Non ho mai pensato che la vendetta fosse triste

di Picci_picci
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Atto I - Prologo ***
Capitolo 2: *** Atto II ***
Capitolo 3: *** Atto III ***
Capitolo 4: *** Atto IV ***
Capitolo 5: *** Atto V ***
Capitolo 6: *** Atto VI ***



Capitolo 1
*** Atto I - Prologo ***


Non ho mai pensato che la vendetta fosse triste.
Ad essere sinceri, mi è sempre piaciuta. Il piano, la preparazione, l’intenso odore di paura della vittima. Quell’attimo di pace che si prova dopo aver vinto, dopo avergliela fatta pagare.
Pensavo che non sarebbe mai potuto cambiare.
Ma d’altronde non pensavo nemmeno di poter mettere piede a NeverMore. Invece, è iniziato tutto in quella maledetta scuola.
Strappo il foglio appena uscito dalla macchina da scrivere, i pezzi che cadono a terra come il terriccio dopo una bella esplosione. Tanto, li raccatterà mano o Lurch; ci sarà qualcosa di buono nell’essere tornata a casa. Lontana da quella scuola e da quel branco di adolescenti. Lontana da Enid. Lontana da Tyler.
Tyler. Un serial killer psicopatico.
Il suono di un campanello risuona nella casa e mi preparo mentalmente per la mia dose di socialità giornaliera.
«È pronta la cena!»
Scendo con calma le scale, come un prigioniero va al patibolo. Probabilmente sarei più contenta in quel caso.
Pugsley corre verso il tavolo, prendendo posto vicino a padre, mentre a me spetta quello vicino a madre. Che gioia.
«Che ha la mia nuvola temporalesca?»
«Niente di strano, padre, solo più scontenta del solito.»
Lui ride facendo muovere il tavolo, «oh, meraviglioso.»
«Tesoro, siedi dritta» si intromette madre con voce leggera, «abbiamo ospiti.»
Ora che ci faccio caso, indossa il suo abito nero, quello col pizzo francese, riservato alle occasioni importanti e la tavola è ricolma delle specialità della cucina. Cervello fritto, linguine in salsa rossa, spezzatino di agnello.
Inclino la testa, «chi aspettiamo?»
Suona il campanello, in quel preciso istante, e Lurch va ad aprire.
«Sceriffo! Non vedevo l’ora di condividere una bella cena con lei, ora che le nostre divergenze sono state sepolte.»
«Mio marito tende a mettere tutto a posto con un buon pasto.»
«Ma chère» sospira sognante.
Mi alzo di scatto, facendo stridere la sedia di proposito, purché loro non inizino con le loro smancerie. Non voglio avere la nausea, non oggi che hanno cucinato il piatto che prediligo: cervello fritto in salsa di sangue di bue.
«Che ci fa lei qui?»
La voce dello sceriffo Donovan è dura e sicura, ma a un’attenta analisi (come la mia) è possibile notare la stanchezza che indossa come un abito da lutto. Meraviglioso.
«Mi hanno invitato i tuoi.»
«Questo non spiega perché ha accettato.»
«Mercoledì, ti prego» il tono di madre rimane neutro, ma il suo sguardo è chiaro: contieniti. Li volto le spalle e riprendo il mio posto a tavola con lo sceriffo che siede di fronte a me.
Madre e padre portano avanti una conversazioni di convenevoli lanciandosi occhiate languide più di quanto sia socialmente consentito e passano otto minuti e trentasei secondi prima che posi la forchetta e ponga la mia domanda. Che non si dica che non mi sia contenuta.
«Sa qualcosa di Tyler?» Di suo figlio. Dello psicopatico che è riuscito ad ingannarmi. Dovrei odiarlo, ma non posso che essere ammirata: nessuno è mai riuscito a fregarmi. Scende il silenzio, tutti smettono di mangiare, tranne Pugsley che sta finendo la carne. Tutta la carne, per essere precisi.
«Dovresti chiederlo a tua madre, è per questo che sono qui.»
La faccia dello sceriffo è determinata, fissa, non ha paura. Stringo gli occhi. Sta dicendo la verità. Passo il mio sguardo accusatore a madre.
«Non guardarmi così. Oh, mi ricordi quando hai visto per la prima volta un arcobaleno.» Sventola una mano davanti al viso, «ricordi, caro?»
Lui ride di gusto, «era così imbronciata che gli ha lanciato una freccia contro sperando di farlo sparire.»
Alzo gli occhi al cielo, rimpiangendo i momenti in cui il mio unico problema era cercare un serial killer. Il mio più di un amico.
«Padre» il mio tono non ammette repliche, «madre. Che intende dire lo sceriffo Galpin?»
Il volto di padre diventa serio, madre sposta leggermente il piatto: non è un argomento di cui vogliono parlare con me. Bè, non mi importa.
«Volevamo aiutare lo sceriffo con le nostre...conoscenze, ecco.»
Li guardo torvi, in attesa che qualcuno si spieghi meglio. «Tua madre ha una conoscenza eccellente nelle piante.»
Niente di nuovo, è da quando sono bambina che passo del tempo con lei nella serra. Ho smesso di contare tutte le specie che ha dopo che ho raggiunto il numero duecentosedici. Ho preferito dedicarmi alle autopsie. Realizzo delle incisioni da paura.
«Ora che Tyler è senza un padrone, abbiamo pensato che magari...» mia madre si blocca, analizza la mia reazione. Che non ho. «...sì, ecco, magari riusciamo a tenere l’Hyde sotto controllo.»
Lo sceriffo beve un bicchiere di vino tutto insieme, più per dimenticare che per gustarlo, «nemmeno i sedativi riescono a calmarlo, ormai. Non riesce a gestire la creatura, non capisco se quello che mi stia parlando sia mio figlio o il mostro.»
«In entrambi i casi rimane suo figlio.»
La mia faccia rimane stoica, ma il mio cervello sta elaborando più veloce che mai. Tyler potrebbe essere salvato, potrebbe tenere il mostro sotto controllo e dirmi la verità. Raccontarmi di cosa è successo, quanto di quello che ha fatto è stato per il volere della Thornhill.
«E a che punto siamo con questa ricerca?»
Madre tampona leggermente le labbra scure con il tovagliolo bianco prima di spiegare, «penso di aver trovato la formula esatta. Ho controllato le ricerche della signorina Thornhill, o Gates, suppongo sia più adatto, e dovrei aver trovato l’antidoto.»
Lo sceriffo passa una mano sul volto, la stanchezza ormai evidente come la putrefazione di un cadavere dopo un mese, «domani sarei andato a trovarlo, se lei è d’accordo può venire con me e somministralo.»
I miei annuiscono ma io prendo quel segnale per andarmene. L’ultima cosa che vedo è il tovagliolo bianco macchiato dal rossetto scuro di mia madre e penso che l’anima di Tyler deve essersi sentita così dopo le prime trasformazioni. La vita sembra una poesia di ossimori.


«Non andrò, Mano, è inutile che continui a farneticare.»
Madre e Padre stanno salendo ora in auto per dirigersi nel centro penitenziario in cui è rinchiuso Tyler. Era l’unico posto sicuro in cui trattenere l’Hyde. Almeno si starà divertendo, ho sempre trovato interessante la compagnia dei prigionieri, soprattutto di quelli nel braccio della morte.
Mi hanno chiesto se volessi accompagnarli, i miei genitori, ma ho preferito di no. Quando rivedrò Tyler avrò delle risposte, in un modo o nell’altro. Se questo fosse un fallimento, non potrei perdonarmelo.
Lascio cadere la corda e la ghigliottina affetta in due il topolino, mentre mi affretto ad annotare la durata di tempo che ha impiegato per morire: tre secondi e venticinque. Un tempo migliore di quello precedente. Raccolgo il corpo della mia vittima e lo getto fuori dalla finestra, almeno è morto in nome della scienza, le ghigliottine vanno perfezionate. Atterra nel giardino con un leggero tonfo, i gatti randagi avranno cena in abbondanza anche per oggi.
Prima che possa riprendere in mano la penna, Mano sbatte contro il taccuino, le dita in fermento.
«Smettila. No, non parlerò dei miei sentimenti.»
Lo fisso con un sopracciglio alzato, sperando che la smetta. Ahimè, ha sempre avuto un istinto suicida. Come osa insinuare che io ami qualcuno?!
«Smettila, non dire un’altra parola o finirai rinchiuso nel cassetto per il resto della tua vita.»
La minaccia sembra ottenere il risultato giusto visto che salta via, offeso. Può fare lo schizzinoso quanto vuole, ma di certo non sentirò di nuovo la parola sentimenti per il resto della vita. I pochi che ho provato, abbiamo visto dove mi hanno portata.


Condividiamo la stanza per il semestre?
Perché ho accettato un telefono? Chiudo l’applicazione per i messaggi, decidendo che se proprio dovrò tornare in quella scuola, resterò in camera con Enid. È già stato difficile conoscere una persona e sopportarla, non voglio allungare la lista dei miei conoscenti.
«Quindi, te ne vai?»
«Pugsley, non ho ancora deciso» ripeto atona mentre finisco di legarlo alla sedia elettrica.
«Mi lascerai da solo di nuovo?»
Alzo gli occhi al cielo, «non farmi ripete, sai che lo odio.»
Faccio un segno a Mano, già in posizione sulla leva che agile butta giù, scatenando una scarica ad alto voltaggio. L’odore di carne bruciata mi ha sempre reso di buon umore.
«Vedo che avete iniziato a divertirvi presto questa mattina.»
«È nel silenzio dei primi raggi di sole che risuonano meglio le urla.»
«Niente di più vero, mia cara.»
Madre mi si avvicina, ma dal suo sguardo so già di cosa vuole parlare. Dell’argomento che rimando da più di un mese: la NeverMore.
«Mercoledì, la scadenza per le iscrizioni è per oggi a mezzanotte.»
Inizio a liberare Pugsley dalle sue catene, conscia che il mio divertimento è stato guastato. Riprenderò più tardi. «Ne sono consapevole, madre.»
«E hai preso una decisione?»
Mio fratello risponde per me, «no.»
Gli lancio una gomitata tra le costole e il suo guaito di dolore mi fa quasi sorridere. Quasi.
«Sarebbe un peccato non andare, non trovi? Visto come ti sei ambientata bene lo scorso semestre.»
Non vorrei dare ragione a madre, ma è vero. Sono stata inseguita, incantata, uccisa persino, e mi sono divertita come non succedeva da tempo. Ho trovato pane per i miei denti.
Ma ho dovuto affrontare troppi sentimenti.
«Prima di mezzanotte avrai la mia risposta.»
Lei annuisce, ma prima di andarsene lascia un plico di fogli sulla mia scrivania. Proprio accanto agli attrezzi di tortura.
«Di solito non sei così indecisa.»
«Taci, Pugsley.»
Lui sbuffa sonoramente, «dico solo che, se ti sei trovata bene, dovresti andare. Il mondo esterno non è pronto a Mercoledì Addams, ma loro...»
Lascia la frase in sospeso, proprio come sa che mi dà fastidio. Va via dalla mia stanza con il passo pensante, «mi mancherai.»
«Non ho ancora deciso.» Ma lui se ne va senza aggiungere altro.
Mi volto prima di sentire il suono fastidioso delle dita, «non sopporterei pure te.»
E mi ignora come sempre: fantastica su quanto gli piacerebbe tornare a farsi la manicure con Enid, mi ricorda che ho un possibile stalker alle calcagna e che devo diventare il capitano della squadra di scherma se voglio battere madre. Mi chiede anche se sono così pensierosa a causa di Tyler.
«Non ti ho mai ritenuto una Mano stupida, ma oggi mi fai dubitare che tu sia al livello di un Piede.» Si offende così tanto da lanciare i fogli su cui era poggiato per terra. Drammatico.
Li raccolgo sovrappensiero: Moduli di iscrizione – NeverMore Academy.
Oggi è decisamente un giorno terribile. E non un terribile buono.
Mi siedo alla scrivania, penso ai pro e i contro della mia decisione.
Rivedrei Enid: non so se sia un pro o un contro.
Potrei studiare mostri e piante di ogni genere, sia assassine che non: decisamente un pro.
Il probabile stalker che mi aveva mandato quei messaggi minatori potrebbe rifarsi vivo, visto che durante l’estate è sparito: un pro, non ho mai avuto uno stalker.
Potrei parlare con Tyler: un contro, presumo.
L’iniezione di mia madre si è rivelata un successo al secondo tentativo: adesso l’Hyde è sotto il controllo di Tyler ed è tornato in libertà. Il padre lo sorveglia giorno e notte, ma presumo che frequenterà la NeverMore, ora che il suo reietto interiore è stato liberato.
Non aveva il controllo di quello che stava facendo, è stata una vittima della Thornhill tanto quanto le altre.” Ecco perché non è più in prigione. Ma ricordo i suoi occhi, quella scintilla di sadismo alla vista del sangue, al sentore della paura. E mi ha terribilmente ricordato me stessa. Forse siamo più simili di quanto vogliamo, forse siamo entrambi pazzi. Con un solo difetto: io voglio la giustizia.
Per le persone che sono morte, per la promessa che ho fatto a Mano, per me stessa e per il mio...cuore, suppongo. Nero e deteriorato, ma è pur sempre un cuore.
Ci metto un attimo a prendere la penna, con i raggi del sole che spariscono all’orizzonte.
Nome: Mercoledì Addams.



Angolo autrice
Sono entrata in fissa, non posso farci niente, e le ff scarseggiano. Mi sono sentita in dovere di rimediare. Probabilemente, non sarà un capolavoro, ma sarà qualcosa, diciamo, e mi farà digerire quel finale.
Un bacio,
Cassie

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Capitolo 2
*** Atto II ***


Non sarei voluta tornare a NeverMore se avessi saputo queste condizioni.
Mia madre. Mio padre. Temporaneamente presidi della scuola in attesa di qualcuno di più “qualificato”. O sano di mente.
«Tesoro, lo sai che tuo padre è abile con i numeri.»
«Delle detonazioni.»
«Sempre numeri sono.»
Li lascio nel loro nuovo ufficio e prendo possesso della mia camera. Enid non c’è, ma sarà da qualche parte a giro per la scuola visti i suoi troppi e colorati, allegri (decisamente eccessivi) peluche.
«Ho saputo la novità!»
Un tempo avrei insultato ogni adolescente di questo mondo, ma sfortunatamente mi sono abituata al tono insolitamente alto di Enid.
«Quale?» chiedo atona. Come se le sue notizie di gossip potessero interessarmi.
Posiziono la mia macchina da scrivere, mentre lei continua, «i tuoi genitori» esclama ovvia, «sono i presidi. Non è fantastico?»
«Quanto un raduno di hippie.»
Non ero d’accordo, ma l’ho scoperto troppo tardi, mentre ero già nelle mura di NeverMore. Devo riconoscerlo, mi hanno teso una trappola perfetta. Madre, poi, ha tirato fuori il suo lato sentimentale (come se potesse cambiare effettivamente qualcosa, con me) affermando che sarebbe stato il suo modo di rendere omaggio a Larissa Weems, ripercorrendo ciò che a lei stava a cuore. Non scorreva buon sangue tra le due, ma suppongo che madre non se ne sia mai resa conto del tutto. La gelosia è alla base di ogni rapporto rovinato.
«Allora, cosa mi racconti di questi mesi?»
Si è messa nella sua posizione d’ascolto di gossip, sdraiata sul letto e con le mani che le sorreggono la testa con uno sguardo curioso. Sarà divertente romperle l’aspettativa.
«Niente.»
«Niente?» ripete delusa. Come dicevo.
Annuisco ferma, ma lei si riprende veloce, «bè, io sono stata con il branco, stavolta mi sono fatta valere, sai? Abbiamo ululato alla luna, fatto corse folli alle due di notte e poi, oh, e poi è venuto a trovarmi Ajax! Gli ho fatto conoscere tutti i membri del branco, è piaciuto pure a mia madre, ci credi?»
Credo più che tu l’abbia confuso con le tue chiacchiere finché lui non è stato obbligato a dire sì.
«È una cosa seria quella tra noi due. Almeno, lo spero.»
Ride, come ogni sciocca ragazza innamorata. Ma sono contenta che lo sia: annebbiata dall’amore e incapace di ragionare con razionalità, invece di essere tradita da una persona a cui aveva dato fiducia. Niente di personale, ovvio.
«Ciao, Mano, è un piacere rivederti!»
Sistemo il letto mentre quei due finiscono di aggiornarsi sulle ultime teorie in fatto di pellicine.
«Lo sai? Tyler e Xavier condividono la stanza.»
Capto quell’unica frase che mi fa drizzare di scatto, «cosa?»
«Non lo sapevi?» domanda innocente. Ma a giudicare le loro espressioni aspettavano proprio una mia reazione. Maledizione. Fisso Mano con odio, lo so che avrà riempito la testa di Enid di pensieri che non ho mai fatto su Tyler.
Scuoto la testa, «non importa.»
«Oh, invece sì, ti importa eccome, lo leggo dal tuo sguardo!»
Che sguardo?
«Ci hai almeno parlato? Lo hai visto? Perché io ci ho lottato quella sera, ma mi sono degnata di andare là e dirgli “ciao”.»
«Se ti conosco bene, gli avrai detto più di “ciao”.»
«Sì!» realizza solo dopo di avermi dato ragione, «ma non importa, capiresti molte cose e capiresti perché è stato accettato a NeverMore.»
Incrocio lo braccia e alzo un sopracciglio, ma lei tiene la sua posizione. Gliene do atto, ha imparato a non farsi intimidire.
Lascio la stanza guardando male tutti e due, «siete degli impiccioni.»
Sento lo schiocco del cinque che si scambiano mentre cammino per i corridoi del dormitorio.

No, non sono andata in camera dei ragazzi. Troppo banale, troppo scontato. Ho camminato fino alla cripta di Crackstone, forse per ricordare i vecchi tempi. O per visitare il luogo della mia morte. La porta cigola, l’ambiente è scuro, illuminato solo dalla luce del sole che filtra dalle imposte sbarrate. Il mio sangue scurisce il pavimento in pietra. Un brivido percorre la mia spina dorsale, un’atmosfera rigida e fredda: meglio di un cimitero. Chiudo gli occhi e assaporo l’odore della morte: magistrale.
«Mercoledì?»
La sua voce mette in allerta tutti i muscoli del mio corpo. Mi volto lentamente, gli occhi fissi su di lui, pronta a scappare. Ma il suo volto è aperto e gioviale, come sempre. Lo stesso volto che mi ha ingannato. Questo pensiero riesce a mettermi di nuovo sull’attenti.
«Enid mi ha scritto che potevo trovarti qui.»
Quella lupa mi conosce meglio di quanto pensassi.
«Quindi?»
«Pensavo volessimo parlare.»
Osservo il luogo in cui ci troviamo, il posto in cui la sua padrona mi ha uccisa, e alzo un sopracciglio. Vuole veramente parlare qui? La vita è una poesia contorta tanto quanto la mia mente.
Scrollo le spalle, «se non fosse per lo spirito della mia antenata, questo sarebbe anche il mio luogo di sepoltura. Quindi no, Tyler, non voglio parlare con te qui.»
Si avvicina di un passo ed io mi allontano altrettanto.
«Mercoledì, ti prego.»
«L’ultima volta che mi hai pregato, ti stavo torturando.»
Finalmente, ottengo la rabbia, «lo so! Pensi che non ricordi? Bè, ricordo tutto, Mercoledì, tutto!»
Lascia cadere le braccia sui fianchi, gli occhi spalancati dai peccati che ha commesso, «mi ha devastato.»
Cade per terra, appoggia la schiena alla bara di Crackstone, la stessa che ho aperto con il mio sangue. Benché la razionalità mi dica di fuggire da questo luogo, ho sempre amato la mia parte masochista. Mi siedo vicino a lui, a due metri di distanza: una misura accettabile, suppongo. Non per lui, però. Allunga una mano, alla ricerca della mia, ma non ci penso due volte ad afferrargliela, sbatterla a terra e puntargli un coltello alla gola.
Lui mi lascia fare. «Sei consapevole che se mi trasformassi, il tuo coltello non servirebbe a nulla?»
«Sei consapevole che se ti trasformassi ora, non mi vedresti mai più?»
Deglutisce, lo percepisco dalla lama che fa su e giù, ma rimane in silenzio.
«Le hai uccise di tua spontanea volontà?»
«No.»
«Volevi essere trasformato nell’Hyde?»
«Non sapevo nemmeno cosa era un Hyde. Pensavo che sarei stato più vicino a mia madre, volevo capire.» Il mio coltello si fa più vicino alla sua gola, ma vedo che sta dicendo la verità. Dopo il suo tradimento, ho iniziato a ricordare ossessivamente ogni momento passato insieme alla ricerca di quale fosse la verità e quale la finzione. Ormai ho memorizzato ogni sfumatura dei suoi occhi.
«Continua.»
«Dopo la prima iniezione, sapevo che c’era qualcosa che non andava, volevo smetterla, ma è diventato impossibile. Il mio corpo aveva degli strani spasmi, non riuscivo a controllarlo. La Thornhill..» indugia sul suo nome, giusto un attimo, «mi aveva detto che avrebbe trovato un modo per farmi stare meglio, invece...»
L’ha trasformato in un Hyde.
«Sei stato tu ad accoltellare Mano?»
«No.»
«Hai finto il tuo interesse per me?»
Il tempo che impiega a trovare una risposta è insopportabile quanto un’allegra canzone pop.
«Mi hai stregato fin dall’inizio, Mercoledì. Sapevo che c’era qualcosa in te che era diverso, mi attraevi. La Thornhill mi aveva dato l’ordine di tenerti d’occhio, ma non pensava che...» respira a fatica. E, se dovessi essere sincera, potrei dire che il mio cuore sta battendo giusto un po’ di più.
«Non credeva che io e te...sì, insomma, che io...che potessimo diventare un po’ di più che amici.»
Aspetta una mia risposta, lo vedo.
«Non credevo anch’io che fosse possibile. Ancora peggio quando ho scoperto che eri tu l’assassinio che cercavo.»
«Sono stato costretto ad uccidere.»
«Vuoi dire che non ti è piaciuto? Ho visto la scintilla nei tuoi occhi.»
Lui sorride e, questo, porta a ricordarmi di tutto ciò che abbiamo passato insieme, «strano, perché ho visto nei tuoi occhi la stessa scintilla.»
Stringo le labbra in una linea. Questo non ci rende simili, io non sono un'assassina. Però, provo piacere del dolore altrui e, se per questo, anche della morte. Ho cercato di uccidere più di una persona. Ho ucciso più di un animale. Ma suppongo che ci sia un freno a tutto.
Mi accorgo di quanto gli sono vicina, quante parti del nostro corpo sono in contatto, e mi alzo di scatto, riponendo sotto la giacca il mio coltello.
«Uccideresti di nuovo?»
Il suo dubbio mi fa pensare che stia riflettendo seriamente sulla domanda, «non gli umani, non gli innocenti.»
«Che cosa ti da il diritto di sapere se ucciderli o meno, se ritenerli innocenti o meno?»
«Che cosa ti ha dato il diritto di provare ad uccidere mezza squadra di nuoto?»
Touché.
«Pallanuoto» però, rispondo atona, «era pallanuoto.»
Si alza e mi viene incontro, non toccandomi, non sfiorandomi. «Vuoi dire che non la senti? L’eccitazione della paura altrui, mettere in soggezione qualcuno? Il battito che scorre irregolare e i loro volti trasformati dal terrore?»
Mannaggia.
Non rispondo, ma lui sa già la risposta, chiunque la sa.
«Siamo più simili di quanto tu creda.»
Mi avvicino di scatto, perdendo per un momento il lume della ragione, gli occhi ad un centimetro dai suoi, «io non ti ho manipolato
«Ma eri pronta a calpestarmi il cuore, a mettere i tuoi bisogni prima dei miei.»
«Ti avevo avvertito.»
«Io non potevo.»
Quell’unica frase sussurrata, uscita a forza e con un tono più lamentoso di un bambino, mi fa uscire da quella cripta e rimane nella mia testa per tutto il tempo.
Alla fine che cos’è la vita se non una grande scacchiera? Noi dobbiamo solo sperare di essere i giocatori e non le pedine. Tyler non ha avuto la stessa fortuna.



Angolo autrice
Ebbene sì, eccomi tornata prima del previsto. Non ho molto da aggiungere, se non che la storia è una storia breve, quindi conto di finirla tra qualche capitolo. Detto questo, ringranzio che sta seguendo la storia o mi sta anche solo leggendo: significa davvero molto!

Un bacio, 
Cassie

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Capitolo 3
*** Atto III ***


Socchiudo gli occhi, pretendendo che prima o poi mi dia spiegazioni. Più che prima, che poi.
«Cosa vuoi che ti dica?» esclama, quasi offesa. Se una cosa è certa, è che Enid non riesce a stare in silenzio per più di qualche minuto.
«Perché hai detto a Tyler dove trovarmi?» Fredda, lapidaria, insensibile. Ma l’argomento della mia discussione, forse non la pensa alla mia stessa maniera, e di certo non mi aiuta.
«In che senso perché? Deve per forza esserci un senso? Per una volta, non puoi semplicemente goderti l’attimo?»
«Mi godo l’attimo quando una scossa elettrica percorre il corpo umano, mi godo l’attimo in cui le persone scappano via urlando, non mi godo l’attimo quando mi trovo da sola con un serial killer nel luogo della mia morte.»
Enid sospira rassegnata, «sappiamo entrambe che è il tuo appuntamento perfetto.»
Non le do la soddisfazione di confermarlo.
«Era guidato dalla Thornhill, non aveva scelta.»
«Ma ne godeva.»
Lei mi fronteggia determinata, «vuoi dire che tu non gioisci delle disgrazie e dei dolori delle altre persone? Lo scorso anno, su hobby preferiti, hai scritto torturare!»
Scuoto la testa, «è diverso.»
«Perché?»
«Io sono sempre stata sincera.»
Enid sospira mentre va via, «forse anche troppo.»
Prima di chiudere la porta, però, indugia con un ultimo sguardo, «ricorda: alla NeverMore non giudichiamo e il diverso è sempre accolto. Siamo tutti diversi.»
Mi lascia con questa massima di vita che, per quanto profonda, non giustifica ciò che lui ha fatto. Mi metto alla scrivania, davanti alla macchina da scrivere, pronta per dedicare l’ora giornaliera al mio romanzo. Il tavolo che trema, mi fa alzare lo sguardo.
«Non lo perdonerò, Mano.»
Scuoto la testa, «no, non lo giustificherò.»
«Perché? Perché ha fatto del male alle persone, ha fatto del male a te, a me e per quanto di solito lo trovi eccitante, stavolta non lo è stato.» Chiudo la bocca di scatto, arrabbiata con me stessa per cosa ho detto, per quanto ho detto. Lui continua a parlare e lo guardo con la mia peggior occhiata d’odio.
«Taci. Non farò niente di tutto ciò e, sicuramente, lui non mi ha ferita.»
Anche Mano si allontana e dedico tutta la mi attenzione, tutta la mia rabbia, al mio romanzo.

Vorrei poter dire di sapere cosa sto facendo, ma la verità, ah la verità!, è che sono guidata solamente dal mio istinto. Un istinto omicida, che di solito adoro, ma oggi...non sono proprio in vena.
Aspetto quarantasei secondi prima che la porta davanti a me si apra.
«Hai per caso bisogno di aiuto ad aprire un account Instagram?»
«Trovo i social una perdita di tempo, uno strumento utilizzato solo per mostrare agli altri la versione migliore di noi stessi e nascondere tutti i difetti. Uccidimi, se rispondo sì ad una domanda del genere.»
Xavier sorride mentre si fa dà parte e mi lascia entrare.
«Non c’è Tyler.»
«Non sono qui per Tyler.»
Rimane sorpreso, anche se non vuole darlo a vedere. Per sua sfortuna, io osservo tutto.
«Hai veramente bisogno di aiuto con il telefono?»
Alzo un sopracciglio, «mi pare che ti siano arrivati i miei messaggi.»
«Vero. Ero quasi spaventato quando ne ho visto uno.»
Scrollo le spalle, «avevo bisogno di una consulenza sui mentalisti e ho pensato che chi, meglio di un figlio di uno di loro, poteva darmi le risposte che cercavo?»
Si accomoda sul letto e, anche se mi fa cenno di unirmi a lui, rimango in piedi. Posso controllare meglio la situazione, da qui.
«Perché sei qui?»
Non giro intorno all’argomento, «devo farti delle domande.»
«Su Tyler.» La sua, non è una domanda. Confermo brusca con un cenno.
«Com’è? Ti sembra cambiato? Tiene sotto controllo l’Hyde?»
Si prende un attimo per pensare e le vedo le ombre che si formano nei suoi occhi. Benché inusuale, non mi piace ferirlo, non vorrei porre proprio a lui queste domande sapendo che in una qualche oscura e maniera contorta gli piaccio. Ma è anche l’unico che mi può veramente rispondere.
«È lo stesso Tyler che hai conosciuto. È sempre disponibile con tutti, gentile, e per quanto io vorrei poterti dire solo il peggio di lui, mi trovo costretto a dirti la verità, se lo merita. Tiene l’Hyde sotto controllo e lo vedo, lo sento, tutte le sere, quando si sveglia nel pieno della notte con degli incubi tremendi.»
Assorbo l’informazione e la metto da parte. «Credi stia fingendo?»
«Non si possono fingere degli attacchi di panico, non in quel modo.»
Rimango in piedi, le mani strette tra loro in una morsa.
«Quindi, adesso siete amici?»
Un sorriso gli adorna le labbra, «sulla strada di diventarlo.»
Annuisco secca e mi dirigo fuori di lì.
«Ciao anche a te!» mi sento urlare dietro. Il mio attimo di tormento interiore, però, mi costa caro: vado a sbattere contro l’ultima persona che volevo vedere. Come se volessi vederne molte, di persone.
«Che ci fai nel dormitorio maschile?»
Mi sistemo la divisa, «sono venuta a salutare Xavier.»
Tyler inarca un sopracciglio, «mi stai dicendo che Mercoledì Addams ha speso del tempo prezioso solo per salutare un amico?»
Rimango in silenzio, non correggo nemmeno la parola amico. Voglio solo andarmene.
«Hai interrogato il mio compagno di stanza?»
«Sembra più una domanda retorica.»
Sbuffa, ma non ha il tempo di replicare.
«Mia vipera velenosa, che ci fai qui?»
Mi volto verso padre che scruta il ragazzo dietro di me con occhio attento. «Solo salutare Xavier, stavo andando via.»
«Molto bene, domani iniziano le lezione.»
Me ne vado senza dire altro.

Quando arrivo in camera, Enid mi aspetta trepidante.
«Hai parlato con lui?»
Alzo gli occhi al cielo e prendo la custodia del mio violoncello.
«Allora?»
Le dita di Mano battono frementi e pur di farlo tacere, rispondo, «sono andata da Xavier.»
Il suo verso indignato batterebbe quello di un film, «volete mettervi insieme?»
Lascio complottare lei e Mano mentre prendo l’archetto e finisco di accordare due corde.
«Sono andata per interrogarlo su Tyler e sui suoi comportamenti, ma mi ha solo più confuso le idee, non ho bisogno che vi aggiungiate anche voi» poi inizio a suonare e tutto il mondo si riduce ad un’unica nota sul mio spartito.



Angolo Autrice
Ebbene, sono tornata! Ho cercato di aggiornare il prima possbile e, anche se il capitolo è più corto rispetto agli altri, ce l'ho fatta. Di nuovo grazie a quanti state seguendo la storia, siete fantastici.
Un bacio,
Cassie

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Capitolo 4
*** Atto IV ***


«Stavo riflettendo.»
Le ultime parole prima della fine dell’umanità.
Enid prende un sospiro mentre continua, «deve essere forte avere i propri genitori come presidi.»
Alzo un sopracciglio, scettica, «perché?»
«Bè, puoi sapere tutto di tutti, puoi avere dei privilegi, avere occhi e orecchie su tutta la scuola!»
Mano schiocca le dita, risentito. «Oltre a Mano, ovviamente» continua lei, lanciando un’occhiata di scuse all’appendice.
Sistemo i miei ultimi quaderni nello zaino mentre rifletto sulle sue parole. In effetti, potrebbe tornarmi utile.
Faccio un cenno a Mano che, veloce, entra nello zaino che chiudo e metto sulle spalle con un movimento secco.
«Ci vediamo dopo» saluto Enid prima di marciare verso la porta con gli anfibi che lasciano leggeri tonfi ad ogni mio passo.

«Cara, che ci fai qui?»
Resisto al caldo soffocante della serra e mi concentro su madre. Da quanto ho appreso, in attesa di una nuova insegnate di botanica, sarà lei a spiegarci lo stupefacente mondo delle piante. O almeno, questo è quello che ha detto padre. Non sono molto d’accordo sulle parole scelte.
Spero non ci prenda troppo gusto, non vorrei averla in giro per tutto l’anno scolastico.
«Devo farti delle domande.» Mi sembra sia diventata la frase che ripeto più spesso. Io, che so sempre tutto.
Mi fa un cenno con un sorriso dolce sulle labbra scure e si siede su un panchetto. Controvoglia, la imito.
«Dimmi.»
Non c’è un modo per chiederlo senza sembrare sospetti e, sinceramente, non mi sono preoccupata così tanto per trovarne uno, «perché Tyler è stato ammesso alla NeverMore?»
L’empatia di mia madre, un giorno la ucciderà, «so che può sembrare...»
«Senza una connessione logica?»
«Strano» ribatte, «ma ha superato tutte le visite e i test della psicologa-»
«-la mia stessa psicologa? Perché vorrei ricordarti che l’ha uccisa. Questa nuova è sopravvissuta?»
Il suo tono è abbattuto «Mercoledì.»
Rimango nella mia posizione: voglio una risposta.
«Ci ho parlato personalmente e ho visto il suo dolore. Soffre per quello che ha fatto. Non è sano di mente? E chi lo è?»
«Ha ucciso delle persone.»
«Se tu non avessi scoperto che Garrett è morto per avvelenamento da Belladonna, anche io avrei ucciso qualcuno. Questo mi rende un’assassina?»
«Tu lo hai fatto per proteggere padre.»
Lei annuisce solenne, gli occhi fissi nei miei, «vero, qualcuno potrebbe affermare che non avevo scelta. Bè, neanche Tyler l’aveva. Potrà aver provato piacere nel vedere la loro paura, ma questo non significa che gli sia piaciuto uccidere delle persone, questo non lo rende un cattivo.»
Sento la lezione di moralità in arrivo, e mi alzo prima che possa iniziare.
«Mercoledì, non chiuderti ai sentimenti. Sei brillante, lascia che lo vedano anche gli altri.»
Me ne vado dalla serra. Quel posto, ogni volta che ci sono stata, non ha portato a nulla di buono.

Osservo da uno dei balconi che danno sul cortile interno, la fiumana di ragazzi che vanno da una parte all’altra. Da qui, posso analizzare ogni cosa. Una persona, in particolare.
«Lo stai stalkerando?»
«Stalkerare vorrebbe dire avere un’ossessione, che non ho, quindi no, non sto stalkerando, sto osservando.»
«Molto attentamente vedo.»
Non ribatto mentre continuo a fissare il mio obbiettivo: Tyler. Sta parlando con un gruppo di vampiri da almeno dieci minuti.
«Tra poco inizia la lezione di scherma.»
«Bianca non è ancora tornata» rispondo atona, «non ho degli avversari al mio livello. Tranquilla, andrò tra poco per accettarmi che almeno imparino decentemente come colpire al cuore l’avversario.»
Posso sentire il cervello di Enid che elabora per trovare una risposta.
«Credo che lo sappia che lo stai guardando.»
Per la mia collezione di bisturi.
«So che lo sa. Voglio che lo sappia.»
«Ho paura a chiederti il perché.»
«Voglio che sia consapevole che avrà gli occhi puntati addosso e che, al primo errore, io lo saprò.»
«Non ti sembra di star esagerando?»
Forse.
Mi volto completamente verso di lei, «ti sembra che io sia una persona brillante, ma che gli altri non lo vedano?»
Spalanca gli occhi per la domanda improvvisa, ma mi risponde subito, «sei brillante. Un po’ macabra, certo, ma brillante. È difficile essere tuoi amici: stai sempre per le tue, sembra che tu non abbia bisogno di nessuno e sì, è difficile notarlo.»
«Io non ho bisogno di nessuno» ma la mia replica si perde tra le parole di Enid.
«Però sto iniziando a capirti, a conoscerti, e hai un cuore, vuoi bene alle persone, anche se lo mostri in un modo tutto tuo. Diciamo che devi indossare una lente d’ingrandimento per vedere Mercoledì.»
Trovo una logica nel suo discorso, è per questo che vado alla lezione di scherma con in testa le parole e gli occhi sinceri di Enid.

Tengo alle persone. Gli voglio bene.
Analizzandola da un punto di vista oggettivo, potrei, a grandi linee, darle ragione. Questa scuola mi ha cambiato più di quanto voglia ammetterlo.
Chi conosce la vera Mercoledì? Questa, suppongo, sia la vera domanda. Mi arriva un messaggio da Mano, l’ennesimo. Perché Enid gli ha regalato il suo vecchio telefono?
Un colpo e mi ritrovo per terra. Massaggio la spalla con la quale ho colpito il muro e osservo l’idiota, presto morto, che mi ha urtata.
Mai che abbia un po’ di fortuna.
«Scusami, non ti ho vista.»
Mi porge una mano per alzarmi, ma la scanso e faccio da sola.
«Dovresti stare più attento.»
Tyler sorride, «scusa, pensavo che mi stessi tenendo d’occhio così bene che non mi sarei dovuto preoccupare di inciampare in te.»
Se pensa che la frecciatina abbia effetto, si sbaglia. Incrocio le braccia e lo squadro; gli sta bene la divisa della NeverMore.
«Bene, allora me ne-» una sua mano, ferma le mie parole. Con lentezza la avvicina al mio viso, ma proprio mentre penso di metterlo KO, lui sfiora la mia frangia togliendo un batuffolo di polvere, facendolo volare per aria.
«Perdonami, dicevi?»
Gli volto le spalle e proseguo il mio cammino. Non si merita le mie parole.

Sono passati due giorni di silenzio stampa e solo occhiate...pungenti? Cariche di significato? So solo che mentre passavo il mio tempo a spiare Tyler e i nostri sguardi si incrociavano, provavo una piacevole scarica elettrica, come se fossi seduta sulla mia sedia della tortura preferita.
Il silenzio non dura a lungo, però, viene interrotto da Xavier che, attualmente, si trova davanti alla porta della mia camera.
«Di cosa hai bisogno?»
«Un chiarimento.»
Lo faccio entrare, ma non gli dico di mettersi comodo o altro; alla fin fine, è il mio spazio. È già tanto che lo abbia fatto entrare.
«Non capisco» e già dal suo tono, so già che si dovrà lamentare di qualcosa, «vuoi tornare con Tyler?»
Perché sembra essere il centro di ogni conversazione? Anche Enid non fa che chiedermi altro.
«Perché ti dovrebbe interessare?»
«Ti ha ferito, Mercoledì.»
«Non sei tu che lo hai elogiato per il suo comportamento?»
Scuote la testa, esasperato, «dall’essere amici ad essere fidanzati c’è una bella differenza.»
«Questo me lo stai dicendo come amico o come interesse amoroso geloso?»
Rimane ferito dalle mie parole, lo vedo, ma sinceramente sono stufa di tutto, «da amico. Mercoledì, io sono tuo amico.»
Inizia a camminare per la stanza, passandosi le mani tra i capelli di tanto in tanto: nervoso.
«Voglio solo che tu ci rifletta bene: ti ha mentito, ti ha usata e ti ha ferita. Non importa se adesso è cambiato, devi ricordatelo.»
«Quando lo ha fatto è stato perché aveva come padrone una psicopatica squilibrata e lui non aveva scelta.»
Sono parole che dico senza riflettere, nel caos del momento, che sono venute fuori per difenderlo. Spalanco gli occhi leggermente e rimango in silenzio.
Lui annuisce, «solo sta attenta» poi lascia la mia stanza.
Lo percepisco prima ancora di vederlo.
«So cosa ho detto, Mano» ribatto al suo dito accusatore.
E sì, rifletto, erano parole vere. Dettate dalla foga del momento, ma sincere. Le penso veramente.
È con quel pensiero che vado a letto.


Angolo autrice
Ebbene sì, sono tornata prima del previsto: regalo di Natale anticipato. Voglio scusarmi già da ora perché probabilmente il prossimo capitolo arriverà tra un paio di giorni, complice l'incredibile carico di impegni che ho da svolgere. Come sempre, vi ringrazio di cuore.
Un bacio,
Cassie

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Capitolo 5
*** Atto V ***


La pioggia cade battente, creando una meravigliosa, triste, melodia. Sotto l’ombrello, aspetto che il mio obbiettivo esca dalla classe, ormai deve aver ricevuto il mio messaggio.
Vedo che esce di corsa, mi cerca con lo sguardo da sotto il loggiato. Lo raggiungo, ma rimango sotto l’acqua, lui di fronte a me al coperto.
Indica Mano dietro di lui, «come hai vecchi tempi, eh? Quel cellulare non ti piace proprio.»
«Trovo che Mano sia più efficiente, è impossibile non considerarlo.»
Ride, «mi trovo d’accordo.»
Mette le mani in tasca, quasi indeciso su cosa fare, «quindi, perché mi hai chiamato? Ho finalmente fatto qualcosa di sbagliato?»
«Provi piacere per il dolore altrui?»
«Cosa c’entra con-»
«-rispondi alla domanda, Tyler.»
Stringe le labbra, ma risponde sincero, «sì, provo piacere per il dolore altrui.»
«Ti diverti con le disgrazie altrui?»
«Talvolta.»
«Ti piace tortura gli altri?»
I suoi occhi diventano duri, quasi a mettermi in guardia, «sì.»
Faccio un passo in avanti, «adori la paura nei volti delle persone?»
«Sì, ma non capisco perché tu mi stia facendo tutte queste domande. Hai già la tua sentenza su di me.»
«Credevo di averla.»
Mi fissa curioso, cercando di capire dove tutto questo andrà a finire. Lo raggiungo sotto il loggiato e chiudo l’ombrello e, con esso, anche il caos della mia testa.
«Mi hanno aiutato a riflettere e, sai qual è il problema? Che anch’io provo queste cose: il piacere nella tortura degli altri, bearmi della paura altrui e questo mi rende diversa, ma non meno degna di te.»
«Che vuoi dire, Mercoledì?»
«Che siamo simili, io e te, più di quanto crediamo. Siamo due psicopatici, suppongo.»
Lui si avvicina, la mano vicina al mio viso.
«Dimmelo.»
Avvicino il viso, «ero delusa da te perché mi avevi tradita, perché mi avevi mentito, ma non avevi altra scelta.»
La sua mano entra in contatto con il mio viso, il calore sulla pelle fredda mi fa rabbrividire e mi trovo a desiderare di più.
«Ma prova a mentirmi di nuovo, a tramare alle mie spalle, e ti accorgerai di quanto posso essere creativa e crudele.»
Ghigna e mi bacia, un calore che esplode dentro di me e che fa quasi male. Mi piace, troppo. Dannatamente troppo.
Le sue mani sono tra i miei capelli, tirano le trecce, «te lo giuro, scarafaggio, se mai dovrò uccidere qualcuno, sarai la prima a cui lo dirò.»
Me accorgo dopo, ma sto sorridendo, è riuscito a farmi sorridere.
«Non adularmi.»
«Diventerà il mio passatempo preferito.»
Gli lascio una gomitata tra le costole, ma lui mi riafferra veloce e mi lascia un altro bacio. Mi trovo a bramare di più, come quando vedi la tua prima decapitazione. Dopo ne vuoi sempre di più.
La sue mani mi afferrano la vita, gli artigli mi perforano la pelle, leggere.
«Scusa» mi dice col fiatone.
«Se smetti userò la mia sparachiodi.»
«È per questo che mi piaci.»

«Allora?»
Ignoro Enid, euforica come sempre, e mi siedo alla scrivania.
«Non fare finta di niente! So che è successo, l’ho visto con i miei occhi.»
«Cosa è successo?» ribatto atona.
«Come cosa? Tu e Tyler!» inizia a raccontare, «sai, tu e Tyler, sotto il loggiato, che vi siete baciati… Vedi, lo dice pure Mano!»
Esclama scioccata, «cosa?! Tu c’eri? Raccontami!»
Li fisso mentre, sul letto circondato da peluche troppo colorati, parlano di me.
«No, Mano» mi inserisco, «non sono caduta tra le sue braccia.»
«Ma l’hai baciato.»
La guardo e decido che forse, almeno oggi, posso essere magnanima, «sì, ci siamo baciati e sì, ci siamo chiariti.»
Attende che io continui, ma non ho intenzione di dire altro, sono già andata oltre. Anche perché, alla fine, è successo questo.
Sbuffa, «e come ti sei sentita?»
Alzo un sopracciglio, «non parlerò di questo. Non siamo ancora arrivate a quel livello e probabilmente non ci arriveremo mai.»
Sospira felice e si scambia il cinque con Mano, «lo avevamo detto che vi sareste messi insieme!»
Poi si volta verso di me, come fulminata, «perché siete una coppia, vero?»
«Non abbiamo definito il nostro rapporto.»
«Dovete farlo!»
No, dovrei scrivere il mio romanzo e imbalsamare un topo che ho catturato ieri sera insieme a Mano, ecco cosa dovrei fare. Di certo, non devo diventare una giovane adolescente che perde la testa per un ragazzo, non rientra nella mia lista.
Enid vorrebbe dire altro, ma decide di rimanere in silenzio. Ottima scelta.

Apro la porta pronta ad urlare a chiunque abbia osato interrompere la mia imbalsamazione. Rimango ammutolita.
«Ehi, ti disturbo?»
«Sì, che ci fai qui?»
«Posso entrare?»
Di malavoglia, mi posto di lato. Osserva la mia camera con un sorriso sulle labbra.
«Che cosa facevi?» chiede vedendo la mia scrivania.
«Imbalsamavo un topo.»
«Me lo dovrai insegnare.»
Le mie labbra fremono, ma non gli do la soddisfazione di vedermi sorride due volte nello stesso giorno. È tanto da sopportare già per me.
«Come mai sei qui?»
«Non posso venire a trovarti?»
«Non ho detto questo.»
Si avvicina e si lascia cadere sul mio letto.
«Enid è venuta a parlarmi di qualcosa come il nostro rapporto.»
Corrugo le sopracciglia, pronta a fargliela pagare.
«Non continuare, so il resto del discorso.»
«Quindi lo ha già detto a te, tu non l’hai ascolta e allora è venuta a dirlo a me?»
«Suppongo sia un ottimo riassunto.»
Mi scruta, «non le hai dato una risposta? Come mai?»
Mi avvicino e mi siedo di fianco a lui. Stranamente, non mi dà noia che stia nei miei spazi.
«Sai cosa siamo, vero?»
Alzo le spalle, «più di amici?»
«Decisamente più che amici. O baci tutti i tuoi amici? Perché se è così devo preoccuparmi.»
Lo guardo male.
«Come non detto.»
Il silenzio rimane per poco.
«Possiamo dire che stiamo insieme, che siamo…» indugia, controllando la mia reazione, «fidanzati, se a te sta bene.»
Scrollo le spalle, «non sono importanti le parole, alla fine, sono solo un’etichetta.»
Lui annuisce d’accordo, «l’importante è essere sulla stessa lunghezza d’onda.»
L’osservo e l’improvviso istinto di voler di più si ripresenta, esattamente come oggi. Di questo passo diventerò come i miei genitori. Solo molto più fredda.
Tyler sembra capirmi perché con un gesto, troppo veloce perché possa essere umano, mi afferra e mi stringe sopra di lui.
«È normale desiderare il tuo sangue?»
«Ho voluto il tuo dalla prima volta.»
I suoi baci, le sue carezze, non sono gentili e, per tutte le taratole, lo adoro esattamente come adoro la morte, la tortura e la vendetta. Chi l’avrebbe detto mai detto che la vedetta potesse finire in modo così sublime?


Angolo autrice
So che in molti di voi stavano aspettando questo momento, non mentite, vi ho beccati. Con questo bella novità, devo però anche darvi una triste notizia (triste per davvero, non secondo la mentalità di Mercoledì): questo è il penultimo capitolo. Cercherò di aggiornare tra domani e dopodomani e pubblicare l'ultimo capitolo di questa storia breve.
Come sempre, vi rigrazio con tutto il mio affetto.
Un bacio,
Cassie

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Capitolo 6
*** Atto VI ***


Un urlo; non di dolore o di paura. Che sfortuna.
«O. Mio. Dio! State insieme? Vi prego, ditemi che state insieme!»
Tyler si scosta da me, con un lieve rossore sulle guance che trovo...carino? È possibile?
Io mi limito a trucidare con lo sguardo Enid.
Non ho il tempo di parlare, però, perché Mano mi precede. Piccola appendice chiacchierona.
«Lo sapevo! Lo avevo detto» esulta felice, «batti il cinque, Mano.»
Con un movimento gentile, Tyler mi fa scivolare di lato finché non tocco il letto, e si alza, andandosene con un saluto generale imbarazzato.
«Non parlerai neanche stavolta dei tuoi sentimenti?»
Squadro la bionda fin troppo euforica.
«No» annuncio lapidaria. Ma lei è troppo contenta per prendersela.
Mano inizia a raccontare per filo e per segno cosa è successo (non sanno cos’è la privacy? Ho sempre pensato che sarebbe stato meglio uccidere qualsiasi testimone) e li lascio in pace, i due pettegoli, mentre esco dalla stanza.
Quei due sono peggio delle comari.
Un messaggio illumina lo schermo del telefono nascosto sotto la giacca.
So che non ami i messaggi, ma puoi fare uno strappo alla regola per me?
Inarco un sopracciglio.
Stasera alle otto, cripta di Craigstone?
Alzo gli occhi al cielo.
Sì, ma non ti aspettare che sia puntuale.
Da te, non mi sarei aspettato di meglio.
Potrebbe conoscermi più della maggior parte delle persone. Forse, dovrei togliere il condizionale.

«Mi avete chiamato?»
Mi accomodo nell’ufficio del preside, madre e padre davanti a me.
«Sì, cara, volevamo discutere di una cosa.»
«Certo, pensiamo sia fondamentale dirci certe cose, in famiglia.»
Non mi piace dove sta andando a parare il discorso.
«Inanzi tutto» esclama padre, «volevo dirti che lo zio Fester è riuscito a scappare dalle autorità. Al momento si sta nascondendo a Tahiti, mi ha mandato questo per te.» Allunga la statuetta di una donna polinesiana con il tipico gonnellino di paglia e fiori colorati che ondeggia al movimento di una molla. Semplicemente orribile. Una vera tortura. La userò contro di Pugsley.
La prendo con due dita, nauseata da quella vivacità e la nascondo nel mio zaino.
Lo zio Fester mi conosce bene.
«Qual è l’altro argomento?»
Si scambiano uno dei loro sguardi e quando riportano gli occhi su di me, sorridono in contemporanea. Sto per vomitare.
«Abbiamo saputo-»
«Sì, sono girate voci-», non sanno come continuare, quindi li tolgo dall’impaccio, «andate al punto.»
Madre prende la parola, «abbiamo saputo che stai con Tyler, cara.»
«Mano lo ha detto proprio a tutti?»
«Doveva, siamo una famiglia» esclama padre.
Li fisso, scettica.
«E perché mi avete fatta venire qui?»
Mia madre sospira, «volevamo sentirlo da te, cara. È vero che stai con un serial killer?»
Getto le trecce dietro la schiena, «era pilotato dalla professoressa Thornhill, ma sì, se vogliamo metterla in questi termini, sto con un serial killer.»
Padre scoppia a ride, «meraviglioso!»
«Oh, sì, non potevamo chiedere di meglio» conviene madre, «e com’è? Ti trovi bene?»
Mi alzo mentre lancio un'occhiataccia.
«Suppongo che non siano affari vostri.» Prima di andarmene, però, chiarisco un punto, «non voglio che vi intromettiate, ma sappiate che mi trovo bene con lui. Capisce ogni terribile e oscura parte di me.»
D’altronde, io capisco la sua.
Questa scuola mi ha cambiata decisamente troppo.

«Sappi che non mi farò bendare di nuovo.»
«Ciao anche a te» ribatte con un sorriso, «vogliamo entrare?»
Lo seguo all’interno della cripta, il luogo della mia morte, il luogo del risveglio di Joseph Craigstone e il luogo in cui tutta la verità è venuta a galla. Ha tutte le carte in tavola per diventare il mio posto preferito.
Quando entro, non mi aspettano fili di lucine, anzi, candele nere illuminano la cripta in modo tetro e inquietante.
«Devi farti perdonare qualcosa?»
«Penso l’averti mentito.»
Lo fisso, «potresti essere sulla buona strada.»
Sorride mentre si avvicina alla bara, «sai, non abbiamo mai celebrato il tuo funerale. Pensavo dovessimo rimediare.»
L’istinto primordiale di baciarlo torna prepotentemente.
«E?»
«Ho preparato i fiori, rose rosse, e accesso l’incenso, ma prima, vogliamo iniziare con la mia tortura preferita?»
Un brivido di eccitazione mi percorre la schiena, «quale?»
Con un telecomando, accende il proiettore: Legally Blonde 2 – Una bionda in carriera.
Sta scherzando? Lo guardo male mentre mi siedo, il volto già una maschera di disgusto mentre mi passa i pop corn con un sorriso. Potrei davvero non trovare un ragazzo più sadico.

«Davvero non ti è piaciuto?» chiede ridendo.
«Penso che questa domanda sia superflua tanto quanto le canzoni pop.»
«Ne prendo nota.» Fa per alzarsi in piedi, ma lo blocco con un braccio. Mi accorgo solo ora che è completamente vestito di nero: ha proprio pensato a tutto.
«E tu?»
«Io cosa?»
«La tua tortura?»
Si rimette comodo, «è il tuo funerale, scarafaggio, non il mio.»
«E pensi davvero che al mio funerale vorrei che qualcuno non venisse torturato?»
Mi sento in dovere di approfondire la questione, «Pugsley sicuramente, lui deve essere torturato. Ho lasciato precise indicazioni di come dovrà essere fatto nella mia cassaforte.»
Lui sorride, gli occhi accesi di quella luce oscura.
«Sentiamo, quale sarebbe la tortura che Mercoledì Addams ha pensato per me?»
Con un unico movimento gli prendo il viso tra le mani, «non dovrai toccarmi.»
«Più facile a dirsi che a farsi, credimi.»
Sorrido, «sennò non sarebbe una tortura.»
Lo bacio, proprio come oggi, prima che Enid ci interrompesse e non potrei essere più viva che mai. Sento ogni terminazione nervosa, ogni muscolo, ogni spasmo. Sento lui, il suo calore, il suo corpo, il suo profumo. Mi manda in tilt. Meglio di una sedia elettrica. Quasi meglio della mia esperienza di pre morte. Quasi.
Il terreno gracchia e, quando i miei occhi cadono in basso, vedo gli artigli dell’Hyde che graffiano il cemento, lasciando solchi profondi. Non avrei mai pensato che potesse essere così eccitante.
«Mercoledì, ti prego.»
«No.»
Potrei passare il resto delle ore così.
È un funerale migliore di quello che mi aspettavo.
Dovrò aggiornare le mie ultime volontà.


 

The end?



Angolo Autrice
Sono tornata come avevo promesso con l'ultimo capitolo della storia. Un viaggio breve, ma intenso, che spero vi sia piaciuto e che vi abbia tenuto qualche minuto di compagnia. Ringrazio tutti quelli che mi hanno supportato, commentato, votato o anche solo letto. Siete fantastici!
Un bacio,
Cassie

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