Il disegno del destino passa per il Dragon Hole

di B_Yul
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ecco Miss Wein ***
Capitolo 2: *** I see, i feel, i know. ***
Capitolo 3: *** 37-126, La pergamena ***
Capitolo 4: *** Debuttanti e ipnosi ***
Capitolo 5: *** Il dolore del vuoto ***
Capitolo 6: *** Il filo rosso ***
Capitolo 7: *** Il filo rosso, pt2 ***
Capitolo 8: *** Cold Hands ***
Capitolo 9: *** Retaggi, ricordi, atterraggi. ***
Capitolo 10: *** Decisioni da prendere ***
Capitolo 11: *** Il Dragon Hole pt.1 ***
Capitolo 12: *** Un altro filo, un'altra lettera ***



Capitolo 1
*** Ecco Miss Wein ***


02/01/2017
Seoul, quartiere Cheong Dam, E.Ent, 7° piano, ufficio del CEO Park Chanyeol.
 
“Presidente Park, sta per incontrare la signorina Wein!”
Alzò gli occhi dal foglio: “Parla coreano?”
“E metà cinese e metà americana ma parla fluentemente coreano, giapponese, thailandese, francese, inglese, spagnolo”.
Chanyeol ridusse i grandi occhi ad una fessura.
“Come fa?”
Con un sorriso a ben più di 32 denti, il segretario Lim rispose:“Non lo so signore, immagino sia stato questo a farcela assumere, giusto?”
Chanyeol pensò alle foto delle candidate, il segretario Lim sapeva fin troppo bene quale fosse la prima nota a favore di una qualunque candidata al banco di vice del CEO, eppure in quel caso avevano scelto qualcuno senza fototessera. Legale per la legge, illegale per i suoi gusti: “Certo segretario Lim. Va bene la faccia entrare, ho già un’agenda che esplode questa settimana”.
 
Park Chaneyol, classe 1992, appuntato CEO della Elite Entertainment da soli due anni e circa 5 gruppi musicali formati già in vetta alle classifiche ai rispettivi debutti.
Una sorella, un cane, una montagna di soldi, una casa a tre piani e una catena di ristorazione in varie città di Corea, Cina, Giappone e tanto, troppo, infinito, tempo a disposizione per lavorare e convivere con la propria solitudine.
“Eccola signore”.
Portò nuovamente lo sguardo in alto e non riuscì ad evitare un cedimento lieve della mascella. Davanti ai suoi occhi, una creatura strana di età incerta, di estrazione incerta, che poteva essere scambiata per il CEO stesso senza problemi ma anche per sua figlia. Riprese la scheda, lesse 1992, quell’aliena era sua coetanea e in 3 secondi netti, lo aveva già messo in condizione di non poterla guardare negli occhi.
“Venga avanti, si sieda. Wein Jia, giusto?”
La ragazza annuì, osservò gli occhi enormi del suo capo e pensò di essere in un posto piuttosto angusto a guardare l’arredamento: “Piacere di conoscerla”
Rispose subito: “Piacere mio, so che lavorerà bene. Ha già incontrato gli artisti?”
“No, sono arrivata due ore fa da New York, ma spero di incontrarli presto”.
Chanyeol era sorpreso, sembrava appena uscita da una vetrina Gucci e invece probabilmente quel risultato era frutto di una doccia al volo e uno sforzo minimo di stare sveglia.
“E cosa faceva a New York, se posso?”
“Ho terminato un incarico con la JYP, ero lì perché mi sono occupata di strategia marketing internazionale per due anni”
Un colpo basso rubare la stratega di JYP, ma non si può sempre essere gentili, pensò Chanyeol.
“Bene … molto bene. Ha già visto il suo ufficio?”
“Quello si, la ringrazio, è un bel posto anche se appena arrivata il segretario Lim mi ha accompagnata a … scegliere le tende in cantina”.
“Oh. Si, ci teniamo che il nostro personale sia a proprio agio. Ehrm … lei … ecco insomma, lei ha un compagno, marito, figli? Qui non c’è scritto nulla”.
“è perché sono sola e non ho nessuna intenzione di avere figli, Mr. Park”
“Ah, beh meglio così, si. E quali sono i suoi obiettivi ora?”
Sorrise con l’ambizione negli occhi: “Diventare CEO, signor Park. Ma essere suo vice mi è sembrata la chance giusta per mettere a frutto ciò che non ho potuto testare sul campo negli ultimi due anni. Il mio lavoro ha dato risultati senza che il mio nome venisse mai fuori, neanche una volta, mi lamento? No. Cerco altro? Si.”
Un ghigno soddisfatto si formò sul volto di Mr. Park: “Lei era già stata assunta prima di incontrarmi, questo conferma il mio saper scegliere”. Anche se di scegliere un bel culo prima di vederlo non mi era mai capitato. Smettila idiota, questa tizia può metterti a gattoni non fare facce da ebete. “ Sono molto felice di averla con me signorina Wein e mi spiace sia dovuta venire qui subito, non avrà molto tempo di riposare. Bene, segretario Lim!”
Lim tornò in ufficio e fece un piccolo inchino: “Dica Mr. Park”
Gne gne gne, l’ha portata a scegliere le tende. Perché mio padre ha deciso di lasciarmelo con l’azienda dio mio? “Accompagni la signorina Wein a conoscere i ragazzi, renda subito chiaro che lei sarà i miei occhi, le mie orecchie, le mie mani e la mia penna ogni volta dovessi assentarmi per qualunque motivo. Sono certo saranno felici di incontrarla”.
Le rivolse un inchino che lei ricambiò e portò l’indice destro alla tempia massaggiandola vigorosamente: “Se non mi passa questo mal di testa, domani sarà il suo primo giorno da CEO signorina Wein”.
Lei mise una mano nella borsa, frugò qualche secondo e ne estrasse un piccolo contenitore: “Tenga, lo spalmi sulle tempie e stia ad occhi chiusi per 5-10 minuti. Starà bene. Se le serve qualcosa, sa dove trovarmi”.
Incuriosito prese il contenitore e annuì con leggero imbarazzo.
Lim e Jia uscirono dalla stanza lasciando il signor Park alle sue riflessioni iperboliche: Aish, che creatura strana, pensò.
Fece come Jia gli aveva detto, chiuse poi gli occhi e in 10 minuti, il dolore, era svanito. Quell’ufficio iniziò a sembrargli troppo grande per una persona sola.
Portò il dito sul citofono interno e rispose ancora il segretario Lim: “Dica signor Park?”
“Segretario Lim, pensa io debba mettere su famiglia?”
Ci fu qualche secondo di silenzio.
“Mr. Park, così all’improvviso? Non saprei, magari potrà pensarci quando avrà compiuto trent’anni, che ne pensa?”
Chanyol passò la mano sul mento e si accorse di essere in preda a qualcosa di insolito: “Non saprei. Senta, prenoti un tavolo per 2 al ristorante di mia madre per stasera e dica alla signorina Wein che la aspetto sotto casa sua alle 18:30”.
“Sa dove abita?”
“Ah, no. Glielo chieda e me lo faccia sapere. Ehrm. Grazie”
Lim scosse la testa, quell’uomo non sarebbe mai cambiato purtroppo.
“Va bene, a più tardi Mr. Park.

I suoi genitori stavano cercando di convincerlo a sposare la figlia di un loro amico da mesi, ogni volta che la vedeva riusciva solo a pensare a quanto vuoto fosse il suo sguardo, il suo portafoglio ma, soprattutto, la sua ambizione. E tra le tre, la terza era la cosa che più lo infastidisse.
Al contrario della maggior parte dei suoi connazionali, la freccia del sagittario nel segno lo portava a cercare sempre donne libere e indipendenti, che lo tenessero fuori dal pericolo di ritrovarsi a lavorare per altri 50 anni solo per mantenere moglie e figli, fuori dal pericolo di replicare la vita dei suoi genitori e specialmente, la fuga di suo padre.
Fece due giri dell'ufficio con la sedia girevole e si disse che, si, forse nel giro di pochi giorni avrebbe convinto Jia ad aiutarlo.

 

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Capitolo 2
*** I see, i feel, i know. ***


Jia’s POV
 
Il mio appartamento era a cinque minuti a piedi dall’edificio di E.E., quell’enorme massa grigia spezzava l’orizzonte spesso chiuso in quattro mura, Seoul mi piaceva ma mi faceva sentire sempre sulle spalle la pressione del “Meglio”.
Più soldi, più forza, più fame, più voglia, più talento, più lavoro, qualunque cosa tu facessi, in Corea, avresti potuto far meglio e di più.
Quando ami tanto qualcosa che ti fa male cerchi di allontanartene ma tornavo sempre in quel posto a fissare la gente curva sui telefoni e le insegne dei locali accese tutta la notte, tornavo al museo nazionale e camminavo nel parco coi Buddha, mi sedevo sulla roccia e pregavo che tutti, prima o poi, potessero nella vita esperire un briciolo di serenità. Poi pensavo ai miei, chissà se avrei mai saputo chi fossero, quale fosse il punto d’incontro tra la terra e le mie radici.
Il mio appartamento sembrava una bifamiliare e iniziai subito a pensare come poterne riempire ogni vuoto, come se potessero bastare venti divani a coprire il mio, di vuoto.
Appoggiai il naso al vetro della sala, dall’attico sembrava tutto troppo piccolo e io troppo grande per poterlo gestire ma, mi dissi, anche quella volta ce l’avrai fatta.
“Begli occhi quel signor Park, è visibilmente un paraculo”.
Squillò il telefono e lampeggiava sul display “Segretario Lim”
 
“Che vuole questo adesso … pronto?”
Esitazione dall’altra parte: “Ehrm … signorina Wein, spero non stia riposando, chiedo scusa in anticipo”.
“No sono arrivata a casa da poco, ho fatto un giro in centro. Mi dica pure”
“Ah bene, bene. Senta. Il CEO Park vorrebbe cenare con lei stasera, diciamo per le 18:30 e se per lei andasse bene, verrebbe a prenderla lui stesso”.
 
Pensai che per essere arrivata poche ore prima, fosse alquanto pretenzioso e che per quanto fosse un bel tipo, con un coreano un si al primo colpo non avrebbe portato frutti: “Senta, signor Lim”.
Tremava probabilmente ma sferrai il colpo: “Dica pure al signor Park che sono da due giorni in aereo e che per quanto abbia due belle spalle, preferisco il mio enorme letto, un week end libero per conoscere i ragazzi e rivedere le mie amiche e del sano ozio fino a Lunedì quando, come pattuito, sarò ufficialmente presentata e incaricata davanti al personale e, a quel punto, lo vedrò tutti i santi giorni, inclusi i notturni se necessario. Perché anche questo era nel contratto, purtroppo”.
Ancora un breve silenzio.
“Signorina Wein …”
“Si?”
“Lei mi piace, e credo piacerà sempre di più anche al signor Park”.
Ghignai soddisfatta, avevo il tirapiedi dalla mia e forse non era poi così sottone come potesse sembrare.
“Bene, a lunedì segretario Lim”.
 
Accesi la TV sull’onda della mia puntualità emotiva ed era in onda “What’s wrong with Secretary Kim”, trovai molta ironia nella coincidenza di intenti ma mi dissi che no, Kim Mi Soo non fosse proprio il mio archetipo.
Mi avvicinai al divano e mi dissi che l’indomani lo avrei sostituito con qualcosa di decisamente meno nero ma mentre pensavo a come ri arredare casa, un mal di testa fortissimo mi fece cadere sui cuscini di pelle stridenti e qualcosa mi offuscò la mente come sempre, ogni volta che per qualche giorno non usavo la medicina di nonna.
Ne presi un altro barattolo dalla borsa e ne spalmai una buona dosa sulle tempie prima di cadere in un sonno profondo.
 
<< Mamma mamma! Affogo! Aiutami!
Mi osservava sofferente senza muovere un capello e la mia manina tesa cercava di affiorare da quel pozzo senza fondo e senza argini. Dal centro scuro e limpido sentivo le gambe cedermi e qualcosa mi prendeva poi la mano fino a farmi raggiungere la riva. Ma quei vestiti non li avevo mai indossati, quei gioielli mai acquistati, quella madre mai avuta e mia chiamata, quella cosa mai toccata per davvero>>.
 
Mi svegliai al solito in un bagno di sudore. Era sempre lo stesso incubo a farmi sprofondare nel letto o ovunque svenissi dopo quei maledetti mal di testa, chiamavo mia madre e lei non mi salvava ma non era tanto quello a farmi stare male, quanto sentire addosso la sensazione dell’oceano gelido, avere nitido qualcosa di simile a un vero ricordo di quella situazione, quegli strani abiti e cappelli, quel posto che non avevo mai visto ma che sembrava simile a un racconto di mia nonna sul da dove venisse quella nostra medicina.
Era tutto così confuso e mi succedeva sin da bambina.
Decisi di chiamarla, la signorina Wein, che rimasta vedova aveva deciso di tornare giovane d’animo.
“Piccola!”
Sorrisi mestamente: “Nonna, come stai?”
“Io sto bene bambina mia, sei stanca tu però. Hai di nuovo visto quelle cose brutte?”
“Si … nonna, sento così tanto dolore, ma perché?”
Lei esitò qualche secondo e questo mi fece pensare che stesse per arrivare un’altra notizia.
“Vedi Jia, questa vita è la tua chance per ascendere. Lo sai. Lo dico sul serio. Devi vivere a pieno, tornare ad emozionarti come facevi da bambina perché quelle emozioni, le hai ancora. Non aver paura di soffrire bambina, non temere il dolore al punto di rinunciare all’amore”.
Stava avendo una visione: “Nonna, che succede?”
“C’è Jia, è lì. È proprio lì dove sei arrivata piccina, capito? Apri il cuore. Apri il cuore”.
Si riprese, le lasciai il tempo di respirare e mi disse anche: “Ho messo una lettera per te nella tasca del bagaglio a mano. Domani mattina leggilo, ora devi riposare. Promettimi che aprirai il cuore Jia”.
Annuii e rimasi di nuovo sola coi miei dubbi e le strane indicazioni di nonna.
 
Fei Fei non era davvero mia nonna ma sua figlia Rubla mi aveva trovata in un ospedale di Shanghai il 9 Dicembre del 1992, nata da pochi giorni nessuno sapeva a chi appartenessi perché la mia vera madre mi aveva abbandonata davanti alla porta di un convento di monaci lì vicino e non era mai andata a cercarmi, ovviamente.
O almeno questo, era quello che sapevo io.
Fei Fei comunque era una donna strana, aveva imparato l’ahyurverdica in India, a Jaipur dove si era innamorata di Arish e avevano avuto Rubla, erano tornati a Shanghai e poi beh. Quando Arish morì, Fei decise che non avrebbe amato nessun altro perché nessun uomo avrebbe mai avuto il cuore del suo amato sposo. “Tu si però”, mi diceva, “In un posto non troppo lontano bambina mia, lì ti aspetta un bel giovanotto, vedrai”. E io pensavo fosse l’amore a guidarla, finché un giorno i miei mal di testa non mi costrinsero a chiederle un rimedio.
“Tieni piccina, spalmalo sulle tempie. Lo sai cos’è?”
Io le dissi di no, avevo circa undici anni quando Fei mi disse qualcosa che, in parte, mi condizionò poi sempre la vita: “Vedi bambina, tu sei una medium. Si. Si è visto subito quando sei arrivata, quel brutto sogno che fai è una vita che hai vissuto prima di questa. Prima imparerai a guardare il cielo, prima riuscirai a cambiare la storia del tuo spirito e guarirlo”, in quel momento rimasi sconvolta e ipotizzai varie cose, tra cui la follia di Fei che però aveva visto il mio sogno senza che io glielo avessi mai raccontato: “Sei speciale piccina mia, però non devi lasciare che questo ti rovini la vita terrena. Questo, viene dal Dragon Hole, una fosse immensa nell’oceano, si trova al sud della Cina e nei suoi fondali si trovano antiche creature, animali sacri con il cui grasso, mischiato alle alghe di cui si nutrono, si curano i mali dei veggenti”.
La cosa non mi schiarì mai fino in fondo le idee ma funzionava sempre e quel “dono” che Fei mi disse di avere mi torno di lì in poi utile per evitare tante piccole e grandi brutte esperienze ma, alla fine, non mi salvò dalla peggiore: la solitudine.
Ero un numero maestro, una monade, iniziavo e portavo a termine relazioni e poi decidevo di isolarmi per mesi fino a tornare nel baratro e riempirmi di sentimenti che non provavo ma che volevo davvero provare a sentire.
I miei segreti mi stavano spegnendo mentre il mio viso stava iniziando a brillare nelle pagine di riviste specializzate e accanto a quelle di artisti con folle adoranti ai propri piedi.
Mi sentivo come una della carpe del Dragon Hole: cercata, venerata, sfruttata per curare dolori e poi ributtata in mare.
Avrebbe mai una cena con Chanyeol Park emozionarmi?
Con la domanda in sospeso misi il pigiama e presi i fiori di Bach in quantità sufficiente a dormire 7-8 ore. Ci sarebbe voluto ben più di uno sguardo incantatore a ridarmi la libertà.





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L'editor comprime sempre fin troppo, vi do delle linee guida per seguire bene la storia: cercate il Dragon Hole, le tradizioni menzionate sono inventate. Per quanto riguarda il mondo del paranormale, penso ci siano due vie: leggetelo come un racconto di fantasia, o basatevi sulle vostre conoscenze/esperienze. Vi sconsiglio ricerche sul web perché è pieno di cialtroni.
A presto.
B.

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Capitolo 3
*** 37-126, La pergamena ***


Cap. 3
 
Jia restò a riflettere ancora un po’ prima di fare yoga e infilarsi tra le coperte calde, le sarebbero servite quelle 48h successive per riprendere il controllo sulle proprie ossa doloranti, l’aereo le piaceva per lo scopo, non troppo per la posizione.
La notte fu consigliera fedele, sogno di essere distesa sul letto di un fiume fresco in una foresta con uno spicchio di sole a vista e si svegliò rigenerata, pronta per qualunque cosa quel primo “no” potesse portarle.
Accese il telefono, 2 messaggi.
 
Aprii gli occhi pochi minuti prima che la sveglia mi costringesse a farlo, mi stirai nel letto e presi il telefono. Trovai due messaggi su kakao talk, entrambi di Chanyeol: “signorina Wein, lei è la prima donna che mi dice no, è sicura della sua scelta?”
E il secondo: “Le auguro una buona notte, non si preoccupi per lunedì, troverà tutto sulla scrivania e me nell’ufficio accanto per qualunque problema”.
No faccine, no punti strani, no astio.
Park Chanyeol era un bel tipo davvero.
Decisi di sfruttare la giornata per incontrare Miji, non la vedevo da più di due anni se non in video chiamata, ma lei lavorava per un’azienda di telecomunicazioni che aveva stipulato un accordo con KBS nel 2018 e da allora, era sempre di corsa tra uffici e provini tv di aspiranti qualcosa.
Provai a chiamarla una volta raggunto il centro:
“Unnie, sono a Myeong Dong, ti aspetto di fronte alla Woory Bank?”
“Jia-ssi, sono in metropolitana, aspettami al Bar dello Shinsegae, ho prenotato Miji per 2”.
Ecco, un dettaglio interessante su Miji è che ora finalmente avrei avuto uno stipendio all’altezza dell’immagine che aveva di me.
“Ok unnie, a dopo”.
Mi avviai verso il centro commerciale, ondate di miei connazionali uscivano con buste colme di abiti firmati e io arrivai velocemente al bar, presi il mio posto, sorrisi al cameriere bello come un idol e ordinai due dalgona, dolcificante per me e zucchero di canna per Miji.
“Dongseng ya!!”
“Unnie!! Che bella che sei!”
“Ma senti chi parla, quanto mi sei mancata!”
Due insolite asiatiche alle prese con slanci affettivi fuori luogo in luoghi troppo chic.
“Sei a Seoul, non ci credo! Devi dirmi tutto, non ho idea di cosa tu faccia”
Tirai fuori il cartellino dell’agenzia con il mio nome  e la fototessera: “VICE CEO?? Stasera si beve. Non accetto scuse. Solo … occhi aperti Jia – sii”, ammiccò vistosamente come volesse alludere a qualcosa di molto promettente ma, ovviamente, la mia lentezza cognitiva non si fece da parte: “Ma in che senso?”
“Nel senso che, come sai, da due anni sono alla KBS e da due anni, Chanyeol Park, è il CEO di Elite. Questo non solo significa che preparo la sedia che accoglierà le sue chiappe ogni santa sera di broadcast dal vivo che il cielo ha creato ma che so bene quanto sia un marpione. Tu sei grande adesso, devi trovare un uomo pronto a sposarti”.
“Unnie, no”.
“Si invece, niente mosconi! Domani mattina, unnie ti porta dalla lettrice e vediamo come procede la mappa astrologica. Se Chanyeol si dimostrerà pericoloso per te, andremo dritte alla YG e non metterai a rischio la tua carriera”.
 
Le passai la quadratura che mi aveva fatto mia nonna prima di partire.
Rimase in silenzio mentre leggeva i dettagli, man mano la bocca si schiudeva un po’ di più finché non fu spalancata e alzando lentamente gli occhi, dopo averli fissati nei miei, disse: “Jia – ssi … ma allora”
La fermai: “Unnie, non dirlo. Questo sembra. Io sono qui per lavorare però e prendere ciò che voglio, il resto è contorno. Adesso che abbiamo finto di essere signorine per bene, andiamo a mangiare le tteobokki”.
“Sei seria?”
“Si, serissima. E lo so che è importante io trovi questa persona, perché la medicina è quasi finita e questo potrebbe costarmi caro. Ma voglio godermi un po’ la vita unnie, mi sento così vuota”.
Lei sorrise e annuì in accordo: “Allora adesso andiamo al mercato, per stasera ci organizzeremo come preferisci, voglio sapere come stai e parlarti un po’ meglio di quello che troverai qui tra i vari studi e le redazioni”.
“Grazie unnie, andiamo si!”
Passammo la serata alla ricerca del posto perfetto ma, come al solito, ordinammo il sushi per poi stare a casa in pigiama e pantofole. Avevamo tanto da dirci così ci sedemmo pronte per una full immersion al tavolino basso, dove le mie povere gambe lunghe soffrivano di claustrofobia.
“Unnie, come ti trovi?”
Sorrise mesta e provò a fare la sorella maggiore ma poi sospirò leggermente sapendo che non avrebbe attaccato con me: “Ahh, Jia – ssi, non mi trovo male solo che sono tutti troppo preoccupati dei soldi. Sono importanti, lo so, ma la competizione mi sta uccidendo. Non mi ricordo nemmeno più per cosa si stia competendo, io voglio solo un buon lavoro stabile, non mi interessa diventare la nuova Ellen di Corea. Capisci che intendo?”
Ricambiai il sorriso annuendo: “Capisco si, anche se non sono la persona più adatta a dar contro al sistema competitivo, ammetto che la pressione non piace nemmeno a me. Io sono ambiziosa di mio ma se non lo fossi, non sarebbe forse giusto anche poter fare un lavoro normale con uno stipendio base e vivere una vita normale? Se mi metto nei panni di chi non ambisce a posizioni come la mia ma anche la tua, soffro più di quanto non faccia ora”.
Mi passò un biglietto da visita: “Questo è per passare nel backstage di MCountdown, non voglio dimenticarmi di dartelo. Sarò lì domani sera, mi farebbe piacere venissi. Chissà, forse potresti trovare anche altre occasioni altrettanto buone”.
Risi, perché mi resi conto di quanto poco le piacesse Chanyeol: “Unnie lo detesti quell’uomo? Ahah”
Si unì alla risata mentre versava un primo shot di soju: “No ahah, non lo odio, lo trovo bello in modo irritante e quasi impenetrabile. È un ragazzo strano Jia, lo è sempre stato ma negli anni non ha fatto che chiudersi sempre di più. Non so…”
“Aspetta … lo conoscevi già?”
Esitò un po’ nella risposta e rimase col bicchierino in sospeso, così battei il mio contro il suo per brindare, tirammo giù quel primo shot e poi ricominciò a parlare ma sembrò volerla prendere dal verso giusto quasi temesse io potessi capire male: “Eravamo compagni di corso all’università, niente di che, nessuna confidenza. Solo che è davvero bello e chiunque abbia a che fare con lui sembra cada sotto una specie di incantesimo, lui sembra saperlo e si diverte poi lo vedi in giro con gli amici e sembra sempre sia incazzato per qualcosa che non dice mai, però. Ahhh non lo so, potrebbe essere un mio film mentale. Secondo me però pensa talmente tanto al lavoro che a fine giornata, lo immagino in una di quelle scene da film in cui lancia la valigetta sul letto e si siede sul pavimento con le mani in faccia a chiedersi se non sarebbe stato meglio scegliere di fare il tramviere”.
La guardai confusa: “Il tramviere?”
“Oh, è il primo lavoro che mi sia venuto in mente. Una cosa qualunque comunque, mi spiego?”
“Ti spieghi. Triste ma non improbabile”.
Era esattamente il modo in cui mi sentivo io fino a pochi giorni prima. Fino al momento in cui mi era stato dato l’incarico in realtà. Io non avevo mai vissuto male il mio voler arrivare in alto, perché venivo davvero dal bassissimo e non c’era certo un agonismo al successo nel mio piccolo villaggio. E poi FeiFei mi diceva sempre: “Ricordati che la fama è il velo di Maya del successo, se non hai sudato per qualcosa e non hai pianto almeno 100 volte per conquistarla, la fama non ti farà felice, al massimo ti sfamerà. Ma per quel che mangi tu, piccina mia, puoi anche farne a meno”.
E aveva ragione.
“Senti Jia, riguardo la medicina …”
“Si, lo so. FeiFei dice che ce n’è ancora per un paio d’anni ma è preoccupata perché non conosce nessuno che possa andare a prendere la carpa sotto il Dragon Hole e le alghe. D’altro canto mi spieghi a chi si possa raccontare una roba del genere? Ti immagini la conversazione? Senti scusa non è che mi peschi del grasso di pesce e tre foglie d’insalata marina che ho l’emicrania da telepatia? Mi arrestano!”
Lei sembrò di nuovo riflettere su qualcosa che non sapevo.
“FeiFei quindi non ti ha detto altro?”
“No, mi ha … il biglietto!”
All’improvviso mi ricordai del biglietto che Fei mi aveva detto di leggere una volta sveglia, me lo ero completamente dimenticato ma andai di corsa a recuperarlo e lo portai a tavole: “Mi ha lasciato questo in valigia, non so cosa sia”
“Se te la senti, penso sia il caso di leggerlo ora e decidere se uscire e andarcene un po’ ad Hongdae a ballare”.
L’idea mi fece impallidire ma pensai fosse il caso di non rinviare oltre, mia nonna non amava le dimenticanze.
Aprii la bustina di carta di riso e ne estrassi la piccola pergamena, la stesi delicatamente e il messaggio fu chiaro: “I mali dei veggenti guariscono in due modi: spalmando l’unguento sacro o trovando chi li sabbia amare. Per 37 distanze mare , 126 distanze Luna, piccina mia, buona fortuna, trova la cura prima che il cielo mi porti con sé”.
Un po’ provata dalla lettura, girai il biglietto a Miji che spalancò un sorriso e prese l’applicazione di geo localizzazione.
Dopo un minuto o due, che sembrarono un anno o dieci, esclamò: “BINGO”
“Bingo che?”
“Queste sono le coordinate di Seoul! La cura, è qui! Sono bisogna trovare chi sia a venderla!”.
“L’unguento qui? E come fanno? Unnie non voglio entrare nei dettagli della manifattura, sappi solo che sarebbe del tutto impossibile. Deve voler dire qualcos altro. Magari qui c’è qualcuno che va lì a pescarlo e farlo però?”
Si passò la mano sul mento e puntò lo sguardo nel mio: “Senti. Vestiti. Bisogna andare a ballare stasera”.

Scese il silenzio nel tragitto in macchina da Cheong Dam a Hongdae e Jia iniziò a pensare che Miji fosse come lei, aveva deciso di andare al club senza nemmeno averle chiesto se ne avesse voglia come se sapesse che avrebbe capito. Ma Jia, non aveva capito un bel niente a parte che si stesse mettendo in un modo quanto meno peculiare la cosa.
Quando arrivarono davanti all’ingresso del Club M2, ebbe la conferma che Miji fosse, se non come lei, quanto meno qualcosa di molto simile.
 
Mentre eravamo in fila per entrare senza prenotazione, il che avrebbe significato per almeno un’altra ora in cui avrei maledetto il freddo, sentii una voce familiare: “Signorina Wein, vedo che ha riposato abbastanza ieri”.
Miji sorrise e mi fece segno che sì, era come pensavo: “CEO Park, lei non è così anziano allora”. Mi rifilò un’occhiata poco divertita ma seguì un mezzo ghigno: “Forse potremmo addirittura darci del tu comunque. Non crede?”
“Me lo dica lei, è il capo”.
Miji mi diede una gomitata a cui seguì un sussurrato “ti chiederà di allontanarvi, vai a Namsan Tower” a cui reagii al meglio di me: “NO!”
Lui ci osservava confuso, i suoi amici con lui: “Tutto bene?”
Cercai di recuperare in corner: “Si grazie, ma perché siete in una fila diversa? Unnie dimmi che non abbiamo sbagliato fila, sto congelando”.
Lei rispose dandosi una mano sulla fronte: “No, sono loro ad essere nel privè e quindi …”
Uscì una ragazza piuttosto succinta che guardò Chanyeol come fosse pronta a sposarlo immediatamente, i suoi amici tirarono un sospiro di sollievo e fecero per entrare ma lui …: “Senti, Jia. Ti andrebbe di fare un giro? Ormai sei fuori dal piumone. Mh?”
Miji mi fece segno di andare e mi mise in tasca la pergamena. Le coordinate riportavano esattamente Namsan Tower. A quel punto Chanyeol la riconobbe: “Miji! Scusa non ti avevo riconosciuta. Ti trovo bene, ho saputo che sei alla KBS. Congratulazioni!”
Miji rimase sconvolta aspettandosi forse qualcosa di diverso, mi lanciò uno sguardo come a dire “Chiamami se hai bisogno” e si congedò con un : “Grazie. Congratulazioni a te per i risultati dei ragazzi. Bene, io vado, divertitevi e noi”, mi disse, “Ci vediamo domani mattina ad Hanok Village, alle 8:00 puntuale”.
Annuii e mi ritrovai col braccio avvinghiato a quello del mio capo che mi fece sedere sul sedile di un’Audi nera per poi prendere posto alla guida.
Avevo un misto di sensazioni strane, non avevo idea di come Miji fosse arrivata lì con la mente e del perché mi avesse messo in condizione di non poter dire di no ma mi limitai a rilassarmi con l’aroma di cannella dell’abitacolo.
“Quante volte sei stata a Seoul?”
La sua voce mi riportò alla realtà, feci mente locale: “Tre volte, questa è la terza, si”
Lui sembrò colpito: “E perché parli così bene il coreano?”
“Perché mi piace e perché il mio ex è coreano”
Lui annuì: “Capisco. Quindi hai visto già tutto di qui? Oc’è qualcosa che vorresti vedere? Di notte è quasi tutto aperto”
Mi ricordai del biglietto e cercai di fingere al meglio una riflessione di almeno 20 secondi prima di dire: “Namsan Tower, mi piacerebbe andare lì ma non so se sia aperto di notte”.
“Lo sai che sei strana? Quando dico a una ragazza che è tutto aperto di notte mi chiedono di portarle a fare shopping, non a vedere Seoul dall’alto. Un’anima romantica, signorina Wein”
Risi un po’ all’idea che fosse sembrata una proposta romantica. Bello, però, lo era davvero il CEO Park, su questo MIji aveva ragione.
“Ma che romantica ahah non mi piace fare shopping, mi annoia tanto, preferisco andare nei negozi piccoli e comprare velocemente quel che mi serve.
Mi lanciò un altro dei suoi sguardi incomprensibili: “Sei proprio strana, confermo. Quindi a te viene naturale tutto questo?”
Non capii la domanda: “Tutto questo cosa?” e lui ne approfittò per affondarmi con una frase che mi restò addosso per tutta la notte e l’intera permanenza in quell’azienda: “Quest’aria posh. Sembri uscita da una vetrina di Gucci. In senso buono ovviamente ammesso che ci sia un possibile senso negativo”.
“No, non credo ci sia. Comunque si, a quanto pare non richiede alcuno sforzo da parte mia sembrare un manichino”
“Ed ecco spuntare il possibile senso negativo ahah”
Mi sembrò la situazione più assurda che avessi mai vissuto, ma cercai di scrollarmi di dosso il bisogno di essere sempre prudente e pesante.
Arrivammo a Namsan Tower e, incredibilmente, davvero qualcuno fu disposto a scortarci fino in alto per poi lasciarci soli con un lucchetto e una chiave tra le mani.
“E questi?”, chiesi.
“Questi li danno a tutte le coppie, noi non lo siamo ma loro non lo sanno quindi ora lo metteremo qui di buon augurio per il nostro lavoro insieme. Vieni, sediamoci.
Chanyol e Jia erano simili: occhi grandi, alti, spalle larghe e cuori solitari, sagittari con la smania del successo e della rivalsa. Uno di fronte all’altra iniziarono a girare intorno alle reciproche ferite, in uno strano eccesso di confidenza che Jia percepì senza il solito fastidio. Chanyeol, dal canto suo, aveva fatto tutto questo con un obiettivo specifico ma quando se l’era trovata davanti per caso all’entrata del club, aveva deciso di volersi prendere la responsabilità di dire no a sua madre perché, quella ragazza, non meritava sicuramente di essere coinvolta nei propri disagi familiari.
“L’altra sera ti ho chiesto di vederci … perché il rimedio che mi hai dato ha funzionato ma dopo un po’ mi sono sentito un peso addosso. Una cosa nel petto, non so come …”
“Come un rimorso”.
Lui si voltò di scatto: “Come lo sai?”.
“è medicina ahyurvedica, porta in superficie i dolori sepolti. Che fa il nostro mestiere ha sempre dei rimorsi”.
“Quindi ne hai anche tu?”.
“Oh, più di uno. Ma se c’è una cosa che ho imparato, è che ai rimorsi si pone rimedio solo imparando a non averne altri”.
Annuì e si voltò di più per guardarmi poi negli occhi: “Ho avuto l’impulso fortissimo di chiederti di fingerti la mia compagna per evitare che mia madre mi combini le nozze con la figlia di un amico di mio padre”.
Scoppiai a ridere.
Lui sembrò sentirsi più leggero: “Scusa, non volevo ridere così ma è una cosa che non mi è mai capitata prima. Ma perché dovrebbe combinarti il matrimonio? Nel 2017? Sei giovane!”
“Si … non lo so. Però stasera quando ti ho vista ho capito di dovermi prendere le mie responsabilità e affrontarla. Ho letto il tuo curriculum tante di quelle volte che non so praticamente nulla di te come persona, ma so di volerti vedere al lavoro senza crearti problemi. Però visto che siamo quassù, ti va di dirmi qualcosa di te?”
Riflettei sul da farsi, avrei potuto mettere su una storia più comune e meno pittoresca ma non ne trovai il senso in quel momento. Essere arrivata in cima alla città con uno sconosciuto non mi metteva nella condizione di voler mentire.
“Ah … beh io sono nata a Shanghai per quanto ne so. Non conosco la mia vera madre, lei mi ha lasciata davanti al portone di un convento poche ore dopo che sono nata e non ne hanno mai più avuto notizie. I monaci mi portarono in ospedale e lì mi trovò la mia mamma adottiva, Rubla che mi portò via velocemente. Non so come abbia fatto, so che mi hanno cresciuta lei e sua madre, FeiFei, che è un’ahyurveda appunto.
Tutto quel che so è che la famiglia da cui provengo non ha mai cercato di ritrovarmi, si pensa quindi mia madre fosse in una casa di accoglienza prima di lasciarmi. Comunque verso i 15 anni mia nonna ha deciso di farmi studiare all’estero. Ho passato 5 anni lì e ho preso la green card, per questo ho il doppio passaporto, non è vero che sono americana. Ma non dirlo per favore, sono visibilmente mista, non voglio mi si chieda perché. Sono tornata da poco in Cina ma ho subito ricevuto la conferma dell’incarico come tuo vice. Quindi eccomi qua!”.
Chanyeol non sapeva da dove iniziare, gli sembrò che quella naturalezza dell’ondeggiare sulla vita, fosse roba di un altro pianeta. Si chiese con una storia simile, lui dove sarebbe ora e come parlerebbe del proprio abbandono. Alla fine si convinse a dire qualcosa.
“Come fai a parlarne così?”
Lei sorrise e guardò in cielo respirando quell’aria così poco pulita ma così bella perché nuova: “Sono stata amata Chanyeol. Veniamo al mondo per essere amati, gli spiriti ci vogliono felici anche quando non riescono ad organizzarsi per farci incarnare tali. E tu? Che mi racconti?”
Esitò un attimo, poi tirò su la lampo della giacca fino al collo e provò a ricambiare il racconto: “Io non conosco mio padre. E andato via di casa appena sono nato, lo conosce Yoora, mia sorella. Dice che non ha mai più avuto sue notizie però dopo la mia nascita. Ha lasciato nostra madre per un’altra donna e non abbiamo idea di dove siano. A parte questo, i suoi genitori hanno intestato a mia madre la sua catena di ristoranti e quello che chiamo papà non è altro che il compagno di mia madre da quando avevo un anno circa. È da lui che ho ereditato l’azienda, è morto lo scorso anno per un incidente”.
Mi resi conto che la sofferenza ha mille facce in quel momento.
“E tu, come fai a raccontarlo così?”
Sorrise.
“Sono stato amato, Jia. E anche se io ho smesso da un po’ di farlo, essere amato mi ha insegnato a non definirmi col dolore che sento”.
Mi alzai e mi affacciai dal cornicione: “Questa serata era già strana prima di iniziare”.
Lui si mise accanto a me: “Sono d’accordo. Hai sonno?”
“Non particolarmente, questo posto è bello di notte”.
“Soju?”.
Mi dissi che si, avrei bevuto con uno sconosciuto senza pensare al lavoro per una volta: “Soju sia”.

 

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Capitolo 4
*** Debuttanti e ipnosi ***


Il lunedì mattina iniziò col piede giusto, cosa che mi spinse quasi a ritornare a casa per timore potesse andare tutto a rotoli di lì a un minuto, ma mi trattenni dall’essere una novantenne timorata del fato e arrivai per tempo in ufficio, quando ancora il silenzio regnava sovrano e l’unico rumore era quello di un filo semi consumato di una lampadina messa al posto del lampadario, che in un ufficio da Paris Hilton faceva già ridere di suo, e la mia unica preoccupazione erano Lucas, Johnny, Jeno, Jaehyun, Mark, WinWin e solo il cielo sapeva come avrei fatto ad imparare 23 nomi, io, che in vita mia ne avevo imparato si e no 12 senza dimenticarli almeno sei volte.
Chanyeol arrivò un’ora dopo, con il segretario Lim e una ragazza con una folta chioma corvina dietro. Lo seguì in ufficio e quando Lim se ne andò, rimasero soli loro due a parlare. Poi discutere. Poi litigare urlando. Poi la ragazza se ne andò mentre giurava che: “Vedremo quanto sarà contento mio padre del tuo essere un vero uomo, Chanyeol!”
Jia rimase ad osservare il vuoto con le schede dei ragazzi sotto il naso e si convinse che non fossero affari suoi qualunque cosa stesse accadendo. Stava per riprendere la lettura quando qualcuno bussò alla porta.
Era il segretario Lim.
“Buongiorno signorina Wein”
Ricambiai con un inchino i suoi svariati sperando fosse evidente il mio imbarazzo in proposito: “Segretario Lim, mi dica pure”
“Si, senta, ho un biglietto per lei da parte del sig. Park. E poi vorrei chiederle se sia possibile per lei parlare con i ragazzi per spiegare loro come lavorerete d’ora in poi”.
“Ma certo, venga con loro tra dieci minuti, tempo di sistemare i loro profili”.
Lui annuì ma non uscì. Dopo qualche secondo si fece coraggio: “Ecco, il sig. Park …”
“Oh, devo rispondergli? Ma perché non viene qui?”
“Già, me lo chiedo anche io”.
Si grattò nervosamente la testa e cercò di dissimulare lo stress con una risatina nevrotica.
“Bene … leggo”.
  • Dove posso trovare la medicina?”
Avrei dovuto rispondere: “In fondo al Dragon Hole” ma decisi che sarebbe stato, forse, meno strano, spiegargli le strane tradizioni della mia famiglia a voce.
“Lim , posso chiederle di venire con i ragazzi tra mezz’ora? E io potrei andare dal sig. Park e parlargli un attimo?”
Lui sembrò confuso: “Oh … ma certo, certo signorina Wein, vuole che la annunci?”
“No, grazie. Vede pure, riposi un po’ segretario Lim, non si faccia stressare troppo, la prego”.
Sorrise finalmente disteso e mi lasciò sola. Andai velocemente a bussare al sig. CEO sperando fosse di buon umore.
 
Bussai.
“Prego!”
No, non era di buon umore ma, per fortuna, sembrò migliorare appena aprii.
“Scusami, però mi faceva strano scrivertelo”.
Si passò una mano su un viso a dir poco stanco, nel giro di 48h sembrava lo avessero torturato.
“Che succede sig. CEO?”
Cercai di alleggerire l’atmosfera. Mi invitò con un gesto a sedermi di fronte a lui.
“Ho bisogno di sapere come liberarmi di queste emicranie. Ormai non riesco più a vivere e ieri sera ho detto a mia madre che non voglio sposarmi e lei l’ha presa benissimo ma Young Ji, lei no. E se suo padre dovesse prenderla come lei perderei gran parte degli investimenti sui prossimi debuttanti. Non capisco in cosa io stia sbagliando”.
Io lo capii all’istante, invece. E questo mi spinse a fingere di non rischiare di perdere il lavoro.
“Senti. Hai con te il balsamo?”
“Si, eccolo”.
Mise il barattolino sul tavolo come a pregarmi di aiutarlo.
“Adesso io faccio una cosa e tu non reagisci da asiatico indispettito. Chiaro?”
“Mi piace che tu non abbia minimamente cura del trattarmi da capo, vai avanti”
“Mi spiace. Su questo però sei tu che mi chiedi aiuto. Io ti aiuto ma tu, shh”.
Patto accettato. Mi alzai dalla sedia e mi avvicinai al suo lato della scrivania sedendomici su e passai le dita nell’unguento per poi iniziare a massaggiargli le tempie. Decisi di provare una di quelle cose che avevano sempre funzionato ma che non avevo mai capito fino in fondo come avessi iniziato a farle.
Si avvicinò al suo orecchio e con leggerezza, quasi a non volerlo spaventare, Jia sussurrò le parole che qualcosa in testa, le suggeriva: “Non è colpa tua se tuo padre è scappato Chanyeol, la vita è sempre un miracolo, ricordatelo. Le persone fanno scelte che ci fanno male a volte, ma questo non significa che siamo noi a generarle. Qualunque padre sarebbe fiero di averti come figlio, qualunque madre. La tua libertà è ciò che ti rende il frutto più bello dell’albero, nessuno è arrabbiato con te, smettila di esserlo tu stesso e abbracciati piccolo mentre lui si allontana che non sarai così, che saprai esserci per chi nascerà e per chi chiamerai moglie. Apri gli occhi adesso, dai”.
 
L’ipnosi, l’avevo imparata a caso e, in quel momento, capii quanto grande fosse il regalo che il cielo mi aveva fatto a farmi abbandonare da mia madre e trovare da Rubla. Brutale ma necessario.
Chanyeol si sentì cadere sulla sedia di un impatto leggero e silenzioso, ascoltò per un attimo ancora la voce di Jia e si accorse che il mal di testa, non c’era più.
 
“Ma che hai fatto? È sparito”.
Sembrava leggermente spaventato, così mi allontanai per tornare verso la porta.
“No, non ho paura, siediti. Solo, come hai fatto? Che cos’è allora questa roba?”.
Cercai di trovare parole adatte ma le uniche furono quelle vere. Non aveva certo lo sguardo di uno che si sarebbe arreso al mio silenzio.
“Viene dal fondale del Dragon Hole, a sud della China. Lo pescano i monaci ahyurvedi, nel senso che pescano le carpe più lontane dalla superficie, ne estraggono il grasso e ne gettano le carcasse nel pozzo, poi pescano le alghe più vicine al fondo e le tritano col grasso fino a liquefare tutto e farlo solidificare di nuovo per 72h. Si dice siano creature sacre e in intaccate dalla corruzione dell’umanità, per questo, l’unguento, risulta essere efficace su chiunque ne faccia uso”.
Quegli occhi già così grandi si fecero cerchi perfetti: “Ma non potrò mai averne altro quando sarà finito quindi”.
“Si, ne ho altro. Il problema è che mia nonna è molto anziana e anche i monaci che la aiutano a procurarselo. Quindi entro i prossimi due anni sarà finito e io so di avere un modo per guarire. Solo non so quale sia. FeiFei mi ha spedita qui, il lavoro me lo hai dato anche ma resta il fatto che quando sarà finito l’unguento, anche io non saprò più come curarmi”.
Chanyeol pensò di volerle fare una domanda precisa ma non sapeva cosa stesse succedendo e come fare per non sembrare totalmente inopportuno e paranoico.
Alla fine, si disse che aveva appena subito un’ipnosi da una sconosciuta, avrebbe potuto permettersi una domanda scomoda almeno:
 
“Il punto è: è lo stesso mal di testa, Jia?”
Restai in silenzio.
“Non lo so. So però che potrò aiutarti se dovesse tornare e che imparerai a guarirti anche da solo tra non così tanto tempo. Per me è difficile parlare di queste cose ma se ora stai meglio, sappi che tutto ciò che dovrai fare da ora in avanti sarà chiudere gli occhi, vederti piccolo e abbracciarti forte, di a quel bambino che ce l’ha fatta Chanyeol, salvalo dalla paura che ha”.
Rise sarcastico, poi tornò subito a fissare la finestra malinconico.
“E chi dice che ce l’ho fatta?”
Ma io quel bambino lo sentii chiedere aiuto, non avrei potuto ignorarlo.
“Lo dico io. E se ora non hai più mal di testa, puoi anche accettare di dare per buono che io abbia ragione”.
 
Si voltò verso me di nuovo, non aveva un’espressione così convinta ma nemmeno così triste. Mi convinsi definitivamente del fatto che anche la persona più ricca e realizzata può avere note scure tra le righe ma che non dovremmo mai dimenticarci di amare i risultati del nostro duro lavoro, una volta arrivati in cima.
“Mh? Forza signor Park, la giornata è appena iniziata e io ho 23 nomi da imparare. Non opporre resistenza anche tu!”
 
“Ahh … bene. Buon lavoro, grazie per avermi aiutato Jia, davvero”.
 
Feci un inchino e uscii dalla stanza, il mio ufficio era già pieno di giovani promesse del kpop in attesa del nuovo manager terrificante dall’America.
Quando entrai, mi venne da ridere all’idea che qualcuno mi avesse presentata così male da averli fatti stare impettiti e in fila indiana per almeno mezz’ora.
“Ragazzi? Sedetevi sul divano, è grande abbastanza. Ciao, io sono Jia e credo che da oggi avrete un bel po’ di problemi perché il primo nome che imparerò sarà l’unico che ricorderò per una settimana. Allora, decidete come chiamarvi fino a Venerdì!”
 
Finalmente una risata arrivò a rompere l’atmosfera militaresca.
“Io sono Johnny”, ed erano così belli da sembrare dipinti. A Johnny seguì Mark, Ten, WinWin, Lucas, Taeyong, Jeno, Jaehyun, Taeil, Doyoung, Yuta, Haechan, Renjun, Jaemin, Chenle, Jisung, Jungwoo, Kun, Xiaojun, Hendery, Yangyang, Shotaro, Sungchan divisi in attività Cinesi – coreane, miste, soliste, sub unità, debuttati e quasi al debutto. Ci misi venti minuti per imparare i nomi e i gruppi e finalmente poi la suddivisione.
 
“Ragazzi è un inferno e io non so come facciate, so solo che Lucas sei del ’99? Io penso di ricordarmi di te”
Sembrò confuso ma collegò velocemente: “Maestra Jia! Si! Shanghai, due anni fa, mi hai mandato tu alle audizioni prima di andare in America!”
Corse ad abbracciarmi e la cosa mi irrigidì leggermente data la sproporzione età/aspetto di quel ragazzo. Me lo ricordavo magrolino e indifeso in fila per JYP, lo avevo rispedito a casa dicendogli di prepararsi per Elite, che avrebbe trovato più persone disposte ad insegnargli il Coreano e a farlo debuttare come main piuttosto che come riserva.
“Bravo, sapevo che qui avresti trovato la tua strada. Johnny, Mark, credo di aver già visto anche voi. Gli altri, vi chiedo già scusa se non sempre sarò dolce, amorevole, comprensiva e delicata ma mi hanno dato degli obiettivi grandi e io credo possiate raggiungerli. Ho bisogno che lavoriate con attenzione e concentrazione ma ho altrettanto bisogno che quando è troppo, me lo diciate.
Quando avrete bisogno di un giorno o due di riposo, quando avrete problemi di salute fisica o mentale che sia, per favore, siate onesti. Mi interessa sia tutto fatto con la giusta cura. Chiaro?”
Con un cenno della testa mi dissero di si, che era chiaro. Io sperai che lo fosse davvero e che non prendessero le mie parole come un discorso di circostanza. Avevo voglia di portare un piccolo cambiamento in quello strano mondo robotico, non ne potevo più di vedere gente svenire sul palco. Non avrei assistito ad un’altra dieta da 300 kcal al giorno o un altro allenamento di 15 ore senza sosta.
“Bene, buon lavoro allora, verrò in studio e in sala prove a dare un’occhiata in giornata e ogni volta che io o voi, ne avremo bisogno. Forza eh!”

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Capitolo 5
*** Il dolore del vuoto ***


Sotto un cielo un po’ incerto decisi di continuare a sbirciare tra le carte e i video report dei ragazzi, mi accorsi di quanta sofferenza dovessero aver accumulato al prezzo del successo e un po’ mi pesò sentirmi parte del sistema che li avrebbe ancor di più affaticati nel giro di pochi anni.
Notai la totale assenza di psicologi e inviai un’email con dei contatti a Chanyeol sperando mi desse il permesso di chiamarne almeno tre un paio di volte al mese per fare incontri singoli.
Lui rispose quasi subito che, si, avrebbe cercato di accontentarmi prima possibile, giusto il tempo di farli contattare da Lim e io mi sentii sollevata che finalmente qualcuno volesse prendersi cura anche del cuore di quei ragazzi e quelle ragazze.
 
Dall’altra parte della parete, nel suo studio, Chanyeol pensava ancora a sua madre, al matrimonio, a quando avrebbe voluto solo sparire per qualche mese e ripresentarsi quando sarebbe finita quella smania di volerlo sistemato come se il suo mondo fosse così visibilmente in disordine da poterlo mettere a posto con una persona tanto lontana dal proprio modo di vivere e pensare.
Si convinse presto che anche a Young Ji sarebbe passata la smania di certezze e forse anche a suo padre e si disse che in qualche modo se la sarebbe anche cava con i soldi se avessero negato gli investimenti per l’anno seguente ma c’era qualcosa che lo teneva sveglio fino a tarda notte da qualche settimana, qualcosa nello stomaco, la sensazione che non stesse rispettando fino in fondo se stesso in tutto quel frenetico disporre e volare di città in città per trovare altri trainees.
Cosa stava offrendo a quei ragazzi? In che modo li stava rendendo artisti e non semplici schiavi di un sistema? E quanto aveva senso pensare sempre e solo da imprenditore? Alzò il telefono e chiamò il segretario Lim, gli disse di invitare gli psicologi l’indomani di buon mattino e di assicurarsi che tutti, anche i più restii, avessero almeno mezz’ora di colloquio a disposizione per due volte al mese, singolarmente.
Lim, dal canto suo, si beò della facilità con cui la persona giusta, più spostare anche un titano.
 
Verso le due del pomeriggio, avevo imparato tutti i nomi e i profili dei ragazzi ormai, decisi così di festeggiare la mia improvvisa memoria breve ottimale facendo un giro di perlustrazione e vedere come si svolgesse una loro giornata, almeno a grandi linee.
Scesi in palestra, nel basement, dove i gruppi generalmente preparavano i debutti o i come back.
Trovai Lucas, WinWin e Taeil intenti a leggere un libro grosso come un mattone da costruzione, si alzavano di tanto in tanto per provare qualche passo e poi si agitavano, sembravano nervosi. Anche se la lingua madre di Lucas è il cantonese, ha sempre parlato benissimo il cinese, così decisi di provare a vedere se quel primo giorno operativo potesse portare qualcosa di buono.
 
“Ragazzi? Tutto bene?”
Si inchinarono: “Si, stiamo cercando di preparare qualche discorso che sia fluido e comprensibile per i concerti, ma abbiamo troppo da fare con la coreografia ancora”
 
“E perché non parlate con gli altri?”
Mi rispose Taeil: “Lucas è tra i più piccoli ma anche tra i più popolari, a volte non riesce a comunicare bene e si sente sotto pressione, ecco tutto Jia. Il fatto è che gli altri hanno da fare quanto e più di noi, non riescono a starci dietro con le lezioni di coreano, per fortuna da quando hanno formato le units passiamo tutti più tempo insieme ma … non è facile. Lo sai”.
 
Annuii.
“Si, lo so bene. Però è importante che sappiate aiutarvi a vicenda. Quindi adesso andate in sala con loro e cercate aiuto, non è un segno di debolezza ragazzi, siete partiti da lontano e guardate dove siete. Lo so che è tutto precario, andrà bene però. Ve lo prometto. Ora andate”.
 
Li lasciai andare da soli senza fare la mamma, che ne avevano già fin sopra i capelli di gente che decidesse per loro ma era assolutamente necessario che prima di un altro come back fossero disposti a fare gruppo tutti insieme, non è sicuramente un vantaggio dover accordare 23 teste ma nemmeno esser sempre soli.
 
“A proposito di gente sola …”
Mi squillò il telefono, era un messaggio del segretario Lim:
“Prima di andare via stasera, il CEO vuole rivederla signorina Wein. Per le 17:30, per favore, vada nel suo ufficio.
 
Approfittai di aver sbloccato la tastiera per sentire Miji, mentre una macchinetta poco convincente spillava per me un caffè di dubbia consistenza e mi preparavo a girare a vuoto lo zucchero che non avrei messo con una triste paletta di plastica.
 
“Jia! Allora? Stasera sono a casa, ti va di passare dopo il lavoro? Voglio sapere tutto dell’altra sera!”
Il suo entusiasmo … ah, chiss° quando avevo perso il mio. Non riuscivo a sentire altro che un gran masso di vuoto e dolore certi giorni.
“Unnie, alle 17:30 vedo Chanyeol per sistemare le schedules dei ragazzi”, mentii per prevenzione, “a parte questo, penso di poter essere da te per le 19:00(?) Potrebbe andar bene?”
“Benissimo dongseng, però se il sig. Park ti chiede di uscire, fai come non ci fossimo sentite e ci vediamo domani, capito?”
 
“E perché dovrebbe?”
“Ah. Jia, Jia. Quanto vorrei essere una giornata te per vedere come si sta ad essere così belle e non accorgersene mai. Smettila di fare domande retoriche, e adesso vai a rifarti il trucco, prima delle riunioni ad ogni modo devi farlo sempre quando lavori nello show business coreano. Fila!”
 
Obbedii un po’ per senso del dovere, un po’ perché dover assistere alla perfezione maniacale di Chanyeol dall’alto delle mie occhiaie, mi metteva una certa ansia.
 
Alle 17:30 puntuale, con il trucco rinfrescato e la testa fumante di nomi e notazioni, Jia bussò all’ufficio del CEO, sperando che la riunione durasse meno delle ultime in JYP e immaginando già l’odore delle moon cakes calde di Miji, seguite da un interrogatorio sulla sera precedente.
 
“Avanti!”
La sua voce mi riportò però sulla terra velocemente.
Con quel tono avrebbe potuto comandare gli alieni di rimandare un’invasione.
 
“Eccomi. Dimmi pure”
Prese un mucchio di fogli dalla scrivania, si alzò deciso e li mise in un aggeggio che li distrusse in pochi secondi.
“Ma …”
“Sono vecchie schede di trainees che non sono più in agenzia. Siediti per favore”.
Non era lo stesso Chanyeol di poche ore prima, era come se la stanchezza gli avesse sferrato un improvviso colpo alla schiena.
“Stai bene?”
Sorrise senza crederci nemmeno lui.
“Ascolta … i ragazzi sono contenti di averti incontrata, hanno accolto con entusiasmo l’idea dello psicologo quindi grazie, da queste parti ci pensiamo sempre troppo poco a certe cose ma voglio che questo, da adesso, cambi almeno qui dentro. Sono felice che tu sia qui Jia. Davvero.”
Mi si accese una piccola lucetta di speranza che la giornata potesse finire senza quel peso sullo stomaco che ormai mi perseguitava da anni ovunque andassi.
“Sono felice anche io di essere qui. Grazie per avermi scelta”.
Accennò un gesto di approvazione e aggiunse: “Devo chiederti un favore però che forse non ti piacerà, purtroppo però non sono io a fare i tempi del mercato. Apparentemente a Shanghai hanno selezionato altri ragazzi, sono molto piccoli, sui 12 anni e non me la sento di farli venire qui, voglio quindi andare io alla sede cinese dell’azienda e assicurarmi che ad affrontare viaggio e training siano solo quelli sicuramente in grado di debuttare. Chi vive qui ha meno problemi generalmente ma i ragazzi e le ragazze che vengono da Cina, Giappone e Tailandia, hanno sempre bisogno di più cure, anche mediche”.

“Bene, si mi sembra giusto … ma io che c’entro?”
Mi tenne in sospeso con il ticchettio della penna sulla scrivania.
“Vorrei venissi con me. Perché vorrei che la prossima volta andassi tu al posto mio. Ti darò indicazioni sulle persone con cui parlare, quelle da evitare e ti presenterò allo staff di Shanghai così sapranno che quando sarai lì, sarà come se ci fossi io e impareranno ad obbedirti. Voglio anche essere certo che tu non abbia problemi a gestire la parte economica, alcuni ragazzi hanno bisogno di maggiore assistenza e devono averla, ma qualcuno finge sempre di non vedere e rischiamo si ammalino. Non posso permetterlo, sto cercando di capire da mesi chi sia a far sparire i soldi e tu … tu potresti accorgertene. Ecco. So che è un impegno più grande del previsto, sei qui da due giorni ma davvero, vorrei accettassi”.
 
Pensai un attimo a FeiFei, mi venne il forte istinto di chiamarla e chiederle se volesse conoscere Chanyeol. Ebbi all’improvviso la sensazione che la soluzione alla fine della medicina fosse vicina eppure mi sembrò così strano potesse volerci così poco.
“Per me va bene. In più, potrò portarti a prendere l’unguento così che entrambi possiamo averne a sufficienza per almeno sei mesi”.
Annuì: “Avremo un autista per tutto il viaggio, staremo fuori due settimane e tu potrai raggiungere tua nonna ogni sera se vorrai. Io, comunque, ti ho riservato una stanza al Wanda Reing, dove starò anche io. Ecco la prenotazione, partiamo Sabato mattina. Non farti problemi se vuoi far stare in hotel anche tua nonna per favore. Possiamo prenderle una stanza o cambiare la tua con una con due camere”
 
“Oh no, andrò io a trovarla qualche sera. Sarai il ben venuto se vorrai anche se immagino avrai abbastanza da fare. Grazie comunque, farò del mio meglio per imparare velocemente e aiutarti come posso. Per quanto riguarda i ragazzi, ho detto loro di provare insieme perché non mi piace si dividano per nazionalità, lo trovo controproducente, si vogliono bene e non c’è miglior collante del saper essere uniti quando c’è di mezzo il successo. Perché quello distrugge un sacco di cose”.
 
“Sono d’accordo, hai fatto bene. Jia …”
“ … Si?”
“Che fai stasera?”
Mi venne un po’ da ridere: “Quando avrò finito la riunione col mio capo intendi? Niente, probabilmente dovrò sistemare l’agenda fitta di telenovelas e proposte strane di Miji”
 
“Mmh … vieni a cena con me?”
 
Ci pensai su un attimo. La mia etica lavorativa stava vacillando e non potevo proprio biasimarmi.
“Si, ma poi andiamo al Karaoke. Passo da casa per cambiarmi però, a che ora e dove ci vediamo?”
Mi guardò inorridito come se avessi detto ti odio sono fidanzata col mio gatto:
“Passo a prenderti alle 19:30, però devi decidere se provare la vera esperienza coreana o mantenere un tono chic, signorina Wein”.

h.19:30, Gangnam Gu.
 
Chanyeol fissava la strada sorridente, si sentiva insolitamente a proprio agio e non faceva molto per nasconderlo a Jia che, dal canto suo, aveva un sistema quantistico in testa volto a risolvere il vero rebus del momento: cosa volesse dire FeiFei con quelle coordinate e quelle indicazioni.
Sentì qualcosa darle fastidio nella tasca posteriore dei pantaloni.
Senza farsi vedere, almeno sperava, cercò di capire cosa fosse e scoprì un altro bigliettino.
Chanyeol accostò un marciapiede:
“Questa è l’esperienza coreana”, mi disse riportandomi alla realtà. Poi, indicando la cima dell’hotel IBS aggiunse: “Lì invece c’è la strada chic, lo gestisce un mio amico ma sono felice tu abbia scelto di darmi tregua”.
 
“Non si può splendere mica tutto il giorno. Ahhh, direi che questo chiosco saprà accogliere le nostre confessioni”
Rise, mi resi conto per la prima volta in quel momento di quanto la sua voce riempisse l’abitacolo quando rideva. Io mi sentivo un uccellino cinguettante a confronto. Aprii il biglietto e lessi: “Usa la voce come una guida, lascia dalla gola al cuore la via d’uscita”.
“Tutto bene?”
Sollevai gli occhi e mi accorsi di avere un karaoke davanti.
“Lo hai fatto apposta?”
“Cosa?”
“C’è un karaoke …Senti CEO Park, tu sai cantare?”
“Io? Beh … si, l’ho fatto apposta e, si , so cantare anche se non lo faccio da tanto. Qualche anno fa, ero un cantante anche io”.
“Eri?”
“Ero. Poi sono arrivati quelli più bravi e io ho capito di amare la musica ma non i contratti. Ne faccio firmare molti ma non sopportavo l’idea di firmarne uno io, nemmeno per mio padre. E tu? Sai cantare?”
Abbassai un attimo lo sguardo in cerca di risposte.
“Io … quando vengo qui lo uso per sfogarmi, si”.
Ci pensò su poi scese e venne ad aprirmi lo sportello: “E performance sia. Ma ci facciamo portare dell’alcol per favore”.
Era così paradossalmente buffo e lo sembrò ancora di più quando la padrona del karaoke lo riconobbe e gli disse: “Chanyeol – ah, ancora conquisti le belle ragazze con la vociona? Chi è questa bella fanciulla?”
 
Si schiarì la gola imbarazzato e si voltò a guardarmi, mi presentai: “Sono Jia signora, piacere di conoscerla”.
“Piacere mio cara, ecco il soju, il bimba, i bicchieri e i gettoni. Ci vediamo tra poco, Channie è un rubacuori, stai attenta!”
Ma lo disse ridendo, il che mi diede speranza non avesse davvero pensato che avremmo potuto copulare proprio lì.
Entrammo nella saletta dove le luci fucsia illuminavano lo schermo in standby, Chanyeol mi fece segno di sedermi sul divano e si mise accanto a me per poi accendere e iniziare a scorrere i brani.
“Cosa vuoi cantare?”
Lessi qualche titolo, conoscevo praticamente tutto, specialmente le cose incredibilmente tristi.
“Questa”.
Era “As time goes by” in versione coreana. Mi faceva sentire leggera, come quando lasci andare qualcosa ma ti senti libera di immaginare che possa tornare. Parlava d’amore, io però immaginavo che a tornare fosse la mia passione. Quel lavoro in sole 48h aveva già risvegliato un po’ la mia voglia di lasciare un’impronta nel mondo.
 
Quando Chanyeol spinse play, Jia lasciò che il soju facesse effetto sui propri nervi, fece un respiro come a simulare un enorme sbadiglio e lascio che la voce scivolasse lenta sul respiro, con la gola libera di aprirsi ad ogni nota, piano e decisa, pesando ogni dittongo e sillaba come se dovesse pronunciarle per l’ultima volta.
Si accorse di aver dato il permesso, con quel secondo viaggio lontano da casa, al proprio dolore di snodarsi fino a pungerla forte, fino a graffiarle gli occhi di lacrime stanche.
Non si fermò però. Cantare le faceva sempre quell’effetto ma aveva imparato a riconoscere i momenti giusti per ascoltarsi e scavarsi a fondo, i momenti in cui potersi sentire vulnerabile e combattiva allo stesso tempo. Certo Chanyeol la guardava sconvolto pensando che suo padre, ad una voce così, di contratti ne avrebbe fatti dieci pur di tenerla con sé più tempo possibile.
 
“Non ho capito, tu non hai mai fatto la cantante per lavoro, quindi?”
“Si, ma mi sento a disagio sul palco. Sto bene solo quando posso cantare così. Mi spiace averti coinvolto nel mio metodo di lancio nel vuoto delle frustrazioni ma sappi che te ne sono molto grata!”
Scosse la testa come a mandar via un pensiero inopportuno.
“C’è qualcosa che non sai fare?”
Ci pensai un attimo …
“I bambini, non so gestire i bambini. E non so cucinare il riso alla cantonese. Poi non riesco mai a beccare la temperatura giusta per i colorati misti ai bianchi e devo fare solo lavatrici separate. Tu? Cosa non sai fare?”
 
“Io … c’era una cosa ma credo di aver cambiato idea di recente. Quindi direi che non so fare la maglia al momento e guidare bendato. Ecco. Ora tocca a me?”
“Beh si, sarebbe il caso ora dessi il tuo contributo alla mia catarsi”.
Scorse un po’ tra i titoli fino ad incontrare “Don’t go Today” https://www.youtube.com/watch?v=agNTIxDEo1U
“Credo tu debba piangere ancora un po’” , disse.
E, in effetti, andò proprio così.
Chanyeol cercò di togliersi di dosso il peso del dovere, del successo, delle aspettative di sua madre e di Young ji. Cercò di congedare la paura di fallire ma anche quella di riuscire se ,riuscire, potesse significare farcela a modo proprio senza rispettare i canoni del tipico quasi trentenne coreano.
Si disse in quel momento che non avrebbe voluto la sua ex tornasse, che aveva solo ingoiato l’ansia di non essere adatto ad amare e quel ghiaccio che sentiva dentro, un giorno, si sarebbe sciolto se avesse smesso di puntarsi il dito contro e avesse ripreso, un po’, a respirare.
Anche stavolta, la musica si sciolse nel silenzio ma rimasero a parlargli gli occhi di Jia che in preda ad un’emicrania, riuscì solo a dire:
“è un peccato nessun altro possa ascoltarti. Sembri a casa quando canti, signor CEO”.
Lui le accarezzò delicatamente la schiena come si fa con i bambini quando sembrano inconsolabili.
“Penso che dovremo lavorare sul nostro modo di divertirci dopo il lavoro ma penso anche che mi servisse davvero una cosa così. Grazie signorina Wein”.
 
Sapevo di andare incontro a qualcosa di grande andata via da New York, tornata a Shanghai e poi di nuovo andata via per tornare nella mia bella Seoul. Solo non sapevo quanto mi avrebbe davvero cambiata quell’esperienza.
Iniziai a capirlo relativamente presto, quando il terzo biglietto di FeiFei arrivò a visitarmi appena tornata a casa.

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Ciao lettrici/lettori, vi chiedo scusa se trovate errori di ortografia ma sono disgrafica e per quante volte io possa controllare, c'è sempre qualcosa che mi sfugge. Mi scuso perché so che rende meno scorrevole la lettura ma questo per fortuna è uno spazio creativo e spero sia comunque una distrazione piacevole questa storia. Per me, è una buona compagna di speranze questi giorni.
Abbiate cura di voi, vogliatevi bene.

A presto.

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Capitolo 6
*** Il filo rosso ***


Lo trovai vicino all’entrata, infilato sotto la porta. Qualcosa mi avvolse lo stomaco ma mi sentii protetta, come abbracciata da un calore familiare, mia per un secondo durante quei mesi, mi sentii in pericolo nel trovare quelle indicazioni: erano chiare istruzioni di FeiFei verso qualcosa che sapevo mi avrebbe cambiato davvero la vita. Ero spaventata perché avevo la sensazione che mia nonna fosse davvero stanca, ogni volta che mi salutava al telefono, vedevo i suoi occhi in video accendersi nel dirmi che presto il suo compito sarebbe giunto al termine. Ma ,io, avrei avuto ancora la mia guida alla fine di questo compito?
 
Mi avvicinai e lo raccolsi, aprii la porta e aspettai di essere in pigiama, con acqua, insalata, uno shot di soju e una moon cake davanti per poi farmi coraggio e aprirlo.
 
Un tempo sospeso, tra arco e frecce, seduto sul bianco in attesa del giorno che il male si allontani per sempre.
Ma qui, FeiFei, non la capii affatto.
Cercai in rubrica il numero di Miji che aveva ancora una lettura dalla fortune teller con me in sospeso, le inviai un messaggio vocale: “Unnie domani stacco alle 16:00, ci vediamo?”
Mi rispose che si, sarebbe passata a prendermi per andare ad Hanok Village “finalmente” e io mi misi il cuore in pace, che la mia vita, fosse sempre in qualche modo un po’ astratta dal terreno.
Il telefono però poi iniziò a squillare, evidentemente Miji aveva anche istruzioni da darmi.
“Unnie?”
“Uh, Jia – ssi, come è andata?”
“Siamo andati al karaoke e abbiamo mangiato kimbap mentre piangevamo per le canzoni più tristi che potessimo scegliere”.
Seguì un attimo di silenzio contemplativo
 
“era un appuntamento quindi?”
La sua voce squillante mi irritò leggermente ma ritrassi la contrarietà velocemente. Il fatto che per i coreani quella fosse l’età della sistemazione e prole, mi metteva non poca ansia e Miji non sfuggiva a questo cliché. Certo si parlava di Chanyeol, che nel suo essere strano era bellissimo, affermato, con carattere ma io non ero pronta alle chiacchiere da pappe e biberon.
“Non lo so unnie, penso sia solo un modo per sapere a chi stia affidando parte dell’azienda e penso non sia così male, se vuoi saperlo”
“è esattamente ciò che credo anche io, ascolta dongseng: non voglio vederti sposata con dieci bambini entro un anno, voglio solo sapere che non hai smesso di pensarti in grado di dare e ricevere solo perché qualcosa ti ha freddata. Non importa quanto tempo sprecato sia stato prima e quanto ne passerà perché tu possa sentirti sulla pelle tutto il valore che hai. Io, però, ti vedo come una sorella e voglio che tu sappia che niente è troppo per te. Capito? Niente. Per altro, ora che ci penso, c’è un’altra cosa che avete in comune tu e il CEO: siete due sagittario! Domani lo dirò alla fortune teller! Notte!”
Prima che potessi ribattere, attaccò e all’istante mi resi conto che ad avere arco e freccia in mano eravamo davvero in due, io seduta sul divano nuovo, bianco e bianche le poltrone dei nostri uffici, entrambi con lo stesso “male”, l’emicrania.
Mi venne da ridere perché tra tutte le cose in cui credevo, l’unica che mi trovava scettica davvero era proprio la storia dell’anima gemella. Mi convinsi che quei foglietti non erano tutti opera di FeiFei, probabilmente Miji voleva solo vedermi felice. Così lavai il bicchiere e il piatto, presi il telefono e andai a letto, sicura che comunque fosse andata, stavo lavorando in una delle aziende più produttive del music business asiatico, per uno degli uomini più potenti del settore che mi trattava da sua pari e mi avrebbe anche permesso di passare due settimane a casa per poi affidarmi un incarico da milioni di won.
Tutto sommato, la mia vita era già piacevolmente ribaltata.
 
Il giovedì mattina, reduce da una notte di incubi come al solito, decisi di portare con me un cambio dato che Miji, impetuosa, aveva deciso che ci saremmo viste alle 17:00 ad Hanok Village e io avevo meno di un’ora per raggiungerla dopo il lavoro.
Presi il pranzo, il mio thermos con il tea e indossai gli occhiali da sole in modo che il mio viso fosse coperto abbastanza da potersi svegliare in pace con il gelo coreano.
Nessun vestito sembrava abbastanza pesante così mi rassegnai presto al dover apparire bella e lo status di surgelato, camminai alla svelta verso l’edificio e corsi in ufficio dove il segretario Lim aveva acceso i riscaldamenti guadagnandosi una serie di raccomandazioni al buon creato.
“Buon giorno signorina Wein!”
Sorrise soddisfatto del proprio operato: “Si sta un po’ meglio qui dentro?”
Non potei fare a meno di mostrare tutta la mia approvazione: “Lei è un angelo, stavo congelando. Il signor Park è arrivato? Devo consegnargli questo”
Gli porsi il piano per il viaggio a Shanghai con le proposte di strategia marketing e i profili dei ragazzi che mi erano arrivati via email, erano così giovani che mi piangeva il cuore a saperli lontani da casa ma non potevo dimenticare che, in fondo, io ero come loro.
“Il CEO è nel suo ufficio, vuole che glielo porti io? Credo abbia piacere di vederla signorina Wein, ha cambiato un po’ umore da quando è arrivata. Era così triste fino a una settimana fa”.
 
Sapevo di non dovermi immischiare ma l’idea che un tipo così potesse soffrire tanto era quasi paradossale, sembrava avvolto nella bambagia eppure rischiava di esserne soffocato.
“Ma perché? Se posso”.
“Vede signorina, da grandi cognomi, derivano grandi responsabilità. La signora Park però ha esagerato, ha combinato per il CEO il matrimonio con la figlia del nostro più grande investitore, il signor Tuan. Ha visto la signorina Young Ji l’altro giorno se non sbaglio.”
“Oh, si, ora ricordo.”
L’avevo memorizzata subito, non tanto per il ruolo, quanto per il tono.
“Ecco il punto è che Chanyeol, è un ragazzo che non parla molto. Ha sofferto tanto sin da bambino e io stesso ho provato a spiegare alla signora Park che questo suo comportamento lo avrebbe portato a non poter gestire più tutto quel dolore che non ha mai esternato. Ma lei non ha voluto ascoltarmi e si è ritrovata a dover accettare il no al matrimonio perché non ha avuto possibilità alcuna di replica. La verità è che il CEO merita molto di più di tutte queste aspettative e pressioni, avrebbe dovuto almeno lei curarsi di essere madre visto che non ha potuto avere un vero padre. Il compagno della signora Park è stato un brav'uomo, ma come si fa ad affezionarsi a qualcuno dopo aver visto tuo padre dirti addio senza batter ciglio?”
 
Mi resi conto che quel cuore lì, aveva tante lacrime da piangere e forse l’emicrania era in gran parte il sintomo della somatizzazione.
“Capisco. Capisco bene. La ringrazio per avermi risposto segretario Lim.”
“Si figuri. Mi scuso per lo sfogo ma sono davvero lieti ci sia una boccata di aria fresca qui, ora. Grazie signorina Wein, vada pure quando vuole dal CEO che, come le ho detto, non avrà ce piacere di vederla”.
Annuii e lui si congedò silenzioso ma visibilmente alleggerito da un carico forse troppo pesante anche per lui.
Avevo la sensazione che quell’uomo volesse davvero bene a Chanyeol, e ne fui sollevata perché sapere che al mondo ci fosse ancora qualcuno disposto a lavorare con amore e non solo per senso di sopravvivenza, mi dava la speranza che davvero ci fosse margine di miglioramento dal punto di vista umano in quel posto.
 
Presi i fogli, feci un respiro profondo e andai a bussare alla porta di Chanyeol.
Esitai per qualche istante avendo l’impressione che stesse parlando al telefono ma la mia mano fu più veloce del pensiero e immediatamente lui rispose:
“Avanti”.
Aprii velocemente e mi scusai ma col labiale mi disse: “Dammi un secondo, siediti” e obbedii. C’era qualcosa di diverso in quella stanza e pochi secondi dopo averlo percepito, notai che qualcuno aveva portato vicino alla scrivania un vaso con dei giacinti, quanto meno peculiare per l’atmosfera di Seoul.
“Va bene, ci vedremo sabato sera allora … certamente, sono sicuro le piacerà, avrete modo di conoscervi, la saluto e grazie”.
Rimasi ancora un po’ ad ammirare i fiori finché non attirò la mia attenzione con i suoi occhi enormi: “Signorina Wein, ti piacciono i fiori?”
“I fiori in generale non molto, i giacinti moltissimo, invece. Solo pensavo non si trovassero qui”
“E in effetti non vengono da qui, mia sorella è stata in viaggio di nozze in Italia e in qualche modo è riuscita a far passare i semi in dogana. Ha rischiato di essere arrestata per dei fiori, ma non si può negare siano affascinanti”.
Sorrisi, che un trentenne alto, muscoloso e impettito trovasse dei fiori affascinanti e lo dicesse con tanto orgoglio era, a sua volta, quanto di più affascinante io avessi visto.
 
“Sono d’accordo. Ecco qui il piano per Shanghai e i profili dei ragazzi inclusi i voti degli ultimi sei mesi. Di cui però farei buon uso. Penso che ricevano già abbastanza pressioni, ho visionato qualche video di prove in sala, sono visibilmente stanchi e provati. Forse anche un po’ meno basterebbe, che dici?”
“Si, credo anche io ma è per questo che ho bisogno di te”.
“E io sarò lì”
C’era solo un particolare della mia vita che non amavo a Shanghai ed era il mio ex: Kris.
Se da una parte quindi il pensiero di abbracciare nonna e vedere le carpe del Dragon Hole mi sembrava quanto di più bello al momento, dall’altra l’idea di potermi ritrovare Kris davanti in un qualunque posto e momento, mi faceva venire voglia di restare a Seoul.
E siccome il diavolo è sempre puntuale, per questione di ansia da prestazione sicuramente, proprio lì, in quel momento, il telefono decise di ricordarmi che anche io avevo dei punti da mettere.
“Tutto bene?”
“Si … solo che”
Avrei voluto tanto evitare, ecco.
“Rispondi”
E invece.
“Ci metto un secondo scusa … pronto?”
Dall’altra parte, ovviamente, l’ultima persona con cui volessi parlare nonostante per lui provassi dell’affetto sincero: “Jia? Come stai? Ho saputo che sei a Seoul e … volevo sapere se saresti tornata per San Valentino”.
Pensai di fingermi morta ma i morti non rispondono al telefono.
“Kris … si sono a Seoul e sarò a Shanghai per due settimane da Sabato ma dovrò lavorare, non so se mia nonna ti abbia detto qualcosa, mi hanno assunto alla Elite”.
Sembrò bloccarsi un attimo.
“Oh … il tuo capo quindi è Chanyeol”
Guardai incuriosita Chanyeol: conoscere Kris non era proprio un buon punto sul CV dato il soggetto. Bello, bravo a letto ma una catastrofe di essere umano nella gestione delle emozioni e, quindi, della carriera.
“Ehm … si, in effetti sono il suo vice. Lo conosci?”
Chanyeol sembrò farsi accigliato e questo mi fece capire, che il nome “Kris” non gli ricordasse nulla di buono. A conferma della sensazione, annuì e si passò una mano sul viso.
“Lo conosco. È un bravo ragazzo, purtroppo per lui. Va bene, allora visto che sarai qui con lui, se dovesse capitare di incontrarci, magari vi offrirò da bere.
Buon lavoro baby, mi manchi ma so come ti senti. ”
Attaccai più confusa di prima.
Studiai un po’ l’espressione di Chanyeol finché non si sentì forse costretto a parlare:
“è lui il tuo ex? Non è coreano, lo sai?”
“Si, non è lui il mio ex coreano infatti. Siamo stati insieme tre anni anche quando lui stava con un’altra e non me lo aveva detto. Era un trainee di un’etichetta coreana però, non ricordo il nome, solo l’ho conosciuto a scuola in America e poi lui è venuto qui ma so che non si è trovato bene ed è tornato in Cina. Sono felice gli vadano bene le cose ma … non so.”
“Ero anche io un trainee con lui. E l’etichetta era questa. Non te lo ricordi perché si chiamava PJY, come mio padre: Park Ji Yoon entertainment ed è diventata Elite perché chiamarsi PJY con JYP che iniziava a diventare la seconda etichetta d’Asia, non sembrava produttivo”
“Oh … ecco perché vi conoscete allora. Non avete un buon rapporto da quanto percepisco?”
“No. Ma non serve spiegarti il motivo adesso, magari ne parleremo più in là. E tu?”
“io cosa?”
“Tu … con lui ora, insomma”
“ Mi ha risucchiata, non è quello che voglio accanto a me. Non voglio una sanguisuga, deve imparare a gestirsi”.
 
Si concluse così una conversazione imbarazzante forse, ma anche l’unica in cui avessi mai ammesso di non essere più disposta a fare da badante e psicologa e mamma e moglie e figlia e sorella e boh a un uomo. Cercavo altro, e finalmente avevo il coraggio di dirlo: “Ascolta, io stacco alle 16:00 e vado ad Hanok Village da Miji, se dovesse servirti altro però verso le 20:00 sarò a casa, scrivimi pure quindi, ok?”
Mi seguì con lo sguardo mentre andavo verso la porta sperando di poter accantonare il discorso almeno fino a Shanghai.
“Riposati, domani dovremo preparare tanti di quei documenti che mi viene già da piangere e sabato partiamo presto. Salutami Miji ma non Kris se dovessi risentirlo”.
Ridemmo entrambi perché ognuno a modo proprio aveva sperimentato un animo piuttosto pesante, con pregi e difetti ma lui sembrava quasi infastidito dal suo arrivo nella nostra conversazione.
Stavo per uscire ma mi voltai di nuovo per un istante:
“Senti signor Park, me lo racconterai qualcosa della tua vita da trainee prima o poi?”
Sorrise e mise a posto i documenti dei ragazzi: “Non parlo mai di quel periodo ma penso di poter fare un’eccezione. Solo aspettiamo di essere a Shanghai, mh?”
“Andata”.
Shanghai sembrava la linea di confine tra il dolore e il futuro incerto. Mi chiesi se di lì a due anni avrei rinnovato il contratto o se me la sarei data a gambe.
Se è vero che al cuor non si comanda, Chanyeol, mi dava la sensazione di essere nella mia vita da ben prima di quella settimana e non riuscii a spiegarmi il motivo di questa sensazione. Fino al pomeriggio.
Alle 17:00 ero ad Hanok Village circondata da turisti in hangbok e cercai Miji con lo sguardo finché due manine in scala 1:10 mi salutarono e invitarono ad accelerare il passo.
Era ferma davanti ad un edificio che sembrava una semplice Guest House, ma il fatto che dovessimo vedere una fortune teller mi fece capire che l’apparenza inganna sempre, realmente.
“Eccoci, qui al 201 c’è la maestra Kim, è molto anziana ma sembra giovane ancora. Ti prego, qualunque cosa ti dica tu ringraziala e non lasciare soldi, si offenderebbe. Le compreremo dei fiori prima di andar via e li lasceremo qui fuori, vedi?”
Sul cornicione del giardino pensile, c’erano appesi fiori con etichette, probabilmente tutti di persone che avevano ricevuto letture positive, pensai.
“Ok ok, non sono tanto convinta unnie onestamente, ma se dici che potrebbe darmi una mano ad interpretare i messaggi di FeiFei, ascolterò”.
“Si Jia, fidati di me. Entriamo ora, abbiamo appuntamento e siamo state puntuali per fortuna”.
 
Seduta con gli occhi socchiusi, ad un tavolino basso arricchito di gemme e sacchetti di stoffe tipiche, una signora dai capelli ancora scuri e il viso segnato da qualche ruga, attendeva che qualcuno venisse a chiederle risposte.
La Maestra Kim, non aveva mai preso soldi da chi aveva aiutato ma tutti coloro che avevano ricevuto una buona lettura e fortunati esiti, erano soliti portarle spontaneamente offerte in cibo e bevande. Il suo vero lavoro, era appunto, l’insegnante. Lo aveva fatto per trent’anni prima di andare in pensione e ritirarsi nella sua casa che aveva trasformato in un rifugio per studenti e viaggiatori solitari. Nell’enorme casa, quella sola stanza era nascosta alla vista dei turisti, dietro i pannelli decorati del salotto e lei lì aspettava chiunque avesse il cuore in tormenta.
Puntuale, onesta, sicura, dall’animo giovane e mai giudicante, la signora Kim rivolse un sorriso accogliente a Miji e Jia e le salutò con calore prima di invitarle a sedersi di fronte a lei.
 
“Entrate care ragazza, siete puntuali, che bello. Sono felice di conoscerti, Jia”.
Trasalii un istante prima di ricordarmi che Miji avesse preso un appuntamento.
“Sei bella, la tua amica ha ragione, delicata con i lineamenti marcati. Ma il cuore infreddolito. Ditemi ora, cosa volete sapere?”
Presi i biglietti dalla borsa e glieli mostrai. I suoi occhi si riempirono all’istante di lacrime e il suo sorriso si estese al massimo, come se la buona notizia fosse già lì, davanti ai suoi occhi e fossi solo io tanto cieca da non vederla.
“FeiFei … cara FeiFei, sei sua nipote? Tu sei la bambina che ha trovato Rubla? Piccolo seme celeste, benvenuta!”
 
“Io …”
Miji annuì e mi prese la mano, segno che avrei dovuto lasciarla parlare.
“Maestra Kim, Jia ha bisogno di sapere come procurarsi la medicina per continuare a guarire dai dolori dei veggenti. Da quando è qui, ha conosciuto …”
 
Lei la fermò: “Ha conosciuto un bel giovane, sui 25-26 anni, alto e di buona famiglia ma tanto tormentato e col suo stesso male. Capisco”
 
“Io no, ed è per questo che vorrei tanto sapere cosa succede ahjumma. Per favore, se vedi qualcosa, dimmelo. Mia nonna mi dice di seguire i biglietti ma io ho bisogno di sapere chi possa aiutarla a recuperare la medicina dal fondo del pozzo”.
La maestra Kim mi prese le mani e mi guardò dritta negli occhi. Non sembrò persuasa di parlare chiaro ma poi si voltò e prese del filo rosso: “Vieni, dammi il polso sinistro. E dimmi quando parti”.
 
Sapeva che sarei partita, mi limitai a credere glielo avesse detto Miji.
“Sabato mattina”.
Lei annuì e mi legò un pezzo di filo al polso.
“Se sabato mattina ti accorgerai che il giovane uomo indossa questo stesso filo, quando arriverai a Shangai, lo porterai da FeiFei e lei ti manderà al Dragon Hole. Lì, troverai la risposta alla tua domanda. Te la darà una donna. Sii aperta Jia, sii sempre aperta anche quando chi hai davanti, ti sembrerà indegno di esserci e lasciala parlare. Stai lontana dalle fiamme che ti abbagliano se ti hanno già bruciata. Ecco qua”.
Prese dei petali di rosa rossi e me li porse insieme ad un’ampolla.
“Questi mettili sotto il cuscino del tuo letto quando sarai a Shanghai. Vivi. Sei sopravvissuta già, adesso vivi Jia. Devi vivere”.
 
Per qualche motivo l’odore dei petali mi fece sentire a casa, respirai a lungo e lasciai andare la tensione, non avevo capito fino in fondo il messaggio ma pensai di dover guardare il polso di Chanyeol di lì a Sabato: “Il polso sinistro?”
“Si, se il filo sarà lì Sabato mattina, questo sarà il viaggio della risposta. Preparati a lasciar andare la stanchezza e ad accogliere i frutti delle tue lacrime. Andate ora, prima che faccia notte devi essere a casa”.
 
Quest’ultima frase preoccupò Miji che mi prese di nuovo la mano e mi invitò ad uscire. Ci congedammo con tanti inchini e ringraziamenti che la testa mi girava.
“Unnie, i fiori per la Maestra?”
“Non stasera Jia, devo portarti a casa adesso”.
 
Dall’altra parte della città, qualcosa agitava il giovane CEO, tenendolo fermo sulla poltrona girevole con davanti il contratto prematrimoniale che si era rifiutato di firmare e il contratto di Jia dall’altro.
Chanyeol non era mai stato tipo da fiamma veloce ma l’aura di Jia era forte, si sentiva in una bolla quando gli parlava e gli sembrava così assurdo fossero passati pochi giorni dal suo arrivo.
Non capiva questa sensazione di familiarità e si disse che sua nonna, fosse stata viva, lo avrebbe mandato ad Hanok Village, dalla sua amica Aera Kim per una lettura chiarificatrice.
“Ma come ti viene in mente, la fortune teller adesso.”
Tentò di convincersi dell’assurdità di quel pensiero che si era affacciato nella sua mente.
“E se fosse sveglia … non ho un appuntamento …aish”.
Però l’idea di voler cercare una spiegazione lo teneva con lo sguardo fisso su quei fogli. Così chiamò il segretario Lim.
“Per favore, ho bisogno di un’ora o due forse libere, dica ai ragazzi che domani darò loro istruzioni per le prossime due settimane e vada a casa presto, non c’è motivo di restare. Faccia riposare anche loro. Stasera fingiamo sia bank solida, ok?”
 
Lim era confuso dall’improvviso bisogno di fare altro che lavorare di Chanyeol, da anni si era gettato a capofitto sul business e i conti da far quadrare. Non fece ulteriori domande tutta via e si limitò a dare l’ok, lasciare l’ufficio e avvisare sua moglie che, per una sera, avrebbero cenato insieme.
Chanyeol prese le chiavi del Porsche, scese velocemente e iniziò a guidare senza rifletterci su ulteriormente verso Hanok Village. Erano le 16:30 e, per un soffio, quando arrivò davanti al 201 non incrociò Miji e Jia che avevano appena lasciato la Guest House.
Dal canto suo, Jia non ebbe gran ché da fare se non iniziare a preparare i bagagli per le due settimane successive. Si disse che qualunque cosa fosse successa, le telefonate con FeiFei le avevano fatto sentire tutta la stanchezza di sua nonna, ormai quasi novantenne, che forse stava mollando la presa dalla vita terrena e aveva solo bisogno di sapere sua nipote al sicuro.
Le scese una lacrima perché quell’infanzia da romanzo storico, le aveva permesso di riscattarsi da quello che sembrava un brutto finale già scritto da un pessimo inizio.
“Cosa farete a Shanghai? A parte lavorare, intendo”
“Vorrei portare Chanyeol da FeiFei. Non perché lo abbia detto la fortune teller, ma perché ci avevo già pensato per qualche altro motivo. Mia nonna non ha espresso il desiderio di sapere per chi io stia lavorando ma convivo con la sensazione lo sappia già”.
Miji si chiuse per qualche secondo in un silenzio riflessivo.
“Anche io credo lo sappia già. Lo porterai al Dragon Hole?”
Ci pensai su. C’ero stata poche volte e ogni volta con la sensazione che non ne sarei uscita viva benché ci fosse una muraglia tra le persone e il pozzo.
“Vedremo. Deciderò sabato mattina unnie”.
“Brava ragazza. Io vado a casa, chiamami se hai bisogno di aiuto con i bagagli e vediamoci domani, voglio salutarti e darti il mio charm di buon viaggio, mh?”
“Va bene, grazie di tutto. Mandami un messaggio quando sei a casa”
Scosse la testa che, no, non sarei mai cambiata. La sindrome della mamma la chiamava, il bisogno di proteggere chiunque amassi ma, almeno, col tempo avevo imparato a non proteggere ad ogni costo anche chi sapeva solo farmi male.
 
Per la prima volta in tanto tempo, nessun viaggio portò lontana tra i sogni Jia che era ormai abituata a mettere una sveglia alle 3:00 per spezzare la notte e non trovarsi ad affogare tra le acque del Dragon Hole.
Quando l’alba mosse i primi passi su una Seoul senza sosta, si accorse di aver dormito quasi otto ore senza problemi e, ancora una volta, riuscì a scorgere solo il lato buono di quella convivenza con la sensazione sorda di quello strano dolore.
Si mosse lentamente tra le coperte calde cercando di distendere i muscoli e la mente, poi accese i led che aveva sistemato come piccole lanterne sulla spalliera del letto e osservo in silenzio la sua stanza come fosse il suo primo risveglio lì.
La moka elettrica era fissata per le 6:30 e l’odore del caffè riempiva casa, le dava l’impressione di sentirsi meno sola ma senza “l’incubo” o presunto tale di avere qualcuno sempre accanto a cui far pesare i propri giorni blu.
Decise di fare qualche respiro profondo, radicarsi un po’ e poi alzarsi passando prima per la doccia e infilando l’accappatoio profumato di ammorbidente e incenso.
I suoi piccoli rituali mattutini la lasciavano tranquilla di essere sempre la stessa ovunque si trovasse.
Seduta adesso su uno sgabello, al tavolo alto vicino alla cucina, sorseggiò il caffè ancora caldo e preparò un infuso di tea rosso e cannella che avrebbe poi messo in un thermos e portato con sé al lavoro.
L’abc, chiedeva forse solo questo alla vita, glielo chiedeva forte però, di lasciarle almeno poche piccole certezze a cui aggrapparsi mentre fissava le benedizioni della sua vita e si sentiva scivolare i pensieri verso un continuo: “Si, ma cosa manca?”.
Perché, qualcosa, a Jia mancava sempre.
 
Uscii di casa che ancora non capivo come avessi fatto a dormire tutte quelle ore senza perdermi in qualche altra vita, ero abituata alle mani di FeiFei o qualche strana figura che mi salvavano dal fondo di quel pozzo e alla sensazione di non uscirne più.
Ero così abituata che arrivai in ufficio senza neanche rendermi conto di aver camminato, tanto ero immersa nei pensieri.
Entrai velocemente pensando fosse tardi, invece ero in anticipo di qualche minuto, così sistemai le tende nuove che avevo comprato pochi giorni prima, l’elenco dei documenti da preparare era già sulla scrivania e non passarono più di dieci minuti tra me che iniziai a sistemarli nelle cartelle e qualcuno che bussò alla porta:
“Segretario Lim, buongiorno!”
“Non sono Lim”.
Il CEO era uscito dal guscio.
“Ciao, come va? Sei pronto?”
“No, ma non lo sono mai per gli aerei. Volevo darti queste, sono schede riassuntive dei collaboratori di Elite China, ti torneranno utili quando proveranno a comandare al tuo posto”
“Grazie, ne farò buon uso”.
Sembrava ci fosse altro, così aspettai me lo dicesse.
“E poi … a pranzo, verresti con me in un posto?”
Non me lo disse in modo solenne ma suonò come tale, pensai che fosse più strano del solito quella mattina.
“Ma certo, avrò finito per le 12:00”.
Sorrise forse sollevato dal mio momentaneo non opporre resistenza.
“Grazie, bene. Buon lavoro allora”
La cosa divertente era vedere l’assenza di modulazione tra il momento in cui era Chanyeol e quello in cui tornava il CEO Park.
Quando arrivò mezzogiorno, scesi nella hall dell’edificio e mi dissi che prima di partire avrei dovuto prendere un regalo a FeiFei.

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Capitolo 7
*** Il filo rosso, pt2 ***


Quando scese le scale mi trovai per la prima volta nella posizione di tutte quelle ragazze del piano terra che lo vivevano da quella prospettiva ogni giorno e pensai che fosse davvero, davvero bello.
Lo iniziavo a pensare fin troppo spesso e fin troppo spesso sentivo il bisogno di uscire di casa pronta per una sfilata più che per una giornata tra le carte e la burocrazia discografica.
“Allora CEO Park, dove mi porti?”
“Ti porto al mio ristorante preferito ma solo perché ho preso informazioni e so che tu e il sashimi avete un rapporto molto stretto”
“Io e il sashimi, che bella storia d’amore. Fosse sempre così … certo sarei una cannibale ma che importa, no?”
“Non lo so, devo pensarci. Sei bella signorina Wein. Oggi più del solito”
 
Mi limitai ad abbassare lo sguardo per l’imbarazzo nonostante fosse un termine abbastanza fuori dal mio dizionario, sentii un po’ troppo caldo per credere di non essere arrossita e mi pentii all’istante di non riuscire ad essere la solita Jia.
 
“Sei diventata rossa? Sei proprio tu o hai mandato una mutante che ti somiglia?”
“Smettila! Grazie per il complimento però, puoi continuare se vuoi”
Recuperai in corner un po’ di fare altezzoso e lui rise dei miei swing emotivi: “Bene”
Mi porse il braccio: “Allora sappi che anche quando arrossisci, sei davvero bella”.
 
Mi chiesi quale salto spazio temporale ci avesse portato a quella conversazione ma mi limitai a seguirlo fuori dove l’auto era già pronta per portarci:
“Dal signor Hurakami, il ristorante si chiama Momoyama, lui è qui da vent’anni e fa il miglior sushi di Seoul, eccolo lì, vedi?”
Era in cima all’hotel Lotte, vicino casa di Miji.
“La tua spia quindi e Miji?”
“La mia spia è Miji ma questo è davvero il mio ristorante preferito … tieni ho una cosa per te”
Mi porse una bustina di pergamena di riso, la aprii stando attenta a non romperla e dentro aveva l’ultima cosa che mi sarei aspettata in quel momento.
“Sono chiavi?”
“Si, sono le chiavi dell’Elite building di Shanghai e qui. Fa parte del contratto ma non volevo farne una cerimonia formale, le cerimonie mi stressano, lo avrai capito”
“Si lo avevo intuito. Quindi niente matrimonio?”
“Uhm … a Shanghai o qui quando torniamo?”
“Non con me, parlo dell’ugola d’oro che urlava in ufficio l’altro giorno!”
“è incredibile tu abbia dell’imbarazzo nascosto sotto quello sguardo assassino. Comunque no, non basterebbero cento anni per convincermi a sposare Young Ji. Non ha niente che non vada, siamo solo due mondi paralleli. Lei mi trova attraente ma tanto quello poi passa”.
“Lo posso capire”.
Si voltò un secondo verso me: “Perché, ci hai pensato con Kris?”
Impallidii sta volta probabilmente, io con Kris pensavo al massimo se uscire direttamente senza mutande sotto i vestiti.
“Kris? Ma sei matto? Non so quanto tempo tu ci abbia passato insieme fuori dal training, io gli ho voluto davvero bene ma più di due ore non riuscivo proprio a starci nello stesso spazio vitale”
Si accigliò un po’, come se non si aspettasse tanto cinismo tutto di colpo.
“E perché ci sei stata tre anni?”
Ci pensai su, intanto eravamo arrivati con un ascensore a vista sull’attico dell’Hotel Lotte e un cameriere in tiro, ci aveva accolti con un inchino scortandoci ad un tavolo da cui si vedeva Namsan Tower quasi come fossimo sul suo stesso piano.
“Avevo la sensazione che anche se avessi voluto esternare il dolore che sentivo, non sarebbe interessato a nessuno. Avevo trovato un modo per sfogare la rabbia e ho cercato di rifugiarmi lì più a lungo possibile. Poi però è arrivata davanti alla porta di casa mia Xiao, una ragazza che abitava a pochi metri da me e mi ha detto della sua storia con Kris. Io ero già abbastanza disincantata, se ci penso mi spiace ancora più per lei che per me. L’ho lasciato subito comunque, perché al posto di Xiao avrei potuto esserci io e per me non lo avrei mai voluto”.
Lui girò lo sguardo verso la città, come se quel discorso non gli fosse troppo distante, per un attimo sentii il movimento nervoso delle sue gambe sotto il tavolino ma si placò subito per poi restituirmi la versione opposta dei fatti.
“Peccato che Xiao stesse tradendo me con Kris”.
 
Quella frase mi congelò all’istante, non solo perché il caso non era mai stato parte del mio bagaglio di credenze spirituali ma perché dalle mani giunte e i gomiti puntati sul tavolo, la manica della giacca leggermente più corta del polso, lasciò spuntare un filo rosso. E non era ancora sabato.
 
“Scusa. Cos’è quello?”
Lui si guardò il polso sinistro e scosse la testa.
“Mia nonna era amica di una signora ad Hanok Village, è la signora Kim e sta …”
“Al 201 di Hanok village, nella guest house”
Chanyeol sbarrò gli occhi che sembrò poterci inglobare un pianeta intero.
“La conosci?”
“FeiFei la conosce. Miji mi ha portata lì ieri pomeriggio per presentarmela”
Eravamo entrambi scossi dalla situazione ma il cameriere decise di allentare la tensione a sua insaputa chiedendoci cosa volessimo ordinare. Chanyeol chiese:
“dica allo chef che Chanyeol è qui per favore, saprà cosa fare”.
Quello per fortuna fu ben felice di non dover scrivere e con tre riverenze sparì all’interno del locale per poi ricomparire qualche minuto dopo a riempire il nostro silenzio denso di sguardi.
“Ecco a voi, fate buon pranzo signori”
Sorridemmo entrambi e ringraziammo il giovane moderatore inconsapevole.
“Tua nonna conosce la signora Kim che è amica di mia nonna. Tua nonna è mai stata qui?”
Feci un recap mentale dei racconti di FeiFei.
“Credo di si, da giovane. Mi ha raccontato di aver amato un ragazzo una volta, prima del mio nonno adottivo ma di aver fatto ritorno a Shanghai non appena lui si era sposato con un’al …”
“Che c’è?”
“Perché sei andato dalla signora Kim?”
“Oh … perché stavo impazzendo. Avevo bisogno di una risposta e anche se so che è solo intuizione e che leggere gli astri non sia la risposta definitiva alle nostre domande, la signora Kim è sempre stata un importante punto di riferimento per noi. Non riuscivo più a fare i conti da un’ora ormai, sono andato lì verso le cinque e ho mandato a casa prima anche Lim. Credo abbia pensato di dover chiamare un esorcista”.
Concluse la frase con un riso amaro. Ma io volevo sapere adesso.
“Io ero appena andata via”.
“Da dove?”
“Dal 201. La signora Kim mi ha detto di sbrigarmi ad andare a casa che avevo già avuto tutte le risposte possibili per il momento”.
 
Gli occhi di Chanyeol, finalmente, caddero sul polso sinistro di Jia.
L’indovina gli aveva detto che se Jia si fosse presentata all’aeroporto con un filo rosso legato al polso sinistro, sarebbe stato il suo segno che le cose sarebbero andate per il meglio. Si accorse all’improvviso che la signora Kim, sua nonna e FeiFei per qualche strano motivo, avevano saputo del loro incontro prima di chiunque altro e si sentì invaso da una paura fortissima ma un bisogno altrettanto forte di sapere cosa tutto ciò potesse significare. Era Jia a potergli garantire la guarigione? Era Jia la cura? Era lui la cura di Jia o era solo un incontro volto alla crescita del business dopo anni di fatica? Di una cosa era certo: quella signorina Wein era piovuta dal cielo solo grazie ad una scelta casuale fatta per la prima volta badando al contenuto più che alla forma. Eppure era una forma bellissima. Era evidentemente frutto di un mix di geni che forse non avrebbe lei stessa mai ritrovato nel proprio DNA ma indossava la propria storia con orgoglio ed eleganza senza piangersi addosso e senza farsi scudo del tradimento ricevuto a pochi giorni dalla sua nascita, per smettere di guardare negli occhi la gente e provare a sorridere.
 
“Io … “
Cercai di non farlo parlare perché in quel momento sarei stata in grado di darmela a gambe se avesse proseguito: “Lo so. Ne parliamo a Shanghai? Credo di sapere dove tu debba andare, ok? E mi dispiace per Xiao”
“Per Xiao? Guarda che è lei che ha tradito me”
“L’ho capito. E confermo che è per lei che mi dispiace”.
Mi sfiorò la mano quasi senza farci caso distogliendo di nuovo lo sguardo forse toccato ancora un po’ dal ricordo del tradimento. Mi chiesi se gli avesse fatto più male quello di lei o quello di Kris e mi dissi di aver avuto la più grande botta di fortuna della vita, la seconda anzi, ad ottenere quel lavoro perché stavo trovando qualcosa di bello in quella città così strana. Mi sentivo accolta, avvolta e leggera. Chanyeol acconsentì di nuovo a rimandare tutto a Shanghai e con un respiro profondo di entrambi, tornammo a parlare di cose decisamente più terrene e a goderci l’idea che due settimane di lavoro/vacanza, ci avrebbero sicuramente liberato la mente e fatto spazio per tutto ciò che sembrava avvicinarsi.
 
“Con i documenti come siamo messi?”
Presi la lista sul telefono: “Abbiamo tutto, stamattina ho cercato di chiudere almeno quella valigia altrimenti stasera avremmo avuto più di un problema. Perché non lasci lì tutte quelle carte?”
“Perché non mi fido, non ho un amministratore fisso in Cina, c’è un gran via vai e non voglio che la privacy dei ragazzi sia messa a rischio. Sono decisamente più intransigenti lì. Comunque, se vuoi puoi prenderti il pomeriggio libero per salutare Miji o preparare con calma i bagagli …”
La lingua non fu così accondiscendente nel dar tregua alla mia mente ancora un po’ provata: “Nah, ho già preparato tutto e Miji mi aspetta stasera con uno shot di soju già in mano sull’uscio della sua porta”
Rise, probabilmente iniziavamo a sembrare un gruppo di alcolizzati.
“Allora torni con me in ufficio?”
“Direi proprio di si, preferisco parlare un po’ con Lucas, WinWin e Taeil prima di partire”.
“Mh … penso che passerò anche io dai ragazzi stasera”.
 
Il fatto che volesse salutarli mi fece sentire un altro grammo di speranza affiorare, che davvero quel modus operandi potesse giungere ad una svolta finalmente e che si potessero ridurre quelle distanze così estreme tra Chanyeol e ragazzi poco più giovani di lui. Che, forse, più “piccoli” sarebbe ancora stato il termine appropriato.
Non mi piaceva quel fare da padrone/operaio di fabbrica in un ambiente in cui si sarebbe dovuto dal valore all’arte. L’arte non ha operai, al massimo artigiani e ha bisogno di aria per volare alta.
 
Si fecero strada verso l’uscita, faceva freddo ma il sole sembrava ricordare a entrambi l’inizio di una nuova era, un raggio di luce sulle ombre del passato, un passato così recente e così pesante al contempo.
Seoul era al picco dell’attività giornaliera, qualche turista camminava a rilento e nell’abitacolo dell’auto risuonava “Breathe” di Lee Hi.
 
“Questa canzone è così triste e liberatoria allo stesso tempo”.
Chanyeol annuì, trovava spesso sollievo nell’ascoltarla.
“Eccoci, aspettami qui, parcheggio in garage così stasera scendo in ascensore, devo portare via un po’ di vecchi strumenti”.
 
Aspettai davanti all’entrata godendomi ancora un po’ il sole nonostante il freddo secco mi bruciasse un po’ la pelle a momenti. Non avrei avuto granché da fare ma ero decisa a lasciare dei compiti ad alcuni dei ragazzi.
Chanyeol risalì velocemente e tornammo dentro forse con la stessa sensazione di ansia mista a voglia di vedere come sarebbe evoluta quella situazione così ambigua.
Arrivati di fronte alle porte dei nostri uffici, ci salutammo come stessimo entrando ognuno in casa propria con un cenno della testa, Lim aveva lasciato la valigia con i documenti vicino alla mia scrivania ma aveva poggiato sulla mia agenda un biglietto per dirmi che l’avrebbe presa lui la sera stessa e di non preoccuparmi per l’indomani mattina, che il CEO Park sarebbe passato a prendermi alle 6:30 per andare in aeroporto insieme.
Sorrisi come un’ebete, pensai di aver già corso abbastanza con la mente per quel giorno ma che non potesse che farmi bene un po’ di sana frivolezza pesante com’ero sempre stata nei rapporti umani.
Ricontrollai i profili dei trainees e dei collaboratori per imparare qualche nome, segnai in agenda gli appuntamenti che avrei avuto al mio ritorno e appuntai qualche frase in cantonese di cui dovevo spesso rinfrescare la memoria.
Verso le 15:30, sistemai tutto di nuovo in valigia per Lim, presi il pc, lo misi in borsa e decisi di andare dai ragazzi per poi volare dritta a casa e infilarmi nella jacuzzi per preparare le gambe al trauma dell’aereo.
Prima, però, bussai alla porta di Chanyeol.
“Venga Lim!”
Aprii ridendo: “Beh in effetti qualche somiglianza potrebbe esserci nel tratti somatici, non trovi?”
Scosse la testa passandosi una mano sul viso: “No, per fortuna no. Stai scendendo ora?”
“Si. Mi chiedevo se volessi scendere anche tu, non che tu abbia bisogno di un supporto morale ma …”
“Scendo con te, si. Non mi vedono mai, si spaventerebbero se andassi da solo, penserebbero ad un licenziamento di gruppo probabilmente”.
“Allora sarà meglio indossare un’espressione meno autoritaria per l’occasione, mh?”
Sospirò rassegnato: “Ci proverò”.
“Bravo … andiamo va”.
 
Stavano uscendo dall’ascensore interno per andare in palestra quando Chanyeol prese con delicatezza il polso di Jia facendola fermare.
“E comunque …”
Le disse con gli occhi fermi nei suoi
“Anche a me dispiace per Kris”.

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Capitolo 8
*** Cold Hands ***


La sveglia suonò alle 5:30, guardai la valigia come fosse colpa sua quell’alzataccia ma il mio pensiero passò subito alle circa due ore di viaggio su un aereo dove mi avrebbero portato il caffè col piattino di porcellana e al fatto che non avrei potuto sfruttare la luce colorata della prima classe per dormire.
Misi su il tea, preparai la colazione e iniziai a rendermi presentabile, decisi tutta via di infilare un completo morbido che mi permettesse di muovermi bene, ero già abbastanza maldestra in ciabatte e pigiama, i tacchi per volare non sarebbero stati una buona idea così presi dalla scarpiera le scarpe più comode che avessi ripromettendomi di non inciampare sul trolley appena arrivata a destinazione.
Mentre cercavo di fare mente locale, mi accorsi di aver lasciato il telefono acceso tutta la notte. C’era già un messaggio di Kris che mi chiedeva di scrivergli appena fossi arrivata. Mi chiesi quanto fosse sensato accanirsi sulle abitudini che sembrano buone finché non se ne guardano i dettagli penosi. Ogni volta che mi alzavo del letto la mattina, sentivo una specie di nodo allo stomaco, come se qualcuno mi stesse sussurrando: “Ecco qua, ci risiamo, altre 24h per te”.
Una sorta di ticket rinnovabile con la vita che mi ricordavo ormai spesso di ringraziare per avermi resa tutto ciò che avrei sempre voluto.
Però ero lì, persa tra i miei ‘grazie’ con un buco al centro come un puzzle di cui perdi proprio l’ultimo tassello.
Mi misi seduta con un occhio fisso sull’orologio del salotto, erano le 6:00 in punto ed eravamo lì io, il mio tea rosso, la mia frittata di albume e la radio accesa che già all’alba preferiva parlare di gossip che raccontare qualche bella storia. Forse il gossip era la bella storia della gente comune, alla fine. Per me le belle storie erano diventate sempre più simili ai K Dramas  da un paio d’anni a quella parte, me la prendevo a tratti con la disperazione di sapere che esistesse una normalità banale e piacevole, dall’altra con la voglia di sapere come si stesse ad essere davvero innamorati. Per qualche strano motivo, a quel punto la mente mi portò all’attenzione l’espressione di Chanyeol di fronte al mio filo rosso. Sorrisi dandomi dell’inguaribile post romantica e mi decisi a truccarmi, prendere la giacca, controllare di aver chiuso acqua e gas e innaffiare le piante prima che la puntuale telefonata del mio capo, arrivasse a svegliarmi del tutto:
“Eccomi! Devo portare qualcosa?”
“No, ho preso tutto in ufficio, scendi quando sei pronta. Non abbiamo fretta”.
 
Approfittai della sua pazienza per tornare in bagno e darmi un’occhiata, un altro sguardo a casa e presi una sciarpa.
Lo avevo visto poche ore prima ma mi sembrò più stanco e affaticato invece che riposato, non doveva aver dormito granché, eppure riusciva ad essere impeccabile ugualmente.
“Buongiorno! Ti ho portato una coperta, tieni”
Mi porse un plaid e lo poggiò sulle mie gambe, mi sembrò FeiFei nei panni di uno con cui mi sarei addormentata e svegliata volentieri per un po’. Un bel po’.
“Grazie! Hai dormito?”
“Non molto. Non molto. Mi farà bene stare lontano per qualche giorno. Sei bella miss Wein, neanche tu hai riposato bene ma anche stamattina sembri uscita da una vetrina.
“Ma smettila!”
“Ma è vero, sei contenta di andare a casa un po’?”
“Mmh … si, di andare a casa si”
Mi guardò di sfuggita con fare indagatore: “Ma …?”
“Ma preferirei non inciampare in Kris. Invece sembra proprio inevitabile”
“Non sono proprio adatto a dare consigli su come evitare le situazioni stressanti.
Tutto ciò che posso dirti, è che se non vuoi vederlo da sola puoi invitarlo a raggiungerci in ufficio così ci sarò io, ci sarà il personale e non avrà troppa libertà di azione. Sentiti libera”
“Non ti da fastidio vederlo lì?”
“Si che mi da fastidio, ma non si tratta di me adesso. Quindi, ripeto: sentiti libera. Ok?”
“Grazie. Tu hai dei giorni liberi?”
Prese una borsa nel sedile posteriore, una di quelle che vanno a tracolla e mi fece segno di aprirla: “Prendi il telefono per favore, così controlliamo l’agenda”.
“Ma io …”
“Tu, esatto”.
Rise scuotendo leggermente la testa e io mi sentii per un attimo fuori ruolo ma lieta di poterci stare.
“La password è 117229”
“Egocentrico.”
“Moltissimo. Allora, che dice l’agenda?”
“Che sei libero domani, lunedì e giovedì. Quindi credo sia lo stesso per me?”
“Credi bene. Hai in mente qualcosa?”
“Si, c’è un posto dove vorrei portarti, se per te va bene”.
Eravamo arrivati al parcheggio dell’aeroporto, si sistemò in modo che per i successivi 15 giorni l’auto non desse fastidio a nessuno e poi spense il motore. A quel punto, mentre slacciavamo le cinture, tolse delicatamente la coperta dalle mie gambe e guardandomi disse: “Ovunque tu voglia, signorina Wein, ti seguirò”.
Stava prendendo tutto una piega così strana che decisi di rimandare i commenti a FeiFei. Era così bello, che anche mi avesse seguita davvero ovunque, non me ne sarei lamentata sul serio.
Mi arrivò un messaggio di Miji che si assicurava avessi fatto colazione e preso un pigiamo pesante. A volte sembrava la mia terza madre, ma anche l’unica che si fosse mai preoccupata di farmi stare al caldo tra le tre, esclusa nonna Fei.
“ah … quando torniamo, impari a guidare a Seoul. Non accetto scuse”.
“Ma non guida nessuno a Seoul!”
“Tu guiderai. Non voglio decidere al posto tuo, ma devi essere tranquilla di poterti spostare come e quando vuoi anche quando sarai sola”
Mi preparai mentalmente al traffico mortale e agli automobilisti stressati ma mi dissi che qualora lui fosse partito per la leva militare, avrei avuto bisogno di spostarmi con più flessibilità anche senza autista, perché faceva orari ben diversi dai miei e per quanto fossi vicina a casa, sarebbe stato più sicuro uscire dal garage che a piedi, la notte.
“Andata. Lo accetto solo perché quando ti faranno fare il soldato per quasi due anni non potrò abbandonare la nave prima di mezzanotte. Però potrei dormire in palestra. Ci devo pensare bene, ne riparliamo al rientro!”
“Smettila! Sei perfettamente in grado di farlo, visto tutto quello che già fai. Quindi hai intenzione di firmare il rinnovo? Devi trovarti proprio bene”.
Touché.
Ci avvicinammo al checkin con un po’ di anticipo ma riuscimmo a farlo ugualmente, l’hostess guardava Chanyeol come fosse sotto incantesimo e mi venne da ridere al pensiero che forse lo avrebbero guardato così tutte le donne che avremmo incontrato di lì in avanti.
Guardò poi anche me con la stessa aria sognante e ci salutò con un fin troppo sentito: “Buon viaggio a lei e la sua signora, signor Park”.
Lui sorrise soddisfatto, io lo guardai come fossi appena caduta da un albero ma non mi diede il tempo di contraddirla: “Grazie, lo sarà sicuramente”.
Ci allontanammo ed io continuai a sentirmi una pera crollata al suolo per un po’, finché lui se ne accorse forse e mi mise un braccio intorno alle spalle.
“Hai freddo ancora?”
Tornai lucida ma non troppo.
“Un po’, starò bene se avranno pietà e accenderanno i riscaldamenti.
“Ci saranno le coperte anche in aereo. Adesso ti va di guardare gli appuntamenti dei prossimi giorni mentre aspettiamo?”
Annuii e ci sedemmo ad una delle panche in attesa dell’annuncio del gate, presi l’agenda e la penna e iniziai a prendere appunti.
“Domani puoi fare visita a tua nonna se vuoi, è domenica, non ci sono cose da fare in ufficio ma io andrò ad incontrare i trainees nuovi. Decidi tu come organizzarti, a pranzo o a cena però dovrò presentarti Huang, il supervisore dei ragazzi”
“Da nonna andremo lunedì, se per te va bene. Passerei prima da lei per poi andare dove ti dicevo, è di strada”.
“oh … certo. Allora Huang vediamolo a pranzo così saremo più liberi la sera”
Ah, interessante.
“Ti farò conoscere i ragazzi e le ragazze prima”.
“Bene. Riesci a gestire tutto questo?”
“Assolutamente no, lo hai visto dalla quantità di rimedio di tua nonna che impiego per farlo. Ma non riesco ad immaginarmi fare altro, certi giorni vorrei mollare tutto poi mi dico che, infondo, almeno la musica mi è stata sempre accanto”.
Fu un sorriso amaro quello di Chanyeol in quel momento, perché sapeva di essere onesto e consapevole della tua condizione. Se si fosse staccato da quel lavoro, non avrebbe davvero saputo cosa fare della propria vita e doveva tenere fisso il focus sull’amore che provava per quell’arte a cui dava benzina. Soprattutto per non rischiare di trasformare tutto in un incendio nei giorni in cui proprio non sopportava il clamore che lo circondasse e la solitudine che lo tormentasse dentro.
Guardò Jia e cercò di ricomporsi, almeno fisicamente, la vedeva così bella e libera nonostante l’evidente tensione verso il futuro, le avrebbe voluto dire di dare un’occhiata al presente, che stava lavorando bene e che non serviva tutta quell’ansia di masticare istanti per vivere, le sarebbe bastato sentire addosso, tutta la luce che le vedeva intorno.
“Perché mi guardi così?”
“Hai un sacco di cose da gestire anche tu ma ti preoccupi di come gli altri facciano a gestire le proprie. Stai cercando di privarmi del mio amato egocentrismo per caso? Che sagittario sei?”
“Pft, dovresti ritenerti fortunato, non molti possono dare testimonianza della mia benevolenza, Park Chanyeol”
Mi accarezzò la testa come fossi un gatto: “Ma io so di essere fortunato, Wein Jia. Il gate è il 258, pronta?”
“Mai. Andiamo”.
Rise di me e della mia ansia da volo, ma una volta sull’aereo si assicurò che mi dessero un calmante e una coperta: “Sei ghiacciata dio mio, appena atterriamo ti porto in un negozio di abbigliamento sciistico, non c’è modo di scaldarti”.
Chanyeol le prese le mani cercando di scaldarle un po’, poi le passò anche la sua coperta e Jia chiese un tea nella speranza le fosse di aiuto.
“Sai cosa dice sempre mia madre?”
Sbirciai il suo profilo mentre le mani iniziavano finalmente a cambiare temperatura.
“Cosa?”
“Che se qualcuno ha le mani tanto fredde, è perché ha avuto un tempo il cuore estremamente caldo”.

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Capitolo 9
*** Retaggi, ricordi, atterraggi. ***


Lo avevo avuto davvero il cuore caldo, un tempo.
Cercavo sempre una soluzione a breve termine, qualcosa che mi accendesse almeno un istante e poi scappavo perché le emozioni mi davano il volta stomaco e tornavo ad amare la routine con calma: tea rosso, albume, caffè, allenamento, doccia, lavoro, un’uscita ogni tanto per bere o prendere ossigeno e qualche parola detta cantando in un pub vicino casa.
Poi era arrivato Kris. E io avevo smesso di scaldarmi.

“quando è stata l’ultima volta che hai cantato dal vivo?”
Si accigliò un po’, ma non potevo aspettare Shanghai per tutto e fissarlo mentre con i polpastrelli si torturava le labbra in cerca di chissà quale informazione nei meandri di quella testa così impenetrabile, all’apparenza.
Come la mia, forse,
“Direi due anni fa. Si, due anni. Prima di prendere il posto di mio padre”
“Non ti manca?”
“Mio padre o il palco?”
“Entrambi”
“Mio padre è stato un bravo papà ma non era il mio. Quindi mi manca come figura di riferimento ma non riesco a sentire di aver perso proprio … non so se …”
“Capisco. Anche nel mio caso sarebbe lo stesso”
“Ecco. Non riesco a farlo capire a nessuno a parte mia sorella …il palco invece no. Mi manca la musica come la vivevo in quegli anni. Quando ho iniziato a scrivere, a comporre, studiavo per amore e sentivo qualcosa dentro che mi impediva di smettere anche nei momenti peggiori, anche quando iniziavamo a provare alle 5:00 e finivamo la mattina dopo, andava bene. Poi ho perso l’amore però. Ho iniziato a sentire una specie di dolore così strano, silenzioso e sordo ma …”
In quel momento una lacrima gli rigò il viso, cadde veloce sulla pelle liscia e non sappi se sentirmi in colpa o grata per aver visto qualcosa di diverso al mondo da ciò a cui ero abituata.
“Scusa, non ne parlo mai perché … non ha senso ma è così”
Scossi la testa, convinta che comunque fosse andata, ne sarei uscita rigenerata da quel pezzo di vita in Corea: “Se piangi è perché ti sei stancato di stare male. Quindi non dovresti evitare di parlarne, prova invece a farlo più spesso”.
Sorrise e mi accarezzò la testa con delicatezza: “Non hai tolto il filo?”
“No, tu lo hai tolto?”
“No, la signora Kim sa essere convincente. E stavolta sentivo fosse giusto tenerlo anche io”.
“Mh. Anche io”.
Annuì e prese le cuffiette dalla tasca della giacca: “Tieni, queste erano destinate ad un album prima che lasciassi il training, dimmi se ti piacciono ma prima dimmi perché tu non canti più. Per favore”
Ci pensai su un momento, non ero certa di avere una spiegazione logica, in fondo in mio maestro era stato il suono delle montagne e del fiume, degli strumenti a fiato strani di FeiFei e avevo imparato a lasciarmi andare alle note come all’aria senza mai badare troppo a cosa ci fosse fuori dall’amore per la musica come appoggio morale, come mano sempre tesa.
Poi avevo incontrato Kris.
Vedere cosa si arrivasse a fare, per quella stessa musica che io amavo così profondamente e sentire così inutili le mie parole, come se contasse solo sfogarsi e lasciare lì a marcire, mi aveva col tempo lentamente convinta che a nessuno interessassero davvero e che, in fondo, dei libri non mi avrebbero mai tradita mentre prendermi la responsabilità di intrattenere centinaia di migliaia di persone, quello si, mi avrebbe pugnalata alle spalle.
“Io non credo di saperlo, è successo e basta. Forse conoscere da vicino l’industria discografica mi ha tolto il gusto di essere l’attore ma non mi ha mai tolto la voglia di poter cambiare scena”.
Sorrise e abbassò lo sguardo: “Quando sei arrivata il primo giorno ho pensato che fosse stato davvero un rischio assumerti come vice. Ma adesso so che non avrò nulla da temere quando sarò via per la leva. Sappi solo che quando la lasci libera, la tua è una voce che può riempire gli stadi ma anche quando sei incerta, è sempre bello ascoltarti”.
Mi voltai per l’imbarazzo, c’era riuscito di nuovo. Presi le cuffiette e iniziai ad ascoltare quei premix un po’ vecchi mentre la sua mano mi sistemava i capelli ancora una volta e io cedevo un po’ all’idea che non fosse mai tardi per vedere in grande.
Aveva la voce scura e calda, leggera e delicata, roca e ariosa, un mix strano che sembrava una carezza per la mia mente iperattiva. Nel giro di pochi minuti, mi addormentai e mi risvegliai all’atterraggio con una carezza vera sulla guancia.
“Ho dormito?”
“Incredibile ma vero, non so se offendermi o prenderlo come un complimento”
“Penso sia un complimento, fin quando sono stata lucida, è stato molto bello ascoltare anche te. Però, credo di aver capito come tu ti sia sentito durante il training e credo anche tu non debba aver paura di non farcela con la divisione Cinese. Se non dovesse andare, chi vorrà verrà a Seoul e lavorerai bene anche solo da lì, non servono mille persone, a volte sono quelle 2-3 giuste a far la differenza”
“Mmh, anche perché come ti ho detto, gestire soprattutto il punto di vista sanitario qui, è diventato estremamente difficile”.
Mi trovai d’accordo, mi era costato un mutuo sistemare la vecchia casa di FeiFei qualche anno prima, ma aveva bisogno di uno spazio salubre e non mi ero pentita di quella scelta.
“Tieni, questa è tua!”
“è uscita per prima la mia valigia? Sono sconvolta … oh, questa è la tua!”
Tirammo un sospiro di sollievo entrambi, lieti di non dover attendere oltre e uscimmo in attesa del taxi che, con ulteriore stupore, trovammo pronto ad attenderci.
“Signor Park, signora, prego”
Era già la seconda persona a darmi della signora Park ed era decisamente trascorso troppo poco tempo dal mio primo “lo odio” con Chanyeol ma nessuno dei due si prese la briga di smentire e io smisi di riflettere troppo sulla questione. Accesi il telefono e chiamai mia nonna ma non prima di osservare, ciò il che il cielo mi offrisse in quel momento.
Shanghai non falliva mai di stupirmi, che fosse la luce del mattino o i neon della sera, sentivo così distante eppure così vicina quella città da me da non poter fare a meno di trovare il tempo di tornarci ogni tanto. Mi chiedevo spesso se in fondo non fosse solo FeiFei il motivo per cui tornavo a cercare la cosa più vicina a “casa” che avessi. Non vedevo l’ora di abbracciarla.
“Piccina?”
“Nonna, sono atterrata!”
“Sei? Sei sola?”
Cercai di non farmi capire: “Siamo, tutti e due. Ci vediamo domani che abbiamo il day off”
“Oh bene! Porti anche Chanyeol?”
“Non lo so nonna” Lo guardai di sfuggita e lui inclinò la testa come per capire cosa stessi dicendo. Io sorrisi e smussai la domanda, ci provai almeno: “Ha molte cose da sbrigare e …”
Ma lui non sembrò del mio stesso avviso: “Dille che verrò volentieri a conoscerla, non ho urgenza di vedere gli altri, saremo già a cena con loro stasera”.
Annuii: “Sentito?”
“Oh si, chissà se somiglia a suo nonno? O a sua nonna. O alla sua mamma, era così bella da piccolina”
“Nonna, mi raccomando.”
“Tranquilla. La settimana prossima Liu Wei vi presterà l’auto per andare al Dragon Hole, se vorrai”
“Si, credo di si. Grazie per avergliela chiesta in anticipo. A domani signorina Fei! Non cucinare troppo!”
Shangai sempre la stessa, amo la città perché non si ferma, è sempre attiva, non ha tempo di stare a pensare a cosa succederebbe se tornassimo indietro e facessimo scelte diverse da quelle fatte. Io non ho mai avuto grossi rimpianti ma sicuramente sentivo che una parte di me non stava vivendo al 100% e questo mi faceva impazzire a volte.
“Mia nonna sa essere pressante, ti prego di non sentirti obbligato a mostrare entusiasmo per ogni cosa le venga in mente”
Mi guardò di sfuggita e sorrise: “Lasciala fare, non mi crea alcun problema e ti ho chiesto io di vedere il Dragon Hole. Spero non chiamino di continuo da Seoul piuttosto, ogni volta che mi allontano ho la sensazione che possano succedere cose irreparabili all’improvviso”
 
“Oh, Park Chanyeol, pensi davvero di avere le briglie per contenere tutta quella macchina? Il business è anche fortuna e coraggio, non solo savoir faire”

“Lo so, ma i ragazzi sono tanti e le ragazze altrettanto. Certe volte mi sembra di non gestirli”
 
“E infatti non li gestisci, non dal punto di vista umano almeno. Però daremo loro più strumenti, inizieranno a sentirsi più accolti e poi anche se qualcosa non dovesse funzionare, sarebbero responsabili delle loro decisioni. Non si può essere educatori, genitori, coach, fratelli, amici, amanti … troppa roba. Meno, anche meno”
 
“Ho capito … ci proverò”
 
Presi un quaderno con degli appunti nella borsa, c’erano gli appuntamenti e poi le coordinate per arrivare al Dragon Hole con alcune di quelle strane uscite di FeiFei quando la trance aveva la meglio durante le nostre chiacchierate.
Mi accorsi per la prima volta da quando ero arrivata a Seoul che anche lì dentro ci fosse un bigliettino ripiegato. Lo guardai chiedendomi se fosse opportuno o meno leggerlo in quel momento ma qualcosa mi disse che sarebbe stato meglio farlo il prima possibile. Cercai così di evitare che Chanyeol se ne accorgesse e lessi velocemente: “Quando in fondo al Dragon Hole calerà il patto, a guarire basterà un secondo laccio”.
Ancora meno chiaro degli altri, ma ogni volta appariva tutto semplice al momento giusto.
Chanyeol sembrava perplesso mentre osservava la pioggia iniziare a farsi più forte dal finestrino: “Chiamo Lim”, disse.
Dall’altra parte del telefono rispose una voce squillante: “CEO Park! Come state? Siete arrivati?”
“Salve Lim, si siamo a Shangai, senta dovrebbe farmi un favore: se mia madre dovesse telefonare questi giorni, semplicemente non risponda. Se dovesse insistere, le faccia sapere che sono fuori per lavoro e che non voglio ricevere chiamate fino a Sabato prossimo, chiaro?”
“Chiarissimo. E per l’altra faccenda?”
Chanyeol tolse il vivavoce, pensai fosse qualcosa al di fuori del lavoro e mandai anche io un messaggio a Miji per avvisarla che fosse tutto a posto. Ovviamente rispose con grande entusiasmo sia perché ero viva, sia perché vedeva avvicinarsi il mio matrimonio.
“Per l’altra faccenda faranno tutto loro domani mattina, andranno a casa e porteranno tutto da me, che poi è il motivo per cui le ho chiesto di evitare scambi di opinioni con mia madre”.
Non ho idea di cosa rispose il segretario Lim ma Chanyeol sembrò rasserenarsi e sedersi più comodamente lasciando andare la testa in dietro come fosse sollevato di un gran peso.
“Grazie Lim, ci sentiamo nei prossimi giorni”.
Mentre finivo di dire a Miji che le sue osservazioni sul matrimonio fossero totalmente superflue, Chanyeol mi disse: “Vado via di casa, mi trasferisco di fronte all’azienda”.
“Oh … così? Non hai avvisato tua madre?”
“No, perché è fuori città e la ditta di traslochi troverà Lim pronto ad aiutare gli operai, poi penserà lui a lasciarle un biglietto da parte mia e io sistemerò le cose al mio ritorno. Mia madre non uscirà mai dal loop del matrimonio”


“Potremmo presentarle Miji”
“uh?”
“Niente. Miji anche è fissata col farmi sposare, lo fa giocando ovviamente visto che è più grande di me ma certe volte è snervante perché sembra intrappolata in un ruolo”
“Non lo sembra, tutti in Corea lo siamo, chi più chi meno. Ma non è il matrimonio a mettermi pressione, sono i rituali, il fatto che lei abbia scelto qualcuno in base alla sua posizione sociale come io non ne avessi una e anche non la avessi, ognuno deve sentirsi libero di adattarsi o progredire come meglio crede Jia, non è detto che si stia bene solo ai piani alti, capisci?”
“Capisco, si”
“Ecco, lei no. La amo, è mia madre, ma è giunto il momento di essere un po’ meno figlio”
“Sono d’accordo. Ed è giunto anche il momento di abbinare i ferma cravatte agli orologi, per dire non per rovinare l’atmosfera”
“Ecco questo è uno dei motivi per cui credo che una segretaria al posto di Lim sarebbe stata più efficiente ma se insisti, prenditi pure la briga di occuparti degli abbinamenti di colori”
Ricambiai con una smorfia e decisi di aggiornare un po’ i social, non usavo instagram da due settimane ma appena scendemmo dall’auto mi accorsi che Shangai stava dando il meglio di se, post pioggia e scattai una foto che nel giro di pochi secondi raggiunse circa 20k likes. Mai successo prima, un chiaro segno che il mio nuovo lavoro non fosse passato inosservato.

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Capitolo 10
*** Decisioni da prendere ***


“Certe volte vorrei essere un vampiro”
Mi guardò con la giusta espressione per l’occasione, nemmeno io sapevo da dove venisse quella frase. O forse si.
“Uh?”
“Un vampiro, si. Prendono tutto e ti mollano quando hanno finito di succhiarti energia, linfa vitale. Non vorrei esserlo forse ma ho sempre inciampato sul tentativo di capire perché me ne fossero capitati sempre così tanti a tiro”.
“Continua.”
Era forse incuriosito o solo preoccupato, nel frattempo il taxi si fermò davanti all’Hilton, la pioggia era in un momento di tregua e per lo meno riuscimmo a non farci una doccia di smog prima di uscire di nuovo. Il solo pensiero di andare a cena mi dava il mal di testa.


“Credo sia una fase necessaria per chiunque abbia paura di dire di no”
Non servì riagganciare il discorso, era ancora lì anche lui con la mente: “Sono d’accordo, è successo lo stesso a me con Kris”.
Annuii, il mio primo vero no era stato proprio a lui.
“C’è un confine che non sappiamo di avere finché qualcuno non prova a calpestarlo”
“E quando lo fa, allora è tempo di trovare il coraggio di riconoscerlo. Senti, non serve che tu venga con me stasera se sei stanca. Solo, fammi un favore, non incontrare Kris da sola. Non ho una buona sensazione a riguardo”.
In effetti non avevo ancora ricevuto messaggi da Kris dopo l’atterraggio quando …
“E infatti, parli del diavolo …”
Chanyeol aveva un sorriso consapevole, conosceva Kris davvero bene probabilmente, forse più di me.
“Che dice?”
“Di vederci da lui dopo cena. Non accadrà mai. E comunque io preferirei uscire con te, Kris ha tanti amici dentro l’etichetta, probabilmente sa dove alloggio e sa dove andremo a cena, per cui se non dovesse vedermi al ristorante potrebbe decidere di piombare qui. Non capire male Chan, non mi torcerebbe un capello ma non ho voglia di vederlo, sentire le sue storie e fingere di essere un’infermiera caritatevole ancora. Non più. C’è altro per me ora qui fuori, voglio godermi il bello che la vita mi ha restituito per il dolore che ho affrontato”.
Il giovane CEO abbassò la testa, come in cerca di parole che comunque sarebbero state forse superflue, si disse che non avrebbe capito sicuramente in pochi giorni cosa stesse accadendo tra lui e Jia ma che vedere una donna tanto ferma e forte, decisa e solida tanto vicina alle lacrime fosse un controsenso e che solo una ferita tanto profonda poteva spiegare quello sguardo in quell’istante.
 
“Allora andiamo, abbiamo qualche ora ancora, rilassiamoci un po’ prima di affrontare le mille domande dello scouting team”
 
Sorrisi sarcastica: “Che bella prospettiva CEO Park!”
“Vero?”
A dispetto della stanchezza, Chanyeol aveva prenotato la suite sull’attico, con pareti insonorizzate, sauna, due camere da letto, due bagni, una piccola piscina interna e una cucina con salotto. Sembrava un appartamento a tutti gli effetti e forse era la giusta ricompensa per il volta stomaco del pranzo in aereo.
“WOW. Il segretario Lim avrebbe meritato un po’ di svago qui”
Lui rise: “Il segretario Lim sta già riposando senza me a tiro. Certo c’è ancora mia madre a Seoul, ma non posso certo farla esiliare dalla nazione”
 
“Dai!! Sono sicura che infondo, molto infondo, nell’angolo sul fondale del suo cuore, abbia un moto di affetto a spingerla verso il volerti accasare”.
“Nah, è solo cultura. Siamo fatti così: la tecnologia fuori, l’obsoleto dentro”
“Non parlare come fossi così anche tu. Sono abbastanza convinta che se mai decidessi di sposarti e avere figli un giorno, non sarà perché devi ma perché lo senti. E poi guardati intorno, vedi da qualche parte la persona che tua madre aveva scelto per te?”
“Oddio non provochiamola, potrebbe ascoltarci attraverso qualche sistema divinatorio e mandarla qua”
“Una causa persa.”
Chanyeol si sedette sul divano, distese le lunghe gambe sul puff e portò le braccia dietro la nuca. Con gli occhi socchiusi lasciò sfuggire una risata leggera, scosse la testa e si voltò verso lo sguardo confuso di Jia.
“Mi piace averti intorno, sei un po’ come il mio gatto”
“E dovrebbe essere un complimento credo”
“Si direi di si, ogni tanto graffi, ogni tanto accarezzi, tutto in equilibrio a patto non ti si faccia incazzare”
“In effetti mi riconosco nella descrizione. Che ore sono?”
“Direi di prepararci, tra un’ora e mezza ci aspettano al ristorante. Ricordati che sei molto stanca, per favore”.
“Sarà fatto capo! Vado a farmi bella!”
Restando nella stessa posizione per qualche istante, Chaneyol vide Jia chiudersi alle spalle la porta a soffietto che separava la sua stanza con bagno dal salottino e si disse, senza troppo ritegno, che sarebbe stata bella anche con un sacco della spazzatura addosso o senza alcun indumento.
Sorpreso però da quel pensiero che era scivolato con fin troppa naturalezza, decise di calmare la fantasia, fare una doccia e cambiarsi il completo in vista della serata impegnativa che li attendeva.

Arrivammo al ristorante con un’auto di servizio, Chanyeol aveva deciso di sfruttare la chance di avere a disposizione un autista almeno la prima sera per poter ritoccare nel tragitto alcuni dei punti da sottoporre a trainers e i dirigenti, sarebbe stato un appuntamento cruciale per decidere chi tenere in sede e chi mandare a casa, troppe cose stavano andando in modo strano e più ci avvicinavamo al ristorante più si agitava.
“Jia, 4.5?”
“I trainees hanno diritto ad un’assicurazione sanitaria completa, incluse operazioni chirurgiche urgenti e degenza, che si trovino in sede o fuori per questioni legate all’azienda. Chan, respira. Non è così grave la situazione guarda …”
Gli mostrai i conti degli ultimi sei mesi, tutto in crescita, l’unica ombra erano quelle lamentele di alcuni trainees prossimi al debutto: “Qui il problema potrebbe essere solo la loro ansia di non debuttare ed essere rispediti a casa. Cerchiamo di fare un punto anche su loro stasera, e poi possiamo sempre decidere di iniziare a spostare pian piano tutto il lavoro a Seoul e lasciare a Shangai solo un dipartimento audizioni”
“Lo so. Lo so. Non so nemmeno io perché sono tanto in ansia onestamente. Vorrei vedere sempre tutto perfetto”
“Sei un sagittario semplice. Come me”.
Sorrise, finalmente: “E poi potremmo sempre fare un check a sorpresa domani se te la senti. Dovresti comunque incontrare i ragazzi e una simulazione di audizione potrebbe essere la mossa giusta per far luce su tutto. Non metto in dubbio la presenza di persone poco delicate nel nostro ambiente, ma non possiamo licenziare persone che producono dischi e tour da miliardi di Won da anni così su due piedi, o sbaglio?”
“No, hai pienamente ragione. Va bene dai, penso non serva rileggere tutto, dimmi solo se te la senti di parlare anche tu”
Lo guardai confusa, ai cinesi non sarebbe piaciuto per niente.
“Non la trovi una mossa un po’ azzardata?”
“Si, certo. Ma io ti ho chiesto se te la senti non se possa piacere a tutti”
Touchè: “Si certo che me la sento. Alla fine avevi detto di voler rivoluzionare il sistema, magari toccarla subito così piano facendo parlare la vice arrivata da qualche mese li aiuterà a fare marcia indietro e si licenzieranno da soli”.
“Sei sempre incredibilmente sottile, siamo arrivati”
Chanyeol si raccomandò con l’autista di non tardare, a mezzanotte esatta avrebbero concluso la cena/meeting per poter riposare almeno un minimo in vista della giornata successiva.
“Eccoci, Domani andiamo da tua nonna, giusto?”
“Yes, ti dovrai alzare all’alba ti avviso. Andiamo in un posto dove si inizia a lavorare presto”.
Strizzai un occhio lasciandolo forse un po’ alle prese con le sue mille domande interiori, i manager e i produttori erano al tavolo, con quelli che pensai a ragione poi essere gli istruttori delle varie discipline, non ero più abituata a parlare di allenamenti, formazione ed educazione nel senso che questi termini prendono nell’industria KPop. In Cina c’era una sorta di complesso riguardo l’inviare ragazzi in Corea per debuttare, ma i contratti col governo erano estremamente proibitivi, non avevamo nemmeno il diritto di avere un avvocato nel caso ci beccassero in giro senza documenti, qualcosa che accadeva ogni tanto dato che eravamo talmente abituati a stare solo in sala prove o sul palco da trainees, che nemmeno ci ricordavamo delle nostre carte di identità. Io lo avevo vissuto poco ma profondamente quel sistema, finché FeiFei non aveva optato per l’America e a me non dispiaceva affatto come fossero andate le cose, avevo sempre pensato che sarei dovuta diventare un’altra me per farcela.
Così avevo scelto di restare me stessa e farcela in un altro modo. Non lo davo a vedere forse, ma sentivo tutto il potere che sapevo di avere non solo come vice CEO di Chanyeol, ma come Jia.
 
E quella sera non ci furono troppe resistenze alle decisioni di Chanyeol, allo sguardo dolce e fermo di Jia, che era diventato ormai un marchio sereno del proprio essere in profondo contatto con tutto ciò che era sempre stata.
La soddisfazione di Chanyeol, quella dei dirigenti, erano acqua fresca sulle ferite e le lacrime versate per qualcosa che faticava a raccontare ma le aveva inevitabilmente cambiato la vita.
Tutte quelle sue stranezze, all’improvviso, sembravano aver un senso di essere.
Tornarono in macchina dopo il terzo brindisi e a quel punto riuscirono a prendere il respiro e guardarsi con tranquillità, avevano sciolto un bel nodo per quella sede ormai destinata alla chiusura se non si fosse trovata una soluzione.
Chiudere l’ala del training avrebbe permesso la costruzione di sale più ampie per le audizioni, studi di registrazione e sale prove con simulatori di scenario dallo stadio ai teatri per gli artisti ospiti nel paese e Chanyeol avrebbe finalmente trovato il tempo di riposare senza salire ogni due settimane su un aereo.
“A che pensi?”
Chanyeol si sfiorò la guancia e pensò in quel momento al piano in cui all’inizio pensava di coinvolgere Jia: “Pensavo a quando sei arrivata a Seoul. Mi sei sembrata il prototipo della moglie perfetta”
“Che?”
“Si, ho pensato seriamente di chiederti di aiutarmi a convincere mia madre che ci stessimo per sposare per farle dimenticare … lei, non mi viene mai il nome dopo il terzo bicchiere”
Jia rise e poi con grande naturalezza disse solo: “E perché non lo hai più fatto?”
Chanyeol sorrise e guardò fuori dal finestrino: “Perché sono andato dalla maestra Kim e ho capito che non avrei potuto mettere su una recita”
Jia annuì, anche lei pensava che forse le sole risposte utili le avrebbero trovate prendendo la medicina dei veggenti direttamente al Dragon Hole.
“Chan, io credo ci siano più risposte che domande da cercare. Sempre. Domani mattina troveremo qualcosa e la verità è che tu hai già superato il giudizio di chiunque, inclusa tua madre. Io non ho avuto una famiglia tradizionale, non lo so cosa siano le aspettative, perché Rubla e Nonna hanno solo chiesto me di essere felice … a me. Scusa”
“Non scusarti, sei stanca per altro e io ti sto facendo arrovellare la mente”
“No, va bene. Io … cont, sono contenta di essere dove sono e con chi sono, con te insomma. Io penso tu sia molto intelligente e sensibile. Ce la farai”
Annuì convinto che forse in quel momento la sola domanda a confonderlo di più fosse cosa ne sarebbe stato di quei bracciali. Cosa volevano dire? FeiFei e sua nonna, cosa avevano condiviso? Si disse che forse l’unica cosa possibile sarebbe stata parlarne direttamente con lei.
“Jia …”
“Si?”
“Pensi tua nonna voglia raccontarmi la storia con i miei nonni?”
“oh, si credo le farà piacere. Domani quando saremo tornati dal Dragon Hole vorrà vederci di sicuro. Ha sempre qualcosa da darmi”
 
Ero sempre intenta ad osservare i suoi particolari, le espressioni, i nervosismi.
Nonna l’indomani avrebbe risposto a tante domande, forse, e poi c’era quella donna, quella di cui mi aveva parlato e che avremmo trovato al Dragon Hole.
 
La notte trascorse serena, nessun segno da parte di alcun ricordo del passato, Jia e Chanyeol riposarono senza problemi, stanchi per il viaggio e la serata che avrebbe potuto avere una svolta ostica se non si fossero fatti forza a vicenda.
Le finestre oscurate solo dalle tende pesanti, lasciavano trapelare la luce sufficiente per non far sentire Jia inquieta. Entrambi avevano lasciato le porte aperte, c’era uno strano senso di confidenza dalle origini poco chiare ma che dava a tutto un’atmosfera familiare.
Nessuno dei due si sentiva minacciato dalla presenza e il potere dell’altro, entrambi felici di aver trovato una spalla, restava il dubbio di quei bracciali e la signora Kim, di Feifei e la nonna di Chanyeol ma soprattutto, il nonno del ragazzo.
Arrivò con apparente calma il mattino, il sole non era ancora al secondo sbadiglio quando entrambi si trovarono al tavolino del piccolo salotto che divideva le loro stanze, a condividere un pacifico silenzio e la colazione.
 
“Ha idormito bene?”
Annuii ancora con una parte di mente avvolta nelle coperte: “Si, tu?”
“Si, molto”
“Si?”
“Incredibilmente si. Forse perché avevo bisogno di staccare da un po’ ma continuavo a rimandare sapendo che sarei venuto qui presto”
“Forse dovresti ipotizzare qualche momento di stacco vero” Sorrisi, come se lo stessi dando a me stessa quel consiglio, non mi ero goduta un giorno da turista vera in nessun angolo di Terra che avessi visitato.
“Trova, signorina Wein?”
Mi ripromisi di provare a fare questo esperimento del risposo vero: “Si lo so, lo dico anche per me”
“Allora siamo d’accordo. Senti, vogliamo prepararci? Quanto dista da qui casa di tua nonna?”
“Oh, a proposito, è proprio la casa dove sono cresciuta, ti accorgerai che torneremo vicino al dormitorio quindi direi una quarantina di minuti”
Guardò l’orologio e annuì: “Vado, scarpe da trekking?”


“Scarpe da trekking, si”.

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Capitolo 11
*** Il Dragon Hole pt.1 ***


Erano solo le 7:00 quando Jia e Chanyeol entrarono in auto, l’autista sorridente li fece accomodare e trovarono nella limousine due caffè ancora caldi con due bottigliette d’acqua aromatizzata, la preferita di Jia, il sole timido prometteva una giornata a favore, lei guardava fuori dal finestrino quando si accorse che nello spazio dei bicchieri dell’auto, ci fosse un foglietto arrotolato e legato con un nastrino rosso.

“Signorina Wein, quella pergamena è per lei, sono piccoli porta fortuna in carta di riso che fa mia moglie. Stamattina li stava preparando per il mercato e gliene ho chiesto uno per lei e uno per il signor Park ma lei mi ha detto che sono solo per le donne giovani. Spero le sia di buon auspicio”

Sorrisi stupita da quel gesto inaspettato: “La ringrazio tanto! Posso aprirla subito?”

L’autista guardò nello specchietto il tempo di incontrare lo sguardo di Jia: “Certamente, chissà che non sia qualcosa già utile da ora”

Presi la piccola pergamena accuratamente stretta nel nastrino che conservai ovviamente come di mia abitudine, la aprii e lessi silenziosa: “Nel passato si guarda solo per congratularsi del presente”.

Chanyeol sembrava incuriosito così gli mostrai la frase e sembrò sentirsi toccato quanto me in quel momento. D’altro canto, stavamo proprio cercando quello dal passato: la conferma di essere stati bravi a progredire.
Shangai sbadigliava più decisa, alle 7:40 eravamo davanti casa di FeiFei, sembrava tutto fermo al giorno della mia partenza eppure tanto era cambiato, mia nonna era invecchiata nella voce e nella pelle ma mai un giorno nello spirito, ci venne incontro con piccoli passi veloci, il suo chignon stretto sulla nuca, la gonna e la casacca di lino chiaro, non passava i lì il freddo né il caldo, ero convinta da bambina che mia nonna fosse un essere mitologico. Mi diceva sempre: “vedi piccina, nella calma il nostro corpo trova la temperatura perfetta”.

Inutile dire che io non riuscii mai ad essere abbastanza calma da non congelare.

“Bambina mia! Come sei bella!”
Le corsi incontro stringendola forte, avevo ormai il terrore di salutarla ogni volta per l’ultima volta: “Signorina Wein, sei tu bella! Come stai? Come va qui?”
La gatta della vicina si avvicinò per il solito ben venuto, nonna alzò lo sguardo verso Chanyeol che imbarazzato sorrise e fece un inchino: “Buon giorno signora, io sono Park Chanyeol”

Le tese la mano e FeiFei rimase un po’ incantata, Jia non sapeva quanto quel giovanotto somigliasse a suo nonno, ovvero, il suo primo grande amore che la spinse a fuggire in India quando scelse di sposare un’altra.

“Sei così bello ed elegante caro Chanyeol. Jia, posso dirglielo che somiglia a suo nonno?”
Ridemmo entrambi della finta discrezione di FeiFei e io annuii, così lei le porse le mani invitandoci ad entrare.
 
La giornata si apriva promettendo l’assistenza del sole. FeiFei aveva preparato il tea rosso e delle mooncakes fuori stagione per accogliere la sua amata nipote e il giovane Park, nipote a sua volta di un uomo che, un tempo, le aveva rubato il cuore.

“Signora Wein …”
“Chanyeol tesoro, chiamami nonna per favore. Non mi piace sentirmi vecchia”

Pensai come fosse possibile essere giovani nonne, ma FeiFei aveva tutto un modo suo di percepire le cose. Chan appariva imbarazzato ma felice di quel modo di fare bizzarro, quindi senza troppo girarci intorno proseguì:

“Ehrm… nonna. Posso chiederti come hai conosciuto mio nonno?”

FeiFei sorrise malinconica, una leggera nube le oscurò un istante il volto ma poi ebbe la meglio il ricordo dolce e leggero del suo amato Arish e si disse che in fondo dobbiamo pur costruire ricordi di cui parlare con chi ameremo, prima di mettere radici e godersi il flusso del tempo che scorre.
 
“Ah, è stato così tanto tempo fa. Avevamo entrambi 19 anni tesoro mio. Giovani, tanto. Jun Geun era già nell’esercito al tempo, abbiamo vissuto a dispetto della guerra i nostri giorni insieme ma io ero straniera e i tuoi bisnonni non erano contenti fossimo insieme … sai, Cina e Corea non hanno mai avuto buon sentimento tra loro. Almeno all’epoca era importante per i coreani mantenere una certa … come dire”
“Distanza?”
“Distanza, esatto ragazzo mio. Volevano affrancarsi definitivamente dall’Imperialismo cinese e nessuno distingueva i semplici rapporti umani da quelli politici al tempo. Quando Jun Geun partì per il fronte, una mattina… beh”
 
Chanyeol si avvicinò al tavolo concentrando lo sguardo negli occhi di mia nonna, pregandola di essere onesta fino alla fine.
“Nonna, per favore”
Allora lei deglutì un boccone ancora forse amaro di amore perduto e concluse il suo racconto: “La tua bisnonna passò dal negozio di medicina ayurvedica che avevo a Myeong Dong, era quello a permettermi di avere un visto di lavoro, mi ero laureata in anticipo e i miei genitori erano tornati in Cina lasciandomi l’attività. Mi disse che avrebbe riscattato il negozio, mi avrebbe dato 4 milioni di won in più e la garanzia di aprire un’attività in Cina se avessi lasciato il paese, tuo nonno e la loro famiglia per sempre”.
Chanyeol guardò Jia come se qualcosa gli si fosse spezzato dentro, d’istinto le prese la mano e la avvicinò a sé con un solo gesto. Guardava perso FeiFei cercando di capire …

“E poi?”
FeiFei cercò in me approvazione per concludere una storia che non conoscevo, annuii sapendo però, che sarebbe stato l’inizio della guarigione per Chan.

“Accettai il riscatto dell’attività ma non i soldi. Tornai a Shangai e dissi ai miei genitori la verità. La mia è sempre stata una famiglia benestante per grazia del cielo, per cui mi lasciarono il riscatto del negozio e mi dissero di viaggiare. E così, un anno dopo, conobbi in India Arishi e tornammo insieme qui in campagna per far nascere Rubla. Il resto, è storia e ora voi due siete qui insieme”.
 
Dopo un breve e pesantissimo silenzio, Chanyeol tornò a guardare nonna negli occhi: “Mi dispiace. Tanto. Farò del mio meglio per essere una persona migliore”
 
“Chanyeol, il karma della famiglia non intacca la nostra essenza, tu hai lavorato duramente per essere diverso, per essere libero. Guarda la mia Jia come è bella, meno stanca, meno ossuta di quando era in America. Significa che tutto ciò che ti eri prefissato di essere, lo sei adesso. E ora è il momento di andare ragazzi. La macchina è qui fuori, ci metterete un po’ ma andate con calma e, Jia …”
“Dimmi nonna …”
“Ascolta piccina, c’è Xiao Zhen al Dragon Hole, vi porterà nel posto esatto e vi spiegherà cosa fare. Siate tranquilli e prudenti”
 
Annuii: “Ti chiamo quando arriviamo, Chan, guidi tu o preferisci …”
“Se conosci bene la strada e sei tranquilla puoi guidare tu, altrimenti puoi indicarmi dove andare”
 
FeiFei decise per entrambi: “Lascia guidare Chanyeol e avvisalo qualche minuto prima dello sterrato, anzi parcheggiate lì e andate a piedi, saranno si e no 200 metri”
Ci scambiammo un gesto di approvazione, FeiFei consegnò il suo cesto del pranzo che ormai aveva compiuto 50 anni e partimmo verso il Dragon Hole.
La strada era esattamente come la ricordavo, da bambina ero stata lì qualche volta durante i periodi più intensi di emicrania, ero spesso oggetto di studio dei monaci e della maestra Akame, la madre di Xiao Zhen che era all’incirca coetanea di Rubla.
“Jia, qui dove vado?”


Mi svegliai da un momento di riflessione intensa, senza accorgermene Chanyeol era arrivato grazie al navigatore, al bivio tra la stradina del Dragon Hole e il tempio dei monaci: “Perdonami, a sinistra ma metti la prima e accelera di continuo perché si forma sempre una pozzanghera piuttosto profonda qua”
“Perfetto”
Così fece ma riuscimmo a parcheggiare appena presa la via, non c’era motivo di lasciare il passaggio libero perché al villaggio era rimasta solo mia nonna a prendere la medicina per me: “Guarda non serve osservare particolari accortezze, Xiao Zhen è una signora di mezza età molto tranquilla, solo non dobbiamo guardare la statua del dragone negli occhi per questioni loro di superstizione. Loro i monaci, dico. Per il resto ricorda che quello che vedrai, deve restare tra noi …”
“Eri molto pensierosa prima, stai bene? E comunque si, sai che non avrei motivo di parlarne fuori di qui”
“Sto meglio si, stavo ricordando alcuni episodi della mia infanzia”
Chanyeol si guardava intono, vide subito Xiao Zhen in piedi su una striscia di collina che circondava il pozzo, a quel punto il paesaggio sembrò quello di una fiaba antica come il mondo, quella profondità mai vista e quello scenario, pensò, li avrebbe portati con sé fino alla fine dei suoi giorni.
“Ti portavano qui da bambina?”
Annuii: “Qui la maestra Akame disse a mia nonna di chiamarmi Jia Li. Le disse che sarei stata buona di cuore, coraggiosa, onorata dalla vita dopo le avversità e onore avrei portato al suo nome ma che sarai stata anche bella e di buone maniere così da poter trovare il filo rosso”.
Indicai Xiao Zhen e lui mi fece segno di averla riconosciuta, probabilmente dal maestoso Hanfu che indossava. Lei viveva una vita da Kumari quasi, era sempre allo stato zero, non cambiava e non sembrava invecchiare ma non la ricordavo giovane.
Avevamo entrambi il filo rosso al polso e un nuovo nome si aggiungeva alla lista di quelli che sapevano, un giorno, la maestra Kim ci avrebbe uniti.
Solo in quel momento, però, mi resi conto di aver sempre conosciuto quella storia e man mano che ci avvicinavamo a Xiao Zhen, capii che forse …
“Jia!!”
“Xiao! Come stai?”

Chanyeol aveva uno sguardo fermo, un sorriso sereno, sembrava che quel discorso lo avesse messo in uno stato di profonda pace. Non capiva bene il motivo di quella sensazione di quiete improvvisa, tutto sembrava avere un senso senza avere una spiegazione e respirò a fondo l’odore della natura generosa che gli restituì la stessa sensazione del giorno in cui Jia gli massaggiò le tempie.

“Vi ho aspettati a lungo, siete stati bravi”

Non capimmo nessuno dei due ma ringraziammo entrambi. A quel punto Xiao Zhen mi consegnò una piccola pergamena, per quanto piccola visibilmente più abbondante delle altre, ne riconobbi però la chiusura e la guardai scioccata perché capii all’istante che: “Mamma Akame si è accertata che prima di mancare da questa terra tu ricevessi a piccole dosi la profezia che avevano ricevuto. Jia, ci sono volute quasi 360 lune per portare a termine questo viaggio. Voglio che tu sappia che da oggi sarai libera dall’incubo ma è importante tu ne conosca l’origine.
Ti lascio quindi questa lettera insieme alla pergamena, era importante tu la ricevessi ora che non sei sola. Ti chiami Chanyeol vero?”
Si rivolse alla mia sinistra.
“Si, sono Chanyeol. Io non credo di capire tutto …”
Effettivamente parlavamo solo cinese dall’inizio della conversazione: “Scusa Chan, vuoi che ti traduca qualcosa?”
“No ho capito la parte letterale ma le metafore non sono sicuro …”
“La signora Kim ti ha spiegato il ruolo di quel bracciale?” Disse sorridendo Xiao Zhen, Chanyeol annuì, sembrava un po’ spaesato ma continuavo ad avere l’impressione che non provasse disagio se non voglia di sentirsi dire qualcosa di preciso.
“Bene, come va l’emicrania qui?”
Lui la osservò sospettoso ma divertito: “Bene, qui non sento praticamente nulla”
“E da quanto non soffri di emicrania, Chanyeol?”
Ci pensò su qualche istante … : “Da quando … vediamo. Si direi …”
Si voltò verso di me e spalancò gli occhi già enormi: “Che succede?”
“Da quando ti conosco”

Xiao Zhen annuì soddisfatta: “Vedete ragazzi, a quanto pare era proprio destino che vi trovaste. Starà a voi ora decidere in che modo continuare ogni giorno ad incontrarvi. Certo gli antenati hanno delle preferenze, ma ad ogni spirito piacendo sarete in grado di farvi bene in qualunque modo.
Lasciate ora che vi sostituisca i bracciali, volete?”

Porgemmo entrambi il polso, evidentemente disposti ad andare in fondo.
 
Xiao Zhen prese due fili più spessi dalla tasca e un paio di piccole forbici da cucito, sostituì i bracciali annodandoli con minuzia. Le due stringhe erano più forti, difficile che il tempo le potesse troppo scalfire ma restavano di filo e Chanyeol si ritrovò a chiedersi se non fosse precario quel simbolo, se sarebbero dovuti andare ogni tot anni, o mesi, a Dragon Hole per cambiarli qualora si fossero rotti.
Xiao Zhen, tutta via, era una donna di profonda esperienza e riconosceva quel senso di vuoto misto a sopraffazione che aleggiava sui volti dei due ragazzi. Così, con un gesto della mano, fece loro segno di seguirla e li portò all’inizio di una scala a chiocciola poco più in là …

“Statemi dietro e non temete, i gradini sono stati sistemati da poco, è tutto più che sicuro, dobbiamo arrivare alla bocca del pozzo così che possiate prendere le ultime cose. Per quanti riguarda i bracciali, qualora dovessero rompersi o spezzarsi state pure tranquilli, non ne avrete bisogno per sempre, mh?”
 
Annuimmo entrambi e la ringraziammo della spiegazione che prima o poi, comunque, avremmo dovuto chiederle.

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Capitolo 12
*** Un altro filo, un'altra lettera ***


 
Cap. 12
 
Ci sedemmo sul bordo della ringhiera che costeggia il lago, faceva una caldo tremendo ma per fortuna avevamo un cambio.
I monaci avrebbero avuto ancora una mezz’oretta prima di arrivare così decidemmo di tornare in macchina, cambiarci a turno e approfittarne per bere e pranzare.
Avevamo scoperto un po’ l’acqua calda io e Chanyeol, diciamo che ormai i tasselli si erano assestati ma fino a quel momento era sembrata tutta una storia intrigata di legami immaginati tra anziani.
Essere lì e aver ricevuto altri due nastri rossi, sentirsi dire che avremmo dovuto capire e scegliere il nostro legame effettivo, era una sensazione nuova, come se non ci fosse più niente da cercare ma tutto da scoprire.
 
“Jia – ssi. Ti prego ferma il cervello, mi gira la testa”
Mi voltai confusa: “In che senso?”
“Ti sento.”
“Da quando?”
“Da quando sei arrivata. Pensavo fosse suggestione ma evidentemente ti sento veramente”.
Fissammo ancora qualche secondo l’acqua, non era mai stata forse tanto pulita, ci rifletteva spudoratamente in faccia la soddisfazione che provavamo evidentemente entrambi avendo ricevuto quella non così scontata conferma.
“Come ti senti riguardo quel che ha detto Xiao Zhen?”
Chanyeol vide i monaci avvicinarsi, pensò di non poter ridurre ad un paio di frasi le sue sensazioni a riguardo ma in un attimo pensò a quanto gli fosse piaciuto sentirsi alleggerito di almeno un compito.
Per lui trovare una compagna era sempre stato qualcosa di gravoso, un dovere famigliare, aveva lasciato casa senza nemmeno salutare sua madre e aveva percepito chiaramente il peso del vuoto più di una volta ma, quella rivelazione di Xiao Zhen, era stata una liberazione.
Non avrebbe saputo descrivere diversamente la sensazione di poter almeno ipotizzare che Jia fosse la persona destinata a lui.
L’energia del lago, del pozzo anzi che era il Dragon Hole, gli fece sentire il bisogno di essere onesto:

“Io, mi sento sollevato. Ecco”
 
Jia sorrise mestamente, i monaci si approcciarono finalmente loro dopo un’attesa più lunga del previsto. Erano gli stessi dell’ultima visita di Jia al Dragon hole.
 
“Jia, sei tornata finalmente! Ecco a voi. Questi sono gli ultimi contenitori di medicina.
Non ne avrete più bisogno se abbiamo fatto bene i nostri calcoli, ma ci vorranno un paio di mesi e nel caso beh …”

Lo scrutai sperando non dicesse niente di imbarazzante: “In che caso?”

Lui abbassò la voce e si avvicinò un po’ di più: “Nel caso doveste avere figli …”

Urlammo entrambi come se ci avessero chiesto di bere un distillato di cipolle crude.

“Jia – ssi!”
“Che c’è?”
“Perché … te lo dico dopo. Aiish. Smettila!”
Mi resi conto di aver visualizzato senza filtro il momento in cui avremmo potuto fare un figlio e il monaco rise di gran gusto: “Ragazzi, calma.
Se fosse, servirà ad ognuno di loro per i primi 3 anni di vita”


“Ognuno di loro? Ajusshi, quanti ne dovremmo fare?”

Chanyeol era disperato ed esilarante, avevo le lacrime dal ridere ma non riuscivo più a frenare la mente in alcun modo, ormai erano fuori controllo anche i monaci che ci salutarono con tanti inchini e le due scatole piene di dosi di medicina.

“Queste povere carpe avranno finito anche di morire per noi. Natura bella, amiche antiche. Scusateci per gli scomodi”
“Parli con le carpe per non tornare sull’argomento che mi ha fatto urlare?”
“Ehhhh, sei troppo delicato. Non è stato volontario, è stato come un rullino automatico, che posso farci”
“Aigoo. Andiamocene prima che ti venga in mente il rullino del secondo”

Risi ancora per quell’imbarazzo quasi adolescenziale, mia madre insegnava a leggere i libri del Tantra e per me il sesso era un rituale sacro.
Aveva destato in me qualche emozione solo la prima volta con Kris, ma poi avevo spento la magia perché convinta che non esistesse quel modo di amare.

Mi sbagliavo.
Lo capii guardando Chanyeol mettere nervosamente la cintura e prendendo il posto di guida: “La mia patente è un po’ troppo fresca forse …”
“Andrà bene. Tutto, non solo il tragitto da qui a casa”
“Dici eh?”
“Mmh. Dico. E visto che non ho avuto tempo di completare la mia risposta prima, lo faccio ora”

Cercai di concentrarmi sulla guida ma non fu proprio la cosa più semplice del mondo: “Ascolto”
“Mi sento sollevato perché non ho mai avuto la sensazione di essere in trappola con te. Quando sei arrivata è stato strano, quella storia del riconoscere qualcuno senza averlo mai visto prima pensavo fosse una stronzata ma evidentemente … mi sbagliavo. E ogni volta che passiamo del tempo insieme per me quel tempo diventa un istante. Sei coraggiosa, non hai bisogno di me ma ho sempre la sensazione che tu abbia voglia di stare con me, parlarmi, chiedermi aiuto e non ti da fastidio se qualcosa che non sai posso insegnartelo ma, soprattutto, non ti mette di malumore se quello che non so, devi insegnarlo tu a me. E quindi … quando Xiao Zhen ha detto quelle cose ho pensato fosse valsa la pena tutta la trafila fatta per trovarti.”
Deglutii abbondantemente l’aria del Dragon Hole prima di lasciarmelo ancora una volta alle spalle, avevo dimenticato le pergamene per un attimo ma mi ripromisi che le avremmo lette prima di andare a dormire la sera stassa.

“Tu, come ti senti riguardo Xiao Zhen?”

Riflettei un istante perché per me era tutto troppo strano, mi sembrava di essere in un film ma in fondo la mia vita lo era sempre sembrata.

“Io, credo di essere più tranquilla”
“Mh?”

Confermai indicando la mia tasca con le pergamene: “Si io … non ho mai voluto credere che quello usato con Kris fosse il mio linguaggio dell’amore”

Chanyeol si trattenne dall’assumere un’espressione disgustata, il pensiero di Jia con Kris gli metteva un senso di nausea e gli ricordava di una storia che pensava potesse essere amore.
Ma grazie a Kris, ora, aveva avuto la chance di lasciare andare il passato e scoprire quanto fosse ancora in grado di sentire.

“Che intendi?
“Intendo che il distacco non è il mio linguaggio d’amore. Voglio essere presente per la mia persona, voglio sentirla presente, costruire giorno dopo giorno e sapere che non sarò un timore né una distrazione dal dolore, voglio essere sicura di poter affrontare senza urla né lacrime di troppo i momenti complessi e avere il coraggio di stare bene, sorridere, voglio che ci sia incoraggiamento reciproco e non voglio essere un discorso da contestualizzare. Lui, sarà il mio contesto per sbocciare. E quindi si, io ora sono tranquilla che …”
“Sei già sbocciata in questi mesi, c’è tanto altro che farai e io non vedo l’ora di vederti farlo”

Sorrisi e cercai di trattenere un piccolo pianto affacciato sugli occhi, forse la mia vita non sarebbe mai stata normale, ma le regole del normale chi le aveva poi scritte, in fondo?
“Siamo arrivati … che diciamo a FeiFei?”
“Perché, pensi davvero ci sia qualcosa che non sappia?”

Risi consapevole del fatto che forse mia nonna avesse già fatto cucire un vestito da sposa anni fa, probabilmente avrebbe riso di noi se avessimo provato a nasconderle le parole di Xiao Zhen.
Probabilmente, anzi, aveva già saputo tutto in precedenza: “Si io credo sappia tutto. Allora niente, lasciamo la macchina e tempo di salutarla insomma … io …”
“Se vuoi restare puoi restare. Se vuoi io resti, posso restare con te. Se vuoi tornare domani, puoi o possiamo farlo. Non devi salutarla oggi, abbiamo ancora 6 giorni”.
Ripensai a uno dei primi foglietti di FeiFei e alla sua telefonata, quella in cui diceva che il suo ultimo desiderio sarebbe stato vedermi con la mia anima gemella per poi lasciare in pace questo mondo.
Per un secondo l’idea di entrare e trovarla già via mi congelò e non riuscii ad aprire lo sportello: “Tempo fa …”
“Ho visto. Stai lì. Entro e torno a prenderti tra un minuto, mh?”
“Mh.”

Mi passò davanti la mia infanzia, quel momento nel tempo fermo dall’incubo in poi. Decisi di aprire in quel momento la mia pergamena.

 

Jia, piccola mia Jia.
Quando sei arrivata a casa, non eri in un orfanotrofio.
Quell’incubo che da anni di perseguita, non è un incubo.
Perdona la tua mamma, era piena di dolore ma ti ha lasciato libera di fare esperienza d’amore profondo.
Grazie per avermi chiamata mamma,
Rubla.

Come un flash i pezzi tornarono insieme e persi il senso del tempo quando vidi uscire Chanyeol con mia nonna sottobraccio.
Aveva il viso pieno di lacrime Fei Fei, aveva sentito la verità colpirmi il cuore.
Chanyeol sorrise toccandosi il petto, avevo trovato in quel momento tutto il senso del mio dolore e mi era esploso dentro un mare di gratitudine.
Il perdono, sembrò la cosa più facile da dare, avevo avuto troppo in cambio dalla vita per tornare a piangere sui miei sogni torbidi.
Capii che mai più, quel male mi avrebbe rovinato la notte, appesantito i giorni. Avevo trovato le braccia tra cui addormentarmi, la mano da stringere, l’altro capo del filo.
“ Nonna …”
“Piccina mia …”

Mi strinse forte, sapeva che non avrei lasciato a niente e nessuno la chance di portarmi indietro: “Piccina … state bene, eh? Xiao Zhen vi ha dato tutto, adesso prendetevi del tempo e stai tranquilla. Sto ancora qui per un po’. C’è ancora da fare. Andate ora, li ho messo le moon cakes, fate i bravi”
Poi si rivolse a Chanyeol: “Non necessariamente proprio i bravi insomma … Park Chanyeol, sono certa tu sia in grado di capirmi”

Lui deglutì imbarazzato: “Certamente qualcosa del tuo DNA, nonna, scorre in Jia. E meno male”

In una risata e un abbraccio corale, Jia e Chanyeol si congedarono da FeiFei che, sollevata, si diresse a pregare nella sala degli antenati, dove riposavano le ceneri dei suoi genitori, la maestra Akame, il suo amato Arish e …
“Jia, posso farti una domanda?”
“Mh … certo dimmi”
“Hai letto la pergamena più grande?”
Stava guidando, il braccio sinistro appoggiato al finestrino, il profilo delicato e lo sguardo fisso sul traffico. Con la coda dell’occhio sembrò accertarsi di non avermi infastidita: “Si …”
“Ti ha … insomma”
“Rubla è sparita qualche anno fa. In questi mesi l’ho omesso ma ho saputo solo dopo un anno che non la vedevo che anche lei ha perso la vita in un incidente. È stato un incidente strano, FeiFei mi ha spiegato che era cambiata dopo il viaggio in India e sai … io non avevo più dei sentimenti precisi verso di lei. Comunque, nella pergamena c’è scritta la verità sui miei incubi. A quanto pare mia madre, quella vera, non mi ha abbandonata davanti al convento vicino casa. Lei stava cercando di affogarmi nel Dragon Hole”.
 
Chanyeol inchiodò. Non c’era nessuno dietro di noi ormai, eravamo appena arrivati davanti all’hotel e mi guardò decisamente più sconvolto di me al momento dell’apertura della pergamena.

“Dio è proprio troppo. Per una persona sola, è proprio troppo”.

Jia abbassò lo sguardo e sorrise, finalmente le lacrime si liberarono sul suo viso lasciando a quel corpo stanco lo spazio per respirare.
Piangeva con dignità e in silenzio assoluto, senza lasciare andare la curva delle labbra e prese la mano di Chanyeol ancora sul cambio, la portò sulle sue gambe, la strinse un istante e con un respiro profondo trovò la forza di dire ciò che in quel momento il cuore le suggerisse:

“Sono stata benedetta tante volte. Ho viaggiato, ho studiato, ho fatto e faccio il lavoro che amo, ho creduto di non poter amare più e allora sono scappata.
Ho una casa, uno stipendio che mi permette di vivere bene e aiutare FeiFei negli anni che le restano qui e poi, ci sei tu.
Tutto il bene che ho avuto non può essere oscurato da un inizio sbagliato. Andiamo dentro adesso che mi gira la testa e credo di dover dormire un’oretta prima di uscire di nuovo”
“Non dobbiamo uscire stasera, vieni”

Scese per primo e mi aprì la portiera, ero stanchissima di colpo e avevo sete, tanta. Chanyeol passò le chiavi all’autista che preoccupato chiese se stessi bene: “è stata una giornata lunga, Jia soffre di pressione bassa ma stasera restiamo qui così non la riporterò in Corea a metà”.

La avvicinò per assicurarsi che stesse in piedi e cercò un gesto di approvazione per poter poggiare il braccio sulla sua vita senza cingerla, solo come supporto di emergenza, Jia annuì e ringraziò ricevendo un: “Ci mancherebbe” calmo e sussurrato in risposta.

Raggiunsero la stanza, che poi era una casa, e si stesero entrambi sul divano spazioso, uno accanto all’altro lasciando che per qualche istante la loro mente spaziasse libera tra tutte i frames della giornata passata. Erano le 18:30, entrambi sentivano di aver vissuto 48h in meno di dodici e mentre riprendevano con calma a respirare affondo, le loro mani, si trovarono sovrapposte e poi l’una nella presa dell’altra, Chanyeol che accarezzava le dita di Jia e lei che ad occhi chiusi faceva esperienza, per la prima volta fuori dalla meditazione, della pace interiore.
 
“Grazie per essere venuto con me oggi”
“Grazie per avermi chiesto di esserci. Erano informazioni importanti per entrambi”.

Mi sistemai un po’ sul divano lasciando la mano nella sua: “se non altro tutto questo spiega perché io non mi sia licenziata al terzo pizzino di mia nonna”

Rise e mi strinse a sé lasciando che poggiassi la testa sulla spalla: “stai meglio?”
“Mh … visto che tu a me lo hai detto tante volte: sei bello Park Chanyeol, sono abbastanza vicina stasera da poterlo affermare con certezza. Ti hanno scelto del mio tipo”
“Si? Non farai alcun reclamo al customer service quindi?”
“No, sarebbe anzi tutto tempo sprecato e poi mi darebbero dell’ingrata, giustamente”.

Avevo una gran voglia di baciarlo, eravamo tanto vicini che potevo perdermi nei suoi occhi e mi sembrava di essere un’altra me dal modo in cui ogni parte del corpo, in quel momento, mi chiedeva di restare.
Chanyeol la guardò ancora una volta, più vicina che mai, non c’erano state prove generali per quel momento, né premesse o spiegazioni, solo all’improvviso divenne impossibile non poggiare le labbra sulle sue, far diventare i loro respiri uno solo, stringerla più forte in quella danza di bocche stanche di sprecare parole. Adesso che tutto diceva SI, era anche per loro tempo di dirselo in silenzio, col corpo, stingendosi ancora, con la voglia di stare bene e di andare avanti davvero, lontani dai ritmi del lavoro e dal pensiero di cosa avrebbe comportato sentirsi così a fondo.
Restarono fermi qualche secondo, fronte contro fronte, Jia sentiva il cuore di Chanyeol svegliarsi sotto la sua mano e sorrisero leggeri. Finalmente, senza emicrania.
“Hai sete?”
“Mh … voglio anche fare una doccia”
“Allora vai prima tu, io intanto ordino la cena e preparo di là. Che vuoi mangiare?”
Mi alzai e stirai un po’ i muscoli: “Te”
Si passò la mano tra i capelli scuotendo la testa: “Non svegliarmi troppo. Va bene anche che tu conosca un pezzo di me alla volta”
Si mise in piedi anche lui e mi strinse di nuovo baciandomi la fronte, risposi con un finto broncio: “Allora mi accontenterò dei gamberi al limone e un’insalata”
“Brava”
“Ti mangio per dolce poi se ho ancora fame”

Fuggii in bagno e lo sentii dire: “Si sa che per il dolce c’è uno stomaco a parte, vediamo se dopo non ti addormenti mentre lavo i piatti!”

Non riuscivo a smettere di ridere e forse era ormai anche la tensione dei giorni passati ad emergere, così, cercai conforto per i nervi e muscoli nell’acqua calda e gli oli essenziali, lasciai poi uscire un getto ghiacciato sulle gambe per la circolazione e presi un po’ di tempo per massaggiarmi con l’olio di mandorle, farmi una maschera di riso, asciugare i capelli e indossare indumenti più comodi e morbidi possibile. Avevo bisogno di sentire a fondo tutta la felicità che provavo in quel momento, perché sapevo di meritarla e volevo goderne senza alcun freno.
Sentii bussare Chanyeol andare ad aprire, era arrivata la cena così uscii per aiutarlo con la tavola e lasciargli la doccia: “Prego CEO Park, il bagno è libero e profuma di vaniglia al momento. Spero non le dispiaccia …”
“Ci devo riflettere … venga qui Miss. Wein, devo controllare una cosa”
Mi baciò di nuovo, stavolta però mi sentii ad un passo dal dolce davvero e faticai tantissimo a non far comparire immagini che potesse intercettare nella mente: “Non vuoi anteprime per cui vai che alla tavola penso io”
“Sentiti libera di darmi suggerimenti, sono una persona aperta al dialogo io. Negli affari forse non tanto. Comunque, se bussano o squilla il telefono, per favore aspettami per aprire”

Capii che forse avesse una sensazione non troppo bella riguardo le possibili iniziative di Kris: “Perché? Pensi che …”
“Si. Penso quello che hai pensato tu ieri sera. Perdonami, non risco … non è gelosia. Penso tu lo capisca”

Annuii e pensai che se quella sensazione fosse diventata comune, forse sarebbe arrivato il momento di affrontarlo davvero: “Lo capisco benissimo. Chiudo la porta qui all’anti ingresso finché non esci”
“Grazie”.

Sistemai la tavola, sicura che comunque Chanyeol non fosse uno sprovveduto, in realtà sapevo che se Kris non avesse mantenuto un contegno sarebbe stato allontanato neanche troppo carinamente dall’Hotel perché non era l’unico ad avere tanti amici a Shangai e delle guardie del corpo. Accesi la tv nell’attesa e mi trovai davanti il tg con una notizia che forse aspettavo da due anni almeno e mi trovò incerta su come reagire di testa ma mi lasciò abbandonare gli ultimi grammi di tensione nel corpo:


“Edizione delle 19:30 del notiziario, apriamo con lo spettacolo perché è di pochi minuti fa la notizia dell’arresto di Kris Wu.
L’artista è stato arrestato nei pressi di un Hotel del centro città, era da solo con un bodyguard e le accuse sono di stalking, molestie e ricatto ai danni di un gruppo di trainees minori.
Due anni fa, Wu, era stato al centro dell’attenzione per un atteggiamento ambiguo nei confronti dell’attuale vice CEO di Elite Entertainment, Jia Li Wein, che all’epoca rilasciò dichiarazioni brevi e precise portando ad un’ordinanza restrittiva nei confronti della giovane, allora promessa debuttante del KPOP.
Le prove contro Wu sono questa volta schiaccianti, parlano audio e filmanti raccolti negli ultimi due anni e non aiuta la sua posizione il fatto che fosse nei pressi dell’Hotel dove il team di Elite, inclusi il CEO Park e la vice Wein, sono stati visti rientrare ieri sera dopo quello che potrebbe essere stato un meeting per decidere il futuro di Elite in Cina.
Si attendono notizie ulteriori sul processo e la pena prevista per Kris Wu che, comunque, è al momento detenuto nel carcere militare di Shangai e sta affrontando un primo interrogatorio.

La verità, pensai, impiega ad emergere una vita e poi di colpo da un fiume sbocca l’oceano.
Avevo cercato di non far capire a Chanyeol quanto realmente mi preoccupasse la chance di rivedere Kris, l’ordinanza restrittiva era stata una misura precauzionale perché il suo comportamento aveva preoccupato il mio manager allora che mi aveva pregata di lasciarlo soprattutto dopo il tradimento e dedicarmi solo al training senza distrazioni che, per altro, si sarebbero potute rivelare pericolose.

Non mi ero accorta che, nel frattempo, Chanyeol fosse uscito dal bagno e mi stesse osservando a distanza.

“Quindi avrebbe potuto farti male eccome”

Mi prese alla sprovvista e sobbalzai sul divano: “Non saprei. Se vuoi mentre mangiamo ti racconto meglio”
“Mh, direi si”
Spensi la tv e gli presi la mano, ci sedemmo a tavola e cercai di trovare un modo per iniziare quella conversazione ma non avevo bene idea di come farlo.
“Se non te la senti non fa niente … solo mi fa strano tu mi abbia rassicurato in proposito, forse sarebbe stato meglio dirmi quanto realmente ti preoccupasse l’idea di trovartelo qui.
E poi, perché ha ancora il tuo numero?”
“Non so come lo abbia. Mi ha preoccupata sapere lo avesse di nuovo in parte ma non sarebbe servito cambiarlo, sono già tre volte”
“Non è la prima volta?”
“No, figurati. Mi fa raramente telefonate, più che altro mi scriveva, quello si, quando sapeva che sarei stata a Shangai. Il fatto è che quando ti trovi in queste situazioni è complicato … io non sapevo come comportarmi”
“Non è sicuramente stata colpa tua, avrebbero dovuto proteggerti meglio”

Poggiò la mano sulla mia e in quel momento capii che non avrei dovuto trovare il modo ma solo parlare dell’accaduto.

“Abbiamo fatto a botte”.
“Che?”
“Abbiamo fatto a botte, letteralmente. Il mio manager mi implorò all’epoca di lasciarlo e denunciarlo perché se mi avesse rovinato il viso non avrei avuto più speranza di debuttare e così quando lui tornò al dormitorio per parlare gli dissi che se non avesse voluto un’ordinanza restrittiva avrebbe dovuto allontanarsi da solo. Gli dissi di Xiao, lui mi disse che lo aveva fatto per dare una lezione a qualcuno e non so chi fosse perc -”

Mi resi conto che forse adesso il quadro era completo …

“Ero io, si. Non che ci fossimo mai divisi una donna, eravamo e siamo però entrambi molto competitivi. Questo non ha mai aiutato il nostro rapporto”
“Ah. E gli ho tirato uno schiaffo. Lui ha provato a darmene un altro e io gli ho fatto una mossa di MMA che lo ha quasi fatto collassare ma a quel punto sono scese le mie compagne di training, lui si è alzato e ha provato a prendermi per la mascella, qualcuno ha scattato una foto evidentemente perché il giorno dopo era tutto sulla bocca dei dirigenti e il mio manager e mia nonna mi hanno messo su un aereo per Los Angeles quattro giorni dopo. Prima di partire, mi hanno fatto una specie di interrogatorio in cui io ho detto la verità ma siccome Kris ha un modo di parlare inascoltabile quando si agita, tutti hanno dichiarato di averlo sentito minacciarmi e appellarmi in modo poco rassicurante più volte. Cosa vera, che però io poi ho dovuto confermare perché nel frattempo, Xiao, ha trovato due ragazzine che mi hanno raccontato altro. E se non per me, almeno per loro ho dovuto fare la cosa giusta. Evidentemente da lì le indagini però sono proseguite e stamattina lo hanno trovato qui vicino … avranno pensato volesse farmi qualcosa per tutto ciò che è uscito fuori e lo hanno messo dentro”
Lo visi riflettere qualche istante mentre tratteneva evidentemente una risata che però non tardò a liberarsi:
“Una mossa di MMA?”
“Dai! Me lo ha insegnato Tao”
“Buono anche quello …”
“Tao è un angelo dai, un po’ paraculo con le commissioni ma con noi ragazze è sempre stato buono e tranquillo”

Scosse la testa: “Lui e Luhan …non so. Tu come ti senti adesso?

“Ma … mi fa un po’ strano pensare che probabilmente andrà incontro a una decina di anni di inferno però dopo aver ascoltato Xiao e le ragazzine che all’epoca erano fresche di recruitment fu una gran botta per me. Si spezzò inevitabilmente qualcosa tra me e lui e non fu solo l’orgoglio ferito per il tradimento. Ci sono cose che secondo me non vanno fatte e basta, non è stato un uomo. Avrà quel che merita e magari imparerà a stare al mondo”
“Mh … hai fatto a botte con Kris Wu. Sai quanti dati deve elaborare il mio cervello ora?”
“Ahahah ma smettila! Se lo avessi picchiato bene per altro, questa sarebbe stata la parte che non mi piace, avrebbero comunque dato tutta la colpa a lui”
“Ma non lo hai fatto e lui credo che sia stato condannato più per le accuse delle ragazze adesso … bene. E io che pensavo fosse finita la giornata”
“Dovrebbe essere tutto …” Sorrisi mo’ di aegyo e lui rabbrividì dirigendosi verso i piatti da lavare, mi alzai per aiutarlo e lui mi raccontò un po’ di Xiao, suo padre, Yoongi, la fissazione di sua madre:
“mio padre è sparito in un momento critico a livello economico, quando mamma si è ri sposata non c'è stato nemmeno il tempo di capire cosa fosse successo quindi ci siamo ritrovati a doverci inquadrare in un contesto sociale nuovo. Non eravamo poveri, non eravamo però nemmeno milionari e invece il salto è stato alto, fin troppo così di corsa. Io ho provato a stare dietro a tutto ma non ero per niente docile come trainee, dopo il debutto ho preferito dedicarmi alla produzione ma nel frattempo frequentavo già da qualche anno la famiglia di Yoongi perché andavamo al liceo insieme. Mia madre mi accompgnava a scuola per incontrare la madre ma una mattina ha scoperto da suo padre chi fossero e da lì ha deciso che ci saremmo dovuti sposare. Al padre di Yoongi io non penso di essere mai piaciuto, lo dimostra il fatto che tutti aspettavamo la sua ira abbattersi su Elite mentre ho solamente ricevuto una lettera in cui si scusava perché Yoongi aveva chiesto di ritirare la sua quota dagli investimenti per i dormitori nuovi. Per altro, una settimana dopo, mi ha fatto un bonifico donazione a suo nome reintegrando tutta la cifra”.
“O magari gli piaci talmente tanto che gli sarebbe dispiaciuto di più vederti con la figlia …”
“Anche questo potrebbe essere …Xiao invece l’ho conosciuta quando viaggiavamo per i live qui, era amica di Luhan.
A me non ha sconvolto l’atteggiamento di Kris ad essere onesto ma lei si. Mi ha ribaltato il modo di vedere le donne per un periodo, non riuscivo più a frequentare nessuna senza insospettirmi ma non essendo geloso per natura, le lasciavo e basta. Poi ho lasciato la vita da idol ed è diventato più semplice filtrare. E poi è arrivata miss Wein”.

Si asciugò le mani e mi accarezzò i capelli : “voilà, lei è un grande collaboratore. Adesso se fosse d’accordo, andrei a letto. Ma non da solo”.
Jia si voltò leggermente con lo sguardo malizioso: “Ah no? E con chi?”

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