In my life I love you more

di Kia85
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Zucchero ***
Capitolo 2: *** Respiro ***
Capitolo 3: *** Brina ***
Capitolo 4: *** This is where the magic happens ***
Capitolo 5: *** Pagina ***
Capitolo 6: *** If we ever stop talking, send me a song ***
Capitolo 7: *** Coffee shop ***
Capitolo 8: *** Fake dating ***
Capitolo 9: *** It's not me, it's you ***
Capitolo 10: *** Rabbia ***
Capitolo 11: *** Aurora ***
Capitolo 12: *** We see what we want ***
Capitolo 13: *** Dormiveglia ***
Capitolo 14: *** I am the designer of my own catastrophy ***
Capitolo 15: *** People like you need to fuck people like me ***
Capitolo 16: *** Magic school ***
Capitolo 17: *** Sbagliato ***
Capitolo 18: *** Routine ***
Capitolo 19: *** Office ***
Capitolo 20: *** Flower shop ***
Capitolo 21: *** Parent ***
Capitolo 22: *** Poledancer ***
Capitolo 23: *** Find what you love and let it kill you ***
Capitolo 24: *** Lecca-lecca ***
Capitolo 25: *** Cucchiaio ***
Capitolo 26: *** It was all a dream ***
Capitolo 27: *** Library ***
Capitolo 28: *** Band ***
Capitolo 29: *** Future ***
Capitolo 30: *** "Per favore" ***
Capitolo 31: *** Bad decisions make good stories ***



Capitolo 1
*** Zucchero ***


» 𝘘𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦𝘤𝘪𝘱𝘢 𝘢𝘭 𝘞𝘳𝘪𝘵𝘰𝘣𝘦𝘳 𝘥𝘪 𝘍𝘢𝘯𝘸𝘳𝘪𝘵𝘦𝘳.𝘪𝘵

In my life I love you more

 

Giorno 1: Zucchero

 

John non ricorda la sua reazione quando ha assaggiato lo zucchero per la prima volta. Come potrebbe? Doveva essere stato piccolino.

Sa, però, che deve essere stato come la prima volta che ha baciato Paul.

Un’esplosione di dolcezza che dalla sua bocca lo avvolgeva, facendolo sentire protetto, senza problemi.

Sicuro come un rifugio, come casa.

A lui può rivolgersi quando ne ha bisogno.

Così ora, davanti a Paul, lo guarda sorridendo, prima di attirarlo a sé improvvisamente, rubandogli un bacio.

“Che ti prende ora, Johnny?”

Vuole sembrare indignato, ma John non ha perso il sorrisino compiaciuto, né il luccichio felice negli occhi.

“Avevo solo bisogno di un po’ di zucchero.”

 

110 parole

 

Note dell’autrice: buondì a tutti, fa stranissimo tornare dopo 3 anni nel fandom dei Beatles. Sono successe un sacco di cose nel mentre. Lol.

Devo dire che mi è mancato molto e colto l’occasione della challenge di Quelli di fanwriter.it per costringermi a scrivere e sì, sono un sacco arrugginita. Per cui la storia sarà una semplice raccolta di ff, che vanno da oneshot a drabble. Una al giorno, in teoria, se riesco. Ahaha XD

Comunque non ho grandi aspettative, nel senso che le prime cose uscite per ora sono abbastanza banali, ma almeno son contenta di essere tornata a scrivere.

Nella challenge ci sono varie liste,  e una di queste era blank, quindi si poteva prendete ispirazione dai prompt delle altre liste. Io ho scelto di fare così.

Prossimo capitolo: Respiro.

A presto

kia

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Capitolo 2
*** Respiro ***


𝘘𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦𝘤𝘪𝘱𝘢 𝘢𝘭 𝘞𝘳𝘪𝘵𝘰𝘣𝘦𝘳 𝘥𝘪 𝘍𝘢𝘯𝘸𝘳𝘪𝘵𝘦𝘳.𝘪𝘵

 

In my life I love you more

 

Giorno 2: Respiro

 

Talvolta la vita è così opprimente che a John manca il respiro.

Talvolta i suoi problemi sembrano così insormontabili e soffocanti che John ne ha paura, come un bambino che si sveglia da un incubo spaventoso.

Talvolta si guarda allo specchio, pensando che mai, mai uno come lui potrà riuscire a superare le sue difficoltà, a raggiungere i proprio obiettivi.

Talvolta l’ansia lo spinge ad allentarsi il colletto della camicia, solo per poter respirare.

Breathe some soul in me

Poi Paul arriva e lo abbraccia da dietro, gli sfiora l’orecchio con le sue labbra, gli fa il solletico e John ride. Un sollievo per la sua anima tormentata.

Breathe your gift of love to me

Poi Paul lo stringe teneramente, infondendogli il suo calore, il suo amore. Il suo regalo più grande.

Breathe life to lay 'fore me

Poi Paul, la sua presenza, il suo essere, gli ricordano che c’è una vita davanti a lui, che c’è qualcosa per cui vivere, per cui combattere quegli ostacoli che sembrano insormontabili.

Breathe to make me breathe

Così John ritrova quello che gli sembra di aver perso, di cui ha bisogno per vivere, di cui ha bisogno per stare ancora con Paul.

Respiro.

 

200 parole

 

Note dell’autrice: yey, andiamo col secondo capitolo. Una double drabble veloce veloce sul prompt Respiro.

Ho tardato un pochino ma per un motivo valido: i prompt arrivano dalle varie liste della challenge Writober perché avendo scelto la lista blank, cioè quella che potevo comporre io con i prompt delle altre liste, ho preso quello di oggi dalla lista notturna che aveva una piccola clausola in più, ovvero che se si riusciva si doveva scrivere o postare dalle 19 di sera alle 7 di mattina. E quindi insomma, finché riesco voglio essere il più possibile coerente alla challenge.

Grazie a chi ha letto e recensito. 😊

Prossimo capitolo: Brina.

A domani

kia

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Capitolo 3
*** Brina ***


𝘘𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦𝘤𝘪𝘱𝘢 𝘢𝘭 𝘞𝘳𝘪𝘵𝘰𝘣𝘦𝘳 𝘥𝘪 𝘍𝘢𝘯𝘸𝘳𝘪𝘵𝘦𝘳.𝘪𝘵

 

In my life I love you more

 

Giorno 3: Brina

 

Un giorno come tanti a Liverpool, John e Paul che tornavano da scuola con le loro chitarre sulle spalle, passeggiando per il golf club di Allerton.

Faceva un freddo cane, ma a Paul non dispiaceva perché quella notte il freddo aveva fatto comparire la brina e gli alberi e i fili d’erba ne erano completamente ricoperti. Il risultato era un quadro magico, quasi fatato. Sembrava fossero passate delle fatine che con la bacchetta magica avevano dipinto di bianco le foglie, i rami e ogni singolo filo d’erba del campo.

Paul ne era rimasto incantato, sembrava di stare a Narnia.

Ma a giudicare da come borbottava fra sé non si poteva dire che John ne fosse altrettanto affascinato.

Era delizioso però, con le guance rosso fuoco, gli occhiali già appannati dal suo caldo respiro, le spalle sollevate per non disperdere calore e le mani ben piantate nelle tasche.

Paul rise alla visione.

“Cosa ci trovi di divertente?” sbottò John.

“Tu.” rispose Paul, sorridendo, “Tutto infreddolito.”

“Fa un cazzo di freddo e tu pensi a queste cose?”

“Beh, pensavo anche che se vuoi, a casa, conosco un modo per riscaldarti.”

Paul ammiccò verso di lui e John spalancò gli occhi.

“Muoviamoci allora.”

 

200 parole

 

Note dell’autrice: buonasera, anche il prompt di oggi prevedeva la pubblicazione dopo le 19 quindi eccoci qua.

Spero possa piacervi.

Prossimo capitolo: This is where the magic happens

Buona serata.

kia

 

 

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Capitolo 4
*** This is where the magic happens ***


𝘘𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦𝘤𝘪𝘱𝘢 𝘢𝘭 𝘞𝘳𝘪𝘵𝘰𝘣𝘦𝘳 𝘥𝘪 𝘍𝘢𝘯𝘸𝘳𝘪𝘵𝘦𝘳.𝘪𝘵

 

In my life I love you more

 

Giorno 4: This is where the magic happens

 

Ritornare nella casa di Forthlin road dopo tanti anni stava avendo un certo impatto su Paul.

Forse era l’età che avanzava, forse era per tutti i ricordi che quella casa risvegliava in lui. Certo era che una serie di emozioni tutte diverse fra loro si stavano agitando in lui e lo stavano sopraffacendo.

Ma era insieme ai suoi nipotini e doveva restare lucido: li aveva portati per la prima volta a vedere la casa di quando era ragazzino, di quando aveva conosciuto John, George, Ringo, di quando erano nati i Beatles.

Paul mostrò ai nipotini le varie stanze, spiegando loro cosa era solito fare: in salotto ascoltava il padre suonare il pianoforte, in cucina mille e più volte aveva preparato da mangiare per il padre e suo fratello. Le scale erano strette e lui le aveva percorse in molti modi, di soppiatto quando tornava la notte tardi, di corsa se era in ritardo per la scuola, passandosi alla bell’e meglio un pettine tra i capelli.

“Ma nonno, sono così strette queste scale.” esclamò Arthur, “Come facevi a passare?”

Paul ridacchiò e continuò a guidare i ragazzi al piano di sopra, lì dove c’erano le loro camere da letto e il piccolo bagno con l’ottima acustica per suonare le sue canzoni.

E sì, poi c’era la sua cameretta, piccolina ma abbastanza spaziosa per far stare lui e John uno di fronte all’altro, intenti a scrivere una nuova canzone. Paul poteva ancora facilmente rivedere se stesso e John, chitarre in mano, posizionati in modo speculare, il quadernetto con i loro testi di fronte a loro.

John con il suo maglioncino scuro e la camicia sotto, sempre ben stirata, come si assicurava sempre Mimi, John con gli occhiali perché altrimenti non vedeva un cazzo, gli occhiali che sparivano appena compariva una ragazza all’orizzonte, ma con Paul, beh con lui poteva mostrarsi così. Quella camera racchiudeva i momenti di vulnerabilità che John aveva mostrato a Paul e questo, questo era forse il ricordo più doloroso ora.

“Nonno, questa era camera tua?”

Ma era anche la camera dove molte volte avevano riso di tutto, a partire da cose stupidissime che solo due adolescenti potevano realmente trovare divertenti.

“Sì.”

Ed era la camera che aveva consolidato quel rapporto, portandoli a diventare indispensabili l’uno per l’altro, a completarsi a vicenda, a scrivere brani che sarebbero stati ascoltati, studiati, amati da generazioni di fans.

“E cosa facevi qui? È così piccola.”

Piccola sì, ma che aveva dato origine a qualcosa di infinitamente grande e magico.

“Qui accadeva la magia.”

 

Note dell’autrice: oggi pubblico relativamente presto, perché ho trovato un momento e ne sto approfittando.

Allora il prompt di oggi deriva da una lista di scritte su segnali neon. Mi piaceva ricollegare l’idea di magia a quanto accaduto con John e Paul. Ho sempre visto qualcosa di magico dietro il loro rapporto, il modo in cui si sono incontrati, come scrivevano le canzoni.

E mi piaceva l’idea di Paul che ricordava queste piccole cose rivisitando la sua casa a Forthlin road. Io ci sono stata nel 2017 ed effettivamente essere lì è qualcosa di magico.

Spero vi sia piaciuta.

Ci sentiamo domani.

Prossimo capitolo: Pagina.

kia

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Capitolo 5
*** Pagina ***


𝘘𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦𝘤𝘪𝘱𝘢 𝘢𝘭 𝘞𝘳𝘪𝘵𝘰𝘣𝘦𝘳 𝘥𝘪 𝘍𝘢𝘯𝘸𝘳𝘪𝘵𝘦𝘳.𝘪𝘵

 

In my life I love you more

 

Giorno 5: Pagina

 

Sei come una pagina bianca, Paul.

Pronto per una nuova storia.

Pronto per un nuovo disegno.

O ancora, per una canzone, la nostra canzone.

E la penna, quella è mia.

Vorrei essere un artista per poter incidere le mie emozioni su di te.

Scrivere la poesia più struggente.

Creare il dipinto più mozzafiato.

Comporre la mia canzone preferita.

Forse non sarò mai capace di fare tutto questo e anche se dovessi riuscirci, non ne sarei degno.

Ma tu mi ci fai sentire.

Degno e capace di fare qualunque cosa.

Mi dai l’opportunità di osare e sognare.

Non è quello che fa, in fondo, una pagina bianca?

La mia pagina bianca.

 

110 parole

 

Note dell’autrice: eccoci qua con un’altra storia da pubblicare dopo le 19. Mi ispirava molto il prompt pagina, lo trovo molto adatto a John in particolare.

È una piccola drabble, senza tante pretese dopotutto.

Spero vi piaccia.

Prossimo capitolo: If we ever stop talking, send me a song.

A domani.

kia

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Capitolo 6
*** If we ever stop talking, send me a song ***


𝘘𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦𝘤𝘪𝘱𝘢 𝘢𝘭 𝘞𝘳𝘪𝘵𝘰𝘣𝘦𝘳 𝘥𝘪 𝘍𝘢𝘯𝘸𝘳𝘪𝘵𝘦𝘳.𝘪𝘵

 

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Giorno 6: If we ever stop talking, send me a song

 

“Se un giorno smettiamo di parlarci, mandami una canzone.”

Lo aveva detto John molto tempo prima, quando tutta quella storia dei Beatles era appena cominciata. Stava scherzando, ma Paul sapeva che spesso John nascondeva le sue paure dietro battute scherzose o scatti d’ira. 

Paul ci aveva fatto abbastanza caso quella volta perché era anche una sua paura.

Allontanarsi da John. Non parlare più per giorni, mesi… anni.

Beh, alla fine era successo con la fine dei Beatles.

Già negli ultimi giorni dei Beatles, Paul poteva contare sulle dita di una mano le volte in cui aveva parlato con John, senza nessuno tra i piedi, come accadeva quando erano ancora a Liverpool.

Continuavano ancora a vedersi agli studi, ma c’era sempre qualcun altro con loro, qualcuno che parlava al loro posto. Talvolta John non lo guardava neanche e questo faceva male più di tutto il resto.

Prima era passato solo qualche giorno, poi settimane e ora mesi.  Non aveva aiutato il fatto che John si fosse trasferito in America. Ancora più difficile parlargli, ora. Avrebbe potuto telefonargli, certo, ma aveva paura: paura che rispondesse lei e non John, paura che John non volesse parlargli, paura che John capisse tutto di quanto stava male dal semplice suo respiro nella cornetta.

Faceva ancora male sapere che lui fosse tanto lontano, ma che potesse ancora leggergli dentro con così raffinata precisione.

Allora doveva trovare un altro modo per parlare con lui e la soluzione gliel’aveva data lo stesso John, con quella stupida richiesta di molti anni prima.

Una canzone.

Una canzone per fargli sapere che stava bene.

Una canzone che potesse accompagnarlo dolcemente nel suo sonno, quando non riusciva a dormire.

Una canzone per dirgli che, anche con un oceano fra di loro, Paul sapeva sempre come raggiungerlo e fargli sentire la sua presenza.

Così si alzò dal suo letto e si abbandonò sul sedile del pianoforte.

Le sue dita accarezzarono i tasti prima di premerne leggermente alcuni.

E alcuni versi sfuggirono alle sue labbra.

Dear friend, what’s the time?”

 

 

Note dell’autrice: altro prompt dalla lista dei segnali al neon. Ora tutto di questo prompt chiamava John e Paul, con tutte le canzoni che si sono dedicati negli anni.

Il risultato è questa flashfic dal punto di vista di Paul. Ho riletto da poco infatti una sua intervista dove diceva che Dear friend l’aveva scritta proprio per parlare con John nel periodo più difficile per loro.

Spero vi sia piaciuta.

Grazie a chi legge e chi recensirà.

Prossimo capitolo: Coffee shop

A domani

kia

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Capitolo 7
*** Coffee shop ***


𝘘𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦𝘤𝘪𝘱𝘢 𝘢𝘭 𝘞𝘳𝘪𝘵𝘰𝘣𝘦𝘳 𝘥𝘪 𝘍𝘢𝘯𝘸𝘳𝘪𝘵𝘦𝘳.𝘪𝘵

 

In my life I love you more

 

Giorno 7: Coffee shop

Un gingerbread latte era quello che lui chiedeva. E con lui intendeva Paul, quel ragazzo affascinante dagli occhi grandi e le guance soffici che puntualmente ogni mattina passava da Starbucks e ordinava sempre la stessa cosa. 

Un gingerbread latte, per favore. 

E quei dieci minuti in cui Paul aspettava l'ordine era il momento della giornata che John preferiva. 

Si era ripromesso che prima o poi gli avrebbe chiesto il numero ma la vita da barista di Starbucks era molto frenetica la mattina presto. Quindi non aveva mai avuto l'occasione.

Eppure eppure... che tentazione quegli occhi!

Li sognava ogni notte, rivolti a lui e lui solo. Grandi, immensi, scuri e incantevoli.

Anche i suoi colleghi ormai avevano capito la sua evidentissima cotta e cercavano di lasciare che fosse sempre lui a servirlo

John era grato, e diciamolo, quel sorriso che Paul gli rivolgeva insieme al suo ordine era così meraviglioso che gli avrebbe dato la forza di affrontare il resto della giornata e dei clienti e delle loro assurde richieste.

Almeno fino al giorno successivo.

Non aveva ancora capito se fosse single, ma di certo non poteva aspettare di scoprirlo senza mai neanche parlarci per più di due secondi, durante l’ordinazione.

E non poteva di certo distrarsi in continuazione, soffermandosi come un babbeo a guardarlo incantato mentre prendeva il suo caffè, gli sorrideva e sorseggiandolo si allontanava. Di questo passo sarebbe presto arrivato il giorno in cui lo avrebbero ripreso.

Insomma era arrivato al punto in cui o rischiava di perdere il lavoro per un richiamo di troppo, oppure si buttava, magari rischiando di fare a pezzi il suo cuore se avesse ricevuto un no, o peggio ancora un “sono già impegnato”, e provava a fare il primo, spaventoso, maledetto passo.

Una mattina quindi, puntuale come sempre, Paul si presentò in cassa per ordinare, e come sempre John lo servì.

“Il solito?” gli chiese John.

Paul ridacchiò e annuì e le farfalle nella pancia di John si agitarono particolarmente, come un buon presagio.

Così si affrettò a preparare il suo gingerbread latte, di tanto in tanto lanciando un’occhiata a Paul, a quel suo profilo perfetto, a quelle labbra da baciare, mentre  controllava il cellulare. Sembrava avesse particolarmente fretta quel giorno, dato che la gamba destra non sembrava voler stare ferma, quindi John si sbrigò.

E quando prese il pennarello per scrivere il nome di Paul sul bicchiere, in un lampo John aggiunse:

“Oh, ain't that nice?
Well, look it over once or twice
Yes, I ask you very confidentially
Ain't he nice?”

Tanto dolce da far venire la carie, ma perlomeno si era buttato.

Consegnò il bicchiere a Paul, aspettando che lui si accorgesse del testo. Ma quel giorno, a quanto pare, era davvero, davvero, di fretta e lo salutò velocemente, prima di uscire.

Inutile dire che la giornata fu nera da quel momento per John: sbagliò diverse ordinazioni, ruppe una tazza, che dovette pagare, e per uno strano scherzo del destino, si rovesciò addosso un gingerbread latte appena fatto. Il capo lo riprese a fine turno, prima che John se ne andasse, e si raccomandò che non capitasse più niente del genere.

L’umore di John quindi era decisamente cattivo quando uscì dal locale. Il cielo era grigio, forse avrebbe piovuto. Aveva fatto schifo a lavoro e per di più si era ridicolizzato di fronte a Paul, che probabilmente aveva gettato il bicchiere appena terminato il suo latte.

Eppure, tutto era destinato a cambiare quando Paul lo raggiunse di corsa, appena svoltato l’angolo.

“Ehi!”

John si fermò, incredulo, ritrovandosi davanti un adorabile e affannato Paul.

“Cosa…” iniziò a balbettare, “…cosa ci fai qui?”

Paul rise, recuperando fiato, “Volevo solo ringraziarti per questo.”

E così dicendo gli mostrò la scritta sul bicchiere di quella mattina.

Allora non lo aveva buttato.

John arrossì, sentendosi improvvisamente molto stupido, “Oh quello… quello è…”

“Mi dispiace, oggi ero un po’ di fretta.” gli spiegò Paul, “Ti avrei ringraziato subito altrimenti.”

“Non c’è problema.”

“Lo hai scritto tu?”

“E’ preso in prestito da una canzone.” rispose John, sempre più rosso in viso e così maledettamente in imbarazzo che a malapena riusciva a guardarlo nei suoi grandi occhi scuri.

Paul gli sorrise dolcemente come se sapesse perfettamente cosa stava provando John, “Che ne dici di parlarne davanti a un caffè?”

Così, all’improvviso John si sentì l’uomo più felice del mondo. Il cielo era ancora grigio, ma ora il sole brillava proprio davanti a lui.

“Dico… andiamo!”

 

Note dell’autrice: ahhh mi sarebbe piaciuto scrivere una au con John nel ruolo di barista. Mamma mia. Peccato non averlo fatto. Comunque intanto ne ho approfittato con questo piccolo prompt.

Spero vi sia piaciuta.

Prossimo capitolo: Fake dating

A domani(se riesco a scriverlo!).

kia

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** Fake dating ***


𝘘𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦𝘤𝘪𝘱𝘢 𝘢𝘭 𝘞𝘳𝘪𝘵𝘰𝘣𝘦𝘳 𝘥𝘪 𝘍𝘢𝘯𝘸𝘳𝘪𝘵𝘦𝘳.𝘪𝘵

 

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Giorno 8: Fake dating

 

Che la cosa del falso fidanzato gli si sarebbe ritorta contro era una verità che George aveva pensato subito.

Tutto era cominciato perché Paul era stato invitato al matrimonio della sua ex, Jane Asher. Nonostante il fatto che Paul avesse fatto coming out mentre stava con lei, il che aveva portato inevitabilmente alla fine della loro relazione, erano rimasti amici.

Tuttavia Paul era così orgoglioso che proprio non voleva andare al matrimonio da solo. Soprattutto perché, pur avendo fatto coming out da un paio di anni, non aveva ancora trovato la persona giusta e non voleva che le persone che lo conoscevano al matrimonio gli facessero domande indiscrete, o addirittura mettessero in dubbio la consapevolezza che aveva acquisito.

Ecco perché si era rivolto a una agenzia di accompagnatori, assumendone uno per spacciarlo come fidanzato al matrimonio.

Il ragazzo in questione si era presentato a casa sua un mese prima del matrimonio. Non era niente di che, secondo George, ma a Paul era andato bene. Si chiamava John Lennon.

Paul si era mosso in anticipo perché voleva che passassero del tempo insieme prima del matrimonio per conoscersi meglio e fare alcune esperienze insieme. Così avrebbero dato l’impressione a tutti che si frequentassero seriamente.

In qualità di migliore amico, nonché coinquilino, George aveva espresso in quel momento i suoi dubbi, ma Paul non lo aveva ascoltato.  

“Sono perfettamente in grado di gestire questa cosa, George.”

Allora George scrollò le spalle e si arrese. Era una battaglia persa cercare di farlo ragionare.

La prima volta che Paul uscì con John andarono semplicemente in un pub a bere qualcosa. Quando Paul tornò a casa, George gli chiese com’era andata.

“E’ a posto.” gli disse Paul, “Abbiamo parlato un sacco e abbiamo molte cose in comune.”

E a George non era sfuggito l’entusiasmo nella sua voce che Paul aveva cercato di mascherare.

Ma decise di ignorarlo, Paul sapeva cosa stava facendo.

La seconda volta andarono al cinema e poi a mangiare qualcosa. Paul aveva scelto il film e John invece il locale.

“Ti rendi conto, George? Non ha pianto mentre guardavamo Big hero 6! Dovevo ancora conoscere qualcuno che fosse capace di non piangere con quel film!”

George sorrise amaramente. Per quanto Paul fosse indignato, sotto sotto era anche piacevolmente sorpreso. Era un problema, perché Paul amava essere sorpreso.

La terza volta andarono a una mostra d’arte che gli aveva consigliato John.

“Lo sai che sta studiando all’istituto d’arte, George?”

George alzò le sopracciglia. Come avrebbe potuto saperlo?

“E con questo lavoro si paga gli studi. Però dice che farebbe di tutto, sai, per terminare gli studi. Ah sì, e poi dovevi sentirlo mentre mi spiegava tutti i quadri. Sa un sacco di cose, sai, George? Un sacco. È stato… interessante.”

George avrebbe voluto sospirare, ma avrebbe fatto preoccupare Paul. E per la prima volta dopo tanto tempo, Paul sembrava così felice che George non voleva fare il guastafeste.

Al quarto appuntamento John aveva deciso di portarlo a fare un picnic. Aveva preparato da mangiare lui e lo aveva portato fuori Londra, a Runnymede.

Un po’ troppo suggestivo per i gusti di George, ma ormai aveva deciso che non si sarebbe intromesso.

Non lo avrebbe fatto, anche se Paul era già caduto nella trappola perché…

“L’ho baciato oggi, George.”

George non poteva dire di non aspettarselo.

“Ho chiesto se potessi farlo e mi ha detto di sì.”

“E?”

“E niente. Forse non avrei dovuto farlo.” rispose Paul e si morse il labbro, preoccupato.

“Era solo un bacio, alla fine, Paul. Non ci penserei troppo se fossi in te.”

George sapeva che Paul era tanto intelligente da non crederci e sapeva anche che aveva detto una grandissima cazzata. Ma il percorso di accettazione di Paul era stato tanto difficile, che questi piccoli passi per lui erano grandi conquiste.

L’ultimo appuntamento prima del matrimonio Paul aveva chiesto a George di lasciargli la casa libera per quella sera. Voleva preparare una cena completa per John.

A malincuore, perché sapeva che cosa sarebbe seguito, George aveva accettato e si era rifugiato a casa di Pattie, la sua ragazza.

Quando uscì di casa, Paul era tutto contento, cercando di capire come muoversi tra una padella e una pentola.

E quando rientrò la mattina dopo, John era già andato via, mentre Paul era in cucina, sorseggiando il suo tè mattutino, distrattamente. Aveva addosso solo la maglietta del pigiama, i capelli arruffati dal sonno, sicuramente, ma anche dalle mani frenetiche di qualcuno, e lo sguardo felice, come di chi aveva appena trovato il posto nel suo mondo.

Il giorno del matrimonio Paul si era preparato di tutto punto. John sarebbe passato a prenderlo di lì a poco. Paul era felice, sì, ma c’era anche un’ombra sul suo volto, di chi sapeva che la propria felicità sarebbe andata in frantumi di lì a poco, alla fine della giornata, per essere precisi.

“Cerca di goderti la giornata e non pensarci, ok?” gli consigliò George.

Paul annuì e gli sorrise.

Non fu una sorpresa, perciò, che quando Paul rincasò, il sorriso con cui era uscito era sparito. Al suo posto c’era solo una sconsolata tristezza. Non pianse, però. Si limitò a raggiungere George sul divano, sedersi accanto a lui e farsi abbracciare.

Era proprio di questo di cui George aveva avuto paura all’inizio. Trovare Paul in quello stato, sentendosi impotente di fronte alla sua sofferenza.

Non seppe quanto tempo passò così, ma di sicuro ci volle il suono del campanello a costringerlo ad allontanarsi da Paul e andare alla porta.

La persona che si ritrovò davanti, probabilmente, era l’ultima persona che si aspettava di vedere lì e in quel momento.

John.

“C’è Paul?”

George, ancora senza parole, annuì lentamente, lasciandolo passare.

Paul lo vide e scattò in piedi, “Hai… hai dimenticato qualcosa?”

John fece di no con la testa.

“So che ti ho detto che non potevamo più vederci, ma… ecco, appena girato l’angolo mi sono reso conto di quanto fosse sbagliato e volevo solo sapere se potessimo continuare a frequentarci.”

La richiesta di John fece spalancare gli occhi di Paul e una ritrovata felicità sembrò illuminare nuovamente il suo volto.

“Intendi… non come il mio falso ragazzo?” chiese Paul, e George dovette trattenersi dal ridere.

Povero, piccolo Paul.

“Intendo… come il tuo vero ragazzo.”

L’ultima cosa che George vide fu Paul corrergli davanti per gettarsi in braccio a John.

Sospirando per il sollievo dell’insperato lieto fine, George decise che era proprio il caso di uscire ora. E quando si chiuse la porta alle spalle, Paul aveva attirato John in un appassionato bacio.

Forse sì, l’idea di un falso fidanzato gli si era ritorta contro, ma decisamente non nel modo in cui George aveva immaginato.  

 

 

 

Note dell’autrice: ammetto che questa del fake dating mi ha messo in crisi, ma poi una volta iniziato sono riuscita a scrivere. Ho scelto dei prompt un po’ strani per il mio stile proprio per mettermi alla prova. ^^’

Spero vi sia piaciuto.

Prossimo capitolo: It’s not me, it’s you.

A domani

kia

 

 

 

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Capitolo 9
*** It's not me, it's you ***


𝘘𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦𝘤𝘪𝘱𝘢 𝘢𝘭 𝘞𝘳𝘪𝘵𝘰𝘣𝘦𝘳 𝘥𝘪 𝘍𝘢𝘯𝘸𝘳𝘪𝘵𝘦𝘳.𝘪𝘵

 

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Giorno 9: It’s not me, it’s you

 

Non sono io, sei tu. Stuart Sutcliffe.

Sei tu che provochi questo dolore, il mio dolore.

Quando scherzi con John, ti avvicini a lui, gli metti il braccio attorno alle spalle per attirarlo a te.

Quando lo porti via, conquisti le sue attenzioni e noi tutti diventiamo insignificanti ai suoi occhi, se nella stanza ci sei tu.

Non sono io, sei tu.

Quando John mi ignora, solo perché tu gli giri intorno e così facendo mi spezza il cuore.

Quando tu mi guardi, ben consapevole di quello che stai facendo, scatenare la mia gelosia, allontanarlo da me.

Non è John a farmi soffrire.

Non sono io a sbagliare.

Sei tu.

 

110 parole

 

Note dell’autrice: poteva forse mancare l’ennesimo jealous!Paul? Ovviamente no.

Quindi eccoci qua, una drabble veloce veloce su Paul geloso per colpa di Stuart.

Approfittiamo anche per fare tanti auguri a John, che oggi avrebbe compiuto ben 82 anni.

Prossimo capitolo: Rabbia

A domani

kia

 

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Capitolo 10
*** Rabbia ***


𝘘𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦𝘤𝘪𝘱𝘢 𝘢𝘭 𝘞𝘳𝘪𝘵𝘰𝘣𝘦𝘳 𝘥𝘪 𝘍𝘢𝘯𝘸𝘳𝘪𝘵𝘦𝘳.𝘪𝘵

 

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Giorno 10: Rabbia

 

Difficilmente mi arrabbio. Ho sempre pensato che arrabbiarsi fosse un’inutile perdita di tempo e spreco di energie.

Eppure questa volta John ha davvero superato il limite. Quello che ha fatto potrebbe creare una frattura irreparabile tra di noi. È imperdonabile.

Altre volte mi è capitato di perdonarlo, ma ora no. Non posso farlo, non può chiedermelo.

Sento la rabbia che ribolle in me, parte da un punto della pancia, si spande in tutto il corpo. Mi fa tremare le mani.

Forse sono anche diventato tutto rosso in viso.

Forse John lo ha notato, perché ora m guarda preoccupato.

“Suvvia, Paul, non fare così.”

“Come puoi dirmi una cosa simile? Dopo quello che hai fatto?”

“Era solo un piccolo pezzettino di dolce.”

“Già, e lo hai terminato, sapendo perfettamente che è il mio preferito.”

“La tentazione è stata troppa.”

Incrocio le braccia e mi volto dall’altra parte. Non doveva farlo, nossignore. Ha esagerato.

“Dai Paul, non mi tenere il muso.” dice lui, abbracciandomi da dietro, “C’è una piccola speranza di farmi perdonare se te lo ricompro tutto intero?”

L’offerta è interessante, per cui esito un minuto, solo perché posso, prima di voltarmi verso di lui e sorridergli.

“Una piccola speranza c’è.”

 

200 parole

 

Note dell’autrice: ok allora so già che molti prompt ispireranno angst, e insomma, non mi andava di fare l’ennesima angst con Paul seriamente arrabbiato per qualcosa. Quindi ecco, plot twistone finale per questa finta angst.

Sto aggiornando un po’ in ritardo, dato che questa apparteneva a ieri, ma ieri praticamente non ho avuto tempo. Stasera pubblico quella di oggi.

Prossimo capitolo: Aurora

A più tardi

kia

 

 

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Capitolo 11
*** Aurora ***


𝘘𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦𝘤𝘪𝘱𝘢 𝘢𝘭 𝘞𝘳𝘪𝘵𝘰𝘣𝘦𝘳 𝘥𝘪 𝘍𝘢𝘯𝘸𝘳𝘪𝘵𝘦𝘳.𝘪𝘵

 

In my life I love you more

 

Giorno 11: Aurora

 

6 luglio 1957

Oggi John ha uno strano presentimento.

La sua vita finora non è stata il massimo. Non gli ha regalato grandi gioie, con suo padre che se n’era andato, e sua madre che… insomma, John fa ancora fatica ad accettare quanto accaduto ai suoi genitori.

Ma oggi sembra che ci sia qualcosa di diverso nell’aria, qualcosa di positivo.

Oggi si esibirà per la prima volta con i Quarrymen alla festa di Woolton.

Non può negare di non essere emozionato. Per l’agitazione si è svegliato prestissimo, non era ancora l’alba ma non riusciva più a dormire.

Dalla finestra può però vedere la luce iniziare a diffondersi nel cielo.

È fioca, ma calda. Un semplice accenno che si fa strada facilmente nell’oscurità della notte appena trascorsa.

Chissà se deve considerarlo come un segnale.

Chissà se quella giornata sarà un nuovo inizio per lui, una nuova vita.

Forse al concerto potrà incontrare qualcuno talmente colpito dalla sua band che gli proporrà un contratto, magari, o addirittura un album intero.

Sarebbe un sogno.

Forse incontrerà i suoi primi fans, firmerà il primo autografo.

Oh sì, deve stare molto attento a quello che succederà oggi.

Perché oggi, proprio oggi, la sua vita cambierà.

 

200 parole

 

Note dell’autrice: allora ero partita con un altro prompt per oggi, ovvero fantasy, ma non mi veniva assolutamente niente in mente, quindi ho cambiato.

Mi pareva appropriato paragonare l’incontro tre John e Paul all’aurora del fantastico periodo che è stato quello dei Beatles.

Spero vi sia piaciuto.

Prossimo capitolo, se riesco a scriverlo: We see what we want.

A domani.

kia

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Capitolo 12
*** We see what we want ***


𝘘𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦𝘤𝘪𝘱𝘢 𝘢𝘭 𝘞𝘳𝘪𝘵𝘰𝘣𝘦𝘳 𝘥𝘪 𝘍𝘢𝘯𝘸𝘳𝘪𝘵𝘦𝘳.𝘪𝘵

 

In my life I love you more

 

Giorno 12: We see what we want

 

Vediamo quello che vogliamo vedere.

E John vuole vedere solo la nostra insofferenza verso Yoko: Ringo la maschera bene, glielo concedo; George cerca di non pensarci, ma evidentemente non gli sta bene; ed io provo ad andare d’accordo, ma certe volte è più forte di me.

È vero, lo ammetto. Non la sopporto.

Non sopporto come è arrivata, si è appropriata di John.

Come si intromette nei nostri affari.

Come gli sta addosso.

Non lo sopporto. Ma è lei con cui John vuole stare ora. Tutti noi, io, non contiamo più nulla. E per quanto faccia male, so che non è giusto punire né John né lei per questo.

L’ho accettato, con difficoltà, ma l’ho fatto e su questa si concentra John.

È questo che lui vede.

Non vede i miei sforzi per restargli accanto nonostante tutto.

Non vede il mio dolore, quando cerco di parlargli come abbiamo sempre fatto, quando cerco di scherzare con lui.

Non vede nulla di tutto ciò.

Vede solo un ambiente in cui non sono i benvenuti.

Lo vede solo perché è quello che vuole vedere.

Lo vede solo perché è quello che vuole fare.

Andarsene via da qui.

Andarsene dai Beatles.

Andarsene da me.

 

200 parole

 

Note dell’autrice: sicuro è per ora la storia che mi convince meno. Era difficile sto giro. ^^’

Ad ogni modo, spero vi piaccia.

Prossimo capitolo: Dormiveglia

A domani

kia

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Capitolo 13
*** Dormiveglia ***


𝘘𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦𝘤𝘪𝘱𝘢 𝘢𝘭 𝘞𝘳𝘪𝘵𝘰𝘣𝘦𝘳 𝘥𝘪 𝘍𝘢𝘯𝘸𝘳𝘪𝘵𝘦𝘳.𝘪𝘵

 

In my life I love you more

 

Giorno 13: Dormiveglia

 

C’è una cosa che cerca John, la mattina.

Gli piace svegliarsi presto, stiracchiarsi piano, stringersi addosso a Paul, accanto a lui.

Gli piace strofinare il viso contro i suoi capelli arruffati, mentre ancora dorme.

Gli piace lasciare che la sua mano vaghi curiosa lungo la sua coscia, facendogli il solletico.

Gli piace come Paul, ancora mezzo addormentato, percepisca e risponda al suo tocco, sospirando.

Gli piace far scivolare la mano sotto la sua maglietta, accarezzando il petto, con Paul che nel suo dormiveglia, mormora, piacevolmente infastidito, “Dai, John…”

E John ride, e gli piace perché basta solo che appoggi le labbra sul suo collo per trovare quello che cerca.

Brividi.

 

110 parole

 

Note dell’autrice: una drabble veloce veloce e decisamente fluff. :D

Credo che prima o poi arriverà anche qualcosa di più da rating arancione…

Intanto spero vi sia piaciuta.

Prossimo capitolo: I am the designer of my own catastrophy.

A domani

kia

 

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Capitolo 14
*** I am the designer of my own catastrophy ***


𝘘𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦𝘤𝘪𝘱𝘢 𝘢𝘭 𝘞𝘳𝘪𝘵𝘰𝘣𝘦𝘳 𝘥𝘪 𝘍𝘢𝘯𝘸𝘳𝘪𝘵𝘦𝘳.𝘪𝘵

 

In my life I love you more

 

Giorno 14: I am the designer of my own catastrophy

 

Sono l’autore dei miei disastri.

Come potrebbe essere altrimenti?

Mio padre mi ha abbandonato, ha deciso di punto in bianco che non aveva alcun desiderio di fare il padre.

Mia madre ha rinunciato a me, si è rifatta una vita, senza di me, senza mio padre. Era felice, credo, prima che io entrassi nuovamente nella sua vita. Pochi mesi ancora insieme, e poi… poi un ubriaco al volante l’ha portata via, per sempre questa volta.

Stuart era il mio migliore amico. Pensi che da un amico non potrai mai essere abbandonato. Invece prima ha deciso di trasferirsi definitivamente ad Amburgo, e poi così, di punto in bianco, anche lui mi ha lasciato per sempre. Troppo presto, troppo all’improvviso.

Che fretta avevi, Stu, di lasciare me e questa vita così presto?

E poi… Paul, Paul, il compagno della mia più grande avventura, la prima persona che ha scritto i testi dei nostri successi, insieme a me, il mio inizio, il mio tutto. Paul che ha dato tutto se stesso a me, Paul che mi ha mostrato la sua forza e le sue debolezze.

Paul, che io ho spinto così tanto lontano che, alla fine, mi ha abbandonato anche lui. Non lo biasimo. Anche quando una persona si avvicina a me e si apre, io mi assicuro di usare le sue vulnerabilità contro se stesso.

E non è colpa di nessuno. O perlomeno, non è colpa di nessuno, al di là del sottoscritto.

Perché cosa hanno in comune tutti coloro che mi hanno abbandonato, se non me?

Perché, io, e nessun altro, sono l’autore dei miei disastri.

 

Note dell’autrice: ok, non ne sono per niente soddisfatta, ammetto che questa mi ha fatto penare e si vede.

Spero sia piaciuta un pochino. ^^’

Prossimo capitolo: People like you need to fuck people like me.

A domani

kia

 

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Capitolo 15
*** People like you need to fuck people like me ***


𝘘𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦𝘤𝘪𝘱𝘢 𝘢𝘭 𝘞𝘳𝘪𝘵𝘰𝘣𝘦𝘳 𝘥𝘪 𝘍𝘢𝘯𝘸𝘳𝘪𝘵𝘦𝘳.𝘪𝘵

 

In my life I love you more

 

Giorno 15: People like you need to fuck people like me

 

Non era gentile, a volte.

A volte John lo prendeva con poca delicatezza.

A volte lo stringeva mordendogli le spalle, il collo, il petto.

A volte spingeva in lui con forza, come se non ci fosse un domani, come se John fosse sicuro che sarebbe morto tra le sue gambe, in profondità dentro di lui.

A volte, ansimando, gli sussurrava nell’orecchio, “Quelli come te hanno bisogno di scopare quelli come me.”

Paul non sapeva cosa volesse dire, John diceva tante cose durante il sesso, soprattutto quel tipo di sesso.

Ma poi capiva.

Dietro la forza di John, dietro il suo vigore, dietro la sua eccitazione, c’era solo paura.

Paura che uno come Paul potesse scivolargli via tra le dita, per sempre, lasciandolo solo.

Paura che uno come Paul potesse abbandonarlo a se stesso, senza offrirgli più un rifugio sicuro dal mondo crudele.

E allora lo prendeva, lo scopava, lo marchiava, come se fosse suo, come se volesse lasciargli impresso il suo ricordo indelebile sulla pelle.

E Paul lo lasciava fare, dolcemente, assecondando i suoi bisogni per rassicurarlo. Lo stringeva a sé, intrappolandolo tra le sue braccia, sulla sua bocca.

Perché dopotutto…

“Uno come me ha bisogno di uno come te.”

 

200 parole

 

Note dell’autrice: diciamo che questo capitolo è il motivo per cui ho messo arancione, sapevo che il prompt avrebbe richiamato un innalzamento del rating.

Niente da dire su questa, spero solo vi sia piaciuta.

Prossimo capitolo: Magic school

A domani

kia

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Capitolo 16
*** Magic school ***


𝘘𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦𝘤𝘪𝘱𝘢 𝘢𝘭 𝘞𝘳𝘪𝘵𝘰𝘣𝘦𝘳 𝘥𝘪 𝘍𝘢𝘯𝘸𝘳𝘪𝘵𝘦𝘳.𝘪𝘵

 

In my life I love you more

 

Giorno 16: Magic school

 

Non aveva mai visto un castello così grande.

D’altra parte John veniva da una piccola cittadina dell’Inghilterra, da un orfanotrofio, per di più.

Era stata una sorpresa ricevere la lettera da Hogwarts.

Eppure eccolo lì, ora, insieme a tanti altri studenti, che varcava la soglia di quella che a quanto pareva, sarebbe stata la sua scuola, la sua casa per i prossimi sette anni.

John era spaventato, non sapeva cosa sarebbe stato di lui d’ora in poi, ma era certo che sarebbe stata una grande avventura.

Quando arrivarono all’interno di una grande sala con lunghi tavoli strabordanti di pietanze, John rimase sorpreso e colpito. C’erano candele sospese a mezz’aria che illuminavano la sala, mentre il soffitto sembrava trasparente e si intravedevano le stelle di quella notte chiara di fine estate. Sicuramente di grande impatto. Sarebbe stato divertente cenare lì ogni sera.

Alla fine il gruppo di nuovi studenti fu condotto lungo il corridoio principale, passando in mezzo ai tavoli degli studenti più grandi.

John si sentì osservato, ma ben presto la sua attenzione fu catturata dalla professoressa che li guidava e si fermò vicino a uno sgabello con un cappello sopra.

La professoressa McGranitt iniziò a spiegare come uno per uno sarebbero stati chiamati per indossare il Cappello Parlante ed essere smistati nelle quattro case.

Il pensiero di essere al centro dell’attenzione di quella sala così grande e piena di persone lo terrorizzò improvvisamente tanto che divenne bianco in volto e senza accorgersene, arretrò di un passo.

“Non ti preoccupare.” Gli sussurrò il ragazzo accanto a lui, “Mio cugino ha detto che non devi fare niente, a parte stare fermo.”

John si voltò verso di lui: il ragazzo che aveva parlato aveva gli occhi più grandi che John avesse mai visto e i capelli più scuri della notte.

“Davvero?” chiese John, mentre la professoressa McGranitt aveva iniziato a chiamarli uno per uno.

“Certo, non preoccuparti. Sarà una passeggiata.” Lo rassicurò.

John sospirò felice, “Grazie.”

“Magari ci troveremo nella stessa casa.” Gli disse il ragazzo, sorridendo amichevolmente.

John sorrise a sua volta. Non aveva mai avuto un amico, neanche all’orfanotrofio.

“Sì, sarebbe bello.”

John avrebbe voluto chiedergli come si chiamava, parlare ancora con lui, ma poi…

“John Lennon.” Chiamò la McGranitt.

John a malincuore dovette allontanarsi e si sedette sullo sgabello.

Un attimo dopo il cappello fu appoggiato sulla sua testa.

“Oh sì, un grande cervello, e voglia di fare amicizia, vedo… mm, sì, certo, so perfettamente dove metterti. Corvonero!”

John saltò giù dallo sgabello e si unì al tavolo dei suoi compagni di Corvonero. Seguì con lo sguardo il ragazzo di prima, sperando che lo avrebbe raggiunto presto.

Finalmente lo chiamarono, “Paul McCartney.”

John vide Paul raggiungere la professoressa e ripetere lo stesso passaggio che avevano già fatto molti ragazzi prima di lui.

Alla fine il cappello urlò, “Corvonero!”

John esultò felice, e guardò Paul correre verso di lui sorridendo soddisfatto.

“Ehi, ce l’hai fatta.”

“Beh, sì, gli ho chiesto di mettermi a Corvonero.”

“Si può fare?”

“Se è quello che vuoi veramente, sì!” esclamò Paul facendogli l’occhiolino.

John sorrise.

Sì, sarebbero stati decisamente sette anni interessanti.

 

Note dell’autrice: per il prompt Magic school non potevo certo non scrivere di questi due a Hogwarts. Avevo già scritto una au sui Beatles a Hogwarts, in cui ognuno era in una casa diversa ma per questa ho preferito mettere John e Paul nella stessa.

Spero vi sia piaciuta.

Prossimo capitolo: Sbagliato.

kia

 

 

 

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Capitolo 17
*** Sbagliato ***


𝘘𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦𝘤𝘪𝘱𝘢 𝘢𝘭 𝘞𝘳𝘪𝘵𝘰𝘣𝘦𝘳 𝘥𝘪 𝘍𝘢𝘯𝘸𝘳𝘪𝘵𝘦𝘳.𝘪𝘵

 

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Giorno 17: Sbagliato

 

Sbagliato.

È come mi sento da una vita.

Sbagliato, fatto male, fondamentalmente errato.

Con tutti i miei difetti e problemi. I miei alti e bassi. Pochi riescono a starmi accanto.

Inopportuno, basato su un errore.

Quello dei miei genitori, autori della mia persona. Probabilmente mi avranno concepito dopo un bicchiere di troppo. Non mi stupirei.

Non quello giusto, scambiato con qualcun altro.

Lo penso spesso. Doveva esserci qualcun altro al mio posto, qualcuno più gentile, meno instabile, difficile. Qualcuno più paziente, più educato, più talentuoso, più simpatico.

Qualcuno diverso da me.

Ma poi Paul mi guarda, e questo mi basta per farmi sentire cosa sono davvero.

Qualcuno giusto per lui.

 

110 parole

 

Note dell’autrice: un’altra piccola drabble su John.

Devo dire che sono un po’ stanca perché mi si stanno sovrapponendo lavoro, penultimo esame in uni e ogni giorno provare a scrivere qualcosa. Ma ci sto riuscendo quindi evviva. :D

Spero vi sia piaciuta.

Prossimo capitolo: Routine.

A domani

kia

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Capitolo 18
*** Routine ***


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Giorno 18: Routine

 

La quotidianità mi spaventa.

Alzarsi la mattina, lavarsi, uscire di casa.

Lavorare, mangiare, ancora lavorare.

Tornare a casa, guardare la tv, dormire.

Mi terrorizza adeguarmi a questa routine.

Mi terrorizza dover fare le stesse azioni tutti i giorni, per il resto della mia vita.

Mi terrorizza non sapere se qualcosa mai cambierà, non avere più niente di eccitante che possa scuotere le mie giornate.

Ma c’è anche John nella mia routine.

Conosce le mie paure e le mie debolezze. Sa come rendere speciale ogni giorno.

John sa come stupirmi, sa emozionarmi, sa eccitarmi, sconvolgermi, amarmi.

E per quanto mi spaventi, amo la mia routine.

Perché la mia routine è John.

 

110 parole

 

Note dell’autrice: ed ecco la drabble di oggi.

Questa è dal pov di Paul. Veloce veloce. :D

Spero vi sia piaciuta.

La prossima non l’ho ancora scritta… ahaha, provo stasera.

Prossimo capitolo: Office.

A domani, spero.

kia

 

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Capitolo 19
*** Office ***


𝘘𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦𝘤𝘪𝘱𝘢 𝘢𝘭 𝘞𝘳𝘪𝘵𝘰𝘣𝘦𝘳 𝘥𝘪 𝘍𝘢𝘯𝘸𝘳𝘪𝘵𝘦𝘳.𝘪𝘵

 

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Giorno 19: Office

 

Da qualche tempo andare a lavoro è diventato più piacevole.

Sicuramente sarete meravigliati nel sapere che mi sveglio la mattina, felice di prepararmi e incamminarmi verso l’ufficio. Sarete sorpresi se non mi pesa per niente svegliarmi presto e sedermi ad una scrivania fino alle cinque del pomeriggio.

Forse lo sarete meno nel sapere che quella scrivania confina con quella dell’impiegato appena assunto, l’uomo più affascinante che abbia mai visto. Si chiama Paul, ha gli occhi dolci e grandi, le labbra piene e invitanti. I capelli scuri sono così ordinati che talvolta mi soffermo a guardarlo e immaginare come sarebbe scompigliarli con le mie mani. Poi ovviamente lui si accorge che lo sto fissando e arrossendo, torno al mio lavoro.

Abbiamo fatto amicizia subito. Ho cercato di aiutarlo all’inizio e lui mi ringrazia ancora per quello.

Di tanto in tanto mi chiede cosa può fare per sdebitarsi. Gli dico di non pensarci, ma dio, la voglia di chiedergli di uscire con me è tanta.

Non voglio però che si senta costretto.

Vorrei che lo desiderasse, come lo desidero io.

Vorrei che si sentisse felice quando mi vede, come io lo sono quando vedo lui.

Ecco, mi sono incantato di nuovo a guardarlo. E lui mi ha scoperto.

Dannazione!

Mi sorride leggermente e io distolgo subito lo sguardo.

Dio, quanto sono patetico.

Quanto bisogna essere idioti per farsi scoprire così tante volte?

Sto giusto per maledirmi per l’ennesima volta, quando il suono di una notifica dal pc mi avvisa che è arrivata una nuova mail.

Il tempo di leggerla che uno stupido sorriso ritorna sul mio viso.

“Da: Paul McCartney

A: John Lennon

Caro John, che ne dici di trovarci dopo per un caffè?”

Lo guardo e Paul arrossisce, conscio che io abbia letto la sua mail.

Allora sorrido fra me, prima di affrettarmi a rispondere:

“Ci sto!”

Oh, amo davvero il mio lavoro!

 

Note dell’autrice: ok non è un granché, però mi piaceva il prompt perché sto facendo il binge watching di The Office in questi giorni e mamma mia, quanto mi sta piacendo. Ovviamente ho preso ispirazione per questi due da Jim e Pam. :3

Spero vi sia piaciuta.

Prossimo capitolo: Flower shop

A domani

kia

 

 

 

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Capitolo 20
*** Flower shop ***


𝘘𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦𝘤𝘪𝘱𝘢 𝘢𝘭 𝘞𝘳𝘪𝘵𝘰𝘣𝘦𝘳 𝘥𝘪 𝘍𝘢𝘯𝘸𝘳𝘪𝘵𝘦𝘳.𝘪𝘵

 

In my life I love you more

 

Giorno 20: Flower shop

 

Non era proprio come se lo conoscesse.

In realtà lo vedeva solo passare ogni mattina davanti al suo piccolo negozio di fiori. Paul aveva ipotizzato che probabilmente il ragazzo lavorasse nella vicina scuola elementare e che fosse un’insegnante di musica, considerato che ogni giorno aveva con sé una chitarra sulle spalle.

Un’altra cosa su cui poteva essere sicuro era che il ragazzo in questione dovesse essere un ritardatario cronico: molte mattine passava di fronte al negozio correndo a perdifiato e controllando l’ora sul cellulare. Paul si ritrovò a ridere ripensandoci su: non aveva mai visto un insegnante di scuola così ritardatario.

Non era mai stato convinto che ci si potesse innamorare solo così, senza neanche mai rivolgere la parola a qualcuno. Tuttavia quando si rese conto che aspettava con trepidazione l’orario in cui solitamente quel ragazzo passava sia di mattina che di pomeriggio, iniziò a mettere in dubbio le proprie convinzioni.

Senza contare il fatto che si ritrovasse ad arrossire stupidamente e con il cuore che batteva forte nel momento in cui lui si fermava a guardare la sua vetrina. Dalla prima volta che lui lo aveva fatto, Paul aveva iniziato a curare le composizioni nei minimi dettagli, provando a capire dalle sue espressioni cosa gli piacesse di più.

Da quello che era riuscito a intuire, riusciva a catturare la sua attenzione con piccole semplici composizioni in cui la bellezza dei fiori potesse risaltare.

Il giorno in cui aveva scoperto il suo nome, Paul si sentì felice come non gli capitava da tempo. Era fuori dal suo negozio a sistemare alcune composizioni, quando lui era apparso, probabilmente di ritorno da scuola. Paul, come gli capitava sempre, aveva interrotto quello che stava facendo per seguirlo con lo sguardo: stava camminando per i fatti suoi, quando un altro ragazzo, da dietro, aveva iniziato a chiamarlo.

“John, aspettami!”

Lui si era voltato subito.

John…

“George, che ci fai qui?” gli aveva chiesto una volta che l’amico l’avesse raggiunto.

Insieme passarono di fronte al negozio di Paul, il quale si ritrovò a osservarli senza neanche cercare di nasconderlo. Ma che importava? Il ragazzo… John… continuava a scherzare con l’amico e sorridere. A quanto Paul aveva potuto origliare gli alunni di John gli avevano regalato un piccolo mazzo di margherite gialle. John aveva raccontato questo all’amico con il sorriso che illuminava il suo viso.

Il suo sorriso trasmetteva un calore che Paul non sentiva da tempo. Avrebbe voluto che lui sorridesse per sempre.

Avrebbe anche voluto che un giorno John potesse sorridere per lui. Era un sogno, ma nulla gli vietava di farlo. E nello stesso momento era fin troppo felice di aver scoperto il suo nome.

Paul ci vide un segno del destino. Il negozio di fiori era gestito dalla sua famiglia da generazioni e lui non era mai stato particolarmente convinto di prenderne le redini. Ma ora aveva capito che c’era un motivo e aveva benedetto il giorno in cui aveva preso quella decisione. Il motivo era incontrare John.

Inutile dire che pochi giorni dopo in vetrina comparvero bouquet di margherite gialle con una piccola chitarra a chiudere il tutto.

Paul era abbastanza soddisfatto e lo fu ancora di più quando vide che John non solo si fermò a guardare la vetrina sorpresa, ma si decise anche a entrare nel negozio.

Improvvisamente Paul divenne rigido come un tronco di legno e iniziò a sudare freddo, nonostante fosse diventato totalmente rosso in viso. Il suo cuore batteva così forte nel petto che sicuramente lui lo sentiva dall’ingresso.

“E’ permesso?” domandò lui timidamente.

“S-sì, prego.”

“Scusami se ti disturbo, ma ho visto le tue nuove composizioni e mi piacerebbe tanto comprarne una.” disse John, indicando i bouquet in vetrina.

“Ah sì, sì, certo.”

Paul dovette richiamare tutte le sue forze per rilassarsi, costringere il suo corpo a muoversi e passare di fianco a lui.

“Ehm se… se lo devi regalare a qualcuno, ti posso fare una confezione regalo.” gli propose lui, la voce tremava terribilmente.

“Grazie, ma vorrei solo portarlo a casa mia.”

John gli sorrise e Paul, che non era mai stato così vicino a lui prima d’ora, si accorse del bellissimo verde giada dei suoi occhi. Pensò che avrebbe volentieri passato il resto della sua vita a specchiarsi nel suo sguardo meraviglioso.

“Tutto ok?” gli chiese lui all’improvviso, lo sguardo chiaramente preoccupato.

Paul spalancò gli occhi, accorgendosi di essersi incantato a guardarlo, e arrossì.

“Oh sì…sì, scusa.”

Così, maledicendosi per quanto fosse imbranato, si affrettò a preparargli una confezione semplice con carta trasparente e un bel nastro di raso verde. Aveva scelto proprio quel colore in modo che richiamasse il colore dei suoi occhi. Non che sperasse che lui se ne accorgesse, ma era stato più forte di lui.

Se ora lui lo avesse trovato goffo e imbranato, beh, Paul l’avrebbe anche capito.

“Ecco a te.” gli disse infine, porgendogli la confezione.

“Wow! Sei bravissimo! Quanto ti devo?”

“Il primo acquisto lo offre la casa, non ti preoccupare.”

Non era esattamente vero, ma non poteva certo lasciarsi scappare questa occasione. Sarebbe stato stupido, oltre che imbranato.

“Sei sicuro?”

“Certo.”

John sorrise grato, “Beh se è così, devo comunque sdebitarmi in qualche modo.”

“Non ce n’è bisogno, davvero.”

Ma John a quanto pareva era deciso e non lo ascoltò, “Per ringraziarti domani ti porterò la colazione, che ne dici?”

Paul arrossì vistosamente all’idea di rivederlo, “Ma io…”

“Allora è deciso.” esclamò John e prese il bouquet.

Si avviò verso la porta, ma si fermò improvvisamente, “Ah quasi dimenticavo… Come ti chiami?”

“Paul… Paul McCartney.”

“Io sono John Lennon.”

“Sì, sì, lo so.”

Paul rispose senza neanche rendersi conto di quello che implicasse la sua risposta.

“Eh?”

John lo guardò sorpreso e lui arrossì nuovamente, agitandosi tutto d’un tratto.

“Ecco io ti… ehm, volevo dire… un giorno eri con un tuo amico e ho sentito lui che ti chiamava per nome.” si affrettò a spiegargli tutto d’un fiato.

John si portò un dito sulle labbra, cercando di ricordare, “Ah, sì. Ero con George.”

“E’ per questo che lo so.” ribadì Paul, sperando con tutto se stesso di non aver fatto l’ennesima brutta figura.

Ma evidentemente non era affatto così perché lui gli sorrise con dolcezza.

“Beh, puoi chiamarmi John anche tu, se vuoi. Passo davanti al tuo negozio ogni giorno e mi sembra ormai di conoscerti da sempre.”

Paul rise leggermente, rilassandosi un po’, “Solo se tu mi chiami Paul.”

“Perfetto. A domani allora, Paul.”

“A domani, John.”

Paul lo guardò andar via ancora incapace di credere che questo fosse successo davvero. Chi l’avrebbe mai detto che sarebbe riuscito a parlargli?

Realizzando che quanto accaduto non era stato un sogno, piano piano ansia e agitazione presero il sopravvento sul suo corpo.

Cos’era quello? Un appuntamento?

E come avrebbe dovuto comportarsi domani?

Cosa avrebbe dovuto fare? Cosa avrebbe dovuto dirgli?

Ma più di tutto questo… come avrebbe dormito stanotte?

 

Note dell’autrice: ok allora, questa diciamo che non è super inedita. Nel senso che è una ff che avevo scritto tempo fa nel fandom di Card Captor Sakura e ho adattato nel fandom Beatles.

Spero vi piaccia.

Prossimo capitolo: Parent

A domani.

kia

 

 

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Capitolo 21
*** Parent ***


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Giorno 21: Parent

 

Talvolta se penso a Julian, mi sento in colpa.

Se penso che passo più tempo in studio che con mio figlio, mi sento in colpa.

Ha solo pochi mesi, dovrei essere a giocare con lui, dovrei assistere alle sue prime parole, ai primi passi.

Invece sono qui, a registrare canzoni senza sapere quando finiremo.

Anche potendo, resterei qui, in questo rifugio, perché fare il padre spaventa.

Fa paura sapere che potrei fargli del male, esattamente come è successo con il mio stesso padre.

Fa paura sapere che potrei non essere all’altezza, prendermi cura di lui, difenderlo.

Ma poi Paul come sempre, mi guarda, mi legge dentro, mi sorride.

“Vedrai che starà bene.”

“Chi?”

“Jules. Chi sennò?”

Allora sorrido fra me, più sicuro. Forse non sarò mai il padre migliore del mondo, ma finché potrò, farò del mio meglio per Julian.

“Certo.”

E se ci riuscirò, sarà anche grazie a Paul.

 

150 parole

 

Note dell’autrice: mi piace un sacco scrivere di John genitore. Ma non sono molto soddisfatta di questa.

Ad ogni modo, sto un po’ in crisi in questi giorni, spero comunque di portare a termine questo writober. ^^’

Prossimo capitolo: Poledancer

A domani.

kia

 

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Capitolo 22
*** Poledancer ***


𝘘𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦𝘤𝘪𝘱𝘢 𝘢𝘭 𝘞𝘳𝘪𝘵𝘰𝘣𝘦𝘳 𝘥𝘪 𝘍𝘢𝘯𝘸𝘳𝘪𝘵𝘦𝘳.𝘪𝘵

 

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Giorno 22: Poledancer

 

Lui volteggiava.

Ogni sera in quel locale notturno Paul volteggiava attorno a quel palo, indossando solo un paio di pantaloncini aderenti che non lasciavano assolutamente nulla all’immaginazione.

Andava bene, era solo uno stupido lavoro per potersi pagare gli studi.

La paga era buona e le mance abbondavano. Alla fine del suo numero, gli uomini che avevano assistito, sventolavano eccitati le banconote e Paul, soddisfatto, si affrettava a fare il giro permettendo loro di infilare le belle banconote nel bordo del suo pantaloncino. Paul ringraziava sempre con un occhiolino malizioso che mandava l’uomo di fronte a sé su di giri come sempre.

Così facendo riusciva a racimolare un bel bottino per pagarsi l’affitto o la rata del Conservatorio. Era difficile essere uno studente fuorisede.

Quel lavoro era l’unica cosa compatibile con le sue lezioni e lo studio. Finito il suo spettacolo a tarda notte, correva a casa a dormire e ricaricarsi per il giorno successivo.

Non era certamente il lavoro dei suoi sogni, lui avrebbe fatto il musicista. Sapeva suonare perfettamente pianoforte, basso e chitarra. Questo era qualcosa di temporaneo.

Certamente aveva i suoi vantaggi: orari brevi, paghe abbondanti, senza contare il fatto che gli aveva permesso di conoscere diversi ragazzi. Tuttavia si erano rivelate storie di una notte e via, la maggior parte erano solo uomini che volevano sbattersi il ragazzo carino della pole dance. Alcuni erano stati anche sinceri con lui, cosa che Paul aveva apprezzato. Altri lo avevano ingannato con tante belle parole per poi abbandonarlo dopo una scopata.

I primi tempi era stato bello, sentirsi desiderato, lui che arrivava da un piccolo paesino della campagna inglese in cui sicuramente non potevi rimorchiare così facilmente, soprattutto se non rientravi nei canoni classici della mentalità antica del paese.

Perciò dopo qualche tempo si era stufato di avere solo avventure e mai una storia vera, una relazione in cui poter passare del tempo con l’altro a fare qualunque cosa, anche bere solo un caffè uno di fronte all’altro, senza il bisogno di saltarsi addosso al primo appuntamento.

Dubitava che avrebbe mai trovato qualcuno così in quel locale. Gli uomini sbavavano quando lui ballava, fischiavano apprezzando il suo corpo e i suoi movimenti. Paul poteva leggere nei loro occhi la lussuria che accecava la loro mente.

E no, non era interessato a nulla di tutto ciò.

Eppure una sera vide qualcosa di diverso, uno sguardo nel pubblico diverso dal solito.

Paul non era riuscito a vederlo bene durante la sua esibizione, ma provò a cercarlo mentre raccoglieva le mance.

Era un ragazzo con capelli ramati e gli occhialini tondi sul naso aquilino. Lo aveva guardato da lontano, con atteggiamento contenuto. Di sicuro aveva apprezzato, ma non si metteva in mostra come gli altri. E soprattutto non appena Paul tornava nel backstage, anche lui lasciava il locale. Glielo aveva confermato il barista.

“Quello se ne va appena scendi dal palco.”

Questo lo incuriosì non poco. E sera dopo sera fu attento a scorgere quel ragazzo tra il pubblico, studiando la sua espressione.

Sembrava un ragazzo tranquillo, molto diverso da tutti quelli che Paul aveva conosciuto fino ad allora.

Non poteva negare che il suo non perdersi neanche una esibizione lo intrigava, lo spingeva a chiedersi cosa lo portasse a essere lì puntuale tutte le sere.

Decise che avrebbe fatto lui la prima mossa, visto che il ragazzo non sembrava averne intenzione.

Aveva bisogno della complicità del barista, perciò gli chiese di trattenerlo, dopo il suo spettacolo, offrendogli qualcosa da bere.

Appena terminata l’esibizione, corse in camerino a cambiarsi, indossando vestiti più consoni. Si sistemò alla bell’e meglio i capelli e uscì in mezzo agli spettatori, tutti intenti ora ad assistere all’esibizione di un suo collega.

Paul cercò con lo sguardo il ragazzo con gli occhialini tondi e lo vide al bancone del bar, con il suo drink in mano.

Si affrettò a raggiungerlo e appoggiarsi al bancone accanto a lui.

“Ciao!”

Il ragazzo lo guardò e Paul poté vedere la sua espressione passare da incuriosita a totalmente sorpresa.

“C-ciao.”

“Io sono Paul, tu come ti chiami?”

“Oh… sono John, John Lennon.”

“Piacere di conoscerti, John. Ti vedo ogni sera ma non ho mai avuto il tempo di parlarti.”

“S-sì, vengo solo per vedere te.”

Paul sorrise, abbassando lo sguardo, “Ho notato. Sei un mio fan, allora?”

Oh sì. Ho sempre sperato di dirtelo un giorno, ma sei veramente bravissimo.” esclamò John, l’emozione sembrava essere sparita e gli occhi brillavano felici, “Quando sali sul palco, è come se ti illuminassi e tutti vengono attirati da te.”

Paul arrossì, nessuno si era mai complimentato in quel modo con lui. Sì, aveva ricevuto dei complimenti in passato, ma non aveva mai avuto la sensazione che fossero sinceri. John invece lo sembrava davvero.

“Ti ringrazio. Tu cosa fai invece nella vita?”

“Io? Suono in una band.”

Paul spalancò gli occhi, sembrava davvero uno strano segno del destino.

“Davvero?”

“Sì. Per ora siamo in tre, ma sto cercando qualcuno che suoni il basso.”

“Sei serio? Io suono il basso.”

Paul non riusciva a credere alla fortuna che gli era appena capitata tra le mani. Era forse la sua occasione per lasciare definitivamente questo lavoro.

“Non ci credo.”

“Te lo assicuro, suono basso, pianoforte e chitarra.”

Se John prima lo guardava con occhi che brillavano, ora sembrava incantato.

“Mi chiedevo…”

“Cosa?”

“Non pensavo che avrei mai avuto l’occasione di parlarti un giorno, ma a questo punto devo chiedertelo.” si fece coraggio John, “Possiamo andare a prendere un caffè? Così, sai, magari parliamo anche di questo tuo basso…”

Paul sorrise, chissà cosa sarebbe successo se lo avesse seguito. Non poteva sapere come sarebbe cambiata la sua vita, ma qualcosa dentro di lui gli suggeriva di andare, che quel ragazzo avrebbe cambiato la sua vita in più di un modo.

“Andiamo!”

 

 

Note dell’autrice: bene, eccoci qua. Non so perché ho scelto poledancer come prompt, mi sembra di aver scelto cose super difficili. Ahaha. Così sto lottando per essere sempre puntuale.

Prossimo capitolo, che devo ancora scrivere: Find what you love and let it kill you.

A domani.

kia

 

 

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Capitolo 23
*** Find what you love and let it kill you ***


𝘘𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦𝘤𝘪𝘱𝘢 𝘢𝘭 𝘞𝘳𝘪𝘵𝘰𝘣𝘦𝘳 𝘥𝘪 𝘍𝘢𝘯𝘸𝘳𝘪𝘵𝘦𝘳.𝘪𝘵

 

In my life I love you more

 

Giorno 23: Find what you love and let it kill you

 

È come un’agonia perenne.

Trovare la persona che ami con qualcun altro.

Tu la cerchi dappertutto, passi tutta la vita a inseguirla e poi quando la trovi è solo agonia.

Perché uno come John ti conquista subito, ti travolge, ti devasta.

Uno come John ti dà tutto di se stesso, ti avvolge e ti stringe, ti scopa e ti ama fino in fondo.

Ma uno come John non ti perdona facilmente. Al primo passo falso, si chiude e ti spinge via.

Uno come John porta la sua nuova fiamma sotto il tuo naso, la mostra come un trofeo.

Uno come lui ti chiede, “Tutto bene, Paul?”, sapendo che niente va fottutamente bene.

Uno come John crede se tu gli dici, “Sì, tutto ok, John”, anche se dentro stai morendo lentamente.

Perché quando ti lascia, uno come John ti uccide.

 

Note dell’autrice: credo di essere tipo masochista, ahah. Mi scelgo prompt difficili, che cavolo! ^^’

Però dai, ormai manca una settimana. Daje! Non pensavo di farcela.

Spero vi piaccia.

Prossimo capitolo: lecca lecca.

A domani.

kia

 

 

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Capitolo 24
*** Lecca-lecca ***


𝘘𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦𝘤𝘪𝘱𝘢 𝘢𝘭 𝘞𝘳𝘪𝘵𝘰𝘣𝘦𝘳 𝘥𝘪 𝘍𝘢𝘯𝘸𝘳𝘪𝘵𝘦𝘳.𝘪𝘵

 

In my life I love you more

 

Giorno 24: Lecca lecca

 

Paul è un tentatore e lo sa.

Si è presentato a casa mia per sistemare alcune nuove canzoni. Si è presentato con uno stupido lecca-lecca rosso in bocca.

Dovevo capirlo che prometteva nulla di buono.

Ha passato l’ultima mezz’ora sul mio letto, la chitarra sulle gambe, la camicia leggermente slacciata e quello stupido lecca-lecca che scivolava dentro e fuori dalla sua bocca, imitando cose che ho sognato nelle mie fantasie più spinte.

Lo odio.

Sa perfettamente quello che mi sta causando, un’erezione di dimensioni colossali nei pantaloni che faccio fatica a contenere.

Dio, mi sto trattenendo dal saltargli addosso solo perché vorrei finire prima queste dannatissime canzoni. E lui lo vuole, cazzo se lo vuole!

Riconosco ogni suo gesto, il modo in cui stende la schiena verso l’indietro esponendo il suo bel collo. Il modo in cui passa la lingua per leccarsi le labbra, facendole luccicare con la saliva, così fottutamente invitanti e dolci e rosse… rosse come quel dannato lecca-lecca. Mi chiedo a che gusto è… forse fragola…

“Beh, direi che abbiamo finito.”

Distolgo la mia attenzione dalle mie fantasie e lo guardo, “Così sembra.”

Paul sorride, “Abbiamo fatto presto.”

Non abbastanza, secondo me.

Lui mi guarda con i suoi grandi occhi sensuali, i suoi occhi da camera da letto, mai più appropriati come in questo momento.

“Potremmo fare qualcosa, no?”

Diavolo tentatore.

“Già…” inizio a dire, mentre mi alzo e poggio la chitarra di fianco, “Mi piacerebbe sapere a che gusto è quel lecca-lecca che mangi così appassionatamente.”

Paul ride vittorioso, dando un’ultima leccata senza distogliere lo sguardo da me, “Vieni a scoprirlo da te.”

Non me lo faccio ripetere due volte e in un secondo sono sopra di lui, appropriandomi della sua dolce bocca che sa di…

Fragola!

 

Note dell’autrice: eheh, lecca-lecca non poteva che portarci a qualcosa di più sensuale.

Mi son venuti in mente quegli scatti di Paul con la camicia mezza slacciata che mangia sensualmente un bignè sotto gli occhi di un divertito Brian. Sembrava una cosa proprio da lui.

Spero sia piaciuta.

Prossimo capitolo: Cucchiaio

kia

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Capitolo 25
*** Cucchiaio ***


𝘘𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦𝘤𝘪𝘱𝘢 𝘢𝘭 𝘞𝘳𝘪𝘵𝘰𝘣𝘦𝘳 𝘥𝘪 𝘍𝘢𝘯𝘸𝘳𝘪𝘵𝘦𝘳.𝘪𝘵

 

In my life I love you more

 

Giorno 25: Cucchiaio

 

Faceva dannatamente freddo nelle stanzette dietro al cinema con quella misera copertina per la notte.

Spesso Paul non riusciva a dormire per il freddo e rabbrividiva. Si stringeva il più possibile, le braccia attorno al corpo, le gambe piegate e avvicinate al busto, per non disperdere calore.

Spesso qualcuno in quella stanza lo sentiva. Poco dopo Paul sentiva quel qualcuno infilarsi nel letto dietro di lui, un petto appoggiarsi alla sua schiena, due braccia avvolgerlo e stringerlo.

“John?”

Shh.”

“Ma… se gli altri ti vedono?”

“Non ti preoccupare, me ne vado domani mattina presto.”

Poi John gli baciava il collo e Paul sorrideva.

Sicuramente ora non avrebbe più sentito freddo.

 

110 parole

 

Note dell’autrice: eccoci qua, dopo questa giornata sfiancante.

Spero vi sia piaciuta, una piccola slice of life dal periodo di Amburgo.

Prossimo capitolo: It was all a dream.

A domani.

kia

 

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Capitolo 26
*** It was all a dream ***


𝘘𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦𝘤𝘪𝘱𝘢 𝘢𝘭 𝘞𝘳𝘪𝘵𝘰𝘣𝘦𝘳 𝘥𝘪 𝘍𝘢𝘯𝘸𝘳𝘪𝘵𝘦𝘳.𝘪𝘵

 

In my life I love you more

 

Giorno 26: It was all a dream

 

Era solo un sogno.

John ne era certo.

Non era possibile che Paul lo ignorasse.

Non era possibile che non lo considerasse più, che facesse finta di non vederlo nei corridoi degli studi.

Non era possibile che facesse tutto questo così, senza motivo.

John aveva provato a fermarlo per parlargli ma niente, Paul era sfuggente. Era bravissimo a evitarlo.

Allora John aveva iniziato a chiedersi cosa avesse sbagliato, se fosse lui la causa di tutto come sempre. Se avesse detto qualcosa di inappropriato, se avesse fatto qualche torto a Paul.

Ma più ci pensava e si scervellava, meno riusciva a trovare una spiegazione a quel comportamento. Sapeva solo che lo mandava in confusione e lui non capiva più nulla.

Non voleva essere ignorato. Essere ignorato era peggio di qualunque altra cosa, peggio di urlarsi contro, peggio di litigare, perché voleva dire che Paul non lo considerava neanche degno di un confronto.

Dio, non voleva che Paul lo trattasse così, come se qualunque cosa fosse successa, fosse solo colpa di John.

Perché non poteva spiegargli?

John…

Perché gli faceva questo?

John, svegliati.

Poi, come per miracolo, John aprì gli occhi e si trovò davanti il viso preoccupato di Paul, ritrovandosi sul divanetto negli studi di Abbey road.

“Paul?”

“Tutto bene? Ti stavi agitando, e ho pensato di svegliarti.”

“Non lo so, era solo un sogno?”

“Cosa?”

“Tu, che mi ignoravi.”

Paul sorrise, arruffandogli i capelli, “Come potrei ignorarti? Sei così maledettamente insopportabile.”

John sospirò sollevato.

Sì, per fortuna era solo un sogno.

 

 

Note dell’autrice: eccoci qua, ormai siamo quasi alla fine. Ne mancano solo 5 che ovviamente devo ancora scrivere perché sia mai che mi porti avanti in qualcosa.

Comunque spero vi sia piaciuta.

Approfitto per fare tanti auguri di buon compleanno a Silvia, cara amica e fan dei Beatles. :3

Prossimo capitolo: Library

A domani.

kia

 

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Capitolo 27
*** Library ***


𝘘𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦𝘤𝘪𝘱𝘢 𝘢𝘭 𝘞𝘳𝘪𝘵𝘰𝘣𝘦𝘳 𝘥𝘪 𝘍𝘢𝘯𝘸𝘳𝘪𝘵𝘦𝘳.𝘪𝘵

 

In my life I love you more

 

Giorno 27: Library

 

La biblioteca era il suo posto preferito nel mondo.

C’era un silenzio che lo aiutava a studiare, e poi tutti quei libri che potevi sfogliare e annusare. Ebbene sì, Paul era uno di quelli a cui piaceva sentire l’odore dei libri.

Soprattutto quelli vecchi che sapevano di storia e vita vissuta. Ecco perché, pur amando molti generi, il suo preferito in assoluto erano i classici. Gli permettevano di immergersi in una realtà che era assai diversa da quella frenetica in cui viveva.

Inoltre, in biblioteca, gli piaceva anche girovagare tra i corridoi e lasciarsi incantare dalle copertine dei libri. Ogni volta si lasciava conquistare da portarne a casa uno nuovo.

E poi, beh, un particolare non da meno era il nuovo bibliotecario. Era arrivato da pochi giorni, ma Paul aveva già passato abbastanza tempo a fissarlo da memorizzare ogni suo particolare: gli occhialini tondi gli davano un’aria da intellettuale, trascorreva tutto il tempo a catalogare nuovi libri e metterne a posto altri.

Si rendeva conto di essere patetico certe volte, ma avrebbe tanto voluto avere un qualche pretesto per parlargli più spesso, oltre che registrare i libri che si portava a casa o chiedere informazioni su un determinato saggio che proprio non riusciva a trovare. Avrebbe voluto anche sapere qualche cosa in più su di lui. Sapeva solo che si chiamava John e che ogni tanto lo aveva beccato a leggere classici e saggi di musica.

Sicuramente non era mai stato molto bravo in questo genere di cose. Non che fosse timido, ma non era portato.

Probabile però che qualcuno dall’alto avesse deciso di dargli una mano, vista la sua imbranataggine.

Un giorno infatti, era arrivato in biblioteca e non aveva visto John al solito bancone. Si era preoccupato pensando che quel giorno proprio non l’avrebbe visto.

Poi però nel suo solito giro tra gli scaffali si accorse che John era nel reparto novità, seduto a terra, per sistemare una colonna infinita di nuovi libri.

Un’occasione d’oro che non gli si sarebbe ripresentata nuovamente.

Sena pensarci troppo, Paul si avvicinò, “Ehi, tutto bene?”

John lo guardò, sorridendo stanco, “Più o meno, sto sistemando le ultime novità.”

“Sono tante, vedo.”

“Abbastanza, c’erano degli arretrati.”

“Vuoi una mano?”

“Sei gentile, ma non so se posso chiedertelo.”

Paul rise e si inginocchiò accanto a lui, “Beh allora facciamo che sono io che ti ho chiesto di poterti aiutare.”

“Ah e perché mai lo faresti?” chiese John divertito.

“Ovviamente perché dopo mi hai promesso di venire al cinema con me.” rispose Paul.

Lo disse ridendo, ma in realtà era arrossito furiosamente, sperando che John cogliesse che il suo era un invito serio.

John lo guardò per un istante, enigmatico.

“Al cinema eh?”

“Sì, ritrasmettono Alice nel paese delle meraviglie al cinema qua dietro.”

John sembrò pensarci un istante e Paul si morse il labbro.

Era stato inopportuno? Forse John non era interessato a lui?

Ma a lui andava anche bene frequentarsi come amici, non era-

“Sai, mi tocca accettare. Adoro Alice.” esclamò John, facendogli l’occhiolino.

Paul sospirò sollevato, prima di sedersi meglio accanto a lui e iniziare a passargli i libri.

“Chi non la adora?”

 

 

Note dell’autrice: ammetto che ero poco ispirata per questa, ma va bene.

Spero che in ogni caso sia piaciuta.

Prossimo capitolo: Band

A domani.

kia

 

 

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Capitolo 28
*** Band ***


𝘘𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦𝘤𝘪𝘱𝘢 𝘢𝘭 𝘞𝘳𝘪𝘵𝘰𝘣𝘦𝘳 𝘥𝘪 𝘍𝘢𝘯𝘸𝘳𝘪𝘵𝘦𝘳.𝘪𝘵

 

In my life I love you more

 

Giorno 28: Band

 

Era la sua fottutissima cazzo di band.

Sì, erano lì solo grazie a lui.

Era stato John a fondarla.

John aveva preso Paul.

John aveva accettato che Paul portasse il suo amichetto George.

John aveva pensato di chiedere a Ringo di entrare nella band.

Erano arrivati dove erano arrivati grazie a John.

Per cui John decideva quando cazzo farla sciogliere.

Non importava quanti sguardi imploranti gli rivolgesse Paul.

Non importava quante volte George sbroccasse durante una sessione.

Non importava quante volte Ringo si stufasse di tutto questo.

Sarebbe stato John a decidere quando staccare la spina a quella macchina da soldi chiamata Beatles.

Perché era la sua cazzo di band.

 

110 parole

 

 

Note dell’autrice: siamo davvero agli sgoccioli, ne mancano pochissime.

Niente da dire su questa, è stata abbastanza facile da scrivere.

Spero vi sia piaciuta.

Prossimo capitolo: Futuro

kia

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Capitolo 29
*** Future ***


𝘘𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦𝘤𝘪𝘱𝘢 𝘢𝘭 𝘞𝘳𝘪𝘵𝘰𝘣𝘦𝘳 𝘥𝘪 𝘍𝘢𝘯𝘸𝘳𝘪𝘵𝘦𝘳.𝘪𝘵

 

In my life I love you more

 

Giorno 29: Future

 

Paul aveva paura del futuro.

John, ne era sicuro, avrebbe lasciato la band prima o poi.

Avrebbe lasciato lui. 

Avrebbe trovato una nuova vita altrove, forse in America come aveva sempre sognato.

Paul non voleva essergli d’intralcio, ma dopotutto si trattava anche del suo futuro. Sarebbe stato un grosso cambiamento. Niente più Beatles, niente più registrazioni con i ragazzi.

Niente più John, né i suoi occhi che lo fissavano mentre componevano o suonavano.

Non sarebbe stato più lui il suo futuro, Paul sarebbe stato solo.

E questo lo spaventava dannatamente.

Tanto da non capirci più un cazzo, da stare male.

Tanto da trovare il futuro dentro una bottiglia di whiskey.

 

110 parole

 

Note dell’autrice: ecco qua, la terzultima ff del writober.

Mi sono ispirata a come Paul ha affrontato la fine dei Beatles.

Spero vi sia piaciuta.

Prossimo capitolo: “Per favore”

A domani

kia

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Capitolo 30
*** "Per favore" ***


𝘘𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦𝘤𝘪𝘱𝘢 𝘢𝘭 𝘞𝘳𝘪𝘵𝘰𝘣𝘦𝘳 𝘥𝘪 𝘍𝘢𝘯𝘸𝘳𝘪𝘵𝘦𝘳.𝘪𝘵

 

In my life I love you more

 

Giorno 30: “Per favore”

 

“Per favore.”

Poche parole da Paul, un suo sospiro lo avevano sempre fatto cedere.

Si lasciava pregare e convincere a fare quello che Paul voleva.

Andava bene, dopotutto non era mai stato sicuro di se stesso, Paul gli toglieva il fatto di scegliere e imporre la propria decisione.

Stavolta era diverso.

Stavolta era un’altra storia, ne andava della felicità di John.

Per quanto Paul potesse pregarlo o implorarlo, la decisione di John era irremovibile.

Avrebbe lasciato Paul, i Beatles e forse l’Inghilterra, per una nuova vita negli Usa con Yoko.

Era quello che voleva.

Ma per una volta sentì di essere lui a dover pregare Paul.

Per favore, Paul, perdonami.

 

110 parole

 

Note dell’autrice: ammetto che alla fine mi sta finendo l’ispirazione, ahha.

Comunque questa è la penultima.

Prossimo capitolo: Bad decisions make good stories.

A domani

kia

 

 

 

 

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Capitolo 31
*** Bad decisions make good stories ***


𝘘𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦𝘤𝘪𝘱𝘢 𝘢𝘭 𝘞𝘳𝘪𝘵𝘰𝘣𝘦𝘳 𝘥𝘪 𝘍𝘢𝘯𝘸𝘳𝘪𝘵𝘦𝘳.𝘪𝘵

 

In my life I love you more

 

Giorno 31: Bad decisions make good stories

 

Forse andare a Woolton era stata una pessima decisione.

Forse, se avesse saputo la sofferenza che avrebbe seguito il suo incontro con John, non sarebbe andato.

Se avesse saputo le gelosie, le mille paturnie, la mancanza di vita privata, i litigi, gli scandali, i lutti, forse Paul sarebbe rimasto a casa quel 6 luglio 1957.

Ma aver incontrato John non era solo quello.

Era stato musica.

Amicizia.

Successo.

Amore.

Vita.

Era stato come incontrare la sua anima gemella, la sua metà, il suo tutto.

Perché dopotutto, anche una cattiva decisione poteva nascondere una bellissima storia.

O forse in questo caso, una bellissima canzone.

In my life I love you more.

 

110 parole

 

Note dell’autrice: eccoci qua, ultimissimo capitolo.

Ho voluto richiamare un po’ sia il titolo della raccolta, sia il concetto di soulmate che ho messo nelle caratteristiche.

Spero sia piaciuta, anche con pochi feedback.

Alla prossima.

kia

 

 

 

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