How I met your mother

di rocchi68
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap 1 ***
Capitolo 2: *** Cap 2 ***
Capitolo 3: *** Cap 3 ***
Capitolo 4: *** Cap 4 ***
Capitolo 5: *** Cap 5 ***
Capitolo 6: *** Cap 6 ***
Capitolo 7: *** Cap 7 ***
Capitolo 8: *** Cap 8 ***
Capitolo 9: *** Cap 9 ***
Capitolo 10: *** Cap 10 ***
Capitolo 11: *** Cap 11 ***
Capitolo 12: *** Cap 12 ***



Capitolo 1
*** Cap 1 ***


Era rientrato stanco e affamato dal lavoro.
Aveva la schiena a pezzi, non vedeva l’ora di concedersi una bella doccia e poi una bella pizza, preludio di un week-end da passare tranquillo o al massimo a spasso per negozi.
Cacciata la mano destra nei jeans, ravanò per qualche secondo prima di estrarre un mazzo di chiavi utili ad aprire la sua casetta, il suo garage e il semplice ripostiglio esterno in giardino.
Spalancata la porta, ispirò profondamente e appoggiò la sua borsa in un angolo, promettendo che appena si fosse sistemato dignitosamente, le avrebbe dato una sistemata.
Superato il piccolo corridoio d’ingresso, girò verso il salotto e trovò la figlia intenta a studiare seduta sul divano, al che lei sollevò lo sguardo e gli sorrise.
Forse era di parte, forse ogni genitore avrebbe descritto così una sua creatura, ma la sua bambina era splendida.
Lunghi capelli biondi, occhi chiari, qualche lentiggine sulle guance, due labbra sottili, fisico perfettamente nella norma per una ragazza della sua età e un carattere sostanzialmente dolce e accomodante che ogni tanto si accendeva e lasciava fuoriuscire un piccolo lato sanguigno e cattivello.
Non che fosse capace di ferire qualcuno, ma era soltanto per ricordare che anche lei aveva un limite e superato quello non c’era via d’uscita.
 
“Ciao papà.” Lo salutò, alzandosi e andandogli incontro.

“Tutto bene Lucy?”

“Ho preso 7 in matematica.” Borbottò entusiasta, mentre il padre le scompigliava i lunghi capelli biondi.

“Non intendi tagliarli?” Domandò serio, facendole capire per l’ennesima volta che non era molto portato per i complimenti, ma che era comunque fiero del suo impegno scolastico.

“E tu intendi chiedermelo ancora per molto?”

“Hai un bel caratterino.” Brontolò, scrollando le spalle.

“E il tuo lavoro?”

“Le solite cose.” Minimizzò, avventurandosi in cucina per bere qualcosa di fresco.

“Mio fratello Austin non c’è.”

“Lo immaginavo.”

“È a casa di Stephanie…credo.” Soffiò, osservando il padre che aveva recuperato una bottiglia di aranciata e che stava riempiendo due bicchieri fin quasi all’orlo.

“Sembra proprio voglia darmi Duncan e Courtney come futuri consuoceri.”

“Loro si amano.”

“Nulla in contrario.” Mormorò l’uomo, porgendo un bicchiere alla figlia.

“Stanno bene insieme.”

“E tu Lucy?” Domandò, spiazzandola.

“Io?”

“Figlia mia…sei una ragazza meravigliosa, hai 17 anni e di solito questa è l’età delle prime relazioni.”

“Ancora con questa storia?” Domandò piccata, portandosi il bicchiere alle labbra.

“Bevi piano…è molto freddo.”

“Non sono più una bambina.”

“Per me lo sarai sempre.” Soffiò, sorridendo appena.

“Prima o poi dovrai lasciarmi andare.”

“Lo so…e quando arriverà quel giorno, ne sarò felice.”

“Resteremo insieme ancora per molto tempo.” Replicò lei, ghignando.

“Vorrei sapere, comunque, se c’è qualcuno, prima di rientrare da quella porta e trovarvi intenti a sbaciucchiarvi sul divano.”

“Immagino che mio fratello ti abbia fatto una bella sorpresa.”

“Per settimane mi ha ripetuto che non c’era nessuno e poi lo trovo sul divano con Stephanie…poteva almeno dirmelo, sarei rientrato più tardi.” Mormorò, sbuffando.

“Te lo direi subito, papà.”

“Davvero?”

“Non c’è nessuno che mi piaccia.” Si difese, stringendosi nelle spalle.

“Luther non era male.”

“Troppo spavaldo.”

“E Rick?”

“Un po’ troppo insicuro.”

“Non ti sto forzando, Lucy.” Soffiò l’uomo.

“Lo so papà.”

“Anche se sembra che tu voglia chiedermi qualcosa.” Borbottò, scrutandola intensamente.

“Come fai a saperlo?”

“Ho imparato qualche trucchetto e poi sei mia figlia…ti conosco fin troppo bene.”

“Io…”

“Da mamma hai preso molti pregi, da me qualche difetto.” Spiegò, facendola sospirare.

“Ne possiamo parlare più tardi? Magari prima delle pizze.”

“Come preferisci.” Mormorò, rimettendo i bicchieri nella lavastoviglie e avviandosi verso la buia camera matrimoniale solo per recuperare il necessario di una doccia rilassante.

 
 
Amava lo scroscio d’acqua calda che scendeva sulla sua testa e sulle spalle e gli sembrava una carezza che lo rincuorava e gli restituiva energie.
Quanto avrebbe avuto bisogno di qualcosa di simile durante le ore lavorative.
Talvolta credeva di mollare, poi ricordava chi aveva a casa e si ributtava sui suoi compiti, concedendosi ogni tanto una sigaretta per staccare.
Asciugatosi per bene, aveva indossato un pigiama leggero e poi era tornato in salotto, ordinando al volo la solita diavola e capricciosa e preparando già i soldi all’ingresso con annessa mancia, facendo sparire al contempo la sua borsa che gli ricordava che stava per rimangiarsi una sciocca promessa personale.
Risedutosi sul divano, aspettò che sua figlia chiudesse i libri e poi lei si sedette difronte su una delle tante poltroncine destinate ai rarissimi ospiti che avevano fatto loro visita in quegli ultimi 10 anni.
 
“Cosa volevi sapere Lucy?” Domandò diretto, facendola tentennare.

“Senti papà…me la racconteresti ancora una volta?” Chiese, abbassando la testa.

“Che cosa?”

“Dai papà…lo sai benissimo.”

“Perché voi donne usate questa frase a vostro vantaggio ogni volta?” Si chiese retorico, facendola sorridere melliflua.

“Forse perché voi uomini siete delle pesti.” Replicò, sistemandosi i capelli e sorridendo.

“Sembra tu abbia una buona conoscenza di noi uomini, se pensi che siamo tutti uguali, anche quando mi dici che non c’è nessuno che t’interessa.” La spiazzò, facendola sussultare.

“Ok…ok…Rick un po’ mi piace.” Ammise, arrossendo leggermente.

“Con Brick e Samey sarebbe facile parlare, mi stanno simpatici, ma non ti sto forzando di conoscere meglio Rick se non è quello che desideri.”

“Ho solo detto che mi piace uscire in sua compagnia, non che voglia sposarmi con lui.”

“Ma certo.” Borbottò eloquente.

“Almeno sono stata sincera e se lo invitassi qui e ci trovassi in un momento di debolezza, non penseresti nulla di male.”

“È normale, non serve che ti giustifichi a tutti i costi.” La rincuorò, sorridendo debolmente.

“E dopo una verità, mi sembra giusto contraccambiare.”

“Non sei più una bambina e siamo lontani da Natale o dal tuo compleanno, Lucy.”

“Mi piace molto sentirti parlare…quei ricordi, quei discorsi…è come se fossi stata presente.”

“Avevi promesso che era l’ultima volta.” Sospirò con un po’ di nervosismo.

“Per favore.”

“La scorsa settimana mi avevi giurato che non ne avrei mai più parlato.” La rimproverò bonariamente, non riuscendo a essere arrabbiato con lei.

“La ascolterei all’infinito.”

“Tuo fratello non sarebbe dello stesso avviso.”

“Solo perché è un idiota, ha 22 anni e pensa di essere già adulto…io, invece, mi sento ancora così bambina e ne ho bisogno.” Borbottò, notando come il padre si fosse passato una mano sugli occhi, quasi volesse ricacciare indietro alcune lacrime.

“Dipende da dove vuoi che inizi.”

“Secondo te?”

“Povero Chris…nessuno vuole sentire la mia storia da quel reality televisivo.” Borbottò, dispiacendosi un po’ per quell’uomo che li aveva fatti conoscere.

“Allora?”

“Va bene, anche se so già che non sarà l’ultima volta.”

“Non sto incrociando nulla.”

“Ed ecco che hai ereditato uno dei miei trucchetti di ragazzino.” Ridacchiò, facendola sospirare.

“Non cambiare discorso…mi piace molto quella storia e forse potrei essere così egoista da richiedertela di nuovo in futuro.”

“Finché mi guardi con questi occhioni, non riuscirei mai a rifiutarmi.” Commentò, avendoli paragonati, senza volerlo, a quelli dell’adorata moglie.

“Comincia prima che arrivino le pizze.” Lo spronò, facendolo sorridere.

“Era una fredda sera di novembre, quando…”







Angolo autore:

Ryuk: E con questa nuova serie che dovrebbe accompagnarci, se puntuali, per tre mesetti, sappiamo che serie tv ama il nostro rocchi

Anacleto: Siamo in Colombo?

No

Ryuk: Colombo? Che centrano i tuoi parenti ora, Anacleto?

Ehm...Ryuk...Colombo è una serie tv vecchiotta basata su un tenente "pasticcione" e "distratto" che risolve delitti

Ryuk: Non è una serie tv su uccelli?

Anacleto: Uno shinigami bacato era e uno shinigami bacato è rimasto

Ryuk: Stavo dicendo che non è Colombo

Anacleto: Era ora che ti mettessi a pubblicare qualcosa su Dottor House

Ryuk: Un momento...Colombo...Dottor House...mi state dicendo che How I met your mother non era la tua serie preferita, rocchi?

Non l'ho mai seguita
Ho solo preso in prestito il titolo
Il resto me lo sono inventato...se non fosse che è una serie che conoscono anche i sassi, direi che sono sorpreso.

Ryuk: Oh bene...almeno sarà una serie allegra e scanzonata.

Si, sì...Anacleto ha visionato
Tranquillo

Ryuk: A presto!
 

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Capitolo 2
*** Cap 2 ***


Era una fredda sera di novembre, quando si era ritrovato per le vie del centro, intento a rientrare dalle tante ore passate all’Università.
Una giornata dura dietro l’altra in quella settimana l’avevano portato a credere che quei ritmi fossero assurdi e contro natura.
Guardatosi intorno, si concentrò su alcune vetrine e osservò alcune scarpe che erano esposte, allontanandosi all’istante per via di un prezzo esorbitante.
Se mai fosse rientrato a casa e avesse chiesto ai suoi genitori di comprargli proprio quel modello, ecco che gli avrebbero chiesto quale dei suoi ultimi neuroni rimasti era andato in cortocircuito.
Dopo aver superato un negozio di profumi e detersivi e un altro che riparava televisioni, lavatrici e altro, sentì la sua pancia brontolare e afferrando il portafoglio che teneva nello zaino, si rallegrò nel vedere un pezzo da 50 fare capolino.
Magari una bibita, un panino e un dolcetto poteva concederseli senza sentirsi eccessivamente in colpa e così penso bene di avventurarsi in uno dei suoi bar preferiti.
Di solito ritrovava Mike intento a mangiucchiare con qualche collega, altre volte rideva con Lightning, tra una birra e l’altra, di vecchie avventure, figuracce o pessimi approcci del quasi vincitore della quarta stagione con qualche cameriera e in un raro incrocio si era ritrovato davanti Gwen che l’aveva salutato con una delle sue rare battute velenose.
Quando credeva che finito il reality avrebbe ritrovato ben poche persone, ecco la sua delusione: abitavano quasi tutti vicini, il più idiota della banda al massimo stava a 50 miglia e, quindi, era ben facile incontrarsi e ricordare il passato.
Ovviamente non aveva buoni rapporti con tutti del cast.
Tra lui e Alejandro non scorreva buon sangue.
Con Beverly c’era un odio profondo.
E nemmeno con Stacy e Heather si prendeva più di tanto.
Poi c’erano dei rapporti a metà strada dove non odiava o stimava chi aveva davanti, ma sempre meglio del disprezzo o fastidio di avercelo a fianco durante le rare cene offerte da Chef Hatchet.
Zigzagando tra alcuni camerieri e clienti stanchi quanto lui, salutando alcuni di sua conoscenza, si era messo seduto vicino al bancone, appoggiando lo zaino per terra e chiedendo il menù giusto per vagliare le varie possibilità.
Dopo alcuni minuti di studio, confermò il suo sandwich con tacchino, un’aranciata e un muffin al cioccolato, tanto per non rientrare completamente a pezzi.
Nel tempo d’attesa si mise a leggere alcuni messaggi, rispondendo prontamente ad alcuni amici, prima che qualcuno si sedesse alla sua destra e lo investisse con un profumo delicato.
 

“Buonasera.” Esordì, attirando l’attenzione di un cameriere che era passato solamente per consegnarle un menù.

“Sera.”

“Potrei ordinare?”

“Certamente.” Rispose il ragazzo, leggermente sorpreso per quella velocità di scelta, afferrando il block-notes.

“Allora…mi piacerebbe un panino vegetariano e una bottiglietta d’acqua, grazie.” Borbottò lei, portando Scott a darle una fugace occhiata, giusto per sapere contro quale gomito avrebbe sbattuto per mangiare tranquillamente in quella mezzoretta scarsa.

“Strano.” Commentò, ritornando al suo cellulare.

“Oh, ma guarda chi si vede.” Seguitò lei, accorgendosi del suo vicino, mentre il cameriere si era già defilato per consegnare l’ordine e per, poi, portare i piatti già pronti degli altri clienti.

“Credo che il fastidio sia reciproco.” L’accolse divertito, pensando che era un bel po’ che non si vedevano di persona, escludendo qualche raro messaggino dove si raccontavano alcune avventure o dove più semplicemente si scambiavano gli auguri di compleanno, Natale o Pasqua.

“Buona serata anche a te, Scott…nonostante tutto.” Ribatté prontamente, facendolo tentennare.

“Come accoglienza voto zero?”

“Anche meno se possibile.” Ridacchiò divertita.

“Scusa…è stata una giornata pesante.”

“Ehi! Non mi hai augurato buona serata.” Protestò lei, imbronciandosi come una bambina e vedendolo mettere via il cellulare.

“Sono sorpreso di vederti dopo tutto questo tempo.”

“La scorsa volta alla cena di rimpatriata organizzata da Chef stavo male e non sono riuscita a venire.”

“Pensavo temessi ci fosse lui ai fornelli.”

“Chef sa cucinare…è solo che Chris e i produttori gli passavano ben poco e doveva accontentarsi di non farci morire di fame.”

“Sicura che non fossi ancora arrabbiata per quella faccenda?” Domandò, ringraziando la giovane cameriera per l’arrivo del suo panino.

“Era solo un gioco, Scott.”

“Io comunque non ti ho perdonato, Dawn.” Replicò divertito, aspettando che avesse anche lei la cena, giusto per cominciare e finire insieme.

“Una piccola vendetta mi era concessa.”

“Mi spiace e…beh, buona serata anche a te.”

“Spero che tu sia finalmente felice e abbia ottenuto tutto quello che cercavi dal reality, Scott.” Seguitò lei, mentre l’amico tagliuzzava a metà il sandwich.

“Paura che ti faccia ancora qualche dispetto?”

“Oh finiscila…abbiamo visto tutti che hai il cuore tenero.”

“Ma come…”

“Quinta stagione caro mio.” Lo interruppe, facendolo sospirare.

“Per alcune cose ho trovato la felicità, per altre un po’ meno.” Soffiò, rispondendo alla sua curiosità, consapevole che non sarebbe mai riuscita a ingannarla e che tanto valeva essere sincero e affrontare la realtà dei fatti.

“È sempre così.”

“Sono uno dei migliori del mio corso, ma sento che manca qualcosa.”

“Qualunque cosa sia, arriverà.” Lo rassicurò, facendolo annuire.

“Dalla bacheca so che anche tu stai andando bene, Dawn.”

“Mi tieni d’occhio?”

“Sono curioso di sapere come stanno andando i miei vecchi compagni.” Soffiò, facendola sussultare.

“Sei uno dei migliori perché ti piace quello che fai…e per il resto troverai quello che ti manca. Più cerchi disperatamente qualcosa, meno riesci a prenderlo.” Spiegò lei con tutta calma, credendo che fretta e costante desiderio non fossero due ingredienti adatti per trovare la felicità.

“In amore e qualcos’altro sta andando un po’ male.” Confermò Scott.

“Non è semplice per nessuno.” Lo appoggiò, ringraziando il cameriere per l’arrivo del suo panino e iniziando a mangiare la sua cena.

“A me le cose vanno un po’ così.”

“Lo immaginavo.”

“A te?”

“Lasciamo perdere.” Minimizzò lei, scrollando le spalle e facendo ondeggiare i lunghi capelli biondi.

“Sbaglio o sei dimagrita?” Domandò dopo qualche secondo di studio, facendola sussultare.

“No.”

“Tenersi tutto dentro fa male e poi non ti ho mai vista così.”

“È solo stress.”

“Se fosse solo stress, a oggi sarei uno scheletro.” Replicò freddo, portandola ad abbassare lo sguardo e notando come faticasse a mangiare.

“Problemi personali.”

“Siamo amici Dawn…mi puoi raccontare qualcosa.”

“Posso davvero o intendi raccontarlo in giro?” S’informò preoccupata, sentendo una mano carezzarle la spalla sinistra.

“Se ti raccontassi qualcosa di personale saremmo pari?”

“Forse sì.”

“La mia relazione con Courtney è durata appena due settimane e mi ha mollato perché a letto…beh non ero come Duncan.” Ammise a cuor leggero, pensando che quella verità scomoda servisse a smorzare la tensione che si era creata tra loro.


Non che gli dispiacesse, anche perché a rigor di logica non dovevano andare d’accordo, ma Scott ci teneva un po’ a lei.
Aveva guardato dentro di sé, leggendo le varie reazioni e trovandole sensate, giacché anche lui si sarebbe comportato così, se qualcuno l’avesse ferito. Di sicuro non sarebbe mai rimasto indifferente alla sua richiesta d’aiuto, anche perché aveva sviscerato segreti, manie o semplici difetti che era meglio tenere privati.
Forse conoscendola meglio, molto di più rispetto al periodo del reality o a qualche fugace rimpatriata, poteva anche essere una delle poche persone per cui si sarebbe scusato di tutto cuore.
Gli sarebbe piaciuto che valesse anche al contrario, laddove Dawn si scusava per averlo deriso dopo il suo ricovero della quarta stagione, ma non si illudeva troppo.
Non era cresciuto in questo.
Scrutava il mondo, provava a capire se ci fosse una verità su certe azioni o parole, ma spesso scrollava le spalle e si rassegnava. Forse per lui non valeva la pena comprendere gli altri.
Dawn, però, era come gli altri? Gli sembrava diversa rispetto al passato, lei era maturata e aveva imparato a diffidare di alcuni idioti, ma forse qualcosa stava disturbando le sue intenzioni ed era suo dovere, dopo quello che le aveva fatto passare durante il reality, metterci una pezza.
 
“Imbarazzante!” Commentò divertita.

“Vuoi sapere anche i dettagli?”

“Perché no?”

“Vuoi proprio umiliarmi.” Replicò serio, facendola sorridere.

“Come hai fatto tu in passato.”

“Va bene…me lo merito.”

“Allora?” Lo incalzò lei, finendo la sua cena.

“Due settimane perché non ero dotato come Duncan e lui andava avanti anche mezzora, io qualche minuto di meno.”

“A scapito di quello che potevi offrirle.”

“Cioè?” Domandò incuriosito.

“Duncan era un traditore patologico, tu mi sembri molto più corretto in questo campo.” Soffiò, giocando con una ciocca di capelli, mentre l’amico divideva il suo dolcetto e le porgeva l’altra metà.

“Spero ti piaccia.”

“Potrei ingrassare.”

“Ti farebbe solo che bene…sei pelle e ossa.” Borbottò nervoso e facendole intendere che non avrebbe accettato un rifiuto, anche a costo di imboccarla a forza.

“La mia sfera privata non sta andando troppo bene.”

“Almeno una volta nella vita può capitare.”

“Mi sento uno schifo, Scott.”

“Dopo Courtney, io ero sotto un treno e l’ho superata dopo molte settimane, anche se a volte credo di non esserci nemmeno riuscito.” Ammise, facendola annuire.

“Zoey me l’aveva detto.”

“Che pettegola!” Commentò acido, iniziando a guardarsi intorno e tornando a concentrarsi su Dawn dopo che gli era parso di aver notato qualcuno di sua conoscenza.

“Sì…non ti sbagli, Scott.”

“Zoey dovrebbe tenere la bocca chiusa.”

“Non parlavo di Zoey.” Soffiò debolmente, iniziando a mangiucchiare il dolcetto.

“Di chi allora?”

“Come reagiresti dopo la fine di una relazione?”

“Hmm…domanda difficile.”

“Vero?”

“Dipende quanto ci tenevi a quella storia.”

“Cioè?” Chiese Dawn.

“Ti parlo della mia ex solo perché è stata la mia unica, ma se anziché due settimane, fosse stato…boh due anni, ecco che probabilmente starei ancora uno schifo.”

“Avresti fatto qualcosa per farle cambiare idea?”

“No…se lei non mi ama più, è inutile insistere…Game over.”

“Quindi lasceresti perdere?” Domandò fredda.

“Mi sentirei male, probabilmente piangerei, ma sarebbe inutile insistere…ecco le chiederei una volta soltanto se è sicura della sua scelta e poi ognuno per la propria strada.”

“Vorrei che fosse così anche per me.” Ammise, abbassando la testa e versando alcune lacrime.

“Ehi, ehi…Dawn con me non si può piangere, che altrimenti mi viene da pensare, mi sale il magone e poi ti seguo a ruota.”

“Io…”

“Fammi un sorriso, anche piccolo.” Borbottò, facendole rialzare il viso.

“Ma io…”

“Pensa a quando Zanna mi ha morso il sedere o a quando mi hanno sparato in orbita…alle due settimane di Courtney.” Elencò, scorgendo un debole ghigno in risposta.

“Scott…”

“Già meglio.” Soffiò, accarezzandole una guancia scavata.

“Ti accontenti di poco.”

“Da quanto stai così?” Chiese preoccupato.

“Tre mesi.”

“Perché?”

“Io e Beverly ci siamo lasciati…anzi l’ho lasciato io perché era diventato troppo opprimente e geloso e non ha ancora accettato la mia scelta.”

“Ti sta disturbando?” Domandò nervoso, facendola tentennare.

“Continua a scrivermi e telefonarmi ad ogni ora del giorno e della notte e alcune volte mi segue…non ce la faccio più.” Ammise, sospirando rassegnata.

“E ti sei ridotta così per colpa sua?” Chiese, risvegliando il suo odio atavico per quella nemesi panzona che a distanza di anni continuava a detestare.

“Temo di sì.”

“Ci sta tenendo d’occhio.”

“Ho notato anch’io la sua presenza, verso il fondo della sala su un tavolino alla sinistra?”

“Se si è fatto crescere la barba, credo sia lui.” Confermò dispiaciuto, vedendo come l’amica si stesse spegnendo sempre di più.

“Fa sempre così…ormai mi è quasi impossibile uscire di casa.”

“Sei stanca?” Domandò serio.

“Molto.” Sibilò impercettibilmente.

“Quando le persone fanno così dovrebbero solo nascondersi.”

“Vado al cinema e lui mi segue, provo a fare shopping con alcune amiche e me lo trovo dietro di me con una maglietta…nemmeno se faccio giardinaggio mi sento tranquilla.”

“Hai mai pensato di denunciarlo per stalking?” S’informò, pensando che quella fosse una delle soluzioni migliori per liberarsi di quell’impiccione.

“La polizia vuole prove.”

“O forse vogliono vedere la notizia della tua dipartita?”

“Scott…”

“Dai Dawn sei messa così male che se continui così, tempo poche settimane, leggeremo tutti di te sulla cronaca nera.” La attaccò, sperando che replicasse duramente, ma riscontrando un attimo di silenzio che gli fece peggio di mille parole.

“Dovrei ucciderlo?”

“Sei troppo innocente per fare qualcosa di tanto orribile.” Commentò, facendola tentennare.

“Non so più cosa inventarmi…penserei a qualsiasi cosa pur di liberarmi di quell’idiota che mi chiedo cosa si sia messo in testa.”

“Ricordi? Forse pensa che ha ancora qualche speranza.” Spiegò diretto, senza ricercare stupidi esempi fuori luogo.

“Ma gli ho detto che non voglio più avere niente a che fare con lui.”

“Alcuni credono che visto che non hai trovato ancora nessun nuovo ragazzo e anche in questo caso, forse…beh sei disponibile e ti sei presa un semplice momento di riflessione.”

“Avete una mente contorta.” Commentò esasperata.

“Anche voi ragazze siete un po’ problematiche.”

“In poche parole non uscirò mai da questo casino.” Riassunse lei, facendo negare Scott che sembrava aver trovato una soluzione al problema.

“Senti lo faccio solo per non vederti più così, con la speranza che sia uno di quelli a cui basta una mazzata dritta al cuore e per fargli capire che non deve più importunarti.”

“Che cosa faresti?” Domandò preoccupata.

“Niente di particolare.” Soffiò, abbracciandola.

“Scott…” Sussultò lei, non aspettandosi quel gesto.

“Ssssst…se riusciamo in questo trucco, poi sarai libera.”

“Io…”

“Peggio di così non può andare.” Le spiegò, baciandola sulla guancia per poi fissarla brevemente e sorridendo di quel lieve rossore che aveva imporporato le sue guance.

“Non sarebbe giusto per il nostro rapporto.”

“Vuoi essere libera, divertirti, sorridere e uscire liberamente con le tue amiche?” Elencò serio, accarezzandole una mano.

“Sì.”

“Dobbiamo provare in questo modo…se non con me, con qualcun altro.”

“Io…”

“Hai il vantaggio che conosco un po’ la storia, che Beverly mi sta sullo stomaco, che siamo amici e non ci sarebbe nulla di strano.”

“Niente passi esagerati.”

“Credimi…ho i tuoi stessi pensieri.”

“Sono appena uscita da una storia incasinata e non vorrei stare peggio di così.” Si scusò prontamente, mentre Scott chiedeva il conto a un amico cameriere per poi pagare galantemente la loro cena.

“Se pensi che voglia farti star male, sei fuoristrada.”

“Io…”

“Sei un’amica preziosa e non voglio perderti.” Ammise, facendola arrossire e invitandola, quindi, a uscire dal locale.

“Un giorno contraccambierò.” Promise, passando a poca distanza dal tavolo del suo ex che aveva pagato di fretta e che si stava rimettendo il giubbotto invernale.

“Non serve che alzi troppo la voce, siamo due fidanzati finti e se te ne esci con queste sparate, Beverly continuerà a credere di avere una speranza e non si metterà mai con il cuore in pace.”

“Ma se volesse fartela pagare per questo?”

“Dovrei avere paura di quell’idiota quando una piccola stella ha bisogno di me?” Chiese, prendendola per mano e accompagnandola verso casa, azzardandosi ogni tanto ad accarezzarle la schiena o il fianco giusto per far capire a chi incrociavano o magari a un Beverly distante e con il cuore straziato che non dovevano essere disturbati in nessun modo.







Angolo autore:
Che dire di questo aggiornamento?
Credo sia il capitolo più lungo dell'intera serie, ma potrei sbagliarmi
In più Ryuk come segretario fa abbastanza pena

Ryuk: Ma io...

Silenzio!
Se non era per Anacleto, manco aggiornavi
Detto questo vi salutiamo
A presto!

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Capitolo 3
*** Cap 3 ***


Era una serata fredda, ma piacevole.
Forse non così desiderabile per alcuni aspetti, ma passeggiare con Dawn, ricordando i bei vecchi tempi non era male.
Avevano parlato di come lei, durante la loro prima stagione nel reality di Chris, avesse raggiunto miracolosamente la spiaggia senza bagnarsi, della bizzarria con lo scarafaggio dove Scott sembrava essere diventato un motivatore per insetti e della vittoria finale di Cameron che, contro ogni pronostico, li aveva sbattuti fuori tutti.
Poi c’era stato un nuovo tentativo per il rosso, ma si fermava sempre a un passo dalla vittoria.
Forse per lui non era mai stato destino trionfare.
L’eterno secondo che non conosce gioia della vittoria, che non può urlare al cielo che non è un fallito e che continua ad arrancare.
Cos’era diventato dopo aver tradito tutti quelli dei reality? Cosa aveva ottenuto nel gettare, umiliare, ridicolizzare e attaccare persone che aveva imparato ad amare e apprezzare senza mai scusarsi?
Niente.
Si era trasformato in un guscio vuoto che rincorreva quel milione ovunque.
Era una croce pesante.
Non c’era milione o statuetta senza uno Scott che correva per la vittoria con la consapevolezza che qualcosa sarebbe andato storto e avrebbe patito una cocente umiliazione.
Aveva ancora nelle orecchie quel fastidioso suono della macchina ripara ossa.
Quell’aggeggio metallico, quello schifo mai ripulito…non voleva più entrarci.
Senza soldi, senza vittorie morali, senza amici: era tornato a casa come un cane bastonato e con il solo ricordo di una cicatrice a forma di morso di squalo in una zona poco nobile.
Ma ricacciando quel pensiero deprimente, si era voltato verso Dawn che alternava momenti dove pareva quasi saltellare ad attimi dove la tristezza prendeva il sopravvento.
Allora si rabbuiava, tremava leggermente come se una mano gelida le avesse sfiorato la schiena e questo portava Scott a guardarsi indietro, cercando di capire se Beverly era ancora un pericolo o si era ormai rassegnato.
Ecco questa era l’unica parte che gli dava noia e che potenzialmente poteva rovinare una serata che, senza quel terzo incomodo, poteva rasentare la perfezione.
Superato il centro, si erano avventurati per alcune vie più periferiche, ma comunque tranquille e in un parchetto che avrebbe anticipato di altre 3 miglia il loro arrivo.
 
“Ci sta ancora seguendo, vero?” Chiese lei, facendolo sospirare.

“È sempre stato così testardo?”

“Secondo te?”

“Io sto facendo il possibile.”

“Ti ringrazio Scott…non eri costretto a farlo.” Borbottò lei, sentendo la sua mano chiudersi un po’ di più sulla sua.

“Una volta non me ne sarebbe fregato niente, tuo il problema…tue le conseguenze.”

“Oggi?”

“Come posso lasciare un’amica in questo modo?” Domandò preoccupato.

“È evidente che il tuo piano non abbia funzionato.”

“Perché tu non hai fatto molto…sei rimasta piuttosto bloccata.”

“Ho paura, sono stanca e ho tanta confusione in testa.” Ammise, facendolo sospirare.

“Senti…perché non andiamo a braccetto?”

“Cioè?”

“Come se fossimo fidanzati da tempo…sposati, insomma quella roba lì.” Mormorò, indicando una coppia più matura che stava passeggiando poco lontano.

“Sarebbe imbarazzante.”

“Vuoi liberarti di Beverly?”

“Sì.”

“Allora cerca di essere più intraprendente…stiamo solo fingendo.” La rincuorò, pensando che era un terreno rischioso.

“Come?”

“Fermiamoci un attimo, così penserà che mi sto dichiarando nuovamente o robe simili.”

“Io…”

“Sei bellissima, Dawn.” Si complimentò, accarezzandole il volto.

“Cosa stai facendo?”

“Reggimi il gioco…tieni stretta la mia mano sul viso e chiudi gli occhi come se fossi in Paradiso.” Borbottò sicuro, facendola annuire.

“Magari lo fossi veramente.” Buttò lì, sentendosi un po’ meglio.

“Hai tante qualità, un sorriso splendido e ti stai sprecando per un fallito come il tuo ex.”

“Sei troppo buono con me.”

“Ora se vuoi, puoi abbracciarmi.”

“Tutto qui?”

“Se fossimo davvero bravi, potremmo anche simulare un bacio, ma sarebbe un casino se dovessimo sbagliare le tempistiche e Beverly potrebbe smontare il nostro teatrino in pochi attimi.” Soffiò, notando che il solo menzionare un bacio le era bastato per diventare rossa come un peperone.

“Va bene.”

“Cerca di non stringermi come se fossi il tuo tesoro e non dovessimo vederci più e nemmeno se ti dovessi rendere conto che è una stretta fiacca e vuoi rimediare. Un abbraccio così come viene, senza troppe pretese.” Spiegò serio.

“Ho capito…non sono così impedita in questo.” Replicò risentita, adagiando la sua testa sul petto dell’amico e cingendolo con un abbraccio nel quale si sentiva al sicuro.

“Diciamo che è accettabile.”

“Solo?” Domandò, sentendolo ricambiare.

“Non sono un esperto, ma potrebbe credere che è da poco che stiamo insieme e che ogni occasione è buona per avere un po’ d’intimità.” Ammise, inspirando, senza volerlo, il suo profumo.

“Suona bene.” Confermò lei.

“Vuoi dargli l’ultima mazzata?”

“Cosa dovrei fare?” Domandò preoccupata, riscoprendosi agitata.

“Non ti chiederò un bacio…sarebbe un’illusione per entrambi.”

“Perché?”

“Potresti innamorarti di me e soffriresti.”

“Ma…”

“E io stesso mi cullerei in un desiderio che potrebbe essere irrealizzabile.” Seguitò, facendola annuire, ma sentendola serrare ancora di più quell’abbraccio.

“Lui non lo può sapere.”

“Ma lo sappiamo noi e questo rovinerebbe la nostra amicizia.”

“Sembra tu sia diventato un esperto in amore tutto all’improvviso.” Lo punzecchiò, facendolo sospirare.

“Dopo che vieni pugnalato, solo per far ingelosire qualcun altro, qualcosina la impari.”

“Smettila di parlare della tua ex…per favore.”

“Perché?” Domandò incuriosito.

“Stiamo fingendo, ma mi dà fastidio che continui a parlare o a pensare a Courtney…sembra non ti sia passata.”

“Sto sbagliando io, ma anche tu, forse, stai prendendo troppo seriamente questa farsa.” Replicò, sentendola mugugnare.

“Non credi che stiamo andando troppo oltre?” S’informò lei, credendo che quella stretta fosse durata un po’ troppo.

“Forse sì, ma potrebbe comunque credere che desideriamo soltanto stare così perché non abbiamo tanto tempo da passare insieme.”

“La finiamo qui?”

“L’abbraccio sì, ma se vuoi essere certa di stroncarlo, potrebbe non essere ancora sufficiente.” L’avvertì, mentre lei risollevava la testa dal suo petto e si staccava.

“Mi fido di te, Scott.”

“Ti riaccompagno a casa e poi vediamo se è il caso estremo di passare alla seconda parte del piano.”

“Detta così sembriamo due criminali incalliti.”

“Alla seconda parte per farti stare meglio.” Si corresse, vedendola sorridere.

“Andiamo allora.” Lo esortò, distaccandolo di qualche passo, costringendolo ad azzerare quella distanza che Beverly poteva fraintendere come prima avvisaglia di un litigio avvenuto sottovoce.

“Gli altri del reality non sanno nulla di questa cosa, vero?” Domandò dopo qualche attimo, facendola tentennare.

“Non mi piace rovinare l’armonia altrui.”

“Neanche a me.”

“Credevo tirassi in mezzo qualche stupido esempio con Courtney.” Mugugnò lei.

“Perché tanto interesse per quello che provo ancora?”

“Perché, quando eravamo al bar, sembrava che non provassi più alcun dolore.” Spiegò, facendolo sospirare.

“Spesso funziona così con gli altri…è nella natura umana dimenticare alcune cose, ma io non riesco proprio a cancellare certe situazioni.”

“Si tratta di costruire nuovi ricordi che dovrebbero offuscare quelli precedenti.”

“Purtroppo non ci sono stati momenti memorabili che potessero cancellare la seccatura di Duncan e, quindi, sto ancora male.” Mugugnò, scrollando le spalle.

“Non lo meriti.”

“Ho fatto dei torti a molte persone, Dawn…forse non merito qualche ricordo felice, ma sarei un ipocrita se non ammettessi che questa cosa mi fa soffrire.”

“Quali torti?”

“Ti ho incastrato per essere la ladra di oggetti, anche se eri innocente. Poi ho rallentato diverse volte il team, ho rubato un dente a Zanna, ho realizzato tante di quelle statue false che ho perso il conto, ho usato i vostri segreti per avere un tornaconto. Non ti sembra sufficiente?” Elencò frustrato, sommando sempre più sbagli.

“Era solo un gioco.” Replicò seria.

“E Zanna faceva parte del gioco?”

“Beh no.”

“Il mio passato è marcio e sì…ho avuto un’infanzia discutibile, ma tanto hai già letto nella mia testa e credo non sia importante.” Mugugnò, scrollando le spalle.

“E oggi mi stai aiutando, stai pareggiando i conti.” Ribatté prontamente.

“Ho come la sensazione che mi troveresti sempre una scusa.”

“Le persone crescono e tu non sei un’eccezione.”

“Continua a seguirci.” Brontolò Scott che si era guardato fugacemente alle spalle, notando Beverly seduto su una panchina a forse 300 metri.

“Non ti piacciono i complimenti.” Sospirò, punzecchiandolo su un braccio.

“Ed è difficile che riesca a farne qualcuno.”

“Anche prima?”

“Ti sbagli…tu sei carina, ma è solo che nemmeno te ne rendi conto.” Borbottò, arrossendo appena.

“Adesso sei tu che stai provando a complicare le cose.”

“Le cose facili non piacciono a nessuno.”

“Secondo te sono problematica?” Chiese curiosa, sfoggiando un debole sorriso.

“Ti piacerebbe…sei la persona più semplice e ingenua che conosca.”

“E dici che odi fare complimenti agli altri.” Replicò, mettendolo in difficoltà.

“Temo che con Beverly ci toccherà passare alla fase due.” Sviò, provando a cambiare discorso per non impantanarsi.

“Cioè?”

“Hai una camera per gli ospiti?” Domandò, facendola ridacchiare.

“Forse ho capito.”

“Non potrà mai sapere che cosa accadrà a casa tua e forse il pensiero che staremo insieme nello stesso letto, potrebbe farlo desistere e non romperti più.”

“Anche se lo spiegheremo ai miei genitori e starai in una camera separata.”

“Ma questo Beverly non lo può sapere.” Obiettò serio.

“E finirebbe così il nostro piano?”

“Per i primi tempi dovremo incontrarci spesso, passare le giornate insieme e poi quando saremo certi che si è rassegnato, possiamo tornare alle nostre vite.”

“Promettimi, però, che non passeranno altri mesi prima di vederci.”

“Da quando hai iniziato a leggere nella mente?”

“Non meriti di essere solo e infelice.” Borbottò lei, facendolo tentennare.

“Perché?”

“C’è tanta bontà nel tuo cuore.” Mormorò, sforzandosi di non arrossire.

“Ne potremo parlare con più calma stanotte, tanto sono in pausa con l’Università e forse potrei farti cambiare idea.”

“Perché vuoi farci credere che tu non sia buono?”

“Perché tutti ricordano soltanto quei casini alla televisione e mi offendono, sbattendomi la verità…non ho vinto nemmeno un dollaro.”

“Ma hai trovato dei buoni amici.” Obiettò lei, facendolo sospirare.

“Mi giudicano ancora prima di conoscermi, per questo sto meglio da solo.”

“Sei un bravo ragazzo, anche se l’hai nascosto per troppo tempo.” Soffiò, fermandosi davanti al cancello della sua abitazione per poi aprirlo e invitarlo a entrare.

“Spero soltanto che i tuoi genitori capiscano la situazione e non facciano troppo casino.”

“Stai tranquillo, se gli spieghiamo tutto per bene non faranno troppe storie.”

“Ricorda comunque che noi siamo solo amici e che questa è una menzogna.” La avvisò, sperando che non si facesse strane idee.

“Non descriverla così male: io lo vedo come un favore che devo contraccambiare al meglio delle mie possibilità.” Replicò, richiudendo la porta e facendogli strada verso il salotto, dove salutò i suoi genitori, presentandogli l’amico e convincendolo a salire in camera per fare quattro chiacchiere.




Angolo autore:

Ryuk: Siamo in ritardo

Quando ti ho nominato segretario settimane fa, ero stato abbastanza chiaro.
Tuo il lavoro, tue le responsabilità.
Quindi più che "siamo in ritardo" oserei dire che "sei in ritardo"

Anacleto: Ritardo mentale vero?

Sì Anacleto
Ma ormai è da anni che è così...non lo possiamo più aggiustare

Anacleto: Pazienza

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Capitolo 4
*** Cap 4 ***


Era passata una settimana e poi un’altra e un’altra ancora.
Beverly aveva mollato il colpo.
Scott si era ripromesso, senza farne parola all’amica, che se quell’idiota avesse continuato a importunarla, tempo un mese al massimo e gli avrebbe spaccato la testa.
Odiava la violenza, la reputava valida solo per i pezzenti e sicuramente Dawn l’avrebbe rimproverato per quella soluzione estrema, ma non c’erano altre vie d’uscita.
Invece Beverly, poco alla volta, si era fatto sempre più distante e li aveva lasciati tranquilli.
Era stato duro fingere una relazione inesistente, senza spingersi a baci o ad esternazioni molto delicate.
E così come quel babbeo si era allontanato, anche Scott aveva iniziato a farsi vedere e sentire molto meno del solito, almeno finché Dawn non gli aveva chiesto un incontro al parco.
Era già arrivato dicembre, faceva freddo e da lì a qualche giorno avrebbe sicuramente nevicato, concedendo a tutti un bianco Natale.
Seduto su una panchina, si era messo a leggere alcuni messaggi e poi aveva rimesso il telefono nella tasca dei jeans, iniziando a tremare.
Non era stato geniale uscire senza giubbotto, ma ormai era per strada e al massimo si sarebbe rifugiato in qualche bar per bere una cioccolata calda con cui scaldarsi.
A dirla così sembrava che tutto fosse andato liscio.
Fino ad un discorso che l’aveva ferito, ma che, come al suo solito, tentò di ignorare e seppellì sotto metri d’indifferenza, trasformando sempre più il suo cuore freddo e indurito in un ammasso gelido senza più una forma.
 
“A me di Scott non importa un bel niente. Sono stata chiara?”
 
Perché si era illuso di essere qualcosa di diverso?
Lui e i suoi stupidi film mentali.
Credeva davvero d’aver trovato un’amica con cui parlare?
Non era niente per lei.
Non lo sarebbe mai stato.
Solo uno strumento utile per sbarazzarsi di Beverly.
Solo un’antistress per alleviare le sue sofferenze.
Solo un oggetto.
Una distrazione.
Una dannata valvola di sfogo.
Uno psicologo fallito.
Anche se forse aveva travisato il discorso e quella minuscola parte poteva essere in un contesto molto più ampio.
 
“A me di Scott non importa un bel niente.”
 
Non era piacevole sentirselo dire.
Ok che era una menzogna e che avevano messo dei paletti durante la chiacchierata nella sua camera, ma esistevano modi e modi per ringraziare qualcuno e quello non lo era di certo.
Inspirando profondamente, si strinse nelle spalle.
Se avesse ritardato di ancora qualche minuto, se ne sarebbe andato e avrebbe trovato una qualche scusa con cui sottrarsi anche ai prossimi incontri.
Possibile che fosse nella sua natura?
Una volta non era così buonista…si era proprio rammollito.
Le aveva fatto pure un regalo per Natale.
Non che gli piacesse quella festa commerciale, ma per quel sorriso ingenuo che lo informava che Beverly non scriveva da oltre una settimana si sarebbe sbilanciato comunque.
Ci teneva a vederla felice.
E una sera si era fatto una domanda.
Se Beverly avesse insistito e non si fosse arreso, con le incessanti preghiere di Dawn di lasciar perdere per non rovinare un’altra esistenza, a lui andava bene rinunciare?
Quella bugia non l’aveva portato a rivedere i suoi sentimenti o erano rimasti immutati così come quando si erano ritrovati al bar?
E nel caso si era forse procurato una seconda ferita inutile dopo quella letale di Courtney?
Poi si ricordò che alcuni suoi conoscenti si erano messi insieme in meno di un mese.
Lui, invece, era solo una causa persa.
Un fallito sentimentale era e un fallito sentimentale con il cuore spezzato sarebbe rimasto.
Senza sé e senza ma.
Si era semplicemente sacrificato per un’illusione che l’aveva portato soltanto a sentire la sua anima spaccata, incapace di piangere e di piegarsi, chiedendo a qualcuno cosa ci fosse di così tanto sbagliato in un sognatore che faceva sempre il passo più lungo della gamba.
 
“Non andrò più in quel bar.” Ringhiò nervoso, scrocchiandosi le dita.

“Quale bar?” Chiese lei da dietro, facendolo sussultare.

“Uno che ho visitato ieri, ho mal di stomaco.” Mentì, vedendola sedersi vicino.

“Forse hai mangiato pesante.”

“Il caffè era acido.”

“Potevi lasciarlo lì.” Gli suggerì, facendolo sospirare.

“Non dopo che ho pagato due dollari.”

“E oggi vieni qui vestito così? Starai anche peggio.”

“Ero in ritardo.”

“Andiamo da qualche parte prima che tu stia male.” Borbottò lei, rimettendosi subito in piedi.

“Hai brutte notizie?”

“Ti ho invitato qui perché volevo stare un po’ con te, non perché avessi bisogno di qualcosa.”

“Devi farti perdonare?” Domandò a bruciapelo, fissandola gelido.

“Forse.”
 
“Non mi sembra che tu abbia combinato qualche casino.” Le fece notare, stiracchiandosi la schiena e alzandosi in piedi.
 
“Ne faccio anche inconsapevolmente.”

“Continuo a non vedere problemi.”

“Andiamo da qualche parte.” Soffiò lei.

“Possiamo parlare anche qui.”

“Non se rischi una polmonite e poi mi fai sentire in colpa.”

“Adesso t’importa?”

“Mi è sempre importato di te fin dal reality, ma non te ne sei mai accorto.” Ribatté nervosa.

“Sono qui solo per sapere se sei ancora infastidita e nulla più.”

“Ma io…”

“Se dovessi star bene, posso anche rientrare a casa.”

“Ma io non sto bene.” Obiettò, abbassando la testa.

“Dai andiamo…sarei io a sentirmi in colpa se venissi a sapere che passi il Natale con il naso che sgocciola o con la febbre.”
 
“Tu conti molto per me.”
 
“Avrei frainteso?” Domandò infastidito.
 
“Avanti Scott…ci conosciamo da così tanto e da quando ho detto quella cosa e mi sono accorta che eri dietro di me, sei diventato così strano.”
 
“E questo dovrebbe bastarmi?”
 
“Mi sono impappinata ed è uscita quella roba.” Mormorò, mentre alcune lacrime scivolavano lungo le sue guance leggermente più paffute rispetto alla prima volta.
 
“Sei una sciocca.”
 
“Io…”
 
“Stai meglio e si vede, tranquilla.” La rincuorò, buttandosi via nuovamente per quell’affetto bizzarro, asciugandole gli occhi.
 
“Sto male perché sono una stupida.”
 
“Finiscila.”

“Non ci riesco!”

“Lo vuoi capire che vederti piangere è un dolore anche per me?” Domandò, abbracciandola.

“Ma io…”

“Non fraintendere…questa non è una menzogna.”

“Perché?” Chiese, sussultando.

“Non capiresti.”

“Abbracciarmi così quando non c’è più Beverly rende le cose complicate.”

“Ti ho detto che le cose difficili non mi dispiacciono.” Ribatté serio, facendola tentennare.

“Forse neanche a me.” Borbottò, prendendolo per mano e trascinandoselo dietro per qualche passo.
 
“C’è altro?”
 
“Senti Scott…è quasi Natale.”
 
“Non voglio nessun regalo.”
 
“Oh tranquillo…te ne ho già fatto uno.” Sorrise divertita, facendolo arrossire lievemente.
 
“Ti aspetteresti qualcosa in cambio?” Domandò perfido.
 
“Non serve.”
 
“Ma ti farebbe piacere.”
 
“È pur sempre Natale.” Spiegò, mentre Scott apriva la porta del bar da perfetto gentleman e poi la invitava ad entrare.
 
“A me bastava saperti felice.”
 
“Non era sufficiente.” Ribatté lei, rendendosi conto che era l’unico, parenti esclusi, per cui si era impegnato con un regalo.
 
“Sediamoci e poi vediamo che fare.” Mugugnò, seguendo un cameriere che li aveva fatti accomodare su uno degli ultimi tavoli rimasti liberi.
 
“Non hai programmi?”
 
“Credevo di litigare, di tornare a casa e via sul divano.”
 
“Pessima scelta.” Commentò, vedendolo abbassare lo sguardo.
 
“Probabile.”
 
“Mi dispiace, Scott.”
 
“Di cosa?”
 
“Sono stata così ottusa, meschina e superficiale da credere che le altre volte non contassero molto perché erano una finta, ma mi sono piaciuti tanto quei momenti.”
 
“Ma abbiamo solo passeggiato.” Obiettò, facendole scrollare le spalle.
 
“A volte non importa cosa si fa, ma con chi si è.”
 
“Dicevi che volevi contraccambiare, che Beverly ti stava lasciando in pace e poi ho sentito che dicevi quelle cose sul mio conto…mi ha fatto male.”
 
“Lo so.”
 
“Credevo che avessi confuso tutto e che forse ero io ad aver esagerato.” Spiegò, mentre Dawn gli accarezzava una mano.
 
“Per capirsi, ci si deve parlare.”
 
“Sono un po’ preoccupato.”
 
“L’avevo intuito.” Lo rincuorò, facendolo sospirare.
 
“E se lo tenessi per me, poi potresti star male e mi riempiresti di messaggi da qui all’estate.”
 
“Programmi per le vacanze?” Domandò lei, sviando e credendo fosse più semplice prenderlo per gradi piuttosto che andare dritta al punto.
 
“Forse qualche giornata al mare, se ti vuoi unire.”
 
“Ci sono ancora diversi mesi e non ho nessun programma.”
 
“Comunque è una cavolata.”
 
“Se ti confonde e stai così giù, forse è molto di più.” Replicò lei, facendolo sospirare.
 
“Non mi fa più male quella roba, ormai è andata.”
 
“Cosa ti preoccupa?”
 
“Mi dà fastidio chiedertelo così, anche perché è passato poco tempo e sembra quasi che non abbia fiducia di andare in pari.”
 
“Cioè?”
 
“Potresti contraccambiare il favore?” Domandò, ritirando la mano per passare il menù all’amica.
 
“Se è una cosa difficile, dovrei pensarci.”
 
“Facciamo così…se il regalo di Natale non dovesse piacerti, puoi dimenticarti questo sfogo.”
 
“Non dovevi comprarmi nulla.” Ribatté, nonostante fosse sorpresa di come si era evoluto il loro rapporto che ora non sapeva più nemmeno come classificare.
 
“Avrai 10 minuti di tempo a Natale per il mio regalo?” Domandò, facendola sorridere.
 
“Anche tutto il pomeriggio.”
 
“Guarda che ci conto.”
 
“Mancano un paio di settimane, anche se non ho capito come hai fatto a trovare un regalo.”
 
“Difficile che sia stato così bravo da indovinare.”
 
“L’importante è il pensiero e lo apprezzerei anche se dovessi regalarmi una scatola vuota.” Lo rincuorò, scorgendo un debole ghigno.
 
“Nel dubbio ti offrirò questo giro.” Soffiò, sfogliando distrattamente il menù.
 
“Sei sempre troppo buono e generoso con me, Scott.”
 
“Ho dato spettacolo anche in televisione.”
 
“Me lo ricordo e non serve che parli di quella vipera.” Ringhiò, fissandolo nervosa.
 
“Non era mia intenzione, anche perché so benissimo che la cosa ti darebbe fastidio.” Ripeté, provando ad imitarla.
 
“No…perché non voglio vederti triste.”
 
“Io…”
 
“Potresti sorridere e basta?” Chiese seria.
 
“A me di Scott non importa niente…posso sorridere se continuo a rimuginare su questa cosa?” Domandò, vedendola irrigidirsi.
 
“Puoi perché ormai ci siamo chiariti.” Soffiò, alzandosi in piedi giusto per baciarlo su una guancia, arrossendo per quella situazione che si stava complicando sempre più.





Angolo autore:

Ryuk: Hola boss

La trama procede come al solito Anacleto?

Anacleto: Certo

Ryuk: Lo chiedi a lui e non a me?

Mi stai troppo sulle scatole per chiederti qualcosa

Anacleto: Perchè mi ha chiesto se tutto sta filando liscio

Percepisco un disturbo nella forza che ho impresso con impegno e dedizione in questa serie
In poche parole: Ryuk è una rottura e vuole metterci mano
Ma a sto giro col piffero...casini mentali e psicologici da paura
A presto

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Capitolo 5
*** Cap 5 ***


Prima di Natale si erano rincontrati almeno tre volte e non si erano mai azzardati a parlare di regali o del favore che Dawn doveva ancora saldare.
La Vigilia in casa del rosso era passata con una cena fin troppo abbondante tra parenti e ricordi, con i suoi genitori, l’anziana nonna e alcuni zii che erano euforici per il prossimo matrimonio di Alberta, portando Scott a tenersi piuttosto lontano da domande o interventi.
Sapeva bene cosa avrebbe causato semmai si fosse intromesso.
Vedeva quell’adorabile vecchietta che ancora oggi gli regalava 20 dollari per un gelato in centro, chiedere dove stava la fidanzatina o se era ancora una Iena senza controllo.
Non aveva voglia di rovinarsi anche quella sera.
Già bastavano i suoi genitori a bacchettarlo, ripetendogli che a 22 anni non era possibile essere solo come un cane e non voleva proseguire ulteriormente, anche perché alcune zie erano delle pettegole che non conoscevano la parola privacy.
Per questo era finito con il mangiare tranquillamente, aiutando la madre a sparecchiare, pur di non finire sotto la loro lente d’ingrandimento.
 
“Il piccolo Scott ha perso il reality…per due volte.”
 
Odiava essere il piccolo della casa.
Solo perché era il più giovane della tavolata, ciò non significava che a 22 anni fosse piccolo e dovesse essere trattato come un bambino.
Aveva imparato, sbattendoci il naso, com’era fatta la vita e non si basava su strategie, soldi o cattiveria.
Parlando con Dawn aveva imparato che il Karma, specie in questioni negative, ti ripaga con la stessa moneta.
Ecco perché aveva sempre cannato nel reality.
E qui aveva guardato dentro di sé e nel passato generale.
Chi aveva vinto i reality?
Owen.
Era forse cattivo?
Solo quando era digiuno, ma a pancia piena diventava un pezzo di pane.
Beth era una megera?
Nemmeno in qualche sogno sotto acidi.
Poi c’era stata Heather e lei era un’eccezione.
Cameron non odiava nessuno e, in ultima, Zoey aveva vinto, portando in finale Mal solo per risvegliare Mike.
Le altre stagioni non le avrebbe mai calcolate.
Un po’ perché erano pallose, un po’ perché non conosceva qualcuno per cui tifare.
Quindi su 5 stagioni analizzate, solo una volta la cattiveria aveva vinto la valigetta.
Basta cattiveria!
Troppo insensata.
Basta strategie e magheggi inutili!
Tanto si ritorcevano sempre contro.
 
“Scott ha perso la finale con una bolla e un babbeo.”
 
Non erano una bolla e un babbeo.
Erano due ex concorrenti del reality cui aveva partecipato e meritavano rispetto.
Lightning forse non era così allineato e aveva qualche rotella fuoriposto, Cameron era un vincitore inimmaginabile alla partenza, eppure loro con fortuna, sacrificio e sudore erano arrivati fino in fondo e si erano contesi il milione.
Gwen non si vergognava d’aver perso con Owen.
Duncan si era forse suicidato o aveva perso il sonno dopo essersi fatto superare da Beth?
Alejandro aveva ringhiato come un cane feroce dopo che Heather, sua futura fidanzata, l’aveva strapazzato in finale?
Nessuno si vergognava per lo sconfitto o lo derideva.
E poi era un gioco.
La fortuna era una variabile impazzita.
Oggi sei al suolo, domani vieni portato in gloria.
 
“E non ha nessun amico.”
 
No zio Alfred.
Gli amici li aveva.
È solo che preferiva tenerli lontani da una mandria di bastardi che sparlavano di tutto e tutti.
Li aveva, ma preferiva proteggerli.
Non voleva essere allontanato solo per alcuni parenti velenosi.
Anche se alcuni avrebbero risposto per le rime.
Pensava a una Jo che con le sue battute acide avrebbe fatto rizzare i pochi capelli rimasti in testa all’altro zio Steve.
Stacy li avrebbe stesi a suon di chiacchiere, vantandosi delle sue parentele illustri e guardando alcuni con superiorità, chiedendo se loro erano al suo stesso livello.
Duncan li avrebbe minacciati con un coltellino e una bomboletta di vernice, mentre Courtney era abile di sventolare una possibile denuncia per diffamazione o chissà che altro.
Forse non erano amici famosi o di peso incalcolabile, ma c’erano.
Se aveva bisogno con l’Università, qualcuno lo sosteneva.
Se cercava un consiglio immediato, le parole giuste saltavano fuori.
Non era solo.
Non lo sarebbe stato mai più.
 
“Apriamo i regali.”
 
Sì mamma.
Li apriremo perché sei tu a chiederlo.
Solo perché tutti ti amano e sai farti benvolere.
Ma anche perché era vicinissimo alla libertà e poteva uscire per portare il suo regalo a Dawn.
Sinceramente del maglione color oliva ricevuto o quel paio di calzini da montanaro non gl’importava nulla. Erano orrendi.
Li avrebbe buttati nel caminetto se poi i suoi genitori non si fossero offesi.
Sarebbero finiti in un angolo del suo armadio e alla prima occasione libera, mescolate ad alcune maglie ormai logore, se ne sarebbe sbarazzato.
 
“Io devo uscire.” Borbottò finalmente verso le 15, inviando un messaggio all’amica.
 
“Per andare dove? E poi è Natale.” Brontolò suo padre.
 
“Devo incontrarmi con una persona.”
 
“Potevi invitarla qui.”
 
“È Natale per tutti e voleva festeggiare con i suoi genitori.” Replicò a sua sorella, facendola tentennare.
 
“Ci metterai tanto?” Chiese una delle tre zie.
 
“Non lo so.” Rispose, prendendo il giubbotto invernale e afferrando un pacchettino che aveva nascosto in camera.
 
“Questa persona deve essere importante se le hai fatto un regalo.” Notò sua madre.
 
“Se lo meritava.”
 
“Tutto qui?” Seguitò la donna, facendogli scrollare le spalle.
 
“Sono in ritardo, fa freddo, mi starà aspettando e se si ammala me la prenderò con voi.” Ringhiò nervoso, cercando di sgusciare da quel terzo grado.
 
"Vai pure.”
 
“Spero che non ci sia più nessuno al mio ritorno.” Bisbigliò, cercando di farsi sentire solo dalla madre.
 
“Non ci contare troppo.”
 
“Potrei stare fuori fino a tardi per non correre il rischio.” Soffiò, facendola ridacchiare.
 
“Potessi…lo farei anch’io.” Mormorò, rendendo chiaro che anche lei poco sopportava quelle presenze ingombranti, ma costretta a fare buon viso a cattivo gioco per non litigare con l’amato consorte durante le festività natalizie
 
“Beh allora io vado…ci vediamo presto.” Borbottò, salutando velocemente i parenti e scappando il più in fretta possibile da quella casa infernale.
 
 
 
Non aveva niente contro i suoi parenti, ma erano pesanti.
Sempre i soliti discorsi triti e ritriti con alcuni slanci sulle solite idee politiche tradizionaliste.
I suoi zii continuavano a essere democratici convinti e non c’era obiezione accolta con piacere.
Non che Scott volesse obiettare qualcosa per finire a parlare di Washington o Lincoln.
La scuola liceale era finita da un bel po’ e un ripasso di storia era fuori luogo.
C’era solo un piccolo problema e sperava che Dawn potesse contraccambiare il favore delle settimane precedenti.
Avrebbe comunque capito un suo rifiuto.
Era qualcosa di problematico, imbarazzante e molto più complicato da eseguire e gestire rispetto alla sua intromissione contro Beverly.
Inspirando profondamente, guardò nuovamente il cellulare e rabbrividì.
Era in ritardo di almeno 10 minuti e questo andava tutto a suo svantaggio. In passato, quando doveva chiedere una mano, si era sempre premunito di arrivare puntuale, credendo che far aspettare qualcuno potesse far vacillare il tutto verso un secco no.
Provando ad allungare il passo, quasi scivolò su un lastrone di ghiaccio, portandolo a credere che ci mancasse giusto una frattura per concludere le feste in bellezza.
Seduta sulla panchina del parco, intenta a fissare il nulla che aveva davanti e per nulla spazientita del suo ritardo, Dawn stava aspettando.
Sorrise nel vederlo avvicinarsi e la sua felicità aumentò nel vedere che tra le mani stringeva un pacco con fiocco rosso.
 
“Scusa…scusa, è tanto che aspetti?” Domandò lui con un po’ di fiatone, facendola negare.
 
“Poco.” Ammise, scaldandogli il cuore con un sorriso così unico e sincero.
 
“Ho subito un terzo grado per essermene andato prima che tutti iniziassero con i loro stupidi giochi di società dove perdo sempre.”
 
“Idem.”
 
“Sei di poche parole.” Costatò, vedendola stringersi nelle spalle.
 
“Buon Natale Scott.” Soffiò, baciandolo su una guancia e vedendolo arrossire, quasi non si rendesse conto che era nelle medesime condizioni.
 
“Anche a te, Dawn.” Mormorò, contraccambiando quel gesto e facendola trasalire per una mano ghiacciata che le aveva accarezzato la guancia.
 
“Sei gelido.”
 
“Sicura che non sia tu ad essere troppo freddolosa?” Domandò scherzoso, sfilandole il cappellino di lana.
 
“Odio il freddo e lo sai.” Replicò, facendolo annuire e provando a riprenderselo, mentre lui lo alzava un po’ troppo in alto e rendendole impossibile ogni vittoria.
 
“Oggi mi sembri un po’ più stanca del solito.” Borbottò, mentre lei continuava imperterrita, anche in punta di piedi ad afferrare il suo cappellino rosso, facendo ridere Scott che non sapeva se continuare con quel piccolo scherzo o fermarsi prima che fosse tardi.
 
“Ho dormito poco in quest’ultima settimana.” Ammise, fissandolo intensamente.
 
“Perché? Ci sono problemi?” S’informò preoccupato, restituendole il cappellino prima che si prendesse un malanno e prima di sentirsi il solito bastardo che non cresce mai.
 
“Sai Scott…quando abbiamo parlato di regali tempo fa…beh te l’avevo fatto, ma non mi convinceva.”
 
“Quindi hai cambiato idea?” Domandò, mentre lei gli porgeva una borsetta.
 
“Era così…così distante da quello che pensavo e provavo.” Si scusò, abbassando il capo.
 
“Cosa avresti fatto?”
 
“Se te lo dicessi, dove starebbe la sorpresa?” Chiese, sfoggiando un sorriso che lo fece sospirare.
 
“Prima tu.” Borbottò lui di rimando, porgendole il pacchettino che aveva incartato solamente la sera prima e solo quando era certo che tutti stessero dormendo profondamente.
 
“Perché così potrai sapere se intendo aiutarti o meno?”
 
“Non ti voglio obbligare in nessun modo.” Ribatté, notando come stesse togliendo lo scotch con estrema cura.
 
“Vediamo cos’è.”
 
“Dimmi pure se non ti piace, così almeno andiamo insieme e ti compro qualcosa di diverso.” Mormorò, facendola sospirare.
 
“Devi aver speso parecchio.” Soffiò, notando che sulla scatola era riportato il nome di una gioielleria abbastanza famosa.
 
“Anche se fosse, non vedo il problema.”
 
“Io…”
 
“Ho svolto alcuni lavoretti da mia nonna e ho fatto su un bel gruzzolo.” Ammise, ricordandosi delle tre ore per spalare la neve dal vialetto o di tutta la polvere che aveva respirato nella soffitta angusta dove, tra l’altro, aveva trovato una vecchia collezione di dischi ed alcune figurine che non ricordava nemmeno più di possedere.
 
“Ma è…è…”
 
“Ti piace?” Domandò preoccupato, notando come alcune lacrime fossero scese dai suoi occhi.
 
“È bellissima.” Soffiò, sfiorando la collana con pendente turchese.
 
“Si abbina ai tuoi occhi.”
 
“Io…io…la amo.” Mormorò, facendolo arrossire.
 
“Dawn...”
 
“Non ho mai ricevuto un regalo così bello…la metterò sempre, la custodirò come un tesoro…non è un sogno, vero?”
 
“Se lo fosse, sarebbe il sogno più bello che abbia mai fatto.” Rispose Scott, abbracciandola teneramente.
 
“Posso metterla, vero?” Chiese, dubitando ancora che fosse reale.
 
“Vorrei farlo io, ma ho le mani fredde.”
 
“Le mani saranno fredde, ma il tuo cuore non lo è.”
 
“Sicura?”
 
“So che non mi faresti mai del male.” Mormorò, mentre lui si staccava e le metteva al collo il suo regalo.
 
“Come potrei?”
 
“Ti piace come mi sta Scott?”
 
“Così come ti ho sognato.”
 
“Non sapevo che facessi incubi simili.” Lo provocò, facendolo ghignare.
 
“Un incubo è Chef che ti obbliga a mangiare le sue porcherie, non una ragazza che finalmente è felice e può brillare.”
 
“Ora, però, devi scartare il tuo regalo.” Obiettò lei.
 
“Sembra che oggi sia la giornata dove odi i complimenti.” La punzecchiò.
 
“Sono nella posizione di credere che il mio regalo non ti piaccia.”
 
“Scopriamolo subito.” Mormorò lui, prendendo la borsa e facendo uscire un pacchetto poco più grande del suo, ma avvolto da una carta blu con fiocco dorato.
 
 
A giudicare dalla mera grandezza, Dawn poteva vincere facilmente.
Il contenuto, però, avrebbe fatto la differenza e chiarito se quello scambio di regali era alla pari o se qualcuno era in debito.
Ok che Dawn sarebbe stata felice anche con una scatola vuota, l’aveva affermato candidamente, ma quella verità era identica a quella che l’amico cercava di nascondere dietro un semplice sorriso.
Non era stato dimenticato e questo gli era sufficiente.
Che poi uscisse un semplice portachiavi o magari una cover cinese per lui era uguale: sarebbe stato, comunque, di ottimo umore.
Aveva pensato di usare la medesima cura, di staccare lo scotch con calma, ma questo si discostava dalla sua impazienza di scoprire cosa si fosse inventata Dawn per renderlo felice.
Infatti aveva disintegrato la carta, ritornando bambino e non curandosi minimamente di fare coriandoli e di sporcare ovunque.
Erano passati anni da un regalo all’altezza.
Anni da una sorpresa inaspettata.
E così ben presto sentì qualcosa di caldo e soffice tra le mani per poi fissare stralunato Dawn.
 
“Fa freddo Scott.” Si difese lei, mentre lui studiava con attenzione quel regalo.
 
“Io…”
 
“Vai sempre in giro senza cappello, guanti e sciarpa…ti prenderai un raffreddore.” Mormorò, giochicchiando con una ciocca di capelli.
 
“Io…io…grazie.”
 
“Ti piacciono? Li ho fatti a mano.”
 
“Sì…moltissimo.” Borbottò, rivolgendole un sorriso.
 
“Ne sono felice.” Ammise, mentre lui si infilava cappello e guanti.
 
“Anch’io.”
 
“Devi coprirti bene, l’inverno è rigido.” Lo rimproverò, avvicinando una mano per sistemargli meglio la sciarpa.
 
“Meglio l’estate.” Confermò, facendola annuire.
 
“Almeno così sono sicura che non starai male.”
 
“Già.” Soffiò, sentendo le sue braccia cingerlo per un nuovo abbraccio.






Angolo autore:

Sto diventando un sentimentale
E questo è un brutto segno.

Ryuk: Io approvo

Anacleto: Strano

Prima che Ryuk noti che è da due settimane che non sta facendo un bel niente, me ne vo.
Forse ci sono errori in giri
Forse sono stato un po' prolisso, ma abbiate pazienza
Vi sfido a lavorare con uno shinigami ossessionato
A presto

Anacleto: E ovviamente buon Halloween e buona settimana a tutti!

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Capitolo 6
*** Cap 6 ***


Era la prima volta che riceveva un regalo fatto in casa.
Lei per essere sicura che stesse bene e non si ammalasse, aveva passato diverse notti insonne per lavorare a maglia.
Perché doveva essere così dolce e paziente?
Bastava andare in qualunque negozio e sarebbe andata bene.
Non per Dawn.
Il regalo doveva venire dal cuore e poiché era capace di cavarsela con le sue sole forze, aveva pensato a un qualcosa che gli rimanesse impresso nella memoria.
Che sarebbe arrivato l’inverno, avrebbe sempre indossato quel kit.
E se un giorno si fosse sgualcito o rovinato, avrebbe chiesto a Dawn di metterci un punto o di sistemarlo, se possibile.
Senza volerlo sentì gli occhi riempirsi di lacrime e queste iniziarono a scivolare lentamente.
Era diventato tenero come un batuffolo e si piegava con niente.
Non se ne vergognava.
Semplicemente aveva esposto le sue debolezze a una persona che stimava e apprezzava.
Si trattava di un aiuto comune, di non doversi sobbarcare responsabilità e problemi con testardaggine e di crescere per il benessere altrui.
Dawn aveva passato le ultime notti senza dormire solo per lui.
Non per un altro.
Contava qualcosa o stava correndo come al suo solito?
 
“Stai piangendo.” Mormorò lei, sentendolo tirare su con il naso.
 
“Mi è entrata un po’ di polvere negli occhi.”
 
“Devo crederci?” Lo stuzzicò, aspettandosi una risposta acida.
 
“Cosa sono io per te?” Domandò intimidito.
 
“Non lo so, Scott.”
 
“È tutto complicato.”
 
“E le cose complicate oltre a essere…beh complicate, mi fanno confusione.” Ammise lei con un lieve sorriso.
 
“Se fossero semplici?”
 
“Ti annoierebbero.”
 
“Per una volta potrebbe non essere così.” Replicò serio.
 
“Perché?”
 
“Scott adesso ha un bel cappello e lo metterà sempre.” Borbottò lui, imitando senza volerlo l’amico Lightning.
 
“Ti basta questo?”
 
“Ovviamente no.”
 
“Non ti capisco, Scott.”
 
“Senti…mi potresti aiutare?” Domandò, cercando di non forzare troppo la mano.
 
“Come?”
 
“Puoi contraccambiare o no?”
 
“Dipende.”
 
“Ok…ok…sono io che non ho spiegato nulla, vero?” S’informò, vedendola annuire.
 
“Capita.” Minimizzò, invitandolo ad alzarsi per fare quattro passi prima di trasformarsi in due statue di ghiaccio.
 
“Mia sorella si sposa.”
 
“Congratulazioni!” Commentò entusiasta.
 
“Rompe con i vestiti, con i preparativi, con la cerimonia…meno sto a casa e l’ho intorno, più la mia salute mentale ne guadagna.”
 
“Sempre il solito esagerato.”
 
“Insomma…sta vagliando ogni menù: oggi pesce, domani carne, dopodomani vegano per non infastidire una sua amica.” Borbottò negativo.
 
“E tutto ciò si ripercuote sull’armonia famigliare.”
 
“Le bomboniere, il viaggio di nozze, i testimoni, gli anelli, il ristorante…mancano appena 2 mesi e sa solo dove sposarsi.” Mugugnò, inspirando profondamente.
 
“Non mi chiederesti un favore su un matrimonio.”
 
“Sì e no.”
 
“Le serve un consiglio?” Domandò preoccupata.
 
“Non ascolterebbe mai un consiglio, specie se proviene indirettamente da me.”
 
“Dovrei convincere tua sorella del contrario?” Riprovò, pensando fosse quella la sua richiesta principale e vedendolo sbuffare.
 
“Nah…ci metteresti un anno a farle cambiare idea: Lucas se la deve portare via tra due mesi.”
 
“Mi sottovaluti.”
 
“Vedi Dawn…il problema non è mia sorella, non il principale s’intende.”
 
“Quale sarebbe allora?” Domandò sempre più in ansia, mentre lui si fermava e faceva uscire una piccola nuvoletta di vapore.
 
“I vecchi.”
 
“Di che vecchi stai parlando?”
 
“Sono dannatamente vecchi…mi stanno rovinando anche questo Natale.” Mugugnò infastidito.
 
“Ci stai girando intorno.”
 
“È imbarazzante da chiedere.”
 
“Cioè?”
 
“Vorrei salvare un minimo la faccia…ho un po’ d’orgoglio, ma è un casino.” Soffiò, mugugnando qualche parolaccia tra sé e sé.
 
“Sentiamo.”
 
“Mi è più facile prenderla alla lontana…non dispiacertene, ma preferisco fare così.”
 
“Basta che tu finisca la storia.” Lo rassicurò, riprendendo a camminare.
 
“La mia famiglia è piuttosto, come dire…tradizionalista?”
 
“Cioè?”
 
“Il tacchino per cena al Ringraziamento, le maschere di Halloween, il giorno dell’Indipendenza…sono una rottura.” Elencò annoiato.
 
“A volte sì.” Confermò lei.
 
“E sono asfissianti.”
 
“Davvero?”
 
“Ho 22 anni…che cosa molesta avere dei parenti così pettegoli.” Ringhiò nervoso, sentendo una mano stringere la sua.
 
“Stai calmo Scott…non rovinarti anche questo Natale.”
 
“Non sarebbe una novità.” Ridacchiò ironico.
 
“Continua.”
 
“Senti Dawn…è strano, ma mi serve un favore…grosso favore.”
 
“Cioè?”
 
“Proprio per il giorno del matrimonio.”
 
“Non ti seguo.” Soffiò, sentendolo inspirare più volte.
 
“Con te ho finto solo per Beverly…puoi farlo anche per me?”
 
“Io…”
 
“Puoi fingere di essere la mia ragazza durante quel giorno così nessuno spettegolerà?” Chiese, facendola arrossire.
 
“Scott…”
 
“È imbarazzante…100 invitati da ingannare, cavolo.” Mugugnò, infilando una mano sotto il cappello per grattarsi nervosamente la nuca.
 
“Ma noi…”
 
“Poi finita quella cosa…tempo qualche giorno fingiamo di litigare e via.”
 
“Non vorrei litigare.”
 
“Era così per dire.”
 
“Nemmeno per scherzo voglio sentire una cosa simile.” Replicò, facendolo sospirare.
 
“Ok…ok…niente litigio.”
 
“Quale sarebbe il motivo di fondo per questo favore?”
 
“Non è evidente?” Domandò curioso.
 
“Per me riguardava Beverly…tu?”
 
“Quelli riderebbero di me, non che m’importi poi così tanto, ma vorrei evitare a mia sorella una brutta cerimonia, specie quando sono i miei nonni che tirano fuori discorsi tipo…Ah alla mia età, noi a quest’ora eravamo sposati e con un figlio…roba da dopoguerra.”
 
“Non conosco nessuno.” Ribatté lei leggermente preoccupata.
 
“Lo so, ma ti racconterei alcune cose prima di quel giorno, sicuro rimarrei sempre con te così nessuno ti darebbe fastidio e farei le dovute presentazioni.”
 
“Io…”
 
“Tipo…lei è la mia Dawn, stiamo insieme da…boh Natale, abbiamo partecipato al reality di Chris, poi ci siamo ritrovati…ed è scoppiata la scintilla.” Provò sul momento, mentre lei a sentire quel discorsetto era arrossita.
 
“E credi sia facile ingannarli?”
 
“Li conosco: ti chiederanno cosa ti ha fatto innamorare, qualche altra cavolata e poi penseranno alla cerimonia e al cibo.” Spiegò, pensando di essere più vicino a un secco no piuttosto che a un tranquillo e rilassante sì.
 
“2 mesi.”
 
“Già.”
 
“E se mi rifiutassi?” Domandò seria.
 
“Starei male, ma ti capirei.”
 
“Io…”
 
“Ovviamente non rinuncerei alla nostra amicizia.” Ammise, facendola annuire.
 
“Ti conosco a sufficienza, Scott.”
 
“Quindi?”
 
“Sembra che per evitare guai, dovremo mentire in continuazione.”
 
“Mi aiuterai?” Domandò serio, mettendosi davanti a lei per fissarla intensamente, quasi volesse capire se era convinta della sua scelta, se voleva andare veramente a fondo della cosa o se al momento del matrimonio, ecco che avrebbe inscenato un imprevisto per non presentarsi.
 
“Anche tu, però, dovrai aiutarmi.”
 
“A fare cosa?”
 
“Nella scelta del regalo e del vestito.” Sorrise divertita.
 
“Quindi verrai?”
 
“Lo faccio volentieri.”
 
“Non ti sto obbligando.”
 
“Se ti aiuto è perché lo voglio, non per altri motivi.” Soffiò convinta, riprendendo a camminare giusto per portarlo a casa sua per un semplice caffè.




Angolo autore:


Ryuk: C'è nessuno?

Sì Ryuk.
Non urlare
Ero addormentato e non sono mica sordo

Ryuk: 2 mesi

Senti sono un orso in incognito, se non vado in letargo la missione salta e non mi pagano

Ryuk: Ma che...

Anacleto: Sentito Ryuk?

Ryuk: Sentito Ryuk...pure sto uccello impagliato mi deve scocciare

Bene sono tornato
Forse per fine anno un altro capitolo uscirà
A presto!
 

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Capitolo 7
*** Cap 7 ***


Tra il parlare con Dawn davanti una buona tazza di caffè e lo scambiare alcune battute con i suoi genitori, Scott era rientrato a casa molto tardi.
Erano circa le 22 quando la serratura iniziò a dare segni di vita e, appena entrato, notò come non ci fossero molte scarpe nel ripostiglio, segno che i suoi parenti si erano finalmente levati di torno e poteva godersi un po’ di relax.
Non aveva fame, in quanto tra pranzo e un semplice toast da Dawn si sentiva apposto, e per questo la sua intenzione era d’ignorare salotto e cucina, di disinteressarsi completamente alle chiacchiere che provenivano proprio da quella direzione, di scivolare in bagno e poi in camera, ma il casino della televisione, ovattato e a tratti quasi oscurato, lo attirava come una falena con la luce.
Seduta sul divano c’era la sorella e dal tono con cui rispondeva ai suoi genitori non sembrava molto contenta e pareva, anzi, infastidita.
Ecco gli faceva brutto entrare, chiedere ad Alberta di aggiungere un invitato, quando lei stava discutendo animatamente, dando l’idea di un Natale orribile, forse il peggiore di tutta la sua vita.
 
“Potremmo chiedere a Scott che ne pensa!” Urlò la diretta interessata, vedendolo costretto a farsi avanti.
 
“Non credo voglia essere disturbato.”
 
“Riguarda il mio matrimonio e lui ne fa, comunque, parte.” Replicò al padre, portando Scott a sedersi su una sedia per sentire che altre idiozie sarebbero saltate fuori.
 
“Sentite sono stanco di sentirvi urlare per questo benedetto matrimonio, domani devo vedermi con una persona e vorrei avere qualche ora di sonno extra, invece, di presentarmi con le occhiaie e a sbadigliare ovunque mi porterà.”
 
“La stessa persona di oggi?” Indagò suo padre.
 
“Se anche fosse, dove sarebbe il problema?” Domandò, scrollando le spalle.
 
“E dove andrete?” Seguitò la madre.
 
“Ovunque sia, starò bene.”
 
“Chi sarebbe?” Riprese il padre, mettendo Scott in una condizione difficile, in quanto doveva destreggiarsi in un interrogatorio con tre persone, cercando di rimanere calmo e inflessibile per non bruciarsi una richiesta con la sorella.
 
“Prima voglio sapere che cosa c’è che non va e poi rispondo.” Soffiò, mettendosi chiaramente sulla difensiva.
 
“Durante il pomeriggio, zio Steve e quella stronza della sua nuova compagna, non hanno fatto altro che criticarmi sul matrimonio, fratellino.” Ringhiò Alberta, facendolo sospirare.
 
“Loro criticano? Beh li taglierei fuori dagli invitati.” Ammise a cuor leggero.
 
“E al loro posto inviterei zia Anna.” Confermò la sorella, sapendo, però, che sarebbe stato difficile convincere il padre.
 
“Ti stavano criticando perché non è saggio sposarsi dopo questi pochi anni di fidanzamento.”
 
“8 anni ti sembrano pochi?” Ribatté Alberta.
 
“Caro…tua figlia non ha torto.”
 
“Non impari a conoscere mai a sufficienza una persona.”
 
“Sì certo, perché zio Steve è stato molto corretto a cornificare zia Anna con quella megera quando lei era in ospedale.” Mugugnò Scott, schierandosi apertamente dalla parte dell’ala femminile della sua famiglia.
 
“E lei allora?”
 
“Lei si è vendicata a divorzio ottenuto.” Soffiò il rosso, sorridendo compiaciuto.
 
“Il ristorante non è chic, gli anelli non sono belli, i testimoni sembrano degli idioti…è il mio matrimonio, non il loro.” Ringhiò Alberta, scattando in piedi.
 
“Ma loro…”
 
“Devono stare fuori dalla mia festa!” Tuonò inviperita.
 
“Mia sorella ha ragione: è perché me ne sono andato, altrimenti sarei rimasto solo per sentire i loro rimproveri.”
 
“Credo che zio Steve se ne starà seduto sul divano con una birra ghiacciata…tanto il servizio postale qui è pessimo.” Mormorò la madre divertita, lasciando intendere che si sarebbe dimenticata d’imbucare il suo biglietto d’invito.
 
“Ma loro…”
 
“Zia Anna e il suo nuovo marito…fine della storia!” Ringhiò Alberta, avvicinandosi minacciosamente al padre con uno sguardo da matta.
 
“A proposito di invitati.” Buttò lì il rosso, pensando che quella era un’occasione più unica che rara per giocarsela.
 
“Siamo apposto così.” Soffiò Alberta.
 
“Sì non lo metto in dubbio, ma se…beh…ci fosse…una persona in più?”
 
“Chi?”
 
“Avrei voluto chiedervelo in un momento migliore, ma è possibile?” Domandò, intendendo che aveva interesse d’invitare qualcuno.
 
“Dipende da chi è.” Replicò suo padre che non avrebbe accettato nessuno a buon mercato, anche perché aveva appena fatto fuori il fratello maggiore, senza impegnarsi più di tanto a farlo intrufolare con qualche moina o promessa da marinaio.
 
“Cioè?”
 
“Se si tratta di qualche idiota del reality, di qualche babbuino della tua palestra o di qualche decerebrato delle superiori, la risposta per me è no.”
 
“Alberta?” Domandò Scott, facendola negare.
 
“Su questo papà ha ragione: niente teste matte.”
 
“Io…”
 
“Vuoi forse vedermi infuriata? Rischi di trovarti appeso al lampadario della sala oppure potrei chiedere allo chef di metterti in cella frigo per una mezzoretta.” Lo minacciò, rendendo limpida la sua idea di matrimonio tranquillo.
 
“Ok…ok…ma se questa persona del reality fosse tranquilla?” Chiese leggermente sollevato, impuntandosi proprio su quel tasto.
 
“Anche Courtney sembrava tranquilla.” Ribatté la madre.
 
“Lo so, mi ha fregato per bene.”
 
“Chi sarebbe, fratellino?”
 
“Questa ragazza non farebbe del male a una mosca…lei mi piace.” Mormorò, arrossendo appena e sentendosi molto più leggero.
 
“Sei uscito oggi solo per vederla?”
 
“Per darle il mio regalo e per dichiararmi…è Natale.” Si giustificò, grattandosi la nuca.
 
“E immagino che uscirai con lei anche domani.” Ipotizzò Alberta.
 
“Siamo entrambi in pausa con l’Università, ci divertiamo molto quando siamo insieme e il tempo sembra volare.”
 
“Potremmo conoscerla prima di allargare il numero d’invitati?” Domandò sua madre.
 
“Non subito…è molto timida e viene da una storia difficile.”
 
“Quando allora?” Chiese suo padre, fissandolo storto e non riuscendo minimamente a perdonare la sua famiglia per quel voltafaccia verso lo zio Steve, anche se c’era questa famosa fidanzata di Scott a fare da contraltare.
 
“Settimana prossima la invito per un caffè…niente proclami, niente confusione: a lei ci tengo molto e non voglio perderla.”
 
“Era anche ora.” Mugugnò suo padre.
 
“Le cose facili non piacciono a nessuno.” Soffiò divertito, allontanandosi dal salotto e salutandoli per andarsene in camera a dormire.
 
 
 
Vero.
Le cose facili ti portano alla noia.
Per una volta, una soltanto, avrebbe voluto esprimere un desiderio. Non avrebbe mai preteso qualcosa che fosse così distante da far rima con miracolo. Una cosa semplice, ma allo stesso tempo parecchio bizzarra, se non delirante.
Niente numeri magici alla lotteria o assurde combinazioni sportive che lo portassero a centrare una vincita milionaria.
Voleva soltanto che Dawn fosse facile da comprendere.
Non voleva ingannarla, né rimanere solo.
Ci teneva veramente a lei.
Perché stava così?
Era spaccato a metà.
Non voleva innamorarsi di lei per poi sentirsi dire che non era minimamente ricambiato. Sarebbe ritornato a quando stava con Courtney con tutte le conseguenze del caso, con dolori annessi, dubbi infiniti, lacrime da bimbo.
E la cosa avrebbe troncato la loro amicizia.
A questa ci teneva molto.
Non voleva nemmeno illuderla.
Rivoleva soltanto il suo cuore.
Buttarlo così, poteva fargli male.
Lo aveva affidato alla prima persona capace di farlo sorridere dopo un tempo che gli era parso infinito.
Perché era diventato così?
Era Natale.
Lo stava rovinando?
Di nuovo.
Ancora con quell’atroce dubbio di non essere sufficiente.
Di essere un semplice rimpiazzo in attesa di qualcun altro.
Non voleva essere un Duncan richiamato all’improvviso.
Odiava essere un Trent con la sua mania del 9 capace di riprendere una relazione ormai schiantata.
Era abbronzato come Alejandro?
Muscoloso e famoso come Justin?
Ammirato come Geoff?
Scanzonato come Owen?
Intelligente come Harold?
Lui era solo Scott.
Uno che aveva dato il suo cuore ed era rimasto fregato.
“Mi sono divertito, è stata…”
No.
Era un messaggio patetico da persona patetica che pateticamente prova a creare qualcosa in più di un’amicizia.
Tutto così pateticamente patetico.
Doveva impegnarsi di più.
“Domani dove andiamo? Stavo pensando a…”
Così sembrava che non avesse il controllo della situazione, in attesa che lei scegliesse una qualsiasi destinazione, consapevole che una strattonata al guinzaglio e lui le sarebbe corso dietro.
E così era passato dall’essere imbarazzante a un’insicurezza spiazzante.
Voleva essere libero di sbagliare.
Patetico all’ennesima potenza.
“Senti…andiamo…”
Era passato dalla passività estrema, all’essere feroce e dittatoriale in una semplice rampa di scale.
Così l’avrebbe fatta scappare in un attimo.
Patetico fuori scala.
Perché si rendeva sempre così clownesco nell’approcciarsi alle ragazze?
“Ragiona Scott…cerca di essere meno…te stesso.”
Meno sé stesso.
Che cosa doveva essere?
Era troppo complicato.
E questo gli faceva venire il nervoso.
 
Tornato a casa sano e salvo, regalo fantastico…domani mi piacerebbe vederti e stavo pensando a una cosa.”
 
Ok non era il suo massimo e altri avrebbero potuto fare di meglio, ma almeno l’aveva buttata sull’ironia, azzardandosi a un nuovo appuntamento che non l’avrebbe ferito se lei si fosse rifiutata per chissà quale impegno.
Sperando sempre che non fosse già crollata dal sonno e non rispondesse l’indomani sotto mezzogiorno, mandando in vacca ogni tentativo e portandolo a girarsi tra le coperte, chiedendosi se non avesse letto e non volesse rispondere per paura di ferirlo.
Avanti lo sapeva bene che era un suo difetto atroce.
In molti gli dicevano che superato il primo scoglio, quello dove tutti vedevano solo il suo lato burbero, subentrava una dolcezza spiazzante che raramente cadeva nell’appiccicoso.
 
“Dovrei essere io a ringraziarti, Scott.” Scrisse lei, cogliendolo impreparato, quasi fosse anche lei davanti allo smartphone, ma indecisa su come farsi avanti.
 
“Di cosa?”
 
“Amo la tua collana.”
 
“Mi hai messo in difficoltà.” Digitò per non fermare la conversazione, accendendo la luce della sua camera.
 
“Per una volta sono complicata.”
 
“Vorrei che ci vedessimo per parlare.”
 
“Del matrimonio di tua sorella?”
 
“So che non era in programma e ti devo chiedere un favore…un altro.” Ammise, iniziando a spogliarsi per andare a letto.
 
“Quale?” Chiese lei, immaginando che fosse stanco di chiedere aiuti.
 
“Non credevo di dover convincere anche i miei.”

“Come?”

“Prima di darti l’invito, vorrebbero vederti almeno una volta.”

“Va bene.” Digitò subito, facendolo tentennare.

“Sul serio?”

“È solo un favore più grande del previsto, niente di difficile.” Minimizzò, continuando a riguardare il suo regalo di Natale preferito.
 
“Sei libera di rifiutare.”

“Quando si fa una promessa, la si deve mantenere a tutti i costi.” Replicò seria.

“Ti ringrazio, Dawn.”

“Ovviamente non ho intenzione di venire a mani vuote.”

“Lo immaginavo.”

“E anche se forse non ci crederai, le cose complicate sono sì belle perché intriganti, ma è nella semplicità che spesso si ritrova sé stessi.”
 
“Credo tu sia nascosta da qualche parte…mi conosci troppo bene.” Sorrise sollevato.
 
“Domani alle 10 al parco e poi vediamo che fare? Ti può andar bene?” Domandò, facendolo riflettere per qualche secondo.
 
“A domani…e copriti bene!”

“Notte Scott.” Digitò, scrollando quell’ultima chiacchierata e arrossendo per quando aveva affermato di amare il suo regalo, chiedendosi se quella non fosse una sorta di dichiarazione indiretta.
 
“Notte angioletto.” La salutò, infilandosi sotto le coperte e chiudendo la luce su quel Natale che, a suo avviso, era il migliore della sua vita.








Angolo autore:

Ryuk: Sono passati 2 mesi

Alleluia
Hai imparato a contare

Ryuk: Anche per questo 2023 la puntualità la buttiamo nella lista delle mancanze?

Sì, sì
Non è poi sempre colpa mia

Ryuk: Ah no?

Anacleto: Chi ha la password? Le storie in testa?

Ryuk: Le cartelle nascoste?

Oh...siete proprio degli adulatori
E va bene...spero di finire questa storia il prima possibile.
Diciamo che fino a quando non vedo almeno una recensione la mia voglia di aggiornare si schianta, poi subentra la pigrizia e...vabbè che ve lo dico a fare.

Ryuk: rocchi si rifece vivo nel 2024

A presto!
(Spero)

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Capitolo 8
*** Cap 8 ***


I suoi genitori erano delle persone complicate da capire e da aggirare.
Ricordava perfettamente quanto gli era stato difficile saltare un giorno di scuola, con la loro attenzione costante al libretto personale e ad eventuali termometri appoggiati su lampadine utili per esibire una lieve febbriciattola.
Una volta era stato mandato a scuola con un 38 pieno ed era tornato a casa che gli pareva d’essere stato investito da una mandria di bufali impazziti.
Non che fosse sempre stato così onesto: la loro dimostrazione di sfiducia era una chiara conseguenza di tutte le volte che aveva provato a farli fessi.
Era semplice.
Elementare.
Tu inganni noi una volta, noi dubiteremo di te in continuazione.
Forse era anche colpa di Alberta: lei da bambina era tremenda e li aveva addestrati per bene, così da non ripetere errori anche con ulteriori figli.
Così aveva preferito non preparare nulla con Dawn.
Niente trucchi, inganni o storie campate per aria.
Sarebbe andata così come doveva essere.
E quella mattina quando era andata a prenderla per poi portarla a casa a bere un semplice caffè con tanto di pasticcini al seguito, non era stato di buona compagnia.
 
“Andrà tutto bene.” La rassicurò, rivolgendole un sorriso prima di aprire la porta.
 
“Ma Scott…”
 
“Mio padre non c’è perché è al lavoro, dovrai solo convincere mia sorella che è l’osso più duro, ma basterà tirare fuori qualcosa sul suo matrimonio e andrà in tilt.” Sorrise, facendola annuire.
 
“Sicuro?”
 
“Al massimo potrò ripetere che sei un po’ timida e magari ci concedono questo invito.”
 
“Va bene, Scott.”
 
“Aspetta…io…beh…grazie.” Soffiò in imbarazzo.
 
“Andiamo prima che tua madre abbia qualche dubbio.” Lo incoraggiò, mentre Scott l’accolse nell’ingresso, invitandola poi a seguirlo in salotto, dove sua madre era intenta a leggere una rivista e Alberta a scrivere come un’indemoniata al cellulare.
 
“Mamma…sorellona…vi presento la mia ragazza.” Soffiò, portandole ad allontanare i loro passatempi per studiare quella sconosciuta.
 
“Signora…ehm cioè signore…no beh…io…io…”
 
“Scusatela è un po’ timida.” S’intromise Scott.
 
“Tranquilla tesoro, non siamo una famiglia di cannibali.” Tentò la madre del rosso, sperando di metterla a suo agio.
 
“Mio fratello è un tale idiota, ma sembra che i suoi neuroni abbiano funzionato bene per una volta.”
 
“Sempre dolcissima Alberta.” La sbeffeggiò Scott, guadagnandosi una linguaccia come risposta.
 
“Ecco io sono…mi chiamo…”
 
“Dawn giusto?” Domandò Alberta, facendola tentennare.
 
“Io…beh sì…”
 
“Ti abbiamo vista in televisione, sappiamo diverse cose sul tuo conto. Mio fratello è stato una carogna a buttarti fuori in un modo così inelegante.”
 
“Era un gioco…ed eravamo così stupidi e immaturi.” Soffiò, ritrovando un po’ di sicurezza, mentre la signora Deacon le faceva cenno di accomodarsi su una delle tante sedie a disposizione.
 
“L’hai perdonato?” Domandò Alberta.
 
“Con me in questi ultimi mesi è stato dolcissimo.”
 
“Perché mi piaci.” Ammise Scott, facendola arrossire.
 
“Io…ecco…”
 
“Non sei abituata a queste confessioni?” Domandò la signora Deacon.
 
“Il mio ex non era così romantico.”
 
“Mio fratello non ci ha ancora detto come vi siete messi insieme, se potessi farlo tu al suo posto sarebbe molto meglio.” Seguitò Alberta, preparandosi mentalmente già altre domande con cui tartassare la fidanzata del fratello.
 
“Oddio…è così complicato da spiegare.”
 
“L’ho aiutata con una questione privata, poi una cosa tira l’altra ed eccoci qua.” Riassunse Scott, ricevendo un’occhiataccia dalla sorella.
 
“L’ho chiesto a Dawn…non a te furbacchione.”
 
“Mi ero appena lasciata con il mio ex che continuava a infastidirmi, io e Scott ci siamo trovati in un bar e abbiamo iniziato a parlare…mi ha aiutato tanto.”
 
“Come?” Domandò la madre di Scott, continuando a sorriderle.
 
“Era così sciupata che mi veniva il nervoso a vederla così giù per colpa di un bastardo.”
 
“Scott…”
 
“Come potevo permettere alla ragazza che ho sempre amato un tracollo simile? Io…io…non l’avrei mai accettato.” Ringhiò, appoggiando una mano sulla sua spalla.
 
“Non ho capito granché.” Ammise la donna, mentre la sua mente fluttuante andava già al prossimo matrimonio del suo Scott.
 
“Il mio ex continuava a darmi noia…non riuscivo a fare quattro passi, ad uscire con le mie amiche senza sentirmi osservata. Scott, dopo quella chiacchierata, l’ha affrontato a brutto muso e ha preteso che mi lasciasse in pace e di tenersi a distanza, se non voleva andare incontro a spiacevoli conseguenze.” Spiegò, raccontando una piccola e innocente bugia.
 
“Dopo che ha mollato il colpo, siamo usciti insieme diverse volte, a Natale mi sono dichiarato e…beh lo sapete…vorrei che venisse anche lei al matrimonio di Alberta.”
 
“Da qui a due mesi le cose possono cambiare.” Mormorò la donna, fissandoli intensamente.
 
“No…non lo lascerò mai.” Replicò Dawn.
 
“Tu no…lui forse sì.”
 
“Ma…”
 
“La volpe perde il pelo, ma non il vizio.” Borbottò Alberta, sperando che la madre continuasse a reggere il suo gioco, giusto per capire se quel rapporto aveva un qualche futuro o era solo un fuoco di paglia che presto si sarebbe spento.
 
“Voi non potete sapere quello che prova!” Ribatté Dawn, difendendo l’amico che si era zittito dinanzi a quella discussione.
 
“Scott sa che abbiamo ragione.” Seguitò la donna.
 
“Non sapete cos’ha nel cuore.”
 
“Oh sì che lo sappiamo…lo conosciamo molto bene.” Brontolò Alberta, credendo di spiazzarla.
 
“In cuor suo Scott sa che questa storia non ha futuro e solo perché tu, Dawn, hai visto un qualcosa in lui che semplicemente non esiste.”
 
“Vi state sbagliando…tutte e due.” Continuò la ragazza, voltandosi a fissare il rosso.
 
“Io…”
 
“Diglielo Scott che siamo fatti per stare insieme e che nulla potrà mai più dividerci.”
 
“Sì è vero.” Bofonchiò con un filo di voce, risultando ben poco credibile.
 
“Se siamo qui non è per una bugia o per un tentativo: ci teniamo a questa storia.” Spiegò seria.
 
“Comunque sia non credo che per un invito rischierò molto.” Sviò Alberta, soddisfatta di quello scontro che aveva chiarito quanto quell’idiota di suo fratello fosse cresciuto in quegli ultimi periodi.
 
“Pensi che sarei mai venuta solo per un invito? Io ci tenevo davvero a conoscervi.” Soffiò Dawn, facendola sorridere.
 
“Il mio Scott a volte sa essere cattivo.”
 
“Mamma…dai!” La richiamò il diretto interessato.
 
“Pensi che sia cresciuto dal reality e non sia più così cattivo da usare i tuoi segreti a suo vantaggio personale?”
 
“Voi credete che lui sia l’unico ad avere dei difetti, ne ho parecchi anch’io.” Rispose sinceramente, lasciandole spiazzate.
 
“Ma…”
 
“Amare non significa appiattirsi su quello che è meglio per il partner, ma accettarne e apprezzarne anche i difetti. Troppo comodo diventare perfetti così all’improvviso, io amo i difetti altrui…li posso capire e comprendere, alcuni continueranno a darmi fastidio, altri li vedo come dettagli unici che mi hanno spinta a innamorarmi.”
 
“Tipo?” Chiese la donna, esortandola a continuare.
 
“Scott è un casinista, arriva sempre con troppo anticipo, sa mentire fin troppo bene, ma questo non fa di lui un mostro.”
 
“Come?”
 
“Mi ha messo al primo posto, sa farsi perdonare, riesce a farmi ridere e a darmi ottimi consigli. Lui è speciale, ma forse ancora non se ne è reso conto.” Chiuse, notando con la coda dell’occhio come Scott fosse rimasto a bocca aperta.
 
“Considerando tutti i posti, avrete la fortuna di stare vicino a zia Anna.” Ghignò Alberta, credendo che non fosse il caso di stressarli troppo.
 
“Chi sarebbe?” Domandò Dawn incuriosita, girandosi verso Scott che era rimasto in piedi alle sue spalle.
 
“Una persona speciale.”
 
“E voi due…cercate di imparare qualcosa di buono in questo periodo.” Mugugnò la signora Deacon.
 
“Che significa mamma?”
 
“A buon intenditor poche parole, ma è evidente che tra voi qualcosa non sia come dovrebbe essere.”
 
“Come fa a dirlo?” Replicò Dawn.
 
“Semplicemente so riconoscere quando i miei figli provano a farmi fessa…che Scott se ne stia spesso zitto davanti alle critiche o non ti abbia nemmeno difeso può significare due cose.”
 
“Cioè?”
 
“O sa che puoi difenderti da sola oppure non sa che cosa dire per cavarti dai casini.”
 
“Tra noi le cose vanno bene, mamma.” Ribatté Scott, facendola sorridere.
 
“Credo che li abbiamo tartassati anche troppo, mamma.” Li difese Alberta, alzandosi per andare in cucina e tornando dopo qualche minuto con un pacchettino di pasticcini.
 
“Sai com’è tuo padre su queste cose.”
 
“Cioè?” Chiese Dawn.
 
“Se venisse a sapere che abbiamo bocciato l’invito per suo fratello, accettando, allo stesso tempo, una ragazza che dovrebbe essere la fidanzata di suo figlio, quando è ben evidente che è solo un teatrino predisposto per evitare stupidi pettegolezzi…ecco che urlerebbe come un matto.”
 
“Ma noi…” Soffiò Scott, fermandosi dinanzi allo sguardo gelido di sua madre.
 
“Non state insieme…siete belli da vedere quando state in silenzio o vi concedete qualche piccola dimostrazione d’affetto, quasi da quadro oserei dire, ma a sentirvi parlare è ben evidente che non siete una coppia.”
 
“Da cosa sarebbe evidente?” Continuò Dawn che non voleva perdere l’occasione di fare una bella figura al matrimonio di Alberta.
 
“Come ho detto…non parlate all’unisono, non vi sostenete, quando gli hai chiesto di dire che state insieme, si è fermato e abbiamo colto dell’imbarazzo, non ti ha quasi mai sfiorato o ti ha sussurrato qualcosa: sembrate solamente due amici.”
 
“Potreste non dire niente a papà?” Domandò Scott, facendole sospirare.
 
“Quindi questa è la verità: volevate fregarci.” Mugugnò Alberta.
 
“Mi spiace…volevo contraccambiare il favore.” Soffiò Dawn, alzandosi in piedi e girandosi verso l’amico che annuì mestamente.
 
“Abbiamo fatto del nostro meglio.”
 
“Ma a causa mia dovrai andare da solo.” Obiettò, credendo che dinanzi a quella verità ecco che il suo invito sarebbe stato stracciato.
 
“Un momento…abbiamo solo detto che non state insieme, non che l’invito è stato rifiutato.” S’intromise Alberta, facendo sussultare la ragazza.
 
“Ma io…”
 
“Hai mentito, hai fatto una brutta impressione se pensiamo solo a quante balle hai raccontato, ma hai avuto coraggio e, quindi, beh…a me sta bene.” Sorrise, vedendo sua madre annuire per quella scelta matura.
 
“Posso davvero?” Domandò, fissando negli occhi l’amico.
 
“Le hai sentite no?”
 
“Ma Scott…io…”
 
“Mi hai aiutato e hai contraccambiato il favore.” Mormorò divertito, abbracciandola e chiudendo gli occhi, non rendendosi conto che sua madre e sorella si stavano scambiando uno sguardo complice e un sorriso che valeva più di mille parole.








Angolo autore:

Mi è concesso essere un po' zuccheroso senza che Ryuk si metta per forza in mezzo?

Ryuk: Un momento...hai buttato giù tu questa parte?

Perchè? Guarda che cuore e testa mi funzionano ancora bene.

Ryuk: Anacleto...

Anacleto: Sì Ryuk, domani nevica

Ma per chi mi avete preso?

Sarò pure inaffidabile, puntiglioso, nervoso, immune ai sentimentalismi, ma vi assicuro che qualcosa funziona

Ryuk: Andiamo bene

Ed è passato solo un mesetto di assenza

Sapete una cosa?

Ryuk: Quale? Che non ti siamo mancati?

No

Il tempo è passato in fretta in quest'ultimo mese o è che gennaio dura sempre il triplo rispetto agli altri mesi?

Ryuk: A boh

Saluti, non so se tornerò per Pasqua per aggiornare (anche se ci spero che vi faccio almeno gli auguri)

E alla prossima!
 

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Capitolo 9
*** Cap 9 ***


Scott credeva, erroneamente, che una lezione, positiva o negativa, dovesse rimanere comunque impressa.
Pensava che dinanzi a certi dolori nessuno fosse così masochista da ricascarci.
Delusione profonda.
In alcuni casi e per certe persone non c’era nulla di tutto ciò.
Sembrava desiderassero la sofferenza solo per rendersi conto che c’era una nuova speranza in futuro.
E quel giorno lo avrebbe scoperto e riconfermato a sue spese.
 
Era in ritardo per un nuovo “appuntamento” con Dawn.
Non era un’uscita romantica e Scott non sapeva nemmeno se lo sarebbe mai diventata. Uscire con lei fino a tardi, presentare la rispettiva metà ad amici o parenti vari…in poche parole quel classico andazzo da coppia fissa.
Scott non riusciva proprio a vedersi in quei panni.
Non perché non volesse qualcuno, ma solo perché si sentiva un impedito.
Alla fine forse si stava solo sobbarcando responsabilità e sogni fin troppo schiaccianti. Non aveva imparato nulla da quella brutta ferita che continuava a sanguinare?
Ok non era visibile, ma era ben presente.
Il suo cuore si riempiva con poco e poi veniva pugnalato.
Forse non era quello il caso.
Si erano aiutati più volte, si erano coperti le spalle a vicenda, uscivano senza troppe cerimonie, ma non c’era stato quell’ultimo sprint per capire se poteva funzionare o era soltanto l’ennesimo film mentale dove si vedeva già sposato e con due marmocchi al seguito.
Quel pomeriggio, poi, si sarebbero ritrovati al loro solito parco, ma qui si sarebbe maledetto di non aver rispettato la sua puntualità.
Da lontano gli sembrò di riconoscere una figura che sperava di non vedere più e sembrava intento a discutere con qualcuno.
Non sentiva cosa stesse dicendo, ma nell’avvicinarsi, l’intero quadro si era chiarito.
Beverly era tornato alla carica e stava infastidendo Dawn.
Di nuovo.
Gli stava montando la rabbia.
Se solo non avesse perso tempo a rispondere a qualche stupida curiosità di sua sorella (che poi avrebbe fatto di testa sua comunque), ecco che sarebbe stato puntuale e quell’idiota mai si sarebbe mosso per provare a riconquistarla.
 
“Ti ho detto che tra noi non può più funzionare!” Urlò lei, segno che il suo ex era andato oltre il limite o che aveva insistito un po’ troppo.
 
“Ma io…”
 
“Credevo avessi capito che tra noi è finito tutto.” Sospirò rassegnata, illudendosi che quelle settimane di pace e silenzio potessero durare per sempre.
 
“Non mi hai mai dato il tempo per parlarti.” Ringhiò Beverly, facendo uscire una voce piuttosto bassa, ma comunque limpida.
 
“Quante volte vuoi vedermi piangere prima di lasciarmi andare?”
 
“Sono cambiato, Dawn.”
 
“Me l’hai detto anche la terza volta che abbiamo litigato nel giro di una settimana.” Replicò lei stizzita, facendolo sospirare.
 
“Una persona non può crescere in questi mesi?”
 
“Sì, ma tu non cambiavi mai.”
 
“Perché avvertivo continuamente la tua sfiducia e mi sgonfiavo.” Puntualizzò lui, facendola sospirare.
 
“Dopo che hai anche guardato male alcuni fidanzati delle mie amiche, accusandoli di provarci con me senza che loro nemmeno aprissero bocca?”
 
“Ero solo geloso.” Minimizzò nervoso.
 
“Non ti voglio più, Beverly…farei un affronto a me stessa e ad una persona che è molto importante.”
 
“Chi?”
 
“Ha qualche importanza?”
 
“Non starai parlando di Scott, vero?”
 
“Senti Beverly…lui è speciale.” Soffiò, abbassando leggermente la testa, sforzandosi quasi di nascondere il suo rossore.
 
“Quello lì è marcio fin nel midollo.”
 
“Vedi perché non funzionava tra noi…odi una persona senza nemmeno conoscerla a fondo.”
 
“Mi è bastato quello che mi ha fatto nel reality.”
 
“Ma…”
 
“Sfido chiunque a metterci una pietra sopra.” La interruppe, facendola negare con decisione.
 
“Eravamo dei ragazzini immaturi: le persone cambiano.”
 
“Non lui.”
 
“Ti sbagli sul suo conto.”
 
“Quindi mi stai dicendo che ti piace?” Domandò freddo.
 
“Se anche fosse?”
 
“Non ti può piacere uno come lui.” Ringhiò ancora più furibondo, afferrandola malamente per un braccio e iniziando a strattonarla.
 
“Mollami Beverly! Mi stai facendo male.”
 
“Tu non puoi amare quel bastardo.”
 
“Lasciami andare!” Provò a ordinare, ma fermandosi dinanzi al suo sguardo furioso.
 
“Se io non posso averti, nessuno ti avrà.”
 
“Quello che dici non ha senso.”
 
“Perché tu sei molto sensata in quello che dici? Mi ripeti che non mi ami, che il nostro tempo insieme non vale nulla, eppure indossi ancora la maglietta con cui siamo usciti insieme la prima volta.”
 
“Io…”
 
“Se non è amore questo…anzi direi che è un chiaro tentativo di richiamarmi a te.” Borbottò lui, facendola negare.
 
“Ma ti stai sentendo Beverly? Quello che dici non ha senso.” Soffiò, provando a farlo rinsavire, nonostante la stretta dolorosa sul polso.
 
“Smettila di mentirmi!”
 
“Beverly io non ti amo!” Replicò decisa, vedendo dal suo sguardo che quella stoccata era andata dritta a segno.
 
“Questa cosa farà più male a te che a me.” Ribatté, alzando la mano libera e lasciandola andare verso il volto immacolato di Dawn che, istintivamente, chiuse gli occhi, aspettandosi di avvertire un dolore lancinante e magari di buttarsi pure a piangere.
 
 
I secondi passavano.
Le parevano lunghi e interminabili.
Quel dolore, però, non si era mai realizzato.
Incuriosita aveva dischiuso leggermente gli occhi e vide che la mano di Beverly era bloccata a mezzaria da un’altra che le aveva impedito di andare a segno.
Alle spalle del suo ex, intervenuto al momento perfetto, riuscì a scorgere uno sguardo che conosceva bene e si rallegrò.
Non ne capiva il motivo: era nei guai fino al collo eppure quegli occhi grigi e malinconici di Scott le avevano restituito un po’ di sollievo.
 
“Lasciala andare! Subito!” Ordinò perentorio, storcendo il braccio di Beverly e consentendo a Dawn di liberarsi da quella stretta.
 
“Non si colpisce da dietro, codardo.”
 
“E non si colpisce nemmeno una ragazza!” Replicò lui, notando come l’amica si fosse nascosta alle sue spalle, permettendogli di dare una spintarella al suo assalitore per allontanarlo.
 
“Non sono fatti tuoi.”
 
“Li sono se provi a colpire la mia ragazza!” Tuonò nervoso, intuendo che fosse meglio riprendere la messinscena della fredda sera di novembre.
 
“Come puoi amare una così, Scott?”
 
“Eh?”
 
“Guarda il dolore che mi ha causato.”
 
“Non vedo il problema.” Replicò rilassato.
 
“Sto così a causa sua.”
 
“Problema tuo non nostro.”
 
“Tu che hai sofferto più di tutti dovresti capirmi.”
 
“In cosa?” Domandò, cercando di capire quanto in basso potesse spingersi Beverly pur di far valere le proprie ragioni.
 
“Hai la memoria corta per caso?”
 
“Non ti seguo.”
 
“Dovresti odiarci per le risate che ci siamo fatti quando eri nel robot…non mi pare che Dawn abbia fatto qualcosa di diverso da questo.”
 
“Mi sono lasciata trasportare.” Ammise lei.
 
“Non hai motivo di giustificarti, Dawn.” La rincuorò Scott, accennando un sorriso.
 
“Ma io…”
 
“Mi avete ripagato con la stessa moneta.”
 
“Cosa ti fa credere che lei sia corretta nei tuoi confronti?” Infierì Beverly, facendogli scrollare le spalle.
 
“Dawn arriva spesso in ritardo, a volte s’impiccia in questioni che non la riguardano, è una frana a cucinare, si ferma ad accarezzare ogni cane carino che incontra, è rumorosa, ma su una cosa sono sicuro…lei è così buona da preoccuparsi per gli altri, senza riuscire a ferire qualcuno nemmeno quando ne ha l’occasione e può, in qualche modo, vendicarsi.”
 
“Queste cose le so anch’io.” Ribatté Beverly.
 
“Le sai, ma le dai per scontate.”
 
“Io…”
 
“Come può una persona così tranquilla e onesta, diventare fredda e odiosa solo per vendicarsi di qualcuno che è cambiato?” Chiese lui, facendolo tentennare.
 
“Scott…io…” Soffiò Dawn.
 
“Forse sono affrettato, a volte mi perdo nei miei pensieri, ma nessuno riuscirà mai a farmi cambiare idea sul tuo conto.”
 
“Vedo che con le buone maniere non sono riuscito a farti capire i tuoi sbagli.”
 
“Tu, Beverly, in realtà hai paura di me.” Replicò Scott.
 
“Perché dovrei?”
 
“Sai di non avere speranze con me.”
 
“Ti sbagli!” Ringhiò, provando a scattare per tirargli un pugno, ma riuscendo solo a sfiorargli i capelli.
 
“Vedi Beverly…hai provato fino all’ultimo istante di farmi stare dalla tua parte, ma per uno che prova a picchiare una ragazza, senza mostrare il minimo rimorso, posso solo concederti il mio disprezzo.”
 
“Taci!” Ordinò, pensando di prenderlo in pieno, ma ritrovandosi presto con un pugno dritto sul naso che lo fece vacillare.
 
“Non voglio continuare.”
 
“Tu sei solo un bastardo.”
 
“Beverly finiamola qui…hai imparato la lezione.” Borbottò, concedendogli un’ultima occasione.
 
“Non fare il grande uomo!” Replicò, tentando di colpirlo nuovamente, andando di nuovo a vuoto.
 
“L’hai voluto tu.” Soffiò infastidito, muovendosi velocemente, evitando un suo nuovo pugno e colpendolo forte allo stomaco, riducendolo in ginocchio.
 
“Mi fai schifo, Scott…lei ti farà soffrire.”
 
“E forse me lo merito.” Lo spense, colpendolo sulla guancia destra e mandandolo definitivamente al tappeto.
 
 
Non era fiero di aver messo KO qualcuno, né che fosse presente anche Dawn.
Dal suo sguardo non riusciva a capire se fosse terrorizzata o solamente sollevata di essersi liberata, sperava per sempre, di quello stalker.
Come doveva comportarsi adesso?
Doveva rincuorarla?
Forse portarla a casa per evitarle altri guai?
Parlare francamente?
Troppe domande gli frullavano per la testa, ma prima che riuscisse a delineare una direzione sicura su cui avventurarsi, lei lo abbracciò.
 
“Non ti farò mai soffrire, Scott.”
 
“Io…”
 
“Hai ragione sul mio conto…sai ritardataria e impicciona, ma con te è diverso.”
 
“Davvero?” Domandò curioso.
 
“Andiamo a casa, Scott.”
 
“Perché?”
 
“Perché vorrei solo dimenticare questa giornata.” Ammise, abbassando lo sguardo e staccandosi da quella stretta che sperava avesse alleviato il dolore dell’amico.
 
“Non volevo sapere questo.” Soffiò serio.
 
“Vorrei che fosse possibile cancellare alcune cose…sai i tuoi sabotaggi, le mie risate di quando eri nel robot, ma purtroppo è impossibile.”
 
“Mai cancellare qualcosa che ti ha portato a essere felice dopo diverso tempo.” Ribatté prontamente, facendola tentennare.
 
“Io…”
 
“Andiamo Dawn…dovevamo passare un pomeriggio indimenticabile e così sarà.” Spiegò, prendendola per mano e dando le spalle a Beverly che, disteso al suolo, si sarebbe risvegliato dal suo letargo da lì a tre ore in una stanza d’ospedale, intuendo che era meglio mollare il colpo e voltare pagina.








Angolo autore:

Buona Pasqua

Ryuk: Era due domeniche fa...ritardatario

Ah già.
Date il vostro bentornato a Beverly che pensa che conquistare una ex con la forza bruta sia la soluzione giusta
Errore amico mio
Grave errore

Ryuk: Avvertiamo fin da ora che il prossimo capitolo è piuttosto gneh

Non ci piace a fondo come quelli che compongono la serie
È la nostra personale pecora nera, ma poi magari finisce che vi piace più quello che tutti gli altri
Per il resto non prometto che sarò puntuale prossima domenica
Sarebbe una bugia

A presto amici!
 

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Capitolo 10
*** Cap 10 ***


Non esiste una certezza univoca.
Così come il mondo non è né tutto bianco, né tutto nero, allo stesso modo i rapporti umani non sono sempre completamente in equilibrio.
Si può passare da momenti unici ad altri dove litigi e incomprensioni la fanno da padrone.
Scott lo sapeva.
Amaramente.
Courtney aveva aperto una ferita profonda e, nonostante non fosse fisicamente presente, magari provando a tastare per verificare se bruciasse ancora, era interna alla sua anima.
Non poteva guarire.
Non più.
Ogni tanto questi pensieri prendevano il sopravvento.
Sì…c’era Dawn, ma per quanto ancora?
Per quanto lui si sentisse felice nel vederla, raggiante nel sentire la sua voce…beh non aveva nessuna certezza che lei provasse lo stesso.
Chi gli garantiva che non stesse solo giocando?
Tutti bravi a parole, ma la verità era solo una: quel rapporto era strano.
Oggi erano lì a parlare, tra qualche giorno avrebbe ricambiato il favore, aiutandolo con il matrimonio di Alberta, ma poi?
E se anche l’accettare per il favore di Alberta fosse un’illusione?
Certo dai.
Un semplice mal di stomaco.
Un messaggio qualche ora prima della partenza dove si scusa, descrivendo una nausea imprevista.
Una scusa dove ripete che ci teneva così tanto.
Un mi dispiace.
La frittata era fatta e pronta a essere servita.
Poi per quanto volesse magari uscirci ancora, non c’era niente di speciale.
Erano amici.
Spesso ci si dice amici senza avere nemmeno la vaga idea di cosa stia provando l’altro.
E da come era arrivata di corsa con uno strano sguardo e un’aria minacciosa non sembrava troppo distante dai suoi pensieri precedenti.
La frattura stava per arrivare e gli avrebbe fatto male.
“Avanti Scott…un’altra ferita non può fare così male.” Si ripeté tra sé e sé, credendo che in pochi minuti se ne sarebbe tornato a casa.
Sarebbe andata proprio così.
Non esisteva una scappatoia.
 
“Ciao Scott.” Sibilò lei, risvegliandolo dai suoi pensieri.
 
“Ciao Dawn.” Soffiò tranquillo.
 
“Facciamo due passi?” Domando lei.
 
Eccola la piccola quiete prima della tempesta.
Avanti.
Pochi secondi?
Forse qualche minuto a stare larghi?
Di cosa sarebbe stato accusato sta volta?
Avanti.
Aveva dato il suo cuore ed era rimasto fregato.
Di nuovo.
Ormai era il rimpiazzo in piena regola.
Sotto a ragazzo carino con cui era piacevole parlare e che faceva rima con friendzone da buttare nel dimenticatoio e da raccogliere quando si ha bisogno di qualcuno con cui ammazzare le giornate c’era la sua faccia.
L’inutile e patetico Scott che ha un cuore immenso, ma che viene sempre pugnalato come un bambino ingenuo.
 
“È successo qualcosa?” Borbottò, provando ad anticipare i tempi.
 
“Deve essere successo qualcosa?”
 
“Dawn non giocare con me: li conosco questi giri senza senso.”
 
“Come?” Domandò rabbiosa.
 
“Sono un pessimo osservatore.” Ironizzò divertito, facendola sospirare.
 
“Quando avevi intenzione di dirmelo?”
 
“Dirti cosa? Potresti non essere così tanto vaga?”
 
“Non lo sai?” Chiese, vedendolo stringersi nelle spalle.
 
“A malapena sapevo dell’esistenza di questo parco.” Replicò, facendole intendere che quel verde periferico era fuori dalle sue conoscenze.
 
“Dovevamo parlare in santa pace.”
 
“No.”
 
“No?” Chiese lei.
 
“Tu dovevi parlarmi…non darmi parte della colpa pensando così di alleggerirti un po’ e di avere la coscienza pulita.” Soffiò nervoso.
 
“Perché pensi male?”
 
“Perché a volte ci azzecco.”
 
“Non credevo l’avresti presa così già dall’inizio.”
 
“Mi spiace Dawn, ma ormai parto prevenuto su molte cose.” Si lamentò, chiudendo il discorso in quello che credeva fosse un vicolo cieco.
 
Aveva ricevuto una riconferma sgradevole.
E così aveva pensato di ribaltare il tavolo giusto per togliersi lo sfizio di complicare la partita.
Ormai aveva dato anche Dawn per persa.
E la cosa non gli andava bene per niente.
Ma visto che non si può obbligare nessuno, tanto valeva prendere quella pugnalata e tornarsene a casa, magari raccontando ai genitori una balla, per poi ripiegare in camera, distendersi sul letto e fissare il vuoto nel soffitto.
Chiunque gli avesse ripetuto che c’erano tanti pesci nell’oceano si sarebbe beccato un’occhiata assassina e una risatina di scherno.
Non era vero.
Per gli altri funzionava così.
Per lui no.
Lui era l’eccezione.
Lui era quello che veniva liquidato.
L’anima della festa che viene snobbato.
La carta inutile e buttata al macello per non sacrificare le mani più importanti e vincenti.
Sarebbe stato meglio non fermarsi in quel bar.
Nessuno avrebbe mai capito il suo dolore.
 
“Mi sono arrivate alcune voci.” Mugugnò lei.
 
“Continua.”
 
“Zoey mi ha detto una cosa che ha sentito da una persona fidata che l’ha poi sentita da un’altra persona e così via.”
 
“Il classico passaparola.”
 
“Non so se posso venire al matrimonio di tua sorella.”
 
“Perché?”
 
“Con questi presupposti, che trovo sensati, mi è impossibile.” Spiegò seria, facendolo sospirare.
 
“Non hai spiegato nulla su queste voci.”
 
“Ne vale la pena?” Domandò lei, fermandosi e obbligandolo a fare altrettanto.
 
“Sì se non spieghi nulla.”
 
“Zoey mi ha detto di stare attenta.” Soffiò con fermezza, fissandolo intensamente, portandolo ad abbassare lo sguardo.
 
“Vuoi continuare?” Chiese, rialzando gli occhi.
 
“Zoey mi ha detto che la tua intenzione è solo quella di portarmi a letto e che il matrimonio è una scusa buona per farti notare.” Sputò, vedendolo sbiancare.
 
“Ti stai sbagliando sul mio conto.”
 
“Non posso ignorare una simile voce.”
 
“Io…”
 
“Senza considerare che se fosse vera, soffrirei molto.” Ammise, affrontandolo a muso duro, mentre dall’altra parte arrivava soltanto uno sguardo ferito.
 
“Io…”
 
“Poi se fosse vero e non ascoltassi questo consiglio, finendo a letto con te e ritrovandomi tradita, poi non mi fiderei più di nessuno e non voglio ridurmi così.”
 
“Io non ho mai voluto niente da te.” Ringhiò Scott, raccogliendo il poco coraggio che gli era rimasto.
 
“Scott…”
 
“Io non ho mai voluto niente da te!” Urlò, facendola tentennare.
 
“Ma…”
 
“E non vorrò mai più nulla da te.”
 
“Perché dici questo?” Domandò lei, mentre lui le dava le spalle.
 
“Perché…perché…hai ascoltato quelle voci…e non ti sei mai fidata di me.” Replicò nervoso, singhiozzando appena.
 
“Scott…”
 
“Non mi chiedi se è vero…parti dritta e credi sia giusto.”
 
“Ma…”
 
“Se avessi voluto farti una cosa simile…non credi…non credi che ne avrei approfittato quella sera in camera tua?”
 
“Io…” Mormorò lei sorpresa, come se lui avesse appena aperto una pagina imprevista che non aveva nemmeno considerato.
 
“Avrei avuto mille altre…possibilità.”
 
“Scott…io…forse sentendo che veniva da un’amica…oddio cosa ho fatto?” Chiese dopo alcuni secondi di sbandamento, abbassando la testa.
 
“Non importa: è meglio diffidare…di uno come me.”
 
“Non dire così…ti prego.” Mormorò triste, avvertendo un nodo in gola e iniziando a versare alcune lacrime che rigarono il suo volto.
 
“Sono così stanco di sentire scuse…parole vuote”
 
“Scott…io…scusami.”
 
“Non ho mai voluto…niente da te. Niente! Mi capisci?”
 
“Sì…non credevo.” Borbottò, abbracciandolo da dietro.
 
“Lasciami!” Ringhiò furioso.
 
“No!”
 
“Mi hai giudicato tramite una chiacchiera e mi hai fatto capire quanto tu sia uguale a tutte le altre.”
 
“Ma io…”
 
“Sarà fino al matrimonio di mia sorella e poi ognuno per la sua strada, altrimenti possiamo finirla subito anche qua.”
 
“Vorrei…che andasse oltre.”
 
“Perché dovrebbe?” Domandò freddo, destabilizzandola.
 
“Perché ho sbagliato e so…che posso rimediare.”
 
“Non ha senso.”
 
“Possiamo dimenticare tutto?” Domandò preoccupata.
 
“Io vorrei…”
 
“Per favore.”
 
Si sarebbe buttato via ancora.
Tanto non c’era niente da salvare.
Nulla da ricordare.
Solo una pagina vuota.
L’ennesimo sacrificio insensato.
L’avrebbe fatto.
Le avrebbe dato fiducia un’ultima volta, consapevole che sarebbe stato pugnalato di nuovo.
Perché lo faceva?
Perché era solo.
E ne aveva paura.
E pur di avere qualcuno con cui parlare si sarebbe buttato ovunque.
Già.
La vita stava somministrando un’altra dose velenosa a Scott il quale, ringoiando il suo orgoglio, annuì mestamente e riaprì il cuore pronto a sentirselo colpire di nuovo.
E di nuovo.
E di nuovo.
Finché non avesse imparato la lezione.
 
“Solo per questa volta.” Mugugnò, sentendo dissolvere quell’abbraccio e regalandole un sorriso che era quanto di più fasullo a questo mondo.






Angolo autore:

Ryuk: Oh...guarda Anacleto chi fa ritorno dopo tanti mesi

Salve ciurmaglia
Ho avuto il mio bel da fare in questi periodi, ma eccomi qui
Non sono il tipo che lascia le cose a metà, anche se per 3 mesi mi sono dileguato

Ryuk: Bei tempi

Finiamo questa serie e finiamola bene
Non ricordo molto della storia...la devo rileggere, ma spero di essere puntuale con gli ultimi aggiornamenti
Non contateci troppo però
A presto!
 

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Capitolo 11
*** Cap 11 ***


Non dovevano inventarsi nulla di clamoroso.
Anche se l’ultima discussione dove Scott ne era uscito a pezzi non lo metteva di certo in condizione di fare granché.
Avrebbe voluto ben altro, ma non voleva spingersi oltre.
Lei si era scusata un milione di volte, ma è un po’ come quando si gioca e si fa del male per sbaglio al proprio cuginetto, autoflagellandosi o permettendo al più piccolo di vendicarsi con una serie di pugni inoffensivi.
Provi a rimediare, ma il dolore resta.
Solo che quel dolore emotivo si sommava a tutto quello che gli scorreva nel sangue.
Fingere.
L’arte più subdola di quel mondo.
Perdonata a parole? Sì.
Perdonata con tutto il cuore? Forse…magari un giorno, tra qualche settimana o chissà quella sera al momento di riportarla a casa.
O forse non sarebbe mai successo. Avrebbe custodito quella cicatrice a poca distanza da quella di Courtney, inspirando amaramente e chiudendo gli occhi, negando sconsolato e ripetendosi fino allo sfinimento che aveva sbagliato fin da subito con entrambe.
Sapeva che alcune domande sarebbero state impertinenti, che era impossibile prepararsi su tutto così come avevano fantasticato e tanto valeva affrontare tutto con leggerezza.
Se fossero riusciti a passarla liscia bene, altrimenti non c’era nulla di cui spaventarsi.
In questo Alberta aveva concesso loro qualche accortezza utile per non esporli troppo: seduti vicino alla zia Anna e al nuovo compagno con la possibilità di parlottare soltanto con quell’impicciona della nonna materna.
Per il resto se non si fossero messi a ballare sopra il tavolo o non avessero cominciato a ridere come iene, ecco che nessuno avrebbe prestato attenzione, tutti presi dai due novelli sposi che stavano tagliando la torta o che iniziavano a cantare.
 
Quei pochi giorni erano scivolati via come lacrime che scendono sulle guance.
Niente e nessuno erano riusciti a fermarli e così si era ritrovato a bordo della sua carriola per andare a prendere la sua “fidanzata”.
Il resto della famiglia era già in chiesa o per strada. Suo padre sulla limousine noleggiata per l’arrivo della sposa, la madre per controllare che tutto fosse perfetto per l’arrivo della sua bambina.
Picchiettando il piede in attesa che Dawn scendesse dal suo appartamento, inspirò profondamente e si guardò nello specchietto, faticando a riconoscersi.
Faceva troppo caldo per un maledetto smoking, ma con tutte le richieste che aveva presentato ai suoi, il dover sopportare quell’inaspettato torrido aprile era inimmaginabile.
Sperava facesse fresco e non di dover sudare come se fosse in pieno agosto.
Fortuna che poteva togliersi la giacca quando desiderava, mantenendo comunque un buon risultato, senza diventare lo zimbello del matrimonio.
Fu quando sentì picchiettare sul finestrino, che si girò e scese per aprire galantemente la porta a Dawn, cercando di memorizzare quell’immagine perfetta.
 
“Stai benissimo, Dawn.” La accolse, vedendola abbassare il capo.
 
“Io…grazie.” Mormorò rossa in viso.
 
“Alla fine hai scelto questo abito blu.”
 
“Preferivi quello rosso?”
 
“No…troppo audace per un matrimonio.”
 
“Anche tu non stai male.” Soffiò, facendolo sorridere.
 
“Sarà una delle ultime volte che mi vesto così.”
 
“Perché?”
 
“Sto scomodo.” Ammise divertito.
 
“Non ti sposerai mai?” Domandò lei, facendolo tentennare.
 
“Ho detto che sarà una delle ultime volte, non che da oggi ho chiuso con lo smoking.” La corresse, credendo che quella domanda fosse molto fuori luogo o che lei stesse sondando il terreno, mettendolo alla prova.
 
“Chissà se vale anche per me.”
 
“Dai Dawn…sei una ragazza meravigliosa, chiunque farebbe carte false solo per stare con te.” La rincuorò, scorgendo un debole sorriso.
 
“Spesso credo di non avere più tempo e che mi manca poco.”
 
“Da quando sei così pessimista?” Domandò, immettendosi sulla strada principale.
 
“Vedo tua sorella che sorride con suo marito, penso che loro si sono conosciuti quando erano ancora al liceo…mentre io…beh non so nemmeno se mi piace questo nome.”
 
“Dawn…l’alba…delicata e abbagliante: anche il tuo nome è perfetto.” Mormorò, spostando la mano destra dal volante al suo ginocchio.
 
“Mi sento così indietro.”
 
“Abbiamo ancora tempo…non serve correre a tutti i costi, per poi forzare la mano e essere costretti a una vita deprimente.”
 
“E tu Scott?”
 
“A volte penso anch’io di essere fermo a un punto morto.”
 
“Perché?” Domandò lei, facendolo sussultare.
 
“Ho trovato una persona che potrebbe piacermi, ma è così…così…”
 
“Così perfetta che temi di rovinare tutto?”
 
“Più o meno.”
 
“Ma se non glielo dici, come speri di cambiare qualcosa?” Chiese nervosa, non riuscendo a capire che cosa l’avesse infastidita fino a quel punto.
 
“Lo so, ma è un casino.”
 
“L’hai conosciuta all’Università?”
 
“Non riesco a risponderti.”
 
“E come speri che riesca a darti un consiglio se non mi racconti nulla?” Domandò stizzita, allontanando la mano dell’amico che era rimasta per troppo tempo sul suo ginocchio.
 
“Te l’ho detto Dawn…è un casino.”
 
“Neanche un nome?”
 
“Credi che verranno tutti al matrimonio?” Replicò, cambiando discorso.
 
“Stai scappando dal problema…non sarai mai felice.” Rispose gelida, vedendolo annuire.
 
“Ascolta Dawn…è il matrimonio di mia sorella, io non la sopporto, ma se mi presento con il muso lungo, sarebbe un disastro.”
 
“Che cosa vorresti?”
 
“Cambiamo discorso…per favore.” Buttò lì, facendola sospirare.
 
“Solo se mi prometti che un giorno troverai il coraggio.”
 
“Perché tanto interesse?”
 
“Giuralo!” Ringhiò nervosa.
 
“Ma…”
 
“Non voglio pensare che tu possa stare da solo perché in passato hai fatto soffrire qualcuno e allora credi che non sia giusto tornare a sorridere.”
 
“E va bene…sarà prima di quanto non pensi.”
 
“Sicuro?” Domandò seria.
 
“Aspetta e lo vedrai.”
 
 
 
Dieci minuti di macchina non erano poi molti per ritrovare il buonumore, ma tra alcuni incidenti universitari e altri ricordi ripescati dal periodo di Chris, ecco che il sorriso era tornato padrone.
Quella breve discussione riguardo un futuro nebuloso sembrava assai lontana e quando Scott aveva aperto la porta alla sua Dawn, mostrando ad alcuni parenti con che razza di seccatura aveva a che fare, ecco che una promessa in particolare aveva preso forma.
Quel giorno avrebbe fatto un ulteriore passo.
Le avrebbe fatto capire che cosa provava, anche a costo di rovinarsi ancora.
Salutati alcuni parenti e amici degli sposi, presero posto in chiesa con Scott che spiegava chi erano i vari invitati, ritrovandosi ben presto con la zia Anna che ridacchiava alle sue battute, anche se a volte erano più delle freddure davvero pessime che portavano la stessa Dawn a tirargli qualche gomitata come a fargli capire che quello non era né il momento, né il posto adatto per dire certe cose.
La cerimonia iniziata dopo una ventina di minuti dal loro arrivo era andata bene con i soliti cliché di ogni matrimonio.
Promesse, voti, “se qualcuno ha qualcosa da dire lo faccia ora o taccia per sempre”, “potete baciare la sposa”, poi le foto, la corsa precipitosa con il bagno di riso e il ritrovo nel ristorante a base di pesce prenotato per l’occasione.
E così erano arrivati a quelle grandi tavolate.
Il tutto sembrava proseguire per il meglio finché la nonna impicciona non era tornata a concentrarsi sull’adorato nipote.
 
“Quindi lei sarebbe la fortunata di cui tua madre mi parla spesso.” Soffiò, addentando un pezzo di pane e fissando quella magrolina che tra le navate della chiesa si era aggrappata al braccio di Scott.
 
“Sì nonna.”
 
“E l’hai conosciuta a scuola?”
 
“Al reality.”
 
“Allora quel posto è stato utile anche a qualcosa.”
 
“All’inizio lo odiavo.” Borbottò Dawn, facendola sorridere.
 
“Ho guardato anch’io quella stagione e ho rotto ben tre televisori.”
 
“Perché?” Domandò, mentre la vecchietta si girava per fissare truce il nipote.
 
“Perché Scott ha finto di essere quello che non è mai stato.”
 
“Volevo vincere.”
 
“E tanto valeva essere corretto, anziché comportarsi da bastardo.” Brontolò lei.
 
“Nonna…è il matrimonio di Alberta, non diventare così volgare.”
 
“Non ha tutti i torti.” Soffiò Dawn, sentendo una mano carezzare la sua.
 
“Lo so…ho sbagliato e me ne pento.”
 
“Scott…”
 
“Scusate, ma devo assentarmi per qualche attimo.” Mormorò, alzandosi e lasciando Dawn da sola con le sue parenti.
 
“Ed ecco che se ne va come quando era bambino e si sentiva in trappola.” Sibilò la zia Anna.
 
“Forse ha visto qualcuno che conosce.” Ipotizzò Dawn.
 
“Senti Dawn, che cosa provi per lui?” Domandò la nonna.
 
“Hmm?”
 
“Il mio piccolo Scott è sempre stato un bambino pestifero, ma lui ha un cuore d’oro.”
 
“Rubava le caramelle per i cuginetti, nascondeva piccoli disastri, ma lo faceva soltanto perché temeva di rimanere solo.” Mormorò la zia.
 
“Non è come sua sorella: lei sempre così esuberante e perfetta.” Confermò la nonna.
 
“Io conosco solo lo Scott di questi ultimi mesi.” Replicò Dawn.
 
“Scott è molto confusionario, sembra sempre combattuto su quello che è meglio per sé e su quello che rende felici gli altri, senza rendersi conto che a volte bisogna essere egoisti e che, nell’egoismo personale, forse, si può collezionare un colpo doppio.” Brontolò la zia.
 
“Come?” Domandò la giovane.
 
“Ci si deve parlare, ma Scott spesso ignora quest’ovvietà e fa dei giri immensi per poi realizzare che era così semplice e che in pochi minuti avrebbe capito ogni cosa.”
 
“Io non so…lo sogno, lo desidero ogni giorno, è il mio primo pensiero appena sveglia e l’ultimo prima di addormentarmi.” Ammise rossa in viso.
 
“E?”
 
“A volte ho l’impressione che non si fidi ciecamente…mi sembra sulla difensiva.”
 
“Courtney ha aperto una brutta ferita.” Spiegò zia Anna.
 
“Perché non l’ha ancora chiusa?” Domandò Dawn.
 
“Perché è stato il suo primo amore e non lo si dimentica tanto facilmente, anche se ci si lascia in pessimi rapporti.”
 
“Però mi aveva detto che non era più nei suoi pensieri.” Obiettò lei stizzita.
 
“Tu pensi ancora al tuo ex?” Domandò la vecchietta.
 
“No…o meglio non con il rimpianto.”
 
“Forse perché il vostro amore si era consumato completamente, mentre quello di Scott è partito, ha vissuto qualche giornata di fuoco e poi si è fermato all’improvviso.”
 
“Sarebbe stato meglio che proseguisse per più tempo?” Chiese incuriosita.
 
“Sarebbe stato meglio che non partisse affatto.” La corresse zia Anna, vedendo il nipote di ritorno e sperando che non avesse sentito nulla di quel breve discorso tra donne.
 
“Perché?”
 
“Perché non sarebbe così impacciato.” Soffiò la nonna, facendo un cenno alle due, quasi volesse far capire che era meglio cambiare discorso.
 
“Credete che gli sposini avranno presto dei bambini?” Buttò lì la zia.
 
“Conosci Alberta.”
 
“Per me quella testona potrebbe benissimo anche essere incinta.” Mormorò Scott alle spalle di Dawn, porgendole una rosa rossa e facendola sussultare per quella premura.
 
“Scott…”
 
“Alberta è una seccatura, tu sei quasi della stessa pasta, ma non saprei stare senza di te.”
 
“Io…”
 
“Sì lo so…il romanticismo non fa per me.”
 
“Il classico problema di voi maschi di questa stramba famiglia.” Lo pungolò zia Anna, facendo ridacchiare anche la sua ex suocera.






Angolo autore:

Ryuk: Finire questa storia per il 2023...così è scritto nella mia agenda

Ma come?
Perchè?
Avevo nascosto quell'agenda...in mezzo alla spazzatura

Ryuk: Finiamo questa serie per una buona volta

Ma non aggiorno solo da luglio

Ryuk: 4 mesi debosciato...muoviti, copia e incolla

Ok, Ok
Salve gente sono tornato come le piante infestanti
Merito di Ryuk, ma non fatevi illusioni
Potrei sparire per altri 4 mesi perchè si sa gli artisti sono fatti così

Ryuk: Tu non sei un artista...sei un idiota patentato

Che piaga!
Alla prossima amici!
 

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Capitolo 12
*** Cap 12 ***


Il ritrovarsi l’indomani con un solo messaggio, parecchio schiacciante e dalle profonde riflessioni, lo fece tremare.
 
“Dobbiamo parlare…possiamo vederci questo pomeriggio?”
Su cosa dovevano confrontarsi?
Non gli sembrava d’aver combinato disastri durante il matrimonio, né d’averla messa in imbarazzo con alcuni segreti o discorsi bizzarri.
Era sempre stato attento.
O così pensava.
Forse le aveva pestato un piede durante qualche ballo e non si era scusato?
Forse non le aveva servito da bere.
Forse aveva scambiato più di una battuta con una delle amiche della sposa.
Eppure non gli sembrava niente di così terrificante da dover giustificare una chiacchierata.
Fortuna che l’aveva scritto verso le 10 di mattina e non di sera inoltrata, portandolo a non dormirci su e a rimuginarci senza cavare un ragno dal buco.
Era tanto chiederle se qualcosa l’avesse disturbata, ma sinceramente…forse era un codardo, non voleva avere una risposta precisa.
Poteva ribattere.
Scrivere che era abile di arrivarci da solo, che non era arrabbiata o qualsiasi altra diavoleria uscisse da una qualunque donna desiderosa di rovinare la giornata a un uomo.
 
“Verso le 15?”
 
“No…alle 14.” Digitò subito lei, dandogli ancora meno tempo.
 
“Dove?”
 
“Possiamo vederci al parco dell’altra volta?”
 
“Se è questo quello che desideri.”
 
“A dopo.” Ribatté, troncando la chat e senza dargli la minima possibilità di proseguire per provare ad ammorbidirla.
 
Ed ecco che aveva compreso che c’era stato un errore alla base.
Lei era infuriata.
Non l’aveva detto chiaramente, ma a sommare i vari messaggi…quel tono perentorio, neanche una battuta o una faccina per abbattere quel muro…lui ci era arrivato.
Dawn era come Courtney.
Quando aveva iniziato a capirla, ad apprezzarla non solo come persona, ma anche come ragazza, ecco che lei riapriva una vecchia ferita.
Non aveva dimenticato quella sofferenza.
Il sentirsi inutili e denigrati.
Incapaci di dare il proprio cuore alla persona amata perché non sufficienti.
Già.
Le sue emozioni e sentimenti facevano davvero pena.
Era sempre il solito bambino spaventato che si nascondeva e che affrontava gli sconosciuti con la perfidia, non rendendosi conto che si stava affossando.
E quando provava a rimediare era sempre troppo tardi.
Preso il cellulare lo lanciò sul letto e si mise a fissare il panorama che si stendeva dalla sua stanza.
Perché quella giornata così luminosa era troppo distante dal grigiore del suo cuore?
Sarebbe passato molto tempo prima che il suo cuore ritornasse come un tempo, sempre ammesso che ciò fosse possibile e non si fossilizzasse.
No.
Non avrebbe amato più nessuno.
Fine della storia.
Meno illusioni per evitare delusioni.
Inspirando profondamente, chiuse gli occhi e alcune lacrime rigarono il suo volto.
Doveva convivere con quella tenaglia che gli stritolava il cuore e non combatterla.
Aveva provato con Courtney a sciogliere quel dolore, aveva trovato in Dawn qualcuno con cui era piacevole parlare e che aveva alleviato la sua fatica.
Staccatosi dalla finestra, aprì l’armadio e, nonostante, fossero le 11, si vestì e uscì di casa, salutando solo la madre che era ancora intontita dalla festa protrattasi molto oltre la mezzanotte.
Non sapeva dove andare e così iniziò a passeggiare per la città, guardando le vetrine, fermandosi in libreria per leggere alcuni passaggi di diverse nuove pubblicazioni e poi nel suo solito pub preferito dove mangiò con calma la pizzetta che aveva ordinato.
Per buttarla giù ci mise una vita.
Era come se pure la sua bocca e il suo stomaco si rifiutassero di collaborare.
 
“Fanculo.” Mugugnò tra sé e sé, pagando e pensando di andare al parco con quella che doveva essere una buona mezzoretta di anticipo.
 
Più si ripeteva che non doveva pensarci, più si ritrovava incatenato su quel tasto.
Era come per l’esame di Maturità: tutti dicevano che era una passeggiata, ma finché non si era fuori, liberi anche dell’orale ecco che la notte la si passava a rigirare quelle uniche pagine che non ti sarebbero mai entrate in testa.
Tutte le tappe fondamentali di una vita colpivano chi era più pensieroso degli altri.
Non riusciva a dormirci su.
La tensione scolastica, quella della patente, quella di un evento in particolare…perfino il matrimonio di quella sciagura di sua sorella Alberta: non prendeva sonno nemmeno su qualcosa che non lo riguardava da vicino.
Sedutosi su una panchina coperta da un filo d’ombra di un vecchio pioppo, chiuse gli occhi, aprendoli di tanto in tanto solo quando sentiva alcuni passi avvicinarsi.
Prima una signora con il suo bassotto, poi alcuni ragazzini delle superiori che probabilmente avevano fatto manca, poi per cinque minuti buoni il silenzio.
Quindi una coppia di colleghi di ritorno dalla pausa pranzo e poi un altro signore con la pipa che forse doveva avere discendenze nobili per non rendersi conto che ormai era passata di moda.
Estratto il cellulare, si accorse che mancava ben poco e nel guardarsi intorno, notò una figura avvicinarsi sempre di più, a passo svelto e senza la benché minima esitazione.
 
“È tanto che aspetti?” Domandò lei diretta, senza chiedergli come stesse e altri convenevoli da buoni amici e sedendosi vicino.
 
“10 minuti al massimo.” Mentì, facendola sospirare.
 
“Arrivi sempre in anticipo.”
 
“La tua richiesta mi ha fatto un po’ preoccupare.” Ammise, mentre lei riprendeva il cellulare per rileggere cosa avesse scritto.
 
“Noi dobbiamo parlare.” Ripeté seria.
 
“Una ragazza che scrive una cosa simile ti riempie di dubbi.”
 
“Ma non è successo nulla di particolare.”
 
“Come ti aspettavi che lo sapessi?” Domandò, facendola sospirare.
 
“Mi conosci: se qualcosa mi dà fastidio, la dico subito.”
 
“Quindi al matrimonio ti sei divertita ed era tutto perfetto?”
 
“Diciamo che mi sono ricreduta su quello che ti avevo detto in macchina e poi c’era un clima così disteso e rilassato.”
 
“Meglio così.” Si calmò, credendo che il messaggio ricevuto in mattinata avesse creato solo una sua visione distorta e molto pessimistica.
 
“Credevo mi chiedessi il perché mi sono ricreduta sulla mia tristezza.”
 
“L’avrei fatto, ma non mi hai dato troppo tempo.”
 
“Ho visto persone sposate.”
 
“Tutto qui?”
 
“Scusami se sono crudele, ma su alcune coppie non avrei mai scommesso nemmeno un dollaro bucato e se ce l’hanno fatta loro…beh credo di avere ancora speranza.”
 
“Un pensiero molto superficiale e perfido.” Commentò Scott, vedendola rabbuiarsi.
 
“Scusami, io non sono così…ma in questo periodo è tutto così instabile.”
 
“Stai male?” Domandò preoccupato.
 
“Fisicamente no, ma emotivamente mi sento molto giù.”
 
“C’è niente che posso fare per aiutarti?”
 
“Non lo so…sì…ma forse no.” Soffiò, chiudendo gli occhi.
 
“Sono qui.”
 
“Senti Scott…ti devo parlare e questa cosa mi preoccupa.”
 
“L’avevo intuito.” Ridacchiò nervoso.
 
“Non sono qui per scherzare.”
 
“Ma Dawn…”
 
“Niente ma…io voglio…no, ho bisogno di una risposta.”
 
“Su che cosa?”
 
“Tu che cosa provi per me?” Chiese diretta, vedendolo sussultare.
 
“Io…”
 
“Senti me, se non vuoi parlare.”
 
“Ti ascolto.”
 
“All’inizio mi aveva dato fastidio quella cosa, il reality…non mi era ancora passata al pub, ma a ripetere che era un gioco e che eravamo cresciuti…sono finita con il convincermi che fosse così.”
 
“Infatti lo è: se potessi tornare indietro, ti proporrei un’alleanza e una sfida in finale, sempre che Chris non si fosse messo a…”
 
“Finiscila!” Ringhiò infastidita.
 
“Ma io…”
 
“Non m’importa di Chris, dei milioni, di quelle stupide sfide mortali…non ho fatto questa strada solo per ricordare quel reality.”
 
“Io…”
 
“Cerca di capirmi…non so nemmeno che cosa mi passi per la testa, Scott.”
 
“Se fossi un po’ più chiara.” Le consigliò, pensando che fosse alquanto stupido rischiare in quel modo.
 
“Questa cosa mi doveva infastidire, era un casino…uffa così è sempre peggio.”
 
“Dawn…parlami con calma, non devi avere fretta.” Soffiò tranquillo, appoggiando la mano destra sul suo ginocchio sinistro, giusto per placare la sua confusione.
 
“Senti…fingere con Beverly e con la tua famiglia…mi è piaciuto.” Butto lì con fermezza.
 
“Ma…”
 
“So che è una stupidata, ma se ti dicessi che quella bugia vorrei diventasse realtà?” S’informò rossa in viso, fissandolo intensamente.
 
“Io…io…”
 
“Io mi diverto quando sto con te…vorrei che il nostro rapporto evolvesse.”
 
“Dawn…”
 
“Prima, però, voglio che tu sappia che non è stata Zoey a dirmi di quelle voci…mi sono inventata tutto.”
 
“Tu cosa?”
 
“Dopo che tua madre ha detto quelle cose sul tuo conto, non ero così sicura che tu fossi…cresciuto.”
 
“Io…”
 
“Sono stata cattiva, brutale ed egoista…una vera stronza lo so.” Mugugnò, abbassando la testa.
 
“Colpa di mia madre?”
 
“No…la colpa è solo mia che non mi sono subito fidata delle mie intuizioni e ho permesso a quella vocina di crearmi confusione.” Ammise a cuor leggero, rivolgendogli un sorriso.
 
“Dawn…”
 
“Lasciami finire per favore.”
 
“Io…”
 
“Dopo che ti ho visto piangere il mio cuore si è spezzato e credevo…di averti perso. Non volevo che finisse così…ero andata troppo oltre.”
 
“È stato un brutto colpo.” Confermò serio.
 
“E non voglio più sentirti dire che non vuoi nulla da me.”
 
“Ma…”
 
“Voglio vedere se tra noi può iniziare una relazione o se dobbiamo solamente rimanere amici.” Spiegò, lasciandolo spiazzato per quel coraggio e intenzioni che si scontravano pesantemente con i pensieri deprimenti di qualche ora prima.
 
“Credevo di aver sbagliato qualcosa.”
 
“Scott…”
 
“Vedo quel messaggio, lo rileggo un milione di volte…penso a quale cazzata ho combinato questa volta e il mio cuore va in frantumi.”
 
“Perché?”
 
“Perché…avevo deluso…anche te…te…la persona che più…che mi è stata vicina…io scemo, non avevo capito…e ti avevo trattato male.” Singhiozzò, tirando su con il naso, mentre la ragazza lo stringeva per provare a calmarlo.
 
“Non hai sbagliato nulla.”
 
“Non ero abbastanza…forse il ballo…il pranzo…non sono bello…io…io…”
 
“Non dirlo Scott.”
 
“Vorrei.”
 
“Che cosa?”
 
“Proviamo a vedere…se funziona?” Domandò preoccupato.
 
“Uscire insieme, mano nella mano, baciarsi senza imbarazzo…”
 
“Il cinema, il ristorante, i regali…il nostro tempo insieme.” Confermò lui, passandole una mano tra i capelli e avvicinandosi lentamente.
 
“Mi piacerebbe così tanto.”
 
“Chi l’avrebbe mai detto che una menzogna potesse diventare qualcosa di così speciale.” Soffiò, appoggiando delicatamente le sue labbra su quelle di Dawn.
 
“Ora non dobbiamo più nasconderci, Scott.”
 
“Mai più…tesoro mio.” Borbottò, stringendola a sé e lasciando che quel pomeriggio scivolasse lentamente sul loro amore.








Angolo autore


Quando dicevo che volevo finire la serie nel 2023 siete consapevoli che era una piccola bugia?

Ryuk: O forse aspettavi di essere nel mood adatto

Anacleto: Che?

Ryuk: Il boss aveva trovato l'amore

E l'ho perso di nuovo
Pazienza...sarò io che sbaglio qualcosa

Ryuk: Odio doverlo consolare

Siamo entrati negli ultimi 4-5 capitoli
Preparatevi che gli ultimi 3 saranno tristi, ma ormai li ho buttati giù e così vanno

Ryuk: Li ho letti di nascosto e per la prima volta approvo questa scelta

Spero che ci sia qualche presenza in questo fandom anche nel 2024 e magari una piccola recensione
Ryuk: Facciamo un piccolo sforzo per iniziare quest'anno al meglio


 

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