Affrontare l’inferno al fianco di Lucifero e Belzebù di BlueBell9 (/viewuser.php?uid=1148742)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lasciate ogni speranza, o voi ch'entrate ***
Capitolo 2: *** Salvate il soldato Rosier! ***
Capitolo 3: *** Molly Weasley, l'invincibile principessa guerriera forgiata dal fuoco di mille magagne ***
Capitolo 1 *** Lasciate ogni speranza, o voi ch'entrate ***
Affrontare
Questa
storia partecipa al Torneo
Tremaghi - Harry Potter Edition
indetto
sul gruppo Facebook L’angolo
di Madama Rosmerta.
«Se
scopro chi ha messo il mio nome nel Calice» sibila Lance, truce, il
viso storto in un’espressione sanguinaria e le iridi fisse davanti
a sé. «Giuro che glielo faccio rimpiangere per il resto della sua
miserabile vita» promette minaccioso, scandendo le parole in un
sibilo furioso.
Annuisce
con il capo, perfettamente concorde.
«Ti
do una mano» si offre disponibile, seduta su quella stessa panca di
legno, tra quei due, e altrettanto bisognosa di versare sangue. Quasi
le sono caduti gli occhi dalle orbite quando la Preside ha annunciato
che era stata designata come ultima Campionessa per Hogwarts mentre
Tobi, seduto qualche posto più là, stramazzava svenuto sul tavolo
di Grifondoro dopo aver mormorato un esultante sono
salvo.
Smidollato,
strepita
nella sua mente, inferocita da quel ricordo. «Ma solo se poi mi
aiuti a punire chi ha fregato me» puntualizza intransigente,
mettendo ben in chiaro i punti di quell’accordo.
«Andata»
concede suo cugino, all’istante, voltando il viso per guardarla in
faccia. «Nessuna pietà per quei bastardi» decreta feroce.
«Nessuna»
concorda Molly, bellicosa, corrugando le sopracciglia in un cipiglio
terribile. «Li voglio morti!» dichiara ferrea, trattenendosi a
stento dall’urlare.
E
farlo nella stanza adibita ai Campioni, dietro la Sala Grande,
dimostrando tutto il proprio squilibrio mentale, forse non è proprio
una grande idea.
Anche
se forse potrebbe intimidire la concorrenza e convincerla a
ritirarsi.
Come
no. Probabilmente venderebbero pure un rene per vincere quella
dannata Coppa e onorare la propria scuola.
Sbuffa
scornata, gettando ai nemici
un’occhiata
di sottecchi.
I
francesi si sono riuniti davanti al camino, intenti a scaldarsi
grazie alle fiamme, e frettolosi di scambiarsi mormorii a malapena
udibili. A Molly non è sfuggito lo sguardo sorpreso e poi valutativo
con cui li hanno accolti, cercando di valutare se loro tre saranno
quei rivali da tenere d’occhio.
Gli
allievi di Durmstrang, invece, si sono riuniti nell’angolo più
lontano e cupo del locale, altrettanto seduti su una panca di legno.
Non hanno detto una parola, sono rimasti zitti, impettiti e con la
schiena rigida, a studiarli come i rapaci prima di avventarsi sulla
preda.
Inarca
le sopracciglia con un guizzo di provocazione.
Se
pensate di intimidirmi, siete degli illusi, crucchi delle mie balle!
«Abbiamo
un vantaggio» se ne esce all’improvviso, cospiratoria, attirando
l’attenzione dei suoi due compagni di sventura. «Etienne, tu parli
francese. Lance, tu tedesco. Vedete di origliare il più possibile»
ordina spiccia, prendendo il comando della situazione.
Qualcuno
dovrà pur farlo per far in modo di arrivare vivi a giugno!
«Uno
di Beauxbatons ha detto che si aspettava di meglio, come concorrenza»
rivela Etienne, leggero, il tono basso e il viso disteso. «Amo
quando mi sottovalutano» sospira deliziato, lasciandosi sfuggire un
sorriso estasiato. «Mi rendono tutto più semplice» ammette
contento.
«E
divertente, immagino» aggiunge Lance, distaccato, abbandonandosi di
schiena contro la parete in pietra. «Appena ‘sti crucchi mi
faranno il favore di parlare, ti riporterò quello che hanno in
mente» concede magnanimo, puntando le iridi azzurre e gelide verso
quei ragazzi che sono seduti, immobili come animali impagliati, in
una posa quasi marziale. «Anche se dubito che siano in grado di
pensare chissà cosa» osserva con scherno, inarcando un sopracciglio
con sufficienza.
Vorrei
poter dire che la compagnia di Dominique lo ha reso più stronzo,
ragiona
nella sua testa, asciutta, ma
la verità è che è sempre stato così.
«Sapete
che si vede che siete parenti?» fa notare il suo ragazzo,
noncurante, alla sua sinistra. «A volte vi esprimete nello stesso
modo» sottolinea pacato.
«È
l'influenza dei Weasley» ribatte subito suo cugino, punto sul vivo,
esibendo una smorfia di disgusto. «Mi ha rovinato» sostiene
convinto, scuotendo il capo con compatimento.
Ma
per favore!
Molly
reprime la tentazione di girarsi e tirargli un pugno, perché non ha
alcuna voglia di iniziare una guerra con quello che dovrebbe essere
un alleato. Anche perché, il livello di nervosismo che prova è tale
che gli salterebbe addosso senza pensarci due volte.
E
l’altro è un infame che ignora che le
ragazze non si toccano manco con un fiore
e
finirebbe per rispondere, con immensa gioia, a ogni colpo.
Un
po’ la compatisce, Dominique. Sta con uno che è più di là che di
qua.
Non
che io sia messa meglio,
conviene
concreta, lanciando un’occhiata malevole all’essere che è alla
sua sinistra. Perché
ce li scegliamo così?
«Non
pensavo che l’avrei mai detto ma sono felice di aver voi due come
compagni di disgrazie» riprende, all’improvviso, schietta, facendo
la parte di quella matura e saggia, attirandosi da uno un’occhiata
scettica e dal secondo una di pura pena. «Un esperto in colpi
bassi» elenca, rivolgendosi a Etienne, che annuisce, simulando falsa
modestia. «E uno che discende da gente che ha terrorizzato
l’Inghilterra per anni» osserva secca mentre quello sorride
entusiasta, come se gli avesse fatto chissà quale grande
complimento. «Direi che non potevo sperare in niente di meglio»
termina ironica.
«Pochi
sentimentalismi» la fredda Lance, secco, spezzando quel tentativo di
tenere a bada il panico che la sta consumando e creare un clima
sereno. «Io che cosa ci guadagno a fare ‘sta roba?» si informa
pratico.
«Soldi»
risponde Etienne, conciso.
Lei
sbuffa, a corto di pazienza.
«Come
sei venale!» sbotta irritata, girando la testa nella sua direzione e
inchiodandolo con uno sguardo di fuoco. «Non pensi che ci sia anche
altro?» domanda fomentata, serrando le palpebre.
«No,
i soldi mi vanno bene» si inserisce suo cugino, distaccato,
costringendola a voltare il viso a destra. «Di che cifra stiamo
parlando?» si informa interessato, fissando direttamente l’altro
ed escludendola senza tante cerimonie dalla conversazione. «Perché
io, per meno di mille Galeoni, non tiro fuori nemmeno la bacchetta.
Non quella
bacchetta»
precisa malizioso, sfoderando un sorriso divertito dopo aver
intercettato quello che sicuramente si è lasciato sfuggire quel
mentecatto da strapazzo.
«Non
iniziate con le allusioni sessuali!» li avverte sferzante, tra i
denti, chiudendo gli occhi per racimolare la poca tolleranza che le è
rimasta.
Ecco
che cosa succede quando si ha a che fare con due individui
penedotati.
Quando
li riapre, quei due disgraziati hanno il buon gusto di essersi
ricomposti. Perché fare i deficienti davanti agli altri Campioni non
è proprio un ottimo biglietto di presentazione.
Non
che quello di Hogwarts sia granché. Se il Calice ha scelto loro,
significa che la scuola è giunta al capolinea.
Etienne
si gratta i capelli di un biondo quasi bianco, meditabondo.
«Visto
che non è un normale Tremaghi, hanno alzato il premio a diecimila
Galeoni» illustra sovrappensiero, le iridi vacue mentre il cervello
analizza attentamente quell’informazione.
Lance
inarca le sopracciglia, quasi impressionato.
«Beh,
allora, per tremila e trecento e passa, se ne può iniziare a
parlarne» concede indulgente, scrollando le spalle.
Molly
fissa prima l’uno e poi l’altro, allibita.
«Scusate,
nessuno pensa alla gloria?» si premura di chiedere, sconvolta. «I
soldi non sono tutto!» dichiara sicura.
«Però
fanno comodo» ritorce il suo ragazzo, saputo, ricambiando quello
sguardo con eloquenza.
«E
non sono mai abbastanza» aggiunge l’altro, spassionato. Sospira,
prima di schiarirsi la gola. «Tu gareggi per la gloria
– anche se non capisco che cosa te ne faccia –, Delacour per i
soldi… e io?» domanda attento, inchiodandola con due iridi attente
e gelide. «Perché, valutando con
attenzione la questione, forse tremila e passa non sono abbastanza
per rischiare la vita» sostiene convinto, con quell’aria altezzosa
che farebbe infuriare persino il buon Merlino. «Sono un Rosier,
valgo molto di più» puntualizza arrogante, annuendo con
superiorità. Davanti al silenzio sbigottito, rotea gli occhi
seccato. «Vabbè, che facciamo?» indaga risoluto.
Lei
sbatte le ciglia, smarrita.
«Che
intendi?» biascica confusa.
«Gareggiamo
seriamente o facciamo finta?» precisa Lance, compassato. «Perché
se mi prendo il disturbo di impegnarmi, non mi accontenterò del
secondo posto» chiarisce inesorabile.
«Puntiamo
alla Coppa» concorda Etienne, posato, attirandosi l’attenzione di
entrambi. Sorride radioso, appoggiando il capo al muro di pietra. «Si
fa di tutto per vincere» aggiunge morbido, con una casualità che è
solo apparente.
«Proprio
tutto, tutto?»
«Non
farti beccare» lo mette in guardia, placido.
Quel
momento che sembra la nascita di una nuova amicizia – o, almeno,
complicità. Quei due non potrebbero mai essere amici, amano troppo
la guerra per vivere in pace. E ci può essere solo un gallo, in un
pollaio – viene brutalmente interrotto dall’entrata in scena dei
Presidi delle rispettive scuole accompagnati dai funzionari del
Ministero inglese.
Molly
li vede parlare tra di loro mentre procedono verso il centro della
stanza, probabilmente per accordarsi sugli ultimi dettagli, ma uno di
quei maghi, una figura che conosce fin troppo bene, alta e avvolta in
un sobrio mantello nero, si stacca dal gruppo e procede nella loro
direzione, fermandosi proprio di fronte alla panchina.
Li
studia per un momento con due occhi scuri e gelidi, prima di
concentrarsi completamente su chi è seduto alla sua destra.
«Credevo
avessi l’istinto di sopravvivenza» commenta severo, il viso storto
in una smorfia contrariata.
«Anche
troppo» ribatte Lance, asciutto, per nulla intimorito. «Così come
il rancore e la tendenza a punire chi osa troppo» assicura amabile,
sorridendo con dolcezza.
L’uomo
inarca le sopracciglia, per nulla impressionato.
«Fingerò
di non aver sentito nulla» sussurra piatto, prima di guardarla e
rivolgerle un cenno di saluto. «Molly» pronuncia stringato.
«Zio»
risponde educata, esibendo un sorriso cortese.
Vederlo
lì, anche se come Capo dell’Ufficio per la Cooperazione Magica
Internazionale, un po’ la rassicura. Anche se è decisamente una
versione più inquietante di suo cugino.
«Per
favore, avvicinatevi» li invita la zia Hermione, spiccia, lì in
veste di Ministro della Magia. Solo quando si sono radunati in
cerchio attorno a lei – i Presidi delle scuole hanno preso posto
dietro ai loro candidati –, sprona Oliver Baston, Capo dell'Ufficio
per i Giochi e gli Sport Magici, a consegnarle una pergamena. La
srotola in fretta, serrando le palpebre per leggere quella grafia.
«In occasione del ventesimo anniversario della Battaglia di
Hogwarts, siamo lieti di ospitare ancora una volta il Torneo
Tremaghi» annuncia solenne, interrompendosi un momento per dare più
teatralità al momento. «Speriamo che questa sia un’occasione per
cementificare l’alleanza tra le scuole e dare la possibilità ai
nostri Campioni di conoscersi e apprezzarsi» afferma ferma,
scoccando ai Presidi un’occhiata significativa. Molly tira una
gomitata a suo cugino, le cui sopracciglia sono scattate in alto con
scetticismo. Almeno Etienne è rimasto impassibile. Dentro ride come
l’infame che è, sarebbe pronta a mettere la mano sul fuoco, ma
fuori esibisce un’invidiabile espressione flemmatica che ha
ingannato e inganna molti. «Quest’anno, a differenza delle
edizioni precedenti, ci sono stati dei piccoli cambiamenti al
regolamento. Ogni campione potrà affrontare una sola prova, il cui
punteggio si sommerà a quello dei suoi compagni per decretare la
classifica finale. Scegliete con molta attenzione chi dovrà
affrontare cosa e, una volta deciso, dovrà essere comunicato, la
mattina della prova, al Preside della propria scuola. Mi raccomando,
che non sia una decisione presa di petto perché…
il prescelto non può tirarsi indietro».
Perché
sembra quasi una condanna a morte? Pensa
Molly, inquieta, deglutendo saliva e nervosismo.
Affrontare
l’inferno al fianco di Lucifero e Belzebù
«Lance,
aspetta!»
Lui,
dopo l'ennesima richiesta, blocca la sua marcia verso i Sotterranei,
voltandosi all’indietro con un’espressione che farebbe scappare
pure Godric Grifondoro in persona.
«Vorrei andare a dormire»
sostiene gelido, gli occhi azzurri che mandano lampi e che lo fanno
seriamente sembrare un pazzo psicopatico. E, grazie anche alle
fiaccole alle pareti che non riescono a scacciare del tutto
l’oscurità che cala nel Castello durante la notte, non è una
visione per deboli di cuore. «È stata una giornata di merda che è
culminata in una serata ancora peggiore» sibila tra i denti,
alludendo a quello che è successo poche ore fa al banchetto nella
Sala Grande, decisamente oltre l’incazzato
a morte.
E sospetta che ad enfatizzare ancor di più quell’umore nero,
c’entri anche suo padre. «Voglio buttarmi sul mio letto e sperare
di non svegliarmi domani» decreta fosco, arricciando le labbra in
una smorfia sdegnata.
Solo
dopo che lo ha raggiunto, Dominique si permette di fare un sorriso
divertito per quell’esagerata teatralità.
«Andiamo,
non è andata così male» sottolinea ottimista, allungando una mano
per prendere quella dell’altro.
«No?»
ritorce Lance, tagliente, inchiodandola con un’occhiata affilata
come un rasoio. «Domani la Gazzetta
del Profeta
inizierà
a scrivere fiumi di inchiostro su questo cazzo di Torneo e quei
rompicoglioni dei giornalisti non esiteranno a far notare che un
discendente di due Mangiamorte è uno dei Campioni di Hogwarts»
rinfaccia brutale, ringhiando fuori le parole con furia. Poi si
lascia sfuggire un sospiro distrutto, scuotendo il capo e chiudendo
per un momento le palpebre con esasperazione. «Già immagino i
commenti dell’opinione pubblica:
che
scandalo!»
commenta nauseato.
«E
allora?» replica lei, confusa, stringendo quella mano in una stretta
rassicurante. «Non ti è mai importato di quello che pensa il resto
del mondo» fa notare sensata.
«Me
ne frego, se dovessero prendere di mira solo me» puntualizza lui,
inferocito. «Ma verranno tirati dentro pure i miei fratelli»
aggiunge tra i denti, la rabbia che sta raggiungendo nuovi livelli.
E, conoscendo il soggetto, non è cosa da poco. «E anche tu»
termina insofferente, prima di piegare le labbra in un sorriso
derisorio. «Già, me li vedo insinuare che ti abbia manovrata solo
Salazar sa come per averti indotta a-»
Dominique
si lascia sfuggire una risata che interrompe quel fiume di ipotesi e
che fa calare un silenzio pesante nel mezzo del corridoio.
«Sei
carino quando ti preoccupi per me» concede zuccherosa, lasciandogli
andare la mano per accarezzargli la guancia con la punta delle dita.
«E anche quando vai in iperventilazione» commenta deliziata, il
petto che si scalda per la gioia.
Lance
tira indietro la testa, sottraendosi al suo tocco e inarcando le
sopracciglia con compatimento.
«Non
dire stronzate» la fredda brutale. «Non sto andando in
iperventilazione. Domi»
ringhia oltraggiato, nel momento in cui nota la sua espressione
scettica. «Se vuoi litigare, hai scelto la serata sbagliata. Perché
la mia incazzatura non sfocerà nel sesso violento» l’avvisa
sferzante.
Lei
sospira e si morde la lingua, onde evitare di lasciarsi sfuggire una
constatazione che potrebbe far scoppiare la Terza Guerra Magica.
Perché quando l’altro è in quello stato, cerca lo scontro e brama
versare sangue.
«Andiamo
nella Stanza delle Necessità?» propone, quindi, benevola, dopo aver
annullato ancora di più la distanza tra di loro e gettatogli le
braccia al collo, alzandosi sulle punte dei piedi e reclinando il
capo ed esibendo un’espressione mite. «Ti faccio i massaggi che ti
calmano» concede tentatrice, facendogli un’offerta che sa essere
allettante.
«Ci
saranno già i tuoi cugini» replica lui, piatto, ancora teso.
«Nel
Dormitorio, allora» rilancia quieta, alludendo a quel posto che
anche il nonno dell'altro usava come rifugio, diversi decenni prima,
ignorando quelle iridi gelide che la fissano come se volessero
smembrarla. Sì, decisamente gli gira molto male. «Dai, se ti lascio
andare nei Sotterranei, con questo umore, rischi di fare una strage
appena fraintendi qualche occhiata» scherza lieve, buttando lì
un’ipotesi che non è così assurda.
Lance
rimane immobile, continuando a guardarla per una manciata di istanti
che sembrano eterni. Infine, anche se le spalle rimangono rigide, i
lineamenti del viso si rilassano appena e si lascia sfuggire l’ombra
di un sorriso.
«Quando
fai così-»
«Sono
la fidanzata perfetta?» lo interrompe Dominique, briosa, con un tono
che sottolinea tutto il suo compiacimento.
«Per
niente» la frena lui, implacabile, godendo di strocarle sul nascere
l’entusiasmo. «Ma sembri quasi Purosangue» ammette indulgente.
«Perché
sei preoccupata?»
«Non
lo sono».
«E
non sei nemmeno credibile».
Molly
volta il capo indietro quanto basta per scoccargli un’occhiata
truce. Poi torna a fissare dritto davanti a sé, afflosciandosi di
schiena contro il torace dell’altro.
Lo
sente baciarle il capo e, rassicurata da quella dolcezza, si permette
di abbassare le palpebre e godersi la sensazione di benessere che le
dà il restare a mollo nella vasca nel Bagno dei Prefetti.
«Non
hai nulla da temere» mormora lui, piano, contro i suoi capelli
rossi. «Avranno sicuramente fatto delle modifiche e imparato dagli
errori commessi nel ‘94» sostiene posato, riferendosi all’ultima
edizione di quella gara che era stata sfruttata da Barty Jr come
occasione per far risorgere Voldemort. «Quindi, cos'è che ti
tormenta?» chiede di nuovo, gentile.
«Ansia
da prestazione» confessa sfiancata, cercando di non pensare a quello
che le toccherà affrontare. Non
mi andare in crisi prima del tempo,
le
ordina il suo cervello, intransigente.
«Tu
e Lance sarete magnifici» riprende, scuotendo il capo con
rassegnazione. «Cosa che non posso dire di me» termina impietosa,
con acredine.
«Perché?»
domanda Etienne, sereno, una mano che le vezzeggia quasi distratta il
fianco in carezze lente, studiate apposta per calmare.
Molly
volta il viso di colpo, in un movimento talmente repentino da
rischiare di farsi male al collo.
«Perché
l'ansia mi fa andare in panico» confessa limpida, sgranando appena
gli occhi castani con una punta di isteria. Visto che la posizione
non è delle più comode e visto che detesta non guardare in faccia
il suo interlocutore quando parla, decide saggiamente di girare tutto
il corpo. E finire a cavalcioni sopra le cosce dell’altro, in una
vasca d’acqua calda, non è un deterrente sufficiente per mettere
da parte ogni proposito bellicoso. Anche se l’altro
in
questione è nudo, desiderabile, con il capo mollemente abbandonato
contro il bordo della vasca, le punte dei capelli del collo umide e
la fissa in un modo che scava dentro. Se non fosse tanto imbufalita e
agitata, avrebbe utilizzato la bocca per altro e non per lamentarsi.
«E il pensiero che avrò gli occhi di tutti addosso durante una
prov… pretendo
di
sapere il nome di chi mi ha ficcata in questo casino»
prorompe con foga, assetata di giustizia. «Giuro
che lo spedisco all'altro mondo prima del suo tempo!»
promette minacciosa, aggrottando la fronte in un piglio temibile.
Lui
sorride deliziato.
«Sai
che quando dici così assomigli a tuo cugino?» chiede flemmatico.
«E
la cosa ti spaventa?» replica scettica.
«Per
nulla» assicura lui intrigato, pungolandole gli ormoni con quella
voce bassa e suadente, riprendendo ad accarezzarle il fianco. «Amo
questa tua vena sanguinaria» confessa affascinato, provocandole un
brivido sottopelle che non ha nulla a che vedere con il fastidio.
Serra quasi senza accorgersene le dita contro la pelle delle spalle
dell’altro. Poi lo vede farsi serio, scacciando via l’ilarità.
«Non hai nulla da temere, troveremo un modo per uscirne» la
bandisce enigmatico.
«E
come?» indaga lei, per nulla convinta, storcendo le labbra in una
smorfia. «Mandando al macello Lance?» ipotizza asciutta.
Etienne
scrolla le spalle, placido.
«Meglio
lui che noi» conviene pratico, prima di intercettare la sua occhiata
di fuoco e tornare ad esibire un sorriso irresistibile. «A parte gli
scherzi, ogni prova valuterà una qualità precisa e, se è come
l'altra volta, Rosier è quello che ha più probabilità di cavarsela
contro una Creatura Oscura» constata razionale.
Suo
malgrado, Molly è costretta ad annuire.
«Perché
la spaventerebbe a morte?» ironizza di riflesso, anche se non è
un’ipotesi così assurda. Perché lei se lo ricorda come diventa
quando gli gira male e, visto anche come l’ha presa lo zio, non
crede che sia felice di partecipare a una competizione in cui rischia
la sua preziosa pelle. «Sai cosa non capisco?» riflette ad alta
voce, raccolta, scrutandolo dritta in faccia e serrando le palpebre.
«Perché tu sia così calmo» rivela in un mormorio infastidito.
«Forse
perché non ha senso agitarsi per qualcosa che, volente o nolente,
dovrò affrontare» le fa notare lui, leggero.
«Non
è questo» lo contraddice sicura, prima di inclinare il capo di
lato. «Lo sai, vero?» domanda pungente.
«Che
cosa?»
«Chi
ha messo il tuo nome nel Calice».
Etienne
chiude per un secondo le palpebre, facendole intuire che ci ha
preso.
«Ho
diverse ipotesi» ammette serafico, con una calma da maestro zen da
strapazzo. «Anche se una è particolarmente probabile» conviene
oculato.
«E?»
lo esorta lei, stufa di tutto quel pathos inutile.
«E
sarò felice di fargli vedere le pene dell'inferno, non appena
abbasserà la guardia» risponde lui, amabile, sempre con quel
sorriso disimpegnato.
Molly
quasi si illumina di una gioia raggiante.
«Lo
farai sanguinare ai tuoi piedi?» chiede deliziata, sentendo una
vampata di entusiasmo scuoterla. Poi si accorge dell’espressione
perplessa che ha di fronte. «Troppo eccessivo?» si premura di
chiedere, preoccupata.
«Un
po’» mormora Etienne, placido, come se fosse abituato a vederla
emozionarsi per una cosa del genere.
«Ah,
allora diciamo che gliela farai pagare e basta» rettifica compunta,
drizzando la schiena e costringendosi a mostrare mimica seria e
diligente.
«Molto
meglio» concede lui, indulgente. «Devo solo capire come agire»
ammette distratto, puntando le iridi chiare sulla superficie
dell’acqua ricoperta di schiuma con fare meditabondo.
Lei
lo osserva perdersi in quelle analisi con le sopracciglia inarcate,
quando un sospetto le fa capolino nella mente.
«Ha
fregato anche me?» si premura di chiedere, interessata.
Etienne
la fissa per un momento con smarrimento, prima di ricomporsi.
«Se
è chi penso, sì» sostiene sicuro.
«Ma
non mi dirai quel nome» lo anticipa Molly, perspicace, la voce bassa
e velata dal disappunto.
Lui
annuisce, sfoderando un sorriso radioso.
«Cuore
mio, tu non sei capace di fingere» sottolinea eloquente, con una
punta di sarcasmo che sa tanto di presa in giro. Non può ribattere
perché sarebbe negare l’evidenza, anche se è seccante ammettere
di non valere quasi nulla come bugiarda. «E non ti scatenerò se non
ne ho la certezza, per quanto divertente sia vederti farti strada nel
sangue» afferma amabile, dando un’immagine nettamente migliore di
sé.
Come
se non si divertisse a creare scompiglio e a incasinare la vita di
chi non sopporta!
Sospira
rassegnata, conscia della sconfitta. Perché quando si mette in testa
qualcosa, non lo si smuove manco a pagarlo dalle sue posizioni.
«Se
non sei preoccupato per via del Torneo, non lo sei almeno per te?»
replica a bruciapelo, prendendolo alla sprovvista e sorridendo con
candore. «Essere una Campionessa significa stare al centro
dell'attenzione e ci sono almeno un paio di ragazzi carini nelle
delegazioni» considera fingendo ingenuità.
«Ma
non quanto me» dichiara Etienne, sottile, per nulla turbato da
quell’evenienza. «Perché cercare altrove quando hai già la
perfezione?»
«Perché,
a lungo andare, è noiosa?»
«Touché».
Molly
abbassa lo sguardo mentre le labbra le si piegano in un sorriso che
scaccia quel grumo di sensazioni negative che le avevano artigliato
lo stomaco e pesavano sulle spalle come macigni.
«Non
è vero che non sei magnifica» riprende lui, morbido, attirando la
sua attenzione e facendole spalancare le palpebre con una punta di
sorpresa. «A volte lo è chi non se ne rende conto» dichiara
allusivo, con un sguardo di un azzurro intenso che è così pieno di
sottintesi.
Non
sei per tutti,
le
ha detto tanto tempo prima, quando lo considerava solo un vile
mentecatto.
Lei
si ritrova ad arrossire, imbarazzata a morte.
«Ora
non fare il lecchino» lo fredda implacabile.
Lui
ridacchia, completamente rilassato.
«Quello
sempre» assicura lieve, con una sfumatura maliziosa nella voce,
staccando la schiena dal bordo della vasca e avvicinandosi con il
busto a lei. Le stringe le anche con entrambe le mani mentre la
distanza tra i loro visi diminuisce. «Volevo solo farti capire
quello che vedo io» mormora prima di baciarla, piano, vezzeggiandole
il labbro inferiore prima con i denti e poi con la lingua.
E
Molly, in quell’istante in cui si separano, prima di tornare a
baciarsi voraci, fino a togliersi il fiato, sorride di cuore mentre
un fiotto di calore le si irradia nel petto.
«Lance?»
«Mmm?»
«Tu
mi ami, vero?»
«Mio
malgrado» mugugna lui, sdraiato a pancia in giù su quel letto,
completamente intontito da quei massaggi che gli stanno sciogliendo i
muscoli della schiena. «Perché?» domanda distratto.
Dominique
esita, seduta sul suo bacino, cercando di racimolare tutto il
coraggio che vanta la sua Casa per farsi forza e parlare.
«Esattamente
quanto
mi
ami?» spia con un velo di apprensione, continuando a frizionarli la
pelle delle spalle.
Lo
sente immobilizzarsi di colpo. E il fatto che il cervello abbia
bisogno di tempo per elaborare la domanda e mettere in moto le
rotelle, non fa altro che accrescere la sua ansia.
Una
manciata di secondi dopo, Lance si volta di colpo sul fianco con
talmente tanta foga che lei ruzzola via sul materasso.
«Che
cazzo hai fatto, Domi?» sibila tra i denti, truciandola con quelle
iridi azzurre e gelide, appoggiando il gomito sul lenzuolo per alzare
appena il busto.
«In
via del tutto ipotetica» riprende lei, inquieta, portandosi seduta
sul letto. «Se fossi stata io, per vie traverse, a mettere il tuo
nome nel Calice, tu mi vorrest-»
«Morta»
termina Lance, brutale, prima di chiudere gli occhi, corrugare le
sopracciglia e abbandonarsi a un’espressione esausta. «Evan, no,
no, no»
ripete a bassa voce, come un ossesso, mettendosi seduto. Si passa una
mano davanti alle labbra, prima di lanciare un’occhiata violenta.
«Me ne torno nei Sotterranei, altrimenti ti ammazzo» decreta
irremovibile.
Lo
blocca prima che abbia il tempo di alzarsi dal letto, approfittando
del momento di instabilità dovuto al cambio di posizione, per
spingerlo di schiena contro il materasso, sovrastarlo e tagliargli
ogni possibilità di fuga.
«Fammi
spiegare» supplica concitata.
Lui,
passato l’attimo di spaesamento, la fissa con un viso per nulla
intenerito.
«Domi,
per quanto mi piaccia vederti sopra, non basta per placare la mia
sete di sangue» ribadisce distaccato, le braccia distese lungo i
fianchi.
È
già tanto che non abbia reagito spingendomi via,
conviene
tra sé, un pochino rincuorata da quella concessione.
«Io
ti amo per quello che sei» rivela schietta, senza distogliere lo
sguardo. Anche non è facile fare una dichiarazione quando ti stanno
pugnalando silenziosamente. «E non mi vergogno né mi imbarazzo per
il cognome che porti» continua piano, un pochino imbarazza. Perché
un tempo non è stato così. «Non lo so, forse stupidamente volevo
che gli altri vedessero quello che vedo io» mugugna impacciata.
«E
cosa vedi?» replica Lance, tetro. «Un cadavere che cammina?»
ipotizza impietoso.
«Ma
piantala!» sbotta Dominique, acida, seccata da quel negativismo
all’ennesima potenza. «Se qualcuno può uscire illeso da quelle
prove, quello sei tu» sostiene certa, senza alcun dubbio.
Lui
inarca un sopracciglio, senza preoccuparsi di celare lo scherno.
«Ma
per chi cazzo mi hai preso?» domanda gelido, per nulla addolcito da
quel discorso. Anzi, se possibile, è ancora più furioso. «Okay che
stare con te è un’impresa che mette seriamente alla prova la mia
pazienza ma questo Torneo…» si interrompe, lasciandosi sfuggire un
sospiro eloquente. «Nonostante la reputazione della mia famiglia,
non affronto tutti i giorni delle Creature Oscure» assicura
sarcastico, per nulla divertito. «E non mi importa se la gente ha
ancora paura dei Rosier» termina implacabile.
«Nemmeno
a me» ribatte lei, sincera, sostenendo senza problemi quelle iridi.
«Solo vorrei che le persone andassero oltre il tuo cognome. Perché
tu non sei solo quello» aggiunge in un mormorio appena udibile.
Lance
rimane in silenzio, il viso indecifrabile.
«E
l’altra ragione?» domanda distaccato.
Dominique
si acciglia, perplessa.
«Quale
altra ragione?» rilancia confusa.
Lui
le scocca un’occhiata di compatimento.
«Quella
meno onorevole» precisa significativo. Sbuffa, scocciato dal suo
smarrimento, prima di alzare di nuovo le sopracciglia. «Avere come
ragazzo uno dei Campioni di Hogwarts» sottolinea piano, scandendo
con lentezza le parole così che lei le capisca.
Forse
dovrebbe essere spaventata per essere stata scoperta ma in quel
momento le scappa un sorrisetto compiaciuto che non riesce proprio a
trattenere.
«Ho
sempre sognato un principe» confessa estasiata, ignorando l’occhiata
di pietà dell’altro. «E, dato che non lo posso avere, mi
accontento di un eroe» termina convinta.
«Mi
sta venendo la nausea» commenta Lance, raccapricciato. La fissa in
quel modo per qualche istante, prima che un lampo di comprensione
balugini in quelle iridi chiare. «Aspetta…»
«Lo
negherò fino alla fine» sostiene Dominique, allarmata, perché ha
capito che il suo ragazzo ha
capito.
Lui
le sorride quasi con dolcezza.
«Fai
pure, tanto non servirà a nulla» dichiara spassionato, con una
tranquillità che stona con la minaccia che è insita in quella
semplice frase.
Lei
si inumidisce le labbra, nervosa.
«Non
lo puoi sapere con certezza» gli fa notare razionale.
«Invece
lo so» replica Lance, posato. Incamera ossigeno nei polmoni, facendo
forza sulle braccia per portarsi seduto. «E poi hai il coraggio di
dire che sono io lo stronzo, tra noi» le ricorda quasi divertito.
Dominique
rimane ferma, anche se averlo così vicino la destabilizza. E il non
sapere se sia incavolato o meno, la terrorizza oltre ogni dire.
«Posso
sperare nel tuo perdono?» chiede sfoderando un tono seducente, nella
speranza di intontirlo sfruttando i suoi geni Veela.
Lui
ridacchia, prima di capovolgere la posizione e spingerla sotto di
sé.
«Mi
conosci abbastanza da intuire già la risposta» risponde eloquente,
inarcando le sopracciglia e puntellandosi sui gomiti per non pesarle
addosso. «La mia vendetta sarà atroce» la mette in guardia,
schietto. Allunga il capo, così da baciarle il collo lentamente,
senza fretta, in un modo che la fa impazzire. «Ma aspetterò domani
prima di metterla in atto» promette in un sussurro lieve, contro la
sua pelle.
«Perché?»
biascica lei, la voce spezzata e con la forte tentazione di chiudere
le palpebre.
Lo
vede scostarsi quanto basta per guardarla in viso.
«Perché
ho capito, anche se non condivido» afferma serio, con due occhi
eloquenti. Gli infila una mano tra i capelli corvini, così da
spingergli la testa nella sua direzione. Solo che quando è a un
soffio da quella bocca, Lance sposta la testa quanto basta per
evitare quel contatto. «Niente sesso» puntualizza intransigente,
mettendo in chiaro i punti, davanti alla sua occhiata prima
sbalordita e poi oltraggiata. «Non te lo meriti» decreta
inesorabile, tornando a vezzeggiarle la gola con le labbra e facendo
evaporare di colpo ogni sentimento di stizza.
«Sei
stato tu, vero?»
Teddy,
che si sta infilando la maglia scura del pigiama, si ferma a qualche
metro da lei. Socchiude gli occhi gialli, scrutandola con
circospezione e palese disorientamento.
Victoire
ricambia con un piglio combattivo, in piedi accanto al letto e con
ancora la divisa scolastica addosso.
«A
mettere il nome di Molly ed Etienne nel Calice» spiega secca,
facendogli intuire tutto il suo disappunto. «So che è così»
dichiara sicura.
Teddy
inarca un sopracciglio, impassibile.
«Se
lo sai, perché me lo chiedi?» rilancia sarcastico.
«Perché
voglio sperare fino all'ultimo di sbagliarmi» confessa lei,
snervata, prima di afflosciare le spalle e lasciarsi sfuggire un
sospiro affranto. «Godric, ti prego, dimmi che non lo hai fatto!»
supplica a bassa voce, stremata.
«Cosa?»
domanda lui, sereno, muovendosi all’interno della Stanza delle
Necessità e avvicinandosi al letto. «Liberarmi di Molly per sempre
e avere la soddisfazione di vedere Delacour con il culo a terra in un
colpo solo?» domanda quasi distratto, come se fosse un pensiero che
gli è balenato nella mente solo in quel preciso momento. Poi
sorride, senza preoccuparsi di celare il compiacimento. «Andiamo,
come potevo resistere?» domanda gongolante.
«No»
geme disperata, chiudendo gli occhi di scatto per cercare di
scacciare quella visione di urla e sangue che diventerà reale non
appena sua cugina lo scoprirà. «Perché dovete sempre farvi la
guerra?» domanda arrabbiata, fissandolo con biasimo.
Teddy
le scosta un ricciolo biondo da davanti al viso, sistemandoglielo
dietro l’orecchio.
«Perché
sono diventati ancora più insopportabili da quando stanno insieme»
spiega sintetico, come se quella fosse una motivazione sensata.
Victoire
scuote il capo, spazientita. Poi strabuzza gli occhi quando realizza
che…
«Hai
messo anche il nome di Rosier?» chiede allarmata, la voce stridula.
«Ah
no, a quello ci ha pensato tua sorella» assicura lui, posato, le
dita che le sfiorano la guancia prima di abbassare il capo e
scoccarle un bacio rapido sulle labbra. «Cioè, ha chiesto a
Delacour di superare la linea dell'età e farlo» precisa pignolo,
incurante del fatto che lei sta rischiando di andare in shock. «L’ho
trovato molto poetico: lui ha fottuto Rosier e io ho fottuto lui»
sostiene rilassato, sorridendo con trionfo.
«E
Molly vi ammazzerà entrambi» ritorce brusca, riprendendosi da un
torpore che rischiava di trasformarsi in un collasso celebrale,
ignorando i brividi che quella mano che, dal viso è scesa al collo,
le provoca. Rimani
concentrata,
si impone, nella sua testa, e
soprattutto furiosa!
«Tu
perché l'hai costretta a partecipare a questo Torneo ed Etienne
perché ha assecondato Domi e-»
«Era
proprio questo l'obiettivo» la interrompe Teddy, placido. Davanti al
suo sbigottimento, torna a esibire quel sorriso meschino. «Far in
modo che qualcun altro si occupasse del lavoro sporco al mio posto»
illustra divertito, alludendo a quelle prove che i suoi cugini
dovranno affrontare e facendole intuire che non crede che ne
usciranno interi. «Quanto al volermi fare fuori, ho più esperienza
con i duelli. Non la temo» dichiara superbo, per nulla preoccupato.
«Che
infame!»
«Corvonero».
«Avrei
detto Serpeverde» insinua Victoire, asciutta.
«Beh,
buona parte della mia famiglia è stata smistata lì» le fa notare
Teddy, flemmatico. Poi si accorge del suo sguardo di fuoco e si
lascia sfuggire un verso di stizza. «Dai, Vic, non puoi tenermi il
muso l’unica volta in cui riusciamo a vederci» sottolinea
ragionevole.
Lei
si morde le labbra, tentata di mettere da parte la rabbia per
quell’azione meschina.
Effettivamente,
da quando l’altro si è diplomato, due anni prima, vedersi è
diventato difficile. Durante l’anno è rinchiusa nel Castello in
Scozia e le occasioni per poter stare insieme sono solo quelle
concesse dalle gite a Hogwarts mentre le ultime estati lui le ha
passate a studiare per superare gli esami dell’Accademia Auror.
Se
ha avuto la possibilità di essere lì, la sera del sorteggio dei
Campioni, è solo perché zio Harry ha voluto schierare quanti più
uomini possibili per essere certo – visto quello che è successo in
passato – che tutto proceda senza imprevisti.
E
sa che si stanno approfittando dell’occasione per trascorrere
qualche ora nella Stanza delle Necessità, prima che arrivi il
mattino e lo studio li costringa a separarsi di nuovo.
«Sì,
se in quella volta cerchi di sterminare la mia famiglia» ribatte
testarda, facendo forza sulla sua coscienza per non far cadere quel
discorso.
«Solo
la parte sbagliat- scherzavo»
si affretta ad aggiungere Teddy, conciliante, anche se gli occhi
gialli non mostrano la benché minima traccia di pentimento.
«Ultimamente stai diventando un po’ troppo suscettibile» osserva
cauto.
«Chiediti
il perché!»
«Perché
ti manco e non sai come sfogare tanta frustrazione?»
«È
vero che mi sei mancato» ammette Victoire, timida, sentendo le
guance avvampare anche a causa di quelle mani che le hanno fatto
scivolare via il mantello dalle spalle e per via di quelle iridi che
la fissano come a volerla divorare. «Ma ciò non toglie che io sia
ancora arrabbiata» mette in chiaro, irremovibile. Gli scocca
un’occhiata eloquente. «Lo scopriranno, lo sai questo, vero?»
domanda concreta.
Lui
alza le spalle, indifferente, procedendo a toglierle anche il
maglione.
«Può
darsi» concede sereno, mentre lei alza le braccia per facilitarlo
dal liberarla dell’indumento. «Ma non ne avranno mai la certezza»
sostiene gongolante, traendo piacere dalla sadica prospettiva di
vedere quelli che considera delle scocciature in difficoltà.
Su
Etienne non ne sarei così convinta, vorrebbe
ribatte, lungimirante, ma evita che le parole le sfuggano dalla
lingua. Perché nominare il cugino basta per far incupire e far
scattare la gelosia nel suo ragazzo.
«E
che scusa hai usato con zio Neville per fermarti a dormire qui?»
domanda interessata, sciogliendosi il nodo della cravatta.
«Nessuna
scusa» mormora lui, sommesso, l’attenzione rivolta a quelle dita
che, una volta fatta scivolare via quel pezzo di stoffa, sono passate
a slacciare la camicia candida della divisa. «Non gli ho detto
niente» aggiunge distratto.
Victoire
si immobilizza e gli occhi di Teddy corrono al suo viso.
«Ma
non puoi davvero credere che non ne sia a conoscenza» sottolinea
risoluta.
«No,
ma, finché farà finta di niente, non me ne preoccuperò»
stabilisce avveduto, sorridendo scaltro. Poi quella piega delle
labbra diventa più ampia e calorosa mentre gli occhi gialli si
addolciscono. «Lascia faccio io» si offre magnanimo, sostituendo le
sue mani alle prese con un’asola particolarmente ostica. «Adoro
spogliarti» le ricorda accattivante, facendole accelerare il battito
cardiaco e rendendole molli le gambe al pensiero di quello che
accadrà a breve.
Storia
ambientata nell’anno scolastico 2017/2018. E questa è stata una
botta di fortuna assurda perché mi ha dato modo di giustificare la presenza del Torneo.
Per
quanto riguarda l'età dei personaggi, ho mantenuto quelle di
Battlefield
e
Someone
you loved.
Invece, parlando dei Campioni… ho scelto la combinazione meno
peggio.
Perché
non oso immaginare cosa sarebbe uscito con il trio Lance, Teddy ed
Etienne (e l’ordine con cui ho scritto i nomi si rifà alla
copertina della storia. Non partiamo con la solita tiritera del
preferito, per cortesia), anche se, per un folle istante, giuro che
ci ho pensato seriamente.
Poi
però mi ha fatto storcere il naso l’idea di rendere Teddy coetaneo
di Vic e ho desistito. Sì, l’ho fatto anche perché altrimenti,
più che fare la guerra alle altre scuole, sarebbe stata una guerra
interna. E se Etienne lo posso più
o meno
controllare,
quei due ciaone!
Nel
prossimo capitolo compariranno più da vicino anche i personaggi
delle altre scuole, in particolare i Campioni di Beauxbatons.
Campioni che appartengono Severa Crouch, di cui consiglio di
leggere la storia.
Forse,
a una prima lettura, potrebbe sembrare che sia Lance il demonio in
persona ma vi assicuro che pure Etienne non scherza.
Alla
prossima,
Blue
Il
prescelto non può tirarsi indietro:
citazione del film.
|
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Capitolo 2 *** Salvate il soldato Rosier! ***
Torneo
«Come
ti vedi, dopo aver affrontato questo Torneo?»
«All’obitorio»
risponde Lance, brutale, di cattivo umore.
Molly è costretta a
trattenersi dal lasciarsi sfuggire un risolino isterico, perché il
giornalista, che li sta intervistando per la Gazzetta
del Profeta,
ha la faccia allibita di chi non ha capito che quell'idiota di suo
cugino si è lasciato sfuggire una battuta infelice.
Decide quindi
di fare la matura della situazione, perché tra Lance che ha uno dei
suoi soliti attacchi di simpatia ed Etienne che sorride deliziato,
attendendo con trepidazione la tragedia, quella piccola aula in
disuso che la Preside ha concesso di utilizzare per raccogliere
informazioni sui nuovi di Campioni di Hogwarts, rischia di diventare
il teatro di un massacro.
«Sta scherzando» si affretta, quindi,
ad aggiungere, stiracchiando le labbra in un sorriso falso quanto
cortese, cercando di ingraziarsi l'uomo e di fermarlo dal scrivere
che uno dei Campioni è da rinchiudere in manicomio e buttare la
chiave.
Quello le lancia un'occhiata scettica, prima di scambiarne
una significativa con il suo collega fotografo, altrettanto
allibito.
«Mmm… dunque» riprende cercando di scacciare via lo
sconcerto e leggendo le domande che si è preparato sul taccuino che
ha in mano, mentre la Penna Prendiappunti, che svolazza all'altezza
del suo capo, trema, pronta a non lasciarsi sfuggire nessuna
dichiarazione. «Come si sente ad essere stato scelto come Campione
nonostante la sua famiglia sia associata ai Mangiamorte?» chiede
compito.
«Che non me ne frega un c-ahia»
strepita Lance, dolorante, voltando di scatto il capo nella sua
direzione e trucidandola con un'occhiata tagliente.
Non
credevo che l'avrei mai detto ma Dominique è una santa per
sopportare uno così, pensa esausta,
provando un moto di pura solidarietà verso la cugina più piccola. È
anche vero che se l'è scelta lei, questo stronzo!
«Mio
cugino non nega che la sua famiglia si sia trovata dal lato
sbagliato, durante il primo conflitto» esordisce diplomatica,
simulando un'espressione dolente un po' troppo esagerata. «Tuttavia
non è giusto che lui paghi per qualcosa che non ha fatto» decreta
ferma, snocciolando quella tesi con grande serietà. Vede con la coda
dell'occhio le labbra di Etienne tremolante in un sorriso divertito e
ammirato, ma non ci fa caso. Se scoppia a ridere, è finita. «Altre
domande?» si informa benevola, cambiando di colpo atteggiamento e
sfoderando un'aria amabile.
Il giornalista la fissa sbigottito.
Dall'espressione quasi spaventata, sembra chiedersi dove diavolo sia
finito.
«Sei single?» tenta smarrito, optando di sondare un
terreno meno pericoloso.
«Sì» risponde Lance, all'istante, con
un tale velocità da non permetterle di anticiparlo. «E ci voglio
anche rimanere» chiarisce gelido, con il fare di chi vuole
concludere qualcosa che considera una scocciatura il prima
possibile.
L'uomo si lascia sfuggire un sospiro sconsolato.
Ti
sono vicino, amico, vorrebbe
dirgli Molly, solidale. Uno
come mio cugino deve essere l'incubo di ogni intervistatore. Si
possono contare le risposte che ti ha dato, se escludiamo i ringhi e
le occhiatacce silenziose e feroci.
«La
Prima Prova l’affronto io» decreta Lance, deciso.
Molly inarca
le sopracciglia, titubante.
«Sicuro?» domanda dubbiosa,
appoggiandosi alla parete di quel corridoio nel quale si sono
ritrovati al termine delle lezioni pomeridiane.
Suo cugino
annuisce, rapido.
«Sono quello che ha più probabilità di
cavarsela» sottolinea pratico, senza ombra di beffa nella voce.
«Se
seguono la tradizione» si inserisce Etienne, sottile, gli occhi di
un azzurro chiaro offuscati per la concentrazione. «È molto
probabile che riguardi una Creatura Oscura».
«L’ultima volta
ci sono stati i draghi» rammenta lei, svelta, storcendo il viso in
una smorfia meditabonda. «Potremmo basarci su quelle che non si
possono addestrare e che vengono catalogate come pericolose» butta
lì, riluttante.
«In questo modo avremmo anche il tempo di
elaborare una strategia di difesa» ragione il suo ragazzo ponderato,
passandosi una mano tra i capelli di un biondo che rasenta il bianco.
«Anche se non è detto che basterà per quando sarai nell’arena»
avvisa realistico, provocandole un brivido lungo la colonna
vertebrale.
Lance piega le labbra in un sorriso beffardo.
«Avevo
già dato per scontato che sarei stato fregato» ammette sarcastico,
con un’espressione che sembra noncurante anche se le sembra di
intravedere della preoccupazione irrigidirli appena i lineamenti. Poi
si fa serio, gli occhi che diventano gelidi. «Ma ogni informazione
in più può fare la differenza tra vittoria e fallimento».
E
tra vita e morte,
pensa Molly, inquieta, sentendosi angosciata come mai per quel casino
in cui, loro malgrado, si sono trovati coinvolti.
«Rosier».
Alza
gli occhi per incrociare quelli scuri del Campione di Beauxbatons che
sta prendendo posto alla tavola di Serpeverde di fronte a
lui.
«Lestrange» risponde d’istinto, distaccato, servendosi
una tazza di tè da una delle caraffe provenienti dalla cucina. «Come
mai già sveglio?» domanda cortese.
Vista l’ora – non saranno
manco le sette – ben pochi studenti si sono trascinati fuori dal
piumone per raggiungere la Sala Grande, che appare praticamente
vuota.
Nemmeno i fantasmi si sono presi la briga di
comparire e, per un folle istante, dopo la doccia, ha avuto anche lui
la tentazione di tornare a letto. Poi si è ricordato che quando Domi
è preoccupata – divertente che prima lo condanni a morte e poi se
ne dispiaccia –, diventa ancora più appiccicosa del solito.
E
lui, al momento, è fin troppo suscettibile per tollerare quegli
abbracci rassicuranti che l’altra cerca come una disperata.
Uno
posso anche concederglielo ma al quinto tentativo, rischio di perdere
la pazienza,
pensa
implacabile, serrando la mandibola con fastidio al ricordo di quegli
assalti dal quale è scappato. Anche
perché non è lei che dovrà affrontare questo cazzo di
Torneo!
«Nervosismo»
risponde l’altro, garbato, agguantando un croissant dal piatto
fumante appena salito dalle Cucine. «Non riuscivo a dormire. Tu?»
si informa placido, mangiando distrattamente il dolce.
«Sto
con una che pretende di abbracciarmi anche quando dormo» risponde
Lance, tagliente, lasciandosi sfuggire uno sbuffo stizzito. «Credimi,
sono felice ogni volta che riesco ad alzarmi con la consapevolezza di
non aver commesso un omicidio» svela sinistro, sentendosi
incredibilmente virtuoso per non aver ancora ceduto a quella
tentazione.
«Purosangue?»
«Quando si impegna,
sì».
«Che significa?» ribatte quello, serrando gli occhi con
palese confusione. «O lo è o non lo è» sottolinea logico.
Lui
scrolla le spalle, noncurante, servendosi una porzione generosa di
pancake.
Vaffanculo il regime alimentare! Se oggi deve
morire, pretende di consumare una colazione come Salazar
comanda.
«Storia lunga» liquida spiccio, gustandosi con
piacere quella frittella cosparsa di topping al caramello. «Per
farla breve… la sto pagando per gli errori che ha commesso Evan, se
tali vogliamo definirli» illustra snervato.
Lestrange lo
fissa stranito.
«Non ha senso» decreta sicuro, sbattendo le
ciglia per la perplessità.
«Il cattivo gusto non ce l’ha mai»
si limita a dire Lance, criptico, storcendo le labbra in una smorfia
scontenta. Poi gli rivolge un’occhiata attenta. «Chi di voi
affronterà la Prima Prova?» si informa interessato.
«Mio
fratello» svela l’altro, compito, prima di raddrizzare la schiena.
«Di voi?» replica cauto.
«Io».
Passano una manciata di
minuti a squadrarsi a vicenda mentre il silenzio cala alla tavolata,
facendo sprofondare l’atmosfera da tesa a deprimente.
«Beh,
i nostri antenati hanno combattuto delle guerre magiche».
«E
hanno terrorizzato un’isola intera».
«Che cosa saranno mai un
paio di Creature Oscure?»
«Evan le avrebbe affrontate a occhi
chiusi».
«Sopravvive il più forte» decreta Lestrange, saputo,
inarcando le sopracciglia con eloquenza e assumendo un’espressione
profondamente compiaciuta. «La considero una legge di vita»
aggiunge sereno.
Lance piega le labbra in un sorriso amareggiato,
per nulla rincuorato da quelle parole.
Anzi, gli è quasi
passato l'appetito e nota che pure l'altro non sembra tanto
affamato.
Felice
di non essere il solo a essere teso, osserva
lugubre, nella sua testa, sforzandosi di terminare i suoi pancake.
«Ma
stai respirando?»
Lance volta il viso verso destra,
rivolgendo un’occhiata scettica alla cugina.
«Perché?»
si sforza di chiedere, distaccato.
«Sei immobile da almeno
dieci minuti» risponde lei, apprensiva, al suo fianco, corrugando le
sopracciglia con inquietudine. «E stavi guardando malissimo il
Campione di Durmstrang» lo informa spiccia.
Lui scrolla le
spalle, noncurante.
«Credo che, in realtà, stesse
fissando il vuoto e pregando» interviene Delacour, spassionato,
accanto a loro. Piega le labbra in un sorriso divertito, gli occhi
azzurri che baluginano ironici. E grazie al cazzo, non la deve
affrontare lui quella Prova di merda. «Non ti facevo così
religioso» lo percula amabile.
Lance sbuffa, trattenendosi
dal replicare perché non ha voglia di iniziare una guerra in quel
momento.
Anche perché eliminare quella spina nel fianco
sotto gli occhi di tre Presidi e altri testimoni scomodi, non è
esattamente un'idea geniale.
Cerca, quindi, di distrarsi studiando
la tenda dei Campioni nella quale si trova. Nota che gli altri
concorrenti sembrano logorati, specialmente i nordici, da quella
tensione sfibrante, in attesa dell’arrivo dei funzionari del
Ministero che aprirà le danze al massacro.
Ringrazia che
l’Occlumanzia, nella quale si è trincerato per evitare di dare di
matto, gli abbia permesso di mantenere il controllo e di non cedere a
una crisi di nervi.
Anche se inizia a irritarsi perché odia
quando viene stabilito un orario e la gente arriva in ritardo.
Pure
se si tratta di suo padre.
Anche se dubita che sia
colpa sua, perché vati è
di una puntualità che sfocia nel patologico.
Sicuramente è colpa
del Ministero. Una Weasley, anche se per matrimonio, guarda
caso.
Sono
la mia rovina,
pensa scocciato, scuotendo il capo con l’espressione di chi si sa
pentendo amaramente di aver a che fare con una marmaglia simile. Poi
scocca a Molly un'occhiata risentita, perché pure lei fa Weasley di
cognome e merita di essere maltrattata.
«Secondo me
la stai prendendo peggio di quello che è» esordisce Delacour,
leggero, distraendolo da quelle fantasie riguardanti punizioni da
infliggere a gente che gli rende la vita un inferno. Anche
se, forse, è
anche colpa sua per essersi messo con una, il cui stato di
sangue deve aver provocato l’indignazione e sicuramente qualche
maledizione di sciagura da parte di tutti i ritratti degli antenati a
Rosier Castle. «Ricordati che hai altri due fratelli. Se tu ci
lasci, la stirpe può continuare con loro» riprende magnanimo, con
l’aria di sta gli sta facendo notare che non c’è nulla di cui
preoccuparsi.
Lui gli scocca la peggiore delle occhiate
gelide e affilate del suo repertorio.
«Ma vattene a
fanculo» sibila tra i denti, aggressivo.
«Lasciamelo
stare!» interviene sua cugina, severa, dandogli inaspettatamente man
forte, le iridi castane illuminate dal fastidio. «Non vedi che è
nervoso come una biscia?» domanda spazientita.
«Sono
calmissimo».
«Ma chi ci crede?»
Lance serra la
mandibola, imponendosi controllo.
«Molly, se vuoi farmi
incazzare, sei sulla buona strada» la informa sferzante, lanciandole
uno sguardo di ammonimento.
«Non parlarle così» lo fredda
Delacour, gelido, perdendo all'istante il buon umore e irrigidendo i
lineamenti del viso.
«Altrimenti?» lo sfida lui, inarcando un
sopracciglio con scherno.
«No!»
sbotta Molly, al limite della pazienza, sgusciando in mezzo a loro
due e fissando prima l'uno e poi l'altro con un cipiglio terribile.
«Ogni scusa non può essere un pretesto per litigare!» sostiene
incollerita, picchiando un piede a terra per sfogare il nervosismo.
«Datevi un contegno, puttana il demonio! Vi ricordo che siamo tutti
dalla stessa parte!» strepita indemoniata.
«Signorina
Weasley!»
la rimprovera la McGranitt, dopo essersi voltata di scatto in seguito
a quelle urla, disgustata e oltraggiata a causa di quella mancanza di
decoro davanti alle altre scuole. «Moderi il linguaggio» le intima
intransigente.
E mentre sua cugina incassa la testa tra le spalle,
arrossendo mortificata a causa della sua linguaccia, l'attenzione di
Lance viene catturata da qualcuno che, dopo aver spostato un lembo
della tenda color ruggine, ha intrufolato svelta il viso e,
individuandolo, gli fa cenno di uscire da lì.
«Prendo una
boccata d'aria» mormora distaccato, rivolgendosi ai suoi due
compagni di sventura, che non sembrano particolarmente interessati ad
ascoltarlo – Molly è troppo impegnata a maledirsi per la
figuraccia che ha appena fatto per degnarlo di un'occhiata e Delacour
a ridacchiare divertito, rischiando di venir strangolato da un
momento all'altro –, prima di recarsi all'esterno della tenda.
Lì
fuori, Dominique, senza proferire una parola, gli fa strada verso un
angolo appartato, tra la tenda dei Campioni e quella dell'Infermiera,
così da essere al riparo da sguardi indiscreti.
«Come hai fatto
a superare gli Auror?» domanda lui, piatto, dopo aver appoggiato il
fondoschiena contro una cassa di legno.
Lei piega le labbra in un
sorriso scaltro.
«Essere la nipote del capo ha i suoi
vantaggi» fa notare saccente, alludendo alla sua parentela con il
Prescelto che ha sfruttato per raggiungere i suoi scopi. Lo fa
impazzire quando manda all'inferno ogni correttezza per ottenere
quello che vuole. «Credevo che la divisa di Hogwarts fosse rossa»
aggiunge perplessa, rivolgendo un'occhiata dubbiosa alla tuta verde e
nera che indossa.
Lance si lascia sfuggire uno sbuffo
derisorio.
«Fortunatamente ognuno può scegliere il colore che
desidera» sottolinea sarcastico. «E il rosso non lo metto manco
morto. Troppo Grifondoro» stabilisce inorridito, con una sfumatura
infantile a colorargli la voce.
Dominique annuisce ma stranamente
non ribatte. Si stringe nel cappotto beige che indossa, le braccia
che si serrano al petto.
«Come va?» domanda piano,
inquieta.
«Sto per morire, come pensi che vada?» replica lui,
impietoso, fissandola con eloquenza.
La vede roteare gli occhi
azzurri con esasperazione prima che torni a puntarglieli addosso con
disapprovazione.
«Il solito melodrammatico!» esclama seccata, in
un borbottio scontento.
«Ti ricordo chi mi ha messo in questa
situazione» rinfaccia Lance, brutale, per nulla addolcito nel
saperla preoccupata per la sua salute. Potevi
evitare di fare questa stronzata,
aggiunge nella sua mente ma si guarda bene dal lasciarselo scappare.
Infierire quando l'altra è in quello stato, non è per niente
divertente. «E sappi che, se mi salvo, ti farò scontare questa
colpa a vita» promette solenne, credendoci davvero in quella
minaccia.
Dominique rimane basita, prima di piegare le labbra
nell'ombra di un sorriso deliziato.
«In caso contrario, verrò a
piangere sulla tua tomba ogni giorno» giura zuccherosa.
«Evita
di sprecare liquidi inutilmente» la blocca lui, suo malgrado
divertito. «Se mi dovesse succedere qualcosa, tornerò a
perseguitati come fantasma» concede morbido, quasi fossero parole
d'amore.
Lei si avvicina, fino a fermarsi a un palmo di distanza.
Gli appoggia i palmi delle mani sul torace e inclina il capo, un
sorriso invitante sulla bocca.
«Così non mi lasceresti mai sola»
commenta radiosa, le iridi chiare illuminate da un lampo di gioia. «È
una delle cose più romantiche che tu mi abbia mai detto» lo prende
in giro. Poi sbatte le palpebre, inumidendosi la bocca e assumendo
un’espressione nervosa. «A proposito di romanticismo, c'è una
cosa che vorrei fare» esordisce a disagio, con un velo di
incertezza.
«Niente scopate prima di una prestazione sportiva»
decreta Lance, inflessibile. «Perché mi fai ripetere sempre le
solite cose?» chiede scocciato.
«Non è quello» ribatte
Dominique, schietta, scuotendo la testa con decisione. Abbassa per un
momento lo sguardo verso la sua tuta, impacciata. «È solo che il
tuo nome mi fa ripensare al ciclo arturiano e visto che anche tu,
come Lancelot, stai affrontando un torneo» svela titubante, in un
pigolio appena udibile, mentre lui aggrotta la fronte con confusione
per cercare di seguire quel ragionamento. «In passato, le dame
concedevano dei pegni come portafortuna» riprende dopo essersi
schiarita la gola, tornando a fissarlo con le guance imporporate
dell'imbarazzo. «Perciò pensavo di dartene anch'io uno» dichiara
spiccia, con una sicurezza che è tutta apparenza.
Lance rimane
immobile, sconcertato.
«Non mi porto uno dei tuoi unicorni
nell'arena» decreta, infine, insensibile, riferendoti a quei peluche
che l’altra adora, piegando le labbra in una smorfia
raccapricciata.
Lei si scioglie in una risata cristallina, che
sembra scacciare via un po' di tensione che le aveva irrigidito il
corpo.
«Lo so» assicura lieve. «Ecco perché ho pensato a
qualcosa di meno ingombrante» continua con lo stesso tono,
allontanando le mani dal suo torace per tirare fuori un nastro, che è
solita usare per legarsi i capelli, dalla tasca del cappotto. «È lo
stesso colore dei tuoi occhi» gli fa notare con un guizzo di
malizia, approfittando del suo smarrimento per legarglielo intorno al
polso destro. Dopo aver stretto il nodo ed essersi assicurata che non
si slacci, prende un profondo respiro. «Andrà tutto bene» afferma
convinta, tornando a guardarlo in faccia con un'espressione seria.
«Tu trovi sempre un modo per cavartela» sottolinea con sicurezza.
Esita un momento, schiudendo la bocca. «E poi» aggiunge in un
pigolio tremante.
La zittisce con un bacio, senza darle il tempo
di dire altro, sia perché averla vicino è una tentazione troppo
forte, sia perché non gli piace affatto vederla in quello stato.
Non
è uno di quei baci che sono soliti scambiarsi. È lieve, casto, per
nulla approfondito. Eppure la sente sciogliersi, come se quella
semplice tocco avesse il potere di rincuorarla.
«Domi, io torno
sempre» afferma piano, nel momento in cui si allontana dalle sue
labbra, le mani appoggiate contro i suoi fianchi.
La vede
sorridere, più serena, mentre gli occhi chiari le si illuminano di
gioia.
Vorrebbe aggiungere qualcosa – perché sta per morire,
quindi può concedersi uno strappo alla regola ed
essere leggermente più
morbido –, quando lo schiarire di una gola, fa voltare ad
entrambi la testa verso destra.
«Perdonate l’interruzione»
si scusa Delacour, placido, con un sorriso che non è affatto
dispiaciuto, sulla soglia del varco tra le due tende nel quale hanno
trovato rifugio. «Te lo devo portare via perché fra poco ci sarà
l’estrazione della Creatura da affrontare e non vorrei mai che tu
me lo stancassi» dice a Dominique, dolce, prima di guardare lui.
«Andiamo, Romeo» lo percula spiccio, facendogli capire che ha
origliato una parte di quel discorso privato.
Lance sbuffa,
staccando il fondoschiena da quella cassa e, dopo aver salutato la
causa di tutti i suoi mali con cenno del capo, segue quell’imbecille
fuori dal nascondiglio in cui si era rintanato.
Circumnavigano
parte della tenda dei Campioni, in un silenzio lugubre, prima di
arrivare all'entrata.
«Delacour» lo chiama gelido,
fermandosi e facendo voltare l'altro all'indietro, il volto
corrucciato in una genuina espressione di sorpresa. «Quando tutto
questo sarà finito e non mi servirai più, giuro che ti ammazzo»
promette feroce, inchiodandolo con un'occhiata di puro
sprezzo.
Quello sorride divertito, per nulla preoccupato.
«Ti
dovrai impegnare» ribatte spassionato, le mani nelle tasche dei
pantaloni. «Lupin ci ha provato per anni e Molly ogni giorno, eppure
io sono ancora qui» sottolinea con un certo orgoglio, come se non
fosse un risultato così scontato. «Ah, comunque» riprende
simulando casualità. «Non ti facevo così romantico» ammette
posato. Quando nota la sua confusione indica il nastro che porta
legato al polso con il mento. «Carino quel pegno» commenta
eloquente, scoccandogli un'occhiata perspicace, prima di precederlo
all'interno della tenda.
«L'obiettivo
dei Campioni è quello di recuperare l'indizio che la Creatura Oscura
ha attaccato a una catena al collo» lì informa Oliver Baston,
rapido, guardando i tre che dovranno affrontare la Prima Prova e
ignorando le loro facce sconvolte. «Vi renderete conto, durante il
vostro turno, che non sarà così semplice e che bisognerà
far qualcosa perché
il tubo di piombo, contenente l'indizio, entri in vostro
possesso» continua criptico.
Lance lo ascolta di sfuggita, troppo
occupato a osservare con il viso inespressivo il Basilisco in
miniatura che, dopo averlo pescato dal sacchetto di stoffa che del
funzionario del Ministero incaricato di quel ruolo, striscia sul
palmo della sua mano, sguainando le fauci e producendo un sibilo che
gli provoca un brivido lungo tutta la colonna vertebrale.
Almeno
ha la fortuna di affrontare per primo quel suicidio, se si vuole
essere ottimisti e vedere la questione da quella prospettiva.
Lance
entra nell'arena, che ha preso il posto del campo da Quidditch, con
la felicità di un condannato a morte che sta per salire con il
patibolo.
Registra distratto il vociare provenienti dagli spalti,
indifferente agli incitamenti o al disappunto del pubblico, troppo
impegnato a studiare l'ambiente nel quale si trova.
Al perimetro
di quell’ovale è stata innalzata una barriera azzurrina che,
sospetta, serva a impedire che qualche spettatore fissi negli occhi
il Basilisco e finisca all’altro mondo prima del tempo, impedendo
anche di generare uno scandalo internazionale.
Serra di riflesso
le dita intorno alla bacchetta di legno, prima di puntarsela alla
tempia sinistra e mormorare un incantesimo che ha la stessa funzione
della precauzione scelta per proteggere quegli idioti che sperano di
divertirsi nell'assistere al suo massacro.
Che
brucino tutti tra i tormenti.
Resa
innocua la vista della Creatura – non che questo la renda meno
pericolosa, perché ha sempre le zanne intrise di veleno –, gli
occhi si spostano a destra e a sinistra per studiare il campo di
battaglia.
All'interno di quel campo, vi è una perfetta
rappresentazione della campagna inglese. Il terreno è brullo e
disconnesso, chiazzato di fango e pozze d'acqua. Ci sono pochi
alberi, qualche roccia e diverse colline che gli impediscono di
abbracciare con lo sguardo l'area nella sua interezza.
Lance si
lascia sfuggire una smorfia, piegando le labbra in un sorriso di
scherno mentre avanza lentamente verso il centro dell'arena.
È
ovvio che la Creatura sia già lì, mimetizzata nell’ambiente e che
lo abbia già studiato con calma.
Il
Basilisco è di colore verde brillante,
ripete nella sua mente, di riflesso, recitando quelle informazioni
che ha imparato a memoria dai libri della Biblioteca di Hogwarts e da
Rosier Castle. Inarca le sopracciglia beffardo, senza riuscire a
trattenersi. Immagino
che si sia sporcato le squame di fango, così da rendermi più
difficile localizzarlo.
Arresta
la sua marcia, fermandosi in un punto dove il terreno è
frastagliato, pieno di pietre che rendono più difficile procedere
senza inciampare e, soprattutto, sono talmente piccole che è
impossibile calpestarle senza far rumore.
O strisciarci sopra
indisturbati.
Prende un profondo respiro, gonfiando i polmoni di
ossigeno. L'Occlumanzia ha relegato il panico ai confini della sua
mente, rendendo il suo raziocinio lucido e rapido.
Rimane
immobile, gli occhi fissi al suolo e i sensi vigili, in attesa.
«Se
ti capita il Basilisco, è finita» sentenzia Molly, lugubre,
afflosciandosi contro lo schienale della sedia della Biblioteca.
Lui
alza la testa dal tomo che stava consultando, scettico.
«Poi dici
che sono io, l’ottimista, tra noi» rinfaccia brutale, seduto di
fronte a lei a quel tavolo appartato e ignorando le occhiate curiose
da parte degli altri studenti.
Delacour sospira, paziente, accanto
alla sua ragazza.
«Siete due tragici» dichiara lieve, per nulla
preoccupato da quell’ondata di positività che è scesa tra loro.
«Chiunque ha un punto debole, basta solo scoprire quale» sottolinea
sagace.
«Per ora, sembra avere solo pregi» ribatte Lance,
impietoso, scoccando un'occhiata di puro sprezzo all'immagine
disegnata sulla carta del libro. «Velocità, zanne intrise di veleno
e una vista letale» elenca sottovoce, risentito. Poi aggrotta,
storcendo il viso in una smorfia pensosa. «A meno che non sia
quello, il suo punto debole» azzarda meditabondo, riflettendo su
quell'idea che gli è balenata in testa.
Quando rialza le iridi
chiare dal legno scuro del tavolo, incontra quelle terribilmente
perspicaci di Delacour.
«I serpenti hanno una vista molto
sviluppata» sottolinea quello, significativo, inarcando le
sopracciglia con eloquenza.
«Il che significa che è anche molto
sensibile» termina lui, logico, piegando le labbra in un sorriso
intrigato.
«E questo come ci aiuta?» interviene Molly,
interessata, irritata di capire il motivo del buonumore che è
palpabile nell'aria. «Perché sapere che ci vede bene, non mi sembra
questo granché» fa notare spiccia, alludendo al potere mortale dei
suoi occhi.
Delacour scrolla le spalle, spassionato.
«Beh,
renderlo cieco lo farebbe diventare più innocuo» puntualizza
sagace.
«E anche molto più incazzato» replica lei, asciutta,
prima di puntargli le iridi addosso. «Ti prego, dimmi che tu
hai davvero un
piano» lo supplica stremata, la voce colorata dall'isteria.
Attaccherà
frontalmente, pensa
sicuro, stranamente tranquillo. Non
ha predatori naturali, perché dovrebbe essere cauto?
A
causa delle urla e del baccano proveniente dagli spalti, si accorge
con una manciata di secondi in ritardo di quello.
Un
rumore flebile, appena udibile, di qualcosa che si muove sul terreno,
strisciando nella sua direzione.
Sente i sassi scricchiolare sotto
il peso della bestia, facendogli intuire che si trovi a una
quindicina di metri di distanza.
Si impone di rimanere fermo e di
non retrocedere, perché indietreggiare verso il limite dell'arena
significa tagliarsi le vie di fuga e diventare una facile preda.
Solo
quando alza le iridi dal suolo e vede il tronco di squame verdi
avvicinarsi rapidamente, serra la presa alla bacchetta.
Niente
gesti bruschi, si
impone, perentorio, spostando la mano sinistra davanti a sé con
lentezza. E
non essere frettoloso. Devi avere il giusto tempismo.
Il
suolo trema mentre il Basilisco avanza, fino a fermarsi a circa due
metri. È talmente vicino che lui riesce a sentire il sibilo basso e
la coda che che frusta il terreno, sollevando una manciata di polvere
e pietre, fremente all'idea di dedicarsi alla caccia e uccidere.
Solo
nel momento in cui Lance nota un'ombra oscurarlo – il muso che
probabilmente lo sovrasta –, abbassa le palpebre.
Lumos
solem!
Una
serie di lamentele si solleva da parte del pubblico, accecato da
quella luce bianca e violenta provocata dall'incantesimo non verbale.
Lui non ci bada, troppo occupato a concentrarsi sul sibilio furioso
che gli giunge alle orecchie per preoccuparsi degli strepiti di
quegli idioti che sperano di divertirsi sulla sua pelle.
Ora
o mai più.
Apre
gli occhi di scatto, scagliando un Obscuro verso
muso della bestia, così che una benda nera privi la creatura della
vista, destabizzandola.
Sa benissimo che è questione di secondi
prima che se ne liberi, ecco perché non esita a lanciare anche un
incantesimo di Adesione Permanente, così che, per quanto agiti con
furia il capo triangolare, quel pezzo di stoffa rimanga ben incollato
alle squame del muso del Basilisco.
Lance quasi si lascia scappare
un sorriso di trionfo nell'osservarlo dimenarsi, rabbioso di essere
stato privato del suo senso più potente, pensando che la parte più
difficile del piano è riuscita.
La sua attenzione viene catturata
dal collare di metallo che il serpente ha intorno alla gola, dove è
appeso un tubo di piombo.
Diffindo.
Rimane
basito, aggrottando le sopracciglia con confusione quando la catena,
a cui è attaccata l'oggetto che deve recuperare per superare la
Prova, non viene tranciata dal sortilegio.
Poi serra la mandibola
con rabbia quando comprende il significato della frase criptica che
Baston ha pronunciato nella tenda dei Campioni.
Il
tubo che contiene l'indizio per la Seconda Prova si stacca dalla
catena solo se la bestia è priva di sensi,
intuisce rapido, sentendo l'irritazione sostituire quella sensazione
di trionfo che lo aveva travolto.
Ingoia un moto di rabbia e
una sfilza di maledizioni in tedesco verso chi ha progettato quelle
trappole mortali.
Tuttavia, non può nemmeno augurare ogni di
peggio agli artefici della sua morte perché, un paio di istanti più
tardi, è costretto a lanciarsi sulla sinistra, rotolando sull'erba,
per evitare la testa del Basilisco che è scattata avanti, azzannando
con furia e alla cieca il punto dove si trovava un attimo
prima.
Nell'impatto, le ginocchia hanno picchiato contro il
terreno e qualche pietra e, nonostante lui si sia ben guardato
dall'emettere fiato, quel movimento ha provocato, seppur minimo, del
rumore, tanto che il muso della bestia si gira di colpo nella sua
direzione.
L'istinto prende il sopravvento sulla mente,
sprigionando un incantesimo dalla bacchetta che anticipa e frena il
prossimo attacco.
Una scarica di fiamme azzurre lo circondano,
costringendo il Basilisco a retrocedere per evitare di essere
investito da quel fuoco che costituisce la barriera che ha innalzato
tra loro due.
Piano
B, piano B, strepita
una voce,
che assomiglia terribilmente a quella di Jude, nella sua testa. Passa
a quel cazzo di piano B!
Lance,
accovacciato al suolo, si passa la lingua sulle labbra secche,
spremendosi le meningi per elaborare una nuova strategia.
Gli
occhi rimangono incollati all'animale che, costretto in ritirata, sta
strisciando intorno alla barriera, cercando un punto debole per
superarla.
Sforzo inutile. Finché resterà all'interno del Fuoco
perpetuo, sarà al sicuro. Il serpente potrà anche sfruttare la sua
altezza per tentare un attacco dall'alto ma, non appena si
avvicinerà, le fiamme creeranno una sorta cupola azzurra, così da
rendere vano ogni tentativo.
Ma
è una situazione di stallo,
osserva pratico, senza riuscire a contentenere l'espressione di
disappunto che gli affiora sul viso. Lui
potrà anche non riuscire a mandare a segno nessun colpo, ma, in
questa situazione, io non riuscirò mai a prendere quel cazzo di
tubo.
Sbuffa
seccato, acciaccato per terra, la mano destra che si appoggia al
ginocchio mentre l'altra stringe la bacchetta.
Scarta all'istante
qualsiasi Magia Oscura del suo repertorio, conscio che sarebbe da
idioti usarla con gli occhi dei funzionari del Ministero e di
centinaia di testimoni piantati addosso.
Giocare pulito è
l'unico modo per uscirne senza conseguenze.
Il problema è
che è perfettamente conscio che la pelle delle Creature Oscure è
quasi immune da qualsiasi incantesimo. Un Incarceramus non
riuscirebbe mai a trattenere quella bestia e, anche se lo facesse, di
certo non la metterebbe fuori combattimento così da permettergli di
completare la sua missione.
Certo, l'Ardemonio lo
ucciderebbe ma, oltre ad essere un sortilegio instabile – e non gli
sembra una grande idea lanciarlo in uno sprazzo erboso, rischiando di
provocare un incendio indomabile e potenzialmente mortale per lui –,
gli renderebbe impossibile recuperare l'indizio.
Scuote il capo,
stizzito dell'incapacità di trovare una soluzione adeguata.
Si
concentra a fissare la bestia che non ha smesso per un momento di
strisciargli intorno, a debita distanza dalle fiamme.
Non sarà più lungo di sei metri,
il che significa non è così anziano,
considera analitico, socchiudendo le palpebre per leggere
concentrazione. Quindi, magari, sarà più sensibile a cert-
Un
rombo proveniente dal cielo lo porta ad alzare di riflesso gli occhi
verso quelle nuvole grigie che si sono concentrate sopra la sua
testa, facendo presagire che presto Hogwarts verrà travolta da uno
dei soliti temporali invernali scozzesi.
Rimane per qualche
momento a osservare quello scenario sinistro, prima che un sorriso
divertito gli pieghi le labbra.
D'accordo,
passiamo al piano B, concede
nella sua mente, quasi con dolcezza, rigirandosi con la mano sinistra
il nastro che ha legato intorno al polso destro.
«Scommetto
che ora ti stai pentendo di averlo iscritto a questo
Torneo».
Dominique distoglie a fatica lo sguardo dall'arena,
voltando il viso a destra e incrociando quello storto in una smorfia
di sufficienza di Teddy.
Sbatte le ciglia, smarrita. La tensione
che le pesa addosso come un macigno, le rende quasi difficile
comprendere il senso di quella frase.
«Immagino che tu
abbia fatto mettere a Delacour il suo nome nel Calice per un
desiderio di riscatto» continua il ragazzo di sua sorella,
impettito, appena infastidito dai suoi occhi vacui. «Intenzione
nobile quanto inutile» sentenzia inclemente. «A Rosier non frega
nulla dell'opinione della gente e la gente non dimenticherà quello
che ha fatto la sua famiglia solo perché è in grado di fronteggiare
una Creatura» sottolinea con lo stesso tono, facendole aggrottare la
fronte per la stizza.
«Ammesso che ci riesca davvero»
aggiunge, poi, con spregio.
«Ci riuscirà» lo difende piccata,
sentendo il nervoso infuocarle il corpo e le vene. «Con gli
incantesimi è addirittura più bravo di te» afferma
battagliera.
Lui inarca le sopracciglia, ironico.
«Continua a
ripetertelo» replica clemente, con una faccia di chi ci crede
poco.
«Smettetela voi due» interviene Victoire, snervata,
seduta tra loro su quella panca degli spalti.
«Volevo solo farle
notare la realtà» si giustifica Teddy, altero, rivolgendo a sua
sorella e tagliandola fuori dalla conversazione. «Ti avrei ammazzato
per questa infamata, se fossi stato Rosier» svela sanguinario,
serrando appena le palpebre, gli occhi gialli che assumono una
sfumatura inquietante.
«Vogliamo davvero dire chi è stato un
infame?» ribatte Victoire, stufa, fissandolo con rimprovero.
«È
il karma».
«È stato il karma a far muovere la tua mano?»
E
mentre quei due iniziano a bisticciare, Dominique torna a
concentrarsi su quello che succede nel campo da gioco.
Il cuore le
martella furioso nel petto nel vedere Lance, circondato dalle fiamme
di una barriera magica che non conosce, a pochi metri da quella
biscia enorme e mortale.
Non
avrei dovuto infilarlo in questo casino,
geme nella sua mente, terrorizzata a morte dallo spettacolo
agghiacciante che ha davanti agli occhi. Sono
stata una deficiente.
Deglutisce,
sentendo un nodo alla gola dovuto all'ansia e alla
preoccupazione.
Poi una mano si chiude su quella che lei ha
stretto a pugno sopra la coscia sinistra e che sta stringendo fino a
spiegazzare la stoffa della gonna scozzese che indossa.
«Andrà
tutto bene» la rassicura Louis, benevolo, quando volta la testa a
sinistra e incrocia quel viso rilassato. «Rosier si è trovato in
situazioni peggiori» sostiene sicuro.
Lei arcua le
sopracciglia.
«Tipo?» pigola dubbiosa, la voce spezzata.
«Quando
ha detto a suo padre di voi» risponde suo fratello, svelto. Le
sorride con calore, aumentando la stretta sulla sua mano per
infonderle fiducia. «In confronto a quello, il Basilisco gli
sembrerà una passeggiata» scherza svagato.
Dominique piega le
labbra nella bozza di un sorriso, prima di tornare a concentrarsi su
quanto accade davanti a sé.
D'accordo, si va in scena, decreta
Lance, laconico, alzandosi in piedi, all'interno del cerchio
magico.
Ripassa per l'ultima volta l'idea che gli è venuta in
mente, prima di puntare lo sguardo verso quell'unica montagnetta
rocciosa che si trova alle spalle della Creatura.
Devo
solo raggiungerla prima che il Basilisco si renda conto dell'inganno,
continua nella sua mente, pratico. L'incantesimo
l'ho già eseguito diverse volte, anche se mai come arma. E deve
essere estremamente potente o non funzionerà.
Si
slaccia il nastro azzurro che Dominique gli ha dato prima dell'inizio
della Prova, mormorando l'incantesimo che fungerà da
diversivo.
Prende un respiro profondo, preparandosi ad agire.
Devo
essere rapido,
stabilisce nella sua testa. Poi abbassa la barriera, annullando
l'incantesimo del Fuoco perpetuo. Molto
più di lui.
Nell'istante
in cui le fiamme svaniscono, il Basilisco, probabilmente avvertendo
la mancanza di calore, scatta nella sua direzione direzione con un
unico movimento repentino.
Aqua
eructo!
La
bomba d'acqua che si scatena dal terreno è tale che la bestia viene
scaraventata indietro, trascinata dalla forza della corrente che la
spinge verso la barriera che delimita l'arena.
Butta il nastro in
mezzo a quell'acqua che sta allagando il terreno, così che si
disperda, prima di annullare il sortilegio e correre verso il luogo
più alto presente nell'ambiente.
Ci arriva nel minor tempo
possibile, il cuore che gli batte rapido nel torace e la mente
consapevole che gli restano solo pochi istanti prima che l'animale si
riprenda e torni all'attacco.
Indirizza l'Incantesimo di Adesione
verso le suole delle sue scarpe, così da rendere la scalata più
facile e veloce.
Il problema è che la roccia, in alcuni
punti, sembra non reggere il suo peso, facendo saltare via alcuni
sassi e slittargli il piede, rendendogli il compito più
difficile.
Lance stringe i denti, seccato da quell'incoveniente,
ma non accenna a fermarsi. Si arrampica utilizzando le mani e piedi,
cercando di non perdere tempo.
Anche perché non può
continuare a guardarsi alle spalle, per vedere se la Creatura si sta
avvicinando. E non può nemmeno basarsi sull'udito, dato che il
vociare della folla, elettrizzata, e il temporale che si sta per
scatenare in cielo, copre ogni altro suono.
È quasi arrivato in
cima quando un colpo, veloce e secco come una frusta, lo fa sbalzare
a destra, facendolo impattare con violenza contro una roccia.
Si
accascia sul crostone di pietra, un gemito di dolore che gli sfugge
dai denti a causa della craniata che ha appena preso, riuscendo per
miracolo a frenarsi dal rotolare giù, verso terra, alla mercé della
bestia.
Nell'istante seguente, riesce a spostarsi verso contro la
parete della montagna quanto basta per evitare di essere morso. Sente
però le zanne del Basilisco squarciargli la manica destra della
felpa, affondando di striscio le zanne nella sua carne.
Ignorando
il dolore, Lance serra le dita intorno alla bacchetta.
Sta per
lanciare l'incantesimo quando la Creatura tira indietro la testa,
allontanandosi da lui quanto basta per sfoderare i denti e sibilare
feroce.
Davanti a quella visione, dove le zanne sottili e
aguzze sono sporche del suo sangue, lui si immobilizza e percepisce
il panico premere sulla barriera eretta dall'Occlumanzia per impedire
alle emozioni di avere alla meglio.
Tuttavia è un tentennamento
che dura un battito di ciglia, perché nell'istante seguente
l'istinto – quello che è nato in seguito a tutte le lezioni che
zio Julian gli ha impartito –, lo spinge a scrollarsi di dosso quel
torpore e agire.
Scaglia l'ennesima bomba d'acqua contro
l'animale, sfruttando la furia dell'acqua per allontanarlo da sé.
Poi, rinunciando a salire in cima alla montagna – perché più si
muove, più il veleno del Basilisco entrerà in circolo –, punta la
bacchetta verso l'acqua che ormai ha inondato tutto il terreno.
Vede
il Basilisco, scrollare il capo, probabilmente per scacciare via il
torpore a causa del colpo appena subito, sibilare incollerito e, il
corpo mezzo immerso in quel liquame fangoso, tornare ad avanzare
nella sua direzione.
Furgus!
La
scarica di corrente si propaga nell'acqua, ramificandosi in ogni
dove. L'elettricità giallastra si diffonde sulla superficie marrone,
rapida e implacabile, fino ad arrivare a colpire il nemico.
La
Creatura stride, un suono raschiante che dilania l'aria, facendogli
venire i brividi.
Le squame verdastre sembrano quasi
illuminarsi quando la corrente le attraversa. Il corpo gli trema,
agonizzante di dolore, prima che il serpenti crolli con un tonfo
secco sul fianco, in mezzo a quel mare di melma, la bocca spalancata
e la benda nera a coprirgli l'occhio.
Nel silenzio assordante che
segue, Lance sente le ginocchia cedergli a causa di quel veleno che
si è insinuato nel sangue e che inizia a farlo tremare per i
brividi.
Con
il cazzo che mi avvicino a controllare, pensa
brutale, lasciandosi cadere su quel crostone, i sassi che gli
graffiano i palmi delle mani.
Facendo forza su se stesso per fare
l'ultimo sforzo e completare quella cazzo di Prova, lancia
un Diffindo non
verbale.
La catena che l'animale porta al collo si spezza e, prima
che quella custodia contenente l'inizio per la prova successiva,
affondi nell'acqua, l'appella a sé con un Accio.
Il
tubo di metallo plana nella sua direzione, attirando proprio sopra la
sua mano destra.
Lo osserva per qualche secondo, ancora incredulo
di essere davvero riuscito ad entrare in possesso, prima che un lampo
di luce rossa, lanciato da un giudice, illumini il cielo, seguito da
un leggero botto, e annunci la fine della Prova.
«Trauma
cranico, quattro costole incrinate, una ferita potenzialmente mortale
al braccio, tagli sulla fronte e contusioni alla schiena» elenca
Madama Chips, in un brontolio assorto, mentre gli passa la bacchetta
sul tutto il corpo, così da individuare altre ferite o
lividi.
«Sembra quasi stupita che io sia ancora vivo»
sottolinea Lance, sarcastico, a torso nudo, seduto su uno dei
lettini nella tenda dell'infermiera allestita accanto a quella dei
Campioni.
Lei gli scocca un'occhiata di ammonimento mentre
recupera dalla tasca del grembiule candido una fiala contenente una
pomata violacea che sparge senza troppa delicatezza sul taglio che,
da sopra il gomito, gli scende quasi fino al polso.
«Come se non
avessi vista in condizioni peggiori, signor Rosier» lo fredda secca,
agitando la bacchetta così che delle bende pulite escano dalla punta
e gli avvolgano il braccio. «Quando c'è la finale di Quidditch
Grifondoro contro Serpeverde, la mia Infermeria si trasforma in
rifugio di moribondi per quanto vi linciate in campo» rimarca
implacabile.
«I Grifondoro sono degli animali» conviene
concorde, annuendo con teatralità.
La donna storce le labbra in
una smorfia indispettita.
«Non mi pare che Serpeverde si
comporti meglio» rinfaccia caustica, passando a sistemargli le
costole. Avverte un bruciore fastidioso al torace nel momento in cui
gli incantesimi raddrizzano le ossa. «Io me li ricordo i tempi di
Flint e Baston, senza dimenticare quelli di Bole e Selwyn. Ogni scusa
era buona per iniziare una rissa» afferma contrariata mentre lui
serra le palpebre, guardandosi bene dal lasciarsi sfuggire un gemito.
È abbastanza convinto che la vecchia megera faccia apposta ad avere
il tatto di un Troll di Montagna. «Di Burke e Delacour si possono
dire tante cose, ma almeno non scalpitano per mettersi le mani
addosso» continua un pochino più addolcita, con un cenno di
approvazione del mento.
Perché
Jude, a meno che non gli venga un ictus, non si abbasserebbe mai a
iniziare una zuffa alla Babbana, commenta
Lance, ferreo, nella sua testa, in una accorata difesa del cugino. E
Delacour non si farebbe mai beccare in una situazione compromettente,
con il rischio di passare dalla parte del torto. Salazar, se lo
odio!
Dopo
che anche il costato è tornato come nuovo, si lascia sfuggire un
sospiro di sollievo.
«Direi che il suo lavoro è finito» afferma
distaccato e ha appoggiato i palmi sul letto, così da far forza e
alzarsi, quando una mano lo costringe a rimanere seduto.
Madama
Chips, ignorando la sua occhiata oltraggiata, lo scruta con piglio da
dittatore sanguinario.
«Il mio lavoro sarà finito quando lo dirò
io» lo apostrofa brusca. «Questa è la mia Infermeria. Comando io»
sentenzia prepotente.
Lui inarca un sopracciglio con chiara
provocazione.
«Sto bene» dichiara gelido, sfidandola a
contraddirlo.
«Si vede dal suo viso, infatti» replica la donna,
inclemente, alludendo ai tagli e lividi che ha sulla fronte, lì dove
ha sbattuto contro la roccia.
Sta per aprire bocca, perché dopo
aver affrontato una Creatura Oscura e schivato la morte per un
soffio, di certo non ha paura di una alta un metro e due tappi,
quando Dominique fa il suo ingresso nella tenda.
Lo scruta con
espressione ansiosa, quasi fosse incredula di vederlo vivo e,
quasi, in salute.
Quando si dice l'ottimismo, commenta
ironico nella sua testa, irritato da quella mancanza di fiducia. E dire che mi ha visto uscire quasi integro dall'arena.
«Signorina
Weasley» la chiama Madama Chips, secca, riprendendosi dalla sorpresa
di essersi trovata un'ospite nel suo regno. «Non le dico nemmeno che
non dovrebbe trovarsi qui» afferma spossata, per nulla intenzionata
a iniziare un'altra discussione. «Chiuderò un occhio sulla sua
presenza, se mi tratterrà qui il signor Rosier giusto il tempo di
comunicare alla Preside che il suo Campione non corre alcun pericolo»
concede magnanima.
Dominique annuisce, stranamente docile e poi,
solo dopo che sono rimasti soli, azzarda ad avvicinarsi con
cautela.
La vede osservarlo con l'apprensione che le incupisce i
lineamenti del volto, gli occhi azzurri che rimbalzano ansiosi dai
tagli ai lividi che gli costellano la fronte.
«Sentiti in colpa»
rinfaccia Lance, brutale.
Lei sbatte le palpebre, presa alla
sprovvista.
«Per cosa?» domanda in un pigolio vacuo.
«Mi hai
quasi ammazzato» sottolinea lui, inarcando le sopracciglia con
eloquenza. «Te lo dico: se Evan era disposto a morire per Emmeline,
questo non significa che io sia disposto a fare lo stesso per
compiacerti» puntualizza implacabile, serrando la mandibola per il
disappunto. «Voglio restare su questo mondo il più a lungo
possibile e-»
Si interrompe di colpo, sconvolto e completamente
inebetito, quando Dominique scoppia in un pianto disperato e
isterico.
Lance rimane immobile, pietrificato, mentre lei gli
butta le braccia al collo, stringendolo in una presa tremolante, e
inizia a singhiozzargli sulla spalla destra.
Ci mette
qualche secondo per scacciare via lo sgomento, sfarfallando più
volte le ciglia, prima di accarezzarle la schiena con la mano
sinistra con carezze lente e rassicuranti.
«Domi, lo sai che
detesto vederti così quando non sono io a ridurti in questo stato»
le ricorda sommesso, con una punta di asprezza.
Lei annuisce,
continuando a tremare e non accennando a staccarsi o arrestare quel
fiume di lacrime.
E lui, perché si sente magnanimo, rinuncia a
irritarsi per quella reazione melodrammatica. Anzi, essere riuscito a
scansare la morte – cosa non così scontata quando si è un
Rosier –, lo rende quasi benevolo a tentare di consolarla.
«Sei
proprio un'illusa se pensi che mi vogliano all'inferno prima del
tempo» dice, quindi, sarcastico, circondandole la vita con le mani
per stringerla a sé.
Sopporta i seguenti dieci minuti di pianto,
singhiozzi, scuse mugugnate che gli infradiciano la tuta con la calma
e la tranquillità di un maestro zen da strapazzo.
È
proprio vero che vedere la morte in faccia renda più buoni, commenta
nella sua testa, lapidario, concedendole di usarlo come fazzoletto
umano.
Passato il momento di sconforto, Dominique si allontana da
lui con due occhi umidi e arrossati, e la faccia più brutta che
abbia mai visto.
«Tu non vai all'inferno senza di me» sostiene
caparbia, in un mormorio spezzato, senza allontanare le braccia dalle
sue spalle.
«Scordatelo» ribatte Lance, brusco. «Almeno lì mi
lasci da solo» dichiara inflessibile.
Lei abbozza un microscopico
sorriso, anche se i lineamenti del volto rimangono rigidi. Recupera
la bacchetta dalla tasca del cappotto, così da far scomparire le
ecchimosi che gli sono venute a causa dell'incontro tra il suo viso e
la parete rocciosa di quella montagna.
«Perché hai lanciato via
il mio pegno, ad un certo punto?» la sente chiedere, flebile.
Lui
scrolla le spalle, placido.
«L'ho stregato affinché emettesse
delle vibrazioni» spiega rapido, ricordando di aver letto che i
serpenti sono attratti da quelle. Storce le labbra in una smorfia
scontenta, aggrottando le sopracciglia contrariato. «Era un
diversivo, anche se non ci è voluto molto prima che il Basilisco si
rendesse conto dell'inganno» considera, consapevole che non fosse
sto grande piano.
«E dovevi usare proprio il mio nastro?»
replica Dominique, fingendosi acida.
«Potevo usare la felpa» le
fa notare Lance, eloquente, decidendo di assecondarla e mettere in
scena quel tentativo di bisticcio ridicolo. «Ma se mi fossi
spogliato davanti a tutti, tu saresti impazzita» continua sicuro,
assolutamente certo delle sue parole. «Sulla gelosia, ci dobbiamo
lavorare, perché mi stressi senza motivo» aggiunge risoluto.
«Disse
colui che ha detto all'intera Inghilterra che è single» rinfaccia
lei, risentita, perdendo quell'aria scherzosa. Sì, perché la
gelosia la priva della ragione. Non che di solito la sua ragazza
abbia chissà quale rapporto con il proprio cervello. «Sai di
esserti scavato la fossa, vero Rosier?» domanda eloquente, assumendo
un'espressione battagliera che lo eccita da morire.
Lui ridacchia,
per nulla spaventato.
«Domi, ci hanno provato in molti a farmi
fuori. Un Basilisco, per ultimo» puntualizza presuntuoso, con un
sorriso carico di trionfo. «Non ce l'hanno fatta loro, figurati tu»
sottolinea derisorio.
Dominique si incupisce, stringendo le
palpebre con fastidio. Poi, inaspettatamente, il viso le si distende
in un'espressione sicura di sé.
«Non mi sottovalutare» risponde
morbida, accarezzandogli amorevole la guancia destra. «Io sono come
distruggerti» sostiene certa.
Lui inarca le sopracciglia, senza
riuscire a trattenersi dal sorridere sarcastico.
«Credimi, l'ho
imparato a mie spese» assicura distaccato, scuotendo il capo con
l'aria di chi lo sa bene.
È
orribile? Ne sono consapevole ma, visto che è stato scritto in una
situazione d'emergenza, non mi importa.
Ci sono andata palesemente
pesante perché affrontare un Basilisco, checché ne dica Louis, non
deve essere una passeggiata.
E non sarebbe stato credibile se
Lance lo avesse steso in dieci minuti.
Parliamo di una Creatura
considerata tra le più pericolose tra quelle magiche.
Ora, per
eliminare quella bestiaccia, ho preso in considerazione di tutto.
Ho pensato di bruciarla, soffocarla, schiacciarla, finché non mi è
balenata l'idea di fulminarla.
In tutto ciò, mentre elaboravo
questo piano malvagio, mi sono sentita la Crudelia de Mon che voleva
accoppare i cuccioli di turno. Insomma, mi sono sentita un
mostro.
Però dovevo salvare Lance in qualche modo, visto
che sono stata io a infilarlo in 'sto casino.
Spero che il
capitolo vi abbia strappato un sorriso, seppur minimo.
Un
abbraccio,
Blue
Fuoco
perpetuo: non so se finché è attivo, sia impossibile
lanciare altri incantesimi. Questa è una licenza che mi sono presa.
|
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Capitolo 3 *** Molly Weasley, l'invincibile principessa guerriera forgiata dal fuoco di mille magagne ***
Molly
Ti
saranno date tre ore di tempo,
vedi
di trovare l’uscita nel frattempo.
Sarai
solo, isolato e inzuppato,
senza
alcun incantesimo come alleato.
Ascolta
i tuoi compagni e usa l’intuito
saranno
il tuo solo aiuto.
Molly
fissa assorta quelle poche righe vergate in un inchiostro nero.
Ha
riletto la pergamena che è uscita fuori dal cilindro di piombo,
arrotolata su se stessa, dopo che Lance è riuscito a sconfiggere il
Basilisco. Ha sviscerato ogni frase, analizzando più e più volte
ogni singolo termine, sperando così di aver qualche indizio su
quello che dovrà affrontare.
Nulla,
niente di niente.
Sa
solo che avrà un tempo limite entro il quale dovrà portare a
termine la prova, altrimenti game over.
Si
raggomitola meglio sul divano, imbacuccata in una coperta per
scacciare il freddo pungente che serpeggia nella Sala Comune di
Grifondoro e che le braci del camino non riescono a scacciare.
Sbuffa
scocciata, quell’unico suono che spezza il silenzio della notte,
prima di tornare a orientare le iridi castane verso l’indizio e
riprendendo ad arrovellarsi il cervello.
«Allora»
esordisce Lance, pratico, quando si fermano a parlare in un
corridoio, al termine delle lezioni pomeridiane, con lo stesso piglio
autoritario di un generale che si appresta a guidare i suoi uomini in
una missione potenzialmente mortale. Vorrebbe capire che gli ha dato
quella carica, poi. Conoscendolo, si sarà nominato da solo, convinto
di averne il diritto. «È necessario prepararsi se vogliamo superare
questa seconda prova» sentenzia inflessibile, fissandoli con due
gelidi occhi azzurri.
Molly
inarca le sopracciglia, scettica.
«Perché
parli al plurale se la devo affrontare io?» fa notare piccata.
«Perché
siamo insieme in questo casino» risponde lui, risoluto. «E visto
che siamo primi in classifica grazie a me,
ho intenzione di vincere questo cazzo di Torneo» afferma tracotante.
Morgana, se è insopportabile! «Poi ho intenzione di punire chi ha
infilato il mio nome nel Calice» ribadisce perentorio, con un
sorriso crudele sulle labbra.
«Sai
chi è il colpevole?» domanda lei, attonita, sbattendo le ciglia.
«I
colpevoli» precisa suo cugino, pronto, senza ombra di esitazione
nella voce. «E sto progettando minuziosamente la loro agonia»
rivela sanguinario, deliziato all’idea.
Etienne,
al fianco, rimane sereno, sfoderando un viso riposato e fresco.
«Nessuna
possibilità di perdono?» chiede leggero.
«Non
se lo meritano, il perdono, chi ha tentato di infilarmi in una cassa
prima del tempo» risponde Lance, sferzante, in un sibilo. Poi
schiocca la lingua, cercando di ricomporsi. «Tornando alla Prova»
riprende distaccato, accantonando per un momento pozze di sangue e
vendette feroci. «L’ultima volta prevedeva un bagno nel lago»
ricorda serio.
Il
suo ragazzo annuisce.
«Improbabile
che la replichino» conviene sicuro, come se avesse già valutato
quell’opzione. «Ma è anche vero che l’indizio dice inzuppato,
quindi avverrà in un posto dove c’è parecchia acqua»
riflette ponderato, socchiudendo appena le palpebre.
«Mi
viene in mente solo la Camera» ammette Molly, piano, storcendo il
viso in una smorfia meditabonda. «Ma dubito che si svolgerà lì»
aggiunge concreta.
«A
meno che il Ministro non voglia perdere la poltrona, lo penso
anch’io» concorda Lance, spassionato, anche se quell’idea gli ha
illuminato gli occhi di un’inquietante luce intrigata. «Quindi, se
non è il lago, rimane l’impianto idrico» termina secco.
Etienne
inarca le sopracciglia, per nulla contento.
«Che
è praticamente un labirinto» dichiara lieve. «E questo darebbe
senso al vedi
di trovare l’uscita nel frattempo»
rammenta assorto, alludendo all’indizio scritto sulla pergamena.
Lei
si sforza di deglutire, tesa.
«Mi
preoccupa il senza
alcun incantesimo come alleato»
confessa controvoglia, serrando la mandibola con irritazione.
«Capisco il doversi affidare a voi ma… non so, senza la magia mi
sento inerme» butta lì, in un mormorio penoso.
Sente
una mano sfiorarle la schiena, in una carezza delicata. Alza le iridi
per incontrare quelle chiare e luminose del suo ragazzo.
«Vuoi
che l’affronti io?» propone lui, morbido.
«No,
ce la posso fare» sostiene Molly, tenace. Non esiste al mondo che si
tiri indietro! «E poi il peggio se l’è beccato Lance» sottolinea
con una punta di perfidia.
Etienne
ricambia quel sorriso complice.
«Non
voglio sapere se per peggio intendi il Basilisco o Domi» ridacchia
piano.
«Ma
che carini!» esclama suo cugino, con spregio, mettendoci eccessiva
enfasi. Li fissa nauseati, prima di roteare gli occhi e appellarsi a
ogni antenato possibile per evitare di mollarli lì e andarsene.
«Ora, se avete finito di fare i fidanzatini, possiamo parlare del
piano?» chiede brusco.
Lei
aggrotta la fronte, perplessa.
«Che
piano?» scandisce lentamente, con un guizzo di paura.
«Quello
per prepararti» risponde l’altro, scocciato. Le scocca un’occhiata
dall’alto in basso, con palese compatimento. «Davvero vuoi farti
una scampagnata nelle fogne in queste condizioni?» sottolinea rude.
«Cosa
intendi per condizioni?» ribatte Molly, accigliandosi e sentendo la
rabbia iniziare a infuocarle le vene. «E pensa bene a quello che
stai per dire, Rosier» lo avvisa minacciosa, il viso storto in un
cipiglio terribile.
Lance
non batte ciglio.
«Non
hai un minimo di resistenza o muscolo» afferma veemente, con una
schiettezza che sfocia nell’inciviltà. «In poche parole, sei una
piattola» riassume villano, facendole sgranare gli occhi castani e
rischiando di farle scoppiare le coronarie per l’oltraggio.
«Quindi, da domani, iniziamo ad allenarci» decreta intransigente.
«Ci vediamo alle sei in punto nel parco» decide rigoroso.
Lei,
che dovuto fare forza su se stessa per evitare di saltargli addosso e
iniziare una rissa alla Babbana, non si risparmia di rifilargli uno
sguardo fosco e affilato.
«Ma
domani piove» fa notare scorbutica.
«Che
lagna, non saranno certo quattro gocce di pioggia a fermarci!»
Sotto
quella che è una perfetta replica del diluvio universale, Molly, il
viso e i capelli rossi inzuppati di pioggia – fortuna che almeno la
tuta è asciutta grazie a un Incantesimo Impermeabile –, recita una
sfilza di maledizioni contro il demonio, suo cugino e il grandissimo
infame che ha osato gettare il suo nome nel Calice.
Il
tutto mentre sta tenendo il plank e sente il corpo infiammato per lo
sforzo.
«Vi
odio» sibila di cuore, in affanno, scoccando un’occhiata di fuoco
agli altri due che stanno eseguendo lo stesso esercizio come se lo
facessero tutti i giorni.
E
forse è così.
No,
per la sua salute mentale, non lo vuole sapere.
«Ancora
dieci secondi» la incoraggia Etienne, al suo fianco, con una flemma
invidiabile. «E… stop!»
A
quella parola, che ha lo stesso suono delle trombe del paradiso, lei
si accascia al suolo, senza fare caso al fastidio dell’erba bagnata
sotto il viso o al fango che le ha inevitabilmente macchiato i
vestiti. Si sente a pezzi, prova un dolore lacerante anche a muscoli
che non credeva di avere.
È
come se fosse stata calpestata più volte da una mandria di centauri
impazziti, tanto è distrutta e intontita.
«Ti
concedo cinque minuti per riprenderti» afferma il suo aguzzino, con
quella che deve sembrargli grande generosità. Se avesse un minimo di
energia, non esiterebbe a tentare di strangolarlo. «Poi passiamo al
prossimo step» decreta serio.
A
fatica, Molly solleva appena la faccia dal suolo.
«Già
dopo la corsa intorno al lago avete rischiato di perdermi» biascica
stremata, sperando di fargli pena e farlo tornare in sé. «Il plank
mi ha quasi ammazzato. Pietà, interrompiamo qui per oggi!» supplica
sfinita, pensando che dovranno farla fluttuare fino al Castello
perché non ha la forza per tornarci sulle sue gambe.
«La
Seconda Prova non avrà pietà» replica Lance, brutale, per nulla
intenerito dalle sue condizioni. Anzi, le rivolge un’occhiata
altezzosa, appena scocciata per quella lamentela che sicuramente
considera da piattola.
«E
nemmeno io. Ti restano tre minuti di tempo» la informa implacabile,
lasciandosi sfuggire un sorrisetto che sottolinei che un po’ sta
godendo della sua sofferenza.
Serrando
la mandibola con veemenza e rinvigorita dalla furia omicida che le ha
invaso le vene, lei punta i gomiti a terra per sollevare il busto
dall’erba.
«Voglio
sapere come cavolo fa Domi a non mandarti a fanculo quando fai il
Filottete della situazione» esige imperiosa mentre Etienne,
soffocando una risata che gli fa tremare le labbra, l’aiuta a
rimettersi in piedi.
Suo
cugino la fissa con compatimento.
«A
lei richiedo un altro tipo di resistenza» svela spiccio, scrollando
il capo, per nulla imbarazzato per quella allusione. E
grazie tante,
pensa
Molly, polemica, sai
che fatica si prova quando si è presi dalla foga dell'eccitazione!
«Pronta
per le flessioni?» si informa spassionato, ignorando i suoi occhi
sbarrati e lo squittio di terrore che ne è seguito.
Quel
ventiquattro febbraio, Molly è tranquilla.
Dopo
mesi di supplizio, in cui si è fatta più volte ogni girone
dell’inferno, affrontando ogni tipo di prova possibile e
immaginabile ideata da Lucifero in persona – suo cugino,
autonominatosi suo personal trainer, concretizzando uno dei suoi
peggiori incubi – e sopportato le bugie di quel grandissimo
mentecatto di Belzebù – dai,
ancora uno sforzo ed è finita! Non
era mai vero, puttana il demonio! Bisogna essere davvero delle
creature grette e meschine per mentire in faccia a una moribonda! –,
non ha affatto paura.
Qualsiasi
cosa preveda la Seconda Prova, fosse pure un duello con Lord
Voldemort in persona, non può essere peggio di quello che ha già
subito.
Quindi,
forte di queste convinzioni, scende in Sala Grande per consumare una
colazione leggera con una nonchalance che ha dell’invidiabile.
«Tutto
bene?» si premura di chiedere Victoria, scoccandole un’occhiata
apprensiva, sedendosid dall’altro lato del tavolo.
Molly
annuisce, rilassata.
«Alla
grande» risponde serena, versandosi del caffè nella propria
tazzina.
L’altra
la fissa con scetticismo.
«Molly,
se sei sotto l’effetto di qualche strana sostanz-»
«Non
dire cavolate» la blocca lei, brusco, aggrottando la fronte con un
guizzo di irritazione. «Sono perfettamente in me» sentenzia sicura,
drizzando la schiena in una posa dignitosa e beccandosi uno sguardo
per nulla convinto che rischia di farle saltare i nervi. No,
trattieniti, non è il caso di sbottare di prima mattina!
«Dopo
tutto quello che ho passato, col cavolo che mando tutto alle ortiche.
Ci vuole ben altro per far desistere Molly Weasley» afferma
convinta.
«Non
farti sentire da Rosier o potrebbe prenderla come una sfida»
sussurra una voce posata dietro di lei.
Volta
il capo a sinistra appena in tempo per vedere il suo ragazzo prendere
posto accanto a lei.
Si
lascia sfuggire una smorfia scontenta, prima di storcere il viso in
un’espressione battagliera.
«Sappi
che non ho affatto scordato che sei stato complice» lo avvisa
bellicosa, per nulla intenzionata a perdonare, figuriamoci
dimenticare!
Non
se lo meritano, il perdono, i bastardi e i mentecatti!
«Lo
assecondavo solo perché allenarti non ti avrebbe fatto male»
precisa Etienne, pacato, piegando le labbra in un sorriso
affascinante che avrà fatto sospirare schiere di ragazze. Okay, pure
lei, perché i geni Veela solo un attentato ai suoi ormoni. «Anzi,
mi tranquillizza sapere che ora sei preparata al peggio» espone
disinvolto, servendosi del tè e tagliandosi una fetta di plumcake da
uno dei grossi piatti dorati al centro della tavola.
Molly
lo fissa scettica, per nulla intortata da quella farsa.
«Come
no» sbuffa scontrosa, prima di ridurre gli occhi castani in due
fessure. «Ti avverto che ho intenzione di farti patire tutto quello
che ho sofferto io e che non mi fermerò nemmeno se dovessi
supplicarm-»
«Cuore
mio» la interrompe lui, deliziato, con un sorriso splendenteche
rischia di provocarle un infarto. «Spero davvero che lo farai. Adoro
quando fai la cattiva» rivela raggiante, fraintendendo del tutto la
sua intenzione di torturarlo e ucciderlo come merita.
«Guarda
che non hai capito!»
«Penso
di sì. Anche stavolta prevedi delle manette o ritorniamo sulle
catene?»
Suo
malgrado Molly, forse anche intercettando l’espressione sconvolta
di Victoire, scoppia a ridere di cuore, rilassando i muscoli delle
spalle.
«Che
coglione che sei» lo apostrofa bonaria, di buon umore.
Già,
come se non dovesse affrontare una prova mortale tra meno di un’ora.
Quando
Molly riprende i sensi, ci mette qualche secondo per mettere a fuoco
dove si trova.
Sbatte
le palpebre, cercando di scacciare l’intontimento dovuto alla
Pozione Soporifera che i responsabili del Torneo le hanno fatto bere,
dopo aver radunato lei e gli altri Campioni nella Sala Grande.
Poco
a poco, mentre il torpore svanisce e la mente torna lucida, si rende
conto di essere al centro di un condotto, sdraiata su delle
mattonelle fredde e umide.
A
pochi metri da lei, anche gli altri due ragazzi si stanno
risvegliando e si guardano intorno con il suo identico smarrimento.
Dopo
essersi portata seduta – gli strascichi della pozione rendono i
suoi gesti impacciati e lenti –, Molly percepisce un fiotto di
calore divampare dalla tasca destra dei pantaloni della tuta. Con le
sopracciglia aggrottate per la confusione, si ritrova tra le dita un
frammento di Specchio Gemello grande quanto una Ricordella.
Dall’altra
parte della superficie liscia del vetro,
Etienne la osserva con due limpidi occhi azzurri appena velati
dall’apprensione.
«Stai
bene?» le domanda premuroso.
Lei
annuisce, senza riuscire a reprimere un sorriso di sollievo.
«Io
sì, i miei capelli un po’ meno» ironizza leggera, sentendo già
le ciocche rosse risentire dell’umidità di quel posto.
«Fai
poco la spiritosa» la blocca Lance, sferzante. senza entrare
nell’inquadratura. «Possiamo restare in contatto per poco tempo,
quindi vedi di ascoltarci» ordina perentorio.
Nota
il suo ragazzo indirizzare all’altro un’occhiata obliqua.
«Ci
hanno spiegato che dovremmo guidarti verso l’uscita» spiega quando
torna a guardarla, recuperando il solito, invidiabile, controllo.
«Abbiamo sotto il naso una piantina dell’impianto idrico ma non
possiamo usare la magia per sapere dove ti sposterai» la informa
rapido. «Quindi dovrai essere il più precisa possibile nel seguire
le nostre indicazioni» afferma autorevole. «Analizza l’ambiente.
Che cosa vedi?» domanda serio.
Molly
si guarda intorno, la mente di nuovo lucida.
Si
trova al centro di una piazzola rettangolare, da cui partono quattro
tubi larghi e alti circa tre metri.
Le
mattonelle su cui è seduta sono viscide, ragion per cui si affretta
ad alzarsi in piedi. Inoltre, sono anche rotte, il che significa che
c’è anche il rischio di mettere un piede in fallo e ruzzolare.
Quello
che calamita la sua attenzione, però, non è la difficoltà di dover
procedere su un terreno dissestato o la semioscurità che ammanta
ogni cosa.
È
il silenzio.
Tranne
i bisbigli degli altri Campioni, che, come lei, stanno parlottando
con i loro compagni, non sente nessun rumore. E questo contribuisce
non solo a dare un aspetto spettrale a quel posto ma le provoca un
genuino moto di panico.
«Calma»
mormora Etienne, morbido, attirando immediatamente la sua attenzione
e rivolgendole un sorriso rassicurante. «Sono qui con te»
sottolinea rincuorante.
Lei
annuisce, anche se un po’ la indispone essere così trasparente.
«Ci
sono quattro condutture posizionate come i punti cardinali» racconta
concentrata, dopo aver scacciato il timore e ripreso il controllo.
«Due
di queste dovrebbero partire dai lati corti dello spiazzo in cui ti
trovi» afferma Lance, pratico, sempre al di fuori dell’inquadratura.
«Le vedi?» chiede spiccio.
«Sì»
risponde Molly, all’istante, spostando le iridi castane prima
sull’una e poi sull’altra. «Quale prendo?» domanda attenta,
pronta ad affrontare la sua Prova del Torneo.
«Quella
che vuoi» concede Etienne, posato, mentre lei getta un’occhiata
allibita allo Specchio. «Portano entrambe all'uscita» la informa
quieto, mentre lei avanza verso quella più vicina. «Se hai preso
quella a sinistra, dovrai camminare per un bel po’ di metri, se
invece hai scelto quella destra, ci sarà subito un incrocio con
altri due tubi» spiega con semplicità.
Dopo
che è entrata nel condotto, avanza con estrema cautela – la
superficie sotto le sue scarpe da ginnastica è liscia. Niente più
mattonelle, ma questo non significa che non possa scivolare da un
momento all’altro – verso il buio che cela chissà quale
pericolo.
Si
ritrova per riflesso a serrare la presa allo Specchio.
«Il
tubo sembra procedere dritto» constata in un sussurro, in allerta.
«Allora
hai preso quello a sinistra» commenta Lance, sicuro. «Okay, fra
parecchi metri dovresti trovarti di fronte a un incrocio. Prendi la
prima a sinistra, poi quella subito a destra e… Molly?»
«Sì?»
pigola nervosa, gli occhi incollati all’oscurità verso cui sta
procedendo e tutti i sensi vigili.
«Vedi
di non farti ammazzare» raccomanda Lance, amabile, facendo scattare
la testa di lei verso lo specchio. E, anche se non lo può vedere –
perché è il viso del suo ragazzo quello che occupa tutta la
superficie –, sa benissimo che ha piegato le labbra in un sorriso
beffardo. «Altrimenti mi troverò costretto a spedirti la tua dolce
metà prima del tempo» afferma magnanimo, facendo inarcare le
sopracciglia di Etienne con scetticismo e le sue con incredulità.
«Ho la sensazione che, in queste tre ore, soffrirà molto più di
te» sostiene deliziato, senza riuscire a nascondere il godimento.
«Quindi
è così che ti si ammazza. Prendo nota».
Etienne
solleva le iridi chiare dalla piantina che ritrae quel groviglio che
sono le condutture del Castello, rivolgendo all’altro un’occhiata
che non cela l’ironia.
Dopo
che la comunicazione con Molly si è interrotta – gli organizzatori
della Prova li hanno informati che avrebbero avuto solo sei chiamate
a disposizione, ciascuna di dieci minuti – è rimasto immobile,
seduto al banco di quell’aula in disuso nella quale dovranno
rimanere per tutte le tre ore.
Quando
li hanno portati lì, li hanno inviati ad accomodarsi sulle due
uniche sedie presenti, hanno requisito loro le bacchette e le
tracolle, avvertendoli che l’unico strumento per aiutare Molly è
la mappa che hanno davanti agli occhi.
«Sai,
trovo commovente che tu stia cercando di distrarmi» dichiara ilare,
appoggiando le scapole contro lo schienale in legno della sedia e
sfoderando un sorriso deliziato. «Forse Domi ha ragione quando dice
che, in fondo, sei tenero»
insinua leggero, gli occhi azzurri baluginanti di divertimento.
Rosier,
appoggiato di schiena alla parete di fronte e con le braccia
incrociato al petto, arcua le sopracciglia con scherno.
«Domi
mi crede migliore di quanto non sia» decreta concreto, scrollando le
spalle, per nulla toccato da quel complimento che deve sembrargli
un’onta ignobile. «E non pensare che non gliela farò pagare solo
perché la amo» lo avvisa sanguinario.
«E
per cosa?» replica lui, placido, stando al gioco. «Per averti dato
la possibilità di dimostrare di essere il migliore davanti a due
delegazioni e l'Inghilterra intera?» sottolinea eloquente.
«Per
aver provocato un mezzo infarto a vati»
corregge l’altro, distaccato, con una punta di risentimento nella
voce. Lo fissa con compatimento, come se avesse di fronte un
imbecille. Il che gli ricorda un po’ le schermaglie che
intraprendeva con Lupin per ammazzare la noia, anche se le occhiate
del Corvonero erano più inquietanti e velate di isteria. Ah, i bei
vecchi tempi! «Non avevo bisogno di affrontare un Basilisco per
sapere di essere il meglio che questa scuola può offrire» continua
presuntuoso, totalmente sicuro di sé.
«Ricordati
di sfoderare questa sicurezza anche quando verrai a Villa Conchiglia»
consiglia Etienne, fingendosi premuroso. «O zia Fleur ti divorerà»
afferma lungimirante, intrigato da quella prospettiva. «Paura?» si
informa carezzevole, ampliando quel sorriso perculatorio.
Rosier
inarca le sopracciglia, scettico.
«Di
abbassarmi a tanto?» ribatte sarcastico. «Sì» risponde brutale,
di cuore. Poi riprende a sorridere con l’aria di chi si sta
divertendo un mondo. «Fossi in te, mi preoccuperei di dover
affrontare zia Joanne» consiglia mellifluo, sospirando teatrale,
alludendo alla capostipite dei Burke, la dinastia da cui Molly
discende. «I tuoi modi potranno affascinare molte ma la vecchia
malefica è da troppo su questo mondo per farsi ingannare da un
mangiarane slavato che ha un pedigree discutibile» termina quasi
rammaricato, scuotendo il capo, prima di tornare a ghignare con
gusto. «Non vedo l’ora di assistere alla prossima riunione di
famiglia» confessa in un sussurro estasiato, probabilmente
immaginando un gran scorrere di sangue, urla e incantesimi mortali.
Molly
si lascia sfuggire uno sbuffo, scornata, quando si trova di fronte a
un condotto chiuso.
Masticando
un puttana
il demonio
tra
i denti, è costretta a retrocedere, tornando all’incrocio che ha
superato poco prima.
Forse
Etienne non ha del tutto torto quando dice che ha il senso
dell’orientamento di un ubriaco. Ovviamente non glielo confesserà
manco morta, perché col cavolo che gli darà un ulteriore pretesto
per prenderla in giro.
Prima
di imboccare la conduttura alla sua destra, si premura di fare un
segno con il bordo appuntito dello Specchio – perché sia mai che
gli organizzatori della prova gliene abbiano fornito uno con cui non
rischia di tagliarsi le dita – sul metallo della parete, così da
avere dei punti di riferimento e sapere che strade ha già preso, nel
caso dovesse tornare di nuovo indietro.
Certo,
vista la scarsa luminosità delle fogne, il filo di Arianna sarebbe
stato più utile ma è inutile lamentarsi.
Dopo
aver percorso non sa quanto, si ritrova su un parapetto situato sopra
un’altra piazzola. È più lunga e stretta rispetto a quella in cui
ha ripreso i sensi, ma anche più in basso. Per accedervi, dovrà
scendere dei gradini.
Molly
si appoggia alla ringhiera di ferro, stringendo le dita intorno al
metallo freddo, cercando di scrutare quello che c’è sotto, avvolto
nel buio.
Socchiude
appena gli occhi, le orecchie tese a captare qualsiasi suono.
Sente
tanti piccoli rumori, simili al ticchettio dell’orologio. Sembrano
del tutto innocui ma dubita che lo siano per davvero.
Dopo
aver infilato il frammento di Specchio al sicuro nella tasca dei
pantaloni della tuta – così da evitare di perderlo o, peggio, di
romperlo –, scende con circospezione i gradini.
Sussulta
quando il piede si scontra con un sasso.
Si
immobilizza di colpo, la mente che riflette rapida. Lo raccoglie dopo
una leggera esitazione, stringendolo nella mano destra quasi fosse
un’arma.
Non
è pesante e averlo la fa sentire più sicura. Almeno ha la
possibilità di reagire con qualcosa, se la situazione dovesse
degenerare.
Nel
momento in cui appoggia entrambi i piedi su quella superficie piatta,
che le ricorda vagamente il fondo di una piscina vuota, avanza cauta.
Il
ticchettio si fa sempre più vicino e prepotente.
Molly
trattiene il respiro, tesa, prima di sgranare gli occhi e dischiudere
la bocca.
Davanti
a lei, a pochi metri di distanza, ci sono decine e decine di
Chizpurfle.
Piccoli,
simili a granchi che appaiono neri a causa della poca luce presente
nell’impianto di scarico, sono raggruppati in montagnette sparse su
tutto il pavimento di metallo.
Con
sconforto, si rende conto che le ostruiscono il passaggio. Per
raggiungere l’altra parte dello spiazzo, sarà costretta a passare
tra quelle bestie.
Sente
le spalle afflosciarsi, sconfortata.
Ricorda
di averli studiati durante le lezioni di Cura delle Creature Magiche.
Non rammenta tutte le informazioni relative a quegli animali ma sa
per certo che, se pieni di sostanze magiche, possono essere molto
pericolosi.
Eppure,
dopo averli scrutati con occhio critico, si rende conto che
dovrebbero essere privi di quel liquido acido che li rende tanto
pericolosi. Sono troppo piccoli e non presentano il corpo gonfio.
Una
piccola fortuna nella sfortuna, insomma.
Dopo
aver fatto un paio di respiri profondi, Molly si prepara a elaborare
un piano.
La
strategia migliore sarebbe quella di correre dall’altra parte,
scavalcandoli e sperando di sfruttare l’effetto sorpresa.
Sa
che i Chizpurfle attaccano in branco, se si sentono minacciati, e
anche che si nutrono di magia. È probabile che cercheranno di
saltarle addosso, percependo la magia nel suo sangue, tentando di
aprirsi un varco nella carne a suon di zanne.
Okay,
posso farcela,
cerca
di convincersi, annuendo con il capo e inumidendosi le labbra
screpolate. Tre,
due, uno…
Scatta
in avanti, andando incontro a quelle bestie.
All’improvviso,
forse avvertendo la sua magia farsi sempre più vicina, i Chizpurfle
iniziano a stridere, muovendosi con piccoli ma rapidi movimenti nella
sua direzione.
Combattendo
contro l’impulso di fare dietrofront, Molly si costringe ad andare
avanti, a non fermarsi per nessuna ragione al mondo. Scarta a destra,
cercando di evitarne il più possibile, per poi continuare a correre
a perdifiato verso la scaletta in fondo alla vasca.
Con
il cuore che le martella nel petto e sentendo qualcosa
attaccato
alla tuta, si blocca solo dopo aver salito rapidamente i gradini.
Una
volta su quel parapetto, l’agitazione prende la meglio.
Non
riesce fare a meno di trattenersi dall’urlare quando si sente
mordere e cerca di scrollarseli di dosso, agitandosi convulsamente.
Si
strappa via con foga quelli che cercano di rimanere ancorati alla
felpa. Quelli che cadono per terra, dopo un attimo di stordimento,
tornano ad attaccarla e Molly, preda dell'isteria, inizia a
calpestarli e schiacciarli con foga con la pietra, sfogando tutto il
panico in quei movimenti ripetuti e disperati.
Solo
dopo un po’ – non sa esattamente quanto, ha perso la cognizione
del tempo –, si rende conto che ai suoi piedi non ha altro che
delle carcasse deformi e prive di vita.
Tirando
un sospiro di sollievo, Molly si accascia sul pavimento del
parapetto. Il corpo è scosso da tremiti e brucia nei punti in cui i
Chizpurfle l’hanno morsa.
Lascia
andare il sasso accanto a sé, portandosi le mani tremolanti davanti
al volto.
Le
sfugge un gemito dai denti nel constatare quanto le dita siano rosse
e insanguinate.
Stremata,
percependo l’eccitazione dell’adrenalina svanire, appoggia il
capo contro la parete di metallo, concedendosi di chiudere gli occhi
per qualche momento.
Rimane
ferma, respirando a pieni polmoni e cercando di ignorare il bruciore
sulla pelle e il sangue di cui è imbratta, almeno finché non
percepisce lo Specchio scaldarsi.
Lo
estrae dalla tasca dei pantaloni, con movimenti impacciati, prima di
avvicinarlo al viso e accettare la chiamata.
«Tutto
okay?» chiede Etienne, socchiudendo appena le palpebre, dopo che la
faccia di Molly compare sulla superficie del vetro. Trattiene per un
momento il fiato, gli occhi che scrutano avidamente il viso pallido
dell’altra e i suoi capelli rossi e arruffati. «Sembri stravolta»
sostiene accorto.
«Chizpurfle»
risponde lei, stremata, in un debole soffio.
«Dimmi
che non ti sei fatta mettere in difficoltà da un paio di miseri
crostacei!» esclama Rosier, sdegnato, sperando di aver sentito male,
staccandosi dal muro e avvicinandosi alla scrivania fino ad
appoggiare sopra i palmi delle mani accanto alla piantina. «Salazar,
Molly, sono degli stupidi granchi» espelle nauseato, arricciando il
naso oltraggiato e per nulla toccato dalle condizioni in cui è.
«Non
erano un paio!» sbotta la sua ragazza, con uno slancio di veemenza
che le infuoca le guance e la voce. «Non farlo, cugino, mai come in
questo momento sono stata tanto vicina dall’augurarti un soggiorno
tra le fiamme infernali» lo avverte bellicosa, al limite della
tolleranza.
Etienne
rimane impassibile, trincerato dietro la ragione, ed evitando di
assecondare quei due che, nervosi, rischiano di sprecare il tempo
della chiamata per battibeccare.
«Che
strada hai fatto?» pretende di sapere, deciso, interrompendo quella
lite inutile. Molly si morde la lingua per reprimere una replica
sferzante diretta al Serpeverde, prima di passarsi una mano sulla
faccia per scacciare via l’irritazione.
«Ho
seguito le vostre indicazioni» racconta composta,d i nuovo padrona
di sé. «Ho percorso una tubatura fino a raggiungere una piazzola
rettangolare» continua, e lui fa scivolare le iridi chiare fino a
individuare quel luogo sulla mappa. «Ora sono accasciata a terra e
non so che cosa fare» ammette abbattuta.
«Alzati
e cammina per duecento metri» ordina Rosier, implacabile,
consultando a sua volta quell’insieme di condutture. «Poi dovrai
svoltare due volte a destra e tre a sinistra. Vedi di memorizzarlo e
di non sbagliare» l’avverte inflessibile. Poi storce le labbra in
una smorfia scontenta, dopo aver intercettato la sua occhiata
affilata e decifrato il silenzio tetro che segue. «Sei quasi a metà
strada» tenta più conciliante, sforzandosi di addolcire il tono.
Etienne
torna a rivolgere lo sguardo allo Specchio.
«Ascoltalo»
le suggerisce delicato, attirando l’attenzione dell’altra e
fissandola con un’espressione significativa. «Se ti fermi, è
peggio» consiglia certo, annuendo anche con il capo. «Non avrai più
voglia di andare avanti» conviene sicuro.
Molly
rimane in silenzio ma, dal modo in cui abbassa gli occhi, gli fa
pensare che è un’ipotesi che le è balenata in mente.
«Non
ho intenzione di arrendermi» afferma testarda, quando torna a
fissarlo con due ardenti e ostinati occhi scuri.
Gli
scappa un sorriso compiaciuto.
«Ed
è la cosa che più amo di te» dichiara genuino, consapevole che non
è nella natura dell’altra accettare la resa e orgoglioso di avere
una persona del genere al proprio fianco.
Rincuorata
dalla chiamata che ha appena avuto con i compagni – sì, suo cugino
è un buzzurro senza un minimo di tatto ma lo conosce abbastanza per
dire che sperava di scuoterla con quell’atteggiamento da dittatore.
Questo, ovviamente, non lo salverà dalla strigliata che ha
intenzione di fargli appena uscirà da quel luogo infernale – e
sostenuta dal fuoco della determinazione che le brucia dentro, Molly
si rimette in piedi e riprende la sua marcia verso l’uscita.
Dopo
aver imboccato un nuovo tunnel e seguito il percorso che curva in una
discesa, si ferma di colpo. Abbassa lo sguardo, basita nel ritrovarsi
i piedi a mollo nell’acqua.
È
poca, è vero, appena qualche centimetro, ma è sufficiente per farle
serrare lo stomaco in una morsa allarmata.
Stringendo
la pietra nella mano destra – sospetta che potrebbe ancora tornarle
utile –, continua a camminare anche se l’acqua comincia ad
alzarsi.
Il
lato positivo è che sembra alleviare il bruciore che le ha invaso
tutto il corpo dopo lo scontro con i Chizpurfle.
Quello
negativo? Che sicuramente sta per succedere qualcos’altro.
E
sarà sicuramente più pericoloso di un paio
di
Chizpurfle.
«Sai
cosa penso?» esordisce Etienne, meditabondo, gli occhi fissi nel
vuoto. «Non è un po’ troppo semplice come Prova del Tremaghi?»
ragiona ad alta voce, il viso storto in una smorfia pensierosa, prima
di puntare gli occhi addosso all’altro.
Rosier,
dall’altro lato del tavolo, stringe i suoi, disorientato.
«I
Chizpurfle non sono paragonabili a un Basilisco» conviene razionale,
inarcando le sopracciglia con eloquenza e senza interrompere il
contatto visivo. «E, anche se privata della bacchetta, non mi sembra
che Molly stia affrontando chissà quali difficoltà» continua
obiettivo.
Lui
si trova a concordare, per nulla contento.
«Quindi
il peggio arriverà alla fine» deduce acuto, stringendo con
disappunto le labbra. «E noi la stiamo spingendo proprio in quella
direzione» mastica tra i denti, amareggiato.
«Non
c’è altra scelta» gli fa notare il Serpeverde, distaccato,
fissandolo con eloquenza. «O quella, o la resa» sentenzia
inesorabile, per nulla intenzionato ad addolcire la realtà.
Ha
perso la cognizione del tempo.
Sa
solo che le sembra di camminare da ore, immersa nell’acqua fino
alle ginocchia. E comincia a sentire freddo, la tuta zuppa e il corpo
stanco e indolenzito.
Impone
a se stessa di non fermarsi, forte delle parole che Etienne le ha
detto e che le hanno scaldato il cuore.
Ignorando
i brividi, i movimenti rallentati e la pelle arrossata e bruciante a
causa delle zanne maledette di quei crostacei magici, Molly si
inoltra sempre di più in quel labirinto di cunicoli che
costituiscono le fogne del Castello.
Continua
a ripetersi nella mente le indicazioni che gli altri due ragazzi le
hanno fornito, così da non dimenticarle e non sbagliare direzione.
Nel
momento in cui percepisce il tepore che si irradia nella tasca dei
pantaloni farsi sempre più forte, tira fuori lo Specchio senza
trattenere un sorriso contento.
«Come
procede?» chiede il suo ragazzo, piano, studiando attentamente la
sua espressione.
Lei
scrolla le spalle, noncurante.
«Ora
capisco che cosa ha provato Rose quando si è messa in testa di
salvare Jack mentre la nave stava affondando» blatera ad alta voce,
ironica, senza rallentare o fermarsi. «Tra l’altro, ci hai mai
fatto caso che noi assomigliamo ai protagonisti del film?» osserva
assorta, realizzando che non ha mai badato a quella coincidenza.
Il
silenzio dall’altra parte del vetro, la costringe a spostare di
nuovo gli occhi marroni sul viso di Etienne che, dopo aver corrugato
la fronte, ricambia con un una sfumatura sgomentata nelle iridi
chiare.
Poi
sorride sereno.
«Se
straparla, significa che non è messa così male» rassicura quello,
placido, probabilmente rivolgendosi a suo cugino.
«Sì,
Jack, sto volando
e
tante belle cose» taglia corto Lance, esasperato, entrando di colpo
nell’inquadratura dello specchio fino al naso. Anche se vederlo al
contrario, visto che probabilmente si trova nella posizione opposta
di Etienne, le fa venire la nausea. «Andiamo al punto. Dove cazzo
sei?» domanda brutale.
«Sto
per raggiungere un altro incrocio» risponde Molly, spiccia, cercando
di ignorare la sensazione di stanchezza che le pesa sulle spalle e
facendosi largo nell’acqua puzzolente che ormai le ha quasi
raggiunto il bacino. «Ecco, ci sono, ora dove…» si interrompe di
colpo, voltando la testa verso destra. «Avete sentito?» domanda
piano, la voce allarmata.
«Che
cosa?» chiede Etienne, inquieto.
Ma
lei lo ignora.
Tutta
la sua concentrazione è rivolta verso una tubatura, da cui proviene
un suono simile a uno sciabordio.
Rimane
ferma, raggelata sul posto, mentre l’acqua intorno alla sua vita
inizia a tremare.
«Oh
no, cazzo, no» sbotta spaventata, prima di cercare di raggiungere il
più rapidamente possibile il condotto che ha davanti.
«Che
succede?» chiede Etienne, ad alta voce, apprensivo.
Non
gli risponde, anzi, infila lo Specchio nella tasca dei pantaloni,
così da essere sicura di non perderlo.
Ha
quasi raggiunto quella dannata conduttura che rappresenta la sua via
d’uscita, quando, da quella alla sua destra, una violenta onda le
si abbatte addosso.
Molly
fa appena in tempo ad alzare le braccia davanti a sé, lasciandosi
sfuggire un grido terrorizzato, in un inutile quanto naturale
riflesso di difesa, prima che venga trascinata via nelle viscere di
Hogwarts.
Le
mani appoggiate alla scrivania tremano e, nonostante stia facendo del
suo meglio per imporsi calma, non riesce a scacciare via quei brividi
di angoscia che gli scuotono il corpo.
Ha
sempre avuto un ottimo rapporto con il controllo – il
controllo è tutto,
si
è ripetuto come un mantra, fino all’infanzia, trasformando quelle
parole in uno stile di vita – ma ora non riesce ad aggrapparsi alla
solita lucidità che gli permette di analizzare le situazioni con
distacco.
C’è
solo un pensiero che gli rimbalza nella mente, che gli provoca una
paura sorda e quei continui brividi di freddo.
Come
sta?
Chiude
gli occhi, il capo basso, cercando di respirare a pieni polmoni. Sa
di essere scattato in piedi appena il contatto con Molly si è
interrotto e non ci vuole un genio per capire che cosa sia successo.
Una
volta non saresti stato così debole,
gli
sussurra una vocina alle sue orecchie, disgustata da quel caos di
emozioni che sta avendo la meglio sul suo cervello.
Una
volta non avresti permesso a niente e nessuno di toccarti.
Si
lascia sfuggire un sorriso amareggiato, per nulla divertito.
Non
è mai stato vero, era solo una menzogna che gli piaceva ripetersi.
«Sta
bene».
Alza
la testa fino a incontrare gli occhi gelidi di Rosier.
«Dopo
che una bomba d’acqua le si è scagliata contro?» fa notare
eloquente, in un tono caustico che non è affatto da lui.
L’altro
rimane impassibile, per nulla offeso.
«Non
hai tutta questa fiducia in lei se pensi che basti così poco per
fermarla» gli sbatte in faccia, rude. «Molly ha affrontato di
peggio e ha sempre trovato un modo per farcela» continua fermo,
senza alcuna traccia di dubbio a spezzargli la voce. «Lo sai anche
tu che è così» sottolinea quasi rincuorante.
Molly
riemerge in superficie, il cuore che martella furioso nel petto e i
polmoni compressi che cercano disperatamente di incanalare ossigeno.
Respira
affannosamente, troppo terrorizzata per imporsi di calmarmi.
Si
muove scoordinata, cercando di galleggiare. Volta anche il capo da
una direzione all’altra, cercando di capire dove sia finita, ma
tutto quello che riesce a mettere a fuoco è una tubatura quasi del
tutto allagata.
Alza
la testa e realizza che, nemmeno un metro, e l’acqua occuperebbe
tutto lo spazio disponibile.
Se
dovesse essere travolta da un’altra ondata, non avrebbe via di
scampo.
Serrando
i denti e ignorando il dolore alla schiena – non rammenta più
quante volte ha impattato contro un muro, dopo la terza che le ha
fatto spalancare la bocca per lo sgomento, portandole via il poco
ossigeno che le era rimasto e il sasso –, cerca di nuotare verso la
fine del condotto, spinta dal panico e dall’istinto di
sopravvivenza di rimanere in questo mondo il più a lungo possibile.
Non
esiste che finirà i suoi giorni in una fogna!
Cazzo,
può averne combinate di azioni riprovevoli, durante la sua vita, ma
nulla di così grave da marcire per sempre in un impianto di
scarico.
Le
mani e i piedi si muovono a scatti, facendola avanzare lentamente
verso quella che pensa sia l’uscita. Cerca di inalare ossigeno dal
naso, così da rallentare la respirazione e recuperare lucidità.
Andrà
tutto bene, si
ripete continuamente, sperando così da infondersi coraggio. Uscirò
di qui e poi pretenderò una fottuta vacanza. Dopo aver ammazzato il
bastardo che mi ha infilato in questa trappola mortale, si intende.
«Ah,
spero che tu non abbia frainteso. Perché se dici a qualcuno ch-»
«Cosa?»
lo sprona Etienne, leggero, di nuovo padrone di sé e seduto dietro
alla scrivania di quell’aula in disuso. Sfodera un sorriso
accattivante, appena velato dal sarcasmo. «Che mi hai consolato?»
precisa amabile.
Rosier,
dall’altra parte del tavolo, gli getta un’occhiata di disgusto.
«Quando
arriverà il momento, sarà un vero piacere per me ucciderti»
afferma spietato, inchiodandolo con due gelidi occhi azzurri.
«E
poi come lo spieghi a Domi?» indaga distratto, sospirando e tornando
a fissare lo Specchio Gemello appoggiato sul tavolo, accanto
alla piantina.
«E
chi l’ha detto che intendo farlo?» rilancia l’altro, sagace, con
il sorriso deliziato chi sa benissimo come salvarsi da
quell’impiccio. «Gli incidenti capitano» commenta spassionato,
alzando le spalle.
Sgrana
gli occhi, incredula per quello che vede.
A
pochi metri da lei, saranno una ventina, c’è un incrocio. E, da
lì, c’è una scala che sale verticalmente verso l’alto, sparendo
nell’oscurità del soffitto.
Percepisce
un fiotto di gioia invaderla, i muscoli si muovono più velocemente,
animati dal conforto che c’è una speranza di salvezza.
Basterà
raggiungere quella dannata scaletta e sarà tutto finito.
Ancora
dieci metri,
si
impone Molly, febbricitante di entusiasmo, nello spostarsi
convulsamente in avanti. Nove,
ott-
Quel
pensiero si interrompe di colpo quando si sente afferrare per la
caviglia sinistra e tirata verso il basso, rischiando di sprofondare
in acqua.
Sforzandosi
di restare a galla, si ritrova a scalciare alla cieca, sperando di
liberarsi da qualsiasi cosa le si sia attaccata addosso. Ma è una
lotta vana perché, dopo una manciata di secondi in cui si è opposta
con tutte le sue forze che le erano rimaste, finisce per essere
inghiottita sotto la superficie scura.
Ha
giusto la lucidità di riempirsi i polmoni d’aria, prima che
succeda.
Continuando
a divincolarsi, apre gli occhi per cercare di focalizzare con che
cosa abbia a che fare. La vista è sfuocata e opaca a causa
dell’acqua e della poca luce ma è abbastanza per individuare il
corpo verdastro e i tentacoli dell’Avvincino.
Furiosa
e stanca di tutto – del Torneo, dei ricordi dei Chizpurfle
che le bruciano la pelle, della continua tensione accumulata per
mesi, di aver vagato nelle tubature, di essere ammaccata e dolorante,
di puzzare e di essere in condizioni pietose –, Molly percepisce un
fiotto di rabbia e calore sprigionarsi nel petto.
Ora
basta,
sentenzia
stufa, al limite della pazienza, mentre uno scoppio di Magia
Accidentale colpisce la creatura, sbalzandola via da lei.
L’Avvicino
rimane immobile per qualche istante, probabilmente stordito da quanto
successo, prima di tornare alla carica.
Nel
vedere quegli arti palmati tendersi nella sua direzione, Molly gli
va
incontro. Afferra con forza il polso del demone acquatico e,
sfruttando l’effetto sorpresa, torce quelle lunghe dita verdastre
con l’altra mano, fino a sentirle spezziarsi.
La
creatura strilla per il dolore, allontanandosi bruscamente e lei ne
approfitta per risalire in superficie.
Non
sa nemmeno dove riesca a trovare quel briciolo di energia che la
sprona a nuotare verso la scaletta il più velocemente possibile. Si
aggrappa al metallo mezzo arrugginito con tutta la foga della
disperazione, appoggiando i piedi sul piolo, per poi issarsi in alto.
Sta
per salire un altro gradino quando si sente acciuffare violentemente
per la caviglia. Per evitare di scivolare si aggrappa con vigore al
ferro, per poi spostare lo sguardo verso il basso.
L’Avvincino
ricambia l’occhiata con la medesima collera, la bocca spalancata a
mostrare le zanne piccole e appuntite mentre le dita dell’altra
mano le circondano il collo del piede.
Molly
non ci pensa due volte prima di assestargli un calcio con l’altra
gamba, colpendolo alla testa e liberandosi da quella presa. Nel
momento in cui sente quelle dita allentare la morsa alla sua
caviglia, svelta, sale il più rapidamente possibile su quella scala,
così da essere fuori dalla portata dell’animale.
Non
si ferma neppure quando raggiunge la cima, dove l’ennesima tubatura
si apre davanti a lei.
Si
trascina dentro, facendo attenzione a non scivolare sulla superficie
viscida e rischiare di cadere all’indietro, in quel pozzo
improvvisato in cui i sibili della bestia sferzano il silenzio e
giurano vendetta.
«Non
credo che l’avrei mai detto» esordisce lei, distrutta, quando lo
Specchio Gemello si scalda e il suo viso compare sulla piccola
superficie rotonda. «Ma non credevo ci potesse essere qualcosa di
peggio rispetto a quello che mi hai fatto subire per anni» sostiene
con un filo di voce, il volto pallido e madido di sudore.
Lui
sorride rincuorato, perché temeva di vederla in condizioni peggiori.
«Non
ti saresti divertita nemmeno la metà, se non ci fossi stato»
sottolinea sottile, alludendo a tutti i battibecchi che hanno avuto
per tutta l’infanzia e adolescenza.
O
meglio, che lei ha avuto. Perché Etienne si limitava a ridere di
gusto durante quelle schermaglie, rischiando di farle saltare le
coronarie per il nervoso.
Molly
gli rifila un’occhiataccia.
«Ma
almeno sarei ancora una persona normale!» ribatte polemica, con
foga, anche se la bocca inizia a tremarle in un accenno di sorriso.
«Ti prego, dimmi che è finita!» supplica stremata.
«È
quello che ti chiede anche quando state scopando?» si premura di
domandare Rosier, carezzevole, sorridendo con dolcezza.
«Sono
troppo stanca persino per mandarti al diavolo» brontola lei,
scornata, alzando gli occhi al soffitto. Poi si ricompone in
un’espressione seria. «Seriamente, quanto manca?» indaga al
limite della sopportazione.
«Poco»
assicura Etienne, soffice, con un sorriso radioso.
«Poco
come
è quasi
finita
e
c’era un altro esercizio a cui quel pazzo mi sottoponeva, o poco
nel senso poco?» puntualizza Molly, fissandolo con eloquenza e un
pizzico di disappunto. «Perché se è la prima opzione, giuro che mi
apro un varco in queste dannate tubature a suon di strepiti e ti
vengo a cercare!» promette accanita, facendo capire che non la
fermerebbe manco il demonio in persona.
«Fai
pure, cuore mio» concede lui, magnanimo. «Non mi importa come, solo
che torni» sussurra genuino, facendola arrossire per l’imbarazzo e
la gioia.
Molly
si lascia sfuggire un verso di pura esasperazione quando si trova di
nuovo di fronte a una piazzola mezza allagata.
In
un attimo di sconforto, lancia una serie di invettive feroci a
Merlino, Morgana e Godric, rei di accanirsi senza rispetto contro una
povera innocente che voleva passare il suo ultimo anno ad Hogwarts
nel più sereno dei modi.
Sarebbe
già uscita di testa per i M.A.G.O., era davvero necessario calcare
la mano con un Torneo folle e potenzialmente letale?
Sbuffando
incarognita a morte, scende per l'ennesima
volta
una dannata
scaletta
arrugginita per trovarsi, tanto
per cambiare,
a
mollo in una acqua stagnante e maleodorante fino al bacino.
Ormai
è talmente abituata alla puzza che nemmeno l'avverte più. Non vuole
nemmeno pensare a quante docce dovrà farsi per liberarsene e tornare
a profumare come una persona normale.
Avanzando
con una certa difficoltà, solo dopo aver percorso diversi metri, si
rende conto che davanti a sé la strada è chiusa da una parete
liscia.
Sbatte
le ciglia disorientata, ripassando velocemente le indicazioni che
Etienne e Lance le hanno dato. È sicura di non aver sbagliato, anche
perché gli incroci che ha incontrato precedentemente coincidono con
quel percorso che i due ragazzi le hanno fornito.
Quindi,
per nulla intenzionata a fidarsi di quello che vede, procede verso
quel muro.
Si
ferma quando gli è di fronte, studiandolo con due occhi marroni
strizzati e concentrati.
Passeggiando
a destra e sinistra –
perché
se rimane ferma, avverte ancora di più il freddo di quella dannata
temperatura scozzese –, si blocca di colpo quando avverte una
corrente fredda all'altezza delle ginocchia.
Con
la fronte aggrottata, si abbassa fino a immergere anche la mano
nell'acqua e un secondo dopo si ritrova a sorridere nel realizzare
che, in quella dannata parete, ci deve essere un passaggio che
permette di raggiungere la tubatura successiva.
Due
secondi dopo, torna ad esibire un’espressione insofferente nel
rendersi conto che dovrà inzupparsi ancora.
Cercando
di ignorare lo schifo per le condizioni in cui si è ridotta, Molly
prende un profondo respiro e si tuffa sott'acqua. Procedendo a
tentoni, i palmi delle mani aperti di fronte a sé, entra cautamente
in quella stretta fessura, le ginocchia che strisciano sul pavimento
e il capo chino per evitare di tirare una craniata al soffitto di
metallo di quel tubo.
Non
ci vuole molto perché veda –
sempre
sgranata, perché la vista sott'acqua è quella che è – una luce
flebile in fondo al cunicolo.
Elettrizzata
e rincuorata che manchi poco all'uscita, si muove con più energia in
quella direzione.
Sta
giusto per riemergere in superficie quando una voce la immobilizza
sul posto mentre è ancora a mollo.
«Molly».
È
costretta ad alzarsi in piedi, portando il busto e la testa fuori
dall'acqua per la mancanza di ossigeno ma, dopo aver riempito i
polmoni d'aria, non può fare a meno di storcere il viso in
un’espressione confusa.
Non
crede di averla immaginata, perché era nitida. Allo stesso tempo,
però, sa per certo che appartiene a qualcuno che se n'è andato da
tempo.
Per
scrupolo e perché vuole essere sicura di non aver preso un abbaglio,
infila di nuovo la testa sott'acqua, le orecchie tese, in ascolto.
Sta
quasi per rinunciare, dicendosi che si sarà sbagliata, quando la
risente di nuovo.
«Molly».
È
dolce, sussurrata, come quelle ninna nanne che le canticchiava da
bambina.
«Vieni»
la
invita suadente. «Viene
da me» ripete
amorevole.
E
lei la segue, totalmente incantata, con il cuore gonfio di nostalgia,
perché è da anni che desiderava risentirla e aveva paura che lo
scorrere del tempo la cancellasse dalla sua memoria.
In
una delle pause in cui torna in superficie per incanalare ossigeno,
lo Specchio Gemello si scalda nella tasca della tuta. Molly, per un
folle istante, ha la tentazione di rifiutare la chiamata, infastidita
di doversi fermare dal seguire quella voce.
«Che
c'è?» sbotta urtata, inchiodando il seccatore con un'occhiata di
ammonimento.
Etienne
sbatte le ciglia, preso in contropiede.
«Che
hai?» chiede disorientato.
E
lei è costretta a serrare le labbra, consapevole di aver sbagliato.
«Non
ci crederai» inizia esaltata, talmente euforica che rischia di
mangiarsi le parole per la foga con cui le pronuncia. «Ma ho udito
la sua voce» rivela muovendosi nella direzione da cui essa proviene.
Solo
perché non è sott'acqua, non significa che non può avvicinarsi.
«La
voce di chi?» domanda l'altro, confuso, corrugando le sopracciglia.
«Di
mio padre».
Il
silenzio che cala di colpo, la porta a orientare le iridi scure verso
il frammento di vetro.
«Molly»
sospira Etienne, terribilmente serio, il volto storto in
un'espressione severa. «Percy è morto» le ricorda fermo,
fissandola con eloquenza.
«Lo
so» risponde lei, consapevole, sentendo una morsa di dolore allo
stomaco. «Ma l'ho sentito e-»
«Non
è reale» la blocca lui, tenace. «Deve essere un inganno» sostiene
con forza, sicuro della propria teoria.
Molly
si immobilizza, scrutandolo con risentimento.
«Perché
non puoi essere felice?» domanda bellicosa, accigliandosi per il
nervosismo.
«Perché
non è reale» ribadisce Etienne, quasi spietato. «E lo sai anche
tu» afferma implacabile.
Ed
è così, una parte di lei è consapevole che si tratti solo di una
menzogna a cui vuole disperatamente credere ma l’altra, quella
resterà per sempre quella bambina smarrita che ha perso il padre e
ha dovuto imparare presto a nascondere i suoi sentimenti – doveva
fingere per sua madre, per sostenerla, per farle capire che non era
da sola nel cercare di tenere unita la famiglia, doveva essere forte
per sua sorella, essere il suo rifugio e asciugare le sue lacrime –
zittisce ogni cosa, ordinandole di arrendersi totalmente a quella
follia.
Così,
quando arriva a un bivio, invece di prendere la sinistra come le
hanno detto i suoi compagni, imbocca senza esitazione la destra, dopo
aver messo la testa sott’acqua ed essersi assicurati che era da lì
che proviene la voce.
«Molly»
la chiama di nuovo Etienne, insistente, fissandola con l’espressione
di chi ha intuito al volo le sue intenzioni. «Non farlo» la mette
in guardia, caparbio.
Caso
vuole che, in quel preciso momento, la chiamata termina, lasciandola
di nuovo da sola in mezzo a quella tubatura mezza allagata, fradicia,
stanca e con l’acqua che ormai le arriva al basso ventre.
Molly
infila di nuovo lo Specchio al suo posto, prima di continuare a
muoversi.
Non
se ne rende conto ma si sta comportando come un drogato in astinenza
e alla disperata ricerca di una dose.
Quando
arriva in prossimità di una falla nella tubatura, che porta a un
canale di scolo, si rende conto che se vuole raggiungere suo padre –
se non vuole perderlo di nuovo –, l’unico modo è quello di
infilarsi in quella fenditura.
Con
cautela lo fa ma si lascia scappare una maledizione tra i denti
quando si rende conto è molto stretta, talmente tanto che rischia di
rimanere incastrata.
Irritata
a morte, cerca di appiattirsi contro il metallo per raggiungere
l’altra parte della fognatura.
È
il dolore che la riporta alla ragione.
Nel
tentativo di stringersi in quello squarcio del condotto, ha finito
per sfregare più volte e con foga tutto il corpo, irritando quei
morsi che i Chizpurfle le hanno inflitto sulla pelle.
Sbatte
le palpebre, frastornata, come se si stesse risvegliando dal torpore
del sonno. Solo allora si rende conto di quanto sia stata sciocca, di
quanto abbia voluto credere che fosse vero.
A
fatica, esce da quella fenditura.
Davanti
alla sua stupidità e debolezza, la voce della Maride perde ogni
attrattiva possibile.
Tornata
in sé, si lascia sfuggire qualche lacrima e singhiozzo,
approfittando della solitudine e della discrezione che quel luogo
puzzolente promette.
Poi
drizza le spalle, si pulisce le guance umide di pianto, drizza la
schiena e torna indietro, ben decisa a seguire il percorso che
Etienne le ha fornito senza deragliare.
«Te
lo dico: non ho la forza per far nulla» lo avverte Molly, distrutta,
sentendosi più di là che di qua, alzando le braccia per
assecondarlo.
Etienne
sorride con disimpegno mentre le toglie la maglietta sudata e sporca.
«Lo
immagino» assicura amabile. «Ma spero che non vorrai privarmi della
possibilità di spogliarti» afferma con una sfumatura maliziosa che
gli illumina le iridi chiare, rendendole belle come mai.
Al
termine della Seconda Prova
– che
ha superato per miracolo –, è stata
trascinata in Infermeria dove Madama Chips l'ha visitata insieme agli
altri due Campioni.
Dopo
essersi assicurata che non avesse nulla di rotto o letale, esasperata
dal continuo cicaleccio
dei cugini – accorsi al suo capezzale manco fosse sul letto di
morte! –, le ha rifilato una pomata per le bruciature e le ha
intimato, insieme ai suoi ingombranti parenti, di volatilizzarsi
all'istante dal suo regno.
Molly,
ben felice di eseguire l'ordine, non ci ha messo molto per far capire
agli altri, grazie all'aiuto di Victoire, che aveva bisogno di essere
lasciata in pace e non soffocata da raffiche di domande, giusto per
evitare di fare una strage.
Inutile
dire che Dominique è stata contenta di sparire con Lance in qualche
antro oscuro.
«E
puzzo come una latrina» continua lei, in un brontolio imbronciato,
liberandosi delle scarpe e lasciandosi sfilare via anche i pantaloni,
rimanendo in intimo. Li lancia distratta verso il cestino in vimini
che si trova nel bagno di Villa Conchiglia, fedelmente riprodotto
grazie all’abilità della Stanza delle Necessità. «Morgana,
fortuna che non ho visto del materiale organico di
altra natura galleggiare
nelle fogne, perché altrimenti vorrei rinchiudermi nella doccia fino
a farmi sciogliere la pelle»
geme disperata, lasciandosi sfuggire un’espressione sconsolata. Poi
sbatte le ciglia, un pensiero che le passa per la mente e che le fa
corrugare la fronte con odio. «Vorrei proprio sapere chi è il
sadico che ha organizzato questa Prova» ringhia tra i denti,
minacciosa.
«Sicuramente
qualcuno a cui piace divertirsi ai danni degli altri» osserva lui,
assente, tutta la sua concentrazione puntata a scrutare quei morsi e
bruciature che le arrossano entrambe le braccia e gambe.
«Un
infame» riassume Molly, inesorabile. Stringe le labbra, così da non
farsi sfuggire un lamento di dolore quando le dita dell’altro le
spalmano con delicatezza quell’unguento bluastro sulla pelle. «Hai
avuto paura con la Maride» mormora a bassa voce, impacciata, decisa
ad affrontare l’argomento e a non tergiversare.
«Sì».
«Perché?»
«Ha
fatto leva su dove sei più vulnerabile» risponde Etienne, schietto,
inginocchiato mentre le massaggia la gamba per far in modo che la
crema penetri nella pelle. Solleva il capo, così da incrociare il
suo sguardo. «E lo ha fatto in un momento in cui la deprivazione
sensoriale ti aveva debilitata» conviene con una smorfia
amareggiata, rimettendosi in piedi.
Lei
sospira pesantemente, distogliendo per un momento gli occhi.
«Non
sei deluso?» indaga piano, con voce fioca.
«Perché
volevi che tornasse?» sottolinea lui, inarcando le sopracciglia con
eloquenza. «Sarei stato sorpreso del contrario. So che ti
manca» svela delicato.
«Una
parte di me lo sapeva che non era reale» confessa Molly,
controvoglia, incassando la testa nelle spalle e storcendo le labbra
in una smorfia. «Ma volevo crederci» aggiunge flebile.
«Lo
so» conferma Etienne, con un sorriso abbozzato, sfiorandole la
guancia con una carezza.
Deglutisce,
cercando di ingoiare anche lo sconforto.
La
sfida del Tremaghi potrà apparire semplice rispetto a quella che ha
affrontato Lance ma è ben consapevole che il canto della Maride ha
riaperto delle ferite. Magari nei primi tempi non ne vedrà gli
effetti ma sa bene che ci saranno delle conseguenze e che queste
probabilmente si manifesteranno sotto forma di incubi.
«Mi
secca che ti abbia sbottato addosso davanti a Lance» riprende lei,
cercando di suonare indispettita e scacciare quelle riflessioni,
appoggiando la mano su quella dell’altro e chiudendo per un momento
gli occhi alla ricerca di conforto.
«Non
te lo rinfaccerà, se è questo che temi» afferma Etienne, sicuro,
nel momento in cui risolleva le palpebre e incontra le sue iridi
azzurre. «Da quello che so, su certe cose non ha la crudeltà di
affondare i denti» dichiara posato.
Molly
scrolla le spalle. Alla fine, si dice, non ha importanza. È solo una
preoccupazione di poco conto.
«Fai
la doccia con me?» propone morbida, inclinando il capo di lato.
«Credevo
fossi troppo stanca per quello» replica lui, ironico, piegando le
labbra in un sorriso intrigato.
Lei
ricambia, prima di scrollare la testa con disinvoltura.
«Non
pensi di riuscire a trattenerti dal saltarmi addosso» provoca
giocosa.
«Io
sono capace di resistere» afferma Etienne, presuntuoso, assumendo
l'aria da mentecatto che, una volta, le faceva bollire il sangue in
un altro modo. Amplia quel sorriso sfrontato, per poi scoccarle
un'occhiata eloquente. «Lo stesso non posso dire di te» termina
sfrontato.
«Lo
vedremo, Delacour» lo sfida Molly, fomentata da quella competizione,
prima di portarsi le mani dietro la schiena, sganciare il ferretto
del reggiseno e lasciarlo scivolare ai suoi piedi.
Giuro
che non mi ridurrò mai più all’ultimo!
Ma
più, sul serio.
Non
ho grandi cose da dire se non che il titolo del capitolo è una
citazione dell’intro della serie tv Xena,
ma probabilmente c’eravate arrivati.
Per
quanto riguarda le creature, di solito mi baso sul libro
Animali
Fantastici
–
ho
scoperto così che gli Avvincini hanno le dita, sì, molto lunghe ma
anche fragili – e
dove trovarli. Tuttavia, per quanto riguarda le Maridi, ho cercato
anche informazioni su internet. Saltellando da una parte all’altra,
ho scoperto che dovrebbero
esisterne
di diverse specie. Quindi, non tutte sono uguali a quelle presenti
nel lago di Hogwarts.
Non
so se abbiano o meno la capacità di imitare le voci, quella è una
libertà che mi sono presa. Invece il parlare in modo soave solo
sott’acqua, l’ho preso dal canon (ricorda l’Uovo d’Oro e gli
strilli che emetteva che non messo a mollo? Ecco).
Vi
ringrazio per essere ancora qua e scusate,
Blue
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