I like this freak

di Feathers
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** VII ***
Capitolo 8: *** VIII ***
Capitolo 9: *** IX ***
Capitolo 10: *** X ***



Capitolo 1
*** I ***


"Rieccoci nel nostro posto."
"Adesso è diventato nostro?"
Eddie si sedette con un balzo sopra il tavolo e rischiò di cadere, ma si rimise dritto in mezzo secondo. Guardò Chrissy dall'alto con un sorrisino che mise in evidenza le belle rughette ai lati della bocca. "Beh, come ti ho detto sin dall'inizio, non passa mai nessuno... ci veniamo solo noi due. E soprattutto, qui ci facciamo i picnic solo noi due, o almeno credo." Picchiettò sul tavolo con le dita inanellate. Quella mattina si era messo anche un po' di smalto nero.
Chrissy si strinse nelle spalle, e sistemò la giacchetta di cotone bianca e rosa che le copriva perfettamente le forme del corpo, nonostante facesse ancora abbastanza caldo. Eddie aveva intuito che qualcosa non quadrava in certi suoi comportamenti, ma non voleva sembrare invadente. La ragazza si mise comoda sulla panca di fronte al ragazzo, il quale le passò una coca cola. "Vuoi che te la apra?"
"Sì, grazie."
Eddie tirò fuori un apribottiglie, e Chrissy ridacchiò. "Ma quante cose porti in giro? Non hai nemmeno una borsa."
"Beh, se escludiamo la mia fedelissima schiscetta per il pranzo, che oggi non mi serviva... ti ricordo che a noi maschi fanno le tasche nei vestiti."
"...e di solito sono più utili di certe borse che fabbricano per noi ragazze."
"Vero. A volte mi chiedo come cavolo facciate."
Chrissy prese la coca cola ed emise un sospiro rilassato, appoggiando il gomito allo stesso tavolo di legno vicino al quale si erano incontrati diversi mesi prima. Chi l'avrebbe mai detto che da un incontro finalizzato alla vendita di mezza oncia di droga sarebbe derivato un rapporto di amicizia così genuino e profondo? Ormai, quegli appuntamenti erano diventati un'abitudine di cui non avrebbero mai fatto a meno, soprattutto da quando erano iniziate le vacanze. A volte preparavano dei sandwich e li mangiavano lì, altre volte si mettevano a giocare a carte o a qualche gioco alcolico, o parlavano per ore di qualunque cosa passasse loro per la testa, senza particolari filtri o preoccupazioni. Chrissy trovava che perfino il silenzio fosse confortante con lui, ed era una cosa che non le era mai successa se non con la sua migliore amica. Aveva ancora qualche difficoltà, ma stava imparando ad aprirsi con lui proprio grazie alla tranquillità che le trasmetteva.
Eddie bevve un po' della sua birra. "Questa è la seconda di oggi."
"Oddio, non esagerare. Può farti male."
Lui si sdraiò lateralmente sul tavolo, lo sguardo allegro sempre puntato su quello di lei. "Nah, sto benone. E poi lo sai qual è il colmo per un metallaro?"
"Non voglio saperlo!"
"Dai, scommetto che ci puoi arrivare."
Chrissy fece no con la testa, e sorseggiò la coca cola.
"È... avere una salute di ferro."
Lei si tappò la bocca piena con una mano, rischiando di sputare tutto. Era una battuta davvero terribile, forse una delle peggiori che avesse mai sentito, ma stranamente qualunque cavolata che Eddie dicesse o facesse per impressionarla la divertiva un sacco, e iniziava a chiedersi se era così che ci si sentisse quando ci si stava prendendo una cotta.
"Okay okay, scusa, ammetto che non avrei dovuto tirare fuori una freddura così eccezionale mentre bevevi."
"Ti odio."
Si misero a ridere per un minuto buono, ricominciando ogni volta che i loro sguardi si incontravano per sbaglio, finché non si ripresero del tutto, senza fiato. Chrissy allungò una mano per sistemare una ciocca dei capelli di Eddie che gli era finita davanti agli occhi. A quel gesto, il ragazzo cambiò espressione e schiuse le labbra, ma poi cercò di ricomporsi in fretta. Non capitava molto spesso che si toccassero. "Vuoi mettermeli in ordine? Buona fortuna. Guarda che se mi sveglio sembrando un levriero afghano in una giornata ventosa non ci sarà nulla da fare, i miei capelli sono magici."
"È normale per chi li ha mossi. E a me piacciono i levrieri afghani." Chrissy girò la sua bottiglia, sbirciando la tabella nutrizionale e mettendosi a leggerla con aria assorta.
Il ragazzo ci fece caso, e rifletté su come distrarla. "Hey uhm, comunque, domani suoniamo. Verrai?"
L'attenzione della ragazza tornò su Eddie. "Certo. Non mi perdo mai le vostre esibizioni, lo sai."
"Uuuh, mi sa che allora adesso abbiamo ufficialmente un seguito di ben... sei persone! Piccoli progressi."
"Già, piccoli progressi."
Ci fu una pausa breve di silenzio disturbato solo dal frusciare del vento tra le foglie e qualche cinguettio.
"Ne stai facendo anche tu di progressi, vedo, sai per... per lui." sussurrò Eddie, con tono incerto.
Chrissy lo guardò con aria interrogativa per qualche secondo, prima di realizzare. "Oh. Sì, eccome."
Jason l'aveva lasciata alla fine della scuola, subito dopo il diploma, e lei aveva preferito non affrontare l'argomento con nessuno, almeno agli inizi. Sua madre con molta probabilità le avrebbe detto che era perché aveva messo su peso, e per quanto riguarda i suoi amici - compreso Eddie - temeva di tediarli o di farli preoccupare, quindi evitò. In fondo, sapeva benissimo che sarebbe successo, e anche quando. Non era stato chissà che shock.
"Sto a meraviglia, davvero." aggiunse. Fece uno dei suoi sorrisi luminosi.
"Te la senti di parlarne? Sai che puoi."
"Sì. Lo so." Chrissy si strinse di nuovo nelle spalle, e guardò altrove. "In realtà lui... " Sospirò.
Eddie aggrottò le sopracciglia. "Lui...?"
"Senti Eddie... è complicato. Non so nemmeno perché stavamo insieme. Anzi, lo so. Era quello che tutti si aspettavano. Io ero la reginetta della scuola... " Virgolettò in aria. "...e lui era il capitano della squadra di basket..."
"Vuoi dire, lo sport in cui bisogna buttare la palla nella cesta del bucato?"
Chrissy scoppiò a ridere. "Dai!"
Eddie sorrise, e la incitò a continuare con un gesto. "Mi piace quello che stai dicendo. Continua."
"Furbacchione." Gli diede una spinta, fingendosi infastidita. "Stavo dicendo... che quello che c'era fra e me e Jason... non era autentico. Tutti si aspettano che la cheerleader più popolare finisca con l'atleta più ambito della scuola. Abbiamo solo dato a tutti quello che volevano, quello che si aspettavano da noi. Io ho dato a mia madre quello che si aspettava da me, come sempre. Non so perché, ma a volte le persone lo fanno, so che è stupido. E non credo nemmeno di essergli mai piaciuta sul serio. Mi ha tradita almeno due volte, da quel che ne so." Non se la sentì di aggiungere «con dei ragazzi», le parve un'informazione troppo personale.
Eddie assunse un'espressione scioccata, portandosi una mano al petto con fare eccessivamente teatrale. "Cazzo. Come lo hai saputo?"
Chrissy si mordicchiò un labbro. "La prima volta l'ho... spiato. Non è giusto, ma a quanto pare ho fatto bene. La seconda... Andy ha detto qualche parola in più a Patrick, e io ero dietro di loro."
"Hai fatto sempre finta di niente?"
Lei annuì, abbassando lo sguardo.
Il ragazzo inspirò, e si mise supino sul tavolo. Rivolse lo sguardo verso le fronde degli alberi che si sfioravano. Tirò fuori una sigaretta e la accese con un po' di fatica, ostacolato dal venticello che continuava a spegnere la fiamma. Offrì alla giovane il primo tiro, imboccandogliela, e poi ne fece uno lui.
"Mi dispiace... davvero."
"È okay. Ormai è finita." Chrissy posò la sua bevanda sulla panchina. Dopo aver letto il numero di calorie, non riusciva più a finirla.
Eddie buttò il fumo in alto. "Lo so, ma mi dispiace che tu abbia sofferto."
"L'ho superata. Forse non ci sono nemmeno stata particolarmente male. Non fraintendermi, gli volevo bene, e lui a me. Ma... non in quel modo. Sapevo che alla fine del liceo avrebbe smesso di dire in giro che ero la sua fidanzata per coprire il fatto che..." Si bloccò. "Uhm..."
"...che è gay?"
Chrissy assunse un'espressione incredula. Eddie puntò gli occhi neri su di lei. Allungò un braccio.
"Non ne vuoi più, di coca cola?"
Lei scosse il capo.
"Sicura?"
"A-ha."
"Nessun problema, la finisco io."
"Okay." Gli passò la bottiglia. "Come lo hai saputo?"
"Intuito. Mi dispiace solo che viviamo in un mondo in cui si è sentito costretto a nasconderlo, e mi dispiace anche che abbia usato te per farlo. È tutto abbastanza triste." Le passò di nuovo la sigaretta.
"Già."
Eddie giocherellò a far roteare la sua bottiglia vuota sul tavolo. Aveva improvvisamente un'aria troppo seria.
"Tu pensi che ci sia qualcosa di male in questo?" le chiese ad un certo punto, e la sbirciò di sottecchi.
Chrissy inclinò il capo da un lato. "I-in che cosa? Nel fatto che io accettassi di fargli da copertura?"
"No. No..."
"Ah... nel fatto che è gay? No. Ognuno è come è."
Eddie si rasserenò, e spense la cicca. Il viso di Chrissy, invece, si oscurò leggermente. "Uhm... me lo chiedi perché lo sei anche tu o simili?"
"Cosa?! No, affatto!" si affrettò a rispondere lui. "No. Io... non so nemmeno se voglio definirmi, in realtà. Sono uno spirito libero." Distolse lo sguardo e scese dal tavolo. Si appollaiò accanto a Chrissy, in una posizione del tutto scorretta.
"E... e cosa ti piace?" domandò lei. Si tormentò le unghie delle mani nascoste per metà dalle maniche giganti.
Eddie pensò a una risposta più sincera possibile. "Le... persone. Mi piacciono le belle persone." Esitò a lungo, e si sentì il viso più caldo del solito. Sollevò una mano tremante e le accarezzò una guancia. Il tepore delle sue dita contrastava in modo piacevole col freddo degli anelli. "Me ne piace una in particolare." Si sforzò di guardarla dritto negli occhi nonostante avesse voglia di scappare dall'imbarazzo.
Chrissy lo fissò, la bocca schiusa in un'adorabile smorfia di stupore. "Io... ti piaccio sul serio?"
"Sì. Tanto. Voglio dire, con te si può parlare di tutto senza sentirsi giudicati. Sei gentile, hai un buon cuore. Inoltre... ridi alle mie battute idiote, dici che i miei sandwich sono buonissimi anche se mi scordo di metterci il sale..."
La ragazza ridacchiò.
"...e hai un sorriso davvero stupendo. Sì, come adesso."
"Beh... tu..."
"Cosa?"
"Tu mi fai davvero stare bene. Dico sul serio. Quando sono con te è tutto così... leggero. Riesci a farmi sentire sia agitata che serena, non so come spiegarlo. So che sembra una contraddizione. Prima di vederti mi sento stranissima, ansiosa, poi ti incontro ed è come se uscissimo insieme da sempre. E il rapporto che ho con te è così... vero. È così vero." Chrissy strisciò sulla panchina e si avvicinò di più a lui, tanto che le loro gambe si toccavano, e si protese con lentezza. Eddie parve intimidito, ma poi si protese anche lui. Socchiusero entrambi le palpebre, e poi si baciarono prima piano, e poi sempre con più foga per diversi secondi, forse minuti. Non ci fecero neppure caso, tanto erano presi l'uno dall'altra. Lei infilò la mano fra i suoi capelli lunghi, e lo tenne per la nuca, continuando ad accarezzargli le labbra con le proprie. Lui si scostò solo per stamparle una serie di bacetti delicati sul lobo e sul collo. Chrissy gemette a bassa voce, gli occhi ancora chiusi; cercò la sua mano e la intrecciò alla propria.
In quel momento preciso, sentirono un suono di passi concitati sulle foglie secche. Si allontanarono e si voltarono entrambi di colpo, un po' sbigottiti alla vista di Dustin che sbucava da un cespuglio borbottando: "Eddie, finalmente! Sono ore che ti telef- oddio. Oh cazzo cazzo cazzo, scusate!" urlò alla vista di quelle due facce paonazze. "Scusate!"
"Chi è?" chiese la ragazza, con tono curioso.
Eddie le circondò le spalle con un braccio. "È Dustin, uno dei ragazzi che giocano al club di Dungeons and Dragons." Lo guardò. "Che dovevi dirmi, amico?"
"Non ci posso credere che tu stai con Chrissy Cunningham! Prima ti sei diplomato, e poi pure questo! Non raccontarmi mai nulla eh, mi raccomando! Ciao Chrissy."
Lei lo salutò amichevolmente con la mano.
"Hey, cosa vorresti dire? Eh? Eh?" Il giovane incrociò le braccia.
"Scherzavo, comunque volevo solo dirti che oggi si unirà un nuovo membro all'Hellfire Club. Indovina un po' chi ho convinto!?"
"La rossa...? Come si chiama, Max?"
"Sì! Incredibile ma vero. La prima volta mi ha liquidato col suo solito sarcasmo, ma stavolta ce l'ho fatta!"
"Ottimo lavoro! Sapevo di poter contare su di voi."
"Il futuro dell'Hellfire Club è qui!" esultò il ragazzino.
Chrissy si rivolse a lui. "Ho letto qualcosa sul gioco e... sembra divertente."
Dustin si girò. "E io, sciocco, che non te l'ho chiesto perché pensavo che i ragazzi più popolari non avrebbero mai accettato!"
"Oh no, io ti avrei detto di sì."
"Specialmente se sapevi che c'ero io." ironizzò Eddie, beccandosi una gomitatina.
Dustin ammiccò nel vedere quella scena. "Beh, io vi lascio, è stato un piacere!" Il ragazzino sparì alla stessa velocità con cui era apparso. Rimasero entrambi immobili e in silenzio imbarazzato per un bel po', finché non udirono la pancia di Eddie brontolare dalla fame e iniziarono a sghignazzare.
"Non ti ci mettere anche tu!" esclamò il ragazzo, rivolto al proprio stomaco.
"Okay, tempo di andare a prenderti un boccone."
Eddie si alzò in piedi e tese le braccia verso di lei. Chrissy si aggrappò alle sue spalle, e lui la prese in braccio, sollevandola con un piccolo grugnito.
"Che fai?"
"Non lo so, mi andava. Lo sai qual è il colmo per la reginetta della scuola?"
"No, non lo so."
"Essere la ragazza di uno svitato."
Chrissy sbatté le lunghe ciglia, e il suo bel viso si illuminò. Abbracciò Eddie, e lo strinse teneramente a sé e gli posò un bacio sulla tempia.
"Mi piace questo svitato."

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Capitolo 2
*** II ***


(Piccola premessa dell'autrice:
1. Come immaginavo, non sono riuscita a resistere e ho deciso che diventerà una storia a capitoli e non una oneshot unica;
2. Se cogliete il riferimento alla trama di Stranger Things che ho fatto tramite il papà di Chrissy, vi regalo due biscotti)


Vacanze invernali, 1986

Ogni pezzo di carne dentro il piatto di Chrissy era fin troppo difficile da mandare giù. La ragazza masticava all'infinito, finché il boccone non perdeva tutto il sapore e diventava asciutto e ancora più immangiabile di prima. Detestava la cena, l'unico momento della giornata durante il quale era costretta a finire un pasto davanti alla madre.
"Chrissy, vuoi darti una mossa? Si sta facendo mezzanotte." la riprese quest'ultima a un certo punto. Bevve nervosamente un po' del suo costosissimo vino preferito.
Lei fece sì con la testa, con aria abbattuta. Non era più abituata a quell'incubo, dato che ormai si era trasferita per il college.
"Mamma... è chiaro che non le va più. Non posso finire io la sua carne?" mugolò il fratellino, beccandosi un'occhiataccia.
"Deve mangiare. Adesso si sta riducendo a uno scheletro." malignò, con una chiarissima allusione al periodo in cui invece si stava riducendo «a una scrofa». "...e tu stai mettendo su pancia, figlio mio, quindi direi che non è il caso di finire la cena di tua sorella."
Chrissy, come sempre, si voltò verso il padre con un'espressione implorante, ma lui non la degnò di uno sguardo, negandole il sostegno di cui aveva bisogno. Philip Cunningham, uomo accondiscendente e di poche parole, non era il tipo di persona che interveniva, nemmeno quando Laura tirava fuori uno dei suoi commenti raccapriccianti sul peso dei figli. Era come se avesse la bocca irrimediabilmente cucita, e fosse impossibilitato a esprimere una qualunque opinione in merito.
Quella sera, tra l'altro, si era creato un clima più pesante del solito; Laura aveva avuto una pessima giornata a lavoro - aveva litigato aspramente con due colleghi - e la squadra preferita di Philip aveva perso una partita fondamentale.
"Posso almeno andare a giocare? Chissà quando finisce..."
"Non ci si alza da tavola finché non hanno terminato tutti di mangiare, Benjamin." replicò la signora, con tono acido, e puntò di nuovo lo sguardo su Chrissy, la quale cercò di mangiare più in fretta, china sul piatto. «È solo cibo. Non può farti del male. Non può farti del male», cercava di ripetersi più e più volte. Finalmente, dopo una manciata di minuti, arrivò all'ultimo pezzo, e mise giù la forchetta, con aria tutt'altro che trionfante. Sapeva perfettamente cosa avrebbe fatto più tardi, di nascosto.
"Grande. Ciao ciao." Benny scese giù dalla sua sedia con un balzo e fuggì nella stanzetta. La signora annuì. "Dammi una mano a togliere i piatti. Dopo ci penserà la domestica a lavarli."
La ragazza si alzò, raccolse i piatti uno per uno, e li portò al lavello. Stava per fare dietrofront e rifugiarsi finalmente in camera sua, al sicuro, quando Laura le sfiorò la spalla. "Un momento. Cos'è quello?"
Chrissy sobbalzò, e si girò. Non aveva ancora nemmeno capito di cosa si stesse parlando, eppure le venne istintivo rispondere "Niente."
Laura Cunningham aggrottò le sopracciglia bionde e severe, e allungò un dito verso la giovane. "Questo... qualcuno ti ha fatto male?" Parve allarmata.
La ragazza sbatté le palpebre per qualche secondo, poi il suo viso divenne color porpora e le scappò un "Oh!" che avrebbe fatto ridere chiunque.
Philip si avvicinò, curioso. "Che succede? Cosa hai?"
"Niente, niente..." La ragazza si coprì il collo con due dita. "N-niente. Sono solo... ho... ho sbattuto."
Ci fu una lunga pausa di silenzio imbarazzante.
"Mentre mi abbassavo per prendere una cosa che mi era caduta. Ho... sbattuto." farfugliò di nuovo.
"Hm. Va bene." concesse la signora Cunningham. "Se ti sei riappacificata con Jason, puoi informarmi della cosa, sai. Mi puoi dire tutto." Il suo tono si addolcì un po', e la figlia poté giurare a sé stessa di aver notato nelle sue pupille un minuscolo luccichio di speranza.
"Non... non sto più con lui da molti mesi, abbiamo rotto, mamma... e poi che c'entra? Ho solo sbattuto, te l'ho detto."
Chrissy era consapevole di non poterle davvero dire tutto. Purtroppo, sua madre non aveva mai saputo come guadagnare la sua piena fiducia e tutto il resto. A parole, era brava a rassicurarla sul fatto che avrebbe potuto confidarsi, ma le conseguenze di ciò che le raccontava erano la prova schiacciante del contrario.
"Non credo proprio che tu abbia sbattuto, cara. Lo sai che mentire è peccato, vero? Non dire..."
"...falsa testimonianza, lo so, mamma."
Philip si era già allontanato, imbarazzato dalla situazione, e la giovane ringraziò il cielo per la cosa.
"Eppure da quando sei tornata per le vacanze passi un bel po' di tempo fuori."
"E quindi? Sono con Esther. E a volte anche con le altre. Lo sai."
"Oh... tesoro, ma perché non mi dici nulla?" Occhieggiò il marito. "Perché non ci dici nulla? Sei tanto raggiante, e torni a casa cantando, vorrei solamente che tu condividessi la tua gioia con noi."
Chrissy deglutì, e si leccò le labbra secche. In fondo, prima o poi avrebbe dovuto presentare loro Eddie, no? La storia con lui era diventata molto seria, nonostante stessero insieme solo da circa quattro mesi, e non riusciva a immaginarsi con nessun altro in futuro, con nessuno che la facesse sentire altrettanto al sicuro, che le strappasse almeno un sorriso ogni giorno, che la baciasse e la accarezzasse in quel modo meraviglioso. Era stato una benedizione per lei, la scoperta di un mondo a parte, di un mondo di affetto sincero, reale, che non fosse fatto di banconote e sorrisini posticci atti a mantenere una facciata di perfezione. Sia lui che suo zio erano così genuini e affettuosi da farla commuovere.
Sì, forse se avesse presentato loro Eddie, dopo un po' di tempo l'avrebbero adorato nonostante la chioma incolta, i tatuaggi e la sua povertà. Le sembrava impossibile non affezionarsi a quel ragazzo, non vedere entro pochi secondi di conversazione con lui quanto fosse molto più dolce di quello che le voci sul suo conto volevano far credere.
"Mamma... " sibilò appena Chrissy.
"Sì, cara?" la incitò lei.
"Io... nulla. Nulla. Adesso torno nella mia stanza, ho molto sonno. Buonanotte." mormorò, scappando davvero su per le scale. Chiuse la porta, senza curarsi dei borbottii confusi di Laura. Socchiuse gli occhi, ancora col cuore che palpitava, scossa da quel misto di emozioni forti - imbarazzo, paura del cibo, paura del giudizio di sua madre, nausea. Mosse qualche passo incerto fino a raggiungere lo specchietto bianco decorato dalle luci natalizie, lo stesso specchietto di Barbie che possedeva sin da piccola. Sollevò il mento, e ammirò la macchiolina violacea che si era anche dimenticata di avere. Vide il proprio riflesso arrossire, e le sfuggì un risolino leggero, il primo dopo una serata di umore grigio.


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Due giorni dopo

Il suono della chitarra di «No Stranger to Love» a bassissimo volume cullava i pensieri di Chrissy, che si rilassava fra le braccia di Eddie in una fresca mattinata invernale. Aveva appoggiato il capo sul suo petto, le palpebre pigramente socchiuse, e gli stava facendo un grattino al braccio. Erano entrambi ancora appiccicaticci, ma troppo assonnati per alzarsi dal letto e fare subito una doccia. Lui giocherellava con i suoi capelli biondi, arrotolandoli fra l'indice e il medio. "È normale... avere così tanto sonno dopo... averlo fatto?"
Lei appoggiò il mento sul suo sterno in modo buffo. "Eccome se lo è." Strisciò fino a raggiungere un tenero Eddie intontito, e gli scostò la frangia via dalla fronte con una carezzina.
"Non mi devo riaddormentare... sono le nove e mezza..."
"Magari in doccia smettiamo di... " Chrissy fece uno sbadiglio, contagiando anche Eddie, e ridacchiò. "...di sbadigliare."
Il ragazzo canticchiò qualche strofa della canzone, e la ragazza lo seguì, con un sorrisino accennato. Ormai sapeva a memoria molte canzoni metal.
"Stai diventando brava a ricordare i testi..."
"Mi hai portato sulla cattiva strada, come ti dicevo..."
"Non dirlo a me. Ieri mattina stavo fischiando una canzone di Cyndi Lauper, e mio zio fa «chi sei tu, e cosa ne hai fatto di mio nipote!?»..."
Chrissy rise.
La mano destra del ragazzo indugiò timidamente sul seno di lei e scese sul fianco, poi sul basso ventre. Eddie puntò gli occhi neri e dolci sui suoi.
"Vuoi uhm...?"
"Hm-hm." Lei annuì subito, con un sospiro che parve più un ansito, e si scostò. Si mise supina, attenta a non ruzzolare giù dal materasso. Il ragazzo appoggiò il gomito sul cuscino e sollevò il busto, poi posò le labbra sulla sua fronte, scendendo fino alla guancia. Accarezzò la sua coscia con un movimento lento. "Toglimi gli anelli..." mormorò vicino al suo orecchio. Un brivido corse lungo il corpo della ragazza, che cercò la sua mano e gli sfilò gli anelli, uno a uno. Li sistemò sul comodino accanto, un po' alla cieca. Lasciò che le sue dita le spostassero le mutandine lilla e accarezzassero il calore umido fra le gambe.
"Ah, dimenticavo... non lasciarmi segni, Ed, l'altro giorno mia mamma mi ha visto questo..." Si indicò il succhiotto, con un mezzo risolino.
Eddie nascose il viso nell'incavo del suo collo. "Cazzo. Scusa."
"Tranquillo... è lei che è un'impicciona."
"Magari ha capito che stai con qualcuno." sussurrò lui contro la sua pelle, senza smettere di toccarla con delicatezza. "...ed è curiosa di conoscerlo."
"N-non so. Potrebbe essere... " Chrissy emise un gemito un po' più intenso del solito, e si portò un palmo sulla bocca.
"Aspetta."
Eddie allungò a fatica l'altra mano, grugnendo; alzò leggermente il volume della musica per coprire i gemiti di lei, con un adorabile ghigno dipinto sul viso.
"Sei un genio."
"Non tanto. Ci potevo pensare molto prima."
"Almeno a te è venuto in mente." Chrissy sorrise. Strinse le cosce attorno al polso di Eddie, e guardò il tetto.
Il ragazzo emise dei rumorini di disapprovazione. "No, principessa. Da ora, voglio che tu guardi quello che ti faccio."
Lei fissò il suo sorrisetto, e sbatté le ciglia, un po' sorpresa. Eddie sapeva perfettamente che Chrissy aveva un debole per le sue mani, anche se non l'aveva mai ammesso ad alta voce. "Guarda, o potrei smettere..." Eddie le riempì la base del collo e la zona attorno alla clavicola di bacetti. "E tu non vuoi che io smetta, no?"
"Hm... n-no..." La ragazza abbassò lo sguardo in direzione della mano che accarezzava con cura punti sensibili che il ragazzo ormai conosceva piuttosto bene. Ad un certo punto, due dita entrarono fino in fondo, strappandole un gemito acuto che la fece arrossire.
"Brava. Guardale attentamente."
Chrissy osservò le vene tese sulla sua mano e sul suo avambraccio, e rimase ipnotizzata da quella vista per diversi minuti. Il sibilare dei loro respiri si fondeva, e qualche gocciolina di sudore luccicava sul petto della giovane. Il ragazzo strofinò la punta del naso sui capelli di lei, che odoravano di shampoo ai frutti di bosco. Lei perse del tutto il lume della ragione quando Eddie le abbassò una spallina coi denti e le prese un capezzolo fra le labbra. Le gambe della ragazza tremarono, e lui la zittì in tempo con un bacio.
"Shh. Shh."
Chrissy si aggrappò alle sue spalle e lo strinse a sé, premendo la linea dura del suo corpo contro la morbidezza del proprio.
Dov'era finito l'Eddie Munson che non riusciva a slacciarle il reggiseno e perdeva quasi l'uso della parola quando la vedeva nuda? Le suscitava una tenerezza tale che Chrissy si era del tutto dimenticata di cosa significasse pensare che fosse «cattivo e spaventoso». Le veniva da ridere al solo pensiero di averlo creduto in quel modo solo per via del suo aspetto e di qualche chiacchera superficiale. Accarezzò la schiena del ragazzo, in silenzio.
"Babe, così mi fai addormentare."
"Se non ci alziamo, crolleremo di nuovo entrambi."
"O ricominceremo a scopare."
Lei lo spintonò in modo giocoso. "Sei proprio rozzo."
"Oooh, scusate, principessina. Non permetterò mai più a simili termini scurrili di uscire dalla mia boccuccia."
"Sei proprio un co-." Si bloccò.
"E sarei rozzo io?"
Lei si mise a ridere, e poi tese l'orecchio. Sbirciò fuori dalla finestra, annusando l'aria con movimenti buffi del naso.
"Sembri un coniglietto quando fai così. Cosa c'è?"
"C'è profumo di terra bagnata."
"Piove?" Eddie scese giù dal letto, si affacciò e allungò la mano fuori dalla finestra. "Sì, piove." "Ti ricordo che sei ancora quasi nudo."
"E vabbè, ammireranno i miei splendidi non muscoli."
"Smettila, sei stupendo."
Il ragazzo si voltò, con un sorriso luminoso. Chrissy emise un sospiro, ripensando ancora a quanto le sarebbe piaciuto far conoscere Eddie ai suoi genitori, e far capire loro quanto fosse speciale per lei. Purtroppo, però, temeva di dare loro il potere di rovinare tutta quella pace, quell'armonia, facendola sentire come se stesse frequentando l'individuo più pericoloso di tutta Hawkins.
"Ah... uhm... quanto al discorso di prima... io sinceramente credo che tu piaceresti ai miei."
Eddie inclinò la testa a sinistra. "Io...?"
"Sì. Dovrebbero solo conoscerti. Vederti spesso come mi vede tuo zio. Sai, Esther mi ha spiegato che se i genitori non incontrano mai i partner dei loro figli, si fanno strane fantasie, mentre se li... boh, se li conoscono, in genere va meglio. Magari... alle prossime vacanze si può fare. Che ne dici?"
Il ragazzo sgranò gli occhi, che parvero due luccicanti biglie nere. "Io...? A casa tua, sul serio?"
"Hm... penso di sì."
"Pensi o sei sicura?"
Chrissy si morse il labbro, con una punta di nervosismo. "Gliene parlerò."
"Okay."
Entrambi tacquero. Sapevano che non sarebbe stato granché facile, almeno al principio, in primo luogo perché Laura e Philip erano ossessionati dalla classe sociale a cui appartenevano le loro compagnie - perfino a Benny non permettevano di frequentare figli di operai o simili. La ragazza gli aveva accennato qualcosa del genere, con una certa vergogna, e lui aveva annuito, cercando di non pensarci troppo su.
"E... come mi presenterai?" chiese Eddie, esitante, dando l'impressione di non voler udire davvero la risposta.
Chrissy si strinse nelle spalle, dubbiosa, e abbassò il capo. "...beh... per quello che sei, no?"
"Come il tuo ragazzo?!"
Lei annuì. "Sembri emozionato."
"Lo sono! Spero solo che a tua mamma non prenda un colpo, sai."
"E che le prenda pure un colpo!" disse la ragazza in uno scatto. "Le prende pure quando la mia bilancia segna 100 grammi in più..."
"Pfff. Guarda il lato positivo. Appena mi vedrà smetterà di romperti i coglioni per il peso, e inizierà a farlo perché stai con un satanista cattivo e spaventoooso." mimò Eddie, deformando la voce con fare comico. Si fiondò sul letto e iniziò a farle il solletico.
"Nooo! Toglimi quelle manacce di dos-!"
"Non ti dispiaceva avere addosso queste manacce fino a poco fa!"
"Shhh!"
Continuarono a fare la lotta, ridendo e cercando di atterrarsi a vicenda, finché non sentirono la voce dello zio Wayne chiamarli: "Bambini, è ora di fare colazione. Vi ho cucinato i waffle."
I due giovani si guardarono. "Ops." bisbigliarono all'unisono.
"Buoni! Una doccia velocissima e arriviamo!" urlò Eddie.

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Capitolo 3
*** III ***


17 Marzo 1987

Eddie si guardò attorno, disorientato da quello sciame di ragazzi e ragazze in uniforme verde militare che brulicavano nel grande cortile del college. Stringeva nel palmo sudato un mazzetto di fiorellini rosa e bianchi che cozzavano col suo abbigliamento tutto catene, borchie e pelle nera.
Ormai stava lì da circa venti minuti. E se avesse sbagliato posto? No, non era possibile. La migliore amica di Chrissy, Esther, gli aveva descritto il luogo per filo e per segno, in modo che lui lo trovasse all'ora stabilita e la sorpresa riuscisse alla perfezione. Era talmente entusiasta di vedere la ragazza che non fece nemmeno troppo caso al trio che sghignazzò nel vederlo e borbottò «Ma come cazzo si è conciato quello?» senza nemmeno premurarsi di abbassare la voce. Occhieggiò il suo vecchio orologio da polso, e continuò a muovere il piede destro con una certa impazienza.
Ad un tratto, finalmente, il ragazzo scorse la figura graziosa di Chrissy in mezzo alla calca verde militare. Quando la ragazza fu vicina abbastanza da vederlo, smise di passeggiare e si coprì la bocca.
Eddie sorrise, salutandola con la mano libera a poco meno di dieci metri di distanza da lei, e Chrissy si mise a correre. Se ne fregò del fatto che stesse indossando la gonna della divisa e delle scarpe non proprio comode, se ne fregò dell'erbetta da poco irrigata che le bagnava le calze. Si buttò fra le sue braccia, e per qualche secondo rimase in silenzio, il viso premuto sul suo giubbotto di pelle, a farsi accarezzare i capelli e a respirare il suo profumo piacevolmente aspro a pieni polmoni. Le era mancato da morire. In quei mesi si erano scambiati diverse lettere piene di belle notizie e perfino qualche regalino, ma inutile dire che non era la stessa cosa.
"Ed... come ci sei arrivato fin qui?"
"Come ci sono arrivato? Col teletrasporto, no?" Chrissy gli diede un colpetto scherzoso sul petto.
"Ho guidato, comunque. In modo prudente, giuro. Cos'è quella faccia? Ho detto giuro! Comunque, questi... uhm... sono per te... e nel van c'è un altro regalo. Buon compleanno."
"Sono stupendi, grazie." Chrissy prese il mazzolino e lo fissò con aria trasognata, passando le dita fra i petali delicati.
"...e sappi che sono venuto a prenderti. Cioè, ti riporto io a casa. Sempre guidando con mooolta prudenza." Eddie prese la ragazza per i fianchi e la sollevò appena, chinandosi un po'. Lei si mise in punta di piedi, ridendo, e lo baciò sulle labbra.
Dopo qualche minuto, un gruppo di studentesse li raggiunse e, come uno stormo di piccioni verdognoli, si raccolse attorno a Chrissy, la quale si voltò.
"Ragazze, lui è Eddie."
"Ciao ragazze."
Due di loro - Lisa e Daisy - gli riservarono uno sguardo indecifrabile, misto fra perplessità e superbia, squadrando il suo abbigliamento dall'alto in basso, e lo salutarono con un «ciao» asciutto.
Esther, invece, batté il cinque a Eddie con fare soddisfatto, e Chrissy rimase interdetta per qualche secondo, prima di realizzare. "Tu lo sapevi, birbante!"
"Ovvio, sono stata sua complice per tutto il tempo. Eheheh." Esther ridacchiò, e si spostò le treccine piene di perle dietro la testa.
Chrissy scosse il capo, euforica, guardando prima la sua migliore amica, e poi il suo ragazzo. Era da moltissimo tempo che non era così allegra. Forse, il fatto che fosse lontana dal terrorismo psicologico della madre contribuiva, almeno in parte, a lasciare intatta la sua serenità. Guardò in basso, cercando di nascondere gli occhi impercettibilmente lucidi, e sussurrò. "Sono così fortunata ad avervi."

---

Chrissy infilò nella sua valigia i vestiti, con un sorriso stampato sulle labbra leggermente truccate. Si rese conto in quel momento di essersi portata dietro un sacco di roba inutile che ora pesava troppo. Oltre a una meravigliosa sorpresa, era stata una gran fortuna che Eddie fosse venuto a prenderla col suo van, risparmiandole un noioso viaggio di ritorno.
"Chrissy?"
La ragazza si voltò verso Daisy. "Hm?"
La sua compagna di stanza sollevò un sopracciglio. "Ma quello di prima è... quell'Eddie? Il tuo ragazzo?"
Chrissy percepì qualcosa di vicino al disgusto nel suo tono, e il cuore iniziò a palpitarle più forte sotto la maglietta. "Sì, è lui. Perché?"
"Boh... nulla." Fece una lunga pausa, e si legò i capelli castani in una codina, rimirando la propria immagine allo specchio. "Me lo immaginavo un po' più... normale?"
L'altra cercò di mantenere la calma, ed emise un risolino. "Eddie è tutt'altro che normale, ma è per questo che mi piace, ed è per questo che piace a tutti i suoi amici."
"Se devo essere onesta, a me fa un po' paura. Sembra uno che spaccia. I tuoi genitori te lo lasciano vedere?"
L'altra strabuzzò gli occhi per un nanosecondo, e distolse lo sguardo. Acchiappò un reggiseno che era rimasto sul suo letto, e lo premette sugli altri vestiti. "Paura?! Lui?! Beh uhm, se devo essere onesta, anche a me faceva paura all'inizio, ma erano solo pregiudizi che... che mi avevano messo in testa gli altri. Sai, a volte i ragazzi popolari sanno essere crudeli con chi non segue la massa. Eddie è molto diverso da quello che sembra, è tenero, gentile, spiritoso... non avrei potuto chiedere di meglio." Smise di parlare, e si sentì il viso bollente, come le succedeva ogni volta che tesseva le lodi del suo ragazzo con qualcuno.
Daisy la fissò con le labbra increspate, trattenendosi per non scoppiarle a ridere in faccia. "Bah. Contenta tu..."
Chrissy si sentì piccata, oltre che delusa. Daisy le era sembrata un po' altezzosa sin dal principio della loro conoscenza, ma non credeva lo fosse fino a quel punto.
"Ti avevo già anticipato il fatto che si vestiva in modo particolare."
Daisy sospirò. "Non è solo quello, Chris. È che sembra un po' troppo pezzente per te. Il mio ragazzo mi avrebbe regalato un mazzo enorme di rose rosse..."
"Ma lui sa che a me piacciono que-"
"...e pensavo che tu avessi standard più alti. Voglio dire... ho saputo che nella tua scuola stavi con quel giocatore di basket, Jason... Carver. Giusto? Quello sì che era un figo, ed era pure ricco! Ma magari l'avessi avuta io una fortuna del genere. Secondo me stai buttando la tua vita appresso a 'sto tipo."
L'altra ragazza strinse i pugni. "Tanto per cominciare, a me dei soldi non frega niente. E anche se mi importasse qualcosa, non avrei bisogno di cercarmene uno coi soldi. Li ho già io, e parecchi. E poi non lo conosci neanche, Eddie. E io sto con chi mi pare." mormorò, ma tremava tutta. Non era affatto abituata a rispondere a tono a qualcuno, ma negli ultimi tempi quell'esplosione di dopamina la faceva sentire sempre più motivata a migliorarsi.
"Non ti scaldare, cara, mi chiedo solo come tu possa aver fatto a passare dalle stelle alle stalle. Siamo amiche ormai, mi interesso del tuo benessere. Noi ragazze dobbiamo consigliarci a vicenda, no?"
Chrissy chiuse a fatica la sua valigia e afferrò una bustina nera. Si alzò e girò i tacchi.
"Ci vediamo alla fine delle vacanze. Ciao." sibilò, glaciale, e uscì dalla porta senza nemmeno girarsi.
Scese giù per le scale più in fretta che poté, ostacolata dai nove chili e mezzo della valigia, percorse il grande cortile affollato e si precipitò sulle strisce pedonali dimenticandosi di guardare il semaforo. Un tizio in motorino le suonò il clacson.
Eddie, che stava dall'altro lato della strada, si prese un colpo. "Hey, Chris. Fai attenzione." Le posò una mano amorevole sulla spalla, per poi reclinare la testa da un lato, gesto tipico di quando stava studiando l'umore di qualcuno. "Tutto bene?"
Chrissy annuì. "Sì." Gli diede un bacio delicato sull'angolo della bocca. "Andiamo via, per favore?"
Lui sbatté le palpebre, perplesso, e aprì il cofano. Sollevò la valigia e la caricò dentro, poi lo chiuse. "Sicura che vada tutto bene?"
La ragazza fece un grande sorriso per dissimulare il suo turbamento. "Certo. È che non vedo l'ora che la vacanza inizi."
Il ragazzo annuì. "Ci sta. Ci divertiremo un mondo quando io non sarò al negozio di dischi. Faremo attività fighe coi ragazzi e le tue amiche, vedremo tanti bei film noi due insieme, giocheremo a D&D..." Le aprì la portiera, e lei si infilò in auto.
"E poi andremo al-"
Appena Eddie si sedette al suo posto, la ragazza tirò fuori il pacchetto scuro, e interruppe con dolcezza la sua parlantina.
"Questo è per te."
Lui la guardò a pochi centimetri dal suo viso, stupito. "Mi hai preso un regalo? Ma non dovevi! È il tuo compleanno, mica il mio."
"Non so, mi andava di prendertelo. Come quando tu mi hai portato quel braccialetto a caso perché ti ricordava me."
Eddie annuì. Prese la bustina, con un'espressione da bambino curioso. A causa delle sue condizioni economiche, aveva sempre ricevuto pochissimi regali. Aprì la bustina, che era stata pinzettata e decorata con un fiocchetto argentato, ci mise dentro la mano e pescò la cassetta di «Slippery when wet» un album dei Bon Jovi che era uscito da un bel pezzo, ma che gli mancava nella sua collezione.
"Woh..." Se lo rigirò fra le mani, incredulo. "Sei un tesoro, Chrissy, grazie. Vuoi aprire il tuo?"
"Certo."
Il ragazzo allungò un braccio verso i sedili posteriori e afferrò un pacco regalo, con quel comico grugnito di fatica. "Eccolo qui."
Chrissy prese il pacco avvolto dalla carta color avorio. Le decorazioni con gli orsetti erano così carine che quasi le dispiacque scartarlo. "Oh!"
Fra le sue mani comparve Piccole Donne, uno dei classici che Chrissy aveva accennato di voler leggere.
La ragazza lo ringraziò con un bacetto a sorpresa sulla guancia. "Non vedo l'ora di iniziarlo."
"Bene, principessa. Adesso, come desideravate, ce ne scappiamo da qui..." Si allungò per aiutarla ad allacciare la cintura e accarezzarle il ginocchio. "...ovviamente volando a più di duecento chilometri orari."
"Scemo."
Eddie scoppiò a ridere e mise in moto il van, entrando con attenzione in mezzo al traffico.

---

Le vacanze primaverili furono deliziose, fra una breve gitarella con zio Wayne e un falò con le amiche di Chrissy e i Corroded Coffin tutti riuniti, fra un intimo picnic in mezzo ai boschi e mezza giornata alla piscina dove lavorava il fratello della "Rossa", soprannome affettuoso di Eddie per Maxine Mayfield.
Mentre la fine di quel periodo si avvicinava, Chrissy avvertiva una lieve malinconia invaderle i pensieri, un po' perché sapeva che non avrebbe visto il suo ragazzo e alcuni amici per un pezzo, un po' perché non aveva ancora mantenuto la promessa che gli aveva fatto verso Natale: presentargli i suoi genitori. Aveva rimandato tutto fino all'ultimo momento, ma Eddie non le disse nulla, nonostante ci tenesse molto più di quanto desse a vedere.
Un giorno, mentre stavano giocando a biliardo nella sala giochi di Hawkins, Chrissy emise un sospiro nervoso e lo guardò, aprendo appena la bocca per parlare.
"Comunque ho... parlato con mia mamma. Domani puoi venire a cena. Da me."
Eddie smise di giocare, sorpreso, e poi assunse un'espressione un po' ansiosa. "Sei sicura che vada bene? Non sei obbligata a dirgli che sono il tuo ragazzo, puoi anche raccontare una bugia."
Chrissy sbatté le ciglia, posando la stecca sul tavolo e spingendo per errore una pallina. "Ed, ma ti pare? Tu sei importante per me. Io dirò la verità.
"Sai com'è... magari sanno anche di... mio padre."
La ragazza sbatté le palpebre per qualche secondo, prima di ricordarsi. Il padre di Eddie, Noah Munson, era stato un ladro abbastanza conosciuto in quella cittadina. Aveva rubato diverse auto e le aveva rivendute, spendendo buona parte del ricavato in alcol. Questo, almeno, era tutto ciò che Chrissy sapeva di lui.
"Io non mi vergogno di te." disse lei, sollevando il mento, risoluta. "Solo perché sei suo figlio, non significa che sei come lui. Tu sei meraviglioso." Il ragazzo sorrise, e mosse qualche passo attorno al tavolo, per raggiungerla.
"Tu vai oltre le apparenze, spero che loro facciano altrettanto. Di norma non me ne frega un cazzo dell'opinione altrui ma... " Sospirò, la prese per la nuca con delicatezza, e le baciò la fronte. "...se loro reagissero male, tu che cosa faresti?"
"Li manderei a fanculo. Mi sento molto forte ultimamente." mormorò la ragazza, ripensando al modo in cui aveva affrontato Daisy, anche se non era sicura di riuscire a mandare a fanculo nemmeno una mosca. Circondò la vita del ragazzo con le braccia, e gli fece delle carezzine sulla schiena. "Domani verrai, e vedranno che bella persona sei."

---

La villa dei Cunningham era bianca e immensa, dotata di un giardino ben curato e pieno di margheritine - di sicuro una scelta di Chrissy. Eddie deglutì, e lei gli strinse la mano per un secondo. "Stai tranquillo."
"Sei tu che stai sudando." Le accarezzò la mano umida col pollice.
"Non è vero! È che sento caldo!"
"Seh, seh."
La ragazza gli fece una linguaccia e suonò il campanello. Rimase ad aspettare, tesa, con le braccia lungo i fianchi.
Sperava che fosse suo padre ad aprire, ma fu proprio Laura a comparire dietro la porta, tutta elegante e sofisticata, come se stesse andando a cenare in un ristorante di lusso. I capelli corti e biondi erano molto ordinati. Accennò un sorrisino tirato verso la figlia, e squadrò il giovane accanto a lei.
"Ciao."
Eddie si schiarì la gola secca. "Buonasera signora."
"Mamma. Questo è... è Edward... il... nostro ospite. Ed è..." La ragazza si bloccò, inspirando. La madre storse il naso, e guardò la ragazza con un'aria torva che non prometteva nulla di buono. "Che cosa?" le chiese. Nel frattempo, Philip si era materializzato dietro la moglie, e stava salutando i due giovani.
"Allora?" intimò la signora, guardando Chrissy. "È... è un mio amico."
Eddie la sbirciò per un secondo, per poi ricomporsi e sorridere educatamente alla signora. Agli occhi di qualcun altro poteva sembrare qualcosa di insignificante, ma per lui fu come essere punto da uno spillo, soprattutto dopo quella frase alla sala giochi.
"Hm." La madre di Chrissy allungò una mano verso il giovane, il quale la strinse. "Piacere di conoscerla."
"Il piacere è tutto nostro, Edward!" esclamò Philip, allungando la mano a sua volta.
La signora Cunningham fulminò il marito con lo sguardo, e lui si ammutolì.
Chrissy, nel frattempo, teneva la testa china, e si sentiva un mostro. Perché aveva detto quella frase? Era come se la sua bocca si fosse mossa da sola, pronunciando le parole «un mio amico» anziché «il mio ragazzo». Una delle cose peggiori era il fatto che non avesse nemmeno finto in modo credibile. Sua madre aveva già capito tutto, quindi era riuscita simultaneamente a rendersi ridicola ai suoi occhi e a offendere Eddie.
Era così delusa da sé stessa che non sentì ciò che mormorò suo padre mentre entravano a casa. Dopo i padroni di casa, anche loro due si sedettero a tavola, l'uno accanto all'altra.
Da un angolino della cucina sbucò Benjamin, e si sistemò gli occhiali sul naso a patata.
"Wooow! Ma tu sembri proprio quello dei Bon Jovi con questi capelli!" urlò.
"Ma Benjamin!" tuonò sua madre.
Eddie rise. "Questo sì che è un bel complimento. Grazie... Ben, giusto?"
"Sì! Tu chi sei?"
Il bambino si sedette vicino a lui, e lo fissò ancora, affascinato, senza curarsi molto dello sbuffare di sua madre.
"Io sono Eddie, un... amico di tua sorella."
Chrissy sorrise, ma con un sospiro triste. Sapeva quanto stesse cercando di nascondere la delusione.
Prima di iniziare a cenare recitarono la preghiera, e per Eddie fu forse una delle poche cose famigliari di quella situazione perché sua madre, quando era viva, ci teneva molto a ringraziare il Signore. Tutto il resto gli chiudeva lo stomaco e gli sembrava forzato. Per quanto le portate fossero di ottima qualità, l'aria che si respirava era troppo tesa a causa dei continui sguardi giudicanti di Laura. Non si era mai sentito così a causa di un adulto, anzi, di solito prendeva tutti in giro. Inoltre, era alquanto confuso dalla quantità di posate che c'erano al suo posto, e ad un certo punto iniziò a porre delle mute domande a Chrissy su quali avrebbe dovuto utilizzare e quando.
"Dunque. Tu vai al college, Edward?" chiese Philip, con tono abbastanza amichevole.
Il ragazzo sollevò lo sguardo. "Uhm, no. Io lavoro in un negozio di dischi."
"Ah... capisco. Quindi non continuerai gli studi?"
"Non lo so ancora, ma... suppongo di no."
"Hm." Laura prese un panino piccolo dal centro della tavola, e ne staccò un pezzetto con le dita, prima di portarselo alla bocca. "E come pensi di guadagnarti da vivere in futuro?"
Eddie si irrigidì, ma poi gli vennero in mente le parole incoraggianti di suo zio: «Non preoccuparti di quei ricconi là, sii te stesso. Vai bene così come sei e lo sai meglio di me.». Le rivolse un sorriso spontaneo. "In realtà io ho un grande sogno. E lavoro ogni giorno per coronarlo. O meglio, io e la mia band lavoriamo ogni giorno per coronarlo."
Chrissy si mordicchiò un labbro, e si voltò verso di lui, un po' incantata dal suo entusiasmo. Ormai era inutile fingere che non ci fosse qualcosa fra loro.
"Lo sapevo che eri una rockstar!" esclamò il bambino. Eddie gli scompigliò i capelli con fare affettuoso.
"Sapessi quanto suona bene, mamma." Chrissy cercò la mano di Eddie sotto il tavolo, e la posò sulla sua. Lui la strinse delicatamente, il che fece provare alla ragazza una sensazione di sollievo. «Non è arrabbiato con me», pensò. Quella tranquillità, però, era destinata a durare solo qualche istante.
"E ti chiami Edward come?"
Eddie rivolse la sua attenzione verso il signor Cunningham. "Uh, in... in che senso?"
"Il tuo cognome."
"Munson." sussurrò il ragazzo.
"Munson...?" Philip indietreggiò sulla sedia. Consultò sua moglie, la quale sbiancò di colpo e dovette ingerire dell'acqua, poi guardò la figlia. Calò il silenzio per alcuni interminabili secondi. Chrissy gli strinse forte il palmo che stava ricominciando a sudare, e Benjamin parve confuso.
"... sì. Mi chiamo Munson. Perché?"
"Avevi un viso familiare sotto tutti quei capelli, in effetti." Il tono di Laura si fece più glaciale di prima, se possibile.
"...io?"
"Sì... abbastanza familiare. Somigli a quel Munson. Quello che rubò l'auto a mia sorella, più o meno una decina di anni fa. Non potrei mai scordarmela, quella faccia."
Eddie strinse le labbra.
"Lo conosci, Edward?"
"Mamma. Basta." sussurrò debolmente Chrissy. "È solo una domanda. Perché mai siete così tesi? C'è qualcosa da nascondere?"
I due ragazzi rimasero in silenzio. Chrissy arrossì fino al petto, ma non aveva la più pallida idea di quanto il ragazzo si stesse sentendo umiliato e furioso. In quel momento avrebbe solo voluto essere nel suo caravan a mangiare una schifezza da due dollari insieme a suo zio.
Laura scosse la testa, e tutti e cinque continuarono a mangiare a fatica, senza dire altro. Per fortuna, quella cena finì entro poco più di una mezz'ora - che a Eddie parve più di un'ora - e i due giovani si ritirarono in giardino.
La ragazza lo condusse fino al dondolo, sul retro della villa, e lo fece sedere accanto a sé con fare impacciato. Si guardò attorno per assicurarsi di avere privacy, poi si avvicinò per baciarlo, ma lui si scostò.
"Scusa, non ne ho voglia ora."
"Tranquillo, capisco. Mi... M-mi dispiace davvero. Per... per tutto. Anche per averle detto che sei un mio amico."
"Non è un problema. Avevo messo in conto che magari... poteva mancarti il coraggio di dirlo." mentì. Non l'aveva messo assolutamente in conto. "E poi è il male minore."
"Mi dispiace, possiamo andare da loro e dire tutta la verità."
"Ma per piacere. No."
"Tanto l'hanno già capito..."
"Non voglio vederli. Penso che il discorsetto su quanto mio padre fosse un delinquente mi sia bastato e avanzato." Il suo tono uscì più acido di come avrebbe voluto.
La ragazza distolse l'attenzione da lui, e si tormentò le unghie delle mani.
"Non... non ce l'ho con te. Spero sia chiaro."
"Lo so. Non ti preoccupare."
Eddie sospirò. "Ti giuro, lo odio."
"Chi?"
"Mio padre. Lo odio. Io non ne parlo mai, ma ti assicuro che mi ha rovinato la vita, non hai idea di quanto me l'abbia rovinata. Come se non bastasse il suo cognome, ho ereditato la sua stramaledetta faccia..." sibilò.
"Eddie..."
Il ragazzo si coprì il volto con le mani tremanti, e le tolse subito dopo. "Non ti vergogni di me?"
Chrissy scosse il capo. "No. No, Ed. Assolutamente no."
"Allora perché hai detto a tua mamma che sono un tuo amico?"
"Io... io non lo so."
"Puoi dirlo, che ti vergogni. Lo capirei. Forse non dovremmo nemmeno stare insieme. Non ho niente da offrirti se non una vita di stenti e umiliazioni."
Lei scosse la testa con forza, e gli prese le mani. "Ed... sei troppo scosso al momento..."
"No, è così. Tu sei una ragazza perbene, e sei intelligente... non meriti di stare col figlio di un galeotto, che si è diplomato a stento per giunta. Meriti di meglio."
"La smetti?!" La vista le si annebbiò per la rabbia. "Hai tanto, tantissimo da offrirmi. Non capisci che impatto positivo hai avuto sulla mia vita. E sei troppo importante per me."
"Anche tu lo sei per me. Ma io mi sento in colpa. Solo perché la mia vita è un casino non ho il diritto di incasinare la tua."
"Non mi incasini niente."
"Non te ne rendi ancora conto, forse. E nemmeno io fino a poco fa. Io i tuoi genitori li ho visti... spaventati. E non li biasimo."
"I miei genitori non possono capire. Non ancora. Sistemerò tutto io. Lo farò davvero, stavolta non sono parole al vento."
Eddie prese un gran respiro bagnato, e la guardò negli occhi con l'espressione più affranta che lei avesse mai visto sul quel volto sempre invaso da sorrisi scanzonati. Era pressoché irriconoscibile in quel momento.
"Ed..." Chrissy lo prese d'istinto fra le sue braccia e se lo strinse al petto, facendogli delle carezze delicate sui capelli. Lui inizialmente era rigido, poi si lasciò annegare in quell'abbraccio e chiuse gli occhi. Dopo un po', Chrissy sentì la camicetta inumidirsi, e capì che Eddie stava piangendo in silenzio. Non l'aveva mai visto piangere se non per la commozione, quando vedevano film drammatici insieme. Lo strinse un po' più forte e gli baciò la testa, cullandolo e cercando anche solo di immaginare cosa stesse provando nel profondo. Non poteva avere idea di cosa ci fosse dietro tutta quella sua ironia e costante voglia di far sorridere gli altri.


Note dell'autrice: Daisy è parente di Angela * prende un pattino *.
No, non è canon, ho deciso io. Vvb <3

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Capitolo 4
*** IV ***


Inizio Estate 1987

"Allora... finora te li sei ricordati tutti. Finalmente. Ultima domanda: questo cucchiaino qui a che serve?" chiese Steve Harrington, scuotendo l'oggetto davanti alla faccia di Eddie. L'altro ragazzo lo spinse via, fingendosi infastidito. "Per scavare nella terra dei vasi e piantare i semini del basilico."
"Dai!"
"Per spaccare l'uovo alla coque."
Nancy quasi sputò l'acqua che stava bevendo, scatenando un coro di risa.
Steve scosse il capo. "Sei tremendo, amico, te lo giuro." Poi si voltò verso Nancy. "E tu faresti meglio a non sghignazzare, che a breve tocca a te."
"Sarà il tuo turno per civilizzarmi, Wheeler. Sei onorata?" recitò Eddie, e sollevò le sopracciglia.
"Oh, non vedo proprio l'ora, guarda!"
"Allora, a che serve questo cucchiaino?" Steve rivolse la sua attenzione verso Robin. "Rob? Conosci la risposta?"
Dal suo canto, la ragazza si piantò le mani sui fianchi, quasi cadendo a causa della terribile postura che aveva adottato sul bracciolo della poltrona di casa Harrington. "Hm... non mi rico- Oh, ci sono! Serve a lanciarlo in piena faccia alla sua futura suocera."
Ripartì l'ilarità generale, ed Eddie trovò finalmente la forza di ridere di quella situazione fino alle lacrime.
"S-serve... serve per il dolce, comunque." disse Steve a fatica, cercando di smettere di ridere. "Nance, tuo turno. Non ce la faccio più con questo qui che mi parla di basilico mentre io spiego cose serie."
"Oh, secondo me non alludeva proprio al basilico ma ad altre piantagioni." disse Robin, e una pallina di carta volò in sua direzione.
Nancy si sedette. "Allora. Sappi che... Io non ti parlerò di posate, ma di formule."
"Tipo?"
"Frasi comuni, hai presente? Vediamo. Hmm... vi sedete a tavola e state per mangiare. Dici qualcosa?"
"La so, la so! Non si dice «buon appetito». Questa la sapevo! Non so il perché, ma la sapevo."
"Ottimo!" esclamò la ragazza, soddisfatta. "Altro esempio, se io fossi la signora Cunningham e starnutissi... tu cosa diresti?"
Eddie aggrottò la fronte. "Mi prendi in giro? Perfino io so che si dice «Salute»."
Lei emise dei rumorini di disapprovazione. "Eh no."
"Ora si dice «Malattia»?"
"Non si dice niente neanche in questo caso. Niente di niente."
"Oddio, e perché!?"
"Puoi dirlo a una persona che conosci molto bene. A un tuo amico o familiare. Ma non a un estraneo, perché lo metti in imbarazzo, evidenziando ancora di più il fatto che ha starnutito."
"Gesù Cristo, che cazzate che si inventano." Eddie fece un sorrisetto, e si posò una mano sulla fronte. "Okay, grazie, Nancy, lo terrò a mente. Che altro?"
Robin li guardò, esterrefatta. "Questa me la segno. Ho appena scoperto di aver fatto centomila figuracce, finora." Prese un taccuino e si mise a scriverci sopra.
Steve notò quel gesto. "Ma che stai..."
"Il corso di galateo è anche per me. Ti ricordo che sono povera e avrò mangiato in un ristorante al massimo dieci volte in tutta la mia vita. E urlo «Salute» alla gente quando starnutisce."
"Pure la tua cotta è alto borghese o che?" Eddie prese un sorso di birra, e tirò fuori una sigaretta, chiedendo a Steve il permesso di accenderla con un gesto. Steve annuì e aprì la finestra.
"Non ne ho idea, sinceramente. Non conosco a sufficienza la famiglia di Vicky. Ma, borghesi o no, se ti può consolare... potrebbero reagire più o meno come i genitori di Chrissy, se mi vedessero."
Eddie fece un tiro e buttò il fumo verso la finestra. "Perché, hai genitori in carcere?"
Robin ridacchiò. "Perché sono una donna, geniaccio."
"Cazzo, è vero..."
"Buongiorno Eddie. Sono già le undici e mezzo del mattino." scherzò Nancy. "Vuoi un caffè?"
"Oooh, che vuoi, Wheeler? Sono talmente indifferente davanti al genere che mi scordo."
"Dai, torniamo a studiare, così farai una bella impressione sui genitori di Chrissy."
"Sono venuto qui solo per scherzare sul corso di galateo e rivedervi, visto che siete in vacanza. Non penso comunque di volerli più vedere, quei due idioti con la puzza sotto al naso. Mi dispiace davvero per lei e suo fratello Ben, che devono sopportarseli."
Nancy posò una mano gentile sulla sua spalla. "Hey, non è detto che vada sempre male. Scommetto che Chrissy gliene avrà cantate quattro quando te ne sei andato. Ha l'aria di una apparentemente calma ma che però sa incavolarsi come una iena."
"Già. E sono loro ad aver fatto una figura schifosa, non tu." aggiunse Robin.
Steve passò un posacenere a Eddie. "Sono d'accordo."
"Non saprei. Ma non importa, ragazzi. Davvero. Se le cose non dovessero funzionare, me ne... farò una ragione. Non tutto va come uno vorrebbe. L'ho già imparato molto tempo fa." Il ragazzo fece un sorriso radioso, ma il suo tono di voce malfermo lo tradì.
Steve sospirò, ed esitò. "Senti, se non dovesse andare bene, ricordati che... anche noi saremo qui per te. Tutti e tre. Non ti azzardare a chiuderti a riccio."
Nancy e Robin annuirono.
Eddie spense la sigaretta, e abbracciò Steve, il quale gli diede delle pacchette affettuose sulla schiena.
"Grazie..."
Ci fu un lunghissimo momento di silenzio, prima che Steve riaprisse bocca. "Sì, amico, ma ora raccogli la pallina di carta che hai lanciato a Robin, o te la faccio mangiare."

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Il giorno dopo.

"Yeeeeeh!"
Esther si tuffò nella piscina, schizzando una generosa quantità d'acqua addosso a Chrissy.
"Hey! Prima il camion ieri sera con la pioggia, oggi tu!"
La ragazza riemerse con eleganza, appoggiando le mani scure sul bordo. "Sei tu che ti metti vicina pur sapendo che amo i tuffi a bomba. Stolta! Forzaaa, buttati, è caldissima!"
"Arrivo, arrivo!" L'altra scosse il capo e si liberò del suo vestito, mettendolo ad asciugare al sole e sfoggiando un bellissimo costumino azzurro pastello.
"Wooow, fortunato Eddie."
Chrissy in tutta risposta le spruzzò un po' d'acqua calciando col piede, e poi entrò in piscina con lentezza. "Scema. Le altre quando vengono?"
"Boh, dicevano verso le docici e mezza. Io consiglierei loro di sbrigarsi, perché altrimenti lo squisito cous cous che ho preparato per pranzo finirà tutto."
Chrissy rise, e si immerse fino ai capelli.
Trattenne il fiato, e si accovacciò in una posizione quasi fetale per qualche secondo, per poi riprendere a nuotare. Stare in acqua la rilassava sin da quando era bambina. Si sentiva leggerissima, senza pensieri. Era quasi come volare. Probabilmente, se non avesse fatto cheerleading avrebbe optato per il nuoto sincronizzato. Tirò fuori la testa, e osservò Esther che stava facendo il morto con gli occhi chiusi.
"Quand'è che torniamo a Hawkins, di preciso? Mi scordo pure il mio nome in questo periodo." bofonchiò quest'ultima.
"Fra tre giorni. Sono già preoccupata. Gli ho mandato una lettera ma non mi ha risposto."
"Sorella mia, stammi a sentire. So che quella situazione è un casino, ma le soluzioni ci sono. Io penso che lui sia semplicemente diventato insicuro."
"E come faccio a fargli capire che non ha motivo di esserlo?"
"Sbattendo in faccia ai tuoi genitori il fatto che ti vedi ancora con lui e... ribellandoti. In casi estremi ti presto due lenzuola in più."
"Per fare che?"
Esther smise di fare il morto e nuotò più vicino a Chrissy. "Per calarti giù annodandole!"
"Stai parlando seriamente?"
"Certo. Nel caso fate Romeo e Giulietta."
"Non è esattamente una prospettiva allettante." Ghignò appena, ma poi tornò seria. "Non puoi capire che razza di discorso mi ha fatto mia madre quella sera. Mi ha riempito di negatività e robe irripetibili."
"Al solito. Tu il coraggio ce l'hai. Ne hai da vendere, Chris. Devi solo tirarlo fuori."
"Come fai a esserne certa? Io mi sento una fifona."
"Ti conosco da quando ci cagavamo addosso e avevamo il ciuccio, forse?"
Chrissy emise un risolino. "Se ti sentissero i tuoi genitori."
"I miei genitori non sono qui. Che ti ha detto tua mamma?"
"Le solite cose. Che non si può avere un futuro con uno così. Che mi porterà sulla cattiva strada, che di sicuro si fa di acidi, che è un fallito, un miserabile, un... tanto altro."
"Wow, si è data da fare Lauretta. Sempre delicatissima. Come ha fatto ad accettare il fatto che la tua migliore amica è nera?"
L'altra ragazza ridacchiò. "Sei molto ricca, è già qualcosa a tuo vantaggio."
"Può darsi. Comunque. Io penso che tu abbia dei desideri, ma che spesso permetti alla paura di superare il bisogno di farli divenire realtà."
"Wow, che poetessa."
"Ascoltami. Non devi assolutamente permettere che la tua voglia di apparire - chiaramente ereditata da tua madre - abbia la meglio sulla tua voglia di fare ciò che ti pare e piace. Capito? Ci sta agli inizi, ma soprattutto ora che sei quasi sempre lontana dalla tua famiglia, puoi iniziare a riconoscerne le dinamiche tossiche e allontanartene. Prendi tutto quel coraggio che tieni nascosto dentro e tiralo fuori."
Chrissy la guardò per un po', e poi le prese la mano, per farsi dare conforto. "Hai completamente ragione." Si immerse di nuovo in acqua. Poi tornò a galla.
"Ultima cosa e poi pensiamo ad altro. Ti ricordi il ballo di fine anno?" chiese Esther.
"Me lo ricordo, sì."
"Bene. Ti ricordi cosa mi dicesti la sera prima, mentre stavi provando l'abito per la quinta volta?"
L'altra si morse un labbro. "...sì."
"Lui lo sa?"
Chrissy scosse il capo in segno di diniego.
"Perfetto. Io trovo che dovresti dirglielo. Diglielo in faccia. Digli tutto quello che pensi senza filtri né nulla. Tutto quel che ti viene in mente. Vedrai che la sua paura svanirà."
Chrissy annuì, sentendo dentro di sé che quello che la sua migliore amica le stava dicendo era più che giusto. "Va bene."
"Promesso?"
"Promesso."

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«Caro Eddie,
Come te la passi? E zio Wayne? Da me niente di particolarmente nuovo, salvo qualche divertente pagliacciata dei miei compagni che non vedono l'ora che inizino le vacanze e hanno organizzato una specie di conto alla rovescia, e delle altre cose che preferisco raccontare di presenza. Sai com'è, scriverle non è lo stesso.
L'altro giorno in un negozio ho visto un bambino sui dodici anni vestito da metallaro che cercava un album dei Dio. Era troppo carino. Ho pensato subito che quando diventerai famoso ascolterà la tua musica, così come di sicuro farebbe il mio fratellino. Benjamin ti adora e mi ha detto di volerti rivedere perché sei «troppo figo». Magari quando cresce un pochino lo portiamo a vedervi suonare.
Non manca molto al mio ritorno, ormai. Sarò nella nostra città venerdì prossimo. Tu finirai di lavorare intorno alle 17, quel giorno, no? Stavo pensando che potremmo vederci. Ho anche una piccola cosa da farti vedere. Fammi sapere.
Con tanto affetto.
La tua principessa»

"La stai ancora rileggendo?"
Eddie sobbalzò leggermente, e si girò verso suo zio. "Che?"
"Figliolo, non hai nulla di cui vergognarti. Ho avuto anch'io delle ragazze. In passato."
"Non mi vergogno mica!" protestò il ragazzo, e si mise a sedere sul letto, scalciando via le scarpe nere consumate.
"Le hai risposto?"
"A forza di pensare a cosa dire, si è fatto troppo tardi. La mia lettera arriverebbe dopo il suo ritorno qui."
Lo zio Wayne mosse qualche passo in sua direzione, e gli posò una mano sulla spalla.
"Hey, sii spontaneo. Quello che è successo non cambierà nulla fra voi. Vedrai."
"Forse quello no, ma il fatto che io ho preso le distanze da lei sì. Sono un imbecille. Ora l'ho fatta preoccupare, e ho come la sensazione che si senta in dovere di «farsi perdonare» per una cosa che nemmeno ha fatto. Cristo santo. Che imbecille sono." ripeté.
L'uomo annuì. "Allontanarti non è stato molto corretto, ma c'è anche da capirti. Ti hanno umiliato, quei figli di..."
"Beh, sai che faccio? Un giorno diventerò famoso e tutti si dimenticheranno che sono figlio di quel mostro. Attendo solo quel momento." Accennò un sorrisino.
Lo zio emise un risolino e camminò verso la porta. "D'accordo Eddie. Ma ricorda che non hai bisogno di diventare famoso per sentirti degno di rispetto."

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Tre giorni dopo

Chrissy si avvicinò al caravan, e si tormentò un labbro, incapace di decidere se bussare o no. Si ripeté in mente «Tira fuori il tuo coraggio» più volte, pensando a cosa avrebbe detto Esther, e poi riuscì miracolosamente a sollevare il pugno e bussare piano. Quasi sperò di non essere sentita, ma dopo qualche secondo, la porta si aprì. Chrissy sbatté le palpebre e mise a fuoco lo zio Wayne, che le rivolse un sorriso caloroso, come se nulla fosse accaduto. Forse non sapeva.
"Chrissy! Ciao cara."
"Uhm, buonasera..."
"Eddie non è ancora tornato dal lavoro, qualche volta lo trattengono un po' più a lungo, ma sarà qui a momenti. Vieni, accomodati."
La ragazza sorrise a sua volta ed entrò. Annusò l'aria familiare, che sapeva di sigarette, di pancake e di Eddie. Le pizzicarono gli occhi per la felicità.
"Ti preparo un caffellatte, ti va? Io ne ho proprio voglia."
Chrissy annuì, e si sedette. "Sì, magari, mi mancavano le sue merende... grazie."
Lo zio rise, soddisfatto, e si mise a preparare il caffè e a scaldare il latte nel vecchio pentolino. "Allora, com'è il college?"
"Va tutto benissimo. Ho tempo per studiare, per fare un po' di volontariato e anche per divertirmi con le amiche: è un'esperienza meravigliosa."
"Hm hm, già. Penso che sotto sotto anche a Eddie non sarebbe dispiaciuto. Sembra che non sia così, ma in realtà ci teneva tantissimo a diplomarsi. È solo che... ha sempre avuto difficoltà a concentrarsi nello studio. Non ho idea del perché, visto quanto è intelligente."
"Non deve per forza. Magari non gli piace studiare."
"Già, può darsi. Però... a mio parere dovrebbe quantomeno tentare, se vuole un futuro migliore di questo." Wayne fece un gesto ampio per indicare il caravan, e appoggiò le due tazze fumanti sul tavolo, prima di sedersi di fronte alla ragazza. "Bevine quanto ne vuoi, se ne rimane probabilmente lo berrà mio nipote, non farti problemi."
Lei sorrise, grata di quella discreta rassicurazione, e sorseggiò il suo caffellatte. "Come... com'è stato Eddie in questi mesi?"
L'uomo la guardò, e reclinò la testa, quasi alla stessa maniera del nipote. "Beh... bene, credo."
Chrissy esitò, e abbassò il capo biondo con un lieve sospiro. "Può... essere sincero con me... per favore?" mormorò, quasi supplichevole. "Ho bisogno di sapere come si sente davvero. Si è chiuso molto con me."
Wayne inspirò, e appoggiò la sua tazza sul tavolo dopo aver preso un grande sorso. "Hm. Se ti riferisci a quello che è successo a casa tua... non è stato facile per lui."
Lei si irrigidì un pochino. "Le ha detto tutto?"
Lui annuì. "Eddie detesta vedere la compassione negli occhi delle persone. E detesta anche fare la vittima, quindi non so se ti spiegherà perché si è chiuso tanto, se non ironizzandoci su. Non posso essere io a parlartene, ma... sappi solo che la storia di suo padre è molto, ma molto peggiore di quello che sembra, per quello sentirsi paragonare a lui è stato un duro, durissimo colpo."
Chrissy sbatté le ciglia, e rimase pensosa per un pezzo. Chissà cosa doveva essere successo. C'era forse di mezzo qualche tragedia che aveva traumatizzato il piccolo Eddie in modo permanente? E quanto tempo fa era successo tutto? Si ricordava di lui da ragazzino, su quel palco del talent show, che suonava la chitarra insieme alla sua band e sembrava tanto spensierato.
"Mia madre manca di empatia anche verso di me, che sono sua figlia, figurarsi lui." borbottò la giovane, piena di vergogna e rabbia. "Spero che un giorno lui se la senta di parlarmi. Io voglio solo... che capisca che io non lo giudicherò. Mai."
Wayne si posò la mano sulla fronte. "Continua a stargli accanto, e vedrai che prima o poi capirà che può aprirsi."
Chrissy annuì, e bevve il caffellatte fino all'ultima goccia, quasi senza accorgersene. "Oh wow. L'ho finito."
"Brava."
In quel momento preciso, sentirono la chiave girare nella toppa del caravan, e si voltarono entrambi. Eddie comparve, con i capelli scuri arruffati, una maglietta sbiadita dei Metallica e i jeans scuri. "Ciao. Oh..." Puntò subito lo sguardo verso Chrissy, e abbozzò un sorriso, sistemandosi d'istinto la frangetta con le dita.
Lei si alzò. "Ed...?" disse in un sussurro.
"Sì, sono io. Sono cresciuto?" scherzò lui. La raggiunse, e le accarezzò una guancia guardandola dall'alto, un po' più rigido del solito. Lei premette il viso sul suo palmo, gli occhi chiusi.
Wayne tolse le tazze, con un sorrisino compiaciuto sotto i baffi. "Io vado a fare qualche commissione. Ci vediamo dopo."

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Più che fanfiction dovrei scrivere script per serie TV comiche americane stile Nickelodeon con le risate di sottofondo registrate 50 anni fa

Ditemi cosa ne pensate di questo capitolo se vi va uu

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Capitolo 5
*** V ***


(Nota dell'autrice: Cercate l'Easter Egg che si riferisce alla trama, ma dopo non cercate me coi forconi * scappa in Messico *)

/Flashback/ Primavera 1986
Il professor Morris insegnava matematica e scienze al liceo Hawkins, ed era conosciuto come l'insegnante con meno tatto di tutta la scuola. Sembrava quasi che non gliene fregasse un fico secco di offendere o mettere in ridicolo gli studenti, e scrutava tutte e tutti con quegli occhi minuscoli e azzurrini ridotti a due fessure. Chrissy aveva sempre apprezzato la sua materia - in fondo, una reginetta della scuola doveva cercare di farsi valere in tutto, no? - ed era una dei suoi pochissimi preferiti. Quel giorno di fine Marzo, a lezione si era presentato perfino Eddie Munson, lo stesso ragazzo da cui lei aveva comprato della droga giorni prima. Sì, proprio quell'Eddie che Jason detestava tanto e chiamava «svitato» solo per il suo modo di vestirsi e il suo amore per la musica metal e i giochi nerd.
Quando lo aveva visto entrare e salutarla con un cenno amichevole, era trasalita. Per tutti quei giorni l'aveva adocchiato solo da lontano nella mensa o qualche volta nei corridoi, cercandolo distrattamente con lo sguardo.
Aveva ricambiato il saluto con un sorrisetto, e si era portata una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Eddie si era seduto una fila più avanti rispetto a lei, abbastanza a destra da garantirle una bella vista del suo profilo, e aveva tirato fuori dallo zaino il minimo indispensabile di armamentario per prendere appunti.
Il professore era arrivato un attimo dopo, e aveva guardato il ragazzo con aria sorpresa, constatando che per una santa volta aveva un quaderno e una penna funzionante.
La lezione cominciò, e parve quasi infinita già nel primo quarto d'ora. Gli studenti giocherellavano con le penne e i fogli, mentre il professor Morris picchiettava sulla lavagna col gessetto a ogni passaggio spiegato, come sempre, e si dilungava in una serie di precisazioni su dettagli utili per il test finale. Chrissy, che di solito era una studentessa brillante, tentava di mantenere l'attenzione sul proprio quaderno o sul professor Morris, ma non ci riusciva. Senza che se ne avvedesse quasi, l'occhio le cadeva sul profilo di un adorabile Eddie con la lingua di fuori, che si sforzava di prendere più appunti che potesse, scarabocchiando numeri e segni con fare frenetico. Di sicuro doveva recuperare delle insufficienze per potersi diplomare.
Ad un certo punto, il professore smise di scrivere e picchiettare alla lavagna e si schiarì la gola.
"Cunningham?"
La ragazza si riscosse e guardò l'insegnante, con la bocca leggermente schiusa. "Sì?"
"Mi rendo conto che vederlo impegnarsi così è uno spettacolo raro, ma devi guardare la lavagna. Non Munson." Si accorse che quella battuta fu un errore madornale quando si levò uno sguaiato coro di risa che perfino lui faticò a zittire.
Eddie si girò di colpo verso Chrissy, con gli occhi neri spalancati.
"Non lo stavo...!" Lei distolse lo sguardo e si coprì il volto bollente con le mani, gemendo. Avrebbe voluto scomparire immediatamente, sprofondare sotto terra, volare via a causa di qualche incantesimo, tutto pur di non essere lì. Che razza di figura aveva fatto? Stava ancora con Jason, tra l'altro, nonostante fossero in procinto di lasciarsi, contrariamente a ciò che volevano far intendere a tutta la scuola.
Il professor Morris fece cessare la ridarella con un sonoro "Silenziooo!" e poi commentò, con fare stizzito: "Ugh, questi giovani d'oggi. Se non altro vi ho svegliato da quello stato di dormiveglia in cui eravate!".
Dopo che le acque si calmarono, la lezione proseguì in modo abbastanza regolare per gli ultimi venticinque minuti.
Eddie aveva perso buona parte della concentrazione di prima, e ogni tanto sbirciava la ragazza, che si era irrigidita e non osava nemmeno spostare il capo verso destra per paura di essere canzonata. Non era per niente abituata alle prese in giro, protetta com'era dal suo status di fidanzata del re del liceo Hawkins.
Quando suonò la campanella, Eddie si alzò e finse di metterci un'eternità a conservare nella cartella nera gli unici due oggetti che aveva messo sul banco, solo per aspettare che tutti gli altri uscissero.
Chrissy fece per fuggire di corsa dall'aula.
"Hey, hey Chrissy! Aspetta!"
La ragazza fu tentata di fingere di non averlo sentito, ma poi si bloccò e girò lentamente i tacchi, fissando il pavimento. "S-sì?"
Eddie si grattò il collo. "Non scappare. Ciao di nuovo."
"Uhm. Ciao... qualcosa non va?"
Lui aggrottò le sopracciglia. "No! Volevo solo dirti che... uhm... sai, l'invito all'Hideout è sempre valido. Domani sera suoniamo. E mi farebbe molto piacere se tu ascoltassi per prima il nostro nuovo pezzo." Le rivolse un sorriso caloroso.
Chrissy lo guardò, sorpresa, e sbatté le ciglia. Era attraente come se lo ricordava, con quelle rughette che gli si formavano ai lati della bocca quando era allegro, gli occhi scuri luccicanti ed espressivi e i ricci un po' disordinati che gli incorniciavano il viso.
"A che ora posso venire?"
Eddie si illuminò ancora di più. "Dalle nove e mezza in poi. Sai dov'è l'Hideout, no? Altrimenti posso..." Gesticolò in modo buffo. "...darti indicazioni."
La giovane rise. "Sì, so dov'è. Grazie, Eddie."
Lui annuì. "Bene. Scappo che ho letteratura e i miei voti fanno pena. Ci vediamo domani!" Si precipitò verso la porta, mandandole un bacio volante con fare scherzoso.
Lei rimase imbambolata, e quando fu assolutamente sicura di non essere vista, fece qualche saltino sul posto.
"Ah, dimenticavo!"
Chrissy si ricompose in un istante nel vederlo fare capolino dalla porta. "A-ha?"
"Che se non riuscivi a... concentrarti oggi... se vuoi ti passo i miei appunti." propose, senza un'ombra di presa in giro nel tono. "Sai, non per montarmi la testa, ma sono i migliori appunti che io abbia mai preso in sei anni qui."
La ragazza rimase spiazzata. "O-oddio... magari sì."
Eddie si dondolò su un piede solo, fissandola. Pareva quasi che non riuscisse a stare mai fermo per dieci secondi di fila. Anche Chrissy si concentrò su di lui, e per un po' mantennero il contatto visivo in un modo incredibilmente spudorato, finché la ragazza non scosse il capo cercando di darsi una svegliata. "Uhm, ti ringrazio molto, Eddie. C-ci vediamo."
"Ma figurati. A domani!"

------

/Presente

Eddie addentò il suo toast e bevve un sorso di caffellatte, seduto sul proprio letto. Era troppo muto, decisamente troppo per un chiacchierone come lui. Non sembrava arrabbiato, però. Aveva l'aria più abbacchiata che altro.
Anche Chrissy aveva difficoltà a comunicare, ed era la primissima volta che accadeva una cosa del genere quando stava in sua compagnia. Di solito, i loro discorsi e le loro battute fluivano tranquillamente come piccoli corsi d'acqua, mentre quel pomeriggio, almeno per i primi quindici minuti, parve che a ostacolarli ci fosse un'imponente diga.
"Allora... sta andando tutto bene al lavoro?" domandò Chrissy a un certo punto.
"Niente male. Ci hanno aumentato lo stipendio nell'ultimo mese. Non di tanto ma... ci sta."
"Oh... mi sembra ottimo."
"Già, lo è. Magari così posso aiutare mio zio con le spese, e mettere da parte, anche per comprarmi una casa, in futuro."
"Uhm, sì."
Chrissy si divincolò sul bordo del letto, incapace di chiedergli ciò che avrebbe veramente voluto sapere. Temeva di toccare di nuovo quel tasto dolente e fargli del male. Decise di ricorrere al contatto fisico, uno dei modi in cui dimostrava affetto di solito. Posò una mano su quella di Eddie, e strisciò piano piano sul materasso, avvicinandosi.
"Ed..."
"Hm...?"
"Vorrei... che tornassimo come prima."
Eddie deglutì, e strinse la mano della ragazza. "Come prima?"
"Spontanei. Non so. Mi sento come se ci fosse..." Gesticolò.
"...un muro?"
La ragazza annuì piano.
"Lo faremo crollare. Okay? Ma prima... credo di doverti delle scuse."
Chrissy reclinò il capo da un lato. "Per cosa?"
Il giovane finì di bere e si girò finalmente a guardarla. Scusarsi gli era sempre costato una certa dose di fatica, ma teneva troppo a lei per non mettere da parte l'orgoglio. "Sai cosa. Sono stato distaccato. Non te lo meritavi."
"Quindi non sei arrabbiato con me?"
Eddie la fissò a lungo, prima che un velo di tristezza gli invadesse lo sguardo. "Oddio, Chrissy, no. No... Mi dispiace di... avertelo fatto credere." Le prese delicatamente il viso fra le mani, le scostò la frangetta e le posò un bacio sulla fronte.
Chrissy non resistette e si gettò fra le sue braccia, facendosi piccola piccola contro il suo petto. "Sai che puoi parlare con me. E che io non ti giudicherò mai."
"Lo so. Non lo hai mai fatto. Neanche quando ti ho parlato della mia sessualità."
"E mai lo farò. Qualunque cosa tu mi dica."
Eddie le accarezzò la nuca e le spalle. "Qualunque?" sussurrò piano, con un filo di insicurezza nella voce.
"Qualunque. Solo se mi dici che metti l'ananas sulla pizza. Lì forse ti giudico un pochino." scherzò lei.
Eddie ridacchiò. "Non la metto, o Mike Wheeler mi avrebbe già ripudiato come amico." Fece una piccola pausa. "Comunque se i tuoi genitori sanno di quel furto, probabilmente sanno anche il resto."
"Il... resto?"
"Sì. Quello che non ti ho ancora detto. Sei la mia ragazza, e sei una dei miei migliori amici, quindi voglio dirtelo. Più tardi te ne parlerò con calma."
"Quando vuoi." Chrissy sollevò lo sguardo e gli diede un bacetto sulle labbra, in attesa. Eddie si riavvicinò, prendendola per la nuca, e riprese a baciarla. Le schiuse le labbra con la lingua, ed emise un ansito che fece scattare qualcosa in Chrissy. La ragazza infilò una mano dentro la sua maglietta, e gli toccò i pettorali senza smettere di baciarlo. Cercò di sollevare la stoffa scura.
"Uhm, aspetta." Eddie si scostò appena.
"Magari... faccio prima una doccia. Sai, sono stato otto ore e mezza lì... Mi sento un po' sudicio." Ridacchiò.
"Oh, sì, sì, certo. Anzi... scusami per essere piombata qui subito."
"Nessun problema. Ci metto un attimo." Si alzò e fece una buffa corsetta verso il bagno, lanciando via la maglietta dei Metallica in un angolo della sua stanza.
La ragazza sbatté le palpebre, e guardò il ragazzo a torso nudo finché non lo vide sparire dietro la porta del bagno. Socchiuse gli occhi, sopraffatta da un improvviso desiderio nei suoi confronti. Incrociò le gambe, con un lieve sospiro. Poco dopo, un pensiero eccitante si fece strada nella sua mente, facendola arrossire di colpo. Si portò un palmo alla bocca, stupita da sé stessa. Da quando era diventata tanto sfrontata? Quella, in effetti, era l'occasione ideale per combinare una cosa del genere. Non era esattamente così che aveva pianificato di mostrargli la «cosa» di cui aveva parlato nella sua lettera, ma in effetti così avrebbe suscitato un effetto migliore. Per diversi minuti, rimase a rimuginarci sopra, incapace di decidersi. Aveva paura di rendersi ridicola, ma al contempo moriva dalla voglia di farlo. Poi ripensò di nuovo a quello che diceva Esther e strinse i pugni. Ma sì, sì. Doveva farsi coraggio e osare, fare quello che voleva davvero, dare voce ai suoi desideri. A fanculo sua madre e il modo in cui considerava un tabù il sesso e tutto ciò che lo riguardava anche solo minimamente, a fanculo Jason che la prendeva in giro usando la scusante del cattolicesimo e della verginità prima del matrimonio per non doverla toccare e tenersela comunque come copertura, a fanculo tutto. Era la prima volta che si sentiva desiderata in un modo così splendidamente pulito e puro, e ciò la faceva sentire più propensa ad aprirsi con Eddie, a mostrarsi a lui, a lasciarsi amare anche sotto le lenzuola. Le sue dita tremanti sbottonarono la camicetta bianca e tirarono giù la lampo della gonna. Chrissy si liberò dei vestiti e si accomodò meglio sul letto, la bocca secca e le guance che scottavano. Quella manciata di minuti le parve un'eternità; poi, dopo l'acqua scrosciante e il rumore dell'asciugacapelli, udì qualche passo e pregò sé stessa di rilassare i muscoli.
"Okay, ora sì che sono pulit-" Eddie si bloccò sulla porta, come se davanti a lui ci fosse stata un'invisibile parete contro cui aveva sbattuto. Schiuse le labbra e sussurrò un "Oh" di piacevole sorpresa.
Chrissy lo guardò negli occhi neri intrisi di bramosia con aria timida, e resistette alla tentazione di coprirsi col lenzuolo o con qualunque cosa che le capitasse sotto mano. "T-ti prego, non ridere."
Il ragazzo sorrise appena e si grattò una guancia, come faceva quando il suo interesse si accendeva particolarmente, e la mise meglio a fuoco. Chrissy aveva addosso un indumento intimo semplice e perlopiù bianco che si intonava perfettamente col colore dei suoi capelli e le conferiva un'aria angelica e sensuale al tempo stesso. L'elastico teso delle spalline evidenziava le sue braccia sottili, e il pizzo di un delicato color cipria le sfiorava il petto e le cosce.
"I-io... io... per... per quale motivo dovrei ridere? Ti sta da Dio..." gracchiò Eddie a voce bassa.
"Davvero, mi sta bene?"
Lui mosse qualche passo fino a sedersi sul bordo del letto, le posò due dita sotto il mento e lo sollevò. "Sei uno splendore, Chris. Con qualunque dannata cosa addosso." Fece una pausa, tenendo la fronte appoggiata alla sua. "Anche senza niente addosso, in realtà..."
La ragazza emise un risolino. Esitò per alcuni istanti, poi allungò un braccio e lo accarezzò sulla coscia e poi vicino all'inguine. "Lo stesso vale per te." sussurrò sulla sua clavicola, accanto al tatuaggio, prima di lasciarci un bacetto umido.
Eddie sollevò le sopracciglia e si sentì girare la testa. Era da un po' che non provava quelle sensazioni. La mano di Chrissy salì sul suo basso ventre e poi entrò nei suoi boxer. Lui socchiuse le palpebre e dei gemiti rochi abbandonarono la sua gola. La ragazza salì su di lui a cavalcioni, continuando a toccarlo. Lui si chinò sulla base del suo collo e le diede un morsetto.
Dopo un primo momento di confusione in cui si chiese perché diamine le fosse piaciuto così tanto, Chrissy sorrise. "Cosa sei, un vampiro?"
"Ti piace?"
"Rifallo ancora..."
"Oh, la piccola innocente Chrissy ha scoperto un nuovo kink..." Sorrise contro il suo collo e scese a darle dei morsetti dal lobo fino al petto. "Vero?"
Chrissy sentì il corpo ricoprirsi di pelle d'oca e rimase immobile, sorpresa dal modo in cui Eddie finiva sempre per dominare la situazione e a sconvolgerla. Il giovane scese a baciarla sull'incavo fra i seni, per poi afferrarla e premerla sul materasso.
"Ora so cosa fare quando non mi obbedisci a letto..." scherzò lui.
Chrissy sbuffò, fingendosi infastidita, e gli mostrò il dito medio.
"Che maniere... non è così che si comporta una reginetta." Le prese le mani e la tenne inchiodata lì, premendole un ginocchio fra le cosce in un modo che le mandò un'improvvisa scarica di piacere. "Non ti pare?" Godette nell'ammirare la sua espressione incredula e un po' stordita dall'eccitazione. Si allungò appena per spegnere la luce e lasciare accesa solo una piccola abat-jour che li illuminava a metà, poi si chinò sul suo orecchio. "Al solito, se qualcosa non va, fermami subito. Okay?"
"Sì."
"Brava."

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"Quando ero piccolo... passavo tantissimo tempo qui." Eddie fece una pausa, e fissò le tendine della finestra che si muovevano e parevano quasi dei fantasmi. "Sia perché lo zio è il mio parente preferito, sia perché... certe volte avevo troppa paura per stare a casa mia."
"Di tuo padre?"
Il ragazzo annuì debolmente.
"Cosa faceva?"
"Oh, un grande classico, Chrissy. Aveva... problemi di alcol, e di rabbia. E soprattutto, problemi con mia madre. Spesso... si arrivava alle mani e..."
La ragazza cercò la sua mano nel semibuio. La accarezzò piano. Erano ancora semi nudi, coperti da un leggerissimo lenzuolo fino al petto.
"...quindi, come dicevo, io scappavo dallo zio e dormivo qui. È sempre stato ciò che sapevo fare meglio... scappare." Fece una risata amara. "Ciò che mi ha tormentato per anni è stato il fatto che lo feci anche l'ultima volta che litigarono." La sua voce si incrinò.
Chrissy realizzò qualche istante dopo, e trattenne il respiro. "Ed... ma eri un bambino. Cosa potevi fare?"
"Non lo so, ma credo molto di più di quello che ho fatto. Ho provato a gridare, a farmi sentire dai vicini all'inizio, mentre lui la stava picchiando per l'ennesima volta. Poi lui mi ha visto e mi ha inseguito. Io gli ho lanciato un vaso in pieno volto e questo lo ha fatto svalvolare." sussurrò. "Si è messo a gridare insulti che non ricordo, e a rincorrermi per un pezzo, e io ero così terrorizzato che sono fuggito. Sono fuggito in mezzo ai boschi e mi sono nascosto lì, perché sapevo che a casa dello zio mi avrebbe trovato. Non so quante ore dopo ho sentito la polizia, e un'ambulanza."
Chrissy chiuse gli occhi, e delle lacrime enormi le rigarono le guance. Gli strinse la mano più forte, aspettando rispettosamente che Eddie raccogliesse il fiato e riuscisse a raccontare il resto. Ci volle un bel po'.
"Sono tornato indietro, cercando di ritrovare la strada di casa perché mi ero perso. Ho seguito il suono delle sirene." mormorò, immaginandosi la scena in modo vivido, come un orripilante flashback. Le luci lampeggianti delle vetture, buio tetro del loro quartiere, le voci concitate della gente. "Appena mi sono avvicinato ho visto degli infermieri portare qualcuno in una barella. Per quei secondi, ho pregato che non fosse lei. Ho pregato nella mia mente, correndo verso quell'ambulanza. Poi un poliziotto mi ha visto, e ha cercato di allontanarmi per impedirmi di vedere il sangue ma... io... avevo già capito. Mi hanno identificato. Mi hanno portato in ospedale, ma non mi hanno permesso di entrare perché la dovevano operare d'urgenza... sono rimasto in sala d'attesa con un'infermiera che cercava di dirmi delle cose per rassicurarmi. Inutile dire che... lei non ce l'ha fatta."
La ragazza rimase in silenzio per un po', limitandosi ad accarezzargli teneramente la mano. Si sentiva come se non ci fosse nulla di adeguato da dire in una tale situazione. Dopo molto tempo, raccolse il coraggio per aprire bocca. "E... lui...?"
Eddie si girò di lato, appoggiando il gomito al materasso. "Tentò di nascondersi, ma lo scovarono due giorni dopo, e lo condannarono all'ergastolo. Naturalmente non sono mai andato a trovarlo, e mai ci andrò. Per me non esiste, sinceramente." disse, con tono duro. "Per me il mio vero padre è lo zio Wayne. Alle volte mi domando come due fratelli possano crescere così opposti."
"Eddie... io non so cosa dire. È tutto talmente orribile, mi dispiace." sussurrò Chrissy nel buio. "Io non avrei mai pensato che ci fosse dietro tutto questo... e capisco perché sei rimasto così sconvolto a casa mia."
"Credo sia il mio destino. Essere paragonato a vita a quel mostro. È un'altra delle tante ragioni per cui mi sono fatto crescere i capelli." Li agitò con fare buffo. "Gli somiglio di meno, così. Mia madre mi ha trasmesso la passione per il metal." Sorrise appena. "Ascoltavamo insieme le nostre canzoni preferite, di solito di nascosto da mio padre che la considerava la musica del Diavolo e faceva tante inutili scenate. Con lei avevo un rapporto stupendo." Si schiarì la gola, e si massaggiò il centro della fronte strizzando le palpebre, probabilmente per impedirsi di piangere.
Chrissy si avvicinò di più, e lo abbracciò. Eddie si avvinghiò immediatamente a lei, i loro corpi incastrati in un modo perfetto. Rimasero a lungo pelle su pelle, al buio, a occhi chiusi. I capelli soffici della ragazza gli solleticavano il collo, e le dita di Eddie disegnavano piccoli cerchi sulla schiena di lei. Era tutto talmente rassicurante che sembrava quasi irreale. Ad un certo punto, lui si scostò e tirò su col naso.
"Hey, Chris...?"
"Hm?"
"Non voglio sentirmi triste. Pensiamo ad altro adesso, okay?"
"Certo. Quello che vuoi."
"Pensiamo a qualcosa di... divertente. Uhm... Per esempio... oh, ci sono." Ammiccò.
"Cosa...?"
"Ti ricordi quando il professor Morris-"
"No no no! Non ripeterlo!" Chrissy cercò di tappargli la bocca, senza riuscirci. "Non-"
"Cunningham! Lo so che vederlo prendere appunti è uno spettacolo raro ma-"
"Stai zitto! È stato imbarazzante da morire!" esclamò lei, ma non riuscì a evitare di ridere.
"...ma devi guardare la lavagna, non Munson!" bofonchiò, imitando alla perfezione la voce del professore.
"Ma lo fai uguale!"
"Voi giovincelli non capite un'acca di algebra. Quando io avevo la vostra età avevo già otto lauree, e sei figli di cui due fatti con la mia amante..."
"...e quando avevo tempo libero, zappavo la terra con meno dieci gradi e raccoglievo rape per portarle ai bambini poveri." continuò lei.
"Esattamente!"
Ripresero a ridere insieme, rassicurati dal fatto che distruggere un'armonia come la loro era pressoché impossibile.

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Capitolo 6
*** VI ***


Laura Cunningham ciabattava avanti e indietro per la stanza di sua figlia, a braccia conserte. Sembrava quasi un soldatino giocattolo telecomandato, e se non fosse stato per la tensione di quella situazione, a Chrissy sarebbe anche venuto da ridere. Ogni tanto, la donna lanciava qualche occhiata verso la schiena della ragazza, la quale era tutta tesa nel tentativo di non sembrare in soggezione.
Ad un certo punto, Chrissy sbuffò, irritata dal suono dei suoi passi, e smise di fingere di giocherellare con il suo cassetto del materiale da cancelleria. Afferrò tutte le penne e le rimise a posto, ma quella verde le sfuggì e rotolò per terra.
"Tesoro."
"Hm?"
"Guarda che non abbiamo finito di parlare."
Sua figlia alzò gli occhi al cielo e fece ruotare la sua sedia girevole. "Voglio essere lasciata in pace. Per favore."
"Ti lascerò in pace dopo che avrai almeno capito perché ti sto dicendo di stare lontana da lui e dal suo gruppetto punk."
"Metal, mamma. Metal. E l'ho capito il perché, ma non sono affatto d'accordo. Ora posso stare da sola?!"
"Cos'è questo atteggiamento? Vedi che ti stanno traviando?"
Chrissy aggrottò le sopracciglia, e abbassò il capo. Non aveva tutti torti almeno sotto quel punto di vista. In fondo, aveva iniziato a ribellarsi un po' soprattutto dopo che Eddie era entrato nella sua vita, ma non era qualcosa di negativo.
"Sto... semplicemente iniziando a pensare con la mia testa." Addolcì di poco il tono. "Tutto qui. Prima... facevo tutto quello che volevano gli altri. Non ero felice."
"A me sembravi parecchio felice. Eri un'adorabile ragazza, così solare..."
"Mi sento molto più felice ora e - come hai detto anche tu, ti assicuro che l'hai detto! - entro a casa cantando e sorridendo. Cosa pensi? Che non sono più adorabile perché non esco solo e solamente con figli di medici e politici?"
"Non pretendo che tu esca solo con figli di medici e politici, ma perlomeno non con figli di carcerati."
La giovane si passò le mani sul viso. "Ancora. Mamma... se... s-se io avessi avuto un padre in carcere, credi che non mi sarei meritata di avere, che so... di avere degli amici o..."
Laura si piantò le mani sui fianchi e scosse il capo. "...o una relazione?" Il suo tono, invece, si inacidì molto.
Chrissy abbassò la voce di diverse ottave. "Beh. Anche."
"Oh per l'amor di Dio. Dovevo immaginarlo, è che non ti facevo stupida fino a questo punto. Dimmi che è solo una cotta da niente e non il tuo ragazzo."
Chrissy indietreggiò col busto, come se avesse ricevuto un pugno in faccia. Avrebbe voluto affermare con assoluta certezza di essere abituata a quei termini dispregiativi, ma in realtà non lo era mai stata. «Stupida». «Pappamolle». «Grassona». Perfino «scrofa», mormorato alle sue spalle quando da piccola mangiava molto. Si sforzò di trattenere le lacrime e si voltò di nuovo verso il cassetto. Lo aprì e si rimise a sistemare matite, gomme e pastelli, senza rispondere.
"Ho bisogno di stare d-da sola..."
"Io non posso avere la certezza che questo ragazzo è apposto. Invece Jason... Lui era così perfetto. Sempre ben vestito, atletico, affascinante..."
La giovane strinse una manciata di gomme per cancellare nel pugno, reprimendo la voglia di lanciarle dalla rabbia. "Giuro che non ne posso più di sentir paragonare Eddie a Jason. Lo sai cosa mi faceva Jason? Le corna, mamma. Trecento paia di corna mi ha fatto."
Laura spalancò la bocca e la coprì con una mano con fare lezioso, scandalizzata. "Cosa...!? Ne sei così sicura?"
"Ma certo. Sicurissima."
"Mi sembra impossibile, sinceramente. Magari erano voci, perché sai... una coppia così perfetta... l'invidia della gente..."
"È anche questo che mi dà fastidio! Pensi di sapere più della mia vita e delle mie relazioni rispetto a quanto ne potrei sapere io!?"
"Stai calma, stavo solo cercando di capire."
Chrissy si voltò di nuovo, e rimise a posto gli smalti, per poi iniziare con i CD e i libri, con le mani che tremavano. Sua madre si avvicinò con un sospiro e si sedette sul bordo del letto, gli occhi ancora puntati sulla giovane. "Cara... io... te lo dico per esperienza. Anch'io sono stata innamorata del classico «cattivo ragazzo»." Virgolettò in aria. "È una fase attraverso cui tutte passiamo, prima o poi..."
"Eddie non è affatto un cattivo ragazzo. Anzi."
La madre non la ascoltò nemmeno. "...e sono quelli che ti fanno soffrire di più. Prima ti riempiono di affetto e attenzioni, ti rendono euforica... poi ti tolgono tutto, così tu li rincorri..."
"Lui non ha mai fatto niente di tutto questo. Niente. Mi è sempre stato accanto senza invadere i miei spazi, mi ha dato supporto, affetto, e io ho fatto lo stesso con lui. Prima di essere qualunque altra cosa è mio amico. Tu continui a credere sia cattivo solo per come si veste e per com'è suo padre. Sai che lui non vuole nemmeno sentirne parlare? Se ne vergogna da morire."
"Non credo sia necessariamente cattivo, ma che non sia per niente adatto a te. Dio, Chrissy, ma non lo vedi?"
"Cos'è che non vedo!?"
"È troppo... straccione. E poi io e tuo padre abbiamo un lavoro prestigioso, pensi che Edward... non si sia fatto due calcoli?"
"Ma se non sapeva nemmeno quanto fossi ricca quando ci siamo conosciuti bene! E lui non è materialista. Non gli importa di queste stronzate."
"Linguaggio, Chrissy!" gridò la signora Cunningham.
L'altra socchiuse gli occhi.
"Ascoltami un attimo, tesoro, anziché ignorarmi..."
"Sei tu che ignori sistematicamente tutto quello che io-."
La donna le appoggiò una mano sul ginocchio. "...lo dico per il tuo bene. I ragazzi così, un po' scapestrati... esercitano un certo fascino sulle ragazze. E saranno bravi... a... a letto, ma poi non ti garantiscono un buon futuro." Disse «a letto» con voce molto fioca, come se rischiasse di far prendere fuoco all'intera casa solo pronunciando quelle due paroline.
Chrissy distolse lo sguardo e nascose il viso fra le mani, soffocando un "Mamma!" attutito dai palmi.
Come una manna dal cielo, si udì la voce di Benjamin che strillava. "Mammaaa! Vieni a vedere cosa ho appeso al muro! Muoviti!"
Laura sospirò e si alzò. "Vado da tuo fratello."
"Okay." bofonchiò la ragazza, e si sentì sollevata. Non appena sua madre uscì, Chrissy andò a socchiudere la porta e si buttò sul letto, premendo la faccia sul cuscino. Udì Laura borbottare qualcosa del tipo: "Non posso credere che ti piaccia una roba simile!" e suo fratello rispondere "È super ganza, è che voi grandi non capite niente di niente!"
Dopo circa cinque minuti, si sentì bussare piano alla porta. "Posso?"
"Avanti, Ben..."
Benjamin entrò, tutto silenzioso e serio, e vide la sorella sul letto.
"Le caramelle gommose non ce le ho io."
"Non volevo le caramelle." Benjamin raggiunse Chrissy e si sdraiò accanto a lei. La ragazza gli circondò il corpicino con un braccio e lo strinse a sé.
"Sei triste?"
"Hm..."
"L'ho distratta. Mi stavo stufando di sentirle dire cavolate."
Chrissy sollevò il viso dal cuscino, sorpresa, e fissò gli occhi tondi e celesti del bambino. Gli diede un bacetto sui capelli. "Grazie mille, Ben. Meriti tutto il pacco di carame- Hey, ma... ma quindi stavi origliando?"
"Uhm..."
"Ti perdono perché l'hai distratta, ma non farlo più."
"Okay." Ci fu una pausa di silenzio in cui Ben rimase abbracciato alla sorella. Poi si avvicinò meglio a lei per non farsi sentire. "Ma allora è vero che ti piace Eddie?"
"Sshh!"
"Non ci sente!"
"Sì. Mi piace."
"Oddio, che bello, lo sapevo io!"
"Però non voglio parlarne alla mamma per adesso, anche se l'ha capito."
"Sì, lo so." Il bambino allungò una mano piccola e raccolse a fatica la penna che era caduta prima. La mise sul comodino. "C'è una cosa che però non ho capito. Me la spieghi?"
"Che cosa?"
"Perché a mamma dà così fastidio che Eddie dorma tanto!?"
Chrissy si tolse nuovamente il cuscino dalla faccia e sbatté le palpebre, perplessa. "Non l'ha detto."
"Ha detto che quelli come lui sono bravi a letto...! Hey! Cosa... che c'è da rid-"
Lei scoppiò in una risata liberatoria, dopo essere rimasta col viso rigido e corrucciato per un'ora. Abbracciò di nuovo il suo fratellino. "No, nulla..." Si tappò la bocca, pregando sé stessa di smettere di sghignazzare, ma non ci riusciva.
"Scommetto che significa qualcos'altro, visto che ridi così!"
"No, no..."
"Dai, dimmelooo!"
"Sei ancora un bambino. Appena sarai più grandicello te lo spiegherò. Promesso." disse la ragazza con tono materno e un po' severo.
"Ma non è giusto!"
"Fai il bravo, su." Chrissy gli diede due pacchette sulla schiena.
"Uffa, che palle..." Benjamin mise su un buffo broncio e appoggiò la testolina bionda sul cuscino, lo sguardo fisso sulla sorella, la quale notò che il bambino si era pasticciato un bellissimo stormo di pipistrelli con la biro sul braccino, proprio dove Eddie aveva uno dei suoi tatuaggi. Passò le dita fra i piccoli volatili neri, emettendo qualche rumorino di approvazione. Sembrava quasi vero.
"Senti, l'importante è che sposi Eddie perché: primo, si vede ti tratterà super benissimo, e secondo, così io posso dire in giro di avere un cognato che suona musica metal."
Chrissy sorrise, e scosse il capo. "I bambini sono la bocca della verità, dicono."

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"Vediamo un po'... uhm... " Chrissy esaminò i lineamenti di Eddie, seduta di fronte a lui accanto allo specchio. "Ma sì, ho un'idea." Si mise a frugare nel suo beauty case.
"Cosa hai intenzione di combinare?" chiese il ragazzo con fare sospettoso ma curioso al tempo stesso.
Chrissy pescò una matita nera e la aprì. Si sedette su di lui a cavalcioni e gli spostò la frangia con un gesto delicato.
"Non devi chiudere gli occhi."
"Mi... viene da chiuderli."
"Devi tenerli aperti."
"Hm..." Ne aprì uno, e lasciò che la ragazza tracciasse una sottile linea nera sotto le ciglia inferiori.
"Visto? È facile. Ora l'altro."
Eddie fece un sorrisino e aprì l'altro occhio, che tremolava. Chrissy tracciò con cura l'altra linea, le sfumò appena e poi cercò qualcos'altro. "Che ne dici dell'ombretto?"
"Oh sì. Ce l'hai!?"
"Certo. Ho una marea di cose qui. Adesso devi davvero chiudere gli occhi." Cercò la sua palette più scura, immerse il pennellino nel nero e iniziò a colorare le palpebre di Eddie, tenendogli la mascella con l'altra mano. "Così... Un po' più scuro qui... e un po' meno qui, verso il centro. Perfetto. Guarda quanto sei bello."
Il ragazzo si voltò verso lo specchio, e sorrise. Sbatté le ciglia, incredulo, e si spostò i ciuffi di capelli per vedere meglio. "Oh Gesù. Ti giuro, Chris, ho sempre voluto truccarmi, anche solo così, un pochino."
"L'avevo immaginato. Come mai non l'hai fatto?"
Eddie si grattò la nuca, ancora concentrato sul proprio riflesso. I suoi occhi sembravano ancora più grandi e neri e spiccavano. "Beh. Da ragazzino pensavo che fosse una cosa... da femmina. Sai com'è."
Chrissy annuì.
"E comunque avevo paura che... beh, che qualcuno se la prendesse con me se entravo in un... negozio di trucchi. Paura che capissero che ero... queer. Mi sono concesso solo lo smalto nero che mi ha prestato Gareth." Sussurrò. "Ma poi si cresce, e certe robe le superi, credo. E poi insomma, tutti i cantanti che si truccano hanno normalizzato la cosa, anno dopo anno."
"Tipo David..."
"Bowie? Sì. Tipo lui." Si sfiorò l'accenno di barbetta sulla guancia, e si girò verso la ragazza. Lei gli prese le guance fra le mani e gli baciò le labbra più volte, strappandogli un sorrisino innamorato. Eddie non credeva che avrebbe mai mostrato quel lato così sensibile e fragile a qualcuno, ma con Chrissy sembrava che ne valesse la pena. Sembrava che valesse la pena anche di mettere da parte tutto il suo cinismo, il suo orgoglio, e tutto ciò che fino a poco prima gli aveva impedito di avere una relazione stabile. Con lei stava riuscendo a esporsi parecchio, a tirare fuori tutta la dolcezza che nemmeno sapeva di possedere, a fidarsi davvero. Era consapevole del fatto che lei doveva ancora lavorare su alcune cose, come il modo in cui l'opinione di sua madre condizionava ancora troppi aspetti della sua vita, ma Eddie riponeva molta fiducia in Chrissy, ed era fierissimo dei suoi progressi.
"Beh, finiamo di imbellettarci e andiamo. Prendo le chiavi."

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L'Hideout non era quasi mai particolarmente affollato e - a parte quando c'era qualche band che si stava esibendo - la musica non era assordante. Tutto ciò lo rendeva un luogo abbastanza intimo, dove poter chiacchierare con gli amici davanti a un drink poco costoso senza doversi urlare all'orecchio per farsi capire. Quando Eddie e Chrissy varcarono l'entrata tempestata di lucette blu elettrico - alcune delle quali erano fulminate - avvistarono subito un gruppetto familiare alla loro destra. C'erano Gareth, Jeff e Julian, e accanto a loro quattro ragazzini.
"Salveee!" Julian indicò la coppia agli altri, che erano quasi tutti presi a parlottare allegramente. "Ma sei truccato?"
"Uh, sì, opera di Chrissy." rispose lui, tutto soddisfatto.
"Sei uno gnoccone." Il giovane girò verso Chrissy. "Quasi quasi te lo rubo."
Lei lo spinse via, ridendo.
"Eddie!" Dustin corse ad abbracciare il ragazzo, che lo strinse a sé con fare impacciato ma affettuoso, dandogli delle pacche.
"Ciao, bello. Sono i tuoi amici, quei due?" Indicò la ragazzina accanto a Mike Wheeler e il ragazzino col taglio a scodella.
"Sì. Finalmente è arrivato il momento di presentarteli."
Mike raggiunse Eddie, tenendo per mano la graziosa mora dallo sguardo timido. "Hey. Questa è Jane, la mia ragazza. È tornata da poco in città per le vacanze. Sai, studia a Lenora."
Jane strinse la mano a Eddie e a Chrissy. Il ragazzino coi capelli a scodella fissò Mike con aria velatamente risentita, in attesa.
A Chrissy non sfuggì quel dettaglio; ridusse gli occhi a fessura, indagando. "E tu sei?" gli chiese con fare gentile, percependo il suo bisogno di attenzioni.
Mike si diede una lieve palmata in fronte. "Ah già, che scemo sono, lui è... Will."
Will tornò a respirare e sorrise appena. Strinse a sua volta la mano dei due ragazzi.
Dustin indicò Eddie. "Jane, Will, eccovi il nostro mitico dungeon master. E lei è Chrissy. Era una delle cheerleader del liceo Hawkins, sapete? E anche la reginetta della scuola." spiegò, tutto entusiasta, poi guardò Jane e sussurrò: "Ma lei è mooolto più gentile della reginetta della tua scuola." scherzò, alludendo all'odiosa Angela, la sua bulla storica. "Oh, si vede." Jane sorrise a Chrissy, che ricambiò.
"Beh, ora che abbiamo fatto tutte le presentazioni, direi di iniziare con le prove fra qualche minuto. È già tardino." disse Gareth.
Jeff annuì. "Sì, assolutamente. Eddie, vieni?"
"Arrivo fra un attimo. Mi prendo qualcosa da bere, che ho sete."
Julian gli diede una pacca sulla spalla e si allontanò, seguito a ruota da Jeff e Gareth. I più giovani si spostarono di qualche metro, attirati da un altro ammasso di lucine appese al muro che formavano una mappa di Hawkins. Mike e Jane si abbracciavano lateralmente, Dustin intratteneva tutti con le sue battute indicando posti nella mappa, e Will stava in disparte, con le spalle ricurve e un sorriso un po' forzato, come se stesse indossando una maschera che rischiava di cadere e distruggersi in mille pezzi da un momento all'altro.
Chrissy si schiarì la gola e guardò Eddie, che stava ordinando un drink alla frutta sia per sé che per lei.
"Uhm... ho l'impressione che Will... non stia tanto bene. Sembra solo."
Eddie la guardò, e sbirciò il gruppetto dei piccoli. "Solo? È con gli altri, no?" Le passò il drink.
"Grazie, Ed. So che è con gli altri ma... guardalo bene. Guarda la sua espressione. Il suo... linguaggio del corpo." Emise un lieve sospiro. "C'è qualcosa che non va."
"Qualcosa tipo...?"
"Non so dirtelo con precisione. Ma sembra triste."
"Hm... beh. Tu sei più brava di me a leggere le persone. E io sono un maestro nel raccogliere pecorelle smarrite, quindi... ci penserò io a non farlo sentire solo."
La ragazza lo fissò dal basso con aria adorante, sentendosi fortunata di avere accanto una persona così preziosa.
"Sei proprio il mio eroe."

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L'esibizione dei Corroded Coffin fu di gran lunga una delle più energiche a cui gli amici di Eddie avessero assistito fino a quel momento. Si accorsero che suonavano diversamente rispetto a un anno e mezzo prima, e il loro stile era virato ancora più sull'heavy metal. Inoltre, quella sera Eddie appariva raggiante col suo trucco nero sugli occhi, come se avesse trovato un nuovo modo di esprimersi che lo faceva sentire sicuro di sé. Perfino il loro seguito era aumentato: adesso gli «ubriaconi» erano più di una trentina. Dopo aver suonato qualche cover dei loro gruppi preferiti e le due canzoni che avevano composto, i ragazzi scesero dal palco fra uno scroscio di applausi e urla del piccolo pubblico. Dustin urlò che erano «i più metal di sempre», e i ragazzi apprezzarono molto quel complimento. I più giovani vennero tutti prelevati da Steve Harrington, che arrivò con la sua jeep nuova, ed Eddie e Chrissy uscirono all'aria aperta, avvolti dal bagliore rassicurante dei lampioni e delle insegne fosforescenti blu, violette e rosse della città. Le auto circolavano un po' meno rispetto a due ore prima; ormai si era fatta quasi mezzanotte.
"Adesso ti riporto a casa." mormorò Eddie, mettendole un braccio sulle spalle. "Il tuo coprifuoco è all'una, no...?"
"Hm-hm. Sei stato stupendo, comunque. Lo siete stati tutti."
"Davvero?"
"Certo." Chrissy si sollevò sulle punte delle scarpette e gli posò un bacio sulle labbra. Eddie la afferrò per i fianchi e la coinvolse in un bacio più spinto. Strofinarono in modo comico le punte dei nasi, poi la ragazza tornò a guardare la strada. Cambiò espressione di botto e spalancò gli occhi. "Oh, cacchio." sibilò fra i denti.
Eddie reclinò la testa da un lato, seguì lo sguardo di lei e gracchiò: "Ma quello... è...?".
Entrambi si concentrarono su di lui, cercando di capire se era effettivamente chi credevano che fosse, ma stava almeno a sei metri di distanza da loro. Quei capelli biondi e impeccabili, quella camicia bianca e costosa con le maniche quasi sempre arrotolate fino ai gomiti, quella postura. Li stava fissando con un'aria visibilmente scioccata. Chrissy sentì il sangue rimescolarsi nelle vene e salire alla testa. Nemmeno Eddie aveva ancora smesso di fissare il punto in cui si era magicamente materializzato. Era talmente bizzarro rivedere una persona dopo tutto quel tempo, e soprattutto in un contesto del tutto diverso rispetto al solito.
Che cosa diamine ci faceva in quella zona e a quell'ora per giunta?
All'improvviso, un altro ragazzo che probabilmente era Patrick McKinney lo prese per il polso e lo tirò verso di sé: "Jason? Ma che aspetti?! Andiamo che siamo già in ritardissimo!"

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Note dell'autrice: ammettiamolo, tutti avremmo voluto vedere Eddie adottare Will Byers uwu nel prossimo capitolo lo vedremo meglio uu

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Capitolo 7
*** VII ***


Flashback

Eddie aprì la porta della palestra della scuola, e si infilò di soppiatto, immergendosi in quell'ammasso di studenti che esultavano e si agitavano, intenti a seguire la partita. I posti davanti sembravano tutti occupati.
"Cazzo..." Imprecò fra sé. Cercò di allungare il collo con quel suo solito fare buffo, e scorse solo Jason che afferrava la palla e correva, e i suoi compagni tutti tesi, in posizione, pronti a scattare. Il pubblico iniziò a schiamazzare ancora di più, e a Eddie arrivò una gomitata sulle costole.
"Ahia!"
"Scusa!" esclamò il tizio, per poi girarsi verso il suo amico e borbottare «Ma che diavolo ci fa questo qui?».
Finalmente, Eddie avvistò un posto vuoto non troppo indietro, e si fiondò lì di botto, come se stesse giocando al gioco delle sedie. Fu proprio in quell'istante che uno dei Tigers segnò. Si levò un coro di urla assordanti e diverse sciarpe verdi e arancioni e bianche e cartelloni impiastricciati degli stessi colori si agitarono in aria. Eddie fu tentato di salire sopra la sedia per vedere meglio. Dopo qualche secondo, finalmente, Chrissy entrò nel suo raggio visivo, e lui si illuminò tutto. Constatò che stavolta la ragazza aveva uno scrunchie bianco a tenerle su i capelli biondo fragola. Adesso si ricordava anche del colore del suo scrunchie, lui che si dimenticava anche di cosa aveva mangiato il giorno prima? Grandioso, davvero. Chrissy ovviamente non si era accorta della sua presenza; c'era troppa calca perché lo vedesse. Muoveva le sottili braccia con grazia, sollevando ritmicamente i pom pom insieme alle sue compagne. Durante qualcuno dei loro incontri, Eddie le aveva accennato con tono scherzoso che avrebbe perfino sopportato una partita di «palla nella cesta del bucato» pur di vederla tifare in divisa da cheerleader, ma era abbastanza sicuro di non essere stato preso sul serio. Avrebbe tanto voluto salutarla, ma non voleva destare sospetti in Jason. Eppure lei era solo sua amica, no? Non avrebbe davvero tentato di rubare la ragazza a qualcuno, giusto? Andava contro tutti i suoi princìpi. Quindi, perché si sentiva così tanto una merda?
Ad un certo punto, una mano un po' pesante si posò sulla spalla e lui si voltò di colpo, ritrovandosi faccia a faccia con un Gareth dal sopracciglio destro sollevato. "Hey, amico... tu qui?!"
"Fra! Uhm... stavo, uh... è che dovevo incontrare un tipo per metterci d'accordo per vendergli, sai... lo sai cosa. Solo che non l'ho ancora trovato."
"E lo cerchi da fermo." Il ragazzo lo guardò con un'espressione che urlava «non prendermi per il culo».
"Beh... doveva venire in questo punto, okay? Questo punto qui." Sollevò un dito gesticolando con aria buffa. "Ma... forse se n'è pentito!" Si voltò, cercando di nuovo di scorgere Chrissy, come se temesse di perdersi ogni secondo di ciò che faceva.
"Potevi inventartela una scusa un filino più credibile, tipo che volevi vedere Sinclair che giocava!"
"Ma quale scusa! Senti, raccogli gli altri e ci vediamo all'uscita per andare a giocare, va bene? Io trovo questo tipo qui, così ricavo altri soldi per riparare la batteria."
Gareth gli rise in faccia. "Eddie, l'hanno capito pure i miei cani che ti sei preso una sbandata per la cheerleader."
"Grida, che non ti sento con 'sto baccano da mercato!"
"Ho detto che l'hanno capito pure i miei cani che ti sei preso una sbandata per la cheerleader!"
"Sssh non urlarlo!"
"Ma mi hai detto tu di urlare, porca mis-"
"E comunque non è vero."
"Ti stai agitando! Quindi è vero!"
"Sta' zitto. Sei fuori strada. Non è proprio il mio tipo."
"Sì, e io sono la regina Elisabetta." Gareth scosse il capo. "Senti bello, basta che non soffri, okay? O peggio, che non ti fai ricoprire di botte da lui." Gli sussurrò all'orecchio.
"Nessuno soffrirà e nessuno si picchierà. È mia amica, okay? Fine della storia"
In quel momento segnarono anche i Crocodiles, e qualche zoticone della Hawkins si mise a gridare insulti volgari. Eddie sbirciò le cheerleader, che continuavano a incoraggiare i Tigers con i loro allegri balletti. Il ragazzo sorrise in direzione di Chrissy, la quale lo notò proprio in quel momento e rischiò quasi di inciampare mentre stava ballando. Eddie si portò una mano alla bocca, abbozzando un risolino, e poi le fece un cenno di saluto. La ragazza ricambiò, tutta festosa.
Gareth mise un palmo a coppa sotto al mento dell'amico.
Eddie lo guardò. "Che stai facendo?"
"Raccolgo la tua bava, che non è giusto sporcare tutta la palest-"
L'altro lo spinse via come fosse una zanzara fastidiosa, ma gli si incresparono le labbra e dovette trattenere una risata. "Bastardo!"

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Presente

Chrissy ansimava a bocca schiusa, le guance deliziosamente arrossate e le dita che artigliavano le lenzuola. La luce fioca dell'abat-jour si rifletteva sulla pelle delle braccia, del collo, del seno, facendola luccicare appena. Le mani di Eddie la tenevano immobile dalla vita in giù, come a sussurrarle "Stai ferma e prenditi solo ciò che ti do", mentre quella sensazione calda e morbida fra le cosce le faceva quasi raggiungere l'apice del piacere. Quasi. Il ragazzo rallentava ogni volta che lei gemeva più intensamente, lasciandole addosso una sensazione assurda e mai provata prima. Ormai era almeno un quarto d'ora che andavano avanti così. «Sarà meraviglioso alla fine, fidati di me», le aveva mormorato all'orecchio mentre si spogliavano a vicenda, e lei aveva annuito, con un sorrisino compiaciuto. Adorava essere in totale balìa di Eddie e delle sue fantasie. Chrissy abbassò per un istante lo sguardo sulla massa di ricci scuri che le sfioravano le cosce e la pancia.
Lui si scostò per l'ennesima volta con un piccolo suono bagnato, e le scoccò un'occhiata soddisfatta, strofinandosi le labbra col polso. Chrissy allungò una mano e gli accarezzò la guancia. Lui le sorrise, e si chinò di nuovo. La sua bocca percorse una lunga scia dal basso ventre fino a un capezzolo. Eddie lo leccò a lungo, con assoluta calma, come se avesse tutto il tempo del mondo, poi passò all'altro, e gli riservò lo stesso trattamento. Lei lo fissava con un'espressione incredula negli occhi chiari. Il confortante silenzio disturbato solo dai loro ansiti e il semi buio rendevano tutto molto più intimo e delicato; la luce giallina della lampada accarezzava per metà i loro corpi nudi.
"Vieni qui, Ed..."
Lui sollevò il capo e premette le labbra sulle sue. La ragazza cercò la sua lingua e gli infilò una mano fra i capelli, facendogli un grattino dove piaceva a lui, sopra la nuca. Lo riempì di bacetti lungo tutta la mascella e il collo. Eddie gemette, e scese di nuovo fra le sue gambe, gattonando al contrario. "Com'è...?" chiese, serio.
"Mi sento t-tutta... strana dentro."
"Strana... come?" Eddie strinse i fianchi della ragazza, e scese ad accarezzarle le gambe.
"È una specie di... dolore... bello?"
Eddie annuì, curioso.
"Come se... avessi bisogno di..." Chrissy gesticolò con fare imbarazzato. "...di avere qualcosa lì dentro... Subito." disse in un soffio appena percettibile.
Lui la guardò in un modo che la fece arrossire ancora di più. "Hm..." Infilò due dita per un secondo, per poi ritrarle subito dopo, e lei sussultò e si spinse in avanti d'istinto.
"Oddio."
"A-ha. Sta funzionando... sei iper sensibile."
Eddie si rimise fra le sue cosce, e posò dei piccoli ipnotici baci sul suo sesso. Gli bastava sfiorarla per mandarle frustranti scariche di piacere in tutto il corpo, e la cosa lo divertiva un mondo.
Chrissy provò ad allungare una mano tremante per toccarsi, ma il ragazzo le afferrò di scatto il polso, con un ghigno. "Un altro po' di pazienza, principessa."
"Fanculo..."
"Vuoi rimanere altri dieci minuti così?"
"No no no..." A Chrissy sfuggì un risolino.
"Oh, ecco, appunto..." Eddie riprese con quella dolce tortura, premendo un pollice al centro.
"Uh... Ed...?"
Il ragazzo rivolse di nuovo la sua attenzione verso di lei. "Mi dica."
"Vorrei..." Chrissy si sfiorò l'interno coscia. "Un succhiotto, qui."
"Pensavo che non volessi segni addosso..." scherzò lui.
"Lì non lo vedrà nessuno. Tranne me..."
Il ragazzo reclinò la testa da un lato, e sollevò gradualmente le sopracciglia. "Che vuoi fare, hm? Riguardarlo e toccarti... da sola nella tua stanza...?" Le sue labbra raggiunsero un punto dell'interno coscia.
"Ed..."
"...magari ripensando a come stavi messa in questo momento...?" Sogghignò contro la sua pelle, chiuse gli occhi e le fece un lungo succhiotto. Si scostò, e ammirò la macchiolina scura. Ci posò un bacetto. Chrissy osservava quella scena in trance, completamente a pezzi. Eddie sospirò, quasi mosso a pietà. "Hm. Okay, ti ho tormentato abbastanza. Voltati."
Chrissy non se lo fece ripetere due volte, e si mise a pancia in giù. Il ragazzo la afferrò per le caviglie e la tirò indietro fino al bordo del letto, gesto che Chrissy trovò sorprendentemente eccitante. Sentì Eddie togliersi i boxer e strappare la bustina del preservativo, e deglutì, in attesa. Il ragazzo le fece una carezza sulla schiena e si chinò, intrecciando una mano alla sua.
"Piano piano." sussurrò sul suo collo, ed entrò con estrema facilità rispetto alle altre volte. Per lei fu un sollievo tale che le lacrimarono un po' gli occhi. Il piacere amplificato in quel modo, i ricci di Eddie che le solleticavano le spalle, il suo profumo pungente addosso: era tutto fin troppo sconvolgente. Il giovane ondeggiò con delicatezza, tanto sapeva che in un momento del genere qualunque movimento bastava. Dopo neanche tre secondi, Chrissy raggiunse un orgasmo intenso come non l'aveva provato mai, tanto intenso da farle vedere sfocato. Un gemito basso abbandonò la sua gola, mentre quel misto di sensazioni esplodeva finalmente nel suo corpo, lasciandola stordita, talmente ubriaca di quel piacere che non fece nemmeno caso agli anelli di Eddie che le stavano lasciando piccoli segni fra le dita.
Dopo alcuni minuti, il ragazzo imprecò con voce roca, rimanendo immobile con le labbra premute sulla sua nuca e il battito cardiaco che martellava contro la schiena di lei. Poi crollò da un lato, esausto, e la prese fra le sue braccia. Respirarono pesantemente, ancora stretti, e lei adagiò la fronte sul suo petto.
"È... è stato perfetto." sussurrò Chrissy.
Il ragazzo asciugò la lacrima sulla guancia di lei con un pollice, con un gesto talmente tenero che rischiò di farla scoppiare a piangere sul serio. "Hai bisogno di acqua, di uno... snack?"
"Sì... acqua. Per favore."
"Hm hm, okay. Io ho fame."
Eddie si rimise faticosamente in piedi e la coprì con il lenzuolo fino alle spalle. Acciuffò i boxer e uscì dalla stanza. Chrissy si lasciò cullare dal rumore dell'acqua che scorreva nell'altra stanza e dal calore delle lenzuola di Eddie. Il suo caravan non si avvicinava nemmeno al lusso sfrenato della sua villa, ma era infinitamente più rassicurante. Il ragazzo tornò con due bicchieri d'acqua, una barretta di cioccolato e una scatola di Honeycomb.
"Prendine un po' anche tu."
"No..." La ragazza sollevò il busto e si sedette sul letto.
"Dai, solo un pizzichino?"
Lei scosse il capo.
"Sono ore che non mangi niente. Non puoi rimanere a digiuno, specie dopo tutto questo... sport." Le sorrise.
Chrissy emise un risolino incerto e poi sospirò. Staccò un pezzo di barretta e se lo portò alla bocca. Il cioccolato si sciolse piacevolmente sulla sua lingua. Eddie le circondò le spalle con un braccio, e le diede qualche bacetto sulla tempia.
"Mia madre aveva ragione almeno su qualcosa, comunque." mormorò lei.
"Cosa?"
"Che sei..." Si sentì improvvisamente in imbarazzo. "Uh, niente."
"Eh no, adesso lo dici, signorina Cunningham."
"Uffa. Che... che sei bravo a letto."
Lui sollevò le sopracciglia, genuinamente sorpreso, e poi ridacchiò. "Ah... E perché lo ha detto? Oddio."
"Dice che i cattivi ragazzi di solito lo sono."
"Oh, sì, sono un cattivissimo ragazzo." scherzò lui, e pescò dei cereali nella scatola di Honeycomb. "Rubo le borse alle vecchiette e rapino le banche."
"E spacci..." disse Chrissy con un ghigno birichino.
"E tu te la compri. Comunque, ti confesso una cosa. Non l'ho mai capita 'sta... faccenda dell'essere o non essere bravi a letto."
La ragazza reclinò la testa da un lato. "Cioè?"
"Non so se ha senso, ma... che ci vuole? Cioè, voglio dire... chiedi al tuo partner cosa gli o le piace e... boh, e piano piano impari a farlo?"
Chrissy annuì. "Non fa una piega..."
"Semmai si è menefreghisti, più che non bravi a letto. Non è nemmeno questione di esperienza secondo me, anche se io ne ho un bel po', credo."
Chrissy aggrottò le sopracciglia. "Ma... hai detto che... che io ero la prima ragazza con cui sei stato."
"Appunto. La prima ragazza." Eddie calcò sulla parola «ragazza».
Lei lo fissò per un po', confusa, e poi emise un "Oh" dei suoi.
Eddie distolse lo sguardo, un po' rosso in volto, e si grattò la nuca. Si riempì la bocca di Honeycomb e cioccolato insieme e masticò. "Non l'avevi immaginato?"
"Credo... di no. Forse perché alla nostra prima volta eri così timido che pensavo che non avessi proprio esperienza."
Lui ridacchiò. "Con le ragazze sono sempre stato... timido, non so perché. Coi ragazzi ero un po' più... troietto."
"Troietto..." Chrissy sghignazzò. "Sei tremendo."
"Che c'è? È così."
"E... " La ragazza emise un sospiro, pensando a cosa dire senza risultare troppo inopportuna. "E com'è farlo... con un ragazzo?"
"Beh, se non lo sai tu, principessa. Mi risulta che l'hai appena fatto con un ragazzo..." Eddie le solleticò il collo.
"Oh, ma che vuoi? Mi hai stordita e non capisco niente in questo momento."
"Dovresti chiedermi, piuttosto, com'è fare sesso con una ragazza."
Chrissy rise. "Okay. Com'è fare sesso con una ragazza?"
"Hm..." Eddie si mise una mano su una guancia, riflettendo con fare teatrale, come se stesse recitando nella scena di un film. "È... soffice. Profumato. Bellissimo."
"Di cosa profumo?"
Eddie la annusò. "Non lo so, sai sempre... di buono." Prese un paio di Honeycomb, e glieli imboccò. "Ti piacciono? Sono i miei preferiti."
Lei annuì. "In realtà anche i miei."
"Davvero...? Quando fai merenda qui non li prendi mai."
"È che... mia mamma non ci permette di mangiare un sacco di cose. Certe volte controlla anche nell'immondizia, per vedere se abbiamo nascosto qualcosa. Pensa che io tengo i pacchetti di caramelle di mio fratello sotto il tappeto, e glieli do quando i miei sono al lavoro. Mia madre dice che gli Honeycomb non sono abbastanza... dietetici. E... mangiarli di solito mi farebbe impanicare. Come buona parte delle cose, del resto." Fece una risatina amara, e deglutì, a capo chino. Era sempre imbarazzante per lei parlare del suo disturbo alimentare: si sentiva una sciocca a dire che aveva problemi a mangiare a qualcuno che certe volte non aveva nemmeno cibo a sufficienza. Ma Eddie la strinse piano a sé. "Beh... adesso stai trovando il coraggio di mangiarli. E io sono fiero di te."

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1 Agosto

"Tanti auguri a Eddie, tanti auguri a Eddie..."
"Tanti auguri, svitatooo, tanti auguri a te!"
terminò Dustin, a voce molto più alta degli altri. Eddie lo afferrò e gli fece il solletico. Il ragazzino si divincolò, cercando di liberarsi dalla sua presa e dando spettacolo. Tutti risero.
"Vai, Dustin!" urlò Mike.
"Brutto traditore, è il mio compleanno e devi tifare per me!"
"Finitela con questa lotta da pagliacci, che io voglio mangiare la torta." borbottò Erica, senza riuscire a nascondere un ghigno divertito.
"Sì, Lady Applejack, ora la mangiamo. Ho una certa fame anch'io, come sempre." Eddie prese un coltello per affettare la torta, e Steve gli rivolse un'occhiata da presa in giro.
"Ma che sta combinando...?" mormorò Gareth.
"Che volete? È questo che serve per tagliare, no?" Eddie li guardò.
Steve sospirò fingendo noia, gli tolse il coltello di mano e gli passò la paletta da dolce che aveva davanti. "Prego..."
"Ah verooo!"
"Il corso di Galateo a cosa è servito? Io e Nancy ti metteremo una F."
"Quale corso di Galateo?" chiese Chrissy.
"Gli abbiamo spiegato come usare delle posate e simili, qualche mese fa."
"È stato divertente.." aggiunse Nancy.
"Oddio, avrei voluto esserci..." rispose Chrissy.
"Certo, così potevi vedermi fare dieci figure di merda al minuto." ironizzò Eddie, cercando di tagliare la torta meglio che potesse. La sua ragazza accorse in suo aiuto e iniziò a distribuire piattini. Gli altri si sedettero attorno al tavolo della sala da pranzo di casa Harrington, l'unica abbastanza spaziosa da poter ospitare tutti gli amici.
"Quindi tu sei del... Leone. Ci avrei giurato." commentò Mike guardando il festeggiato.
"Oh sì. Eccome se sono del Leone." Eddie mise le fette di torta sui piattini con fare impacciato. "Voi di che segno siete?"
Iniziò un giro di tutta la tavola, e già a metà si scoprì che erano quasi tutti Ariete o Gemelli. "Forse Will è l'unico del... uh, Pesci?" disse Mike.
Will si girò verso di lui. "Ma... no. Io non sono Pesci..." Il suo tono era talmente offeso che il resto degli invitati si ammutolì.
"Appunto, non può essere Pesci..." aggiunse Lucas.
"Il cinque Marzo è... Pesci." rispose Mike.
"E io non sono nato il cinque Marzo."
Chrissy guardò Will. "Quando sei nato?"
"Il... ventidue Marzo."
"Un altro Ariete...?" disse la ragazza.
Will accennò un sorrisino verso di lei, grato della sua gentilezza, ma rimase un po' teso. Perfino Jane diede una gomitatina a Mike, a mo' di piccolo rimprovero.
"Che c'è?" chiese lui, ma lei non rispose e prese il suo cucchiaino, immergendolo nella cheesecake.
Il gruppo continuò a mangiare la torta quasi in silenzio; ogni tanto Dustin o Robin ponevano qualche domanda, ma le conversazioni morivano dopo pochi secondi. Solo Chrissy riuscì a riaccendere gli animi raccontando della volta in cui Jason aveva visto lei ed Eddie fuori dall'Hideout, un aneddoto che scatenò un coro di "E che è successo?" "Che faccia ha fatto?" "Ma quindi è a Hawkins?" "No vabbè, avrei troppo voluto vederlo."
Eddie rideva insieme agli altri, ma nel frattempo sbirciava continuamente Will: era evidente che Chrissy ci avesse visto giusto, perché di certo qualcosa non andava fra lui e Mike.
Dopo aver finito la sua fetta di dolce, Will si alzò con uno sguardo mesto. "Vado a prendere un po' d'aria, sento caldo."
"Uh, vuoi che accenda il ventilatore?" chiese Steve, con voce piena di premura.
Will scosse il capo, con un sorriso gentile. "No, grazie. Torno subito." Uscì dalla porta sul retro. Calò di nuovo il silenzio per un po'.
Eddie guardò Chrissy. "Ora ci penso io a lui. Ho un'idea." Si alzò anche lui e uscì sul giardino. Will era rannicchiato accanto alla piscina. Eddie inspirò. Cercò di risultare più discreto possibile mentre si avvicinava al ragazzino, passo dopo passo. Will si accorse di lui e si asciugò le lacrime con un gesto frettoloso, strofinando sugli occhi la manica della camicia a quadri troppo larga per lui.
"Hey..." Eddie si grattò la nuca.
Il più giovane abbassò la testa. "Hm... Hey."
L'altro si sedette a distanza di un metro da lui. Si mise a giocherellare con la catenina attaccata ai jeans. La fece ruotare fra le dita, rimuginando su ciò che avrebbe potuto dirgli. Non era mai stato molto bravo con le parole, ma da quando stava con Chrissy lo era giusto un pizzico in più. "Scusa. Non volevo rovinarti la festa." cavò fuori Will, e strinse i pugni. "Io... ora torno dentro."
"È okay. Non ti devi scusare, va bene? E neanche tornare dentro. Se vuoi ti porto a casa."
"No... poi capirebbero tutto."
Eddie aggrottò le sopracciglia, e reclinò il capo da un lato. "Cosa capirebbero?"
Il ragazzino si nascose con i palmi, contraendo un po' il volto.
"Will...?" Eddie si avvicinò un po' di più. "Non devi per forza dire cosa succede, e lo so che ancora non ci conosciamo bene, ma... " Si guardò attorno, e gesticolò, faticando un po' a parlare. "...qualunque cosa sia... io... spero che si risolva. Prima possibile."
Will tolse le mani dal volto arrossato, e lo fissò. I lati della bocca si sollevarono appena in un sorrisetto. "Sai, Eddie... a-anche a me a scuola davano del mostro."
"Perché? Tu non ti vesti in modo insolito."
"Non era per quello... è che io sono sempre stato diverso."
Prima che Eddie potesse rispondere, Will continuò. "Sono diverso, e vorrei tanto non esserlo, anche se una volta mio fratello mi ha detto delle cose bellissime, tipo che essere diversi è meglio. Vorrei essere come tutti gli altri, come Mike e Lucas... e Dustin..."
"Will. La normalità non esiste. Lo sai questo, vero? Io lo dico sempre."
Ci fu una pausa di silenzio molto lunga. Il sole a picco si rifletteva sull'acqua limpida e appena ripulita della piscina, e Will si concentrò su quelle forme. "Mi prometti che se ti spiego non lo saprà nessuno?"
"Ma certo."
"Mi dai la tua parola?"
"Parola di metallaro."
Will accennò una risatina, e si girò appena verso di lui, sfidando il proprio imbarazzo. Lo fissò negli occhi scurissimi, che attendevano con pazienza.
"Ho paura di scandalizzarti."
Eddie rise. "Byers... ti sembro uno che si scandalizza, io?"
"...beh, forse no. Comunque... sono innamorato."
Il ragazzo più grande annuì.
Will si sentì le guance tiepide. "...di... di Mike. Io... non so, è da quando siamo bambini che, che lo amo. Io l'ho sempre amato. Ma non è qualcosa di... fisico. Cioè non solo. È molto di più. Non... io non lo so."
Eddie sbatté le palpebre. "Will... e come fa una cosa così bella a fare di te un mostro?"
"Perché Mike è un maschio..."
"E quindi?"
"Non è... strano?"
Eddie scosse con forza il capo. "Ripeto. Non esiste la normalità. Nessuno è normale. Il vero mostro è il conformismo forzato."
"Conformismo?"
"Certo. Quando costringi te stesso a essere come tutti gli altri, ignorando il fatto che non esiste nemmeno un «come tutti gli altri», se ci pensi bene."
Will annuì debolmente.
"Forse non potrai essere il ragazzo di Mike, ma... ti assicuro che... che là fuori..." Fece un gesto ampio. "...ce ne sono tanti, di ragazzi queer."
"Finora non ne ho mai incontrato nemmeno uno."
"Uhm..." Eddie lo guardò a lungo, senza dire una parola.
Il più giovane sbatté le ciglia, fissandolo. "Cosa... perché stai..." Realizzò subito dopo, e il suo viso delicato si atteggiò in una smorfia di genuino stupore. "Tu?!"
"Sì."
"Ma... ma... e Chrissy?"
"Beh. Non sono gay. Io... mi innamoro delle persone in generale. E, indipendentemente dal fatto che è una ragazza, Chrissy è la mia persona. In qualche modo, l'ho saputo dalla prima volta in cui ci ho parlato davvero." Sorrise a testa bassa, ripensandoci e muovendo ancora la catenina fra le dita.
Will annuì. "Anch'io mi sento così quando vedo Mike." Fece una pausa. "Peccato che lui non si ricordi nemmeno di quando faccio il compleanno. Non pretendo che si innamori di me, ma quantomeno che mi prenda in considerazione. Da quando si è messo con Jane sembra che si sia dimenticato di noi amici. E fa male. Fa tanto male."
"Forse non si rende conto? Hai mai provato a parlargliene?"
"Una volta abbiamo avuto un mega litigio per questa cosa. E io sono scappato sotto la pioggia."
"Ahia... beh. Vuoi che provi a parlargli io?"
"No, non credo. Penso di volergli dire la verità, prima o poi, ma non sono ancora pronto."
Eddie annuì, dandogli una pacchetta sulla spalla.
"Hai baciato anche dei ragazzi, quindi?" chiese il ragazzino.
"Oh sì. Due."
"Okay, mi sento meno un mostro." Will sorrise apertamente, e abbracciò il ragazzo chiudendo gli occhi. L'unico posto in cui si era sentito così protetto era stato fra le braccia di suo fratello, e quelle di sua madre. Eddie continuò a dargli delle piccole pacche.
Nel frattempo, Chrissy era uscita in giardino, ma si era fermata, rimanendo a debita distanza per non mettere Will a disagio. Eddie le fece un cenno, e lei sorrise nel vederli abbracciati. Ad un certo punto, Eddie si scostò. "Hey, ho sentito dire che tu eri un dungeon master. Che ne diresti di giocare, dopo che apro i regali?"
"Siiì! Io lo adoro Dungeons and Dragons!" Il giovane si illuminò.
Eddie ammiccò. "Allora mi sa che abbiamo un'altra cosa in comune."


Note dell'autrice: vi ringrazio tantissimo per le recensioni e per tutto il supporto, siete dei cuoricini

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Capitolo 8
*** VIII ***


Note dell'autrice: Se cogliete il "sottile" riferimento a "Titanic", vi do un biscotto e un cannolo alla ricotta (sono siciliana)


Metà Agosto

Chrissy fece un balletto sulle note di "Like a Virgin", svuotando il suo armadio sul letto vestito dopo vestito. Esaminò tutti i top, prima di sceglierne uno rosa pesca con le maniche un po' a sbuffo. Poi prese una gonna bianca che le arrivava alle ginocchia e un nastrino con il quale legò parte dei capelli in un semi raccolto. Salì sul letto per vedersi intera allo specchio e sorrise, soddisfatta dalla sua immagine. Quell'outfit le dava un'aria da bambolina, e valorizzava il suo fisico facendola sentire molto a suo agio. Nessun pensiero intrusivo si impossessò della sua tranquillità in quel momento. Scese, abbassò il volume della musica per concentrarsi e cercò i trucchi seduta davanti alla specchiera, quando sentì bussare alla porta.
"Posso?"
"Sì! Entra!"
Laura Cunningham appoggiò la schiena alla parete, guardandola con un sorrisino. "Sei tanto carina con questi colori addosso."
Chrissy si voltò con un occhio truccato e uno no e con il pennellino del mascara a mezz'aria nella mano destra. Si illuminò tutta senza sapere cosa rispondere per i primi secondi: era da fin troppo tempo che sua madre non le faceva un vero complimento. Di solito la riempiva solo di critiche, rimproveri e raccomandazioni.
"Uh... g-grazie mamma."
Laura si schiarì la gola. "Stai uscendo di nuovo con Esther?"
Sua figlia scosse il capo. "N-no. Oggi raggiungo Eddie e lo vado a prendere dove lavora." Trattenne il respiro.
Il sorriso della donna si spense all'istante. "Hm, capisco. Dov'è che lavora?"
"In... un negozio di dischi." La ragazza si mordicchiò un labbro, e truccò l'altro occhio. Poi cercò un rossetto chiaro e delicato nel cassetto, con fare un po' distratto.
"Pranzerai fuori quindi, giusto?"
"Sì, sì. Torno intorno alle sedici e mezza, okay?"
"D'accordo, d'accordo. Mi raccomando, non..."
"...non mangiare schifezze, sì. Sì."
Laura annuì con un sospiro sconsolato, e chiuse la porta.
La giovane guardò di nuovo la propria immagine allo specchio, e distolse lo sguardo, vedendosi di colpo più spenta. Infilò nella borsa dei fazzoletti, il borsellino e l'apribottiglie di Eddie. Il ragazzo glielo aveva lasciato qualche settimana prima, sostenendo di averne anche troppi e di poterne dare uno a lei. Talvolta, Chrissy aveva l'impressione che Eddie si dimenticasse che la famiglia Cunningham nuotava nell'oro e poteva permettersi qualunque cosa, ma era meglio così. Il suo vecchio apribottiglie aveva un valore inestimabile rispetto a qualunque altro, perché era il suo, e Chrissy lo custodiva gelosamente, come se valesse migliaia di dollari.
La ragazza schizzò fuori da casa propria in un lampo, nel timore che la madre le ponesse qualche altra domanda. Dalla volta in cui Eddie era - giustamente - rimasto ferito da quella bugia, aveva promesso a sé stessa che non avrebbe mai più mentito sulla natura della sua relazione con lui, quindi se Laura le avesse chiesto cosa erano, si sarebbe sentita costretta a dire il vero. Aveva fatto orecchie da mercante già due volte, incapace di darle una risposta, e si era sentita ogni volta peggio, come se avesse fatto un torto al suo ragazzo. Perché le era così difficile raccogliere il coraggio?
Svolazzò nell'ampio cortile affollato di margheritine, decorazioni e artistiche fontanelle bianche, e chiamò un taxi che la portasse fino al centro città. Mentre guardava le vetrine e gli alberi scorrere fuori dal finestrino, una strana sensazione la appesantì fra il cuore e la gola, come un pessimo presentimento. Chrissy cercò di ignorarlo, dicendo a sé a stessa che doveva essere colpa della solita negatività assorbita da sua madre. A proposito di lei, aveva già voglia di trasgredire qualcuna delle sue regole sul cibo: a casa si nutriva quasi esclusivamente di insalatine, di frullati dietetici insapore, petto di pollo e qualche altra cosa, e le mancava già mettere qualcosa di gustoso sotto i denti. Appena scese dal taxi, avvistò il bar che stava a una trentina di metri dal negozio di dischi, e si diresse verso di esso a passo deciso. Pensò di prendere un pacchetto delle caramelle preferite di Eddie e due bibite per entrambi. Poi sarebbero andati insieme a prendere qualcos'altro per pranzo, oppure forse a mangiare a casa Munson.
Chrissy entrò, salutando il barista col suo solito fare cordiale, e poi aprì il frigorifero delle bevande. Prese una coca cola e una birra, poi diede una rapida occhiata al distributore accanto e trovò subito le caramelle. Quando si diresse alla cassa, qualcuno allungò una banconota prima che lei potesse infilare la mano nel borsellino.
"Pago io per lei." disse qualcuno dal timbro familiare. Chrissy si voltò, pronta a fare obiezioni, ma rimase pietrificata e indietreggiò appena. Davanti a lei c'era Jason Carver in carne e ossa, tutto tirato a lucido, che le sorrideva. Il suo non era un sorriso amichevole, però. C'era qualcosa di maligno e glaciale negli occhi chiari che tradiva la linea curva della sua bocca.
"Vi conoscete?" chiese il barista.
"Sì. Eccome." Jason incrociò le braccia.
La ragazza riuscì ad annuire piano all'uomo dietro al bancone e a domandare al giovane "Che... ci fai tu qui?" con un filo di voce.
"Che ci faccio qui? È anche la mia città, no?" Il ragazzo mise via il portafogli. "Ed è Estate anche per me. Che c'è, pensavi che io fossi solo una specie di... che so, di ologramma?" La prese in giro.
"È che non ti vedo da tanto. È... strano."
"Se non erro, mi hai già visto; eri insieme allo svitato."
"I-intendo da vicino." La ragazza si grattò la nuca, a disagio.
Jason si strinse nelle ampie spalle e uscì dal bar, guardandosi indietro, come se si aspettasse di essere seguito da lei.
Chrissy acchiappò lo scontrino che stava per cadere, e infilò alla bell'e meglio le caramelle e una delle due bottigliette nella borsa troppo piccola per contenere tutto. "E perché hai pagato per me? Sai che non c'era alcun bisogno." borbottò mentre usciva dal bar.
Jason sollevò un sopracciglio. "Oh, sai com'è, la tua nuova fiamma dubito che possa offrirti da mangiare, vista la sua situazione economica."
Chrissy arrossì fino al petto. Pescò parecchie monetine dal borsellino e gliele mise in mano, stizzita. "Non ho bisogno dei tuoi stupidi soldi, né del tuo classismo."
"Eddai, piccolina, scherzavo!" Jason rise in modo odioso.
Lei sbuffò. "Non chiamarmi così."
"Con chiunque credevo mi avresti sostituito, ma non quello lì, per carità. Erano vere le voci, allora."
"Quali voci?"
"Sul fatto che ti ronzava attorno a scuola. E tu attorno a lui." assunse un'espressione disgustata.
Chrissy sospirò, seccata. "Oh, esattamente come facevi tu con i tuoi amanti. Sai cosa c'è? Ti brucia da morire che io mi sia rifatta una vita felice senza rimanere a strisciare dietro di te. Vuoi che tutti ti girino attorno in eterno. Quand'è che cresci?" lo pizzicò, prima di fare dietrofront e riprendere a camminare sul marciapiede.
Lui la seguì. "Vita felice, beh... non si direbbe. Non posso credere che tu sia passata da reginetta della scuola a... questo. Imbarazzante, direi."
"Ma te ne vuoi andare a fanculo?!"
"Guardati un po'... Dici parolacce, ti fai scopare da quel ratto di fogna e bevi e mangi robaccia come quella. Stai attenta, che ti farà diventare una balena. Tu non eri quella che teneva alla linea?"
La ragazza si fermò e si voltò di scatto, con gli occhi sbarrati dalla rabbia come se qualcuno le avesse dato un pugno improvviso. Jason sapeva perfettamente della sua malattia. Sapeva che una frase del genere poteva avere effetti devastanti su di lei anche per mesi, e l'aveva detta apposta. Non c'era altra spiegazione. Le labbra tremanti di lei si atteggiarono in un sorrisetto sardonico. "Sai cos'altro può fare questa, oltre a fare ingrassare?" Agitò la bottiglietta di coca cola, nascondendo l'altra mano.
Jason si mise le mani sui fianchi, col suo solito atteggiamento da bulletto. "Sentiamo, cosa?" Nel giro di mezzo secondo, Chrissy aprì la bottiglietta con l'apribottiglie di Eddie, spruzzando parte del contenuto sulla faccia di Jason. Lui emise un urlo stridulo, sputacchiando coca cola. "Ma che... ma che... sei impazzita?! Mi hai macchiato la camicia, razza di idiota! Che disastro..."
"Oh, scusa, devo averla agitata troppo!"
Alcuni passanti che stavano ascoltando la litigata si misero a sghignazzare apertamente.
"Che diavolo avete da ridere?!" inveì Jason contro di loro.
Chrissy fuggì verso il negozio di dischi, senza voltarsi, ed entrò tutta trafelata con una mano sul petto.
Lo scampanellio violento della porta attirò l'attenzione di Eddie, che stava rimettendo in ordine alcuni vinili esposti. "Hey!" Il ragazzo uscì subito dal bancone e la raggiunse, posandole una mano sulla spalla. "Chris...? Ti senti bene?"
Lei fissò per un secondo i suoi occhi neri apprensivi e i capelli lunghi che sfioravano il gilet nero della divisa, e lo abbracciò di colpo, aggrappandosi a lui come se temesse di vederlo svanire. "Ciao. V-vuoi pranzare insieme, a-appena stacchi?" balbettò, con la voce malferma.
"Certo..." Lui le accarezzò la nuca e la schiena, perplesso. "Hai... il fiatone." constatò.
"Sì... dopo ti spiego con calma. Nulla di grave, comunque, e non si tratta di mamma."
"Sicura?"
"Sì..." Strizzò le palpebre più che poté per evitare di piangere. "Fruga dentro... la mia borsa."
"Okay..." Eddie si scostò e infilò una mano nella borsetta di Chrissy. Estrasse la bottiglia di birra e le caramelle. Fece un sorriso ampio e prese la mano della ragazza, posando un bacio delicato sul dorso. "Sei un angioletto."

-----

"Non me ne frega niente. Ti giuro che se lo vedo, metto da parte tutta la codardia che ho in corpo e gliene dico quattro." Eddie masticò nervosamente l'ultimo pezzo del suo panino, gli occhi fissi sul Lovers Lake. Chrissy aveva notato che quando era arrabbiato o confuso o a disagio tendeva a evitare il contatto visivo. "Ti giuro, gli faccio rimangiare tutto quello che ti ha detto." Il ragazzo aprì la birra e bevve metà della bottiglietta nel giro di pochi secondi, ma la bevanda gli andò di traverso.
Chrissy gli diede dei colpetti sulla schiena con fare vagamente materno, mentre lui tossiva.
"Ed... tu non sei un codardo. Non devi dimostrarmi niente, okay? Non voglio che... che rischi di farti male."
"Nah, non mi faccio male. Anche se la tentazione di dare una bella sberla a quel damerino dei miei stivali c'è." Eddie tossicchiò ancora. "Come osa dirti quelle cose? Di me può dire quello che gli pare, me ne sbatto proprio. Ma..."
Lei si toccò le cosce, col capo chino.
"Hey..." Il ragazzo le sfiorò la guancia, sistemandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio. "Cerca di non dargli peso, eh. È insoddisfatto della sua vita e va a rompere agli altri. Non pensa quello che dice."
"Lo so, ma..." Chrissy si appoggiò alla sua spalla.
Eddie la strinse piano a sé, con un sospiro. "Ma... che cosa?" la incitò a continuare, a bassa voce.
Lei ci mise qualche secondo a elaborare quello che voleva dire. "È che stamattina mi piacevo tanto. E non mi succede spesso. N-non mi piacevo così tanto da quando mi ero provata quel... completo intimo in camerino. Quello lì."
Lui deglutì e si sentì arrossire, ma non commentò. "E... e adesso... come ti senti?" "Non tanto bene." Chrissy cercò la sua mano. "So che dovrei farmi scivolare certe cose di dosso, ma... ha risvegliato in me tanti di quei brutti ricordi. La paura di non entrare più nella divisa... di... pesare troppo rispetto alle mie compagne... dei suoi commenti quando prendevo anche solo un chilo o due. E... l'ossessione delle calorie." Si fermò, e socchiuse gli occhi. "Vorrei tanto non essere così sensibile."
"Non è colpa tua. E sono sicuro che... uhm... che questa cosa, cioè, questa sensazione che hai... andrà via presto. È ancora fresco. Non so se mi spiego."
"Sì, so cosa intendi."
Rimasero per un po' abbracciati a fissare il Lovers Lake, col suo pacifico suono e i cerchietti e le increspature che si formavano nell'acqua a causa dei colpi di vento caldo.
"E comunque, hai tutta la mia stima per avergli spruzzato in faccia la coca cola."
Chrissy lo guardò. "È stato molto soddisfacente."
"No, sul serio, ti stimavo già un casino, Chrissy Cunningham, ma ora sei ufficialmente il mio idolo. Pagherei oro per avere un video di quella scena. Ah, no, non potrei pagare oro, vista la mia situazione economicaaa!" imitò la voce profonda di Jason.
Lei iniziò a sghignazzare. "Giusto, giusto..."
Eddie fissò di nuovo il lago. "Beh. Io penso che mi farò un bel bagnetto, anche se mia mamma, se fosse viva, mi direbbe che sono un pazzo a farmelo subito dopo aver mangiato. Ma fatto sta che io non mi sono mai sentito male, quindi..."
La ragazza sollevò le sopracciglia. "Che?! Non ho mai sentito dire niente del genere."
"È che... uh... lei ha... beh, aveva lontane origini italiane. E in Italia c'è questa fissa fra i genitori, a quanto pare."
"Oddio..."
"Già. Ogni posto ha le sue superstizioni. Te lo fai anche tu, il bagnetto?"
"Vorrei ma... non ho il costume!"
"Pensi che io ce l'abbia? Poi ci asciughiamo al sole. Ci sono quaranta gradi all'ombra!"
Chrissy sorrise. "Okay, ci sto." Si alzò e si tolse i vestiti, rimanendo in mutandine e reggiseno. Eddie si liberò della divisa, e sfoggiò un paio di buffi boxer a piccoli scacchi blu e bianchi. "Ma che..."
"Stupendi, lo so, lo so. Non li avevi mai visti questi, se non sbaglio."
Entrarono in acqua e si misero a giocare come due bambini per un pezzo, finché non si ritrovarono con tutte le dita rattrappite e furono costretti a uscire e asciugarsi sul telo di Eddie. Chrissy fissò il profilo del giovane, che si stava abbronzando accanto a lei, e non riuscì a resistere. Si chinò e gli riempì il viso di baci morbidi fino ad arrivare alle labbra. Lui sorrise a occhi chiusi, e la attirò a sé. La ragazza tornò a sentirsi in pace col mondo, e credette che quell'ammasso di memorie spiacevoli fosse scomparso magicamente. O almeno, così credeva.

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Altre note dell'autrice: è stato un periodo un po' buio, ecco il perché di tutto questo ritardo e dell'insolita brevità sel capitolo, ma adesso sto bene e credo che tornerò a postare con più regolarità <3
(E comunque Chrissy nella scena con Jason è stata tipo "YOU'RE THE MAN BUT I GOT THE - I GOT THE - I GOT THE POWEEER"
Jason, ritieniti fortunato, che quella coca cola poteva pure essere un pattino!)

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Capitolo 9
*** IX ***


Trigger warning: questo capitolo potrebbe urtare la sensibilità di chi soffre di un disturbo alimentare. Fate attenzione alla parte che viene poco dopo il centro.

Flashback - Notte del Prom 1986

Le scarpette di Chrissy sembravano toccare terra al ritmo del suono delle cicale, mentre correva in mezzo all'erba del parco con le mani che tenevano la gonna del vestito bianco. Tutta quella situazione aveva un che di irreale che le ricordava qualcuno dei suoi sogni più confusi, di quelli che dopo averli fatti ti chiedi che caspita di senso abbiano. Si fermò per qualche secondo per riprendere fiato e fissare la luna piena, col suo pacifico volto sorridente. Non si era persa, per fortuna: si ricordava perfettamente dove fosse il caravan di Eddie, perché la sua mente aveva registrato ogni minimo particolare della prima volta in cui il ragazzo l'aveva portata a casa propria.
Chrissy riprese a camminare e finalmente scorse il caravan, ma si bloccò non appena Eddie entrò nel suo raggio visivo. Il ragazzo era seduto fuori su una panca un po' sgangherata, e stava fumando una sigaretta. Indossava una giacchetta su una vecchia maglia nera degli AC DC, e dei pantaloni sfilacciati sulle caviglie. I suoi capelli erano scarmigliati, come al solito. Non voleva farlo saltare in aria, quindi si avvicinò a passo lento e si schiarì la gola.
Eddie sollevò lo sguardo e trasalì appena, ma poi si ricompose e lanciò un rapido sguardo sul suo vestito color perla. "Sto sognando... o Chrissy Cunningham, la reginetta del liceo Hawkins, è in abito da prom qui, davanti a me?" Accennò un sorrisetto e fece cadere la cenere dal mozzicone con fare vagamente sensuale, gli occhi neri puntati su di lei.
In quel momento esatto, Chrissy per la prima volta lo sentì forte e chiaro. Sentì un fremito scuoterle il corpo, e poi una voglia quasi irrefrenabile di sedersi sulle sue gambe, avvinghiarsi a lui e baciarlo con foga, fregandosene del vestito scomodo che aveva addosso e di tutto il resto. Ricacciò dentro tutto. «Avrei dovuto invitare te al prom.» pensò, ma l'unica cosa che le riuscì di dire a voce alta fu: "Ciao Eddie... non... non sei venuto al prom?"
Lui si strinse nelle spalle. "Non mi andava. E ci ero già andato l'anno scorso. E l'anno scorso ancora..." Tralasciò il «Nessuno mi ha invitato stavolta», e si limitò a fare l'ultimo tiro e buttare il fumo alla sua destra. Poi si alzò in piedi, torreggiando sulla ragazza. Perfino da scalzo, era molto più alto di lei.
"Comunque... Non sono più la reginetta."
"Hanno eletto un'altra coppia?"
Chrissy si irrigidì. "Non so chi abbiano eletto, perché sono scappata."
Eddie aggrottò le sopracciglia. "Cosa... quindi sei arrivata qui a piedi!? È pericoloso..." Fu tentato di posarle una mano sulla spalla, ma evitò.
"È che... nessuno poteva accompagnarmi, e... io avevo voglia di vederti." La sua voce vacillò appena.
Lui la guardò, confuso sul da farsi e al contempo spiazzato. "È... successo qualcosa?"
La ragazza non rispose e rabbrividì.
"Uhm, aspetta. Fa ancora freschetto." Eddie si tolse la giacchetta scura e la mise sulle spalle di lei, cercando di rimanere a distanza di braccio. "Va... meglio?"
Chrissy annuì. "Grazie..."
"Su, siediti."
Lei si toccò gli occhi. Le sue dita si sporcarono di mascara e di glitter rosa. "Che pasticcio ho combinato, ora sembrerò un clown..." Ridacchiò e tirò su col naso. Si sedette sulla panca. "Scusa... Mi sento impazzita. Sono corsa fino a qui, con queste addosso..." Si indicò i tacchetti. "Potevano pure rompersi."
"Dimmi che succede. Uh... n-ne... vuoi una?" Il giovane tirò fuori una sigaretta dal pacchetto.
"No... Grazie lo stesso. Comunque... Io e Jason ci siamo lasciati. Sì, al prom." sussurrò.
"...ah." All'improvviso, Eddie si sentì felice, e subito dopo in colpa. Perché avrebbe dovuto avere il diritto di sentirsi felice per una cosa del genere? Chrissy era una sua carissima amica, e non doveva essere facile per lei in quel momento.
Ma Chrissy si voltò a guardarlo e fece un sorriso lieve. "È... è okay, comunque. Era la cosa giusta."
"Perché dici questo?"
"Non mi amava ormai da tanto."
"Capisco... E tu?"
"Non lo so. Di sicuro ero affezionata a lui. Sai... tre anni insieme non sono tanti, ma nemmeno pochi."
"In effetti..."
Ascoltarono le cicale che frinivano nel silenzio di quella serata che pareva una parentesi fra primavera ed estate. Le loro gambe si sfiorarono appena, la seta morbida e lucente dell'abitino contro la stoffa sdrucita e scolorita dei pantaloni. Eddie notò che la coscia di lei era attaccata alla propria. Si chiese se Chrissy stesse davvero cercando il contatto fisico o se quel pensiero fosse solo un frutto della sua immaginazione.
"Tu... ti sei mai innamorato?"
Eddie la fissò, e poi prese un'altra sigaretta e l'accendino. "Delle cotte di sicuro. Ma... innamorato innamorato... no. Non credo proprio."
Lei guardò il suo profilo, e il ragazzo fece qualche anello di fumo. "Perché?"
"Uh, così... non so, curiosità."
"Hm..." Eddie ghignò appena e sollevò le sopracciglia. "Okay, okay, curiosità." ripeté, per poi tornare serio e composto. "...comunque, se hai bisogno di... me... io sono qui, okay? Per qualunque cosa." mormorò, con un velo di timidezza che intenerì Chrissy.
"Sei un tesoro." La ragazza si protese, e gli posò un bacio sulla guancia. Lui si giro di nuovo a guardarla e sbatté le palpebre, colto di sorpresa.
Chrissy si sentì il viso in fiamme. "Oh, scusa... ti ha dato fastidio?"
"No, per niente, anzi!" si affrettò a rispondere lui, rosso in volto come se fino a poco prima non avesse flirtato sfacciatamente con lei. "Cioè... no. No, n-non me ne ha dato. Nessun fastidio." Il ragazzo inspirò ed espirò lungamente. Una luce giallina si accese dietro di loro: lo zio Wayne era entrato in cucina, forse per fare uno spuntino di mezzanotte. "Comunque... il tuo abito ti sta molto bene. Anzi, fin troppo bene. Sei, uh... stupenda." cavò fuori, con voce roca.
Chrissy sorrise. "Anche tu."
Lui sollevò un sopracciglio, e incrociò le braccia con fare scherzoso, cercando di vincere l'imbarazzo. "Oh, quindi sono stupendo coi miei stracci addosso? Davvero? Sono... un Cenerentolo... forse mi serviva una fata madrina per venire al ballo, oggi..." Le fece l'occhiolino.
Chrissy rise, e giocherellò con uno dei fermaglietti della sua complicata acconciatura. "Che ore sono?"
Eddie si guardò l'orologio da polso. "Uh... le undici e venti?"
"Che palle, credo si sia fatto un po' tardi..."
"Sì. I tuoi saranno preoccupati. Ti accompagno."
"Posso tornare da sola..."
Lui rise. "Cunningham, ma ti pare che ti lascio tornare da sola e al buio? Ma nemmeno in un'altra vita. Aspetta un momento che prendo le chiavi e mi vesto come si deve." Eddie si precipitò nel caravan, e trovò suo zio, che stava bevendo birra e mangiando gli spaghetti avanzati, seduto al tavolo della cucina.
L'uomo gli sorrise sotto i baffi. "Chi è quella ragazza?" bisbigliò.
"È una mia amica, zio."
"Una tua amica, e nient'altro?"
"Sì certo. Non è che qualunque tipo o tipa con cui parlo è il mio nuovo amore!" sussurrò il giovane. "Ha solo bisogno di un passaggio, la riporto a casa..."
Wayne annuì, prendendo una grossa forchettata di pasta. "Sì, certo Eddie."
Il ragazzo roteò gli occhi, fece dietrofront e si avviò verso la sua stanza per cercare le scarpe in mezzo al suo disordine cronico.
"Ah, una cosa."
"Seh."
"Magari prima di uscire pulisciti il rossetto che hai sulla faccia."
Eddie imprecò e si strofinò una mano sulla guancia, mentre suo zio sghignazzava di gusto.

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Presente - Fine Agosto

"Sai che ti dico? Dovresti farmelo sempre tu, lo shampoo." biascicò Eddie, a occhi chiusi, godendosi il tocco delle dita di Chrissy che gli massaggiavano la cute della testa.
"Beh, a me piace toccare i tuoi capelli, quindi... Quando vuoi." mormorò la ragazza vicino al suo orecchio.
Eddie sfiorò il bordo della vasca da bagno e grugnì piano. Non ne aveva mai vista una così grande in vita sua. Chrissy prese il soffione e gli risciacquò i ricci con l'acqua tiepida.
"Puoi... metterla un pochino più calda, per favore?"
"Hm hm..."
La giovane finì di togliergli la schiuma, accarezzandolo, e gli legò i capelli in una specie di buffo chignon, con un risolino.
"Cosa stai combinando?"
"Te li lego, altrimenti ti si riempiono di nuovo di schiuma appena ti abbassi."
Eddie si girò a guardarla e finse noia, poi appoggiò la tempia alla sua spalla e le posò dei baci sulla pelle liscia del collo. Chrissy gemette, e cercò di distrarsi dai pensieri martellanti che le affollavano la mente. Quella mattina le era venuta voglia di andare in bagno e buttare via tutto quello che aveva mangiato a colazione, ma era riuscita a trattenere l'impulso mettendosi a fare diverse ore di ginnastica. Aveva bruciato abbastanza calorie, poteva andare avanti con la sua giornata quindi, no? Poteva smettere di sentirsi in colpa per il waffle e per la pallina di gelato alla vaniglia e per quella cucchiaiata di panna in più che aveva preso. Giusto? Dopo qualche altro minuto di relax, i due uscirono dalla vasca e si asciugarono i capelli a vicenda, coperti dagli accappatoi.
"Ma ha le orecchie da coniglietto?" Eddie prese un orecchio bianco dell'accappatoio di Chrissy, e lei rise.
"Sì. Non è carino?"
"In effetti se dovessi associarti a un animale sceglierei quello." Eddie prese il phon e lo accese. Iniziò a spostare i capelli biondi della giovane con la mano libera. "Io che animale sono?"
"Uhm... allora... fammi pensare. Un pipistrello, credo. O un gattino nero."
"O un bel ratto di fogna."
"Smettila di citare Jason!"
"Lo prendo per il culo, il damerino, non lo cito."
Quando finirono, si buttarono sul divanetto di Chrissy ancora con gli accappatoi addosso, e misero un film. I genitori della ragazza - o «il Re e la Regina», come li soprannominava ironicamente Eddie - erano entrambi al lavoro e Benjamin era al campo estivo, quindi era una giornata di via libera.
La ragazza sospirò e prese per mano Eddie, il quale sbocconcellava dei popcorn dal pacchetto che si era portato, infilandosene in bocca almeno sette alla volta. Ogni tanto, Chrissy invidiava la sua libertà, il suo modo di essere, il fatto che non gliene fregasse nulla di apparire diverso, ma soprattutto la sua capacità di mangiare e godersi il sapore del cibo e il senso di sazietà senza sensi di colpa, senza attacchi di panico né niente di tutto ciò che comportava la bulimia nervosa. Scosse il capo in segno di diniego quando Eddie le imboccò tre popcorn, e si raggomitolò contro di lui.
"Hai mangiato a pranzo, giusto?" chiese lui, sperando di non apparire troppo apprensivo. Lei annuì, ed era vero. Aveva mangiato eccome, forse troppo. Tutta quella ginnastica aveva stimolato il suo senso di fame al massimo. Aveva perso anche il conto delle calorie assunte. Erano state troppe? Forse più di mille? Quanti grammi di pasta aveva messo? Forse cento? Non ricordava più quante fossero le calorie per cento grammi, però. Deglutì, ripensando ai complimenti di Laura di giorni prima. E se avesse ripreso peso, perdendo l'approvazione e l'affetto di sua madre? Un turbine di frasi sentite e risentite in passato la riportarono agli anni del liceo - soprattutto al primo anno, durante il quale era un po' più rotondetta - alle divise da cheerleader strette da togliere il fiato. «Non posso crederci, hai ripreso quel chilo...» «Chrissy secondo me è la più pesante fra noi...» «Ma che hai mangiato ieri?» «Tu nascondi qualche schifezza sotto al letto, ti conosco.» «Ah, quanto sei bella, ora che sei dimagrita. Sei stupenda, Chris...» «Ho trovato la cartaccia di una merendina nell'immondizia...». E poi ripensò anche al commento di Jason. La parola «balena» rimbombò più volte nella sua testa mentre Eddie rideva per una scena del film e le indicava un'attrice che dovevano aver già visto prima. La ragazza sorrise, ma iniziò a tremare e sudare. Doveva vomitare tutto. Tutto e subito.
Il ragazzo rivolse la sua attenzione verso di lei. "Chrissy...?"
"Ho freddo, credo. Solo un attimo, vado a prendere i miei vestiti. Li ho, li ho lasciati in bagno."
"Certo. Metto in pausa." disse Eddie, osservandola con attenzione mentre spariva in fretta dietro la porta del bagno. Ridusse gli occhi a due fessure, e strinse le labbra. Qualcosa non andava negli atteggiamenti di lei. E se...? Non appena udì un conato e della tosse scattò dal divano e si diresse verso il bagno. "Cazzo... Chris...? Hey..." Bussò piano, col cuore al galoppo. "Stai bene?"
"Sì... certo. Un momento. T-tu stai di là, arrivo." "Qualcosa ti ha fatto male allo stomaco...?"
Silenzio.
"No..."
Eddie strinse le palpebre e prese un respiro. "Ti voglio solo aiutare, okay? Dimmi cosa... cosa posso fare..."
Di nuovo silenzio. Si sentirono solo dei respiri affannosi. Poi di colpo, l'ennesimo conato. Il ragazzo non riuscì più a rimanere lì impalato; aprì la porta e vide la ragazza china sul water, le ginocchia premute per terra. Si avvicinò e la sostenne delicatamente, mentre lei tossiva e sputava ciò che rimaneva del cibo ingerito a pranzo. Le scostò le ciocche dal viso, e le fece delle carezze sulla schiena.
Chrissy rimase immobile per un bel pezzo anche dopo aver finito, sorretta da lui. "Mi dis..."
"Shh. Su, ti aiuto a sciacquarti, okay?"
"N-non devi, stai tranquillo, faccio io..." mormorò la ragazza, con la voce rotta. Si alzò a fatica e tirò lo sciacquone; poi barcollò verso il lavandino. "Mi dispiace..."
"Smettila."
"Non volevo che mi vedessi così. Non volevo rovinare tutto..."
"Chris. Ho detto smettila." disse lui, serio. Chrissy si sciacquò per diversi minuti il viso imperlato di sudore freddo e la bocca, rabbrividendo per il sapore fastidioso. Socchiuse gli occhi dalle ciglia appiccicate dall'acqua e dal sudore, e riprese a tremare.
"Magari ti faccio una codina, così non ti bagni i capelli... hm?"
"Eddie... Ti ho detto che faccio io! Per favore."
Il ragazzo si ammutolì, e premette la schiena al muro. Chrissy si passò l'asciugamano sulla faccia, e si voltò a guardarlo. Nonostante la vista appannata, si accorse subito di quanto fosse mortificato e sentì una fitta devastante dentro. "Ed... Scusa. Mi sento solo... molto in imbarazzo. Non ce l'ho con te."
"No, scusami tu. Qualche volta sono un po' invadente."
"No, no. Per niente." Chrissy appoggiò la fronte al suo petto e chiuse gli occhi. "So che cercavi solo di aiutare."
Lui le accarezzò la schiena con fare protettivo, cullandola.
"Vorrei tanto essere libera."
"Lo sarai..."
"Pensavo di stare meglio... Ora... sono pentita di averlo fatto."
"Io... so che le ricadute sono normali. Quando... guarisci da qualcosa."
"Come lo sai?"
"Uh..." Eddie fece una pausa, a disagio. "Beh, mi ricorda quando sono uscito da... da una dipendenza e..." Continuò ad accarezzarle i capelli, in un modo che avrebbe potuto farla addormentare se non fossero stati in piedi. "E ho letto delle cose."
"Cosa hai letto?"
"Cose sul... Hm, sul tuo disturbo." disse in fretta. Si schiarì la gola. "Ho fatto una ricerca a riguardo per... sapere cosa fare per... nel caso di bisogno. Questo-"
Chrissy si scostò abbastanza da guardarlo, ma non troppo, per rimanere comunque fra le sue braccia. Lo fissò dal basso, e i suoi occhi si riempirono di lacrime. "Cosa ho fatto per meritarti?"
"Hai... comprato marijuana da me. Derubandomi quasi grazie alle tue maledette lusinghe." rispose lui con un sorrisetto, e le asciugò le guance.
Il viso di lei si contrasse, un po' per il pianto, un po' perché rise alla sua battuta. "Sono felice di averla comprata, allora."
"Sai, Chris... penso di avere un'idea."
"Spara..."
"Io credo che forse... Potresti parlare con tuo padre. Mi avevi detto che lui non si fa molto valere con tua madre."
"Sì, sottosta a tutto ciò che lei decide."
Eddie baciò la fronte di Chrissy. "Bene. Dobbiamo convincerlo a farsi valere."
"Oddio, e perché? Che c'entra?"
"Beh... Tu ti stai già ribellando, ed è un grande passo avanti. Ma secondo me... ci vuole qualcuno di adulto che fa capire alla Regina che è finito il tempo dei commenti sul peso. Commenti di qualunque tipo. Sai, qualche volta le cose vanno meglio dopo che ci si confida con qualcuno. Anche Will Byers si è sentito meglio."
Chrissy guardò il ragazzo. Ripensò a diversi aneddoti che ritraevano suo padre come un vero e proprio tappetino, alla volta in cui voleva mettersi una cravatta color senape per andare a lavoro, e la moglie lo aveva costretto a toglierla sostenendo che lui mancasse totalmente di «buon gusto». L'uomo si piegava al volere di lei in ogni occasione, dalle più sciocche alle più importanti, e taceva dopo una mezza occhiataccia da parte di Laura, come era accaduto la sera della cena con Eddie. Magari era vero: se Philip avesse smesso di darle così tanto potere, Laura non si sarebbe sentita tanto autorizzata a fare il caporale pure col resto della famiglia.
"Okay, alla prossima occasione parlerò con lui. Anche se... forse non sarà facile." decise Chrissy.

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Il signor Cunningham stava leggendo il suo solito giornale, a un metro e mezzo dal bordo piscina - lontano abbastanza da evitare gli schizzi d'acqua dei bambini che giocavano e si tuffavano.
Chrissy incrociò le gambe, con un sospiro. «Raccogli il coraggio, raccogli il coraggio.» Dopo aver aperto e richiuso la bocca diverse volte, la ragazza riuscì ad articolare la parola "Papà?" ad alta voce, quasi sperando di non essere sentita.
L'uomo, però, la sentì eccome. Si voltò appena abbassandosi gli occhiali da sole, con un'espressione inebetita. Sua figlia si pentì già di aver parlato.
"Cosa c'è?"
"Ecco... io voglio parlare con te. Ho... ho bisogno di parlare con, con te."
L'uomo sbirciò la moglie, che si stava godendo l'idromassaggio in lontananza, con la cuffietta che le copriva la chioma bionda e corta. Poi tornò a guardare Chrissy. "Di che cosa?"
La ragazza abbassò la testa, e si inumidì le labbra secche. "Io non... non sto bene. E ho bisogno di te."
"Non stai bene...? Che intendi? Hai tutto..."
"So di avere tutto, lo so, e sono grata per questo ma... voglio dire che... vedi... che quello che non ho, e che mi manca... è il tuo supporto." Prima che l'uomo proferisse parola, Chrissy continuò. "E non intendo in banconote, papà. Intendo... " Si tormentò le mani.
"Cosa intendi?" chiese il padre, perplesso.
"Voglio che stai dalla mia parte... con mamma."
Il viso del signor Cunningham si rabbuiò. "Beh..."
"So che non riesci a ribellarti a lei, ma-"
"Ma che dici? Non è vero."
"Sì... è così. Non dici mai la tua. Ad esempio... cosa ne pensi del fatto che mamma mette Ben a dieta e controlla in modo ossessivo ogni grammo di quello che mangia? È così piccolo..."
L'uomo sospirò. "Cara, non è facile discutere con tua madre..."
"Non riesci a dirlo nemmeno a me che non sei d'accordo con lei, vero?"
"Chrissy... no che non lo sono. Non sono d'accordo. No. Ma vedi come fa? Quando non si fa quel che dice lei, esce fuori di testa."
"Lo so, ma magari se cerchiamo di farla ragionare in due... Si può fare."
Phillip si passò due dita sulla fronte. "Come?"
"Lei pensa di poter comandare su tutti. E so che a volte è convinta di farlo... «per il nostro bene», ma deve capire che non è sempre così. Dobbiamo dimostrarle che non può decidere tutto lei per noi. Io lo sto facendo, vedi con Eddie?"
L'uomo annuì. "Lo so. Sei una ragazza forte e coraggiosa, Chrissy."
"Ma puoi esserlo anche tu, papà!" esclamò lei.
"Pensi?"
"Sì."
"Ah... " Phillip sorrise. In tutta la sua vita, nessuno gli aveva mai detto che poteva essere forte e coraggioso. "Allora ci proverò."
Chrissy schiuse la bocca, sorpresa. Ci era riuscita? Era stato più semplice del previsto.
"E poi... detto fra noi." Suo padre abbassò la voce. "A me sta simpatico il tuo ragazzo, Eddie."
"Veramente?!"
"Sì." L'uomo sbirciò di nuovo Laura che chiaccherava con le signore della piscina, nel timore che potesse udirlo.
"E cosa ti piace di lui?"
"Beh..." Phillip rifletté. "Si vede dagli occhi che è molto gentile. E che è molto diverso da suo padre. Del resto, anche io e il mio eravamo opposti."
"Lo è eccome. Lui è meraviglioso, davvero."
"Beh, dopo che il nostro piano avrà funzionato, magari mamma accetterà anche lui."
"Piano?" chiese la ragazza, con tono euforico. Non aveva una vera conversazione con lui da anni e anni. Era come se entrambi si fossero chiusi nel silenzio, separati da uno spesso muro di cemento, un po' a causa della depressione di Phillip, un po' perché a casa loro ormai si respirava un'aria troppo pesante.
Chrissy allungò una mano sottile e la posò su quella di suo padre. "Grazie, papà."

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Note dell'autrice: Dedico questo capitolo a tutti coloro che soffrono di un disturbo del comportamento alimentare, in particolare a una persona che conosco da circa sette anni e che per me è molto, molto importante. Spero che tenga a mente che, come le ho detto più volte, le starò sempre accanto. <3

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Capitolo 10
*** X ***


Inizio Settembre - Fine delle Vacanze

Chrissy aveva quasi finito di riempire la valigia. Mancavano giusto le cose che doveva utilizzare quegli ultimi due giorni a Hawkins: un pigiama leggero, lo spazzolino e poco altro. Non si sentiva ancora pronta a lasciare la città; quella era stata a mani basse l'estate più piacevole di sempre, in gran parte grazie a Eddie, quel ragazzo dalle mille sorprese che si era insinuato piano piano nella sua vita, ricordandole cosa significasse essere sé stessi. Si era detta che i mesi che la separavano dalle vacanze di Natale sarebbero trascorsi in fretta - oppure che Eddie sarebbe venuto a trovarla col suo van, guidando «con molta prudenza».
Coma faceva sempre due giorni prima di ripartire, Chrissy si stava preparando per andare a dormire a casa del ragazzo. Ormai era una delle loro numerose tradizioni.
"Tesoro, dove vai, che sei vestita così?" La voce di Laura ruppe il silenzio del salottino.
Phillip chiuse il romanzo giallo che stava leggendo, e usò l'indice come segnalibro. Quella poteva essere l'occasione ideale per difendere sua figlia dopo averla lasciata per anni alle grinfie di sua moglie.
Chrissy si voltò e sbatté le palpebre. "Vado da Eddie fra qualche ora. A dormire. Torno domattina." Cercò di far uscire quelle frasi in modo più naturale possibile, ma poi si schiarì la gola.
La donna corrugò la fronte, e squadrò la figlia dalla testa ai piedi. "Non capisco perché dovresti andare a dormire a casa sua. Potresti dare fastidio."
"Beh, mi ha invitato lui. Non posso dare fastidio se mi invita qualcun altro, no?"
Laura sospirò, seccata. "Il fatto è che... n-non mi sembra neanche molto... decoroso."
Chrissy sbuffò una risata. "Decoroso. Siamo nel 1987, mamma."
"Non rispondermi con questo tono."
La ragazza sollevò le mani roteando gli occhi, e riprese a occuparsi della valigia, seduta sul tappeto.
"Beh, cara, ha ragione... non siamo più negli anni cinquanta. I nostri tempi erano ben diversi." mormorò Phillip.
Laura lo fissò con aria infastidita ma non rispose, e l'uomo si strinse nelle spalle, pronunciando un piccolo «Eh...» e tornò a leggere col suo solito fare mansueto. Il salotto era sempre stata la sua stanza preferita - il suo habitat naturale, come lo chiamava Benjamin - e Chrissy era tornata a frequentarla da quando lei e suo padre avevano ripreso a comunicare. Naturalmente, a Laura non era sfuggito quel cambiamento, e si chiedeva cosa stessero tramando.
"Comunque... non abbiamo fatto in tempo, mi sa, sai... lui e la sua famiglia devono ancora tornare dal soggiorno in Francia... ma alle prossime vacanze ti presento il figlio dei Bennett." esordì la donna.
Chrissy inspirò lungamente, e poi buttò tutta l'aria in un colpo. "Perché?" chiese, quasi in una sola emissione di fiato.
"Beh, è un bel ragazzo, è beneducato, di buona famiglia, e ha due lauree, pensa. Potreste-"
"Mamma. Mi sembrava fosse molto chiaro."
"Che cosa?"
La ragazza esitò. Fissò il padre, poi strinse i pugni. "Che io... non sono single. Eddie è il mio ragazzo. Ed è una storia serissima."
Laura sbiancò, e per un istante parve molto più vecchia di quel che realmente era. "Il... che!?"
"Dai, mamma. Non... non dirmi che non te l'aspettavi nemmeno un po'. Sono sempre con lui. Hai visto in giro per casa tutti i regali che mi fa. E quelli che gli faccio io..."
"Tesoro, ce l'ha anche presentato a cena. Non l'ha detto apertamente per pudore magari, ma... era evidente, non trovi?" Il signor Cunningham strinse le labbra.
"Christine Elizabeth... tu devi essere proprio uscita di testa. Ma mi dai ascolto quando ti parlo?!" urlò Laura con un atteggiamento tanto minaccioso da far intimorire la ragazza, che indietreggiò sul pavimento.
"Cara... non farne una tragedia... è sol-"
"Oh, sì che è una tragedia, tua figlia è fidanzata col figlio di un omicida, Phillip! Col figlio. Di un. Omicida." Quella parola risuonò come un tuono. La donna si voltò verso Chrissy. "Tu non esci di casa oggi. L'unico motivo per cui uscirai sarà tornare al college, domani pomeriggio."
Gli occhi di Chrissy si fecero rossi di furia, e il suo corpo venne pervaso da un tremito mentre si alzava in piedi. "Io esco eccome. Sono maggiorenne da un pezzo. E non ti sembra di aver già fatto abbastanza? Di avermi già rubato l'adolescenza con la tua maledetta ossessione per il cibo e le calorie e il peso e i grammi del cazzo, e l'apparenza, e tutto il resto?! Mi chiedi se ti ascolto quando mi parli, ma... s-sei tu che non mi hai mai ascoltata! Non senti nemmeno i miei conati di vomito quando sto di nuovo male... non senti i miei pianti... Non mi ascolti quando ti dico in faccia che mi fai stare malissimo. E non hai ascoltato nemmeno la mia terapista. Ascolti solo la tua testa che decide cosa è okay e cosa no... E ora vuoi anche che io mi separi da una persona meravigliosa come Eddie, una persona che mi ha insegnato a farmi valere e a volermi bene davvero. Dici sempre di volere «il meglio per me», ma mi sa che proprio non capisci qual è «il meglio per m-"
Non riuscì nemmeno a finire la frase, che una sberla improvvisa e violenta di Laura la fece quasi cadere a terra.
"Hey, hey, hey! Ma sei impazzita!?" gridò Phillip, e si alzò di scatto, mettendosi fra la figlia e la moglie. "Chrissy, tutto okay?"
La giovane annuì e si tenne la guancia col palmo. Ebbe l'impulso di mettersi a singhiozzare convulsamente, non per quello che aveva fatto sua madre, ma perché il padre la stava difendendo davvero per la prima volta in vita sua.
La signora Cunningham fissò entrambi, il viso paonazzo. "Non so cosa abbia inculcato pure a te, so solo che da quando frequenta quell'essere è diventata una sgualdrina." sibilò. Girò i tacchi e scese giù per le scale di corsa. Chrissy aveva l'impressione di non sentirsi più la guancia. Calò un silenzio tombale nel salotto, finché il grosso pendolo non segnò le quattro del pomeriggio e iniziò a suonare.
"Ho... bisogno di stare... da sola." sussurrò la ragazza al padre, il quale si era rimesso sul divano con le mani che coprivano il volto.
Chrissy afferrò la sua roba ed entrò nella sua stanza, sbattendo nervosamente la porta. Rimase seduta sul letto per un po', cercando di calmarsi. Aveva ancora il battito accelerato, gli occhi pieni di lacrime e metà viso che formicolava. Trascorse un'ora in quel modo, immobile, ad attizzare l'orecchio per captare tutti i rumori della casa come se avesse voluto memorizzarli per l'ultima volta prima di una fuga matta. Ascoltò di nuovo il pendolo alle cinque, poi la madre brontolare qualcosa dal piano di sotto, poi l'acqua della doccia, poi suo padre che usciva per fare la spesa.
Quasi subito dopo, sentì la chiave girare nella toppa. Ci mise un paio di secondi a capire cosa stesse accadendo, e spalancò gli occhi. "No. Non l'hai fatto sul serio." ringhiò. Non arrivò nessuna risposta dall'altra parte della porta. Chrissy schizzò giù dal letto, improvvisamente risvegliata da quella sorta di stato vegetativo. Abbassò invano la maniglia, poi diede un colpo alla porta. "Apri la porta!" urlò talmente forte da raschiarsi appena la gola.
"Mi ringrazierai, un giorno."
"Ma vaffanculo."
Presa da uno scatto di rabbia, e resasi conto di non avere nemmeno un telefono in stanza per chiamare la polizia, Chrissy fu a un passo dal martellare di colpi la porta, ma si fermò in tempo e sentì le scherzose parole di Esther risuonarle in testa: «Puoi calarti giù con le lenzuola annodate!» Quanto si sentiva folle in quel momento? Sì, probabilmente era folle, ma era l'unico modo per ribellarsi. Inoltre, Eddie sarebbe passato a prenderla fra non molto, e non voleva che sua madre gli raccontasse chissà che bugie sul suo conto: sapeva che ne sarebbe stata capace.
Aprì le ante del balcone, poi guardò il retro del giardino. L'idea di scendere con delle lenzuola annodate non era esattamente allettante, nonostante la sua cameretta fosse solo al primo piano, ma lei per fortuna non aveva mai sofferto di vertigini: aveva praticato diversi sport che non le permettevano decisamente di soffrirne. Ma sì, si poteva fare.
Raccolse tutte le lenzuola che possedeva e fece dei nodi robusti, con la stessa adrenalina di quando aveva spruzzato la coca cola in faccia a Jason. Prese lo zainetto che conteneva lo stretto necessario per quella notte, i suoi soldi e un paio di oggetti preziosi, e legò la catena di lenzuola sulla ringhiera. Controllò sotto, tanto per assicurarsi che non ci fosse sua madre affacciata alle finestre, e poi gettò il resto della catena sotto.
«Perfetto.» pensò, constatando che quasi toccava terra. Si arrampicò sulla ringhiera, e si calò giù, nodo dopo nodo.
"Chrissy?"
La ragazza spalancò gli occhi.
"Chrissy?"
Si tenne saldamente sul lenzuolo con i palmi umidi di sudore, e continuò a scendere.
"Chrissy!?!"
Toccò terra, ritrovandosi sul retro del giardino. Si attaccò al muro più possibile, per non farsi vedere. Esattamente in quel momento, si sentì un urlo stridulo di Laura. Doveva aver aperto la porta della sua stanza.
"Cazzo..." disse la ragazza fra i denti. Chrissy cercò freneticamente la chiave, che per poco non le scivolò di mano, e aprì il cancello. Lo richiuse di botto, slanciandosi in una corsa matta e pensando fra sé e sé che una tale disperazione avrebbe potuto renderla anche più veloce dell'auto di sua madre. Dopo circa cinque o sei isolati, si infilò in una libreria, con le labbra che tremavano.
Il libraio, un uomo barbuto dall'aspetto amichevole, notò subito il suo viso stralunato e il fiatone. "Va tutto bene?"
La giovane si avvicinò al bancone. "I-io... ho bisogno di fare una telefonata. Per favore."
L'uomo la fissò. "Ma certo. Ecco a te." Le mostrò il telefono, pieno di premura.
"Grazie mille." Chrissy compose il numero di Eddie, sbagliando la prima volta. Dopo tre squilli, sentì la voce del ragazzo e tirò un sospiro di sollievo. Grazie al cielo era ancora a casa.
"Pronto?"
"Eddie! Eddie... sono io..."
"Chris...? Cosa è successo?"
"...vienimi a prendere alla libreria in fondo alla mia via, quella al numero 125, non davanti a casa mia, okay? Dopo ti spiego bene."
"125 hai detto, giusto?"
"Sì..."
"Okay. Arrivo in un lampo."

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La serenità dello stanzino di Eddie la avvolse con dolcezza, contrapposta al senso di smarrimento di casa sua. Chrissy si era messa subito in pigiama anche se erano solo le diciotto e mezza e poi era rimasta sdraiata sul letto del ragazzo mentre lui si toglieva di dosso anelli, cinture, bracciali e tutto ciò che avrebbe potuto «far rincoglionire un metal detector», come aveva detto per farla sorridere. Chrissy fece scorrere a lungo lo sguardo sui poster delle band, sulla chitarra, sulla radio, sulle foto di Eddie da piccolo, mentre continuava a ripercorrere con la mente i dialoghi e le azioni di qualche ora prima.
"Arrivo." disse lui ad un certo punto, e si diresse di nuovo verso la cucina. Ricomparve dopo qualche minuto con una borsa del ghiaccio, trionfante come ogni volta che ritrovava una cosa che era stata sotterrata dal disordine. Si sedette sul bordo del letto, e tamponò con delicatezza la borsa sulla guancia scura di Chrissy, la quale posò la fronte sulla sua coscia, a occhi chiusi. Il ragazzo iniziò a canticchiare una canzone a bassa voce; ogni tanto toglieva la borsa del ghiaccio, poi ricominciava, con cura.
Lei gli accarezzò piano un ginocchio, e poi gli abbracciò le gambe. "Ti amo, Ed." mormorò a bassa voce, lentamente. "Voglio... che tu lo sappia."
Eddie sollevò le sopracciglia, e una specie di calore piacevole si propagò nel suo corpo. Per diversi secondi divenne quasi incapace di processare ciò che aveva udito. Quelle parole erano così nuove, nonostante lo sapesse già, che lei lo amava, nonostante trasparisse da ogni gesto, da ogni parola, da ogni momento trascorso in sua compagnia. Tolse il ghiaccio dalla guancia di lei, e lo sostituì con la propria mano, accarezzandola come se avesse potuto far sparire lo schiaffo. "Ti amo anche io, principessa. Tantissimo." sussurrò.
Chrissy gli strinse più forte le gambe, e rimasero in quella posizione per un bel po' di minuti.
"Mi dispiace per tutto, Chris. Forse avremmo dovuto continuare a tenerlo un segreto." mormorò Eddie.
"No. Ero stufa di nascondermi. O meglio, di nasconderti."
"Ma è arrivata addirittura a picchiarti... Io non pensavo che-"
"Non è la prima volta." Chrissy schiuse le palpebre, e sbirciò Eddie.
"...cosa? Ma che schifo." Lui si fece tutto serio. "Succedeva anni fa. Ormai era un po' che non lo faceva."
"Che schifo lo stesso." Eddie fece una smorfia e ripensò a suo padre. "Comunque... per me puoi anche restare qui quando ti servirà. Senza problemi. Non mi piace che lei ti picchi, che cerchi di rinchiuderti eccetera. Ancora non ci credo."
"Ma... uhm..." Chrissy lo guardò, stupita. Voleva dire «avete già difficoltà così», ma si rese conto in tempo che non era molto opportuno.
"Oh, di quello non devi preoccuparti." disse Eddie con un ghigno, quasi leggendola nel pensiero. "Ripeto, da quando io lavoro e ho messo da parte, e soprattutto... da quando lo zio ha scioperato coi colleghi per uh, sai, per l'aumento... ce la passiamo benone. Possiamo scaldarci meglio d'inverno, e comprare roba strafiga tipo il vero shampoo per capelli. E riparare le cose rotte. E avere molto più cibo, anzi spesso avanza! Anche se io mangio per tre." spiegò con assoluta semplicità. "E poi lo zio sarebbe d'accordissimo. Sai che ormai ti vuole bene."
Chrissy sorrise, e si alzò a sedere. "Lo so, sì."
Eddie le scostò i capelli dal viso e la guardò, prima di posare le labbra sulle sue. Le riempì la bocca di piccoli baci morbidi, in ogni angolo. "Ma... i... i tuoi sanno dove sto?"
"Solo mio padre, mi sa."
"Meglio. Lui è più gestibile."
Chrissy giocherellò con le spille del suo zaino. Ce n'era anche una degli Iron Maiden, che spiccava fra quelle di Madonna e di Cyndi Lauper. "Sai... volevo dirti una cosa che... non ti ho mai detto ad alta voce. A... a parte quella di prima."
Lui sorrise ripensandoci. "Dimmi."
"Uh..." Chrissy si umettò le labbra. "...la verità è che nonostante questo schiaffo e nonostante io abbia rischiato di... rimanere chiusa a casa mia fino a domani... sono fiera di me. Una volta non aprivo nemmeno bocca quando qualcuno mi faceva qualcosa, e ora scappo con le lenzuola annodate. Sono fiera di dove sono arrivata."
"Lo sono anch'io. Fiero, intendo. Ma non credevo che-"
"Aspetta."
"Scusa." Eddie emise un risolino, e lei scosse il capo.
"Tranquillo. Quello che voglio dire è... che fino a poco più di un anno fa ero in camera mia con Esther, a frignare come un'idiota e a confidarle quanto cazzo avrei voluto piantare in asso Jason e invitare te al prom. Sì, solo te. Non te l'ho mai rivelato, ma io ci ho pensato per settimane e settimane, dopo quell'incontro per la droga, senza raccogliere mai il coraggio per farlo. L'ho immaginato centinaia di volte. Mi avvicinavo al tavolo tuo e dei tuoi amici, o a te che fumavi nel cortile di nascosto, o... quando ti vedevo accanto al tuo armadietto. Ma alla fine riuscivo solo a salutarti con uno stupido cenno..."
Eddie sbatté le palpebre, e schiuse le labbra.
"E mi sento... ancora così codarda per non averlo fatto. Per aver privato me stessa e te della bellissima serata che avremmo trascorso insieme, ridendo e ballando di fronte a centinaia di studenti. Scandalizzandoli tutti perché... si sa, i nostri «mondi» non possono sfiorarsi nelle loro menti. E chissà come ti saresti vestito... avresti fatto un figurone di sicuro. Anche se forse un papillon color cipria sarebbe stato buffo fra catene e borchie."
Eddie rise abbassando il capo.
"Sarebbe stato tanto meraviglioso. E ha così ragione Dustin, quando dice, beh..." Gesticolò.
"...quando dice che invece che stare con qualcuno che ti fa apparire popolare è meglio stare con qualcuno che ti fa veramente sentire bene?"
Chrissy annuì.
"Beh... ti confesso che perfino allora, io l'ho sperato per tutto il tempo."
"Sul serio...?"
"Certo. Forse agli inizi un po' inconsciamente, perché eri comunque impegnata." Prese la sua mano sottile e accarezzò le dita, piano piano. "Ma speravo che mi invitassi solo perché volevo passare del tempo con te: qualunque scusa sarebbe stata buona. I balli scolastici in sé non mi hanno mai entusiasmato troppo: gli anni prima ci ero andato solo perché volevo capire cosa ci trovassero gli altri. Ma con te ci sarei andato molto più volentieri." La sua espressione seria si tramutò in un ghigno seducente nel giro di un nanosecondo. "Comunque... possiamo ballare qui, se lo desiderate, miss Cunningham. Mi concedete questo ballo?" Si alzò in piedi con fare comico, e fece un mini inchino tendendole la mano.
Chrissy la prese, scendendo dal letto. "Certo che lo voglio, mio caro Cenerentolo."
"Cenerentolo... vedo che ti ricordi ancora delle stronzate che ti ho detto un anno fa per fare colpo su di te, allora mi ami davvero tanto."
Si misero a ballare un buffo lento, abbracciati stretti. La ragazza notò, guardando dietro le spalle di Eddie, che il suo armadio era svuotato per metà e uno dei cassetti anche. Assottigliò lo sguardo, perplessa, ma non fece troppo caso alla cosa.
"Ah già, ho dimenticato di mettere la mia musica."
"La tua musica per ballare un lento, giustamente."
"Magari al prom anziché ballare un lento avremmo fatto la scena de «Il Tempo delle Mele» ma al contrario, eh bada bene! Tutti a ballare il lento e noi a scatenarci in mezzo alla pista con tutt'altro nelle cuffie..."
Chrissy immaginò la scena un po' troppo vividamente, fissò Eddie e scoppiarono a ridere.
"...col preside Higgins scioccato. Se lo sarebbe sognato la notte. Sono già stato il suo incubo per sei lunghissimi anni."
"Ma dai, non facevi nulla di male, eri solo un burlone!"
"Un burlone che saliva sui tavoli delle mense e dava spettacolo e spacciava alle cheerleader..." Eddie le circondò i fianchi con le mani.
Chrissy sospirò. "Queste vacanze sono volate. Quanto mi mancherai..."
"Hm. Tu no."
"Stronzo."
"No, dico sul serio. Non mi mancherai affatto." Eddie la guardò.
A Chrissy non sfuggì il luccichio in quegli occhi neri come due perle, e sollevò un sopracciglio, sospettosa. "Cosa stai cercando di dirmi?"
"Uh... aspetta." Eddie si chinò e frugò nel cassetto, fino a estrarre un foglio piegato. Lo allungò alla sua ragazza. "Prego."
Lei lo prese, rivolgendogli un'occhiata scettica, convinta che fosse uno dei suoi soliti scherzi. Lo aprì, lesse le prime righe e si portò una mano alla bocca. "No... oddio... stai scherzando!?" Lo fissò. "Non è uno scherzo, vero? Ti prego dimmi che non è uno scherzo..."
"Non lo è. Studierò musica, nella tua stessa zona. Mi hanno preso. Beh, sia me che Jeff. Mancavamo solo io e lui, ormai..."
Chrissy si aggrappò a lui con un urlo di gioia, e lo strinse forte. "Oddio, sono così... orgogliosa di te. Sapevo che avresti potuto farlo... ma...quindi partiremo insieme...?"
"Esatto. Ho già messo alcune cose in valigia, come puoi vedere." Eddie indicò il proprio armadio. "Forse avrò un po' di difficoltà perché sai... ho qualche problema di concentrazione. Però... mi hai talmente montato la testa che ho deciso che voglio provarci."
"Non ti ho montato la testa. Ti ho solo detto che devi credere nelle tue capacità. Perché ne hai, e tante. Suoni in modo spettacolare."
"Vedi che mi monti la testa?"
Si sentì il chiarissimo rumore di un motore fuori. Un motore spaventosamente familiare a Chrissy. Il panico si impossessò di lei.
"Cosa...?"
"È...."
"Che succede?"
"È l'auto di mio padre. Se c'è anche lei..."
Eddie spalancò gli occhi. "Non le permetterò di toccarti. Stai tranquilla."
Poco dopo, si sentì bussare alla porta. Eddie inspirò, cercando di non far trasparire la propria preoccupazione, e posò le mani sulle spalle di Chrissy. "Resta qui. Ci penso io."
"No. Vengo con te."
Bussarono di nuovo. Eddie prese Chrissy per mano, e si avviarono verso l'uscio. Il ragazzo aprì, e si ritrovò davanti il signor Cunningham, che aveva l'aria tutta trafelata e preoccupata. Sua figlia rilassò i muscoli del volto.
"Papà...? S-sei solo, vero?"
"Sì. Ciao, cara... grazie a Dio stai bene. Ciao, Eddie."
Il ragazzo si schiarì la gola. "Buonasera."
"Non voglio tornare." mormorò Chrissy.
"No, non è per questo che ti ho cercata. Volevo solo portarti la valigia... e dirti che... la mamma ha capito. Credo di essere... non so, in qualche modo... credo di essere riuscito a farla ragionare almeno un minimo. Quando ho visto il lenzuolo e tutto... mi è salita una rabbia e-. E mi sono detto che ho ignorato quello che ti faceva per troppo tempo. Le ho detto tutto ciò che pensavo. Sì, anche di Eddie." Guardò il giovane, il quale reclinò la testa da un lato con genuina curiosità.
"Cosa pensa di me?"
Phillip sorrise impercettibilmente. "Che sei tanto buono con la mia bambina, e la fai star bene. Questo è ciò che conta."
Chrissy aumentò la stretta alla mano di Eddie. "E un giorno sarò anche un uomo in carriera, mi hanno preso al college, lo sa?" disse Eddie scherzosamente.
"Perbacco, questa sì che è una notizia." Phillip abbassò lo sguardo verso la guancia della figlia. "Oh Gesù, non pensavo avesse colpito così forte..."
"Passerà in fretta... Ed mi ha messo del ghiaccio, prima."
Phillip sorrise a Eddie, poi guardò di nuovo la figlia. "D'accordo. Torni domani, o ti saluto qui?"
"...io per adesso preferirei, uhm..." Chrissy gesticolò.
"Sì, capisco. Sei ancora sconvolta."
Lei annuì. Si avvicinò timidamente e abbracciò il padre. L'uomo le diede delle pacchette delicate sulla schiena. "Ci vediamo." disse, per poi tornare in auto.
I due lo fissarono finché non scomparve, e poi emisero un sospiro di sollievo in contemporanea.
"Hai... sentito quello che ho sentito io?"
Eddie annuì con un piccolo ghigno. "Pare di sì. Laura darà una possibilità al satanista cattivo e spaventoso."
A Chrissy sfuggì un risolino. "Voglio che... comunque tu tenga a mente che non mi importa della sua opinione, okay? Cioè, anche se a lei tu non dovessi piacere-"
"Lo so, amore. Tranquilla. A me interessa che adesso lei ti lasci vivere."
Il resto della serata fu molto piacevole, invaso da una nuova serenità, da una nuova pace dei sensi che accarezzò i loro pensieri. I due giovani si misero a frugare nei cassetti e negli scomparti del frigo alla ricerca di cose per cucinare. Dopo aver combinato un po' di pasticci fra una risata e l'altra, riuscirono ad assemblare una bella cenetta e mangiarono raccontandosi tutto ciò che veniva loro in mente. E per quella sera Chrissy non ebbe nemmeno paura del cibo, perché era troppo felice per pensare alle calorie.
Finalmente, le cose iniziavano ad andare nel verso giusto. Ci era voluto qualche dubbio, qualche discussione, qualche botta di coraggio, quello sì, ma alla fine ne era valsa la pena. Ne era davvero valsa la pena.

THE END

Note dell'autrice: ebbene sì, eccoci alla fine di questa storia, spero vi sia piaciuta <3 Voglio ringraziare Grace Van Dien e Joseph Quinn per avermi fatto tornare l'ispirazione dopo anni di blocco della scrittrice, e voglio ringraziare voi lettori per essere arrivati fin qui. <3
Vi confesso che ho in cantiere un'altra fanfic Hellcheer, probabilmente ambientata nel passato, tipo 1800 (forse è l'ora che io mi veda Bridgerton), e una fanfic Harringrove. Non so quale delle due sfornerò per prima, vedremo, voi rimanete sintonizzati uu * sparisce nella solita nube di fumo glitterato *

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