Liebe in Bremen

di DhakiraHijikatasouji
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** LIB - 1 ***
Capitolo 2: *** LIB - 2 ***
Capitolo 3: *** LIB - 3 ***



Capitolo 1
*** LIB - 1 ***


LIB - 1


Bremen, anno 1869

I raggi del sole filtravano tra gli alberi in quella mattina di Giugno inoltrato. Tutti a Brema conoscevano quella foresta, pochi la frequentavano. Essa si estendeva almeno per un chilometro, mediamente, e la città ne restava logicamente fuori. Solamente chi doveva andare al convento o chi doveva percorrerla per forza di cose aveva il coraggio di attraversarla, oltre al permesso. Non che non fosse un posto accogliente, ma era proibito aggirarsi per quelle parti senza una buona motivazione, specialmente se eri un uomo. Il convento di Brema era uno di quelli di clausura per le suore. Per suore costrette, imprigionate e obbligate a seguire una fede che dovevano professare, recitando completa devozione e amore nei confronti di Cristo. Tra loro c'era anche chi aveva scelto quella strada, chi era consapevole di cosa stava facendo e gli andava bene, ma erano eccezioni. Perciò agli uomini non era permesso percorrere la foresta, che poi non c'era nessuno che effettivamente controllasse, stava al loro buon senso e lì, a Brema, tutti stavano alle regole e, dato che si conoscevano più o meno tutti, fare la spia era facile, perciò nessuno si azzardava a disobbedire. Più che una legge, quella pareva una tradizione che andava avanti da anni. Però quel giorno, sotto un sole prematuramente cocente, il pianto di un bambino riecheggiò in quella foresta. Era forte, squillante...così insopportabile che alla fine un gruppo di suore dovette dargli retta. Spalancarono la portoncina di legno, incorniciata in un portone molto più spesso e massiccio, utilizzato generalmente per le carrozze che raramente lasciavano o entravano in quel posto.

- Oh santo cielo- Suor Kora, la più giovane delle tre, si chinò a prendere in braccio quella creatura che se ne stava sul suolo, a disperarsi, avvolta solamente in un panno bianco, maledettamente sporco di terra. Aveva il faccino pallido nonostante la luce del sole avesse battuto sulla sua pelle per tutto quel tempo, gli occhi stretti, lacrimoni che solcavano le sue guance contratte e la bocca priva di denti spalancata. La donna guardò le altre due, che osservavano il neonato con la stessa espressione: tra il preoccupato e lo sbigottito. Nessuno fino a quel momento aveva lasciato un neonato nei pressi del convento di Brema.

- Che sia di una passante?- Domandò suor Wilma, la quale aveva iniziato ad accarezzare il viso del bambino per calmarlo.

- In tal caso sarebbe un problema, noi non possiamo tenerlo-

- Ma...è un maschio?- Suor Delia sollevò con la mano il panno, così da poter controllare.

- Ma certo che è un maschio!- In tutto questo il bambino non aveva accennato a calmarsi e a smettere di sfogare la propria ugolina e i propri polmoni.

- Buongiorno- Una voce piccola si palesò e le tre si voltarono dietro di loro. In piedi, con occhi curiosi, stava una bimba. I suoi inconfondibili capelli mossi, di un biondo glaciale quanto il suo sguardo, e il suo sorrisino birbante, facevano intendere che aveva voglia di sapere che cosa stava succedendo.

- Christel, non dovevi stare con Suor Margaret?- Ella scosse la testa e si avvicinò per controllare. Aveva solo cinque anni, quindi si dovette mettere sulle punte e ugualmente non distinse niente. Così saltellò.

- Voglio vedere! Che cos'è?- Suor Kora la oltrepassò, ignorandola, sperando che in questo modo la smettesse di chiedere e di saltellare a destra e a manca come una scimmietta.

- Dobbiamo andare dalla Suora Madre- Decretò senza tante cerimonie e venne seguita rapidamente dalle altre due che avevano imitato il suo esempio, lasciando perdere la piccola Christel. Anche lei era orfana, di cinque anni. I suoi genitori erano stati uccisi da dei briganti nella foresta di Brema e lei era riuscita a fuggire. Tutto questo era successo giusto pochi mesi fa, e per questo il trauma la induceva sempre a cercare l'amore in chiunque, o perlomeno la considerazione. In realtà i briganti l'avevano risparmiata giusto perché lei era una bambina piccola e comunque non avrebbe potuto fare niente. Con le sue gambette era arrivata al convento e le suore l'avevano subito accolta per istruirla e farla diventare una di loro. A Christel andava bene, purché avesse un posto dove mangiare e dormire. Aveva pianto tanto la morte dei suoi genitori, ma quella novità quel giorno l'aveva resa inspiegabilmente contenta. Voleva assolutamente sapere che cosa stavano nascondendo e lo voleva sapere adesso! Andò dentro il convento e salì le scale a due a due per raggiungere l'ufficio della Suora Madre. Una volta nei pressi, trovò la porta socchiusa e si appostò lì dietro per spiare. Nessuno avrebbe potuto dirle che cosa fare. Lei avrebbe sempre ottenuto tutto ciò che voleva, sempre.

- Certamente questo è un bel problema- Si pronunciò la Suora Madre. - Se fosse stata una bambina come Christel avremmo potuto adottarlo, ma così...sono proprio combattuta- Intanto il bambino si ciucciava il pugnetto. Aveva smesso di piangere da un po' e fissava quella stanza grigia con i suoi occhietti vispi. - Siamo sicuri che i suoi genitori non possano essere rintracciati?-

- Possiamo rivolgerci al commissariato, ma se non fosse possibile...-

- Potremmo darlo in adozione ad un'altra famiglia di Brema, una benestante logicamente. Per esempio il generale Klum ha solo una figlia ed è un uomo dell'esercito, sicuramente saprebbe crescere questo bambino nel migliore dei modi- Provò Wilma, ma vide dalle espressioni delle altre che non erano molto d'accordo con lei.

- Il generale Klum non è un uomo al quale vale la pena dare altre rogne. Conosciamo tutti in paese il suo carattere. Quell'uomo è nato nell'esercito e ci morirà- Le altre convennero con Kora, la quale non poteva staccare gli occhi da quel neonato che la fissava a sua volta. Gli sorrise e il bimbo le afferrò una ciocca di capelli che usciva dal suo copricapo iniziando a tirarla un po'.

- Sorella- La riportò all'ordine la Suora Madre, la quale aveva notato come la donna stava osservando quella creatura. Kora era una ragazza molto giovane, aveva da poco compiuto venti anni. Era minorenne e non avrebbe potuto prendersi cura di un bambino se questo fosse stato riconosciuto dal municipio, ma se nessuno lo avesse fatto presente, se la patria potestà del piccolo fosse andata al convento in generale, nessuno l'avrebbe saputo mai.

- Vi prego di scusarmi- Tuttavia riabbassò gli occhi verso il bambino. Lui ne aveva due scuri, di un marrone che pareva nascondere tanti misteri celati dietro. Era veramente molto ipnotizzante il suo sguardo. La Suora Madre sospirò.

- Non credo che sia necessario avvertire il commissariato-

- Come?- Domandarono le tre all'unisono, con gli occhi sgranati per la sorpresa.

- Ho un'idea migliore, solo che prima voglio che giuriate che nessuno oltre noi sa di questo bambino-

- Ma...la piccola Christel ci ha viste mentre venivamo qui e ha chiesto di lui-

- Non ci voleva...e adesso dov'è?- Prima che le donne potessero contestare la loro ignoranza al riguardo, la bimba fece il proprio ingresso presentandosi davanti alla scrivania della Suora Madre, la quale sospirò sollevata del fatto che non fosse andata a sbandierare tutto ai quattro venti.

- Sono qui-

- Bene. Adesso promettete: nessuno di noi, e ripeto, nessuno dirà che questa bambina in realtà è un bambino- Questa idea lasciò sbigottita perfino Christel, che spalancò la bocca confusa. Come sarebbe stata possibile una cosa del genere?

- Come!? Volete che cresca come una donna? Ma non è possibile...crescendo gli potrebbe spuntare la barba...-

- La raderà-

- E il fisico...-

- Suor Delia controllerà la sua dieta affinché mangi la razione giusta del minimo indispensabile, così che rimanga magro-

- E...i capelli?-

- Non li taglierà mai, solo in caso di doppie punte e se ne occuperà Wilma. Inoltre per il desiderio sessuale, lo educheremo così che non sappia neanche che cosa sia, in modo tale che non provi l'impulso che lo spinge a desiderare il piacere carnale- Le donne rimasero tutte in silenzio, molto probabilmente a meditare su questa decisione, se fosse giusta o se stessero rischiando qualcosa, se non fosse successo niente o stessero per commettere l'errore più imperdonabile. Fino a quanto avrebbero potuto mantenere questo segreto?

- E come lo chiameremo?- Chiese Suor Wilma, l'unica che ebbe l'ardire di pronunciare qualche parola.

- Potrebbe essere Kora a dargli il nome, in fondo sarà anche la sua madrina- La ragazza sgranò gli occhi, non aspettandosi minimamente un simile onore.

- Davvero? Me lo permettete?- La Suora Madre sorrise annuendo e Kora non poté evitare di mostrare tutta la propria felicità per questo. Avrebbe cresciuto lei quel bambino, gli avrebbe insegnato le cose più importanti e tutto questo assurdo, folle, piano dipendeva da lei per la maggior parte. Avrebbe dovuto spiegargli come mai lui possedeva un fisico differente e insegnargli a mantenere il silenzio, le regole e a rispettarle. Non vedeva l'ora.

- Allora io la chiamerò...Yasmin-

- Con l'accento sulla i?- Kora annuì dando un bacetto sulla fronte del bambino come per battezzarlo. A quel pensiero si irrigidì.

- Madre, non sappiamo se è stato battezzato...-

- Organizzerò tutto a tempo debito con il parroco. Intanto ponetegli addosso dei vestiti e diffondete la notizia di Yasmin...-

- Aspettate!- Si pronunciò improvvisamente la piccola Christel che non aveva avuto modo di parlare in tutto quello e aveva qualcosa da dire. - Ma io voglio dargli un nome da maschio!-

- Come mai?-

- Perché sarà mio amico- Rispose lei semplicemente. - E so che è un maschio e voglio chiamarlo con un nome che ho scelto io- Le donne erano un po' preoccupate che la cosa potesse andare a monte, ma in fondo Christel non era una bambina molto vivace o chiacchierona. La Suora Madre si chinò alla sua altezza.

- Va bene, Christel. Sentiamo, che nome vorresti mettergli?-

- Bill!- Esultò lei con un enorme sorriso. Nessuno le chiese il motivo di quel nome, ma semplicemente la presero per buona. 

- Va bene, così sia. Il bambino si chiamerà Bill e la bambina Yasmin, adesso andate e mi raccomando, esigo la massima segretezza. Pena corporale a chiunque di voi disobbedirà o si lascerà scappare una parola di troppo- Tutte uscirono dall'ufficio con i brividi a fior di pelle per quell'avviso e Christel iniziò a saltellare attorno a Kora per dare a tutte la lieta notizia della nuova arrivata.

***

13 anni dopo... (anno 1882)

Tutto andò come previsto. Bill crebbe senza mai sapere delle proprie umili origini, con il sorriso sulle labbra e con un'energia da vendere. Con Christel, che ormai aveva 18 anni, correva in qua e in là, giocavano insieme. La loro differenza d'età non era un ostacolo. Si volevano bene come sorelle e nessun'altra suora a parte Kora, Delia e Wilma sapeva della sua incognita. Bill stava bene lì dentro. Certo, trovava noiosa la messa del mattino, le preghiere durante il giorno, ma trovava invece molto interessante leggere la Bibbia insieme a Christel nel cortile della scuola e commentare le righe. Una volta li aveva beccati la Suora Madre e li aveva rimproverati perché stavano commentando le parole del Signore e a lungo commentare esse possono essere messe in dubbio, cosa ritenuta sacrilega. Bill doveva imparare a tenere a freno la propria testa. Era molto intelligente per la sua età e questo per una donna era ritenuto dono del Diavolo. Christel aveva imparato molto prima a starsene al posto suo e cercava di insegnarlo anche a Bill, visto che Kora era stata recentemente trasferita in un altro convento. A detta della Madre, era stato un trasferimento "necessario". Non aveva aggiunto altro, ma le lacrime di Bill non avevano riparato alla questione. Bill ormai considerava Kora come sua mamma ma adesso si affidava totalmente a Christel per qualsiasi cosa avesse bisogno. Per esempio dormivano nella stessa stanza e non era più Wilma a prendersi cura dei suoi capelli ma lo faceva lei. Il Signore doveva aver ascoltato le preghiere della Suora Madre in quanto Bill stava crescendo con un aspetto sempre più androgino. Aveva le ciglia lunghe, la pelle pallida, i capelli neri e molto lunghi, il corpo magro e sinuoso.

- Yasmin sta crescendo davvero bene, non lo credete anche voi?- Chiese Suor Anabel guardando il diretto interessato che stava giocando a dama con Christel. Bill voleva imparare anche gli scacchi ma era ritenuto gioco di azzardo e perciò non era ammesso tra le mura di quel convento.

- Sta crescendo anche troppo bene- Rispose la Suora Madre molto seria e corrucciata.

- Che intendete dire?-

- E' bella, troppo bella-

- Ma questa è una cosa positiva, no?- Sì, forse si stava preoccupando troppo. La bellezza di Bill era efebica e aveva un sorriso che avrebbe ammaliato qualsiasi uomo e donna. Se da un lato Dio l'aveva ascoltata, dall'altro il Diavolo non aveva inteso a sordo. Ogni giorno che passava, la donna pensava al proprio piano e dubitava sempre di più che la cosa sarebbe andata a finire bene, ma dopo 13 anni, non poteva lasciar perdere, doveva portare a termine la sua opera fino alla fine. 

- Sì...solo che pensavo ad una restrizione-

- Una restrizione?- Annuì. - In che senso?-

- Yasmin non uscirà mai dal convento, non andrà mai al mercato né mai visiterà le strade di Brema. E' un tesoro troppo prezioso per essere lasciato libero- E detto questo, abbandonò il cortile, lasciando Suor Anabel con un sacco di domande, mentre la voce di Bill lo invadeva con la propria risata e felice gridava: "Dama!".

***

- Nel nome del padre, del figlio e dello spirito santo...amen-

- Amen- Risposero tutte in coro prima che il parroco dicesse loro che potevano andare in pace. Il prete era l'unico uomo che poteva essere presente nel convento ed era lì esclusivamente per celebrare le messe. Ogni suora era tenuta ad andarci giustamente, così da ascoltare e professare la parola di Dio. Bill e Christel erano due birbanti incontenibili. Si davano sempre i pizzicotti o si giocavano degli scherzetti tra un sermone e l'altro. Erano stati ripresi più volte dalla Suora Madre ma loro continuavano perché avevano voglia di divertirsi e stare lì dentro li annoiava. Christel però riusciva a sfogarsi quando accompagnava le altre in giro per Brema a fare compere o svolgere commissioni. Bill invece doveva rimanere tra quelle mura e la salutava sull'uscio del portone aspettandola sbuffando fino a quando non rientrava. In quelle orette era sempre triste, non voleva né giocare né parlare con qualcuno. Pareva molto Änne, una ragazza di colore arrivata lì da qualche anno, che se ne stava continuamente sulle sue a disegnare per terra con un bastoncino. Era davvero triste, ma Bill non ci aveva neanche mai parlato. Sapeva di star sbagliando, che avrebbe dovuto cercare di farci amicizia o perlomeno di non farla sentire abbandonata, ma non gli interessava, perciò preferiva restare da solo a sognare di poter lasciare quel posto prima o poi. Aveva studiato, perciò sapeva che fuori da quella prigione non c'era il nulla ma un mondo tutto da scoprire, un mondo che lo aspettava! Tutti lì dentro continuavano a ripetergli quanto fosse sbagliato che avesse quella voglia di conoscere, ma lui non comprendeva perché! Ulisse aveva messo a repentaglio tutto per amore della conoscenza! Seneca era morto per lo stesso motivo! Bill desiderava comprendere il perché di tutto ciò che accadeva! Come quando aveva visto Christel nuda e si era chiesto come mai lei fosse così diversa e aveva dovuto domandare a Kora. Ella le aveva risposto semplicemente che esistono due generi nel mondo: maschi e femmine, che Christel era una donna e in quanto tale le sarebbe cresciuto il petto e tra le gambe non possedeva niente. Poi c'erano i maschi, che non avevano il seno ma possedevano un membro. Bill però non si era fatto bastare quella spiegazione. Voleva sapere di più. Perché uomo e donna erano così diversi? Perché si innamoravano? Come facevano a riprodursi? Tutte domande lecite ma alle quali non riusciva a trovare una risposta. Sapeva solo che era condannato all'eterna solitudine. La Suora Madre aveva imposto senza una ragione di non farlo uscire e quelle mura grigie erano tutto ciò che poteva vedere dalla mattina alla sera. Voleva essere libero e felice. Desiderava provare nuove emozioni e chiedersi perché. Della noia invece conosceva ogni più minimo aspetto. A volte pure con Christel si annoiava ed ella lo sapeva e le dispiaceva perché poteva capire quanto fosse frustrante. Una mattina soleggiata, Christel lo aveva trovato già pronto a sedere sul letto, con il velo leggero per le novizie e non pesante come il suo - dato che lei era già suora - la veste e anche le scarpe. Si rigirava tra le dita una margherita che aveva trovato e che stava lentamente appassendo, come la sua anima.

- Bill...tutto a posto?-

- No- Ed era tremendamente sincero. Non poteva mentire alle persone che amava, quindi sapeva che non avrebbe mai tenuto un segreto con Christel, neanche sul suo stato d'animo.

- E perché?- Ella si alzò dal letto e Bill la osservò. Sì, proprio come gli aveva detto Kora. Il seno le era cresciuto e sotto non aveva niente mentre lui, se si toglieva tutto, aveva un rigonfiamento in mezzo alle gambe che faceva intuire la presenza di qualcosa. Più la osservava e più non comprendeva. Christel era bellissima, aveva i capelli di quel biondo quasi platinato, mossi, che le arrivavano poco più giù delle spalle. Soleva tagliarseli a caschetto quando non li sopportava più. E i suoi occhi di ghiaccio facevano quasi impressione e la sua pelle chiara...pareva venisse dalle nevi.

- Perché sono stanco di rimanere qui dentro. Io voglio uscire, vorrei seguirti quando vai al mercato e avere qualcosa di nuovo da raccontare! Invece odio quando mi chiedono che cosa ho fatto oggi perché risponderei "pregare pregare e pregare"! E loro pensano che io preghi per Dio ma io non lo faccio per lui, io lo faccio per me! Vorrei...vorrei essere libero almeno un po'- Cadde sdraiato. - Io non so perché la Madre abbia tanta paura. Che cosa posso fare io al di fuori di qui che tu non fai? Cosa?- Christel sapeva il motivo ovviamente. Anche lei pensava che Bill fosse davvero affascinante e più volte aveva fatto pensieri che non avrebbe dovuto e si era dovuta andare a confessare. Anche il parroco conosceva tutta la verità ma era obbligato a mantenere il silenzio. La confessione era l'unico momento dove la loro anima era leggera perché potevano dire qualsiasi cosa ed essere sicuri che non sarebbe uscito da quelle mura. 

- Non lo so, Bill, ma se è stato detto così, io non posso trasgredire un ordine- Bill scattò immediatamente in piedi, preso dalla rabbia.

- Ma un ordine che non ha senso può essere trasgredito!-

- Ma se fosse fatto per il tuo bene e tu questo non lo sai!?- Il moro si irrigidì un secondo.

- Se fosse fatto per il mio bene non avrei la sensazione di star morendo ogni giorno che passa...- Christel deglutì ad udire quelle parole, piene di tristezza e rammarico per starsi perdendo ogni prezioso giorno di vita chiuso in quel convento. Non l'aveva deciso lui e Christel poteva ben comprendere che cosa sentisse. Anche lei aveva avuto un periodo di crisi dove piangeva la notte e urlava che pareva una pazza. Stavano per rinchiuderla nelle celle di clausura, posto del sotterraneo dove ci vanno a finire le suore uscite di testa, spesso per amore. - Christel, io c'ero- Lei alzò lo sguardo incontrando i suoi occhi. Aveva compreso a che cosa stava pensando. - Io ero lì, tutte le notti che gridavi...tutte le notti che piangevi...tutte le notti che volevi farla finita e ammazzarti. Ora ti sei come spenta, ma io non voglio essere così, non voglio rinunciare a ciò che sono per assecondare qualcosa che non ha senso!- La ragazza rimase a fissarlo. In quegli occhi marroni pareva esserci l'universo, come se Dio gli avesse fatto questo dono immenso. Sospirò.

- Dobbiamo andare a messa...- Lo oltrepassò ma Bill le afferrò prontamente il polso.

- Christel...!- E lei glielo tolse con la stessa velocità.

- Dobbiamo andare a messa, Bill. Non una parola di più su questo argomento...per piacere- E non lo calcolò più, iniziando a prepararsi in silenzio. Bill la stava odiando in quell'istante. Come poteva non capirlo!? Come poteva ignorare i suoi sentimenti sapendo anche che cosa si provava!? Il moro infatti non l'aspettò neanche ma se ne andò via sbattendo la porta, lasciandola nel silenzio di quella stanza improvvisamente gelida.
Quella fu l'unica volta a messa che le suore furono contente del loro comportamento. Bill non parlò per tutto il tempo e non infastidì in alcun modo Christel, che dentro al suo animo soffriva per quello che era successo. Non aveva mai discusso in quel modo con Bill. Certo, a volte erano arrivati ad urlarsi addosso, ma era perché la pensavano differentemente. Mai era accaduto che uno di loro dovesse proteggere una bugia e per questo mettere a repentaglio il loro legame. Bill leggeva le sacre scritture e cantava sottovoce senza gettarle neanche uno sguardo, nonostante fosse accanto a lui. Quando il prete annunciò la fine della messa, sembrava essere passata un'eternità. Bill si tolse dalle file e se ne andò senza logicamente aspettarla. Per Christel era una punizione più che sufficiente. Non sopportava l'ignoranza delle persone che amava. Lo inseguì fino a fuori e lo fermò per il velo, togliendoglielo dai capelli, liberando la sua distesa corvina. Bill si pose le mani sulla testa, come allarmato, e si voltò immediatamente.

- Ridammelo! Lo sai che non lo posso togliere!- Glielo strappò di mano e se lo rimise con la rabbia che lo faceva tremare. Era ancora molto nervoso.

- Yasmin, ti prego...mi dispiace- Quando c'erano le altre suore attorno non poteva chiamarlo Bill. Dopo 13 anni ancora nessuno aveva scoperto niente e non potevano cedere proprio adesso, sarebbe stato da stupidi.

- Non voglio ascoltarti. Tanto sai solo scusarti, ma non rimedi mai- Si allontanò e Christel lo seguì in silenzio. Arrivarono fino a degli alberi che ombreggiavano piacevolmente il cortile, rinfrescandolo almeno un po' in quelle giornate di inizio estate. - Per quanto hai intenzione di starmi appresso?-

- Non mi interessa se sei arrabbiato con me, va bene? Se non riesci ad ignorarmi vuol dire che ciò che faccio o dico ti fa provare qualcosa- Il moro continuava a fissarla, cercando di intuire cosa l'amica volesse dirgli. Lei invece pensava che non era colpa sua, non era dannatamente colpa sua se era bello più di qualsiasi donna presente lì dentro e più di qualsiasi uomo presente là fuori. Anche adesso che la fissava non poteva ignorare i brividi sulla spina dorsale. - Vieni al portone tra un'ora, e cerca di non dare troppo nell'occhio per piacere- E detto questo, se ne andò via. Bill dopo qualche secondo realizzò e sul suo viso si dipinse un sorriso incredulo e felice. Solo che poi si ricordò che non doveva dare nell'occhio e allora aveva sollevato la Bibbia davanti al viso, così che non avrebbe dovuto sforzarsi a cancellare la propria felicità.

***

- Come ti sembrano?-

- Impeccabili, come sempre- Tom sorrise del suo operato. Aveva imparato questo lavoro da suo padre dato che spesso doveva rimanere in negozio con lui quando era ancora in vita. Tom lo aveva perso quando era molto giovane e la madre non aveva più voluto saperne di vivere a Brema e si era trasferita ad Amburgo. Tom invece aveva continuato quella professione, anche perché guadagnava abbastanza e sarebbe stato da sciocchi farsela scappare. Era un parrucchiere e barbiere, faceva di tutto, sia uomini che donne. Aveva un salone tutto proprio dove faceva sentire bene i clienti, come fossero a casa loro. Ci teneva particolarmente visto che i suoi non erano semplici clienti, ma persone di una classe sociale più elevata della maggior parte della popolazione di Brema. Una di quelle era Heidi, figlia del generale Klum. Avevano entrambi 24 anni e Tom sapeva che Heidi desiderava sposarlo. Non glielo aveva mai detto esplicitamente, ma era sufficiente prestare attenzione ai suoi atteggiamenti.
Ella si alzò dalla sedia ammirando un'ultima volta i propri nuovi capelli. Ogni volta che veniva voleva che fosse Tom ad occuparsi di lei e se ne accertava sempre quando prenotava. Diceva che nessuno aveva delle mani come le sue, che i suoi capelli erano delicati e che dovevano essere trattati da chi davvero ne sapeva qualcosa, sminuendo il resto del personale. Questi si era difatti lamentato con Tom, che non era un datore di lavoro severo, e lui aveva esplicitamente risposto: "Ragazzi, sono messo peggio io di voi. Semplicemente sopportatela. Arriverà un giorno che Dio ripagherà la vostra pazienza"...sì, certo, ma quel giorno stava tardando anni ad arrivare. - Ma come fai ad essere sempre così infallibile?-

- Anni di esperienza suppongo- Rispose iniziando a spazzare per terra i capelli che le aveva tagliato, con il capo chino e la speranza che se ne andasse il prima possibile. Era un disagio tutte le volte.

- Tom-

- Dimmi-

- Mio padre ti avrebbe invitato a cena a casa nostra stasera- Tom alzò gli occhi al cielo senza farsi vedere. Il generale Klum era favorevole a queste nozze che avevano programmato senza chiedere al presunto sposo e cercava di aiutare sua figlia in tutto e per tutto. 

- Sono impegnato a lavoro, non credo che potrò essere presente- Declinò con gentilezza.

- Anche oggi? Ma non è che lavori troppo?- Sbuffò lei contrariata dall'ennesimo rifiuto.

- Lavoro quanto c'è da lavorare, Heidi. Mi piace lavorare- "Contrariamente a te" pensò, senza aggiungerlo. Sperava che così la donna si decidesse a levarsi dalle scatole ma questa invece assunse degli occhi a cuore pazzeschi che fecero rabbrividire anche lui.

- Sei sempre più affascinante ogni giorno che passa, soprattutto quando fai così-

- Ehm...così come?- Si allontanò indietreggiando, però lei si avvicinò pericolosamente sfiorandogli la barba con le dita e cercando di baciarlo, ma Tom si ritrasse. - Heidi, siamo in pubblico, non sta bene- E poi non voleva, diamine! Ma quanto poteva essere ottusa!? Ma non esistevano donne intelligenti in quel contesto sociale!? Tom era quasi stanco di essere circondato sempre dalla stessa gente pettegola e sfacciata, che credeva che tutto le fosse dovuto e le appartenesse solo perché possedeva il dio denaro! Desiderava quel qualcosa di nuovo, che arrivasse quel giorno tanto atteso dove tutto quello avrebbe avuto una fine...ma non succedeva mai.

- Signor Kaulitz!- Tom venne distratto dal grido di un uomo fuori dal suo negozio, il quale aveva aperto la porta affacciandosi soltanto. - Vi ho portato i prodotti che avevate ordinato- Aprì del tutto la porta bloccandola, così da poter scaricare la carrozza con un pensiero in meno.

- Aspettate, vi aiuto!- Tutto pur di scappare dalle grinfie di Heidi, la quale era ancora lì, imbronciata che aspettava le sue attenzioni. Tom fuggì fuori e aspettò che l'uomo gli desse quegli scatoloni, impilandoglieli sulle braccia come se dovesse fare l'acrobata. Riuscì a reggerne tre, poi gli disse di smettere, che il resto lo avrebbe preso dopo. Il tempo di voltarsi e di fare i primi tre passi che sentì le campane della chiesa e qualcuno gridare:

- Stanno suonando mezzogiorno!- Ridendo. Quello fu l'attimo in cui qualcosa accadde. Quel qualcuno si schiantò contro gli scatoloni che stava trasportando e Tom si sbilanciò cadendo a terra con tutti i prodotti sparsi per la piazzola. Dio, che botta. Aveva colpito la ruota della carrozza con la schiena. Ma chi diamine era che non guardava quando camminava!? Che poi camminava!? Sembrava che stesse correndo la maratona di Filippide! - Oddio, mi dispiace tanto! State bene?-

- Sì sì...- Rispose superficialmente prima di schiudere del tutto gli occhi e vedere chi aveva combinato questo disastro. Degli occhi marroni coprirono completamente la sua visuale, inteso che non c'era nient'altro che quelli, quella persona li aveva enormi e lo osservava con circospezione da molto vicino. Tom ne rimase colpito...erano davvero bellissimi. Ma chi era?

- Davvero? Aspettate, vi aiuto a rimettere tutto a posto- Quella che parve essere una novizia, si affannava a prendere i vari prodotti e a rimetterli tutti dentro lo scatolone che si era aperto senza sapere se stava facendo bene oppure no. Tom la osservava un po' confuso. Stava ancora realizzando chi realmente fosse quella persona. Non l'aveva mai vista per le strade di Brema. Si avvicinò bloccandole il suo polso fine e questa si voltò di scatto incontrando il suo sguardo.

- Non è necessario...- In quell'istante Bill non seppe che cosa provò. Una sensazione strana gli stava facendo agitare qualcosa nello stomaco. Chi diamine era quell'uomo? Perché lo teneva così? Perché lo guardava in quel modo? Arrossì senza volerlo e si sentiva terribilmente fuori posto...

- Tom!- Heidi accorse fuori.

- Yasmin!- E pure Christel li raggiunse con le borse tutta affannata. - Che disastro...-

- Certo che avreste potuto stare più attenta!- La rimproverò quella donna con un'aria così spocchiosa e sfacciata che Bill chinò lo sguardo per vergogna. Non era mai stato sgridato da un'estranea e questo lo poneva un po' a disagio. Difatti non stava dicendo più una parola. - Ma dico, non guardate dove mettete i piedi?-

- Vi prego di perdonarla, è un po' maldestra...- Cercò di salvarlo in calcio d'angolo Christel aiutandolo a rialzarsi. Bill continuava a tenere lo sguardo chinato per non incontrare nuovamente gli occhi di quelle due persone. Provava delle brutte sensazioni. O meglio, non era sicuro che quella con l'uomo fosse stata propriamente brutta...ma non si era sentito bene. - Andiamo, Yasmin- Gli sussurrò all'orecchio. - Vi prego di scusarci per l'accaduto. Se qualcosa si è rotto, farò riferimento al convento e vi sarà rimborsato il denaro-

- Non importa, sorella. E' stato solo un incidente, può capitare a tutti- Le sorrise cordialmente Tom cercando Bill con lo sguardo, il quale nel frattempo si stava nascondendo dietro la sua amica, e lei si era accorta di questo e naturalmente lo percepì come una minaccia.

- Bene...vi ringrazio. Allora io e Yasmin ci congediamo, con permesso e che Dio vi benedica- Avvolse le spalle di Bill con un braccio e se la portò via. Era successo sicuramente qualcosa in quell'istante ma Christel non voleva pensarci più di tanto. Non gli era piaciuta affatto quell'atmosfera e quegli sguardi. Sembrava come se...no, sicuramente si era sbagliata. Adesso doveva solamente riportare Bill al convento sperando che la strigliata che si sarebbero beccati non sarebbe stata così brutale. Sperava solo che il moro dimenticasse in fretta quanto successo, che questo non rovinasse la bella giornata spensierata e felice che stava passando al mercato. E forse il disastro al quale si riferiva prima non erano di certo le bottiglie di prodotti per capelli che erano state sparse sulla piazza.

***

Come immaginavano, la punizione fu abbastanza tosta. Per il resto della giornata, Christel e Bill furono chiusi dentro una stanza a ripetere l'intero rosario con solo due pause. Fu qualcosa di così orribile che ad un certo punto Bill iniziò a piangere. Troppe emozioni stavano combattendo nel suo animo e lui odiava quando non riusciva a capirne il motivo! Continuava a pregare con la fronte appoggiata ai gradini dell'altare, le mani congiunte a fatica e le ginocchia che dolevano. Le punizioni non erano solo morali lì dentro ma anche fisiche. Era capitato pure che circolassero voci di frustate e forse Bill doveva ringraziare di non essere incappato in questa decisione, ma la sua vita era uno schifo comunque. Non ce la faceva più a contenere tutto il dolore che provava ogni giorno. Il suo sorriso altro non era che una maschera. Solamente quel giorno al mercato poteva dirsi sincero, prima che quell'incontro con quell'uomo glielo spegnesse nuovamente, senza una ragione. Non sapeva che cosa provare e questo lo stava facendo impazzire. Christel non poteva fermarsi o sennò lo avrebbe consolato, ma se si fossero arrestati avrebbero prolungato la punizione di un'altra ora e perciò lei doveva continuare con il sottofondo del suo migliore amico che si disperava, che aveva il coraggio di tirare fuori tutto, anche se sarebbe stato inutile. Trascorso quel tempo, la porta della stanza di aprì e vi entrò Änne, che, nonostante fosse cresciuta tanto diventando davvero una bella ragazza di 14 anni, non cessava di indossare quello sguardo timido che avvertiva prima del suo "mutismo".

- Potete uscire adesso- Esalò debolmente. Christel sentì un dolore lancinante alle ginocchia quando si mise in piedi e aiutò Bill a fare altrettanto, asciugandogli il viso con le dita. Aveva ancora gli occhi rossi e singhiozzava silenziosamente.

- Questo è il prezzo per la libertà, Bill- Gli sussurrò abbracciandolo e lasciandolo sfogare. Änne stava lì sulla porta e non si azzardava a muoversi. Teneva le mani dietro la schiena, intrecciate, e li fissava. Nessuno avrebbe saputo dire che cosa provasse realmente. - Dai, adesso basta piangere, è tutto finito. Domani parliamo con la Suora Madre e sarà come se tutto questo non fosse mai successo- Christel però non sapeva che Bill non temeva ciò sarebbe potuto rimanere nella memoria degli altri, ma che quella donna avrebbe rinforzato ancora di più le restrizioni chiudendolo nella sua stanza oppure confinandolo nella cella di clausura. Adesso aveva terribilmente paura. Tremava tra le braccia di Christel che si stava maledicendo per averlo accontentato. Se non lo avesse fatto tutto quello non sarebbe accaduto! Ella lo condusse verso la porta e Änne si scostò per farli passare. Christel le sorrise amorevolmente, accarezzandole il viso. - Ti ringrazio, Änne- E la ragazza sorrise, sempre timidamente, senza contestare, e poi se ne andò via. Bill in quel gesto aveva notato qualcosa di strano. I suoi occhi, arrossati dal pianto, si erano fatti d'un tratto confusi. Però inspiegabilmente quella tenerezza gli aveva innescato un moto di contentezza che si era espresso sul volto. - A che cosa pensi?-

- Niente...-

- Bill...-

- Dai, andiamo, voglio sciacquarmi il viso prima di andare a cena-

- Va bene...- Il cuore di Christel stava battendo per la paura adesso. Bill aveva visto. Che idea si stava facendo? Che cosa stava pensando di lei? Perché non gli aveva risposto prima? Era così scabroso che non poteva essere neanche pronunciato? Già, anche lei sentiva di farsi schifo. Forse era bene smetterla prima che fosse troppo tardi.

***

- Conosci Änne?- Le domandò Bill una volta chiusi nella loro stanza, ognuno sdraiato nel proprio letto. Era la domanda che Christel temeva più di qualsiasi altra. Deglutì.

- Sì- Rispose semplicemente.

- Ma non ti ho mai visto parlare con lei...-

- Bill, perché me lo hai chiesto?-

- E perché tu non puoi semplicemente rispondere come se fosse una normale conversazione?- Christel sbuffò e stette per contestare, ma Bill la precedette. - Perché non lo è, vero?- La stava mettendo con le spalle al muro e questo non lo sopportava.

- Che cosa intendi dire?-

- Senti, se andiamo avanti a domande non troveremo mai le risposte!-

- Ma che risposte pensi di trovare? Bill, sono stanca e se non riesci a mettere un freno ai tuoi pensieri non è colpa mia!- Sbottò in autodifesa girandosi dall'altra parte dandogli le spalle. Il moro rimase un secondo a fissarla incredulo. Non aveva mai visto Christel così agitata. Era come se gli stesse nascondendo qualcosa. Insospettito, si alzò dal letto e attraversò la stanza ponendosi in ginocchio accanto al suo materasso e gli punzecchiò la schiena.

- Non hai una nuova migliore amica, vero?- Sussurrò debolmente, quasi con paura di parlare. Christel decide che si era comportata non proprio bene con il suo amico e iniziò a ridere liberando qualche lacrima fuggiasca. Si voltò dalla sua parte e lasciò che Bill le asciugasse il viso. - Diciamo di essere amiche però non parliamo mai di quello che sentiamo...di ciò che davvero vorremmo per noi stessi- La ragazza si chiedeva come faceva Bill, all'età di quasi 14 anni, a fare pensieri così profondi. Che ne voleva sapere della vita adesso? Beh, neanche lei che aveva 18 si sentiva di saperne qualcosa in fondo. Forse non c'era proprio un età per comprendere la vita. Forse la vita non si comprendeva mai davvero, ci si illudeva e basta.

- No, Bill. Non ho una nuova migliore amica. Änne è solo...una ragazza...che ho imparato ad apprezzare con il tempo- Il moro si sentì sollevato a quelle parole e sorrise pieno di gioia, stendendosi accanto all'amica che nel frattempo gli aveva fatto spazio.

- Adesso posso dormire tranquillo- Sentenziò.

- Eri davvero geloso?- Chiese in tono scherzoso.

- Buonanotte, Christel-

- Dai, Bill...sei geloso?-

- Ho detto buonanotte- La giovane finì di ridere e si voltò nuovamente dall'altra parte. Le labbra si inclinarono ben presto verso il basso e quella risata si trasformò in un pianto sommesso. Christel sentiva di non stare bene. Il fatto di avere Bill vicino non la curava, non bastava. C'era qualcosa nel suo animo, qualcosa nella sua mente, che la spingeva verso un indefinito che l'avrebbe accompagnata solamente nella tomba.

***

Il giorno seguente...

Bill se lo sentiva nell'anima che la Suora Madre non avrebbe potuto fare a meno di convocarlo. Stringeva tra le mani il proprio rosario, molto nervosamente, mentre si affrettava per i corridoi del convento rivolgendo dei saluti veloci a destra e a manca. Non era mai buono fare aspettare quella donna, era molto severa e facilmente suscettibile. Appena davanti a quella porta, si ricompose sistemandosi i vestiti e il velo per risultare in ordine. Si schiarì la voce e poi bussò.

- Avanti- Abbassò la maniglia e fece il proprio ingresso in maniera decisa. Qualsiasi cosa le avrebbe detto era pronto ad assumersi le proprie responsabilità. - Vieni, Yasmin...accomodati- Non le aveva mai dato del "voi" e questo faceva ben comprendere che posto occupava Bill lì dentro. Era quella ragazzina che doveva essere tenuta sott'occhio. Lo aveva capito. Ci aveva messo 13 anni ma alla fine ci era arrivato. Dopo la bravata di rinchiuderlo per tutta la vita aveva ottenuto la sua conferma. Non voleva starci e non ci sarebbe mai stato. Piuttosto la morte! - Bene, immagini di già che ti ho chiamato qui per ciò che tu e Christel avete fatto ieri mattina, vero?- Bill annuì semplicemente. Non sapeva se aveva il diritto di parola ancora. - Dimmi, perché hai trasgredito la regola che ti ho imposto?-

- Perché...perché per me non c'è ragione di seguirla, Madre-

- Quante volte ti ho detto di frenare quella mente!? Vuoi finire come Eva che si è rovinata a causa della propria sete di conoscenza, che ha condannato tutti noi per lo stesso motivo!?-

- Anche questo è tutto da vedere...- Sussurrò roteando gli occhi, con un coraggio improvvisamente ritrovato nel cuore. Chiunque lo avrebbe giudicato pazzo ad azzardare così tanto.

- Come!?- Inveì la donna.

- Niente...io...mi dispiace per ciò che ho fatto, ma non mi è sembrato giusto punire Christel. Sono io che l'ho costretta mettendo a serio rischio il nostro rapporto se lei non mi avesse accontentato-

- Suor Christel doveva rivolgersi a me prima di prendere qualsiasi decisione, poi sarei stata io a convocarti e a farti ragionare. Lo farò oggi-

- Volete provare a farmi ragionare? Voi che mi impedite di utilizzare il cervello?-

- Non prenderti gioco di me Yasmin- Ringhiò alzandosi dalla sedia. - Sarà la ribellione adolescenziale ma devi capire quale è il tuo posto. Pretendo rispetto da parte tua-

- Voi pretendete ciò che non date- A quella frase la rabbia che la donna covava nel suo cuore esplose e batté le mani sulla scrivania.

- Un'altra parola di più e ti rinchiuderò nella tua stanza facendoti mangiare pane e acqua per il resto dei tuoi giorni!- I suoi occhi erano delineati dalle vene sanguinolente che denotavano quanto Bill la stesse esasperando con certi commenti. Il moro era rimasto a fissarla senza paura. Non riusciva proprio ad abbassare la testa con persone che non se lo meritavano. Lui aveva penso fiducia nella Suora Madre da quando aveva imposto quell'insulsa regola di tenerlo in convento. La donna si risedette sospirando, tentando di calmarsi. - In ogni caso hai commesso un errore, un grosso errore, ed io non dovrei soprassedere a questo...però prima voglio sapere che cosa è accaduto in quelle ore che tu hai gironzolato per le strade di Brema- Bill non si fece problemi a raccontarlo dato che per lui non aveva fatto niente di male.

- Abbiamo attraversato la foresta e siamo andate al mercato-

- Avete conosciuto delle persone nuove?- Bill fece spallucce ponendosi a braccia conserte.

- Un uomo e una donna...- Il moro si fermò un istante ricordando il moto che quell'uomo aveva scatenato dentro il suo stomaco. Si era sentito come se non avesse avuto più ossigeno improvvisamente, come se gli stesse per prendere un attacco di nausea. Una sensazione che mai aveva sentito nella sua vita prima di quel momento.

- Quanti anni avevano?-

- Non lo so...sulla ventina, presumo-

- Ed erano fidanzati?-

- Immagino...di sì- La Suora Madre a quelle parole tirò un sospiro di sollievo. Se erano fidanzati allora non c'era il pericolo. Certo era che se quell'uomo voleva tradire la sua donna con una suora doveva essere uscito di senno. Pure gli uomini non dovevano tentare le suore o novizie che fossero. Anche per loro c'erano le regole, non solo per le ragazze all'interno della struttura. Ci doveva essere una sorta di barriera, era come se fossero di due mondi diversi che insieme non ci incastravano niente e perciò dovevano rinunciare a qualsiasi sporco proposito. - Madre...-

- Dimmi-

- Io ho visto quelle persone e mi sono chiesto una cosa...-

- Che cosa?- Chiese in tono perentorio. Aveva paura tutte le volte che aveva una domanda perché non sempre poteva fornirgli una risposta.

- Mi sono chiesto che cosa si prova quando si ama qualcuno...-

- A te questo non deve interessare, Yasmin!- Temeva che gli avrebbe risposto in questo modo. - Comunque, visto che non è successo nulla di increscioso, posso prendere in considerazione l'idea di allentare un po' il mio ordine restrittivo. Potrai uscire dalle mura del convento ma non andrai oltre la foresta. Tu non dovrai tornare per le strade di Brema mai più. Quando sei qui dentro è bene che nessuno sappia della tua esistenza, d'accordo?- In un primo istante credeva di aver ottenuto ciò che voleva ma si era illuso. Alla fine non era cambiato niente, ma doveva farselo bastare, sennò non avrebbe fatto altro che passeggiare costeggiando le mura. Invece adesso poteva ammirare la foresta e stare lì in pace.

- Va bene, Madre-

- Puoi congedarti...e vedi di smetterla di fare pensieri sull'amore. L'unico amore che tu devi provare è quello per nostro Signore e per il tuo prossimo, d'accordo?- Il moro annuì mestamente ma quando chiuse la porta alle sue spalle si domandò se quel suo prossimo avesse potuto essere quell'uomo di Brema e arrossì. Che pensieri erano quelli!? Non avrebbe dovuto farli! Non l'avrebbe più rivisto e poi non lo conosceva neanche! Doveva dimenticarlo per sempre. Sospirò osservando il rosario che aveva tra le dita portandoselo al petto. La sua vita non sarebbe cambiata mai.

***

Quello stesso pomeriggio non perse tempo e uscì dalle porte scappando nella foresta. Era arrabbiato perché non avrebbe più rivisto Brema e tutta la sua gente. Era così bello essere liberi e lui aveva avuto modo di sperimentarlo solo qualche ora. Ma quale Dio crudele desiderava questo? Solo perché avevano commesso quel peccato originale dovevano continuamente segnarsi "mea culpa" sulla fronte, sulla bocca e sul cuore senza rendersi conto che quel segno della croce altro non era che un sigillo. Non potevano pensare, né parlare e né amare...e questo Bill non lo sopportava. Che razza di Dio stava venerando!? E perché non lo aveva mai ascoltato tutte le volte che lo aveva pregato di renderlo libero e di farlo fuggire di lì? Inciampò e cadde sull'erba sporcandosi la veste. Scoppiò a piangere artigliando i fili d'erba con le dita, strappandoli poco a poco. Bagnava quella terra con le proprie lacrime. Singhiozzava e sentiva come se stesse per impazzire.

- Qualcuno mi aiuti...vi prego...- Sussurrò con un fil di voce.

- Ehi...tutto a posto?- Quella voce lo fece sussultare e si tirò su sgranando gli occhi. Ad un certo punto percepì una mano sulla sua spalla e sobbalzò allontanandosi. - Tranquilla, non voglio farti del male- Bill si asciugò gli occhi per capire chi fosse e appena il velo delle lacrime smise di appannargli la vista, distinse il viso della persona che si era promesso di dimenticare proprio quella mattina. Sussultò nuovamente, strusciando indietro per allontanarsi di nuovo. Tom sorrise. - Vi faccio davvero così tanta paura?- Nuovamente quelle sensazioni tornarono a mischiarsi nel petto di Bill e non riuscì a non pensare che quel tale avesse davvero un bel sorriso. Arrossì. - Oppure vi sto mettendo in imbarazzo...- Il moro capì che se n'era accorto e si coprì le guance con le mani. - In tal caso vi prego di scusarmi-

- Non...non è necessario che vi scusiate...- Farfugliò sempre con quel fil di voce. Tom, sempre con quel sorriso in volto, mostrò che era molto contento di averlo sentito parlare ancora. Si alzò e gli tese la mano.

- Venite, vi aiuto a mettervi in piedi-

- No, io...-

- Volete rimanere a terra?-

- No-

- Allora alzatevi-

- ...no- Si stava sentendo tremendamente strano e non sapeva se la compagnia di quest'uomo la gradiva o la disprezzava. Perché era qui? Questo si chiedeva. Tom si pose nuovamente in ginocchio. - Vi sporcherete di terra...-

- Se voi non volete alzarvi, io devo rimanere qui a farvi compagnia, sempre che lo vogliate, sia chiaro- Bill non sapeva che cosa rispondere, ma siccome non desiderava farlo attendere oltre, annuì dando fede al proprio istinto, però c'era sempre quella domanda che lo assillava.

- Come mai siete qui? Non potete aggirarvi per la foresta, tanto meno restare accanto a me-

- Sì, questo lo so, ma non stiamo facendo niente di male-

- Questo importa poco alle autorità-

- Già, ma questo è il mio posto che uso per riflettere e per staccarmi da quel mondo fatto di pizzi e merletti. Non mi hanno mai ripreso finora-

- Ah no?-

- No- Tom scosse le spalle con nonchalance. - E poi vi ho vista correre e inciampare per terra. Pensavo che vi foste fatta male- Bill si guardò addosso. Sì, il suo abito era un po' imbrattato, ma niente che non si potesse risolvere. Non si era neanche accorto della botta che aveva preso sinceramente, talmente era preso dai propri dispiaceri. - Quindi niente di rotto, mi sono preoccupato inutilmente- Bill sorrise timidamente, spostandosi il velo nero dietro l'orecchio.

- Siete molto gentile, ma no...sto bene- Tuttavia non si rese conto che lo stava dicendo con gli occhi ancora rossi e il viso umido di lacrime.

- Siete sicura? Non avete per niente una bella cera...è successo qualcosa in convento?-

- Queste non sono cose che siete tenuto a sapere!- Rispose un po' irritato dalla sua sfacciataggine. Non sarebbero neanche dovuti essere lì a parlare loro due!

- Va bene, scusate...certo che avete la capacità di cambiare umore in meno di niente...- In quel frangente Bill si sentì un po' in colpa. Non sapeva perché gli aveva risposto con quel tono. Forse era una tacita richiesta di andarsene perché non aveva il coraggio di dirglielo. Allora perché invece di trattarlo così male non prendeva l'iniziativa di allontanarsi? Perché nonostante sapesse di star commettendo uno degli errori più grandi rischiando tutto continuava a permanere seduto sull'erba insieme a quell'uomo?

- Vi prego di perdonarmi, è che ciò che accade all'interno del convento non può essere di dominio pubblico-

- Capisco...vi va di fare una passeggiata?-

- Una passeggiata? Con voi?-

- E con i moscerini...in questo punto ce ne sono a bizzeffe- Bill ridacchiò ponendosi una mano sulle labbra. Era troppo abituato a nascondersi per mostrarsi così sfacciatamente. - Devo prenderlo per un sì?- Si guardò attorno un'ultima volta per controllare che non ci fosse nessuno nelle sue vicinanze e poi annuì. Una passeggiata non avrebbe fatto del male a nessuno e poi non aveva alcun amico al di fuori di Christel. Tom sarebbe potuto diventarlo. Si alzarono e se ne andarono in giro per la foresta. In alcuni punti l'erba era alta e in altri riuscivi a vedere anche il minimo granello di terra. L'odore di bosco invase le loro narici e l'umidità si attaccò ai loro corpi, ma loro non la sentivano. - Sapete, questa foresta prima era spesso frequentata dai briganti. Quando ero piccolo se ne sentiva parlare spesso e più queste storie circolavano più io desideravo entrarvi un giorno. Poi è stato istituito quell'insulso divieto dal convento...però non me ne è importato niente- Bill si ritrovò a pensare che Tom fosse un tipo coraggioso. La società non scherzava con le punizioni e Dio nemmeno. Se qualcuno trasgrediva meritava il castigo, se qualcuno obbediva invece non sempre aveva il riconoscimento di aver fatto un'azione corretta. Era un'ingiustizia, ma così andava il mondo dopotutto.

- La famiglia della mia migliore amica è stata uccisa dai briganti-

- La suora che vi accompagnava l'altro giorno?- Annuì.

- Per questo lei è in convento, l'hanno adottata-

- E voi perché ci siete finita?-

- Perché mi hanno abbandonata al portone quando ero una neonata. Non ho mai conosciuto i miei genitori, non so da dove vengo...ma adesso ho un posto dove stare-

- ...è quello che volete?-

- Come?-

- Diventare monaca...è quello che desiderate?- Quella domanda non gliel'aveva mai posta anima viva, poiché a nessuno importava ciò che provava realmente. I suoi desideri non erano in cima alla lista di nessuno, non lo erano mai stati. - Con questo silenzio devo dedurre che non sia così?- Ma non era bene che una novizia intraprendesse certi discorsi.

- Mi state mettendo a disagio con queste domande, sappiatelo!- Rispose di nuovo spinosamente.

- Non siete l'unica. La maggior parte delle donne che sono rinchiuse là dentro non desiderano dedicare la propria vita a Dio, quindi potete tranquillamente ammetterlo- Il panico lo assalì repentinamente e solo in quell'istante si accorse che praticamente si stava fidando di un completo sconosciuto che voleva sapere sempre più cose sulla sua vita.

- E una volta che l'ho ammesso? Che intenzioni avete!? Io non vi conosco!- Iniziò ad arrabbiarsi sul serio.

- Neanche io conosco voi...era solo un incentivo per iniziare una conversazione...-

- Vi avevo detto di smetterla! E comunque Io non devo parlare con voi e voi non siete tenuto a rivolgermi la parola! Andatevene immediatamente!- A quel punto pure Tom iniziò ad irritarsi e si avvicinò a lui, tanto che Bill dovette sollevare lo sguardo per poterlo fissare negli occhi.

- Siete voi che state invadendo un territorio non vostro! Siete uscita dalle mura dove vi hanno rinchiusa e con questo temperamento scontroso non so dire se hanno fatto bene!- Gli occhi marroni di entrambi rimasero a fissarsi accigliati per qualche secondo. Bill non si sentiva per niente intimidito, voleva tenergli testa.

- Allora questa donna se ne torna dove l'hanno rinchiusa se dite che hanno fatto bene!- Sibilò girando successivamente i tacchi e incamminandosi per tornarsene al convento con i nervi a fior di pelle, imprecando sottovoce su quanto quell'uomo fosse sfacciato e bifolco. Tom rimase a fissarlo fino a che non scomparve dietro un albero. Poi sorrise scuotendo la testa pensando che fosse terribilmente adorabile. Sbuffò per poi voltare anche lui le spalle e tornarsene a Brema contento del pomeriggio appena trascorso. Finalmente quel qualcosa di diverso che lo aveva fatto sentire vivo almeno per un istante.

***

Bill rietrò con i nervi a fior di pelle, però solo quando chiuse la porta alle sue spalle si accorse che quello che stava provando non era più tristezza, malinconia e sconforto. Riconobbe che, anche se era nervoso, stava sentendo comunque un'emozione che stava scuotendo il suo animo senza avvilirlo. Si guardò un istante indietro, poi rivolse lo sguardo verso l'alto. E se...e se Dio in un certo senso lo avesse ascoltato? Se era Tom la salvezza della sua anima e tutto ciò che il Signore poteva dargli per farlo stare meglio? Ma perché gli stava dando una cosa che non poteva avere? Scosse la testa sospirando. No, Dio non era così buono...aveva perso la fiducia in lui da un pezzo. E poi non era il momento degli interrogativi, quel Tom non gli piaceva neanche! Doveva cercare Christel per raccontarglielo! A proposito...dov'era Christel? Nella loro stanza non c'era. Un silenzio regnava lì dentro e sinceramente a Bill non sembrava molto normale. Forse era nella cappella a pregare, però strano, non ci andava a quell'ora. Tuttavia non gli costava niente andare a controllare. Stette per uscire nuovamente quando udì il rumore di qualcosa che cadeva e sussultò.

- Christel!- Niente...silenzio. No, lui era convinto di aver sentito qualcosa, non era stata solo la sua immaginazione. Si diresse verso la porticina che portava al bagno e abbassò la maniglia senza bussare, e, per quello che vide, non seppe se aveva fatto bene o no. Rimase senza parole. Davanti a lui, seduta sulla pietra fredda, c'era la sua amica Christel. In mano aveva un coltello e il pavimento attorno a lei era pieno di sangue. - Christel...ma che cosa stai...?- La ragazza si era voltata di scatto e Bill era sobbalzato. Non aveva mai visto il suo viso così rosso e gonfio per le lacrime che stavano solcando il suo viso e parevano volergli bruciare la pelle. Bill deglutì. - Christel...- Sussurrò tentando di avvicinarsi piano per non spaventarla e per far sì che lo distinguesse nel velo che le lacrime avevano creato sui suoi occhi.

- Bill...?-

- Sì, Christel, sono io- Guardò meglio che cosa aveva combinato e non poteva crederci. Le sue braccia erano piene di tagli e alcuni di essi erano molto profondi. Cadde in ginocchio afferrandole un arto. - Oh Signore, ma perché lo stai facendo?- Chiese con un nodo alla gola sul punto di piangere.

- Bill...non capiresti- Il moro si guardò attorno cercando di vedere se poteva trovare delle bende o qualcosa per fermare l'emorragia. Non vedendo nulla alla sua portata, si tolse il velo dai capelli e lo avvolse attorno al braccio sinistro di Christel, che era quello messo peggio. Lo legò ben stretto. - Bill, lasciami in pace-

- Zitta, ti prego- Si alzò e andò a prendere una tinozza che andò a riempire con dell'acqua dal pozzo. Con quella le lavò il sangue e visualizzò bene la gravità della cosa. - Io chiamo un dottore, Christel...-

- No, Bill...ti prego, non lo fare-

- Ti sei tagliata troppo profondamente!-

- Bill!- Il moro fermò la propria frenesia. - Vai in stanza, nel mio cassetto c'è dell'ago e del filo...ho bisogno che tu mi cuci le ferite- A quella richiesta, il ragazzo impallidì.

- Cosa...?-

- Sì...ti prego...non voglio che qualcun altro lo sappia...aiutami- Bill esitò un istante ma capiva che non rimaneva molto tempo. Doveva aiutare Christel prima che potesse rimetterci lei stessa la pelle. Il sangue stava fluendo e non aveva niente per poterlo far scorrere più lentamente e così dargli modo di coagularsi. Corse dove l'amica gli aveva detto e prese l'ago e il filo, mise quest'ultimo nel piccolo foro ma le mani continuavano a tremargli. - Bill, va tutto bene...d'accordo? Stai tranquillo...-

- Mi auguro che tu dopo mi spieghi!- Infilò l'ago nel braccio, agli estremi della prima ferita e fece scorrere il filo sotto pelle per poi fare lo stesso nella parte parallela. Introdusse il filo a slalom, senza che Christel emettesse un suono di dolore. Ormai ci era abituata. Poi tirò e i lembi di pelle si unirono chiudendo la grossa ferita. Bill non lo aveva mai fatto prima e la cosa lo stava facendo a dir poco inorridire, ma avrebbe fatto di tutto per Christel. Fece la stessa cosa con gli altri tagli importanti e si occupò delle ferite più piccole utilizzando la cera delle candele, la quale le avrebbe aiutate a cicatrizzarsi presto. - Fatto...adesso me lo vuoi dire perché? Perché volevi ammazzarti?-

- Bill, ti ho detto che non avresti capito-

- Non mi dare dello stupido, qui non sono io quello che si è messo a tagliarsi le braccia-

- Ah tu mi reputi una stupida quindi?- Chiese debolmente lasciando che altre lacrime rigassero le sue guance. Bill non seppe che contestarle. Si sentiva impotente davanti a quelle lacrime. Alla fine ogni sua parola poteva potenzialmente rovinare Christel e la sua mente turbata. Così la abbracciò lasciando che sfogasse il proprio pianto senza più trattenersi e così l'amica fece, singhiozzando pesantemente sulla sua spalla mentre Bill le accarezzava la schiena. Christel aveva sempre avuto queste tendenze suicide proprio per la vita alla quale era stata condannata. Non poteva rischiare con la sua boccaccia di staccare quel sottile filo che ancora la teneva appesa ad essa, appesa a lui.

***

Si recarono a cena insieme alle altre compagne. Ognuna di loro aveva la sua razione predefinita di cibo. Era un limite che non potevano superare anche se Bill sapeva che in un certo senso, anche sotto quel punto di vista, era trattato in maniera "speciale". Lui doveva mangiare meno delle altre, così da far restringere lo stomaco e restare magro, scarno, pelle e ossa. Erano ordini della Suora Madre e perciò Suor Delia gli dava una razione minore. L'aveva pregata diverse volte di dargli di più perché aveva fame, ma lei era irremovibile davanti a quelle insulse restrizioni. Bill infatti cresceva più indebolito e non era raro che delle volte avesse dei mancamenti, anche perché non gli era permesso dormire delle ore in più rispetto alle sue compagne. Christel era accanto a lui e ogni tanto cercava di allungargli qualche pezzo di pane in più da sotto il tavolo, ma una sentinella passava insistentemente attorno al tavolo e controllava che mangiassero tutte in silenzio, che pregassero per bene prima di consumare il pasto e soprattutto che non si prestassero niente, men che meno a Bill, il quale notava delle occhiate di compassione da parte di alcune delle sue compagne che vedevano queste regole come insulse e dannose per la sua salute. Tuttavia, dopo un'ultima preghiera serale, Bill e Christel si ritirarono nella propria stanza. Il moro si sedette sulla sedia, davanti allo specchio, e si mise a pettinare la propria distesa corvina con calma, districando bene i nodi e pulendola così da quella giornata. Christel invece si era addormentata quasi subito, non accennando neanche una parola. Bill era enormemente preoccupato e si sentiva inutile. Era il suo migliore amico e non era in grado di farla stare bene abbastanza per vivere meglio. Appoggiò la spazzola sul ripiano e se ne andò a letto, spegnendo il fuoco della lampadina ad olio. Si pose un braccio sugli occhi tentando di trovare il sonno il prima possibile. Provò a pensare a qualcosa di bello...ed improvvisamente gli venne in mente il viso di quell'uomo, di quel Tom. Lo aveva fatto arrabbiare parecchio, asserendo che una con il suo carattere avrebbe dovuto rimanere davvero rinchiusa dentro quel convento e poi...aveva osato chiederle se era ciò che desiderava veramente mettendo in dubbio tutta la sua vita! Ridacchiò ripensandoci. La sua mente era così confusa ma quel battibecco era stato capace di farlo sentire vivo una volta nella sua vita, di farlo sentire normale e libero. Era da tempo che non discuteva con nessuno in quel modo...aveva percepito come se fosse ancora piccolo, bambino. La rabbia ormai era scemata via da un pezzo, adesso aveva il cuore molto più leggero. Con questo pensiero, scivolò in una sorta di dormiveglia. La stanchezza si stava impadronendo piano del suo corpo, come una coperta che lo copriva dai piedi alla testa lentamente, ma una sensazione tutto d'un tratto impedì a Morfeo di prenderlo completamente. Qualcosa di caldo, morbido e umido che premeva sulla sua bocca, un sentire nuovo, strano, inusuale e...sbagliato. Sussultò e scattò in piedi. Davanti a lui, il viso di Christel. Accese immediatamente la lampada ad olio con il respiro ansimante e subito dopo si sfiorò le labbra con la punta delle dita mentre guardava la sua migliore amica con occhi spaventati. Cos'era quello? Lo aveva appena...?

- Bill, tranquillo...-

- Tu...tu mi hai...mentre dormivo!- Christel al contrario suo pareva tranquilla, come se fosse sotto uno strano incantesimo. I suoi occhi di ghiaccio erano vitrei, inquietanti e il rosso delle sue occhiaie...pareva che non avesse dormito da giorni o che avesse pianto per ore.

- Mi dispiace...è che tu...- Allungò una mano sfiorandogli delicatamente una ciocca nera. Bill si ritrasse leggermente, ancora turbato. - ...sei così...femminile- Gli poggiò il palmo sul viso accarezzando la sua pelle morbida, bianca e fredda. - Ed io...credevo che mi sarei sentita meno in colpa a baciarti...sapendo che tu in realtà...non sei una donna- Il moro assottigliò gli occhi, confuso. Che diamine stava dicendo? Era impazzita, forse? Il suicidio le aveva bruciato il cervello? Aveva tagliato le sue braccia così in profondità che il sangue non le arrivava alla testa?

- Cosa..?- Chiese con un fil di voce, rubata dal turbamento.

- Quello era un bacio, Bill...ed io...sono attratta dalle donne- Il moro sgranò gli occhi a quella frase. La bionda era consapevole di avergli aperto un nuovo mondo confessandogli e soprattutto facendogli una cosa del genere. Bill non aveva mai conosciuto niente che riguardasse la sessualità e un bacio sulle labbra lo aveva catapultato in una nuova dimensione di domande senza risposta. Inoltre si chiedeva se potesse essere possibile che a Christel, una ragazza, potessero piacere altre donne. Gli stava scoppiando la testa.

- Dalle...dalle donne?- La conferma arrivò quando la vide annuire. - E...e come fai a saperlo? Voglio dire...perché?-

- Non c'è un motivo, solo...è da tempo che lo so e...so che è sbagliato, profondamente. Non sono riuscita neanche a confessarlo al parroco, talmente mi vergogno di questo mio peccato. Penso alle donne, penso...alla loro bellezza, alla loro nudità, al fatto che...che vorrei poter amarne una per tutta la mia vita- Dal turbamento, Bill stava provando una sorta di compassione, la quale cresceva sempre di più ad ogni parola di Christel. Lei invece teneva lo sguardo basso, vergognosa, come se fosse nuda davanti a lui. Il moro non se la sentiva di giudicarla perché anche lui sentiva di avere il suo peccato, di non poter scagliare la propria pietra su di lei. Non lo avrebbe fatto per niente al mondo, perché Christel era la sua migliore amica e, anche se le avesse confessato un omicidio, non l'avrebbe mai tradita. Credeva che lei fosse una brava persona e che si meritasse di essere ascoltata.

- Quindi...è per questo che stai così male?- Christel assentì nuovamente.

- Ma non solo...io...credo...di essermi innamorata- Bill si mise in ginocchio sul materasso, improvvisamente preso dalla questione. Sorrise e le sue guance divennero rosse. Era così eccitato quando si parlava d'amore, visto e considerato che gli era stato proibito pure quello. Adesso voleva sapere che cosa si provava quando si era innamorati.

- Chi è?-

- Cosa?- Lei invece era profondamente stupita dal fatto che l'amico non l'avesse ancora cacciata via dalla stanza.

- Lei...chi è lei?- Le appoggiò una mano sulla spalla, come segno di supporto e comprensione. Christel non doveva avere timore di parlare con lui, mai. Poteva dirgli tutto, qualsiasi cosa le passasse per la mente. Voleva essere la sua libertà.

- Ecco...lei...è Änne- Bill spalancò la bocca, non aspettandoselo minimamente, ma quell'espressione di sorpresa si trasformò presto in un sorriso sincero. - Lei è bellissima. E' l'unica diversa qui tra noi a causa della sua carnagione, poi non parla mai...sta sempre sulle sue, ma tutte le volte che la vedo...vorrei solamente andare lì, prenderla e baciarla, ma...-

- Ma sai che verreste punite e chiuse nelle celle...sì, molto probabilmente-

- Esatto, e perciò non vorrei metterla in pericolo. Ciò che provo per lei potrebbe farle del male...ed io non voglio che lei soffra più di quanto non abbia già sofferto-

- Che le è successo? Tu lo sai?- Christel annuì.

- Änne...era la concubina di un uomo quando era bambina, un omaccio che trafficava con le donne e le bambine. Erano tutte prigioniere della guerra russo-turca...e lei...successivamente è stata venduta ad un uomo, ma questo la violentava...tutte le notti- Bill sgranò gli occhi...ma...cosa?

- Dio...- Aveva appena infranto il secondo comandamento, ma non ci aveva neanche pensato.

- E' perfino rimasta incinta che aveva solo 11 anni...e quando lo scoprì tentò in tutti i modi di fuggire...arrivò ad una stazione...era disperata. Prese un treno saltandoci dentro e quando il capotreno se ne accorse, la spinse giù con una forza inaudita...in quella caduta perse il bambino...- Era una storia orribile. Bill sentiva i brividi scorrergli per la schiena e il senso di colpa montargli su per il petto. Non aveva mai degnato Änne di una parola, credendo che non avesse niente da dire, ma invece aveva un passato dietro sul quale avrebbe potuto scriverci un libro. Lo avrebbe letto volentieri. - Dopodiché, si mise a chiedere l'elemosina nascondendosi da quell'uomo che la cercava in lungo e in largo...racimolò abbastanza per permettersi un biglietto del treno e arrivò a Brema dopo giorni e giorni di lungo viaggio. Trovò rifugio in questo convento...io avevo già 15 anni...e tu...ne avevi 11 come lei, se ricordi. Quando la guardo...provo dentro di me il desiderio di proteggerla, di starle accanto e farla sentire al sicuro, perché io vedo ancora la paura nei suoi occhi...-

- Ed io la vedo nei tuoi- Christel alzò gli occhi su di lui, lentamente. Bill sospirò accarezzandole una guancia. - Ti perdono per avermi baciato a tradimento...e prometto che farò tutto ciò che è in mio potere per aiutarti a dimenticare questo dolore- Sì, quella era la parola adatta, "dimenticare". Dimenticare perché Christel non poteva permettersi questo amore, così come Bill non poteva permettersi di provare alcun tipo di sentimento per nessuno, neanche e soprattutto per quell'uomo che quel giorno lo aveva fatto tanto arrabbiare.

***

Bill aveva creduto giusto lasciare un po' di tempo a Christel da sola, siccome era stata lei a chiederglielo, dopo avergli giurato milioni di volte che non aveva motivo di preoccuparsi, che non si sarebbe messa a giocare nuovamente con le lame. Perciò aveva preso il suo libro preferito ed era uscito dal convento, così da poterlo andare a leggere vicino al fiume. Era sempre super rilassante la lettura, anche se gli era proibito esagerare in quanto gli apriva la mente. Forse era proprio grazie a qualche sera fa era stata in grado di comprendere al meglio Christel, senza rifiutarla, né lei né i suoi sentimenti nei confronti di Änne. A proposito di lei, aveva cominciato a parlarle di più e non aveva potuto immaginare che fosse così gentile e disposta. Certo, un po' timida, ma alla fin fine intrattenere un dialogo con lei non si era rivelato nulla di strano o imbarazzante. Bill la guardava sempre con un sorriso dipinto sul volto perché sapeva che Änne era l'oggetto del desiderio di una persona fantastica, della sua Christel, e non si rendeva conto di quanto fosse fortunata. Si era pure complimentato con lei per i suoi capelli ricci. Erano bellissimi e rari. Nessuna in convento li aveva come lei, era convinto che Tom sarebbe impazzito se li avesse visti. Aspetta...ma come mai stava pensando a lui?

- Buongiorno- Sussultò e alzò lo sguardo dalle pagine. In piedi, stava esattamente Tom, che lo osservava con un sorrisino di scherno e cercava di sbirciare tra quelle lettere per comprendere che cosa stava leggendo, ma Bill chiuse subito il libro stringendolo al petto con riservatezza.

- Di nuovo voi?-

- Di nuovo io...posso?- Bill voltò lo sguardo senza accennare una risposta. In fondo ce l'aveva ancora un po' con lui per quello che gli aveva detto. - Va bene, devo dedurre che non sono una presenza gradita-

- No, non lo siete! Credete per caso che mi sia dimenticata di come mi avete trattata l'altro giorno? Siete stato a dir poco irrispettoso, dovreste vergognarvi- Tom ridacchiò sotto i baffi di quel modo di atteggiarsi, come se fosse un pezzo di cristallo che nessuno doveva avere l'ardire di toccare. In effetti...non era un cristallo, ma proprio un diamante. Tom pensava che il suo viso possedesse una bellezza fuori dal comune, davvero, e quando si indispettiva era...irresistibile. - Che cosa avete da ridere?-

- Vi prego di perdonarmi, ma non sono il tipo che si vergogna...-

- Lo avevo capito...-

- ...al contrario di voi- Prima che Bill potesse ribattere, si accorse che forse era meglio smetterla di battibeccare perché Tom non diceva altro che la verità. Lui era una persona che si vergognava facilmente e se ne accorse perché ancora, nonostante tutto, aveva quel dannato libro appiccicato al petto. - Che cosa state leggendo?-

- E' il mio libro preferito- Glielo passò senza neanche guardarlo negli occhi. Tom lo prese e si sedette accanto a lui, così da studiarlo con calma.

- "Der scharlachrote Buchstabe"...sì, l'ho sentito nominare. Ma libri del genere non dovrebbero essere proibiti dentro un convento? In fondo...è una storia d'amore, un adulterio se non erro-

- Ma infatti lo tengo nascosto sotto il cuscino. Christel me lo ha comprato un giorno in libreria...e comunque l'adulterio non è stato punito neanche da Gesù-

- Sì, conosco quel passo: "chi non ha peccato, scagli la prima pietra". Cosa ne pensate?- Quella domanda lo sorprese parecchio visto che nessuno gli aveva mai chiesto di interpretare le Sacre Scritture, siccome erano dogmi, che così erano e così dovevano essere presi. Non era permesso esprimere un proprio pensiero al riguardo, soprattutto se questo era per metterle in dubbio.

- Io...che cosa ne penso io?- Tom sorrise.

- Sì, sto parlando con voi- E Bill pensò che non aveva mai visto un sorriso più bello, esattamente come la seconda volta che si erano rivisti. Arrossì parecchio e, appena se ne rese conto, chinò lo sguardo in modo che il velo nero gli coprisse un po' di viso.

- Io...penso che...tutti noi siamo esseri umani e possiamo commettere degli errori. Punire quella donna con la lapidazione era esagerato, però credo anche che costringere un uomo ad uccidere il proprio figlio per provare la propria esistenza lo sia- Si stava riferendo naturalmente all'episodio della Genesi dove Dio chiedeva ad Abramo di sacrificare il proprio figlio Isacco per mettere alla prova la sua fede. - Solo che se lo dicessi in convento, nessuno mi starebbe ad ascoltare o mi beccherei una bella ramanzina. Lì dentro non è permesso dire niente- E il suo sguardo si perse nel vuoto, come un Leopardi con il suo Infinito. Si stava chiedendo cosa c'era al di là della siepe, se c'era veramente qualcuno disposto ad ascoltarlo. Poi però si accorse che gli bastava voltare lo sguardo e capire che sì, era la persona seduta accanto a lui.

- Io penso che abbiate ragione, invece-

- Lo credete davvero?-

- Sì...è un peccato che non possiate esprimervi come meglio credete. Sareste capace di cambiare il futuro di una nazione, o chissà, del Mondo- Bill scattò subito a quella frase.

- Voi pensate!?- Chiese improvvisamente eccitato. Tom rimase un secondo immobile ad ammirare quelle perle che aveva al posto dei denti, le pieghe del suo viso quando sorrideva e i suoi occhi prendere finalmente un colore brillante. Wow...

- Sì, però...intanto potete mangiare questi- Da dietro di sé afferrò una scatola che gli porse. - Ci vuole energia per cambiare il Mondo. Sono dei dolcetti. Li avevo portati nella speranza di incontrarvi e di poterveli offrire come segno di pace e di scuse per le parole dell'altro giorno- La pancia di Bill brontolò proprio in quel momento alla parola "dolcetti" e Tom se ne accorse, tanto che ridacchiò. Bill invece divenne rosso come un pomodoro. Non era colpa sua se non gli davano mai niente da mangiare! E proprio perché si ricordava di quella regola ferrea decise di dover declinare l'offerta.

- Non posso accettare-

- Come mai?-

- Perché...noi suore abbiamo una razione rigida di cibo al giorno da rispettare, il che significa che non mi posso permettere neanche un boccone in più...posso solo rinunciare- Tom poteva vedere la tristezza nei suoi occhi e sentire che il suo stomaco continuava a fare rumore, occultato in vano dalle mani di Bill che vi premevano sopra convinte di farlo tacere.

- Ma se ne mangiate uno non farete del male a nessuno, anzi, farete un piacere a me- Bill lo guardava ancora titubante. - E poi...non importa che lo raccontiate-

- Voi mi state tentando...vi potrebbero punire per questo-

- Che sia- Rispose fissandolo dritto negli occhi, senza paura e questo fece venire un tuffo al cuore di Bill, che d'un tratto avvertiva delle caldane assurde. Che cosa stava succedendo? Perché si sentiva così strano?

- Va bene...però solamente uno- Aprì il pacco e vide che c'era un assortimento. Non avendo mai mangiato niente di così elaborato, non sapeva quale scegliere e perciò ne prese uno a caso, quello che gli sembrava più adorabile. Lo pigiò un po' tra due dita constatando che era morbido e leggermente appiccicaticcio per via dello zucchero sciolto. Lo morse piano sotto lo sguardo di Tom, che stava solamente aspettando un verdetto. Era un bignè alla crema e Bill stava per svenire letteralmente dalla bontà. Non poté non contenere un gemito di apprezzamento, il quale gli venne spontaneo senza che neanche se ne accorgesse. Era un paradiso. - E' la cosa più buona che abbia mai mangiato-

- Beh, allora prendeteli. Sono tutti vostri-

- No, avevo detto solo uno!-

- Dai...avete fame, dovete mangiare- Inutile dire che Bill cedette dopo neanche due secondi di sguardi, convinto che il mangiare avrebbe occultato il rossore alle guance. Quei bignè erano di gusti diversi: c'erano quelli al cioccolato, al pistacchio e panna. Ne rimase poi uno e quando lo prese tra le dita, alzò gli occhi verso Tom, che nel frattempo stava leggendo il suo libro in silenzio senza disturbarlo.

- Ehm...ne volete uno?- Glielo passò. Tom si distrasse dalla lettura e gli sorrise.

- No, li ho portati per voi. Io posso mangiarne quanti ne voglio quando voglio. E' un regalo-

- Allora...io vi posso regalare il mio libro, in fondo so la storia a memoria-

- Cosa!? No, è troppo...è l'unica cosa che potete utilizzare per intrattenervi...-

- No! Non è vero, io...io gioco anche a dama!-

- Davvero? Sapete come si fa?- Bill annuì energicamente, sembrando così piccolo agli occhi di Tom. Si emozionava per così poco ed era veramente una boccata di aria fresca per lui. - Comunque non posso. I miei dolcetti non sono comparabili al vostro libro-

- Invece sì. Credetemi. Se vi piace...potete tenerlo-

- Siete sicura?- Il moro assentì con un calmo sorriso sul volto. - Allora...allora vi ringrazio- Rimasero per qualche secondo in silenzio, con le guance rosse senza sapere che dirsi. In fondo si erano appena scambiati dei regali a vicenda e non avevano iniziato a discutere. Questa poteva essere una cosa positiva, no? Allora perché Bill non riusciva a percepire altro che disagio?

- Ehm...come va il vostro salone?-

- Va. I clienti vengono sempre-

- E...con la vostra fidanzata?- Tom alzò un sopracciglio.

- Fidanzata?-

- Sì...Heidi...- Il ragazzo buttò una risatina.

- No, lei non è la mia fidanzata. E' una donna che...beh, se te lo dico non lo raccontare in giro- Bill dette la propria parola. - Lei è figlia del generale Klum, il quale ovviamente vuole il meglio per lei. E' innamorata di me e tenta di convincermi a sposarla solo che io...io non sono innamorato di lei, non ricambio i suoi sentimenti. Lei sembra non capirlo e continua a venire al salone pretendendo un mio sì-

- Ma...a voi converrebbe sposarla-

- E' vero e lo farei...se l'amassi- Bill ci rimase di quelle risposte. Pensava che le persone del grado sociale di Tom e non fossero disposte a sacrificare la propria vita coniugale per migliorare la propria condizione e posizione. Invece gli stava dicendo che si sarebbe sposato solo per amore. - Alla fine conosco più i suoi capelli che lei...però non conosco i vostri. Voi come li avete?- Non poteva vederglieli a causa del velo, in quanto pure il capello di una donna poteva essere facilmente sessualizzato da parte di un uomo. I capelli lunghi rendevano una ragazza più attraente a detta della società.

- E' una domanda da parrucchiere?- Chiese ridendo.

- No, è una domanda da uomo. Mi piacerebbe saperlo- Quella risposta lo destabilizzò e il sorriso gli si cancellò lentamente dal volto. Una domanda da uomo. Che cosa avrebbe dovuto rispondere ad un uomo? Non avrebbe neanche dovuto parlare con un uomo! Fortunatamente il suono della campana lo salvò appena in tempo. Balzò immediatamente in piedi. - Ehi, dove andate?-

- Io...devo tornare! Vi ringrazio enormemente per i dolci, sono stati buonissimi, tenete il libro e fatemi sapere se vi è piaciuto!- E detto questo, se ne scappò via. Con quelle ultime parole aveva fatto intendere a Tom che non sarebbe stata l'ultima volta che si sarebbero visti. Ci teneva davvero a sapere il suo parere su quel libro e su quella proibita storia d'amore. Glielo avrebbe fatto sapere molto presto.

*** 

Quella notte sembrava tutto tranquillo. Christel però non riusciva a dormire. C'era questo pensiero che l'attanagliava. Si sentiva calda, eccitata...aveva una voglia incredibile di...delle cose proibite che sapeva di non poter fare. Ma c'era qualcosa di più...il desiderio di rischiare, poiché sentiva che non aveva più niente da perdere.

- Christel, che ci fai qui?- Änne era veramente adorabile, come sempre, con quella vocina dolce e delicata, timida e nascosta.

- Ho bisogno di parlarti- Mormorò fissandola dritta negli occhi. Änne si affacciò un poco guardandosi attorno. No, non c'era nessuno. La fece sgattaiolare dentro. Fortunatamente dormiva da sola perché se avesse avuto una compagna sarebbe stata costretta a cacciarla via. Chiuse in fretta la porta.

- Che cosa devi dirmi? Christel, è notte fon...- Non ci fu tempo per reagire. Le labbra della ragazza si posarono subito sulle sue spingendola con la schiena al muro. Änne chiuse gli occhi lasciando un sospirò quasi appagato uscire dalle sue narici. Tuttavia sapeva di star sbagliando...che Christel non era il suo rifugio, non poteva esserlo. Aveva subito le peggiori violenze e aggrapparsi a lei era deleterio per entrambe. Quel bacio era la conferma del suo errore. - Christel...no- La staccò piano da sé. - Ti prego, esci immediatamente...se ci sentissero...- La mano candida della bionda si posò sulla sua guancia creando un piacevole contrasto con la sua pelle.

- Non devi avere paura...non voglio che tu debba soffrire come in passato- Appoggiò la fronte alla sua e i loro respiri si mischiarono. - Io ti prego invece di darmi un'occasione-

- Sarebbe troppo rischioso, Christel...!- La bionda iniziò a farsi capire quando gli dette il primo bacio sul collo, qualcosa che fece rabbrividire Änne di un insolito piacere. - Per favore...esci...- Ma lei non smise perché sentiva che in fondo quelle erano le parole che la sua testa gli dettava, ma il cuore e il suo corpo la pensavano totalmente in maniera diversa. Christel passò una mano sul bottone della sua vestaglia e lo sganciò in meno di un secondo, e lo stesso fece con gli altri, fino a che non introdusse una mano sfiorando un seno di Änne, la quale sussultò. - Chris...tel...- Gemette, gettandosi alla ricerca della sua bocca. Desiderava le sue labbra, adesso! La bionda non attese a dargliele mentre anche lei si spogliava frettolosamente, respirando affannosamente sulle sue labbra. Caddero ormai completamente nude sul letto, una attaccata al corpo dell'altra, sfregandosi nei movimenti, gemendo e non staccando mai le labbra. Christel allungò una mano sciogliendo i capelli di Änne, i quali gli ricaddero vaporosi e scombinati sulle spalle.

- Sei bellissima- Sussurrò ammirandola in tutto e per tutto, accarezzandole il viso con le nocche, passandole poi un dito sulle labbra carnose. - Dimmi che mi vuoi-

- Ti voglio- Sorrisero riprendendo a baciarsi delicatamente, esplorando reciprocamente i loro corpi con le mani. Christel ad un certo punto si staccò e iniziò a scendere sempre di più fino a che non scomparì sotto le coperte. Poco dopo, Änne avvertì un enorme sensazione di piacere alle sue parti intime e non poté trattenere un gemito, che represse con una mano. Il suo respiro divenne ansimante e con una mano artigliò le coperte, con l'altra il cuscino. Si prese il labbro tra i denti, imponendosi di trattenere i prossimi versi. Se qualcuno le avesse sentite, sarebbero state bruciate al rogo. Eppure adesso Änne si sentiva bruciare in un altro senso e il suo cuore batteva all'impazzata. Nessuno l'aveva mai presa in quel modo, con quella possessione e dolcezza mischiati insieme. Nessuno le aveva mai detto che non desiderava la sua sofferenza...nessuno le aveva mai detto di ammettere espressamente quel "lo voglio". Christel...la sua Christel.

- Ti piace?- La sentì sussurrare e annuì, sperando che la vedesse perché non riusciva a parlare. Quando riprese, solo pochi secondi mancavano all'orgasmo. Änne venne nel giro di poco prendendo la testa di Christel tra le mani e inarcando la schiena. La bionda le lasciò un ultimo bacio, succhiando leggermente, approfittando quindi della sua super sensibilità, prima di uscire dalle coperte.

- Anche io ti voglio- Ansimò con le labbra umide dei suoi umori. Änne annuì, come se avesse recepito il messaggio e fece scendere una mano alle parti intime di Christel, iniziando a stimolarle piano con le dita. Solo in quel momento Christel sentì di aver completamente dimenticato il proprio dolore e la propria depressione. Desiderava che qualcuno potesse aiutarla a sfogarsi e Änne era la persona perfetta. Non voleva approfittarsi di lei, no...non avrebbe mai potuto farlo perché lei l'amava sinceramente. Voleva prendersi cura della sua piccola anima. Anche lei venne mentre la baciava, senza pensarci, senza accorgersene. Semplicemente era accaduto e, guardandosi negli occhi, sapevano entrambe che non sarebbe stata l'ultima volta.

***

- E insomma...questo è quello che ho fatto oggi- Finì di raccontare, sempre a sedere su quel prato morbido e accogliente. Tom lo aveva ascoltato pazientemente, come sempre. Si era interessato della sua giornata e si erano raccontati un bel po' di cose sulle loro vite per conoscersi meglio. Bill adorava parlare con Tom. Sentiva che era l'unica persona con la quale potesse sentirsi totalmente libero di esprimersi come più gli piaceva. Tuttavia non poteva prendere con lui la confidenza che voleva visto che non gli era permesso di chiedergli di dargli del "tu", ma dovevano mantenere quel "voi" di cortesia, giusto per precisare ogni volta che tra loro due c'era un muro immaginario che in qualsiasi modo li teneva lontani.

- Siete così oppressa...-

- Già. D'altronde faccio sempre le solite cose da che ho memoria. Prego, leggo, mangio e dormo. La mia vita è questa, non ho doveri importanti o qualcosa per cui dare tutta me stessa...capite? Delle volte vorrei avere un obiettivo che mi faccia sentire orgogliosa della persona che sono- Erano delle parole importanti per una ragazzina di 14 anni, pensò Tom, che comunque vedeva lei come una donna ormai, nonostante la sua giovane età. E poi tra loro due c'era una bella differenza, 10 anni, però questo non sembrava essere un problema quando stavano insieme.

- Dovreste divertirvi di più-

- Sì...può darsi-

- Venite con me- Si alzò e gli tese una mano.

- Dove?- Chiese afferrandogliela e ponendosi in piedi. Tom non rispose e indietreggiò conducendolo nell'acqua gelida. Bill mise dentro le scarpe senza esitazione ma stava per scivolare e si tenne ancora più stretto a Tom.

- State attenta! C'è il muschio sulle rocce perciò fate bene attenzione a dove mettete i piedi-

- Ma...che genere di divertimento sarebbe questo?- Domandò ridendo.

- Non lo so...ma la vostra risata mi fa credere di aver trovato qualcosa di buono- Si addentrarono ancora di più nell'acqua, che comunque non era molto alta, arrivava alle loro ginocchia.

- E'...gelida!- Ma questo non era importante. L'acqua che lo accarezzava era una sensazione unica. - Mi ammazzeranno quando tornerò in convento così- E continuava a ridere. Questa era la cosa che contava davvero. Tom rimase ipnotizzato dal suono della sua risata...era ciò che sperava di provocare tutte le volte. Tuttavia una schizzata improvvisa lo svegliò da certi scabrosi pensieri.

- Ehi!- E Bill scoppiò a ridere ancora più forte, sentendosi libero, completamente. Tom ricambiò la schizzata, mezzandogli il velo. Cominciò da lì una battaglia di schizzi e risate. Stavano giocando come due bambini e non sentivano per niente freddo. Bill volle spingerlo nell'acqua in un impeto di felicità e scherzo, ma quando ci riuscì, il muschio sulle rocce gli giocò un altro tiro mancino. Gli cadde addosso e finirono entrambi nell'acqua.

- Oh cielo...perdonatemi- Ma appena alzò gli occhi sui suoi si bloccò. Nessuno lo aveva mai guardato così intensamente. Il respiro gli divenne corto e la gola si seccò improvvisamente. - ...perdonatemi- Sentiva un dolore allo stomaco, della nausea, la quale aumentò quando la mano grande di Tom gli si poggiò sul viso, accarezzandoglielo piano con il pollice. Il dito poi giunse alle sue labbra, sfiorandole. Bill non riusciva a reagire. Chiuse semplicemente gli occhi lasciandosi andare, godendosi quel tocco gentile. Sospirò non appena percepì qualcosa di morbido sulle sue labbra e la barba di Tom pungere un po' il suo viso. Il suo respiro caldo e le sue braccia che lo avvolgevano regalandogli una sicurezza e un calore che mai aveva provato. Il cuore si era arrestato per poi riprendere a battere più veloce. Ma non appena percepì la sua mano tirare piano il suo velo sfilandoglielo leggermente, il campanello di allarme si azionò nella sua mente e realizzò cosa stava succedendo. Si tirò indietro cadendo nell'acqua. Si gettò fuori dal fiume, inciampando a terra nell'intento di fuggire. Le sue labbra...avevano appena toccato quelle di un uomo! Lui...lo aveva baciato.   

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Capitolo 2
*** LIB - 2 ***


LIB - 2


Quando varcò il portone del convento si sentì esattamente come un coniglietto che era riuscito a saltare nella propria tana appena in tempo, prima che il cacciatore lo sparasse. Il suo cuore batteva a mille, era spaventato e confuso. Attraversò il cortile cercando di dare poco nell'occhio e arrivò in camera sua. Sorprendentemente vi trovò Christel, la quale era davanti allo specchio e si stava pettinando i capelli. Sembrava come se si stesse facendo bella per qualcosa...o forse per qualcuno.

- Bill, ciao!- Si alzò immediatamente dalla sedia con un'insolita felicità che le stava invadendo l'animo. Il moro però non ebbe tempo di farci caso dato che il fiatone non lo stava facendo ragionare. Il suo cervello era invaso da un'emorragia che lo avrebbe portato allo svenimento in questione di secondi. - Ehi, tesoro...tutto a posto?- Christel si accigliò avvicinandosi e ponendogli una mano sulla guancia, esattamente dove l'aveva appoggiata Tom nel momento che si erano... Il moro annuì e basta, allontanandosi dalla porta tremante e cercando un posto per sedersi. Lo trovò sul proprio materasso. - Non si direbbe. E' successo qualcosa?- Gli occhi di Bill denotavano un enorme spavento, come se avesse visto un serpente, il Diavolo arricciato all'albero. Tuttavia non accennava neanche una parola, ma rimaneva ad ansimare in silenzio. - D'accordo, ti porto dell'acqua- Si diresse ad una brocca di porcellana con la quale riempì un bicchiere. Aspettò che Bill ne bevesse un sorso prima di ricominciare a domandare. - Bill, mi stai facendo spaventare così. Vuoi deciderti a confessare?-

- Non riuscirei a dirla neanche al prete una cosa del genere...- Contestò con voce debole, anche perché l'agitazione gli si era spenta tutta insieme.

- Addirittura? Che cosa hai combinato di così tanto grave?- Aveva trasgredito le regole, aveva parlato con un uomo, passato dei momenti con lui che lo avevano portato a commettere un gesto così riprovevole! Il suo cuore batteva tutte le volte che lo vedeva e quando lo pensava improvvisamente stava bene. Il suo corpo e la sua mente per una buona volta non provavano dolore. Questo era il suo peccato, il non sentire alcuna forma di sofferenza. - Mi vuoi rispondere?- Stava cominciando a spazientirsi ed era del tutto naturale. Qualsiasi persona non avrebbe sopportato ulteriormente quel silenzio.

- Io...nella foresta ho...ho incontrato Tom-

- Tom?- Assunse un'espressione confusa. Per un attimo non riusciva a ricordarsi di chi stesse parlando, ma poi, d'un tratto, realizzò. Sgranò gli occhi. - Il parrucchiere?- Bill annuì. - Ma dovrebbe essere proibito l'accesso...- Christel sapeva che in fondo stava dicendo un'assurdità perché nessuno controllava ciò che facevano gli abitati di Brema al riguardo. Chiunque poteva entrare e uscire da quel posto potenzialmente parlando. - Che cosa è accaduto con lui?- Pensava che fosse meglio andare direttamente al sodo, ma fu proprio in quel momento che il moro si silenziò nuovamente, non avendo intenzione di rispondere. - Bill, avete parlato? Ti ha detto delle cose...che ti hanno messo a disagio?- Christel non voleva risultare una persona che era lì per accusarlo, bensì desiderava che Bill comprendesse che il suo unico interesse era capirlo, o almeno provarci. Il moro scosse la testa. Stava iniziando a collaborare. - D'accordo. Allora qual è il problema? Hai paura che la Suora Madre venga a sapere che hai parlato con un uomo? Non è successo niente di grave, anche io ho parlato con Tom l'altro giorno per difenderti...non è che per questo sono stata crocifissa- Tuttavia Bill non era tranquillo e Christel si sentiva un po' impotente, come se tutti i suoi sforzi fossero vani. Le sue parole non stavano sortendo l'effetto sperato. - Oppure...non è questo ciò che ti tormenta, vero?- Il moro deglutì continuando a tenere gli occhi bassi, vergognoso, con le guance ancora rosse. Christel cominciava a dubitare che quel rossore dipendesse dalla fatica della corsa che aveva fatto per arrivare fino alla loro stanza. C'era qualcos'altro sotto. - Bill, che cosa è successo con Tom? Necessito che tu me lo dica, perché non posso aiutarti se...-

- Nessuno può aiutarmi- La interruppe. - Ho commesso un atto di cui mi vergogno...me ne vergogno tanto- Chiuse gli occhi tentando di contenere il nodo alla gola e le lacrime che gli pungevano le palpebre chiedendo di essere liberate. Christel non sapeva come reagire, ma era capace solo di osservarlo con il fiato sospeso.

- Tu...lo hai...?- E quella consapevolezza divenne struggente quando lo vide annuire.

- Sì...io...l'ho baciato- Quella volta fu il turno di Christel nel cadere nel silenzio più totale. Adesso comprendeva che non doveva sminuire ciò che Bill stava provando, che la sua paura era fondata. Aveva davvero commesso un reato. Un bacio.

- Bill...c-come è successo?- Era frastornata da tale notizia. Bill aveva appena ammesso di aver posato le proprie labbra, che sarebbero dovute restare immacolate, su quelle di un'altra persona, e per giunta di un uomo! Christel non immaginava che Bill avesse queste preferenze, credeva che avrebbe potuto innamorarsi, ma di una donna. Ora più che mai aveva realizzato che non l'aveva mai conosciuto realmente. Avrebbe dovuto pensare che Bill era adatto ad essere il suo migliore amico proprio perché non sarebbe potuto essere attratto da lei in nessun modo.

- Non lo so...stavamo...lui è stato così...così gentile e ci stavamo divertendo tanto nel fiume a schizzarci...a ridere...e poi siamo caduti entrambi...ho sentito come una forte pressione sullo stomaco e il mio cuore...non avevo più fiato...e i suoi occhi erano...mi guardavano come non mi aveva mai guardato nessuno...poi è successo- Davanti a quella descrizione, Christel rimase senza parole. Bill si stava esprimendo con un tono e un modo di porsi che l'amica conosceva fin troppo bene. Il moro aveva perso la testa per un uomo, e questo era anche molto più grande di lui. La differenza d'età era quasi palpabile: 10 anni. Decisamente tanti, forse troppi. Ma non era questo che preoccupava Christel, quanto il fatto che Bill era innamorato. Forse ancora non del tutto ma stava iniziando con il piede giusto. Ciò non doveva accadere. Sapeva che non poteva fare il buon samaritano visto che anche lei aveva i suoi peccati e non erano di meno spessore, però ci teneva a Bill e sapeva che il suo non sarebbe stato qualcosa che avrebbero potuto tenere nascosto per molto. Era...diverso.

- Bill, tu non devi più vederlo- Asserì con decisione. Christel avrebbe voluto raccontargli della propria esperienza con Änne ma adesso ci aveva rinunciato siccome il moro avrebbe potuto prenderla come un "tu sì e io no" che li avrebbe portati ad una discussione. Infatti Bill sussultò alle sue parole, come se gli fossero giunte inaspettate. - È troppo pericoloso, non voglio che possa succederti qualcosa a causa di questo- E Bill la capiva solo che...ciò che aveva sentito tutto il tempo che era stato con Tom, tutto ciò che aveva provato in quel bacio...era stato così bello che non avrebbe voluto rinunciarvi.

- Io sono stato felice quando mi hai detto che...eri innamorata di Änne- Abbassò un poco il tono. - Non mi sono opposto-

- E infatti questo mi ha stupita, Bill. Avresti potuto e dovuto opporti-

- Ma tu ci avresti rinunciato? Avresti rinunciato ad Änne per un mio no? Rispondi sinceramente- Adesso era Bill che teneva il gioco in pugno. Christel si stava sentendo con le spalle al muro. Mentire sarebbe stato equivalente a bestemmiare visto che ciò che provava per la ragazza era la cosa più bella che aveva mai sentito in vita sua e non voleva macchiarlo con una menzogna. Sospirò e scosse la testa.

- Probabilmente no. Ma tu Bill...tu non sei nascosto come me, il tuo amore non è qui, bensì là fuori! Come farai a portarlo avanti? È una follia!- Sì, era una pazzia pura, e Bill era ancora troppo incerto sui propri sentimenti per rischiare ma...se non avesse rischiato sentiva che se ne sarebbe pentito a vita perché aveva un'esistenza vuota e solo Tom era riuscito a riempirla di un qualcosa di realmente vivo. Voleva combattere per questo, per la sua libertà, per il benessere della sua anima e del suo cuore.

- È vero, però c'è sempre una foresta là fuori e continueremo a vederci lì-

- Ma a che cosa porterà tutto questo? Per quanto credi che potrà durare?-

- Io voglio andarmene, Christel. Voglio provare a fuggire da questa prigione e se Tom deve essere la mia via di fuga, la coglierò, senza pensarci due volte!- La bionda ci rimase quasi male di queste parole. L'avrebbe abbandonata lì per quell'uomo? Per un uomo che conosceva appena! Per un uomo di dieci anni più grande che aveva esigenze diverse, non quelle di un ragazzino di 14! Il suo cuore aveva fatto crack.

- Allora vai con lui- Il moro la guardò negli occhi di ghiaccio e si accorse che erano diventati improvvisamente vitrei. Solo dopo si rese conto che l'aveva ferita con quelle parole, aveva espresso i suoi desideri troppo ad alta voce.

- Christel...mi dispiace- Ma la ragazza ormai sentiva che non poteva perdonarlo adesso, aveva superato troppo il limite. Voleva solo che le stesse lontano per qualche ora. Così si alzò e se ne andò via sbattendo la porta. Bill sospirò ponendosi entrambe le mani sugli occhi che divennero subito lucidi. Che cosa aveva fatto? Perché aveva dovuto dirle quelle cose? Non aveva per niente dato valore alla loro amicizia ed era naturale che Christel si fosse offesa. Certo, Bill non voleva negare i propri sentimenti per Tom ed era vero che l'unica cosa che desiderava era scappare...ma gli sarebbe dispiaciuto lasciare Christel per sempre. Sperava solo che potesse capire, adesso le ci voleva solo un po' di tempo per assimilare il tutto. Sì, sicuramente sarebbe stato così. Si asciugò le lacrime.

***

Änne stava andando al pozzo per prendere l'acqua quando vide Christel allontanarsi dal dormitorio a grandi falcate. Pareva parecchio irritata, se non furiosa. Lasciò perdere il secchio sul bordo in pietra e corse da lei raggiungendola. Tuttavia la bionda camminava in fretta e non azzardava ad arrestarsi. Forse non l'aveva neanche notata.

- Christel!- Ma niente, continuava ad avanzare, come se avesse la testa completamente altrove. Änne si sentì costretta ad aumentare il passo e a fermarla per la mano. - Christel, fermati!-

- Che c'è!?- La ragazza sussultò non aspettandosi un temperamento così alterato. Aveva sgranato gli occhi e deglutito, quasi spaventata. Non riusciva a riconoscere gli occhi di Christel quando erano infuocati, essendo che non le era mai capitato di vederla in quello stato. Era sconcertante.

- Volevo solo chiederti se fosse tutto a posto...-

- Certo, non potrebbe andare meglio!- Rispose sempre molto arrabbiata, gesticolando esageratamente. Änne non sapeva più che pensare. Non sapeva se chiederle quale fosse effettivamente il problema. Christel però parve accorgersi da sola di star dando uno spettacolo per niente gradevole di sé stessa e finì con il sospirare abbattuta e delusa da sé stessa. - Perdonami...ho avuto una discussione con Yasmin-

- A giudicare dal tuo comportamento deve essere qualcosa di serio stavolta-

- Sì, ma non posso parlarne...con nessuno- Non aveva per niente messo in conto che le sue compagne avrebbero preteso di sapere tutto a vederla in quel modo. Tuttavia, più guardava gli occhi di Änne e più moriva dalla voglia di raccontarle la faccenda per intero, oltre che di gettarsi tra le sue braccia per farsi consolare. Si guardò un istante intorno, poi la prese per mano. - Vieni- La trascinò senza aggiungere nient'altro e la condusse lontana dal cortile così da non essere viste da nessuno. Finirono in una stanzina, di quelle piccole e che servivano solitamente per pregare in santa pace. Era vuota, perciò era perfetta. - Inginocchiati- Änne obbedì e si mise in posizione di preghiera, rivolta verso l'altare. Christel fece altrettanto congiungendo le mani, cosa che Änne imitò subito dopo. - Yasmin...mi ha confessato di aver commesso un grosso errore, ma tu devi promettermi di non raccontarlo in giro- Sussurrò, le tremavano le dita.

- Non ho nessuno con cui parlare- Contestò Änne mantenendo lo stesso tono di voce. Christel sorrise. Era la ragazza perfetta per lei che stava per tradire la sua migliore amica spifferando il suo segreto.

- Lei...ha baciato un uomo- Contrariamente a come si aspettava, la ragazza rimase tranquilla. Non ebbe una reazione scandalistica e non cambiò espressione. Stava ascoltando molto attentamente.

- E' per questo che ti sei arrabbiata?-

- No! Sarei un'ipocrita...- Sospirò. - Mi sono arrabbiata perché...mi ha detto che vuole andarsene via di qui...con lui-

- Oh...- Chinò leggermente il capo, quasi in segno di riflessione.

- Lei è la mia migliore amica da quando eravamo piccole...e poi questo non lo conosce nemmeno! Ha 10 anni in più di lei e dice che può essere la sua via di fuga, che alla prima occasione lascerà questo posto...lascerà me!- Änne sospirò. Aveva la stessa età di Yasmin perciò poteva comprendere questo suo essere sprovveduta e dire cose a cuore aperto, senza ragionare. Certo, lei aveva dovuto crescere in fretta e aveva affrontato un mondo intero prima di giungere lì, mentre Yasmin era il suo esatto opposto: stava cominciando a conoscerlo adesso. - E questo non riesco a sopportarlo, ma non solo per me, ma per lei! Chi le dice che questo sia l'uomo della sua vita!? Chi le dice che andrà tutto bene e che se ne possa andare via senza ripercussioni!?-

- Nessuno- Esalò Änne debolmente interrompendo la sua sfuriata. - Io credo che Yasmin...voglia semplicemente qualcosa di diverso dalla vita. Lei non sopporta più stare qui dentro e non sei tu la causa. Odia l'idea di lasciarti e tu questo lo sai, ma è stanca di ignorare i propri bisogni, ha la ribellione nel sangue- La percezione del mondo di Christel si ribaltò in un istante quando sentì Änne esprimersi in quel modo così chiaro e limpido. Sembrava che si fosse arrabbiata per niente e d'un tratto si sentì così stupida. - Io ti comprendo, Christel, però...immagina se la situazione fosse stata al contrario...anche se spero di essere più che una semplice via di fuga per te- Aggiunse con un mezzo sorriso che si espanse non appena la bionda le afferrò la mano delicatamente.

- Tu conti moltissimo per me- Poi sospirò. - Hai ragione, comunque. Penso che in nessun modo avrei rinunciato a te e alla possibilità di andarmene...credo di essere solamente molto...esageratamente preoccupata per lei-

- E' normale, in fondo avete passato tutta l'infanzia insieme, siete molto legate- Christel si immerse in quei ricordi mentre osservava il crocifisso e annuì con un leggero sorriso che le si stava pian piano formando sul volto. - Adesso ti senti meglio?- Annuì e si sporse un po' con l'intento di abbracciarla, ma si bloccò all'ultimo esitando un po'. Non perché non volesse, ma non aveva per niente prestato attenzione al fatto che qualcuno potesse vederle. Änne però voleva sentirla vicina a sé e si gettò tra le sue braccia respirando il suo odore dolce.

- Meno male ci sei tu- E arrossì un po' quando quelle parole le vennero sussurrate all'orecchio.

- Io ti amo...Christel- Detto sotto ad un crocifisso aveva tutto un altro effetto. Passarono la notte insieme.

***

Dopo quella notte, Christel era tornata nella sua stanza quel pomeriggio, felice come una pasqua e pronta a perdonare qualsiasi cosa a Bill, ma appena spalancò la porta, non lo trovò da nessuna parte. Sussultò, immaginandosi che potesse essere fuggito fuori nuovamente. Scappò all'esterno e vide che il cielo era grigio, delle nuvole previdenti pioggia lo solcavano. Sospirò appoggiandosi ad una colonna e lasciando che il venticello caldo le accarezzasse il velo. Sperava solo che sarebbe andato tutto bene.
Bill stava per fare uno scivolone di quelli numero uno a pochi metri dal portone del convento ma per fortuna si riprese aggrappandosi ad una corteccia d'albero. L'aria era umida e la terra molle. In quei giorni pioviscolava sempre un po' e faceva veramente freddo. Tuttavia non voleva aspettare. Sperava di trovare quell'uomo così da potergli dire che tra loro non doveva esserci più nessun incontro clandestino. Avrebbero dovuto farla finita perché, dopo aver riflettuto sulla conversazione avuta con Christel, aveva appreso il suo errore. Alla fine aveva agito troppo d'istinto e dopo sarebbe stato bene scusarsi con lei. Prima doveva concludere quella faccenda.

- Diamine! Uff...odio la pioggia!- Aveva tutte le scarpe piene di fango ed era una cosa che non sopportava! Lui adorava il sole, gli piaceva sentire la propria pelle scaldata da esso e vedere i raggi che illuminavano ciò che gli stava intorno. Quelle nuvole grigie invece erano proprio tristi e non contribuivano certo ad infondergli il buon umore. Tom avrebbe dovuto trovarsi nella foresta a quell'ora, anche se con il brutto tempo ne dubitava un po'. Beh, in tal caso sarebbe tornato immediatamente indietro e avrebbe riprovato giorni dopo, oppure non si sarebbe fatto più sentire direttamente, anche se questo avrebbe voluto dire rinunciare alla sua piccola libertà. Sospirò esausto da quella camminata che pareva non finire mai. Ma era veramente così lungo il percorso fino al fiume!? O forse stava sbagliando strada...no, era quella giusta. Doveva proseguire solo un altro po' di metri. Si armò di pazienza e riprese il cammino anche se quelle scarpe cominciavano a fargli quasi male. Dopo qualche minuto sentì lo scrociare dell'acqua e, felice, iniziò a correre verso quel rumore. Fortunatamente inchiodò poco prima di precipitare dentro il torrente. Si era veramente ingrossato a causa delle frequenti piogge ed era quasi impressionante. - Wow...- Esclamò estasiato, spostandosi un fastidioso ciuffo di capelli dietro l'orecchio.

- Già, è davvero bello, anche se è necessario stare attenti- Il suo cuore fece un salto e sussultò.

- Oh cielo...siete voi- Si pose una mano sul petto al constatare che era Tom, il quale se ne stava sotto la chioma di un albero a ripararsi dal vento che aveva iniziato a soffiare sempre più forte.

- Mi dispiace di avervi spaventata, venite qui sotto- Bill non se lo fece ripetere due volte e si avvicinò a lui. Tom avrebbe tanto voluto stringerlo tra le proprie braccia ma non si azzardò ad allargarle minimamente. Gli aveva già fatto un torto enorme. Aveva profanato le sue labbra e ciò gli aveva costato una notte insonne e chissà quante da quel giorno in poi...

- Ho freddo...- Ma quando la vide tremare, non vide altra soluzione.

- Posso...?- Fece ben intendere le sue intenzioni e il moro rimase per qualche secondo a riflettere se era giusto o no lasciarsi avvolgere, ma l'ennesimo brivido che gli percorse la spina dorsale lo persuase a non fare il difficile. Annuì e Tom lo abbracciò. Bill chiuse gli occhi. Adesso sì che stava finalmente bene. Non sentiva più il dolore ai piedi e quel freddo era quasi piacevole. Il contrasto con il calore che Tom gli stava infondendo era piacevole. Affondò il viso sul suo petto dato che non arrivava più su e inspirò forte il suo profumo. Solo da quello era capace di intuire le sue nobili origini. Alzò lo sguardo incontrando i suoi occhi e capì che lo stavano osservando già da un po'. - Come mai siete tornata qui...da me?- Era la domanda più difficile alla quale Bill aveva mai dovuto rispondere, in quanto non sapeva se c'era realmente una risposta. Forse era sufficiente dire solo una semplice verità.

- Volevo chiudere definitivamente i miei incontri con voi- Mormorò con il rumore di un piccolo tuono in sottofondo. - Quel bacio...è stato sbagliato, voi lo sapete quanto me- Tom non mutò espressione, ma annuì semplicemente, rimanendo ipnotizzato dai suoi occhi stupendi.

- Mi rendo conto di avervi macchiata di una colpa che non avete e me ne dispiaccio immensamente. Non ho fatto altro che pensarci da quando vi ho lasciata...-

- E' stata colpa di entrambi...anche io l'ho voluto, ho desiderato baciarvi con tutta l'anima- Non sapeva con che coraggio aveva fatto uscire quella confessione ed era consapevole che le sue parole avrebbero incrementato quel sentimento che li stava unendo sempre di più, ma ci teneva che lo sapesse, che non si tormentasse con il senso di colpa. La mano di Tom giunse ad accarezzargli la guancia constatando che aveva sempre quella pelle morbida e delicata, tipica di una ragazza della sua età, ancora bambina per certi versi.

- Sapete perché vi ho baciata?- Bill negò piano con la testa, non staccando gli occhi da lui. - Avete il viso più bello che abbia mai visto in vita mia- Il moro non fu capace di non arrossire. Tom lo stava corteggiando, stava corteggiando una novizia nonostante sapesse che era sbagliato, nonostante si fossero chiesti scusa per il bacio che avevano condiviso, per quel gesto privo di passione e colmo di innocenza. Doveva tornare alla realtà. Si scostò repentinamente da lui e chinò lo sguardo colpevole. Il suo cuore stava provando tantissima sofferenza ed era difficile nasconderla a 14 anni.

- Io...devo dirvi addio, Tom- La sua voce tremava, come se fosse prossima al pianto. Si rese ben presto conto che non sarebbe stato Tom a mancargli, ma le sensazioni che gli stava facendo provare e che gli avrebbe fatto provare per tanto tempo, anche dopo quella dolorosa decisione.

- Sì...lo capisco, anche se mi è difficile accettarlo-

- Allora...addio- Stette per andare via ma un tuono più forte degli altri squarciò il cielo ed iniziò a piovere come mai aveva piovuto in quei giorni. La pioggia divenne così battente che non riusciva a vedere più in là del suo naso! I vestiti gli si appiccicarono velocemente addosso e il freddo iniziò a scorrergli per le vene. Si sarebbe preso una bella influenza, diamine! Si voltò piano. Tom era ancora lì, che lo fissava con la mano appoggiata al tronco, i capelli fradici. Sembrava come se la pioggia dicesse loro che non gli era permesso dividersi. Allora forse qualcuno dalla loro parte c'era, la natura.

- Conosco un posto- Disse e basta. Bill annuì e si fece guidare laddove insinuava ci fosse un luogo che li avrebbe accolti, dove avrebbero potuto ripararsi e asciugarsi. Camminarono per la foresta e sembrava che Tom la conoscesse come le sue tasche. - Prendetemi la mano, è facile perdersi con una pioggia così- Il moro non se lo fece ripetere due volte e meno male, perché con la sua goffaggine, stava più volte rischiando di scivolare. Si sentiva così in imbarazzo quando succedeva perché le mani di Tom lo stringevano più forte e lui si calava facilmente nei panni di un bambino che ancora non sapeva camminare. - Ecco, siamo arrivati- In lontananza distinse una piccola casetta, una capanna così piccola che pareva ci potesse stare solo una persona. Tom si avvicinò alla porticina e la aprì con delle chiavi un po' arrugginite che aveva in tasca. - Entrate, presto- Bill non se lo fece ripetere due volte e si fiondò all'interno. Rimase stupito quando vide che, a discapito di come appariva da fuori, dentro vi era un modesto e ordinato arredamento. C'era un letto di una piazza sola, un caminetto con della cenere e qualche mobile. Niente di più. - Adesso accendo un fuoco, così potete asciugarvi- Si chinò al lato del caminetto raccogliendo dei pezzi di legno che erano accuratamente impilati a piramide. Li gettò dentro il camino e con dei fiammiferi riuscì a ravvivare un piccolo fuoco. Non era molto ma questo era nelle sue capacità. Bill in tutto questo era rimasto lì in piedi, ad osservarlo ipnotizzato, con gli occhi che gli si illuminarono non appena furono colpiti dalla luce della fiamma.

- Questa casa è vostra?-

- In realtà non è di nessuno. L'ho trovata un giorno durante le mie passeggiate e ho pensato bene di arredarla siccome era abbandonata. Addirittura avevano lasciato le chiavi nella serratura, così me ne sono appropriato- Il moro guardò il soffitto coperto da travi di legno perfettamente incastonate tra loro. Era tutto così accogliente...ma aveva ancora molto freddo. - Sarebbe opportuno che vi togliate i vestiti- Sussultò ad una richiesta così improvvisa e a tratti inopportuna.

- Come?-

- Sì...per farli asciugare. Se vi tenete la veste bagnata addosso, potreste beccarvi una bella influenza- Aveva ragione, però...non avrebbe dovuto permettere che Tom vedesse più del suo viso. Era una regola. Tom comprese il suo essere restio al riguardo. - La vostra salute è molto più importante, se mi permettete- Non aggiunse altro ed iniziò a sbottonarsi la camicia rivolto verso il fuoco. Non appena se la tolse, lasciando alla vista la sua schiena nuda, Bill tremò e deglutì. Restò ammaliato dai suoi capelli lunghi, che ancora lasciavano cadere qualche goccia, la quale scorreva per la sua pelle, cavalcando la sua muscolatura. Divenne bordeaux e chinò lo sguardo. Percepiva uno strano calore interno. Che cosa gli stava succedendo? Tom si mise in ginocchio e con un'asta di ferro si mise a spostare un po' la legna per ravvivare il fuoco e vi soffiò sopra. Bill capì che aveva ragione, che se non avesse fatto ciò che gli consigliava, sarebbe potuto andare incontro a conseguenze parecchio gravi, quali appunto l'influenza, o peggio, la polmonite. Così iniziò a spogliarsi. Si tolse prima il velo che aveva sulla testa liberando la sua distesa corvina. Fu proprio in quell'istante che Tom si voltò e si bloccò. Rimasero in silenzio ad osservarsi e Bill percepiva un dolore allo stomaco. Non sapeva che dire, se doveva dire qualcosa! Fu Tom ad alzarsi, ad avvicinarsi piano. A Bill stava mancando il fiato, tanto che non aveva osato sollevare gli occhi sulla sua persona. Li chiuse quando percepì il tocco della sua mano sulla sua guancia ancora fredda. - Siete bellissima- Ed iniziò a sfiorargli i capelli, con le dita, delicatamente. Inutile dire che li stava adorando, contemplando in tutta la loro morbidezza e lunghezza. Il tocco delle sue mani stava facendo sentire Bill così al sicuro nonostante tutto. Era protetto quando era con lui e non sapeva perché diamine doveva rinunciare a tutto quello! Perché doveva rinunciare a ciò che provava, ai propri sentimenti!? Forse un motivo c'era...che Tom non sapeva che in realtà sotto quelle vesti non avrebbe trovato un corpo femminile e questo lo avrebbe turbato. Magari quella poteva essere la sua prova del nove. Se fosse fuggito, non si sarebbero più visti...ma avrebbe anche potuto andare a dirlo in giro. Era un rischio che non sapeva se era pronto a correre. Però...cosa sarebbe successo esattamente se si fosse venuto a sapere della presenza di un uomo all'interno del convento? Forse quel posto avrebbe chiuso oppure...oppure avrebbero punito tutte le suore che avevano mantenuto il segreto...compresa Christel.

- Vi prego- Disse scostandosi dalle sue mani. Quando lo toccava la sua mente si spegneva, come se andasse a dormire tutto d'un tratto e questo non gli piaceva. Non era più in grado di controllare niente di sé stesso ed un enorme disagio lo invadeva...una sensazione strana che non era neanche in grado di spiegare.

- Perdonatemi...- Aveva percepito il suo fastidio, che poi fastidio non era. Era paura. Aveva terribilmente paura di tutto quello che gli stava accadendo intorno: del temporale, del convento e anche di Tom. O forse...temeva i sentimenti che provava in relazione a queste tre cose. Era stanco di soffrire. Sì, perché ovunque si girasse era in grado di vedere solamente dolore e pessimismo. Tutto sarebbe andato male: il temporale avrebbe portato problemi alle persone, il convento a chi teneva più al mondo e Tom a sé stesso.

- Tom...c'è qualcosa che voi non sapete su di me e...-

- Volete dire il vostro nome? In effetti non ho avuto modo di conoscerlo...-

- Yasmin- Lo interruppe con un piccolo sorriso che Tom imitò.

- Yasmin...è davvero un bel nome- Ma quella frase lo fece rincupire un'altra volta. Il suo nome era un altro segreto che ancora non gli aveva svelato. Ma per quanto avrebbe continuato a mentire? Si sentiva terribile...

- Tuttavia non è di questo che voglio parlarvi...io...non so neanche se fidarmi di voi completamente- Pensava fosse meglio aprire il suo cuore e i suoi dubbi a Tom, così che gli fosse tutto più chiaro e che comprendesse meglio questo suo atteggiamento reticente.

- Beh...avete ragione, io non vi ho mai dato modo di...-

- Voi mi avete messo a mio agio, meglio di chiunque altro...però...non so quanto posso contare sulla vostra discrezione, così da potermi aprire e parlare senza avere paura che possiate andare a dirlo ad altre persone. Mi piacerebbe che tutto ciò di cui parliamo rimanesse qui, tra me e voi- Una volta che aveva assimilato quale fosse il dubbio di Yasmin, Tom sorrise sollevato. Temeva qualcosa di più difficile da risolvere e invece si trattava solamente di fiducia. Si sentiva di potergliela concedere.

- Io vi prometto qui e ora, Yasmin, che potete parlare liberamente con me, nessuno verrà a conoscenza di niente, anche perché, se ci pensate, sarebbe deleterio anche per me se venissero a sapere che intrattengo un qualsiasi tipo di relazione con una suora-

- Una novizia, in realtà...non ho ancora preso i voti- Esalò debolmente. - Ma accadrà presto, non appena la Suora Madre mi riterrà pronta...e ci sarà una cerimonia...e a quel punto...il mio cuore apparterrà solamente a Cristo- Gli occhi gli divennero d'un tratto lucidi. Quella prospettiva di vita non gli piaceva per niente, anzi, per lui rappresentava una condanna della sua anima. Non capiva come mai una persona non potesse amare Dio e comunque essere felice...come mai una cosa doveva escludere l'altra per forza? Tom non disse niente, semplicemente gli asciugò l'unica lacrima che ebbe il coraggio di farsi vedere. - Io non voglio- Sussurrò con voce strozzata dal nodo alla gola. - Non voglio- Ripeté. Per Tom era orribile vederlo in quel modo e non sapeva che cosa fare per farlo sentire meglio o convincerlo a dimenticarsi almeno per qualche minuto dell'orrendo destino che lo attendeva.

-E' bene che vi mettiate un po' a letto, sotto le coperte, la vostra pelle è gelida- Bill annuì tirando su con il naso. Stava già iniziando a raffreddarsi. Senza che Tom dovesse ricordarglielo, iniziò quindi a spogliarsi.

- Avete promesso che qualsiasi cosa dirò voi non lo confesserete ad anima viva...vero?-

- Certo, Yasmin. Potete fidarvi di me- Forse quello era il momento di rischiare. Tom gli stava dando il via libera. Continuò quindi a spogliarsi e si tolse tutta la tunica, lasciando scoperto tutto il suo corpo. Solamente l'intimo restò ma il petto piatto era già visibile, completamente esposto a Tom, il quale aveva assunto un'espressione un po' perplessa...poi sconcertata...e poi confusa. Bill cercava di sostenerla senza cedere. Era ora che doveva far vedere il suo coraggio, o dare l'ennesima prova della propria incoscienza. 

- E' necessario che le persone credano che io sia una ragazza...perché mi hanno cresciuta come tale da quando ero in fasce...ma io sono un ragazzo e il mio vero nome è Bill...non Yasmin- Ma poi non ce la fece più e dovette abbassare gli occhi, pronto ad essere sbattuto fuori da quella capanna in tempo zero. - Vi ho mentito e ho lasciato che...che tutto questo accadesse, che voi cadeste nel tranello come chiunque altro...- Gli occhi di Tom erano ancora incerti e lo osservavano senza sapere bene da che parte guardarlo, come una foto che viene rigirata tra le dita più e più volte per appurarne la vera immagine. E quale era la vera immagine di Yasmin? - Ma il punto è che voi non siete "chiunque altro" per me...ed era giusto che, prima di prendere decisioni, io vi raccontassi la verità. Adesso lascio a voi la scelta...se volete gettarmi fuori di qui a calci oppure tenermi al vostro fianco...ma qualsiasi decisione prendiate, ricordate che avete promesso di mantenere il silenzio e che io mi sono fidato di voi- Lo vide deglutire, chinare nuovamente lo sguardo al suolo e riflettere. Il silenzio stava diventando ogni secondo di più sempre più disarmante.

- Mi avete mentito...-

- ...con tutta l'anima- Aggiunse e non per aggravare la propria sensazione, ma perché voleva essere sincero, voleva essere trasparente, un libro aperto che avrebbe raccontato ancora più verità della Bibbia stessa.

- Però...c'è una cosa che non avete messo in conto- Si avvicinò nuovamente, con quei passi lenti che facevano morire il cuore di Bill ogni volta poiché non conosceva le sue intenzioni. - Perché avete dovuto dirmi che in realtà siete un uomo?-

- Perché mentirvi ancora mi faceva stare male...-

- E come mai?- Tom voleva arrivare a qualcosa. Stava indagando nella sua anima più profonda con quegli occhi che tentavano di penetrare i suoi. Già...perché aveva voluto svelare il suo segreto senza lasciare che Tom lo scoprisse da solo? Solamente per una questione di fare ciò che era giusto, o c'era di più?

- Perché...volevo vedere...se mi aveste guardato ancora allo stesso modo- E sperava che comprendesse a che cosa si riferiva. Il sorriso di Tom gli fece capire che sì, aveva compreso, perché si capivano sempre al volo loro due. - Voglio baciarvi ancora- Sussurrò trovando la forza di sollevare lo sguardo su di lui. Questa volta le mani che gli accarezzarono il viso furono due. I suoi occhi però rimasero impauriti, le sue labbra tremavano. Temeva ancora tutte le ripercussioni che questo suo desiderio poteva portare con sé. Però...quando sentì nuovamente la morbidezza delle labbra di Tom sulle sue delicate, quella paura svanì tutta insieme e si lasciò andare in un sospiro. Istintivamente aprì le labbra e lasciò che la sua lingua andasse in cerca della propria, accarezzandola timidamente. Arrossì a quel contatto e i brividi gli percorsero la spina dorsale. Quello non era per niente un bacio innocente perché adesso un po' di Tom era in lui. - Mh...- Percepì le sue braccia avvolgerlo, stringerlo a lui, come a non volerlo più liberare. Stava rimanendo senza ossigeno ma dio...era così piacevole... Quando si separarono, si rese conto di avere gli occhi umidi e il respiro ansimante.

- Voi...avete mai...provato certe cose?-

- Quali cose?-

- Non so come spiegarvelo...è come...come un calore nel corpo...la voglia di...di restare completamente nudi...toccarsi...guardarsi...questo- Ciò che gli stava dicendo era completamente insano, come se si fosse scordato che lui era ancora una novizia nonostante non possedesse il corpo di una donna. Bill non sapeva nemmeno come riconoscere quella sensazione che gli stava chiedendo. Nudo...accarezzare i propri corpi...guardarsi negli occhi...non era ciò che stavano già facendo? Non si era neanche accorto di tutto quello, stava man mano scoprendo qualcosa che gli stava venendo naturale senza che ne avesse una conoscenza a priori. Arrivando a questa conclusione, annuì.

- Ora- Pronunciò lievemente, con quella piccola voce che avrebbe fatto intenerire chiunque. - Adesso, in quest'istante...con te- Con quella frase aveva rotto ogni tipo di barriera che c'era tra loro due. Il "voi" aveva lasciato posto al "tu", quel rispetto che ormai si stavano promettendo senza che fosse necessario dimostrarlo al mondo, senza quelle insulse formalità, perché non aveva senso essere abbracciati, quasi completamente nudi, e continuare a mantenere un distacco.

- Quindi...posso toccarti?- Bill annuì lasciando che Tom si avventasse nuovamente sulle sue labbra.

- Non smettere mai...non smettere mai...- Adorava che lo baciasse in quel modo, che facesse sentire come lo voleva lì, come desiderava la sua presenza. Tom avanzò facendolo così indietreggiare. Bill non capì fino a che le sue gambe non sbatterono contro il materasso e vi cadde sopra. Gli vennero i brividi non appena quelle lenzuola toccarono il suo corpo, i suoi capelli ancora bagnati sparsi sul cuscino. Tom invece era ancora in piedi che lo osservava, come se dentro di lui si stesse combattendo una battaglia tra cuore e ragione. - Ho freddo- Sussurrò e quelle furono le parole che lo convinsero a stendersi insieme a lui, così da potergli infondere del calore. Si riavvicinarono piano e ripresero il contatto con le labbra, prima delicatamente...poi qualcosa dentro di loro stava crescendo, quel calore di cui Tom gli aveva parlato. Forse era il fuoco, ma quell'atmosfera, quell'aria, il rumore della pioggia e del vento all'esterno...era tutto avvolgente. Dopo un po', le loro labbra non ne potevano più. Erano gonfie e rosse per come se le erano divorate. Rimasero così, con gli occhi fissi l'uno in quelli dell'altro, ad accarezzarsi il viso a vicenda, il silenzio ad accompagnarli.

- Sei stupendo- Sussurrò contribuendo a farlo arrossire.

- Davvero non ti ha inorridito minimamente il fatto che io non sia una donna?- Tom negò semplicemente, e quella era una risposta più che sufficiente per Bill. - Prima hai detto che dovevamo essere completamente nudi...-

- Solo se tu vuoi, non devi fare niente che tu non voglia-

- Ma io voglio...- Lo desiderava con tutto sé stesso potersi levare tutto e mostrarsi ad una persona come era realmente, senza mezze misure, senza stare dietro ad alcun tipo di regola. Tom lasciò Bill fare da solo. Il moro si portò le mani ai lembi delle proprie mutande e le abbassò sfilandole dalle proprie gambe. Le gettò poi a terra. Quello fu il momento di imbarazzarsi perché era completamente senza vestiti davanti ad una persona che non era Christel o Kora, le uniche donne che lo avevano visto lì sotto. In un certo senso sperava che Tom non facesse veramente nessun commento, che comprendesse quanto gli stava costando a livello di emozioni farsi vedere veramente, senza veli. Tom semplicemente fece altrettanto, iniziando a slacciarsi la cintura. In poco tempo anche lui fu completamente esposto agli occhi di Bill, il quale adesso percepiva una sorta di...paura, ma non era una paura come tutte le altre, bensì una paura buona. Per questo si avvicinò così tanto a Tom, fino a fare in modo che le loro intimità venissero a contatto, bacino contro bacino. Appena questo successe, un brivido gli percorse la spina dorsale e sospirò senza sapere di cosa. I loro corpi si stavano incastrando perfettamente, come se fossero stati due pezzi di un puzzle a due tessere. Loro erano un'immagine che in quell'istante stava esprimendo una miriade di emozioni.

- Vorrei baciarti...dappertutto- Disse accarezzandogli il fianco sottile. Bill acconsentì con un cenno del capo e lasciò Tom libero di poggiare le sue labbra ovunque sulla sua epidermide irruvidita dai brividi di freddo che ancora avevano possesso sul suo corpo. Iniziò dal suo collo e andò più giù: petto, addome, ventre...ma quando arrivò troppo in basso Bill sussultò.

- Fermati...per favore...- Stava arrivando ad un punto troppo privato e troppo velocemente. Non era ancora pronto perché le sue labbra arrivassero anche lì. Eppure un desiderio stava combattendo per essere liberato, qualcosa che non aveva mai provato prima, qualcosa che gli stava dicendo di crescere, di smetterla di fare il bambino.

- Scusa, non ti ho chiesto se potevo...- Bill scosse la testa, come a dirgli che non importava che si scusasse. Non aveva fatto niente di male. - Bill, te lo voglio dire chiaro e tondo, così che non ci siano fraintendimenti- Tornò su così da poterlo guardare dritto negli occhi. - Voglio fare l'amore con te- Bill sussultò sgranando gli occhi. Che cosa voleva dire quello? Cos'era fare l'amore? Come mai aveva un suono così piacevole e così intimidatorio allo stesso tempo? Abbassò lo sguardo senza sapere che rispondere.

- I-io...non so...non so come...- Odiava non riuscire ad esprimersi ma stava entrando in una sorta di panico ed era orribile tutto ciò. Il suo cuore stava impazzendo, non sapeva che doveva fare!

- Shh...Bill...- Gli accarezzò il viso. - Nessuno ti ha mai detto niente?- Il moro scosse la testa. - Non sai minimamente niente su ciò che stiamo facendo?- Negò di nuovo.

- Io...sto facendo quello che tu mi dici di fare...perché mi piace e voglio continuare ma...al tempo stesso ho paura...- Finalmente Tom comprese come stava veramente la situazione. Bill non conosceva neanche un po' della sfera sessuale, cosa naturale in qualsiasi essere umano, e perciò le sensazioni che provava in quell'istante gli erano tutte nuove, ci stava familiarizzando e correre troppo era per lui sinonimo di un trauma. Doveva dargli tempo di comprendere cosa stava sentendo e perché, oppure insegnarglielo lui.

- Non c'è nulla di cui aver paura...io voglio prendermi cura di te in ogni modo possibile, Bill- Il moro esitò un po' con lo sguardo ma poi trovò la forza di guardarlo e annuì. - Ti insegnerò io come si fa e se tu non vuoi fare una cosa...basta che tu me lo dica, non avere paura di parlare. Sono io- Questa volta Bill rispose con un caldo bacio sulle labbra. Aveva capito che qualsiasi cosa sarebbe accaduta, non avrebbe comportato niente di brutto. Tom riprese da dove si era interrotto e andò giù fino ad arrivare a baciare anche la parte più intima di lui.

- Mh...- Arrossì all'inverosimile, ma ciò che stava provando lo stava facendo pian piano impazzire. Le labbra di Tom sul proprio membro, che lo accarezzavano e lo baciavano...era tutto stupendo. Percepiva il calore scorrere nel proprio sangue e concentrarsi sull'inguine. La sua virilità stava diventando man mano più turgida e stava iniziando ad alzarsi. - Tom...-

- E' tutto normale...tranquillo...vuol dire che ti piace- E non poteva negarlo, tutto quello gli stava piacendo davvero un sacco. Le mani di Tom che lo tenevano per i fianchi, con quella possessione mista a protezione. Le sue labbra che continuavano a baciarlo e la sua lingua che assaggiava la sua pelle delicata. E pian piano il suo cervello si spense completamente, soggiogato dal piacere. Non avendo mai provato tutto quello era difficile controllarlo. Smise di pensare completamente a Christel e al convento, se magari lo stavano cercando, se si erano accorti che stava mancando da ormai un'ora. Non gli importava più di niente perché lui quell'ora la stava passando con Tom, con una persona che per lui era speciale, anche se lo conosceva appena, come diceva Christel. Avrebbe imparato a conoscere Tom con il tempo e sperava di averne ancora tanto con lui.

- Ah...- Sussultò gemendo quando un dito si introdusse in lui. Percepiva un fastidio, un leggero dolore, che però gli stava iniziando a piacere dopo un po'.

- Va bene così?-

- Tom...che cosa stai facendo? Perché...lo hai messo lì dentro?- Chiese trattenendo i gemiti e ansimando.

- Perché è l'unico modo che abbiamo se vogliamo diventare...come una persona sola- Credeva che spiegarglielo in questo modo lo avrebbe reso più facile e interessante, meno doloroso, perché sì, l'amore poteva risultare anche molto doloroso.

- Una persona sola?- Chiese e lo vide annuire.

- Io...devo entrare dentro di te, in tutto e per tutto, capisci?- Cercava di non essere troppo specifico perché non voleva spaventarlo. Desiderava che vedesse la parte bella di ciò che stavano facendo, non quella fisica che comportava un po' di sofferenza. - Devi sentire il mio cuore...batte come il tuo...lo senti?- Gli afferrò la mano poggiandosela sul petto. Bill percepiva quanto andasse veloce e sentiva che il suo batteva allo stesso identico ritmo. Come era possibile tutto ciò? Era come se si fossero...sincronizzati. Il moro si impossessò nuovamente delle sue labbra, poiché quelle erano l'unica cosa che riuscisse a renderlo tranquillo quando si rendeva conto di star impazzendo. - Dimmelo, voglio sentirtelo dire...se è quello che vuoi-

- Sì...voglio essere un tutt'uno con te, Tom- Sorrise e lasciò che Tom continuasse a penetrarlo con le dita, non contenendo i gemiti di dolore che sapeva doveva sopportare se voleva arrivare a ciò che il ragazzo gli aveva detto: unirsi a lui, essere finalmente una persona sola. Poteva davvero essere possibile? Per quanto il piacere gli annebbiasse la vista non perse il momento in cui Tom afferrò il proprio membro con una mano posizionandolo sulla sua apertura. - Devi entrare dentro...con quello?- Il ragazzo annuì semplicemente.

- Può fare un po' male...ma posso ancora fermarmi, posso sempre fermarmi, se me lo chiedi- Il moro scosse la testa ripetendo dei flebili "no".

- Entra...per favore- Divaricò maggiormente le gambe per farglielo capire. - Ti voglio dentro di me- E dopo quelle parole, nessuno dei due seppe che cosa accadde esattamente. Tom iniziò a spingersi in lui osservando con attenzione l'espressione del viso di Bill, che cambiava ad una sempre più dolorosa ma allo stesso tempo carica di piacere. - Ah...- Tratteneva il fiato. - Mh...- E poi lo liberava...così resisteva nel dolore. Strinse Tom forte a sé. - E' questo...essere un tutt'uno?- Chiese.

- Sì...adesso io posseggo una parte di te...e tu hai una parte di me- Rispose con poco fiato, giacché il calore che percepiva era così appagante da rendergli incomprensibile tutto ciò che accadeva intorno a lui.

- Tom, mi sto sentendo...così strano...ho tanto caldo...-

- Anche io...- I capelli ancora umidi non facevano più quell'effetto raggelante. Ora quel bagnato contribuiva a non farli bruciare troppo di passione, poiché dovevano ricordarsi sempre della realtà, del fatto che quello altro non era che un momento di paradiso, del loro paradiso. - ...ma è così che deve essere- Bill si lasciò scappare un sorriso. - Stai bene?- E annuì.

- Sì- Tom non aggiunse nient'altro. Si chinò a baciare il suo collo mentre lentamente iniziò a fare avanti e indietro con il bacino, così ad abituarlo piano a quella presenza. Bill gli gemeva piano nell'orecchio, mugolando quasi come un cucciolo di gatto. Era così piccolo e indifeso tra le sue braccia...aveva un corpo così esile che gli sembrava davvero di star abbracciando un bambino. Quegli attimi passarono in poco tempo ma sembrarono durare all'infinito. Le sensazioni che Bill stava provando nel suo corpo erano veramente troppe e devastanti. I versi che emetteva, il voler dire il suo nome...era tutto così nuovo e bello che non voleva finisse mai. Ma ad un certo punto qualsiasi cosa ne ha una e quando questo accadde, Bill quasi se ne spaventò. Non aveva mai provato una sensazione come quella che lo travolse tutto d'un tratto, su quel letto, tra le braccia di Tom. Sobbalzò un po', gemette più forte e poi...tutto finì improvvisamente. Quando riaprì gli occhi era già tornato alla realtà. Ansimavano guardandosi e con un sorriso sfumato a fior di labbra. Bill buttò la testa all'indietro realizzando ancora la forte sensazione che aveva avuto e sentì del bagnato sulla propria pancia e dentro di sé. Era stato tutto così animale...così naturale. Poco tempo dopo si ritrovarono Bill steso su Tom, con la testa appoggiata sul suo petto, lasciando che gli accarezzasse i capelli. Entrambi con espressioni serie in volto, pensanti...quasi distanti da lì. Si stavano pentendo di quello che era successo? Tom aveva paura di averlo condannato per sempre e anche di aver condannato sé stesso. Aver fatto l'amore con Bill, averlo visto crescere tutto in una volta...avergli insegnato a disobbedire...era giusto? Bill invece stava appunto pensando ai momenti vissuti poco prima, a ciò che aveva provato e se era seriamente disposto a rinunciarvi per sempre, ma sussultò forte nel momento che un fulmine cadde vicino alla loro casa rilasciando un tuono simile ad una bomba. Si strinse a Tom come un bambino in cerca di protezione. E forse non era proprio questo? Aveva appena fatto l'amore con un uomo di 24 anni...e Tom aveva fatto l'amore con un bambino di 14...e si stavano innamorando entrambi.

***

Giorni dopo, Tom si ritrovava nel proprio salone. Era l'orario di chiusura, perciò tutti i dipendenti se ne erano andati e lui stava finendo di rimettere un po' in ordine. Non voleva mai che i suoi clienti dovessero lamentarsi, anche della cosa più piccola. Tuttavia non riusciva ad essere puntiglioso come suo solito, ma agli occhi di un esterno sarebbe apparso abbastanza svogliato e poco collaborativo. Non poteva evitare di pensare a quel pomeriggio piovoso che aveva vissuto con Bill, alle varie cose che aveva scoperto e soprattutto a ciò che avevano fatto, a quell'atto segreto che avrebbero dovuto mantenere nascosto se non volevano morire. La società avrebbe provveduto al loro sterminio, senza guardarli in faccia, senza neanche provare a vedere il sentimento che li univa e che giorno dopo giorno stava crescendo sempre di più. Poteva ancora sentire la pelle morbida di Bill sotto le sue labbra, come se ancora la stesse accarezzando. Il calore del fuoco che avevano acceso, la luce fievole che emanava, il lino delle lenzuola che li avvolgeva...tutte quelle piccole cose che avevano reso quel momento magico e in qualche modo perfetto. Ricordava la voce di Bill, le cose che gli aveva detto, i suoi deboli ansimi, i piccoli gemiti, quasi vergognosi...le sue guance rosse. Ancora non riusciva a capacitarsi che, nonostante avesse scoperto che il moro possedesse un corpo diverso da quello che si immaginava, lo aveva accettato come se non gli avesse detto nulla di così importante. Lui in quell'istante voleva Bill, qualsiasi tipo di corpo avesse avuto...voleva quel viso, quegli occhi, quelle labbra. Nient'altro era importante. Però avevano commesso un errore imperdonabile agli occhi di Dio e degli uomini. Erano due persone che non dovevano stare insieme. Bill sarebbe dovuto rimanere puro, immacolato, vergine...e invece lo aveva rovinato e questo gli provocava dolore, poiché era contento di ciò che avevano fatto. Gli aveva deteriorato la vita, letteralmente. Si ricordava ancora quando, dopo che la pioggia si era calmata, avevano percepito in lontananza le campane del convento che suonavano le 18:00, orario di cena. Bill aveva sussultato, aveva mormorato uno "scusa, devo andare", e si era rivestito in fretta per poi scappare via senza dovergli più neanche una parola. Lui non ci era rimasto male, in fondo...chiunque avrebbe reagito in quel modo. Bill era spaventato adesso, aveva realizzato il proprio errore, ma al tempo stesso lo stava ancora elaborando chiedendosi come era possibile che si fosse lasciato così andare. Non aveva proprio vergogna. Non c'era limite alla sua sfacciataggine e alla sua trasgressione. Ogni scusa era buona per uscire dagli schemi che gli avevano imposto fin dalla nascita. Si passò una mano sugli occhi sospirando. Non sarebbe più dovuto accadere. Tom doveva allontanarsi necessariamente da Bill o questo avrebbe portato a guai molto seri. Ma anche il solo pensiero gli provocava un'enorme angoscia...

DIN DON!

Sussultò non appena il rumore fastidioso del campanello interruppe i suoi pensieri. Sbuffò e lasciò perdere la scopa da una parte. Andò alla porta pulendosi le mani con uno straccio e poi aprì. Davanti a lui Heidi e il generale Klum, in piedi come due statue. Tom pensò immediatamente che erano venuti a discorrere del matrimonio e stava per chiudere loro la porta in faccia, dato che non ne voleva sapere proprio niente e non aveva la benché minima voglia di mettersi a ragionare su quello. Desiderava solo poter andare a casa sua e stare tranquillo, immerso nelle proprie meditazioni.

- Buonasera, Tom- Iniziò l'uomo, con la sua voce imponente, così come la sua corporatura e il suo comportamento, eretto come un pezzo di legno.

- Buonasera, generale- Heidi non aveva per niente un'espressione contenta sul volto. Stava al fianco di suo padre con le mani nelle mani. Si guardava un po' attorno come se non riuscisse ad incontrare il suo sguardo, esattamente come una bambina che aveva paura di un possibile rimprovero e così facendo pensava di evitarlo in vano. - Volete entrare? E' piuttosto freddo fuori...-

- Non è necessario. Siamo venuti qui per consegnare questa lettera- Il generale tirò fuori dalla tasca un pezzo di carta giallognolo. - E' una lettera di convocazione al servizio militare- Tom la afferrò con un po' di titubanza, con le mani che la sfioravano quasi con timore. - Ci ha impiegato più del previsto ad arrivare perché mia figlia non voleva, così è per questo che sono venuto personalmente. Buonanotte- E così dicendo, se ne andò senza aspettare una risposta. Beh, il generale aveva fornito anche fin troppe spiegazioni. Tom avrebbe dovuto iniziare il servizio militare qualche anno fa, ma la lettera di convocazione non lo aveva mai raggiunto...e non immaginava che la causa di questo fosse stata proprio Heidi. Ecco il perché della sua espressione dispiaciuta. Sapeva che era un duro incarico e che le prove di resistenza lì erano veramente molto dure...però Tom era contento di questo, perché voleva mettersi alla prova e non vivere nella bambagia. Essere militare lo avrebbe accomunato a tutti gli altri uomini, sia poveri che ricchi, ed inoltre avrebbe fatto servizio per la propria patria. Annuì osservando quella lettera. Adesso doveva solo trovare una maniera di chiudere il negozio, oppure trovare qualcuno tra i suoi dipendenti al quale affidarlo durante la sua dipartita. Chiuse la porta.

***

- E poi il generale Klum se n'è andato con sua figlia, che sicuramente vorrà seguire Tom in questa impresa- Christel finì di raccontare ciò che aveva visto quando era andata insieme al parroco a casa della signora Fischer, alla quale stava morendo il marito e necessitava di una benedizione. Si era appostata al lato del negozio di Tom ad origliare la conversazione e aveva scoperto che doveva partire per il servizio militare. Era scappata immediatamente da Bill a dirglielo. Il moro stava seduto sul materasso e la osservava come se gli stesse parlando in una lingua straniera. Ora che ci pensava era un bel po' che era assente con la mente. - Mi stai ascoltando?-

- Sì...mi hai appena detto che Tom deve partire per il servizio militare...ma...non capisco, perché me lo hai detto? A me non dovrebbe importare...-

- Ma ti importa, Bill- Certe volte Christel era la rappresentazione della sua coscienza, altre volte faceva la parte razionale, quella che gli diceva di non commettere sciocchezze. Logicamente il moro non poté non alterarsi.

- No, Christel! E poi scusa...tu non dovresti distogliermi da tutto questo!?-

- E' vero, dovrei...se non mi sentissi un'ipocrita!- La ragazza sospirò. - Bill, io e Änne abbiamo...ci stiamo vedendo di nascosto, esattamente come avete fatto tu e Tom. Ho capito che le nostre situazioni sono simili e come tu sostieni me, io dovrei sostenere te-

- Non c'è niente da sostenere, Christel- Si alzò dal materasso, voltandosi per non guardarla negli occhi. Davvero non c'era niente? - Io e Tom...abbiamo commesso un errore, ce ne siamo resi conto entrambi...- O almeno era quello che sperava. - ...ed è meglio se tra noi non ci sia più alcun contatto. Io devo andare avanti con la mia vita e Tom con la sua. E poi a te Tom non è mai piaciuto- Christel sbuffò una risata.

- Come?-

- Sì, dici che è troppo grande per me-

- Beh, è vero! Lui è un uomo e tu un ragazzino! Però...però ti tormenta il cuore e quando una persona ti tormenta il cuore...è segno che c'è qualcosa di più...e con Tom è così e tu lo sai- Bill sospirò. C'era molto di più in gioco. A Tom non aveva solo concesso il permesso di tormentargli l'anima, ma anche quello di possedere il suo corpo. Aveva tutto di lui...erano diventati un tutt'uno, una persona sola...avevano condiviso un momento che li aveva segnati per sempre. Bill si sentiva ancora sporco. Non riusciva più ad andare in giro, a messa, e sentirsi come prima. Era come se stesse mantenendo uno segreto vile...e non era questo ciò che stava facendo? Ma perché un segreto vile doveva essere così bello?

- Sì...lo so bene- Ammise. - E' da giorni che non faccio altro che pensarci-

- A lui?-

- A noi, Christel!- Si voltò. - Non faccio altro che pensare alle sue braccia che mi stringono, a come mi sono sentito! A ciò che potremmo realmente essere se io non fossi rinchiuso qui dentro! A...all'amore stupendo che potremmo vivere...- Esalò debolmente realizzando ciò che aveva appena detto e una lacrima abbandonò i suoi occhi.

- Bill...-

- Comunque devo rinunciarvi...perché mi sono rovinato con le mie stesse mani, amica mia- Scoppiò in lacrime cadendo in ginocchio. Non riusciva più a tenersi quel peso nel petto, doveva dirlo a qualcuno, sennò aveva paura che sarebbe impazzito. Christel si mise giù con lui, così da essere alla sua stessa altezza. Lo prese tra le braccia per consolarlo e gli accarezzò i capelli neri, ora liberi dato che indossava una semplice vestaglia da notte.

- Bill, c'è qualcosa che mi stai nascondendo...non è così?-

- Sì, è vero...-

- Me lo dici?- Sembrava tranquilla ma temeva la risposta che l'amico le avrebbe dato. Se lo faceva piangere in quel modo sicuramente non era qualcosa di poco conto. - E' stato Tom a dirti di non volerti più vedere e tu ci sei rimasto male?-

- No...io...e lui abbiamo...ci siamo messi in un letto insieme...senza vestiti...e poi lui...è entrato dentro di me e...- Da "ci siamo messi in un letto insieme" le braccia di Christel si erano irrigidite notevolmente, invece all' "è stato dentro di me" avevano completamente perso la forza.

- Bill...vuoi dire che...avete fatto l'amore?- Il moro annuì dopo qualche secondo, piano. Christel però, per quanto fosse sorpresa, non riuscì a reagire in quel modo che forse anche Bill si sarebbe aspettato da lei, in quanto non era estranea a quel tipo di peccato. - E' questo ciò che ti tormenta? Il fatto di aver ceduto il tuo corpo...la tua verginità...a qualcuno?-

- A qualcuno che non posso amare- Lo sentiva singhiozzare sulla sua spalla e questo la feriva più di qualsiasi altra cosa, perché ora lo capiva più che mai. Anche lei, poche notti fa, aveva fatto l'amore con Änne. Era entrata dentro di lei a modo suo e poi il contrario. Per loro era stato un gioco, un divertimento, un atto che li aveva fatte stare bene...ma per Bill era stato un trauma. Aveva provato delle sensazioni completamente nuove e adesso tremava come un cucciolo tra le sue braccia, spaventato dal mondo esterno e dal proprio interno. - E adesso lui parte...parte, va lontano...ed io...resto qui- E questa consapevolezza era orribile da sopportare. Tom sarebbe stato lontano da lui chissà quanti chilometri e non poteva sperare di rivederlo o comunque confortarsi con il pensiero che stava al di là della foresta. - Non voglio tenerlo incatenato a me...ma...-

- Ma vorresti...-

- Sì- Era un pensiero egoista che non aveva mai fatto, perché Tom non rappresentava solamente una via di fuga per lui adesso. Da quando aveva fatto l'amore con lui, i suoi sentimenti si erano come triplicati. Il suo cuore adesso aveva un nuovo lucchetto, una nuova prigionia...ma per la prima volta era contento di trovarsi in gabbia. - Io...devo andare con lui-

***

- No, non se ne parla- Immaginava che la reazione della Suora Madre sarebbe stata quella, ma aveva voluto tentare. - Yasmin, mi stai chiedendo di farti partire per andare a rifugiarti in un posto con soli uomini!-

- Rifugiarmi? Non ho mai usato quella parola, Madre- Iniziò ad irritarsi, anche se poteva essere vero...stava utilizzando delle scuse solamente per scappare e andare a "rifugiarsi" in un luogo di soli uomini, ma non gli interessavano gli uomini a lui...solo uno di loro, unico e importante.

- Comunque no. Sei troppo giovane ed inoltre non sei ancora una suora, non capisco che cosa ci andresti a fare-

- Ad aiutare nelle confessioni. Nel nostro esercito ci sono tantissimi giovani e il prete prima di confessarli tutti ci metterà almeno un giorno!-

- Sì, ma non puoi in alcun modo dare l'assoluzione ed inoltre tutto ciò che viene detto nelle confessioni non può essere rivelato ad anima viva e tu parli troppo per i miei gusti-

- Madre, mi dovete dare la possibilità di crescere! Fate che qualcuno mi accompagni, se mi ritenete troppo inesperta, ma vi prego!- Congiunse le mani al petto e la donna mai aveva visto occhi così supplicanti. Come mai Yasmin teneva così tanto a mettere un piede fuori da quel luogo? D'accordo, il desiderio di libertà poteva essere grande ma una volta che le aveva spiattellato un no in faccia più volte...come mai continuava ad insistere? Cosa c'era al di là di quelle mura?

- Yasmin...il tuo insistere mi sta facendo andare sui nervi...-

- Lo so! Non vi sono mai andata a genio come persona, nonostante ancora, dopo tutti questi anni, io non sappia che accidenti vi ho fatto! Perché mi trattate in questo modo!? Solo perché sono diversa!?- Iniziò a tremare e a piangere lacrime calde. Era stanco di tutto questo ed era disposto a combattere con ogni mezzo ed ogni accusa possibile, a costo di sembrare scortese e inopportuno, a costo di rimetterci.

- Ti prego di tacere...-

- No! Mi dovete dire perché, Madre! Se fosse stata Christel a chiedervelo, l'avreste mandata senza problemi! Perché io no? A causa del mio corpo? E' quello il problema?- La Suora Madre sospirò. - Nessuno lo verrà a sapere, ve lo giuro...ma vi prego...non siate così cattiva con me...non ho fatto niente per meritarlo- Bill credeva fermamente che ci fosse del buono in quella donna, per quante discussioni avesse tenuto con lei nell'arco della sua breve vita. In fondo pensava che in tutti ci fosse del buono e che la sua ingenuità non aveva limiti. La Suora Madre si portò due dita alle palpebre sospirando, come abbattuta. Il silenzio era palpabile e solo il ticchettio dell'orologio a pendolo era udibile.

- D'accordo...puoi andare- Bill sussultò.

- Veramente?- E lei annuì.

- Sì, ma a patto che ti faccia accompagnare da una persona affidabile...ad esempio...mh...che ne pensi di Änne?- Bill non rimuginò neanche due volte su questo che annuì energicamente. La sua compagnia gli era molto gradita, solo che poi gli balenò alla testa l'idea che avrebbe abbandonato Christel, lasciandola senza nessuno che le facesse effettivamente compagnia...ma ormai era tardi.

- Va bene, è deciso, verrà Änne con te. Adesso vai a preparare la tua roba e di' a Änne di fare altrettanto. Partirete domani mattina all'alba per l'accampamento- Il moro era così entusiasta che non riuscì a contenerla e si chinò con un enorme sorriso stampato sul volto.

- Grazie infinite!- E scappò fuori. Tuttavia la Suora Madre voleva vederci chiaramente in questa faccenda. Yasmin stava combinando qualcosa e quel qualcosa non le piaceva per niente.

***

- Eccoci, siamo arrivati- Il cocchiere fermò la carrozza aprendo successivamente lo sportello. Prima scese il prete, successivamente Bill ed Änne aiutati dall'uomo che porse loro gentilmente una mano. - Venite, vi faccio strada- Erano in una zona di campagna logicamente, molto isolata da Brema. In effetti, il viaggio era stato stancante, considerando che molti dei soldati erano giunti in treno. Bill però era felice nonostante gli insetti, un po' di fango e l'odore di sterco. Era libero diamine! Quanto bello poteva essere il mondo? La natura poi...quella era ineguagliabile. Si perse ad osservare la distesa verde ben curata e pure Änne lo fece accanto a lui. Per lei tutto questo non era nuovo ma poteva comprendere la sensazione di essere fuori da quelle mura almeno per un giorno, anche solo per un attimo. - Bello, vero? Questo campo è di proprietà del generale Klum-

- Il generale Klum?- Chiese Bill riprendendo il passo così da poter stare dietro all'uomo ed ascoltarlo.

- Sì. Lui è qui insieme a sua figlia, Heidi. Lei gestisce il lavoro nei campi mentre il padre si occupa dell'esercito. Hanno entrambi delle menti geniali quando si tratta di comandare, a mio parere. Nessuno osa contraddirli e chiunque dica loro di no è destinato ad una brutta fine- Vedendo la serietà sul volto di Bill scoppiò a ridere. - Sto scherzando, sorella, il mio è un modo di dire! Il generale è un brav'uomo e sua figlia...beh, non la conosco bene di carattere, ma è una bella ragazza, raffinata...sofisticata- Tutto ciò che Bill non era. Bill non aveva una bellezza normale, ma era truccata dal diavolo. I suoi capelli neri erano ricoperti di cenere infernale, Heidi li aveva dorati come una santa; i suoi occhi erano scuri, quelli di Heidi erano verdi...erano completamente due opposti. Lui veniva da non si sapeva dove, non era a conoscenza delle sue origini, mentre Heidi era di buona famiglia, benestante. Non poteva eguagliarla in alcun modo. - Che cosa avete, sorella? Vi siete rattristata...- Änne si voltò, accorgendosi solo in quell'istante dell'espressione di Bill, persa in qualcosa di indefinito.

- No, non è niente...solo pensieri-Nessuno aggiunse più una parola fino a che non si avvicinarono alla struttura. Era un edificio a pianta rettangolare, bianco, con finestre vecchie. Pareva una prigione o un manicomio. Accanto c'era una piccola cappella, niente di più. Il suo Tom si trovava lì da quelle parti? Deglutì. Chissà quale sarebbe stata la sua reazione appena lo avrebbe visto...sarebbe stato felice? Oppure lo avrebbe voluto cacciare via?

- Vi porto dal generale. In questo momento starà allenando gli uomini, ma vi sarà ben lieto di darvi il suo benvenuto- Aggirarono la struttura finendo sul retro, dove si estendeva un grande piano di terra compatta. Sopra di essa vi erano delle costruzioni, quali pali per la resistenza delle braccia, muri per l'arrampicata, una rete tenuta bassa per strisciarvi sotto e quant'altro...tutto nel minor tempo possibile. Bill rimase ad occhi sgranati a vedere quei gruppi di uomini compiere tutto il percorso in meno di un minuto. Tom... - Ecco, il generale- Il cocchiere indicò l'uomo che stava lì in piedi a braccia conserte a visionare il tutto e tuonava ai soldati di muoversi e altre parole poco gentili. Si avvicinarono con una certa cautela. - Generale Klum...mi dispiace interromperla, ma ci tenevo a presentarle Don Folker, Suor Änne e Sorella Yasmin- L'uomo rivolse loro un sorriso di benvenuto, mantenendo la posizione eretta. Allungò solo una mano, così da poterla stringere a tutti e tre. Yasmin lo fece con un po' di timore. Sinceramente gli incuteva un po' di soggezione. Era un uomo davvero alto e imponente, con i baffi e i capelli brizzolati e uno sguardo capace di pietrificare, peggio della Gorgone di Medusa.

- E' un piacere avervi qui. Ho fatto preparare le vostre stanze nella cappella, così che possiate stare in un luogo separato da questi animali- Ridacchiò leggermente, seguito solo dal cocchiere nella propria ilarità.

- Mi sembrano dei ragazzi molto capaci- Osservò Don Folker, con un sorriso sereno stampato sul volto.

- Non si faccia ingannare dalle apparenze, hanno ancora molto da imparare- Naturalmente, da buon generale quale era, non poteva di certo ammettere che quei ragazzi stavano facendo anche l'impossibile pur di riuscire in quel percorso spaccaossa. - Oh, è arrivata anche mia figlia- Heidi si stava avvicinando, vestita con dei pantaloni color militare e una camicia bianca molto raffinata, esattamente come era lei. Indossava inoltre degli stivali neri con un piccolo tacco, così da non sporcarsi con tutto quel fango. Sembrava una cavallerizza. Bill guardò la sua veste nera e macchiata un po' di terra verso i suoi piedi. Si morse il labbro inferiore vergognoso. Era orrendo...

- Buongiorno, padre-

- Buongiorno, Heidi. Questi sono Don Folker, suor Änne e suor Yasmin. Staranno con noi per un po'-

- Ancora voi- Logicamente Heidi non aveva potuto fare a meno di fissare i propri occhi su Bill dopo aver stretto la mano al parroco. Il moro stava cercando di sostenere il suo sguardo nonostante si sentisse molto inferiore a lei. Heidi era una ragazza con belle curve, un buon profumo e con un viso disegnato...mentre lui altro non era che un ragazzino vuoto di tutto e pieno di problemi. Tom non aveva potuto davvero rinunciare ad una donna come Heidi per stare con lui. Che lo avesse preso in giro?

- Vi conoscete di già?- Si intromise il padre.

- Beh, più o meno. Suor Yasmin era al mercato ed è accidentalmente andata a sbattere addosso al mio promesso sposo- Promesso sposo? Bill quasi non aveva più aria per parlare. Aveva appena detto...promesso sposo? Voleva dire che...lei e Tom si sarebbero presto uniti in matrimonio? - Ma l'ho ovviamente perdonata, naturalmente non l'ha fatto apposta- Non era per niente vero, l'aveva sgridata davanti a tutti con una scenata a dir poco mediocre! Bill aggrottò leggermente le sopracciglia a quel ricordo ma mantenne la bocca serrata perché non gli era permesso attaccare una signorina di alto rango.

- Il vostro promesso sposo?- Si intromise Änne. - E per caso si trova qui?- Padre e figlia annuirono voltandosi per osservare laddove sarebbe dovuto essere Tom. Bill alzò quindi la testa seguendo i loro occhi e lo trovò che stava eseguendo degli addominali a terra con l'aiuto di un altro ragazzo che gli stava reggendo le gambe tenendogliele ben piantate al suolo.

- E' uno dei migliori- Osservò il generale. - D'altronde non avrei mai potuto concedere a mia figlia di sposare una persona mediocre, voi mi capite- Allora era veramente tutto deciso. Bill adesso non c'entrava più niente...vero? Eppure non riusciva a staccare gli occhi da lui, dai suoi capelli legati scompostamente, alcuni appiccicati al viso per il sudore, dai suoi occhi concentrati e sofferenti. Poteva sentire il suo respiro ansimante e il suo cuore battere all'impazzata per l'enorme sforzo. Riusciva a percepire anche solo il dolore del suo addome, i muscoli indolenziti bruciare, oppure era il suo stomaco che si era improvvisamente annodato. Heidi si era accorta del suo sguardo e ciò non gli piaceva proprio per niente. La irritava da morire la sua presenza, perché aveva notato fin da subito l'intrallazzo che c'era tra quella suorina e Tom. Allontanandola da lui stava solamente facendo un favore a tutti, e così sarebbe successo. - Soldati, ALT!- Tuonò suo padre e tutti gli uomini si fermarono improvvisamente. - IN FORMAZIONE!- Si radunarono tutti senza perdere tempo, ritti in piedi, in file composte da pari uomini. Il generale iniziò a camminare davanti alla prima fila, osservando tutti negli occhi, inchiodandoli al loro posto. - Tornate ai vostri dormitori, fate una doccia e preparatevi per la confessione! A vostra disposizione Don Folker, suor Änne e suor Yasmin! Mi raccomando, siate gentiluomini! Queste donne sono serve di Dio, e come tali non avete il permesso di esagerare, né con le parole né con i pensieri! MI SONO SPIEGATO BENE!?-

- SISSIGNORE!- Risposero tutti in coro.

- Bene! Adesso ANDATE!- Si sciolsero tutti dalla formazione...tutti eccetto uno. Bill riuscì a vedere Tom in mezzo alla mischia e a quanto pareva anche lui era riuscito a vederlo. Lo stava osservando con un'espressione indecifrabile, come sorpreso di vederlo, ma allo stesso tempo preoccupato ed affranto. Oppure l'affranto faceva parte di Bill. Deglutì senza sapere che dire, se dire effettivamente qualcosa.

- Yasmin, non dovreste andare anche voi?- Chiese Heidi interrompendo quegli sguardi. Bill sbatté le palpebre, come se si fosse ripreso da una visione, dirigendo gli occhi su di lei che lo osservava con un sorriso finto e forzato. Annuì e basta per poi andarsene raggiungendo Änne e il prete, sentendo Heidi che gridava il nome di Tom correndo da lui come se dovesse gettarsi tra le sue braccia. Sì...forse era giusto così. Se ne sarebbe andato il prima possibile, anche fingendo indisposizione se necessario, e avrebbe dimenticato Tom per sempre.

***

- Sorella Yasmin, c'è qualche problema?- Chiese Don Folker non appena fece uscire l'ennesimo soldato dopo la confessione. Bill poteva ascoltare essendo una quasi suora ma doveva essere capace di mantenere il segreto di ciò che sentiva, anche se non gli interessava proprio. Non aveva nessuno al quale raccontare ciò che i soldati confessavano e poi...e poi non l'avrebbe fatto proprio perché non era da lui. Aveva sentito di uomini che avevano ucciso, stuprato, tradito le loro mogli addirittura...eppure non gliene importava. Lui non poteva salvare il mondo. Così se ne era rimasto a sedere accanto al prete mentre Änne si occupava di dire ai soldati quando potevano accedere alla stanza confessionale. Tuttavia l'espressione di Bill, così seria e persa, aveva attirato l'attenzione del parroco, il quale si sarebbe aspettato qualche reazione da parte del moro a tutto ciò che aveva sentito, soprattutto data la sua giovane età...e invece niente.

- Mi posso confessare con voi?- Esalò debolmente.

- Certo che potete...appena avrò finito con questi uomini sarò pronto ad ascoltarvi- Sulla bocca di Bill un sorriso di cortesia prese forma, il quale si spense non appena udì la porta aprirsi...e vide proprio l'ultima persona che avrebbe voluto davanti a lui. Tom rimase fermo sulla soglia qualche istante prima di chiudere la porta e prendere posto a capotavola. Bill chinò lo sguardo, sperando così di non indurlo a guardarlo.

- Buongiorno-

- Buongiorno. Posso chiedervi il vostro nome?-

- Tom- Quel maledetto nome...

- Bene, Tom. Facciamo il segno della croce: nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, amen-

- Amen- Anche Bill dovette eseguirlo, nonostante non credesse veramente al proprio pentimento.

- Sono qui ad ascoltarvi- Tom rimase per qualche secondo in silenzio, con le mani sul piano freddo del tavolo, le dita che si rigiravano tra loro. Bill adesso aveva paura delle parole che avrebbe pronunciato. E se...avesse parlato di loro due?

- Ho peccato, Padre...ma non so...se riuscirò a pentirmi di questo-

- Ditemi, figliolo. Troveremo insieme la strada per il pentimento. Dio è disposto ad accogliere anche i dubbiosi, la sua misericordia è grande- Ma sarebbe stata abbastanza grande per non punire un amore come il loro? Tom si morse il labbro inferiore tentando di non guardare Bill, di non cercarlo con gli occhi e soprattutto con il cuore.

- Ho mentito...ho infranto l'ottavo comandamento. Avete saputo delle nozze che il generale Klum ha intenzione di organizzare con sua figlia...è così perché ho cercato di allontanarmi da una persona...da una donna che non posso amare...e così ho mentito, dicendo di essere pronto a fare un passo come quello del matrimonio...ma non c'è alcun tipo di amore che lega me e Heidi...io sono ancora...io amo quella persona- Il cuore di Bill fece un salto e le lacrime punsero i suoi occhi, i quali divennero lucidi nel giro di niente. Deglutì...non poteva piangere. Erano in due a tenere in equilibrio quel sentimento, non gli era permesso di cedere. Però non sapeva se essere felice o triste. Era una condanna piacevole quella che stavano vivendo. Tom aveva appena confessato davanti ad un prete di amare una novizia, di amare lui.

- Come mai avete dovuto mentire?-

- Perché...la donna che amo è una novizia...una ragazza dolce e...ed è un ingiustizia che Dio impedisca questi sentimenti perché...se voi lo aveste provato, Padre, potreste capire il mio desiderio...tutte le volte che incrocio il suo sguardo o penso a lei, anche solo le ore spese pensando a lei! Il fatto che non mangi più perché mi basta la sua presenza o il suo ricordo a nutrirmi...e volerla stringere tra le mie braccia, dirle che...che in qualche modo andrà tutto bene...ma mentirei di nuovo perché so che io e lei non potremo mai essere totalmente liberi e felici- Ma non ce la fece. Dopo quelle parole, una lacrima sfuggì al suo controllo andando ad infrangersi sulla sua veste. Cercava disperatamente di non produrre il minimo rumore, di non singhiozzare, ma non sapeva per quanto avrebbe potuto resistere. Il resto fu abbastanza veloce, Tom pronunciò tutto l'atto di dolore essendo costretto a pentirsi per tutto, nonostante sapeva di star ancora mentendo a Dio. Pensava "Io amo Bill e non me ne pento" ad ogni parola che pronunciava e quando se ne andò, Bill si sentì come se lo avessero legato ad un cappio e qualcuno lo avesse improvvisamente tirato giù liberando le sue vie respiratorie.

- Perdonatemi, Padre. Vado nelle mie stanze...non mi sento bene- Si alzò senza aggiungere altro e uscì. L'uomo comprese da solo che non ci sarebbe stata nessuna confessione da parte di Yasmin in quanto aveva notato quella lacrima e aveva capito in che genere di guaio si erano cacciati entrambi.
Bill sbatté la porta della propria stanza gridando tutto il suo dolore all'interno del cuscino e scoppiando a piangere disperatamente. Continuava a ripetere "Vi prego, perdonatemi! Io lo amo! Lo amo!" e a lui non era concesso di mentire.

***

- Tom, sei proprio fortunato! Se potessi sposare io una donna come quella!- E certi commenti alla mensa si sprecavano. Tom non ne poteva più di sentirli...però quella volta i suoi compagni avevano deciso di cambiare repertorio.

- So che il generale ha detto di non esagerare con le parole, ma tanto non è qui e non credo di essere stato l'unico a pensare a quelle due suore che sono venute qui oggi- Commentò un altro. Tom strinse la mollica di pane nel pugno trattenendo il fiato.

- Quella nerina è carina, ma personalmente preferisco quell'altra. Sembra una bambola di porcellana- Ma lo sapevano che stavano facendo certe osservazioni su ragazzine di 14 anni? Tom però non poteva rimproverare loro questo visto che avevano più o meno la stessa età a quel tavolo e lui aveva fatto ben di più di queste osservazioni. Tuttavia anche la sua sopportazione aveva un limite. Sbatté una mano sul tavolo facendo sussultare e zittire mezza stanza. Si alzò in piedi con occhi a dir poco furiosi.

- Come vi permettete!? Voi non dovreste neanche guardare una serva di Dio e tantomeno osare fare certi commenti!- I tre soldati rimasero lì ad osservarlo con un sorriso di burla stampato sul volto.

- Lo dici solamente perché hai una donna come Heidi da sposare e ormai ti consideri come un figlio per il generale ma sai una cosa, Tom?- Anche quello che aveva parlato si alzò ponendo il viso a due centimetri dal suo. - Non sei nessuno e spero che tu te lo ricordi mentre te la scopi. Con l'autostima che ti ritrovi, sono sicuro che Heidi non avrà una vita sessuale tanto soddisfacente- E alcune persone ridacchiarono, ma Tom non voleva farsi sotterrare da certe insinuazioni. Non doveva cedere alla rabbia. - E riguardo le osservazioni sulle suore...non sono l'unico a pensare che se quelle non fossero serve di dio, molto probabilmente...- E a quel punto, Tom non ce la fece più. Il pensiero di Bill toccato dalle mani di un altro uomo e soprattutto di uno così viscido, lo fece esplodere! Sganciò un pugno in faccia a quello stronzo e lo fece volare qualche metro più indietro, addosso al tavolo accanto. Quello ovviamente non si fece mettere i piedi in testa e si gettò addosso a Tom con tutta la sua forza spedendolo al suolo. Iniziò una vera e propria lotta, pugni da tutte le parti, spinte, insulti e quant'altro. C'era chi incoraggiava e chi aveva l'idea di fermarli ma non si muoveva dal proprio posto. Ad un certo punto però un ragazzo si mise in mezzo e riuscì miracolosamente a dividerli. Fu solo a quel punto che un terzo concluse l'opera prendendo per le spalle il biondo che aveva provocato Tom.

- CHE FAI, GEORG!?- Urlò quello al primo che li aveva separati.

- Direi anche basta!- Si rivolse poi a Tom. - Vieni, via di qui!- Lo afferrò per un braccio tirandolo via e fermando la sua furia. - NON NE VALE LA PENA, PIANTALA DI AGITARTI!- E fu solo in quell'istante che il ragazzo percepì il suo grido e stoppò i propri movimenti. Si diressero in infermeria e Georg prese le cose per curarlo, come cotone e disinfettante per le piccole ferite. - Ma dico, devi essere veramente impazzito! Che ti importa se fanno commenti sulle suore o sulle donne!? Non sei l'eroe di nessuno, Tom!-

- Hanno fatto commenti sulla mia di donna...- E sapeva lui a chi si stava riferendo. Georg non rispose, sospirò e basta iniziando a prendere il cotone e il disinfettante per curare le sue ferite.

- Comunque io sono Georg, la persona che ti ha appena salvato la vita- Tom sorrise capendo che stava sdrammatizzando.

- Ed io sono Tom, semplicemente Tom-

- Piacere di conoscerti Semplicemente Tom-

***

Non aveva mai creduto che l'amore potesse essere così forte fino a che non si era ritrovato tra le braccia di Tom, pietosamente vestito di quella sporca tuta militare che aveva soffiato dalla lavanderia. Si era presentato al dormitorio e aveva evitato un paio di persone che si stavano preparando per andare a letto. Successivamente, quando le luci si spensero, si era imbucato dentro in cerca del letto di Tom. Era abbastanza bravo nell'essere silenzioso e non farsi sentire da anima viva quando voleva. Infatti nessuno si svegliò. Appena trovò il letto di Tom lo vide che dormiva profondamente. Si chinò e gli soffiò delicatamente nell'orecchio. Come previsto, Tom si destò immediatamente, quasi di soprassalto.

- Shh- Sussurrò portandosi un dito alle labbra. Anche solo da quel soffio Tom riconobbe chi era. Il suo profumo era inconfondibile, lo avrebbe riconosciuto tra mille. Quella figura poi si alzò e se ne andò via. Naturalmente voleva essere seguita. Cercando di fare il minor rumore possibile, scese dal proprio letto e uscì dai dormitori. Andò totalmente all'esterno dell'edificio e rabbrividì siccome faceva piuttosto freddo e lui era vestito solamente di un pantalone e di una canottiera che lasciava in evidenza le braccia muscolose. Gli si accapponò la pelle.

- Bill- Bisbigliò, sperando che lo sentisse.

- Sono qui- Si voltò di scatto e lo vide che si affacciava dal muro laterale della struttura. Lo raggiunse e si fece prendere per mano.

- Dove mi stai portando?- Bill non rispose semplicemente e attraversarono il campo in silenzio. Arrivarono quindi alla carrozza che il cocchiere aveva lasciato priva di cavalli, così che nessuno avrebbe potuto rubarla anche volendo. Tuttavia non era chiusa a chiave. Bill aprì lo sportello ed invitò Tom a salire con lui. Appena lì dentro, si tolse il berretto lasciando cadere la distesa corvina sulle sue spalle. - Bill, sei matto? Hai rischiato da morire!- Ma il moro si era gettato immediatamente tra le sue braccia e la paura era sfumata via come niente tutta d'un tratto.

- Per un attimo ho creduto che avessi scelto davvero di sposare Heidi- Tom rimase bloccato da quelle parole, ma si lasciò andare ricambiando l'abbraccio.

- Non è stata una scelta facile...tu lo sai-

- Allora la sposerai-

- Bill...- Lo allontanò a malincuore da sé. - Io voglio te-

- Io brucio per te!- Insinuò con occhi decisi. - Non si tratta di volerti e basta, Tom! Si tratta che non posso pensare ad una vita senza di te, una vita senza vederti, starti vicino e parlarti, scambiarci libri e pasticcini...baciarti e fare l'amore- Aggiunse con un soffio di voce, rubata dal pudore. - L'idea che tu sposerai un'altra...è una cosa che mi distrugge, ma sarò pronto ad accettarlo se ciò ti renderà felice...ma so che tu soffrirai ogni giorno e questa idea mi fa impazzire!- Scosse la testa cercando di scacciare le lacrime che comunque si liberarono senza dargli retta. Tom gli prese il viso tra le mani asciugandogliele.

- Era questo che volevi dirmi?- Sorrise teneramente. Bill soffriva per lui, per il suo destino, non solo per il proprio. Soffriva per il loro amore, soffrivano entrambi, ma sapere di essere insieme in quello era già una forza.

- E che ho una terribile voglia di diventare una persona sola con te...qui, adesso- Dopo quelle parole, non ci fu ragione che tenesse. Le loro labbra vennero immediatamente a contatto e tutti i vestiti sparirono come se non ci fossero mai stati, come se non ci fosse stata mai nessuna barriera a dividerli. Tom baciò ogni punto della pelle di Bill, senza tralasciare niente. Con le mani lo accarezzò ovunque e ci fu anche il momento delle lacrime. Piansero una volta che Tom fu in lui perché l'idea che quella sarebbe stata l'ultima notte, che mancavano pochi minuti e si sarebbero dovuti dire addio per sempre, era struggente. Perciò si tennero stretti fino all'ultimo, riparandosi dal freddo, sospirando, gemendo, lamentandosi e urlando. Le loro emozioni parvero non avere più un senso in quella carrozza. Erano solo terribilmente felici di essere insieme e tristi perché non lo sarebbero stati più per il resto della vita. Ma perché un amore come il loro doveva finire? Dio non diceva che era sbagliato amare. E tra sospiri sempre più crescenti vennero entrambi, respirandosi uno nella bocca dell'altro. Mai momento era stato più perfetto. - Vorrei che ci uccidessero ora...che ci trovassero così e ci uccidessero- Gli accarezzò delicatamente il viso, spostandogli le ciocche che gli erano ricadute in avanti a causa del movimento. - Moriresti con me adesso?- Tom era ancora ansimante e non sapeva se quei discorsi erano ciò che avrebbe voluto sentire dalle labbra di Bill, ma si rese ben presto conto che era una disperazione giusta, fondata, perché quello era un addio. Così annuì e si chinò per dargli un ultimo bacio. Poi Bill sentì nuovamente freddo. Riaprì gli occhi e scoprì di trovarsi solo, nudo, all'interno di una carrozza, in una notte di Novembre.

***

- Andiamo, Yasmin!- Änne lo chiamò a gran voce agitando il braccio per farsi vedere. Bill era molto stanco quella mattina. Arrancava verso la carrozza con la propria valigia e le occhiaie sotto gli occhi. Aveva confessato ad Änne di volersene andare per indisposizione e lei non aveva perso occasione per offrirgli la sua compagnia, visto che moriva dalla voglia di rivedere Christel. Il parroco non aveva avuto per niente da ridire, poteva cavarsela da solo dopotutto. E poi, avendo compreso la situazione nascosta dietro alla venuta di Yasmin, favoriva la sua partenza come nessun altro. Era giusto così, in modo tale che non dovesse più soffrire. - Vieni, dai a me- Gli prese il bagaglio per caricarlo sul retro della carrozza insieme al proprio.

- Ci siete?- Domandò il cocchiere già a bordo. Änne salì subito aspettando Bill, il quale, sul gradino, si voltò un'ultima volta indietro. C'erano il generale e Heidi a salutarli e poté notare il suo sorrisino che cercava malamente di nascondere. Aveva vinto, avrebbe vinto sempre. Salì nella carrozza e sbatté lo sportello. Il suono degli zoccoli dei cavalli gli fece capire che stava tornando nella propria prigione, dove era giusto che stesse.

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Capitolo 3
*** LIB - 3 ***


LIB - 3


Rimettere piede a Brema per Bill era esattamente come rientrare nella propria cella a testa bassa, come il prigioniero della caverna del mito di Platone che non aveva scoperto niente di interessante e aveva preferito tornare a vedere le ombre proiettate alla parete, illudendosi che dentro era meglio che fuori. Ebbe solamente la consolazione di alzare lo sguardo e trovarsi Christel ad attenderlo a braccia aperte. Non aveva avuto riguardi e si era gettato tra le sue braccia abbracciandola forte ed inspirando il suo profumo. La bionda l'aveva stretto a sé accarezzando i suoi capelli, come la sorella maggiore che cercava di rimediare al proprio errore di non aver stretto abbastanza la corda. Aveva lasciato Bill andare libero, incoraggiandolo forse, e aveva fatto male. Ma aveva promesso di sostenerlo in qualsiasi sua decisione, e questo non voleva dire negargli un abbraccio e delle parole di consolazione in caso avesse fallito. Änne aveva visto quella scena dalla carrozza e non aveva saputo bene come reagire. Si era fermata a rimuginare al perché di questo stato d'animo di Bill, ma era arrivata solo alla conclusione che ciò che aveva visto fuori lo aveva spaventato, spingendolo a tornare indietro. Non aveva totalmente torto. Certo, Bill non aveva paura di Heidi. Semplicemente aveva realizzato quale fosse il suo posto. Aveva visto la situazione da una posizione oggettiva e aveva appurato che non sarebbe mai stato alla sua altezza. Lui era una novizia, una ragazzina impegnata con Cristo, Heidi una donna in età da marito e Tom sarebbe stato un marito meraviglioso, senz'altro. Ma il pensiero che avrebbe stretto un'altra donna tra le sue braccia lo distruggeva come pochi. Passò notti intere a piangere, a rivoltare il cuscino da una parte all'altra per non crollare a dormire sul bagnato delle proprie lacrime. Christel non ce la faceva ad accogliere le sue pene, in quanto crollava prima di lui, anche se con il rimorso di non aver risolto niente. Bill restava in posizione fetale, con la schiena appoggiata al muro, i denti stretti, le lacrime calde e il viso arrossato, a fissare un punto indefinito. Gli tremavano le mani, le quali spesso e volentieri si mettevano a spezzare le margherite che aveva raccolto quel giorno per distrarsi senza successo. Sentiva che stava impazzendo per amore e questo lo avrebbe condotto presto alla tomba e non all'alcova che sognava nei momenti di delirio dati dalla mancanza di sonno. Si stava rovinando sempre di più, mangiava poco, aveva una faccia da funerale, le occhiaie e gli svenimenti erano aumentati. Aveva persino perso i sensi durante la messa, scatenando preoccupazione e mormorii vari. L'avevano fatto visitare da suor Agnes, la quale era l'unica che conosceva la medicina e poteva sostituire alla perfezione il medico di Brema. Naturalmente era venuta a conoscenza del segreto di Bill ma era stata presto minacciata dalla Suora Madre di mantenere il silenzio. Suor Agnes fu costretta ad accettare, ma informò comunque che Yasmin non aveva una malattia, era solamente digiuna da giorni. Doveva mangiare per riprendere le forze, essere gentili con lei poteva aiutare. Solamente questo. Sicché a poco a poco le sue compagne passavano dalla sua stanza e si avvicinavano al suo letto. Bill neanche le guardava, impegnato a fissare il vuoto con occhi vitrei. Pareva morto, non spiccicava neanche una parola.

- Yasmin, ti ho portato del pane-

- Vuoi del latte? L'ho scaldato per te-

- Ti va una zuppa di grano? Ti rimetterebbe un po' in forze- E lui aveva il silenzio come migliore amico, come se in stanza non ci fosse nessuno se non la sua depressione. Desiderava solamente essere consumato dal tempo che scorreva, dal ticchettio delle lancette dell'orologio a pendolo. Solo Christel era riuscita ad ottenere una reazione da lui, anche se piccola. Una mattina gli aveva afferrato la mano, e quel semplice gesto aveva scaturito un semplice battito di palpebre. Da esso, era fuoriuscita una lacrima. Piccola e solitaria, che aveva percorso piano la sua pelle, come se fosse appena nata in un nuovo mondo. Si consumò presto sul cuscino, morendo, avendo vita breve, esattamente come quella che avrebbe avuto Yasmin se non avesse smesso di farsi così male.

- Bill...- Però ignorava anche lei, tenendo la testa rivolta dalla parte opposta, fissando quella piccola porzione di cielo che riusciva a vedere dalla finestra. Se qualcuno gli avesse detto che era infinito non ci avrebbe creduto, come una rana che non aveva vissuto che in un pozzo per tutta la sua vita. - Ti prego...smettila- Esalò debolmente, sull'orlo delle lacrime. Non sapeva più che fare, le sembrava di star perdendo sempre di più una delle persone alle quali teneva più al mondo. Se ne stava andando ed era anche colpa sua. - Devi reagire, Bill. Lo so...è difficile...non pretendo che tu mi capisca, ma...se tu...se tu non finisci di torturare il tuo corpo...potresti...lasciarmi per sempre da un momento all'altro. Ti prego...non lo fare- Si mise in ginocchio, ormai con il viso bagnato. Gli poggiò una mano sulla guancia, sentendola umida per la piccola lacrima di prima. Gliela accarezzò con quell'amore fraterno che sapeva che li univa ancora. Non se n'era andato quello, non se ne sarebbe andato mai. - Io ho bisogno di te...tu sei importante, sei...l'unica persona della quale ho la certezza che non mi abbandonerà...perché tu non lo farai...tu non lo farai, hai capito?- Gli riafferrò la mano, stringendola e portandosela al petto. Era fredda e non reagiva. La condusse poi sulla propria guancia, percependo la delicatezza delle sue mani. Nessuno avrebbe mai potuto dire che si trattasse della pelle di un uomo, talmente era morbida e delicata. Tuttavia era secca, così come tutto il suo corpo, che stava diventando sempre più rachitico ogni giorno che passava. Il suo fascino, la sua bellezza che lo aveva condannato, stavano man mano sfumandosi. Persino i suoi capelli parevano stoppa. Non sembrava più il Bill che ricordava, la persona felice e solare, che correva per il cortile urlando la propria felicità. Adesso era cresciuto e aveva capito che quella non era vita, ma solamente una prigione, una prigione dalla quale non sarebbe potuto fuggire mai. La sua vita era destinata a spegnersi come il fuoco di una candela rimasta accesa a oltranza. E questo Christel non era pronta ad accettarlo. Era troppo giovane, aveva ancora tanto tempo...ma forse era proprio quello che non voleva più. Desiderava che il tempo morisse con lui. - Bill...ti prego, di' qualcosa...- Esalò con un nodo alla gola troppo grande per sperare di sciogliersi con un pianto disperato. Tuttavia il moro non si azzardava ad emettere un suono, come se avesse la bocca cucita da ago e filo spinato. Nella sua mente quei giorni in più che il Signore gli stava donando non avevano senso. Desiderava solamente spegnersi, addormentarsi e non risvegliarsi mai più. Quello era il miglior regalo che qualcuno avrebbe mai potuto fargli. E al realizzarlo...voltò per la prima volta gli occhi verso che Christel, la quale sussultò, completamente colta di sorpresa da questo minimo accenno di vita. - Bill...-

- Voglio...morire...- Quella parola la buttò fuori con l'ultimo fiato che gli rimaneva in un angolo remoto dei suoi polmoni, ma Christel fu capace di intenderla benissimo. Fu quello che la convinse ad esplodere in lacrime, a prenderlo tra le sue braccia e nascondere il viso nel suo petto, duro come la pietra. Lo aveva sempre pensato, ma sentirselo dire era una conferma troppo difficile da realizzare. - Uccidimi- Questa volta il suo non fu un sobbalzo, ma si bloccò, lasciando solo che le lacrime si staccassero dalle sue palpebre precipitando rovinosamente sul materasso.

- Che cosa hai detto...?-

- Ci deve essere un tagliacarte...laggiù nel cassetto...- Christel si voltò e sì, ricordava anche lei che ci fosse un oggetto contundente lì dentro. Ma che cosa gli stava chiedendo!?

- Bill...-

- Se non lo fai tu lo faccio io- Sancì recuperando una serietà che Christel credeva non avrebbe rivisto mai nei suoi occhi. Deglutì. - Mi salveresti...tu lo sai questo- La ragazza non poteva resistere. Gli stava chiedendo di prendere quel tagliacarte e di conficcarglielo nel petto una volta per tutte. La sua mente divagò immaginando la scena, l'urlo che avrebbe cacciato lasciando cadere la lama dritta sul suo cuore...e gridò sul serio ponendosi le mani tra i capelli.

- No...- Non poteva permetterlo...non poteva. - E non lo lascerò fare nemmeno a te, Bill!- Gli prese nuovamente le mani. - Tu sei qui con me, io non ti lascerò mai da solo e insieme staremo bene, io e te staremo bene...solo io e te, ma non mi chiedere questo...non mi chiedere di toglierti la vita, perché sai che non ne sarei capace e così stai agendo solo da egoista!- Scattò in piedi senza però lasciare la presa. - Non sei l'unico a soffrire, Bill e so che pensare di non essere l'unico può renderti ancora più triste ma l'importante è sostenerci l'un l'altro ed io sono qui! Non ho intenzione di lasciarti morire...perché equivarrebbe ad ammazzarti- Il moro la fissò per tutto il tempo riflettendo su quelle parole. Poi abbassò semplicemente lo sguardo, si girò dall'altra parte e reclamò che gli fosse lasciato del tempo da solo per riposare. Christel annuì, non volle insistere troppo, ma prima di andarsene, si assicurò bene di togliere ogni oggetto contundente dalla stanza.

Nonostante tutto, grazie al discorso di Christel, Bill riuscì a dormire tutta la notte senza incubi o lacrime. Però il risveglio fu traumatico. Fu scosso da un improvviso grido. Non fu tanto lungo, ma piuttosto breve, quasi trattenuto. E poi dei discorsi in sottofondo, come se qualcuno stesse litigando fortemente in qualche stanza non molto lontana dalla sua. Si mise a sedere di scatto percependo subito il dolore muscolare per aver mantenuto la stessa posizione per giorni, senza mai scollarsi dal letto. Quelle grida sostenute non cessavano e perciò si convinse che doveva andare a dare un'occhiata. Aveva un brutto presentimento, temeva che stesse succedendo qualcosa di molto spiacevole. Uscì piano dalla stanza ed improvvisamente quelle urla erano cessate. Tuttavia si chiuse la porta alle spalle ed iniziò ad avanzare per il vuoto corridoio.

- IO TI ODIO, HAI CAPITO!?- Si bloccò improvvisamente. Quella...era la voce di Änne.

- Ma...perché mi stai dicendo questo?- E quell'altra, più sottomessa e distrutta dal pianto era...Christel. Entrò senza esitare nella stanza e la scena che vide lo spiazzò come non mai, tanto da portarsi le mani al cuore per l'improvviso enorme dispiacere. Christel era a terra e si teneva una mano sulla guancia, piangeva. Änne invece la fissava con un astio enorme, come se fosse la cosa più ripugnante che avesse davanti ai suoi occhi.

- NON TI VOGLIO PIÙ VEDERE, MI HAI SENTITO!? MI HAI ROVINATA!- Bill rimase ancora più impietrito. L'urlo isterico di Änne gli stava facendo venire le lacrime agli occhi, come se glielo stesse dicendo a lui...come se fosse stato Tom a gridarglielo con tutte le sue forze. Poteva solo immaginare che cosa stesse provando Christel. Cadde in ginocchio con un'espressione sconvolta. Ma che cosa era accaduto per essere così in collera con lei al punto di dirle quelle cose? - VATTENE VIA IMMEDIATAMENTE, LASCIAMI IN PACE!- Christel non ebbe la forza di dire nessuna parola in più, ma si alzò semplicemente da terra fuggendo con le mani che tentavano di asciugare le lacrime invano. Sbatté la porta. Nella stanza rimasero semplicemente Bill ed Änne, che ancora non si era voltata nella sua direzione.

- Perché...l'hai fatto?- La riccia non rispose stringendo i pugni più forte che poteva per poi rilasciare subito le mani morbide. - CHRISTEL HA DATO TUTTO PER TE!- Quella volta fu il turno di Bill di urlare, mettendoci anche tutta quanta della sua di frustrazione. - Sei stata a dir poco orribile con lei! ORRIBILE E INGIUSTA! L'hai solamente illusa, non è vero? Volevi...solo prenderti gioco di lei, del suo buon cuore...di ciò che ha sempre provato per te! Volevi vedere fino a dove lei potesse arrivare, fino a dove questo gioco si sarebbe spinto...e quando hai capito che era troppo serio...hai avuto paura...e l'hai cacciata via come un cane- Vide Änne crollare davanti a lui. Anche lei in ginocchio con le mani sugli occhi e con la disperazione negli enormi singhiozzi che riproduceva. Bill si alzò e le si avvicinò senza però azzardarsi a toccarla o a dirle qualcos'altro. Aveva capito qualsiasi cosa: Änne era ancora innamorata di Christel, ma aveva dovuto respingerla in quel modo perché il loro amore non era corretto, era immorale, sporco e ingiusto.

- Io la amo...la amo- Ripeteva senza la voce sufficiente. Anche Bill si ritrovò a piangere. Afferrò Änne per le spalle, voltandola verso di lui e tirandola in un abbraccio. Piangere era solamente l'unico modo per sfogare il dolore, l'unica maniera giusta. Immaginava che anche Christel stesse disperandosi da qualche parte. Ci era rimasta così male che non aveva neanche notato la sua presenza quando era corsa via, non si era sorpresa del fatto che fosse nuovamente in piedi, ma era comprensibile: adesso aveva inteso anche lei ciò che stava provando. Perdere la persona che si ama era un dolore immenso, ma l'avrebbero superato prima o poi, tutti e tre. In qualche modo ce l'avrebbero fatta.

***

Mesi dopo...

Aveva vissuto un compleanno orribile. Compiere 14 anni non era stato per niente un bel traguardo, ma solo qualcosa di sofferto: era un altro anno lì dentro. Tuttavia dopo quei mesi era riuscito a metabolizzare il fatto di aver perduto Tom per sempre. Forse si era già sposato con Heidi, forse erano anche al punto di avere una famiglia insieme o ci stavano pensando. Ciò non gli riguardava più in nessun modo. Tom adesso era fuori dalla sua vita e, per quanto avesse nostalgia per i sentimenti che aveva provato, era convinto di stare molto meglio rispetto a tanto tempo fa. Si intratteneva nella biblioteca del convento, leggendo tanti libri in silenzio e al buio con la semplice compagnia di una lampada ad olio. Nessuno lo disturbava e poteva dire di essere sereno. Aveva trovato un equilibrio nel suo animo. Invece Christel ed Änne no. Le due quando si incontravano chinavano la testa pur di non guardarsi negli occhi, cambiavano strada o uscivano ad orari diversi per non incrociarsi più. Christel non parlava più di lei ed era tornata a sorridere, anche se lo faceva poche volte. Forse era bene rassegnarsi semplicemente a quella tristezza. Si alzò dal tavolo e mise a posto l'ennesimo libro sbadigliando. Si stava annoiando quel giorno, ma questo non era una novità. Si accigliò non appena scorse delle scale che non aveva mai visto nel convento. C'era una porta socchiusa, che Bill provvide subito a levare dalla propria visuale. Davanti a lui si materializzò una lunghissima scalinata fatta di pietra, la quale conduceva al buio più assoluto. Forse avrebbe dovuto portare una candela con sé. Andò a prendere la propria lampada ad olio e si guardò intorno. Era solo. Deglutì spaventato ma la curiosità era troppo forte ed iniziò comunque a scenderle con piedi tremanti. Era curioso di poter capire che cosa ci stava là sotto. Come mai nessuno gli aveva mai parlato di questo passaggio in 14 anni? Dove conduceva? Si fermò a metà delle scale non appena avvertì dei lamenti sommessi di donne. C'erano grida, pianti e sospiri. Dio...non era forse la porta dell'Inferno? Stava andando verso Satana!? Questo pensiero lo irrigidì e, in un movimento brusco del braccio, una goccia d'olio gli cadde sulla pelle. Sussultò rimembrando le fiamme.

- C'è qualcuno?- Chiese una voce. Bill non rispose. Gli tremava persino la lingua. - Ti prego...salvaci...ti prego...-

- Sì...non abbiamo fatto niente...-

- Non ce lo meritiamo...- Si aggiunsero altre. Bill era sempre più convinto che quelle fossero le voci delle anime infernali che chiedevano di essere assolte dalla propria punizione eterna. Bill non poteva aiutarle in nessun modo, anche se pure lui sarebbe finito lì sotto un giorno. Aveva troppa paura! Si voltò e corse via, ma nel tragitto la lampada gli cadde di mano e si frantumò a terra disperdendo l'olio. Un buio improvviso lo avvolse e quelle voci continuavano a lamentarsi e a piangere! Poi qualche grido lo fece sobbalzare. Scappò a tutta velocità e ringraziò Dio non appena rivide la porta che aveva lasciato aperta. La richiuse alle sue spalle con il cuore che gli batteva a mille. Come mai esisteva un posto così buio in quel convento? E le altre sapevano che la porta dell'Inferno albergava lì? Oppure era stata tutta un'illusione? Se si fosse immaginato tutto? Annuì convincendosi che così era. Non poteva essere altrimenti. Tuttavia aveva bisogno di fare una passeggiata. Uscì da quel luogo nella penombra e arrivò al cortile ancora illuminato dalla luce di un Sole che stava lentamente tramontando. Non usciva da quelle mura da ormai qualche settimana e tutte le volte che lo aveva fatto, Tom non si era mai presentato al fiume. Il loro posto. Si diresse nuovamente lì. Il Sole di Settembre era più freddo ma piacevole. Gli scaldava la pelle. Chiuse gli occhi percependo la sua carezza e lasciandosi tranquillizzare. Aveva vissuto un trauma come pochi, aveva bisogno di quelle attenzioni. Sospirò e guardò l'acqua scorrere tranquilla davanti a lui. Ci vide tante cose...il loro bacio, era accaduto proprio lì. E se...se avesse osato fare una seconda pazzia? Si guardò alle spalle. Aveva sempre paura di essere controllato ma era da tanto tempo che nessuno lo pedinava più. Forse anche la Suora Madre aveva capito che non c'era più pericolo con lui. Si tolse il velo liberando i propri capelli neri. Ancora non era una suora ma mancava poco e lo sarebbe diventato a tutti gli effetti. Forse sentirsi ancora una persona con desideri era tutto ciò che poteva fare per sé stesso in quell'istante.

- Bill- Sussultò, sgranando gli occhi. Quella voce...

- Sei...sei tu?- Chiese tentando di non suonare patetico. Si voltò piano e non poté evitare di provare un calore enorme alle guance non appena i suoi occhi si incontrarono con quelli di Tom. Per un attimo credette di star sognando ma alla fine comprese che era tutto reale. Quello era il suo Tom. Era cresciuto tanto in quei mesi. Sembrava ancora più uomo. Gli si era allungata un po' la barba e anche i capelli, che però teneva sempre legati. Anche Tom però notò un cambiamento in Bill: aveva un atteggiamento sempre più femminile, delicato e...seduttivo. E anche se era un ragazzo, chiunque avrebbe detto che era una donna, senza ombra di dubbio.

- Sei cresciuto-

- Ho 14 anni ora...- Sussurrò con un fil di voce, cercando di sostenere il suo sguardo. Stava provando a stringere le catene del suo cuore e quelle delle sue lacrime. Non poteva permettersi di provare nuovamente quelle sensazioni devastanti. - Perché sei qui? Tra noi è finita tempo fa...-

- E' vero, tra noi è finita da prima che iniziasse- Convenne Tom, senza però mostrare un accenno di dolore per questo. Anzi, manteneva un sorriso tranquillo, come se stessero parlando dello splendido tramonto che avevano di fronte.

- Heidi...lei è tua moglie adesso?- Quella fu una domanda che pronunciò molto coraggiosamente. L'attesa della risposta lo angosciava più della risposta stessa. Tom sospirò, improvvisamente cupo.

- Io e lei...ci siamo sposati, è vero. Lei adesso è mia moglie...ma non era ciò che volevo. Ho dovuto perché a lavoro le cose non sono andate come speravo...mi hanno come spodestato rubandomi la mia attività...e tutto durante la mia assenza. Perciò ero senza niente, senza soldi...e non volevo chiedere aiuto a mia madre. L'unica maniera di salvarmi dalla povertà è stata accettare il matrimonio con Heidi- Bill aveva un nodo alla gola, ma non era per le lacrime...bensì per amarezza. Tom era il marito di Heidi. Lo diceva che avrebbe vinto. Non poteva andare diversamente. - Il generale era contro la nostra unione una volta che ha saputo della mia perdita, mi ritiene un fallito. Ma Heidi ha insistito ed io ho dovuto fingere che la amassi per fare queste nozze e così recuperare una stabilità economica e...-

- Cosa provi quando la stringi a te la notte?- Esalò debolmente. - E' bello sentirla vicino a te? Averla lì per te, qualsiasi cosa tu voglia fare? Averla a tua disposizione per tutti i tuoi desideri?- Stava parlando di Heidi come se non fosse altro che un oggetto, ma Tom non poté dire altro, se non che aveva ragione. Heidi era sempre disposta ad accontentarlo, non lo contraddiceva mai, non cercava mai di imporre la propria volontà. Lo seguiva in tutto e lo serviva anche quando non le faceva alcun tipo di richiesta, esattamente come era richiesto ad una brava moglie dalla società. Ma Tom non voleva questo, voleva rispettare ed amare una persona per ciò che era e per Heidi non aveva mai provato niente del genere. Invece adesso guardava Bill e sapeva che non era il tipo che si faceva mettere i piedi in testa da lui, che se una cosa non gli andava bene lo diceva. Voleva proteggersi, anche da lui, e Tom non poteva che amarlo per questo.

- Non è bello quanto lo sarebbe avere te- Rispose semplicemente tentando di avvicinarsi. Bill non fece alcun passo indietro. Non aveva paura e non c'era motivo di scappare. - Quando le ho alzato il velo...per un istante ho visto il tuo viso, quando le ho messo l'anello sentivo la tua mano...e quando l'ho baciata ho ricordato le tue labbra. Io avrei voluto sposare te, passare il resto della mia vita con te- Quelle parole furono spiazzanti. Ormai le catene sul suo cuore erano saltate in aria da un pezzo. Bill era innamorato di quell'uomo e che Dio lo perdonasse. Se quando sognava le sue braccia, altro non era che il Diavolo che lo stava attendendo, lui non poteva sottrarsi, non poteva vincere contro questo amore. Si voltò e finì di fare ciò che aveva interrotto. Si tolse tutta la vestaglia rimanendo completamente nudo davanti agli occhi di Tom, il quale non poté fare altro che contemplare la sua bellezza: la pelle bianca, la schiena piena di nei, le sue dolci natiche e le gambe fini e lunghe. Bill si immerse nell'acqua senza esitazioni. Voleva sentirsi reale così, mostrandosi per ciò che era e per ciò che realmente sentiva dentro di sé. In poco tempo Tom lo raggiunse nuotando lentamente vicino a lui e raggiungendo le sue labbra. Le congiunsero con lo stesso impeto che aveva un'onda sugli scogli. Le braccia avvolgevano i loro corpi reciprocamente, senza avere più intenzione di lasciarsi. Bill sentiva come la mano di Tom tra le sue scapole gli stava stringendo i capelli bagnati e il suo respiro accelerato. Lo voleva...voleva il suo corpo e il suo cuore. Tutto, qualsiasi cosa di lui, in quel dannato istante! Avvolse le gambe attornò al suo bacino. Non passò molto prima che Tom lo afferrasse per le cosce, stringendole con possessività. Lo portò fuori dall'acqua e lo adagiò sull'erba. I baci proseguirono con la stessa foga, anche se la terra gli si stava appiccicando addosso. Si sentivano come animali, completamente liberi da tutto e da tutti, sfogando ciò che l'istinto imponeva loro. Bill allargò le gambe, permettendo a Tom di penetrarlo senza più attendere. Lasciò andare qualche lamento, accompagnato dai gemiti che Tom liberava a causa del fatto che l'acqua aveva reso la sua entrata ancora più stretta e meno accessibile. Il dolore però era un regalo adesso, perché era Tom...era il suo Tom. Lo reclamò stretto a sé tendendo le braccia a suo favore e l'uomo lo accontentò subito, lasciandosi avvolgere nel mentre cercava di spingere in lui, di farlo suo ancora, di commettere quel terribile errore che però li stava facendo sentire così vivi. Lo guardava negli occhi e godeva terribilmente a vedere le sue guance rosse, le sue labbra schiuse e sospiranti e il piacere che gli invadeva lo sguardo.

- Tom...ah- L'uomo gli prese il viso con entrambe le mani imprimendo un dolce bacio sulle sue labbra, mordendogliele piano. Bill liberò un piccolo lamento, avvicinando il viso per chiedere sempre di più una volta che le labbra di Tom si stavano allontanado. Le anelava sulla sua pelle, che la leccassero, la mordessero, la baciassero da ogni parte. - Oh mio...oh Tom!- Mai, mai aveva sentito una passione così forte farsi strada per il suo sangue, bruciando le sue vene. Arrivò a pensare che il mondo sarebbe potuto finire in quell'istante, in quel momento in cui Tom era dentro di lui ed erano una persona sola. All'Inferno nessuno avrebbe più potuto separarli. Finalmente sarebbero stati insieme, per sempre. Ma l'orgasmo che lo colse fu come il travolgimento della realtà che stava cercando di ignorare, e allo stesso tempo la cosa più bella che provò, sotto Tom, con gli occhi chiusi e l'impulso di urlare. Tutto perfetto. E la cosa migliore fu quando riaprì gli occhi e lo ritrovò al suo fianco, che lo guardava e gli sorrideva accarezzandogli il viso. Gli baciò quella stessa mano.

- Ti amo- Sussurrò assorto nei suoi occhi. Bill sentì quel calore invadergli il corpo e appoggiò la testa sul suo petto, baciandolo proprio sopra il cuore. Era quella la sua risposta. Si tennero stretti, con le gambe intrecciate in quel terriccio misto a fango. Era la maniera più selvaggia di amarsi forse, ma loro rimasero solo persi l'uno negli occhi dell'altro, a sfiorarsi le labbra con le dita prima di baciarsi. Stavano bene e male allo stesso tempo. Sapere che il loro amore altro non era che un momento era il piacere più grande, ma anche il più immenso tormento. Quello che però era certo era che non fu l'unico momento.

***

Due mesi dopo...

Andare a mensa si stava rivelando una tortura in quegli ultimi giorni. Bill aveva una fame sempre più assurda, ma logicamente la sua porzione di cibo non cambiava, era sempre quella meno sostanziosa e più razionata. Andava a dormire con lo stomaco che brontolava esageratamente. Poi però capitava che stava male e rigettava tutto durante la notte, oppure la mattina prima di andare a messa. Aveva sempre fatto tutto di nascosto, tanto che nemmeno Christel se ne era accorta. Forse era malato. Stava covando sicuramente qualcosa di poco piacevole. Era stanchissimo e voleva solamente dormire, però non voleva più sentire il suo stomaco brontolare in quel modo ossessivo. Decise che quella volta avrebbe mangiato di più. Aspettò quindi che tutte le suore liberassero la stanza prima di sgattagliolare di nascosto nella dispensa a rubare. Mai aveva pensato che avrebbe infranto più di un comandamento in meno di un mese. Tom stava tradendo Heidi con lui quindi aveva rubato l'uomo di un'altra persona e poi adesso stava semplicemente rubando cose che servivano anche agli altri per nutrire solo sé stesso. Si faceva schifo, ma non ne poteva fare a meno. Si mise qualche pagnotta in tasca e la portò in stanza sgranocchiandola, stando ben attento a non far cadere neanche una briciola e mangiandosi anche quella se in caso cadeva. La divorava anche con una certa voracità. Però quella notte rimise tutto, anche la più piccola parte. Non sapeva perché, diamine! Tuttavia il suo appetito non aveva fine e continuò a fare così anche nei giorni a seguire. Il problema era solo che il cibo veniva contato dalla Suora che se ne occupava ed ella aveva cominciato a notare che esso scarseggiava. Sospettava quindi di qualche ladruncola, perciò ad un certo punto pose un lucchetto alla porta della dispensa. Bill, quando lo trovò, gemette di esasperazione, ma questa volta ebbe degli occhi puntati addosso. Non appena tornò in stanza trovò Christel a braccia conserte che lo stava aspettando e lo fissava con occhi inquisitori. Sembrava arrabbiata con lui.

- Adesso basta, Bill!- Pronunciò risoluta.

- Eh?- Chiese facendo il finto tonto, fingendo di non comprendere a che cosa si stesse riferendo. Christel odiava questo atteggiamento.

- Si può sapere perché hai cominciato a rubare il cibo dalla dispensa? Ci sono suore che devono rinunciare alla loro razione per colpa tua- Aveva scoperto tutto. Pensò che doveva trovare velocemente un diversivo o una scusante plausibile.

- Io mangio sempre meno delle altre e questo non mi sta più bene- Si giustificò cercando di non guardarla negli occhi. Si vergognava così tanto per essere stato scoperto che l'unica cosa che trovò logica fare fu iniziare a mettersi la vestaglia per la notte. Christel rimase in silenzio fino a che non si sedette davanti allo specchio per fare le 100 spazzolate. Sospirò.

- Ho il timore che tu stia male seriamente. Pensi che non ti abbia mai sentito vomitare? Bill, tu hai qualcosa e non mi piace per niente-

- No, non ho niente di niente, io sto benissimo. Guarda, ho dei capelli stupendi, più del solito- Ed era vero, i capelli gli erano diventati più lucenti e morbidi, come se li avesse lavati con qualche olio prezioso, di quelli che usavano le signore di Brema.

- E anche questo è strano-

- Strano? Io lo trovo molto bello, invece. D'accordo, può darsi che ho sbagliato e ora tu sei arrabbiata con me, però a te non è mai sembrato giusto il loro modo di trattarmi, quindi non lo capisco-

- La cosa che mi fa arrabbiare è che mi menti. Mi dici che fai una cosa e poi rubi, oppure esci dal convento e Dio solo sa per fare che cosa- Bill invece sperava che nemmeno lui se ne accorgesse, ma sapeva che ormai era sotto un occhio di bue. Si guardò allo specchio e notò che persino la propria pelle appariva più lucida, morbida, tonica e priva di imperfezioni. Sorrise ingenuamente. Questo aumento di bellezza non sapeva a che cosa era dovuto, forse semplicemente al fatto che adesso che Tom era tornato si sentiva più felice. Tutte le volte che si incontravano non perdevano mai occasione per possedersi, che fosse contro un albero, sulla riva del fiume, dietro un cespuglio o alla sua casa di legno quando avevano voglia di camminare un po'. - Tu mi stai nascondendo qualcosa e ciò mi ferisce, Bill. Perlomeno mi dicessi che hai un segreto e che non me lo vuoi dire! Sorridi, invece, come se fosse bello mentire!- Ah già, aveva peccato anche di falsa testimonianza e forse non era vero che fossero solo questi tre: il Diavolo era il suo nuovo Dio quando lo coglieva la passione, era capitato che urlasse il nome di Dio quando gemeva o veniva e non pensava a niente, non aveva madre e padre da onorare e aveva fatto qualsiasi tipo di oscenità. Aveva superato la metà...ma si sentiva così dannatamente bene, eccetto quando vomitava. - Bill...davvero, secondo me sarebbe il caso di farti visitare da qualcuno- Ma a quella frase si alzò di scatto dalla sedia e il sorriso si spense improvvisamente. Un brutto presentimento si fece strada dentro di lui. Non voleva che qualcuno gli togliesse i vestiti, che lo visitasse, che si accertasse di qualcosa! Avrebbero capito che aveva fatto sesso con Tom! Avrebbero capito tutti che non era più vergine! Perché la sua amica voleva condannarlo a questo? Christel notò il suo improvviso spavento e non ne comprese il motivo. Come mai aveva reagito così? - Bill...- Stava per dirgli che era solamente una visita ciò che aveva in mente, niente di troppo invasivo, ma qualcuno bussò alla loro porta. Christel lanciò un ultimo sguardo a Bill, il quale a sua volta la guardava ancora un po' turbato. Andò ad aprire e sussultò non appena scostò un po' la porta. La socchiuse nuovamente, non lasciando intendere niente a Bill.

- Christel- Ma lo capì lo stesso quando sentì quella voce che, nonostante il tempo, avrebbe riconosciuto sempre. Era l'amore della sua Christel.

- Che vuoi, Änne?- Chiese lei con un tono sulla difensiva.

- Parlare con te...se c'è anche Yasmin va bene lo stesso- Il moro le fece cenno di lasciarla entrare. Christel alla fine cedette e aprì la porta facendola passare. Chiuse solo dopo essersi accertata che nessuno l'avesse vista entrare lì dentro. Sarebbe già dovuta essere nella sua stanza pronta per dormire e invece si presentava in vestaglia, con uno scialle sulle spalle, le ciocche anteriori dei capelli raccolte dietro la testa e un'espressione da funerale.

- Ebbene?- Änne alzò lo sguardo su Christel e una lacrima abbandonò il suo viso.

- Mi dispiace- Pronunciò flebilmente leccando le proprie lacrime, ritirando le labbra dentro la bocca per evitare di singhiozzare. - Mi sono comportata davvero male con te e...non te lo meritavi, non te lo sei mai meritata, io...avevo solo terribilmente paura di cosa ci sarebbe potuto succedere. Avevo iniziato a fare pensieri strani su me e te, sul perderti a causa di altri...e ciò stava diventando sempre più vero, più opprimente- Pure dagli occhi di Christel iniziarono a scendere delle lacrime, ma ella non batteva le palpebre, lasciava solo che abbandonassero indisturbate le sue pupille. - Ti ho detto che ti amo ed è vero. Ti amo da morire, Christel. Tu mi hai salvato la vita, mi hai capito laddove nessuno ci ha neanche provato...tu non sei solo un'amica, sei...l'amore della mia vita, l'unica per me- Si avvicinò. - Ti prego di perdonarmi- La bionda non lasciò che passasse neanche un secondo di silenzio. Si chinò posandole un dolce bacio sulle labbra, talmente dolce che pure Bill arrossì con un sorriso ad increspargli le labbra. Era così felice per la sua Christel. - Pensavo che non lo avresti più fatto...-

- Anche io pensavo che non mi avresti più parlato...eppure sei qui- Änne sorrise gettandosi tra le sue braccia in un moto di gioia. Era stata una sciocca, si era fatta vincere dalla paura e aveva creduto di proteggere entrambe spezzando il loro amore, ma non aveva fatto altro che peggiorare le cose.

- Yasmin, tutto a posto?- Chiese notando il moro traballare un po' portandosi una mano alla testa.

- Sì...solo un giramento di testa. Sono molto stanca- Si mise a sedere sul materasso. Aveva solamente voglia di dormire, ma Christel aveva altri piani in mente.

- Devo andare a chiamare Suor Agnes. Ho il presentimento che Yasmin non stia bene-

- Smettila, Christel...-

- No! Sei tu che devi smetterla! Stai male, hai bisogno che qualcuno ti visiti!-

- Ma che cosa ha?- Domandò Änne che in realtà non aveva notato altro che quel giramento di testa. Per il resto sembrava perfettamente in salute. - Perché se me lo dici, posso provare io a trovare la causa...conosco delle cose di medicina, anche se piuttosto basilari-

- Cosa? Non me lo avevi mai detto...-

- E tu non mi hai mai detto che Yasmin in realtà non è Yasmin- Incrociò le braccia al petto. Christel sbiancò e Bill lo stesso. Sgranarono entrambi gli occhi e solo da quella reazione Änne comprese di aver fatto centro. - Al contrario di tutta la gente in questo posto io osservo tantissimo e sono una delle persone che passa più tempo con Yasmin, o chi per lei. L'ho capito quella volta che abbiamo discusso, quando ci siamo abbracciati. Tu avevi il petto completamente piatto e la vestaglia è trasparente, perciò ho potuto vedere che non hai seno. Quindi, sei o no una donna?- Bill deglutì, ma a quel punto credette necessario non mentire più e poi soprattutto ad Änne. Scosse la testa. - E qual è il tuo vero nome?-

- Mi chiamo Bill...è stata Christel a darmi questo nome quando mi hanno trovato-

- E' un segreto troppo grande e volevo aspettare per confessartelo. Io giuro che te lo avrei detto, Änne...davvero- La ragazza non aveva più la forza né la voglia di arrabbiarsi con Christel. In fondo era comprensibile, voleva proteggere il suo migliore amico. Anche lei al suo posto probabilmente avrebbe fatto la stessa cosa.

- Dimmi che cos'hai, Bill. Vedo che posso fare- Decise quindi di sorvolare e di pensare a cose più importanti.

- Ma non ho niente che...-

- Bill!- Lo riprese Christel. - O glielo dici tu o glielo dico io- Lo minacciò. Il moro però non aveva intenzione alcuna di parlare, piuttosto voltò lo sguardo corrucciato. Essere costretto non gli era mai piaciuto. - Come avrai notato, dalla mensa ultimamente sta sparendo del cibo. La causa di questo è Bill, se lo sta mangiando tutto lui perché a quanto pare gli è aumentato improvvisamente l'appetito. Solo che poi vomita tutto durante la notte oppure la mattina. Inoltre guarda!- Gli prese una ciocca di capelli corvini. - Non sono mai stati così folti e lucenti e anche la sua pelle è migliorata. Non so quindi se sia un bene o un male ma è un cambiamento strano- Änne assimilò tutte quelle informazioni con un'espressione seria e per nulla sorpresa. Non la mutò minimamente e Christel non sapeva se interpretarlo come un segno positivo o negativo.

- Bill, ti potresti...stendere un secondo?- Il moro alzò gli occhi al cielo. Ma davvero lo stavano prendendo seriamente? Era l'unico a trovare tutto questo esagerato e assurdo? Tuttavia la accontentò. Lei si prese la libertà di alzargli la vestaglia scoprendogli così l'addome. Persino la pancia era molto simile a quella di una donna. Aveva un fisico spaventosamente androgino e forse...forse era proprio quello il problema. Änne non sapeva che altro pensare. Iniziò ad esercitare delle pressioni vicino alla zona pelvica. Bill sussultò un po'. - Fa male?-

- No...hai le dita fredde- Änne gli rivolse un sorriso continuando nel suo lavoro. Siccome Bill non lamentava alcun tipo di dolore, gli riabbassò la vestaglia. Sospirò.

- Hai un contenitore? Devo fare un esame delle urine- Nessuno dei due fece domande. Christel si diresse a prendere un vasetto e Bill ci fece quello che doveva farci dentro. Dopodiché Änne vi immerse un dito e la assaggiò con espressione schifata e vergognosa da parte di Bill. Änne rimase per un po' di tempo con occhi sconcertati...poi li sgranò. Appoggiò il vasetto sul mobile. Era sconvolta.

- Che cosa c'è, Änne?- Chiese Bill. La ragazza alzò gli occhi scioccati su di lui. - Mi spaventi così...-

- Io...non può essere- Da come era allibita, dovette prendersi una sedia. - Avevo un sospetto ma...è semplicemente fuori dal mondo! Non si è mai vista una cosa del genere!- Bill e Christel si osservarono, entrambi sempre più preoccupati e frustrati. Che cosa voleva dire con quelle parole?

- Änne ti dispiacerebbe essere più chiara?- Chiese la bionda impaziente. Änne guardò Bill e indicò il barattolo contenente la sua urina.

- Sei sicuro che quella fosse tua, vero? Non è uno scherzo...perché se collezioni urina di donna incinta, dovrebbe vederti un dottore più bravo di me- Christel sbiancò, solo che sulle prime ridacchiò.

- Cosa? Donna incinta? Änne, ti prego...sii seria-

- Ti pare che abbia voglia di scherzare? L'ho messa in bocca, Christel! Ha quel sapore lì!-

- Che vuol dire "ha quel sapore lì"!? E' un uomo!-

- Lo so, grazie!- Bill in tutto questo era ancora più sconvolto. Non sapeva che dire. Incinta? Stava scherzando, vero?

- E poi, metti caso fosse davvero così, chi diamine può averlo...?!- Tuttavia si interruppe subito non appena flash degli ultimi due mesi gli vennero in mente. Bill che sgattaiolava fuori dal convento...senza dire niente a nessuno... - Tom- Esalò. - E' stato lui, non è vero?- Bill ancora non era in grado di comprendere, quella situazione era così insana che non valeva neanche la pena di analizzarla! Änne sicuramente si era sbagliata, quella era urina normale! Ma allora perché il vomito? Perché la stanchezza? E come mai la sua bellezza era aumentata? Che fossero Dio e Diavolo dentro il suo corpo a combattersi per la sua anima? - Bill, ti ho fatto una domanda! Hai incontrato Tom in questi mesi?-

- Tom? Ma non è il marito di Heidi Klum?- Christel sgranò ancora di più gli occhi. Non era per niente a conoscenza di questa notizia.

- E' anche sposato...- E fissava Bill senza sapere neanche più come guardarlo. Non provava schifo per lui, no, solo che la situazione stava diventando davvero brutta. Se Bill era incinta, tutto ciò poteva trasformarsi in qualcosa di terribile. Doveva assolutamente abortire. - C'è un modo per perdere il bambino?- Bill sussultò. Perdere il bambino?

- Sì, un modo c'è...certo. Basterebbe preparare un decotto al prezzemolo-

- Perfetto, allora abbiamo la soluzione- Christel si voltò verso Bill, il quale stava iniziando ad avere il respiro accelerato e gli occhi vitrei, fissi in un punto indefinito. Gli prese le mani nell'intento di consolarlo. - Bill, tranquillo. Hai sbagliato ma possiamo rimediare, d'accordo?-

- Amare una persona è sbagliato?- Chiese con un fil di voce. La ragazza lo fissò dritto negli occhi.

- Bill...sei incintaÈ una cosa che non possiamo sostenere nessuna di noi. Se si venisse a sapere, tu...-

- Christel, io sono innamorato di Tom, alla follia. Questo bambino, se davvero c'è un bambino dentro di me, è la prova di ciò che sentiamo l'uno per l'altro-

- E' una prova che non deve venire alla luce-

- Darlo alla luce è tutto ciò che voglio davvero- E lo realizzò nel momento che lo disse, con gli occhi rossi di lacrime e la paura a fargli tremare le labbra. - Se Tom mi ama, io e lui fuggiremo lontano da qui e staremo insieme...-

- Bill, è sposato! Ha una moglie adesso e tu sei qui, aspetti un figlio da lui ed è sbagliato!-

- No...- Scosse la testa. - Non lo è. Può essere strano...ma non è sbagliato. Se è successo, forse è perché è giusto che dovesse andare così...io voglio dargli un figlio, non deve essere Heidi- Christel sospirò capendo che non c'era modo di fargli cambiare idea.

- Se fosse successo a me...- Änne si mise in mezzo ricevendo l'attenzione di entrambi. - Se...io stessi paradossalmente aspettando un figlio da te, Christel...farei di tutto per non separarmene...né da te...né da lui- Bill ritrovò un piccolo sorriso tra le lacrime. Lei lo capiva. Christel invece si sentì in maniera strana quando Änne pronunciò quelle parole. Che cosa avrebbe fatto se avesse messo incinta la sua ragazza? Di certo avrebbe voluto proteggere lei e la creatura nel suo grembo a tutti i costi. Qui però quello che stava aspettando un bambino era Bill, non Änne. - Io voglio aiutarti, Bill. Farò tutto ciò che è necessario per nascondere tutto fino al momento che Tom non ti porterà via con sé-

- Quanto tempo ho?- Chiese il moro.

- Non lo so...la pancia ancora non si vede...potresti avere un mese di tempo, oppure due, prima che ti cresca troppo. Devi evadere al momento giusto-

- Solo mi raccomando. Organizza tutto per bene con Tom, tu non devi sforzarti troppo. Se scappaste correndo potrebbe essere fatale, sia per te che per il bambino. Lo perderesti per la troppa fatica...- Pure Christel aveva intenzione di appoggiare Bill in tutto e per tutto. - Meritate di essere felici quindi...conta pure su di noi- Il moro sorrise, le prese una mano. Sapeva che era difficile per lei cercare di ignorare il fatto che non si sarebbero visti mai più dopo così tanti anni insieme, ma apprezzava il suo sforzo.

- Grazie-

***

La prima mossa era dirlo a Tom. Anche quella era un'enorme sfida perché, per quanto si fidasse di lui, confessare una gravidanza sarebbe potuta significare la fine del loro rapporto in quanto le cose si sarebbero sicuramente complicate. Ma se Tom veramente lo amava, avrebbe desiderato questo figlio quanto lui e avrebbe fatto di tutto pur di averli insieme. Bill adesso che sapeva che cosa aveva, stava attento a qualsiasi cosa. Camminava piano, come se avesse paura di inciampare e farsi esageratamente male. In quella foresta fredda si sentiva sempre meno protetto. Sapeva però che avrebbe presto trovato conforto tra le braccia di Tom, almeno prima di dirgli tutto. Infatti, non appena giunse al fiume, lo trovò che stava lì a sedere sulla riva ad aspettarlo. Indossava un giaccone per proteggersi dal freddo pungente.

- Ehi-

- Ehi...ciao- Bill si sedette accanto a lui e non perse tempo. Reclinò la testa sulla sua spalla sospirando felice, soprattutto quando sentì il braccio di Tom cingergli i fianchi. Adesso sì che stava davvero bene. - Sei stanco?- Bill annuì.

- Parecchio ultimamente, ma credo che sia normale-

- Normale? Che cosa vi fanno fare lì dentro, la campestre?- Bill ridacchiò.

- No...sono stanco e basta-

- Va bene...sei stanco e basta- Stettero per qualche minuto in silenzio a sentire il rumore del vento e quello dell'acqua che scorreva davanti ai loro occhi. Bill deglutì. Aveva paura. Percepiva la mano di Tom stringergli il fianco e pensava "Dio, se solo sapesse che sta tenendo tra le braccia due persone...". Non osava neanche immaginarlo ma il problema era che non doveva renderlo un'immaginazione, doveva renderlo reale.

- Io...devo dirti una cosa, Tom-

- Certo, tutto quello che vuoi-

- Pensi che...che quello che stiamo facendo sia giusto? Voglio dire...tu sei sposato con Heidi e...non possiamo continuare in questo modo per sempre- Aveva ragione e sapeva che prima o poi queste parole sarebbero arrivate. Doveva aspettarsele. Non potevano sempre incontrarsi, fare l'amore di nascosto e poi lasciarsi andare tutte le volte. Non era giusto, non era normale...non stavano combattendo abbastanza per il loro amore.

- Ehi, io ti amo e non ho nessuna intenzione di rinunciare a te-

- E allora che cosa proponi di fare?- Chiese con tranquillità, anche se ogni attesa di una risposta da parte di Tom si stava rivelando un'agonia. Lo sentì sospirare.

- Se fosse possibile me ne andrei via da questa città. Non avendo neanche più il mio lavoro non ho niente che mi trattiene qui...eccetto te-

- E se...i motivi fossero due?- Gli costò davvero tanto coraggio fare quella domanda ma decise che doveva buttarsi. Tenerlo nascosto oramai era una cosa impossibile, oltre che ingiusta.

- In che senso?-

- Io...- Si mise su per guardarlo negli occhi ma poi si sentì costretto a fissare l'erba. - ...ultimamente ho cominciato a fare delle cose sbagliate-

- Quali cose?-

- Ho rubato del cibo dalla mensa...e ho mentito alla mia migliore amica per farlo. Questo perché ho iniziato a sviluppare un maggiore...appetito. E l'ho notato anche nei...nei nostri incontri sessuali. Cioè...tutte le volte che lo facciamo ho tantissima...voglia...- Arrossì tantissimo, non era abituato a parlare di certi argomenti, ma Tom non lo giudicava, ma anzi, lo incoraggiava a proseguire con lo sguardo. - E...inoltre i miei capelli...la mia pelle...non noti niente di diverso?- Tom si mise ad osservarlo bene. Sì, la sua bellezza era sempre spettacolare ma quel giorno...lo sembrava particolarmente. O forse non proprio da quel giorno. Non si era mai preso un momento per percepire davvero tali cambiamenti.

- Sì, ma...qual è il punto?- Chiese incerto. Ovviamente Bill non stava tirando fuori tutto a caso, ma aveva un obiettivo, solo che non riusciva ad assimilare i pezzi per comprendere effettivamente quale fosse. Il moro osservò incerto i suoi occhi. Aveva timore di parlare...ma non si fermò.

- Io...credo di...anzi no...sono sicuro...del fatto che non saremo in due a scappare. Saremo in tre...- Tom assunse un'espressione ancora più stranita, fino a che non notò, osservando bene, che la mano di Bill era poggiata sulla sua pancia distrattamente. Deglutì. Aveva fatto un pensiero che tanto carino non era. Ma...come era possibile tutto ciò? Bill era un maschio! Doveva assolutamente essere una sorta di fraintendimento! O lui si era sbagliato e stava dicendo una sciocchezza o era Tom che doveva smetterla di andare a pensare cose tanto assurde.

- ...stai dicendo che...?-

- Tu che cosa hai capito?- Non riusciva ad ammetterlo così.

- Che cosa ho capito? Da tutto quello che mi hai detto...è come se tu fossi incinta!- Ridacchiò alla fine, per sdrammatizzare. Si trattava decisamente di uno scherzo, dai. Bill però non rideva per niente, si limitò ad incontrare i suoi occhi, e Tom tornò serio. - Ma...ti stai prendendo gioco di me, vero?-

- Non ho mai voluto prenderti in giro- Tom allora capì che la cosa era seria. Chinò gli occhi sul ventre piatto del moro realizzando che tutto ciò poteva essere realtà. - Lo so, ti starai chiedendo come sia possibile...perché sono un ragazzo...ma...se ci fosse stata data una possibilità? Se questo fosse come...fosse come un segno che io e te dobbiamo stare insieme? Tom, pensaci!- Si pose in ginocchio afferrandogli una mano e poggiandosela sulla pancia. - Qui dentro c'è la nostra vita insieme...c'è me e te- Tom poteva percepire chiaramente il calore della sua pelle in quel punto e non poté fare a meno di sorridere al pensare che qualcosa stava davvero crescendo dentro Bill.

- Ma lo senti? Puoi...capire che è lì in qualche modo?- Il moro annuì.

- Sì...lo capisco tutte le volte che vomito se è per questo- Sdrammatizzò. - Anche quando mi guardo allo specchio...e ti vedo vicino a me, ti sento al mio fianco...adesso ho capito perché. Tu ci sei...- Gli occhi gli divennero lucidi e Tom gli prese il viso tra le mani per asciugargli le lacrime che avevano iniziato a cadere. - Sei felice?- Lo tirò piano a sé. Annuì dondandogli un delicato bacio sulle labbra. Sarebbe stato lui a dargli un figlio, quel bambino, quel tesoro che stava al calduccio da qualche parte nel suo corpo...
Però non erano soli. Dietro un albero poco distante da solo, Heidi stava fremendo di una rabbia incontrollata. Ad aver appreso la notizia della gravidanza di Yasmin, non aveva potuto evitare di fulminarla con gli occhi e desiderare la sua morte. Quella suora era sempre in mezzo e Tom continuava ad essere innamorato di lei nonostante tutto! Nonostante il matrimonio, nonostante lei lo avesse salvato dal finire sulla strada come un dannato pezzente! Avrebbe potuto facilmente rovinare quella felicità andando al convento e rivelando ciò che sapeva così che chiunque avrebbe potuto accertarsene...ma non appena un'idea gli sovvenne alla testa, un sorriso diabolico le si formò sul volto: l'attesa sarebbe stata la sua arma.

***

Un mese dopo...

E anche ottobre volò via come niente lasciando spazio a Novembre, che invase la Germania di un freddo così gelido che tutti erano spaventati per il raccolto di quell'anno. Cosa sarebbe accaduto a Dicembre e Gennaio di questo passo? A Bill non importava. Stava vivendo divinamente quel periodo, come mai nella sua vita. Percepiva quella presenza sempre di più dentro di lui, anche se la stanchezza aumentava. Änne e Christel lo aiutavano sempre, non lo lasciavano mai da solo e cercavano in ogni modo di prendersi cura di lui. Avevano paura che qualcosa potesse andare storto prima della sua partenza. Solitamente i primi mesi erano quelli più delicati e per evitare la perdita del bambino avevano deciso di aspettare fino allo scadere del terzo. Änne aveva detto che sarebbe potuto andare quando avrebbe visto la pancia ingrandirsi. Al primo accenno era già un segno di mancato pericolo, anche se ovviamente doveva evitare gli sforzi esagerati. Quello a qualsiasi stadio della gravidanza. Anche Tom si occupava di lui meglio che poteva: gli portava del cibo in più e dava un'occhiata ai negozi dove si potevano acquistare tutine per neonati. Il venditore gli aveva persino chiesto se la signorina Heidi aspettasse un bambino ma lui aveva scosso la testa, in quanto sapeva che se avesse anche solo detto una parola, tutta Brema lo avrebbe saputo e lei sarebbe venuta a conoscenza della verità. Quando era con Bill, progettava anche la fuga con lui. Sarebbe stato a Dicembre. Lui sarebbe venuto e sarebbero scappati attraversando la foresta di Brema con delle provviste necessarie e senza affaticarsi troppo, così da uscire poi da quella città. Grazie all'addestramento che aveva avuto durante quei mesi da militare, aveva sviluppato anche delle tecniche di difesa, in caso fossero stati attaccati da gente malintenzionata. Voleva proteggere Bill e il loro bambino in ogni modo possibile. Era convinto che ci sarebbero riusciti, mancavano poche settimane e finalmente sarebbero stati liberi, liberi di vivere la loro vita insieme, anche in un altro stato, non era questo l'importante. Però accadde che una mattina la Suora Madre convocò il moro nel suo ufficio. Bill non ebbe niente da obiettare o da sospettare. Camminava per i corridoi con un leggero sorriso sereno ad increspargli le labbra. Si stava affezionando da morire a quella creatura. Era il suo piccolo tesoro. Ci parlava spesso la sera prima di dormire, e anche Christel gli diceva delle cose, come ad esempio che avrebbe dovuto lui prendersi cura dei suoi sconsiderati genitori. Ovviamente scherzando. Bill comprendeva che tutto quello che stava accadendo era una situazione creata da un'azione sconsiderata - più di una - ma era il regalo migliore che potesse ricevere dalla vita. Un piccolo Tom...o una piccola Yasmin. Bussò.

- Avanti- Fece il proprio ingresso e chiuse la porta. - Buongiorno, Bill-

- Buongiorno, Madre. Come mai mi avete fatto convocare?-

- Siediti, è una questione molto importante- Prese posto davanti alla scrivania. - Sapevi che questo momento sarebbe arrivato prima o poi, vero?- Inarcò il sopracciglio non capendo.

- A che momento vi riferite?-

- Mi stupisce che tu non te lo ricordi visto che ti stai preparando da tutta la vita per questo- Il moro chinò gli occhi confuso, ma poi comprese.

- C-come...? Avete intenzione di...farmi prendere i voti?-

- No, non è una decisione mia. Hai compiuto 14 anni. Puoi definitivamente diventare una suora, oltre al fatto che è anni che fai parte del noviziato. La cerimonia è fissata a breve in questa chiesa, sarà presente gran parte del popolo di Brema, anche perché non sarai la sola a ricevere questo...onore- Scandì bene quella parola, e Bill si stava già sentendo male. - Ci saranno altre quattro ragazze insieme a te, perciò dovremmo cominciare ad organizzare i preparativi. Mi aspetto il massimo impegno da tutte voi. Ciò a cui state andando in contro è un sacro dovere morale...mi capisci, Bill?- Il respiro del moro era aumentato...stava ansimando, come se gli mancasse l'ossigeno. - Non capisco come mai questa reazione. Sapevi che prima o poi sarebbe successo-

- Sì...è solo che...voi avete sempre saputo che non era ciò che volevo...-

- E cos'è che vuoi? Scappare con un uomo via di qui? Magari...con quel Tom...- Solo a sentire pronunciare il suo nome Bill sgranò gli occhi mentre la Suora sorrise quasi beffarda. - Sì, lo so. Ti sei preso via per quell'uomo, essendo tu stesso un ragazzo per di più, ma adesso lui è sposato. La cosa migliore è che entrambi facciate il vostro dovere da buoni cristiani: lui il bravo marito e tu la brava serva di Dio-

- Anticipare tutto è una punizione, quindi?-

- Ti ho già detto che non è una mia decisione, e comunque anche se lo fosse, tu sei tenuto a seguirla, senza permetterti di obiettare!- Si alzò in piedi poggiando le mani sul tavolo risoluta. - Tu sei una suora! Una donna che come unico obiettivo deve avere quello di servire Dio e la Chiesa! E adesso vattene! Non ho voglia di vedere lacrime o di litigare! Si fa così, punto!- Anche lei ne aveva fin sopra i capelli di Bill che voleva fare per conto suo. Non aveva mai avuto problemi di questo genere con nessuna suora lì dentro. L'unico che aveva sempre avuto l'ardire di andarle contro era stato lui! Chissà se per il fatto di essere uomo...a parte che quella cosa che adesso stava uscendo sbattendo la porta non poteva essere né uomo né donna...era un non so che di indefinito che doveva rimanere nascosto agli occhi del mondo. Un regalo di Satana a quel povero convento di monache, e lei, da buona Suora Madre qual era, doveva provvedere a occultare quello scempio.

***

Presto la notizia si diffuse per tutta Brema e molta gente prese in considerazione di aderire alla cerimonia, come se fosse stata quella del matrimonio tra due reali. Il solo pensiero faceva inorridire Bill giorno dopo giorno, e si ritrovava ad osservare l'esterno da una finestra, con le lacrime agli occhi e una mano sulla pancia che stava iniziando ad indurirsi e a crescere. Era presumibilmente di tre mesi a detta di Änne. Sarebbe stato quello il mese adatto per scappare...ma come sempre c'era qualcosa che glielo impediva. Allora qual era il disegno di Dio per loro? Cosa aveva in mente? Che destino dovevano avere loro e questo bambino? E nel mentre una lacrima cadeva infrangendosi sulla fredda pelle della sua mano. Anche a Tom giunse la notizia tramite le chiacchiere del popolo e anche lui rimase alla finestra per parecchio tempo, ad ammirare la pioggia che batteva sul vetro, le gocce che viaggiavano insieme e poi si separavano...e si riunivano di nuovo. Si chiese per lungo tempo che cosa tutto ciò volesse dire e che tipo di persona voleva essere. Doveva abbandonare Bill e suo figlio lì dentro rischiando che lo facessero abortire? Oppure voleva tentare di dare a quel bambino una vita migliore, un padre...? Sospirò poggiandosi due dita sulle palpebre. Aveva già un terribile mal di testa dato dallo stress.

- Hai sentito l'ultima, Tom?- E la voce di Heidi lo raggiunse alle spalle come un Diavolo tentatore. Le sue mani le toccarono letteralmente e il suo respiro sbatté fastidiosamente sul suo collo, così come le sue labbra pochi secondi dopo. - Quella novizia sta per diventare una suora...è un passo importante, non credi?- Ma l'uomo non rispose, continuando a fissare la pioggia e pensando alle lacrime di Bill in quell'istante. Gli occhi di Heidi divennero d'un tratto crudelmente infastiditi da ciò. Sospirò. - Ovviamente non siamo obbligati a parteciparvi, ma ci sarà gran parte della città di Brema. Lo sai, sono tutti molto credenti e ci tengono particolarmente a questi eventi...- Ma ancora niente, dalle labbra di Tom neanche un filo di aria. Sembrava che fosse morto in piedi. - Quindi penso che la nostra presenza sia necessaria- Tom non sapeva se ce l'avrebbe fatta. Heidi lo voleva portare ad assistere in prima persona al momento in cui Bill si sarebbe per sempre allontanato da lui...e non ne sarebbe più venuto a sapere niente. Strinse il pugno. - Vado a chiedere a mio padre- Pensò fosse meglio lasciarlo solo e infatti fece bene, poiché Tom stampò quel pugno dritto sul muro con un grido di rabbia, una rabbia accumulata e sempre repressa. Una lacrima scese dal suo occhio.

- Maledizione!- Cadde in ginocchio pensando a Bill e al loro bambino. Avrebbe voluto averlo lì, abbracciarlo stretto e dirgli "Adesso ce ne andiamo...insieme". Ma così non sarebbe stato. Doveva rassegnarsi...dovevano rassegnarsi entrambi. Quella non sarebbe stata una cerimonia di vestizione...bensì una cerimonia d'addio.

***

Christel lo aiutò a vestirsi durante quella mattina grigia. Era triste quanto lui, esattamente come Änne, che lo aveva consolato tutta la notte per aiutarlo ad addormentarsi. Erano state così gentili con lui, e invece Bill che stava facendo per loro? Le aveva solo messe nei casini. Sapeva solamente creare problemi.

- Come stai?- Gli domandò la bionda posandogli una mano sulla pancia.

- Male, Christel...sono stanco, voglio solo dormire- Infatti i suoi occhi erano marcati dalle borse. Christel aveva dovuto insistere con la cipria perché non si vedessero e risultasse presentabile.

- Il bambino?-

- Il bambino...sento che ha paura-

- Ha paura?- Bill annuì, Christel sospirò. - Mi dispiace di non aver fatto di più per entrambi. Ho lasciato in silenzio che veniste condannati, che il tuo amore con Tom finisse in maniera così misera. Non ti ho aiutato a raggiungere il tuo obiettivo...e tutte le volte mi chiedo chi razza di amica sono stata per te- Il moro sorrise, di quel sorriso finto e stanco, di quel sorriso distrutto e morto.

- Sei stata la mia migliore amica...e lo sei ancora. Dobbiamo affrontare ancora molto insieme, perché questo bambino è dentro di me e non ho alcuna intenzione di rinunciarvi, anche se io e Tom dovremo dirci addio- Bill non aveva ancora finito di combattere per il suo amore, non si stava arrendendo. Ciò che portava dentro era il tesoro che lo rappresentava e ciò di cui doveva prendersi cura. Chinò lo sguardo accarezzandosi il ventre gonfio. - Questo è il dono di Tom per me...e non sarà mai una condanna nel mio cuore, ma solo motivo di immensa gioia- L'ingenuità della sua voce fece intenerire Christel a tal punto da tirarlo in un abbraccio.

- Sarò la zia migliore del mondo, te lo prometto- E quelle furono le parole che gli dettero la forza di presentarsi in Chiesa, di attraversare quella miriade di occhi puntati su di lui. Fortunatamente la tonaca era abbastanza larga e non era possibile vedere le sue nuove forme, ma il momento che più lo spaventò fu quando si pose in ginocchio e tra la folla...vide Tom. Le sue compagne si stavano già sdraiando a terra, con la fronte poggiata al pavimento, le braccia larghe e le gambe unite in modo che il loro corpo formasse una croce. Bill invece rimase lì, con gli occhi puntati su Tom, che lo osservava cercando di trasmettergli quel "mi dispiace" che fece male ad entrambi. Tuttavia, lo sguardo truce della Suora Madre lo riportò presto all'ordine e dovette eseguire. In quel momento però ebbe paura di quel pavimento. Doveva sdraiarsi sulla pancia. Avrebbe fatto male al bambino? Oppure non avrebbe sentito niente? Iniziò a piangere.

- Non posso farlo...- Sussurrò. La cerimonia nel frattempo si era fermata, tutti avevano iniziato a mormorare irrequieti. La Suora Madre gli si pose davanti con occhi infuocati.

- Abbassati, Yasmin- Minacciò con un sussurro tagliente. Quella posizione di potere finalmente poteva esercitarla senza che qualcuno gli tenesse testa. Adesso era lei ad avere la ragione. Bill pose le mani tremanti sul pavimento e si mise giù scoppiando in un pianto disperato non appena la sua fronte venne a contatto con il freddo pavimento della Chiesa. Percepì i passi della Suora Madre che si allontanava da lui e quelli invece del parroco, il quale si avvicinava per benedire i loro corpi. Se solo avessero saputo tutti che tra quelle donne, una di loro non era pura, non era vergine...ma era incinta di un feto di 12 settimane! Respirò piano e pensò che fosse meglio distrarsi.

- Non avere paura, amore mio...- Sussurrò impercettibilmente. Non poteva rischiare di essere sentito. - Tra poco...tra poco sarà tutto finito...resisti...rimani con me...- E quelle parole erano riferite anche all'altro suo amore, a Tom, il quale fissava impotente la scena, essendo costretto a tenere la mano di Heidi per dipingere un quadro falso davanti agli occhi delle persone. Durò il tutto un'ora...l'ora più lunga che Tom avesse mai vissuto. Neanche il matrimonio con Heidi era durato così tanto. Vide Bill alzarsi da terra, ricevere la benedizione, la comunione...e poi finalmente tutto finì. Le nuove suore si misero a parlare con i loro familiari. L'unico che rimase solo fu proprio Bill, il quale non aspettò per niente che qualcuno gli si avvicinasse, ma scappò via.

- Bill!- Tom si fece spazio tra la folla mollando immediatamente la mano di Heidi, la quale se ne accorse, ma decise di lasciar perdere in un primo momento. Come aveva detto, sarebbe stato il tempo a premiarla. Bill riuscì a trovare l'ufficio del prete, nel quale vi si chiuse. Iniziò a piangere e a gridare. Voleva strapparsi quei vestiti di dosso, ma erano ciò che proteggeva il suo segreto, il suo amore. Aveva il cuore incatenato da del filo spinato e un coltello alla gola. - Bill...- Ma una voce indistinta che chiamava il suo nome lo scosse. Tom.

- Vattene!- Rispose subito. Non poteva sopportare la sua visione, il suono della sua stupenda voce...persino il suo bambino reagiva con delle leggere vibrazioni, oppure erano solo delle sue percezioni. Non aveva importanza.

- Ti prego...fammi entrare. Potremmo non rivederci mai più- Sperava che quella verità facesse sì che aprisse la porta e non che fosse un motivo per blindarla. Fortunatamente, dopo qualche secondo, le sue parole ebbero l'effetto sperato. Bill girò la chiave e il legno si scostò. - Tranquillo, sono solo- Fece il proprio ingresso chiudendo semplicemente alle sue spalle. Il viso di Bill era distrutto dalle lacrime, ancora singhiozzava...ma era bellissimo, così bello che Tom ebbe la tentazione di baciare delicatamente quelle labbra che aveva sempre amato. Inclinarono leggermente i volti, così che potessero incastrarsi più facilmente. Quel bacio fece bene a Bill. Ebbe un effetto così benefico, che tra tutto il male, riuscì a fargli spuntare un piccolo sorriso, il quale divenne ancora più grande quando sentì la mano calda di Tom scendere sulla sua pancia accarezzandola. Si separarono piano.

- Lui cresce...e tu te ne vai- Ma con quelle parole, la pugnalata della realtà aveva spezzato totalmente la magia. Non restò altro che abbracciarsi stretti, godersi quei tocchi ancora per un po'. Bill sentiva le dita di Tom tra i suoi capelli e percepiva il battito del suo cuore. Andava lento...era triste. Tuttavia si fermò di colpo quando la porta di aprì. Bill indietreggiò ma Tom non gli permise di lasciare la sua mano. Qualsiasi persona fosse, loro sarebbero rimasti uniti in quel momento. Erano le persone peggiori che potessero sperare: la Suora Madre, il prete...e Heidi.

- Ve l'avevo detto io- Iniziò lei con occhi furiosi.

- Sei proprio una svergognata, Yasmin- Continuò ad infierire la Madre.

- E oltre che svergognata pure sgualdrina!- Heidi si avvicinò minacciosamente a Bill, ma Tom si mise davanti. Voleva proteggerlo. - Tom, spostati immediatamente- Entrarono due uomini, i quali erano pronti ad intervenire se Tom non avesse obbedito. Erano entrambi molto muscolosi, persone che sicuramente avrebbero potuto spezzargli il braccio tentando di separarli. Ma no, Tom non aveva paura.

- No-

- Questo conferma la vostra ipotesi, signora Kaulitz- Intervenne per la prima volta il parroco. - Vedete, signor Kaulitz, io posso comprendere che vogliate proteggere questa giovane, siamo entrati forse in maniera esageratamente minacciosa, ma deve sapere che non è nostro interesse farle del male. Chiediamo solo che ci lasciate fare un'ispezione in quanto ci è giunta voce che Yasmin...sia incinta- Il moro sussultò e deglutì.

- Yasmin, seguici! Immediatamente!- Volevano abbassargli le mutande! Sapeva già come funzionavano queste cose. Lo avrebbero rinchiuso in una stanza per controllare la sua verginità, ma visto che era uomo, avrebbero trovato un altro sistema forse ancora più invasivo! Aveva terribilmente paura! Strinse la mano di Tom. Tuttavia, visto che nessuno dei due voleva collaborare, Heidi fece cenno a quei due uomini di intervenire. Quelli si avvicinarono tentando di prendere Tom per le braccia, ma questo assestò ad uno di loro un potente destro sul naso. Il colpo gli venne reso in fretta e ciò lo stordì.

- Tom!- Bill si portò le mani alla bocca non appena vide il sangue uscire dal suo naso. Glielo avevano rotto. Lo afferrarono per le braccia e lo tirarono via.

- No!- Gridò, ma le sue parole valsero a poco. Ormai Bill era completamente senza protezione. Heidi gli afferrò il lembo del vestito.

- Forza, fai vedere a tutti che sei una sgualdrina! Fai vedere quanto ti piace sedurre i mariti delle altre!- Iniziò a tirare con l'intenzione di strappare via tutto. Era completamente fuori di sé. Bill cercava di allontanarle le mani, ma lei lo graffiava facendogli sanguinare i polsi.

- No...basta! Basta, ti prego...- Gemeva spaventato, ormai a pezzi per tutte le lacrime versate. Non aveva neanche più la forza di opporsi. I vestiti presto iniziarono a sfaldarsi e il suo addome rimase allo scoperto. Tentò di coprirsi con le braccia ma ormai era tutto evidente: la sua pancia era perfettamente liscia e stava iniziando a diventare sempre più rotonda. Si tappò gli occhi morto di vergogna. Era mezzo nudo davanti agli sguardi di tutte quelle persone. Nessuno poteva capire che era un uomo, ma solo un cieco non avrebbe realizzato che era incinta. Heidi non tardò ad afferrarlo per i capelli con una zampata decisa.

- Mi fai schifo- Soffiò velenosa prima di spingerlo a terra. Si scoprì presto che quegli uomini che stavano tenendo Tom facevano parte delle forze dell'ordine. Heidi disse solo che per lei potevano portarlo via. La Suora Madre e il prete invece si occuparono di Bill. Vennero entrambi trascinati via: Bill con i polsi feriti, e Tom con il viso sanguinante. Ormai era impossibile poter concepire un futuro per loro. Quel bambino adesso rappresentava un amore che stava esalando il suo ultimo respiro.

***

- AH!- Un colpo. - AAAAHH!!- Un bruciore indicibile. - VI PREGO...- E una striscia rossa in più che marchiava la pelle bianca e insanguinata della sua schiena. Cercava di respirare e di tenere duro, ma ad ogni frustata il dolore era sempre più insopportabile. La Suora Madre era stanca di lui, delle figure che gli faceva fare e di ciò che aveva portato in quel posto. Aver scoperto che aspettava pure un bambino era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.

- Bestia di Satana!- E un altro colpo. - Rifiuto di Dio! Abominio!-

- AH!...AH!- Non ce la faceva più. Sentiva che la Suora Madre aveva l'intenzione di ucciderlo o perlomeno di provare ad ammazzare ciò che portava dentro, come una sorta di espiazione dai propri peccati, come se suo figlio fosse un maledetto demone e lei l'esorcista. Ma proprio quando stava per soccombere, la Suora Madre infierì ancora di più. Impazzì totalmente. Iniziò a frustarlo con una rabbia inaudita, senza pause, con la frustrazione nelle grida. Bill non ebbe neanche più la forza di gridare. Semplicemente cadde a terra in un lago di sangue perdendo i sensi.

***

Non si risvegliò nel suo letto ed una sensazione di bruciore lo invase quando percepì una spugna bagnata di acqua calda passargli delicatamente sulle ferite. Sussultò gemendo di dolore.

- Stai fermo, Bill- Era la voce di Christel, seria quanto incrinata dal pianto. Doveva essersi disperata per ore alla notizia che avevano scoperto tutto e che lei non era lì presente per proteggerlo, così come aveva promesso. Però, quando era entrato in quella sala di torture e lo aveva visto stramazzato a terra, era inveita sulla Suora Madre come mai aveva osato in vita sua, e sul suo viso ne portava un ricordo. Una frustata sulla guancia gliela spaccava brutalmente in due rovinando la sua bellezza glaciale. Ma lo aveva fatto per Bill, perlomeno era riuscita a menare per bene quella bastarda.

- Christel...dove sono?- Non fu necessario che la ragazza rispondesse non appena i lamenti di quelle donne gli giunsero alle orecchie. Scattò subito a sedere fregandosene del dolore delle ferite. - Oddio...-

- Bill, ti ho detto di non muoverti-

- Dove...dove mi trovo? Sono all'Inferno, vero? Sono morto? Sono...-

- Bill, calmati!- Gli prese il viso tra le mani con decisione. - Il bambino ha già subito abbastanza scossoni con la tortura! Non ti agitare!- Voleva riportarlo all'ordine perché se la creatura che portava dentro era ancora lì era stato solo un miracolo.

- Christel...lui sta bene?-

- Non lo so...io...sono arrivata troppo tardi, eri già svenuto a terra- Non aveva il cuore di dirgli che il suo bambino poteva aver subito qualche trauma o danno, sia che fosse fisico o psicologico. Il suo sviluppo poteva non andare esattamente come previsto...

- Dov'è Tom?-

- E' stato portato in prigione per ciò che ha fatto...e anche tu sei stato messo in questi sotterranei, nelle celle di clausura. Sono scesa per pulirti le ferite, così che non ti si infettassero. Dovrò tornare su a breve-

- Änne? Non è venuta con te?- Christel scosse la testa.

- E' già tanto se sono potuta scendere io. Questo posto è inquietante, le suore sono come impazzite...Però tu qui dentro sei al sicuro, devi solo subirti le loro urla e i loro lamenti- Se qualcuno gli avesse detto che non era l'Inferno non ci avrebbe creduto per niente. Quello era il posto dove avrebbe passato i suoi ultimi giorni! Avrebbe partorito lì il suo bambino e sarebbe morto di fame! Questo pensiero lo fece uscire di testa.

- NO! VI PREGO! FATEMI USCIRE!- Si alzò andando alle sbarre di ferro iniziando a scuoterle con tutta la forza che gli rimaneva. - VI PREGO! NON POSSO RESTARE QUI!- Christel si materializzò alle sue spalle, poggiandovi delle mani sopra. Bill scoppiò in lacrime posando la fronte sul freddo metallo. Con gli occhi appannati riusciva a distinguere la sua pancia nuda. - Mi dispiace, amore mio...mi dispiace...mi dispiace così tanto...- Christel quasi rabbrividì a toccare quelle spalle ossute. Bill non mangiava da giorni e ciò si stava facendo sentire.

- Bill, adesso devi riposare. Vieni- Riuscì a staccarlo da lì e lo condusse ad un misero letto, sul quale lo fece stendere, logicamente su di un fianco perché la schiena gli bruciava troppo. - Adesso devo andare...ma cercherò di tornare presto-

- No...ti prego...non andare via...- Le afferrò la mano e per Christel fu difficile guardare quegli occhi annacquati e sofferenti e cercare di fare finta di niente, ma trovò il modo di sfilargli la mano e di andarsene senza voltarsi più indietro. E, mentre saliva quelle scale, poté percepire chiaramente i lamenti di Bill unirsi a quelli delle altre anime dannate.

***

- Esci di qui!- Un secondino aprì la sua prigione e Tom poté staccare la fronte dal muro. Aveva i capelli trasandati, la solita camicia da ormai due mesi. Non si era cambiato da quando era entrato lì dentro e immaginava che ci sarebbe morto con quei vestiti, ma inaspettatamente qualcuno era venuto a pagare la cauzione per liberarlo. In quel tempo aveva parlato con Georg, il quale era venuto a trovarlo. Gli aveva confessato tutto, qualsiasi dettaglio della storia avuta con Bill, perfino il suo vero sesso. Ormai non c'era più niente da perdere. Forse si trattava di lui, ma si sgonfiò tutto insieme non appena vide Heidi che lo attendeva all'ingresso. Era stata lei ad aver pagato la cauzione, sperando forse di farsi perdonare in qualche maniera. Oppure di concedergli il suo di perdono, come se Tom lo stesse anelando disperatamente. Tom era furioso con lei. Infatti non le rivolse minimamente la parola. Tornarono a casa con Tom che avrebbe preferito mille volte starsene in prigione. Si cambiò, si mise vestiti puliti, ma poi si chiuse nella sua stanza per ore. Non voleva vederla a quella donna, sempre se donna si poteva definire. Era un essere immondo. Tom non riusciva a darle un briciolo di ragione, per quanto un po' ne avesse: l'aveva tradita. Ma lui era convinto che Heidi avrebbe agito nello stesso modo pur non avendo nessun diritto sulla sua persona. Chissà che cosa era successo a Bill...

- Stai pensando ancora a lei, vero?- Ma come sempre, lei doveva interrompere la sua immagine, l'odore dei suoi capelli, la morbidezza della sua pelle. Ogni ricordo era vivido fino a che non svaniva per colpa sua. Bill era svanito per colpa di Heidi.

- Vattene- Ringhiò. Non era disposto a controllare i propri impulsi. L'avrebbe attaccata al muro a costo di tornare immediatamente in cella.

- Io penso che dobbiamo parlare, Tom-

- Hai pagato solo per parlare con me?-

- E perché sei mio marito- No, non poteva dire quelle parole, non più. - Tu mi hai tradita con quella suorina. E poi, per quanto la odi, una lancia a suo favore la voglio spezzare. Ci ho riflettuto molto e sono arrivata alla conclusione che la sua ingenuità e la sua curiosità di andare con un uomo più grande l'hanno portata a sedurti...e tu ci sei cascato, come l'uomo che sei. Sì, perché voi uomini avete solamente voglia di avere della carne nuova tra le mani...siete degli animali, è questa la verità. Però posso anche capirlo e perdonarti, posso perdonare entrambi e fare finta che niente sia accaduto. Questo però se anche tu sei disposto a fare altrettanto. Devi dimenticarti di lei, Tom. Per sempre-

- Io non potrò mai perdonarti. Posso cancellare Yasmin dalla mia mente...dimenticare il suo viso, anche se dovranno passare anni...ma sarà il tuo volto ciò che ricorderà il mio odio...perciò se ora mi vuoi riportare in cella, sentiti libera. Se mi vuoi lasciare qui, sappi che sarà così- Heidi capì dal tono della sua voce, così grave e risoluto, che Tom stava dicendo la verità: non avrebbe mai dimenticato davvero Bill, ma avrebbe continuato a viverlo attraverso l'odio nei suoi confronti. Strinse i pugni quasi a conficcarsi le unghie nelle mani. Va bene, se era questo che voleva, lo avrebbe ottenuto! Se ne andò semplicemente sbattendo la porta, prese la carrozza e si diresse a tutta velocità al convento. Chiese udienza urgente alla Suora Madre, la quale la ricevette tranquillamente senza battere ciglio. In fondo immaginava che la questione non fosse ancora del tutto dimenticata, anche se risolta.

- E' un piacere vedervi, signora Klum-

- Lo stesso per me, Madre- Si inchinò cordialmente e la donna pensò che Heidi era una ragazza ben educata a differenza di Bill, che per lui ogni occasione era buona per infrangere qualsiasi regola. Non portava rispetto per nessuno, invece Heidi era veramente il modello di donna giusta, che chiunque avrebbe dovuto seguire a parer suo.

- Che cosa vi porta qui?-

- Voglio sapere che cosa ne avete fatto di Yasmin, se ha ricevuto una punizione esemplare. Non sono stata informata al riguardo, il che l'ho trovato per certi versi irrispettoso, visto che ho subito in prima persona un adulterio e voi siete la donna incaricata ad educare queste suore a stare al proprio posto- La Suora Madre abbassò lo sguardo realmente dispiaciuta.

- Credetemi, ho fatto il possibile per educare Yasmin nel migliore dei modi...ma lei è sempre stata ribelle. Non immaginavo che potesse fare addirittura una cosa del genere-

- Ha abortito?-

- Come dite?-

- Avete-tolto-quello schifo-dal suo corpo?- Ripeté con occhi taglienti. La Suora Madre non sapeva come dirle che non era stato possibile visto che non sapevano come far abortire un corpo maschile. Deglutì. - NO! MI VOLETE DIRE CHE IL FRUTTO DEL TRADIMENTO STA ANCORA CRESCENDO!? VOLETE CHE VENGA ALLA LUCE E CHE TUTTI LO SAPPIANO!? MI VOLETE ROVINARE, ECCO PERCHÉ NON MI AVETE DETTO NIENTE!-

- No, questo non è assolutamente vero, signora Kaulitz-

Klum, quel cognome non mi appartiene più-

- Come volete. Comunque non è vero, io non vi ho avvertita perché pensavo che fosse sufficiente per voi sapere che il pericolo è scampato-

- E in che modo? Che le avete fatto? Questo voglio sapere!-

- L'abbiamo rinchiusa nelle celle di clausura. Lì resterà. Non appena il bambino nascerà, se non morirà, lo prenderemo e lo affideremo ad un'altra famiglia. Questo è il mio piano. Però continuiamo a nutrirla poco, così che il bambino possa nascere rachitico e perire da solo, di stenti- Ad ogni parola un sorriso si stava formando sul volto di Heidi, un sorriso inquietante.

- Posso vederla?-

- Ehm...vi avverto, quel posto è veramente una dura esperienza, anche solo per una visita. Ci sono altre donne uscite di testa, che hanno commesso grossi peccati come quello di Yasmin...-

- Penso di essere abbastanza forte da sopportarlo- Si alzò dalla sedia. - Ditemi dove sta- La Suora Madre la condusse personalmente alla porta che si affacciava sulle scale. Gli diede una lampada ad olio.

- Tenete. E' molto buio là sotto. Io vi aspetterò qui- Heidi annuì ed iniziò a scendere le scale. Le urla e i lamenti presero immediatamente forma ma questo non la spaventò. Continuò per i suoi passi, sempre più giù. Giunse ad un corridoio dove alle pareti stavano le celle. Avanzò guardando in ognuna senza paura: vide donne accovacciate sui letti, donne con i capelli strappati e le braccia lesionate, donne che piangevano, si pisciavano addosso o vomitavano. Era orribile tutto ciò, ma a lei questo non la toccava per niente.

- Heidi- Fu proprio la sottile voce di Bill a chiamarla e lei si fermò, voltandosi nella sua direzione con un sorrisino. Bill aveva i capelli scompigliati, le borse sotto gli occhi, il viso smunto e camminava piano. La sua pancia era cresciuta dell'altro. Era di cinque mesi adesso.

- Come ci si sente, Yasmin?- Il moro non aveva voglia di discutere, spostò gli occhi stanchi altrove. - Sono venuta a farti gentilmente visita, dovresti essere contenta-

- La vostra visita è tutt'altro che magnanima. Voi...- Scosse la testa lentamente. - Voi siete qui solo per umiliarmi, umiliare me e il figlio che porto- Lei sbuffò beffarda.

- Figlio...e di chi è figlio?-

- Di Tom! E' mio e di Tom!-

- Tuo senz'altro, quella roba sta crescendo dentro il tuo putrido corpo, ma non mi venire a dire che appartiene anche a mio marito. L'ho fatto uscire di prigione dopo questi due terribili mesi e sai che cosa mi ha detto? E' stato contento di tornare a casa e mi ha chiesto scusa! Mi ha chiesto scusa in ginocchio! Ha compreso che non sa vivere senza soldi ed io gli servo! Io gli necessito!-

- E anche se fosse?- Heidi sgranò gli occhi, sorpresa da questa reazione del moro, che non si stava disperando, ma la osservava come se fosse solo una stupida. - Io necessito al suo cuore...è diverso, Heidi- La donna andò presto su tutte le furie, tanto che si sentiva grugnire di rabbia. Strinse nella mano quella lampada ad olio. - Lui ama me e questo tu non potrai mai cambiarlo. Se anche ti avesse chiesto scusa, ciò non mi tange minimamente...se invece mi stai raccontando una bugia, spero che in qualche modo ti possa far sentire meglio-

- Ti prendi solo gioco di me, maledetto demonio!- Bill non rispose. Semplicemente sospirò e, stancamente, se ne tornò nel letto. Non aveva voglia di vedere nessuno, né di stare ancora ad ascoltarla. Heidi non era mai stata ignorata e sbeffeggiata in quel modo, soprattutto da una popolana come Yasmin. Ma non era solo lei. Tutte quelle donne erano una vergogna per il genere femminile! Meritavano solamente di essere eliminate! Questo pensiero la attraversò mentre stava tornando su per le scale. Sorrise. Aveva capito quale era la cosa giusta da fare. Si voltò e lanciò la lampada ad olio, la quale si infranse e appiccò una piccola fiamma. Presto sarebbe successa una terribile catastrofe, ma ciò la faceva gioire come mai nell'anima.

***

Georg aveva saputo che Tom era uscito di prigione ma non si era azzardato ad andare ad incontrarlo. Anche se forse sarebbe stata una presenza gradita, adesso aveva solo bisogno di stare in pace. Ne aveva approfittato lo stesso per fare una girata con il cavallo. Anche se era quasi notte, gli piaceva portare il proprio destriero a giro. Si addentrò nella foresta senza pensarci più di tanto. Si stava rilassando immerso nei propri pensieri. Pensava a Bill e Tom, ai suoi amici. Certo, Bill non lo conosceva, non ci aveva mai parlato una volta, lo aveva solo visto durante le confessioni con il parroco. Gli era sembrato una persona timida, ma solo perché si costringeva al silenzio e al dolore taciturno. Sospirò...e in quell'istante avvertì un brutto odore di fumo. Alzò lo sguardo e vide che una scia grigia si stava pian piano propagando tra gli alberi.

- Ma che diamine...?- Quando realizzò da che punto esso proveniva, sgranò gli occhi. - Oddio...- Batté subito le redini facendo partire il suo destriero al galoppo. Presto si dovette fermare quando vide due ragazze correre da lui con le braccia alzate.

- FERMATEVI!-

- FERMATEVI VI PREGO!- Una aveva i capelli biondi, l'altra invece mori, con la pelle scura. Georg scese dal cavallo.

- Che cosa sta succedendo!?- Guardò in direzione del convento e quel fumo si stava propagando da ogni finestra della struttura. Le persone stavano ancora scappando fuori.

- Yasmin!! YASMIN E' RIMASTA DENTRO!-

- STAVO SCENDENDO MA SONO STATA SOLO CAPACE DI LANCIARLE LA CHIAVE DELLA CELLA IN MEZZO ALLE FIAMME E AL FUMO! NON SO SE E' RIUSCITA A PRENDERLE!- Christel gridava disperata e con le mani nei capelli. Georg non sapeva che diamine fare. Gettarsi tra le fiamme era un suicidio e lui era l'unico che aveva delle conoscenze mediche in quel posto, molte persone erano ferite, anche gravemente. Se rischiava la vita per una sola persona, ne sarebbero morte altre venti come minimo. L'unica era andare a chiamare la sola persona che avrebbe rischiato davvero tutto per Bill.

- Devo chiamare Tom...- Senza dire niente, tornò immediatamente indietro, alla velocità della luce. Non aveva mai chiesto uno sforzo come quello al suo cavallo, ma se Tom fosse riuscito a salvare la vita di Bill e lui quella delle altre persone, sarebbe stata un'enorme vittoria.

***

- Cough...COUGH COUGH!!- Ci provò ancora una volta. Fece uscire la mano dalle sbarre e si allungò. Sfiorò il ferro scottante della chiave e con un ultimo grido di disperazione, riuscì ad avvicinarle e ad afferrarle. Con la gioia nel cuore, aprì immediatamente la cella e uscì. Le fiamme lo stavano circondando ormai, non poteva andare da nessuna parte! Si coprì il viso con un lembo del vestito e pensò che l'unica via d'uscita fosse iniziare a camminare laddove era ancora possibile. Tremava tutto e aveva paura che sarebbe morto. Sulle scale vi erano dei piccoli fuochi sui gradini ma c'erano alcune parti percorribili. Doveva solo essere in grado di raggiungerle. Iniziò a correre senza curarsi di dove metteva i piedi. Il suo vestito incominciò a prendere fuoco. Urlò e prese a batterlo con le mani per far sì che si spegnesse. Fortunatamente gli dette retta. Piano piano arrivò in cima alle scale con il dolore nel cuore di aver abbandonato quelle povere suore pazze là sotto. Forse erano già morte. Si fece un segno della croce pregando per la loro povera anima. Se fosse morto, forse era ciò che si meritava per essere stato così egoista. Quando riuscì a scostare la porta, vide che la lingua di fuoco aveva raggiunto tutta la biblioteca bruciando i numerosi libri che aveva letto. - Oh mio Dio...C'E' QUALCUNO!?- Ma gli rispose solamente il silenzio. Lo avevano abbandonato tutti. Rabbrividì non appena sentì il rumore di qualcosa che si staccava. Guardò su e notò le instabili travi sul soffitto. Se fossero cadute, gli avrebbero sbarrato totalmente l'uscita. Doveva fare in fretta! Iniziò a correre più veloce che poteva, ma si sentì immediatamente un peso addosso che lo schiacciò al suolo. Quella trave gli era caduta precisamente sul bacino, spezzandoglielo in un colpo solo. Gridò di un dolore indicibile. Non riusciva più a muoversi! - AIUTOOOOO!!! AIUTOOOO!!!- Ma solo il fuoco che bruciava intorno a lui riproduceva un rumore scoppiettante e minaccioso. - Cough cough...COUGH COUGH!!!- Non riusciva più a respirare. Sgranò gli occhi non appena riuscì a portarsi una mano sul punto delle parti intime. La ritirò su e sgranò gli occhi al notarla sporca di sangue. Il suo vestito si stava cominciando a imbrattare di sangue! - No...no...ti prego...- Ma l'ossigeno gli stava mancando sempre di più...tanto che alla fine perse i sensi.

- BILL!!- Tom riuscì a farsi strada e a trovarlo grazie alle indicazioni che gli aveva dato Christel quando era giunto. - Dio, Bill...- Era completamente schiacciato dalla trave! Sicuramente aveva qualcosa di rotto, ma non poteva lasciarlo morire! Lo afferrò per le braccia e strattonò fino a che non riuscì a tirarlo completamente fuori. Bill non stava reagendo, come se non provasse dolore. Aveva le gambe sanguinanti e anche il bacino era un lago rosso. - Ti salverò, amore mio- Riuscì a prenderlo in braccio, ma un altro legno precipitò rovinosamente bloccando il passaggio dal quale era passato. Vide una finestra e pensò bene di spaccare il vetro con una sedia. Riuscì a buttarlo giù e riprese Bill. Si lanciò di sotto e atterrò sull'erba in piedi, anche se un po' traballante. Aveva delle ustioni sulle braccia ma Bill era salvo. Adesso era con lui.

- BILL!- Christel corse subito da lui piangendo come una dannata a vederlo in quello stato. Änne e Georg erano subito dietro di lei.

- Vieni, dobbiamo portarlo in un posto al sicuro. Ho lasciato le altre suore con un dottore e ci sono anche altre persone del villaggio. Vi guiderò a casa mia, non dista molto, svelti!- Furono giusto cinque minuti di corsa disperata. Georg aprì subito la porta e disse a Tom di adagiare Bill sul letto. Tom eseguì immediatamente e rimase a tenergli la mano senza smettere di accarezzargli il viso. Le sue dita apparivano fredde e ossute.

- Amore, amore mi senti? Amore mio...- Lo chiamava ma Bill non rispondeva. Änne e Christel stavano un po' in disparte, in un angolo della stanza, sentendosi completamente inutili.

- Tom devo controllare il suo stato- L'uomo capì, e si allontanò un poco senza però lasciargli la mano. Georg gli aprì gli occhi e vide che le pupille reagivano alla luce. Era un buon segno. Gli sentì il polso. Bill respirava ancora, ma il suo cuore risultava essere molto debole. Ad un certo punto arrivò un lamento dal letto.

- Bill!- Tom scattò subito sull'attenti. - Amore...sono qui, sono Tom- Desiderava che lo sentisse, che si accorgesse di non essere più solo. Bill però non aprì gli occhi. Iniziò invece a sospirare, come se si stesse sforzando di fare qualcosa. Era come se...se stesse cercando di spingere qualcosa fuori da sé. - Il bambino...- Realizzò.

- Oddio...- Il moro continuava a sentire il bisogno di spingere e lo esaudiva inconsciamente, senza pensare che per lui quella non era la via adatta. - Ma di quanti mesi è?- Guardò le due ragazze.

- Cinque...- Sussurrò Christel in un angolo. - E' così piccolo ancora...- Era visibilmente spaventata da tutto quel sangue che vedeva fuoriuscire da Bill. Andando avanti di quel passo sarebbe morto dissanguato.

- Devo eseguire un cesareo, ormai il bambino non ha più sacco amniotico e potrebbero morire entrambi se non lo tiro fuori!-

- Allora fallo subito!- Gridò Tom. Georg si sbrigò a cercare un coltello che gli potesse permettere di fare l'incisione.

- Usa questo!- Änne gli passò il tagliacarte che aveva in tasca. Sarebbe dovuto stare più attento visto che non tagliava tantissimo come un bisturi e perciò ci avrebbe dovuto mettere più forza, ma non avevano alternative rapide al momento. Georg gli strappò una parte del vestito per far sì che il ventre rimanesse scoperto. Poi iniziò ad incidere, tutto senza alcun tipo di anestesia. Avevano i secondi contati, diamine! Bill però percepì tutto il dolore e si risvegliò di colpo urlando. Tom lo avvolse tra le proprie braccia, era in lacrime. Sopportava anche lui il dolore.

- Amore, ci sono io, sono qui...-

- AAAAHHH!!- Sentire quelle grida strazianti e non poter fare niente era una tortura indicibile per Tom, ma poco dopo...la sofferenza parve cessare tutta insieme. Georg tirò fuori da Bill qualcosa di così piccolo che gli stava in una mano. Era pieno di sangue e si muoveva piano, non emettendo alcun verso. Tom non sapeva che cosa dire. Sorrise e basta, di un'insana felicità.

- Amore mio...- Bill lo fissava con occhi stanchi e provati. La sua pelle era lucida di sudore e sembrava che anche respirare fosse una sfida per lui. Tremava visibilmente. - Bill...- E un sorriso insano apparve anche sulle sue labbra.

- Lo senti...?- Sussurrò debolmente. - Sta piangendo...piange...- Tom rimase sconvolto da quelle parole. Si guardò indietro. Änne e Christel erano con le lacrime agli occhi, si abbracciavano e lo guardavano avendo realizzato ciò che Tom aveva ancora paura di vedere. Il neonato non stava piangendo, Bill lo stava sentendo nella sua testa, in un delirio pre-mortem. Appena Tom voltò nuovamente lo sguardo e lo chinò su Bill, il moro aveva già reclinato la testa da un lato e non respirava più tra le sue braccia. Aveva dato il suo ultimo alito di vita a loro figlio. Le mani di Tom presero a tremare e gli occhi a sgorgare lacrime senza che lui potesse fermarli. Era accaduto tutto così in fretta, come una pugnalata al cuore. Si portò la testa di Bill al petto. Il dolore fu così forte che all'inizio non aveva neanche la forza di gridare. Semplicemente baciava quei capelli mori, quelle labbra fredde e quelle guance ancora bagnate di lacrime. Voleva farlo sentire al sicuro e al caldo anche se adesso non poteva più sentirlo. Inspirò forte l'odore dei suoi capelli, che sapevano solamente di fumo, ma lui ricordava quella fragranza dolce e quella morbidezza che adesso era sostituita dal seccume. Il suo Bill adesso era l'immagine della morte che lo aveva colto. Affondò il viso nel suo petto stringendolo a sé...e gridò. A quel punto si lasciò andare totalmente. Quelle grida forti e disperate fecero calare il silenzio in quella stanza. Neppure Christel era in grado di produrre un solo suono. Piangeva silenziosamente, in ginocchio, tra le braccia di Änne. Aveva perso il suo migliore amico e si sentiva terribilmente in colpa.

- Ti amo...perché mi hai lasciato solo? Io ti amo...ti amo!- E per quanto glielo ripetesse, lui non era più in grado di sentirlo. I suoi occhi rimanevano chiusi, il suo petto immobile. Tom avrebbe voluto non lasciare mai il suo corpo, ma...

- Tom- Georg lo chiamò piano. Si voltò e lo vide che stava lì, con il neonato avvolto in un panno. - Vieni qui...- Cercava di essere forte per entrambi e Tom non sapeva come ringraziarlo per questo. Anche se Bill era morto dissanguato anche a causa del parto cesareo, sicuramente Georg aveva fatto tutto il possibile per far sì che ciò non avvenisse. Purtroppo era destino, Bill se ne sarebbe andato in qualsiasi caso. Quell'incendio gli aveva bruciato la vita. Tom gli lasciò un ultimo dolce bacio sulla fronte prima di allontanarsi, lasciando che fossero Christel ed Änne a dargli l'ultimo saluto. - Guarda- Gli mostrò il piccolo. - E' una femmina- Tom deglutì. Aveva dei capelli castano scuro, tendenti al nero. Il suo viso era tutto molto simile a lui, anche se si stava ancora sviluppando poteva vederlo. La bambina teneva i suoi occhioni scuri chiusi, ma ogni tanto cercava di aprirli. Pareva così fragile che al solo toccarla si sarebbe spezzata. - E' davvero bellissima, però...è troppo piccola, Tom- Non voleva distruggere quella felicità, ma non desiderava neanche illuderlo. Tom aveva già capito da solo, non c'era bisogno che andasse avanti. - Tieni, prendila- Se la mise tra le braccia, anche se era più il panno ad occupare lo spazio che lei. Scostò un lembo e gli afferrò la piccola manina, delicata. Poté vedere anche le gambe, tremendamente secche. Quella era la sua bambina, il suo tesoro...il loro amore.

- Stai tranquilla...c'è il tuo papà qui- Sussurrò con un nodo alla gola. Voleva farla sentire protetta perché sapeva che presto anche lei l'avrebbe lasciato solo. Non poteva sopravvivere una bimba così piccola. Aveva bisogno ancora del corpo della mamma, ma anche questa se n'era andata giusto qualche minuto fa. Georg nel frattempo si era allontanato per lasciargli quel momento da soli. - Non avere paura, amore mio...chiudi gli occhietti...e dormi...ti proteggo io- Non era stato capace di dirlo a Bill nel momento che aveva esalato il suo ultimo respiro, lo avrebbe fatto con lei. Non desiderava che avesse paura della morte adesso che aveva appena sperimentato la vita. Pochi minuti dopo infatti, anche la bambina smise di muoversi. Rimase immobile. Anche lei aveva detto addio a quel mondo crudele. Tom le baciò la testa delicata prima di coprirla con il panno totalmente. Fu in quell'istante che realizzò che era un uomo distrutto. Strinse piano la bambina al petto e sentì il suo cuore stretto in una morsa mentre sfogava altre inutili lacrime. Non avrebbero riportato indietro la sua felicità.

- Tom, ho trovato questo. E' un portagioie...molto prezioso- Glielo mostrò. Dentro era rivestito di velluto, il legno era rifinito con dell'oro ed era della misura perfetta per quel corpicino. - Tom...vieni, dalla a me-

- No, lo farò io- Georg annuì dopo qualche secondo di esitazione. Il suo amico era forte...anche se adesso poteva risultare un'illusione. Tom si disfece di quell'asciugamano e adagiò la bambina dentro lo scrigno, con le mani poggiate sul pancino. Si alzò e si avvicinò a Bill. Adagiò quel portagioie aperto accanto al suo viso. Rimase a fissarli con la morte nel cuore. Il suo Bill sembrava addormentato. Lo immaginò in un bel quadro familiare: lui che dormiva con accanto la loro bambina, e Tom che li guardava la mattina, l'unico sveglio in casa, e pensava felice a ciò che aveva...ma adesso non aveva niente. Con il suo consenso, Christel chiuse piano lo scrigno, e da quel momento il silenzio si impadronì della stanza.

Christel ed Änne scapparono libere dopo l'incendio, così come Tom e Bill avrebbero dovuto fare. Si erano trovate una casetta in campagna e lì passarono il resto delle loro vite. Ciò però aveva insegnato loro che combattere per il proprio amore non era un errore e guardando il cielo potevano chiaramente vedere Tom e Bill, ma essi non si tenevano per mano, bensì in mezzo a loro stava una trotterellante bambina sorridente e piena di vita, innamorata dei suoi genitori.
Difatti nessuno aveva saputo più niente di Tom da quella notte in poi. A Georg arrivò qualche giorno dopo la notizia del suo suicidio. Accadde all'alba e gli inquirenti furono capaci di riportargli solamente un foglietto con su scritto una frase: "Le campane suonano mezzogiorno!". Alzò lo sguardo verso la Chiesa e udì quel suono. Sorrise ricordando le conversazioni avute con Tom in prigione.
- Sono le prime parole che gli ho sentito dire il giorno in cui ci siamo conosciuti...- E una lacrima si infranse su quell'inchiostro.

FINE!!!

 

Nota dell'autrice: Ok, fazzoletti ne abbiamo? So che alcuni di voi mi odieranno per questo ma ho fatto ciò che mi sembrava giusto per questa storia. Altre avranno sicuramente un finale migliore di questo. Mi è piaciuto scrivere questa storia e...niente, vi lascio piangere🤣.

Dhakirahijikatasouji❤

 

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