Altre Reliquie

di cassiana
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il gatto e la bambina ***
Capitolo 2: *** Careful with that ass, David ***
Capitolo 3: *** La fotografia ***
Capitolo 4: *** Di un Babbo Natale insospettabile e regali inestimabili ***
Capitolo 5: *** Qualcosa per cui vale la pena ***
Capitolo 6: *** Un gioco pericoloso nsfw ***
Capitolo 7: *** La rivincita di David ***
Capitolo 8: *** Sangue e Fornelli ***
Capitolo 9: *** Un inizio speciale ***
Capitolo 10: *** Duelli Magici - Appendice 3: Comportamenti inappropriati - esempio. ***
Capitolo 11: *** Il richiamo della Luna ***
Capitolo 12: *** Domenica d'Autunno ***
Capitolo 13: *** Un altro tipo di rock acrobatico ***
Capitolo 14: *** Sull’orlo del precipizio ***



Capitolo 1
*** Il gatto e la bambina ***


Titolo: Il gatto e la bambina
Fandom: Pink Floyd
Rating: G
Relazione: Rick Wright, David Gilmour, Nick Mason, Roger Waters, Alan Parson, Peter Watts, Naomi Watts
Note: Questa storia partecipa all'iniziativa 25 DAYS OF FICSMAS - CHALLENGE DI DICEMBRE@Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom FB con i prompt: “Ti avevo promesso che ti avrei portato via da questo posto, no?”/Gatto/Drabble o One Shot/X suona uno strumento
Mi sono fissata con questo tema e quindi ormai è diventata una trilogia! Questa storia potrebbe essere un ideale seguito di Di come Rick imparò a non mangiare mai più bacche sconosciute e La miaoledizione della tredicesima luna , ma può essere letta anche da sola!
Warning: fluffity, fluffety, fluff! supernatural elements, friendship fluff, slice of life
Sinossi: Naomi, andata a trovare il papà roadie agli studi della Emi, s'innamora di un certo gattino ed è intenzionata a portarlo via da lì. Nel frattempo Rick è alle prese con uno di quei suoi giorni speciali e il resto della band va in paranoia perché non riesce a trovarlo.




Il gatto e la bambina




A Naomi piaceva quando la mamma la portava agli studi musicali di Abbey Road a trovare il papà: la bambina amava girellare per i lunghi corridoi moquettati e appoggiarsi alle porte per sentire le note che ne uscivano, oppure intrufolarsi nelle sale di registrazione vuote e giocherellare con le strumentazioni, anche se il papà la redarguiva sempre di non toccare. Il più delle volte i musicisti la ignoravano, troppo presi dalle loro cose, ma alcuni si fermavano a parlare con lei, le regalavano caramelle che pescavano mezze sciolte e spiaccicate dalle tasche malconce dei giubbetti e qualcuno perfino si prendeva la briga di insegnarle canzoncine e filastrocche.
Quel giorno Naomi era in missione: aveva scorto un gattino aggirarsi per le sale da registrazione e ci aveva giocato un pò lasciandogli una pallina di carta. Ora lo vide accoccolato sul panchetto di un pianoforte, quel gatto sembrava provare un'attrazione speciale per quello strumento. Naomi accarezzò il soffice pelo bianco e il gatto aprì gli occhi azzurri e iniziò a vibrare contento. Lei gli fece i grattini sotto al mento e gli baciò la testolina proprio tra le orecchie.

"Vieni, bel gattino. Ti avevo promesso che ti avrei portato via da questo posto, no?”

Come se avesse capito le parole di Naomi, il gatto smise di fuseggiare e si divincolò dalla stretta della bambina.

“Aspetta, non avere paura ti dico! Verrai a casa con me, sono sicura che mamma vorrà tenerti..in fondo è quasi Natale!”

Il gatto spalancò le pupille e portò indietro le orecchie, in segno di avvertimento, ma Naomi non si avvide dei suoi segnali e cercò di tenerlo stretto a sé:

“Ti prego, gattino. Vorrei così tanto un amico, sono sempre sola. Ti pettinerò sempre e ti darò tanti bocconcini buoni e ti vorrò tanto bene.”

Quando il gatto percepì le lacrime della piccola bagnargli il pelo smise di frustare la coda di qua e di là e rassegnato si lasciò portare via.

David percorreva a passo svelto i corridoi degli studi con un panino al tonno in una mano. Si affacciò a una delle porte e chiese preoccupato:

“Parson, hai per caso visto Rick? Tu, Peter? Oh, a proposito mi sa che ho visto la tua bambina in giro.”

Entrambi i tecnici del suono scossero la testa e Watts rispose:

“Si, Glennys me la portava oggi. Però le ho detto di andare dalle segretarie e non dare fastidio.”

David si strinse nelle spalle, era preoccupato: quella sera ci sarebbe stata la luna piena, una di quelle speciali e lui aveva avvertito Rick che sarebbe stato meglio non farsi vedere, ma il tastierista aveva alcuni brani da suonare schedulati per quel giorno e voleva evitare di far incazzare troppo Roger. Ma ora Rick era scomparso e David aveva l’atroce sospetto che la sua trasformazione fosse già in atto. Non avrebbe mai perdonato l’amico per essere stato così incauto da mangiare bacche sconosciute durante quel tour in Giappone di cinque anni prima; di sicuro ora non avrebbero dovuto fare i conti con quella sua strana metamorfosi ogni volta che arrivava la tredicesima lunazione.

“Va bene, va bene.”

Nick gli si affiancò in corridoio:

“Beh, l’hai trovato? Magari nascosto in bagno o nella saletta piccola, in uno dei magazzini?”

Alla fine Rick si era dovuto confidare con i compagni di band per quanto all’inizio fosse stato molto più che riluttante. Eppure, invece delle prese in giro che si aspettava, aveva avuto la solidarietà di tutti, perfino di Roger che essendo un amante dei gatti forse quasi preferiva Rick in quella forma piuttosto che in quella umana. Infatti di lì a poco il bassista si unì ai compagni nella ricerca del tastierista.

“L’ultima volta che l’ho visto, stava fumando una sigaretta nel cortile sul retro, magari è rimasto là.”
“Speriamo che qualche cane non se lo sia mangiato.”

Scherzò poco opportuno Nick guadagnandosi un’occhiataccia da parte degli altri due. La porta sul retro era aperta nonostante O’Driscoll, il portiere dello stabile, raccomandasse sempre a tutti di richiuderla. Il cortile sembrava vuoto, due enormi secchi della spazzatura gettavano la loro ombra sul lastricato tenuto sempre perfettamente pulito. Eppure Roger percepì una presenza, come un leggero ansimare:

“Stai buono gattino, appena se ne saranno andati sgusceremo via.”

Sussurrò Naomi alle orecchie del gatto bianco. David e Nick si scambiarono un’occhiata d’intesa e il chitarrista agitò il panino, gli effluvi del tonno colpirono le piccole narici delicate del felino che contorcendosi riuscì a sfilarsi dalla presa della bambina.

“Hey … aspetta, ma dove vai? Oh!”

La bambina si bloccò davanti ai tre uomini capelluti che appostati sulla soglia le stavano impedendo ogni via di fuga. Li conosceva: erano i musicisti per cui lavorava il papà e loro naturalmente la riconobbero. Nick le fece un sorriso e la salutò porgendole una liquirizia. Naomi slacciò le mani che aveva serrato dietro la schiena e educatamente accettò la caramella, anche se la liquirizia non le piaceva. Roger le chiese:

“Cosa ci facevi qui? Se tuo papà ti cerca e non ti trova si preoccuperà molto.”

Naomi abbassò la testa colpita dalla piccola ramanzina e le labbra le tremolarono in un broncetto mortificato. Intanto David era inginocchiato e stava sfamando il gatto che vorace divorava i pezzetti di tonno, le chiese con dolcezza:

“Stavi giocando con questo gattino?”
“Io…volevo adottarlo perché è orfano e nessuno gioca con lui!”

Roger si era acceso una sigaretta e rispose brusco:

“Non puoi mica portarlo via!”

Nick lo redarguì con lo sguardo notando il visino contrito di Naomi. Si piegò in modo che i suoi occhi fossero all’altezza di quelli della bambina:

“Questo gatto non è orfano, tesoro. E’ di Rick, il nostro tastierista, lo conosci?”

Naomi annuì, una lacrima le scivolò lungo una guancia e le sue labbra si piegarono all’ingiù:

“Ma io…gli voglio bene!”

La bambina tirò su col naso, mentre le lacrime continuavano a rigarle il visino. Il gatto bianco smise di mangiare e si avvicinò a Naomi strusciandosi contro le sue gambe e dandole piccole testatine affettuose. David si ripulì le dita unte sull’orlo della maglietta e le fece un sorriso, le accarezzò con tenerezza i capelli biondi:

“Vedi? Anche lui ti vuole bene. Sono sicuro che Rick ti ci farà giocare ogni volta che potrà. Non è vero ragazzi?”
“Oh, si. A Rick piacciono le coccole, voglio dire le coccole al suo gatto!”

Aggiunse Nick, dopo aver ricevuto una gomitata da parte di David che fece ridacchiare Naomi. Roger scosse il capo e pescò un fazzoletto dalla tasca dei pantaloni, piegò la sua lunga forma verso la bambina e con delicatezza le passò il fazzoletto lungo le guance:

“Coraggio, torniamo dal tuo papà adesso.”

Le prese la manina e insieme i tre uomini e la bambina, seguiti dal gatto trotterellante, tornarono dentro l’edificio mentre la luna piena faceva capolino nel crepuscolo incombente.



Angolo Autrice

Naomi Watts (si, l'attrice) è la figlia di Peter Watts che è stato per anni tecnico del suono, roadie e tour manager dei Pink Floyd. Dopo il divorzio dei genitori quando lei aveva 4 anni e la morte del padre per overdose con la mamma e il fratellino si trasferì in Australia.
Gerry O'Driscoll era il portiere di Abbey Road e compare in Dark Side of the Moon pronunciando l'iconica frase: "There is no dark side of the moon really. Matter of fact it's all dark."
Aspettavo solo l'occasione giusta per poterli usare!

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Capitolo 2
*** Careful with that ass, David ***


Titolo: Careful with that ass, David
Fandom: Pink Floyd
Rating: G
Relazione: /
Personaggi: David Gilmour, Roger Waters, Nick Mason, Rick Wright
Note: Questa storia partecipa all’iniziativa ADVENT CALENDAR 2022 @ gruppo FB Hurt/Comfort Italia - Fanart and Fanfiction - GRUPPO NUOVO " col prompt 133. Frasi stupide Il titolo riprende parodiandolo (in maniera idiota) quello della canzone dei Pink Floyd Careful with That Axe, Eugene
Warning: silly floyd, h/c (sort of), culo!fic, linguaggio colorito
Sinossi: Una giornata di relax e avventura a Saint Tropez prende una svolta inaspettata e dolorosa per Roger.




Careful with that ass, David




Non si poteva dire che le vacanze dei ragazzi floyd non fossero movimentate. Prendiamo ad esempio quella calda mattina di agosto nei pressi della costa azzurra: mentre le mogli avevano deciso di abbandonarsi a una pazza giornata di shopping a Nizza, i ragazzi avevano pensato di utilizzare la rinnovata libertà in un'esplorazione della regione. Avevano noleggiato una jeep ed erano partiti all'avventura, portandosi il necessario per fare snorkeling, macchine fotografiche e un paio di immancabili chitarre. Quando avevano visto Roger presentarsi con un paio di minuscoli shorts giallo vivo gli altri tre erano scoppiati a sghignazzare lasciandogli battutine pungenti e altre frasi stupide.

"Judy lo sa che hai rubato le sue mutandine?"
"Bella bambina non dovresti andare in giro tutta da sola!"
"Hai ucciso una papera o sei solo contento di vederci?"

Roger sollevò il dito medio all'indirizzo di tutti loro e si mise al posto di guida scansando rudemente Nick che sbottò a ridere, per nulla impressionato dalle maniere dell'amico. Trascorsero il resto della giornata esplorando la costa, facendo foto, fumando e suonando. Nel primo pomeriggio dopo essersi rifocillati con una abbondante dose di zuppa di pesce a testa, panini imbottiti e una quantità imprecisata di bottiglie di birra i ragazzi erano abbastanza assonnati da voler fermarsi da qualche parte per fare un riposino. Con la testa ciondolante Nick parcheggiò la jeep presso un boschetto di sempreverdi e tutti insieme stesero gli asciugamani. Fecero passare in giro un'ultima canna e si stesero sotto le balsamiche chiome arboree cullati dal frinire delle cicale. Non era trascorsa neanche un'ora che Nick aprì un occhio incuriosito dai gemiti che sentiva in lontananza: Roger non si vedeva da nessuna parte. Allarmato il batterista si sollevò e cercò con lo sguardo l'amico e chiamò gli altri due:

"Oh, li sentite sti rumori? Non è la voce di Roger?"
"Boh, mi sembra."

Rispose Rick accendendo una sigaretta dopo aver sbadigliato scompostamente. David si stropicciò la faccia e si guardò intorno:

"Dov'è lui? Dove si è cacciato quell'idiota?"
"Andiamo a cercarlo."

Propose Nick con un vago accenno di preoccupazione nella voce, David roteò gli occhi al cielo:

"Che palle! Dai, andiamo."

Lo trovarono poco più avanti incastrato in una macchia di rovi che imprecava e gemeva. Rick si grattò la barba e incuriosito domandò:

“Come cavolo ci sei finito là dentro?”
“Ero andato a pisciare e sono scivolato. Ora se non avete altre domande cretine da farmi gradirei essere tirato fuori!”
“Hai un modo di pisciare davvero singolare, dai prendimi la mano…”

Nick si allungò e con l’aiuto degli altri due riuscì a districare Roger dal cespuglio spinoso. Un po’ tenendolo e un po’ trascinandolo riuscirono a farlo arrivare al nido di asciugamani su cui Roger si lasciò cadere sulle ginocchia sospirando. Mentre si lamentava David lo esaminò con occhio critico notando i graffi e le spine che gli deturpavano le braccia e le gambe. Nick seguì il suo sguardo ed esclamò:

“Porca puttana ti sei rovinato, amico mio.”
“Si, beh dimmi qualcosa che non so, cazzo!”
“Fa male?”

Chiese Rick porgendo al compagno di band una sigaretta già accesa. Roger fece un tiro e rispose acido:

“Tu che ne pensi, genio?”

Rick socchiuse gli occhi per il fumo e gli fece il dito medio decidendo che non voleva avere a che niente a che fare con lui e se ne andò. Roger provò a richiamarlo inutilmente:

“Si è offeso. Dai, Rickaroo torna qui: scherzavo! E va bene vatteneaffanculo pure tu.”

David, che era rimasto a guardare con le braccia conserte e le labbra imbronciate, sbottò:

“Va bene, se hai finito di dare spettacolo…Nick, dovrebbe esserci la cassetta del pronto soccorso in macchina, magari riusciamo a disinfettare qualche graffio prima che sto testone si prenda un’infezione.”

Dopo pochi minuti Nick era tornato con la cassetta e tra lui e David disinfettarono la maggior parte dei graffi. David con la pinzetta stava provvedendo a togliere le spine con un piccolo sorriso sadico ogni volta che sentiva un lamento da parte di Roger sdraiato sulla pancia. Dopo qualche minuto i due infermieri improvvisati avevano concluso il loro lavoro e David con una pacca sulla spalla esortò Roger a sollevarsi:

“Dai, tirati su adesso.”
"Si, ma non posso ancora sedermi."

Rispose Roger con una smorfia.

"E perché?"
"Perché ho delle stramaledette spine nel culo, ecco perché!"
"Beh, per una volta sai cosa si prova."

Ribatté a bassa voce Nick facendo ghignare David:

“Va bene, dai. Tira giù calzoni e mutande.”
“Eh? No!”

David roteò gli occhi verso l’alto mentre Nick si stava divertendo immensamente nel vedere i compagni di band battibeccare.

“Come pretendi che ti aiutiamo se ti rifiuti di farti guardare!"

Roger sbuffò e contorcendosi sotto lo sguardo degli amici, tirò giù un lembo dei pantaloncini, lasciando scoperta una piccola striscia di pelle. David ordinò serio:

"Di più."
"Ragazzi, vi lascio alla vostra intimità!"

Scherzò Nick alzandosi e allontanandosi dalla coppia: non aveva la minima intenzione di dare un'occhiata ravvicinata alle chiappe di Roger, se poteva evitarlo, grazietante. Roger intanto con le orecchie di fuoco si stava abbassando del tutto le mutande mettendo in mostra il suo secco didietro pallido. David allargò gli occhi sorpreso quando notò i lividi e i segni di morsi ancora rossi.

"Ah…ehm…Judy si sentiva…uhm…vivace questa mattina."
"Vedo."

David non potè evitare di sogghignare e Roger si voltò verso di lui con lo sguardo truce:

"Non una parola, o…"
"Tranquillo, non è che mi vada di far sapere in giro che ho trafficato col tuo culo! Ora sta zitto e fermo."

Con attenzione David procedette a togliere le grosse spine che si erano infilzate nelle natiche di Roger per nulla impietosito dai suoi piagnucolii e imprecazioni. Finalmente David si tirò indietro una ciocca di capelli e posò le pinzette.

"Finito."

Roger con una smorfia massaggiò il didietro contuso e rimise a posto i vestiti. David pescò dalla tasca dei jeans uno spinello un po' malconcio e lo passò all'amico con un sorriso:

"Stai meglio?"

Roger annuì, ma non rispose subito impegnato ad accendere la canna. Prese una lunga boccata e senza guardare David bofonchiò:

"Io…uhm. Cazzo, va bene."
"Lo prenderò per un ringraziamento. Dai, torniamo dagli altri ora o penseranno che stiamo pomiciando!"
"Bleargh, non lo farei neanche se mi puntassero una pistola alla testa, non con te!"

Si, certo come no …David scosse la testa con un sorrisetto e con un'ultima pacca all'amico lo aiutò ad alzarsi e insieme raggiunsero i compagni, pronti a ripartire.



Angolo Autrice:

A forza di sentirne parlare sul gruppo mi era venuta voglia di scrivere una culo!fic pure a me! Comunque è ufficiale ormai: David è l'infermiere del gruppo! Per la cronaca Roger e i suoi shorts:






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Capitolo 3
*** La fotografia ***


Titolo: La fotografia
Fandom: Pink Floyd
Rating: G
Relazione: /
Personaggi: David Gilmour, Roger Waters, Nick Mason, Rick Wright
Note: Questa storia partecipa all’iniziativa Regali d'inchiostro L'angolo di Madama Rosmerta
Dedico questa storia a Albam perchè sa quanto ami la sua saga del Diavolo a Roma e soprattutto Razel. L’anno scorso mi ha regalato questa bellissima foto e quest’anno ho voluto raccontare di quel giorno. E poi mi ha permesso di scrivere di David in quel modo e io aspettavo solo l’occasione giusta!
Warning: silly floyd, elementi sovranaturali
Sinossi: Un assolato giorno di ottobre i Pink Floyd stanno registrando il loro film Live at Pompeii, tutto sta andando per il meglio, ma c’è un certo nuovo roadie che a David non convince per niente.




La fotografia




Il tastierista lasciò cadere il mozzicone sulla terra battuta dell'antico anfiteatro e strinse gli occhi chiari per proteggerli dalla luce del sole i cui raggi erano ancora tiepidi sulle sue spalle nude, anche se era ottobre appena iniziato. Fu raggiunto da un compagno di band che gli porse una bottiglietta di gazzosa. Rick la guardò in controluce per un attimo:

"Che roba sarebbe?"
"Tipo 7up - David scrollò le spalle - Adrian ha detto che fra un po' possiamo ricominciare a suonare."
"Che c'è in scaletta?"

David si scostò con noncuranza una ciocca di capelli dal viso, portò un momento le labbra in avanti e rispose:

"A Saucerful Of Secrets, credo."

Si attaccò a sua volta al collo della bottiglietta. Rimasero in silenzio un momento, Rick si annidò dietro al farfisa provando qualche tasto con le dita sottili. Un'esplosione di risate attirò l'attenzione dei ragazzi: dall'altra parte della piccola arena Nick e Roger stavano ridendo e scherzando con un omone dai capelli rossi in gilet di pelle nera.

"È uno dei nostri? Non l'ho mai visto."

David socchiuse gli occhi celesti per osservare meglio il tipo. Rick strinse le labbra:

"Penso sia uno di qui. Mi fa venire i brividi."
"Non mi piace: stà lontano da lui."

Dopo un minuto Nick si staccò dal gruppetto e veleggiò verso i compagni ancora ridacchiando:

"Quel Razel è un vero spasso!"
"Sarà."

Chiosò Rick accendendo una sigaretta per nulla impressionato. Adrian richiamò musicisti e maestranze e in breve tutti si misero al lavoro.

Più tardi, quel pomeriggio, i ragazzi si stavano preparando ad andare via e il roadie dai capelli rossi si avvicinò con andatura molleggiata a David sventolando una foto:

"Ahò, me fai l'autografo?"

David terminò di sistemare il suo equipaggiamento senza rispondere subito. Si tirò via una ciocca di capelli dalla faccia:

"Spero che gli altri non ti abbiano firmato niente."
"E che vor dì?"

David finalmente guardò l’uomo dritto in faccia e con un’espressione dura sul viso rispose:

"Vuol dire che ho capito cosa sei."

Il volto dai tratti grossolani di Razel era tagliato da un sorriso sarcastico, incrociò le braccia e cambiò posizione spostando il peso da una gamba all’altra facendo tintinnare le borchie della cintura. David sfilò la foto dalle mani dell’altro e la osservò attentamente: ritraeva lui a torso nudo e gli altri mentre eseguivano uno dei brani, forse Echoes e Razel dietro la cinepresa.

“Quando l’avresti fatta e come mai è subito pronta…non mi sembra naturale.”
“Ho i miei…metodi. E poi sai, non è che sia così complicato sviluppare un rullino.”

Razel si avvicinò per riprendersi la foto e fece un ganascino a David che, infastidito da tanta confidenza, si allontanò brusco. In basso tono di minaccia intimò:

“Sta. Lontano. Da. Loro.”
“Ah regazzì, tutto sto casino pe' 'na foto?”
“Ma non è solo una foto, vero …?”

I raggi radenti del sole creavano come un alone di luce intorno alla figura di David che per un momento sembrò riplendere. Razel ne fu abbagliato e in tono cupo rispose:

"E io invece dico che sarebbe mejo abbassà un pò le penne, angelo"

David si erse in tutta la sua statura, non aveva bisogno di dispiegare le ali, la sua voce angelica echeggiò in modo terribile nella mente del demone:

"Non ti lascerò insudiciare la loro anima con le tue laide insinuazioni."

Gli occhi di Razel si fecero in un istante rossi mentre con un guizzo trascinò la lingua scura e biforcuta sulle labbra.

“Non dirmi che non ti piace stare insieme a loro - sibilò con voce insinuante - o che non ti prendi le tue…soddisfazioni dal loro stile di vita. Quando suoni su quel palco e centinaia di fan ti guardano adoranti, quando ti fai un viaggetto con l’acido o ti fumi una canna, quando una groupie più che disponibile siede sulle tue ginocchia pronta a darti tutto, non pensi alla salvezza delle loro anime immortali. Dì la verità.”

David si oscurò in viso evitando di guardare il demone che gli stava girando intorno e sputò con disprezzo:

“Io devo proteggerli da quelli come te.
“Oh, non sei così integgerrimo come vuoi far vedere. Puoi credermi: sono abbastanza esperto della questione.”

Il demone scoppiò a ridere sguaiato. David strinse i pugni, gli occhi scinitillanti, gli tremava la voce dalla rabbia mentre ribatteva:

Lui mi ha dato questo dono ed è mio dovere onorarlo utilizzandolo.”
“Se, se … Raccontatela pure così angioletto. La verità la sappiamo, io e te.”

Razel strizzò un occhio con un ultimo sorrisetto impertinente. In quel momento Roger si avvicinò ai due:

“Stiamo aspettando solo voi due, cosa state facendo?”

Razel strinse a sè David mettendogli un braccio intorno alle spalle:

“Io e David, qui stavamo solo facendo una chiacchierata. Vero angiolè?”

Nel frattempo aveva allungato la foto a Roger che esclamò:

“Oh, figa sta foto! Posso vederla?”
“Certo, je puoi pure fa’ sopra n’autografo!”

David nel frattempo con fastidio malcelato si era liberato dalla stretta del demone e aveva preso Roger per un braccio, restituendo la foto a Razel:

“Andiamo Rog. Coso, qui, deve finire il suo lavoro.”

Con passo sostenuto David trascinò via un riluttante Roger mentre Razel sarcasticamente gli fece il gesto di sparargli contro.

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Capitolo 4
*** Di un Babbo Natale insospettabile e regali inestimabili ***


Titolo: Di un Babbo Natale insospettabile e regali inestimabili
Fandom: Pink Floyd
Rating: G
Relazione: /
Personaggi: Roger Waters, Rick Wright, David Gilmour, Nick Mason
Note: Questa storia partecipa all’iniziativa CALENDARIO DELL’AVVENTO @ Siate curiosi sempre col prompt 09. «Mi hai davvero fatto un regalo di Natale? Credevo mi odiassi!»
Warning: slice of life, friendship fluff, Christmas fluff, ficlet
Sinossi: Roger convoca i membri della band agli studi di Abbey Road pochi giorni prima del Natale. A malincuore David, Rick e Nick si presentano ignari di cosa Roger abbia in serbo per loro.




Di un Babbo Natale insospettabile e regali inestimabili




Gli studi della EMI avevano un'atmosfera festosa grazie alle decorazioni natalizie sparse un po' ovunque e all'enorme albero di Natale, orgoglio del portiere O'Driscoll che tanto s’impegnava ogni anno per renderlo sempre più magnificente. Il nevischio scendeva da ore in un'atmosfera ovattata creando sulle strade un pericoloso strato di fanghiglia scivolosa. Rick si scaldò le mani avvolgendole intorno a una tazza di tè bollente e sospirò: tipico di Roger convocarli a pochi giorni dal Natale per finalizzare ancora un'ultima volta l'album in uscita. David entrò imprecando nella stanza strofinando le mani e soffiandoci sopra.

"Non so perché quello psicopatico ci ha chiamati, ma giuro che se mi fa suonare solo un'altra volta quell'assolo gli spacco la chitarra in testa!"

Nick lo seguì togliendosi il cappotto e lanciando il cappello sull'attaccapanni, si lasciò cadere sul divanetto:

"Non lo faresti mai: ami troppo la tua chitarra!"

I tre sghignazzarono, uno dei loro passatempi preferiti era in effetti quello di prendersi in giro a vicenda e quella sembrava un'occasione perfetta.

"Bene, bene. Siete tutti qua!"

Roger esclamò entrando nella stanza con delle buste in entrambe le mani. David sollevò gli occhi al cielo e Rick disse in tono pacato:

"Difficile non esserlo quando ci hai minacciati di morte se non ci avessi trovato."
"Che cos'hai lì?"

Nick sbirciò incuriosito le buste decorate da motivi natalizi. Roger sorrise:

"Regali."
“Regali?”

Gli fece eco il tastierista. David incrociò le braccia e guardò Roger scettico:

“E il costume rosso dov’è?”
“Oh oh oh!!”

Esclamò Nick dando di gomito a Rick che chiese stupito e incredulo:

“Mi hai davvero fatto un regalo di Natale? Credevo mi odiassi!”

Roger gli diede la sua busta rispondendo supponente:

"Ovviamente non vi odio, ma visto che non perdete occasione per definirmi uno stronzo dittatore ecco la dimostrazione che so anche essere magnanimo!"

Per poco Rick non si strangolò col tè e tossì furiosamente, Nick gli colpì la schiena diverse volte per aiutarlo e David si mise una mano sul viso scuotendo la testa: solo Roger poteva fare i regali di Natale per senso di rivalsa e per di più godendo del fatto di farli sentire delle merde perchè loro non gli avevano preso niente! Infatti Nick con un sorrisino furbo da sotto i baffi, si grattò dietro la nuca e balbettò :

“Io…il mio…il mio per te l’ho lasciato a casa. Te lo porto la prossima volta!”

Rick stava osservando i vinili jazz che aveva ricevuto, c’era un po’ di tutto: dalle Big Bands di Duke Ellington e Benny Goodman a Charlie Parker, Thelonius Monk, Miles David, John Coltrane, qualche brasiliano della bossa nova e persino Ginger Baker. Sollevò gli occhi con un’espressione mortificata e mormorò:

“Sono tutti per me? Io non ti ho ancora preso nulla. Scusami.”
“So che ti piace il jazz, ma non sapevo quale fosse il tuo preferito così ho fatto una selezione.”

Roger sorrideva compiaciuto: questa cosa di fare il Babbo Natale della situazione non era così male dopotutto! Nel frattempo, approfittando della confusione, David era scivolato fuori dalla stanza ed era tornato un quarto d’ora più tardi dopo aver fatto gli occhi dolci alle segretarie per procurarsi tutto quello che gli serviva. Bussò sulla spalla di Roger e con aria furbetta gli porse un cartoncino. Roger sollevò le sopracciglia:

“Cosa sarebbe?”
“Il mio regalo per te.”

Con aria di sufficienza Roger voltò il cartoncino convinto di trovarci qualche frase di circostanza invece lesse:



Da: David Gilmour

A: Roger Waters



BUONO PER UNA SESSIONE DI LAVORO SENZA DISCUSSIONI.



Nick che aveva letto da sopra la spalla del compagno scoppiò a ridere:

“Questo si che è un regalo inestimabile!”



Angolo Autrice:

Roger che fa il Babbo Natale è abbastanza inusuale, in effetti! E questo è il regalo di David: non si può dire che non si sia impegnato…gli ha anche fatto i disegnini!






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Capitolo 5
*** Qualcosa per cui vale la pena ***


Disclaimer: ovviamente non possiedo nessuno dei Pink Floyd (sob). Questo è un lavoro di finzione e nulla di quanto raccontato è realmente accaduto. Nessuna diffamazione o calunnia è intesa. I personaggi sono la mia rappresentazione di fantasia delle persone reali, ma non c’è nessuna pretesa di verità dei dati biografici o storici.


Titolo: Qualcosa per cui vale la pena
Fandom: Pink Floyd
Rating: G
Personaggi: David Gilmour, Roger Waters, Nick Mason, Rick Wright, Judy Trim Waters
Note: Questa storia partecipa all’iniziativa EASTER ADVENT CALENDAR 2023 / OH, ALL THE SHOTS YOU’LL GET! @Hurt/Comfort Italia col prompt 29. "Ha anche dei difetti" + Atletico, Ahia!
Warning: H/C
Sinossi: Roger non ha mai avuto paura di impegnarsi in prima persona per le proprie cause, soprattutto per salvare qualcuno che ama anche a costo della propria salute.




Qualcosa per cui vale la pena




Roger sedeva su una sedia a sdraia nel giardino della villetta a Islington, il sole era abbastanza tiepido da riscaldarlo anche all'ombra, ma il suo viso prometteva tempesta. Aveva la gamba sinistra sollevata e appoggiata su un'altra sedia davanti a lui, la caviglia fasciata da una benda gessata che la teneva ferma e scriveva forsennato sul suo quaderno.

"È ora della medicazione."

La voce di Judy lo distrasse, ma non mise via il quaderno. L'ombra della donna coprì la pagina coperta da una fitta scrittura aguzza.

"Mi hai sentito?"
"Mi fai ombra."

Judy scosse la testa e strinse le labbra. Sfilò il quaderno dalle mani del marito che emise un piccolo gemito di disappunto.

"Dai, non ti farà male, lo prometto."
"Non è per quello, lo sai: è che ho un sacco di cose da fare, ma con questa gamba conciata così…" "Certo, certo - annuì lei con un sorriso mentre apriva la boccetta di tintura di iodio - e comunque te lo saresti potuto evitare se non avessi voluto compiere il grande gesto atletico!"
"Ahia! Ho dovuto, non potevo certo lasciarla lassù."
"Certo che no, ma ti avevo detto di aspettare l'arrivo dei pompieri."
"Tzk… Uh, fai piano per favore, tesoro."

Judy sorrise sebbene qualche giorno prima si fosse presa un accidente nel vedere Roger a terra che si lamentava, le lunghe gambe disposte in modo innaturale sull'erba del giardino. Subito si era precipitata da lui:

"Oh, ti avevo detto di aspettare, stupido zuccone! Fà vedere."
"Cazzo, cazzo, fa male! Almeno lei è in salvo, povera piccola."

Roger aveva una brutta escoriazione al braccio sinistro dal gomito al polso e una caviglia iniziava già a gonfiarsi.

"Ti porto in ospedale, ce la fai a muoverti?"
"Non ce n'è bisogno…ah…!"

Quando aveva provato a muoversi Roger aveva sentito una staffilata di dolore propagarsi dalla caviglia lungo tutta la gamba. Serrò le labbra con le lacrime agli occhi. Judy era rientrata in casa ed era tornata portando con sé alcune cose per il primo soccorso. Armeggiò con la caviglia, in mancanza di altro aveva appoggiato una grossa busta di piselli surgelati avvolta da un asciugamano sulla parte dolorante e intimò al marito di tenerla ferma. Poi si era dedicata al braccio: imbevette una garza di cotone nel disinfettante e con delicatezza accarezzò la parte escoriata per pulirla e disinfettarla. Roger si masticava il labbro inferiore e piagnucolava debolmente.

"Sei brava in questo."
"Sono una maestra: non hai idea di quante volte mi sia toccato rimettere insieme i bambini."

Ora Judy sorrise nel ricordare mentre passava il betadine sulla pelle escoriata del marito. D'altra parte avrebbe dovuto immaginarlo che lui impaziente com'era avrebbe agito di testa sua, soprattutto se pensava che qualcuno a lui caro fosse in pericolo. Così era salito su quell'albero ed era scivolato malamente col risultato che si era fratturato la caviglia. Prognosi: da quattro a sei settimane di fermo più la riabilitazione. Judy si chiese se la sua pazienza sarebbe durata altrettanto. Roger guardava il suo volto concentrato, i capelli biondi trattenuti da un foulard, le sue dita delicate che accarezzavano il braccio provocandogli brividi e piccole scosse di dolore.

"Perché non ti metti comoda qui?"

La provocò sollevando un poco il bacino. Lei ridacchiò e si chinò a posargli un bacio sulla fronte. Roger si mosse a baciarle la mandibola, le trattenne la testa con le lunghe dita e catturò le sue labbra. Judy si appoggiò ai braccioli della sdraia per tenersi in equilibrio, la mano di Roger scivolò lungo il fianco mentre il bacio si faceva più focoso. Inavvertitamente lui mosse la caviglia ferita e guaì un lamento. Judy si staccò con una risatina:

"Basta così. Fra poco arrivano i tuoi amici."
"Quali amici? Io non ho amici."

Roger rispose imbronciato e continuò:

"Dai, vieni qui: non ho finito con te!"
"Dopo."

Judy gli fece l'occhiolino e rientrò in casa sorridendo tra sé nel sentire il sonoro sbuffo del marito. Poco dopo tornò in giardino accompagnata da Rick, David e Nick che subito si misero comodi tra le battute: Rick rollò una canna, David si tolse le scarpe rimanendo scalzo come al solito e sedette sull'erba, Nick si appollaiò su una delle altre sedie che si erano trascinati dietro. Si informarono della sua salute e lo aggiornarono sui progressi del lavoro. Judy aveva portato delle bottiglie ghiacciate per tutti:

"Ecco ragazzi, le vostre birre. E questo è per te."

Porgendo a Roger un bicchiere di liquido arancione e una pillola.

"Che diavolo sarebbe?"
"Succo d'arancia. Lo sai cosa ha detto il medico: vitamine, sole e riposo. E poi gli antidolorifici non vanno d'accordo con l'alcol."

Roger sbuffò contrariato un sonoro che palle tra le risatine degli altri.

"Allora, come si sta comportando il nostro Roggah?"

Chiese David dopo un sorso di birra.

"È il paziente meno paziente che conosca! È irritabile, insofferente, noioso ed esasperante!"

Sbottò Judy in tono scherzoso. Nick ridacchiò e aggiunse:

"Però ha anche dei difetti!"

Facendo scoppiare tutti a ridere, anche Roger suo malgrado.

"Ma, insomma, come è successo?"

Rick passò la canna a David, ma il bassista la intercettò e prese una boccata nonostante lo sguardo accigliato di Judy.

"Cosa? È per il dolore: la cannabis ha proprietà terapeutiche. Dovresti saperlo."

Le spiegò con il suo tono più saccente.

"Lo vedete come fa? Ci rinuncio!"

In quel momento un siamese zampettò fuori da un cespuglio e trotterellò verso il gruppetto. Con il musino all'insù annusò l'aria inusualmente fragrante ed emise un debole miagolio inquisitorio. Rick si chinò subito a fargli annusare le dita e il siamese si strusciò sulle sue gambe.

"Hey Chloe, vieni qui, tu!"

Roger battè sulla coscia per richiamare l'attenzione della gattina che fremette la coda nel sentire la sua voce. Lui se la prese in grembo e iniziò a farle i grattini sotto al mento mentre quella faceva le fusa e gli dava leggere testatine alle dita.

"Questa stupidina qui era rimasta incastrata su uno degli alberi e Roger nel tentativo di salvarla è caduto giù."

Spiegò Judy accarezzando i capelli di Roger e posandogli un bacio leggero sulla tempia. Roger sogghignò e si chinò verso il musino della gatta continuando a carezzarle la gola:

"Però ne valeva la pena, vero prumiao?"

Mormorò con un inusuale tono dolce. La siamese socchiuse gli occhi nel suo sorriso da gatto e si acciambellò meglio sul grembo di Roger.



Angolo Autrice

E niente… Ogni scusa è buona per scrivere di Pink Floyd e gatti! XD

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Capitolo 6
*** Un gioco pericoloso nsfw ***


Titolo: Un gioco pericoloso
Fandom: Pink Floyd
Rating: M
Relazione: David Gilmour/OC
Note: Questa storia partecipa all’iniziativa LOVE AND DO WHAT YOU WANT? -SFIDA DI GIUGNO@ Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom col prompt 17. Nudo integrale
La figura della protagonista potrebbe o non potrebbe essere modellata su quella di Jill Furmanovsky, famosa fotografa rock inglese che ha effettuato anche parecchi servizi fotografici ai Pink Floyd.
Warning: smut, consensual sex, worship body, aftercare, smutty david, 1970 era pink floyd
Sinossi: Fagli un servizio fotografico, le avevano detto. Sarà divertente, le avevano detto. Spoiler: lo è stato.




Un gioco pericoloso




La sessione fotografica era appena finita e i ragazzi floyd si stavano preparando per andare via prendendosi in giro e lanciandosi cose e battutine. Era stato divertente, con Jill che pretendeva di farli comportare come modelli professionisti e loro che avevano fatto di tutto per rovinare le foto, a quanto sembrava. Ma anche lei non aveva potuto evitare di tanto in tanto di esplodere in risatine dietro la macchina fotografica, mentre Storm scuoteva la testa rassegnato. Ora erano quasi tutti in procinto di andarsene mentre lei sistemava la sua roba.

“Hai bisogno di una mano?”

Ah, sempre il cavaliere David, pensò Jill con un sussulto nel cuore. Aveva una piccola cotta per il chitarrista, naturalmente, come tutti e non riuscì a nascondere un sorriso.

“Grazie, ma stavo pensando di fare ancora qualche scatto a questo posto.”

Storm aveva fatto affittare per loro quel bel cottage edoardiano ed era un peccato non poterlo sfruttare fino in fondo, con i suoi arredi autentici e le vetrate istoriate che rendevano iridescenti gli interni. Jill sollevò gli occhi e notò che David era di profilo alla finestra, i capelli lunghi gli coprivano parzialmente il volto, le labbra appena in fuori, areolato da una soffice luce dorata che lo rendeva simile a un dipinto rinascimentale.

“Sai, ho cambiato idea. In effetti, potresti darmi una mano.”
“Ok, cosa devo fare?”
“Resta fermo così, con quella luce sembri un soggetto preraffaellita.”
“Un cosa?”
“La Confraternita dei Preraffaelliti, sai? Il movimento art and craft, John Everett Millais, Dante Gabriel Rossetti?”

Gli occhi di David erano vacui nonostante i denti scoperti in un sorriso.

“Oh, andiamo…ci sei andato a scuola?”

Il sorriso di David si allargò:

“Avevo altri interessi.”

Jill scosse la testa e tese le labbra, ma lui era così carino che era impossibile non perdonarlo:

“Certo. Va bene, ora mettiti così…”
“Uff, non pensavo di dover mettermi in posa…ancora!”

Ma lei non lo stava più ascoltando intenta a cercare la luce migliore che rendesse i suoi capelli ancora più dorati e gli occhi più brillanti.

“Mmm, non funziona. Va bene, mettiti su quel divano e togliti le scarpe.”

Mansueto David obbedì e si adagiò sul sofà antico, in una posizione metà sdraiato e metà seduto, ancora impacciato.

“Dai, rilassati un pochino.”

Jill gli girava intorno, continuando a scattare. David sbuffò e si stravaccò di più sul divano.

“Molto meglio. Ma c’è ancora qualcosa che… se la luce ti colpisce da lì potresti sembrare un cavaliere medievale … ma con quei vestiti moderni non funziona.”
“Quindi?”
“Toglili?”

Jill era scivolata in modalità professionale e non si era resa conto del tutto della portata della richiesta, ma David che era arrossito furiosamente, scosse la testa.

“Cosa?”
“Oh, non lamentarti. Mi hanno detto che hai già fatto il modello di lavoro.”
“Non era per lavoro: era solo per racimolare qualche centone. E di sicuro ero vestito!”
“E tutti quei concerti in cui eri mezzo nudo?”
“Era diverso.”

Bofonchiò David. Jill sogghignò divertendosi a sfidarlo:

“Non ti vergognerai mica? Va bene, forse potrei chiedere a Roger, credo che sia ancora qui intorno…”
“Va bene, lo faccio. Lo faccio. Però… puoi voltarti mentre mi spoglio?”

Jill era esilarata, ma accettò e si girò di schiena. David non si era reso conto che erano di fronte a un enorme specchio e che la fotografa poteva osservare a tutto agio il suo riflesso mentre si abbassava i jeans e toglieva la maglietta. Jill si morse le labbra, il suo cuore batteva forsennato: c’era qualcosa di così estremamente sensuale nel vedere David spogliarsi, come si slacciava la cintura, il rumore metallico della fibbia che colpiva il pavimento mentre lui si abbassava i pantaloni e li scalciava via, nel modo in cui i muscoli delle braccia e del torso si flettevano nello sfilarsi la maglietta. Si ripromise di essere estremamente fredda e professionale e un po’ si pentì di aver fatto quella proposta. Ad ogni modo ormai erano arrivati a quel punto e non potevano tirarsi indietro.

“Che devo fare?”

David in mutande era dritto in piedi con un’espressione infelice sul bel viso. La verità era che Jill gli piaceva sul serio da un sacco di tempo anche se era troppo timido per agire apertamente, ma la trovava adorabile e davvero molto, molto attraente e amava trascorrere il tempo con lei, forse aveva addirittura una piccola cotta. Per questo era stato lusingato che lei volesse utilizzarlo ancora come modello, era un'altro modo per trascorrere del tempo da solo con lei, ma non aveva immaginato che le cose sarebbero arrivate a quel punto. Sperava solo che il suo corpo non lo tradisse o non avrebbe avuto il coraggio di guardarla in faccia per tipo… sempre. Jill si mordicchiò il labbro inferiore concentrata e gli indicò il divano. Questa volta lui si distese più composto, una gamba sollevata, un braccio mollemente abbandonato, le dita che sfioravano il tappeto impolverato, la luce dorata radente il busto cesellato.

“Guardami. Si, così. Fammi un piccolo sorriso…Mmmm tipo Gioconda, hai presente, si? Bravissimo, perfetto così!”

Jill scattò ancora, per un po’ il rumore dell’otturatore e il cinguettio degli uccelli furono gli unici suoni che echeggiarono nella stanza. Jrill ogni tanto faceva cambiare David di posizione, si allontanava o avvicinava secondo necessità, concentrata sul suo lavoro. La sua sensibilità d’artista la induceva a pensare che David fosse davvero un fine pezzo d’arte, estremamente soddisfacente da fotografare, le dita flessuose, i piedi modellati, le gambe magre ma tornite, quelle vene in rilievo sulle braccia. Jill si sentiva accaldata e si tirò su i capelli fermandoli in una crocchia disordinata. C'era ancora qualcosa che la disturbava, decise. Fece cenno a David di rimanere dov'era e andò in esplorazione in cerca di qualcosa. Lui fu grato per quella pausa, sebbene di solito non fosse molto disposto a farsi fotografare quella sessione iniziava a divertirlo. Gli piaceva anche perché poteva osservare apertamente la ragazza, il vestito che indossava quel giorno aderiva in modo squisito alle sue curve e mentre lei aveva il volto nascosto dalla macchina fotografica lui poteva permettersi di lanciarle lunghe occhiate impudiche. Gli piaceva anche la sua voce morbida che lo lodava e che gli stava facendo cose interessanti nelle regioni basse: quella pausa era perfetta prima che la situazione precipitasse in qualcosa d’irreparabile. Jill tornò poco dopo con un lenzuolo bianco trovato chissà dove. Anche lei aveva approfittato di quella pausa per darsi una calmata. Chiese a David di sedersi sul tavolo addossato al muro e gli adagiò in modo plastico la stoffa in modo che l'inguine fosse opportunamente coperto e le mutande nascoste. Diede un'occhiata all'inquadratura e annuì soddisfatta: era davvero stupendo, con un’espressione annoiata sul viso, le labbra arcuate e gli occhi sonnolenti appoggiato al muro, la carta da parati fiorata colpita da ghirigori di luce dava all’inquadratura qualcosa di fiabesco. Stava per scattare quando David tremò in uno starnuto.

"Smettila di rovinarmi l'inquadratura!"
"È pieno di polvere questo accidente di coso. E mi si stanno gelando le chiappe."

Sbuffò lui mentre si grattava il naso e tornava in posa. Lei non gli rispose continuando a scattare e dandogli indicazioni:

"Dai, ancora qualcuna prima che finisca la luce."

Giocarono un po' con le pose, in ginocchio a terra, seduto dandole la schiena e alcuni oggetti che Jill si era portata dietro per il servizio: una melagrana, delle pietre di vetro colorato, un mazzo di carte da tarocchi, una vistosa collana a plastron dorata che lo faceva sembrare una sorta di antico re pagano. Fecero solo una piccola pausa, giusto il tempo di fumare una sigaretta e Jill trovò seducente il modo in cui David fece scattare l’accendino e avvicinava il volto alla fiamma e i ghirigori di fumo sul suo volto gli davano un aspetto interessante. Sollevò la macchina per fare un altro paio di foto. David esalò il fumo con espressione annoiata:

"Per quanto ne abbiamo ancora?"
"Fintanto che continui ad essere così delizioso."

Mormorò Jill.

"Cosa?"
"Cosa?"

Gli fece eco lei sporgendo il viso sorridente da dietro la macchina fotografica. David si tirò il labbro inferiore tra i denti e azzardò spavaldo:

"Comunque non è giusto: io qui in mutande e tu tutta vestita."
"Perché sono una professionista. Ora silenzio: sdraiati così e chiudi gli occhi."

David le fece una linguaccia e obbedì. La luce andava via via sfumando in un morbido indaco, Jill si avvicinò più che poteva per catturare l'intensità sui lineamenti di David. Lui aprì gli occhi e se la ritrovò praticamente a cavalcioni in grembo. La guardò dal basso in alto con gli occhi che brillavano di malizia e sorrise:

"Una professionista, eh?"

Lei abbassò la macchina fotografica, non si era resa conto di quanto fosse diventata compromettente la sua posizione, si mordicchiò il labbro inferiore.

"Scusa, io…"

Fece per alzarsi, ma David la bloccò con una presa salda sulle cosce. Il viso era serio mentre diceva:

"Vuoi rendere le cose davvero interessanti? Pareggiamo un po’ la situazione: togliti il vestito."

Jill deglutì e scese con lentezza dal grembo di David. Lui si era sollevato a sedere a gambe larghe dondolando le ginocchia con un'espressione sfacciata in viso, in attesa. Jill annuì, consapevole che il gioco si era reso più pericoloso e non sarebbero potuti tornare indietro. Sentiva il calore del desiderio risalire dal grembo in lente spirali, il sangue battere all'interno dei polsi. Decise di alzare la posta:

"Va bene. Ma tu toglierai tutto. Nudo integrale."
"Stai scherzando?"

David aveva il volto arrossato per l'imbarazzo. Jill tornò dietro la macchina fotografica cercando di catturare l'espressione comicamente impacciata di lui e di darsi un tono:

"Oh, andiamo: ne ho visti un sacco alla scuola d'arte…ma se non vuoi…"
"Va bene. VA. BENE! Tu intanto leva quello però."

David si contorse sotto il lenzuolo e con un sorrisetto lasciò penzolare le mutande prima di gettarle a terra.

"Ecco fatto. Nudo integrale. Tocca a te."

Jill esplose in una risatina nervosa, provava anche lei disagio all'idea di spogliarsi. Aveva sperato che David non vedesse il suo bluff, ma le si era ritorto contro. Lui intanto era tornato a stravaccarsi sul divano, un sorrisetto malvagio stampato sul volto ancora un po' arrossato. Jill si strinse nelle spalle e appoggiò la macchina fotografica su un tavolino. Si tirò su il vestito per poi sfilarselo dalla testa e lanciarlo su una sedia. Rimasta in intimo nero si voltò verso David che la guardava con occhi sbarrati, le sue labbra si curvarono lentamente in un sorriso e si lasciò scappare un leggero fischio di apprezzamento: chi l'avrebbe detto che sotto tutto quell'atteggiamento professionale e composto della ragazza si nascondessero tutte quelle curve cremose e incantevoli!

"Ok, cosa devo fare ora, miss fotografa?"

Jill stava settando l'obbiettivo impacciata e non lo guardò mentre diceva:

"Sdraiati sulla pancia, lascia scivolare un pochino il lenzuolo. Non tutto, ecco: così."

Sdraiato prono, David aveva appoggiato il viso all'avambraccio, le lunghe gambe distese mollemente con le dita dei piedi dolcemente arcuate, il lenzuolo che lasciava scoperta solo una piccola parte delle curve dei suoi glutei bianchi. Aveva fissato lo sguardo sull'obiettivo e a Jill sembrò che le stesse guardando direttamente l'anima. Sentì il calore imporporarle le gote e il cuore galoppare contro le costole. Un refolo di aria tiepida le colpì le spalle facendola rabbrividire e sospinse gentilmente il lenzuolo sul corpo di David: era una posa stupenda e Jill si affrettò a fermarla sulla pellicola. C'erano dei fiori in vaso che le ricordarono uno dei dipinti di Watherouse così ne prese un paio e iniziarono a giocare con quelli in varie posizioni, David sempre attento a non scoprire troppo. A Jill faceva impazzire: lui sembrava limitarsi a starsene lì senza nemmeno sforzarsi, con i petali tra i capelli, stupendo. Si era rigirato sulla schiena e si era rimesso seduto, adagiato sui cuscini, una gamba piegata, il piede appoggiato al bordo del sofà, il lenzuolo poggiato mollemente sull'altra coscia, con solo un minuscolo lembo che copriva le sue grazie. Spaccò la melagrana in due e lasciò che il succo colasse lungo il suo torace, Jill sussultò alla vista. Con un dito le fece cenno di avvicinarsi e lei ringraziò la macchina fotografica che le copriva il volto imporporato. Si mise a cavalcioni su di lui che affondava sensualmente i denti nella polpa del frutto, qualche seme gli cadde sul mento e sul petto. Jill avvicinò l’obbiettivo al suo viso, scivolando un po’ lungo le sue cosce.

“Ora basta.”

Mormorò David con voce roca sfilandole la macchina dalle mani e appoggiandola sul cuscino accanto.

“Ma…oh…”
“Già, cosa pensavi, ti stai praticamente strofinando contro il mio… uh, cazzo.”

Jill era ammutolita, non si era resa conto dei suoi piccoli movimenti contro il grembo di David, ma non riusciva a smettere di roteare il bacino. David si sporse verso di lei e le prese la nuca attirandola verso le sue labbra.

“Vediamo se…”

Ora che era tornato a un terreno a lui più congeniale si sentivasentiva più sicuro delle sue capacità. Mordicchiò il labbro inferiore della ragazza sorridendo quando la sentì gemere e infilò la lingua nella bocca esplorandola con lentezza. Con le mani le accarezzava la schiena e le cosce mentre Jill si stringeva con voluttà al suo petto. Con un gesto si sganciò il reggiseno e David ne approfittò per lasciare una scia di baci dalla mandibola al seno pieno, chiudendo le labbra intorno a uno dei duri capezzoli rosa scuro. Lei aveva affondato le mani tra le sue folte ciocche.

“Oh, Dave. Che bello, continua.”
“Sei così bella, tesoro.”

Si spinse spudorato a farle sentire quanto fosse duro per lei e gongolò quando si accorse che le mutandine di lei erano fradicie.

“Oh, ti ho fatto rovinare queste belle mutandine. Le togliamo, che dici?”

Le mormorò sfacciato spingendo di lato il tessuto umido e massaggiando il bocciolo tremante e gonfio della ragazza sopra di lui. Jill sussultò al contatto e chiuse gli occhi avvinta dalle sensazioni di desiderio che sentiva sopraffarla sempre di più. David la fece distendere sul tappeto, aiutandola a togliere le mutandine e con delicatezza le baciò ancora il seno, le spalle, la gola. Si posizionò sopra di lei e le allargò le cosce. Jill gli allontanò la testa dal proprio collo cercando di fermarlo:

"Aspetta, David. Aspetta: io ti piaccio? "
"Tesoro, sto letteralmente per immergermi fino alle palle dentro di te, hai ancora dubbi? Certo che mi piaci."
"Da quanto? "
"Mpfh, da sempre? Ma sei sicura di voler continuare? Perché da qui non si torna indietro. "
"Dai… "
“Bene…allora.”

David allineò i bacini e con un piccolo grugnito si spinse in lei. Jill ansimò sentendo il calore della sua durezza riempirla, allacciò le braccia intorno al dorso bollente e lui annidò la testa contro il suo collo iniziando a muoversi. Di tanto in tanto le accarezzava il viso e il seno, le lasciava baci e piccoli morsi e lei gli premette i talloni contro i glutei spronandolo a spingere di più. I loro capelli si mescolarono insieme frusciando disordinati, nella stanza ora in penombra si sentivano solo i loro gemiti e grugniti delicati.

“Ci sei vicina, tesoro? Ti sento stringere…mmmmh si…”
“Zitto, zitto…Muoviti, di più. Ah!”

Le spinte di David si fecero più veloci e disordinate mentre lei cavalcava il suo orgasmo.

“Io non…, sto per…cazzo…sto per…”

David rovesciò tutta la sua essenza con un gemito prolungato e rimase a respirare pesante contro di lei annusando la pelle madida. Lei trascinò il piede ad accarezzargli il polpaccio, canticchiando felice. David sorrise contro la sua clavicola e la baciò sulla spalla. Si rotolò da sopra di lei e le accarezzò il viso. Respiravano ancora con affanno.

“Stai bene?”
“Si. Tu?”
“Mai stato meglio. Posso baciarti ancora?”
“Me lo stai davvero chiedendo?”

Si scambiarono ancora qualche dolce coccola ridacchiando. David si strofinò la pancia, affamato.

“Non mi aspettavo che le cose andassero così.”
“Sei pentito?”
“Mai. Solo, mi stavo chiedendo: posso portarti fuori a cena? Sai, come un… mmh, vero appuntamento.”

Jill gli premette con delicatezza la mano contro una guancia e si sporse a baciargli le labbra.

“Si, mi piacerebbe uscire con te.”
“Fantastico! Dai, mettiamoci i vestiti. Dove vuoi andare?”

David si sollevò in piedi e aiutò la ragazza a rialzarsi, le baciò una mano con tenerezza e le fece l’occhiolino.

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Capitolo 7
*** La rivincita di David ***


Titolo: La rivincita di David
Fandom: RPF BAND Pink Floyd
Rating: G
Relazione: /
Note: Questa storia partecipa l’iniziativa #SPRING BINGO @Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom FB col prompt: "Stai facendo quella cosa."
"Cosa?"
"Quei begli occhi da cucciolo che fai quando vuoi qualcosa."
Warning: silly floyd, friendship fluff
Sinossi: I ragazzi stanno provando a Pompei, David ha sete.


Questa storia è candidata agli Oscar della Penna 2024 indetti sul forum Ferisce la penna



La rivincita di David




Faceva caldo a Pompei il sole batteva implacabile sulla terra battuta dell'anfiteatro e sulle loro teste mentre i ragazzi si esercitavano con i propri strumenti. David aveva una sete terribile così cercò la bottiglia di Coca Cola, ma era vuota: Roger se l'era finita tutta con un'espressione compiaciuta proprio di fronte a lui. Rick aveva due piccole lemonsoda ghiacciate, ma non volle dargliene nemmeno un piccolo sorso:

"Sono per James e Gala."

Disse in tono di scusa consegnandole ai due bambini. Poco distante Nick era intento ad addentare una succosa fetta di anguria.

"Amico, facciamo a metà?"
"Veramente questo sarebbe il mio pranzo."
"Almeno un morsetto piccolino? Ti preeeego, sto morendo di sete!"
"Stai facendo quella cosa."
"Cosa?"
"Quei begli occhi da cucciolo che fai quando vuoi qualcosa."
"E funziona? "

Chiese David speranzoso sollevando le sopracciglia. Nick arricciò le labbra in un sorriso e rispose:

"No."

L'espressione di David si trasformò in un broncio sconsolato. Una delle assistenti di produzione, una ragazza molto carina su cui tutti i ragazzi Floyd avevano messo gli occhi (e alcuni speravano di poter mettere anche qualcosa di più), stava osservando la scena e quasi si sciolse di tenerezza: aww, era così carino! Si avvicinò a David dondolando una chiave:

"Se vieni con me, nel camper ho un intero frigorifero pieno di bibite ghiacciate!"

Le labbra piene di David si incurvarono in un ampio sorriso:

"Certo. Grazie, bella!"

La ragazza lo prese per mano e David si girò con occhi maliziosi, ridendo delle espressioni contrariate dei tre compagni di band.

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Capitolo 8
*** Sangue e Fornelli ***


Titolo: Sangue e Fornelli
Fandom: RPF BAND Pink Floyd
Rating: G
Relazione: /
Note: Questa storia partecipa l’iniziativa #aSummerofSecrets @ Hurt/Comfort Italia - Fanart and Fanfictioncon il prompt: “X si taglia facendo un lavoro a casa (cucina, bricolage...), ma Y, invece di prestargli soccorso, si sente male alla vista del sangue”
Warning: silly floyd, friendship fluff, h/c, slice of life, 1970s era Pink Floyd
Sinossi: Non c’è mai un attimo di pace per i ragazzi Floyd, soprattutto quando Roger ha una delle sue idee brillanti in cucina!




Sangue e Fornelli




Se c’era una cosa a cui Roger teneva in modo particolare era la perfezione, per questo si trovava nella cucina di casa Mason paludato di un ridicolo grembiule a pois bianchi e rosa (proprietà di una qualche passata fidanzata del batterista) intento a studiare un libro di ricette spagnole. Era determinato a infondere una ventata di essenza spagnola nelle loro vite, ispirato dalla necessità di dover scrivere la colonna sonora di un film ambientato a Ibiza. Nonostante tutti i loro sforzi, Roger sentiva che i ragazzi non erano ancora immersi nell'atmosfera giusta. Proprio per questo gli era venuta in mente l'idea di preparare un piatto tipico della cucina iberica. Naturalmente avrebbe potuto ordinare qualcosa da un cuoco professionista o farselo consegnare a domicilio, ma Roger era un fervente sostenitore del fare ed era certo che la memoria muscolare acquisita nel preparare quella pietanza avrebbe dato anche a lui la giusta ispirazione. Sbirciò il libro, esaminando la ricetta della paella con grande concentrazione. La lista degli ingredienti sembrava una combinazione di nomi esotici e spezie inusuali, ma Roger non si lasciò intimidire. Con uno sguardo determinato, aprì il frigorifero e iniziò a estrarre ciò che poteva trovare. Tuttavia, si rese rapidamente conto che gli ingredienti spagnoli autentici non erano così facili da reperire nel cuore dell'Inghilterra.

"Dannazione!"

Borbottò tra sé mentre scrutava gli scaffali vuoti. Non poteva rinunciare ora. Mentre contemplava le opzioni, ebbe un'idea: avrebbe sostituito gli ingredienti mancanti con ciò che aveva a disposizione, creando una sorta di paella internazionale.

"Questo potrebbe funzionare."

Mormorò con un sorriso compiaciuto. Nick si affacciò alla porta e chiese:

“Allora, adesso vuoi dirmi a che ti serve la mia cucina?”

Roger si voltò nella sua direzione puntandogli un cucchiaio di legno:

“Non farla tanto lunga, hai la cucina più grande tra noi e non mi sembra tu ti lamenti tanto quando Alan viene a farci colazione.”

Nick fece spallucce ed entrò seguito da Rick con una sigaretta che gli fumava tra le labbra. Roger scosse la testa:

“No, no, no: niente cicche mentre cucino!”
“Uh, è diventato uno chef ora.”

Biascicò Rick sollevando gli occhi al cielo, ma lasciando cadere la sigaretta nel primo bicchiere a portata di mano riempito d’acqua.

“E David dov’è?”
“Ha detto che non vuole avere niente a che fare con questo.”

Spiegò Nick aiutando Roger a tirare fuori dal frigo i vari ingredienti. Rick con un dito seguiva le indicazioni della ricetta.

“Sei sicuro che vuoi preparare proprio la paella? Mi sembra una cosa così complicata.”

Ma Roger non rispose, impegnato a cercare le spezie nello stipo: non che Nick fosse così fornito riflesse, ma si sarebbe fatto venire un’idea. Quando fu tutto ammonticchiato sul bancone Roger iniziò a darsi da fare a lavare le verdure e a mettere su il riso.

“Qui dice che ci vuole lo zafferano.”
“Non mi sembra di averlo visto nella tua dispensa, useremo questa: tanto è gialla lo stesso.”

Roger agitò il vasetto di curcuma. Rick sporse le labbra incerto e continuò a leggere:

“Qui dice anche pollo, fagioli bianchi, maiale, peperoni, piselli, taccole: cosa sarebbero?”
“Non ne ho idea.”

Rispose allegramente Roger iniziando a svuotare i vasetti di fagioli scuri e piselli nel riso mentre Nick sostituì Rick nel leggere gli ingredienti:

“Poi servono pomodoro, aragosta? Cozze, vongole, gamberetti, chorizo? E coniglio. Mi dispiace deluderti amico, ma non ce l’abbiamo tutta questa roba, a parte i pomodori.”

Ma Roger ormai era partito in quarta e non si sarebbe fatto smontare tanto facilmente. Brandendo un coltello sovradimensionato disse:

“Vabbè, faremo senza!”
“Ma Roger, non è che stai un po' esagerando con le modifiche agli ingredienti?"

Commentò Rick, sollevando un sopracciglio nel vedere Roger brandire una salsiccia dimenticata in freezer forse dal Natale precedente, Nick rabbrividì a quel pensiero, ma il compagno stava già rispondendo:

“Uffa! Questa è la nostra versione: sarà una paella…psichedelica, ecco!”

I suoi compagni preferirono non controbattere, sapevano che quando Roger si metteva in testa qualcosa era impossibile fargli cambiare idea e David ne sapeva qualcosa, per questo si era ben guardato dal partecipare a quell’impresa e ora Rick capiva il perchè. Ad ogni modo Roger, che aveva piazzato un peperone rosso in bilico sul lavandino e si apprestava ad affettarlo, era troppo preso dalle sue chiacchiere saccenti sulla cucina psichedelica per fare attenzione a quello che stava facendo, così il coltellaccio che stava usando scivolò sulla lucida superficie umida e lo tagliò malamente. Roger esplose in un ululato sguaiato, mentre saltellava tenendosi il dito ferito e sparando sangue su tutto il piano di lavoro.

“Aaah, cazzo, fa male! Aiutatemi, qualcuno faccia qualcosa…ah!”

A quella vista il volto di Nick divenne cinereo e il batterista iniziò a tremare:

“E’ sangue quello? Io credo che sto per svenire…”
“Oh, per carità! Vieni, mettiti un momento seduto qui, vieni.”

Rick sorresse Nick fino alla sedia più vicina dove il batterista si lasciò cadere tra i conati. Rick gli porse un sacchetto di carta e gli sostenne la testa per aiutarlo a contare i respiri.

“Avanti, avanti, amico: uno, due, tre. Soffia. Bravissimo, così. Continua a respirare e contare mentre vado un attimo a prendere una cosa.”

Rick bagnò una pezza sotto l’acqua fredda e la pose sulla fronte di Nick, che nel frattempo si era accasciato ad occhi chiusi sullo schienale e stringeva spasmodicamente il sacchetto di carta in una mano. Nel frattempo Roger continuava a lamentarsi, il sangue non accennava a diminuire il suo flusso e il lavandino era ormai chiazzato di rivoli rossi, Roger si teneva al bordo in procinto di svenire anche lui:

“Scusate? Mi fa un cazzo di cazzo di male! Qualcuno di voi bastardi vuole aiutarmi prima che muoia dissanguato?”

In quel momento David con viso torvo si affacciò alla porta osservando quel caos con un misto di esasperazione e sospetto ed esclamò:

“Ma insomma, cos’è questo casino? Sto cercando di concentrarmi per comporre un pezzo!”

Quando comprese cosa stava accadendo un piccolo sorriso strisciò lungo il suo viso: era preoccupato per Nick, ma aveva notato che Richard si stava già occupando egregiamente di lui. Roger d’altra parte sembrava davvero in difficoltà e per una volta il suo atteggiamento presuntuoso sembrava averlo abbandonato, continuava a gemere forte ricoprendo il lavandino di sangue.

“Guarda, guarda: ti sei cacciato davvero in un brutto pasticcio, eh Rog?"

Chiese David, sfoggiando un sorriso malizioso. Roger fece una smorfia ancora più esagerata e agitò il dito sanguinante in segno di sfida.

"Oh, fai il simpatico quanto vuoi, cazzone, ma questo fa male!"

David uscì dalla cucina in modo teatrale, lasciando nella disperazione Roger che in preda al dolore e alla frustrazione fu costretto ad implorare di aiutarlo. David sembrava non averlo sentito, ma tornò poco dopo con un kit di pronto soccorso. Roger ansimava affannosamente mentre il dito pulsava e continuava a gocciolare sul lavello una volta bianco. La ferita non sembrava così profonda, ma aveva prodotto un’esagerata quantità di sangue rosso vivo: il taglio correva perpendicolare all’indice, un lungo solco scarlatto che aveva trasformato il suo esperimento culinario in un disastro di proporzioni epiche. Roger si teneva il dito con una smorfia di dolore che gli increspava le sopracciglia e gli faceva digrignare i denti. Con passo lento e rassicurante, David gli si avvicinò, la mano tesa come per calmarlo, gli sollevò l’arto ferito e studiò il taglio da vicino, quasi come se stesse valutando un capolavoro d'arte:

"Non preoccuparti, Rog. Sembra peggio di quanto sia realmente."

Affermò dopo un pò, raddrizzadosi. Si avvicinò al lavello con calma, in preda a un senso di divertita compassione e preso un panno pulito lo inumidì sotto l'acqua corrente. Poi, con movimenti precisi, si accostò a Roger e stese dolcemente il panno sul dito malandato. La sensazione fresca e umida del tessuto contro la pelle ferita fece sospirare Roger di sollievo. Dopo aver versato un po' di disinfettante su un batuffolo di cotone, David avvertì:

"Preparati, questo potrebbe pizzicare un po'."

Con un gesto esperto, posò delicatamente la pezza sul dito ferito e lo avvolse con una piccola fasciatura, ogni tocco di David era preciso e sicuro. Quando il cotone toccò la pelle ferita, Roger si irrigidì. Il liquido penetrò nella ferita, facendolo sobbalzare e provocando un'espressione di dolore mista a una smorfia di disgusto. La sensazione di bruciore durò solo un istante, ma fu abbastanza per fargli stringere i denti. Con movimenti delicati e abili, David applicò infine un cerotto, assicurandosi che fosse ben fissato.

"Ed ecco fatto - annunciò, sollevando il dito fasciato per un'ispezione finale - Sei apposto, amico."
"Grazie, David."

Rispose Roger con gratitudine, dimenticando per un momento la loro sottile rivalità sotteranea. Il bassista sospirò, rilassando le spalle mentre guardava il dito, ora protetto dalla benda e aggiunse con una punta di sarcasmo:

"Sai, hai davvero un talento nascosto da infermiere."

David rise, dando una pacca amichevole sulla spalla di Roger e scherzò:

"Forse dovrei considerare una carriera alternativa."

Nel frattempo Rick era rimasto a osservare affascinato quella piccola operazione di medicina d’urgenza e si era acceso una sigaretta cercando di buttare il fumo lontano dai compagni. Nick aveva girato la testa invece per non vedere e solo quando sentì la risata di David si arrischiò a chiedere con voce flebile:

“Avete fatto? Voglio uscire di qui.”

David si voltò verso di lui e sollevò il kit di pronto soccorso:

“Hai bisogno anche tu?”

Chiese con voce maliziosa. Nick sollevò il dito medio al suo indirizzo segno che si stava riprendendo. Solo in quel momento Rick si avvide che il gas era ancora acceso e che mancava poco che il contenuto della pentola si carbonizzasse. Con un balzo si appressò alla macchina del gas e spense i fornelli, Nick aprì la finestra per dissipare l’odore di bruciato:

“Ci manca solo che mi mandi a fuoco la cucina, grazie tante!”
“Uh, quanto la fai lunga!”

Berciò Roger facendo ridacchiare David e Rick che propose ispirato:

“Sentite, perchè non ci andiamo a mangiare una vera paella da qualche parte?”

I ragazzi discussero per un po’ su quale fosse il ristorante migliore per soddisfare la loro fame e sull’opportunità o meno di chiedere alle señoritas del flamenco di sbattere un po’ anche le loro nacchere. Infine uscirono ridacchiando, lasciando la cucina disastrata e il macabro souvenir rosso sul lavello come unico testimone di quel fallimentare esperimento culinario.

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Capitolo 9
*** Un inizio speciale ***


Titolo: Un inizio speciale
Fandom: RPF BAND Pink Floyd
Rating: G
Relazione: David Gilmour/Ginger Gilmour
Note: Questa storia partecipa l’iniziativa #SPRING BINGO @Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom FB col prompt Jolly! meet cute trope
Warning: meet cute, first kiss, First Meetings, Language of Flowers, Romantic Fluff, Fluff, Alternate Universe - Flower Shop, young and soft david, Ficlet1960s era Pink Floyd, ficmour, Strangers to Lovers
Sinossi: In un affollato pomeriggio in metropolitana, il destino intreccia le strade di due sconosciuti. Mentre la folla si stringe intorno a loro, un incontro casuale porta alla nascita di un legame speciale.




Un inizio speciale




La banchina della metropolitana era particolarmente affollata quel pomeriggio a causa di un guasto da qualche parte e della cancellazione di alcune corse e Ginger si trovò intrappolata come molti altri pendolari in quella scatola di metallo. Mentre stava entrando, qualcuno da dietro la spintonò:

"Oh, chiedo scusa."

Si girò infastidita, pronta a dirgliene quattro, ma quella voce così morbida e quelle scuse sincere placarono un po' il suo animo. Era un ragazzo alto, una nuvola di folti capelli biondo scuro incorniciavano un viso angelico, le labbra carnose tirate all'insù in un sorriso solo accennato mentre i grandi occhi blu erano ombreggiati da folte sopracciglia arcuate in modo espressivo. Lui sorrise:

"Non è sempre così, spero. Speriamo che riesca a fare in tempo."
"No, hanno annullato delle corse. Sei di fretta?"
"Sì, un pochino. Come tutti, mi sa! Devo fare un provino agli studi della EMI e non voglio arrivare in ritardo."

Spiegò ondeggiando accanto a lei. Era interessata, quindi chiese di più:

"Anche io lavoro ad Abbey Road, cioè non proprio. Che tipo di provino farai?"
"E’ per una rock band: canto e suono la chitarra. In realtà più che altro dovrò aiutare il loro chitarrista principale e fare i cori, ma va bene così."
"Li conosci già?"
"Un paio si, sono di Cambridge, come me. Anche tu lavori agli studi?"
"Oh, no, no! - Ginger scosse i lunghi riccioli biondi - Lavoro più avanti lungo la strada, al chiosco dei fiori."
"A proposito, io sono David."

Il treno continuava a ondeggiare e a riempirsi di gente sudata ed arrabbiata e più si riempiva più Ginger si trovò schiacciata contro il ragazzo, ma non le dispiaceva del tutto: poteva sentire l'odore del suo sapone e del cuoio della sua giacca e un leggero sentore del suo sudore. Dopo un po', Ginger capì che lui aveva iniziato a manovrare per proteggerla dalla folla e lo trovò incredibilmente adorabile. Finalmente riuscirono a trovare un angolo dove poteva appoggiarsi e lui poteva coprirla con il suo corpo, era alto e dal torace abbastanza ampio da proteggerla. Le sue mani erano sulla sua vita stretta per tenerla ferma e più volte si trovarono con il viso così vicino che quasi potevano toccarsi le labbra. David, notò la ragazza, aveva delle deliziose minuscole lentiggini che punteggiavano il suo perfetto naso greco e gli occhi gli brillavano mentre raccontava le sue avventure da musicista. Presto si persero nelle loro chiacchiere, chiusi nella loro bolla di complicità e quasi saltarono la fermata. Solo all'ultimo momento si accorsero delle parole dell'altoparlante che annunciava St. John's Wood. Con una risata riuscirono a districarsi dalla folla e a uscire dalla vettura. Ancora ridendo percorsero la banchina alla ricerca dell'uscita. Ormai si era creata una tale intimità tra loro che senza rendersene conto continuarono a tenere le dita intrecciate per tutto il percorso fino all'uscita della stazione e continuarono a chiacchierare mano nella mano fino all'entrata degli studi. A David non era di certo sfuggita l’avvenenza di quella ragazza; cercava di non soffermare troppo lo sguardo sul quel suo corpicino flessuoso, fasciato da un vestitino corallo che s’intonava alla perfezione all'incarnato e agli occhi celesti ombreggiati dalle folte ciglia. Con un po' di riluttanza si separarono e si salutarono.

"Beh, David, allora…in bocca al lupo!"

Lui sollevò le dita incrociate ed entrò, inghiottito dalle viscere dell'edificio. Con un sospiro Ginger riprese il suo cammino verso il suo lavoro, un po' triste perché sentiva svanire la piccola magia creata con quel ragazzo affascinante. Il signor Thornton, il suo burbero principale, non c'era quel pomeriggio, perciò doveva fare tutto il lavoro da sola: tirare su la serranda, sistemare i vasi delle piante fuori, aggiustare i mazzi di fiori e servire la clientela come al solito. Fece tutto con il suo consueto entusiasmo, quel lavoro le piaceva davvero, ma quel pomeriggio in particolare non riusciva a togliersi dalla testa il bel David. Chissà come era andato il suo provino e se si sarebbero mai incontrati di nuovo. Finalmente, il grande orologio appeso sul retro cinguettò l'orario di chiusura. Con un sospiro iniziò a slacciarsi il grembiule cerato verde, ma una voce la fermò:

"Aspetta, state chiudendo?"

Era la voce di David! E infatti lui era lì, con gli occhi brillanti, che le stava porgendo una grande tazza di tè da asporto. Con un enorme sorriso si sporse dal bancone:

"Per te, farò un'eccezione! - rispose civettuola - E’ per me? Come è andato il provino?"
"Si, chai latte tea, mi ricordavo che mi hai detto che è il tuo preferito. E sì, mi hanno preso!"

Lei sollevò gli occhi dal profumato vapore che si alzava dalla tazza e esclamò con entusiasmo:

"Oh, David, sono tanto felice per te!"
"Si, sei stata il mio bonne bonheur, il mio portafortuna. E sono in vena di festeggiare."

Si sporse in avanti appoggiando i gomiti sul bancone con aria cospiratoria:

"Dunque, ho incontrato questa ragazza davvero carina e vorrei invitarla a cena. Quale pensi che siano i fiori più adatti?"

In quel momento Ginger sentì il cuore disintegrarsi e il tè divenne amaro in bocca. Forzò le labbra in un sorriso e cercò di mantenere un'espressione che non mostrasse la sua delusione. Naturalmente, un ragazzo così dolce e carino sicuramente doveva essere circondato da ragazze, cosa si era messa in testa? Era solo stato gentile con lei. Ingoiò il groppo che le stringeva la gola e rispose col suo tono più professionale:

"Dipende dal tipo di rapporto che vuoi avere con questa ragazza."

David inarcò le sopracciglia e imbronciò le labbra in modo pensieroso:

"Vorrei invitarla a un appuntamento in amicizia, per non spaventarla, ma con la speranza che, sai... possa diventare qualcosa di più. No, no no, non intendo nel senso... beh, se succede... ma non è la mia priorità..."

Balbettò arrossendo all’occhiata severa di Ginger. Era tenero nonostante tutto e lei non poté evitare di allungare le labbra in un sorrisetto. Iniziò a radunare i vari tipi di fiori spiegando:

"Ecco, qualche gerbera che sono luminose e allegre per dimostrare amicizia, poi fresie… mmm, senti che buon profumo: per esprimere la volontà di creare un legame, e questi garofani rosa che rappresentano un interesse… romantico? E una rosa rossa per dare un tocco di passionalità al tutto. Che ne pensi?"

Gli presentò il piccolo bouquet e lui illuminò il suo mondo con gli occhi scintillanti, canticchiando di gioia.

"Devo chiudere ora, però."
"Oh certo certo! Aspetta, ti aiuto!"

Con un passo all'indietro David scivolò fuori dal piccolo chiosco, appoggiò il mazzo di fiori da qualche parte e aiutò Ginger a portare dentro i pesanti vasi delle piante, senza che potesse evitare di lanciare fugaci sguardi al suo sederino alto. Improvvisamente lei era stanca e non vedeva l'ora di finire. Più brusca di quanto avrebbe voluto, salutò David e si chiuse nel chiosco per completare le ultime operazioni della giornata: sistemare i fiori rimasti in modo che non si rovinassero, spuntare le liste delle consegne, chiudere e quadrare la cassa. Quando uscì dal chiosco, era già sera inoltrata e si strinse nell’impermeabile blu per scaldarsi. Appoggiato a una delle macchine c'era David con il suo mazzo di fiori in mano e un'espressione stoica sul viso.

"Ma… cosa ci fai ancora qui?"

Chiese sorpresa.

"Dovevo chiederti ancora una cosa."
"Ma… se l'avessi saputo, non ci avrei messo tutto questo tempo, scusa."

Era mortificata, ma lui si aprì in uno dei suoi impareggiabili sorrisi, facendole battere il cuore.

"Nessun problema. La colpa è mia. Posso chiedere, allora? Mettiamo che avessi una voglia matta di baciare questa ragazza, che fiore dovrei usare?"

Ginger abbassò le spalle: oh, era proprio una stupida. E lui un ragazzo con molto tempo da perdere, evidentemente. Sentiva gli occhi bruciare e cercando di non far tremare la voce, rispose sbrigativa perché a quel punto non vedeva l'ora di andarsene:

"Mmm, la rosa. Sì, dai, la rosa alla fine è sempre la scelta migliore."
"Chiudi gli occhi. Dai, per favore!"

David aveva inarcato le sopracciglia e sporto le labbra in un piccolo broncio. Lei non poté resistere a quell’espressione e chiuse gli occhi, obbedendo alla sua richiesta. David si prese un momento per studiare quel bel visino, il nasino impertinente, le gote arrossate dalla fresca aria serale e quelle deliziose labbra polpose. Ginger sentì il profumo della rosa solleticarle le narici, poi il velluto delicato dei petali accarezzare le labbra. Il cuore cominciò a battere freneticamente contro le costole, brandelli di mille pensieri vorticarono confusi nella sua mente. E poi non pensò più a niente mentre le morbide labbra di David si posavano sulle sue. Con un sospiro si abbandonò tra le sue braccia. Aprì le labbra per permettere a lui di esplorare la sua bocca e si strinsero in un bacio delicato e appassionato. Quando, a malincuore, si separarono, David appoggiò la fronte alla sua e mormorò con voce roca:

"Davvero credevi che ti lasciassi andare, il mio portafortuna?"
"Stupido."

Rispose Ginger con una risatina, ma era felice. Davvero felice mentre si stringeva a David e camminavano mano nella mano lungo Abbey Road.

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Capitolo 10
*** Duelli Magici - Appendice 3: Comportamenti inappropriati - esempio. ***


Titolo: Duelli Magici - Appendice 3: Comportamenti inappropriati - esempio.
Fandom: RPF BAND Pink Floyd/Harry Potter
Rating: G
Relazione: /
Note: Questa storia partecipa l’iniziativa #SPRING BINGO @Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom FB col prompt "Non oseresti mai!" "Come mi conosci male" e #crossoverchallenge @Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom FB col prompt: “David e Roger si incontrano al club dei duellanti. Naturalmente non seguono il decoro della tradizione e cominciano a inventare nomi di incantesimi solo per insultarsi” di Aivy Demi
Warning: AU Harry Potter, Crossover, silly Floyd, friendship fluff
Sinossi: il professor Flitwick aveva concesso l'aula di musica ai giovani Floyd per le prove. Ma si sa la rivalità tra casate è sempre in agguato, se poi il serpeverde e il grifondoro in questione sono un certo Roger Waters e un certo David Gilmour i guai sono assicurati!

Questa storia è candidata agli Oscar della Penna 2024 indetti sul forum Ferisce la penna



Duelli Magici - Appendice 3: Comportamenti inappropriati - esempio.




C'era un certo fermento nei corridoi del quinto piano di Hogwarts, gli studenti bisbigliavano dietro i libri di pozioni o scivolavano lungo i corridoi le cui pareti erano rivestite da pannelli di legno scuro decorati da intagli di creature magiche che sembravano di tanto in tanto prendere vita e qua e là, i ritratti di ex studenti illustri e professori ormai defunti osservavano incuriositi il viavai lanciando sguardi penetranti e commenti veloci a chiunque attraversasse il loro campo visivo. La luce del sole filtrava attraverso i vetri colorati delle grandi finestre ad arco creando un caleidoscopio di luci danzanti sui pavimenti di pietra lucidata dal continuo passaggio. Gran parte degli studenti si stava affrettando verso l'aula di musica, l’emozione permeava l’aria in una miscela di curiosità ed eccitazione: due dei ragazzi più popolari della scuola stavano per sfidarsi a duello e a quanto pare nessuno voleva perderselo, considerato chi fossero i duellanti. Non solo erano tra gli studenti più brillanti della loro generazione, ma avevano un gruppo di musica babbana rock molto popolare e capitava che si esibissero anche fuori di Hogwarts, a Hogsmeade e quando gli impegni scolastici glielo permettevano, presso locali babbani a Cambridge, Leeds, addirittura Londra. L’autoproclamato leader del gruppo era un serpeverde dai lunghi capelli neri e penetranti occhi verdi: emanava un’energia intensa e magnetica, pensatore profondo e osservatore acuto, soprattutto dei lati più oscuri dell’animo umano, Roger era sempre pronto a sfidare le convenzioni e a esprimere le proprie spesso controverse opinioni incurante di sembrare impopolare. Di contro il suo compagno di band David, nonostante fosse tre anni più giovane di lui, non esitava a tenergli testa con l’atteggiamento determinato e passionale che contraddistingueva la sua casata. Ora aveva lasciato la chitarra per la bacchetta e osservava con sguardo torvo l'avversario che aveva stampato sul viso un sorrisetto sarcastico e non vedeva l'ora di strapparglielo via. Il professor Flitwick aveva concesso loro l'aula di musica per le prove del gruppo. Di solito quella sala riusciva a conciliare la concentrazione dei musicisti forse per la vista mozzafiato sulle campagne e il laghetto che si godeva dalle sue finestre, forse per i disegni dei vetri colorati che raffiguravano note e strumenti incantati e che illuminati dai raggi del sole creavano giochi di luce come se la musica stessa stesse fluttuando nell’aria. Il gruppo stava suonando concentrato sotto l’alto soffitto dipinto come una volta stellata, ma già dopo qualche minuto che andavano avanti la situazione aveva iniziato a degenerare. Roger interruppe le note dissonanti dei compagni ed esclamò duro:

“Ragazzi, dobbiamo fare di meglio: Nick, tieni il ritmo! E Rick, voglio più magia nella tua tastiera!”
“Ah, certo, magia - sul volto di David strisciò un sorrisetto - Magari potresti spiegarci come farla con la tua voce stonata!”

Aveva tenuto bassa la voce grondante di sarcasmo, decisamente stanco dell’atteggiamento dittatoriale del bassista e non aveva potuto evitare di pronunciare quella battuta velenosa. Nick e Rick ridacchiarono, ma presto le risate furono soffocate da una pesante atmosfera di tensione. Roger fece un sorriso acre succhiandosi i denti:

“Dai, ragazzi siamo qui per fare musica non per perdere tempo!”
"Oh, certo! Allora potresti spiegare come fai ad essere così bravo con le parole, ma così scarso con la presenza scenica o non dovremmo inventarci tutti questi giochi magici di luci e fumi."

Ribatté David con uno sguardo graffiante. I floyd erano famosi per le loro sperimentazioni, una volta si erano spinti ad usare anche una mandragola, ma le sue urla penetranti erano state troppo persino per loro. Nick cercò di placare gli animi:

"Calma ragazzi, siamo tutti amici qui, giusto Rick?"

Disse, rivolgendosi al tastierista che annuì con un sorriso malizioso. Ma la rivalità tra Grifondoro e Serpeverde era troppo radicata per essere placata così facilmente, era già un miracolo che potessero anche solo collaborare insieme data la rivalità tra le loro casate. I due chitarristi erano partiti in quarta e avevano posato gli strumenti per guardarsi in cagnesco. Roger incrociò le braccia sul torace e affondò:

“Beh, Dave, ho sentito che il tuo stile con le ragazze è come la tua chitarra: molto affascinante, ma nessuno ha mai sentito una nota di successo!”

La verità era che invece David avesse un discreto successo con le ragazze, per il suo viso dalle fattezze delicate, la sua andatura elegante, il sorriso dolce e una certa timidezza affascinate. Sebbene fosse per la maggior parte del tempo silenzioso e come perso nel proprio mondo interiore tuttavia i suoi occhi chiari svelavano un’intelligenza brillante e un fuoco interiore che bruciava di passione. Rick sollevò gli occhi al cielo e guardò Nick preoccupato: Rog da bravo serpeverde era andato diretto sul personale e il tastierista si chiese se non dovessero bloccare subito quella disputa, ma Nick con un sorrisetto scrollò la testa facendogli intendere che fosse meglio si scornassero un po’ tra loro, magari questo avrebbe alleggerito la tensione. David si portò una ciocca di capelli d’oro brunito dietro l’orecchio, scoprendo lo stemma rosso/oro del suo maglione, per nulla impressionato dall’invettiva di Roger (lui sapeva la verità comunque) e ribatté:

“Ci credi solo tu. Invece la tua voce è così stridula che mi fa venire voglia di lanciarti un Tacitus!
"Non oseresti mai!"
"Come mi conosci male."

La faccia di Roger si contorse in una smorfia segno che la sua temperatura interna stava arrivando rapidamente al punto di ebollizione, mentre David era impassibile e solo un sorrisetto sarcastico tradiva la sua esasperazione. Roger però non aveva ancora finito, deciso a non farsi battere in quella schermaglia di parole così decise di cambiare approccio:

“Sai cosa? Dovresti cambiare nome in David Lamento perché, francamente, la tua musica mi fa venir voglia di piangere!”
“E invece la tua di musica mi ricorda la pioggia: noiosa, ripetitiva e sempre pronta a rovinare una bella giornata!"

I volti dei ragazzi erano a un palmo l’uno dall’altro, i corpi tesi pronti a scattare e a questo punto Rick decise di intervenire, si alzò dalle sue tastiere e si mise in mezzo:

“Va bene, ragazzi. Basta così. Non è possibile che ogni volta si debba finire in questo modo! Siete due grandi musicisti, ma...”
“...Ma anche due coglioni totali.”

Concluse Nick per lui. Rick sollevò le sopracciglia, non era esattamente così che voleva finire il suo discorso, ma in effetti il concetto era quello. David e Roger avevano i visi lunghi e non si guardavano, ognuno intento a giochicchiare con i propri strumenti: David si mise ad accordare il basso fretless con le labbra atteggiate nel suo broncio caratteristico, Roger soppesava la mazza del suo amato gong con le lunghe dita inanellate. Ciocche di capelli ribelli ricadevano disordinate sulla fronte nascondendo lo sguardo tagliente dei suoi occhi smeraldini. L’espressione cocciuta sul suo viso affilato dimostrava che stava ponderando qualcosa. Dopo qualche minuto di silenzio, quando Rick e Nick pensavano di aver risolto quell’ennesima disputa il bassista esclamò:

“Perchè non la risolviamo una volta per tutte: che ne dici di un duello?”

L'atmosfera, ora permeata da un'intensa energia magica, sembrava rispecchiare le loro personalità contorte in una spirale di rivalità. Le pareti della stanza davano l’impressione di pulsare con l'emozione di ciò che stava per accadere, mentre gli spettri dei corridoi avevano smesso di fluttuare per ascoltare la sfida verbale che si stava svolgendo: era come se la stessa atmosfera incantata di Hogwarts si mescolasse con l'energia elettrica del duello imminente. Perchè ovviamente David non poteva lasciarsi scappare quell’opportunità di rimettere al suo posto l’amico/rivale e accettò d’impeto mentre Rick esplodeva in un lamento e Nick si metteva una mano in faccia. Era così che li trovarono gli studenti che facevano mano mano capolino nella sala della musica.
I due rivali si fronteggiavano le bacchette in pugno. Quella di David era intagliata in legno di nocciolo ed era adornata da intricati intrecci di note musicali, nelle sue mani si muoveva con un'agilità innata, quasi come se fosse in grado di far risuonare gli stessi incantesimi che avrebbe creato con la magia. Di fronte a lui, Roger con un sorriso sarcastico sul volto, emanava una strana oscurità, le sue parole affilate come lame magiche. La sua bacchetta di legno di ebano aveva un'incisione piuttosto sinistra di un serpente attorcigliato intorno a essa. I loro sguardi si incontrarono e il ronzio dell'energia magica sembrò elettrizzare l'aria. Il silenzio si diffuse nell'aula di musica, interrotto solo dalle note distanti di un pianoforte che risuonava eccitato da qualche parte tra le pareti incantate. I loro compagni di casata li circondavano in silenzio, pronti a sostenere il loro rappresentante con l'entusiasmo di una partita di quidditch. David portò le labbra in avanti e agì per primo sollevando la bacchetta con un gesto sicuro. Una melodia avvolse la stanza creando una sensazione di potenza infuocata e fiamme magiche si alzarono da terra formando delle figure ardenti. Roger fu rapido nella risposta puntando la sua bacchetta e le note che ne scaturirono sembrarono serpenti d’ombra che danzavano intorno a lui con agilità sinistra pronti a colpire con precisione mortale. La stanza sembrò oscurarsi. La melodia ardente di David si scontrò con la barriera magica di Roger provocando un’onda di luce che illumò l’aula. Un coro di di esclamazioni eccitate da parte degli studenti sottolineò l’evento. Ma David e Roger sembravano totalmente concentrati su se stessi e incrociarono gli sguardi pronti a nuovi attacchi. Per un po’ continuarono a lanciarsi incantesimi musicali, le bacchette danzavano e l’aria vibrava per l’intensità della sfida. Ma sebbene gli incantesimi fossero di grande impatto scenico David e Roger sapevano bene che non stavano facendo altro che mettere su un altro dei loro spettacoli di musica e luci, soprattutto perchè ben consci di avere un pubblico. Fu a quel punto che Roger decise di averne abbastanza e che era ora di divertirsi un po’ per davvero così esclamò:

Labia Pisces!”

Dopo un primo attimo di sbigottimento dei presenti le labbra di David si gonfiarono tanto da impedirgli di parlare per qualche secondo, prima di tornare alla loro dimesione reale. David aggrottò le sopracciglia:

“Brutto figlio di… Facies Equina!”

Roger allargò gli occhi allarmato, ma prima che potesse contrattaccare il suo volto accentuò le sue fattezze equine ed esplose in un nitrito rabbioso. Le risatine serpeggiavano tra gli studenti presenti: di certo nessuno si era aspettato questo corso degli eventi. Nick era sbottato a ridere e continuò a raccogliere le scommesse, Rick si era accasciato sulla panca della tastiera indeciso se farsi prendere dallo lo sconforto o mandarli al diavolo, le spalle che gli tremavano per le risate represse. Quando ebbe ritrovato l’uso della parola Roger attaccò:

“Te lo sei voluto tu: Venter Flaccus!”

David che si era distratto e si teneva la pancia dalle risate, sentì affondare le mani nel proprio ventre: si guardò con la faccia orripilata la pancia che era diventata molle come gelatina. Con un gesto inconsulto si strappò con un sonoro plop le mani dalla pancia mentre Roger si sbellicava a sua volta dalle risate. Ormai non c’era più nulla di cavalleresco in quel duello: era diventato nient’altro che un pretesto per poter insultarsi l’un l’altro senza ritegno. L’aula di musica risuonava di risate tra un Capellus Unctus che fece sgocciolare di olio i capelli di David e un Tripudium Aranea che costrinse i lunghi arti di Roger a muoversi a scatti come fosse un ragno danzante. Fino a che entrambi, ormai allo stremo dalle risate e delle forze, lanciarono contemporaneamente un Visus Moai e un Impeditus Totalem che li costrinsero entrambi all’immobilità per qualche secondo terminando di fatto il duello. Mentre i due rivali si riprendevano gli studenti uscivano sghignazzando, commentando il duello tra loro, o lamentandosi con Nick che passava dall’uno all’altro e raccoglieva i soldi vinti alle scommesse. Quando finalmente l’aula si fu svuotata e l’atmosfera del castello tornò al suo livello di quiete i ragazzi ripresero in mano i propri strumenti che vibravano ancora di energia repressa. Rick trasse una singola nota dal suo pianoforte che risuonò come il ping di un qualche strumento babbano e esclamò:

“Ora, se avete finito di divertirvi…”
“Col cazzo!”

Lo interruppe con la solita grazia Roger, David tirò su col naso divertito. Rick esalò un sospiro:

“Possiamo riprendere le prove adesso?”
“Un momento. Nick, quanto abbiamo fatto?”
“Sette galeoni, 49 falci e 94 zellini.”

Lui e David si batterono il cinque e Roger ghignò scuotendo la testa:

“Siete dei figli di puttana, lo sapete? Estorcere dei soldi a dei poveri ragazzini sprovveduti.”
“Non glieli abbiamo estorti, sono delle scommesse oneste. Come potevo sapere che sarei stato l’unico a puntare sulla sconftta di entrambi?”

Rispose Nick con un’espressione impudente sul viso. Roger rispose piccato:

“Io non ho perso!”
“Ma non hai nemmeno vinto! Che ne dite se prima di ricominciare…”

David tirò fuori dalla tasca dei pantaloni una fialetta di liquido giallo e la agitò con fare sornione. I compagni si avvicinarono con gli occhi brillanti e presero un sorso ciascuno dell’Elisir di Euforia. Sghignazzando tornarono ai propri strumenti e trascorsero il resto del pomeriggio jammando con rinnovato entusiasmo. Più tardi, dopo che avevano rimesso tutto a posto e si mettevano le sciarpe delle rispettive casate, Roger lasciò che gli altri andassero avanti e fermò David. Si grattò il naso e con un pizzico di amichevole sarcasmo disse:

“Alla fine possiamo fare un buon lavoro, dai. Anche se non siamo un corpo e un'anima!”
“Eh, diciamo che possiamo farci andare d’accordo, almeno durante una canzone!”

Rispose David sorridendo in risposta.

“Muovetevi, o io e Nick andremo a berci le vincite da soli!”

Li chiamò Rick mentre il batterista si faceva saltellare nella mano il sacchetto di monete. Spintonandosi e facendosi lo sgambetto a vicenda David e Roger si affrettarono a raggiungerli.

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Capitolo 11
*** Il richiamo della Luna ***


Titolo: Il richiamo della Luna
Fandom: Pink Floyd
Rating: M
Relazione: Rick Wright/OFC
Note: Questa storia partecipa all’iniziativa O’ FAMO STRANO - HOT WEEKEND CHALLENGE @ Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom FB con il prompt ritardo di Elena Scarsella e all’iniziativa #SPRING BINGO @Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom FB col prompt: friends with benefits.
Questa storia fa parte della serie neko!rick (le altre storie sono Di come Rick imparò a non mangiare mai più bacche sconosciute, La miaoledizione della tredicesima luna e Il gatto e la bambina), ma può essere letta anche da sola!
Warning: Vabbè, ma che vi devo dire? Weird sex, supernatural elements, smut, fluff, gente stranah che fa robbah.
Sinossi: Rick nasconde un oscuro segreto: una maledizione che lo trasforma in un gatto ad ogni tredicesima lunazione. Mentre pochi conoscono il suo segreto, solo Noriko ha il potere di offrirgli una piacevole soluzione.




Il richiamo della Luna




Rick guardò il rolex che portava al polso e sospirò: doveva fare presto a tornare a casa se non voleva essere colto dalla mutazione proprio in mezzo alla strada. La maledizione che lo affliggeva lo costringeva a trasformarsi in un gatto ad ogni tredicesima lunazione, il che spesso causava ritardi nei suoi impegni. Aveva contratto questa maledizione in modo inusuale, mangiando una bacca misteriosa durante una notte di festa selvaggia con i suoi compagni di band. Era stata una scelta impulsiva e ora doveva affrontarne le conseguenze. Dopo anni in cui l’unico a conoscere il suo segreto era stato David ora i suoi compagni di band sapevano della maledizione e facevano del loro meglio per sostenere Rick quando si verificavano queste trasformazioni inopportune. Ma era Noriko, una ragazza che aveva conosciuto a San Francisco che ormai lo aiutava ogni volta a tornare alla normalità. Avevano sperimentato tutta una serie di tecniche alquanto piacevoli, Rick doveva ammetterlo, per gestire i suoi giorni di mutazione e non avrebbe potuto rinunciare ora alla sua compagnia.
Quando entrò in casa Rick stava già iniziando a sentire i primi sintomi della sua imminente trasformazione: una voglia incontrollabile di tonno e latte e un prurito diffuso dove sarebbero cresciute le orecchie e la coda. Noriko era già in casa che lo aspettava: indossava una delle sue deliziose divise da maiden loli sui toni del lilla, il fondo di pizzo bianco della gonnellina accarezzava delicatamente le sue ginocchia rotonde e le maniche a palloncino erano egualmente decorate con un nastro di pizzo. La scollatura a cuore metteva in risalto i suoi piccoli seni rotondi ed era decorata da un vezzoso fiocco viola. Contrariamente al suo solito indossava delle orecchie da coniglietto che le scendevano morbide fino alle spalle. Rick le diede un dolce bacio sulla guancia e accarezzò una delle soffici orecchie.

“Come mai queste?”

La ragazza scrollò le spalle:

“Volevo provare qualcosa di diverso.”
Rick affondò il naso tra i serici capelli di Noriko e le mordicchiò la pallida nuca, mormorando contro l’orecchio:

“Non lo sai che i gatti possono mangiare i dolci coniglietti come te?”

Noriko ridacchiò e si divincolò dalla sua presa:

“Lo spero.”

Si voltò con un sorrisetto malizioso e sollevò la gonna sopra il sedere mettendo in mostra un plug tail batuffoloso. Rick scoppiò a ridere. Poi si fece serio:

“Aiutami a spogliarmi, sta iniziando.”

Noriko lo aiutò a slacciare la camicia perché le mani di Rick tremavano troppo e gliela abbassò lungo le braccia. Il petto di Rick si alzava e abbassava in un respiro affrettato. Con premura Noriko gli baciò la gola, la pelle lungo le clavicole annusando il suo odore ferino. Rick le sollevò il viso con entrambe le mani e si tuffò sulle labbra della ragazza mordicchiandole e mormorando il suo nome. Noriko rispose aprendo la bocca e lasciandosi trascinare in un bacio appassionato. Si staccarono lentamente con un sospiro.

“Dai, Rick-kun. I jeans adesso.”

Lo aiutò a far scivolare i pantaloni lungo le gambe velate da uno strato di spessi peli biondi. Mentre Rick si arrampicava a quattro zampe sul letto Noriko tirò la tenda in modo che la luce della luna piena potesse illuminare in pieno il letto al centro della camera e si tolse il vestito rimanendo anche lei nuda, tranne le orecchie e la coda. Sedette sul bordo del letto e fece cenno a Rick:

“Vieni qui, gattino.”
“Purrr, ho così fame…”
“Shi, shi…adesso ti dò da mangiare.”

La ragazza lo accarezzò per un breve momento tra le orecchie provocando delle fusa rumorose. Poi si allungò a prendere una ciotola colma di latte. Gli occhi di Rick si fecero enormi e neri, le iridi azzurre nascoste dalla pupilla dilatata, si leccò le labbra e allargò ritmicamente le dita artigliando la coperta. Noriko ridacchiò e intinse uno dei capezzoli a Rick offrendoglielo, lui si avventò sulla tenera carne rugiadosa. Per un po’ Noriko continuò a immergere i capezzoli nel latte offrendoli a turno alla bocca di Rick. Lui divenne sempre più impaziente, la lingua sferzava dura la carne dolce di latte, le labbra si chiusero intorno ai boccioli e succhiò con forza. Le conficcò le unghie nella carne provocandole un piccolo grido.

“Piano, piano, nekochan…ti darò tutto quello che vuoi…”

Noriko rovesciò il resto del latte direttamente sul proprio seno lasciando che gocciolasse lungo la pelle riscaldata dai baci di Rick. Lui la lambì e la ripulì dal liquido dolce e caldo. Si librava sopra di lei, il sesso duro e bollente che strusciava contro le sue pieghe deicatamente aperte. Le mordicchiava il collo, metà uomo e metà gatto in preda alla frenesia d’amore. Noriko accarezzò la schiena massaggiando le scapole prominenti, solleticando il collo sudato e con un filo di voce sussurrò:

“Aspetta, ti aiuto…”

Rick ringhiò piano:

“Non posso più aspettare…”

S’inarcò illuminato dalla luce del plenilunio emettendo un lungo miagolio lamentoso, il sangue ribolliva lungo le vene, batteva ai polsi e lungo la sua virilità. Crollò sul letto in preda agli spasmi, troppa era la sua essenza vitale e rischiava di farlo impazzire. Non gli capitava quando era da solo, ma Noriko era sempre capace di attivare il suo meccanismo di accoppiamento. La ragazza scivolò lungo il suo corpo e si accucciò tra le sue gambe, massaggiando lo scroto pesante:

“Lascia che ti succhi via un po’ del tuo ki.”

Abbassò la testa e leccò con delicatezza, succhiando la punta e manipolando l’asta scarlatta e rigida di Rick canalizzando la sua energia vitale attraverso la lingua e la bocca. Lui emise un sospiro tremulo e chiuse gli occhi, godendo le cure di Noriko. Adesso ansimava forte, s’inarcava spingendo il bacino contro il visetto della ragazza, piagnucolava e miagolava implorando. Con un ultimo spasmo finì rovesciando il proprio seme nella gola di Noriko. Lei scivolò lungo il corpo rorido di Rick che la strinse al proprio torace ansimante. Lei gli accarezzò il petto, i lombi, gli fece i grattini sotto al mento lodandolo:

“Hai fatto proprio bene, yoku yatta nekochan.”

Rick sorrise facendo le fusa:

“Sei stata brava, dolcezza. Come sempre. Ma adesso …”

Con un colpo di reni Rick rovesciò la ragazza che scoppiò in una risatina mentre lui mordicchiava e succhiava e baciava la sua strada lungo il suo giovane corpo.

“Waaaai, Rick-kun! Oo, sugoi ne, che bravo!”

Finalmente Rick arrivò al piccolo cespuglio di Noriko e annusò il dolce profumo speziato della sua femminilità, strofinò le orecchie lungo la pelle sottile del ventre facendole il solletico. Noriko provò a chiudere le gambe, ma con forza Rick le allargò le cosce, spingendo le unghie nella carne delicata. Diede un piccolo morso che fece ansimare la ragazza:

“Che fai?”
“Ti avevo detto o no che ti avrei divorato, bella coniglietta?”

Per un momento gli occhi di Rick sfavillarono prima che lui affondasse il capo tra le gambe di Noriko.

Rick stava scendendo le scale che conducevano alla sala di controllo degli studi di Abbey Road, fischiettando. Si sentiva completamente rigenerato e in splendida forma dopo il lungo e appassionato periodo trascorso con Noriko. Erano stati tre giorni selvaggi e intensi. Aveva lasciato la ragazza profondamente addormentata sul suo letto, esausta ma soddisfatta. Un sottile sorriso giocava sulle sue labbra. In quelle circostanze, la maledizione che lo perseguitava poteva essere affrontata in modo molto più divertente e con meno imbarazzo.
David lo attendeva pazientemente, appoggiato allo stipite della porta.

"Sei in ritardo."
"Lo so."
“E’ andata bene?”

Rick, accese una sigaretta e con un sorriso compiaciuto rispose:

"È andata più che bene."

David gli diede una pacca leggera sulla spalla e insieme entrarono nello studio tre, pronti per iniziare il loro lavoro.

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Capitolo 12
*** Domenica d'Autunno ***


Titolo: Domenica d'Autunno
Fandom: RPF BAND Pink Floyd
Rating: G
Relazione: David Gilmour/Ginger Gilmour
Note: Questa storia partecipa l’iniziativa FIERA DI HALLOWEEN - CHALLENGE DEL WEEKEND! @ Hurt/Comfort Italia - Fanart and Fanfiction coi prompt incipit: dietro le cose semplici /parola chiave: Magia della natura/parola no: Aereo
Warning: fluff, hurt/comfort, flashfic
Sinossi: Un tranquillo pranzo autunnale si trasforma in un inaspettato mal di pancia per Ginger, ma David è lì per confortarla.




Domenica d'Autunno




Dietro le cose semplici a volte si nascondono quelle più insidiose. Prendiamo quel pranzo domenicale per esempio: il risotto spandeva un profumo delizioso, burro e cipolla si fondevano in un impasto sapido sulla lingua e i chicchi di riso ben tostati aggiungevano una nota nocciolata e alcolica alla dolcezza pungente dei funghi. Ginger aveva inalato l’odore del risotto con voluttà e aveva affondato la forchetta con un sorriso. Erano sul patio del loro cottage di Roydon, l’autunno appena ai suoi inizi e l’aria era frizzantina, ma il sole spandeva ancora un piacevole tepore sulla pelle. Ginger aveva convinto David a uscire dallo studio casalingo nel quale si era rintanato per fare una passeggiata mattutina con lei e immergersi nella magia della natura e dei boschi che circondavano la casa. David era un buon conoscitore di funghi così ne avevano raccolti un bel po’: galletti, champignon, orecchie di elefante, chiodini, pied de mouton, persino un paio di porcini. Di lì a volerli cucinare per il pranzo il passo era stato breve. Poi era seguito il Sunday Roast perché per David non era domenica senza il tradizionale arrosto e Ginger aveva solo dovuto sostituire la sua porzione di Roast beef con una di tempeh. Era stato un pranzo tranquillo, per una volta senza la solita corte di amici e sodali che circondava David, avevano condiviso una bottiglia di sidro, chiacchierato e riso, lanciato bocconcini ai cagnolini che festosi gironzolavano sotto al tavolino e intorno alle loro gambe. In effetti i problemi erano iniziati qualche ora dopo: David voleva uscire a far sgambare i cani e quando le aveva proposto se voleva accompagnarlo Ginger aveva declinato con voce mogia:

"Non mi sento molto bene."
"Che cosa hai? Sei in quei giorni?"

Subito David si era avvicinato e le aveva posato premuroso le mani sulle spalle. Ginger scosse i riccioli biondi con una piccola smorfia che le piegava le labbra:

"No, le ho appena finite. Solo…mi sento un po' di nausea e mal di pancia."

David la scrutò con i celesti occhi inquisitori:

"Spero non siano stati i funghi. Però io mi sento bene. Non sarà stata quella roba strana che mangi al posto della carne?"

Ginger innervosita sollevò gli occhi al cielo:

"Il tempeh è sicuro. Senti vai a farti un giro coi cani. Io mi farò una tisana allo zenzero: magari ho solo mangiato troppo."

David rimase per un momento ancora a guardarla con un sopracciglio inarcato, poi si strinse nelle spalle e con un fischio richiamò i cani. Quando tornò a casa trovò Ginger riversa sul letto che si teneva la pancia, il visetto pallido contorto in una smorfia di dolore. Corse da lei e le prese una mano ghiacciata, le toccò la fronte sudata.

“Piccola, come stai?”
"Abbastanza uno schifo. Devo…”

Con uno scatto lei si sollevò dal letto e corse al bagno. Quando ne uscì tremava stremata. David la sostenne fino al letto.

“Questa è la quarta volta da quando sei uscito. Mi dispiace…”
“E di cosa?”

Ginger abbassò lo sguardo vergognosa e sussurrò:

“Sai, il bagno è… inagibile.”

David sorrise e la baciò sulla fronte:

“E che problema c’è? Abbiamo appena tre bagni: a meno che tu non li abbia battezzati tutti in qualche modo farò!”

Suo malgrado le labbra si Ginger si sollevarono in un sorrisetto, David sapeva sempre cosa dire per farla sentire meglio. Ora la stava aiutando ad adagiarsi sul letto.

“Ti ho preparato la borsa dell’acqua calda e un po’ di camomilla. Te l’ho messa qui sul comodino. Starai bene?”
“Spero non sia qualche brutto virus. Anzi stai lontano, non vorrei attaccarti qualcosa.”

David si strinse nelle spalle, voleva solo che Ginger stesse meglio: gli faceva male al cuore osservare il suo visino smunto e sofferente e le labbra piegate in una smorfia di dolore. Si tirò dietro l’orecchio una ciocca di capelli e si leccò le labbra:

“Non preoccuparti di questo adesso. Bevi un po’: non devi disidratarti. Se continua così domani chiamo un dottore.”
“Grazie, David.”
“Ssshh, cerca di riposare un po’. Io sarò proprio qui, chiamami se avessi bisogno di qualcosa, va bene? Ti amo.”

Ginger annuì e provò a dormire rassicurata dalla presenza di David che si era seduto sulla poltrona a dondolo sotto la finestra con un libro sulle ginocchia e la fidata chitarra poggiata di fianco al muro.

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Capitolo 13
*** Un altro tipo di rock acrobatico ***


Titolo: Un altro tipo di rock acrobatico
Fandom: Pink Floyd
Rating: G
Personaggi: David Gilmour, Rick Wright, Nick Mason, Roger Waters
Note: Questa storia partecipa all’iniziativa HURT/COMFORT ADVENT CALENDAR 2022 @Hurt/Comfort Italia con il prompt: 190. esperto mondiale
Warning: H/C, silly floyd, friendship fluff, elettricità, Pink Floyd anni 70
Sinossi:Durante le prove al Royal Albert Hall, un incidente colpisce David, mettendo alla prova il suo spirito.




Un altro tipo di rock acrobatico




Nick si trovava al margine del palco, osservando il Royal Albert Hall e lisciandosi i baffi, mentre i suoi compagni di band si preparavano per le prove. Era davvero un onore poter suonare tra le sacre mura di quella paludata istituzione. Pensò e un sorriso malizioso gli incurvò le labbra: non vedeva l’ora di vedere le facce dei presenti quando avrebbero capito a chi avevano dato il permesso di calcare il palco! Note eteree e maestose rimbombavano nell'aria, Richard sedeva di fronte all'organo, le dita danzanti sulle tastiere con la maestria di sempre e le labbra piegate in un sorriso estatico. Roger era chino tra tavole e attrezzi che avrebbero dato vita al mini tavolino su cui avrebbero preso il tè durante l’esibizione. Alan si stava provando il costume da gorilla e Nick lo apostrofò:

“Ecco la star del concerto: non sai quanto i gorilla siano richiesti in questo settore!"

Alan sghignazzò e rispose indicando una tanica piena di acqua:

“Non vedo l’ora di vedere le facce di quelli in prima fila quando gli piscerò addosso!”

I ragazzi scoppiarono in una cascata di risatine. Sarebbe stato ancora meglio se ci fosse stato qualche dirigente delle istituzioni o delle case discografiche. Ma Roger si strinse nelle spalle al pensiero: gli sarebbero andati bene anche quegli stronzi dei giornalisti di settore. Più in là, David era curvato a terra, intento a sistemare i cavi della sua chitarra. Nick lo osservò per un momento. Sebbene fosse il più giovane tra loro, il nuovo arrivato era determinato nell’assicurarsi che tutto fosse sempre perfetto e questo non mancava di suscitare ammirazione nel batterista. In effetti, a lui bastava che la sua batteria fosse montata per poi lasciarsi andare al flow senza pensare troppo. Si scrocchiò le dita, pronto a mettersi dietro i piatti quando il sistema elettrico sfrigolò e Nick vide David fare un inaspettato volo all’indietro.

“Porca puttana!”

Masticò Roger sorpreso mentre il resto della band si riuniva preoccupata intorno a David. Dopo un momento di immobilità stupita lui si rialzò con un sorriso nervoso, i capelli elettrizzati erano come una nuvoletta intorno ai suoi lineamenti delicati. Rick lo sostenne fino a una delle sedie di platea, David tremava scosso e si massaggiava le dita.

“Che cosa è successo?”

Roger chiese, ma David agitò la testa confuso:

“Non lo so. Avevo appena messo le dita in posizione sulla chitarra e poi mi sono ritrovato a terra.”
“Ti fa male? Fà vedere.”

Lo interruppe Rick prendendogli la mano ed esaminando le dita arrossate. Intanto Roger aveva dato l’ordine di spegnere l’impianto elettrico mentre i roadies si affannavano intorno alle attrezzature audio per capire l’origine del corto circuito. Qualcuno aveva portato un bicchiere di tè bollente a David che stava raccontando a Rick i propri sintomi:

“Mi sento formicolare il braccio e pizzicare le dita.”

Il chitarrista si massaggiò il braccio contuso e flesse le dita con una piccola smorfia che gli contorceva le labbra. Rick nel frattempo si era fatto portare del ghiaccio e lo stava avvolgendo in un asciugamano, senza guardare l’amico disse:

“Non hai battuto la testa, vero? Tieni questo su per un po’, se ti fa ancora male chiamiamo il dottore.”
“Oh, non credo serva - David scoppiò in una risatina - mi fa più male il culo su cui sono caduto.”

Ma Rick gli aveva rollato uno spinello e glielo aveva spinto tra le labbra. David inalò una lunga boccata, cercando di calmarsi. Il fumo aromatico si sollevò sulle loro teste e per un momento i ragazzi rimasero tranquilli ad osservare il compagno di band, in attesa che si riprendesse. Alla fine David si rialzò, si sfregò di nuovo il braccio e chiuse e aprì le dita ormai fredde cercando di scaldarle con l’alito. Commentò con una risata nervosa:

“Vabbè ragazzi, questo è stato un po' rude, ma credo di aver avuto fortuna!"

Roger gli rubò la canna e dopo aver fatto un tiro disse sarcastico:

"Beh Dave, non sapevo che volevi aggiungere una performance acrobatica. È così che si fa, eh? Un tuffo spettacolare dalla parte opposta del palco. Da ora in poi ti dichiaro ufficialmente esperto mondiale di rock elettrico!”

David sogghignò mentre gli altri ridevano e Nick aggiunse che avrebbero dovuto inserire una clausola al contratto dei Pink Floyd:

"Nessuna scossa di corrente senza il consenso unanime della band!"

Risero di nuovo e si presero in giro ancora per qualche minuto poi tornarono alle prove come se nulla fosse accaduto.



Nota:

Ecco un altro aneddoto avvenuto realmente e raccontato da David. Quel concerto del 1969 prevedeva, tra l’altro, un tavolino costruito direttamente sul palco, un roadie travestito da gorilla (che sì avrebbe davvero finto di fare pipì sugli spettatori), gli onnipresenti fumi nonché il fluttuare di bolle di sapone che macchiarono le preziose tappezzerie e motivo per cui il prestigioso teatro bandì per sempre i Pink Floyd dai propri locali! Riammise David solo nel 2001…

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Capitolo 14
*** Sull’orlo del precipizio ***


Titolo: Sull’orlo del precipizio
Fandom: Pink Floyd
Rating: G
Personaggi: David Gilmour, Roger Waters, Rick Wright, Nick Mason
Note: Questa storia partecipa l’iniziativa (IN)CORRECT QUOTES - HURT/COMFORT@ Hurt/Comfort Italia - Fanart and Fanfiction coi prompt:
Rick: ho appena concluso una relazione di quattro anni.
Nick: Oh, mi dispiace tanto. Stai bene?
Rick: Hm? Oh sì, sto bene. Non era la mia relazione.
*David e Roger litigano dall'altra parte della stanza*


Nick: Roger sta dormendo o è morto?
David: Spero che sia morto, lo odiavo a morte.
Rick: Sì, anch'io.
Roger: Okay, prima di tutto, vaffanculo…

Eh, sì due incorrect quotes al prezzo di una perchè mi divertono troppo!
Crosspostato con l’iniziativa Advent Calendar sempre del gruppo Hurt/Comfort Italia col prompt: 200. cambiare colore.
L’idea del titolo me l’ha data questa frase di Rick: "Pink Floyd is like a marriage that's on a permanent trial separation." (I Pink Floyd sono come un matrimonio in via di separazione permanente.)
Warning: hurt/comfort, più hurt che comfort, silly floyd
Sinossi: Solo un'altra normale sessione in studio di registrazione: litigi, sarcasmo e un incidente col gong conducono a un inaspettato gesto di Roger.




Sull’orlo del precipizio




Pink Floyd is like a marriage that's on a permanent trial separation.
Rick Wright




Nello studio di registrazione l’aria vibrava di energia, la luce vivida colpiva le pareti intonacate tapezzate di foto e poster e il suono avvolgente della musica riempiva lo spazio. Nick e David condividevano il microfono cercando di armonizzare le voci. Era raro che il batterista si lasciasse convincere a cantare, ma Rick in quel momento era assente e David voleva provare i cori della nuova canzone. Stavano sperimentando con entusiasmo e si scambiarono un sorriso d’intesa. Con Nick l’atmosfera era sempre rilassata ed era un piacere lavorare con lui. Non si poteva certo affermare la stessa cosa per quanto riguardasse Roger: le sue parole pungenti e le sue critiche argute erano a volte pesanti da sopportare, persino per Nick. Ma se il batterista era solito lasciarsi scivolare tutto addosso comprese le asperità del compagno di band, David invece era più combattivo e se nemmeno i suoi commenti aggressivo-passivi funzionavano, si irrigidiva e rispondeva per le rime, soprattutto se convinto di avere ragione. Ma era proprio quella conflittualità serpeggiante e non sempre così sottile ad alimentare il processo creativo della band. Chi soffriva maggiormente delle critiche del bassista era Rick, il suo carattere mite ne faceva il perfetto bersaglio per i proiettili sarcastici di Roger che aveva finito per usarlo come pungiball personale delle sue frustrazioni, non solo artistiche. Quella mattina Rick era in ritardo, in quel periodo viveva da solo perché Juliette era stanca delle sue intemperanze con donne e stupefacenti. Come se le difficoltà della vita familiare non bastassero, doveva anche sopportare le umiliazioni di Roger che non perdeva occasione di redarguirlo e criticarlo soprattutto perché a suo dire non portava abbastanza idee al gruppo. Rick riteneva completamente infondata l'opinione di Roger: credeva che fosse preferibile possedere un'idea chiara e profonda piuttosto che molti spunti abbozzati su cui poi sarebbero dovuti intervenire comunque lui e David. Tuttavia, Roger era fermamente convinto che bastassero le sole idee per accaparrarsi il merito del lavoro, comportamento che effettivamente adottava con regolarità. Di certo Rick sentiva che stava perdendo sempre più la motivazione e la voglia di sottoporsi a quelle continue ordalie cui lo costringeva il bassista. David si era tolto le cuffie e diede una pacca alla spalla di Nick:

“Bel lavoro, amico. Vediamo Roger che ha da dire.”

Con un sogghigno Nick si lisciò i baffi e si posizionò dietro la batteria. David raggiunse Roger impegnato a scribacchiare su uno spartito. Allungò il collo per cercare di vedere di che musica si trattasse e sporse le labbra:

“Sai che questo a Rick non piacerà per niente.”

Disse incrociando le braccia, Roger non rispose subito e finì di scrivere una nota. Si alzò e andò ad appoggiare con una certa platealità lo spartito sul piano. Si voltò con un sorriso saccente verso David che era rimasto a guardare con le braccia appuntate ai fianchi:

“Lo faccio solo per spronarlo a fare meglio.”
“Stronzate.”

Mormorò David, ma andò a sedersi vicino a Roger al mixer. Poco dopo, Rick varcò la soglia con il suo solito passo tranquillo, rivolgendo a tutti un saluto caloroso accompagnato da un gesto amichevole della mano. Nel mentre, Nick, trovandosi libero da impegni, si avvicinò a lui per uno scambio di battute disteso. La scena si svolgeva nella parte dedicata al piano, dove Rick, contrariato, prese visione della nota scritta da Roger con evidente disapprovazione: "Se questo è tutto ciò che riesci a fare, resta pure a casa." Senza esitazione, Rick accese una sigaretta, trattenendo con forza una boccata di fumo che rilasciò poi lentamente dalle narici, quasi a esprimere il suo dissenso attraverso il gesto. Nick notò la tensione e gli chiese:

“Sembri un drago che si è appena accorto che qualcuno gli ha rubato tutto il suo oro. Che succede?”
“Direi che con questo ho appena concluso una relazione di quattro anni.”

La risposta di Rick fu un gesto deciso: lasciò cadere con forza il coperchio del pianoforte, generando un rumore sonoro che echeggiò nello studio di registrazione. Gli spartiti, sospesi per un attimo nell'aria carica di tensione, precipitarono a terra come foglie portate via dal vento improvviso. Quel fragore contribuì a spezzare la corrente di asprezza nelle voci di Roger e David, facendo brevemente tacere la tempesta emotiva che si era scatenata tra loro. Nick distratto posò comprensivo una mano sulla spalla del compagno:

“Oh, mi dispiace tanto. Stai bene?”
“Hm? Oh sì, sto bene. Non era la mia relazione.”

Rick si strinse nelle spalle e si grattò la barba bionda. Sapeva che al momento avrebbe fatto male, ma la vita della band era così: una montagna russa emotiva sempre sull’orlo dello scioglimento. La domanda non era se questo sarebbe mai avvenuto, ma quando. E infatti come a dare ragione alla sua intuizione David e Roger stavano ora decisamente litigando: erano passati dal sarcasmo aggressivo-passivo di David alle aperte insolenze di Roger e ora erano uno di fronte all’altro a urlarsi in faccia, i pugni chiusi. Rick tirò su col naso e scosse la testa guardandosi le unghie. Nick sollevò gli occhi al cielo e chiese:

“Cosa dicevi sulla relazione chiusa?”
“Dovremmo separarli?”

Nick si grattò la testa scompigliando i capelli scuri meditabondo:

“Non so cosa sarebbe meglio: se si ammazzassero a vicenda o si baciassero.”
“Cristo! Non dirlo mai più, ti prego.”

Rick rabbrividì platealmente mentre un sorrisetto strisciò suo malgrado sotto i baffi. Intanto i volti dei compagni avevano cambiato colore nella foga del momento: paonazzo quello di Roger, mortalmente pallido quello di David. Erano a un tanto così dallo scattare, ma Roger in un impeto di lucidità si voltò e fece per andarsene a grandi passi. Distratto dall'intenzione di sfoderare, forse, un'ultima frecciatina nei confronti di David, Roger, completamente inconsapevole della tragedia imminente, non riuscì a scorgere l'imponente gong che si stagliava dietro di lui. Con una violenza inaspettata, il suo corpo si scontrò con la robusta struttura di legno, scatenando un'oscillazione frenetica nell'enorme piatto di metallo quasi animato di vita propria. Poi, risuonando con un fragore assordante che sembrava riempire ogni angolo dello studio, con un tonfo formidabile, si riversò su Roger che collassò pesantemente al suolo.
I compagni di band, colti di sorpresa dalla rapida concatenazione di eventi, si precipitarono immediatamente per sollevare il massiccio strumento dal corpo inerme di Roger. Steso sul pavimento come un burattino privo di vita, il bassista giaceva immobile, il volto sbiancato e contorto dalla sofferenza. Nick si chinò sul corpo dell’amico e mise una mano a pochi centimetri dalla sua bocca come ad accertarsi che respirasse ancora:

“Credete che Roger stia dormendo o è morto?”

David e Rick erano in piedi incombenti su di lui e David ancora furioso sputò con foga:

“Spero che sia morto, lo odiavo a morte.”
“Sì, anch'io.”

Gli fece eco Rick in un sussurro. In quel momento Roger tremò e aprì un occhio:

“Okay, prima di tutto, vaffanculo…”
“Oh, per fortuna stai bene!”

Nick esalò un sospiro di sollievo mentre David sospirava un già poco convinto. Nel frattempo con l’aiuto di Nick Roger si stava rialzando:

“Vieni, amico: ti aiuto! Dove ti fa male?”

Nick sostenne Roger per i pochi passi che servivano per raggiungere il divanetto e lo aiutò a sedersi. Roger si mise una mano sulla fronte:

“Mi fa male la testa. E il fianco, cazzo.”
“Fa vedere.”

David si mise una ciocca di capelli dietro l’orecchio, si chinò su Roger e ordinò:

“Alza la maglia.”
“Così, senza nemmeno invitarmi a cena?”

Scherzò Roger tirandosi la maglietta nera sopra il fianco. La zona costale presentava una vasta distesa livida, il contorno della tumefazione si stagliava con nettezza, creando una sorta di mosaico contuso e dolorante sulla superficie del costato mentre la pelle circostante era segnata da escoriazioni e graffi. David sollevò un angolo delle labbra:

“Idiota. Ti fa male mentre respiri?”
“Un po’.”
“Forse dovremmo portarlo al Pronto Soccorso. Magari si è rotto la testa o incrinato qualche costola.”

Intervenne Rick la cui voce tradiva una nota speranzosa.

“L’unica cosa che può essersi rotta qui è il pavimento, grazie alla sua testaccia.”
“Vaffanculo, Nick. Va bene?”

Il batterista ridacchiò per nulla scosso dall’offesa dell’amico. Si diresse verso il possente gong, richiamando l'attenzione di Rick. Con sforzi combinati, i due musicisti riuscirono a rialzare il massiccio strumento. David e Rick si riuscirono a procurarsi una borsa del pronto soccorso. Nel frattempo, Nick si inginocchiò vicino a Roger, cercando di valutarne le condizioni, chiese con una nota di preoccupazione nella voce:

"Come ti senti ora?"

Roger si passò una mano sulla testa.

"Mi fa male ovunque, ma penso di essere ancora intero."

Rick e David cominciarono a medicare le ferite di Roger. La scena era animata da una combinazione di movimenti frenetici e battute sarcastiche, mentre Rick suo malgrado cercava di applicare qualche cerotto sui tagli più evidenti.

"Stai fermo, Roger," ordinò David, "o rischi di fare ancor più danni."

Nick sorrise ironicamente:

"Beh, sembriamo o no un gruppo di infermieri?"

Al che Roger emise una risata sofferente:

"E anche i peggiori al mondo."

Nonostante la tensione, il clima era stranamente familiare, con la band che cercava di prendere sul serio la situazione, ma senza rinunciare al proprio spirito sardonico. Sembravano aver finito, Roger si lamentava ancora piano, David lo guardò dall’alto con un'espressione indecifrabile. Sporse in avanti le labbra in un piccolo broncio e sospirò:

“Dai, ti portiamo a casa. Judy si occuperà di te.”

Successivamente, Roger si trovava semi-disteso sul sedile posteriore della Bentley di Nick, con David al posto del passeggero e Rick che gli teneva la testa sulle gambe. Roger si morse l’interno della guancia, aveva un gran mal di testa e imputò a quello le parole che pronunciò:

“Senti Rick, per quel che vale, non era vero quello che ho scritto stamattina.”

Rick annuì, accese una sigaretta e mantenne il silenzio consapevole che quelle parole fossero quanto di più simile a delle scuse da parte di Roger. La sorpresa giunse quando quest'ultimo propose:

"Stasera, se ti va, puoi cenare da noi. Judy mi diceva che era un po' che non ti vedeva... e se sei stanco dei pasti precotti, ecco..."
"Va bene."
Interruppe Rick prima che Roger potesse incartarsi del tutto. Sui sedili anteriori, Nick e David sogghignarono compiaciuti.

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