Ogni volta sempre tu

di LadyRunami
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** What if Giorno were in SO ***
Capitolo 2: *** Incontri a Night City ***
Capitolo 3: *** Una conoscenza...approfondita ***
Capitolo 4: *** In fondo al mar ***
Capitolo 5: *** Family dinner ***
Capitolo 6: *** Piccoli bisogni reciproci ***



Capitolo 1
*** What if Giorno were in SO ***


1) What if...Giorno were in Stone Ocean



La giovane ragazza era tra le sue braccia morente, perdeva molto sangue e non era sicuro che sarebbe riuscito a salvarla, ma doveva provarci, in fin dei conti facevano parte della stessa famiglia anche se in modo molto lontano e comunque si era rivelata una valida alleata avendo sconfitto due dei suoi fratelli. La battaglia contro Pucci era finita con la vittoria del 26enne dai capelli biondi, anche se non ne era uscito illeso neppure lui. Quantomeno Pucci aveva sì idee assurde e paradossali, ma non era in grado di prevedere il futuro come gli era successo 10 anni prima in Italia. Se l’era cavata, non era più il moccioso che si era ribellato a Passione e che aveva messo in pericolo i suoi compagni passati (primo tra tutti Bruno), aveva acquisito esperienza mentre la ragazza che teneva in braccio proteggendola da tutte le macerie che li circondavano aveva ottenuto i suoi poteri poche settimane prima. 

La appoggiò delicatamente per terra e iniziò a guarire le sue ferite, voleva che si salvasse, si era affezionato a lei, e poi forse lei era anche amica di Koichi, il ragazzo giapponese con cui aveva fatto amicizia da adolescente.
Le vene di Jolyne perdevano sempre meno sangue, e le ferite si stavano ricucendo. Giorno vide le dita della sua mano destra muoversi e il respiro farsi più intenso. La vide riaprire gli occhi e le sorrise.

“Cazzo se fa male”
“Purtroppo i miei poteri curativi si fermano a questo, signorina”
Si mise seduta.
“Per fortuna sei viva, non mi hai lasciato anche tu
Avrebbe voluto chiedere il perché di quella frase, il tempo non sarebbe mancato più avanti. Avrebbe avuto tutto il tempo del mondo per conoscere quel misterioso ragazzo italiano dai capelli biondi che aveva impedito a Padre Pucci di avere la sua vendetta su suo padre e sulla famiglia Joestar.


“Gli altri come stanno?” chiese preoccupata cercando di alzarsi.
Il ragazzo scosse come per dire che non ne avesse idea.
“Stai seduta, hai perso molto sangue”
“Mio padre! Dove cazzo è mio padre?! E Ermes, FF, Anasui ed Emporio? Loro stanno bene vero?”
“Io…non lo so”
Lo strattonò per il colletto della giacca.
“Giovanna, dimmi che stai scherzando”
Come risposta ottenne il silenzio. Non servirono altre parole per far scoppiare la ragazza in un pianto isterico e rumoroso. Giorno la abbracciò cercando di farla stare calma, ma lei continuava a dimenarsi, mettendo a rischio la sua stessa salute già debole.
“Jolyne, calmati, ho fatto tutto il possibile. Gold E è rimasto attivo per tutto il tempo. Ora non ci resta che pregare.”
“Stai zitto, e non dirmi di calmarmi.
"Dammi il braccio e fatti guarire." Erano uno più testardo dell'altra, uno sconosciuto li avrebbe scambiati per una coppia che stava litigando.

Erano ancora seduti per terra per riprendersi dallo scontro appena terminato quando sentirono una voce familiare in lontananza. “Jolyneeeee!” I due videro uscire dalla polvere delle macerie Emporio che si sbracciava per salutarla mentre veniva portato in spalla da Anasui, ed Ermes e FF che sorreggevano Jotaro per le spalle.
Il bambino non perse tempo e si buttò tra le braccia di Jolyne. “Menomale che sei viva! Siamo riusciti a salvarci grazie a Giorno! Ha trasformato parte dei detriti in erba e farfalle, quindi non siamo stati investiti da quell’ammasso di ciottoli.”
Jolyne guardò negli occhi Giorno senza smettere un secondo di piangere. “Grazie, ti devo tutto.”

“E’ finita, stavolta sei al sicuro.”

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Capitolo 2
*** Incontri a Night City ***


2) Giorno netrunner, Jolyne singer at AfterLife


 

Era stata un’idea di Abbacchio andare in quel locale che sicuramente era tutto tranne che nello stile di Giorno Giovanna. Era molto più adatto alla personalità solare di Narancia, che adorava fare festa dopo un contratto portato a termine, o di Abbacchio che era un estimatore dell’alcol di prima qualità. Ma sicuramente non di Giorno Giovanna. Taciturno, pensieroso, astemio.

Era il classico pub della vita mondana di Night City, gente che si ubriaca fino a vomitare, tavoli di biliardo, incontri clandestini…e escort. Non che fosse del tutto indifferente all’altro sesso, ma non era il primo dei suoi pensieri. L’unica con cui aveva un rapporto quotidiano era la sua collega di nome Trish, che per la serata non ne aveva voluto sapere di venire in quel posto, preferendo invece un’uscita con il suo partner Bruno Bucciarati. E ora si trovava a girare distrattamente la cannuccia nel suo Johnny Silverhand mentre i suoi due amici degustavano con fervore i loro superalcolici.
“Eddai lasciati andare per una volta Giorno…cameriera! Un altro giro per me e il mio amico Leone!”
Una giovane dai capelli verdi con una salopette e dei roller ai piedi avvicinò a loro tenendo stretta tra le labbra la sigaretta che stava fumando.
“Guardate che non sono la vostra doll, per quelle dovete pagare”
“Senti…” le guardò la spilla con il suo cartellino “...FF, noi vorremmo solo un altro giro di tequila.” Narancia stava gesticolando in modo abbastanza evidente, come a non voler lasciare dubbi sul fatto che fosse ubriaco. “Però insomma se fossi disposta a portare una ragazza al nostro tavolo diciamo che non ci dispiacerebbe”.
“Se vi interessa una delle nostre ragazze dovete dirlo alla tipa dai capelli neri al bar, è lei che si occupa di questi affari. La vostra tequila invece arriva subito.” disse pattinando via col suo vassoio sotto al braccio. 
“Ma che diavolo dite?”
“Hai bisogno di rilassarti amico” Abbacchio si accese una sigaretta e iniziò ad aspirare profondamente “Le ultime missioni contro la Arasaka ti hanno distrutto, si vede che sei stanco.”
Giorno sbuffò silenziosamente quasi come a voler confermare ai due che fosse la verità. 
“Dai dicci chi ti piace e stasera ti lasciamo andare con lei”
“Non penso di voler pagare per andare a letto con una donna”
“Consideralo uno svago, un po’ come fumare o giocare d’azzardo”
“Tsk” Iniziò a guardarsi intorno mesto ed indifferente, come per far stare zitti quei due. “Ecco, non c’è nessuna che mi piace”
“Eddai stai scherzando spero amico?! È pieno di belle ragazze!”

Continuò a girare la testa in cerca di una ragazza che attirasse la sua attenzione, erano tutte così provocanti, pronte a vendersi, con indosso vestitini striminziti, calze a rete o addirittura senza reggiseno. Chissà con quanti uomini erano state, quanti corpi avevano toccato, quanti orgasmi avevano finto. Night City era veramente una città allo sbaraglio, dove la polizia sparava sui civili, le corporazioni dominavano il mercato e l’unico svago per i poveri cittadini erano locali come l’AfterLife. Loro erano dei semplici mercenari parte del sistema, nulla di più, nulla di meno.
L’attenzione di Giorno fu richiamata verso il piccolo palco del pub, che ospitava qualche cantante emergente o talento nascosto della periferia.

“È con grande piacere che vi presento la cantante di questa sera, è una giovane promessa della musica punk sub urbana, il suo stile e il suo charm vi cattureranno. Fate un grosso applauso ad Irene”
Sul palco uscì una ragazza con una chitarra elettrica rosa e i capelli verdi e blu. 
Suonò una canzone scritta da lei ‘Stone Ocean’ che parlava di come si sentiva rinchiusa in un mondo senza futuro e solo con la sua forza e il suo coraggio ne sarebbe uscita. 

“Lei, voglio lei”
“Ahhh finalmente ti sei deciso!”

/

“Mi spiace, quella è fuori catalogo.”
“Eddai Ermesss!! Il nostro ragazzo la trova veramente bella.”
“Narancia, quanti pensi mi vengano a chiedere di lei? Spoiler: quasi tutti, e io non posso venderla se lei non è d’accordo. Qui è solo una cantante”
“Parlate di me?”
“Ahhh Irene sei stata stupenda” Ermes la abbracciò calorosamente “La mia piccolina cresce proprio bene!”
“Mi metti in imbarazzo davanti ai clienti così!”
“A proposito” iniziò a parlare sottovoce per non farsi sentire, la musica ad alto volume avrebbe aiutato “Uno di quel tavolo ha chiesto di te. A quanto pare gli piaci.”
“Ah si? Chi? Capelli lunghi?” Chiese tutta curiosa e interessata a spettegolare.
“Il biondino.”
“Mmm…è carino.”

In quel preciso momento Giorno si alzò dal tavolo. La sua giacca era però rimasta sul divanetto, segno che non sarebbe andato via. La cantante sorrise, ondeggiando su se stessa uscendo a fumare sul retro, cogliendo al volo quella possibilità.

“Non sei uno di molte parole tu eh?”
“Mh?” Alzò lo sguardo dall’asfalto e incrociò gli occhi della ragazza che gli si avvicinò strusciandosi sul suo braccio. 
“Se davvero ti interesso avresti dovuto chiedere a me invece che mandare i tuoi amici”
“Guarda che ti sbagli.”
“Ah sì?”
“…sì, sono stati loro a portarmi qui”
“Quindi sei più un tipo da serata tranquilla?”
“Diciamo” la sigaretta di Giorno si spense nelle sue labbra per colpa del freddo e del vento. Stava cercando il suo accendino nella tasca della giacca, ricordandosi che l’aveva lasciata all’interno.
“Aspetta, te la accendo io.”
La mano delicata di Irene sfiorò le labbra del giovane, prese la sigaretta, se la mise tra le labbra e la riaccese. “Ecco.”
Giorno aspirò e gli sembrò che il tabacco avesse cambiato sapore, era diventato più dolce, più zuccheroso. Sapeva delle labbra dolci della sua interlocutrice. 
“Sono qui perché ho chiuso un contratto importante e i miei colleghi volevano festeggiare.”
“Netrunner immagino.”
“Già..comunque non mi aspettavo che nei locali delle spogliarelliste ci fossero anche delle cantanti”
“Diciamo che sono amica della proprietaria e ogni tanto mi fa dei piccoli favori, mi sto esercitando, pian piano porterò tutte le canzoni che ho composto”
“Non vedo l’ora di ascoltarle”
“Mica non era il locale adatto a te?”
“Il locale no, ma la musica non è male, c’è questa cantante di nome Irene che è interessante”
“Jolyne, mi chiamo Jolyne. Irene è il nome d'arte.”
“Giorno, piacere.”

Nessuno dei due ancora sapeva che non avrebbero più avuto bisogno dell’AfterLife per incontrarsi, in quanto Giorno d’ora in avanti sarebbe sempre stato lo spettatore numero uno di Jolyne, direttamente nella sua camera da letto dove lei componeva. 

 
 

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Capitolo 3
*** Una conoscenza...approfondita ***


3) Jolyne and Giorno play 7 minutes in paradise

 

Jolyne chiuse la porta dietro di sè. Aveva deciso di giocare a quel gioco adolescenziale per colpa di FF che già ubriaca alle dieci di sera l'aveva strattonata per un braccio e l'aveva fatta sedere nel cerchio dove stava giocando con altri ragazzi della loro stessa scuola. La Kujo non era sicura di conoscerli tutti, ma i due boccali di birra in corpo non aiutavano a farle ricordare quelle facce magari incontrate solo una volta nei corridoi scolastici. Erano seduti per terra e al centro c'era una bottiglia di vodka vuota che veniva girata per decidere la sorte dei due che avrebbero dovuto trascorrere del tempo insieme, chiusi in uno stanzino.

E così si era trovata rinchiusa con Giorno fottuto Giovanna per 7 minuti. Lei. Che era fidanzata. Con Narciso Anasui. Lui con Trish Una. E allora perché aveva accettato? Non avere intorno il suo petulante fidanzato le aveva dato l’idea che tradirlo sarebbe stata una buona cosa? Che poi, tradirlo. Sarebbero stati 7 minuti a guardarsi negli occhi senza fare nulla. Giorno era il ragazzo più bello della sua classe, e i suoi ormoni diciassettenni non potevano fare a meno di considerarlo un gran figo. Ma era anche impegnato. Con la figlia del preside. Ma era così figo. E lei era solo una ragazza che si comportava da maschiaccio, così rozza e poco raffinata in contronto a lui. Non si sentiva alla sua altezza. 

Jolyne si morse il labbro. 
“Ti ho fatto finire in una brutta situazione, scusa.”
“Non fa niente, 7 minuti non sono molti, e poi possiamo sempre parlare. Sei Jolyne Kujo giusto?”
“Eh si, siamo in classe insieme da quattro anni.”
"Già…quattro anni e ci saremo scambiati si e no dieci frasi. Non è da tutti.”
“Hai ragione” rise “E' un record ignorarsi così bene per così tanti anni”
“Tu sei fidanzata giusto? Con quell’Anasui che si è diplomato l’anno scorso”
“Proprio lui, ormai stiamo insieme da quasi un anno”
“Ah quindi come me e Trish”
“Interessante...”
Si guardarono negli occhi imbarazzati, come se quei sette minuti stessero durando troppo per i loro gusti, entrambi avrebbero voluto dirsi qualcosa e far terminare quei 5-6 minuti che ancora mancavano. 
“In teoria cosa bisognerebbe fare qui dentro? Baciarsi?”
“Penso che sia una cosa molto soggettiva. Probabilmente c’è chi scopa in sette minuti, oppure c’è solo chi parla, o cerca di conoscersi meglio. Alla fine è una scelta che va a noi.”
“Che vuoi fare tu?”
Alla domanda la ragazza arrossì. “Non c’è bisogno che facciamo nulla.”
“Ah no?” Si alzò Giorno prendendole il mento e costringendola a guardarlo. “Peccato però, quello che succede nello stanzino rimane nello stanzino.”

Non fu necessario dire altre parole. 
La lingua di Jolyne era già a contatto con quella di Giorno, le mani gli toccavano i pettorali, il corpo si stava surriscaldando. Anche il ragazzo non era da meno, aveva appoggiato una mano sul fianco e una sul fondoschiena della sua "partner in crime", e sentiva una sensazione farsi strada nei suoi pantaloni, che improvvisamente gli parvero maledettamente stretti. 
“Quindi non facciamo nulla eh?”
“Abbassati i pantaloni”
Giovanna non se lo fece ripetere due volte, la cintura e la cerniera che stringevano sulla sua erezione erano già un ricordo. Jolyne tastò quel membro così ingombrante per lui e si morse il labbro gemendo leggermente. 
“Solo perché non ti ho mai parlato in questi anni non vuol dire che non mi sia mai fatto pensieri su di te JoJo, solo te ne stavi sempre per le tue con le tue amiche e quel tipo…”

Non fece in tempo a finire la frase che sentì il suo membro nella bocca calda della ragazza, che stuzzicava il glande e toccava la lunghezza con le mani. Oh, era una dea. Sarebbe potuto venire anche subito, ma cerco di trattenersi. Quella ragazza era benzina per il fuoco che gli bruciava dentro. 
Jolyne iniziò a fare su e giù con la bocca, Giorno le toccava i capelli soffici. “Ah, cazzo sei bravissima.”
Sapeva di dover venire velocemente, il tempo a disposizione non era molto. E se la sua ragazza avesse scoperto di questo tradimento sicuramente sarebbe stato un uomo morto. O magari morto no, ma sicuramente espulso dalla scuola.

Le riempì la bocca del suo sperma in pochi minuti e la prese girandola di spalle e penetrandola con forza e avidità, era da così tanto tempo che non sentiva i brividi a fare sesso. Si erano spinti troppo oltre, non avrebbe potuto resistere all’idea di non averla posseduta. E dall’altra parte, Jolyne gli lasciava fare, si faceva guidare da quelle mani esperte ma incerte, quasi timorose di farle del male, quasi insicure su come prenderla o dove toccarla. Vederlo preoccupato per lei lo rendeva ancora più eccitante, li faceva sentire complici di quel peccato. Jolyne non ci mise molto a raggiungere l’orgasmo bagnando con i suoi liquidi sia i suoi slip, sia i boxer di Giorno. In quel momento sentirono la suoneria di un timer che segnava la fine del loro tempo insieme. Si sistemarono velocemente cerniere e bottoni e capelli in disordine. 

Uscirono dallo stanzino separati ma con uno sguardo d'intesa e una consapevolezza diversa: d’ora in avanti avrebbero posto rimedio a tutti quegli anni che avevano passato senza parlarsi. O forse no. In fin dei conti non c’era bisogno di molte parole. 

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Capitolo 4
*** In fondo al mar ***


4) Jolyne is a mermaid, Giorno a sailor

 

Il canto dolce di una giovane donna che si mischiava con il rumore delle onde del Mar Adriatico. Lo sentiva alla mattina quando dalla vedetta scrutava l’orizzonte, al pomeriggio quando dal timone governava la rotta e alla sera quando si godeva lo spettacolo che offriva la Via Lattea mentre sorseggiava un bicchiere di latte caldo e whisky.

Erano mesi ormai che percorreva questa rotta Venezia-Instanbul per trasportare merci, tappeti e spezie dall’Oriente all'Occidente. La loro nave si chiamava la “Vento Aureo” in riferimento al clima quasi sempre favorevole che si trova sulle coste del Mediterraneo. Era stata inaugurata il 30 luglio 1754. Da quella data avevano sempre fatto avanti e indietro dal Medio Oriente. Erano in sei in quella brigata mercantile, Giorno era uno dei sottoposti di Bruno Bucciarati, un brav’uomo, uno che si prendeva cura di tutti e ci teneva che tutti fossero in salute e avessero cibo e bevande a volontà. Stava circolando nel Nord Italia una malattia molto pericolosa, la pellagra, e il loro capitano voleva assicurarsi che tutti avessero un sistema immunitario abbastanza forte da resistervi. Ma attualmente non era quella malattia a preoccupare il giovane quindicenne, bensì l’idea che stesse impazzendo per colpa di quella voce angelica che gli risuonava nelle orecchie a tutte le ore della giornata.
Era una voce calda e armoniosa che proveniva dal mare, e Giorno perdeva le ore ad ascoltarla. Era rimasta una melodia lontana per molti mesi, fino a quel mattino del 10 marzo 1755, quando i suoi compagni e colleghi erano scesi sulle coste dalmate di Spalato a consegnare un carico, mentre lui aveva deciso di rimanere a bordo a fare da vedetta. Stava leggendo un libro di navigazione quando sentì qualcosa arrampicarsi sulla polena della nave.
Di corsa si alzò dalla sua amaca impugnando la pistola che apparteneva al suo compagno Guido Mista. Non sapeva esattamente come usarla, però forse sarebbe riuscito a spaventare l’ospite indesiderato con quella. 

“Ciao” 

Era una ragazza. Una ragazza dai capelli rosa e blu e una stella sull’occhio sinistro. Indossava un reggipetto turchese che brillava alla luce del sole come un arcobaleno e aveva dei tatuaggi sulle braccia che raffiguravano delle farfalle. La ragazza si spinse con le mani per riuscire a salire con tutto il corpo sulla polena, rivelandosi essere non completamente umana, era infatti comparsa una coda blu che brillava come le squame di un pesce. Era la creatura più bella che Giorno nei suoi 15 anni di vita avesse mai visto, era aggraziata nei movimenti, splendente, accecante. 
“È da un po’ che ti guardo sai. Passi di qui una volta al mese circa con i tuoi compagni, eppure sei l’unico che sente il mio cantoo…chissà perché.” disse giocando con le ciocche dei suoi capelli. 
“Io..io ero sicuro che le sirene esistessero solo nei libri di fantasia, e che fossero dei mostri, come li descrive Omero nell’Odissea.”
“Sorprendente eh? Dai raccontami che fai su questa nave.”
“Uhm ecco...trasportiamo merci dall’Asia all’Europa, è una nave mercantile”
“Cavolo...voi umani fate un sacco di cose interessanti.” Lo guardava con l’aria curiosa di una bambina. “Io sono sempre qui su queste coste, a giocare con i pesci, oppure a fare gli scherzi ai marinai..non è una vita di cui vantarsi.”
“Ma scherzi?! Sei una sirena! Deve essere una cosa fighissima!” Si accorse di aver alzato un po’ troppo ma voce e arrosì, abbassandola di colpo. “Cioè io mi divertirei un sacco.”
“Non è così divertente. Siamo esseri praticamente immortali, la vita non ha senso per noi, i giorni passano e sono tutti uguali, arrivi anche a perderne il conto. Ora però mi sto divertendo qui con te. Sono così felice! Dai marinaio, fammi vedere come è la tua nave.”
Giorno toccò la sirena, era umidiccia ma non gli faceva impressione, era completamente ammaliato dalla sua bellezza da dimenticarsi della sua natura sottomarina. La appoggiò sul pavimento della nave e si mise seduto di fianco. 
“La nave è un po' sporca, una creatura bella come te non meriterebbe di stare qui. E hai anche una bella voce che è sprecata per noi marinai. Tutto di te è così bello e puro.”
“Guardami.” Gli prese il mento per girare il suo sguardo verso di lei. “Nel mondo delle sirene è assolutamente vietato parlare con gli umani. Vengono considerati gente cattiva dal mio popolo. Gente che ci ha rinchiuso nei fondali oceanici e non ci permette di vivere in superficie. Ma io mi sono fatta coraggio e sono venuta qui perché ti ho visto in tutti questi mesi...tu sei una brava persona...dedita al lavoro...con un cuore buono...e se tutti gli umani fossero come te non avremmo più bisogno di nasconderci. Sono io quella che si sente in debito con te.” Lo baciò delicatamente sulle labbra. “Devo andare.”
“Ti prego non andare.” La bloccò stringendole forte la mano nella sua. “Ti prego resta qui. Ancora un po’. Anche se fosse solo un minuto. Ti prego.”
“Non posso proprio, però sappi che ti porterò per sempre nel mio cuore.”
“Fammi venire con te.”
“Ma..non puoi..non potresti respirare nel mare.”
“Sono disposto a morire per stare ancora un po’ di tempo con te.”
“Allora dammi la mano, e fidati di me.”

Si tuffarono insieme nel mare, lasciando la nave scoperta. Quando il gruppo di Bruno avrebbe fatto ritorno avrebbe trovato la nave vuota, ma non saccheggiata. Bruno e i suoi compagni non rividero mai più Giorno Giovanna, il cui corpo giaceva sul fondo del mare dove la sua amata lo custodiva gelosamente. 

“Oh amor mio, noi sirene siamo condannate a questa fine. Innamorarci di un essere umano ma condannarlo ad una triste morte per nostra mano. Ma ora staremo per sempre insieme, te lo prometto.”




 
Note dell'autrice
Mi piace pensare che questa sia la zona dove anche Ulisse è caduto vittima delle sirene, anche se secondo l’Odissea quel luogo è posto più a sud, verso la Sicilia. Giorno è così ammaliato da Jolyne anche per il fatto del canto di lei (volevo fosse chiaro ma non so se ho lasciato i giusti indizi). Spero vi piaccia questa raccolta e se avete voglia lasciatemi un vostro parere!
 

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Capitolo 5
*** Family dinner ***


5) Giorno asks Jolyne to marry him in a bizarre way



Non era una cena di famiglia come le altre. Giorno aveva insistito per andare a casa Kujo perché aveva intenzione di chiedere la mano di Jolyne, che dopo 4 anni di fidanzamento non vedeva l’ora che diventasse sua moglie. E sapeva benissimo che ci sarebbe voluto molto tempo per far apprendere e accettare la notizia a Jotaro. 
Già il padre di lui, Dio Brando, dopo avergli detto che aveva già comprato l’anello per la sua amata si era messo ad urlare “MA TRA TUTTE QUELLE CHE POTEVI TROVARE PROPRIO LA FIGLIA DI QUELLO?!? Stai disonorando la tradizione di famiglia di essere nemici giurati dei Joestar!!”
Effettivamente Giorno non credeva che suo padre e il signor Jotaro fossero andati a letto insieme, anzi solo l’idea che quei due si parlassero era abbastanza disgustosa in quanto sarebbe finito tutto ad insulti e nomee poco carine. Però sicuramente la tradizione di un rapporto tra le famiglie Joestar  e Brando era stata mantenuta, su quello non c’era dubbio.

“Buonasera Signor Jotaro, grazie mille per l’invito nella sua stupenda casa. Ah buonasera Signora Kujo, è bella come sempre, anzi sembra più radiosa del solito.”
“Awww Jotaro impara da questo ragazzo come ci si comporta con una donna!” Gli tirò uno scappellotto in testa come a voler rimarcare la buona educazione di Giorno Giovanna. “Prego, sedetevi, ho preparato come primo dei tortellini essendo tu italiano Giorno, e come secondo dell’arrosto all’inglese con patate. Spero davvero sia tutto di vostro gradimento. Ah, oh cielo i tortellini si scuociono! Jotaro pensa tu ad intrattenere i nostri ragazzi!”
“Mamma non preoccuparti! Vai pure in cucina!”
“Allora...” disse l’uomo di quasi cinquant’anni cercando di non iniziare subito ad insultare il figlio del suo acerrimo rivale. Erano stati rivali alle superiori, all’università, sul posto di lavoro, perfino in amore per aggiudicarsi le attenzioni di quella che sarebbe poi stata la sua futura moglie. Ovviamente aveva vinto lui. “...sedetevi pure ragazzi.” Sistemò dolcemente la sedia di Jolyne e si sedette subito dopo, lasciando il genero in piedi, che dovette prendere da solo una sedia e sedersi accanto a lei. La adorabile padrona di casa portò in tavola i ravioli italiani e iniziarono tutti e quattro a cenare, anche se rimaneva della tensione nell’aria.

“Quindi..che ci fate qui? Jolyne mi ha detto che ci tenevi particolarmente a questa cena di famiglia, Giovanna.”
“Papà ti prego, contieniti, e trattalo bene, è pur sempre il mio fidanzato.” Disse mandando un’occhiata di ghiaccio al genitore. Ci fu un momento di silenzio prima che Giorno appoggiò il cucchiaio sul suo tovagliolo e prese un respiro profondo. 
“Signor Kujo, Signora Kujo…ecco io...io vorrei avere la vostra benedizione per sposare vostra figlia.”

L'aria della stanza sembrò raggelarsi nel tempo di una frase. Il cucchiaio con cui Jotaro stava mangiando cadde nel brodo, Jolyne quasi si ingozzò mangiando il suo tortellino e iniziò a tossire compulsivamente. L’unica fu la signora che si alzò battendo le mani e congratulandosi, come se aspettasse questo momento da quando Giorno 4 anni prima aveva varcato per la prima volta la soglia della loro casa.
“Oh mio dio ma è bellissimo!! Congratulazioni!! Quando avete preso la fantomatica decisione?”
“Mai!!! E tu avresti dovuto parlarne con me prima di chiederlo ai miei genitori!!”
“Yare yare daze…vedi Giovanna, mia figlia non si vuole sposare con te.”
“Ma non è vero papà!”
“Quindi ci sposiamo?”
“ODDIO C’E’ DA SCEGLIERE IL VESTITO!!”
“Mamma direi che quello è l’ultimo dei problemi!!”
“Beh, l’anello l’ho già preso.”
“Oddio vediamolo!! Ma è di Bulgari!! E’ costosissimo!!”
“Ora svengo…”
“Tsk, un bell’anello non ti salverà dall’essere il figlio di Dio.”
La situazione stava degenerando, tutti e tre i commensali continuavano a dire la loro fregandosene di Jolyne, l’unica che avrebbe davvero essere interpellata. Jolyne diede un pugno al tavolo richiamando l’attenzione generale.
“Papà ti prego puoi stare un attimo zitto!! E mamma, calmati. E tu, vieni un attimo con me. Io e te dobbiamo parlare.” Tirò per la giacca il suo uomo e se lo portò in bagno chiudendo la porta a chiave. “Ma Giorno sei matto?! Sai com'è papà! Avremmo dovuto parlarne!”
“Avremmo dovuto parlare anche del fatto che sei incinta forse?”
“Ma…MA TU COME CAVOLO LO SAI?”
“Magari se me lo devi tenere nascosto non lasciare il test di gravidanza nel cassetto del bagno.” Giorno ora aveva lo sguardo ferito, e così Jolyne. Quella cena era un disastro.
“Te ne avrei parlato.”
“Quando?”
“Sei tu quello che è sempre via per lavoro.” Sputò acida come una vipera. E aveva ragione, Giorno era via per 12 ore al giorno per colpa del suo stupido lavoro nella finanza. “Mi guardi sempre meno, avevo paura ti stessi stancando di me, se avessi voluto lasciarmi e io ti avessi detto di essere incinta non pensi che avrei condizionato la tua scelta?” Il suo volto si intristì. Giorno si sentì improvvisamente in colpa. Lei pensava a lui, sempre. Ai suoi sentimenti, a rispettarlo e a non farla sentire un peso sulle sue spalle. Che donna. Ora era ancora più convinto di volerla sposare.
Le accarezzò il viso.

“Non piangere mia amata, una lacrima sul tuo viso sono dieci pugnalate al mio cuore.”
“Mi prometti che trascorrerai più tempo con ‘noi’ d’ora in avanti? Che ti prenderai cura sia di me che di lui o lei?” Si toccò la pancia con la sua mano piccola e delicata sulla quale si posò quella di lui più grande e confortante. 
La baciò con intensità.“Posso iniziare già adesso. Ti voglio Jolyne. Qui e ora.”
Tra un gemito e l’altro la ragazza rispose mentre le loro bocche non si erano staccate neanche per un secondo. “Così…così faremo aspettare i miei.”
Giorno la sollevò e la fece sedere sul lavandino, alzandole la gonna e iniziando a darle dei baci sulle cosce e avvicinandosi sempre di più alle mutandine di lei. Per colpa del suo lavoro quando tornava la sera era già troppo tardi e lei dormiva, e non l’avrebbe mai voluta svegliare. Ma l’idea di non fare l’amore con lei da giorni gli metteva una fretta, la fretta di spogliarla e farla subito sua, e poi la consapevolezza di star facendo qualcosa di sporco nel bagno del signor Kujo gli mise addosso un’adrenalina che gli fece spostare di pochi centimentri gli slip della sua partner. Era già bagnata e pronta per lui. Giorno avrebbe dovuto stare attento a non impazzire di fronte a quella visione e a quel profumo caldo e avvolgente che le avevano dato gli ormoni della gravidanza. Infilò un dito e la sentì gemere più forte. “Mia adorata, non dobbiamo farci sentire giusto?” Lei si tappò la bocca con la mano e lo lasciò continuare. Giorno tolse il dito e leccò i liquidi di Jolyne: era un sapore delicato ma forte e travolgente, proprio come la loro proprietaria.
“Che ne dici se li facciamo aspettare ancora un pochino?” Si abbassò la zip dei pantaloni, non smettendola di baciarla neanche per un secondo. La penetrò dolcemente dandole un bacio sulla fronte e iniziando con delle spinte leggere per poi aumentarne l’intensità.
“Immagina cosa penserebbe il tuo adorato papà che ci tiene tanto a te se mi vedesse prendere con tutta questa impazienza sua figlia, fare l’amore con lei sul lavandino del suo bagno e farle trattenere i gemiti mentre lui aspetta nella stanza accanto.” Giorno aveva lo sguardo carico di eccitazione, le gote rosse e il membro che pulsava dentro il corpo di Jolyne, che era seduta a gambe aperte con gli slip ancora solo leggermente spostati e la scarpa col tacco destra che si stava sfilando per le spinte che il suo fidanzato dava dentro di lei a costanza regolare. 
“G..giorno..ti prego..ah-AAAH! Oddio ti prego, non smettere!!” Raggiunse l’orgasmo velocemente, stringendolo forte a sé ancora in preda ai brividi del piacere. “Ti amo.”
“Ti amo più di ogni altra cosa al mondo Jolyne, e sono disposto a sopportare tuo padre tutta la vita per stare al tuo fianco.”
“Uh, che uomo coraggioso che sposerò.”
Le iridi di Giorno si strinsero per la sorpesa. “Dici sul serio? Ci sposiamo?”
“Ovvio che ti sposo, papino.”
“Oddio, non chiamarmi più così o non ci metto neanche un secondo a rifarti mia.”

Uscirono dal bagno ridendo, sotto lo sguardo stupito di Jotaro che vedendo sua figlia così felice come mai l’aveva vista, forse un’opportunità a quel damerino di un Giorno Giovanna l’avrebbe potuta dare.






(Posso dire che ho preso spunto dalla scena della cena di shrek per scrivere la parte della cena al tavolo? Posso?)

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Capitolo 6
*** Piccoli bisogni reciproci ***


6) Jolyne and Giorno are school mates


 

Jolyne non era solita andare a casa Brando. Soprattutto perché il padre del suo migliore amico era tutto fuorché ospitale, vecchio rivale del suo di padre, Jotaro Kujo. 
Ma alla fine per farsi aiutare da Giorno con i compiti questo ed altro. Dopo pranzo erano andati in giardino a fare una passeggiata. Casa Brando era una villa nel bel mezzo della campagna inglese, circondata da boschi e campi di girasoli che il Signor Dio aveva ereditato da un suo antenato 130 anni prima.
Jolyne invece conduceva una vita molto diversa da quella del suo ricco amico, abitava con sua madre in un appartamento da 70 metri quadri in centro Londra. Lei e Giorno si erano conosciuti in prima superiore tre anni prima ed erano diventati inseparabili, complice anche il loro amico in comune Josuke Higashikata che aveva fatto da collante per quel trio di combinaguai. Giorno però all’effettivo preferiva stare da solo con Jolyne. Ogni momento vissuto con la ragazza gli faceva dimenticare i primi 15 anni della sua vita prima che l’avesse conosciuta, e poi insomma..Jolyne era bella. Sprizzava felicità e purezza da tutti i pori. E a Giorno non poteva non battere il cuore più forte ogni volta che la vedeva sorridere. 

Vederla giocare nel suo giardino con le farfalle che le giravano intorno la faceva sembrare una principessa e gli sarebbe piaciuto ogni tanto avvicinarsi di più a lei. Ma Giorno era anche una persona molto timida ed insicura, una persona che aveva lottato tutta la vita per distaccare la sua identità da quella fredda e calcolatrice di suo padre Dio. Anni prima aveva fatto un patto con se stesso: l'avrebbe sempre osservata da lontano, sarebbe stato il suo angelo custode per tutto il tempo che avesse ritenuto necessario stando sempre un passo dietro di lei.

“Dai Giorno andiamo a studiare! Altrimenti questa volta il professor Joestar ci boccia davvero!”

Salirono nella camera del ragazzo, o meglio nella sua depandance. Era un intero alloggio con camera, soggiorno e bagno con sauna. Dio non aveva limite quando si trattava di viziare suo figlio, voleva sempre dimostrare di essere un padre migliore di chiunque altro avrebbe potuto, specialmente di un certo Jotaro Kujo. Stavano studiando già da un paio di ore quando Jolyne chiese una pausa straziata dal carico di pagine da presentare in appello. 
“Ti prego dammi tregua
GioGio, davvero queste equazioni non riesco a risolverle.”
“Dai, non siamo neanche arrivati alla parte interessante, fra poco inseriremo anche i grafici.”

“Ho già capito che non passerò il test.” disse facendo cadere la testa sulla scrivania facendo un tonfo secco.
Lui, che le era seduto accanto, inizò ad accarezzarle i capelli.  
“Ti aiuterò il più possibile, così poi da diplomati cercheremo un college insieme, divideremo le spese e poi faremo un mega viaggio in America. E rivedrai tuo padre.”

“Ah certo, muoio dalla voglia di rivederlo!”

Risero leggermente insieme. Non vedevano l’ora di poter viaggiare insieme, lui voleva fare il professore all’università in un altro stato, lei voleva studiare archeologia e i reperti aztechi del Messico. 
“Almeno finché non avrai trovato un posto dove stare, poi forse vorrai stabilirti e farti una vita indipendente.”
“Sai Gio, io il mio credo di aver già deciso che tipo di vita voglio.”
Si alzò di colpo baciandolo dolcemente sulla fronte, un semplice bacio che aveva solo il significato di suggellare la loro unione. L’amore non è sempre necessariamente un istinto carnale o il bisogno di possedersi, a volte può essere anche solo il bisogno di una presenza reciproca, una spalla su cui piangere, una mano da stringere, uno spirito con cui condividere i propri sogni. A volte basta quello.

 

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