Di poeti maledetti e insegnanti avvenenti

di Milly_Sunshine
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** [Aurora] ***
Capitolo 2: *** [Oscar] ***
Capitolo 3: *** [Aurora] ***
Capitolo 4: *** [Oscar] ***
Capitolo 5: *** [Aurora] ***
Capitolo 6: *** [Oscar] ***
Capitolo 7: *** [Aurora] ***
Capitolo 8: *** [Oscar] ***
Capitolo 9: *** [Aurora] ***
Capitolo 10: *** [Oscar] ***
Capitolo 11: *** [Aurora] ***
Capitolo 12: *** [Oscar] ***
Capitolo 13: *** [Aurora] ***
Capitolo 14: *** [Oscar] ***
Capitolo 15: *** [Aurora] ***
Capitolo 16: *** [Oscar] ***
Capitolo 17: *** [Aurora] ***
Capitolo 18: *** [Oscar] ***
Capitolo 19: *** [Aurora] ***
Capitolo 20: *** [Oscar] ***
Capitolo 21: *** [Aurora] ***



Capitolo 1
*** [Aurora] ***


Esplode la tempesta
Poco dopo le nove,
Chissà se mi pensi
Intanto che piove,
Chissà se mi sogni
In una sera sprecata,
Oppure vuoi fuggire
Dalla vita incantata
Di poeti maledetti
E insegnanti avvenenti,
Chissà se andrai via
Coi tuoi sorrisi ridenti.



Aveva diluviato sia nel corso della notte sia nelle prime ore del mattino. La spiaggia era ancora deserta, nonostante il sole iniziasse a filtrare tra le nubi. Anche sul molo c'erano solo un paio di pescatori. L'aria era ancora fresca, ma presto la temperatura sarebbe salita.
Aurora fu scossa da un brivido mentre camminava accanto agli scogli. Non le piaceva stare dall'altro lato, più esposta al vuoto. Le probabilità di inciampare e scivolare in mare erano minime, ma preferiva sentirsi sicura. Non era molto brava a nuotare e, soprattutto, non l'aveva mai fatto in situazioni in cui non potesse, in caso di necessità, mettere i piedi sul fondo. Ripensava, frattanto, agli stupidi versi, ma tracciati da una grafia elegante, che aveva trovato sotto la porta quella mattina, e a quanto non fosse stata una buona idea accettare l'invito, partendo per quella vacanza.
"Per fortuna domenica arriverà presto."
Era già venerdì mattina ed erano passate già più di dodici ore dal suo arrivo. Aveva cenato in un bar, durante il tragitto, mentre fuori scoppiava il temporale. Negli ultimi chilometri aveva guidato sotto al diluvio, più concentrata sulla strada che sulle persone che avrebbe incontrato.
Zia Luisa non le aveva detto esplicitamente che anche Oscar sarebbe stato presente, ma Aurora l'aveva sospettato fin dal primo minuto. Si erano incrociati solo di sfuggita, scambiandosi solo un rapido saluto. Si era detta che evidentemente aveva dimenticato cosa fosse accaduto tra di loro due anni prima - e non le sarebbe dispiaciuto affatto trovarne una conferma - ma era molto probabile che, proprio in quel momento, il figlio della padrona di casa fosse già al lavoro su qualcosa con cui stupirla.
"E di sicuro non mi ha sorpresa in positivo. Da uno scrittore pubblicato, mi aspetterei qualcosa di meglio che quella poesiola da ragazzino."
Stava riflettendo sul fatto che, tutto sommato, non le dispiacesse più di tanto essere definita "insegnante avvenente", quando all'improvviso, dietro di lei, qualcuno le posò una mano su una spalla, facendola sussultare.
«Disturbo?» chiese una voce che Aurora conosceva fin troppo bene.
Si girò lentamente e subito domandò: «Che cosa ci fai qui, poeta maledetto?»
Oscar sfoggiò uno dei suoi irritanti mezzi sorrisi.
«Potrei farti la stessa domanda. Non sei tu quella che ha detto che non le piace il mare?»
«Ho detto che non mi piace prendere il sole» puntualizzò Aurora, «Che non mi piacciono il tanfo delle creme solari, la pelle arrossata, le scottature, la sabbia che si infila dappertutto... Qui è bellissimo. E poi anche tu hai sempre detto che non ti piace il mare.»
«Non mi piace andare in giro per la spiaggia in mutande e ciabatte di plastica» chiarì Oscar. «In fondo siamo simili, io e te, anche se tu non te ne sei ancora accorta.»
Aurora alzò gli occhi al cielo, sospirando.
«Certo, io non mi accorgo di niente. Stai per caso pensando di essere in dovere di spiegarmi come si sta al mondo? E perché, poi, questa pretesa? Perché scrivi poesie da decerebrato e me le fai trovare sul pavimento della mia stanza?»
«Ehi, prof, non c'è bisogno che ti scaldi tanto» ribatté Oscar. «Io non ti insegno a vivere e tu non mi insegni a scrivere. Mi sembra una buona proposta, tu cosa ne dici? Accetti?»
«Ho una proposta ancora migliore» replicò Aurora. «Fai dietrofront e te ne torni da dove sei venuto.»
Oscar le indicò un uomo di mezza età seduto sugli scogli con la lenza in mano, a pochi metri di distanza.
«E se invece volessi rimanere qui e chiedere a quel tizio come va la pesca?»
«Non penso che ti interessi davvero» sbottò Aurora. «Comunque fai quello che vuoi, basta che mi lasci in pace!»
«Okay, come vuoi» disse Oscar, in tono arrendevole, ma solo prima di afferrarla per un braccio e di trascinarla con di sé.
«Ehi, che cazzo fai?» esclamò Aurora, cercando di liberarsi con uno strattone.
«Cosa sono queste parole, prof?» ribatté Oscar, in tono beffardo, lasciandola andare. «Hai ragione, a me non interessa cosa sta pescando questo signore, ma magari a te sì.» Fece qualche passo, avvicinandosi al pescatore. «Scusi, buon uomo, la mia amica vuole sapere se i pesci abboccano.»
Aurora avvampò, mentre l'uomo si girava verso di loro. «Se ne intende di pesca, signorina?»
«Mi scusi, non volevo disturbarla» si giustificò Aurora. «Purtroppo il mio... ehm... diciamo amico, solo perché in alternativa mi vengono in mente solo termini offensivi, è una persona invadente. Non è stata una mia idea quella di disturbarla.»
«Si figuri, nessun disturbo.» Il pescatore la squadrò con attenzione. «A proposito, lei è una parente della signora Molinari, vero?»
Aurora annuì.
«Sì, più o meno. Zia Luisa», l'aveva sempre chiamata zia anche se era solo un'amica di famiglia, «è la mia madrina.»
«La conosco di vista, la signora Molinari» le raccontò il pescatore. «Trascorre qui quasi tutta l'estate, ogni tanto mi capita di vederla. Sembra così tanto una brava donna, eppure dicono che abbia un figlio così scapestrato. Mi pare scrivesse per un giornale, ma sembra che abbia lasciato il lavoro e non si sa esattamente che fine abbia fatto.»
«Proprio uno scapestrato, il figlio della povera signora Molinari» convenne Oscar, in tono divertito. «Anch'io ho sentito parlare molto male di lui. Meno male che la signora Luisa ha delle parenti acquisite a modo come la signorina qui a fianco.»
Aurora fu costretta a uno sforzo per non scoppiare a ridere.
«Il figlio di zia Luisa ha pubblicato un romanzo, che io sappia» disse, rivolgendosi al pescatore. «Ad ogni modo non vogliamo disturbarla con le nostre chiacchiere, quindi la lasciamo alla sua pesca e ce ne andiamo.»
Salutarono l'uomo e tornarono indietro. Aurora continuò a trattenersi ancora per parecchi metri, poi finalmente si fermò e si lasciò andare a una risata.
«Cosa ti diverte, prof?» scherzò Oscar. «L'idea di andartene in giro con un giovane scapestrato ti fa ridere?»
«Avresti potuto dirgli che lo scapestrato in questione sei tu» ribatté Aurora. «È stato così... surreale, diciamo.»
«Surreale, buona definizione» replicò Oscar. «Te la cavi piuttosto bene con le parole, per essere una che ha sempre a che fare con noiosissimi numeri e insopportabili radici quadrate.»
«La matematica è qualcosa di concreto. Sono certa che quel pescatore apprezzerebbe il mio lavoro.»
«Io non ne sono tanto sicuro. Sai, sono in pochi ad apprezzare il lavoro di voi insegnanti, qualunque sia la materia.»
«Me ne rendo conto. La metà dei miei studenti non ha la benché minima voglia di ascoltarmi, ma è la strada che ho scelto e gradirei che almeno tu, che ti sei diplomato da quindici anni, non infierissi.»
«Avevo diciannove anni quando mi sono diplomato. Ne sono passati sedici. Devo insinuare che non ti ricordi la mia età, oppure che non sai fare trentacinque meno diciannove?»
Aurora sbuffò.
«Non sei divertente.»
«Nemmeno tu, prof!»
«Sono un'insegnante, dopotutto. Il mio ruolo non mi chiede di essere divertente.»
«Adesso, però, sei in vacanza e, nello specifico, stai passeggiando insieme al discendente scapestrato di una brava donna che ha un sacco di soldi.»
«Nello specifico siamo fermi, non stiamo passeggiando.»
«Allora facciamo un giro lungo la spiaggia. Non passerà molto che si riempia di gente priva del benché minimo senso del decoro.»
«Di che decoro parli?»
«Di quello che manca alla gente che gira in mutande e mette in mostra pelo arruffato.»
Aurora ridacchiò.
«Da come ne parli, sembra che le spiagge siano tunnel degli orrori.»
«E allora facciamoci una passeggiata nel tunnel degli orrori» la esortò Oscar. «Ormai il molo non è più il posto che fa per noi, ci sono troppi pescatori che potrebbero indignarsi, se sapessero chi sono e che sto cercando di corrompere una brava ragazza come te.»
«Le brave ragazze come me non si lasciano corrompere» rispose Aurora, avviandosi verso la spiaggia, «Ma sono ben disposte a fare due passi insieme a te.»
Oscar la seguì, rimanendo il silenzio per qualche istante. Infine le domandò: «Cosa ne è stato di te in questi due anni?»
«Niente di che» ammise Aurora. «Non c'è niente di particolarmente interessante nella mia vita. Continuo a insegnare, sperando di riuscire a rimanere nella stessa scuola, ogni tanto do lezioni private, poi quando capita vado al cinema oppure a ballare.»
«E quel fidanzato che avevi?»
«L'ho lasciato. Non lo vedo più. Penso si sia trovato un'altra.»
«E tu?»
«Io cosa?»
«Pensi di trovarti un altro fidanzato oppure no?»
Aurora alzò le spalle.
«Se capita.»
«Ma frequenti qualcuno?»
«Mi stai chiedendo se scopo con qualcuno con cui non sono fidanzata?»
«Attenta a come parli, prof. Cosa direbbero i tuoi studenti se ti sentissero in questo momento?»
Aurora scoccò a Oscar un'occhiata di fuoco.
«Non ci sono buone ragioni per cui i miei alunni dovrebbero sentirmi mentre parlo della mia vita sessuale... e ringrazia di non essere uno di loro. Sarà da dieci minuti, al massimo ub quarto d'ora, che ci siamo incontrati. In questi dieci minuti, ti avrei già spedito dal preside minimo venti volte.»
Oscar ammise: «So di potere essere irritante, ma per fortuna non sono un tuo studente. Mi posso permettere qualche libertà in più.»
«Oppure» replicò Aurora, «Potresti raccontarmi cos'hai fatto tu in questi due anni. Perché le domande devono essere a senso unico?»
«Ti ha già detto tutto quel tipo che pescava, non c'è molto altro da sapere» puntualizzò Oscar. «Ho lasciato il giornale e adesso sono uno scapestrato che rovinerà il buon nome della propria famiglia.»
«Come ti è venuta l'idea del romanzo?»
«Ci lavoravo già da un po'. Da quando ho lasciato il giornale, sono riuscito a mettermi a scrivere sul serio.»
«E l'editore? Come l'hai convinto a pubblicarti?»
«L'editore lo conosco da anni. Ho già pubblicato con lui, ma mai con il mio vero nome.»
«Interessante. Cos'hai pubblicato?»
«Raccolte di poesie.»
«Con quale pseudonimo?»
Oscar scosse la testa.
«Questo non credo di potertelo dire.»
Aurora obiettò: «Perché no?»
«Perché ti metteresti a ridere.»
«È un nome così ridicolo?»
Oscar sbuffò.
«Va bene, come vuoi. Olivia Passante.»
Aurora spalancò gli occhi.
«Olivia Passante?!»
«Olivia Passante» ripeté Oscar. «L'editore pensava che i miei testi fossero adatti a un pubblico prevalentemente femminile, che non avrebbe letto volentieri poesie d'amore scritte da un giornalista di cronaca.»
«Perché hai scelto un nome da donna?» volle sapere Aurora.
«È stata una scelta condivisa, venuta fuori quasi per caso. La segretaria dell'editore ha letto alcuni miei testi e ha detto che le sembravano scritti "da una donna romantica e non da un uomo arrapato". Quindi è venuta fuori Olivia Passante.»
«Che tristezza.»
«No, non è un problema. Mi piace chiedermi come scriverebbe Olivia, di tanto in tanto. È un po' come se fosse un'amica immaginaria.»
«Che tristezza non potere essere chi siamo davvero solo perché qualcuno ci etichetta in modo strano» spiegò Aurora. «Perché un uomo non dovrebbe potere scrivere poesie d'amore?»
«E perché dovrebbe essere uno scapestrato solo perché scrive opere di fantasia invece che articoli di giornale?» ribatté Oscar, prima di abbassare lo sguardo. «Comunque, se ti può consolare, quel pescatore non ha tutti i torti. Ho combinato un po' di casini, in questi ultimi due anni.»
Aurora sorrise.
«Quindi sei davvero un poeta maledetto.»
Oscar non replicò. Continuarono a camminare, in silenzio, l'una accanto all'altro. Si fermarono solo quando giunsero nei pressi di uno stabilimento balneare.
«Torniamo indietro?» suggerì Aurora. «Non vorrei che tu fossi infastidito dalla vista di uomini senza decoro in mutande e ciabatte di plastica.»
«Torniamo indietro» concesse Oscar. «Non vedo persone interessanti nei paraggi.»
«Che genere di persone interessanti?»
«Non so, venditori ambulanti abusivi con cui scambiare qualche parola.»
«Per trovare spunti?»
«No, semplicemente perché potrebbero avere storie interessanti da raccontare. Per oggi dovrò accontentarmi di professoresse di matematica che girano per la spiaggia in abito a fiori e scarpe di tela.»
«Noi professoresse di matematica in abito a fiori e scarpe di tela non abbiamo molto di interessante da raccontare.»
«Noi poeti maledetti, invece, di cose da raccontare ne avremmo tante, ma rimanere in silenzio è l'unico modo che abbiamo per non far scappare a gambe levate le professoresse di matematica.»
Aurora azzardò: «E se noi professoresse di matematica fossimo più maledette di voi poeti?»
Oscar ribatté: «Tu non sei per niente maledetta, prof. Sono sicuro che arrossisci ancora al pensiero di avere fatto sesso con me due anni fa, allo stesso modo in cui a suo tempo arrossivi quando mi raccontavi di non averlo mai fatto prima.»
Aurora avvampò.
«Perché hai tirato fuori questo discorso?»
«Per farti arrossire.»
«Sei un cretino!»
«Vorrà dire che, quando torneremo a casa, ti concederò di mettermi in punizione dietro la lavagna.»
«Non ci sono lavagne a casa tua, che mi risulti.»
Oscar precisò, secco: «È casa di mia madre, non casa mia. Anzi, è una delle sue case.»
«A proposito, com'è casa tua?» gli chiese Aurora.
Oscar si fermò di scatto.
«È mia madre che vuole saperlo, vero?»
Aurora aggrottò la fronte.
«No, di cosa parli?»
La tensione che aveva colto sul volto di Oscar e nel suo tono svanì subito, mentre replicava: «No, niente, pensavo che fosse lei a volerlo sapere.»
«Non l'hai mai invitata a casa tua?»
«No, e non lo farò.»
«Posso chiederti, almeno, dove abiti?»
«Da quello che ho saputo, al massimo a quindici chilometri di distanza da te. Però, se vuoi chiedermelo, non inviterò nemmeno te.»
Aurora gli strizzò un occhio.
«Non ti ho chiesto di essere invitato a casa tua. Sono certa che tu abbia compagnie femminili migliori di noi professoresse in abito a fiori che arrossiamo ancora pensando ai nostri... ehm... trascorsi erotici.»
Oscar chiarì: «A casa mia non ho nemmeno un letto matrimoniale, non è il luogo più adatto per portarci le mie donne. Non lo faccio nemmeno adesso, che sono da solo.»
«Avevi una compagna?» azzardò Aurora. «E dove la mettevi a dormire?»
«Avevo un coinquilino» rispose Oscar, «Ma non voglio parlarne. O meglio, se vuoi sapere dove dormisse, dormiva nel suo letto e io nel mio. Però non ti dirò altro. E adesso torniamo a casa, prima che mia madre o mia zia pensino che ti ho rapita. Sono un cattivo ragazzo, dopotutto. Nemmeno una prof graziosa come te potrebbe salvarmi.»
«E se invece di salvarti volessi diventare una cattiva ragazza io stessa?»
«Potrei baciarti, se vuoi provare questa ebbrezza.»
«Ho ventotto anni. Ne sono passati almeno quindici da quando pensavo che essere baciata fosse un comportamento da cattiva ragazza. Dovrai inventarti qualcosa di meglio se vuo-...»
Le parole morirono in bocca ad Aurora, mentre Oscar scattava verso di lei e si avventava sulle sue labbra.
Quando qualche istante più tardi si allontanò, le assicurò: «Farò molto di più, se lo vorrai.»

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Capitolo 2
*** [Oscar] ***


Dalla finestra, Oscar vide Aurora in cortile. La lampada che stava sul portone dava un insolito tono ai disegni floreali del suo abito - uno diverso, rispetto a quello che portava quella mattina, quando si erano incontrati sul molo e avevano proseguito facendo una passeggiata lungo la spiaggia ancora semideserta. Si chiese cosa fosse meglio fare, se cercare di fare qualcosa di costruttivo in attesa che venisse l'ora di andare a dormire, o se fosse più opportuno scendere e trascorrere un po' di tempo in compagnia di Aurora.
"Forse" realizzò, "la cosa più costruttiva in assoluto è proprio andare da Aurora."
La "prof" l'aveva evitato, dopo il bacio che si erano scambiati quella mattina, ma Oscar si rendeva conto di non avere fatto molto per avvicinarla. Era giunto il momento di rimediare, quindi uscì dalla camera, scese le scale e si affrettò a uscire, prima che Aurora si allontanasse oppure rientrasse in casa.
Non si accorse di lui finché Oscar non comparve alle sue spalle, esclamando: «Buonasera, prof!»
Aurora si voltò di scatto.
«La devi smettere di saltare fuori all'improvviso spaventandomi!»
«Non è colpa mia se ti spaventi facilmente» ribatté Oscar. «E poi, sentiamo, cosa dovrei fare? Attirare la tua attenzione da lontano, mettendomi a urlare?»
«Non ho detto questo, anche perché non mi sembra il caso di farci vedere insieme.»
«Perché no?»
«Perché magari tua madre o tua zia potrebbero farsi delle strane idee.»
«Cioè pensare che io ti piaccia? Quale sarebbe il problema? Hai paura che mettano in guardia i tuoi genitori raccontando loro che frequenti tipi poco raccomandabili?»
Aurora ridacchiò.
«Ormai non devo più rendere conto ai miei genitori di chi frequento, e da un bel po' di anni. Peraltro non credo sarebbero così dispiaciuti se sapessero che in questo momento mi trovo insieme a uno scrittore, qualunque cosa ne pensino di te i pescatori del posto... e, senza essere scortese e senza volerti fare i conti in tasca, neanche uno scrittore squattrinato, direi.»
«Vedo un certo di attaccamento ai beni materiali, prof» replicò Oscar. «Comunque mi sta bene, se vuoi che spenda soldi per te, direi che possiamo iniziare subito. Andiamo a fare un giro e ti offro un gelato, ci stai?»
Aurora obiettò: «Mi sono già lavata i denti.»
«Anch'io me li sono appena lavati» rispose Oscar, «Ma ce li possiamo sempre lavare un'altra volta, non credi?»
«Credo di sì. Dove mi porti?»
«A pochi metri da qua. È l'unico posto in cui possiamo andare a piedi.»
«Pensavo che mi accompagnassi con la tua Rolls Royce.»
«Mi dispiace deluderti, prof, ma non ho una Rolls Royce. In realtà non ho nemmeno un'auto, quindi avresti dovuto accompagnarmi tu.»
Mentre uscivano dal cancello, Aurora osservò: «Non sapevo che non avessi una macchina. Posso chiederti come mai? Non hai la patante, oppure non ti piace guidare?»
«Ho la patente e, quando avevo una macchina, guidavo regolarmente» rispose Oscar. «In città, comunque, ci sono i mezzi pubblici e, all'occorrenza, i taxi. Non sento di avere bisogno di un'auto.» Non era esattamente quella la ragione per cui non possedeva più un'automobile, ma quantomeno era il motivo per cui non aveva sentito il bisogno di comprarne un'altra dopo quello che era accaduto. Ad Aurora sembrava bastare, dato che non chiese ulteriori spiegazioni. Oscar ne approfittò per indicarle una direzione e informarla: «Dobbiamo andare di là.»
«Va bene, fammi strada tu» lo pregò Aurora. «Non le conosco molto bene, queste strade.»
«Certo, e se te ne andrai tra appena due giorni non farai in tempo a imparare a conoscerle» ribatté Oscar. «Perché non ti fermi un po' di più?»
«Ho fatto dei programmi e mi piace rispettarli» rispose Aurora, «E poi non vorrei approfittare di tua madre. È stata gentile a invitarmi, ma non mi sembra carino fermarmi qui all'infinito.»
«E poi» replicò Oscar, «Passare il tempo qui, in compagnia di mia madre e di mia zia, non deve essere la massima ambizione di vita per nessuno. Io stesso, non appena capiterà l'occasione, me ne tornerò a casa.»
«Il famoso appartamento in cui tua madre non ha mai messo piede?»
«Esatto, proprio quello.»
A Oscar non faceva piacere parlare apertamente di quel posto, ma sapere che Aurora era in buona fede - e non era invece stata istruita appositamente per fargli domande in proposito, come aveva sospettato in un primo momento - lo faceva sentire più sicuro. La gente aveva la malsana abitudine di impicciarsi nei fatti di cui gli altri non volevano discutere, ma tendeva a smettere in fretta di fare allusioni imbarazzanti quando non si rendeva conto di mettere in difficoltà i propri interlocutori. Fare qualche accenno all'appartamento in cui abitava, di conseguenza, non avrebbe incoraggiato Aurora a chiedergli di più, quanto piuttosto a pensare semplicemente che non ci fosse nulla di interessante di cui dibattere in proposito.
Rimasero in silenzio per qualche istante, finché non svoltarono la strada in fondo alla quale svettava l'insegna colorata del bar-gelateria nel quale avrebbero concluso la serata.
«Ecco, prof, è là che voglio portarti.»
«L'avevo capito.»
Qualche minuto più tardi si sedettero e ordinarono due coni. Oscar non era un consumatore abituale di gelati, quindi scelse gli stessi gusti di Aurora.
Rimasero seduti in silenzio per un po', circondati dalle voci degli altri clienti e dalla musica che proveniva dal juke-box.
Dopo avere finito il suo cono, fu Aurora la prima a parlare.
«Cosa fai di solito nel tempo libero?»
«Scrivo.»
«Quello è il tuo lavoro. Intendo nel vero tempo libero.»
Oscar alzò le spalle.
«Niente di che.»
«Non hai interessi?»
«Faccio cose normali, probabilmente le stesse che fai tu. Leggo, guardo la televisione, a volte vado fuori.»
Aurora sorrise.
«Sì, in effetti, da questo punto di vista, si potrebbe quasi dire che facciamo le stesse cose.»
«Non parlerei necessariamente di interessi in comune» mise in chiaro Oscar. «Voglio dire, quello che mi interessa davvero, come hai detto tu, ormai è il mio lavoro. Diciamo che per professione faccio quello che mi piace e, quando non sto lavorando, cerco di trovare un modo per fare venire sera.»
«Hai qualche sogno da realizzare?»
«Domande filosofiche, stasera, prof, o sbaglio?»
«Ti dispiace che ti chieda di te?»
«No, per niente, ma mi hai fatto una domanda a cui non so rispondere. Tu, invece, ce l'hai qualche sogno da realizzare? A parte una cattedra di ruolo, immagino. Nella vita non c'è solo il lavoro.»
Aurora gli scoccò un'occhiataccia.
«Specie se non abbiamo trasformato il nostro hobby nel nostro lavoro?»
«Mai detto questo. Sei tu che stai dicendo che insegnare non ti piace.»
«Nemmeno io ho mai detto questo. Insegnare mi piace, ma non è esattamente il modo in cui passerei il mio tempo libero. Dopotutto i miei alunni sono ben più difficili di te da gestire e ho a che fare con quindici o venti di loro alla volta.»
«Mi sembra una risposta ragionevole, la tua» osservò Oscar. «Brava, prof, quando incontri uomini invadenti, fai bene a metterli a tacere così.»
«No, figurati, non sei per niente invadente» lo rassicurò Aurora. «O quantomeno, non lo sei stato in questo momento. Sono sicuro che, con un po' di sforzo, riusciresti a fare di meglio.»
Oscar rimase impressionato dal modo in cui Aurora sorrideva, mentre pronunciava quelle parole.
«Mi stai sfidando?»
«No, non direi.»
«Eppure vuoi che ti chieda qualcosa di davvero imbarazzante.» Oscar rifletté per qualche istante, valutando fino a che punto potesse spingersi. Poi smise di riflettere e fece proprio la domanda che sapeva di non poterle fare. «Perché non sei mai stata a letto con il tuo ex fidanzato?»
«Perché mi aveva detto di non volere fare sesso prima del matrimonio.»
«E ti stava bene?»
«Sì, finché non ho capito che si riferiva solo al fatto di non fare sesso con me, prima del nostro matrimonio, ma che nel frattempo era ben disposto a farlo con altre.»
«Che stronzo!»
«Oserei dire che sono d'accordo.»
«Quanto tempo ci sei stata insieme?»
«Quasi cinque anni.»
«Cinque anni sprecati.»
«Oserei dire che continuo a essere d'accordo. Però sto ancora aspettando la domanda imbarazzante.»
«Era quella che ti ho fatto poco fa.»
«Per essere uno scrittore, sei totalmente privo di immaginazione.»
Oscar alzò gli occhi al cielo.
«Cosa devo chiederti, allora, se sei politicamente schierata?»
«Iniziamo ad andare meglio» ribatté Aurora. «Non perché mi senta di dire che ammiro molto la classe politica, quanto piuttosto perché associare il concetto di imbarazzo a quello di sesso non è esattamente quello che mi aspetto da un uomo che si atteggia a poeta maledetto e scrive poesie d'amore.»
«Non ammiri la classe politica» replicò Oscar, «Ma non mi hai ancora detto se sei politicamente schierata.»
«Non pensavo ti interessasse davvero.»
«Perché no? Penso che le persone farebbero bene a frequentarsi quando hanno ideali compatibili.»
«Bene, allora avrai quello che vuoi. Ogni volta in cui vado a votare, mi chiedo se la croce che metto porterà a qualcosa di buono. Mi sforzo di pensare che sarà così, ma da parte mia sono certa che non lo sarà. Eleggiamo rappresentanti che non hanno il benché minimo interesse per rappresentare né il nostro pensiero né i nostri dubbi. Quindi, in sintesi, voto perché, se non lo facessi, accetterei chiunque, anche chi non ha mai fatto niente per fingere di rappresentarmi in qualche modo.»
«Mi piace la tua risposta.»
«E tu? Sei politicamente schierato?»
«Dipende da cosa intendi per politicamente schierato. Credo in un mondo ideale, in cui tutti dovremmo avere gli stessi diritti e in cui si dovrebbe ambire al meglio per chiunque. Quando entro in cabina elettorale, tuttavia, so per certo che il mio voto finirà nelle mani di qualcuno che mi direbbe che devo crescere e smetterla di comportarmi da ragazzino illuso che insegue la pace e l'amore.»
«D'altronde loro cosa potrebbero dire? Se invitassero gli elettori a ragionare con la propria testa invece di aderire ciecamente a presunte logiche di partito, il loro successo sarebbe molto ridimensionato. Comunque adesso stiamo davvero iniziando a diventare fin troppo filosofici. Forse era meglio parlare di sesso. Mi pare di capire che tu non sia fidanzato, ma ultimamente ti stai portando a letto qualcuna?»
«Al momento no.»
«Fammi indovinare, adesso mi dirai che hai raggiunto un momento della vita in cui punti all'anima gemella.»
«Non ho detto nulla di tutto ciò, hai detto tutto da sola. Ti piace leggere nella mia mente, prof?»
«Non sono sicura che mi piacerebbe.»
«Non ci sarebbero pensieri molto filosofici, in questo momento. Sto riflettendo sul senso di quello che è successo tra di noi due anni fa.»
Aurora tagliò corto: «Non tutto deve avere un senso.»
Oscar ribatté: «All'epoca sembrava che un senso ce l'avesse, per te.»
«Dipende tutto da che prospettiva lo si guarda.»
«Te ne sei pentita?»
«Perché avrei dovuto?»
«Sei sparita completamente, non ti sei più fatta vedere per due anni...»
Aurora interruppe il discorso sul nascere.
«Non sapevo nemmeno che fine avessi fatto. Non ho neanche il tuo numero di telefono, né so dove abiti. Avresti potuto cercarmi tu, se proprio ci tenevi.»
«Va bene, io non ho cercato te e tu non hai cercato me» si arrese Oscar. «Forse non è colpa di nessuno, semplicemente potevamo fare a meno l'uno dell'altra.»
Aurora abbassò lo sguardo.
«Ho l'impressione che siamo finiti nel bel mezzo di un discorso senza senso.»
«Possiamo uscirne parlando di nuovo di qualcosa di filosofico.»
Aurora alzò gli occhi.
«Del tipo?»
«Sei religiosa?»
«Dipende da cosa intendi. Penso di credere in Dio. Non avrei problemi a sposarmi in chiesa, far battezzare i miei figli o andare a messa a Natale, se il mio ipotetico marito fosse d'accordo.»
Oscar azzardò: «Parli del matrimonio e del battesimo, vero?»
Aurora aggrottò la fronte.
«Non ho capito. Cosa intendi?»
«Se si tratta della messa di Natale, non dovresti sposare qualcuno a cui devi chiedere il permesso per andarci. I soggetti che vogliono controllare completamente la tua vita, faresti meglio a evitarli.»
«Sì, certo» convenne Aurora. «Non intendo sposare una persona di quel tipo.»
«Posso chiederti com'è il tuo uomo ideale?»
«Non saprei. Se l'avessi già incontrato, magari adesso sarei sposata.»
Oscar annuì.
«Mi sembra un'ottima risposta.»
«Tu, invece? Com'è la donna dei tuoi sogni?»
«Non vale. Sono io che ho fatto la domanda. Adesso sarò costretto a dare una risposta simile alla tua e mi accuserai di avere copiato.»
«Sono una professoressa di matematica: è normale, per me, aspettarmi lo stesso risultato da tutti, anche se non hanno copiato.»
«Vedo che hai sempre l'ultima parola. Credo sia meglio che ce ne torniamo a casa, altrimenti prima o poi sarei costretto a risponderti che la mia donna ideale ce l'ho seduta di fronte a me.»
Aurora si alzò in piedi.
«Hai ragione, andiamo.» Finse di guardarsi intorno. «Comunque non vedo donne sedute di fronte a te.»
Si avviarono senza parlare. Oscar non aveva la più pallida idea di come replicare. Si ritrovò, non per la prima volta in quella serata, a sperare che fosse Aurora a salvare la situazione. Erano ormai vicini a casa quando Aurora, suo malgrado, lo deluse, nonostante le buone premesse.
«Sai, forse mi ricordo di te, di quando eri bambino. Ricordi molto vaghi, io ero molto piccola, ma sono sicura di avere in mente qualche dettaglio.»
«Qualche dettaglio di che tipo?»
«Ti ricordo con i capelli tagliati a caschetto, nel giardino di casa tua, che giocavi con un altro bambino. Non so chi fosse, ma ricordo che ti vedevo sempre insieme a lui.»
Oscar rabbrividì.
«Può darsi.»
«Forse era il figlio della governante.»
Tanto valeva ammetterlo.
«Sì, Nico era il figlio della governante.»
«Che fine ha fatto?»
«La governante? A un certo punto ha trovato un altro lavoro, si è licenziata e non l'ho più vista. Penso avesse proprio cambiato città.»
«Intendevo il figlio. L'hai mai rivisto?»
Rispondere di no sarebbe stato troppo facile, ma Oscar non vide il senso di mentire.
«Nico era solo il figlio della governante, tutto qui. Quando non c'era lui, frequentavo altri bambini.»
Aurora insisté: «L'hai mai rivisto?»
Oscar replicò: «Per stasera ci siamo già fatti fin troppe domande. Magari ti rispondo domani, okay? Adesso è meglio andare a dormire, si sta facendo tardi. E, mi raccomando, torna a lavarti i denti, prof.»
Aurora ridacchiò.
«Non c'è bisogno che tu me lo dica. Va bene, in ogni caso, basta domande, almeno per oggi. Per domani cercherò di pensare a qualcosa di più particolare, che ti metta in difficoltà.»
Oscar sospirò.
«Mi hai già messo in difficoltà, prof. Mi dispiace, ma oggi non sono abbastanza preparato.»
«Sei meno» ribatté Aurora, sorridendo. «Sei intelligente, ma dovresti applicarti di più, se non vuoi essere rimandato a settembre.»

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Capitolo 3
*** [Aurora] ***


L'odore della crema solare era talmente forte da dare fastidio. Non era comunque l'unica ragione di tedio: Aurora detestava la sensazione che le dava sulla pelle. Non aveva tuttavia potuto opporsi, quando era stata invitata da Luisa e dalla sorella Loredana a trascorrere il pomeriggio sulla spiaggia con loro. Entrambe avevano attribuito la sua reticenza alla scarsa volontà di esporsi agli sguardi altrui con addosso solo il costume, esibendosi in un coro di "stai benissimo" e "sei bellissima", senza mai centrare il vero problema: Aurora avrebbe preferito di gran lunga fare altro. L'unico costume che aveva portato con sé non le stava peggio di certi abiti e non provava vergogna per il proprio aspetto.
"Incredibile ma vero" pensò, accogliendo con un forzato sorriso la rivista che Luisa le porgeva e iniziando a sfogliarla distrattamente, "l'unico che ha capito qualcosa di me è Oscar."
Non aveva idea di dove fosse, d'altronde non gli chiedeva spiegazioni sui suoi spostamenti, sia per non essere invadente sia per non destare sospetti. Aveva capito che, nonostante la loro età, Oscar non ci teneva a farsi vedere da Luisa insieme a lei. In realtà, se non fosse stato per l'insistenza della madre, probabilmente non si sarebbe nemmeno trovato a casa con loro in quei giorni.
Sembrava di stare in una trappola e Aurora vi si sentiva dentro come non mai. Per fortuna c'era la rivista. Fintanto che le due donne più anziane avessero pensato che fosse immersa nella lettura, magari si sarebbero degnate di non cercare di fare per forza conversazione con lei. Aurora sapeva dove sarebbero andate a parare. O meglio, non aveva la certezza di quali argomenti avrebbero toccato, ma senza ombra di dubbio si sarebbero in qualche modo intromesse nella sua vita privata. Ci avevano già provato, ma per fortuna era sempre riuscita a evitare di ritrovarsi da sola con loro. Luisa era terribile, ma Loredana sapeva essere anche peggio.
Mentre Aurora stava cercando di concentrarsi sulla ricetta di un arrosto - ricetta che probabilmente non avrebbe mai messo in pratica, dal momento che difficilmente aveva ospiti a cena e non si sarebbe messa a cucinare piatti elaborati soltanto per se stessa - fu proprio la sorella della sua madrina a interrompere quella sorta di finto silenzio, fatto di un'accozzaglia di voci di sconosciuti che parlavano, urlavano e schiamazzavano, mescolandosi con il verso dei gabbiani.
«Cosa farai la prossima settimana, Aurora?»
Era una domanda innocente, in apparenza, ma Aurora non si fidava.
«Non saprei.»
«Allora perché non ti fermi ancora qualche giorno?»
Era un'offerta gentile, ma non era il caso.
«Non posso.» Cercò di trovare una scusa e gliene venne in mente una che, tutto sommato, non si discostava tanto dalla verità. «La prossima settimana mi scadono delle bollette, devo andare alle poste a pagarle prima che mi stacchino la corrente.»
«Magari puoi tornare» suggerì Loredana. «A meno che, ovviamente, tu non abbia di meglio da fare. Immagino che stare in compagnia di due vecchie signore non sia la tua priorità.»
Aurora si girò a guardare Luisa. Aveva solo sessant'anni, di sicuro non le sarebbe piaciuto essere definita con quelle parole. Tuttavia, da parte della sorella, sembrava accettarlo, specie se era un buon apripista per passare ad altro.
«Magari in città avrà un fidanzato, è chiaro che potrebbe preferire la sua compagnia alla nostra.»
«Beh, sì, è ovvio.»
«Non c'è nessun fidanzato» chiarì Aurora. «Ho solo un po' di cose da fare, in più non voglio approfittare di voi. Siete già state molto gentili a invitarmi per il weekend.»
«Sai che sono sempre stata molto legata a tua madre, Aurora» le ricordò Luisa, «Anche se...» Si interruppe, un po' come se dovesse misurare le parole. «Anche se le nostre strade si sono un po' separate.»
Aurora sapeva cosa intendesse. "Io e tua madre eravamo molto legate, poi io ho sposato un uomo molto ricco, mentre tua madre ne ha sposato uno che aveva semplicemente uno stipendio dignitoso. Le nostre strade si sono divise perché io frequentavo solo persone che avessero lo stesso status economico di mio marito, dato che era questo che si aspettava da me. Non mi è mai pesato, ho sempre preferito i suoi soldi ai legami con le persone, perfino al legame con lui stesso." Doveva essere quello il pensiero di Luisa, anche se non si sarebbe mai spinta a pronunciarlo ad alta voce.
Anzi, doveva essere già concentrata su altro, dato che aggiunse: «È un vero peccato che i tuoi genitori non siano venuti a trovarmi.»
«Quando li vedrò» rispose Aurora, «Riferirò loro che avresti piacere di incontrarli.»
Luisa rimase in silenzio. Dopotutto non poteva certo replicare che, in realtà, non le interessava nulla di rivederli, quanto piuttosto avrebbe gradito fare sfoggio anche davanti a loro della sua casa delle vacanze.
Se una delle due sorelle rimaneva in silenzio, l'altra doveva necessariamente parlare, a quanto pareva, dato che fu Loredana a dire qualcosa, nello specifico tornando sull'argomento "fidanzato".
«Non hai ancora conosciuto nessun giovane professore?»
«Di professori giovani ne ho conosciuti» ammise Aurora, «Ma questo, di per sé, non è sufficiente. Alle persone non basta solo incontrarsi, devono anche avere qualcosa in comune.»
«Voi giovani di oggi vi mettete troppi problemi» replicò Loredana. «Una volta ci mettevamo meno preoccupazioni. Io, al posto tuo, non mi sarei fatta sfuggire la possibilità di...»
Luisa la interruppe: «Aurora è una ragazza bella, elegante e istruita. Può puntare a qualcosa di più che a un semplice professore. Non è vero, Aurora?»
«Non c'è nulla di male a innamorarsi di un professore» ribatté Aurora. «Se mi succedesse non sarebbe un problema. Il punto è che non mi è ancora successo e che non tutti i giovani professori sono celibi.»
Luisa azzardò: «Possono sempre ripensarci.»
«In che senso?»
«Un giorno potrebbero lasciare le loro fidanzate, oppure le loro mogli. Anche mio marito, il padre di Oscar, era impegnato con un'altra donna, quando lo incontrai. Era fidanzato ufficialmente con la figlia di un suo socio in affari e si sarebbero senz'altro sposati, se non avesse incontrato me. Invece ci conoscemmo, feci subito colpo su di lui, e pure con certe difficoltà, in un secondo momento fui io a diventare sua moglie.»
«Oh, non lo sapevo.»
«Sono in pochi a saperlo. Te l'ho detto per ricordarti che non devi arrenderti alla prima difficoltà. Solo perché un uomo a cui punti non è libero adesso, non significa che non possa tornarlo, prima o poi. Adesso, peraltro, è molto più semplice. Quando ero giovane io, e ancora non si poteva divorziare, la presenza di una moglie iniziava ad essere un problema serio. Al giorno d'oggi una moglie potrebbe valere tanto quanto una semplice fidanzata.»
Aurora puntualizzò: «Non ho messo gli occhi su un uomo impegnato, non è una faccenda che mi riguarda, al momento. Auguro ai miei colleghi sposati o fidanzati di avere una vita felice insieme alle loro compagne, anzi. Il fatto che io sia sola, al momento, non mi sembra un buon motivo per sperare che rimangano soli anche loro.»
«Magari potrebbero avere qualche amico da presentarti.»
«Non saprei. Non ne abbiamo mai parlato. Non è un'urgenza, per me, trovare qualcuno che voglia fidanzarsi con me o addirittura sposarmi.»
Loredana le suggerì: «Se fossi al posto tuo, cercherei di sbrigarmi. Più il tempo passa e più i migliori finiranno per accasarsi. Allora non ti resterà altro da fare che puntare agli scarti delle altre donne, come mio nipote Oscar.»
Aurora avvampò.
«Perché Oscar dovrebbe essere uno scarto?»
«Ha avuto parecchie ragazze, in passato» precisò Loredana. «Non ha funzionato con nessuna di loro.»
«Magari è Oscar ad avere gusti difficili» ipotizzò Aurora.
Loredana accennò una risata.
«Stai dicendo che per te Oscar non è così male?»
«Sto dicendo che non vedo perché dovremmo passare il pomeriggio a spettegolare su di lui» rispose Aurora, cercando disperatamente di cambiare argomento. «Magari Oscar sta bene così.»
«Parlate di me?» chiese all'improvviso una voce alle loro spalle.
Aurora sussultò, lasciando cadere la rivista e girandosi.
«Oscar?!»
Il figlio della sua madrina sorrideva e Aurora sentì, pur senza vederli, i suoi occhi che la scrutavano da dietro le lenti a specchio degli occhiali da sole.
«N-no» balbettò, venendo subito smentita da Luisa.
«Tua zia stava commentando il fatto che non hai una fidanzata fissa da... da quanti anni? Ce l'hai mai avuta una fidanzata fissa? Mi hai portato a casa un paio di ragazze, in passato, ma è stata una vita fa, quando c'era ancora tuo padre.»
Aurora cercò di sviare l'argomento.
«Tu, piuttosto, cosa ci fai qua?»
Oscar ribatté: «Devo ipotizzare che la mia presenza ti infastidisca, prof?»
«No, affatto» rispose Aurora, «è solo che non pensavo di incontrarti in spiaggia. Pensavo preferissi evitarla.»
«Preferisco evitare di andarmene in giro in mutande dai colori imbarazzanti» le ricordò Oscar, che indossava una camicia hawaiana e un paio di pantaloncini bianchi. «E comunque, se dovessi fare un'opera buona, la farei ovunque, anche su una spiaggia.»
«Che tipo di opera buona?»
«Salvare una povera professoressa rapita da due tremende signore avanti con gli anni che, senza ombra di dubbio, stanno cercando di convincerla a prendere in considerazione un certo scrittore scapolo al quale non vedrebbero l'ora di trovare una donna.» Si girò verso Luisa e Loredana. «Perché è questo che state cercando di fare, vero, mamma?»
«Oh, no, affatto» replicò Luisa. «Non mi permetterei mai di suggerire ad Aurora di frequentarti.»
«Perché sono senza speranze?» azzardò Oscar. «Oppure perché Aurora non è abbastanza attaccata ai soldi?»
Aurora sussultò. Non era sicura della piega che quella conversazione stesse per prendere.
Oscar si rese conto che si sentiva a disagio e la rassicurò: «Tranquilla, tu non c'entri nulla. Anzi, ti porto a fare un giro, se vuoi. Andiamo sul molo a vedere se c'è qualche pescatore e se i pesci abboccano?»
All'improvviso quella appariva come la migliore delle idee. Aurora si infilò il copricostume e i sandali, prima di alzarsi in piedi.
«Sono pronta.»
Oscar sorrise.
«Ciao mamma, ciao zia. Ci vediamo stasera a cena. La compagnia dei pescatori, per ora, potrebbe essere più gradevole della vostra.»
Aurora si allontanò in silenzio. Soltanto dopo molti metri, quando era sicura di essere al riparo da orecchie indiscrete, domandò a Oscar: «Come ti è venuto in mente di dire quelle cose a tua madre?»
«Mi dispiace di averlo dovuto fare davanti a te, ma mia madre si meritava ogni singola parola che ho detto» puntualizzò Oscar. «Posso capire tutto, ma non la sua invadenza. Non ha alcun diritto di intromettersi nella tua vita privata. Perché è questo che hanno fatto lei e mia zia, vero?»
«Un po' sì» ammise Aurora, «Ma non ho capito quella faccenda dei soldi.»
«Mia madre gradirebbe che dessi un maggiore sfoggio del patrimonio di famiglia e che mi trovassi un'arrampicatrice sociale come moglie. Non ha capito niente di me. Non ha capito che voglio vivere come una persona normale.»
«Perché, come vivono le persone normali?»
«Senza guardare gli altri dall'alto al basso e senza trattare le persone come se fossero oggetti da comprare.»
«È per questo che non vuoi che tua madre veda il tuo appartamento? Perché non riterrebbe alla tua altezza il posto dove abiti?»
Oscar attirò a sé Aurora e la guardò negli occhi - o quantomeno fu l'impressione che diede dato che aveva gli occhi ancora coperti dalle lenti a specchio.
«Quello era l'appartamento di Nico, il famoso figlio della governante. Ci andai ad abitare con lui per aiutarlo a pagare le spese. Era senza lavoro, ai tempi. Io, invece, avevo lasciato il giornale e avevo voglia di cambiare vita.»
«Ed è così, quindi, che sei diventato il cattivo ragazzo tanto denigrato dai pescatori del luogo?» azzardò Aurora.
Oscar la ignorò.
«Nico è stato come un fratello per me. A mia madre farebbe inorridire il solo pensiero che io abbia condiviso un piccolo appartamento con quello che lei avrebbe considerato un individuo inferiore.»
«E poi?» chiese Aurora. «Cosa ne è stato di lui? Abiti da solo, adesso, mi hai detto. Che fine ha fatto Nico?»
«Questo sarebbe il momento giusto per metterti a tacere infilandoti la lingua in bocca» ribatté Oscar. «Peccato che mia madre e mia zia abbiano una vista fin troppo acuta e sarebbero capaci di vederci e di farsi un film, se lo facessi. Dovrò rimediare sul piano B, portarti a fare quattro chiacchiere con i pescatori.»
«Va bene» si arrese Aurora. «Mi arrendo al fatto che tu abbia dei segreti.»
«Chi non ne ha?»
«Non credo di averne. O quantomeno, non ho dei segreti imbarazzanti. Ho solo accidentalmente bruciato il mio vestito preferito mentre stiravo. E poi, una volta, mentre correggevo i compiti dei miei studenti, ci ho ribaltato sopra per sbaglio una lattina di Coca Cola.»
«Questi sono segreti piuttosto scabrosi, prof. Temevo che tu fossi perfetta, invece non lo sei e questo ti rende mille volte più interessante. Inoltre, se un giorno ti sposassi, so che non dovrei mai e poi mai farti stirare le mie camicie. Io non le ho mai bruciate.»
«Stiri?»
«Mi ha insegnato Nico a suo tempo. Anche questo è un segreto. Mia madre inorridirebbe di fronte a un simile pensiero.»
«Un uomo che stira?»
«No, diciamo piuttosto una persona abbiente che stira invece di pagare qualcuno perché lo faccia al posto suo. Ma basta parlare di queste cose, andiamo dai pescatori.»
Il molo era più affollato della mattina precedente e, in realtà, Aurora e Oscar non rivolsero la parola a nessuna delle persone che stavano pescando, ma rimasero soltanto da soli ad attendere che venisse l'orario in cui si poteva ipotizzare che Luisa e Loredana avrebbero lasciato la spiaggia. Non c'erano più, quando tornarono indietro e ormai iniziava a calare la sera.
«Sarà meglio andare» osservò Aurora. «Sbaglio o siamo stati invitati tutti a una grigliata da quelli della casa di fronte?»
«Non sbagli, ma per quanto mi riguarda non mi preoccuperei se dovessimo fare tardi» ribatté Oscar. «Sarà una serata terribile. Voglio dire, la carne alla griglia e il vino la renderanno sicuramente molto meno terribile, ma per il resto non c'è niente a cui guardare con ansia. Ti va di farci un bagno?»
«A quest'ora? L'acqua starà iniziando a diventare fredda.»
«Non dirmi che hai paura del freddo, prof.»
«Ho paura che tu possa entrare in acqua come la natura ti ha fatto, visto che cosa ne pensi dei costumi da bagno maschili.»
«Vai tranquilla, non intendo fare il bagno nudo. Non con la gente che è ancora in giro, almeno. L'essere contrario all'idea di farmi vedere in costume non significa che non lo indossi sotto ai pantaloncini quando può venirmi utile.» Oscar si sbottonò la camicia. «Spero solo che non scapperai dopo che mi sarò spogliato.»
«Perché dovrei?» ribatté Aurora. «Non penso che tu sia così orribile da dovere fuggire via terrorizzata.»
«Diciamo che se fossi due o tre chili di meno non mi dispiacerebbe. Ho un po' un fisico da mangiatore di grigliate.»
«Beh, non sono una grigliata, quindi sono abbastanza sicuro che non ti nutrirai di me.» Aurora si tolse i sandali e si sfilò il copricostume. «Avanti, sbrigati. Sei tu quello che vuole fare il bagno!»
Si avviò verso la riva, mentre Oscar finiva di spogliarsi. Appena l'acqua le bagnò i piedi e le caviglie, le sfuggì un urlo.
«È freddissima! Mi dispiace, ma qui dentro non ci entro.»
«Invece faresti meglio a entrarci» scherzò Oscar. «Ora non ci sono più mia madre e zia Loredana. Potrei davvero baciarti.»
«Puoi farlo qui.»
«Sì, potrei, ma voglio metterti alla prova. Fino a che punto sei disposta a spingerti per ricevere il bacio di un poeta maledetto, prof?»
La prese per mano e si avviò in direzione del mare. Aurora non poté fare altro che seguirlo. Non fu così terribile, almeno finché, in risposta alle sue proteste, diversi metri più avanti Oscar non si tuffò in acqua trascinandola con sé.
«Ti stai prendendo troppe libertà con me» mise in chiaro Aurora. «Attento a quello che fai, poeta maledetto.»
Oscar rise, beffardo.
«Essere mandato in punizione dietro la lavagna da te rimane sempre il mio sogno proibito, farò tutto il possibile per farlo accadere.»
Aurora scattò verso di lui.
«Mi avevi promesso un bacio o sbaglio?»
Era arrivato il momento di mettere le cose in chiaro. Si fiondò sulla bocca di Oscar, che non si ritrasse, anzi, si lasciò baciare con avidità.
Quando si staccarono, le disse: «Complimenti, prof. Mi piacciono le donne che prendono l'iniziativa. La vedo come un invito a spingermi più in là.» La strinse a sé e con una mano le sfiorò i capelli. «Anzi, non è esatto. Le altre donne potrebbero prendere tutte le iniziative che vogliono, ma adesso mi interessi solo tu. E, attenzione, ho detto adesso. Non significa necessariamente per sempre.»
«Al per sempre ci penserò poi» replicò Aurora, mentre la mano di Oscar abbandonava i suoi capelli e si abbassava. Senza il tempo di accorgersene, Aurora se la ritrovò tra le cosce, facendola avvampare. «Tu, invece, cerca di ricordare che siamo in pubblico.»
Oscar sorrise.
«Nessuno può vedere quello che faccio.»
Aurora lo fulminò con lo sguardo.
«Non qui.»
«Solo una piccola anticipazione» ribatté Oscar, risalendo e insinuando le dita sotto al costume di Aurora. «Ti aspetto in camera mia stasera a mezzanotte. Verso le undici e mezza, dì a mia madre - se lei e zia Loredana sono ancora in giro - che sei stanca e pensi di andare a letto. Poi, quando non fanno più caso a te, mi raggiungi.»
Non ci fu bisogno di riflettere, Aurora andò a colpo sicuro: «Va bene.»

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Capitolo 4
*** [Oscar] ***


Oscar guardò per l'ennesima volta l'orologio che portava al polso, cercando di non dare l'impressione di essere desideroso di andarsene. Erano appena le dieci e un quarto e tutti i presenti - a parte Aurora che, esattamente come lui, doveva sentirsi spiazzata da tutte quelle chiacchiere - erano impegnati in conversazioni senza né capo né coda. La più scatenata di tutti era zia Loredana, che dopo l'ennesimo bicchiere di vino si stava lasciando andare più del solito. Per qualche strano motivo, sembrava desiderosa di spiegare ai vicini, autori dell'invito a cena, chi fosse esattamente Aurora, il tutto senza descrivere la sua famiglia in termini propriamente gentili.
«...Così, mia sorella e la madre di Aurora si persero di vista, ma la madre di Aurora, di tanto in tanto, continuava a scriverle e a cercarla.» Zia Loredana spostò lo sguardo su Aurora stessa. «Non offenderti, cara, ma non è che tua madre c'entrasse molto con l'ambiente che frequentavano Luisa e suo marito.»
Aurora annuì, distrattamente.
«Lo so.»
Zia Loredana si spinse ancora più in là.
«Diciamo che Aurora è una sorta di parente povera che Luisa ci tiene a invitare... senza offesa, Aurora.»
Aurora non dava segno di ascoltarla con grande partecipazione e, Oscar ne era certo, non era minimamente indignata dal fatto di essere stata definita "parente povera", per una semplice ragione: il giudizio di Loredana, offuscato dall'alcool, era l'ultimo dei suoi interessi. Era molto probabile che a sua volta stesse aspettando che venisse un orario ragionevole per andarsene.
Oscar non si aspettava che sua madre - decisamente più sobria della zia - intervenisse in quella conversazione, ma venne stupito dal contrario.
«Ovviamente non abbiamo mai considerato Aurora come una "parente povera".»
Zia Loredana ridacchiò.
«Certo, non è davvero una parente.»
«Non dire idiozie, Loredana! Io e la madre di Aurora eravamo molto amiche, un tempo. Certo, abbiamo iniziato a frequentare ambienti diversi, come hai detto tu, ma la stai dipingendo come una miserabile da evitare. Non l'ho mai considerata così. Sono sempre stata legata a Costanza, anche quando ci siamo allontanate. Ho anche accettato di essere la madrina di Aurora, al suo battesimo, nonostante fossero anni che io e sua madre ci vedevamo a malapena.»
«Non volevo essere scortese.»
«Sì, invece, volevi proprio essere scortese.»
«Allora vorrà dire che chiedo scusa ad Aurora.» Loredana si girò verso l'ospite. «Mi dispiace per quello che ho detto su di te e su tua madre.»
Aurora rispose, in tono distaccato: «Non c'è problema. So che Luisa ha sempre avuto stima di mia madre.»
«Di tua madre sì, di altre persone che frequentava un po' meno» ribatté Loredana, «Vero, Luisa?»
Oscar fissò sua madre, mentre rimaneva in silenzio per quello che gli sembrava fin troppo tempo. Infine, la sentì replicare: «Non so di cosa tu stia parlando.»
«Ricordo anche un'altra delle tue amiche, mi pare si chiamasse Floriana, quella che poi per un periodo lavorò da te come governante.»
Oscar sussultò. Quella conversazione stava per prendere una piega che non gli sarebbe piaciuta, ne era certo.
«Floriana? Sì, ricordo vagamente, ma sbagli, non eravamo grandi amiche. Per un breve periodo abbiamo abitato nello stesso posto. Non...» Oscar si rese conto che sua madre era in difficoltà. Evidentemente Loredana aveva tirato fuori un discorso che avrebbe di gran lunga preferito evitare. «A un certo punto, dopo essermene andata da casa dei miei genitori, da ragazza, ho affittato una stanza a casa di una vecchia signora che avevo conosciuto per caso. Aveva tanto spazio ed era completamente sola. Floriana era una delle altre ragazze. È stato prima di sposarmi. È così che ho conosciuto Floriana e, anni dopo, quando aveva bisogno di un lavoro, mio marito le ha offerto un posto come governante a casa nostra. A me non sembrava una buona idea, volevo chiudere con il passato... e, di fatto, con quel passato ho chiuso. Ti pregherei, quindi, di smetterla di ammorbare tutti con queste sciocchezze.»
«Floriana aveva un figlio, giusto? Un figlio che non era stato riconosciuto dal padre.»
«Sì, e non ha detto a nessuno chi fosse il padre.»
«A volte giocava con Oscar, me lo ricordo.» Zia Loredana si rivolse proprio a lui. «Non so se te lo ricordi tu, era un bambino che, per un certo periodo, passava un sacco di tempo con te.»
Oscar mentì: «Me lo ricordo vagamente, ma sono passati tanti anni. Ero bambino. Ci sono tante cose che non ricordo, di quando ero bambino, specie quelle che sono stato scoraggiato dal ricordare.» Se la prima parte di quell'affermazione era falsa, la seconda corrispondeva a verità. «La casa di quella signora trasformata in una sorta di pensione penso di ricordarmela.»
Sua madre si voltò di scatto verso di lui.
«Oh, no, è impossibile.»
«Io invece ti dico che è possibile» ribatté Oscar. «È possibile che tu mi ci abbia portato, a un certo punto?»
«Perché avrei dovuto?»
«Non saprei. Magari per andare a trovare quell'anziana signora, oppure Floriana, se abitava ancora là, o qualcun'altra delle coinquiline.»
Vide sua madre annuire, un po' come se le avesse messo in bocca la scusa perfetta, alla quale non aveva pensato in precedenza.
«Oh, è possibile. Sono tornata più di una volta, dopo essermi sposata con tuo padre, a trovare qualcuna di loro, ma non ricordavo di averti mai portato con me. Non so, forse mi hai sentito parlarne e ti sei costruito dei ricordi. Eri piccolo, dopotutto.»
«Può essere» replicò Oscar. «Io, però, sono sicuro di esserci stato, e non solo una volta. Ho dei ricordi abbastanza vividi. Comunque capisco, se quello era un periodo poco bello della tua vita, che volessi dimenticare. Anzi, ti dirò, non è possibile che ne sia venuto a conoscenza per caso. Non ti ho mai sentito parlarne, perché non ne parlavi mai. Anzi, non sono sicuro che la zia stasera abbia fatto una bella cosa, tirando fuori l'argomento.»
«Tua zia stasera ha bevuto un po' troppo, vero, Loredana? Non sa quello che dice, non sa tenere a freno la lingua. Ad ogni modo non ha importanza. A chi interessa della casa della signora Caterina e delle sue pensionanti? Chissà che fine hanno fatto, ormai. le ragazze, intendo, la vecchia ormai sarà morta da anni.»
Era chiaro che per zia Loredana il discorso non era chiuso.
«Quella Floriana conosceva la verità?»
«Quale verità?»
«La verità.»
«Non so di cosa tu stia parlando.»
«Lo sai, Luisa. Quella Floriana sapeva quando ti eri sposata davvero.»
Oscar decise di intervenire a sostegno della madre, anche se non era certo che la versione dei fatti che gli era stata comunicata molti anni prima dal padre corrispondesse totalmente a verità. Si trattava comunque di una versione ufficiale, seppure riservata al loro nucleo familiare, quindi riteneva potesse essere divulgata senza troppi problemi. Ciò che poteva essere considerato uno scandalo negli anni '50, aveva fortunatamente perso il potere di indignare la morale pubblica a distanza di trentacinque anni.
«Non c'è niente di segreto, zia. Io stesso l'ho scoperto da papà, che lui e mamma si sono sposati qualche anno dopo che vivevano insieme e dopo la mia nascita.»
Oscar si ritrovò con gli occhi di sua madre fissi su di lui.
«Cosa ti ha raccontato?!»
«Che si era sposato, in giovane età, e che quando vi siete conosciuti era già separato dalla sua prima moglie da anni, che ti amava, ma che non poteva sposarti, almeno finché quella donna era in vita. Era la figlia del suo socio in affari.» Oscar vide che Aurora appariva improvvisamente interessata. «Immagino che non sia esattamente questa la versione che racconti tu, ma non c'è niente di male, ti pare? Io sono nato prima che voi vi sposaste e se la sua prima moglie non fosse morta non avrebbe potuto sposarti, tutto qui.»
Gli parve di scorgere almeno un po' di sollievo sul volto di sua madre. Forse c'erano altri dettagli della storia che non conosceva, ma la situazione era stata salvata. I vicini si misero in gran fretta a parlare d'altro e ben presto quella parte di conversazione venne dimenticata, almeno in apparenza.
Oscar attese ancora un po'. Erano le dieci e quaranta, quando annunciò che sarebbe andato a farsi una doccia e poi a dormire. Aurora avrebbe dovuto, a quel punto, rimanere seduta a tavola ancora un po', per non destare sospetti.
Rientrò in casa e si diresse verso il bagno. Mentre l'acqua gli scrosciava addosso, andò a cercare nei cassetti della propria memoria tutti gli accenni che aveva sentito, anche prima della "confessione" di suo padre, a proposito della cosiddetta oscura vicenda che riguardava il suo concepimento e la sua nascita.
Era abbastanza certo che la parte relativa al primo matrimonio di suo padre corrispondesse a verità e che fosse davvero stato sposato con la figlia del suo socio in affari.
"Ovviamente, se fosse venuto fuori il discorso in qualche circostanza, mamma avrebbe negato, dato che hanno sempre fatto credere, a chiunque non potesse sapere il contrario, di essersi sposati un anno prima che io nascessi."
Tutto il resto, la separazione e il fatto che, al momento della sua nascita, i suoi genitori vivessero già insieme, non poteva provarlo in alcun modo. Quello che era certo era che, dopo la morte della prima moglie, suo padre si era risposato con sua madre. Il suo socio in affari, a quel punto, era già morto a sua volta e non vi era più nessuno a cui dovesse rendere conto delle proprie azioni.
"Ma la madre di Nico cosa c'entra in tutto ciò?"
Sua zia Loredana aveva menzionato Floriana e il fatto che potesse conoscere verità scomode. Non era forse una verità di cui anche altre persone erano al corrente? Era plausibile che una vecchia coinquilina di sua madre sapesse che aveva iniziato una relazione con un uomo che viveva separato dalla moglie, ma si trattava di un segreto condiviso.
"Non è possibile che sia andata così, se davvero mamma voleva liberarsi di lei deve esserci sotto qualcos'altro. Però, più probabilmente, sono solo vaneggiamenti alcolici della zia."
Oscar smise di riflettere e si limitò a pensare che, di lì a poco più di un'ora, avrebbe potuto dimenticare tutto, così come un giorno più tardi avrebbe potuto andarsene e lasciarsi alle spalle quella parentesi trascorsa nella casa al mare.
Quando uscì dal bagno, si rese conto di avere ancora molto tempo a disposizione. Si infilò il pigiama più elegante che avesse portato con sé, anche se era un po' troppo pesante per quella stagione, e si sedette sul letto, chiedendosi se Aurora si sarebbe davvero presentata o se ci avesse ripensato. Se così fosse stato, la colpa poteva essere attribuita a quella svitata di sua zia, che l'aveva definita senza mezzi termini "parente povera". Possibile che non avesse nemmeno un minimo di contegno? Si poteva dare la colpa all'alcool che le aveva sciolto la lingua, ma chi avrebbe avuto l'indecenza di definire un'ospite con quelle parole, se non l'avesse pensato anche da sobria?
Oscar rimase seduto sul letto per parecchi minuti, ma l'attesa era straziante. Si spostò alla scrivania e si mise a sfogliare il suo blocco di appunti. Sentiva la mancanza della sua macchina da scrivere, ma ne avrebbe potuto fare a meno, per quella sera. Prese una penna e si mise a scarabocchiare distrattamente il bordo di una pagina sulla quale aveva a suo tempo steso una scaletta di un progetto sul quale intendeva lavorare. Poi si mise alla ricerca di una bianca e le parole gli vennero fuori di getto.
Più tardi, non si accorse dell'arrivo di Aurora fintanto che la porta non si scostò e non la sentì chiedere: «Posso entrare?»
Trattenne a stento un sussulto e rispose: «Sì, vieni pure.» Non fece in tempo ad allontanarsi dalla scrivania, né gli venne in mente di chiudere il blocco, anche perché c'era una faccenda più urgente da risolvere. Aurora indossava un paio di sabot con il tacco alto, che rimbombavano a ogni passo. «Togliti le scarpe, le due svitate potrebbero sentirti.»
Aurora se le sfilò, richiudendo la porta alle proprie spalle.
«Scusa, non ci avevo pensato.»
Oscar non poteva fare a meno di fissarla. Portava un indumento difficile da definire, troppo sexy per essere una camicia da notte, ma allo stesso tempo inadeguato per essere considerato una sottoveste. Le stava benissimo, come del resto qualunque cosa sarebbe stata bene addosso a lei.
«Wow, sei uno schianto.»
Aurora sorrise.
«Grazie.»
Gli si avvicinò e Oscar ci tenne a puntualizzare: «Mi dissocio da tutto quello che ha detto mia zia... e magari anche da quello che ha detto mia madre, ma non penso che almeno lei ti abbia insultata.»
Aurora alzò le spalle, con indifferenza.
«Ho sempre saputo cosa pensa Loredana di me. Tua madre è sempre stata molto più gentile. Voglio dire, probabilmente pensa davvero a me come una sorta di "parente povera", ma per lei non ha una connotazione negativa.» Non doveva essere molto interessata a quell'argomento, dato che il suo sguardo andava a posarsi sul blocco ancora aperto. «Ho interrotto qualcosa?»
«No.»
«Stavi scrivendo?»
«Stavo abbozzando una cosa, ma avevo già finito, per il momento.»
«Posso leggere?»
Oscar sospirò.
«Non penso di poterti dire di no.»
«Una poesia di Olivia Passante?» azzardò Aurora, prendendo in mano il blocco.
«Una poesia di Oscar Molinari, per il momento, e destinata a non essere letta da nessuno, se non da te.»

So che ti affascino
Da quando ti ho detto
Che vivere è uno stato d'animo,
Rischi di impazzire,
Di non volere vedere,
Sai che finché mi ammiri
Allora vivi, anche se non respiri.

Poi bruci,
Tutto è distrutto,
Il tuo sguardo è vuoto
Quanto ti vesti a lutto,
Poi te ne vai,
Mi dici: dimenticami,
Non tornerò mai.

Avevamo in mano le carte,
Tra la gloria e il potere,
Gli applausi costruiti ad arte,
Dolceamara malinconia di vita,
Non so più chi ha deciso
Di truccare la partita,
Ci credevamo determinati e accorti,
Ma abbiamo perso tutto
E mi hai detto: presto saremo morti.

Non ti trattengo,
Ma ci penso per ore,
Non so cosa provo, se odio o amore,
Sfuggi al mio sguardo,
Vorrei inseguirti,
Ormai sono in ritardo:
Chiudi gli occhi,
Scivoli via,
Mi trascini nella tua follia.

Mi dici: per me non sei più niente,
Ma non dimenticherai,
Tormenterò la tua mente,
Cercherai di scappare,
Mentre piove a dirotto
Sentirai la mia voce
Come un nastro rotto,
Proverai a fuggire in volo,
Ma nessuno di noi sarà mai solo.

A volte ti immagino
E ancora mi dico
Che vivere è uno stato d'animo,
Magari avrò torto,
Ma non penso che respirare
Significhi sempre non essere morto.

In questo finale amaro
Ancora non vedo chiaro,
Sento la tua voce,
Non so più se il tempo
Scorre lento o veloce,
Vorrei tornare a quando eravamo felici,
Non voglio più fuggire,
Ti ascolto mentre dici:
Adesso stai per morire.

Ti ho qui davanti,
Non te ne sei mai andato,
Ci fissiamo come gemelli
Con il cuore spezzato,
Sospesi tra la gloria e il potere,
Tu con le ali bianche,
Io con le ali nere.

Tu inseguivi i sogni
Che io sempre distruggo,
Mi dici: sono qui,
Stavolta non ti sfuggo,
Nonostante tutto
Ti voglio ancora bene
E ancora non ci credo
Che adesso siamo insieme.


Aurora parve immersa nel testo, ma Oscar era sicuro che ben presto si sarebbe concentrata su altro.
«La trovo molto profonda» commentò Aurora, dopo avere terminato la lettura, dimostrandogli che si sbagliava. «Davvero, mi ha colpito, nel profondo dell'anima. Parli di anime gemelle, ma dopo un amore finito?»
«Non lo so nemmeno io di cosa parlo» mentì Oscar. «Pensavo a due lati della stessa persona, che convivono in un solo corpo. Quello più innocente tende a soccombere, ma senza spegnersi totalmente e senza arrendersi al lato più oscuro, che cerca di riemergere e di annientare la parte che ha cercato di cancellarlo. Non so se mi spiego, tu sei una prof di matematica, magari sei più razionale di me e tutto quello che viene da chiederti è se sono ubriaco.»
«Oh, no, per niente» replicò Aurora, appoggiando il blocco sulla scrivania. «Anzi, mi piace questo lato romantico di te. Però c'è dell'altro, vero? Questa spiegazione sui due lati della stessa personalità è bella, ma non mi convince. Ci leggo qualcosa di più personale.»
«Forse» ribatté Oscar, «Faresti meglio a leggere altre cose. Non so, equazioni e disequazioni.»
«Ci leggo una dedica a una persona cara che non c'è più, e forse quello che penseresti se potessi rivederla» insisté Aurora. «È quel tuo coinquilino figlio della governante, vero?»
«Non ti ho invitata qui per parlare di Nico. Anzi, proprio non mi va di parlare di Nico.»
«Cos'è successo?»
«Non ti arrendi mai, vero, prof?»
«Non finché non ho risposte. Eravate amanti?»
«Amanti? Io e Nico? No, era come un fratello per me. E poi a me piacciono le belle donne, non gli uomini dall'aspetto nella media.»
«Però eri molto legato a lui.»
«Ti ho detto che lo consideravo come un fratello.»
«È morto, vero?»
Oscar sbuffò.
«Sì, è morto. Sei contenta, adesso che lo sai?»
«No, anzi, mi dispiace molto» rispose Aurora, con tono sincero. «Mi dispiace per lui, ma anche per te.»
«Non devi dispiacerti per me» obiettò Oscar. «Io ho solo fatto dei casini e, se Nico non c'è più, in parte è anche colpa mia. Ha fatto delle scelte sbagliate, verso cui io stesso l'ho spinto. Però non ti ho chiamata qui per parlarti dei miei deliri interiori.» Chiuse il blocco. «Questa è solo una bozza, ci lavorerò su in un altro momento. Adesso ho qualcosa di più importante di cui occuparmi, sempre ammesso che tu non preferisca trascorrere la notte a discutere di amicizie terminate tragicamente e di poesia.»
Si alzò in piedi, allungò una mano e fece per abbassarle una spallina dell'indumento non definibile che portava.
«No, aspetta» lo pregò Aurora, «Non con tutta questa luce. Tua madre e tua zia potrebbero vederla dal cortile. Non devono pensare che tu sia venuto nella tua stanza a dormire?»
«Va bene, spegniamo la luce, ma almeno l'abat-jour me la concedi?»
Aurora andò a spegnere l'interruttore.
«Sì, certo.» Mentre Oscar andava ad accenderla, si diresse verso il letto. «Io sono pronta. Tu?»


NOTE: la poesia "Gemelli con il cuore spezzato" è inserita nella mia raccolta "Elogi e necrologi nascosti in cassaforte". L'interpretazione originale a cui avevo pensato, prima di inserirla in questo capitolo, al quale ho pensato si potesse adattare, era quella che viene fornita inizialmente da Oscar, ovvero il contrasto tra due aspetti di una stessa personalità.

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Capitolo 5
*** [Aurora] ***


Mentre Aurora parlava, Nora dava segno di avere già adocchiato da tempo il pacchetto di sigarette che aveva appoggiato sul tavolo tempo prima. Non si stupì vedere l'amica prenderlo in mano e chiederle: «Ti dà fastidio se fumo?»
Aurora ribatté: «Faresti meglio a smettere.»
«Non in questo momento» replicò Nora. «Posso?»
«Solo sul davanzale della finestra» rispose Aurora, con fermezza. «E portati il posacenere, che non voglio sentire lamentele da parte dei vicini.»
Nora annuì.
«Grazie, come vuoi.» Andò alla finestra e si accese subito una sigaretta, esortando Aurora a proseguire il loro discorso. «Dunque, ricapitoliamo: il figlio della tua madrina è un tizio estremamente sexy, che incarna tutti gli stereotipi di figaggine...»
Aurora la interruppe: «Non ho detto nulla di tutto ciò.»
«L'hai descritto essenzialmente come un divo del cinema, biondo, con i capelli lunghi fino alle spalle e due occhi azzurri che quando ti guardano ti fanno venire voglia di spogliarti.»
«Non mi sembra di averlo descritto in questi termini.»
Nora sbuffò.
«Va bene, non l'hai descritto con queste parole esatte, ma era palese che tu lo pensassi.»
«Non sapevo che avessi maturato la capacità di leggere nella mente delle persone. Potresti metterla in pratica con i tuoi studenti, per capire se stanno copiando. Li sento, ogni tanto, dicono che con te è troppo facile.»
«I miei studenti credono che non me ne accorga, ma in realtà mi limito a chiudere un occhio.»
«Se fossi in te, non me ne vanterei.»
«Perché no? Mentre voi vi comportate come degli inquisitori, io lascio che si esprimano come meglio credono.»
«Quindi impedire loro di copiare limiterebbe la capacità di espressione?»
«Voglio che i miei studenti diventino persone mature. Se facessi tutto il possibile per impedire loro di copiare, il messaggio che passerebbe è che non bisogna copiare perché la prof di francese è una stronza. Io voglio che imparino a non copiare perché devono cavarsela da soli. Devono arrivare a capirlo anche senza di me.» Nora si allontanò dalla finestra, avvicinandosi ad Aurora. «Adesso, però, mi pare che stiamo divagando.»
«E a me, invece, pare che tu stia fumando nel mio soggiorno» replicò Aurora. «Tornatene sulla finestra.»
«Va bene, mi arrendo, tu però adesso mi racconti i dettagli.»
«Mi sembra di averti già raccontato qualche dettaglio.»
«Sì. Sei arrivata a casa della tua madrina giovedì sera e l'hai visto di sfuggita. Pioveva a dirotto, quella sera. La mattina dopo, hai scoperto che la pioggia l'aveva ispirato e che ti aveva dedicato una poesia in cui ti definiva un'insegnante avvenente. Quest'uomo ha molte doti. Nessuno mi ha mai detto che sono un'insegnante avvenente, figurarsi farlo dedicandomi una poesia.»
«Non era una poesia» chiarì Aurora. «Erano un po' di versi buttati giù a caso con cui pensava di impressionarmi. E non ce l'ha fatta.»
Nora rise.
«A me pare il contrario, ma chi sono io per giudicare.»
«Voglio dire, Oscar mi ha impressionata per molte ragioni, ma non per quella sorta di poesia» puntualizzò Aurora. «La mattina dopo sono andata a fare una passeggiata sul molo ed ecco che all'improvviso me lo sono ritrovata davanti. Anzi, me lo sono ritrovata dietro. Poi mi sono girata e...»
«E, fammi indovinare, ce l'avevi davanti? Cosa facile da intuire, dato che prima era dietro di te.»
Aurora la ignorò.
«Ci siamo messi a parlare e l'ho criticato per quello che aveva fatto.»
«Wow, sembra la trama di un film: la protagonista femminile è sconvolta dalla sfacciataggine del bel figo di turno, lo rimprovera per la sua presunta scortesia, ma poi si rende conto che il bel figo di turno non la fa indignare per niente. Al massimo la fa eccitare.»
«Non la metterei esattamente in questi termini. Anzi, ero ancora indispettita quando questo si è messo a parlare con un pescatore. Però è stato divertente: il pescatore conosce di fama la mia madrina e si è messo a decantare le sue doti, specificando che ha un figlio che ha preso una cattiva strada.»
«La tua madrina ha altri figli, oppure parlava proprio di Oscar?»
«Parlava di Oscar.»
«E il tuo bel figo cos'ha fatto? L'ha buttato in mare?»
«No, affatto. Ha finto di non essere lui il figlio di Luisa.»
«Oserei immaginare che, con un simile comportamento, abbia fatto sciogliere il cuore alla nostra protagonista femminile» dedusse Nora. «Se fosse stato un film, sarebbe andata a finire così.»
«Non era un film, però ammetto che quella scena mi ha fatto ridere abbastanza. È stata dura, anzi, non scoppiare a ridere in faccia a quel povero pescatore sprovveduto. Comunque è bastato per convincermi a non mandare a quel paese Oscar e abbiamo fatto un giro lungo la spiaggia. Abbiamo parlato... e poi, a un certo punto, ci siamo baciati.»
Nora azzardò: «Ci ha messo poco questo Oscar per far breccia nel tuo cuore. D'altronde ti capisco, avevi pochi giorni a disposizione, hai fatto bene ad approfittarne. Dimmi, piuttosto, te lo sei portata a letto quel giorno stesso?»
«No, durante il resto della giornata se n'è andato in giro per i fatti suoi» rispose Aurora. «Quella sera, però, mi ha invitata a uscire con lui.»
«E immagino che, da perfetto uomo bello e dannato, ti abbia fatto fare qualcosa di folle.»
«Mangiare un gelato al bar è abbastanza folle?»
«No, mi delude un po'.»
«Invece è stata una bella serata» le riferì Aurora. «Abbiamo parlato di tante cose, ci siamo conosciuti meglio. Voglio dire, conoscevo già Oscar, ma non eravamo mai stati molto in confidenza. Mi sono trovata bene con lui.»
«Poi siete tornati a casa» ipotizzò Nora, «E te lo sei portata a letto.»
«Non ancora.»
«Come sarebbe a dire?»
«Sarebbe a dire che siamo tornati a casa e siamo andati a dormire, ciascuno nella propria stanza.»
«Strano. Pensavo che...»
Aurora non la lasciò finire.
«Penso che Oscar volesse liberarsi di me, a quel punto. Abbiamo parlato di un argomento che per lui doveva essere abbastanza scottante.»
«Wow, la vicenda si infittisce di mistero» rispose Nora. «Uomo bello, dannato e con segreti scottanti, cosa potrà mai andare male?»
«Abbiamo accennato al suo ex coinquilino» precisò Aurora. «Era un tizio che conosceva fin da quando era bambino.»
«Un altro tipo bello e dannato come lui?»
«Non lo so, non mi ha detto molto. Ho solo capito che non ne voleva parlare e che per lui era arrivato il momento di salutarci.»
«Quindi, se non l'avete fatto venerdì, immagino che la giornata giusta sia stata quella di sabato» osservò Nora, che dava segno di essere interessata soprattutto a quel dettaglio. «Com'è andata?»
«È andata che non sapevo cosa fare, con Oscar, se fosse il caso di parlargli oppure di rimanermene per i fatti miei» ammise Aurora. «Sono andata in spiaggia con la mia madrina e con sua sorella, quel pomeriggio, sperando che non fosse una giornata così terribile. Naturalmente non è andata molto bene. Si sono messe a intromettersi nella mia vita privata, chiedendomi con insistenza se avessi intenzione di trovarmi un fidanzato, o roba del genere.»
«Fammi indovinare» azzardò Nora. «A quel punto, per caso, il tuo cavaliere è comparso per caso, accorgendosi che eri in difficoltà, ed è intervenuto in tuo soccorso?»
Aurora sorrise.
«Una cosa del genere. Quando l'ho visto comparire, ho capito che avevo una possibilità per levarmi da quella situazione e ne ho approfittato al volo.»
«Quindi siete andati a casa e siete andati a letto insieme.»
«No. Possibile che tu sia fissata?»
«È il dettaglio principale o sbaglio?»
«Dipende da come vedi le cose. Io e Oscar siamo andati di nuovo a fare un giro sul molo, ma stavolta non si è spacciato per un altro con i pescatori. Anzi, non ha parlato con i pescatori. Abbiamo aspettato che sua madre e sua zia se ne andassero, poi siamo tornati in spiaggia.»
«Se fosse un film, avreste fatto sesso in mare al tramonto.»
«Non è un film, ma non ci siamo andati tanto lontani.»
«Nel senso che non c'era il tramonto?»
«Nel senso che non ci siamo spinti così tanto in là. Mi ha dato appuntamento per quella sera tardi nella sua stanza, poi ci siamo preparati per andare a una cena con quelli della casa di fronte.»
Nora spense la sigaretta sul posacenere e tornò ad avvicinarsi.
«Se fossi stata al posto tuo» disse, sedendosi sul bordo del tavolo, «Avrei praticamente fatto il conto alla rovescia. Deve essere stata dura fare venire sera.»
«Diciamo che la cena ha riservato delle sorprese, purtroppo non particolarmente positive» replicò Aurora. «La sorella della mia madrina aveva decisamente bevuto troppo e ha parlato un po' a sproposito. L'unico lato positivo è che ho scoperto qualche segreto sulla famiglia di Oscar e che è stato menzionato di nuovo il suo presunto coinquilino.»
«Presunto?»
«È stato menzionato un bambino che Oscar frequentava durante la sua infanzia, il figlio di una governante. Mi aveva detto di avere conosciuto quel tizio, quando erano bambini, perché era figlio di una donna che lavorava per la sua famiglia, quindi sono abbastanza convinta che si tratti della stessa persona. Oscar ha fatto finta di ricordarselo a malapena. Quel pomeriggio ers saltato fuori l'argomento e mi era parso di capire che fosse una persona a cui era molto legato e dopo sono successe altre cose che me l'hanno confermato. Comunque sua madre non sapeva della loro amicizia - intendo da adulti. Oscar non gliene ha mai parlato perché è una donna piuttosto classista e voleva evitare che si comportasse in modo invadente e facesse commenti sgradevoli in proposito.»
«Abbiamo un problema, Aurora, non so se te ne sei accorta. Dovevamo parlare di te e Oscar a letto insieme, invece stiamo parlando di un tipo che non c'entra niente.»
«Invece stiamo parlando di una persona che ha fatto insindacabilmente parte della vita di Oscar. Dici che sono stata fortunata a incontrare uno come lui, eppure ti interessano solo le faccende più materiali. Lo chiami bello, dannato e pieno di segreti, ma non sembri molto interessata a come sia diventato "dannato e pieni di segreti".»
Nora ammise: «Hai ragione, mi sono lasciata trascinare dai dettagli che mi sembravano più interessanti, lasciando da parte tutta la parte più romantica. È successo altro, quella sera?»
«Sì» le riferì Aurora. «Quando mi sono presentata all'appuntamento, stava scrivendo.»
«Scrivendo cosa?»
«Stava abbozzando una poesia. Te l'ho detto, è uno scrittore.»
«Avevi detto che ha pubblicato un romanzo. Voglio dire, mi hai raccontato di quei versi scombinati sul fatto che tu sia un'insegnante avvenente - ha scritto così, vero? - ma non avevo capito che fosse anche un poeta. Quest'uomo ha un sacco di doti. Se è anche bravo a letto, hai fatto centro, cerca di sposartelo.»
«La poesia parlava del suo coinquilino.»
«Dedica poesie al suo coinquilino?»
«Non penso lo facesse una volta, ma da lì ho iniziato a capire che il suo coinquilino è morto.»
«Quindi ha pure una storia tragica alle spalle? Roba da film, dall'inizio alla fine.»
Aurora ignorò il commento di Nora e riprese a spiegarle: «Ho cercato di non essere troppo invadente, anche se ero piena di curiosità. Mi sono detta che questa fosse una storia da approfondire, ma non era il momento.»
«E poi?» la esortò Nora.
«Poi l'abbiamo fatto.»
«Finalmente!»
«Mi è piaciuto.»
«Anche questa è una bella notizia. Immagino, tuttavia, che siamo arrivate alla fine della storia.»
«No, affatto. Questo succedeva l'altro ieri e siamo tornati a casa soltanto ieri sera.»
«Siete?»
«È una lunga storia.»
«Sono pronta ad ascoltarla.»
Nora fece per aprire nuovamente il pacchetto delle sigarette, ma Aurora la bloccò.
«No, non adesso.»
«Guarda che sono in grado di ascoltarti e fumare nello stesso momento.»
«Ti ho detto che faresti bene a smettere, ma per il momento mi posso accontentare che quantomeno non fumi come una ciminiera.»
Nora sospirò.
«Va bene, niente sigaretta, però pretendo una notizia positiva. L'avete fatto di nuovo, ieri?»
«Ho cercato di passare con lui tutto il tempo possibile, ieri» riferì Aurora. «Purtroppo eludere la sorveglianza, se così la posso chiamare, della mia madrina e di sua sorella non era facile, ma quel giorno dovevano andare a pranzo con dei loro conoscenti e io e Oscar abbiamo declinato l'invito. Ne ho approfittato per cercare di scoprire qualcosa di più su Nico, il suo ex coinquilino, ma ovviamente Oscar non era tanto desideroso di parlarne.»
«A quel punto, immagino, avrai lasciato perdere» rispose Nora. «Voglio dire, eravate soli, le vostre parenti non sarebbero rientrate almeno per qualche ora, potevate approfittarne.»
«Sì, lo so, avrei dovuto lasciare perdere» ammise Aurora, «Ma quella faccenda mi incuriosiva molto. Insomma, se ti piacesse qualcuno che scrive poesie dedicate a un'altra persona, non ti piacerebbe sapere qualcosa di più su questa persona?»
«Mi preoccuperei se scrivesse poesie dedicate ad altre donne che frequenta, non a un amico morto.»
«Ma infatti non ero preoccupata, solo molto curiosa. Ho iniziato a pensare a un modo per convincerlo a parlare.»
Nora ridacchiò.
«Ci sei stata a letto sperando che dopo parlasse?»
«Non è stato necessario, ha iniziato a parlare dopo i preliminari. Non ha detto molto, ma una cosa l'ho scoperta: Nico è morto a luglio dello scorso anno, in un incidente d'auto.»
«È successo da queste parti?»
«Penso di sì.»
«E sai come si chiama di cognome, questo Nico?»
«Non ne sono del tutto sicura, ma più tardi, con una scusa, ho chiesto alla mia madrina se si ricordasse il cognome di quella governante.»
«Non ci sto capendo più nulla. Siamo rimaste ai preliminari.»
«Oh, dopo abbiamo fatto sesso, se è questo che ti interessa sapere» chiarì Aurora. «Poi, però, nel primo pomeriggio Luisa e Loredana sono tornate a casa. A quel punto io e Oscar abbiamo fatto finta che nulla fosse accaduto. Io ne ho approfittato per mettermi a parlare con Luisa e mi sono ricordata di quando la sera precedente si era accennato a quella governante. Mi era parso di capire che si chiamasse Floriana e che fosse una ragazza madre. Quindi ho ipotizzato che Nico portasse il suo stesso cognome e ho chiesto a Luisa se si ricordasse quello di Floriana... con una scusa, ovviamente. Mi sono inventata di avere conosciuto una donna di servizio dai sessanta in su che si chiama Floriana e ho fatto finta di volermi accertare che si trattasse della stessa persona.»
Nora la guardò con aria di approvazione.
«Wow, hai una certa inventiva!»
«Mi ha risposto che il nome di quella donna è Floriana Pizzi» continuò Aurora. «Le ho detto che non era la stessa persona che conoscevo io e mi sono scusata per l'invadenza. La mia madrina non vi ha dato peso. Anzi, sono sicura che non si ricordi nemmeno più della mia domanda.»
«Poi?»
«Poi niente. Alla sera sono tornata a casa e, siccome Oscar non ha una macchina e abita non troppo lontano da qui, l'ho accompagnato a casa a sua volta.»
«Sei stata a casa sua?»
«No.»
«Quando vi rivedrete?»
«Non lo so. Ci siamo scambiati i numeri di telefono. Probabilmente il prossimo weekend, ma non ne sono sicura.»
«Mi sembra una buona idea, ma nel frattempo non sarebbe male fare un po' di ricerche a proposito del suo amico morto.»
Aurora le scoccò un'occhiataccia.
«Come mai adesso ti interessa così tanto? Prima sembrava ti importasse solo del sesso.»
«Hai evitato tutti i dettagli più scabrosi, tutto quello che so è che l'avete fatto un paio di volte e che almeno un'altra ci siete andati vicini» replicò Nora. «Sembra che discutere di questo mistero ti interessi di più... e, ti dirò, una piccola idea ce l'avrei.»
«Ovvero?»
«Ovvero che, con un po' di fortuna, potrebbe bastare consultare dei giornali locali di luglio dello scorso anno, per venire a sapere se un certo Nico Pizzi o qualcosa del genere è morto in un incidente stradale. La legge del caso vuole che io sappia dove trovare giornali di quel periodo.»
Aurora spalancò gli occhi.
«Ah, sì? E dove?»
«In uno scatolone, nella mia cantina.»
«Posso chiederti come mai hai dei giornali di quel periodo in uno scatolone in cantina?»
«Lo ammetto, è una cosa bizzarra, però c'è una spiegazione logica. Non li stavo tenendo da parte perché potessero essere utili a te. In quel periodo mi sono trasferita e dovevo tinteggiare le pareti del mio nuovo appartamento. Mi serviva della carta da mettere a terra per non sporcare i pavimenti e mi sono fatta mettere da parte dai miei genitori i giornali che girano per il loro bar, invece di buttarli ogni sera. Non pensavo me ne tenessero così tanti. Alla fine, quando ho finito i lavori, ho pensato di tenerli, perché potevano venirmi utili in caso di altri lavori. Ce li ho ancora e potrebbero essere utili per un tipo di lavoro molto diverso. Ti possono interessare?»
Aurora guardò Nora piena di gratitudine.
«Non avrei saputo da dove iniziare, se non fosse stato per te.»
Nora prese una sigaretta.
«Questa me la sono guadagnata, direi» scherzò, accendendola e recandosi in direzione della finestra.

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Capitolo 6
*** [Oscar] ***


Oscar entrò nel bar dove i suoi amici - o, per meglio dire, gli amici di Nico - lo stavano aspettando. Non avrebbe programmato di rivederli, se al suo ritorno, la domenica sera, non avesse trovato un messaggio nella segreteria telefonica. Era da parte di Vittorio, che gli chiedeva di mettersi in contatto con lui quando fosse tornato dalle vacanze. Oscar aveva lasciato passare alcuni giorni prima di ricontattarlo, poi si era deciso. Vittorio gli aveva proposto di vedersi quella sera stessa e gli aveva comunicato luogo e data.
Arrivò puntuale, ma vide subito Paolo seduto a un tavolo. In un primo momento Oscar pensò che fosse solo, poi si accorse di Vittorio, a qualche metro di distanza. Stava facendo una partita a biliardo contro una donna che Oscar vedeva solo di spalle. Era bionda e aveva i lunghi capelli raccolti in una treccia. Non fu difficile riconoscerla dall'acconciatura.
Oscar si sedette di fronte a Paolo e gli domandò, a bruciapelo: «Come mai Emilia è qui?»
«Siamo in un luogo pubblico» ribatté Paolo. «Mi sembra che sia ancora consentito entrare in un bar. Comunque buonasera anche a te.»
«Scusa se non ti ho salutato, ma quando l'ho vista sono rimasto un po' spiazzato.»
«Non mi pareva che tu fossi così spiazzato, quando l'abbiamo conosciuta. Anzi, sembrava ti piacesse.»
Oscar scosse la testa.
«No, non ho mai detto che mi piacesse. Anzi, l'ho sempre trovata un po' strana.»
«Però l'hai invitata a casa tua, se non sbaglio» replicò Paolo, «E di solito non inviti la gente a casa tua.»
«L'ho invitata a casa mia a bere qualcosa insieme» puntualizzò Oscar. «Non c'è mai stato niente tra me e lei, qualunque cosa vi siate messi in testa tu e Vittorio. A proposito, è stata un'idea sua? È stato Vittorio a pensare che fosse bello se io ed Emilia ci fossimo rivisti?»
Paolo precisò: «Emilia è venuta qui di sua libera iniziativa, nessuno l'ha costretta. Anzi, ha approfittato del fatto che sua madre potesse tenerle il bambino proprio stasera, per uscire. Non deve essere facile per lei organizzarsi per passare una serata fuori, da sola e con un figlio di sette anni.»
«Vedo che conosci più dettagli su di lei rispetto a quanti ne conosca io» osservò Oscar. «Forse Emilia dovrebbe puntare a te.»
«Emilia non ha niente che non va, e mi sembra che tu sia ancora single.»
«Emilia non ha niente che non va, ma mi piacciono altri tipi di donne. Anzi, mettiamo le cose in chiaro, mi piace un'altra donna. Dire che sono ancora single non è del tutto sbagliato, ma spero di non rimanerlo a lungo.»
«Chi è questa donna?»
«È una persona con cui ero in vacanza fino a pochi giorni fa.»
«Pensavo fossi da tua madre.»
«C'era anche lei. Diciamo che è un'amica di famiglia.»
«Una riccona, quindi.»
«No, Aurora e i suoi genitori non sono ricchi come mia madre.»
«Però, se i suoi genitori frequentavano i tuoi, sarà sicuramente una donna educata e a modo. Insomma, una con cui puoi mescolarti, non certo una come Emilia, giusto?»
Oscar sospirò.
«Sai benissimo che penso che le persone di diversa estrazione sociale dovrebbero frequentarsi normalmente, senza stupide barriere. Non significa, però, che siccome Emilia all'improvviso è entrata nella nostra vita qualche mese fa, allora mi devo mettere insieme a lei per combattere una battaglia sociale. Chi è, alla fine? Solo una donna che abbiamo conosciuto per caso a una fiera, sulla quale, a quanto pare, ho fatto colpo proprio io, nonostante Emilia abbia molta più confidenza con te e con Vittorio.»
«Vittorio è sposato» gli ricordò Paolo, «Mentre io ero fidanzato quando l'abbiamo conosciuta. Non c'è da stupirsi che Emilia abbia messo gli occhi addosso proprio a te che eri disponibile. E poi, vogliamo parlarne? Hai sicuramente più fascino di me: hai un sacco di spasimanti, sei nato in una famiglia piena di soldi e sei perfino uno scrittore. Non c'è da stupirsi che, al confronto, io o Vittorio possiamo apparire insignificanti.»
«Nessuno è insignificante» ribatté Oscar, «E prima o poi Emilia se ne accorgerà. Sei tu quello che non ha una donna, adesso. Dovresti pensarci.»
Quel discorso fu interrotto da Vittorio ed Emilia, che arrivarono all'improvviso al tavolo. I due si sedettero e Oscar si ritrovò con Emilia alla propria destra, che lo salutava con entusiasmo.
«Che piacere rivederti! Tutto bene?»
«Sì, tutto bene» rispose Oscar, senza riuscire ad assumere un tono altrettanto entusiasta. «Tuo figlio come sta?»
«Bene.»
«L'hai lasciato con tua madre?»
«Sì, è a dormire da lei stasera, quindi non dovrò correre subito a casa. Cosa mi racconti di bello, come sono andate le vacanze?»
«Bene. Anzi, benissimo, oserei dire.»
Vittorio intervenne: «Lo vedi, allora, che non ti sei annoiato a morte, come avevi detto che sarebbe successo?»
«Diciamo che ci sono stati degli imprevisti» disse Oscar, vago. «Voglio dire, dei piacevoli imprevisti.»
Si ritrovò immediatamente addosso lo sguardo di Emilia.
«Quel tipo di imprevisti che riguardano l'incontrare per caso una bella donna?»
«No» replicò Oscar, con fermezza. «Non ho incontrato per caso una bella donna. Questo non significa necessariamente che non ne abbia incontrata una.»
Emilia parve meno delusa di quanto Oscar si aspettasse.
«Com'è?»
«Chi?»
«La donna che hai incontrato, ma non per caso.»
«Bella e intrigante.»
Vittorio azzardò: «Credo che Emilia volesse una descrizione più fisica. Per esempio, com'è, bionda o bruna?»
«Castana.»
«Alta, bassa?»
«Diciamo di media statura.»
La domanda seguente fu pronunciata da Emilia: «Come si veste?»
Oscar ridacchiò.
«È così importante come si veste? Alla fine, quello che conta, è quello che succede quando si toglie i vestiti.»
Anche Emilia rise.
«È un modo per dirci che dobbiamo smetterla di intrometterci?»
«No, le vostre domande sono legittime, solo, mi sento un po' in imbarazzo a rispondere. Voglio dire, non so nemmeno se io e Aurora ci rivedremo, anche se di fatto abbiamo deciso di sì, e voi già volete sapere tutto su di lei, un po' come se me la dovessi sposare.»
«Non farlo.»
Quelle parole, pronunciate da Emilia, spiazzarono Oscar.
«Non fare cosa?»
«Non sposarti.»
«Di sicuro non lo farei a breve.»
«Non sposarti, in generale» chiarì Emilia. «Io l'ho fatto e non è stata una grande decisione.»
«Non lo sapevo» ammise Oscar. «Avevo capito che il padre di tuo figlio ti avesse abbandonata quando sei rimasta incinta, o poco dopo.»
«No, siamo stati sposati, anche se non è durata a lungo» rispose Emilia, «E non sono sicura che sia corretto dire che mi ha abbandonata. Entrambi abbiamo capito che separarci era la cosa migliore. Ogni tanto veniva a trovare nostro figlio e mi portava dei soldi. O meglio, ogni tanto veniva a trovare nostro figlio e, solo nella minoranza dei casi, mi portava dei soldi, perché non ne aveva mai.»
«Poi» azzardò Oscar, «Ha smesso?»
Emilia abbassò lo sguardo.
«Diciamo che le cose non stanno più come una volta.»
Oscar non sapeva come replicare, né gli sembrava elegante fare altre domande. Sperò che Vittorio e Paolo dicessero qualcosa, in modo da rompere il silenzio, ma sembrava che nemmeno loro avessero molto da dire.
Per fortuna fu la stessa Emilia a riprendere a parlare.
«Scusami, Vittorio, non voglio dire che tutti i matrimoni falliscano. So che tra te e tua moglie va tutto a gonfie vele. A proposito, perché non l'hai portata? Secondo me le farebbe piacere uscire con noi, ogni tanto.»
«Le ho proposto di uscire, infatti» ribatté Vittorio, «Ma ha detto di no. Domani mattina inizia a lavorare presto.»
«Quindi non ha niente da ridire a sapere che esci con me?»
«Sa che non siamo soli. E poi è convinta che tu sia la ragazza di Oscar, o qualcosa del genere.»
«E se tra Oscar e la donna castana di media statura le cose dovessero andare bene? Cosa ti inventerai?»
«Non mi sono inventato niente» mise in chiaro Vittorio, «Mi sono semplicemente limitato a non dire a Marcella che le cose stanno diversamente. Al massimo, se Oscar e la donna castana di media statura dovessero rivedersi, potresti passare per la ragazza di Paolo. Non c'è nessuna che lo prende in considerazione, per il momento, dovrebbe essere una versione dei fatti credibile.»
Oscar obiettò: «Non vedo perché tu non possa dire a Marcella le cose come stanno. Tu ed Emilia non uscite da soli, né siete amanti, non sta succedendo niente di male stasera.»
Fu Emilia a replicare: «Un po' lo capisco. Se mio marito, quando eravamo ancora sposati, mi avesse detto che quando usciva con i suoi amici c'era anche una donna che avevano conosciuto in modo strano, forse mi sarei un po' preoccupata. Sarebbe stato diverso se fosse stata una collega di lavoro, oppure un'amica d'infanzia, o quantomeno una che non avesse dato l'impressione di averli avvicinati per rimorchiare.»
Vittorio ribatté: «Non ci siamo conosciuti in modo strano. Anzi, c'era anche il tuo bambino con te.»
«E tu» rievocò Emilia, «Mi hai risparmiata da una grandissima figura di merda. Se non ci fossi stato tu, non so come avrei pagato il palloncino per Riccardo. Davvero, non mi capita mai di dimenticare il portafoglio a casa, ma a quanto pare doveva succedere proprio quella volta.»
«È stato per una giusta causa» intervenne Paolo. «Prima non frequentavi molta gente, mi pare di capire.»
«Beh, no.»
«Adesso hai degli amici strampalati come noi. Io e Vittorio, intendo, Oscar è un uomo di classe.»
«A proposito», Emilia si rivolse a Oscar, «Come vi siete conosciuti?»
Oscar insinuò: «Ti sembra strano che uno scrittore frequenti dei tipi come Vittorio e Paolo?»
«Provieni da un ambiente totalmente diverso, il dubbio viene.»
«Diciamo che ci siamo conosciuti tramite conoscenze comuni.»
«Quali conoscenze comuni? Uno cone te o uno sconclusionato come loro?»
«Conoscenze comuni e basta» tagliò corto Oscar. «Cosa importa come ci siamo incontrati, alla fine? E poi, non è ancora ora di ordinare qualcosa da bere?»
Emilia annuì.
«Mi sembra una buona idea.»
Per fortuna non fece altre domande. Di solito non parlava mai del passato, quantomeno con lui. Oscar si chiese se davvero né Vittorio né Paolo le avessero mai parlato di Nico e gli parve improbabile che non avessro mai pronunciato una sola parola su di lui.
"In realtà" realizzò, "tutto quello che succede ogni volta in cui vedo Emilia è improbabile."
Non si era mai chiesto chi fosse davvero quella donna, l'aveva semplicemente catalogata come la tizia che si era dimenticata a casa i soldi il giorno in cui a una fiera il suo bambino le chiedeva con insistenza un palloncino. Da quel momento in poi aveva legato con Vittorio e con Paolo, dimostrando interesse nei suoi confronti, ma senza mai farsi avanti in maniera esplicita. Nemmeno quando Oscar l'aveva invitata a casa sua - aveva insistito tanto, con la scusa di volere vedere l'abitazione di uno scrittore, senza rimanere particolarmente delusa nel constatare le piccole dimensioni dell'appartamento - aveva tentato di sedurlo, rendendolo piuttosto sollevato.
Ordinarono da bere e per parecchio tempo gli argomenti di conversazione furono decisamente più leggeri. Vittorio, Paolo ed Emilia parlarono a lungo, mentre Oscar rimase quasi sempre in silenzio. Sentiva di non avere molto da aggiungere, come del resto spesso non aveva niente da dire nemmeno quando era solo con Vittorio e Paolo. Non li vedeva tanto spesso, ultimamente, ed erano sempre loro a cercarlo. Anche quell'aspetto, in effetti, era strano, dato che in più di un'occasione aveva temuto di non piacere né all'uno né all'altro, così come che lo tacciassero di avere spinto Nico verso decisioni sbagliate. Doveva essere stato un errore di valutazione, del resto ne aveva commessi tanti nella vita, anche se qualcosa in lui gli suggeriva di averci visto giusto, almeno in quel caso. Con il tempo si era convinto che, almeno inizialmente, Vittorio e Paolo fossero prevenuti nei suoi confronti, ma che l'avessero successivamente rivalutato. Doveva essere andata così, non vedeva altre spiegazioni.
Stava riflettendo a tale proposito, quando Emilia gli chiese, all'improvviso: «Tutto il resto come va, invece?»
Oscar sussultò, alzando gli occhi verso di lei.
«Come hai detto?»
«Ti ho chiesto come va tutto il resto. Hai incontrato quella donna, va bene, ma il... mhm... lavoro?»
Oscar sorrise.
«Penso che tu lo possa definire a questo modo.»
«Ti stai occupando di qualcosa?»
«Al momento sto mettendo insieme delle idee.»
«Qualche anticipazione?»
Oscar le ricordò: «Non hai nemmeno letto il mio primo romanzo.»
Emilia replicò: «Hai ragione, ma non ho molto tempo, tra il lavoro, mio figlio e il poco tempo libero che mi ritaglio. Mi piacerebbe leggere, di tanto in tanto, ma credo mi faccia meglio uscire.»
«Mi sembra una decisione legittima» ammise Oscar.
Emilia azzardò: «La tua donna delle vacanze ha letto il tuo romanzo?»
«Non lo so» ammise Oscar, «Non gliel'ho chiesto.»
«È un'intellettuale anche lei?»
«È un'insegnante.»
«Cosa insegna?»
«Matematica.»
Emilia rise.
«Allora non sono tanto sicura che mi starebbe simpatica!»
«Nemmeno a me» convenne Paolo. «Non sono mai andato bene in matematica. In realtà non andavo bene neanche nelle altre materie, ma di tanto in tanto riuscivo a cavarmela senza studiare, cercando di improvvisare.»
«Aurora insegna matematica» puntualizzò Oscar, rivolgendosi a Emilia, «Ma non parla di matematica con la gente che frequenta. Voglio dire, se tu la incontrassi, non si metterebbe a interrogarti come fa con i suoi studenti. Non avresti nulla di cui preoccuparti.»
Emilia puntualizzò: «È meglio se la incontri da solo. Non vorrei che si mettesse delle preoccupazioni, che pensasse che hai altre donne a sua insaputa. Al massimo, se proprio dovesse capitare di vederci per caso, puoi farle credere che io sia la moglie di uno dei tuoi amici.»
Pronunciò le ultime parole con una freddezza disarmante. Oscar si chiese per un attimo che cosa volesse dire, ma ritenne probabile che non intendesse nulla di particolare, che si trattasse di una banale allusione al discorso di prima, a proposito delle convinzioni della moglie di Vittorio.
Il resto della serata fu tranquillo: nessuna osservazione strana, nessuna domanda imbarazzante. Quando lasciarono il bar, Emilia si offrì di accompagnarlo a casa con la macchina, ma Oscar preferì prendere un taxi, convinto che fosse meglio non darle troppa confidenza. Emilia non fu insistente e se ne andò a bordo della propria automobile.
Al rientro a casa, Oscar trovò un messaggio nella segreteria telefonica. Lo ascoltò, scoprendo con una certa soddisfazione che glielo aveva lasciato Aurora. Avrebbe voluto incontrarlo, lo informava, e gli chiedeva se volesse uscire insieme a lei quel fine settimana. Era troppo tardi per telefonarle e, per quanto gli pesasse, rimandò al giorno seguente.
La loro telefonata fu una conversazione molto piacevole. Si diedero appuntamento per il venerdì sera. Per fortuna non ci sarebbe stato molto da aspettare, dato che era già giovedì.

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Capitolo 7
*** [Aurora] ***


"Le vittime del devastante incidente sono il guidatore Niccolò Pizzi, di anni trentuno, e Giuliana Rossi, di anni trentasei, seduta sul sedile del passeggero. Dalle ricostruzioni, sembra che l'automobile di Pizzi sia uscita improvvisamente di strada, in un tratto sprovvisto di guard-rail..." stava leggendo Aurora, non per la prima volta, nel momento in cui il campanello suonò. Doveva essere Oscar e doveva essere arrivato in anticipo. Aveva qualche istante per nascondere il giornale - giorni prima, a casa di Nora, avevano passato in rassegna tutti i quotidiani che i genitori della sua amica avevano conservato, trovando ciò che cercavano - quindi si affrettò a infilarlo nell'ultimo cassetto del comodino, sotto agli altri due sui quali c'era un piccolo accenno ai fatti, dopo averlo accuratamente chiuso. Se Oscar l'avesse trovato, avrebbe dovuto sfogliare numerose pagine prima di trovare la notizia che Aurora aveva appena riletto.
"E poi, perché dovrebbe mettersi a frugare nei miei cassetti?"
Si diresse verso la porta e, quando attraverso il citofono, si accertò che si trattasse proprio di Oscar, aprì e attese che salisse. Avevano deciso di andare al cinema, quella sera, ma prima gradiva fargli vedere l'appartamento nel quale abitava, anche se sapeva che non avrebbe ricevuto, almeno per il momento, la stessa cortesia.
Rimase sullo stipite e lo accolse con un sorriso, che Oscar ricambiò.
«Che piacere rivederti. Mi sei mancata, in questi giorni.»
«Di già?»
«Perché, io non sono mancato a te?»
Aurora continuò a sorridere.
«Sì, ma adesso sei qui, quindi non avrebbe senso sprecare tempo a ripetere quanto abbiamo sentito la mancanza l'uno dell'altra.»
Oscar varcò la soglia richiudendo la porta.
«Cos'hai fatto in questi giorni?»
«Ho cercato di godermi una tranquillità che presto finirà» rispose Aurora, il che non era del tutto inesatto, si trattava solo di omettere le ricerche effettuate per scoprire dove e in che circostanze fosse morto il coinquilino di Oscar. «Non manca più tanto, tra un po' dovrò tornare a scuola.»
«E sei già preoccupata?»
Aurora rise.
«Sì, forse anche di più di quanto non lo siano i miei allievi. Tu, invece, cos'hai fatto?»
«Niente di che» ammise Oscar. «Sono un po' fermo, con tutti i miei progetti. La prossima settimana dovrò vedere l'editore, che sarà insistente come sempre.»
«Insistente per leggere qualcosa di tuo o per leggere qualcosa di Olivia Passante?»
«Credo qualcosa di entrambi. Dovrò fare il lavoro di due persone per accontentarlo.»
«E oltre il lavoro? Hai fatto qualcosa di interessante?»
«Ho incontrato dei miei amici, che non vedevo da un po'. Tu?»
«Ho visto un paio di volte una collega.»
«Insegna anche lei matematica?»
«No, è una professoressa di francese.»
«Giovane come te?»
«Abbiamo poca differenza di età. Come mai tutto questo interesse? Devo pensare che tu abbia un debole per le insegnanti in generale?»
Oscar le strizzò un occhio.
«Solo per quelle carine come te. Com'è questa prof di francese?»
«È una bella ragazza» ammise Aurora, «Ma fuma come una ciminiera. Mi è parso di capire che il fumo non piaccia neanche a te.»
«Mi dà abbastanza fastidio, in effetti» rispose Oscar. «Il mio ex coinquilino fumava, per fortuna non tanto, e alla fine avevamo concordato che fumasse solo fuori. Penso che in quel periodo non ce la facesse a pagare le spese da solo, quindi temesse che me ne andassi lasciandolo nella merda. Deve avere accettato per questo.»
Solo una settimana prima, Aurora avrebbe cercato di estorcergli qualche altra informazione. Leggendo e rileggendo gli articoli di giornale che aveva trovato, aveva dedotto che non ci fossero ombre nel passato di Oscar: semplicemente il suo coinquilino era morto in un grave incidente d'auto, insieme a una donna che era stata descritta dalle cronache locali come la promessa sposa del suo ex datore di lavoro - secondo quanto riportato dal giornale, era plausibile che Nico la stesse accompagnando in macchina a svolgere qualche commissione, per guadagnare qualche soldo. Era comprensibile che Oscar non desiderasse parlare della scomparsa dell'amico, anche se quanto narrato dai quotidiani non spiegava i contenuti della poesia che aveva abbozzato come dedica nei suoi confronti. Quei versi, ricordava Aurora, le avevano dato l'impressione che tra Oscar e Nico fosse rimasto qualcosa di non detto, consapevolezza che doveva ancora tormentare Oscar.
In quel momento lo stesso Oscar ruppe il silenzio, non per continuare a parlare del suo ex coinquilino, quanto piuttosto per distogliere l'attenzione dai suoi confronti.
«Posso vedere la casa?»
«Sì, certo. Scusa se ti ho fatto rimanere lì imbambolato davanti alla porta.»
«Non fa niente, eri tu quella imbambolata» ribatté Oscar, avviandosi lungo l'ingresso e iniziando a sbirciare dentro le stanze. «Dopotutto non mi stupisce, deve essere l'effetto che ti faccio fin dal primo momento.»
«Non dire assurdità» replicò Aurora. «Sono perfettamente in grado di comportarmi in modo normale quando sono insieme a te.»
Oscar si girò a guardarla.
«Dipende tutto da cosa significa per te comportarti in modo normale. Se ti riferisci al fatto che non mi sei ancora saltata addosso per spogliarmi, allora sì, ti stai comportando in modo normale, ma la normalità mi sembra un po' sopravvalutata.»
«Vorresti che ti saltassi addosso?»
«Perché no?»
«E il cinema?»
«Possiamo andare allo spettacolo successivo.»
«Finisce tardi.»
«Non mi spaventa l'idea di fare tardi, se è per una giusta causa. Comunque, bella cucina.» Oscar si affacciò alla porta successiva. «Anche un bel soggiorno, devo dire. È tutto così straordinariamente in ordine. Si vede perfettamente che in questa casa non ci vive un uomo.»
Aurora ridacchiò.
«Non sono affatto sicura che gradirei la presenza di un uomo che mi mette in disordine la casa.»
«Io mi comporterei bene» puntualizzò Oscar. «Insomma, non penso che sarei preciso tanto quanto te, ma sono sicuro che riuscirei a non fare devastazioni.»
«Mi stai esponendo il tuo curriculum, per caso?»
«Per candidarmi come tuo convivente? Potrebbe essere un'idea.» Oscar proseguì ancora la propria perlustrazione. «Hai anche una bella camera da letto.» Si introdusse dentro la stanza e dall'interno confermò: «Sì, proprio bella.»
Aurora lo raggiunse.
«Però non metterci troppo tempo a passarla in rassegna. Ti ricordo che dobbiamo andare al cinema.»
«Va bene, mi arrendo.»
Uscirono di casa pochi minuti dopo e si recarono a vedere il film che avevano scelto. Alla fine, quando uscirono, concordarono sul fatto che avrebbero impiegato meglio il loro tempo in un altro modo: non era stato molto interessante.
Salirono in macchina e, prima che Aurora facesse in tempo ad accendere il motore, Oscar osservò: «Mi ha fatto piacere che tu non ricominciassi con le tue domande, quando ti ho menzionato Nico, prima a casa tua.»
Aurora, che stava per girare la chiave, lasciò perdere. Rimasero a parlare, nel parcheggio, proprio di quell'argomento.
«Mi sono resa conto di essere stata un po' invadente, la settimana scorsa. Poi ho capito che non ti faceva piacere parlarne e che era stato un errore.»
«No, non è stato un errore. È normale che tu abbia un po' di interesse nei miei confronti, che ti interessi il mio passato. Sono stato io che, forse, avrei dovuto essere più chiaro.»
«No, davvero, non c'era bisogno che mi spiegassi alcunché. Non devi sentirti obbligato a raccontarmi ogni dettaglio del tuo passato.»
«Ti assicuro, comunque, che non volevo nasconderti niente. Nico è morto, tutto qui. Mi manca un sacco e a casa mia tutto parla di lui. Immagino che ti chiederai perché non me ne vada...»
«Veramente no, non me lo sono chiesta.» Era vero, Aurora si era fatta molte altre domande, ma non quella. «Immagino si tratti di una scelta tua, e non devi rendermi conto del posto in cui abiti.»
«La verità è che non mi sento pronto» le confidò Oscar. «Prima o poi sarei andato via, anche se Nico non fosse morto, ovviamente. Aveva dei debiti da pagare, ma lo stavo aiutando. L'avrei aiutato anche a trovarsi un lavoro stabile, avrei fatto tutto quello che potevo. Poi, è andata com'è andata, all'improvviso. Non me lo aspettavo, è stato uno shock.»
«Posso immaginarlo.»
«Non sono pronto nemmeno per comprarmi una nuova macchina. Quella che avevo prima, la stava guidando lui quando ha avuto l'incidente.»
Aurora lo sapeva, grazie a quanto letto sul giornale, ma preferì fingere di non esserne informata.
«Quindi questo spiega perché non hai una macchina.»
«Esatto. Forse troverai stupido questo mio atteggiamento...»
Aurora non lo lasciò finire.
«Atteggiamento stupido? No, affatto. Anzi, mi sembra una reazione abbastanza normale.»
«Mi fa piacere sentirtelo dire. Purtroppo non ci sono molte persone alle quali posso confidare come mi sento, forse nessuno potrebbe capirmi. So che è banale e scontato da dire, ma sei diversa. Con questo non voglio dire che tu sia una persona speciale e che tutto il resto del mondo faccia schifo, questo no, mi sembra una sciocchezza da romanzo rosa per ragazzine. Non sei l'unica donna speciale al mondo, ma sei l'unica che riesce a comportarsi in modo speciale con me.»
«Veramente non ho fatto nulla di straordinario. Mi sono solo intromessa un po' troppo nella tua vita.»
«E io apprezzo la tua intromissione. Sai, se ci fosse ancora Nico, forse capirebbe quello che sento per te.»
«Nico aveva una fidanzata?»
«Purtroppo no.»
«Perché purtroppo? Non voglio essere scortese, ma se era destinata a perderlo...»
«Sì, capisco quello che vuoi dire, visto com'è andata a finire, è stato meglio così. Parlo, però, di quando era ancora vivo. Di fatto era entrato in fissa con una donna che gli piaceva e non riusciva più a togliersela dalla testa.»
«Amore non corrisposto?»
«Nico pensava di essere corrisposto.»
«Quindi, fammi capire, tormentava questa persona?»
«Oh, no, per niente!» replicò Oscar, secco. «Nico non tormentava nessuna, né si comportava in modo ossessivo con quella donna. Anzi, Giuliana sembrava interessata a lui, ma in realtà si doveva sposare con un altro e non avrebbe mai preso in considerazione Nico. Non so dire se le piacesse, ma non volesse stare con lui perché non aveva una lira, oppure se le facesse credere di apprezzarlo solo per prenderlo in giro o perché voleva sentirsi amata.»
Ad Aurora non sfuggì il nome pronunciato da Oscar: si chiamva Giuliana anche l'altra vittima dell'incidente. Non si sarebbe affatto stupita, se si fosse trattato della stessa persona.
Non disse nulla, quindi Oscar proseguì: «Gli ho consigliato un sacco di volte di lasciare perdere, per evitare di ritrovarsi coinvolto in situazioni imbarazzanti, specie considerato che una volta Nico lavorava per il fidanzato di Giuliana, ma non è servito a niente. Anzi, a un certo punto, negli ultimi tempi, spesso andava a fare qualche piccolo lavoro a casa da lei per arrotondare. Giuliana ne approfittava per pagarlo di meno di quanto avrebbe pagato altri.»
«Quindi» dedusse Aurora, «Oscar non ha mai lasciato perdere e, alla fine, era ancora convinto che un giorno questa Giuliana l'avrebbe ricambiato.»
«Non so come sia andata esattamente, so solo che Giuliana è morta in macchina insieme a lui. Non aveva la patente, era probabile che avesse chiesto a Nico di accompagnarla a fare la spesa, o qualcosa del genere, non sarebbe stata la prima volta. Non so dove stessero andando, non ne ho la più pallida idea. Nico non frequentava la zona in cui è morto e non saprei dirti perché stesse portando Giuliana proprio da quelle parti.»
«Cos'è successo?»
«È uscito di strada, finendo in uno strapiombo, e nessuno a parte Nico sa come ci sia riuscito. Sia lui sia Giuliana sono morti sul colpo.»
«Mi dispiace.»
«Almeno non è durata molto. Dal momento in cui è finito fuori strada a quello in cui è morto devono essere passati pochi secondi. Mi auguro che non abbia fatto in tempo a realizzare cos'era successo.»
Non dissero altro per qualche istante, rimanendo in silenzio dentro al parcheggio. Aurora non sapeva cosa dire, ma per fortuna fu Oscar a rompere il silenzio.
«Cosa facciamo adesso?»
«Ti porto a casa?»
«È presto, non sono neanche le undici.»
«Intanto possiamo andare in là» suggerì Aurora. «Non ho detto che, dopo averti accompagnato, devo andarmene via subito.»
«Se stai cercando di autoinvitarti a casa mia, non attacca» ribatté Oscar. «Ti ho detto come la penso.»
«Non ti ho chiesto di salire a casa tua.»
«Né saresti particolarmente interessata a vedere l'appartamento, se salissi, immagino.»
Aurora avvampò.
«Mi stai mettendo in bocca parole che non ho detto.»
«Quando eravamo al mare, non vedevi l'ora di entrare nel mio letto» replicò Oscar. «Mi viene spontaneo pensare che la situazione non sia cambiata.»
Aurora azzardò: «Non è necessario un letto. Ce l'hai un garage o una cantina?»
«Ho una cantina, ma...» Oscar rise. «No, dai, piuttosto andiamo a casa tua. Poi, se non hai voglia di accompagnarmi, prendo un taxi.»
«Peccato» ribatté Aurora. «L'idea della cantina mi attizzava.»
«Solo perché non hai visto la cantina. Ti assicuro che la tua stanza da letto è mille volte meglio.»
Aurora si arrese.
«E va bene, allora andiamo da me.»
Avviò finalmente il motore e si allontanò dal parcheggio di fronte al cinema. Percorsero quasi tutto il tragitto il silenzio, un po' come se Oscar non volesse disturbarla mentre era al volante. Erano appena entrati in cortile, quando Oscar le chiese: «Cosa facciamo domani e domenica?»
«Non è meglio pensare a come finire la serata?» obiettò Aurora. «Mi sembrava che avessimo dei piani ben precisi.»
«Sembra anche a me» concesse Oscar, «Ma non vorrei che ci sfuggisse che abbiamo un weekend davanti. Hai da fare? Ti va di vederci anche domani e domenica?»
«Certo che mi va di vederti» rispose Aurora. «Decidi tu cosa vuoi fare. Non sono sicura che avrei delle proposte interessanti.» Le venne da ridacchiare. «Per il momento sto ancora pensando alla tua cantina.»
«Se vuoi venire a riordinarla, sei la benvenuta!» ribatté Oscar, spalancando la portiera e scendendo. «Va bene, ci pensiamo in un altro momento.»
Aurora lo vide girare intorno alla macchina e si affrettò ad aprire la portiera e a scendere.
«Che intenzioni hai?»
«Mi è stato insegnato che gli uomini galanti aprono lo sportello alle loro partner.»
«Non è necessario. Accanto a me non voglio un uomo che mi apra la portiera della macchina e che mi tenga aperte le porte.»
«Che tipo di uomo vuoi?»
«Uno che corra con me, per fare a gara a chi arriva primo alla porta.»
Oscar rise.
«Ti adoro, prof. E ora sbrigati a chiudere la portiera della macchina. Non mi piacerebbe cercare di barare iniziando a correre verso il portone prima di te.»
Quella di Aurora era stata solo una battuta, ma fu piacevolmente sorpresa nello scoprire che Oscar l'aveva presa sul serio. Si lanciarono entrambi verso il portone e fu costretta ad accodarsi, rischiando anche di inciampare sui tacchi.
Risero insieme, mentre Aurora rovistava dentro la borsa alla ricerca delle chiavi di casa.
«Ti adoro anch'io» gli rispose, finalmente, prima di avvicinarsi a lui e baciarlo.
Mentre saliva le scale, si chiese come avesse fatto a non sentire mai la mancanza di qualcosa, nella sua vita, prima di rivedere Oscar la settimana precedente. Fu un pensiero che non durò molto: la serata era ancora lunga e non valeva la pena di sprecarla con inutili elucubrazuioni.

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Capitolo 8
*** [Oscar] ***


In apparenza era solo un lunedì come tanti, ma a Oscar bastava ripensare al fine settimana con Aurora per comprendere che non era un lunedì come tutti gli altri. Nessun giorno, ormai, era più come quelli precedenti, nonostante in apparenza fosse un pensiero banale. Non avrebbe saputo dire fino a che punto la sua vita si fosse trasformata di colpo nell'arco di dieci giorni, ma sentiva dentro di sé i segni del cambiamento. Non si pentiva di nulla, forse solo di avere trascorso l'intero fine settimana insieme ad Aurora senza mai trovare un ritaglio di tempo in cui mettersi al lavoro e produrre qualcosa - qualsiasi cosa - che potesse permettergli di fare bella figura con l'editore, con il quale aveva appuntamento proprio quella mattina.
Il posto era facilmente raggiungibile, non c'era alcun bisogno di chiamare un taxi. Per quella ragione si diresse alla fermata dell'autobus più vicina, controllando quanto mancasse all'arrivo del successivo mezzo utile. Se non ci fossero stati ritardi, otto minuti. Se ci fossero stati ritardi, invece, chissà, forse era ancora in tempo per l'autobus precedente.
Si sedette sulla panchina sotto la pensilina e rimase in attesa, senza pensare. Quando udì un clacson che suonava, pensò per prima cosa a un automobilista che si lamentava a quel modo della manovra azzardata di un ciclista o di un pedone, se non addirittura di un'altra macchina. Poco dopo, però, il colpo di clacson si ripeté.
«Vuoi un passaggio?» chiese una voce femminile.
Oscar alzò gli occhi. Non c'erano altre persone, oltre a lui, alla fermata, quindi la possibilità che quella donna si stesse rivolgendo proprio a lui non solo non era assurda, ma era anche del tutto probabile.
L'automobile era una piccola utilitaria di colore grigio metallizzato e gli servì solo qualche istante - il tempo di mettere a fuoco - per riconoscere la guidatrice.
«Emilia!» esclamò. «Cosa ci fai qui?»
«Sali» lo invitò Emilia.
Oscar si alzò in piedi e, seppure riluttante, si diresse verso l'auto. Udì altri clacson. C'erano un paio di macchine stazionarie dietro a quella di Emilia e da quelle si alzavano le proteste. Si affrettò a salire a bordo: prima si fossero levati di torno e prima la situazione sarebbe tornata alla normalità.
«Dove ti porto?» chiese Emilia, mentre Oscar si allacciava la cintura di sicurezza.
Si mise nuovamente in marcia, anche se fu costretta a fermarsi solo un centinaio di metri più avanti: erano giunti a un incrocio sul quale svettava un semaforo rosso.
«Dovrei andare dal mio editore.»
«Dove si trova?»
Oscar le spiegò in quale zona avrebbe dovuto recarsi.
Emilia comprese al volo.
«Va bene, perfetto, ti ci porto subito, poi magari posso anche rimanere ad aspettarti. Ne avrai per molto?»
«Non so» ammise Oscar. «Dipende da quanto a lungo dovrà lamentarsi e minacciarmi di stracciare il nostro contratto.»
«Non c'è problema, ti posso aspettare.»
«Non devi andare al lavoro?»
«È lunedì.»
«Appunto.»
Emilia ridacchiò.
«Noi parrucchieri siamo chiusi, al lunedì.»
«Oh, non ci avevo pensato. E tuo figlio?»
«Ci pensa la mia ex suocera.» Emilia sbuffò, perché il semaforo era già verde, ma le auto in colonna davanti a lei non sembravano muoversi. «Stanno tutti dormendo, qua? O c'è qualche fesso che non sa dove deve andare?»
Il probabile fesso in questione decise da che parte svoltare, permettendo al traffico di riprendere a scorrere.
Oscar osservò: «Non sapevo che la madre del tuo ex marito avesse tempo per tuo figlio.»
«La madre del mio ex marito è sempre stata una santa donna» ribatté Emilia. «Mi ha aiutata tantissimo, quando...» Si interruppe, forse per non pronunciare il nome dell'uomo che aveva fatto parte della sua vita e che ne era uscita. «Quando avevo bisogno di soldi per il bambino e il mio ex marito non li aveva, oppure quando avevo bisogno di qualcuno che lo tenesse mentre ero al lavoro, ma i miei genitori non potevano.»
«La madre, quindi, non somiglia al figlio.»
«No.»
«Mi dispiace che tu abbia incontrato un simile stronzo.»
Emilia sospirò.
«Non era così stronzo, a dire il vero. Ha solo fatto tante scelte sbagliate e queste gli si sono ritorte contro.»
Oscar azzardò: «Dov'è adesso?»
«Preferirei non parlarne, se per te non è un problema.»
«No, figuriamoci, perché dovrebbe essere un problema? Anzi, scusa se non sono stato indiscreto. Non avrei nemmeno dovuto chiederti dove fosse tuo figlio. Solo, dato che le scuole non sono ancora iniziate, mi era venuto il dubbio.»
Emilia ribatté: «Non è un problema. Penso sia normale che la gente parli del più e del meno. Non hai idea di cosa mi chiedano le clienti, di tanto in tanto. Se ne escono con le domande più assurde, e il bello in tutto ciò è che vorrebbero sentirsi fare le stesse domande.»
«E tu» replicò Oscar, «Cosa fai? Le accontenti o badi ai fatti tuoi?»
«Una via di mezzo. Cerco di non essere troppo invadente, ma d'altra parte so che loro mi vorrebbero così e che, di conseguenza, mi vorrebbe così anche la titolare, al solo scopo di soddisfarle.»
«Invadente senza esagerare, quindi.»
«Esatto» confermò Emilia. «È un po' come se volessi sapere se, in questi giorni, ti sei incontrato con la professoressa castana di media statura, ma ci girassi intorno chiedendoti che cos'hai fatto nel fine settimana.»
Oscar puntualizzò: «Non è un segreto, ho visto Aurora.»
«Cos'avete fatto di interessante?»
«Venerdì sera siamo andati al cinema.»
«Che film avete visto?»
«Non ricordo nemmeno il titolo. Faceva abbastanza schifo.»
«Tempo sprecato, quindi.»
«Ci siamo rifatti in altro modo.»
Emilia girò lievemente la testa dalla sua parte, per guardarlo con la coda dell'occhio, mentre gli chiedeva: «L'hai portata a casa tua?»
«È un modo per chiedermi se ci sono andato a letto?» replicò Oscar. «Non sono una delle tue clienti, puoi essere esplicita, se vuoi.»
«Siete stati a letto insieme?»
«Sì.»
«A casa tua?»
«No, a casa sua.»
«L'hai già portata a casa tua?»
«No.»
«Posso chiederti come mai? È un bel posto, casa tua.»
«È un po' un buco.»
«Per uno come te posso immaginare.» Emilia tornò a concentrarsi sulla strada. «Dobbiamo andare da questa parte, vero?» chiese, indicando una via sulla loro sinistra. Mentre Oscar annuiva, riprese: «Non voglio essere scortese, ma mi è parso di capire che non te la passi male a soldi. Non mi aspetterei che uno con il tuo status possa abitare in un appartamento così piccolo. È poco più di un monolocale.»
«Sono affezionato a quell'appartamento» rispose Oscar. «Ci ho vissuto dei bei giorni.»
«Con un'altra donna? Una che è venuta prima di Aurora?»
«No, con un amico. Ci dividevamo le spese e, di fatto, ci dividevamo la stessa stanza. Non dormivamo nello stesso letto, però.»
Emilia mormorò: «Non mi aspettavo che uno come te abitasse in casa insieme a un estraneo.»
Non aveva un tono molto convinto, ma Oscar preferì non indagare su cosa la turbasse. Si limitò a precisare: «Il mio coinquilino non era un estraneo.»
«Lo conoscevi da molto?»
«In un certo senso. Era un mio amico d'infanzia che a un certo punto ho incontrato per caso.»
«Credi nel caso e nelle coincidenze, quindi?»
«Non saprei darti una risposta. So solo che, di punto in bianco, me lo sono ritrovato davanti e l'ho riconosciuto, dopo tanti anni e quando meno me lo aspettavo.»
«E immagino che ci sia una storia curiosa dietro al vostro incontro.»

******

Oscar diede un'occhiata fugace e si preparò per uscire di casa, ma venne prontamente fermato da sua madre. D'altronde l'aveva chiamato da lei solo ed esclusivamente per fargli vedere come procedessero i lavori di ristrutturazione, non avrebbe avuto molte possibilità di evitare un lungo discorso in merito. Non pensava ci fosse molto da dire: tutto ciò che vedeva era un'impresa di imbianchini che stava tinteggiando le pareti. Non gli era rimasto impresso nulla, a parte uno degli operai dall'aria decisamente più maldestra rispetto ai suoi colleghi. Come fosse finito a imbiancare pareti rimaneva un mistero, era molto probabile che non fosse da molto che svolgeva quel lavoro, né che ci fosse molto portato.
Non c'era molto da dire, ma sua madre voleva assolutamente sentirsi dire qualcosa, quando gli chiese: «Cosa ne pensi?»
Oscar fu piuttosto vago.
«Ho visto delle pareti imbiancate e alcune ancora da imbiancare, tutto qui.»
«E cosa ne pensi?» insisté sua madre. «Come ti sembrano?»
«Mi sembrano pareti dipinte di bianco» rispose Oscar. «Non c'è molto da dire, ti pare?»
«No, certo, ma ti sembra che la ditta stia lavorando bene?»
«Non saprei. Non me ne intendo per niente, sapranno loro quello che devono fare.»
Un uomo di mezza età in tuta da lavoro uscì da quello che doveva diventare il soggiorno. Oscar vide sua madre fargli un cenno, come a chiedergli di avvicinarsi.
«Oscar, ti presento il signor Carletti, il titolare dell'impresa.»
«È un piacere» mormorò Oscar, senza metterci troppa convinzione. «Io sono Oscar Molinari.»
«Sì, l'avevo intuito.»
Prima che l'uomo potesse aggiungere altro - Oscar non aveva la più pallida idea di che cosa dire a un imbianchino - si allontanò, lasciando l'uomo in balia di sua madre, che iniziò a borbottare qualcosa.
Oscar entrò in una delle stanze, percependo subito un odore di fumo. Non solo: l'imbianchino maldestro non doveva essere maldestro soltanto come imbianchino, dato che riuscì a farsi cogliere sul fatto mentre gettava un mozzicone di sigaretta fuori dalla finestra.
Oscar si schiarì la voce per attirare la sua attenzione.
L'altro si girò all'istante, guardandolo con aria spaesata.
«Buongiorno, lei è il figlio della signora Molinari?»
«Sì, esatto, e sono d'accordo con mia madre sul fatto che dentro casa nostra non si fuma, ma soprattutto non si gettano mozziconi in cortile dalle finestre. Quindi, per cortesia, queste cose le faccia stasera quando sarà a casa sua, se non vuole tornarsene a casa in anticipo.»
L'imbianchino avvampò.
«Ha ragione, mi scusi, non pensavo che...» Si interruppe, senza sapere cosa dire. «Non pensavo di...»
«Non pensava che io la vedessi.»
«Beh, non volevo dire questo.»
«E ci mancherebbe altro.»
L'altro abbassò lo sguardo.
«No, davvero, le chiedo scusa. L'ho fatto senza pensare.»
«Allora si sforzi di pensare di più» gli suggerì Oscar. «Lo dico per lei. Di solito chi pensa poco non finisce molto bene.» Era sul punto di voltargli le spalle e di andarsene, ma per un attimo gli parve che l'imbianchino fumatore avesse un'aria familiare. «Per caso ci siamo già visti da qualche parte io e lei?»
«Mhm, no, non mi pare» rispose l'altro, senza alzare gli occhi.
Proprio in quel momento, entrò nella stanza il titolare della ditta. Si rivolse a Oscar: «Tutto bene? Per caso c'è qualche problema?»
«Oh, no» rispose Oscar, che non voleva causare alcun problema al dipendente. «Anzi, sono io che sono venuto a curiosare.»
«Meglio così.» Il titolare si rivolse all'operaio, prima di allontanarsi. «Mi raccomando, Pizzi, non fare danni.»
Oscar rimase in silenzio per qualche istante, poi azzardò: «Nico?»

******

Quella di Emilia non era stata una banale osservazione, ma proprio una domanda alla quale aspettava una risposta. Oscar decise che non c'era nulla di male nel raccontarle come fosse andata.
«Una storia da non crederci. Praticamente questo era il figlio di una signora che lavorava come governante a casa nostra, quando ero bambino, e quando non sapeva dove lasciarlo, sua madre lo portava con sé. Diventammo amici inseparabili, anche se poi, a un certo punto, sua madre si licenziò e se ne andò. Non ci vedemmo più, non sapevo nemmeno che fine avesse fatto.»
Emilia osservò: «Del resto non mi stupisce, il figlio di una governante non doveva frequentare le stesse persone che frequentavi tu.»
Oscar ignorò il suo commento.
«Poi, circa tre anni fa, mia madre ha comprato una casa al mare, per passarci le vacanze. È il posto in cui ho rivisto Aurora dieci giorni fa, tra parentesi. Comunque ha chiamato una ditta a imbiancare ed è venuto il titolare insieme a tre suoi dipendenti. Due di loro erano bravi, ce n'era un terzo che non sembrava assolutamente del mestiere. Mentre stavo facendo un giro di perlustrazione l'ho beccato mentre fumava in casa, nonostante mia madre gliel'avesse sicuramente vietato, e quando ha finito la sigaretta ha anche buttato quello che ne restava dalla finestra.»
Emilia osservò: «A volte lo faceva pure mio marito. Non hai idea di quanto mi incazzassi: ogni volta i vicini si venivano a lamentare con me del fatto che fosse un incivile. Per fortuna, con il tempo, ha iniziato a comportarsi in modo un po' più decente.»
Oscar proseguì: «Anch'io, ovviamente, mi sono lamentato. Allora l'imbianchino ha iniziato a balbettare qualche scusa. Siamo praticamente stati colti sul fatto dal titolare, che mi è comparso dietro all'improvviso.»
«Non oso immaginare cosa sia successo dopo. L'avrai fatto cacciare via a calci come minimo.»
«No, per niente, non ho l'abitudine di mettere nei casini le persone, anche se si comportano in maniera non proprio ortodossa. Non ho detto niente al titolare, anzi, quando ha chiesto se il suo aiutante stesse dando problemi, ho negato nel modo più assoluto. Quando si è rivolto a lui chiamandolo per nome, mi è venuto un dubbio. O meglio, avevo già dei dubbi, mi sembrava di averlo già visto da qualche parte, ma finalmente ho avuto l'illuminazione. Allora gli ho chiesto se per caso era Nico, il mio amico d'infanzia... ed era lui.»
«E come era finito a imbiancare casa a tua madre?»
«Cercava lavoro ed era riuscito a spacciarsi per un imbianchino competente. Non è durato molto in quella ditta, ovviamente.»
«Poi cos'è successo? Voglio dire, dopo che ti ha confermato di essere proprio lui.»
«Gli ho detto che ero felice di vederlo e l'ho abbracciato. Era un po' spiazzato, ma ne è stato felice. Gli ho chiesto come mai non mi avesse detto nulla e avesse fatto finta di non conoscermi. In un primo momento ha detto di non avermi riconosciuto, poi mi ha spiegato che si sentiva in imbarazzo. Pensava che ormai le nostre strade si fossero separate definitivamente e che la mia vita non c'entrasse niente con la sua.»
Emilia azzardò: «Ma infatti era proprio così, la sua vita non c'entrava niente con la tua.»
«Su questo non hai tutti i torti» convenne Oscar, «Ma è anche grazie a lui che ho capito che non ero soddisfatto fino in fondo della mia esistenza e che c'erano alcune cose che volevo cambiare.»
«E le hai cambiate?»
«Sì.»
«Ne sei stato soddisfatto, poi?»
«Diciamo di sì.»
«E Aurora?» volle sapere Emilia. «Si incastra bene nella tua vita attuale?»
«Aurora si incastrerebbe bene in qualsiasi vita» replicò Oscar. «Su questo non ho dubbi.»
«A proposito, siamo rimasti a venerdì, quando avete fatto sesso a casa sua» ricordò Emilia. «Com'è andata sabato?»
Oscar precisò: «Siamo quasi arrivati. Devi prendere quella strada a destra, poi proseguire per duecento o trecento metri e...»
Emilia lo interruppe: «Va bene, va bene, ma sabato cos'avete fatto?»
«Siamo stati a cena insieme.»
«E poi siete finiti a letto insieme di nuovo?»
«No, siamo finiti a letto insieme prima di andare a cena.» Oscar ridacchiò. «È sempre meglio mettersi avanti con i lavori, non ti pare?»
«E ieri?» volle sapere Emilia. «Cos'è successo ieri?»
«Niente di che, solo una passeggiata in centro.»
«Niente sesso?»
«Lungo le vie del centro non era possibile.»
«Quando vi rivedrete?»
«Presto. È qui che devi svoltare.»
«Sì, l'avevo capito.»
«Non si sa mai.»
Emilia si finse offesa.
«Guarda che un'autista migliore di me difficilmente la trovi. Dove mi fermo?»
«Un po' più avanti.»
«Va bene, ti aspetto in macchina.»
«Davvero, non importa» le assicurò Oscar. «Dopo posso prendere un autobus, o al più un taxi. Non mi sembra bello farti aspettare per almeno un'ora.»
«Puoi sempre trovare un modo per farti perdonare» ribatté Emilia. «Non saprei, magari possiamo andare a pranzo insieme.»
Oscar le fece un cenno.
«Fermati qui.»
Emilia accostò.
«Allora, ci stai? Va bene il pranzo insieme?»
«Va bene il pranzo insieme» accettò Oscar, «Ma offro io. Mi pare il minimo dopo che hai stravolto i tuoi impegni per me.»
Si guardarono ed Emilia fece un radioso sorriso.
«Non avevo impegni.»
«Allora cosa ci facevi in giro in macchina vicino a casa mia?»
Emilia gli strizzò un occhio.
«A ciascuno i suoi segreti... perché tutti abbiamo dei segreti. Anche tu, ne sono certa.»
Oscar fu scosso da un brivido, ma non lo diede a vedere.
«Ci vediamo, Emilia. Vado a sentirmi dire che sono un fallito che meriterebbe di essere messo alla porta, poi torno.»

 

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Capitolo 9
*** [Aurora] ***



Seduta in sala insegnanti, Aurora diede una rapida occhiata al compito che stava in cima a tutti gli altri. Non guardò il nome dell'allievo, ma lo riconobbe subito dalla grafia e dal fatto che non ci fossero errori apparenti. Se fossero stati così anche tutti gli altri ne sarebbe stata felice, ma non si faceva illusioni.
Spostò il foglio, per passare a quello successivo. Non poteva esserci più differenza: anche quello studente fu riconosciuto in breve tempo da Aurora, senza leggerne il nome, per tante ragioni, nessuna delle quali positiva.
Era immersa nella propria attività, tanto da non accorgersi di una presenza alle proprie spalle, almeno finché non udì la voce di Nora.
«Come procede? I tuoi piccoli Pitagora ti stanno dando soddisfazioni?»
Aurora alzò lo sguardo.
«Possiamo cambiare discorso?»
«Non sono diventati dei geni, quindi» dedusse Nora. «Che strano, non l'avrei mai detto.»
«Alcuni se la cavano bene» chiarì Aurora. «Purtroppo sono troppo pochi.»
«Non si può avere tutto, nella vita» ribatté Nora, scostando la sedia accanto alla sua e accomodandosi. «Quando la vita privata riserva solo momenti di gioia, allora quella professionale va incontro a delusioni.»
Aurora puntualizzò: «Va bene tutto, va bene sentirsi coinvolta, ma alla fine dell'anno non sarò io quella che sarà bocciata o rimandata, quindi forse è qualcun altro che dovrebbe darsi una svegliata.»
Nora sentenziò: «Lo dico sempre, secondo me sei tu che non sai come prenderli. Non fraintendermi, non sei la sola, ma i ragazzi hanno bisogno di essere coinvolti.»
«E credi che non faccia niente per coinvolgerli?»
«Effettivamente non puoi farci molto, insegni una materia noiosa.»
Aurora si irrigidì.
«La matematica non è affatto noiosa.»
«Non ha applicazioni pratiche nella vita.»
«Ne ha molte di più di quante tu possa pensare.»
«Ma infatti il problema è proprio quello: non viene spontaneo pensarlo. Paradossalmente, per me è molto più facile: mi basta ricordare ai miei alunni che parlare altre lingue oltre all'italiano un giorno permetterà loro di rimorchiare turisti e turiste stranieri che conosceranno in vacanza.»
«Hai sempre in mente solo una cosa.»
«Sì, lo ammetto.»
«È curioso che tu non sia ancora fidanzata. Se mettessi in pratica quello che dici, dovresti saltare letteralmente addosso a ogni uomo presentabile che incontri.»
Nora ammise: «Non sono tanto spigliata quanto mi piacerebbe. Piuttosto, il tuo scrittore non ha qualche amico da farmi conoscere?»
«Non saprei» rispose Aurora. «Non conosco i suoi amici.»
«Ne avrà, comunque. Avrà degli amici vivi, intendo dire, e magari ricchi sfondati come la sua famiglia.»
«Non penso che Oscar frequenti volentieri le persone che vedeva anni fa, quando i suoi genitori avevano ancora qualche genere di controllo su di lui. Mi ha raccontato che si è sempre sentito un pesce fuori dall'acqua e che il suo incontro con Nico gli ha fatto aprire gli occhi e capire che doveva cambiare qualcosa.»
«E di quel Nico ti ha detto qualcos'altro?»
«Non tanto.»
«Ne parlate spesso?»
«No, nelle ultime settimane è capitato un paio di volte.»
«Stai ancora facendo qualche ricerca? È passato un mese, ormai.»
Aurora scosse la testa.
«No, non sto facendo ricerche, perché non ho motivi per farne. So che è morto in un incidente stradale e che insieme a lui c'era una donna che gli piaceva, ma con la quale non aveva una relazione. O quantomeno, con la quale non aveva una relazione ufficiale, che cosa facessero nel privato Nico e quella donna non siamo tenuti a saperlo. Oscar, tuttavia, è convinto che tutto quello che c'era fosse solo ed esclusivamente nella testa di Nico.»
«Quindi» dedusse Nora, «Ti sei convinta che non ci sia niente di interessante da scoprire e hai lasciato perdere. Non è da te. Ti immaginavo più determinata e combattiva.»
«Non è questione di essere determinata e combattiva. Quando ho sentito parlare di Nico per la prima volta, mi sono incuriosita perché aveva fatto parte della vita di Oscar. Adesso, però, so che cosa rappresentasse per lui. Non ci sono segreti, è soltanto un'amicizia del passato, senza nulla di nascosto.»
«Rimane il fatto che Oscar sia sempre molto vago, quando parla di lui, o sbaglio?»
«Non sbagli, ma non perché mi stia nascondendo qualcosa. È tutto molto semplice: la sua perdita è una ferita ancora aperta e preferisce tenersi dentro quello che prova. Non posso obbligarlo ad aprirsi, se non lo desidera. Io stessa preferisco non parlare di certe questioni. È giusto così: io e Oscar abbiamo una buona intesa, ma questo non significa che dobbiamo per forza dirci tutto.»
Nora scosse la testa.
«Scusa se dissento, ma per me sbagli. Se ciascuno si tiene tutto per sé, che coppia siete?»
«Siamo due persone distinte, prima di essere una coppia» replicò Aurora. «Non fraintendermi, non mi piacerebbe se Oscar mi nascondesse cose che riguardano anche me, così come non mi sentirei a mio agio a nasconderne a lui. Qui, però, stiamo parlando di un legame che non mi riguarda, tra Oscar e un amico che non ho mai conosciuto e non potrò mai conoscere. Nico faceva parte della vita di Oscar quando non c'ero io e, in tutta sincerità, non me la sento di volere fare parte anche del suo passato. Mi basta esserci nel suo presente.»
«E nel presente» chiese Nora, «Va tutto bene?»
«Sì, non mi posso lamentare» rispose Aurora. «Sto bene con lui e mi pare di capire che Oscar stia bene con me.»
«Sta lavorando a qualche progetto, adesso?»
«Sì.»
«Ti ha svelato qualcosa?»
«Non tanto, ma lo capisco. Si tratta del suo lavoro.»
«È uno scrittore, non è un lavoro come tutti gli altri.»
Aurora ridacchiò.
«Lo ammetto, è più interessante di che quello che faccio io, ma io stessa non gli racconto nel dettaglio del mio lavoro. Penso che a Oscar non interesserebbe più di tanto scoprire che rapporto abbiano con la matematica i miei studenti e, allo stesso tempo, tiene per sé quello che fa. Magari pensa che potrei annoiarmi e preferisce evitare di raccontarmi dettagli.»
«Hai letto il suo precedente romanzo?»
«Sì, me ne ha regalata una copia un paio di settimane fa.»
«E ti è piaciuto?»
Aurora sospirò.
«Nora, non c'è alcun bisogno di fingere interesse per cose che ti sono del tutto indifferenti. Vuoi sapere se facciamo sesso di frequente e magari quanto di frequente, e dove, giusto? Non c'è bisogno di introdurre l'argomento così da lontano.»
Nora sbuffò.
«Per una volta che non ti stavo chiedendo dei vostri rapporti, devi sempre pensare male!»
«Però impazzisci dalla curiosità, giusto?»
«Sì, impazzisco dalla curiosità. Quand'è stata l'ultima volta che l'avete fatto?»
«Ieri sera, quando è venuto a trovarmi.»
«Ha anche dormito da te?»
«No.»
«E tu sei stata a casa sua, di recente?»
«No, non ci sono ancora stata.»
«Peccato, mi sarebbe piaciuto sapere com'è casa sua.» Nora rise. «Purtroppo, per calmare la mia sete di dettagli, dovrai raccontarmi quelli più scabrosi.»
Aurora le scoccò un'occhiata gelida.
«Non ci pensare nemmeno, non ho la minima intenzione di descriverti nel dettaglio quello che facciamo a letto insieme.»
«Sei proprio certa di non volermi raccontare niente?»
«Nora, piantala! Possibile che tu non abbia niente da fare? Perché non te ne vai fuori a fumare come al solito?»
«No, non ho niente da fare», Nora controllò l'orologio, «Almeno per i prossimi venti minuti. Sono arrivata in anticipo, sapevo che avevi quest'ora libera e che ti avrei trovata. E ti ricordo che di solito mi rimproveri sempre quando fumo.»
«Quindi, fammi capire, sei arrivata in anticipo proprio per me?» ribatté Aurora. «Sei così ossessionata con la mia vita privata? Forse faresti davvero meglio a trovarti un uomo.»
Al sentire quel suggerimento, Nora realizzò: «Abbiamo lasciato in sospeso il discorso sugli amici di Oscar. Hai detto che non frequenta più gente della sua stessa estrazione sociale perché, quando ha incontrato Nico, ha capito che la vita da squattrinati è decisamente più intrigante. Amici squattrinati ne ha? Non dei miserabili, gente che almeno abbia un lavoro e una fonte di reddito. Non pretendo necessariamente un uomo ricco e altolocato, tanto una volta che si sbottonano i pantaloni hanno tutti la stessa utilità, a meno che non siano impotenti.»
«Ti ho detto che non ho avuto l'onore di incontrare gli amici di Oscar, anche se so che ogni tanto vede gente che ha conosciuto a suo tempo tramite Nico» rispose Aurora. «Non mi sembra il caso di informarmi sulla loro presunta impotenza.»
«Era solo una battuta, possibile che non si possa dire niente con te?»
«Mi sembra che di cose tu ne stia dicendo anche troppe.»
«E, venendo a quelle serie, tu invece mi stai dicendo che non c'è possibilità di conoscere quella gente generica che Oscar frequenta in modo generico dopo averla conosciuta in modo generico tramite l'unico suo amico non generico.»
Aurora ammise: «Per ora, temo di no. Oscar non parla molto volentieri di loro. Ho l'impressione che, in realtà, li vedesse e li veda tuttora solo perché erano amici di Nico, che non li frequenterebbe se fosse per lui.»
«Dunque, ricapitolando questo Oscar aveva un amico con cui condivideva un appartamento» sintetizzò Nora, «E che aveva altri amici. Oscar, invece, non vedeva mai nessuno e non vedrebbe tuttora nessuno se non fosse per onorare la memoria del suo coinquilino. Quindi, prima di conoscere Nico, cosa faceva? Se ne stava sempre a casa, oppure frequentava solo donne che si portava a letto?»
«Penso la seconda opzione, dato che Oscar stesso mi ha raccontato di avere avuto molte avventure, ma nessuna che si sia mai trasformata in una relazione fissa» rispose Aurora. «Questo è stato confermato anche da zia Luisa e da sua sorella, che mi hanno raccontato, quella volta in spiaggia, come Oscar non abbia mai avuto molto l'abitudine di trasformare le sue storie in qualcosa di più stabile.»
«Tutto ciò è molto poetico» osservò Nora. «Certo, c'è sempre il pericolo che possa decidere da un giorno all'altro che quella vita gli manca, ma deve essere un'emozione sapere di essere proprio colei che gli ha fatto cambiare strada. Non ti senti un po' una salvatrice?»
«No, Oscar non aveva bisogno di essere salvato. Se non aveva una relazione stabile, vuole dire che non aveva mai incontrato una persona con cui volesse una relazione stabile. Se non avesse trovato me, avrebbe continuato con tutta probabilità a saltare da una donna all'altra, ma non significa per forza che fosse un errore. Penso che non abbia molto senso impegnarsi in una relazione duratura se non si è davvero convinti di quello che si fa.»
«E adesso ti sembra convinto?»
«Non parliamo molto di futuro, ma sono sicura che stia bene con me.»
«E tu stai bene con lui, anche se pare non essere il poeta maledetto bello e dannato che pensavi che fosse.»
«Non ho mai pensato che fosse maledetto e dannato. Dal punto di vista estetico, invece, non mi posso lamentare.»
«Non è maledetto e dannato, ma è tormentato.»
«Tormentato? Forse sì, ma non di più di quanto siamo tormentatr noi. C'è chi nasconde meglio e chi nasconde peggio i propri tormenti interiori. Oscar non può: sono proprio i suoi tormenti interiori, spesso, che gli danno ispirazione per il suo lavoro.»
«Quello che scrive è autobiografico?»
«Non necessariamente. Non...» La porta della sala insegnanti si aprì ed entrò un loro collega. Aurora sussurrò: «Credo che dovremo rimandare il proseguimento di questa conversazione, Nora. Preferirei non mettere in piazza la mia vita privata.»
Nora non si oppose. Non rimasero più sole, nel tempo che le separava all'inizio della successiva ora di lezione. Aurora ricominciò a guardare di sfuggita i compiti dei propri studenti. Li avrebbe corretti quel pomeriggio, con più concentrazione.
Il resto della mattinata proseguì tranquilla e, rientrata a casa, dopo pranzo Aurora si mise al lavoro. Se alcuni dei suoi alunni erano un disastro, altri erano pressoché perfetti. La sorprendeva ogni volta, non in positivo, come ci fossero più estremi che vie di mezzo. Se da un lato i migliori le davano soddisfazioni, per quanto si sforzasse, era difficile far arrivare molti altri almeno a una sufficienza risicata.
Le mancavano solo gli ultimi tre compiti ed era immersa in quelle riflessioni, quando il campanello suonò. Si chiese chi potesse essere. Non aspettava nessuno e di solito non riceveva visite non programmate; anche i suoi genitori di solito le davano un colpo di telefono prima di andare a trovarla. Controllò la segreteria telefonica, per verificare che non le fosse sfuggito qualche messaggio. Non ce n'erano. Andò quindi al citofono, per verificare chi fosse.
«Non mi conosce, mi chiamo Emilia, sono un'amica di Oscar. Possiamo vederci?»
Aurora rimase spiazzata per un attimo. Non aveva mai sentito parlare di una certa Emilia, da Oscar, quindi riteneva improbabile che, qualunque fosse la ragione, costei avesse bisogno di vederla senza un minimo di preavviso.
«Cosa desidera?» chiese Aurora.
«Mi fa salire?» la pregò Emilia. «Vorrei parlarle.»
Non era una buona idea: non si fidava a fare entrare in casa dei perfetti sconosciuti, specie se non poteva verificare un minimo la credibilità di ciò che le raccontavano. C'era solo una via praticabile.
«Scendo io.»
«Va bene, la aspetto.»
Aurora infilò un soprabito e prese le chiavi, prima di uscire dall'appartamento e scendere le scale, con la testa piena di domande.
La presunta amica di Oscar era una donna sui trent'anni, con i capelli biondi raccolti in una treccia piuttosto elaborata.
«Emilia?» chiese Aurora.
«In persona» confermò l'altra. «Ho bisogno di dirle alcune cose.»
«Dato che è un'amica del mio ragazzo, possiamo darci del tu, se per lei va bene.»
«Mi va bene. Ho bisogno di dirti alcune cose.»
«Possiamo parlare qui?»
«Ti capisco» ammise Emilia. «Anch'io non farei entrare in casa una persona di cui non ho mai sentito parlare. Immagino che Oscar non ti abbia mai raccontato niente di me.»
Aurora azzardò: «Sei una sua ex?»
Emilia ridacchiò.
«Ti sembro una ex di Oscar?»
«Non saprei.»
«Non credo che Oscar frequenti quelle come me» ribatté Emilia. «Ho solo la terza media, faccio la parrucchiera - come dipendente, non ho un negozio mio - e fino a qualche tempo fa avevo un marito senza neanche un soldo. Penso che il tuo fidanzato non prenderebbe in considerazione una come me.»
«Oscar è meno classista di quanto tu creda.»
«Comunque meglio così, se non gli sono mai interessata. Almeno tra me e te non ci sarà imbarazzo.»
Quelle chiacchiere potevano essere un buon modo per rompere il ghiaccio, ma Aurora era convinta che ci fosse qualcosa di più interessante di cui discutere. Emilia non si era certo presentata sotto casa sua per raccontarle di non essere istruita e altolocata abbastanza da potere puntare ad avere una relazione con uno come Oscar.
«Perché sei qui? Cosa vuoi dirmi?»
Emilia abbassò lo sguardo.
«Non saprei nemmeno da dove iniziare, non so trovare le parole. Vorrei solo dirti di fare attenzione.»
Aurora strabuzzò gli occhi.
«Attenzione? A cosa?»
«A Oscar» rispose Emilia. «Non ti ho raccontato come l'ho conosciuto, ma ci tengo a rassicurarti: non ci frequentiamo da soli. A volte esco con altri amici e Oscar, ogni tanto, viene con noi. Si chiamano Vittorio e Paolo, forse non li hai mai incontrati.»
«No» ammise Aurora. «Conoscevi anche Nico?»
Emilia esitò, prima di scuotere la testa con fermezza.
«No, non conosco nessun Nico, so che era un loro amico che adesso non c'è più. Tu l'hai mai conosciuto?»
«Nemmeno io.»
«Lo so che non è bello parlarne in questi termini, ma Vittorio dice che, se non avesse mai incontrato Oscar, Nico a quest'ora sarebbe ancora vivo» riferì Emilia. «Io non so cosa pensare. Oscar mi sembra una brava persona, e del resto anche Vittorio e Paolo lo frequentano senza problemi, ma sembra che, in fondo, non li convinca a pieno. Una volta ho chiesto a Vittorio cosa intendesse, e mi ha risposto che Nico non avrebbe preso certe strade sbagliate, se Oscar non l'avesse in qualche modo incoraggiato.»
Aurora replicò: «Che io sappia, Nico è morto in un incidente d'auto. In che modo c'entra Oscar con tutto questo?»
Emilia obiettò: «Non puoi capire. Nemmeno io posso capire. Solo, perché Vittorio avrebbe dovuto scomodarsi di dire qualcosa del genere, se non ci fosse niente di vero? Perché accusare Oscar di avere delle colpe, se fosse così limpido come fa credere di essere?»
«Perché ne stai parlando con me e non con il tuo amico Vittorio?» replicò Aurora. «Mi sembra sia qualcosa che riguarda voi.»
«Riguarda anche te» ribatté Emilia, «Dato che stai insieme a Oscar. Io ti ho solo voluto dire che potresti avere travisato, che potrebbe sembrarti diverso da quello che è veramente. Se vuoi, posso metterti in contatto con Vittorio.» Senza attendere una risposta, si mise a frugare nella tasca del giubbotto, consegnandole un foglio scritto a mano. «Ci sono i nostri numeri di telefono, sia il mio sia quello di Vittorio. Adesso ti lascio sola, ti ho già portato via abbastanza tempo, ma vorrei che tu ci pensassi. Se vuoi sapere qualcosa di più su Oscar, chiama Vittorio.»
Aurora non sapeva dire, quindi pronunciò le prime parole che le vennero in mente.
«Ci penserò.»
Emilia la avvertì: «Vittorio è sposato. Se dovesse risponderti sua moglie e fare dei problemi per passartelo, dille che sei la fidanzata di Oscar e che stai preparando una sorpresa per lui insieme ai suoi amici, o qualcosa del genere.»
Con quel suggerimento, Emilia si congedò. Aurora la guardò attraversare la strada e salire a bordo di una piccola automobile grigia. Tornò dentro e salì in casa, con la consapevolezza di avere dei compiti ancora da correggere, ma di non essere nello stato d'animo giusto farlo in quel momento. A peggiorare la situazione, le arrivò una telefonata di Oscar. A peggiorarla, o forse a migliorarla: incurante degli avvertimenti di Emilia, Aurora gli propose di cenare insieme e di fermarsi a dormire da lei, quella notte.

 

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Capitolo 10
*** [Oscar] ***


Dopo avere controllato la propria immagine riflessa nello specchio, Aurora si raccolse i capelli, poi tornò a letto. Scostò le coperte e, mentre si sistemava, Oscar osservò: «Sei bellissima anche con la coda.»
Aurora ridacchiò.
«Dai, non dire cazzate.»
«Non è una cazzata» replicò Oscar. «Sei bellissima, è un dato di fatto.»
«Grazie il complimento, ma mi sembra una cosa molto banale da dire» ribatté Aurora. «Il motivo per cui mi piaci è che non sei scontato. O almeno, non lo sei di solito. Perché devi fare crollare la magia di punto in bianco? È stata una serata meravigliosa.»
Non aveva tutti i torti sulla banalità delle sue parole e, in effetti, Oscar era felice che non le piacessero quelle frasi fatte prive di contenuto.
«Concordo, è stata una serata meravigliosa» convenne, «Ma è finita troppo in fretta. Sei proprio sicura che per te sia già il momento dei titoli di coda?»
Ad Aurora sfuggì una risata.
«Stavo pensando a Nora, la mia collega insegnante di francese.»
Oscar non sapeva come interpretare quell'affermazione, che però lo faceva divertire.
«Mentre sei con me pensi a Nora?»
Aurora chiarì: «No, penso che se ci fosse lei, al posto mio, non esiterebbe a ripetere tutto di nuovo, anche se ormai è tardissimo.»
Oscar rise.
«Che peccato, allora, avere conosciuto te invece che Nora!»
«È mezzanotte e un quarto» puntualizzò Aurora. «Tra sette ore e mezza devo essere a scuola.»
«Appunto» scherzò Oscar. «Abbiamo ancora sette ore e mezza a disposizione.»
«Stai zitto e dormi» gli intimò Aurora. «O, se proprio non vuoi dormire, lascia dormire me.»
«Mi stai facendo una richiesta troppo difficile» insisté Oscar, che non si rassegnava all'idea che fosse ormai arrivata la notte. «Il tempo è volato. Non mi hai nemmeno parlato della tua giornata.»
«Si vede che non abbiamo trovato il tempo» rispose Aurora. «Non fa niente. La mia giornata non è stata molto interessante. Ho corretto i compiti di una delle mie classi e alcuni erano un disastro.»
Oscar azzardò: «Magari i tuoi studenti hanno qualità nascoste. Probabilmente non vanno d'accordo con la matematica.»
«Qualcuno se la cava nelle altre materie» gli riferì Aurora, «Ma la maggior parte di quelli che hanno delle difficoltà con me non hanno un rendimento particolarmente buono nemmeno con i miei colleghi. Mi viene da pensare che spesso le presunte difficoltà siano frutto di poca voglia di studiare.»
«E poi?» chiese Oscar, convinto che ci fosse qualcosa di più. «Non hai fatto altro di interessante dopo avere corretto i compiti dei tuoi studenti?»
«Ho chiesto a te di venire a cena e di fermarti a dormire.»
«Come mai questa idea?»
«Avevo voglia di passare del tempo con te.»
«Quindi» realizzò Oscar, «Non ti spaventa l'idea che io domani mattina possa vederti con i capelli in disordine.»
Aurora precisò: «I capelli li ho legati perché spero che rimangano in ordine. Comunque domani mattina dovrò alzarmi prestissimo, tu resta pure a dormire.»
«E poi cosa faccio?» domandò Oscar. «Ti aspetto?»
«Dovrei arrivare a casa verso l'una. Se vuoi aspettarmi e cucinare, nel frattempo, per me non c'è problema. Però, se hai da fare, puoi andare via.»
Oscar chiarì: «Non ci penso nemmeno ad andare via. Dovrai cacciarmi. In ogni caso va bene, anche se cucinare non è proprio il mio mestiere. Se ti accontenti, va bene. Sarà una prova.»
«Una prova di cosa?»
«Di come sarebbe vivere insieme a te.»
Aurora non rispose. Per un attimo a Oscar parve perplessa. Si affrettò quindi a rassicurarla: «Non voglio assolutamente installarmi in casa tua. Anzi, se vuoi, domani mattina me ne vado. Però mi farebbe piacere aspettarti e pranzare insieme a te. Potrebbe essere una buona idea.»
«Solo se per te non è un problema» insisté Aurora. «Se devi lavorare...»
«Posso lavorare domani pomeriggio, oppure dopodomani» affermò Oscar. «L'idea di pranzare insieme a te mi piace e non me la faccio scappare per nulla al mondo.»
La loro conversazione terminò lì: Aurora aveva messo in chiaro che desiderava dormire, dato che non avrebbe avuto molte ore a disposizione per farlo. Oscar accettò, anche se avrebbe preferito comportarsi diversamente. Cercò di prendere sonno a sua volta, ma non vi riuscì. Aurora era già addormentata da tempo, quando Oscar si alzò e andò in soggiorno, dove si mise a sfogliare una rivista.
Quando tornò a letto erano quasi le due. Cercò di non disturbare Aurora, che continuò a dormire. Quando si svegliò, il mattino seguente, Aurora era già uscita per andare al lavoro. Ripensò ai discorsi che aveva fatto la prima volta che era entrato in casa sua, la sera in cui erano andati al cinema a vedere un film che non era sembrato interessante né all'uno né all'altra.
"Sarà meglio non fare disordine" si disse, "o quantomeno non lasciare grosse tracce della mia presenza".
Più tardi, quella mattina, si mise a sfogliare il proprio blocco degli appunti, seduto al tavolo della cucina al quale probabilmente il giorno precedente Aurora si era seduta per correggere i compiti dei suoi studenti. Ritrovò la poesia che aveva abbozzato, e mai corretto o modificato, la notte in cui, in vacanza, Aurora l'aveva raggiunto nella sua stanza. La rilesse un paio di volte, ritrovandosi a chiedersi cosa sarebbe successo se avesse potuto incontrare Nico un'ultima volta, che cosa si sarebbero detti.
Non vi erano risposte e anche il discorso che avevano lasciato in sospeso non era mai stato approfondito. Oscar richiuse il blocco, domandandosi per l'ennesima volta quale fosse stato l'ultimo pensiero del suo amico, mentre usciva di strada insieme a Giuliana Rossi. Sarebbe cambiato qualcosa, se non avesse mai conosciuto quella donna? Sarebbe cambiato qualcosa, di conseguenza, se Oscar non gli avesse mai presentato certe persone? Non ne aveva idea, ma ricordava con chiarezza la prima volta in cui Nico gli aveva parlato di lei.

******

«Hai mai visto la fidanzata di Gabriele?»
La voce di Nico arrivò all'improvviso, senza che Oscar avesse notato, fino a quel momento, la sua presenza.
«Quando sei rientrato?» domandò al coinquilino, senza girarsi.
«Pochi minuti fa.» Nico sembrava molto interessato all'argomento Giuliana, dato che ripeté: «La fidanzata di Gabriele l'hai mai vista?»
Oscar non condivideva il suo stesso interesse.
«Sì, l'ho intravista un paio di volte.»
«È venuta a trovarlo al lavoro» lo informò Nico. «O meglio, voleva venire a trovarlo, ma Gabriele non c'era, in quel momento. È stupenda.»
«Mi fa piacere per lui.»
«Ma davvero l'hai vista e ti è indifferente?»
Oscar si girò a guardarlo.
«Dì un po', ti sei preso una cotta per quella donna?»
Nico avvampò.
«No, solo che è stato un incontro molto piacevole.»
«Sarà meno piacevole quando ti ricorderai che è la fidanzata del tuo datore di lavoro» puntualizzò Oscar, «E che l'anno prossimo si sposeranno.»
Nico gli strizzò un occhio.
«Se fossero davvero convinti, non avrebbero programmato il matrimonio così tanto in là nel tempo.»
«Gabriele è pieno di soldi da fare schifo» chiarì Oscar. «Staranno organizzando uno di quei matrimoni sfarzosi in stile divi del cinema. Ci vuole tempo per organizzare quel tipo di cerimonie.»
«Magari Giuliana cambierà idea. Lasciami sognare un po'!»
«Credo che ti converrebbe tornare con i piedi per terra e dimenticarti di lei. Chi è, dopotutto? Solo una persona che hai visto per caso e con cui avrai parlato per pochi minuti, immagino.»
«Oh, no, abbiamo parlato a lungo, invece» replicò Nico. «Non è solo bella. Mi sembra anche una donna molto interessante. Mi sorprende che stia insieme a uno come Gabriele.»
Oscar osservò: «Quindi ti sei accorto anche tu che Gabriele è una testa di cazzo?»
«In che senso anch'io?» obiettò Nico. «Sei tu quello che lo frequentava.»
«Veramente no, non ho mai frequentato Gabriele, né i suoi amici, sempre che quelli che gli stanno intorno possano essere definiti tali. Penso che nessuno lo sopporti, in realtà. Quindi forse hai ragione, questa Giuliana deve essere un po' fuori di testa, per stare con lui. Non mi stupirebbe che le interessasse solo per i suoi soldi.»
Nico sospirò.
«E meno male che, stando a quanto si dice, i soldi non dovrebbero fare la felicità.»
«Dipende cosa intendi per felicità» sentenziò Oscar. «Tu saresti contento di stare insieme a una donna che ti pare fantastica, ma che sta con te solo perché ti considera un portafoglio da aprire?»
Nico ridacchiò.
«Non ho mai avuto questo problema. Le ragazze che mi correvano dietro lo facevano perché trovavano qualcos'altro in me. Oppure perché non avevano un minimo di cervello.»
«Secondo me dovresti tornare a puntare a quelle senza cervello» ribatté Oscar. «Non ha senso farsi viaggi mentali su una persona che probabilmente non vedrai mai più.»
«Hai ragione, comunque dicevo così, tanto per dire. È ovvio come andrà a finire: Giuliana farà il suo bel matrimonio con Gabriele, circondata da invitati che non vedono l'ora di andarsene a casa, e penserà che sia stato il giorno più bello della sua vita. Spenderà i soldi di Gabriele, che un giorno inizierà a stancarsi di lei e si troverà un'amante più giovane da mantenere.»
Oscar abbassò lo sguardo.
«Conosco soggetti di quel genere.»
«Vuoi dire che ti sei sposato e poi hai tradito tua moglie con una donna più giovane?»
A quelle parole, Oscar scoppiò a ridere.
«Ma dai, ti sembro uno che è stato sposato?»
Nico replicò, con naturalezza: «Perché no?»
Oscar insisté: «Capisco tutto, ma non penso di avere l'aria di uno che è stato sposato.»
«Perché, che cos'hanno quelli che sono stati sposati di diverso da quelli che non lo sono mai stati?» obiettò Nico. «Se io fossi uno sconosciuto, capiresti al volo se sono sposato oppure no?»
«Non mi dai l'idea di uno che abbia mai avuto una moglie» rispose Oscar, e non avrebbe aggiunto altro, se all'improvviso non gli fosse venuto un dubbio. «Aspetta, stai cercando di dirmi qualcosa? Sei stato sposato?»
Gli parve di cogliere una lieve esitazione sul volto di Nico, mentre affermava: «Oh, no, certo che no.»

******

Oscar non poté fare a meno di sorridere ripensando a quel discorso risalente a tanto tempo prima. Non avevano mai più parlato di un'ipotetica moglie o ex moglie di Nico, quindi aveva dato per scontato di avere travisato, quando gli era sembrato indeciso. D'altronde, perché avrebbe dovuto nascondergli un matrimonio fallito?
Cercò di togliersi dalla testa quei pensieri e fu sul punto di riaprire il blocco degli appunti, ma cambiò idea. Adocchiò un giornale, appoggiato su una sedia, quindi lo raccolse e si mise a sfogliarlo, almeno finché dalle sue pagine non ne uscì un foglio con due numeri di telefono.
Per un attimo Oscar si chiese cosa ci facessero due numeri di telefono infilati all'interno di un quotidiano, ma subito dopo i nomi lo colpirono: Emilia e Vittorio. Era curioso, si disse, che Aurora conoscesse due persone che si chiamavano entrambe come suoi amici o presunti tali. Poi rilesse il numero di Vittorio: si trattava proprio dello stesso e, pur non conoscendo a memoria il recapito di Emilia, non si sarebbe stupito se anche in quel caso fosse stata la stessa persona.
Non aveva idea di come Aurora sapesse della loro esistenza, né soprattutto di come Emilia e Vittorio potessero essersi messi in contatto con Aurora e per quale ragione, né aveva idea del perché quel foglio fosse stato buttato quasi distrattamente tra le pagine di un giornale.
Non aveva importanza, presto ne avrebbe parlato con Aurora, anche se serviva la giusta atmosfera. L'idea di attenderla accanto alla porta, quando sarebbe arrivata, come avrebbe fatto qualche svitato tra le pagine dei suoi aspiranti romanzi ancora da scrivere, e chiederle in tono da inquisitore che tipo di contatti avesse o avesse avuto con Emilia o Vittorio era da scartare sul nascere, Aurora non era certo tenuta a informarlo per filo e per segno di chi conoscesse.
Attese quindi con pazienza il momento del suo arrivo e si mise a cucinare, cercando di preparare qualcosa di semplice abbastanza da consentirgli di non fare brutte figure. Fu molto fortunato: Aurora rientrò in casa nel momento stesso in cui il pranzo era pronto.
«Wow, hai cucinato davvero!» la sentì esclamare. «È fantastico, cos'hai preparato.»
«Spaghetti alle vongole» rispose Oscar. «Ho trovato un vasetto di vongole sgusciate a lunga conservazione e ho pensato che avrei potuto usarle per avvelenarti.»
Aurora rise.
«Spero di avere uno stomaco forte abbastanza per resistere alla tua cucina, allora.»
«Mettiti a tavola» la pregò Oscar, «È pronto.»
«Un attimo, dammi il tempo di mettere giù la giacca e la borsa, poi di andare in bagno.»
Durante il pranzo - nel quale Aurora non rimase intossicata, per fortuna - Oscar si guardò bene dal trattare l'argomento Emilia e Vittorio, ma era per lui un chiodo fisso dal quale non riusciva a distogliere il pensiero. Cercò comunque di dare qualche soddisfazione ad Aurora, mentre questa gli raccontava della sua mattinata, focalizzandosi in particolare sull'amica insegnante di francese, quel giorno particolarmente su di giri perché aveva conosciuto quello che le sembrava un uomo interessante, la sera precedente, a cena al bar di proprietà dei suoi genitori.
«Sono davvero felice per lei» aggiunse Aurora. «È da tempo che Nora non fa altro che parlare di uomini, lasciando intendere che vorrebbe trovare un fidanzato a tutti i costi. Adesso che ha conosciuto questo tizio, mi auguro che inizi a uscirci insieme e che possa realizzare i suoi desideri. Almeno, dopo, parlerà della sua vita privata, invece di insistere per parlare della mia!»
«Spero che tu non le riferisca proprio tutto nel dettaglio» ribatté Oscar. «Preferirei che certi particolari non venissero divulgati.»
«Non preoccuparti, Nora non è una persona molto discreta, ma io lo sono anche per lei.»
«Mi fa piacere sentirtelo dire.»
«Tu, invece?» si informò Aurora a quel punto. «Cos'hai fatto oggi?»
«Niente di importante» ammise Oscar, «Anche se avrei una cosa da chiederti.»
«Fai pure.»
«Stamattina, sfogliando un giornale, ho trovato un foglio con...» Si interruppe, nel vedere Aurora spalancare gli occhi. «Non volevo farmi i fatti tuoi» cercò di rassicurarla, «L'ho trovato per puro caso e mi sono accorto di conoscere uno di quei numeri.»
«Pensavo di averlo buttato via» replicò Aurora. «Mi dispiace.»
«Figurati, di cosa dovrebbe dispiacerti? Solo perché conosci Vittorio?»
Aurora scosse la testa.
«Non conosco Vittorio.»
«Allora» azzardò Oscar, «Conosci Emilia? È incredibile, il mondo è davvero piccolo. E, sentiamo, perché volevi buttare via il suo numero?»
La spiegazione di Aurora lo spiazzò.
«Quindi» ripeté Oscar, quasi senza capacitarsene, «Emilia si è presentata a casa tua per dirti che non sono un tipo affidabile e che dovresti chiamare Vittorio per farti spiegare chi sono veramente?»
«Una cosa del genere» confermò Aurora. «Ovviamente non l'ho chiamato. Anzi, non capisco come quella Emilia si sia permessa di presentarsi a casa mia e come, quell'altro tizio, se ne sa qualcosa, avrrebbe la pretesa che lo contattassi affinché possa parlarmi male di te.»
«Non capisci e non capisco nemmeno io» replicò Oscar, «Ma un modo per capire c'è.»
«Quale?»
«Devi chiamare Vittorio. Non adesso, sarà al lavoro. Chiamalo verso sera.»
«Oh, no» sbottò Aurora. «Non ho alcuna intenzione di incontrarlo!»
«Non c'è bisogno che lo incontri» le assicurò Oscar, «Però questa faccenda deve essere chiarita quanto prima.»

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Capitolo 11
*** [Aurora] ***



Aurora si allacciò i bottoni della giacca e si sistemò il foulard intorno al collo. Non aveva fretta di andare via, ma non aveva alcuna ragione per trattenersi, o almeno così pensava. Si sbagliava di grosso, dal momento che un istante più tardi, mentre era già pronta per andarsene, Nora fece il proprio ingresso nella sala insegnanti, salutandola con un sorriso a trentadue denti. Non si erano ancora incrociate, quel giorno, e doveva essere molto felice di vederla: era probabile che avesse qualche novità da raccontarle e che ritenesse di non avere nemmeno un minuto da perdere.
Come a confermare la sua impressione, Nora le corse letteralmente incontro e le domandò: «Ce l'hai un momento?»
Aurora non era sicura di essere in vena di ascoltare gli entusiasti racconti di Nora, ma sarebbe stato molto scortese rifiutarsi di farlo con una scusa.
«Sì, certo, ho tempo. Possiamo fermarci qui, sempre ammesso che le bidelle non vengano a cacciarci per pulire.»
«No, abbiamo ancora un po' di tempo a nostra disposizione» la rassicurò Nora, «A meno che tu non abbia fretta. Per caso anche oggi lo scrittore ti aspetta a casa tua?»
«No.»
«Non avete dormito insieme, stanotte, quindi.»
«Abbiamo dormito insieme» la corresse Aurora, «Ma mi ha detto che stamattina sarebbe tornato a casa perché aveva alcune cose da fare.»
Nora chiese, con vivo interesse: «Quando vi rivedrete?»
«Non lo so, spero presto» rispose Aurora, senza riuscire a mettere entusiasmo nella propria voce.
Nora la fissò per qualche istante con la fronte aggrottata, poi le domandò: «C'è qualche problema tra te e Oscar?»
«No, però altre persone ci hanno causato dei problemi» ammise Aurora.
«Per caso l'hai fatto conoscere ai tuoi genitori e loro non sono stati soddisfatti?»
«I miei genitori sanno già chi è Oscar, ti ricordo che sua madre è stata la mia madrina.»
«Ma sanno che state insieme?»
«Sì e no. Nel senso, ho detto loro che lo sto frequentando, ma non sanno altro molto altro. Lo sospettano di sicuro, ma ufficialmente è un'amicizia.»
«Allora» azzardò Nora, «È la famiglia di Oscar che vi dà dei problemi? Non sei abbastanza ricca per stare con uno come lui?»
Aurora scosse la testa.
«No, non c'entrano niente né la mia famiglia né la sua. Dopo ti racconto, se vuoi. Prima, però, forse hai qualcosa da raccontarmi tu.»
Nora fece un altro sorriso.
«Sei sicura che non ti scoccia sentirmi parlare, finalmente di qualcosa di bello?»
Aurora azzardò: «Si tratta del tizio che hai conosciuto al bar dei tuoi?»
Nora annuì.
«Mi ha chiamata ieri sera.»
«E vi siete visti?»
«No, ma una telefonata è già molto di più di quanto mi aspettassi. O almeno, non mi aspettavo che mi chiamasse così presto. È stata una bella sorpresa.»
«Quando vi rivedrete?»
«Non lo so.»
«Come non lo sai? Non ti ha chiesto un appuntamento?»
Nora negò, ma precisò: «Non ho fretta. Per il momento siamo rimasti d'accordo di risentirci. Non voglio essere troppo precipitosa. Magari, se non è tanto convinto, rischierei di farmelo scappare prima ancora di avere fatto qualcosa di più che scambiarci qualche parola.»
«Com'è questo tipo?»
«Molto elegante e affascinante.»
«Cosa fa nella vita?»
«Ha un salone di auto usate.»
«Da queste parti?»
«Non ho capito bene la zona, ma non tanto lontano.»
«Dove abita?»
«Non lo so esattamente, comunque anche in questo caso non tanto lontano.» Nora ridacchiò. «Come mai tutte queste domande? Sembri quasi me.» Si sedette. «Non mi aspettavo che fossi così impicciona.»
Anche Aurora prese posto accanto a lei.
«Non sono impicciona, mi sto solo interessando alla tua vita. Per caso la cosa ti fa così schifo?»
«No, affatto. Anzi, è bellissimo sapere di avere il tuo supporto.»
«Spero di non stroncare tutti i tuoi sogni, ma ho una domanda un po' più ostica da farti.»
Nora azzardò: «Mi stai per chiedere se sono sicura che non abbia una moglie o una fidanzata?»
«Esatto, ti stavo per chiedere proprio questo» ammise Aurora. «Gli hai chiesto se è libero?»
«Liberissimo, o almeno così ha detto. Ho chiesto a mia madre se sia mai stato al bar, prima di lunedì sera, e mi ha raccontato che qualche volta si è visto. Non ne è sicura al cento per cento, ma sa che in passato aveva una fidanzata, che però sembra essere uscita dalla sua vita già da tempo. Secondo te dovrei preoccuparmi?»
«Se le cose stanno così, non direi. Ormai non siamo più ragazzine, non possiamo pretendere di trovarci un uomo che non abbia mai avuto una donna!»
«No, certo, e anch'io ho avuto le mie storie, anche se non di recente e se tutti quelli con cui ho avuto delle storie poi si sono sposati con delle altre.»
«Magari questa è la volta buona.»
«Magari, anche se, per il momento, io e il tizio elegante non abbiamo una storia. Anzi, ci siamo molto lontani.»
«Spero che le cose possano cambiare.»
«Lo spero anch'io. Adesso, però, raccontami di te. Mi è parso di capire che ci siano delle novità.»
Aurora abbassò lo sguardo.
«Non proprio delle novità assolute. Ieri non te l'ho detto, ma lunedì pomeriggio una donna è venuta a cercarmi. Mi ha raccontato di essere un'amica di Oscar e mi ha fatto capire di essere preoccupata per me, o qualcosa del genere.»
«Preoccupata per te?» obiettò Nora. «E perché dovrebbe? C'è caso che sia preoccupata più che altro per se stessa, se aveva messo gli occhi addosso al tuo scrittore e ha capito che non aveva più speranze.»
«Me lo sono detta anch'io, ma poi sono capitate altre cose» le riferì Aurora. «Quella tizia, Emilia, mi ha dato il numero di un tale, un certo Vittorio, che a suo dire avrebbe potuto raccontarmi dei dettagli scottanti sulla vita di Oscar.»
«Questo Vittorio chi sarebbe?»
«Un amico di Oscar, o per meglio dire, un amico di Nico.»
«Il coinquilino morto in un incidente d'auto?»
«Sì, proprio quello.»
«Questo Nico sembra molto presente, per essere morto» osservò Nora. «Credevo che ormai non ci pensassi più. O quantomeno, che non fosse più un chiodo fisso come ai tempi delle tue ricerche.»
«Non sono io che penso a Nico, sono altri che sembrano pensare a lui.»
«Questa Emilia conosceva anche Nico?»
«Dice di no.»
«E tu le credi?»
«Non saprei. Visto quello che è successo dopo, mi sono venuti dei dubbi. Oscar mi ha raccontato che, insieme a Vittorio e a un altro loro amico, ha conosciuto Emilia quando Nico ormai era già morto, ma non sono sicura di potermi fidare al cento per cento.»
«Pensi che Oscar ti stia mentendo?»
«No, ma Emilia potrebbe avere mentito a tutti quanti. L'hanno incontrata per caso a una fiera ed è andata a finire che si sono messi a parlare. Questa Emilia, dopo, è diventata molto amica di Vittorio e occasionalmente hanno continuato a vederla. E se invece non si fossero incontrati per caso? Se questa donna avesse fatto credere loro di non avere mai conosciuto Nico, ma in realtà invece non fosse così?»
Nora azzardò: «Questa teoria è un gran casino. Perché avrebbe dovuto fingere di non conoscere Nico se in realtà lo conosceva? Quale sarebbe il suo scopo? Scusami, ma non riesco proprio a farmi venire un'idea. So io cosa potrebbe aiutarmi a schiarirmi la mente.»
«Una sigaretta, immagino.»
«Esatto.»
«Cerca di pazientare ancora qualche minuto, a meno che tu non voglia andare a parlarne fuori» la pregò Aurora. «Preferirei, però, che rimanessimo qui. C'è molto altro da aggiungere.»
«Oh, giusto, dopo avrai chiamato quel Vittorio» ipotizzò Nora.
«Assolutamente no! Perché avrei dovuto?»
«Secondo questa Emilia, Vittorio aveva qualcosa di importante da dirti a proposito del tuo scrittore.»
«Esatto. Una sconosciuta voleva che chiamassi uno sconosciuto perché questo potesse parlarmi male di Oscar. Perché avrei dovuto farlo? Sono tornata in casa - ero scesa per andare da Emilia, non l'ho fatta entrare - e il mio primo pensiero è stato quello di buttare via il foglio con i numeri. Però non l'ho fatto e, non so come, è andato a finire in mezzo a un giornale che avevo sul tavolo. Dopo io e Oscar ci siamo sentiti, gli ho proposto di venire a cena da me e di rimanere a dormire, poi ho finito di correggere i compiti e mi sono tolta dalla testa Emilia e quell'altro tipo.»
«Poi Oscar è venuto a casa tua» azzardò Nora, «Vi siete ritrovati a letto insieme e non ci hai pensato più fino a sera.»
«In realtà abbiamo atteso fino a sera prima di ritrovarci a letto insieme» replicò Aurora, «Però per me la faccenda di Emilia non aveva più alcuna importanza.»
«Non hai parlato allo scrittore di lei?»
«No, non credevo ce ne fosse motivo. Non ero nemmeno sicura che si conoscessero davvero. Magari era una truffatrice, che cercava di conquistarsi la mia fiducia spacciandosi per amica di Oscar, o qualcosa del genere. Pensavo che non avesse più importanza. Poi, ieri mattina, mentre io ero a scuola, Oscar ha trovato il biglietto con i numeri e ha riconosciuto il telefono di Vittorio.»
Nora borbottò: «Non mi dire che ti ha accusata di avere qualcosa da nascondere, quando a combinare casini sono stati gli amici suoi.»
Aurora la rassicurò: «No, non mi ha accusato di niente, né mi sarei lasciata accusare tanto facilmente. Però ho dovuto raccontargli del mio incontro con Emilia e del fatto che, con tutta probabilità, anche Vittorio sapeva che fosse venuta a cercarmi.»
«Cos'ha detto?»
«Mi ha raccontato chi sono Emilia e Vittorio.»
«E poi? Immagino che ci sia dell'altro.»
«Mi ha chiesto di chiamare Vittorio, più tardi, e di dargli appuntamento per quella sera stessa. Io non ero d'accordo, gli ho detto che non volevo scoprire alcun presunto "segreto scottante" su di lui e che mi bastava quello che mi aveva raccontato di sé. Oscar, però, ha insistito. Sosteneva che dare appuntamento a Vittorio era l'unico modo per scoprire che cosa si fosse messo in testa.»
«La faccenda si fa molto interessante.»
«Avrei preferito di gran lunga che questa faccenda non esistesse, ma non c'è dubbio che possa sembrarti interessante, vissuta dall'esterno. Comunque, tornando a noi, ho messo in chiaro con Oscar che non avevo alcun desiderio di conoscere questo Vittorio. Mi ha assicurato che non ce n'era alcun bisogno, che dovevo solo attirarlo all'appuntamento e che, da quel momento in poi, ci avrebbe pensato lui.»
«E tu cos'hai fatto? Hai accettato?»
«Sì.»
«Ti sei convinta così facilmente?»
«Oscar ha insistito.»
«Non pensavo fossi il tipo di donna che si arrende così facilmente solo perché un uomo insiste.»
Aurora chiarì: «Mi sono accorta che per Oscar era importante cercare di capire cosa si fossero messi in testa quei due, che intenzioni avessero.»
Nora ammise: «In effetti non aveva tutti i torti a farsi delle domande. Quindi hai telefonato a questo Vittorio.»
«Sì, più tardi, ho atteso che rientrasse dal lavoro» spiegò Aurora. «Gli ho detto che Emilia era venuta da me e mi aveva pregata di mettermi in contatto con lui. Gli ho chiesto cosa volesse.»
«Adesso provo a indovinare com'è andata. Vittorio ti ha detto di essere preoccupato per te e che Emilia era ugualmente preoccupata e che c'era qualcosa su Oscar che dovevi assolutamente sapere.»
«Più o meno.»
«Quindi hai fissato un appuntamento con questo Vittorio e hai mandato Oscar al posto tuo. Poi te ne sei rimasta a casa, preoccupata per quello che poteva succedere.»
«No, siamo andati all'appuntamento con la mia auto. Oscar è sceso, andando incontro a Vittorio, mentre io sono rimasta in macchina.»
«Se fossi stata al posto di Oscar, invece di chiedere spiegazioni a quel tizio, gli avrei direttamente tirato un calcio dove non batte il sole» replicò Nora. «Spero che il tuo scrittore abbia fatto la stessa cosa.»
«No, ma credo si sia dovuto trattenere a fatica» ribatté Aurora. «In compenso l'ha preso per il collo e l'ha sbattuto contro al muro intimandogli di lasciarmi in pace e di riferire il messaggio anche a Emilia.»
«Ha fatto la cosa giusta.»
«No, ha fatto un grave errore, perché Vittorio si è limitato a tirargli un cazzotto in faccia mettendolo a terra e non gli ha dato alcuna spiegazione. Di fatto, siamo ancora messi come prima: non abbiamo la più pallida idea di che cosa si siano messi in testa Emilia e Vittorio.»
«Mi dispiace per il tuo scrittore. Sta bene?»
«Diciamo di sì, più o meno.»
«E tu cos'hai fatto? Te ne sei rimasta in macchina per tutto il tempo?»
«No, sono intervenuta e ho pure detto a quel Vittorio di andarsene a fanculo. Non so cosa fare, adesso. Forse dovrei davvero mettermi in contatto con lui per chiedergli spiegazioni.»
«Oscar cosa ne dice?»
«Non devo chiedere il permesso a Oscar per fare una telefonata. Comunque non lo so, sono indecisa. Oppure potrei chiamare Emilia, raccontarle quello che è successo e...»
Nora interruppe quella proposta sul nascere.
«E magari cercare di portarla dalla tua parte? Non credo che ci riuscirai. Se ce l'ha con te, non le farai cambiare idea.»
«Credo che Emilia ce l'abbia con Oscar, non certo con me» obiettò Aurora. «Te l'ho detto, non mi ha dato l'impressione di essere una tizia che si era presa una cotta per lui e che adesso vuole vendicarsi del fatto che stia con me. Deve esserci qualcos'altro dietro e vorrei scoprire cosa.»
«Ammetto che è un'idea difficile da scartare» convenne Nora, «E che cercare di scoprire cosa vogliano questi due da voi sia il modo migliore per garantirsi una vita avventurosa, ma sei sicura che sia quello che vuoi? Non faresti meglio a cercare un'esistenza serena insieme al tuo scrittore e continuare a vivere esattamente come hai fatto in queste ultime settimane? Rifletti, cos'hai da guadagnarci? Per non parlare del rischio di perdere quello che hai. Io, se fossi al posto tuo, non vorrei scoprire dei segreti a tutti i costi, specie se altri li fanno passare per più grandi di quanto non siano davvero.»
Aurora annuì.
«Lo so, sarebbe la soluzione migliore sia per me sia per Oscar.»
Nora le suggerì: «Se proprio vuoi scoprire qualcosa sul tuo scrittore, potresti riprendere in mano la pista del suo coinquilino. A parte Vittorio, ci sarà qualcun altro che l'ha conosciuto. Potresti cercare di scoprire qualcosa su di lui, oppure sulla donna insieme alla quale è morto.»
«Il punto è che, con tutta probabilità, la storia di Nico ha a che vedere con Emilia e Vittorio, anche se Emilia dice di non avere mai conosciuto Nico» replicò Aurora. «Prima o poi tornerei a cozzare contro di loro. Lo capisci perché sono indecisa?» Fece un sospiro. «Sai cosa ti dico? Che ti auguro che il tizio del bar non abbia un passato complicato alle spalle. A proposito, non mi hai detto come si chiama.»
«Gabriele.»
«Bel nome.»
Nora ridacchiò.
«Il nome mi è del tutto indifferente. È un bel tipo e questo mi basta.»
«Io faccio il tifo per voi» mise in chiaro Aurora, «E scusami se ti ho tormentata con i fatti miei, rovinando il tuo momento di gloria.»
«Abbiamo parlato in un bar e abbiamo fatto una telefonata, mi sembra prematuro per parlare di momento di gloria» ribatté Nora. «Quello che è certo è che farò il possibile per arrivarci, al momento di gloria.» Si alzò in piedi. «Forza, andiamo, sto per entrare in crisi d'astinenza da nicotina.»
Senza aggiungere altro, si diresse fuori dalla sala insegnanti. Quando si accorse che l'amica non l'avrebbe aspettata, Aurora si alzò a sua volta e la seguì. La raggiunse nel corridoio e si avviarono insieme verso l'uscita.
Inaspettatamente, Nora le domandò: «Per caso sai dove abita quella donna o dove lavora?»
«Non so dove abita esattamente, ma so che lavora nel negozio di una parrucchiera e dove si trova questo negozio» rispose Aurora. «Perché lo vuoi sapere?»
«Potrebbe tornarci utile» osservò Nora. «Magari, quando abbiamo un pomeriggio libero, potremmo andare a farci fare una messa in piega da lei.»
Aurora voleva replicare che era un'idea assurda, ma si rese conto che non era affatto priva di senso.
Nora approfittò del suo silenzio per aggiungere: «Possiamo cercare il numero sulle Pagine Gialle, in caso lavorino solo su prenotazione. Hai da fare sabato pomeriggio?»

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Capitolo 12
*** [Oscar] ***


Oscar si girò a guardare l'orologio appeso alla parete. Erano passati esattamente diciassette minuti da quando il telefono era squillato e ancora non era riuscito a liberarsi dall'editore, nonostante avessero già fissato un appuntamento per la settimana successiva.
L'insistenza di quell'uomo sapeva essere proverbiale, non smetteva mai di dargli dimostrazione di quell'aspetto della sua personalità. Dal nulla, se ne uscì con un nuovo argomento: «Abbiamo già parlato di te, ma non abbiamo ancora parlato di Olivia Passante. È stata molto apprezzata e lo è tuttora. Sono convinto che dovrebbe tornare sotto i riflettori.»
«Possiamo parlarne martedì prossimo, quando ci vedremo» suggerì Oscar. «Ci sto lavorando.»
«A sentirti, stai lavorando a tutto, ma sulla mia scrivania c'è sempre poco e niente, mentre c'è pieno di gente che vorrebbe stare al tuo posto.»
«Immagino quanti autori emergenti ci siano, desiderosi di averti sempre attaccato come una sanguisuga» ribatté Oscar. «Comunque non preoccuparti, martedì ti farò avere qualcosa. Anzi, sia Oscar Molinari sia Olivia Passante ti faranno avere qualcosa.»
«Mi raccomando, ci conto.»
«Te lo ripeto, avrai quello che...» Oscar si interruppe nell'udire il trillo del campanello. «Mi hanno appena suonato alla porta, ti devo lasciare.»
«Stai scappando, Molinari?»
«No, affatto. Mi stanno davvero suonando alla porta, che tu ci creda o no.»
«Mi piacerebbe vedere casa tua. Dovresti invitarmi, prima o poi.»
Il campenello suonò un'altra volta.
«Devo salutarti, davvero. Non ho invitato nessuno, ma chiunque sia, penso stia ormai decidendo di andarsene. Ci vediamo martedì. Se ho bisogno di te prima, ti chiamo. Ovviamente puoi fare la stessa cosa.»
Senza attendere una risposta da parte dell'editore, Oscar mise giù il ricevitore e si diresse alla porta.
«Chi è?» domandò.
Nessuno rispose, non doveva esserci nessuno sul pianerottolo. Oscar premette il pulsante per aprire il portone e attese qualche istante, prima di ripetere la domanda.
Dall'atrio, due piani più sotto, una voce rispose: «Sono Paolo. Posso salire?»
«Non penso di potertelo impedire» replicò Oscar. «Al massimo potrei chiuderti la porta in faccia.»
Paolo salì senza ribattere. Oscar rimase ad aspettarlo sulla soglia, chiedendosi cosa volesse da lui. Non sarebbe servito molto per scoprirlo.
Quando lo vide apparire, gli ricordò: «Non mi pare di averti invitato.»
«Sì, hai ragione» confermò Paolo. «Scusa se mi sono precipitato qui senza nemmeno avvertirti.»
«Avresti potuto dire che ci avevi provato, ma che avevo il telefono occupato. Saresti stato credibile, dato che mi ha chiamato il mio editore e non mi lasciava più andare.»
Paolo era ormai arrivato a destinazione.
«Posso entrare?»
Oscar lo lasciò passare.
«Sì, certo. Posso offrirti qualcosa?»
«No. Mi fermerò solo pochi minuti.»
Entrarono e fu Paolo a chiudere la porta alle loro spalle, prima di seguire Oscar in cucina.
«Penso di sapere perché tu sia venuto qui» lo informò Oscar. «Ciò non toglie che avresti potuto avvertirmi, l'avrei preferito. Sai bene che non mi piace avere gente che compare a casa mia senza preavviso.»
«Hai ragione, ti chiedo scusa.»
Si sedettero.
«È stato Vittorio a mandarti da me? Oppure Emilia?»
Paolo fece un mezzo sorriso.
«Nessuno dei due.»
«Però non mi stupirebbe sapere che sei qui a causa loro.»
«No, sono qui a causa tua. Mi spieghi che cazzo stai combinando?»
Oscar scosse la testa.
«No, guarda, io non sto facendo niente di male. Non so che cosa ti abbiano raccontato, ma...»
«Non mi fido al cento per cento dei loro racconti, specie di quelli di Vittorio, lo sai che gli piace raccontare cazzate. Non fa altro che dire che lui e sua moglie sono una coppia felice, ma la verità è che si sono lasciati mesi fa. Me l'ha detto Emilia.»
«Oh, che storia interessante. Sei venuto qui per parlarmi di Vittorio e di sua moglie? Non me ne frega niente se stanno insieme o no. Sua moglie l'avrò vista due volte, massimo tre, mentre Vittorio sto bene anche se non lo vedo più. Per quanto riguarda Emilia e le sue rivelazioni, vale lo stesso discorso che ho fatto per Vittorio.»
«Non so perché ce l'hai con loro, ma è quello che sto cercando di capire. Cos'è successo tra di voi?»
«Perché non lo chiedi a loro?»
«Mi hai appena detto che non devo starli a sentire o sbaglio?»
Oscar fu costretto ad ammettere: «Hai ragione, ti ho detto che senz'altro ti racconteranno delle cazzate. Quello che non capisco è perché tu voglia sapere a tutti i costi. Non preferisci proprio startene per i fatti tuoi, senza impicciarti?»
«Mi rendo conto che sarebbe la cosa migliore da fare» ribatté Paolo, «Ma non mi capita molto spesso di fare la cosa migliore.»
«Quindi sei qui a impicciarti, senza che nessuno ti abbia chiamato» replicò Oscar. «Non mi sembra qualcosa di così edificante di cui vantarti.»
Paolo sbuffò.
«Senti, se hai dei problemi con Vittorio ed Emilia lo accetto, ma non c'è bisogno che te la prendi con me. Non sono il loro portavoce, né sono stati loro a mandarmi da te. Sono qui perché voglio sapere da te cosa sia successo. Non me lo vuoi dire? Va bene, come vuoi, però potresti almeno farlo in tono un po' più civile.»
Oscar sospirò.
«Va bene, hai ragione, tu non c'entri niente e mi pare di capire che non ti abbiano messo al corrente di questa storia.»
«Che storia?»
«Emilia si è presentata sotto casa di Aurora per parlarle male di me.»
Paolo spalancò gli occhi.
«E perché l'avrebbe fatto?»
«Non ne ho la più pallida idea.»
«Per caso è interessata a te?»
«Non credo» si affrettò a rispondere Oscar. «Qualche segno in tal senso l'ha dato, in passato, ma non si è mai fatta avanti. Ho sempre pensato che si fosse presa una cotta per Vittorio. Stando a quanto dici, ora che non sta più insieme a sua moglie, magari c'è anche qualcosa, tra lui ed Emilia. Questo spiegherebbe le loro azioni. O meglio, spiegherebbe perché facciano cose strane in coppia, ma non spiegherebbe il motivo per cui abbiano deciso di irrompere senza ragione nella vita di Aurora.»
«Quindi c'entra anche Vittorio con questa...» Paolo ridacchiò. «Come l'hai chiamata? Irruzione senza ragione nella vita di Aurora? Perché non parli in modo normale? Non siamo dentro a uno dei tuoi libri.»
«Ma se neanche l'hai letto il mio libro! Anzi, non penso tu abbia mai letto dei libri in generale. La tua ultima lettura sarà "Topolino" quando eri bambino, o qualcosa del genere.»
«Se posso dire qualcosa a mia difesa, leggo spesso il giornale.»
«Non pensavo fossi così interessato a informarti di quello che succede nel mondo.»
«Non tutto quello che succede nel mondo mi interessa allo stesso modo. Diciamo che dipende dal posto. Per esempio, quello che capita sui campi da calcio, lo trovo molto più interessante di tutto il resto.»
«Lo immaginavo. Oggi non ci sono partite da guardare? O programmi televisivi nei quali commentano le partite dei giorni scorsi?»
«Temo di no.»
«Peccato, quindi dovrò continuare a raccontarti quello che è successo.»
Paolo riepilogò: «Emilia, per qualche ragione a te oscura, si è presentata sotto casa della tua ragazza e si è messa a parlarle male di te. Molto interessante, ma come c'entra Vittorio in tutto questo? Come è arrivato a farne parte e, soprattutto, perché l'hai aggredito?»
«Penso che Vittorio sia la mente pensante» rispose Oscar. «L'impressione che ho avuto è che sia stato lui a convincere Emilia a fare quella sceneggiata. Se così non fosse, comunque, doveva essere d'accordo, dato che Emilia ha dato il suo numero ad Aurora e l'ha pregata di chiamarlo per farsi spiegare da lui chi sono davvero.»
«Molto interessante, sembra di stare all'interno di un film» osservò Paolo. «Peccato che non mi abbiano coinvolto, mi sarebbe piaciuto esserci. Non fraintendermi, non avrei voluto parlare male di te ad Aurora, non avrei niente di male da dirle, però almeno ci avrei capito qualcosa. Qui devo accontentarmi di quel poco che mi ha detto Vittorio e di quel poco che stai aggiungendo tu.»
«Se fossi al posto tuo, non sarei così dispiaciuto di non essere stato coinvolto, ma ciascuno la pensa a modo suo. Dato che sei qui, mi illumini sul perché Emilia e Vittorio hanno fatto quello che hanno fatto?»
«Come ti ho detto, non mi hanno coinvolto, quindi non ne ho la minima idea.»
Oscar mise in chiaro: «Tu e Vittorio siete amici, mentre Emilia la frequenti di sicuro più di me. Che cos'ho fatto di male, secondo i loro standard? Perché vogliono a tutti i costi rovinare la mia vita sentimentale?»
Paolo azzardò: «Quindi Vittorio conosce davvero qualche dettaglio su di te che farebbe scappare via Aurora?»
«Certo che no, non ci sono ragioni per cui Aurora dovrebbe allontanarsi da me» replicò Oscar, «Ma Vittorio potrebbe inventarsi qualsiasi cosa e magari riuscire a sembrare credibile. Se riesce a farsi credere felicemente sposato quando in realtà è separato, tutto è possibile.»
«Non saprei» ammise Paolo. «Non mi viene in mente nessuna ragione per cui dovrebbe parlare male di te ad Aurora. Anzi, non vedo nemmeno come abbiano fatto a rintracciare Aurora: come sapevano dove abitasse, se nemmeno l'hanno mai vista?»
«Appunto, l'hanno cercata appositamente per lo scopo.»
«Ma perché?»
«È quello che sto chiedendo a te. Che cos'ho fatto di male per meritarmi tutto questo? Sono arrivati a coinvolgere una persona che non avevano mai visto in vita loro.»
Paolo gli rivelò: «A volte Vittorio si è lasciato scappare che, se non fosse stato per te, probabilmente Nico sarebbe ancora vivo. Forse ti ritiene responsabile di quello che gli è successo. Penso che esageri, ovviamente, e non condivido il suo pensiero, ma potrebbe essere questo il motivo.»
Per Oscar si trattava solo di una conferma.
«Vittorio ha travisato.»
«Può darsi.»
«No, non può darsi, è sicuro. Era Nico quello che guidava. Non mi aveva nemmeno chiesto se poteva prendere la mia macchina. A volte lo faceva, quella volta invece si è limitato a prendere le chiavi e ad andarsene con la mia auto, senza che io ne fossi informato. E poi, in ogni caso, non sarei responsabile del suo destino solo perché c'era il mio nome sul libretto di circolazione.»
Paolo chiarì: «Vittorio non pensa che sia colpa tua solo perché la macchina era tua. Non so cosa si sia messo in testa, ma crede che Nico abbia iniziato a frequentare gente sbagliata per causa tua. Sei tu che gli hai presentato quel Gabriele e...»
Oscar lo interruppe: «Nico stava cercando un lavoro e Gabriele poteva offrirgli un lavoro. Certo, non l'avrebbe mai preso in considerazione se non fossi stato io a raccomandarlo, ma non vedo perché colpevolizzarmi. Ho sfruttato le mie conoscenze per fare un favore a Nico, tutto qui. Al massimo avrebbe dovuto essere Gabriele a lamentarsi, se Nico non avesse soddisfatto le sue aspettative. Però pare che le cose funzionassero bene, che almeno per una volta Nico non stesse combinando casini.»
«Però a un certo punto è stato licenziato» puntualizzò Paolo. «Deve essere successo qualcosa.»
«Se Vittorio pensa che fossi la balia di Nico e avessi il dovere di vegliare su di lui in ogni singolo momento, allora si sbaglia. Era un uomo adulto. Se l'era sempre cavata da solo, in un modo o nell'altro, prima che ci incontrassimo mentre si improvvisava imbianchino nella casa di mia madre.»
«Gabriele non gli ha dato solo un lavoro, l'ha anche portato verso una strada non proprio positiva.»
«Te lo ripeto, Nico era una persona adulta e senziente. Ho cercato di dirgli di fare attenzione, in certe situazioni, ma certe cose gli entravano da un orecchio e gli uscivano dall'altro. Non potevo fare miracoli. Se Vittorio era così tanto preoccupato per lui ai tempi, poteva fare qualcosa, invece di tacciarmi di essere la causa di tutti i mali.»
«Capisco il tuo punto di vista, ma Nico si era sempre tenuto lontano da certe situazioni, quando non c'eri tu.»
Oscar ripeté: «Nico era una persona adulta e ragionava con la propria testa. Lo so anch'io che aveva un'elevata propensione a fare delle cazzate e che, almeno in parte, si è rovinato per quella ragione. Purtroppo non potevo fare molto di più di quello che ho fatto. Se non fosse stato per me, non avrebbe incontrato Gabriele, su questo hai ragione, ma non è per causa mia se ha fatto quella fine. Anzi, non è nemmeno a causa di Gabriele.»
«C'era sempre di mezzo quella Giuliana, che aveva a che fare con Gabriele» replicò Paolo. «In un modo o nell'altro, Nico doveva ancora avere a che fare con Gabriele.»
«No, non aveva niente a che fare con lui. Si limitava a correre come un pesce lesso ogni volta in cui Giuliana aveva bisogno di qualcosa, con la speranza che un giorno ricambiasse quello che provava per lei, o che pensava di provare.» Pronunciate quelle parole, Oscar rimase in silenzio per qualche istante, prima di realizzare di avere lasciato da parte un argomento. «Veniamo a Emilia, invece.»
«Emilia?» ripeté Paolo. «Cosa dovrei dirti su Emilia?»
«Ti ricordo che Emilia è entrata improvvisamente nella nostra vita dopo che Nico era già morto da mesi» rispose Oscar. «Che cosa c'entra con lui?»
«Dovrebbe c'entrare qualcosa?»
«Non lo so, dimmelo tu. Se Vittorio si è fatto dei viaggi mentali su delle mie presunte responsabilità, tutto quello che posso fare è pensare che abbia una fantasia molto galoppante. Però ci sta, era amico di Nico e probabilmente nutre una sorta di desiderio di vendetta contro le persone che ritiene responsabili della sua morte - non so se sono l'unico ad avere questo onore. Emilia, invece? Nemmeno lo conosceva, per quanto ne sappiamo. O almeno, non lo conosceva per quanto ne so io. Tu, invece, sai qualcosa di più?»
Paolo scosse la testa.
«So solo quello che sai tu. Comunque, se proprio lo vuoi sapere, penso che un'altra delle ragioni per cui Vittorio ce l'ha con te è che non ti sei nemmeno degnato di venire al funerale di Nico.»
«Non mi sono degnato di venire al funerale di Nico» borbottò Oscar. «Vedo che a Vittorio piace molto giudicare gli altri, ma tu non fai tanta differenza. Non sono andato al funerale di Nico perché non me la sentivo. Però, a quanto pare, quello che provo io per voi non esiste, conta solo quello che riguarda voi.»
«Non è così» si difese Paolo. «È vero, forse abbiamo travisato alcune circostanze, in particolare Vittorio, ma non abbiamo mai pensato che i tuoi sentimenti non contassero.»
«Vittorio è convinto che io sia stato la sua rovina, al punto da volersi intromettere nella mia vita privata anche tirando in mezzo persone che non c'entrano niente» insisté Oscar. «Non so fino a che punto tu somigli a lui, ma mi sono stancato di essere considerato sotto questa prospettiva. Nessuno vi ha obbligati a continuare a frequentarmi, dopo la sua morte. Siete sempre stati voi a venire a cercarmi. Anche Emilia mi è venuta a cercare. Inizio a sospettare che una volta mi abbia anche seguito per strada. Anzi, è andata sicuramente così. Mi ha fatto parlare di Aurora, poi anche di Nico. Immagino che sia stato grazie alle sue domande che poi hanno trovato Aurora. Non ho ancora capito che cazzo c'entri Emilia e, dato che non vuoi raccontarmelo, continuerò a non saperne niente. Non importa. Quello che importa è che Emilia e Vittorio stiano lontani da me e da Aurora. E se devi difendere loro, o accusarmi di essermela cercata, per quanto mi riguarda puoi stare lontano da noi anche tu.»
«Ti ho detto che anch'io ho travisato, ai tempi della morte di Nico» ammise Paolo, «Ma non significa che ti ritenga colpevole della sua morte. Magari in un primo momento mi sono lasciato condizionare da quello che diceva Vittorio, poi ho iniziato a ragionare con la mia testa.»
«È un modo come un altro per dirmi che preferisci tenere un piede in due scarpe?»
«No, è un modo come un altro per dirti che mi dispiace che Vittorio si sia comportato così con te, ma che io non c'entro niente. Non sono il vostro mediatore, né sono obbligato a pensare che uno di voi sia un santo e l'altro un pezzo di merda, quindi non mi aspetto di essere trattato come se avessi questo dovere. Per quanto mi riguarda, non mi passa neanche per la testa di presentarmi a casa di Aurora e di dirle che non sei l'uomo giusto per lei e che hai delle cose da nasconderle. Forse hai ragione tu, essere coinvolto fin da subito in questa storia sarebbe stato tutt'altro che interessante.»

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Capitolo 13
*** [Aurora] ***


Era raro che Nora fosse in ritardo, quindi Aurora si stupì nel non vederla nel punto in cui si erano date appuntamento. Si era aspettata di trovarla con aria impaziente e con la sigaretta accesa in mano, oppure tra le labbra, ma non c'era nessuno. Per un attimo si chiese se si fosse trattenuta a guardare qualche bancarella, ma Nora non prestava molto attenzione alle bancarelle di fiere e mercati, quando si trovava a passare per fiere o mercati. La notò invece immersa in una conversazione con un uomo dall'aria distinta che poteva avere intorno ai quarant'anni. Sembrava molto assorta, non c'era da stupirsi che l'appuntamento imminente le fosse passato di mente.
Aurora attese con pazienza, decidendo di non disturbarla. Fu tuttavia Nora ad accorgersi di lei e, con un cenno della mano, la invitò ad avvicinarsi. Aurora esitò, chiedendosi se fosse il caso, ma si rese conto che anche l'uomo che parlava con Nora l'aveva vista ed era ormai girato a guardarla.
Si avvicinò e, prima ancora che Nora potesse proferire parola, l'uomo dichiarò: «È colpa mia, sono io che le ho fatto perdere tempo.»
Nora glielo presentò.
«Questo è Gabriele, ti ho parlato di lui.»
Aurora annuì, rivolgendosi a lui: «Sì, esatto, Nora mi ha parlato molto di te. Io sono Aurora, una sua collega.»
Gabriele azzardò: «Anche tu insegnante di lingue straniere?»
«No, insegnante di matematica» replicò Aurora.
«Interessante» osservò Gabriele. «Quando andavo a scuola, mi piaceva la matematica.»
«Belle parole» ribatté Aurora. «Mi piacerebbe, almeno ogni tanto, sentirle pronunciare anche da qualche mio studente.»
Risero tutti, poi Gabriele azzardò: «Sarà meglio che vada. È stato un piacere conoscerti, Aurora. Ci sentiamo stasera, Nora.»
Nora confermò, guardandolo andare via con aria sognante.
Aurora osservò: «Non sapevo che dovevi vederti con lui, prima di trovarti con me. Se l'avessi saputo, non ti avrei disturbata.»
«No, nessun disturbo» la rassicurò Nora. «Io e Gabriele ci siamo incontrati per caso, pochi minuti fa. È stata una sorpresa, una bella sorpresa. Non me lo aspettavo proprio.»
«Se vuoi passare il pomeriggio con lui» le suggerì Aurora, «Sei ancora in tempo. Fai ancora in tempo a fermarlo.»
Nora scosse la testa.
«No, mi piace rispettare i miei impegni e sono stata io a proporti di vederci oggi pomeriggio. In più, te l'ho detto, non voglio essere asfissiante. Non sono nessuno, per lui. O meglio, non sono ancora nessuno. Se mai dovessi interessargli, non voglio che si senta come se non lo lasciassi respirare.»
«Se ti piace, prima o poi dovrai farglielo capire» replicò Aurora. «Cerca di non lasciartelo scappare.»
«Non me lo sto lasciando scappare, o almeno, spero di no» ammise Nora. «Penso che tu l'abbia capito. Sono meno esuberante e decisa di quanto faccio credere. Sono brava a parlare della vita sentimentale degli altri, ma non sono mai riuscita a combinare molto con la mia. Ogni fidanzato che ho avuto si è stancato di me dopo poco tempo, oppure mi sono stancata io. Ho inseguito uomini sbagliati e non vorrei fare lo stesso errore. Con questo non voglio dire che Gabriele sia sbagliato come persona o che lo fossero gli altri, solo, erano sbagliati per me. Quando ero più giovane speravo di trovare l'uomo della mia vita prima dei trent'anni, ma adesso che ne ho ventinove non ho più questa fretta. O meglio, se trovassi l'uomo della mia vita sarei molto felice, ma non voglio correre il rischio di scambiare per l'uomo della mia vita un tizio qualsiasi. Non voglio trovarmi in una situazione in cui poi sia troppo tardi per tirarsi indietro.»
Aurora le ricordò: «Non è mai troppo tardi.»
«Parli del tuo ex con cui stavi una volta?»
«Anche.»
«Non sa cosa si è perso.»
Aurora puntualizzò: «Ha sempre avuto altre ragazze, forse non si ricorda nemmeno di me.»
«Ha avuto altre ragazze, ma non ha più te» ribatté Nora. «So che sembra banale da dire, ma non ti meritava. Davvero, non si meritava una come te. Oscar è stato fortunato a incontrarti e credo che tu sia stata fortunata a trovare Oscar, anche se ha i suoi misteri che ancora non sei riuscita a svelare.»
Aurora abbassò lo sguardo.
«Oh, no, mi sembra che sia la gente che gli sta intorno quella che ha dei segreti. Dopo quello che abbiamo visto ieri, non so più cosa pensare.»
Erano state al salone nel quale lavorava Emilia, con Aurora che aveva fatto credere a quest'ultima di essere arrivata lì per caso, trascinata dall'amica. Emilia non aveva dato segno di non credere a quella storia, ma del resto non sembrava interessarle la ragione della sua presenza, per lei si trattava soltanto di una cliente e, nello specifico, di una cliente di cui non si sarebbe occupata in prima persona: mentre la titolare lavorava sui capelli di Aurora, Emilia doveva vedersela con Nora.

******

«È sposata?»
Aurora sussultò.
Non si aspettava che la titolare del salone le facesse domande sulla sua vita privata.
«No» si limitò a rispondere.
«Fidanzata, allora?»
«Non da tanto.»
Sperò che la sua risposta sintetica lasciasse intendere che non ci teneva a fare grandi proclami a proposito della sua esistenza, ma non ebbe l'effetto sperato. Per fortuna, tuttavia, la parrucchiera si concentrò su qualcosa di meno invasivo.
«Che lavoro fa?»
«Sono professoressa, alle scuole superiori.»
«Cosa insegna?»
«Matematica.»
«E i suoi alunni sono bravi, oppure sono degli asini?»
Aurora fece una mezza risata.
«Diciamo metà e metà, con poche vie di mezzo.»
«Se ci fossi io, in mezzo ai suoi alunni, penso di sapere in che categoria sarei.»
Aurora non disse nulla, sperando che significasse la fine della loro conversazione, ma chiaramente non fu così. Dall'altro lato del salone, invece, Nora sembrava avere molta più fortuna di lei: Emilia non parlava molto, né faceva domande che potessero apparire sgradite o imbarazzanti.
Aurora rimase nella morsa delle chiacchiere della parrucchiera ancora piuttosto a lungo, tuttavia quella donna doveva giudicare la sua professione ben più interessante della sua vita sentimentale, dato che la maggior parte delle domande che le pose riguardarono curiosità su come andassero le cose a scuola.
Continuò su quello stampo fino verso la fine del lavoro e Aurora andò avanti a risponderle, sperando che la finisse, senza mai vedere le proprie speranze trasformarsi in realtà.
Emilia fu la prima a terminare, con Nora, che da parte sua si alzò in piedi e si mise a guardare una fotografia attaccata alla parete. Ce n'erano parecchie, che ritraevano entrambe le parrucchiere. Emilia, in quel ritratto, appariva insieme a un uomo e a un bambino piccolo.
Nora azzardò: «È la sua famiglia?»
Emilia annuì.
«Sì, questo angelo è il mio bambino, qualche anno fa.»
«E l'uomo immagino sia suo marito» osservò Nora. «Il bambino gli somiglia parecchio.»
Emilia sorrise.
«Sì, me lo dicono tutti quelli che l'hanno conosciuto.»
Nora le chiese quanti anni avesse il bambino, se andasse bene a scuola e se praticasse qualche sport, fingendo di nutrire un interesse smodato per il mondo infantile. Emilia le rispose e le domandò se avesse figli. Proprio in quel momento, anche Aurora poté alzarsi in piedi.
Nora la invitò a raggiungerla e, continuando a fingere un interesse viscerale per i bambini, esclamò: «Guarda che amore questo angioletto! Non è bellissimo?»
Aurora annuì.
«Sì, molto bello.»
Finse di guardare con attenzione l'immagine del bambino, ma in realtà era concentrata sull'uomo che stava accanto a Emilia. La donna aveva una pettinatura diversa in quello scatto e sembrava lievemente più giovane, doveva trattarsi di una fotografia risalente a qualche anno prima. Il marito sembrava sulla trentina, forse meno, aveva il volto magro e i capelli castani che sembravano un po' spettinati. Sorrideva, così come sorridevano Emilia e il bambino. Sembrava il ritratto di una famiglia felice.

******

Aurora e Nora si allontanarono dalle bancarelle e andarono a sedersi su una panchina dall'altro lato della strada.
«Hai detto a Oscar quello che è successo?» volle sapere Nora.
«No.»
«Non gli hai detto che siamo state nel salone dove lavora Emilia?»
Aurora confermò: «Non gliel'ho detto.»
«Come mai, se non sono indiscreta?»
«Non c'era molto da dire.»
«Sì, c'era tanto da dire. Emilia dovrebbe essersi separata dal padre di suo figlio, stando a quanto ha raccontato a Oscar e ai suoi amici - o presunti amici, forse è una definizione migliore.»
Aurora puntualizzò: «Va bene, non è bello che questa possa avere mentito sul proprio stato civile, ma non vedo perché dovrei raccontare a Oscar i fatti suoi, o meglio, quelli che credo essere i fatti suoi. Magari c'è un motivo per cui ha quella foto nel salone. Potrebbe avere un significato, per lei, essere stata scattata in un momento a cui è molto legata.»
Nora obiettò: «Secondo me dovresti dirglielo. Emilia ha cercato di intromettersi nella vostra vita privata, provando a farti venire dei sospetti a proposito di Oscar. Non dovresti avere tutto questo rispetto, quando si tratta dei fatti suoi.»
«Emilia ha sbagliato a presentarsi sotto casa mia e a fare quello che ha fatto» puntualizzò Aurora, «Ma non ci guadagno niente a raccontare a Oscar che, nel salone di parrucchiera dove lavora, c'è una sua foto in cui si trova insieme a suo marito e al loro bambino, quando in realtà la maggior parte delle persone che si sono separate non si terrebbero sotto gli occhi tutto il giorno una foto in cui sono insieme al loro ex coniuge. Mi sono fatta delle domande, questo sì, ma non ho pensato fosse opportuno condividerle con Oscar.»
«E, sentiamo» la esortò Nora, «Che domande ti sei fatta?»
«Mi sono chiesta se Emilia e suo marito stiano ancora insieme e se abbia fatto finta di essere single solo perché pensava che fosse più facile fare amicizia con Vittorio e con quell'altro tizio, oppure se sia l'amante di uno di loro e non voglia che gli altri sappiano che è sposata. Nulla di tutto ciò, però, ha a che vedere con Oscar.»
«Hai scartato l'ipotesi che Emilia fosse attratta da Oscar, ma se avesse mentito sul proprio stato civile proprio nella speranza di fare colpo su di lui?»
«Non saprei. Non mi convince. Se fosse stato così, perché dirmi per prima cosa che tra lei e Oscar non c'era mai stato niente? Se voleva allontanarmi da lui, sarebbe stato più scontato farmi credere che Oscar mi avesse tradita con lei. Perché architettare tutta questa storia con Vittorio, perché mi facessi raccontare da lui qualcosa su Oscar? Non ha senso.»
Nora fu costretta ad ammettere: «Hai ragione, dovrebbe essere una squilibrata per architettare un piano così contorto, se volesse semplicemente portarsi a letto Oscar. E poi, se davvero prima di te non aveva relazioni fisse, siamo così sicure che non ci sarebbe stato lo stesso, anche se Emilia era sposata?»
Aurora replicò: «Io e Oscar non parliamo molto del suo passato e non gli ho mai fatto domande in tal senso. Non so se le donne con cui stava occasionalmente erano tutte nubili, né mi interessa. Su quello che dici, comunque, hai ragione, il fatto che Emilia potesse essere sposata probabilmente non le avrebbe chiuso tutte le porte.»
Nora aggiunse: «In più, non capisco il senso di raccontare di una separazione. Se non sapevano niente di lei, avrebbe potuto semplicemente inventarsi di non essere mai stata sposata. Avrebbe potuto far credere loro di essere una ragazza madre, se erano al corrente dell'esistenza del bambino. Sarebbe stato molto più pratico.»
«Quindi» le chiese Aurora, «Hai qualche ipotesi?»
Nora sospirò.
«No, non ho alcuna ipotesi. Mi dispiace. Parliamo piuttosto d'altro, com'è andata la serata con Oscar?»
«Bene.»
«Cos'avete fatto?»
«L'ho invitato a cena da me.»
«È rimasto a dormire?»
«No, stamattina aveva da fare. Tra un paio di giorni deve incontrarsi con il suo editore, quindi doveva lavorare.»
«La cena è andata bene?»
«Le cose hanno iniziato ad andare bene già prima della cena.»
Nora la guardò per qualche istante, poi volle sapere: «Gli sono piaciuti i capelli?»
Aurora ridacchiò.
«Appena abbiamo chiuso la porta, mi ha sbottonato i pantaloni, quindi non ha fatto molto caso ai capelli.»
«Wow, molto interessante» ribatté Nora. «Se non si fosse accorto della tua piega per altre ragioni, magari l'avrei criticato, ma in tal caso è giustificato.»
«Sì, concordo» rispose Aurora, ancora piuttosto divertita, prima di abbassare la voce. «Mi aveva già infilato una mano dentro le mutande, quando gli ho chiesto se non notava niente.»
«Io, al posto tuo, non gli avrei chiesto dei capelli, in un simile momento.»
«Mi dispiaceva che non se ne fosse accorto.»
«E lui cos'ha detto?»
«A quel punto si è accorto che avevo i capelli più mossi del solito.»
«E poi?»
«Poi ha continuato a fare quello che stava facendo, assicurandomi che si sarebbe fatto perdonare per non avere prestato abbastanza attenzione ai miei capelli.»
Nora annuì, con aria soddisfatta.
«Ottima risposta. Dopo ha saputo farsi perdonare?»
«Diciamo di sì, non mi posso lamentare» ribatté Aurora. «Abbiamo impiegato piuttosto bene il tempo che mancava all'ora di cena.»
«Chissà se un giorno io e Gabriele impiegheremo mai altrettanto bene il tempo che ci separa dall'ora di cena» borbottò Nora. «Come hai capito che Oscar era l'uomo giusto per te? È stato qualcosa che è scattato subito?»
«No, assolutamente» replicò Aurora. «La prima volta che sono stata con lui, tutto quello che mi interessava era farci sesso. L'ho scelto perché non c'erano altri a cui potevo dire quello che avevo scoperto sul mio ragazzo di allora. Mi bastava provare qualcosa che non avevo mai provato e avere una ragione per lasciare il tizio con cui stavo insieme.»
«Questo, però, succedeva due anni fa» obiettò Nora. «Parlavo di quest'estate. Come hai capito?»
«Non c'è stato bisogno di capire. Gli piacevo e Oscar piaceva a me. Non era necessario che funzionasse. In un primo momento pensavo non mi interessasse conoscerlo meglio. Poi, la nostra prima sera insieme, invece di invitarmi in camera sua mi ha portata in un bar. Abbiamo parlato, ci siamo detti un sacco di cose. Per me Oscar non era più solo qualcuno con cui andare a letto e poi da dimenticare una volta tornata a casa. Poteva diventare qualcosa di più.»
«Quindi, di fatto, mi stai dicendo che prima dovrei fare sesso con Gabriele e solo allora iniziare a farmi delle domande?»
«No, non ti sto dicendo cosa dovresti fare. Penso che ogni caso sia a sé. Comunque chiamalo, stasera, se sei tu che devi telefonargli.»
Nora confermò: «Sì, ci siamo messi d'accordo che sarò io a chiamarlo. Non so cosa dirgli, però.»
«Qualcosa salterà fuori» la rassicurò Aurora. «Vi siete già sentiti al telefono. Stavolta non sarà più difficile. Anzi, dopo esservi rivisti dal vivo, sarà anche più facile.»

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Capitolo 14
*** [Oscar] ***



«Oh, cazzo!» esclamò Aurora, all'improvviso, come se fosse accaduto qualcosa di irreparabile.
Oscar non aveva idea di cosa fosse successo, ma gli piaceva assistere a sue esternazioni.
«Tutto bene, prof?» le chiese, ridacchiando. «Cosa sono queste parole?»
Aurora scostò la coperta e scese dal letto.
«Succede che sono le sette meno un quarto e dobbiamo prepararci per andare a cena con Nora e quel tizio.»
«Io, invece, penso che dovremmo rimanere qui» replicò Oscar. «È stato bello, più di quanto possa esserlo una cena.»
Aurora raccattò la propria biancheria dal pavimento.
«Mi avevi detto che ti faceva piacere conoscere Nora.»
«Infatti mi fa piacere, ma il pre-cena era infinitamente più interessante.»
Aurora si apprestò a uscire dalla stanza.
«Vado un attimo in bagno a darmi una sistemata. Quando torno ti voglio fuori dal letto e vestito, sono stata chiara?»
«Sì, prof.»
«E sistema il letto, già che ci sei.»
Oscar rise.
«Farò tutto quello che vuoi, prof.»
La guardò sparire dalla sua vista, poi fece ciò che gli aveva ordinato. Poco più tardi erano pronti per uscire.
Oscar cercò di ricapitolare: «Se ho ben capito, Nora ha conosciuto questo tizio per caso poco meno di due settimane fa, si sono scambiati i numeri di telefono e hanno deciso di iniziare a sentirsi. Non sono ancora usciti insieme, prima di stasera, ma domenica scorsa si sono incontrati per caso al mercato. È tutto giusto?»
«Bravo, hai imparato la lezione meglio di quanto i miei alunni imparino il programma di matematica» ribatté Aurora. «Questo, però, non ha così tanta importanza. Nemmeno io conosco questo tipo, anche se ci ho scambiato poche parole la scorsa settimana.»
«Nora, invece, lavora nella tua stessa scuola fin dall'anno scolastico scorso e siete diventate immediatamente amiche, se ho capito bene.»
«Ci eravamo già conosciute alcuni anni fa, eravamo state come supplenti nello stesso istituto, e ogni tanto ci sentivamo. Da quando siamo diventate di nuovo colleghe, però, abbiamo preso a frequentarci più spesso. Comunque non preoccuparti, non dovrai mostrarle che conosci a memoria la storia della sua vita riferendole che cosa ti ho detto di lei. Oppure per te anche Nora e quel tale sono soggetti da studiare?»
«Soggetti da studiare? E perché?»
«Il tuo editore, qualche giorno fa, non ti ha forse detto che dovresti passare più tempo a osservare le persone e poi trasmettere quello che vedi in quello che scrivi?»
Oscar annuì.
«Ragionamento contorto.»
«No, ha il suo senso» replicò Aurora. «Certo, non posso capirne molto, ma non mi sembra sia un discorso così assurdo.»
«In ogni caso, per il momento è soddisfatto di quello che gli ho portato» chiarì Oscar. «Non capita molto spesso, quindi, almeno per una volta, posso stare un po' più tranquillo. Non voglio pensare al lavoro, stasera, voglio solo pensare alla cena, alla tua amica e a quell'altro tizio che uscirà con noi. A proposito, se non sono indiscreto, perché Nora ha voluto organizzare un'uscita a quattro invece di stare da sola con quell'uomo?»
«Perché, al di là della sua esuberanza e del suo comportarsi, a parole, come se fosse pronta a saltargli addosso, si sente a disagio» rispose Aurora. «Ha pensato che, se ci fossimo anche noi, sarebbe un incontro diciamo più neutrale. E poi voleva conoscerti senza dovere fare il terzo incomodo tra di noi, mi sembra decisamente la soluzione migliore.» Aurora si infilò la giacca, nel pronunciare quelle parole. «È meglio che andiamo, avremo un po' di strada da fare per arrivare al ristorante.»
Pochi istanti più tardi erano entrambi pronti. Scesero le scale in silenzio e uscirono dallo stabile. Si diressero verso l'automobile di Aurora, che si mise alla guida. Durante il tragitto parlarono del più e del meno, senza dedicare spazio a Nora.
Trovarono parcheggio poco lontano dal ristorante. Aurora controllò l'orologio e osservò: «Siamo perfettamente in orario.»
«Cosa facciamo?» chiese Oscar. «Aspettiamo fuori o entriamo?»
«Secondo me Nora è già arrivata» rispose Aurora. «Era talmente in ansia per l'incontro con Gabriele che sarà sicuramente arrivata in anticipo.»
«Si chiama Gabriele, il suo uomo?»
«È un po' azzardato definirlo così, comunque si chiama Gabriele. Perché?»
«No, niente. C'è un sacco di gente che porta lo stesso nome.»
Aurora lo guardò per qualche istante, poi dedusse: «Hai conosciuto qualcuno che si chiamava Gabriele, in passato.»
«Esatto.»
«E non hai un buon ricordo di lui.»
«Cosa te lo fa pensare?»
«Intuito.»
Oscar decise che era arrivato il momento di cambiare discorso.
«Comunque sia, questo Gabriele non c'entra niente con quel Gabriele. Entriamo?»
«Sì, entriamo.»
Andarono dentro e, poco dopo, Oscar notò una donna con i capelli neri seduta da sola a un tavolo che, proprio in quel momento, schiacciava un mozzicone di sigaretta sul posacenere.
La indicò ad Aurora.
«È lei?»
«Sì, è lei.»
«È proprio come me la immaginavo.»
«Mi pare di averti fatto vedere una sua foto, tempo fa.»
«Sì, ma non era molto nitida. Avrei faticato a riconoscere anche te.»
Nora si accorse di loro e li salutò con un cenno della mano. Oscar seguì Aurora al tavolo e la sentì mentre rimproverava l'amica.
«Ti ho vista mentre fumavi.»
Nora rise.
«Io, invece, ti ho vista insieme al tuo scrittore.» Si rivolse a lui. «Tu sei Oscar, vero?»
«Sì, sono Oscar.»
«Ti stringerei la mano, ma se somigli ad Aurora, ti darebbe fastidio, dato che ho appena tenuto la sigaretta tra le dita.»
Oscar fece un sorriso.
«Non preoccuparti, sono felice di conoscerti lo stesso, anche senza strette di mano.»
Si sedette di fronte a Nora, mentre Aurora si piazzava alla sua destra, chiedendole: «Dov'è Gabriele?»
«Deve ancora arrivare.»
«Sei sicura che viene?»
«Sì, certo.» Nora controllò l'orario sull'orologio che portava al polso. «Non è in ritardo, forse siete voi che siete in anticipo.»
Oscar strizzò un occhio ad Aurora.
«Avevi paura di fare tardi.»
«Taci, idiota!» gli intimò Aurora, con un sorriso.
Lo sguardo di Nora si spostò dall'uno all'altra.
«Cosa mi sono persa?»
«Niente» tagliò corto Aurora. «A Oscar piace parlare a sproposito.»
«È quello che facciamo noi uomini, dopotutto» ribatté Oscar. «Tu cosa ne pensi, Nora?»
«Penso che di gente che parla a sproposito ce ne sia tanta, uomini o donne che siano.»
«Mi piace il tuo modo di pensare. Sembri una tipa sveglia. Non c'è da stupirsi che tu sia amica di Aurora.»
Aurora intervenne: «Così la metti in imbarazzo.»
«No, affatto» replicò Nora. «Oscar non mi sta mettendo per niente in imbarazzo. Troverei di gran lunga più imbarazzante essere seduta insieme a qualcuno che se ne sta lì imbambolato senza parlare, come fanno certe persone.» Si rivolse a Oscar. «Non preoccuparti, non hai fatto niente di sbagliato. I miei ex, di solito, mi facevano fare figure decisamente peggiori.»
«C'è una ragione se sono diventati tutti tuoi ex» ribatté Oscar. «Ti auguro che questo Gabriele che deve raggiungerci sia migliore di loro.»
Nora avvampò.
«Stai facendo il passo più lungo della gamba.»
«Ha accettato di uscire con te. È già qualcosa. Certo, sarebbe meglio se arrivasse, ma...»
Nora lo interruppe.
«È arrivato.»
Fece un cenno, rivolta a qualcuno che stava alle spalle di Oscar. Non vide Gabriele finché non li raggiunse al tavolo. Era l'ennesima prova di quanto il mondo fosse piccolo: era proprio lo stesso Gabriele al quale aveva pensato nel momento in cui l'aveva sentito nominare e che aveva archiviato come una persona appartenente al passato che non aveva nulla a che vedere con quella serata.
«È un piacere rivederti, Aurora» disse Gabriele, sedendosi di fronte a lei, «Mi ricordo di te, sei l'amica di Nora che ho visto domenica scorsa. Tu invece...» Spostò lo sguardo su Oscar. «Ci conosciamo già. Com'è piccolo il mondo.»
«Stavo pensando proprio la stessa cosa» convenne Oscar.
Nora spostò lo sguardo prima sull'uno e poi sull'altro.
«Davvero vi conoscete?»
«Sì, ci conosciamo» confermò Gabriele.
Oscar aggiunse: «Di vista, non penso ci sia nemmeno mai capitato di scambiare davvero qualche parola.»
«Esatto, ci conosciamo di vista» mentì Gabriele. «Nemmeno io ricordo di avere mai parlato con te, a parte qualche "buongiorno" e "buonasera".»
Nel corso della cena finsero entrambi che fosse proprio così. Non fu difficile, Oscar era sicuro che la loro recita fosse abbastanza credibile.
Solo verso la fine della serata, quando Aurora e Nora si alzarono dal tavolo per andare in bagno, Gabriele osservò: «Non mi aspettavo di rivederti. Non avrei mai immaginato che tu fossi fidanzato con l'amica di Nora.»
«Io, invece, non avrei mai pensato che tu potessi conoscere Aurora o addirittura frequentarla» ammise Oscar. «Non è il tipo di donna che ero abituato a vedere al tuo fianco.»
«Al mio fianco di donne ce n'era solo una» replicò Gabriele, «Ma la vita continua. Anzi, non è molto elegante da parte tua tirare fuori quell'argomento.»
«Hai ragione, scusa, ma non mi riferivo a Giuliana. Eri sempre circondato di ragazze, quando Giuliana non c'era.»
«Ero circondato di ragazze, ma si limitavano solo a girarmi intorno. Per me contava solo Giuliana. Non ero come te, che ti portavi a letto qualsiasi donna di bell'aspetto incontrassi e, lasciatelo dire, qualcuna che non era neanche così tanto bella. Se proprio dobbiamo metterla sul personale, non pensavo che potessi trovarti una donna fissa.»
«Non lo pensavo nemmeno io, prima di Aurora» replicò Oscar, «Ma la cosa bella della vita è che si può sempre cambiare idea.»
«Se si vive a lungo abbastanza.»
«Beh, io sono vivo e anche tu.»
Gabriele annuì.
«Già, sono vivo, e mi comporto da persona viva. Se non fosse accaduta quella disgrazia, adesso sarei felicemente sposato con Giuliana, ma il destino non mi ha chiesto che cosa volessi. Devo accontentarmi di quello che capita.»
Oscar osservò: «Non pensavo che credessi nel destino, né che lo scomodassi.»
«L'ho scomodato, ma non ci credo» replicò Gabriele. «Siamo noi a costruire il nostro destino. Se quel giorno Giuliana avesse chiamato un taxi o si fosse fatta dare un passaggio da una persona più affidabile, adesso sarebbe ancora viva.»
«Ti assicuro che Nico non era una persona inaffidabile» obiettò Oscar. «Se non ricordo male, non era la prima volta che la scarrozzava da qualche parte. So che Giuliana lo pagava per accompagnarla a fare commissioni, quando era disponibile.»
«Non era una persona inaffidabile, dici, perché si è mostrato nei suoi lati migliori, davanti a te. Io potrei assicurarti l'esatto contrario. Ha lavorato con me per qualche mese e non ho dei buoni ricordi di lui come dipendente. Mi dispiace, ovviamente, per quello che gli è successo, nessuno merita una fine del genere così giovane, ma non posso dire che sia stato perfetto come me l'avevi dipinto per convincermi ad assumerlo.»
«Abbiamo idee diverse, su Nico. Penso che non saremo mai d'accordo, su di lui.»
«Non siamo d'accordo su un sacco di cose» gli ricordò Gabriele, «Ma per me non è un problema. Anzi, mi ha fatto molto piacere rivederti, non me lo aspettavo proprio.»
Oscar mentì, con la consapevolezza di non essere l'unico: «Ha fatto molto piacere anche a me.» Proprio in quel momento vide Aurora e Nora riemergere dal corridoio che portava verso i bagni. «Le ragazze stanno arrivando. Credo sia meglio continuare a fare finta di niente.»
«Lo credo anch'io» confermò Gabriele. «Anzi, grazie per avere detto che ci conosciamo appena.»
Oscar gli strizzò un occhio.
«Mi sono lasciato trascinare dai miei desideri. Vorrei che fosse davvero così.»
Gabriele non replicò, anche perché non c'era più tempo per dire nulla. Mentre Aurora si sedeva al tavolo, Nora rovistò in tasca alla ricerca delle sigarette.
Ne fumò una, mentre Gabriele chiedeva al cameriere di portare il conto. Rimasero seduti qualche minuto, poi andarono a pagare e uscirono dal ristorante. Nora e Gabriele se ne andarono ciascuno a bordo della propria auto, mentre Oscar salì su quella di Aurora. Erano rimasti d'accordo che l'avrebbe accompagnato a casa.
«Cosa ne pensi?» gli chiese Aurora, mentre si allacciavano la cintura di sicurezza.
Oscar non capì.
«Di cosa?»
«Di Nora.»
«Ah, pensavo di Gabriele.»
«Anche, ma nello specifico mi riferivo a Nora.»
Non fu difficile essere sincero, in quel caso.
«Mi sembra una ragazza simpatica e solare, non c'è da stupirsi che sia tua amica. Certo, se non fumasse a tavola sarebbe meglio, ma non si può avere tutto dalla vita.»
Aurora rise, avviando il motore e facendo retromarcia.
«Come non essere d'accordo?»
«Ha sempre fumato così?»
«Anche di più. Adesso sta diminuendo un po' la quantità.»
«Dovrebbe smettere.»
«Glielo dico sempre. Ha detto che ci sta provando.»
«Meno male.»
«Per una giusta causa. Anche i suoi genitori fumano, ma il medico ha imposto a suo padre di smettere. Sia Nora sia sua madre, per convincerlo a dargli ascolto, gli hanno promesso che avrebbero provato a smettere a loro volta.»
«Simpatica, solare, e anche altruista, a modo suo» osservò Oscar, mentre Aurora faceva retromarcia e usciva dal parcheggio. «Sono contento che tu abbia un'amica come lei.»
Erano ormai in strada, quando Aurora chiese: «Di Gabriele, invece, cosa pensi?»
Oscar cercò di essere vago.
«Non penso niente.»
«Quando tornavamo dal bagno, ho notato che parlavate.»
«Sì, abbiamo scambiato qualche parola.»
«E non ti sei fatto un'opinione?»
«Non avevo pensato che dopo sarei stato interrogato, quindi non mi sono preparato. Mi dispiace, prof, non sono un bravo studente.»
Quelle parole fecero ridere Aurora. Oscar comprese di avere fatto centro: non gli avrebbe chiesto altro a proposito di Gabriele e non sarebbe venuta a conoscenza della loro conoscenza pregressa.
Il ristorante non distava molto dal palazzo nel quale abitava Oscar, quindi ci vollero meno di dieci minuti per giungere a destinazione. Per un attimo valutò la possibilità di invitare Aurora a salire da lui, ma non era ancora il momento. Sapeva che, se non avesse detto nulla, Aurora non avrebbe fatto alcuna proposta in tal senso, quindi si limitò a salutarla, a dirle che l'avrebbe chiamata l'indomani pomeriggio e a scendere dalla macchina.
Aprì il portone e salì le scale domandandosi se la serata appena vissuta avrebbe in qualche modo cambiato le loro vite. In apparenza non c'era nulla che lo lasciasse presagire, ma quando Gabriele faceva la propria comparsa nella vita delle persone, poi tutto finiva per prendere una piega inaspettata.

 

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Capitolo 15
*** [Aurora] ***


Aurora scese dall'auto e si guardò intorno, alla ricerca di eventuali cartelli di divieto di sosta. Non ce n'erano, quindi decise che il parcheggio scelto andava bene. Distava meno di un centinaio di metri dal palazzo nel quale abitava Oscar e Aurora vi si diresse senza capacitarsi fino in fondo di quello che stava accadendo. Era stata invitata da Oscar, che le aveva telefonato la sera precedente per dirle che di era deciso, che intendeva mostrarle il luogo in cui abitava. Era stata una bella sorpresa, si riteneva una donna fortunata. Se Nora l'avesse saputo, sarebbe stata senz'altro invidiosa, specie alla luce di quello che era accaduto dopo la cena di qualche tempo prima: non solo Gabriele non le aveva chiesto un altro appuntamento, ma nemmeno le telefonava più. Era sempre Nora a cercarlo e, di volta in volta, l'uomo dei suoi sogni le appariva sempre più sfuggente.
Aurora suonò il campanello e Oscar aprì il portone. Salì fino al secondo piano, immaginando come potesse essere l'appartamento.
«Benvenuta» le disse Oscar, che la aspettava sulla porta.
Aurora esitò.
«Posso?»
«Certo che puoi.»
«Ne sei sicuro?»
«Se non fossi stato sicuro, non ti avrei chiesto di venire.» Oscar si fece da parte per lasciarla entrare. «Vieni dentro.»
Aurora varcò la soglia, guardandosi intorno.
«Da che parte si va?»
«Non c'è molta alternativa» ribatté Oscar. «Ti farei vedere per prima cosa il mio soggiorno, se ne avessi uno, ma non mi resta che portarti di là.» Le indicò una direzione. «Quella stanza è la mia cucina, ma anche il mio soggiorno e il mio studio.»
Entrarono e Aurora continuò a guardarsi intorno. La cucina era piccola e piuttosto spoglia, ma non le dispiaceva.
Si avvicinò al tavolo e spostò una sedia.
«Posso?»
«Certo che puoi.»
Incoraggiata dalle parole di Oscar, Aurora si sedette.
«Ti ringrazio per avermi invitata. Non me lo aspettavo.»
«Nemmeno io me lo aspettavo, fino a poco tempo fa» ammise Oscar, «Ma ormai fai parte della mia vita. Non ha più senso nasconderti dove abito.»
«E tua madre?» chiese Aurora. «Zia Luisa non fa parte della tua vita?»
«Mia madre non è davvero tua zia» replicò Oscar. «Se fossi al posto tuo, smetterei di chiamarla a quel modo. Non sono sicuro che ti consideri come una nipote.»
«Neanch'io la considero davvero una zia, sono solo abituata a chiamarla a quel modo.»
Oscar si sedette di fronte a lei.
«Comunque no, mia madre non è ancora stata qui e, peraltro, non la vedo da quest'estate.»
«Oh, mi dispiace.»
«A me no, per niente.»
«Immagino che tu non vada d'accordo con lei» ipotizzò Aurora. «Non l'avrei detto, quest'estate.»
«No, non posso dire di non andare d'accordo con mia madre. Finisce per approvare tutto quello che faccio, prima o poi. O meglio, finisce per approvare la parte della mia vita di cui è informata. Mi ha sempre tenuto molto in considerazione, forse perché la mia sola esistenza le ha consentito di sposare mio padre.»
Aurora ricordò la conversazione avvenuta tra Luisa e la sorella alla cena organizzata con i vicini, al mare.
«Hai scoperto cos'è successo, con esattezza, prima che si sposassero?»
«Non ho approfondito.»
«Come mai?»
«Perché non mi interessa sapere cosa sia successo prima. Conosco la versione ufficiale e non mi disturba tanto l'idea che possa non essere la verità.»
«Capisco. Scusa se te l'ho chiesto.»
Oscar sorrise.
«Non devi scusarti di niente. Non parlo volentieri di mia madre e di tutto ciò che la riguarda. Penso di avere le mie buone ragioni.»
«Ce le avrai sicuramente» convenne Aurora. «Davvero, mi dispiace se sono sembrata invadente. Per me è normale parlare dei miei genitori e mi viene spontaneo pensare che anche per gli altri sia così.»
«Non ho problemi a parlare di mio padre» replicò Oscar. «Non posso dire che il nostro rapporto fosse sempre idilliaco, ma c'era stima reciproca. Mia madre, invece... beh, si è sposata con mio padre per soldi e l'ostentazione di quello che ha è diventata la sua principale ragione di vita. Non ha mai sopportato le persone che vedeva come inferiori a lei, tranne pochi eletti, e non ha mai fatto niente per nasconderlo. Purtroppo, invecchiando, non è migliorata molto.»
Aurora abbassò lo sguardo.
«Ricordo che mi hai detto che non ha mai saputo che condividevi questo appartamento con Nico.»
Ormai non era più un argomento tabù: da quando Emilia si era presentata sotto casa di Aurora, Oscar non si faceva più grossi problemi. Emilia, da parte sua, non si era più fatta viva, da quando Aurora era stata insieme a Nora al salone, quindi a poco a poco quella storia era stata non dimenticata, ma almeno messa in archivio.
Nel sentire menzionare il suo amico, tuttavia, Oscar abbassò lo sguardo.
«No, non lo sapeva e non lo saprà mai.»
Aurora azzardò: «Magari, avendolo conosciuto fin da quando era bambino, per lui potrebbe fare un'eccezione. Credi non ci sia la possibilità che Nico potesse diventare uno dei "pochi eletti"?»
Oscar sospirò.
«Stiamo facendo un discorso piuttosto complicato, per me, Aurora.»
«Vorrei chiederti scusa di nuovo, ma poi mi diresti che non devo farlo.»
«E infatti non devi.»
«È perché siamo in quella che era casa sua?» volle sapere Aurora, incapace di tenere a freno la lingua. «Se ti dà fastidio che io sia qui, possiamo scendere.»
Oscar scosse la testa.
«È a mia madre che dava fastidio Nico, in generale, per il semplice fatto che esistesse. Non dico quando era da adulto, ma proprio quando era bambino. Non penso che l'abbia riconosciuto, quando imbiancava a casa sua. Anzi, se l'avesse riconosciuto, avrebbe trovato un modo per farlo cacciare via. La cosa più probabile è che non si sia preoccupata della sua identità.»
«Non le piaceva che tu fossi amico del figlio della governante?»
«Non credo fosse solo questo. Sembrava che lo detestasse proprio, non solo perché era amico mio. Faceva di tutto per fargli pesare la sua stessa presenza, specie quando la madre, Floriana, non la poteva vedere o sentire. Se avesse saputo, forse se ne sarebbe andata prima e si sarebbe trovata un altro lavoro. Invece, purtroppo, fu necessario che accadesse qualcosa di... mhm... molto sgradevole, se dobbiamo usare una parola che non descrive minimamente l'entità di quello che accadde.»
Aurora avvertì un lieve brivido.
«Posso chiederti cosa successe?»
Oscar si alzò in piedi e andò ad affacciarsi alla finestra. Voltandole le spalle, obiettò: «Non sono sicura che tu voglia saperlo. Hai una buona opinione di mia madre, da quanto ho capito. Potresti cambiare idea.»
Aurora affermò: «Sono pronta a cambiare idea, se sarà necessario.»
Temeva un rifiuto da parte di Oscar, oppure un'altra scusa, ma non andò in quella maniera. Anzi, Oscar iniziò a raccontarle la storia che aveva portato Floriana prima a lavorare a casa Molinari e poi ad andarsene.
«Fu mio padre ad assumere Floriana e a permetterle di portare Nico con lei, quando veniva a lavorare da noi. Sapeva che conosceva mia madre e pensava fosse una buona idea. Non lo era, o almeno, finì per non esserlo. Mia madre, fin dal primo momento, dimostrò che non gradiva la presenza di Nico, soprattutto proprio di vederselo davanti. Preferiva che passassimo tutto il tempo a giocare in giardino, piuttosto che avere Nico sotto gli occhi. A ripensarci, credo provasse una sorta di repulsione nei suoi confronti.»
Aurora obiettò: «Cos'aveva Nico che non andava? Si comportava sempre così con tutti i bambini che non fossero di famiglia ricca?»
Oscar rispose: «No, affatto. Al massimo snobbava i loro genitori, ma non era da lei prendersela con i bambini. Erano bambini. Diceva che è quando diventiamo adulti che capiamo chi dobbiamo frequentare. Parlava sempre in tono generico, ma intendeva dire che, una volta cresciuto, avrei sicuramente finito per frequentare le persone "giuste". In altre parole, pensava che un giorno io avrei snobbato i figli della gente che snobbava lei e avrei lasciato Nico da parte: che potevamo essere amici da bambini, perché tanto non lo saremmo stati da adulti.»
«Per quanto tempo Floriana lavorò da voi?»
«Per almeno un anno e mezzo.»
«E per un anno e mezzo tua madre si comportò come se Nico le desse fastidio?»
«Sì, poi accadde il fattaccio.»
Aurora si alzò in piedi e andò a raggiungere Oscar accanto alla finestra. Esitò, ma poi gli chiese: «Ti va di parlarne?»
Oscar si girò a guardarla.
«Un pomeriggio io e Nico stavamo giocando a pallone in giardino. Nico fece un tiro maldesto e il pallone colpì una finestra, rompendo io vetro. Mia madre non la prese bene, per niente. Ci ordinò di tornare dentro e chiamò Floriana, poi iniziò a inveire contro Nico, accusandolo di avere rotto la finestra.»
«E poi?» chiese Aurora. «Cosa successe a quel punto?»
«Floriana si arrabbiò moltissimo con Nico e, dopo averlo fatto chinare e avegli scoperto le natiche, si mise a sculacciarlo piuttosto duramente, ricordandogli che lì lavorava e che lui non doveva fare danni» rispose Oscar. «Lo colpì addirittura dieci o dodici volte, poi gli ordinò di tirarsi su e di chiedere scusa a mia madre, cosa che Nico prontamente fece, dopodiché gli disse di prendere una sedia, di mettersi in un angolo, di non disturbare e di non andare da nessuna parte senza chiederle il permesso, se non voleva essere picchiato un'altra volta. Infine disse a mia madre di farle sapere quanto costasse la riparazione del vetro, così avrebbe pagato. Se fosse capitato con mio padre, sarebbe finita lì. Mia madre, però, aveva altre idee in testa. Disse a Floriana - letteralmente - che non voleva i soldi di una pezzente, quanto piuttosto che Nico imparasse come doveva comportarsi. Le disse che, se non era in grado di tenere sotto controllo suo figlio e di punirlo a dovere quando faceva danni, allora doveva pensarci lei. Il fatto che la madre l'avesse appena picchiato sul fondoschiena nudo davanti a noi e volesse fargli passare il resto della giornata confinato in un angolo non doveva essere abbastanza per lei. Quindi ordinò a Nico di seguirla, lasciando Floriana spiazzata quel tanto che bastava per prenderlo e portarlo con sé verso lo sgabuzzino in cui tenevamo le scope. Era uno stanzino piccolo e senza finestre. Mia madre spinse Nico là dentro - che, spaventato, entrò senza fiatare - e chiuse la porta a chiave. Ero sconvolto, ma ebbi la forza di cercare di difenderlo. Mi inventai con mia madre che ero stato io a rompere il vetro. E sai cosa disse mia madre?»
Aurora era un po' spiazzata da quella storia. Oscar la fissava, come a invitarla a chiedergli ulteriori dettagli, quindi gli domandò: «Cosa disse?»
Oscar declamò: «"Non importa se sei stato tu, non c'è da stupirsi se questo piccolo delinquente ti porta sulla cattiva strada." Floriana era ugualmente sconcertata, ma cercò di intervenire a favore del figlio. Pregò mia madre di aprire la porta, ricordandole che Nico era suo figlio, che era già stato punito per quello che aveva fatto e che non poteva rinchiuderlo dentro una stanza, anche se era la sua datrice di lavoro. La pregò di aprire, o di darle la chiave. Mia madre invece sai cosa fece? Andò ad aprire la finestra, lanciò fuori la chiave, che finì in mezzo alle piante del giardino, ordinò a Floriana di tornare al lavoro e le disse che, al termine delle sue ore, avrebbe potuto andare a cercare la chiave e liberare suo figlio. Provai a ripetere che ero stato io a rompere il vetro, ma non ci fu niente da fare. Non ricordo cosa disse mia madre esattamente per costringere Floriana a rimettersi a lavorare e a lasciare Nico rinchiuso in quella stanza, ma di sicuro qualcosa con cui riuscì a convincerla che non ci fossero alternative. Poi si rivolse a me. Come se nulla fosse accaduto, mi disse che potevo tornare a giocare in giardino. Controllò che uscissi davvero, poi smise di occuparsi di me. Allora rientrai e andai a cercare Floriana. La trovai intenta a lavare il pavimento del soggiorno. La informai che sarei andato a cercare la chiave e che avremmo liberato Nico. Mi abbracciò piangendo e mi disse che non dovevo diventare mai come mia madre. Poi mi ringraziò per avere cercato di prendermi la colpa, ma che non ce n'era bisogno, che aveva capito subito che il responsabile era Nico.»
Aurora, che aveva ascoltato il racconto in silenzio, non sapeva cosa dire. Si limitò a mormorare: «È terribile.»
«Sono d'accordo, quello che fece mia madre fu orrendo» convenne Oscar, «Anche se credo sia servito per rendermi conto di quante ingiustizie accadano nel mondo. Mia madre non aveva detto una sola parola contro di me, nonostante le avessi fatto credere di essere io il responsabile della rottura della finestra, mentre si comportò come se con Nico tutto le fosse concesso, arrivando a rinchiuderlo in una stanza e, con tutta probabilità, a minacciare Floriana.»
«Capisco» rispose Aurora. «Capisco perfettamente perché tu voglia avere a che fare con tua madre il meno possibile. Non pensavo potesse fare una cosa simile. Come andò a finire, poi?»
«Trovai la chiave, la portai a Floriana e le dissi che potevamo liberare Nico. Mi rispose che mia madre non voleva e che avrebbe dovuto aspettare la fine della sua giornata di lavoro. Fu la prima cosa che fece, quando valutò di poterlo tirare fuori. Non so cosa le avesse detto mia madre, che cosa l'avesse minacciata di farle. Di sicuro qualcosa di più grave di un licenziamento, dato che Floriana si licenziò di propria iniziativa il giorno dopo e, per quanto ne so, trovò in breve tempo un altro lavoro. Quel giorno fu l'ultima volta in cui la vidi e l'ultima volta in cui vidi Nico prima di incontrarlo molti anni più tardi quando venne a lavorare da mia madre. Da adolescente lo cercai di nascosto, ma non riuscii a scoprire dove abitasse. Sembra che, subito dopo essersi licenziata, Floriana avesse deciso di trasferirsi da un'altra parte. Ovviamente non lo dimenticai mai. Quando ci rivedemmo cercai di aiutarlo anche per questo, perché volevo essere diverso da mia madre.»
«Avete mai parlato di quello che successe?»
«No, ma so che Nico non mi riteneva in alcun modo responsabile del comportamento di mia madre. Anzi, ogni tanto si divertiva a criticare l'ambiente da cui provenivo e io ci scherzavo su. Alla fine credo che la mia amicizia con Nico sia stata la cosa migliore della mia infanzia e sono felice di averlo ritrovato, anche se poi sono stato molto male quando c'è stato l'incidente. È stato una delle poche persone oneste e sincere con cui ho avuto a che fare nel corso della mia vita.»
«Doveva essere una persona speciale.»
Oscar rimase in silenzio a lungo poi, scuotendo la testa, decretò: «No, non aveva niente di speciale, ma era proprio questo che mi piaceva di lui. Da bambino era un piccolo combinaguai - era la disperazione di Floriana che, comunque va detto, spesso era troppo severa con lui, compreso il giorno della finestra, prima che intervenisse mia madre - e da adulto non era cambiato molto.»
Aurora gli chiese: «In che senso era ancora un combinaguai?»
«Sapeva fare un sacco di cose - non imbiancare, anche se l'avevo incontrato nei panni di un imbianchino - ma faticava a durare molto a lungo, in ogni posto di lavoro, o perché arrivava tardi o perché faceva brutta impressione ai suoi capi» le spiegò Oscar. «Riuscii a trovargli un nuovo lavoro presso un mio conoscente e, per un certo periodo, andò bene. Poi incontrò gente losca, si indebitò giocando a poker con quei delinquenti, finì per perdere il lavoro e inizialmente non mi disse nulla perché sapeva che sarei intervenuto per parargli il culo, ma voleva cavarsela da solo. Lo scoprii lo stesso e decisi di pagare i suoi debiti, senza dirgli nulla se non a cose già fatte. Non la prese bene, avemmo anche una discussione molto accesa in proposito, ma poi capì che avevo agito nel suo interesse. O almeno, così penso, non ebbi il tempo di spiegergli davvero le mie ragioni: il giorno dopo andò da Giuliana, uscì in macchina con lei e non lo rividi più.»
Non c'erano parole che potessero avere un vero senso, pronunciate in quel momento, quindi Aurora cercò un'altra strada, qualcosa che non fosse banale o scontato, o imbarazzante.
«Hai una sua foto?» domandò. «Mi piacerebbe vedere com'era.»
«Sì, ne ho varie, una anche appesa in camera da letto.»
Oscar uscì dalla cucina e Aurora lo seguì in fondo al piccolo corridoio, nell'altra stanza. C'erano due letti singoli e un armadio beige, stesso colore dei mobili della cucina, ma il suo sguardo fu subito catturato da una fotografia incorniciata. Oscar era ritratto insieme a un uomo lievemente stempiato dall'aria solare. Per un attimo Aurora si chiese come mai avesse un'aria così familiare, ma realizzò ben presto dove avesse già visto una sua immagine. Le scappò un'esclamazione di sorpresa, che non sfuggì a Oscar.
«Tutto bene?»
«Non lo so» ammise Aurora. «Per caso Nico era stato sposato?»
Oscar ridacchiò.
«Una volta glielo chiesi. Mi rispose di no. Perché lo vuoi sapere?»
«Perché, a meno che non abbia un sosia, tempo fa ho visto una foto in cui c'era Nico insieme a sua moglie e a suo figlio» lo informò Aurora. «Era il marito di Emilia.»

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Capitolo 16
*** [Oscar] ***


È solo la notte
Che scende tra i tetti,
È notte, ma parli
E proprio non smetti,
È notte e perdo tempo
Ad ascoltare le ombre
Con il loro calmo lamento.

Attendo chi non c'era,
Attenderò anche domani sera.

Il sole sorge,
È solo un altro giorno,
Il sole sorge
Tra il nulla che ho intorno,
Nei parcheggi le auto impolverate
Attendono invano
Chi un giorno le ha lasciate.

Attendo chi non c'era
Come se non fosse già domani sera.

È solo la notte
Che tace tra le foglie,
La voce dell'aurora
Dal vuoto non distoglie,
Sveglia le nostre menti contorte
Mezz'ora prima
Che ci raggiunga la morte.

Attendo chi se n'è andato
E mentre mi parli
Ripenso a quello che è stato.

Un minuto fa era l'alba
E adesso è già il tramonto,
Ascolti distratto
Ciò che ti racconto
E vedi, mentre ti chiedo
Di non amarmi per sempre,
Che ieri era gennaio
E presto sarà dicembre.


Oscar rimase a lungo a fissare la bozza. C'era qualcosa da sistemare, forse molto, ma quei versi sembravano usciti dalla mente di Olivia Passante: un senso di cupa malinconia, condizione necessaria alla vita, dalla quale era impossibile sfuggire, nel quale lo stesso scorrere del tempo aveva un'interpretazione ambivalente. Le ore e i giorni che passavano non portavano verso la serenità, ma la lasciavano intravedere. L'alba diventava tramonto, così come gennaio diventava dicembre, a simboleggiare il fatto che, se da un lato la vita scivolava via piatta e monotona, dall'altro c'era la possibilità che il peggio fosse passato.
Era talmente assorto da non accorgersi che si stava facendo tardi. Si accorse all'ultimo che ormai mancava poco all'appuntamento, quindi telefonò per chiamare un taxi, non aveva altre alternative per arrivare puntuale.
Si fece scaricare a duecento metri di distanza dal bar, davanti al quale aveva fissato il luogo dell'incontro - o, per meglio dire, Paolo l'aveva fissato al posto suo. Trovò Vittorio, là davanti ad aspettare, che non si accorse di lui finché non furono faccia a faccia.
Era chiaramente piuttosto spiazzato, non si aspettava di vederlo.
«Cosa ci fai qui? Paolo non mi aveva detto che ci saresti stato anche tu.»
«Lo so» chiarì Oscar. «Paolo non c'è. Gli chiesto io di dirti di venire qua, avevo bisogno di vederti.»
Vittorio parve divertito da quella rivelazione.
«Cos'è, una nuova abitudine di voi intellettuali, convocare persone spacciandovi per altri? E Paolo perché si è prestato a questa stronzata?»
«Avevo bisogno di vederti» ribadì Oscar, «E non ero sicuro che avresti accettato, se fossi stato io a chiedertelo. Quindi ho dovuto inventarmi un'altra strada.»
«Wow, molto interessante. Cosa dobbiamo fare, entrare?»
«Preferirei rimanere fuori.» Oscar si avvicinò a un muretto poco distante e vi si sedette sopra. «Per te è un problema?»
«Fa un po' freddo, ma non fa niente.» Vittorio lo raggiunse sul muretto. «Cosa vuoi da me?»
«Ho scoperto la verità su Emilia.»
«Quale verità?»
«Sai a cosa mi riferisco.»
«No, non lo so affatto» ribadì Vittorio, «Dato che Emilia non ti ha raccontato ogni dettaglio della sua vita. Se parli del fatto che io e lei siamo stati visti insieme...»
Oscar lo interruppe: «No, la vostra vita privata non mi interessa. Peraltro Paolo mi ha detto che non stai più insieme a tua moglie già da tempo. Comunque non sono nessuno per giudicare.»
«Esatto, non sei nessuno per giudicare, ottime parole» convenne Vittorio. «Sapevo che, con un po' di impegno, saresti riuscito a dire qualcosa di sensato.»
Oscar ebbe la tentazione di rispondergli a tono, ma realizzò che aveva di meglio da fare, piuttosto che badare alle sue provocazioni. Mise quindi in chiaro ciò che sapeva.
«Emilia era l'ex moglie di Nico.»
«Come lo sai?»
«Non ha importanza.»
«Ne ha eccome, invece, era così sicura di non essersi fatta smascherare.»
Oscar puntualizzò: «Aurora è andata nel negozio in cui lavora Emilia insieme a un'amica. Ha visto una foto di Emilia e Nico insieme al loro bambino e l'ha riconosciuto. Io non sapevo che sarebbe andata là, non me l'aveva detto.»
«Sembra una donna sveglia, questa Aurora. Fai attenzione che non ti scappi.»
«Forse eri tu quello che doveva fare attenzione. Non sono io quello che è stato lasciato.»
«Bada ai cazzi tuoi.»
«Sei tu che te la sei cercata.»
«Il mio era solo un consiglio. Dove l'hai lasciata stasera?»
«È fuori con un'amica, la stessa con cui è andata al salone.»
«Un'altra tipa sveglia?»
«Non so. Credo che a Nora piaccia sempre l'uomo sbagliato, ma magari è solo una mia impressione. Comunque stavamo parlando di Emilia. Immagino che tu sapessi che era stata sposata con Nico.»
«Sì.»
«E Paolo?»
«No, Paolo non lo sapeva. Non è molto discreto, c'era il rischio che se lo facesse scappare e avrebbe mandato a molte il nostro piano.»
«Quindi avevate un piano ben preciso.»
Vittorio scosse la testa con fermezza.
«Oh, no, assolutamente. Voglio dire, avevamo un piano, ma non era per niente preciso.»
Oscar volle sapere: «Qual era il ruolo di Aurora? Perché l'avete tirata in mezzo?»
«Strano che tu non mi chieda cosa volessimo da te, quando ancora non c'era Aurora.»
«Rimediamo: cosa volevate da me?»
«Emilia e Nico si erano lasciati già da qualche anno, ma Emilia gli voleva ancora bene. Non saprei dirti se sperasse di poterci tornare insieme o se ci tenesse semplicemente a lui, ma quello che è certo è che è stato difficile, per lei, accettare che non ci fosse più. Sapeva che negli ultimi tempi abitava in casa con te. Voleva sapere chi fossi.»
Oscar azzardò: «È un modo carino per dire che mi considerava colpevole della sua morte? Esattamente come te?»
Vittorio parve spiazzato.
«Io non...»
Oscar replicò: «So bene quello che pensi di me, è inutile girarci intorno. Non so quali stronzate tu ti sia messo in testa, ma sei convinto che Nico sia morto per colpa mia.»
«No» obiettò Vittorio. «Sono solo convinto che tu non lo considerassi nello stesso modo in cui Nico considerava te. Ti vedeva come un amico, mentre per te era solo un pezzente a cui fare l'elemosina.»
«Che cazzo stai dicendo?» sbottò Oscar. «Tu non sai niente di me e Nico.»
«So molto di più di quanto tu possa immaginare, invece» lo smentì Vittorio. «So che trovò lavoro per quello stronzo delle auto usate grazie a te...»
Oscar non lo lasciò finire.
«Gli ho trovato un lavoro, non mi sembra uno scandalo. L'ho solo aiutato. L'avrei fatto anche con altri.»
«Non ne dubito» ribatté Vittorio, «Ma allo stesso modo sono sicuro che tu sia sempre stato convinto di avere la soluzione perfetta per tutto. Beh, non ce l'avevi. Lo sai, almeno, perché Nico ed Emilia si erano lasciati?»
«Non sapevo dell'esistenza di Emilia. Nico non mi aveva mai parlato di lei, né mi aveva mai detto di avere un figlio.»
«Nico era dipendente dal gioco d'azzardo. Emilia voleva che la smettesse e, a un certo punto, si è stancata. Nonostante tutto, poi ce l'ha fatta da solo, almeno finché sul più bello non sei arrivato tu e non l'hai messo in mano a una banda di giocatori di poker.»
«Non sapevo dei suoi problemi passati, non mi aveva mai raccontato nemmeno di quelli. Comunque non avevo idea di che gente potesse conoscere tramite Gabriele, io gliel'avevo mandato per lavorare, non per giocare a carte.»
«Poi, però, sei venuto a scoprire che si era indebitato.»
Oscar annuì.
«Ho scoperto dei suoi debiti da Gabriele, sì. Mi sono messo in contatto con le persone a cui doveva dei soldi, per sapere a quanto ammontasse la cifra. Per Nico non era fattibile, ma io potevo permettermi di pagare. Quindi ho pagato, facendomi assicurare che avrebbero lasciato in pace Nico una volta per tutte. Non vedevo altre soluzioni, a Nico sarebbero serviti anni per procurarsi quel denaro.»
«Per te invece erano spiccioli.»
«Non direi, ma comunque potevo pagare.»
«Avresti dovuto chiederglielo prima. Nico non era d'accordo.»
«Appunto per questo non gliel'ho chiesto. Non avrebbe accettato e non si sarebbe mai tolto dalla merda. Anzi, quella gentaglia avrebbe potuto approfittarne per metterlo in qualche altro casino, non gli sarebbe stato facile tirarsi indietro e liberarsi di loro.»
Vittorio insisté: «Avresti dovuto chiederglielo e poi cercare di convincerlo, invece di fare tutto alle sue spalle. Era sconvolto, quella sera.»
Oscar valutò il significato di quelle parole, ritrovandosi a ripetere: «Quella sera?»
«Sì, la sera del giorno in cui, a cose già fatte, gli hai detto che avevi pagato il suo debito» confermò Vittorio. «Ci siamo visti. Mi ha detto che avevate litigato, che non voleva più vederti e che si sarebbe trovato un altro posto in cui andare.»
«Non lo sapevo» ammise Oscar. «Non sapevo che vi foste incontrati.»
«Ho cercato di calmarlo, di dirgli che quello che avevi fatto alle sue spalle non era corretto, ma che volevi solo aiutarlo, che quello comunque poteva essere un nuovo inizio. Nico non voleva sentire ragioni, sosteneva di potere procurarsi dei soldi lavorando per quella gente, che gli avrebbe anche permesso di continuare a vedere la donna con cui era entrato in fissa... Non c'è stato molto da fare. Sono rimasto con lui fino a tardi, anche se la mattina dopo dovevo andare a lavorare presto. Era molto abbattuto per come erano andate le cose. L'avevi ferito, sbattendogli davanti agli occhi la vostra diversa estrazione sociale e non considerandolo nemmeno degno di potere esprimere un parere.»
«Mi dispiace che sia andata così, non volevo certo dare dare quell'impressione» replicò Oscar. «Ho cercato di spiegarglielo, ma non ha voluto ascoltarmi. Abbiamo finito per metterci a insultarci a vicenda. Gli ho detto cose che non pensavo. Mi dispiaceva per quello che era successo e volevo dirglielo, quella sera, quando sarebbe tornato. Però non rientrava mai e mi sono addormentato. La mattina dopo avevo un appuntamento e Nico dormiva ancora. Quando sono tornato a casa non c'era. Di lì a un paio d'ore dovevo tornare a uscire, ma non mi andava di lasciare quella questione in sospeso all'infinito. Gli ho scritto una lettera e gliel'ho lasciata sul tavolo. L'avrebbe vista di sicuro, appena rientrato. Nella lettera cercavo di spiegargli le mie ragioni e lo invitavo a non prendere decisioni avventate. Gli proponevo di parlarne con calma, quando ci saremmo visti, e gli facevo presente che se non voleva quei soldi, poteva considerarlo un debito con me, che avrebbe potuto restituirmi con meno pressioni rispetto a quante ne subiva da quella gente. Gli spiegavo che non avevo pagato perché lo pensavo incapace di badare a se stesso, ma solo perché ci tenevo a lui.»
«E poi?»
«Poi sono uscito un'altra volta, per l'impegno che avevo.»
«Hai rivisto Nico, poi?»
«No. È tornato mentre non c'ero ed è uscito prima che rincasassi. La lettera era sul tavolo, sgualcita come se in un primo momento l'avesse appallottolata e poi ci avesse ripensato. In fondo alla pagina, dove c'era un po' di spazio vuoto, aveva scritto due o tre righe. C'era scritto che pensava di avere ragione lui, ma che comunque gli dispiaceva di avere reagito così male, che anche lui mi voleva bene e che sperava potessimo chiarirci di persona quella sera. Quella sera, però, non è mai tornato. Non so cosa sia successo esattamente, posso solo immaginare che Giuliana l'avesse chiamato e a quel punto Nico sia andato subito da lei, prendendo la mia macchina.» Oscar sorrise. «Chissà, magari ce l'aveva ancora con me, ma scriveva l'esatto contrario solo perché gli serviva la mia auto.»
«Quella donna sarebbe stata la sua rovina, si capiva fin dal primo momento.»
«Non eri convinto che fossi io la sua rovina?»
Vittorio sospirò.
«Non lo so, non so più cosa pensare.»
«Non è sempre necessario pensare qualcosa» obiettò Oscar. «Spesso ci si fanno delle idee sbagliate, come temo tu ti sia fatto su di me. Non so cosa ti abbia detto esattamente Nico su di me l'ultima volta in cui vi siete visti, ma non penso fosse del tutto obiettivo.»
«Probabile che non lo fosse, era fuori di sé quella sera.»
«Ed Emilia?»
Vittorio si girò a guardarlo.
«Emilia cosa?»
«Non mi hai ancora spiegato cosa volesse da me, cosa voleste entrambi da Aurora e perché Emilia non mi abbia detto subito chi era» puntualizzò Oscar. «Sto ancora aspettando una risposta.»
«Hai ragione, tu mi hai spiegato com'è andata tra te e Nico, io devo darti delle spiegazioni su Emilia.»
«Ti ascolto.»
«È un po' contorta, come storia.»
«Non importa, ti ascolto lo stesso.»
Vittorio obiettò: «Fa davvero freddo, adesso. Possiamo salire in macchina da me, se vuoi.»
«Posso fidarmi?» ribatté Oscar. «O vuoi uccidermi e farmi a pezzi?»
Vittorio rise.
«Non lo so, spetta a te decidere se te la senti di correre il rischio.»
Oscar seguì Vittorio fino alla sua automobile. Salirono e, dato che l'altro non sembrava molto disposto a parlare, lo esortò: «O mi racconti di Emilia, o mi uccidi e occulti il cadavere, non hai molte opzioni.»
«Io e Nico ci frequentavamo già all'epoca del suo matrimonio. Tante volte avevo cercato di parargli il culo con sua moglie, ma non era servito a molto. Dopo la sua morte, Emilia è venuta a cercarmi. Mi ha chiesto se sapevo chi frequentasse Nico prima di morire e le ho parlato di te.»
«Non in termini molto positivi, posso immaginare.»
«Beh, no.»
«Allora Emilia ha deciso che voleva conoscermi» ipotizzò Oscar. «Voleva sapere chi fossi e se avessi fatto qualcosa di male a Nico. È andata così?»
«Così mi ha spiegato, anche se poi ho scoperto che c'era dell'altro.» Vittorio avviò il motore e fece per uscire dal parcheggio. «Io, comunque, ho pensato a un modo in cui far capitare un "incontro casuale" e abbiamo deciso di farlo alla fiera.»
«Dove stiamo andando?»
«Tranquillo, non voglio ucciderti.»
«Va bene, ma dove stiamo andando?»
«Da nessuna parte, non mi andava di stare qui fermo. Facciamo un giro, poi ti porto a casa.»
Oscar borbottò: «Non mi piace questa tua idea.»
«Te lo ripeto, puoi fidarti» ribatté Vittorio. «L'idea di ammazzarti potrebbe anche essere allettante, ma non ne vale la pena!»
«Allora spiegami perché avete coinvolto Aurora.»
«Perché Emilia non riusciva ad arrivarci in fondo, a capire chi fossi davvero e che rapporto ci fosse tra te e Nico. Quando ti sei trovato una ragazza, ha pensato che cercarla e parlarle di quello che avevi fatto potesse essere un buon modo per costringerti a svelarti. Da come ce l'avevi descritta, non pensavamo che la tua fiamma fosse così sottomessa da venire a raccontarti tutto parola per parola.»
«Aurora non è sottomessa. Tranne in camera da letto, lì comando io. O almeno, è quello che mi fa credere, ma non ne sono tanto sicuro.»
«Le piace scopare?»
«Molto.»
«Allora tienitela stretta, perché è perfetta così.»
Oscar precisò: «Ci sono altri mille motivi per tenermela stretta, ma è inutile che li venga a spiegare a te, hai la stessa sensibilità di un facocero.»
Vittorio ammise: «Non sono bravo come te, in certe situazioni, ma ho sicuramente altre qualità. Le mie donne non si sono mai lamentate. Certo, se uno ce l'ha piccolo, deve inventarsi qualcos'altro. E tu mi dai l'impressione di avercelo piccolo.»
Mentre percorrevano senza meta una strada di periferia, Oscar gli ricordò: «Hai detto che c'era dell'altro, che in un primo momento Emilia non ti aveva detto.»
«Quindi non neghi di averlo piccolo?»
«Ho trentacinque anni e alla mia età non mi sembra appropriato partecipare a sfide di dimensioni del pene. Inoltre mi pareva stessimo parlando di cose serie.»
Vittorio si arrese: «Hai ragione, all'inizio non avevo idea che ci fosse qualcos'altro, una ragione più importante per cui Emilia ti cercava. Gliel'aveva raccontato sua suocera, dopo che Nico era già morto. Il motivo per cui Emilia ti cercava era lo stesso che aveva spinto Nico a farlo qualche anno fa.»
Quelle ultime parole spiazzarono Oscar.
«In che senso Nico mi cercava?»
«Vi siete incontrati in una casa di tua madre, dove lui era andato insieme a un imbianchino per cui lavorava in quel periodo, giusto?»
«Sì, per caso.»
«Non era un caso, a quanto pare. Emilia non mi ha raccontato ogni singolo dettaglio che le ha riferito la madre di Nico, ma è chiaro che aveva le sue buone ragioni per venire a cercare te e la tua famiglia. Tu non ne sai niente?»
Oscar chiarì: «Io e Nico eravamo amici, quando eravamo bambini. Smisi di vederlo quando sua madre, che aveva lavorato a casa nostra per diverso tempo, se ne andò per ragioni che preferisco non raccontare. C'entrava mia madre e il modo in cui si comportava, che non mi rende per nulla fiero di essere suo figlio. Nessuno mi ha più parlato di lui.»
«Nemmeno tuo padre?»
«No, ma cosa c'entra mio padre?»
«Emilia mi ha detto che Nico era il tuo fratellastro.»
Oscar spalancò gli occhi.
«Che cosa?!»
«Tuo padre doveva essere l'amante di sua madre, non ci sono altre spiegazioni» disse Vittorio, con naturalezza. «Nessuno ti ha mai detto nulla?»
«No, ovviamente, ma...» Oscar si interruppe, senza sapere cosa dire. Quell'ipotesi non l'aveva mai sfiorata ed era del tutto spiazzante. «Emilia ne è sicura?»
«Dice che è stata la madre di Nico a dirle di questa vostra parentela. Nico lo sapeva, quindi è venuto a cercarti perché voleva vedere come eri diventato. Forse non pensava di legare così tanto con te, ma questo non lo scopriremo mai. Non mi ha detto nulla, ai tempi. Non sapevo che fosse tuo fratello... ma davvero non ti ha mai detto niente nemmeno lui?»
«No, certo che no! Non ne avevo la più pallida idea e non mi sarebbe nemmeno mai passato per la testa di pensarlo. Anzi, mi sembra così assurdo! Pensavo che Floriana fosse una conoscente di mia madre e che mio padre neanche sapesse della sua esistenza, prima che mia madre gli parlasse di lei. È così difficile da credere... eppure spiegherebbe molte cose.»
«Cosa dovrebbe spiegare?»
«Mia madre detestava Nico, quando eravamo bambini. Se fosse il frutto di una relazione clandestina tra mio padre e Floriana, questo suo odio inspiegabile avrebbe una spiegazione.»
«Che intrighi strani. Voi ricchi avete delle famiglie davvero contorte.»
Oscar avrebbe voluto replicare, ma l'osservazione di Vittorio aveva il suo fondamento.
«Mi porti a casa?» gli domandò, piuttosto. «Anche tu sarai stanco di stare in giro con me. Domani devi andare a lavorare presto?»
«Sì, devo iniziare presto» confermò Vittorio, «Ma non è un problema. Se vuoi parlare, ci sono. Magari posso anche rimediare agli errori che ho fatto in passato.»
«Non c'è niente a cui tu debba rimediare» replicò Oscar. «Non sapevi come stessero le cose. Non...» Si interruppe, vedendo un'auto proveniente dal senso opposto che sembrava volere fare inversione di marcia nel bel mezzo della strada. «Questo che cosa sta facendo?»
Vittorio suonò in clacson, come a segnalare all'altro automobilista che era il caso di attendere.
«Bella domanda» osservò, procedendo.
Poco dopo l'altra automobile, ultimata la manovra, comparve dietro la loro e, in breve tempo, li superò iniziando a viaggiare ad alta velocità.
«Certa gente non ha proprio idea di come si stia in strada» borbottò Oscar. «Vanno dove gli pare e si prendono azzardi assurdi, come se sentissero il desiderio di finire in mezzo a un incidente.»
«Già» convenne Vittorio. «Speriamo non faccia danni.»
Neanche un minuto più tardi, le sue parole sarebbero state smentite. Sarebbero stati loro i primi a giungere sul luogo del misfatto.
I fari dell'auto di Vittorio illuminarono una sagoma che si sbracciava a lato della strada, come a supplicarli di fermarsi. Un'altra sagoma giaceva a terra: l'automobilista di poco prima aveva investito una persona e si era dato alla fuga. Vittorio arrestò il veicolo, mettendo le luci di stazionamento prima di aprire la portiera. Scese nello stesso momento in cui lo faceva anche Oscar.
«Aiutatemi, vi prego!» li supplicò la voce di una donna, che a Oscar parve subito familiare. «Un pazzo ha investito la mia amica!»


NOTE - il testo inserito all'inizio del capitolo è pubblicato anche nella sezione Poesia, nella mia racconta intitolata "Elogi e necrologi nascosti in cassaforte" con il titolo "Dicembre". Il suo significato d'origine non è tanto diverso da quello spiegato nel capitolo.

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Capitolo 17
*** [Aurora] ***


Erano passati già diversi giorni dall'incidente e Aurora iniziava a sentirsi meglio, ma era felice che ci fosse Oscar accanto a lei. Addormentarsi tra le sue braccia ogni sera era ciò che le aveva dato la forza per affrontare le difficili giornate che aveva vissuto.
«A volte mi chiedo come sarebbe la mia vita senza di te» mormorò, infilandosi sotto le coperte accanto all'amato. «In questo momento mi sentirei persa.»
«Fino a qualche mese fa vivevi senza di me» le ricordò Oscar. «Te la sapevi cavare.»
«È un modo come un altro per dirmi che te ne vuoi andare?»
«No, certo che no, a meno che non sia tu a cacciarmi.»
«Non ti manderei mai via» replicò Aurora. «Non l'avrei fatto nemmeno prima, ma ora mi hai dato ancora più ragioni per non rinunciare a te per nessun motivo.»
Non aveva visto con esattezza cosa fosse accaduto la sera dell'incidente, tutto ciò di cui era certa era la presenza di un'automobile che già in precedenza aveva fatto una manovra anomala verso lei e Nora. Non aveva la certezza che si trattasse della stessa macchina che poi aveva rischiato di investirle entrambe - Nora era riuscita a schivare l'auto per un soffio, Aurora non era stata altrettanto fortunata. Ciò di cui era certa era la presenza di Oscar, nel momento in cui, distesa sull'asfalto, aveva ripreso i sensi.
Glielo aveva ripetuto tante volte, in quei giorni, ma non poté fare a meno di mettere in chiaro, ancora una volta: «Meno male che sei arrivato tu. Non so come sarebbe andata, cos'avrebbe fatto Nora.»
Anche Oscar finì per ripetersi.
«Nora non sapeva che ci fossi io, sulla macchina che stava fermando. Se non fossimo arrivati io e Vittorio, avrebbe fermato qualcun altro.»
«Sono felice che su quella macchina ci fossi tu» ribatté Aurora. «Voglio dire, adesso posso raccontare che mi hai salvato la vita. Ti guadagneresti immediatamente l'ammirazione di chi mi sta intorno.»
«Hai già iniziato a raccontarlo» le ricordò Oscar. «È stato un po' imbarazzante quando anche i tuoi genitori mi hanno descritto come colui grazie al quale la loro figlia stava bene. Non fraintendermi, sono molto contento che approvino la nostra relazione, ma avrei preferito che evitassero di dire cose che non corrispondono a verità.»
«Hai ragione, sono stata un po' esagerata, ma avevo battuto la testa e penso di avere detto anche cose che non avevano molto senso» ammise Aurora. «Hanno capito, comunque. Non credo sia successo nulla di irreparabile.»
«In effetti non eri molto in te» convenne Oscar. «Ti ho sentita, nel corridoio dell'ospedale, che dicevi a Nora di avere paura di morire senza prima esserti sposata.»
Aurora avvampò.
«Mi dispiace che tu abbia sentito.»
Oscar ridacchiò.
«A meno che tu non stessi vaneggiando sul proposito di sposarti con un altro, non mi è di alcun disturbo.»
«Sei sicuro?»
«Sì, perché dovrebbe?»
«Stiamo insieme da appena tre mesi» gli ricordò Aurora. «Mi stupisce che non ti sia venuta voglia di scappare a gambe levate.»
«Scappare dall'idea di sposarti?» replicò Oscar. «Sono un uomo coraggioso, ci vuole ben altro per convincermi a darmi alla macchia. E poi, con un po' di fantasia, possiamo dire due anni e tre mesi.»
«Non c'è stato nulla, due anni fa.»
«Io lo ricordo diversamente.»
«Era solo sesso.»
«Appunto. Eravamo già attratti l'uno dall'altra. Cosa importa se pensavamo sarebbe stata una volta e poi mai più? Al massimo possiamo compiacerci che non sia stato così.»
Aurora rimarcò: «Sarebbe comunque concettualmente scorretto dire che stiamo insieme da oltre due anni: nei due anni che precedevano la scorsa estate non c'è stato niente tra di noi. Non pensavamo l'uno all'altra.»
«Non mi hai mai pensato, in quei due anni?»
«Non nel modo in cui ti penso ora.»
«Io invece ti ho pensata tanto.»
«E a cosa pensavi, esattamente?»
«A tutto quello che ti eri persa prima di incontrarmi.»
«Intendi dire che la mia esistenza doveva per forza essere piatta e monotona, prima di venire a letto con te?»
Oscar rise.
«Cosa c'è di così divertente?» sbottò Aurora.
«Niente.»
«E allora perché ridi in modo sguaiato?»
«Non sto ridendo in modo sguaiato, era solo una risata normale» chiarì Oscar. «Non eri mai stata con nessuno, prima di me, per stare dietro alle richieste di un tizio che si divertiva abbondantemente altrove. Quello che volevo dire è che avresti dovuto divertirti anche tu, alle spalle del tuo ex fidanzato. O, ancora meglio, mandandolo a quel paese una volta per tutte molto tempo prima.»
«Stai dicendo che avrei dovuto fare sesso con altri uomini prima di te?»
«Ti saresti sicuramente divertita di più, prima del nostro incontro di due anni fa. Poi, comunque, alla fine ti saresti innamorata di me lo stesso.»
«Ne sei così sicuro?»
«Eccome, ma non farci caso, non sono molto modesto quando si tratta di credere di essere al centro della vita di una donna. Deve essere per questo che evitavo le relazioni serie. Forse temevo che un giorno qualcuna avrebbe temuto di morire prima di sposarmi.»
Di nuovo, Aurora si sentì avvampare.
«Piantala!»
«Perché dovrei, è un discorso importante» obiettò Oscar. «Quello che hai detto è corretto. Anche se non ci pensiamo, possiamo morire a qualsiasi età. Se dovessi morire, anche a me dispiacerebbe non essermi ancora sposato con te. Quindi abbiamo un'unica soluzione: dovremmo sposarci il prima possibile.»
«Parli sul serio?»
«Non sono mai stato più serio di così. Lo so, può sembrarti assurdo, ma sento che sei la persona giusta per me, che non me ne pentirei mai. Tu, invece? Hai paura di pentirtene?»
«No, è solo che, in realtà, non ho mai pensato davvero a come potrebbe essere il mio matrimonio» replicò Aurora. «Non ho mai pensato al tipo di cerimonia, al ricevimento, al tipo di abito che mi piacerebbe indossare...»
«Tutto ciò è molto importante» ribatté Oscar, «Ma non credi che l'identità dello sposo sarebbe maledettamente più importante?»
«Beh, sì, questo è certo.»
«E lo sposo sarei io, in caso tu decidessi di sposarti?»
Aurora sorrise.
«Non ho molte alternative, non c'è una lista di pretendenti che chiedono la mia mano.»
«E fanno male, non sanno cosa si perdono. Allora, ci stai?»
«Non saprei nemmeno da dove iniziare.»
«Dalle pubblicazioni. È così che si inizia, credo. Però, se vuoi, ne riparliamo domani. Si sta facendo tardi. Tu, intanto, pensaci su. Fatti qualche domanda, chiediti se vorresti avere al tuo fianco un marito che la notte scrive mentre tu dormi, che ti prepara il pranzo mentre sei al lavoro e che nel frattempo finisce irreparabilmente per lasciare qualcosa in giro. Ti piacerebbe potermi sgridare tutti i giorni perché in tua assenza ho messo qualcosa in disordine?»
«Non so se piacerebbe a te» puntualizzò Aurora. «Mi piace che in casa sia tutto in ordine e lo farei veramente, se trovassi qualcosa fuori posto.»
«Tanto lo sai, il mio scopo è sempre stato quello di costringerti a mettermi in punizione dietro la lavagna. Se diventassi tuo marito, senza ombra di dubbio prima o poi ci riuscirei. Poi però, saprei farmi perdonare. Lo sai che sono bravo a stirare, i tuoi indumenti sarebbero più al sicuro tra le mie mani che tra le tue.»
«Sapevo che non avrei dovuto raccontarti di quel vestito. Comunque mi auguro che tu sappia farti perdonare anche in altri modi. Non fraintendermi, un marito che sa stirare ha un grande valore aggiunto, ma preferisco avere abiti sgualciti e una vita sessuale soddisfacente, piuttosto che il contrario.»
Oscar osservò: «Sei molto diretta, prof. È un modo per dirmi che stai meglio e dovrei iniziare a darmi da fare?»
Aurora ammise: «Non ci stavo pensando, ma in effetti sto meglio. Consideralo un esame: la mia decisione sul matrimonio potrebbe dipendere da questo.»
«Adesso non sei seria.»
«No, ma al posto tuo mi darei da fare comunque.»
Oscar chiarì: «Non mi sto tirando indietro. Anzi, mi piacciono questo tipo di esami. Dimmi esattamente che cosa vuoi che ti faccia e lo farò.»
Aurora obiettò: «Mi piace essere stupita. Devi essere tu a decidere che cosa pensi che io voglia.»
«È un discorso troppo contorto, il tuo.» In un attimo Oscar scattò sopra di lei e le infilò una mano tra le cosce. «Pensavo di essere io quello che parla di nulla.»
«Taci e fai il tuo dovere coniugale» gli ordinò Aurora, ridacchiando. «Ti ricordo che è un esame.»
Dentro di sé era certa che sarebbe andato bene e che, almeno per un po', non avrebbe pensato all'incidente.

******

«Ma quello?» commentò Nora, al passaggio dell'automobile sull'altro lato della strada. «Dove sta andando a quella velocità?»
Era una macchina scura, Aurora non aveva fatto caso al modello, ma l'impressione era di averla già notata poco prima.
D'istinto si fece più a lato della strada, sulla quale non c'era il marciapiede, rischiando di spingere Nora oltre il bordo della carreggiata.
«Scusa. È meglio stare sicure.»
«Già, c'è gente che guida come se fosse matta» mormorò Nora. «Sembra quasi che sentano il desiderio impellente di morire.»
«Appunto» confermò Aurora. «Non mi stupirebbe se quello che è passato un attimo fa guidi così per farsi notare.»
Nora rise.
«Da noi?»
«Spero di no.»
«Speriamo, altrimenti sarebbe capace di tornare indietro e di venire a rompere. Abbiamo fatto male a scegliere di parcheggiare qui. Sull'altra via c'era più strada da fare, a piedi, ma la strada era più illuminata.»
Aurora fu d'accordo.
«Hai ragione, anzi, scusa, sono stata io a proporre di venire di qua.»
«Non fa niente, ero io che guidavo» ribatté Nora, «E poi, comunque, siamo quasi arrivate al parcheggio.»
Non arrivarono.
Di colpo sbucarono fuori i fari, davanti ai loro occhi, quasi come dal nulla.
La macchina veniva esattamente verso di loro.
Aurora lanciò un grido, udendo Nora fare la stessa cosa.
Poi l'auto la colpì sbalzandola a terra. A quel punto fu tutto buio.

******

Aurora guardò Oscar, che si era addormentato accanto a lei. Era mezzo scoperto, quindi sistemò le lenzuola per ripararlo dal freddo. Le venne da sorridere, vedendo la sua espressione angelica e i suoi capelli sparsi intorno al volto, come a formare una criniera spettinata. Fino a tre mesi prima quell'uomo non faceva parte della sua esistenza, ma le sembrava impossibile. Era come se ci fosse sempre stato e, senza alcuna ombra di dubbio, Aurora voleva che vi rimanesse per tutto il resto della vita.
Era consapevole che sposarlo potesse apparire come una totale follia, ma dubitava di essere in grado di rifiutare, né sentiva di avere ragioni valide per farlo. Sapeva che a molti l'idea di un matrimonio sarebbe apparsa bizzarra, ma si consolava con la convinzione che almeno Nora sarebbe stata dalla sua parte. Cercò di immaginarsi la loro conversazione, se le avesse detto che si sposava.
«Wow, che bella notizia!» avrebbe probabilmente esclamato la sua amica. «Spero tanto che un giorno possa capitare anche a me.»
«Te lo auguro, ma vedrai che succederà» l'avrebbe rassicurata Aurora.
Nora non sarebbe apparsa tanto convinta.
«Lo credi davvero? Eppure mi va sempre male. Pensa solo a Gabriele, siamo usciti insieme una volta e da allora non fa altro che inventarsi scuse. Non riesco a capire cos'ho sbagliato.»
Aurora avrebbe azzardato: «Forse è stata colpa mia e di Oscar, avremmo dovuto lasciarvi soli.»
Nora avrebbe alzato gli occhi al cielo - Aurora si stava immaginando un dialogo che avveniva all'aperto, magari fuori dalla scuola - e avrebbe replicato: «No, non è possibile. Quando avevo chiesto a Gabriele se gli andava di uscire insieme a una coppia di miei amici, mi aveva risposto che sarebbe stato felice di conoscervi. Non è certo colpa vostra. Anzi, mi ha detto che vi ha trovati simpatici e, mentre noi eravano in bagno, penso che abbia parlato parecchio con Oscar.»
Anche Aurora aveva notato quel particolare e ne avevano già discusso in alcune occasioni. Non sembrava che Oscar fosse un problema, per Gabriele.
"E se fossi io?"
Le sarebbe dispiaciuto molto avere in qualche modo contribuito a stroncare i sogni d'amore di Nora, ma non riusciva a spiegarsi perché Gabriele avrebbe dovuto allontanarsi a causa sua. Non le sembrava di avere fatto niente per convincerlo a lasciare perdere la sua amica. C'entrava forse quell'ex fidanzata che Nora aveva menzionato? Non appariva un'ipotesi molto probabile. Se Gabriele avesse avuto un ritorno di fiamma con quella donna, la reazione più sensata sarebbe stata informare Nora e chiederle di non farsi più sentire, per evitare incomprensioni con la compagna.
Era immersa in quelle riflessioni quando Oscar aprì gli occhi e le chiese: «Dormi?»
«No. Ti ho svegliato?»
«No. Fa freddo.»
«Rimettiti il pigiama» gli suggerì Aurora, senza distogliere l'attenzione dal problema Gabriele. «Posso chiederti una cosa?»
Oscar fece un mezzo sorriso.
«Di rimanere nudo e di ricominciare dall'inizio?»
«No, l'esame è finito e l'hai abbondantemente superato. E poi è tardi.»
«Tanto sei ancora in infortunio. Non devi andare al lavoro, quindi non devi alzarti presto per forza.»
«Vestiti, prima di beccarti una polmonite.»
«Addirittura una polmonite? Stai esagerando, prof.»
«Stavo pensando a Nora e a Gabriele» riferì Aurora. «Nora non riesce a capire perché, dopo la cena, sia così sfuggente. Al telefono cerca di liquidarla subito, quando Nora gli chiede di vedersi si inventa sempre delle scuse...»
Infilandosi i pantaloni del pigiama, Oscar azzardò: «Magari non gli piace abbastanza e non vuole uscire con lei.»
Era una risposta piuttosto banale e Aurora non poté fare a meno di notarlo.
«Non sarebbe più naturale dirglielo con chiarezza?»
«Sì, lo sarebbe, ma magari non ne ha il coraggio.»
«Tu ci hai parlato» osservò Aurora, mentre Oscar finiva di rivestirsi. «Ti ha detto qualcosa di particolare alla cena? Intendo qualcosa che possa avere lasciato capire i motivi del suo comportamento?»
«No.» Oscar tornò a sistemarsi sotto le coperte. «Mi dispiace molto che Nora ci sia rimasta male, ma noi non possiamo farci niente. Hai ragione tu, è tardi. Meglio dormire, a quest'ora, invece di parlare di questo tizio.»
Sembrava molto desideroso di lasciare perdere e quell'atteggiamento reticente insospettì Aurora.
«Era la prima volta che parlavi con lui? Intendo dire, più di qualche saluto occasionale.»
«Sì, certo» confermò Oscar.
Avrebbe dovuto credere ciecamente alle sue parole, ma non vi riuscì.
«Lo conoscevi già, vero? Non solo di vista.»
«Ti ho detto di no.»
«Anche i miei alunni mi dicono che non hanno copiato, oppure che hanno studiato ma sono andati male perché i miei compiti sono troppo difficili» puntualizzò Aurora. «Sono più credibili di te in questo momento. Chi è Gabriele? Se non vuoi parlarne posso accettarlo, ma almeno non mentirmi.»
«Conosco Gabriele da molti anni» ammise Oscar, senza aggiungere altro.
Aurora azzardò: «Siete amici? O lo eravate?»
«No. Diciamo che ci rispettavamo a vicenda, ma non siamo mai andati molto d'accordo.»
«Vi rispettavate, hai detto, al passato. Ora non più?»
«Diciamo che Gabriele è una persona con cui faccio volentieri meno di avere a che fare.»
«Gabriele e Nico si conoscevano?»
«Cosa ne sai?»
Aurora gli ricordò: «Ogni volta in cui sono capitate cose strane - e ti ricordo che tu e Gabriele avete fatto finta di conoscervi a malapena, alla cena, che non mi sembra un comportamento molto normale - veniva fuori che Nico c'entrava qualcosa. Mi viene quindi spontaneo pensare che si conoscessero.»
Oscar ammise: «Nico ha lavorato nel suo salone di auto usate, ero stato io a chiedere a Gabriele di assumerlo. Poi Nico si è preso una cotta non corrisposta per la sua fidanzata e Gabriele ha cercato di toglierselo di torno.»
«L'ha licenziato?»
«Prima ha scoperto - posso immaginare - che era un ex giocatore d'azzardo e l'ha fatto tornare ai vecchi vizi, facendolo indebitare. Insomma, è uno stronzo, ed è anche la ragione per cui Vittorio ce l'aveva con me, prima che gli spiegassi che con Gabriele non ho niente a che fare, se non una conoscenza sommaria, e che mi sono pentito di avergli presentato Nico.»
«La fidanzata di Gabriele è la donna morta insieme a Nico?»
«Esatto, è lei.»
«Oh.»
«Credimi, Aurora, Nora non si è persa nulla. Gabriele ha rovinato Nico, quando gli sarebbe bastato solo licenziarlo per toglierlo di mezzo. Non solo, sembra anche del tutto indifferente a quello che gli è successo... e a volte mi è parso indifferente addirittura perfino di fronte alla morte di Giuliana, la donna con cui si doveva sposare.» Oscar fece un mezzo sorriso. «Se Vittorio non avesse una vita sentimentale complicata e non avesse una mezza storia con Emilia, potremmo cercare di combinare un fidanzamento con Nora. Purtroppo non è fattibile, ma magari potremmo presentarle Paolo. Non è elegante come Gabriele, ma almeno non è uno stronzo.»
«Mi dispiace.»
«Per cosa?»
«Per averti costretto a parlare di qualcosa di cui non ti fa piacere.»
«È quello che dovrò impegnarmi a fare se ci sposeremo. Adesso, però, dormiamo. Ricordati che domani dobbiamo riparlarne.»
«Sì.»
«Allora riprendiamo da qui domani.»
«Non intendevo dire "sì, ne parliamo domani"» precisò Aurora. «Era un "sì, ti voglio sposare". Non importa che sia presto, che sembri una pazzia e che non sappiamo ancora che tipo di matrimonio vogliamo. Basta che ci siamo noi due. Se l'incidente fosse andato peggio, ti avrei sposato anche in ospedale.»
Oscar obiettò: «Non è il tipo di matrimonio che avrei immaginato, ma perché no? Quello che conta siamo noi due, tutto il resto è solo un contorno.»

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Capitolo 18
*** [Oscar] ***


Vittorio accostò a pochi passi dalla loro destinazione, poi affermò: «Ti aspetto qui.»
Oscar si girò di scatto a guardarlo.
«Come sarebbe a dire? Non vieni anche tu?»
«Si tratta della tua famiglia» gli ricordò Vittorio. «Io ho solo fatto da tramite per aiutarti a rintracciare la madre di Nico e per chiederle se volesse incontrarti. Adesso devi cavartela da solo.»
«Non so per quanto ne avrò» obiettò Oscar. «Mi dispiace farti attendere qui fuori.»
«Per me non c'è problema» lo rassicurò Vittorio. «Anzi, mi sentirei un po' a disagio, se venissi su con te. Sei tu quello che deve vedere la signora Floriana, quello che ha qualcosa da farsi raccontare.»
Oscar annuì.
«Già, ho molto da farmi raccontare, e anche molto da spiegarle.»
Vittorio non fece domande e Oscar non aggiunse altro. Si limitò a ringraziarlo per averlo accompagnato e scese dall'automobile. Si diresse verso il numero civico che gli era stato indicato e trovò subito il nome sul campanello. Floriana Pizzi abitava al secondo piano.
Era una vecchia palazzina senza citofono e non appena Oscar suonò, gli fu aperto il portone. Iniziò a salire le scale e, quando arrivò sul pianerottolo, vide una donna dall'aria familiare che lo attendeva sulla porta.
Era invecchiata parecchio, del resto erano trascorsi oltre venticinque anni dal loro ultimo incontro. Portava i capelli brizzolati raccolti in una treccia e l'abito grigio che indossava non era tanto diverso dai grembiuli che Oscar ricordava di averle visto quando era la governante della sua famiglia.
«Immagino che lei sia il signor Molinari» osservò Floriana.
«Una volta mi chiamavi per nome e mi davi del tu» le ricordò Oscar. «Non solo. Ricordo anche che mi sgridavi quando entravo in casa con le scarpe sporche di fango, se avevi appena finito di pulire.»
«Era una vita fa.»
«Ho trentacinque anni, ma sono ancora lo stesso bambino. Oppure devo iniziare anch'io a darti del lei e a chiamarti signora Floriana o signora Pizzi?»
La governante sorrise.
«Al massimo signorina Floriana, non mi sono mai sposata.» Si fece da parte e gli indicò di entrare. «Forza, signor Molinari, venga dentro. Anzi, forza, Oscar, vieni dentro.» Mentre la seguiva all'interno dell'appartamento, gli domandò: «A proposito, tu ti sei sposato?»
«Lo farò presto» rispose Oscar. «Non so ancora quanto presto, perché l'abbiamo deciso da poco, ma prima o poi succederà.»
«Mi fa piacere. Vieni, ti porto in cucina, in soggiorno non fa molto caldo.»
Oscar si diede una rapida occhiata intorno. L'appartamento gli sembrava piccolo, ma ben tenuto, in contrasto con l'esterno fatiscente del palazzo.
«È da molto che abiti qui?»
«Pochi anni. Tu dove abiti, adesso?»
«Ancora dove stavo prima» rispose Oscar, ipotizzando che Nico, a suo tempo, avesse informato la madre di condividere un appartamento con lui, «Anche se sono quasi sempre a casa dalla mia fidanzata. Dopo il matrimonio, mi trasferirò in pianta stabile da lei.»
Floriana gli indicò il tavolo.
«Siediti. Vuoi un caffè?»
«No, grazie.»
«Un tè, allora? Vorrei offrirti qualcosa.»
Oscar sorrise, accomodandosi.
«No, grazie, sono a posto così.»
Floriana si sedette di fronte a lui.
«Come stai?»
«Diciamo bene. Tu?»
«Diciamo che provo a tirare avanti.» Gli indicò una fotografia incorniciata alla parete. «Quello è Riccardo, mio nipote.»
Oscar non poté fare a meno di cogliere una certa somiglianza.
«È identico a Nico quando era piccolo.»
Floriana sospirò.
«Speriamo che cresca meglio di lui e non finisca male.» Abbassò lo sguardo. «Non faccio altro che chiedermi se sia colpa mia. Forse avrei dovuto fare qualcosa di più concreto, per cercare di aiutarlo. Mi sento una pessima madre, ho fatto un sacco di errori.»
«Non posso giudicare come fossi come madre, ma so per certo che Nico ti voleva bene» replicò Oscar. «Niente di quello che è successo è colpa tua. Nico non chiedeva mai aiuto.»
«Non chiedeva mai aiuto e non faceva altro che mettersi nei guai» borbottò Floriana. «Finché era un ragazzino potevo cercare di sorvegliarlo a vista, ma poi non è più stato possibile. Speravo che dopo il matrimonio e la nascita di Riccardo si decidesse a mettere la testa a posto, ma niente da fare. Emilia è una donna così paziente, ma Nico è riuscito a dare dei problemi anche a lei. Vittorio mi ha detto che tu, ad aiutarlo, ci hai provato. Grazie, Oscar. Grazie per tutto quello che hai fatto per lui, forse sei l'unico che è riuscito a capire come prenderlo.»
Oscar ammise: «Avevamo legato molto, quando ci siamo rivisti. Non avevo mai avuto un'amicizia così stretta, né credevo sarebbe mai successo. Invece è arrivato Nico e, all'improvviso, quel legame che ci univa quando eravamo bambini, è tornato esattamente come allora.»
«Emilia ti ha detto perché Nico era venuto a cercarmi?»
«No, ha accennato qualcosa a Vittorio, che però sa poco. Mi ha detto che Nico era convinto di essere il mio fratellastro.» Oscar cercò di non mostrarsi certo. «Mi sembra una storia incredibile, può darsi che Vittorio non abbia capito bene.»
«Speravo che Emilia tenesse la bocca cucita, ma quel Vittorio ha una certa influenza su di lei» ribatté Floriana. «Non so cosa ci sia esattamente tra di loro, ma è un uomo equilibrato con un lavoro stabile, non mi dispiacerebbe per Emilia se fossero più che amici.»
«Non ti darebbe fastidio se tua nuora ricominciasse una nuova vita insieme a un altro uomo?»
«È un suo diritto. Ormai Nico non c'è più e già prima non stavano più insieme.»
Oscar osservò: «Speravi che Emilia stesse zitta, hai detto, quindi c'è qualcosa di vero?»
Floriana lo guardò negli occhi.
«Sì, c'è qualcosa di vero, ma sei ancora in tempo per chiedermi di non parlartene. Se fossi al posto tuo, non vorrei sapere.»
«Comunque sia andata, non sarà così terribile» replicò Oscar. «Non fraintendermi, l'idea che mio padre abbia...»
Floriana lo interruppe: «È questo che hai capito?»
«Beh, sì, è andata così?»
«Pensi che io fossi l'amante di tuo padre? Che poi il signor Molinari mi abbia lasciata sola con un bambino e mi abbia portata a casa sua come governante? È questa la storia che ti sei immaginato?»
Oscar precisò: «Mi sembra la storia più probabile, se io e Nico eravamo fratellastri. Non vedo alternative. In tal caso, mi dispiace molto per quello che ha fatto mio parte. Certo, era già sposato con mia madre e non poteva fare molto, ma almeno darti dei soldi, invece di limitarsi a offrirti un lavoro in casa sua.»
Floriana scosse la testa.
«No, Oscar, è tutto molto più complicato di così e tuo padre non ha fatto niente di male. Anzi, mi ha offerto un lavoro pensando di aiutarmi.»
«Non è così che si aiutano un'amante e un figlio» obiettò Oscar. «Non era in una situazione facile, va bene, ma avrebbe potuto fare molto di più. Ti ha portata a lavorare a casa nostra, dove mia madre ti trattava come una serva e vedeva Nico come un problema...»
«Tuo padre non era il mio amante e Nico non era suo figlio» chiarì Floriana. «Lo so, ora ti chiederai da dove nasca la vostra parentela, ma sarà una lunga storia. Per tuo padre, comunque, io ero solo una conoscente di tua madre che cercava un lavoro. La paga era buona, non potevo lamentarmi. Certo, Luisa - la signora Molinari, era così che dovevo iniziare a chiamarla - non era per niente contenta della mia presenza, figurarsi di avere Nico che le gironzolava per casa, ma era un'ottima offerta e la accettai. Sarei diventata la vostra governante e, almeno all'inizio, mi trovavo bene. Alla signora dava fastidio solo Nico, ma le piaceva come lavoravo. In più, non poteva far capire al signor Molinari che Nico era di troppo. Per tuo padre, Nico era solo un bambino che era diventato tuo amico. La signora non poteva certo farsi scoprire.»
«Farsi scoprire, dici. Cos'aveva mia madre da far scoprire? Mio padre non era davvero mio padre? Io e Nico eravamo figli dello stesso uomo?»
«Hai poca fantasia, per essere uno scrittore, ma del resto non posso dire di non capirti. Quando veniamo messi di fronte a qualcosa di strano e improbabile, cerchiamo sempre la spiegazione meno strana e meno improbabile.»
Oscar fece un sospiro.
«Non vedo altre possibili spiegazioni.»
«Sei sicuro che non vuoi un tè?» gli propose Floriana. «È una storia molto lunga, te lo consiglio.»
«Prepararmi il tè ti farà solo perdere tempo» replicò Oscar. «Vorrei, se puoi, che iniziassi a raccontarmela.»
«Ti capisco, ti capisco perfettamente. Però ti avverto, se te la racconterò, molto probabilmente cambierai per sempre opinione sulla tua famiglia. Non so cosa tu sappia esattamente delle circostanze in cui iniziò la relazione tra i tuoi genitori, ma...»
Oscar la rassicurò: «Sospetto fortemente che mio padre sia stato sposato con un'altra donna, prima di mia madre. La sua prima moglie forse era malata e mia madre era già la sua amante quando quella donna era ancora in vita. Mi è stata sempre raccontata una versione diciamo "filtrata" della realtà. La prima moglie di mio padre diventava una fidanzata e il matrimonio tra i miei genitori veniva anticipato nel tempo. Nella realtà, penso che il loro matrimonio sia stato celebrato dopo la mia nascita, perché mio padre era rimasto vedovo. Non è una cosa tanto sconvolgente, per me. Al giorno d'oggi mio padre avrebbe potuto divorziare e risposarsi, ai suoi tempi non era possibile. Un matrimonio può andare male, non lo considero uno scandalo.»
Floriana ammise: «La tua ricostruzione è abbastanza corretta, anche se la l'hai resa molto più romantica. Tuo padre era sposato con la figlia del suo socio ed effettivamente sua moglie aveva problemi di salute. Penso che tua madre fosse una sua amante occasionale - mi baso su quello che mi raccontò lei quando, più avanti, ci conoscemmo. Poi tutto cambiò, quando tua madre gli rivelò di essere incinta. Ai tempi, tuo padre doveva rimanere, anche nella sua cerchia privata, assolutamente fedele alla moglie, gli serviva per ingraziarsi il suocero, del quale era socio. Tu e tua madre dovevate rimanere nascosti. Le diede un posto in cui stare, una piccola casa fuori città di sua proprietà, passandole dei soldi ogni mese per il suo e per il tuo mantenimento, promettendole che un giorno la situazione sarebbe cambiata. Nel frattempo era legato a una moglie che non amava e costretto a fingere davanti a tutti. Ripeteva a Luisa che comunque non era necessario aspettare a lungo, che prima o poi si sarebbe affermato abbastanza da allontanarsi dal suocero. Non avrebbe mai potuto sposarla, finché ci fosse stata l'altra moglie, ma le assicurava che presto sarebbe andato a vivere insieme a lei. Questo, però, non succedeva mai, quindi Luisa si stancò e decise di andarsene. Molinari accettò la sua decisione: avrebbe continuato a passarle dei soldi per te, ma l'avrebbe lasciata libera di ricostruirsi una vita. Allora tua madre lasciò la sua abitazione fuori città e affittò una stanza nella stessa casa in cui abitavo io.»
Tutto sembrava combaciare con le poche chiacchiere che Oscar aveva udito alla cena con i vicini, al mare, mesi prima: sua madre e Floriana residenti nella stessa abitazione, con altre donne, come pensionanti di un'anziana signora.
Floriana, frattanto, proseguì: «Non posso dire che fossimo amiche, ma io, tua madre e le altre cercavamo di aiutarci a vicenda. Luisa si trovò un lavoro e, quando non c'era, cercavamo di organizzarci perché qualcuna di noi potesse occuparsi di te. Non ci sapevo molto fare con i bambini, ma Luisa si fidava di me. Ogni tanto parlavamo. Mi raccontava del suo amante - tuo padre - e io stessa iniziai ad aprirmi. Mi chiese se progettassi di sposarmi o di avere figli e le raccontai la verità su di me: a diciassette anni avevo avuto un... diciamo un incidente, nel quale avevo rischiato di morire io stessa ed ero rimasta sterile. In pochi conoscevano quella storia - di fatto, a conoscerla per intero eravamo solo io e la mia zia presente in quel momento - e Luisa sembrava ben disposta ad ascoltarmi.»
Oscar aggrottò la fronte.
«Aspetta. Tu non potevi avere figli?»
«Non più.»
«Allora...»
Floriana non lo lasciò finire.
«So cosa vuoi chiedermi, ma presto ci arriverò. Torniamo a me e a Luisa: ribadisco che non eravamo grandi amiche, ma ci ascoltavamo a vicenda. Altre nostre coinquiline mi dicevano di fare attenzione, che Luisa ci snobbava tutte e che ci considerava al di sotto di lei, perché era stata l'amante di un uomo ricco che ancora le passava parecchio denaro, ma non badavo a quelle chiacchiere. Anzi, quando mio fratello, che anni prima era emigrato per lavoro, tornò in Italia e venne in città, glielo feci conoscere. Luisa parve innamorarsi pazzamente di lui e in breve tempo iniziarono una relazione. Mio fratello diceva di amarla, ma non so fino a che punto fosse sincero. Aveva amici all'estero, che l'avevano pregato di raggiungerlo in Sudamerica, promettendogli un'opportunità di lavoro. Di punto in bianco partì per l'Argentina e non diede più sue notizie. Se n'era andato da poco, quando Luisa scoprì di essere incinta. In quei giorni, nel frattempo, Molinari si mise in contatto con lei. Le disse che suo suocero era morto e che anche le condizioni di salute di sua moglie si erano aggravate molto. Le propose di tornare con lui.»
«E mia madre cosa fece?»
«Sarebbe stata questione di mesi, prima di potere sposare tuo padre. Sarebbe diventata la moglie di un uomo ricco. O almeno era quello che sarebbe successo se non fosse rimasta incinta di un altro uomo. Venne da me. Mi raccontò tutto, sostenendo che ero l'unica che potesse aiutarla a risolvere il problema. Mi chiese se mia zia lavorasse ancora, dopo tanti anni.» Floriana abbassò lo sguardo. «Non l'avrei mai portata da lei, non me la sentivo di prendermi una simile responsabilità, dopo quello che mi era successo. Le dissi che, se voleva abortire, doveva trovare lei qualcuno a cui rivolgersi. Le raccontai delle condizioni di sicurezza pressoché nulle nelle quali mia zia era costretta a lavorare e le rinfrescai la memoria su quello che era successo a me. Capì perché non ne la sentissi di aiutarla. Mi disse che avrebbe risolto il problema, in un modo o nell'altro. Nel frattempo, lo scoprii dopo, stava cercando di prendere tempo con tuo padre. Gli spiegò che preferiva aspettare prima di andare a vivere insieme, che non voleva farlo con sua moglie ancora in vita. Continuò a inventare scuse e poi tornò da me.»
Oscar non aveva più certezze, ma cercò di valutare l'ipotesi più plausibile.
«Aveva abortito?»
«No, aveva deciso di proseguire la gravidanza, ma di abbandonare il bambino al momento della nascita. Per quel motivo doveva partire e rimanere lontana per mesi da tuo padre, quindi inventare ulteriori scuse. Gli raccontò che ero io quella che era incinta e che doveva andarsene, ma che preferiva venire con me e rimanermi accanto durante la gravidanza.» Floriana sospirò. «Non saprei dirti se fu lei a darmi l'idea, oppure se io ci stessi già pensando. Quel bambino era mio nipote, il figlio di mio fratello, che non avrei rivisto mai più - non so nemmeno se sia davvero finito in Argentina, né se sia vivo o morto. Io non avrei mai potuto avere un figlio mio, ma mi sembrava di avere davanti una seconda possibilità. Le chiesi se fosse davvero sicura di non volere tenere il bambino. Luisa era sicura, diceva che era solo un problema che le avrebbe impedito un futuro felice accanto a un potenziale marito ricco, che non l'avrebbe tenuto. Allora le proposi di darlo a me. Sarei stata io la madre di quel bambino. Luisa accettò. Partorì nella casa che avevamo affittato in quei mesi. Il bambino lo tenni io. Gli diedi lo stesso nome di mio fratello.»
Oscar tentò di dire qualcosa, ma le parole non gli uscivano di bocca. Floriana rimase in silenzio, come a dargli tempo. Infine Oscar riuscì a mormorare: «Quindi Nico era figlio di mia madre?»
«Preferirei dire che tua madre era la donna che lo partorì» replicò Floriana. «Nico non è mai stato figlio suo.»
«Ma, se era - passami il termine - suo figlio, perché lo odiava?»
«Proprio per questo: Nico era il suo segreto, quello che avrebbe potuto rovinarla. Tuo padre, infatti, rimase vedovo e, poco dopo, tua madre se lo sposò. Mi passò dei soldi, nei primi mesi, poi sparì. Per me non era un problema. Per qualche anno lavorai come cameriera per una coppia di anziani che accettarono di ospitare sia me sia Nico in casa loro. Solo quando iniziò a crescere e a diventare un bambino un po' turbolento la cosa divenne sempre meno fattibile. Poi la signora morì, suo marito finì in una casa di riposo e io persi il lavoro. Per un paio d'anni girai da una città all'altra, cambiando lavoro e sistemazione più volte, poi tuo padre mi rintracciò. Ero tornata da queste parti e avevo affittato un piccolo appartamento. Luisa doveva avergli raccontato che ero stata una sua cara amica e che le sarebbe piaciuto aiutarmi, o qualche fandonia del genere. Quando il signor Molinari mi chiese di venire a lavorare a casa vostra, accettai. Credevo ne avesse parlato con Luisa, che la mia "vecchia amica" fosse d'accordo.»
«Invece non lo era» dedusse Oscar.
«Per niente» confermò Floriana, «Ma a tuo padre non poteva dire nulla.»
«Come si comportava con te?»
«All'inizio bene. Sembrava anche gentile con Nico, in apparenza, nonostante facesse sempre confusione. Poi mi accorsi che la sua gentilezza era solo di facciata. Detestava Nico e si vedeva, se ci si prestava attenzione. Non sapevo cosa fare. Volevo andarmene, na vedevo che tu e Nico avevate fatto amicizia e pensavo che avesse il diritto di costruirsi qualche legame. Anzi, tu eri un bambino educato e perbene, speravo che stare con te lo aiutasse a rimettersi un po' in riga. Poi venne l'affare della pallonata sul vetro e, se permetti, vorrei spiegarti come andarono le cose.»
Oscar precisò: «So come andarono le cose. Davvero, quello che fece mia madre...»
Floriana lo interruppe: «Il giorno prima, Nico aveva rotto un ramo di un cespuglio con un tiro azzardato. Nessuno se n'era accorto, solo io. Gli avevo fatto una gran predica, prima di portarlo con me al lavoro, perché non volevo combinasse danni. Gli feci presente che giocare a pallone poteva essere pericoloso, se lo si faceva senza criterio, anche perché rischiava di colpire magari una finestra e di romperla. Da piccolo teppista qual era, Nico rispose che, se avesse rotto una finestra alla signora che lo trattava così male, non gli sarebbe dispiaciuto più di tanto. Lo guardai malissimo e gli intimai di non azzardarsi a ripeterlo mai più. Eravamo a pochi metri da casa vostra, a quel punto. Lo tirai per un orecchio e non lasciai la presa finché non arrivammo alla porta.»
Oscar spalancò gli occhi.
«Nico lo fece apposta?»
«Così pensavo, quando successe» ammise Floriana. «Per questo mi infuriai così tanto. Lo sgridai di fronte alla signora e gli dissi di venire da me, perché meritava di essere punito. Fu piuttosto docile, quando lo immobilizzai con il didietro all'aria. Iniziai a sculacciarlo, più forte e molto più a lungo di quanto facessi di solito. Nico sopportò in silenzio e, quando dopo gli intimai di chiedere scusa alla signora, obbedì senza esitare. A quel punto gli ordinai di sedersi e di rimanere fermo fino a sera - e non sarebbe stato per niente facile stare seduto ininterrottamente, dato che le natiche dovevano fargli parecchio male - minacciandolo di sculacciarlo di nuovo se avesse disobbedito. Non l'avrei mai fatto, l'avevo già punito più duramente di quanto meritasse, ma sapevo che si sarebbe comportato bene abbastanza almeno da non costringermi a passare ai fatti. La signora, però, come ricorderai, aveva altri piani. Capii che voleva dimostrarmi di potere controllare il destino di Nico, come a ricordarmi che era stata lei a metterlo al mondo. Avrei dovuto ribellarmi, impedirle di rinchiudere mio figlio in uno sgabuzzino, ma temevo ritorsioni. Per fortuna tu mi aiutasti, ma Nico passò comunque ore dentro quello sgabuzzino buio. Mentre tornavamo a casa, non avevo il coraggio di parlargli. Fu Nico a parlare, quando rientrammo. Mi disse che gli dispiaceva, ma che non l'aveva fatto apposta. "Anche se so che non mi crederai", aggiunse. Allora capii che era sincero. Era scalmanato, ma non era cattivo. Gli dissi che gli credevo, ma che non doveva più fare danni, perché anche se non avrebbe più dovuto rendere conto alla signora Molinari del suo comportamento, dato che non ci saremmo tornati mai più, doveva rendere conto a me di quello che faceva. Mi promise che sarebbe stato tranquillo.» Floriana accennò una mezza risata. «Promessa che ovviamente non mantenne, ma mio figlio era fatto così e sarebbe rimasto così tutta la vita.»
«Mi dispiace» disse Oscar, «Mi dispiace davvero per quello che ha fatto mia madre. Tu e Nico non ve lo meritavate.»
«Era tua madre che non meritava di vedere Nico mai più» replicò Floriana. «Per quanto mi dispiacesse allontanarlo da te, non avevo alternative. Gli dissi che si sarebbe trovato altri amici e che, chissà, forse un giorno vi sareste rivisti.»
«Quando gli hai raccontato la verità?»
«Pochi anni fa. Voleva sapere che fine avesse fatto suo padre. Non riuscii a mentirgli di nuovo, ormai aveva quasi trent'anni. Gli raccontai che suo padre era emigrato in Argentina senza più far sapere niente di lui e che la sua vera madre non ero io. Quando gli dissi che era figlio di Luisa Molinari, sai cosa rispose? Che ammetteva di essere stato un figlio difficile da gestire, ma che facendogli una simile rivelazione ero riuscita a vendicarmi bene dei problemi che mi dava. Lo disse ridendo, poi mi abbracciò e mi ringraziò per averlo salvato da quella donna terribile. Aggiunse tuttavia che gli sarebbe piaciuto rivederti, specie ora che aveva scoperto di essere tuo fratello. Cercai di scoraggiarlo, ma ovviamente le mie parole gli entrarono da un orecchio e gli uscirono dall'altro. Gli intimai solo di non osare raccontarti la verità, se ti avesse incontrato.»
«Almeno per una volta ti diede ascolto.»
«L'unica volta in cui non avrebbe sbagliato facendo di testa sua. So che saresti stato felice di averlo come fratello.»
Oscar sorrise.
«Sì, certo. Anzi, magari sarei riuscito a impormi di più e ad allontanarlo dalle cattive compagnie.»
«Tua madre, invece, fu stronza fino in fondo - scusami il termine» lo informò Floriana. «Quando la chiamai per dirle che Nico era morto in un incidente stradale - non ci ho mai creduto, per me non è stato un incidente, ma di questo ne parleremo dopo - rispose che non le importava niente di mio figlio e che non avrei dovuto disturbarla per darle una notizia che per lei era insignificante. Allora riappesi il telefono e mi sentii come se mio figlio fosse appena morto di nuovo.»

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Capitolo 19
*** [Aurora] ***



Quando Aurora sentì bussare alla porta, capì che Oscar era rientrato. Nonostante gli avesse dato un mazzo di chiavi per potere entrare e uscire quando voleva, continuava a bussare o a suonare il campanello, sostenendo di non avere ancora acquisito il diritto a utilizzare le chiavi stesse, dal momento che non si era ancora trasferito da lei in pianta stabile.
«Sei tu?» chiese, avvicinandosi alla porta.
La voce di Oscar rispose, dal pianerottolo: «Sì, sono io, mi apri?»
«Avresti potuto portarti le chiavi.»
«Quindi mi lasci fuori?»
Aurora aprì, ritrovandosi davanti non solo Oscar, ma anche Vittorio.
«Scusa, non voglio disturbare» mise subito in chiaro quest'ultimo. «È stato Oscar a insistere. Gli ho chiesto se era sicuro che non davo fastidio, ma ha insistito tanto. Se vuoi me ne vado.»
«No, figurati, entra» ribatté Aurora. «Anzi, è un piacere vederti.»
«Un piacere?» ripeté Vittorio, non riuscendo a nascondere la propria perplessità. «Finora ci siamo incontrati una volta sola e non penso che tu abbia ricordi positivi.»
Varcò la soglia, seguito da Oscar, che richiuse la porta.
Aurora gli ricordò: «Mi hai soccorsa quando sono stata investita. Certo, non ricordo molto di quei momenti, ma possiamo considerarlo un secondo incontro. Non che mi abbia lasciato qualche ricordo positivo, ma almeno stavolta non era colpa di nessuno dei due.»
Oscar si tolse il cappotto e lo appese a un attaccapanni nell'ingresso, invitando Vittorio a fare lo stesso.
Il suo amico scosse la testa.
«No, preferisco tenerlo, non ho per niente caldo, dopo tutto il tempo passato in strada. Poi tra poco andrò via, sono solo salito un attimo per vedere come sta Aurora.» Si rivolse a lei. «Adesso come ti senti?»
Aurora sorrise.
«Molto meglio, grazie. Comunque non c'è fretta, vieni a sederti.» Si diresse verso il soggiorno e lo invitò a seguirla. «I primi giorni sono stati abbastanza duri, ma adesso le cose iniziano a migliorare. All'inizio della settimana ho ricominciato a lavorare... anche se, lo ammetto, è ancora un po' stancante.»
«Va beh, ma tra pochi giorni iniziano le vacanze» ribatté Vittorio. «Almeno dopo potrai rimanertene un po' a casa insieme a Oscar, sempre ammesso che sia meno stancante che lavorare. Non...» Si interruppe di colpo. «Intendevo dire che può essere stancante sopportarlo, non stavo facendo allusioni alla vostra vita sessuale, non mi permetterei mai.»
Oscar obiettò: «Non sei molto credibile. Sei proprio il tipo di persona che parlerebbe di queste cose.»
«Al massimo ne parlerei con te, non certo con la tua futura signora!» replicò Vittorio. «A proposito, Aurora, Oscar mi ha detto che intendete sposarvi. Ti faccio le mie congratulazioni. O meglio, ti consiglio di scappare a gambe levate finché sei in tempo, ma so che non lo farai, quindi tanto vale dirti che sono certo che la vostra vita insieme sarà bellissima.»
Si sedettero tutti e tre, mentre Oscar osservava: «Ci tieni proprio a fare la figura dello svitato, e questo mi può anche stare bene, ma Aurora inizierà sicuramente a chiedersi che razza di amici frequento.»
«Credo che Aurora si sia già fatta una pessima idea di me» ammise Vittorio. «A proposito, Aurora, mi dispiace per quello che ho fatto qualche tempo fa. Io ed Emilia non avevamo alcun diritto di metterci in mezzo, specie senza nemmeno conoscerti. È stata una cazzata e non saprei nemmeno darti una spiegazione logica, perché non c'è una spiegazione logica.»
«Oscar mi ha raccontato tutto» gli riferì Aurora. «Le tue spiegazioni le hai già date a lui, che sicuramente poteva capirle meglio di me. Io non posso valutare quello che è successo tra voi e altre persone quando nella vita di Oscar non c'ero ancora. Ad ogni modo mi fa piacere che vi siate chiariti.» Si rivolse a Oscar: «Oggi invece com'è andata?»
Oscar sospirò.
«Non so dire se meglio o peggio di quanto pensassi.»
«Alla madre di Nico ha fatto piacere rivederti?»
«Sì, molto. All'inizio sembrava si sentisse un po' a disagio, ma poi mi ha fatto capire di essere contenta che fossi andato a trovarla.»
«Ti ha raccontato quello che volevi sentire?»
Oscar abbassò lo sguardo.
«Non sono sicuro che la storia che mi ha raccontato fosse proprio ciò che volevo sentire: non avevo una buona opinione di mia madre prima, figuriamoci dopo. È una storia assurda e folle, ma se non altro adesso so la verità.»
Aurora azzardò: «Nico era davvero tuo fratello?»
«Sì.»
«E che effetto ti fa saperlo?»
Oscar alzò gli occhi e sorrise.
«Sono felice di scoprirlo, ma mi dispiace non averlo saputo prima.»
«Credo sia meglio che vada» azzardò Vittorio. «Avrai tante cose da raccontare ad Aurora.»
Si alzò in piedi, ma Oscar lo afferrò per un braccio e lo pregò: «No, resta. C'è qualcosa che non ti ho detto e che vorrei sapessi anche tu.»
Oscar iniziò a parlare e Aurora lo ascoltò, ritrovandosi a concordare con la definizione data da lui poco prima: era davvero una storia assurda e folle. Quando terminò, lo fissò a lungo con gli occhi spalancati.
«Nico era il figlio segreto di zia Luisa?» esclamò, infine. «Che storia pazzesca!»
«Già, da non crederci, ma ti assicuro che il racconto di Floriana era totalmente credibile» chiarì Oscar. «Anzi, è andato a coprire certi... buchi di trama, se così li possiamo chiamare, nella storia della mia famiglia.»
«E Nico lo sapeva?»
«Sì, da qualche anno.»
«Come l'aveva presa?»
«In nessun modo particolare, mi è parso di capire. Aveva solo brutti ricordi di mia madre e, senza dubbio, era ben contento di non essere cresciuto con lei. Ha solo espresso fin da subito il desiderio di mettersi in contatto con me, in un modo o nell'altro, per scoprire che fine avessi fatto. Allo scopo è riuscito a trovarsi un lavoro che gli consentisse di rivedermi. Da allora, ha taciuto sulla nostra parentela e si è comportato da normale amico d'infanzia.»
«Perché non ti ha detto niente?»
«Sua madre non voleva. Non che Nico avesse molto l'abitudine di starla a sentire, ma per una volta sembra avere rispettato le sue volontà. Oppure, esattamente come Floriana, era terrorizzato dall'idea che lo venissi a scoprire.»
Vittorio intervenne: «Mi sembra abbastanza probabile. Si fidava di te e ti voleva bene, ma dopotutto eri pur sempre il figlio della donna terribile che non solo l'aveva trattato malissimo quando era bambino, ma addirittura era la sua vera madre e lo aveva abbandonato non perché non volesse un altro figlio, ma perché averlo come figlio le avrebbe impedito di sposarsi con un uomo ricco e fare la mantenuta per il resto della sua vita. Magari temeva di essere rifiutato anche da te.»
Oscar replicò, secco: «Non avrei mai rifiutato o allontanato Nico, se avessi saputo la verità! Solo perché sono figlio di mia madre, non significa che io approvi tutto quello che ha fatto o voglia in qualche modo emularla. Anzi, se vogliamo dire le cose come stanno, mi fa abbastanza schifo quello che è successo! Sono contento che Nico fosse mio fratello, ma non si meritava di scoprire una storia simile.»
«Ehi, calmati, nessuno ti sta accusando di niente» puntualizzò Vittorio. «Ho solo detto che non c'era da stupirsi, se Nico preferiva non dirti quello che sapeva. Può anche darsi che lo facesse per te, che fosse convinto che preferissi non venire a scoprire la verità su tua madre. Comunque sia andata, non lo scoprirai mai.»
«Appunto per questo non vedo il motivo di fare congetture.»
«Non erano congetture. Ti stavo solo facendo notare che poteva esserci una spiegazione al perché sia stato zitto e si sia tenuto dentro quel segreto.»
«E poi?» volle sapere Aurora. «Floriana ti ha detto altro?»
«Abbiamo parlato molto a lungo e mi ha raccontato un sacco di cose su Nico» rispose Oscar. «Mi ha parlato del suo matrimonio e di come la sua dipendenza dal gioco d'azzardo abbia fatto sì che Emilia lo lasciasse, di come sia riuscito a cambiare vita, ma abbia continuato a dare segno di essere sempre alla ricerca di qualcosa di così indefinito da non potere nemmeno pensare di raggiungerlo. Secondo Floriana, Nico si sentiva incompleto, ma non sapeva da che parte iniziare per cercare di completarsi. Da parte sua, faceva il possibile per convincerlo a tornare insieme alla sua ex moglie. Gli ripeteva che, se aveva risolto i suoi problemi, Emilia sarebbe stata ben disposta a ripensarci.»
Vittorio confermò: «Lo dice anche la stessa Emilia.»
Aurora ipotizzò: «Anche in questo caso, Nico non stava a sentire i consigli della madre, immagino.»
«No, per nulla» rispose Oscar. «Floriana era convinta che, prima o poi, Nico sarebbe tornato sui suoi passi. Sapeva che era ancora legato a Emilia e che si era rassegnato alla fine del loro matrimonio solo per accettare le volontà della moglie.»
«E invece?»
«E invece, da un certo momento in poi, Nico ha iniziato a dirle che non era possibile, perché si era innamorato di un'altra donna. Non...»
Oscar smise di parlare nell'udire uno squillo.
Aurora osservò: «Sta suonando il telefono. Vado a sentire chi è, arrivo subito.»
Uscì dal soggiorno e si diresse verso l'apparecchio. Era sua madre. Le chiese se fosse impegnata per lavoro e, quando Aurora le disse di no, si sentì autorizzata a intrattenerla in una lunga conversazione. Le servirono vari minuti per liberarsene, per poi tornare in soggiorno.
Si fermò prima di entrare nella stanza. Oscar e Vittorio stavano parlando in tono concitato, senza fare caso a lei. Rimase ad ascoltarli per qualche istante.
«Come sarebbe a dire che avevano avuto una relazione?»
«Così ha detto Floriana.»
«Non possibile. Nico non ha mai raccontato a nessuno niente di tutto ciò. Perché mai avrebbe dovuto dire a sua madre di essere stato a letto con Giuliana?»
«Non saprei. Forse aveva paura che si scoprisse in giro, se l'avesse raccontato a qualcuno di noi. Parlandone con sua madre, invece, non avrebbe corso questo rischio, dato che non conosceva le persone coinvolte.»
«Mhm... Sì, può darsi.»
«Avrebbe senso.»
«Sì, certo, avrebbe senso. Non mi spiego, tuttavia, questo fatto. Non riesco a credere che Nico abbia davvero avuto una storia con Giuliana. Sua madre è sicura che fosse proprio lei la donna di cui le aveva parlato?»
Aurora decise: era arrivato il momento giusto per rientrare in soggiorno.
«Scusate, era mia madre, al telefono. Da quando è capitato l'incidente, non fa altro che preoccuparsi per me.»
Sia Oscar sia Vittorio si girarono verso di lei.
«Non fa niente» la rassicurò Oscar. «Stavo dicendo a Vittorio che, secondo Floriana, Nico aveva avuto una relazione con la donna che poi è morta insieme a lui.» Lanciò un'occhiata a Vittorio. «Dopo ti racconto. Vittorio mi ha detto che deve andare via. Lo accompagno giù, che mi sono dimenticato una cosa sulla sua macchina.»
«Ti ho detto che...?» Vittorio appariva piuttosto spaesato, come se non avesse mai pronunciato le parole che Oscar gli attribuiva. Poi, all'improvviso, esclamò: «Sì, certo, è tardissimo, devo andare a fare la spesa prima che i supermercati chiudano. Non posso aspettare fino a lunedì. E tu hai lasciato le chiavi di casa tua in macchina da me e domani devi passare di là.»
«Esatto» confermò Oscar. «Arrivo subito, Aurora.»
Entrambi si alzarono in piedi e si diressero verso la porta.
Vittorio, frattanto, suggeriva a Oscar: «Magari ti do un passaggio a casa, tanto devo andare da quella parte.»
Era palese che quei due stessero inventando una scusa dopo l'altra per nasconderle qualcosa, anche se Aurora non riusciva a capire chi tra i due avesse preso l'iniziativa.
Finse di non avere capito nulla e salutò Oscar: «Va bene, a dopo. Quando torni, decidiamo cosa preparare per cena.»
«Cercherò di non fare tardi» le assicurò Oscar, senza troppa convinzione. «Ci vediamo tra poco.»
Aurora li lasciò andare, poi andò alla finestra che si affacciava sul lato anteriore del cortile. La luce era spenta. Aprì il vetro e si mise a guardare giù, certa di non essere vista.
Le voci di Oscar e Vittorio arrivavano distanti, ma udibili.
«Potrebbe essere pericoloso» stava obiettando Vittorio. «Sei sicuro di quello che vuoi fare?»
«Te l'ho detto, Nico aveva raccontato a sua madre di sentirsi in pericolo. Non l'aveva detto a nessun altro, così come Floriana non l'aveva riferito ad altri, sono stato il primo a saperlo.»
«Quindi tu vorresti andare da quello stronzo e chiedergli spiegazioni.»
«Sì, specie alla luce di quello che è successo poco tempo fa.»
«Non è una buona idea.»
«Se non mi accompagni tu, ci vado da solo» tagliò corto Oscar, «A costo di andarci di nascosto con la macchina di Aurora.»
«Va bene» si arrese Vittorio. «Come vuoi, ti porto da Gabriele.»
Aurora sentì il cuore farle un balzo nel petto. Da quando Nora aveva incontrato quell'uomo, all'improvviso qualcosa nei loro equilibri si era stravolto. Lasciò che gli equilibri si stravolgessero ancora una volta: si infilò una giacca a vento, prese le chiavi di casa e quelle dell'automobile e uscì.
Scese le scale in fretta, sperando che Vittorio e Oscar non si fossero ancora allontanati. Fu fortunata: erano appena saliti in macchina e si stavano immettendo sulla strada. Raggiunse in gran fretta la propria, salì a bordo e uscì dal cortile.
Fino a pochi minuti prima non avrebbe mai preso in considerazione l'idea di pedinare Oscar - era ancora un pensiero assurdo, che andava contro i suoi principi - ma sentiva che fosse la cosa giusta da fare, in quel momento.
Vittorio e Oscar percorsero diversi chilometri e Aurora fece lo stesso, dietro di loro.
Li vide parcheggiare, poi Oscar scese. Erano poco distanti da un salone di automobili, doveva essere quello di Gabriele.
Aurora lasciò la macchina poco lontano e rimase in attesa, per vedere se anche Vittorio sarebbe sceso. Rimase a bordo, mentre Oscar si dirigeva verso il salone e vi entrava.
Aurora scese e si avvicinò verso il veicolo sul quale si trovava Vittorio. Lo vide seduto al posto di guida. Aprì la portiera del passeggero ed entrò chiedendogli: «Cosa sta succedendo?»
Vittorio sussultò.
«Aurora, come sei arrivata qui?»
«Nello stesso modo in cui siete arrivati voi.»
«Ci hai seguiti?»
«Sei molto perspicace.»
Vittorio osservò: «Non l'avrei mai detto. Dai racconti di Oscar, non sembravi una pazza che sorveglia a vista il proprio fidanzato.»
«Non ho questa malsana abitudine» mise in chiaro Aurora, «Ma non mi piace essere coinvolta a metà. Quando sono andata a rispondere al telefono, Oscar ti ha raccontato qualcosa che, per qualche motivo, deve avere deciso di tenere solo per voi due. Poi si è inventato una scusa, tu hai cercato di aiutarlo in modo piuttosto maldestro e, in sintesi, vi ho anche sentiti mentre discutevate in cortile e tu lo avvertivi che stava per fare qualcosa di pericoloso.»
«Quindi non sei una pazza, ma l'eroina giunta a salvare lo sprovveduto in difficoltà» osservò Vittorio. «Grazie per il pensiero, ma mi auguro che Oscar non abbia bisogno di aiuto. Ho cercato di convincerlo a non fare nulla di esagerato.»
«Cosa intendi per esagerato?»
Vittorio sbuffò.
«Mi stai mettendo in difficoltà. Non so cosa posso dirti.»
«Cosa mi sta nascondendo Oscar?»
«Non spetta a me dirtelo.»
«Allora cosa stai nascondendo tu?» Aurora lo fissò con fermezza. «Se non vuoi rivelare i segreti di Oscar, rivelami almeno i tuoi.»
«Oscar si è convinto che Gabriele volesse eliminare o Nico o Giuliana o entrambi» si arrese Vittorio. «Sta iniziando a pensare che l'incidente non sia stato solo un incidente. Gli è venuta addirittura l'idea che sia stato lui che ti ha investita e ha tentato di fare lo stesso con la tua amica.»
Aurora strabuzzò gli occhi.
«Perché avrebbe dovuto investirmi?»
«Quando ha visto la tua amica in compagnia tua e di Oscar, deve avere pensato che tu e lei foste delle spie mandate a tenerlo sotto controllo o qualcosa del genere» suggerì Vittorio. «Temeva che i suoi scheletri nell'armadio potessero essere scoperti.»
«E Oscar cosa vorrebbe fare?»
«Ho paura che voglia dire a Gabriele di sospettare che abbia fatto del male a Nico e a quella donna di proposito.»
«E perché tu sei qui?»
«Perché mi ha chiesto di accompagnarlo.»
«Perché non sei entrato con lui?» precisò Aurora. «Mi auguro che tutto ciò che rischia sia fare la figura del cretino, ma non avresti dovuto lasciarlo andare da solo.»
«Me l'ha chiesto lui.»
«Avresti dovuto fermarlo.»
Vittorio sospirò.
«Mi attribuisci dei poteri che non ho. Non c'era niente che potessi fare, se non fermarlo con la forza.»
«E allora» replicò Aurora, «Perché non l'hai fatto?»
Vittorio aprì la portiera.
«Vado dentro a controllare che vada tutto bene.»
«Vengo con te.»
«Non se ne parla. Va bene che tu voglia calarti nei panni della salvatrice, ma non ti permetterò di correre dei potenziali rischi a causa nostra. Nemmeno Oscar lo permetterebbe.»
«Avreste dovuto pensarci prima» replicò Aurora. «Siete venuti a casa mia e avete deciso di agire alle mie spalle senza neanche degnarvi di non farvi scoprire. Perfino i miei allievi sono più bravi di voi a nascondersi... e loro devono solo copiare, non andare a stanare presunti assassini per accusarli senza né prove né indizi dei loro misfatti.»
«Se è questo che pensi» ribatté Vittorio, «Avresti una ragione in più per rimanere qui. In genere, se vai ad accusare qualcuno di delitti che non ha commesso, l'accusato innocente o ti butta fuori dalle sue proprietà o ti minaccia di denunciarti per diffamazione. Nel peggiore dei casi ti tira due sberle. Secondo la tua logica, Oscar non dovrebbe essere in pericolo.»
«Non so più quale sia la logica da seguire» fu costretta ad ammettere Aurora. «Non so più quale sia la cosa giusta da fare.»
«Aspettami qui» ribadì Vittorio, «E ti porto indietro il tuo prezioso Oscar, a costo di doverlo trascinare fuori tirandolo per i capelli.»
«Va bene. Mi fido di te.»
«Anch'io. Ti lascio le chiavi. Aspettami qui, non scendere.»
Aurora acconsentì. Non aveva ragioni per non accettare e, se tutto fosse andato come Vittorio le assicurava, non avrebbe dovuto attendere molto a lungo.
Rimase ferma per un tempo che le parve infinito, rimanendo a fissare il nulla davanti a sé, abbagliata dalle multicolori luci intermittenti di un albero di Natale su un balcone in fondo alla strada.
«Oscar, dove cazzo ti sei cacciato?» mormorò.
Guardò l'orologio che portava al polso, cercando di mettere a fuoco nell'oscurità. Erano passati ormai parecchi minuti da quando Vittorio l'aveva lasciata sola, almeno un quarto d'ora. Nel frattempo il cancello automatico del salone era stato chiuso.
Aurora scese dall'auto e valutò il da farsi. Rimanere fuori o entrare scavalcando? Il cancello era piuttosto basso, dopotutto, e all'interno si vedeva ancora una luce accesa.
La scelta più sensata sarebbe stata rimanere fuori, forse addirittura tornare a casa e, più tardi, quella sera, fingere di credere alle scuse che Oscar le avrebbe rifilato per giustificare il proprio ritardo. L'istinto, tuttavia, le suggeriva di fare il contrario.
Scavalcare il cancello non fu difficile, le costò solo il sacrificio dei pantaloni che indossava: rimase impigliata con la gamba sinistra e, nel liberarsi, rimediò un lungo strappo. Non importava, ormai era a pochi metri dal salone nel quale era entrato Vittorio per andare a raggiungere Oscar.
Arrivata alla porta di vetro, esitò. Entrare subito o guardare prima all'interno? Scelse la seconda opzione, avvicinandosi più che poteva per dare un'occhiata.
Ciò che vide la fece raggelare.
Tutto ciò che poteva fare era sperare che Gabriele non si accorgesse di lei.
Sembrava piuttosto assorto in ciò di cui si stava occupando, non era molto plausibile che la notasse.
Doveva tornare indietro, scavalcare il cancello un'altra volta e andare a cercare un telefono, nella speranza che non fosse troppo tardi.

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Capitolo 20
*** [Oscar] ***



«Sto per chiudere.»
Oscar si guardò intorno, per capire da dove provenisse la voce di Gabriele. Non l'aveva ancora visto, ma non doveva essere tanto lontano.
«Meglio così» affermò. «Ti devo parlare e preferirei che nessuno disturbasse.»
Gabriele sbucò da dietro le sue spalle.
«Anch'io preferirei non essere disturbato.»
«Dov'eri?»
Gabriele lo ignorò.
«Ti ho detto che preferirei non essere disturbato. Tra cinque minuti devo chiudere e andare a casa.»
«Hai fretta» osservò Oscar, «Un po' come se dovessi incontrarti con una persona importante. È Nora?»
Gabriele alzò le spalle, con indifferenza.
«Nora non è nessuno.»
«Non l'avrei detto, quella sera, al ristorante.»
«Quella sera, al ristorante, ho capito molte cose di Nora, che ancora mi sfuggivano» replicò Gabriele. «Mi sono accorto che non contava molto, per me.»
«Sì, mi rendo conto, per te deve essere difficile trovare qualcuna che possa essere come Giuliana» ribatté Oscar. «Era la donna che volevi sposare, ma allo stesso tempo ti sei sempre comportato come se la sua morte non ti toccasse minimamente.»
«Mi fa piacere sapere di essere sempre al centro dei tuoi pensieri, ma non è necessario che tu ti faccia dei viaggi mentali senza senso sulla mia vita privata. Il tuo giudizio, peraltro, non mi tocca. Giuliana non c'è più, sono libero di vivere la mia vita come voglio.»
«E quando c'era ancora? Avevi paura di iniziare a farle schifo?»
«Non so di cosa parli.»
«Sapevi che aveva avuto una relazione con Nico?»
«Non dire assurdità, Giuliana non sarebbe mai caduta così in basso.»
«Nico ha raccontato il contrario a sua madre.»
«Le avrà detto che si era trovato una donna per fare bella figura. Si sarà ispirato a lei per descrivergliela.»
Oscar scosse la testa.
«Non è andata così.»
«E tu che cazzo ne sai?»
«Giuliana è stata a letto con Nico, tu l'hai scoperto e li hai uccisi entrambi.»
Gabriele sbuffò.
«Capisco che inventare trame sia il tuo lavoro da svitato, ma lasciale almeno confinate nella fantasia. La vita reale è un'altra cosa.»
«Li hai storditi, li hai caricati in macchina, poi hai simulato l'incidente» lo accusò Oscar. «Poi hai continuato la tua esistenza così come se niente fosse.»
«E se fosse andata così?» replicò Gabriele. «Che prove avresti contro di me?»
«È un'ammissione?»
«È solo un modo per non dirti esplicitamente di andare a cagare. Però, se tu volessi togliere il disturbo, te ne sarei grato.»
«Quando hai visto Nora e Aurora insieme a me, hai iniziato a preoccuparti» insisté Oscar. «Pensavi fossi stato io a sguizagliarti dietro Nora, quindi hai cercato di allontanarla. A quel punto...»
Gabriele lo interruppe: «Stai delirando.»
«No, per niente» obiettò Oscar. «Temevi che Aurora e Nora potessero essere pericolose per te, che Nora potesse estorcerti qualcosa. Poi hai cercato di investirle e, con Aurora, ci sei riuscito.»
«Devi andartene» insisté Gabriele. «Ne ho abbastanza dei tuoi deliri.»
«Hai ragione, in apparenza sono solo deliri, ma so benissimo che eri pronto a tutto per sbarazzarti di Nico. Anzi, il fatto che non dovesse più dei soldi ai tuoi amici ti autorizzava a passare all'azione e liberarti di lui una volta per tutte.»
«Lo ribadisco, stai delirando. Ti consiglio di tornartene a casa, sono sicuro che la tua fidanzata ti stia aspettando. È ormai ora di cena, non lasciarla da sola. Potrebbe ripensarci. Ho saputo che avete deciso di sposarvi.»
«Come lo sai?»
«Nora mi chiama ancora, di tanto in tanto. Me l'ha detto lei. Auguri, Oscar, sempre ammesso che Aurora non si stanchi di te prima del grande giorno. Non mi stupirebbe se accadesse.»
Oscar ignorò il suo commento.
«Va bene, me ne vado, ma ti assicuro che prima o poi riuscirò a dimostrare tutto.»
Gli voltò le spalle e si diresse verso l'uscita.
Fu un grave errore: prima di arrivare alla porta fu colpito alla testa e sprofondò nel buio.

******

Oscar cercò di riaprire gli occhi.
Le sue palpebre si mossero di qualche millimetro.
Per un istante, vide uno spiraglio di luce.
Ebbe la sensazione di essere disteso a terra.
Qualcuno gli stava frugando nelle tasche.
Tornò il buio, e insieme al buio il silenzio più totale.
Non avrebbe saputo quantificare gli istanti di nulla, ma all'improvviso il silenzio fu spezzato da voci che arrivavano lontane.
Non riuscì a distinguere parole, anzi, a poco a poco iniziarono a svanire.
Il buio e il silenzio chiedevano a Oscar di arrendersi.

******

Si sentiva come all'interno di una trappola, indeciso se arrendersi e rimanere dentro, oppure tentare una possibilità di fuga.
Pensava di essere solo, ma non lo era. Si rese conto di un paio di occhi che lo fissavano.
C'era ancora il silenzio più totale, intorno a lui, non credeva che avrebbe udito la sua voce.
Venne smentito ben presto.
«Resta dove sei.»
Conosceva quel tono, così come quell'accento. Anche se non era in grado di distinguerlo alla perfezione, Oscar era consapevole della presenza di Nico accanto a lui.
«Resta lì» ripeté Nico. «Andrà tutto come deve andare.»
Oscar cercò di muoversi, di avanzare nella sua direzione.
Qualcosa lo tratteneva.
«Resta dove sei» ribadì Nico. «Non dargli questa soddisfazione.»
«Non posso fare più niente» replicò Oscar, riuscendo finalmente a tirare fuori le parole. «È finita.»
«No, non è finito nulla» insisté Nico. «Non arrenderti, torna dall'altra parte.»
Rimasero a fissarsi, per un tempo che a Oscar parve infinito.
A poco a poco, Nico iniziò a svanire.
«No» lo supplicò, «Non andare via.»
Nico gli voltò le spalle.
«Non hai più bisogno di me» replicò, allontanandosi.

******

Sembrava l'ennesimo di una serie di giorni tutti uguali, giorni che separavano Oscar dall'ignoto che sarebbe arrivato dopo. Non aveva ancora recuperato del tutto la cognizione del tempo e non sapeva dire con esattezza quanto ne fosse passato dalla sera in cui aveva fatto visita a Gabriele al suo salone.
Da quando si era risvegliato in una stanza di ospedale aveva fatto molti progressi e i medici che si occupavano di lui gli avevano ormai assicurato un recupero completo, ma solo sul fronte delle sue condizioni di salute vi erano notizie incoraggianti. Per il resto le sue giornate scorrevano piatte e senza mai nulla che potesse dargli un attimo di serenità.
Fu una grossa sorpresa, di conseguenza, ricevere una visita inaspettata. Sua madre, che passava a trovarlo ogni giorno, era appena andata via, quando Emilia si infilò dentro la stanza.
«Posso?» domandò, a bassa voce.
«Certo che puoi» rispose Oscar. «Come mai sei qui?»
Emilia gli si avvicinò e si sedette sul bordo del letto.
«Come stai?»
«Potrei stare meglio, ma poteva andarmi molto peggio.»
«Mi dispiace, mi dispiace tanto per quello che è successo.»
«Anche a me, ma non posso tornare indietro e cambiare le cose. Mi dispiace se ho messo in pericolo anche Vittorio.»
Emilia chiarì: «Vittorio sta bene, si vede che ha la testa molto più dura della tua. Voleva venire a trovarti, ma becca sempre tua madre, all'orario delle visite, e non gli sembra il caso, vuole evitare problemi.»
«Problemi?» ripeté Oscar. «Che genere di problemi?»
«Ho dovuto spacciarmi per una tua amante di cui tua madre non sapeva nulla, per riuscire a venire da te» specificò Emilia. «Le ho fatto credere di essere tutt'altra persona. Se sapesse che ero la moglie di Nico mi caccerebbe via a calci.»
«Come, le hai fatto credere di essere una mia amante?» sbottò Oscar. «Vuoi che Aurora lo venga a sapere e si metta delle idee strane in testa?»
«L'ho fatto per te e per Aurora. Non l'hai vista da quando sei qui, giusto?»
«No.»
«E ti sei chiesto il motivo?»
«Mia madre ha detto che Aurora non se la sente di vedermi in queste condizioni. Ha...»
Emilia non lo lasciò finire.
«Tua madre ha accusato Aurora di essere la responsabile di quello che è successo, di averti fatto incontrare Gabriele e di essere in parte colpevole di quello che ti è capitato. All'inizio, quando ancora non eri in te, ha ordinato al personale di non farla avvicinare a te.»
Oscar spalancò gli occhi.
«Che senso ha?! Non può farlo!»
«Purtroppo poteva farlo, al momento» replicò Emilia. «Eri incosciente e, davanti alla legge, Aurora non aveva nessun diritto di vederti contro la volontà della tua famiglia.»
«Aurora diventerà presto mia moglie.»
«Vuoi ancora sposarla?»
«Certo che sì! Perché dovrei avere cambiato idea? Ero già convinto prima... e adesso mi ha anche salvato la vita. Perché non torna? Adesso sono lucido, posso decidere io chi voglio vedere e chi no.»
«Sono qui per aiutarla, oltre che per aiutare te» chiarì Emilia. «Sono riuscita a conquistarmi la fiducia di tua madre - le ho fatto credere di essere una ricca ereditiera, quindi ha iniziato ad approvare fin da subito una nostra potenziale relazione - in modo da potere anticipare i suoi spostamenti. Dobbiamo fare in modo di essere certi che Aurora possa venire qui senza farsi vedere. Tu la sposeresti anche così, da un giorno all'altro, vero?»
«Cosa intendi?» replicò Oscar. «Perché la sposerei anche adesso, se solo potessi.»
«In questo momento specifico non puoi» ribatté Emilia, «Ma non dovrai aspettare molto. Le pubblicazioni le avete già fatte da un po' di tempo, tecnicamente potreste già sposarvi. Basterebbe un ufficiale di stato civile e due testimoni.»
«Non penso che Aurora sogni davvero di sposarmi in ospedale.»
«Quando uscirai di qui, potrete sempre organizzare una cerimonia come si deve, potrai anche sposarla in una cattedrale, se è quello che vuole. Però, scusami se ti sembro invadente, al momento la soluzione migliore sarebbe che voi vi sposiate il prima possibile. A quel punto nessuno potrà più fare niente per cercare di tenere Aurora lontana da te.»
«È stata Aurora a proporlo? Tu e Aurora vi siete incontrate?»
«Aurora è in contatto con Vittorio e ogni tanto l'ho vista anch'io. Possiamo aiutarvi noi. Possiamo anche farvi da testimoni, se lo volete. Basta solo che ci dai qualche giorno per organizzare tutto.»
«Non lo so, non so cosa dirti.»
«Pensa a quello che diresti ad Aurora se fosse qui adesso e ti stesse chiedendo di sposarla.»
Oscar rifletté.
«Non penso di avere alternative.»
«Quindi vi sposate?»
«Se possibile, sì.»
Emilia fece un ampio sorriso.
«Allora corro ad avvertirla.»
Oscar avrebbe dovuto lasciarla andare, ma non lo fece.
«Aspetta un attimo.»
«Qualche ripensamento?»
«No. Volevo solo dirti che ho un ricordo vago, di quando Gabriele mi ha ferito. È stato un po' come se tutto si fosse spento, in quel momento, e...»
Emilia lo interruppe: «Non c'è bisogno che me lo racconti. Immagino non sia un bel ricordo.»
«Penso di avere sentito la voce di Nico, ho avuto l'impressione di vederlo» le rivelò Oscar, incurante del suo invito. «Non so se fosse davvero lì, accanto a me, oppure se sia stata soltanto la mia mente a farmelo vedere.»
«Non so se ci sia ancora qualcosa di lui, da qualche parte, ma stare vicino a te in quel momento è proprio quello che Nico avrebbe fatto, se avesse potuto» gli assicurò Emilia. «Ti voleva bene e sono certa che ci avesse visto giusto. Ho voluto credere per troppo tempo che tu non fossi un tipo degno di fiducia, ma mi sbagliavo di grosso. Sono felice che Nico abbia incontrato te e che abbiate costruito un bel rapporto.»
«Anch'io ne sono felice» rispose Oscar, «E mi dispiace di non essere riuscito né a fare abbastanza per lui né a comprendere quale fosse la verità finché non è stato troppo tardi. Mi dispiace anche di non essere riuscito a fare niente di sensato adesso. Gabriele ha tentato di uccidermi, ha provato a fare la stessa cosa con Vittorio quando è stato colto sul fatto e chissà cos'avrebbe fatto ad Aurora se non fosse riuscita a scappare per chiedere aiuto prima di essere vista.»
«Aurora sta bene, così come Vittorio, e presto starai bene anche tu.»
«Gabriele, però, è ancora in fuga e chissà dove si nasconde. Potrebbe essere più vicino a noi di quanto lo crediamo. Potremmo essere tutti in pericolo.»
Emilia guardò Oscar negli occhi.
«Gabriele è ricercato. Non può fuggire per sempre. Commetterà un passo falso e lo prenderanno.»
«Un passo falso da parte sua potrebbe avere un prezzo molto alto per noi, ma voglio sperare che vada tutto bene» replicò Oscar. «Mi auguro che tu abbia ragione e scusami se ho trattenuta. Dovrai tornare al lavoro, immagino.»
«No, oggi niente lavoro, il salone è chiuso, è il 26 dicembre.»
«Scusami, i giorni sono tutti uguali, per me, inizio a fare confusione.»
«Presto non lo saranno più. Cercheremo di fare il possibile perché presto arrivi il giorno del tuo matrimonio.»

******

Il momento in questione arrivò quattro giorni più tardi. Emilia aveva approfittato della confidenza che aveva instaurato con la madre di Oscar per avere via libera. Arrivò per prima, entrando nella stanza seguita da Vittorio e da un bambino.
«E lui?» si stupì Oscar, indicando. «Che cosa ci fa qui?»
Il figlio di Emilia somigliava tantissimo a Nico quando aveva circa la stessa età. Oscar sentì che gli occhi gli si inumidivano.
«Ti presento Riccardo» disse Emilia. Poi si rivolse al bambino: «Questo è lo zio Oscar, che presto sposerà la zia Aurora.»
Oscar cercò di tirarsi su e di sedersi.
«Piacere di conoscerti, Riccardo. Somigli tanto al tuo papà. Ma come mai sei venuto anche tu?»
Fu Emilia a rispondere: «Quando gli ho detto del matrimonio, ha insistito perché lo portassi. Gli ho spiegato che si sarebbe svolto tutto in un ospedale, ma niente. Anzi, ha detto che sarebbe stato comunque bellissimo.»
«Hai fatto bene» ribatté Oscar. «Riccardo ha ragione, sarà comunque bellissimo.» si rivolse al bambino. «Vieni qui.» Il figlio di Emilia si avvicinò. Oscar allungò una mano e gli scompigliò i capelli. «Volevo molto bene a tuo padre, sono contento che tu sia qui.»
«Sarai più contento quando arriverà zia Aurora» ribatté Riccardo.
Aveva ragione.
Oscar riuscì a trattenere a stento le lacrime quando Aurora lo raggiunse. Portava un abito estivo a fiori, lo stesso che aveva indossato sul molo e sulla spiaggia il giorno in cui si erano scambiati il loro primo bacio. Avrebbe voluto dirle tante cose, ma non sapeva da dove iniziare. Non sapeva nemmeno se valesse la pena di parlare. Si limitò a fissarla con occhi pieni di gratitudine, finalmente consapevole di non essere stato abbandonato.
Aurora lo raggiunse e si chinò per baciarlo.
«Non era il mio sogno, lo sai, ma sono felice che stia per succedere» gli disse. «Non vedo l'ora di essere tua moglie.»
«E io non vedo l'ora di essere tuo marito» rispose Oscar. «Non ho fatto che pensarci, in questi giorni. Hai ragione tu, abbiamo fatto bene a non aspettare. Passerà qualche settimana almeno prima che io possa tornare a casa, ma sarebbe troppo. Non voglio rischiare di stare senza di te fino ad allora.»
«Non resterai mai senza di me» replicò Aurora. «Non importa se tua madre o qualcun altro cercherà di dividerci, tra poco non sarà più possibile, né per lei né per altri.»
«Mi sei mancata.»
«Anche tu. E ho tante cose da dirti, ma lo farò quando sarà il momento. Adesso abbiamo altro su cui concentrarci.»

******

A distanza di ore, Oscar ancora non riusciva a crederci. Era sposato con Aurora, il suo desiderio più grande finalmente realizzato. Il futuro gli appariva già più roseo rispetto a quella mattina, figurarsi al confronto con la piattezza di qualche giorno prima. 30 dicembre 1987, quella data sarebbe rimasta nel cuore per tutto il resto della sua vita.
Chiuse gli occhi, chiedendosi se sarebbe riuscito a prendere sonno. Non fu per niente facile, rivedeva Aurora con il suo abito estivo a fiori, poi Emilia e Vittorio, infine il piccolo Riccardo che non stava fermo un attimo.
Gli venne da sorridere, poi da chiedersi come ci sarebbe rimasta l'indomani sua madre, quando le avrebbe detto del matrimonio e l'avrebbe informata di essere ormai in condizioni di salute tali da riprendere in mano la propria vita, senza avere bisogno di farsi manovrare dalle sue improvvise manie di controllo.
Il giorno dopo, tuttavia, era ancora lontano. Vide a malapena, nella penombra, la sagoma di un uomo che si infilava dentro la stanza. Oscar era piuttosto stordito dai farmaci e non lo riconobbe subito. Anche se avesse intuito la sua identità, non avrebbe avuto la possibilità di fare alcunché. Solo alzarsi dal letto senza aiuto era ancora troppo faticoso.
«Cosa vuoi?» mormorò, quando riconobbe che si trattava di Gabriele. «Ti stanno cercando.»
«È tutta colpa tua» replicò Gabriele. «Se tu avessi badato ai cazzi tuoi, non saremmo arrivati a questo punto.»
«Hai ucciso Nico e Giuliana» lo accusò Oscar, «E hai cercato di fare lo stesso con me e con Vittorio.»
Aveva la vaga sensazione, risalente agli ultimi attimi di lucidità, quando era stato colpito alla testa, che Gabriele gli avesse cercato qualcosa nelle tasche: forse le chiavi di un'automobile, nella speranza di rimettere in scena lo stesso trucco già utilizzato con le sue prime vittime.
«Giuliana era una testa di cazzo che voleva solo i miei soldi» puntualizzò Gabriele. «Per non parlare di quel pezzente del tuo amico. Giuliana lo prendeva in considerazione solo perché non c'erano altri che se la filassero. Nessuno sentiva la loro mancanza. Nessuno si preoccupava. Poi mi hai messo addosso l'amica della tua fidanzata - un'altra stronza che se l'è cavata fin troppo bene.»
«Io non c'entro nulla» si difese Oscar. «Sei stato tu che l'hai conosciuta per caso. Nora non sapeva nemmeno chi fossi e non lo sapeva neanche Aurora.»
«Forse pensi che dovrei crederti, ma la realtà è che non mi importa niente di quello che dici. Non sono qui per ascoltarti, ma solo perché non mi piace lasciare i lavori in sospeso.» Gabriele si fece più vicino. «Temo che la tua Aurora non ti rivedrà più vivo.»
Oscar non ebbe il tempo di fare nulla, né di cercare di chiamare aiuto, né di reagire entro i limiti ai quali era costretto.
Calò il buio, come la sera in cui era andato da Gabriele per metterlo al corrente dei suoi sospetti.
Calò il buio, poi arrivò un sottile raggio di luce.
C'era di nuovo Nico, di fronte a lui, con il suo sguardo beffardo così difficile da inquadrare.
«Credevo avessi ancora qualcosa da fare dall'altra parte» lo accolse il suo vecchio amico, «Ma non mi sembra tu sia durato tanto a lungo.»
Oscar mosse qualche passo verso di lui.
«Perché sei qui?»
«Perché non sei sempre tu quello che detta le regole» sibilò Nico. «Alla fine non ti sei dimostrato tanto più accorto di me.»
Oscar abbassò lo sguardo.
«Volevo solo che tu avessi giustizia.»
«Non te l'ho chiesto io. Se tu non ti fossi messo in testa di cercare la verità in un modo così stupido, adesso saresti accanto a tua moglie.»
«Lo so, ma non potevo fare altrimenti.»
«Non potevi fare altrimenti» ripeté Nico, in tono divertito. «A sentire te, non potevi comportarti mai in un altro modo. Gli altri sbagliavano sempre, tu avevi sempre ragione. Hai mai pensato di non essere infallibile?»
C'era molta verità nelle parole di Nico, verità che finalmente Oscar riusciva a intravedere. Ebbe la forza di alzare gli occhi e di sostenere il suo sguardo, mentre ammetteva: «Lo so. Ho fatto un sacco di errori anch'io, mentre ero impegnato a preoccuparmi di quelli degli altri.»
«Degli altri.» Nico rise, sprezzante. «Diciamo pure dei miei. Non mi sembra che tu fossi così preoccupato da quello che facevano altri. Io ero il coglione che doveva sempre essere salvato, quello a cui dovevi parare il culo a tutti i costi. È così che mi hai sempre visto, vero?»
C'era ancora qualcosa di vero, ma anche altro, che a Nico sembrava sfuggire.
«Immagino che tu ora voglia che io ti chieda scusa per avere pensato che sei un coglione» azzardò Oscar. «Beh, in questi ultimi mesi ho scoperto vari dettagli interessanti sulla tua vita.»
«Tipo?»
«Tipo che avevi una moglie stupenda, ma che le hai preferito indebitarti giocando a poker. Oppure che, quando voleva che tornassi da lei e da tuo figlio, tu ti sei allontanato ancora di più. Con me, hai fatto finta che non esistessero. Non solo non devo chiederti scusa se ho pensato che tu sia un coglione. No, piuttosto te lo devo dire esplicitamente. Sei un coglione, Nico. Sei un fottutissimo coglione e il fatto che io abbia fatto degli sbagli non cambia la situazione, sempre un coglione rimani.»
«Wow, molto gentile da parte tua» mormorò Nico. «E io che sono venuto da te ad accoglierti, per evitare fosse uno shock.»
«Bella accoglienza» ribatté Oscar. «Sei tu che hai deciso che dovevamo dirci adesso quello che non ci siamo mai detti allora.»
Nico accennò un sorriso.
«Prima o poi dovevamo farlo. Te l'avevo lasciato scritto. Cosa pensavi, che ti abbracciassi e basta senza dire niente? Che non ti dessi la possibilità di mettermi a tacere un'altra volta? Tanto lo sapevo come andava a finire: l'ultima parola ce l'hai sempre tu. E sotto sotto, magari hai anche ragione.»
«Non so se tu sia davvero qui o se questo sia soltanto un sogno» ammise Oscar, «Ma non penso sia così importante a chi spetti l'ultima parola. Quello che conta è che non siamo soli.»
«Non lo saremo mai» rispose Nico. «Mi dispiace per com'è andata, ma sono contento di averti qui con me.»

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Capitolo 21
*** [Aurora] ***



Dal pianerottolo giunse una voce: «Ehi, mi potete aprire?»
«Scusa, si deve essere chiusa la porta» osservò Aurora, facendo per alzarsi in piedi.
Nora le fece un cenno, come a indicarle di rimanere seduta.
«Vado io.»
Andò ad aprire e fece entrare Paolo, che aveva uno scatolone in mano.
Aurora, dall'interno del soggiorno, diede loro istruzioni: «Mettete tutto nella mia stanza da letto, poi ci do un'occhiata stasera.»
Poco dopo Nora tornò, seguita da Paolo. Aurora guardò quest'ultimo con occhi carichi di gratitudine.
«Senza di te, non avrei saputo come fare.»
Vittorio intervenne, indicando se stesso ed Emilia: «Veramente anche noi abbiamo fatto qualcosa.»
«E infatti vi ho già ringraziati» precisò Aurora. «Comunque, ve lo ripeto, grazie di tutto. Se non ci foste stati voi, non avrei nemmeno saputo dove sbattere la testa, in queste ultime settimane.»
Non che al momento lo sapesse, ma quantomeno aveva ricevuto aiuto nei giorni più difficili. Quello in cui avrebbe dovuto annunciare alla suocera l'avvenuto matrimonio con Oscar era divenuto quello in cui le era stata comunicata la notizia della morte di suo marito. Era un'idea devastante, che Aurora non aveva preso in considerazione nemmeno quando Oscar era ancora incosciente in terapia intensiva, ma le circostanze nelle quali era avvenuta erano ancora più angoscianti di qualsiasi pensiero avesse potuto formulare.
Gabriele si era introdotto all'interno dell'ospedale ed era riuscito a passare inosservato. Si era camuffato rubando un camice e si era introdotto nel corso della notte nella stanza nella quale Oscar era ricoverato. Non era chiaro cosa fosse accaduto tra di loro, ma era molto probabile che Gabriele si fosse recato là con l'intenzione di sbarazzarsi di Oscar. Mentre quest'ultimo giaceva quasi inerme a letto, aveva spezzato bruscamente la sua vita con una coltellata alla gola. La morte era stata istantanea e subito dopo l'assassino si era dato alla fuga, che non era tuttavia durata molto: era stato identificato e rintracciato nell'arco di poche ore.
Vittorio ed Emilia avevano fatto molto per Aurora nei giorni tremendi che erano seguiti, nonostante non avessero alcun obbligo nei suoi confronti e la stessa Aurora li avesse conosciuti a malapena, fino a quel momento. Nell'arco di poche settimane, tuttavia, aveva maturato la certezza di poterli considerare amici.
Quando il padrone di casa di Oscar l'aveva contattata per chiederle che cos'avesse intenzione di fare con l'appartamento nel quale suo marito aveva abitato insieme a Nico, Aurora gli aveva assicurato che, in tempi brevi, l'avrebbe svuotato di tutto ciò che vi era dentro.
Erano stati sempre Vittorio ed Emilia a offrirsi di aiutarla a sgomberarlo. A loro si era aggiunto Paolo e, proprio per via della sua presenza, Aurora aveva chiesto a Nora di aggiungersi. Non le era ben chiaro se tra i due ci fosse interesse reciproco, ma ci sperava.
La settimana precedente Emilia aveva portato via dell'appartamento gli effetti personali di Nico, con l'intento di consegnarli a Floriana, mentre in quel weekend era toccato a ciò che era appartenuto a Oscar. Aurora aveva fatto portare tutto a casa sua.
Oltre alle questioni prettamente pratiche, tutti i presenti dimostravano sincero interesse nei suoi confronti, talora diventando anche un po' troppo pesanti, come Paolo che, pochi istanti dopo essersi seduto, le domandò: «Come va con la signora Molinari?»
Il fatto che i rapporti tra Aurora e la madre di Oscar non fossero idilliaci - seppure non più tesi come all'epoca in cui Luisa l'aveva tacciata di avere delle responsabilità in merito al ferimento di Oscar e le aveva impedito di vederlo - era ben risaputo, ma non vi era evoluzione.
«Va tutto come prima» gli assicurò Aurora. «Meno la vedo e meno la sento e meglio è.»
«Gliel'hai già detto?»
«L'avrebbe scoperto ugualmente.»
«Come ha reagito?»
«Gliel'ho fatto comunicare da mia madre. Subito dopo ha cercato di contattarmi, ma non ho risposto. O almeno, penso fosse lei che mi telefonava con insistenza, ma ho sempre fatto finta di niente. Messaggi in segreteria non ne ha lasciati ed è stato meglio così. Ha solo comunicato a mia madre che ritiene di avere diritto di vedere suo nipote, quando nascerà, e di essere pronta ad andare per vie legali.»
Emilia borbottò: «Davvero molto simpatica quella donna. Più il tempo passa e più inizio a pensare che Nico sia stato fortunato, quando ha deciso di abbandonarlo. Peraltro vorrebbe farti causa per che cosa? Per caso le hai fatto sapere che non vuoi che lo veda?»
Aurora scosse la testa.
«No, certo che no, non mi sarebbe mai venuta in mente una simile idea. Oscar non ha mai saputo che avremmo avuto un figlio, ma non sarebbe sicuramente stato d'accordo con un pensiero del genere. Non era molto felice di come si comportasse sua madre, ma non desiderava tagliarla fuori dalla sua vita, solo convincerla a rispettare i suoi spazi. Non vorrebbe certo che a Luisa non fosse permesso di avere un ruolo nella vita di suo nipote.»
«E allora che cosa vuole?» obiettò Emilia. «Per caso controllarti come faceva con Oscar quando stava in ospedale? Immagino che sia difficile anche per lei, ma almeno potrebbe sforzarsi di mostrare un po' di rispetto nei tuoi confronti.»
«Luisa Molinari non ha molto chiaro che cosa sia il rispetto, su questo mi sono messa il cuore in pace già da tempo. Ad ogni modo non le permetterò di prendere decisioni al posto mio.»
«Mi sembra una buona idea.»
Vittorio concordò con Emilia: «Anche secondo me. La signora Molinari deve darsi una calmata. Ha già fatto abbastanza casini quando c'era ancora Oscar, almeno adesso dovrebbe darsi una controllata.»
«Adesso, però» li pregò Aurora, «Basta parlare di lei. Ne ho già abbastanza quando sono con i miei, anche loro non fanno altro che parlarmi di Luisa. Io, invece, ho altri pensieri, al momento.» Si rivolse a Emilia. «Mi piacerebbe incontrare Floriana, la madre di Nico. Oscar sembrava felice di averla rivista.»
«Credo che anche a lei piacerebbe incontrare te» rispose Emilia. «Anche se non ti conosce, mi ha chiesto di te, qualche volta. Anche Floriana era contenta dell'incontro con Oscar, ma si sente colpevole per quello che gli è accaduto. Se non gli avesse mai fatto certe confidenze, Oscar non avrebbe capito che la morte di Nico non era stata solo un incidente.»
«Non è colpa sua.»
«Gliel'ho detto un sacco di volte, ma non mi sta molto a sentire. Magari, se le parlassi tu, avresti più effetto.»
«Va bene. Fammi sapere tu, quando sarà disposta a incontrarmi.»
Fu Emilia a organizzare la visita, che di svolse una settimana più tardi, la domenica pomeriggio. Aurora vi si recò da sola, partendo in anticipo e arrivando sotto casa di Floriana Pizzi una ventina di minuti prima rispetto all'orario dell'appuntamento. Avrebbe potuto suonare il campanello e farsi aprire, ma preferì attendere che giungesse l'ora alla quale la madre di Nico le aveva chiesto di vedersi.
Rimase seduta in macchina, pensando a come tutto fosse radicalmente cambiato proprio il giorno in cui Oscar di era recato a casa della stessa donna.
"Floriana non c'entra nulla con la sua morte" si ripeté Aurora. Non c'era bisogno di convincersi, ma temeva pensieri intrusivi che potessero suggerirle, anche solo per una frazione di secondo, l'esatto contrario.
Attese.
Attese che venisse l'orario.
A quel punto scese dall'auto e suonò il campanello, chiedendosi che cosa le avrebbe riservato il resto del pomeriggio.
Quando Floriana aprì il portone, Aurora si affrettò a salire le scale, trovandosi poco dopo al cospetto della donna. Era proprio come se la immaginava, doveva essere merito delle descrizioni di Oscar.
«La signorina Aurora?» le chiese Floriana.
«La signora Aurora» la corresse, «Ma può chiamarmi solo Aurora.»
«Io sono Floriana» si presentò la madre di Nico, tendendole la mano.
Aurora gliela strinse.
«Piacere di conoscerla.»
«Il piacere è mio» replicò Floriana. «Sono contenta che sia venuta a trovarmi. Venga dentro.»
Aurora entrò. La seguì in cucina, dove vide subito, incorniciata alla parete, la fotografia di Riccardo.
«Suo nipote è venuto al mio matrimonio. È proprio un bel bambino.»
«Me l'ha raccontato. Ha detto che gli è piaciuto, per quanto possa essere piacevole un matrimonio all'interno di un ospedale.»
«Anche a me è piaciuto che Riccardo ci fosse: una sorpresa dell'ultimo momento, ma che ha portato molta allegria. Un matrimonio all'interno di un ospedale non è un granché, almeno con lui è stato meno deprimente.»
Floriana annuì.
«Riccardo sarebbe in grado di portare allegria ovunque. Ma prego, si sieda.»
Aurora si accomodò e Floriana fece lo stesso.
«Come sta?» chiesero l'una all'altra quasi all'unisono.
Nessuna delle due diede una risposta.
Floriana indicò la foto di Riccardo.
«Somiglia tantissimo a mio figlio Nico. Mio nipote è un bambino più tranquillo, ma fisicamente è identico al papà... e non solo fisicamente, credo. Riccardo è come avrei voluto fosse Nico: meno scalmanato, ma con un carattere molto simile. Mi sembra di rivedere Nico ogni volta in cui vedo Riccardo.»
«Purtroppo non ho mai conosciuto Nico» replicò Aurora, «Ma Oscar mi ha parlato molto bene di lui.»
«A proposito, la ringrazio per avermi fatto avere, tramite Emilia, le cose che erano rimaste a casa sua e di Oscar. Mi ha fatto molto piacere.»
«In realtà non sapevo come comportarmi. Mi sono ritrovata a dovere decidere di quello che c'era a casa di Oscar e ho pensato che fosse giusto fare avere tutto a Emilia o a lei.»
«Ha fatto bene» confermò Floriana. «Non mi sarebbe dispiaciuto se fosse stata Emilia a tenersi tutto, ma ha deciso così. Per quanto lei e Nico si fossero lasciati, mi piace ricordarli come coppia. Magari lo sarebbero stati di nuovo, se mio figlio non si fosse preso una sbandata per quella donna, Giuliana. Non aveva raccontato a nessuno della loro relazione, se non a me. Mi piace pensare che se lo fosse tenuto per sé perché non era convinto di quello che faceva, che ci fosse ancora Emilia nei suoi pensieri. Non riesco a credere che non abbia mai parlato a Oscar di lei.»
«Come le ho detto, non ho mai conosciuto Nico, quindi non posso avere una vera e propria idea» rispose Aurora, «Ma non mi piace pensare alle persone come se fossero solo la metà di una coppia. Nico era di più del suo matrimonio fallito, così come era di più della sua cotta per Giuliana, anche se è morto proprio per quella ragione.»
Floriana scosse la testa.
«No, Nico non è morto perché si è innamorato di quella donna, è morto perché un gran pezzo di merda l'ha ammazzato e, purtroppo, quel pezzo di merda non si è accontentato né di lui né di Giuliana. Mi dispiace tanto per quello che ha fatto a suo marito. Oscar non meritava di morire così. Se solo potessi tornare indietro... Non so cosa farei, ma parlargli di Nico, di Giuliana e del fatto che Nico temesse per la propria vita non è stata una buona scelta.»
Aurora replicò: «Emilia mi ha detto che si sente colpevole per questo, ma si sbaglia. Lei non ha colpe, Floriana. L'unico colpevole è l'uomo che li ha uccisi.»
«Cosa importa se siamo o non siamo colpevoli?» obiettò Floriana. «Lo so, non ho responsabilità, ma se non avessi detto certe cose a suo marito, di sicuro non si sarebbe andato a cacciare in una trappola.»
«C'è chi prepara le trappole e chi si limita a non chiedersi se ci saranno trappole in cui incappare. Non ha bisogno di sentirsi colpevole. Sono certa che abbia già abbastanza rimpianti, senza doversene costruire altri ad arte.»
«Rimpianti? Non credo di averne.»
«Ne è sicura? Non c'è nulla che avrebbe voluto dire a Nico, ma non gli ha mai detto?»
«Beh, se la mette in questi termini, molte cose. Avrei voluto dirgli che gli volevo bene. È scontato, forse, ma appunto, solo quando perdiamo una persona ci rendiamo conto di quante cose scontate non potremmo più dire loro.»
Aurora sospirò.
«La capisco. Non ho nemmeno mai detto a Oscar che lo amavo. Anche questo è banale e sono sicura che comunque l'avesse intuito, ma forse avrei dovuto essere più esplicita. Comunque non è niente in confronto al fatto di non avergli mai detto di aspettare un bambino.»
«Lo sapeva da molto?»
«Pochi giorni.»
«Perché non gliel'ha detto?»
«Perché ci siamo rivisti solo il giorno del matrimonio. Temevo che troppe emozioni in un colpo solo fossero troppo difficili sa reggere... e ho sbagliato, perché così non lo scoprirà mai.»
«Non sono mai stata molto religiosa, mentre il paranormale proprio mi ha sempre inquietato, ma ho sempre pensato che rimanga qualcosa, delle persone che se ne vanno. Magari suo marito è ancora qui, intorno a noi, e ha saputo del bambino che nascerà.»
«Non so se Oscar sia ancora qui, ma preferirei avesse raggiunto la pace eterna, piuttosto che saperlo vagare sulla Terra come alla ricerca di qualcosa che non potrà mai trovare.»
«Capisco quello che intende, Aurora. Gliel'ho detto: il paranormale è inquietante, per me. Nemmeno io sarei felice per Nico, se stesse vagando senza meta tra i vivi. Preferirei saperlo altrove, magari insieme a Oscar. Mi parlava di lui ogni volta in cui ci incontravamo. Lo adorava e, quando Oscar è venuto a trovarmi, ne ho capito le ragioni. So che sembra un po' fuori luogo, ma penso sia stata una donna fortunata, Aurora.»
Rimasero entrambe in silenzio per lunghi istanti, poi Aurora convenne: «Sì, lo ammetto, sono stata fortunata. Per quanto Oscar adesso non ci sia più e dovrò sentire la sua mancanza per il resto della mia vita, tutto quello che conta per me è averlo incontrato. Siamo stati bene insieme, anche se sono stati solo quattro mesi.»
«Quattro mesi possono valere più di una vita intera» replicò Floriana. «Mi dispiace davvero tanto per come è andata a finire, ma sono contenta che Oscar abbia avuto accanto, anche se per poco tempo, una persona che lo amava e della quale ricambiava sicuramente l'amore. Penso che se lo meritasse. Era un ragazzino a modo, in passato, ed era diventato un uomo a modo, nonostante...» Si interruppe, apparendo un po' imbarazzata. «Mi scusi, non avrei dovuto dirlo.»
Aurora sorrise.
«Non l'ha detto.»
«Ho paura che abbia capito lo stesso.»
«Intendeva dire nonostante sia cresciuto con Luisa Molinari?»
«Lo so, non avrei dovuto permettermi.»
Aurora puntualizzò: «Se ha paura di offendermi, stia tranquilla. Mia suocera è una donna piuttosto difficile e non mi ha mai davvero considerata come una persona all'altezza. Anch'io penso che Oscar non somigliasse per niente a sua madre... ed è una buona cosa, assolutamente. Se fosse stato anche solo un po' simile a Luisa», ormai aveva già smesso da settimane di chiamarla zia, «non credo mi sarei mai innamorata di lui.»
Floriana ribatté: «Lo credo anch'io.»
«Da quanto ho capito, si è comportata in modo terribile.»
«Oscar le ha detto la verità su Nico?»
«Sì.»
«Non c'è da sorprendersi che l'abbia fatto. Sono convinta che Oscar non volesse avere segreti, con lei.»
Aurora non commentò. Si limitò a tornare al discorso accennato poco prima.
«È terribile che Luisa abbia reagito con così tanta indifferenza alla morte di Nico.»
«Ormai mi sono rassegnata» ammise Floriana. «Per lei i soldi e l'ambizione venivano prima di tutto. L'unica ragione per cui non era in grado di provare amore per Nico era che le avrebbe impedito di sposare il signor Molinari e di non avere più problemi economici vita natural durante. Quando si trattava di Nico, quella donna era un pezzo di ghiaccio e non cambierà mai. Ma sa cosa le dico? Meglio così. Non sono stata una madre modello, neanche da lontano, e ne sono consapevole. Però Luisa Molinari l'ha odiato senza ragione quando era un ragazzino innocente, invece io l'ho amato mentre era un uomo che faceva a pezzi la propria vita. Nico era figlio mio, non suo.» Abbassò lo sguardo. «Mi scusi, mi sono lasciata andare. Posso offrirle qualcosa da bere? Le va un tè?»
Aurora stava per rifiutare, ma cambiò idea: le veniva offerta la possibilità di prolungare il proprio tempo in compagnia di quella donna e, chissà, magari la possibilità di passare ad argomento più leggeri.
«Va bene.»
Rimase a casa di Floriana finché non scese la sera. Ascoltò la madre di Nico raccontarle eventi passati della propria vita, poi finì per diventare lei stessa voce narrante. Chissà come, arrivò anche a parlarle del suo incontro con Oscar sul molo, l'estate precedente.
Quando scese per tornare a casa, ci stava ancora pensanso. Salì in macchina con davanti a sé l'immagine del "poeta maledetto" che, comparendo all'improvviso nella sua esistenza, sosteneva che fossero simili.
«Avevi ragione, Oscar» mormorò Aurora, chiudendo la portiera. «Eravamo più simili di quanto pensassi quella mattina e tutto ciò che volevo era passare il resto dei miei giorni con te.»
Solo silenzio, dentro e fuori di lei. Ormai era tardi, Oscar non poteva più risponderle. Tutto ciò che poteva fare era limitarsi a immaginare la sua voce, con la vana speranza di essere udita.
Accese il motore e avviò il tergicristallo. Il parabrezza era bagnato a causa dell'umidità. Faceva freddo, c'era la nebbia e il mese di gennaio sembrava non finire mai.
"Vedi, mentre ti chiedo di non amarmi per sempre, che ieri era gennaio e presto sarà dicembre" sembrava dirle la voce di Oscar mentre si metteva in strada.
Aurora tornò a casa, pensando al blocco degli appunti che spesso sfogliava. L'indomani avrebbe contattato l'editore, informandolo di avere degli inediti di Oscar, nella speranza che non pretendesse di trasformarli in inediti di Olivia Passante, né che l'unica ragione per avere il nome del vero autore in copertina fosse la sua tragica storia.

*** fine ***

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