In a Sentient's mind

di Angel_7
(/viewuser.php?uid=260842)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Who the hell are you? ***
Capitolo 2: *** Ouch, are you crazy? ***
Capitolo 3: *** Stay with me ***
Capitolo 4: *** Can I call you Harry? ***
Capitolo 5: *** Jerome Durand ***
Capitolo 6: *** Your friends are nice ***
Capitolo 7: *** Sometimes it's not enough ***
Capitolo 8: *** Do you believe in love at first sight? ***
Capitolo 9: *** Sentient stuff ***



Capitolo 1
*** Who the hell are you? ***


Ebbene sì, sono ancora viva. 
E sì, sono qui con una nuova Drarry. "Nuova" per così dire, dal momento che l'ho scritta anni or sono, ma non ho mai avuto il coraggio di portarla allo scoperto. Credo, tuttavia, che sia giunto il momento di farlo. 
La storia non è perfetta, ma ho pensato fosse carino condividerla con chi, come me, stravede ancora per questa coppia. 
Ma bando alle ciance e buona lettura!
- Angel



 
Mancava ormai una settimana all’inevitabile. Pochi giorni e si sarebbe ritrovato vincolato a una donna che per anni aveva rappresentato la sua unica ancora di salvezza. Adesso, si rendeva, tuttavia, conto che qualcosa era pian piano irrimediabilmente cambiato.

Che ne era stato di quella sensazione che gli faceva battere il cuore, girare la testa e sentire le farfalle nello stomaco? Che ne era stato di tutto l’amore che aveva provato verso quella ragazza forte e determinata che aveva portato innumerevoli volte la sua squadra di Quidditch alla vittoria?

Erano queste le domande che si stava ponendo Harry, intento a insaponarsi i capelli sotto il getto caldo della doccia. Reduce di una lunga e pericolosa missione che l’aveva tenuto lontano da casa per settimane, il suo primo pensiero non era stato stringere tra le braccia il gracile corpicino della sua futura moglie, bensì concedersi un rilassante bagno ristoratore, tentando di dar un po’ di sollievo alle membra intorpidite dalla prolungata permanenza in Siberia e di sgombrare la mente da tutti quei pensieri che da lì a un paio di giorni addietro avevano iniziato a frullargli intesta.

Con passo lento e svogliato uscì dal box doccia e, grattandosi pigramente la nuca, fronteggiò il proprio riflesso allo specchio, incrociando due iridi color smeraldo che con calma lo esaminavano da capo a piedi nell’inutile ricerca di quel bambino mingherlino e denutrito che aveva ormai lasciato posto al ragazzo aitante e prestante che era diventato dopo continui ed estenuanti allenamenti. Dopo un’ultima veloce occhiata, si legò l’asciugamano alla vita e, sbadigliando apertamente, si diresse verso la propria camera da letto, pregustando quel bel sonnellino che aspettava già da ore.

Una volta entrato, aprì le ante della armadio e, piegandosi per prendere la biancheria nel cassetto in basso a destra, percepì un sospiro appena accennato alle proprie spalle. Prima che potesse anche solo domandarsi chi si fosse introdotto in casa sua, si ritrovò a lanciare un incantesimo non verbale al fine di immobilizzare l’intruso che, con sua grande sorpresa, non sembrò minimamente risentirne.

-“Ma dico io, ti sembrano modi?”-

Una voce acuta e pungente lo spinse a voltarsi e, senza perder tempo, i suoi occhi iniziarono a squadrare la misteriosa figura che sedeva comodamente sul davanzale della sua finestra.

-“E tu chi diavolo sei?”-

L’altro si limitò a lanciargli uno sguardo penetrante per poi sparire nel nulla.

Bene, se prima aveva qualche dubbio sulla propria sanità mentale, ora aveva la certezza di star perdendo completamente il senno. Eppure poteva affermare con sicurezza di non aver percepito nessun’aura magica e tuttora non rilevava segni di smaterializzazione. Aveva forse usato una qualche passaporta? Impossibile. La vecchia dimora della famiglia Black era tutelata dall’Incanto Fidelius e nessuno, se non pochi scelti, ne era a conoscenza. In più, era protetta dalla fattura Anti-Smaterializzazione, insita fin dalla sua fondazione, per cui chi mai avrebbe potuto introdursi al suo interno e, tra l'altro, ignorare uno dei suoi incantesimi? Beh, di una cosa era certo. Fare un sonnellino in un momento del genere era decisamente fuori questione.

Deciso a venire a capo di questo dilemma, si vestì prendendo indumenti per lo più a caso dal suo guardaroba e si diresse al piano di sotto, sperando di trovare qualcosa di utile nei registri di famiglia, ma, prima che vi potesse metter mano, un’insistente bussare alla porta d’ingresso lo portò a metter momentaneamente da parte l’idea. Scocciato per l’intrusione si affrettò ad aprire e in men che non si dica si ritrovò un tornato dai capelli rossie lentiggini arpionato al torace.

-“Harry, sei tonato!”-

L’echeggiante voce di Ginny gli causò una stretta al cuore. Era davvero felice di rivederla?

-“Sì, scusa se non sono passato alla Tana, ma ero davvero in pessime condizioni.-

Bugiardo.

-“Non importa tesoro, avremmo tutto il tempo del mondo una volta che ci saremo sposati.”-

Prima che potesse dar ragione, quasi a malincuore, alla ragazza, uno spostamento d’aria alla sua sinistra lo spinse a voltare la testa verso la cucina. Nel bel mezzo della stanza, atteggiandosi a padrone di casa, la figura misteriosa di poco prima era intenta a prepararsi un tè caldo, ignorando bellamente il fatto di esser stato colto in flagrante.

-“Tesoro, sicuro di star bene? Sembra che tu abbia visto un fantasma, sei bianco come uno straccio.”-

Lo sguardo di Harry tornò sul viso della ragazza, che lo scrutava preoccupata e al contempo sospettosa.

-“Non mi stai nascondendo niente, vero?”-

Con voce sprezzante si rivolse a colui che da lì a poco sarebbe diventato suo marito e, senza pensarci due volte, si precipitò in salotto, guardandosi con cipiglio accigliato attorno.

-“C’è qualcuno con te, Harry?”-

E prima che il diretto interessato potesse rispondere, si era già fiondata a ispezionare ogni singola stanza, pensando di trovarci chissà chi o cosa. Fu quando entrò in cucina che Harry si ritrovò a trattenere il fiato. Comodamente seduto sul tavolo vi era infatti l’ospite indesiderato che, vedendo la ragazza entrare comeuna furia, la incenerì con un semplice sguardo.

-“Non c’è... nessuno.”-

-“Cosa ti aspettavi?”-

Il moro avrebbe dovuto sentirsi ferito da un comportamento del genere, ma ciò che provava non era altro se non la più totale indifferenza e ciò lo portava a porsi domande come quelle che lo stavano facendo andare fuori di testa poco prima sotto la doccia. La cosa che maggiormente gli premeva sapere al momento era il motivo per il quale fosse l’unico a vedere il tizio che se ne stava lì, seduto a soffiare sulla tazza di tè bollente nel tentativo di raffreddarlo un pochino.

-“Io.. niente. Scusami tanto amore, non puoi capire che stress comporti organizzare questo matrimonio. Sono giorni, giorni, che non faccio altro che viaggiare in metropolvere da un rifornitore all’altro e...”-

-“Perché guidare una squadra di Auror in una missione sull’orlo del suicidio non è stressante, ovviamente.”-

Harry, con le braccia incrociate all’altezza del petto e appoggiato allo stipite della porta, percepì sulla sua stessa pelle il ghigno divertito che le sue parole avevano causato allo sconosciuto, avvolto in jeans neri e camicia bianca, e si trovò a pensare a quanto fosse piacevole trovare finalmente qualcuno che apprezzasse il suo umorismo.

-“Beh, non te l’ho chiesto di certo io di intraprendere la carriera di Auror, ma quel che è fatto è fatto. A ogni modo... vedi di andare al più presto da un parrucchiere, sarebbe ora che ti decidessi una buona volta a tagliare quei capelli, stanno diventando davvero troppo lunghi.”-

-“A me piacciono così, grazie. Adesso scusami, ma vorrei andare a riposare un po’. Una missione in Siberia è stancante quasi quanto organizzare un matrimonio a quanto ho capito, quindi se non ti dispiace...”-

Con tanto di buona educazione accompagnò la rossa alla porta, intimandole in modo non poco velato di togliersi di mezzo almeno per il resto della giornata.

-“Certo, ti lascio riposare. Ma da domani mi aspetto che tu partecipi attivamente ai preparativi, intesi?”-

-“Certo, certo. A domani, tesoro.”-

E senza darle il tempo di rispondere le chiuse cordialmente la porta in faccia.

Buona educazione, pff.

-“Simpatica la ragazza.”-

Il nuovo arrivato se ne stava ora disteso sul divano con un vecchio libro preso sicuramente dalla libreria lì vicino, osservandolo con un sopracciglio alzato come a sottolineare la già ovvia ironia.

Adesso che ne aveva l’occasione, Harry si soffermò qualche secondo sulla slanciata e armoniosa figura del ragazzo, in particolare sui biondissimi capelli e i profondi occhi grigi. Non era niente male. Non era davvero niente male.

-“Tu. Spiegazioni. Ora”-

-“Io Draco, tu Harry, noi senzienti. Chiaro?”-

Harry assunse un’espressione alquanto perplessa, al che lo straniero, scuotendo la testa rassegnato e mosso forse da una sorta di compassione verso il più che confuso proprietario di casa, si apprestò a chiarire la situazione già di per sé complicata.

-“Tu sei un senziente, Harry.”-

-“Io sono cosa?”-

-“Un senziente. Una persona con un avanzato livello di empatia che ha sviluppato una profonda connessione psichica con un simile, me...in questo caso.”-

L’Auror si sedette sulla poltrona su cui era solito oziare nei suoi pochi giorni di riposo e, cercando di metabolizzare ciò che gli era appena stato detto, chiuse gli occhi, massaggiandosi il collo ancora indolenzito.

Se gli avessero detto una cosa del genere anni addietro, sicuramente non avrebbe perso tempo e avrebbe sbattuto in tre secondi netti il malcapitato di turno fuori casa ma, se c’era una cosa che aveva imparato dopo anni e anni di servizio, era che il più delle volte le cose più assurde potevano rivelarsi vere.

-“No, no, ti sbagli. Insomma, non posso essere un senziente. Voglio dire, sono solo... Harry. Solo Harry.”-

-“Beh,‘solo Harry’, come spieghi allora la mia presenza qui e, soprattutto, il fatto che io sappia perfettamente come ti senti in questo momento?”-

Con passo elegante e aggraziato il ragazzo si alzò dal divano e, una volta rimesso il libro al proprio posto sulla polverosa libreria, si accomodò sul bracciolo della poltrona, facendo in modo che il suo braccio sfiorasse la spalla di Harry, che a quel piccolo contatto sentì una scossa attraversarlo.

-“E come misentirei, di grazia?”-

-“Stai per sposare una donna per cui un tempo avresti dato la vita, ma per cui ora non provi altro se non...ludico affetto? Lo stare con lei ormai è diventato una mera routine, una consuetudine e non cerchi minimamente di mettere a posto la situazione, perché sai che prenderla come moglie e magari sfornare con lei uno o due bambini è ciò che tutti si aspettano da te. Indifferente. Ecco come descriverei il tuo stato d’animo in una sola parola. Ho forse dimenticato qualcosa?”

Touchè.

Voltandosi verso il giovane uomo seduto a poche spanne da lui, Harry quasi si perse nei suoi grigi e profondi occhi, che mal celavano la consapevolezza di aver fatto centro.

-“Ok, ti credo. Ma perché io?”-

-“Sai cosa significa la parola‘empatia’?”-

Sbuffando, Harry si domandò se il tizio comodamente adagiato al suo fianco lo ritenesse un emerito idiota. Insomma, non sapere cosa fosse un senziente non significava vivere nella più totale ignoranza.

-“E’ la capacità di comprendere lo stato d’animo degli altri, sia che si tratti di gioia che di dolore.”-

-“Giusto. Ascoltami bene ora, non lo ripeterò di nuovo.”-

Draco si alzò velocemente, sentendosi addosso lo sguardo penetrante del ragazzo, e si diresse in cucina, dalla quale uscì qualche secondo dopo con una scatola di biscotti in mano. Si risistemò sul divano, in modo da fronteggiare l’altro, e si portò alla bocca un Oreo.

-“L’empatia, come hai detto tu, è la capacità di comprendere lo stato emotivo di un’altra persona. Stringere un legame empatico con qualcuno significa comprendere i suoi pensieri, le sue intenzioni, riconoscere le sue emozioni in modo accurato e riuscire a vedere la situazione che sta vivendo dalla sua prospettiva. Ed è quello che facciamo noi senzienti, solo in modo più accentuato rispetto a un comune essere umano. Senti, sono qui no? Da Parigi con furore e tutto perché ho percepito da lontano il tuo subbuglio interiore.”-

I successivi minuti trascorsero nel più rigoroso silenzio, fatta eccezione del rumore che causavano il continuo frugare nella scatola e lo sgranocchiare dei biscotti. Harry sfruttò quella calma per metabolizzare il tutto, dopodiché, una volta accettato il fatto che fosse fonte di calamità inimmaginabili, si avvicinò stiracchiandosi al suo ospite, soffiandogli un dolcetto da sotto il naso.

-"Ehi!”-

-“Casa mia, biscotti miei.”-

Draco sbuffò e mise su un broncio che Harry trovò persino adorabile, da far invidia al più capriccioso dei bambini.

-“Comunque... Draco, giusto? Come fai a sapere tutte queste cose sull’empatia?”-

-“Sono stato educato nelle migliori scuole e i miei genitori si aspettavano che apprendessi tutto al riguardo.A quanto pare ogni tre generazioni un senziente fa la sua apparizione in famiglia e... sì, Draco. È un piacere conoscerti finalmente, Harry. Devo dire che non mi è andata tanto male con te, avrei potuto essere collegato a, che ne so, un hippie fuori di testa o peggio, a una donna. Immagini come mi sarei sentito durante quel periodo del mese? “Fate largo gente, Draco ha le sue cose!”, che poi tanto mie non sarebbero state, in realtà.”-

Il ragazzo avrebbe continuato il suo sproloquio all’infinito se solo la risata dell’altro non gli fosse giunta alle orecchie. Harry, infatti, era stato colto da un’improvvisa ilarità, che lo aveva portato ad appoggiarsi alla polverosa libreria alle sue spalle.

-“Tu, tu sei la persona più ambigua che io abbia mai incontrato. Ti presenti a casa mia, mi tratti come se fossi un completo imbecille, ti appropri dei miei biscotti al cioccolato, mi fai un... aspetta, quello era un complimento o un insulto? E, porco Godric, mi hai persino visto nudo!”-

-“Quello è stato davvero interessante e poi... un boccino, Harry? Ti sei davvero tatuato un boccino sul sedere?”-

L’unica cosa che Draco ebbe in risposta fu un cuscino lanciato a piena potenza che lo colpì nel bel mezzo della faccia.



 
Continua...


 
P.s. Non temete, la stoia è completa! 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Ouch, are you crazy? ***




Draco se ne stava comodamente disteso sul grande letto a baldacchino con indosso i soli pantaloni di una vecchia tuta, ascoltando la musica dal suo amato mp3. Se Lucius e Narcissa Malfoy l’avessero visto in quelle condizioni, avrebbero come minimo perso vent’anni di vita a testa. Alla sola idea il ragazzo si ritrovò a sogghignare perfido. Fortunatamente i suoi genitori erano ben lontani dallo scoprire la sua passione per la musica e gli abiti babbani e anche se ne fossero venuti a conoscenza, avevano ormai perso il diritto di dettare legge nel sua vita anni fa.
Tutto era iniziato con quella che doveva essere una semplice capatina dettata dalla curiosità adolescenziale nella Parigi babbana. Doveva ricordarsi di ringraziare quel cretino di Blaise, che tempo addietro lo aveva convinto a sgattaiolare fuori dal maniero per quella che era stata una vera e propria notte brava all’insegna del divertimento e dello svago. Il fatto che il giorno successivo si fosse ritrovato in uno stato talmente pietoso da instaurare una solita relazione con la tazza del bagno, beh… quello era un semplice effetto collaterale.
In quel momento aveva ben altro a cui pensare e quel ‘ben altro’ aveva le sembianze di un affascinante ragazzo dagli intensi occhi verdi.
Come se l’mp3 avesse intuito i suoi pensieri, Adulte e sexy iniziò a risuonare nelle sue orecchie e la mente non poté che tornare indietro, al momento in cui Draco si era ritrovato in una camera da letto che non era la sua e al cospetto di quell’angelo sceso in terra

-“Nous ne sommes pas des anges et des damnés, nous ne sommes pas des anges des possédés.”-

Un’improvvisa ondata di piacere lo fece tremare dalla testa ai piedi, al ricordo di quell’aitante corpo che si piegava in avanti e di quelle spalle robuste che si irrigidivano al percepire la presenza di un intruso nella stanza. Quando poi gli aveva scagliato contro quell’incantesimo al fine di metterlo fuori gioco… Dio. Bello, istintivo e incredibilmente potente.

- “Nous ne sommes pas des anges à condemner, nous ne sommes pas des anges à verifier.”-

Una mano iniziò a scendere lentamente verso il basso, tracciando un percorso preciso sul petto glabro del ragazzo, fino ad arrivare all’orlo della tuta, con il quale si fermò qualche secondo a giocherellare. Quando anche quell’ultima barriera stava per essere oltrepassata, un gemito a malapena trattenuto destò Draco dallo stato di celestiale pace, portandolo ad alzare le palpebre che poco prima aveva abbassato per godersi il momento. Voltando la testa verso destra, costatò di non trovarsi da solo e che quegli intensi occhi verdi, a cui stava pensando in quell’esatto istante, lo stavano scrutando chissà da quanto.
Il suo primo pensiero andò al modo in cui l’avere quello sguardo su di sé non stesse facendo altro che accrescere il desiderio di esser preso dal ragazzo che lo stava ora fissando come fosse carne da macello.
Prese a giocherellare con il fiocco della tuta e, nel tirare ripetutamente uno dei due lacci, finì ‘maldestramente’ per scioglierlo.

-“Oh.”-

Troppo impegnato a osservare le sottili dita che si muovevano abili sull’orlo del pantalone, il moro a malapena registrò l’esclamazione di Draco, cercando, invece, di darsi un contegno e apparire il più disinvolto possibile. Inutile dire che il suo tentativo fallì miseramente.
Il biondo, infatti, notò il modo in cui il petto dell’altro si abbassava e si gonfiava sotto il proprio sguardo. Non era di certo la reazione che si aspettava, ma non per questo rendeva la cosa meno interessante, anzi.

-“Sai Draco, dalla prima volta che ti ho visto non faccio altro che pormi la stessa domanda.”-

-“Mh?”-

Draco iniziò lentamente ad abbassare la tuta, scoprendo un lembo di pelle alla volta. La sua eccitazione aveva ormai raggiunto le stelle e il desiderio di sentire le mani dell’altro sulla proprio pelle era diventato una necessità. Mancava poco e la sua erezione sarebbe stata finalmente libera da ogni costrizione e, magari, soddisfatta. Tirò giù la stoffa per un altro paio di centimetri per poi alzare gli occhi e puntare lo sguardo su quelli socchiusi del ragazzo alla sua destra.
L’unica cosa che Harry riuscì a fare in quel frangente fu prendere il primo oggetto che gli capitò tra le mani, in questo caso la sua bacchetta, e lanciarlo contro il ragazzo ancora disteso sul letto, colpendolo in testa.

-“La smetti?”-

-“Ahi, ma sei pazzo?”-

Harry si avvicinò divertito al grande baldacchino e si mise a sedere all’altezza del torace dell’altro, impossessandosi di una cuffietta e ignorando il fatto di averlo beccato in procinto di farsi una sega che, se non lo avesse fermato in tempo, si sarebbe benissimo tirato anche in sua presenza. C’era da dire che in quanto a privacy il ragazzo ne sapesse ben poco. Avrebbe dovuto immaginarselo dal momento in cui se l’era ritrovato in camera da letto. Non che la situazione attuale fosse da meno, ma se avesse saputo non sarebbe entrato… forse. Già, forse. Infondo quella piccola scena peccaminosa non lo aveva di certo disgustato, proprio per niente. A quei pensieri, Harry scosse la leggermente la testa. Non se lo poteva permettere, non a pochi passi dal matrimonio.

-“Me ne stavo tranquillo tra bomboniere e inutilità varie quando Ginny mi ha fatto gentilmente notare di aver iniziato a canticchiare in francese e sai qual è la cosa strana? Io non conosco il francese.”-

-“Ma io sì e si dà il caso che prima che ti intrufolassi nella mia stanza io stessi per l’appunto canticchiando e…”-

Le gote di Draco si tinsero quasi immediatamente di rosso, ma un’improvvisa intuizione lo spinse ben presto a far scivolare lo sguardo verso il basso e non si stupì nel trovare un familiare rigonfiamento all’altezza del cavallo dei pantaloni del moro.

-“… vedo che non sono l’unico a trovarsi in situazioni compromettenti.”-

L’imbarazzo provato poco prima scomparve lasciando spazio all’intraprendenza con cui era solito affrontare ogni situazione.

-“E, di grazia, di chi credi sia la colpa? Compilare liste e scegliere centro tavola non sono di certo le cose più eccitanti che io abbia mai fatto. Anche se devo ammettere che quei coniglietti di cristallo erano niente male e…”-

-“Ok, ok! Ho afferrato il concetto. Purtroppo è uno degli aspetti negativi dell’essere collegati. Nel momento in cui uno dei due è soggetto a forti sensazioni, queste si riflettono anche sull’altro. Ciò spiega perché ti trovi ad avere un’erezione pur non avendo fatto o pensato niente di eccitante. Almeno che tu non abbia un qualche strano tipo di fetish per i coniglietti perché, wao… amico, in quel caso non credo di volerne venire a conoscenza.”-

Harry si ritrovò a ridacchiare, grattandosi nervosamente una guancia.

-“Posso sapere che ci trovi di tanto divertente? Fossi in te sarei piuttosto preoccupato. Sono un ragazzo sessualmente attivo e ciò implica un certo flusso di sangue in zone altamente sensibili. Non sta di certo a me indicarti quali.”-

-“Scusa, stavo pensando al fatto che probabilmente non staresti neanche poi così male con un paio di orecchie e una codina da coniglio.”-

Il ragazzo non sapeva come gli fosse venuta in mente un’immagine del genere e  tantomeno si soffermò a chiedersi perché.
Harry si limitò semplicemente a prendere posto a fianco del biondo, sistemandosi quasi interamente sulla parte del letto non occupata da Draco.

-“Certo che ne hai di idee malsane tu, eh? Di certo la fantasia non ti manca.”-

Pur non ammettendolo, quell’idea aveva causato in Draco un certo formicolio allo stomaco. Era sicuramente da archiviare tra le cose da fare prima di rimetterci le penne, subito dopo ‘dire a James Cameron che su quel maledetto pezzo di legno c’entrava anche Jack e non solo Rose’.

-“Scherzi a parte. Mi sono informato un po’ al riguardo, sui senzienti intendo. La preside di Hogwarts ed io siamo rimasti in buoni rapporti e mi ha permesso di consultare un paio di libri della biblioteca senza alcun tipo di problema. Sei libero di interrompermi se mai dovessi dire qualche stupidaggine, ok? Allora… in quanto senzienti riusciamo a mantenere una connessione telepatica ed empatica con altri senzienti della Cerchia, del gruppo a cui apparteniamo, nonostante essi si trovino in altre parti del mondo. Ne è un esempio il fatto che io mi trovi a Londra mentre tu in… aspetta, dove ci troviamo esattamente?”-

-“Bienvenue à Paris, la ville de l'amour.”- lo informò allora il biondo, spostandosi su di un fianco per avere un maggiore contatto visivo con Harry.

-“Parigi, fantastico. Dicevo… ne è un esempio il fatto che io mi trovi in Inghilterra mentre tu in Francia. Oltre alla connessione possediamo due principali abilità: la Visita e la Condivisione. La Visita è quando due o più senzienti appaiono nella mente dell’altro: grazia alla Visita possiamo parlare tra di noi e visitare i dintorni. Un po’ come sta accadendo ora. Tra senzienti della stessa Cerchia accade istintivamente, mentre si può visitare un senziente esterno alla Cerchia solo dopo un contatto visivo diretto. Non può succedere quando uno dei due è drogato o privo di sensi, ma può avvenire quando dorme e, nonostante non sia una visita fisica, permette di toccarsi.”-

Quasi senza riflettere, Harry portò una mano sul viso di Draco, accarezzandogli dolcemente una guancia, e sorrise nel notare come il biondo si rilassasse sotto il suo tocco, facendo quasi le fusa.
Si chiese se anche quello fosse uno degli effetti collaterali dell’essere legati o se l’altro si trovasse semplicemente a suo agio in sua presenza, nell’essere accarezzato dal suo tocco.

-“La Condivisione è quando un senziente ha accesso a conoscenza, lingua e abilità di un altro senziente e può accadere solo all’interno della Cerchia. Ecco spiegato perché stessi canticchiando in francese. A proposito, bella la canzone. Bella e decisamente accattivante, direi.”-

-“Se essere umani significa essere capaci di ragionare, immaginare, amare o soffrire, allora noi siamo più umani di quanto un umano potrà mai essere.”- asserì Draco, ignorando volutamente il commento non poco velato sui suoi gusti musicali.

Sentite quelle parole, Harry ebbe l’irrefrenabile impulso di abbracciare il biondo ma, nonostante non ci fosse nulla che lo trattenesse, si limitò a farsi un po’ più vicino e ad appoggiare la testa sul suo petto.

-“Della Cerchia facciamo parte solo noi due?”-

-“Questa è una bella domanda. Raramente sono formate da due soli senzienti, ma non c’è un criterio che ne stabilisca il numero esatto. Ti darebbe fastidio essere collegato unicamente a me?”-

-“No, affatto. Come hai detto tu, non trarrei nessun vantaggio nell’essere collegato a una donna, tuttalpiù se perennemente ciclata! Mi basta Ginny per quello.”-

Nell’udire quel nome, Draco storse leggermente il naso. Non gli piaceva quella donna, aveva un qualcosa di strano, fuori posto. Al momento, però, l’unica cosa degna della sua attenzione era il profumo di frutti di bosco che il moro emanava e che gli stava dolcemente stuzzicando il naso.

-“E che vantaggi trarresti dall’essere collegato a me?”-

-“Beh… hai detto di  essere stato educato nelle migliori scuole, no? Scommetto che sai un sacco di cose. E poi c'è ancora molto che non so di te, ma mi dai l'impressione di una persona capace di cavarsela in qualsiasi situazione si trovi.”-

Draco avvertì una piacevole sensazione all'altezza della bocca dello stomaco. Era passato molto tempo dall'ultima volta che qualcuno gli aveva detto una cosa del genere.
Quando aveva informato i suoi genitori di voler intraprendere un corso di studi per diventare medimago, gli era stato poco gentilmente fatto notare che l'unica cosa in cui sarebbe stato veramente bravo sarebbe stata l'amministrazione degli affari di famiglia. A detta di suo padre, se non aveva intenzione di dedicare anima e corpo alla gestione del proprio patrimonio, tanto valeva che non facesse un bel niente. Almeno così non avrebbe procurato danni a nessuno.
Di tutta risposta, Draco aveva fatto le valige e se ne era andato di casa per dimostrare a suo padre, ma soprattutto a se stesso, che impegnandosi avrebbe raggiunto qualsiasi traguardo si sarebbe posto.

-“Chissà, staremo a vedere. Comunque, quale sarebbe la domanda che continua a tormentarti?”-

Harry allungò lentamente una mano verso il bordo della tuta che l'altro stava indossando, sfiorandogli con i polpastrelli l'addome piatto, e, con un'intraprendenza che non sapeva neanche lui di avere, lo alzò leggermente, sotto lo sguardo sbigottito di Draco.

-“Mi chiedevo se ti tingessi anche qui sotto.”-

Draco lo buttò in malo modo giù dal letto, facendo in modo che nella caduta non si portasse dietro anche l'mp3, dopodiché si alzò e uscì semplicemente dalla stanza, sbattendosi la porta del bagno alle spalle.

-“I miei capelli sono naturali. Naturali, capito?”-

Ma le sue urla furono ben presto coperte dal suono delle risate del moro, che sembrava non avere la minima intenzione di smetterla. Non subito, almeno.
Il rumore della doccia fu abbastanza eloquente ed Harry scomparve con un sorrido birichino sulle labbra.
Se Draco voleva giocare, allora avrebbero giocato.


 
Continua...





 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Stay with me ***




L’unica cosa che ricordava era di aver provato un dolore lancinante alla testa.
Nonostante si sentisse le palpebre pesanti, Draco aprì lentamente gli occhi, cercando di mettere a fuoco l’ambiente circostante. I primi due o tre tentativi andarono a vuoto e solo dopo una manciata di secondi riuscì a distinguere i primi contorni. Si trovava in una stanza bianca, priva di finestre attraverso le quali capire in che parte del mondo si trovasse e illuminata da una fastidiosissima luce chiara.
Draco provò ad alzarsi, ignorando le scosse di dolore che ogni movimento gli causava, ma ben presto dovette arrendersi. Il ragazzo si accorse con suo grande stupore di avere polsi e caviglie legate al letto su cui era disteso.
Dopo aver fatto vagare lo sguardo per la stanza, cercando di trovare qualcosa che potesse aiutarlo a liberarsi, la sua attenzione fu catturata da una lucina rossa a intermittenza. Qualcuno lo stava spiando attraverso una telecamera posta nell’angolo in alto a destra.
Se avesse potuto farlo, avrebbe volentieri alzato il dito medio in quella direzione.
Quello sarebbe avvenuto in un secondo momento, adesso quello che doveva fare era avvisare Harry del suo rapimento e, magari, trovare un modo affinché riuscisse a localizzato.
 
 
 
 
 
 
 
-“Io suggerirei di mettere lo zio Angus qui, posizionare zia Abbie al tavolo in fondo e sistemare nostra cugina Coleen il più lontano possibile da Ron… poverino, non le ha ancora perdonato lo scherzo dei ragni.”-

Harry stava facendo tutto fuorché ascoltare Ginny, intenta ormai da ora a decidere la disposizione dei tavoli. La sua mente era occupata da un paio di occhi grigi come l’argento liquido e una zazzera bionda da far invidia al pallore della luna.
Cristo, quel ragazzo era capace di mettere in crisi la sua eterosessualità con un solo sguardo.
Solo il giorno prima si era ritrovato ad assistere a una scena che non avrebbe mai pensato gli sarebbe rimasta così impressa. Il ricordo di quelle mani che lascive scendevano sul petto del ragazzo completamente abbandonato al tocco delle dita era ancora vivo, così chiaro e vivido che poteva quasi sentire crescere in lui quella voglia che aveva provato solo poche ore prima.
L’idea di sfiorare un corpo maschile che non fosse il proprio non gli era mai passata in testa, ma in quel momento gli era sembrata così giusta che porsi domande a cui non avrebbe saputo rispondere era semplicemente fuori questione.
Avere puntati quegli occhi addosso aveva risvegliato in lui qualcosa che non provava ormai da tempo. Era come se quel ragazzo fosse in grado di far riemergere in superficie l’Harry Potter incurante del pericolo, l’Harry Potter che prendevano le cose così come venivano, infischiandosene delle regole e di ciò che una sua azione sbagliata avrebbe comportato. Draco risvegliava in lui quell’istinto animale che negli anni aveva imparato a tenere a bada, nel terrore che, una volta liberato dalle catene che lo tenevano sotto controllo, non sarebbe più riuscito a placarlo.
Ci era riuscito con Ginny. Era sempre stato gentile con lei, l’aveva trattata con i guanti di velluto e quelle poche volte che aveva sentito il suo autocontrollo vacillare si era limitato a prendere una pausa da tutto e da tutti, lanciandosi in missioni sempre più dure e pericolose.
Ma questa volta era diverso. Questa volta il suo non era semplice desiderio di infrangere le regole, di tornare a essere il ragazzino che viveva attimo per attimo senza riflettere sulle conseguenze delle proprie scelte. Questa volta il suo era puro desiderio di possedere così tanto qualcuno da entrargli dentro, sottopelle. Draco risvegliava in lui la parte irrazionale della sua mente, lo spirito guerriero che lasciava trasparire solo durante il suo lavoro da Auror.
E questo lo spaventava, ma allo stesso tempo lo… eccitava? Sì, lo eccitava all’inverosimile.

-“Harry? Tesoro, mi stai ascoltando?”-

-“Sì, Ginny, sì. Angus il più lontano possibile da Ron e… Caroline al tavolo in fondo.”-

-“Lo vedi che non stai ascoltando?”-

-“Scusa, ma sai come la penso. A me bastava che fossimo noi due, insieme, e Ron e Hermione…ma tesoro, 3940 invitati? Non ti sembra di star facendo le cose un po’ troppo in grande?”-

‘Un po’’ era forse limitativo calcolando che Harry conosceva sì e no un decimo delle persone che lo avrebbero visto, a detta di Molly, compiere il passo più importante della sua vita.

-“Ma cosa dici, amore! Mi sono occupata personalmente di spedire gli inviti ai soli indispensabili. Spero solo che la pro-pro-pro zia Doris non si offenda per non essere stata invitata, la mamma ci rimarrebbe così male.”-

-“Sarà… ma adesso scusa, ho bisogno di fare una doccia.”-

-“Vai pure, ma non metterci troppo. Tra un paio d’ore arriveranno Ron ed Hermione. Non ti sarai mica scordato che abbiamo le prove degli abiti oggi, vero?”-

-“Certo che non me lo sono dimenticato, come potrei con te che me lo ricordi ogni secondo?”-

Prima che potesse sentire la risposta della ragazza, Harry decise che sarebbe stato saggio allontanarsi il più in fretta possibile dalla sala da pranzo, evitando così inutili battibecchi che non avrebbero fatto altro se non infastidirlo ulteriormente.
Che motivo c’era di creare così tanto trambusto per una cerimonia? Lui di parenti non ne aveva. Non poteva di certo invitare i Dudley e gli sarebbe bastata la presenza dei suoi amici e di qualche collega con cui aveva stretto amicizia durante il suo periodo di addestramento. Ma 3940 invitati, scherziamo? Più il fatidico giorno si avvicinava e più la voglia di sposarsi gli sembrava un lontano ricordo.
Questi erano i pensieri che affollavano la sua testa, intento a togliersi di dosso gli ultimi indumenti.

-“No, ma dico, riuscirò a trovarti completamente vestiti una volta tanto?”-

Harry quasi sussultò alle parole del ragazzo alle sue spalle. Non l’aveva sentito arrivare per quanto era sovrappensiero.
Il biondo se ne stava, infatti, seduto sul davanzale della finestra, lì dove lo aveva visto per la prima volta, e lo fissava sogghignando, evidentemente soddisfatto per averlo colto di sorpresa.

-“E tu potresti una volta tanto far segno della tua presenza con, che ne so… un colpo di tosse?”-

-“Guarda che ero già qui quando sei entrato.”-

-“Davvero?”-

-“Davvero.”-

Harry meditò qualche secondo tra la possibilità di ignorare la presenza dell’altro e quella di usare in modo costruttivo il matrimoniale che occupava il lato destro della stanza, ma, nonostante la seconda opzione gli sembrasse la più allettante, forse, in quel momento, sarebbe stato il caso di optare per la prima.
Non gli era ancora andato in fumo il cervello, non completamente, almeno.
Riprese così a svestirsi, rimanendo con i soli boxer, sotto lo sguardi sempre più tagliente del biondo.

-“Hai intenzione di ignorarmi ancora per molto?”-

-“Non saprei, tu cosa vorresti che facessi?”-

-“Non sposarti, tanto per dirne una.”-

L’Auror quasi inciampò sui suoi stessi piedi una volta realizzato cosa Draco avesse detto. Perché mai avrebbe voluto che non si sposasse?

-“E cosa dovrei fare allora, sentiamo.”-

-“Stai con me.”-

Harry credette davvero che la mascella potesse cadergli a terra da un momento all’altro, ma il leggero ridacchiare del biondo lo riportò brutalmente alla realtà.

-“Simpatico. Adesso, se non ti dispiace, vorrei esser lasciato solo e… aspetta, c'è un motivo in particolare per cui sei qui o sentivi semplicemente la mia mancanza?”-

I suoi occhi verdi seguirono il ragazzo che, con tutta la grazia di cui era dotato, scese elegantemente dal davanzale e, con passo lento e pacato, come se volesse avere su di sé il suo sguardo il più a lungo possibile, si avvicinò fino a fronteggiarlo.
A quella distanza così ravvicinata, Harry poté sentire il dolce profumo che emanavano i capelli biondi dell’altro, vedere le quasi impercettibili sfumature che rendevano il suo sguardo così profondo e i lineamenti che rendevano il suo volto tanto aristocratico.
Per un attimo sembrò perdersi nella contemplazione di quel viso angelico di Draco, finché non ricordò di essere quasi completamente nudo nel bel mezzo della sua camera da letto e in presenza di una persona dalla quale era fortemente attratto.

-“Hai intenzione di dirmi perché sei qui o ho centrato nel segno?”-

-“Beh, mentirei se dicessi che non ho sentito la tua mancanza, ma non sono qui per questo… sono appena stato rapito.”-

Ed Harry non poté che pensare al fatto che zio Angus, zia Abbie e la cugina Catherine potessero bellamente andare a quel paese.
In quel momento aveva altro a cui pensare.

-“In che senso sei stato rapito?”- domandò Harry, allarmato.

-“Nel senso che mi hanno colpito alla testa e adesso sono legato a uno stupido letto con una stupidissima telecamera puntata addosso. Conosci un altro senso? No perché se lo conosci, dimmelo, sono davvero curioso.”-

Harry non capiva come facesse il biondo a essere così ironico e calmo anche in un momento del genere. Gli capitava spesso di essere rapito?

-“Vengo a farti visita immediatamente, magari riesco a capire dove ti hanno portato.”-

-“No!”-

Il ragazzo rimase interdetto e rivolse uno sguardo interrogativo all’altro.
Dal tono che aveva usato era trapelato un certo nervosismo, che fece capire a Harry come in realtà Draco fosse preoccupato per l’accaduto.
Poteva cercare di nasconderlo, ma con lui non ci sarebbe mai riuscito del tutto.

-“Credo di sapere di chi si tratti. Esiste un gruppo di persone, una specie di setta, che da secoli tenta di capire il funzionamento di noi sensienti, senza alcun risultato. Scommetto quello che vuoi che sono venuti a sapere della mia esistenza, Dio solo sa come, e che non aspettano altro se non la conferma dei loro sospetti. Se vieni a farmi visita, potrebbero capire di averci visto giusto e diventerei la cavia per i loro esperimenti.”-

Il ragionamento di Draco, purtroppo, non faceva una piega, ma doveva pur esserci un modo per tirarlo fuori dai guai.

-“Tuttavia, i miei genitori avevano previsto che potesse accadermi una cosa del genere, per questo anni fa hanno lanciato un incantesimo su di me che permettesse loro di rintracciarmi qualora qualcuno si fosse azzardato a catturarmi. Ai tempi ho pensato che esagerassero e per un po’ mi sono anche opposto, ma devo ammettere che in questo caso potrebbe tornarci utile. Non pensavo che l’avrei mai detto, ma devo ringraziarli per le loro paranoie… incredibile.”- aveva continuato il biondo.

Nonostante non li conoscesse, in quel momento Harry provò per i genitori del ragazzo una grande riconoscenza. Grazie a loro avrebbe potuto salvare la vita al suo… amico? Compagno di Cerchia? Non sapeva nemmeno come definirlo. In fondo, anche se a lui sembrava di conoscerlo da una vita, si conoscevano solo da qualche giorno. Ma alle etichette avrebbe pensato più tardi, ora infatti c’era qualcosa di più importante a cui pensare.

-“Non mi resta che raggiungerli, allora. Pensi di farcela fino al nostro arrivo?”-

-“E’ appena entrato un tizio. Credo che indossi un parrucchino. Dio, che schifo… sembra che in testa abbia un animale morto. Spero che non lo sia per davvero… A quanto pare sono completamente nelle tue mani, Potter. Sei fortunato, i miei adesso si trovano nel Wiltshire. Buona fortuna!”-

-“Aspetta!”-

Ma Draco era già sparito.
Maledizione, dovevano averlo sedato o qualcosa del genere.
Harry si rivestì il più in fretta possibile e si diresse al piano di sotto, dove Ginny era intenta a sfogliare un catalogo di moda.

-“Caro, so di aver già comprato l’abito da cerimonia, ma guarda questo! Ehi… dove credi di andare?”-

-“Scusa Gin, ma adesso non ho tempo per queste cose. Sono stato convocato urgentemente per una missione di vitale importanza. Tornerò per il matrimonio, te lo prometto!”-

-“Cosa significa che tornerai per il matrimonio? Harry James Potter, non osare entrare in quel camino altrimenti io…”-

Le urla isteriche della ragazza furono le ultime cose che sentì prima che le fiamme verdi lo avvolgessero.
Se voleva salvare Draco, aveva bisogno di aiuto e tirare in ballo Hermione e Ron era fuori questione. Privare Ginny della sua damigella e del testimone a pochi giorni dalle nozze non sarebbe stata di certo una buona idea. Inoltre, nelle sue condizioni, Hermione non poteva permettersi di stressarsi più del dovuto. Il bambino avrebbe potuto risentirne.
Aveva bisogno di persone fidate e soprattutto che non avrebbero fatto tante domande e i primi a venirgli in mente furono Neville e Luna.
I due abitavano in una modesta casetta di campagna, che avevano comprato insieme per studiare la flora e la fauna dello Yorkshire. Sapeva fin troppo bene che tra i due c’era ben più che una semplice amicizia, ma non aspettava di certo a lui farlo sapere al mondo intero.
In men che non si dica, si ritrovò nel loro salottino e, nel giro di pochi secondi, Luna comparve con un vassoio di biscotti tra le mani, di quelli che Harry amava alla follia. Vaniglia, una delizia per il suo stomaco.

-“Buongiorno Harry, gradisci un dolcetto?”-

-“Volentieri, Luna, ma sono qui perché mi serve il vostro aiuto.”-

La ragazza inclinò di poco la testa, come se cercasse di vedere qualcosa che tentava di sfuggire al suo sguardo, dopodiché sorrise dolcemente.

-“Non preoccuparti per il tuo amico, starà bene. Prendi un biscotto mentre io dico a Neville che sei arrivato.”-

Harry non si chiese né come avesse fatto l’amica a sapere di Draco né come faceva a sapere che si sarebbe rivolto proprio a loro, ma ormai era abituato alle stramberie della bionda. Le voleva bene anche per questo.
Una volta che Neville si fu unito a loro, Harry descrisse a grandi linee quello che era successo, ommettendo ovviamente tutto ciò che riguardava i senzienti.

-“Correggimi se sbaglio. Il tuo amico è stato rapito e hai bisogno del nostro aiuto perché non puoi rivolgerti al ministro dal momento che i genitori di questo… Draco? Ma che razza di nome è? Dicevo… I genitori di Draco sono seguaci di un mago oscuro.”-

Nella stanza cadde il silenzio.
Harry aveva cercato inutilmente di trovare una storia che reggesse e l'unica che gli era venuta in mente non si era certamente rivelata come la più brillante della sua corta, ma intensa carriera.

-“Esatto.”-

Non era mai stato bravo a mentire. Non ai suoi amici, almeno.

-“Ok.”-

-“Ok?”-

-“Ok.”-

Harry sorride soddisfatto. Era consapevole del fatto che i due non avessero creduto a una parola di quello che aveva detto loro, ma che invece si erano semplicemente fidati di lui. I suoi amici erano davvero i migliori.

 

Continua...

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Can I call you Harry? ***



Tutto ciò che sentiva era un fastidioso “bip” che risuonava incessantemente all’interno della stanza. Nonostante non vedesse altro se non sagome sfocate, Draco riuscì a distinguere alla sua sinistra un monitor che doveva esser stato messo lì per monitorare le sue funzioni vitali. A confermare la sua teoria fu la vista di una grande quantità di fili che gli avevano collegato a ogni singola parte del corpo.
Doveva essere stato il tizio con il parrucchino. Quella massa informe di capelli era infatti l’unica cosa che ricordasse prima del nulla.
All’improvviso gli vennero in mente il viso di Harry, i suoi occhi così dannatamente verdi e il suo sorriso un po’ idiota.
A quel pensiero non poté che sorridere.
Era sicuro che l’avrebbe salvato, sperava solo che lo facesse il più presto possibile.
Aveva sempre avuto una gran cura del suo corpo e una bella cicatrice all’altezza della fronte era l‘ultima cosa che desiderava. Quello sfregiato tra i due era Harry e a lui non stava neanche tanto male.  Le cicatrici che si era sicuramente procurato sul campo gli davano un aspetto più selvaggio.
Non aveva ancora avuto modo di chiedergli come se le fosse procurate. Non gli aveva ancora chiesto molte cose, ma l’avrebbe fatto quando si sarebbero rivisti.

-“Bene bene, qualcuno qui si sta svegliando.”-

Solo in quel momento Draco si accorse della figura che se ne stava a pochi passi dal letto su cui era allungato e che lo fissava come se fosse una specie di animale in via d’estinzione.

-“E’ un piacere fare la sua conoscenza, signor Malfoy.”-

-“Mi piacerebbe poter dire lo stesso.”-

Le parole gli erano uscite con fatica dalla bocca, dovevano avergli iniettato qualcosa di potente.

-“Mi spiace per l’accoglienza un po’ fredda, ma come può intuire non siamo di certo in un hotel a cinque stelle.”-

L’uomo non doveva avere più di cinquant’anni e, nonostante si esprimesse in un perfetto inglese, aveva un accento tipicamente francese.

-“Spero che lei non si offenda, ci tengo a precisare che non ho niente contro di lei in particolare. Peccato che nessuno possa scegliere in che famiglia nascere e poi lei ha qualcosa che ho sempre voluto e questo, sa… mi manda un tantino fuori di testa.”-

Draco lo vide avvicinarsi pericolosamente al monitor e premere qualche tasto di troppo per i suoi gusti.
Improvvisamente un’intensa sensazione di pace lo travolse, le palpebre tornarono a farsi pesanti e la testa più leggera.

-“Nel giro di qualche secondo dovrebbe perdere i sensi per cui mi stia bene a sentire. Adesso le aprirò questa testolina bionda che si ritrova e finalmente scoprirò come essere uno di voi.”-

Tutto attorno a lui cominciò a farsi buio. Eppure prima di perdere completamente i sensi, a Draco sembrò di sentire nella sua testa una voce che gli ripeteva di resistere e quella voce assomigliava irrimediabilmente a quella dolce e rassicurante di Harry.
Non fu tanto male lasciarsi andare con l’immagine del suo sorriso idiota impressa nella mente.






Nel frattempo, nello Wiltshire, il moro si trovava di fronte a un grande portone d’ebano, dalle maniglie dorate e dall’aspetto molto antico.
Era stato Neville a trovare l’indirizzo esatto e, grazie alle ricerche di Luna, aveva scoperto che Draco era nientepopodimeno che il rampollo di una delle famiglie più ricche d’Inghilterra. La famiglia infatti non solo poteva vantare tra i suoi beni numerosi possedimenti su territorio inglese, ma ne aveva altrettanti anche su quello francese.
Tale scoperta aveva non poco stupito Harry, che sì, aveva notato come Draco fosse solito vestire con abiti firmati, ma non avrebbe mai pensato che discendesse da una famiglia tanto prestigiosa e importante.
Bussò una o due volte e, quando stava per farlo una terza, avvertì dei passi che frettolosamente avanzavano nella sua direzione.
Ad aprire il maestoso portone, non senza fatica, fu un elfo domestico avvolto in quello che doveva essere uno straccio vecchio e malandato.

-“Salve, il mio nome è Harry Potter e avrei urgentemente bisogno di parlare con il signore e la signora Malfoy.”-

L’elfo non proferì parola e si limitò a fare spazio affinché Harry potesse entrare all’interno del grande maniero.
Il ragazzo seguì la piccola creatura lungo uno stretto corridoio alle cui pareti erano appesi numerosi quadri che ritraevano quelli che dovevano essere gli antenati di Draco.
Harry non poté che sorridere nel notare che tutti presentavano un’inconfondibile zazzera bionda.
L’elfo si fermò al centro di un’ampia stanza illuminata dalla luce di un grande lampadario di cristallo.

-“Il padrone e la padrona arriveranno a breve.”-

Detto ciò, l’elfo sparì con uno schiocco di dita.
Harry ne approfittò per dare un’occhiata in giro e notò che non c’era niente che rimandasse all’esistenza di Draco. Non una foto, non un ritratto, niente di niente. La cosa lo rattristò più del dovuto, domandandosi quante cose non sapesse sulla sua vita.
Dovevano essere passati all’incirca dieci minuti quando vide arrivare un uomo e una donna dall’aspetto curato e dal portamento nobile.

-“Spero che lei abbia un buon motivo per averci disturbato e che la sua visita non sia uno spreco di tempo.” - aveva esordito l’uomo con una voce che non ammetteva repliche.

-“Le chiedo scusa per il disturbo, ma sono qui per suo figlio, Draco.”-

Come se fosse stato colto in flagrante in una qualche azione criminosa, il signor Malfoy drizzò, se possibile, ancora di più la schiena.

-“Io non ho nessun figlio, la prego di tornarsene da dove è venuto.”-

-“Tesoro, lascialo parlare… ti prego.”-

La donna, al contrario del marito, aveva assunto una postura meno rigida e aveva poggiato elegantemente una mano sull’avambraccio del signor Malfoy, nel tentativo di dissuaderlo.

-“Non so che tipo di problema ci sia tra di voi, ma ho bisogno del vostro aiuto. Draco è stato rapito.”-

A quel punto persino lo sguardo tanto fiero del padre vacillò e sembrò essere attraversato da emozioni che Harry non fu in grado di decifrare.

-“Non dia retta a mio marito, signor Potter. In realtà lui tiene a Draco tanto quanto ci tengo io, è solo troppo orgoglioso per ammetterlo.”-

La signora Malfoy insistì affinché la conversazione di svolgesse in un luogo più comodo e suggerì di spostarsi in salotto, dove un elfo aveva già portato loro tè e biscotti.
Burro e marmellata.
Harry li detestava, ma si astenne dal commentare e si limitò a stringere nelle proprie mani la tazza che la donna gli porse con mani tremanti.
Il signor Malfoy si rivolse al suo ospite, con fare sospetto e inquisitorio.

-“Tu chi sei e come fai a sapere che Draco è stato rapito?”-

Harry raccontò nuovamente la storia, ma al contrario di come aveva fatto con Neville e Luna, non ommise nessun particolare, tranne gli avvenimenti più imbarazzanti… ovviamente.
Loro figlio poteva infatti essere tremendamente ambiguo quando ci si metteva di impegno.
Raccontò loro del primo incontro con Draco, di come il ragazzo dai capelli biondi gli avesse spiegato chi, o meglio cosa, fosse realmente e di come si fosse messo in contatto con lui per chiedergli aiuto.
I signori Malfoy lo ascoltarono attentamente. Narcissa aveva gli occhi umidi, mentre il marito si limitava ad annuire ogni tanto.
Alla fine del racconto calò il silenzio.
Il primo a prendere parola fu proprio il signor Malfoy.

-“Lo sapevo che prima o poi sarebbe successo. Ho messo in guardia Draco così tante volte che ho perso il conto, ma lui ha sempre sottovalutato i miei avvertimenti. Questo non sarebbe mai successo se fosse rimasto al suo posto anziché giocare a fare l'infermiere!”-

-“Lucius, calmati… per favore. E’ probabile che sarebbe successo lo stesso. Tengono la nostra famiglia sott’occhio da tanto tempo e c’era un’altissima probabilità che Draco ricevesse il dono, lo sai.”-

Le parole della donna non sembrarono calmare il marito, che anzi scattò su come una molla, alzandosi dal costoso divano e allontanandosi dal salottino, sbattendosi la porta alle spalle.
Harry, che era rimasto sorpreso dalle parole dell'uomo, si limitò a restare seduto sulla comoda poltrona su cui pochi minuti prima la signora Malfoy l’aveva invitato ad accomodarsi.
A quanto pare la vita di Draco non era tutta rose e fiori come se l’era immaginata.

-“Ti chiedo scusa per la maleducazione di mio marito, Harry. Posso chiamarti Harry, vero? Da quando Draco se n’è andato di casa non è più lo stesso. Gli manca così tanto… e manca molto anche a me.”-

Harry rimase colpito dalla tristezza negli occhi della donna, che sembrava invecchiare il suo volto di molti anni.
Si ripromise che una volta sistemata l’intera faccenda avrebbe fatto qualcosa per riunire quella famiglia. Voleva bene a Draco e lui sapeva bene quanto l’assenza di una madre e di un padre potesse gravare sulle spalle di un ragazzo. D'altronde, l’aveva vissuto sulla sua stessa pelle.

-“Certo signora, mi chiami come preferisce. Mi dispiace ammetterlo, ma non conosco Draco ancora così bene da sapere cosa lo ha spinto ad allontanarsi da casa, ma quello che so per certo è che è un ragazzo in gamba e se fossi in voi ne sarei estremamente fiero.”-

Harry avrebbe voluto saperne di più riguardo Draco, ma la piacevole conversazione con la madre fu bruscamente interrotta da Lucius che, portandosi dietro un bastone dal manico d’argento, aveva fatto ritorno con al suo seguito l’elfo domestico che aveva accolto Harry in casa.

-“Pucci ha conservato la pergamena che contiene l’incantesimo che anni fa io e mia moglie abbiamo lanciato su Draco nel caso fosse accaduto qualcosa di spiacevole, portala con te e fai in modo che non cada in mani sbagliate. Protegge i discendenti della famiglia Malfoy da secoli, quindi trattala con riguardo.”-

E riporta indietro mio figlio.

L’uomo non lo disse, non ce n’era bisogno.
Se davvero non gli fosse importato di suo figlio, non si sarebbe mai scomodato a perdere tempo con lui e, soprattutto, non avrebbe mai ceduto con tanta facilità un oggetto tanto importante a un perfetto sconosciuto.
Si stava fidando di lui ed Harry non poteva che esserne onorato.
Avrebbe portato indietro Draco, costi quel che costi.
Una volta tornato da Neville e Luna si era fatta già sera e tutt’intorno i grilli ostentavano la loro presenza con un frinire continuo e incessante.
I padroni di casa lo attendevano sotto al portico, spalla a spalla su una panca in legno che dava sulla grande distesa delle verdi praterie dello Yorkshire.

-“Pensavamo ti fossi perso. E’ andato tutto bene?”-

Neville si alzò per cedere il suo posto ad Harry, che aveva l’aspetto di uno che da un momento all’altro sarebbe stramazzare a terra sfinito.

-“Sì, bene… ho un incantesimo localizzante. I genitori di Draco sono stati molto collaborativi, anche se a un primo impatto non ci avrei scommesso. Adesso devo solo ideare un piano su come comportarmi una volta sul posto e il fatto di non sapere con esattezza né chi né quante persone mi troverò davanti non mi è certo di aiuto.”-

Harry si tolse gli occhiali e si strofinò con forza gli occhi.
Una squadra di Auror ben addestrata sarebbe stata l’ideale in quel momento, ma non poteva coinvolgere il dipartimento, tantomeno mettere in pericolo i suoi uomini per qualcuno che neanche conoscevano e che neanche lui aveva mai visto, non fisicamente almeno. Se qualcuno fosse morto nel tentativo, non se lo sarebbe mai perdonato. Ma non avrebbe neanche  permesso che fosse fatto del male a Draco, a costo della sua stessa vita.
Non sapeva ben definire che cosa lo legasse al ragazzo, ma sentiva che tra loro sarebbe potuto nascere qualcosa di importante, qualcosa per cui valeva la pena combattere.

-“La cena è quasi pronta, mangiamo un boccone veloce e poi penseremo a come fare.”-

Harry alzò stanco gli angoli della bocca, in un sorriso sincero.
La sua amica era diventata una donna ormai, anche se non molto diversa da quella ragazza bizzarra e stravagante che aveva conosciuto ai tempi della scuola.
Pensò a Ginny e a come invece non vedesse più in lei la persona di cui si era innamorato anni addietro.
Dubbi e insicurezze iniziarono ad affollargli la mente, ma, prima che potesse incupirsi ulteriormente, fu riportato alla realtà dalla voce di Luna.

-“Ogni cosa a tempo debito, Harry. Ritroveremo il tuo amico e ogni tassello tornerà al proprio posto.”-

Così dicendo, si alzò dalla panca e invitò i due ragazzi a seguirla.
La cena era pronta.


 
Continua...
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Jerome Durand ***



Una forte esplosione distolse Jerome dal suo lavoro.
Il paziente era finalmente pronto, i valori erano stabili e l'anestesia era ormai entrata in circolo e sembrava averlo trasportato in un mondo completamente nuovo, privo di dolore e sofferenza.
Il dottore ripose mal volentieri il craniotomo sul carrellino lì vicino, si tolse velocemente i guanti e con un movimento ancora  più rapido pigiò il bottone di allarme posto al di sotto del letto su cui Draco era disteso e legato.
Di norma, gli addetti alla sicurezza avrebbero dovuto fare irruzione nella stanza nel giro di pochi secondi, ma il tempo scorreva e nessuno appariva.
C'era qualcosa che non andava.
Con la rabbia che montava sempre di più, l'uomo decise che se non poteva avere Draco vivo, allora non lo avrebbe avuto nessuno. Avrebbe potuto svolgere i suoi esperimenti anche su un cervello morto e così facendo si sarebbe inoltre risparmiato lo sguardo penetrante di quel ragazzo su di sé.
Non aveva mai visto due occhi tanto penetranti come quelli di Draco, ormai alla sua completa mercé. Erano infatti tanto taglienti da far pensare che potessero farti a fettine anche solo gurdandoti.

Erano passati ormai cinque anni da quando aveva iniziato a raccogliere dati sui Malfoy. Il diario lasciatogli in eredità parlava chiaro. Ogni tre generazioni un senziente faceva la sua comparsa all’interno di quella famiglia tanto antica quanto temuta. Per questa scoperta, suo nonno era stato brutalmente ucciso. “Uno sfortunato incidente” avevano detto le autorità, ma la verità era tutt'altra. La verità era che i Malfoy avevano scoperto quanto vicino fosse arrivato a smascherare i loro segreti e, non potendo permettere che una notizia del genere giungesse a orecchie sbagliate, avevano messo a tacere il tutto alla radice. Ma quello che non sapevano era che suo nonno aveva contribuito solo in parte alle ricerche e che il vero artefice della scoperta fosse in realtà suo padre.
Un malinteso che aveva portato via un genitore a suo padre e successivamente anche alla morte dell'altro. Sua nonna non aveva infatti retto al dolore per la morte del marito e, nel tentativo di raggiungerlo, aveva dato fuoco alla casa. Suo padre si era salvato per puro miracolo, portando con sé il diario e procurandosi un’ustione che lo aveva accompagnato fino alla fine dei suoi giorni.
Ogni sera, prima di metterlo a letto, gli raccontava di come i Malfoy fossero l'incarnazione del male e di come sprecassero il dono che gli dei avevano dato loro centinaia di anni fa. Gli raccontava di come avessero la capacita di trasmigrare da una parte all’altra del mondo, di come fossero capaci di comprendere tutte le lingue conosciute e non, di come fossero capaci di comunicare tra di loro con la sola forza del pensiero.
Jerome Durand, questo era il suo nome, aveva un unico desiderio. Ottenere quelle capacità di cui suo padre gli aveva parlato e far pentire ai Malfoy di tutto il dolore che avevano causato alla sua famiglia.

Gli addetti alla sicurezza a quanto pare non avrebbero fatto il loro ingresso.
Qualcuno aveva di certo fatto irruzione all'interno dell'edificio senza che le telecamere avessero rilevato movimenti strani.
Nessuno avrebbe dovuto essere a conoscenza della loro posizione, nessuno avrebbe dovuto sapere della loro presenza lì. L’unica spiegazione plausibile era che ci fosse una talpa.
I suoi uomini rispondevano solo e unicamente a lui. Non erano i migliori, certo, ma avevano accettato di seguirlo in cambio di una modesta quantità di denaro. Nessuno di loro si sarebbe mai azzardato a complottare alle sue spalle, consapevoli che la punizione sarebbe stata peggiore di qualsiasi cosa potessero mai immaginare.
La consapevolezza di cosa fosse realmente accaduto lo colpì come un pugno in piena faccia.
Quel maledetto. Gli erano bastati pochi minuti per avvisare qualcuno dei suoi amichetti e lo aveva fatto proprio sotto il suo naso. 
Non aveva la minima idea di come fossero riusciti ad aggirare la barriera e sinceramente non gliene importava. Li avrebbe scovati e avrebbe riservato loro lo stesso destino che attendeva Draco.

-“Chi fa da sé, fa per tre”- si disse allora Jerome.

Dopo aver dato un'ultima occhiata al ragazzo, si tolse la mascherina chirurgica che aveva indossato per l'occasione e si diresse verso la sala di controllo, lasciandolo solo.
O almeno così credeva.
Dopo pochi secondi che si fu allontanato, la testa di Harry apparve all’interno della stanza, come se fluttuasse in aria. Aveva aspettato pazientemente che il dottore uscisse per entrare, nascosto dal mantello dell'invisibilità che suo padre gli aveva lasciato in eredità.
La sua attenzione fu subito rivolta alla figura del biondo, steso su quel letto tanto bianco da farlo sembrare ancora più pallido di quanto realmente fosse.
Il moro lo scrutò attentamente alla ricerca di qualche dettaglio fuori posto, finché i suoi occhi non si poggiarono sulla fronte. Una linea tratteggiata la attraversava per intero, a tratti nascosta dai capelli chiari che, in mancanza di gel,  ricadevano sparsi un po' ovunque.
A quella vista il sangue cominciò a ribollirgli nelle vene e fu sopraffatto da una tale rabbia che desiderò ardentemente aver tra le mani colui che aveva tentato di far del male a Draco per spezzarlo in due così come si spezza in due un ramoscello.
Il suo corpo emanava una tale furia che una delle lampadine del faretto che illuminava la stanza esplose e si frantumò in tante piccole schegge di vetro.
Nessuno poteva permettersi di torcere anche un solo capello a Draco. Nessuno. Soprattutto non un pazzo squilibrato come quello che sembrava averlo rapito.

Si erano messi in viaggio la sera stessa. Harry non avrebbe aspettato oltre per correre in soccorso di Draco e i suoi amici non avevano neanche tentato di persuaderlo.
Quando si metteva in testa qualcosa, difficilmente riuscivano a fargli cambiare idea. A maggior ragione se si trattava di qualcosa che sentiva come particolarmente caro.
Non era stato facile rintracciare Draco dal momento che l'edificio in cui era imprigionato era stato abilmente celato all'interno di una barriera, ma alla fine ce l'avevano fatta. Erano entrati in quella che sembrava essere una vecchia clinica abbandonata attraverso un passaggio sotterraneo presente ancora prima che l'edificio fosse costruito, molto probabilmente per permettere ai commercianti di passare indisturbati senza pagare eventuali dazi doganali. Era stato Neville a scoprirlo grazie a un raro tipo di edera che cresce solo nei punti in cui i raggi del sole non battono mai.
Evitare la barriera era stato un gioco da ragazzi e mettere fuorigioco le sentinelle lo era stato altrettanto. Le guardie che controllavano il perimetro erano infatti babbane ed era bastato un semplice schiantesimo a metterle a dormire per un po'.
Giunti alla sala di controllo, era stata Luna a mettere fuori uso le telecamere.

-“Merito dei Nargilli”- aveva detto.

Il piano stava procedendo senza intoppi, ma la parte più difficile doveva ancora arrivare.
Secondo quanto avevano previsto, il capo si sarebbe dovuto dirigere nella sala di controllo, dove Neville e Luna avevano provocato un’esplosione per attirare la sua attenzione. A quel punto, i due lo avrebbero intrattenuto per quanto possibile.
Il compito di Harry era quello di mettere in salvo Draco e raggiungere i suoi amici per dare una bella lezione all'uomo che aveva osato rapirlo, ma, quando vide il ragazzo lì, legato mani e piedi a quel letto d'ospedale, non riuscì a muovere un muscolo, tanta era la rabbia che si era impossessata di lui.
Quello che tentò di fare fu invece cercarlo con la mente, fargli sapere che era al suo fianco e desiderò ardentemente che si svegliasse.
Le provò tutte, ma niente sembrava funzionare.
Lui era lì. Draco era lì in carne e ossa e lui non sapeva cosa fare per fare in modo che aprisse quegli occhi di ghiaccio che con un solo sguardo erano stati in grado di procurargli così tante emozioni.
Voleva rivedere quegli occhi e il suo desiderio lo spinse ad avvicinarsi fino ad appoggiare dolcemente il palmo della mano sulla guancia fredda dell'altro.
Fu allora che accadde.
Uno schiantesimo lo colpì, mandandolo a sbattere contro la parete. Sentì chiaramente un paio di ossa scricchiolare.
Si era distratto e non aveva fatto caso a Jerome che aveva fatto ritorno e gli aveva puntato contro la bacchetta.

-“Guarda un po' chi abbiamo qui. Pensavi davvero di poterti prendere gioco di me a casa mia? Tu e i tuoi amici avrete anche messo ko i miei uomini, ma con me non sarà altrettanto facile.”-

Harry tentò di rialzarsi, ma con scarsi risultati. L'incantesimo lo aveva colto di sorpresa e preso in pieno come non gli succedeva ormai da molto tempo.

-“Tu devi essere la puttanella di Draco. Vorrei dirti che è un gran piacere conoscerti, ma sarebbe una bugia e io non dico mai bugie."-

Il moro si issò faticosamente sulle ginocchia e fulminò con lo sguardo l'uomo che continuava imperterrito a puntargli la bacchetta contro. Che ne era stato di Neville e Luna? Qualcosa doveva essere andato storto.

-“Ma dato che mi hai fatto il piacere di venire tu da me, perché non approfittarne? Tu, caro mio, sarai il prossimo.”-

Nel sentire quelle parole, la rabbia di Harry aumentò a dismisura, gli strumenti chirurgici posti sul carrellino in acciaio presero a vibrare e Jerome sembrò vacillare per qualche secondo.

-“Maledetta puttana. Una volta che avrò finito con te toccherà ai tuoi amichetti. Erano così stanchi che ho pensato di far fare loro un pisolino, ma non serve che mi ringrazi. È stato un vero piacere. Ma adesso scusa, spero che non ti dispiaccia, ma ho del lavoro che mi attente, per cui… Avara Kedav…argh!”-

L'uomo crollò a terra e il sangue prese a uscire a fiotti dalla profonda ferita infertagli sul collo con un bisturi. Il camice assunse un inquietante color cremisi e il nome J. Durand divenne quasi illeggibile sulla targhetta attaccata all’altezza del taschino. La macchia di sangue pian piano si allargò sul pavimento, fino ad arrivare a meno di mezzo metro da Harry, che aveva assistito sbalordito alla scena.

-“Avadaffanculo, pezzo di merda.”-

Draco si era svegliato.
 
Continua...
 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Your friends are nice ***



La quiete che lo stava avvolgendo fino a pochi attimi prima era stata spazzata via dal suoni di una voce familiare che lo chiamava e lo esortava ad alzarsi.
Era convinto di averla già sentita da qualche parte, ma non riusciva proprio a ricordare né dove né quando.
Al suono della prima voce se ne aggiunge un altro, più duro, fastidioso, che gli causava uno strano formicolio alle mani.
Voleva riposare, ma qualcuno non sembrava intenzionato a permetterglielo tanto facilmente.
Era sul punto di lasciar perdere e ignorare la fastidiosa sensazione che dalle mani si era rapidamente diffusa in tutto il corpo, quando la sentì. Una forte ondata di potere, di potere e rabbia feroce. Anche quel potere, così come il suono della prima voce che aveva sentito, gli era familiare.
Non sapeva bene di cosa si trattasse, ma sentì la pressione sui suoi polsi farsi sempre più leggera e avvertì uno strano tintinnio di oggetti in ferro provenire dalla sua sinistra.
Fu allora che ricordò. Ricordò di come lo avessero stupidamente rapito mentre tornava a casa un po’ alticcio da una delle sue solite bevute con Blaise e di come lo avessero poi legato e imbavagliato per portarlo Dio solo sa dove. Ricordò l’uomo con quell’assurda capigliatura e cosa gli avesse detto poco prima di sedarlo.
Fu un attimo.
Prima che la voce fastidiosa potesse concludere ciò che stava dicendo, Draco spalancò gli occhi e con un gesto rapido si liberò definitivamente dai lacci che lo tenevano fermo, afferrò il primo oggetto appuntito che trovò nei paraggi e lo conficcò nel collo dell’individuo che aveva tentato di aprirgli la testa in due, colpendo un punto che sapeva bene gli sarebbe stato fatale.
Benedetto libro di anatomia.

-“Avadafanculo, pezzo di merda.” - disse soddisfatto dopo averlo visto cadere rovinosamente a terra.

Quello fu il giorno in cui Jerome Durand morì, portando con sé tutto l’odio e il rancore che la sua famiglia aveva provato per anni nei confronti dei Malfoy per qualcosa che non avrebbero mai potuto avere.
Quello fu anche il giorno in cui nessuno seppe chi avesse salvato chi, anche se Draco non smise mai di sottolineare come il suo eroico intervento avesse salvato il culo a tutti. Che tutti si trovassero lì per salvare il suo di culo, quello passò in secondo piano.
 
 
 
 
L’alba illuminava il freddo paesaggio normanno quando Harry, Draco, Neville e Luna uscirono dall’edificio, stanchi ma soddisfatti che tutto si fosse risolto per il meglio.
Dopo aver sistemato Jerome, Draco si era fiondato sul corpo dolorante di Harry alla ricerca di qualcosa di rotto e, dopo aver constatato l’entità dei danni, lo aveva aiutato a rialzarsi.  Insieme si erano poi diretti in quella che doveva essere la sala comandi, dove avevano trovato Neville e Luna svenuti. Neville aveva delle piccole abrasioni all’altezza degli avambracci, sicuramente dovute allo scontro avvenuto poco prima, mentre Luna sembrava non aver riportato alcuna ferita. 
Harry non poté che constatare quanto le loro mani fossero vicine, come se prima di svenire avessero lottato per stare il più possibile vicini fino all’ultimo.
Lo notò anche Draco, che provò per i due sconosciuti un senso di gratitudine e riconoscenza che poche volte aveva provato nei confronti di qualcuno. Li avrebbe ripagati tutti quanti, in un modo o nell’altro. Harry in particolare, inutile sottolinearlo.
Una volta ripresi i sensi, anche se a fatica, Neville e Luna si rimisero in piedi e, dopo delle brevi e imbarazzanti presentazioni, si diressero tutti insieme all’uscita. Ci sarebbe stato tempo per conoscersi meglio.

-“Per noi è ora di tornare a casa. Avremo modo di parlare dell’accaduto davanti a un bel vassoio di biscotti fatti in casa, ma adesso è meglio mettere qualcosa su questa brutta ferita, non è vero Nev?”-

-“Ma…”- Neville tentò di ribattere.

-“Ovviamene l’invito è rivolto anche a te, Draco. Sentiti libero di venirci a fare visita quando vuoi nello Yorkshire.”-

E prima che il ragazzo al suo fianco potesse anche solo proferire parola, Luna smaterializzò entrambi, lasciando Harry e Draco da soli.
Tra i due calò il silenzio finché Draco non si schiarì la voce.

-“Carini i tuoi amici.”-

Ma Harry sembrò non aver dato minimamente peso alle sue parole e molto lentamente, come se stringendolo troppo forte sarebbe scomparso da un momento all’altro, avvolse le braccia attorno al suo busto, cullandolo con dolcezza.
Draco rimase per un attimo spiazzato dal comportamento dell’altro, ma ben presto ricambiò l’abbraccio, poggiando una guancia suo capelli scompigliati del moro.
Fu proprio come se lo era immaginato. Caldo, accogliente e rassicurante. Si sentì a casa.

-“Se ti fai rapire di nuovo, giuro che prima ti salverò e poi sarò io stesso a ucciderti.”-

-“Tranquillo, nella mia lista di cose da fare prima di morire c’era solo una voce su un possibile rapimento. Credo di essere apposto, almeno per questa di vita.”-

Harry si staccò dall’abbraccio quel tanto che bastava per guardare Draco negli occhi.
Finalmente. Finalmente quegli occhi erano di nuovo suoi.

-“E dimmi, cosa c’è sulla tua lista di cose da fare?”-

-“Te lo dirò quando sarai più grande.”-

Dopo aver dato un pugno non tanto delicato alla spalla del ragazzo e dopo averlo sentito emettere un versetto oltraggiato, Harry si incamminò, ancora barcollante, in direzione del cespuglio dietro il quale aveva nascosto lo zaino e una delle due passaporte con cui erano arrivati in Normandia.

-“Per curiosità, dove avresti trovato ben due passaporte internazionali?” - ma gli ci vollero pochi secondi per capire di cosa effettivamente si trattasse. -“Oh no.”- Era il fottutissimo orologio da taschino di suo padre.

E in un attimo si ritrovarono nello Wiltshire.






Villa Malfoy non era cambiata di una virgola da quando aveva fatto le valigie e se ne era andato. Anche i pavoni erano probabilmente gli stessi.
Ad aprire il maestoso portone fu ancora una volta Pucci che fece accomodare entrambi nel medesimo salone in cui Harry aveva preso il tè con la padrona di casa.
Dopo quelli che furono forse un paio di minuti, Narcissa fece il suo ingresso nella stanza e con passo svelto raggiunse il figlio e gli strinse affettuosamente le mani.

-“Draco! Draco, figlio mio, ero così in pensiero.”-

-“Sto bene mamma, è stata una mia disattenzione.”-

Ma quando gli occhi della donna si posarono sul segno che Draco aveva sulla fronte, scoppiò in lacrime.
Draco stava per chiederle gentilmente di calmarsi, quando sentì il rumore del bastone di suo padre farsi sempre più vicino. Aveva imparato a riconoscerlo tra mille.

-“Datti un contegno, Narcissa. Non siamo soli.”- alluse l’uomo in direzione di Harry, che nel frattempo aveva fatto qualche passo indietro per lasciare un po’ di spazio a Draco e a sua madre.

-“Hai ragione, caro. Harry, ti chiedo scusa per il mio comportamento e ti sono immensamente grata per aver portato indietro il mio bambino.”-

-“Veramente…” - cercò di controbattere il biondo, ma fu bruscamente interrotto dalla voce di suo padre.

-“Signor Potter, le dispiacerebbe lasciarci soli? Avremmo delle questioni di cui parlare.”-

Harry avrebbe preferito restare ancora un po’ con Draco, ma il tono del signor Malfoy sembrava non ammettere obiezioni.

-“Certo, con permesso.”-

Prima che potesse andarsene, Draco gli afferrò la mano e a bassa voce lo informò che si sarebbero visti la sera stessa.
Harry annuì e dopo un ultimo cenno di saluto si allontanò dalla villa e si diresse verso casa.
Una volta rimasti soli, Lucius si avvicinò al figlio e gli poggiò una mano sul braccio, spingendolo quanto bastava per fare in modo che si accomodasse sul divano.

-“Sono contento che tu sia sano e salvo, Draco, ma sono anche incredibilmente deluso dal fatto che qualcuno sia riuscito a rapirti tanto facilmente. Una faccenda del genere non si dovrà mai ripetere e a tal fine voglio che mi spieghi per filo e per segno cosa è successo.”-

Per questa volta, Draco non obiettò e anzi obbedì al padre, che ascoltò con molta attenzione tutto ciò che usciva dalle sue labbra.
Narcissa si allontanò dal salone, colta da un improvviso giramento di testa dovuto probabilmente allo sconcerto che quel racconto aveva causato in lei.

 -“J. Durand hai detto?”-

-“Così diceva la targhetta.”-

-“È impossibile. L’unico Durand che conosco è morto anni fa tra le fiamme dell’Ardemonio lanciato dalla sua stessa madre.”-

-“Evidentemente anche i Malfoy commettono errori a volte.” - asserì Draco con tono di sfida, guardando il padre dritto negli occhi.

-“Non scherzerei tanto fossi in te. Se non fosse stato per l’incantesimo localizzante per il quale hai fatto tante storie, a quest’ora saresti morto.”-

-“Se non fosse stato per Harry, a quest’ora sarei morto.” - confessò  per poi alzarsi, con il chiaro intento di allontanarsi nuovamente da quella casa il più in fretta possibile.

-“Dove hai intenzione di andare? Credevo che avessi finalmente imparato la lezione. Il tuo posto è qui, accanto a noi.”-

-“Credevi male, padre. Te lo ripeto per l’ennesima e spero anche per ultima volta. Non ho intenzione di occuparmi degli affari di famiglia e tantomeno di sposare Astoria.”-

Il bastone di Lucius batté pericolosamente a terra e Pucci apparve magicamente all’interno della stanza, a qualche metro di distanza dal padrone.

-“Pucci, accompagnalo fuori. I Greengrass hanno molta pazienza, Draco, ma a tutto c’è un limite.”-

-“Conosco la strada, grazie. Porgi i miei saluti alla mamma. Addio, padre.”-

Era proprio lì. Quella sensazione amara all’altezza della bocca dello stomaco era proprio lì ogni volta che metteva piede in quella maledettissima villa. Se fosse dipeso da lui, non ci avrebbe mai più fatto ritorno.






Nel frattempo, Harry si era letteralmente buttato sul divano non appena attraversata la soglia di casa e solo dopo aver sentito la consistenza dei cuscini sotto di sé si era ricordato di quanto quello schiantesimo gli avesse effettivamente fatto male. Doveva farsi visitare da qualcuno, ma ci avrebbe pensato dopo un breve pisolino restauratore.
La stanchezza stava vincendo sul dolore, ma quando Orfeo stava per avvolgerlo nel suo caldo abbraccio, la porta d’ingresso si aprì di colpo, sbattendo violentemente contro la parete.

-“Harry James Potter! Con quale coraggio osi sparire per ben due giorni poco prima del nostro matrimonio?”-

Il moro aprì svogliatamente un occhio quanto bastava per guardare la sua ragazza gesticolare come una pazza, dopodiché lo richiuse.

-“Gin, io…”-

-“Io un corno! Domani ci sposiamo, domani! E tu che fai? Sparisci nel bel mezzo dei preparativi lasciandomi sola.”-

-“Io…”-

-“Per lo meno hai provato il vestito? Hai chiamato il parrucchiere? Hai…”-

Ginny continuò a parlare ancora per qualche minuto prima di accorgersi che Harry si fosse addormentato e così come era entrata se ne andò, sbattendo la porta.
Le labbra di Harry si contrassero in un piccolo sorriso mentre ricordava la sensazione che aveva provato nello stringere Draco tra le braccia.
Era salvo ed era l’unica cosa che gli importava.




 
Continua...
 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Sometimes it's not enough ***



Harry cadde in un sonno tranquillo e privo di sogni. La testa era sgombra da qualsiasi pensiero e il cuore incredibilmente leggero.
Avrebbe tanto voluto che quella sensazione di benessere fosse legata al suo matrimonio ormai imminente, ma la verità era che si sentiva così bene nel sapere di aver portato Draco al sicuro e di averlo salvato dalle grinfie di quel pazzo psicopatico che aveva tentato di aprirgli la testa in due e che probabilmente avrebbe riservato anche a lui lo stesso destino, se solo ne avesse avuto l’occasione.
Non sapeva se quello che provava per Draco fosse dovuto al legame che li univa. Non sapeva neanche cosa fosse esattamente quello che provava per lui. Quello che sapeva era che non avrebbe mai permesso a nessuno di fargli del male. Uccideva pazzi psicopatici ogni giorno, tanto valeva farlo per una buona causa. E se la causa in questione era un certo biondino dalla lingua tagliente, ben venissero i pazzi psicopatici. Li avrebbe messi fuori combattimento uno dopo l’altro.
All’improvviso avvertì una strana sensazione, come se avesse lo guardo di qualcuno puntato addosso.
Harry aprì infastidito un occhio e ciò che si trovò di fronte lo lasciò senza fiato.
Draco se ne stava di fronte a lui, inginocchiato proprio vicino il divano su cui era disteso in modo tale da poter incrociare le braccia sui morbidi cuscini e poggiarvi su la testa. I suoi occhi risplendevano di luce propria e le sue labbra erano increspate in un dolce e piccolo sorriso.
I loro nasi erano così vicini che per un attimo Harry provò l’irrefrenabile voglia di sfiorarglielo, esattamente come facevano gli eschimesi per salutarsi tra di loro.
Come se Draco avesse intuito i suoi pensieri, il dolce e piccolo sorriso che gli illuminava il volto si trasformò in un battito di ciglia in un sorrisino ammiccante, che meglio gli si addiceva.

-“Fallo. Non sarò di certo io a fermarti.”- asserì con voce divertita.

A quelle parole, Harry si tirò su a sedere, stiracchiandosi le braccia e sbadigliando sonoramente. Le costole sembravano essere tornate al proprio posto. 

Benedette siano la magia e le sue pozioni.

Si era fatta ormai sera e il salotto era illuminato dalla sola luce dei lampione che entrava dalle finestre.

-“Non so a cosa tu ti riferisca.”-

Draco mise su un broncio, che Harry definì adorabile, e in tutta risposta si alzò con fare elegante per poi allungarsi sul divano, poggiando la testa sulle cosce del moro.

-“Peccato. È stata una lunga giornata.”-

-“Vuoi parlarne?”-

Quasi istintivamente, Harry prese ad accarezzare i sottili capelli biondi dell’altro. La linea tratteggiata sulla sua fronte era sparita, probabilmente l’aveva lavata via, e nel notarlo non poté che tirare un sospiro di sollievo.

-“Del tipo che voleva bisezionarmi, del fatto che ho uno stupido incantesimo localizzante addosso o dei pavoni che hai visto a casa mia?”-

-“Non li avevo mai visti bianchi.”-

Draco soffiò aria dal naso, divertito.

-“Sono il regalo dei quarant’anni di mia madre da parte di mio padre. Non sembrerebbe a vederla, ma adora gli animali.”-

-“Mi è sembrata più tipo da… che ne so. Furetti? Una cosa del genere ‘dama con il furetto’, non so se mi spiego.”-

-“Vorrai dire ‘dama con l’ermellino’, semmai. Nah… Malfoy e furetti non sono mai andati d’accordo. Una volta il mio amico Blaise mi ci ha trasformato, è stato orribile. Davvero orribile.”-

Harry era convinto che se avesse continuato ad accarezzargli i capelli, Draco avrebbe iniziato a fare le fusa come un grosso gatto aristocratico.

-“Carina tua madre, ma non credo di poter dire lo stesso di tuo padre. Vi assomigliate molto, eppure siete così diversi. Mi sono bastati pochi secondi per capirlo.”-

Draco chiuse gli occhi, gustandosi le carezze di Harry.
Quello era forse il miglior complimento che gli avessero mai fatto nel corso della sua intera vita. Sin da quando era bambino non faceva altro che sentirsi dire quanto fosse identico a Lucius, quanto si assomigliassero nei modi e negli atteggiamenti e quanto bene fosse stato cresciuto da suo padre.
La verità è che avrebbe pagato oro per essere anche solo un po’ diverso da suo padre e alla fine lo era diventato davvero. Aveva smesso di essere quello che voleva la sua famiglia ormai da tempo.

-“Se mi avessi conosciuto qualche anno fa, non l’avresti pensata allo stesso modo.”-

Si aspettava delle domande, ma Harry si limitò a starsene in silenzio, continuando ad accarezzargli i capelli. Allora Draco si sentì abbastanza sicuro da continuare.

-“Avrei dovuto sposarmi, dare loro un erede e amministrare il patrimonio. Mi hanno cresciuto inculcandomi principi del cazzo sulla purezza del sangue, sulla superiorità dei maghi rispetto ai babbani e cazzate simili. Un giorno mi sono stancato e me ne sono semplicemente andato.”-

-“Ma ti vogliono bene.” - disse Harry quasi in un sussurro, come se dirlo ad alta voce avrebbe fatto arrabbiare l’altro.

-“Sì, forse… ma a volte non basta.”-

Detto ciò, Draco si alzò e si diresse in cucina.
Harry non si mosse, riflettendo sulle parole del biondo. Forse aveva ragione. Forse il volere bene a una persona a volte non era abbastanza.
Draco tornò dopo pochi secondi, con l’ennesima scatola di biscotti tra le mani.

-“Diventerai una balena se continui a mangiare tutti quegli Oreo.”-

-“Sarei bellissimo anche con qualche chilo in più.”-

-“Non ne dubito.”-

Senza far commenti sull’evidente apprezzamento che l’altro gli aveva rivolto, Draco tornò a sedersi sul divano, posizionando i biscotti in modo tale che anche Harry potesse mangiarli.

-“Nah… preferisco quelli alla vaniglia.”-

-“E allora perché ne hai la dispensa piena?”-

-“Perché piacciono a te.”-

Draco lo fissò per qualche secondo per poi tornare a sgranocchiare il biscotto che aveva tra le dita.

-“Sarai un ottimo marito.”-

-“Ne dubito.”-

Harry si alzò e si diresse verso la libreria su cui erano posizionate alcune foto che lo ritraevano in compagnia di Ginny e dei suoi amici. Ne prese una tra le mani che lo ritraeva ai tempi di Hogwarts, quando lui e Ginny erano ancora due ragazzini innamorati, convinti che niente avrebbe mai potuto mettere in crisi la loro relazione. Ma con il passare degli anni quel sentimento che li univa era andato pian piano attenuandosi, fino a sparire quasi completamente. Si volevano bene, certamente, ma non ricordava neanche quando avessero fatto l’amore l’ultima volta. Harry era consapevole di non amarla più come un tempo, ma come avrebbe potuto voltare le spalle a quelli che lo avevano cresciuto come se fosse parte integrante della famiglia?

-“A volte vorrei avere una relazione come quella di Neville e Luna. Svegliarmi con la consapevolezza di avere al mio fianco qualcuno che mi capisca, che mi comprenda senza bisogno di parole.”-

-“Parli come se una cosa del genere non fosse possibile.”-

-“Infatti, non lo è. È scritto che io sposi Ginny. Non farlo renderebbe troppe persone tristi.”-

-“E pur di non farlo, preferisci passare il resto della tua vita al fianco di una persona che non ami? Mi deludi, Harry.”-

-“Non credere che sia facile per me.”-

-“Non credo lo sia. Quel che credo è che c'è sempre una scelta giusta e una scelta sbagliata e la scelta sbagliata sembra sempre la più ragionevole.”-

E prima che Harry potesse ribattere, Draco scomparve, lasciando la scatola di biscotti, ormai quasi vuota, abbandonata sul divano.
Il moro ripose allora la foto al suo posto e si grattò stanco la testa.
Stava per andarsi a fare una doccia, quando sentì qualcuno bussare alla porta. Erano ormai le 19.30 e non aspettava visite.
A quanto pare non era la serata giusta per starsene un po’ da solo con i suoi pensieri.
Prima che potesse anche solo chiedersi chi fosse, la porta si aprì, lasciando entrare quella che era la sua migliore amica ormai da molti anni.
Hermione fece il suo ingresso in salone, con il pancione bene in evidenza e una paio di grosse buste tra le mani.

-“Harry! Ginny mi ha avvisato del tuo ritorno. Ma dove sei stato tutte questo tempo?”-

-“Oh Hermione, non immagini neanche lontanamente.”-

Harry si affrettò ad afferrare le buste e si accorse che contenevano cibo da asporto.

-“Immaginavo non avessi mangiato, ti ho portato qualcosa da quel nuovo ristorante che ha aperto qui all’angolo.”-

-“Sei la mia salvezza.”-

Hermione lo aiutò a tirare i contenitori fuori dalle buste, dopodiché si accomodarono entrambi in cucina, dove Harry offrì all’amica un po’ della sua cena.
Tuttavia, non appena la ragazza si fu accomodata, con non poca difficoltà, gli rivolse uno sguardo talmente serio che per un attimo il moro pensò di averne combinata un’altra delle sue.
Oltre al fatto di essere sparito poco prima del suo matrimonio, s’intende.

-“Harry, dobbiamo parlare. Si tratta di te e Ginny.”-

A quanto pare non era davvero serata.


 
Continua...

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Do you believe in love at first sight? ***



Draco se ne stava sulla poltrona in pelle intento a leggere un grosso libro di medicina che avrebbe dovuto studiare in vista dell’ennesimo esame che gli avrebbe permesso di diventare medimago.
Dall’ampia finestra che dava sulla strada principale del suo quartiere filtrava una luce pallida che rendeva i suoi capelli ancora più chiari.
Erano ore che se ne stava a gambe incrociate cercando di leggere quel dannato libro, ma non era riuscito ad andare oltre le prime pagine. Non che non ne avesse voglia, ma aveva ben altro che gli frullava in testa.
Cosa gli era passato in mente?
Che Harry gli piacesse era ormai appurato, ma da lì a dirgli apertamente che sposare Ginny sarebbe stato un errore, beh… era stata un’assurdità.
Si chiese con che faccia sarebbe tornato a guardarlo ancora negli occhi dopo il suo matrimonio. Si chiese se avrebbe accettato ancora la sua presenza nella vita.
Con un gesto nervoso chiuse il libro, si alzò e lo lanciò in malo modo sul tavolo in legno, dopodiché si infilò la giacca e uscì dall’appartamento con l’intenzione di schiarirsi le idee.
Camminò per minuti, forse ore, senza riuscirci. Le parole di Harry gli risuonavano nelle orecchie come se fossero state impresse a fuoco nella sua mente.
Che tipo di relazione avrebbe voluto vivere lui?  Aveva avuto molte storie, ma nessuna lo aveva colpito tanto da fare in modo che durasse più di un paio di settimana.
La prospettiva di svegliarsi tutti i giorni con una persona che lo capisse per davvero non gli sembrava poi tanto male, ma ci sarebbe mai stato qualcuno in grado di sopportarlo per tutto il resto della vita? Di sopportare lui e soprattutto la sua lingua tagliente? E quante probabilità c’erano che quella persona fosse proprio Harry?
Doveva parlarne con qualcuno, ma con chi? Blaise gli avrebbe risposto di prendere le cose così come venivano, vivere al momento e sperare che la buona fortuna non lo abbandonasse. Pansy gli avrebbe suggerito di andare da lui e scoparlo finché non avesse capito che grande errore fosse in procinto di commettere. Soppesò per un attimo l’idea, poi scosse la testa.
Come un’illuminazione, ricordò di aver ricevuto un invito per dei biscotti fatti in casa e, senza sapere bene cosa lo spingesse a farlo, strinse tra le mani l’orologio da taschino che “sbadatamente” aveva dimenticato di restituire al padre.
Andata via la solita sensazione di vertigini, si guardò intorno e osservò il piccolo salotto nel quale era arrivato. Ad attenderlo c’era una giovane ragazza dai capelli biondi con un vassoio tra le mani. Biscotti al cioccolato. Già l’amava.

-“Benvenuto Draco, ti stavo aspettando.”-

Draco rimase un po’ interdetto, ma preferì non fare domande. In fondo, se Luna gli avesse chiesto che cosa ci facesse lì non avrebbe saputo cosa risponderle.

-“Mi dispiace essere piombato qui senza avvisare.”-

-“Tranquillo, i Nargilli lo hanno fatto al posto tuo.”-

La ragazza lo invitò a sedersi e gli porse una tazza fumante di tè.

-“Questi Nargilli sanno davvero tutto?”-

-“Dipende da cosa vuoi sapere.”-

Draco soffiò un paio di volte per far raffreddare il tè, dopodiché volse lo sguardo verso destra. Un prato incredibilmente verde si estendeva senza limiti al di fuori della grande finestra che illuminava il salottino e un leggero vento scuoteva le chiome degli alberi in fiore.
Quella veduta portò un po’ di pace nel suo cuore, ma non abbastanza da fargli dimenticare le parole di Harry.

-“Credi nei colpi di fulmine?”-

Luna sorrise dolcemente.

-“No, Draco. Credo che l’amore, quello vero, si conquisti una passo alla volta. Puoi vedere una persona e rimanerne colpito, ma l’amore… quello viene dopo.”-

Gli occhi di Draco si mossero veloci sulla ragazza e la sua bocca si socchiuse in una piccolo ‘o’.
Non si aspettava quella risposta. Era come se lei sapesse. Era come se sapesse di chi stesse parlando.

-“Credo nelle sensazioni. Se il cuore ti guida verso una persona, se ti suggerisce che quella persona ti renderà felice, tu credigli. Il cervello può sbagliare, commettere errori, ma il cuore… il cuore sa ciò che è meglio per te.”-

-“Ma se quello che è meglio per me fa del male a qualcun altro?”-

-“La linea di confine tra il volere il proprio bene e l’essere egoisti è molto sottile, sta a te fare la differenza.  La tua scelta renderà infelice qualcuno? Allora fai in modo di non averlo reso tale invano.”-

A quelle parole, il cuore di Draco si gonfiò di una consapevolezza tutta nuova.
Sapeva cosa fare.
 
 
 
 
Harry si guardò allo specchio e tentò per l’ennesima volta di addrizzare quel dannato papillon che aveva al collo, ma un colpo di tosse lo spinse a rinunciare al tentativo.

-“Amico, ma guardati.”-

Ron era entrato come suo solito senza bussare e vederlo lì lo rese incredibilmente nervoso.

-“Guarda te, piuttosto. Non eri così elegante dal tuo matrimonio.”-

Ron rise e fece un piccolo inchino, o almeno ci provò.Il risultato fu talmente goffo che il nervosismo di Harry si allentò almeno un po’. Tuttavia, una volta che si fu rimesso in piedi, il sorriso di Ron lasciò posto a un’espressione seria che Harry gli aveva visto addosso pochissime volte.

-“Qualunque cosa succeda oggi, tu resterai sempre mio fratello. Lo sai, vero?”-

Harry si irrigidì e abbassò subito gli occhi, non riuscendo a sopportare il peso dello sguardo dell’amico addosso.
Era ovvio che lui ed Hermione ne avessero parlato.

-“Volevo solo dirtelo. Ti aspetto fuori.”-

La voce di Ron era seria, ma non sembrava celare rabbia o alcun tipo di risentimento.
Quando il ragazzo si voltò con l’intenzione di andarsene, sembrò esitare un secondo di troppo sul pomello della porta, ma poi scrollò le spalle e proseguì.
Harry aveva osservato attentamente il riflesso delle sue spalle allontanarsi e provò una sorta di sollievo, ma ben presto la realtà tornò a crollargli sulle spalle.
Possibile che lui fosse l’unico a non sapere come quella storia sarebbe andata a finire? Sembrava che tutti fossero a conoscenza dei suoi dubbi e che sapessero in principio quale sarebbe stata la sua decisione. Il problema era che lui, lui che avrebbe dovuto fare una scelta, non aveva la minima idea di cosa fare.
Non amava più Ginny, ma era un valido motivo per infliggere un dolore tanto grande a chi gli aveva dato così tanto amore?
Un leggero bussare alla porta gli fece capire che il momento era giunto.
Preso alla sprovvista, Harry decise di fare una delle poche cose in cui era davvero bravo. Improvvisare.
Le feste a casa Weasley erano sempre uguali, ma questa volta sembravano aver dato il meglio di sé. Il giardino era stato addobbato per l’occasione e ovunque si guardasse c’erano rose bianche e bacche rosse a rendere il tutto un luogo da favola. Le sedie per gli ospiti erano state disposte in modo tale che non vi fossero distinzioni tra i familiari della sposa e quelli dello sposo e affinché Ginny potesse passare accompagnata dal padre nel bel mezzo degli invitati. Ad attenderla c’era un arco il legno, dello stesso colore delle sedie, abbastanza grande da ospitare il ministro della magia che avrebbe celebrato il matrimonio e i due sposi.
Harry prese posto là dove Ginny gli aveva detto di posizionarsi almeno un migliaio di volte durante le numerose prove, affiancato da Ron che quel giorno gli avrebbe fatto da testimone.  Di fronte a lui c’erano le damigelle, Hermione e Fleur, avvolte dai loro abiti rossi in pendant con il papillon che gli invitati maschi stavano indossando.
Hermione lo guardava dritto negli occhi, forse nel tentativo di infondergli sicurezza e fargli capire che lei ci sarebbe stata, sempre.
Avevano trascorso la sera precedente a parlare, ma dalla loro conversazione ne era uscito più confuso di prima. Le aveva rivelato pensieri e insicurezze, aveva anche pianto, e lei lo aveva stretto tra le braccia finché non si era tranquillizzato. Primi di andarsene lo aveva stretto a sé una seconda volta, sussurrandogli all’orecchio che si fidava di lui e che avrebbe fatto la scelta giusta.
Dando un’ultima occhiata agli invitati, si accorse che mancavano all’appello solo Neville e Luna.
Probabilmente Neville aveva perso la cognizione del tempo mentre lavorava nella serra e sarebbero arrivati con qualche minuto di ritardo.
La musica partì.
Ginny fece la sua comparsa accompagnata dal signor Weasley ed Harry la trovò incredibilmente bella nel suo abito bianco, ma la sensazione che provò nel vederla non era minimamente pari a quella che aveva provato nel vedere Draco sano e salvo su quel letto bianco.
Draco. Bastò il ricordo del suo volto, del suo sguardo, a scaldargli il cuore.
Non era giusto. Era tutto così sbagliato.
Ginny lo affiancò, gli sorrise da sotto il velo trasparente e il ministro iniziò a parlare.
Venne il momento delle promesse. Le lesse, come se non gli appartenessero, e in fondo un po’ era così. Era stata Hermione, la sera precedente, ad aiutarlo, ma nel pronunciarle lì ad alta voce, di fronte ad amici e parenti, si rese conto di quanto fossero vuote.
Alcuni ospiti piangevano, altri sorridevano, inconsapevoli dei pensieri che stavano tormentando Harry.
E poi quella domanda arrivò.

-“Vuoi tu, Harry James Potter, prendere come tua legittima sposa la qui presente Ginevra Molly Weasley per amarla, onorarla e rispettarla, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, finché morte non vi separi?”-

Ed Harry capì.
Capì quello che Draco, Hermione e persino Ron avevano tentato di dirgli, capì la grandezza dell’errore che stava per commettere e capì, finalmente capì, che ciò che provava per Draco non poteva essere ignorato.

-“N…”-

-“Fermatevi. Fermate il matrimonio!”-

Le teste di tutti gli invitati si voltarono indietro, là dove Neville, Luna e una terza persona se ne stavano in piedi con il fiato corto.


 
Continua...

 
Capitolo breve, ma il prossimo (e ultimo) arriverà molto presto! 
Angel
 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Sentient stuff ***


-“Fermatevi. Fermate il matrimonio!”-

Il silenzio calò tra i partecipanti alla cerimonia. Persino l’orchestra che Ginny aveva preteso di avere per l’occasione smise di suonare.

Neville e Luna andarono a sedersi ai proprio posti. L’espressione di Neville era quella di qualcuno che avrebbe voluto sparire in un buco e non farvi più ritorno.
Draco se ne restò lì con una mano sul petto come a voler calmare il battito frenetico del suo cuore, ma con scarsi risultati.
Se suo padre lo avesse visto in quelle condizioni, in quella maniera così scomposta, lo avrebbe sicuramente guardato con disprezzo.

-“Che succede, Harry? E quello chi è?”-

Ginny appariva visibilmente sconvolta e arrabbiata. Tanto arrabbiata.
Prima che Harry potesse rispondere, Draco prese la parola.

-“Il mio nome è Draco, Draco Malfoy, e sono qui perché credo sia la cosa giusta da fare.”-

A Harry venne quasi da ridere nel sentire quelle parole, quasi.
Draco si fece sempre più vicino, finché non giunse a pochi passi dai due sposi.

-“Sei tu? Cioè, sei davvero tu?”-

-“Non potevo mica perdermi il tuo matrimonio.”-

Ginny si frappose tra i due, guardando l’intruso in cagnesco.
Draco pensò che se lo sguardo potesse uccidere, lui sarebbe stato già morto.

-“Non so chi tu sia, ma non ricordo di averti invitato, per cui faresti bene a tornartene da dove sei venuto.”-

-“Lo farò non appena avrò scambiato due parole con Harry.”-

Detto ciò, il biondo superò la ragazza e si rivolse nuovamente al ragazzo.

-“Scusami. Scusami per aver interrotto la cerimonia nel momento clou, ma non potevo permettere che ti sposassi prima di aver sentito quello che ho da dirti.”-

Il cuore di Harry prese a battere tanto forte che per un momento pensò di stare per avere un infarto.
Eccola. Era quella la sensazione che avrebbe dovuto provare in un giorno tanto speciale. Era quella la sensazione che voleva tornare a provare verso qualcuno.

-“Tu… Noi… C’è qualcosa tra di noi, Harry, e non parlo di tutta quella roba da senzienti. So che c’è qualcos’altro e so che lo senti anche tu. Non so quello che ci riserverà il futuro, ma quello che so è che voglio scoprirlo e voglio scoprirlo al tuo fianco.”-

Hermione di portò una mano alla bocca per coprire il piccolo sorriso che le aveva arricciato le labbra, mentre Ron si limitò a emettere un sospiro rassegnato.
Sapevano entrambi come sarebbe andata a finire e finalmente, finalmente, lo sapeva anche Harry.
Di tutta risposta, il moro si limitò a rimanere in silenzio, causando in Draco un piccolo attacco di panico.
Possibile che si fosse sbagliato? Che Harry non provasse i suoi stessi sentimenti?
Stava per fare marcia indietro e scapparsene il più lontano possibile, quando si sentì afferrare per una mano.
Quando si voltò per capire chi lo avesse fermato, si ritrovò a specchiarsi in quei due occhi color smeraldo che aveva imparato ormai a conoscere. E quello che vi lesse dentro lo lasciò senza parole. Non c’era rabbia. Non c’era pietà. Nel suo sguardo c’era una luce nuova che non gli aveva mai visto.

Ginny interruppe il loro contatto visivo, frapponendosi nuovamente tra di loro e togliendo in malo modo la mano di Harry da quella del nuovo arrivato e in men che non si dica estrasse la bacchetta da sotto l’abito, puntandola in direzione del collo di Draco.

-“Conterò fino a tre. Fossi in te comincerei a correre. Uno… due… tr…”-

Prima che la ragazza potesse terminare la frase, la bacchetta le volò via dalle mani e finì dritta in quelle di Harry.
Ginny rivolse al suo ragazzo uno sguardo fiammeggiante, como di rabbia e indignazione.

-“Harry, ma cosa…”-

-“Mi dispiace, Ginny. Non avrei mai pensato che questo giorno sarebbe arrivato, ma l’ha fatto.”-

-“Che significa, Harry?”-

-“Significa che non posso sposarti. Ti voglio bene, Gin, ma mi è stato detto che a volte questo non basta. Spero che un giorno potrai perdonarmi.”-

Harry lasciò la bacchetta di Ginny nelle mani del fratello, che gli fece un cenno affermativo con la testa, e, sotto lo sguardo di tutti, afferrò una seconda volta la mano di Draco.

-“Spero che mi perdonerete tutti quanti.”-

L’attimo dopo si smaterializzò, portando il biondo con sé.







Si smaterializzarono in un appartamento che Harry non riconobbe come il suo.

-“Ma dove siamo?”- chiese allora interdetto.

-“Benvenuto a casa mia, Harry.”-

-“Casa tua? Ma come…”-

-“Roba da senzienti.”-

Harry smise di fare domande e si slacciò il papillon, emettendo un sospiro di sollievo.
Si avvicinò poi a passo lento verso la finestra che dava su una strada a lui sconosciuta e poggiò la fonte sul freddo vetro.
Draco osservò le sue spalle rilassarsi per la prima volta da quando lo aveva visto quel giorno e fece qualche passo verso di lui prima di fermarsi, incerto sul da farsi.

-“Ti sei pentito?”-

-“Mi pento di non averlo fatto prima. Sono stato uno stupido.”-

-“Lo sei stato.”- disse piano il biondo, avvolgendo le braccia intorno al busto di Harry e poggiando la guancia sulla sua testa.

-“Quello che hai detto è vero?”-

-“Che sei stato uno stupido? Certo che lo è.”-

-“No, idiota. Intendevo… quello.”-

-“Secondo te?”-

A quelle parole Harry si voltò, guardando l’altro negli occhi.
Fu in quel momento che accadde.
Harry annullò le distanze, poggiò una mano sul fianco del biondo e portò l'altra all’altezza della sua nuca.

-“Dillo.”- sussurrò sulle labbra di Draco

-“Credo di essermi innamorato di te.”-

E ad Harry bastò. Bastò per unire le loro bocche in un bacio dolce, leggero, che aveva il sapore di opportunità.
Harry si era chiesto così tante volte che sapore avessero le labbra di Draco e altrettante volte cosa avrebbe provato nell’assaggiarle. Ma mai, mai avrebbe pensato che un semplice bacio lo avrebbe fatto sentire così vivo, così vivo come non si era sentito da tempo.
Draco tornò ad allacciare le braccia al busto del moro e lo strinse forte, quasi fino a togliergli il respiro.
Nel sentire quel caldo abbraccio avvolgerlo, Harry prese coraggio e approfondì il bacio.
Se ne stettero lì davanti la finestra e illuminati dalla pallida luce di Parigi a baciarsi per quelle che a loro parvero delle ore come se fossero stati degli adolescenti alle prese con la prima cotta.
Quando Harry si staccò quanto bastava per guardare l’altro, rivolse a Draco uno sguardo pieno di aspettative.

-“Non ha nulla a che fare con il legame, vero?”-

Draco scosse la testa.

-“È reale.”-

E tornarono a baciarsi.







-“Sapevi che sarebbe successo?”- domandò Neville, intento a slacciarsi la camicia.

-“Sapevo che sarebbe successo qualcosa di interessante, ma non immaginavo quello.”- rispose lei mentre appendeva la camicia del ragazzo nell’armadio.

-“É un gran casino.”-

-“È un gran casino, ma è Harry.”-

-“È Harry.” sospirò il ragazzo un po’ divertito dalla situazione, anche se non avrebbe dovuto. -“E adesso?”- continuò.

-“E adesso stiamo a vedere.”-

I due si strinsero in un dolce abbraccio, convinti che tutto sarebbe andato per il verso giusto.








 
19 anni dopo

-“Non hai di meglio da fare che startene lì come un pesce lesso senza far niente?”-

-“Non me ne sto senza far niente. Raccolgo materiale.”-

Draco sbuffò e, poggiando i gomiti sulla grande scrivania in legno, si massaggiò le tempie.
Era stata una lunga giornata in ospedale e non vedeva l’ora di tornare a casa da Harry e magari fare una bel bagno caldo in sua compagnia.

-“E di grazia, a cosa ti servirebbe questo materiale?”-

-“Non so se mettere il raiting rosso o quello arancione.”-

Una ragazza dai lunghi capelli marroni se ne stava allungata sul lettino dello studio di Draco, con le braccia incrociate sotto la testa e le gambe accavallate. Guardava il soffitto come se cercasse una qualche ispirazione e pensasse di trovarla proprio nella vernice bianca che ricopriva le pareti della stanza.

-“Se ti azzardi a sbandierare ai quattro venti certi dettagli sulla nostra vita privata, giuro che ti ammazzo.”-

-“Hai detto bene, nostra.”-

Detto ciò, la ragazza saltò giù dal lettino e agitò una mano a mo’ di saluto.

-“Manda i miei saluti ad Harry. Sono sicura che lui sarà più collaborativo quando andrò a fargli visita.”-

Prima che Draco potesse dirle di andare a farsi fottere, era già sparita.
Il biondo chiuse gli occhi, scuotendo rassegnato la testa. Quella ragazza un giorno o l’altro gli avrebbe fatto venire un esaurimento nervoso. Lei e quelle sue… com’è che le aveva chiamate? Drarry.
Un leggero bussare alla porta lo distolse dai suoi pensieri.
Harry entrò nello studio con ancora la divisa da Auror addosso e i capelli ancora più scompigliati del solito.
Draco si chiese come fosse possibile che persino lui in tutti quegli anni non fosse riuscito a domarli, ma in fin dei conti non gli importava. Lo amava in ogni suo piccolo particolare.

-“Ehi, il tuo turno sta per finire. Torniamo a casa insieme?”-

-“Certo. Ti saluta Ariadna, comunque.”-

-“Ha finalmente deciso il raiting della sua nuova storia?”-

Il biondo sbuffò e guardò divertito quello che era ormai suo marito da diversi anni.
Quando aveva ricevuto la promozione a capo del dipartimento Auror, Harry gli aveva chiesto di sposarlo e gli aveva promesso che lo avrebbe reso felice per tutta la vita. Era passato ormai tanto tempo da quel giorno speciale ed Harry non era mei venuto meno alle sue parole. Aveva trovato in lui qualcuno che lo capisse senza bisogno di parole, qualcuno che sopportasse ogni giorno lui e la sua lingua tagliente.

-“Se mio padre dovesse venirne a conoscenza, sarebbero guai.”-

-“Tuo padre si è messo l’anima in pace da quando ci ha beccati a fare sesso nel suo studio, Draco.”-

-“Quale modo migliore per venire allo scoperto?”-

Harry era stato anche l’artefice della quasi riconciliazione con i suoi genitori. Le cose tra loro non erano certamente tutte rose e fiori e suo padre tentava ancora di convincerlo a lasciar perdere quello che ormai era diventato il suo lavoro, ma andavano meglio, tanto che sua madre era ormai solita invitare entrambi per il tè del venerdì pomeriggio.

-“Andiamo, Dr. Malfoy - Potter. Dobby ha preparato un bel bagno caldo con tanta schiuma e candele profumate proprio come piace a lei.”-

-“Lei mi lusinga con le sue parole, Auror Potter-Malfoy. La seguo più che volentieri.”-

Andava tutto bene.




 
...fine




 
Lettori e lettrici, siamo giunti alla conclusione di questa piccola avventura. La storia è nata senza particolari pretese, ma mi piaceva l'idea di condividerla con tutti voi. Spero che vi sia piaciuta almeno un po'. Nel caso, fatemelo sapere nei commenti!
Alla prossima,
Angel
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4041299