Affrontare l’inferno al fianco di Lucifero e Belzebù

di BlueBell9
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lasciate ogni speranza, o voi ch'entrate ***
Capitolo 2: *** Salvate il soldato Rosier! ***
Capitolo 3: *** Molly Weasley, l'invincibile principessa guerriera forgiata dal fuoco di mille magagne ***



Capitolo 1
*** Lasciate ogni speranza, o voi ch'entrate ***


Affrontare


Questa storia partecipa al Torneo Tremaghi - Harry Potter Edition indetto sul gruppo Facebook L’angolo di Madama Rosmerta.






«Se scopro chi ha messo il mio nome nel Calice» sibila Lance, truce, il viso storto in un’espressione sanguinaria e le iridi fisse davanti a sé. «Giuro che glielo faccio rimpiangere per il resto della sua miserabile vita» promette minaccioso, scandendo le parole in un sibilo furioso.
Annuisce con il capo, perfettamente concorde.
«Ti do una mano» si offre disponibile, seduta su quella stessa panca di legno, tra quei due, e altrettanto bisognosa di versare sangue. Quasi le sono caduti gli occhi dalle orbite quando la Preside ha annunciato che era stata designata come ultima Campionessa per Hogwarts mentre Tobi, seduto qualche posto più là, stramazzava svenuto sul tavolo di Grifondoro dopo aver mormorato un esultante sono salvo. Smidollato, strepita nella sua mente, inferocita da quel ricordo. «Ma solo se poi mi aiuti a punire chi ha fregato me» puntualizza intransigente, mettendo ben in chiaro i punti di quell’accordo.
«Andata» concede suo cugino, all’istante, voltando il viso per guardarla in faccia. «Nessuna pietà per quei bastardi» decreta feroce.
«Nessuna» concorda Molly, bellicosa, corrugando le sopracciglia in un cipiglio terribile. «Li voglio morti!» dichiara ferrea, trattenendosi a stento dall’urlare.
E farlo nella stanza adibita ai Campioni, dietro la Sala Grande, dimostrando tutto il proprio squilibrio mentale, forse non è proprio una grande idea.
Anche se forse potrebbe intimidire la concorrenza e convincerla a ritirarsi.
Come no. Probabilmente venderebbero pure un rene per vincere quella dannata Coppa e onorare la propria scuola. 
Sbuffa scornata, gettando ai nemici un’occhiata di sottecchi. 
I francesi si sono riuniti davanti al camino, intenti a scaldarsi grazie alle fiamme, e frettolosi di scambiarsi mormorii a malapena udibili. A Molly non è sfuggito lo sguardo sorpreso e poi valutativo con cui li hanno accolti, cercando di valutare se loro tre saranno quei rivali da tenere d’occhio. 
Gli allievi di Durmstrang, invece, si sono riuniti nell’angolo più lontano e cupo del locale, altrettanto seduti su una panca di legno. Non hanno detto una parola, sono rimasti zitti, impettiti e con la schiena rigida, a studiarli come i rapaci prima di avventarsi sulla preda.
Inarca le sopracciglia con un guizzo di provocazione.
Se pensate di intimidirmi, siete degli illusi, crucchi delle mie balle!
«Abbiamo un vantaggio» se ne esce all’improvviso, cospiratoria, attirando l’attenzione dei suoi due compagni di sventura. «Etienne, tu parli francese. Lance, tu tedesco. Vedete di origliare il più possibile» ordina spiccia, prendendo il comando della situazione.
Qualcuno dovrà pur farlo per far in modo di arrivare vivi a giugno!
«Uno di Beauxbatons ha detto che si aspettava di meglio, come concorrenza» rivela Etienne, leggero, il tono basso e il viso disteso. «Amo quando mi sottovalutano» sospira deliziato, lasciandosi sfuggire un sorriso estasiato. «Mi rendono tutto più semplice» ammette contento. 
«E divertente, immagino» aggiunge Lance, distaccato, abbandonandosi di schiena contro la parete in pietra. «Appena ‘sti crucchi mi faranno il favore di parlare, ti riporterò quello che hanno in mente» concede magnanimo, puntando le iridi azzurre e gelide verso quei ragazzi che sono seduti, immobili come animali impagliati, in una posa quasi marziale. «Anche se dubito che siano in grado di pensare chissà cosa» osserva con scherno, inarcando un sopracciglio con sufficienza. 
Vorrei poter dire che la compagnia di Dominique lo ha reso più stronzo, ragiona nella sua testa, asciutta, ma la verità è che è sempre stato così.
«Sapete che si vede che siete parenti?» fa notare il suo ragazzo, noncurante, alla sua sinistra. «A volte vi esprimete nello stesso modo» sottolinea pacato.
«È l'influenza dei Weasley» ribatte subito suo cugino, punto sul vivo, esibendo una smorfia di disgusto. «Mi ha rovinato» sostiene convinto, scuotendo il capo con compatimento. 
Ma per favore!
Molly reprime la tentazione di girarsi e tirargli un pugno, perché non ha alcuna voglia di iniziare una guerra con quello che dovrebbe essere un alleato. Anche perché, il livello di nervosismo che prova è tale che gli salterebbe addosso senza pensarci due volte. 
E l’altro è un infame che ignora che le ragazze non si toccano manco con un fiore e finirebbe per rispondere, con immensa gioia, a ogni colpo. 
Un po’ la compatisce, Dominique. Sta con uno che è più di là che di qua.
Non che io sia messa meglio, conviene concreta, lanciando un’occhiata malevole all’essere che è alla sua sinistra. Perché ce li scegliamo così?
«Non pensavo che l’avrei mai detto ma sono felice di aver voi due come compagni di disgrazie» riprende, all’improvviso, schietta, facendo la parte di quella matura e saggia, attirandosi da uno un’occhiata scettica e dal secondo una di pura pena. «Un esperto in colpi bassi» elenca, rivolgendosi a Etienne, che annuisce, simulando falsa modestia. «E uno che discende da gente che ha terrorizzato l’Inghilterra per anni» osserva secca mentre quello sorride entusiasta, come se gli avesse fatto chissà quale grande complimento. «Direi che non potevo sperare in niente di meglio» termina ironica.  
«Pochi sentimentalismi» la fredda Lance, secco, spezzando quel tentativo di tenere a bada il panico che la sta consumando e creare un clima sereno. «Io che cosa ci guadagno a fare ‘sta roba?» si informa pratico. 
«Soldi» risponde Etienne, conciso. 
Lei sbuffa, a corto di pazienza. 
«Come sei venale!» sbotta irritata, girando la testa nella sua direzione e inchiodandolo con uno sguardo di fuoco. «Non pensi che ci sia anche altro?» domanda fomentata, serrando le palpebre. 
«No, i soldi mi vanno bene» si inserisce suo cugino, distaccato, costringendola a voltare il viso a destra. «Di che cifra stiamo parlando?» si informa interessato, fissando direttamente l’altro ed escludendola senza tante cerimonie dalla conversazione. «Perché io, per meno di mille Galeoni, non tiro fuori nemmeno la bacchetta. Non quella bacchetta» precisa malizioso, sfoderando un sorriso divertito dopo aver intercettato quello che sicuramente si è lasciato sfuggire quel mentecatto da strapazzo.  
«Non iniziate con le allusioni sessuali!» li avverte sferzante, tra i denti, chiudendo gli occhi per racimolare la poca tolleranza che le è rimasta. 
Ecco che cosa succede quando si ha a che fare con due individui penedotati.
Quando li riapre, quei due disgraziati hanno il buon gusto di essersi ricomposti. Perché fare i deficienti davanti agli altri Campioni non è proprio un ottimo biglietto di presentazione. 
Non che quello di Hogwarts sia granché. Se il Calice ha scelto loro, significa che la scuola è giunta al capolinea. 
Etienne si gratta i capelli di un biondo quasi bianco, meditabondo. 
«Visto che non è un normale Tremaghi, hanno alzato il premio a diecimila Galeoni» illustra sovrappensiero, le iridi vacue mentre il cervello analizza attentamente quell’informazione.
Lance inarca le sopracciglia, quasi impressionato. 
«Beh, allora, per tremila e trecento e passa, se ne può iniziare a parlarne» concede indulgente, scrollando le spalle. 
Molly fissa prima l’uno e poi l’altro, allibita.
«Scusate, nessuno pensa alla gloria?» si premura di chiedere, sconvolta. «I soldi non sono tutto!» dichiara sicura. 
«Però fanno comodo» ritorce il suo ragazzo, saputo, ricambiando quello sguardo con eloquenza. 
«E non sono mai abbastanza» aggiunge l’altro, spassionato. Sospira, prima di schiarirsi la gola. «Tu gareggi per la gloria – anche se non capisco che cosa te ne faccia –, Delacour per i soldi… e io?» domanda attento, inchiodandola con due iridi attente e gelide. «Perché, valutando con attenzione la questione, forse tremila e passa non sono abbastanza per rischiare la vita» sostiene convinto, con quell’aria altezzosa che farebbe infuriare persino il buon Merlino. «Sono un Rosier, valgo molto di più» puntualizza arrogante, annuendo con superiorità. Davanti al silenzio sbigottito, rotea gli occhi seccato. «Vabbè, che facciamo?» indaga risoluto. 
Lei sbatte le ciglia, smarrita. 
«Che intendi?» biascica confusa. 
«Gareggiamo seriamente o facciamo finta?» precisa Lance, compassato. «Perché se mi prendo il disturbo di impegnarmi, non mi accontenterò del secondo posto» chiarisce inesorabile. 
«Puntiamo alla Coppa» concorda Etienne, posato, attirandosi l’attenzione di entrambi. Sorride radioso, appoggiando il capo al muro di pietra. «Si fa di tutto per vincere» aggiunge morbido, con una casualità che è solo apparente. 
«Proprio tutto,
tutto
«Non farti beccare» lo mette in guardia, placido.
Quel momento che sembra la nascita di una nuova amicizia – o, almeno, complicità. Quei due non potrebbero mai essere amici, amano troppo la guerra per vivere in pace. E ci può essere solo un gallo, in un pollaio – viene brutalmente interrotto dall’entrata in scena dei Presidi delle rispettive scuole accompagnati dai funzionari del Ministero inglese.
Molly li vede parlare tra di loro mentre procedono verso il centro della stanza, probabilmente per accordarsi sugli ultimi dettagli, ma uno di quei maghi, una figura che conosce fin troppo bene, alta e avvolta in un sobrio mantello nero, si stacca dal gruppo e procede nella loro direzione, fermandosi proprio di fronte alla panchina.
Li studia per un momento con due occhi scuri e gelidi, prima di concentrarsi completamente su chi è seduto alla sua destra. 
«Credevo avessi l’istinto di sopravvivenza» commenta severo, il viso storto in una smorfia contrariata.
«Anche troppo» ribatte Lance, asciutto, per nulla intimorito. «Così come il rancore e la tendenza a punire chi osa troppo» assicura amabile, sorridendo con dolcezza. 
L’uomo inarca le sopracciglia, per nulla impressionato.
«Fingerò di non aver sentito nulla» sussurra piatto, prima di guardarla e rivolgerle un cenno di saluto. «Molly» pronuncia stringato. 
«Zio» risponde educata, esibendo un sorriso cortese.
Vederlo lì, anche se come Capo dell’Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale, un po’ la rassicura. Anche se è decisamente una versione più inquietante di suo cugino. 
«Per favore, avvicinatevi» li invita la zia Hermione, spiccia, lì in veste di Ministro della Magia. Solo quando si sono radunati in cerchio attorno a lei – i Presidi delle scuole hanno preso posto dietro ai loro candidati –, sprona Oliver Baston, Capo dell'Ufficio per i Giochi e gli Sport Magici, a consegnarle una pergamena. La srotola in fretta, serrando le palpebre per leggere quella grafia. «In occasione del ventesimo anniversario della Battaglia di Hogwarts, siamo lieti di ospitare ancora una volta il Torneo Tremaghi» annuncia solenne, interrompendosi un momento per dare più teatralità al momento. «Speriamo che questa sia un’occasione per cementificare l’alleanza tra le scuole e dare la possibilità ai nostri Campioni di conoscersi e apprezzarsi» afferma ferma, scoccando ai Presidi un’occhiata significativa. Molly tira una gomitata a suo cugino, le cui sopracciglia sono scattate in alto con scetticismo. Almeno Etienne è rimasto impassibile. Dentro ride come l’infame che è, sarebbe pronta a mettere la mano sul fuoco, ma fuori esibisce un’invidiabile espressione flemmatica che ha ingannato e inganna molti. «Quest’anno, a differenza delle edizioni precedenti, ci sono stati dei piccoli cambiamenti al regolamento. Ogni campione potrà affrontare una sola prova, il cui punteggio si sommerà a quello dei suoi compagni per decretare la classifica finale. Scegliete con molta attenzione chi dovrà affrontare cosa e, una volta deciso, dovrà essere comunicato, la mattina della prova, al Preside della propria scuola. Mi raccomando, che non sia una decisione presa di petto perché… il prescelto non può tirarsi indietro».
Perché sembra quasi una condanna a morte?
Pensa Molly, inquieta, deglutendo saliva e nervosismo. 





Affrontare l’inferno al fianco di Lucifero e Belzebù







«Lance, aspetta!»
Lui, dopo l'ennesima richiesta, blocca la sua marcia verso i Sotterranei, voltandosi all’indietro con un’espressione che farebbe scappare pure Godric Grifondoro in persona.
«Vorrei andare a dormire» sostiene gelido, gli occhi azzurri che mandano lampi e che lo fanno seriamente sembrare un pazzo psicopatico. E, grazie anche alle fiaccole alle pareti che non riescono a scacciare del tutto l’oscurità che cala nel Castello durante la notte, non è una visione per deboli di cuore. «È stata una giornata di merda che è culminata in una serata ancora peggiore» sibila tra i denti, alludendo a quello che è successo poche ore fa al banchetto nella Sala Grande, decisamente oltre l’
incazzato a morte. E sospetta che ad enfatizzare ancor di più quell’umore nero, c’entri anche suo padre. «Voglio buttarmi sul mio letto e sperare di non svegliarmi domani» decreta fosco, arricciando le labbra in una smorfia sdegnata. 
Solo dopo che lo ha raggiunto, Dominique si permette di fare un sorriso divertito per quell’esagerata teatralità.
«Andiamo, non è andata così male» sottolinea ottimista, allungando una mano per prendere quella dell’altro.
«No?» ritorce Lance, tagliente, inchiodandola con un’occhiata affilata come un rasoio. «Domani la Gazzetta del Profeta inizierà a scrivere fiumi di inchiostro su questo cazzo di Torneo e quei rompicoglioni dei giornalisti non esiteranno a far notare che un discendente di due Mangiamorte è uno dei Campioni di Hogwarts» rinfaccia brutale, ringhiando fuori le parole con furia. Poi si lascia sfuggire un sospiro distrutto, scuotendo il capo e chiudendo per un momento le palpebre con esasperazione. «Già immagino i commenti dell’opinione pubblica: che scandalo!» commenta nauseato.
«E allora?» replica lei, confusa, stringendo quella mano in una stretta rassicurante. «Non ti è mai importato di quello che pensa il resto del mondo» fa notare sensata. 
«Me ne frego, se dovessero prendere di mira solo me» puntualizza lui, inferocito. «Ma verranno tirati dentro pure i miei fratelli» aggiunge tra i denti, la rabbia che sta raggiungendo nuovi livelli. E, conoscendo il soggetto, non è cosa da poco. «E anche tu» termina insofferente, prima di piegare le labbra in un sorriso derisorio. «Già, me li vedo insinuare che ti abbia manovrata solo Salazar sa come per averti indotta a-»
Dominique si lascia sfuggire una risata che interrompe quel fiume di ipotesi e che fa calare un silenzio pesante nel mezzo del corridoio. 
«Sei carino quando ti preoccupi per me» concede zuccherosa, lasciandogli andare la mano per accarezzargli la guancia con la punta delle dita. «E anche quando vai in iperventilazione» commenta deliziata, il petto che si scalda per la gioia.
Lance tira indietro la testa, sottraendosi al suo tocco e inarcando le sopracciglia con compatimento. 
«Non dire stronzate» la fredda brutale. «Non sto andando in iperventilazione. Domi» ringhia oltraggiato, nel momento in cui nota la sua espressione scettica. «Se vuoi litigare, hai scelto la serata sbagliata. Perché la mia incazzatura non sfocerà nel sesso violento» l’avvisa sferzante. 
Lei sospira e si morde la lingua, onde evitare di lasciarsi sfuggire una constatazione che potrebbe far scoppiare la Terza Guerra Magica. Perché quando l’altro è in quello stato, cerca lo scontro e brama versare sangue. 
«Andiamo nella Stanza delle Necessità?» propone, quindi, benevola, dopo aver annullato ancora di più la distanza tra di loro e gettatogli le braccia al collo, alzandosi sulle punte dei piedi e reclinando il capo ed esibendo un’espressione mite. «Ti faccio i massaggi che ti calmano» concede tentatrice, facendogli un’offerta che sa essere allettante. 
«Ci saranno già i tuoi cugini» replica lui, piatto, ancora teso. 
«Nel Dormitorio, allora» rilancia quieta, alludendo a quel posto che anche il nonno dell'altro usava come rifugio, diversi decenni prima, ignorando quelle iridi gelide che la fissano come se volessero smembrarla. Sì, decisamente gli gira molto male. «Dai, se ti lascio andare nei Sotterranei, con questo umore, rischi di fare una strage appena fraintendi qualche occhiata» scherza lieve, buttando lì un’ipotesi che non è così assurda. 
Lance rimane immobile, continuando a guardarla per una manciata di istanti che sembrano eterni. Infine, anche se le spalle rimangono rigide, i lineamenti del viso si rilassano appena e si lascia sfuggire l’ombra di un sorriso.
«Quando fai così-»
«Sono la fidanzata perfetta?» lo interrompe Dominique, briosa, con un tono che sottolinea tutto il suo compiacimento.
«Per niente» la frena lui, implacabile, godendo di strocarle sul nascere l’entusiasmo. «Ma sembri quasi Purosangue» ammette indulgente. 



«Perché sei preoccupata?»
«Non lo sono».
«E non sei nemmeno credibile».
Molly volta il capo indietro quanto basta per scoccargli un’occhiata truce. Poi torna a fissare dritto davanti a sé, afflosciandosi di schiena contro il torace dell’altro.
Lo sente baciarle il capo e, rassicurata da quella dolcezza, si permette di abbassare le palpebre e godersi la sensazione di benessere che le dà il restare a mollo nella vasca nel Bagno dei Prefetti.
«Non hai nulla da temere» mormora lui, piano, contro i suoi capelli rossi. «Avranno sicuramente fatto delle modifiche e imparato dagli errori commessi nel ‘94» sostiene posato, riferendosi all’ultima edizione di quella gara che era stata sfruttata da Barty Jr come occasione per far risorgere Voldemort. «Quindi, cos'è che ti tormenta?» chiede di nuovo, gentile.
«Ansia da prestazione» confessa sfiancata, cercando di non pensare a quello che le toccherà affrontare. Non mi andare in crisi prima del tempo, le ordina il suo cervello, intransigente. «Tu e Lance sarete magnifici» riprende, scuotendo il capo con rassegnazione. «Cosa che non posso dire di me» termina impietosa, con acredine.
«Perché?» domanda Etienne, sereno, una mano che le vezzeggia quasi distratta il fianco in carezze lente, studiate apposta per calmare.
Molly volta il viso di colpo, in un movimento talmente repentino da rischiare di farsi male al collo.
«Perché l'ansia mi fa andare in panico» confessa limpida, sgranando appena gli occhi castani con una punta di isteria. Visto che la posizione non è delle più comode e visto che detesta non guardare in faccia il suo interlocutore quando parla, decide saggiamente di girare tutto il corpo. E finire a cavalcioni sopra le cosce dell’altro, in una vasca d’acqua calda, non è un deterrente sufficiente per mettere da parte ogni proposito bellicoso. Anche se l’altro in questione è nudo, desiderabile, con il capo mollemente abbandonato contro il bordo della vasca, le punte dei capelli del collo umide e la fissa in un modo che scava dentro. Se non fosse tanto imbufalita e agitata, avrebbe utilizzato la bocca per altro e non per lamentarsi. «E il pensiero che avrò gli occhi di tutti addosso durante una prov… pretendo di sapere il nome di chi mi ha ficcata in questo casino» prorompe con foga, assetata di giustizia. «Giuro che lo spedisco all'altro mondo prima del suo tempo!» promette minacciosa, aggrottando la fronte in un piglio temibile.
Lui sorride deliziato.
«Sai che quando dici così assomigli a tuo cugino?» chiede flemmatico. 
«E la cosa ti spaventa?» replica scettica. 
«Per nulla» assicura lui intrigato, pungolandole gli ormoni con quella voce bassa e suadente, riprendendo ad accarezzarle il fianco. «Amo questa tua vena sanguinaria» confessa affascinato, provocandole un brivido sottopelle che non ha nulla a che vedere con il fastidio. Serra quasi senza accorgersene le dita contro la pelle delle spalle dell’altro. Poi lo vede farsi serio, scacciando via l’ilarità. «Non hai nulla da temere, troveremo un modo per uscirne» la bandisce enigmatico.
«E come?» indaga lei, per nulla convinta, storcendo le labbra in una smorfia. «Mandando al macello Lance?» ipotizza asciutta.
Etienne scrolla le spalle, placido. 
«Meglio lui che noi» conviene pratico, prima di intercettare la sua occhiata di fuoco e tornare ad esibire un sorriso irresistibile. «A parte gli scherzi, ogni prova valuterà una qualità precisa e, se è come l'altra volta, Rosier è quello che ha più probabilità di cavarsela contro una Creatura Oscura» constata razionale. 
Suo malgrado, Molly è costretta ad annuire. 
«Perché la spaventerebbe a morte?» ironizza di riflesso, anche se non è un’ipotesi così assurda. Perché lei se lo ricorda come diventa quando gli gira male e, visto anche come l’ha presa lo zio, non crede che sia felice di partecipare a una competizione in cui rischia la sua preziosa pelle. «Sai cosa non capisco?» riflette ad alta voce, raccolta, scrutandolo dritta in faccia e serrando le palpebre. «Perché tu sia così calmo» rivela in un mormorio infastidito. 
«Forse perché non ha senso agitarsi per qualcosa che, volente o nolente, dovrò affrontare» le fa notare lui, leggero.
«Non è questo» lo contraddice sicura, prima di inclinare il capo di lato. «Lo sai, vero?» domanda pungente. 
«Che cosa?»
«Chi ha messo il tuo nome nel Calice».
Etienne chiude per un secondo le palpebre, facendole intuire che ci ha preso. 
«Ho diverse ipotesi» ammette serafico, con una calma da maestro zen da strapazzo. «Anche se una è particolarmente probabile» conviene oculato. 
«E?» lo esorta lei, stufa di tutto quel pathos inutile. 
«E sarò felice di fargli vedere le pene dell'inferno, non appena abbasserà la guardia» risponde lui, amabile, sempre con quel sorriso disimpegnato. 
Molly quasi si illumina di una gioia raggiante. 
«Lo farai sanguinare ai tuoi piedi?» chiede deliziata, sentendo una vampata di entusiasmo scuoterla. Poi si accorge dell’espressione perplessa che ha di fronte. «Troppo eccessivo?» si premura di chiedere, preoccupata. 
«Un po’» mormora Etienne, placido, come se fosse abituato a vederla emozionarsi per una cosa del genere. 
«Ah, allora diciamo che gliela farai pagare e basta» rettifica compunta, drizzando la schiena e costringendosi a mostrare mimica seria e diligente. 
«Molto meglio» concede lui, indulgente. «Devo solo capire come agire» ammette distratto, puntando le iridi chiare sulla superficie dell’acqua ricoperta di schiuma con fare meditabondo. 
Lei lo osserva perdersi in quelle analisi con le sopracciglia inarcate, quando un sospetto le fa capolino nella mente. 
«Ha fregato anche me?» si premura di chiedere, interessata.
Etienne la fissa per un momento con smarrimento, prima di ricomporsi. 
«Se è chi penso, sì» sostiene sicuro. 
«Ma non mi dirai quel nome» lo anticipa Molly, perspicace, la voce bassa e velata dal disappunto. 
Lui annuisce, sfoderando un sorriso radioso. 
«Cuore mio, tu non sei capace di fingere» sottolinea eloquente, con una punta di sarcasmo che sa tanto di presa in giro. Non può ribattere perché sarebbe negare l’evidenza, anche se è seccante ammettere di non valere quasi nulla come bugiarda. «E non ti scatenerò se non ne ho la certezza, per quanto divertente sia vederti farti strada nel sangue» afferma amabile, dando un’immagine nettamente migliore di sé.
Come se non si divertisse a creare scompiglio e a incasinare la vita di chi non sopporta! 
Sospira rassegnata, conscia della sconfitta. Perché quando si mette in testa qualcosa, non lo si smuove manco a pagarlo dalle sue posizioni. 
«Se non sei preoccupato per via del Torneo, non lo sei almeno per te?» replica a bruciapelo, prendendolo alla sprovvista e sorridendo con candore. «Essere una Campionessa significa stare al centro dell'attenzione e ci sono almeno un paio di ragazzi carini nelle delegazioni» considera fingendo ingenuità. 
«Ma non quanto me» dichiara Etienne, sottile, per nulla turbato da quell’evenienza. «Perché cercare altrove quando hai già la perfezione?»
«Perché, a lungo andare, è noiosa?»
«Touché».
Molly abbassa lo sguardo mentre le labbra le si piegano in un sorriso che scaccia quel grumo di sensazioni negative che le avevano artigliato lo stomaco e pesavano sulle spalle come macigni. 
«Non è vero che non sei magnifica» riprende lui, morbido, attirando la sua attenzione e facendole spalancare le palpebre con una punta di sorpresa. «A volte lo è chi non se ne rende conto» dichiara allusivo, con un sguardo di un azzurro intenso che è così pieno di sottintesi.
Non sei per tutti, le ha detto tanto tempo prima, quando lo considerava solo un vile mentecatto. 
Lei si ritrova ad arrossire, imbarazzata a morte.
«Ora non fare il lecchino» lo fredda implacabile.
Lui ridacchia, completamente rilassato.
«Quello sempre» assicura lieve, con una sfumatura maliziosa nella voce, staccando la schiena dal bordo della vasca e avvicinandosi con il busto a lei. Le stringe le anche con entrambe le mani mentre la distanza tra i loro visi diminuisce. «Volevo solo farti capire quello che vedo io» mormora prima di baciarla, piano, vezzeggiandole il labbro inferiore prima con i denti e poi con la lingua.
E Molly, in quell’istante in cui si separano, prima di tornare a baciarsi voraci, fino a togliersi il fiato, sorride di cuore mentre un fiotto di calore le si irradia nel petto.



«Lance?»
«Mmm?»
«Tu mi ami, vero?»
«Mio malgrado» mugugna lui, sdraiato a pancia in giù su quel letto, completamente intontito da quei massaggi che gli stanno sciogliendo i muscoli della schiena. «Perché?» domanda distratto.
Dominique esita, seduta sul suo bacino, cercando di racimolare tutto il coraggio che vanta la sua Casa per farsi forza e parlare. 
«Esattamente quanto mi ami?» spia con un velo di apprensione, continuando a frizionarli la pelle delle spalle.  
Lo sente immobilizzarsi di colpo. E il fatto che il cervello abbia bisogno di tempo per elaborare la domanda e mettere in moto le rotelle, non fa altro che accrescere la sua ansia.
Una manciata di secondi dopo, Lance si volta di colpo sul fianco con talmente tanta foga che lei ruzzola via sul materasso. 
«Che cazzo hai fatto, Domi?» sibila tra i denti, truciandola con quelle iridi azzurre e gelide, appoggiando il gomito sul lenzuolo per alzare appena il busto. 
«In via del tutto ipotetica» riprende lei, inquieta, portandosi seduta sul letto. «Se fossi stata io, per vie traverse, a mettere il tuo nome nel Calice, tu mi vorrest-»
«Morta» termina Lance, brutale, prima di chiudere gli occhi, corrugare le sopracciglia e abbandonarsi a un’espressione esausta. «Evan, no, no, no» ripete a bassa voce, come un ossesso, mettendosi seduto. Si passa una mano davanti alle labbra, prima di lanciare un’occhiata violenta. «Me ne torno nei Sotterranei, altrimenti ti ammazzo» decreta irremovibile.
Lo blocca prima che abbia il tempo di alzarsi dal letto, approfittando del momento di instabilità dovuto al cambio di posizione, per spingerlo di schiena contro il materasso, sovrastarlo e tagliargli ogni possibilità di fuga.
«Fammi spiegare» supplica concitata. 
Lui, passato l’attimo di spaesamento, la fissa con un viso per nulla intenerito. 
«Domi, per quanto mi piaccia vederti sopra, non basta per placare la mia sete di sangue» ribadisce distaccato, le braccia distese lungo i fianchi.
È già tanto che non abbia reagito spingendomi via, conviene tra sé, un pochino rincuorata da quella concessione. 
«Io ti amo per quello che sei» rivela schietta, senza distogliere lo sguardo. Anche non è facile fare una dichiarazione quando ti stanno pugnalando silenziosamente. «E non mi vergogno né mi imbarazzo per il cognome che porti» continua piano, un pochino imbarazza. Perché un tempo non è stato così. «Non lo so, forse stupidamente volevo che gli altri vedessero quello che vedo io» mugugna impacciata. 
«E cosa vedi?» replica Lance, tetro. «Un cadavere che cammina?» ipotizza impietoso.
«Ma piantala!» sbotta Dominique, acida, seccata da quel negativismo all’ennesima potenza. «Se qualcuno può uscire illeso da quelle prove, quello sei tu» sostiene certa, senza alcun dubbio. 
Lui inarca un sopracciglio, senza preoccuparsi di celare lo scherno. 
«Ma per chi cazzo mi hai preso?» domanda gelido, per nulla addolcito da quel discorso. Anzi, se possibile, è ancora più furioso. «Okay che stare con te è un’impresa che mette seriamente alla prova la mia pazienza ma questo Torneo…» si interrompe, lasciandosi sfuggire un sospiro eloquente. «Nonostante la reputazione della mia famiglia, non affronto tutti i giorni delle Creature Oscure» assicura sarcastico, per nulla divertito. «E non mi importa se la gente ha ancora paura dei Rosier» termina implacabile.
«Nemmeno a me» ribatte lei, sincera, sostenendo senza problemi quelle iridi. «Solo vorrei che le persone andassero oltre il tuo cognome. Perché tu non sei solo quello» aggiunge in un mormorio appena udibile.
Lance rimane in silenzio, il viso indecifrabile.
«E l’altra ragione?» domanda distaccato. 
Dominique si acciglia, perplessa. 
«Quale altra ragione?» rilancia confusa.
Lui le scocca un’occhiata di compatimento. 
«Quella meno onorevole» precisa significativo. Sbuffa, scocciato dal suo smarrimento, prima di alzare di nuovo le sopracciglia. «Avere come ragazzo uno dei Campioni di Hogwarts» sottolinea piano, scandendo con lentezza le parole così che lei le capisca. 
Forse dovrebbe essere spaventata per essere stata scoperta ma in quel momento le scappa un sorrisetto compiaciuto che non riesce proprio a trattenere. 
«Ho sempre sognato un principe» confessa estasiata, ignorando l’occhiata di pietà dell’altro. «E, dato che non lo posso avere, mi accontento di un eroe» termina convinta. 
«Mi sta venendo la nausea» commenta Lance, raccapricciato. La fissa in quel modo per qualche istante, prima che un lampo di comprensione balugini in quelle iridi chiare. «Aspetta…»
«Lo negherò fino alla fine» sostiene Dominique, allarmata, perché ha capito che il suo ragazzo ha capito
Lui le sorride quasi con dolcezza. 
«Fai pure, tanto non servirà a nulla» dichiara spassionato, con una tranquillità che stona con la minaccia che è insita in quella semplice frase.
Lei si inumidisce le labbra, nervosa.
«Non lo puoi sapere con certezza» gli fa notare razionale.
«Invece lo so» replica Lance, posato. Incamera ossigeno nei polmoni, facendo forza sulle braccia per portarsi seduto. «E poi hai il coraggio di dire che sono io lo stronzo, tra noi» le ricorda quasi divertito.
Dominique rimane ferma, anche se averlo così vicino la destabilizza. E il non sapere se sia incavolato o meno, la terrorizza oltre ogni dire. 
«Posso sperare nel tuo perdono?» chiede sfoderando un tono seducente, nella speranza di intontirlo sfruttando i suoi geni Veela.
Lui ridacchia, prima di capovolgere la posizione e spingerla sotto di sé. 
«Mi conosci abbastanza da intuire già la risposta» risponde eloquente, inarcando le sopracciglia e puntellandosi sui gomiti per non pesarle addosso. «La mia vendetta sarà atroce» la mette in guardia, schietto. Allunga il capo, così da baciarle il collo lentamente, senza fretta, in un modo che la fa impazzire. «Ma aspetterò domani prima di metterla in atto» promette in un sussurro lieve, contro la sua pelle.
«Perché?» biascica lei, la voce spezzata e con la forte tentazione di chiudere le palpebre.
Lo vede scostarsi quanto basta per guardarla in viso. 
«Perché ho capito, anche se non condivido» afferma serio, con due occhi eloquenti. Gli infila una mano tra i capelli corvini, così da spingergli la testa nella sua direzione. Solo che quando è a un soffio da quella bocca, Lance sposta la testa quanto basta per evitare quel contatto. «Niente sesso» puntualizza intransigente, mettendo in chiaro i punti, davanti alla sua occhiata prima sbalordita e poi oltraggiata. «Non te lo meriti» decreta inesorabile, tornando a vezzeggiarle la gola con le labbra e facendo evaporare di colpo ogni sentimento di stizza. 



«Sei stato tu, vero?»
Teddy, che si sta infilando la maglia scura del pigiama, si ferma a qualche metro da lei. Socchiude gli occhi gialli, scrutandola con circospezione e palese disorientamento.
Victoire ricambia con un piglio combattivo, in piedi accanto al letto e con ancora la divisa scolastica addosso.
«A mettere il nome di Molly ed Etienne nel Calice» spiega secca, facendogli intuire tutto il suo disappunto. «So che è così» dichiara sicura. 
Teddy inarca un sopracciglio, impassibile.
«Se lo sai, perché me lo chiedi?» rilancia sarcastico. 
«Perché voglio sperare fino all'ultimo di sbagliarmi» confessa lei, snervata, prima di afflosciare le spalle e lasciarsi sfuggire un sospiro affranto. «Godric, ti prego, dimmi che non lo hai fatto!» supplica a bassa voce, stremata.
«Cosa?» domanda lui, sereno, muovendosi all’interno della Stanza delle Necessità e avvicinandosi al letto. «Liberarmi di Molly per sempre e avere la soddisfazione di vedere Delacour con il culo a terra in un colpo solo?» domanda quasi distratto, come se fosse un pensiero che gli è balenato nella mente solo in quel preciso momento. Poi sorride, senza preoccuparsi di celare il compiacimento. «Andiamo, come potevo resistere?» domanda gongolante. 
«No» geme disperata, chiudendo gli occhi di scatto per cercare di scacciare quella visione di urla e sangue che diventerà reale non appena sua cugina lo scoprirà. «Perché dovete sempre farvi la guerra?» domanda arrabbiata, fissandolo con biasimo.
Teddy le scosta un ricciolo biondo da davanti al viso, sistemandoglielo dietro l’orecchio. 
«Perché sono diventati ancora più insopportabili da quando stanno insieme» spiega sintetico, come se quella fosse una motivazione sensata. 
Victoire scuote il capo, spazientita. Poi strabuzza gli occhi quando realizza che…
«Hai messo anche il nome di Rosier?» chiede allarmata, la voce stridula.
«Ah no, a quello ci ha pensato tua sorella» assicura lui, posato, le dita che le sfiorano la guancia prima di abbassare il capo e scoccarle un bacio rapido sulle labbra. «Cioè, ha chiesto a Delacour di superare la linea dell'età e farlo» precisa pignolo, incurante del fatto che lei sta rischiando di andare in shock. «L’ho trovato molto poetico: lui ha fottuto Rosier e io ho fottuto lui» sostiene rilassato, sorridendo con trionfo. 
«E Molly vi ammazzerà entrambi» ritorce brusca, riprendendosi da un torpore che rischiava di trasformarsi in un collasso celebrale, ignorando i brividi che quella mano che, dal viso è scesa al collo, le provoca. Rimani concentrata, si impone, nella sua testa, e soprattutto furiosa! «Tu perché l'hai costretta a partecipare a questo Torneo ed Etienne perché ha assecondato Domi e-»
«Era proprio questo l'obiettivo» la interrompe Teddy, placido. Davanti al suo sbigottimento, torna a esibire quel sorriso meschino. «Far in modo che qualcun altro si occupasse del lavoro sporco al mio posto» illustra divertito, alludendo a quelle prove che i suoi cugini dovranno affrontare e facendole intuire che non crede che ne usciranno interi. «Quanto al volermi fare fuori, ho più esperienza con i duelli. Non la temo» dichiara superbo, per nulla preoccupato. 
«Che infame!»
«Corvonero».
«Avrei detto Serpeverde» insinua Victoire, asciutta. 
«Beh, buona parte della mia famiglia è stata smistata lì» le fa notare Teddy, flemmatico. Poi si accorge del suo sguardo di fuoco e si lascia sfuggire un verso di stizza. «Dai, Vic, non puoi tenermi il muso l’unica volta in cui riusciamo a vederci» sottolinea ragionevole.
Lei si morde le labbra, tentata di mettere da parte la rabbia per quell’azione meschina.
Effettivamente, da quando l’altro si è diplomato, due anni prima, vedersi è diventato difficile. Durante l’anno è rinchiusa nel Castello in Scozia e le occasioni per poter stare insieme sono solo quelle concesse dalle gite a Hogwarts mentre le ultime estati lui le ha passate a studiare per superare gli esami dell’Accademia Auror. 
Se ha avuto la possibilità di essere lì, la sera del sorteggio dei Campioni, è solo perché zio Harry ha voluto schierare quanti più uomini possibili per essere certo – visto quello che è successo in passato – che tutto proceda senza imprevisti.
E sa che si stanno approfittando dell’occasione per trascorrere qualche ora nella Stanza delle Necessità, prima che arrivi il mattino e lo studio li costringa a separarsi di nuovo.
«Sì, se in quella volta cerchi di sterminare la mia famiglia» ribatte testarda, facendo forza sulla sua coscienza per non far cadere quel discorso. 
«Solo la parte sbagliat- scherzavo» si affretta ad aggiungere Teddy, conciliante, anche se gli occhi gialli non mostrano la benché minima traccia di pentimento. «Ultimamente stai diventando un po’ troppo suscettibile» osserva cauto.
«Chiediti il perché!»
«Perché ti manco e non sai come sfogare tanta frustrazione?»
«È vero che mi sei mancato» ammette Victoire, timida, sentendo le guance avvampare anche a causa di quelle mani che le hanno fatto scivolare via il mantello dalle spalle e per via di quelle iridi che la fissano come a volerla divorare. «Ma ciò non toglie che io sia ancora arrabbiata» mette in chiaro, irremovibile. Gli scocca un’occhiata eloquente. «Lo scopriranno, lo sai questo, vero?» domanda concreta.
Lui alza le spalle, indifferente, procedendo a toglierle anche il maglione. 
«Può darsi» concede sereno, mentre lei alza le braccia per facilitarlo dal liberarla dell’indumento. «Ma non ne avranno mai la certezza» sostiene gongolante, traendo piacere dalla sadica prospettiva di vedere quelli che considera delle scocciature in difficoltà.
Su Etienne non ne sarei così convinta, vorrebbe ribatte, lungimirante, ma evita che le parole le sfuggano dalla lingua. Perché nominare il cugino basta per far incupire e far scattare la gelosia nel suo ragazzo. 
«E che scusa hai usato con zio Neville per fermarti a dormire qui?» domanda interessata, sciogliendosi il nodo della cravatta.
«Nessuna scusa» mormora lui, sommesso, l’attenzione rivolta a quelle dita che, una volta fatta scivolare via quel pezzo di stoffa, sono passate a slacciare la camicia candida della divisa. «Non gli ho detto niente» aggiunge distratto.
Victoire si immobilizza e gli occhi di Teddy corrono al suo viso.
«Ma non puoi davvero credere che non ne sia a conoscenza» sottolinea risoluta. 
«No, ma, finché farà finta di niente, non me ne preoccuperò» stabilisce avveduto, sorridendo scaltro. Poi quella piega delle labbra diventa più ampia e calorosa mentre gli occhi gialli si addolciscono. «Lascia faccio io» si offre magnanimo, sostituendo le sue mani alle prese con un’asola particolarmente ostica. «Adoro spogliarti» le ricorda accattivante, facendole accelerare il battito cardiaco e rendendole molli le gambe al pensiero di quello che accadrà a breve. 











Storia ambientata nell’anno scolastico 2017/2018. E questa è stata una botta di fortuna assurda perché mi ha dato modo di giustificare la presenza del Torneo. 
Per quanto riguarda l'età dei personaggi, ho mantenuto quelle di Battlefield e Someone you loved. Invece, parlando dei Campioni… ho scelto la combinazione meno peggio. 
Perché non oso immaginare cosa sarebbe uscito con il trio Lance, Teddy ed Etienne (e l’ordine con cui ho scritto i nomi si rifà alla copertina della storia. Non partiamo con la solita tiritera del preferito, per cortesia), anche se, per un folle istante, giuro che ci ho pensato seriamente. 
Poi però mi ha fatto storcere il naso l’idea di rendere Teddy coetaneo di Vic e ho desistito. Sì, l’ho fatto anche perché altrimenti, più che fare la guerra alle altre scuole, sarebbe stata una guerra interna. E se Etienne lo posso più o meno controllare, quei due ciaone!
Nel prossimo capitolo compariranno più da vicino anche i personaggi delle altre scuole, in particolare i Campioni di Beauxbatons. Campioni che appartengono Severa Crouch, di cui consiglio di leggere la storia.
Forse, a una prima lettura, potrebbe sembrare che sia Lance il demonio in persona ma vi assicuro che pure Etienne non scherza.
Alla prossima,
Blue


Il prescelto non può tirarsi indietro: citazione del film.



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Capitolo 2
*** Salvate il soldato Rosier! ***


Torneo








«Come ti vedi, dopo aver affrontato questo Torneo?»
«All’obitorio» risponde Lance, brutale, di cattivo umore.
Molly è costretta a trattenersi dal lasciarsi sfuggire un risolino isterico, perché il giornalista, che li sta intervistando per la
Gazzetta del Profeta, ha la faccia allibita di chi non ha capito che quell'idiota di suo cugino si è lasciato sfuggire una battuta infelice.
Decide quindi di fare la matura della situazione, perché tra Lance che ha uno dei suoi soliti attacchi di simpatia ed Etienne che sorride deliziato, attendendo con trepidazione la tragedia, quella piccola aula in disuso che la Preside ha concesso di utilizzare per raccogliere informazioni sui nuovi di Campioni di Hogwarts, rischia di diventare il teatro di un massacro.
«Sta scherzando» si affretta, quindi, ad aggiungere, stiracchiando le labbra in un sorriso falso quanto cortese, cercando di ingraziarsi l'uomo e di fermarlo dal scrivere che uno dei Campioni è da rinchiudere in manicomio e buttare la chiave.
Quello le lancia un'occhiata scettica, prima di scambiarne una significativa con il suo collega fotografo, altrettanto allibito.
«Mmm… dunque» riprende cercando di scacciare via lo sconcerto e leggendo le domande che si è preparato sul taccuino che ha in mano, mentre la Penna Prendiappunti, che svolazza all'altezza del suo capo, trema, pronta a non lasciarsi sfuggire nessuna dichiarazione. «Come si sente ad essere stato scelto come Campione nonostante la sua famiglia sia associata ai Mangiamorte?» chiede compito.
«Che non me ne frega un c-
ahia» strepita Lance, dolorante, voltando di scatto il capo nella sua direzione e trucidandola con un'occhiata tagliente.
Non credevo che l'avrei mai detto ma Dominique è una santa per sopportare uno cosìpensa esausta, provando un moto di pura solidarietà verso la cugina più piccola. È anche vero che se l'è scelta lei, questo stronzo!
«Mio cugino non nega che la sua famiglia si sia trovata dal lato sbagliato, durante il primo conflitto» esordisce diplomatica, simulando un'espressione dolente un po' troppo esagerata. «Tuttavia non è giusto che lui paghi per qualcosa che non ha fatto» decreta ferma, snocciolando quella tesi con grande serietà. Vede con la coda dell'occhio le labbra di Etienne tremolante in un sorriso divertito e ammirato, ma non ci fa caso. Se scoppia a ridere, è finita. «Altre domande?» si informa benevola, cambiando di colpo atteggiamento e sfoderando un'aria amabile.
Il giornalista la fissa sbigottito. Dall'espressione quasi spaventata, sembra chiedersi dove diavolo sia finito.
«Sei single?» tenta smarrito, optando di sondare un terreno meno pericoloso.
«Sì» risponde Lance, all'istante, con un tale velocità da non permetterle di anticiparlo. «E ci voglio anche rimanere» chiarisce gelido, con il fare di chi vuole concludere qualcosa che considera una scocciatura il prima possibile.
L'uomo si lascia sfuggire un sospiro sconsolato.
Ti sono vicino, amico, vorrebbe dirgli Molly, solidale. Uno come mio cugino deve essere l'incubo di ogni intervistatore. Si possono contare le risposte che ti ha dato, se escludiamo i ringhi e le occhiatacce silenziose e feroci.



«La Prima Prova l’affronto io» decreta Lance, deciso.
Molly inarca le sopracciglia, titubante.
«Sicuro?» domanda dubbiosa, appoggiandosi alla parete di quel corridoio nel quale si sono ritrovati al termine delle lezioni pomeridiane.
Suo cugino annuisce, rapido.
«Sono quello che ha più probabilità di cavarsela» sottolinea pratico, senza ombra di beffa nella voce.
«Se seguono la tradizione» si inserisce Etienne, sottile, gli occhi di un azzurro chiaro offuscati per la concentrazione. «È molto probabile che riguardi una Creatura Oscura».
«L’ultima volta ci sono stati i draghi» rammenta lei, svelta, storcendo il viso in una smorfia meditabonda. «Potremmo basarci su quelle che non si possono addestrare e che vengono catalogate come pericolose» butta lì, riluttante.
«In questo modo avremmo anche il tempo di elaborare una strategia di difesa» ragione il suo ragazzo ponderato, passandosi una mano tra i capelli di un biondo che rasenta il bianco. «Anche se non è detto che basterà per quando sarai nell’arena» avvisa realistico, provocandole un brivido lungo la colonna vertebrale.
Lance piega le labbra in un sorriso beffardo.
«Avevo già dato per scontato che sarei stato fregato» ammette sarcastico, con un’espressione che sembra noncurante anche se le sembra di intravedere della preoccupazione irrigidirli appena i lineamenti. Poi si fa serio, gli occhi che diventano gelidi. «Ma ogni informazione in più può fare la differenza tra vittoria e fallimento».
E tra vita e morte, pensa Molly, inquieta, sentendosi angosciata come mai per quel casino in cui, loro malgrado, si sono trovati coinvolti. 

 

«Rosier».
Alza gli occhi per incrociare quelli scuri del Campione di Beauxbatons che sta prendendo posto alla tavola di Serpeverde di fronte a lui.
«Lestrange» risponde d’istinto, distaccato, servendosi una tazza di tè da una delle caraffe provenienti dalla cucina. «Come mai già sveglio?» domanda cortese.
Vista l’ora – non saranno manco le sette – ben pochi studenti si sono trascinati fuori dal piumone per raggiungere la Sala Grande, che appare praticamente vuota. 
Nemmeno i fantasmi si sono presi la briga di comparire e, per un folle istante, dopo la doccia, ha avuto anche lui la tentazione di tornare a letto. Poi si è ricordato che quando Domi è preoccupata – divertente che prima lo condanni a morte e poi se ne dispiaccia –, diventa ancora più appiccicosa del solito.  
E lui, al momento, è fin troppo suscettibile per tollerare quegli abbracci rassicuranti che l’altra cerca come una disperata.
Uno posso anche concederglielo ma al quinto tentativo, rischio di perdere la pazienza, pensa implacabile, serrando la mandibola con fastidio al ricordo di quegli assalti dal quale è scappato. Anche perché non è lei che dovrà affrontare questo cazzo di Torneo!
«Nervosismo» risponde l’altro, garbato, agguantando un croissant dal piatto fumante appena salito dalle Cucine. «Non riuscivo a dormire. Tu?» si informa placido, mangiando distrattamente il dolce. 
«Sto con una che pretende di abbracciarmi anche quando dormo» risponde Lance, tagliente, lasciandosi sfuggire uno sbuffo stizzito. «Credimi, sono felice ogni volta che riesco ad alzarmi con la consapevolezza di non aver commesso un omicidio» svela sinistro, sentendosi incredibilmente virtuoso per non aver ancora ceduto a quella tentazione. 
«Purosangue?»
«Quando si impegna, sì».
«Che significa?» ribatte quello, serrando gli occhi con palese confusione. «O lo è o non lo è» sottolinea logico.
Lui scrolla le spalle, noncurante, servendosi una porzione generosa di pancake. 
Vaffanculo il regime alimentare! Se oggi deve morire, pretende di consumare una colazione come Salazar comanda. 
«Storia lunga» liquida spiccio, gustandosi con piacere quella frittella cosparsa di topping al caramello. «Per farla breve… la sto pagando per gli errori che ha commesso Evan, se tali vogliamo definirli» illustra snervato. 
Lestrange lo fissa stranito.
«Non ha senso» decreta sicuro, sbattendo le ciglia per la perplessità.
«Il cattivo gusto non ce l’ha mai» si limita a dire Lance, criptico, storcendo le labbra in una smorfia scontenta. Poi gli rivolge un’occhiata attenta. «Chi di voi affronterà la Prima Prova?» si informa interessato.
«Mio fratello» svela l’altro, compito, prima di raddrizzare la schiena. «Di voi?» replica cauto.
«Io».
Passano una manciata di minuti a squadrarsi a vicenda mentre il silenzio cala alla tavolata, facendo sprofondare l’atmosfera da tesa a deprimente. 
«Beh, i nostri antenati hanno combattuto delle guerre magiche».
«E hanno terrorizzato un’isola intera».
«Che cosa saranno mai un paio di Creature Oscure?»
«Evan le avrebbe affrontate a occhi chiusi».
«Sopravvive il più forte» decreta Lestrange, saputo, inarcando le sopracciglia con eloquenza e assumendo un’espressione profondamente compiaciuta. «La considero una legge di vita» aggiunge sereno.
Lance piega le labbra in un sorriso amareggiato, per nulla rincuorato da quelle parole. 
Anzi, gli è quasi passato l'appetito e nota che pure l'altro non sembra tanto affamato.
Felice di non essere il solo a essere tesoosserva lugubre, nella sua testa, sforzandosi di terminare i suoi pancake.



«Ma stai respirando?» 
Lance volta il viso verso destra, rivolgendo un’occhiata scettica alla cugina. 
«Perché?» si sforza di chiedere, distaccato. 
«Sei immobile da almeno dieci minuti» risponde lei, apprensiva, al suo fianco, corrugando le sopracciglia con inquietudine. «E stavi guardando malissimo il Campione di Durmstrang» lo informa spiccia. 
Lui scrolla le spalle, noncurante.  
«Credo che, in realtà, stesse fissando il vuoto e pregando» interviene Delacour, spassionato, accanto a loro. Piega le labbra in un sorriso divertito, gli occhi azzurri che baluginano ironici. E grazie al cazzo, non la deve affrontare lui quella Prova di merda. «Non ti facevo così religioso» lo percula amabile. 
Lance sbuffa, trattenendosi dal replicare perché non ha voglia di iniziare una guerra in quel momento. 
Anche perché eliminare quella spina nel fianco sotto gli occhi di tre Presidi e altri testimoni scomodi, non è esattamente un'idea geniale.
Cerca, quindi, di distrarsi studiando la tenda dei Campioni nella quale si trova. Nota che gli altri concorrenti sembrano logorati, specialmente i nordici, da quella tensione sfibrante, in attesa dell’arrivo dei funzionari del Ministero che aprirà le danze al massacro. 
Ringrazia che l’Occlumanzia, nella quale si è trincerato per evitare di dare di matto, gli abbia permesso di mantenere il controllo e di non cedere a una crisi di nervi. 
Anche se inizia a irritarsi perché odia quando viene stabilito un orario e la gente arriva in ritardo. 
Pure se si tratta di suo padre.  
Anche se dubita che sia colpa sua, perché 
vati è di una puntualità che sfocia nel patologico.
Sicuramente è colpa del Ministero. Una Weasley, anche se per matrimonio, guarda caso. 
Sono la mia rovina, pensa scocciato, scuotendo il capo con l’espressione di chi si sa pentendo amaramente di aver a che fare con una marmaglia simile. Poi scocca a Molly un'occhiata risentita, perché pure lei fa Weasley di cognome e merita di essere maltrattata.  
«Secondo me la stai prendendo peggio di quello che è» esordisce Delacour, leggero, distraendolo da quelle fantasie riguardanti punizioni da infliggere a gente che gli rende la vita un inferno. Anche se, 
forseè anche colpa sua per essersi messo con una, il cui stato di sangue deve aver provocato l’indignazione e sicuramente qualche maledizione di sciagura da parte di tutti i ritratti degli antenati a Rosier Castle. «Ricordati che hai altri due fratelli. Se tu ci lasci, la stirpe può continuare con loro» riprende magnanimo, con l’aria di sta gli sta facendo notare che non c’è nulla di cui preoccuparsi. 
Lui gli scocca la peggiore delle occhiate gelide e affilate del suo repertorio. 
«Ma vattene a fanculo» sibila tra i denti, aggressivo. 
«Lasciamelo stare!» interviene sua cugina, severa, dandogli inaspettatamente man forte, le iridi castane illuminate dal fastidio. «Non vedi che è nervoso come una biscia?» domanda spazientita.
«Sono calmissimo». 
«Ma chi ci crede?» 
Lance serra la mandibola, imponendosi controllo.
«Molly, se vuoi farmi incazzare, sei sulla buona strada» la informa sferzante, lanciandole uno sguardo di ammonimento.
«Non parlarle così» lo fredda Delacour, gelido, perdendo all'istante il buon umore e irrigidendo i lineamenti del viso.
«Altrimenti?» lo sfida lui, inarcando un  sopracciglio con scherno.
«
No!» sbotta Molly, al limite della pazienza, sgusciando in mezzo a loro due e fissando prima l'uno e poi l'altro con un cipiglio terribile. «Ogni scusa non può essere un pretesto per litigare!» sostiene incollerita, picchiando un piede a terra per sfogare il nervosismo. «Datevi un contegno, puttana il demonio! Vi ricordo che siamo tutti dalla stessa parte!» strepita indemoniata.
«
Signorina Weasley!» la rimprovera la McGranitt, dopo essersi voltata di scatto in seguito a quelle urla, disgustata e oltraggiata a causa di quella mancanza di decoro davanti alle altre scuole. «Moderi il linguaggio» le intima intransigente.
E mentre sua cugina incassa la testa tra le spalle, arrossendo mortificata a causa della sua linguaccia, l'attenzione di Lance viene catturata da qualcuno che, dopo aver spostato un lembo della tenda color ruggine, ha intrufolato svelta il viso e, individuandolo, gli fa cenno di uscire da lì.
«Prendo una boccata d'aria» mormora distaccato, rivolgendosi ai suoi due compagni di sventura, che non sembrano particolarmente interessati ad ascoltarlo – Molly è troppo impegnata a maledirsi per la figuraccia che ha appena fatto per degnarlo di un'occhiata e Delacour a ridacchiare divertito, rischiando di venir strangolato da un momento all'altro –, prima di recarsi all'esterno della tenda.
Lì fuori, Dominique, senza proferire una parola, gli fa strada verso un angolo appartato, tra la tenda dei Campioni e quella dell'Infermiera, così da essere al riparo da sguardi indiscreti.
«Come hai fatto a superare gli Auror?» domanda lui, piatto, dopo aver appoggiato il fondoschiena contro una cassa di legno.
Lei piega le labbra in un sorriso scaltro. 
«Essere la nipote del capo ha i suoi vantaggi» fa notare saccente, alludendo alla sua parentela con il Prescelto che ha sfruttato per raggiungere i suoi scopi. Lo fa impazzire quando manda all'inferno ogni correttezza per ottenere quello che vuole. «Credevo che la divisa di Hogwarts fosse rossa» aggiunge perplessa, rivolgendo un'occhiata dubbiosa alla tuta verde e nera che indossa.
Lance si lascia sfuggire uno sbuffo derisorio.
«Fortunatamente ognuno può scegliere il colore che desidera» sottolinea sarcastico. «E il rosso non lo metto manco morto. Troppo Grifondoro» stabilisce inorridito, con una sfumatura infantile a colorargli la voce.
Dominique annuisce ma stranamente non ribatte. Si stringe nel cappotto beige che indossa, le braccia che si serrano al petto.
«Come va?» domanda piano, inquieta.
«Sto per morire, come pensi che vada?» replica lui, impietoso, fissandola con eloquenza.
La vede roteare gli occhi azzurri con esasperazione prima che torni a puntarglieli addosso con disapprovazione.
«Il solito melodrammatico!» esclama seccata, in un borbottio scontento.
«Ti ricordo chi mi ha messo in questa situazione» rinfaccia Lance, brutale, per nulla addolcito nel saperla preoccupata per la sua salute. 
Potevi evitare di fare questa stronzata, aggiunge nella sua mente ma si guarda bene dal lasciarselo scappare. Infierire quando l'altra è in quello stato, non è per niente divertente. «E sappi che, se mi salvo, ti farò scontare questa colpa a vita» promette solenne, credendoci davvero in quella minaccia.
Dominique rimane basita, prima di piegare le labbra nell'ombra di un sorriso deliziato.
«In caso contrario, verrò a piangere sulla tua tomba ogni giorno» giura zuccherosa.
«Evita di sprecare liquidi inutilmente» la blocca lui, suo malgrado divertito. «Se mi dovesse succedere qualcosa, tornerò a perseguitati come fantasma» concede morbido, quasi fossero parole d'amore.
Lei si avvicina, fino a fermarsi a un palmo di distanza. Gli appoggia i palmi delle mani sul torace e inclina il capo, un sorriso invitante sulla bocca.
«Così non mi lasceresti mai sola» commenta radiosa, le iridi chiare illuminate da un lampo di gioia. «È una delle cose più romantiche che tu mi abbia mai detto» lo prende in giro. Poi sbatte le palpebre, inumidendosi la bocca e assumendo un’espressione nervosa. «A proposito di romanticismo, c'è una cosa che vorrei fare» esordisce a disagio, con un velo di incertezza.
«Niente scopate prima di una prestazione sportiva» decreta Lance, inflessibile. «Perché mi fai ripetere sempre le solite cose?» chiede scocciato.
«Non è quello» ribatte Dominique, schietta, scuotendo la testa con decisione. Abbassa per un momento lo sguardo verso la sua tuta, impacciata. «È solo che il tuo nome mi fa ripensare al ciclo arturiano e visto che anche tu, come Lancelot, stai affrontando un torneo» svela titubante, in un pigolio appena udibile, mentre lui aggrotta la fronte con confusione per cercare di seguire quel ragionamento. «In passato, le dame concedevano dei pegni come portafortuna» riprende dopo essersi schiarita la gola, tornando a fissarlo con le guance imporporate dell'imbarazzo. «Perciò pensavo di dartene anch'io uno» dichiara spiccia, con una sicurezza che è tutta apparenza.
Lance rimane immobile, sconcertato.
«Non mi porto uno dei tuoi unicorni nell'arena» decreta, infine, insensibile, riferendoti a quei peluche che l’altra adora, piegando le labbra in una smorfia raccapricciata.
Lei si scioglie in una risata cristallina, che sembra scacciare via un po' di tensione che le aveva irrigidito il corpo.
«Lo so» assicura lieve. «Ecco perché ho pensato a qualcosa di meno ingombrante» continua con lo stesso tono, allontanando le mani dal suo torace per tirare fuori un nastro, che è solita usare per legarsi i capelli, dalla tasca del cappotto. «È lo stesso colore dei tuoi occhi» gli fa notare con un guizzo di malizia, approfittando del suo smarrimento per legarglielo intorno al polso destro. Dopo aver stretto il nodo ed essersi assicurata che non si slacci, prende un profondo respiro. «Andrà tutto bene» afferma convinta, tornando a guardarlo in faccia con un'espressione seria. «Tu trovi sempre un modo per cavartela» sottolinea con sicurezza. Esita un momento, schiudendo la bocca. «E poi» aggiunge in un pigolio tremante.
La zittisce con un bacio, senza darle il tempo di dire altro, sia perché averla vicino è una tentazione troppo forte, sia perché non gli piace affatto vederla in quello stato.
Non è uno di quei baci che sono soliti scambiarsi. È lieve, casto, per nulla approfondito. Eppure la sente sciogliersi, come se quella semplice tocco avesse il potere di rincuorarla.
«Domi, io torno sempre» afferma piano, nel momento in cui si allontana dalle sue labbra, le mani appoggiate contro i suoi fianchi.
La vede sorridere, più serena, mentre gli occhi chiari le si illuminano di gioia.
Vorrebbe aggiungere qualcosa – perché sta per morire, quindi può concedersi uno strappo alla regola ed essere 
leggermente più morbido –, quando lo schiarire di una gola, fa voltare ad entrambi la testa verso destra. 
«Perdonate l’interruzione» si scusa Delacour, placido, con un sorriso che non è affatto dispiaciuto, sulla soglia del varco tra le due tende nel quale hanno trovato rifugio. «Te lo devo portare via perché fra poco ci sarà l’estrazione della Creatura da affrontare e non vorrei mai che tu me lo stancassi» dice a Dominique, dolce, prima di guardare lui. «Andiamo, Romeo» lo percula spiccio, facendogli capire che ha origliato una parte di quel discorso privato.
Lance sbuffa, staccando il fondoschiena da quella cassa e, dopo aver salutato la causa di tutti i suoi mali con cenno del capo, segue quell’imbecille fuori dal nascondiglio in cui si era rintanato.
Circumnavigano parte della tenda dei Campioni, in un silenzio lugubre, prima di arrivare all'entrata. 
«Delacour» lo chiama gelido, fermandosi e facendo voltare l'altro all'indietro, il volto corrucciato in una genuina espressione di sorpresa. «Quando tutto questo sarà finito e non mi servirai più, giuro che ti ammazzo» promette feroce, inchiodandolo con un'occhiata di puro sprezzo.
Quello sorride divertito, per nulla preoccupato.
«Ti dovrai impegnare» ribatte spassionato, le mani nelle tasche dei pantaloni. «Lupin ci ha provato per anni e Molly ogni giorno, eppure io sono ancora qui» sottolinea con un certo orgoglio, come se non fosse un risultato così scontato. «Ah, comunque» riprende simulando casualità. «Non ti facevo così romantico» ammette posato. Quando nota la sua confusione indica il nastro che porta legato al polso con il mento. «Carino quel pegno» commenta eloquente, scoccandogli un'occhiata perspicace, prima di precederlo all'interno della tenda.



«L'obiettivo dei Campioni è quello di recuperare l'indizio che la Creatura Oscura ha attaccato a una catena al collo» lì informa Oliver Baston, rapido, guardando i tre che dovranno affrontare la Prima Prova e ignorando le loro facce sconvolte. «Vi renderete conto, durante il vostro turno, che non sarà così semplice e che bisognerà far qualcosa perché il tubo di piombo, contenente l'indizio, entri in vostro possesso» continua criptico.
Lance lo ascolta di sfuggita, troppo occupato a osservare con il viso inespressivo il Basilisco in miniatura che, dopo averlo pescato dal sacchetto di stoffa che del funzionario del Ministero incaricato di quel ruolo, striscia sul palmo della sua mano, sguainando le fauci e producendo un sibilo che gli provoca un brivido lungo tutta la colonna vertebrale.



Almeno ha la fortuna di affrontare per primo quel suicidio, se si vuole essere ottimisti e vedere la questione da quella prospettiva.
Lance entra nell'arena, che ha preso il posto del campo da Quidditch, con la felicità di un condannato a morte che sta per salire con il patibolo.
Registra distratto il vociare provenienti dagli spalti, indifferente agli incitamenti o al disappunto del pubblico, troppo impegnato a studiare l'ambiente nel quale si trova.
Al perimetro di quell’ovale è stata innalzata una barriera azzurrina che, sospetta, serva a impedire che qualche spettatore fissi negli occhi il Basilisco e finisca all’altro mondo prima del tempo, impedendo anche di generare uno scandalo internazionale.
Serra di riflesso le dita intorno alla bacchetta di legno, prima di puntarsela alla tempia sinistra e mormorare un incantesimo che ha la stessa funzione della precauzione scelta per proteggere quegli idioti che sperano di divertirsi nell'assistere al suo massacro.
Che brucino tutti tra i tormenti.
Resa innocua la vista della Creatura – non che questo la renda meno pericolosa, perché ha sempre le zanne intrise di veleno –, gli occhi si spostano a destra e a sinistra per studiare il campo di battaglia.
All'interno di quel campo, vi è una perfetta rappresentazione della campagna inglese. Il terreno è brullo e disconnesso, chiazzato di fango e pozze d'acqua. Ci sono pochi alberi, qualche roccia e diverse colline che gli impediscono di abbracciare con lo sguardo l'area nella sua interezza.
Lance si lascia sfuggire una smorfia, piegando le labbra in un sorriso di scherno mentre avanza lentamente verso il centro dell'arena.
È ovvio che la Creatura sia già lì, mimetizzata nell’ambiente e che lo abbia già studiato con calma.
Il Basilisco è di colore verde brillante, ripete nella sua mente, di riflesso, recitando quelle informazioni che ha imparato a memoria dai libri della Biblioteca di Hogwarts e da Rosier Castle. Inarca le sopracciglia beffardo, senza riuscire a trattenersi. Immagino che si sia sporcato le squame di fango, così da rendermi più difficile localizzarlo.
Arresta la sua marcia, fermandosi in un punto dove il terreno è frastagliato, pieno di pietre che rendono più difficile procedere senza inciampare e, soprattutto, sono talmente piccole che è impossibile calpestarle senza far rumore.
O strisciarci sopra indisturbati.
Prende un profondo respiro, gonfiando i polmoni di ossigeno. L'Occlumanzia ha relegato il panico ai confini della sua mente, rendendo il suo raziocinio lucido e rapido.
Rimane immobile, gli occhi fissi al suolo e i sensi vigili, in attesa.



«Se ti capita il Basilisco, è finita» sentenzia Molly, lugubre, afflosciandosi contro lo schienale della sedia della Biblioteca.
Lui alza la testa dal tomo che stava consultando, scettico.
«Poi dici che sono io, l’ottimista, tra noi» rinfaccia brutale, seduto di fronte a lei a quel tavolo appartato e ignorando le occhiate curiose da parte degli altri studenti.
Delacour sospira, paziente, accanto alla sua ragazza.
«Siete due tragici» dichiara lieve, per nulla preoccupato da quell’ondata di positività che è scesa tra loro. «Chiunque ha un punto debole, basta solo scoprire quale» sottolinea sagace.
«Per ora, sembra avere solo pregi» ribatte Lance, impietoso, scoccando un'occhiata di puro sprezzo all'immagine disegnata sulla carta del libro. «Velocità, zanne intrise di veleno e una vista letale» elenca sottovoce, risentito. Poi aggrotta, storcendo il viso in una smorfia pensosa. «A meno che non sia quello, il suo punto debole» azzarda meditabondo, riflettendo su quell'idea che gli è balenata in testa.
Quando rialza le iridi chiare dal legno scuro del tavolo, incontra quelle terribilmente perspicaci di Delacour.
«I serpenti hanno una vista molto sviluppata» sottolinea quello, significativo, inarcando le sopracciglia con eloquenza.
«Il che significa che è anche molto sensibile» termina lui, logico, piegando le labbra in un sorriso intrigato.
«E questo come ci aiuta?» interviene Molly, interessata, irritata di capire il motivo del buonumore che è palpabile nell'aria. «Perché sapere che ci vede bene, non mi sembra questo granché» fa notare spiccia, alludendo al potere mortale dei suoi occhi.
Delacour scrolla le spalle, spassionato.
«Beh, renderlo cieco lo farebbe diventare più innocuo» puntualizza sagace.
«E anche molto più incazzato» replica lei, asciutta, prima di puntargli le iridi addosso. «Ti prego, dimmi che tu hai 
davvero un piano» lo supplica stremata, la voce colorata dall'isteria.



Attaccherà frontalmente, pensa sicuro, stranamente tranquillo. Non ha predatori naturali, perché dovrebbe essere cauto?
A causa delle urla e del baccano proveniente dagli spalti, si accorge con una manciata di secondi in ritardo di 
quello.
Un rumore flebile, appena udibile, di qualcosa che si muove sul terreno, strisciando nella sua direzione.
Sente i sassi scricchiolare sotto il peso della bestia, facendogli intuire che si trovi a una quindicina di metri di distanza.
Si impone di rimanere fermo e di non retrocedere, perché indietreggiare verso il limite dell'arena significa tagliarsi le vie di fuga e diventare una facile preda.
Solo quando alza le iridi dal suolo e vede il tronco di squame verdi avvicinarsi rapidamente, serra la presa alla bacchetta. 
Niente gesti bruschi, si impone, perentorio, spostando la mano sinistra davanti a sé con lentezzaE non essere frettoloso. Devi avere il giusto tempismo.
Il suolo trema mentre il Basilisco avanza, fino a fermarsi a circa due metri. È talmente vicino che lui riesce a sentire il sibilo basso e la coda che che frusta il terreno, sollevando una manciata di polvere e pietre, fremente all'idea di dedicarsi alla caccia e uccidere.
Solo nel momento in cui Lance nota un'ombra oscurarlo – il muso che probabilmente lo sovrasta –, abbassa le palpebre.
Lumos solem!
Una serie di lamentele si solleva da parte del pubblico, accecato da quella luce bianca e violenta provocata dall'incantesimo non verbale. Lui non ci bada, troppo occupato a concentrarsi sul sibilio furioso che gli giunge alle orecchie per preoccuparsi degli strepiti di quegli idioti che sperano di divertirsi sulla sua pelle.
Ora o mai più.
Apre gli occhi di scatto, scagliando un 
Obscuro verso muso della bestia, così che una benda nera privi la creatura della vista, destabizzandola.
Sa benissimo che è questione di secondi prima che se ne liberi, ecco perché non esita a lanciare anche un incantesimo di Adesione Permanente, così che, per quanto agiti con furia il capo triangolare, quel pezzo di stoffa rimanga ben incollato alle squame del muso del Basilisco.
Lance quasi si lascia scappare un sorriso di trionfo nell'osservarlo dimenarsi, rabbioso di essere stato privato del suo senso più potente, pensando che la parte più difficile del piano è riuscita.
La sua attenzione viene catturata dal collare di metallo che il serpente ha intorno alla gola, dove è appeso un tubo di piombo.
Diffindo.
Rimane basito, aggrottando le sopracciglia con confusione quando la catena, a cui è attaccata l'oggetto che deve recuperare per superare la Prova, non viene tranciata dal sortilegio.
Poi serra la mandibola con rabbia quando comprende il significato della frase criptica che Baston ha pronunciato nella tenda dei Campioni.
Il tubo che contiene l'indizio per la Seconda Prova si stacca dalla catena solo se la bestia è priva di sensi, intuisce rapido, sentendo l'irritazione sostituire quella sensazione di trionfo che lo aveva travolto. 
Ingoia un moto di rabbia e una sfilza di maledizioni in tedesco verso chi ha progettato quelle trappole mortali.
Tuttavia, non può nemmeno augurare ogni di peggio agli artefici della sua morte perché, un paio di istanti più tardi, è costretto a lanciarsi sulla sinistra, rotolando sull'erba, per evitare la testa del Basilisco che è scattata avanti, azzannando con furia e alla cieca il punto dove si trovava un attimo prima.
Nell'impatto, le ginocchia hanno picchiato contro il terreno e qualche pietra e, nonostante lui si sia ben guardato dall'emettere fiato, quel movimento ha provocato, seppur minimo, del rumore, tanto che il muso della bestia si gira di colpo nella sua direzione.
L'istinto prende il sopravvento sulla mente, sprigionando un incantesimo dalla bacchetta che anticipa e frena il prossimo attacco.
Una scarica di fiamme azzurre lo circondano, costringendo il Basilisco a retrocedere per evitare di essere investito da quel fuoco che costituisce la barriera che ha innalzato tra loro due.
Piano B, piano B, strepita una voce, che assomiglia terribilmente a quella di Jude, nella sua testa. Passa a quel cazzo di piano B! 
Lance, accovacciato al suolo, si passa la lingua sulle labbra secche, spremendosi le meningi per elaborare una nuova strategia.
Gli occhi rimangono incollati all'animale che, costretto in ritirata, sta strisciando intorno alla barriera, cercando un punto debole per superarla.
Sforzo inutile. Finché resterà all'interno del Fuoco perpetuo, sarà al sicuro. Il serpente potrà anche sfruttare la sua altezza per tentare un attacco dall'alto ma, non appena si avvicinerà, le fiamme creeranno una sorta cupola azzurra, così da rendere vano ogni tentativo.
Ma è una situazione di stallo, osserva pratico, senza riuscire a contentenere l'espressione di disappunto che gli affiora sul viso. Lui potrà anche non riuscire a mandare a segno nessun colpo, ma, in questa situazione, io non riuscirò mai a prendere quel cazzo di tubo.
Sbuffa seccato, acciaccato per terra, la mano destra che si appoggia al ginocchio mentre l'altra stringe la bacchetta.
Scarta all'istante qualsiasi Magia Oscura del suo repertorio, conscio che sarebbe da idioti usarla con gli occhi dei funzionari del Ministero e di centinaia di testimoni piantati addosso. 
Giocare pulito è l'unico modo per uscirne senza conseguenze. 
Il problema è che è perfettamente conscio che la pelle delle Creature Oscure è quasi immune da qualsiasi incantesimo. Un 
Incarceramus non riuscirebbe mai a trattenere quella bestia e, anche se lo facesse, di certo non la metterebbe fuori combattimento così da permettergli di completare la sua missione.
Certo, l'
Ardemonio lo ucciderebbe ma, oltre ad essere un sortilegio instabile – e non gli sembra una grande idea lanciarlo in uno sprazzo erboso, rischiando di provocare un incendio indomabile e potenzialmente mortale per lui –, gli renderebbe impossibile recuperare l'indizio.
Scuote il capo, stizzito dell'incapacità di trovare una soluzione adeguata.
Si concentra a fissare la bestia che non ha smesso per un momento di strisciargli intorno, a debita distanza dalle fiamme.
Non sarà più lungo di sei metri, il che significa non è così anziano, considera analitico, socchiudendo le palpebre per leggere concentrazione. Quindi, magari, sarà più sensibile a cert-
Un rombo proveniente dal cielo lo porta ad alzare di riflesso gli occhi verso quelle nuvole grigie che si sono concentrate sopra la sua testa, facendo presagire che presto Hogwarts verrà travolta da uno dei soliti temporali invernali scozzesi.
Rimane per qualche momento a osservare quello scenario sinistro, prima che un sorriso divertito gli pieghi le labbra.
D'accordo, passiamo al piano B, concede nella sua mente, quasi con dolcezza, rigirandosi con la mano sinistra il nastro che ha legato intorno al polso destro.

 

«Scommetto che ora ti stai pentendo di averlo iscritto a questo Torneo».
Dominique distoglie a fatica lo sguardo dall'arena, voltando il viso a destra e incrociando quello storto in una smorfia di sufficienza di Teddy.
Sbatte le ciglia, smarrita. La tensione che le pesa addosso come un macigno, le rende quasi difficile comprendere il senso di quella frase. 
«Immagino che tu abbia fatto mettere a Delacour il suo nome nel Calice per un desiderio di riscatto» continua il ragazzo di sua sorella, impettito, appena infastidito dai suoi occhi vacui. «Intenzione nobile quanto inutile» sentenzia inclemente. «A Rosier non frega nulla dell'opinione della gente e la gente non dimenticherà quello che ha fatto la sua famiglia solo perché è in grado di fronteggiare una Creatura» sottolinea con lo stesso tono, facendole aggrottare la fronte per la stizza. 
«Ammesso che ci riesca davvero» aggiunge, poi, con spregio.
«Ci riuscirà» lo difende piccata, sentendo il nervoso infuocarle il corpo e le vene. «Con gli incantesimi è addirittura più bravo di te» afferma battagliera.
Lui inarca le sopracciglia, ironico.
«Continua a ripetertelo» replica clemente, con una faccia di chi ci crede poco. 
«Smettetela voi due» interviene Victoire, snervata, seduta tra loro su quella panca degli spalti.
«Volevo solo farle notare la realtà» si giustifica Teddy, altero, rivolgendo a sua sorella e tagliandola fuori dalla conversazione. «Ti avrei ammazzato per questa infamata, se fossi stato Rosier» svela sanguinario, serrando appena le palpebre, gli occhi gialli che assumono una sfumatura inquietante.
«Vogliamo davvero dire chi è stato un infame?» ribatte Victoire, stufa, fissandolo con rimprovero.
«È il karma».
«È stato il karma a far muovere la tua mano?»
E mentre quei due iniziano a bisticciare, Dominique torna a concentrarsi su quello che succede nel campo da gioco.
Il cuore le martella furioso nel petto nel vedere Lance, circondato dalle fiamme di una barriera magica che non conosce, a pochi metri da quella biscia enorme e mortale.
Non avrei dovuto infilarlo in questo casino, geme nella sua mente, terrorizzata a morte dallo spettacolo agghiacciante che ha davanti agli occhi. Sono stata una deficiente.
Deglutisce, sentendo un nodo alla gola dovuto all'ansia e alla preoccupazione.
Poi una mano si chiude su quella che lei ha stretto a pugno sopra la coscia sinistra e che sta stringendo fino a spiegazzare la stoffa della gonna scozzese che indossa.
«Andrà tutto bene» la rassicura Louis, benevolo, quando volta la testa a sinistra e incrocia quel viso rilassato. «Rosier si è trovato in situazioni peggiori» sostiene sicuro.
Lei arcua le sopracciglia.
«Tipo?» pigola dubbiosa, la voce spezzata.
«Quando ha detto a suo padre di voi» risponde suo fratello, svelto. Le sorride con calore, aumentando la stretta sulla sua mano per infonderle fiducia. «In confronto a quello, il Basilisco gli sembrerà una passeggiata» scherza svagato.
Dominique piega le labbra nella bozza di un sorriso, prima di tornare a concentrarsi su quanto accade davanti a sé.



D'accordo, si va in scena, decreta Lance, laconico, alzandosi in piedi, all'interno del cerchio magico.
Ripassa per l'ultima volta l'idea che gli è venuta in mente, prima di puntare lo sguardo verso quell'unica montagnetta rocciosa che si trova alle spalle della Creatura.
Devo solo raggiungerla prima che il Basilisco si renda conto dell'inganno, continua nella sua mente, pratico. L'incantesimo l'ho già eseguito diverse volte, anche se mai come arma. E deve essere estremamente potente o non funzionerà.
Si slaccia il nastro azzurro che Dominique gli ha dato prima dell'inizio della Prova, mormorando l'incantesimo che fungerà da diversivo.
Prende un respiro profondo, preparandosi ad agire.
Devo essere rapido, stabilisce nella sua testa. Poi abbassa la barriera, annullando l'incantesimo del Fuoco perpetuo. Molto più di lui.
Nell'istante in cui le fiamme svaniscono, il Basilisco, probabilmente avvertendo la mancanza di calore, scatta nella sua direzione direzione con un unico movimento repentino.
Aqua eructo!
La bomba d'acqua che si scatena dal terreno è tale che la bestia viene scaraventata indietro, trascinata dalla forza della corrente che la spinge verso la barriera che delimita l'arena.
Butta il nastro in mezzo a quell'acqua che sta allagando il terreno, così che si disperda, prima di annullare il sortilegio e correre verso il luogo più alto presente nell'ambiente.
Ci arriva nel minor tempo possibile, il cuore che gli batte rapido nel torace e la mente consapevole che gli restano solo pochi istanti prima che l'animale si riprenda e torni all'attacco.
Indirizza l'Incantesimo di Adesione verso le suole delle sue scarpe, così da rendere la scalata più facile e veloce. 
Il problema è che la roccia, in alcuni punti, sembra non reggere il suo peso, facendo saltare via alcuni sassi e slittargli il piede, rendendogli il compito più difficile.
Lance stringe i denti, seccato da quell'incoveniente, ma non accenna a fermarsi. Si arrampica utilizzando le mani e piedi, cercando di non perdere tempo. 
Anche perché non può continuare a guardarsi alle spalle, per vedere se la Creatura si sta avvicinando. E non può nemmeno basarsi sull'udito, dato che il vociare della folla, elettrizzata, e il temporale che si sta per scatenare in cielo, copre ogni altro suono.
È quasi arrivato in cima quando un colpo, veloce e secco come una frusta, lo fa sbalzare a destra, facendolo impattare con violenza contro una roccia.
Si accascia sul crostone di pietra, un gemito di dolore che gli sfugge dai denti a causa della craniata che ha appena preso, riuscendo per miracolo a frenarsi dal rotolare giù, verso terra, alla mercé della bestia.
Nell'istante seguente, riesce a spostarsi verso contro la parete della montagna quanto basta per evitare di essere morso. Sente però le zanne del Basilisco squarciargli la manica destra della felpa, affondando di striscio le zanne nella sua carne.
Ignorando il dolore, Lance serra le dita intorno alla bacchetta.
Sta per lanciare l'incantesimo quando la Creatura tira indietro la testa, allontanandosi da lui quanto basta per sfoderare i denti e sibilare feroce. 
Davanti a quella visione, dove le zanne sottili e aguzze sono sporche del suo sangue, lui si immobilizza e percepisce il panico premere sulla barriera eretta dall'Occlumanzia per impedire alle emozioni di avere alla meglio.
Tuttavia è un tentennamento che dura un battito di ciglia, perché nell'istante seguente l'istinto – quello che è nato in seguito a tutte le lezioni che zio Julian gli ha impartito –, lo spinge a scrollarsi di dosso quel torpore e agire.
Scaglia l'ennesima bomba d'acqua contro l'animale, sfruttando la furia dell'acqua per allontanarlo da sé. Poi, rinunciando a salire in cima alla montagna – perché più si muove, più il veleno del Basilisco entrerà in circolo –, punta la bacchetta verso l'acqua che ormai ha inondato tutto il terreno.
Vede il Basilisco, scrollare il capo, probabilmente per scacciare via il torpore a causa del colpo appena subito, sibilare incollerito e, il corpo mezzo immerso in quel liquame fangoso, tornare ad avanzare nella sua direzione.
Furgus!
La scarica di corrente si propaga nell'acqua, ramificandosi in ogni dove. L'elettricità giallastra si diffonde sulla superficie marrone, rapida e implacabile, fino ad arrivare a colpire il nemico.
La Creatura stride, un suono raschiante che dilania l'aria, facendogli venire i brividi. 
Le squame verdastre sembrano quasi illuminarsi quando la corrente le attraversa. Il corpo gli trema, agonizzante di dolore, prima che il serpenti crolli con un tonfo secco sul fianco, in mezzo a quel mare di melma, la bocca spalancata e la benda nera a coprirgli l'occhio.
Nel silenzio assordante che segue, Lance sente le ginocchia cedergli a causa di quel veleno che si è insinuato nel sangue e che inizia a farlo tremare per i brividi. 
Con il cazzo che mi avvicino a controllare, pensa brutale, lasciandosi cadere su quel crostone, i sassi che gli graffiano i palmi delle mani.
Facendo forza su se stesso per fare l'ultimo sforzo e completare quella cazzo di Prova, lancia un 
Diffindo non verbale.
La catena che l'animale porta al collo si spezza e, prima che quella custodia contenente l'inizio per la prova successiva, affondi nell'acqua, l'appella a sé con un 
Accio.
Il tubo di metallo plana nella sua direzione, attirando proprio sopra la sua mano destra.
Lo osserva per qualche secondo, ancora incredulo di essere davvero riuscito ad entrare in possesso, prima che un lampo di luce rossa, lanciato da un giudice, illumini il cielo, seguito da un leggero botto, e annunci la fine della Prova.



«Trauma cranico, quattro costole incrinate, una ferita potenzialmente mortale al braccio, tagli sulla fronte e contusioni alla schiena» elenca Madama Chips, in un brontolio assorto, mentre gli passa la bacchetta sul tutto il corpo, così da individuare altre ferite o lividi. 
«Sembra quasi stupita che io sia ancora vivo» sottolinea Lance, sarcastico, a torso nudo, seduto su uno dei lettini nella tenda dell'infermiera allestita accanto a quella dei Campioni.
Lei gli scocca un'occhiata di ammonimento mentre recupera dalla tasca del grembiule candido una fiala contenente una pomata violacea che sparge senza troppa delicatezza sul taglio che, da sopra il gomito, gli scende quasi fino al polso.
«Come se non avessi vista in condizioni peggiori, signor Rosier» lo fredda secca, agitando la bacchetta così che delle bende pulite escano dalla punta e gli avvolgano il braccio. «Quando c'è la finale di Quidditch Grifondoro contro Serpeverde, la mia Infermeria si trasforma in rifugio di moribondi per quanto vi linciate in campo» rimarca implacabile. 
«I Grifondoro sono degli animali» conviene concorde, annuendo con teatralità.
La donna storce le labbra in una smorfia indispettita. 
«Non mi pare che Serpeverde si comporti meglio» rinfaccia caustica, passando a sistemargli le costole. Avverte un bruciore fastidioso al torace nel momento in cui gli incantesimi raddrizzano le ossa. «Io me li ricordo i tempi di Flint e Baston, senza dimenticare quelli di Bole e Selwyn. Ogni scusa era buona per iniziare una rissa» afferma contrariata mentre lui serra le palpebre, guardandosi bene dal lasciarsi sfuggire un gemito. È abbastanza convinto che la vecchia megera faccia apposta ad avere il tatto di un Troll di Montagna. «Di Burke e Delacour si possono dire tante cose, ma almeno non scalpitano per mettersi le mani addosso» continua un pochino più addolcita, con un cenno di approvazione del mento.
Perché Jude, a meno che non gli venga un ictus, non si abbasserebbe mai a iniziare una zuffa alla Babbana, commenta Lance, ferreo, nella sua testa, in una accorata difesa del cugino. E Delacour non si farebbe mai beccare in una situazione compromettente, con il rischio di passare dalla parte del torto. Salazar, se lo odio! 
Dopo che anche il costato è tornato come nuovo, si lascia sfuggire un sospiro di sollievo.
«Direi che il suo lavoro è finito» afferma distaccato e ha appoggiato i palmi sul letto, così da far forza e alzarsi, quando una mano lo costringe a rimanere seduto.
Madama Chips, ignorando la sua occhiata oltraggiata, lo scruta con piglio da dittatore sanguinario.
«Il mio lavoro sarà finito quando lo dirò io» lo apostrofa brusca. «Questa è la mia Infermeria. Comando io
» sentenzia prepotente.
Lui inarca un sopracciglio con chiara provocazione.
«Sto bene» dichiara gelido, sfidandola a contraddirlo.
«Si vede dal suo viso, infatti» replica la donna, inclemente, alludendo ai tagli e lividi che ha sulla fronte, lì dove ha sbattuto contro la roccia.
Sta per aprire bocca, perché dopo aver affrontato una Creatura Oscura e schivato la morte per un soffio, di certo non ha paura di una alta un metro e due tappi, quando Dominique fa il suo ingresso nella tenda.
Lo scruta con espressione ansiosa, quasi fosse incredula di vederlo vivo e, quasi, in salute.
Quando si dice l'ottimismo, commenta ironico nella sua testa, irritato da quella mancanza di fiducia. E dire che mi ha visto uscire quasi integro dall'arena.
«Signorina Weasley» la chiama Madama Chips, secca, riprendendosi dalla sorpresa di essersi trovata un'ospite nel suo regno. «Non le dico nemmeno che non dovrebbe trovarsi qui» afferma spossata, per nulla intenzionata a iniziare un'altra discussione. «Chiuderò un occhio sulla sua presenza, se mi tratterrà qui il signor Rosier giusto il tempo di comunicare alla Preside che il suo Campione non corre alcun pericolo» concede magnanima.
Dominique annuisce, stranamente docile e poi, solo dopo che sono rimasti soli, azzarda ad avvicinarsi con cautela.
La vede osservarlo con l'apprensione che le incupisce i lineamenti del volto, gli occhi azzurri che rimbalzano ansiosi dai tagli ai lividi che gli costellano la fronte.
«Sentiti in colpa» rinfaccia Lance, brutale.
Lei sbatte le palpebre, presa alla sprovvista.
«Per cosa?» domanda in un pigolio vacuo.
«Mi hai quasi ammazzato» sottolinea lui, inarcando le sopracciglia con eloquenza. «Te lo dico: se Evan era disposto a morire per Emmeline, questo non significa che io sia disposto a fare lo stesso per compiacerti» puntualizza implacabile, serrando la mandibola per il disappunto. «Voglio restare su questo mondo il più a lungo possibile e-»
Si interrompe di colpo, sconvolto e completamente inebetito, quando Dominique scoppia in un pianto disperato e isterico.
Lance rimane immobile, pietrificato, mentre lei gli butta le braccia al collo, stringendolo in una presa tremolante, e inizia a singhiozzargli sulla spalla destra. 
Ci mette qualche secondo per scacciare via lo sgomento, sfarfallando più volte le ciglia, prima di accarezzarle la schiena con la mano sinistra con carezze lente e rassicuranti.
«Domi, lo sai che detesto vederti così quando non sono io a ridurti in questo stato» le ricorda sommesso, con una punta di asprezza.
Lei annuisce, continuando a tremare e non accennando a staccarsi o arrestare quel fiume di lacrime.
E lui, perché si sente magnanimo, rinuncia a irritarsi per quella reazione melodrammatica. Anzi, essere riuscito a scansare la morte – cosa non così scontata quando si è un Rosier –, lo rende quasi benevolo a tentare di consolarla.
«Sei proprio un'illusa se pensi che mi vogliano all'inferno prima del tempo» dice, quindi, sarcastico, circondandole la vita con le mani per stringerla a sé.
Sopporta i seguenti dieci minuti di pianto, singhiozzi, scuse mugugnate che gli infradiciano la tuta con la calma e la tranquillità di un maestro zen da strapazzo.

È proprio vero che vedere la morte in faccia renda più buoni, commenta nella sua testa, lapidario, concedendole di usarlo come fazzoletto umano.
Passato il momento di sconforto, Dominique si allontana da lui con due occhi umidi e arrossati, e la faccia più brutta che abbia mai visto.
«Tu non vai all'inferno senza di me» sostiene caparbia, in un mormorio spezzato, senza allontanare le braccia dalle sue spalle.
«Scordatelo» ribatte Lance, brusco. «Almeno lì mi lasci da solo» dichiara inflessibile.
Lei abbozza un microscopico sorriso, anche se i lineamenti del volto rimangono rigidi. Recupera la bacchetta dalla tasca del cappotto, così da far scomparire le ecchimosi che gli sono venute a causa dell'incontro tra il suo viso e la parete rocciosa di quella montagna.
«Perché hai lanciato via il mio pegno, ad un certo punto?» la sente chiedere, flebile.
Lui scrolla le spalle, placido.
«L'ho stregato affinché emettesse delle vibrazioni» spiega rapido, ricordando di aver letto che i serpenti sono attratti da quelle. Storce le labbra in una smorfia scontenta, aggrottando le sopracciglia contrariato. «Era un diversivo, anche se non ci è voluto molto prima che il Basilisco si rendesse conto dell'inganno» considera, consapevole che non fosse sto grande piano.
«E dovevi usare proprio il mio nastro?» replica Dominique, fingendosi acida.
«Potevo usare la felpa» le fa notare Lance, eloquente, decidendo di assecondarla e mettere in scena quel tentativo di bisticcio ridicolo. «Ma se mi fossi spogliato davanti a tutti, tu saresti impazzita» continua sicuro, assolutamente certo delle sue parole. «Sulla gelosia, ci dobbiamo lavorare, perché mi stressi senza motivo» aggiunge risoluto.
«Disse colui che ha detto all'intera Inghilterra che è single» rinfaccia lei, risentita, perdendo quell'aria scherzosa. Sì, perché la gelosia la priva della ragione. Non che di solito la sua ragazza abbia chissà quale rapporto con il proprio cervello. «Sai di esserti scavato la fossa, vero Rosier?» domanda eloquente, assumendo un'espressione battagliera che lo eccita da morire.
Lui ridacchia, per nulla spaventato.
«Domi, ci hanno provato in molti a farmi fuori. Un Basilisco, per ultimo» puntualizza presuntuoso, con un sorriso carico di trionfo. «Non ce l'hanno fatta loro, figurati tu» sottolinea derisorio.
Dominique si incupisce, stringendo le palpebre con fastidio. Poi, inaspettatamente, il viso le si distende in un'espressione sicura di sé.
«Non mi sottovalutare» risponde morbida, accarezzandogli amorevole la guancia destra. «Io sono come distruggerti» sostiene certa.
Lui inarca le sopracciglia, senza riuscire a trattenersi dal sorridere sarcastico.
«Credimi, l'ho imparato a mie spese» assicura distaccato, scuotendo il capo con l'aria di chi lo sa bene.







 

È orribile? Ne sono consapevole ma, visto che è stato scritto in una situazione d'emergenza, non mi importa.
Ci sono andata palesemente pesante perché affrontare un Basilisco, checché ne dica Louis, non deve essere una passeggiata.
E non sarebbe stato credibile se Lance lo avesse steso in dieci minuti.
Parliamo di una Creatura considerata tra le più pericolose tra quelle magiche.
Ora, per eliminare quella bestiaccia, ho preso in considerazione di 
tutto. Ho pensato di bruciarla, soffocarla, schiacciarla, finché non mi è balenata l'idea di fulminarla.
In tutto ciò, mentre elaboravo questo piano malvagio, mi sono sentita la Crudelia de Mon che voleva accoppare i cuccioli di turno. Insomma, mi sono sentita un mostro. 
Però dovevo salvare Lance in qualche modo
visto che sono stata io a infilarlo in 'sto casino.
Spero che il capitolo vi abbia strappato un sorriso, seppur minimo. 
Un abbraccio, 
Blue




Fuoco perpetuo: non so se finché è attivo, sia impossibile lanciare altri incantesimi. Questa è una licenza che mi sono presa.






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Capitolo 3
*** Molly Weasley, l'invincibile principessa guerriera forgiata dal fuoco di mille magagne ***






Molly

Ti saranno date tre ore di tempo,
vedi di trovare l’uscita nel frattempo.
Sarai solo, isolato e inzuppato,
senza alcun incantesimo come alleato.
Ascolta i tuoi compagni e usa l’intuito
saranno il tuo solo aiuto.


Molly fissa assorta quelle poche righe vergate in un inchiostro nero.
Ha riletto la pergamena che è uscita fuori dal cilindro di piombo, arrotolata su se stessa, dopo che Lance è riuscito a sconfiggere il Basilisco. Ha sviscerato ogni frase, analizzando più e più volte ogni singolo termine, sperando così di aver qualche indizio su quello che dovrà affrontare.
Nulla, niente di niente. 
Sa solo che avrà un tempo limite entro il quale dovrà portare a termine la prova, altrimenti game over.
Si raggomitola meglio sul divano, imbacuccata in una coperta per scacciare il freddo pungente che serpeggia nella Sala Comune di Grifondoro e che le braci del camino non riescono a scacciare. 
Sbuffa scocciata, quell’unico suono che spezza il silenzio della notte, prima di tornare a orientare le iridi castane verso l’indizio e riprendendo ad arrovellarsi il cervello. 



«Allora» esordisce Lance, pratico, quando si fermano a parlare in un corridoio, al termine delle lezioni pomeridiane, con lo stesso piglio autoritario di un generale che si appresta a guidare i suoi uomini in una missione potenzialmente mortale. Vorrebbe capire che gli ha dato quella carica, poi. Conoscendolo, si sarà nominato da solo, convinto di averne il diritto. «È necessario prepararsi se vogliamo superare questa seconda prova» sentenzia inflessibile, fissandoli con due gelidi occhi azzurri.
Molly inarca le sopracciglia, scettica.
«Perché parli al plurale se la devo affrontare io?» fa notare piccata.
«Perché siamo insieme in questo casino» risponde lui, risoluto. «E visto che siamo primi in classifica grazie a me, ho intenzione di vincere questo cazzo di Torneo» afferma tracotante. Morgana, se è insopportabile! «Poi ho intenzione di punire chi ha infilato il mio nome nel Calice» ribadisce perentorio, con un sorriso crudele sulle labbra. 
«Sai chi è il colpevole?» domanda lei, attonita, sbattendo le ciglia. 
«I colpevoli» precisa suo cugino, pronto, senza ombra di esitazione nella voce. «E sto progettando minuziosamente la loro agonia» rivela sanguinario, deliziato all’idea.
Etienne, al fianco, rimane sereno, sfoderando un viso riposato e fresco. 
«Nessuna possibilità di perdono?» chiede leggero. 
«Non se lo meritano, il perdono, chi ha tentato di infilarmi in una cassa prima del tempo» risponde Lance, sferzante, in un sibilo. Poi schiocca la lingua, cercando di ricomporsi. «Tornando alla Prova» riprende distaccato, accantonando per un momento pozze di sangue e vendette feroci. «L’ultima volta prevedeva un bagno nel lago» ricorda serio.
Il suo ragazzo annuisce. 
«Improbabile che la replichino» conviene sicuro, come se avesse già valutato quell’opzione. «Ma è anche vero che l’indizio dice inzuppato, quindi avverrà in un posto dove c’è parecchia acqua» riflette ponderato, socchiudendo appena le palpebre. 
«Mi viene in mente solo la Camera» ammette Molly, piano, storcendo il viso in una smorfia meditabonda. «Ma dubito che si svolgerà lì» aggiunge concreta. 
«A meno che il Ministro non voglia perdere la poltrona, lo penso anch’io» concorda Lance, spassionato, anche se quell’idea gli ha illuminato gli occhi di un’inquietante luce intrigata. «Quindi, se non è il lago, rimane l’impianto idrico» termina secco. 
Etienne inarca le sopracciglia, per nulla contento. 
«Che è praticamente un labirinto» dichiara lieve. «E questo darebbe senso al vedi di trovare l’uscita nel frattempo» rammenta assorto, alludendo all’indizio scritto sulla pergamena. 
Lei si sforza di deglutire, tesa. 
«Mi preoccupa il senza alcun incantesimo come alleato» confessa controvoglia, serrando la mandibola con irritazione. «Capisco il doversi affidare a voi ma… non so, senza la magia mi sento inerme» butta lì, in un mormorio penoso.
Sente una mano sfiorarle la schiena, in una carezza delicata. Alza le iridi per incontrare quelle chiare e luminose del suo ragazzo.
«Vuoi che l’affronti io?» propone lui, morbido.
«No, ce la posso fare» sostiene Molly, tenace. Non esiste al mondo che si tiri indietro! «E poi il peggio se l’è beccato Lance» sottolinea con una punta di perfidia.
Etienne ricambia quel sorriso complice. 
«Non voglio sapere se per peggio intendi il Basilisco o Domi» ridacchia piano.
«Ma che carini!» esclama suo cugino, con spregio, mettendoci eccessiva enfasi. Li fissa nauseati, prima di roteare gli occhi e appellarsi a ogni antenato possibile per evitare di mollarli lì e andarsene. «Ora, se avete finito di fare i fidanzatini, possiamo parlare del piano?» chiede brusco. 
Lei aggrotta la fronte, perplessa. 
«Che piano?» scandisce lentamente, con un guizzo di paura. 
«Quello per prepararti» risponde l’altro, scocciato. Le scocca un’occhiata dall’alto in basso, con palese compatimento. «Davvero vuoi farti una scampagnata nelle fogne in queste condizioni?» sottolinea rude.
«Cosa intendi per condizioni?» ribatte Molly, accigliandosi e sentendo la rabbia iniziare a infuocarle le vene. «E pensa bene a quello che stai per dire, Rosier» lo avvisa minacciosa, il viso storto in un cipiglio terribile. 
Lance non batte ciglio. 
«Non hai un minimo di resistenza o muscolo» afferma veemente, con una schiettezza che sfocia nell’inciviltà. «In poche parole, sei una piattola» riassume villano, facendole sgranare gli occhi castani e rischiando di farle scoppiare le coronarie per l’oltraggio. «Quindi, da domani, iniziamo ad allenarci» decreta intransigente. «Ci vediamo alle sei in punto nel parco» decide rigoroso.
Lei, che dovuto fare forza su se stessa per evitare di saltargli addosso e iniziare una rissa alla Babbana, non si risparmia di rifilargli uno sguardo fosco e affilato. 
«Ma domani piove» fa notare scorbutica.
«Che lagna, non saranno certo quattro gocce di pioggia a fermarci!»



Sotto quella che è una perfetta replica del diluvio universale, Molly, il viso e i capelli rossi inzuppati di pioggia – fortuna che almeno la tuta è asciutta grazie a un Incantesimo Impermeabile –, recita una sfilza di maledizioni contro il demonio, suo cugino e il grandissimo infame che ha osato gettare il suo nome nel Calice.
Il tutto mentre sta tenendo il plank e sente il corpo infiammato per lo sforzo.
«Vi odio» sibila di cuore, in affanno, scoccando un’occhiata di fuoco agli altri due che stanno eseguendo lo stesso esercizio come se lo facessero tutti i giorni.
E forse è così.
No, per la sua salute mentale, non lo vuole sapere. 
«Ancora dieci secondi» la incoraggia Etienne, al suo fianco, con una flemma invidiabile. «E… stop!»
A quella parola, che ha lo stesso suono delle trombe del paradiso, lei si accascia al suolo, senza fare caso al fastidio dell’erba bagnata sotto il viso o al fango che le ha inevitabilmente macchiato i vestiti. Si sente a pezzi, prova un dolore lacerante anche a muscoli che non credeva di avere.
È come se fosse stata calpestata più volte da una mandria di centauri impazziti, tanto è distrutta e intontita.
«Ti concedo cinque minuti per riprenderti» afferma il suo aguzzino, con quella che deve sembrargli grande generosità. Se avesse un minimo di energia, non esiterebbe a tentare di strangolarlo. «Poi passiamo al prossimo step» decreta serio.
A fatica, Molly solleva appena la faccia dal suolo.
«Già dopo la corsa intorno al lago avete rischiato di perdermi» biascica stremata, sperando di fargli pena e farlo tornare in sé. «Il plank mi ha quasi ammazzato. Pietà, interrompiamo qui per oggi!» supplica sfinita, pensando che dovranno farla fluttuare fino al Castello perché non ha la forza per tornarci sulle sue gambe. 
«La Seconda Prova non avrà pietà» replica Lance, brutale, per nulla intenerito dalle sue condizioni. Anzi, le rivolge un’occhiata altezzosa, appena scocciata per quella lamentela che sicuramente considera da piattola. «E nemmeno io. Ti restano tre minuti di tempo» la informa implacabile, lasciandosi sfuggire un sorrisetto che sottolinei che un po’ sta godendo della sua sofferenza. 
Serrando la mandibola con veemenza e rinvigorita dalla furia omicida che le ha invaso le vene, lei punta i gomiti a terra per sollevare il busto dall’erba.  
«Voglio sapere come cavolo fa Domi a non mandarti a fanculo quando fai il Filottete della situazione» esige imperiosa mentre Etienne, soffocando una risata che gli fa tremare le labbra, l’aiuta a rimettersi in piedi.
Suo cugino la fissa con compatimento. 
«A lei richiedo un altro tipo di resistenza» svela spiccio, scrollando il capo, per nulla imbarazzato per quella allusione. E grazie tante, pensa Molly, polemica, sai che fatica si prova quando si è presi dalla foga dell'eccitazione! «Pronta per le flessioni?» si informa spassionato, ignorando i suoi occhi sbarrati e lo squittio di terrore che ne è seguito.



Quel ventiquattro febbraio, Molly è tranquilla.
Dopo mesi di supplizio, in cui si è fatta più volte ogni girone dell’inferno, affrontando ogni tipo di prova possibile e immaginabile ideata da Lucifero in persona – suo cugino, autonominatosi suo personal trainer, concretizzando uno dei suoi peggiori incubi – e sopportato le bugie di quel grandissimo mentecatto di Belzebù – dai, ancora uno sforzo ed è finita! Non era mai vero, puttana il demonio! Bisogna essere davvero delle creature grette e meschine per mentire in faccia a una moribonda! –, non ha affatto paura.
Qualsiasi cosa preveda la Seconda Prova, fosse pure un duello con Lord Voldemort in persona, non può essere peggio di quello che ha
già subito.
Quindi, forte di queste convinzioni, scende in Sala Grande per consumare una colazione leggera con una nonchalance che ha dell’invidiabile.
«Tutto bene?» si premura di chiedere Victoria, scoccandole un’occhiata apprensiva, sedendosid dall’altro lato del tavolo.
Molly annuisce, rilassata.
«Alla grande» risponde serena, versandosi del caffè nella propria tazzina.
L’altra la fissa con scetticismo.
«Molly, se sei sotto l’effetto di qualche strana sostanz-»
«Non dire cavolate» la blocca lei, brusco, aggrottando la fronte con un guizzo di irritazione. «Sono perfettamente in me» sentenzia sicura, drizzando la schiena in una posa dignitosa e beccandosi uno sguardo per nulla convinto che rischia di farle saltare i nervi. No, trattieniti, non è il caso di sbottare di prima mattina! «Dopo tutto quello che ho passato, col cavolo che mando tutto alle ortiche. Ci vuole ben altro per far desistere Molly Weasley» afferma convinta. 
«Non farti sentire da Rosier o potrebbe prenderla come una sfida» sussurra una voce posata dietro di lei.
Volta il capo a sinistra appena in tempo per vedere il suo ragazzo prendere posto accanto a lei. 
Si lascia sfuggire una smorfia scontenta, prima di storcere il viso in un’espressione battagliera. 
«Sappi che non ho affatto scordato che sei stato complice» lo avvisa bellicosa, per nulla intenzionata a perdonare, figuriamoci dimenticare! 
Non se lo meritano, il perdono, i bastardi e i mentecatti!
«Lo assecondavo solo perché allenarti non ti avrebbe fatto male» precisa Etienne, pacato, piegando le labbra in un sorriso affascinante che avrà fatto sospirare schiere di ragazze. Okay, pure lei, perché i geni Veela solo un attentato ai suoi ormoni. «Anzi, mi tranquillizza sapere che ora sei preparata al peggio» espone disinvolto, servendosi del tè e tagliandosi una fetta di plumcake da uno dei grossi piatti dorati al centro della tavola.
Molly lo fissa scettica, per nulla intortata da quella farsa. 
«Come no» sbuffa scontrosa, prima di ridurre gli occhi castani in due fessure. «Ti avverto che ho intenzione di farti patire tutto quello che ho sofferto io e che non mi fermerò nemmeno se dovessi supplicarm-»
«Cuore mio» la interrompe lui, deliziato, con un sorriso splendenteche rischia di provocarle un infarto. «Spero davvero che lo farai. Adoro quando fai la cattiva» rivela raggiante, fraintendendo del tutto la sua intenzione di torturarlo e ucciderlo come merita. 
«Guarda che non hai capito!»
«Penso di sì. Anche stavolta prevedi delle manette o ritorniamo sulle catene?»
Suo malgrado Molly, forse anche intercettando l’espressione sconvolta di Victoire, scoppia a ridere di cuore, rilassando i muscoli delle spalle.
«Che coglione che sei» lo apostrofa bonaria, di buon umore.
Già, come se non dovesse affrontare una prova mortale tra meno di un’ora. 



Quando Molly riprende i sensi, ci mette qualche secondo per mettere a fuoco dove si trova.
Sbatte le palpebre, cercando di scacciare l’intontimento dovuto alla Pozione Soporifera che i responsabili del Torneo le hanno fatto bere, dopo aver radunato lei e gli altri Campioni nella Sala Grande. 
Poco a poco, mentre il torpore svanisce e la mente torna lucida, si rende conto di essere al centro di un condotto, sdraiata su delle mattonelle fredde e umide.
A pochi metri da lei, anche gli altri due ragazzi si stanno risvegliando e si guardano intorno con il suo identico smarrimento.
Dopo essersi portata seduta – gli strascichi della pozione rendono i suoi gesti impacciati e lenti –, Molly percepisce un fiotto di calore divampare dalla tasca destra dei pantaloni della tuta. Con le sopracciglia aggrottate per la confusione, si ritrova tra le dita un frammento di Specchio Gemello grande quanto una Ricordella.
Dall’altra parte della superficie liscia del vetro, Etienne la osserva con due limpidi occhi azzurri appena velati dall’apprensione.
«Stai bene?» le domanda premuroso.
Lei annuisce, senza riuscire a reprimere un sorriso di sollievo.
«Io sì, i miei capelli un po’ meno» ironizza leggera, sentendo già le ciocche rosse risentire dell’umidità di quel posto. 
«Fai poco la spiritosa» la blocca Lance, sferzante. senza entrare nell’inquadratura. «Possiamo restare in contatto per poco tempo, quindi vedi di ascoltarci» ordina perentorio. 
Nota il suo ragazzo indirizzare all’altro un’occhiata obliqua.
«Ci hanno spiegato che dovremmo guidarti verso l’uscita» spiega quando torna a guardarla, recuperando il solito, invidiabile, controllo. «Abbiamo sotto il naso una piantina dell’impianto idrico ma non possiamo usare la magia per sapere dove ti sposterai» la informa rapido. «Quindi dovrai essere il più precisa possibile nel seguire le nostre indicazioni» afferma autorevole. «Analizza l’ambiente. Che cosa vedi?» domanda serio.
Molly si guarda intorno, la mente di nuovo lucida.
Si trova al centro di una piazzola rettangolare, da cui partono quattro tubi larghi e alti circa tre metri.
Le mattonelle su cui è seduta sono viscide, ragion per cui si affretta ad alzarsi in piedi. Inoltre, sono anche rotte, il che significa che c’è anche il rischio di mettere un piede in fallo e ruzzolare.
Quello che calamita la sua attenzione, però, non è la difficoltà di dover procedere su un terreno dissestato o la semioscurità che ammanta ogni cosa.
È il silenzio. 
Tranne i bisbigli degli altri Campioni, che, come lei, stanno parlottando con i loro compagni, non sente nessun rumore. E questo contribuisce non solo a dare un aspetto spettrale a quel posto ma le provoca un genuino moto di panico.
«Calma» mormora Etienne, morbido, attirando immediatamente la sua attenzione e rivolgendole un sorriso rassicurante. «Sono qui con te» sottolinea rincuorante.
Lei annuisce, anche se un po’ la indispone essere così trasparente.
«Ci sono quattro condutture posizionate come i punti cardinali» racconta concentrata, dopo aver scacciato il timore e ripreso il controllo.  
«Due di queste dovrebbero partire dai lati corti dello spiazzo in cui ti trovi» afferma Lance, pratico, sempre al di fuori dell’inquadratura. «Le vedi?» chiede spiccio.
«Sì» risponde Molly, all’istante, spostando le iridi castane prima sull’una e poi sull’altra. «Quale prendo?» domanda attenta, pronta ad affrontare la sua Prova del Torneo.
«Quella che vuoi» concede Etienne, posato, mentre lei getta un’occhiata allibita allo Specchio. «Portano entrambe all'uscita» la informa quieto, mentre lei avanza verso quella più vicina. «Se hai preso quella a sinistra, dovrai camminare per un bel po’ di metri, se invece hai scelto quella destra, ci sarà subito un incrocio con altri due tubi» spiega con semplicità.
Dopo che è entrata nel condotto, avanza con estrema cautela – la superficie sotto le sue scarpe da ginnastica è liscia. Niente più mattonelle, ma questo non significa che non possa scivolare da un momento all’altro – verso il buio che cela chissà quale pericolo.
Si ritrova per riflesso a serrare la presa allo Specchio.
«Il tubo sembra procedere dritto» constata in un sussurro, in allerta.
«Allora hai preso quello a sinistra» commenta Lance, sicuro. «Okay, fra parecchi metri dovresti trovarti di fronte a un incrocio. Prendi la prima a sinistra, poi quella subito a destra e… Molly?»
«Sì?» pigola nervosa, gli occhi incollati all’oscurità verso cui sta procedendo e tutti i sensi vigili.
«Vedi di non farti ammazzare» raccomanda Lance, amabile, facendo scattare la testa di lei verso lo specchio. E, anche se non lo può vedere – perché è il viso del suo ragazzo quello che occupa tutta la superficie –, sa benissimo che ha piegato le labbra in un sorriso beffardo. «Altrimenti mi troverò costretto a spedirti la tua dolce metà prima del tempo» afferma magnanimo, facendo inarcare le sopracciglia di Etienne con scetticismo e le sue con incredulità. «Ho la sensazione che, in queste tre ore, soffrirà molto più di te» sostiene deliziato, senza riuscire a nascondere il godimento.



«Quindi è così che ti si ammazza. Prendo nota».
Etienne solleva le iridi chiare dalla piantina che ritrae quel groviglio che sono le condutture del Castello, rivolgendo all’altro un’occhiata che non cela l’ironia. 
Dopo che la comunicazione con Molly si è interrotta – gli organizzatori della Prova li hanno informati che avrebbero avuto solo sei chiamate a disposizione, ciascuna di dieci minuti – è rimasto immobile, seduto al banco di quell’aula in disuso nella quale dovranno rimanere per tutte le tre ore.
Quando li hanno portati lì, li hanno inviati ad accomodarsi sulle due uniche sedie presenti, hanno requisito loro le bacchette e le tracolle, avvertendoli che l’unico strumento per aiutare Molly è la mappa che hanno davanti agli occhi.
«Sai, trovo commovente che tu stia cercando di distrarmi» dichiara ilare, appoggiando le scapole contro lo schienale in legno della sedia e sfoderando un sorriso deliziato. «Forse Domi ha ragione quando dice che, in fondo, sei tenero» insinua leggero, gli occhi azzurri baluginanti di divertimento.
Rosier, appoggiato di schiena alla parete di fronte e con le braccia incrociato al petto, arcua le sopracciglia con scherno.
«Domi mi crede migliore di quanto non sia» decreta concreto, scrollando le spalle, per nulla toccato da quel complimento che deve sembrargli un’onta ignobile. «E non pensare che non gliela farò pagare solo perché la amo» lo avvisa sanguinario.
«E per cosa?» replica lui, placido, stando al gioco. «Per averti dato la possibilità di dimostrare di essere il migliore davanti a due delegazioni e l'Inghilterra intera?» sottolinea eloquente. 
«Per aver provocato un mezzo infarto a vati» corregge l’altro, distaccato, con una punta di risentimento nella voce. Lo fissa con compatimento, come se avesse di fronte un imbecille. Il che gli ricorda un po’ le schermaglie che intraprendeva con Lupin per ammazzare la noia, anche se le occhiate del Corvonero erano più inquietanti e velate di isteria. Ah, i bei vecchi tempi! «Non avevo bisogno di affrontare un Basilisco per sapere di essere il meglio che questa scuola può offrire» continua presuntuoso, totalmente sicuro di sé.
«Ricordati di sfoderare questa sicurezza anche quando verrai a Villa Conchiglia» consiglia Etienne, fingendosi premuroso. «O zia Fleur ti divorerà» afferma lungimirante, intrigato da quella prospettiva. «Paura?» si informa carezzevole, ampliando quel sorriso perculatorio.
Rosier inarca le sopracciglia, scettico. 
«Di abbassarmi a tanto?» ribatte sarcastico. «Sì» risponde brutale, di cuore. Poi riprende a sorridere con l’aria di chi si sta divertendo un mondo. «Fossi in te, mi preoccuperei di dover affrontare zia Joanne» consiglia mellifluo, sospirando teatrale, alludendo alla capostipite dei Burke, la dinastia da cui Molly discende. «I tuoi modi potranno affascinare molte ma la vecchia malefica è da troppo su questo mondo per farsi ingannare da un mangiarane slavato che ha un pedigree discutibile» termina quasi rammaricato, scuotendo il capo, prima di tornare a ghignare con gusto. «Non vedo l’ora di assistere alla prossima riunione di famiglia» confessa in un sussurro estasiato, probabilmente immaginando un gran scorrere di sangue, urla e incantesimi mortali.



Molly si lascia sfuggire uno sbuffo, scornata, quando si trova di fronte a un condotto chiuso.
Masticando un puttana il demonio tra i denti, è costretta a retrocedere, tornando all’incrocio che ha superato poco prima. 
Forse Etienne non ha del tutto torto quando dice che ha il senso dell’orientamento di un ubriaco. Ovviamente non glielo confesserà manco morta, perché col cavolo che gli darà un ulteriore pretesto per prenderla in giro. 
Prima di imboccare la conduttura alla sua destra, si premura di fare un segno con il bordo appuntito dello Specchio – perché sia mai che gli organizzatori della prova gliene abbiano fornito uno con cui non rischia di tagliarsi le dita – sul metallo della parete, così da avere dei punti di riferimento e sapere che strade ha già preso, nel caso dovesse tornare di nuovo indietro.
Certo, vista la scarsa luminosità delle fogne, il filo di Arianna sarebbe stato più utile ma è inutile lamentarsi.
Dopo aver percorso non sa quanto, si ritrova su un parapetto situato sopra un’altra piazzola. È più lunga e stretta rispetto a quella in cui ha ripreso i sensi, ma anche più in basso. Per accedervi, dovrà scendere dei gradini.
Molly si appoggia alla ringhiera di ferro, stringendo le dita intorno al metallo freddo, cercando di scrutare quello che c’è sotto, avvolto nel buio.
Socchiude appena gli occhi, le orecchie tese a captare qualsiasi suono.
Sente tanti piccoli rumori, simili al ticchettio dell’orologio. Sembrano del tutto innocui ma dubita che lo siano per davvero.
Dopo aver infilato il frammento di Specchio al sicuro nella tasca dei pantaloni della tuta – così da evitare di perderlo o, peggio, di romperlo –, scende con circospezione i gradini.
Sussulta quando il piede si scontra con un sasso.
Si immobilizza di colpo, la mente che riflette rapida. Lo raccoglie dopo una leggera esitazione, stringendolo nella mano destra quasi fosse un’arma. 
Non è pesante e averlo la fa sentire più sicura. Almeno ha la possibilità di reagire con qualcosa, se la situazione dovesse degenerare.
Nel momento in cui appoggia entrambi i piedi su quella superficie piatta, che le ricorda vagamente il fondo di una piscina vuota, avanza cauta.
Il ticchettio si fa sempre più vicino e prepotente. 
Molly trattiene il respiro, tesa, prima di sgranare gli occhi e dischiudere la bocca.
Davanti a lei, a pochi metri di distanza, ci sono decine e decine di Chizpurfle.
Piccoli, simili a granchi che appaiono neri a causa della poca luce presente nell’impianto di scarico, sono raggruppati in montagnette sparse su tutto il pavimento di metallo. 
Con sconforto, si rende conto che le ostruiscono il passaggio. Per raggiungere l’altra parte dello spiazzo, sarà costretta a passare tra quelle bestie.
Sente le spalle afflosciarsi, sconfortata. 
Ricorda di averli studiati durante le lezioni di Cura delle Creature Magiche. Non rammenta tutte le informazioni relative a quegli animali ma sa per certo che, se pieni di sostanze magiche, possono essere molto pericolosi.
Eppure, dopo averli scrutati con occhio critico, si rende conto che dovrebbero essere privi di quel liquido acido che li rende tanto pericolosi. Sono troppo piccoli e non presentano il corpo gonfio.
Una piccola fortuna nella sfortuna, insomma.
Dopo aver fatto un paio di respiri profondi, Molly si prepara a elaborare un piano.
La strategia migliore sarebbe quella di correre dall’altra parte, scavalcandoli e sperando di sfruttare l’effetto sorpresa.
Sa che i Chizpurfle attaccano in branco, se si sentono minacciati, e anche che si nutrono di magia. È probabile che cercheranno di saltarle addosso, percependo la magia nel suo sangue, tentando di aprirsi un varco nella carne a suon di zanne.
Okay, posso farcela, cerca di convincersi, annuendo con il capo e inumidendosi le labbra screpolate. Tre, due, uno…
Scatta in avanti, andando incontro a quelle bestie.
All’improvviso, forse avvertendo la sua magia farsi sempre più vicina, i Chizpurfle iniziano a stridere, muovendosi con piccoli ma rapidi movimenti nella sua direzione.
Combattendo contro l’impulso di fare dietrofront, Molly si costringe ad andare avanti, a non fermarsi per nessuna ragione al mondo. Scarta a destra, cercando di evitarne il più possibile, per poi continuare a correre a perdifiato verso la scaletta in fondo alla vasca.
Con il cuore che le martella nel petto e sentendo qualcosa attaccato alla tuta, si blocca solo dopo aver salito rapidamente i gradini.
Una volta su quel parapetto, l’agitazione prende la meglio.
Non riesce fare a meno di trattenersi dall’urlare quando si sente mordere e cerca di scrollarseli di dosso, agitandosi convulsamente.
Si strappa via con foga quelli che cercano di rimanere ancorati alla felpa. Quelli che cadono per terra, dopo un attimo di stordimento, tornano ad attaccarla e Molly, preda dell'isteria, inizia a calpestarli e schiacciarli con foga con la pietra, sfogando tutto il panico in quei movimenti ripetuti e disperati.
Solo dopo un po’ – non sa esattamente quanto, ha perso la cognizione del tempo –, si rende conto che ai suoi piedi non ha altro che delle carcasse deformi e prive di vita.
Tirando un sospiro di sollievo, Molly si accascia sul pavimento del parapetto. Il corpo è scosso da tremiti e brucia nei punti in cui i Chizpurfle l’hanno morsa.
Lascia andare il sasso accanto a sé, portandosi le mani tremolanti davanti al volto. 
Le sfugge un gemito dai denti nel constatare quanto le dita siano rosse e insanguinate.
Stremata, percependo l’eccitazione dell’adrenalina svanire, appoggia il capo contro la parete di metallo, concedendosi di chiudere gli occhi per qualche momento.
Rimane ferma, respirando a pieni polmoni e cercando di ignorare il bruciore sulla pelle e il sangue di cui è imbratta, almeno finché non percepisce lo Specchio scaldarsi.
Lo estrae dalla tasca dei pantaloni, con movimenti impacciati, prima di avvicinarlo al viso e accettare la chiamata.



«Tutto okay?» chiede Etienne, socchiudendo appena le palpebre, dopo che la faccia di Molly compare sulla superficie del vetro. Trattiene per un momento il fiato, gli occhi che scrutano avidamente il viso pallido dell’altra e i suoi capelli rossi e arruffati. «Sembri stravolta» sostiene accorto.
«Chizpurfle» risponde lei, stremata, in un debole soffio.
«Dimmi che non ti sei fatta mettere in difficoltà da un paio di miseri crostacei!» esclama Rosier, sdegnato, sperando di aver sentito male, staccandosi dal muro e avvicinandosi alla scrivania fino ad appoggiare sopra i palmi delle mani accanto alla piantina. «Salazar, Molly, sono degli stupidi granchi» espelle nauseato, arricciando il naso oltraggiato e per nulla toccato dalle condizioni in cui è.
«Non erano un paio!» sbotta la sua ragazza, con uno slancio di veemenza che le infuoca le guance e la voce. «Non farlo, cugino, mai come in questo momento sono stata tanto vicina dall’augurarti un soggiorno tra le fiamme infernali» lo avverte bellicosa, al limite della tolleranza.
Etienne rimane impassibile, trincerato dietro la ragione, ed evitando di assecondare quei due che, nervosi, rischiano di sprecare il tempo della chiamata per battibeccare.
«Che strada hai fatto?» pretende di sapere, deciso, interrompendo quella lite inutile. Molly si morde la lingua per reprimere una replica sferzante diretta al Serpeverde, prima di passarsi una mano sulla faccia per scacciare via l’irritazione. 
«Ho seguito le vostre indicazioni» racconta composta,d i nuovo padrona di sé. «Ho percorso una tubatura fino a raggiungere una piazzola rettangolare» continua, e lui fa scivolare le iridi chiare fino a individuare quel luogo sulla mappa. «Ora sono accasciata a terra e non so che cosa fare» ammette abbattuta.
«Alzati e cammina per duecento metri» ordina Rosier, implacabile, consultando a sua volta quell’insieme di condutture. «Poi dovrai svoltare due volte a destra e tre a sinistra. Vedi di memorizzarlo e di non sbagliare» l’avverte inflessibile. Poi storce le labbra in una smorfia scontenta, dopo aver intercettato la sua occhiata affilata e decifrato il silenzio tetro che segue. «Sei quasi a metà strada» tenta più conciliante, sforzandosi di addolcire il tono.
Etienne torna a rivolgere lo sguardo allo Specchio.
«Ascoltalo» le suggerisce delicato, attirando l’attenzione dell’altra e fissandola con un’espressione significativa. «Se ti fermi, è peggio» consiglia certo, annuendo anche con il capo. «Non avrai più voglia di andare avanti» conviene sicuro.
Molly rimane in silenzio ma, dal modo in cui abbassa gli occhi, gli fa pensare che è un’ipotesi che le è balenata in mente.
«Non ho intenzione di arrendermi» afferma testarda, quando torna a fissarlo con due ardenti e ostinati occhi scuri.
Gli scappa un sorriso compiaciuto.
«Ed è la cosa che più amo di te» dichiara genuino, consapevole che non è nella natura dell’altra accettare la resa e orgoglioso di avere una persona del genere al proprio fianco.



Rincuorata dalla chiamata che ha appena avuto con i compagni – sì, suo cugino è un buzzurro senza un minimo di tatto ma lo conosce abbastanza per dire che sperava di scuoterla con quell’atteggiamento da dittatore. Questo, ovviamente, non lo salverà dalla strigliata che ha intenzione di fargli appena uscirà da quel luogo infernale – e sostenuta dal fuoco della determinazione che le brucia dentro, Molly si rimette in piedi e riprende la sua marcia verso l’uscita.
Dopo aver imboccato un nuovo tunnel e seguito il percorso che curva in una discesa, si ferma di colpo. Abbassa lo sguardo, basita nel ritrovarsi i piedi a mollo nell’acqua.
È poca, è vero, appena qualche centimetro, ma è sufficiente per farle serrare lo stomaco in una morsa allarmata.
Stringendo la pietra nella mano destra – sospetta che potrebbe ancora tornarle utile –, continua a camminare anche se l’acqua comincia ad alzarsi.
Il lato positivo è che sembra alleviare il bruciore che le ha invaso tutto il corpo dopo lo scontro con i Chizpurfle. 
Quello negativo? Che sicuramente sta per succedere qualcos’altro.
E sarà sicuramente più pericoloso di un paio di Chizpurfle.


«Sai cosa penso?» esordisce Etienne, meditabondo, gli occhi fissi nel vuoto. «Non è un po’ troppo semplice come Prova del Tremaghi?» ragiona ad alta voce, il viso storto in una smorfia pensierosa, prima di puntare gli occhi addosso all’altro.
Rosier, dall’altro lato del tavolo, stringe i suoi, disorientato. 
«I Chizpurfle non sono paragonabili a un Basilisco» conviene razionale, inarcando le sopracciglia con eloquenza e senza interrompere il contatto visivo. «E, anche se privata della bacchetta, non mi sembra che Molly stia affrontando chissà quali difficoltà» continua obiettivo.
Lui si trova a concordare, per nulla contento. 
«Quindi il peggio arriverà alla fine» deduce acuto, stringendo con disappunto le labbra. «E noi la stiamo spingendo proprio in quella direzione» mastica tra i denti, amareggiato.
«Non c’è altra scelta» gli fa notare il Serpeverde, distaccato, fissandolo con eloquenza. «O quella, o la resa» sentenzia inesorabile, per nulla intenzionato ad addolcire la realtà.



Ha perso la cognizione del tempo.
Sa solo che le sembra di camminare da ore, immersa nell’acqua fino alle ginocchia. E comincia a sentire freddo, la tuta zuppa e il corpo stanco e indolenzito.
Impone a se stessa di non fermarsi, forte delle parole che Etienne le ha detto e che le hanno scaldato il cuore.
Ignorando i brividi, i movimenti rallentati e la pelle arrossata e bruciante a causa delle zanne maledette di quei crostacei magici, Molly si inoltra sempre di più in quel labirinto di cunicoli che costituiscono le fogne del Castello.
Continua a ripetersi nella mente le indicazioni che gli altri due ragazzi le hanno fornito, così da non dimenticarle e non sbagliare direzione.
Nel momento in cui percepisce il tepore che si irradia nella tasca dei pantaloni farsi sempre più forte, tira fuori lo Specchio senza trattenere un sorriso contento.
«Come procede?» chiede il suo ragazzo, piano, studiando attentamente la sua espressione.
Lei scrolla le spalle, noncurante.
«Ora capisco che cosa ha provato Rose quando si è messa in testa di salvare Jack mentre la nave stava affondando» blatera ad alta voce, ironica, senza rallentare o fermarsi. «Tra l’altro, ci hai mai fatto caso che noi assomigliamo ai protagonisti del film?» osserva assorta, realizzando che non ha mai badato a quella coincidenza.
Il silenzio dall’altra parte del vetro, la costringe a spostare di nuovo gli occhi marroni sul viso di Etienne che, dopo aver corrugato la fronte, ricambia con un una sfumatura sgomentata nelle iridi chiare.
Poi sorride sereno. 
«Se straparla, significa che non è messa così male» rassicura quello, placido, probabilmente rivolgendosi a suo cugino. 
«Sì, Jack, sto volando e tante belle cose» taglia corto Lance, esasperato, entrando di colpo nell’inquadratura dello specchio fino al naso. Anche se vederlo al contrario, visto che probabilmente si trova nella posizione opposta di Etienne, le fa venire la nausea. «Andiamo al punto. Dove cazzo sei?» domanda brutale.
«Sto per raggiungere un altro incrocio» risponde Molly, spiccia, cercando di ignorare la sensazione di stanchezza che le pesa sulle spalle e facendosi largo nell’acqua puzzolente che ormai le ha quasi raggiunto il bacino. «Ecco, ci sono, ora dove…» si interrompe di colpo, voltando la testa verso destra. «Avete sentito?» domanda piano, la voce allarmata.
«Che cosa?» chiede Etienne, inquieto.
Ma lei lo ignora. 
Tutta la sua concentrazione è rivolta verso una tubatura, da cui proviene un suono simile a uno sciabordio.
Rimane ferma, raggelata sul posto, mentre l’acqua intorno alla sua vita inizia a tremare.
«Oh no, cazzo, no» sbotta spaventata, prima di cercare di raggiungere il più rapidamente possibile il condotto che ha davanti.
«Che succede?» chiede Etienne, ad alta voce, apprensivo.
Non gli risponde, anzi, infila lo Specchio nella tasca dei pantaloni, così da essere sicura di non perderlo.
Ha quasi raggiunto quella dannata conduttura che rappresenta la sua via d’uscita, quando, da quella alla sua destra, una violenta onda le si abbatte addosso.
Molly fa appena in tempo ad alzare le braccia davanti a sé, lasciandosi sfuggire un grido terrorizzato, in un inutile quanto naturale riflesso di difesa, prima che venga trascinata via nelle viscere di Hogwarts.



Le mani appoggiate alla scrivania tremano e, nonostante stia facendo del suo meglio per imporsi calma, non riesce a scacciare via quei brividi di angoscia che gli scuotono il corpo.
Ha sempre avuto un ottimo rapporto con il controllo – il controllo è tutto, si è ripetuto come un mantra, fino all’infanzia, trasformando quelle parole in uno stile di vita – ma ora non riesce ad aggrapparsi alla solita lucidità che gli permette di analizzare le situazioni con distacco.
C’è solo un pensiero che gli rimbalza nella mente, che gli provoca una paura sorda e quei continui brividi di freddo.
Come sta?
Chiude gli occhi, il capo basso, cercando di respirare a pieni polmoni. Sa di essere scattato in piedi appena il contatto con Molly si è interrotto e non ci vuole un genio per capire che cosa sia successo.
Una volta non saresti stato così debole, gli sussurra una vocina alle sue orecchie, disgustata da quel caos di emozioni che sta avendo la meglio sul suo cervello. Una volta non avresti permesso a niente e nessuno di toccarti. 
Si lascia sfuggire un sorriso amareggiato, per nulla divertito.
Non è mai stato vero, era solo una menzogna che gli piaceva ripetersi. 
«Sta bene».
Alza la testa fino a incontrare gli occhi gelidi di Rosier. 
«Dopo che una bomba d’acqua le si è scagliata contro?» fa notare eloquente, in un tono caustico che non è affatto da lui.
L’altro rimane impassibile, per nulla offeso. 
«Non hai tutta questa fiducia in lei se pensi che basti così poco per fermarla» gli sbatte in faccia, rude. «Molly ha affrontato di peggio e ha sempre trovato un modo per farcela» continua fermo, senza alcuna traccia di dubbio a spezzargli la voce. «Lo sai anche tu che è così» sottolinea quasi rincuorante. 



Molly riemerge in superficie, il cuore che martella furioso nel petto e i polmoni compressi che cercano disperatamente di incanalare ossigeno.
Respira affannosamente, troppo terrorizzata per imporsi di calmarmi.
Si muove scoordinata, cercando di galleggiare. Volta anche il capo da una direzione all’altra, cercando di capire dove sia finita, ma tutto quello che riesce a mettere a fuoco è una tubatura quasi del tutto allagata.
Alza la testa e realizza che, nemmeno un metro, e l’acqua occuperebbe tutto lo spazio disponibile.
Se dovesse essere travolta da un’altra ondata, non avrebbe via di scampo.
Serrando i denti e ignorando il dolore alla schiena – non rammenta più quante volte ha impattato contro un muro, dopo la terza che le ha fatto spalancare la bocca per lo sgomento, portandole via il poco ossigeno che le era rimasto e il sasso –, cerca di nuotare verso la fine del condotto, spinta dal panico e dall’istinto di sopravvivenza di rimanere in questo mondo il più a lungo possibile.
Non esiste che finirà i suoi giorni in una fogna!
Cazzo, può averne combinate di azioni riprovevoli, durante la sua vita, ma nulla di così grave da marcire per sempre in un impianto di scarico. 
Le mani e i piedi si muovono a scatti, facendola avanzare lentamente verso quella che pensa sia l’uscita. Cerca di inalare ossigeno dal naso, così da rallentare la respirazione e recuperare lucidità.
Andrà tutto bene, si ripete continuamente, sperando così da infondersi coraggio. Uscirò di qui e poi pretenderò una fottuta vacanza. Dopo aver ammazzato il bastardo che mi ha infilato in questa trappola mortale, si intende. 



«Ah, spero che tu non abbia frainteso. Perché se dici a qualcuno ch-»
«Cosa?» lo sprona Etienne, leggero, di nuovo padrone di sé e seduto dietro alla scrivania di quell’aula in disuso. Sfodera un sorriso accattivante, appena velato dal sarcasmo. «Che mi hai consolato?» precisa amabile.
Rosier, dall’altra parte del tavolo, gli getta un’occhiata di disgusto.
«Quando arriverà il momento, sarà un vero piacere per me ucciderti» afferma spietato, inchiodandolo con due gelidi occhi azzurri.
«E poi come lo spieghi a Domi?» indaga distratto, sospirando e tornando a fissare lo Specchio Gemello appoggiato sul tavolo,  accanto alla piantina.
«E chi l’ha detto che intendo farlo?» rilancia l’altro, sagace, con il sorriso deliziato chi sa benissimo come salvarsi da quell’impiccio. «Gli incidenti capitano» commenta spassionato, alzando le spalle. 



Sgrana gli occhi, incredula per quello che vede.
A pochi metri da lei, saranno una ventina, c’è un incrocio. E, da lì, c’è una scala che sale verticalmente verso l’alto, sparendo nell’oscurità del soffitto.
Percepisce un fiotto di gioia invaderla, i muscoli si muovono più velocemente, animati dal conforto che c’è una speranza di salvezza.
Basterà raggiungere quella dannata scaletta e sarà tutto finito.
Ancora dieci metri, si impone Molly, febbricitante di entusiasmo, nello spostarsi convulsamente in avanti. Nove, ott-
Quel pensiero si interrompe di colpo quando si sente afferrare per la caviglia sinistra e tirata verso il basso, rischiando di sprofondare in acqua. 
Sforzandosi di restare a galla, si ritrova a scalciare alla cieca, sperando di liberarsi da qualsiasi cosa le si sia attaccata addosso. Ma è una lotta vana perché, dopo una manciata di secondi in cui si è opposta con tutte le sue forze che le erano rimaste, finisce per essere inghiottita sotto la superficie scura.
Ha giusto la lucidità di riempirsi i polmoni d’aria, prima che succeda.
Continuando a divincolarsi, apre gli occhi per cercare di focalizzare con che cosa abbia a che fare. La vista è sfuocata e opaca a causa dell’acqua e della poca luce ma è abbastanza per individuare il corpo verdastro e i tentacoli dell’Avvincino.
Furiosa e stanca di tutto – del Torneo, dei ricordi dei Chizpurfle che le bruciano la pelle, della continua tensione accumulata per mesi, di aver vagato nelle tubature, di essere ammaccata e dolorante, di puzzare e di essere in condizioni pietose –, Molly percepisce un fiotto di rabbia e calore sprigionarsi nel petto.
Ora basta,
sentenzia stufa, al limite della pazienza, mentre uno scoppio di Magia Accidentale colpisce la creatura, sbalzandola via da lei.
L’Avvicino rimane immobile per qualche istante, probabilmente stordito da quanto successo, prima di tornare alla carica.
Nel vedere quegli arti palmati tendersi nella sua direzione, Molly gli va incontro. Afferra con forza il polso del demone acquatico e, sfruttando l’effetto sorpresa, torce quelle lunghe dita verdastre con l’altra mano, fino a sentirle spezziarsi.
La creatura strilla per il dolore, allontanandosi bruscamente e lei ne approfitta per risalire in superficie.
Non sa nemmeno dove riesca a trovare quel briciolo di energia che la sprona a nuotare verso la scaletta il più velocemente possibile. Si aggrappa al metallo mezzo arrugginito con tutta la foga della disperazione, appoggiando i piedi sul piolo, per poi issarsi in alto.
Sta per salire un altro gradino quando si sente acciuffare violentemente per la caviglia. Per evitare di scivolare si aggrappa con vigore al ferro, per poi spostare lo sguardo verso il basso.
L’Avvincino ricambia l’occhiata con la medesima collera, la bocca spalancata a mostrare le zanne piccole e appuntite mentre le dita dell’altra mano le circondano il collo del piede.
Molly non ci pensa due volte prima di assestargli un calcio con l’altra gamba, colpendolo alla testa e liberandosi da quella presa. Nel momento in cui sente quelle dita allentare la morsa alla sua caviglia, svelta, sale il più rapidamente possibile su quella scala, così da essere fuori dalla portata dell’animale.
Non si ferma neppure quando raggiunge la cima, dove l’ennesima tubatura si apre davanti a lei. 
Si trascina dentro, facendo attenzione a non scivolare sulla superficie viscida e rischiare di cadere all’indietro, in quel pozzo improvvisato in cui i sibili della bestia sferzano il silenzio e giurano vendetta.



«Non credo che l’avrei mai detto» esordisce lei, distrutta, quando lo Specchio Gemello si scalda e il suo viso compare sulla piccola superficie rotonda. «Ma non credevo ci potesse essere qualcosa di peggio rispetto a quello che mi hai fatto subire per anni» sostiene con un filo di voce, il volto pallido e madido di sudore.
Lui sorride rincuorato, perché temeva di vederla in condizioni peggiori.
«Non ti saresti divertita nemmeno la metà, se non ci fossi stato» sottolinea sottile, alludendo a tutti i battibecchi che hanno avuto per tutta l’infanzia e adolescenza.
O meglio, che lei ha avuto. Perché Etienne si limitava a ridere di gusto durante quelle schermaglie, rischiando di farle saltare le coronarie per il nervoso.
Molly gli rifila un’occhiataccia.
«Ma almeno sarei ancora una persona normale!» ribatte polemica, con foga, anche se la bocca inizia a tremarle in un accenno di sorriso. «Ti prego, dimmi che è finita!» supplica stremata.
«È quello che ti chiede anche quando state scopando?» si premura di domandare Rosier, carezzevole, sorridendo con dolcezza.
«Sono troppo stanca persino per mandarti al diavolo» brontola lei, scornata, alzando gli occhi al soffitto. Poi si ricompone in un’espressione seria. «Seriamente, quanto manca?» indaga al limite della sopportazione.
«Poco» assicura Etienne, soffice, con un sorriso radioso. 
«Poco come è quasi finita e c’era un altro esercizio a cui quel pazzo mi sottoponeva, o poco nel senso poco?» puntualizza Molly, fissandolo con eloquenza e un pizzico di disappunto. «Perché se è la prima opzione, giuro che mi apro un varco in queste dannate tubature a suon di strepiti e ti vengo a cercare!» promette accanita, facendo capire che non la fermerebbe manco il demonio in persona.
«Fai pure, cuore mio» concede lui, magnanimo. «Non mi importa come, solo che torni» sussurra genuino, facendola arrossire per l’imbarazzo e la gioia.



Molly si lascia sfuggire un verso di pura esasperazione quando si trova di nuovo di fronte a una piazzola mezza allagata.
In un attimo di sconforto, lancia una serie di invettive feroci a Merlino, Morgana e Godric, rei di accanirsi senza rispetto contro una povera innocente che voleva passare il suo ultimo anno ad Hogwarts nel più sereno dei modi.
Sarebbe già uscita di testa per i M.A.G.O., era davvero necessario calcare la mano con un Torneo folle e potenzialmente letale?
Sbuffando incarognita a morte, scende per l'ennesima volta una dannata scaletta arrugginita per trovarsi, tanto per cambiare, a mollo in una acqua stagnante e maleodorante fino al bacino.
Ormai è talmente abituata alla puzza che nemmeno l'avverte più. Non vuole nemmeno pensare a quante docce dovrà farsi per liberarsene e tornare a profumare come una persona normale.
Avanzando con una certa difficoltà, solo dopo aver percorso diversi metri, si rende conto che davanti a sé la strada è chiusa da una parete liscia.
Sbatte le ciglia disorientata, ripassando velocemente le indicazioni che Etienne e Lance le hanno dato. È sicura di non aver sbagliato, anche perché gli incroci che ha incontrato precedentemente coincidono con quel percorso che i due ragazzi le hanno fornito.
Quindi, per nulla intenzionata a fidarsi di quello che vede, procede verso quel muro. 
Si ferma quando gli è di fronte, studiandolo con due occhi marroni strizzati e concentrati. 
Passeggiando a destra e sinistra perché se rimane ferma, avverte ancora di più il freddo di quella dannata temperatura scozzese –, si blocca di colpo quando avverte una corrente fredda all'altezza delle ginocchia.
Con la fronte aggrottata, si abbassa fino a immergere anche la mano nell'acqua e un secondo dopo si ritrova a sorridere nel realizzare che, in quella dannata parete, ci deve essere un passaggio che permette di raggiungere la tubatura successiva.
Due secondi dopo, torna ad esibire un’espressione insofferente nel rendersi conto che dovrà inzupparsi ancora.
Cercando di ignorare lo schifo per le condizioni in cui si è ridotta, Molly prende un profondo respiro e si tuffa sott'acqua. Procedendo a tentoni, i palmi delle mani aperti di fronte a sé, entra cautamente in quella stretta fessura, le ginocchia che strisciano sul pavimento e il capo chino per evitare di tirare una craniata al soffitto di metallo di quel tubo.
Non ci vuole molto perché veda sempre sgranata, perché la vista sott'acqua è quella che è – una luce flebile in fondo al cunicolo.
Elettrizzata e rincuorata che manchi poco all'uscita, si muove con più energia in quella direzione.
Sta giusto per riemergere in superficie quando una voce la immobilizza sul posto mentre è ancora a mollo.
«Molly».
È costretta ad alzarsi in piedi, portando il busto e la testa fuori dall'acqua per la mancanza di ossigeno ma, dopo aver riempito i polmoni d'aria, non può fare a meno di storcere il viso in un’espressione confusa.
Non crede di averla immaginata, perché era nitida. Allo stesso tempo, però, sa per certo che appartiene a qualcuno che se n'è andato da tempo.
Per scrupolo e perché vuole essere sicura di non aver preso un abbaglio, infila di nuovo la testa sott'acqua, le orecchie tese, in ascolto.
Sta quasi per rinunciare, dicendosi che si sarà sbagliata, quando la risente di nuovo.
«Molly».
È dolce, sussurrata, come quelle ninna nanne che le canticchiava da bambina.
«Vieni» la invita suadente. «Viene da me» ripete amorevole.
E lei la segue, totalmente incantata, con il cuore gonfio di nostalgia, perché è da anni che desiderava risentirla e aveva paura che lo scorrere del tempo la cancellasse dalla sua memoria.
In una delle pause in cui torna in superficie per incanalare ossigeno, lo Specchio Gemello si scalda nella tasca della tuta. Molly, per un folle istante, ha la tentazione di rifiutare la chiamata, infastidita di doversi fermare dal seguire quella voce.
«Che c'è?» sbotta urtata, inchiodando il seccatore con un'occhiata di ammonimento.
Etienne sbatte le ciglia, preso in contropiede.
«Che hai?» chiede disorientato.
E lei è costretta a serrare le labbra, consapevole di aver sbagliato.
«Non ci crederai» inizia esaltata, talmente euforica che rischia di mangiarsi le parole per la foga con cui le pronuncia. «Ma ho udito la sua voce» rivela muovendosi nella direzione da cui essa proviene.
Solo perché non è sott'acqua, non significa che non può avvicinarsi.
«La voce di chi?» domanda l'altro, confuso, corrugando le sopracciglia.
«Di mio padre».
Il silenzio che cala di colpo, la porta a orientare le iridi scure verso il frammento di vetro.
«Molly» sospira Etienne, terribilmente serio, il volto storto in un'espressione severa. «Percy è morto» le ricorda fermo, fissandola con eloquenza.
«Lo so» risponde lei, consapevole, sentendo una morsa di dolore allo stomaco. «Ma l'ho sentito e-»
«Non è reale» la blocca lui, tenace. «Deve essere un inganno» sostiene con forza, sicuro della propria teoria.
Molly si immobilizza, scrutandolo con risentimento.
«Perché non puoi essere felice?» domanda bellicosa, accigliandosi per il nervosismo.
«Perché non è reale» ribadisce Etienne, quasi spietato. «E lo sai anche tu» afferma implacabile.
Ed è così, una parte di lei è consapevole che si tratti solo di una menzogna a cui vuole disperatamente credere ma l’altra, quella resterà per sempre quella bambina smarrita che ha perso il padre e ha dovuto imparare presto a nascondere i suoi sentimenti – doveva fingere per sua madre, per sostenerla, per farle capire che non era da sola nel cercare di tenere unita la famiglia, doveva essere forte per sua sorella, essere il suo rifugio e asciugare le sue lacrime – zittisce ogni cosa, ordinandole di arrendersi totalmente a quella follia.
Così, quando arriva a un bivio, invece di prendere la sinistra come le hanno detto i suoi compagni, imbocca senza esitazione la destra, dopo aver messo la testa sott’acqua ed essersi assicurati che era da lì che proviene la voce.
«Molly» la chiama di nuovo Etienne, insistente, fissandola con l’espressione di chi ha intuito al volo le sue intenzioni. «Non farlo» la mette in guardia, caparbio.
Caso vuole che, in quel preciso momento, la chiamata termina, lasciandola di nuovo da sola in mezzo a quella tubatura mezza allagata, fradicia, stanca e con l’acqua che ormai le arriva al basso ventre.
Molly infila di nuovo lo Specchio al suo posto, prima di continuare a muoversi. 
Non se ne rende conto ma si sta comportando come un drogato in astinenza e alla disperata ricerca di una dose. 
Quando arriva in prossimità di una falla nella tubatura, che porta a un canale di scolo, si rende conto che se vuole raggiungere suo padre – se non vuole perderlo di nuovo –, l’unico modo è quello di infilarsi in quella fenditura.
Con cautela lo fa ma si lascia scappare una maledizione tra i denti quando si rende conto è molto stretta, talmente tanto che rischia di rimanere incastrata. 
Irritata a morte, cerca di appiattirsi contro il metallo per raggiungere l’altra parte della fognatura.
È il dolore che la riporta alla ragione.
Nel tentativo di stringersi in quello squarcio del condotto, ha finito per sfregare più volte e con foga tutto il corpo, irritando quei morsi che i Chizpurfle le hanno inflitto sulla pelle.
Sbatte le palpebre, frastornata, come se si stesse risvegliando dal torpore del sonno. Solo allora si rende conto di quanto sia stata sciocca, di quanto abbia voluto credere che fosse vero.
A fatica, esce da quella fenditura. 
Davanti alla sua stupidità e debolezza, la voce della Maride perde ogni attrattiva possibile.
Tornata in sé, si lascia sfuggire qualche lacrima e singhiozzo, approfittando della solitudine e della discrezione che quel luogo puzzolente promette.
Poi drizza le spalle, si pulisce le guance umide di pianto, drizza la schiena e torna indietro, ben decisa a seguire il percorso che Etienne le ha fornito senza deragliare.



«Te lo dico: non ho la forza per far nulla» lo avverte Molly, distrutta, sentendosi più di là che di qua, alzando le braccia per assecondarlo.
Etienne sorride con disimpegno mentre le toglie la maglietta sudata e sporca.
«Lo immagino» assicura amabile. «Ma spero che non vorrai privarmi della possibilità di spogliarti» afferma con una sfumatura maliziosa che gli illumina le iridi chiare, rendendole belle come mai.
Al termine della Seconda Provache ha superato per miracolo –, è stata trascinata in Infermeria dove Madama Chips l'ha visitata insieme agli altri due Campioni.
Dopo essersi assicurata che non avesse nulla di rotto o letale, esasperata dal continuo
cicaleccio dei cugini – accorsi al suo capezzale manco fosse sul letto di morte! –, le ha rifilato una pomata per le bruciature e le ha intimato, insieme ai suoi ingombranti parenti, di volatilizzarsi all'istante dal suo regno.
Molly, ben felice di eseguire l'ordine, non ci ha messo molto per far capire agli altri, grazie all'aiuto di Victoire, che aveva bisogno di essere lasciata in pace e non soffocata da raffiche di domande, giusto per evitare di fare una strage.
Inutile dire che Dominique è stata contenta di sparire con Lance in qualche antro oscuro.
«E puzzo come una latrina» continua lei, in un brontolio imbronciato, liberandosi delle scarpe e lasciandosi sfilare via anche i pantaloni, rimanendo in intimo. Li lancia distratta verso il cestino in vimini che si trova nel bagno di Villa Conchiglia, fedelmente riprodotto grazie all’abilità della Stanza delle Necessità. «Morgana, fortuna che non ho visto del materiale organico di altra natura galleggiare nelle fogne, perché altrimenti vorrei rinchiudermi nella doccia fino a farmi sciogliere la pelle» geme disperata, lasciandosi sfuggire un’espressione sconsolata. Poi sbatte le ciglia, un pensiero che le passa per la mente e che le fa corrugare la fronte con odio. «Vorrei proprio sapere chi è il sadico che ha organizzato questa Prova» ringhia tra i denti, minacciosa. 
«Sicuramente qualcuno a cui piace divertirsi ai danni degli altri» osserva lui, assente, tutta la sua concentrazione puntata a scrutare quei morsi e bruciature che le arrossano entrambe le braccia e gambe.
«Un infame» riassume Molly, inesorabile. Stringe le labbra, così da non farsi sfuggire un lamento di dolore quando le dita dell’altro le spalmano con delicatezza quell’unguento bluastro sulla pelle. «Hai avuto paura con la Maride» mormora a bassa voce, impacciata, decisa ad affrontare l’argomento e a non tergiversare. 
«Sì».
«Perché?»
«Ha fatto leva su dove sei più vulnerabile» risponde Etienne, schietto, inginocchiato mentre le massaggia la gamba per far in modo che la crema penetri nella pelle. Solleva il capo, così da incrociare il suo sguardo. «E lo ha fatto in un momento in cui la deprivazione sensoriale ti aveva debilitata» conviene con una smorfia amareggiata, rimettendosi in piedi. 
Lei sospira pesantemente, distogliendo per un momento gli occhi. 
«Non sei deluso?» indaga piano, con voce fioca. 
«Perché volevi che tornasse?» sottolinea lui, inarcando le sopracciglia con eloquenza.  «Sarei stato sorpreso del contrario. So che ti manca» svela delicato.
«Una parte di me lo sapeva che non era reale» confessa Molly, controvoglia, incassando la testa nelle spalle e storcendo le labbra in una smorfia. «Ma volevo crederci» aggiunge flebile.
«Lo so» conferma Etienne, con un sorriso abbozzato, sfiorandole la guancia con una carezza. 
Deglutisce, cercando di ingoiare anche lo sconforto. 
La sfida del Tremaghi potrà apparire semplice rispetto a quella che ha affrontato Lance ma è ben consapevole che il canto della Maride ha riaperto delle ferite. Magari nei primi tempi non ne vedrà gli effetti ma sa bene che ci saranno delle conseguenze e che queste probabilmente si manifesteranno sotto forma di incubi.
«Mi secca che ti abbia sbottato addosso davanti a Lance» riprende lei, cercando di suonare indispettita e scacciare quelle riflessioni, appoggiando la mano su quella dell’altro e chiudendo per un momento gli occhi alla ricerca di conforto.
«Non te lo rinfaccerà, se è questo che temi» afferma Etienne, sicuro, nel momento in cui risolleva le palpebre e incontra le sue iridi azzurre. «Da quello che so, su certe cose non ha la crudeltà di affondare i denti» dichiara posato.
Molly scrolla le spalle. Alla fine, si dice, non ha importanza. È solo una preoccupazione di poco conto.
«Fai la doccia con me?» propone morbida, inclinando il capo di lato.
«Credevo fossi troppo stanca per quello» replica lui, ironico, piegando le labbra in un sorriso intrigato.
Lei ricambia, prima di scrollare la testa con disinvoltura. 
«Non pensi di riuscire a trattenerti dal saltarmi addosso» provoca giocosa. 
«Io sono capace di resistere» afferma Etienne, presuntuoso, assumendo l'aria da mentecatto che, una volta, le faceva bollire il sangue in un altro modo. Amplia quel sorriso sfrontato, per poi scoccarle un'occhiata eloquente. «Lo stesso non posso dire di te» termina sfrontato.
«Lo vedremo, Delacour» lo sfida Molly, fomentata da quella competizione, prima di portarsi le mani dietro la schiena, sganciare il ferretto del reggiseno e lasciarlo scivolare ai suoi piedi.





Giuro che non mi ridurrò mai più all’ultimo!
Ma più, sul serio. 
Non ho grandi cose da dire se non che il titolo del capitolo è una citazione dell’intro della serie tv Xena, ma probabilmente c’eravate arrivati.
Per quanto riguarda le creature, di solito mi baso sul libro
Animali Fantastici ho scoperto così che gli Avvincini hanno le dita, sì, molto lunghe ma anche fragili – e dove trovarli. Tuttavia, per quanto riguarda le Maridi, ho cercato anche informazioni su internet. Saltellando da una parte all’altra, ho scoperto che dovrebbero esisterne di diverse specie. Quindi, non tutte sono uguali a quelle presenti nel lago di Hogwarts.
Non so se abbiano o meno la capacità di imitare le voci, quella è una libertà che mi sono presa. Invece il parlare in modo soave solo sott’acqua, l’ho preso dal canon (ricorda l’Uovo d’Oro e gli strilli che emetteva che non messo a mollo? Ecco).
Vi ringrazio per essere ancora qua e scusate,
Blue



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