Il rivale

di Star_Rover
(/viewuser.php?uid=964505)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Oxford ***
Capitolo 2: *** Charlotte ***
Capitolo 3: *** Al fronte (Parte I) ***
Capitolo 4: *** Al fronte (Parte II) ***
Capitolo 5: *** Il rivale ***



Capitolo 1
*** Oxford ***


Carissimi, era da tempo che questa storia vagava nella mia mente e finalmente ho deciso di intraprendere questa impresa. Sarà una narrazione breve, probabilmente di 3/4 capitoli.
Ogni volta che mi impongo di cambiare il periodo storico dei miei scritti fallisco miseramente, quindi eccovi l’ennesimo racconto ambientato (in parte) durante la Grande Guerra. Spero comunque che possa interessarvi.
Vi ringrazio per essere passati da queste parti.
Buona lettura^^

 
1. Oxford
 


Oxford, 1910.
All’alba la corte era avvolta dal silenzio, la maggior parte degli studenti riposava ancora nel proprio letto. Nel dormitorio del lato nord la prima luce ad accendersi fu la lampada a gas di Henry Winterton. Come di consueto, il giovane era già in piedi per dedicarsi all’esercizio fisico prima di iniziare le lezioni. Era sempre stato preciso e metodico nel seguire la sua routine, restando fedele alla sua determinazione. Dopo aver stiracchiato i muscoli intorpiditi dal sonno si stendeva a terra per una sessione di addominali e flessioni, per poi uscire a completare l’allenamento con una corsa sulle rive del fiume.  Ciò avveniva indipendentemente delle condizioni metereologiche. I suoi compagni l’avevano visto affrontare il freddo invernale, la pioggia e la neve con stoica indifferenza.
Fortunatamente in quella tiepida mattinata autunnale Henry non dovette preoccuparsi delle intemperie. Con ampie falcate attraversò il ponte e proseguì lungo il sentiero che conduceva al parco. Trovava salutare l’aria fresca del mattino e il profumo dell’erba umida di rugiada.
Quando rientrò all’interno del cortile sembrò soddisfatto di aver portato a termine la prima fatica della giornata.
L’inserviente che stava spazzando la lunga scalinata gli rivolse un cortese saluto.
«Buongiorno Henry»                                                       
Il ragazzo ricambiò con un sorriso, era felice che finalmente quell’uomo avesse smesso di rivolgersi a lui in modo formale. Winterton e i suoi compagni portavano particolarmente rispetto nei confronti del signor McLean, un reduce della sanguinosa battaglia di Magersfontein. Durante la seconda guerra boera era stato gravemente ferito a una gamba, per questo zoppicava. In ogni caso McLean era uno scozzese testardo e orgoglioso che non aveva mai cercato compassione.
I ragazzi lo chiamavano scherzosamente Wauchope, poiché oltre ad assomigliare al famoso generale, era anche un suo grande estimatore, avendo avuto il privilegio di incontrarlo personalmente. Era dunque probabile che iniziasse a parlare di lui durante ogni genere di conversazione.
Henry apprezzava intrattenersi con McLean per farsi narrare qualche avventuroso episodio di guerra, e anche l’ex-militare sembrava averlo preso in simpatia.
«Vedo che continui a mantenerti in forma» commentò l’uomo con approvazione.
«Oh, certo. La costanza è fondamentale, ma non devo certo parlare a lei di disciplina»
McLean raddrizzò le spalle con fierezza, come se stesse esibendo ancora la divisa dei Black Watch.
«Bravo ragazzo, sono certo che questa dedizione ti sarà utile»
Winterton voltò lo sguardo verso i cancelli, aveva scorto dell’insolito movimento oltre al viale.
«Che succede laggiù?» domandò con sincera curiosità.
McLean rispose prontamente: «ci sarà un po’ di movimento in questi giorni, sono arrivati i nuovi studenti»
Henry non diede troppa importanza a tutto ciò, la notizia lo lasciò piuttosto indifferente. Il giovane si congedò e rapidamente raggiunse la sua ala del dormitorio. Dopo essersi lavato e rasato si vestì con calma, abbottonò la camicia e indossò la giacca. Ancora ignaro di quel che sarebbe successo pensò che quello sarebbe stato un giorno come tanti ad Oxford. 

 
Henry raggiunse i suoi compagni in una più ampia stanza comune. Il fischio del bollitore lo informò che era arrivato proprio al momento giusto. Solitamente la colazione veniva consumata tra sbadigli e commenti assonnati riguardanti la notte appena trascorsa oppure la giornata non ancora iniziata. Quella volta intorno al tavolo Winterton percepì un certo fermento. I suoi amici sembravano particolarmente coinvolti nella loro discussione. Li sentì parlare a voce alta partecipando alla conversazione con gran trasporto. Alle sue orecchie però erano giunte solo parole frammentate, da cui non aveva potuto intuire molto sull’argomento trattato.
«Di che state parlando?» domandò ad un certo punto, incuriosito e insospettito dalla situazione.
«Del nuovo arrivato in fondo al corridoio» rispose Philip, il suo vicino di stanza. 
Winterton sollevò appena un sopracciglio, in quel momento ricordò ciò che gli aveva riferito McLean.
«Uno del primo anno?» ipotizzò.
«Oh, no. Sarà in corso con noi. È stato trasferito qui dall’Hertford»
Henry non comprese il perché di tanto sgomento per l’arrivo di un nuovo studente, fino a quel momento non trovava nulla di interessante in quella vicenda.
«Si è già presentato?»
«No, non abbiamo ancora avuto occasione. In ogni caso tu lo incontrerai presto. È un canottiere, vi vedrete spesso al club»
Winterton non espresse particolare entusiasmo a quell’idea. Quell’anno voleva assolutamente conquistarsi il posto nella squadra come vogatore di corsa, un nuovo componente avrebbe potuto rappresentare un potenziale avversario.  
Henry rimase a rimuginare sulla questione, il suo sguardo si incupì. Aveva atteso a lungo quel momento e non aveva certo intenzione di rinunciare a quell’opportunità tanto facilmente, non poteva permettere che qualcuno si intromettesse rovinando i suoi piani. 
 
Per il resto della mattinata Henry non fece altro che pensare a chi potesse essere il nuovo arrivato e quale aspetto potesse avere. Trascrisse gli appunti distrattamente durante le lezioni, la sua mente era occupata da altre preoccupazioni.
Philip attirò la sua attenzione con una leggera gomitata.
«Sai, ho sentito dire che il nuovo arrivato è il figlio di un maggiore dell’esercito»
«Per quale ragione la questione ti interessa tanto?»
«Be’, quel ragazzo è qui da poche ore e già tutti parlano di lui, deve essere una persona interessante. Dovremmo invitarlo al circolo per una delle nostre serate!» esordì con fin troppo entusiasmo.
Winterton sbuffò: «non sappiamo nemmeno chi sia»
«Il suo cognome è Mallory»
Henry si stupì: «come hai fatto a scoprirlo?»
Philip rispose con lieve imbarazzo: «ho chiesto a Wauchope, lui sa sempre tutto di tutti. Purtroppo però non conosceva il suo nome»
L’altro dovette sforzarsi per fingere indifferenza.
«Sei fortunato» commentò Philip.
Winterton non capì: «per quale motivo?»
«Sarai il primo di noi a incontrarlo!»
 
***
 
Henry non sapeva perché si sentisse così nervoso all’idea di quell’incontro. Sembrava che tutti fossero impazziti, non riusciva proprio ad immaginare che cosa potesse avere quel ragazzo di così speciale per aver attirato su di sé tante attenzioni. Per lui tutto ciò era incomprensibile.
Credeva di fare la sua conoscenza nel refettorio per pranzo, ma al tavolo dei canottieri il suo posto rimase vuoto. Ciò non fece altro che aumentare le aspettative e la curiosità intorno alla sua figura.
Winterton ebbe modo di confrontarsi sulla questione con Roland, uno dei membri più anziani del club.
«Questo è un posto noioso, le novità eccitano sempre, e le chiacchiere viaggiano in fretta» fu il suo commento.
«Ritieni che tutte queste notizie su di lui non siano vere?»
«Ovviamente non posso saperlo. Ma sono in grado di confermare che certe voci non sono false» disse con leggera malizia.
«A cosa ti stai riferendo?»
«Al suo aspetto. Tutti dicono che è un ragazzo particolarmente bello e affascinante. Non mi ritengo adatto a giudicare certe caratteristiche in un uomo, ma avendolo visto solo una volta posso dire che non passa di certo inosservato»
Henry non disse nulla a riguardo, decretando che la questione non lo riguardasse. Tutti quegli elogi nei confronti di uno sconosciuto però non lo lasciarono indifferente. L’impatto di quel giovane non era affatto trascurabile.
 
Winterton dovette attendere fino a quel pomeriggio per poter finalmente mettere fine a quell’estenuante attesa. Il club era deserto, quasi tutti gli atleti erano schierati sulle rive del Tamigi per gli esercizi di riscaldamento. Henry aveva intenzione di unirsi a loro quando negli spogliatoi notò una sagoma sconosciuta davanti allo specchio. Dopo un primo momento di esitazione decise di avvicinarsi, non aveva alcun dubbio, quello doveva essere il nuovo componente della squadra.
Appena lo vide emise un sospiro di sollievo, quel ragazzo era troppo alto e magro, non possedeva le caratteristiche fisiche di un buon vogatore.
Con ritrovata serenità il giovane si protese a rivolgergli la parola.
«Benvenuto a Oxford, io sono Henry Winterton»
Il suo coetaneo rispose con un cordiale sorriso e si presentò con una virile stretta di mano: «Stephen Mallory»
Henry non ritenne opportuno rivelare di conoscere già bene il suo cognome, ma si lasciò comunque sfuggire un commento.
«Mallory è un cognome irlandese»
Il ragazzo si irrigidì, come se avesse inteso le sue parole come una critica, d’altra parte non tutti vedevano di buon occhio gli irlandesi.
«Già, ma la mia famiglia vive in Inghilterra da generazioni. Mio padre è un ufficiale delle Irish Guards»
Henry ebbe in breve la conferma che quelle voci sul suo conto fossero reali.
Inevitabilmente la sua mente lo riportò a ciò che gli aveva riferito Roland. Per quanto non fosse solito ad esprimere opinioni riguardanti il fascino maschile doveva ammettere che trovandosi davanti a Stephen aveva provato una certa soggezione. Egli era un giovane dai capelli biondi e gli intensi occhi verdi. Possedeva un fisico slanciato e aitante, che pareva sfoggiare con orgoglio. I lineamenti del suo volto erano armoniosi e delicati, Winterton pensò che sarebbe stato il soggetto perfetto per il ritratto di un pittore romantico. Poté comprendere il motivo per cui fosse considerato un giovane affascinante, ma non restò particolarmente impressionato dal suo aspetto. Era più interessato a scoprire le sue doti atletiche per potersi confrontare con lui.
 
Durante l’intero allenamento Henry non staccò lo sguardo dal suo potenziale avversario. Lo studiò con interesse scientifico, provando a stimare la potenza dei suoi muscoli che si contraevano e flettevano ad ogni esercizio.
«A quanto pare il nuovo arrivato ha fatto colpo!» disse Roland con tono di scherno.
Winterton ignorò il suo commento.
«Credi che la sua aggiunta sarà un bene per la squadra?»
Roland alzò le spalle: «sembra che la sua presenza sia ben accetta»
L’altro non poté contraddirlo, Stephen pareva a suo agio nel ridere e scherzare insieme agli altri atleti, i quali l’avevano accolto benevolmente.
Quando fu il momento di portare le barche in acqua Henry si appostò sulla riva del fiume, scegliendo la posizione migliore per osservare il suo compagno in azione.
Anche in questo caso analizzò ogni suo movimento con estrema severità. Fin dal primo istante notò che Mallory non sembrava applicare alcuna tecnica. Non distendeva bene le gambe, il torso era troppo piegato all’indietro, avrebbe dovuto alzare di più i gomiti per ottimizzare lo sforzo. Vogava con troppa foga, le bracciate erano eccessivamente ampie e generavano un impatto duro con l’acqua. I suoi movimenti non erano né fluenti né aggraziati come quelli di un atleta esperto, eppure c’era qualcosa di affascinante in quella manifestazione di potenza e volontà. Lottava contro la corrente e la resistenza dell’acqua con veemenza, c’era qualcosa di primordiale in lui.
Henry rimase colpito da quella prova, dovette comunque ammettere di non aver mai visto nessuno remare in quel modo.
Ciò che risaltava in Mallory come vogatore non era la sua professionalità, ma la sua capacità nel coinvolgere i compagni nel dare il tutto per tutto. Era carismatico e appassionato, qualità che Winterton non possedeva in egual modo, e che la sua superiorità tecnica non avrebbe potuto sostituire.
Nell’istante in cui l’imbarcazione di Stephen raggiunse il traguardo tra l’esaltazione dell’equipaggio e dei compagni rimasti a terra, ma ugualmente coinvolti nella gara, capì che egli era l’avversario da battere per ottenere il ruolo che bramava.
 
Al termine del faticoso allenamento Henry scese nei sotterranei per raggiungere la grande sala da bagno. Dopo quell’estenuante giornata aveva intenzione di godersi qualche istante di pace e tranquillità. Aveva bisogno di rilassare i muscoli e liberare la mente.
Il ragazzo si sciacquò il volto in un lavandino, soffermandosi ad osservare il suo riflesso allo specchio.
Aveva un viso leggermente allungato, dai lineamenti decisi e gli zigomi sporgenti. I capelli castani, solitamente perfettamente lucidati e pettinati dietro alla nuca, erano umidi e scompigliati. Lo sguardo, caratterizzato da due intensi occhi grigi, era stanco e spento. Aveva proprio necessità di rimettersi in sesto con una doccia fredda o un bagno caldo.
Stava pensando a questo quando all’improvviso da dietro una colonna comparve la figura di Stephen. Henry trasalì accorgendosi che il compagno indossava solo un asciugamano stretto in vita. Il fisico asciutto, ma dai muscoli definiti, risaltava sotto alla pelle imperlata di sudore.
Winterton distolse rapidamente lo sguardo, arrossendo pudicamente. L’indifferenza di Mallory nel mostrarsi praticamente nudo davanti a lui lo fece sentire ancor più a disagio in quella situazione. Se avesse potuto sarebbe scomparso all’istante in una nube di vapore.
Stephen invece parve divertito dall’imbarazzo che il compagno tentava maldestramente di nascondere.
«Winterton, piacere di rivederti!» disse spavaldo.
Egli tentò di ricomporsi: «vedo che ti sei adattato in fretta»
«Già, credo proprio che Oxford sia il posto per me!»
Henry mostrò un sorriso nervoso più simile a un ghigno. Prese un profondo respiro e tornò a calmarsi.
«Complimenti per la vittoria di oggi, è stata davvero meritata» disse con sincerità.
«Grazie, solitamente preferisco dare il meglio nelle gare importanti, ma volevo dimostrare a tutti di cosa sono capace»
Henry dovette ammettere che egli fosse riuscito nel suo intento. L’intero club era rimasto colpito dalla sua esibizione.
«Mi hanno detto che quest’anno sei uno dei favoriti per il ruolo di vogatore di corsa» continuò Mallory.
«Spero di ottenere il posto ufficiale» affermò Henry con decisione.
Stephen poggiò le mani sui fianchi e lo guardò dritto negli occhi: «dunque saremo rivali»
Henry non fu sorpreso dal suo spirito competitivo: «suppongo che sia così»
L’irlandese sorrise con aria di sfida: «allora che vinca il migliore!»
 
***
 
Quella sera Henry ripensò a ciò che era accaduto. In sole poche ore la sua prospettiva era completamente cambiata, un solo incontro aveva rimesso in discussione ogni sua certezza. Il giovane non poté evitare di tormentarsi con quei pensieri, avrebbe dovuto impegnarsi con tutto sé stesso in quella sfida.
Ad un tratto la porta della sua stanza si aprì e Philip entrò quasi di corsa. Si mostrò particolarmente eccitato, prese posto sulla sua solita poltrona e si sporse in avanti.
«Allora? Come è stato il tuo primo incontro con Mallory?» domandò con impazienza.
Winterton gli rivolse un’occhiata furente.
«È il ragazzo più presuntuoso e arrogante che abbia mai conosciuto, ma è un vogatore degno di considerazione»
Philip sospirò: «dunque hai avuto occasione di parlargli?»
Henry avvampò al vivido ricordo della loro conversazione avvenuta nella sala da bagno.
«A dire il vero è stato un dialogo piuttosto breve. Ho scoperto solo che il suo nome è Stephen e che ha origini irlandesi. È davvero il figlio di un ufficiale, un maggiore delle Irish Guards»
Il suo compagno ascoltò con trepidante interesse.
«Dobbiamo chiedere al signor McLean di recapitargli una lettera d’invito»
«Davvero vorresti quel borioso irlandese al nostro circolo?»
«Perché no? Potrebbe essere un ospite stimolante»
Henry guardò il compagno con sospetto, iniziava a pensare che non fosse solo per questioni di reputazione e popolarità che volesse includere quel giovane nel suo giro di conoscenze. In ogni caso preferì non approfondire la questione.
Per quel giorno ne aveva avuto abbastanza di Stephen Mallory, voleva trascorrere almeno il resto della serata senza pensare a lui.
 
Nonostante le sue intenzioni per Henry fu difficile allontanare il pensiero di Stephen dalla sua mente. Quella notte si rigirò più volte nel letto, ritrovandosi a rimuginare sull’accaduto. La presenza di Mallory nella sua vita era diventata un vero tormento. Ogni volta che chiudeva gli occhi rivedeva i suoi occhi verdi e il suo irritante sorriso.
 
***
 
Per qualche giorno Henry riuscì a ritrovare un precario equilibrio. Tornò a dedicarsi alle sue corse mattutine e si concentrò maggiormente sugli studi. L’idea di dover competere con Mallory però restava un chiodo fisso nella sua mente. Era certo che non avrebbe ritrovato pace finché quella faccenda non si sarebbe conclusa.
La compagnia di Philip non era di certo d’aiuto, anch’egli era rimasto ammaliato dal potere incantatore di Mallory. Sembrava che il suo unico interesse fosse riuscire a farsi notare da lui, per ragioni che Henry ancora non comprendeva ai suoi occhi Stephen era una persona meritevole di stima e ammirazione.
 
Una sera Henry raggiunse gli altri al circolo, era stanco e desiderava solo riposarsi in compagnia dei suoi amici, un buon libro e magari del brandy.
La scena che si ritrovò davanti agli occhi lo lasciò interdetto. Al centro della stanza vide Stephen che sorseggiava un bicchiere di whiskey intrattenendo i presenti con le sue chiacchiere. Gli studenti radunati intorno a lui sembravano pendere dalle sue labbra, Mallory aveva una storia da raccontare per ogni genere di situazione. Probabilmente inventava sul momento la maggior parte di quelle vicende, eppure riscuoteva sempre più successo.
Henry pensò che tutto ciò fosse assurdo, era come vivere in un incubo. Dovette dedurre che Philip avesse infine deciso di mettere in atto il suo piano, e che Stephen non avesse rifiutato l’invito.
Con disapprovazione, ma ormai rassegnato, Winterton trascorse la prima parte della serata rintanato in un angolo della stanza, il più lontano possibile dalla confusione.
Dopo un po’ fu raggiunto da Philip: «coraggio, non puoi comportarti sempre in questo modo con i nuovi ospiti!»
«Questa volta ho le mie ragioni per voler evitare di fare vita sociale»
L’amico scosse il capo: «sono certo che se provassi a conoscerlo meglio potresti anche apprezzarlo. È un tipo a posto, dico sul serio»
«Ti ho già detto che non ho alcun interesse nei suoi confronti»
«Almeno potresti affrontare questa situazione in modo maturo e non come un ragazzino imbronciato!»
Winterton si sentì tradito da quella mancanza di rispetto, ma dovette ammettere di aver forse esagerato. Aveva pur sempre a che fare con un altro uomo civile ed educato.
«Guarda, adesso è solo. È una buona occasione» lo incitò Philip.
Henry era già pentito di essersi alzato dalla poltrona, ma ormai le gambe lo stavano conducendo nella sua direzione.
 
Mallory era davvero solo al tavolo da biliardo, impegnato a imbucare palle per trascorrere il tempo.
Henry si avvicinò, fermandosi a qualche passo di distanza. Per un po’ rimase ad osservare le sue mosse senza dire nulla.
«Vuoi fare una partita?» domandò Stephen notando la sua presenza.
Winterton accettò più per orgoglio che per cortesia.
Tra un turno e l’altro, mentre giravano intorno al tavolo, i ragazzi iniziarono a conversare.
«Hai dei piani dopo il college?» domandò Henry con tono indagatore.
Mallory si poggiò sul bordo colpendo con precisione la sua palla.
«Mio padre vorrebbe sicuramente che mi arruolassi nell’Esercito»
Winterton si lasciò sfuggire un ironico sorriso, un po’ di disciplina spartana era ciò di cui quel ragazzo aveva davvero bisogno.
«Immagino che tu non abbia intenzione di seguire il suo esempio» intuì.
L’espressione sul volto di Stephen si incupì, per la prima volta si mostrò senza la sua maschera di arroganza e insolenza.
«È complicato» si limitò a dire dopo aver gettato in buca l’ennesima palla.
Henry non insistette sull’argomento.
«E tu invece? Che cosa hai nei tuoi progetti? Sembri uno che ha le idee chiare sul futuro» continuò Mallory.
«Ho ottenuto una borsa di studio in legge»
Stephen mantenne lo sguardo sul tavolo da gioco: «la tua famiglia deve essere orgogliosa di te»
Henry annuì: «sono l’unico figlio maschio, mio padre ha grandi aspettative su di me»
«Capisco. Per fortuna ho due fratelli maggiori e questo ruolo non è toccato a me»
Winterton notò una luce brillare nei suoi occhi, per un istante provò leggera invidia per il suo senso di libertà. La sensazione però svanì immediatamente.
I due proseguirono la partita in silenzio, allo scadere del tempo terminarono in perfetta parità. A causa dell’ora tarda scelsero di concludere così la serata, lasciando la questione in sospeso.
Henry si stupì per l’inaspettata remissività del suo compagno, sembrava che la loro conversazione l’avesse davvero turbato nel profondo.
 
***
 
Nel periodo seguente Henry ebbe occasione di vedere il suo avversario soltanto durante gli intensi allenamenti. Ormai l’intera squadra era a conoscenza della rivalità tra i due atleti, alcuni avevano iniziato a schierarsi, esprimendo giudizi e preferenze.
Winterton preferiva restare in disparte, dal suo punto di vista la faccenda riguardava soltanto lui e Mallory.
Al contrario Stephen non perdeva mai l’occasione di mettersi in mostra in cerca di supporto e approvazione. Il che gli risultava piuttosto semplice, soprattutto grazie al suo carattere affabile e al suo innato carisma.
Ormai non mancava molto tempo alle selezioni, entrambi i pretendenti avevano ottenuto gli stessi risultati. Sarebbe stato difficile decretare il migliore tra i due in una simile condizione di parità.
Per quanto diversi Henry e Stephen apparivano al contempo complementari, per questo nessuno riusciva a spiccare sull’altro. Eppure il ruolo di vogatore di corsa poteva essere ricoperto da un’unica persona, dunque prima o poi sarebbe stato uno solo il vincitore.
 
Il giorno in cui furono esposte le liste ufficiali al club Winterton scoprì di essere stato scelto come membro dell’equipaggio, ma con delusione realizzò di non aver ottenuto il ruolo tanto ambito. All’ottavo rematore, il più importante, corrispondeva il nome di Stephen Mallory, lui invece era il settimo. Ciò significava che non solo aveva perso la sfida, ma che avrebbe dovuto anche sottostare al comando del suo acerrimo rivale.
Stephen si mostrò onorato e appagato, aveva lottato arduamente per prevaricare l’avversario in una gara ad armi pari. Il giovane manifestò un comportamento sportivo nei confronti del compagno sconfitto, in fondo doveva ammettere di aver tratto soddisfazione nel confrontarsi con qualcuno che si era dimostrato alla sua altezza.
Winterton dovette trattenere la rabbia e il rancore, almeno per orgoglio personale. Tutto quel che gli restava era la sua dignità.
La squadra così composta sembrò trovare un delicato equilibrio, nonostante le continue tensioni a poppa dell’imbarcazione. Quando qualcuno domandava come stesse proseguendo l’allenamento gli altri compagni rispondevano sempre: «con Mallory e Winterton possiamo solo vincere o affondare»
Per qualche assurdo motivo quel pericoloso affiancamento parve funzionare e nelle gare stagionali la squadra riuscì ad ottenere ottimi risultati.
Quell’anno l’equipaggio vinse la regata di primavera con Mallory al comando e Winterton al suo seguito. Un risultato ammirevole, destinato a restare nella memoria di Oxford per molto tempo. Al di fuori del club però sarebbe rimasto un mistero il motivo per cui nella foto commemorativa uno degli atleti non stesse sfoggiando come gli altri un raggiante sorriso.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Charlotte ***


 

2. Charlotte
 

Estate 1911.
Roland aveva deciso di celebrare gli ottimi risultati della stagione sportiva invitando i due migliori atleti nella sua tenuta di campagna. In quanto membro più anziano del club godeva di stima e rispetto da parte dei più giovani compagni.
Henry aveva accettato principalmente per queste ragioni, di certo la prospettiva di trascorrere tutto quel tempo insieme a Stephen non era affatto allietante, ma in fondo Philip aveva ragione, avrebbe dovuto affrontare quella situazione con la dovuta maturità. Così si era armato di pazienza.
D’altra parte era lieto di quella partenza, sentiva il bisogno di allontanarsi da Oxford, distraendosi da esami e responsabilità.
Roland era figlio di un famoso scrittore, la sua famiglia era ben nota negli ambienti intellettuali, dai salotti di Londra ai club universitari. Henry non aveva ancora avuto modo di conoscere i parenti del suo compagno, dunque riteneva che quella potesse essere un’occasione da non sprecare. Era curioso e impaziente per quell’incontro, desiderava dare una buona impressione di sé.
In quei giorni Henry aveva intenzione solo di riposarsi, nemmeno Mallory avrebbe potuto rovinare la sua vacanza.
Continuava a non comprendere il motivo per cui i suoi compagni continuassero a provare tanto interesse per lui, ai suoi occhi Stephen restava soltanto un irlandese presuntuoso e irritante.
Nonostante ciò era disposto a tollerare la sua compagnia, almeno fuori dalla barca non doveva più considerarlo come un suo superiore.
 
La maestosa tenuta di campagna era situata nel mezzo di un enorme giardino fiorito, la strada per raggiungerla attraversava la foresta. Un sentiero conduceva al lago, l’altro alla città non troppo distante. Al suo arrivo Winterton fu accolto dall’amico, il quale gli annunciò che avrebbe potuto trascorrere in piena libertà il soggiorno in quella casa.
Quella sera Henry raggiunse il grande salone per la cena, si presentò cortesemente ai padroni di casa e prese posto accanto a Roland. Di fronte a lui notò una sedia vuota, ma inizialmente non ci diede troppa importanza. Diresse lo sguardo alla sua sinistra, Stephen stava già intrattenendo i presenti con uno dei suoi discorsi. L’argomento era l’ormai celeberrima regata di primavera, dove la squadra era riuscita a conquistare la vittoria.
Henry ascoltò con attenzione il resoconto del suo compagno, il quale come sempre riuscì a rendere coinvolgente e avvincente narrazione.
«Sicuramente il merito della vittoria appartiene a tutta la squadra, ma il contributo di Winterton è stato fondamentale»
Il ragazzo ebbe un lieve sussulto, quelle parole gli parvero sincere. Pur tentando di non esternare troppo il proprio apprezzamento, dovette ammettere di aver gradito quel riconoscimento.
Tra i tanti difetti che aveva riconosciuto in Mallory, doveva almeno concedergli il pregio dell’onestà.
Era ancora assorto in questi pensieri quando ad un tratto avvertì dei passi leggeri provenire dai corridoi.
Poco dopo una ragazza entrò nella stanza, ella indugiò prima di avvicinarsi al tavolo.
Henry e Stephen si alzarono simultaneamente dalle rispettive sedie, Roland si occupò delle presentazioni.
«Lei è mia sorella Charlotte» annunciò con evidente orgoglio.
Henry rispose con un cordiale sorriso, Stephen invece non perse l’occasione di mettersi in mostra con un teatrale baciamano.
La giovane si unì al resto della famiglia, occupando il posto che fino a quel momento era rimasto vuoto, proprio davanti a Winterton.
Per tutta la durata della cena Henry faticò a concentrarsi sulla conversazione, rivolgendo continuamente occhiate furtive davanti a sé. Charlotte era una ragazza di rara bellezza. I lunghi capelli biondi ondeggiavano sulle sue spalle, incorniciando un viso dai lineamenti armoniosi. Le iridi cristalline, vivide e trasparenti, illuminavano il suo sguardo.
La giovane si mostrò incuriosita e interessata dalla presenza dei due ospiti, seppur mantenendo un atteggiamento discreto. Dal suo comportamento era evidente l’educazione ricevuta.
Henry rispose cordialmente alle sue domande riguardanti l’università e la vita a Oxford.
Ben presto però fu Stephen a catturare la sua attenzione. L’irlandese si mostrò sempre disinvolto e sicuro di sé, riuscendo a guadagnarsi sguardi di interesse e ammirazione.
Purtroppo la dolce compagnia di Charlotte fu piuttosto breve, poiché ella aveva già un impegno in città per quella serata.
I tre amici restarono nell’ampio salotto, intrattenendosi con discorsi riguardanti musica e letteratura. Roland accompagnò quelle chiacchere con le sue esecuzioni al pianoforte. Stephen si rivelò più interessato alle pregiate bottiglie di buon whiskey piuttosto che alle sonate di Bach, riempiendo più volte il suo bicchiere.
Henry dovette sforzarsi per partecipare attivamente alla discussione, la sua mente divagava sempre più spesso. Al centro dei suoi pensieri c’era solo Charlotte.
Quando giunse l’ora di ritirarsi Winterton si sentì sollevato.
«Spero che abbiate gradito la cena e la compagnia della serata» disse Roland.
Stephen rispose con un ambiguo sorriso.
«Devo ammettere che la vacanza si sta rivelando più interessante di quanto avessi sperato»
Winterton era certo di non aver frainteso il vero significato di quelle parole. Nel momento in cui i loro sguardi si incrociarono riconobbe la stessa occhiata di sfida che gli era stata rivolta il giorno del loro primo incontro.
 
 
Il mattino seguente Henry decise di non seguire i suoi compagni in città. Con la scusa di dover studiare riuscì ad ottenere qualche ora di pace e tranquillità.
Approfittò così della mattinata per leggere nella biblioteca che aveva intravisto in fondo al corridoio. Appena entrò nella stanza si accorse di non essere solo, seduta al piccolo scrittoio riconobbe la sorella di Roland. La giovane si voltò con un lieve sussulto al suo arrivo, ma parve rassicurarsi quando riconobbe l’ospite.
«Oh, buongiorno Henry»
Egli provò una certa soddisfazione nel constatare che lei si fosse ricordata il suo nome.
«Non intendevo disturbarti» si scusò.
«Non preoccuparti, credevo che anche tu fossi tornato in città con Roland»
«Ad essere sincero prediligo la quiete della campagna»
Charlotte sorrise: «avevo intuito dal tuo libro che avessi un animo romantico»
Winterton realizzò di avere tra le mani un volume di poesie di Wordsworth. Da una semplice citazione i due iniziarono una lunga conversazione. Parlarono di letteratura e poesia, scoprendo di avere più interessi in comune.
Henry perse la condizione del tempo, soltanto al termine della discussione osservò l’orologio.
«Temo di averti annoiata con questi argomenti» si scusò. 
«No, affatto. È stata una conversazione davvero stimolante»
Henry fu piacevolmente sorpreso nello scoprire che Charlotte non era solo bella, ma anche colta e intelligente. In quel momento capì perché Roland fosse così orgoglioso della sorella minore.
«Sai, le opere di Wordsworth mi hanno suggerito un’idea. Sarei lieto di invitarti ad una gita al lago»
«Ed io sarei lieta di accettare»
Winterton tentò di fare del suo meglio per non lasciar trasparire troppo la sua emozione.
«Questo pomeriggio il tempo sembra favorevole» propose.
La giovane esitò.
«Mi spiace, ma oggi non posso. Ho già promesso a Stephen una passeggiata a cavallo»
Henry s’irrigidì nel sentire quelle parole, dunque i suoi sospetti erano fondati, ancora una volta Mallory stava interferendo con i propri piani.
«Domani non ho nessun impegno, sempre che la proposta sia ancora valida» continuò Charlotte.
Henry finse indifferenza: «certamente. Sono sicuro che sarà una splendida giornata»
I due giovani si lasciarono con la promessa di quell’appuntamento. Rimasto solo Winterton rimuginò sull’accaduto, cominciava ad essere stanco di dover sempre dimostrare di essere migliore di Stephen, ma per Charlotte era disposto a tutto.
 
***

Stephen era certo di non essersi mai innamorato, in passato le sue storie romantiche non avevano avuto nulla a che fare con un sentimento così puro e nobile. Raramente aveva avvertito qualcosa di più oltre alla semplice attrazione fisica. Eppure l’altra sera, quando il suo sguardo si era posato sull’esile figura di Charlotte, aveva percepito qualcosa di diverso. Non seppe descrivere quelle emozioni, ma suppose che fosse in quel modo che dovesse sentirsi una persona innamorata.
Fin da bambino Stephen possedeva una grande passione per l’equitazione, forse per merito del suo sangue irlandese aveva da sempre mostrato ottime doti da cavaliere. Per questo quando aveva notato la stalla aveva subito pensato di approfittarne per una passeggiata a cavallo, e nel momento in cui si era presentata l’occasione di invitare una bella fanciulla a fargli compagnia non aveva esitato.
Stephen non ebbe difficoltà ad entrare in sintonia con il suo cavallo, uno splendido destriero dal manto nero come la pece. Charlotte lo affiancò, dimostrando di avere pratica ed esperienza.
Lungo il percorso i due sostarono in una piccola radura.
«Complimenti, sei davvero un’abile cavallerizza» disse Stephen con sincera ammirazione.
Charlotte rispose con modestia: «ho sempre amato cavalcare»
«Dovresti partecipare a qualche competizione» suggerì.
«Oh, no. Mi piace passeggiare nella pace e nella tranquillità della natura»
«Peccato, sono certo che otterresti ottimi risultati»
«È per questo che ami cavalcare? Per vincere?»
«Ad essere sincero credo che sia più per la sensazione di libertà che si prova correndo nel vento»
Charlotte rimase colpita da quelle parole, Stephen era diverso da tutti gli altri giovani borghesi che aveva conosciuto fino a quel momento, così rigidi e formali. In lui invece riconosceva un innato senso di libertà. Possedeva fascino e carisma, e poi quegli occhi verdi…avrebbe potuto perdersi per sempre in quegli smeraldi lucenti.  
Stephen si avvicinò e sfiorò il suo viso con una carezza. Lei socchiuse gli occhi e prese un profondo respiro, il suo corpo tremò leggermente a quel tocco.
«Sto forse osando troppo?» domandò Mallory.
Ella negò: «sto fremendo perché desidero di più»
Stephen l’attirò a sé e la baciò con passione. Lei ricambiò, dischiuse le labbra e si strinse ancor più al suo petto, affondando le dita nella sua chioma bionda.
Si distaccarono soltanto quando restarono senza fiato.
«Desideravo farlo dal primo istante in cui ti ho vista» ammise lui.
Charlotte si sentì sopraffatta da quelle emozioni travolgenti, quel giovane era riuscito a farle perdere il controllo di sé. Non sapeva nulla di lui, eppure si era gettata senza esitazione tra le sue braccia.
In quel momento provò soltanto il desiderio di sentire ancora quel brivido sulla pelle.
«Baciami ancora» sussurrò con tono quasi implorante.
Stephen non esitò ad esaudire quella richiesta e poggiò nuovamente le labbra sulle sue con lo stesso trasporto.
«Sei bellissima» disse guardandola negli occhi.
«Di certo sai come ammaliare una donna»
«Sono soltanto sincero»
Charlotte si domandò quanto avrebbe potuto fidarsi di un giovane tanto affascinante quanto pericoloso.
Mallory sembrò intuire i suoi pensieri: «sarebbe così terribile se tu ti innamorassi di me?»
«Questo dipende da te. Potrebbe essere orribile oppure meraviglioso»
«Non ho promesse da farti, ho solamente un cuore che batte per te dal momento del nostro primo incontro»
«E se questo sentimento fosse soltanto un’illusione?»
«Siamo giovani e benestanti, possiamo vivere di illusioni»
Dopo aver detto ciò Mallory terminò quella conversazione con un ultimo bacio, ancor più intenso e rovente dei precedenti.
Charlotte si distaccò dal suo abbraccio, ebbe bisogno di qualche istante per riprendersi dall’accaduto.
«È tardi, adesso devo tornare» disse allontanandosi all’improvviso.
«Sei crudele a lasciarmi così, senza una risposta» protestò Stephen.
La ragazza montò in sella al suo cavallo: «se davvero mi vuoi come dici, allora dovrai rincorrermi»
Mallory la guardò galoppare verso il tramonto, rapidamente saltò in groppa al suo destriero per inseguirla.
 
***

Henry aveva trascorso il pomeriggio tra l’ansia e la preoccupazione, la compagnia di Roland non era stata sufficiente a distrarlo dai suoi cupi pensieri. Era certo che l’invito di Stephen non fosse affatto disinteressato nei confronti di Charlotte. Considerando le sue doti seduttive e il suo innegabile fascino per lui non sarebbe stato difficile conquistare una bella ragazza.
Ne ebbe la conferma quella sera, quando incontrò i due di ritorno dalla loro passeggiata. Li vide stretti a braccetto, mentre parlavano amabilmente. In quel momento non ebbe più dubbi sulle intenzioni di Stephen.
Henry sospirò, trovò inconcepibile che una ragazza all’apparenza così pura e innocente potesse infatuarsi di un uomo come Mallory.
«Henry, ti devo delle scuse per non essermi presentato questo pomeriggio. Spero che tu non abbia patito troppo la mia assenza» disse Stephen con tagliente ironia.
Winterton mantenne un freddo autocontrollo: «non preoccuparti, domani sarò io a doverti le medesime scuse»
Mallory rivolse a Charlotte uno sguardo sorpreso.
«Già, Henry è stato così gentile da offrirsi come accompagnatore per una gita al lago»
«Se cercavi il miglior rematore tra i presenti ti stai affidando alla persona sbagliata» puntualizzò l’irlandese.  
La ragazza non diede importanza alle sue parole: «sono certa che trascorreremo un piacevole pomeriggio insieme»
Henry ricambiò il suo dolce sorriso, il suo cuore si riempì di speranza.
Charlotte salutò i suoi pretendenti per poi scomparire sulle scale.
I due giovani si scambiarono un’occhiata truce, restando in silenzio. Stephen, che fino a quel momento aveva ostentato sicurezza e impassibilità, cominciò a temere di aver sottovalutato il suo rivale. 
Winterton invece era consapevole di non poter competere ad armi pari, per questo non voleva sprecare la sua opportunità.
 
***

I tiepidi raggi del sole scaldavano la pelle mentre una leggera brezza estiva increspava le limpide acque del lago. Winterton non aveva avuto difficoltà nel condurre la barca a largo, dove si poteva osservare lo splendido panorama. Il giovane però non aveva prestato molta attenzione alla natura circostante, i suoi occhi erano solamente per Charlotte. Era convinto che non si sarebbe mai stancato di ammirare la sua bellezza.
Charlotte si rivelò sempre curiosa e attenta, rivolse al suo accompagnatore molte domande riguardanti il canottaggio.
«Davvero non sei stanco? È da tanto che stai remando»
Henry sorrise: «i nostri allenamenti sono ben più faticosi. In confronto questa traversata è rilassante»
«Mio fratello mi ha parlato sempre molto bene di te»
«Come atleta o come amico?»
«Entrambi»
Winterton si mostrò soddisfatto, aveva sempre fatto del suo meglio per ottenere una buona reputazione, e ciò aveva funzionato.
Dopo aver riportato l’imbarcazione a riva i due giovani si dedicarono a un pic-nic sul prato, all’ombra di un grosso faggio.
Charlotte considerò adorabile l’atteggiamento timido e un po’ impacciato di Henry. Egli era un gentiluomo, colto e ben educato. Era un giovane di bell’aspetto, anche se non possedeva il fascino magnetico di Stephen.
Charlotte si trovò bene in sua compagnia, con lui sentiva di poter parlare liberamente di qualsiasi argomento. Inoltre i due avevano molti interessi in comune, tra la poesia, la musica e il teatro.
A differenza degli altri ragazzi che aveva conosciuto, giovani studenti pretenziosi, Henry dimostrava di avere un animo romantico e sensibile. Questa era una caratteristica che lo rendeva attraente.
 
La giornata stava per volgere al termine, così Henry prese coraggio e si decise a rivelare ciò che provava realmente.
«So che è strano, in fondo ci siamo appena conosciuti…ma…»
Charlotte l’interruppe all’improvviso: «tu mi piaci»
Winterton ebbe un istante di esitazione: «dici davvero?»
Ella annuì: «temevo di essere io a non piacerti per le tue poche attenzioni»
«Non avevo intenzione di risultare troppo invadente nei tuoi confronti»
«Alle ragazze piace sentirsi apprezzate»
Henry si sentì in soggezione: «dopo aver citato Keats temo che ogni mia parola potrebbe risultare ridicola»
«Allora non dire nulla» rispose Charlotte con tono allusivo.
Winterton si avvicinò al suo viso: «è tutto il giorno che ho voglia di baciarti»
Lei non si ritrasse al suo abbraccio.
Henry poggiò lentamente le labbra sulle sue con un bacio dolce e delicato.
Quando si distaccarono sentì il bisogno di soddisfare la sua curiosità.
«Non mi hai ancora detto cosa pensi di me»
«Penso che potrei innamorarmi di te»
 
***

Pochi giorni dopo Henry e Stephen abbandonarono le lande del Bedfordshire con la speranza di essere riusciti a far breccia nel cuore dell’amata. Nessuno dei due però poté averne la certezza.
Entrambi scrissero una lettera, attendendo una risposta entro la fine dell’estate.
Charlotte era consapevole di dover prendere una decisione, aveva voluto conoscere i suoi pretendenti, ma non aveva intenzione di giocare con i loro sentimenti. La scelta però non si rivelò né semplice né immediata.
Henry e Stephen erano completamente diversi, eppure ognuno di loro aveva qualcosa di unico, e in modi differenti erano riusciti entrambi a smuovere i suoi sentimenti.
Henry era dolce e gentile, la sua presenza era rassicurante. Stephen invece era un vortice di passione, travolgente e incontrollabile, e terribilmente seducente.
 
***

Inverno, 1912.
Erano stati sei mesi meravigliosi, durante i quali la loro relazione era diventata sempre più importante nella vita di entrambi. Si amavano veramente, di questo ne era certo. Il loro era un amore passionale e travolgente, ma anche profondo e sincero.
Stephen pensava a questo mentre stringeva la mano di Charlotte, guardandola dritto nei suoi occhi celesti.
«Voglio chiederti una cosa importante»
Lei rimase a fissarlo, il suo viso impallidì.
«Vuoi sposarmi?»
La ragazza ritirò la mano e abbassò tristemente lo sguardo: «mi dispiace, ma io non posso sposarti»
Mallory non capì: «perché no?»
«Sarebbe la scelta peggiore per entrambi»
«Non sono ricco come altri giovani benestanti, ma posso offrirti una vita dignitosa»
«Non sto parlando di questo»
«Dunque qual è il problema?»
«Si tratta di noi…non abbiamo futuro insieme»
«Eppure tu mi ami» insistette Stephen.
«Certo che ti amo, ti amerò per sempre»
«Allora perché non vuoi diventare mia moglie?»
Charlotte rimase in silenzio, senza trovare la forza di rispondere.
Lo sguardo di Mallory si incupì: «sposerai Henry Winterton?»
«Egli è una brava persona, qualcuno su cui posso fare affidamento»
«Lo ami più di me?»
«Stephen…ti prego, non rendere tutto ancora più difficile»
«Credevo che tu fossi diversa, pensavo che non ti importasse solamente dei soldi o della reputazione»
«Le ragioni per cui ti amo sono le stesse per cui non posso sposarti»
Mallory non riuscì a nascondere la rabbia e il dolore per quel rifiuto.
Lei tentò di giustificare la sua decisione: «Stephen, io…»
«No, non dire altro. Ho capito, tra noi è finita»
Charlotte scoppiò in singhiozzi.
Stephen la strinse in un ultimo abbraccio, in un atto di tenerezza baciò la sua guancia bagnata dalle lacrime.
«È meglio che tu vada» disse lei distaccandosi a fatica.
«Promettimi che non ti dimenticherai mai di me»
Charlotte era consapevole che quel dolore sarebbe stato impossibile da dimenticare.
«Addio»
La porta si richiuse con un colpo. Charlotte si sfiorò la guancia, ancora calda dopo quell’ultimo bacio. 
 
***

Primavera 1913.
Henry non aveva mai apprezzato gli eventi mondani, li considerava una terribile perdita di tempo. Il suo carattere prevalentemente introverso e solitario lo faceva sentire sempre a disagio in determinate situazioni. Inoltre non era solito a cedere alla propria vanità. Nel corso degli anni però aveva imparato a sopportare passivamente quelle apparizioni pubbliche. Desiderava accontentare la sua famiglia, e soprattutto voleva evitare un comportamento anomalo che potesse renderlo soggetto di sgradevoli pettegolezzi.
Così anche quella sera si preparò per apparire in società.
 
La sala da ballo era gremita di gente, perlopiù volti sconosciuti. Henry rimase in disparte con il suo bicchiere di champagne.
Ogni tanto gettava un’occhiata distratta al centro del salone, osservando le coppie che volteggiavano tra luci e colori.
Winterton mostrò una smorfia di insofferenza, poi voltò le spalle alla scena per tornare a rivolgere la parola ai suoi interlocutori. Al suo tavolo discusse a lungo di politica, intrattenendosi con una conversazione riguardante la preoccupante situazione irlandese.
Ad un tratto qualcuno tra la folla attirò la sua attenzione, riconobbe subito l’esile figura di Charlotte. Indossava un abito bianco ornato di perle, il quale contribuiva a donarle un aspetto angelico. I lunghi capelli biondi erano raccolti in una raffinata acconciatura.
Fu lui ad avvicinarsi, notando il medesimo disagio nel suo sguardo.
«Henry…sono felice di rivederti» disse lei con sincerità.
«Anche per me è un piacere incontrarti»
La giovane distolse timidamente lo sguardo.  
Nella stanza si diffuse la musica di un valzer.
«Posso chiederti questo ballo?» chiese Winterton tendendole la mano.
Ella accettò, lasciandosi condurre al centro della sala.
Ad Henry sembrò di vivere un sogno, non credeva che avrebbe potuto stringerla di nuovo tra le braccia. Si era disperato per la loro separazione, ma forse era stato il destino a far sì che i due potessero ritrovarsi quella notte.
«Sei sempre bellissima» sussurrò al suo orecchio.
«E tu sei sempre troppo gentile nei miei confronti»
«I miei sentimenti per te non sono mai cambiati» rivelò.
«Dovresti odiarmi per quello che ho fatto»
«È vero, mi hai spezzato il cuore, ma tutti noi abbiamo sofferto»
Lei avvertì gli occhi umidi: «tu sei un uomo buono Henry»
Egli l’attirò ancor più a sé: «ti amo»
Charlotte gli gettò le braccia al collo: «non dirmelo, dimostramelo»
Winterton si chinò su di lei, baciandola con dolcezza e sentimento.
 
***

Primavera, 1914.
Per più di un anno Stephen Mallory condusse con disinvoltura e spensieratezza la sua vita da giovane benestante. Frequentava teatri, feste, salotti letterari e partecipava con entusiasmo ad eventi sportivi.
Fu durante una di queste giornate, nel mezzo di un’appassionante partita di cricket, che ricevette una notizia destabilizzante. Sembrava che l’evento più chiacchierato della contea fosse il fidanzamento di Lady Charlotte con un giovane avvocato, il cui nome scoprì presto essere Henry Winterton.
«Li ho visti insieme ad una festa, sono davvero una bella coppia» disse una ragazza piuttosto incline al pettegolezzo.
«Di certo lei ha trovato un buon partito» commentò la sua amica.
«Io credo che siano davvero innamorati»
Mallory non riuscì a mascherare la sua frustrazione, divenne rosso in viso e strinse la mazza da cricket con così tanta intensità da avvertire le nocche doloranti. Provò il desiderio di esternare i suoi reali sentimenti, di urlare che quel damerino di Winterton non avrebbe mai potuto amarla come ella avrebbe meritato, e che era stato lui a conquistarla per primo. Si limitò però ad immaginare le reazioni sconvolte dei presenti trattenendo una risata di scherno. Preferì sfogare la sua rabbia nel gioco, portando la sua squadra ad una meritata vittoria.
Mallory tentò di fare del suo meglio per distrarsi, ma la sua mente continuò a riportarlo al ricordo di Charlotte. Nulla gli impediva di presentarsi da lei, confessarle il suo amore e ammettere che il suo più grande rimpianto era stato perderla.
Era sempre stato impulsivo, eppure quella volta sentiva di non poter fare niente per cambiare le cose. In tutto quel tempo aveva cercato inutilmente di dimenticarla. L’amava davvero, per questo sapeva che il matrimonio con Winterton sarebbe stato il meglio per la sua felicità.
Stephen distolse l’attenzione dai suoi malinconici ricordi soltanto quando l’argomento della conversazione si spostò su questioni politiche.
Le notizie erano sempre più preoccupanti, dall’est si iniziava ad avvertire vento di guerra.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Al fronte (Parte I) ***


 
3. Al fronte

Parte I
 

Quando l’Inghilterra entrò ufficialmente in guerra Henry fu tra i primi volontari ad arruolarsi.
La decisione non fu semplice, ma Winterton era convinto delle proprie priorità, era consapevole di dover adempire al suo dovere.
Questo improvviso cambiamento sconvolse i piani già organizzati per il suo futuro, il fidanzamento era stato ufficializzato e già erano in corso i preparativi delle nozze.
Charlotte credeva che quel matrimonio avrebbe potuto renderla nuovamente felice, per qualche ragione, riteneva che avrebbe potuto dimenticare l’amore travolgente di Stephen diventando la moglie di un altro uomo. Un uomo gentile e onesto come Henry, che avrebbe potuto offrirle sicurezza e serenità.
Forse si trattava soltanto di un’illusione, ma anche quell’unica speranza svanì in un istante.
«Sei soddisfatto delle tue scelte?» domandò Charlotte con tono di rimprovero. Era rimasta sorpresa dal comportamento di Winterton, il quale era sempre stato cauto e prudente. Quella volta la sua era stata una decisione impulsiva e avventata.
Henry fu impassibile: «non posso restare indifferente a quello che sta accadendo. In tanti sono già partiti, non posso restare qui senza provare rabbia o vergogna»
«Avremmo dovuto sposarci, invece tu adesso te ne stai andando senza nemmeno dirmi quando potrò rivederti»
Winterton non tentò di negare la verità: «mi dispiace, non è mai stata mia intenzione farti soffrire»
«Questa guerra è davvero più importante del nostro futuro?»
«Non avremo alcun futuro senza una vittoria» sentenziò.
«Sei davvero sicuro di voler andare laggiù a combattere?»
«Non odio i tedeschi, e sinceramente non sento di dovere nulla ai belgi o ai francesi…ma sono un inglese, combatterò per difendere la mia terra e il mio popolo»
«Tutti quei discorsi ti hanno fatto perdere il senno. Non ti ho mai sentito parlare così prima»
Henry distolse lo sguardo: «forse non mi hai conosciuto abbastanza»
«Cosa speri di ottenere in questo modo?»
«Temo che tu non possa capire. Si tratta di una questione di onore e lealtà»
Charlotte avvertì una stretta al petto nel sentire quelle parole.
«Dovresti essere orgogliosa per il mio atto di eroismo patriottico» continuò Winterton.
«Forse hai ragione, in questo momento sono soltanto egoista. È solo che non capisco…perché? Perché non ci è stato concesso più tempo?» domandò lei con voce tremante.
Henry provò compassione nei suoi confronti.
«Questa guerra non durerà per sempre» disse con tono più rassicurante.
«Che ne sarà di noi?» domandò Charlotte trattenendo a stento le lacrime.  
«Non posso farti alcuna promessa»
«Non voglio pensare a quello che potrebbe accadere…»
Henry la strinse a sé con dolcezza.
«Qualunque sarà il mio destino, voglio che tu possa essere felice»
Charlotte notò un velo di tristezza nel suo sguardo, senza però riuscire a comprendere realmente quei sentimenti. 
 
***

Stephen approfittò degli ultimi giorni precedenti alla sua partenza per far visita al fratello maggiore. John Mallory aveva seguito l’esempio del padre scegliendo una carriera nell’esercito. In quanto ufficiale delle Irish Guards aveva preso parte alle prime azioni della guerra, partecipando alla Grande Ritirata. Era rimasto ferito sul campo di battaglia sulle rive dalla Marna, fortunatamente senza gravi conseguenze, la sua convalescenza stava ormai giungendo al termine. Presto anch’egli sarebbe partito nuovamente per il fronte.
Il ricongiungimento tra fratelli fu piuttosto commovente, seppur i due non fossero mai stati particolarmente uniti. D’altra parte era trascorso molto tempo dal loro ultimo incontro.
I due decisero di occupare quel pomeriggio con una passeggiata sulle colline. Scelsero il sentiero che conduceva al fiume, adatto all’andatura ancora claudicante di John.
«Nostro padre sarà felice di sapere che finalmente hai preso una saggia decisione» affermò il maggiore ammirando il panorama circostante.
Stephen scosse il capo con disapprovazione: «non è certo per lui che ho scelto di arruolarmi»
John sospirò: «ovviamente. Sei il solito ingrato e testardo. Concedigli almeno questa soddisfazione»
«Non ho più intenzione di nascondermi dietro al nostro nome»
«Ti vergogni così tanto delle nostre origini irlandesi?» domandò il fratello.
Stephen scosse le spalle.
«Non si tratta di questo, voglio solo essere considerato per quel che sono veramente»
«La tua reputazione non è affatto onorevole» lo rimproverò John con il suo tono autorevole, lo stesso con il quale lo sgridava quando erano ancora bambini.       
«Per questo voglio ricominciare, questa guerra è la giusta opportunità per redimermi dagli errori del mio passato»
«Spero davvero che tu sia sincero»
«Sono disposto a donare tutto me stesso in difesa della Patria»
John lo guardò negli occhi, scorgendo nelle sue iridi smeraldo puro pentimento.
«Oh, fratello mio. Che ti è successo? Davvero non ti riconosco più»
Stephen, forse per la prima volta, rispose con sincerità: «ho avuto modo di riflettere sugli sbagli della mia vita dopo aver perso la donna che amavo»
John rimase colpito da quelle parole, fino a quel momento non aveva mai avuto prova di una simile maturità da parte del fratello minore. Egli doveva aver veramente sofferto per la fine di quella relazione.
Mosso da ritrovata compassione, John decise di metterlo in guardia sul grande inganno che era la propaganda.
«La guerra non è la grande avventura che tutti si immaginano, non voglio che ti illuda a riguardo»
Stephen non diede troppa importanza a quelle parole, nonostante tutto il suo restava un animo romantico, mosso da grandi ideali.
«Partirò per il fronte come tutti, per fare il mio dovere»
John annuì, per un momento rivide in suo fratello il ragazzino smilzo con i ricci biondi e le lentiggini sempre in caccia di guai. Fu colto da una profonda malinconia.
«Voglio che tu sappia che sono orgoglioso di te»
I due fratelli si separarono con un caloroso abbraccio, consapevoli che quello avrebbe potuto essere il loro ultimo incontro.
 
***

Il tenente Mallory attraversò la Manica animato da sentimenti ardimentosi e prorompenti, ansioso di combattere per la Patria e di dimostrare il proprio valore sul campo di battaglia. A bordo della nave il giovane ufficiale usciva spesso sul ponte, ammirava il volo dei gabbiani e le onde del mare, lasciando che la brezza salata gli scompigliasse i capelli. Nulla sembrava preannunciare gli orrori della guerra mentre il sole tramontava all’orizzonte. 
A distanza di pochi giorni il tenente Winterton seguì la medesima rotta tormentato da più cupi pensieri. Avvertiva il peso delle sue responsabilità, le notizie che giungevano dal fronte non erano affatto rassicuranti. 
Per la maggior parte del tempo Henry rimase nella sua cabina, in compagnia di un ragazzo del Durham che soffriva di mal di mare.
 
In territorio francese i due ufficiali non ebbero modo di incontrarsi poiché furono assegnati a mete differenti per completare l’addestramento.
Stephen si mostrò fin dal primo momento sprezzante del pericolo e impaziente di entrare in azione. I suoi superiori non poterono ignorare le sue insistenti richieste, così ben presto gli fu assegnato il comando della sua pattuglia di cavalleria. Era l’incarico perfetto per un giovane ardimentoso e temerario come lui.
Il tenente Winterton diede prova di possedere una mente fredda e i nervi saldi. Era un giovane responsabile e affidabile, oltre ad essere sveglio e intraprendente. I suoi superiori giunsero presto alla conclusione che sarebbe stato un inutile spreco confinare una simile risorsa nelle retrovie.
Così Henry non dovette attendere a lungo prima di essere mobilitato per la prima linea.
 
***

Il tenente Mallory sembrava essere nato per quel ruolo. Appariva sempre impeccabile nella sua uniforme da ufficiale, in sella al suo cavallo con il fucile in spalla e il solito sorriso in volto.
Con le sue imprese, tanto lodevoli quanto avventate, aveva conquistato rapidamente l’ammirazione dei suoi sottoposti.
I suoi parigrado invece avevano idee discordanti sulla sua persona. La maggior parte provava stima nei suoi confronti, qualcuno addirittura lo rimirava con invidia, ma c’era anche chi lo considerava soltanto un incosciente che fino a quel momento era stato fortunato. Nessuno però poteva mettere in discussione le missioni concluse con successo.
Stephen continuava a vedere quella guerra come la grande occasione per dimostrare il proprio valore, per questo non si tirava mai indietro di fronte al pericolo.
Anche quella sera si allontanò dal villaggio, a capo della sua pattuglia, con gli ordini in tasca. Riteneva che gli fosse stata affidata una missione piuttosto semplice, era quasi deluso da quella ricognizione. Aveva percorso decine di volte quel sentiero che conduceva al fiume, senza aver mai trovato nulla di rilevante da segnalare a rapporto. Non era così che si sarebbe guadagnato una promozione, non gli avrebbero conferito alcuna onorificenza senza aver nemmeno ricevuto il battesimo del fuoco, non sarebbe diventato un eroe per aver riportato il messaggio: niente di nuovo, signore.  
Questi pensieri erano diventati un vero tormento, per un uomo d’azione l’attesa era davvero una tortura. Dove era la vera guerra? Quella spedizione non differiva da una tranquilla passeggiata nei boschi.  
Mentre era assorto in queste considerazioni un giovane lo affiancò manifestando un certo nervosismo.
«Signor tenente, posso porle una domanda?»
Egli annuì.
«Lei crede che i tedeschi stiano davvero avanzando?»
Mallory alzò le spalle: «ad essere sincero da queste parti non ho visto nemmeno un crucco»
«Pochi giorni fa il tenente Wilson è stato ucciso dal fuoco nemico proprio sulle rive del fiume…»
Stephen provò un brivido lungo la schiena, non era paura, ma eccitazione. Dal suo arrivo al fronte aveva già avuto modo di vedere il nemico, ma non si era ancora presentata l’occasione di un confronto.
Stephen rivolse al suo compagno uno strano sorriso: «forse sarà la nostra notte fortunata»
Il ragazzo interpretò in modo del tutto diverso quelle parole.
Giunsero ai confini della foresta senza notare nulla di sospetto. Il tenente Mallory si aspettava di incontrare il nemico, invece raggiunse il ponte senza alcuna difficoltà. A quel punto si insospettì, forse i tedeschi si erano appostati sulla riva opposta, e appena avessero visto un’ombra uscire dal bosco l’avrebbero investita con una raffica di mitragliatrice.
Stephen si rese conto di essersi lasciato impressionare dai racconti dei veterani quando si ritrovò ancora incolume in campo scoperto. In quella radura non c’era anima viva. Esaminò con attenzione il profilo della collina, senza riuscire ad individuare la luce di una torcia o il fumo di un falò.
L’intera zona sembrava deserta.
«Il tenente Wilson è stato davvero sfortunato, deve essersi imbattuto in una squadra di ricognizione, il nemico ormai si è ritirato» affermò quasi con delusione.
Il ragazzo invece emise un sospiro di sollievo.
Gli esploratori avanzarono lungo la riva del fiume, il tenente si era spinto oltre alla meta prestabilita, inoltrandosi in territori sconosciuti.
Stephen era ormai rassegnato a tornare indietro quando all’improvviso notò un bagliore tra gli arbusti. Avrebbe potuto riferire ciò al capitano, era già qualcosa, ma ovviamente Mallory voleva di più.
«Voi due venite con me, gli altri restino di guardia. Avete l’ordine di raggiungere l’accampamento e dare l’allarme entro mezz’ora se non ci vedrete tornare»
Dopo aver lasciato i suoi uomini con questi ordini il tenente diede di sprone e si inoltrò nella foresta.
 
***

Il tenente Winterton era un ufficiale amato e rispettato dai suoi uomini. I soldati sapevano di essere in buone mani sotto al suo comando, nonostante la giovane età, in diverse occasioni aveva dimostrato di aver molto più buon senso dei suoi superiori.
Le truppe britanniche avevano raggiunto i limiti del bosco con l’ordine di occupare e difendere il nuovo avamposto.
Al suo arrivo Winterton aveva dovuto insistere per far valere la sua posizione, ma quando il suo intervento aveva dato risultati positivi nessuno aveva più osato contestare la sua parola.
Ricordava bene il suo primo colloquio con il comandante.
 
Si era presentato nel rifugio del suo superiore con ancora gli stivali coperti di fango e la giacca umida di pioggia. Aveva rivolto un rapido saluto e stretto la mano del capitano Peterson, che aveva conosciuto soltanto la sera prima.
L’uomo era parso infastidito dalla sua presenza, i nuovi arrivati al fronte creavano sempre problemi.
«A cosa devo la sua visita tenente…?»
«Winterton, signore. Henry Winterton»
«Oh, certo. Allora, che cosa deve comunicarmi con tanta urgenza?»
Il tenente aveva estratto con rapidità un foglio spiegazzato, sul quale aveva riprodotto una fedele mappa dell’area. Aprendo la cartina sul tavolo aveva indicato alcuni segni a matita.
«Su questo lato dei camminamenti le trincee devono essere più profonde per poter rendere invisibili i nostri movimenti ai tedeschi. I nidi delle mitragliatrici dovranno essere posizionati in questo punto, sarà necessario mimetizzare le armi nella boscaglia, in modo che siano nascoste al nemico, ma efficaci in caso di assalto»
Peterson, inizialmente scettico, era stato piacevolmente sorpreso.
«Non mi avevano avvertito che lei era un brillante stratega»
«Signore, le mie sono semplici osservazioni»
Il capitano aveva alzato lo sguardo: «efficiente e modesto, lei sì che mi piace tenente Winterton!»
Henry aveva sorriso con orgoglio, consapevole delle proprie capacità.
 
Winterton aveva cercato di fare del suo meglio per mantenere alta la sua reputazione. A dire il vero non aveva dovuto sforzarsi più di tanto, già da tempo i suoi commilitoni erano certi che egli fosse davvero un buon ufficiale.
La vita al fronte era diventata ormai abitudinaria per Winterton, considerando che la lunga noia era interrotta da episodi di estrema violenza, in quel momento poteva considerarsi fortunato.
Stava riflettendo su questo quando notò una figura all’entrata del rifugio.
Il giovane ufficiale rimase immobile per qualche istante, domandandosi se quel che stesse vedendo fosse reale.
«Philip!» gridò scattando in piedi.
L’amico rispose con un sorriso e non esitò ad abbracciarlo.
«Quando ho saputo che qui eri tu il tenente in comando ho voluto passare a salutarti. Il mio plotone è a riposo al villaggio, riprenderemo la marcia domani all’alba»
Henry fu felice di rivedere il vecchio compagno del college. Fu per entrambi una bella occasione per ricordare con gioia gli anni della loro adolescenza. La situazione divenne più delicata quando si ritrovarono a parlare di eventi recenti.
«Ho saputo che a causa della guerra sei stato costretto a rimandare le tue nozze, mi spiace…ma almeno hai un buon motivo per tornare vivo a casa! Hai una bellissima donna ad attenderti all’altare»
Winterton si sforzò di sorridere, ma dentro di sé provò profondo sconforto. Non era più così sicuro di quel matrimonio, ad essere sincero aveva provato quasi sollievo nel rimandare l’evento. Amava Charlotte, su questo non aveva dubbi, ma non avrebbe potuto convivere con l’eterno dubbio. Pensava ancora a lui?
Henry tentò di rimuovere sgradevoli pensieri dalla sua mente, avrebbe affrontato la questione quando sarebbe stato il momento, e soprattutto se sarebbe giunto il momento.
L’incontro con Philip fu comunque confortante, seppur per poco riuscì a distrarsi dalla triste realtà della guerra. Soltanto dopo essere rimasto solo Henry realizzò che probabilmente non si sarebbero più rivisti.
 
 
Il tenente Winterton uscì nella notte insieme al suo attendente per completare il giro di ricognizione. Percorse i camminamenti scavati nel fango stringendosi nel cappotto per proteggersi dal freddo. Le sentinelle gli porsero il saluto e fecero rapporto. Nulla da segnalare.
Quando tornò al rifugio trovò il sergente Ward e il caporale Morris seduti al tavolo. I due stavano condividendo una preziosa borraccia mezza piena di brandy come se fossero vecchi compagni di scuola. Da quel che sapeva i due non si erano praticamente mai parlati, in trincea le amicizie nascevano in fretta. Anche quella era una questione di sopravvivenza.
«Signor tenente, vuole favorire?» domandò Ward.
Henry scosse la testa, aveva smesso di bere da quando si era arruolato.
«Meglio così, ragazzo, dovresti prendere esempio dal tuo comandante. Lui sì che è un uomo dalla rigida morale» continuò il sergente rivolgendosi all’attendente.
Il giovane si limitò ad annuire.
«I tedeschi sono silenziosi stanotte» affermò Winterton.
Ward sospirò: «siamo ormai a corto di munizioni, non so quanto potremo resistere in queste condizioni…»
«Dovremo tenere duro fino all’arrivo dei rinforzi»
Il caporale Morris, probabilmente anche grazie all’alcol, era più sereno.
«Non si preoccupi tenente, tra pochi giorni potremo contare sul supporto della cavalleria»
Henry avvertì una strana sensazione, una sorta di inquietudine già provata in passato.
Ward scosse il capo con rassegnazione.
«Io non ci farei troppo affidamento, quegli uomini sono matti quanto i loro cavalli. Lei ha sentito la storia di quell’ufficiale irlandese?»
Winterton negò, mostrandosi però incuriosito.
«Un tenente di pattuglia è corso praticamente solo incontro al nemico. I suoi compagni l’hanno dato per spacciato. Dopo tre giorni l’ufficiale ha fatto ritorno all’accampamento, non solo è riuscito a sfuggire ai tedeschi, ma grazie al suo rapporto è stata sventata una pericolosa imboscata»
«Quell’ufficiale è stato davvero coraggioso!» commentò il giovane attendente con ingenuo entusiasmo.
«È sempre sottile il confine tra coraggio e pazzia» rispose il sergente.
Winterton non prese quella storia troppo sul serio, al fronte le notizie potevano avere un fondo di verità, ma il racconto cambiava ad ogni versione, tutto dipendeva dalla fantasia dei narratori.
Si domandò se un fatto del genere sarebbe potuto accadere nella realtà. Nella sua vita aveva conosciuto soltanto una persona talmente folle da poter compiere una simile impresa.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Al fronte (Parte II) ***


 
Ringrazio i fedeli lettori che stanno seguendo questo racconto. 
Un ringraziamento speciale ai cari recensori e alla gentilissima Enchalott per il supporto^^


 

4. Al fronte

(Parte II)
 

Il tenente Winterton si incamminò lungo il sentiero che conduceva al villaggio con aria afflitta. Stava tornando dall’ospedale, dove si era occupato di assistere alcuni commilitoni feriti. Aveva visto quei giovani agonizzanti distesi sulle barelle, alcuni avevano già il volto pallido e scarno come quello di un cadavere. Aveva potuto riconoscere lo spettro della morte nei loro sguardi vitrei. Ormai era abituato agli orrori della guerra, ma la sofferenza dei suoi compagni era difficile da tollerare. Restava pur sempre un essere umano, per quanto il suo grado gli imponesse di mantenere un freddo distacco, dentro di sé continuava a provare pietà e commiserazione.
Quella era stata una giornata particolarmente drammatica, soltanto poche ore prima era stato informato della morte di Philip. Il suo amico era caduto sul campo di battaglia di Cambrai, mentre combatteva in prima linea.  
Aveva visto il suo vecchio compagno di scuola soltanto poche settimane prima, non poteva credere che egli fosse morto. Quella notizia l’aveva profondamente sconvolto.
Era consapevole che la guerra non avrebbe risparmiato nessuno nella sua violenza e crudeltà, sarebbe stato ipocrita da parte sua piangere la morte di un solo uomo in confronto alle enormi perdite dell’esercito britannico, eppure non poteva restare indifferente a quel lutto.
Winterton trovò un po' di conforto quando tornò nel suo alloggio, il suo fedele attendente si era preoccupato di fargli trovare un buon piatto caldo.
Henry aveva cenato da solo, tormentato da pensieri sempre più opprimenti. Avrebbe preferito tornare in prima linea, quell’attesa stava diventando sempre più estenuante. Aveva bisogno di vivere la guerra nel vivo della battaglia, almeno in quelle condizioni non avrebbe avuto il tempo di pensare alle conseguenze.
In quel momento ripensò ai racconti che il veterano McLean narrava ad Oxford, da ragazzo aveva apprezzato il lato avventuroso di quelle esperienze belliche, soltanto ora poteva comprendere a fondo la sofferenza di cui erano impregnati i vecchi ricordi di un soldato.
Le sue parole erano ancora ben impresse nella sua mente: questa dedizione ti sarà utile.
Winterton prese un profondo respiro, era consapevole delle proprie responsabilità, i suoi uomini avevano riposto piena fiducia in lui, non aveva alcuna intenzione di deludere le aspettative dei suoi sottoposti e dei suoi superiori. 
Ancora una volta avrebbe trovato la forza di restare fedele a se stesso. 
 
Quella sera il tenente Winterton e il tenente Mallory si incontrarono per la prima volta al fronte, ma nessuno dei due prestò particolare attenzione all’evento. Il primo era sconvolto per la morte del caro amico, l’altro invece era stremato da lunghi giorni di marcia.
Henry era a passeggio con il sottotenente Crawford, i due si erano ritrovati casualmente ad assistere al mesto ingresso in paese dei connazionali. Una modesta folla di militari si era radunata in strada al passaggio delle truppe a cavallo.
Uomini e animali portavano i segni della fame e della fatica, si trascinavano allo stremo delle forze, coperti di polvere e fango.  
«A quanto pare sono tempi duri anche per i nostri prodi cavalieri» commentò Crawford.
Winterton si limitò ad annuire in silenzio. Ciò che era stato preannunciato come la trionfante entrata in battaglia della cavalleria assomigliava più a una macabra parata di condannati in marcia verso il patibolo.  
Tra decine di volti scuri e inespressivi Henry notò qualcuno che attirò la sua attenzione. Un tenente procedeva a testa alta, deciso e imperterrito nonostante la stanchezza.
L’ufficiale a cavallo rivolse solo una rapida occhiata alla folla di soldati che, nonostante tutto, acclamava l’arrivo dei rinforzi.
I loro sguardi si incrociarono soltanto per un breve istante. Le iridi verdi di Stephen scintillarono prima di essere nuovamente oscurate all’ombra dell’elmetto.
Henry ebbe solo il tempo di riconoscere i lineamenti familiari dell’irlandese per poi vedere la sua figura scomparire nella polvere, confondendosi tra la massa informe color kaki.
 
***

Winterton dimenticò rapidamente quel furtivo incontro, il giorno seguente ricevette l’ordine di tornare in prima linea.
Il paesaggio deserto e devastato dalle esplosioni era ormai familiare agli occhi del giovane ufficiale. Per raggiungere il fronte fu costretto a percorrere sentieri scavati nel fango, lungo la strada si trovavano ancora i resti di chi li aveva preceduti. Tutto ciò a significare che si stavano avvicinando alla meta.
Il tenente Winterton era da poco uscito dalla foresta bruciata dal fuoco e corrosa dal cloro quando all’improvviso udì un rumore sospetto. Si trattava di un lieve brusio che pian piano diventava sempre più intenso. Lo riconobbe immediatamente, prontamente ordinò al resto della squadra di mettersi al riparo, quello era il motore di un aereo. Infatti poco dopo dalle nubi sbucò un biplano, il velivolo planò sulla vallata, scaricando raffiche di mitragliatrice sulla strada.  
Henry si rannicchiò nella sua buca, quando il biplano sorvolò la sua testa poté ben notare la croce nera dipinta sulle ali. Allontanandosi il pilota decise di dar prova della sua abilità, volteggiò tra le nubi, per poi virare all’improvviso, scomparendo rapidamente alla vista del nemico.
Henry si rialzò sulle gambe tremanti, in lontananza intravide la luce abbagliante dei razzi. 
Il tenente proseguì senza dire nulla, rassicurato dalla sola presenza dei suoi commilitoni. Il paesaggio notturno era caratterizzato dalle sagome delle rovine che si stagliavano al chiaro di luna.
I soldati si calarono nelle trincee, percorrendo cunicoli sempre più stretti e tortuosi. Incrociarono postazioni di artiglieria abbandonate, dove vecchi cannoni giacevano sommersi dal fango come relitti sul fondo dell’oceano.
L’odore della polvere da sparo era talmente intenso da rendere quasi irrespirabile l’aria delle trincee.
Winterton e i suoi compagni notarono i primi segni di vita in una postazione di collegamento, i soldati apparvero pallidi e muti come fantasmi, in quella landa desolata tutto aveva un’aria spettrale.
Henry affrettò il passo di marcia, quel silenzio non gli piaceva affatto, aveva visto di cattivo auspicio l’apparizione del biplano tedesco.
Quei pessimi presentimenti si rivelarono ben presto realtà. All’improvviso una fragorosa esplosione interruppe la quiete della notte. Winterton si gettò a terra, stordito e frastornato. Un’intensa nube scura si sollevò dalla polvere. Si udirono delle grida di panico e disperazione.
Henry si rialzò da terra tossendo a causa del fumo, la trincea era stata colpita, il passaggio era ostruito dalla frana e dai corpi carbonizzati dei suoi commilitoni.
Winterton raggiunse la sua postazione ancora frastornato dall’accaduto, quella visione l’avrebbe tormentato a lungo negli incubi.
 
 
Il tenente Mallory ebbe modo di riprendersi dalle fatiche della lunga marcia. Al comando del suo plotone aveva occupato un villaggio di confine, con il compito di presidiare il posto fino all’arrivo di ulteriori ordini.
Per Stephen e i suoi uomini quella fu una piacevole parentesi di pace nel mezzo della cruenta guerra. Il villaggio era tranquillo e i pochi abitanti si dimostrarono collaborativi.
Il tenente Mallory si trovò perfettamente a suo agio come ambasciatore dell’esercito britannico in quella sperduta landa della campagna francese. Alcuni cittadini si erano rivolti a lui per questioni di ordine pubblico di ben poco conto, ma il giovane ufficiale era stato orgoglioso di ricoprire quel ruolo di autorità.
La sua presenza aveva suscitato interesse anche tra le fanciulle del paese, le quali cercavano sempre l’occasione per mettersi in mostra davanti al bel tenente dal fascino straniero.
Mallory era lusingato da quelle attenzioni femminili, ma la sua reazione non era mai andata oltre a un cortese sorriso. Trovava la situazione divertente, nulla di più.
Rideva e scherzava con i suoi commilitoni a riguardo, quando restava solo però tornava a pensare all’unica donna che aveva conquistato il suo cuore. Soffriva ancora terribilmente per la perdita di Charlotte. Ciò che più faceva male era la consapevolezza che lei sarebbe stata felice tra le braccia di un altro uomo.
Stephen era perso nei suoi malinconici ricordi quando all’improvviso fu raggiunto da una staffetta agitata e ansante per la lunga corsa.
«Signor tenente, una comunicazione urgente!»
L’ufficiale si affrettò a leggere il messaggio, si trattava dei nuovi ordini che da tempo stava attendendo con trepidazione. Il riposo era terminato, finalmente era giunto il momento di tornare in azione.
 
***

I bombardamenti proseguivano incessantemente da settimane. Il villaggio era stato completamente distrutto, ancora si ritrovavano corpi martoriati tra le rovine e le macerie. La prima linea era ormai isolata, gli inglesi non avevano più alcun supporto. Bisognava difendere la postazione e resistere ad ogni costo.
Il tenente Winterton pensava a questo mentre osservava con aria assorta la terra di nessuno oltre al filo spinato. Le speranze erano ormai svanite, erano soli ad affrontare il nemico, potevano contare solo sulle loro forze.
Henry era consapevole che la prossima battaglia sarebbe stata quella decisiva per il controllo della foresta. I tedeschi erano pronti ad attaccare, ormai conosceva bene le tecniche del nemico.
Henry avvertì l’ennesima esplosione sulla collina, ormai non restava più molto tempo.
 
Winterton si presentò nel rifugio del capitano Peterson. Il comandante era in piedi davanti al tavolo ed osservava con apprensione le mappe.
«Tenente, ha l’ordine di schierare i suoi uomini in trincea. L’attacco avverrà prima dell’alba»
Il giovane ufficiale annuì con decisione.
Peterson rivelò il piano d’azione, preoccupandosi di fornire al suo sottoposto i dettagli fondamentali.
Henry rimase perplesso, non esitò ad esporre le sue obiezioni.
«È assurdo. Non possiamo sperare di sfondare le difese nemiche con una carica di cavalleria. Le mitragliatrici tedesche falceranno uomini e animali ancor prima che possano raggiungere i reticolati!»
Lo sguardo del capitano si incupì: «questi sono gli ordini»
Winterton guardò il suo superiore negli occhi: «sarà un massacro, lei ne è consapevole quanto me»
Peterson lo ammonì severamente: «non devo certo ricordarle qual è il suo dovere. Torni dai suoi uomini, tenente. Sa cosa deve fare»
Henry si congedò con freddezza, senza però dire più nulla. Sapeva di dover eseguire gli ordini, non era nella posizione di poter mettere in discussione le decisioni dei suoi superiori. Avrebbe fornito il suo contributo in quell’attacco, con la consapevolezza di star guidando i suoi uomini all’inferno.
 
La nuvola biancastra di fosgene si sollevò sulla vallata, il vento era favorevole, i vapori tossici raggiunsero rapidamente le trincee tedesche. Il tenente Mallory assistette all’attacco con il gas dall’altura dove la cavalleria stava attendendo di entrare in azione.
L’ufficiale provò una forte emozione nell’essere testimone di un evento tanto terribile quanto affascinante, avvertiva sempre di più l’eccitazione della battaglia. Sentiva il sangue pulsare nelle vene, era pronto ad affrontare il suo destino.
Quando la nube di gas iniziò a dissolversi giunse il segnale, la cavalleria partì all’attacco.
Stephen si mosse insieme a una moltitudine di uomini e cavalli che, come una valanga, iniziarono a scendere dal pendio. Gli inglesi procedettero compatti, uno di fianco all’altro, imperterriti contro al nemico.
La prima pioggia di proiettili si abbatté con violenza contro al muro di cavalieri, l’avanzata rallentò, ma non si fermò. Dopo pochi attimi di esitazione gli inglesi tornarono alla carica, mentre una seconda ondata uscì allo scoperto.
Stephen incitò il suo cavallo al trotto, saltando crateri e fossi come gli ostacoli di una competizione. Avvicinandosi alle trincee nemiche i cavalieri spronarono gli animali al galoppo.
Il tenente Mallory stava correndo a tutta velocità verso i reticolati quando l’artiglieria tedesca si decise ad entrare in azione. In un solo istante la cavalleria britannica si ritrovò nel mezzo dello scontro. Stephen vide i suoi compagni cadere a terra, colpiti da proiettili e schegge di granate. Urla e lamenti disumani sovrastarono l’eco della battaglia.
Il tenente strinse le briglie del suo cavallo e con un balzo superò il filo spinato.
 
Winterton saltò oltre al parapetto di legno e corse insieme ai suoi compagni in direzione dei reticolati. Superò il filo spinato e proseguì l’avanzata nella terra di nessuno.
Intorno a lui poteva udire le grida dei feriti, bombe e proiettili volavano sopra alla sua testa. Il giovane ufficiale si gettò a terra per ripararsi da un’esplosione. Il suolo sotto di lui tremò fragorosamente, un soldato poco distante fu colpito dalle schegge di una granata. Henry strisciò nel fango, arrancò cercando riparo in una fossa. Una seconda esplosione lo scaraventò contro al muro di argilla. Il tenente si arrampicò sulla parete fangosa e risalì in superficie. Senza voltarsi riprese a correre tra la nebbia e la polvere.
Quando superò i reticolati nemici si ritrovò davanti a uno spettacolo terrificante. L’intero campo di battaglia era disseminato di cadaveri, cavalli e cavalieri giacevano inermi nel fango. Resti umani e animali erano dispersi ovunque, in una macabra visione di orrore.
Winterton avvertì una forte sensazione di nausea, per raggiungere la sua meta fu costretto a strisciare tra le carni maciullate dei suoi commilitoni.
Non ebbe il tempo di cedere alla disperazione, le mitragliatrici tedesche ripresero a sparare.
Henry continuò a correre a tratti e balzando tra buche di granate e trincee abbandonate riuscì a raggiungere un riparo.  Ben presto realizzò di aver perso il senso dell’orientamento, il nemico poteva essere ovunque.
Si sporse di poco oltre al muro di terra, ma proprio in quel momento fu accecato dal lampo di un’esplosione, il suolo franò sotto ai suoi piedi. Winterton ebbe la sensazione di sprofondare nelle viscere della terra.
 
Mallory riprese conoscenza ritrovandosi disteso nel fango. Il suo cavallo era sparito, spaventato dalle fiamme e dalle esplosioni l’animale l’aveva disarcionato prima di fuggire nella foresta infuocata.
Stephen si rialzò a fatica, avvertendo intense fitte di dolore sul lato destro del corpo, dove aveva sbattuto violentemente contro al terreno. Con un sospiro di sollievo constatò di non avere nulla di rotto. Era stato fortunato, considerando che con una brutta caduta come quella avrebbe potuto facilmente spezzarsi l’osso del collo.
Il giovane ufficiale recuperò il suo fucile, intorno a lui riconobbe solo cadaveri. L’intero campo di battaglia era coperto da una densa nube di fumo e polvere.
Stephen vagò in quel territorio sconosciuto, udiva i suoni della battaglia e scorgeva i bagliori delle esplosioni, ma orientarsi in quel labirinto di trincee sventrate era impossibile.
L’ufficiale non si perse d’animo, tentò di affinare i sensi, e affidandosi all’istinto proseguì la sua disperata marcia verso la salvezza.
Era ormai rassegnato all’idea di essersi perso quando all’improvviso avvertì dei rumori provenire dal fondo di una buca. Qualcuno era ancora vivo.
Stephen si avvicinò con cautela al bordo del cratere, con sollievo abbassò il fucile, l’altro malcapitato era un inglese. Il tenente non esitò a scendere sul fondo per soccorrere il suo compagno.
«Sei ferito?» domandò avvicinandosi.
L’altro scosse la testa, sembrava ancora tutto intero.
I due connazionali si riconobbero soltanto quando furono abbastanza vicini da guardarsi in volto. Entrambi furono sorpresi da quello che poteva apparire come uno strano scherzo del destino, eppure nessuno disse niente a riguardo. In quel momento erano soltanto due ufficiali sul campo di battaglia.
Stephen notò che il compagno era in difficoltà così l’aiutò a rialzarsi offrendogli supporto.
«Forza, non possiamo restare qui»
Henry era troppo debole per replicare, così si lasciò trascinare in superficie.
Tornato in sé il tenente Winterton si interrogò su come agire per poter tornare alle linee inglesi. Il suo compagno sembrava deciso a proseguire il cammino seguendo la trincea, ma egli si oppose.
«Dobbiamo attraversare il campo in diagonale»
«Così saremo più esposti»
«È la via più breve, ed è anche più sicura»
Stephen acconsentì, sapeva che Winterton aveva più esperienza in trincea, doveva dunque fidarsi di lui.
I due ufficiali si inoltrarono nella terra di nessuno, cercando riparo tra i crateri lasciati dalle vecchie esplosioni.
All’improvviso Henry fu allertato da un sibilo ben noto, rapidamente si gettò a terra trascinando il suo compagno con sé appena in tempo per evitare una pioggia di schegge.
Mallory si sollevò sui gomiti e proseguì strisciando sul ventre, imitando i movimenti cauti e prudenti del suo commilitone.
In quelle condizioni raggiunsero le rovine di un vecchio rifugio. Approfittarono di quel riparo per concedersi qualche attimo di riposo. I due ufficiali si rannicchiarono contro alla parete di terra, in quel momento sapevano di poter contare solo l’uno sull’altro.
Erano ancora appostati in quel nascondiglio quando avvertirono dei rumori sospetti. C’era qualcun altro là fuori. Mallory si sporse oltre al muro di terra, immediatamente riconobbe il luccichio di due elmetti tedeschi. Il nemico era in trincea.
Winterton imbracciò il fucile, ma Stephen lo bloccò.
«Vado io, tu coprimi!»
Henry non poté ribattere, non sarebbe servito a nulla discutere con una testa calda come la sua. Così sistemò il fucile e si preparò a premere il grilletto.
Mallory si lasciò cadere nella fossa adiacente, fronteggiando direttamente il nemico. I tedeschi ebbero un attimo di esitazione, sorpresi per quell’intrusione improvvisa.
L’irlandese approfittò di quell’istante di indecisione per sparare il primo colpo, il proiettile colpì il nemico in pieno petto. L’altro soldato reagì d’istinto, avventandosi contro l’avversario con la baionetta. Stephen cadde a terra, ritrovandosi coinvolto in un violento corpo a corpo. Nella lotta perse il fucile, rotolando nella polvere. Il tedesco riuscì sovrastarlo, Mallory si rigirò sul fianco, schivando la lama per un soffio.
Era certo di non avere più molte speranze, le forze lo stavano abbandonando. Proprio mentre tentava di contrastare l’ultimo attacco del nemico udì il colpo di uno sparo. Il tedesco sopra di lui s’irrigidì, emettendo un lamento strozzato.
Il corpo inerme cadde con un tonfo nella polvere, riverso in una macchia vermiglia.
Mallory, ancora ansante e con il cuore che batteva all’impazzata nel petto, alzò lo sguardo, riconoscendo la figura di Winterton in posizione di tiro.
Il compagno si avvicinò offrendogli una mano per rialzarsi.
«Ti avevo detto di restare al riparo» lo rimproverò Stephen.
«Se ti avessi dato ascolto adesso saresti tu quello disteso in una pozza di sangue» fu la secca risposta.
 
I due ufficiali raggiunsero le linee britanniche al tramonto, nell’ultimo tratto furono costretti a sorreggersi a vicenda per sostenere lo sforzo. Stremati dalle fatiche della battaglia furono soccorsi dalle squadre sanitarie in cerca di sopravvissuti.
I due furono separati al loro arrivo in trincea, Winterton poté essere medicato in infermeria, mentre Mallory, in più gravi condizioni, fu trasferito in un ospedale nelle retrovie.
La vicenda si limitò ad essere riportata nei resoconti della battaglia, una delle più sanguinose combattute al fronte. Ben presto nessuno volle più ricordare ciò che era accaduto durante quel terribile massacro.
 
***

Passarono lunghi mesi durante i quali Winterton e Mallory non ebbero più notizie l’uno dell’altro. Henry fu ferito a Reims e dovette affrontare una difficoltosa convalescenza. Soltanto il dolore fisico gli impedì di rivolgere tutte le sue preoccupazioni al fronte. Era ansioso di tornare in azione e soffriva al pensiero di aver lasciato il suo plotone privo del suo comando. 
Costretto nel suo letto d’ospedale Winterton ebbe il tempo di riflettere sulla sua condizione e su ciò che stava accadendo. Ripensò spesso anche a Stephen, nei suoi confronti continuava a provare sensazioni contrastanti. Sul campo di battaglia entrambi erano riusciti a trascurare questioni personali, comportandosi come due ufficiali onorevoli. Doveva ammettere di stimare il tenente Mallory per la sua audacia e per il suo coraggio, per questo aveva gradito combattere al suo fianco.
Inevitabilmente, conoscendosi da tanto tempo, avevano imparato a prevedere le rispettive mosse, e nel momento del bisogno erano stati in grado di comprendersi con inaspettata complicità.
Henry si sorprese nel riconoscere tante qualità nel suo vecchio rivale, tanto che pensò di associare certe considerazioni alla febbre alta.
 
Winterton trascorse qualche giorno a Parigi in licenza, durante questo periodo ebbe l’occasione di ritrovare vecchi compagni di trincea.
Una sera si ritrovò in un locale seduto al tavolo con altri ufficiali, tra di loro c’era anche un tenente di cavalleria.
Spinto dalla curiosità, e in parte anche dall’apprensione, Henry si decise a chiedere informazioni su Mallory.
L’ufficiale gli rivolse uno sguardo stranito, esitò prima di rispondere.
«Il tenente Mallory è stato arrestato»
Winterton trasalì nel sentire quelle parole, credette di non aver ben inteso, oppure di essere stato preso in giro.
«È la verità?»
L’altro confermò con estrema serietà.
«È accusato di essere un traditore»
Impulsivamente Winterton batté un pugno sul tavolo: «è assurdo!»
«Sembra che alcuni cospiratori irlandesi abbiano fornito informazioni ai tedeschi»
«Mallory non farebbe mai nulla del genere! Lo conosco bene, per quanto non sia un esempio di obbedienza e disciplina, posso asserire con estrema certezza che non è un sovversivo»
«Sono sempre le persone più insospettabili ad essere colpevoli»
Henry rispose con una smorfia di disapprovazione. Ricordò il dialogo avvenuto quando erano ancora studenti ad Oxford, Stephen non era mai stato orgoglioso delle sue origini, per tutta la vita aveva tentato di ottenere approvazione da parte della società britannica, probabilmente anche per questo aveva scelto di arruolarsi nell’esercito. Un giovane appartenente a una famiglia borghese e unionista non aveva motivi per voltare le spalle alla bandiera. Inoltre, nella sua eccentricità, Mallory era sempre stato un uomo d’onore, l’imbroglio e il tradimento non erano approvati nella sua condotta. «Stephen è innocente» insistette, sorprendendosi poco dopo per aver chiamato il suo parigrado per nome.
«Forse qualcuno ha interesse nel condannarlo» suggerì il suo interlocutore.
Henry rifletté su quell’ultima ipotesi, non ebbe bisogno di meditare a lungo per capire che esistessero persone ben più meschine e meno onorevoli del suo vecchio rivale. Forse tra i nobili ufficiali di cavalleria c’era chi non gradiva l’idea che un irlandese audace e ambizioso stesse facendo carriera nell’esercito, e aveva trovato un modo subdolo ma efficace per disfarsi di lui.
Winterton fu scosso da un brivido di ribrezzo, doveva ammettere che in diverse occasioni aveva desiderato che Stephen potesse sparire per sempre dalla sua vita, ma di certo non aveva mai pensato a nulla del genere.
Una parte di sé ritenne che in fondo fosse anche colpa di Mallory e della sua presunzione se era finito in quella scomoda situazione, dall’altra però non poté ignorare il peso di quell’ingiustizia.
Quella notte non riuscì a chiudere occhio, per qualche ragione non riusciva ad accettare la triste sorte del suo storico rivale. Quella questione lo riguardava anche personalmente, voleva dimostrare che l’uomo con il quale si era confrontato per tanti anni non era un vile traditore, ne valeva anche del suo onore.
Henry si rigirò nel suo letto con un solo pensiero in mente: doveva salvare la vita del tenente Mallory.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Il rivale ***



Eccoci giunti all’ultimo capitolo di questo racconto, ne approfitto anche per augurarvi buone feste^^
Grazie mille per aver seguito queste vicende dall’inizio alla fine.


 
 
5. Il rivale
 

Stephen non aveva opposto alcuna resistenza al suo arresto, era convinto che l’intera questione fosse solo un enorme malinteso e che appena i suoi superiori si fossero accorti dell’errore l’avrebbero rilasciato senza problemi. Con il passare del tempo però il giovane ufficiale era stato costretto a guardare in faccia la realtà, il giorno della sua condanna si avvicinava inesorabilmente e la sua parola non era sufficiente per provare la propria innocenza.
Era rimasto sconvolto nel sentire le terribili accuse che gli erano state rivolte, dopo anni di sacrifici l’esercito britannico stava trattando uno dei suoi migliori ufficiali come un vile criminale.
Era assurdo, non aveva idea da dove fossero scaturiti tutti quei sospetti, la sua famiglia era sempre stata leale alla Corona. Eppure per qualche ragione qualcuno aveva voluto renderlo colpevole. Era stato coinvolto in un vero e proprio complotto, sembrava che nessuno fosse disposto ad ascoltare la sua versione dei fatti.
Stephen sospirò poggiandosi al gelido muro della cella. Avrebbe affrontato il suo destino con dignità, ma non era ancora pronto ad arrendersi.
 
***

Il treno procedeva lentamente verso il fronte, fermandosi ad ogni stazione per far carico di soldati e rifornimenti. Il tenente Winterton poteva godere di una certa tranquillità nel suo scompartimento. Mentre attendeva con impazienza di raggiungere la sua meta ebbe l’occasione di riflettere.
Ripensò a come era nata la sua rivalità con Stephen, ricordando con inaspettata malinconia i tempi di Oxford. La presenza di Mallory nell’ordinarietà della sua vita studentesca l’aveva spronato a superare i propri limiti e a dare il meglio di sé. Non avrebbe mai messo in discussione se stesso e le proprie capacità senza qualcuno con cui confrontarsi. E doveva ammettere che, nonostante la sua arroganza, Stephen era stato un avversario stimolante ed estremamente competitivo. Nessun altro si era mai rivelato al suo livello.
Non era in cerca di vendetta, la loro era sempre stata una competizione onorevole. Se Philip fosse stato ancora vivo avrebbe sicuramente approvato quel suo atteggiamento cavalleresco.
Henry si rattristò al pensiero dell’amico, la sua morte lo riportò bruscamente alla realtà. 
Se Stephen fosse stato ritenuto colpevole tutti l’avrebbero considerato un traditore, e questo non avrebbe potuto accettarlo. Era diventata una questione d’onore, non poteva permettere che Mallory fosse condannato, lasciando una macchia di infamia anche sulla sua reputazione.
Inoltre era consapevole di non poter agire direttamente per salvare la vita del suo rivale. Lo conosceva bene, sapeva che quell’irlandese era talmente testardo e orgoglioso che avrebbe preferito farsi fucilare piuttosto che accettare il suo aiuto.
 
Henry non avrebbe mai pensato di dover ricorrere alle sue competenze come avvocato per salvare la vita di Stephen. Fortunatamente tra i nomi degli ufficiali a cui era stato affidato il giudizio della corte marziale riconobbe il colonnello Joseph Moore. Si trattava di un vecchio amico di famiglia al quale avrebbe potuto rivolgersi per tentare di mettere in atto il suo piano.
Winterton riuscì ad ottenere un colloquio con il suo superiore quella sera stessa, non aveva tempo da perdere.
Il colonnello Moore accolse il giovane ufficiale con commozione.
«Tenente Winterton, è un piacere incontrarla»
Egli rispose alla vigorosa stretta di mano.
«Mi spiace disturbarla, ma devo parlare con lei di una questione urgente»
Moore si sistemò al tavolo: «di che si tratta?»
«Sono qui per testimoniare a favore del tenente Stephen Mallory»
Il colonnello sollevò lo sguardo con discrezione: «quell’uomo è accusato del crimine più grave che possa essere commesso: tradimento»
Winterton iniziò a parlare in sua difesa.
«Abbiamo combattuto insieme al fronte, prendendo parte all’ultima grande offensiva. In quell’occasione il tenente Mallory mi ha salvato la vita, dimostrando coraggio in battaglia e lealtà verso i suoi commilitoni. Egli è un uomo d’onore, non potrebbe mai essere coinvolto in un sabotaggio!»
«C’è chi sostiene il contrario»
«Ci sono prove contro di lui?»
Moore esitò: «no, soltanto sospetti»
«Dunque la corte non ha modo di dichiararlo colpevole»
«Questi sono tempi difficili, tenente Winterton. In guerra anche la giustizia diventa un metodo di disciplina»
Henry avvertì un’intensa sensazione di nausea.
«Mio padre mi ha sempre parlato di lei come un uomo retto e leale, l’ho sempre stimata per il suo lavoro. Quando ero studente ad Oxford la consideravo un esempio da seguire, lei era tra i migliori giudici della contea. Voglio credere che la sua integrità non sia stata corrotta dalla guerra»
Il colonnello Moore rifletté qualche istante in silenzio prima di tornare a rivolgere la parola al suo ospite.
«Mi ha davvero colpito la passione con cui si sta dedicando alla questione. Il tenente Mallory è un suo amico?»
Henry trasalì a quella domanda. In un certo senso il loro rapporto era ancora più profondo dell’amicizia. Erano come due fratelli sempre in competizione tra loro, ma che alla fine dovevano rassegnarsi al fatto di essere indissolubilmente legati da un patto di sangue.
Winterton prese un profondo respiro, sapeva cosa fare per raggiungere il suo obiettivo.
«Sì, colonnello. Devo considerare il tenente Mallory tra i miei più cari affetti» affermò cercando di manifestare maggior trasporto e sentimento.
Il suo superiore parve credere all’intensità di quella confessione.
«In effetti, considerando tutti i dettagli della situazione, potrebbe davvero essersi trattato di un terribile malinteso»
Henry emise un sospiro di sollievo comprendendo il significato di quelle parole.
«Se non è troppo, colonnello, vorrei chiederle un ultimo favore»
Moore restò ad ascoltare in silenzio.
«Il tenente Mallory non deve sapere del mio coinvolgimento»
Il colonnello non comprese la vera ragione di ciò, ma poiché non c’erano motivi per contestare una simile richiesta, si limitò ad acconsentire.
Scelse di aiutare quel giovane ufficiale in lotta per la giustizia per due ragioni: perché conosceva la sua rispettabilità e perché in fondo era stato commosso da quello che era apparso con un puro e sincero gesto di fedele amicizia.
 
***

Il tenente Mallory rimase ignaro sulla motivazione della sua scarcerazione, era certo di dover fronteggiare il plotone d’esecuzione, invece si era ritrovato con il dono della libertà. Fu rispedito al fronte in tempo per contrastare l’ultima grande offensiva teutonica. Trascorse l’intera estate in prima linea, e quell’autunno ebbe modo di dimostrare ancora una volta il proprio valore combattendo sulle sponde della Somme, dove diede prova del suo eroismo.
Al termine del conflitto Mallory era un ufficiale stimato e rispettato. I vecchi sbagli di gioventù sembravano appartenere a una vita passata, e l’ombra di disonore che aveva rischiato di rovinare per sempre la sua reputazione era svanita alla luce della verità.
In poche parole, Stephen Mallory era tornato in Inghilterra come un uomo nuovo.
Decise di prendere esempio da suo fratello, ricordandosi dei suoi consigli scelse di accettare le sue responsabilità come ufficiale delle Irish Guards.
Avrebbe potuto ambire a tutto ciò che aveva sempre desiderato, ma la sua unica preoccupazione fu rivedere la donna amata. Temeva che fosse troppo tardi, invece quando tornò a Londra apprese che il suo matrimonio con Winterton non era mai stato celebrato, e che in tutto quel tempo lei non aveva accettato nessun’altra proposta. Mallory non ebbe alcun dubbio, Charlotte lo amava ancora.
Erano trascorsi diversi anni dal loro ultimo incontro, eppure Stephen avvertì il suo cuore sussultare come la prima volta. Charlotte era sempre bellissima, corse subito ad abbracciarla, per avere la certezza di non star sognando. Stringendola tra le sue braccia le confessò che il suo più grande rimpianto era stato perderla. In risposta lei lo baciò con passione, dimostrandogli che i suoi sentimenti non erano mai cambiati.
Il giorno delle nozze promise a se stesso che avrebbe fatto di tutto per renderla felice, aveva avuto il dono di una seconda occasione, non avrebbe sprecato quella preziosa opportunità.
 
***

Londra, 1920.

Henry Winterton stava sistemando le carte del suo ufficio dopo un’estenuante giornata di lavoro. Tornare alla quotidianità non era stato semplice, ma lentamente era riuscito a ricostruirsi una vita dopo la terribile esperienza al fronte. Aveva lasciato l’esercito dopo una meritata promozione, era tornato in Patria come un eroe di guerra. Rispetto a molti altri connazionali poteva considerarsi fortunato, aveva potuto riprendere la sua carriera di avvocato, dedicandosi con passione e dedizione al suo lavoro.
Anche per quel che riguardava la sfera privata Henry aveva avuto le sue soddisfazioni. Non era stato semplice superare la fine della relazione con Charlotte, aveva sofferto, pur essendo consapevole di aver preso la giusta decisione.
Dopo un anno dalla fine della guerra Winterton aveva conosciuto Anne, una giovane dattilografa che frequentava spesso la sua libreria preferita nel centro di Londra. Si erano scambiati i primi sguardi tra gli scaffali, iniziando a rivolgersi la parola per discutere di libri e poesie. Era stato un colpo di fulmine e dalle recenti esperienze Henry aveva imparato a non lasciarsi sfuggire la giusta occasione. I due si erano trovati subito in sintonia, dopo sei mesi dal loro primo incontro avevano già coronato il loro sogno d’amore unendosi in matrimonio. Il loro primo figlio sarebbe nato entro la fine dell’inverno.
Henry era ancora immerso nei suoi pensieri quando ad un tratto avvertì dei battiti alla porta. Egli sospirò osservando l’orologio, gli appuntamenti della giornata erano terminati e il suo assistente era già andato via.
Quando diede il permesso di entrare dentro di sé aveva già il sospetto di chi si sarebbe presentato, per questo non si sorprese quando riconobbe un paio di occhi verdi.
«Ero certo che l’avresti capito» disse semplicemente con un arrendevole sorriso.
Mallory non era cambiato molto in tutto quel tempo, aveva un aspetto più maturo, i tratti giovanili erano stati induriti dalla guerra, ma il suo sguardo era rimasto lo stesso.
I due rimasero qualche istante in silenzio, uno davanti all’altro, scrutandosi con attenzione e sospetto. 
«Perché l’hai fatto?» chiese all’improvviso Stephen, rompendo il silenzio.
Henry non ebbe bisogno di altre informazioni per capire a quale evento si stesse riferendo.
«Per lo stesso motivo per cui tu hai deciso di soccorrermi sul campo di battaglia» fu la semplice risposta.
«Con quella condanna avresti potuto semplicemente liberarti di me»
«Credevi davvero che ti odiassi a tal punto da desiderare la tua morte?»
«Di certo non avresti pianto sulla mia tomba»
Winterton scosse la testa: «non avrei guadagnato niente da una condanna ingiusta. Ho fatto ciò che ritenevo corretto, nulla di più»
Stephen rifletté su quelle parole.
«È sempre per fare ciò che ritenevi giusto che hai deciso di non sposare Charlotte?»
Egli annuì: «lei ti ha sempre amato, sarebbe stato stupido da parte mia illudermi che avrebbe potuto dimenticarti. Il nostro sarebbe stato un matrimonio infelice»
Mallory non seppe come reagire a quella scoperta, Henry non era solo responsabile per la sua salvezza, era anche artefice della sua felicità.
«Suppongo di doverti essere riconoscente per tutto quel che hai fatto per me»
Winterton poté ritenersi soddisfatto.
«La nostra rivalità è durata anche troppo a lungo. Adesso che la guerra è finita, possiamo lasciarci il passato alle spalle?»
«Sono in debito con te»
«Non è per vendetta che ho voluto salvarti»
Stephen non parve convinto: «in ogni caso penso che dovremmo chiarire la questione»
Henry espose la sua proposta: «siamo in tempo di pace, anche tra noi potrebbe nascere un’alleanza»
«Che cosa intendi?»
«Non siamo più ragazzini in cerca di un momento di gloria. Abbiamo avuto le nostre vittorie e sconfitte. Sappiamo di essere entrambi uomini onesti ed onorevoli, non dobbiamo dimostrare niente a nessuno»
Stephen concordò a riguardo.
«Tu hai dimostrato qualcosa a me ed io ho insegnato qualcosa a te, ognuno ha imparato la sua lezione. Adesso possiamo separare le nostre strade…definitivamente» asserì Winterton, scandendo con particolare enfasi l’ultima parola.
Mallory non poté negare la verità, aveva sempre riconosciuto le qualità del suo rivale, e anche in quel momento dovette ammettere di trovarsi davanti ad un uomo ben più maturo e consapevole di lui.
I due suggellarono quell’accordo con una stretta di mano.
L’irlandese stava per uscire dalla stanza quando fu richiamato dalla voce dell’avvocato.
«Stephen…aspetta!»
Egli si voltò.
«Volevo ringraziarti. Per quanto assurdo, mi hai aiutato a diventare un uomo migliore»
Mallory rispose con orgoglio: «lo stesso vale per me. Sei stato un degno avversario e un prezioso alleato»
Quando la porta si richiuse Henry si sentì libero dalle catene che per anni l’avevano stretto al destino di Stephen. Quell’assurda faccenda era finalmente terminata.
Winterton osservò le carte ordinate sulla scrivania, lo attendeva l’esistenza tranquilla e serena che aveva sempre desiderato, lontano da quell’estenuante e folle competizione. Sarebbe tornato a casa dall’adorata moglie, una donna che fin dal primo momento l’aveva amato senza pretendere nulla da lui. Fu strano realizzare che non avrebbe mai potuto conoscere Anne senza l’intromissione di Mallory nella sua vita.
Si concesse un momento per perdersi nei suoi ricordi, sorprendendosi nel provare sincera malinconia. A distanza di tanto tempo, doveva ammettere di non aver più provato emozioni talmente intense al di fuori di quelle sfide, e di non aver mai preteso tanto da se stesso come quando si era impegnato nel dimostrare di essere migliore di Stephen.
Accettò la sua condizione con un misto di soddisfazione e rassegnazione, con la consapevolezza che nella sua vita non avrebbe incontrato nessun altro come il suo vecchio rivale.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4033551