare allo spirito l’atto della proprietà del polo sud.
Quando il generale prese la pergamena su cui era inciso lo stemma di Weselton, il duca annuncio: “Ecco Jack Frost, l’atto di proprietà del polo sud, come ti era stato promesso. Ora prendilo e sparisci.”
Jack si avvicino al generale, vestito in armatura completa, che ritrovandosi davanti l’alto spirito dell’inverno rabbrividì sia per il freddo che per la paura, era cosi congelato che per un attimo si scordo di porgere a Jack l’atto di proprietà, cosa che non fu un problema per lo spirito che lo strappo dalle sue mani con un rapido movimento della mano destra, per poi superare indisturbato il piccolo manipolo di uomini e fermarsi a pochi metri da loro intento a leggere l’editto compilato quella notte stessa.
Elsa nel sentire che Jack l’aveva salvata solo per la proprietà del polo sud, voleva cominciare a urlare addosso allo spirito dell’inverno le peggiori imprecazioni possibili e chiamarlo con i nomi più vili, ma in effetti che cosa si sarebbe dovuta aspettare?
L’aveva detto fin dall’inizio che era venuto a salvarla per conto del duca (in modo molto simile a un mercenario), quindi non doveva nemmeno aspettarsi che un essere come lui non la vedesse se non come una merce di scambio e che non appena scoperti i suoi poteri l’avrebbe rifiutata, come se quei poteri non facessero parte della sua stessa natura.
Nello stesso istante, Daffy osservava lo svolgersi degli eventi da dietro un albero (nella speranza che i soldati del duca si dimenticassero della sua presenza) e non gli piacque affatto lo svolgersi degli eventi.
Perché Jack stava consegnando Elsa al duca? Perché Elsa non li stava dicendo niente? Perché tutto stava andando così a… puttane?
Dopo un'altra breve occhiataccia alla forma ritirata dello spirito, il duca si rivolse verso la giovane principessa, bella come l’aveva vista nella sfera e tirando fuori quella che doveva essere la sua faccia più affascinante disse: “Chiedo perdono principessa se vi ho fatto sussultare, ma voi avete fatto sussultare me. Nessuna fanciulla che abbia mai visto è bella quanto voi. Io sono il Duca di Weselton, futuro re di questo continente.”
Jack avrebbe potuto vomitare solo per mettere tutti in imbarazzo, non che per Elsa ce ne fosse bisogno, perché non appena il duca aveva iniziato a parlare si rivolse verso di lui e imbarazzata disse: “Nnno, mio signore… è un vero piacere con-oscerla.”
Il duca schiocco le dita due volte e il generale si avvicinò verso la sua posizione, appena si affiancò al grande stallone, appena di un passo dietro al suo signore, il vecchio duca allargo le braccia quasi come un uomo crocifisso ed Elsa vide il generale prendere il suo signore da sotto le ascelle e fu così e lo alzo per farlo scendere dalla sella.
Fu in quel momento che Elsa noto come il suo futuro marito fosse terribilmente basso, la sua testa arrivava a malapena al suo seno e con il suo collo sottile, cosi come le sue gambe alla principessa parve che stava per sposare un airone senza ali.
Elsa cerco di non concentrarsi sulla cosa continuando a parlare: “Io stavo solo dando un ultimo saluto allo spirito.”
Il duca disse: “Voi siete così dolce principessa, ma non dovete sprecare buone maniere con lo spirito” poi dopo una breve risata aggiunse con disgusto “esseri come lui non hanno sentimenti.”
Elsa ancora ferita per come Jack l’avesse rifiutata non appena aveva scoperto la sua maledizione, disse con una malizia che di solito non le apparteneva: “Avete ragione non né ha affatto” non rendendosi conto che le parole avevano ferito lo spirito del ghiaccio e della neve, che faceva finta di essere assorto a leggere l’atto di proprietà, ma che in realtà ascoltava con grande attenzione le parole tra Elsa e il duca.
Il duca (erroneamente) credette che la principessa Elsa condividesse con lui il disprezzo per le creature magiche e quindi davanti ai pochi presenti afferro delicatamente la mano sinistra di Elsa e disse: “Dolce principessa Elsa, io chiedo la vostra mano in matrimonio.”
Poi si inchino con la delicata mano nella principessa nei suoi guanti d’acciaio, con Elsa dovette inclinare la schiena in avanti per non cadere a causa di lui che trascinava la sua mano in basso e continuava la proposta: “Diventereste la regina del regno perfetto, per il re perfetto?”
Una parte di Elsa urlava: “Assolutamente no”, ma una parte di lei una più sconfitta e che attendeva questo momento da troppo tempo diceva: “Fallo è la tua unica occasione.”
Conosceva questo duca di Weselton da poco più di un minuto e aveva già intuito che tipo di persona fosse, una che cerca potere e controllo, qualcuno che nonostante non fosse re si riferiva a se stesso come tale e che ovviamente voleva la sua mano per accrescere il suo potere e poter diventare finalmente re.
Elsa non era Anna, fin da bambina pensava che quelle storie di amore raccontatele su dame e cavalieri fossero troppo esagerate e smielate, avrebbe voluto un amore come quello dei suoi genitori silenzioso, ma caloroso.
Poi è arrivato Jack e per un attimo quella principessa che aveva passato la maggior parte della sua vita rinchiusa su una torre si era permessa di sognare… per poi vedere quel sogno cadere a pezzi.
Lo sguardo di Elsa cerco Jack, come se lui avesse le risposte di cui aveva bisogno in quel momento, ma vide come la guardava con sdegno, come se fosse stata lei a farli del male e quindi presa da una spinta di orgoglio suggello il suo destino: “Io… accetto questa proposta.”
Dopo quelle parole i cuori di due esseri si spezzarono allo stesso tempo, ma il duca non percependo i loro tumulti emotivi (e neanche li sarebbe importato se lo avesse saputo) con tutto l’entusiasmo possibile che la sua persona poteva mostrare si rialzo in piedi e disse: “Eccellente, darò inizio ai preparativi, domani ci sposiamo.”
Però al possibile rischio che il duca vedesse la sua maledizione, Elsa urlo un sonoro: “NO” che sorprese tutti i presenti (compreso Jack).
La principessa dovette spiegarsi quindi disse: “Voglio dire ehm… perché non ci sposiamo oggi, prima che cali il sole?”
Se a quel NO Jack aveva avuto per un attimo un po' di speranza (“ma poi speranza di cosa” si disse), a quel “sposiamo oggi” detto da Elsa lo spirito dell’inverno strinse l’atto di proprietà del suo polo come se fosse nel suo pugno come se fosse il collo della persona che odiava di più al mondo e comincio ad allontanarsi dal vecchio mulino e da Elsa.
Il duca a quella proposta disse con un tono malizioso (che fece venire i brividi a Elsa): “Siamo ansiosi” per poi però tornare serio e dire “avete ragione prima è meglio è, c’è tanto da fare.”
Il duca schiocco di nuovo le dita e il suo generale con tutta la professionalità possibile, riprese il suo signore da sotto le ascelle e lo isso sul suo stallone bianco, mentre questi cominciava a elencarli l’elenco di tutte le cose che dovevano essere preparate prima del tramonto (in fondo avevano una buona parte di mattina e l’intero pomeriggio per preparare il tutto).
Poi il militare offri il suo aiuto a Elsa per salire in groppa, Elsa accetto (era da tanto tempo che non montava a cavallo) e l’uomo la isso sulla parte posteriore del cavallo, Elsa li fece un gesto cortese, mentre il duca continuava a elencare al suo generale tutto ciò che avrebbero dovuto prendere, mentre il cavallo si giro in direzione del castello e comincio ad avanzare verso di esso, seguito dal resto dei soldati.
Per un ultima volta Jack e Elsa si fissarono, entrambi videro l’uno nell’altro espressioni ferite, ma erano entrambi troppo feriti e allo stesso tempo troppo orgogliosi nei loro sentimenti offesi per capire che tutto quel danno che si stavano procurando l’un l’altro nasceva da un comune fraintendimento.
Non appena vide i soldati allontanarsi il più possibile dalla loro posizione, Daffy, che era stato nascosto per tutto il tempo ad assistere alla scena, corse verso Jack e disse: “Ma che fai la lasci andare?”
Jack rispose: “Si e con questo?”
Daffy tento di fermare il suo amico palesemente arrabbiato, mettendosi davanti a lui e dicendoli: “Jack, ascolta ho parlato con lei ieri sera e lei mi ha detto…”
Jack non li permise di finire perché comincio a urlarli addosso: “LO SO CHE HAI PARLATO CON LEI! Siete grandi amici voi due, vero? Beh, visto che siete così amiconi PERCHE’ NON SEGUI LEI A CASA?”
Daffy fu onestamente spaventato da questa reazione di Jack (sembrava che avrebbe potuto abbattere un albero a testate) e sapeva che nonostante la simpatia che Elsa provava nei suoi confronti il duca non lo avrebbe di certo voluto in giro; quindi, disse con un fil di voce: “Ma, Jack, io voglio venire con te.”
Jack, che aveva superato Daffy dopo un enorme passo, si giro di scatto verso di lui con espressione truce e disse: “Te l’avevo detto Daffy non c’è nessun noi, ci sono solo io e il mio polo. MIO E DI NESSUN ALTRO.”
Mentre diceva questo però Daffy noto che in mezzo a tutta quella rabbia c’era tristezza, come quella notte sotto la luna e le stelle in cui li aveva raccontato il perché preferiva rimanere da solo.
Poi però Jack con la mano destra che teneva il bastone sbatte con vigore il puntale di esso al suolo, creando una stalagmite di ghiaccio dalla punta molto tagliente che puntava verso il papero, mentre diceva: “E SOPRATTUTTO INUTILI.” Un altro colpo al suolo del puntale e la stalagmite divenne più lunga “PATETICI” L’ultimo colpo al suolo e alla stalagmite di ghiaccio mancava un centimetro per penetrare nella gola del papero (che però continuava a fissare Jack negli occhi) “FASTIDIOSI PAPERI PARLANTI.”
Per Daffy era come se la stalagmite e il pericolo alla sua vita non esistessero, era più concentrato su ciò che Jack li stava dicendo e disse quasi con le lacrime agli occhi: “Ma io…”
Jack ritrasse lo sguardo (quasi con vergogna) e disse: “Sai una cosa Daffy?” per poi alzarsi in volo dopo una folata di vento e aggiungere: “Hai sbagliato di grosso.”
Lo spirito dell’inverno supero le fronde innevate degli alberi, trasportato dal vento per poter tornare finalmente a casa, abbandonando anche il suo secondo compagno di viaggio.

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Capitolo 16
*** Alleluia ***


Capitolo 16: Alleluia
Jack doveva riconoscere che il duca fosse stato un uomo di parola perché vide le sue navi andarsene dal suo polo, con dentro legate e incatenate tutte le creature magiche che una settimana prima avevano scaricato a casa sua.
Dopo cinque minuti di volo, Jack era finalmente tornato alla casa che non vedeva da ben una settimana e già libera da tutti i suoi intrusi (anche lui era sorpreso dell’incredibile velocità con cui erano arrivata la flotta del duca).
Però era come se al polo mancasse qualcosa, ma poi al polo mancavano un sacco di cose non c’era praticamente niente se non neve, ghiaccio, acqua e le poche forme di vita che si sono adattate a vivere in quell’ambiente inospitale.
Lo spirito guardo quell’enorme blocco di ghiaccio scavato all’interno che li fungeva d’abitazione e non potte che pensare: “Ho combattuto veramente per questo?”
Il suo sguardo si sposto al perimetro attorno ad esso e vide che per terra si trovavano schegge di legno, arnesi di ferro e varie (ma poche) armi rotte; Jack non doveva essere un genio per intuire che i suoi indesiderati ospiti vedendo le navi del duca tornare per loro avevano tirato su una piccola resistenza, fallita a causa dello scarso equipaggiamento e per la spossatezza dopo una settimana di polo sud.
Una parte di Jack provava pietà per quei poveracci, ma un’altra parte di lui si diceva che fosse ipocrita nel farlo perché se adesso erano in quella situazione era tutta colpa sua e quindi doveva assumersene la responsabilità.
Ma in fondo quando mai qualcosa di tragico che accadeva a chi lo circondava non era colpa sua?
Prima di entrare in casa però il piede sinistro di Jack pesto qualcosa in mezzo a un cumulo di neve, qualcosa che non riusciva a capire cosa fosse.
Quindi incuriosito si accucciò e cerco con la mano libera dentro il cumulo di neve, per poi afferrare ciò che aveva calpestato e portarselo davanti agli occhi: la ghirlanda di fiori che li avevano dato le driadi all’inizio del suo viaggio.
La vista di quella ghirlanda porto in lui tanti ricordi non voluti: l’inizio di quel viaggio, il suo arrivo a Weselton dopo tre giorni, la sua partenza verso la fortezza del drago, il suo primo incontro con Elsa, la sua fuga dal drago, la sua chiacchierata con Daffy sotto la luna, il combattimento coi banditi, il quasi bacio con Elsa vicino al mulino e quella maledetta notte…
Lo spirito era tornato a casa, eppure sapeva di essere più solo che mai.
Elsa era appena arrivata al castello da poco meno di dieci minuti ed era già a dover fare i provini per il suo abito da sposa.
Non che dovesse incolpare nessuno se non sé stessa per la cosa, visto che era stata lei a insistere per sposarsi prima del tramonto e quindi i preparativi dovevano essere velocizzati; quindi, la giovane principessa cerco di aiutare le ancelle e le sarte a cui il duca aveva dato l’ordine di prendere le misure della sua futura sposa e per vedere se si adattava all’abito da sposa di sua madre.
L’abito da sposa della defunta madre del duca era abbastanza carino e molto ben tenuto nonostante la grande quantità di tempo che era passata, ma quando le ancelle la aiutarono a indossarlo si resero conto che stava largo sulla vita e i fianchi di Elsa.
Però questo mise di buon umore la capa sarta, che dopo aver preso le misure giuste disse che se avessero lavorato tutta la mattina e il pomeriggio, le modifiche all’abito sarebbero state pronte prima della cerimonia.
Elsa ringrazio le sue gentili future suddite, per poi richiedere alle sue ancelle di aiutarla a rimettersi il suo abito verde, il suo corpetto e la sua camicia, quando si fu rimessa le sue vesti però chiese anche un mantello e dei guanti per sostituire quelli che aveva lasciato al castello che l’aveva tenuta prigioniera per anni.
Le tre ancelle le fecero un rapido inchino e dopo qualche secondo tornarono con un mantello arancione e una serie di guanti neri, che lei indosso, purtroppo il mantello nel suo colore era troppo sgargiante e i guanti non la facevano sentire al sicuro dalla sua maledizione come i guanti donatigli da suo padre.
Comunque li accetto e ringrazio le sue ancelle per i loro servigi, per poi chiedere se potessero accompagnarla alle sue stanze, cosa che fecero.
Quando entro nelle sue stanze vide come esse fossero ben curate, con un grande letto matrimoniale, dalle coperte rosse e dal baldacchino, con davanti a sé un cammino acceso, mentre le pareti erano di un bianco marmoreo al contrario delle spese pareti esterne in nero granito.
La principessa senti la stanchezza dovuta a una notte insonne abbattersi su di lei e voleva recuperare un po'di sonno perso; quindi, chiese alle ancelle affidatole di lasciarla sola e di chiamarla solo se la sua presenza era necessaria.
Le tre, dopo un inchino formale, obbedirono alla richiesta di Elsa lasciandola da sola nella sua nuova stanza, era di sicuro cento volte meglio della sua vecchia stanza nella torre, ma Elsa sentiva che aveva scambiato una gabbia di ferro con una d’oro, quindi sempre in gabbia rimaneva.
La principessa era così stanca che non si tolse nemmeno le vesti, semplicemente si sdraiò su quelle soffici coperte e chiuse li occhi addormentandosi poco dopo che la sua testa tocco il cuscino. La principessa sogno neve che si scioglieva.
Daffy intanto correva in mezzo al bosco, perché doveva allontanarsi da Weselton e da qualsiasi centro urbano il più velocemente possibile, adesso era di nuovo nel continente, indifeso e con esseri umani che lo avrebbero immediatamente consegnato al duca se lo avessero visto.
Jack lo aveva abbandonato… Jack aveva abbandonato non solo lui, ma anche Elsa e il papero continuava a chiedersi il perché della cosa.
Quando Daffy provo a spiegarli cosa li avesse detto Elsa, Jack li aveva urlato addosso che sapeva che i due avevano parlato ieri sera, quindi li aveva sentiti parlare, ma non agiva affatto come se avesse scoperto i poteri di Elsa (Daffy credeva che se avesse scoperto i poteri di Elsa sarebbe entrato nel mulino per vedere se era vero).
Quindi doveva essere per forza un fraintendimento, ma cosa aveva frainteso di preciso?
“Oh Elsa, se solo tu li avessi detto la verità” penso ad alta voce Daffy.
Per un attimo ci fu un fruscio tra le fronde degli alberi e Daffy credette che Jack fosse tornato, ma niente era solo un filo di vento e non c’era la presenza di Jack e la neve attorno al papero stava cominciando a sciogliersi.
Daffy sentiva veramente la mancanza del suo migliore amico.
Jack intanto stava sistemando l’enorme blocco di ghiaccio scavato che chiamava casa, a quanto pare i suoi indesiderati ospiti avevano ribaltato il tavolo, mangiato la sua scorta di pesci e avevano portato il suo materasso in salotto (per quale arcano motivo Jack non lo sapeva).
Finito però di rimettere tutto in ordine Jack si ritrovo in una casa vuota, come era sempre stata, ma che in quel momento li stava veramente stretta.
“Un po' di sonno mi farà bene” si disse Jack, perché anche se non aveva bisogno di dormire per recuperare energie, poteva addormentarsi e sperare che al risveglio si dimenticasse tutto ciò che era successo.
Sdraiatosi sul materasso in quel minuscolo stanzino che aveva ricavato tanto tempo fa modificando il ghiaccio con l’ausilio dei suoi poteri, lo spirito cerco di prendere sonno, ma senza successo.
Si sentiva impotente, finché non prese il bastone che aveva lasciato li vicino appoggiato al muro di ghiaccio della sua abitazione portandoselo vicino al petto.
Era ridicolo, sembrava un bambino che stringeva il suo pupazzo, ma con quello si sentiva potente, con quello si sentiva al sicuro e quindi chiese gli occhi e comincio a dormire.
Quando le ancelle tornarono per svegliarla, Elsa aveva dormito solo due ore e quando chiese il motivo per cui l’avevano svegliata, la più anziana disse: “Signora, deve approvare la torta nuziale.”
Elsa chiese stancamente se qualcun altro potesse farli al posto suo, ma le ancelle risposero che il duca e vari suoi ministri e assistenti erano già troppo occupati in altri preparativi per il matrimonio, ricordando in un certo senso ad Elsa che se il castello e la cittadina di Weselton erano in subbuglio era colpa sua e la sua richiesta di celebrare le nozze prima del tramonto.
Quindi la mezza addormentata principessa Elsa chiese alle sue ancelle di portarla verso le cucine, per poter giudicare la torta.
Quando arrivarono alle cucine alla principessa Elsa venne presentata la torta nuziale dai cuochi che l’avevano preparata, sapeva che ne esistevano di più grandi, ma doveva essere dato il merito a tutte quelle persone che l’avevano preparata in così poco tempo, bianca come un abito da sposa (come la neve) e ricoperto di glassa, vaniglia e altri ingredienti (peccato niente cioccolato).
La torta era composta da tre piani e all’ultimo piano c’erano due statuette che rappresentavano dei generici sposi, la sposa nel suo abito bianco e il velo, lo sposo nel suo elegante completo nero.
Molte delle ancelle cominciarono a mormorare che la torta non era all’altezza del matrimonio dei futuri sovrani del continente, ma Elsa disse che era perfetta e che tutti i cuochi avevano i suoi ringraziamenti per il duro lavoro che ci avevano messo nel prepararla.
Quando usci dalle cucine sempre accompagnata dalle sue ancelle, però nella sua visione periferica Elsa vide qualcuno di alto, vestito di blu e con un bastone in mano… non appena Elsa processo queste informazioni visive corse verso quello che le sembrava Jack, speranzosa.
Però Jack non era lì, quello che aveva visto era soltanto un’armatura che doveva essere appartenuta a un cavaliere molto alto, quella che le sembrava il suo maglione blu era solo un mantello con quel colore e ciò che teneva non era un bastone ma una lancia, il sonno doveva averle fatto venire le traveggole.
In preda alla delusione, Elsa si accorse che alle sue ancelle doveva essere sembrata una matta, quindi la principessa si scusò per il suo comportamento e chiese che la riaccompagnassero nelle sue camere.
Le donne acconsentirono, ma per tutta la passeggiata fino alle stanze concessele dal duca, la guardavano come se fosse un’indemoniata e quando rientrarono nella stanza vennero investite da un’intensa ondata di freddo, causata dal fatto che il fuoco nel camino aveva smesso di ardere.
Elsa non senti niente, mentre l’ancella più anziana disse alle altre due, che dovevano andarsene mentre lei avrebbe riacceso il fuoco, cosa che le altre due fecero solo per fuggire da quel freddo.
La futura regina si sedette sul suo letto, mentre l’ancella (che doveva essere solo di qualche anno più vecchia di Elsa) comincio a mettere la legna da ardere dentro il camino, lamentandosi che quello avrebbe dovuto essere un compito della servitù, ma per il resto tra le due ci fu un completo silenzio rotto solo dal rumore della legna da ardere che veniva messa dentro il camino.
L’ancella alla fine chiese: “Allora, come sta Jack Frost?”
Elsa completamente presa alla sprovvista, sia dall’interruzione di quel confortevole silenzio, sia dalla domanda della sua ancella chiese stupita: “Cosa?”
L’ancella a causa di quello che era successo poco prima credette che la sua nuova signora, fosse ancora stanca mentalmente, quindi comincio a parlarle lentamente: “Sa Jack Frost? Quello che porta neve e ghiaccio? Quello che il duca ha inviato a salvarla? L’ uomo con cui ha passato gli ultimi giorni?”
Poi però si rese conto che era andato oltre il suo ruolo e aveva parlato in un modo così arrogante alla futura moglie del duca di Weselton, immediatamente l’ancella si giro verso di lei e abbasso il capo in segno di scuse mormorando: “Perdonate, questa sciocca ancella mia signora, non sono riuscita a rimanere al mio posto.”
Elsa si alzo e le mise le mani sulla spalla e cerco di tranquillizzarla dicendole: “Non ti preoccupare, non mi hai offesa” per poi a malincuore rispondere alla prima domanda postale dall’ancella: “Jack sta bene, credo.”
L’ancella felice di non aver offeso la sua signora (e quindi non essere punita) disse: “E’ un sollievo saperlo. È che da quando ero bambina che non lo vedo, so che i bambini di Weselton quando è arrivato l’anno scorso avevano giocato con lui, ma ormai io sono troppo grande per quei giochi.”
Elsa chiese incuriosita: “Giocavi con Jack quando eri bambina?”
L’ancella disse: “Il motivo per cui molti di noi da bambini uscivano anche nei giorni più freddi e contro la volontà dei nostri genitori è perché volevamo giocare con lo spirito più simpatico di tutti i tempi.”
Nel sentire chiamare Jack “lo spirito più simpatico” ad Elsa non potte che tornare in mente di come lui avesse scoperto il suo segreto e il modo in cui l’aveva trattata di conseguenza; quindi, disse con una leggera punta di stizza: “Simpatico non è la prima parola che avrei usato per descriverlo.”
L’ancella preoccupata chiese: “Ti ha fatto del male?”
Jack non le aveva mai fatto del male fisico volontario (nemmeno quando la tirava per la mano quando si sono incontrati per la prima volta o quando la lancio con tutte le forze dall’ altra parte del ponte mentre crollava), quindi Elsa disse: “No, mi ha protetto al massimo delle sue capacità.”
Sul volto dell’ancella comparve un sorriso sognante, mentre diceva: “Come ha sempre fatto, mi ricordo quando a nove anni mentre pattinavamo su uno stagno ghiacciato il ghiaccio sotto ai miei piedi crollo e io fini in acqua. Avevo così freddo, il gelo dell’acqua sembrava penetrarmi le ossa e solo quello mi tolse qualsiasi forza, ma Jack mi pesco con il suo bastone e mi prese tra le sue braccia, erano ancora più fredde dell’acqua dello stagno. Chiese agli altri bambini dove fosse casa mia e subito dopo mi porto li, quando mia madre mi prese in braccio, la sentivo urlare che era un mostro, ma lei non capiva che era lui che mi aveva salvato.”
Per quanto volesse negarlo, Elsa poteva immaginarselo Jack fare una cosa del genere, anche se non voleva darlo a vedere lo spirito dell’inverno era una persona tutto sommato altruista, ma allora perché nello scoprire i suoi poteri aveva reagito in questo modo? Che il problema non fossero i suoi poteri, ma che fossero in mano alla persona sbagliata?
L’ancella osservo la sua signora guardarsi le mani come su di esse ci fosse il marciume del mondo (tra questo e l’incidente di poco prima con l’armatura stava cominciando a temere che la sua futura regina fosse pazza), finché decise di attirare la sua attenzione chiedendole: “Eh, signora?”
Elsa non sollevo nemmeno lo sguardo, semplicemente disse: “Jack è tornato al suo polo, quindi si dovrebbe essere contento.”
L’ancella non oso contestare, con il fatto che quando da bambini chiedevano a Jack dove vivesse diceva che viveva al polo sud, ma che “casa sua non fosse così speciale” (parole sue), quindi semplicemente accese il fuoco e con l’attizzatoio fece in modo che le scintille si diffondessero tra i vari ciocchi dentro il cammino, per poi chiedere alla principessa Elsa il permesso per congedarsi, cosa che la principessa fece ringraziandola anche dei suoi servigi (almeno era gentile).
Quando Elsa senti la porta delle sue stanze chiudersi, segno che la sua ancella se ne era andata, la principessa si avvicinò al cammino nella speranza di sentire calore, ma nonostante il fuoco ardesse la giovane principessa non senti il suo calore, la maledizione persisteva ancora.
Daffy alla fine era riuscito a trovare un nascondiglio adatto a lui, dopo svariate ore nel cercare di tenersi il più lontano possibile da qualsiasi segno di civiltà umana.
Uno stagno paludoso circondato da un piccolo boschetto di querce, era una zona piccola, ma con molte coperture per nasconderlo dagli umani e nello stagno c’erano abbastanza alghe e molluschi per tenerlo ben nutrito per un po. Daffy però stava pensando di rendere questo stagno la sua casa, sarebbe stato il suo polo e nessuno lo avrebbe disturbato, peccato che lui non sarebbe mai riuscito a scacciare eventuali intrusi, lui non era atletico come Jack e soprattutto non controllava il ghiaccio e la neve, era solo un gracile papero, che si credeva più intelligente di quello che era e con una lingua che nel cinquanta per cento dei casi lo tirava fuori dai guai, per il resto era la causa dei suoi guai.
Il papero entro nell’acqua e comincio a nuotare usando le sue zampe palmate per darsi la spinta e tenendo la parte superiore del suo corpo oltre il pelo dell’acqua, per poi alla fine immergere anche il suo becco sott’acqua per poter mangiare delle alghe (dopotutto aveva saltato la colazione).
Però quando risollevo il capo fuori dall’acqua, con le alghe che penzolavano nel suo becco, il papero vide la presenza di una creatura che lo terrorizzo e lo stupì: la dragonessa Tempestosa fuori dal suo castello.
A quanto pare poco dopo che i nostri eroi erano fuggiti dal castello, Tempestosa torno alla sua tana, seguendo la catena del lampadario che le faceva da collare e quando ritorno in essa comincio a cercare modi per togliersi di dosso quel maledetto illumina interni.
Non importava però con quanta forza usava le sue zampe, sembrava proprio che il lampadario non andasse oltre il suo muso; quindi, cercando di agevolarsi, con un morso la dragonessa ruppe la catena che la teneva collegata alla parete del castello, però non servi a niente, perché la povera Tempestosa nonostante un ora di tentativi non riuscì a liberarsi da quell’inusuale collare.
Fu tutto inutile e stanca la grande bestia si mise a sonnecchiare, però il collare che le stringeva il collo non le permetteva di sdraiarsi comodamente privandola anche del sonno, l’unica cosa che era rimasta alla dragonessa era pensare.
Molti consideravano i draghi creature potenti e maestose, ma anche stupide e legate ai classici ragionamenti primitivi di qualsiasi altra bestia, ma nei draghi c’era profonda saggezza che si scontrava con i loro istinti più selvaggi.
Tempestosa stava pensando a come adesso la ragazza a cui aveva fatto la guardia per anni se ne fosse andata e quando l’uomo armato di campanelli sarebbe tornato con il cibo si sarebbe accorto della cosa, molto probabilmente non sarebbe più tornato e lei sarebbe rimasta li senza cibo e senza uno scopo.
La dragonessa allora decise che se la sua protetta aveva preso il volo, anche lei avrebbe dovuto farlo, solo in modo più letterale, quindi usci di nuovo dalla sua tana, usci dal portone della fortezza dove poco prima c’era un ponte (a cui lei aveva dato fuoco) e dopo un enorme balzo la dragonessa spicco il volo abbandonando il castello che le aveva fatto da casa per anni (questa volta ci riuscì perché non c’era la catena a farle da guinzaglio).
Volo per una notte e un giorno senza mai fermarsi, per poi nutrirsi con qualche mucca al pascolo lasciata da qualche contadino, ma il lampadario che aveva intorno al collo continuava a infastidirla, a limitarle la visuale e a impedirle di entrare negli spazi stretti.
Come quando trovo quello stagnetto circondato da querce e dovette abbatterne un bel paio per poter farsi strada verso di esso e berne l’acqua, decidendo di fare quel luogo così isolato la sua tana temporanea.
Dormi a fianco allo stagno (riuscì ad addormentarsi solo perché era sfinita dopo tutte quelle ore di volo) , per poi la mattina dopo uscire a caccia, ma non riuscì a trovare prede e allora decise di provare ancora a togliersi il lampadario di dosso, ma non importa con quanta forza provasse a toglierselo con le zampe inferiori non ci riusciva e allora provo a spaccarlo, ma il lampadario era fatto in puro acciaio e chiunque fossero stati i fabbri che lo avevano costruito meritavano di essere ricchi, perché nonostante il collo di Tempestosa urtasse con tutta forza contro il tronco delle querce il ferro non si spaccava.
Alla fine, la dragonessa interruppe anche questi tentativi, per non procurarsi una commozione cerebrale e si mise a fissare il suo riflesso nell’acqua dello stagno, domandandosi come tutto questo avesse potuto accadere?
Perché lei voleva un compagno, uno che parlasse come gli uomini dei libri che l’umana leggeva in quella torre e che lei amava ascoltare.
E pensava di averlo trovato in quello strano essere dal piumaggio nero, quando entro nel suo castello insieme a quello strano cavaliere e al posto di fare tutti quei discorsi su come l’avrebbero uccisa o suppliche per avere la vita risparmiata; invece, quell’essere nonostante lei lo avesse messo all’angolo (con il chiarissimo intento di mangiarlo) comincio a farle dei complimenti, come i cavalieri facevano alle loro dame nei racconti della sua prigioniera.
Quando poco dopo che lei aveva portato quel buffo essere nella sua tana, però venne raggiunta dallo strano cavaliere che le intrappolo il collo in quel collare e si prese sia il suo futuro compagno che la sua protetta.
Il pensiero rese così triste Tempestosa che non si rese conto che il suo futuro compagno era proprio davanti al suo muso e che la fissava assolutamente terrorizzato.
Con le alghe che penzolavano dal suo becco il papero si riprese dallo shock e decise di allontanarsi il più velocemente possibile, ma tentando di non causare rumore e per questo la sua biologia li dava un vantaggio.
Il papero fece marcia indietro e dandosi spinte silenziose con le zampe palmate nuoto il più velocemente possibile nella direzione opposta della dragonessa e quando fu vicino alla riva cerco di fare il meno rumore possibile quando le sue membra sarebbero uscite dall’acqua.
Poi quando le sue zampe furono sulla solida terra, il papero comincio a zampettare via da quel luogo (avrebbe trovato un altro stagno) e soprattutto per andarsene il più lontano da quel… da quel… mostro.
Quando stava per superare le querce che circondavano quel laghetto però il papero si fermo e torno a guardare la dragonessa che fissava il proprio riflesso nello stagno e non potte che trovare quella scena incredibilmente triste, sembrava una bambina che aveva perso l’orsacchiotto e ora che la guardava meglio notava che attorno al collo aveva ancora il lampadario, che le causava notevoli vesciche attorno ad esso e sembrava quasi stare piangendo (i draghi piangono?).
Daffy si chiese se quello che aveva pensato poco prima fosse quello che pensavano tutte quelle persone che vedevano Jack come un mostro o come Elsa si era sempre considerata per tutta la vita e si vergognò di sé stesso.
Forse però per una volta non avrebbe dovuto scappare, ma avrebbe potuto aiutare.
Forse erano le alghe che aveva ancora nel becco che avevano qualcosa di tossico, oppure aveva preso una forte botta in testa e non se lo ricordava, ma il papero decise di voler avvicinarsi alla dragonessa per provare ad aiutarla.
Passo dopo passo che lo portava sempre più vicino al rettile volante, una voce nella testa nel papero li urlava: “Sei pazzo? Vuoi morire?” ma Daffy non la ascoltava voleva almeno poter aiutare qualcuno come non era riuscito ad aiutare Jack ed Elsa.
Quando fu al fianco della dragonessa, vedendo che ancora non lo aveva notato (stranamente), decise di far conoscere la sua presenza tossicchiando leggermente e pregando che la dea bendata stesse dalla sua parte.
Non appena senti la presenza di un altro essere vivente così vicino a lei e dentro la sua tana temporanea, Tempestosa aveva deciso di ucciderselo per mangiarselo, ma quando giro il muso verso la sua destra vide l’essere che voleva rendere il suo compagno che la guardava con un leggero sorrisetto.
Il papero quasi si aspettava che lei lo abbrustolisse con una fiammata per poi mangiarselo, ma la dragonessa semplicemente premette dolcemente il suo immenso muso contro il suo corpo minuto, come farebbe un animale domestico alla ricerca di carezze, cosa che Daffy non tardo a darle.
Dopo qualche minuto di carezze sul capo di Tempestosa, la dragonessa risollevo il capo e guardò il papero con quello che al papero sembrava un sorriso, che lui ricambio perché non provava più preoccupazione (e una parte di lui stava cominciando a sentirsi speranzosa di poter risolvere tutto quel pasticcio).
Poi Daffy comincio a indietreggiare lentamente, per non darle la falsa impressione che volesse fuggire da lei, verso lo stagno e facendo segno con le mani di avvicinarsi, sperando che lei capisse le sue intenzioni.
Tempestosa osservò il suo compagno appena ritrovato entrare nello stagno e la invitava entrare insieme a lui, dopo alcuni attimi di dubbio (visto la scarsa affinità per la sua specie verso l’acqua), la dragonessa alla fine entro dentro il piccolo specchio d’acqua, le sue zampe toccavano il fondale e se avesse spiegato le ali ognuna di esse avrebbe toccato la sponda opposta all’altra coprendo l’intero specchio d'acqua.
Comunque, Daffy le diede qualche pacca sul collo per farla stare tranquilla, per poi cercare di mettersi al lavoro e pregando che il vantaggio concessoli dall’acqua fosse sufficiente, dopotutto doveva rimuovere un lampadario dal collo di un drago (wow non credeva che avrebbe mai solo osato immaginare di fare una roba del genere).
Era arrivata l’ora di pranzo e in due punti diversi del globo stavano pranzando senza alcuna compagnia due esseri fin troppo simili, ma con delle piccole sfumature di differenza: una principessa maledetta e lo spirito dell’inverno.
Lei seduta composta a un lungo tavolo da banchetto in mogano, a mangiare dello stufato di volpe seguendo le maniere del buon costume nobiliare, mentre lui su un piccolo tavolo in ghiaccio stava addentando un salmone appena pescato strappando la carne del pesce solo con i suoi denti.
Nessuno dei due però pensava a godersi il loro pranzo, perché i loro pensieri erano diretti l’uno verso l’altro e quei pensieri partivano sempre come insulti, per poi evolversi in complimenti non voluti, perché purtroppo per entrambi erano innamorati di qualcuno che li aveva fatti soffrire.
I pensieri iniziali di Jack erano: “Stronza, cagna, manipolatrice” per poi diventare “elegante, dolce, bellissima.”
Mentre quelli di Elsa all’inizio erano: “Bastardo, farabutto, malvagio” per poi passare al “protettivo, gentile, adorabile.”
Entrambi si amavano, ma per colpa di un malinteso si continuavano a ferire da soli in quella maniera.

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Capitolo 17
*** Perchè gli amici fanno questo ***


Capitolo 17: Perché gli amici fanno questo
Jack, seduto sulla sua poltrona di ghiaccio, aveva fissato la parete di casa sua come se fosse la cosa più interessante del mondo per ore intere, non stava onestamente pensando a niente in particolare, ogni tanto l’immagine del volto di Elsa compariva nei suoi pensieri, ma lui la scacciava violentemente non volendo essere influenzato da essa.
Poi però le sue orecchie sentirono un rumorino, era così lieve che all’inizio non ci fece caso, ma poi quel rumorino si fece sempre più forte e Jack si rese conto che quello era un rumore familiare, era qualcuno o qualcosa che smuoveva della neve.
Al che lo spirito dell’inverno, credendo fino a quel momento che il suo polo fosse disabitato come al solito, pensò che qualche creatura magica si fosse nascosta e fosse fuggita alla cattura da parte dei soldati di Weselton e poi fosse ritornata con acque più tranquille, si alzo dalla sedia, per andare ad affaciarsi alla finestra, per vedere chi fosse e quello che vide fu… Daffy?!
“Che diavolo ci fa qui?” penso Jack.
Il papero li dava le spalle e stava costruendo un muretto poco più alto dei cinquanta centimetri con la neve (in un modo che a Jack ricordava quando i bambini costruivano con la neve che lui portava) e sembrava molto assorto nel suo lavoro.
Jack nel vedere il suo compagno di viaggio li fuori usci dalla sua casetta di ghiaccio e comincio ad avvicinarsi ad esso, ma si accorse che stava sorridendo, come se fosse contento di rivedere il suo ex amico pennuto; quindi, lo spirito del ghiaccio si tolse quel sorrisetto dalla faccia e con il tono il più neutro possibile chiese: “Che stai facendo?”
Il papero inginocchiato sentendo la voce di Jack provenire alle sue spalle, giro lo sguardo verso il pastore del gelo, vedendolo che lo guardava dal alto in basso con il bastone nella mano destra e appoggiato alla rispettiva spalla.
Quindi il papero come se niente potesse scalfirlo disse in modo altezzoso: “Credevo che tu tra tutti avresti riconosciuto un muro quando lo vedevi.”
Jack sapeva che si stava riferendo al muro che aveva promesso di costruire quando sarebbe stato solo, di cui aveva parlato due notti prima sotto la luna, ma di sicuro quello che stava costruendo il papero non era come aveva immaginato la sua muraglia difensiva, prima era fin troppo bassa (non avrebbe trattenuto nemmeno un bambino di pochi anni), poi: “Beh si, ma io mi ricordo di aver detto che il muro lo facevo lungo la costa o sbaglio?”
Daffy che intanto stava compattando neve su neve per creare un altro pezzo di quel muro in miniatura disse: “Si, ma visto che sono io che lo sto costruendo ho deciso che taglierà a metà la nostra proprietà.”
Jack tra lo stranito e l’arrabbiato chiese: “Nostra?”
Daffy si alzo in piedi per girarsi completamente verso lo spirito e con voce orgogliosa, ma ferma e determinata disse: “Si, nostra, ho aiutato a salvare Elsa, ho fatto metà del lavoro e quindi mi becco metà del bottino.”
Jack strinse forte il bastone che aveva in pugno come a voler trattenere la sua rabbia, perché non solo Daffy stava palesemente andando contro ciò che lui aveva detto alcune notti prima solo per (palesemente) farli un dispetto, ma stava chiamando il polo per cui aveva fatto tanta fatica anche suo e aveva nominato Elsa una persona di cui Jack non voleva più sentir parlare.
Daffy però ridiede le spalle a Jack, per poi inginocchiarsi di nuovo per mettere cumuli di neve l’uno sopra l’altro e tornare al lavoro e come se stesse parlando di qualcosa di banale disse: “Già che sei qui perché non mi aiuti, tipo che ne so creando neve in più.”
Jack a quella presa per il culo, ci vide rosso dalla rabbia e con un calcio abbate il piccolo muretto di neve creato da Daffy, per poi fare dietrofront e cercare di tornare dentro casa sua.
Daffy si alterò non perché Jack avesse distrutto la sua costruzione (non li importava niente), ma perché lo spirito se ne stava andando come se quella discussione fosse conclusa, no la discussione non era affatto conclusa, costi quel che costi quella storia sarebbe finita quel giorno.
Il papero si alzo per la seconda volta in piedi, si giro verso lo spirito che si stava allontanando da lui e si mise all’inseguimento gridando: “NON HO ANCORA FINITO CON TE!”
Jack rispose: “Ma io ho finito con te.”
Daffy si mise di fianco allo spirito e disse: “Sai con te è tutto sempre: io, io, io. Beh, indovina un po'…”
Prima che Jack potesse entrare nella sua casa di ghiaccio, Daffy compi uno scatto e si mise davanti alla porta di entrata non permettendogli l’ingresso e concludendo con un: “Adesso tocca a me, quindi tu stai zitto e ascolta.”
Jack si vide questo papero nero di solo un metro sulla sua porta di ghiaccio che li proibiva l’ingresso nella sua abitazione e sapeva che gli sarebbe bastato semplicemente afferrarlo e lanciarlo via oppure congelarlo con un raggio di ghiaccio e se lo sarebbe tolto di mezzo, ma Jack non voleva più avere niente a che fare con chiunque avesse a che fare con Elsa; quindi, decise di cambiare direzione e andò verso la sua latrina.
Daffy però stava sempre alle sue calcagna continuando a farli quella ramanzina: “Tu sei perfido con me, mi insulti sempre e non apprezzi niente di quello che faccio. Mi afferri sempre per il collo oppure mi butti della neve in faccia.”
A due passi dalla latrina (fatta anche questa in ghiaccio) Jack si giro verso il papero e gli chiese con tono sarcastico: “Ah sì, beh se ti ho trattato così male come mai sei ritornato?”
“Perché gli amici fanno questo si perdonano l’un l’altro” rispose Daffy.
Jack voleva girarsi verso Daffy e urlarli addosso che non aveva nessun diritto di considerarsi la vittima della loro amicizia, visto che è stato lui che parlava con Elsa del fatto che Jack Frost era un mostro portatore di ghiaccio e morte incapace di essere amato, ma lo spirito del ghiaccio mantenne il suo solito comportamento dispettoso (anche se in questo caso era più definibile come malizioso) e con una faccia falsamente affabile disse: “Hai ragione Daffy, io ti perdono…”
Il papero per un attimo rimase stupito da ciò che lo spirito aveva detto per due motivi: uno non si era mai comportato in modo così umile con lui, due non era Daffy che doveva farsi perdonare (lui non aveva fatto niente di male) era Jack che doveva farsi perdonare da Daffy.
Poi però Jack concluse la frase urlando in faccia al papero: “DI AVERMI PUGNALATO ALLE SPALLE!”
Per poi entrare nella sua latrina e chiudere la porta di ghiaccio come se essa potesse tenere tutti i suoi problemi fuori (come un bambino arrabbiato che si rinchiude nella sua cameretta facendo i capricci), mentre Daffy urlo tutta la sua frustrazione per la testardaggine di quello che considerava il suo migliore amico.
Daffy quindi comincio a urlare addosso alla latrina in cui era dentro Jack: “SEI COSÌ ABITUATO A PENSARE CHE TUTTI TI ODINO, CHE SCAPPI DA TUTTO CIO’ CHE POTREBBE FERIRTI EMOTIVAMENTE.”
Jack da dentro la latrina disse ad alta voce al papero: “Vattene!”
Daffy non si mosse e comincio a dire: “Visto ecco che lo rifai, proprio come hai fatto con Elsa e a lei tu piacevi, cazzo magari ti amava.”
Sentendo l’ultima parte della frase, Jack sbotto di brutto e comincio a urlare: “MI AMAVA!? HA DETTO CHE SONO UN MOSTRO, UN PORTATORE DI GHIACCIO E MORTE. VI HO SENTITI MENTRE PARLAVATE.”
Daffy finalmente capi qual era stato il fraintendimento, Jack doveva aver sentito Elsa descrivere sé stessa e aveva capito che stesse parlando di lui (in effetti non conosceva la maledizione di Elsa, quindi dal suo punto di vista di chi altro avrebbero dovuto parlare), quindi il papero comincio a dire: “Non si stava riferendo a te, si riferiva a…” però nella foga della discussione il papero stava per rivelare il segreto che Elsa li aveva fatto promettere di mantenere (e che nella mente del papero avrebbe dovuto rivelare lei) quindi disse: “… ehm qualcun altro.”
La porta della latrina si apri con Jack che si affacciava timidamente fuori più calmo e con un volto quasi speranzoso (anche se stupito) e chiese al papero: “Non si stava riferendo a me?”
Daffy scosse la testa con un leggero sorriso sul becco, mentre anche a Jack cominciava finalmente a comparire sul volto un sorriso, per poi dileguarsi subito quando pensò per un attimo che il papero li stesse mentendo (dopotutto chi altri è un mostro portatore di morte e ghiaccio se non lui?) e uscendo completamente all’aria aperta chiese: “E allora di chi stava parlando?”
Fu a quel punto che Daffy fece l’offeso perché per il papero Jack li doveva scuse per averlo trattato come una scocciatura (che a volte il papero sapeva di essere) quindi diede le spalle allo spirito e incrociando le braccia sul petto si allontanò da lui e la latrina dicendo: “Niente da fare io non fiato, tu non mi vuoi dare retta o sbaglio?”
Jack quasi come per pregarlo (visto che per lui Elsa era una faccenda importante) disse: “Daffy.”
Il papero però non sembrava cedere e Jack sapeva che voleva delle scuse, lo spirito quindi ingoio il suo orgoglio e disse: “D’accordo ascolta, mi dispiace. Va bene?”
Il papero nemmeno guardò in faccia lo spirito mentre li diceva: “Voglio delle scuse vere Jack.”
Jack dopo un enorme sospiro decise che se Daffy avesse voluto il vero da lui li avrebbe detto il vero: “Mi dispiace, se ti ho trattato come uno straccio sporco, non avrei dovuto farlo e nonostante tu sia una delle creature più irritanti e stupide che abbia mai incontrato, sei anche la prima che posso chiamare veramente mio amico e hai sempre cercato di aiutarmi fin dal nostro primo incontro. Puoi perdonarmi?”
Daffy per un attimo guardò Jack da oltre la sua spalla, per poi girarsi e dire: “Li amici servono a questo, giusto?”
Jack sorrise per poi, inginocchiarsi in modo che il suo viso e il muso di Daffy fossero allo stesso livello e allungo la sua pallida mano destra offrendola al suo amico piumato chiedendo: “Amici?”
Daffy strinse la mano freddissima del pastore del gelo annuendo e per confermarlo ancora di più disse: “Amici.”
Dopo questa stretta di mano cameratesca, Jack si rialzo in piedi, per poi chiedere, cercando di non dare a Daffy l’impressione di essere il tipo che fa qualcosa solo per avere quello che vuole disse: “Beh, allora, ehm, tu ed Elsa stavate anche parlando di me, no? Che cosa ha detto nei miei confronti?”
Daffy lo guardò con un sorrisetto, come un madre che becca il figlio per l’ennesima volta con le mani nel barattolo della marmellata ma non riesce più a sgridare la sua piccola canaglia, rispose allo spirito del ghiaccio: “Perché lo chiedi a me scusa? Vai a chiederglielo a lei.”
Si, era quello che Jack avrebbe dovuto fare, sarebbe andato da Elsa fino a Weselton a… oh no si ricordo solo in quel momento di un dettaglio particolare.
Sbattendosi la mano libera dal bastone contro la fronte disse in preda al panico: “Le nozze. ELSA STA PER SPOSARSI.”
In preda alla preoccupazione che fosse già troppo tardi Jack tentò di alzarsi in volo, grazie al suo controllo del vento, ma i suoi piedi non si alzarono nemmeno di un metro prima che qualcosa, anzi sarebbe meglio dire qualcuno non si aggrappò ad essi, facendo sbattere il pastore del gelo contro il suolo del polo sud (di faccia) insieme a chiunque li avesse afferrato i piedi.
Jack dopo essersi tolto la neve dal viso, osservo Daffy aggrappato ai suoi piedi con il chiaro intento di non lasciarlo andare cosa che comincio ad alterare lo spirito e portatore del gelo che chiese: "CHE CAZZO FAI DAFFY?”
Il papero rispose semplicemente: “Vengo con te.”
Lo spirito per un attimo credette di aver sentito male, ma poi si ricordo che Daffy in effetti non era proprio un’aquila (infatti era un papero) e credendo che si fosse scordato il discorso che gli aveva fatto due settimane prima (piu o meno) tento di farli ricordare che: “Daffy, sai vero che se tu mi stai addosso io non posso volare, vero?”
Daffy con una semplicità devastante rispose: “Lo so, ma vengo lo stesso con te.”
Jack a quel punto pensava che o Daffy avesse preso una botta in testa o che il papero stesse tentando di metterli i bastoni tra le ruote (non capendo il perché avrebbe fatto qualcosa del genere) e quindi lo spirito mise in chiaro alcune cose: “Daffy la strada per Weselton a piedi sono tre giorni e non credere che io ti porterò fin la a suon di salti, non credo di avere abbastanza stamina. Quindi o le tue braccia sanno trasformarsi in ali, oppure dovrò andare da solo da Elsa.”
Un sorrisetto si formò sul becco di Daffy che disse allo spirito: “Tranquillo le ali ce le ho ma non sono le mie.”
Mentre Jack si ritrovo completamente stranito dalla frase che aveva detto il papero, Daffy si porto le dita della mano destra vicino al becco… per poi fermarsi ricordandosi della sua fisionomia e cioè che non aveva le labbra; quindi, guardo il suo amico e disse: “Jack potresti fare un fischio per me?”
Jack stava per urlare addosso a Daffy a causa di quanto tempo stavano perdendo, ma decise di non farlo perché avevano appena ritrovato la loro amicizia e si era scusato poco meno di un minuto prima; quindi, dopo uno sbuffo Jack disse al papero: “Tanto ti sto assecondando da quando sei qui, quindi perché smettere proprio adesso?”
Detto quello lo spirito si porto la mano sul viso, si mise pollice e indice sulle labbra ed emise un sonoro fischio, non riuscì nemmeno a togliersi le dita dalla bocca che si senti un possente (ma familiare) ruggito provenire dal cielo e dalla nuvola sopra i due, usci fuori Tempestosa oscurandoli con la sua ombra.
Jack all’inizio strinse il bastone e si preparò al combattimento, vedendo l’immenso corpo della dragonessa, che aveva provato a ucciderli pochi giorni prima, sopra le loro teste, ma notò quasi subito come la dragonessa non sembrava tenere il suo solito comportamento aggressivo e Daffy non sembrava affatto spaventato o in qualche modo intimorito della sua presenza, come se sapesse che sarebbe arrivata.
Intanto il papero sorrideva, pensando due cose, la prima a come lui e Tempestosa avevano organizzato una perfetta entrata in scena (chi se ne frega se aveva dimenticato che lui non poteva fischiare) e la seconda a come le tre ore in quello stagno a cercare di rimuovere quel maledetto lampadario dal collo della dragonessa fossero almeno state ben spese, perché non appena la dragonessa si levo quel fastidioso collare di dosso, prima li fece tante coccole e fusa, ma poi quando lui le chiese aiuto, lei si rivelò subito disponibile a darli una zampa.
Jack assistette allo spettacolo di una dragonessa che atterrava proprio davanti a loro, con leggiadria e portò il muso verso il papero che poche giornate prima aveva cercato di rapire per trasformarlo nel suo compagno/pasto, ma la cosa più stupefacente che Jack vide fu quando Daffy comincio ad accarezzare il muso della dragonessa come un normale umano avrebbe accarezzato il muso di un cane.
Lo spirito dell’inverno all’assistere a quello strano evento balbetto come un bambino: “Daffy, ma come hai fatto?”
Il papero, dopo aver dato un'altra pacca sul muso di Tempestosa girò lo sguardo verso il suo amico e disse: “Magnetismo animale. Seriamente però Jack come credevi che fossi arrivato fin qui?”
In effetti, lo spirito dell’inverno era così preso dal non volere la presenza di Daffy sul suo polo che non aveva neanche pensato al come fosse arrivato fin lì, in fondo per andare dal polo fino a Weselton ci volevano ben tre giorni di viaggio a piedi e il papero era arrivato al polo solo dodici ore dopo che Jack lo aveva abbandonato poco fuori le mura di Weselton.
Intanto Daffy comincio a narrare a Jack come aveva incontrato Tempestosa: “Circa all’ora di pranzo l’ho incontrata in un piccolo stagnò, a quanto pare aveva deciso che il castello dopo la fuga di Elsa le stava stretto e quindi ha preso il volo, ma non riusciva a rimuovere il lampadario che le hai fatto cadere in testa dal collo, ho speso tre ore dentro quello stagnetto con lei a cercare di spingere via quel pezzo di antiquariato.”
Ora che lo aveva detto, Jack comincio a notare sulle scaglie sul collo della dragonessa, delle leggere vesciche che sembravano formare un cerchio attorno ad esso, quasi come prova che poco prima c’era qualcosa attorno al collo dell’enorme rettile alato.
Lo spirito ridacchiando preso dall’euforia si avvicinò a Daffy, per poi intrappolarli il collo nel braccio destro e sfregarli le nocche della mano sinistra sul capo, cercando di farli i complimenti nel modo più silenzioso e allo stesso tempo più virile possibile (aveva già perso troppa dignità con quelle scuse).
Anche se le fredde nocche dello spirito del gelo, li stavano cominciando a dare fastidio alla calotta cranica, il papero non poté che ridere insieme al suo amico e nel suo cercare di liberarsi dalla presa che questi aveva su di lui disse: “Si, si, adesso smettila però, che non mi piacciono i lecca culi.”
Jack si stacco da Daffy, lasciando la presa dal suo collo, una presa che al contrario delle precedenti era veramente amichevole, le due creature magiche si fissarono capendo che da lì in poi entrambi si sarebbero sempre sostenuti nei momenti difficili.
Il papero sali sul dorso di Tempestosa, usando la sua ala destra come rampa, mentre Jack con il bastone ben stretto in pugno prese in volo, seguito a ruota dalla dragonessa, che senza che Daffy le dicesse niente comincio a seguire quello che aveva riconosciuto come quello strano cavaliere che aveva affrontato in quella che era stata la sua fortezza, ma vedendolo volare trasportato dai venti e ricordandosi di quando le aveva congelato la coda Tempestosa riconobbe finalmente quell’essere come l’inverno in persona, un essere più antico di lei e di molti altri draghi.
Le tre creature magiche volarono verso nord (per essere precisi una si stava facendo trasportare dalla più grande del trio) a una velocità che nessun uccello avrebbe potuto eguagliare, uno di loro spinto dal vento, mentre un altro spinto solo dalla potenza dei muscoli che animavano le sue ali.
Jack doveva ammettere che nella sua vita millenaria non aveva mai volato a fianco a un drago (al massimo aveva volato davanti o dietro a un drago per sfuggire a qualcuno di loro), ma sapere che stavano per andare a prendere Elsa portandosi dietro un drago li dava solo sensazioni positive (tranne che forse la principessa vedendo la dragonessa che le aveva fatto da carceriera per così tanti anni le sarebbe saltato un battito).
Al che lo spirito dell’inverno, con un largo sorriso di eccitazione sul volto si avvicinò al suo amico pennuto, che si trovava seduto sul collo di Tempestosa ad ammirare per una seconda volta il mondo visto da un’altezza superiore delle nuvole, per poi sentirsi dire da Jack: “Ehi Daffy a chi arriva prima?”
E dopo aver proposto quella gara così infantile, Jack fece intensificare la potenza del vento che lo faceva volare aumentando la sua velocità e facendoli superare Tempestosa, lasciandosi dietro il drago e il suo cavaliere.
A Daffy ci volle qualche secondo, per capire cosa Jack li avesse detto (tanto fu improvvisa l’azione di Jack), ma quando lo capi un sorriso ricomparve sul suo becco arancione, per poi dire a Tempestosa: “Hai sentito cosa ha detto, bellezza?”
Tempestosa sembrò annuire con il muso, per poi aumentare lo sbattere delle sue ali aumentando a sua volta la velocità e si mise all’inseguimento dello spirito.
Intanto a Weselton…
Elsa e il duca si trovavano dentro l’ampia chiesa di Weselton, davanti all’altare, mentre l’anziano sacerdote davanti a loro stava recitando le formule del matrimonio (troppo lentamente secondo l’umile opinione di Elsa), alle loro spalle si trovavano centinaia di inginocchiatoi che ospitavano le migliaia di persone che stavano assistendo al loro matrimonio (come sempre i nobili erano più vicini all’altare, mentre per i plebei erano riservati i posti in fondo).
Il duca indossava un vestito elegante di colore rosso porpora, cosi come il mantello foderato in pelliccia bianca (di qualche ermellino) lungo i bordi vicini al collo, ed era annodato con cordoni dorati, ma intanto stava fissando come un falco (come se qualcuno avesse osato rubargliele) le due corone sul piedistallo al loro fianco, specialmente quella che sarebbe stata destinata a lui: una pesante corona fatta in oro, con due archi incrociati nella parte superiore e con altri vari gioielli tra rubini, diamanti, zaffiri e smeraldi incastonati in essa (sarà valsa una fortuna).
Elsa invece di certo non stava pensando alla sua corona (anche essa dorata, ma meno intarsiata di pietre preziose e con un design più semplice), ma tra l’immensa folla di persone dietro di lei che le tenevano gli occhi addosso e le grandi vetrate frontali della chiesa, che le mostravano il sole in procinto a tramontare la principessa era paralizzata dalla preoccupazione.
Silenziosamente pregava qualsiasi dio potesse esistere, che la parte “puoi baciare lo sposo” arrivasse prima del tramonto, in modo che nessuno potesse scoprire della sua maledizione, ma soprattutto che finalmente potesse essere libera da essa, eppure una parte di lei solo alla prospettiva di baciare il duca e chiamarlo per il resto della sua vita marito provava un leggero disgusto.
Eppure, quando pensò (quasi in modo fin troppo fanciullesco per una come lei) all’uomo ideale che avrebbe voluto baciare il viso di Jack comparve nella sua mente e la principessa piuttosto che pensare a lui decise di concentrare le sue orecchie sull’assordante suono delle campane della chiesa e dell’immenso organo che sulla navata laterale veniva suonato dal compositore personale del duca.
Intanto al di fuori della chiesa il bacano generato dalle campane e dall’immenso organo della chiesa, veniva ascoltato pure da una piccola guarnigione composta da soldati e cavalieri del duca che presidiavano la piazza della città (su cui sorgeva la chiesa) in modo che non succedessero incidenti che potessero mettere a rischio il matrimonio del loro futuro sovrano.
Il massimo che si aspettavano era qualche ladro che avrebbe osato rubare agli ospiti più illustri sfruttando l’ampia visibilità degli sposi reali a suo vantaggio o alla peggio qualche ex nobile nemico del duca che perdendo i suoi previlegi cercava vendetta contro il loro signore, ma di sicuro non si sarebbero mai aspettati che UN CAZZO DI DRAGO ATTERASSE PROPRIO NELLA PIAZZA DI WESELTON.
In realtà il primo ad atterrare fu Jack in modo silenzioso (come una brezza primaverile) che alcune delle guardie non lo notarono nemmeno, ma quando l’ombra di Tempestosa copri le loro membra tutti quei soldati vestiti in armatura poterono sentire il fischio della morte che li chiamava e dando la prova del valore e del coraggio dei cavalieri, scapparono senza un minimo di dignità.
Il rumore causato dalle campane e dall’organo aveva non solo isolato chiunque fosse dentro la chiesa dal rumore del peso di un drago che atterrava, ma anche le grida di soldati e cavalieri che in preda al panico dopo aver visto una bestia che sapevano esistesse, ma di cui avevano sentito parlare solo nelle fiabe, cercarono di scappare il più lontano possibile dalla posizione di essa, senza nemmeno cercare di avvertire il loro signore del pericolo che correva.
Jack non appena mise piedi sul terreno, non pensò nemmeno alla presenza dei soldati (che tanto un secondo dopo fuggirono dalla zona) ma corse verso la chiesa il più veloce possibile, perché aveva sentito il suono delle campane; quindi, conobbe da esse dove si stava svolgendo il matrimonio e che (cosa più importante) il matrimonio si stava svolgendo e quindi lo spirito temeva che Elsa avesse già pronunciato il fatidico sì.
Daffy vedendo, dal collo di Tempestosa, il suo amico correre verso la chiesa intuì ciò che Jack voleva fare; quindi, scese dal drago (dopo che Tempestosa portò il capo al livello del suolo) e poco prima di inseguire il suo amico si rivolse verso la sua ragazza (non pensava che avrebbe mai chiamato un drago la sua ragazza) e le disse: “Tu va a divertirti un po' a sgranocchiare qualche cavaliere, mi raccomando non causare troppi danni collaterali e se ci serve aiuto Jack ti farà un fischio.”
Tempestosa li fece un segno di assenso con il muso per poi spostare lo sguardo verso quei cavalieri che stavano tentando di allontanarsi da lei, ma lei era diventata molto brava a inseguire quelli omuncoli vestiti di latta in spazi stretti (non che Weselton fosse in qualche modo definibile di per sé “stretta” ma per Tempestosa lo era) lo aveva fatto per anni nelle anguste pareti di un castello diroccato costruito dentro la bocca di un vulcano.
Quindi dopo un leggero ringhio la dragonessa si precipitò all’inseguimento di qualsiasi cavaliere non avesse messo la giusta distanza tra lei e le sue fauci, anche se tenne a mente che il suo compagno le aveva detto di non causare troppi danni collaterali; quindi, non sputo fuoco e non distrusse gli edifici della cittadina, dentro i quali non c’era nessun abitante perché erano tutti al matrimonio del duca (più che altro erano stati costretti ad andarci).
Daffy vedendo Tempestosa voltarsi dall’altra parte per andare a divertirsi, comincio a inseguire Jack, ma il papero sapeva che non avrebbe mai raggiunto lo spirito con la velocità, quindi comincio a urlare: “JACK FERMATI!”
Jack sentendo Daffy chiamarlo e chiederle di fermarsi, lo fece anche se una parte di lui voleva immediatamente precipitarsi dentro la chiesa e dire ad Elsa tutto quello che provava per lei (per poi scoprire di chi diavolo stava parlando la notte prima al mulino), avrebbe rimediato ai suoi errori (finché era in tempo), ma Daffy aveva aiutato una dragonessa (che avrebbe potuto mangiarselo) per trasportarlo al polo sud in modo che lui venisse a conoscenza del fatto che Elsa non stava parlando di lui e li era stato sempre vicino anche nei pericoli, quindi quel papero meritava che li prestasse un po' d’ attenzione.
Quindi spirito si fermo, si girò verso il papero e chiese: “Che c’è?”
Daffy dopo qualche metro di corsa raggiunse il suo amico, per poi dirli: “Jack, vuoi farla bene questa cosa?”
Jack chiese non capendo il senso di ciò che Daffy li stava chiedendo e preoccupandosi sempre di più di fare tardi per rovinare il matrimonio chiese: “Ma di che diavolo stai parlando?”
Daffy tentò di spiegarsi: “C’è una frase che devi aspettare. Il prete dirà “parlate ora o tacete per sempre” ed è allora che tu dirai “io mi oppongo”.”
Jack non conosceva molto bene le usanze matrimoniali (tranne il fatto che alla fine del tutto bisognava dire sì o no), non se ne era mai interessato, era più occupato a portare la neve in giro per il mondo; quindi, a riguardo a quelle formalità da umani lo spirito disse: “Non ho tempo per questa roba” per poi avanzare di nuovo verso il portone della chiesa.
Daffy allora afferro Jack per la manica del suo maglione per tentare di fermarlo, inutilmente visto che lui era un papero di venti chilogrammi che stava tentando di fermare uno spirito alto due metri e quindi veniva trascinato da esso (come un bambino trascinato dal genitore perché non vuole andare dal dentista), al che Daffy domando: “Jack, ascoltami, tu ami Elsa?”
Sentendo la domanda di Daffy, Jack si fermò e rispose con vemenza: “Si.”
Daffy insistette facendoli altre domande: “La vuoi abbracciare?”
“Si.”
“Compiacere?”
“Si” rispose per l’ennesima volta Jack (anche se aveva paura su dove sarebbe andato a parare Daffy).
Daffy con un sorriso si mise a cantare: “E allora dacci, dacci dentro con la tenerezza” poi aggiunse “alle donne piace sta merda.”
Jack in preda alla frustrazione, ma anche volendo ripresentarsi ad Elsa in un modo a lei congeniale, visto pure come si erano separati malamente disse: “Va bene, quand’è che il prete dice la frase?”
Daffy stava per dire qualcosa, ma poi si ricordò che né lui né Jack sapevano a che punto era la cerimonia e quindi disse: “Dobbiamo controllare.”
In breve tempo, videro la vetrata frontale della chiesa, proprio sopra ai grandi portoni di ingresso e dopo che Jack si mise Daffy in schiena, spicco un leggero salto (di circa 9 metri), per far salire sugli stretti bordi di essa il papero, mentre lui si posizionava sorretto qualche metro più indietro (sia per non farsi notare, visto che la sua alta molle avrebbe proiettato un’ombra nella sala, sia perché era Daffy quello che conosceva la procedura matrimoniale).
Il papero appena stabili un buon equilibrio sui bordi della vetrata (doveva restare in equilibrio su venti centimetri di terreno, con zampe palmate) mentre premeva la sua forma contro il vetro per non cadere vide dai colorati riflessi della vetrata tutta la cittadina di Weselton presente e non poté non esclamare: “C’è un mare di gente.”
Jack da dietro di lui li disse: “Daffy concentrati.”
Allora Daffy porto il suo sguardo sull’altare dove vide tre forme: la più bassa era del duca, quella più slanciata e con un abito da sposa era di Elsa, la terza al centro, ma anche la più distante doveva essere quella del sacerdote e il papero premendo il cranio contro il vetro in modo da sentire con le sue orecchie interne ciò che dicevano, senti il prete esclamare: “Io vi dichiaro marito e moglie.”
Il papero sapeva che quella frase veniva detta poco prima del “ora puoi baciare la sposa” quindi in preda al panico urlo a Jack: “L’HA GIA DETTA!”
“MA PORCO IL CALANDARIO” urlo Jack anche lui in preda al panico che Elsa stesse per sposarsi con quell’essere e dandosi la carica con il vento sfondo la vetrata, entrando nella chiesa e facendo perdere l’equilibrio al povero Daffy, che cadde al di fuori di essa.

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Capitolo 18
*** Come rovinare un matrimonio ***


Capitolo 18: Come rovinare un matrimonio
“… promettendo di esserseli fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarlo e onorarlo finché morte non vi separi?”
La domanda fatidica e non appena data la risposta a essa finalmente Elsa si sarebbe liberata dell’incubo che la seguiva fin da quando era piccola, bastava che lei rispondesse con quel fatidico “lo voglio”.
Allora perché anche in quel momento cruciale Elsa stava ancora esitando, all’inizio credeva che fosse dovuto a causa del fatto che doveva parlare davanti a quell’immensa folla, ma era perchè sapeva che detta quella parola sarebbe per sempre stata legata a un uomo che non la amava e non la rispettava.
Però, dopo aver preso un respiro e essersi ripetuta mentalmente che lo stava facendo per rivedere i suoi genitori e per Anna, la principessa disse: “Lo voglio.”
Il duca comincio a sorridere trionfante, nel sentire finalmente la realizzazione dell’ambizione che aveva per così tanto tempo inseguito e sembrò quasi raggiante di orgoglio (personale) quando l’anziano prete disse: “E con il potere conferitomi vi dichiaro marito e moglie. Ora potete baciare la sposa.”
Il duca di Weselton volendo arrivare immediatamente alla parte in cui avrebbe ricevuto sul suo capo la sua corona e fosse dichiarato il re di tutto il continente, si girò verso la donna che ora era sua moglie per poterle baciare le labbra.
Elsa fece un passo indietro, nel vedere il duca avvicinarsi a lei per baciarla, ma proprio nel momento in cui stava per abbassare il suo capo per raggiungere quello del duca (vista la bassezza di suo marito), per poter darli un bacio (in fondo era solo un bacio), si senti l’agghiacciante rumore di una vetrata che si spezzava.
Sia Elsa che il duca si girarono verso la direzione del suolo (con Elsa che senza accorgersene emise un sospiro di sollievo), insieme a buona parte del pubblico, buona parte perché quelli più vicini all’enorme portone d’entrata della chiesa cercavano di accucciarsi per evitare il più possibile che i cocci di vetro volanti potessero ferire loro e/o i loro bambini.
Elsa vide che la vetrata frontale della chiesa era stata sfondata da qualcosa che si era schiantato da fuori di essa e che quel qualcosa si era schiantato all’interno della chiesa (qualcosa di veramente grande anche), la principessa cercò qualunque cosa fosse stata a causare quel disastro e la trovo proprio in mezzo alla strada che poco prima aveva percorso per arrivare all’altare, era Jack.
Riconoscibile a causa del maglione blu e dal bastone in legno di salice, che terminava con un arco a forma di G, lo spirito inginocchiato si rialzo in piedi dopo quella entrata in scena così teatrale e urlo in preda al panico che fosse arrivato troppo tardi: “IO MI OPPPONGO!”
Sul volto di Elsa comparve un dolce sorriso, nel rivedere lo spirito che l’aveva liberata e di cui sfortunatamente si era innamorata, ma quel sorriso ebbe vita breve quando si ricordo di come Jack avesse conosciuto il suo segreto e come con ipocrisia l’avesse considerata solo un mostro e che l’aveva salvata da quella torre solo per poter tornarsene al suo polo con l’atto di proprietà di esso.
La principessa non poté che chiedersi perché fosse venuto al suo matrimonio, ma poi le venne in mente che Jack conoscesse la sua maledizione (lei credeva) e che volesse per farle un dispetto rovinare il suo matrimonio, rivelando a tutti i presenti il suo segreto, eppure ciò che aveva urlato Jack “IO MI OPPONGO” la colpì, quella era la frase che di solito diceva uno degli ospiti quando non voleva permettere lo svolgersi della cerimonia.
Jack comincio ad avanzare verso l’altare contento di come, a quanto pare, non ci fosse stato un bacio urlando ciò che gli aveva detto Daffy, anche se il merito della mancanza di bacio tra i due quasi sposi bisognava darlo alla sua burrascosa entrata.
Lo spirito nel suo avanzare noto come gli abitanti di Weselton lo guardassero spaventati, probabilmente chiedendosi cosa diavolo volesse combinare lo spirito dell’inverno (secondo loro, probabilmente nulla di buono) non era stata sua intenzione cercare di ferirli con i cocci della vetrata che aveva appena sfondato e anche i bambini presenti sembravano meno contenti di vederlo, tutto il tifo che la cittadina gli aveva fatto alcuni giorni prima durante il torneo sembrava non essere mai accaduto.
Poi gli occhi azzurri del dispettoso spirito si spostarono dentro il duca, di cui tanta era la sua stizza nel rivederlo e nel suo interrompere la sua cerimonia di nozze, che il volto dall’ira divenne rosso come un peperone (Jack stava quasi per scoppiare a ridere nel vederlo così) e con il suo udito molto sviluppato Jack lo senti borbottare: “E adesso che altro vuole?”
Infine, il suo sguardo si sposto su Elsa e doveva ammettere che era ancora più bella del normale in abito da sposa, ma secondo la modesta opinione di Jack era la principessa stessa a rendere l’abito ancora più bello, i suoi capelli erano pettinati in una lunga e folta treccia che scompariva dietro il suo mantello nuziale nero e rosso con quello che doveva essere lo stemma reale di Weselton.
Però dopo essere arrivato a pochi passi da lei, a trattenerlo dal raggiungerla c’erano solo le scalinate dell’altare, notò come la principessa lo stesse guardando con uno sguardo severo e con una voce forse ancora più severa Elsa li chiese: “Che cosa ci fai qui?
” Il modo in qui lo disse mise a leggero disagio Jack, ma poi si ricordo che lei lo trattava cosi per il modo in cui lui l’aveva trattata quando aveva frainteso l’identità di quel “portatore di ghiaccio e morte” (anche se Jack voleva ancora sapere di chi diavolo parlasse) e sapeva di meritarsi quell’ occhiataccia ma poi ci pensò il duca di Weselton a ridarli il coraggio di parlare quando comincio a dire: “Esatto, è già da maleducato essere in vita, quando nessuno ti vuole, ma presentarti non autorizzato a un matrimonio…”
Jack ignorò li insulti meschini che il duca li stava lanciando contro, per aver interrotto il suo grande momento di gloria e interrompendo lo sproloquio dell’ometto lo spirito comincio a parlare con la sposa: “Elsa, io devo parlare con te.”
Elsa notando come Jack le stesse parlando con un tono così umile volle ascoltare ciò che voleva dire, ma la parte più fredda e cinica della sua mente non voleva lasciare parlare Jack per non farli rivelare il suo segreto davanti al duca (che sarebbe stato suo marito) e ai suoi futuri sudditi.
Inoltre, la principessa teneva sempre sotto controllo con la coda dell’occhio il sole che si trovava alle sue spalle e che stava per tramontare da un momento all’altro; quindi, tentando di nascondere la sua preoccupazione disse allo spirito del ghiaccio: “E’ troppo tardi per parlare, ora se non ti dispiace.”
Detto questo la principessa prese con la mano destra il volto del duca e tento di baciarlo (reprimendo il disgusto), mentre il vecchio uomo fu ben contento di accantonare la sua rabbia verso lo spirito (per il momento) e concentrarsi sulla principessa che con quel bacio avrebbe fatto regina e lei lo avrebbe reso finalmente re, anche se rimase leggermente colpito e anche scosso dall’intraprendenza di Elsa.
Jack vedendo ciò che Elsa stava per fare agi d’istinto e con uno scatto sali quei pochi scalini che li separavano per afferrarla per la mano destra e tirarla a sé, per impedirle di baciare il duca e ufficializzare il loro matrimonio, portando il suo viso davanti al suo e guardandosi dritti nelle palle degli occhi.
Jack pur di non farsi incantare da quei bellissimi occhi castani disse la prima cosa che li passo in mente che fu: “Tu non puoi sposarlo.”
Elsa irritata con lo spirito per averle impedito (inconsapevolmente) di togliersi la maledizione che l’aveva perseguitata per tutta la vita, credendo che lo stesse facendo apposta per farle un dispetto; con uno strattone libero la sua mano dalla presa di Jack e gli chiese guardandolo dritto negli occhi: “E perché no?”
Jack diede la risposta, che tutti sapevano, ma nessuno voleva dire ad alta voce: “Perché ti vuole sposare solo per diventare re.”
Il pubblico, che era venuto li per assistere al matrimonio del loro duca, si è ritrovato invece ad assistere a quello strano spettacolo dello spirito dell’inverno che litigava con la loro futura regina come se fossero loro il marito e la moglie; ma l’ultima frase riguardante al fatto che il duca volesse sposare la principessa solo per poter finalmente legittimare la sua incoronazione a re del continente, trasalirono tutti creando un suono che fece eco in tutta la chiesa, perché avevano paura di come avrebbe reagito il loro duca dal carattere leggermente fumantino.
La reazione dell’uomo non tardo a palesarsi, ma per fortuna pur di cercare di mantenere un contegno alle sue stesse nozze, il duca fece una faccia offesa e disse: “Queste accuse sono oltraggiose” poi rivolse ad Elsa “mia principessa non ascoltarlo…”
Jack interruppe il duca un’ennesima volta (si era rivelato un suo vizio) e continuo a parlare con Elsa ignorandolo completamente (mettendo sempre di più alla prova la sua pazienza) dicendo alla donna che amava, ricordandosi il dettaglio del “bacio di vero amore” che lei aveva detto appena erano stati fuori da quella fortezza: “Lui non è il tuo vero amore.”
La principessa sempre più stufa dal comportamento dello spirito e anche seccata da ciò che stava dicendo chiese sarcastica: “E tu che cosa ne sai sul vero amore?”
Jack aveva un’opportunità, un’opportunità concessagli da Elsa, per dirle quanto la amava, eppure aprire la bocca per dirle quello che provava, si rivelò più difficile del previsto: “B-beh io… io ecco…” stava balbettando come un fottuto idiota davanti alla donna che amava.
Elsa vedendo Jack non trovare le parole che voleva dire, comincio avere un sospetto, un dolce e allo stesso tempo terribile sospetto, che Jack stesse cercando di dirle che lui l’amava?
Però la tensione del momento venne rovinata da una risata che comincio a farsi sentire nella chiesa, gli occhi di tutti i presenti cominciarono a spostarsi verso chiunque stesse ridendo e con sorpresa di tutti era il duca che stava cercando di trattenersi.
A quanto pare, il vecchio aveva la capacità di intuire e tra uno spirito dell’inverno di cui aveva soddisfatto le richieste, ma che era ritornato per rovinare il suo matrimonio al grido di “IO MI OPPONGO” e sembrava proprio che non riusciva a togliere gli occhi di dosso alla sua futura regina, poi quando Elsa aveva provato a baciarlo, lo spirito aveva impedito che la cosa accadesse (ritardando ancora di più l’ufficializzazione del matrimonio), ma poi quando Elsa li aveva chiesto “che cosa ne sapesse sul vero amore” e Jack, che di solito era fastidiosamente scherzoso e con la battuta pronta, si ritrovo a balbettare il duca non poté che trovare la risposta del perché di questi suoi comportamenti.
Risposta che, tra una risata e l’altra, il duca diede a tutte quelle persone che lo guardavano stupite, perché non era il tipo da divertimenti e risate: “Questa è esilarante, Jack Frost si è innamorato della principessa, hahahahahahaha…”
Mentre continuava a ridere, i suoi sudditi dovettero per un attimo metabolizzare ciò che il loro signore aveva detto, ma quando lo fecero molti di loro cominciarono a ridacchiare, al pensiero che Jack Frost, l’indisciplinato spirito dell’inverno, che viaggiava per il mondo divertendosi a portare neve e freddo, un essere che per molti era la causa dei loro mali, si fosse innamorato di una così leggiadra fanciulla.
Più secondi passavano, più altre persone si univano alla risata del duca, finché dentro la grande chiesa non si creò un immenso boato di risate che deridevano il concetto stesso che l’inverno in persona potesse innamorarsi di una principessa.
Di quelle risate, però, non facevano parte i bambini che guardavano quello che consideravano il loro “compagno di giochi invernale” chiedendosi se fosse veramente come diceva “quel buffo ometto” che avevano la sfortuna di chiamare duca, i più grandi di loro che conoscevano Jack da più tempo, non potevano crederci, perchè si ricordavano quando due inverni prima, aveva giocato con loro e vedendo una giovane coppia sbaciucchiarsi sotto la neve, prima aveva mostrato a loro una faccia schifata e poi aveva tirato addosso loro la prima di una serie di palle di neve che tirarono tutti insieme.
Quindi come era possibile che il sempre bambino, spirito dell’inverno si fosse innamorato?
Intanto Jack, provò un profondo imbarazzo, un emozione che non credeva di poter più provare da secoli, cosi tante persone che ridevano di lui (strano di solito era bravo a farli ridere con lui), solo per il fatto che lui lo spirito dell’inverno amava una donna mortale, ma le risata peggiore era quella del duca, distinguibile dalle altre a causa della sua vicinanza al vecchio, Jack aveva la mezza idea di cominciare a prenderlo a bastonate o trasformarlo in una statua di ghiaccio solo per farlo tacere.
In tutto questo c’era Elsa, che sentendo quello che aveva detto il duca, non poté che impietrirsi, solo considerare che Jack l’amasse le faceva battere il cuore cosi forte che aveva paura che potesse essere sentito perfino in quell’oceano di risate, guardò il viso dello spirito dell’inverno per cercare su di esso una negazione di quei sentimenti che (secondo lei) non appartenevano allo spirito dell’inverno e che nessuno avrebbe mai potuto provare nei suoi confronti, ma lo vide che si guardava intorno come un bambino preso in giro dai suoi coetanei per la sua prima cotta, non lo aveva mai visto così a disagio.
Però Elsa voleva la sua conferma, voleva che quelle parole uscissero dalla bocca dello stesso Jack Frost, ma vista quanto lo vedeva a disagio (una situazione con cui lei poteva empatizzare), quasi in modo dolce ma deciso Elsa attiro, di nuovo, la sua attenzione su di lei e gli chiese: “Jack, è vero?”
Sentendosi chiamare per nome, da Elsa, Jack girò di nuovo il capo verso la principessa e dopo un breve sorriso voleva risponderle (perché aveva molte cose di cui rispondere), ma il duca lo interruppe urlando: “CHE IMPORTA È UNA PAGLIACCIATA!”
Mentre stava cercando di recuperare il fiato per le troppe risate, il duca però aveva visto che la sua promessa sposa stava parlando con lo spirito dell’inverno, sembrando meno aggressiva nei suoi confronti (al contrario di pochi istanti prima), quindi dopo aver urlato quella frase, si avvicinò alla principessa, come un cane che difende il suo osso da un altro cane.
Poi si rivolse ad Elsa esprimendosi alla sua regina in un tono più cortese dicendole: “Principessa Elsa baciatemi e io vi renderò regina di questo continente” per poi puntare sporgere le labbra verso di lei col chiaro intento di essere baciato.
Elsa però fece qualche passo indietro, aveva sempre saputo dal primo momento in cui aveva parlato con il duca che il loro sarebbe stato solo un matrimonio politico (lui voleva una cosa da lei, lei voleva una cosa da lui), forse prima avrebbe potuto anche accettarlo, ma in quel momento non avrebbe mai potuto farlo, perché aveva Jack davanti che, in un certo senso, le aveva confessato silenziosamente che l’amava (o almeno lei sperava che non avesse frainteso tutto il suo comportamento).
La principessa non sapeva cosa fare, ma poi si ricordo del tramonto impellente e portò lo sguardo alle sue spalle per vedere la posizione del sole e vide dalle vetrate che ormai mancavano pochi secondi che scomparisse oltre l’orizzonte, Elsa mormoro: “Di giorno in un modo, di notte in un altro…”
Poi riporto lo sguardo verso Jack con un leggero sorriso e ripensando alle parole di Daffy “Jack merita di sapere”, il suo amico pennuto aveva ragione, quindi disse a Jack: “Forse avrei dovuto mostrartelo tempo fa.”
Jack non ci capi niente e voleva chiederle di che diavolo stesse parlando, ma dopo qualche secondo qualcosa di assolutamente magico accade.
Già la sola presenza di Jack Frost rendeva la chiesa estremamente fredda, ma era come se all’improvviso dall’edificio fosse stata levata ogni traccia di calore, c’era così tanto freddo che le poche fiamme che accendevano torce e candele che non si erano spente con la presenza di Jack lo fecero in quel momento, le persone cominciarono a tremare per il freddo (soprattutto il duca e il sacerdote che erano i più vicini a Elsa).
Sotto gli occhi sbalorditi di tutti intorno alla principessa comincio a generarsi una tempesta di neve e brina, che oscurava il suo corpo alla vista, ma quando i loro sospetti portarono i loro sguardi verso Jack, videro che lo spirito non stava facendo assolutamente nulla, anzi sembrava sorpreso quanto tutti loro nel vedere quello che stava accadendo (controllava anche il suo bastone, chiedendosi se fosse un effetto della sua arma, ma zero attività proveniva da essa).
Elsa vedendo che stava accadendo quello che accadeva ogni sera, solo con una differenza dalle altre volte, questa volta voleva che accadesse (a quanto pare era vero che essere onesti ti faceva sentire bene) e fece una cosa che aveva fatto poche volte dopo quel maledetto incidente, usare veramente i suoi poteri, come faceva da bambina quando creava con essi, quando li considerava ancora quasi un dono.
L’abito da sposa sotto il suo influsso, comincio a passare dal colore bianco a un blu ghiaccio, il corpetto divenne cristallizzato, mentre il ghiaccio che stava modificando il vestito lo rendeva più aderente al corpo della principessa, sulla gonna si creo uno spacco al ginocchio destro, le spalline scomparvero come se non fossero mai esistite, le maniche dell’abito divennero traslucide e per ultimo il pesante mantello nuziale che da nero, rosso e con le insegne di Weselton divenne di un tessuto che sembrava più leggero dell’aria, fatto di puro ghiaccio sottile e con incisi su di esso fiocchi di neve.
I capelli intrecciati passarono dal color rosso a un giallo veramente molto chiaro (vicino al bianco) e gli occhi dal castano diventarono azzurro ghiaccio, come accadeva ogni sera fino al mattino.
La piccola bufera che si era generata attorno alla principessa svani per far vedere a tutti i presenti cosa era diventata, mentre il pubblico trasalì per lo stupore e per il timore di avere a che fare con un altro Jack Frost (perché ormai era facile intuire ciò che era successo), Jack guardava Elsa con l’espressione di un vero ebete.
Se prima la considerava bellissima, adesso la considerava assolutamente meravigliosa, ecco perché ogni tramonto cercava di essere isolata il più possibile, ed ecco chi era questo fantomatico “mostro portatore di ghiaccio e morte” di cui stava parlando: lei stessa.
Era così che si era sempre vista per tutto quel tempo?
Rendendosi ben presto conto che non aveva l’espressione più dignitosa del mondo (anzi tutt’altro), Jack scosse il capo per riprendersi dopo quella grande rivelazione e poi disse ad Elsa: “Beh, questo spiega molte cose.”
La cosa fece molto piacere alla principessa Elsa, che vedendo come quelli che avrebbero dovuti essere i suoi futuri sudditi, la guardavano con paura (tranne i bambini che avevano nelle loro espressioni un misto tra meraviglia e dubbio), ma sentendo quella frase di Jack il suo sguardo si sposto verso di lui, che le sorrideva dolcemente, però la principessa non poté che chiedersi: “in che senso spiega molte cose?”
Avrebbe dovuto però chiederglielo dopo perché il duca non appena vide ciò che era diventata, anzi ciò che era sempre stata la sua futura regina, in preda al disgusto causato dal suo odio verso qualsiasi creatura magica urlò: “DISGUSTOSO! GUARDIE!”
Capendo che stava per succedere un macello, molti degli spettatori cominciarono a tentare di uscire dalla chiesa, ma lungo la strada verso il portone si creò un ingorgo di persone che tra spintoni e imprecazioni volevano soltanto uscire il più velocemente possibile per evitare la violenza che da lì a poco si sarebbe scatenata, ma quell’assembramento complicava ancora di più la situazione.
Intanto Jack avendo sentito il duca chiamare le sue guardie e agendo il più velocemente possibile, prima tiro una rapida bastonata al petto del uomo facendolo cadere contro il piedistallo facendo cadere le due pesanti corone, per poi afferrare la mano di Elsa (sentendo una strana sensazione), per poi tirarla per trascinarla con sé e scappare dagli uomini del duca dall’uscita dietro il presbiterato (il sacerdote intanto era scappato verso la folla evitando il più possibile il cammino delle due creature di ghiaccio e imbucandosi in essa anche lui nel tentativo di scappare).
Però, a quanto pare, nel presbiterato si trovavano una piccola parte dei soldati che il duca aveva disposto all’interno della chiesa come ennesima misura di sicurezza, che non appena sentirono il duca richiamarli capirono che qualcosa non stava andando come previsto e quando oltrepassarono la porta si ritrovarono davanti lo spirito dell’inverno e la principessa Elsa (anche se molto del suo aspetto era cambiato era ancora riconoscibile).
Quello davanti al gruppo era armato di balestra e provo a scoccare un dardo contro lo spirito armato di bastone, ma Jack grazie ai suoi incredibili riflessi riuscì a schivare il colpo per poi spararli col suo bastone un raggio di gelo, che congelo il balestriere che non fu altrettanto rapido.
Lo spirito dell’inverno vedendo quei soldati che cominciavo a dirigersi verso di loro bloccando la loro via d’uscita, dovette arretrare insieme ad Elsa, mentre il duca continuava a urlare: “UCCIDETLI ENTRAMBI!” (Jack stava pensando che avrebbe dovuto congelarlo quando lo aveva colpito con il bastone).
Sempre tenendosi per mano i due videro che dalle scale che portavano ai sotterranei situate vicino ai muri laterali della chiesa stavano salendo altri soldati in armatura, un altro balestriere scocco un'altra freccia, questa volta in direzione di Elsa.
Jack non dovette fare niente, perché Elsa aveva vide l’azione e presa dall’istinto creò dal potere che le scorreva dalle mani, davanti a sé uno spesso muro di ghiaccio sul quale il dardo si conficcò, ma senza alcun corpo ferire, mentre Jack evocava una potente follata di vento per rallentare l’avanzata dei cavalieri davanti loro.
Però stavano per essere attaccati da dietro ed Elsa si girò di scatto e sempre dalle mani creò un'altra parete ma a quest’ultima aggiunse degli spuntoni che puntavano verso quegli uomini armati spade, lance, mazze e picche, in modo da agire come difesa contro i soldati e per intimorirli cosa che effettivamente accade perché i soldati piuttosto che spiaccicarsi contro degli spuntoni di ghiacci frenarono la loro carica.
Jack nonostante il pericolo alle loro vite non poté che ammirare i poteri che Elsa aveva nascosto per tutto quel tempo, non aveva bisogno di un bastone per sprigionarli, da quello che sembrava le bastava l’uso delle sue mani e la propria volontà però lo spirito non poté notare di come il ghiaccio generato da Elsa cambiasse colore, diventando di una sfumatura accesa di giallo ambra.
Poi però il suo istinto da battaglia rientrò in gioco e lo spirito del ghiaccio tocco con il suo bastone il lato interno del primo muro creato da Elsa, per poi volteggiarlo in senso antiorario come la lancetta di un orologio, facendo allargare la parete di ghiaccio che segui la direzione del bastone magico.
Nella creazione di quell’immensa muraglia circolare di ghiaccio, Jack urlo ad Elsa di abbassarsi in modo che il suo bastone non la colpisse, cosa che la principessa fece grazie ai suoi sensi a fior di pelle per colpa del pericolo che si trovava tutto attorno a loro, mentre il bastone andò a sbattere contro la seconda parete di ghiaccio che lei aveva creato per poi essere ritirato da Jack un momento prima che il ghiaccio che componeva la prima parete si attaccasse ad esso.
Il lavoro dello spirito non era ancora finito perché tocco il lato interno sinistro del secondo muro, di nuovo con il suo bastone per poi collegarlo al lato destro della prima parete in modo per finalmente chiudere il cerchio di ghiaccio alto due metri e mezzo intorno loro che faceva loro da barriera contro gli assalti dei soldati.
Però essi non si fecero scoraggiare e cominciarono a colpire con le loro armi le pareti di ghiaccio sotto il diretto ordine del loro signore che continuava a urlare: “UCCIDETELI, UCCIDETELI TUTTI E DUE!” mettendosi sul capo la corona per la quale aveva lottato tutta la vita, quasi come per affermare che fosse lo stesso un re.
Inoltre, sopra di loro c’era un’apertura da qui entrarono un paio di frecce che andarono a impattare contro il pavimento (per fortuna senza causar loro alcun danno) scoccate dagli arcieri che stavano cercando di colpirli (compito più difficile di quanto si credesse viste le circostanze) e allora Elsa tocco con entrambe le mani la parete di ghiaccio e infondendo in essa il suo potere creando un tetto a cupola sul quale si andarono a impattare le frecce dei suoi nemici.
Non fece però solo quello, ma infondendo altro del suo potere creò spuntoni su tutta la superficie esterna del muro circolare in modo che tutti i soldati che stavano colpendo il ghiaccio con le loro armi di ferro, cominciassero ad allontanarsi per non essere trafitti da essi.
Però solo in quel momento lo spirito dell’inverno e la principessa delle nevi si resero conto di essere intrappolati, al sicuro si, ma per quanto tempo?
All’inizio i soldati non sapevano cosa fare, nessuno di loro si sarebbe mai avvicinato a quella cupola ricoperta di spuntoni di ghiaccio affilati e taglienti che impedivano qualsiasi attacco in mischia e le frecce e i dardi non sembravano causare alcun reale danno alla struttura di ghiaccio, quando si impattavano su di essa.
Poi però vennero portati di nuovo all’ordine dal loro signore, che con la sua maestosa (e pacchiana, secondo l’umile opinione di Jack) corona in testa urlo: “BRUCIATELI! DATE LORO FUOCO! SU FORZA MUOVETEVI!”
I più vicini alle scale per i sotterranei della chiesa cominciarono a dirigersi verso di essi, perché sapevano che nel magazzino interno c’era una bella scorta di olio per lanterne contenuto in grandi barili, il loro piano era spargerne una buona quantità intorno alla cupola per poi darle fuoco.
Però non riuscirono nemmeno a percorrere un gradino, perché il subconscio di Jack, che era abbastanza agitato alla prospettiva di lui ed Elsa arsi vivi (più che delle fiamme aveva paura del fumo che gli avrebbe soffocati, soprattutto Elsa), gli fece ritornare alla mente il momento in cui lui, Daffy e Tempestosa erano appena arrivati a Weselton e mentre lui si stava dirigendo verso la chiesa, Daffy stava dicendo qualcosa alla dragonessa prima di raggiungerlo.
Nonostante lui non avesse prestato ascolto a ciò che il papero aveva detto, la sua memoria uditiva venne in suo soccorso “e se ci serve aiuto Jack ti farà un fischio.”
Jack porto pollice e indice in bocca e con tutta la forza nei suoi polmoni emise un potente fischio, nella speranza di essere sentito dal grande rettile alato, ma intanto ebbe la conferma di essere sentito da tutti i presenti nella chiesa, tanto che per qualche secondo ci fu un silenzio di tomba, causato dalla sorpresa di tutti i presenti per quel rumore così riconoscibile, ma così fuori posto in quella situazione.
Prima che il duca potesse continuare a urlare ai suoi soldati (che si erano fermati all’improvviso fischio), nell’aria si senti il suono di un possente ruggito, un ruggito che spavento tutti i presenti e che fece tremare di paura Elsa, perché lei riconosceva a chi apparteneva quel ruggito e si chiedeva nei suoi pensieri: “Che diavolo ci fa Tempestosa qui? Che questo sia solo un sogno e io sia ancora dentro quella maledetta torre?”
Per fortuna per la principessa quello non era un sogno e lei non era più nella sua torre, i pochi invitati al matrimonio che ancora dovevano uscire dalla chiesa, cominciarono a spintonarsi con il doppio della forza e dell’agitazione in preda al panico nel sentire quel suono che risvegliava in loro le loro primordiali paure da prede, mentre i soldati erano come se fossero congelati sul posto (e non era colpa dei due dominatori del ghiaccio).
Poi però una grande ombra si proietto dentro la chiesa, dalle vetrate centrali creata da una gigantesca figura, che dopo un altro ruggito (leggermente meno potente), sfondo completamente vetri e mura della facciata frontale della chiesa.
I soldati si allontanarono dai detriti di marmo e schegge di vetro che caddero sull’altare (tranne il povero stronzo trasformato congelato da Jack che venne fatto a pezzi da un pezzo di muro che li cadde addosso), ma soprattutto scapparono da quella bestia mitologica, che poteva soffiare fuoco e che li guardava tutti come un essere umano avrebbe potuto guardare un mucchio di moscerini (solo i più attenti del gruppo notarono che a cavallo sul collo dell’enorme bestia si trovava uno strano essere del piumaggio nero e dal becco arancione).
Mentre i soldati scappavano verso il portone, investendo i pochi civili che ancora non erano usciti, perché a parte quelli che erano proprio davanti al portone, quando la dragonessa era entrata, gli altri per la paura di diventare cibo per il drago volevano uscire per primi, ma l’unico risultato che ottennero fu quello di bloccarsi la strada l’un l’altro.
Il duca di Weselton invece guardò il drago che aveva visto solo nella sfera di cristallo e la paura non gli dava nemmeno la forza di provare a scappare con le sue magre gambe, semplicemente la sua mente doveva ancora venire a patti di come quel giorno, che avrebbe dovuto essere il giorno della sua incoronazione e la prova della sua vittoria, fosse diventato il giorno della sua disfatta.
Tempestosa osservo solo per un attimo quell’ometto, così ben vestito e con uno strano elmo pieno di pietre preziose in capo, che stava li fermo senza muovere le sue sottili gambe per provare a scappare e visto che la dragonessa non si sentiva ancora sazia dopo quei cinque cavalieri che era riuscita a mangiare poco prima che lo spirito dell’inverno la chiamasse con un fischio, decise che sarebbe stato il suo prossimo pasto.
Quindi spalancando le sue fauci, Tempestosa divoro in un sol boccone il duca di Weselton, che nei suoi ultimi istanti prima di diventare lo spuntino di un drago sgancio un forte urlo e provo a proteggersi con un movimento istintivo il viso.
La dragonessa mastico quel piccolo pezzo di carne, almeno due volte prima di mandarlo giù deglutendo.
Jack vedendo attraverso la cupola di ghiaccio vide che ormai erano rimasti solo lui, Elsa, Tempestosa e Daffy, che si trovava sul collo della dragonessa che si era appena divorata quella piccola palla di sterco che si faceva chiamare duca.
Lo spirito dell’inverno usci dalla cupola di ghiaccio, creandosi un’apertura con i suoi poteri focalizzati dal suo bastone, Jack usci da quella difesa che aveva costruito insieme ad Elsa, anche il solo pensare che anche Elsa come lui avesse il controllo sul ghiaccio era una cosa che, adesso che non dovevano lottare per la loro vita, non riusciva ancora bene a credere.
A proposito di Elsa, la principessa non era ancora uscita dalla cupola e Jack cercando di capire il perché, guardo attraverso il varco appena creato da lui stesso e la vide che era appoggiata contro la parete di ghiaccio il più lontano possibile dal varco, con uno sguardo totalmente in preda al panico e con il ghiaccio che componeva la cupola che diventava di un colore rosso scuro molto acceso quasi vicino al viola.
Era chiaro che Elsa avesse paura della dragona con cui aveva convissuto per anni nel castello sul vulcano (dopotutto Sir Kai, fin dal primo giorno in cui era stata rinchiusa dentro esso, le aveva raccomandato più e più volte che un drago nonostante potesse essere sazio e contento era pur sempre una bestia feroce), ma per fortuna c’era Daffy che distrusse la tensione urlando dalla testa della dragonessa: “HO UN DRAGO E NON HO PAURA DI USARLO! SONO UN PAPERO SULL’ORLO DI UNA CRISI DI NERVI!”
Jack sposto lo sguardo verso il papero che oscillava sul collo della dragonessa e dopo un leggero risolino disse: “Sarebbe stata una bella battuta ad effetto amico mio, peccato che a parte a me ed Elsa non ci fosse nessun altro a sentirla.”
Daffy guardò il suo amico che si trovava vicino a una strana cupola di ghiaccio con un’apertura, per poi guardarsi intorno e notare che in effetti a parte loro quattro la grande chiesa (ormai in rovina) era completamente spopolata, tutti quelli che volevano scappare da essa erano appena fuggiti, con l’ultimo civile (un poveretto calpestato sia dai suoi concittadini che dai soldati) che era zoppicato fuori dal portone prima che Daffy potesse urlare quella frase ad effetto.
“Dannazione” borbotto il papero.
Poco dopo Tempestosa emise un possente rutto e dalla sua bocca usci ciò che rimaneva di quella che poco prima doveva essere la preziosa corona del duca che voleva essere re.
Jack riporto il suo sguardo verso Elsa, che si stava sporgendo dal varco nella cupola di ghiaccio, il quale era ritornato a un colore azzurro/bluastro, attirata dalla voce dal suo amico pennuto che non sapeva fosse insieme a Jack e lo trovo in groppa sul collo di Tempestosa, salutandola con la mano.
Jack allungo la mano verso Elsa, come a invitarla ad uscire, un modo non vocale per dirle che non c’era alcun pericolo, nemmeno con Tempestosa nei paraggi, mano che la principessa non tardò ad accettare, entrambi provarono di nuovo una strana ma indescrivibile sensazione, però non negativa, visti da un occhio esterno potevano sembrare un cavaliere (non convenzionale) e la sua principessa.
Daffy vedendo completamente Elsa, riuscì a vedere che la maledizione si era attivata e guardandosi dietro le spalle il papero vide (per confermare) che il sole era ormai tramontato, quindi con una leggera risatina disse: “Quindi Jack, finalmente l’hai scoperto, eh?”
Jack guardò il suo amico papero, sapendo che si stava riferendo a ciò che era diventata Elsa, che lui aveva conosciuto per primo vista quella notte al mulino e quindi gli chiese (con nonostante tutto molta calma): “Perché non me lo hai detto?”
Il papero diede al suo amico le spiegazioni: “Due motivi: uno lei mi ha fatto promettere che non te l’avrei detto io e due doveva dirti lei la verità.”
Jack sposto lo sguardo verso Elsa e la vide che stava abbassando il capo molto probabilmente per la vergogna perché una persona che aveva imparato ad amare stava vedendo questa parte di lei, ma Jack le fece un dolce sorriso rassicurante: “Quando dicevi chi amerebbe mai un mostro portatore di ghiaccio e di morte, stavi parlando di te?”
Elsa annui con la testa cercando di non guardarlo, ma Jack con una carezza alla guancia destra riporto il suo sguardo a sé per poterle dire la cosa faccia a faccia: “Ma come fai anche solo a pensarlo? Non è possibile che tu non possa essere amata.”
La cosa fece sorridere Elsa, finalmente consapevole che Jack aveva frainteso la conversazione che aveva origliato per metà quella sera al mulino, ma ora Jack aveva una scorciatoia per poterle dire una cosa che gli stava molto a cuore che lei sapesse: “Elsa c’è una cosa che anche io avrei dovuto dirti.”
Elsa vedendo chiaramente che Jack stava facendo fatica a trovare il coraggio di dirle quella cosa (che lei sperava fosse ancora un “ti amo”), cerco di incoraggiarlo chiedendoli: “Si Jack.”
Jack disse dopo qualche secondo: “Io… io ti amo.”
Elsa sentiva che il cuore nel suo petto conoscesse una gioia cosi grande che avrebbe potuto scoppiare come un palloncino, il ghiaccio della cupola di un colore blu luminoso e come per confermare la cosa altrimenti non ci avrebbe mai creduto chiese allo spirito: “Davvero?”
“Davvero, davvero” fu la risposta affermativa dello spirito.
Sotto gli sguardi commossi di Daffy e Tempestosa, dentro quella chiesa mezza distrutta e con la neve che stava cominciando a cadere sopra la città di Weselton per la presenza fin troppo prolungata di Jack in essa i due si diedero un primo, casto ma allo stesso tempo affettuoso e anche molto attesto, primo bacio d’amore.
Nessuno dei due aveva mai baciato qualcun altro prima di quel momento, Elsa per il suo isolamento (sia fisico che mentale), Jack per il disinteresse che aveva provato per mille anni al concetto di amore; ma entrambi potevano descrivere la sensazione che stavano provando in quel momento solo come bellissima.
Per la prima volta della sua vita anche Jack Frost riuscì finalmente a sentire calore, mentre le sue labbra baciavano quelle della donna che amava; lo spirito non abituato a quella sensazione apri gli occhi e vide qualcosa di veramente strano, la pelle di Elsa stava cominciando a brillare.
I primi a essersi accorti di quello strano fenomeno erano Daffy e Tempestosa che avevano assistito al bacio tra i due padroni del gelo, ma poco dopo il bacio tra i due la pelle della principessa comincio a brillare come se fosse una stella.
La mano della principessa lascio quella di Jack, che provo a riafferrarla nel timore che le stesse per accadere qualcosa di brutto, ma poi vide come i movimenti di Elsa fossero fin troppo automatici come in una trance magica e quindi si fermo dal fare qualcosa, ma era pronto a scattare verso di lei al primo segno che fosse in pericolo.
La principessa era proprio al centro dell’altare, mentre si illuminava d’immenso, cosi luminosa che Jack e Daffy dovettero distogliere leggermente gli occhi per non rimanerne accecati, ma poi dalla principessa comincio a provenire un freddo cosi primordiale che sembrava il doppio più freddo del polo sud, Daffy comincio a stringersi il corpo con le braccia, mentre si appoggiava a Tempestosa per preservare il proprio calore corporeo, mentre la dragonessa arretrava di un passo.
E mentre tutto questo accadeva, si cominciarono a sentire dei bisbigli nell’aria intorno a loro, che dicevano: “Di notte in un modo, di giorno in un altro, questa sarà la norma, finché non riceverà il primo bacio d’amore, allora dell’amore avrà forma.”
Poi dopo che una violenta raffica di evento fu espulsa da Elsa, che fece quasi indietreggiare Jack e quasi cadere dal collo di Tempestosa Daffy, la luce proveniente dalla pelle della principessa si affievolì fino a svanire, cosi come anche quel freddo glaciale e Elsa come se avesse perso le sue forze cadde a terra.
Daffy (dopo essersi rimesso in perfetto equilibrio sul collo della sua Tempestosa), guardò la scena di un Jack che correva verso la sua Elsa preoccupato per lei, ma quando vide che Elsa aveva ancora i capelli biondi e sembrava che non avesse perso i suoi poteri (Daffy lo intuiva/credeva a causa del suo vestito fatto di ghiaccio) non potte che immaginare che qualcosa fosse andato storto.
Com’era possibile? La profezia diceva che dopo il primo bacio d’amore, dell’amore avrebbe preso la forma, perché non era accaduto?
Intanto mentre il papero pensava Jack teneva Elsa tra le sue braccia, cercando di aiutarla ad alzarsi e visto che non aveva perso i sensi (grazie al cielo), le chiese: “Stai bene?”
Elsa mezza stordita, ma comunque capace di ascoltare e di dare risposte, disse: “Si” ma poi vide come le sue vesti di ghiaccio non fossero svanite dal suo corpo, senti come non percepisse il freddo e portandosi la sua treccia di capelli a portata di sguardo, vide come i suoi capelli non fossero ritornati ad essere rossi, ma fossero ancora biondi.
Quindi, non volendo crederci, creò sul palmo della sua mano destra un fiocco di neve, grande quanto essa, che volteggiava sopra di essa. Era ufficiale: aveva ancora i suoi poteri.
Sotto lo sguardo di Jack, che osservava questa azione non capendo cosa fosse accaduto, la senti borbottare: “Non riesco a capire. Perché?”
Alla fine, fu Daffy a trovare una risposta a quel perché, dopo essersi dato una cinquina sul becco il papero disse: “Dell’amore avrà la forma, non intende nel senso dell’amore come la cosa più bella al mondo, ma nel senso della persona che ami e che hai baciato…”
Concluse Jack la frase (visto che fece un due e più due su tutto ciò che sapeva di quella storia) spiegando ad Elsa: … tu hai baciato me, perché ami me, lo spirito dell’inverno quindi ti sono rimasti questi poteri, cosi di giorno cosi anche nella notte.”
Elsa ascolto ciò che le dissero sia Daffy che Jack e non potte che concordare con il loro ragionamento, ma questo non la aiuto a non sentirsi sconfitta, dopo tutti quegli anni di attesa, era questo il risultato?
Si era immaginata senza più quei poteri con cui aveva ferito sua sorella, finalmente sarebbe stata normale, finalmente avrebbe potuto riabbracciare la sua famiglia senza la paura di ferirli, anche di notte libera da quella terribile maledizione che la seguiva da quanto poteva ricordare.
Elsa allora mormoro tra sé e sé: “Avrebbe dovuto tornare tutto alla normalità, avrei dovuto essere perfetta.”
Jack nel sentire ciò che Elsa disse, ebbe per un attimo paura che adesso che lei non fosse tornata del tutto umana e anzi si fosse trasformata in un essere fin troppo simile a lui, quell’amore che lei provava per lui fosse svanito, ma decise di farsi coraggio e provare a dirle qualcosa di romantico e che la facesse sentire meglio.
Quindi mettendole la mano destra sul fianco sinistro e poggiando il palmo della sua mano sinistra contro la mano destra di lei, schiacciando tra le due il fiocco di neve creato da Elsa, l’energia magica di cui esso era stato composto continuò a scorrere tra le mani della coppia di utilizzatori del gelo, sottoforma di fili di ghiaccio magici.
E mentre Elsa, ritrovatasi improvvisamente nel confortevole abbraccio di Jack, osservava quello strano fenomeno che stava accadendo tra le loro mani, Jack le disse: “Sei sempre stata perfetta, Elsa.”
La principessa distolse lo sguardo da quei raggi di ghiaccio che volteggiavano tra le loro mani unite e lo porto verso Jack, che stava arrossendo per ciò che aveva detto, ma i suoi occhi le dicevano che intendeva tutto ciò che aveva detto e non poté che farli un dolce sorriso, mentre con la mano libera gli accarezzava la guancia destra.
Elsa pensò che, in fondo, non sarebbe stato poi cosi male tenere i suoi poteri, avrebbe chiesto a Jack di insegnarle a tenerli sotto controllo e avrebbe potuto aiutarlo nel suo compito di diffondere la neve in tutto il posto (almeno avrebbe viaggiato).
Intanto Daffy attiro l’attenzione dei due su di lui, mentre faceva finta di soffiarsi il naso (che non aveva), per poi dire con le lacrime agli occhi (stavolta non false): “Dai su ragazzi un altro bacio, lo aspettavo da giorni questo lieto fine.”
Mentre i due innamorati ridevano per le buffonate del loro comune amico, si guardarono di nuovo in entrambi i loro occhi celesti e si decisero entrambi di accontentarlo, dopotutto a entrambi mancavano il calore e la dolcezza delle labbra dell’altro.
I loro volti si avvicinarono sempre di più e….

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Capitolo 19
*** E vissero per sempre felici e contenti... per ora ***


Capitolo 19: E vissero per sempre felici e contenti… per ora
Era passata una settimana dal giorno in cui, un duca avrebbe dovuto essere incoronato re, mentre una principessa sarebbe dovuta diventare sua moglie e regina, ma la cerimonia era stata bruscamente rovinata dallo spirito dell’inverno e una dragonessa (insieme al papero che li accompagnava).
Molte cose erano successe….
Prima di tutto non appena Jack ed Elsa finirono di darsi il loro secondo bacio (molto più passionale del precedente), Jack disse a tutti loro che ora di andarsene e che dovevano fare una cosa prima di tornare al polo sud.
Quando Elsa gli chiese di cosa si trattasse, Jack le racconto che, il motivo originale per cui era andato a salvarla da quella torre, era perché il duca, visto il suo immenso odio per le creature magiche, aveva fatto in modo che fossero perseguitate, per poi essere catturate e infine, a quanto pare, aveva ben pensato di scaricarle tutte al suo polo.
Per questo voleva l’atto di proprietà del suo polo, sia per liberarsi di loro, sia per fare in modo che né il duca, né uno dei suoi futuri discendenti potesse poter usufruire della sua casa come volevano, perché erano il continente più vicino ad essa.
Quindi adesso, dovevano liberare quei poveretti, dalle navi del duca che aveva inviato quando aveva mantenuto la sua promessa.
Jack si era fatto la promessa che avrebbe rimediato ai suoi errori e il modo in cui aveva trattato quei poveri sfollati (e cioè come un peso di cui liberarsi e non come persone che avevano bisogno di aiuto), lo era di certo.
Elsa si dimostrò molto d’accordo con la linea d’azione che Jack voleva intraprendere, dicendo che se quei poveretti avevano bisogno di aiuto loro glielo avrebbero dato, inoltre Elsa trovava disgustoso il modo in cui il duca trattava le creature magiche, non solo perché lei stessa faceva parte ormai di esse, ma perché a casa sua, ad Arendelle, i suoi genitori avevano regnato con rispetto su tutte le creature senzienti del loro regno; quindi, per lei era inaccettabile che venissero trattate in quel modo (un'altra prova di che tipo di uomo fosse l’ormai defunto duca di Weselton).
Daffy era leggermente più titubante, più che altro perché era sorpreso del comportamento di Jack, che nonostante fosse si molto più altruista di quanto desse a vedere, non aveva mai fatto (da quello che né sapeva lui) un atto di altruismo di quella vastità, ma poi il papero penso al fatto che non avessero niente da temere, in fondo all’attacco sarebbero andati una dragonessa di nove metri d’altezza e due padroni del gelo (se quei soldati avessero avuto il benché minimo di sale in zucca si sarebbero arresi non appena li avessero visti arrivare).
Quindi ricevuta l’approvazione anche del suo amico papero, Jack, che era fin troppo su di giri, prese con un braccio imbraccio Elsa (senza neanche troppa difficolta vista la sua innaturale forza fisica e per il fatto che lei rispetto a lui fosse minuta) e con il bastone stretto nella presa dell’altro richiamo i venti per alzarlo in volo.
Prima che Daffy ed Elsa potessero ricordarli che il vento non lo faceva volare se teneva con sé una creatura troppo legata alla terra, con loro somma sorpresa fu invece quello che accade: Jack comincio a volare con Elsa in braccio.
Daffy si riprese da quel momento di shock, quando noto che i due ormai avevano lasciato la chiesa e avevano qualche secondo di vantaggio su di loro; quindi, disse subito a Tempestosa di inseguirli, li ritrovarono a un centinaio di metri d’altezza poco più a sud di Weselton, Jack stava ridendo come un pazzo, mentre Elsa era aggrappata a lui come un bradipo al suo albero e gli continuava a urlare di atterrare.
Jack la accontento e attero dietro la collina che Jack e Daffy avevano percorso la prima volta che erano arrivati a Weselton, poco dopo atterrò anche Tempestosa, con Daffy che scese dal suo collo e si avvicinò ai suoi due amici.
Dopo che Elsa si staccò dalle braccia di Jack, cerco di riprendere fiato da quella botta di adrenalina che era state vedere il mondo da così in alto per la prima volta e mentre la principessa faceva grandi respiri per riempirsi i polmoni e si controllava il battito cardiaco, tutti e tre gli esseri con postura bipede eretta si facevano la stessa domanda: perché era successa una cosa del genere?
Fu Jack a trovare la risposta al quesito, visto che con quel primo bacio di vero amore Elsa aveva assunto “la forma” di Jack (in senso metaforico), sarebbe stata considerata dal vento non più una creatura troppo collegata alla terra.
Chiarita quella questione, Daffy propose alla principessa delle nevi se avesse voluto salire su Tempestosa (avrebbe viaggiato più comoda), ma diciamo solo che Elsa non si sentiva molto a suo agio a volare sopra la dragonessa che aveva temuto per anni, quindi si riaggrappò a Jack, intimandogli però di volare piano e di non lasciarla cadere.
Arrivarono un’ora dopo al porto di Wish Town, dove videro tre gigantesche navi da carico, che stavano scaricando non normale mercanzia, ma varie creature magiche incatenate e imprigionate, con la sconfitta nei loro occhi.
Le guardie che svolgevano il loro dovere erano molto ben armate e tenevano sott’occhio qualsiasi movimento sospetto di ogni creatura magica, ma tra varie catene reprimi potere e misure di sicurezza preventive che avevano organizzato per ogni specie e razza diversa che era dentro quelle navi si sentivano tutto sommato al sicuro e pronti a gestire qualsiasi inconveniente.
Peccato che il brutto inconveniente in quel caso fosse UN CAZZO DI DRAGO SPUTAFUOCO, che si abbate su di loro da nord, in un solo morso divoro ben quattro soldati ben armati e equipaggiati, ma non era solo, la cosa strana (e la peggiore) era che a darli man forte c’erano Jack Frost e quello che dall’aspetto sembrava quasi una nobildonna, ma che dalle sue mani venivano lanciati flussi di ghiaccio che congelavano qualsiasi cosa con cui entrassero in contatto e che creava immense mura di ghiaccio per bloccare il passaggio dei rinforzi (insomma sembrava un Jack Frost in gonnella e senza bastone).
Le creature magiche cominciarono a dare una mano in ogni modo a loro possibile a quegli inaspettati salvatori e alle prime catene spezzate da Jack, fu chiaro che ormai la situazione per gli umani era stata completamente ribaltata.
Per un quarto d’ora il porto di Wish Town fu un campo di battaglia, oltre al fuoco di drago e al ghiaccio glaciale, c’era anche lo sferragliare delle armi impugnate dai guerrieri elfici e nanici (prese per la maggior parte dai loro avversari) guidati da Blaidd il Mezzolupo (Jack lo riconobbe come colui che aveva trovato sdraiato sul suo materasso), i giganti invece non avevano bisogno di armi con le loro possenti braccia robuste come tronchi d’albero per loro i soldati in armatura completa erano ramoscelli da spezzare.
Le driadi non appena rientrarono in possesso dei semi nella cabina del capitano della nave in cui erano state rinchiuse (che erano stati a loro sottratti) fecero crescere su una delle navi un’immensa pianta che con le sue liane avvolgeva qualsiasi marinaio e soldato sopra di essa per buttarlo in mare (aiutato da uno scimparagno e a un essere simile a una mummia fatto di bende), mentre le streghe davano supporto da lontano castando i loro incantesimi (come ustionare i soldati riscaldando il metallo delle loro armature, o sparando contro di loro dei missili magici).
Alla fine dopo durissimi scontri e dopo innumerevoli catene e gabbie spezzate, avevano vinto i mostri e le creature magiche, che guidati da Jack rubarono due delle navi che gli avevano portati fin lì e fecero rotta verso sud, anche se la strega dalle quattro braccia e la pelle blu di nome Ranni disse loro che li avrebbe raggiunti prima avrebbe dovuto raggiungere Weselton per riprendersi qualcosa di molto importante che le apparteneva.
Elsa e il mezzo-lupo Blaidd provarono a convincerla a non farlo, ma Ranni consolo la creatura alta due metri e mezzo con un buffetto sulla testa dicendoli che non doveva preoccuparsi per lei, per poi chiedere ad Elsa se sapesse cosa fosse successo a Weselton e mentre la principessa riassumeva ciò che lei, Jack, Daffy e Tempestosa avevano combinato in quella città, tentava di spiegarle che i soldati rimasti in essa sarebbero stati in massima allerta.
Ranni però non ascolto le raccomandazioni della principessa delle nevi e disse semplicemente che li avrebbe raggiunti al polo dopo pochi giorni.
Dopo quello strano evento, le due navi lasciarono il porto con sopra di esse tutti quei rifiutati da quel continente, mentre per ogni nave c’era un timoniere nano, gli elfi con la loro naturale agilità e destrezza facevano tutto ciò che avrebbero dovuto fare i marinai, aiutati da quelle fatine cosi simili a colibrì, mentre Tempestosa seguiva la situazione dall’alto con in groppa Daffy.
Però ben presto un elfo che si trovava sull’albero maestro della nave in cui si trovavano sia Jack che Elsa, avverti tutti che al loro inseguimento sembrava esserci la flotta del duca, a quanto pare, non avevano gradito che gli avessero rubato due delle loro navi.
Jack all’inizio pensò di mandarli contro Tempestosa e far piovere su di loro fuoco e sangue, ma poi Elsa lo convinse di gestire le cose in modo più pacifico, ricordandoli che non era un essere crudele e che per quella giornata era già stato sparso troppo sangue.
Quindi Jack con il suo bastone evoco una forte raffica di vento, che aumento la velocità della sua nave in modo che potessero scappare dai loro inseguitori, per poi volare verso di loro, molti dei balestrieri della flotta vedendo la cosa provarono a colpirlo con le loro armi, ma Jack era cosi abituato a schivare frecce e dardi che per lui era solo un comune giorno come tanti altri.
A quel punto volo in cerchio intorno alla flotta e creò delle immense lastre di ghiaccio sul pelo dell’acqua, in modo da sbarrare loro la strada e nella speranza che la cosa li avesse fatti desistere nel continuare il loro inseguimento.
Tornato sulla nave, sembrava che la sua linea di azione avesse avuto successo perché, dopo tre leghe, all’orizzonte non si vedevano più alcuna nave della flotta e tutte le creature su quelle navi poterono tirare un sospiro di sollievo.
Arrivarono al polo sud a notte inoltrata e quando le creature magiche poterono scendere dalla nave e rimettere i loro piedi (o zampe) su quelle fredde terre, Jack capi che avrebbe dovuto fare un discorso a tutti loro per spiegare loro le ragioni di questo suo gesto e per poter dire loro le possibilità che avevano davanti in quel momento.
Quindi all’inizio (quando ebbe finalmente la loro attenzione), si scusò con loro per averli trattati come se fossero un fastidio e per averli riconsegnati al duca per uno stupido atto di proprietà del suo stesso polo; per poi dire ad essi che, se volevano trasformare il polo nella loro nuova casa lui non glielo avrebbe impedito, anzi avrebbe cercato di dar loro una mano il più possibile.
Detto questo creò di nuovo un ponte di ghiaccio per il continente, dicendo al suo pubblico che se volevano materie prime per poter costruire la loro nuova casa come legname o cibo (anche se suggerì loro di usare le navi con cui erano arrivati come prime fornitrici di legna), avrebbero dovuto semplicemente attraversarlo farsi qualche ora di cammino e sarebbero arrivati al continente, avvertendoli però di non farsi notare a causa del fatto che dopo tutti i casini fatti in quella giornata movimentata la popolazione umana sarebbe stata ancora meno incline ad avere a che fare con loro, per fortuna che la parte meridionale del continente era quella meno popolata.
A quanto pare, il discorso piacque molto a Blaidd il Mezzolupo che riunì un piccolo gruppo di guerrieri composto da elfi e nani, in modo da fare da vedette e difesa per un possibile arrivo della flotta del duca, per poi dire agli elfi che la mattina dopo sarebbero andati a fare da scorta alle driadi e alle altre creature nell’andare a recuperare legname e cibo.
Dopo che fu detto ciò che bisognava essere fatto e vedendo che nonostante tutto sembrasse che nessuno di loro non volesse già abbandonare il polo, Elsa trascino con sé Jack sussurrandogli in un orecchio che aveva fatto la cosa giusta.
Jack le mostro la sua casa e quando la principessa la vide non poté che fare una faccia leggermente delusa, certo non si aspettava una reggia, ma quando vide quel grezzo blocco di ghiaccio scavato, con solo due buchi che facevano da finestre e una porta che era una lastra di ghiaccio grande tre metri tenuta in verticale, non poté che chiedersi come anche uno come Jack potesse vivere in un posto nel genere.
“Almeno all’interno sarà migliore” penso lei speranzosa.
Si scopri che si sbagliava: l’interno era semplicemente una sala da pranzo che aveva anche il ruolo di stanza principale, con un tavolo fatto di ghiaccio, una poltrona e delle sedie fatte della stessa sostanza; e la camera da letto dello spirito sembrava un semplice sgabuzzino dove a malapena c’era spazio per un vecchio materasso che sembrava avere ormai qualche secolo.
Jack, rendendosi conto solo in quel momento di come dovesse sembrarle un letamaio volle sbattere la testa contro le pareti di ghiaccio di casa sua, ma non appena Elsa lo vide con un’espressione cosi contrita, gli disse che in fondo casa sua non era male, per farlo sentire meglio.
Jack si accorse della cosa e dopo un abbraccio tra i due, lo spirito dell’inverno tocco con il bastone il muro facendone scogliere una parte e disvelando quella che era una bottiglia di vino, che lui prese prima che cadesse, per poi presentarle il vino: Vino di Touissant.
Non appena Elsa scopri che tipo di vino fosse, non volle crederci, visto che tra gli innumerevoli libri che le avevano dato per passare il tempo in tutti quegli anni di prigionia ce n’era uno che riguardava proprio i vini e quel libro diceva che il vino di Touissant era quello più prelibato e costoso al mondo; quindi, quando chiese a Jack come se lo fosse procurato, non dovette sorprendersi quando la sua risposta fu che l’aveva rubato dalle stesse camere della duchessa (stava borbottando qualcosa riguardo a una seconda bottiglia sprecata, ma la principessa non capi bene cosa stesse dicendo).
Comunque, Jack le disse che la conservava per un momento che avrebbe considerato speciale e visto che si era innamorato di lei e lei lo ricambiava, considerava quell’occasione abbastanza speciale.
Jack non dovette ripeterlo due volte, perché Elsa creo nelle sue mani due coppe di ghiaccio in modo da poter versarci dentro quel vino cosi previlegiato, fatto questo i due fecero un brindisi alla loro unione e nel cercare di evitare il più possibile futuri fraintendimenti reciproci in futuro.
Il vino in effetti non era niente male, il ghiaccio lo aveva pure conservato bene, scendeva giù per la gola che era una bellezza, ma non era sicuramente ad alto tasso alcolico, eppure dopo due coppe Elsa era già abbastanza brilla, dopotutto quello era il primo liquore che avesse mai bevuto.
Quindi Jack per evitare la sua amata principessa diventasse fin troppo alticcia, la porto alla camera da letto, per poi sdraiarsi con lei sul materasso o, meglio lui era sdraiato sul materasso, mentre lei sembrava che volesse usare il suo petto come suo cuscino e tutto il resto che c’era più giù di esso come suo personale materasso (non che la cosa lo mettesse a disagio).
Prima di addormentarsi però Elsa gli racconto tutta la sua storia, gli racconto della sua infanzia, di come avesse sempre avuto quei poteri, gli racconto di Arendelle il posto in cui era nata, dei suoi genitori, di Anna, di ciò che le fece e di come fosse finita in quella torre.
Stranamente non pianse come fece con Daffy, forse era per l’effetto del vino o solo perché era tra le braccia dello spirito che amava, che l’aveva ascoltata con così tanta pazienza e l’aveva tenuta stretta come per darle forza e sicurezza.
Quella situazione (e forse anche l’alcool che aveva bevuto) fecero venire un gran sonno alla principessa, che però prima di addormentarsi chiese a Jack se la mattina dopo le avrebbe insegnato a controllare i suoi poteri, cosa che lo spirito promise di fare e i due poterono cadere insieme nel mondo dei sogni.
La mattina dopo, mentre un primo gruppo percorreva il ponte di ghiaccio per poter recuperare legna e cibo vario, i giganti facevano da vedette nel caso dell’arrivo di una flotta ostile, mentre i nani si erano, a quanto pare, avevano abbandonato quel ruolo per smontare le navi che gli avevano portati tutti fin lì e usare il loro legname per costruire prime casupole o canne da pesca per pescare il pesce che c’era nella zona.
Intanto la coppia appena formata andò verso l’entroterra per distanziarsi dalla presenza di qualsiasi altro essere vivente, in modo che Elsa si sentisse in un ambiente dove non avrebbe potuto fare del male a nessuno (e anche in modo che nessuno per sbaglio venisse danneggiato dai poteri di Elsa) e in un ambiente del genere avrebbero potuto esercitare la loro criocinesi al massimo potenziale.
Elsa all’inizio era molto nervosa e questo si denotava da come utilizzava i suoi poteri, ma poi Jack le ricordo di come aveva modificato con essi l’abito da sposa che aveva addosso, oppure quando aveva creato i due calici e spiegandole che i suoi poteri non facevano solo del male, ma con essi poteva creare e che se li avesse usati per sfogarsi in modo positivo allora non avrebbe potuto fare del male a nessuno (ricordandole molte volte che quello che era successo con Anna, era stato un incidente).
Comunque più i giorni passavano più Elsa prendeva confidenza con i suoi poteri e otteneva sempre più controllo su di essi, ma anche Jack imparava da essi, a parte l’ovvio fatto che a differenza sua non avesse bisogno di un catalizzatore, lo spirito dell’inverno noto come il potere di Elsa fosse più libero del suo che era molto relegato al suo ruolo di portatore dell’inverno, perché ogni cosa che Elsa creava col ghiaccio era una cosa che Jack o non poteva fare, oppure ci voleva tempo e concentrazione, mentre per Elsa ci voleva solo qualche secondo.
Però sembrava che la principessa avesse meno influenza di lui sul tempo atmosferico, riusciva a creare una nuvola che faceva nevicare ma non intorno a un’area superiore al chilometro quadrato, mentre Jack solo con la sua presenza faceva nevicare per chilometri e chilometri intorno a lui.
Inoltre, a quanto pare, da quando avevano scoperto che anche lei poteva essere trasportata dal vento, Elsa provò a evocarlo per poter volare come faceva Jack, ma non otteneva risultati, allora un giorno chiese a Jack di darle il suo bastone, per poi provare a incanalare i venti per volare con esso, ma fini con lei che compi un balzo e la sua faccia fini sulla neve (meno male che non c’era nessuno presente a vedere quella scena, perché avrebbero visto lo spirito dell’inverno ridere come un matto, mentre la principessa Elsa gli dava dei pugni sul braccio per farlo smettere).
Al quarto giorno dal loro arrivo al polo sud, mentre le prime abitazioni in legno stavano venendo ultimate, insieme all’ennesimo gruppo di spedizione nel continente torno anche la strega Ranni, tra le sue braccia inferiori stringeva una sfera di cristallo, mentre sulla sua spalla sinistra vi era seduto una specie di omino di pan di zenzero senziente a cui mancavano le gambe.
Tempestosa e Daffy ben capendo, che nonostante le creature magiche fossero grate alla dragonessa per averli aiutati a liberarsi dai soldati del duca, avessero paura della presenza della grande bestia alata, fosse meglio che trovassero una nuova tana per lei.
La trovarono a qualche chilometro nell’entroterra una caverna sotterranea abbastanza larga da far entrare al suo interno l’enorme corpo di Tempestosa, nonostante la strana coppia passasse molto tempo lì dentro, molto spesso uscivano per andare a mangiare (Tempestosa cacciava nel mare grandi banchi di pesce, oppure piccole balene) o per incontrare Jack ed Elsa (la principessa era anche riuscita a farsi coraggio e accarezzo la sua ex guardia carceraria).
Comunque, per il resto di quei giorni Jack provò un immenso turbamento interiore, perché voleva chiedere una cosa ad Elsa, ma non ne trovava mai il coraggio.
La sua mente continuava a ricordarli, che si conoscevano da poco tempo, che solo perché lei ormai comandava il ghiaccio non significava per forza di cose che il destino li volesse insieme, che lei era appena sfuggita a un terribile matrimonio politico con il duca e che forse avrebbe voluto vedere di più il mondo e conoscere altre persone (visto tutto quel tempo trascorso in quella torre) prima di maritarsi.
Già, Jack voleva sposare Elsa.
Alla fine, vinse i suoi dubbi e quasi timidamente, la sera del quinto giorno dal loro arrivo al polo le chiese, come se fosse più una teoria che le poneva piuttosto che una richiesta, una cosa del tipo: “Ma che ne diresti se noi ci sposassimo?”
Elsa (capendo che quella era una proposta di matrimonio mascherata da teoria), si lancio su di lui, riempiendoli il viso e le labbra di baci e rispondendo: “Si, si ed altre mille volte si.”
Però poco dopo che i loro due animi si furono un po' calmati, li fece promettere che non appena si fossero sposati il primo regalo che le avrebbe fatto sarebbe stata una ristrutturazione totale della loro abitazione.
La mattina dopo diedero la notizia a tutti i presenti, che fecero ai loro salvatori le loro congratulazione, ma subito dopo Jack confermo che il suo testimone sarebbe stato Daffy, in modo che il papero non facesse baccano, come aveva fatto quando lui aveva chiesto, quando si era ritrovato per la prima volta tutte quelle creature magiche nel suo polo, se qualcuno li avesse potuto fare da guida per la posizione del duca (sembrava essere passato un secolo da quei tempi, quando erano passate a malapena due settimane).
Per la sposa invece si propose come testimone Ranni la strega, ma Elsa fece sapere a Jack che si era sempre immaginata come sua testimone sua sorella Anna, ma quando Jack le propose di rimandare la cerimonia per andare a prenderla, Elsa lo ringrazio con un bacio, ma li disse che voleva sposarlo il prima possibile quindi avrebbe accettata un'altra come sua testimone.
Jack disse a tutti i presenti che si sarebbero sposati il giorno successivo, ma quando alcuni dissero che non sarebbero mai riusciti a organizzare una cerimonia in un tempo cosi ristretto, Jack spiego loro che l’unica cosa che volevano fosse la loro presenza (se sarebbero voluti venire) e che il loro matrimonio fosse ufficializzato, non volevano grandi festini o doni.
Ed è così che siamo arrivati in quel momento: davanti a una driade con in mano un vaso di terracotta con dentro del terriccio, in cui era piantata una peonia (perché per le driadi si ufficializzava il matrimonio davanti a un albero o se non era disponibile una pianta e visto che erano l’unica autorità religiosa presente Jack ed Elsa dovettero adeguarsi), si trovavano Jack ed Elsa che si tenevano le mani e si fissavano intensamente in trepidante attesa del “ora puoi baciare la sposa”.
C’era un enorme folla, tutte le creature magiche erano lì presenti per assistere alle nozze dello spirito dell’inverno e della principessa delle nevi, sospendendo tutte le loro attività, che fossero di guardia (anche se vista la mancanza di navi all’orizzonte e il caos che molto probabilmente era scoppiato nel continente data la dipartita del duca non avrebbero dovuto aspettarsele), di costruzione o di spedizione.
A pochi passi dietro di Elsa vi era Ranni con ancora tra le mani la sfera di cristallo, che guardava lo svolgersi dell’evento con un sorriso neutrale, mentre dietro di Jack c’erano Daffy, che si stava asciugando una lacrima nel vedere i suoi due amici sposarsi e Tempestosa che seguiva sempre il suo amato compagno.
Alla fine, arrivo il momento delle fatidiche domande, poste dall’anziana driade: “Tu Jack Frost, prendi la qui presente Elsa di Arendelle come tua legittima sposa e prometti di esserle fedele sempre, nella buona e nella cattiva sorte, nella salute e nella malattia e di amarla e onorarla finché morte non vi separi?”
Jack Frost disse, senza mai spostare il suo sguardo da quello di Elsa: “Lo voglio.”
La driade fece la domanda anche alla principessa: “E tu Elsa di Arendelle, prendi il qui presente Jack Frost come tuo legittimo sposo e prometti di esserli fedele sempre, nella buona e nella cattiva sorte, nella salute e nella malattia e di amarlo e di onorarlo finché morte non vi separi.”
Al contrario dell’ultima volta non ci fu alcuna esitazione nella giovane principessa, che rispose con un deciso: “Lo voglio.”
La driade allora confermata anche la volontà della sposa al matrimonio, disse: “La promessa è stata suggellata, lo spirito del verde vi è testimone, ora siete marito e moglie, puoi baciare la sposa.”
I due non se lo fecero ripetere due volte e dopo essersi afferrati entrambi per il volto, i due si scambiarono un bacio molto passionale, davanti alla folla di varie creature magiche che cominciarono ad applaudire e fischiare tutti felici dell’unione di quella coppia.
Però dopo che il bacio tra le due creature di ghiaccio fini, una driade bambina (la stessa che aveva dato a Daffy la sua ghirlanda di fiori) si avvicinò alla sposa tra le manine teneva un bouquet di rose che diede a Elsa, che accetto volentieri.
Prima di fare subito il lancio del bouquet, la principessa prese a braccetto suo marito e cominciarono a camminare verso l’entroterra, senza dire niente e lasciando sbigottita la folla di invitati al loro matrimonio, che lentamente cominciarono a smettere di applaudire e di fare casino con le esultazioni e cominciarono a seguirli per capire dove stessero andando.
La cerimonia era stata tenuta nella piccola cittadina che si stava costruendo vicino al mare, ma la casa di Jack si trovava a qualche centinaio di metri dalla costa, ed era la metà dei due nuovi sposini, che si fermarono a poco più di dieci metri dal blocco di ghiaccio che Jack aveva chiamato casa per secoli.
Jack guardò per un attimo a quell’abitazione che aveva plasmato con le sue stesse mani (o meglio, con i suoi stessi poteri) e che era stata (in un certo qual senso) un punto di riferimento nella sua vita per secoli (non importa quello che poteva succedergli fuori dal polo, quelle quattro mura sarebbero state sempre lì ad attenderlo) e avrebbe dovuto sbarazzarsene per aprire un nuovo capitolo della sua vita insieme ad Elsa.
Quindi dopo un saluto silenzioso, Jack evoco con un movimento del bastone una violenta burrasca da ovest e la fece abbattere sulla casa in cui aveva vissuto per così tanto tempo, sorprendendo e intimorendo tutta la folla che potte assistere alla potenza dello spirito dell’inverno.
Nonostante il blocco fosse in solido ghiaccio azzurro, quella tempesta fu così potente che lo distrusse e spazzo via tutti i detriti di tutto ciò che finiva in essa, come se non fossero mai esistiti (per fortuna che Jack aveva il completo controllo di essa, perché era un vento così potente che avrebbe potuto spazzare senza alcuna difficoltà perfino giganti e draghi).
Quella bufera, con un altro movimento del bastone di Jack, scomparve come se non fosse mai esistita, ma la distrazione che aveva provocato rimase, perché dove prima c’era un enorme blocco di ghiaccio scavato all’interno per fungere da confortevole (più o meno) casa di uno spirito dell’inverno, adesso non ne rimanevano nemmeno le macerie che indicavano fosse stata li.
Elsa diede a Jack una carezza confortevole alla spalla, tentando di consolarlo, ben sapendo ciò che Jack stava facendo per lei, lo spirito del ghiaccio quando senti la delicata mano della sua signora poggiarsi sulla sua spalla sinistra le fece un sorriso rassicurante per dirle che stava bene, per poi spostarsi di lato lasciandola campo libero e facendo un esagerato inchino le indico il punto in cui lei avrebbe dovuto lavorare.
Perché, a quanto pare, ciò che Elsa intendeva per ristrutturazione completa era proprio ricominciare da zero e voleva essere lei l’architetta e costruttrice della loro nuova casa e chi era Jack per negare qualcosa a sua moglie, proprio ora appena sposati?
Elsa si incamminò verso il luogo dove un tempo sorgeva la casa di Jack Frost e si fermo proprio quando credeva di aver raggiunto il punto dove poco prima vi era presente il tavolo di suo marito, dove adesso avrebbe fatto sorgere la nuova casa dello spirito dell’inverno e della sua regina delle nevi, inoltre era anche un’ottima scusa per poter usare i suoi poteri al suo massimo (senza danneggiare nessuno) e vedere il livello di controllo che aveva raggiunto su di essi.
Elsa diede una forte pedata al terreno col piede destro e su di esso comincio a originarsi un pavimento di ghiaccio in continua espansione, con al centro nel suo punto d’origine la forma di un gigantesco fiocco di neve proprio dove il piede destro di Elsa aveva calpestato.
Poi Elsa continuo alzando entrambe le mani verso il cielo come se stesse innalzando qualcosa di pesante e da quel pavimento ghiacciato creato da Elsa cominciarono a formarsi immense travi di ghiaccio e poi colonne al di sotto di esso, che cominciarono a innalzarlo verso l’alto insieme alla sua creatrice.
Tutti gli spettatori se alla vista della tempesta fossero stati rimasti basiti per la potenza di Jack Frost, ora non avrebbero potuto che rimanere del tutto sbalorditi a uno spettacolo cosi magnifico, perfino Tempestosa guardava la scena con assoluta meraviglia, mentre la piccola bambina che aveva tenuta rinchiusa per anni in una torre ora donna adulta, cristallizzava la sua realtà personale con quegli immensi poteri, che se solo avesse usato per fuggire e combatterla avrebbe avuto buone possibilità di ucciderla.
Anche Jack non potte che guardare il suo amore sfogare in quel modo cosi creativo quell’immenso potere, che una volta possedeva solo quando il sole tramontava e fino a quando non sarebbe sorto la mattina seguente, sapendo che lui anche al massimo delle sue energie non sarebbe mai riuscito a fare una cosa del genere (okay forse stava esagerando ci avrebbe un bel po' di mesi, forse un anno), lui però ammirava al contrario degli altri quello spettacolo dall’alto, con un sorriso.
Elsa intanto comincio a creare le pareti della loro nuova dimora, facendo in modo che da ogni cosa che avesse creato fino a quel momento, si diramasse altro ghiaccio che creasse spesse mura sia interne che esterne, ma che continuava a espandersi per creare altro, per ben due minuti la principessa fu fuori dalla loro visuale, ma potevano tutti vedere che la sua opera era ancora in corso.
Solo quando fu ultimato un balcone al piano superiore, due immense porte di ghiaccio, che portavano ad esso, si aprirono lasciando che la principessa si affacciasse da esso, come per confermare a tutti che la sua opera fosse finalmente compiuta.
Quel palazzo di ghiaccio di una forma vagamente esagonale (per ricordare ovviamente la forma di un fiocco di neve), l’unico per modo per accedere agli immensi portoni d’ingresso ( su di essi vi era incisa la forma di un fiocco di neve) era una scalinata di ghiaccio e aveva sei pali di ghiaccio sul tetto che nella forma potevano ricordare delle torri.
Mentre Jack attero sul balcone del palazzo di ghiaccio proprio accanto a sua moglie, la donna con un movimento della mano fece aprire i pesanti portoni d’ingresso, in modo da far entrare la folla per vedere quell’immenso miracolo, tutti poterono entrare tranne i giganti e Tempestosa (che erano troppo enormi anche per un posto del genere).
Appena oltre l’ingresso videro che c’era un grande atrio, perlopiù vuoto, tranne che per una fontana di ghiaccio, che sembrava fosse stata congelata mentre sgorgava acqua, segno che era solo una scultura creata da Elsa e un’immensa scalinata che conduceva ai piani superiori e a una vasta rete di scale che si estendevano in tutto il palazzo.
Intanto Jack e Elsa, dopo aver ammirato la loro nuova camera da letto, una stanza abbastanza grande, con appeso sul soffitto un lampadario fatto di ghiaccio cristallino a forma ovviamente di fiocco di neve (sembrava che il fiocco di neve fosse la base del design del castello di Elsa), ma c’era anche un letto matrimoniale a baldacchino fatto di ghiaccio, eppure quello che doveva essere il materasso al posto di essere duro era morbido (come sarebbe dovuto essere un normale materasso), le lenzuola e coperte sembravano essere fatte di un materiale morbido e molto sottile ma era ghiaccio (Jack lo sapeva, poteva percepirlo mentre le toccava).
Elsa intanto stringeva ancora tra le sue mani il bouquet di rose, che non si erano congelate, perché Elsa oltre a impegnarsi nel costruire il suo palazzo di ghiaccio, aveva come sfida il controllare il suo potere in modo che nonostante tenesse in mano tutte quelle rose, nessuna di loro sarebbe stata congelata e ci era riuscita con sua gradita sorpresa (anche se nel suo dirigere il processo di creazione, muovendo mani e braccia, non solo aveva fatto cadere molti petali, ma si era anche punta con una spina nella mano destra).
Alla fine, Jack ed Elsa dopo aver per ammirato per qualche altro minuto il palazzo che sarebbe stato d’ora in avanti la loro casa, scesero le sue scale, tenendosi per mano, arrivando all’atrio dove c’era la maggior parte della folla e mentre si trovavano in mezzo ad essa ricevettero una lunga serie di congratulazioni per il loro matrimonio, ma soprattutto Elsa ricevette un sacco di complimenti per il bellissimo palazzo che aveva costruito.
Ritornarono verso la costa, dove Jack ed Elsa sarebbero partiti per la loro luna di miele di un mese, lo spirito era entusiasta di mostrarle i molti luoghi della terra che lei aveva letto solo nei libri o che aveva solo sentito dalla sua bocca, inoltre avrebbe avuto una fidata assistente per diffondere ghiaccio, neve e divertimento (inoltre la loro assenza dal polo avrebbe aiutato le creature magiche nella creazione del loro villeggio).
Prima di partire però Elsa finalmente lancio quel maledetto bouquet, in modo da accontentare le donne nella folla e vedere chi sarebbe stata la fortunata con una felice vita di coppia.
Tutte le invitate al matrimonio, che fossero elfe, nane, driadi, animali antropomorfi o altre creature avevano le mani tese pronte ad afferrare il mazzo di rose, ognuna sperando di essere la fortunata, però anche una dragonessa era interessata a partecipare a questa celebrazione.
Ad appena sei metri da terra il bouquet venne preso al volo dalle forti mandibole di Tempestosa e mentre molte delle altre urlavano contro la dragonessa (mentre altre più sagge preferirono stare zitte e non discutere con un drago sputafuoco) Tempestosa mostro il bouquet orgogliosa al suo amato papero, con Daffy che guardava il suo amico in cerca di risposte con lo sguardo.
L’unica risposta che Jack diede al suo amico fu un leggero sorriso per poi farli un segno di buona fortuna, il papero fece un sospiro di mezza sconfitta, per poi avvicinarsi alla sua compagnia e appoggiare il suo muso a quello (molto più grande) di lei, che ricambio il gesto di affetto.
E mentre la festa cominciava, incitata da Daffy e annunciata dalla soave musica dello strumento della donna di nome Sona, Jack strinse a sé Elsa con il braccio sinistro, la principessa si abbraccio stretta a suo marito, che col fidato bastone comando il vento di sollevarli, cosa che accade e mentre i nostri due eroi si dirigono verso nord c’è un solo modo per concludere questa storia…
E vissero tutti al freddo ma contenti… per ora.
FINE

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Capitolo 20
*** Saluti finali ***


Ho finalmente finito questa fanfiction, la prima fanfiction che ho finito! L' avevo iniziata a fine Ottobre e l'ho finita a inizio a Agosto, beh che dire ringrazio tutti quelli che hanno seguito questa fanfiction dall'inizio alla fine e anche quelli che scopriranno questa storia. Credo proprio che il sequel arriverà a Novembre, intanto passero il tempo cercando di correggere i miei di ortografia o di pronuncia capitolo per capitolo e a scrivere altre mie storie. Oh e anche se non l'ho mai detto prima mi raccomando, recensite, commentate e condividete. Grazie di tutto!

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